Skip to main content

Full text of "Notizie degli scavi di antichità"

See other formats


ATTI 


DELLA 


E.  ACCADEMIA  NAZIONALE 

ti 

DEI  LINCEI 


ANNO     GGGXIX 


1922 


SERIE      Q/CmsTT^ 


NOTIZIE  DEGLI  SCAVI  DI  ANTICHITÀ 


VOLUME  XIX. 


ROMA 

TIPOGRAFIA    DELLA    R.    ACCADEMIA    NAZIONALE    DEI    LINCEI 


PROPRIETÀ    DEL    DOTT     PIO    BEFANI 


1922 


"PC   500<J 
A  33 


NOTIZIE    DEGLI    SCAVI  . 


Anno  1922  —    Fascicoli  1,   2,  3. 

Regione  X  (VENETI A  ET  H  ISTRIA) 

I.  ESTE  —  Scoperte   archeologiche    nella    necropoli  atestina    del 
nord,  riconosciuto  nel  fondo  Rebato. 

Nel  dicembre  del  1907  nella  località  Campo  Alto  al  Cristo,  di  proprietà  del  sig.  Lo- 
renzo Rebato,  situata  in  contrada  Caldevigo,  sobborgo  occidentale  di  Este,  procedendosi 
allo  scavo  di  una  fossa,  per  piantare  delle  viti,  si  scoprì  una  tomba  preromana  alla  pro- 
fondità di  m.  0,70.  11  proprietario  del  fondo  denunciava  subito  la  scoperta  alla  Direzione 
del  R.  Museo  Atestino  che  ne  curava  il  ricupero. 

Il  forte  strato  di  terreno  alluvionale  che  sempre  circonda  i  gruppi  di  tombe,  le  tracce 
di  terra  di  rogo  e  la  presenza  di  una  cordonata  o  recinto  di  tombe,  davano  affidamento 
che  continuando  lo  scavo  si  potessero  mettere  in  luce  altri  depositi  funebri  ;  perciò  la 
R.  Soprintendenza  ai  Musei  e  Scavi  del  Veneto,  deliberava  di  procedere  a  una  regolare 
ricerca  affidandone  l'incarico  a  me.  Gli  scavi  si  svolsero  in  tre  successive  campagne  negli 
inverni  1907-1908-1909. 

Il  Campo  Alto  al  Cristo  è  costituito  da  una  elevazione  dovuta  a  sovrapposizioni 
artificiali  di  terra  alluvionale  disposta  a  guisa  di  tumulo,  appoggiata  a  monte  ad  una 
afflorescenza  di  roccia  calcarea. 

I  risultati  ottenuti  furono  ottimi,  mettendosi  in  luce  223  tombe  ;  174  di  età  preromana, 
e  49  di  età  romana,  quest'ultime  quasi  tutte  chiuse  in  un  recinto  sepolcrale  formato  con 
un  muricciuolo  di  mattoni  e  sfaldature  calcari,  diviso  in  due  ambienti  ;  il  primo,  nel 
mezzo  del  quale  sorgeva  un  pilastro  che  doveva  essere  rivestito  di  pietre,  scolpite  a 
fogliami,  delle  quali  si  sono  rinvenuti  i  frammenti  intorno  alla  base  del  pilastro  e  che 
doveva  costituire  l'ara  usata  nelle  funzioni  funebri  e  il  secondo  nel  quale  si  scoprirono  le 
tombe,  destinato  ad  area  cimiteriale.  Questo  recinto  soprastava  alla  necropoli  preromana. 

Le  tombe  erano  assai  accostate  e  disposte  irregolarmente,  e  frequenti  furono  i  casi 
di  sovrapposizioni  :  i  recinti  o  cordonate  di  lastre  calcaree  disposte  verticalmente,  segna- 
vano delle  linee,  la  più  parte  curve. 


ESTE  4    REGIONE   X. 

Le  tombe  preromane  nella  maggioranza  erano  costruite  con  sei  lastre  di  sfaldatura 
calcare,  più  o  meno  accuratamente  lavorate  a  seconda  del  periodo  al  quale  apparte- 
nevano. Esse  sono  segnate  in  piànta  con  un  rettangolo,  e  quelle  deposte  in  semplice  buca, 
con  un  circoletto  (fig.  1). 

Le  tombe  romane  invece,  oltre  a  undici  cippi  sepolcrali  scoperti  lungo  le  pareti  del 
recinto,  stavano  al  riparo  di  embrici  o  mattoni  disposti  a  cassettina  o  sotto  a  mezze 
anfore  segate  :  e  nella  pianta  sono  tratteggiate  in  nero. 

Si  riscontrarono  solo  tre  cavi  d'inumazione  :  gli  scheletri  erano  deposti  nella  nuda 
terra,  senza  nessun  corredo  funebre  e  si  trovarono  nello  strato  corrispondente  al  IV 
periodo  della  civiltà  Veneta  (IV  secolo  a.  C.) 

Quello  segnato  con  la  lettera  a)  all'orecchio  destro  mostra  un  orecchino  di  semplice 
filo  di  bronzo  ravvolto  a  cerchietto,  e  quello  alla  lettera  e)  accanto  alla  mano  sinistra 
ha  un  frammento  di  ferro  "oggiato  a  modo  di  umbone  di  scudo. 

Debbo  ricordare  che  quando  il  Rebato  costruì  una  casetta  indicata  nella  pianta, 
scoprì  nelle  fondazioni  dei  muri  tre  tombe  romane  segnate  I— II— III.  La  I  era  in  sem- 
plice buca  ed  era  fornita  di  scarsa  e  povera  suppellettile  :  la  II  formata  a  cassetta  con  em- 
brici, conteneva  un  ossuario  fittile  di  tipo  comune,  e  la  III  era  costituita  da  una  cassa 
che  aveva  i  lati  lunghi  costruiti  con  muretti  di  pietrame  e  i  lati  brevi  con  due  lastre  di 
trachite.  Conteneva  uno  scheletro  a  fianco  del  quale  erano  disposti  dei  balsamari  fittili 
e  una  ciotoletta  di  rozzo  impasto  di  argilla.  E  da  notare  che  la  lastra  di  trachite  che  la 
chiudeva  da  uno  dei  lati  brevi,  portava  la  seguente  iscrizione:  T*  SICINIVS*  j  VRSIO- 
V  •  F-  J  IN  F  P  XVI  R-  P  XX-  Essa,  era  rivolta  dalla  parte  interna  della  tomba,  per  cui 
è  da  ritenersi  che  tale  pietra,  venne  impiegata  come  materiale  di  costruzione  e  che  non 
ha  nessun  riferimento  con  lo  scheletro. 

Esposte  brevemente  le  notizie  sommarie,  trascrivo  il  giornale  dello  scavo,  notando 
che  esso  era  pronto  fino  dal  1911  ;  e  poiché  il  compianto  prof.  Pellegrini  R.  Soprintendente 
ai  Musei  e  Scavi  si  era  proposto  di  corredarlo  delle  sue  dotte  osservazioni  e  considera- 
zioni, ne  venne  ritardata  la  pubblicazione.  Ora  che  il  dotto  uomo  non  è  più,  mi  faccio 
premura  di  presentarlo,  deplorando  che  non  sia  corredato  dallo  studio  che  si  propo- 
neva di  fare  lo  scomparso  scienziato. 

Tomba  1  (2  F).  Scoperta  casua'mente  dal  Rebato  in  lavori  agricoli.  A  cassetta 
m.  0.57  X  0.40  X  0.40,  III  periodo.  Ossuario  situliforme  a  zone  rosse  e  nere  divise  da 
cordoni,  frammentato,  con  ciotola  coperchio  decorata  di  fasce  a  stralucido  ;  coppa  ad 
alto  gambo  tinta  ad  ocra  e  grafite  ;  tre  coppine  a  stralucidi,  due  di  queste  frammentate  ; 
tre  bicchieri  due  dei  quali  con  cerchielli  impressi  a  punzone;  tazzina  frammentata 
decorata  di  stralucidi.  Dentro  all'ossuario  i  seguenti  oggetti  di  bronzo:  pezzo  di  lamina 
di  cintura  con  relat'vo  gancio  e  decorazione  a  gruppi  di  strie  e  punti  a  sbalzo  ;  fibuletta 
con  staffa  ornata  di  circoletti  incisi  e  infilati  nell'ago  due  pendaglietti  a  3  circoletti  fusi 
insieme  e  orecchino  con  due  pendaglietti  a  bulla  e  altro  orecchino  infilato  nel  riccio  (fig.  2); 
anellino  frammento  di  catenella  ;  quindici  pendaglietti  a  bulla  simili  a  quelli  infilati 
nell'orecchino  ;  dicianove  pezzetti  di  filo  ravvolti  a  spira  ;  perlina  e  pezzetto  di  corallo 
roseo  forato  ;  sette  perline  di  ambra  e  sulla  platea  testa  di  ago  crinale  di  piombo  decorata 
di  spunzoncini. 


KKGIONE    X. 


—    5    — 


ESTE 


Tomba  2  (2  F).  Ili  periodo.  A  cassetta  0  70  X  0  50  X  0  50.  Prof.  0  80.  Due  os- 
suari situliformi  a  zone  cordonate  tinte  ad  ocra  e  grafite,  con  relative  ciotole  coperchio  ; 
piccolo  ossuario  del  tipo  precedente  con  ciotola  coperchio  e  sulla  spalla  due  appendici 
verticali  in  forma  di  mano  (una  mancante)  ;  piccolo  ossuario  poculiforme  cordonato  a 


A  B  C  D 

S  t  r  a  da  Rivado  (  m  o 


E  F 


Fto.  1. 


zone  rosse  e  nere  con  giro  di  ornati  a  stampo  !  quale  conteneva  ossicini  combusti  ;  tre 
bicchieri;  tazzina  framm.  ;  grande  ciotola  ornata  di  stralucidi;  tre  coppe  pure  a  stralu- 
c'di,  una  framm.  Dentro  i  due  primi  ossuari  i  seguenti  oggetti  di  bronzo:  scettro  tubo- 
lare con  anima  di  legno  framm.  ornato  a  sbalzo;  se:  fìbulette  tipo  Certosa;  altra  a  fet- 
tuccia con  disco  e  staffa  a  pomo  ;  due  armille  di  verghotta  una  delle  quali  porta  infilato 
un  pendaglietto  sferoidale,  l'altra  due  pendaglietti  a  secchiello  ;  piccolo  gancio  da  cin- 
tura ;  quattro  saltaleoni  ;  pendaglietto  sferico  ;  tre  anelli  ;  gruppo  di  pendaglietti  a  bulla  ; 


ESTE 


—  6 


REGIONE   X. 


cinque  anellini;  fettuccia  ripiegata  e  combusta  frammento  informe;  grande  bulla 
ornata  di  circoli  a  sbalzo;  altra  decorata  di  circoli  concentrici  con  l'orlo  dentato  e  pez- 
zetto di  ferro  ossidato. 


Fio.  2 


Tomba  3  (2  F).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.40  X  0.60.  Prof.  1.10.  S  tuia  di 
bronzo  ;  alta  min.  215  col  diametro  alla  bocca  di  mm.  150,  formata  da  due  lamine  saldate 
con  borchie,  fondo  lavorato  a  parte  a  guisa  di  scodella,  fissato  al  corpo  del  vaso  con  un  giro 


'ì?j"<>r  •'"''  v.i  '■•  ■'■'  •'"'"' -.-■■■-  !>>,»; 
o»;'°".')/: '",!'•.  .  ;  :■'. '■'':' -:^":<:^» 4, 
>  -i*ò  i; V,. •■■  <;V •  .-•  •  •;'o,Vo ;>' »| 

1f.,'B  ».o"a -.o,»'»  aro  •,',ó,i*  0°°, 

'"■'lo.'o*  ■  °  '°'*  „oi. 'o.o''p  o  o:o  o\>'o'o'< 
U*'P!"k:.,1  ,-.  |i/    •   J.   -"  -*1  _:  !•  r  l'-M- -I  i'.  -V< 

V°'V'1.  •-•■'i/..'-,:<-i,.l"-"Vn.-'^ 

?l?    o'ò     O   0.,<>  O    O  ,0,    8;0OOOOOO 

f«.«,Tf  .',.'■  '••:  •!'',,  •  .;  >'■"  ■""•Od 
"'  ~n?*0t,0rO  ,°" ,».."» -a  o.o"o  °.o  o,9^0! hSS 

^^ — i ■'-'■miM-'i-i ito  ■-! j-   --"  a|Suc 


Fio.  B. 


di  borchie,  mancante  di  tutta  la  parte  inferiore.  Sul  giro  delle  spalle  nel  punto  di  attacco 
delle  lamine,  sono  dei  forellini  all'orlo  per  l'innesto  delle  anse.  Altri  forellini  all'orlo  ser- 
vivano a  tener  fermo  il  coperchio,  questo  in  forma  di  piccola  callotta  con  maniglia  di  presa 
è  decorato  di  file  di  bugnetto  a  sbalzo.  Poggiavano  su  di  esso  i  resti  di  una  cintura  di  cuoio, 
foderata  di  tela,  i  residui  della  quale  sono  rimasti  ad  essa  aderenti.  Questa  cintura  (fig.  3) 
di  cui  per  un  tratto  di  circa  mm.  330  il  cuoio  è  ancora  conservato,  è  provvista  di  un  gan- 
cio rettangolare  lungo  mm.  80,  largo  mm.  63,  ornato  di  una  serie  di  punti  a  sbalzo  e  nella 
parte  inferiore  si  ripiega  con  sette  uncini  che  servono  a  fissarla  alla  striscia  di  cuoio,  larga 
circa  mm.  60.  Sui  margini  di  questa  sono  fissate,  una  accanto  all'altra  e  su  due  file,  tante 
borchielline  di  bronzo  a  testa  rotonda,  mentre  tutto  il  campo  interno  è  rivestito  interamente 


REGIONE    X. 


ESTE 


di  bullette  rotonde,  ornate  di  tre  circoli  concentrici  che  mediante  due  punte  ripiegate  per 
sotto  si  fissano  alla  correggia.  Dentro  la  situla  piccolo  ossuario  fittile  con  ciotola  coper- 
chio a  zone  rosse  e  nere  benissimo  conservato.  Conteneva  oltre  le  ossa  combuste,  due 
fibule  di  bronzo  con  lunga  staffa  a  pometto  infilate  l'una  nell'altra,  una  delle  quali  con 
gruppo  di  catenelle,  l'altra  con  due  anellini  a  spira  e  pendaglietto  d'ambra  (fig.  4)  ;  due 
fibulette  tipo  Certosa  ;  frammento  di  fibula  a  disco  ;  anellino  a  spirale,  tre  grosse  perle  di 
smalto  vitreo  verdastro;  alcune  perline  di  corallo  ed  ambra. 

Accanto  alla  situla  si  trovava  altro  ossuario  fittile  a  zone  rosse  e  nere  con  ciotola 
coperchio.  Racchiudeva  i  seguenti  oggetti:  tre  fibule  di  bronzo  con  arco  rigonfio  e  lunga 


Fig.  5. 


Fig.  4. 


Fig.  6. 


staffa  desinente  in  pometto,  una  delle  quali  con  legaccio  di  filo,  forse  di  lino  a  cui  è  appeso 
un  pendaglietto  d'ambra  (fig.  5)  ;  fibuletta  a  fettuccia,  decorata  di  circoletti  incisi,  framm.  ; 
fibula  ad  arco  rigonfio  ;  anellino  a  spirale  e  numerosa  serie  di  perline  e  tubettini  di  ambra 
e  corallo.  Stavano  inoltre  sulla  platea  :  due  grandi  bicchieri  a  zone  cordonate  rosse  e  nere, 
ciotola  e  coppa  framm.  ;  uno  scettro  tubolare  di  bronzo,  lungo  mm.  280  ornato  di  una  se- 
rie di  punti  a  sbalzo  ;  pezzetto  di  bronzo  informe  ;  due  fusaiuole  fittili  e  framm.  di  calice 
tinto  a  grafite,  decorato  di  ornati  a  stampo. 

Tomba  4  (2  F).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.70  X  0.56  X  0.55.  Prof.  0.30.  Violata. 
Vasetto  situliforme  framm.  a  zone  rosse  e  nere,  altro  idem  poculiforme,  bicchiere  lucidato 
a  nero.  Sulla  platea  due  pendagli  a  bulla  ;  due  a  secchiello  sagomati  ;  due  a  secchiello  sem- 
plici ;  framm.  di  una  scodella  ansata,  due  anellini  il  tutto  di  bronzo  frammento  di  per- 
lina di  smalto  azzurro  ;  fusaiuola  fittile,  conchiglia  del  genere  ciprea  ;  ciotoletto,  penda- 
glio di  roccia  bianca  e  due  pezzi  di  scoria  di  ferro. 

Tomba  5  (2  F).  Ili  periodo.  In  semplice  buca.  Prof.  1.85.  Grande  ossuario  situli- 
forme a  zone  cordonate  rosse  e  nere,  con  piccola  ciotola  coperchio  ornata  di  stralucidi. 


KSTE  —    0    —  REGIONE   X. 

Era  circondato  di  terra  di  rogo  e  posava  sopra  sfaldatura  di  calcare.  Fra  le  ossa  com- 
buste :  Fibula  a  disco  ;  altra  ad  arco  ingrossato  depresso  ;  framm.  di  spirale  e  perlina  pen- 
daglio di  pasta  vitrea  gialla. 

Tomba  6  (2  F).  II  periodo.  Scassetta  esagonale  di  0.25  per  lato.  Prof.  1.80.  Os- 
suarietto  olliforme  :  lucidato  a  scuro,  con  doppia  fila  di  circoletti  impressi  a  punzone,  la 
seconda  delle  quali  con  appendici  a  L  :  rotola  coperchio.  A  fianco  ciotola  e  rozzo  bicchiere 
di  grossolana  argilla  con  decorazione  a  cordoni.  Dentro  l'ossuario:  fibuletta  di  tipo  serpeg- 
giante, a  disco,  con  infilato  un  anello  a  spirale  (fìg.  6);  frammenti  di  altra  fìbula  dello  stesso 
tipo  ;  grande  anello  di  verghetta  cilindrica  nel  quale  sono  infilati  tre  anelli  della  stessa 
tecnica  ;  cinque  anelli  uno  di  questi  a  fettuccia,  gli  altri  a  verghetta  di  bronzo  ;  orecchino 
a  riccio  ;  pendaglio  a  cerchietto  (orecchino?)  ;  tre  pendaglietti  a  bulla  ;  gancio  e  due  fram- 
mentini  di  bronzo  il  tutto  di  bronzo  e  due  perline  di  smalto  vitreo. 

Tomba  7  (2  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.70  X  0.45  X  0.45.  Prof.  1.80.  Ossuario 
fìttile  biconico  con  quattro  brevi  costole  verticali,  chiuso  alla  bocca  da  rozza  ciotola,  en- 
trambi frammentati.  Tre  ossuari  di  argilla  nericcia  framm.  che  contenevano  quattro 
framm.  di  spilloni  di  bronzo  con  testa  a  globuli  ;  un  anellino  framm.  e  un  coltello  di  ferro 
•  con  tratto  del  manico  d'osso. 

Tomba  8  (2  F).  Il  periodo.  A  cassetta  triangolare  con  i  lati  di  m.  0.30.  Prof.  1.50. 
Piccolo  ossuario  situliforme  frammentato. 

Tomba  9  (2  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.55  X  0.50.  Prof.  2.  Coperchio 
franato  ;  suppellettile  infranta.  Ossuario  situliforme  lucidato  a  scuro  con  ciotola  coper- 
chio ;  vaso  olliforme  della  stessa  tecnica  ;  vasetto  situliforme,  tre  coppe  con  basso  gambo, 
a  stralucidi  :  tazzina.  Dentro  l'ossuario  :  in  bronzo,  frammenti  di  due  fìbule  a  navicella; 
piccola  bulla  di  lamina  con  borchiette  a  sbalzo  ;  due  armille  a  nastro,  con  estremità  sovrap- 
poste e  saldate  e  con  decorazioni  di  borchiette  e  punti  a  sbalzo  ;  armilletta  di  verghetta 
cilindrica  ;  tre  framm.  di  altra  armilla  a  verghetta  piatta  :  anellino  ;  fusaiuola  fìttile. 
Sulla  platea,  tre  pezzi  di  uno  scettro  tubolare  di  bronzo. 

Tomba  10  (4  F).  IV  periodo.  A  cassetta  :  1.20  X  0.60  X  0.65.  Prof.  0.70.  Grande 
ossuario  olliforme  rossastro  con  fasce  di  strie  sulle  spalle  e  con  ciotoletta  coperchio  a  zone 
rosse  e  nere  ;  due  bicchieri  lisciati  a  scuro  ;  framm.  di  ciotola  con  zone  a  rosso  e  nero  ; 
altra  di  rozzo  impasto  ;  framm.  di  coppa  a  basso  piede  con  tracce  di  ocra  e  grafite  :  due  taz- 
zine monoansate  ;  due  coperchietti  coloriti  ad  ocra  ;  bacinella  di  coppa  tinta  ad  ocra  che 
per  due  visibili  attacchi  all'orlo  doveva  formar  parte  di  un  vaso  trigemino  ;  coppina  d'im- 
portazione di  color  gialletto,  tinta  originariamente  in  rossetto  ;  due  pezzi  di  quadrello  di 
argilla  cordonati  da  una  parte  ;  ossuario  cinerognolo  situliforme  biansato,  con  ciotola  co- 
perchio della  stessa  tecnica  ;  boccale  di  argilla  cinerognola  con  ansa  a  fettuccia,  recante  in 
un  punto  sotto  all'orlo  graffite  le  lettere  O  ^  ;  tre  vasi  con  ventre  rigonfio  ;  due  calici, 
una  ciotola  pure  di  argilla  cenerognola.  Dentro  agli  ossuari  :  fibula  tipo  Certosa  ;  fibula 
tipo  La  Tene  con  arco  a  noduli  ;  altra  dello  stesso  tipo  con  staffa  prolungata,  tutte  di 
bronzo  ;  in  ferro,  cuspide  di  giavellotto  e  quattro  frammenti  ossidati  ;  fusaiuola  fittile  ; 
valva  di  conchiglia  marina. 

Tomba  11  (4  F).  Ili  periodo.  A  cassetta:  1.20  X  0.70  X  0.75.  Prof.  0.70.  Mano- 
messa nella  costruzione  di  un  muro  di  età  romana.  Ossuario  situliforme  interamente  tinto 


REGIONE    X. 


—    9    — 


ESTB 


ad  ocra,  spartito  in  zone  con  linee  incise  ;  rozza  ciotola  coperchio;  ciotoletta  tinta  ad  ocra 
con  coperchietto  ;  pentolino  d'argilla  figulina  giallo  rossiccia.  Dentro  l'ossuario  :  Fibuletta, 
a  navicella  vuota  con  pometti  laterali  a  cresta  ;  framm.  di  fibule  diverse  ;  capocchia  di 
bronzo  a  fusaiuola  ;  perla  pendaglietto  di  pasta  azzurra  intarsiata  di  giallo  in  forma  di 
testa  di  bue  (fig.  7). 

Tomba  12  (4  F).-A  cassetta:  0.80  X  0.60  X  0.60.  Prof.  0.40. 
Mancava  del  coperchio  e  della  suppellettile. 

T  o  m  b  a  13  (3  F).  Ili  periodo.  Prof.  1 .60.  Sotto  grande  sfaldatura 
calcare,  coperta  di  terra  di  rogo.  Ossuario  situliforme  a  zone  cordonate 
rosso  e  nero,  con  ciotola  coperchio  tinta  a  scuro  ;  bicchiere  ;  altro  piii 
piccolo  liscio  ;  framm.  di  ciotola  di  argilla  figulina  rossiccia  con  strie 
p,G   7  in  rosso.  Dentro  l'ossuario  :  in  bronzo  :  fibula  a  lunga  staffa  e  a  pomelli, 

che  reca  infilati  sei  anelli  di  forme  diverse  e  un  gruppo  di  catenelle  alle 
auali  erano  appesi  un  pendaglio  triangolare  di  bronzo  e  uno  d'ambra  (fig.  8);  fibula  ad 


Fiu.  8. 


arco  costolato  mancante  dell'ago  ;  fibuletta  ad  arco  depresso  e  lunga  staffa  ;  altra  con 
arco  rigonfio  nel  quale  è  passato  un  anellino  ;  framm.  dell'arco  di  una  fibula  con  rivesti- 
tura di  osso;  tre  bottoncini  framm.  di  bulla;  saltaleone;  due  pezzi  informi;  sei  perle 
d'ambra;  quattro  perle  di  corallo;  fusaiuola  fittile  e  valva  di  conchiglia  marina. 

T  o  m  b  a  14  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta  0.60  X  0.50  X  0.50.  Prof.  2.20.  Nello  strato 
acquoso,  suppellettile  framm.  Toppa  a  basso  piede  ;  vasetto  lucidato  a  scuro,  metà  di  altro 
decorato  sulla  spalla  da  una  fila  di  borchiette  di  bronzo  ;  gambo  di  coppa  ;  due  ciotole  ; 
framm.  di  ossuari,  fra  cui  uno  bifonico  con  figure  schematiche  di  cavalli  e  zig-zag 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  2 


ESTE 


—  10  — 


REGIONE    X. 


grafititi  (fig.  9).   In  bronzo:  framm.  di  fibula  a  navlce  a  ;  ago  (rinaie;   pun'eruolo.  Di 
ferro:  framm.  di  grande  armilla;  una  fusaiuola  fittile;  ossicino  di  volatile. 


Fio.  9. 


Tomba  15  (1  F).  II  periodo.  A  cassetta  pentagonale:  0.40  X  0.50  X0.50  X  0.50 
X  0.40  alta  0.55.  Prof.  0.50.  Grande  ossuario  biconico  framm.  d  coralo  di  costolature 
sul  ventre  ;  ossuario  lucidato  a  nero,  framm.  ;  idem  con  borchiette  di  bronzo  sulla  spalla; 


Fig.  10. 


Fig.  11. 


vaso  fittile  situliforme  di  grossolano  impasto  ;  due  coppe  a  gambo  conico  framm.  ;  coto- 
letta ;  tazzina  e  tazza  di  argilla  nera  con  ansa  rialzata,  decorata  sulla  breve  spalla  di  trian- 
goli a  doppie  linee  impressi  col  girellino  riempiti  di  materia  bianca,  e  sulle  pareti  del 
meandro  ottenuto  con  lo  stesso  sistema  (fig.  10).  Dentro  l'ossuario  biconico:  due  spilloni 
frammentari;  due  anellini  di  bronzo  e  due  zanne  di  cinghiale.  Nell'ossuario  borchiato: 
fìbula  di  bronzo  con  l'arco  a  foglia,  ornato  di  graffiti  (fig.  11);  sulla  platea:  coltello  di 
ferro  ossidato  con  resti  del  manico  d'osso  ornato  di  fitte  striature  ;  cinque  fusaiuole 
fittili  e  due  conchiglie,  una  marina  l'altra  terrestre. 


REGIONE    X. 


11 


ESTE 


Tomba  16  (1  F).  A  cassetta:  0.40  X  0.30  X  0.33.  Prof.  0.25.  Violata  e  man- 
cante della  suppellettile. 

T  o m b a  17  (1  F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.65 X 0.55  X  0  50.  Prof.  0.50.  Due  ossuari 
situliformi  lucidati  a  nero  con  grandi  ciotole  coperchio:  ossuario  simile  ai  precedenti, 
più  piccolo  tinto  a  color  nocciuola  ;  due  coppe  di  argilla  nerastra  con  gambo  conico  ;  tre 
scodelline.  Fra  le  ossa  combuste,  dentro  gli  ossuari  :  spilloni  di  bronzo  con  testina  co- 
nica ;  framm.  della  parte  inferiore  di  altro  con  copripunta  ;  coltello  di  bronzo  con  manico 
a  giorno  e  lama  di  coltello  di  ferro. 

Tomba  18  (1  F).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.65  X  0.40  X  0.40.  Prof.  0.40.  Piena 
di  terra  di  rogo,  fra  cui  grande  ossuario  poculiforme  di  grossolano  impasto  con  cio- 
tola-coperchio framm.  tinta  ad  ocra;  fusafuola. 

Tomba  19  (1  F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.60  X  0.60  X  0.40.  Prof.  0.40.  Rovinata 
nei  lavori  agricoli  a  causa  di  grande  asportazione  di  terra  da  questo  punto.  Ciotola  intera 


Fio.  12. 


di  rozza  argilla  ;  frammenti  di  numerosi  altri  vasi,  tra  cui  un  ossuario  con  decorazione  al 
girellino  riempita  di  materia  bianca  ;  un  pentolino  con  beccuccio  impostato  sul  ventre. 
In  bronzo  :  arco  di  piccola  fibula  fibula  frammentata  a  quattro  spirali  (fig.  12)  ;  tre  ar- 
mHle  di  verghetta  appiattita;  anellino;  piccolo  punteruolo;  tre  framm.  di  ago  crinale; 
piccola  pinzetta  ;  quattro  tubetti  rivestiti  di  filo  d'oro  e  quattro  idem  più  piccoli  ;  ra- 
soio lunato  con  manichetto  terminante  ad  occhiello  e  due  appendici  ritorte  al  punto 
di  attacco  del  manico  è  stato  rinforzato  con  una  laminella  fissata  con  due  borchie  riba- 
dite ;  sette  fusaiuole  fittili  ;  cote  d'arenaria  ;  quattro  astragali  di  piccolo  quadrupede 
e  sei  zanne  di  porco. 

Tomba  20(4  F).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.70  X 0.55  X  0.60.  Prof.  2.20.  Grande 
ossuario  situliforme  a  zone  rosse  e  nere  con  ciotola,  coperchio,  framm.  ;  due  vasetti  dello 
stesso  tipo  e  decorazione  ;  ciotola  ;  tre  bacinelle  di  coppa  framm.  ;  pezzettino  di  scodella 
di  argilla  nera  e  rocchetto  fittila  con  incisione  a  croce  da  una  parte. 

Tomba  21  (2  F)  (fig.  13)  (fotografia  presa  all'atto  della  scoperta).  A  cassetta: 
0.60  X  0.50  X  0.55.  Prof.  2.10.  Ossuar  o  frammentato,  zonato,  con  ciotola  coperchio; 
due  bicchieri  uno  a  nero  l'altro  di  rozzo  impasto  con  sotto  all'orlo  delle  linee  oblique 
incise  ;  quattro  ciotolette  ;  tre  tazzine  di  rozzo  impasto  nerastro.  Dentro  l'ossuario,  in 
bronzo  :  fibuletta  con  arco  a  pometti  laterali  e  lunga  staffa  ;  pendaglio  fuso  e  traforato 


ESTE 


12  — 


REGIONE    X. 


di  forma  triangolare  con  anellini  (fìg.  14);  pendaglietti  di  lamina  triangolare;  armilla  a 
noduli;  anellino;  bulla  con  punti  a  sbalzo,  rovinata  dalla  combustione;  tre  tubettini; 
dischetto  e  pezzo  di  sbarra  informe  ;  fusaiuola  fittile  di  color  arancio  con  graffiti  minuti  ; 
sei  perle  vitree  azzurre  con  occhi  giallastri  e  sei  altre  di  osso.  Sulla  platea,  scettro  framm. 
di  lamina  di  bronzo  con  anima  di  legno,  decorato  di  punti  a  sbalzo. 


Fio.  13. 


T  o  m  b  a  22  (3  F).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.30  X  0.20  X  0.20.  Prof.  2.60.  Piccolo 
ossuario  fittile  framm.  con  ciotola  coperchio  ;  vasetto  simile  con  resti  di  coloritura  ad 
ocra  e  grafite  ;  coppetta  a  basso  piede  ;  rozza  ciotoletta  ;  vasettino  decorato  di  fasce 
verticali  a  stralucido  e  di  linee  a  spinapesce,  framm.  da  un  lato  ;  ossuarietto  fittile  a  due 
tronchi  di  cono  opposti  di  color  castano  con  decorazioni  geometriche  a  stampo.  Dentro  i 
due  ossuarietti  che  contenevano  esili  ossa  combuste,  i  bronzi:  fibuletta  a  navicella;  tre 
pendaglietti  triangolari  a  doppia  lamina  ;  armilla  con  incrostazione  di  ossa  ;  armilletta  ; 
tre  framm.  di  altra  ;  frammento  di  dischetto  ;  due  tubettini  ;  sette  perline  d'ambra  e 
metà  di  una  fusaiuola  fittile. 

T  o  m  b  a  23  (3  F).  II  periodo.  Prof.  2.70.  Sotto  sfaldatura  calcare.  Ossuarietto  di 
argilla  nera  a  forma  di  tronco  di  cono  rovescio,  framm.,  conteneva  poche  ed  esili  ossa 
combuste. 


RKGIONK    X. 


—    13 


BSTE 


T  o  m  b  a  24  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.75  X  0.40  X  0.35.  Prof.  3.  Ossuario 
a  tronco  di  cono  rovescio,  lucidato  a  scuro  con  ciotola  coperchio  ;  ossuario  del  a  stessa 
tecnca  a  corpo  serico  e  collo  rialzato  con  ciotola  coperchio  ;  vaso  accessorio  a  due  tron- 
chi di  cono  opposti  ;  piede  campanulato  a  labbro  espanso,  munito  di  due  anse  sormon- 
tate da  bottone,  ornato  di  una  serie  di  impressioni  al  girellino  e  riempite  di  materia  bianca  ; 
coppa  umbilicata  e  tazza  ansata.  Dentro  gli  ossuari:  fibule  ad  arco  semplice  appiattito 
ornato  di  lince  ine  se  ;  armilla  di  fettuccia  a  spirale  ;  altra  simile  ;  altra  franimeli.  ;  quat- 


Fin.  14. 


Fio.  15. 


tro  anelli  di  dimensioni  diverse  ;  spillone  con  copripunta  di  osso  ;  pinzetta  ;  lama  di  col- 
tello di  ferro  e  punteruolo  con  manichetto  di  legno.  Sulla  platea,  diciasette  astragali. 

To mb a  25  (3  F).  II  Periodo.  A  cassetta:  0.35  X 0.30  X 0.20.  Prof.  2.60.  Ciotola  di 
arg  Ila  nerastra,  che  funzionava  da  ossuario. 

T  o  m  b  a  26  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.50  X  0.45  X  0.40.  Prof.  2.30.  ossuario 
fittile  a  tronco  di- cono  rovescio  lucidato  a  nero  con  ciotola  coperchio  framm.  ;  vaso  si- 
mile che  conteneva  un  vasetto  munito  di  piccola  ansa.  Dentro  l'ossuario,  un  anello  a  gan- 
cio di  bronzo. 

Tomba  27  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.60  X  0.40.  Prof.  2.  Ossuario  fittile 
situliforme  tinto  a  nero;  frammentato,  decorato  sulla  spalla  di  una  fila  di  borchiette 
di  bronzo  con  ciotola  coperchio  ;  coppa  fittile  con  gambo  conico,  ornato  al  girellino  : 
dal  fondo  del'a  bacinella  pendono  quattro  minuscole  gambe  umane  (fig.  15).  Dentro 
l'ossuario,  p  ccolo  framm.  di  arco  di  fibula  ;  anellino  di  bronzo  e  fusaiuola. 


ESTE  14    —  REGIONE    X. 


Tomba  28  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.45  X  0.60  X  0.45.  Prof.  2.00.  Aveva  in 
comune  con  la  precedente  il  coperchio,  una  parete  e  la  platea.  Ossuario  situliforme,  luci- 
dato a  scuro  con  ciotola  coperchio  frammentata  ;  due  tazzine  una  delle  quali  ornata 
sulla  spala  di  una  fila  di  borchie.  Dentro  l'ossuario  una  capocchia  di  ago  crinale  di 
bronzo  con  'a  rotella- traforata. 

T  o  m  b  a  29  (4  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.70  X  0.60  X  0.48.  Prof.  2.40.  Nello  strato 
acquoso  :  ossuario  fittile  biconico  con  gruppetti  di  borchie  di  bronzo  framm.  con  ciotola 
copercho.  Lo  fiancheggiavano  :  vasetto  di  argilla  nerastra  ;  bicchiere  di  argilla  rossa, 
tinto  all'esterno  da  una  vernice  bituminosa  ;  tazzina  ;  framm.  di  gambo  conico  di  coppa. 
Dentro  l'ossuario  framm.  di  armilla  ;  piccolo  puntale  conico  di  bronzo  e  zanna  di  porco. 
T  o  m  b  a  30  (4  F).  A  cassetta:  0.60  X  0.50  X  0.60.  Prof.  2.00.  Vuota  di  suppellet- 
tile sebbene  perfettamente  chiusa. 

Tomba  31  (4  F).  A  cassetta:  0.80  X  0.60  X  0.60.  Prof.  2.00.  Violata,  senza  co- 
perchio e  mancante  della  suppellettile. 

Tomba  32  (4  F).  IV  periodo.  Prof.  1.50.  In  semplice  buca.  Ossuario  ad  olla  di  argilla 
cinerea  non  ricomponibile  ;  vaso  della  stessa  argilla,  a  ventre  espanso  e  che  sulla  spalla  è 
ornato  di  graffiti  ondulati  ;  ciotoletta  di  argilla  cinerognola  ;  frammenti  di  vasi  diversi, 
fra  cui  il  collo  di  un  vaso  aretino  e  un  pezzo  di  kilix  etrusco-campana  con  ornati  a  graf- 
fio nell'interno  e  di  un  askos  di  argilla  rossa.  Nell'ossuario  due  fibule  di  bronzo  tipo  La 
Tene,  una  delle  quali  porta  infilato  nell'ago  un  anelino  a  tre  giri  di  spira  e  tre  pezzi  di 
armiletta  di  verga  cilindrica  d'argento. 

Tomba  33  (4  F).  IV  periodo.  A  cassetta:  0.60x0.55x0.50.  Prof.  1.50.  Si  tro- 
vava sotto  alle  fondazioni  di  un  muro  di  età  romana  ed  in  una  parete  era  stato  praticato 
un  foro  per  il  quale  venne  asportata  la  suppellettile.  Si  raccolsero  quattro  ciotole  di  argilla 
cinerea  ;  alcuni  frammenti  di  vasi  della  stessa  terra  ;  un  tubo  di  lamina  di  bronzo,  framm. 
decorato  di  punti  a  sbalzo  ;  un  pezzo  di  fibula  di  bronzo  a  doppia  molla  e  un  asse  romano 
molto  trito  del  peso  di  grammi  30.80. 

T  o  m  b  a  34  (4  F).  Komana.  Prof.  0.90.  Cippo  ossuario  cilindrico,  leggermente  ra- 
stremato verso  la  cima,  in  trachite  degli  Euganei,  con  coperchio  spezzato  alla  punta  a 
circa  quattro  quinti  della  sua  altezza  e  con  base  quadrangolare.  È  alto ,  col  coperchio 
m.  0.58,  la  base  rettangolare  misura  53  X  48  X  25.  Il  cippo  s'innesta  alla  stessa  me- 
diante tre  arpioni  di  ferro  rivestiti  di  piombo.  Nello  stesso  modo  è  fissato  il  coperchio 
che  s'incastra  sulla  cavità  cineraria.  Questa  di  forma  rotonda,  oltre  alle  ossa  combuste, 
conteneva  due  balsamarietti  di  vetro  a  bottiglietta,  uno  azzurro  l'altro  ametista  ed  una 
lucernetta  di  terra  cotta  ad  un  becco  recante  nell'infundibulo  la  figura  stante  di  un  gla- 
diatore con  la  scia  in  mano  (fig.  16,  /).  Sulla  fronte  del  cippo  l'iscrizione  : 

LAIS-M- ARRI 

Tomba  35  (4  F).  Romana.  Prof.  0.90.  Cippo  ossuario  in  pietra  di  Costoza,  alta 
m.  0.62,  col  diametro  di  m.  0.35,  rotto  alla  cima  con  base  tràchitica  quadrangolare  di 
m.  0.54  X  0.54.  Ha  forma  cilindrica,  cinto  da  tre  fasce  parallele.  La  cavità  cineraria  di 
forma  cilindrica  trovasi  nel  mezzo  della  base,  immediatamente  sotto  il  cippo,  il  quale  era 


REGIONE    X. 


15 


ESTK 


ad  essa  fissato  come  nel  numero  precedente.  Fu  rinvenuto  aperto  e  privo  di   suppellet- 
tile. Sulla  fronte  del  cippo  è  l'iscrizione  : 

DONATAE 

Tomba  36  (4  F).  Romana  (fig.  17  e  18).  Prof.  0.90.  Cippo  ossuario  di  forma  cilin- 
drica e  base  quadrangolare  nella  quale  si  apre  la  cavità  cineraria.  Il  cippo  in  pietra  te- 
nera dei  Berici  è  alto  in  complesso  fino  alla  pigna  che  lo  sormonta  m.  0.63,  ha  il  diametro 
di  m.  0.31.  La  base  in  trachita  misura  m.  0.22  X  0.39  X  0.32.  Il  cippo  è  decorato  all'in- 
giro  di  emblemi  militari,  cioè  cominciando  dalla  fronte  una  lorica,  un  gambale,  uno  scudo 


a  losanga,  un  parazon'o  e  un  elmo  crestato  a  celata.  Su'la  cornice  della  parte  superiore 
del  cippo,  modanata  a  mò  di  coperchio  e  fortemente  incisa,  in  due  righe  l'iscrizione  : 

ERONIS  •  ARRI 
PRIMA  •  POSIT 

Sulla  sommità,  lateralmente  al  coronamento  cilindrico  finale  sono  scolpiti  a  tutto 
tondo  due  leoni  accovacciati  i  quali  pongono  ciascuno  una  zampa  sopra  una  testa  di 
ariete.  Nella  cavità  cineraria  oltre  a  poche  ossa  combuste  si  rinvennero  una  lucernetta 
monochyne  con  becuccio  spezzato  e  un  dupondio  di  Augusto  molto  trito. 

Tomba  37  (4  F).  Romana.  Prof.  2.  Manomessa  e  riparata  da  embrici.  Pochi  cocci 
di  rozzi  vasi  fittili  e  un  dupondio  di  Augusto  molto  trito. 

Tomba  38  (4  E).  Romana.  Prof.  1.80.  Anfora  ossuario,  di  argilla  giallastra  se- 
gata al  collo  e  piantata  col  codulo  nel  terreno,  chiusa  superiormente  con  una  sfaldatura 
calcarea,  conteneva  le  ossa  combuste  e  fra  queste:  una  lucernetta  fittile- semplice,  due 
balsamari  di  vetro  uno  verdognolo,  l'altro  azzurro,  una  piastra  rettangolare  di  solida 


ESTK 


—  16  — 


regioni:  x. 


lamina  di  bronzo  alla  quale  per  effetto  dell'ossido  si  è  fissata  una  fibula  di  ferro  fc'po  La 
Tene  frammentata;  un  frammento  di  ago  di  osso  inciso  con  testa  a  pigna;  un  dupondio 


Fig.  17. 


di  Augusto  con  pochi  tratti  de  la  leggenda  del  triumviro  monetale.  Accanto  orciuolo 
di  terracotta  decorata  di  strie  rosse. 


REGIONE   X. 


17    — 


ESTE 


Tomba  39  (4  E).    Romana.  Prof,  1.80.    In    semplxe  buca.  Eozzo  ossuario 
a  forma  di  piccolo  ziro  slanciato,  con  cioto'a   coperchio  ;   patera  aretina  con  marca 


Fio.  18. 


a  piede  L'GEL;  poculo  framm.  a  pareti  sottilissime  d  color  ciaereo;   lucernetta 
fìttile  ad  un  becco  ;  tre  balsamari  di  vetro  verdognolo  ;  bellissima  anforina  di  vetro 

NoTiiM  Soavi  1922  —  Voi.  XIX.  3 


KSTE 


—  18 


KEGIONE   X. 


FlG.   19. 


color  ametista  (fig.  19).  Dentro  l'ossuario  :  fibula  di  ferro  tipo  La  Tene  e  punteruolo 
dello  stesso  metallo:  stecca  d'osso  obblunga,  incavata  da  un  lato  e  dell'altro  ornata 
di  linee  incise  ;  dupondio  di  Druso  (Cohen  I,  217,  n.  2). 

Tomba  40  (4  E).  Romana.  Prof.  1.80.  Sotto  anfora 
segata  a  metà,  ridotta  a  frantumi.  Ossuario  olliforme  di  ar- 
gilla color  rossa,  dipinta  a  color  bianco  con  fasce  ed  altri  or- 
namenti a  color  giallastro  con  coperchietto  ;  fiaschetta  spezzata 
al  collo,  dipinta  originariamente  a  fasce  rossastre  ;  lucernetta 
fittile  ad  un  becco  ;  balsamario  di  vetro  giallo  ;  altro  simile  di 
vetro  azzurro.  Fra  le  ossa  combuste  :  fibula  di  bronzo  a  cerniera 
con  l'arco  ornato  di  linee  incise;  verghetta  di  ferro  ossidata; 
piastrella  elittica  di  terracotta  ;  dupondio  di  Augusto. 

Tomba'  41  (4  E).  Romana.  In  semplice  buca.  Prof.  1.80. 
Ossuario  a  giro  molto  slanciato  a  superficie  bruna-rossiccia,  mal 
cotto,  con  ciotola  coperchio  di  argilla  meno  impura,  rinforzata 
nel  fondo  con  frammenti  di  ferro  e  decorata  alla  spalla,  da  un 
gruppo  di  linee  ondulate,  ottenute  con  una  stecca  a  pettine  ; 
fiaschetta  ventricosa  ad  un  sol  manico  a  nastro  striato  ;  lucer- 
netta fittile  che  reca  nell'infundibulo  ad  alto  rilievo  una  Vit- 
toria stante  a  sin.  presso  un  ara,  recando  nella  mano  destra  il  cornucopia  e  uno  scudo, 
nella  sinistra  un  trofeo  (fig.  16,  a).  Dentro  l'ossuario  :  fibula  di  ferro  tipo  La  Tene  fram- 
mentata; anello  di  ferro  con  castone  ;  due  chiodi  dello  stesso  metallo  ;  ago  di  osso  framm.  ; 
framm.  di  balsamario  di  vetro  ;  frammento  di  nocciuola  carbonizzata  ;  dupondio  di  Druso 
molto  trito;  dischetto  di  vetro  verdognolo  a  bottone. 

T  o  m  b  a  42  (4  F).  Romana.  Al  riparo  sotto  sfaldatura  calcare.  Prof.  1.80.  Ossuario 
a  piccolo  ziro,  malcotto,  frammentato  di  color  cinereo;  fiaschetta  a  ventre  depresso 
tinta  a  color  rosso  di  tipo  aretino  ;  bicchiere  di  terra  impura  nero-rossiccia,  decorato  di 
una  rete  di  graffiti.  Fra  le  ossa  combuste  :  lucernetta  fittile  con  figura  di  amorino  ;  quat- 
tro balsamari  di  vetro  azzurro,  uno  dei  quali  finamente  modanato  (fig.  20)  ;  frammento 
di  ferro  ossidato  e  dupondio  di  Augusto.  Cohen  I.  93  d.  226. 

T  o  m  b  a  43  (4  E).  Romana.  Prof.  1.80.  Mezza  anfora,  segata,  piantata  vertical- 
mente nel  terreno  e  china  cen  due  tegole.  Piena  di  ossa  combuste  e  superiormente  ad  esse 
i  seguenti  oggetti  :  tre  poculi  di  argilla  di  color  rosso  verniciata  a  scuro  nella  metà  su- 
periore; scodella  aretina  col  bollo  AVCVS  C  •  ANNI,  sotto  il  fondo  graffito  R-  F;  lucer- 
netta fittile  semplice  ;  due  tratte  dallo  stesso  stampo  ornate  della  testa  di  Giove  Amone 
(fig.  16  d)  ;  tre  balsamari  di  vetro  giallo  (fig.  20  f  )  ;  e  due  di  vetro  azzurro  e  uno  piccolo 
di  vetro  verdognolo  ;  fibula  di  ferro  tipo  La  Tene  ;  due  punteruoli  dello  stesso  metallo 
e  asse  di  bronzo  del  peso  di  grammi  21.70. 

Tomba  44  (4  F).  Romana.  Prof.  1.80.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Os- 
suario piriforme  originariamente  dipinto  in  bianco  frammentato  con  coperchietto  ;  fia- 
schetta frammentata  con  corpo  a  pera  a  vernice  rossa  ;  lucernetta  ornata  di  una  con- 
chiglia; balsamario  di  vetro  bianco;  dupondio  di  Augusto  del  triumviro  L.  Naevius 
Surdinus  (Babelon,  II  n.  300). 


REGIONE    X. 


—    19    — 


ESTE 


Tomba  45  (4  F).  Romana.  Prof.  2.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Ossuario 
ad  olla  piriforme  dipinto  a  bianco  con  coperchietto  rossastro.  Fra  le  ossa  combuste,  bal- 
samario  di  vetro  verdognolo. 

T  o  m  b  a  46  (4  E).  Romana.  Prof.  1.76.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Ossuario 
crateriforme  di  rozza  argilla,  rossastra,  decorato  di  cordoni  e  intaccature.  Fra  le  ossa 


Fig.  20. 


combuste  due  balsamari  di  vetro  verdognolo  uno  dei  quali  sformato  dalla  combustione. 

Tomba  47  (4  E).  Romana.  Prof.  2.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Rozzo 
ossuario  a  ziro  con  ciotola  coperchio.  Dentro  l'ossuario  :  balsamario  di  vetro  verdognolo  ; 
fibula  di  ferro  tipo  La  Tene  frammentata  e  dupondio  di  Augusto  (Cohen  I  94,  n.  228) 
Tanto  sulla  fibula  quanto  sulla  moneta  sono  fissati  dall'ossido  resti  di  tessuto. 

Tomba  48  (4  FI.  Romana.  Prof.  1.70.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Rozzo 
ossuario  a  ziro  con  ciotola  coperchio  framm.  Balsamario  di  vetro  biancastro  ;  lucernetta 
decorata  di  cavaliere  barbato  e  pileato  al  galoppo  a  sin.  reggente  con  la  mano  destra  un 
altro  cavallo  e  colla  sinistra  uno  scudiscio  (fig.  16  e). 


ESTE  —  20  —  REGIONE   X. 

Tomba  49  (4  F).  Romana.  Prof.  1.70.  Ossuario  di  argilla  rossa  a  forma  di  olla, 
con  ansa  a  nastro  sormontata  da  un  bottone,  con  coperchietto.  Fra  la  terra  di  rogo  :  bal- 
samario  di  vetro  verdognolo  ;  lucernetta  con  rosone  nell'infundibulo.  Dentro  l'ossuario 
fibula  di  ferro  tipo  La  Tene  ;  dupondio  di  Marco  Agrippa  (Cohen  1 175,  n.  3). 

Tomba  50  (4  F).  Romana.  Prof.  1.70.  Grande  anfora  rotta  alla  punta  segata  a 
metà  e  capovolta,  riparava  :  ossuario  ad  olla  piriforme  dipinto  in  origine  a  zone  rosse 
e  nere  ondulate,  con  coperchio  a  disco  tratto  da  un  coccio  e  saldato  con  gesso  alla  bocca 
del  vaso,  finissima  scodellina  di  argilla  cenerognola  imitazione  dei  vasi  metallici.  Dentro 
l'ossuario  :  fibula  di  ferro  tipo  La  Tene  ed  oggetto  pure  di  ferro  inqualificabile  al  quale 
aderiscono  residui  di  tessuto  e  dupondio  totalmente  rovinato  dalla  combustione. 

Tomba  51  (4  E).  Romana.  Prof.  1.30.  A  cassetta  con  grandi  mattoni  di  0.42  X  28. 
Rozzo  ossuario  a  ziro  schiacciato  con  ciotola  frammentata  ;  piccolo  vasettino  di  argilla 
cinerea.  Fra  le  ossa  combuste:  due  balsamari  di  vetro  bianco,  fusi  dalla  combu- 
stione ;  punta  ed  ago  di  bronzo  acuminato  finiente  da  una  parte  in  palettina. 

Tomba  52  (4  F).  Romana.  Prof.  0.90.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Rozzo 
ossuario  a  ziro  molto  slanciato,  chiuso  alla  bocca  da  un  frammento  di  tegola  ;  fiaschetta 
piriforme  di  argilla  rossa.  Dentro  l'ossuario  :  barattolo  cilindrico  di  avorio  ;  due  balsa- 
mari di  vetro  verdognolo  ;  altro  frammentato  ;  tre  frammenti  di  aghi  d'avorio  ;  spec- 
chio rettangolare  di  bronzo  e  frammenti  di  altro  simile  ;  due  fibule  di  bronzo  tipo  Certosa 
dupondio  di  Tiberio  (Cohen  I  192,  n.  22). 

Tomba  53  (4  E).  Romana.  Prof.  1.80.  Anfora  segata  e  capovolta,  interamente 
frammentata.  Sotto  :  ossuario  di  vetro  verdognolo  ad  olla  ventricosa  chiuso  alla  bocca 
con  una  scodella  tinta  a  rosso  ornata  di  intaccature  (fig.  20  e).  Dentro  all'ossuario  :  lu- 
cernetta fittile  che  reca  nell'infundibulo  ad  alto  rilievo  una  figura  di  gladiatore  in  lotta 
(fig.  16  m)  ;  balsamario  allungato  di  vetro  verdognolo  ;  fibula  di  bronzo  a  cerniera  ;  zanna 
di  porco  e  dupondio  di  Claudio  (Cohen  I  254,  n.  47). 

Tomba  54  (4  E).  Romana.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  2.  Rozzo 
ossuario  a  ziro,  chiuso  alla  bocca  con  sfaldatura  calcare.  Conteneva  due  chiodi  di  f°rro. 

Tomba  55  (4  F).  Romana.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  2.00.  Grande 
ossuario  a  ziro  con  due  cordoni  solcati  da  intaccature,  frammentato  alla  bocca  che  era 
chiusa  con  sfaldatura  calcare  ;  conteneva  un  balsamario  di  vetro  verdognolo. 

Tomba  56  (4  E).  Romana.  Prof.  2.10.  Anfora  segata  e  infitta  nel  terreno,  chiusa 
alla  bocca  da  sfaldatura  calcare.  Conteneva  un  rozzo  ossuarietto  fittile  a  ziro,  slanciato 
con  coperchio  a  ciotola,  dentro  al  quale  si  trovarono  :  una  lucernetta  fittile  semplice  ; 
un  balsamario  di  vetro  verdognolo  ;  una  fibula  di  ferro  tipo  la  Tene  e  un  dupondio  di 
Tiberio  (Cohen  I  192,  n.  22). 

Tomba  57  (4  E).  Romana.  Prof.  1.80.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Grande 
ossuario  a  ziro  slanciato  con  ciotola  coperchio  a  strie,  che  conteneva  :  lucernetta  fittile 
con  rosone  nell'infundibulo;  due  balsamari  di  vetro  verde;  ago  di  ferro;  anello  di  ferro 
con  sigillo  guasto  dall'ossido  e  fibula  di  ferro  tipo  La  Tene  che  per  effetto  dell'ossido 
porta  saldato  un  dupondio  di  Augusto  (Cohen  I  94,  n.  228). 

Tomba  58  (4  E).  Romana.  Prof.  1.70.  Anfora  di  argilla  di  color  rosso,  segata 
a  metà  e  capovolta.  Riparava  :  ossuario  a  ziro  slanciato  con  ciotola  coperchio,  che  oltre 


REGIONE   X.  —    21    —  ESTE 


alle  ossa  combuste  conteneva:  lucernetta  fittile  decorata  di  conchiglia;  balsamario  di 
vetro  verdognolo  ;  altro  dello  stesso  colore  frammentato  ;  fibula  di  ferro  tipo  La  Tene 
che  saldato  all'ago  per  effetto  dell'ossido  reca  un  anello  di  ferro  con  castone  molto  os- 
sidato ;  punteruolo  dello  stesso  metallo. 

Tomba  59  (4  E).  Romana.  Prof.  1.70.  Anfora  segata  a  metà  e  capovolta  coperta 
di  terra  del  rogo.  Al  riparo,  rozzo  ossuario  a  ziro  molto  slanciato,  con  coperchio  ;  sco- 
dellina  di  argilla  cinerea  decorata  di  striature  ;  lucernetta  fittile  con  figura  animale  mal 
ì  iuscita  ;  bottiglia  di  vetro  bianco,  ansata  ;  altra  pure  di  vetro  azzurro  con  corpo  sfe- 
roidale (fig.  20).  Dentro  l'ossuario:  balsamarietto  di  vetro  verdognolo;  altro  frammen- 
tato ;  fibula  di  bronzo  a  cerniera  con  l'arco  a  costoline .  anello  di  ferro  al  quale  sono  appic- 
cicati dei  resti  di  tessuto  che  porta  incastonata  una  corniola  a  guisa  dì  sigillo,  sulla  quale 
è  incisa  la  figura  di  un  Dioscuro  che  regge  per  il  freno  un  cavallo,  rivolti  entrambi  a 
sinistra  ;  dupondio  di  Tiberio  (Cohen  I  192,  n.  23). 

T  o  m  b  a  60  (4  E).  Romana.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  1.80.  Os- 
suario a  ziro  slanciato  con  coperchio. 

T  o  m  b  a  61  (4  D).  Romana.  Prof.  0.60:  A  cassetta  di  1.40  X  0.90  X  0.90.  Man- 
cava del  coperchio  e  di  quasi  tutta  la  numerosa  suppellettile  che  doveva  contenere.  Tn 
un  angolo  si  trovarono  solo  due  ossuari,  uno  di  argilla  cinerea,  chiuso  alla  bocca  con  cio- 
tola coperchio  dello  stesso  genere,  munito  di  due  anse  a  nastro  e  con  solcatura  graffata 
sul  ventre  ;  l'altro  di  argilla  rossa  chiuso  con  un  disco  tratto  da  un  coccio  di  anfora,  deco- 
rato di  un  cordone  sul'a  spalla  e  di  una  solcatura  sul  ventre.  Dentro  l'ossuario  cinereo, 
stava  piegata  in  quattro  una  lamina  di  piombo  recante  una  defixio  già  pubblicata,  nelle 
Notizie  Scavi  anno  1914,  fascicolo  10,  pagg.  369  e  371. 

Tomba  62  (4  E).  Romana.  Prof.  1.80.  Anfora  a  corpo  slanciato,  segata  a  tre 
quarti  e  capovolta.  Al  riparo,  piccolo  ossuario  olliforme  cinereo  con  coperchio  a  ciotola  ; 
scodella  di  argilla  rossa.  Dentro  l'ossuario:  lucernetta  fittile  col  bollo  COMVNIS;  fram- 
mento di  ago  di  ferro  ed  altro  di  osso  ;  pendaglietto  di  osso  intagliato  a  forma  di  lira  ; 
dupondio  di  Claudio  (Cohen  I  251,  n.  14). 

Tomba  63  (4  E).  Romana.  Prof.  2.00.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Ossuario 
ad  olla  piriforme,  dipinto  intieramente  a  bianco  con  coperchietto  rossastro  ;  lucernetta 
fittile  col  bollo  MODES.  Dentro  l'ossuario,  frammento  di  grossa  lamina  triangolare  di 
bronzo  e  dupondio  (di  Augusto  ?). 

Tomba  64  (4  E).  Romana.  Prof.  1.60.  Grande  anfora  di  argilla  giallastra  segata 
a  tre  quarti  e  capovolta.  Al  riparo,  ossuario  di  argilla  figulina,  color  giallastro,  ad  olla 
rastremata  alla  bocca  con  due  anse  orizzontali  a  presa-  era  decorata  con  una  fascia  ondu- 
lata di  color  rosso  e  ch'usa  con  piccolo  coperchietto.  A  fianco  e  ritto  contro  la  parete 
dell'anfora  stava  un  lungo  coltello  di  ferro  con  tre  permetti  che  dovevano  fissarlo  al  ma- 
nico. Dentro  l'ossuario  :  balsamario  di  vetro  verdognolo  ;  frammento  di  altro  e  di  un 
vaso  baccellato  dello  stesso  colore  zanna  di  cinghiale  spezzata  frutto  di  dattero  com- 
busto ;  gruppo  saldato  dall'ossido  costituito,  da  una  fibula  di  ferro  La  Tene,  anello  dello 
stesso  metallo  e  dupondio  di  Agrippa  (Cohen  1 175,  n.  3).  Tali  oggetti  portano  appicci- 
cati resti  di  tessuto. 


ESTE 


22    — 


REGIONE    X. 


Tomba  65  (4  E)  Romana.  Prof.  2.  Grande  frammento  di  anfora  che  riparava: 
ossuario  di  argilla  rossa  ;  fiaschetta  piriforme  ad  un'ansa  di  argilla  figulina  di  color 
rossetto;  tazz'na  di  argilla  cinerea,  ornata  di  baccellature;  lucernetta  fittile  che  reca 
nell'infundibulo  un  gallo  che  posa  una  zampa  su  un  ramo  di  palma  ;  balsamario  di  vetro 
verdognolo  (fig.  20  g). 

Tomba  66  (4  E).  Romana.  Prof.  2.00.  Mezza  anfora  capovolta,  copriva:  os- 
suario di  rozzo  impasto  rossiccio  a  forma  di  ziro  slanciato  con  coperchio  ;  a  fianco  ma- 
nico di  tegghia,  di  argilla  rossa  terminante  con  testa  di  serpe  ;  frammento  di  vaso  aretino 
foggiato  a  volto  umano  (fig.  21).  Dentro  l'ossuario  e  sopra  le  ossa  combuste  ;  finissima 


Fio.  21. 


scodellina  verniciata  decorata  a  nero  di  fitte  striature;  lucernetta  fittile  col  bollo 
ORIENTIS  ;  tre  balsamari  di  vetro  verdognoli)  ;  un  punteruolo  di  bronzo  e  uno  di  ferro  ; 
altro  di  osso  frammentato;  pezzettino  di  vasetto  di  vetro  color  azzurro  chiaro  con 
fitti  bitorzoletti  ;  tre  frutta  di  dattero  carbonizzati  ;  dupondio  di  Augusto  (Cohen  I  94, 
n.  228). 

Tomba  67  (4  E).  Romana.  Prof.  2.00  Anfora  segata  a  metà  e  capovolta,  fram- 
mentata. Riparava:  ossuario  a  forma  di  ziro  slanciato;  due  scodellette  di  argilla 
cenerognola.  Sopra  le  ossa  combuste  :  balsamario  di  vetro  verdognolo  ;  lucernetta  fittile 
semplice  ;  altra  di  argilla  ro.sa  frammentata  rappresentante  due  piedi  umani  uniti  e  cal- 
zati dei  calcei  (fig.  16  e)  ;  fibula  di  ferro  La  Tene  ossidata  imita  in  gruppo  con  un 
pezzo  di  calotta  cranica  e  un  anello  di  ferro  con  cassone  e  dupondio  d'Augusto  (Cohen 
I  94,  n.  228). 

Tomba  68  (4  F).  Prof.  2.40.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Anforetta  fittile 
ossuario,  col  corpo  interamente  decorato  di  cordoncini,  munita  verso  la  spalla  di  due 
piccole  anse  ad  occhiello  ;  fiaschetta  a  ventre  schiacciato  di  argilla  figulina  di  color  ros- 
setto ;  scodella  di  argilla  cinerea.  Dentro  l'anf oretta,  sopra  le  ossa  combuste  :  due  balsa- 


REGIONE    X.  —    23    —  ESTE 


marietti  di  vetro  verdognolo;  lucernetta  fittile  recante  nell' infundibulo  la  rappresen- 
tazione di  una  vasca  alla  quale  è  appoggiata  una  donna  nuda,  mentre  altra  donna  sta 
versando  dell'acqua  da  un  vaso  (fig.  16  f);  grande  ago  di  bronzo  con  cruna;  fibula  di 
ferro  tipo  La  Tene  ;  serratura  di  bronzo  per  cassettina  ;  dupondio  di  Augusto  (Cohen 
I  96,  n.  224. 

Tomba  69  (4  D).  A  cassetta:  0.70  X  0.50  X  0.50.  Prof.  1.60.  Ih  una  parete  era 
stato  praticato  un  foro  e  mancava  della  suppellettile. 

T  o  m  b  a  70  (4  D).  Ili  periodo.  Prof.  1.50.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Ossua- 
rietto  fittile  situliforme  a  zone  rosse  e  nere  ;  grande  scodella  di  argi  la  nerastra  lucidata 
a  grafite  framm.  ;  bicchiere  a  calice  di  rozzo  impasto  nericcio  ;  frammento  di  tazzina 
tinta  e  lucidata  a  grafite,  decorata  di  doppi  circoli  impressi  uniti  fra  loro  da  linee  punteg- 
giate imitanti  il  cane  corrente.  Nell'ossuario  in  bronzo  :  fibula  tipo  Certosa  con  l'ago  spez- 
zato ;  altra  idem  più  piccola  ;  armiletta  con  estremità  sovrapposte  ;  altra  frammentata  ; 
due  pezzett'  informi. 

Tomba  71  (4  D).  Ili  periodo.  In  semplice  buca.  Prof.  1.50.  Ossuario  olliforme  con 
rozza  ciotola  coperchio,  frammentato. 

Tomba  72  (4  D).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.30  X  0.40.  Prof.  2.20.  Ossuario 
fittile  situliforme  con  zone  rosse  e  nero  e  ciotola  coperchio  ;  vasetto  fittile  a  ventre  rigonfio 
con  resti  di  coloritura  ad  ocra  e  grafite  che  conteneva  una  tazzina  di  argilla  nero  lucida. 
Fra  le  ossa  combuste  :  grande  fibula  serpeggiante  di  ferro,  rotta  in  due  pezzi  ;  ago  di  bronzo 
con  cruna  ;  grossa  borchia  a  testa  piatta  ;  pezzetto  informe  d'ambra. 

T  o  m  b  a  73  (4  D).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.50  X  0.50.  Prof.  2.30.  Sotto  alla 
tomba  61.  Situla  di  bronzo  a  forma  di  tronco  di  cono  rovescio,  alta  mm.  240,  d'ametro 
alla  bocca  mm.  168,  costruita  con  solida  lamina  saldata  con  borchie  ribadite  e  col  fondo 
lavorato  a  parte,  fermato  al  vaso  con  ripiegatura.  Sul  collo  sono  fissati  in  due  punti  op- 
posti due  doppie  anse  ad  occhiello,  dentro  le  quali  sono  passati  due  manichi  uncinati  e 
girevoli,  fusi  in  solida  verga  arcuata,  foggiata  a  spira.  Quando  i  manichi  sono  abbassati, 
trovano  come  arresto,  affinchè  non  abbiano  a  cadere  sulla  spalla  del  vaso,  due  sostegni 
verticali  a  forcellina,  situati  esattamente  a  metà  fra  i  manichi.  Il  coperchio  piatto  a 
breve  orlo,  munito  al  centro  di  piccola  presa  ad  occhiello  :  è  ornato  di  decorazioni  geome- 
triche costituite  da  giri  di  punti  a  sbalzo  e  da  quattro  borchioni  divisi  da  linee  punteg- 
giate (fig.  22).  Accanto  stavano,  l'ossuario  fittile  a  zone  rosse  e  nere  con  ciotola  coperchio 
rossiccia  ;  ossuarietto  a  forma  di  bicchiere  tinto  ad  ocra  ;  vaso  accessorio  di  argilla  nera- 
stra decorato  a  stralucidi  ;  due  bicchieri  ;  due  tazzine.  Dentro  gli  ossuari,  fra  le  ossa 
combuste  :  due  fibule  di  bronzo  tipo  serpeggiante  a  cornetti  e  rosette  (fig.  23)  ;  punta 
di  spillone  dello  stesso  metallo;  lama  di  coltello  e  punteruolo  di  ferro. 

Tomba  74  (4  D).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.30  X  0.30  X  0.30.  Prof.  1.60.  Piccolo 
ossuario  fittile  situliforme,  munito  di  ciotola  coperchio  a  calotta,  lucidato  a  grafite  ;  bic- 
chiere a  calice  ornato  di  zone  a  rosso  e  nero.  Fra  le  ossa  combuste  :  fibula  di  bronzo  con 
breve  arco  rigonfio  e  lunga  staffa,  che  porta  nell'ago  un  gruppo  di  catenelle  guaste  dal- 
l'ossido ;  piccola  fibula  con  arco  a  fettuccia  ;  framm.  di  bulla  di  bronzo  ornata  di  punti  a 
sbalzo  e  perlina  di  vetro  azzurro. 


ESTE 


24  — 


REGIONE    X. 


T  o  m  b  a  75  (4  D).  Ili  periodo.  A  eassetta  :  0.90  X  0.80  X  0.85.  Prof.  2.00.  Co- 
perta di  terra  del  rogo.  Situla  di  bronzo^formata  di  una  sola  lamina  saldata  con  borchie 
ribadite,  alta  nini.  319  col  diam.  alla  bocca  di  mm.  200.  Ha  corpo  di  anfora  a  larga  bocca 


„.. 


Fio.  22. 


senza  manichi  ornata  alla  spalla  di  tre  cordoni  a  sbalzo,  piede  lavorato  a  parte  che  si  fissa 
al  corpo  con  una  ripiegatura  della  lamina,  coperchio  a  calotta.  Conteneva:  ossuario  fit- 


Fig.  23. 


die  aforma  dì  alto  bicchiere,  ornatp  sotto  all'orlo  di  una  fila  di  piccoli  circoli  impressi, 
ciotola  coperchio  a  stralucidi  e  in  mezzo  alle  ossa  combuste  i  seguenti  oggetti  :  fibula  di 
bronzo  a  navice'la  rotta  in  due  pezzi  e  sformata  dalla  combustione  ;  nove  anelli,  cinque 
dei  quali  di  fettuccia,  gli  altri  di  verghetta  raccolta  a  spira  ;  pendagl  ietto  .di  bronzo  a  forma 
di  piede  umano  calceato  ;  lama  di  coltello  di  ferro  ;  due  perle  di  osso  ;  framm.  di  oggettini 


REGIONE    X.  —    25   —  ESTE 

di  bronzo  inqualificabili  ;  un  amuleto  fittile  forato,  a  quattro  punte  a  guisa  di  tribolo  ; 
tre  fusaiuole  fittili,  una  semplice,  una  borchiata  e  una  graffita.  Accanto  alla  fibula: 
vasetto  fittile  dpinto  a  zone  rosse  e  nere  ;  quattro  coppette  con  stralucidi  ;  scodelletta 
di  argilla  nero  lucida. 

Tomba  76  (4  D).  II  periodo.  A  cassetta:  0.50  X  0.40  X  0.30.  Prof.  1.80.  Ossua- 
rio fittile  situliforme,  interamente  tinto  a  grafite  con  ciotola  coperchio  a  fasce  stralucide  ; 
rozzo  bicchiere  fittile;  vasetto  a  ventre  rigonfio  ;  coppa  a  basso  piede  con  fasce  a  stralucido. 
Dentro  l'ossuario  i  seguenti  bronzi  :  frammento  di  grande  fibula  a  navicella  con  infilate 
catenelle  dadle  quali  pendono  tre  pendaglietti  globulari  ;  fibula  con  lungo  arco  carenato 
ornato  di  graffiti  e  di  due  bitorzoli  ai  lati;  due  fibulette  infilate  l'una  nell'altra  con  staffa 
terminante  a  palettina  piatta  ;  armilla  di  larga  fettuccia  ravvolta  a  spira,  ornata  di  graf- 
fiti ;  quattro  frammenti  di  altra  simile  e  ventiquattro  perle  di  corallo  roseo. 

Tomba  77  (4  C).  II  periodo.  A  cassetta:  0.60  X  0.40  X  0.40.  Prof.  2.40.  Coper- 
ch'o  franato,  suppellettile  rovinata.  Si  raccolsero  i  seguenti  oggetti  metallici  :  fibuletta  di 
bronzo  ad  arco  depresso  frammentata  all'ago  ;  grande  armilla  di  verghetta  cilindrica  di 
bronzo  ;  coltello  di  ferro  a  lama  ricurva  con  tratto  del  manico  mancante  del  rivestimento  ; 
frammento  di  verghetta  di  ferro  torta  ad  una  estremità. 

T  o  m  b  a  78  (4  D).  A  cassetta  :  1.00  X  0.65  X  0.65.  Prof.  1.80.  Mancava  del  coper- 
chio, suppellettile  involata. 

Tomba  79  (4C).  Romana.  Mezza  anfora  di  argilla  giallastra  capovolta.  Prof.  0.60. 
Ossuario  fittile  a  forma  di  ziro  slanciato  ;  scodella  di  argilla  rossa  ;  balsamario  fittile 
(fig.  2)  h).  Sopra  alle  ossa  combuste:  lucernetta  fittile  ornata  nell'infundibulo  di  una  con- 
chiglia a  stampo;  balsamario  di  vetro  verdognolo  e  altro  fuso  dalla  combustione. 

Tomba  80  (4.  C).  Ili  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  2.  Piccolis- 
simo ossuario  fittile  di  forma  biconica,  decorato  di  borchiette  di  bronzo  con  tracce  di  co- 
loritura a  grafite  e  ciotoletta  nerastra.  Fra  le  esili  ossa  combuste,  frammenti  di  una  fibu- 
lina  di  bronzo  :  un'armilla  di  fettuccia  ;  quattro  frammenti  di  altra  simile  e  frammento 
di  minuscolo  vasettino  fittile. 

Tomba  81  (4  C).  Ili  periodo.  In  semplice  buca.  Prof.  1.20.  Grande  ossuario  a 
tronco  di  cono  rovescio,  modellato  in  grossolano  impasto  rossastro,  con  larga  ciotola  co- 
perchio frammentati.  Dentro  l'ossuario  frammenti  di  armilla  di  ferro. 

Tomba  82  (4  C).  Ili  Periodo.  In  semplice  buca.  Prof.  2.70.  Sotto  a  sfaldature 
calcari,  ossuarietto  fittile  dipinto  ad  ocra  e  grafite  con  ciotola  coperchio  e  rozzo  bic- 
chiere frammentato. 

Tomba  83  (4  C).  Ili  periodo.  Prof.  2.  Fra  lastre  di  calcare  e  terra  di  rogo  :  ossuario 
fittile  situliforme  tinto  a  zone  di  color  rosso  e  nero  con  ciotola  coperchio  framm.  ;  due 
bicchieri  lucidati  a  nero  ;  due  ciotolette  della  stessa  tecnica  ;  coppetta  a  basso  gambo  con 
stralucidi.  Fra  le  ossa  combuste  :  frammento  di  fibule  di  bronzo  a  disco  ;  armiletta  di 
bronzo  ;  bottone  idem  ;  pometto  di  osso  modanato  a  vite  ;  quattro  perline  di  ambra  ; 
fusaiuola  fittile  con  cerchielli  di  smalto  bianco.  Fra  la  terra  di  rogo  due  astragali. 

T  o  m  b  a  84  (4  C).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.50  X  0.40.  Prof.  2.00.  Ossuario 
situliforme  di  argilla  nerastra  con  ciotola  coperchio  ;  due  ciotole  ;  due  coppette  a  basso 
gambo  con  stralucidi  ;  vaso  potorio  a  stivale  ornato  di  impressioni  al  girellino  e  con  foro 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  4 


ESTE  —    26   —  REGIONE    X. 

alla  punta  (fig.  24).  Dentro  l'ossuario  fibuletta  di  bronzo  ad  arco  depresso  frammentata; 
quattro  frammenti  di  armilla  di  verghetta  cilindrica;  tre  di  armilla  a  fettuccia:  due 
anellini  ;  framm.  di  tubetto  di  bronzo  ;  filo  di  bronzo  ravvolto  a  lunga  spira  ;  tre  tubetti 
di  osso  leggermente  rastremati  da  un  lato  di  proporzioni  diverse  con  ornati  geometrici 
'ncisi;  cinque  fusaiuole  fìttili  e  astragalo  combusto. 


Fio.  24. 


T  o  m  b  a  85  (4  C).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  1.80.  Ossua- 
rio fittile  a  tronco  di  cono  rovescio  con  ciotoletta  coperchio.  Fra  le  ossa  combuste,  fibu- 
letta con  gruppo  di  catenelle  di  bronzo  infilate  nell'ago. 

Tomba  86  (4  C).  III  periodo.  A  cassetta:  0.45x0.40x0.40.  Prof.  2.50.  Grande 
ossuario  a  superficie  rossiccia  con  ciotola  coperchio  di  grossolano  impasto,  fibuletta  tipo 
Certosa  con  arto  a  nodi  ;  tre  anellini  di  bronzo. 

Tomba  87  (2  F).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  2.70.  Ossua- 
rio di  argilla  nera  molto  basso  a  ventricoso,  conteneva  un  grosso  anello  di  robusta  verga 
cilindrica  di  bronzo.  In  mezzo  alla  terra  del  rogo,  due  astragali  e  una  conchiglia  marina 
frammentata. 

T  o  m  b  a  88  (2  F).  Ili  periodo  (fig.  25).  A  cassetta  :  0.60  X  0.55  X  0.40.  Prof.  1.80. 
Tre  ossuari  situliformi  a  zone  rosse  e  nere,  due  cordonati,  con  ciotole  coperchio  a  stralu- 
cido  ;  vaso  con  la  stessa  decorazione  degli  ossuari  ;  bicchiere  lucidato  a  nero  ;  coppa  a 
basso  gambo  che  conteneva  lische  di  pesce  ;  vasettino  ;  scodeletta  ;  due  tazzine.  Dentro 
gli  ossuari  i  seguenti  bronzi  :  grande  fibula  serpeggiante  frammentata  alla  staffa,  ornata 
di  rosette  a  cornetti  e  pometti  ;  due  fibule  ad  arco  depresso  ed  allungato  ;  altra  fibula 
dello  stesso  tipo  che  porta  pendente  dall'ago  una  pinzetta  di  ferro  ;  fibulina  sformata  dalla 
combustione  con  gruppetti  di  catenelle  infilate  nell'ago  che  reggono  due  pendaglietti 
piriformi  di  smalto  vitreo.  Per  effetto  dell'ossido  alla  predetta  fibula  si  è  fissata  una 
armilla  di  bronzo  a  spira;  altra  armilla  simile;  due  anelli  di  fettuccia  e  due  di  verghetta 
a  spira  ;  dischetto  umbilicato  con  foro  al  centro,  decorato  di  punti  a  sbalzo  e  punte- 
ruolo di  ferro. 


REGIONE    X. 


—    27    - 


ESTE 


Tomba  89  (4  F).  Romana.  Prof.  2.80.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Ossuario 
ad  olla  piriforme  interamente  tinto  a  bianco  con  coperchietto  ;  fiasca  a  ventre  depresso 


Fi«.  25. 


tinta  a  rosso  ;  poculo  ;  tazzina  e  lucernetta  fittile.  Sopra  le  ossa  combuste:  fibula  di  bronzo 
a  cerniera;  ane'lo  di  ferro  che  porta  incastonata  una  pietra  dura  dove  è  inciso  un  leone 
che  ha  atterrato  un  animale  ;  dupondio  di  Augusto  col  nome  del  triumviro  Lurius  Agrippa 
(Babelon  II  n.  2). 


ESTE  —    28    —  REGIONE   X. 

T  o  mb  a  90  (4  E).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.70  X  0.60  X  0.45.  Prof.  2.  Manomessa, 
probabilmente  nelle  deposizioni  funebri  romane.   Pochi  cocci  di  vasi  del  III  periodo. 

Tomba  91  (4  E).  II  periodo.  Al  riparo  sotto  sfaldature  calcari.  Prof.  1.70.  Rozzo 
ossuario  ad  olla  di  grossolano  impasto,  con  piccole  prese  arcuate  sulle  spalle  con  rozza  cio- 
tola-coperchio; vaso  situliforme  di  argilla  nero  lucida  ;  due  bicchieri  ;  ciotoletta  e  vaset- 
tino  di  argilla  nerastra.  Fra  le  ossa  combuste  :  frammento  di  fibula  di  bronzo  tipo  serpeg- 
giante, ornata  di  un  cornetto  ;  due  rotelle  e  fusaiuola  fittile. 

T  o  m  b  a  92  (4  E).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.60  X  0.50  X  0.40.  Prof.  2.80.  Nello  strato 
acquoso.  Grande  ossuario  fittile  situliforme  tinto  color  castagno  con  ciotola  coperchio  ; 
idem  tinto  a  rosso  e  nero  con  ciotola  a  stralucidi  ;  altro  più  piccolo  pure  con  ciotola  co- 
perchio tinta  a  rosso  con  ornati  a  zig-zag  in  grafite  :  due  vasi  accessori  a  ventre  tondeg- 
giante tinti  e  lucidati  a  nero  ;  coppa  ad  alto  gambo  ;  ciotola  nericcia  ;  calicetto  con  cor- 
done verso  il  piede  che  con  un  tratto  si  prolunga  all'orlo  ;  coppina  e  tazzina  con  borchiette 
di  bronzo.  Nel  grande  ossuario  si  trovarono  :  in  bronzo,  quattro  fibule  a  navicella  ornate 
di  graffiti  ;  fibula  serpeggiante  con  pometti  ;  piccola  armilla  e  framm.  di  altra  ;  otto  f ramni, 
di  spilloni  ;  due  asticciuole  per  pendaglie  di  conterie,  attraversate  una  da  dieci  l'altra  da 
tredici  forellini  ;  sei  pendagli  di  lamina  triangolare  ornati  di  punti  a  sbalzo  ;  arco  di 
fibula  di  ferro  e  numerose  serie  di  perline  di  pasta  vitrea  color  biancastro  ed  azzurro.  Den- 
tro l'ossuario  zonato  :  dischetto  di  foglia  d'oro  con  punti  a  sbalzo  :  otto  pezzi  di  corno 
cervino  lavorati,  rovinati  dalla  combustione,  che  dovevano  formare  il  rivestimento  di 
una  fibula  :  pendaglietto  di  osso  a  figura  umana  schematica  ;  stecca  di  corno  di  cervo  fog- 
giata a  lama  di  coltellino,  ornata  di  linee  graffite  ;  pendaglietto  di  corno  cervino  in  forma 
di  asticciuola  ornata  di  graffiti  ;  fusaiuola  fittile  conica  e  altra  a  spicchi. 

T  o  m  b  a  93  (4  C).  II  perriodo.  A  cassetta  :  0.40  X  0.30  X  0.30.  Prof.  2.30.  Suppellet- 
tile frammentata.  Resti  di  ossuario  situliforme  e  borchiette  di  bronzo  :  grande  ciotola  e 
due  piccole;  tre  vasetti  a  ventre  tondeggiante  frammentati;  piccola  coppa  di  rozzo 
impasto  ;  minuscolo  vasettino.  Di  bronzo  i  seguenti  oggetti  :  catenelle  con  cinque  pen- 
dagli a  tre  c:rcoletti  ;  armille  di  verghetta  cilindrica  ;  anellino  ;  punteruolo  ;  tre  verghette 
inqualificabili;  perla  vitrea  azzurra  e  fusaiuola  fittile. 

Tomba  94  (4  E).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.40  X  0.30  X  0.40.  Prof.  0.70.  Ossua- 
rietto  fittile  situliforme  tinto  a  grafite  con  ciotola  coperchio  alto  bicchiere  nerastro  : 
altro  cilindrico  di  grossolano  impasto.  Fra  le  ossa  :  frammento  di  fibula  carenata  a  po- 
metti e  pezzetto  informe  di  bronzo. 

T  o  m  b  a  95  (4  E).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.40  X  0.30  X  0.35.  Prof.  2.70.  Ossuario 
fittile  situliforme  con  zone  a  rosso  e  nero  e  ciotola  coperchio  ;  alto  bicchiere  tinto  intera- 
mente ad  ocra  ;  altro  bicchiere  di  rozzo  impasto  con  cordoni  e  intaccature  ;  coppina  tinta 
a  nero  e  ornata  di  fasce  a  stralucido  ;  piccolo  imbuto  con  presa  a  linguetta  nella  parte 
inferiore.  Dentro  l'ossuario  i  seguenti  bronzi:  grande  fibula  a  navicella  che  porta  infi- 
lato nell'arco  un  anello  a  verghetta  e  appesi  all'ago  un  pendaglio  formato  da  grosso 
anello  che  termina  con  una  mano  schematica,  e  dentro  a  questo  anello  ve  ne  è  passato 
un  altro  e  sulla  staffa  sono  appesi  due  pendagli  a  giorno  (fig.  26)  ;  gruppo  di  catenelle 
che  terminano  con  pendaglietti  sferici  ;  frammento  di  fibula  con  largo  ago  depresso  ;  due 


REGIONE    X. 


—    29    — 


ESTE 


armilette  di  verghetta  cilindrica  ;  anellino  ;  frammento  di  una  bulla  e  pezzo  di  sbarra 
u  orme.  Sulla  platea  fusaiuo'a  fittile. 


Fig.  26. 


T  o  m  b  a  96  (4  B).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.40  X  0.40.  Prof.  1.40.  Ossuario 
fittile  situliforme  lucidato  a  rosso  con  ciotola  coperchio;  vasetto  ventricoso  ad  ocra  e 
grafite  e  ciotola  nera  frammentata.  Dentro  l'ossuario:  scalpello  di  bronzo  spezzato  al 
taglio  ;  anellino  e  bottone  di  bronzo  ;  punteruolo  di  ferro  e  fusaiuola  fittile. 

T  o  m  b  a  97  (4  E).  Romana.  Mezza  anfora  capovolta  minutamente  frammentata 
che  poggiava  su  mattone  "e  coperta  di  terra  di  rogo.  Prof.  2.10.  Ossuario  ad  anfora  di 
vetro  verdognolo  con  due  manichi  verticali  con  coperchietto  (fig.  20  a)  ;  fiaschetta  fram- 
mentata ad  un'ansa  ;  ciotola  rossiccia  decorata  di  graffiti  ;  due  lucernette  fittili  fram- 
mentate, una  semplice,  l'altra  con  un  gallo  da  battaglia  con  palma.  Dentro  l'ossuario  : 
balsamarietto  di  vetro  verdognolo  (fig.  20  i)  ;  framm.  di  anellino  di  bronzo  ;  oggetto  di 
ferro  decomposto  dall'ossido  e  dupondio  di  Augusto  (?)  molto  trito  e  corroso. 

Tomba  98  (4  F).  Romana.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  1.90.  Os- 
suario fittile  decomposto  dall'umidità,  si  conserva  il  solo  coperchietto  ;  anforetta  fia- 
schetta a  ventre  schiacciato  ;  balsamario  a  bottiglietta  ;  coppina  tinta  a  rosso  tipo  are- 
tino ;  lucemetta  con  stampato  nell'infundibulo  un  cinghiale  in  corsa  ;  altra  semplice  : 
otto  frammenti  di  varie  statuine  di  terra  cotta  ;  balsamario  di  vetro  verdognolo  e  framm. 
di  altro  simile.  Fra  'e  ossa  :  anellino  di  verghetta  di  bronzo  ;  grande  anello  di  ferro  ;  due 
chiodi  dello  stesso  metallo  e  zanne  di  porco  ;  numerosa  serie  di  frutti  di  datteri  e  fichi 
carbonizzati. 

T  o  m  b  a  99  (4  E).  Il  periodo.  A  cassetta  :  0.70  X  0.50  X  0.50.  Prof.  2.60.  Grande  os- 
suario di  rozzo  impasto  a  tinta  nericcia,  leggermente  biconico  con  quattro  bugne  sul  mas- 
simo rigonfiamento  del  ventre  con  ciotola  coperchio  ;  due  ossuari  fittili  a  tronco  di  cono 
rovescio  di  color  castano  con  ciotola  coperchio  :  ossuario  di  argilla  nero  lucida  a  due 
tronchi  di  cono  opposti  con  piede  campanulato  ed  anse  ad  occhiello  verticali  e  decora- 
zioni col  girellino  ;  due  coppe  fittili  ad  alto  gambo  conico  :  due  rozze  ciotole  di  gros- 
solano impasto  ;  vasetto  ansato  di  argilla  nero  lucida  a  ventre  tondeggiante.  Dentro 


ESTE  —    30    —  REGIONE   X. 


gli  ossuari  fibula  a  navicella  framni.  ne  l'ago  e  nella  staffa,  con  l'arco  ornato  di  linee 
incise  ;  tre  aghi  crinali  di  bronzo  framm.  fusaiuola  fittile  biconica  e  valva  di  conchiglia 
marina.  Sulla  platea  rocchetto  fittile. 

Tomba  100  (4  E).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.40  X  0.40.  Prof.  2.50.  Piccolo 
ossuario  situliformc  di  argilla  nero  lucida  con  ciotola,  ornata  di  stra'ucidi;  vasetto  con 
la  stessa  decorazione  ;  grande  ciotola  e  coppa  fittile  a  gambo  imbutiforme.  Nell'ossuario 
fra  le  ossa  combuste  :  lekithos  a  cuore  italo-geometrico  ornato  a  strie  di  vernice  scura  ; 
grande  fibula  a  navicella  mancante  dell'ago  con  l'arco  ornato  di  graffiti  ;  fibula  con  l'arco 
rovestito  da  una  grossa  perla  di  smalto  vitreo  policromo,  mancante  dell'ago  e  del  riccio 
(fig.  27)    piccola  fibula  a  navicella  :  due  archi  di  altre  dello  stesso  tipo  ;  fibula  con  arco 


Fig.  27. 

a  fettuccia  che  doveva  essere  rivestito  di  qualche  materia;  grande  armil'a  di  vcrghetta 
cilindrica  decorata  di  linee  incise  ;  tre  anellini  e  alcuni  framm.  di  fettuccia  e  di  verghetta 
di  bronzo.  Sulla  platea  :  scettro  frammentario  di  lamina  di  bronzo  accartocciata  attorno 
ad  un  bastoncino  di  legno,  ornato  di  una  serie  di  doppi  circoli  a  sbalzo  alternati  da  qua- 
dratini che  includono  degli  X;  due  fusaiuole  fittili;  quattro  pendagli  od  amuleti  di  terra 
cotta,  foggiati  a  guisa  di  triboli  a  sei  punte,  attraversati  da  foro  che  serviva  per  appenderli. 

Tomba  101  (4  E).  Romana.  Prof.  1.50.  Cippo  ossuario  quadrangolare  in  pietra 
d'Istria,  mancante  di  tutta  la  parte  superiore  modanato  al  basso.  Misura  0.40  di  altezza 
largo  0.(53,  spessore  0.43.  La  base  rozza  nella  quale  è  incavata  la  cavità  cineraria,  misura 
0.32  x  0.43.  Su  di  essa  sono  i  resti  degli  arpioni  di  ferro  che  la  fissavano  al  cippo.  Nella 
cavità  si  rinvennero:  uno  specchio  di  bronzo  rotondo  decorato  da  una  parte  con  cer- 
chielli incisi,  con  manico  staccato,  e  un  dupondio  di  Augusto  (Cohen  I,  94-228). 

T  o  m  b  a  102  (4-3).  Romana,  Mezza  anfora  segata  e  capovolta  minutamente  fram- 
mentata. Prof.  1 .80.  Grande  ossuario  di  rozzo  impasto  a  ziro  slanciato  con  ciotola  coper- 
chio cordonata:  fiaschetta  rossa  a  ventre  setacciato.  Dentro  l'ossuario:  scifo  biansato 
di  argilla  cinerea  verniciata,  a  nero  con  decorazioni  a  rilievo  rappresentanti  rameggi  d'e- 
dera, imitazione  dei  vasi  metallici  ;  lucernetta  fittile  semplice  ago  e  fibula,  di  ferro  tipo 
La  Tene  con  residui  di  tessuto  :  specchio  rotondo  di  bronzo  con  manichetto  ;  spatola  di 
avorio  con  testina  sferoidale  ;  ago  di  osso  con  testina  piatta  :  due  punteruoli  di  osso  di 
proporzioni  diverse  e  dupondio  di  Augusto  (Cohen  I  97,  n.  247). 

T  o  m  b  a  103  (4  F).  Romana.  Mezza  anfora  segata  e  capovolta,  minutamente  fram- 
mentata. Prof.  2.  Ossuario  ad  anfora  con  coperchio  in  forma  di  ciotola  tonda;  grande 


REGIONE    X. 


—   3] 


ESTE 


fiasca  a  ventre  globare,  altra  più  piccola  a  ventre  schiacciato  ;  poculo  cilindrico  di  argilla 
cinerea  finissima  a  zone  di  piccole  embricature  imitazione  metallica;  lucernetta  fittile| 
con  scena  erotica,  donna  che  cavalca  un  uomo  ;  barattoletto  cilindrico  di  vetro,  foderato 
di  sottile  lamina  d'argento  ornata  a  sbalzo  di  festoni  (fig.  28)  con  coperchietto  ;  balsa- 
marietto  di  vetro  verdognolo,  fibula  di  ferro  tipo  La  Ti  ne;  due  frammenti  di  conchiglie 
marine  con  traccia  di  combustione  ;  dupondio  trito  e  corroso  di  Tiberio  ?  ;  punta  pen- 
daglio di  corno  di  cervo  lisciato. 


Tifi    28. 


Tomba  104  (4  B).  II  periodo.  A  cassetta:  0.50  X  0.40  X  0.40.  Prof.  1.50.  Suppel- 
lettile frammentata.  Vasetto  a  ventre  rigonfio  con  ornato  a  grafite  tazzina  umbilicata 
nero  lucida  con  decorazioni  di  borchie  di  bronzo  sulla  spalla  e  all'attacco  dell'ansa  ;  pezzi 
di  due  altre  tazzine,  una  pure  decorata  di  borchiette.  Di  bronzo  :  due  frammenti  di  ver- 
ghetta  cilindrica  attorta  ;  arco  di  grande  fìbula  ;  punteruolo  ;  occhiello  e  due  frammenti 
di  verghetta. 

Tomba  105  (4  E).  Romana.  Prof.  1.40.  Base  di  cippo  cinerario  in  trachite  con 
gli  arpioni  piombati  della  misura  di  0.48  X  0.43  X  0.33.  » 

Tomba  105  bis  (4  E).  Romana.  Stava  immediatamente  sotto  alla  base  predetta 
in  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Mezza  anfora  capovolta  di  forma  assai  slanciata  che 
copriva  un  ossuario  di  terra  rossastra  una  scodella  cinerea  due  lucernette  fittili  una  delle 
quali  con  striature  nell'infundibulo,  l'altra  con  una  conchiglia  a  stampo  ;  balsamarietto 
di  vetro  giallo  con  venature  bianche  ;  altro  simile  fuso  dalla  combustione  ;  specillo  di 
bronzo  ingrossato  da  una  parte  e  dell'altra  a  paletta  ;  dupondio  di  Augusto  (Cohen  I  93, 
n.  226). 

T  o  mb  a  106  (4  A).  A  cassetta  :  0.35  X  0.30  X  0.20.  Ili  periodo.  Prof.  1.50.  Due  pic- 
coli ossuari  a  ventre  tondeggiante  coloriti  ad  ocra  e  grafite,  con  ciotola  di  rozzo  impasto  ; 
tazzina  di  argilla  nero  lucida  e  mezzo  rocchetto  fittile. 


ESTE 


32    — 


REGIONE    X. 


Tomba  107  (4  E)  (fig.  29).  Romana.  Cippo  ossuario  cilindrico  in  pietra  tenera 
di  Costozza,  rotto  in  sei  pezzi  rinvenuti  sparsi  nel  terreno.  Prof.  1.40  con  coperchio 
di  forma  conica.  Misura  per  intero  in  altezza  m.  0.39  e  di  diametro  m.  0.29.  La 
base  quadrangolare  che  si  trovò  a  posto  lungo  il  muro  di  nord-est,  è  di  trachite  ed  ha 


Fig.  29. 


m.  0.32  X  0.42  X  0.42.  Sulla  fronte  del  cippo  trovasi  profondamente  incisa  l'iscrizione 

OSSA 

ALCINIS 


Il  coperchio  desinente  in  pigna  alla  cima  era  decorato  di  due  figure  di  cani  acco- 
sciati, di  cui  mancano  le  parti  anteriori  e  sul  davanti  di  una  figurina  di  lepre  accovacciato. 

Tomba  108  (4  E)  (fig.  30).  Romana.  Cippo  ossuario  cilindrico  di  pietra  di  Co- 
stozza, privo  del  coperchio.  Alto  0.60  col  diametro  di  0.40.  La  base  quadrangolare  alla 
quale  aderisce  mediante  i  soliti  pernetti  di  ferro  piombato,  misura  0.56  X  0.59  X  0.29. 

Il  tamburo  del  cippo  è  decorato  in  rilievo  di  tre  festoni,  tramezzati  da  altrettante 
rosette  ed  attaccati  a  grosse  borchie  dalle  quali  pendono  contemporaneamente  delle 


REGIONE    X. 


—    33    — 


EST1C 


tenie  ondulate  e  una  maschera  femmini'e  con  lunghe  trecce.  Sulla  cornice  superiore  del 
cippo  è  inc!sa  l'iscrizione  : 

L  •  BETLIENI  •  L  •  L  • 
ERONI 


Fi.;    30. 


La  cavità  cineraria  si  rinvenne  priva  di  suppellettile. 

Tomba  109  (4  E)  (fig.  31).  Prof.  1.40.  Romana.  Cippo  ossuario  cilindrico  in  pie- 
tra di  Costozza  alto  0.69  e  con  il  diametro  di  0.38.  La  base  in  trachite  euganea  nella  quale 
è  a  cavità  cineraria  misura  0.52  X  0.49  X  0.30.  Il  tamburo  del  cippo  è  decorato  in  giro 
di  palmette  e  foglie  di  acanto  alternate  e  contrapposte.  La  sommità  modanata  in  forma 
di  coperchio  e  desinente  in  pigna  alla  cima,  è  decorata  di  due  figure  di  cani  mastini,  acco- 
vacciati in  atto  ciascuno  di  stendere  'e  zampa  verso  una  lepre  che  è  rappresentata  in 
mezzo  ad  essi  stesa  n  terra  con  le  orecchie  abbassate  e  le  zampe  allungate  ;  sul  bordo  su- 
periore leggesi  la  scritta: 

HFPARCVS  •  M  •  ARRI 
MAXSVMI 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  -  5 


ESTE 


34 


KEGIONK    X. 


Neil  a  cavità  cineraria  fra  le  ossa  combuste  :  lucernetta  fittile  decorata  in  giro  di  due 


Fio.  31. 


figure  di  grifi  approntati,  due  palniette  e  due  delfini  (fig.  16  b)  ;  fibula  di  ferro  framm. 
ed  anello  di  ferro  con  castone  di  cui  si  è  perduta  la  rappresentazione. 


REGIONE    X. 


35   — 


ESTE 


Tomba  110  (4  E).  Romana  (fig.  32).  Prof.  1.40.  Cippo  ossuario  in  pietra  tenera 
vicentina,  di  forma  quadrangolare,  desinente  sul  dinanzi  e  nella  parte  superiore  in  edi- 
cola ad  arco  sostenuto  da  due  pilastri  e  sormontato  da  un  acroterio  centrale  a  palmetta 
e  da  due  laterali  in  forma  di  grossi  palmipedi.  Il  campo  dell'edicola,  spartito  in  due,  mo- 
stra nel  segmento  superiore  una  specie  di  conchiglia  frastagliata  a  due  punte  che  fa  sfondo 


Fig.  32. 


a  un  bustino  di  fanciullo  paludato  e  palliato  dai  corti  capelli  tagliati  a  tondo  sulla  fronte 
e  che  tiene  nella  destra  mano  un  uccelletto.  Nel  segmento  inferiore  è  incisa  l'iscrizione  : 
ed  è  scolpita  a  rilievo  la  figura  di  un  cane  accovacciato  al  guinzaglio. 

NERANTS/////S 
M  •  ARRI 
ANN  •  HI 

La  base  del  cippo  è  di  marmo  di  Verona,  e  in  essa  si  apre  la  cavità  cineraria  ;  misura 
0.28  di  altezza,  0.45  di  larghezza  con  lo  spessore  di  0.41.  Conteneva  poche  ed  esili  ossa 
combuste  e  una  lucernetta  fittile  mancante  del  beccuccio  con  cratere  stampato  nelP  in- 
fundibulo  (fig._16  h). 


ESTE  —   36   —  REGIONE    X. 

T  o  m  b  a  HI  (4  D).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.40  X  0.40  X  0.40.  Prof.  2.20.  Suppellet- 
tile frammentata.  Grande  ciotola  con  stralucidi  ;  tre  vasettini  e  bicchiere  e  tazzina  spez- 
zati. Fibula  di  bronzo  a  navicella  contorta  ;  frammento  di  lama  di  grande  coltello  di 
ferro  ;  punta  di  corno  di  cervo  ;  due  conchiglie  una  del  genere  murese  l'altra  pecten  ; 
cinque  fusaiuole  e  piccola  piramidetta  fittile  forata  superiormente. 

Tomba  112.  (4  E).  Romana.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  2.10.  Os- 
suario di  vetro  verdognolo  ad  olla  panciuta  con  due  anse  inclinate  e  coperchietto  (fig.  20)  ; 
rozzo  poculo  di  argilla  nericcia  ;  balsamario  di  vetro  verdognolo  ;  fibula  di  bronzo  a  cer- 
niera decorata  di  incisioni  ;  frammentini  di  laminella  di  bronzo  ;  pezzo  di  chiodo  di  ferro 
e  serie  di  frutta  di  dattero  carbonizzati. 

Tomba  113  (4  E).  Romana  (fig.  33).  Prof.  1.40.  Cippo  ossuario  in  pietra  tenera 
di  Costozza  a  forma  di  arula,  sormontata  da  una  grande  fiamma  e  scavata  a  nicchia  sul 
davanti  per  contenere  un  bustino  di  fanciulla  dai  capelli  ricciuti  spioventi  lateralmente 
al  viso.  Sulle  due  cornici  dell'arala  e  nello  spazio  sotto  il  busto  è  incisa  l'iscrizione  : 

VENVSTA  •  AN  •  III 

C  •  COTI 
BVCVLVS • PATER 

Il  cinerario  conteneva  un  ossuarietto  ad  olla  di  vetro  verdognolo  con  orlo  espanso, 
alto  mi.  18  col  diametro  alla  bocca  di  77,  con  coperchietto  di  terra  cotta,  e  conteneva 
poche  ed  esili  ossa  combuste  e  con  queste  :  una  lucernetta  fittile  ornata  di  quattro  del- 
fini ;  graziosa  armilletta  di  bronzo  formata  con  un  filo  ad  estremità  ripiegate  e  scorrenti 
sui  due  capi,  nella  quale  sono  infilate  tre  perline  vitree,  una  bianca,  una  azzurra  e  una 
nera  ;  dupondio  di  Augusto  molto  trito  e  corroso  ;  fibula  di  ferro  La  Tene  ;  punteruolo 
pure  di  ferro  ;  quattro  balsamari  di  vetro  verdognolo  a  bottiglietta  ;  pendaglietto  d'am- 
bra a  forma  di  mezzaluna. 

Tomba  114  (2  F).  III  periodo.  Riparata  da  sfaldature  calcari.  Prof.  1.90.  Ossuario 
fittile  situliforme  dipinto  a  zone  rosse  e  nere  con  ciotola  coperchio  ;  vasetto  tinto  ad  ocra 
e  grafite  ;  ciotola  ornata  di  stralucidi.  Bronzi  :  fibula  serpeggiante  mancante  di  un  tratto 
dell'ago,  con  due  rosette  e  cornetti  ;  altra  simile  con  due  cornetti  ;  anellino  a  più  giri  di 
spira  e  pendaglietto  a  tre  circoletti  fusi  insieme. 

Tomba  115  (1  F).  Romana.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  0.40.  Os- 
suario di  color  rosso  a  forma  di  boccale  con  ansa  a  nastro;  quattro  balsamari  fittili  a 
bottiglietta  ;  fiaschetta  a  ventre  schiacciato  con  vernice  corallina  ;  ciotola  di  argilla  ci- 
nerea ;  lucernetta  fittile  che  reca  nell'inf undibulo  la  figura  di  una  Menade  furente  con 
mezzo  capretto  nella  destra  e  coltello  nella  sinistra  (fig.  16  g).  Dentro  l'ossuario  :  fibula 
di  bronzo  a  cerniera  ;  frammentini  di  laminella  di  bronzo  e  dupondio  di  Augusto  "(Cohen 
I  94,  n.  228).  Nella  terra  di  rogo  si  raccolsero  alcuni  ossicini  di  volatile  e  una  fusaiuola 
fittile. 

T  o  m  b  a  116  (4  C).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.60  X  0.40.  Prof.  2.40.  Ossuario 
fittile  frammentato  color  castano,  decorato  di  due  file  di  borchie  di  bronzo  con  ciotola 
coperchio  ;  altra  simile  ;  coppina  a  basso  piede  ;  tazzina.  Bronzi  :  fibula  a  navicella  spez- 


REGIONE    X. 


—    37    — 


ESTE 


zata  ;  due  punteruoli  ;  anellino  ;  rasoio  lunato  con  manichetto  a  giorno,  molto  usato  e 
rappezzato  due  volte  nell'antichità  stessa    fusaiuola  fittile. 

Tomba  117  (4  C).  Romana.  In  semplice  buca.  Prof.  1.30.  Ossuario  ad  olla  piri- 
forme tinto  a  zone  rosse  e  bianche  con  coperchietto  ;  fiaschetta  di  argilla  a  ventre  schiac- 
ciato ;  poculo  di  terra  rossa  ornato  di  bitorzoli  ;  lucernetta  fìttile  decorata  di  un  rosettone. 


Fig.  33. 


Dentro  l'ossuario  :  due  balsamari  di  vetro  verdognolo  ;  frammento  di  uno  specchio  cir- 
colare di  bronzo  e  gruppo  di  fibule  a  cerniera  ;  anellino  di  bronzo  ;  dischetto  d'osso  den- 
tellato e  dupondio  di  Augusto  col  nome  del  triumv'ro  Asininius  Gallus  (Babelon  II,  284) 
saldati  insieme  dall'ossido. 

T  o  m  b  a  118  (4  C).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.50  X  0.55  X  0.40.  Prof.  2.00.  Grande  os- 
suario situliforme  a  zone  rosse  e  nere  con  ciotola  coperchio  a  stralucidi  ;  due  coppette  a 
basso  piede  ;  due  tazzine  a  stralucidi.  Bronzo  :  Anello  pendaglio  con  due  appendici  un- 
cinate ;  frammento  di  fibula  serpeggiante  ;  pezzetto  di  sbarra  informe.  Ferro  :  lama  di 
coltel  o  e  punteruolo. 

Tomba  119  (3  F).  Romana.  Prof.  0.60.  Cippo  ossuario  di  forma  cilindrica,  mo- 
danato  a  coperchio  conico  nella  parte  superiore,  in  pietra  di  Costozza,  alto  0.73,  diametro 


ESTE  —    38    —  REGIONE   X. 

0.43.  Fu  rinvenuto  accanto  al  recinto  sepolcrale  da  dove  doveva  essere  stato  asportato 
dopo  essere  stato  svelto  dalla  base  che  non  si  rinvenne,  a  meno  che  non  sia  stata  quella 
ricordata  alla  T.  105.  Il  tamburo  è  decorato  ali 'ingiro  da  due  grandi  figure  di  grifi  alati, 
cornuti,  accovacciati  con  le  code  attortigliate  in  punta,  posanti  ciascuno  una  zampa  so- 
pra un'anfora  verso  la  quale  allungano  le  lingue.  Sulla  cornice  supcriore  è  incisa  l'i- 
scrizione : 

Q-SATRIVS-Q-F- 
ROM- 

Sul  piano  ai  lati  del  coronamento  centrale  a  pomo,  sono  scolpite  due  rozze  figure 
di  leoni  accovacciati  poggianti  ciascuno  una  zampa  su  una  testa  di  vitello. 

T  o  m  b  a  120  (3  F).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  1.05  X  0.70  X  0.67.  Prof.  1.50.  Cadeva 
sotto  alle  fondazioni  di  un  muro  di  età  romana.  Rovinata.  Tre  coppe  ad  alto  gambo  cor- 
donato, tinte  ad  ocra  e  grafite  ;  bicchiere  tinto  con  gli  stessi  colori  e  ornato  di*  una  fila  di 
circoletti  impressi  a  stampo  ;  altro  dipinto  a  nero  ;  perlina  di  vetro  azzurro  e  frammenti 
di  altra  più  grossa. 

T  o  m  b  a  121  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta  0.50  X  0.40  X  0.50.  Prof.  2.10.  Ossuario 
situliforme  tinto  a  castano  con  ciotola  coperchio  .e  stralucidi  ;  vasetto  a  ventra  rigonfio 
pure  a  stralucidi  ;  rozzo  vasettino  quasi  cilindrico.  Dentro  l'ossuario  :  armilla  di  ver- 
ghetta  cilindrica  di  bronzo  ;  serie  di  framm.  appartenenti  ad  un'altra  e  due  fusaiuole 
fittili. 

Tomba  122  (3  F).  II  periodo.  Fra  due  sfaldature  calcari.  Prof.  3.00.  Ossuario  situli- 
forme di  argilla  nera  ucidata  con  ciotola  coperchio  framm. 

Tomba  123  (3  F).  A  cassetta  0.62  X  0.46  X  0.57.  Prof.  1.40.  Violata  senza  sup- 
pellettile. 

Tomba  124  (3  F).  A  cassetta:  0.67  X  0.42  X  0.42.  Prof.  1.20.  Violata  senza  sup- 
pellettile. 

T  o  m  b  a  125  (3  F).  A  cassetta  :  0.90  X  0.70  X  0.80.  Prof.  1.80.  Violata  senza  sup- 
pellettile. 

Tomba  126  (3  F).  A  cassetta:  0.60  X  0.40  X  0.40.  Prof.  2.20.  Depredata. 

T  o  m  b  a  127  (4  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.40  X  0.50.  Prof.  2.90.  Ossuario 
fittile  situliforme  con  ciotola  di  argilla  nero  lucida,  framm.  Vaso  situliforme  nero  con 
borchietta  di  bronzo  infissa  sulla  spalla  ;  due  bicchieri  di  argil'a  nerastra  e  due  ciotolette 
Dentro  l'ossuar'o,  piccola  fibula  ad  arco  rigonfio  di  bronzo  e  otto  chiocciolette. 

Tomba  128  (3  F).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.70  X  0.70  X  0.60.  Prof.  1.80.  Ossuario 
situliforme  con  zone  a  rosso  e  nero  e  ciotola  coperchio  ;  due  bicchieri  di  tinta  nera  ;  ciotola 
e  tre  tazzine  fittili.  Fra  le  ossa  combuste  :  fibula  di  bronzo  tipo  Certosa  ;  altra  frammen- 
tata con  arco  allungato  e  depresso  ;  ago  con  cruna  e  frammentino  di  sbarretta  informe. 

Tomba  129  (3  F).  Ili  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  1.30.  Os- 
suario a  tronco  di  cono  rovescio  di  rozzo  impasto  con  ciotola  coperchio;  bicchiere  fram- 
mentato ;  ciotola  di  terra  figulina  giallastra,  dipinta  a  zone  violacee.  Dentro  l'ossuario  : 
sbarra  con  due  anelli  di  ferro  che  faceva  parte  di  un  morso  equino. 

T  omb  a  130  (3  F).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.40  X  0.30  X  0.30.  Prof.  2.10.  Ossuario 
fitti  e  a  forma  di  alto  bicchiere  a  tronco  di  cono  rovescio  con  zone  rosse  e  nere  e  ciotola 


REGIONE    X. 


—  39 


ESTE 


d'pinta  nello  stesso  modo  ;  due  rozze  ciotole  ;  tre  bicchieri  a  calice,  dei  quali  uno  di  argilla 
nerastra;  gli  altri:  uno  ornato  di  cordone  sotto  all'orlo,  l'altro  a  stralucidi;  vasettino  ven 
tricoso  con  stralucidi.  Dentro  l'ossuario  :  due  anellini  di  bronzo  e  sulla  platea  tre  astragali. 
T  o  m  b  a  131  (3  E).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.50  X  0.50.  Prof.  2.60.  Ossuario 
s' tu!  forme  decorato  di  zone  a  rosso  e  nero;  due  bicchieri  di  argilla  nero  lucida;  due  più 
piccoli  ornat'  di  stralucidi  ;  quattro  ciotolette  con  stralucidi  ;  tazzina  ad  ansa  rilevata 
di  argilla  nero  lucida  ;  tazzina  di  lamina  di  bronzo  con  ansa  spezzata.  Fra  le  ossa  com- 
buste :  frammento  di  fibula  serpeggiante  a  cornetti  e  rotelle  ;  anello  di  bronzo  a  larga  fet- 
tucce ;  tre  frammenti  di  ago  crinale.  Sulla  platea  quarantadue  astragali. 


Fig.  34. 


Fio.  35. 


Tomba  132  (3  F).  Ili  periodo.  Riparata  sotto  a  sfaldatura  calcare.  Prof.  2.50.  Os- 
suario situliforme  a  zone  rosse  e  nere  framm.  ;  due  rozzi  vasetti  di  forma  quasi  cilindrica, 
uno  dei  quali  decorato  sotto  all'orlo  di  un  cordone  con  intaccature  ;  ciotolina  di  rude 
impiisto.  Fra  le  ossa  combuste  valva  di  conchiglia  marina. 

Tomba  133  (3 E).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  m.  3.  Os- 
suario situliforme  nero  lucido  framm.  ;  armilla  di  fettuccia  di  bronzo  con  estremità  so- 
vrapposte; fusaiuola  fittile  e  astragalo. 

T  o  m  b  a  134  (3  E).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.65  X  0.65  X  0.40.  Prof.  2.80.  Ossuario 
fittile  situliforme  a  zone  rosse  e  nere  con  ciotola  decorata  di  fasce  a  stralucido  ;  vaso  a 
calice  tinto  a  grafite  ;  altri  due  simili  tinti  ad  ocra  e  grafite  ;  quattro  coppette  con  ornati 
a  stralucidi  ;  due  tazzine  ansate,  una  delle  quali  dalla  parte  esterna  del  fondo  decorata 
della  croce  gammata  ;  bicchiere  di  grossolano  impasto  con  tre  bugnette  ;  tazzina  di  argilla 
nero  lucida  ;  altra  simile  decorata  sotto  all'orlo  da  una  fascietta  di  laminella  di  stagno, 
dalla  quale  scendono  verticalmente  degb  ornati  a  fig.  34.  Dentro  l'ossuario  :  due  fibule 
serpeggianti,  l'una  di  bronzo  framm.,  l'altra  di  ferro,  unite  fra  di  loro  dall'ossido  ;  fibula 
di  bronzo  a  lunga  staffa,  con  l'arco  rigonfio  e  traforato  in  quattro  riparti  che  dovevano 
essere  riempiti  di  qualche  materia  (fig.  35)  ;  pendaglietto  di  bronzo  a  secchiello,  lama 
di  coltello  di  ferro  e  conchiglia  marina. 

Tomba  135  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta:  0.48  X  0.45  X  0.30.  Prof.  3.  Ossuario  di 
argil'a  nericcia  lucida,  con  ventre  tondeggiante,  breve  spalla  e  collo  diritto,  sulla  spalla 
è  ornato  di  cinque  brevi  costole  verticali  ;  ossuario  situliforme  di  argilla  nera  molto  framm. 


ESTE  —    40    —  REGIONE    X. 

ornata  di  una  fila  di  borchie  sulla  spalla  ;  grande  e  rozza  ciotola.  Dentro  l'ossuario  :  grande 
bottone  con  appiccagnolo  ;  ago  di  bronzo  con  cruna  ;  tre  fusaiuole  fittili.  Sulla  platea  : 
cinque  grandi  rocchetti  fittili. 

Tomba  136  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.46  X  0.40  X  0.36.  Prof.  2.80.  Ossuario 
fittile  situl'.forme  di  argilla  nero  lucida  con  ciotola  di  rozzo  impasto  ;  conteneva  gancio 
da  cintura,  in  lamina  di  bronzo  guasto  e  contorto  dalla  combustione  e  due  fusaiuole  fittili. 

Tomba  137  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.55  X  0.55.  Prof.  2.60.  Suppellet- 
tile frammentata.  Ossuarietto  fittile  a  due  tronchi  di  cono  opposti  con  piede  rilevato 
e  labbro  espanso,  munito  di  due  anse  ad  occhiello  verticali  al  fondo,  decorato  di  ornati 
al  girellino  ;  parte  superiore  di  altro  ossuario  simile,  nel  quale  gli  ornati  fatti  col  girel- 
lino, sono  riempiti  di  materia  bianca  ;  coppa  con  gambo  con'.co  decorato  del  meandro 
eseguito  col  girellino  ;  rozza  ciotola  fittile  e  vaso  potorio  a  stivale,  decorato  di  linee  im- 
presse. Dentro  questo  vaso  si  trovò  il  guscio  di  un  uovo  (di  oca?)  e  frale  ossa  combuste 
dei  due  ossuari  :  fibuletta  ad  arco  depresso  ;  una  a  semplice  arco  ;  framm.  di  altra  ;  armilla 
a  tre  giri  di  fettuccia  di  bronzo  ;  tre  framm.  di  altra  simile  ;  anellino  e  due  fusaiuole  fittili. 

T  o  m  b  a  138  (3  F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.40  X  0.30  X  0.30.  Prof.  m.  2.40.  Ossuario 
a  tronco  di  cono  rovescio  ucidato  a  nero  con  una  fila  di  borchiette  di  bronzo  sulla  spalla, 
e  munito  di  ciotola  coperchio,  framm.  ;  vaso  a  bicchiere  molto  framm.  ;  gambo  di  coppa 
conico.  Fra  le  ossa  combuste  :  fibulette  di  bronzo  framm.  con  arco  schiacciato  ornato  di 
linee  incise. 

Tomba  139  (3  F).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  2.60.  Ossua- 
rietto di  argilla  lucida  a  forma  di  tronco  di  cono  rovescio  chiuso  alla  bocca  da  sfaldatura 
calcare  che  conteneva  una  bulla  di  bronzo  ornata  di  punti  a  sbalzo,  framm. 

T  o  m  b  a  140  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta  0.25  X  0.25  X  0.25.  Prof.  2.40.  Ossuario 
di  argilla  nero  lucida  a  tronco  di  cono  rovescio  con  ciotola  framm.  Fra  le  ossa:  fibula 
a  navicella  di  bronzo  ;  arco  di  altra  con  cornetti  laterali  ;  due  anellini  e  fusaiuola  fittile. 

Tomba  141  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta:  0.60x0.50x0.50.  Prof.  2.30.  Violata, 
conteneva  frammenti  di  vasi  due  e  due  pezzetti  di  ago  crinale  di  bronzo. 

Tomba  142  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta:  0.20  X 0.20  X 0.20.  Prof.  2.30.  Ossuario 
fittile  a  tronco  di  cono  rovescio  con  ciotola  coperchio.  Dentro  l'ossuario,  fibula  di  bronzo 
ad  arco  semplice  con  anello  infilato  nell'ago  ed  altro  aderente  per  l'ossido. 

T  o  m  b  a  143  (3  E).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.60  X  0.60  X  0.60.  Prof.  2.  Due  ossuari 
fittili  situliformi  a  zone  rosse  e  nere,  con  ciotola  coperchio,  una  delle  quali  a  stralucido  ; 
ossuario  di  proporzioni  più  piccole  dei  precedenti  interamente  tinto  a  grafite  con  ciotola 
pure  a  stralucidi  ;  bicchiere  di  argilla  nera  ;  altro  di  rozzo  impasto  di  forma  quasi  cilin- 
drica ;  ciotola  ;  quattro  coppine  a  basso  piede.  Dentro  gli  ossuari  i  seguenti  bronzi  :  arco 
di  grande  fibula  a  navicella,  contorto  dalla  combustione;  ago  forse  appartenente  alla 
suddetta  fibula,  che  porta  saldato  per  effetto  dell'ossido  un  anello  a  spirale  ;  fibula  ad 
arco  depresso  decorata  di  linee  incise;  fibula  del  tipo  della  precedente  con  infilato  nel- 
l'ago un  anello  di  larga  fettuccia  ;  fibuletta  a  navicella  ;  otto  frammenti  di  armille  div.  ; 
anello  a  sette  giri  di  spira;  altro  a  fettuccia  ed  altro  di  verghetta  cibndrica;  trependa- 
glietti  di  lamina  di  bronzo  accartocciata  a  triangolo  ;  altro  fermato  da  una  verghetta  a 
noduli  :  gruppi  di  catenelle  div.  ;  ago  con  cruna  ;  serie  di  perline  di  pasta  vitrea  bianca 


REGIONE    X. 
_^ 


—  41 


ESTE 


e  bottoncino  di  bronzo.  Sulla  platea  uno  scettro  tubolare  di  bronzo  con  anima  di  legno 
decorato  di  ornati  a  sbalzo,  molto  framm.  e  due  fusaiuole  fittili. 

Tomba  144  (3.  E).  A  cassetta  0.80  X  0.60  X  0.60.  Prof.  1.60.  Violata,  mancante 
della  suppellettile. 

Tomba  145  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta:  0.25  X 0.25  X 0.25.  Prof.  2.  Ossuario  a 
tronco  di  cono  rovescio  di  argilla  nero  lucida  con  ciotola  coperchio  ;  ago  crinale  framm. 

Tomba  146  (3  E).  II  periodo  A  cassetta  :  -0.50  X  0.45  X  0.45.  Prof.  2.00.  Suppel- 
lettile framm.  e  decomposta  dall'umidità.  Pezzi  di  ossuario  situliforme  a  borchie  di  bronzo  ; 
idem  di  vasetti  accessori.  Fra  le  ossa  combuste  :  armilla  d':  fettuccia  di  bronzo  ;  gruppo 


Pio.  36. 


Fio.  37. 


di  tre  armille  di  bronzo  e  due  di  ferro  insieme  unite  dall'ossido.  Sulla  platea  cinque  fusa- 
iuole fìttili  e  zanna  di  porco. 

Tomba  147  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta:  0.30  X  0.25  X  0.35.  Prof.  2.50.  Mano- 
messa, ossa  sparse  sulla  platea  ;  due  ciotole  ;  tre  vasetti  accessori  fìttili  ;  alcuni  fram- 
menti dell'ossuario.  Fra  le  ossa  :  fìbula  ad  arco  semplice  di  bronzo. 

Tomba  148  (3  D).  Ili  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  0.80.  Due 
ossuari  fìttili  situliformi  decorati  di  zone  a  rosso  e  nero  ;  due  bicchieri  e  ciotola.  Dentro 
gli  ossuari:  grande  fibula  di  bronzo,  di  tipo  Certosa;  anello  di  bronzo  ravvolto  a  più  giri 
di  spira,  sformato  dalla  combustione  tre  orecchini  a  cerchietto;  dieci  perline  di  vetro 
azzurro  e  fusaiuola  fìttile. 

Tomba  149  (3  D).  Ili  periodo.  Fra  lastre  di  calcare.  Prof.  1.00.  Ossuario  fìttile  a 
ventre  rigonfio  con  zone  a  rosso  e  nero,  con  ciotola  Coperchio  ;  ossuario  a  tronco  di  cono 
rovescio  di  grossolano  impasto  con  ciotola  coperchio  ;  ossuarietto  fittile  a  forma  di  olla 
panciuta  chiuso  alla  bocca  con  un  fondo  di  vaso,  che  conteneva  esili  e  scarse  ossa  com- 
buste ;  piccolo  bicchiere  tinto  ad  ocra  e  grafite.  Dentro  i  due  maggiori  ossuari  :  armilla 
di  verghetta  di  bronzo  che  porta  appesi  quattro  pendaglietti  a  secchiello  (fig.  36)  ;  quat- 
tro pendagli  a  forma  di  bulla  (fig.  37)    ciottoletto  fluviale  forato  ;  conchiglia  del  genere 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  6 


ESTE  42    REGIONE    X. 

cyprea.  Nell'ossuario  :   piccolo  anello  di  bronzo  e  due  perline  vitree  con  bitorzoletti  a 
colori  div. 

T  o  m  b  a  150  (3  D).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.60  X  0.50  X  0.60.  Prof.  1.70.  Tre  ossuari 
fittili  zonati  con  ciotole  coperchio,  uno  framm.  ;  tre  coppette  a  basso  piede  con  stralucidi  ; 
tre  bicchieri  uno  dei  quali  framm.  ;  ciotoletta  fittile.  Dentro  gli  ossuari  i  seguenti  bronzi  : 
grande  fibula  serpeggiante  che  termina  nella  staffa  con  un  globulo  ;  altra  simile  framm. 
e  due  più  piccole. 

Tomba  151  (3  D).  A  cassetta:  0.70  X  0.50  X  0.50.  Prof.  1.50.  Violata  senza  sup- 
pellettile. 

T  o  m  b  a  152  (3  D).  II  periodo.  A  cassetta:  0.55  X  0.50  X  0.40.  Prof.  2.00.  Tre  ossuari 
fittili  lucidati  a  scuro  uno  dei  quali  mancante  del  coperchio  e  tazzina.  Fra  le  ossa  com- 
buste, i  seguenti  bronzi  :  fibula  ad  arco  rigonfio  ;  arco  di  altra  simile  ;  fibula  con  arco 
depresso  decorato  di  linee  incise  ;  fibuletta  con  arco  di  verghetta  cilindrica  che  doveva 
essere  rivestita  di  qualche  materia  ;  framm.  di  ago  crinale  con  testa  a  globuli  ;  gancio  da 
cintura  traforato  a  giorno  e  quattro  grossi  anelli  che  servivano  di  riscontro  al  gancio. 
Sulla  platea  lama  di  coltello  di  ferro  e  fusaiuolo  fittile. 

Tomba  153  (3  D).  A  cassetta:  0.65x0.60x0.60.  Prof.  1.00.  Violata,  senza 
suppellettile. 

Tomba  154  (3  C).  Il  periodo.  Fra  due  sfaldature  calcari.  Prof.  1 .60.  Piccolo  ossuario 
a  tronco  di  cono  rovescio  di  argilla  nero  lucida  ;  tazzina  ansata.  Conteneva  :  una  fibu- 
letta di  bronzo  con  arco  ingrossato  decorato  di  una  serie  di  doppi  circoletti  incisi,  man- 
cante del  riccio  e  dell'ago.  A  fianco  all'ossuarietto,  fra  la  terra  di  rogoventi  due  astragali. 

Tomba  155  (3  C).  II  periodo.  Fra  due  sfaldature  calcari.  Prof.  1.70.  Piccolo  ossuario 
a  ventre  rigonfio  di  argilla  nerastra,  munito  di  breve  ansa  ora  spezzata  decorato  sulla  mag- 
gior rigonfiatura  del  ventre  di  ornati  geometrici  a  stampo.  Conteneva:  una  fettuccia  di 
bronzo  contorta  dalla  combustione. 

Tomba  156  (4  C).  II  periodo.  Riparato  da  sfaldatura  calcare.  Prof.  1.70.  Piccolis- 
simo ossuario  fittile  a  forma  di  bicchiere.  Rivestimento  di  arco  di  fibula  lavorato  in  osso 
con  intarsi  che  dovevano  essere  riempiti  di  pezzetti  d'ambra  ;  grande  fibula  di  bronzo 
a  semplice  arco  ;  altra  con  arco  a  larga  fettuccia  ;  anellino  di  bronzo  e  fusaiuola  fittile. 

Tomba  157  (3  D).  II  periodo.  A  cassetta:  0.30  X 0.30  X 0.20.  Prof.  1.90.  Ossuario 
di  argilla  nero  lucida  a  tronco  di  cono  rovescio  con  grande  e  rozza  ciotola  ;  vasetto  accesso- 
rio di  terra  nerastra,  e  fra  le  ossa  combuste  :  framm.  di  un  ago  crinale  di  bronzo  ;  bottone 
dello  stesso  metallo  e  tre  framm.  di  verghetta  cilindrica  di  ferro  profondamente  ossidati. 

Tomba  158  (3  C).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  2.00.  Os- 
suario fittile  a  tronco  di  cono  rovescio  con  ciotola  coperchio  ;  vasetto  accessorio  fram- 
mentato e  serie  di  altri  framm.  e  non  ricomponibili.  Fra  le  ossa:  fibula  di  bronzo  ad  arco 
depresso  mancante  del  riccio  e  dell'ago  e  frammenti  di  ago  crinale. 

Tomba  159  (3.  C)  II  periodo.  A  cassetta:  0.40  X 0.35  X 0.40.  Prof.  1.70.  Due  os- 
suari a  tronco  di  cono  rovescio  di  argilla  nero  lucida  con  ciotola  coperchio,  uno  dei  quali 
è  ornato  sulla  spalla  di  gruppi  di  quattro  borchiette  di  bronzo,  disposte  a  tratti  eguali  ; 
grande  tazza  ansata  lucidata  a  scuro;  coppa  ad  alto  gambo  ;  ciotola;  due  tazze  e  tazzina. 
Dentro  gli  ossuari:  fibula  di  bronzo  a  largo  arco  depresso  ornato  di  incisioni,  mancante 


REGIONE    X.  —    43    —  ESTE 


del  riccio  e  dell'ago  ;  due  armille  di  fettuccia  e  anello  di  bronzo.  Sulla  platea,  quattro 
fusaiuole  fittili  e  picco'o  astragalo. 

Tomba  160  (3  C).  II  periodo.  A  cassetta:  0.30  X  0.30  x  0.30.  Prof.  1.70.  Rovinata  : 
suppellettile  framm.  Resti  di  ossuario  nerastro  ornato  di  una  fila  di  borchie  sulla  spalla, 
munito  di  ciotola.  Bronzi  :  fibula  ad  arco  semplice  ;  framm.  di  ago  crinale  e  pezzo  di  sbarra 
informe    lama  di  coltello  di  ferro  e  tre  fusaiuole  fittili. 

Tomba  161(3  C).  IT  periodo.  A  cassetta:  0.70  X  0.50  X  0.50.  Prof.  1.70.  Os- 
suario a  tronco  di  cono  rovescio  di  argilla  nerastra  framm.  e  due  ciotole  dello  stesso  impasto  ; 
coppa  fittile  con  gambo  framm.  Fra  le  ossa  :  ago  crinale  di  bronzo  con  testa  a  globuli  ; 
occhiello  di  gancio  di  robusta  verga  cilindrica  di  bronzo  ;  grande  anello  di  fettuccia  di 
bronzo  framm.  e  framm.  informe.  Sulla  platea  cote  d'arenaria  e  due  fusaiuole  fittili. 

Tomba  162  (3  C).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.35  X  0.30  X  0.35.  Prof.  1.80.  Coper- 
chio franato  e  suppellettile  framm.  Resti  di  ossuario  nero  e  quelli  della  ciotola.  Lama  di 
coltello  di  ferro  e  due  framm.  di  verghetta  cilindrica  di  bronzo. 

Tomba  163  (2  C).  II  periodo.  Arcaico.  Fra  sfaldature  calcari  e  terra  di  rogo. 
Prof.  3.00.  Grande  ossuario  biconico  di  argilla  nero  lucida,  con  piede  rilevato  ed  orlo 
espanso.  Sulla  maggior  rigonfiatura  del  ventre  sono  impostate  in  punti  opposti  due  anse 
ad  occhiello  sormontate  da  due  piccoli  bitorzoli;  fra  queste  gira  una  fascia  di  ornati  geome- 
trici e  seguiti  col  girellino.  Fra  le  ossa  combuste:  grande  fibula  di  bronzo  ad  arco  semplice 
e  due  fusaiuole  fittili. 

T  o  m  b  a  164  (3  C).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.40  X  0.30.  Prof.  1.80.  Ossuario 
a  tronco  di  cono  rovescio  di  argilla  nerastra  con  borchiette  di  bronzo  sulla  spalla  e  ciotola 
coperchio  ;  vaso  di  argilla  nero  lucida  a  tronco  di  cono  rovescio  con  tre  bugne  sotto  all'orlo; 
scodella  framm.  ;  bicchiere;  tazzina  e  coppina.  Dentro  l'ossuario  :  minuscolo  vasetto  fittile 
che  riproduce  la  forma  dei  grandi  vasi  biconici,  decorato  di  graffiti  ;  fibula  di  bronzo  ad  arco 
semplice  ;  grande  anello  e  nove  framm.  di  armilla  di  verghetta  di  bronzo.  Sulla  platea,  una 
figurina  fittile  di  uccello  che  posa  col  ventre  sopra  un  gambo  conico  ;  tre  fusaiuole  fittili  ; 
due  astragali;  conchiglia  marina. 

Tomba  165  (3  C).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.40  X  0.25  X  0.50. 
Prof.  2.00.  Ossuario  a  tronco  di  cono  rovescio  di  argilla  nerastra 
con  ciotola  coperchio  ;  coppa  fittile  con  alto  gambo  conico  ;  vasetto 
a  bicchiere  e  fra  le  ossa  combuste  :  punta  di  ago  crinale  di  bronzo  e 
lama  di  coltello  di  ferro. 

Tomba  166  (3  C).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.70x0.60x0.50. 
Prof.  1.60.  Ossuario  a  forma  di  tronco  di  cono  rovescio  tinto  a  nero 
con  ciotola  coperchio  ;  vaso  della  stessa  tecnica  e  forma  ;  vasetto 
fittile  e  tazza.  Dentro  l'ossuario:  frammento  di  fibula  con  l'arco 
formato  da  una  fettuccia  che  era  ornato  di  quattro  ricci  saldati 
con  borchiette,  "  dei  quali  non  ne  resta  conservato  soltanto  che 
uno  ;  anellino  e  pendaglietto  di  bronzo  ;  lama  di  coltello  di  ferro 
e  manina  votiva  modellata  in  argilla  nerastra  (fig.  38). 

Tomba  167  (4  C).  II  periodo.  A  cassetta:  0.60  X  0.40  X  0.40.  Prof.  2.C0.  Ossuario 
a  tronco  di  cono  rovescio  nero  lucido  con  ciotola  coperchio  ;  coppa  ad  alto  gambo  conico 
decorato  di  fitti  cordoni  e  tazza.  Fra  le  ossa  :  frammenti  di  ago  crinale  di  bronzo. 


ESTE  —    44   —  REGIONE    X. 

Tomba  168  (3  C).  Ili  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  1.00. 
Piccolo  ossuario  fittile  a  forma  di  bicchiere  chiuso  alla  bocca  con  framm.  di  lastra  calcarea, 
conteneva  minuti  ossicini  combusti  ;  una  fibulina  di  bronzo  con  l'arco  sormontato  da  bot- 
tone (fìg.  39)  e  una  grossa  chiocciola. 


Fio.  39. 


Tomba  169  (3  C).  IV  periodo.  A  cassa:  1.90  X  0.90.  Prof.  0.50.  Le  pareti  erano 
costruite  con  muricciuoli  a  secco  di  lastre  calcari  ed  erano  in  parte  distrutte  per  cui  non  si 
potè  misurarne  l'altezza  ;  la  platea  era  formata  da  due  grandi  lastroni  di  calcare  accostati, 
ed  era  in  parte  stata  distrutta  forse  nei  lavori  agricoli.  Della  ricca  suppellettile  del  IV  pe- 
riodo che  doveva  contenere  non  si  raccolsero  che  un  orcio  di  argilla  cinerea  mancante  del- 
l'ansa ;  due  ciotole  e  frammenti  di  vasi  della  stessa  terra  e  un  asse  di  bronzo  del  peso  di 
grammi  22. 

T  o  m  b  a  170  (3  C).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.60  X  0.40  X  0.30.  Prof.  2.00.  Rovinata, 
suppellettile  distrutta.  Resti  di  ossuario  di  ciotola,  e  di  alcuni  accessori  di  argilla  nerastri  ; 
fibulina  di  bronzo  e  due  fusaiuole  fittili. 

Tomba  171  (3  C).  A  cassetta:  0.45  X  0.35  X  0.30.  Prof.  1.40.  Violata,  senza  sup- 
pellettile. 

Tomba  172  (3  C).  II  periodo.  A  cassetta:  0.40x0.30x0.30.  Violata,  conteneva 
una  serie  di  cocci  di  vasi  del  II  periodo  e  un  rocchetto  fittile. 

T  o  m  b  a  173  (3  B).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.80  X  0.80  X  0.60.  Prof.  1.50.  Coperchio 
franato  suppellettile  rovinata.  Resti  di  un  grande  ossuario  biconico  ornato  di  borchie  di 
bronzo  ;  due  coppe  a  gambo  conico  ;  due  vasi  accessori  ;  due  bicchieri  ;  ciotola  ;  tazza  ; 
piattino  sostenuto  da  tre  gambette.  Fra  le  ossa  :  fibula  di  bronzo  con  arco  a  foglia  ;  ago 
crinale  ;  anellino  ;  diciassette  frammenti  di  armilla  di  verghetta  cilindrica  e  pezzetto  in- 
forme di  bronzo  forato.  Sulla  platea  due  fusaiuole  fittili  e  otto  astragali.      . 

Tomba  174  (2  F).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.'25  X  0.20  X  0.30.  Prof.  1.50.  Pic- 
colo ossuario  situliforme  di  argilla  rossiccia  tinto  ad  ocra  e  grafite.  Conteneva  esili  ossa 
combuste  e  un'armilla  di  verghetta  di  bronzo  ravvolta  a  due  giri  di  spira. 

Tomba  175  (2  F).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.39x0.34x0.30.  Prof.  0.80.  Ossua- 
rio fittile  situliforme  decorato  di  cordoni  e  zone  lucidato  interamente  a  grafite  con  ciotola 
coperchio.  Conteneva  :  una  fibula  di  bronzo  con  lungo  arco  depresso  che  porta  infilato 
nell'ago  un  gruppo  di  catenelle  ;  armilla  a  due  giri  di  spira  ;  tre  frammenti  di  altra  simile  ; 
bulla,  di  bronzo  framm.  ornata  di  punti  a  sbalzo  ;  pendaglielo  di  lamina  di  bronzo  rivestito 
di  foglia  d'oro  e  bottone  con  appicagnola. 

T  o  m  b  a  176  (2  F).  A  cassetta  :  0.70  X  0.70  X  0.70.  Prof.  0.30.  Rovinata,  senza  sup- 
pellettile. 


REGIONE   X.  —    45    ESTE 


Tomba  177  (2  F).  II  periodo  arcaico.  Fra  sfaldature  calcari  e  terra  del  rogo. 
Prof.  1.80.  Ossuarietto  di  argilla  nero  lucida  a  due  tronchi  di  cono  opposti  con  piede  rile- 
vato e  bocca  espansa,  munito  di  una  sola  ansa  framm.,  decorato  di  impressioni  ottenute 
col  girellino,  riempite  di  materia  bianca  ;  ciotola  coperchio  ;  coppina  con  ansa  rilevata  al- 
l'orlo e  gambo  traforato  e  parte  inferiore  di  un  rozzo  vasetto  foggiato  a  stivale.  Dentro  l'os- 
suario fibulina  ad  arco  semplice  e  fusaiuola  fittile  borchiata. 

Tomba  178  (2  F).  II  periodo  arcaico.  A  cassetta  :  0.50  x  0.40  X  0.40.  Prof.  1.35. 
Ossuario  di  argilla  nera  a  due  tronchi  di  cono  opposti,  piede  rilevato  e  bocca  espansa  de- 
corato sulla  maggior  rigonfiatura  del  ventre  e  sotto  il  collo  di  ornati  a  stampo  col  girellino, 
coperto  con  ciotola.  Ossuario  e  un  sol  tronco  di  cono  rovescio  con  ciotola.  Due  vasi  situli- 
formi  ;  coppa  ad  alto  gambo  conico  ;  sette  vasi  accessori  ;  due  bicchieri  e  due  vasi  potori  a 
forma  di  stivale  con  foro  attraverso  la  punta.  Dentro  gli  ossuari  :  fibula  di  bronzo  ad  arco 
rigonfio  spezzato  al  riccio  ;  altra  ad  arco  semplice  ;  armilla  di  verghetta  cilindrica  contorta 
che  porta  infilata  una  fibulina  a  semplice  arco  ;  quattordici  framm.  di  altre  armille  uno 
dei  quali  porta  attaccato  ad  un  foro  un  pezzetto  di  catenella  ;  quattro  dischetti  con  ornati 
a  sbalzo  ;  tre  bottoncini  ;  framm.  di  armilla  di  ferro  e  quattro  fusaiuole  fittili. 

Tomba  179  (2F).  A  cassetta:  1.00  X  0.75  X  0.60.  Prof.  0.60.  Violata,  senza  sup- 
pellettile. 

Tomba  180  (2  F).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  1.80.  Os- 
suarietto di  argilla  nerastra  framm.  a  forma  di  tronco  di  cono  rovescio  che  conteneva  un 
ago  crinale  di  bronzo  spezzato.  Fra  la  terra  del  rogo,  quattro  fusaiuole  fittili  e  cinque 
astragali  uno  dei  quali  attraversato  da  un  foro. 

T  o  m  b  a  181  (2  F).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  2.00. 
Ossuario  di  argilla  nero  lucida  a  tronco  di  cono  rovescio  framm.;  coppa  fittile  ad  alto  gambo 
conico.  Fra  la  terra  del  rogo:  coltello  di  bronzo  con  manico  di  osso  in  parte  framm. 

T  o  m  b  a  182  (2  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.80  X  0.45  X  0.40.  Prof.  2.00.  Ossuario 
tinto  a  nero  con  ciotola  coperchio  ;  vaso  simile  al  precedente  munito  di  ciotola  ;  tazza  di 
argilla  nera  decorata  sulla  spalla  di  una  fila  di  borchie. -Fra  le  ossa  combuste:  ago  crinale 
di  bronzo  ;  ago  con  cruna  e  chiodo  di  ferro.  Sulla  platea  :  grande  coltello  di  bronzo  con 
manico  a  bossolo  e  fusaiuola  fittile. 

Tomba  183  (2  F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.55  X  0.50  X  0.40.  Prof.  2.00.  Ossua- 
rio situliforme  tinto  a  nero  con  ciotola  coperchio;  grande  ciotola;  due  coppe  ad  alto  gambo 
imbutiforme  ;  vasetto  accessorio  ;  quattro  tazzine,  una  delle  quali  ornata  sulla  spalla  di  una 
fila  di  borchie  e  piattino  sostenuto  da  quattro  peducci.  Dentro  l'ossuario  :  ago  crinale  di 
bronzo  framm.;  anellino  dello  stesso  metallo;  tre  fusaiuole  fittili  e  guscio  di  chioccioletta. 

Tomba  184  (2  E).  II  periodo.  A  cassetta:  0.70  X  0.50  X  0.50.  Prof.  0.95.  Mano- 
messa. Parte  inferiore  di  rozzo  ossuario  fittile  :  vasetto  di  argilla  nerastra  ;  tazzina  ;  roc- 
chetto fittile  ;  frammentini  di  bronzo  inqualificabili. 

Tomba  185  (2  E).  II  periodo.  Riparata  da  due  sfaldature  calcari.  Prof.  2.80. 
Suppellettile  rovinata.  Ossuario  di  argilla  nero  lucido,  con  coperchio  piccolo  vasetto  dello 
stesso  impasto. 

Tomba  186  (2  E).  A  cassetta:  0.60  X  0.55  X  0.60.  Prof.  1.50.  Violata,  senza  sup- 
pellettile. 


ESTE  —    46    —  REGIONE    X. 

Tomba  187  (3  E).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.80  X  0.60  X  0.55.  Prof.  2.  Ossuario 
tinto  e  lucidato  a  grafite  a  tronco  di  cono  rovescio,  ornato  di  una  fila  di  borchiette  di  bronzo, 
dalla  quale  si  staccano  quattro  piccoli  ornati  a  L.  È  alto  mm.  274  ed  ha  il  diam.  alla  bocca 
di  mm.  190  con  grande  ciotola  coperchio  alla  quale  intenzionalmente  venne  spezzato  il 
piede  ;  vaso  accessorio  di  argilla  nerastra  spezzato  ;  ciotola  di  rozzo  impasto  nerastro  ; 
tazzina  tinta  ad  ocra.  Situla  di  bronzo,  formata  da  una  sol  lamina  saldata  con  nove  bor- 
chie ribadite.  Il  fondo  è  lavorato  a  parte  ed  è  fissato  al  corpo  del  vaso  con  dodici  borchie. 
Ha  forma  di  tronco  di  cono  rovescio  con  larga  spalla  rastremata  che  termina  con  breve 


Fio.  40. 

labbro  arrovesciato.  È  alta  nini.  279  col  diam.  alla  bocca  di  nini.  190  e  al  fondo  mm.  108. 
Il  corpo  del  vaso  è  ornato  di  due  zone  conterminate  da  una  fila  di  grosse  bugne  a  sbalzo 
poste  fra  due  di  bugne  più  piccole.  La  larghezza  della  zona  superiore  è  di  mm.  65.  Le  fasce 
interne  sono  decorate  con  lo  stesso  sistema  di  bugnette  a  sbalzo  con  sei  linee  parallele  di 
meandro  semplice.  Sotto  alla  fila  che  contorna  l'ultima  zona  si  staccano  tredici  brevi 
ornati  a  L,  ottenuti  con  punti  a  sbalzo.  Infine  una  fila  di  bugnette  gira  attorno  al  breve 
collo  (fig.  40).  Era  chiusa  da  un  coperchio  di  lamina  di  bronzo  leggermente  conico,  munita 
da  presa  saldata  a  parte.  Essa  presenta  la  forma  di  un  calicetto  con  labbro  espanso,  e  viene 
fissata  al  coperchio  con  due  dischetti  ;  uno  collocato  nell'interno  del  calicetto,  l'altro  dalla 
parte  interna  del  coperchio,  ed  il  tutto  attraversato  da  un  borchone  con  testa  sferica,  sor- 
montata da  piccola  appendice  cilindrica,  che  dalla  parte  interna  del  coperchio  è  saldamente 
ribadita,  fissando  così  ad  esso  la  presa.  Il  coperchio  è  ornato  verso  la  periferia  di  un  cordon- 
cino a  sbalzo,  e  da  un  giro  di  bugne  e  attorno  la  presa  da  tre  cordoncini  in  mezzo  ai  quali  è 
sbalzato  un  giro  di  borchiette.  La  larga  zona  di  mm.  60,  che  s'interpone,  è  riempita  da  una 
rappresentazione  zoomorfica,  sbalzata  dall'interne  all'esterno.  Accosciato  a  destra  un  ani- 


REGIONE    X. 


47  — 


ESTE 


male  felino  con  la  bocca  aperta  lambisce  con  la  larga  lingua  le  parti  deretane  di  una  capra, 
che  lo  precede  ;  sempre  nella  stessa  direzione  incede  un  bue,  che  tiene  in  bocca  una  palma, 
a  questo  fa  fronte  un  coniglio  o  lepre,  che  ritto  sulle  zampe  posteriori  è  poggiato  con  la 
destra  anteriore  ad  un  largo  calice  di  fiore  quasi  in  atto  di  brucare  :  segue  questo  un  ariete 


col  corno  a  voluta  che  tiene  in  bocca  il  gambo  di  un  fiore  ;  fra  quest'ultima  figura  e  l'ani- 
male ferino  è  disposto  in  alto  obliquamente  un  fiore  con  lungo  gambo.  Questo  coperchio 
di  perfetta  conservazione,  è  quasi  per  un  terzo  senza  ossido  e  presenta  i  lucidi  riflessi  del 
metallo  (fig.  41).  Dentro  la  situla,  che  funzionava  da  ossuario,  si  trovarono  quattro  aghi 
crinali  di  bronzo,  il  più  grande,  ora  piegato  ad  arco,  misura  circa  450  mm.  di  lunghezza  ed 
è  profondamente  ossidato  e  molto  guasto  ;  nella  parte  superiore  è  ornato  di  tre  sfere  alle 
quali  segue  un  tratto  ingrossato  e  quindi  l'ago  che  s'infila  in  un  copripunta  ornato  di 


ESTE 


—    48    — 


REGIONE    X. 


grossa  capocchia  e  di  un  fuso  di  avorio  molto  decomposto.  Il  secondo  misura  in  lunghezza 
nini,  240  ed  è  ornato  di  quattro  sferette  con  la  estremità  infilata  in  un  copripunta,  formata 
da  un  cannello  che  doveva  essere  rivestito  di  una  materia  ora  d  strutta.  Il  terzo  lungo 
nini.  250  porta  quattro  globuli  ed  ha  l'estremità  difesa  da  un  copripunta  sagomato;  e 
infine  il  quarto,  mancante  della  punta,  lungo  mm.  145  è t  ornato  di  quattro  globuli. 
Dentro  l'ossuario  fittile,  in  mezzo  alle  ossa  combuste,  si  trovarono  i  seguenti  og- 
getti:  grande  fibula  a  navicella  di   bronzo  lunga  mm.  140  con    l'arco    ornato    di 


Fio.  42. 


linee  incise  :  nell'ago  è  passato  un  anellino  dal  quale  pendono  due  catenelle,  una  regge 
un  pendaglietto  di  lamina  di  bronzo  ripiegata  a  forma  di  bulla,  l'altra  un  anel- 
lino (fig.  42)  ;  fibula  di  bronzo  a  navicella  lunga  mm.  70,  nell'ago  ha  infilato  un  anel- 
lino che  regge  una  catenella  ;  fibula  di  bronzo  a  navicella,  sformata  dalla  combustione 
lunga  mm.  54,  con  l'arco  ornato  di  linee  incise,  alla  quale  è  unito  insieme,  per  eì'etto  del- 
l'ossido un  gruppetto  di  catenelle  di  ferro  con  due  pendaglietti  a  forma  di  auriscalpi;  fibula 
di  bronzo  a  navicella,  lunga  mm.  80  con  l'arco  ornato  di  linee  punteggiate,  manca  dell'ago 
e  dalla  parte  dell'arco  vi  sono  incrostate  molte  perline  di  pasta  magnesiaca  fibula  di  bronzo 
lunga  mm.  83,  mancante  dell'ago  e  del  riccio,  ha  l'arco  rigonfio  traforato  da  cinque  vani 
che  dovevano  essere  riempiti  di  qualche  materia  ora  distrutta;  fibuletta  di  bronzo  lunga 
inni.  49  ;  ha  l'arco  carenato  con  due  pometti  per  lato  ;  piccola  fibula  di  bronzo,  lunga 
mm.  38  mancante  dell'ago  ;  fibula  di  bronzo  lunga  nini.  72,  l'arco  è  formato  da  una  ver- 
ghetta  quadrangolare  che  doveva  essere  rivestito  di  ambra;  osso,  corallo,  età;  frammento 
di  fibula  di  bronzo  del  tipo  della  precedente;  armilla  di  bronzo  fusa  del  diam.  di  mm.  62 
ornata  di  una  serie  di  noduli  ;  frammenti  di  altra  simile  ;  gruppo  di  tre  armille  saldate  in- 


REGIONE   X. 


49  — 


ESTE 


sieme  dall'ossido  unitamente  ad  una  fusaiuola  fittile,  ad  un  dischetto  di  bronzo  ornato  di 
punti  a  sbalzo  foderato  con  foglia  d'oro,  a  numerose  perline,  alcune  delle  quali  portano  an- 
cora il  filo  e  ad  una  sottil  lamina  di  bronzo,  intagliata  a  forma  di  meandro,  simile  in  tutto 
a  numerosi  altri  esemplari  trovati  nello  stesso  ossuario;  venti  pendagli  di  lamina  di  bronzo 
intagliata  a  triangolo  ;  variano  in  lunghezza  da  nini,  65  a  nini.  35  e  sono  tutti  ornati  di  di- 
segni geometrici  ottenuti  con  punti  a  sbalzo  (fig.  43),  pendaglio  a  forma  di  ascia  di  solida 
lamina  di  bronzo,  che  termina  in  manichetto  ad  occhiello  in  parte  spezzato  ;  ventiquattro 
pendaglietti  di  lamina  di  bronzo  triangolari,  lunghi  min.  10,  forati  al  vertice  e  muniti  di 


[/.$  <b.  ».,niv:t- 


Fig.  43. 


anellino  ;  quindici  bottoni  di  laminella  scodellata  con  appiccagnolo,  dentro  il  quale,  in 
quasi  tutti,  è  conservato  il  filo  che  li  fissava  al  vestito;  quarantasette  tubcttini  di  sottil  la- 
mina di  bronzo  lunghi  mm.  13  ;  due  scettri  di  lamina  di  bronzo  accartocciata  su  verghetta 
di  legno,  lunghi  mm.  260,  sono  ornati  di  punti  e  linee  a  sbalzo  ;  due  assicciuole  di  osso  a  cui 
dovevano  innestarsi  dodici  fili  di  conterie  ;  serie  di  svariatissimi  pendaglietti  di  osso,  al- 
cuni di  grazioso  disegno  ;  venti  grosse  perle  di  ambra  di  forma  schiacciata  e  numerosis- 
sima serie  di  perline  di  pasta  magnesiaca  e  di  smalto  vitreo,  bianco,  verde,  celeste  :  fu- 
saiuola fittile  ;  grossa  perla  biconica  di  pasta  vitrea  verdognola  smaltata  a  righe  a  zig-zag 
gialli. 

Tomba  188  (2  E).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  2.00.  Os- 
suario nero  lucido  a  tronco  di  cono  rovescio,  con  ciotola  coperchio  ;  vaso  fittile  a  ventre 
rigonfio,  che  sulla  maggior  circonferenza  è  decorato  di  stralucidi.  Fra  la  terra  del  rogo  : 
lama  di  coltello  di  bronzo  con  due  fori  per  fissarla  al  manico  e  fusaiuola  fittile. 

Tomba  189  (2  E).  II  periodo.  Arcaico.  Fra  sfaldature  di  calcare  e  terra  del  rogo. 
Prof.  2.30.  Grande  ossuario  biconico  di  argilla  nera  con  cinque  brevi  costole  verticali 
sulla  sua  maggior  circonferenza,  chiuso  alla  bocca  da  corrispondente  ciotola. 

Tomba  190  (2  E).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  3.00.  Os- 
suario fittile  a  tronco  di  cono  rovescio  con  ciotola  coperchio  frammentata  ;  grande  sco- 
della con  ansa  rilevata  ;  vaso  potorio  a  stivale.  Fra  le  ossa  :  due  fibule  di  bronzo  con  arco 
depresso  ornata  di  incisioni  ;  armilla  di  verghetta  di  bronzo  a  più  giri  di  spira  rotta  in 
5  pezzi  ;  due  frammenti  di  grossa  lamina  di  bronzo  e  fusaiuola  fittile. 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  7 


ESTE  —    50   —  .  REGIONE    X. 

T  o  m  b  a  191  (2  E),  II  periodo.  A  cassetta  :  0.40  X  0.30  X  0.30.  Prof.  2.50.  Ossuario 
tinto  a  nero  marrone  con  ciotola  coperchio.  Conteneva  :  pinzetta,  manichette  e  penda- 
glielo di  bronzo. 

T  o  m  b  a  192  (2  F).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.50  X  0.50.  Prof.  2.  Rovinata, 
suppellettile  frammentata.  Ossuario  a  fila  di  borchie  di  bronzo,  sulla  spalla  con  ciotola 
coperchio  ed  altri  vasetti  accessori.  Dentro  l'ossuario:  framm.  di  spillone  e  coltello  di 
bronzo  con  lama  e  manico  fusi  insieme. 

Tomba  193  (3  B).  II  periodo.  Riparata  da  due  ciottoloni  trachitici.  Prof.  2.00. 
Grande  ossuario  a  tronco  di  cono  rovescio,  nericcio  con  ciotola  coperchio  ;  vasetto  di  ar- 
gilla nero  lucida  munito  di  ansa  ad  occhiello,  ora  mancante. 

Tomba  194  (3  B).  II  periodo.  A  cassetta:  0.30  X  0.30  X  0.30.  Prof.  1.60.  Os- 
suario fittile  a  tronco  di  cono  rovescio  tinto  color  castano  con  ciotola  coperchio.  Fra  le 
ossa  combuste  fibula  di  bronzo  a  fettuccia  e  due  fusaiuole  fittili. 

T  o  m  b  a  195  (4  B).  II  periodo.  A  cassetta:  0.30  X0.30  X  0.35.  Prof.  2.  Rovinata.  Della 
suppellettile  non  fu  dato  raccogliere  che  un  framm.  di  spillone  e  due  pendaglietti  a  pinza. 

Tomba  196  (2  D).  A  cassetta.  Prof.  1.00.  Mancava  di  una  parete,  del  coperchio 
«  della  suppelrettile. 

Tomba  197  (2  D).  A  cassetta:  0.50  X  0.40  X  0.40.  Prof.  1.40.  Mancava  del  co- 
perchio e  della  suppellett'le. 

Tomba  198  (2  D).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.45  X  0.30  X0.32.  Prof.  1.50.  Sup- 
pellettile predata,  lungo  la  connessura  di  una  parete  :  manichetto  uncinato  di  mesto- 
lino  di  bronzo. 

Tomba  199  (2  D).  Ili  periodo  arcaico.  A  cassetta:  0.50  X  0.50X0.50.  Prof.  1.60. 
Ossuario  fittile  situliforme  a  zone  rosse  e  nere  con  ciotola  coperchio.  Ossuario  fittile  si- 
tuliforme  tinto  e  lucidato  a  grafite  con  ciotola  coperchio  ;  vaso  a  ventre  tondeggiante  nero 
lucido;  vaso  biconico  nerastro;  tre  coppine  a  basso  gambo;  ciotola  con  ansa  ad  occhiello 
parallela  all'orlo;  tazzina  a  manico  rialzato.  Dentro  gli  ossuari  i  seguenti  bronzi:  quat- 
tro fibule  a  navicella  frammentate  e  contorte  dalla  combustione  ;  fibula  con  due  appen- 
dici laterali  all'arco  ;  bulla  ornata  di  punti  a  sbalzo  ;  grande  anello  di  verghetta  cilindrica, 
anellino  di  fettuccia  schiacciata  ;  due  armilette  di  filo  cilindrico  ;  anellino  a  tre  giri  di 
spira;  frammento  di  armilla  con  estremità  a  spirale;  sette  bottoni;  grande  pezzo  di 
sbarra  informe  e  frammentini  inqualificabili  ;   perla  d'ambra  e  fusaiuola  fittile. 

Tomba  200  (2  F).  A  cassetta:  0.60  X  0.55  X  0.50.  Prof.  1.00.  Mancava  del  coper- 
chio e  della  suppellettile. 

Tomba  201  (1  E).  A  cassetta:  0.50x0.45x0.45.  Prof.  1.  Mancava  del  coperchio 
e  della  suppellettile. 

T  o  m  b  a  202  (2  E).  II  periodo  arcaico.  A  cassetta  0.70  X  0.60  X  0.50.  Prof.  1.70.  Otto 
ossuari  nero  lucidi,  sette  a  tronco  di  cono  rovescio,  uno  dei  quali  ornato  di  borchie  di 
bronzo,  l'ottavo  sferoidale,  sette  con  ciotola  coperchio  ;  due  coppe  ad  alto  gambo  conico  ; 
vaso  biconico  con  piede  rilevato,  bocca  espansa  e  due  anse,  ornato  di  impressioni  fatte 
col  girellino,  riempite  di  materia  bianca  ;  vaso  ansato  a  forma  di  boccale  con  decorazioni 
simili  a  quelle  del  precedente  ;  tre  vasetti  accessori  ;  sette  tazze  di  grandezza  div.  Dentro 
g'i  ossuari  i  seguenti  bronzi:  grande  fibula  ad  arco  semplice  costolata;  altra  più  piccola 


REGIONE  X.  —    51    —  ESTE 

rivestita  in  origine  di  osso  o  smalto  ;  fibuletta  a  navicella  ;  due  armille  di  fettuccia  a  tre 
giri  di  spira  ;  frammento  di  ago  crinale  ;  due  anellini,  bulla  ornata  di  punti  a  sbalzo.  Sulla 
platea  sei  fusaiuole  fittili  e  quarantacinque  astragali  di  proporzioni  div. 

Tomba  203  (2  E).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  1.00.  Ossuario 
lucidato  a  nero  a  tronco  di  cono  rovescio  framm.  ;  vasetto  accessorio  nerastro  e  tazzina 
ansata.  Fra  le  ossa  combuste  :  tre  frammenti  inqualificabili  di  bronzo  ;  lama  di  coltello 
di  ferro  e  tre  fusaiuole  fittili. 

Tomba  204  (2.  E).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  1.  Ossuario 
a  tronco  di  cono  nerastro  e  borchiette  di  bronzo  sulla  spalla  con  ciotola  coperchio  ;  cio- 
tola nerastra;  due  tazzine.  Dentro  l'ossuario  i  seguenti  bronzi:  grande  fibula  ad. arco 
semplice,  mancante  del  riccio  e  dell'ago  ;  due  archi  di  fibuletta  ;  due  armille  di  verghetta 
cilindrica  ;  framm.  di  altre  simili  ;  tre  anellini  e  tre  fusaiuole  fittili. 

Tomba  205  (1  E).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.45  X  0.45  X  0.50.  Prof.  1.30.  Ossuario 
situliforme  dipinto  a  zone  ad  ocra  e  grafite  ;  piccolo  bicchiere  rossiccio  ;  due  fibule  di 
bronzo  tipo  Certosa. 

Tomba  206  (1  F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.60  X  0.40  X  0.55.  Prof.l.  20.  Ossuario 
a  tronco  di  cono  rovescio  nero  lucido,  con  ciotola  coperchio  ;  vasetto  tinto  ad  ocra  e  gra- 
fite ;  rozza  ciotola  e  due  tazzine.  Dentro  l'ossuario  fibula  di  bronzo  ad  arco  depresso  a 
lunga  staffa;  framm.  di  altra  serpeggiante  ed  armilla,  contorta  dalla  combustione; 
fusaiuola  fittile  e  ciottoletto  forato. 

Tomba  207  (2  E).  II  periodo.  A  cassetta:  0.50  X  0.40  X  0.40.  Prof.  1.90.  Due  os- 
suari nero-lucidi  a  tronco  di  cono  rovescio,  uno  dei  quali  framm.;  rozza  ciotola  coperchio. 
Contenevano  :  spillone  e  uno  framm.  ;  coltellino  di  bronzo  privo  del  manico  di  riporto. 
Sulla  platea  fusaiuola  fittile. 


Fio.  44. 


Tomba  208  (2  C).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  di  rogo.  Prof.  0.60.  Rozzo 
ossuario  framm.  con  ciotola  coperchio.  Fra  le  ossa  combuste  fibula  serpeggiante  di  bronzo 
con  pometti  laterali  (fig.  44)  ed  astragalo. 

Tomba  209  (2  C).  II  periodo.  In  semplice  buca.  Prof.  0.60.  Rozzo  ossuario  a  tronco 
di  cono  rovescio  frammentato  con  fibula  di  bronzo  ornata  di  due  pometti  per  lato  e  grande 
armilla  di  bronzo  con  estremità  sovrapposta. 

Tomba  210  (2  C).  Ili  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  0.40.  Rozzo 
vaso  fittile  con  ciotola  che  conteneva  un  ossuario  a  zone  rosse  e  nere,  tutti  due  framm. 
e  decomposti  dall'umidità. 

Tomba  211  (2  C).  II  periodo.  In  semplice  buca  con  terra  del  rogo.  Prof.  0.40.  Ossua- 
rio di  rozzo  impasto  nericcio  ad  olla  panciuta  ;  lungo  spillone  di  bronzo. 


ESTE  —    52   —  REGIONE  X. 


T  o  m  b  a  212  (3  D).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.50  X  0.40  X  0.40.  Prof.  2.00.  Ossuario 
situliforme  a  zone  rosse  e  nere  ;  ossuario  situliforme  tinto  e  lucidato  a  grafite  ornato  con 
borchiette  di  bronzo  ;  calice  di  rozzo  impasto  ;  due  bicchieri  e  vasetto  biconico  deco- 
rato di  puntini  impressi.  Fra  le  ossa:  fibula  di  bronzo  a  navicella  con  l'arco  ornato  di 
linee  incise  ;  anellino  a  più  giri  di  spire  sformato  dalla  combustione.  Sulla  platea  :  due 
rocchetti  fittili  portanti  sulle  capocchie  due  linee  grafite  disposte  in  croce  e  fusaiuola 
di  terra. 

T  o  m  b  a  213  (3  D).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.40  X  0.30  X  0.30.  Prof.  1.70.  Ossuario 
situ  iforme  dipinto  con  ocra  e  grafite,  ciotola  di  grossolano  impasto  e  vasetto  a  ventre 
tondeggiante  di  color  castano. 

T  o  m  b  a  214  (1-3).  II  periodo.  A  cassetta:  0.30  X  0.25  X  0.25.  Prof.  1.90.  Ossuarietto 
situliforme  tinto  a  grafite  con  ciotola  coperchio  ;  tazza  ;  due  bicchieri.  Sulla  platea  do- 
dici astragali.  s 

T  o  m  b  a  215  (1 F).  II  periodo.  A  cassetta:  0.40  X  0.30  X  0.35.  Prof.  1.40.  Ossuario  a 
forma  di  olla  tinto  e  lucidato  a  grafite  con  ciotola  e  fusaiuola  fittile. 

Tomba  216  (2  D).  Ili  periodo  e  Romana.  A  cassetta  :  0.90  X  0.60  X  0.60.  Prof.  0.40. 
Manomessa  nell'età  romana  per  successiva  deposizione  funebre. 

Della  suppellettile  del  III  periodo  non  si  raccolsero  che  pochi  cocci  di  vasi  locali  ; 
framm.  di  una  kylix  attica  verniciata  ;  ciotola  di  argilla  figulina,  d'imitazione  di  color 
gialletto  a  strie  rosa  e  grande  ascia  di  bronzo  di  forma  allungata. 

La  suppellettile  romana  si  componeva  di  rozzo  ossuarietto  fittile  olliforme  ;  framm. 
di  vasetto  di  argilla  cinerea  ;  due  anellini  ;  punta  di  ago  e  asse  molto  trito  del  peso  di 
grammi  29.10. 

Tomba  217  (2  D).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.50  X  0.30  X  0.40.  Prof.  1.00.  Ossua- 
rietto framm.  con  ciotola  coperchio  ;  ciotoletta  tinta  ad  ocra  e  grafite  ;  altre  due  ornate  di 
fasce  a  stralucido  e  due  bicchieri  ;  l'uno  liscio  l'altro  decorato 
di  fitti  cordoncini.  Fra  le  ossa  combuste  :  due  piccole  fibule  di 
bronzo  ;  tre  pendaglietti  di  lamina  di  bronzo  ;  pezzetto  informe 
e  cinque  perline  di  ambra. 

Tomba  218.  (3  D).  Ili  periodo.  A  cassetta:  0.55x0.40 
X  0.40.  Prof.  1.00.  Ossuario  situliforme  decorato  di  zone  tinte  ad 
ocra  e  grafite  con  ciotola  coperchio.  Due  vasi  dello  stesso  tipo 
e  tecnica  ;  due  coppe  ad  alto  gambo  con  la  decorazione  a  rosso  e 
nero  ;  bicchiere  ;  capeduncola  di  bronzo.  Dentro  l'ossuario  i  se- 
guenti bronzi  :  fibula  tipo  Certosa  che  nell'ago  ha  infilato  un  pen- 
daglietto  al  quale  sono  unite  due  manine  (fig.  45);  due  fibu- 
line  tipo  Certosa;  fibula  ad  arco  rigonfio;  anello  di  verghetta 
piatta  ;  quattro  altri  di  svariate  forme  ;  sei  framm.  di  cintura 
Fig.  45.  sformati  dalla  combustione  ;  pezzetto  di  ferro  informe  ;  bellissime 

perle  di  pasta  bianca  ;  serie  di  altre  di  corallo  e  quattro  tubettini 
di  foglia  d'oro  schiacciati. 

T  o  m  b  a  .219  (3  D).  II  periodo.  A  cassetta  :  0.30  X  0.30  X  0.30.  Prof.  1.50.  Ossuario 
situliforme  ;  due  ciotolctte  ;  bicchiere  ed  elegante  vasetto  biconico  decorato  di  circoletti 


REGIONE  X.  53    E8TE 


impressi.  Dentro  l'ossuario  :  fibula  di  bronzo  con  pometti  laterali  all'arco  che  porta  infi- 
lato nell'ago  un  anello  di  verghetta  cilindrica. 

Tomba  220  (8  D).  II  periodo.  In  semplice  buca.  Prof.  2.00.  Ossuario  nero  lucido 
biconico  ornato  di  impressioni  col  girellino,  framm.  e  anellino  di  bronzo. 

Tomba  221  (3  D).  II  periodo.  A  cassetta:  0.50  X  0.40  X  0.40.  Prof.  2.00.  Ossuario 
nericcio  a  tronco  di  cono  rovescio,  ornato  sulla  spalla  di  una  fila  di  borchie  ;  vaso  di  tec- 
nica e  forma  simili.  Coppa  ad  alto  gambo  conico  ;  ciotoletta  ;  vasetto  ansato  a  ventre  sfe- 
rico e  due  tazzine.  Dentro  l'ossuario  i  seguenti  bronzi  :  grande  fibula  ad  arco  semplice  ; 
fibula  ad  arco  rigonfio  ;  ago  crinale  ;  gancio  da  cintura  ;  otto  anellini  ;  rasoio  lunato  : 
scalpello  a  serie  di  borchiette.  Sulla  platea:  coltello  di  ferro  ;  due  fusaiuole  fittili  e  grande 
lancia  di  ferro  con  manico  a  bossolo. 

Tomba  222  (2  D).  IV  periodo.  A  cassetta: 0.60  X 0.60  X 0.50.  Prof.  1.00.  Ossuario 
olliforme  d'impasto  fine  a  superficie  rossa  con  tre  anse  a  maniglia  e  ciotola  coperchio 
dello  stesso  colore  ornata  nel  fondo  di  una  rosetta  a  stampo  ;  bacino  piatto,  rosso,  che 
in  un  punto  del  labbro  porta  un  gocciolatoio  a  linguella,  fiancheggiato  da  due  bugnette 
coniche  ;  askos  otriforme  di  argilla  figulina  di  color  gialletto,  rotto  al  beccuccio,  tinto 


Fio.  46. 


originariamente  a  vernice  nera,  imitazione  etrusco-eampana  ;  due  vasetti  olliformi,  orcio 
a  larga  bocca  con  ansa  spezzata  ;  due  boccaletti  ;  vasetto  a  ventre  tondeggiante  e  piede 
cilindrico  ;  calicetto  con  piede  a  cercine  ;  nove  ciotole,  il  tutto  di  argilla  cinerea,  piattino 
tinto  e  lucidato  a  rosso  e  nero  con  ansa  orizzontale  all'orlo  ;  coppina  ;  ciotoletta  tinta 
ad  ocra  ;  tazzina  ad  ansa,  rilevata  tinta  ad  ocra  e  grafite  con  decorazione  a  laminelle  di 
stagno.  In  bronzo:  fibuletta  La  Tene  con  staffa,  desinente  a  pometto  (fig.  46);  due  framm. 
di  verghetta  contorta.  Di  ferro:  grande  armilla  spezzata;  framm.  di  fibule  tipo  La  Tene  ; 
punta  di  giavellotto  e  puntale  appuntito  della  stessa  arma  ;  quattro  valve  di  conchiglia 
del  genere  cardium  e  ossicini  di  volatile. 

Tomba  223  (2  D).  Ili  periodo.  A  cassetta  :  0.45  X  0.45  X  0.40.  Ossuario  situliforme 
lucidato  a  nero  ornato  rozzamente  del  meandro  graffito  dipinto  ad  ocra,  con  ciotola  coper- 
chio ;  vasetto  rossastro  a  ventre  espanso  ;  bicchiere  a  rosso  e  nero  ;  due  piccoli  poculi  con 
tracce  di  coloritura  ;  framm.  di  coppa  e  di  altri  vasi  accessori.  In  bronzo  :  cinque  fibule 
a  breve  arco  ingrossato  e  lunga  staffa  con  estremità  modanata  a  pometto  ;  piccola  fibu- 
letta a  navicella;  sedici  anelli  di  proporzioni  div.,  tre  asticciuole  a  pendaglio  ;  gancetto 
per  cintura  ;  frammento  di  scettro  tubolare  ;  amo  da  pesca  ;  framm.  di  fibula  a  disco  di 
ferro;  due  fusaiuole  fittili. 


KSTE  —    54   —  REGIONE   X. 


Oggetti  trovati  sparsi  nel  terreno. 

Nell'area  delle  tombe  sopraddette  si  raccolsero  a  varia  profondità  oggetti  isolati  che 
non  possono  assegnarsi  a  particolari  suppellettili.  Si  ricordano  i  seguenti  di  età  preromana. 

Serie  di  cocci  appartenenti  a  ossuario  di  grossolano  impasto  a  superficie  rossiccia 
decorato  con  fasce  di  linee  graffite  :  grande  ciotola  di  argilla  figulina  con  resti  di  colori- 
tura a  rossetto  :  frani m.  di  grande  cratere  attico  a  campana  a  vernice  nera.  Di  bronzo  :  fibu- 
letta  ad  arco  semplice  rivestito  da  sei  perline  vitree  azzurro  scuro  con  occhi  gialli  (fig.  47). 


Pio.  47. 

Di  età  romana  :  f ramni,  di  antefissa  fittile  a  palmetta  ;  labbro  di  anfora  rossastra  col 
bollo  C  •  OSTINI  :  fondo  di  patera  pseudo  aretina  ;  altro  con  brillante  vernice  corallina  col 
bollo  in  pianta  di  piede  ATIM;  due  lucernette  semplici,  altra  col  bollo  SVENTI;  fram- 
mento coi  resti  del  bollo  QGG...;  gruppo  di  cocci  che  per  essere  stati  scoperti  ammassati 
sotto  ad  un  cumulo  di  rottami  di  lastre  calcari  si  può  ritenere  appartenessero  ad  una 
tomba  romana  arcaica  distrutta  nei  lavori  agricoli.  Cioè,  serie  di  framm.  di  ciotole  di 
argilla  cenerognola  di  tipo  gallico  ;  idem  vasi  di  tipo  etrusco-campano  ;  idem  di  poculi 
e  fiaschette  di  tipo  romano  e  infine  di  ossuari  piriformi  con  tracce  in  alcuni  di  coloratura 
a  bianco  e  fasce  rosse  e  in  altri  i  seguenti  resti  di  iscrizioni  graffite.  Frammento  di  os- 
suario rosso  v'iO  •  CN  •  F  .  Frammento  di  ossuario  giallognolo  con  tracce  di  tinta  vio- 
lacea, ...  \IAI  •  VOLTEIO  ...  Frammento  di  ossuario  rossastro  ...  IVX  ...  Ossuario  di- 
pinto a  rosso  M... 

Inoltre  i  seguenti  frammenti  di  marmo  :  basetta  quadrangolare  sulla  quale  sono 
i  resti  dei  piedi  di  un  rapace  ;  coperchio,  spezzato  alla  punta,  di  cippo  ossuario  di  forma 
conica  su  base  modanata  a  cerchietti  concentrici  ;  framm.  di  mortaio  ;  framm.  di  colonne 
scannellate;  framm.  di  c'ppo  sepolcrale  cilindrico  con  faccia  piana  sulla  quale  sono  scol- 
piti i  resti  dell'iscrizione  : 

VN... 
Q-  :  FLO... 
S  •  FRATE  ,• 
POS  uil 

Alfonso  Alfonsi, 


REGIONE    X.  —    55    —  E3TE 


Cenno  necrologie»  dell'Alfonsi. 


Dando  l'annunzio  delle  antichità  recentemente  scoperte  nelle  varie  parti  d'Italia, 
e  cominciando  come  al  solito  dalla  Regione  X  (Venetia  et  Histria)  l'animo  mio  sentesi 
immerso  in  un  profondo  dolore,  per  la  perdita  irreparabile  che  abbiamo  avuto  in  questi 
giorni  colla  morte  immatura  di  uno  che  fu  fervido  nostro  collaboratore  nella  tutela  e  nello 
studio  delle  antichità  dell'agro  atestino.  Intendo  dire  del  solerte  Alfonso  Alfonsi,  che 
era  stato  nominato  di  recente  funzionante  Direttore  di  quel  Museo  di  Este,  al  quale  l'Al- 
fonsi aveva  dedicate  tutte  le  sue  cure.  Egli,  discepolo  del  Prosdocimi,  del  Ghirardini,  del 
Pellegrini,  aveva  reso  grandissimi  servizi  alla  scienza,  perchè  aveva  dedicata  tutta  la  sua 
attività  per  il  migliore  andamento  dell'  importante  Museo  di  Este  e  degli  scavi  di  quel 
territorio.  Non  ci  era  sito  dell'agro  atestino,  dove  egli  non  fosse  giunto  col  suo  provvido 
zelo:  e  non  solo  aveva  seguito  l'andamento  delle  indagini  archeologiche  sistematiche,  ese- 
guite per  conto  del  Governo  e  a  spese  dello  Stato,  ma  aveva  raccolto  tutte  le  notizie  sugli 
oggetti  antichi  che  si  trovassero  fuori  del  Museo,  per  assicurarne  il  possesso  alle  collezioni 
pubbliche. 

Quelli  che  hanno  conosciuto  l'Alfonsi  nel  centro  delle  sue  occupazioni,  cioè  nel  terri- 
torio di  Este,  non  cesseranno  dal  rimpiangerne  la  perdita  immatura,  la  quale  lascia  un 
vuoto  che  non  sarà  possibile  colmare. 

È  una  vera  sventura  quella  che  ci  perseguita  nella  tutela  delle  antichità  atestine. 
Dobbiamo  il  primo  impulso  allo  studio  di  esse  all'infaticabile  Alessandro  Prosdocimi, 
che  si  può  dire  il  vero  fondatore  degli  studi  speciali  per  le  antichità  di  Este,  la  cui  atti- 
vità fu  anzi  tempo  troncata.  Vi  furono  anche  altri  studiosi  atestini,  e  tra  essi  debbo  ricor- 
dare il  benemerito  Pietrogrande,  assai  valoroso  nello  studio  dell'epigrafia  latina.  Ma  qui 
debbo  fermarmi  specialmente  su  coloro  che  coltivarono  gli  studi  delle  antichità  più  remote, 
che  si  riferiscono  alla  più  antica  civiltà  euganea,  nello  studio  della  quale  fece  in  Este  gran- 
dissimi progressi  la  dottrina  che  vi  applicò  il  eh.  prof.  Gherardo  Ghirardini,  di  cui  pure 
dobbiamo  deplorare  la  perdita  immatura. 

Al  Ghirardini  tenne  dietro  il  Pellegrini,  anch'esso  rapitoci  nel  vigore  degli  anni,  mentre 
aveva  dato  prove  d'indomabile  amore  per  lo  studio  delle  antichità  atestine,  in  tutti  i 
campi,  e  specialmente  in  quello  linguistico,  avendoci  egli  riunite  tutte  le  notizie  intorno 
ad  iscrizioni  euganee  incise  sopra  corni  di  cervo,  trovati  in  una  specie  di  deposito  che  eser- 
citò moltissimo  le  cure  dei  dotti. 


ESTE  —   56    —  REGIONE   X. 

Per  tenermi  all'Alfonsi  ricorderò  che  oltre  ad  aver  messe  assieme  tutte  le  informazioni 
sopra  scoperte  varie  e  di  varia  età  avvenute  nel  vasto  territorio  di  Este,  aveva  in  questi 
ultimi  tempi  riunite  tutte  le  relazioni  alla  cui  pubblicazione  avrebbe  voluto  attendere 
il  prof.  Pellegrini,  e  che  si  riferiscono  ai  numerosi  gruppi  di  suppellettile  funebre,  raccolti 
nell'ampio  sepolcreto  del  fondo  Rebato,  sempre  nel  territorio  di  Este,  dai  quali  preziosi 
documenti  furono  rimessi  in  luce.  ■  * 

Essi  chiarivano  temi  importantissimi  della  storia  atestina  ;  specialmente  del  periodo 
in  cui  alla  civiltà  euganea  venne  a  sostituirsi  la  civiltà  romana. 

In  nessun  punto  si  possono  studiare  le  vicende  di  questo  passaggio,  come  nelle  suppel- 
lettili funebri  raccolte  nelle  tombe  del  predio  Rebato,  sapientemente  esposte  dall'Alfonsi, 
e  che  sono  qui  rese  di  pubblica  ragione,  non  solo  come  contributo  alla  storia  di  Este,  ma 
anche  come  omaggio  alla  memoria  del  nostro  caro  compagno  di  studio,  di  cui  deploriamo 
la  perdita. 

Il  Comitato  per  la  pubblicazione  delle  Notizie  degli  Scavi,  nella  sua  ultima  riunione, 
deplorando  la  disgrazia  irreparabile  che  ci  ha  colpiti,  ha  stabilito  che  come  omaggio  alla 
memoria  del  benemerito  Alfonsi,  sia  presto  pubblicata  l'ampia  relazione  sulle  scoperte 
del  fondo  Rebato,  della  quale  l'Alfonsi  aveva  preparata  la  stampa.  E  noi  siamo  lieti  di  aver 
compiuto  questo  dovere. 

L'Alfonsi  nacque  nell'anno  1862  e  morì  nel  1922. 

F.  Barnabei. 


REGIONE   X.  —   5?   —  MEDOLÉ 


II.  MEDOLE  —  Testina  in  bromo  di  età  romana  che  servì  per 
contrappeso  di  stadera,  rinvenuta  nell'agro  del  Comune. 

Verso  la  fine  dello  scorso  gennaio  1922,  in  agro  del  comune  di  Medole  (prov.  di  Bre- 
scia) nei  fondi  del  prof.  Domenico  Olivieri,  in  occasione  di  lavori  agricoli,  fu  rinvenuta 
la  bella  testina  di  bronzo  qui  raffigurata  da  fotografia. 


È  di  buona  arte  romana,  e  la  data  potrebbe  ritenersi  approssimativamente  indi- 
cata da  un  medio  bronzo  di  Augusto  affatto  logoro,  ritrovato  insieme.  Porta  capiglia- 
tura riunita  sulla  nuca  e  ripiegata  in  alto  a  nodo,  non  troppo  voluminoso,  mentre  la 
parte  anteriore  è  pettinata  rialzandola  e  rigonfiandola  alquanto  su  le  tempie,  e  si  sol- 
leva a  ciuffo  sopra  il  sommo  della  fronte  ;  nel  complesso  una  pettinatura  muliebre,  ma 
anche  di  alcuni  tipi  apollinei,  non  rara  nell'età  ellenistico-romana,  né  priva  di  varianti, 
e  risalente  ad  originali  greci  (attici)  del  IV  sec.  a.  C,  e,  per  i  tipi  apollinei,  decisamente 
agli  Apolli  di  Prassitele  detti  Sauroktonos  e  Lykeios.  Il  volto  ha  lineamenti  piuttosto 
energici,  e,  tra  per  questo  e  per  la  non  grande  abbondanza  della  chioma  che  si  raccoglie 
su  la  nuca,  inclino  a  ravvisare  nella  nostra  piccola  testa  (alta  mm.  123)  un  Apollo,  non 
troppo  dissimile  dal  celebrato  Apollino  di  Firenze,  il  quale,  com'è  noto,  è  una  deriva- 
zione raggentilita  e  ringiovanita  dal  Lykeios  del  grandissimo  maestro  attico. 

Ma  non  è  il  caso  d'insistere  e  di  considerare  la  nostra  testina  con  i  puri  criteri 
storico-artistici  con  i  quali  taluni  archeologi  al  seguito  del  Furtwangler,  fabbricano 
spesso  dotte  ma  troppo  lunghe  memorie,  volumi  di  ravvicinamenti  e  d'ipotesi  intorno 
a  pezzi  di  scultura  che  non  meritano  se  non  di  rado  esami  tanto  minuziosi  e  profondi. 
Qui  siamo  sul  terreno  pratico,  sul  quale  ai  Romani  piaceva  posar  saldamente  il  piede, 
pur  rendendo  omaggio  all'arte  quale  conforto  ed  allietamento  della  vita.  Alla  nostra 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  8 


piacenza  —  58  —  Regioni:  viii. 

testina,  tagliata  al  collo  in  fusione,  fu  lasciato  sulla  sommità  e  parimente  in  fusione 
un  robusto  anello,  del  diam.  di  12  min.  ;  e  da  questi  particolari  ri  rileva  che  essa  servì 
da  contrappeso  o  «  romano  »  di  una  stadera.  E  sebbene,  data  la  costruzione  della  sta- 
dera, il  peso  effettivo  del  romano  non  abbia  molta  importanza,  essendo  in  funzione 
della  lunghezza  di  quel  braccio  del  giogo  che  portava  le  divisioni,  e  su  cui  il  peso  mo- 
bile si  faceva  scorrere,  tuttavia  gli  esempi  che  ci  rimangono  mostrano  come  già  i  Ro- 
mani, accortamente,  evitassero  di  dare  al  detto  braccio  una  eccessiva  lunghezza,  al 
che  occorreva  che  il  romano  portasse  un  buon  peso  effettivo.  11  cavo  della  nostra  te- 
stina fu  riempito  perciò  di  piombo  fuso,  che  vi  fu  colato  per  l'apertura  del  collo, 
più  che  a  metà.  Così  come  si  trova  il  nostro  romano  pesa  grammi  3175,  peso  vicinis- 
simo a  quello  di  gr.  3274,5  che  equivale  a  10  libbre  romane  antiche  e  che  può  ritenersi 
voluto  raggiungere  dal  fabbricante  della  stadera  ;  tanto  più  che  i  romani  non  appaiono 
mai  congiunti  immediatamente  al  giogo,  ossia  infilati  per  l'anello  lasciato  in  fusione, 
bensì  mediante  una  catenina  ammagliata  al  detto  anello,  e  che  manca  nel  nostro  esem- 
plare. 

Parecchie  sono  le  stadere  antiche  e  nei  pervenute,  giacché  tale  strumento  da  pe- 
sare era  il  più  comune  nel  piccolo  commercio  dell'epoca  romana,  ed  è  rimasto  di  uso 
larghissimo  nei  paesi  del  mezzogiorno.  Esemplari  di  Pompei  ci  mostrano  anch'essi  come 
l'arte  figurata  allietasse  allora  anche  strumenti  così  prosaici,  e  come  i  romani  di  tali 
stadere  prendessero  forma  di  teste  o  di  bustini,  non  solo  di  esseri  mitologici  (Mvs.  Berb. 
VI,,  16  :  Pane)  ma  anche  di  divinità  maggiori  (ibid.  I,  55  :  Minerva  galeata).  Fra  i  ro- 
mani artistici  primeggerà  oramai  quello  di  Medole,  trattato  per  dimensioni  e  per  cura 
di  esecuzione  (nota  il  piccolo  tassello  applicato  a  dr.  del  collo  per  celare  un  piccolo  di- 
fetto di  fusione,  ed  oggi  caduto)  non  diversamente  che  una  vera  opera  d'arte  della  sta- 
tuaria. 

G.  Patroni. 


Regione  Vili  (CISPADANA). 

III.  PIACENZA  —  Rinvenimento  di  un  cippo  funebre  in  località 
S.  Giuseppe. 

Il  prof.  Ettore  de  Giovanni  ha  pubblicato  rei  giornale  «La  Libertà»  di  Piacenza 
del  3-4  luglio  1921  la  scoperta  di  un  cippo  sepolcrale  romano  avvenuta  fuori  del  recinto 
delle  mura  piacentine,  in  località  S.  Giuseppe,  presso  il  laboratorio  di  liquidi  speciali,  in 
occasione  di  scavi  fatti  per' interrare  proiettili  pericolosi.  Il  rinvenimento  avvenne  alla 
profondità  di  m.  0.80  dal  piano  di  campagna,  e  si  potè  accertare  che  il  cippo  era  in  sitv, 
e  che  sovrastava  ad  una  tomba  in  laterizio  contenente  ancora  ossa  umane.  Il  cippo  è  in 
marmo  lunense,  alto  m.  1.22,  largo  m.  0.65  e  profondo  ni.  0,57.  È  scorniciato,  ed  il  fastigio 
è  formato  da  due  pulvini  decorati  da  rosoni  ;  ai  lati  ha  scolpiti  l'urceolo  e  la  pàtera.  Al 


REGIONE    V.  —    59    —  FALEUONE 


piano  superiore  il  cippo  ha  un  piccolo  incavo  circolare  poco  profondo.  Sul  davanti,  entro  la 
cornice,  reca  la  seguente  iscrizione  in  buone  lettere  del  I  secolo  dell'impero  : 

D  M 

FL AVI AE 

PYRALLID 

PVBL1CIVS 

PLAC     LIB 

THESEVS 

CONIVGI 

RARISSI 

MAE. 

La  tomba  fu  dedicata  da  Publicius,  Plac(entiae)  lib(ertus),  Theseus  alla  moglie  Fla- 
via Pyrullis,  elogiata  con  l'epiteto  di  rarissima.  I  due  coniugi  di  origine  grecanica  erano 
stati  l'uno  servus  publicus  della  colonia  di  Placentia  ;  per  il  che  all'atto  della  sua  manomis- 
sione aveva  assunto  il  gentilizio  Publicius,  l'altra  era  stata  serva  di  una  famiglia  della 
gens  Flavia.  Un  Onesimus,  c(oloniae)  PQacenliae)  s(ervus)  è  ricordato  nell'iscrizione  sepol- 
crale piacentina  (C.  I.  L.,  XI,  1231).  Il  nuovo  cippo  è  stato  immesso  nella  locale  raccolta 
antiquaria. 

G.  Mancini. 


Regione  V   (PICENUM). 

IV.  FÀLERONE  —  Ripostiglio  monetale  rinvenuto  nell'area  dell'an- 
tica Falerio. 

I  fratelli  Concetti  nel  principio  del  1912  chiesero  alla  Soprintendenza  dei  musei  e 
degli  Scavi  delle  Marche,  e  questa,  col  consenso  della  Direzione  Generale  delle  antichità 
e  belle  arti,  concesse  il  permesso  di  scavare  alcune  lunghe  trincee  per  piantagione  di  al- 
beri in  un  loro  podere,  situato  nelle  Piane  di  Tenna,  area  dell'antica  Falerio  (Falerone). 
I  lavori,  assistiti  dal  personale  dell'Ufficio,  furono  incominciati  nei  primi  giorni  del  feb- 
braio e  diretti  ad  approfondire  tre  cavi  lunghi  120  metri,  larghi  m.  2,  distanti  l'uno  dal- 
l'altro ni.  6,  e  paralleli  nella  direzione  nord-sud  al  lato  ovest  della  casa  dei  proprietari, 
discosta,  dal  più  vicino  di  essi,  non  più  di  tre  metri.  Nel  primo  di  questi  cavi,  il  giorno  13 
dello  stesso  mese,  i  Concetti  fecero,  alla  presenza  del  custode  Davide  Marini,  una  fortu- 
nata scoperta.  Alla  profondità  approssimativa  di  un  metro,  rinvennero  un'olla  di  ter- 
racotta con  un  gran  numero  di  monete  di  argento  e  di  bronzo.  Alla  prima  sommaria  con- 
statazione, dovuta  fare  sul  luogo  per  assicurare  i  proprietari,  le  monete  parvero  circa 
8000  (7400  di  argento  e  600  di  bronzo)  :  il  peso  approssimativo  poco  meno  di  30  chilo- 
grammi. L'agente  dello  ufficio  della  Soprintendenza,  chiuso  e  sigillato  il  prezioso 
ricupero  entro  un  sacco,  lo  portò  al  Museo  di  Ancona. 


FALERONE  —   60    —  REGIONE    V. 

11  ripostiglio  è  composto  di  antoniniani  del  III  secolo  e  di  bronzi  imperiali  (quasi 
esclusivamente  grandi  bronzi)  che  abbracciano,  benché  assai  pochi  di  numero,  un  più 
vasto  periodo  di  tempo.  Fu  data  di  esso  una  brevissima  notizia  nella  Rivista  Italiana  di 
Numismatica  dal  dott.  Serafino  Ricci,  Direttore  del  Gabinetto  Numismatico  di  Brera  (1), 
ma  la  sua  importanza  richiede  una  estesa  pubblicazione. 

L'eccellente  conservazione  e  la  freschezza  dei  coni  hanno  permesso  la  lettura  di 
quasi  tutti  i  pezzi,  di  cui  fo  seguire  l'elenco  secondo  l'ordine  cronologico  degli  imperatori 
cui  appartengono,  riferendomi  alla  prima  edizione  dell'opera  del  Cohen  (Déscription 
historique  des  monnaies  frappées  sous  l'Empire  Romain  ecc.  1859-1868),  posseduta  dalla 
Biblioteca  dell'Ufficio,  e  notando  le  varianti  e  descrivendo  quegli  esemplari,  che  fra  gli 
altri  già  noti  nell'opera,  non  avessero  esatto  riscontro  (*).  ' 


Antoniniani. 

1. 

GIVLIA  DOMNA 

(m.  217) 
Cohen  III,  p.  143,  n.  Ili  (es.  1).  Totale  1 

2. 

SOEMIA 

(m.  223) 

Cohen  ITI,  p.  555,  n.  5  (es.  1).  Nel  campo  ima  stella.  Totale  1 

3. 

ALESSANDRO   SEVERO 

(222-235) 
Cohen  IV,  p.  18,  n.  129  (es.  1).  Totale  1 


(*)  Ricci  S.  Due  importanti  riportigli  di  monete  antiche,  in  Riv.  Ital.  Numism.  1913,  voi.  XXVI, 
p.  568.  Il  secondo  di  questi  due  ripostigli  ivi  citato,  fu  pure  rinvenuto  nella  giurisdizione  di  questa 
Soprintendenza  a  Montecarotto,  in  proprietà  dei  marchesi  Trionfi,  ed  era  composto  di  5298  pezzi, 
denari  e  quinari  d'argento,  nei  quali  erano  rappresentate  moltissime  famiglie  consolari  romane.  Es- 
sendo stata  fatta  la  ripartizione  coi  proprietari,  il  Museo  non  possiede  chela  metà  degli  esemplari  dei 
quali  seguirà  nelle  Notizie  la  pubblicazione. 

(*)  Le  monete  di  questo  ripostiglio  furono  prima  ripartite  e  descritte  dal  prof.  Arnolfo  Bizzarri 
per  incarico  del  Ministero  e  del  Direttore  del  Museo  prof.  Innocenzo  Dall'Osso.  Non  per  sottoporre  a  re- 
visione il  lungo  paziente  e  coscienzioso  lavoro  del  valente  architetto,  allora  addetto  a  questa  Soprin- 
tendenza, e  tanto  meno  per  dubitare  della  competenza  con  cui  il  Direttore  del  Museo  aveva  diretto  la 
laboriosa  ricognizione,  ma  soltanto  per  avere  un  concetto  meno  manchevole  possibile  nelle  trattative 
di  acquisto  da  fare  coi  comproprietari  fratelli  Concetti,  e  per  raccogliere  le  altre  indicazioni  comple- 
mentari, di  cui  ho  dato  conto  nella  breve  relazione,  ho  riesaminato  tutti  i  pezzi  che  compongono  il  pre- 
zioso peculio.  Debbo  perciò  essere  grato  ai  proff.  Dall'Osso  e  Bizzarri  per  avere  essi  con  la  prima 
loro  descrizione  facilitato  di  molto  la  compilazione  di  questo  mio  successivo  lavoro. 


REGIONE    V.  61   FALERONE 

4. 

MASSIMINO  1° 

(235-238) 
Cohen  IV,  p.  89  e  seg.,  n.  6  (es.  1),  n.  21  (1).  Totale  2 

5. 

PVPIENO 

(238) 
Cohen   IV.  p.  120.  n.  16  (es.  Il  Totale  1 


GORDIANO  PIO 

(238-244) 

Cohen  IV,  p.  126  e  ss.,  n.  6  (es.  2),  n.  15  (1),  n.  18  (2),  n.  29  (1),  n.  31  (4),  n.  34  (3),  ti.  36  (1),  n.  39 
(1),  n.  40  (7),  n.  49  (1),  n.  64  (1),  n.  65  (1),  n.  67  (1),  n.  68  (2),  n.  69  (3),  n.  70  (1),  n.  78  (1), 
n.  91  (1),  n.  107  (4),  n.  109  (1),  n.  114  (1),  n.  117  (1),  n.  125  (2),  n.  136  (2),  n.  138  (2),  n.  143  (1), 
n.  145  (1),  n.  160  (1). 

Var.  Cohen  IV,  n.  151  (1).  Uguale  leggenda  :  la  Vittoria  regge  non  la  corona  ma  la  palma. 

Cohen  IV,  p.  142  e  seg.,  n.  152  (2),  n.  165  (2),  n.  163  (1),  n.  166  (7). 

IMP»  GOR)DIANVS  PIVS  FEL.  AVG.  Busto  rad.  e  ci.  a  d.  9  APOL  CONSERVAT.  Apollo  nudo 
stante  a  s.  tenente  un  ramo  di  lauro  e  appoggiato  con  la  d.  s'illa  lira  (es.  I).  Totale  64 


FILIPPO  PADRE 

(244-249) 

Cohen  IV,  p.  175  e  ss.,  n.  6  (es.  I)  n.  9  (9),  n.  14  (7),  n.  19  (2),  n.  20  (1),  n.  21  (1),  n.  22  (3), 
n.  24  (1),  n.  28  (1),  n.  34  (1),  n.  38  (1),  n.  42  (1),  n.  44  (1),  n.  60  (1),  n.  54  (1),  n.  62  (2),  n.  73 
(2),  n.  86  (1)  nell'esery'o  VI,  n.  87  (1)  nell'esergo  VI,  n.  88  (1),  n.  92  (1),  n.  97  (1),  n.  108(1), 
n.  112  (2).  Total»  44 

8. 
OTACILIA 

Cohen  IV,  p.    207  e  ss.,  n.  3  (es.  1),  n.  20  (1),  n.  25  (1).  Totale  3 

9. 

FILIPPO  FIGLIO 

(244-249) 

Cohen  IV,  p.  217  e  ss..  n.2(es.  3),  D.6(l),  n.23(l).  Var.  del  pive,  per  la  legg  :  IMP.  PHILIPPVS 
AVG  (es.  1),  n.  30  (9),  n.  33  (1),  n.  48  (1),  nel  campo  T.  Totale  17 

10. 

TRAIANO  DECIO 

(249-251) 

Cohen  IV,  p.  233  e  ss.,  n.  2  (es.  2),  n.  4  (8),  n.  10  (1),  n.  12  (11).  n.  14  (1),  n.  21  (1),  n.  23  (1).  Var. 
Cohen  IV,  n.  23  per  la  fig.  del  $  in  cui  accanto  al  Genio  è  un  pilastrino  (es.  1),  n.  26  (7),  n.  28 
(IV  n.  39  (3),  ii.  43  (1).  Var.  di  Cohen  IV,  n.  44  per  la  legg.  IMP,  CAE,  TRA.  DECIVS.  AVG. 
(es.  1),  n.  48  (6),  n.  51  (1).  Totale  46 


FALERONE  —   62    —  REGIONE    V. 

11. 

ETRVSCILLA 

Cohen  IV,  p.  248  e  ss.,  n.  5  (1),  n.  7  (1),  n.  10  (4),  n.  12  (3).  Totale  9 

12. 

ERENNIO 

(249-251) 

Cohen  IV,  p.  253  e  ss.,  n.  3  (es.  1),  n.  7  (1).  Var.  Cohen  IV,  n.  7,  per  la  legg.  del  ^  MAR.  PROP.  (1), 
n.  10  (3),  n.  11  (1),  n.  13  (1),  n.  15  (1),  n.  23  (3).  Totale  12 

13. 

OSTILIANO 

(249-251) 

Cohen  IV,  p.  260  e  ss.,  n.  10  (es.  2),  n.  11  (2),  n.  21  (1),  n.  24  (1),  n.  30  (1).        Totale  7 

14. 

TREBONIANO  GALLO 

(251-253) 

Cohen  IV,  p.  269  e  ss.,  n.  4  (es.  6),  n.  7  (4),  n.  9  (3),  n.  12  (8),  n.  15  (10),  n.  19  (11);  nell'e- 
sergo  hanno  :  3  le  lett.  IIV  ;  1  quattro  punti  ;  1  due  punti  ;  6  nulla:  n.  22  (5);  n.  24  (3),  n.  26 
(4).  Var.  Cohen  IV,  n.  28  (3),  per  le  lett.  dell'esergo  che  non  sono  IV  ma  VII.  Var.  Cohen  IV, 
n.  28  (1),  per  tre  punti  in  luogo  delle  lett.  nell'csergo.  Var.  Cohen  IV,  n.  28  (5),  perchè  priva 
di  lett,  nell'esergo:  n.  33  (6),  uno  di  essi  con  stella  nel  campo:  n.  36  (5),  n.  37  (3),  n.  38  (1). 
Var.  Cohen  IV,  n.  40  (1),  perle  lett,  VI  nell'es.  e  per  la  mancanza  delle  lett.  VII  sotto  il  busto 
nel  diritto:  n.  41  (6),  n.  43  (2),  una  soltanto  ha  nell'esergo  un  punto,  n.  45  (8),  tre  con  stella 
nel  campo.  Medesime  fig.  e  legg.  dell'Aureo.  Cohen  IV,  p.  274,  n.  50  ;  varia  il  busto  che  è  rad. 
e  non  laur.  (1),  n.  53  (1),  n.  56  (5).  Var.  Cohen  IV.  n.  61  (1),  perchè  ha,  in  luogo  di  lett.,  due 
punti  nell'esergo  dei  due  lati.  Var.  Cohen  IV,  n.  67(2),  peri*lett.  IIV  e  per  tre  punti  nell'esergo 
del  9:  n.  68  (2),  n.  70  (1).  Totale  108 

15. 

VOLVSIANO 

(251-263) 

Cohen  IV,  p.  288  e  ss.,  n.  2  (es.  1),  n.  5  (5).,  Var.  Cohen  IV,  n.  5  (1),  per  la  legg.:  IMR  C.  C.  VIP.. 
VOLVSIANVS  AVG.  $>  AEQVITAS  AVO:  n.  13  (9),  n.  15  (8),  un  solo  es.  con  la  stella  nel 
campo,  n.  17  (4).  Var.  Cohen  IV,  n.  19(1)  per  le  lett.  VII  nell'esergo:  n.  23(1),  n.24  (2),  nel  campo 
del  9  «"a  stella,  n.  33  (1).  Var.  Cohen  IV,  n.34(l),  perii  mov.  della  fig.  di  Marte  a  s.  invece  che 
ad.  e  per  le  lett,  VI  nell'es.:  rr.  36(1),  n.  39(9),  tre  hanno  la  stella  nel  campo.  Var.  Cohen  IV,  n.  42 
(2),  per  quattro  punti  nell'esergo  dei  due  lati:  n.  48 (6),  n.  51  (4),  n.  52  (6).  IMP.  CAE.  C.  VIB.  VO- 
LVSIANO AVG.  b.  ci.  e  rad.  a  d.:  B>  PRINCIPI  IVVENTVTIS.  Fig.  seminuda  seduta  a  s. 
appoggiata  con  la  s.  sulla  lira  (?)  e  reggente  con  la  d.  protesa  un  ramo  di  lauro  (1):  n.  70  (8). 
Var.  Cohen  IV,  n.  70  per  il  IJ.  SALVS  A  VGVS.  I.a  Salute  in  piedi  a  s.  regge  un'asta  verticalmente 
con  la  s.,  e  con  la  d.  protesa  tiene  una  patera  alla  quale  sale  un  serpente  (1);  n.  73(3),  sotto  la 
testa  la  lett.  VII.  Var.  Cohen  IV,  n.  77  (1),  per  le  leggende:  IMP.  C.  V.  AF.  GAL.  VEND.  VO- 
LVSIANO AVG.  9  Victoria  AVG.  :  n.  79  (8),  tutti  con  stella  nel  campo,  n.  80  (3).      Totale  87 


REGIONE    V.  —    63   —  FALERONE 

16. 

EMILIANO 

(253) 

Cohen  IV,  p.  303  e  ss.,  n.  6  (es.  2),  n.  8  (1),  n.  14  (2),  n.  17  (2),  n.  19  (1),  n.  27  (1).  Totale  9 

17. 

VALERIANO  PADRE 

(253-269) 

Cohen  IV,  p.  313  e  ss.,  n.  7  (es.  2),  n.  10(6),  n.  Il  (1),  n.  14  (47),  n.  16  (4),  n.  17  (77),  n.  19  (9), 
n.  21  (20).  n.  26  (2).  Var.  del  prec.  per  la  legg.  :  IMP.  C.  P.  LIO.  VALERIANVS  P.  F.  AVG. 
(1),  n.  28  (2),  n.  29(3),  n.  34  (1),  n.  35  (12).  Var.  del  prec.  per  la  lett.  S.  nel  campo  (1): 
n.  36  (12),  nel  campo  Q.  Var.  del  prec.  per  la  lett.  S.  nel  campo  (1).  Altra  var.  della  med. 
priva  di  lett.  nel  campo  (2),  n.  37  (2).  Var.  del  prec.  per  la  lett.  Q.  nel  campo  (2),  n.  38  (1), 
n.  40  (102),  n.  41  (14),  n.  42  (4).  Var  del  prec.  per  la  legg.  IMP.  C.  P.  LIC.  VALERIANVS  AVG. 
(10):  n.  43  (3),  n.  45  (46),  n.  47  (4),  n.  51  (8),  n.  55  (3),  n.  57  (25):  sedici  nel  campo  S  e  9  Q. 
Var.  del  prec.  per  le  lett.  Q.  e  P.  nel  campo  (spezzata)  (1),  n.  58  (6).  Var.  Cohen  IV,  n.  60  (7), 
per  la  legg.  :  IOVI  CONSERVAI.  Nel  campo  S.  Altra  var.  di  Cohen  IV,  n.  60  (6),  per  la  legg. 
IO  VI  CONSERVAI'  e  per  la  lett.  Q.  nel  campo:  n.  62  (2),  n.  69  (8),  n.  72  (3),  n.  75  (4),  n.  80 
(22),  n.  81  (2),  n.  83  (89),  n.  86  (48),  n.  87  (16).  Var.  Cohen  IV,  n.  88  per  la  legg.  IMP.  C.  P. 
VALERIANVS  P.  F.  AVG.  (8).  Var.  Cohen  IV,  n.  88  (5),  per  la  legg.:  VALERIANVS  P.  F. 
AVG.:  n.  90  (5),  Var.  Cohen  IV,  n.  91,  per  la  legg.:  IMP.  VALERIANVS  P.  F.  AVG.  (1), 
n.  92  (6),  n.  95  (66),  tre  con  cor.  nel  campo.  Var.  del  prec.  per  una  stella  nel  campo  (5), 
n.  96  (9),  n.  98  (10),  n.  99  (1),  n.  100  (1),  n.  101  (1).  Var.  del  prec.  per  la  legg.  P.  M.  TR. 
P.  III.  COS  P.P.  (1),  n.  103  (2),  n.  104  (5),  n.  105  (36),  n.  107  (6).  Var.  Cohen  IV,  n.  109(1),  per 
la  lettera  Q.  nel  campo  :  n.  110  (4),  nel  campo  Q.  Var.  della  prec.  per  la  lett.  S  nel  e.  (1),  n.  Ili 
(7),  n.  114  (63),  n.  118  (6).  n.  119  (116),  n.  121  (7),  n.  124  (1),  n.  125  (9),  n.  126  (1),  n.  127  (5), 
n.  129  (26),  n.  133  (2),  n.  136  (1),  n.  137  (1).  Var.  Cohen  IV,  n.  137  per  la  legg.:  VICTORIA 
AVGG.  (4),  n.  140  (54),  n.  141  (5),  n.  142  (54),  n.  143  (7).  n.  145  (1),  n.  148  (5),  n.  153  (1).  Var. 
Cohen  IV,  n.  166  per  il  9  VICT.  PART.  Vittoria  in  piedi  a  s.  appoggiata  sopra  uno  scudo  e  te- 
nente una  palma;  ai  suoi  piedi  un  prigioniero  (6),  n.  159  (7).  Var.  della  prec.  n.  159  perla  legg.  : 
IMP.  C.  P.  LIC.  VALERIANVS  P.  F.  AVG.  (2).  Altra  var.  della  med.  n.  169  per  la  legg.  : 
IMP.  VALERIANVS  P.  AVG.  (3).  IMP.  VALERIANVS  AVG.  Busto  rad.  e  ci.  ad.  9  VIRTVS 
AVG.  Il  Valore  (o  Valeriano?)  con  elmo,  corazza,  clamide,  in  piedi  a  s.  regge  con  una  mano  un 
?lobo,  con  l'altra  è  appoggiato  all'asta.  Nel  campo  P.  (1):  n.  165  (2),  n.  167  (4),  n.  168  (6), 
■      n.  169  (50),  n.  170  (3),  n.  171  (13).  Totale  1287 

18. 
MARINIANA 

Cohen  IV,  p.  344  e  ss.,  n.  3  (es.  11),  n.  6  (4),  nel  campo  la  lett.  V.  Var.  della  prec.  n.  5  per  la 
mancanza  delle  lettere  nel  campo  (6)  :  n.  6  (1),  n.  8  (17).  Totale  39 

19. 

GALLIENO 

(253-268) 

Cohen  IV,  p.  354  e  ss.,  n.  28  (es.  28),  n.  30  (1),  n.  32  (1),  n.  34  (243),  n.  175  con  VI  nell'esergo.  n.  1 
con  S  nell'es.,  n.  61  senza  lett.  Var.  del  prec.  per  il  profilo  a  s.  del  busto  rad.  con  S  nell'esergo  (6), 
n.  41  (10).  Dopo  Cohen  n.  45:  IMP.  P.  C.  LIC.  GALL1ENVS  AVG.  Busto  rad.  a  d.  9  AETER- 


PALERONE  —   64   —  REGIONE   V. 

NITATI  AVGG.  Gallieno  in  piedi  a  d.  velato  con  lituo  nella  mano  d.  (3),  n.  53  (26),  n.  18  con 
VI  nel  campo,  n.  64  (18),  n.  6  col  Q.  nel  campo,  e  nell'es.  :  n.  54  :  IMP.  C.  P.  LIC.  GALLIENVS 
P.  F.  AVG.  Busto  rad.  e  lor.  a  d.  9  ANNONA  AVG.  L'Abbondanza  in  piedi  a  s.  presso  il  mo- 
dio,  con  spighe  e  cornucopia  (1).  Altra  var.  n.  64  :  GALLIENVS  AVG.  busto  rad.  a  d.  (6),  n.  66 
(1).  Var.  dopo  Cohen  IV,  n.  64  :  nel  retto  GALLIENVS  AVG.  busto  radiato  a  d.  (1),  n.  66  (52), 
n.  67  (16),  n.  69  (4),  n.  78  (4),  n.  85  (1),  n.  86  (3),  n.  88  (20),  n.  94  (1).  IMP.  GALLIENVS  P. 
AVG.  busto  rad.  a  d.  9  CONSERVI  AVGG.  Apollo  nudo,  di  prospetto  con  ramo  d'alloro 
nella  d.  appoggiato  con  la  s.  su  tripode  :  uno  ha  nel  campo  C.  (2).  GALLIENVS  AVG.  busto  rad. 
a  d.  ^  simile  al  prec.  (2),  n.  95  (2),  n.  100  (1),  n.  110  (7).  Var.  del  prec.  per  il  profilo  a  s.  del 
bnsto  rad.  (3),  n.  112  (71),  n.  119  (19),  n.  12  con  T.  nell'es.  6  senza  alcun  contrassegno,  n.  116  (2), 
n.  125  (5),  n.  129  (4),  n.  131  (1),  n.  134  (42),  tutti  con  T.  nell'esergo,  n.  144  (17),  di  cui  7  con  P 
nell'es.,  n.  146  (1),  n.  147  (6),  n.  160  (1),  n.  152  (3),  n.  176  (56),  nell'es.  S.  n.  178  (3),  n.  183  (12), 
di  cui  6  hanno  VI  nel  campo  e  2  hanno  Q.  n.  184  (2).  Var.  del  prec.  perle  lett.  VI  nel  campo  (5), 
n.  187  (1),  n.  188  (8).  Var.  n.  189  per  la  legg.  GALLIENVS  AVG.  GERM.  V.  (1),  n.  198  (43), 
di  cui  18  con  P  nell'es.  e  16  con  D  (?),  nell'es.  n.  209  (27),  n.  214  (6).  Var.  del  prec.  per  la  lett. 
S  nel  campo  (4),  Var.  Con.  n.  218  per  la  lettera  S  nel  campo  (2);  n.  219  (1),  nell'esergo  P. 
Var.  dello  stesso  nella  legg.  del  9:  IOVI  CONSERVA.  Giove  seduto  a  s.  tenente  una 
Vittoria  e  uno  scettro.  Nell'esergo  P  (2),  n.  226  (2),  n.  230  (3),  uno  nell'esergo  ha  S. 
Var.  n.  241  nel  campo  S  (16),  Var.  n.  242  per  il  b.  di  profilo  a  s.  ;  nel  campo  la  lett.  S 
(160).  Var.  n.  247  per  la  lett.  Q  (o  corona?)  nel  campo  (1),  n.  249  (321),  di  cui  61  con  la  lett. 
V  nel  campo.  Nessuna  con  le  altre  sigle,  comuni  in  questa  varietà,  n.  254  (6),  n.  255  (8).  IMP. 
GALLIENVS  P.  F.  AVG.  GERM.  Busto  rad.  a  d.  con  la  lor.  9  LAETITA  (sic)  AVGG.  La 
Letizia  in  piedi  a  s.  tenente  una  cor.  ed  un'ancora  (2).  Legione  I,  n.  259  (10),  n.  261  (1),  n.  264 
(2),  Leg.  I  Minervia,  Cohen  IV,  n.  267  (1),  n.  269  (4),  Leg.  II  Adiutrix  n.  270  (6),  Leg.  II  Ita- 
lica n.  274  (2),  Leg.  Ili  Partica  n.  279  (2),  id.  n.  280  (2),  Leg.  II  n.  284  (1),  Leg.  III  Var. 
n.  284,  per  il  busto  di  profilo  a  d.  (4),  Leg.  UH  n.  288  (3),  Leg.  UH,  Var.  n.  288  per  il  b.  di  pro- 
filo a  d.  (1),  Leg.  V  Macedonica  n.  291  (1),  Leg.  VII  Claudia  n.  296  (3),  Leg.  II  Gemina  n.  304  (5), 
n.  307  (5),  Leg.  XIII  Gem.  n.  309  (2),  n.  310(1),  n. 312  (1),  n.  321  (4),  n.  322(1),  n.  327  (162),  di  cui 
138hannonelcampo  S,  n.  9T,  n.  15  sonc  senza  lett.  Var.  della  prec.  per  la  lett.  P  nel  campo  (lì, 
Var.  del  med.  per  la  lett.  V  nel  campo  (1),  n.  331  (15),  n.  340  (26),  di  cui  12  nel  campo  hanno  S  e 
n.  11  nulla,  n.  352  (5),  nel  campo  P.  Var.  del  prec.  per  la  Legg.:  9  MARTI  LVCIFER  e  per 
mancanza  di  lett.  nel  campo  e  nell'es.  (3),  n.  354  (3),  n.  355  (4),  di  cui  uno  ha  nel  campo  A. 
GALLIENVS  AVG.  Testa  rad.  a  s.  9  MARTI  PROPVGNAT.  Marte  con  elmo  che  avanza  a  d. 
trafiggendo  con  l'asta  un  nemico  abbattuto  (2),  simile  all'aureo  Cohen  IV.  n.  358  ;  n.  372  (6), 
di  cui  uno  ha  nell'es.  P:  n.  373  (182),  n.  376  (4),  n.  379  (1),  n.  382  (6).  IMP.  GALLIENVS  P.  F. 
AVG.  GERM.  Busto  rad.  con  la  corazza.  9  ORIENS  AVGG.  Il  Sole  in  piedi  a  s.  seminudo, 
alza  la  mano  d.  e  tiene  con  la  s.  un  globo  (6),  n.  383  (1),  n.  390  (446).  Nel  Cohen  è  detto  che  qual- 
che volta  nel  campo  si  trova  una  delle  lett.  S.  T.  V.  SI.  In  questo  numeroso  gruppo  si  sono  tro- 
vati :  n.  186  es.  con  la  lett.  T.,  168  con  V,  1  con  S,  e  92  senza  alcuna  lettera.  È  da  avvertire 
che  di  quest'ultimo  gruppo  fanno  parte  le  spezzate  e  le  illeggibili,  sicché  si  riduce  a  molto  mi- 
nore il  numero  degli  es.  privi  di  lettere.  N.  393  (3).  Var.  del  prec.  per  le  legg.  IMP.  GALLIENVS 
AVG.  9  PAX  AVG  (1),  n.  398  (24),  di  cui  11  con  la  lett.  V  nel  campo,  4  con  T  e  9  nulla,  n.  400 
(8),  n.  401  (28),  di  cui  19  nel  campo  hanno  T  e  8  V.  Var.  della  prec.  perchè  priva  di  lett.  nel  campo 
(2),  altra  var.  della  prec.  n.  401  ;  nel  9 :  PAX  AVGG.  La  Pace  incedente  a  s.  reggendo  la  palma 
con  la  d.  e  lo  scettro  trasversale  con  la  s.  senza  lett.  (15),  n.  404  (9).  Var.  del  prec.  senza  lettere 
nel  campo  (11),  n.  405  (2),  n.  410  (58).  Nel  Cohen  è  detto  che  qualche  volta  nel  campo  trovasi  V. 
In  questo  vi  è  in  40  es.  su  58:  dei  18  privi  molti  sono  manchevoli  di  conio  o  spezzati  o  corrosi.  N.  411 
(10),  tre  hanno  nel  campo  P.  Var.  n.  415  per  il  9  PIETAS  AVG.  La  Pietà  in  piedi  a  s.  protende 
avanti  e  in  alto  la  d.  (4),  tre  con  la  lett.  P  nel  campo  ;  n.  419  (48),  uno  solo  conia  corona  nel 
campo.  Var.  del  prec.  per  una  stella  in  luogo  della  corona  (6).  Var.  n.  419,  nel  9  PIETAS  AVG. 
La  Pietà  stante,  a  s.  appoggiata  con  la  s.  a  una  colonnina  e  con  la  d.  ad  un'asta  (1).  N.  427  (6), 


REGIONE   V.  66   FAlERONÈ 


n.  428  (7),  n.  462  (1),  nel  campo  V.  n.  464  (47),  12  nel  campo  P  ;  gli  altri  nulla.  Var.  n.  467,  GAL- 
LIENVS  AVG.  Busto  lor.  rad.  a  d.  £  PROVID  AVG.  La  Pietà  stante  a  s.  indica  con  una  bac- 
chetta nella  d.  un  globo,  che  è  ai  suoi  piedi,  e  s'appoggia  con  la  s.  a  un'asta.  Nel  campo  P  II  (18), 
n.  472  (2),  nel  campo  S.  Var.  della  prec.  per  la  testa  rad.  a  s.  (2).  Altra  var.  della  med.  n.  472, 
mancante  di  lett.  nel  campo  (4),  n.  473  (3),  n.  474  (3),  n.  476  (28),  n.  478  (1),  n.  487  (5),  n.  488  (2), 
n.  490  (4).  Var.  n.  498  per  una  stella  nel  campo  (1),  n.  503  (9),  nel  campo  T;  n.  506  (6),  n.  609 
(2),  n.  512  (27),  di  cui  7  hanno  nel  campo  VI,  n.  515  (3),  nel  campo  T.  Var.  del  prec.  per  le  lett.  VI 
nell'esergo  (30),  n.  518  (10),  n.  521  (1),  n.  532  (2),  n.  541  (26),  n.  652  (1),  n.  656  (2),  nel  campo  T  : 
n.  657  (1).  Var.  di  Cohen  IV,  n.  557  per  la  lett.  T  nel  campo  (1),  n.  560  (2),  n.  562  (6),  n.  671  (1), 
n.  672  (3),  n.  573  (3),  n.  578  (16),  di  cui  14  nel  campo  hanno  S.  P.  e  uno  nulla,  n.  590  (4),  nel 
campo  T,  n.  600  (126),  nel  campo  T.  Var.  del  prec.  per  la  legg.  IMP.  GALLIENVS  AVG.  Nel 
campo  T  (1),  n.  605  (10),  due  nel  campo  S  :  gli  altri  nulla.  Var.  del  prec.  n.  605  per  il  busto  a  s., 
nel  campo  S  (2),  n.  608  (5).  IMP.  C.  P.  LIC.  GALLIENVS  AVG.  Busto  rad.  e  lor.  a  d.  9  VIC- 
TORIA AVGG.  La  Vittoria  stante  a  s.  appoggiata  su  scudo  a  s.  e  reggente  una  palma  a  d.  (dopo 
Cohen  IV,  n.  610)  (2).  Var.  del  prec.  per  la  legg.  :  GALLIENVS  AVG(l).  IMP.  GALLIENVS  P.  F. 
AVG.  G.  M.  Busto  lor.  a  d.  9  VICTORIA  AVGG.  La  Vittoria  stante,  a  s.  si  appoggia  sullo 
scudo  e  tiene  con  la  s.  una  palma,  presso  un  alberetto  (palmizio  ?)  (2),  n.  613  (5).  Var.  del  prec. 
per  il  busto  lor.  a  d.  (10),  n.  618  (45).  Var.  del  n.  619  per  il  busto  radiato,  non  laur.  (3),  n.  620 
(51);  due  hanno  nel  campo  una  stella.  Var.  n.  630  per  la  legg.  GALLIENVS  AVG  (1),  n.  634  (2). 
Var.n.  636  per  la  legg.  IMP.  C.  P.  LIC.  GALLIENVS  P.  F.  AVG  (3),  n.  649  (283),  n.  263  hanno 
nel  campo  P.  e  20  nulla,  n.  653  (14),  tutti  hanno  nel  campo  P.  n.  656  (214),  di  cui  112  nel  campo 
VI,  4  P.  98  nulla,  n.  670  (34).  Var.  del  prec.  per  la  legg.  :  IMP.  C.  P.  LIC  GALLIENVS  P.  F. 
AVG.  (1),  n.  672  (8),  n.  673  (2),  Var.  del  prec.  per  il  diritto  :  IMP.  GALLIENVS  AVG.,  busto 
ci.  a  s.  (1).  n.  676  (37),  n.  677  (10),  n.  686  (3),  n.  687  (53),  di  cui  4  nel  campo  hanno  una  co- 
rona e  49  nulla.  Var.  del  prec.  per  una  stella  nel  campo  (10),  n.  688  (1).  Inedito:  GALLIENVS 
AVG,  busto  rad.  e  lor.  a  d.  1J  PROPAGATOR  ORBIS.  La  figura  del  Sole  seminuda  rad.  stante  a 
s.  leva  in  alto  la  d.  e  regge  con  la  s.  piegata  un  globo  (1  ).  (Cfr.  Cohen  IV,  p.  367,  n.  140  in  oro)  GAL- 
L1ENUS  AVG.,  busto  rad*,  e  lor.  a  d.  9  FIDEI  PRAET.  tre  insegne  militari (2), n.  699  (1), 
n.  700  (1).  Var.  del  prec.  per  la  lett.  P  nel  campo  (1).  Altra  var.  del  prec.  n.  700  per  il  busto  elmato 
e  rad.  a  s.  e  per  la  lett.  P  nel  campo  (1),  n.  705  (1).  Var.  del  prec.  per  la  legg.  :  VOT.  X.  (1), 
n.  706  (1),  n.  708  (2).  (Cfr.  Cohen  IV,  p.  438  n.  710  in  oro)  :  GALLIENVS  AVG.  Testa  rad.  a 
d.  9  VOT.  X  ET  XX  entro  corona  di  alloro  (4),  GALLIENVS  AVG.  busto  rad.  a  d.  9  LVIRT. 
GJALLIENI  AVG.  Gallieno  su  cavallo  galoppante  a  d.  trafigge  un  nemico  abbattuto  ;  stesso 
tipo  e  stessa  legg.  della  moneta  d'oro  n.  637  (1).  GALLIENVS  AVG.  busto  lor.  a  d.  9  VICT. 
PART  Vittoria  stante  a  s.  reggente  una  palma  e  avente  ai  piedi  a  s.  un  prigioniero  (1),  GALLIE- 
NVS AVG.  busto  lor.  e  rad.  a  d.  9  VIRTVS  AVG.  Il  Valore  (o  Gallieno)  in  abito  militare  avanza 
a  sin.  tenendo  un'insegna  militare  (1).  Totale  3726 


Cohen  I,  p.  101,  n.  605  (es.  1). 
Cohen  I,  p.  332,  n.  509  (2). 


Monete  di  restituzione  attribuite  a  Gallieno. 

OTTAVtANO    AVGVSTO 

VESPASIANO 

TITO 


Cohen  I,  p.  380  e  ss.,  n.  319  (1),  n    321  (2). 

ANTONINO    PIO 

Cohen  II,  p.  411,  n.  988  (1). 

ALESSANDRO    SEVERO 
Cohen   IV,  p.  63,  n.  461  (1). 

Totale     8 

Totale  Generale  Gallieno    3734 
Notiiie  Soavi  1922  -  Voi.  XIX.  !> 


FALERONE  —    66   —  REGIONE   V. 


20. 

SALONINA 

Cohen  IV,  p.  465  e  ss.,  n.  10  (es.  10),  otto  con  P.  nel  campo  o  nell'esergo,  n.  20(10),  nell'es.  R.  P., 
n.  24(62),  sette  con  stella  nel  campo  e  cinque  con  corona,  n.  30(4),  uno  nel  campo;  n.35  (44),  nes 
sunalett.  nel  campo,  n.  39(18),n.  38(3),  n.  46(267),  n.  49  (11).  Var.  n.  62  per  la  lett.  V  nel  campo 
(1),  n.  55  (38),  di  cui  27  con  la  lett.  P.  nel  campo  e  2  con  P.  H  ;  n.  66  (9),  n.  58  (68).  Var  n.  61 
per  la  legg.  :  SALONINA  AVG.  (1),  n.  62  (88),  lett.  Q  nel  campo.  Var.  n.  62  per  mancanza  della 
lett.  Q  nel  campo  (66),  n.  63  (109),  di  cui  79  hanno  nell'es.  VI  e  30  la  lett.  Q.  Var.  del  prec.  perchè 
senza  lett.  (13),  Var.  n.  63  per  la  legg.  del  9  PVDICITIAM  e  per  le  lett.  VI  nel  campo  (1),  n.  67 
(30),  di  cui  19  senza  lett.,  6  con  stella  e  5  con  cor.  nel  campo  ;  n.  78  (6),  n.  79  (19),  n.  82  (46), 
di  cui  32  con  le  lett.  VI  e  6  con  la  lett.  V;  n.  86  (2),  n.  87  (67),  nessuno  ha  la  lett.  nel  campo. 
Var.  del  prec.  per  la  lett.  VI  nel  campo  (1),  n.  91  (11),  nessuna  ha  nel  campo  S.  Var.  del  prec. 
n.  91  per  la  legg.  CORN.  SALONINA  AVG.  non  ha  lett.  (13),  n.  94  (170),  nell'es.  Q.  n.  90  (2). 

Totale  1168 
21, 

SALONINO 

(253-259) 

Cohen  IV,  p.  480  ess.,n.  5  (es.2),n.  7  (9),  nello  es.  S.  n.  8(14),  n.  10  (48).  Var.  n.  10  per  la  legg. 
DIVO  VALERIANO  CAES.  (1),  n.  15  (18),  n.  16  (2),  n.  18  (10),  n.  19  (7),  n.  20  (6),  n.  22  (1), 
n.  27  (2),  n.  31  (6),  n.  38  (9),  n.  39  (8),  n.  40  (1),  n.  43  (6),  n.  47  (2),  n.  48  (5),  n.  49  (46),  n.  50 
(6),  n.  61  (19),  nel  campo  P.  n.  55  (11),  n.  66(1),  n.  69  (34),  di  cui  26  senza  lett.  6  con  stella 
e  3  con  corona  nel  campo,  n.  61  (5).  •  Totale  277 

22. 
MACRIANO  GIOVANE 

(260-262) 

Cohen  V,  p.  4,  n.  8  (es.  1),  nel  campo  una  stella.  Var.  n.  8  per  due  punti  nell'es.  (1).  Altra  var.  n.  8 
per  la  legg.  :  9  ROMAE  AETENAE  (sic)  e  la  mancanza  di  lett.  e  segni  nel  campo  e  nell'es.  (1). 
Var.  n.  9  per  la  mancanza  della  stella  nel  campo  (1)..  Totale  4 

23. 
Q  VIETO 

(260-262) 
Cohen  V,  p.  6,  n.  4  (es.  1),  nel  e.  una  stella;  n.  6  (1).  Totale  2 

24. 
POSTVMO 

(259-267) 
Cohen  V,  p.  19  e  ss.,  n.  44  (es.  1),  n.  168  (1),  n.  184  (2).  Totale  4 

Monete  di  bronzo  ('). 

1. 

DOMIZIANO 

(81-96) 
M.  Br.  Cohen  1,  p.  24S,  n.  243  (es.  1).  Totale  1 

(l)  Le  monete  che  seguono  sono  quasi  tutte  grandi  bronzi.  Si  è  perciò  soppressa  avanti  a 
ciascuna  varietà  la  consueta  indicazione  G.  Br.  I  soli,  pochissimi  medi  bronzi  (appena  13)  sono 
contrassegnati,  come  di  solito,  con  le  lettere  M.  Br. 


REGIONE   V.  —   67    —  FALERONE 

2-      . 
ANTONINO  PIO 

(138-161) 

Cohen  II,  p.  346  e  ss.,  n.  483  (es.  1),  n.  704  (1),  n.  852  (1),  M.  Br.  n.  936  (1),  n.  948  (1).  Totale  5 

3. 
MARCO  AVRELIO 

(140-180) 

Var.  Cohen  II,  p.  516,  n.  428  (es.  1);  stessa  legg.  busto  laur.  a  d.  9  Stessa  legg.  la  Liberalità,  in 
piedi  a  s.  tiene  con  la  s.  una  tessera  ed  è  appoggiata  con  la  d.  ad  un'asta;  p.  522,  n.  469  (2), 
n.  511  (1).  M.  Br.  Var.  Cohen  II,  n.  622,  busto  rad.  a.  d.  (1),  n.  594  (1),  n.  618  (1),  IMP.  CAES. 
M.  AVR.  ANTONINVS  PIVS  AVG.  Busto  imberbe  clarn.  e  laur.  a  d.  9  LIBERALITAS 
AVGVSTI  II  S.  C.  La  liberalità  in  piedi  a  s.  con  tessera  e  corno  d'abbondanza  (1).       Totale  8 

4. 
FAVSTINA 

M.  Br.  Cohen  II,  p.  597  e  ss.,  n.  178  (1),  n.  196  (2),  n.  219  (1).  Totale  4 

5, 
COMMODO 

(176-192) 
Cohen,  III,  p.  141,  n.  556  (es.  1).  Totale  1 

6. 

ALESSANDRO  SEVERO 

(222-235) 

Cohen  IV,  p.  36  e  ss.,  n.  251  (es.  2),  n.  269  (2),  n.  263  (1),  n.  301  (4),  n.  330  (1),  n.  336  (3), 
n.  340  (1),  n.  353  (1),  n.  371  (1),  M.  Br.  n.  383  (2),  Var.  n.  383  per  la  fig.  del  Sole,  stante  a  s>.  (6), 
n.  396  (4),  n.  403  (1),  n.  426  (3),  n.  428  (4),  n.  445  (4),  n,  449  (1),  M.  Br.  n.  450  (1),  n.  453 
(1),  M.  Br.  n.  454  (1),  n.  460  (2).  Totale  46 

7. 

GIVLIA  MAMEA 
(m.  235) 

Cohen  IV,  p.  81  e  ss.,  n.  34  (e*.  1),  n.  41  (4),  n.  44  (1),  n.  48  (1),  n.  61  (1),  n.  70  (1),  n.  72(2). 

Totale  11 

8. 

MASSIMINO  1° 

(235-238) 

Cohen  IV,  p.  94  e  ss.,  n.  48  (es.  4),  n.  60(3),  n.  55  (l),n.60  (8).n.72  (1),  n.80(l),  n.  83  (3),  n.  90 
(6),  n.  94  (1).  Totale  27 

9. 

MASSIMO 

(235-238) 
Cohen  IV,  p.  105,  n,  11  fa*.  1).  Totale  } 


FALERONE 


—  68  — 


REGIONE    V. 


Cohen  IV,  p.  116,  n.  27  (es.  1). 


Totale  1 


Cohen  IV,  p.  122,  n.  33  (es.  1). 


Totale  1 


10. 

BALBINO 

(238) 

11. 

PVPIENO 

(238) 

12. 

GORDIANO  PIO 

(238-244) 

G.  Br.  Cohen  IV,  p.  154  e  ss.  n.  207  (es.  1),  n.  220  (10),  n.  222  (2),  n.  224  (1).  Var.  Cohen  IV,  p.  156, 
n.  226  per  le  lettere  S  C  nel  campo  (3)  ;  n.  228  (3),  n.  229  (2),  n.  231  (1),  n.  234  (7),  M.  Br.  n.  235  » 
(1),  n.  238  (3),  n.  240  (4),  n.  242  (16),  n.  246(2),  n.  260  (3),  n.  262  (4),  n.  266  (2),  n.  268  (1),  n.  279 
(1),  n.  284  (1),  n.  292  (1),  n.  293  (6),  n.  295  (6),  n.  297  (6),  n.  299  (1),  n.  301  (3),  n.  317  (2), 
n.  319  (4),  n.  320  (3),  n.  325  (7),  n.  337  (1),  n.  338  (1),  n.  340  (1).  1MP  (CAES.  M.)  ANT.  GOR- 
DIANVS  FEI.  AVG.  Busto  laureato  e  ci.  a  d.  9  SECVRITAS  AVGG.  S.  C.  La  Sicurezza  se- 
duta a  s.  tiene  con  la  d.  uno  scettro  (1).  Totale  109 

13. 

FILIPPO  PADRE 

(244-249) 

Cohen  IV,  p.  190  e  ss.,  n.  125  (es.  10).  M.  Br.  n.  126  (1),  n.  127  (1),  n.  128  (2).  n.  131  (14).  n.  134 
(2),  n.  136(3),  n.  139  (2),  n.  146  (2),  n.  148(1),  n.  153(3),  n.  155(1),  n.  162(1),  n.  165(1), 
n.  167  (1),  n.  168  (2),  n.  171  (4),  n.  173  (1),  n.  175  (6).  Var.  Cohen.  IV,  n.  177  per  le  lettere  S.  C. 
nel  campo  del  9  (?)•  Var.  Cohen  n.  179  per  le  lettere  S.  C.  nel  campo  del  9  (4),  n.  183 
(1),  n.  184  (1),  n.  186  (1),  n.  189  (l),  n.  190(3),  n.  191  (1),  n.  192  (4),  n.  193  (1)^M.  Br.  n.  194 
(2),  n.  196  (1),  n.  201  (2),  n.  205  (1),  Var.  Cohen  n.  206  per  il  busto  rad.  a  d.  (1),  n.  208  (6), 
n.  212  (1).  Totale  95 

14. 
OTACILIA 


Totale  12 


Cohen  IV,  p.  211  e  ss.,  n.  40  (es.  4),  n.  54  (1),  n.  56  (3),  n.  59  (2),  n.  65  (2). 

16. 

FILIPPO  FIGLIO 

(244-249) 

Cohen  IV,  p.  224  e  ss.,  n.  66  (es.  3),  n.  69  (3),  n.  64  (6),  n.  66  (1),  n.  77  (2). 

16. 

TRAIANO  DECIO 

(249-251) 

Cohen  TV,  p.  241  e  ss.,  n.  70  (es.  8),  n.89(4),  n.  91  (1).  M.  Br.  92  (1),  n.  97  (4),  n.  100(1),  n.  103 
(4),  n.  106  (1),  n.  107  (l).  Totale  25 


Totale  14 


REGIONE    V. 


69 


FALERONE 


17. 

ETRVSCILLA 

Cohen  IV,  p.  251  e  ss.,  n.  21  (es.  3),  n.  24  (4).  Totale  7 

18. 

ERENNIO 

(249-251) 

Cohen  IV,  p.  266,  n.  28  (es.  3),  n.  33  (2).  Totale  5 

19. 

OSTILIANO 

(249-251) 
Cohen  IV,  p.  265,  n.  47  (es.  1),  n.  49  (2).  Totale  3 

20. 

TREBONIANO  GALLO 

(252-254) 

Cohen  IV,  p.  279  e  ss.,  n.  83  (es.  1),  n.  85  (2),  n.  94  (2),  n.  95  (1),  n.  97  (4).  Var.  Cohen  IV,. n.  99 
per  la  leggenda  :  IMP.  CAES.  C.  VIBIVS.  TREBONIANVS  GALLVS  AVG.  (3),  n.  102  (2), 
n.  104  (8),  n.  105  (2),  n.  108  (3),  n.  113  (1),  n.  115  (1),  n.  118  (1),  n.  119  (1),  n.  120  (4).  Totale  36 

21. 

VOLVSIANO 

(251-254) 

Cohen  IV,  p.  299  e  ss.,  n.  94  (es.  8),  n.  96  (6).  n.  98  (2),  n.  105  (8);  n.  109  (1);  IMP.  CAE.  C.  VIB. 
VOLVSIAN(OAVG.).  Busto  laur.  e  ci.  a  d.  9  (AET)  ETERNITAS  AVGG  S.  C.  L'Eternità 
stante  a  s.  reggendo  sulla  d.  protesa  un  uccello  e  sollevando  con  la  s.  la  veste  (1).      Totale  26 

22. 

VALERIANO   PADRE 

(254-260) 

Cohen  IV,  p.  334  e  ss.,  n.  180  (es.  2),  n.  184  (1),  n.  191  (1),  n.  195  (4),  n.  201  (2).  Var.  del  precedente 
n.  201  per  la  figura  del  Sole  reggente  nella  s.  un  globo  (1),  n.  214  (4),  n.  217  (2),  n.  222  (1). 

Totale  18 

23. 

MARINIANA 

Cohen  IV,  p.  346,  n.  14  (es.  1),  Var.  del  precedente  n.  14  per  il  busto  di  Marijuana  non  dia- 
demato (2).  Totale  3 

24. 

GALLIENO 

(254-268) 

Cohen  IV,  p.  444,  n.  751  (es.  4),  n.  755(1),  n.  759(1),  n.  776  (3),  n.  837  (2),  n.  856(9),  n.  859  (3). 

Totale  23 

25. 

SALONINA 


Cohen    .V,  p.  476,  n.  108  (es.  3). 


Totale  3 


FALERONE  70   —  REGIONE   V. 


Prospetto  riassuntivo. 

Antoniniani. 

1)    identificati .• 6927 

!di  Gallieno 33  l 
di  Valeriano 51  .' 96 
di  Salonina 12  ) 

3)     spezzati 22 


Totale     7045 


Grandi  e  medi  bronzi. 


«..  ..  I  identificati 471  f 

1)     grandi ]  J 530 

(  illeggibili 


59 


„,  ..  (  identificati 13  ) 

2)     medi è.      .....  Q  > 

I  illeggibili ò  ) 


16 


Totale      546 


Antoniniani 6947  j 

171  ', 


1)  Totale  degli  identificati  ...TGr.br 471  l 7411 

/  M.  br 13  ( 


Antoniniani 96 

2)  Tot.  degli  illeggibili  e  spezzati  \  Gr'  br 60       180 


I 

M.  br 3  ( 

Spezzati 22  ' 


3)  Totale  dei  pezzi  di  tutto  il  ksoretto 7591 


Il  numero  totale  delle  monete  è  di  7591,  delle  quali  7045  sono  antoniniani  del  terzo 
secolo,  e  le  altre  546  grandi  bronzi  e  in  minima  parte  (appena  16)  medi  bronzi.  Degli  an- 
toniniani è  stato  possibile  identificarne  6927  :  ma  anche  dei  rimanenti  118  è  stato  letto 
il  diritto  con  busto  e  leggenda  di  Gallieno  per  33,  di  Valeriano  per  51,  di  Salonina  per 
12  :  gli  altri  22  sono  spezzati  e  irriconoscibili.  Gli  imperatori  e  le  imperatrici,  che  figu- 
rano in  questo  tesoretto  per  gli  antoniniani,  sono  24  e  vanno  da  Giulia  Domna  (m.  nel  217 
d.  C.)  a  Gallieno  (254-268)  e  a  Postumo  (259-267),  comprendendo  un  periodo  di  cinquan- 
tanni :  e  la  quantità  dei  pezzi  spettanti  a  ciascuno  di  essi  va  dai  primi  nomi  di  questo 
elenco,  che  vi  sono  presenti  per  un  solo  esemplare,  successivamente  crescendo  fino  a  Gal- 
lieno al  quale  ne  appartengono  3724  (parte  considerevolmente  superiore  alla  metà  del 
tutto)  e  da  Gallieno  decrescendo  fino  a  Postumo.  Il  primo  gruppo  considerevole  è  quello 
di  Gordiano  Pio  (238-244),  che  ha  64  pezzi:  l'ultimo  quello  di  Salonino  (253-259),  che 
ne  ha  257  :  sicché  salvo  i  sei  antoniniani  dei  cinque  imperatori,  che  precedono  nella  nota 
il  nome  di  Gordiano  Pio,  tutto  il  ripostiglio  va  riferito  alla  monetazione  di  un  periodo  non 
superiore  ai  20  anni.  Se  anzi  si  considera  che  i  16  nomi  di  imperatori  e  imperatrici  ante- 
riori a  Valeriano  figurano  soltanto  su  412  pezzi  e  i  tre  posteriori  a  Salonino  su  10,  l'impor- 
tanza del  ripostiglio  si  raccoglie  quasi  tutta,  come  nella  maggior  parte  dei  tcsoretli  di 


REGIONE    V.  —    ?1    —  FALERONE 

questo  periodo,  intorno  alla  famiglia  di  Gallieno,  i  cui  cinque  nomi,  senza  alcuna  va- 
canza, sono  presenti  per  copiosissimi  gruppi  (eccetto  Mariniana)  e  per  numerose  varietà 
di  monete. 

Facendo  l'elenco  ho  creduto  opportuno  segnare  nel  gruppo  di  ciascuna  varietà  le  di- 
verse lettere  e  sigle,  che  vi  sono  notate,  perchè  gli  specialisti  possano  avere  a  disposi- 
zione anche  i  contrassegni  riferibili  alle  zecche  e  alle  officine  e,  a  seconda  dello  scopo  cui 
si  può  volgere  lo  studio  del  ripostiglio  di  Falerone,  valersene  nella  possibile  ricerca  di 
dati  statistici. 

Il  periodo  di  tempo,  a  cui  appartiene  il  ricco  peculio,  è  particolarmente'  importante 
per  il  numero  delle  zecche  sussidiarie,  che,  divenute  insufficienti  ai  bisogni  della  circola- 
zione, con  l'ingrandirsi  dell'impero,  quella  di  Roma  e  le  altre  d'Italia,  si  istituirono  nelle 
varie  provincie  e  in  oriente  più  specialmente,  dove,  resistita  più  a  lungo  in  alcune  regioni 
la  monetazione  cittadina,  trovò  più  fecondo  campo  di  produzione  quella  imperatoria. 
La  fortunata  scoperta  del  ripostiglio  di  Falerone  potrebbe  dare  occasione  a  vaste  ed  esau- 
rienti indagini  sulle  monete  fatte  coniare  da  Gallieno  e  dalla  sua  famiglia,  sulle  quali  no- 
nostante gli  studi  fondamentali  del  Voetter  (x)  e  le  note  del  Laffranchi  (2)  e  del  Cornaggia  (s) 
restano  molti  punti  oscuri  da  chiarire.  Ma  una  trattazione  ampia  di  questo  ripostiglio  con- 
viene più  a  una  speciale  rivista  di  numismatica  che  all'indole  di  un  periodico,  come  que- 
sto, che  deve  dare  le  notizie  dei  travamenti.  Tenendo  tuttavia  conto  dei  risultati  dello 
studio  del  Voetter  e  delle  osservazioni  fatte  dal  Cornaggia,  si  può  rilevare  il  contributo 
sommariamente  proporzionale  che  le  zecche  principali  di  oriente,  e  particolarmente  quelle 
di  Viminacium  (Moesia  superior)  e  di  Antiochia  di  Siria,  hanno  dato  al  peculio  costituito 
in  grandissima  parte  dai  prodotti  delle  zecche  italiane  e  prevalentemente  di  Roma  e  di 
Milano.  Della  zecca  di  Viminacium,  fondata  da  Gordiano  Pio  nel  239,  vi  sono  soltanto  : 

DI   GORDIANO    PIO 

Leggenda:   IMP.   GORDIANVS  PIVS  FEL  AVO. 

Sette  esemplari  col  $  FORTVNA  REDVX  (Coh.  40).  —  Tre  esemplari  col  R  ORIENS  AVG. 
(Coh.  li!)). 

DI    VALERIANO 

Leggenda:  IMP.  VALERIANVS  P.  AVG. 

Due  esemplari  col  #  VIRTVS  AVGG.  (Coh.  165).  —  Un  esemplare  col  9  SAECVLI  FELICITAS. 
(Coh.  124).  —  Un  esemplare  col  $  SALVS  AVG.  (Coh.  126). 

Leggenda:  IIIIIP.  C.  P.  L1C.  VALERIANVS  AVG. 
Un  esemplare  col  9  CONCORDIA  MILIT  (Coh.  34). 


(J)  Otto  Voetter,  Atlas  der  miinzendes  Kaisers  Oallienus  und  seiner  familie  (Valcrianus,  Mariniana, 
Salunina,  Saloninus)  Vienna  1900. 

(2)  G.  Laffranchi.  /  diversi  stili  nella  monetazione  romana.  V.  Le  monete  degli  imperatori  Valeriana 
e  Gallieno  coniate  a  Viminacium  e  ad  Antiochia,  in  Riv.  Ital.  di  Numismatica,  1908,  pp.  199-212. 

(3)  G.  Cornaggia.  Oli  Antoniniani  del  1Y  secolo  nel  ripostiglio  di  S.  Maria  a  Torino,  in  Riv.  Ita- 
liana di  Numismatica,  1918,  Serie  II,  voi.  1,  pp.  254-271. 


FALERONE  —    ?2   —  REGIONE   V. 

Leggenda:  IIIIIP.  VALERIANVS  P.  AVG. 
•  Sei  esemplari  col  9  PAX  AVGG.  (Coh.  92).  —  Due  esemplari  col  9  SPES  PVBLICA  (Coh.  133). 

Leggenda:  IMP.  VALERIANVS  P.  F.  AVG. 

Sei  esemplari  col  9   VICT.  PART.  (Var.  Coh.   156). 

DI    GALLIENO 

Leggina»:  IMP.  GALLIENVS  P.  AVG. 

Un  esemplare  col  9  SAEOVLI  FELICITAS  (Var.  ('oh.  498).  —  Un  esemplare  col  9  CONCOR. 
MIL.  (Coh.  94).  —  Cinque  esemplari  col  R  SALVS  AVGG.  (Coh.  606).  —  Due  esemplali  col  9 
VIRTVS  AVGG.  (Coh.  673). 

Leggenda:  IMP.  C.  P.  LIC.  GALLIENVS *AVG. 
Otto  esemplari  col  9  PAX  AVGG.  (Coh.400). 

Leggenda  :  IMP.  GALLIENVS  P.  AVG. 

Due  esemplari  col  9  SPES  PVBLICA.  (Coh.  532). 

Di  Gordiano  Pio,  10  esemplari  ;  di  Valeriano,  19  ;  di  Gallieno,  19  ;  in  tutto  48  antoni- 
niani  di  Viminacium. 

Facendo  poi  una  rassegna  delle  varietà  distinte  dai  rovesci,  che  il  Voetter  descrive 
a  tav.  XXV  e  attribuisce  a  Viminacium,  e  che  il  LafTranchi  afferma  propri  alla  zecca  di 
Antiochia  (AEQVITAS  AVGG,  P.  M.  TR.  P.  II.,  COS.  IL,  AETERNITATI  AVGG, 
DIANA  LVCIFERA,  FELICITAS  SAECVLI,  FORTVNA  REDVX,  LAETITIA  AVGG, 
PACATORI  ORBIS,  PIETATI  AVGG,  RESTITVT  GENER  HVMANI,  ROMAE  AE- 
TERNAE,  VENVS  VICTRIX ,  VICTORIA  AVGG,  VICTORIAE  AVGG,  VIRTVS 
AVGG)  si  nota  che  essi  sono  tutti  rappresentati  fra  le  monete  di  Valeriano  e  di  Gallieno  del 
ripostiglio  di  Falerone,  ma  dai  gruppi  più  scarsi,  che  per  oltre  quaranta  varietà  assommano 
appena  a  qualche  centinaio  di  esemplari  per  ciascuno  dei  due  imperatori.  Le  emissioni 
delle  zecche  di  Roma  e  di  Mediolanum  hanno  invece  la  grandissima  prevalenza:  pro- 
vengono da  esse  tutte  le  varietà  più  ricche  del  ripostiglio.  Seguendo  la  ripartizione  per 
zecche  fatta  dal  Cornaggia  del  ripostiglio  di  Via  S.  Maria  e  Stampatori  a  Torino,  e  asse- 
gnando, su  questa  scorta,  alle  rispettive  zecche,  per  dare  un'idea  approssimativa,  soltanto 
i  gruppi  delle  monete  di  Gallieno  che  contano  p.  es.  non  meno  di  cinquanta  esemplari 
e  che  costituiscono  nel  loro  ristretto  numero  e  nella  loro  cospicua  somma  oltre  i  due  terzi 
delle  monete  pertinenti  a  questo  imperatore,  n'è  risultato  che,  salvo  due  o  tre  gruppi, 
si  riferiscono  tutti  a  Roma  o  a  Mediolanum. 

A   Roma  i  seguenti  : 

GALLIENVS  AVG.  Busto  radiato  e  loricato  a  destra. 

9  IOVI  VLTORI.  Giove  gradiente  a  d.  con  mantello  sulle  spalle  e  con  folgore. 

(fi.  /.  N.  1918.  pag.  249,  n.  9;  Cohen  242) Es.  160 

9  LIBERAL.  AVG.  La  Liberalità  stante  a  sin.  colla  tessera  nella  d.  e  la  cornu- 
copia nella  sin. 

(B.  7.  N.,  pag.  249,  n.  10  ;  Coh.  327) »   165 


REGIONE    V.  —    73   —  FALERONE 

Bi  PAX  AVG.  La  Pace  stante  a  sinistra  solleva  nella  d.  il  ramo  d'olivo,  e  tiene 
con  la  sin.  lo  scettro. 

(R.I.N.,   pag.  249,  n.  11;  Coh.  390) »,   446 

B:  PAX  PVBLICA.  La  Pace  seduta  a  sinistra  tiene  nella  d.  l'olivo,  nella  sin.  lo 
scettro. 

(R.I.N.,  pag.  260,  n.  18;  Coli.  410) »     68 

V 

$  VICTORIA  AVG.  III.  La  Vittoria  gradiente  a  sin.  tiene  con  la  d.  la  corona  e 
con  la  sin.  la  palma. 

(R.I.N.,  pag.  249,  n.  14;  Coh.  600) »    126 

1$  VIRTVS  AVG.  Gallieno  galeato  stante  a  sin.  tiene  nella  d.  il  globo  e  colla  sin. 
s'appoggia  all'asta. 

(R.  I.  A7.,  pag.  248,  n.  5;  Coh.  666) »    214 

A   Milano   i   seguenti: 

GALLIENVS   AVG.  Busto  radiato  a  d.  con  paludamento. 

B:  AEQVITAS  AVG.  L'Equità  stante  con  bilancia  e  cornucopia. 

(R.l.N.  1918,  pag.  267,  n.  20;  Coh.  n.34) 243 

B;  APOLLO  CONSER.  Apollo  stante  con  ramo  di  oliva  e  mantello  avvolto  nel 
braccio  sin. 

(R.  /.  N.,  pag.  267,  n.  22  ;  Coh.  n.  66) »     62 

Bj  DIANA  FELIX.  Diana  stante  a  d.  con  asta  e  arco  :  ai  piedi  cervo  corrente. 

(R.  I.  N.,  pag.  267,  n.  18  ;  Coh.  112) »     71 

B:  LAETITIA  AVG.  La  Letizia  stante  a  s.  con  un'ancora  e  una  corona. 

(R.  I.  N„  pag.  267,  n.  15:  Coh.  249) »   321 

B  ORIENS  AVG.  Il  Sole  seminudo  radiato  a  sinistra  alza  la  mano  destra  e  regge 
un  globo. 

(R.I.N.,  pag.  261,  n.79:  Coh.  373) »    182 

B:  VI  RTVS  AVG.  Il  Valore  stante  a  sin.  appoggiato  allo  scudo  e  all'asta. 

(R.  I.  N.,  pag.  267,  n.  16  ;  Coh.649) »    283 

Soltanto  tre  gruppi,  e  non  dei   maggiori,  vanno  attribuiti   ad   Antiochia: 

GALLIENVS  AVG .  Busto  radiato  a  d.  con  corazza. 

B;  FORTVNA  REDVX.   La  Fortuna  assisa  a  sin.  tenente  il  timone  e  il  corno  di 
abbondanza. 

(R.  I.  N.  1908,  pag.  10;  Coh.  175) »      66 

IMP.  C.  P.  LIC  GALLIENVS  P.  F.  AVG.  Busto  radiato  a  d.  con  paludamento. 

li  PIETAS  AVGG.   Valeriano  e  Gallieno  affrontati  sacrificanti  sopra  un'ara. 

(Coh.  IV,   n.  419  e  pag.  348,  n.  8) »     54 

IMP.  GALLIENVS  AVG.  Busto  radiato  a  d.  con  la  corazza. 

Bi  VICTORIA  GERMAN.  La  Vittoria  stante  a  d.  con  palma  nella  sin.  presenta 
una  corona  a  Gallieno  in  piedi  in  abito  militare,  reggente  un'asta. 

{R.  I.  N.,  pag.  271,  n.  1  ;  Coli.  620)  . »     51 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  10 


FALERONE  —    74    —  REGIONE    V. 

Uno  ad  altra  zecca  di  Asia   Minore   (Tarso?): 

IMP.  C.  P.  LIO  GALLIENVS   P.  F.  AV(i.   Busto  radiato  con  paludamento  e  corazza  a  d. 

]J  V1RTVS  AVGG.  Valeriano  e  Gallieno  in  abiti  militari  affrontati.  Il  primo  appog- 
giato ad  un'asta  e  tenente  un  globo,  l'altro  con  lina  Vittoria  nella  destra  e 
con  un'asta  trasversale  nella  sinistra. 

(E.J.N.  1918,  pag.  270,  n.  l;Coh.  687) ■     &S 

Di  un  totale  di  2533  antoniniani,  224  sarebbero  di  zecche  orientali  e  2311  ripartiti 
quasi  ugualmente  fra  quelle  di  Roma  e  di  Milano.  La  medesima  ricerca  estesa  anche  ai 
gruppi  minori  potrebbe  un  po'  accentuare  o  attenuare  le  differenze  fra  le  quantità  da 
assegnare  alle  varie  zecche  e  accrescere  il  numero  di  esse,  ma  non  infirmare  le  approssi- 
mative proporzioni  risultate  dal  calcolo  parziale,  le  quali  corrispondono  a  quella  natu- 
rale intensità  di  diffusione  che  ogni  zecca  poteva  esercitare  sulle  regioni  più  o  meno  di- 
pendenti dalla  propria  attività.  Nel  Piceno  dovevano  prevalere  per  ragioni  topografiche 
le  zecche  di  Roma  e  di  Milano,  e  non  può  maravigliare  che,  dopo  di  queste,  sulle  altre 
zecche  occidentali,  prevalessero  Antiochia  e  Viminacium  dal  cui  raggio  più  particolare 
di  diffusione  si  avviavano  verso  questi  paesi  più  attivi  rapporti  e  scambi  commerciali 
che  non  fosse  dalla  Gallia,  per  la  quale  lavorava  la  zecca  di  Lugdunum  (Lione),  che  prov- 
vedeva anche  prevalentemente  i  paesi  settentrionali  ed  occidentali. 

Nonostante  il  grande  numero  di  esemplari  riuniti  in  alcuni  gruppi,  le  varietà  giun- 
gono alla  cifra  di  453,  di  cui  96  sono  di  Valeriano  e  200  di  Gallieno,  cifra  cospicua  se  non 
straordinaria,  come  cospicuo,  se  anch'esso  non  straordinario,  è  il  numero  delle  varianti 
dai  tipi  descritti  nella  prima  edizione  del  Cohen  :  delle  110  notate  ne  appartengono  57 
al  solo  Gallieno  e  22  a  Valeriano. 

Le  monete  di  bronzo  sono  infuno  stato,  non  più  perfetto,  ma  ancora  eccellente,  di 
conservazione.  Delle  546  rinvenute,  appena  16  sono  medi  bronzi  ;  le  altre  530  sono  tutte 
grandi  bronzi  e  comprendono  esemplari  pertinenti  a  25  imperatori  e  imperatrici  da  Do- 
miziano (81-96)  a  Salonina  (m.  268  d.  C.)  e  un  periodo  di  tempo  di  quasi  due  secoli.  Il 
lungo  uso,  che  subiromo  le  più  antiche  di  queste  monete,  dà  ragione  del  loro  logoramento, 
il  quale  va  gradatamente  scemando  sulle  mono  antiche.  In  molte  di  queste  ultime  però 
la  curva  del  contorno  è  appiattita,  sposso  anzi  interrotta  da  qualche  tratto  rettilineo  : 
vi  sono  anche  esemplari  (o.  es.  Mariniana,  Var.  ('oh.  n.  14),  che  sembrano,  ritagliati,  in  li- 
nea spezzata,  tutt'in  giro  ;  altri  ridotti  a  forma  quadrata  (Valeriano,  Coh.  n.  222) 
e  privati  anche  della  leggenda.  Pochissime  sono  le  monete  imperatorie  :  in  tutto,  pei 
grandi  bronzi  :  una  di  Gordiano  Pio  (Coh.  11,  n.  231,  senza  S.  C);  tre  di.  Filippo 
Padre  (Coh.  IV,  n.  190,  SAECVLARES  AVGG,  senza  S.  C.  ;  Coh.  IV,  n.  191,  SAECV- 
LARES  AVGG,  senza  S.  C.  ;  Coli.  IV,  n.  205,  TRANQVILLITAS  AVGG,  senza  S.  C.) 
e  una  di  Treboniano  Gallo  (n.  3  Coh.  D7,  n.  94,  IVNIONI  MARTIALI,  senza  S.  C.)  ;  tutte 
le  altre  sono  senatoriali  (con  S.  C). 

Il  numero  delle  varietà  si  può  dire  eccezionale:  su  484  pezzi  identificati,  il  numero 
di  esse  ascende  a  192  ;  delle  quali  37  di  Filippo  Padre,  su  95  esemplari  ;  e  32  su  109  esem- 
plari di  Gordiano  Pio,  che  ha  il  maggior  numero  di  pezzi. 


REGIONE    V.  —    75    —  FALEKONE 


Le  varianti  sono,  in  proporzione,  di  quantità  minore  che  per  gli  antoniniani  ;  ne  sono 
emerse  infatti  soltanto  13,  di  cui  tre  di  Marco  Aurelio  sopra  sette  varietà  e  tre  di  Fi- 
lippo Padre.  •» 

Tra»  le  rarità  numismatiche  che  presenta  questo  ripostiglio  così  numeroso,  va  notato 
degli  antoniniani  quello  inedito  di  Gallieno  col  IJ  PROPAGATOR  ORBIS,  già  antici- 
pato per  gli  studiosi  di  numismatica  da  Serafino  Ricci  (x)  e  l'altro,  dello  stesso  im- 
peratore, della  zecca  di  Siscia  (T$  SISCIA  AVG,  Coli.  IV,  n.  521)  che  secondo  il 
Vaillant,  Numismata,  sarebbe  stata  coniata  nell'occasione  della  disfatta  inflitta  a 
Mursa  (Pannonia)  da  Gallieno  a  D.  Laelius  Ingenuus  nel  258  ;  e  un  terzo  già  descritto 
(R<  AETERN ITATI  AVGG)  e  non  compreso  nell'opera  del  Cohen,  il  quale  presenta 
Gallieno  velato  (come  nel  tipoCoh.,  IV,  n.  442)  in  piedi  con  il  lUuus  divinatorio  di 
forma  alquanto  singolare  (2). 

Fra  le  monete  di  bronzo  va  segnalato  l'esemplare  del  MILLIARIVM  SAECVLVM 
di  Filippo  Padre  (Coh.  IV,  p.  162)  coniata  per  la  ricorrenza  del  millenario  di  Roma  (3)  e 
rappresentante  uno  degli  eccezionalissimi  casi  (forse  non  più  di  tre)  di  monete  con  la 
data  espressamente  determinata  (*)  ;  e  l'altro  SAECVLVM  NOVVM  (Coh.  IV,  n.  196), 
e  vari  altri,  di  Massimo  (Coh.  IV,  n.  11),  di  Pupieno  (Coh.  IV,  n.  33),  di  Traiano  Decio 
(Coh.  n.  97),  di  Erennio  (Coh.  IV,  n.  28),  di  Valeriano  (Coh.  IV,  n.  62)  di  Mariniana  (Coh. 
IV,  n.  14). 

Fra  i  rari  vanno  segnalati  quelli  di  Macriano,  che  ha  quattro  varianti  di  un  mede- 
simo tipo  (Coh.  V,  n.  8,  ROMAE  AETERNAE)  tutti  coniati  in  Oriente  ;  quelli  di  Quieto 
(due  varietà  sulle  11  note  al  Cohen),  anche  essi  di  zecche  orientali.  Fra  i  meno  comuni: 
i  due  esemplari  di  Valeriano,  Coh.  IV,  n.  62  (IOVI  CONSERVATORI  ORBIS,  i  18  di 
Salonino,  Coh.  IV,  n.  15  (D  II  NVTRITORES):  quelli  di  Ostiliano,  Emiliano,  Mariniana. 

Ma  se  grandi  rarità  numismatiche  non  sono  in  questo  ripostiglio,  e  se  anche  ve  ne 
fossero,  la  sua  importanza  maggiore  rimarrebbe  sempre  nella  straordinaria  quantità  di 
pezzi  e  nella  garantita  integrità  per  le  circostanze  eccezionalmente  fortunate  del  rin- 
venimento ;  condizioni  ambedue  di  somma  importanza  per  lo  studio,  forse  ancora  un  po' 
vago  ma  certamente  più  razionale  e  indirizzato  a  fine  più  scientifico,  del  materiale  numi- 
smatico per  ordine  cronologico  e  per  zecche.  Alle  quali  due  fondamentali  condizioni,  nel 
ripostiglio  di  Falerone  un'altra  se  ne  aggiunge,  pregevole  quanto  le  prime  :  la  conser- 
vazione degli  esemplari.  Quasi  tutto  il  peculio  "deriva  dalle  emissioni  fatte  dalle  zecche 
italiane  e  coloniali  nei  quindici  anni  precedenti  al  suo  nascondimento  :  esso  fu  perciò 
assai  presto  sottratto  al  logoramento  dell'uso,  ed  accolse  e  preservò  dalla  circolazione 
molte  monete  appena  o  poco  dopo  uscite  dalle  officine.  Se  infatti  la  data  approssima- 

(*•)  Ricci  S.  In  Bollettino  Uni.  di  Xumism.  cit. 

(a)  Sulla  forma  arcaizzante  di  questo  attributo  cfr.  G.  Bendinelli,  Vertumnus  del  Museo  Archeolo- 
gico di  Firenze  in  Rendiconti  dell' Accad.  dei  Lincei,  serie  V,  voi.  XXIX,  1920,  pp.  65-75. 

(3)  Questa  moneta  (Milliarium  Saeculum)  fu  già  notata  per  la  sua  importanza  cronologica  e  storica 
da  Eiizzo  Sebastiano  nel  1559,  nella  sua  Dichiarazione  di  medaglie  antiche,  a  p.  572,  e  più  specialmente 
p.  732,  a  proposito  dei  giuochi  secolari,  che  egli  vuol  dimostrare  dati  dai  due  Filippi  nella  millenaria 
ricorrenza  di  Roma. 

(*)  Gnecchi,  Monete  romane,  Hoepli,  1907,  p.  309. 


GUALDO   TADINO  —    76    —  REGIONE   VI. 

tiva  si  pone  alla  fine  del  regno  di  Gallieno  (268),  dopo  la  quale  nessun'altra  moneta 
entrò  a  far  parte  del  nascondiglio,  e  se  si  pone  che  la  parsimonia  del  possessore  avrà 
dovuto  appartare  un  po'  alla  volta  e  per  più  anni  gli  scarsi  risparmi,  per  accumulare 
un  gruzzolo  così  considerevole,  si  può  esser  certi  che  gli  esemplari  recuperati  a  Falerone 
nulla  hanno  perduto  della  loro  originaria  freschezza  ;  n'è  prova  indiretta  lo  scarso  nu- 
mero degli  illeggibili,  che  sono  tutti  conii  incompleti  o  mancati,  non  logori. 

La  causa  del  nascondimento  non  pare  che  debba  rifarsi  a  fatti  storici  o  a  rivolgimenti 
politici.  Le  guerre  degli  ultimi  anni  di  Gallieno  non  interessano  il  Piceno.  Le  piraterie  dei 
Goti  che  minacciano  la  costa  occidentale  dell'Asia  e  quella  orientale  dell'Europa  (267  d.  C.) 
sono  respinte  ;  Gallieno  difende  contro  di  loro  l'Illiria  e  poi  li  combatte  sulla  costa  del- 
l'Epiro. Tln  avvenimento  storico,  che,  come  per  lo  più,  abbia  potuto  indurre  a  salvare 
da  rapina  e  da  saccheggio,  sotto  terra,  il  tesoretto  non  si  trova  neppure  a  scendere  di 
qualche  anno  dalla  morte  di  Gallieno.  Forse  una  causa  locale,  come  l'improvviso  abban- 
dono della  casa  per  il  repentino  pericolo  di  un  incendio  o  del  terremoto,  potrebbe  avere 
costretto  ad  appartare  il  prezioso  peculio  ;  se  non  è  anche  da  pensare  alla  sola  diffidenza 
dell'avaro  possessore  verso  l'altrui  cupidigia. 

G.  Moretti. 


Regione  VI  (UMBRIA). 

V.  GUALDO  TADINO  (Umbria) —  Scoperta  fortuita  di  antichi  sepolcri. 

Nel  territorio  di  Gualdo  Tadino  parecchi  proprietari  di  terreni  stanno  da  qualche 
tempo  scavando  formoni  per  viti  ;  lavori  che  sospesi  durante  i  rigori  invernali  sono  stati 
ripresi  ora  con  maggior  lena,  specie  nella  regione  a  S.  S.  0.  della  citta  e  precisamente 
in  quella  parte  compresa  tra  la  strada  comunale  che  conduce  a  S.  Antonio  della  Rà- 
sina  e  quella  carrabile  detta  del  Piano,  entrambe  convergenti  verso  la  chiesuola  di 
S.  Rocco  sulla  moderna  Flaminia  (*). 

I  formoni  eseguiti  l'anno  scorso  nei  terreni  di  proprietà  Tittarelli  Michele  e  Teo- 
dori Giovanni,  in  contrada  Campo  Calvio,  misero  in  luce  tre  sepolcri  a  fossa  incavati 
nel  terreno  ghiaioso,  uno  dei  quali  aveva  il  fondo  rivestito  con  lastre  di  calcare.  Se- 
condo le  informazioni  da  me  assunte  sul  luogo,  risulterebbe  che  gli  scheletri  erano 
ridotti  in  pessime  condizioni,  tanto  che  i  contadini  appena  ne  riconobbero  gli  avanzi, 
e  che  il  contenuto  dei  sepolcri  essendo  in  gran  parte  deteriorato  non  invogliò  gli  sco- 
pritori a  raccoglierne  con  cura  tutti  gli  avanzi. 

Gli  oggetti  in  parola  sarebbero  i  seguenti  : 
a)  pochi  frammenti  fittili  d'impasto  scuro  e  rossastro  appartenenti  a  rozze  cio- 
tole emisferiche  con  piede  a  largo  tronco  di  cono  ed  orlo  sporgente. 

(x)  Per  la  posizione  vedi  la  topografia  generale  della  regione  in  Notizie  1918,  p.  107,  fig,  4, 


REGiorra  vi.  —  77  —  Gualdo  tadino 

Una  di  esse  (fig.  1),  quantunque  incompleta,  dà  un'idea  abbastanza  chiara  della 
forma  di  tali  fittili  :  alt.  0,11  ; 

b)  tre  pendaglietti  spiralit'ormi  di  filo  di  bronzo  lunghi  mm.  22.  Per  il  tipo  vedi 
fig.  2,  d  ; 

e)  parte  di  un  disco  d'ambra  pertinente  a  fìbula  ; 

il)  piccolo  chicco  d'ambra  per  collana  :  diam.  mm.  7-8.  (fig.  2,  e)  ; 

e)  parte  di  un  hjaihos  in  lamina  di  rame  con  fondo  umbilicato  del  diam.  di  mm.  93  ; 
(fig-  2,  e); 


Fig.  1. 

f)  armilla  di  filo  di  bronzo  a  capi  sovrapposti,  decorata  con  gruppi  di  linee  in- 
cise :  diam.  mm.  70  (fig.  2,  b)  : 

g)  cultro  lunato  di  bronzo,  liscio  e  mancante  del  manico  :  alt.  della  parte  con- 
servata mm.  93  (fig.  2,  a). 

.Sempre  nella  medesima  contrada,  dirimpetto  alle  casette  popolari  sorte  or  non 
è  molto  a  fianco  della  strada  della'Ràsina,  furono  rinvenuti  quest'anno  due  altri  sepol- 
cri, pure  a  fossa,  nel  terreno  di  tal  (iarofoli  Romolo.  Il  primo,  vicinissimo  alla  strada, 
era  assai  povero,  ed  aveva  soltanto  pochi  framinentini  fittili  grezzi  lasciati  sul  posto  ; 
l'altro,  un  poco  più  lontano,  conteneva  alcuni  oggetlini  di  bronzo  pertinenti  all'abbi- 
gliamento del  defunto,  rinvenuti  alla  profondità  di  circa  60  cm.  dal  piano  di  campagna 
ed  occupanti  uno  spazio  assai  limitato.  Qui  pure  non  fu  avvertita  alcuna  traccia  del 
cadavere  che  essendo  probabilmente  di  bambina  andò  completamente  distrutto.  Dò 
l'elenco  degli  oggettini  di  cui  sopra  : 

a)  coppia  di  armille  di  grosso  filo  di  bronzo  avvolto  a  spira  ed  a  capi  rastre- 
mati, decorate  con  gruppi  di  lineette  verticali  sottilmente  incise  :  diam.  interno  mm.  43- 
44  (fig.  3,  a,  b)  ■ 


GUALDO   TADINO 


78 


REGIONK    VI. 


b)  annilla  di  grosso  filo  di  bronzo  avvolto  a  spira,  con  estremità  compite  da  ca- 
pocchia :  diam.  int.  inni.  39  (fig.  3,  «1  ; 

<■)  armilla  a  larga  fascia  in  lamina  di  rame  con  estremità  sovrapposte  e  Irnienti 
in  una  specie  di  lungo  cornetto.  Uno  di  questi  manca.  Diam.  min.  46  (fig.  3,  d)  ; 

d)  grande  fibula  di  bronzo  a  lunga  stalla  con  arco  di-filo  da  cui  pendono  due  cer- 
chi a  sezione  romboidale,  l'uno  di  43,  l'altro  di  20  inni,  di  diam.  La  fibula  è  perfettamente 
conservata  e  misura  mm.  118  di  lungh.  (fig.  3,  e)  ; 


Fio.  2. 


(?)  fibula  dello  stesso  tipo  della  precedente,  ma  più  piccola  e  spezzata  nella  staffa, 
lunga  mm.  72.  Nell'arco  è  infilato  un  anellino  di  bronzo  a  sezione  scmilenticolare  ed 
un  altro  di  filo  a  capi  sovramessi  (fig.  3,  f)  ; 

f)  fibuletta  di  bronzo  con  arco  pieno  a  losanga,  bene  conservata  :  lunghezza 
mm.  47  (fig.  .3,  g)  ; 

g)  fibula  di  bronzo  con  arco  vuoto  a  losanga  compito  lateralmente  da  due  mi- 
nuscole prominenze,  e  con  cinque  incassature  circolari  disposte  a  croce  per  l'inser- 
zione delle  ambre  ora  mancanti.  E  priva  dello  spillo  e  misura  mm.  60  di  lunghezza 
(fig.  3,  h)  ; 

K)  spiraletta  di  bronzo  rastremata  ad  una  estremità  :  incompleta  (fig.  3,  t)  ; 


REGIONE    VI. 


79 


GUALDO    TADINO 


t)  frammento  di  altra  spiraletta  simile  (fìg.  3,  k); 
le)  altra  piccolissima  a  due  soli  giri  e  con  capi  rastremati  (fìg.  3,  V)  ; 
Più  verso  sud,  nel  terreno  degli  eredi  Aliprandi,  furono  notati  i  resti  di  un  terzo 
sepolcro  che  pare  fosse  stato  tagliato  da  una  buca  di  albero.  Vi  restavano  solo  i   residui 
dei  piedi  del  cadavere,  presso  cui  erano  i  frammenti  di  un  vasetto  grossolano  di  argilla 
scura,  ed  una  cuspide  di  lancia  in  ferro. 

La  perfetta  uguaglianza  della  suppellettile  contenuta  nella  tomba  del  Garofoli   con 
quella  trovata  qualche  anno  indietro  dentro  un  sepolcro  di   bambina  scoperto  in  con- 


Fig.  3. 


trada  Ginepraia  nel  Comune  di  Nocera  Umbra  (1)  ci  permette  di  potere  assegnare  allo 
stesso  periodo  di  civiltà  il  corredo  di  quella  tomba  e  forse  anche  delle  altre. 

Tombe  coeve  furono  rinvenute  in  passato,  sempre  nella  medesima  regione,  a  valle 
dell'odierna  Flaminia,  nei  terreni  di  Giovagnoli  Luigi  e  di  Zerbini  Pietro,  a  circa  2 
km.  più  a  sud  di  quelle  recentemente  scoperte  (2). 

Trattasi  evidentemente  di  poche  tombe  sporadiche,  sparse  sopra  un'estensione 
abbastanza  considerevole  di  terreno  e  riferibili,  forse,  ad  un  medesimo  centro  abitato 
che  non  è  stato  ancora  possibile  identificare. 

Siamo  però  in  un  periodo  in  cui  le  popolazioni  per  necessità  di  difesa  ebbero  cura 
d'installarsi  in  luoghi  naturalmente  forti,  ed  è  quindi  ovvio  che  debbansi  ricercarne 
le  sedi  sulle  alture  dominanti  la  pianura  gualdese  e  specialmente  su  quelle  poste  a  ri- 
dosso dell' Apennino,  dove  fu  già  possibile  identificare  il -piccolo  centro  abitato  di  Monte 
Castiglione  (3). 

E.  Stefani. 


(*)  Ctr.  Notizie,  1918,  pp.   110  e  segg.  ;  tossa  n.  !). 
(*)  Cfr.  Notài*,  p.  107,  fìg.  4  C,  I),  e  p.  120. 
(3)  Ibid.,  p.  107,  fìg.  4  B,  e  pp..  119  segg. 


AMELIA 


—  80  — 


REGIONE    VI. 


VI.  AMELIA  —  Frammento  d'iscrizione  municipale  rinvenuto  in 
territorio  di  Penna  in   Teverina. 

Il  benemerito  ispettore  onor.  di  Amelia,  cav.  Edilberto  Rosa,  ha  comunicato  alla 
R.  Soprintendenza  agli  Scavi  di  Roma  il  rinvenimento  di  un  frammento  epigrafico 
avvenuto  in  territorio  del  comune  di  Penna  in  Teverina,  nel  mandamento  di  Amelia. 
La  scoperta  avvenne  fortuitamente  nello  scavare  le  cosidette  forme  per  l'impianto 
delle  barbatelle  di  una  vigna,  a  circa  100  m.  dalla  sponda  del  Rivo  Grande,  affluente 
del  Tevere  ed  alla  distanza  di  5  km.  da  questo  fiume.  Trattasi  di  un  frammento  di  la- 
stra marmorea,  alto  m.  0,31,  largo  m.  0,25,  spesso  m.  0.06,  che  forma  la  parte  cen- 
trale di  un'iscrizione  le  cui  lettere,  di  buona  fattura,  sono  alte  nella  la  linea  cm.  8,  nella 
2a  mm.  55,  nella  3a  imi.  37,  nella  4"  mm.  27 


Vsc  f- 


y]  •  V  I  R  •    A 

signum  VilcTORIAE  •  PC 

dedieation  em      Vvlsvm  •  et-  CRVST-  p< 


ug 

nend  .  cur  .  cuius 
pnlo   dedit 


Del  nome  del  personaggio  nominato  nell'iscrizione  non  resta  che  la  finale  del  gen- 
tilizio e  la  prima  riga  della  filiazione  : ius  C.  [f ].  Delle  cariche  da  lui  assunte 

è  superstite  quella  di  VI  vir  a[ug{ustalis)\.  11  restante  dell'iscrizione  si  può  approssi- 
mativamente così  supplire  :   [ signum  V]ictoriae  po[nendum  euravit,  cuius  dedica- 

tione  m]ulsum  et  crust(um)  po[pulo  dedit].  La  lapide  ricorda  dunque  la  distribuzione 
alla  popolazione  del  municipio  di  vino  melato  (mulsum)  e  di  focacce  (crustum  o  cru- 
slulum)  avvenuta  in  occasione  della  dedicazione  del  simulacro  od  altro  della  dea  Vic- 
toria, a  spese  del  dedicante.  Era  già  noto  che  in  Amena  vi  fosse  il  culto  della  Victoria 
unito  a  quello  della  Felicitas  Caesar(um).  Un  flanim  perpetuus  delle  dette  divinità  è 
menzionato  nell'iscrizione  amerina  C.  I.  L.,  XI,  4371,  e  sacerdotes  in  C.  1.  L.,  XI,  4367, 
4373  (ci'.  4346).  VI  viri  augustales  amorini  sono  ricordati  nelle  iscrizioni  C.  I.  L.,  XI, 
4371,  4394,  4401,  4404.  La  paleografia  fa  risalire  l'epigrafe  alla  metà  incirca  del  II 
secolo  dell'impero. 


* 
*  * 


Nelle  immediate  vicinanze  del  luogo  del  rinvenimento  dell'epigrafe  non  si  trovano 
ruderi  ne  altri  indizi  di  antichi  monumenti,  ad  eccezione  delle  tracce  di  un'antica  strada 
che  costeggiava  il  torrente,  tuttora  visibili  a  breve  distanza  dal  punto  ove  è  avvenuta 


ROMA  —    81    — 


ROMA 


la  scoperta.  Sull'opposta  sponda  del  largo  Rivo  Grande  vedesi  la  base  di  un  ignoto  monu- 
mento a  grandi  modanature  in  travertino.  Attraverso  il  Rivo  Grande  poi,  in  maggiore 
prossimità  del  Tevere  veggonsi  gli  avanzi  di  due  piloni  di  un  antico  ponte  a  grosse  pie- 
tre, in  parte  spostate  forse  a  causa  della  deviazione  del  torrente.  Il  ponte  mette  in  co- 
municazione il  territorio  di  Penna  in  Teverina  con  quello  del  comune  di  Orte,  del  quale 
il  ripetuto  torrente  segna  il  confine.  ■ 

G.  Mancini. 


VII.    ROMA. 


Cippo  marmoreo  con  iscrizione  greca 
e  rilievi  riferibili  al  culto  frigio  della    Magna    Ma  ter. 

Nei  lavori  eseguiti  circa  due  anni  or  sono  nel  palazzo  detto  dei  Convertendi  in  Borgo 
Pio  (di  proprietà  Pontificia),  presso  la  piazza  di  S.  Pietro  in  Vaticano,  si  scoprì  alla  profon- 
dità di  3  metri  dal  piano  stradale  un'ara  marmorea  mancante  della  parte  inferiore,  e  che 
doveva  avere  l'altezza  di  circa  un  metro. 

L'ara  è  scorniciata  e  adorna  nella  parte  superiore  dei  consueti  pulvini  e  porta  incisa 
nella  fronte  una  iscrizione  greca  mutila  in  basso  (fig.  1)  ;  negli  altri  lati  è  adorna  di 
bassorilievi  che  rappresentano  i  simboli  del  culto  frigio  della  Magna  Mater  e  di  Attis. 

Nel  lato  a  destra  di  chi  guarda  la  fronte  (fig.  2),  è  scolpito  l'albero  di  pino  (l'albero 
sacro  del  culto  frigio),  e  dai  suoi  rami  pendono  i  flue  istrumenti  musicali  adoperati  nelle 
sacre  ceremonie,  cioè  a  destra  il  timpano  ed  a  sinistra  la  siringa  :  ed  al  tronco  dell'al- 
bero è  poi  appoggiata  a  sinistra  la  doppia  tibia,  mentre  alla  estremità  destra  si  vede  il 
pedo  pastorale.  Avanti  all'albero  era  rappresentato  il  toro  sacro  a  Cibele  che  allude  al 
rito  del  taiiroholio  (bagno  col  sangue  del  toro)  ;  ma  per  la  rottura  del  marmo  ne  rimane 
soltanto  la  testa  e  parte  del  collo.  Nel  lato  a  sinistra  di  chi  guarda  la  fronte  (fig.  3)  è  ri- 
petuto l'albero  sacro  del  pino,  ma  ai  suoi  rami  sono  appesi  due  altri  emblemi,  cioè  a  si- 
nistra i  crotali  che  servivano  nelle  ceremonie  del  culto,  e  a  destra  il  berretto  frigio,  accon- 
ciatura propria  di  Attis.  Sotto  di  questo  è  ripetuta  la  siringa  e  più  a  sinistra  si  vede  la  testa 
dell'ariete  che  allude  all'altro  rito  del  criobolio  (bagno  col  sangue  dell'ariete)  :  e  manca 
poi  la  parte  inferiore  del  marmo.  Finalmente  nel  lato  posteriore  (fig.  4)  sono  pure  scol- 
piti altri  emblemi  del  culto,  cioè  il  prefericolo  e  la  patera^  che  accennano  al  sacrificio,  il 
pedo  pastorale  ricurvo  e  le  due  faci  accese  ed  incrociate  che  si  adoperavano  pure  in  quelle 
ceremonie,  ed  alludevano  alla  luce  mistica  di  quelle  dottrine  religiose. 

Nella  fronte  del  monumento  è  incisa,  come  si  disse,  una  iscrizione  greca.  Questa 
iscrizione  in  versi  è  di  assai  difficile  lettura  e  mancante  di  parecchie  righe  sulla  fine  ;  e  vi 
si  possono  riconoscere  alcune  frasi  relative  alla  grande  importanza  che  si  dava  al  culto  della 
Magna,  Mater  ed  ai  misteri  del  culto  frigio. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  11 


ROMA 


-ST- 


ROMA 


Il  nostro  monumento  fu  scoperto,  come  si  disse,  poco  lungi  dalla  piazza  di  S.  Pietro 
in  Vaticano,  e  dovè  essere  collocato  in  origine  in  quel  luogo  medesimo,  perchè  fu  scoperto 
a  qualche  profondità  dal  suolo  ed  in  mezzo  ad  avanzi  di  antiche  costruzioni.  Ora  è  noto 
che  nelle  due  redazioni  del  Catalogo  regionario,  cioè  il  Curiosimi  e  la  Notitiu,  fra  i  monumenti 


Fio.  1. 


della  regione  XIV,  accanto  al  Gajanum  (circo  di  Caligola  poi  di  Nerone)  si  nomina  il  Phry- 
gianum  che  fu  senza  dubbio  un  santuario  della  Magna  Mata/  e  di  Atti*  (').  Ed  è  noto 
altresì  che  sul  principio  del  secolo  XVII,  costruendosi  la  facciata  della  nuova  Basilica 
Vaticana,  si  rinvennero  alcune  iscrizioni  del  quarto  secolo  dell'era  nostra  contenenti  il  ri- 
cordo del  iaurobolio  e  del  criobolio.  E  sembra  che  il  santuario  del  culto  frigio  si  estendesse 
verso  il  palazzo  Cesi  al  principio  del  Borgo,  e  perciò  a  brevissima  distanza  dal  luogo  ove 
si  è  scoperto  il  nuovo  monumento  (2).  È  assai  probabile  pertanto  che  questo  abbia  avuto 
qualche  relazione  col  santuario  vaticano  del  culto  frigio. 

(')  Alla  regione  XIV  nel  «Curiosimi»  si  legge  -  Coniinet  gnjanum  et  frigianu  n  -naumachia» 
11  et  vaticanum  ecc.  Nella  «  Notitia»  Continet  gajanum,  Iìaticanum  Frygianum  naumacias  11  ecc. 

(■)  Su  questo  santuario  v.  Lanciani  Storia  degli  Scavi  voi.  IV,  pag.  107  segg.  ed  anche  Pagan 
and  Christian  Rome  p.  127  segg.;  Bull,  archeol  comun.  1896  p.  248  segg. 


ROMA 


—  83 


ROMA 


È  noto  che  il  culto  della  Dea  di  Pessinunte  (la  Magna  Maler  Deorum  Idea)  fu  il  primo 
dei  culti  orientali  introdotti  in  Roma,  giacché  vi  fu  ammesso  nel  sesto  secolo  della  città  ai 
tempi  della  seconda  guerra  punica,  quando  venne  portata  a  Roma  la  pietra  sacra  (ams 
Matris  Deum)  e  collocata  nel  tempio  di  Cibele  sul  Palatino.  Sul  principio  si  cercò  di  fre- 


Fig.  2. 


nareil  più  possibile  il  fanatismo  che  eccitava  quel  culto;  e  le  feste  dette  Megalensia  furono 
destinate  soltanto  a  perpetuare  il  ricordo  dell'arrivo  della  Dea,  che  secondo  la  nota  leg- 
genda fu  condotta  prodigiosamente  in  Roma  dalla  foce  del  Tevere  per  opera  della  calun- 
niata Vestale,  la  quale  in  tal  modo  si  giustificò  dall'  accusa  di  aver  mancato  ai  suoi  voti. 

E  quella  festa,  che  celebravasi  il  4  di  aprile,  è  così  ricordata  nel  calendario  di  Verrio 
Fiacco  : 

Ludi  -  Magnae  Deorum  Mairi  Ideae  Megalensia  appellaniur  eo  quod  Mater  Magna 
ex  libris  sibillinis  arcessita  locum  mutami  ex  Phrygia  Romam.  (C.  I.  L.  I,  Fasti  prae- 
nestini). 

Ai  tempi  di  Augusto  il  culto  della  Magna  Mater,  fece  grandi  progressi  nel  popolo  ; 
e  già  doveano  essere  introdotte  quelle  ceremonie  di  fanatismo  relative  al  mito  dell'amasio 


ROMA 


-  84 


ROMA 


di  Cibele  che  erano  accompagnate  dal  sacrificio  del  toro,  dai  canti  e  dai  suoni  dei  sacerdoti 
i  quali  giungevano  anche  a  ferirsi  in  memoria  della  mutilazione  di  Allis. 

E  queste  ceremonie  aveano  luogo  fra  il  22  ed  il  27  di  marzo,  quando  si  portava  in  pro- 
cessione l'albero  di  pino  sotto  cui  Attis  si  sarebbe  mutilato  (arhor  intrai),  e  si  lavava  alla 


Fig.  3. 


foce  dell'Aimone  la  statua  della  Dea,  e  si  facevano  processioni  accompagnate  da  canti  e 
da  suoni  e  da  grida  furiose,  e  si  immolava  il  toro,  come  descrive  Ovidio  nel  libro  IV  dei 
Fasti: 

Ed  locus  in  Tiberini,  qua  lubricu*  influii  Almo 
Et  nomen  magno  perdit  in  amne  minor. 
Mie  purpurea  canus  cum  veste  sacerdos 
Almonis  dominam  sacraque  lavit  aquis 
Exululant  comites  furiosaque  tibia  flalur 
Et  feriunt  molles  laurea  terga  manus 

(Fastor.  IV). 


ROMA 


—  85  — 


ROMA 


Ma  il  rito  piìi  solenne  del  eulto  frigio  era,  come  è  noto,  quello  del  laurobolio  e  del 
niobolio  cioè  del  bagno  nel  sangue  del  toro  sacro  a  Cibele  e  dell'ariete  sacro  ad  Attis, 
bagno  che  si  credeva  servisse  a  purificare  l'iniziato  da  tutte  le  sue  colpe. 

E  di  queste  strane  ceremonie  fanno  menzione  oltre  alle  iscrizioni  del  Vaticano  teste 


Fio.  4. 


ricordate  ed  altre,  quelle  pure  scoperte  nel  passato  secolo  nel  melroon  ostiense,  le  quali 
furono  dottamente  illustrate  da  C.  L.  Visconti  ('). 

E  da  quel  melroon  provengono  pure  alcuni  monumenti  collocati  nella  Sala  XV  del 
Museo  Lateranense  ;  fra  i  quali  sono  particolarmente  notevoli  la  grande  statua  giacente 
di  Attis  ed  il  modio  deH"archigallo  della  colonia  ostiense. 

Un  bel  confronto  per  gli  emblemi  scolpiti  sul  nuovo  monumento  può  farsi  intanto 
sopra  altre  sculture;  e  così  p.  e.  sull'ara  ben  nota  della  Majni  Metter  con  la  iscrizione  posta 
da  "ornelio  Scipione  Orfito  nell'anno  295  e  scoperta  presso  s.  Sebastiano,  sulla  scultura  del 
sacerdote  conservato  alla  Vallicella  e  su  quella  dell'Archigallo  del  Museo  Capitolino. 

La  parte  più  ardua  però  nello  studio  del  nuovo  cippo  era  la  interpretazione  della 


(')  Annidi  dell'Istituto,  1868.  p.  362  segg. 


ROMA  86   ROMA 

epigrafe  greca  incisa  sulla  fronte  (fig.  1),  perchè  è  mancante  di  parecchie  linee  verso 
la  fine,  e  perchè  è  anche  di  difficile  lettura  nella  parte  superstite. 

Da  un  primo  studio  che  io  vi  feci  mi  riuscì  soltanto  ad  afferrare  qua  e  là  alcune  frasi 
che  si  riferiscono  alla  luce  ed  al  sacrificio  del  toro  come  «  simbolo  di  felicità  »  ed  altre 
dalle  quali  indubbiamente  si  ricava  che  ivi  si  tratta  della  importanza  del  culto  mistico 
della  Magna.  Maier  e  delle  sue  dottrine.  Volendo  però  far  di  tutto  onde  dare  nella  pub- 
blicazione di  questo  monumento  anche  una  versione  la  più  esatta  possibile  dell'epigrafe, 
ricorsi  all'illustre  prof.  Domenico  Coniparetti,  il  quale  servendosi  anche  di  una  copia  del 
prof.  Halbherr,  mi  inviò  la  seguente  trascrizione  del  difficile  testo,  unendovi  una  tradu- 
zione ed  un  breve  commento  che  io  unisco  a  questa  notizia. 

"Egya  vóov  7iqT/£iv  fiinv  f£o%ov,  ea&lèc  nqónavxa 

Ila\_H<pV~\Ì.ÌOV    7lQanÌÒU)(v)    TOÌ'TO    (fSQ(Ù    TO    i}ì'(ia 

*0$  ó[ì~}s  naXiroqaov  è/r'  EvQi'ftirjv  nàXi  taì'qov 

'  Hyayt  xaì  xgeiòr  avfifioXov  evzvxii]q 

(sic) 

'Oxrò>  yÙQ  IvxafiavTac  in  eix(o)<Jiv  rjQefit'orTctg 
vvxta  Siaaxtóceaag  avdig  ii)-rjxt  (fàog 


«  Le  opere  i  pensieri  e  gli  atti  sono  utili  a  rendere  eccellente  la  vita  (l). 
«  Io  ara  porto  questa  sacra  offerta  di  Panfilio,  il  quale  due  volte  condusse  ad  Euribia 
«  nuovamente  retrocedente  il  toro  e  l'ariete  simbolo  di  felicità. 

«  I  cessanti  vcntotto  anni  disperdendo  la  notte  nuovamente  ripose  la  luce  ». 

Faccio  seguire  il  commento  del  medesimo  prof.  Comparetti  : 

«  Siccome  il  monumento  consiste  in  un'ara  con  sopra  i  due  lati  scolpiti  i  simboli  del 
taurobolio  e  criobolio,  chiaro  è  il  significato  del  primo  distico  nel  quale  l'autore  della  epi- 
grafe, ricordando  le  squisite  virtù  dell'animo  del  defunto  Pamfilio  nelle  opere,  pensieri  ed 
atti,  dice  esser  questa  la  sacra  offerta  sacrificale  &v[ia  che  egli  apporta  su  quell'ara  ; 
concetto  questo  che  va  ravvicinato  a  quanto  si  dice  nella  iscrizione  dedicatoria  Orelli- 
Henzen  1900  :  taurobolio  criobolioqn  perfcrto...  iliis  animae  suae  mentisque  custoAibu 
aram  dicami  (cf.  C.  I.  L.,  VI,  499). 

«  Passando  poi  nel  secondo  distico  a  parlare  dei  singolari  meriti  di  colui  nell'esercizio 
del  culto  frigio,  l'autore  soggiunge  «il  quale  Pamfilio  due  volte  menò  ad  Euribia  nuova- 
mente retrocedente  il  toro  e  l'ariete  simbolo  di  felicità  ».  E  qui  Euribia  che  secondo  la  teo- 
logia esiodea  era  figlia  di  Pontos  e  di  Gea  e  sposa  di  un  Titano,  rappresenta  la  regione 
asiatica  cioè  la  Frigia  sede  originaria  di  quel  culto  che  di  là  si  estese  in  Europa.  Due  volte 
adunque  aveva  colui  visitato  la  Frigia  praticandovi  il  taurobolio  ed  il  criobolio.  L'ariete, 

(J)  Lo  stesso  prof.  Comparetti  mi  ha  fatto  nofare  che  le  parole  del  primo  verso  èo9Xà  nqinuvja 
equivalgono  ad  omnia  lom,  come  in  Sofocle  (Ed.  Col.  1237)  nginarra  xaxà  si  traduce  omnia  mala. 


REGIONE    t.  —    87    —  OSTIA 

che  in  quella  cerimonia  rappresenta  Attis  felicemente  ritrovato  dalla  gran  Madre,  fu  per 
lui  simbolo  di  felicità  ;  e  come  ciò  fosse  viene  l'autore  a  dirlo,  poco  chiaramente  per  i  non 
iniziati,  nel  terzo  distico.  La  traduzione  letterale  di  questo  distico  sarebbe  «Perchè  disper- 
dendo la  notte  ed  i  cessanti  ventotto  anni,  egli  nuovamente  ripose  la  luce  ».  Ciò  vuol  dire 
che  morendo  dopo  aver  compiuto  la  sacra  ceremonia  del  criobolio  in  quella  regione,  colui 
felicemente  dalla  notte  buia  della  vita  mortale  tornò  alla  luminosa  vita  celeste  ed  immor- 
tale. Tale  era  la  dottrina  e  la  credenza  di  questi  mistici  simile  a  quella  degli  orfici  ed 
anche  dei  cristiani  che  nelle  preci  funebri  dicono:  et  fax  perpetua  htceat  ei. 

«Notevole  è  la  parola  fjQs [itovi ss,  cessanti  o  arrestantisi  detta  degli  anni  di  vita  di 
quell'iniziato.  Sembra  che  morisse  improvvisamente  al  ternane  del  suo  secondo  viaggio, 
forse  nel  viaggio  di  ritorno. 

«Quanto  poi  al  ritorno  dalla  notte  alla  luce  giova  notare  che  fra  le  ceremonie  del  tau- 
robolio  ve  n'era  una  intitolata  Mesonyetium  menzionata  nella  nota  iscrizione  di  Lione 
(Creili  n.  2322  -  C.  I.  L.,  XIII,  1751),  di  cui  si  cerca  la  spiegazione,  e  che  forse  si  riferisce 
al  concetto  mistico  di  cui  sopra  ». 

Ed  io  concludo  che  questo  monumento  è  di  grande  importanza  tanto  per  la  singo- 
larità del  testo  epigrafico,  quanto  anche  per  la  circostanza  che  appartenne  ad  un  se- 
polcro il  quale  doveva  sorgere  presso  la  via  Cornelia  in  vicinanza  del  tempio  della  Magna 
Mater  del  Vaticano. 

Avendolo  io  studiato  per  il  primo  subito  dopo  che  si  scoprì,  ne  resi  conto  all'Ac- 
cademia romana  d'archeologia  :  ed  esso  per  mia  proposta  fu  collocato  nel  Museo  pro- 
fano lateranense  recentemente  riordinato. 

0.  Marucghi. 


Regione  I  (LATIUM  ET  CAMPANIA) 

VIIT.  OSTIA  —  Gruppo  di  sculture  scoperte  nell'area  dell'antica  città. 

Il  travamento  del  presente  gruppo  di  sculture  attesta  ancora  che  il  lento  esodo  degli 
abitanti  di  Ostia,  che  può  ritenersi  quasi  compiuto  alla  fine  del  V  secolo,  non  causò  la 
dispersione  totale  delle  opere  d'arte  di  cui  la  città  s'arricchiva.  Ma,  mentre  ben  poche  oc- 
cupano il  loro  posto  originario  ad  ornamento  di  templi  ed  edifici  publici  e  privati,  una 
notevole  quantità  di  esse  sembra  essere  stata  nascosta  e  sottratta  alla  rapacità  di  stra- 
nieri predatori  (è  il  caso  delle  figure  5,  6,  7  trovate  agli  angoli  del  cortile  di  una  casa  pri- 
vata) e  un'altra  parte,  sia  stata  accumulata  invece  in  dati  punti  come  marmo  da  calce. 

Presso  un'antica  calcara,  di  cui  purtroppo  non  è  dato  precisare  l'epoca,  tornarono 
infatti  alla  luce,  miracolosamente  salve,  le  più  belle  tra  quelle  che  qui  pubblico. 

Anche  la  causa  di  un  aggruppamento  di  statue  presso  un  forno  da  calce  non  è  inte- 
ramente chiara.  Incursioni  rapide  e  affrettate  scorrerie,  causavano  infatti  vandaliche  mu- 
tilazioni più  che  una  lenta  opera  di  cottura  dei  marmi  la  quale  sembrerebbe  difficilmente 
attribuibile  agli  ultimi,  abitanti  ostiensi.  Né  v'è  bisogno  per  essi,  immiseriti  e  malcerti 
della  loro  stessa  residenza,  di  nuove  costruzioni  che  richieggano  nuovo  materiale  ;  né 


OSflA  —    88    —  REGIONE    I. 

forse  v'è  in  essi  così  vivace  e  violenta  fede  o  cozzo  di  nuove  credenze  religiose  e  di  pertur- 
bamenti politici  che  porti  a  distruggere  immagini  di  culto  e  ritratti  di  imperatori  e  di 
magistrati  romani. 

Ma  ben  più  oscura  rimane  la  causa  del  salvamento  di  queste  scolture,  che,  improvvisa, 
ne.  arresta  la  fine  proprio  nel  luogo  apparecchiato  a  distruggerle.  La  calcara  presso  cui 
le  rinvenimmo,  fu  ricavata  in  una  bocca  di  forno  di'  riscaldamento,  di  un  edificio  termale 
(cfr.  Notizie  degli  Scavi  1918,  p.  130)  che,  per  la  sua  epoca  piuttosto  tarda  per  quanto 
abbiadato  alcune  buone  decorazioni  a  stucco,  non  pare  possa  aver  riunito  nei  suoi 
ambienti  così  varia  raccolta  di  statue.  Ma  se  anche  il  luogo  della  loro  distruzione  coinci- 
desse con  quello  della  originaria  collocazione,  rimangono  pur  sempre  oscuri  e  la  causa 
e  l'arresto  della  loro  distruzione  (fig.  1)  (x). 

* 
*  * 

Tra  tutte  le  scolture  trovate  eccelle  per  valore  artistico  la  bella  figura  di  Artemide 
amazzone. 

La  statua  in  marmo  grechetto,  alta  m.  1,49,  fu  trovata  con  la  testa  e  il  braccio  de- 
stro, distaccate  a  poca  distanza.  Manca  ora  delle  caviglie  e  dei  piedi,  dell'avambraccio 
sinistro  e  della  mano  destra,  di  gran  parte  del  cagnolino  accovacciato  accanto  al  tronco 
che  fa  da  sostegno  alla  figura  e  di  circa  metà  della  faretra  dietro  le  spalle.  La  testa  è  in- 
tatta salvo  la  mutilazione  del  naso,  qualche  scaglia  nell'attaccatura  del  collo,  e  qualche 
ricciolo  nel  grosso  nodo  dei  capelli  dietro  la  nuca. 

Il  tipo  è  noto.  Tra  molte  repliche,  va  sopra  tutte  accostato  alla  ostiense,  un  torso 
del  Museo  di  Berlino  proveniente  da  Roma,  erroneamente  restaurato  in  amazzone  (Be- 
schreibung  n.  61).  A  giudicare  dalla  riproduzione  è  in  esso  anche  lo  stesso  trattamento 
dell'abito,  che  in  altri  esemplari  è  variato  nella  disposizione  delle  pieghe  e  nella  rim- 
boccatura più  o  meno  ampia  del  chitonisco  oltre  la  cintura  interna  ed  esterna. 

Veste  Artemide  il  chitonisco  exowis  ed  è  individuata  dalla  faretra  sulle  spalle  che 
spiega  il  movimento  delle  braccia  e  dal  cagnolino  accovacciato  accanto  alla  figura  stante 
sulla  gamba  destra.  Non  il  volto  soltanto,  ma  il  corpo  indica  raggiunto,  ma  non  pieno  forse 
ancora,  lo  sviluppo  del  sesso  :  e  v'è  sana  e  fresca  giovinezza  così  nei  pieni  del  seno  che 
nel  cavo   delle   ascelle,  nella  rotondità  dei  ginocchi  che  nella  discreta  curva  dell'anca. 

È  certo  un  prodotto  dell'arte  del  IV  secolo  che  per  la  trasposizione  dell'abito  ama- 
zonico  sulla  figura  di  Artemide  e  per  l'acconciatura  che  molto  s'accosta  alle  prassiteliche 
(A.  di  Dresda)  ci  richiama  alla  figura  della  Diana  di  Gabi  (A.  Brauronia),  quasi  rappre- 
senti l'ostiense  il  tratto  d'unione  e  un  tipo  di  passaggio  tra  le  Artemidi  in  abito  lungo  e 
quelle  in  corto  chitone.  Non  è  invece  prassitelica  né  risente  dell'arte  lisippea  la  ponde- 
razione e  le  proporzioni  ancora  policletee  della  figura  che,  inspirata  certo  dalle  figure 
delle  amazzoni  di  Efeso,  parrebbe  un  prodotto  di  arte  greca  orientale  per  il  trattamento 
del  nudo  e  la  maniera  di  drappeggiare.  Cosicché  la  diffusione  e  la  persistenza  di  questo 

(l)  Cfr.  per  questa  scultura  ostiense,  l'esame  più  dettagliato  da  me  fattone  in  Bollettino 
d'Arte,  Marzo  1922. 


Fio,  1. 


Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX. 


12 


REGIONE    I. 


—    91    — 


OSTIA 


tipo  con  leggere  varianti  su  monete  dell'Asia  minore,  che  ho  cercato  altrove  di  docu- 
mentare, (*)  rendono  probabile  l'ipotesi  che  esso  possa  esser  sorto  ad  imagine  di  culto 
di  taluna  delle  città  della  ricca  e  fiorente  regione  che  attrasse  gran  parte  delle  cor- 
renti artistiche  greche. 


Fig.  2. 


Il  pregio  della  scoltura  s'accresce  singolarmente  per  la  bontà  della  copia  e  per  la 
presenza  di  un  ritratto  romano  in  sostituzione  del  volto  ideale.  Del  tipo  di  questo,  rimane 
l'acconciatura  la  quale  fornisce,  a  me  sembra,  se  non  l'unico,  certo  il  più  importante  in- 
dizio per  una  probabile  datazione.  Infatti  troppo  poco  nota  è  l'iconografia  femminile 
dell'Impero  e  ignota  sopra  tutto  nell'aspetto  giovanile  delle  donne  che  salirono  il  trono 
o  ne  vissero  accanto  -  a  taluna  di  esse  sembra  ovvio  pensare  per  un  ritratto  sopra  un 
tipo  di  Artemide  -  perchè  si  possa  su  soli  dati  iconografici  formulare  un'ipotesi. 

Consente  invece  di  assegnare  il  ritratto  alla  prima  metà  del  I  secolo,  l'aver  mantenuta 
l'acconciatura  ideale  che  sarebbe  stata  sostituita  invece  quando  avesse  troppo  alterato 


(t)  Cfr.  Ausonia,  voi.  X. 


OSTIA 


92  — 


REGIONE    1. 


il  ritratto.  E  le  acconciature  che  più  s'accostano  a  questo  tipo  ideale  sono  appunto  quelle 
ancor  semplici  della  stirpe  Giulio-Claudia,  durante  la  quale  è  del  resto  comune  uso  di 
idealizzare  la  pettinatura.  A  tale  età  riconducono  poi  anche  le  caratteristiche  dell'arte 
che  animano  il  ritratto  ;  che,  forse  già  alla  fine  del  I  secolo  e  ancor  più  noi  successivi, 
troveremmo  certo  diversa  acconciatura  e  diversa  espressione. 


Fio.  3. 


Statuetta  di  Bacco  fanciullo  (fig.  2)  su  basetta  circolare  (alt.  della  fig.  cm.  95,  della 
base  cm.  20).  La  figura,  stante  sulla  gamba  destra,  la  sinistra  arretrata,  poggia  il  gomito 
destro  sopra  un  grosso  tronco  di  vite  che  con  un  tralcio  a  foglie  e  a  grappoli  (di  cui  man- 
cano pochi  pezzi)  si  attorce  sul  braccio  piegato  :  un  grappolo  è  retto  dalla  mano.  Il  brac- 
cio sinistro  sorregge,  portato  in  avanti,  l'estremità  di  una  pelle  felina  che  attraversa  petto 
e  spalle  e  serve  a  contenere  frutta,  foglie  e  grappoli  d'uva  :  e  da  questi  la  mano  rimane 
quasi  nascosta.  Il  capo  è  coronato  di  frutta  e  grappoli,  i  cui  grani  hanno  quasi  funzione 
di  riccioli  mentre  i  capelli  son  disposti  a  frangia  sulla  fronte.  Il  giovinetto  guarda  in  alto 
con  espressione  né  di  gaudio  nò  di  serenità. 


REGIONE    1. 


—  93  — 


OSTIA 


L'anatomia  e  le  proporzioni  del  corpo,  che  è  di  un  fanciullo  pubere  appena,  sono 
sentiti  e  resi  con  studio  e  con  discreto  senso  d'arte.  Meno  bene  accomodato  è  l'insieme 


Fic.  4. 


Fio.  5. 


delle  frutta  che  regge  la  mano  sinistra  :  così  l'espressione  del  viso  il  quale  non  raggiunge 
un  tipo  ideale  né  s'accosta  proprio  al  ritratto,  risulta  nella  sua  soverchia  serietà  e  com- 
postezza, meno  sentito  e  vivace  di  quanto  sia  il  nudo. 


OSTIA 


—  94  — 


REGIONE   I. 


È  in  ogni  modo  una  simpatica  figurina  che  senza  notevoli  pregi  e  senza  troppo  sen- 
sibili difetti,  viene  ad  aggiungersi  alla  numerosa' schiera  dei  tipi  di  Bacco  fanciullo  e  dei 
giovani  fauni  idealizzati,  fondendo  i  motivi  a  loro  comuni. 

I.a  statuina  di  Silvano  (altezza  cm.  69)  spezzata  nelle  gambe  poco  sotto  il  pube  è  di 
più  grossolana  fattura  ifig.  3). 

Ricopre  parte  del  petto  e  tutto  il  dosso  la  pelle  felina,  allacciata  sulla  spalla  destra, 


Fio.  6. 


e  nella  cui  ripiegatura  inferiore  stanno  delle  frutta  e  un  grappolo  d'uva  che  ne  ricade  un 
po'  fuori.  La  mano  sinistra  piegata  all'altezza  del  gomito  regge  un  ramo  di  pino  ;  il  brac- 
cio destro  disteso  lungo  il  corpo  regge  nella  mano,  che  è  spezzata,  il  falcetto.  La  testa  ri- 
produce il  consueto  tipo  di  Silvano  già  maturo  con  capelli  e  barba  abbondanti  e  irsuti, 
cinto  il  capo  di  un  ramo  di  pino.  Il  difetto  più  sensibile  è  nella  quasi  mancanza  del  collo 
che  rende  più  tozza  la  figura  e  ingrossa  la  testa  :  è  un  prodotto  di  arte  tarda  e  scadente. 

Statuina  di  giovane  nudo  con  clamide  allacciata  sulla  spalla  destra,  drappeggiata 
sul  petto  e  ricadente  oltre  la  spalla  sinistra  giù  dall'avambraccio  piegato  sul- 
l'anca, (fig.  4).  La  mano  destra  era  sostenuta  dal  tassello  che  si  vede  sull'anca  e  un  tronco- 
sostegno  è  a  destra  della  figura. 

È  uno  dei  consueti  tipi  di  statue  eroizzate  che  derivano  dall'Hermes  Lansdowne  : 
lavoro  affrettato  e  dozzinale. 


REGIONE    I. 


—  95  - 


OSTIA 


.A  questi  trovamenti  aggiungo  quelli  avvenuti  in  una' casa  privata  non  ancora  com- 
pletamente esplorata  e  che  può  quindi,  come  spero,  riservarci  altre  gradite  sorprese.  Le 
figure  5,  6,  7,  8,  furono  trovate  agli  angoli  del  cortile  centrale  di  questa  casa,  nascoste 
lì  e  poi  ricoperte  dalle  macerie  del  crollo. 

Statuina  di  Venere,  acefala,  completamente  nuda  mancante  delle  braccia  eccetto 


Fic.  7. 

il  sinistro  fiuo  oltre  il  gomito  e  delle  gambe  dal  ginocchio  in  giù.  (marmo  lunense, 
altezza  cm.  80). 

Pel  movimento  delle  braccia,  con  il  sinistro  aderente  al  corpo,  e  che  si  ripiega 
fortemente  sul  gomito  portandosi  all'altezza  della  testa,  la  figura  richiama  uno 
dei  consueti  tipi  di  Afrodite  anadiomene  a  cui  sembra  abbia  servito  di  appoggio, 
dietro  la  gamba  destra,  un  delfino.  Si  spiega  così  una  specie  di  tassello  a  forma 
quasi  triangolare,  non  però  del  tutto  conservato,  che  copre  parte  della  natica  destra  e 
che  ricorda  la  coda  di  un  delfino  di  cui  manchino  le  pinne.  I  capelli  scendono  sulle 
spalle  in  due  ciocche  sulla  destra  e  in  una,  appena  visibile,  sulla  sinistra. 

Le  brutte  proporzioni,  della  figura,  la  lunghezza  e  l'esilità  del  torace,  il  nudo  trat- 
tato sommariamente,  sebbene  all'altezza  dell'anca  non  manchi  una  fossetta  a  indicare 
la  mollezza  della  carne,  fanno  di  questa  statuina.  un  mediocrissimo  esemplare  d'arte  com- 
merciale da  aggiungersi  ai  moltissimi  che  abbiamo  di  questo  comune  tipo  di  Venere  nuda. 

Testa-ritratto,  (fìg.  5,  a)  spezzata  sopra  gli  occhi  e  mutila  anche  nel  naso.  Il  trat- 
tamento  dell'occhio   con   la  pupilla   fortemente    incavata    e   il    globo    inciso;   la 


OSTIA 


—  96   - 


REGIONE   I. 


foggia  dei  baffi,  ripiegati  agli  angoli  della  bocca,  e  della  barba  piuttosto  corta  ravviata 
indietro  ;  la  pettinatura  con  capelli  tenuti  abasetta  sulle  tempie,  ci  richiamano  all'arte 

della  seconda  metà  del  terzo  secolo,  ancora 
vivace  nell'espressione  e  di  accurata  ed 
efficace  esecuzione. 

Testa-  ritratto  di  Antonino  Pio  (fig.  5,  b) 
spezzata  dal  naso  in  giù.  L'espressione  di 
assorta  placidità  caratteristica  nei  ritratti 
dell'ottimo  imperatore,  risulta  bene  anche 
in  questo  ostiense  nonostante  la  grave  muti- 
lazione della  faccia.  Sono  infatti  soprat- 
tutto gli  occhi  a  sguardo  leggermente  velato 
e  trasognato  che,  sotto  la  larga  fronte 
incorniciata  da  capelli  mossi,  e  abbondanti 
individuano  il  marito  della  prima  Faustina, 
della  quale  la  figura  che  segue  riproduce  il 
bellissimo  volto. 

In  un  marmo  che  conserva,  fin  troppo, 
l'originaria  nitidezza,  Faustina  seniore  è  ve- 
ramente in  questo  ritratto  una  figura  d'im- 
pero (fig.  6-7).  Non  tanto  per  il  sottile  listello 
che  incornicia  il  sommo  della  fronte,  quanto 
per  la  piena,  regale  bellezza  del  suo  volto 
regolare.  Non  s'intravede  in  esso  quel  ca- 
rattere di  leggerezza  che  fu  rimproverato  an- 
che a  lei,  in  minor  grado  che  a  sua  figlia,  la 
minore  Faustina,  nei  cui  ritratti  invece  esso 
si  rispecchia  e  si  coglie. 

C'è  invece  qui  una  conscia  e  austera 
bellezza,  in  piena  maturità,  con  espressione 
di  sereno'dominio,  quello  che  ella  ebbe  su  An- 
tonino, il  quale  nonostante  certa  sua  condotta  leggera,  il  cui  eco  è  giunto  anche  a  noi 
attraverso  lo  storico  suo,  ne  pianse  amaramente  la  perdita  avvenuta  a  45  anni. 

Ma  il  ritratto  ostiense  non  tien  conto  di  certe  scorie  del  carattere  :  riproduce  con 
nobiltà  di  tratto,  con  impeccabile  perizia,  con  ottimo  senso  d'arte  l'imperatrice  a  cui 
si  deve  almeno  l'idea  della  benefica  istituzione  alimentaria.  Più  che  al  bustodi  Napoli, 
il  ritratto  ostiense  mi  sembra  si  accosti  a  quello  sul  rilievo  della  colonna  Antonina. 
Frammento  di  stipite  marmoreo  scolpito  sulle  due  f accie  (cm.  ì 05  X  30;  fig.  8). 
Sull'una,  tre  amorini  alati  colgono  grappoli  di  d'uva  da  un  grosso  tralcio 
che  sale  in  alto  attorcendosi,  carico  di  foglie  e  frutta:  sull'altra  faccia  è  stilizzata 
una  pianta  di  acanto. 

Il  rilievo  è  prodotto  dell'arte  decorativa  un  po'  appesantita  del  terzo  secolo. 

G.  Calza. 


Fig.  8. 


NOTIZIE    DEGLI    SCAVI 


Anno  1Q22  —    Fascicoli    4,   5,  6: 


Regione  XI  (TRANSPADANA). 

Dobbiamo  allo  zelo  instancabile  del  benemerito  dott.  Pietro  Barocelli  le  seguenti 
notizie  sopra  rinvenimenti  di  antichità  avvenuti  nella  Regione  XI,  nei  siti  qui  ap- 
presso notati. 

I.  OUREGGIO  (Borgomanero)  —  Tesorello  di  monete  imperiali  romane. 

Nel  territorio  del  comune  di  Cureggio,  dove  per  lo  passato  vennero  trovate  epi- 
grafi romane  (*),  presso  la  cascina  Chiosa,  non  lungi  dalla  stazione  ferroviaria,  il  pro- 
prietario signor  Giovanni  Duelli  rinvenne  casualmente,  in  occasione  di  lavori  agricoli, 
entro  un'urna  fittile,  tosto  infranta,  un  tesoretto  di  monete  imperiali  romane,  costituito 
quasi  interamente  da  monete  di  medio  bronzo  e  dà  pochissimi  piccoli  bronzi.  In  tutto 
furono  consegnate  alla  Soprintendenza  per  il  prescritto  esame  1008  monete  ;  poche  al- 
tre passarono  di  mano  in  mano  ed  andarono  disperse  all'atto  del  ritrovamento. 

Per  il  lungo  uso,  in  queste  monete  le  leggende  ed  i  tipi  del  diritto  e  del  rovescio 
vennero  talmente  logorati,  da  rendere  impossibile  in  alcuni  casi  una  precisa  identifi- 
cazione :  le  leggende,  laddove  sono  parzialmente  conservate,  non  presentano  speciale 
interesse. 

Molto  logori  per  lungo  corso  ed  uso  un  medio  bronzo,  dubbio  se  di  Tito  o  di  Ve- 
spasiano, ed  altri  di  Traiano  e  di  Adriano.  Più  numerose  e  meno  logore  si  rinvennero 
monete  di  Antonino  Pio,  Faustina  Madre,  Marco  Aurelio,  Faustina  Giovane,  L.  Vero 
(in  numero  più  scarso  delle  altre  coeve),  Lucilla,  Comrnodo,  Crispina.  Molto  meno  nu- 
merose quelle  riconosciute  di  Didio  Giuliano,  Clodio  Albino,  Settimio  Severo,  Giulia 
Domila. 

(*)  C.  1.  L.,  V2,  6607-6612,  Pai»,  C.  I.  L.  suppl.  hai,  n.  887. 


Notizie  Soavi  1922  -  Voi.  XIX.  13 


MONORIVELLO,    OARAVÌNO  —   98   —  REGIONE    XI. 


II.  MONORIVELLO  (Vercelli)  —   Tomba  d'età  romana. 

Nel  territorio  del  comune,  poco  lungi  dall'abitato  di  Villareggia,  precisamente  ac- 
costo ed  a  monte  della  Cascina  Sivelli,  venne  recentemente  in  luce,  scavandosi  un  canale 
a  cura  del  consorzio  irriguo  di  Villareggia,  ima  tomba  d'età  romana.  Questa  era  protetta 
da  tegulae  e  da  imbrics  ;  ma  per  la  manomissione  subito  avvenuta  non  se  ne  potè 
constatare  la  esatta  disposizione. 

TI  cadavere  era  inumato.  Della  suppellettile  non  si  salvò  che  una  umetta  di  ter- 
racotta comnne,  ora  nel  Regio  Museo  torinese  di  antichità. 

Non  è  la  prima  volta  che  nella  regione  ebbero  luogo  ritrovamenti  sporadici  di  an- 
tichità. Così  si  ha  notizia  orale,  indeterminata,  che,  anni  addietro,  altre  tombe  laterizie 
furono  scoperte  a  poche  centinaia  di  metri  a  sud  del  convento  di  Moncrivello,  verso  la 
cascina  San  Pietro.  A  ritrovamenti  di  urne  cinerarie  e  di  una  statuetta  di  bronzo, 
avvenuti  nella  regione,  accennò  il  Ferrerò  (1). 


III.  CAKAVINO  (Ivrea)  —  Tesoretto  monetale  del  III  secolo  d.  Cristo. 

Nella  campagna  a  levante  della  strada  Albiano-Caravino  (*),  uno  scavo  per  pianta- 
gioni, eseguito  nella  proprietà  Permetti  Gaspare  fece  casualmente  scoprire  un  tesoretto 
di  oltre  quattrocento  «  antoniniani  »  contenuti  in  un  recipiente  di  sottile  lamina  di 
bronzo  avente  forma  di  bottiglia  ansata.  Non  essendo  stato  possibile  coi  soliti  semplici 
mezzi  togliere  a  queste  monete  la  spessa  e  dura  patina  onde  esse  erano  ricoperte,  si 
dovette  per  molte  rinunciare  ad  una  esatta  identificazione. 

La  massima  parte  appartengono  agli  imperatori  Gallieno  e  Claudio  If.  Le  monete 
identificate  con  precisione  sono  le  seguenti  : 

Gallieno  Cohen,  Mériailles  iwpériales,  2a  ed.,  nn.  35,  72,  157,  158,  160,  220,  265. 
304,  :ì42,  344,  388,  550,  586,  606,  614,  617,  670,  690,  741,  786,  859,  864,  928,  974,  1236. 

Salonina,  Cohen,  nn.  70,  127,  147. 

Postumo.  Cohen,  n.  360. 

Claudio  II,  Cohen,  nn.  3,  6,  10,  21,  69,  74,  114,  124,  129,  138,  202,  214,  230, 
291,  315.  In  altre  di  Claudio,  di  cui  per  la  patina  non  ò  possibile  una  esatta  identifica- 
zione, sono  al  rovescio  le  note  leggende:  FIDES  •  EXERCI ,  FIDES -MILIT,  FORTVNA- 
REDVX,  IOVI-VICTORl.  MARSVLTOR,  PAXAVG,  SPESPVBLICA.  VICTORIA- 
AVG,   VIRTVS-AVG. 

Quintillo  -  Cohen,  n.  19. 

L'intero  tesoretto  fu  acquistato  dal  R.  Museo  di  antichità  di  Torino 

(*)  Iscrizioni  antiche  vercellesi  (Memorie  d.  R.  Aenul.  d.  Scienze  di  Torino,  ser.  II,  voi.  XLI, 
pag.  130). 

(*)  Proprietà  Perinetri  Gaspare. 


y\ 


REGIONE   XI.  —   99    —  ,\OSTA 


IV.  AOSTA  —  Acquedotto  scoperto  in  frazione  la  Gomba. 

Vicinissimo  alla  città  di  Aosta  apresi  sulla  sinistra  del  torrente  Buthier  una  breve 
valletta,  che  presto  termina  nella  conca  coronata  dalle  casupole  dell'abitato  di  la  Comba. 
È  questa  conca  ricca  di  eccellenti  acque  sorgive,  le  quali  furono  ricercate  fino  dalla  an- 
tichità romana. 

Il  Bérard  {Atti  della  società  piemontese  di  archeologia,  V,  pa».  134-6,  tav.  IX.  S)  ri- 
ferì che  verso  l'anno  1885,  eseguendo  visi  scavi,  furono  messi  casualmente  allo  scoperto 
un  tratto  di  antico  condotto  ed  una  piccola  vasca  ili  cui  esso  immetteva,  e  donde  usciva. 
Oe  ne  lasciò  una  descrizione,  e  ne  pubblicò  alcune  figure,  le  quali  bastano  a  darci  una 
idea  approssimativa  degli  avanzi. 

Recentemente  il  municipio  di  Aosta  promosse  scavi  per  la  ricerca  di  acque  pota- 
bili ed  in  questa  occasione  fu  messo  in  luce  qua  e  là,  per  una  lunghezza  complessiva  di 
circa  ventiquattro  metri,  il  condotto  stesso,  e  precisamente  nel  fondo  della  conca,  imme- 
diatamente a  monte  delle  prime  casupole  isolate  di  la  Comba  che  si  incontrano  risa- 
lendo la  mulattiera  di  fondo  valle. 

Non  molto  lontani  devono  essere  il  tratto  di  condotto  e  la  piccola  vasca  Vista  dal 
Bérard. 

Il  condotto  corre,  secondo  i  luoghi,  a  due  o  tre  metri  sotterra.  La  presa  o  'e  varie 
prese  d'acqua  sarebbero  da  ricercare  piuttosto  vicino  al  tratto  messo  recentemente 
in  luce. 

Il  condotto  è  eccezionalmente  solido.  È  costituito  da  una  massa  compatta  di  ciot- 
tolila interi  o  spezzati,  impastati  con  sabbia  e  calce  ;  costruzione  evidentemente  richie- 
sta ad  evitare  cedimenti.  Il  condotto  infatti  non  corre  su  roccia,  ma  entro  terra.  La 
cunetta  (m.  0.35-0.40  di  larghezza  ed  altrettanti  di  profondità)  apresi,  nei  tratti  recen- 
temente scoperti,  in  questa  massa  di  calcestruzzo,  che  nel  suo  insieme  ci  si  presenta  di 
sezione  quadrata  (ni.  1  X  1). 

La  pendenza  è  forte  :  ancora  oggi  vi  scorrono  precipitose  le  acque.  Le  forti  e  larghe 
lastre  di  pietra  rozzamente  squadrate,  eh",  come  risulta  anche  dalle  notizie  date  dal  Bé- 
rard ricoprono  la  cunetta,  dai  tratti  messi  recentemente  in  luce,  furono  asportate  dagli 
operai  prima  che  la  Soprintendenza  delle  antichità  fosse  avvisata  della  scoperta. 

Il  Bérard  osservò  che  le  parti  interne  del  condotto  e  dei  muri  della  vasca  erano 
rivestite  di  una  «  couehe  assez  mince  d'un  vernis  de  couleur  sanguine.):  evidente- 
mente è  Vopus  xigninum  a  tritume  laterizio  di  sì  largo  uso  nelle  costruzioni  idrauliche 
romane.  .\ei  tratti  del  condotto  recentemente  scoperti  questo  intonaco  mancava,  cor- 
roso forse  ed  asportato  dalle  acque  e  dal  tempo. 

Siffatta  bella  costruzione  non  poteva  avere  altro  scopo  se  non  quello  di  fornire  alla 
romana  città  di  Augusta  Praetoria  acque  potabili. 


RODALLO    CANAVESE  —    100   —  REGIONE    XI. 


V.  RODALLO  CANAVESE  —  Tombe  d'eia  romana. 

Recentemente  lavori  agricoli  misero  in  luce  due  tombe,  non  lungi  dalla  tenuta  Ca- 
rolina (1).  La  Soprintendenza  dello  antichità  per  il  Piemonte,  cortesemente  informata  del 
ritrovamento  dal  signor  Piero  Pepino,  credette  opportuno  eseguire  una  breve  esplora- 
zione in  vicinanza  di  queste  tombe  ;  e  ne  furono  infatti  scoperte  altre  quattro  povere,  a 
pochi  metri  di  distanza  dalle  prime. 

Tutte  ad  incinerazione. 

Intorno  a  questo  gruppo  di  tombe  cessava  ogni  traccia  archeologica.  Era  verosimil- 
mente il  sepolcreto  di  un  abitato  di  pochi  agricolae.  L'età  è  data  in  modo  solo  approssima- 
tivo da  un  medio  bronzo  di  Augusto  (*)  e  da  un  altro  medio  bronzo  molto  corroso  della 
famiglia  Giulia.  Un  terzo,  pure  molto  corroso,  si  direbbe  dell'imperatore  Vespasiano. 

A  questa  indicazione  cronologica  non  si  oppone  la  rimanente  suppellettile  funeraria. 

Le  due  tombe  scoperte  casualmente  erano  protette  da  tegulae  (3).  Stando  alle  infor- 
mazioni ricevute  mancavano  dell'urna  cineraria. 

Su  una  iegula  il  bollo  in  lettere  rilevate,  di  cui  qui  si  aggiunge  la  figura  (fig.  1  )  è  di  una 


Fio.  l. 


officina  che  diffuse  i  suoi  prodotti  anche  nel  basso  Vercellese.  La  forma  delle  lettere  è 
infatti  la  medesima  degli  esemplari  di  Palazzolo  Vercellese  (*). 

Le  altre  tombe  erano  semplici  pozzetti  approssimativamente  circolari  (diani.  ni.  0,50 
circa)  scavati  nella  alluvione  ghiaiosa  che  torma  il  sottosuolo  della  valle  padana.  In  questi 
erano  stati  gettati  alla  rinfusa  gli  oggetti  della  scarsa  suppellettile,  i  carboni  del  rogo,  le 
ossa  combuste. 

(x)  Proprietà  Pagliero  Irene.  A  circa  m.  50  a  sud  della  roggia  (l'in  inazione. 

(l)  Cohen,  Médailles  imperiale*,  2*  ed.,  n.  228. 

(•)  Come  fossero  disposte  le  tegulae  non  fu  possibile  sapere  :  sembra  ohe  una  di  queste  due  tombe 
avesse  dimensioni  tali  da  poter  contenere  un  cadavere  inumato,  benché  vi  sia  accertato  il  rito  dell'in 
cinerazione,   caso  raro,  ma  non  unico. 

(*)  C.  I.  L.  V,  p.  977  {tegulae  regionis  vercellensis,  n.  393);  Bruzza,  Inerii,  antiche  Vercellesi, 
p.  204  ;  Atti  d.  soc.  piem.  di  archeol.  UT,  pag.  265.  L'esemplare  di  Creseentino  differisce  dal  nostro  per 
la  figura  incompleta  forse  di  ara  (vedine  la  figura  in  Bruzza  ed  in  Atti  d.  soc.  piem.  cit.). 

Alcuni  esemplari  di  tegulae  con  questo  bollo,  provenienti  da  Palazzolo  Vercellese,  conservatisi 
nel  R.  Museo  di  antichità  di  Torino,  ma  presentano  ancora  un'altra  varietà  per  aver  la  figurazione  di  un 
delfino  ed  un  R  in  luogo  del  bue  e  dell'ara  (?)  dell'esemplare  di  Creseentino. 


REGIONE   XI.  —    101     —  CALUSO,    VIÙ 

In  tutte  le  tombe  i  soliti  unguentari  vitrei  semifusi  dal  rogo  ;  numerosi  i  cocci  ed  i 
vasi  fittili  rotti  ritualmente.  Anche  due  pezzi  di  uno  specchietto  di  bronzo  argentato 
erano  stati  gettati  in  differenti  punti  della  medesima  tomba.  Piccoli  frammenti  di  vasi 
diterra  sigillata  italica  mostravano  all'evidenza  di  aver  subito  una  forte  azione  del  fuoco. 
In  tutte  le  tombe  numerosi  i  chiodi  di  ferro  contro  il  fascino.  Due  oggettini  di  vetro 
hanno  anch'essi  forma  di  chiodi.  Interi  sono  alcuni  coltelli  di  ferro  ed  un  altro  specchietto 
circolare.  Intere  o  spezzate  ritualmente  coppe  di  terra  cinerina  a  pareti  sottilissime 
ornate,  frequenti  nei  sepolcreti  piemontesi  dell'alto  impero,  limette  fìttili  di  rozzo  impasto 
con  i  diffusi  rozzi  ornati  a  stecca,  una  lucerna  fittile  col  noto  bollo  in  lettere  rilevate 
COMVNIS  (l). 


VI.  CALUSO  —  Tomba  di  età  romana. 

In  regione  Macellio,  in  casuali  lavori  agricoli  fu  messa  in  luce  e  subito  parzialmente 
manomessa  una  tomba  laterizia  (tegulae  disposte  sul  fondo,  per  pareti  e  per  copertura 
piana).  Stando  alle  informazioni  ricevute,  pare  non  fosse  di  tali  dimensioni  da  contenere 
un  cadavere  inumato.  Forse  le  ossa  combuste,  disperse  nella  tomba,  vennero  inavverti- 
tamente gettate  via. 

11  proprietario  del  terreno,  signor  P.  L.  Gabrieli,  appena  avvertito,  provvide  a  mettere 
in  salvo  parte  almeno  del  corredo  funebre.  Di  vetro  :  una  bottiglietta  a  ventre  a  sezione 
rettangolare  e  munita  di  due  eleganti  anse,  ed  un  bicchiere  cilindrico.  Di  fittili:  una  pic- 
cola coppa  di  terra  giallognola  (esternamente  graffito  VIVII),  tre  rozze  ciotole,  due  botti- 
glie ansate  ed  una  piccola  lucernetta  di  lavorazione  poco  accurata  e  senza  bollo,  di  forma 
Bressel,  C.  I.  L.,  XV,  tav.  Ili,  n.  5. 

Mancando  le  monete,  nessun  dato  certo  per  stabilire  il  tempo,  che  tale  forma  di  lu- 
cernetta, se  è  frequente  nel  I  secolo  dopo  Cristo,  ebbe,  a  quanto  sembra,  rozze  imitazioni 
posteriori. 

Già  altri  ritrovamenti  di  età  romana  avvennero  nel  territorio  di  Caluso  (2). 


VII.  VIÙ  (valli  di  Laazo  Torinese)  —  Manufatti  litici  preistorici. 

Discoprendo  i  ruderi  del  castello  medioevale  di  Viù,  eretto  sopra  un'altura  dominante 
la  borgata  Versino,  il  cav.  Carlo  Fino  raccolse  recentemente,  disperse  entro  un  antico  rin- 
terro, due  accette  levigate  di  quarzite  ed  una  lama  di  selce. 

Per  vecchie  rotture,  di  una  accetta  di  non  comuni  dimensioni  (intera  doveva  misu- 
rare almeno  20  cm.  di  lunghezza)  non  resta  che  un  frammento  del  taglio  levigatissimo  ; 

(*)  Lucerna  di  forma  variante  della  Dressel  (C.  1.  L.,  XV,  tav.  Ili),  n.  5. 

(*)  limivi,  Memorie  storiche  di  Cnluso,  dispensa  la  e  2".  Notizie  degli  scavi  d'antichità,  1899, 
pag.  369.  Fu  scoperta  a  Caluso  l'iscrizione  C.  I.  L.,  V,  6902.  Presso  Caluso  nel  territorio  del  limitrofo 
comune  di  Candì»  fu  scoperta  la  lapide  n.  6903.  Nel  vicino  comune  di  Rodallo,  furono  recentemente 
^coperte  le  tombe  di  età  romana  di  cui  è  dato  cenno  nella  precedente  relazione. 


VIÙ  —    102   —  kEOlONE   X. 


dell'altra  inanca  totalmente  il  taglio.  Quest'ultima,  di  sezione  ovale,  levigata  solo  verso 
il  taglio,  sembra  della  diffusa  foggia  linguiforme. 

Piuttosto  rari  in  queste  parti  del  Piemonte  sono  gli  utensili  di  selce  finora  noti  : 
generalmente  la  selce  si  ritiene  importata.  La  nostra  lama  è  molto  simile  per  il  profilo 
ricurvo,  per  la  lunghezza  (citi.  10),  per  la  superficie  di  stacco  piana,  per  il  minuto  ritocco 
dei  margini  (in  uno  di  esso  visibili  piccoli  regolari  denti)  ad  una  lama  della  palafitta  di 
Mercurago  e  ad  altra  uscita  dalla  torbiera  di  'frana,  ove  molto  verosimilmente  esisteva 
un'altra  palafitta,  ha  lama  di  Viti  rientra  con  (meste  nella  categoria  che  il  Colini  in  una 
magistrale  memoria  denominò  coltelli-sega,  perchè  presentanti  i  caratteri  degli  strumenti 
da  taglio  in  genere,  che  occasionalmente  servivano  a  segare  (x).  L'esemplare  di  Viù  diffe- 
risce da  quelli  di  Mercurago  e  Trana  perchè  di  maggior  spessore  e  di  sezione  triangolare, 
non  essendo  stata  spianata  la  costa  mediana.  Per  vecchia  rottura  non  si  sa  se  l'estremità 
superiore  terminasse  in  punta.  Anche  l'opposta  estremità  è  da  antico  lievemente 
smussata. 

La  valle  alpina  di  Viù,  ristretta  e  segregata  come  quella  che  non  conduce  ad  alcun 
valico  di  qualche  importanza,  difficilmente  potè  avere  una  popolazione  stabile  nelle 
età.  in  cui  erano  in  uso  tali  strumenti  di  pietra.  Questo  ritrovamento  farebbe  pensare  a 
gente  venuta  dal  piano  temporaneamente,  se  non  addirittura  a  cacciatori  di  passaggio, 
in  una  fase  di  civiltà  mal  determinabile  in  cui  la  tecnica  della  lavorazione  della  pietra  dava 
prodotti  perfezionati,  fors'anche  quando  nei  laghetti  subalpini  sorgevano  le  palafitte. 

Questi  tre  oggetti  sono  fino  ad  ora  i  soli  litici  preistorici  scoperti  tra  la  vai  di  Susa  e 
vai  d'Aosta,  antiche  vie  di  comunicazione  col  versante  nord  delle  Alpi  ('  .  In  tutta  la 
regione  compresa  fra  queste  due  vallate  era  stato  fino  ad  ora  raccolto  un  solo  oggetto  prei- 
storico, il  pugnale  di  bronzo  che  al  Gastaldi  fece  congetturare  del  passaggio  alpino  di 
qualche  ardito  (3),  quando  questi  monti  erano  ritenuti  inaccessibili  e  considerati  come 
un  pauroso  mistero. 


(1)  Gastaldi,  Muovi  cenni,  tav.  I,  10  (Mercurago);  Barocelli,  Manufatti  della  torbiera  di  Tnuw  in 
Atti  d.  società  piemontese  di  archeologia,  IX,  p.  108  e  tav.  XXXVI,  5. 

(*)  Perla  Val  d'Aosta  vedi  Pigorini,  Ornamenti  di  conchiglie  rinvenuti  in  antiche  tombe  di  vali' Aosta 
in  Bull,  dipaletnol.  ital,  XIV;  Notizie  di  scavi  d'antichità,  1918,  p.  253;  Sepolcreto  neolitico  diVilleneuve. 
in  Bollettino  della  Società  piemontese  di  archeologia,  a.  1018,  p.  70  Armillc  di  bronzo  in  Notizie  d.  Scavi 
d'ant.,  1801,  p.  75  e  seg.  (ritrovamenti  preromani  del  Gran  San  Bernardo).  Se  per  la  vai  di  Susa  il  pas- 
saggio oltralpe  nella  età  preromana  non  è  ancora  con  sicurezza  attestato  (vedi  Taramelli,  Il  riparo  sotto 
roccia  di  Vayes,  in  Bull,  dipaletnol.  Ital.,  XXIX),  la  via  della  vai  di  Susa,  rome  quella  d'Aosta,  sembra 
messa  da  Polibio  (presso  Strabone  IV)  fra  le  più  antiche  che  oltrepassavano  le  Alpi. 

(*)'  Gastaldi,  Frammenti  di  paletnol.  in  Meni.  d.  R.  Accad.  d.  Lincei,  ci.  scienze  fisiche,  1876,  76, 
pag.  516,  tav.    XI,   3). 


REGIONE    VII.  103   SCANDICCI 


Vili.  MONCALIERI  —  Tomba  d'età  romana. 

Laterizia.  Ad  inumazione.  Scoperta  facendosi  scavi  a  cura  del  Genio  militare  per 
la  fabbrica  di  carborundum  (sinistra  del  Po,  ad  ovest  della  strada  di  Carenano,  sul  ter- 
razzo fluviale  verso  la  cascina  Coiombetta).  Manomessa,  non  ostante  le  precise  dispo- 
sizioni dell'ufficiale  dirigente  i  lavori.  Si  raccolsero  per  il  R.  Museo  di  antichità  di  Torino 
un  [rammento  di  «  tegula  »  con  incisione  anch'essa  parzialmente  mancante  fatta  a 
stecca  su  pasta  molle  : 

fi 

ìIC  U  II 

; 

ed  altri  pezzi  di  «  imbrex  »,  dove  in  uguale  modo  è  iscritto  :    UH 

Vicino  alla  tomba  qua  e  là  a  poca  profondità  straterelli  di  carboni  con  piccoli  fram- 
menti fìttili  ed  ossa  di  animali. 

Pietro  Bahocelli. 


Regione  VII    [ET R URIA). 

IX.  S0ANDI00I  (comime  di  Casellina  e  Torri  presso  Firenze)  — 
Scoperta  di  un  antico  istrumento  chirurgico. 

Il  Museo  Archeologico  di  Firenze  ha  testé  acquistato  per  poche  diecine  di  lire  lo 
strano  oggetto  di  cui  presento  la  figura  un  poco  minore  del  vero  (fìg.  1)  e  brevemente 
descrivo  (1). 

Premetto  che  quando  mi  fu  mostrato  dall'operaio  Brunetto  Taddei,  che  l'avrebbe 
rinvenuto  a  circa  7  metri  di  profondità,  scavando  un  pozzo  nelle  vicinanze  di  Scandicci 
(podere  S.  Bartolo  al  Cintoia),  mi  parve  di  riconoscervi  un  antico  istrumento  chirurgico  ; 
ed  ora  mantengo  tale  designazione  ;  ma  non  escludo  che  ad  altro  potesse  servire.  Comun- 
que, appunto  perchè  si  tratta  di  un  oggetto  strano  e  di  tipo  affatto  nuovo,  merita  di  farlo 
conoscere  agli  archeologi. 

È  di  bronzo  di  buona  lega,  coperto  da  una  patina  verde-turchina,  e  con  incrostazioni 
calcaree  e  terrose  dovute  alla  millenaria  permanenza  in  un  terreno  umido.  Consta  di  tre 
distinte  parti,  saldate  permanentemente  fra  di  loro:  un  robusto  specillo,  conico  acu- 
minato ne  costituisce  circa  la  metà  ;  e  l'altra  metà  è  rappresentata  da  una  pinza  semplice, 

(*)  L'oggetto,  lungo  m.  0,25,  non  è  rotto  alle  estremità,  e  quindi  corrisponde  quati  alla  sua  di- 
mensione originaria.  Il  dischetto  concavo  convesso  inserito  di  fianco  ha  il  diametro  di  mm.  22  allo 
stato  attuale,  un  po'  corroso  all'orlo. 


SCANDICCI 


104  — 


REGIONE    VII. 


a  lunghe  branche  ancora  elastiche.  Il  punto  di  unione  fra  i 
due  suddetti  elementi  è  mascherato  da  una  solida  e  graziosa 
ghiera  sagomata.  A  metà^dello  specillo,  e  perciò  ad  un 
quarto  della  totale  lunghezza  dell'  istrumento,  è  inserito  di 
traverso,  e  per  mezzo  di  un'altra  piccola  ghiera  quadrango- 
lare all'esterno,  uno  scodellino  discoide,  concavo-convesso, 
con  appendice  che,  attraversando  la  ghiera  d'innesto  e  la 
grossezza  dello  specillo,  si  vede  ribadita  sul  lato  opposto 
(v.  fig.).  Queste  in  breve  sono  le  caratteristiche  dell'oggetto, 
che  è  venuto  ad  aumentare  il  cospicuo  gruppo  di  istru- 
menti  chirurgici  esistente  nel  nostro  Museo.  Però  ne  con 
questi,  né  con  altri  istrumenti,  noti  dalle  pubblicazioni,  il 
singolare  oggetto  di  Scandicci  presenta  riscontri  precisi,  e 
neppure  generiche  analogie  nel  suo  complesso.  Già  la  lettera- 
tura al  giorno  nostro  su  simili  istrumenti  non  è  ricca,  e  an- 
che le  copiose  descrizioni  nei  testi  classici  spesso  riescono 
oscure  e  difficili  perchè  non  accompagnate  da  figure  esplica- 
tive (>).  Unjbuon  articolo  sull'argomento,  con  un  excursus 
sulle  fonti  per  la  storia  della  chirurgia  presso  i  Greci  e  i  Ro- 
mani, è  quello  del  dott.  René  Briau,  inserito  nel  Dictio-nnaire 
des  Antiquités  grecques  et  romaines  di  Daremberg-Saglio,  1-2, 
pag.  1106  sgg.  ;   ma  anche  fra  gli  strumenti  sanitari  -  in 
prevalenza  di  Pompei  e  di  Ercolano  -  riprodotti  nel  suo  ac- 
curato studio,  il  nostro  non  trova  riscontri  efficaci,  e  rappre- 
senta sempre  una  novità  tipologica  soprattutto  per  le  parti 
che  lo  compongono  ;  le  quali  però,  singolarmente  considerate, 
vengono  chiarite  a  sufficienza  da  oggetti  similari,  sia  per 
la  loro  struttura  che  per  l'uso  originario. 

È  indiscutibile  che  i  tre  elementi  dell'ordigno  trovato 
a  Scandicci  corrispondevano  a  tre  diversi  usi  e  necessità  te- 
rapeutiche. L'impiego  del!o  specillo  e  della  pinza  in  casi  di 
ferite,  suppurazioni  e  simili,  era  di  carattere  così  ovvio 
anche  presso  gli  antichi  che  non  mette  conto  di  insistervi 
Ma  il  problema  si  complica  quando  consideriamo  lo  scodel- 
lino poco  profondo  inserito  di  traverso  sullo  specillo.  Era 
esso  un  minuscolo  speculimi  o  un  recipiente  per  contenere 
un  caustico  ?  La  prima  ipotesi  ci  porterebbe  a  conseguenze 

/• 

(l)  Uno  studio  scientifico  su  questo  importantissimo  materiale 
aveva  in  mente  di  fare  il  dottissimo  sacerdote  di  Esculapio  professor 
Andrea  Corsini,  vice  Direttore  dell'Ufficio  d'Igiene  di  Firenze,  e  spero 
che  non  avrà  abbandonata  tale  nobile  idea.  A  lui  ora  dedico  Ja 
presente  nota. 


/ 


REGIONE    VII.  105    SCAND1CCI 

notevolissime  circa  l'arte  di  operare  nelle  cavità  del  corpo  umano  con  l'aiuto  della  luce 
riflessa  ;  ma  la  escludo  a  priori,  nonostante  la  forma  di  specchio  dello  scodellino,  per  que- 
sta considerazione  capitale  :  esso  non  è  mobile  come  richiederebbe  lo  spostamento  con- 
tinuo-del  raggio  riflesso  per  illuminare  via  via  la  superficie  ammalata  durantd  l'opera- 
zione, bensì  fisso  e  ribadito.  Dunque  dobbiamo  pensare  piuttosto  ad  un  uso  meno  sor- 
prendente nei  riguardi  dell'antichità  a  cui  l'oggetto  risale;  detto  scodellino  avrà  servito 
per  cauterizzare,  cioè  avrà  contenuto  un  medicamento  caustico  da  spargere  sulla  ferita, 
nella  quale  prima  erano  stati  adoperati  lo  specillo  aguzzo  e  la  pinza.  E  pertanto  esso  può 
trovare  analogia  funzionale  con  quella  specie  di  paletta,  proveniente  da  Pompei,  ed  edita 
dal  Briau  a  pag.  1108,  fig.  1370  del  suo  citato  studio. 

Dobbiamo  pertanto  riconoscere  nel  nostro  oggetto  un  istrumento  a  più  usi,  forse 
una  invenzione  sporadica  della  tecnica  industriale  antica. 

E  che  sia  un  manufatto  dell'età  classica  e  non  del  periodo  medievale,  non  può  cader 
dubbio.  L'oggetto  in  sé  contiene  il  suo  attestato  d'origine  ;  e  questo  consiste  nella  ma- 
teria, nella  forma  degli  elementi  che  lo  compongono,  nella  caratteristica  sagoma  della 
ghiera  centrale,  che  lo  fanno  risalire  al  periodo  romano,  e  quindi  lo  associano  stilisti- 
camente agli  altri  ordigni  del  genere  pervenuti  sino  a  noi. 

L'operaio  Taddei,  che  portò  l'oggetto  al  Museo,  assicurò  che  null'altro  era  stato 
rinvenuto  nel  profondo  scavo  da  lui  fatto  nel  proprio  podere  fino  alla  falda  acquea  del 
sottosuolo,  ad  eccezione  di  una  piccola  moneta  di  bronzo  (romana  ?)  molto  ossidata,  che 
andò  in  briciole  durante  la  pulitura.  Ciò  nonostante,  la  nostra  Soprintendenza  non  man- 
cherà di  tener  d'occhio  il  posto  di  tale  importante  travamento  erratico. 

Edoardo  Galli. 


Si  tratta  indiscutibilmente  di  un  raro  istrumento  composto,  presumibilmente  del 
11°  o  del  111°  secolo  dopo  0.  di  cui  le  due  parti  facilmente  riconoscibili,  la  pinza  e  lo  spe- 
cillo, si  trovano  associati  in  altri  esempi  esistenti  nel  Museo  Welcome  di  Londra  e  forse 
anche  in  una  piccola  raccolta  in  possesso  del  sig.  Evans  Gorga. 

Pesta  ad  interpretare  lo  scodellino  inserito  lungo  l'asse  dello  specillo.  Per  quanto 
la  prima  spiegazione  potrebbe  essere  l'unione  ai  due  notati  strumenti  (pinza  e  specillo) 
di  un  terzo  assai  comune  nella  chirurgia  romana,  cioè  del  cucchiaino  da  polveri,  e  quelli 
di  forma  rotonda  e  del  diametro  del  presente  sono  comuni,  non  è  da  escludere  che  esso 
potrebbe  avere  anche  un'altra  interpretazione,  per  cui  sarebbe  necessario  lo  studio  più 
accurato  dello  strumento  stesso. 

Infatti  in  alcuni  istrumenti  romani  esistono  tracce  di  anelli  a  pezzi  scorrevoli,  e 
in  questo  caso,  se  fosse  dimostrato  che  la  fissità  attuale  del  nodo  che  si  inserisce  sullo 
specillo  fosse  dovuta  ad  ossidazione  piuttosto  che  a  costruzione,  esso  potrebbe  rappre- 
sentare una  impugnatura  mobile  per  lo  specillo  stesso  con  punto  di  fissazione  per  il  pollice 
nell'atto  dello  specillamento  e  per  fissare  eventuali  profondità  di  seni  o  di  oggetti  infissi 
in  fondo  di  una  ferita.  Potrebbe  confortare  questa  spiegazione  il  fatto  che  i  cucchiaini 
da  polveri,  intesi  alla  medicazione  di  seni  fistolosi,  appunto  per  le  ristrettezze  del  percorso 
hanno  quasi  sempre  nella  chirurgia  antica  una  forma  ovale  allungata  a  dimensioni  assai 

Notizik  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  14 


PREGGIO  —    106   —  REGIONE    VII. 


piccole,  e  generalmente  sono  di  osso.  Pare  poi  assolutamente  da  escludere  l'ipotesi  che  si 
tratti  di  un  cauterio  il  quale,  scaldato,  avrebbe  reso  impossibile  l'uso  di  altri  strumenti. 
Il  fatto  strano  di  essere  stato  trovato  isolato,  cosa  che  accade  rarissimamente  negli  stru- 
menti chirurgici  etruschi  e  romani,  né  in  connessione  con  un  monumento  medico  o  simile 
(sepolcro,  stipe  votiva,  fonte  termale  ecc.)  potrebbe  anche  far  pensare  ad  un  semplice  stru- 
mento da  toletta,  cioè  un  ago  crinale  unito  ad  una  pinza  depilatoria  con  scodellino  per 
contenere  tinture  o  altri  cosmetici.  In  questo  caso  potrebbe  essere  un  necessaire  da  toletta 
composto,  in  cui  per  es.  fosse  contenuto  tutto  ciò  che  sarebbe  nécessaire  per  depilare,  con- 
durre e  tingere  le  sopracciglia,  oppure  più  probabilmente  si  può  trattare  di  uno  strumento 
di  semplice  uso  domestico,  come  se  ne  trovano  molti  in  epoca  un  po'  posteriore,  e  cioè 
uno  strumento  composto  destinato  ad  una  lucerna.  La  pinza  infatti,  assai  simile  alle  mol- 
lette in  uso  nelle  comuni  lucerne  ad  olio,  per  togliere  le  parti  bruciate  dello  stoppino,  lo 
specillo,  che  è  appunto  leggermente  ricurvo  in  punta  ricorda  lo  strumento  destinato  a  far 
uscire  lo  stoppino  stesso,  e  lo  scodellino  potrebbe  rappresentare  lo  spegnitoio.  A  mio 
parere  questa  interpretazione  potrebbe  essere  la  più  probabile. 

R.    Alessandri. 


X.  PREGGIO  (comune  di  Umbertide  ili  provincia  di  Perugia)  —  Rela- 
zione sugli  scavi  eseguiti  in  Sagraia. 

Nell'agosto  del  decorso  anno  mentre  presenziavo  a  dei  lavori  agricoli  di  sterro  nel 
predio  al  vocabolo  Sagraia  in  frazione  di  Preggio,  comune  di  Umbertide  (Perugia)  di 
proprietà  della  mia  famiglia,  vennero  in  luce  dei  blocchi  di  pietra,  evidentemente  lavorali, 
che  generarono  in  me  il  sospetto  che  si  potesse  essere  in  presenza  dei  resti  di  una  qualche 
antica  costruzione. 

Feci  proseguire  a  maggiore  profondità  il  lavoro  in  quel  luogo  con  il  felice  risultato 
di  venire  alla  scoperta  di  parte  di  una  costruzione  da  attribuirsi  con  molta  probabi- 
lità agli  Etruschi. 

Allora  sospesi  immediatamente  i  lavori,  ne  informai  la  R.  Soprintendenza  agli 
scavi  di  Etruria.  Nei  primi  giorni  di  ottobre  del  passato  anno  lo  stesso  prof.  Peraier 
Soprintendente  agli  scavi  dell'Etruria,  venne  a  compiere  un  sopraluogo  ;  e,  riconosciuta 
l'importanza  e  l'interesse  archeologico  della  scoperta,  disponeva  perchè  gli  scavi  fossero 
continuati  per  conto  del  Sottosegretariato  per  le  Antichità  e  le  Belle  Arti,  affidandone  la 
sorveglianza  all'assistente  Montagnoli  Severino,  perchè  venissero  completamente  messi 
in  luce  i  resti  dell'antico  monumento. 

Dopo  circa  dieci  giorni  di  lavoro  di  scavo  e  sgombero,  fu  completamente  liberata 
dall'  interramento  una  costruzione  a  pianta  rettangolare  delle  dimensioni  interne 
di  m.  5,85x3,22  (fìg.  1);  le  pareti  sono  costituite  da  tre  filari  di  blocchi  di  pietra 


REGIONE    VII. 


—    107    — 


PHEGGIO 


serena,  estratta  certamente  nelle  vicinanze,  perfettamente  squadrati  e  connessi  senza 
cemento  (fig.  2). 

Le  pareti,  coronate  da  una  cornice  molto  semplice  e  sporgente  per  circa  m.  0,48,  sono 
alte,  questa  compresa,  m.  1 ,83.  Immediatamente  sopra  di  essa,  a  filo  con  le  pareti  longitu- 
ninali,  era  impostata  una  volta  a  tutto  sesto  composta  da  lunghi  blocchi  di  pietra  bene 
incuneati,  come  nelle  più  perfette  volte  romane  ;  ciò  desumo  dalla  presenza  di  un  blocco 


v  jV  >  ty^&& 


Fig.  1. 


lungo  m.  1,55,  l'unico  ancora  a  posto  che  chiaramente,  per  la  sua  curvatura,  proporzio- 
nata al  diametro  della  volta,  indica  la  pienezza  dell'arco  (fig.  3)  ;  cosicché  l'altezza 
massima  dell'ambiente  sull'asse  longitudinale  doveva  toccare  i  m.  3,45. 

L'accesso  all'interno  della  costruzione  è  costituito  da  un  corridoio  largo  m.  1,05  e 
lungo  ni.  3,75,  che  precede  la  porta  larga  ni.  0,83  ;  fra  il  piano  della  soglia  di  questa  e 
quello  del  corridoio,  esiste  una  bassa  ed  ampia  antisoglia  della  profondità  di  m.  0,62  (fig.  4). 

La  maggior  parte  dei  caratteri  della  costruzione  la  fanno  attribuire  agli  Etruschi  ; 
d'altra  parte  nella  relativa  piccolezza  del  monumento  si  scorge  una  potenza  di  costru- 
zione che  fa  subito  pensare  ai  monumenti  romani.  Pur  troppo  nulla  si  rinvenne  nell'in- 
terno che  potesse  aiutare  a  precisare  l'epoca  e  l'uso  della  costruzione  ;  ma  certo  si  tratta 
di  un  ipogeo  monumentale;  solo  furono  trovati  pochi  frammenti  di  urne,  olle  ed  orci  in 
terracotta.  In  ogni  modo  che  il  monumento  possa  essere  attribuito  ad  età  etrusco-romana 
può  risultare  anche  dal  parallelismo  assai  vicino  con  la  tomba  di  Bettona  pubblicata  anni 
or  sono  dal  Cultrera  (1). 

f1)  In  No!.  Si-avi,  1916,  p.  3. 


l'KEGGIO 


—   108    — 


REGIONE   VII. 


Secondo  l'uso  etrusco,  la  costruzione  era  per  buona  parte  sotto  terra  ma  poiché  il 
sottosuolo  non  si  prestava  per  la  sua  costituzione  geologica  (filoni  di  roccia  a  sottili  falde 
frammentate  poste  per  coltello)  all'escavazione  di  una  grotta,  i  costruttori  rivestirono 
le  pareti  della  grande  fossa  praticata  sul  pendio  della  collina  con  poderosi  blocchi. 


■ìk- 


Sulle  pareti  longitudinali  appoggiarono  la  volta  a  botte  e  poscia  coprirono  la  costru- 
zione col  tumulo  tradizionale. 

TI  forte  aggetto  della  cornice  che  ricorre  con  certezza  su  almeno  tre  pareti,  è  spropor- 
zionato allo  scopo  puramente  decorativo  e  fa  supporre  che  possa  principalmente  aver 
servito  alla  collocazione  di  urne  cinerarie,  lampade  etc,  in  modo  da  preservare  questi 
oggetti  dall'umidità,  non  presentando  il  fondo  roccioso  alcuna  traccia  di  pavimentazione. 
Stupisce  il  fatto  che  in  tale  costruzione,  che  doveva  essere  perfetta,  fosse  lasciata  per  pa- 
vimento la  superficie  abbastanza  ineguale  della  roccia  ;  ma  probabilmente  il  fondo  doveva 


REGIONE   VII. 


109    — 


PKEGGIO 


essere  almeno  ricoperto  da  uno  strato  di  terra  battuta  e  argilla,  scomparso  e  disciolto  nel 
processo  dei  secoli.  A  meno  che  il  pavimento  non  sia  stato  distrutto  quando  fu  violato, 
depredato  e  smantellato  il  monumento. 


Sezione    f si  -  Ovest 
Fio.  3. 


J'ez/o/tr  de/t'crcitfuj/c  fumalo 


TZ.TT 


rr 


7 


W$&ò%  4|ì,é,jsiM(wìSw  ;l 


fetio'ie    /o/tòi  fuc/i'tij./c  Sue/-  c/forel 

o 

Fig.  4. 

L'ipotesi  della  devastazione  è  avvalorata  dal  fatto  che  poche  delle  pietre  costituenti 
la  volta  si  trovarono  nell'interno  dell'ipogeo,  oltre  che  dall'assenza  completa  di  un  qual- 
siasi oggetto. 

Si  conserva  memoria  che  circa  40  anni  fa,  nell'eseguire  lavori  agricoli,  sempre  nel  ter- 
ritorio circostante  alla  scoperta  odierna,  si  rinvenne  un  idoletto  etrusco,  che  fu  venduto 
per  scudi  200. 

Altri  saggi  sommari,  eseguiti  contemporaneamente  allo  scavo  dell'ipogeo,  hanno  ri- 
velato dei  punti  ove  la  roccia,  costantemente  quasi  affiorante  alla  superficie  in  tutta  la 


CIVITÈLLA    S.    PAOLO  —   110    —  REGIONE    VII. 


zona  adiacente,  manca  improvvisamente  lasciando  il  posto  ad  una  riempitura  di  terra 
lavorata,  mista  a  frammenti  di  vasi,  orci  e  tegoloni  in  terracotta.  In  altro  punto  questi 
frammenti  vennero  trovati  uniti  a  uno  strato  di  terra  nera  serbante  ancora  evidenti  tracce 
d'incendio. 

Il  nome  della  località  (Sagraia),  la  scoperta  dell'ipogeo,  i  saggi  fatti  e  i  frammenti  di 
antiche  terrecotte  affioranti  alla  superficie  di  tutti  i  campi  vicini,  avvalorano  il  sospetto 
che  il  sottosuolo  possa  nascondere  altri  antichi  monumenti,  forse  in  migliore  stato  di 
quello  testé  messo  in  luce  ;  sicché  sarebbe  opportuna  un'accurata  esplorazione  atta  a  sin- 
cerare il  vero  valore  archeologico  del  terreno  in  parola. 

In  vari  punti  della  zona  circostante  la  frazione  di  Preggio,  sono  state  piti  volte  rin- 
venute tombe  semplici  a  cassoni  di  terracotta,  e  al  pian  di  Marte,  anni  or  sono,  fu  rinve- 
nuto una  specie  di  salvadanaio  in  terracotta,  contenente  monete  ;  ivi  pure  con  frequenza 
sono  stati  trovati  avanzi  di  scheletri  umani. 

La  zona  a  nord  del  Trasimeno,  e  precisamente  fra  Preggio  e  Passionano  del  Lago, 
è  compresa  nel  campo  di  battaglia  in  cui  furono  sconfitti  i  Romani  dai  Cartaginesi. 

Tutto  ciò  non  perchè  abbia  relazione  col  fatto  del  rinvenimento  dell'antico  monu- 
mento, ma  solamente  per  dimostrare  l'interesse  scientifico  che  questa  ignorata  regione 
può  presentare  dal  punto  di  vista  dell'archeologia  e  della  storia  dell'arte,  anche  per  la 
grande  quantità  di  memorie  e  di  rovine  medioevali. 

Amerigo  Contini. 


XI.  CIVITÈLLA  S.  PAOLO  —  Relazione  di  scavi  eseguiti  in  località 
Monte  S.  Martino,  nell'estate  1920. 

Ts'ell'agosto  del  1020  i  sigg.  avv.  Giulio  Paradisi  e  ing.  Augusto  Santarelli,  debi- 
tamente autorizzati  dal  Ministero  della  P.  Istruzione,  iniziavano  dei  saggi  di  scavo  per 
ricerca  di  tombe  antiche  in  un  terreno  di  loro  proprietà,  in  comune  di  Civitella  S.  Paolo, 
contrada  Monte.  S.  Martino.  TI  territorio,  largamente  compreso,  nei  riguardi  archeolo- 
gici sotto  il  nome  di  Agro  Cape  nate,  e  da  tempo  famoso  per  l'originalità,  l'abbondanza 
e  la  ricchezza  delle  scoperte,  determinate  dalla  vastità  di  antiche  necropoli  e  dalla  im- 
portanza delle  suppellettili  funebri,  e  stato  raramente  finora  oggetto  di  ricerche  razio- 
nali e  di  esplorazioni  sistematiche.  Degli  scavi  eseguiti  nel  territorio,  poco  è  stato-  finora 
pubblicato  ('). 

La  facilità  con  la  quale  i  contadini  del  luogo  si  dedicano  in  determinate  stagioni  a 
scavi  abusivi,  in  località  ormai  note  per  l'importanza  e  la  ricchezza  delle  tombe,  fa  tanto 
maggiormente  deplorare  la  mancanza  di  scavi  governativi  su  larga  scala.  (ìli  scavi  siste- 
matici, cui  si  fa  cenno,  iniziati  il  18  agosto  1920,  furono  proseguiti  sino  alla  fine  di  set- 

(*)  R.  Paribeni,  Xicropoli  dell'Agro  capenate,  in  Monum.  Ant,  dei  Lincei,  voi.  XVI  (190C),  p.  277 
segg.  ;  lil.,  Notizie  Se.  1905,  p.  301  segg.  ;  e  A.  Della  Seta.  Il  Museo  di  Villa  Giulia,  I,  p.  321  segg. 


REGIONE    VII.  —    111    —  CIVITELLA   S.   PAOLO 


tembre  dello  stesso  anno  con  la  mano  d'opera  fornita  dai  proprietari  sigg.  Paradisi 
e  Santarelli,  e  con  la  presenza  degli  assistenti  sigg.  Pietro  Mottini  e  Pietro  Conti,  della 
Soprintendenza  agli  Scavi  di  Roma,  alternatisi  nella  bisogna,  i  quali  compilarono  con 
lodevole  cura  i  giornali  di  scavo. 

Il  luogo  in  cui  si  svolsero  le  ricerche,  è  uno  di  quelli  maggiormente  presi  di  mira 
dagli  scavatori  clandestini,  cioè  il  colle  stesso  di  S.  Martino  a  nord  del  Castellacelo, 
località  questa  nella  quale  si  vorrebbe  identificare  l'ubicazione  del!"<*ntica  città  scomparsa 
di  Capena.  Sul  versante  nord  del  detto  colle,  a  circa  trecento  metri  dal  Fosso  dell'Olio, 
furono  iniziate  le  ricerche,  e  queste  condotte  successivamente  sino  a  raggiungere  la 
cresta  del  colle.  Negativo  fu  l'esito  delle  prime  ricerche,  le  quali  permisero  soltanto 
di  constatare  la  presenza  di  tombe  a  camera,  esplorate  di  recente  e  franate.  Raggiunto 
il  ciglio  del  colle  sul  versante  che  guarda  il  Fosso  Gramiccia  e  alla  distanza  di  circa 
duecento  metri  da  questo,  fu  potuta  esplorare  con  qualche  frutto  la  prima  tomba  a  ca- 
mera. 

Tomba  I  (a  camera).  Rinvenuta  a  m.  1.30  di  profondità  dal  piano  di  campagna, 
con  ingresso  a  nord  e  corridoio  della  larghezza  di  m.  0.80.  La  tomba  scavata  nel  tufo, 
presentava  la  volta  e  le  pareti  con  loculi,  franati  in  maniera,  che  non  fu  possibile  di 
prendere  alcuna  misura.  Soltanto  si  potè  identificare  la  forma  generale  della  tomba,  che 
si  potrebbe  dire  a  croce  greca,  con  tre  bracci  formati  da  altrettante  camere,  e  il  quarto 
dal  corridoio  d'ingresso.  Sotto  i  rottami  di  tufo  si  rinvennero,  quali  avanzi  della  sup- 
pellettile funebre,  gli  oggetti  che  appresso  si  descrivono. 

Terracotta. 

N.  12  balsamari  di  terracotta  grezza  rossastra,  a  pancia  sferoidale  e  fondo  piatto. 
Altezza  massima,  m.  0.14  ;  minima,  0.065. 

N.  28  balsamari  del  tipo  più  comune,  interi  e  frammentari.  Alt.  mass.  0.16. 

N.  13  fiaschette  di  terracotta  grezza,  intere  e  frammentarie,  a  pancia  schiacciata, 
e  collo  più  o  meno  sviluppato,  talora  aperto  ad  imbuto,  con  alta  ansa  a  nastro.  Alt. 
mass.  0.19. 

N.  2  anfore  vinarie  a  corpo  cilindrico,  terminante  in  punta  ;  una  delle  anfore,  alta 
ni.  1.10,  con  le  lettere  A  I  stampate  alla  base  di  una  delle  anse  ;  l'altra,  alta  in.  1,15, 
senza  impressione. 

N.  2  lucernette  monolycni  a  vernice  rossa  corallina,  portanti  in  rilievo  alla  su- 
perficie superiore  e  intorno  al  corpo,  una  delle  lucernette  dei  listelli  alternati  a  file  di 
bottoni,  l'altra  delle  sole  file  di  bottoncini  disposte  a  raggiera.  Ai  lati  delle  anse,  apo- 
fisi  od  orecchiette  di  forma  rotondeggiante. 

Ciotolina  di  terracotta  rosso  pallida,  a  pareti  sottilissime,  in  frammenti. 

Oro. 

Pochi  filamenti  sottolissimi  di  oro,  appartenuti  ad  oggetti  di  ornamento  personale, 
forse  una  reticella  per  capelli.  -      - 


«VITELLA    S.    l'AOLO  —    112    —  REGIONE    VII. 


Bronzo. 

Due  piccole  maniglie  a  corpo  sottile  fortemente  arcuato,  ingrossato  al  cen- 
tro, ad  estremità  ritolte  in  alto  e  tornite.  Ai  gomiti  due  piccole  borchie  con  chiodetti, 
per  fissare  la  maniglia  alle  pareti  di  un  cofanetto  probabilmente  di  legno. 

Piastrina  di  lamina,  di  forma  quadrangolare  (alta  m.  0.04,  larga  0,03),  con  fori 
centrali  sovrapposti  di  cui  uno  tondo  e  due  oblunghi.  Quattro  bollettine  agli  angoli, 
per  fissare  questa  che  non  è  altro  che  una  toppa  di  serratura,  alla  cassettina  anzidetta. 

Fialetta  di  lamina  di  bronzo,  liscia  :  diam.  0,12. 

Altra  simile,  in  frammenti. 

Specchio  di  bronzo  liscio  quadrangolare,  in  frammenti  con  tracce  di  brunitura. 

Asticella  di  bronzo,  lunga  min.  75,  con  borehietta  tonda,  mobile,  ad  una  estremità. 

Anellino  con  castone  mobile  di  bronzo:  diam.  nini.  M. 

Ferro. 

Parte  superiore  (collo  ed  ansa  compresi)  di  un'anforetta  di  ferro,  a  spesse  pareti 
molto  ribollite. 

Grosso  anello  a  sezione  quadrangolare,  con  parte  del  giro  largamente  spianata: 
diam.  m.  0,13. 

Strigili  frammentari,  in  numero  di  tre  o  quattro,  già  infilati  per  il  manico  all'a- 
nello anzidetto. 

Frammenti  di  asticelle  cilindriche,  irricomponibili. 

Alabastro. 

Anforetta  a  collo  cilindrico  e  corpo  ovoidale,  terminante,  in  punta;  priva  di 
una  delle  anse.  alt.  m.  0,14. 

Osso. 

Tubo  frammentario,  che  già  faceva  parte  di  una  tibia  musicale,  con  due  fori  circo- 
lari passanti.  Alt.  m.  0,06. 

Ago  crinale,  spuntato,  sormontato  da  un  dischetto  di  nini.  21  di  diametro  e  ter- 
minante alla  sommità  in  un  pomello  a  ghianda,  tornito. 

Tomba  II  (a  camera),  rinvenuta  a  circa  quaranta  metri  a  sud  della  prima  e 
alla  profondità  di  m.  1,60  dal  piano  di  campagna  ;  con  tramite  scavato  nel  tufo,  largo 
ni.  1,  ed  ingresso  sul  lato  orientale,  privo  di  chiudenda  per  precedenti  manomissioni. 
La  tomba  franata  e  ripiena  di  terra,  consiste  di  una  camera  quadrata,  di  ni.  2  di  lato, 
con  soffitto  piano,  alto  da  terra  m.  1,90.  Dentro  la  tomba  erano  incavati  sei  loculi,  in- 
teramente franati,  due  su  ciascuna  parete,  esclusa  la  parete  di  ingresso.  La  loro  gran- 
dezza si  potè  tuttavia  misurare  in  m.  1,70  di  lunghezza,  m.  0,50  di  altezza  e  m.  0,60  di 
profondità.  I  loculi  del  piano  più  basso  erano  alti  da  terra  m.  0,25. 

Tra  le  macerie  si  rinvennero  gli  oggetti  appresso  descritti. 


RliGlONE   VH.  —    113    —  CIVITELLA   S.   PAOLO 


Terracotta. 

X.  19  balsamari  fusiformi,  di  terracotta  grezza.  Alt.  mass.  m.  0,19. 

N.  6  fiaschette  a  pancia  schiacciata,  del  tipo  di  quelle  sopra  descritte.  Alt.  mass.  0,15. 

N.  7  anfore  vinarie,  di  cui  una  in  frammenti,  recante  impresso  sul  collo,  a  lettere 

molto  irregolari,  il  bollo 

L.CIMON 

Alt.  mass.  ni.  1  ;  minima,  0,62. 

N.  7  craterischi  a  vernice  nera  lucente,  di  forma  goffa,  con  anse  orizzontali  od  obli- 
que. Alt.  mass.  ni.  0,13  ;  minima  0,07. 

N.  4  orciuoletti  od  attingitoi,  a  vernice  nera  lucente,  con  ansa  ad  anello.  Alt.  0,06. 

N.  5  ciotolette  a  vernice  nera  lucente.  Diam.  mass.  0,13  ;  alt.  0,05. 

Piccola  phiàle  a  vernice  nera,  in  frammenti. 

N.  5  lucernette  monolycni  a  vernice  nera,  prive  di  decorazione. 

Bicchiere  a  pareti  sottili  di  colore  brunastro,  a  pancia  rigonfia  e  fondo  piano. 
Alt.  0,115. 

Peso  da  telaio  in  forma  di  piramide  tronca,  con  semplice  solco  diritto  sulla  faccia 
superiore.  Alt.  0,08. 

Bronzo. 

N.  2  piccole  anse  a  corpo  arcuato,  a  sezione  quadrangolare,  con  ingrossamento 
a  metà  ed  estremità  ritorte,  assottigliate  e  tornite.  Da  ciascun  gomito  pende  una 
borchietta  tonda,  mobile,  con  chiodetti  per  inserire  alle  pareti  della  cassettina.  Alt. 
m.  0,045  ;  largh.  0,05. 

Specchio  in  forma  di  disco  circolare  ;  diam.  m.  0,095. 

Altro  specchio  simile,  il  quale  conserva  sulla  faccia  superiore  leggermente  convessa, 
la  brunitura  originaria,  in  modo  da  riflettere  tuttora  l'immagine.  Diam.  m.  0,135  ;  spes- 
sore inni.  3. 

Frammenti  vari  di  specchi  simili,  con  la  brunitura  originale  ben  conservata. 

Carafa  di  lamina,  a  pancia  alquanto  schiacciata  ed  orlo  svasato,  con  due  anse  ver- 
ticali ricurve,  di  cui  una  sola  conservata,  di  forma  semplice  ed  elegante.  Alt.  m.  0,135  ; 
diam.  dell'orlo  0,11. 

Piattello  di  lamina,  ad  orlo  largo  e  piatto.  Diam.  m.  0,095. 

Phiàle  di  lamina  di  rame,  con  tre  cerchi  concentrici  a  rilievo  nel  fondo  interno.  Diam. 
ni.  0,18. 

Ferro. 

Strigili  in  frammenti. 

Verghetta  tonda  in  frammenti  (forse  di  giavellotti?). 

Varie. 

Pezzi  di  ago  crinale  di*osso,  terminante  a'  sommo  in  un  bottone  a  forma  di  ghianda. 
Piccola  valva  di  conchiglia,  già  impiegata  forse  come  recipiente  per  cosmetico. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  15 


CIVITELIA    S.    PAOLO  —    114    —  REGIONE    VII. 

Tomba  III  (a  camera),  a  m.  3,50  a  nord-ovest  della  tomba  precedente  e  a  m.  1,50 
sotto  il  piano  di  campagna.  La  tomba,  dalla  volta  completamente  franata,  era  di  forma 
trapezoidale,  con  apertura  d'ingresso  a  sud,  larga  m.  0,80,  con  parte  della  chiudenda 
in  pietra  calcare,  tuttora  a  posto.  La  camera  misurava  m.  2,60  di  lunghezza,  su  m.  1,30 
di  larghezza  alla  parete  d'ingresso  e  m.  2.20  alla  parete  di  fondo.  A  m.  0,80  dal  piano 
della  camera,  quattro  loculi,  in  parte  franati,  incavati  sulle  pareti,  e  cioè  due  ai  lati 
della  parete  d'ingresso,  e  due  più  irregolari,  agli  angoli  tra  la  parete  di  fondo  e  le 
pareti  laterali.  Dimensioni  medie  dei  loculi  :  altezza  m.  0,80,  lunghezza  m.  1,8),  profon- 
dità m.  0,70.  Segue  la  descrizione  degli  oggetti  rinvenuti  nella  tomba. 

Il  loculo  di  destra  si  rinvenne  spoglio  di  oggetti.  Nel  loculo  di  sinistra  si  rin- 
venne : 

a)  un  piccolo  óskos  a  vernice  nera,  alto  m.  0,08,  mancante  del  beccuccio  e  del- 
l'ansa ; 

b)  un  orciuoletto  panciuto,  a  spesse  pareti  colorite  in  nero  opaco,  senza  anse,  alto 
m.  0,09  (diam.  0,085)  ; 

e)  una  lékythos  ariballica,  a  pancia  verticalmente  striata,  verniciata  di  nero, 
alta  m.  0,12  ; 

d)  una  fiaschetta  di  terracotta  grezza,  a  collo  tronco-con'eo,  monoansata  ; 

e)  una  spada  di  ferro  in  frammenti,  con  impugnatura  di  ferro  rigonfia  a  mezzo 
e  terminante  alla  sommità  in  un  largo  pomo  piatto,  rotondo. 

Il  loculo  della  parete  di  destra  conteneva  : 

a)  n.  5  ciotolette  di  terracotta  grezza,  del  diametro  massimo  di  m.  0,005  ; 

b)  un  craterisco  a  campana  profondo,  su  basso  piede,  con  anse  verticali  a  nastro. 
Vernice  nerolucente,  con  decorazione  sovrapposta  in  color  rosso  pallido,  consistente 
in  motivi  geometrici  semplicissimi  e  palmette  scheletriche.  Alt.  m.  0,115  ;  diam.  0,105. 

Entro  il  loculo  della  parete  di  fronte  all'ingresso  : 

a)  ciotoletta  ad  orlo  rientrante,  verniciata  di  nero  ;  diam.  m.  0,06  ; 

b)  sktfphos  con  anse  orizzontali  e  ciambella,  verniciato  e  decorato  sullo  stile 
del  craterisco.  Alt.  e  diam.  m.  0,095; 

e)  corta  spada,  o  spada-pugnale  di  ferro,  in  frammenti. 

Tomba  IV  (a  fossa).  A  m.  30  circa  dalla  tomba  precedente  e  alla  profondità  di 
m.  0.80  dal  piano  di  campagna,  si  rinvenne  una  tomba  a  fossa,  praticata  da  est  a  ovest, 
già  manomessa  e  semidistrutta,  di  m.  2,60  X  0,80  approssimativamente.  La  tomba 
era  bisoma,  essendovisi  rinvenuti  i  resti  confusi  di  due  cadaveri  parallelamente  di- 
sposti, divisi  da  una  specie  di  cordone  incavato  nel  tufo.  A  ponente  i  resti  di  un  loculo 
franato,  di  forme  rotondeggianti,  del  diam.  di  m.  1.  Pochi  avanzi  della  suppellettile 
si  rinvennero  mescolati  alle  ossa,  e  cioè  : 

a)  frammenti  di  vasi  di  terracotta  a  ingubbiatura  nerastra  e  motivi  geometrici 
(cerchi  intersecantisi)  graffiti  ;  tra  i  quali  si  riconoscono  i  pezzi  di  una  phiàle  ; 

b)  phiàle  di  terracotta  a  spesse  pareti  e  a  ingubbiatura  nerastra,  con  grosse  bac- 
cellature ed  orlo  svasato.  Diam.  m.  0,22.  alt.  ni.  0,07. 


REGIONE   VII.  —    115    —  C1VITELLA   S.  PAOLO 

Tomba  V  (a  camera),  a  circa  20  metri  a  nord  della  tomba  precedente,  e  a  m.  3,50 
dal  piano  di  campagna.  La  tomba,  ben  conservata,  era  composta  di  tre  celle  distinte 
disposte  in  croce,  una  centrale  e  due  laterali.  11  vano  d'ingresso  ad  est,  largo  m.  0,65 
e  franato  in  parte,  si  trovò  ostruito  da  un  lastrone  di  pietra  calcare,  rotto  in  tre  pezzi. 
Xeir  interno  della  tomba,  con  soffitto  pianeggiante,  alto  da  terra  m.  1,90,  erano 
ricavati  in  tutto  nove  loculi,  tre  per  ogni  camera,  e  cioè  uno  su  ciascuna  parete. 
Dimensioni  delle  celle:  cella  laterale  destra,  m.  2.30  Xl,30;  cella  laterale  sinistra, 
m.  2,20  X  1,30;  cella  centrale,  m.  3,20  X  1,30.  Dimensioni  dei  loculi:  m.  1,80  o  1,70 
di  larghezza  X  0,70  di  altezza  e  0,68  di  profondità. 

La  tomba  era  stata  già  manomessa.  Nella  cella  di  sinistra  dell'ingresso,  entro  ap- 
posito incavo  rettangolare,  di  m.  0,15  X  0,20,  si  rinvenne  una  lucernetta  di  terracotta. 
Altri  pochi  oggetti  si  rinvennero,  parte  ancora  nei  loculi,  parte  sparsi  sul  terreno. 

Terracotta. 

IV.  18  balsamari  fusiformi  di  terracotta  grezza.  Alt.  mass.  m.  0,27. 

Fiaschetta  di  terracotta  grezza,  a  pancia  schiacciata  ;  alta  m.  0,17. 

Bicchiere  a  pareti  sottili,  pancia  rigonfia  e  fondo  piano  ;  alt.  m.  0,09  diam.  dell'orlo, 
m.  0,07. 

Tazzina  rosso  bruna,  a  pareti  sottili,  con  eleganti  anse  ritorte  imitanti  il  metallo. 
Spesse  striature  verticali  sulla  pancia,  tra  le  anse.  Alt.  m.  0,05  ;  diam.  0,098. 

Bassa  ciotoletta  a  spesse  pareti.  Alt.  m.  0,03  :  diam.  dell'orlo,  0,08. 

l.uccrnetta  a  vernice  corallina,  con  anse  ad  anello,  orecchiette  laterali  e  ornamenti 
in  rilievo  sulla  faccia  superiore,  figuranti  due  cornucopie,  con  frutta.  Diam.  m.  0,10. 

Altra  simile,  con  semplici  bottoncini  in  rilievo  ed  unica  apofisi  laterale.  Diam. 
m.  0,69. 

K.  3  anfore  vinarie  a  corpo  cilindrico  e  piede  appuntito,  la  maggiore  delle  quali 
alta  m.  1,10. 

Bromo. 

Carafa  di  lamina  (fig.  1;  a  pancia  schiacciata  in  l'orma  di  bulla,  ed  orlo  largamente 
svasato  ;  con  anse  laterali  dall'orlo  alla  pancia,  ritorte  in  forma  di  S,  ciascuna  termi- 
nante in  basso  in  una  piastrina  cuoriforme  di  bronzo.  Alt.  m.  0.175;  diametro  del- 
l'orlo 0,115. 

Carafa  simile  (fig.  2),  a  pancia  maggiormente  rigonfia  e  collo  leggermente  svasato. 
Delle  anse  una  sola  si  conserva,  nella  quale,  al  di  sotto  della  piastrina  cuoriforme,  si 
trova  una  lunga  appendice  sottile  con  volute  laterali  e  sbarra  trasversale,  in  croce 
(l'altra  ansa  è  di  restauro).  Alt.  m.  0,20  ;  diam.  0,087. 


(x)  Questo  e  gli  altri  disegni  che  accompagnano  la  presente  Relazione  si  debbono  alla 
mano  del  sig.  Azeglio  Berretti,  noto  e  valente  disegnatore  della  R.  Sopraintendenza  degli 
Scavi  in  Roma. 


«VITELLA    S.    PAOLO 


—  116  — 


REGIONE    VII. 


Piastrina  quadrangolare  di  lamina  sottile,  a  punta  divaricata  (fìg.  3),  impiegata 
come  toppa  di  serratura  per  cassettina  di  legno  ;  nini.  65  X  60.  La  toppa  presenta  un'aper- 
tura superiore  circolare,  una  fessura  mediana  verticale,  e  un'altra  inferiore  orizzontale. 
Lungo  la  fessura  mediana  scorre  un  nottolino  in  corrispondenza  dalla  parte  interna,  con 
una  specie  di  indice,  di  forma  romboidale. 


Fio.  1. 


Fio.  2. 


Fio.  3. 


Ferro. 


Anello  piatto  di  ferro,  con  tre  strigili  appesi,  della  stessa  materia. 
Anello  simile,  di  filo  tondo,  con  due  strigili. 
Inoltre,  due  pezzi  informi  di  pietra  pomice. 


Tomba  VI  (a  camera).  Rinvenuta  presso  la  tomba  precedente,  ad  est,  con  il 
piano  a  circa  m.  4  di  profondità  e  volta  intieramente  franata.  La  tomba  era  di  forma 
leggermente  trapezoidale,  misurando  m.  3,10  sulla  parete  a  mezzogiorno,  dove  si  apriva 


KEUIONE    VII.  —    117    —  CIVITELLA    S.    PAOLO 


la  porta  d'ingresso,  e  sulla  parete  di  fondo  ;  m.  2,20  sulla  parete  destra  e  m.  2,50  sulla 
sinistra.  Due  loculi,  uno  sopra  l'altro,  sulla  parete  di  fondo,  lunghi  m.  2,20,  e  inoltre , 
uno  a  sinistra  e  uno  a  destra,  lunghi  ni.  2.  Tutti  i  loculi  in  orgine  erano   chiusi  da  tego- 
loni,  di  cui  si  rinvennero  frammenti.  La  porta  d'ingresso,  larga  m.  0,90,  aveva  una  chiu- 
denda formata  da  due  blocchi  squadrati  di  tufo. 

Nello  sgombero  delle  macerie  della  volta  si  rinvennero  i  seguenti  oggetti  : 

Piccolo  àskos  di  terracotta,  a  vernice  nera,  di  forma  cilintrica,  in  frammenti. 

Pendaglietto  di  bronzo  di  forma  rotondeggiante  oblungc,  internamente  vuoto. 

Pendaglietto  simile,  a  bulla. 

Anellino  di  filo  sottile  di  bronzo  (diam.  mm.  26). 

Pendaglio  di  piombo  in  fo  ma  di  piccola  accetta  votiva. 

Altro  pendaglio  frammentato  piriforme,  di  piombo. 

Due  fuseruole  coniche  di  terracotta,  striate  (alt.  mm.  25  e  20). 

N.  4  piccoli  acini  di  collana,  di  pasta  vitrea,  biancastra,  con  occhi  turch'ni  : 
grandezza  varia. 

Nel  loculo  'nferio  e  della  parete  di  fondo  si  rinvenne  quanto  segue  : 

Terracotta. 

Attingitoio  d'impasto  scuro,  a  spesse  pareti,  collo  breve,  alta  ansa  verticale  a 
bastoncello  (alt.  m.  0,13). 

Altro  simile,  a  collo  più  alto  imbutiforme  ed  ansa  verticale  a  nastro.  Alt.  m.  0,10  ; 
diam.  dell'orlo  mm.  55. 

Altri  due  simili,  con  ansa  a  bastoncello,  di  cui  una  rinforzata  da  sbarra  trasversale. 
Alt.  m.  0,08  ;  diam.  mm.  45. 

Bombylios  d'imitazione  corinzia,  in  argilla  chiara,  con  fasce  orizzontali  e  gocce  in 
color  bruno,  intorno  al  collo.  Alt.  m.  0,08. 

Vasetto  d'argilla  chiara,  con  decorazioni  semplici  in  color  bruno,  pancia  a  bulla  su 
piede  tronco-conico,  collo  svasato  e  largo  orlo  piatto.  Alt.  m.  0,085  ;  diam.  del  labbro, 
0,065. 

Vasetto  simile  di  argilla,  senza  vernice.  Alt.  m.  0,055. 

Tazzina  d'impasto  scuro  su  largo  piede.  Alt.  e.  s. 

Balsamario  fusiforme  del  tipo  tardo  comune.  Alt.  m.  0.125. 

N.  2  fuseruole  d'impasto  scuro,  lisce  (alt.  mm.  25  e  20). 

Bronzo. 

Armilla  di  filo  tondo  sottile.  Diam.  m.  0,055. 

Fibuletta  ad  arco  leggermente  rigonfio  e  lunga  staffa  D'ani,  del'arco  mm.  25. 
Tre  pendaglietti  frammentari,  vuoti  internamente,  di   cui  due    piriformi,  lunghi 
mm.  45,  ed  uno  tondo,  a  bulla.  Diam.  mm.  23. 

Vetro. 

Due  globetti  di  pasta  vitrea  giallognola,  cosparsi  di  occhi  azzurri,  cerchiati  d 
azzurro. 


CIVITELLA    S.    PAOLO  —    118    —  REGIONE   VII. 

In  un  angolo  a  destra  della  porta  d'ingresso,  si  rinvennero  accatastati  alla  rinfusa 
i  seguenti  oggetti  : 

N.  6  punte  di  lancia  di  ferro,  a  lama  bitagliente,  a  foglia  di  olivo,  con  codolo  a  can- 
nula, portante  tuttora  i  resti  dell'asta  di  legno  (alt.  mass.  m.  0,33  ;  minima  0,09). 

Spada  di  ferro  intenzionalmente  ripiegata  in  forma  di  U,  e  mancante  dell'impugna- 
tura e  della  punta  (lunghezza  attuale,  m.  0,62). 

Lama  di  pugnale  frammentaria. 

N.  6  palle  di  ferro  piene  e  pesanti,  (diam.  mm.  50)  ;  ciascuna  con  appendice  spez- 
zata, che  doveva  prolungarsi  in  forma  di  verga  (teste  di  mazze  ?). 

Mescolati  a  codesti  oggetti  metallici  numerosi  frammenti  di  vasi  d'impasto  scuro, 
taluni  dei  quali  con  graffiti  semplici,  a  motivi  geometrici. 

Tomba  VII  (a  fossa).  Ad  oltre  una  ventina  di  metri  a  ovest  della  tomba  pre- 
cedente si  rinvenne,  quasi  a  fior  di  terra,  a  causa  dello  scoscendimento  del  terreno,  una 
tomba  a  fossa,  con  loculo.  La  tomba,  orientata  da  est  a  ovest,  misurava  m.  2,75  di  lun- 
ghezza, e  m.  1,10  di  larghezza,  per  un  metro  di  profondità.  Sulla  parete  nord  era  rica- 
vato un  ampio  'oculo  di  forma  semicircolare  irregolare  (dimensioni  m.  1,40  X  0,60). 
Dentro  il  loculo  si  r  nvennero  gli  oggetti  qui  appresso  descritti  : 

Terracotta. 

Hólmos  d'impasto  a  ingubb:atura  rosso -bruna,  con  catino  profondo,  bulla  sfe- 
roidale e  p'ede  traforato  con  feritoie  triangoli  a  forma  di  cuspide  di  lancia,  in  nu- 
mero di  sette.  Alt.  m.  0,61  ;  diam.  del  catino,  0,305. 

Dèrno  >  d'impasto,  a  ingubbiatura  e.  s.,  a  pancia  sferoidale  e  collo  svasato,  sulla  quale 
gira  una  doppia  fascia  in  color  bianco,  con  triangoli  nello  stesso  colore.  Alt.  m.  0,29; 
diam."  dell'orlo  0,17. 

Bacile  d'impasto  a  spesse  pareti  a  ingubbiatura  rossastra,  con  labbro  svasato,  tra- 
forato da  due  forellini  per  appendere.  Alt.  m.  0,105  ;  diam.  0,23. 

Oinoehóì  d'impasto  scuro,  a  pancia  sferoidale,  collo  tronco  conico  e  orlo  piatto, 
con  ansa  a  nastro.  Alt.  m.  0,23  ;  diam.  dell'orlo  0,085. 

Altra'simile,  ad  orlo  svasato,  alt.  m.  0.22  ;  diam.  e.  s. 

Karc1 ésion  d'impasto,  a  ingubbiatura  nera,  anse  a  nastro  e  decorazione  geometrica 
granita,  con  tinta  rossastra  inserita  nei  solchi.  Tale  decorazione  consiste  in  una  prima  fa- 
scia continua,  la  quale  corre  intorno  poco  sotto  l'orlo,  con  sempice  meandro,  continuo,  e 
in  un'altra  fascia  piegata  ad  angoli  retti,  portante  eternamente  graffito  un  altro  meandro. 
Alt.  m.  0,15,  con  le  anse  0,17;  diam.  dell'orlo  0,115. 

Karc^ésion  a  ingubbiatura  nero  lucente,  con  anse  verticali  b'nate,  a  bastoncello, 
e  decorazione  geometrica  graffita,  consistente  n  una  linea  spirale  continua,  poco  sotto 
l'orlo,  e  in  una  fila  di  denti  di  lupo  alla  base  delle  anse,  a  uguale  distanza  dalle  quali  si 
trovano  da  una  parte  e  dall'altra  due  piccole  protuberanze.  Alt.  m.  0,135  ;  diam.  0,10. 

Karchhìon  a  ingubbiatura  nera,  con  anse  a  nastro,  piegate  a  gomito  in  alto,  a  brevi 
solchi  graffiti  riuniti  tre  a  tre,  su  cordone  sporgente  intorno  alla  base  delle  anse. 
Alt.  m.  0,085  ;  diam.  0,09. 


REGIONE    VII.  ]19   —  CIVITELLA    S.    PAOLO 

Altri  due  simili,  di  cui  uno  ad  anse  binate  a  bastoncello  e  pareti  lisce.  Alt.  m.  0,10; 
diani.  0,67  ;  l'altro,  più  grande,  in  frammenti. 

Skypho?  d'impasto  scuro  ingubbiato,  con  fascio  di  linee  orizzontali  intorno  all'orlo 
e  spirale  continua  al  di  sotto.  Alt.  m.  0,075  ;  diam.  0,082. 

Tazza  d'impasto  scuro  ingubbiato,  con  alto  orlo  verticale,  su  alto  piede.  Alt.  m.  0,115  ; 
diam.  0,14. 

Tazza  d'impasto  a  ingubbiatura  rosso-bruna,  con  quattro  anse  orizzontali  a  ba- 
stoncello e  corto  piede  tronco  conico.  Alt.  m.  0,14  ;  diam.  0,15.  N.  5  piatti  d'impasto 
a  ingubbiatura  rossastra,  ciascuno  su  alto  piede  tronco  conico,  con  solchi  concentrici 
presso  l'orlo  e  coppia  di  forellini  tondi  per  appendere.  Alt.  mass.  m.  0,13,  minima  0,11  ; 
diam.  mass.  0,225,  minimo  0,185. 

Bronzo. 

Anellino  di  filo  tondo  di  bronzo  (d'am.  mm.  20)  rinvenuto  presso  la  testa  del 
cadavere. 

Ferro. 

N.  3  cuspidi  di  lancia,  a  lama  bitagliente,  e  foglia  di  olivo,  e  codolo  a  cannula.  Alt. 
m.   0,28-0,22-0,17. 

Tomba  Vili  (a  fossa).  La  fossa  rettangolare  era  orientata  da  est  a  ovest,  con 
loculo  di  forma  rotondeggiante,  ricavato  sulla  parete  sud.  La  tomba,  a  m.  1,50,  dal  piano 
di  campagna,  era  lunga  m.  2,30,  larga  m.  1.  L'altezza  del  banco  tufaceo  era  qui  di  m.  0,70. 
Nel  loculo  largo  m.  0,80,  con  una  profondità  di  m.  0,90,  si  trovarono  gli  oggetti  seguenti  : 

Terracotta. 

Hólmos  d'impasto,  a  ingubbiatura  nerastra,  con  cratere  a  imbuto,  bulla  sfe- 
roidale e  piede  panciuto  ovoide,  con  decorazioni  geometriche  graffite.  Sopra  la  bulla 
sono  eseguite  delle  palmette  cipriote,  rozzamente  stilizzate,  al  di  sopra  di  una  fascia  con- 
tinua, composta  di  una  linea  ondulata  fra  due  diritte.  Sul  piede,  al  di  sopra  di  una  fascia 
simile,  sono  eseguiti  due  cavalli  alati  stilizzati,  marcianti  al  passo  verso  destra,  con  pro- 
tomi di  caproni  fra  le  zampe  ed  altri  motivi  geometrici,  simboleggianti  forse  elementi  ve- 
getali. Un'altra  protome  equina  è  visibile  sopra  la  groppa  di  ciascun  cavallo.  Sistema  com- 
plicato di  volute  e  palmette  cipriote,  verticalmente  sovrapposte  negli  intervalli  tra  le 
figure  equine.  Alt.  m.  0,53  ;  diam.  dell'orlo  0,29. 

Déinos  d'impasto  simile,  con  orlo  svasato  e  decorazione  graffita  intorno  alla  pancia. 
Tale  decorazione  consta  di  tre  cavalli  marcianti  verso  destra,  con  protomi  di  caproni 
sopra  le  zampe  e  uccelli  volanti  sopra  la  groppa.  Tra  un  cavallo  e  l'altro  si  vede  ripe- 
tuto due  volte  il  noto  sistema  complicato  di  volute  e  palmette.  Alt.  m.  0,28  ;  diam.  del- 
l'orlo 0,18. 

Olla  a  ingubbiatura  rossa,  a  pancia  sferoidale,  con  anse  a  bastoncello,  obliquamente 
disposte.  Alt.  m.  0,28;  diam.  dell'orlo  0,165. 


U1VITELLA    S.    PAOLO  —    120    —  KKGIONE   VII. 

Snella  oinoehóe  di  argilla  pallida,  a  bocca  trilobata,  decorata  in  color  marrone  e  ros- 
sastro nello  stile  della  ceramica  corinzia,  con  motivi  geometrici  semplici,  consistenti 
in  fasce  orizzontali,  linee  ondulate,  rosette,  denti  di  lupo.  Intorno  alla  pancia  corre  una 
tripla  fila  di  semicerchi  doppi,  eseguiti  col  compasso,  disposti  a  squame,  rosse  e  brune 
alternate.  Alt.  m.  0,24. 

N.  2  piccole  oinochóii  d'impasto  nerastro,  con  ansa  a  bastoncello  e  bocca  trilobata, 
con  motivi  geometrici  graffiti  intorno  al  collo  e  alla  pancia  (linee  diritte  e  ondulate,  spirali 
continue,  denti  di  lupo).  Alt.  m.  0,11. 

Attingitoio  con  ansa  a  bastoncello  e  semplici  motivi  geometrici  graffiti  sul  collo. 
Alt.  mm.  92. 

Piccolo  karché  ion  d' impasto,  a  ingubbiatura  nera  lucente,  con  anse  a  bastoncello 
ed  apofisi:  cavalli  stilizzati,  graffiti  tra  le  anse.  Alt.  m.  0,019;  diam.  dell'orlo  0,06. 

Tazza  profonda  d'impasto,  ingubbiata  e.  s.,  con  alto  orlo,  solcato  all'intorno  oriz- 
zontalmente, e  basso  piede.  Alt.  m.  0,09  ;  diam.  0,14. 

N.  2  piatti  a  ingubbiatura  nerastra,  su  piede  a  imbuto,  con  una  fila  di  palmette 
cipriote,  graffite  intorno,  sull'orlo.  Alt.  m.  0,08  ;  diam.  0,175. 

Varie. 

Oggetti  minori  si  rinvennero  sparsi  presso  la  testa  del  cadavere,  e  cioè  cinque 
fibulette  a  filo  arcuato  di  bronzo,  di  cui  due  intere  e  tre  frammentarie,  di  varia  grandezza 
(lunghezza  mm.  45-5  ;  diam.  dell'arco,  mm.  15-25),  e  due  piccoli  acini  di  collana  in  pasta 
vitrea  azzurrognola. 

Tomba  IX  (a  fossa).  Della  tomba  non  fu  dato  di  rinvenire,  a  m.  2  circa  dal 
piano  di  campagna,  altro  che  il  loculo  semicircolare,  largo  m.  0,80,  profondo  0,60,  aperto 
sulla  parete  ovest  del  tramite  della  tomba  XII,  a  camera,  la  fossa  relativa  essendo  andata 
evidentemente  distrutta  nello  scavare  la  tomba  a  camera.  Il  loculo  era  chiuso  da 
blocchi  di  tufo  irregolari  e  conteneva  pochi  oggetti. 

Terracotta. 

Frammenti  di  hólmos  del  tipo  dei  precedenti,  d'impasto  rossastro,  con  ingubbia- 
tura bianca  e  decorazione  sovrapposta  in  color  rosso,  composta  di  motivi  geometrici  e 
cavalli  alati,  schematicamente  eseguiti,  in  marcia  verso  destra.  Treccia  continua,  dipinta 
intorno  all'orlo  del  piede. 

Déinos  frammentario,  con  ingubbiatura  e  decorazione  simile  ;  treccia  continua  sotto 
l'orlo  svasato. 

Tazza  d'impasto,  a  ingubbiatura  nerastra,  su  alto  piede  tronco-conico,  con  doppi 
semicerchi  intersecantisi,  graffiti  esternamente  all'orlo  in  frammenti.  Alt.  m.  0,145. 

Tazza  simile,  frammentaria,  con  quattro  anse  orizzontali  a  bastoncello,  e  piede  com- 
posto di  quattro  bastoncelli  a  ponticello,  graffiti,  verticalmente  disposti  alla  sommità  del 
piede  tronco-conico.  Triangoli  graffiti  ciascuno  sormontato  da  un  trifoglio  intorno 
all'orlo.  Alt.  m.  0,14  circa. 


RAGIONE   VII.  —    121     —  CIVITELLA   8.    PAOLO 

Ciotola  d'impasto  a  ingubbiatura  nera,  a  fondo  piano  e  largo  orlo  piatto.  Al- 
tezza ni.  0,06  ;  diam.  0,11. 

Ferro. 

Tre  cuspidi  di  lancia  a  foglia  di  olivo,  con  codolo  a  cannula,  lunghe  m.  0,22-0,17-0,12. 

Due  pugnali  senza  manico,  lunghi  il  primo  m.  0,25,  l'altro  m.  0,185,  chiusi  forza- 
tamente ambedue  entro  la  stessa  guaina,  la  quale,  risultando  da  una  lamina  di  ferro 
opportunamente  ripiegata,  offre  la  testimonianza  della  forzata  introduzione  delle  due 
lame,  per  via  di  una  larga  apertura  verificatasi  lungo  la  linee  di  giunzione  dei  bordi. 

Tomba  X  (a  camera).  A  circa  m.  12  di  distanza  a  ovest  della  tomba  IX,  si  rin- 
venne, alla  profondità  di  m.  1,40  dal  piano  di  campagna  una  modesta  grotticella  rica- 
vata nel  tufo  ad  uso  di  camera  funeraria,  di  forma  rettangolare  (dimensioni  m.  2  X  0,70), 
con  unico  loculo  (m.  1,90  X  0,78)  ricavato  sulla  parete  di  fondo  convessa,  all'altezza  di 
m.  0,30  dal  piano  della  grotta.  Questa,  dal  soffitto  caduto,  presentava  l'ingresso  ad  est 
largo  poco  più  di  un  metro,  con  alcuni  dei  blocchi  informi  di  chiusura,  ancora  a  posto. 
Fra  la  terra  che  riempiva  il  vano  della  tomba,  si  rinvennero  gli  oggetti  seguenti  : 

Terracotta. 

X.  3  piccole  lekythoi  corinzie  di  argilla  pallida,  con  decorazione  rossastra  a  fasce 
orizzontali  e  gocce  a  raggiera  sul  piede  e  sul  collo.  Alt.  m.  0,10  e  0,08. 

Slànu.o:  di  argilla  pallida,  con  piccole  anse  oblique  a  ciambella  presso  l'orlo  e 
decorazione  a  semplici  fasce  scure.  Alt.  m.  0,17  ;  diam.  della  bocca  m.  0,08. 

Kylix  a  pareti  sottili  di  bucchero  su  basso  piede,  con  rigature  orizzontali  e  ventagli 
punteggiati  impressi  all'esterno.  Alt.  m.  0,05  ;  diam.  0,15. 

KànUuiros  di  bucchero  a  basso  piede,  con  anse  verticali,  parte  a  nastro  parte  a 
bastoncello.  Alt.  m.  0,15. 

Piccola  oinochóe  d'impasto  nerastro,  a  collo  tronco-conico  e  bocca  triloba,  con  ansa 
binata  a  bastoncello.  Sul  collo  e  sulla  pancia  motivi  geometrici  graffiti,  e  cioè  file  di  semi- 
cerchi intrecciati,  linee  spezzate  e  denti  di  lupo.  Alt.  m.  0,14. 

Tazza  profonda,  a  ingubbiatura  color  marrone  su  piede  tronco  conico,  con  solchi  cir- 
colari intorno  all'orlo  ;  due  forellini  tondi  presso  l'orlo.  Alt.  m.  0,082  ;  diam.  0,14. 

Tazza  simile,  graffita  intorno  all'orlo  con  semicerchi  intersecantisi,  ritorti  a  uncino 
alle  estremità.  Alt.  m.  0,13  ;  diam.  0,15. 

Tazza  simile,  decorata  intorno  all'orto  da  due  file  di  denti  di  lupo,  parte  dei  quali 
incavati,  parte  a  rilievo.  Alt.  m.  0,125  ;  diam.  0,12. 

Tazzina  di  bucchero  a  pareti  sottili  su  basso  piede,  con  anse  orizzontali  a  bastoncello. 
Intorno  all'orlo  motivi  geometrici  graffiti,  consistenti  in  spirali,  denti  di  lupo  e  piccole 
volute.  Alt.  m.  0,07. 

X.  5  piatti  d'impasto  a  ingubbiatura  nerastra,  su  piede  tronco-conico.  Tutti  portano 
sull'orlo  una  sere  continua  di  palmette  di  tipo  ciprioto,  graffite,  e  due  forellini.  Alt.  m.  0,8; 
diam.  mass.  0,19. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  16 


CIVITELLA    S.    PAOLO  —    122    —  REGIONE    VII. 

Frammento  di  karchésiin  d'impasto  scuro  insubbiato,  con  traccia  di  decorazione 
granita  ed  ansa  a  bastoncello  sormontata  da  testa  di  animale,  con  occhi  ed  altri  particolari 
graffiti.  Alt.  m.  0,095. 

Piatto  d'impasto  a  ingubbiatura  rossastra,  con  due  forellini  presso  l'orlo  e  decora- 
zione in  color  bianco  applicato,  consistente  in  cerchi  concentrici  all'interno  e  motivi  di 
difficile  interpretazione,  forse  animali,  all'esterno.  Diam.  m.  0,23. 

Due  tazze  d'impasto  a  ingubbiatura  nerastra,  su  alto  piede  tronco-conico,  decorate 
esternamente  da  una  fila  di  palmette  cipriote.  Alt.  m.  0,11-0,08  ;  diam.  0,13. 

Fuseruola  tronco  conica  d'impasto  scuro,  verticalmente  striata. 

Bronzo. 

Pendaglio  composto  di  tre  anelli  di  filo  tondo  di  bronzo  a  tortiglione,  di  vario 
diametro,  in  modo  da  essere  contenuti  uno  nell'altro,  tenuti  insieme  uniti  da  una 
fascetta  di  lamina  di  bronzo.  Diam.  degli  anelli  cm.  8,  7,  5. 

Altro  pendaglio  affatto  simile.  Diam.  degli  anelli,  cm.  10,  9,  8. 
I  detti  pendagli  si  rinvennero  presso  la  testa  del  cadavere,  a  sinistra.  A  destra, 
inoltre,  frammisti  alle  ossa  del  cadavere,  i  seguenti  oggetti  : 

Due  pendaglietti  a  bulla,  di  cui  uno  a  bulla  tonda,  l'altro  a  bulla  semicircolare. 
Un'armilla  di  filo  tondo  di  bronzo,  del  diam.  di  cm.  8. 
Altre  due  armille  grosse  di  lamina,  vuote  internamente,  del  diam.  di  cm.  10. 
N.  8  fibulette  del  tipo  noto,  frammentate,  una  delle  quali  porta  inseriti  due  anellini 
di  filo  tondo  di  bronzo. 

Tomba  XI  (a  fossa).  A  circa  m.  5  ad  ovest  della  tomba  IV  e  alla  profondità  di 
m.  1,50,  era  un'altra  tomba  a  fossa  orientata  da  est  a  ovest,  con  loculo  semicircolare,  a 
fornetto,  ben  conservato,  ricavato  nel  centro  delle  parete  nord  e  chiuso  da  blocchi  informi 
di  tufo.  Dimensioni  del  loculo,  ni.  0,80  di  larghezza  e  m.  0,90  di  profondità  ;  dimensioni 
dell'apertura  arcuata  irregolare,  m.  0,40  di  larghezza  e  0,65  di  altezza.  La  tomba 
essendo  stata  spogliata,  non  si  rinvennero  che  miseri  resti  della  suppellettile  in  un 
angolo  della  fossa,  e  cioè  un  bottone  conico  di  presa  di  coperchio,  d'impasto  scuro,  con 
graffito  a  raggiera,  forse  appartenuto  ad  un  manico  (alt.  cm.  4),  due  cuspidi  di  lancia 
di  ferro,  a  lama  triangolare,  con  codolo  a  cannula  (alt.  cm.  23  e  21). 

Tomba  XII  (a  camera).  A  nord  della  tomba  IX,  con  vano  d'ingresso  a  sud,  alto 
m.  1,20,  largo  m.  0,60,  chiuso  ancora  in  parte  da  blocchi  di  tufo,  a  corridoio  esterno  largo 
m.  1  circa.  Il  piano  della  camera  era  a  m.  3  circa  dal  piano  di  campagna.  La  camera 
stessa,  di  forma  rettangolare,  misurava  m.  1,83  in  larghezza  e  m.  2,23  in  lunghezza  ; 
essa  era  alta  m.  1,65. 

Sulla  parete  destra  della  camera  erano  due  loculi  sovrapposti,  il  più  elevato  lungo 
m.  1,90,  alto  e  profondo  0,64,  mentre  l'inferiore  misurava  m.  1,80  X  0,35  X  0,60.  Un 
altro  loculo  sulla  parete  di  fondo  misura  m.  2,10  X  0,60  X  0,70.  Sulla  parete  sinistra, 
infine,  un  loculo  di  m.  1,73  X  0,58  X  0,60.  Sui  bordi  di  quest'ultimo  era  tuttora  chia- 
ramente visibile  il  gradino  ricavato  per  l'impostazione  delle  tegole  di  copertura. 


REGIONE    VII.  —    123    —  CIVITELLA    S.    PAOLO 

La  tomba  ora  stata  da  tempo  saccheggiate  e  spogliata.  Fra  la  terra  si  rinvenne  solo 
un  orcioletto  a  vernice  bruna,  con  ansa  verticale  nastriforme  ad  anello  (alt.  cm.  8),  e  un 
anello  digitale  di  verga  di  bronzo,  a  sezione  semicircolare  (diam.  mm.  201. 

Tomba  XIII  (a  fossa),  alla  distanza  di  m.  4  circa  dalla  tomba  X,  lato  ovest. 
La  tomba,  alla  profondità  di  m.  1  dal  piano  di  campagna,  orientata  da  est  a  ovest,  misu- 
rava ni.  2.85  di  lunghezza  e  m.  1,20  di  larghezza,  scavata  per  la  profondità  di  m.  0,50 
nel  banco  tufaceo.  Sulla  parete  nord  della  fossa  loculo  rettangolare  di  m.  1,35  X  0.70. 
H  cadavere  aveva  la  testa  ad  ovest. 

A  contatto  della  scapola  sinistra  si  rinvennero  i  seguenti  oggetti  di  bronzo  : 

N.  3  anelli  a  tortiglione  del  diam.  di  cm.  11  (parte  di  pettorale). 

Frammenti  di  catenella  ad  anellini  circolari,  con  lunghi  pendagli  piriformi,  inter- 
namente vuoti. 

Maniglia  di  cassettina,  due  volte  ritorta  ad  angolo  retto  e  tornita  al  centro,  larga 
mm.  45. 

A  contatto  della  scapola  destra: 

X.  19  fìbulette  del  tipo  descritto  e  di  varia  grandezza,  la  massima  parte  in  fram- 
mento :  talune  portano  lungo  l'arco  ingrossato  al  centro,  munito  di  bottoni  laterali 
e  vuoto  internamente,  dei  forellini  rotondi  nei  quali  erano  già  inseriti  bottoni  di  am- 
bra (lunghezza  mass,  dell'ardiglione  mm.  75). 

Inoltre  una  fuseruola  biconica  liscia,  d'impasto  scuro. 
Dietro  la  testa  del  cadavere  erano  due  grossi  pendagli,  composti  di  gruppi  di  anelli 
a  tortiglione,  di  varia  grandezza,  compresi  l'uno  dentro  l'altro  e  stretti  da  fascette  di 
lamina  di  bronzo.  I  due  gruppi  constano  l'uno  di  otto  anelli,  l'altro  di  7,  del  diametro 
massimo  di  cm.  10,  minimo  di  cm.  3.  Il  secondo  gruppo  è  stretto  da  una  doppia 
fascetta,  sulla  cui  superficie  sono  rimaste  impresse  da  un  lato  le  trame  del  tessuto  che 
rivestiva  il  cadavere. 

Entro  il  loculo  largo  m.  1,30,  profondo  m.  0,60,  chiuso  anteriormente  da  blocchi 
informi  di  tufo,  si  rinvennero  gli  oggetti  appresso  descritti: 

Terracotta. 

Tazza  d'impasto  scuro,  su  alto  piede  a  gambo  tornito,  con  orlo  piano  sul  quale 
sono  rozzamente  graffite  due  file  di  denti  di  lupo.  Alt.  cm.  11  ;  diam.  dell'orlo  mm.  95. 

Tazza  d'impasto  rossastro  su  piede  imbutiforme,  con  due  anse  orizzontali  ed  apo- 
fisi  alla  base  dell'orlo.  Alt.  cm.  10. 

Phiàle  d'impasto  scuro,  baccellata,  con  orlo  svasato.  Alt.  cm.  6;  diam.  cm.  15. 

Skypìio.'  d'impasto  scuro,  con  doppia  ansa  orizzontale  a  bastoncello  e  motivi  geo- 
metrici graffiti  sul  corpo,  con  animali  stilizzati  dell'apparenza  di  volatili.  Alt.  mm.  75  ; 
diam.  mm.  80. 

Tazza  d'impasto  scuro  su  piede  imbutiforme,  con  quattro  anse  orizzontali  a 
bastoncello.  Nell'interno  della  coppa  si  trovano  cementate  da  concrezioni  calcaree  due 
rocchetti  di  terracotta,  alti  ciascuno  cm.  6.  Alt.  della  tazza  cm.  11  ;  diam.  cm.  12. 


C1V1  IELLA    ?.    PAOLO  —    124    —  REGIONE    VII. 


Ossuario  biconico  di  tipo  villanoviano,  d'impasto  scuro,  con  anse  orizzontali  a 
ponticello.  Sul  collo  è  dipinta  verticalmente  in  color  rosso  sbiadito  una  fila  di  denti 
di  lupo  e  negli  intervalli  scacchiere  di  piccoli  rombi.  Sulla  pancia  una  fascia  composta 
di  segmenti  incrociati,  ed  un'altra  più  piccola  di  denti  di  lupo.  Nello  spazio  intermedio 
rosoni  composti  di  cerchi  concentrici  riuniti  tre  a  tre.  Alt.  mm.  345  ;  diam.  dell'orlo 
svasato  cm.  14. 

Coperchio  d'impasto  scuro  a  calotta,  con  bottone  di  presa  frammentato.  Alt. 
cm.  8  ;  diam.  cm   16. 

Bronzo. 

facile  di  lamina  a  calotta  liscia,  con  orle  ritorto  esternamente  e  decorato  da  una 
fila  di  bulloni  sbalzati.  Alt.  cm.  9  ;  diam.  22. 

Tomba  XIV  (a  fossa).  La  tomba,  rinvenuta  alla  profondità  di  m.  1,40  dal  piano 
di  campagna,  orientata  da  est  a  ovest,  era  lunga  m.  2,55,  larga  m.  1,30.  Sulla  parete  nord 
della  fossa  era  ricavato  un  loculo  rettangolare,  di  ni.  1,20  X  1,30,  chiuso  in  origine  da 
blocchi  di  arenaria. 

Così  nella  fossa  come  nel  loculo,  già  depredato,  non  si  rinvennero  che  scarsi  e  tra- 
scurabili frammenti  di  vasi  d'impasto  scuro. 

Tomba  XV  (a  camera).  Di  forma  trapezoidale,  misurando  m.  2,20  in  lunghezza, 
per  m.  2,60  sulla  parete  di  fondo  e  m.  2,45  sulla  parete  d'ingresso,  alla  profondità  di 
m.  2,50  dal  piano  di  campagna.  La  volta  della  camera,  pur  essendo  franata,  potè  calcolarsi 
all'altezza  di  m.  1,80  dal  piano  della  tomba.  Il  vano  d'ingresso,  a  sud,, largo  ni.  0,75,  era 
chiuso  da  grossi  blocchi  di  tufo.  Due  loculi  sono  ricavati  su  ciascuna  delle  pareti  late- 
rali, uno  sulla  parete  di  fondo.  Lunghezza  dei  primi,  m.  1,90,  altezza  m.  0,60  ;  lun- 
ghezza dell'altro  ni.  1,80  ;  altezza  0,70. 

Nell'interno  della  camera,  tra  il  materiale  della  tomba  franata,  si  rinvennero  i  se- 
guenti oggetti  : 

Karchésion  d'impasto  scuro,  con  anse  a  nastro,  rastremate  in  alto  a  bastoncello 
e  sormontate  da  un  bottone,  con  apófisi  alla  base  dell'orlo.  Alt.  m.  0,14  ;  diam.  0,105. 

Idem,  con  anse  prive  di  bottone.  Alt.  ni.  0,08  ;  diam.  0,65. 

Cuspide  di  lancia  in  ferro,  munita  di  codolo.  Lunghezza  m.  0,23. 

Iniziati  a  poca  distanza  dalla  tomba  precedente  i  lavori  per  la  scoperta  di  un  am- 
pio corridoio  d'ingresso  di  una  tomba  a  camera,  si  rinvenne  anzitutto  presso  il  lato  si- 
nistro del  corridoio  un  resto  di  muro,  lungo  m.  3,14,  largo  1,14,  avanzo  quasi  informe 
di  una  costruzione  che  sembra  aver  avuto  qualche  rapporto  con  la  tomba.  Si  tratta  di 
una  fila  di  blocchi  parallelepipedi  di  tufo,  alti  da  terra  m.  0,60,  lunghi  da  m.  1,30  a 
m.  1,75,  larghi  da  ni.  0,53  a  m.  0,60.  Dalla  presenza  di  due  soli  blocchi  parallelepipedi  ap- 
partenenti alla  fila  superiore,  si  arguisce  che  il  muro  era  composto  di  blocchi  disposti 
per  testa  e  per  lungo,  a  filari  alternati.  Fu  qui  constatato,  inoltre,  ciò  che  già  altre  volte 
nell'esplorazione  di  questo  tratto  della  necropoli  era  stato  facile  constatare,  e  cioè  che 
l'escavazione  delle  camere  di  seppellimento,  con  i  relativi  corridoi  di  accesso,  aveva  avuto 


REGIONE    VII.  125    —  CIVITELLA    S.    PAOLO 


per  effetto  assai  spesso  di  distruggere  anteriori  seppellimenti  di  forma  più  semplice,  si- 
tuati a  una  molto  minore  profondità  dal  piano  di  campagna.  Alla  profondità  di  circa 
m.  2  dal  piano  suddetto  si  rinvennero  così  due  loculi  di  altrettante  tombe  a  fossa  distrutte, 
ricavati  nella  roccia  tufacea,  con  apertura  a  sud.  I  loculi,  che  indicheremo  coi  nn.  delle 
tombe  XVI  e  XVII,  erano  a  pianta  semicircolare,  chiusi  da  pezzi  di  tufo  irregolari. 

Tomba  XVI  (a  fossa).  Loculo  rinvenuto  alla  distanza  di  circa  m.  6  dall'ingresso 
della  tomba  XII  (lato  ovest).  Larghezza  del  loculo,  m.  0,90  ;  profondità  0,80.  Nell'in- 
terno del  loculo  si  rinvenne  quanto  segue  : 

Terracotta. 

Olla  d'impasto  liscia,  con  quattro  apofìsi  poco  al  di  sotto  del  collo  svasato. 
Alt.  m.  0,18  ;  diam.  dell'orlo  0,12.  r 

Anforetta  d'impasto  scuro  ingubbiata,  con  anse  verticali  a  nastro  e  quattro  gruppi 
di  cerchi  concentrici,  graffiti  rozzamente  sul  corpo.  Alt.  0,12  ;  diam.  dell'oro  svasato  0,06. 

Anforetta  simile,  portante  due  volte  graffita  sul  corpo  la  doppia  spirale,  oltre  a  linee 
graffite,  combinate  in  modo  da  formare  denti  di  lupo.  Alt.  0,1 1  ;  diam.  mm.  0,06. 

Tazzina  d'impasto  scuro  su  basso  piede,  con  alto  or^t  svasato  e  grandi  anse  oriz- 
zontali a  bastoncello  ;  corpo  panciuto,  verticalmente  striato.  Alt.  0,075  :   diam.  0,09. 

Altra  simile  su  alto  piede,  con  due  forellini  tondi  presso  l'orlo  e  solchi  orizzontali 
esternamente  all'orlo.  Alt.  mm.  120;  diam.  140. 

Altra  simile  ad  orlo  liscio.  Alt.  0,11  ;  diam.  0,15. 

N.  3  piatti  d'impasto  scuro  su  alto  piede,  due  dei  quali  in  frammenti,  con  palmette 
cipriote  graffite  sull'orlo.  Alt.  0,08;  diam.  0,20. 

Olletta  sferoidale  d'impasto,  con  striature  verticali  sulla  pancia  ed  anse  orizzon- 
tali a  bastoncello  :  in  frammenti. 
„        Olletta  simile  più  snella,  con  alto  collo,  anse  verticali  a  nastro,  e  apofìsi  alla  base  del 
collo,  alternate  a  gruppi  di  linee  brevi,  parallele,  graffite.  Alt.  0,11  :  diam.  dell'orlo,  0,10. 

Altra  simile,  priva  di  graffiti.  Alt.  0,10  ;  diam.  0,095. 

Piccola  olpé  biconica,  con  ansa  a  doppio  bastoncello,  e  spirale  continua,  graffita  pa- 
rallelamente all'orlo.  Alt  0,10. 

Oinodìóv  d'impasto,  a  corpo  sferoidale,  alto  collo  tronco  conico  e  bocca  trilobata, 
con  ansa  verticale  a  bastoncello.  Alla  base  del  collo  fila  di  palmette  cipriote  graffite  : 
sulla  spalla  fila  di  denti  di  lupo,  riempiti  da  linee  graffite.  Alt.  0,25. 

Piombo. 

Grappa  di  piombo,  impiegata  forse  per  restauro  di  vaso,  costituita  da  due  ver- 
ghette  a  sezione  semicircolare,  insieme  riunite  da  due  sbarrette  cilindriche.  Lun- 
ghezza mm.  0,095;  distanza  fra  le  sbarre  0,048. 

Tomba  XVII  (a  fossa).  Loculo  a  volta  franata,  rinvenuto  alla  distanza  di  in.  2 
dal  primo  ;  lungo  m.  1,70,  largo  in.  1 ,  con  apertura  della  larghezza  di  in.  0,75,  chiusa  da 
un  blocco  parallelepipedo  di  tufo  sopra  uno  dei  lati  lunghi. 


CIVITELLA    S.    PAOLO  —    126    —  REGIONE   VII. 


Entro  il  loculo  si  rinvennero  gli  oggetti  appresso  descritti. 

Karchésion  d'impasto  scuro,,  con  anse  verticali  a  bastoncello  incrociate.  Cordone 
circolare  e  apófisi  alla  base  delle  anse.  Grandi  palmette  cipriote  graffite  nel  campo  tra 
le  anse  e  linea  spirale,  continua,  alla  base  delle  anse.  Alt.  m.  0,16"):  diam.  0,115. 

Piatto  d'impasto,  graffito  superiormente  all'orlo  da  una  fila  continua  di  palmette 
cipriote.  Alt,  0,08. 

N.  2  piatti  d'impasto  a  ingubbiatura  rossastra,  con  motivi  ornamentali  animali, 
tratteggiati  in  bianco  sul  rovescio  dell'orlo.  Alt.  0,05:  diam.  0,22. 

Tazza  d'impasto  su  basso  piede,  decorata  da  solchi  orizzontali,  con  due  forellini 
tondi  presso  l'orlo.  Alt.  0,03. 

Tazza  simile,  su  alto  piede,  decorata  esternamente  da  una  fila  di  palmette  cipriote 
graffite.  Alt.  0,075. 

Piccola  olpé  d'impasto  scuro,  con  alto  collo  ed  ansa  verticale  a  nastro.  Alt,  0,013. 

Sfàmnos  sferoidale  d'impasto  a  ingubbiatura  rossastra,  con  orlo  diritto  e  piede  cor- 
donato. Alla  base  del  collo  è  graffita  una  fila  di  denti  di  lupo  e  tra  le  anse  due  cavalli 
al  pascolo,  schematicamente  eseguiti.  Alt.  0,15. 

Piccolo  s'àmno-  con  orecchiette  munite  ciascuna  di  due  forellini,  graffito  intorno 
alla  spalla  da  una  fila  di  denti  di  lupo  e  intorno  alla  pancia  da  linee  oblique  parallele, 
chiuse  entro  fascia.  Alt.  0,12. 

Frammenti  di  altri  vasi  d'impasto  di  grandi  dimensioni  (déinoi,  olle),  con  cavalli  e 
motivi  geometrici  vari,  graffiti.  Sopra  un  frammento  si  notano  dei  cavalli  dal  collo  ser- 
pentino, con  la  testa  disegnata  di  fronte. 

Tomba  XVITI  (a  fossa).  A  circa  m.  6  di  distanza  dalla  tomba  IV,  a  sud-est, 
si  rinvenne  alla  profondità  di  in.  2  dal  piano  di  campagna,  una  tomba  a  fossa,  della  lun- 
ghezza di  m.  2,  larga  e  profonda  nel  tufo  ni.  1,  orientata  da  est  a  ovest.  Sulla  parete 
ovest  era  ricavato  un  loculo  semicircolare,  a  forno,  largo  m.  1,60,  profondo  m.  I,  alto 
m.  0,80,  con  apertura  della  larghezza  di  un  metro.  I  massi  di  tufo  che  già  ne  avevano 
costituito  la  chiusura,  furono  rinvenuti  in  un  angolo  del  loculo. 

la  fossa  si  rinvenne  completamente  vuota.  Neil' interno  del  loculo  si  trovarono, 
oltre  avanzi  delle  ossa  del  cadavere,  gli  oggetti  seguenti: 

Terracotta. 

Hólmos  d'impasto  liscio,  a  ingubbiatura  rossastra  (in  frammenti). 

Olla  o  (léinos  e,  s.,  in  frammenti. 

Tazza  d'impasto  a  ingubbiatura  nerastra,  già  montata  su  alto  piede,  cori  solchi  oriz- 
zontali esternamente  all'orlo.  Diam.  0,14. 

N.  2  piatti  d'impasto  su  alto  piede,  con  due  forellini  presso  l'orlo.  Alt.  0, 1 2  ;  diam.  0,17. 

Altre  2  simili,  su  basso  piede,  con  tracce  di  decorazione  in  color  bianco,  a  motivi 
animali,  sul  rovescio  dell'orlo.  Alt.  0,45;  diam.  0,121. 

Bronzo. 
Armilla  di  filo  tondo,  con  due  forellini  alle  estremità  appiattite,  già  attraversati 
da  un  bottoncino.  Diam.  0,06. 


REGIONE    VII.  —    127    —  CIVITELLA    S.    PAOLO 

Tomba  XIX  (a  camera).  Rinvenuta  quasi  a  fior  di  terra,  a  circa  m.  7  a  sud-est 
della  tomba  XV.  La  tomba,  semidistrutta,  era  orientata  da  est  a  ovest,  lunga  m.  1,40, 
larga  0,90.  Il  vano  d'ingresso,  a  sud,  era  largo  m.  0,70.  chiuso  da  un  blocco  irrego- 
lare di  tufo.  Unico  loculo  della  tomba  era  quello  praticato  sulla  parete  di  fondo,  cur- 
vDinea. 

Tuttora  giacenti  sul  loculo,  furono  rinvenuti  i  seguenti  oggetti,  in  cattivo  stato 
di  conservazione. 

Oinochóe  d'impasto,  a  pancia  ovoidale,  collo  tronco  conico  ed  orlo  svasato,  con 
ansa  verticale  a  bastoncello.  Alt.  m.  0,23. 

Altra  simile  frammentaria,  con  ansa  a  nastro  ;  linee  orizzontali  e  file  di  denti  di  lupo 
graffite  intorno  alla  pancia. 

Olletta  d'impasto  scuro,  a  pancia  sferoidale,  senz'anse. 

N.  2  tazze  d'impasto,  a  ingubbiatura  nerastra,  su  basso  piede,  con  solchi  orizzon- 
tali esternamente  all'orlo,  al  termine  del  quale  si  trovano  due  forellini  tondi.  Alt. 
mm.  100  e  130  ;  diam.  0,15. 

Skyphos  frammentario,  d'impasto  scuro  ingubbiato,  con  anse  a  ciambella  ;  treccia 
continua  granita  esternamente  all'orlo  e  striature  verticali  sul  corpo. 

Piatto  d'impasto  scuro,  a  ingubbiatura  rossastra  su  basso  piede,  con  due  forellini 
tondi  presso  l'orlo.  Alt.  0,045  ;  diam.  0,21. 

Frammenti  vari  di  vasi  d'impasto,  con  graffiti  geometrici  ;  e  di  argilla  chiara,  con 
decorazioni  lineari  rossastre. 

R.  4  rocchetti  d'impasto,  alti  5  e  6  centimetri. 

Tomba  XX  (a  camera).  Situata  a  circa  m.  4  ad  ovest  della  tomba  XVI.  La 
tomba  è  la  più  grande  e  di  struttura  la  più  complessa  di  tutte  le  precedenti.  L'importanza 
che  dovettero  ammettervi  i  suoi  costruttori,  fu  chiaramente  testimoniata  dalla  presenza 
constatata,  di  muri  imponenti,  messi  quali  fiancate  di  protezione  del  corridoio  di  accesso. 
A  destra  e  a  sinistra  del  corridoio,  a  un  livello  superiore  alla  volta  dell'ipogeo,  il  muro, 
già  altrove  descritto  (pag.  124),  era  costituito  da  blocchi  parallelepipedi  di  tufo,  disposti 
per  testa  e  per  lungo,  uniti  con  calce  e  conservati  soltanto  negli  strati  inferiori.  A  nord, 
tra  i  due  muri  a  blocchi,  un  muro  di  opera  incerta,  lungo  m.  4,60,  spesso  0,40,  alto  m.  2, 
a  metà  del  quale  si  riscontrò  una  breccia  praticata  certo  dai  primi  spogliatori  della  tomba, 
per  accedere  all'estradosso  dell'ipogeo,  dove  si  constatò  un  secondo  foro,  praticato  allo 
scopo. 

La  tomba,  a  più  camere  (fig.  4),  si  svolge  in  senso  longitudinale  da  sud  a  nord,  con 
tramite  largo  m.  1,40  e  vano  d'ingresso,  a  sud,  largo  m.  0,80,  alto  1,50,  il  quale  si  trovò 
ermeticamente  chiuso  da  due  blocchi  di  tufo  rozzamente  squadrati,  inzeppati  ai  lati  da 
schegge  minori.  Il  piano  dell'ipogeo  si  trovò  alla  profondità  di  m.  6  dal  piano  di  cam- 
pagna. La  planimetria  della  tomba  consta  di  un  corridoio  centrale,  lungo  m.  9,80,  con 
quattro  camerette  o  celle  laterali,  due  a  destra  e  due  a  sinistra.  Il  corridoio  centrale, 
termina  poi  in  una  cella,  la  quinta.  Ciascuna  cella,  che  si  può  considerare  di  forma  qua- 
drata, misurando  m.  2  di  lato  in  media,  presenta  un  ampio  loculo  per  inumazione  su 
ciascuna  parete  ed  ha  inoltre  un  basso  e  largo  gradino  parallelo  alla  parete  di   fondo 


l'IVITELLA    S.    I-AOLO 


—    128 


REGIONE    VII. 


(altezza  media  del  gradino,  m.  0,25  ;  larghezza  da  m.  0,55  a  0,70).  I  loculi,  di  dimensioni 

eostanti,  misurano  in  media  m.  1,90  di  lunghezza,  m.  1  di  altezza  e  0,90  di  profondità. 

Gli  oggetti  che  appresso  si  descrivono,  furono  rinvenuti  parte  nella  prima  cella  a 

destra  di  ehi  entra,  parte  nella  opposta  cella  a  sinistra,  parte  dispersi  lungo  il  corri- 


doio intermedio.  Poiché  anche  questo  ipogeo  sepolcrale,  come  gli  altri,  presenta  evidenti 
tracce  di  antica  manomissione,  assai  poco  conto  si  può  fare  dei  vari  gruppi  di  oggetti 
rinvenuti  ;  si  è  perciò  nella  descrizione  di  essi  preferito  anche  qui  l'ordinamento  per 
materia  all'ordinamento  topografico  per  sé  troppo  incerto. 

Terracotta. 

Piccolo  8k$pko9  a  vernice  nera,  con  anse  orizzontali  a  ciambella  ;  alt.  m.  0,08o  ; 
diam.  0,07ó. 

elegante  vhfypho3  di  argilla  chiara  (fig.  ò),  a  pareti  sottili,  con  anse  verticali  ad  anello, 
sormontate  da  volute.  Alt.  m.  0,11;  diam.  0,09. 

Fiasca  di  argilla  chiara,  a  corpo  schiacciato,  con  anse  sagomate,  verticali: 
alt.  ni.  0,235. 


REGIONE    VII. 


—  129  — 


CIVITELLA   S.    PAOLO 


Attingitoio  di  argilla  chiara,  con  ansa  vertical"  a  ciambella.  Alt.  ni.  0,075. 

Tazza  di  argilla  chiara,  a  pareti  sottili,  con  anse  verticali  a  nastro.  Alt.  ni.  0,05, 
diam.  0,095. 

Boccale  di  argilla  chiara,  a  corpo  sferoidale  e  beccuccio  imbutiforme,  con  ansa  ver- 
ticale a  nastro,  tre  fasce  orizzontali  a  vernice  bruna  sulla  maggior  espansione  del  corpo, 
e  motivi  geometrici  semplici  sul  collo  e  sulle  anse.  Alt.  m.  0,25. 

Altri  due  simili,  di  argilla  chiara.  Alt.  ni.  0,20  e  0,135. 


Fio.  5. 


N.  2  fiaschette  di  terracotta  rossastra  grezza,  una  a  pancia  schiacciata,  l'altra 
biconica,  ed  unica  ansa  verticale  a  nastro.  Alt.  ni.  0,11. 

Craterisco  di  terracotta  rossastra,  su  piede  ora  mancante,  con  anse  verticali  a 
nastro,  pure  mancanti.  Alt.  m.  0,11  ;  diam.  dell'orlo  0,08. 

N.  45  balsamari  fusiformi  di  argilla  chiara,  parte  frammentari.  Alt.  mass.  ni.  0,20. 
Altri  2  piccoli  balsamari,  a  corpo  piriforme  e  fondo  piano.  Alt.  ni.  0,065  e  0,08. 

X.  3  lucernette  monolycni,  di  cui  due  a  corpo  cilindrico  e  senz'anse  ;  la  terza  emi- 
sferica-, con  ansa  ad  anello  e  larga  palmetta  stampata  sul  piano  superiore,  e  cinque  cer- 
chietti impressi  sotto  la  base. 

N.  11  anfore  vinarie  a  corpo  cilindrico  e  fondo  appuntito.  Un'anfora  presenta 
impresso  alla  base  di  una  delle  anse  il  bollo  :  K  K. 

Bromo. 

Specchio  tondo,  senza  manico,  con  tracce  di  brunitura.  Diam.  m.  0,16. 
Specchio  simile,  frammentario,  con  brunitura  originaria  abbastanza  ben  conservata. 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  17 


CIVITELLA   S.    PAOLO 


130   — 


REGIONE    VII. 


N.  4  strigili  di  lamina  di  bronzo,  leggeri,  esili  ed  eleganti,  di  cui  tré  intieri  ed 
uno  frammentato.  Alt.  m.  0,21.  Uno  degli  strigili  ha  l'estremità  allungata  in  maniera, 
che  dopo  aver  formato  la  presa,  si  prolunga  su  per  il  cavo  dello  strigile  e  si  allarga  a  pal- 
metta,  per  essere  meglio  assicurato,  mediante  bolloncini  ribaditi,  al  cavo  medesimo. 
Anello  di  filo  tondo,  appiattito  e  ritorto  alle  estremità,  destinato  a  portar  infilati 
gli  strigili.  Diam.  m.  0,085. 

Due  anellini  digitali  di  bronzo,  esternamente  convessi.  Diam.  0,015. 
Altri  due  anellini  con  tracce  di  borchie,  appartenuti  ad  un  mobile.  Diam.  m.  0,015. 
Toppa  di  serratura  in  lamina  di  bronzo,  coi  bordi  superiore  e  inferiore  diritti  e  i 
bordi  laterali  incavati  internamente,  con  la  maggior  rastremazione  a  metà,  e  bolloncini 
a  testa  convessa  per  far  aderire  la  toppa  al  mobile  di  legno.  Alt.  m.  0,07  ;  larghezza  0,065. 
Al  centro  della  toppa  è  infissa  una  chiavetta  o  maniglietta  mobile,  !a  quale  per 
mezzo  di  un  asse  comune  fa  girare  sul  rovescio  della  toppa  un  lungo  indice,  le  cui  estre- 
mità appuntite  sono  visibili  dall'esterno  per  via  di  due  fori,  uno  stretto  e  rettangolare 
in  basso,  un  altro  più  largo  e  circolare  alla  sommità  della  toppa  (cfr.  sopra  oggetto 
simile  descritto  a  pag.  116). 

Maniglia  di  bronzo  fuso,  ad  estremità  ritorte  internamente,  mobile  su  cerniera, 
assicurata  ad  una  piastrina  di  lamina  cuoriforme,  con  nervatura  centrale,  terminante 
in  punta  lanceolata,  tra  due  volute.  Larghezza  della  mani- 
glia, m.  0,055  ;  della  piastrina,  m.  0,054  (la  curva  della  pia- 
strina indica  la  sagoma  del  vaso  cui  era  applicata). 

Due  anse  ritorte  di  bronzo  fuso,  munite  di  bracci  oriz- 
zontali e  sormontate  da  un  bottone,  terminanti  in  una 
piastrina  cuoriforme.  Alt.  m.  0,11. 

N.  3  anse  ritorte,  dello  stesso  tipo,  una  sola  delle  quali 
sormontata  da  un  bottone  e  terminante  in  una  piastrina 
cuoriforme.  Alt.  m.  0,12. 

Altra  ansa  fusa,  ritorta,  di  tipo  molto  più  pesante,  con 
nervatura  centrale  e  nervature  laterali,  ad  una  estremità  ter- 
minante con  bocciuolo  tra  volute,  terminante  in  punta  parte 
dall'altra;  divisa  a  metà  lunghezza  in  due  parti  distinte. 
j     Lunghezza  m.  0,125. 

Piccola  phiale,  o  patera,  di  lamina  liscia,  ad  orlo  diritto, 
intenzionalmente  ritorta  e  resa  inservibile.  Diam.  0,13  circa. 
Ago  crinale  di  sottile  filo  di  bronzo  tondo,  sagomato  in  testa  e  sormontato  da  una 

palombella.  Alt.  m.  0,19. 

Alabastro. 

Tre  balsamarì  fusiformi,  molto  corrosi,  con  lungo  collo  alquanto  rastremato  alla 
metà,  dove  nel  pezzo  stesso  è  ricavato  un  largo  disco  liscio  e  sottile.  Uno  dei  balsamari 
si  ricompleta  da  due  pezzi  lavorati  separatamente,  il  collo  e  il  beccuccio. 

Lunghezza  complessiva  di  questo,  gli  altri  essendo  frammentari,  m.  0,26. 

Anforetta  con  unica  ansa  verticale,  pancia  rigonfia  a  fondo  tondo  e  peduccio  (fig.  6) 
Alt.  min.  50, 


Fig.  6. 


REGIONE   VII.  —    131    —  OIVITELLA   S.    PAOLO 


Osso. 

Due  asticelle  di  osso,  sagomate  variamente  lungo  tutta  la  loro  estensione,  terminanti 
alle  estremità  in  un  bottone  tondo  o  piriforme. 

Ciascuna  delle  asticelle  è  composta  di  due  parti,  inserite  una  nell'altra.  All'estremità 
di  una  di  esse,  presso  la  giunzione,  è  inserito  un  bottone  tondo,  discoidale,  pure  di  osso. 
Probabilmente  si  tratta  di  fusi  per  filare.  Lunghezza  di  una  delle  asticelle  m.  0,26. 

Altre  due  asticelle  sottili,  frammentarie,  con  bottoni  discoidali  inseriti. 

Ferro. 

Strigili  vari,  e  piuttosto  grandi,  in  frammenti.  Uno  degli  strigili  era  ancora  inserito 
per  il  manico  entro  un  grande  anello  di  filo  tondo,  pure  di  ferro,  aperto,  cel  diam.  di 
m.  0,12. 

Tomba  XXI  (a  camera).  Rinvenuta  ad  est  della  tomba  V,  alla  ^istanza  di  m.  5 
circa  da  quella.  La  porta  d'ingresso  al  termine  del  corridoio  largo  m.  0,80,  era  tuttora  chiusa 
da  grossi  blocchi  di  tufo.  La  camera,  con  il  piano  alla  profondità  di  m.  6  dal  piano  di 
campagna,  era  di  forma  quadrata,  con  i  lati  di  m.  2.  La  volta  era  precipitata.  Sulle  dette 
pareti  tre  loculi,  di  cui  uno  a  destra,  uno  a  sinistra,  il  terzo  praticato  nella  parete  di  fondo. 
Lunghezza  dei  loculi,  m.  1,80,  altezza  m.  0,90,  profondità  0.82  e  0,87  e  m.  1  (loculo  della 
parete  di  fondo). 

Ossa  umane  si  trovarono  sparse  sul  piano  della  tomba.  Soltanto  dentro  il  loculo 
sinistro  si  rinvennero  degli  oggetti,  che  sono  quelli  appresso  descritti. 

Terracotta. 

Olla  di  argilla  grezza,  a  pancia  sferoidale,  orlo  a  tronco  di  cono  rovesciato,  con 
quattro  apófisi  alla  base  del  collo.  Alt.  m.  0,275,  diam.  dell'orlo  0,15. 

Altra  simile,  a  pancia  ovoidale,  con  anse  verticali  a  bastoncello.  Alt.  m.  0,265,  diam. 
dell'orlo  0,135. 

Due  anfore  vinarie,  alte  rispettivamente  m.  0,80  e  0,85,  una  delle  quali  aveva  la  bocca 
ricoperta  da  una  ciotola  a  vernice  nera  con  orlo  rientrante  (alt.  m.  0,06,  diam.  0,13),  la 
quale  presenta  graffiti  rozzamente  nell'interno  i  seguenti  caratteri  : 

M-ANTO(raws) 

Nel  fondo  interno  della  coppa,  foglia  di  edera  impressa. 

K  19  altre  ciotole  a  vernice  nera,  di  cui  la  maggiore  ha  il  diametro  di  m.  0,15,  la  mi- 
nore di  m.  0,05. 

Skyphos,  od  oxybaphon,  profondo  a  vernice  nera,  a  piede  rastremato,  con  anse  oriz- 
zontali a  ciambella.  Sul  corpo  del  vaso  sono  dipinte  in  color  bianco  applicato  delle  rozze 
palmette.  Alt.  m.  0,18,  diam.  0,045. 

v  Altro  affatto  simile.  Alt.  m.  0,15  ;  diam.  0,135. 

Altro  simile  senza  decorazione  ;  fascia  rossastra  risparmiata  in  basso.  Alt.  m.  0,165  ; 
diam.  0,120. 


C1VITELI.A    S.    PAOLO  —    132   —  RKGIONE    VII. 

Altro  simile,  in  frammenti. 

Craterisco  a  vernice  nera  lucente,  con  anse  doppie  a  ciambella  e  corridietro  dipinti 
intorno  al  collo,  fra  le  anse  (fig.  7).  Alt.  mi  0,1 1  :   diani.  0,085. 

Oinoehóe  a  vernice  nera,  a  corpo  piriforme,  ansa  verticale  a  nastro  e  alto  collo  con 
orlo  accartocciato.  Sulla  pancia  tracce  di  decorazione  in  colore  applicato.  Alt.  m.  0,235. 

Altra  simile  di  argilla  grezza.  Alt.  m.  0,22. 

Altra  simile,  a  vernice  nera  lucente,  decorata  in  colori  applicati,  con  fasce  e  ramo  a 
foglie  di  olivo  giallastre  intorno  alla  pancia,  file  di  perline  e  listello  intorno  al  collo. 
Alt.  m.  0,16. 


Fio    7. 


Coperchio  verniciato  superiormente  di  nero,  con  bottone  centrale  di  presa.  All'intorno 
decorazione  in  colori  applicati,  consistente  in  una  corona  di  foglie  di  edera  bianche  e  ro- 
sette gialle  alternate.   Diam.  0,125. 

Lékythos  ariballica  a  vernice  nera,  beccuccio  tronco-conico  ed  ansa  verticale  a  nastro. 
Alt.  m.  0,16. 

Altre  due  simili.  Alt.  m.  0,15  e  0,14. 

Boccale  di  argilla  grezza,  a  pancia  ovoidale  ed  orlo  svasato,  con  ansa  verticale  a 
nastro.  Fasce  a  vernice  bruna  intorno  alla  pancia.  Alt.  m.  0,21  ;  diam.  dell'orlo  0,09. 

Altri  due  simili,  uno  grezzo,  l'altro  a  vernice  nera  lucente.  Alt.  e.  s. 

Due  àskoi  di  argilla  rossastra,  con  pancia  alta  e  stretta,  di  forma  assai  goffa,  sormon- 
tata da  una  piccola  ansa  a  nastro.  Alt.  m.  0,14  e  0,13. 

N.  5  orciuoletti  a  vernice  nera,  con  ansa  verticale  a  bastoncello.  Alt.  da  m.  0,09 
a  m.  0,065. 

N.  5  orciuoletti  simili  di  argilla  grezza  uno  dei  quali  con  ansa  a  nastro.  Alt.  da  m.  0,11 
a  m.  0,08. 

Due  simili,  di  argilla  grezza,  senza  anse.  Alt.  m.  0,573. 

Due  goffe  lucernette  monolycni  di  argilla  rossastra,  a  corpo  cilindrico. 


RRGIONii    VÌI.  —    133   —  «VITÈLLA   S.    PAOLO 

Peso  prismatico  da  telaio,  con  largo  foro  tondo  passante  orizzontale  e  solco  incavato 
superiormente.  Alt.  m.  0,095. 

Tazzina  frammentaria  a  vernice  nera  (fig.  8),  a  pareti  sottili,  con  anse  doppie 
ritorte,  imitanti  la  tecnica  del  metallo  e  festoni  a  rilievo  intorno  alla  pancia.  Alt.  in.  0,045, 
diam.  0,10. 

Frammento  di  altra  simile,  con  elegante  decorazione  a  rilievo,  consistente  in  un 
reticolo,  tra  due  file  di  volute  continue. 

Ciotola  a  vernice  nera,  frammentaria. 

Bramo. 

Phiàle  di  lamina  di  bronzo,  a  calotta  emisferica,  con  orlo  ritorto  e  ribattuto  interna- 
mente. Alt.  0,07,  diam.  0,22. 

Piccolo  specchio  rotondo  di  lamina  sottile,  a  superficie  convessa,  brunita.  Diam.  0,103. 


Fio.  8. 

N.  3  sottili  anse  di  bronzo  serpentine  ritorte,  di  cui  una  con  piastrina  cuoriforme. 
Alt.  0,11. 

Anello  contorto  di  filo  tondo  di  bronzo,  con  estremità  assottigliate,  terminanti  in 
un  bottone. 

Piccola  borchia  convessa  di  bronzo  fuso,  vuota  internamente.  Diam.  0,033. 

Catenella  ad  anellini  tondi,  frammentaria,  con  estremità  riunite  ad  un  anellino  piatto 
di  ferro,  di  nini.  25  di  diametro. 

Ferro. 

Strigili  vari,  in  frammenti  ad  eccezione  di  uno,  assicurati  ad  un  anello  di  filo  tondo 
di  bronzo.  Lunghezza  dello  strigile  0,28,  diam.  0,09. 

Varie. 

Due  aghi  crinali  di  osso,  frammentari.  Lunghezza  dei  frammenti  0,12,  e  0,095. 
Due  valve  di  una  unica  grossa  conchiglia  (pecten). 

Tomba  XXII  (a  camera).  Rinvenuta  fra  la  tomba  XII  e  XVII,  alla  profondità 
di  m.  1,65  dal  piano  di  campagna.  Vi  si  accedeva  per  un  corridoio  della  larghezza  di  m.  1. 


CÌVITELLA   S.    PAOLO  —    134    —  REGIONE    VII. 

L'ingresso  della  tomba  a  sud,  largo  m.  0,70,  era  chiuso  da  un  grossissimo  blocco  di  tufo, 
rinvenuto  giacente  presso  la  soglia.  La  forma  della  piccola  camera  era  rettangolare, 
misurando  m.  2  X  1.50.  La  volta  della' camera  era  franata.  Su  ciascuna  parete,  a  destra,  a 
sinistra  ed  in  fondo,  era  praticato  un  loculo.  Il  loculo  di  sinistra  era  pure  franato.  Gli  altri 
due  loculi  misuravano  m.  1,80  e  1,60  di  lunghezza,  0,65  di  altezza,  0,55  di  profondità.  La 
tomba  portava  evidenti  tracce  di  manomissione.  Durante  lo  sterro  si  rinvenne  quanto  segue 

Terracotta. 

Piede  di  hólmoa  di  piccole  dimensioni,  d'impasto,  a  ingubbiatura  nerastra,  con  ca- 
valli graffiti  stilizzati,  in  marcia  verso  destra.  Sopra  la  groppa  di  un  cavallo  spunta  il 
collo  di  un  altro  cavallo. 

Il  bacile  frammentato  dello  stesso  hólnos  non  presenta  decorazione  di  sorta. 

Déinos  frammentario,  con  decorazione  graffita  di  cavalli,  identici  a  quelli  iMVhólmos. 

Due  piatti  frammentari  d'impasto,  a  insubbiatura  nera,  su  alto  piede,  con  fila  di  pal- 
mette  cipriote  graffite  intorno  all'orlo. 

Ciotola  o  phiàle  frammentaria  d'impasto,  a  ingubbiatura  nerastra,  con  baccellature 
esterne  e  ombelico  centrale. 

Karehésion  frammentario,  d'impasto,  con  alte  anse  a  bastoncello  ed  apófìsi.  Tra  le 
anse  due  cavalli  graffiti,  in  marcia  verso  destra. 

Orciuoletto  d'impasto  ingubbiato,  portante  graffita  intorno  al  collo  una  doppia  spi- 
rale continua.  Alt.  m.  0.11. 

Ferro. 

Due  anelli  di  filo  tondo,  del  diametro  ciascuno  di  m.  0,045. 

A  questo  punto  la  zona  meridionale  del  colle  di  S.  Martino,  dove  ebbero  luogo  i 
descritti  rinvenimenti,  non  presentando  probabilità  di  ulteriori  proficue  scoperte,  venne 
abbandonata,  e  le  ricerche  furono  proseguite  più  a  nord,  sulla  cresta  del  colle. 

Tomba  XXIII  (a  camera).  Rinvenuta  alla  distanza  di  m.  250  circa  dalla  pre- 
cedente. La  camera,  con  la  volta  sprofondata,  misurava  m.  2,45  X  2,20  di  lato  e  m.  2  di 
altezza,  con  il  piano  alla  profondità  di  m.  5  dal  piano  di  campagna.  L'ingresso,  a  nord-est, 
era  largo  m.  0,67.  Su  ciascuna  parete,  a  destra;  a  sinistra  e  in  fondo,  erano  ricavati 
due  loculi,  uno  sopra  l'altro,  a  due  piani,  in  gran  parte  franati.  La  lunghezza  maggiore  di 
essi  era  di  m.  2,15  sulla  parete  di  fondo  ;  gli  altri  misuravano  m.  1,65  e  1,80. 

1  loculi  erano  chiusi  in  origine  da  tegoloni  di  m.  0,63  X  0,47. 

Nei  loculi  inferiori  della  parete  destra  e  della  parete  sinistra  si  rinvennero  gli  oggetti 
seguenti  : 

N.  4  cuspidi  di  lancia  di  ferro,  a  foglia  di  olivo,  con  codolo  a  cannula.  Lunghezza 
0,19  e  0,18. 

Impugnatura  di  spada  di  ferro,  sormontata  da  un  bottone,  con  lama  dello  stesso 
metallo  ;  una  e  l'altra  frammentarie  (larghezza  massima  della  lama  cm.  6). 

Lame  di  pugnali  di  ferro  in  frammenti. 

Palla  sferica  di  ferro,  con  appendice  spezzata.  Diam.  0,05. 


REGIONE    VII.  135    CIVITELLA    S.    PAOLO 

Tomba  XXIV  (a  camera).  Simile  e  contigua  alla  precedente,  essendone  sepa- 
rata da  un  diaframma  di  tufo  dello  spessore  di  m.  2.  La  camera,  pure  dalla  volta  sprofon- 
data, era  di  forma  quadrata,  con  m.  2,65  di  lato,  alta  m.  1,80,  con  il  piano  alla  profon- 
dità di  m.  4  da  quello  di  campagna.  La  porta  d'ingresso  alla  tomba  era  larga  m.  0,75, 
alta  m.  1,45.  Numero  e  disposizione  dei  loculi,  identici  a  quelli  della  camera  precedente. 
Essi  erano  in  origine  chiusi  da  tegole. 

Sul  piano  della  tomba  si  rinvenne  quanto  segue: 

Pellke  di  argilla  a  vernice  nera,  con  anse  verticali  a  nastro.  Intorno  alla  pancia  corrono 
due  fasce  orizzontali  su  cui  incedono  da  una  parte  e  dell'altra  due  figure  muliebri  amman- 
tate, abbozzate  appena,  in  color  rossastro  applicato,  tra  volute.  Intorno  al  collo  del  vaso 
corre  un  serto  di  foglie  lanceolate  e  una  corona  di  perline.  Alt.  m.  0,08. 

Lékythns  ariballica  a  vernice  nera,  con  ansa  verticale  a  nastro.  Sulla  pancia  palmetta 
tra  volute  stilizzate.  Alt.  m.  0.09. 

Olletta  verniciata,  a  fondo  piano,  senz'anse.  Alt.  0,06. 

Orcitioletto  di  argilla  pallida  grezza,  con  ansa  verticale  a  bastoncello  e  orlo  svasato. 
Alt.  0,045. 

Altro  simile  verniciato,  con  ansa  verticale  a  nastro.  Alt.  e.  s. 

Bromo. 
Braccialetto  di  filo  tondo,  tornito. 

Ferro. 
Palla  sferoidale  con  appendice  troncata,  diam.    \r>7 

Vetro. 

Acino  cilindrico  di  collana  in  pasta  vitrea  azzurra,  con  occhi  in  rilievo  di  colore 
giallo  e  turchino,  cerchiato  di  bianco.  Alt.  0,018  ;  diam.  0,012. 


Conclusioni. 

11  gruppo  di  tombe  esplorate  nell'estate  1920  in  località  Monte  S.  Martino  rimane 
tutto  quanto  compreso  nell'area  notevolmente  ristretta  di  un  quadrato  di  metri  due- 
cento circa  di  lato,  non  tenendo  conto  delle  ultime  due  tombe,  rinvenute,  come  si  è  detto, 
a  notevole  distanza  dalle  altre.  I  /esplorazione  ha  quindi  permesso  di  constatare  ancora 
una  volta  la  densità  ragguardevole  delle  tombe  nella  necropoli  ;  e  di  rilevare  la  mesco- 
lanza di  tombe  antichissime,  con  ceramiche  d'impasto  più  o  meno  grezzo,  insieme  a 
tombe  del  periodo  più  recente,  degli  ultimi  secoli  della  Repubblica,  tutte  a  inumazione. 
Le  tombe  esplorate  della  prima  categoria,  in  numero  di  dieci,  sono  ordinariamente  a 
fossa,  con  loculo  scavato  lateralmente  per  la  deposizione  della  suppellettile  funebre  ; 
si  osserva  però  insieme  la  presenza  di  qualche  semplice  cameretta  primitiva,  con  loculi 
irregolarmente  ricavati  nel  banco  di  tufo.  Le  camere  sepolcrali  del  periodo  più  recente, 


CI  VITELLA   S.    PAOLO  136    —  REGIONE    VII. 


invece,  sebbene  di  forma  semplicissima,  sono  scavate  a  regola  d'arte,  con  loculi 
sepolcrali,  ampi,  regolari  e  uniformi.  Xon  manca  il  caso  di  ipogei  sepolcrali,  come  quello 
della  tomba  XXI,  in  cui  l'ingrandimento  notevole  della  tomba,  forse  non  tutto  in  una 
volta  eseguito,  ha  prodotto  un  tipo  di  ipogeo  abbastanza  complesso,  con  camere  sepol- 
crali sviluppate  su  diversi  assi.  L'escavazione  di  frequenti  ed  ampie  camere  sepolcrali, 
con  corridoi  d'ingresso  di  un'ampiezza  proporzionata  a  profondità  considerevole,  ha  por- 
tato di  conseguenza  la  distruzione  totale  o  parziale  di  tombe  a  fossa  antichissime  con 
relativi  loculi,  praticate  a  una  profondità  dal  piano  di  campagna  molto  inferiore.  Nes- 
suna delle  tombe  esplorate,  si  può  dire,  è  stata  trovata  intatta,  poiché  tutte  presenta- 
vano tracce  di  depredazioni  avvenute  anche  in  tempi  remoti.  In  tutte  le  tombe,  però, 
si  sono  trovati  avanzi  più  o  meno  notevoli  della  suppellettile  funeraria,  sufficienti  quali 
indizi  cronologici  dello  sviluppo  della  necropoli. 

Il  materiale  arcaico  rinvenuto  consta  essenzialmente  di  ceramiche  d'impasto  scuro 
ingubbiato,  spesso  adorne  di  graffiti  geometrici  stilizzati,  di  rado  interamente  lisce. 
Kari  gli  esempi  di  ceramiche  con  motivi  ornamentali  semplicissimi,  dipinti  a  latte  di 
calce  sulla  superficie  naturale  del  vaso.  Forme  vascolari  e  disegni  geometrici  sono  quelli 
comuni  del  materiale  ceramico  noto  nell'Agro  Capenate.  Rari  i  buccheri  fini,  contempo- 
ranei dei  primi  vasi  greci  importati,  che  però,  a  cominciare  dai  piccoli  vasi  corinzi  pri- 
mitivi, mancano  affatto.  Comunque,  l'età  della  necropoli  primitiva  difficilmente  può 
scendere  più  giù  del  VII  secolo  avanti  Cristo. 

Molto  più  ricca  e  variata  la  suppellettile  delle  tombe  a  camera  della  necropoli 
più  recente,  dove  è  sporadica  la  presenza  di  ceramiche  verniciate,  con  misere  tracce 
di  decorazioni  figurata  (personaggi  ammantati)  e  floreale  (semplici  palmette),  in  color 
rosso  talora  applicato.  Sono  questi  gli  ultimi  echi  della  ricca  ceramica  figurata  d'imi- 
tazione greca  e  falisca,  quali  si  riscontrano  in  tutta  l'Etruria  meridionale  circa  la  fine 
del  III  secolo.  Ma  la  grandissima  maggioranza  delle  tombe  della  necropoli  recente  di 
Monte  S.  Martino,  va  collocata  tra  il  II  e  il  I  secolo  av.  Cristo.  Quivi  sono  notevoli 
la  ricchezza  e  l'eleganza  di  oggetti,  particolarmente  di  uso  personale,  di  varia  materia  : 
bronzo,  alabastro,  terracotta.  In  mezzo  alla  suppellettile  di  bronzo  sono  degni  di  nota, 
oltre  agli  specchi  tondi  a  superficie  convessa,  con  abbondanti  tracce  della  brunitura 
originaria,  i  vasi  di  lamina,  specie  di  oinockóe,  a  pancia  larga  e  schiacciata  ed  alto  collo 
cilindrico,  con  doppie  anse  verticali,  terminanti  in  motivi  ornamentali  finissimi.  Per 
snellezza  ed  eleganza  di  forme  sono  da  segnalare  anche  gli  strigili  in  bronzo.  Vengono 
quindi  gli  oggetti  di  alabastro,  specialmente  di  uso  muliebre,  fusi  ed  aghi  crinali,  bal- 
samarì  di  tipo  comune  ed  anforette,  notevoli  per  eleganza  e  perfezione  di  tecnica, 
nonostante  la  piccolezza  delle  forme.  Di  terracotta  taluni  esemplari  di  piccole  coppe, 
nelle'quali  si  osserva  colla  massima  evidenza  la  imitazione  aggraziata  di  modelli  in 
metallo  (lamina  di  bronzo  o  di  argento).  I  rari  esemplari  di  terracotte  fine  a  rilievi  sem- 
brano preludere  alla  produzione  delle,  fabbriche  ceramiche  aretine. 

Piuttosto  frequente  il  rinvenimento  di  piccole  maniglie  tornite  e  toppe  di  serra- 
ture in  bronzo,  appartenute  a  mobili  del  tutto  scomparsi,  certo  delle  cassettine  di  legno 
interamente  ridotte  in  polvere.  Coteste  cassettine,  di  una  forma,  a  giudicare  dai  fini- 
menti in  bronzo,  elegantissima,  sul  genere  di  quelle  che  spesso  si  veggono  riprodotte  su 


ROMA  —    137    —  ROMA 

vasi  figurati  dell'Italia  meridionale,  dovevano  far  parte  del  munius  muliebrìs  e  contenere 
oggetti  di  uso  femminile,  adempiendo  lo  stesso  ufficio  delle  ciste  bronzee,  più  antiche, 
della  necropoli  di  Preneste. 

Costante  è  infine  la  presenza  della  phiàle  o  pàtera  di  bronzo  liscia  nelle  tombe  della 
necropoli  recente.  A  un  tale  oggetto  sembra  corrispondere  nella  necropoli  primitiva 
la  patera  ombelicata  e  baccellata  d'impasto,  a  spesse  pareti.  I  due  oggetti  del  medesimo 
tipo  sembrano  rispondere  ad  esigenze  funebri  rituali  e  rappresenta  una  delle  persistenze 
del  costume  funerario  che  si  notano  nelle  due  necropoli  intersecate  l'una  all'altra  sul  colle 
di  S.  Martino,  con  un  intervallo  di  quattro  o  cinque  secoli. 

G.  Bendinelli. 


XII.   ROMA. 

Via  L africana  (odierna  Casilina).  Sulla  destra  dell'antico  tracciato  della  via 
Labicana,  al  di  là  della  linea  dell'acquedotto  Claudio  (oggi  dell'acqua  Felice),  nella 
già  vigna  di  S.  Marcello,  la  Cooperativa  edilizia  «  Casa  nostra  »  dell'Impresa  Unione  Edi- 
lizia Nazionale,  nel  praticare  le  escavazioni  per  i  cavi  di  fondazione  di  alcuni  edifici  ad 
uso  di  abitazione,  ha  incontrato  un  notevole  tratto  di  grossa  muratura  a  laterizio  di  solida 
struttura,  dello  spessore  di  m.  1,18  (v.  fig.  1).  L'antico  muro  corre  in  direzione  quasi 
parallela  all'acquedotto  Claudio  ed  accenna  ad  un  andamento   curvilineo. 

Trattasi  con  tutta  probabilità  di  un  tratto  dell'ossatura  dell'anfiteatro  degli  horti 
Variani  trasformati  in  parco  da  S.  Vario  Marcello,  padre  dell'imperatore  Eliogabalo, 
il  quale  li  ingrandì  e  li  rese  dominio  imperiale.  Denominavansi  anche  horti  Spp/i  Veteris, 
dall'antico  tempio  della  Speranza  che  sorgeva  presso  l'attuale  porta  Maggiore.  Furono 
tagliati  in  due  dalla  costruzione  delle  mura  di  Aureliano  ;  nella  parte  al  di  fuori  delle 
mura  sorgeva  appunto  l'anfiteatro  la  cui  spina  era  ornata  dall'obelisco  con  geroglifici 
egizi  di  imitazione  romana  che  ai  tempi  di  Antonio  da  Sangallo  junore,  fu  rinvenuto 
rotto  in  tre  pezzi  nella  vigna  di  un  tale  Girolamo  Milanese,  nel  luogo  della  scoperta 
del  suddetto  tratto  di  muratura.  L'obelisco,  che  reca  i  cartelli  reali  di  Adriano  e  di  Sa- 
bina e  l'elogio  di  Antinoo,  proviene  forse  dalla  villa  Tiburtina  di  Adriano  o  da  una 
memoria  sepolcrale  di  Antinoo  sulla  via  Labicana,  e  fu  quivi  trasportato  da  Eliogabalo 
per  decorare  il  suo  circo.  Fu  rimosso  e  restaurato  nel  1570  dai  fratelli  Curzio  e  Mar- 
cello Saccoccia,  nuovi  proprietari  del  fondo,  come  ricorda  una  lapide  murata  in  uno 
dei  propinqui  fornici  dell'acquedotto  Felice  ove  il  circo  è  detto  cimis  Solis,  e  poi  da 
Urbano  Vili  collocato  nel  palazzo  Barberini.  Donato  da  questa  famiglia  a  Clemente  XIV 
fu  trasportato  al  Vaticano,  nel  giardino  della  Pigna,  ove  giacque  negletto  fino  al  1822, 
quando  Pio  VII  lo  fece  innalzare  nella  pubblica  passeggiata  del  Pincio. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX,  18 


ROMA 


—  138  — 


ROMA 


Le  ulteriori  escavazioni  permetteranno  di  fare  gli  opportuni  rilievi  del  monu- 
mento e  di  dirimere  la  questione  se  l'edificio  ove  ergevasi  l'obelisco  fosse,  come  è  più 
probabile,  realmente  il  circo  Variano  ovvero  il  sepolcro  cenotafio  del  giovane  Antinoo, 
il  favorito  dell'imperatore  Adriano  (l\  Ho  creduto  intanto  utile  dare  questo  prelimi- 
nare accenno  della  scoperta. 


Fio.  l. 


* 
*  * 


In  località  Mammella,  e  precisamente  sulla  sinistra  della  via  Casilina,  di  fronte 
alla  stazione  delle  ferrovie  vicinali  di  Tor  Pignattaio,  nel  fare  i  lavori  di  escavazione 
per  praticare  una  cantina  nello  stabile  ad  uso  di  abitazione  di  proprietà  del  sig.  Antonio 
Aeetelli  si  rinvenne,  a  circa  m.  3  di  profondità  dal  piano  di  campagna,  un  grande  sar- 
cofago di  marmo  lunense,  lungo  m.  2,42,  alto  m.  0,98,  profondo  m.  1,10,  scolpito  sol- 
tanto sulla  fronte  ove  è  la  seguente  rappresentanza  (v.  fig.  2).     . 

Sulle  onde  marine  increspate,  ove  affiorano  teste  di  delfini  natanti,  nuotano  gio- 
condamente, affrontati  due  a  due,  quattro  centauri  marini  (irht>jor<>nlauri),  ciascuno  dei 
quali  trasporta  sul  dorso  una  Nereide.  I  centauri  marini,  a  forma  di  uomo  nella  parte 
superiore  del  corpo  fino  al  pube,  hanno  le  zampe  anteriori  di  cavallo,  mentre  inferior- 
mente terminano  in  una  lunga  coda  di  mostro  marino  (pistrix  o  pristis),  con  pinne 


(*)  Ct'r.  Hulsen,  Dos  Grabdes  Alitinoti*,  Miltheil.d.  Archimi.  Insta.,  XI,  1896,  pag.  122;  0.  Ma- 
rucchi,  Gli  obelischi  egiziani  di  Bontà,  1KI8,  pag.  187  segg. 


ROMA 


139 


ROMA 


natatorie  ed  a  squame  frangiate.  Soltanto  l'ultimo  centauro  marino  di  destra  mostra  la 
fine  della  coda  bifaloata  a  tre  punte,  in  alto,  sotto  l'Erote  con  la  face.  I  due  centauri 
marini  componenti  il  gruppo  di  sinistra,  sono  rappresentati  barbati  e  di  età  matura, 
mentre  i  due  di  destra  sono  giovani.  Le  Nereidi  sono  nude  ;  i  loro  manti  svolazzano  sulle 
spalle  formando  quattro  graziosi  archi  che  ne  incorniciano  bellamente  le  teste.  Il  primo 
centauro  marino  di  sinistra  è  volto  a  riguardare  amorosamente  la  Nereide  che  l'abbrac- 
cia, e  regge  con  la  destra  una  lunga  conchiglia  tortile  (bucina  o  concha)  e  con  la  sinistra 
una  cista  munita  di  coperchio  che  ne  cela  il  misterioso  contenuto.  Quello  che  segue 


£ 

,.M^*e 

">*a&f 

■rC"  :~é 

*W*i 

Fig.  2. 


tiene  con  la  sinistra  una  cetra  (chiihara)  e  con  la  destra  il  piccinini.  Il  primo  del  gruppo 
di  destra  suona  il  doppio  flauto  e  l'ultimo  riguarda  sorridendo  la  Nereide  che  cinge  con 
la  sinistra  mentre  la  destra  regge  un  oggetto  indistinto  a  foggia  di  bastone,  rotto  nella 
parte  superiore,  ove  terminava  in  curva,  e  nell'inferiore  (strumento  musicale  o  lagobo- 
hn?)\  le  fratture  sono  visibili  sul  manto  della  Nereide  e  sulla  coda  del  centauro 
marino  che  precedono.  La  scena  notturna  è  illuminata  dalle  faci  rette  da  due  Eroti  agli 
angoli  superiori  della  fronte.  Altri  tre  Eroti  arrecano  ghirlande  alle  Nereidi.  Quello 
di  sinistra  già  si  è  approssimato  alla  Nereide  che  ò  in  atto  di  ricevere  con  la  destra  la 
ghirlanda.  La  Mereide  di  sinistra  l'ha  già  ricevuta  e  la  regge  con  la  sinistra  poggiata 
sulle  spalle  del  centauro  marino.  Il  nuovo  sarcofago  è  notevole  per  l'abilità  dell'arte  con 
la  quale  è  eseguito  e  per  la  bella  disposizione  delle  figure.  Veramente  degni  di  osser- 
vazione sono  i  due  centauri  marini  di  sinistra  ;  il  volto,  la  capigliatura,  la  barba  ed  il 
vigoroso  torace  suscitano  nella  mente  la  figura  di  Ercole.  L'esecuzione  accurata  e  la 
foggia  dell'acconciatura  dei  eapelli  delle  Nereidi,  che  ricorda  quella  di  Faustina  juniore, 
di  Lucilla  e  di  Crispina,  fanno  risalire  il  sarcofago  all'ultimo  quarto  del  II  secolo  del- 
l'impero. 


nOMA 


—  140  — 


ROMA 


I  sarcofagi  già  noti  che  più  si  avvicinano  a]  nostro  per  il  soggetto  e  per  la  dispo- 
sizione delle  figure  sono  quelli  Mattei,  Giustiniani  ed  Aldobrandini  (*).  Il  nuovo  sar- 
cofago va  ad  aggiungersi  alla  numerosa  e  svariata  serie  di  analoghe  rappresentanze 
simbolizzanti  il  passaggio  delle  anime  dei  defunti  da  questa  all'altra  vita,  trasportate 
da  una  forza  sovrumana  a  traverso  l'oceano,  al  di  là  degli  orizzonti  terrestri,  all'eterna 
dimora  dei  beati.  È  stato  immesso  nel  R.  Museo  Nazionale  Romano  delle  Terme. 

Si  rinvennero  inoltre  frammiste  alla  terra,  oltre  ad  alcuni  frammenti  di  sarcofagi 
e  di  fregi  marmorei,  le  seguenti  iscrizioni  funebri  : 

1)    lastra    marmorea    seorniciata  2)  frammento  di  lastra  marmorea 

frammentaria  (m.   0,26X0,38X0,04):  scorniciata  (m.  0,36X0,48X0,04): 


,  p  •  A-R-V.-t..  • 

RVS • PATRONVS 

ET-COLLIBERTVS 

ALVMNO 

•BENE 

MERENTI  ■ 

FECIT 

Ttt) 

.iiT- ARRVNTIAÌ 

^TrFLA  V I O  •  H  A M I L L O l 
DVLC  •  ET  •  FLAVlS  •  ZENOBL;  o  et 
ERODITI  •  PARENT  ■  LIB  •  LIB  Wfc. 
SVIS  •  POSTERISQ.^  E  OJrum 

H • M- H-   N  •    S     / 
IN-FR-  P-XII-  IN  -AGr    p...  . 


3)    Stele   marmorea  in  due  pezzi 
(m.  0,46X0,24X0,06): 


4)  piccola  targa  marmorea  (ni.  0,21 
0,17X0,03): 


D      •      M 
L- POLLI -RESTI 

TVTI  •  VIXIT 

ANNIS  •  XI  •  ME 

NSIBVS  •  II  •  DI 

EBVS  •  XX  •  FÉ 

CIT  •  POLLIVS 

HYPATVS 

ALVMNO 

SVO 


D  M 

A-PRAESEN 

TIVS  •  EVTYCH 

VS  • ELEVTHE 

RO  •  FRATRI 

BENEME 

RENTI 


5)  parte  di  lastra  marmorea   scorniciata,   con  timpano  recante  una  protome 
muliebre  e  cornucopia  (m.  0,40X0,28X0,05): 


dis 


m 


ANIB  VS 

YNO 

OSYNEFILIO 

ET-CAMPANVS 

fee  ERVNT-ET-SIBI 

VA-XXV-M-IX-D  XV 

infr.p...  IN-AGR-P-X 


(!)  Matz  e  Duhn,  Antike  Bildwerke  in  Rom,  n.  31G9,  3197,  3207  ;  cf.  S.  Reinach,  Réperioire  des  re- 
ìicfs.  III,  pag.  167,  258,  302. 


ROMA  —    141    —  ROMA 

Venne  infine  in  luce  un  cippetto  marmoreo  funebre  (m.  0,70  X  0,34  X  0,28)  con 
base  e  cimasa  ricavata  ;  sul'  timpano  è  scolpito  un  busto  muliebre  con  ai  lati  due  ge- 
metti che  sorreggono  un  panneggiamento  che  ricopre  il  busto  nella  parte  inferiore.  Ai 
lati  sono  rappresentati  due  uccelli  che  si  beccano. 

*  * 

*  * 

Al  3°  km.  circa  della  via  Casilina,  presso  il  mausoleo  costantiniano  di  S.  Elena  a 
Torpignattara  ed  il  cimitero  dei  SS.  Marcellino  e  Pietro,  sono  stati  eseguiti  sterri  per 
la  costruzione  della  nuova  chiesa  parrocchiale,  dedicata  ai  detti  santi.  Escavandosi  nel 
luogo  ove  sorgerà  l'annessa  sacrestia,  a  m.  1  circa  di  profondità  dal  piano  di  campagna, 
si  è  incontrato  un  tratto  di  muratura  di  età  tarda,  nel  quale  erano  stati  messi  in  opera 
alcuni  frammenti  di  cippi  e  di  stele  funebri,  appartenenti  tutte  al  sepolcreto  degli  equ  '- 
tes  singulares  che,  come  è  noto,  si  estendeva  precisamente  in  quella  località,  in  antico 
predio  imperiale  denominato  ad  duas  lauros  od  inter  duas  lauro»  (Tertull.,  apolog.  35), 
od  anche  in  comitatu,  denominazioni  che  indicano  essere  stato  in  quel  luogo  una  villa 
con  residenza  imperiale.  È  noto  che  vi  fu  ucciso  l'imperatore  Valentiniano  III  (a.  45.")). 

Gli  equites  singulares  erano  una  milizia  scelta  istituita  dall'imperatore  Xerva  in 
sostituzione  dei  custodes  eorporis  Augusti  e  poi  soppressa  da  Diocleziano,  reclutata  fra 
gli  equites  auxiliares,  in  specie  delle  provincie  settentrionali.  Godevano  il  privilegio 
della  sepoltura  gratuita  in  proprietà  imperiale.  Assumevano  nel  nome  il  gentilizio  im- 
periale ed  erano  considerati  milizia  di  primo  rango  dopo  i  pretoriani.  Avevano  diritto 
ad  avere  a  spese  dello  stato  un  famiglio  ed  un  cavallo,  e  per  l'appunto  l'uno  e  l'altro 
sono  spesso  rappresentati,  scolpiti  nelle  stele  e  nei  cippi  funebri  degli  equite"  singula- 
res (*).  Erano  posti  in  congedo  dopo  25  anni  di  servizio.  Avevano  a  capo  due  tribuni 
ed  i  militi  erano  pareggiati  al  grado  di  centurioni.  Erano  armati  di  scudo  ovale,  di  lancia 
e  di  spada.   I  loro  alloggiamenti  urbani  furono  scoperti  nell'anno  1885  eseguendosi 

gli  sterri  per  il  nuovo  tracciato  della  via  Tasso  (a). 

I  nuovi  frammenti  epigrafici  relativi  agli  equites  singulares,  già  facenti  parte  di 

cippi  e  di  stele  funebri  violentemente  spezzati,  sono  i  seguenti  (3)  : 


(!)  Cf.  Amelung,  Die  Skulptureti  d.  Vatic.  Mus.,  1,  pag.  2<'4  spgg. 

(*)  R.  Lanciani,  Oli  alloggiamenti  degli  equites  singulares,  Bull.  d.  Comm.  Arch.  Commi,  1885, 
pag.  137  segg. 

(»)  cf.  C.  I.  L.,  VI  3173  segg.,  3912  segg.,  32783  segg.;  Notizie  degli  Scavi,  1996,  pag.  525; 
1898,  pag.  112;  1906  pag.  208  seg.;  Bull.  d.  Comm.  Arch.  Commi.,  1897,  pag.  64  aeg.;  Ephemeris 
epegraphica,  IV,  935. 


HOMA 


142  — 


ROMA 


1)  frammento  di   cippo   marmoreo 
(m.  0,21X0,53X0,25): 


2)  id.  id.  (m.  0,34X0,20X0,31): 


-i~v-\ 


EQ   •   SI 
MILIT 
VIX   •  A 

P  •   AEL 
C  •  IVL 

SEC-  H •  A mico  carissimo 


ng(.. 

a  un. 
nn  . . 

ius .  . 
ius  .  . 


7  sec(undas)  h(eres) 


3)  parte  di  cippo  marmoreo  ornato 
di  colonnina  tortile  all'angolo  (m.  0,54 
X  0,34  X  0,24)  : 


4)  frammento   di  cippo    marmoreo 
(m.  0,13X0,34X0,28): 


N  A  T  •  D  A  L  M  A  T  us . . .  vix.  ami. 

XXXI IX  •  MI  L'-j  ami 

VARRÒ  •  H-ET 

S  E  C  V  N  D  ■  H  ■  Aiwu'co  carissimo 

F  A  C           [       cur. 
P  O  S  I  T  V  S  •  E  S)  / 

es     F  R  A  TJ 


v.  3,  h(eres) 

v.  4,  secund(us)  h(eres) 


ci.  M- 

res  TIT  V  TO  . . . 

cu  RATOR^.  .  . 

. .   noi.  no  RICO-  DÌomo 

vix.  a  NNXXx' . . . 

t.  \VR-AVr. .. 

I M  E  S  /( . . . 

\T  AT/ . . . 

ami\c  O  /  f.  e. 


5)  id.  id.  (m.  0,30X0,21X0,35): 


6)  id.  id.  (m.  0,45  X  0,12  X  0,23)  : 


. . .  eq.  sin£i  •  C  V\ 

nalXOU  E  •  N  O    ricus  ilomo  CI. 

v/IRVNO- VIX- a(  rara 

MILIT  •  AN-  Xv/ 
SIMPLICIO 
i 


ardi  (?) 
.V/kl-HE^relius.  .. 


vix.  an  I^XL  I  •  M  I^L   ann. 
si  MILIS^ 


a 


ROMA 


—  143  — 


ROMA 


7)  id.  id.  (m.   0,20X0,24X0,24): 


eq.  s»^N  G 

f  AVS 

...vix.  min.  /XXXVI 

«ig  'À  I  F  •  H 

amico    ca  RISSI 
ino  el  pienti  S  S  I  M  O 


v.  4,  [sig]nif{er)  h{eres) 


8)   frammento   di  stele   marmorea 
(m.  0,38X0,24X0,14): 


RMI-FI  R 


. .  dee  /  V  R  I  O  •  E  Q.    ying, 
r>r> lvi  i  v 


9)  id.  id.    (m.  0,28X0,20X0,13): 


IO 

.cre^/'C  ENTI 
.  nrty  ■  CVSJ- 


v.  3,  [ar[m(prum)  custfos) 


10)  frammento  di  cippo  marmoreo 
(m.  0,25X0,30X0,23): 


9  /ES  Q. 

H  E  R 

e  VRA.VIT 


T 


v.  3,  [s[esq(u  plicarius)  :  milite  che 
per  meriti  speciali  godeva  di  una  paga 
pari  a  quella  spettantegli,  aumentata 
della  metà  (Veget.,  de  re  milil.,  7). 


11)  id.  id.  (m.  0,38X0,15X0,24): 
d. 


SORI-S  Et 


.  eq.  sin'-C'  T  \ìJr 


12)  id.  id.  (m.  0,14X0,22X0,39): 


.^t-M  El . . 

eq.  si  r|l  G  •  A Vj  gr . 
VIS'// 


13)  id.  id.  (m.  0,16X0,12X0,24): 


14.  id.  id.  (ni.  0,16X0,23X0,36): 


j 


T-F 
A  L 

J. 


c-T 


ROMA 


—  144  — 


ROMA 


15)  id.  id.  (m.  0,32X0,21X0,27): 


16)  frammento  di  stele  marmorea 
(m.  0,10X0,24X0,11): 


N  Kit. 
A-X  . 
SE/  . 

/ 


Via  Prenestina.  Sulla  via  Prenestina,  tra  Tor  de'  Schiavi  e  Tor  Tre  Teste, 
appena  oltrepassato  iJ  V  km.,  circa  100  m.  al  di  là  del  fosso  di  Centocelle,  nella  località 
detta  Pedica  di  Tor  Tre  Teste,  in  terreno  di  proprietà  del  sig.  Giovanni  Angelini  di  Cai- 
soli,  eseguendosi  lavori  di  aratura  per  la  maggese,  sono  stati  messi  in  luce,  a  m.  15  sulla 
sinistra  della  via,  le  tracce  di  un  monumento  sepolcrale  di  forma  quadrata,  consistenti 
nelle  fondazioni  ed  in  grandi  parallelepipedi  di  peperino  e  di  travertino  già  rimossi  in 
antico.  Ne  faceva  parte  anche  un  blocco  squadrato  di  marmo  bianco  scorniciato,  alto 
ni.  0,59,  largo  ni.  1,18  e  profondo  m.  0,24,  che  reca  sul  davanti  ia  seguente  iscrizione 
in  belle  lettere  capitali  del  I  secolo  dell'impero,  con  interpunzioni  di  fonua  triangolare  : 


DVETVRIVS-D-L-ATTICVS 

PVRPVRAR  •  DE  •  VICO  ■  IVGAR 

VETVRIA-DL  TRYPHERA 

ARBITRATV 


Il  defunto  D.  Veturius  l).  I.  Atticus  esercitava  la  professione  di  purpurar(ius), 
era  cioè  negoziante  di  stoffe  purpuree  e  tintore  ed  aveva  la  sua  officina  nel  vicus  Iuga- 
rius.  Questo  vicus  centralissimo  attraversava  la  Vili  Regione  augustea  avendo  inizio 
alle  falde  del  Capitolio,  fra  il  templum  Saturni  e  la  Basilica  lidia,  e  terminava  alla  porta 
Carmcntalis,  presso  il  Forum  holilorium.  La  sua  denominazione  secondo  Festo  (ap.  Paul. 
Diac.  p.  104)  derivava  dal  fatto  quod  ibi  fueral  ara  Iunonis  Iugae,  quam  putabant  matri- 
monium  iungere.  Il  mestiere  di  purpurarius  era  di  preferenza  esercitato  da  liberti  o 
discendenti  di  liberti  di  origine  orientale  ;  per  l'appunto  il  nostro  D.  Veturio  Attico  era  un 
liberto  di  origine  grecanica.  Altri  purpurarii  esercitanti  la  loro  arte  in  Roma  sono  men- 
zionati nei  titoli  urbani  C.  I.  L.,  VI,  9843-9848  ;  di  uno  si  sa  che  era  de  vico  Tusco  (C. 
I.  L.,  XIV,  2433,  Marino),  di  un  altro  che  era  a  Transtiberim  (sic)  (C.  I.  L.,  VI,  9847). 
È  nota  la  lapide,  sepolcrale,  di  un  purpurarim  parmense,  con  scolpiti  gli  utensili  del  me- 
stiere (murata  nello  scalone  del  palazzo  Farnese  di  Parma  ;  C.  I.  L.,  V,  1069  a). 

La  tomba  sulla  via  Prenestina  fu  eretta  arbitratu  di  Veturia  D.  I.  Tryphera,  molto 
probabilmente  moglie  del  defunto.  La  formula  arbitratu  si  riferisce  all'esecuzione  della 
tomba,  dandosi  nel  testamento  facoltà  all'erede  di  erigerla  a  suo  beneplacito  e  volontà, 
mentre  la  formula  cura  indica  che  l'erede  o  fiduciario  doveva  attenersi  strettamente  alle 
preciso  disposizioni  testamentarie. 

G.  Mancini. 


REGIONE    I.  —   145    —        S.MARIA  CAPUA  VETERE,    SORRENTO 


Reoione  I  (LAT1UM  ET  CAMPANIA). 

CAMPANIA. 

XIII.  SANTAMARIA  DI  CAPUA  V£TERE  —  Nuovo  titoletto  funebre. 

11  26  ottobre  1921  eseguendosi  un  cavo  di  fondazione  nel  giardino  di  tal  Giuseppe 
Majorana  in  Santamaria  di  Capua  Vetere,  in  via  Albana  13,  è  stata  messa  in.  luce  una 
lastra  marmorea  di  m.  0,50  X  0,27,  la  quale  in  una  specchiatura  assai  semplice  costi- 
tuita da  un  listello  e  da  un  cordoncino  reca  l'iscrizione  : 

D  •  M 

VÀRIAE  •    SATVRNINAE 

CVM  •  Q.VA  •  VIX  •  ANN  •  XXXII 

L  •  VARIVS  •  EVANTHES  •  CONIVG 

RARISSIMAE 

,Le  lettere  abbastanza  eleganti  dei  secoli    I— II  d.  C.  sono  alte   rispettivamente 
35,  34,  27,  29  e  26  millimetri. 

Dal  calco  sembra  che  manchi  la  i  terminale  della  parola  coniugi.  Il  gentilizio  Va- 
rius  si  trova  già  più  di  una  volta  rappresentato  nelle  iscrizioni  di  Santamaria. 

S.  Aurigemma. 


XIV.  SORRENTO  —  Rinvenimenti  in  località  Panano. 

Eseguendosi  gli  sterri  per  la  gettata  delle  fondamenta  di  una  casa  che  il  signor  Silvio 
Salvatore  Gargiulo  costruisce  in  località  Parzano  presso  la  antica  porta  che  conduce 
a  Massa,  si  sono  rinvenuti  nei  mesi  di  gennaio-febbraio  1922,  alla  profondità  di  circa 
metri  sei  e  mezzo  dal  piano  di  campagna,  alcune  poche  tombe  alla  cappuccina,  e  tre  o 
quattro  tombe  a  cassa  con  sponde  in  muratura  e  copertura  di  tegoloni.  In  una  sola 
tomba  si  è  rinvenuto,  accanto  al  cadavere,  un  rozzo  orceolo. 

Nel  terreno  si  è  raccolta  una  lastrina  di  marmo  alta  m.  0,55,  superiormente  ter- 
minata a  disco,  grezza  nella  parte  inferiore  destinata  ad  essere  infitta  nel  terreno. 
La  lastrina,  oggi  conservata  in  casa  Gargiulo,  reca  in  lettere  di  buona  epoca  la  iscrizione 

CVRSOR 

CLAVDIAE-CAPI 
TOLINAE  •  DISP 
VIX  •  AN  •  XXIX 

Le  lettere  sono  alte  rispettivamente  mm.  26,  19,  19,  17. 

Nel  terreno  di  riporto  si  è  anche  rinvenuto  un  frammento  di  puttino  marmoreo, 
privo  della  testa  e  delle  braccia,  grandemente  scheggiato  nel  resto  della  figura,  rappre- 
sentato sedente  e  con  le  gambe  flesse,  le  quali  sono  in  parte  coperte  da  un  hi/mation. 
H  frammento,  dell'altezza  massima  di  m.  0,37,  è  di  pessima  fattura. 

S.  Aurigemma. 


Notizie  Scavi  1922  —  Vi»!.  XIX.  19 


NOCERA    INFERIORE  146    —  REGIONE   I. 


XV.  NOCERA  INFERIORE  —  Rinvenimento  di  una  iscrizione  fu- 
nebre latina  in  via  Bosco  Lucarelli. 

Dal  E.  Ispettore  onorario  dei  Monumenti  di  Nocera,  Enrico  Guerritore  Broya,  si 
ha  notizia  che  il  22  agosto  1921,  eseguendosi  dei  cavi  di  fondazione  per  la  costruzione 
di  una  casa  nel  fondo  rustico  che  un  tempo  apparteneva  alla  nobile  famiglia  Longo- 
bardi ed  è  ora  del  sig.  Giuseppe  Gambardella,  di  fronte  al  palazzo  municipale  in  Via 
Bosco  Lucarelli  di  Nocera  Inferiore,  sono  state  rinvenute  a  circa  4  metri  di  profondità 
dal  piano  stradale  due  tombe  con  sponde  in  muratura  coperte  da  larghe  tegole.  Nelle 
tombe  null'altro  si  è  rinvenuto  fuorché  degli  scheletri  e  una  piccola  anfora  andata  rotta 
e  distrutta  ;  è  stata  poi  recuperata  una  tavola  marmorea  di  ni.  0,55  X  0,30,  che  reca 
l'iscrizione  (t) 

D     •     M  s 

A  •  GABINIO 
HELIO  •  QJ/I 
VIXIT  •  ANNOS 
LXV-MENSES 
Villi  •  DIES  •  XV 
HELPIS  CONIV 
Gì    •  B  •  M  •    F 


La  tavola  iscritta  è  stata  depositata  nel  Palazzo  Comunale  di  Nocera  Inferiore. 

S.  Aurigemma. 


(t)  Di  essa  dà  anche  notizia  Gennaro  D'Alessio,  Un'Epigrafe  funeraria  in  Nocera  Inferiore, 
in  Archivio  storico  della  provincia  di  Salerno.  Salerno,  Spadafora,  anno  I  (1921),  pag.  266-267. 


REGIONE    III.  —   147    —  MONASTERACE   MARINA 


Regione  III  (LUCANIA  ET  BRUTTI1). 

(Cfr.  Notizù  1921,  pp.  467-496). 


XVI.  MONASTERACE  MARINA  —  Deposilo  di  terrecotte  architetto- 
niche templari. 

Dopo  la  mia  grande  pubblicazione  su  Celidonia  (in  Montini.  Ani  Lincei  voi.  XXIII, 
1915),  la  quale  ha  definita  la  controversia  sull'ubicazione  della  città,  nella  primavera 
del  1916  l'ispettore  onor.  marchese  A.  Lucifero  richiamava  la  mia  attenzione  sopra 
una  casuale  scoperta  avvenuta  a  mezzodì  della  città  sul  colle  denominato  Tersenale  o 
Passoliera,  piantando  un  vigneto. È  merito  del  sullodato  ispettore  di  aver  messo  in  salvo, 
col  tempestivo  intervento  suo  e  della  Soprintendenza,  un  Complesso  di  terrecotte  archi- 
tettoniche, che  io  non  esito  a  proclamare  il  più  bello  e  sontuoso  di  quanti  ci  ha  dato 
la  Calabria  e  che  rivaleggia  colle  superbe  sime  fittili  di  Metaponto,  illustrate  dal  De 
Petra  ed  ora  al  Museo  di  Potenza  (*). 

Sulla  collina  di  Tersenale,  dove  avvennero  le  prime  scoperte,  si  condusse  nel  mag- 
gio 1916  una  breve  campagna,  diretta  a  stabilire  se  vi  fossero  colà  le  tracce  del  tempietto 
o  santuario,  a  cui  le  terrecotte  dovettero  appartenere  ;  ma  quel  colle  da  circa  due  secoli 
era  stato  messo  sottosopra  da  lavori  agricoli,  ed  ogni  avanzo  lapideo  venne  sman- 
tellato ed  asportato,  dato  che  nel  sottostante  villaggio  di  Monasterace -Marina  manca 
assolutamente  la  pietra,  avidamente  cercata  ovunque.  Per  due  settimane  la  cresta 
della  collina  venne  sondata  in  tutti  i  sensi  ma  invano.  Si  segnalarono  soltanto 
debolissime  tracce  di  rozze  fondazioni  e  qualche  rara  pietra  modanata.  Le  terrecotte 
vennero  tutte  raccolte  in  un'area  assai  ristretta  di  metri  6.00  X  m.  7.00,  ed  in  un 
cavo  espressamente  aperto  nell'alluvione  geologica  vergine  del  colle.  Le  terrecotte  vi 
erano  state  scaricate  senza  un  ordine  speciale,  e  si  ebbe  l'impressione,  qui  vi  fosse 
una  specie  di  deposito  di  materiale  messo  fuori  uso,  e  deliberatamente  celato  in  una 
specie  di  favissa,  derivante  da  un  tempietto  suburbano  di  poco  anteriore  alla  metà 
del  sec.  V,  con  scarsi  elementi  più  arcaici,  del  VI  sec.  Si  dedusse  da  ciò  che  già 
nell'antichità  il  piccolo  santuario  avesse  subita  una  prima  parziale  rifazione  e  più  tardi 
una  seconda  generale,  cosa  di  cui  in  molti  altri  luoghi  si  ha  riscontro.  La  serie  più 
cospicua,  così  per  bellezza  come  per  numero,  delle  placche  ripetute,  è  data  dalla  sima 
grondaja  dei  lati  lunghi  con  grandi  maschere  leonine  a  mezzotondo,  e  dalla  corrispon- 
dente sima  rampante  dei  frontoni  senza  maschere,  ma  come  la  prima  adorna  di  pal- 
mette  e  fior  di  loto  a  colore  ;  sotto  una  cornice  a  meandro,  foglie  ed  astragali.  Dimensione 
dei  pezzi  a  gronde  cm.  53  X  30  (fig.  1). 


(')  Il  geiìson  del  tempio  di  Apollo  Lycio  a  Metaponto  (Napoli,  1895). 


MONASTERACE    MARINA 


—   148 


REGIONE    III. 


Di  una  seconda  cimasa  molto  più  bassa  con  palmette  e  fior  di  loto  a  rilievi  colo- 
rati e  con  fori  per  lo  scorrimento  delle  acque  del  tetto  si  ebbero  pure  campioni  numerosi 
e  bellissimi  (fig.  2). 


Fio.  1. 


Fio.  2. 


Accanto  a  questi  due  tipi  prevalenti  furono  scarsi  i  frammenti  di  una  cassetta  con 
meandro  e  treccia,  ed  altri  di  forme  rare  od  uniche.  Bellissimi  frammenti  di  palmette 
acroteriali  angolari  non  si  pervenne  ancora  a  stabilire  a  quale  parte  precisa  dell'antico 


REGIONE    III. 


—    149    — 


LAZZARO 


edificio  spettassero.  Il  terreno  circostante  al  deposito  venne  sondato  in  lungo  ed  in  largo 
da  trincee,  senza  raccogliere  una  bricciola  né  di  vasellami,  né  di  terrecotte  figurate  di  una 
stipe  sacra.  Così  il  santuario  rimane  adespoto  ed  avvolto  nell'oscurità.  Ma  la  superba 
bellezza  delle  terrecotte  ricuperate  ci  compensa  in  qualche  guisa  della  completa  distru- 
zione di  esso.  Tale  materiale  è  ben  meritevole  di  una  speciale  pubblicazione  nei  Monu- 
menti Antichi  dei  Lincei,  ampiamente  corredata  di  tavole. 


XVII.  LAZZARO  (Frazione  del  comune  di  Motta  S.  Giovanni). 
In  seguito  a  violenta  alluvione  del  26  nov.  '19,  veniva  messa  in  vista  e  squarciata 
una  tomba  racchiudente,  con  deboli  tracce  dello  scheletro,  anche  alcuni  minuscoli  og- 


getti d'oro,  in  parte  salvati  ed  in  parte  trafugati.  Avvertito  dalla  Prefettura  di  Reggio 
che  molto  popolino  accorreva  sul  luogo  per  raccogliere  le  quisquiglie  di  oro,  apparse  in 
mezzo  alla  terra  franata  e  dilavata,  disposi  che  subito  si  recasse  sul  luogo  per  una  in- 
chiesta l'ispettore  onor.  prof.  cav.  Morabito  Calabro,  che  assolse  il  suo  compito  colla 
consueta  solerzia,  ed  è  appunto  da  un  suo  lungo  rapporto  che  io  stralcio  gli  elementi  della 
presente  nota.  La  tomba  fu  scoperta  un  km.  a  sud  della  stazione  di  Lazzaro,  ad  un  50 
metri  dal  mare,  in  proprietà  Maròpati.  Essa  aveva  la  forma,  consueta  in  quel  di  Reg- 
gio, di  una  cassetta  rettangolare  (1.  m.  1.65  X  0.68)  di  robusti  mattoni,  ognuno  delle 
dimensioni  di  cm.  68  X  67  X  7  ;  tre  coppie  di  essi,  disposti  a  piovente  ne  formavano 


LAZZARO  150    —  REGIONE    III. 

la  copertura.  L'assieme  era  poi  avvolto  da  un  conglomerato  di  calce  e  pietrisco  dello  spes- 
sore di  cm.  40,  come  si  vede  dalla  unita  sezione  eseguita  dal  prof.  Morabito.  L'individuo 
composto  nel  sepolcro,  a  giudicare  dalle  dimensioni  di  questo,  dovette  essere  una  fan- 
ciulla di  assai  giovane  età,  incirca  dodicenne.  Essa  era  decorata  al  momento  della 
tumulazione  da  molte  piccole  oreficerie  ;  nello  squarciamento  del  sepolcro  dovuto  all'al- 
luvione queste  in  buona  parte  vennero  trafugate  da  chi  primo  le  avvistò,  e  solo  in  pic- 
colo numero  ricuperate  dai  RR.  Carabinieri  ;  ed  altre  si  ebbero  dalla  esplorazione  defi- 
nitiva del  sepolcro.  Ecco  l'elenco  del  materiale  ricuperato,  ad  illustrazione  del  quale  giova 
la  fig.  4.  Anelletto  d'oro  per  bambina  con  5  alveoli  vuoti  ;  nel  principale  era  inserita  una 
pietra  a  doppia  piramide,  chiara  e  diafana,  che  s'era  staccata  :  b\  una  sessantina  di  mi- 


Fio.  4. 

nuscoli  tubetti  in  lamina  pure  di  oro  la  cui  lunghezza  varia  da  nini.  5  ad  8  ;  e)  una  peretta 
d'oro  sferica,  incompleta  e  schiacciata,  munita  di  appicagnolo  e  con  qualche  decorazione 
nella  sfera,  ottenuta  a  stampo  od  a  martello  ;  ff)  frammentino  di  catenella  formato  di  ó 
calotte  semilenticolari,  legate  nel  rovescio  da  magliette  ;  e)  ò  pendagli  di  collana  formati 
da  perle  prismatiche  in  plasma  di  smeraldo,  infilate  in  gancetti  di  filo  d'oro  ;  codeste  perle 
oltre  che  come  pendagli  si  possono  interpretare  anche  come  elementi  di  una  collana; 
f)  due  altri  piccoli  elementi  riprodotti  nel  nostro  disegno  (2a  riga,  fig.  all'estrema  destra). 
Codeste  oreficerie  per  la  loro  piccola  mole,  ed  assieme  alle  misure  del  sepolcro,  al- 
ludono ad  una  giovinetta  di  età  ancora  tenera.  Il  corredo  dovette  essere  ricco  e  svariato, 
e  noi  non  ne  abbiamo  recuperato  che  dei  poveri  brani.  In  concomitanza  alla  struttura 
della  tomba,  che  si  direbbe  ellenistica,  ritengo  anche  le  oreficerie  di  età  piuttosto  greco- 
romana che  ellenistica  pura.  Manca  il  modo  di  procedere  a  confronti  decisivi  attesala  loro 
frammentazione,  e  la  mancanza  di  elementi  con  note  stilistiche  spiccate  (*).  Il  terreno 
circostante  al  luogo  della  scoperta  casuale  meriterebbe  una  più  attenta  esplorazione. 

(')  Si  paragoni  tuttavia  Marshall,  Catalogne  of  jewellery  in  the  British  Muscum  (London,  1911) 
tav.  LVII,  n.  2743  A.  C.  ;  C.  Smith  &  C.  A.  Hutton,  Catalogne  of  the  collection  Wyndham  Francis  Cook 
(London,  1908),  voi.  II,  tav.  Ili,  3. 


REGIONE    IH.  —    151    —  REGGIO   CALABRIA 


XVIII.  REGGIO  CALABRIA  —  Scoperte  negli  anni  dal  1911  al  1921. 

Questa  relazione  prende  un'estensione  inusitata,  sia  per  i  termini  di  tempo  che 
abbraccia,  sia  per  l'entità  dei  fatti  segnalati  ;  e  ciò,  malgrado  io  abbia  cercato  di  conte- 
nerla entro  i  limiti  strettamente  necessari.  Essa  vuol  anche  essere  una  risposta  serena 
ed  obiettiva  a  voci  soventi  volte  diffuse  in  giornali  politici  locali,  che  il  Ministero  della 
P.  I.,  e  la  Soprintendenza  degli  scavi  calabresi  si  fossero  completamente  disinteressati 
delle  cose  archeologiche  della  città,  abbandonando  alla  mercè  di  appaltatori  poco  scru- 
polosi e  di  operai  avidi  le  scoperte  che  avvenivano  nei  lavori  edilizi.  Tale  ingiustificato 
rimprovero  viene  luminosamente  smentito  dalla  realtà  ed  entità  dei  reperti. che  qui  si 
espongono.  Certo  la  lotta  sostenuta  dalla  Soprintendenza  in  un  periodo  di  radicale  rin- 
novamento edilizio  di  una  città,  che  risorge  dalle  fondamenta  dopo  un  tremendo  disas- 
trosi cui  l'eguale  non  ricorda  la  storia,  non  fu  né  piccola  ne  facile;  interessi  materiali, 
talvolta  gravissimi,  vennero  sovente  in  collisione  colle  direttive  dell'Amministrazione 
archeologica,  che  voleva  anzitutto  conoscere  ogni  scoperta,  salvare  quanto  era  possibile 
degli  oggetti  mobili,  e  di  antichi  edifici  quel  tanto  che  per  importanza  speciale  meritasse 
davvero  di  essere  conservato  a  ricordo  della  Rhegium  greca  e  romana.  In  tale  aspra  e  diu- 
turna lotta  qualche  cosa  è  ben  possibile  sia  sfuggita.  E  qui  sento  il  dovere  di  dichiarare, 
che  accanto  all'opera  solerte  del  locale  ispettore  onor.  prof.  cav.  Francesco  Morabito  (*), 
Municipio,  Genio  Civile  ed  Ufficio  del  Piano  Regolatore  hanno  fatto  del  loro  meglio  per 
venire  incontro  ai  desideri  della  Soprintendenza  e  per  cooperare  all'opera  sua.  I  lavori 
d'isolamento  e  di  sistemazione  delle  mura  greche  alla  Marina  importarono  circa  200 
mila  lire  ;  quelli  per  l'Odeo  circa  25  mila  lire  ;  le  varianti  introdotte  nel  nuovo  edificio 
del  Genio  Civile  per  conservare  negli  scantinati  porzioni  di  un  edificio  romano  intorno 
a  95  mila  lire.  Siffatti  ingenti  sacrifici  che  la  nazione  intera  ha  sostenuto  sulle  addizio- 
nali per  il  terremoto  è  bene  sieno  noti,  e  qui  solennemente  affermati. 

Scoperte  nelle  fondazieui  del  nuovo  Banco  di  Napoli.  —Nell'estate  del  1920  impor- 
tanti scoperte  nelle  fondazioni  della  nuova  sede  del  Banco  di  Napoli  richiamarono  l'at- 
tenzione dell'Ispettore  locale  e  della  Soprintendenza  di  Siracusa  ;  in  mia  assenza  fu 
ripetute  volte  sul  luogo  per  vedere  e  per  riferire  il  prof.  Sebastiano  Agati,  dal  cui  rapporto 
desumo  gli  elementi  fondamentali  di  questa  nota. 

Lo  sbancamento  della  enorme  massa  di  terre  per  dar  posto  alla  platea  di  fondazione 
del  nuovo  edificio  ha  messo  in  luce  verso  la  parte  meridionale  dell'area  ed  alla  rilevante 
profondità  di  m.  6.40  dal  piano  attuale,  alcune  costruzioni  di  tecnica  imperfetta  e  sca- 
dente, nelle  quali  eran  posti  in  opera  dei  grandi  conci  di  età  classica.  Tali  costruzioni 
apparvero  formate  da  due  muri,  normali  l'uno  all'altro  (nord-sud  ed  est-ovest),  il  primo 
dei  quali  interrotto  da  contrafforti;  la  tecnica  muraria  scadente  e  l'impiego  di  malta 
sembrano  alludere  all'età  bizantina.  L'unito  schizzo  (fig.  5)  esibisce  quel  tanto  dell'edificio 

(*)  Il  detto  professore  ai  fini  della  topografia  reggina  ha  tenuto  nota  accurata  di  tutti  i  brani  di 
mura  ancora  in  posto,  osservati  in  più  punti  della  città. 


REGGIO   CALABRIA 


—    152    — 


REGIONE    111. 


che  fu  messo  allo  scoperto.  I  muri  sono  allo  stato  di  rudere  e  si  elevano  dalla  risega  di 
fondazione  da  m.  0,70  a  2.00.  Attesa  la  loro  limitata  importanza  se  ne  consentì  la  distru- 
zione, dopo  averli  fotografati,  e  dopo  avere  posto  in  salvo  alcuni  pezzi  marmorei  impie- 
gati in   essi   come  materiale   costruttivo. 
Tali  pezzi  sono  : 

1)  Due  basi  di  colonne  ioniche  o  corinzio  messe  in  opera  nei  punti  segnati  a)  e  b) 
della  pianta. 


Fio.  5. 

2)  Un  cippo  in  pietra  di  Macellaro  (*)  dalle  sagome  semplici  e  severe,  ajto  m.  1.01 
(fig.  5)  sul  quale  è  incisa  a  grandi  e  nobili  lettere  la  parola 

AVGVSTI 

che  chiaramente  allude  ad  una  statua  del  Divu*  Angustili  posta  dai  Regini  su  questa 
base.  Ed  in  vero  non  pochi  furono  i  titoli  di  gratitudine  della  città  verso  Augusto.  Alla 
fine  della  repubblica  essa,  divenuta  fiorentissima,  era  stata  dai  triumviri  destinata  come 


(!)  Così  si  denomina  un  tipo  di  roccia  durissima,  quarzitico-granitoide,  proveniente  da  una  località 
presso  Péllaro,  e  di  cui  anche  oggi  si  (a  largo  impiego  a  Reggio,  per  lastricare  le  vie. 


REGIONE    III.  —    153    REGGIO    CALABRIA 

compenso  ai  loro  veterani  ;  solo  per  l'intervento  personale  di  Ottaviano,  potè  evitarsi 
tanta  iattura.  (Appiano,  Bcìlum.  Civ.  3,86).  Durante  poi  la  guerra  fra  S.  Pompeo  ed  Ot- 
taviano essa  divenne  la  base  navale  di  quest'ultimo  (App.  I.  e.  81.  84;  Dion.  Cass. 
LVIII,  18,  47;  ;  il  quale  per  ricompensarla  dei  servigi  resi  e  ad  accrescerne  la  scarsa 
popolazione  vi  dedusse  una  colonia,  senza  che  perciò  la  città  assumesse  la  condizione 
ed  il  titolo  di  colonia,  ma  denominandosi  semplicemente  Rhegium  Iulium  (Strabone, 
VI,  258).  Ad  Augusto  quindi  come  salvatore  e  protettore  della  città  ben  si  addiceva 
una  statua,  erettagli  dai  cittadini  riconoscenti. 

3)  Altro  cippo  marmoreo  di  grandiose  dimensioni  (alt.  m.l.  50  X 0.00  larg. base), 
colle  sagome  così  della  testa  come  della  base  non  finite,  ma  semplicemente  abbozzate. 
Sulla  faccia  principale  esso  lasciava  scorgere  le  tracce  di  una  iscrizione  coperta  dal  du- 
rissimo cemento  ond'essa  era  stata  legata  al  muro.  Tale  cemento  venne  rimosso  soltanto 
nel  maggio  1921,  con  le  debite  precauzioni  ed  alla  mia  presenza,  permettendomi  così  di 
cavare  il  seguente  apografo.  Le  lettere  sono  pessime  e  così  male  allineate,  che  i  versi  anzi- 
ché orizzontali,  procedono  di  sghembo  dal  basso  in  alto. 


DNFLVALERIO 

c]ONSf  ANf  IO  •  NO 

BILISSIMO 
o]RDOSPLENDIDISSIMAE  (serratosi*) 

^IVI-fA-flS  «  REGINAE 
DEVOTVS  NVMINI 
MAIESTA-flQYAEIVS  (sic) 


L'iscrizione  attesta  di  un  ricordo,  con  tutta  probabilità  di  una  statua  posta  dal 
Senato  Regino  (ardo  Civitatis  Reginae)  all'imperatore  Flavio  Costanzio  figlio  di  Costantino 
(323-361),  non  e  detto  per  quali  benemerenze  verso  la  città  o  se  a  solo  titolo  di  servile . 
omaggio.  Il  formulario  è  quello  della  decadenza  ed  il  monumento  doveva  essere  esposto 
in  luogo  pubblico,  non  sappiamo  bene  se  nel  foro,  non  guari  discosto,  od  in  una  torma. 
Che  all'epoca  della  dinastia  costantiniana  vi  sia  stato,  a  Regium,  un  movimento  edilizio 
lo  prova  il  titolo  C.  I.  L.,  n.  3,  ed  un  altro  pubblicato  dal  prof.  Putorti  (l)  ;  un  terzo  dei 
tempi  di  Valentiniano,  Valente  e  Graziano,  ricorda  un  rifacimento  di  {erme,  basiliche 
e  portici  dopo  un  terremoto,  forse  quello  del  365  (2)  ;  ed  in  fine  altri  ancora,  che  verremo 
pubblicando  in  questa  stessa  relazione. 

4)  Altro  minore  cippo  marmoreo  alto  cm.  95  X  55  largo  alla  base,  estratto  pure 
dalle  murature  bizantine.  Sulla  faccia  principale,  ed  inscritto  in  una  cornice  a  fogliami, 
che  lo  racchiude  su  3  lati,  si  riconobbe  il  titolo  a)  di  lettura  relativamente  facile,  mentre 

(*)  In  Bull.  Com.  Areh.  Corti,  di  Roma  (1916,  fase.  1"). 

(*)  Edito  anche  questo  dal  prof.  Putorti,  Di  un  titolo  termale  scoperto  in  Reggio  Cai.  (In  R.  C.  Lin- 
cei, 1912). 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi,  XIX,  20 


REGGIO   CALABRIA  —  154   —                                                      REGIONE  III. 

difficilissima  tornò  quella  del  lato  opposto;  b)  profondamente  guasto  e  corroso: 

a)         QSATTIVS  b)             m(]RAEBONITATI  ET 

FL'VETTIVS  BENI  BOLENTIAE 

GRATVS-V-C  COMITE/// 

AVGVR-PP-RQ.  OBMERITAEIVS 

CORRECTOR  OttfjOPOPVLVSQVE 

SACRARIO      .  re]GINORVM  PATRONO 

a  solo   restitvto  P R AEST A N T I SSI MO 


Il  cippo  è. stato  ricoverato  nel  Magazzino  Archeologico  Statale  negli  scantinati 
della  R.  Scuola  Normale  Femminile,  le  cui  infelicissime  condizioni  di  luce  hanno  ag- 
giunto serie  difficoltà  alla  lettura  di  b)  già  per  se  molto  scabrosa.  Gli  è  per  tanto  che  men- 
tre considero  sicura  la  lezione  di  a),  l'apografo  di  b)  può  forse  essere  suscettibile  di  qual- 
che lieve  correzione. 

11  Q.  Sattius  Vettius  Gratus  della  nuova  lapide  regina,  per  la  carica  occupata,  è 
un  personaggio  storico  della  regione.  Esso  però  è  nuovo,  in  quanto  non  ricorre  né  nel 
Dizionario  epigrafico  del  De  Ruggiero,  né  apud  Cantarelli,  La  diocesi  iluliciana  ecc.  Egli 
è  quindi  un  corrector  finora  sconosciuto  della  Lucania  e  dei  Bruttii.  In  a)  al  v.  4  le  sigle 
si  sciolgono  così  :  Augur  publicus  populi  romani  quiritium  (?). 

Il  lato  b)  è  la  continuazione  di  a)  coll'elogio  del  personaggio  e  la  dichiarazione  di 
riconoscente  omaggio  prestato  dall'intera  cittadinanza  di  Reggio  al  suo  benemerito  pa- 
trono. Nel  v.  3  la  voce  Cornile  (come  cortesemente  mi  fa  osservare  il  eh.  prof.  De  Rug- 
giero) va  completata  con  Aug(usti)  o  Aug(ustorum);  ed  il  comes  qui  non  denota  più  una 
carica,  ma  è  titolo  onorifico  non  diverso  da  quello  di  amicus  Augusti.  Risulta  dal  contesto 
del  doppio  titolo,  che  è  della  fine  del  m  o  del  iv  sec,  che  FI.  Vettius  Gratus  sacrarium  a 
solo  restituii,  sacrario  non  sappiamo  bene  se  crollato  per  terremoto  o  menomato  per 
vetustà.  Anche  la  voce  generica  di  sacrarium  non  consente  dire  quale  forma  specifica  di 
edificio  religioso  il  Patrono  dei  Reggini  avesse  ricostruito  ;  Servio  ad  XII  Aen.  199  di- 
chiara che  Sacrarium  proprie  loeus  est  in  tempio  in  quo  sacra  reponunlur  ;  ma  per  esten- 
sione va  a  significare  anche  un  tempietto  o  sacello. 

Il  senato  ed  il  popolo  Reggini  dedicavano  al  Patrono  Prestantissimo  non  è  ben  detto 
che  cosa,  probabilmente  una  statua,  se  non  fosse  che  le  dimensioni  del  cippo  sono  troppo 
esili  per  sopportarla  ;  forse  bastava  il  cippo  stesso  come  attestato  della  pubblica  ricono- 
scenza. Erano  del  resto  di  prammatica  codesti,  forse  ampollosi,  elogi  ai  correctores  della 
Lucania  e  del  Bruzzio,  quando  la  città  decretava  loro  pubblici  onori  (cfr.  per  Reggio 
C.  1.  L.,  n.  4;  Notizie,  1914,  pag.  32). 

Presumibilmente  tutti  i  cippi  ora  descritti  adornavano  il  Foro  Reggino,  che  si  sten- 
deva a  mezzodì  della  piazza  Vittorio  Emanuele  ;  in  fatti  anche  nelle  fondazioni  del  pa- 
lazzo provinciale  si  rinvennero  parecchi  elementi,  disgraziatamente  sfuggiti  al  nostro 
controllo,  che  a  tale  Foro  si  riferivano  ;  ed  anche  il  grande  cippo  onorario  di  FI.  Zeno- 
doro  (Notizie,  1915,  pag.  32),  che  dovette  essere  esposto  in  serie  cogli  altri  qui 
divulgati. 


REGIONE    IH. 


—  155 


REGGIO    CALABRIA 


Epigrafe  del  fondo  Genoese-Zerbi.  —  Fondandosi  il  palazzo  del  marchese  Paolo  Ge- 
noese-Zerbi  nell'inverno  del  1921  è  stato  rinvenuto  un  mutilo  frammento  di  titolo  mar- 
moreo (m.  0.45  X  0.15)  che  ho  copiato  sul  posto  ed  ho  fatto  tosto  portare  al  Magazzino 
Archeologico. 


SVFFRAGAN 
PPP-MMM  THER 


È  veramente  a  rimpiangere  lo  stato  di  estrema  mutilazione  di  quest'altro  prezioso 
documento  per  la  storia  edilizia  di  Keggio  nella  decadenza  imperiale.  Ho  fatto  vive  pre- 
mure perchè  si  rintracciassero  gli  altri  pezzi,  ma  sin  qui  senza  successo  ;  la  lastra  anele 
rotta  in  antico.  Le  lettere  sono  della  fine  del  iti  o  iv  sec.  Dal  brano  ricuperato  si  desume  che 
Sufffagan[tibus  gli  imperatori  XXX  Ther[mae...  Ruin[a  conlapsae)  vennero  rifatte  etc. 
La  formola  del  2  v.  va  risolta  in  Pontificibus  Maximis  e  ci  porge  in  qualche  guisa  un  ap- 
piglio cronologico,  in  quanto  essa  cominciò  ad  andare  in  disuso  con  Massenzio,  e  venne 
definitivamente  abbandonata  da  Costantino. 

Da  questo  titolo  ancora  una  volta  risulta  che  Reggio  romana  era  città  eccezional- 
mente ricca  di  terme  ;  delle  quali,  quando  che  sia,  converrebbe  redigere  una  lista  sulla 
scorta  dei  titoli  e  degli  avanzi  monumentali. 

Epigrafi  monumentali  da  via  Filippini  e  da  Piazza  Vittorio  Emanuele.  —  Come 
da  rapporto  dell'Ispettore  cav.  Morabito,  il  31  agosto  1920  nei  lavori  per  la  fogna- 


5A5SVÌRHFrà£^MVRAVER 


^ 


i 


FlG.    (i. 


tura  di  via  Filippini,  fra  le  traverse  Ossuna  e  Cattolica  dei  Greci,  si  segnalò  una  grande 
cisterna  antica,  racchiudente  una  quantità  di  ossa  animali,  e  sul  fondo  un  mutilo  ma  pre- 
gevole avanzo  marmoreo  epigrafico,  scritto  a  buonissime  lettere  apicate  (m.  0.425  X  0,18), 
di  cui  a  fig.  6  produco  il  faesmile  da  disegno  del  prof.  Morabito.  Mancano  disgraziata- 
mente così  il  nome  dello  edificio...  lum  pertinens  ad  se  et  ad  suos...  come  delle  persone  che 


REGGIO   CALABRIA  —   156   —  REGIONE    III. 

ne  curarono  il  restauro  ;  l'iscrizione  per  i  suoi  spiccati  caratteri  paleografici  va  assegnata 
al  il— in  sec.  e.  v. 

Nel  marzo  1920  nei  cantieri  del  palazzo  comunale  in  costruzione  ho  segnalato,  co- 
piato e  tosto  messo  al  sicuro  un  altro  brano  epigrafico  marmoreo  di  cm.  0,36  X  0.255  X  0.05 
spess.,  scritto  a  lettere  grandi  ed  allungate,  il  quale  era  stato  rinvenuto  nei  cavi  dello  stesso 
fabbricato,  corrispondente  in  qualche  guisa  al  Foro  antico  reggino.  L'iscrizione  è  completa 
solo  sul  lato  d. 

Cons]  TANflNVS 
OBEAf  IfVDINE 
ORNATVM 

La  frase...  beatitudine  è  di  età  prettamente  costantiniana  e  richiama  i  beatissimi  Cae- 
sares  nonché  la  Beata  Tranquillitas  esaltata  sulle  monete  di  quella  dinastia.  Anche  qui 
si  allude  a  lavori  di  rifazione  e  decorazione  e  forse  l'ultima  voce  si  riferisce  al  Forum. 

Terma  romana  e  probabile  stereobata  di  un  tempio  fotto  la  nuova  Prefettura.  —  Nel  1912 
vennero  iniziati  a  cura  del  Genio  Civile  lavori  veramente  grandiosi  di  sbancamento, 
per  installare  le  fondazioni  della  nuova  Prefettura  di  Reggio,  che  ora  ultimata  sui  disegni 
dell'ing.  cav.  Zani  si  erge  sul 'lato  occidentale  della  piazza  Vittorio  Emanuele  e  colle 
sue  eleganti  e  pur  corrette  linee  ne  forma  ornamento  nobilissimo.  La  prima  fase  di 
codesti  lavori  interessò  molto  gli  archeologi.  Ad  uno  sbancamento  generale  dell'estrema 
falda  occidentale  della  collina  di  Reggio  seguì  l'apertura  di  una  rete  di  cavi  profondis- 
simi, per  innestare  su  terreno  sodo  le  fondazioni  dei  muri  maestri  del  nuovo  edificio.  Così 
quell'area  venne  sezionata  in  tutti  i  sensi,  e  dopo  pochi  mesi  di  lavoro  si  ebbe  a  constatare 
che  la  nuova  Prefettura  veniva  ad  adagiarsi  sopra  le  reliquie  di  un  vasto  e  nobile  edificio 
antico,  avente  tutti  i  caratteri  di  una  Terma.  Sospendere  i  lavori  della  Prefettura,  denu- 
dare per  intero  la  Terma,  eseguirne  il  rilievo,  ed  in  seguito  a  ciò  decidere  se  convenisse 
spostare  in  altro  punto  la  Prefettura  era  una  nobile  idealità  che  allo  Stato  avrebbe  co- 
stato parecchie  centinaia  di  migliaia  di  lire  per  indennità  alla  impresa  costruttrice  ;  ed  era 
pretendere  troppo,  dopo  che  per  la  denudazione  e  conservazione  in  vista  di  buon  tratto 
delle  mura  greche  alla  Marina  la  città  sui  fondi  somministrati  dallo  Stato  si  era  già  accol- 
lato un  onere  di  circa  200  mila  lire.  Rinunciando  al  programma  massimo,  inattuabile,  se 
ne  adottò  uno  minimo  ;  quello  cioè  di  rilevare  quanto  più  si  potesse  dell'edificio,  il  quale 
però  dovette  essere  sacrificato,  chiudendolo  sotterra  colle  fondazioni  dell'edificio  nuovo. 

Si  ottenne  che  il  Genio  Civile  rilevasse  tutto  quanto  di  antico  appariva  nei  lavori 
di  sbancamento  e  di  fondazione,  e  tale  compito  sebbene  iniziato  con  qualche  ritardo,  venne 
egregiamente  assolto  attraverso  gravi  difficoltà,  come  si  vedrà  dai  rilievi  che  in  appresso 
si  producono. 

Intanto  sino  dalle  prime  settimane  di  lavoro  nel  1912  erano  apparsi  negli  strati  supe- 
riori due  titoli  dedicatori,  i  quali  segnalavano  l'interesse  archeologico  del  suolo  che  si 
veniva  squarciando.  Essi  vennero  depositati  al  Museo  Civico.  11  primo  è  inciso  sopra 


óeiDt 


REGIONE  III.  —  157  —  REGGIO  CALABRIA 

una  lastra  marmorea  corniciata  di  cm.  75  X  78,  ed  è  scritto  ad  ottime  lettere  ;  l'iscri- 
zione era  coperta  di  calce,  essendo  stata  in  tarda  età  impiegata  come  materiale  di  fabbrica 

T-SEXT   TF-VETVR- 
L  ATER  ANO     C-P- 
PATRONO  •  OB  Mi 
TAMERITA-PAR.EJ 

TIVM-EIVS- 

REG-IVL- 
D  •  D  • 

I  Reggini,  o,  più  conformemente  all'uso,  i  Regimi  nliemes,  dedica  no  questo  ricordo  a 
T.  Sesto  Laterano,  che  a  tutta  prima  sembrerebbe  un  forestiero  inscritto  alla  tribù  Ve- 
turia  o  Voturia,  per  benemerenze  dei  suoi  genitori  verso  la  città  Può  cadere  qualche  dub- 
bio sulla  interpretazione  della  siglia  C  •  P  •  ma  la  più  attendibile  è  quella  di  durissimo 
Puero,  corroborata  dal  fatto  che  le  benemerenze  non  erano  tanto  del  personaggio  quanto 
dei  suoi  genitori.  Un  altro  dubbio  è  se  il  VETVR  del  1°  rigo  si  debba  interpretare  come 
gentilizio  o  come  nome  di  tribù  ;  ma  se  T.  S.  Laterano  era,  come  sembra,  nato  in  Reg- 
gio, si  deve  di  necessità  intendere  che  egli  apparteneva  alla  gente  e  non  alla  tribù  Ve- 
turia  (1).  Il  secondo  titolo  è  pure  inscritto  in  una  grande  lastra  marmorea  di  cm.  88  X  83, 
quasi  gemella  alla  precedente,  anche  per  i  bei  caratteri,  che  la  fanno  incirca  della 
stessa  età  : 

IMP  -CAESARI-DI 
VITRAIANI    PAR 
THICI-F;DIVINER 
VAE-NEPOTI-TRA 
IANO-HADRIANO 
AVG-PONTMAX-TRiB 
potIIII-cosHIPP- 
D-  D- 

PVBLICE 

L'iscrizione  è  del  120  e  fu  posta  dai  Decurioni  Reggini  per  gratitudine  all'imp. 
Adriano.  Quali  fossero  le  benemerenze  dell'imperatore  e  del  precedente  personaggio 
non  è  dato  precisare.  È  verosimile  esse  riflettano  restauri  alla  grande  terma  della  Pre- 
fettura od  al  Foro,  sul  quale  essa  prospettava  (2). 

Ed  ora  nel  pubblicare  i  rilievi  del  Genio  Civile,  conviene  subito  notare  la  frafn- 
mentarietà  e  la  mancanza  di  collegamento  delle  varie  parti  dell'edificio,  avendosi  do- 
vuto rilevare  non  su  ruderi  per  intero  denudati,  ma  sopra  quelli  che  intermittentemente 

(X)È  noto  come  sotto  l'impero  l'indicazione  della  tribù  non  rispondesse  rigorosamente  al  domi- 
cilio di  una  famiglia,  ma  indicasse  soltanto  la  qualità  di  civis  romamts.  Con  Caracalla  poi  tale  indica- 
zione scompare  quasi  per  intero  dai  titoli  (Cagnat,  Cours  d'epigrnph.  latine  pag.  00). 

(*)  I  due  titoli  vennero  già  editi  da  N.  Putorti  nelle  Notizie,  1!U3,  pag.  152-15.'}  con  un  breve  com- 
mento. 


REGGIO   CALABRIA 


1.58    — 


REGIONE    III. 


apparivano  nella  rete  dei  cavi  di  fondazione.  Che  si  tratti  di  una  terma  risulta  dalla  fre- 
quenza delle  forme  ad  esedra  e  sopratutto  dal  grande  ambiente  semicircolare  con  sm  pen- 
surae  nel  pavimento  e  colle  pareti  rivestite  di  mattoni  vuoti  per  il  passaggio  dell'aria 
calda  ;  quindi  un  caldarium,  a  cui  era  attiguo  un  corpo  circolare,  forse  un  frigidarium. 
Ma  per  il  fatto  che  questi  due  corpi  venivano  ad  urtarsi,  si  dovrebbe  desumere  che  la 
terma,  forse  in  seguito  a  terremoti,  subì  rimaneggiamenti  radicali.  Il  tipo  delle  murature 
variava,  ma  in  molti  punti  ho  notato  l'impiego  di  una  eccellente  cortina  laterizia,  men- 
tre le  fondazioni  risultano  di  pietrame  a  sacco.  Per  quanto  io  sia  sceso  più  volte  negli  an- 


0.6i 


0.6* 


Fig.  8. 


gusti  e  profondi  cavi  armati,  non  mi  fu  dato  che  raccogliere  dati  frammentari,  come  fram- 
mentaria risultò  la  pianta  ;  ho  notato  che  l'abside  piccola  segnata  in  quella  pianta  presen- 
tava ancora  il  suo  rivestimento  marmoreo. 

In  uno  dei  robusti  muri  in  cortina  laterizia  erano  posti  in  opera  due  tegoloni  architet- 
tonici greco-arcaici,  della  la  metà  del  sec.  V,  passati  al  Museo  Civico,  e  che  qui  si  pubbli- 
cano in  modo  provvisorio,  meritando  essi  una  tavola  a  colore.  Sono 'due  superbi  esemplari 
(uno  è  frammentario)  di  tegola  a  risalto,  di  in.  0.64  X  0.62  X  0.08  di  spessore  ;  nel  sotto, 
prominente  ed  aggettante  dalla  fabbrica  per  mm.  23"),  avvi  una  decorazione  di  palmette. 
bianche  e  rosse,  poste  a  contrasto,  su  fondo  bruno  ;  questi  tegoloni  hanno  anche  risalti 
marginali,  normali  alla  loro  fronte. 

E  questi  risalti  marginali  indicano  chiaramente  come  essi  tegoloni  fossero  incavallati 
da  embrici.  Pezzi  consimili  sono  molto  rari,  ma  non  difettano  esempi  di  riscontro  imme- 


REGIONE    III.  —    159    —  REGGIO    CALABRIA 


diato  o  di  analogia  (').  Quanto  alla  loro  applicazione  non  cade  dubbio  non  si  tratti  di  te- 
gole di  grotvla,  che  formavano  quella  che  con  termine  tecnico  moderno  si  chiama  una 
«linda».  Aveva  dapprima  pensato  ad  una  applicazione  a  frontoni,  ma  l'andamento  dei 
risalti  marginali  esclude  in  modo  assoluto  tale  versione.  Invece  essi  Vanno  considerati 
come  pezzi  estremi  delle  falde  o  pioventi  di  un  tetto,  sormontati  da  piccoli  acroteri  ;  ed  in 
tale  ricostruzione  ideale  siamo  sorretti  da  un  tegolone  campano  analogo  di  S.  Angelo  in 
Formis  (2). 

Queste  due  tegole  grandiose,  di  un  tipo  molto  raro,  servirono  alla  copertura  di  un 
edificio  arcaico  di  mole  piuttosto  rilevante,  edificio  che  non  potè  essere  se  non  un  tempio. 
Se  così  è,  io  mi  domando  se  codesti  due  eccellenti  pezzi  non  abbiano  relazione  coi  resti 
di  un  edificio  certamente  greco,  di  cui  ritengo  di  aver  segnalato  le  vestigia  negli  strati 
profondi  sottostanti  alla  terma  romana.  E  chi  può  dirci,  se  altre  terrecotte,  e  forse  in 
quantità,  non  sieno  messe  in  opera  nelle  mura  laterizie  della  terma  ?  La  cosa  è  molto  pro- 
babile ;  e  se  questo  materiale  fosse  stato  trovato  sul  posto  dai  costruttori  dell'edificio 
romano,  accrescerebbe  consistenza  alla  congettura,  che  un  edificio  greco  arcaico,  verosi- 
milmente un  tempio,  fosse  una  volta  esistito  sulla  falda  di  collina  prospicente  lo  stretto, 
sulla  quale  vari  secoli  appresso  venne  costrutta  la  terma. 

Certo  è  che  nelle  ripetute  visite  da  me  fatte  nella  primavera  1913  ai  pozzi  di  fonda- 
zione segnalai  l'esistenza  di  una  platea  di  grandi  massi  in  calcare  a  detriti  conchigliferi, 
alla  cui  linea  si  arrestavano  tutte  le  fondazioni  della  nuova  Prefettura  ;  si  credette  in  fatto 
di  aver  raggiunto  un  banco  roccioso  é  fui  io  a  dimostrare  agli  assistenti  del  Genio,  che 
non  sopra  un  piano  roccioso,  ma  sopra  un  poderoso  manufatto  greco  essi  venivano  pian- 
tando il  nuovo  edificio.  Ma  poiché  non  si  procedeva  con  uno  sbancamento  in  pieno,  li- 
mitato questo  alla  superficie,  ma  con  un  reticolato  di  pozzi  di  fondazione,  fu  quasi  im- 
possibile cavare  un  disegno  di  questo  misterioso  rudere.  Ho  però  potuto  seguirlo,  nel  suo 
andamento  da  levante  a  ponente  per  un  26  in  27  m.  di  sviluppo,  notando  sino  a  4  assise 
di  massi  (alt.  media  cm.  36)  verso  mare,  dove  la  falda  della  collina  precipita,  e  due  a  monte. 
Escluso  che  si  tratti  di  un  braccio  delle  mura  salienti  sul  declive  della  collina,  non  resta 
che  riconoscere  qui  una  grande  piattaforma  per  sorreggere  un  edificio,  quale  sarebbe  stato 
appunto  un  tempio,  elevato  e  prospicente  sul  mare. 

Ad  ogni  modo,  se  qualche  dubbio  può  esservi  a  riguardo  di  questa  costruzione  degli 
strati  profondi,  non  cade  dubbio  sul  carattere  di  terma  del  fabbricato  sovrapposto.  Ma 
a  complemento  di  quanto  il  sottosuolo  reggino  ci  ha  rivelato  nel  1912-13,  è  opportuno 
allegare  qui  la  pianta  di  un'altra  grande  costruzione  termale,  che  ad  un  secolo  quasi  pre- 
ciso di  distanza,  cioè  nel  1810,  un  certo  Federico  Barilla  rilevava,  e  che  si  dice  esistesse 


(*)  Da  Olimpia,  Durm,  Baukunst  der  Qriechcn  2 ed.,  pag.  199,  fìg.  173  in  basso  (Traufziegel).  Coma 
ne  ha  data  una  buona  serie,  con  caratteri  ornamentali  molto  arcaici  (Cabrici,  Ciana  II,  pag.  651).  A 
Siracusa  poi  (Orsi,  Scavi  intorno  all' Athenaion  di  Siracusa,  tav.  XIX)  occorrono  pure  terrecotte  archi- 
tettoniche con  decorazione  iposcopica,  applicate  ai  frontoni,  ma  nessun  esemplare  di  tegola  di  gronda, 
che  precisamente  risponda  agli  esemplari  reggini.  In  fine  una  magnifica  serie  di  tegoloni  di  gronda, 
da  Caulonia,  ancora  inediti,  presenta  nell'aggetto  pure  decorazione  iposcopica. 

(')  Sul  quale  e  su  di  un  acroterio  di  Cuma  il  Koch  ha  basata  la  sua  ricostruzione,  ineccepibile, 
di  un  tetto  campano  a  tegole,  con  acroteri  (Dachtermcolten  aus  Campanim,  pag.  3). 


IÌEGGIO   CALABRIA 


—  160  — 


REGIONE   ITI. 


nell'arca  in  circa  corrispondente  alla  attuale  piazza  Vittorio  Emanuele,  cioè  in  continua- 
zione del  nostro  fabbricato  (x).  A  chiarimento  del  suo  rilievo  il  Barilla  aggiunse  delle  in- 
dicazioni che  in  modo  abbreviato  io  qui  riporto. 


Fio.  9. 


A-F)  Esagono  centrale  ossia  salone  delle  terme  con  pavimento  sostenuto  da  pi- 
lastrini laterizi  di  3  palmi  alt.,  che  formavano  l'ipocausto  inferiore  comunicante  cogli 
altri  laterali. 


(')  Questa  pianta  inedita  mi  fu  gentilmente  comunicata  dall'ispettore  cav.  Morabito. 


REGIONE    III.  —    161    —  REGGIO    CALABRIA 

G-H-I)  Tre  bagni  semicircolari  coi  loro   sedili,   pavimento  ed  incrostature  di 
marmo  bianco. 

F-R-A)  Tubi  di  terracotte  comunicanti  coll'ipocausto  inferiore  per  la  trasmissione 
del  calore. 

T)  Conduttore  del  calore  dalla  fornace  nel  basso  ipocausto. 

K-L-M-N)  Quattro  laconici  ossia  sudatori  di  figura  circolare  coi  loro  ipocausti. 

0-0  -P-P)  Ingressi  ai  laconici. 

P-Q)  Sedile  di  marmo  ben  conservato 

X)  Ingresso  all'esagono. 
In  questo  ingresso  si  è  trovata  una  mano  di  marmo,  pertinente  ad  una  statua  colos- 
sale ;  e  si  è  anche  trovata  la  base  della  statua  colla  parola  DIANA.  Fin  qui  il  Barilla. 

Non  nascondo  però  che  mi  ha  stranamente  impressionato  la  forma  di  codesta  terma 
del  Barilla,  e  mi  sono  domandato,  se  tale  pianta  merita  fede  incondizionata,  in  quanto  essa 
non  trova  riscontri  in  monumenti  analoghi  superstiti.  E  poi  mi  sono  chiesto  come,  ed  in 
seguito  a  quale  vasto  scavo,  di  cui  non  mi  è  venuto  fatto  di  trovare  traccia  nella  bibliografia 
reggina,  abbia  potuto  eseguire  il  Barilla  il  suo  rilievo,  non  scevro  di  sospetti,  anche  per 
la  troppo  regolare  distribuzione  degli  ambienti  circolari  etc.  0  non  avrebbe  egli  creato 
di  sua  testa  tutto  un  complesso  di  fabbriche,  sopra  poche  tracce  da  lui  viste  ?  Anche  il 
cippo  di  Diana  è  scomparso,  ne  se  ne  ha  menzione  nelle  sillogi  reggine.  Per  tutte  queste 
ragioni  parmi  si  imponga  una  inchiesta  sulla  attendibilità  del  Barilla  (3),  inchiesta  per 
la  quale  mi  mancano  gli  elementi  e  che  io  raccomando  a  qualche  erudito  reggino  ;  e  tanto 
meglio,  se  risulterà  la  piena  attendibilità  della  pianta  controversa. 

Resti  di  abitazione  romana  nelle  fondazioni  della  casa  delh  sig.  Carmela  Pellicone  sul 
corso  Garibaldi.  —  Vennero  segnalati  nell'agosto  del  1920.  L'ispettore  cav.  Morabito  mi 
riferì,  che  alla  profondità  di  m.  3-.50  si  avvistò  uno  dei  soliti  pozzi,  rivestito  di  cerchioni 
fittili  (dm.  m.  uno,  alt.  m.  0,50,  con  pedarole  triangolari);  intorno  ad  esso  si  avvertirono 
avanzi  di  muri.  A  spese  dell'Amministrazione  si  allargarono  alquanto  i  cavi  ;  i  muri  in 
eccellente  cortina  laterizia  misuravano  m.  11  X  7  ;  nella  parte  interna  di  essi  v'erano 
avanzi  di  intonaco  in  rosso  pallido,  e  nella  zoccolatila  di  uno  di  essi,  a  0.80  dal  pavi- 
mento, e  rispettivamente  a  m.  5.50  dal  piano  di  Corso  Garibaldi  si  scorsero  tracce  di  una 
fascia  con  fregio  di  foglie  di  vite  in  bianco  e  rosso,  col  tralcio  marrone.  Il  pavimento  era 
un  opu:  testacsum  con  interpolato  qualche  tessello  marmoreo. 

Avanzi  di  una  terma  nelle  fondazioni  del  nuovo  Istituto  Tecnico  (luglio-settembre  1913).  — 
Lo  scavo  per  le  fondazioni  di  questo  Istituto  scesero  a  m.  7  di  profondità  e  nel  lato  prospi- 
cente  Via  Marina  Alta  le  escavazioni  si  svolsero  sopra  una  superficie  di  m.  70x14;  alle 
estremità  di  codesto  Iato  si  protendono  due  braccia  verso  S.  E.,  lunghe  m.  33.50  X  18.30 
larg.  Gli  avanzi  della  terma  si  riconobbero  nel  braccio  di  N.  E.  Questo  scavo  è  stato  allora 


(*)  Sopra  Don  Fed.  Barilla,  erudito  dei  primi  dell'ottocento  e  professore  di  rettorica  nel  R.  Col- 
legio di  Reggio,  si  hanno  alcuni  dati  presso  L.  Aliquo-Leuzi,  Oli  scrittori  calabresi,  pag.  32-33.  Ma  la  sua 
personalità  è  in  realtà  pressocchè  sconosciuta. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  21 


REGGIO    CALABRIA 


—  162    — 


REGIONE    III. 


vigilato  dall'assistente  sig.  Claudio  Ricca,  al  quale  devonsi  anche  i  rilievi  e  gli  appunti, 
di  cui  mi  valgo  nello  stendere  la  presente  relazione,  prendendo  a  guida  la  pianta 
che  si  allega  a  fig.  10.  Da  essa  vedesi  come  sia  stato  rimesso  in  luce  più  della  metà  di 
un  grande  ambiente  rettangolare  absidato,  conterminato  da  robusti  muri  in  mattonacci, 
al  cui  lato  di  levante  aderivano  altri  ambienti  rettangolari,  che  poterono  essere  studiati 
con  minore  attenzione.  Nel  vano  trapezio  VI,  che  comunica  per  un  ampio  passaggio  col 
V,  si  ergevano  due  colonne  di  fabbrica,  formate  da  mattoni  a  settore  di  circolo,  e  rive- 
stite di  un  denso  strato  di  intonaco  dipinto  in  rosso  pompeiano  ;  esse  avevano  un  dm. 


n 


IV 


:'  Fornace  ■ 


Pia.  10. 


di  cm.  90,  erano  solcate  longitudinalmente  da  24  bacellature,  e  penetravano  nel  suolo, 
assieme  alle  bacellature  per  circa  40  cm.,  segno  non  dubbio  di  un  rimaneggiamento  antico 
dell'edifizio,  con  modificazione  dei  piani.  Sotto  al  pavimento  di  questo  ambiente  e  paral- 
lelo al  muro  di  N.  0.  del  vano  Vili  correva  per  una  mezza  dozzina  di  m.  una  fognatura, 
costruita  tutta  di  mattonacci  (di  m.  0.35  X  0.30  X  0.03)  e  con  una  luce  di  cm.  25  X  25. 
Nel  vano  VII  per  dichiarazione  dei  costruttori  sarebbesi  trovata  una  fornace,  di  guisa  che 
qui  sarebbe  a  riconoscere  il  praefurnium.  Il  vano  V  presentava  un  piccolo  avanzo  di  im- 
pellicciatura  marmorea  nello  zoccolo.  Tutti  i  vani  poi,  ad  eccezione  di  VII,  avevano  pavi- 
menti a  mosaico  ;  alcuni  (II,  III,  IV)  erano  a  semplici  tesselli  bianchi,  con  forme  lineari 
geometriche  in  nero.  Alle  fig.  11-14  produco  dei  campioni  tolti  dalle  varie  sale  ;  in  sala  I 
rosone  e  foglie  a  cuore  ;  sala  VI  bordura  a  riquadri  ;  sala  V  con  treccia  marginale  e  stelle 
floreali  ;  dalla  stessa  avanzi  di  figura  animale  inscritta  in  un  disco.  Tutti  codesti  mosaici, 
ripeto,  sono  a  bianco  e  nero.  Nel  grande  ambiente  IV,  ed  in  V,  ma  sopratutto  nel  V,  si 
avvertirono  così  intense  tracce  di  fuoco,  che  i  mosaici  ne  erano  stati  concotti. 

Tutti  codesti  appunti  vennero  presi  man  mano  procedevano  i  lavori,  e  senza  eseguire 
scavi  e  sgomberi  parziali  con  intenti  archeologici  ;  necessariamente  essi  sono  perciò  lacu- 


REGIONK   III. 


—  163  — 


KEGGIO    CALABRIA 


cunosi  ed  incompleti.  Soltanto  il  grande  ambiente  absidato  si  prestò  a  qualche  studio  più 
ampio.  Anche  qui  i  muri  perimetrali  erano  costruiti  di  grandi  mattonacci  quadri,  appog- 
giati a  robuste  fondazioni  in  pietrame  legato  da  ottimo  cemento.  Al  muro  di  S.  S.  E. 
era  appoggiato  un  rifacimento,  che  occorre  assai  sovente  nelle  costruzioni  reggine,  ed  una 
banchina,  che  continua  anche  lungo  l'abside,  attraversata  al  centro  da  un  passaggio  di 
calore,  alto  quanto  i  pilastri  delle  suspm  urae,  ed  a  luce  stretta  ;  esso  passaggio  im- 


SK 


Fio.  Ih 


meteva  nel  sottostante  ambiente  delle  sus}  en  urae.  Di  fronte  all'  ingresso  di  detto 
passaggio  si  notò  una  specie  di  sedile  A,  con  spalliera  e  braccioli  rivestiti  "di  cemento. 
Questa  costruzione  molto  avvicinata  ad  un  secondo  muro  circolare,  rispondente  all'ab- 
side, ma  ad  uso  esterno  torna  molto  oscura  quanto  a  destinazione,  non  essendo  stato  pos- 
sibile sviluppare  qui  uno  scavo  sistematico,  per  chiarire  l'ufficio  di  tale  parte  dell'edificio. 
Anche  nella  parete  di  Nord  di  Vili  si  apriva  nel  vivo  del  grosso  muro  una  specie  di  camino 
per  portare  l'aria  calda  anche  in  alto.  Le  due  sezioni  A  e  B  del  grande  ambiente  Vili  ave- 
vano il  pavimento  di  lastre  marmoree,  che  rivestivano  anche  il  piede  delle  pareti  ;  appog- 
giate ad  un  getto  di  coccio  pesto  di  mm.  12-22,  e  sorretto  alla  sua  volta  da  un  doppio  or- 
dine di  mattoni,  ognuno  di  cm.  70  X  68  X  8  i  più  bassi,  di  cm.  50  X  35  X  3  il  secondo. 
I  pilastri  del  sotterraneo  ad  aria  calda  erano  alti  cm.  90  a  m.,  formati  da  mattonacci  quadri 


REGGIO    CALABRIA 


—    164 


REGIONE    HI. 


di  cm.  68  X  70  di  lato,  e  poggianti  sopra  un  pavimento  di  mattonacci  d'eguale  modulo. 

Il  suolo  naturale  su  cui  è  piantata  la  Terma  sta  a  m.  7.25  dal  piano  di  via  Forni  ; 
quello  della  grande  sala  Vili  è  a  m.  5$0  dal  piano  di  detta  via. 

Trattandosi  non  di  uno  scavo  archeologico,  ma  del  denudamento  parziale  di  un  ru- 
dere a  fini  edilizi,  ho  già  segnalato  le  deficienze  che  da  tale  stato  di  cose  risultano  nei 
rilievi  e  nei  dati  descrittivi  ;  per  le  stesse  ragioni,  non  essendo  stata  possibile  una  vigilanza 
diuturna  e  fissa  di  un  agente  dello  Stato,  può  darsi  che  qualche  piccolo  oggetto  sia  stato 
trafugato. 


Fio.  12. 


11  materiale  messo  in  salvo  nei  3  mesi,  in  cui  durò  il  lavoro  di  fondazione,  si 
riduce  in  sostanza  a  poca  cosa.  Un  braccio  marmoreo  di  assai  piccolo  modulo.  "Un 
flauto  (?)  (avkóg  =  tibia)  o  meglio  porzione  di  esso,  di  osso,  1.  mm.  94,  col  suo  bocchino  ; 
un  manico  cilindrico  di  osso  1.  mm.  60,  adorno  di  occhi  di  dado.  Un  peduccio  in  bronzo. 
Due  tubi  fittili.  Tre  frammenti  di  tubo  in  piombo  da  sotto  il  pavimento  del  vano  VI.  Una 
lucerna  ed  altri  insignificanti  piccoli  fittili  ;  in  fine  un  mascheroncino  di  fontana  in  cal- 
care siracusano,  che  colle  sue  dimensioni  riproduco  a  fig.  15  ;  nella  bocca  si  osservano 
ancora  tracce  di  ruggine  del  tubo  di  getto  dell'acqua. 


Ultimata  l'analisi  di  quel  poco  o  tanto  del  monumento  che  per  breve  tempo  fu  posto 
allo  scoperto,  aggiungo  qualche  osservazione.  Questa  terma  reggina  ha  nel  piano  di  mas- 
sima e  nella  distribuzione  degli  ambienti  molta  rassomiglianza  colle  grandi  e  piccole  Terme 
di  Pompei.  L'ambiente  a  colonne  VI,  solo  parzialmente. esplorato,  era  forse  una  piccola 


REGIONE    III. 


—    165    — 


REGGIO    CALABRIA 


palestra,  analoga  a  quella  ben  maggiore  delle  terme  Btabiane  ;  a  ponente  di  Vili  si  apriva, 
probabilmente,  YApodylcrion.  Del  Frigùlarium  nulla  è  apparso.  Ravviso  in  Vili  il  Ca- 


l-'io    14. 


Fio.  Ubi» 


Fio.  15. 


liihirìum  coi  suoi  ipocausti  ;  nò  sappiamo  se  la  parte  di  levante  di  questo  ambiente,  divisa 
da  un  muro  da  quella  centrale,  fosse  un  Tepidarium.  Nel  ('ulidarium  si  doveva  avere  una 
vasca  marmorea  (alveus),  come  nella  opposta  esedra  (scìwla)  un  bacino  (labrum)  per  le 
abluzioni  fredde.  Attiguo  al  calidario  è  l'ambiente  VII  colla  sua  fornace  e  col  deposito 
di  combustibile.  È  possibile,  sebbene  ne  manchino  le  prove,  che  gli  ambienti  I-I1I  servis- 
sero per  sale  appartate  pure  da  bagno,  nel  quale  caso  avrebbero  dovuto  rinvenirsi  pure 


REGGIO    CALABRIA 


166  — 


RHGIONE    III. 


in  essi  tracce  delle  vasche  (Solia)  ;  attesa  però  l'ampiezza  dei  locali,  tale  interpretazione 
pare  alquanto  dubbia. 

Poche  città  come  Rhegium  possono  vantare  tanta  abbondanza  di  terme,  indizio  di  ci- 
viltà raffinata  e  di  prosperità.  Alla  piccola  termax della  vecchia  Piazza  delle  caserme  (No- 
tizie, 1886,  pag.  459  ;  1887,  pag.  257  sg.),  l'unica  conservata  allo  scoperto,  vanno  aggiunti 
gli  avanzi  presso  il  Carmine  nuovo  (Notizie,  1889,  pag.  90),  quelli  della  nuova  strada  Ma- 


Fia.  16. 

rina  al  Porto  (Ibid.  1892,  pag.  486),  quelli  fra  le  vie  Garibaldi  e  Belvedere  (lbid.  1896, 
pag.  270)  ed  altri  meno  sicuri.  Ai  grandi  movimenti  edilizi  dopo  il  terremoto  del  1908  dob- 
biamo la  segnalazione  della  Terma  alla  nuova  Prefettura,  di  questa  all'Istituto  Tecnico, 
e  di  altre  ancora,  come  quella  all'Istituto  d'Igiene,  forse  continuazione  di  quella  a  Piazza 
delle  Caserme.  Infine  i  titoli  confermano  questa  abbondanza  di  stabilimenti  termali  e  le 
cure  assidue  che  si  aveva  nel  restaurarli  e  decorarli. 

Terminato  che  sia  il  fervido  lavoro  edilizio  per  la  rinascita  della  città,  è  da  augu- 
rare che  qualche  erudito  locale  si  occupi  con  una  speciale  monografia  della  topografia  della 
Rlwgium  greca  e  romana,  per  il  quale  lavoro  le  scoperte  edilizie  hanno  prodotto  un  mate- 
riale enorme,  che  merita  di  essere  coordinato  e  sistemato  (1). 

(*)  Per  completare  ed  aggiornare  il  vecchio  scritto  dell' Axt,  Zur  Topographie  von  Rhegion  unii  Mes- 
sami (Grimma  1887)  aveva  deliberato  di  occuparsi  di  tale  tesi  il  mio  amico  prof.  F.  von  Diihn  del- 
l'università di  Heidelberg,  al  quale  io  avevo  procurato  anche  del  materiale.  Ma  dopo  i  rivolgimenti 
della  guerra  egli  mi  scrive  di  avere  smessa  la  bejla  idea. 


REGIONE    III. 


—  167  — 


REGGIO    CALABRIA 


Arami  di  altra  tema  nelle  fondazioni  dell'Ufficio  d'Igiene.  —  Va  anzitutto  messo  in 
rilievo,  come  questo  nuovo  edificio  sorge  sulla  via  Acacia  ad  un  centinaio  di  m.  dalla  pic- 
cola terma,  una  volta  sulla  Piazza  delle  Caserme  (Notizie,  1886,  pag.  259),  ed  oggi  invece 
inclusa  fra  le  due  vie  Marina  Alta  è  Marina  Bassa.  Non  si  esclude  quindi  che  fra  i  due 
gruppi  di  rovine  vi  potesse  essere  in  antico  qualche  relazione.  La  parte  più  ragguarde- 

riano  de/li*  nuoue  cdSf 


Sez  C-D         ■  — 


Conduttura  di 
calore 


2a\. 


Pio.  17. 

vole  messa  allo  scoperto  dai  lavori  del  1913  è  una  vasca  ovale,  col  fondo  di  lastre  mar- 
ìoree  e  le  pareti  rivestite  di  grandi  laterizi  ;  nel  lato  di  S.  E.  l'ambiente  quadrato,  in  cui  la 
rasca  (Solium)  era  innestata,  rivestito  di  mattoni  cavi.  Al  di  sotto  della  vasca  si  in- 
crociano due  condotture  di  calore  ;  una  di  esse  trae  origine  da  un  vano  trapezio,  che  ac- 
Dglieva  ancora  quantità  di  cenere,  onde  potrebbe  avanzarsi  la  congettura  che  qui  fosse 
installata  la  fornace  (praefurnivm).  Ma  questo  primo  passaggio  d'aria  calda  subì  due 
modificazioni  ;  in  origine  esso  era  alto,  con  una  voltina  quasi  a  sesto  acuto  ;  poi  se  ne  ab- 
bassò l'alt.,  ed  in  una  fase  ulteriore  esso  venne  completamente  chiuso  con  calcestruzzo. 
)al  pavimento  della  vasca  si  diparte  a  S.  0.  un  tubo  di  piombo  che  attraversa  il  muro  nella 
sua  spessezza  ;  esso  era  conservato  per  53  cm.  di  lungh.  Tracce  di  un  muro  intonacato 
apparvero  a  m.  2.75  a  N.  0.  dal  vano  trapezio;  ed  un  pavimento  a  grosse  tessere  a  S.E.  dalla 
vasca.  Tutto  ciò  indica  che  un  fabbricato  si  svolgeva  in  tutte  le  direzioni  intorno  al  pie- 
dò  nucleo  messo  a  vista  dai  lavori  di  fondazione  dell'Istituto  di  Igiene.  La  pianta  e  le 
sezioni  che  presento  alle  figg.  16-17  giovano  molto  alla  intelligenza  del  testo  descrittivo. 


REGGIO    CALABRIA  —    168    —  REGIONE    III. 

Avendo  fatto  sgomberare  la  vaschetta  dalla  terra  d'invasione,  non  sènza  sorpresa  si 
constatò  che  in  essa  era  stato  installato  in  età  imprecisata,  ma  probabilmente  romano- 
tardissima  o  bizantina,  un  piccolo  sepolcro  di  due  coppie  di  tegole  a  cappuccina,  pro- 
teggenti lo  scheletro  di  un  individuo  di  7-8  a.,  senza  corredo  di  sorta.  A  S.  E.  della  vasca 
una  seconda  tomba  protetta  da  5  paja  di  mattonacci  (di  cm.  30  X  20  X  10)  posti 
a  contrasto,  racchiudeva  tre  scheletri  anch'essi  completamente  nudi.  Infine  a  ponente 
del  supposto  Praefurniurn  uno  degli  ambienti  della  terma  era  stato  trasformato  in  una 
vera  camaja,  tanta  era  la  massa  di  crani  e  di  avanzi  scheletrici  apparsi,  e  che  conti- 
nuavano anche  nel  terreno  attiguo  non  sgomberato  per  i  cavi  di  fondazione  dell'Istituto 
d'Igiene.  La  presenza  di  codeste  masse  di  cadaveri  fa  pensare  a  qualche  chiesetta  dell'alto 
medioevo  eretta  sulle  ruine  della  Terma,  ed  in  parte  in  essa  installata  ;  ed  invero  una 
costruzione  absidata,  di  struttura  affatto  diversa  da  quella  della  Terma,  cioè  con  mura- 
ture a  ciottoli  fluviali,  apparve  nell'angolo  sud-est  delle  fondazioni  del  nuovo  fabbricato 
e  potrebbe  essere  l'abside  di  una  chiesetta  bizantina.  Tale  congettura  viene  Corroborata 
dalla  presenza  fra  quei  ruderi  di  due  boccali  certo  dell'alto  medioevo,  di  una  lucerna  a 
Rosario,  tipica  per  forma  ed  età,  e  di  un'altra  a  cattiva  invetriatura  verde  chiara  pure 
medievale. 

Scoperta  di  antico  Odeo.  —  In  sugli  ultimi  dell'agosto  1921  la  Direzione  dell'Ente  Edi- 
lizio denunziava,  che  nella  costruzione  delle  case  Impiegati  dello  Stato  fra  il  prolunga- 
mento di  via  Tribunali  e  via  Torrione  alla  profondità  di  m.  7  dalla  carreggiata  attuale' 
si  era  imbattuta  in  avanzi  di  muri  di  buona  epoca  greca,  raccogliendo  nella  vicinanza  di 
essi  anche  dei  pezzi  fittili.  L'Ente  suddetto,  con  encomiabile  provvedimento  mise  a  dispo- 
sizione il  suo  personale  perchè  si  denudasse  quanto  rimaneva  dell'edilìzio  greco,  non  solo, 
ma  volle  venisse  conservato  in  uno  scantinato,  con  non  lieve  sacrificio  espressamente 
costruito,  questo  prezioso  avanzo  della  Rhegium  greca.  Non  ho  bisogno  di  dire  quanta  ri- 
conoscenza debbano  all'  Ente  Edilizio  ed  al  suo  degno  capo,  così  i  Reggini  come  gli 
studiosi  per  aver  salvato  l'avanzo  di  uno  dei  rarissimi  monumenti  ellenici  della  città. 

I  resti  di  tale  edilìzio,  scarsi  a  dir  vero,  ma  non  pertanto  di  alto  significato, si 
osservano  nello  schizzo  unito  del  prof.  S.  Agati  (fig.  18),  che  in  mia  assenza  studiò  e  poi 
rilevò  il  monumento,  in  seguito  ripetute  volte  anche  da  me  esaminato  ;  alla  sua  migliore 
intelligenza  giova  anche  la  fototipia  a  fig.  19.  Il  luogo  dove  avvenne  la  scoperta  trovasi 
a  mezza  costa  della  collina  di  Reggio,  ed  i  costruttori  trassero  partito,  come  era  costume, 
per  installare  nel  declive  formato  di  alluvioni  geologiche  la  cavea  dell'edificio  che  apriva 
la  sua  bocca  a  ponente  quasi  preciso.  Purtroppo  nelle  secolari  tristi  vicende  della  città 
i  magnifici  conci  della  costruzione  eccitarono  l'avidità  dei  cercatori  di  pietra,  che  smon- 
tarono ed  asportarono  il  meglio  dell'opera  ;  è  già  ventura  se  di  essa  rimase  superstite 
l'estremo  corno  destro,  e  l'attacco  del  settore  successivo,  costruiti  in  belli  e  grandi  massi 
d'arenaria  forte,  di  taglio  accurato  ;  taglio,  modulo  e  sistema  di  giunture  accennano  ad  età 
greca  ancora  molto  buona. 

II  settore  superstite  presenta  un  solo  ordine  di  sedili,  ovvero  due,  se  voglia  compren- 
dersi la  linea  infima  del  podio.  I  sedili  avevano  un  piccolo  risalto,  in  confronto  della  pedata 
retrostante.  Anche  delle  gradinate  radiali  una  sola  è  sfuggita  alla  distruzione  ;  è  larga 


REGIONE    III. 


—   169    — 


REGGIO    CALABRIA 


y 


\  c 


Cortile 

5 


JOM. 

Fio.  18. 


\ 
\ 

\ 


C-D 


vm 


A-B 


% 


Fio.  19, 


Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX. 


22 


REGGIO    CALABRIA  —    170    —  REGIONE    III. 

in.  0.60  e  presenta  5  comodi  gradinetti.  Nulla  è  rimato  del  pavimento,  e  nulla,  pur  troppo, 
delle  costruzioni  della  scena,  cioè  della  rcenae  from  e  del  loge'on.  La  mancanza  di 
qualsiasi  elemento  al  riguardo  ci  rende  difficile  la  precisa  designazione  dell'edificio,  in 
quanto  il  diametro  massimo  di  m.  20  della  sola  orchestra  lo  renderebbe  alquanto  grande 
per  un  odeon,  ed  un  po'  piccolo  per  un  teatro. 

Il  prof.  Agati,  il  quale  ha  voluto  ricostruire  graficamente  il  monumento,  dopo  pazienti 
misurazioni  ed  accurato  procedimento  grafico,  ritiene  che  il  brano  superstite  di  esso  basti 
a  farci  determinare  lo  schema  ricostruttivo  dell'intera  branca  inferiore  degli  scaglioni 
e  ad  assicurarci  i  seguenti  dati  costruttivi  :  a)  Divisione  della  cavea  in  7  cunei  o  set- 
tori con  6  scalette  intermedie  ;  b)  Diametri  del  semicerchio  inferiore  della  cavea,  limitato 
al  piano  dell'orchestra,  di  m.  20. 

Ho  detto  del  dubbio  che  sorge,  per  il  fatto  delle  dimensioni  circa  il  carattere  e  la 
designazione  di  Teatro  o  di  Odeo  del  nostro  edificio.  La  dizione  yòùov  e  quella  di  9éarpov 
erano  sovente  di  uso  promiscuo  appo  gli  antichi  ;  in  sostanza  gli  odea  si  differenziavano 
dai  theatra,  in  quanto  essi  erano  dei  theatra  teda  -  vrctoQÓtpia,  cioè  muniti  di  copertura, 
e  destinati  alle  audizioni  musicali,  anziché  a  quelle  della  tragedia  e  della  commedia; 
quindi,  d'ordinario,  di  proporzioni  più  limitate  dei  veri  teatri.  Vuoisi  che  il  primo  Odeon 
sia  stato  fabbricato  da  Pericle  in  Atene,  per  le  gare  musicali,  da  lui  istituite  per  le  Panatenee. 
Ma  già  l'Odeon  di  Erode  Attico  di  Atene  si  valutava  capace  di  4500  a  5500  spettatori, 
era  coperto,  ed  equivaleva  ad  un  teatro  (x).  Quanto  a  misure  giova  qui  richiamare  che  il 
grande  teatro  greco  di  Siracusa  ha  un  diametro  della  orchestra  di  non  più  di  m.  29,  quello 
di  Dioniso  ad  Atene  di  19.61,  il  teatrino  di  Akrae  m.  20.30,  il  corrispondente  piccolis- 
simo Odeon  m.  5.75,  il  grande  teatro  di  Catania  m.  23,30  circa,  il  corrispondente  Odeon 
m.  10.00.  Reggio  città  popolosa  ed  illustre,  sede  di  una  scuola  di  Urici  di  musica  e  di  canto, 
con  culto  assai  sentito  per  la  poesia  (2)  (basti  ricordare  il  nome  di  Ibico)  dovette  per  ben 
tempo  avere  un  suo  grande  e  decoroso  Teatro  e  più  tardi  anche  un  Odeon.  L'edificio  di 
cui  la  fortuna  ci  ha  oggi  rivelato  un  misero  avanzo  è  incerto  se  debba  classificarsi  per  Teatro 
o  per  Odeon  ;  alla  seconda  designazione  io  propendo  malgrado  le  dimensioni  rilevanti 
per  il  fatto  della  esiguità  delle  sue  fondazioni,  che  avrebbero  dovuto  essere  piantate  as- 
sai più  profonde  ed  a  più  assise  nel  pericoloso  terreno  sciolto,  quante  volte  esse  avessero 
dovuto  sorreggere  la  mole  imponente  di  un  grande  xoìkov  teatrale  ;  quindi,  data  la 
spinta  a  valle  di  tutta  la  enorme  massa  della  costruzione,  le  fondazioni  dei  due  corni  estremi 
avrebbero  dovuto  essere  ben  altrimenti  poderose.  Esso  è  in  ogni  caso  costruzione  di  età 
molto  buona,  non  posteriore  al  sec.  in,  e  precisamente  all'anno  270,  in  cui  la  città  venne 
conquistata  dai  Romani;  dopo  tale  epoca  la  città  rimase  per  un  lungo  periodo  in 
uno  stato  di  accasciamento,  quasi  di  esaurimento,  per  le  ripetute  sventure  che  la  avevano 

(*)  Dareraberg  &  Saglio,  Dictionnaire.  IV.  1.  pag.  152,  articolo  che  contiene  dati  utilissimi  sugli 
odei.  Pei  quali  vedi  anche  Durm,  Die  Haukunst  der  Griechen  3  ed.  (1910)  pag.  454  sg.  e  Baumeister, 
Denkmaeler  voi.  Ili  s.  v.  Theatergebaude.  Pei  teatri  invece  è  fondamentale  Doerpfeld-Reisch,  Das  grie- 
ehischc  Theater  (1896)  sebbene  ormai  un  po'  antiquato.  Per  le  dimensioni  si  ricordi  anche  l'Odeon  di 
Gortvna,  che  aveva  un  diametro  massimo  di  m.  35.  (Ann.  R.  Scuola  Areh.  di  Atene  I  (1914)  pag.  375) 
di  fronte  ai  m.  23  e  frazione  del  nostro  di  Reggio. 

(s)  Toscanelli,  Le  origini  italiche,  origini  della  letteratura,  pag.  160  e  sg. 


REGIONE    III. 


—    171    — 


REGGIO  CALABRIA 


colpita,  e  solo  colla  fine  della  repubblica  e  coi  primi  dell'impero  s'inaugura  una  fase  di 
benessere  e  di  ripresa  edilizia. 

Nell'occasione  degli  scavi  per  l'isolamento  degli  avanzi  dell'Odeon  assieme  a  vari 
frammenti  di  minor  significato  si  raccolsero  tre  bei  capitelli  fittili  ionici,  più  o  meno 
incompleti,  di  cui  a  fig.  20  presento  la  imagine,  integrata  nelle  parti  mancanti,  con  elementi 
desunti  dagli  altri  esemplari.  Tali  capitelli  sono  quadrifronti  (struttura  eccezionale),  la- 
vorati a  stecca,  con  un  diametro  rispondente  al  sommoscapo  della  relativa  colonna,  di 
m.  0,203,  ed  una  altezza  di  m.  0.145.  Ogni  fronte  presenta,  fra  le  volute,  due  palmette 
spiegate,  nascenti  dal  basso,  e  3  ovoli.  La  sobrietà  e  freschezza  delle  forme,  la  vigorosa 
e  franca  esecuzione  dei  particolari  fanno  di  questi  capitelli  dei  modelli  eccellenti  della  pla- 


Pig.  20. 


stica  cretacea.  Appartennero  essi  alla  decorazione  della  scena  dell'Odeon  ?  Se  così  fosse, 
avremmo  un  nuovo  elemento  per  la  datazione  approssimativa  del  monumento  ;  ed  in  ogni 
caso  queste  vaghissime  architetture  accennano  ad  un  edifìcio  di  eletta  decorazione  ionica. 
Ad  età  ben  diversa  invece  rimonta  il  magnifico  pezzo  di  terracotta  architettonica 
che  qui  si  riproduce  a  fig.  21.  Esso  è  un  pezzo  sporadico,  raccolto  negli  scavi  dell'Odeon, 
ma  che  nulla  ha  con  esso  a  vedere.  Giova  a  suo  riguardo  ricordare,  che  qui  ci  troviamo 
a  non  più  di  m.  150  di  distanza  dal  fondo  già  Griso-Laboccetta,  dove  nel  1883  avvenne 
la  scoperta  dell'insigne  terracotta  figurata  del  Museo  Civico  (Notizie,  1886,  pag.  243),  la 
cui  divulgazione  in  tavola  a  colore,  dopo  il  lavaggio  avvenuto  per  mia  cura,  e  che  ha  rive- 
lato particolari  di  sommo  interesse,  si  rende  ora  più  che  mai  necessaria.  Il  nuovo  pezzo 
va  riferito  alla  sima  frontonale  di  una  edicola  ed  è  incompleto  nella  parte  inferiore  e  sul 
lato  destro.  Pezzo  raro,  come  tutti  i  similari  dei  lati  corti  di  tempietti  od  edicole,  ma  che 
per  giunta  presenta  delle  novità.  La  sua  lunghezza  è  di  cm.  47,  l'altezza  massima  del  pezzo 
superstite  è  di  cm.  29  ;  quella  effettiva  del  pezzo  completo  si  aggirava  intorno  ai  45- 
50  cm.  Novità  la  treccia  nella  fascia  terminale  in  alto  ;  un  taglio  a  forza  sul  lato  sinistro 
della  terrecotta,  per  innestarvi  il  pezzo  angolare  terminale  di  sinistra  ;  infine  novità  preci- 
pua, le  tracce  sicure  nella  fascia  sottostante  al  bastoncino  dell'innesto  di  due  grondaie  che 
si  rimane  incerti  se  fossero  a  tubo  od  a  maschera  leonina,  e  di  cui  non  si  ha  riscontro 
alcuno  in  altre  terracotte.  Il  pezzo  nel  suo  insieme  formava  il  kymation  inferiore  del  tim- 
pano (parte  interna)  dell'intero  frontone  ;  per  casi  analoghi  vedi  Orsi,  Athemion  di  Sira- 


PEGGIO    CALABRIA 


172   — 


REGIONE    III. 


REGIONE    HI.  —    173    —  REGGIO   CALABRIA 

casa,  tav.  XVIII.  Le  grondaie  applicate  a  questa  parte  dell'edicola  erano  certamente 
finte  non  avendo  ragione  di  praticità  ;  si  può  supporre  sieno  state  qui  collocate,  con 
mero  intento  decorativo,  e  ricorrenti  sulla  stessa  linea  di  quelle  dei  lati  lunghi. 

Si  rinvennero  altresì  4  frammenti  del  piatto  di  una  gronda  a  tubo,  di  cui  si   dà  un 
saggio  a  fig.  22,  e  da  riferirsi  tutti  ad  un  tipo  unico. 


Fig.  22. 


Grandiosi  animi  delle  mura  greche  alla  Marina.  —  Si  e  più  volte  lamentata  la  scar- 
sezza, dirò  meglio  l'assenza,  di  avanzi  monumentali  della  Rhejium  greca,  anteriore  alla 
conquista  romana.  Si  direbbe  che  ogni  avanzo  greco  sia  stato  travolto  dai  terremoti, 
e  poi  mascherato  sotto  le  rovine  ed  i  rifacimenti  (frequentissimi)  dell'età  romana  e  di 
quella  medioevale.  Caso  analogo  a  quello  di  Messina,  dove  di  monumenti  genuinamente 
greci  nulla  piìi  sussiste. 

Quando  si  imprese  la  demolizione  della  grande  cortina  militare  di  età  spagnola  alla 
Marina,  mascherata  alla  sua  volta  da  fabbriche  di  abitazioni  degli  ultimi  due  secoli,  la 
mia  attenzione  venne  attratta  da  grandiosi  massi  di  tipo  greco,  che  dopo  opportuni  as- 
saggi risultarono  avanzi  di  poderose  mura  greche.  Negli  anni  1912-13  si  procedette  ad 
un  vasto  lavoro  di  scoprimento  dei  detti  avanzi,  e  dopo  laboriose  trattative  si  impose 
la  necessità  che  codesti  superbi  ricordi  della  Rhegium  greca  restassero  allo  scoperto. 
L'Ufficio  del  Piano  Regolatore  ne  attuò  in  seguito  la  sistemazione  fra  via  Marina  Alta  e 
Marina  Bassa,  con  spesa  ingentissima  ;  pur  troppo  alcune  parti  dovettero  essere  sacri- 
ficate, ma  anche  in  Roma  stessa  il  e.  d.  muro  serviano  ci  dice  quanti  dolorosi  sacrifici 
abbia  subito.  Reggio  è  però  riuscita  a  conservare,  in  mezzo  a  verdi  aiole  e  davanti  al 
portentoso  panorama  del  suo  stretto,  un  documento  solenne  della  sua  grandezza.  Esso 
sarà  illustrato  in  una  speciale  monografia,  non  bastando  la  mole  delle  Notizie  a  degna- 
mente accoglierla. 


REGGIO    CALABRIA  —    174    —  REGIONE   III. 

Deposito  di  terrecotte  figurate  nella  jwofrìetà  Colica  già  Griso-Laboccetto. —  Nella  pri- 
mavera del  1919  venne  eseguito  dall'Amministrazione  archeologica  uno  scavo  nella  pro- 
prietà suindicata,  e  precisamente  nel  sito  dove  nel  1884  si  era  scoperta,  la  cosidetta  in- 
signe metopa  fittile  del  Museo  Civico  con  molto  altro  materiale  ceramico,  in  gran  parte 
tuttora  inedito.  I  nuovi  scavi  si  dovettero  poi  sospendere  per  non  compromettere  la  statica 
del  baraccamento  Colica,  ma  ne  sarà  consigliabile  la  ripresa,  appena  il  detto  baracca- 
mento verrà  demolito.  Al  magazzino  Archeologico  Statale  sono  state  frattanto  ricoverate 
le  terrecotte  figurate  in  questa  occasione  raccolte,  e  di  cui  qui  si  dà  un  cenno  al  tutto 
sommario  per  ricordo.  Metà  di  una  bella  maschera  muliebre.  Imaginette  di  una  divi- 
nità muliebre  chthonia  con  fiaccola  e  porcello,  della  fine  del  sec.  V  o  dei  primi  del  IV  ;  sono 
una  ventina  fra  complete  o  quasi,  di  15  a  20  cm.  di  altezza.  Un  140  fra  teste  e  busti  muliebri 
riferibili  allo  stesso  tipi».  Molti  altri  minori  frammenti.  Una  cinquina  di  krateriskoi. 

Non  vi  è  dubbio,  che  tutto  questo  materiale  non  sia  appartenuto  alla  stipe  sacra 
di  un  santuario,  e  va  ricongiunto  a  quello  rinvenuto  ivi  stesso  negli  a.  1883-84  (cfr.  No- 
tizie, 1883,  pag.  353  ;  1884,  pag.  282  ;  1885,  pag.  241  sg.).  Una  parte  di  questo  è  deci- 
samente più  arcaico  di  quello  ora  ricuperato,  il  che  sembrami  dimostrare  la  lunga  durata 
del  santuario,  che  sarebbe  rimasto  aperto  per  circa  due  secoli. 

Resti  di  edificio  o  di  edifici  antichi  nélVarca  della  nuova  sede  del  Genio  Civile.  —  Nel  va- 
sto isolato  racchiuso  fra  le  vie  Marina  Alta,  Amalfitano,  Diego  Vitrioli  e  dei  Bianchi,  si 
avvistarono  vaste  ed  imponenti  ruine  di  uno  o  più  edifici  contigui  della  migliore  epoca 
romana,  ruine  il  cui  studio  ha  presentato  non  poche  e  complesse  difficoltà.  Infatti  i  primi 
di  tali  ruderi  apparvero  lungo  la  via  Marina  Alta,  dopo  la  demolizione  delle  mura  spa- 
gnole e  delle  fabbriche,  che  ad  esse  si  erano  venute  addossando.  In  un  secondo  mo- 
mento si  procedette  alla  demolizione  ed  allo  sgombero  dei  ruderi  di  case,  colpite  dal  ter- 
remoto ed  esistenti  nell'area  .retrostante.  In  fine  in  una  terza  fase  si  è  posto  mano  alla 
costruzione  del  palazzo  del  Genio  Civile,  costruzione  che  ora  (1922)  procede  alacremente. 
Le  masse  di  terra  e  di  rovine  ricoprenti  i  ruderi  antichi,  crescendo  di  intensità  da  ponente 
a  levante,  cioè  da  valle  a  monte,  l'opera  di  denudazione  dei  ruderi  per  uno  studio  siste- 
matico di  essi  nel  loro  complesso,  avrebbe  richiesto  molte  migliaia  di  lire,  di  cui  la  no- 
stra Amministrazione  non  era  in  grado  di  disporre.  Tuttavia  essa  sacrificò  una  somma 
non  indifferente  per  lo  scoprimento  dei  ruderi  verso  via  Marina  Alta,  ma  poi  si  decise  di 
attendere  l'inizio  dei  lavori  del  Genio  Civile,  nella  speranza  che  dei  ruderi  da  esso  incon- 
trati si  sarebbe  fatta  a  sua  cura  una  levata  generale.  Se  non  che  difficoltà  di  varia  indoie 
frustrarono  tale  vivo  desiderio  della  Soprintendenza,  che  dovette  accontentarsi  di  un  ri- 
lievo al  tutto   parziale. 

Nella  fase  ultima  mercè  le  insistenze  mie  e  del  mio  collega  dei  monumenti  si  è  ot- 
tenuto, che  il  Genio  Civile  conservasse  negli  scantinati  del  nuovo  edificio  alcuni  ambienti 
sotterranei  di  quello  antico,  i  quali  si  imponevano  per  la  eccezionale  bellezza  e  solidità 
della  loro  struttura  laterizia. 

La  parte  venuta  prima  in  vista  è  quella  dei  ruderi  prospicenti  Marina  Alta  e  quasi 
paralleli  alle  mura  greche.  Quivi  già  nel  1917  si  erario  avvistati  avanzi,  per  il  cui  sgombero 


REGIONE    III. 


—    175    — 


REGGIO    CALABRIA 


la  nostra  Amministrazione  eseguì  uno  scavo,  arrestato  poi  davanti  alla  entità  della  spesa  e 
dell'opera.  Un  muro  in  direzione  N.  N.  0.  a  S.  S.  E.  della  largh.  di  un  metro  venne  seguito 
per  una  trentina  di  metri  ;  esso  formava  due  cantonali  con  braccia  che  salgono  a  levante 


FI0.  23. 


sul  declive  dei  colle  ;  una  di  osse  si  suddivideva  alla  sua  volta  in  due  rami.  Alla  fig.  23  si 
vede  il  rilievo,  non  completo,  di  questa  parte  del  fabbricato.  Si  pervenne  a  denudare 
un  solo  ambiente  rettangolare  coll'avanzo  di  un  mediocre  mosaico  ad  esagoni.  Ma  ciò 


"H':nmiPw,»".Tl<an-,niw^Ti"iii Il~ 


Wtf^tMmmt?'<'/s/-/<rli>777^ì.>v,,  ,-Ciì^T 


limimi,- 


m^\'M±ìm. 


iWM-i,,'iii!ii<r^^lwMry«»»ii--il:iiiTO.i'^,v^iEr-'.vJ,winiwNa^:lMiii 


t^K^E^P/^iIEggSG 


363E3G5ES5C 


^ijl_vjr:w^l31!U|i"1"  •'■'J^ZM3i'l"V"*'ff"  ■'•lo&iE 


^-^■iiiiiiii.-ila.-'--^--  iP7 


V^lliiiiin.^/.lliiiin.nr-F 


It 


ilRIiiigntr1; 


~~TT- 


^""^y  Wt<i'"<*'  if  *p^j 


Fio.  24. 


che  già  allora  mi  aveva  colpito  era  la  eccellenza  delle  strutture  murali  in  laterizio,  rispon- 
dente a  quella  dei  ruderi  riconosciuti  più  a  monte.  Il  muro,  come  scorgesi  dalla  vedu- 
tina  prospettica,  fig.  24,  è  costrutto  con  grandi  e  solidi  quadrello»  fittili  di  cm.  50  X  34  X  8 
spessore,  legati  da  copioso  e  fortissimo  cemento,  colle  teste  un  po'  prominenti  e  con 
spaziature  di  quasi  2  cm.  negli  interstizi  o  letti  di  posa  così  che,  non  essendo  la  parete 
rivestita  di  intonaco,  le  teste  a  bugna  dei  grandi  laterizi  esattamente  allineati  forma- 
vano già  da  se  una  austera  decorazione.  Il  lato  meridionale  di  questo  rudere  presenta 
un  braccio  di  muro  convergente  ad  angolo  acutissimo  con  quello  terminale,  muro  che 
non  appare  nella  pianta,  perchè  di  epoca  seriore  al  fabbricato  principale  ;  sopra  una  zoc- 


REGGIO    CALABRIA 


—   176   — 


REGIONE    III. 


colatura  di  buona  struttura  laterizia  venne  elevata  in  tempi  bizantini  od  anche  più  tardi 
una  muratura  di  grandi  conci  lapidei,  strappati  alle  attigue  mura  greche,  ma  il  sistema 
della  muratura  e  delle  commissure,  non  che  l'impiego  di  calce  e  di  pezzami  di  tegoli,  non 
lascia  dubbio  di  sorta  sull'età  tarda  dell'opera.  Così,  lungo  il  lato  di  ponente  un  altro 
vano  oblongo,  ed  oggi  ormai  obliterato  sotto  il  battuto  di  via  Marina  Alta,  terminava 
a  sud  in  un  absidetta  massiccia  ed  alla  estremità  opposta  presentava  quattro  nicchiette, 


W/MWf//MMJ/'//*v/sm®r-<i 





Fio.  25. 

simili  ai  loculi  di  un  colombario,  ma  che  tali  in  realtà  non  erano,  ne  potevano  essere. 
La  struttura  di  questo  lungo  e  stretto  ambiente  (ni.  10.60  X  3.20  alla  testata  nord, 
m.  4.50  alla  testata  sud,  non  interamente  sgombrato  e  forse  suddiviso  in  due)  è  comple- 
tamente diversa  e  certamente  seriore  da  quella  del  nucleo  di  fabbriche  precedentemente 
descritte,  e  consiste  in  piccolo  pezzame  ben  cementato.  Pare  in  realtà,  che  sopra  ruderi 
antichi,  si  fosse  qui  installata  una  chiesetta  della  Madonna  del  Mare,  di  cui  vi  sono  ri- 
cordi di  circa  un  secolo  addietro,  e  che  le  nicchie  servissero  per  adagiarvi  seduti  dei  ca- 
daveri essiccati,  come  era  vecchio  costume  in  parecchie  chiese  del  Mezzogiorno  ;  la  chie- 
setta, forse  di  origine  bizantina  (Odigitria  ?!)  fu  in  ogni  caso  varie  volte  rimaneggiata. 
Più  a  monte  entro  lo  stesso  isolato,  si  svolgevano  altre  fabbriche  antichp,  di  cui  pel- 
le difficoltà  di  sgombero  e  di  rilievo,  attese  le  grandi  masse  di  terra  e  di  ruine  moderne, 
tornò  meno  agevole  il  lavoro  di  studio  e  di  rilievo.  Veggasenc  tuttavia  a  fig.  25  quel  tanto 
che  fu  possibile  rilevare.  Due  coppie  di  ambienti  rettangolari,  quasi  identici,  interco- 


REGIONE   Ili. 


—  177  — 


REGGIO    CALABRIA 


inimicanti  due  a  due,  con  poderosi  muri  di  m.  1,20,  shoccavano  a  settentrione  sopra  una 
specie  di  corridoio  non  sgomberato,  perchè  coincidente  con  una  strada  perimetrale  del 
nuovo  edificio.  Mirabile  è  la  struttura  di  questi  quattro  ambienti,  e  di  una  resistenza  a 
tutta  prova  ;  pareti  laterizie  con  corsi  di  mattonacci  a  vista,  volta  a  botte  a  saldissimo 
emplecton  ;  porte  di  passaggio  con  piattabanda  robustissima  :  lunetta  in  pieno  e  grande 
arco  di  scarico  pure  con  mattonacci  a  vista.  Gli  ambienti,  sotterranei  per  destinazione 
originaria,  pare  non  servissero  ad  uso  di  abitazione,  ma  di  depositi  refrigeranti  per  der- 
rate. Si  potrebbe  forse  pensare  ad  un  Maeellum,  mala  congettura  è  estremamente  vaga  ; 
perchè  difficoltà  insormontabili  di  ogni  maniera  vietarono  uno  studio  conscienzioso  di 
questo  vasto  e  complesso  edificio,  di  cui  non  senza  fatica  si  ottenne  che  qualche  piccola 
parte  venisse  conservata  negli  scantinati  del  nuovo  palazzo  del  Genio  Civile. 


SM 


Fio.  2G. 


Se  gli  avanzi  segnalati  non  si  prestano,  pur  troppo  ad  uno  studio  d'insieme  del  cospi- 
cuo edificio,  essi  porgono  per  lo  meno  materia  sufficiente  a  qualche  considerazione  sulla 
tecnica  e  sulla  struttura  dei  muri,  indubbiamente  romani  e  di  buonissima  età.  Disgra- 
ziatamente se  si  conoscono  oggidì  le  costruzioni,  e  le  strutture,  dirò  così,  metropolitane 
di  Roma,  di  Pompei,  e  di  altre  grandi  città  dell'Italia  e  dell'impero,  siamo  invece  in  grande 
difetto  di  dati  per  le  opere  romane  della  Sicilia  e  della  Magna  Grecia,  le  quali  alla  loro 
volta  presentano  varietà  di  tecnica  e  di  materiali,  a  seconda  delle  località  e  dei  rispet- 
tivi ambienti  geologici.  Robuste  piattabande  con  arco  di  scarico  a  tutto  centro  o  in  pie- 
tra od  in  gran  laterizi'si  hanno  lungo  i  tre  primi  secoli  imperiali  (bellissimi  esempi  ad 
Ostia,  nelle  terme  di  Caracalla  in  Roma,  ed  anche  nella  basilica  di  Massenzio  ;  ma  tutto 
un  complicato  sistema  di  arconi  di  scarico  a  grandi  laterizi  si  ha  già  nel  Pantheon).  Anche 
la  structura  testacea,  che  più  tardo  si  dirà  paries  testacius  vel  latericius  ha  una  lunga  du- 
rata, attesa  appunto  la  sua  bontà  ;  si  inizia  nel  I  secolo  dell'impero,  e  viene  via  via  perfe- 
zionandosi nel  II  e  nel  T\l(l).  Per  queste  sommarie  considerazioni  io  penso  che  di  buonis- 

(')  Chi  bramasse  meglio  addentrarsi  in  questa  ricerca  delle  strutture  laterizie  imperiali  romane 
consulti  il  Dumi.  Die  Baukunst  d.  FArusker  una  Roemer,  2  ed.  (1906)  eo  in  particolare  le  pag.  200  e  sg.  ; 
ma  sopratutto  il  diligente  studio  comparativo  di  Ester  lìoise  van  Deman,  Metods  of  determining  the  date 
of  roman  concrete  monumenta  in  American  Journal  of  archneol.  1912,  pag.  387  e  sg. 


Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX. 


23 


REGGIO    CALABRIA 


—  178  — 


REGIONE    III. 


sima  età  imperiale  sieno  gli  avanzi  reggini,  ben  degni  dì  reggere  il  confronto  coi  migliori 
campioni  di  Roma. 

Scoperta  di  ruderi,  di  avanzi  architettonici  e  di  un  titolo  greco  nella  nuova  sede  dilla 
Banca  d'Italia.  —  Nel  1 921  si  iniziarono  i  lavori  di  fondazione  della  nuova  sede  della  Banca 
d'Italia,  tra  le  vie  Belvedere  e  Garibaldi,  cioè  in  un  area  già  nota  per  qualche  precedente 
scoperta.  Nella  parte  più  a  ponente,  prospiciente  su  via  Belvedere,  vennero  così  avvi- 
stati e  messi  a  nudo  dei  ruderi  non  vasti,  dei  quali  la  Soprintendenza  prese  un  rilievo, 
da  cui  si  trae  lo  schizzo  qui  annesso  a  fig.  27.  Si  tratta,  come  ben  ve'desi,  dei  lembi  di 
tre  ambienti,  nei  quali  furono  inseriti  tre  poderosi  muri  moderni,  fondamenta  di  una 
casa  distrutta  nel  terremoto  del  1908.  Il  grande,  ambiente  C  tagliato  da  un  muro  mo- 


Fio.  27. 


derno,  ma  colla  sua  parete  terminale  antica  che  lo  divideva  da  B,  presenta  un  mosaico 
in  bianco,  con  doppia  fascia  marginale  nera.  Del  vano  B  ben  poco  è  rimasto  :  il  suo  pa- 
vimento era  decorato  di  un  mosaico  analogo  al  precedente.  Più  conservato  è  invece  l'am- 
biente A,  di  cui  porgo  anche  una  sezione  ;  non  vi  è  dubbio  che  esso  non  sia  una  vasca 
balnearia,  la  cui  parete  di  ponente  è  munita  di  una  triplice  gradinata,  colla  pedata  ed 
il  corpo  dei  gradini  formati  di  robusti  mattonacci  rettangolari  (cm.  34  lungh.)  ed  il  fronte 
rivestito  di  lastre  marmoree  ;  nell'angolo  tale  gradinata  girava  a  %  di  cerchio  ;  anche 
il  poco  che  rimane  della  parete  di  sud  dell'ambiente  era  rivestito  di  lastre  marmoree  ; 
da  tali  particolari  non  cade  dubbio  sulla  destinazione  balnearia  del  vano. 

Di  materiale  sporadico  si  rinvennero  in  questo  scavo  molte  lastre  marmoree  spez- 
zate, rivestimento  pavimentale  e  parietale  di  un  altro  ambiente  un  po'  discosto  e  distac- 
cato dai  precedenti.  Di  più  una  base  marmorea  di  colonna  ionica  o  corinzia  dm.  cm.  68  ; 
un  rocchio  di  colonna  dorica  in  arenaria  forte  (alt.  cm.  34,  dm.  cm.  79),  nella  quale  le 
cannellature  sono  assai  debolmente  accennate,  per  il  fatto  che  esse  dovevano  essere  ri- 
vestite di  stucco 


REGIONE    III. 


—    179    — 


REGGIO    CALABRIA 


Via  Beluedere 


Corso  Garibaldi 


Fio.  28. 


REGGIO    CALABRIA  180    REGIONE    III. 

Ma  prima  di  procedere  all'esame  ed  allo  studio  del  pezzo  più  ragguardevole  rac- 
colto in  questo  scavo,  l'epigrafe  cioè  dei  ginnasiarchi,  giova  ricordare,  che  qui  già  tre 
anni  addietro,  nella  via  Belvedere,  che  corre  a  ponente  lungo  l'isolato  della  Banca 
d'Italia,  io  avevo  notato  ruderi  di  fabbriche,  con  mosaici  molto  semplici,  i  quali  non 
altro  erano  che  il  prolungamento  delle  fabbriche,  ora  apparse  nell'interno  dell'iso- 
lato. Ed  ancora  ;  la  nuova  sede  della  Banca  d'Italia  sorge  nell'area  dove  fu  il  caseggiato 
giàcav.  Vincenzo  Genoese.  Qui  ampliandosi  nel  1895  l'edificio,  poi  distrutto  nel  1908, 
vennero  in  vista  ruderi  con  certezza  pertinenti  ad  una  terma,  nel  1896  continuarono  le 
scoperte  ed  allora  si  rinvennero  condotture  sotto  gli  ambienti.  Si  rinvenne  altresì  una 
edicola  fastìgiata  col  ricordo  di  un  Iìovrarig  xaì  ccq%u>v  da  me  dato  nella  brevissima 
relazione  che  pubblicai  in  Notizie,  1896,  pagg.  240-42,  ed  ora  riedito  dal  Pntortì  con 
ampio  commento  in  Riv.  Critica  di  Cultura  Calabrese  a.  I  (1921)  pag.  86  seg.  ;  in  quella 
occasione  vennero  pure  alla  luce  parecchi  frammenti  di  statue,  che  furono  da  me  elencati. 

Dello  scavo  del  1895,  da  me  visitato  per  poche  ore,  ho  però  la  fortuna  di  possedere 
uno  schizzo  di  pianta,  levata  dal  vecchio  ed  abile  custode  del  Museo  Civico,  G.  Vazzana. 
Tale  pianta,  non  eseguita  da  un  tecnico,  e  che  per  taluni  rispetti  lascia  a  desiderare,  ha 
tuttavia  il  suo  valore,  ed  io  ho  cercato  di  farne  cavare  lo  schizzo  che  qui  si  pubblica  a 
fig.  28,  non  fosse  altro  per  confermare  il  carattere  di  terma  al  fabbricato.  A  chiarimento 
di  essa  pubblico  anche  gli  appunti  di  cui  la  corredò  il  Vazzana. 

1)  Sezione  la.  Vano  rettangolare,  absidato  verso  levante,  di  m.  9.55  X  8.35  (le 
misure  non  tornano  nello  schizzo).  Dalla  parte  di  occidente  vi  sono  tre  gradini,  che 
nell'angolo  girano  a  Yi  di  cerchio.  Pavimento  e  pareti  di  questo  ambiente  erano  rivestite 
di  marmo,  con  lastre  di  grandi  dimensioni  nel  primo,  essendosene  rinvenuta  qualcuna  di 
m.  -1.00  X  0.60.  La  muratura  è  in  bella  cortina  laterizia,  e  si  conserva  in  qualche  tratto 
fino  a  m.  1.60  alt.  Il  quadrato  in  mezzo  alla  gradinata  sembra  una  base  di  colonna.  Nel- 
l'angolo S.  0.  si  avvertì  la  bocca  circolare  di  un  fognolo  (dm.  cm.  30),  il  quale  nel  suo  de- 
corso sotterraneo  misurava  cm.  70  in  alt.,  50  largh.,  ed  era  coperto  di  mattonacci  a  contra- 
sto. B  indica  una  bancina  prof.  m.  0.60,  pure  con  rivestimento  marmoreo.  2)  Sezione  2l. 
Banchina  in  grandi  mattoni.  Il  pavimento  ed  essa  sottostante,  a  mosaico,  era  formato  da 
una  fascia  nera,  di  cui  non  si  può  dire  (ma  è  probabile  per  analogia  cogli  altri  musaici 
apparsi  nel  1921)  se  racchiudesse  un  campo  bianco.  Questo  pavimento  stava  a  cm.  60 
più  in  alto  di  quello  della  sezione  la.  Nell'angolo  di  est  vi  ha  una  condottura  che  immette 
in  una  bocca  circolare.  3)  Sezione  3a.  Dal  lato  di  nord  muro  in  calce  e  pietra,  che  mediante 
4  gradini  scende  in  una  vaschetta  di  m.  1.90  X  0.60  X  0.30.  4)  Sezione  4a.  Lungo  il  muro 
di  questo  ambiente,  non  esplorato,  stava  adagiata  un'anfora  priva  di  collo,  lungh. 
m.  0.90,  contenente  lo  scheletro  di  un  bambino  (deposizione  certamente  seriore)  con  una 
moneta  romana  logora  ed  alcuni  tesselli  vitrei  a  colori.  5)  Sezione  5*.  Ambiente  pavimen- 
tato a  lastre  marmoree.  Il  muro  di  divisione  dell'ambiente  sezione  la,  in  pietrame,  mostra, 
a  distanze  regolari  di  un  metro,  incassi  verticali  di  cm.  15,  forse  per  un'orditura  lignea  ; 
nel  lato  sud  fognolo  per  scarico  di  acque.  6)  Sezione  6a.  Altro  ambiente  ad  uso  di  grande 
vasca  con  gradinetti  lungo  la  parete  meridionale,  i  quali  piegano  ad  arco  di  cerchio  nei 
due  cantonali  ;  il  pavimento  è  più  basso  di  m.  1.30  di  quello  della  sezione  2,  e  porta  esso 


REGIONE   III.  —    181    —  REGGIO    CALABRIA 


pure  tracce  di  rivestimento  marmoreo  ;  due  emissari  d'acqua  H  e  D  sono  aperti  nelle 
pareti  di  sud  e  di  ovest.  In  questo  ambiente  si  raccolsero  alcuni  manichi  bollati  di  an- 
fore rodie,  ed  il  collarino  di  un  vasetto  a  vernice  nera  col  nome  ÀION  YCOY  graffito 
a  lettere  alte  un  cm. 

Dalle  scoperte  così  degli  anni  1895-96  come  del  192.1  non  cade  dubbio  che  nell'area 
dove  viene  sorgendo  la  Banca  d'Italia  non  esistesse  una  volta  uno  dei  tanti  stabilimenti 
termali,  che  in  età  romana  formavano  il  deòoro  ed  il  sollievo  della  elegante  città.  Dato 
il  sicuro  carattere  dell'edificio  desta  qualche  sorpresa  la  scoperta  avvenuta  in  esso,  sem- 
pre sul  finire  del  1921,  di  un  pesante  e  tozzo  cippo  in  durissima  pietra  di  Macellara,  scorni- 
ciato in  alto  e  delle  dimensioni  di  cm.  76  alt.,  76  in  largh.  frontale,  68  in  prof.,  il  quale  nel 
piano  superiore  presenta  le  orme  profonde  dei  piedi  di  una  statua,  che  dovette  essere  in 
bronzo.  Sul  fronte  in  otto  righi  vi  è  una  iscrizione  faticosamente  incisa  nella  pietra  quar- 
zitica  durissima,  ed  i  due  primi  cadono  sul  listello  sottostante  alla  cornice.  Il  cippo  fu  tro- 
vato, non  vi  è  dubbio,  rimosso  dal  suo  posto  originario. 

f  niTYMNAZIAPXS  N 

0>   IAO  NI  ÀAT  OY  +  IAONIAA 

ONOMAZZTOY       T  ?   ¥       («'«» 

a  rHzmn  OY 

rPAMMATEOZ    MYIZKOY 
T  OYMYIZKOY 
OAAMOZ  T£NPHr  I  N  £  N 
TAIONN^P  BANONTAIOYYI  ON 

Le  spaziature  da  lettera  a  lettera  sono  molto  irregolari  data  la  natura  della  la- 
pide a  piccoli  conglomerati  quarzitici,  inattaccabili  dallo  scalpello. 

La  lezione  piana  e  chiara  presenta  soltanto  qualche  incertezza  nei  nomi  dei  versi  2  e 
3,  dove  le  lettere  sembrano  quasi  attenuate  ed  evanescenti  per  lo  sforzo  fatto  dal  lapicida 
di  fronte  alla  resistenza  della  materia  durissima.  Anche  il  contenuto  del  titolo  nella  sua  sem- 
plicità è  chiarissimo.  È  un  decreto  dei  ginnasiarchi  di  R\ ejium,  contrassegnato  dal  segre- 
tario, e  sanzionato  dirò  così  dai  rappresentanti  officiali  dell'intera  cittadinanza,  con  cui  si 
delibera  una  statua  onoraria  in  bronzo  ad  un  benemerito  cittadino,  romano.  Della  esistenza 
in  Rhfitjium  di  un  ginnasio  e  di  una  fiorente  associazione  ginnastica  o  sportiva,  si  aveva  già 
la  documentazione  nel  titolo  Kaibel  616;  essa  si  denominava  anche  xoivòv  %5>v  àlfigio- 
fisvmv,  analogamente  ad  una  corporazione  di  Halaesa  (Kaibel  n.  369-371).  Nel  citato 
titolo  ad  indicare  la  presidenza  del  sodalizio  si  usa  la  formula  yi'nva<fiao%r}actvta  xòv  S. 
invece  della  sostantivale  érti  yvavaaictQ^mv  ecc.  Quanto  al  nome  'Ovo/xa(fiov  giova 
osservare  che  le  iscrizioni  dialettali  non  solo  beotiche,  ma  anche  doriche  danno  la 
doppia  a  davanti  a  consonante,  specialmente  se  questa  è  T.  Il  nome  Mvioxog  del  gram- 
mateu  ;  è  noto  in  Reggio  per  il  titolo  succitato.  Tutti  i  nomi  della  presidenza  del  ginnasio 
sono  greci,  laddove  è  romano  questo  Gaius  Norbanus  G,  F.,  non  altrimenti  noto.  Da 


REGGIO    CALABRIA  —    182    —  REGIONE   III. 

rilevare  altresì  che  l'onore  della  statua  viene  decretato  non  dai  soli  ginnasiarchi,  ma 
dalla  rappresentanza  della  intera  città. 

Questo  titolo  riapre  una  agitata  questione  basata  sul  controverso  passo  di  Strabone 
VI.  1-2  §  259,  il  quale  dava  ai  suoi  tempi  Rkegium  come  città  ancora  greca  in  grande  pre- 
valenza, al  paro  di  Neapol  's  e  di  Taren'um  (1).  Certo  che  la  resistenza  dell'elemento  greco 
in  Rhegium  fu  lunga  e  tenace  anche  dopo  la  conquista  romana,  e  vorrei  dire  che  soltanto 
coll'età  imperiale  il  romanismo  sia  venuto  a  prevalere  sul  grecismo.  Il  nuovo  documento 
che  oggi  sorge  dal  suolo  reggino,  redatto  in  greco,  con  nomi  di  cittadini  tutti  greci,  colla 
solenne  formola  finale  della  consecrazione  uffciale  delle  onoranze  a  G.  Norbano  redatta  in 
greco,  denota  chiaramente  che  la  città  era  ancora  greca  al  momento  in  cui  venne  decretata 
la  statua.  Ed  allora  molto  importerebbe  poter  stabilire  l'età  del  titolo.  Interpellato  al  pro- 
posito il  mio  amico,  il  eh.  prof,  di  epigrafia  greca  nell'Ateneo  Romano,  Fed.  Halbherr,  egli 
pensa  «  che  l'iscrizione  sia  piuttosto  anteriore  che  posteriore  ai  primi  tempi  imperiali. 
«  Le  iscrizioni  reggine  di  questi  ultimi  tempi  hanno  quasi  tutte,  anche  nelle  cariche,  nomi 
«  romani  [  E  tale  asserzione  trova  piena  conferma  nei  diversi  nuovi  titoli,  romani,  che  nella 
«  presente  relazione  si  pubblicano  P.  0.].  La  forma  dell'o  non  è  necessariamente  troppo 
«  tarda  ».  Potremo  quindi  ritenere  il  titolo  in  circa  contemporaneo  all'età  in  cui  Strabone 
scriveva.  , 

Un'ultima  indagine  ora  si  impone  :  accertato  il  carattere  di  terma  all'edificio  scoperto 
nell'area  della  Banca  d'Italia,  si  domanda  se  il  titolo  apparteneva  ad  esso  edificio,  o  venne 
quivi  portato  da  un  altro  punto  ;  e,  subordinatamente,  se  stava  qui  il  Ginnasio  e  la 
Palestra  colla  sua  terma,  o  soltanto  una  terma.  È  ormai  notorio  come  gli  antichi  ginnasi 
comprendessero  una  vasta  area,  entro  la  quale  sorgevano  fabbricati  disparatissimi,  tra  cui 
non  mancava  mai  un  vasto  cortile  con  portici,  le  abitazioni,  uno  stadio,  lo  $y;tui  (alea  co- 
perta), una  Rchola  ed  infine  una  serie  di  impianti  per  bagni  caldi  e  freddi  {lovtqóv 
frigidarium,  propiyneum,  concamerata  sudatio  età),  che  nel  loro  insieme  costituivano  so- 
vente una  terma.  Ed  in  fatto  una  vera  terma  comprendeva  il  ginnasio  di  Efeso  (Saglio, 
Dictionnaire,  s.  v.  fig.  3675),  e  quello  vastissimo  e  sontuoso  di  Pergamo  (Dòrpfeld,  Athen. 
Mitili.  1907,  tav.  XVIII),  quasi  piccola  città  entro  la  città,  e  quello  di  Eretria(Richardson, 
Am.  Journal  of  Archaeol.  1896,  pag.  163  e  sg.)  ed  altri  ancora. 

Supposto  che  coll'area  della  nuova  Banca  d'Italia  coincidesse  l'antico  ginnasio  di  Rhe- 
gium, i  ruderi  avvistati  nel  1895  ed  oggi  non  rappresenterebbero  che  una  minima  parte 
di  esso  ;  ma  poiché  sin  qui  soltanto  elementi  di  edificio  termale  sono  stati  accertati,  la  con- 
troversia dell'ubicazione  del  Ginnasio  rimane  insoluta. 

Avanzi  di  casa  romana  in  suolo  Trapani.  —  Nel  gennaio  del  1921  cavandosi  le  fonda- 
zioni del  palazzo  del  comm.  Antonio  Trapani,  tra  Corso  Garibaldi,  via  Tribunali  eie  tra- 
verse di  Via  Giulia  e  Giudecca,  si  avvistarono  dei  ruderi,  che  furono  dapprima  negletti  ; 
ma  poscia  per  l'efficace  intervento  del  prof.  Morabito,  il  proprietario,  con  assai  lodevole  di- 
sposizione ordinò  si  facessero  a  sue  spese  tutte  le  denudazioni  richieste  dal  caso.  Da  esse 

(!)  Veggansi  al  riguardo  le  erudite  osservazioni  «li  N.  Putorti  in  Rivista  Critica  di  Cultura  Calabrese 
a.  I.  (1921),  Napoli,  pag.  104  e  sg.,  dove  è  raccolta  anche  la  letteratura  precedente  sull'argomento. 


REGIONE   IH. 


—    183 


REGGIO   CALABRIA 


risultò  la  pianta  di  ima  porzione  di  edificio,  che  qui  si  allega  a  fig.  29,  pianta  rilevata  dal 
prof.  Morabito,  che  aggiunse  le  osservazioni  di  cui  mi  valgo  per  la  presente  nota. 

11  vano  A  era  pavimentato  con  un  mosaico  a  squamine  bicolori  (bianco  e  verde  sme- 
raldo), con  una  fascia  ad  archetti,  ed  una  seconda  terminale  di  marmo  color  paglino. 
Questo  mosaico  di  tesselli  marmorei  dai  vividi  colori  era  ridotto  in  condizioni  disastrose  da 
avvallamenti  e  dalle  tracce  Mi  un  incendio,  che  aveva  investito  tutto  il  fabbricato  ;  essendo 

Corso    Garibaldi 


13 


Fio.  29. 


riuscito  vano  ogni  sforzo  per  salvarne  qualche  campione,  se  ne  serba  un  ricordo  grafico 
a  fig.  30.  Lungo  le  pareti  dell'ambiente  girava  una  banchina  (alt.  cm.  50,  prof.  35)  rivestita 
di  marmi  bianchi,  e  tutte  le  pareti  perimetrali  dipinte  in  rosso  pompeiano  piantavano 
sopra  una  robusta  fondazione,  che  si  ebbe  persino  il  dubbio  fosse  di  un  edificio  più  antico, 
greco.  11  piccolo  ambiente  B  era  pavimentato  di  marmo,  e  di  marmo  erano  pure  rivestiti 
gli  zoccoli  delle  pareti  ;  quivi  in  a)  e  b)  erano  due  tubi  di  piombo  di  emissione  delle  acque. 
Mediante  un  angusto  passaggio  a  tre  gradinetti  marmorei  si  accedeva  al  grande  am- 
biente D.  In  C  il  pavimento  era  pure  a  mosaico  semplicissimo,  bianco  e  nero.  In  G  le  pareti 
bene  intonacate  erano  poi  dipinte  a  fasce  verticali  rosse  e  blcu  scure  ;  nei  punti  a)  e  b) 
erano  collocati  due  dolia,  alti  m.  1,35,  con  diametro  alla  bocca  di  cm.  50  e  54.  11  grande 
passaggio  fra  D  e  G  era  occupato  da  arcate  a  tre  centri,  la  cui  impostatura  cominciava 


PÈGGIO   CALABRIA 


-  184 


REGIONE   III. 


a  m.  2.80  di  altezza  dal  piano.  Osservo  in  fine,  che  nel  rovescio  della  parete  nord-ovest  di 
1)  era  aperta  una  nicchia  con  rivestimento  marmoreo. 

I  lavori  di  palazzo  Trapani  subirono  una  lunga  sospensione,  ma  alla  loro  ripresa  dal 
lato  di  nord-ovest  è  sperabile  vengano  messi  in  vista  altri  avanzi  del  ragguardevole  edificio, 


Fio.  30. 

che  dalla  porzione  sin  qui  esumata  presenta  i  caratteri  di  una  signorile  casa  romana,  colla 
sua  piccola  terma  privata. 

(0| 


f^l|',;■•  ■.'■  ;i  p'-' 


Fio.  31. 

Scoperta  di  sepolcri  greci  lungo  la  variante  ferroviaria  a  monte  del  Porto.  —  Nel  dicem- 
bre 1919  l'Amministrazione  delle  F.  S.  iniziò  dei  lavori,  per  l'apertura  di  una  variante  bleu 
della  linea  Keggio-Eboli,  ed  in  tale  occasione  a  monte  del  Porto  si  imbattè  in  alcuni  se- 
polcri pertinenti  ad  una  necropoli  greca  colà  esistente,  e  già  da  tempo  segnalata.  Un  primo 
sepolcro  era  stato  manomesso  dai  lavoratori  che  lo  scoprirono  a  caso  ;  ma  si  salvò  qualche 
oggetto  passato  al  Museo  Civico  ed  al  Magazzino  Archeologico  dello  Stato  ;  ricordo  tra  essi 
uno  dei  grandi  mattoni  quadri,  ben  noti  a  Rhegium  ed  a  Messana,  col  bollo  Z  2  Z  HM  O  Z 
(Kaibel  n.  2400.17  da  un  sepolcreto  reggino  di  Pentimeli).  ed  un  capitelluccio  fittile  co- 
rinzio a.  cm.  13.  Dai  frammenti  abbandonati  sul  sito  si  fu  in  grado  di  ricostruire  anche  la 
tomba  ;  era  una  cassa  di  mattonacci  di  m.  1  ad  1.30  di  lato,  con  altri  disposti  a  piovente 
per  la  copertura  ;  le#  sue  dimensioni  erano  di  m.  2.30  lung.  X  0.80  larg.  X  m.  1.00.  Si  rac- 
colsero anche  dei  dischi  fittili  di  0.25  di  diametro.  Dallo  schizzo  annesso  del  prof.  Morabito 
essi  avrebbero  decorato  la  fronte  del  sepolcro  ;  ma  la  cosa  panni  dubbia,  perchè  non  suf- 
fragata fin  qui  da  prove  monumentali  (fig.  31). 


REGIONE    III.  185    — 


REGGIO   CALABRIA 


In  seguito  ai  fatti  sovraesposti  ed  alle  vive  premure  dell'ispettore  prof.  Morabito, 
si  stabilì  di  procedere  a  spese  dell'Amministrazione  alla  ricerca  di  altre  tombe,  la  cui  esi- 
stenza si  presumeva  da  vari  dati.  Gli  scavi  vennero  diretti  dal  prof.  Morabito  stesso, 
da  un  cui  diligente  rapporto  si  attinge  per  la  presente  nota,  dopo  avere  personalmente 
controllato  il  materiale,  ora  nel  nostro  Magazzino. 

Sepolcro  2.  Cassa  costruita  di  mattoni  ad  assise  ;  misurava  m.  2.00  X  0,65,  colla 
parete  di  m.  19  di  spessore  ;  la  copertura  era  formata  di  mattonacci  di  cm.  39  X  19  X  9, 
disposti  a  contrasto.  Conteneva  uno  scheletro  adagiato  da  levante  a  ponente  sopra  uno 
strato  di  arena,  e  lungo  m.  1,74.  Tra  le  gambe  una  tazza  con  residui  di  cattiva  vernice  nera; 
ed  un  grande  anello  di  bronzo,  nel  quale  erano  infilate  delle  strigili  di  ferro  logore  ;  di  più 
uno  dei  noti  vasetti  a  fuso. 

Sepolcro  3.  Forma  ed  orientazione  come  nel  precedente  ;  copertura  schiantata  formata 
da  mattoni,  due  dei  quali  col  bollo  come  in  sepolcro  1.  Scheletro  disfatto,  attorno  al 
quale  erano  distribuiti  :  5  vasetti  a  fuso  ;  una  tazza  biansata  nerastra  ellenistica  ;  un 
grosso  stilo  (?)  di  bronzo  •  %  pateretta  di  bronzo  ;  10  monete  di  bronzo  molto  logore 
di  cui  questo  soltanto  può  dirsi,  che  sono  greche;  per  una  mi  venne  fatto  di  sta- 
bilire che  era  un  pezzo  romano-campano,  e  precisamente  il  sestante  Garrucci  M.  I.  A. 
tav.  LXXV1I  fig.  5  -  Sambon,  Mon.  ani.  Italie  pag.  444,  fig.  1158,  coll'aquila  e  la  lupa 
coi  gemelli.  Essendo  esso  stato  coniato  fra  280  e  200  a.  C,  veniamo  ad  acquisire  un  utile 
elemento  di  datazione  della  necropoli,  concordante  del  resto  con  quello  delle  ceramiche. 

Sepolcro  4.  Era  formato  di  grandi  cilindri  di  cotto,  come  quelli  dei  pozzi  ;  mano- 
messo però  di  vecchia  data,  diede  solo  dei  frammenti  fittili  e  2  rnonete  di  bronzo  irri- 
conoscibili. 

Sepolcro  5.  Vicinissimo  al  sepolcro  2,  direzione  est-ovest,  della  stessa  forma,  dimen- 
sioni m.  2.20  X  0.70  X  0.80  prof.,  copertura  a  tetto.  Dello  scheletro  sole  tracce  ;  rac- 
chiudeva dei  vasi  a  fuso  e  2  capitellini  fittili,  rotti  di  proposito  in  antico,  nonché  una 
coppetta  cretacea,  contenente  un  grande  Triton  nodosum  ed  un'altra  piccola  conchiglia, 
vulgo  «  Trombetta  ». 

Sepolcro  6.  Forma  ed  orientazione  come  sopra,  scheletro  disfatto.  Racchiudeva: 
una  coppa  vitrea  a  calotta  (diametro  cm.  13),  monocroma  ;  una  tazzina  fittile  senza 
manichi  ;  un  vaso  a  fuso  ;  uno  specchio  di  bronzo  (diametro  cm.  19)  senza  manico  ; 
tre  anelli  di  bronzo  e  l'ansa  di  una  piccola  maniglia,  pure  in  bronzo,  di  cassetta  ;  alla  quale 
cassetta  è  verosimile  appartenessero  24  chiodelli  in  bronzo  integri  e  7  in  frammenti.  Di  più 
due  scatolette  in  piombo  cilindriche,  contenenti  terriccio  nero  ;  un'altra  maggiore  (dia- 
metro cm.  9)  con  entro  varie  conchigliette.  All'esterno  sul  coperchio  un  anellone  fittile 
(diametro  cm.  33,  spessore  cm.  5).  , 

Sepolcro  7.  Bellissima  cassa  di  mattoni,  ognuno  di  cm.  35  X  20  X  10  ;  essa  aveva 
le  dimensioni  di  m.  2.25  X  1.20  X  1.65  prof.,  ed  era  chiusa  da  una  voltina  a  sesto  scemo 
formata  di  mattoni  cuneati,  legati  con  calce  (fig.  32).  Le  pareti  ne  erano  intonacate  ed  il 
fondo  di  sabbia  e  ciottoli.  Lungo  le  deboli  tracce  del  cadavere  :  4  capitellucci  corinzii 
col  fiore,  il  maggiore  dei  quali  a.  cm.  11  ;  due  altri  in  frantumi  ;  due  vasi  a  fuso  ;  co- 
perchio di  scodellina  da  belletto  rotta  ;  gruppo  di  4  scodelline  a  saliera,  coi  relativi 

Notizie  Soavi  1922  -  Voi.  XIX.  24 


REGGIO    CALAVRIA 


—    186    — 


REGIONE    III. 


coperchi  (uno  mancante)  ;  alabastron  fittile  incompleto  ;  piccolo  specchio  di  bronzo  in 
pezzi  ;  chiodetti  di  ferro  e  di  bronzo. 


Fio.  32. 


Sepolcro  8.  Come  il  n.  6;  coperchio  di  mattonacci  a  contrasto,  tutti  muniti  del 
bollo  MEMNo|s]oZ.  Nell'interno  tracce  dello  scheletro  nudo.  Nelle  terre  sovrastanti 
si  raccolse  :  un  grande  anello  fittile  ;  una  figurina  fittile  di  Afrodite,  acefala,  seduta  su  di 
un  masso,  a.  cm.  18,5;  metà  inferiore  di  altra  figurina  muliebre  panneggiata  ;  testolina  mu- 
liebre ;  2  alabastra  fittili  con  piede  ad  elica  ;  capitelluccio  corinzio  con  tracce  di  rosso. 

In  occasione  di  tali  lavori  si  constatò  che  altre  tombe  erano  state  manomesse  in  pre- 
cedenza, asportandone  molti  piccoli  oggetti,  dispersi  tra  le  famiglie  del  prossimo  villaggio 
di  S.  Caterina,  tra  cui  statuette  e  capitellini  fittili.  Da  tutti  questi  elementi  e  da  scoperte 
di  altri  sepolcri  quivi  stesso  avvenute  in  passato  (*)  non  cade  dubbio  che  la  necropoli  non  si 
estenda  anche  nei  terreni  limitrofi  al  nuovo  tracciato  ferroviario.  Tale  necropoli  è  dei 
secoli  ni  e  il  a.  C,  ed  appartenne  ad  un  sobborgo  o  proaileon  dell'antica  Rhegium,  coin- 
cidente coi  terreni  circostanti  all'attuale  villaggio  di  S.  Caterina. 

P.  Orsi. 


(*)  Circa  scoperte  avvenute  negli  anni  1882  e  1883  cfr.  Mons.  Di  Lorenzo,  Scop.  archeol.  di  Reggio 
Cai.  nel  primo  biennio  di  vita  del  Museo  Civico,  pag.  5-10;  Idem  in  Notizie,  1883,  pag.  97. 


NOTIZIE    DEGLI    SCAVI 


Anno  I022  —    Fascicoli  7,   8,  9. 


Regione.  X   {VENETI A  ET  H1STRIA). 

I.  AQUILEIA  —  Scavi. 

In  occasione  dei  lavori  che  venivano  condotti  sul  fondo  di  proprietà  del  geometra 
Pietro  Pasquali^,  e  nel  rimuovere  un  frammento  di  colonna,  sono  comparse  tracce  di  un 
musaico  pavimentale  raffigurante  un  atleta  vincitore  e  arnesi  propri  da  lottatori. 

La  Direzione  del  Museo  Archeologico  di  Aquileia  in  seguito  ad  ordine  dell'Ufficio 
Belle  Arti  provvedeva  alla  esplorazione  di  un  buon  tratto  di  terreno,  per  il  che  è  stato 
possibile  scoprire  altri  vasti  mosaici,  colossali  dadi  di  pietra  —  forse  plinti  di  colonne  e  la-  * 
stroni  da  fondamenta  in  genere  —  e  enormi  scaglie  di  marmo  appartenenti  a  colonne  di 
diametro  di  quasi  un  metro,  testimoni  indubbi  della  grandiosità  dell'edificio  che  qui  deve 
essere  sorto. 

Di  muri  perimetrali  non  si  notarono  fin  qui  che  i  vani  che  ne  contenevano  le  fonda- 
zioni, la  muratura  stessa  è  andata  radicalmente  distrutta  in  epoca  non  precisabile,  veri- 
similmente  però  per  opera  dei  cavatori  di  pietra  che  in  Aquileia  imperversarono  sino  a 
pochi  decenni  or  sono. 

Degli  ambienti  scoperti  nell'area  dello  scavo  (m.  24  X  15)  uno  solo  aveva  pavimenta- 
zione marmorea  come  risulta  dai  pochi  chiari  avanzi  che  vi  si  vedono,  tutti  gli  altri  l'ave- 
vano a  musaico.  In  una  campata,  di  cui  ci  rimane  solo  la  metà  dell'estensione  di  m.  7.5  X  5, 
5,  il  mosaico  è  nel  suo  insieme  e  nella  sua  policromia  di  gradevole  effetto  decorativo,  ma 
piuttosto  povero  di  composizione  e  per  i  suoi  caratteri  artistici  non  può  essere  anteriore  al 
secolo  III  d.  C.  È  limitato  da  una  fascia  a  greca,  e  presenta  in  lunghezza  tre  zone  di  cerchi, 
i  quali  in  quella  mediana  s'alternano  con  quadrati.  Di  questi  ci  restano  due  soltanto  ; 
l'uno  racchiude  l'imagine  di  un  atleta  che  è  quasi  interamente  perduta,  l'altro  invece 
conserva  in  buono  stato  il  busto  di  un  lottatore,  riprodotto  con  fini  gradazioni  di  rosso, 
nei  suoi  realistici  tratti  individuali,  dalla  muscolatura  oltremodo  sviluppata,  dal  tipo  rude 
e  rozzo  quale  è  caratteristico  di  siffatte  persone,  e  richiama  subito  alla  mente  il  mosaico 
delle  terme  Antoniniane  che  è  al  Laterano. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  25 


AQUILEIA 


—   188 


REGIONE    X. 


Un  lastricato  di  marmo  e  di  pietra  largo  m.  0,75  separa  questo  mosaico  da  altro  di 
cui.  per  mancanza  di  mezzi,  non  fu  potuto  scoprire  che  un  lembo,  e  che  si  rivela  di  disegno 
più  ricco,  di  tasselli  più  minuti  ma  più  consunto  dall'uso. 

Tutti  questi  mosaici  hanno  poi  tracce  evidenti  di  restauri  antichi. 

Lo  scavo  ci  ha  restituito  anche  numerosi  pezzi  lavorati,  quasi  sempre  di  marmo,  tutti 
però  frammentari.  È  degno  di  menzione  un  capitello  composito  figurato  conservato 
nell'altezza  di  m.  0,50,  i  cui  lati  dell'abaco  misurano  m.  1.  Esso  trova  pure  le  sue  analo- 
gie nei  capitelli  delle  Terme  di  Caracalla. 


Non  si  contano  poi  i  brandelli  marmorei  di  statue,  di  sculture  in  genere,  di  cornici, 
di  lastre  di  pavimentazione  che  si  rinvennero  frammisti  al  terreno  di  scavo. 

Le  ricerche  saranno  proseguite  nel  prossimo  autunno,  e  si  confida  che  recheranno 
un  nuovo  importante  contributo  alla  conoscenza  della  topografia  dell'antica  Aquileia.  Gli 
elementi  fin  qui  scoperti  documentano  intanto  chiaramente  l'esistenza  in  questo  punto 
di  una  grande  eostruzione  che,  a  giudicare  dai  caratteri  figurali  del  mosaico,  può  essere 
stato  benissimo  un  ludus  athletarum,  Non  sembra  doversi  tacere  in  proposito,  che  in 
immediata  prossimità  di  questo  luogo  sorgeva  l'anfiteatro. 

Se  poi  il  ludus  athleiarum  sia  stato  un  edificio  a  sé  o  connesso  con  qualche  costru- 
zione termale  o  altro,  è  sperabile  che  risulterà  dalla  continuazione  dello  scavo. 

Ciò  che  intanto  si  rileva  è  che  la  costruzione  suddetta  è  la  prima  in  Aquileia  in  cui  si 
mostri  l'impiego  di  marmi  colorati,  il  che  la  differenzia  da  tutte  le  altre  costruzioni  fino  ad 
ora  note  nella  zona  Aquileiese.  G.  B-  Brvsin. 


REGIONE    X.  —    180    —  GALZKINANO 


IL  GALZIGNANO  —  /  confini  fra  Ateste  e  Padova  e  la  recente 
scoperta  di  un  nuovo  decreto  che  li  stabiliva. 

Quando  nel  1767  Isidoro  Alessi  portava  a  casa  sua,  chi  sa  con  quale  intima  gioia, 
il  sasso  già  illustrato  dall'Orsato  e  che  oggi  fa  parte  del  Museo  di  Este,  certo  non  imma- 
ginava che  altri  ne  rimanessero  nascosti.  Ma  oltre  che  d'averla  salvata  egli  ebbe  il  me- 
rito, col  suo  fine  spirito  critico,  di  mettere  quella  lapide  nella  giusta  luce,  riferendola 
quantunque  esitante,  al  decreto  del  senato  di  Roma  del  141  av.  Cristo.  Questa  ipotesi  che 
il  Furlanetto  appoggiò,  ed  ess .  venne  con  nuove  esaurienti  argomentazioni  confermata 
da  Bartolomeo  Borghesi. 

Quel  sasso  affiorante  dal  monte  di  Venda  sul  margine  di  una  via.  e  lasciato  grezzo 
e  scabro  come  l'avoa  prodotto  natura,  portava  nell'alto  l'iscrizione:  [G .  Caeirili~\ns 
Q .  f .  prò  .  cos  |  termino*  .  finisqae  .  ex  \  Semiti  .  constalo  .  statuì  \  iousit,  .  inler  . 
AiesHnos  \  et  Patavino*  \   (C.  I.  L.  V,  2491). 

Ma  in  processo  di  tempii  per  lo  sfaldamento  causato  dai  ghiacci  nella  parte  superiore 
del  macigno  essendo  la  1  pide" rimasta  imitila,  dovette  essere  ripetuta  più  sotto  così: 
b  .  CaecUiu*  .Q.f.  pr  \  o  cos  .  kiminos  |  finì\«iue .  ex  .  Senati  |  consulto  .  statuì  .  iusit  \ 
inler .  Àitéime  \  Palaeinosque  | 

Hai  1  Sì»?  a  Teolo  si  scoprì  una  nuova  pietra  di  confine  dovuta  allo  stesso  proconsole 
(ora  al  Museo  Civico  di  Padova)  ;  ma  questa  volta  l'iscrizione  girava  intorno  a  una  breve 
colonna  rastremata  e  tonda  sulla  quale  (lo  si  argomentò  dai  buchi  d'incastro  sulle  due 
facce,  destinate  a  combaciarsi,  delle  colonne)  doveva  imperniarsi  una  seconda  gia- 
cente lì  presso  che  ne  seguiva  la  linea  e  ne  ripeteva  le  parole  :  L  .  Caicilius  .Q.f.  \ 
prò  .  cos  |  terminos  |  fìnisque  .  ex  \  Senili .  consulto  |  statui .  iusit  .  inler  \  Patavino*  \ 
et .  Aleslino*  \   (C.I.L.  V,  2492). 

Siamo  lieti  ora  di  comunicare  che  il  7  gennaio  scorso  in  quel  di  Galzignano,  in  un 
l'nndo  di  proprietà  del  conte  Luigi  Dona  dalle  Rose,  denominato  Topina  di  Corrado,  i  con- 
tadini urtarono  sul  ciglio  di  un  fossato  a  quaranta  centimetri  appena  sotterra  in  un  sasso 
che,  volendo  asportare,  trovarono  inaspettatamente  grandissimo  e  prol'ondantesi  man 
manti  nel  terreno  fino  a  un  metro.  Scoperto  e  nettato  dal  terriccio  che  lo  imbrattava 
si  rivelò  per  una  nuova  colonna  di  confine  messa  in  ubbedienza  allo  stesso  decreto  di 
cui  le  precedenti.  Cavata  da  un  sol  pezzo  di  trachite  (forse  di  Montemerlo)  è  di  ben  altre 
proporzioni  di  quella  di  Teolo  perchè  misura  complessivamente  m.  3.83  di  altezza  e 
per  m.  1.10  stava  infissa  nel  terreno  come  dimostra  l'essere  per  quel  tratto  grossamente 
dirozzata  con  pochi  colpi  di  scalpello.  Attorno  al  piede  doveva  avere  ammassati  pa- 
recchi sassi  che  si  ritrovarono  sparsi  nelle  vicinanze.  È  anch'essa  tonda,  levigata,  rastre- 
mata (')  e  piatta  al  suo  apice,  ma  l'iscrizione  anziché  girarla,  è  scritta  su  tre  linee  disposte 
nel  senso  della  lunghezza  in  capitali  quadrate  : 

L  •  CAICILIVS  •  Qj  F  •  PRO  •  COS  •  TERMINOS 
FINISQ.VE  •  IVSET-STATVI-EX-  SENATI 
CONSOLTO  •  INTER  ■  PATAVINOS  •  ATESTINOSQVE 

(*)  Alla  base  ha  mi  diametro  di  eni.  (io,  uH'a|>i(-e  di  ini.  30. 


GALZIGNANO 


—    190    — 


REGIONE    X. 


Come  nella  colonna  di  Teolo  vi  leggiamo  il  Cawilius  anziché  la  forma  a  trittongo 
propria  a  quella  di  Venda,  e  il  cmsoUo.  Ma  se  anche  qui  vediamo  i  patavini  essere  nomi- 
nati primi,  lo  sono  nella  maniera  sonante  «  Liviana  » 
-  per  dirla  col  Furia-netto  (*)  -  della  epigrafe  più 
recente  di  Venda.  Notevole  la  forma  ivset. 

L'Alessi  (»)  e  il  Gloria  (3)  escludevano  Galzi- 
gnano  dal  territorio  atestino  :  ma  la  linea  di  demar- 
cazione fra  Este  e  Padova  romane,  che  il  secondo 
nella  sua  carta  aveva  tracciato  come  scendente  dal 
Venda  e  risalente  pel  Ventolone  fino  a  sbucare  in 
pianura  fra  il  laghetto  di  Arquà  e  Monte  Ricco,  dovrà 
essere  spostata  a  favore  di  Ateste  che  que  sto  cippo 
dimostra  essersi  spinta  più  addentro  fra  i  colli. 

Esso  viene  anche  a  distruggere  quanto  suppo- 
neva il  Furlanetto  (4)  per  la  precedenza  degli  Atestini 
ai  Patavini  nella  lapide  di  Venda,  e  in  quella  di 
Lobia  (5)  ai  vicentini,  e  cioè  che  fossero  stati  essi  a 
promuovere  il  decreto.  È  più  probabile  che  la  pre- 
cedenza dell'un  popolo  o  dell'altro  tragga  origine  da 
un  desiderio  di  imparzialità  e  di  riguardo  verso  le 
due  popolazioni. 

La  regolarità  e  perfezione  delle  lettere,  unita- 
mente al  Patavinos  Atestinosrjue  fanno  dubitare  che 
anche  per  questa  di  Galzignano  si  tratti  di  una  replica 
messa  in  luogo  della  originaria  colonna  andata 
distrutta,  e  si  penserebbe  di  ascriverla  ai  primi 
tempi  imperiali.  La  priorità  resta  dunque  sempre 
da  riconoscersi  alla  prima  iscrizione  repubblicana 
di  Venda,  ma  ciò  non  toglie  che  anche  la  novissima  scoperta  sia  molto  importante.  Ed 
è  augurabile  che  le  pratiche  della  R.  Soprintendenza  di  Venezia  riescano  ad  assicurare 
il  monumento  al  Museo  Nazionale  di  Este,  dove  porterà  singolare  contributo  alla  ric- 
chissima raccolta  lapidaria. 

Alfonso  Alfonsi. 
Adolfo  Callegari. 


(*)  G.  Furlanetto,  Le  antiche  lapidi  del  museo  di  Este  illustrate,  1837,  pag.  41. 

(>)  J.  Alessi,  Antichità  di  Este,  1776,  pag.  80. 

(»)  A.  Gloria,  Il  territorio  padovano,  1862,  V.  carta. 

(*)  Op.  cit.,  p.  43-44. 

(*)  A  Lobia  presso  Lonigo  si  trovò  nel  1490  una  breve  colonna  ora  al  Museo  4L  Verona.  La  lece  porre 
il  proconsole  Sesto  Attilio  Sarano  in  seguito  al  decreto  del  135  av.  Cr.  :  Sex .  Atilius .  M  .f.  Saranus  . 
pro.cos  |  ex .  Senati .  consulto  |  inter .  Aeteslinos  .  et  .Veicetinos  \  finis .  terminosque  .  stutui  .  insit . 
(C.  /.  L.  V,  2490). 


REGIONE   X.  —    191    


BAGNOLO    MELLA 


III.  BAGNOLO  MELLA  (Brescia)  —  Scolture  e  iscrizioni  romane 
scoperte  nell'agro  del  Comune. 

Il  26  gennaio  1922  il  giornale  di  Brescia  <  11  Cittadino  »  recava  l'annunzio  della  sco- 
perta di  lapidi  e  scolture  romane  avvenuta  in  località  Dosso  di  Oastelvecchio,  all'estremo 
del  paese  di  Bagnolo  Mella,  comune  della  provincia,  a  13  km.  dal  capoluogo.  Il  solerte 
Ispettore  onorario  degli  Scavi  e  Monumenti  in  Brescia,  dott.  Giorgio  Nicodemi,  oltre  ad 
avvertirmi  subito  di  quanto  pubblicava  il  detto  giornale,  si  recò  l'indomani  sul  posto, 
ed  accertò  che  gli  scavi  ossia  l'estrazione  delle  pietre  scolpite  ed  iscritte  erano  avvenuti 
in  occasione  dei  lavori  per  l'impianto  di  un  vigneto,  in  terreno  di  proprietà  del  sig.  Bat- 
tista Lanzani,  di  fronte  al  palazzo  degli  Avogadri.  Che  inoltre  erano  venute  allo  scoperto 
le  fondamenta  di  un  edificio  quadrato  di  circa  m.  4  di  lato  interno,  é  quelle  di  un  largo 
muro.  Memorie  locali  dicono,  che  in  quel  sito  esistesse  una  chiesa  ;  forse  ancor  prima 
vi  erano  le  difese  anteriori  di  un  castello  medioevale,  al  quale  si  riferiscono  probabilmente 
le  fondazioni  messe  in  luce.  Ad  ogni  modo  il  materiale  romano  non  era  in  posto,  ma  utiliz- 
zato di  seconda  mano  in  queste  costruzioni,  come  attestano  varie  tracce  e  il  cemento  che 
vi  aderisce. 

Una  prima  trascrizione  e  descrizione  mi  fu  mandata  dal  medesimo  dott.  Nicodemi, 
nello  stesso  giorno  della  sua  visita,  da  Bagnolo.  Avendo  poi  il  proprietario  del  terreno 
ceduto  per  la  sua  parte  i  monumenti  rinvenuti  al  Museo  di  Brescia,  ove  furono  traspor- 
tati, verificai  il  primo  del  seguente  marzo  le  descrizioni  e  trascrizioni  del  Nicodemi.  Dalle 
note  mie  e  sue  traggo  la  presente  relazione. 

È  anzitutto  interessante,  perchè  si  riconnette  alle  manifestazioni  dell'arte  provin- 
ciale romana,  tutt'altro  che  esaurientemente  studiata,  un  blocco  sagomato  e  scolpito 
a  rilievi  in  marmo  botticino,  purtroppo  mutilo  e  corroso  nella  superficie  (fig.  1  e  2).  E 
alto  cui.  90  e  conserva  due  lati  che  s'incontravano  ad  angolo,  barbaramente  asportato 
a  colpi  di  piccone  in  età  postclassica  con  parte  delle  rappresentazioni  figurate.  La  parte 
interna  del  pezzo,  ossia  la  faccia  opposta  all'angolo,  non  è  piana,  bensì  reca  un  incavo  a 
nicchia  destinato  ad  adattare  il  blocco  ad  una  costruzione  rotonda  ;  la  corda  di  tale  incavo 
misura  cui.  84.  La  faccia  superiore  poi  reca  un'area  circolare  ribassata  e  lasciata  greg- 
gia di  martellina,  la  quale  area  occupa  quasi  tutto  lo  spazio  tra  la  faccia  interna  e  l'at- 
tuale rozza  smussatura  dell'angolo,  che  è  di  cm.  47;  inoltre  al  centro  dell'area  ribas- 
sata è  ancora  un  profondo  incavo  per  impiombatura  di  un  oggetto  votivo  ed  ornamen- 
tale, senza  dubbio  di  bronzo. 

I  due  Iati  esterni,  riquadrati  e  corniciati,  erano  adorni  ciascuno  di  un  gruppo  di 
due  figure  che  sorgono  da  uno  speciale  listello  sporgente,  indicante  il  suolo,  e  collocato 
a  poco  più  d'un  terzo  dell'altezza.  A  destra  (fig.  1)  si  vedevano  due  lottatori  col  cesto, 
(resta  quello  di  destra,  barbato  e  muscoloso)  incrociare  rispettivamente  l'avambraccio 
destro  e  il  sinistro  (parte  conservata  della  figura  mancante),  questo  parando  un  colpo 
tentato  dall'altro,  mentre  il  braccio  sin.  dell'uomo  superstite  si  leva  in  guardia,  pronto 
a  parare  il  colpo  che  l'altro  combattente  senza  dubbio  tenterà  nell'istante  successivo 
con  la,  propria  destra.  Nel  lato  sinistro  invece  (fig.  2)  si  osservano  a  sin.  un  satiro  e  a  destra 


BAGNOLO    MEI.LA 


—    192 


REGIONE    X. 


senza  dubbio  una  menade  di  cui  resta  la  mano  dr.,  danzare  uno  di  fronte  all'altra,  alzando 
le  mani  rispettivamente  situate  verso  il  fondo,  per  intrecciare  a  guisa  di  croce  due  ramo- 
scelli dì  pino  e  corti  tirsi.  11  satiro  è  barbato,  porta  la  nebride  annodata  alla  gola  a  guisa 


.*    f.^   **  p 

^sr 

>TJr. 

■   X\           ■'  'SSgs&il 

^r  *"■* 

w'.  ■      '         , 

M 

*^'^pf?  GL 

M 

'"^J 

1 

1 

1  iSPv^«             V 

'■  ■     ■ 

i 

^^MH^^H^Iff^       ^^Kfì?- 

■:-i    j35^l 

R»" 

' 

■ 

»  - 

r  '  %-           jr 

■■4rtWPPS^ 

FlG.    1. 


di  clamide,  e  tiene  nella  destra  abbassata  un  grosso  grappolo  d'uva.  Fra  le  due  figure 
antropiche  saltella  anche  la  bacchica  pantera,  conservata  nella  parte  anteriore,  pro- 
tendendo una  zampa  verso  il  satiro  e  volgendo  indietro  la  testa  a  guardare  la  menade. 
Mentre  da  questo  lato  la  parte  interna  del  blocco  (cioè  quella  che  andava  ad  addossarsi 
alla  struttura  rotonda)  termina  in  uno  spigolo,  dall'altro  lato  invece  lo  spigolo  fu  smus- 
sato a  guisa  di  pilastrino  con  ornato  a  fogliami  girati  in  volute. 

Senza  dubbio  il  blocco  testé  descritto  appartenne  a  nobile  monumento,  che  il  ca- 
rattere delle  epigrafi  ritrovate  insieme  e  presumibilmente  tolto  dallo  stesso  luogo  fanno 


RKGIONE    X. 


—  193  — 


BAGNOLO    MEIXA 


ritenere  funebre.  Lo  stesso  può  dirsi  di  un  frammento  forse  di  stela,  in  forma  di  pilastro 
a  capitello  ionico,  di  cui  avanzano  la  voluta  destra  e  l'astragalo  ;  è  possibile  che  nella 
parte  sottostante  la  pietra  recasse  una  iscrizione  oggi  perduta. 


Fio.  2. 


Ecco  ora  i  frammenti  iscritti,  in  marmo  e  calcare  di  Rezzato: 
1)  Frammento  di  grosso  blocco,  profondo  era.  0>4  e  dell'altezza  e  larghezza  attuali 
di  fin.  ?>7  X  46.  Reca  in  bolle  lettere  : 


iS   -    F 
R.  T  I  A  E 

(wjORI  ET 
llillllll-**- 


BAGNOLO    MELLA  —     194    —  REGIONE    X. 

2)  Base  riquadrata  e  corniciata  ;  alt.  mass.  cm.  76,  largii,  cm.  80,  prof.  cm.  64.  Nella 
faccia  anteriore,  entro  l'incorniciatura  si  legge: 

PETRONIO 
-^TCHILLIAE 
(ma)  TRI 

La  E  del  nesso  nella  prima  linea  fu  aggiunta  posteriormente.  Una  scheggiatura  ha 
portato  via  parte  della  prima  lettera  del  verso  seguente. 

Nome  comunissimo,  anche  nella  regione  ;  nuova  invece  in  questa  la  forma  del  co- 
gnome, che  vi  ricorre  come  AcMllaeus  per  personaggi  di  sesso  maschile  (C.  I.  L.  V,  735, 
add.,  5353-8904.  7916)  e  Achillea  per  una  donna  (4410).  Nulla  danno  i  Supplementi 
Italica. 

3).  Piccolo  blocco  in  calcare  di  Rezzato  ;  alt.  cm.  37,  largh.  30,  prof.  23.  Lettere  ab- 
bastanza profondamente  incise,  ma  strette,  di  forma  trascurata  e  di  difficile  lettura  per 
lo  stato  di  conservazione  della  superfìcie.  Leggo  : 

PVF 
viCTORI-ASCA 


4).  Blocco  calcareo  compatto,  alto  cm.  52,  largo  66,  prof.  62.  Lettere  bellissime  ; 
il  tratto  mediano  della  E  di  Primae  che  leggesi  nel  2°  verso  superstite  non  fu  eseguito. 

H  V  S  ♦  S I B I  et 

PRIMAE 

T-     F-     I- 

Questo  blocco  dovè  far  parte  di  un  monumento  funebre  architettonico,  in  cui  l'epi- 
grafe trovava  posto  entro  qualche  riquadro  della  facciata  ;  e  precisamente  il  nostro 
blocco  doveva  trovarsi  al  centro  della  riquadratura  laterale,  ma  nella  zona  inferiore  e 
finale  della  iscrizione.  Ciò  risulta  dal  trovarsi  tutta  contenuta  nel  pezzo  a  noi  giunto 
la  formula  testamento)  f(ie,ri)  i(ussit),  che  senza  dubbio  era  la  chiusa.  Comparando  la 
situazione  di  questa  formula  con  le  indicazioni  onomastiche  che  la  precedono,  si  vede 
chela  iscrizione  doveva  esser  contenuta, sempre  per  la  zona  inferiore, in  altri  due  blocchi 
posti  uno  a  destra  e  uno  a  sinistra,  del  superstite.  Infatti  dopo  il  stèt  della  prima  linea 
è  necessario  almeno  un  et,  che  doveva  trovarsi  su  altro  blocco  a  destra,  e  innanzi  alla 
desinenza  HVS  è  necessaria  almeno  una  delle  lettere  C,  P,  T,  che  non  poteva  essere  stata 
lasciata  nella  riga  superiore,  ma  doveva  trovarsi  su  un  altro  blocco  a  sinistra.  Ciò  posto, 
è  assai  probabile  che  non  soltanto  quella  lettera  fosse  scritta  sul  blocco  di  sinistra,  ma 
tutto  il  cognome  del  testatore  che  lasciò  all'erede  la  cura  di  costruire  il  monumento  fu- 
nebre a  sé  e  ad  una  donna  che  difficilmente  può  essere  stata  altra  da  sua  moglie.  Innanzi 
a  Primae  si  desidera  il  nome,  che  forse  essendo  un  poco  più  lungo  del  cognome  del  ma- 


REGIONE    X.  —    195   —  BAGNOLO    MELLA 


rito  il  quale  le  corrisponde  nella  riga  superiore,  sarà  stato  diviso  tra  la  linea  del  sibi  (non 
sufficientemente  riempita  dal  breve  supplemento  et)  e  la  seguente  ;  così  anzi  doveva 
essere  ad  ogni  modo,  anche  se  le  lettere  del  nome  muliebre  fossero  state  in  numero  uguale 
a  quelle  del  cognome  del  marito,  poiché  tre  di  queste  stanno  sul  blocco  conservatoci. 
Dopo  Primae  doveva  seguire  la  indicazione  del  rapporto  di  parentela  della  donna  col 
testatore,  cioè,  come  suppongo  :  uxori.  Mancano  dunque  alla  iscrizione  due  linee  supe- 
riori, una  contenente  il  nome  del  defunto,  proceduto  o  no  dalla  sigla  del  prenome,  l'altra, 
messa  alquanto  spazieggiata  in  alto,  la  formula  D-M-  Si  può  quindi  ritenere  che  il 
campo  contenente  l'iscrizione,  a  cui  doveva  girare  attorno  una  cornice,  constasse  di  sei 
blocchi,  e  se  questi  erano  più  o  meno  uguali  al  nostro,  tale  campo  doveva  misurare  il 
doppio  di  questo  in  altezza  e  il  triplo  in  larghezza,  ossia  m.  1,04  X  1,98.  Aggiungendo 
le  incorniciature  laterali  si  ha  una  larghezza  di  oltre  3  metri,  alla  quale  doveva  corri- 
spondere una  proporzionata  altezza.  Dunque  il  monumento  funebre  di  cui  abbiamo 
un  avanzo  era  assai  ragguardevole. 

5)  Blocco  alto  cm.  52,  largo  57,  prof.  32.  Eeca  in  lettere  grandi  ma  di  forma  non 
bella  il  nome 


anTivs/ 


Il  nome  Anlivs  è  rarissimo  nella  regione  e  nelle  finitime,  essendo  rappresentato  due 
sole  volte  nel  V  voi.  del  Corpus  (4124  e  875  b,  17),  nessuna  nei  Supplemento,.  Forse  è 
identica  con  questa  una  pietra  su  cui,  secondo  il  citato  giornale,  sarebbe  stato  letto 
ANTIOCVS  (sic!)  ma  che  il  Nicodemi  non  trovò. 

6)  Semitamburo  di  colonna  usato  forse  come  coperchio  di  sarcofago  (?).  Altezza 
cm.  32,  larghezza  64,  profondità  35.  Nella  sezione  semicircolare  liscia  porta  : 

L I G  V  R I 

Leggo  Liguri  al  genitivo,  nome  che  ricorre  nel  titolo  C.  I.  L.,  V,  3936,  riferito  al  Pa- 
gus  Arusnatium  (Val  Policella)  ;  il  personaggio  ivi  mentovato  è  un  C.  Ligurius  Asper. 

Tutto  il  materiale  sopra  descritto  accenna  all'esistenza  nei  pressi  di  Bagnolo  di  un 
pago  importante,  il  cui  nome  ignoriamo. 

G.  Patroni. 


Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  26 


KEMEDELLU   SOPRA 


—    196 


REGIONE    X. 


IV.  —  HEMEDELLO  SOPBA  (Brescia).  —  Ripostiglio  di  ascie  di 
rame  e  tomba  con  ceppi  di  ferro,  romana,  scoperti  nell'agro  del  Comune. 

A  Kemedello  Sopra  (Brescia)  scavandosi  nel  febbraio  1921  in  un  terreno  ceduto  alla 
Provincia  per  lo  scavo  di  un  canale  irrigatorio,  fu  rinvenuto  a  poca  profondità  un  rozzo 


Fio.  1. 


vaso  in  frantumi,  che  conteneva  alcune  ascie  di  rame.  Per  le  circostanze  del  giacimento 
queste  vanno  dunque  ritenute  un  ripostiglio  o  te«oretto.  Esso  è  assai  simile  a  quello  consi- 


Fic.  2. 


derevolmente  più  ricco  di  Pieve  Albignola  da  me  illustrato  in  Bull,  di  Paleln.  Hai.  1906, 
pag.  60  sgg.,  ma  deve  ritenersi  più  antico,  perchè  vi  mancano  le  ascie  di  vero  bronzo  o  di 


REGIONE    X.  —    197    — 


REMEDELLO    SOPRA 


lega  quasi  normale  e  di  forma  modificata  con  taglio  espanso  a  flabello,  che  sono  colà  in 
numero  preponderante. 

Le  ascie  furono  consegnate  al  Museo  Romano  di  Brescia  il  20  del  detto  mese  con  un 
piccolo  frammento  del  vaso  che  conteneva  il  ripostiglio,  dalsig.  Battista  Marcolini,  assi- 
stente ai  lavori.  Sono  in  numero  di  17,  e  all'esame  organoleptico  appariscono  di  rame 
rosso,  e  di  forma  spatulare  poco  o  nulla  espansa  al  taglio  e  lievemente  sagomata  nei  mar- 
gini che  risultano  quasi  rettilinei.  11  taglio  stesso  è  appena  lunato  e  talora  quasi  affatto 
rettilineo.  La  penna  è  quasi  rettilinea  in  tre  esemplari,  di  cui  due  sono  offerti  dalle  figure 


Fio.  3. 


qui  aggiunte  (fìg.  l.K  ;  fig.  2,  B),  alquanto  lunata  in  convessità  in  altri  tre  (fig.  1,  A)  in- 
cavata negli  altri,  talora  lievissimamente  (fig  1,  C  ;  fìg.  2,  A,  C).  I  margini  sono  ribat- 
tati molto  leggermente,  tanto  che  parecchi  esemplari,  ed  uno  decisamente  (fig.  1,  A) 
possono  considerarsi  come  ascie  piatte.  Tre  hanno  un  angolo  del  taglio  asportato  per  colpo 
ricevuto,  di  cui  una  certamente  ab  antico,  perchè  la  frattura  è  interamente  e  profondamente 
ossidata.  La  maggior  parte  hanno  il  taglio  ingrossato  e  variamente  sformato  per  la  poca 
durezza  del  metallo. 

Un  esemplare  ha  il  taglio  obliquo,  asimmetrico  (fìg.  1,  B)  ;  questo  è  anche  l'esemplare 
di  maggior  lunghezza  (mm.  135),  dimensione  che  nella  maggior  parte  varia  tra  130  e  125 
millimetri.  Tre  esemplari  sono  ancor  più  corti  (tra  mm.  120  e  115).  Il  massimo  spessore  è 
di  mm.  15,  e  scende  a  12  mm.  nell'ascia  piatta.  Una  delle  nostre  ascie  ha  una  lesione  an- 
tica orizzontale  nella  penna,  dovuta  a  colpo.  Il  taglio  è  largo  mm.  40-45  e  nel  più  piccolo 
pezzo  mm.  35.  Un  esemplare  più  lungo  e  più  grosso  pesa  gr.  316,5  (manca  però  un  angolo 
del  taglio  ;  quello  a  taglio  obliquo,  di  cui  manca  solo  una  piccola  scheggia,  e  più  sottile, 


BIELLA  198    —  ERGIONE    XI. 

gr.  283  ;  l'ascia  piatta  gr.  292,5  ;  la  più  piccola  gr.  224,2  ;  un'altra  anche  corta  ma  non  così 
stretta,  gr.  247,5. 

Al  nostro  ripostiglio  mancano  dunque  due  importanti  caratteri  che  presentava  quello 
di  Pieve  Albignola:  l'essersi  formato  a  poco  a  poco  in  tempi  diversi,  e  il  consistere  in  og- 
getti o  non  usati  o  neppur  finiti,  ad  eccezione  di  due  ascie  più  antiche  di  puro  rame,  simili 
alle  nostre  anche  nelle  dimensioni  e  nella  forma,  e  differenti  solo  perchè  nelle  ascie  di 
Eemedello  Sopra  cominciano  a  rilevarsi  leggerissimamente  i  margini.  Per  la  presenza  di 
quei  caratteri,  nell'int^rpretare  il  ripostiglio  di  Pieve  Albignola,  fui  indotto  ad  accostarmi 
all'opinione  del  Pigorini,  che  questi  antichissimi  depositi  di  oggetti  metallici  siano  stipi 
sacre.  Per  l'assenza  di  tali  caratteri  credo  invece  in  questo  caso  che  la  raccolta  di  tali 
ascie,  in  un  periodo  in  cui  il  metallo  da  poco  era  apparso  e  si  manteneva  raro  e  prezioso 
(come  doveva  avvenire  nel  periodo  eneolitico  o  cuprolitico  cui  le  nostre  ascie  spettano) 
abbia  il  valore  di  tesoretto. 

Negli  stessi  lavori  di  sterro  fu  rinvenuta  una  tomba  di  sepolto  nella  nuda  terra,  alle 
cui  caviglie  era  ancora  assicurato  e  chiuso  un  paio  di  ceppi  di  ferro  romani  da  schiavo 
(fig.  3),  cimelio  non  comune  ed  interessante,  che  pure  venne  consegnato  al  Museo  di  Brescia. 
È  da  ritenere  che  quello  schiavo  morì  mentre  era  ai  ferri. 

G.  Patroni. 


Regione  XI  (TRANSPADANA). 

V.  BIELLA  —  Epigra/i  romane. 

Sono  entrate  nella  collezione  lapidaria  del  E.  Museo  di  antichità  di  Torino  le 
seguenti  tre  epigrafi  venute  in  luce  a  Biella  in  questi  ultimi  tempi  entro  terreno  mosso 
presso  i  Magazzini  generali  di  quella  città  (*)■ 


1)  SEPTICIAE-W 

MARCELLINA 
SACERDOTI    DIVA 
D  D 


Frammento  di  lastra  marmorea.  Belle  lettere.  Altezza  delle  lettere  :  prima  linea 
cm.  7  ;  seconda  linea  cm.  5  ;  terza  linea  cm.  4,  5  ;  quarta  linea  cm.  7. 

2)  SEXLVC 

RETI VS 
M        F 


(')  L'ispettore  locale,  on.  cav.  Rocca  villa,  cui  si  deve  la  conservazione  di  queste  epigrafi,  informa, 
a  maggior  precisione,  che  la  località  di  ritrovamento  è  quella  dove  un  tempo  sorgeva  la  rotonda  di 
S.  Eusebio,  trasformata  in  abitazione  rustica, 


KEGIONE  IX.  —  199  —  CARDE,  BOVES 

Stele  rettangolare  di  pietra  locale.  Altezza,  compresa  la  parte  da  infiggersi  nel  suolo, 
m.  2,25.  Larghezza  m.  0.60.  Lettere  di  buona  età,  scolpite  tuttavia  con  poca  cura.  Al- 
tezza delle  lettere  delle  prime  linee  cm.  11-13  ;  della  linea  inferiore  cm.  14-16. 

3)  ALPINO  -LAR 

(sIO  ■  C   •  ET  •  M 
F  IT' 


Parte  superiore  di  stele  di  pietra  locale.  Lettere  alte  cm.  7,  scolpite  variamente  e 
con  trascuratezza.  La  particolare  forma  del  G>  potrebbe  far  assegnare  l'epigrafe  al  prin- 
cipio del  III  secolo  d.  Cristo. 

La  gens  Seplicia  era  già  nota  per  poche  epigrafi  della  vicina  Ivrea  (C.  I.  L.,  V,  6785) 
e  di  altri  luoghi  del  Piemonte.  Più  numerose  le  epigrafi  della  gens  Lucre.iia  (così  a  Don- 
naz  ed  a  Vercelli  :  C.  I.  L.,  V,  6659,  6822).  Largius  fino  ad  ora  era  ignoto  in  queste  re- 
gioni. Alpinus  ai  piedi  delle  Alpi  appare  piuttosto  spesso,  ma  come  cognomen. 

Queste  nuove  epigrafi  aumentano  lo  scarso  numero  delle  vestigia  romane  biellesi 
finora  note  (').  Pietro  Baro-celli. 


Regione  IX  (LIGURIA). 

VI.  CARDE  (Moretta)  —  Tomba  d'età  romana. 

Laterizia.  Ad  incinerazione.  Nella  casuale  scoperta  (in  proprietà  ing.  Emanuele  Bel- 
lia)  i  fittili  del  corredo  funebre  andarono  distrutti.  Eravi  inoltre  uno  specchio  ed  uno 
dei  soliti  unguentari  vitrei. 


VII.  BOVES  (Cuneo)  —  Epigrafe  romana. 

In  frazione  Sant'Anna  (tetto  Capei)  (*)  scavi  casuali  misero  in  luce  e  sconvolsero 
una  tomba  di  età  romana  a  pareti  di  ciottoli  a  secco,  fondo  naturale,  di  dimensioni  suf- 
ficienti, pare,  per  contenere  un  cadavere  inumato.  Dalle  informazioni  avute  risulterebbe 
che  la  suppellettile,  ora  smarrita,  consisteva  in  un  vasetto  fittile  ansato  ed  in  tre 
oggetti  di  ferro,  forse  i  soliti  chiodi  rituali. 

Alla  tomba  apparteneva  una  stele  di  pietra  locale  (alta,  compresa  la  parte  da  in- 
terrare, m.  2,10  ;  larga  m.  0,65).  Le  rozze  figure  di  animali  che  l'ornano  sono  molto  simili 
nella  disposizione,  nella  posa  e  nella  trattazione  a  rilievo  piatto  ad  altre  scolpite  su  una 

(1)  Epigrafi  edite  nel  C.  I.  L.  V,  6774-6  ;  L.  Sehiaparelli,  Le  origini  del  Comune  di  Biella 
(Meni.  d.  R.  Accad.  di  Scienze  di  Torino,  ser.   II,  t.  XLVI,  1896). 

(2)  Detto  anche  tetto  Dolce.  Proprietà  Giacomo  Giuliano, 


ACQUI  —   200    —  REGIONE    IX. 

nota  stele  cuneese  (x)  :  quasi  direbbesi  che,  specie  nelle  figure  inferiori,  i  due  locali  lapi- 
cidi variarono  di  poco  il  medesimo  modello. 
L'iscrizione  è  in  buone  lettere: 

leoni  affrontati  ___- 

e  poggianti  ciascuno   una   zampa 
su  un  capitello 

C-  VICCIVS-M    F-CAM 

MARCELLIVS 

Q-  FRATER 

FACIENDVM 

CVRAVIT 

cinghiale  in  atto  di  slanciarsi 
contro  un   toro 

Finora  nuovo  in  Piemonte  il  eognomen  Manellius,  in  luogo  dei  comuni  Marcellus, 
Marceìlinus.  La  gens  Vida  o  Vic.da,  in  tutta  la  regione  piemontese,  appare  finora  solo 
nel  territorio  di  Angusta  Bagiennorum  (*),  ascritta  a  quella  tribù  Camilia  cui  pure  ap- 
partenevano i  Yiccii  di  questa  tomba  di  Boves  ed  i  Vittii  della  vicina  borgata  di  San  Rocco 
Castagneretta  (3).  Pedo  (Borgo  San  Dalmazzo),  pochissimo  distante,  in  tempo  non  deter- 
minabile con  esattezza  venne  invece  iscritto  alla  tribù  Quirino.  Recenti  indagini  del 
Pais  inducono  a  ritenere  che  appunto  in  questa  zona  passasse  il  confine  tra  la  IX  re- 
gione augustea  d'Italia  (in  cui  era  Augusta  Bagiennorum)  e  la  provincia  Alpium  Mari- 
timarum,  nella  quale  doveva  essere  compreso  Pedo  (4). 


Vili.  ACQUI  —  Piscina  romana. 

L'anno  1913,  eostruendosi  nel  centro  della  città  in  terreno  di  proprietà  municipale 
i  nuovi  portici  del  corso  Bagni,  venne  casualmente  in  luce  di  fianco  all'  Hotel  Moderne, 
dalla  parte  delle  Nuove  Terme,  una  grande  piscina  romana.  Subito  si  pensò  che  potesse 
aver  appartenuto  alle  terme  della  città  romana  (Aquae  Statiellae)  fino  dall'antichità  già 
nota  per  le  sue  acque  termali.  Ma  la  costruzione  dei  nuovi  portici  non  toccò  che  un  lato 
della  piscina,  la  quale  penetrava  sotto  immobili  di  proprietà  privata.  In  parte  note- 
vole rimase  quindi  inesplorata. 

Avendo  recentemente  il  municipio  di  Acqui  acquistata  anche  la  detta  area  privata, 
ed  avendo  tutto  ceduto  all'ing.  Valbusa,  per  la  demolizione  delle  costruzioni  sovrap- 
poste, la  R.  Soprintendenza  delle  antichità  potè  curare,  a  spese  del  municipio  stesso, 
lo  sterro  quasi  completo  della  piscina.  Essendo  però  questa  sempre  circondata  da  ca- 

(*)  C.  I.  L.,  V,  785G.  Dutschke,  Antike  Bildwerke  in  Ober-italicti,  IV,  pag.  28,  n.  38  (l'interpreta- 
zione delle  figure  data  dal  C.  I.  L.  non  è  esatta). 

(2)  0.  I.  L.,  V,  7G70  (Dogliani)  e  7721  (Hrcolungo). 

(*)  Notizie  d.  scavi,  1920,  pag.  98. 

(*)  Pais,  Le  stazioni  delhi  «  Quadragesima  GoUiarum  »  di  Pedo  e  di  Forum  Germanornm  ed  il  confine 
d'Italia  verso  le  «  Alpes  Marittimae  »  (in  Dalie  guerre  puniche  ad  Angusto,  voi.  II),  1918, 


regioni;  ix. 


—  201  — 


ACQUI 


supole  ancora  abitate  e  da  una  strada  continuamente  percorsa,  non  fu  possibile  ster- 
rarne l'angolo  sud-ovest,  nonché  le  immediate  adiacenze. 

Se  ne  completò  però  il  rilievo,  come  appare  dalla  nostra  figura. 

La  piscina  è  rettangolare  (in.  17,50  X  10,50  esternamente).  Scende  con  tre  gradoni. 
Fondo  e  gradoni  sono  totalmente  rivestiti  di  opus  sigm'num,  coperto  questo  a  sua  volta 


Cotto        Qìoff"-- 
FlG.   1. 


t»T*=> 


da  lastrine  marmoree  ancora  qua  e  là  aderenti  ai  gradoni  stessi  ed  in  posto  per  gran  parte 
della  estensione  del  fondo. 

La  piscina  venne  totalmente  riempita  e  ricoperta  di  terriccio  detritico,  al  più  tardi, 
in  età  barbarica:  anche  entro  questo  rinterro,  frammiste  a  gran  quantità  di  frammenti 
laterizi,  erano  numerosissime  lastrine  marmoree  liscie  simili  a  quelle  ancora  aderenti 
all'opus  siqninum  della  piscina.  Vi  si  raccolsero  anche  frammenti  marmorei  di  cornici 
e  del  rivestimento  di  capitelli  e  lesene  scolpite  a  fregi  vegetali  e  volute.  Una  sola  epi- 
grafe su  lastra  marmorea,  molto  incompleta,  in  belle  lettere  : 

V  ETlO  •  Cj 

HHf  •  V  I  R  •  I 


k: 


i^-cy 


SAVONA  —   202  —  REGIONE  IX. 

È  verosimile  che  la  piscina  facesse  parte  di  un  complesso  di  costruzioni,  dalle  quali 
potrebbe  provenire  parte  del  materiale  frammentario  detritico.  Ma,  come  si  è  detto, 
non  fu  possibile  estendere  gli  scavi.  La  piscina,  adorna  essa  stessa  di  marmi,  forse  era 
circondata  da  edifici  ugualmente  riechi,  sì  da  costituire  uno  dei  più  bei  monumenti  del- 
l'antica città. 


IX.  SAVONA  —  Sepolcreto  d'età  romana  in  vai  di  Legino. 

Le  ultime  piene  del  torrente  Molinero,  scorrente  nel  fondo  della  valletta  di  Legino, 
misero  allo  scoperto  tre  tombe  dalla  comune  copertura  a  legulae  a  tettuccio  a  doppio 
spiovente  e  dal  fondo  costituito  dal  nudo  terreno.  Forse,  per  la  parziale  distruzione  fatta 
dalle  acque,  non  venne  raccolto  nessun  oggetto  di  suppellettile  funeraria,  ma  solo  scarsi 
avanzi  di  cadavere  inumato. 

Su  uno  dei  laterizi  era  il  bollo,  fino  ad  ora  nuovo: 


FMSCRIBON 


impresso  in  belle  lettere  capitali  rilevate,  di  buona  epoca  imperiale. 

Specialmente  non  avendosi  fino  ad  ora  per  la  valle  di  Legino,  oltre  ad  una  probabile 
fronte  di  sarcofago  rappresentante  la  caccia  al  cinghiale  ('),  che  indeterminate  notizie  di 
poche  altre  analoghe  tombe  laterizie  ad  inumazione  con  suppellettile  scarsissima  o  dal  tutto 
mancante  (2),  non  e  possibile  sapere  se  il  mattone  col  bollo  rinvenuto  sia  stato  usufruito 
per  copertura  della  tomba,  forse  d'età  romana  tarda,  traendolo  da  qualche  vicino  edi- 
lìzio, o  se  anche  la  tomba  stessa,  come  il  bollo,  sia  di  buona  epoca  imperiale.  In  que- 
st'ultimo caso  le  tombe  laterizie  di  Legino,  come  altre  in  quel  tratto  della  Liguria  (3), 
sembrerebbero  attestare  la  sopravvivenza  dell'antichissimo  rito  ligure  dell'inumazione 
in  un  tempo  in  cui  comunemente  (anche  in  altre  località  della  Liguria  stessa)  predomi- 
nava l'incinerazione. 

(*)  Nel  museo  civico  di  Savona.  Vittorio  Poggi,  Catalogo  descrittivo  della  pinacoteca  civica  di  Sa- 
vona,  1901,  pag.  36. 

(•)  Notizie  d.  Scavi,  1877,  serie  3»,  voi.  I,  pp.  168-169. 

(*)  Analoghe  tombe  laterizie  a  tettuccio  ad  Albissola,  Savona,  Bergeggi.  Uguale  incertezza  crono- 
logica rimane  per  le  inumazioni  entro  anfore  e  cocci  di  grossi  fittili  del  savonese.  Vittorio  Poggi,  Sepol- 
ture di  epoca  romana  nella  fortezza  di  Savona  (Boll.  d.  soc.  storica  savonese,  III,  1903).  cfr.  Ball,  di 
paletnol.  Hai,  XXXVII,  pp.  38-39. 


REGIONE   IX.  —    203   —  FEZZANO 


X.  FEZZANO  (frazione  di  Portovenere)  —  Avanzi  di  costruzioni  di  età 
romana  scoperti  nel  piano  Artigliò. 

Ho  visitato  il  giorno  19  maggio  1920  nel  piano  chiamato  Artigliè  sopra  la  spiaggia 
del  Fezzano  (Com.  di  Portovenere)  i  lavori  di  sterro  per  abbassare  il  livello  del  piano  di 
campagna,  che  fa  eseguire  la  Società  Ansaldo  per  la  costruzione  di  un  cantiere.  Tali  sca- 
vamenti hanno  messo  in  luce  gli  avanzi  di  un  edificio,  e  forse  di  una  serie  di  edifici,  di 
costruzione  evidentemente  romana,  di  cui  qualche  rudere  affiorava  già  alla  superficie 
prima  dell'inizio  dei  lavori. 

Durante  lo  sterro  vennero  distrutti  tutti  i  muri  incontrati,  non  senza  peraltro  che 
il  sig.  geometra  Guidugli,  rappresentante  l'impresa  assuntrice  dei  lavori  e  direttore  degli 
stessi,  abbia,  con  lodevole  pensiero,  preso  nota  dei  dati  offertigli  dai  materiali  scoperti 
e  tracciato  un  piano  dell'edifizio. 

Questa  resultava  di  due  spessi  muri  costrutti  parallelamente  alla  spiaggia  del  mare, 
cioè  in  direzione  presso  a  poco  da  N.  a  S.  ;  coperti  da  uno  spessa  volta  a  botte  per  tutta 
la  loro  lunghezza,  distanti  l'uno  dall'altro,  circa  due  metri,  e  sostenuti  ambedue  da  una 
serie  di  speroni  esterni  a  guisa  di  barbacani. 

La  muratura  onde  risultavano  tali  muri,  come  chiaramente  apparisce  dai  residui 
ancora  in  posto,  è  nelle  due  facce  di  opus  incertum,  e  ad  emplecton  cioè  a  riempita,  nell'in- 
terno, come  i  massi  brecciosi  di  frombole  dimostrano  ;  il  che  rivela  la  romanità  dell'opera, 
anche  a  prescindere  da  ogni  altra  prova. 

Essendomi  stato  assicurato  che  nessuna  suppellettile  era  stata  rinvenuta  durante 
lo  scavo  in  prossimità  dei  muri  scoperti,  sia  di  metallo,  sia  di  terracotta  o  di  vetro,  e  tal 
fatto  parendomi  inspiegabile  in  un  terreno  che  certamente,  dall'epoca  della  distruzione 
di  quelle  antiche  fabbriche,  non  fu  mai  profondamente  rimaneggiato,  come  ho  potuto 
constatare  con  l'esame  del  taglio,  ho  voluto  fare  subito  qualche  assaggio  in  alcuni  punti 
che  ritenevo  dovessero  meglio  rispondere  alla  mia  inchiesta.  Ed  infatti  potei  rinvenire 
numerosi  frammenti  di  cotto,  come  anse  e  cocci  di  amphorae  e  cadi  v'narii  di  grandi  tegu- 
lae  e  di  un  dolium  che  a  giudicarne  dalle  dimensioni  colossali,  dovette  appartenere  ad  un 
horreum  subtermneum.  Ciò  conferma  che  l'opera  è  sicuramente  romana. 

Non  avendo  assistito  allo  scavo  né  alla  demolizione  dei  muri,  non  posso  con  sicu- 
rezza determinare  la  destinazione  dell'edificio  cui  essi  appartennero,  né  l'età  cui  si  deve 
riferire.  Ma  spero  che  l'esame  che  farò  della  parte  non  ancora  attaccata  dal  piccone  possa 
darmi  nuovi  e  maggiori  elementi  di  giudizio. 

Credo  peraltro  di  poter  fin  d'ora  avanzare  l'ipotesi  che  si  tratti  di  un  edifizio,  anzi 
di  una  piccola  serie  di  fabbriche,  di  carattere  pubblico,  e  non  andrò  molto  lungi  dal  vero 
supponendole  magazzini  annonari  navali  costrutti  dai  Romani  presso  la  spiaggia  del 
piccolo  seno  del  Fezzano  (Fundus  Alfidianus)  per  il  rifornimento  delle  flotte  militari,  che 
avevano  nel  Portus  Lume  la  loro  base.  È  noto  infatti  per  numerosi  ricordi  classici  che  il 
golfo,  ora  detto  della  Spezia,  il  quale  «  contiene  in  sé  tanti  altri  piccoli  seni,  tutti 
sicuri  e  profondi  anche  vicino  alla  riva  »  (Strabone,  V.  222)  servì  come  base  di  opera- 
zione (Ormeterion)  alle  armate  romane  particolarmente  nei  tempi  della  Repubblica,  per 
le  guerre  contro  i  Liguri,  e  per  quelle  di  Spagna  (Livio,  XXXIX).  U.  Mazzini. 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  27 


WTIGLIANO  —    204    —  REGIONE    Vii. 


Regione  VII    {ETRURIA). 


XI.   —  PITIGLIANO  —  Trovamento  di  un  vaso  eneolitico. 

Il  R.  Museo  Archeologico  di  Firenze  ha  testé  acquistato  dal  sig.  Domenico  Pasqua- 
lini  di  Pitigliano  (Grosseto)  il  vaso  che  qui  sotto  si  riproduce  nelle  figg.  1-2.  Esso  ha  il  dia- 
metro di  circa  20  centini.  ed  è  alto  quasi  18.  È  indiscutibilmente  un  vaso  del  periodo  eneo- 
.litico,  del  tipo  così  detto  a  bottiglia,  cioè  con  corpo  sferoidale  un  po'  schiacciato,  da  cui  si 
eleva  un  breve  collo  conico  segnato  da  una  linea  di  demarcazione  alla  base.  Non  ha  anse 
propriamente  dette,  ma  in  luogo  di  esse  si  vedono  due  protuberanze  forate  verticalmente 


Fio.  1. 


per  esservi  infilata  una  cordicella  di  sostegno  (cfr.  fìg.  2).  La  conservazione  di  questo  an- 
tichissimo recipiente  è  buona  :  è  solo  un  po'  frammentato  nell'orlo  dell'imboccatura,  e 
presenta  altresì  alcune  sgraffiature  sul  corpo,  dovute  ai  colpi  di  chi  non  si  accorse  alla 
prima  della  sua  presenza  sotterra.  La  struttura  robusta  del  vaso  fu  messa  anzi  a  dura  prova 
sotto  i  colpi  incoscienti  di  zappa  o  di  piccone,  ma  resistette  magnificamente.  Le  incisioni 
prodotte  alla  superficie  non  infransero  la  parete  spessa  del  vaso,  ma  resero  possibile  di 
esaminarne  la  composizione  argillosa.  Come  è  comune  alla  ceramica  tipica  del  periodo 
eneolitico,  anche  nel  nostro  vaso  si  riscontra  un  impasto  omogeneo  ed  alquanto  depu- 
rato, ben  cotto,  però  non  uniformemente,  ed  una  uguale  ingubbiatura  nerastra  alla  su- 
perficie. 

Il  vaso  Pasqualini  fu  scoperto  fortuitamente  nella  estate  1920  nella  medesima 
regione  «Corano»,  dove  fu  fatta  una  regolare  esplorazione,  discretamente  fruttuosa, 


REGIONE    VII. 


205 


PITIGLIANO 


nel  1917  (*).  Esso  concorda  per  il  tipo  generico  e  per  la  tecnica  con  i  vasi  allora  scoperti 
in  quello  scavo  (2),  e  con  altri  che  precedentemente,  nel  medesimo  sito,  erano  venuti 
alla  luce  in  seguito  ai  lavori  agricoli  (')  ;  ma  ne  differisce  per  le  due  protuberanze  forate 
che  tengono  luogo  di  anse.  In  un  solo  frammento,  di  un  vaso  maggiore  dell'attuale,  fra 
quelli  illustrati  dal  Minto  in  Bull,  di  Paleln.  1915,  p.  46  sg.,  si  riscontra  una  protuberanza 


:1 


, 


Èl 


V 


Fio.  2. 


simile  :  prova  questa  che  nella  importante  stazione  eneolitica  di  «  Corano  »  non  dovevano 
essere  molto  frequenti  siffatti  tipi.  L'esemplare  Pasqualini  che  è  venuto  ad  arricchire  il 
gruppo  di  ceramiche  eneolitiche  pitiglianesi  esistente  nel  Museo  di  Firenze,  è  senza  dub- 
bio uno  dei  più  belli  e  conservati  fra  quelli  sinora  scoperti  ;  ma  è  sperabile  che  non  sia 
l'ultimo,  poiché  la  vasta  regione  «  Corano  »,  solo  in  minima  parte  metodicamente  in- 
dagata nel  1917,  può  serbare  ancora  delle  sorprese. 

Edoardo  Galli. 


ivi  i  riscontri  bibliografici  e  monumentali  che 


(!)  Cfr.  E.  Galli,  in  Not.  Se.  1918,  pag.  12  sg! 
possono  servire  anche  per  il  caso  presente. 
(*)  Op.  cit. ,  pag.  14,  fig.  2. 
(»)  Cfr.  A.  Minto,  in  Bull,  di  Paletti.  1914,  pag.  53  sgg.  :  1915,  pag.  4G  sg. 


VEIO  206   REGIONE   VII. 


XII.  VEIO  —  Antefisse  arcaiche  del  Tempio  dell'Apollo. 

Dopo  la  pubblicazione,  da  me  fatta  nelle  Notizie  degli  Scavi  del  1919,  del  gruppo  di 
Apollo  che  lotta  con  Ercole  per  la  Cerva,  alla  presenza  di  Mercurio  e  forse  di  Diana,  gruppo 
nel  quale  tutto  il  mondo  civile  ha  salutato  con  gioia  la  riapparizione  di  un  capolavoro  della 
scultura  etnisca  arcaica,  nessun'altra  notizia  è  stata  qui  data  del  maraviglioso  complesso  di 
sculture  e  di  suppellettili,  ritrovate  nel  santuario  etrusco  scoperto  a  Veio,  in  località  Por- 
tonaccio,  sia  anzitutto  perchè  lo  scavo  fu  assai  arduo  e  lungo,  sia  perchè  la  difficile  opera 
di  classificazione  e  di  restauro  dei  moltissimi  monumenti  rinvenuti  si  è  potuta  iniziare  ora 
soltanto.  Posso  però  annunziare  che  ormai  l'esplorazione  del  terreno  può  dirsi  compiuta, 
che  i  rilievi  sono  stati  accuratamente  fatti  e  che  il  materiale  è  nella  totalità  divenuto  (parte 
per  acquisto,  parte  per  munifico  dono  del  marchese  Ferraioli^  proprietà  dello  Stato  e  at- 
tende di  essere  esposto  in  una  delle  nuove  grandi  sale  che  si  stanno  costruendo  in  amplia- 
mento del  Museo  Nazionale  di  Villa  Giulia  a  Roma.  Così  tutti  i  risultati  della  grandiosa 
impresa  archeologica,  che  il  Governo  Italiano  condusse  tenacemente  negli  anni  difficili 
della  guerra  e  del  dopo-guerra,  saranno  tra  non  molto  resi  noti  al  mondo  scientifico. 

Intanto  però  furono  pubblicate  o  riprodotte  altrove  alcune  delle  più  belle  antefìsse, 
rinvenute  nell'area  del  santuario  durante  gli  scavi  che  l'Ispettore  cav.  Enrico  Stefani 
vi  ha  condotto  con  magistrale  perizia  dal  1917  in  poi,  dopo  che  io  fui  ritornato  alla  fronte 
della  guerra.  In  tali  scavi  lo  Stefani  fu  ottimamente  coadiuvato  dal  bravo  assistente  Na- 
tale Malavolta.  Occorre  pertanto  per  questo  cas,o  speciale  fare  un'eccezione  alla  norma 
adottata,  di  non  pubblicare  se  non  a  lavoro  ultimato,  non  potendosi  tardare  a  parlare 
di  tali  antefisse  in  questo  periodico,  dove  da  quarantacinque  anni  ormai  sono  pubblicati 
i  risultati  dell'attività  scientifica  italiana  negli  scavi  archeologici. 

Le  cinque  antefisse  si  aggiungono  a  quella  con  testa  di  Menade,  che  già  pubblicai, 
insieme  con  l'Apollo  (')  e  ci  danno  una  compiuta  idea  dell'altezza  raggiunta  da  tal  genere 
di  decorazione  fittile  del  tempio  etrusco  del  VI-V  secolo  a.  C,  perchè,  benché  esse  siano 
state  rinvenute  qua  e  là  nell'area  sacra,  credo  che  nessun  dubbio  possa  sorgere  che  tutte 
abbiano  appartenuto  all'edilìzio  stesso  del  tempio  e  siano  tutte  dello  stesso  periodo 
artistico  dell'antefissa  con  la  testa  di  Menade. 

Diamone  anzitutto  la  descrizione. 
1)  Antefissa  con  testa  di  Sileno  (2)  (fig.  1).  Fu  rinvenuta  il  9  giugno  1918  presso  il  muro 
settentrionale  della  grande  piscina  che  fiancheggia  il  tempio,  tra  esso  e  la  strada  romana  (3). 
(giornale  di  scavo,  n.  2342).  La  protome  del  Sileno  è  circondata  dalla  caratteristica  cornice 
delle  antefisse,  terminante  in  basso  con  una  voluta  per  lato.  Nel  nostro  caso  è  decorata 
superiormente  da  una  linea  mediana  nera,  terminante  ai  due  lati  a  coda  di  rondine.  Ester- 

(•)  G.  Q.  Giglioli,  in  Notizie  degli  Scavi,  1919,  pag.  28,  fig.  10. 

(2)  Ne  diedi  nel  min  articolo  :  Veio,  la  città  morta,  nelYEmporiuni,  1920,  fase.  2°,  pag.  63,  fig.  12, 
una  fotografia,  che  fu  poi  riprodotta  da  E.  Douglas  van  Buren  nel  volume  :  Figurative  terra-cotta  revet- 
menti  in  Elraria  and  Latium,  in  the  VI  and  V  centurie^  b.  C,  London,  1921,  pag.  13,  tav.  IV,  4. 

(s)  Si  vede  nella  veduta  generale  che  pubblicai  nelle  Notizie  degli  Scavi,  1919,  fig.  4, 


REGIONE    VII. 


207 


VEIO 


riamente  a  questo  toro  è  una  serie  di  foglioline  stilizzate,  la  cui  pittura  consiste  in  una 
zona  terminale  giallastra,  e  un  fondo  rosso  o  bruno  scuro,  con  un  punto  bianco  nel  mezzo. 
Da  notarsi  che  tale  pittura  non  coincide  sempre  esattamente  col  rilievo  plastico.  Il  tutto 
è  compreso  in  un  grande  nimbo  baccellato,  largo  cm.  40.  L'altezza,  maggiore  della  lar- 
ghezza, non  è  esattamente  determinabile,  perchè  l'antefissa  è  mancante  nella  sua  parte 
superiore.  La  testa  stessa  quasi  intatta  (tranne  cioè  nella  punta  della  barba),  ha  le 
caratteristiche  somatiche  dei  satiri,  orecchie  bestiali,  naso  largo  e  schiacciato,  lunghi 
baffi  che  lasciano  però  qua  scoperte  le  labbra,  e  barba,  nel  nostro  caso  tonda,  con  presso 
il  labbro  la  cosiddetta  mosca.  I  capelli  sono  disposti  sulla  fronte  a  guisa  di  diadema, 
lateralmente  due  boccoli  crespi  scendono  da  ciascun  lato  del  collo.  La  pelle  del  viso  è 


Fio.  1. 


bianca  e  ottenuta  con  un'ingubbiatura,  che  ora  è  in  parte  mancante.  Il  kalypter  è  quasi 
totalmente  mancante  ;  un'ansa,  lunga  circa  20  cm.,  lega  la  parte  superiore  dell'antefissa 
a  questa  tegola  ;  la  parte  posteriore  dell'antefissa  stessa  è  poi  cava,  in  corrispondenza 
della  sporgenza  della  testa  ('). 

2)  Antefissa  a  testa  di  divinità  fluviale,  (Acheloos)  (Tav.  1, 2).  Rinvenuta  il  24  giugno 
1918  nella  piscina  (giornale  di  scavo  n.  2379)  fu  pubblicata  dalla  Van  Buren  (*).  Offre  grande 
somiglianza  di  concezione  con  l'antefissa  precedente  per  il  modo  come  sono  state  scolpite  la 
barba  e  le  orecchie  animalesche.  La  pelle  ha  ugualmente  color  bianco.  Gli  occhi  sono  più 
piccoli.  Intorno  alla  testa  è  la  cornice  decorata  di  zone  alternate  bianche  e  nere  a  forma  di 
punte  di  freccia  ;  poi  viene  una  serie  di  cerchietti  con  punti  bianchi  nel  mezzo,  analoghi 

(*)  Di  questa  antefissa  si  son  trovati  resti  di  più  esemplari, 
(')  Van  Buren,  op.  cit.,  pag.  13,  tav.  V,  2. 


VEIO  —    208   —  REGIONE   VII. 

a  quelli  che  la  Menade  (')  ha  nella  stcphane ;  ultima  stilizzazione  di  foglioline  ornamen- 
tali. Infine  il  solito  nimbo  baccellato  di  cui  manca  però  più  della  metà,  in  modo  che  è 
impossibile  prendere  misure  esatte.  Le  dimensioni  totali  dovevano  essere  uguali  a  quelle 
della  antefissa  precedente  ;  la  testa  dell' Acheloos  è  di  cm.  21  X  16  (non  comprese  le 
cornette  e  le  orecchie).  Manca  completamente  il  kalypter,  che  doveva  essere  come  ncll'an- 
tefissa  del  Sileno  ;  manca  pure  tutto  il  cornetto  destro,  e  l'orecchia  sinistra  (2). 

3)  Antefissa  con  testa  di  divinità  fluviale  (Acheloos)(tav.  I,  l),  rinvenuta  il  27  giugno 
1918,  anch'essa  nella  piscina  (n.  del  giornale  di  scavo  :  2419)  e  pubblicata  dalla  Van  Buren 
nell'opera  citata  :  è  uno  dei  tipi  più  notevoli  di  antefissa  etrusca  (8). 

Il  nimbo  era  della  grandezza  e  del  tipo  di  quello  delle  antefisse  precedenti  ;  è  però 
ora  in  gran  parte  mancante.  Ritroviamo  la  serie  di  foglioline  stilizzate  e  la  cornice 
decorata  come  nell'altra  antefissa  di  Acheloos.  Il  kalypter  manca  totalmente:  restano 
in  alto  tracce  dell'attaccatura  dell'ansa.  La  testa,  dalla  pelle  bianca,  caratterizzata  da 
cornette  corte  di  torello,  ha  orecchie  bestiali  e  riccioli  sulla  fronte  stilizzati  ;  lunghi  baffi 
e  barba  terminante  a  punta,  costituita  di  tanti  boccoli  rappresentati  a  nastro,  nell'iden- 
tico modo  dei  boccoli  di  capelli  cadenti  sul  collo  della  Menade  e  del  Sileno.  Nella  parte 
superiore  della  testa  si  nota  un  grande  foro  quasi  circolare,  del  diametro  di  circa  cm.  5. 
Come  nelle  altre  antefisse  l'interno  offre  una  cavità,  anzi  una  delle  narici  è  forata.  Manca 
la  punta  del  cornetto  destro.  Di  questa  antefissa  fu  rinvenuto  un  solo  esemplare. 

4)  Antefissa  con  testa  di  Medusa  (tav.  II,  l).  Trovata  il  7  giugno  1919,  all'estremità 
settentrionale  del  sacro  recinto,  a  m.  22,80  dal  pozzo  che  si  vede  sotto  la  stella  bianca 
(luogo  di  ritrovamento  dell'Apollo)  nella  fotografia  dello  scavo,  data  a  fig.  4  delle  Notizie 
degli  Scari  del  1919.  L'antefissa,  che  nel  giornale  di  scavo  porta  il  n.  2499,  fu  pubblicata 
da  Alessandro  Della  Seta  (4)  e  non  è  esagerazione  riconoscervi  un  capolavoro  della 
scultura  etrusca. 

Notevole  anzitutto  il  perfetto  stato  di  conservazione.  L'antefissa,  un  poco  più  grande 
della  precedente,  presenta  la  solita  forma  a  nimbo  con  un'altezza  di  cm.  47,5  e  una  lar- 
ghezza di  cm.  43,5.  La  conchiglia  consta  di  19  strigilature,  dipinte  di  scuro  nell'interno 
con  orlatura  gialla.  Nel  mezzo  è  una  grande  testa  di  Medusa  d'aspetto  terrificante.  Il 
mostro  dal  colore  giallo  cadaverico,  ha  grandi  occhi  sbarrati,  un'immensa  bocca  aperta 
(larga  cm.  18);  naso  rincagnato  ;  nei  capelli  dodici  serpentelli  di  colore  nerastro  e  bruno 
chiaro,  alternati  e  colla  pelle  screziata.  Sono  rappresentati  vivi  e  guizzanti  (uno  manca 
quasi  totalmente  ;  agli  altri  manca  la  testina).  Tali  serpentelli  sono  disposti  simmetri- 
camente in  modo  da  circondare  tutta  la  testa.  La  bocca,  aperta  in  modo  smisurato,  tanto 
che  le  pieghe  delle  labbra  partono  dalla  base  del  naso,  mostra  una  doppia  fila  di  denti, 
dei  quali  i  quattro  canini  (ora  spezzati)  erano  zanne  ferine.  Dalla  bocca  pende  fuori  la 
lingua  nera.  L^e  orecchie,  di  forma  umana,  sono  disposte  con  veduta  frontale  ;  i  capelli 

(1)  Notizie  degli  Scavi,  1910,  fig.  13,  cit.  Fu  ripubblicata  dalla  Vari  Buren,  op.  cit.,  tav.  XII,  1. 

(2)  Anche  di  questa  si  son  rinvenuti  frammenti  di  più  esemplari. 

(*)  Van  Buren.  tav.  VI,  1.  Le  due  antefisse  con  Archcloos  erano  state  da  me  nominate  nel  citato 
articolo  n eli' E mporium. 

(*)  A.  Della  Seta,  Antica  arte  etrusca,  in  Dedalo,  I,  fase.  IX  (1021),  pag.  550  sgg.  (con  tricromia)  ; 
cfr.  id.,  Italia  antica  (1922),  fig.  176  A, 


RAGIONE    Vii.  —    209   —  VèiO 


sono  raffigurati  come  una  massa  liscia  brano  scura,  nella  quale  la  sinuosità  dei  margini 
rappresenta  l'ondeggiare  delle  ciocche,  mentre  ai  lati  del  collo,  come  nelle  altre  antefisse 
da  noi  studiate,  scendono  due  boccoli  per  parte.  Notevole  il  particolare  delle  sopracciglia 
plasticamente  eseguite,  che  si  riuniscono  sul  naso  :  esse  sono  di  un  nero  bruno,  come  le 
ciglia  delle  palpebre  e  l'iride  degli  occhi.  Noto  che  nella  parte  inferiore  dell'antefissa,  nel 
collo  quindi  della  Medusa,  è  una  linea  scura  che  ne  rappresenta  la  base  o  meglio  un  prin- 
cipio di  vestito. 

Intorno  alla  testa  è  la  cornice,  terminante  ai  lati  nella  solita  doppia  voluta  ;  essa 
però  è  dissimulata  quasi  totalmente  dalla  testa  stessa  e  solo  visibile  in  queste  volute  e  in 
una  piccola  parte  superiormente  alla  testa. 

Di  particolare  interesse  è  il  kalypter,  che  in  questa  antefissa  è  perfettamente  con- 
servato. Esso  è  lungo  73  cm.  di  forma  semicilindrica,  più  una  parte  terminale  semicircolare, 


Fio.  2. 

lunga  8  cm.  la  quale  era  dest'nata  a  entrare  sotto  l'altra  tegola  in  modo  da  fare  perfetta 
la  congiunzione.  La  terracotta  è  spessa  circa  2  cm.  ;  la  larghezza  del  kalypter  stesso  di 
cm.  16.  Esso  si  presenta  leggermente  più  basso  verso  l'antefissa,  variando  quindi  da  un'al- 
tezza di  16  a  una  di  18  cm.  La  parte  superiore  dell'antefissa  è  collegata  col  principio  del 
kalypter  mediante  una  delle  solite  anse  ;  presso  l'attaccatura  inferiore  di  essa  è  un  foro  di 
2  cm.  di  diametro  evidentemente  per  un  chiodo.  Inoltrò  dalla  parte  sinistra  (per  chi  guarda 
la  Medusa)  del  kalypter  è  un  incastro  di  forma  quasi  quadrata,  largo  cm.  4  £  e  alto  cm.  5. 
Infine  sotto  l'ansa  l'antefissa  è  forata  per  tutta  l'apertura  della  bocca. 

5)  Altra  antefissa  analoga  alla  precedente  (tav.  II,  2),  fu  pubblicata  ugualmente  dal 
Della  Seta  (')  e  benché  il  nimbo  e  il  kalypter  (fig.  2),  l'uno  e  l'altro  perfettamente  conser- 
vati, siano  della  stessa  forma  e  delle  identiche  misure  che  nella  precedente,  la  testa  di 
Medusa  è  di  un  rilievo  meno  accentuato  e  di  dimensioni  minori.  Assai  meno  conservata 
nella  policromia,  mostra  invece  tuttora  le  zanne  ferine,  e  la  testa  di  quattro  dei  serpentelli. 

(')  A.  Della  Seta,  art.  cit.  in  Dedalo,  fig.  a  pag.  561. 


VElO  —    21Ó    —  ftEGIONE   Vìt. 

Tali  teste  sono  di  forma  triangolare  e  ci  permettono  l'ipotesi  che  l'artista  abbia  voluto 
raffigurare  vipere,  l'unica  specie  di  ofidi  delle  nostre  regioni  che  sia  velenosa. 

Di  questa  antefissa  sono  singolari  anzitutto  le  circostanze  del  ritrovamento.  All'estre- 
mità settentrionale  dello  scavo,  appena  fuori  dei  limiti  del  sacro  recinto,  proprio  sopra  la 
trincea  dove  furono  rinvenuti  l'Apollo  e  gli  altri  frammenti  del  gruppo,  fu  scoperta, 
nel  1919,  una  condottura  d'acqua,  in  direzione  NO-SE  ;  costituita  di  coppi  di  terracotta, 
evidentemente  presi  dal  tetto  del  tempio.  Il  canale,  lungo  m.  25,60  giunge  a  un  cunicolo 
ed  è  in  pendenza  verso  sud-est.  Sulla  fine  di  esso,  come  termine  della  copertura  supe- 
riore era  stata  messa  l'antefissa  di  cui  parliamo.  Essa  fu  rinvenuta  il  3  aprile  1919  e  porta 
il  n.  2456  nel  giornale  di  scavo. 

*  * 

Prima  di  studiare  queste  antefisse,  occorre  notare  che  tanto  le  cinque  ora  pubblicate, 
quanto  quella  della  Menade,  mostrano  chiaramente  di  appartenere  a  una  stessa  età  e 
a  una  stessa  scuola  artistica,  quella  che  produsse  l'Apollo.  Da  un  semplice  esame  infatti 
notiamo  le  più  grandi  somiglianze  tra  loro  e  con  le  statue  del  gruppo.  Uguale  è  la  con- 
cezione delle  forme,  come  studieremo  meglio  in  seguito  ;  uguali  i  particolari,  come  i  ric- 
ciolini dell'Acheloos  n.  3  e  quelli  di  Mercurio  :  la  decorazione  dei  serpentelli  delle  Meduse 
e  quella  della  tenia  di  Apollo  ;  i  boccoli  ricciuti  della  Menade,  del  Sileno  e  la  barba  del- 
l'Acheloos n.  3  ;  la  barba  del  Sileno  stesso  e  quella  dell'Acheloos  n.  2  ;  i  capelli  della 
Menade  e  quelli  delle  Meduse  ;  la  baccellatura  del  nimbo  e  le  volute  della  cornice,  e  infine 
la  policromia. 

Le  sei  antefisse  possono  dunque  studiarsi  nel  loro  complesso,  e  come  l'Apollo,  vanno 
datate  intorno  al  500  a.  C.  Anzitutto  però  occorre  osservarne  la  forma  :  questa  è  in  tutte 
quella  a  nimbo  baccellato  che  si  nota  in  altre  già  conosciute  ('),  ma  qui  ha  un  tipo 
speciale,  particolarmente  grandioso  ;  come  di  grandezza  superiore  alla  normale  sono  le 
antefisse  stesse.  Tra  esse  però  si  staccano  quelle  con  testa  di  Medusa  per  le  quali  il  chia.mo 
primo  illustratore  ha  avanzato  la  ipotesi  che  si  tratti  degli  acroteri  del  tempio.  Con  que- 
sta ipotesi  concordano  non  solo  le  dimensioni  più  grandi  delle  altre,  il  fatto,  che  può  non 
esser  fortuito,  che  a  Veio  ne  furono  rinvenute  solo  due  di  questo  tipo  demoniaco  e  l'es- 
sere d'altra  parte  esso  proprio  tra  i  più  usati  per  acroteri.  Basti  ricordare  quelli  di  Gela 
e  del  tempio  di  Athena  a  Siracusa  (*),  quello  ricostruito  dello  Schrader  e  da  lui  pensato 
appartenere  al  tempio  antico  di  Athena  sull'Acropoli  (3)  e  infine  quello  fittile  di  Capua  (4), 
al  Museo  del  Louvre,  dove  però  la  testa  è  rappresentata  in  pittura.  C'è  però  una  diffi- 
coltà nella  forma  stessa  del  kalypter' che  in  tutt'e  due  i  nostri  esemplari  è  fortunatamente 
conservato  intero.  Possiamo  quindi  confrontarlo  con  quello  delle  altre  due  antefisse  che, 
a  quanto  sappia,  erano  finora  le  uniche  a  offrirci  esemplari  completi.  Una  è  'arcaica  di 
Cuma  nel  Museo  Nazionale  di  Napoli  (5)  ;  l'altra  del  III  sec.  a.  C,  di  Alatri,  nel  Museo 

(*)  P.  es.  Koch,  Dachterrakotten  aus  Campanien,  tav.  VII,  5;  X,  2  ecc.  (da  Capua);  Della  Seta, 
Museo  di  Villa  Giulia,  tav.  XXXVIII,  2  (Falerii). 

(2)  P.  Orsi,  in  Monum.  Lincei,  XXV,  col.  614  segg.  fig.  210,  tav.  XVI. 

(8)  Schrader,  Archaische  Marmorslculpturen,  fig.  2;  Urunn-Hiiickmann,  tav.  457. 

(*)  Koch,  op.  eit.,  tav.  XX,  pp.  7  e  73. 

(*)  Koch,  op.  eit.,  tav.  I,  4  e  fig.  2  a  pag.  4  ;  Race.  Cxmatia,  n.  cS5319. 


REGIONE   Vii.  —   211    —  VEIO 


di  Villa  Giulia  (').  Non  occorre  fermarci  su  un  altro  esemplare,  pure  di  età  tarda,  da  Ca- 
pila (2)  perchè  esso  presenta  un  tipo  di  kalypter  affatto  differente.  L'esemplare  di  Clima 
dunque  (3),  studiato  dal  Koch  che  tenta,  unendolo  con  una  tegola  di  S.  Angelo  in  Formis, 
di  ricostruire  una  sezione  del  tetto  (4),  ci  mostra  a  che  servisse  l' incastro  a  sinistra,  che, 
insieme  col  chiodo  che  doveva  passare  per  il  foro  superiore,  assicurava  fortemente  tale 
coppo  terminale.  Ora  tale  disposizione  era  perfettamente  adatta  per  una  porzione  piana 
del  tetto.  Era  possibile  sul  vertice  dove  s'incontravano  i  due  spioventi  ?  Non  mi  pare, 
e  ne  trovo  uno  conferma  nel  Icahjpter  dell'acroterio  di  Clima  al  Louvre,  che  già  ricordammo, 
il  quale  porta  lateralmente  dei  grandi  incavi  semicircolari  (5)  per  permettere  di  sovrap- 
porre tale  kalypter  alle  file  dei  coppi  dei  due  spioventi  del  tetto.  Certo  in  tale  argomento 
si  procede  ancora  così  incerti,  che  un'affermazione  recisa  è  pericolosa  ;  panni  però  ci  siano 
elementi  piuttosto  per  sostenere  che  anche  queste  due  con  la  Medusa  siano  antefisse  ; 
tanto  più  che  in  queste  il  tipo  della  Gorgone  è  ugualmente  dei  più  rappresentati. 

Abbiamo  quindi  sei  antefisse, che  ci  danno  quattro  tipi:  la  Menade,  il  Sileno, l'Aeheloos 
e  la  Medusa.  Essi  non  escono  dal  repeitorio  dell'arte  etnisca;  anzi  in  un  caso  tre  di  essi 
(manca  la  Menade)  si  trovano  riuniti  e  precisamente  nel  lampadario  di  bronzo  di  Cortona, 
opera  etnisca  della  fine  del  V  secolo  (6). 

La  Menade  e  il  Sileno  sono  i  tipi  più  comuni  nelle  antefisse  (7)  :  mi  limiterò  a  citare 
per  la  notevole  somiglianza  stilistica,  le  due  piccole  della  fine  del  VI  secolo,  di  un  tempio 
minore  di  Faleri  (*)  dove  però  al  nimbo  baccellaio  ne  è  sostituito  uno  costituito  di  grandi 
rosette. 

Il  tipo  di  Acheloos  compare  ora  per  la  prima  volta  in  antefisse  etnische  ;  ma  se  ne 
conoscevano  parecchi  esemplari  rinvenuti  nella  Campania  (9).  Anche  in  Etruria  però, 
già  nella  seconda  metà  del  VI  secolo,  era  comparso  in  opere  di  bronzo  come  i  lacunari 
Tarquiniesi  del  Museo  di  Corneto  (I0)  e  di  quello  Gregoriano  (u)  e  lo  ritroviamo  poi  in  una 
piccola  protome  della  necropoli  Capenate.  Questa  è  un'applique  di  bronzo  trovata  spora- 
dicamente in  località  Le  Macchie,  durante  gli  scavi  ivi  eseguiti  sotto  la  mia  direzione  e 
dei  quali  sto  preparando  la  relazione. 

11  bronzetto  (fig.  3),  alto  cm.  2,  è  assai  ben  conservato  con  la  sua  bella  patina  ed  è 
uno  dei  più  fini  del  genere.  Il  Della  Seta,  che  lo  nomina  nella  sua  Guida  di  Villa  Giulia, 
lo  data  al  principio  del  V  sec.  a.  C.  (").  ' 

(*)  Della  Seta,  Museo  di  Villa  Giulia,  pag.  215. 

(2)  Koeh,  fig.  3  ;  Patroni,  Cai.  Museo  Campano,  502. 

(3)  Dimens.  :  lutigli,  cm.  67  ;  semicilindro  largh.  cm.  20  ;  alt.  da  12  a  14  cm.  ;  l'ii.castro  a  sinistra 
di  cm.  4  X  4.  E  dunque  notevolmente  più  piccolo  della  antefissa  Veiente. 

(4)  Koch,  op.  cit.,  fig.  1  a  pag.  3. 

(5)  Koch,  tav.  XX. 

(6)  Mon.  Inst.  Corr.  Arch.  Ili,  t:iv.  XLI;  Brunn-Bruckmann,  tav.  666. 
(')  Della  Seta,  Italia  antica,  pag.  176. 

(8)  Della  Seta.  V.  (!.,  pag.  100,  tav.  XXXVIII-1;  id.,  Religione  e  Arie  figurata,  fig.  128; 
Helbig-Amelung,  II,  pag.  340;  Van  Buren,  tav.  IV  1  e  XII  2. 

(»)  Per  esempio:   Koch,  Tav.  X,  2,  XXXI,  2. 

(10)  Fat.  Moscioni,  n.  8248  (assai  frammentato). 

(u)  Mus.  Gregoriano,  tav.  XXXVIII  e  LXXXX;  Micali,  Mommi,  per  servire  alla  storia  degli 
antichi  popoli  Italiani,  tav.  XLI  ;  Fot.  Alinari,  n.  35541. 

(12)  Della  Seta,  V.  G.,  pag.  340,  n.  27930. 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  28 


VEIO  —   212   —  REGIONE  VII. 

La  bellezza  della  tecnica  e  del  lavoro  porterebbero  a  prima  vista  a  giudicarlo  opera 
greca  ;  ma  deve  ritenersi  di  lavorazione  etnisca.  Esso  infatto  somiglia  moltissimo  a  quelle 
protome  di  Acheloos  che  si  vedono  lateralmente  in  quel  frammento  di  tripode  di  bronzo, 
trovato  sull'Acropoli  e  ora  al  Museo  Nazionale  di  Atene,  illustrato  da  L.  Savignoni  ('). 
Il  Savignoni  infatti,  dopo  aver  dimostrata  l'innegabile  appartenenza  del  frammento 
a  quella  classe  di  tripodi  trovati  in  Italia  e  specialmente  a  Vulci,  venne  alla  conclusione 
che  tutti  dovessero  considerarsi  opere  di  arte  ionica,  importate  in  Etruria,  insieme  con 
i  vasi  di  terracotta.  Con  ciò  il  Savignoni  accentuava  l'indirizzo  negativo  rispetto  all'arte 
etnisca,  che  aveva  già  portato  il  Petersen  a  considerare  ionici  i  bronzi  di  Castel  S.  Ma- 
riano (*).  Ma  il  Furtwangler,  che  già  aveva  creduto  il  bronzo  dell'Acropoli  etrusco  (3)  (e 
la  possibilità  di  un'importazione  dall' Etruria  in  Grecia  anche  pel  Savignoni  è  evidente) 


Fio.  3. 

non  si  lasciò  persuadere  ne  dal  Savignoni,  ne  dal  Petersen  e  considerò  tali  prodotti  come 
fatti  in  Etruria  per  Etruschi  da  artisti  ionici  (4)  o  più  probabilmente  da  loro  scolari 
Etruschi,  del  principio  della  seconda  decade  del  VI  secolo.  Tale  parere  è  anche  quello 
del  Helbig  e  del  AVeege  per  i  tripodi  (5)  e  dei  più  autorevoli  studiosi  moderni.  Dobbiamo 
quindi  rinunziare  a  cercare  nel  bronzetto  capenate,  che  dei  tripodi  è  posteriore,  uno  dei 
possibili  prototipi,  importati  dalla  Grecia.  Questi  bronzi  ci  confermano  invece  che,  al 
tempo  quando  furono  fatte  le  nostre  antefisse,  il  tipo  era  già  diffuso  nell'arte  etnisca. 
Per  l'antefissa  n.  3,  il  confronto  si  può  fare  meglio  con  il  lacunare  già  ricordato  e  con 
un'antefìssa  di  Capua,  ora  a  Berlino  (6).  Confronto  solo  per  il  tipo,  s'intende,  e  per  quel 
desiderio  di  rappresentare  tutte  le  ciocche  di  peli  della  barba,  che  nel  lacunare  ha  raggiunto 
una  vera  stilizzazione  ;  non  per  l'arte,  che  è  affatto  diversa. 

(J)  L.  Savignoni.  Di  un  bronzetti  arcaico  dell'Acropoli  di  Atene  e  di  una  clas?e  di  tripodi  di  tipo  greco 
orientale,  in  Mon.  Antichi  Lincei,\ll  (1897)  col.  277  sgg.';  Cfr.  De  Ridder,  Catalogne  des  bronzei  trouvés 
sur  VAcropole,  pag.  284,  n.  760,  fig.  269,  tav.  Y. 

(2)  E.  Petersen,  Bronzen  in  Perugia,  in  Rom.  Miit.,  1894,  pag.  253. 

(3)  Olympia,  IV,  pag.  137. 

(4)  Questo  è  il  parere  del  Ducati  per  la  biga  di  Monteleone  che  egli  crede  opera  di  artisti  ionici  di 
Focea,  venuti  in  Italia  (Arte  classica,  pag.  170). 

(6)  Helbig.,  Fiihrer3,  I,  pag.  367  (Weege). 

(*)  Koch,  tav.  X,  2  :  Berlino,  Antiquarium,  n.  7896. 


REGIONE    VII.  —    213    —  VEIO 


Anche  per  le  Gorgoni  la  derivazione  dal  mondo  ellenico  è  evidente  e  le  antefisse  di 
Veio  hanno  un  gran  numero  di  compagne  tra  quelle  etnische  o  campane  ('ì.  La  mag- 
gior parte  di  queste  però,  danno  un  tipo  barbato  e  senza  serpenti.  In  tutte  sono  costanti 
le  caratteristiche  di  una  bocca  smisuratamente  larga,  delle  zanne  ferine,  della  lingua  fuori, 
degli  occhi  sbarrati  (2Ì,  caratteristiche  che  gli  artisti  Italiani  avevano  trovato  nei  vasi 
dipinti  che  durante  il  VI  secolo  erano  affluiti  nella  penisola.  Se  si  trovano  infatti  nel- 
l'anfora protoattica  di  Nettos  e  in  una  delle  metope  del  tempio  di  Thermos,  come  nella 
figura  centrale  del  frontone  del  tempio  di  Corfù(3)  ;  compariscono  nel  Gorgoneio  che  è 
episema  di  scudo  nel  vaso  Chigi,  giunto  al  principio  del  VI  secolo,  probabilmente  da 
qualche  fabbrica  dell'  Egeo  orientale,  nello  stesso  territorio  di  Veio  (4)  ;  o  nell'  hydria 
corinzia  della  prima  metà  del  VI  secolo  trovata  a  Caere  e  ora  al  Louvre,  con  la  rappre- 
sentazione dei  funerali  di  Achille  (5). 

Nelle  antefisse  veienti  la  barba  manca  e  invece  c'è  una  corona  di  serpentelli  ; 
questi  appariscono,  per  esempio,  in  un  sarcofago  di  Clazomene,  anteriore  certo  al  540  (6). 
Ma  tra  gli  esempi  greci  più  vicini  alle  nostre  antefisse  devo  ricordare  l'anfora  di  Monaco 
con  Perseo  e  la  Gorgone  C),  attribuita  dal  Beazley  al  Maestro  detto  dell'Anfora  di  Ber- 
lino, più  recente  di  Euphronios  (8).  Che,  se  in  alcuni  di  questi  esempi  la  Gorgone  è 
rappresentata  col  corpo,  non  dimentichiamo  che  ncll'antefissa  n.  4  panni  evidente  il  segno 
di  un  vestito.  La  Gorgone  del  vaso  di  Monaco  intorno  alla  testa  ha  appunto  dodici  serpen- 
telli, numero  che  è  pure  quello  che  ha  Phobos  nella  pseudo-esiodea  'Aanìg  'HuaxXéovc. 
Abbiamo  quindi  veramente  le  ÓQaxoi'iófiaXkoi  rooyóvsg  di  Eschilo  (9). 

Dunque  tanto  per  il  Sileno  (10)  e  la  Menade  ;  quanto  per  Acheloos  e  la  Medusa  noi  ab- 
biamo tipi  derivati  direttamente  da  originali  ellenici  ;  ma  le  antefisse  veienti  sono  di  arte 
prettamente  etnisca,  con  le  stesse  caratteristiche  che  notai  nell'Apollo  e  che  il  Della  Seta, 
nella  geniale  illustrazione  delle  antefisse  con  la  Medusa,  ha  fissato  con  parole  che  occorre- 
rebbe testualmente  ripetere  (u).  Prendiamo  per  esempio  l'antefissa  n.  3  di  Acheloos  e  quella 
di  Capua,  già  citata.  In  questa  ultima  la  figura  è  veramente  disegnativa  ;  tutto  è  appiat- 
tito e  incolore.  L'artista  etrusco  invece  le  ha  dato  corporeità  e  ha  reso  la  testa  vivente. 
Qualità  che,  accentuate  nel  Sileno  e  nella  Menade  e  nell'altro  Acheloos,  diventano 
evidentissime  nelle  Meduse,  che  basta  confrontare  con  le  elleniche  o  le  siciliane  (12j  o  con  le 

(J)  Etnische  e  laziali,  Van  Buren,  tav.  II.  Campane:  Koch,  tav.  V,  6,  6,  7;  tav.  VI, VI  I,  1,  2; 
XX,  XXI,  XXII,  1;  XXVII,  2. 

(2)  Ved.  Six.,  de  Gorgone  ;  A.  Furtwangler,  in  Roscher,  Lex.  Myth.  I,  e.  1701  segg. 

(3)  Aniike  Denkm.  I,  tav.  57  ;  II,  tav.  52;  ngaxnxd,  1911,  pag.  172  segg.. 
(*)  Ani.  Denk.  II,  Tav.  44. 
(s)  Louvre,  E,  643,  tav.  51  ;  Pottier,  cat.  485  ;  Reinach,  lì.  V.,  I,  311  ;  cfr.  pure  la  kylix  cirenaica 

del  Louvre,  Arch.  Zeit.,  1881,  tav.' 12,  2=  Reinach,  R.  V.,  I,  pag.  436. 

(•)  J.  H.  S.,  1883,  pag.  16,  tav.  XXXI. 

(')  Furtw.-Reichh.,  G.  V.  M.,  tav.  134. 

(8)  Hoppin.  Handbook,  of  attic  red-flgured  vases,  I,  pag.  62,  n.  23. 

(»)  Aesch.  Prometh.,  799. 

(10)  Cfr.  per  questo  l'anfora  di  Phintias  del  Museo  di  Tarquini  (Furtw.-Reichh.,  G.  VM.,  tav.  91. 

(n)  Dedalo,  scr.  cit.,  pag.  562  sgg. 

(**)  Cfr.  E.  Cabrici,  Il  Gorgoneion  fittile  del  tempio  C  di  Selinunte,  in  Atti  della  R.  Accademia  di 
scienze,  lettere  e  arti  di  Palermo,  III,  XI  ;  tav.  I, 


VKIO  —    214    —  REGIONE   VII. 

stesso  antefisse  di  Capua  e  di  Conca.  E  anche  nelle  antiche  opere  ionico-etrusche,  come  il 
carro  di  Perugia  a  Monaco  (')  tale  caratteristica  non  è  variata.  A  Veio  invece  vediamo  il 
problema  affrontato  da  quella  stessa  personalità  che  creò  l'Apollo.  Si  è  già  detto  che 
tutte  le  antefisse  hanno  grandi  relazioni  stilistiche  e  formali  tra  loro  e  con  le  statue  del 
gruppo  di  Apollo,  Ercole  e  la  cerva.  Ciò  non  presuppone  che  siano  tutte  della  stessa  mano. 
Ci  fu  chi  (*)  volle  trovare  una  mano  diversa  perfino  tra  l'Apollo  e  il  Mercurio  del  gruppo, 
mentre  in  tal  caso  non  riesco  a  vedere  nessuna  differenza  stilistica  e  mi  pare  che  la  di- 
versità di  espressione  tra  Apollo  crucciato  e  combattente  e  Mercurio  sereno  spettatore 
siano  sufficienti  per  spiegare  le  diversità  delle  due  opere.  Ma  qua  è  naturalmente  una  que- 
stione diversa,  non  essendo  possibile  che  un  solo  artista  eseguisse  tutta  la  decorazione  del 
tempio  e  tra  le  due  antefisse  con  Acheloos,  per.  es.  panni  di  vedere  una  vera  diversità  di 
temperamento  artistico  ;  e  cosi  tra  l'artista  dell'una  e  dell'altra  Medusa;  mentre  trovo 
somiglianze  tra  l' Acheloos  n.  2  e  il  Sileno  n.  1  Tutti  però  devono  essere  stati  sotto  il  potente 
influsso  di  un  Maestro  e  questo  deve  essere  stato  l'autore  della  prima  delle  due  antefisse 
con  la  Medusa.  Là  ci  colpisce  anzitutto  la  terribile  potenza  dello  sguardo,  che  ritrovo  solo 
in  un'altra  opera  insigne,  quella  Lupa  Capitolina,  per  la  quale  il  riavvicinamento  da  me 
fatto  (3)  con  la  cerva  del  gruppo  veiente  (che  parve  a  me  doverci  portare  ad  attribuire 
ambedue  a  quella  stessa  scuola,  che  possiamo  chiamare  di  Vulca)  è  stato  accettato  dal 
Cumont  e  dal  Della  Seta  (*).  Se  infatti  nello  sguardo  perduto  in  avanti,  nelle  fauci  aperte 
della  fiera  noi  troviamo  la  sua  natura  aggressiva  e  famelica  e  ci  pare  di  sentirla  urlare  di- 
speratamente ;  negli  occhi  fissi  della  Medusa,  nella  sua  bocca  che  è  quella  di  una  maschera 
tragica,  nei  serpentelli  che  ci  fanno  oscillare  lo  sguardo  con  i  loro  guizzi,  in  tutte  le  pieghe 
dì  quel  volto  martoriato  e  martirizzato  re,  nella  lingua  oscenamente  penzolante  tra  le  zanne, 
noi  ritroviamo  il  mostro  che  con  il  suo  solo  aspetto  impietra  i  nemici. 

Giustamente  il  Della  Seta,  fatto  il  raffronto,  nota  che  invano  si  potrebbe  cercare  al- 
trettanta forza  in  opere  dell'arte  greca  e  non  ha  nessun  dubbio  neppure  sulla  creazione 
etnisca  di  un  altro  bronzo  insigne,  sia  pure  un  poco  più  tardo,  la  Chimera  di  Arezzo. 

Caratteristiche,  ripeto,  proprie  in  gran  parte  dell'arte  etnisca,  ma  che  sono  special- 
mente accentuate  nel  caposcuola  veiente. 

11  Della  Seta  ha  infatti  dimostrato  che  questa  tendenza  a  una  trattazione  più  plastica 
della  forma,  alla  corporeità,  alla  conquista  voluminosa  dello  spazio  e  quindi  al  movimento, 
è  nello  spirito  di  tutta  l'arte  etnisca  e  italica,  che  sa  d'altra  parte  rendere  l'espressione,  in 
modo  da  darne  una  speciale  di  forza  elegante  ad  Apollo,  di  serenità  immutabile  a  Mercurio 
di  grazia  alla  Menade,  di  bestialità  al  Sileno  e  all'Acheloos,  di  aggressione  alla  Lupa  e  alla 
Gorgone,  di  slancio  ruggente  alla  Chimera  ;  spirito  che  egli  segue  anche  nelle  opere  poste- 
riori come  l'urna  di  forza  michelangiolesca  di  Arante  Volumnio,  la  statua  di  Aulo  Metilio 
o  l'urna  con  i  due  defunti  del  Museo  di  Volterra. 

(1)  Ant.  Denteili.,  II,  tav.  15,  3. 

(2)  C.  Anti,  in  Bollettino  d'Arte,  1920,  pag.  73;  lavoro,  d'altra  parte,  assai  acuto  per  la  deter- 
minazione della  importanza  dell'Apollo  nella  storia  dell'arte  antica. 

(3)  Notizie  degli  Scavi,  1919,  pag.  33,  nota  6. 

(*)  F.  Cumont,  in  Reme  de  Vari  ancien  et  moderne,  1920,  pag.  262  ;  Della  Seta,  in  Dedalo, 
art.  cit.,  pag.  570, 


2 


o 
l-J 
l-J 
o 

cu 

< 

"■J 
hJ 
w 
Q 


a. 

3 
w 

H 

j 
w 

a 

w 
K 
o 

I— I 

< 
u 

< 

w 

co 

t— < 
b 
w 
H 

< 

l 


> 


> 
H 


e 
o 

6 
à 

d 


co 


o 


O 
i-l 

o 

cu 


Q 


Cu 

H 

►j 
tu 
Q 

w 
a 
o 

u 

OS 

< 

W 
»— < 

la 
H 

< 


> 


REGIONE    VII.  215    —  VEIO 

• 

Questa  caratteristica  si  ritrova  già  abbastanza  accentuata  in  altre  antefisse  ;  basti 
ricordare  quel  tipo  di  Sileno  ridente  e  bestiale,  che  abbiamo  in  una  di  quelle  del  tempio 
di  Conca  e  in  quella  trovata  a  S.  Antonio  siili'  Esquilino  (')  e  la  serie  delle  antefisse 
con  Menade  e  Sileno  dello  stesso  tempio  di  Conca  (8).  Ma  mai  si  era  avuta  così  accentuata, 
come  in  queste  terracotte  di  Veio.  E  così  la  prima  delle  due  Meduse  sta  bene  vicino  all'A- 
pollo; tanto  fortemente  piantato  sulle  sue  gambe,  tanto  veloce  nel  passo,  in  modo  che 
questa  statua  arcaica  precorre  veramente  i  tempi.  E  noi  sempre  più  ci  persuadiamo  che 
certo  non  a  caso  l'unico  nome  rimasto-,  sia  pure  circondato  di  leggende,  tra  tutti  gli  ar- 
tisti italiani  della  seconda  metà  del  VI  secolo  a.  C.  fu  quello  di  Vulca  di  Veio,  quando, 
l'arte  italica  sorse  accanto  alla  greca  (3),  adottandone  i  tipi;  ma  usando  una  forma  nuova, 
derivante  dalla  volontà  di  una  nuova  concezione. 

G.    Q.   Giglioli. 


Scoperta  di  antichi  sepolcri  nel  territorio  del  comune  di  Formello. 

Nel  febbraio  scorso,  mentre  procedevasi  allo  scassato  di  un  appezzamento  di  ter- 
reno situato  in  contrada  Monte  Valscurella  presso  Formello,  ceduto  da  quei  Comune  per 
migliorie  a  tal  Maccari  Ugolino,  fu  scoperta  una  tomba  a  poca  profondità  dal  piano  di 
campagna  che  col  procedere  dei  lavori  andò  completamente  distrutta. 

Dall'esame  del  materiale  raccolto,  piuttosto  abbondante  ma  in  cattivo  stato  di 
conservazione,  si  potè  facilmente  arguire  che  trattatasi  di  uno  dei  più  antichi  tipi  di 
sepolcro  a  camera,  assai  comuni  in  Etruria  e  più  specialmente  nell'Agro  Veiente,  riferibili 
al  VII  VI  sec.  a,  Cr. 

Dò  qui  l'elenco  degli  oggetti  che  fu  possibile  recuperare,  passati  ora  in  possesso  del 
Museo  Nazionale  di  Villa  Giulia. 

Vasi  d'impasto. 

1.  Frammenti  di  un'olla  ovoidale  a  copertura  rossastra  con  breve  collo,  orlo  spor- 
gente striato  superiormente  e  munita  di  due  anse  orizzontali  a  bastoncello  :  diam.  della 
bocca  mm.  157  (fig.  1,  a). 

2.  Frammenti  di  un  piatto  leggermente  concavo,  posato  su  listellino,  pure  a  coper- 
tura rossa.  Sull'orlo  sono  due  forellini  ed  una  spiga  graffita  :  diam.  mm.  225  circa  ;  alt. 
mm.  37  (fig.  1,  b). 

Vasi  di  bucchero. 

3.  Grande  oinochoe  in  frammenti  ed  incompleta,  alta  mm.  265  circa.  Ha  il  corpo  or- 
nato con  delle  sottili  linee  graffite  in  senso  orizzontale  ed  accoppiate  due  a  due  (fig.  2,  6). 

(!)  Yan  Bureo,  tav.  Ili,  4  (Villa  Giulia);  Pinza,  .Vox.  Ani.  Lincei,  XV,  fig.  157  (Pai.  Conserv.); 
Della  Seta,  1'.  (!.,  pag.  201,  n.  10245  (Villa  Gialla). 

(2)  Della  Seta,  V.G.,  pag.  2G5-68;  G.  <.).  Giglioli,  11  tempio  dell'  Italia  antichissima,  in  Archi- 
lettura  e  arti  decorative.  I,  (1921),   flgg.  a  pag.   15  e   Hi, 

(3)  Della  Seta,  Pedi/lo,  scr.  eit.,  pag.  670, 


VEIO 


—  216  — 


REGIONE    VII. 


4.  Altra  oinochoe  più  piccola  della  precedente,  ugualmente  decorata  ma  anche  essa 
incompleta  :  alt.  mm.  200. 


XT 


FlG.   1     (I  :  5), 

5.  Pochi  frammenti  di  una  oinochoe  con  larga  zona  tratteggiata  nella  massima  espan- 
sione del  corpo. 

6.  Gruppo  di  frammenti  appartenenti  a  due  altre  oinochoai  di  grandezza  diversa. 


<=< 


-L. 


TT 


Fio.  2    (1:5). 


7.  Olpe  mancante  dell'ansa  e  di  parte  dell'orlo  :  alt.  mm.  125.  La  fig.  2,  a  offre  il 
vaso  completato. 

8.  Kantharos  decorato  con  bugnette  e  con  doppia  linea  graffata  presso  l'orlo  :  incom- 
pleto :   (cfr.   fig.   2,  d). 


Regione  vii.  —  21?  —  vèio 

9.  Altro  simile  al  precedente  ed  anche  esso  incompleto  :  alt.  nini.  90. 

10.  Altro  di  bucchero  chiaro,  liscio  e  scheggiato  nel  piede  alt.  nini.  76. 

11.  Altro  kantharos  privo  del  piede  e  di  un'ansa.  È  decorato  con  una  doppia  linea 
graffita  sotto  l'orlo,  ed  in  luogo  delle  bugnette  ha  delle  impressioni  arcuate. 

12.  Idem  privo  delle  anse  e  con  decorazione  uguale  a  quella  del  precedente  :  alt. 
inni.  70. 

13.  Idem  mancante  di  alcune  parti  e  con  decorazione  simile  :  alt.  mm.  70. 

14.  Frammenti  di  altro  kantharos  simile  al  n.  8. 

15-16.  Frammenti  di  due  kantharoi  di  bucchero  chiaro,  con  orlo  liscio. 

17.  Metà  circa  di  altro  kantharos  alto  mm.  65. 

18.  Frammenti  di  un  kantharos  alt.  mm.  70. 

19.  Frammenti  di  un  grande  kantharos,  incompleto  :  alt.  mm.  90. 

20.  Frammenti  di  un  altro  decorato  in  giro  con  ventaglietti  punteggiati  disposti 
orizzontalmente,  di  bugnette  e  di  triplice  linea  graffita  sotto  l'orlo. 

21.  Pochi  frammenti  di  altro  grande  kantharos  decorato  come  il  precedente,  ma  con 
due  ordini  di  ventaglietti  :  altezza  dell'orlo  mm.  52. 

22.  Gruppo  di  frammenti  minuti  appartenenti  ad  altri  kantharoi.  Non  è  improbabile 
che  alcuni  di  essi  possano  appartenere  a  quelli  incompleti  di  cui  si  è  già  parlato. 

23.  Grande  calice  decorato  con  striature  e  bugnettine.  Ha  il  piede  staccato  ed  una 
larga  crinatura  sull'orlo  prodotta  dalla  fornace  :  alt.  mm.  160  (fig.  2,  e). 

24.  Frammenti  di  altro  calice  simile. 

25.  Resti  di  una  ciotola  decorata  con  tre  solcature  intorno  all'orlo. 

26.  Tazza  biansata  con  orlo  aperto,  posata  su  basso  piede.  Manca  delle  anse  ed 
ha  una  larga  crinatura  come  il  n.  23.  Il  corpo  è  adorno  con  gruppi  di  linee  orizzontali 
sottilmente  graffite  :  alt.  mm.  87  (fig.  2,  e). 

27-28.  Altre  due  tazze  simili  mancanti  ciascuna  di  un'ansa  :  alt.  mm.  65  e  70. 

29.  Tazza  incompleta  :  diam.  dell'orlo  mm.  124. 

30.  Idem  con  piede  scheggiato  :  alt.  mm.  64. 

3.1-32.  Due  tazze  come  le  precedenti,  incomplete,  alte  ciascuna  mm.  70. 

33.  Tazza  mancante  di  alcune  parti,  alta  nini.  65. 

34.  Metà  circa  di  altra  tazza  simile. 

35.  Grosso  frammento  di  altra  tazza. 

36.  Grappo  di  piccoli  frammenti  di  bucchero  appartenenti  a  vasi  diversi,  tutti 
incompleti.  Oltre  ai  vasi  del  tipo  descritto  vi  si  riconoscono  quelli  di  qualche  piccola 
olpe  ;  di  un  piatto  a  largo  orlo  piano  e  del  piede  campanulato  di  due  calici  del  tipo  23. 

Fast  di  argilla  chiara. 

37.  Frammenti  di  una  grande  anfora  ovoidale  di  argilla  chiara  ornata  con  fasce, 
foglioline  e  linea  ondulata  di  colore  rosso  e  violaceo.  Diam.  dell'orlo  mm.  160; 
(cfr.  fig.  36). 

38.  Tazzina  a  calotta  con  orlo  rientrante,  posata  su  pieduccio  :  alt.  mm.  60  ;  diam. 
della  bocca  mm.  8  ;  intiera  (fig.  3,  a). 


VEIO 


—  218  — 


RGoroNE  vn. 


39.  Ciotoletta  con  orlo  diritto  leggermente  bombato  e  munito  di  due  forollini  por 
essere  appesa  :  diam.  mm.  10ó  ;  alt.  mm.  31  ;  intiera  (fig.  3,  d). 


b 


^ 


\_ y 


FlG.   3     (1:5). 

40.  Pisside  su  alto  piede  ed  orlo  piano,  decorata  con  fasce  di  colore  bruno-plumbeo 
e  violaceo  :  alt.  mm.  112  ;  diam.  mm.  133:  in  frammenti  (fig.  3.  e). 


Fili.   4    (1:5). 


41.  Frammenti  di  altra  pisside  simile  alla  precedente  e  con  uguale  decorazione 
alt.  min.  103  ;  diam.  mm.  120. 


ROMA  —   219   — 


ROMA 


42.  Bombylios  piriforme  decorato  intorno  al  corpo  con  foglioline  lanceolate,  puntini 
e  fasce  di  colore  bruno  e  violaceo  :  intiero  ;  (fìg.  3,  e). 

43.  Due  piccoli  framment.ini  di  altro  bombylios  con  fasce  e  puntini  di  colore  bruno. 


* 
*  * 


Dal  territorio  di  Fornello  proviene  altresì  un  ossuario  di  bucchero  chiaro,  in  fram- 
menti, rinvenuto  lo  scorso  anno  nel  Quarto  di  Perazzeta  (Monte  Lo  Forco)  mentre  dis- 
sodavasi  un  terreno  del  sig.  Felice  Santi  di  Scrofano.  L'ossuario  ha  la  forma  di  un  tronco 
di  cono  posato  su  listellino  rientrante,  collo  rovesciato  superiormente  in  fuori  e  labbro 
sagomato.  Conteneva  abbondanti  avanzi  del  rogo  ed  era  provvisto  di  un  coperchio  bat- 
tentato  e  leggermente  convesso,  munito  in  alto  di  una  presa  a  picciuolo  ;  (fìg.  4). 

L'ossuario,  stando  alle  notizie  che  si  poterono  raccogliere  poco  tempo  dopo  la  sua 
scoperta,  fu'rinvenuto  dentro  una  specie  di  grande  fossa  scavata  nel  tufo.  Credo  dovesse 
trattarsi  di  una  delle  così  dette  aree  sepolcrali  provviste  di  loculetto  a  fior  di  terra  alle 
quali  si  discendeva  per  alcuni  gradini  ;  tipo  di  sepolcro  abbastanza  frequente  nel  ter- 
ritorio veientano  e  riferibile  al  VI  secolo  a.  Cr. 

Enrico  Stefani. 


XIII.  ROMA. 


Nuove  scoperte  di  antichità  nella  città  e  nel  suburbio. 

Regione  III.  —  Nei  recenti  lavori  di  sterro,  compiuti  in  via  di  S.  Pietro  in  Vin- 
coli per  l'ampliamento  della  R.  Scuola  di  applicazione  per  gl'ingegneri,  sono  tornati 
alla  luce  resti  di  antichi  fabbricati  di  età  imperiale,  i  quali  occupavano  l'area  adiacente 
al  lato  nord-ovest  delle  terme  di  Traiano.  Essi  consistono,  per  la  massima  parte,  in 
costruzioni  laterizie  che  trovansi  a  circa  m.  3,00  di  profondità  sotto  il  moderno  piano 
stradale  ed  erano  in  parte  sopraelevate  a  muri  in  opera  reticolata  ed  in  opera  quadrata 
di  buona  struttura  di  età  imperiale. 

In  mezzo  a  questi  fabbricati,  ed  alla  profondità  di  m.  4,00  sotto  l'attuale  piano,  si 
scoprì,  per  un  tratto  di  oltre  50  metri,  una  strada  pavimentata  con  poligoni  silicei,  in  di- 
rezione nord-sud,  parallela  cioè  al  lato  occidentale  delle  terme  suddette,  e  che  doveva 
congiungersi  a  nord  col  clirus  suturami  s  (1).  Sotto  la  strada  correva  una  fogna,  larga 
metri  0,60,  con  le  pareti  laterizie  e  coperta  alla  cappuccina  con  mattoni  bipedali,  alcuni 
dei  quali  avevano  impresso  il  bollo  di  fabbrica  (C.  1.  L.,  XV,  746)  della  metà  del  secondo 
secolo  d.  Cr. 

In  un  cavo  prospiciente  la  via  di  S.  Pietro  in  Vincoli,  a  in.  3,00  circa  sotto  il  piano 
della  medesima ,  fu  rinvenuta  in  silu  una  base  marmorea,  con  plinto  e  cimasa,  alta  m.  1,14, 
larga  m.  0,70  e  profonda  m.  0,60. 

(')  Cfr.  Lanciala,  Forma  Urbis  Romae,  tav.  23. 

Notizie  Scavi  1922   -  Voi.  XIX.  29 


ROMA  —  220  —  ROMA 

La  base  poggiava  sopra  un  grosso  lastrone  di  travertino,  e  nella  fronte  rivolta  a  nord 
recava,  entro  cornice,  la  seguente  iscrizione  : 

fabivs  Felix 

passiFilvs-  pavLinvs 
vc-eTinL-  praeF 

VRB  •     DEDICAViT 

Il  personaggio  qui  ricordato  fu  prefetto  di  Roma  nell'anno  355  d.  Cr.  ('),  ed  è  già 
noto  per  altre  iscrizioni  dedicatorie  incise  sopra  basi  marmoree,  scoperte  fin  dal  1589 
presso  S.  Pietro  in  Vincoli  (*). 

Il  luogo,  dove  sono  avvenute  le  recenti  scoperte,  corrisponde  ad  una  parte  dell'edi- 
ficio della  praefeelura  urbana,  la  quale  trovava»,  com'è  noto,  in  prossimità  del  tempio  della 
Tellure  sull'altura  delle  Carinae  (3). 

Nei  diversi  movimenti  di  terra  si  rinvennero  i  seguenti  oggetti  :  alcuni  frammenti  di 
marmi  architettonici  e  di  transenne,  due  tronchi  di  colonne,  una  base  e  due  capitelli 
di  colonne  ;  una  statua  marmorea  muliebre  acefala  e  senza  braccia,  panneggiata,  della 
grandezza  naturale  ;  poggia  sopra  il  plinto  sul  quale  rimangono  a  destra  della  figura  i 
piedi  di   un   puttino. 

Si  raccolsero  anche  i  seguenti  frammenti  d' iscrizioni  :  lastra  marmorea,  m.  0,25 
X  0,1 6  X  0,04,  opistografa  ;  da  un  lato  si  legge  : 

VALERIA- 
PRISCA 

e  dall'altro,  entro  cornice,  rimane  la  parte  destra  dell'iscrizione  più  antica  della  prece- 
dente ;  si  legge  : 

DIS  •  M  anilms 

FLAVIA 

FECIT  SI  bì  suis 
ET  POSTE  risquc 
EORVM 

frammento  di  lastra  marmorea,  ni.  0,12  X  0,07  X  0,02  con  le  lettere  : 


tó>e/TABVSQVp 
.coRVM 

moNVMENT 


C1)  De  Vit,  Onomastico}!,  Ili,  pag.  18. 
(*)  C.  I.  /..,  VI,  11206,  1166«,  1656. 

(s)  Notizie  Scavi,  1897  pag.  60  ;  cfr.  Kiepert-ITuelsen,  F.  U.  lì.,  Nomendator  topogr.,  pag.  123; 
Bull.  Com.,  1892,  pag.  19. 


ROMA  —    221    —  ROMA 

frammento  di  lastra  marmorea  m.  0,30  X  0,20  X  0,07  con  le  lettere  : 

CALLIS 

DEPOS 


frammento  di  lastra  marmorea  scorniciata  m.  0,15  X  0,12  X  0,03  con  le  lettere 

d        M« 

RIDI  • 

ISPVLSER 


frammento  di  lastra  marmorea  m.  0,35  X  0.35  X  0,05  con  l'iscrizione  : 

AVR  BONOS 

AVR  PRO 

CVNQVEN 


frammento  della  parte  superiore  di  transenna  marmorea,  m.  0,25  X  0,19  X  0,05,  con 
l'iscrizione  : 

VMBA 


frammento  di  lastra  di  marmo  bardiglio,  m.  0,1 7  X  0,22  X  0,02,  in  due  pezzi,  con  le  lettere: 


.  .  .  AR  MAqNV 
.  ..  NqENTI  .  . 


frammento  di  grossa  lastra  marmorea,  m.  0,98  X  0,29  X  0,13  con  le  lettere  : 

monum  ENTO  FIERI  I  • 

frammento  di  lastrone  marmoreo  m.  0,41  X  0,15  X  0,10  con  lettere  alte  m.  0.09  e  punti 
triangolari  : 

*AD*V 

frammento  di  lastra  di  travertino  con  cornice  entro  cui  rimangono  le  lettere  alte  m.  0.11  : 

ivi) 


ROMA  —    222    —  ROMA 

frammento  di  lastra  di  travertino  scorniciata  con  le  lettere  : 

FI 

CAR... 
CO... 

erma  virile  marmorea,  mancante  della  testa,  con  l'iscrizione  : 

ANTIOCO 

frammento  della  base  di  urna  cineraria  con  le  lettere  : 

...aETAS  VENIT   VNA 

frammento  di  lastrone  marmoreo,  m.  0,20  X  0,35  X  0,08  con  le  lettere  : 

...EM-HVNC.  . 
...  ARE-VO.  .. 
.  .  .  VLERlT  .  .  . 
...  CO/ 

frammento  di  mattone,  m.  0,30  X  0,24  X  0,025  sul  quale  è  graffita  l'iscrizione  cristiana  : 

AGNETI  •  BEN 

PACE-Q-VIX-A 

AVG  IN       rfi    

frammento  di  tubo  di  piombo  di  grande  modulo,  del  diametro  di  m.  0,37  con  l'iscrizione  : 

//////  (~* 
NN   V_- 

per  la  quale  cfr.   C.  I.  L.,  XV,  7320. 


SVB   CVRA    FL    SECVNDI ////////////////////// 
IMP  ANTONINI  ET  COMMODI  AVGG 


Inoltre  furono  raccolti  molti  frammenti  di  mattoni  e  tegole  con  bolli  di  fabbrica  già 
noti,  ed  alcuni  frammenti  di  anfore  fìttili  con  marca  di  fabbrica,  una  delle  quali  sembra 
inedita;  è  un  sigillo  rettangolare  con  l'iscrizione:  SPINT. 

Tutti  gli  oggetti  suddescritti  sono  stati  immessi  nel  Museo  Nazionale  delle  terme 
Diocleziane. 

Regione  VI.  —  Nel  terreno  di  proprietà  Huffer,  a  nord  del  villino  esistente 
all'angolo  delle  vie  Nazionale  e  Milano,  è  stato  eseguito  uno  sterro  per  costruire  un  pic- 
colo fabbricato  per  uso  di  negozi.  Quasi  al  piano  stradale  moderno  sono  stati  incontrati 


ROMA  —   223    — 


ROMA 


avanzi  di  costruzioni  antiche  consistenti  in  ambienti  coperti  da  volta  a  botte  a  tutto 
sesto  ;  uno  di  essi  è  largo  m.  3,50  ed  ha  la  volta  impostata  sopra  grossi  muri  in  pietrame, 
mentre  la  parete  di  fondo  verso  nord,  è  rivestita  da  opera  reticolata. 

Adiacente  a  questa  costruzione,  e  sopra  l'estradosso  della  volta  suddetta,  correva 
una  fogna,  larga  m.  0,65,  con  le  pareti  in  pietrame  e  coperta  con  volticina  dello  stesso 
materiale. 


* 
*  * 


Facendosi  lo  sterro  per  costruire  la  mostra  campionaria  internazionale  permanente 
del  cav.  Augusto  Salvatori,  nell'angolo  rientrante  sulla  via  Tre  Novembre,  fra  la  scuola 
normale  E.  Fusinato  ed  il  palazzo  Antonelli,  sono  tornati  alla  luce  al  piano  stradale,  pochi 
resti  di  muri  antichi  in  opera  laterizia.  Lo  spessore  di  questi  misura  m.  0,60  e  sono  orien- 
tati da  est  ad  ovest.  Fanno  certamente  parte  degli  avanzi  di  edifici  antichi  scoperti  per  la 
costruzione  della  sala  cinematografica  sull'angolo  della  via  delle  Tre  Cannelle  (cfr.  Notizie 
Scavi,  1909,  pag.  110),  e  di  quelli  segnati  nella  tav.  16  della  Forma  Urbis  del  Lanciani. 


* 
*  * 


Durante  i  lavori  di  sterro  in  via  Firenze,  per  l'ampliamento  del  fabbricato  di  proprietà 
del  sig.  comm.  Giovanni  Girardi  e  per  la  costruzione  di  un  locale  sotterraneo  nella  piccola 
area  esistente  a  sud  del  fabbricato  medesimo,  sono  tornati  alla  luce  avanzi  di  un  antico  edi- 
ficio il  cui  piano  trovasi  a  circa  m.  6.00  sotto  il  moderno  piano  stradale.  Consistono  in  am- 
bienti formati  da  muri  in  opera  laterizia  dello  spessore  di  m.  0,60  che  si  sovrappongono 
a  muri  di  una  costruzione  più  antica  in  opera  reticolata  dello  spessore  di  m.  0,45,  modifi- 
cando in  parte  la  disposizione  degli  ambienti  stessi  e  riducendoli  a  dimensioni  più  piccole. 

L'edificio,  orientato  da  est  ad  ovest,  era  destinato  ad  uso  privato,  e  munito  del  con- 
sueto sistema  di  riscaldamento  mediante  suspmsurae  a  pilastrini  di  mattoni  quadrati  uno 
dei  quali  recava  il  bollo  di  fabbrica  già  noto  (C.  /.  L'.,  XV,  408). 

Fra  la  terra  si  raccolsero  i  seguenti  oggetti  :  frammento  di  colonna  di  granito  nero, 
lungo  m.  1,75,  diam.  m.  0,60  ;  frammento  di  colonnina  in  marmo  portasanta  del  dia- 
metro di  m.  0,12  ;  piccola  base  di  giallo  antico  m.  0,24  X  0,21  X  0,05  ;  alcuni  frammenti 
di  lastre  di  marmi  colorati  serviti  per  pavimenti  o  per  rivestimento  di  pareti;  frammento 
di  lastrone  marmoreo  (m.  0,30  X  0,17  X  0,07)  terminante  in  un  Iato  a  forma  semicir- 
colare concava,  e  sul  quale  sono  incise  le  lettere  I  •  S  •  S  •  R  • 


In  occasione  dei  lavori  per  l'adattamento  dei  locali  sotterranei  del  palazzo  Tittoni  in 
via  Rasella,  a  sede  di  una  casa  d'arte  di  proprietà  del  Sig.  Bragaglia  con  ingresso  dalla  via 
Avignonesi,  n.  8,  sono  state  riconosciute  grandiose  costruzioni  in  opera  laterizia,  che  per 
la  loro  caratteristica  struttura  e  per  la  disposizione  dei  singoli  ambienti,  debbono  avere 
appartenuto  ad.un  edificio  termale. 

L'on.  Lanciani,  in  una  sua  monografia  pubblicata  nel  Bull.  Coni.,  1896,  pag.  233  segg., 
trattando  degli  antichi  edifici  nella  vigna  del  cardinal  Ormoni,  conclude,  in  base  a  docu- 
menti del  secolo  xvr,  che  la  vigna  predetta  doveva  essere  compresa  nell'area  fra  le  odierne 


ROMA  —    224    —  ROMA 

via  Rasella,  del  Tritone  e  piazza  Barberini,  nella  quale  area  fu  poi  costruito  il  palazzo  Gri- 
niani  ora  Tittoni.  E  dimostra  anche  come  un  disegno  del  Palladio,  riprodotto  a  pag.  237 
del  citato  Ballettino,  deve  riferirsi  alle  rovine  di  un  antico  edificio  esistente  nella  vigna 
suddetta,  dove  lo  stesso  cardinale  Grimani  rinvenne  alcune  statue. 

Difatti  gli  avanzi  ora  riconosciuti  corrispondono  con  molta  esattezza  a  quelli  deli- 
neati dal  Palladio  e  confermano  pienamente  quanto  ha  scritto  il  Lanciani.  Occorre  però 
attendere  che  quei  locali  siano  liberati  dall'attuale  destinazione  per  completare  la  pianta 
di  quel  grandioso  edificio  termale  e  studiarlo  quindi  nelle  varie  parti,  mediante  una  sem- 
plice ma  sistematica  esplorazione. 

Regione  Vili.  —  Togliendosi  il  terrapieno  addossato  al  Monumento  a  Vittorio 
Emanuele  II,  lungo  il  lato  sulla  via  Giulio  Romano  e  precisamente  in  corrispondenza  del 
portico,  sono  stati  scoperti  due  grossi  piloni  in  opera  quadrata  di  tufo.  1  lati  di  essi  misu- 
rano m.  2,25  X  3,70  e  distano  fra  loro  ni.  3,30  seguendo  la  direzione  nord-est  sud-ovest. 
Questi  piloni,  formati  da  blocchi  squadrati  a  filari  sovrapposti  e  alternati  fra  loro  nella 
disposizione,  erano  poggiati  sopra  la  roccia  tufacea  nel  declivio  occidentale  del  Colle 
Capitolino,  ed  incassati  nella  roccia  medesima  per  l'altezza  di  alcuni  filari. 

La  esistenza  di  questi  grossi  pilastri,  alla  pendice  del  colle  Capitolino,  fanno  pensare 
ad  una  recinzione  di  una  parte  di  esso  mediante  arcuazioni  sostenute  da  piloni,  ovvero  alla 
sostruzione  di  una  terrazza;  come  semplice  congettura  potrebbero  anche  attribuirsi  a 
pilastri  di  un  arco,  essendosi  riconosciuti  sinora  due  piloni  solamente. 

Dal  lato  sud-ovest  di  essi  esistono  dei  grandiosi  avanzi  di  costruzioni  in  buona  opera 
laterizia  fondati  anch'essi  sul  terreno  tufaceo  ;  in  una  piattabanda  formata  da  mattoni 
bipedali  si  vede  i,no  di  essi  che  ha  impresso  il  sigillo  circolare  di  fabbrica  del  1°  secolo 
d.  Cr.  (0.  /.  L.,  XV,  1449). 

Regione  IX.  —  Sterrandosi  nell'area  sull'angolo  del  Corso  Vittorio  Emanuele  ed 
il  lungotevere  dei  Fiorentini,  e  limitata  a  sud  dalla  via  Paola,  per  costruire  un  fabbricato 
di  proprietà  del  sig.  Giuseppe  Belloni,  alla  profondità  di  m.  3,50  sotto  il  piano  stradale,  è 
stato  incontrato  un  grosso  muro  in  opera  quadrata  di  tufo  i  cui  blocchi  misurano  m.  0,50 
di  spessore  e  m.  0,60  di  altezza.  Rimangono  tre  file  sovrapposte,  l'ultima  delle  quali,  cioè 
quella  inferiore,  poggia  sopra  un  muro  laterizio,  di  costruzione  più  antica,  dello  spessore 
di  m.  0,90  e  forma  risega  sulle  due  fronti  del  muro.  La  direzione  di  esso  è  da  nord-ovest 
a  sud-est. 

Fra  la  terra  di  scarico  si  raccolsero  i  seguenti  oggetti  :  frammento  di  piccola  statua 
muliebre  in  marmo,  alto  m.  0,23  ;  rimane  parte  del  corpo  col  panneggiamento,  ed  è  man- 
cante della  testa,  delle  braccia  e  delle  estremità  inferiori.  Frammento  della  parte  anteriore 
di  urna  cineraria  marmorea  di  forma  rettangolare  ;  entro  cornice  è  rappresentata  una  figu- 
rina virile  alla  cui  sinistra  è  una  lepre  rivolta  verso  alcune  frutta. 


Nell'area  compresa  tra  le  vie  Ferdinando  di  Savoia,  Maria  Adelaide,  della  Penna  e  la 
passeggiata  di  Ripetta,  è  stato  eseguito  un  notevole  sterro  per  la  costruzione  di  un  grande 


ROMA  —   225   —  ROMA 

fabbricato  in  cemento  armato,  di  proprietà  della  Unione  edilizia  nazionale.  In  questi 
lavori  sono  tornati  alla  luce  alcuni  resti  di  costruzioni  antiche,  appartenuti  ad  edifici 
privati,  il  cui  piano  trovasi  a  circa  m.  7,00  sotto  il  piano  stradale  della  via  Ferdinando 
di  Savoia. 

Verso  l'angolo  nord-ovest  dell'area  suddetta  si  scoprì  un  grosso  muro  in  pietrame, 
orientato  da  nord  a  sud,  con  rivestimento  di  mattoni  nella  sola  facciata  orientale  ;  il  muro 
ha  lo  spessore  di  m.  2,00  e  si  vide  per  una  lunghezza  di  circa  m.  15;00  piegando  verso  sud 
ad  angolo  ottuso.  Un  frammento  di  mattone  proveniente  dalla  demolizione  di  questo  muro 
recava  la  marca  di  fabbrica  (C.  I.  L.,  XV,  767). 

Nella  parte  centrale  dell'area  sterrata,  verso  il  lato  sulla  via  della  Penna,  si  rico- 
nobbe un  edificio  costruito  con  muri  in  opera  reticolata  dello  spessore  di  m.  0,45.  Si  sco- 
prirono tre  stanze  contigue,  orientate  da  nord-ovest  a  sud-est,  di  eguali  dimensioni 
(m.  6,00  X  9,25)  aventi  ciascuna  nella  parete  sud-ovest  l'ingresso  largo  m.  2,60.  Adia- 
cente alla  stanza  ultima,  verso  nord,  era  un'altra  stanza  della  medesima  larghezza  delle 
precedenti,  ma  lunga  m.  12,80,  anch'essa  con  l'ingresso  largo  m.  2,60  nella  parete  sud- 
ovest.  Da  questa  ultima  stanza  si  comunicava  con  un  corridoio  largo  m.  3,06  che  si 
estendeva  dietro  le  tre  stanze  suddette. 

Tutte  le  stanze  avevano  il  pavimento  ad  opuss  picatum,  e  gli  ingressi  erano  muniti 
di  soglia  di  travertino,  i  quali  ingressi  comunicavano  in  una  specie  di  atrio,  largo  m.  5,90 
limitato  ad  occidente  da  un  muro  laterizio,  dello  spessore  di  m.  0,42.  In  questo  muro 
era  un  vano  largo  m.  3,73  che  dava  sopra  una  strada  larga  m.  5,70  e  parallela  al  muro 
laterizio.  La  strada  era  pavimentata  con  uno  strato  battuto  di  piccole  scaglie  di  tra- 
vertino (spessore  m.  0,20)  ed  era  fiancheggiata  da  crepidini  costituite  da  piccoli  blocchi 
squadrati  di  travertino  (m.  0,40  X  0,30  X  0,20). 

È  evidente  che  la  costruzione  in  opera  reticolata  è  di  età  più  antica,  ed  ampliata  quindi 
in  età  posteriore  dalla  costruzione  laterizia,  alla  quale  conviene  attribuire  la  costruzione 
contemporanea  della  strada,  probabilmente  di  uso  privato. 

Tra  la  terra  di  scarico  si  raccolsero  :  un  rocchio  di  colonna  marmorea,  con  il 
sommoscapo,  lungh.  m.  1,80,  diam.  0,30;  un'anfora  fittile  a  ventre  sferiforme  con 
due  anse  verticali  a  nastro,  alta  m.  0,75;  una  lucerna  fittile  monolicne  d'impasto 
chiaro,  con  la  marca  di  fabbrica  (C.  I.  L.,  XV,  6433  a)  due  frammenti  di  mattoni 
con  le  marche  di  fabbrica  degli  anni  130  e  141  d.  Cr.  (C.  I.  L.,  XV,  860,  1212  a). 

* 

*  * 

Nell'eseguire  i  cavi  di  fondazioni  per  una  nuova  scuola  comunale  elementare,  nel- 
l'area situata  sul  lungotevere  Altoviti  e  compresa  tra  la  piazza  di  S.  Salvatore,  la  via 
di  Panico  ed  il  vicolo  dei  Vecehiarelli,  alla  profondità  di  circa  m.  4,00  sotto  il  piano  stra- 
dale moderno  è  stato  scoperto  un  tratto  di  muro  in  opera  quadrata  che  segue  la  dire- 
zione da  est  ad  ovest.  Il  muro  è  formato  con  parallelepipedi  di  tufo  dello  spessore  di 
m.  0,60,  alti  m.  0,75,  e  disposti  in  un  solo  filare  in  larghezza  ;  rimangono  quattro  file  di  bloc- 
chi sovrapposti,  l'inferiore  dei  quali  poggia  sopra  una  sostruzione  di  pietrame  e  calce 
che  trovasi  al  piano  delle  acque  del  sottosuolo. 


homa  —  226  —  roma 


* 
*  * 


In  via  Campo  Marzio,  noi  grande  cortile  del  fabbricato  in  uso  dell'Archivio  di  Stato, 
praticandosi  un  cavo  di  saggio,  alla  profondità  di  m.  6,00  è  stata  incontrata  una  platea 
a  grossi  lastroni  di  travertino  dello  spessore  di  in.  0,60,  i  quali  sono  collegati  mediante 
grappe  di  ferro  piombate. 

In  un  altro  cavo,  parimenti  di  saggio,  eseguito  nel  cortile  d'ingresso,  alla  profon- 
dità di  m.  7,00  circa  è  stato  rinvenuto  un  tronco  di  colonna  di  portasanta,  lungo  ni.  1,10 
e  del  diametro  di  in.  0,40. 

Regione  XI V.  —  Negli  sterri  eseguiti  nell'area  compresa  tra  la  piazza  della  Con- 
sola ed  il  lungotevere  Anguillara  per  costruire  un  fabbricato  ad  uso  officina  meccanica 
di  proprietà  dei  sigg.  fratelli  Ratta,  sono  tornati  alla  luce  avanzi  di  costruzioni  antiche, 
parte  in  laterizio  di  età  imperiale  e  parte  a  tufelli  e  mattoni  di  età  posteriore.  I  muri 
laterizi,  dello  spessore  di  ni.  0,60,  formavano  delle  stanze,  due  delle  quali  larghe  rispet- 
tivamente m.  3,10  e  m.  4,40  ;  i  muri  a  tufelli  e  mattoni  hanno  invece  lo  spessore  di 
m.  0,50  e  m.  0,55  e  suddividono  le  stanze  predotte  formandone  delle  più  piccole  di  ni.  2,45 
di  larghezza. 

Dette  costruzioni,  scoperte  a  m.  3,00  sotto  il  piano  del  lungotevere  Anguillara,  fa- 
cevano parte  di  un  edificio  sopra  i  resti  del  quale  fu  fondata  nel  1 740  la  chiesa  di  S.  Eligio 
che  appartenne  fino  al  1801  alla  Università  dei  sellari  ('). 

* 
*  * 

Nel  terreno  in  angolo  delle  vie  della  Lungara  e  delle  Mantellate,  di  proprietà  del 
sig.  Giovanni  Ambrosi,  praticandosi  un  cavo  di  saggio  per  gettare  quindi  le  fondazioni 
di  un  nuovo  edificio,  è  stata  incontrata,  a  m.  4,50  di  profondità  dal  piano  stradale,  la 
pavimentazione  a  poligoni  di  selce  probabilmente  di  antica  strada. 

Via  Latina.  —  A  circa  m.  150  dalla  porta  Latina,  e  sulla  destra  della  via  omo- 
nima uscendo  da  Roma,  facendo  un  cavo  per  costruire  un  villino  di  proprietà  della  Co- 
perativa  Latina  per  le  case  dei  ferrovieri,  è  stata  scoperta  parte  della  fronte  posteriore 
di  un  sepolcro  antico  che  fiancheggiava  la  suddetta  via. 

Il  sepolcro,  a  pianta  rettangolare  o  quadrata,  era  costituito  da  un  nucleo  ad  em- 
plecton,  nel  cui  centro  doveva  essere  la  camera  sepolcrale;  esternamente  il  nucleo  era 
rivestito,  nella  parte  superiore,  con  blocchi  squadrati  di  tufo  formanti  un  elegante  bu- 
gnato, che  termina  in  basso  con  una  semplice  cornice,  fascia  e  gola  diritta,  della  stessa 
pietra  ;  il  piano  di  essa  trovasi  a  m.  4,15  sotto  il  piano  della  moderna  via,  vale  a  dire  al 
livello  della  via  Latina  antica. 

I  blocchi  di  tufo  sono  alti  ni.  0,60  e  larghi  m.  0,65  in  media,  ed  hanno  lo  spessore 
di  m.  0,37. 

(J)  Cfr.  Armellini,  Le  chiese  tli  Roma,  pag.  C78. 


RÓMA  —   227    —  ftOMÀ 

Poco  più  a  sud  del  cavo  predetto,  facendosi  un  pozzo  per  fondazione  sono  stati  rico- 
nosciuti gli  avanzi  di  una  camera  sepolcrale,  con  muri  in  opera  reticolata,  nei  quali  ri- 
manevano i  loculi  per  olle  fittili,  in  gran  parte  però  danneggiati  in  età  più  tarda,  per 
costruire,  lungo  le  pareti  interne  della  camera,  altre  sepolture  a  formae. 

Tanto  la  prima  quanto  la  seconda  costruzione  erano  in  cattivissimo  stato  di  con- 
servazione, e  fra  la  terra  di  scarico  si  raccolsero  i  seguenti  oggetti: 

frammento  di  lastra  marmorea,  m.  0,16  X  0,18  X  0,02  con  l' iscrizione 

VDI 

LIANO 

ere  SCENTI  •  VIXIT 
««NIS-XVIIII-MEN 

DIEBVS  •  VII 

HELENEFECIT 

òeNEMERENTI 

tuia  lucerna  fittile  monolicne  col  bollo  C.  I.  L.,  XV,  6337  a  ; 
due  frammenti  di  vasi  aretini  col  bollo  C,  XV,  5396  a,  5709  a  ed  un  altro 
con  la  marca  Q.-CIPR  entro  pianta  di  piede,  per  la  quale  cfr.  C,  XV,  Ó097. 

* 
*  * 

Nella  tenuta  Roma  Vecchia,  di  proprietà  di  S.  E.  il  principe  D.  Giovanni  Torlonia, 
sono  stati  eseguiti  dei  lavori  di  aratura  in  un  appezzamento  di  terreno,  compreso  tra 
le  arcuazioni  dell'acquedotto  Claudio  ed  il  viale  che,  staccandosi  a!  7°  chilometro  a  de- 
stra della  odierna  via  Tuscolana,  conduce  al  casale  della  tenuta  suddetta. 

Esistono  in  quel  terreno  alcuni  resti  di  costruzioni  antiche  in  buona  opera  retico- 
lata, emergenti  sopra  una  leggiera  rialzatura  del  terreno,  che  senza  dubbio  apparten- 
gono ad  una  villa  rustica.  Presso  questi  avanzi  l'aratro  si  è  imbattuto  in  varie  tubature 
di  piombo  di  medio  modulo,  delle  quali  cinque  pezzi  sono  stati  raccolti. 

Due  di  essi  hanno  impressi  a  lettere  rilevate  la  iscrizione  che  menziona  i  consoli 
dell'anno  129  d.  Or.;  in  uno  si  legge: 

mar  CELLO  II  ET  CELSO  II  COS  PC 

nell'altro  rimane  la  finale  dello  stesso  sigillo,  con  la  variante  che  la  penultima  lettera 
è  capovolta  rispetto  quella  della  iscrizione  precedente,  cosa  facile  a  spiegarsi  essendo, 
come  è  già  noto,  le  lettere  mobili  ;  e  si  legge  : 

martello  ii  eÀ  ceLSO  II  COS   bC 

Nel  terzo  tubo  è  nominato  il  plumbario  : 

SINDANVS   PHAEDIMI  SER  FECIT 
Notimi  Scayi  1982  -  Voi.  XIX.  80 


ROMA  —  228   —  KOMA 

nel  quarto  si  legge  la  iscrizione  che  ricorda  un  liberto  di  Traiano  e  cioè: 

M  VLPI  AVG  LIB  PHA 

e  nel  quinto  infine  il  nome  : 

FLAVIA  DEMETRIA 


Le  dette  iscrizioni,  impresse  sopra  tubi  di  piombo,  ci  danno  l'età  del  fabbricato, 
che  risale  al  principio  del  secondo  secolo  d.  Cr.,  come  pure  la  struttura  delle  costruzioni 
conviene  benissimo  all'età  adrianea  ;  gli  stessi  tubi  dovevano  essere  alimentati  dal  pros- 
simo acquedotto  Claudio. 

A  poca' profondità  dal  piano  di  campagna  si  rinvenne,  nei  medesimi  lavori  di  ara- 
tura, un  frammento  di  statua  marmorea  muliebre,  alto  m.  1,10  ;  è  acefala,  e  manca  del 
braccio  sinistro,  dell'avambraccio  destro  e  della  parte  inferiore  delle  gambe.  La  statua 
benché  molto  danneggiata  è  da  riconoscere  per  una  copia  di  Aphrodite  del  noto  tipo 
pudico  ;  è  completamente  nuda  e  sulle  spalle  rimangono  le  estremità  delle  treccie  di 
capelli.  La  gamba  sinistra  presenta,  nella  parte  posteriore,  alcuni  attacchi  che  dove- 
vano sostenere  l'anfora  o  il  delfino,  come  si  riscontra  in  altre  copie  del  medesimo  tipo. 

È  stata  pure  raccolta  la  parte  superiore  di  una  colonna  in  marmo  pavonazzetto, 
che  conserva  il  collarino  ;  è  alto  m.  1,60  ed  ha  il  diametro  di  m.  0,29. 

Via  Portuense.  —  Proseguendosi  gli  sterri  per  la  costruzione  di  un  fabbri- 
cato in  cemento  armato,  di  proprietà  della  Società  A-B-C-D,  a  poca  profondità  sotto  il 
piano  di  campagna  e  fra  la  terra  di  scarico  si  raccolsero  i  seguenti  oggetti  : 

frammento  di  lastra  marmorea,  m.  0,17  X  0,10  X  0,02  con  le  lettere  incise  : 

.  . . VS-GRATV. .  . 
...TA-EMERVN..  . 

frammento  di  mattone  bipedale  col  bollo  circolare  di  fabbrica  (C.  I.  L.,  XV,  7ó4ft); 
due  olle  fittili  contenenti  i  residui  della  cremazione  del  cadavere. 

Queste  scoperte  hanno  relazione  con  i  sepolcri  riconosciuti  all'inizio  dei  lavori  per 
il  fabbricato  suddetto,  e  descritti  in  queste  Notizie,  1920,  pag.  284. 

* 

*  * 

Nella  proprietà  dei  sigg.  Fiorani,  situata  ad  occidente  del  vicolo  Affogalasino,  in 
seguito  a  franamento  di  una  parte  del  terreno,  è  rimasto  scoperto  un  tratto  di  cunicolo 
antico  con  le  pareti  in  muratura  dello  spessore  di  m.  0,30  e  coperto  con  volta  ad  angolo 
acuto  anch'essa  in  muratura  di  pietrame. 


ROMA  —   229   — 


ROMA 


Il  cunicolo  è  alto  m.  1,45,  largo  ni.  0,50,  ed  orientato  da  est  ad  ovest  ;  le  pareti  sono 
rivestite  internamente  con  intonaco  a  cocciopesto  che  termina  all'imposta  della  volta, 
come  pure  il  piano  ha  il  medesimo  strato  di  cocciopesto  che  forma  negli  angoli  coir  le 
pareti  il  solito  cordone.  Non  è  da  escludere  che  detto  cunicolo  conducesse  acqua  e  pro- 
babilmente derivasse  dall'acquedotto  traiano. 


* 
*  * 


A  m.  200  circa  prima  di  giungere  alla  nuova  stazione  ferroviaria  di  Trastevere,  sulla 
destra  del  viale  del  Re,  nel  terreno  di  proprietà  del  sig.  Giovanni  Di  Francesco,  eseguen- 
dosi il  taglio  della  terra  per  la  scarpata  in  prossimità  del  fabbricato  già  esistente,  è  stato 
scoperto,  alla  profondità  di  m.  7,00  dal  piano  di  campagna,  un  avanzo  di  pavimento 
a  musaico  a  tessere  bianche,  limitato  da  una  fascia  nera  larga  m.  0,21. 

Poco  lungi  da  questo  pavimento  si  scoprirono  i  resti  di  un  sepolcro  a  cassettone 
che  aveva  un  arcosolio  lungo  ni.  1,75,  alto  m.  0,50  e  profondo  m.  1,00  ;  l'intonaco  del- 
l'arcosolio  era  dipinto  con  sottili  fasce  a  colore  rosso  molto  evanido. 

Fra  il  terriccio  rimosso  si  recuperarono  : 
una  testa  di  piccola  statua  virile  in  terracotta  ;  un  frammento  di  lastra  marmo- 
rea (m.  0,21  X  0,12  X  0,02)  con  parte  della  iscrizione  : 

D 

C-CA 

HERM 

SVO  •  BE 

LOCOS 

AB-AVFID 

ET -PERIVI! 
ITV  AMBIT 

ed  un  frammento  di  mattone  col  bollo  circolare 

EX  PRAED  STATILI  MAXIMI 
E  V  P  H  R  A  S 

per  il  quale  cfr.  C.  I.  L.,  XV,  1457. 

Via  Salaria.  —  Praticandosi  nella  nuova  via  Antonio  Bertoloni,  già  vicolo  dei 
Parioli,  uno  sterro  per  la  costruzione  di  un  piccolo  fabbricato  per  uso  di  portineria  della 
«  Rinascente  Film  »,  è  stato  scoperto  un  tratto  della  pavimentazione  a  poligoni  silicei 
dell'antica  via  Salaria.  Essa  segue,  nel  punto  scoperto,  la  direzione  nord-ovest  sud-est, 
vale  a  dire  il  percorso  del  preesistente  vicolo  dei  Parioli,  e  conservava  nel  lato  nord  la 
crepidine  formata  con  poligoni  di  selce  disposti  verticalmente.  Dalla  parte  di  essa  si 
rinvennero  avanzi  di  costruzioni  laterizie  di  età  imperiale,  ed  altri  di  sostruzione  in 
pietrame  di  età  posteriore,  appartenuti  a  sepolcri. 


ROMA  —    230    —  ROMA 

Nel  rimuovere  la  terra  si  raccolse  una  moneta  di  Domiziano  (gr.  br.)  e  le  seguenti 
iscrizioni  marmoree  : 

stelc  sepolcrale,  m.  0,32  X  0,22  X  0,05  : 

TI-SPINTHER 

V  •  A  •  V 

VERECVNDA 

F-SVO  FECIT 

frammento  di  lastra,  m.  0,20  X  0,19  X  0,03  : 

DIS 

MANIBVS 

HEDYS- 

VIXIT-ANN 

XXXV 

PRIVATA-VXO 

ed  un  frammento  di  fondo  di  vaso  aretino  recante  impresso,  entro  piatila  pedis, 
il  sigillo  di  fabbrica  C-N-F- 

E.  Gatti. 


Rinvenimento  di  tombe  d'età  imperiale. 

Via  Aurelia  Nuova.  —  Nella  tenuta  Bravetta  lunga  la  Via  Aurelia  Nuova  la 
Società  Cooperativa  Ostia  Marittima  attende  a  costruire  dei  villini.  Eseguendosi  degli 
sterri  per  la  formazione  di  una  strada  di  accesso  a  detti  villini  dalle  vie  della  Pisana  e 
di  Casetta  Mattei  si  rinvennero  quasi  a  fior  di  terra  alquante  tombe  cavate  nel  cappel- 
laccio tufaceo  e  ricoperte  .alla  cappuccina  da  tegoloni  bipedali.  Si  trovarono  in  tutto  otto 
tombe  in  tre  gruppi,  posti  a  una  certa  distanza  l'uno  dall'altro,  per  la  maggior  parte 
contenenti  il  solo  scheletro  senza  alcun  corredo. 

Una  di  queste  tombe,  prive  di  suppellettile  era  coperta  con  un  tegolone  recante 
il  bollo  C.  I.  L.,  XV,  630 o,  che  si  può  assegnare  a  circa  la.  140  d.  Cr.  In  un'altra 
si  rinvennero  un  medio  bronzo  di  Adriano  non  identificabile  per  soverchia  corro- 
sione, frammenti  di  un  vasetto  e  di  una  lucernetta  di  terracotta.  Una  fu  ritrovata  già 
manomessa,  sicché  neanche  le  ossa  del  cadavere  erano  più  al  loro  posto,  ma  tra  la  terra 
a  pochissima  distanza  fu  rinvenuto  il  molto  comune  medio  bronzo  di  Tiberio  coniato 
a  Lugdunum,  vivente  Augusto  (Cohen2,  Tiberius  33).  Diede  invece  un  certo  corredo  una 
tomba  simile  affatto  alle  altre  per  tipo  e  per  struttura,  uno  dei  cui  tegoloni  di  copertura 
portava  il  bollo  C.  I.  L.,  XV,  657  a,  attribuito  alla  metà  circa  del  I  secolo  d.  Cr.  Le  misure 
della  tomba  non  furon  potute  prendere,  perchè  gli  operai  non  avvertirono  l'ufficio  che 


ROMA 


231 


ROMA 


tardi,  quando  arerai  già  guasta  la  fossa  e  disperse  le  ossa.  Dietro  al  capo  del  cadavere 
erano  frammenti  di  tre  vasetti  e  di  tre  statuine  in  terracotta.  L'uno  dei  vasetti  era  una 
comune  cotoletta  di  terra  giallognola;  gli  nitri  due,  un'anforetta  a  ventre  piriforme  e 
con  anse  attorte  (alt.  cm.  18)  e  un'olletta  a  corpo  sferoidale  a  pareti  di  estrema  sotti- 
gliezza con  piccolo  piede  e  breve  collo,  (alt.  cm.  6)  sono  notevolissimi  per  una  loro  sin- 


Fio.  1. 


golare  decorazione  (fig.  1).  Intorno  al  corpo  del  vaso  in  triplice  ordine  nell'anforetta,  in 
un  ordine  solo  sull'olla  sono  delle  ansette  verticali,  entro  le  quali  sono  infilati  dei  penda- 
glio mobili  formati  da  una  sottile  asticella  di  argilla  ripiegata  ad  anello  peduncolato. 
Scuotendo  i  vasi,  gli  anellini  mobili  urlano  contro  le  pareti,  e  producono  un  modesto 
rumore  atto  a  trastullare  un  bambino  senza  infastidir  troppo  un  adulto,  come  avviene 
con  gli  affini  nostri  giocattoli  più  rumorosi  di  latta. 

K  morto  probabile  infatti  che  questi  nostri  vasetti  abbiano  a  rientrare  nella  cate- 
goria dei  giocattoli  che  gli  antichi  chiamavano  puerilia  erepitaeula  oppure  crepundia, 
per  quanto,  a  mia  cognizione,  ne  rappresentino  una  varietà  nuova,  analoga  a  quella  dei 


ROMA 


—  232  — 


ROMA 


vasetti  tutti  chiusi  contenenti  delle  pietruzze  nell'interno  (1).  Graziosi  e  originali  i  nostri 
vasetti  non  rispondono  però  a  buoni  criterii  pratici,  data  la  loro  estrema  fragilità.  In 
particolar  modo  l'olletta  ha  le  pareti  di  una  cosi  prodigiosa  sottigliezza  (2)  che  sembra 
quasi  non  le  possano  permettere  di  resistere  a  una  pressione  delle  dita.  Tale  minore  ri- 
spondenza all'uso  di  giocattoli  rende  degna  di  considerazione  l'ipotesi  che  gli  oggetti 
possano  aver  avuto  anche  uno  scopo  profilattico,  ben  sapendosi,  quanto  frequentemente 


Fig.  2. 


e  quanto  costantemente  presso  tutti  i  popoli  siasi  attribuito  valore  di  amuleto  ad  oggetti 
che  fanno  rumore. 

Delle  tre  statuine  di  terracotta  l'ima  era  ridotta  in  minutissimi  frammenti,  e  non 
potè  ricostituirsene  che  un  braccio  avvolto  in  una  stretta  manica.  Un'altra  priva  dei  piedi 


(l)  Si  hanno  di  questi  alcuni  esemplari  in  parecchi  Musei,  cfr.  Parembenr-Saglio.  Diclionnuires.v. 
crcpitacuìum.  Cactani-l.ovatelli.  Parvula  in  Antichi  Monumenti*tilustraH  (Roma  1889)  p.  225. 

(')  Non  sarà  fuor  di  luogo  che  alcuno  imprenda  a  studiare  l'età  e  i  centri  di  produzione  di 
questa  ceramica  romana  a  pareti  di  estrema  sottigliezza,  che  voleva  forse  imitare  la  lamina  metallica 
o  il  vetro,  ceramica  che  appare  con  una  certa  frequenza  nell'Italia  ("entrale  in  sfrati  della  fine  della 
repubblica  o  del  principio  dell'impero. 


ROMA 


—  2-à'ò  — 


Ho  MA 


alta  em.  10  raffigura  con  tratti  caricaturistici  una  vecchia  donna  nuda  (fig.  2)  ;  a  giu- 
dicare dalle  grosse  labbra  e  dal  prognatismo  alveolare,  nonché  dai  seni  caprini,  lunghi 
ed  appuntiti,  si  è  molto  probabilmente  voluto  rappresentare  una  negra.  Rientra  perciò 


Fic. 


la  statuina  nelle  serie  di  quelle  grottesche  caricature  di  razze  allogene,  che  sono  ben  note 
nella  minuscola  produzione  artistica  del  mondo  classico,  e  che  è  naturale  ammettere 
avessero  in  principio  più  che  altrove  incontrato  favore  in  Alessandria  ('),  madie  dovet- 
tero poi  farsi  comuni  anche  a  Roma,  dove  non  mancavano  campioni  delle  razze  negre. 


(*)  Cfr.  specialmente  Schneider  in  Jahrbuch  der  Kunsthistor.  Sammlungen de»  Kaiserhauses,  Ili, 
pag.  3  e  in  Jahreshefte  des  ost.  Instituts,  1906.  pa«r.  231. 


TIVOLI  —   234   —  REGIONE   I 


La  terza  figuretta  alta  cm.  18,5,  mancante  del  braccio  sinistro  e  di  parte  della  gamba 
destra  rappresenta  un  uomo  barbato,  di  rozzo  aspetto,  vestito  unicamente  di  un  cinelus, 
(fig.  3).  Si  è  voluto  rappresentare  un  giocoliere  e  forse  più  specialmente  un  equilibrista, 
non  senza  un  certo  intento  umoristico  che  si  palesa  sia  nel  viso  goffo,  sia  nella  testa  cur- 
vata e  nelle  braccia  distese  in  posizione  poco  elegante,  e  che  pare  tradiscano  un  certo 
imbarazzo  o  timore.  Lungi  pertanto  dalle  grazie  delicate  delle  terrecotte  di  Tanagra  o 
dalle  squisitezze  leziose  di  quelle  di  Mirina  queste  figurine  di  sicura  produzione  romana 
recano  come  tratto  caratteristico  insieme  con  una  franca  e  sicura  modellazione  anche 
un  vivace  spirito  burlesco  e  motteggiatore  che  l'arte  romana  non  manca  più  volte 
di  rivelare. 

R.    Paribeni. 


Regione  I  (LATIUM  ET  CAMPANIA) 


XIV.  TIVOLI  (Villa  Adriana)  —  Lavori  di  esplorazione  e  di  riassetto. 

Da  più  anni  la  R.  Soprintendenza  alla  Conservazione  dei  Monumenti,  alle  cui  cure 
è  affidata  la  Villa  Adriana,  con  qualche  poco  di  denaro  che  le  può  sopravanzare  dalle 
gravi  spese  dei  lavori  di  ordinaria  manutenzione,  attende  a  togliere  un  po'  di  terra  dalle 
rovine  col  lodevole  proposito  di  ricollegare  tra  loro  i  vari  gruppi  di  edifici.  Nel  1920  con 
un  aiuto  finanziario  dato  dal  Comitato  per  i  festeggiamenti  del  50°  anniversario  della 
liberazione  di  Roma  e  successivamente  con  altri  mezzi  forniti  dal  Ministero  di  P.  I.  la 
Soprintendenza  agli  Scavi  potè  compiere  opera  più  larga  che  fu  per  alcun  tempo  diretta 
dall'ispettore  dott.  Alessio  Valle,  poi  nel  successivo  anno  da  me,  e  sempre  con  gran 
diligenza  e  assiduità  sorvegliata  dall'assistente  sig.  Giuseppe  Visone.  Dei  risultati 
ottenuti  mi  pare  non  possa  tardarsi  più  oltre  a  dare  una  prima  sommaria  relazione. 
Il  valente  topografo  del  nostro  Ufficio  prof.  Edoardo  Gatti  ha  potuto  in  grazia  di 
questi  scavi  aggiungere  alcune  parti  alla  più  recente  pianta  della  Villa  Adriana,  quella 
cioè  rilevata  con  gran  cura  nel  1905,  dagli  allievi  della  Regia  Scuola  d'Applicazione 
per  gli  Ingegneri  di  Roma  (').  La  quale  pianta,  se  più  esatta  delle  anteriori,  è  però 
di  talune  di  esse  meno  completa,  avendo  potuto  precedenti  disegnatori  rilevare  muri 
che  sono  poi  scomparsi.  Così  alcuni  dei  segni  che  il  sig.  Gatti  ha  aggiunto  al  rilievo 
della  Scuola  degli  Ingegneri  figurano  già  nella  grande  pianta  del  Piranesi  (2).  La 
figura  1  tratta  dalla  pianta  della  Scuola  Ingegneri  mostra  la  posizione  relativa  dei 
due  gruppi  di  edifici  nei  quali  si  lavorò  (lettere  A  e  E). 

(l)  È  riprodotta  in  Notizie.  Scavi.  1906,  pag.  313  segg.  e  tavolo. 
(')  Pubblicata  nel  1781  al  modulo  di  uno  a  mille. 


REGIONE   I. 


—    235    — 


TIVOLI 


Negli  anni  1913-1914  la  Soprintendenza  ai  Monumenti  curò  la  remozione  di  lievi 
strati  di  terra  che  ricoprivano  in  parte  il  gruppo  di  ruderi  che  si  estende  all'angolo  sud 
orientale  del  Pecile  (fig.  1  lett.  B  e  fig.  2).  Il  Winnefeld  che  ha  in  parte  ripreso  dal 
Piranesi,  in  parte  rilevato  egli  stesso  alcuni  tratti  di  quel  complesso  monumentale 
aveva  proposto  per  essi  con  qualche  esitazione  l'appellativo  heiliger  Bezirk  ('),  dando 
esagerata  importanza  alla  piccola  nicchia  (nella  nostra  figura  2  lettera  a  di  fronte 
all'ingresso)  al  quale  tutta  la  costruzione  avrebbe  dovuto  essere  coordinata.  TI  com- 
plesso edificio,  che  secondo  ogni  probabilità  non  ebbe  nessuna  destinazione  sacrale,  si 


W 


«O 


t-V-"^ 


Fio.  1. 


apriva  sul  lato  meridionale  del  portico  così  detto  del  Pecile  con  due  grandi  porte  che 
immettevano  in  una  vasta  corte  quadrangolare  abbracciata  da  Ire  grandi  esedre  semi- 
circolari. TI  lato  che  fiancheggia  il  portico  del  Pecile  è  rettilineo,  e  reca  il  nucleo  di  una 
grande  fontana  a  pianta  rettangolare  molto  allungata  (fig.  2  lett.  b)  con  podio  centrale 
rialzato  che  doveva  portar  largo  ornamento  di  sculture.  Intorno  alla  fontana  addossate 
alle  pareti  sono  dodici  basi  di  statue  di  ni.  0,60  X  0,60,  aggiunte  alla  costruzione 
forse  in  epoca  posteriore,  certo  quando  le  mura  avevano  già  ricevuto  il  loro  rivesti- 
mento marmoreo.  A  quelle  basi  convengono  per  dimensioni  i  frammenti  di  tre  statue 
trovati  nelle  vicinanze,  delle  quali  vedi  appresso. 

La  grande  corte  che  segue  oltre  il  vestibolo  con  la  fontana  oblunga,  chiusa  dalle 
tre  esedre,  aveva  ricco  portico  a  colonne  e  pilastri  opposti,  ed  aveva  pavimento  a  lastre 
rettangolari  di  paonazzetto  (marmar  phrygium)  in  parte  ancora  al  posto.  Sotto  il  portico 
le  lastre  di  paonazzetto  erano  alle  volte  interrotte  da  fasce  a  triangoli  di  marmi  multi- 
colori. Parecchi  frammenti  si  rinvennero  delle  basi  e  dei  capitelli  sia  dei  pilastri  che  delle 


Ci  Winnefeld,  Die  Villa  des  Hadriun,  pag.  VV2,  tar.  1  o  XII. 
Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX. 


31 


TtVOLl 


—  236 


REGIONE    I. 


REGIONE    I. 


—  237 


TIVOLI 


colonne  in  marino  bianco,  di  squisita  fattura  (fig 
Dai  diversi  frammenti  il  sig.  Gatti  ha 
potuto  trarre  con  tutta  sicurezza  il 
disegno  completo  di  ciascuna  delle  due 
membrature  (fig.  4).  Notevole  è  la 
bellezza  e  la  novità  del  capitello  alto 
m.  0,77. 

Il  lato  opposto  agli  ingressi  era 
terminato  da  muro  con  un  podio  nel 
centro  con  grande  nicchia  per  una 
statua  (fig.  2  lett.  a),  i  due  lati  orien- 
tale e  occidentale  hanno  tre  porte  che 
immettono  in  due  esedre  con  porti- 
chctti  a  colonne  di  granito  bigio  e  con 
una  vasca  quadrata  nel  centro.  Il  dia- 
metro assai  modesto  delle  colonne 
(ni.  0,35)  e  la  loro  distanza  non  con- 
sente di  supporre  che  esse  potessero 
sorreggere  altro  che  una  leggera  tet- 
toia. I  portichetti  delle  esedre  orientale 
e  occidentale   avevano    pavimenti  a  triangoli 


3),  fin  troppo  trita  e  minuziosa  nelle  basi. 


0,50 


OG'O 


3 


Fig.  4. 


Fig.  3. 

di  marmi  multicolori  alternamente  col- 
locati col  vertice  o  colla  base  in  alto. 
Con  l'esedra  occidentale  l'edificio  ter- 
minava ;  l'esedra  orientale  assai  meglio 
conservata  mediante  cinque  porte  ser- 
viva d'ingresso  a  una  serie  di  aule.  La 
grande  porta  centrale,  sormontata  da 
un'amplissima  finestra,  immette  in  una 
sorta  di  grande  tablino  rettangolare 
coperto  con  volta  a  botte,  con  pavi- 
mento a  lastre  rettangolari  di  paonaz- 
zetto  e  di  africano,  più  alto  del  portico 
per  un  gradino.  Di  fronte  alla  porta 
principale  il  tablino  termina  con  una 
specie  di  loggia  a  pianta  rettangolare, 
che  affaccia  con  tre  ampie  finestre  su- 
una  corte  o  giardino  interno.  Le  due 
porte  laterali  e  e  d  conducono  in  due 
ambienti  a  pianta  mistilinea  che  fian- 
cheggiano il  tablino,  e  rispondono  al 
concetto  e  all'uso  delle  fances.  Le  due 
porticine  esterne  p  e  f  con  tre  gradini 
raggiungono  il  livello   di   parti   non 


TIVOLI 


—  238  — 


REGIONE    I. 


ancora  esplorate,  e  coperte  di  pochissima  terra,  sicché  debbono  pensarsi  per  gran  parte 
distrutte.  Nelle  stanze  laterali  si  trovarono  esigui  resti  del  rivestimento  marmoreo  delle 
pareti,  e  di  preziosi  pavimenti. 

Nei  lavori  di  sterro  si  rinvennero,  come  sopra  è  detto,  alcuni  frammenti  di  sculture: 
1)  Statuetta  mancante  della  testa,  del  braccio  destro  e  del  piede  sinistro  (fìg.  ò). 
Rappresenta  Minerva  come  appare  dall'egida  e  dai  serpentelli,  in  piedi,  vestita  di  chi- 
tone e  di  corto  mantello,  tenuto  strettamente  avvolto  al  corpo  dal  braccio  sinistro  che 

in  esso  si  fascia  completamente  E  una  replica  scolpita 
con  abilità,  ma  senza  molta  accuratezza,  di  un  famoso 
originale  molte  volte  ripetuto  dall'arte  classica  (l)  e 
riconducibile,  attraverso  una  figura  di  Musa  della  base 
di  Mantinea,  all'arte  prassitelica  (2). 

2)  Frammenti  di  altra  identica  statuetta  di 
fattura  più  diligente  e  meno   schematica. 

3)  Frammenti  di  una  statuetta  di  danzatrice 
con  veste  lunga  e  seni  scoperti,  braccia  protese  in 
avanti.  Più  simile  di  ogni  altra  analoga  figura  sembra 
essere  una  statuetta  di  Berlino  ('). 

* 
*  * 

Nei  lavori  degli  anni  1920  1922  si  tolse  parte 
delle  terre  che  ricoprivano  fino  a  notevole  altezza  un 
altro  gruppo  di  edifici  a  levante  del  Pecile  presso  la  così 
detta  Sala  dei  Filosofi.  Le  parti  liberate  di  quel  com- 
plesso di  costruzioni  (v.  pianta  fìg.  6)  mostrano  essere 
state  adattate  ad  uso  di  bagni.  Il  cortile,  cinto  su  tre 
lati  da  portici  con  piccole  colonne  di  granito  bigio,  di 
cui  furono  trovati  in  siili  parti  di  tre,  aveva  nel  mezzo 
un'ampia  vasca  rettangolare,  profonda  dal  piano 
m.  1  ,40  con  quattro  gradini  per  discendervi  (lett.  a). 
Parte  della  pavimentazione  a  lastre  di  marmo  bianco  è  conservata.  Sul  lato  ove  non 
gira  il  portico,  si  apre  una  vasta  aula  rettangolare  con  pavimento  a  lastroni  rettangolari 
di  cipollino,  coperta  da  una  grande  volta  a  crociera.  Essa  si  affaccia  sulla  vasca  suddetta 
per  una  apertura  di  tutta  ampiezza,  interrotta  da  due  colonne  più  alte  e  grandi  di  quelle 
dei  tre  lati  del  portico  (fìg.  7).  Delle  due  colonne  di  granito  bigio  si  rinvennero  parecchi 
pezzi  nella  vasca  che  permisero  se  non  l'assoluta  e  completa  loro  restaurazione  per  lo  meno 


Fio.  6. 


(M  Alle  nove  copie  elencate  dall'Amelung,  Batit  de$  PraxUeìes  aut  Mantineia  pag.  10;  Ftihrer 
durili  die  Antikcn  in  Flortn;,  pag.  250  n.  248  si  dovevano  prima  della  nostra  aggiungere  una  replica 
assai  buona  da  Benevento  :  Savignoni  in  Not.  Scuri,  1904,  pag.  128;  una  di  Torino  e  una  nel  com- 
mercio antiquario  in  Francia;  Reinach,  Uépertoire  de  In  stahwiri  IV,  pp.  171-175,  n.  5. 

(2)  Amelung,  I.  e. 

(3)  Reinach,  Uépertoire,  II,  pag.  398,  n.  1, 


REGIONE    I. 


—  239  — 


TIVOLI 


il  loro  risollevamento  con  qualche  aggiunta  di  filari  di  mattoni  alla  base,  sì  da  poter  ri- 
stabilirne un'altezza  proporzionata  al  diametro.  La  grande  aula  comunicava  per  mezzo  di 
due  porticine  ice  con  il  portico,  e  con  altre  due  porte  con  altre  aule.  Sul  suo  lato  setten- 
trionale poi  si  apriva  un'altra  minor  vasca  a  pianta  semicircolare  lett.  f  anch'essa  acces- 


7 


Fig.  6. 


sibile  con  4  gradini,  e  rivestita  e  pavimentata  di  lastre  di  marmo  bianco.  Dalla  nicchia 
centrale  semicircolare  (lett,  g)  usciva  un  getto  di  acqua.  Due  altre  nicchie  a  sezione  ret- 
tangolare a  cortina  di  mattoni  esistenti  nelle  due  pareti  d'angolo  presso  la  vasca  minore 
furono  poi  chiuse  con  una  fodera  a  rozzo  reticolato  di  tufetti.  Altra  nicchia  semicircolare 
(leti.  /()  era  di  fronte  alla  vasca  minore,  e  fu  poi  da  nicchia  ridotta  a  porta.  Data  la  vici- 
nanza e  l'accessibilità  delle  vasche,  è  evidente  che  la  nostra  aula  non  poteva  essere  che  uno 
spogliatoio  (apodyteròtm).  E  delle  due  vasche  destinate  l'ima  e  l'altra  al  bagno  freddo  la 


TIVOLI 


—  240 


REGIONE    I. 


maggiore  all'aria  aperta  serviva  anche  per  la  natritio,  l'altra  piccola  fi  coperta  unicamente 
per  l'immersione.  In  epoca  più  tarda  la  grande  vasca  in  mezzo  al  cortile  fu  rimpicciolita 
con  la  costruzione  di  un  largo  muro  che  si  attacca  ai  pilastri  iWVapodyforivm,  e  gira  poi 
parallelamente  ai  lai  i  del  portichetto  avendo  a  livello  del  portico  delle  nicchie  alterna- 
tamente volte  verso  l'interno  o  verso  l'esterno  della  vasca,  e  di  pianta  talora  rettan- 
golare, tal  altra  semicircolare,  cosi  come  appare  dal  disegno. 


Fio.  7. 


Sul  lato  orientale  del  cortile  è  un  corridoio  rustico  lastricato  a  mosaico  bianco,  oltre 
al  quale  è  un'ampia  cisterna  non  ancora  esplorata  dalla  (piale  si  partivano  condotture  pel 
servizio  delle  vasche. 

Delle  due  porte  dcll'apoditerio  l'ima  (lett.  e)  immetteva  in  un'aula  con  pavimento 
ora  scomparso  portato  da  suspensurae,  coperta  da  volta  a.  botte.  L'aula  che  per  essere 
più  di  altra  lontana  dalla  sorgente  di  calore  può  essere  stata  un  tepidario,  ha  tre  sboccili 
per  la  circolazione  del  vapore  caldo,  e  aveva  avuto  prima  pili  porte  poi  richiuse.  Quest'aula 
comunica  mediante  una  stretta  porta  obliqua  con  un'altra  aula  di  singolare  planimetria 
e  di  bella  e  ardita  foggia  di  costruzione  (lett.  i).  È  all'ingrosso  un'aula  ottagonale  con 
quattro  lati  rettilinei  nei  quali  si  aprono  quattro  porte,  e  quattro  lati  che  si  incurvano  in 
nicchioni  semicircolari.  Uno  di  questi  nicchioni  è  forato  obliquamente  per  il  passaggio 


REGIONE   I. 


—   241    — 


TtVOtl 


all'aula  di  cui  si  è  precedentemente  parlato.  Sull'ottagono  è  portata  poi  una  volta  ellittica 
clic  interrompe  verso  nord  il  suo  anello  per  dar  luogo  a  un'ampia  finestra.  Non  ostante 
l'arditezza  della  costruzione,  la  volta  è  rimasta  in  piedi.  11  pavimento  in  mosaico  bianco 
poggia  su  suspensi  me,  e  nelle  pareti  mattoni  cavi  assicurano  sino  ad  una  certa  altezza 
l'ascensione  del  vapore  caldo.  Alla  base  della  cupola  corre  tutto  in  giro  l'incassatura 
«li  un  condotto. 

La  posizione  interna  e  centrale  di* quest'aula,  la  molteplice  circolazione  di  aria  calda 


Fio.  8. 


dal  di  sotto  e  lateralmente,  la  pianta  stessa  che  si  accosta  alla  circolare  fanno  pensare  che 
potesse  questa  sala  servire  di  Iaconi  cmn  o  luogo  della  più  intensa  reazione  sudorifica. 

Dal  laconicum  una  porta  mette  in  una  grande  e  bella  aula  circolare  di  singolarissimo 
aspetto,  (leti.  /  e  figura  8).  Coperta  da  bella  volta  a  cassettoni,  e  aperta  a  sud-ovest  con 
cinque  grandi  porte  o  finestroni,  l'aula  è  tutta  occupata  da  un  grande  vaseone  circolare, 
pavimentato  e  rivestito  da  lastre  di  marmo  bianco,  e  accessibile  dal  piano  delle  altre  aule 
per  mezzo  di  tre  gradini  che  corrono  lungo  una  metà  della  circonferenza.  Il  luogo  era  for- 
temente riscaldato,  sotto  tre  delle  porte  si  aprono  le  bocche  di  tre  grandi  praef arnia,  ai 
quali  si  accedeva  da  un  largo  corridoio  sotterraneo.  Con  questo  intenso  riscaldamento 
sembra  contrastare  l'apertura  delle  cinque  grandi  finestre  per  una  metà  della  circonfe- 
renza dell'aula.  Né  panni  altra  spiegazione  si  possa  cercare  di  questa  contraddizione,  se 


TIVOLI 


—  242 


REGIONE    I. 


non  nel  desiderio  che  il  calore  solare  entrasse  anch'esso  come  elemento  benefico  e  salutare, 
meglio  ancora  del  calore  artificiale,  nell'azione  balneoterapica  che  si  svolgeva  in  quell'aula. 
I  finestroni  infatti  sono,  come  dicemmo,  tutti  aperti  a  mezzogiorno  e  a  ponente,  ossia 
in  modo  da  ricevere  la  più  lunga  ed  efficace  azione  solare. 

Ma  anche  un'altra  singolarità  è  da  osservare  nella  nostra  aula  ;  quella  che  secondo  la 
forma  e  per  il  suo  approfondimento  pare  una  grande  vasca,  non  presenta  traccia  di  canali 


Fio.  9. 


per  la  immissione  o  la  emissione  di  liquidi, '  non  solo,  ma  il  piano  della  vasca  è  perfetta- 
mente orizzontale  senza  alcuna  pendenza  per  il  deflusso  delle  acque. 

Analoghe  singolarità  si  possono  riscontrare  nell'altra  aula  (lett.  m)  che  comunica  con 
la  precedente,  e  che  ha  forma  rettangolare  absidata.  Anche  questo  ambiente  è  sospeso 
su  un  vespaio  e  poteva  essere  riscaldato,  e  anch'esso  è  aperto  con  pilastri  quadrangolari 
sui  lati  occidentale  e  meridionale. 

Per  tentare  di  spiegarci  queste  singolarità,  dobbiamo  cominciare  ad  osservare  che 
questo  edificio  termale  è  molto  complesso  e  presenta  molti  più  ambienti  di  quello  che  la 


REGIONE   I. 


—    243    — 


TIVOLI 


consueta  ripartizione  ternana  (frigidario,  tepidario,  calidario)  richiederebbe.  In  questo 
bagno  imperiale  vi  sono  altri  elementi  oltre  i  tre  abituali.  E  non  qui  soltanto  si  pre- 
senta questa  pluralità  di  ambienti,  e  siamo  noi  che  abbiamo  il  torto  di  voler  inten- 
dere le  terme  romane,  e  fino  i  colossali  edifici  di  Caracalla  e  di  Diocleziano,  con  le 


■► 


Fig.  10. 


'V 


sole  prescrizioni  vitruviane.  Aule  con  apparecchi  di  riscaldamento  e  con  vaste  aperture 
al  sole  non  ci  sono  nei  canoni  di  Vitruvio  :  ma  ecco  il  buon  Plinio  il  Giovane  che  descri- 
vendoci la  sua  villa  Laurentina  ci  parla  del  suo  heliocaminw  (*)  Plinio  non  si  ferma 
a  descriverlo,  nò  cosa  alcuna  ne  dice  una  iscrizione  che  pure  lo  ricorda  (*).  Ma  che  tale 
apparato  fosse  nei  bagni  dell'età  imperiale  avanzata  abbastanza  comune,  lo  dice  una  ròspo- 


C1)  Plin.  Epist..  II,  17. 

(*)  C.  I.  O.,  314S  ijXioxtifieiyos. 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX. 


32 


TIVOLI 


—  244  — 


HEGIONE   I. 


sizione  di  legge  che  lo  riguarda,  e  che  vieta  di  piantare  alti  alberi  innanzi  rìVheliocunmtti* 
del  vicino  (').  Ora  nessun  altro  nome  può  meglio  di  questo  convenire  alla  nostra  aula  ro- 
tonda, e  credo  non  ultimo  merito  di  questo  scavo  quello  di  averci  per  la  prima  volta  chia- 


Fio.  11. 


ramente  mostrato  una  entità  architettonica  e  costruttiva,  ben  distinta  e  provveduta  di  una 
sua  ben  chiara  denominazione.  Come  pure  son  persuaso,  che  trovato  ora  così  lucido 
esempio  di  un  heliocaminus,  potrà  esserne  identificato  qualche  altro  in  altri  edifici  ter- 
mali e  in  altre  ville  romane. 

La  benefica  azione  dell'esposizione  al  calore  sedare  era  ammessa  dagli  antichi  medici  (*) 

(')  Ulpiano,  in  Mg.,  Vili,  2,  17. 

(!)  Cfr.  Plin.,  Nat.  Hiti.,  XXXI,  102,  Min  corporihiix  mhiì  iitih'iis  sai»  et  sole  cfr.  Celsus,  De  me- 
tlicinu,  III,  21. 


REGIONE    I. 


245  — 


TIVOLI 


e  forse  la  pratica  BB  divenne  sempre  più  larga  nel  decorso  dei  tempi  imperiali  (').  La  man- 
canza di  pendio  atto  a  deflusso  di  acque  nella  grande  vasca  del  nostro  heliwaminus  può 
far  pensare,  che  la  vasca  stessa  fosse  unicamente  cavata  allo  scopo  di  permettere  mediante 


Fio.  12. 


i  gradini  discendenti  un  maggiore  o  minore  avvicinamento  alla  sorgente,  calorifica  del  sot- 
tosuolo. Rei  fondo  della  vasca  poteva  anche  essere  sabbia  la  cui  efficacia  terapeutica  in 
collegamento  con  la  esposizione  al  sole  era  pure  dagli  antichi  riconosciuta. 


(l)  Intatti  eW  più  a  lungo  si  trattiene  sulle  virtù  terapeutiche  «lei  bagno  di  sole  è  il  medico  del 
V)  sec.  d.  Cr.  Ezio  di  Amida.  largo  compilatore  di  libri  di  medicina,  il  quale  dice  di  derivare  per  que- 
sta parte  specialmente  da  Antillo.  (Aetius,  Medieirme  Strinone»,  111.  lo.  Or.  lìacci,  De  Thermis  (Pa- 
tavii  1711),  pag.  Oli, 


TIVOLI 


—  246  — 


REGIONE    I. 


ISella  esplorazione  di  questo  edificio  termale  furono  rinvenute  le  seguenti  sculture  : 

1)  Molti  frammenti  di  una  bella  replica  della  Venere  accovacciata,  del  noto  tipo 
attribuito  a  Doidalses  di  Bitinia. 

2)  Testa  alquanto  maggiore  del  vero,  ritratto  di  uomo  con  barba  e  copiosa  chioma 
ricciuta  (fig.  9  e  10Ì.  L'artista  pare  essersi  compiaciuto  nell'intagliare  i  riccioli  disordinati 

e  abbondanti  specialmente  sull'occi- 
pite e  sulla  nuca.  Assai  probabilmente 
la  persona  rappresentata  non  è  un 
latino  né  un  greco,  ma  un  barbaro. 

3)  Testa  di  giovane  donna  con 
pupille  segnate,  acconciatura  della  fine 
del  II  sec,  o  principio  del  terzo  coi  ca- 
pelli rialzati  sulla  fronte,  legati  in  una 
treccia  rotonda  sulla  nuca,  e  divisi  sul- 
l'alto del  capo  a  zone  fusiformi  (fig.  11 
e  12).  Buona  scultura,  alquanto  dan- 
neggiata nel  naso.  L'acconciatura  dei 
capelli  somiglia  sopra  tutto  a  quella 
portata  da  Fulvia  Plautilla,  che  è 
l'unica  donna  imperiale,  nella  quale 
questo  tipo  di  accomodarsi  i  capelli 
che  si  inizia  con  Faustina  Giuniore, 
lasci  scoperto  l'orecchio.  Ma  gli  altri 
tratti  del  viso  non  si  accordano  troppo 
col  ritratto  di  Plautilla,  dato  dalle  mo- 
nete, né  d'altra  parte  è  probabile  che 
in  una  villa  imperiale  fosse  conservata 
l'effigie  della  giovanetta  moglie  di  Ca- 
racalla,  sposata  contro  voglia,  cacciata 
,G-  dalla  corte  subito  dopo  la  caduta  del 

potente  padre  suo  Fulvio  Plauziano,  e  poco  dopo  fatta  uccidere  dallo  sposo. 

4)  Piccola  testa  galeata  femminile,   forse  figura  di  Amazzone  o  personificazione 

di  una  città  o  di  Virlm,  di  mediocre  fattura  (fig.  13). 

Le  innumerevoli  spogliazioni  non  hanno  pertanto  ancora  esaurito  il  portentoso 

corredo  di  opere  d'arte  che  questa  fastosissima  tra  le  ville  romane  raccoglieva,  né  le 

ripetute  descrizioni  e  i  numerosi  studi  hanno  diminuito  troppo  la  possibilità  di  rilevare 

in  essa  cose  nuove  e  degne  di  considerazione. 

Pi.    PAIiir.ENI. 


REGIONE   I. 


—  247 


VELLETRI 


XV.  VELLETRI  —  Frammenti  di  sculture  in  marmo  rinvenuti 
nella  contrada  Colle  Cascone. 

In  contrada  Colle  Cascone  a  circa  3  chilometri  ad  ovest  di  Velletri,  il  vignarolo  Au- 
gusto Rosati  ne  11 'eseguire  lo  scassato  per  la  rinnovazione  della  vigna,  ha  rinvenuto  vari 
frammenti  di  una  sfatuina  in  marmo  rappresentante  un  putto  seduto  sul  dorso  di  un 
delfino  (fig.  IV 


Fio.  1. 


La  piccola  scultura,  che  doveva  ornare  una  fontana,  è  alta  dalla,  testa  alla  coda 
del  delfino  45  centimetri,  ed  il  putto  è  alto  20  centimetri.  11  delfino  ha  movenze  eleganti, 
ed  è  appoggiato  con  la  parte  inferiore  della  testa  e  del  collo  su  di  uno  scoglio.  Nella 
bocca  (di  cui  è  mancante  la  estremità)  apparisce  un  foro  che  si  prolunga  nell'interno 
dello  scoglio  entro  il  quale  doveva  passare  il  condotto  portatore  dell'acqua. 

Il  corpo,  che  ha  direzione  pressoché  verticale,  si  svolge  a  spirale  con  leggiadra  mo- 
venza. È  mancante  della  estremità  della  coda.  Il  putto,  seduto  sul  dorso  del  delfino 
ed  appoggiato  con  l'anca  destra  sulla  pinna  dorsale  dell'animale,  è  nell'atto  di  suonare 


VELLETRI  —    248    —  REGIONE    I. 

la  lira.  Ha  due  piccolo  ali  dietro  le  spalle,  i  capelli  ricciuti  adorni  di  una  corona  di 
rose.  Benché  di  mediocre  fattura,  tuttavia  il  piccolo  gruppo  rinvenuto  è  ben  modellato 
ed  elegante. 

Durante  lo  stesso  scavo  il  contadino  ha  trovato  il  frammento  di  una  statuina  in 
marmo  rappresentante  la  metà  posteriore  di  un  cane  levriere  priva  di  zampe.  TI  fram- 
mento non  molto  ben  conservato,  mi  modellato  con  grande  maestria  e  naturalezza 
misura  10  centimetri  di  lunghezza  e  (•  centimetri  di  altezza. 

Dal  terreno  vennero  pure  alla  luce  gli  avanzi  di  una  tomba  ad  inumazione  formata 
dalle  solite  tegole  bipedali  senza  bollo. 

La  località  dove  sono  avvenute  le  anzidette  scoperte  fa  parte  di  una  catena  di  col- 
line disposte  a  terrazze  da  cui  si  gode  il  vago  orizzonte  del  mare,  che  incominciando  da 
S.  Cesareo  ove  esistono  gli  avanzi  della  villa  di  Augusto  si  prolunga  sino  a  colle  Ottone 
ove  sorgeva  la  villa  dell'imperatore  suicida.  Ovunque  si  trovano  gli  avanzi  di  antiche 
costruzioni  e  di  strade  che  stanno  a  testimoniare  della  predilezione  dei  romani  per  quei 
luoghi  ridenti. 


Scoperte  di  antichità  in  contrada  Melabo  presso  l'abitato  di  Velletri. 

Nelle  vicinanze  della  stazione  ferroviaria  di  Velletri  presso  il  giardino  pubblico 
del  Metabo,  ove  furono  in  varie  epoche  eseguiti  degli  scavi  per  la  riempitura  dell'antico 
fossato  delle  mura  della  città  che  portarono  alla  scoperta  di  antichi  edifici  romani,  di 
qualche  statua  in  marmo  e  di  numerosa  suppellettile  fittile,  il  signor  Ottavio  Mafern 
ha  acquistato  una  porzione  di  terreno  per  costruirvi  un  villino,  ed  a  tal  uopo  ha  iniziato 
i  lavori  di  sterro. 

Avendolo  diffidato  di  denunciare  qualunque  oggetto  od  avanzo  di  costruzione  avesse 
rinvenuto  (avendo  disposto  anche  per  una  continua  vigilanza  durante  il  lavoro),  dopo 
qualche  tempo  venni  avvertito  che  era  venuta  alla  luce  una  tomba.  Recatomi  sul  posto 
trovai  intatta  la  tomba  stessa  ed  il  terreno  circostante,  sicché  potetti  procedere  allo  scavo 
che  mise  allo  scoperto  alla  profondità  di  m.  1.80  dalla  superficie  del  terreno  un  sarcofago 
in  terracotta  rotto  in  più  pezzi. 

Esso  era  collocato  col  fondo  in  alto  e  la  bocca  con  i  relativi  battenti  per  il  coperchio 
in  basso,  cosicché  funzionava  da  copertura  del  cadavere  che  era  stato  collocato  sul 
nudo  terreno. 

Sotto  il  feretro  frammisti  al  terriccio  si  rinvennero  gli  avanzi  e  le  ossa  carbonizzate 
oltre  ai  seguenti  oggetti  : 

1)  Due  impugnature  di  spada  lunghe  m.  0.26,  di  cui  non  rimane  che  l'ossatura 
di  ferro  e  le  borchie  o  dischi  in  bronzo  della  parte  superiore. 

2)  Due  coppe  di  terracotta  di  rozzo  impasto  rosso  oscuro  alte  cent.  9,  con  l'orlo 
del  diametro  di  cent.  13  munite  di  relativo  peduccio  largo  cent.  6. 

3)  Gli  avanzi  di  una  pigna  bruciata,  consistenti  in  varie  squamine  ed  alcuni  pinoli 
carbonizzati  ma  perfettamente  conservati, 


REGIONE    I. 


—   2-19   — 


VÈI.LETKÌ 


In  mezzo  alla  terra  annerita  ed  alle  ossa  calcinate  si  sono  rinvenuti  nella  tomba 
alcuni  frammenti  di  bronzo.  Il  sarcofago  di  terracotta  è  stato  potuto  restaurare  perfet- 
tamente. Esso  misura  m.  2,00,  è  largo  m.  0.46,  alto  m.  0.32  e  le  pareti  più  piccole  sono 
leggermente  ricurve.  Lo  spessore  è  di  cent.  3  e  conserva  intatto  il  battente  per  il  coper- 
chio. In  una  estremità  presenta  nel  fondo  una  parte  rilevata  a  guisa  di  origliere. 

Sgombrato  il  terreno  si  è  constatato  che  la  tomba  poggiava  per  una  estremità  su  di 
un  pozzetto  ripieno  di  terra,  rivestito  di  intonaco  del  diametro  di  ni.  0.80. 


X», 


W 


Fio.  2. 


Procedutosi  allo  scavo  si  sono  rinvenute  a  breve  profondità  (fig.  2)  tre  anfore  vinarie 
di  cui  una  munita  di  piccolo  coperchio  in  laterizio  e  perfettamente  vuota  e  due  senza 
coperchio  ripiene  di  terra.  Le  anfore  misurano  ni.  1.1.0  di  altezza  ed  erano  disposte  come 
all'unito  schizzo,  poggiate  al  fondo  del  pozzetto  la  cui  profondità  non  superava  i  m.  1.50. 
Di  pozzetti  e  cunicoli  rivestiti  di  intonaco  ne  furono  rinvenuti  parecchi  negli  scavi  pre- 
cedenti, e  per  quanto  si  sia  incerti  sulla  loro  destinazione,  tuttavia  non  è  azzardata 
l'ipotesi  che  essi  abbiano  potuto  funzionare  da  sylos  per  cereali  o  da  celle  vinarie. 

L'esistenza  del  pozzetto  sottoposto  alla  tomba  rinvenuta  starebbe  a  dimostrare 
che  l'inumazione  delle  ceneri  fosse  posteriore  al  pozzetto. 

Nella  terra  proveniente" dal  proseguimento  dello  sterro  si  sono  rinvenuti  i  soliti  pa- 
rallelepipedi di  peperino  per  sostruzione  di  muri,  molti  sassi  e  vari  oggetti  di  terracotta 


VELLETHI  —   250    —  REGIONE   I. 

come  condottilo  di  vari  diametri,  un  calice  di  rozzo  impasto  e  di  rozza  fattura  alto 
m.  0.09  ;  frammenti  di  una  larga  coppa  pure  di  rozzo  impasto,  di  una  piccola  coppa  a 
vernice  nera  lucente  e  varie  lucerne  in  pezzi. 

In  contrada  Morice  in  mezzo  alle  macerie  di  un  antico  edificio  sono  venuti  alla  luce 
alcuni  frammenti  del  noto  fregio  in  terra  cotta  della  Vittoria  che  sacrifica  il  toro  e  vari 
altri  frammenti  fittili  decorativi. 


Inscrizioni  rinvenute  in  contrada  Solluna. 

In  contrada  Solluna,  e  precisamente  nel  terreno  lavorato  dal  vignando  Crespi  Vin- 
cenzo, ove,  tre  anni  or  sono  fu  scoperto  il  cippo  coll'indicazione  di  una  nuova  strada 
(Notizie  anno  1918,  pag.  138)  proseguendo  i  lavori  di  dissodamento  del  terreno  per  la 
piantagione  della  vigna,  sono  venute  alla  luce  alcune  iscrizioni  in  marmo  che  qui  ap- 
presso descrivo  : 

1.  Frammento  di  lastra  mamorea  dello  spessore  di  mm.  22  alta  ni.  0,49  e  larga 
nel  punto  più  largo  delia  frattura  ni.  0.26.  Essa  contiene  la  parte  destra  dell'epigrafe 
composta  di  sei  righe. 

Della  prima  riga  è  rimasta  soltanto  la  parte  inferiore  di  tre  lettere;  la  seconda  riga 
ha  le  lettere  alte  mm.  70  ;  la  terza  min.  62  ;  la  quarta'nim.  56  :  la  quinta  nini.  50  come 
la  sesta.  Le  lettere  hanno  una  forma  perfetta  e  sono  assai  bene  incise. 

Gli  anni  della  potestà  tribunizia  e  quelli  del  consolato  indicano  con  evidenza  l'im- 
peratore ricordato  nella  epigrafe  che  è  Domiziano.  Non  è  quindi  difficile  la  ricostruzione 

della  parte  mancante  che  può  essere  la  seguente. 

t 

imp.    raesar.     D I  V  i 

respwian  I  •  F 
domitinnìis  .  a  VGVST 
grrmonicits .  pò  NT  •  MAX 
iribtmic  .  poles  TATXV 
imp .  xxii .  co's .  x  V 1 1 

2°.  Lastra  marmorea  dello  spessore  di  millimetri  20  lunga  in.  1,24  ed  alta  m.  0,48. 

Si  compone  di  cinque  righe  di  cui  la  prima  ha  le  lettere  alte  mm.  55;  la  seconda 
nini.  50  ;  la  terza  min.  50  ;  la  quarta  mm.  45  e  la  quinta  nini.  55.  Nella  medesima  riga 
le  lettere  non  hanno  uguale  altezza. 

L'iscrizione  è  la  seguente  : 

FÀLTONIÀE    HILÀRITÀTI 

DOMINÀE    FILIÀE    CÀRISSIMÀE 

QVÀE  HOC  COEMETERIVM 

A  SOLO  SVÀ  PECVNIÀ  FECIT 

Et  hvhic  religioni  donàviT       (aie) 


REGIONE    I.  —  251   —  VELLETKI 


3°.  Altra  lastra  marmorea  dello  spessore  di  mm.  28;  lunga  m.  0.70,  ed  alta  m.  0.50. 
L'iscrizione  rozzamente  incisa  si  compone  di  cinque  righe  irregolari  imperfettamente 
inquadrate  nel  rettangolo  della  lastra. 

Le  lettere  sono  alte  mm.  40  nella  prima  riga,  mm.  35  nella  seconda,  mm.  30  nella 
terza,  mm.  28  nella  quarta  e  mm.  26  nella  quinta. 

Sono  tutte  perfettamente  leggibili  all'infuori  della  prima  parte  dell'ultima  riga  che 
è  corrosa. 

A  $  u 

BONE  •  MEMORIE 

GENESO  •  QVI  BIXIT 

ANNOS  LXXII  MEN-IIIl-D-XI 

L///////////////  AVG-  IN   PACE 

Oj 

4°.  Due  frammenti  della  stessa  lapide  incisi  con  caratteri  di  epoca  tarda. 
11  primo  misura  ni.  0.16  X  0.18  spessore  mm.  15  e  contiene  una  porzione  di  due 
righe. 


Il  secondo  misura  0.15  X  0.18  ha  vario  «pessore  e  contiene  la  fine  di  una  riga  : 


NTIS 


In  un  punto  poco  discosto  dall'Appia  antica  (con  la  quale  il  fondo  Crespi  confina) 
sono  state  scoperte  le  sostruzioni  di  un  monumento  sepolcrale  formate  da  parallelepi- 
pedi di  travertino  e  peperino.  Nessuna  pietra  è  stata  rimossa. 

La  località  dove  sono  state  scoperte  le  lapidi  descritte,  posta  sull'incrocio  della 
Via  Appia  con  la  strada  di  Campomorto  (Nettuno)  e  con  quella  di  Lazzarìa  è  molto  im- 
portante dal  lato  archeologico  ;  e  ne  fanno  fede  i  numerosi  avanzi  di  muri  antichi  che 
si  rinvengono  a  breve  profondità  del  terreno. 

È  per  ciò  un  grave  inconveniente  che  quivi  lo  scavo  non  sia  fatto  sistematicamente, 

e  che  venga  invece  eseguito  a  piccole  trincee  poco  larghe  e  poco  profonde  adatte  solo 

per  la  piantagione  dei  filari  di  viti. 

Oreste  Nardini 

L'iscrizione  num.  2  di  Faltonia  Hilaritas  è  di  notevole  importanza.  Come  è  noto,  la 
parola  coemelerium  non  è  adoperato  nelle  epigrafi  se  non  per  designare  sepolcreti  cristiani 
e  in  particolar  modo  sepolcreti  sopra  terra  (x).  Tale  valore  della  parola  è  qui  confermato 

(')  Cabrol,  Dici.  à'Arch.  Chrcl.  s.  v. 

Notizie  Soavi  1922  —  Voi.  XI X.  33 


VEKOLI  —   252    —  REGIONE    I. 


in  modo  assoluto  dalla  frase  a  solo  e  con  ogni  probabilità  dall'altra  hihie  (sic)  religioni 
donavit.  Ma  le  presunzioni  di  cristianità  aumentano,  se  si  ricorda  quel  tanto  che  ci  è  noto 
di  alcune  personalità  della  gens  Fallonia.  Faltonia  Betitia  Proba  è  la  nota  poetessa  cri- 
stiana, autrice  del  Centone  Vergiliano  De  Landibus  Christi;  fu  moglie  del  prefetto  della 
città  Clodius  Celsinus  Adelphius,  e  madre  di  L.  Clodius  Hemogenianus  Olybrius  conso- 
lare di  Tuscia  nel  370  e  di  Faltonius  Probus  Alypius  vicario  d'Africa  nel  378  e  prefetto 
delle  città  nel  891.  TI  primo  dei  figli  Olibrio  ebbe  in  moglie  una  Tyrrhenia  Anicia  Iuliana, 
e  fu  secondo  ogni  probabilità  figlia  di  questi  due  la  Anicia  Faltonia  Proba  che  dopo  la 
morte  del  marito  Sex.  Petronius  Probus  raccolse  in  casa  sua  una  comunità  di  pie  donne, 
e  che  nel  410  per  pietà  della  popolazione  di  Roma  stretta  d'assedio  avrebbe  fatto  aprire 
una  porta  della  città  ai  soldati  di  Alarico. 

La  donna  della  nostra  iscrizione  non  è  nota,  e  dato  il  suo  cognome,  può  anche  es- 
sere stata  una  liberta  della  ricca  e  illustre  famiglia.  Date  le  origini  prenestine  della  gens 
Anicia,  e  le  cospicue  ricchezze  sia  degli  Anicii  che  dei  Faltonii  loro  parenti  nei  secoli  IV 
e  V,  non  è  improbabile  che  essi  stessi  o  i  loro  liberti  avessero  possessioni  anche  nella 
non  lontana  Velitrae. 

N.  d.  R. 


XVI.  VEROLI  —  Scoperta  di  una  base  di  monumento  onorario 
equestre  e  di  avanzi  di  antico  edifìcio  monumentale  al  Corso  Vittorio 
Emanuele. 

In  Veroli.  eseguendosi  i  lavori  di  ampliamento  dello  stabile  sito  in  Corso  Vittorio  Ema- 
nuele n.  3,  di  proprietà  del  sig.  Luigi  Reali,  si  è  fatta  un'importante  scoperta  archeologica, 
con  lodevole  sollecitudine  riferita  alla  R.  Soprintendenza  agli  Scavi  di  Roma  da  quel  be- 
nemerito Ispettore  onorario,  sig.  Luigi  Quattrociocchi. 

Gli  sterri  misero  in  luce,  a  ni.  5  di  profondità,  dall'attuale  piano  stradale,  gli  avanzi 
di  un  edificio  di  tarda  età,  consistenti  in  un  tratto  di  ciica  m.  10  di  muro  a  sacco  rivestito 
di  opus  reticolalum  a  grossi  prismi  di  pietra  calcare,  con  un'apertura  di  porta.  L'opera 
muraria  era  orientata  da  N.  a  S.,  seguiva  cioè  lo  stesso  andamento  della  cinta  di  mura 
romana  a  grandi  conci  di  pietra  calcare,  tuttora  visibile  per  un  breve  tratto  nei  sotterra- 
nei del  palazzo  comunale  e  sotto  la  corte  della  casa  Mazzoli. 

Altri  muri  in  calcare,  con  passaggi  arcuati,  anch'essi  orientati  da  N.  a  S.,  sottostanti 
all'attuale  piano  stradale  di  Veroli  e  precisamente  correnti  sotto  la  piazza  principale  della 
città,  sono  tuttora  visibili,  accedendovisi  dalla  cantina  della  casa  del  signor  Odoardo 
Franchi. 

L'orientazione  dei  vari  muri  è  la  stessa,  ma  il  muro  ora  scoperto  non  formava  conti- 
nuazione del  muro  di  recinzione  suddetto  né  dei  muri  con  i  passaggi  arcuati,  correva  bensì 


UKGIONE    i.  —    253    


VKKOLI 


alquanto  verso  l'esterno  della  città.  Un  altro  muro  d'identica  struttura  era  già  visibile  per 
breve  tratto  sotto  la  stessa  casa  Reali  essendo  stato  ripreso  nella  costruzione  primitiva. 
Esso  corre  parallelo  al  muro  ora  messo  in  luce,  e  ne  dista  circa  m.  1,60,  formando,  a  quel 
che  sembra,  entrambi  un  corridoio  od  ambulacro.  Aldi  sotto  del  muro  ora  scoperto  cor- 
reva in  senso  parallelo  un  fognolo. 

Il  nuovo  muro  era  stato  evidentemente  costruito  con  gli  avanzi  di  cospicui  edifici 
preesistenti  e  propinqui,  decoranti  cioè  l'antico  Foro  del  municipio  vendano,  che  corri- 
spondeva forse  all'attuale  piazza  della  Cattedrale.  Infatti  il  materiale  adoperato  per  la 
costruzione  della  porta  consisteva  in  due  monoliti  di  pietra  calcare  posti  verticalmente 
come  stipiti,  entrambi  sono  alti  m.  1.80  e  poggiano  su  di  uno  strato  di  ghiaia.  Lo  stipite 
di  sinistra  era  formato  da  una  base  di  monumento  onorario  lunga,  come  si  è  detto, 
m.  1,80  larga  m.  0,80.  ed  alta  m.  0,20.  Nella  parte  superiore  reca  quattro  fori  d'imper- 
niatura che  si  approfondiscono  per  circa  cm.  10  nel  calcare,  formanti  centro  d'incavi  ro- 
tondi entro  i  quali  s'innestavano  in  antico  le  quattro  zampe  del  cavallo  di  bronzo  di  un 
piccolo  monumento  onorario  equestre,  eretto  presumibilmente  nel  Foro  della  città.  I  fori 
corrispondenti  alle  zampe  anteriori  sono  quasi  sulla  stessa  linea,  quello  che  corrispondo  alla 
zampa  sinistra  sporge  di  poco  all'infuori.  le  zampe  posteriori  erano  invece  notevolmente 
divaricate,  avanzando  la  zampa  destra  in  confronto  della  sinistra.  Il  cavallo  era  quindi  rap- 
presentato, se  non  fermo,  nella  posa  di  un  lento  e  tranquillo  incedere.  Una  breve  iscrizione 
incisa  sul  lato  anteriore  del  monolito  ci  fa  conoscere  il  nome  del  personaggio  onorato  ; 
essa  suona,  cosi  : 


P  A  QV  I  V  S  •  Q_  V- 
IIILVIR        ~j 


L'iscrizione  per  la  sua  paleografia,  per  la  sua  laconicità  e  per  essere  il  nome  del  per- 
sonaggio onorato  in  nominativo,  senza  alcuna  formula  dedicatoria,  può  appartenere  al 
I  sec.  av.  Cr.  Il  personaggio  rammemorato,  C.  Paquius,  Q.  f.,  non  è  altrimenti  noto.  La 
gens  Paquia  sembra  fosse  di  origine  osea  ;  suoi  membri  si  trovano  menzionati  in  iscri- 
zioni di  Pompai  (C.  I.  L.,  IV,  222, 1122,  3702),  di  Puleoli  (C.  I.  L.,  X,  2822),  di  Nuceria 
Alfatema  (C.  I.  L.,  X,  1093),  ecc.  Altri  Paquii  sono  di  Histonkm  (C.  I.  L.,  IX,  2827, 
2845.  2846,  2857)  ;  un  appartenente  all'affine,  se  non  identica,  gens  Pacuoia  è  ricordato 
in  un  titolo  di  Fereniinum  (C.  I.  L.,  X,  5844). 

C.  Paquius  tenne  la  suprema  carica  municipale  di  Vcrulae,  fu  cioè  :  IIII  vii:  Que- 
sta indicazione  ci  è  preziosa,  messa  a  raffronto  con  l'altra,  già  a  nostra  cognizione,  per 
la  quale  sapevasi  che  nell'a.  197  d.  Cr.  i  magistrati  cittadini  verulani  erano  II  viri  (L.  Al- 
fius,  L.  f.  Cornelia),  Valentinus,  II  vir  qfuin)  q(uennalis)  ;  C.  I.  L.,  X,  5796). 

A  spiegare  tale  mutazione  occorre  riandare  brevemente  la  storia  di  Verulae  e  delle 
altre  principali  città  del  fiero  e  forte  popolo  ernico,  cioè  di  Ferentinum  e  àiAletrium.  Esse 
nell'a.  306  av.  Cr.  ottennero  definitivamente  il  diritto  di  cittadinanza  romana,  conti- 
nuando a  reggersi  con  le  proprie  leggi  e  con  la  prerogativa  del  connubio  (Liv.  IX,  42, 


VEROLI  —    254    —  REGIONE   I 

43)  ;  Verulae  restò  libero  municipio,  confederato  di  Roma.  Nella  guerra  civile  i  Verulani 
seguirono  il  partito  di  C.  Mario,  nato  nell'a.  157  av.  Cr.  nel  prossimo  villaggio  di  Ce- 
reatae,  detto  poi  in  suo  onore  Cereakie  Mariana?,,  ora  Casamari(Plut..,  Mar.,  3  ;  Veli.  Pa-" 
ter.,  II,  11).  Per  la  reazione  sillana  ebbe  l'eccidio  dei  suoi,  le  terre  assegnate  ai  legionari 
e  di  libero  municipio  divenne  colonia  militare  reggendosi  con  le  proprie  leggi  commiste 
al  diritto  dei  romani.  Nell'a.  97  d.  Cr.  l'imperatore  Nerva  tolse  la  colonia  militare  e  le 
terre  furono  restituite  ai  coloni  {index  coloniarum,  p.  339). 

Con  tutta  probabilità  C.  Paauius  fu  uno  degli  ultimi  UH  viri  dell'antica  città  fede- 
rata, prima  che  vi  fosse  dedotta  la  colonia  militare.  Questa  ipotesi  è  confortata  dall'ana- 
logia che  presentano  i  casi  di  altre  città  che  subirono  la  stessa  sorte  di  Verulae.  Così,  ad 
esempio,  Casinum  ebbe  prima  della  deduzione  della  colonia  i  ////  viri  (C.  I.  L.,  X,  5190) 
e  dopo  i  II  viri  (C.  I.  L.,  X,  5159  [a.  40  av.  Cr.],  5197,  5198,  5205,  5417)  ;  Teanum  Si- 
dicinum,  che  divenne  colonia  per  opera  di  Augusto  o  di  Claudio,  ebbe  dapprima  i  //// 
viri  (C.  I.  L.,  X,  4736,  4798)  e  poi  i  II  viri  (C.  I.  L.,  X,  4789,  4797,  4823).  Verulae 
adunque  ebbe  come  primi  magistrati  cittadini  i  ////  viri,  fino  alla  deduzione  della 
colonia,  e  poi  i  II  viri,  che  rimasero  anche  quando,  come  tutte  le  colonie,  divenne  du- 
rante l'impero  nmnieipium. 

Va  tuttavia  osservato  che  effettivamente  la  differenza  fra  le  due  magistrature  è 
soltanto  apparente,  giacché  anche  i  UH  viri  erano  effettivamente  due  (cf.  fasti  di  In- 
teramna  Lirenas,  C.  I.  L.,  X,  5405).  Si  dissero  IIII  viri  perchè  il  collegio  di  magistrati 
municipali  si  componeva  di  quattro  persone,  due  II  viri  pire  dicundo  e  due  aediles,  si  po- 
teva quindi  considerarli  o  come  formanti  un  solo  collegio  e  chiamarli  UH  virijure  di- 
cundo e  IHI  viri  aediles,  o  come  formanti  due  collegi  distinti  e  dirli  //  virijure  dicundo 
e  //  viri  aediles  (*), 

* 
*  * 

Proseguendo  nella  descrizione  della  scoperta  è  da  notare  che  i  costruttori  della  porta 
ebbero  cura  di  far  poggiare  il  lato  della  ba?e  che  reca  l'epigrafe  sullo  strato  di  ghiaia  che 
formava  il  piano  di  base  della  porta  stessa. 

Lo  stipite  di  destra  era  a  sua  volta  formato  da  un  altro  blocco  di  calcare  alto 
m.  1,80,  largo  0,47  e  spesso  m.  0,23.  Uno  dei  suoi  lati  lunghi  è  sagomato  a  rao'  di  tra- 
beazione ;  esso  era  più  lungo  e  fu  segato  per  essere  ridotto  alle  proporzioni  volute.  Su 
periormente  nella  grossezza  del  muro  erano  stati  messi  in  opera  due  altri  blocchi  di  cal- 
care, l'uno  con  aggetto  accennante  a  linea  curva  (m.  0,95  X  0,35  X  0.30),  l'altro  scor- 
niciato (m.  0,57  X  0,39  X  0,20).  Queste  pietre  erano  presentate  dal  lato  piano. 

La  soglia  infine  era  formata  da  un  altro  blocco  di  calcare,  con  aggetti  curveggianti 
(m.  1,12  X  0,58  X  0,57).  Fra  la  terra  di  riporto  si  rinvennero,  oltre  a  vari  frammenti 
di  pietra  calcare  lavorati,  due  rocchi  di  colonne,  parimenti  di  pietra  calcare,  di  vario 
modulo  ;  l'uno  è  alto  m.  0,45  ed  ha  un  diametro  di  m.  0,74,  l'altro  è  alto  m.  0,73  ed  ha 
m.  0,47  di  diametro.  Si  rinvennero  anche  alcuni  frammentini  di  cornici  di  marmo. 

(')  M.  Zunipt.  Coinmmt.  epigrnph.,  I,  pag.  170  segg.  :  I?.  Borghesi,  Oeuvres  complMes,  VI, 
pag.  31  il  n.  3. 


REGIONE   I.  255   VEROLI 


* 
*    * 


Al  di  fuori  dei  muri  descritti,  ad  est,  e  cioè  ancora  più  verso  l'esterno  della  città, 
a  m.  3,50  di  profondità  dal  piano  attuale,  lo  sterro  ha  messo  in  luce  alcune  tombe 
ad  inumazione.  Esse  erano,  a  quattro  ordini  sovrapposti,  a  cassettoni  in  muratura 
ricoperti  da  una  cappuccina  di  tegole  hipedali.  Anche  il  fondo  dei  cassettoni  era  for- 
mato da  tegole,  soltanto  in  una  delle  tombe  il  fondo  era  costituito  da  lastroni  di  marmo. 
Gli  scheletri,  ben  conservati,  giacevano  con  il  teschio  a  N.-O.  e  gli  arti  inferiori  a  S.-E. 
La  scarsa  suppellettile  rinvenuta  è  costituita  da  tre  armille  di  rame  lisce,  e  da  due  anel- 
lini di  rame,  dei  quali  uno  è  decorato  noi  castone  da  una  doppia  croce  formata  da  un'unica 
asta,  fiancheggiata  da  due  minuscoli  rametti  floreali.  Si  rinvennero  anche  alcuni  urceoli 
fittili  ansati  a  corpo  leggermente  rigonfio.  Uno  di  questi  urceoli  ha  rozzamente  graffito 
un  ramo  di  palma  ed  una  croce  monogrammata.  Da  quanto  è  stato  esposto  facilmente 
desumesi  essere  le  poche  tombe  ora  scoperte  a  testimonianza  di  un  sepolcreto  del  V  o  del 
VI  sec.  d.  Cr.  quivi  esistente. 


*  * 


Devesi  purtroppo  ammettere  che  ben  poco  conoscesi  della  topografia  e  delle  vicende 
edilizie  della  vetusta  Verulae.  E  questa  la  prima  volta  che  le  Notizie  degli  Scavi  si  occu- 
pano dell'insigne  città.  Sono  lieto  pertanto  di  essere  il  primo  a  sollevare  il  velo  del  mi- 
stero e  confido  che  questa  breve  mia  relazione  dia  lo  spunto  ad  un  serio  ed  ordinato  la- 
voro di  esplorazione  e  di  studio  delle  antichità  vendane. 


* 
*  * 


Per  la  cortesia  dell'egregio  prof.  Camillo  Scaccia -Scarafoni,  il  quale  con  tanto  amore 
si  occupa  della  storia  e  delle  memorie  della  sua  città  natale,  ho  potuto  prendere  visione 
di  un  frammento  marmoreo  iscritto,  tuttavia  inedito,  rinvenuto  nei  pressi  della  chiesa 
di  S.  Valentino  e  che  ora  conservasi  nella  pubblica  Biblioteca  di  Veroli.  Ecco  quanto 
resta  del  mutilo  testo  : 

H  E  R  E  :nJ  N  I O  •  S  E  R 

ALVEI   •    TIBERIS1 

AD-  SILICE -PROCA 


ìPROC-CC  -IY.  . 


L'intiero  marmo  contenteva  il  modesto  curriculum  vitaeài  un  personaggio  dell'ordine 
equestre  del  cui  nome  non  rimane  che  il  gentilizio  e  forse  il  principio  del  cognome 
(Herennius  Ser ).  Egli  fu  tra  l'altro: 


VEKOU  —   256   —  REGIONE    I. 

a)  [proc(uraior)  od  (uìiuhr  curaicris]  almi  Tiben's  [et  eloacarum]  (cf.  C.  I.  L.. 
X,  797  [Laurentum]  )  ;  XIV,  172  add.  p.  481  [Ostia]  ;  C.  I.  L.,  3991).  Dal  II  secolo 
d.  Or.  in  poi  la  cura  alvei  Tiberia  et  cloacamm  urbis  fu  retta  da  un  curator  del- 
l'ordine senatorio  ed,  in  sottordine,  da  quattro  procuralores  od  adiutores  dell'ordine 
equestre  (1). 

b)  [proc(urator)]  ad  silice  (*)  (cf.  C.  I.  L.,  VI,  1598  ;  XI  6337  [Pisaurum])  ;  pre- 
posto alla  pavimentazione  silicea  delle  vie  di  Roma  ed  al  movimento  dei  veicoli. 

e)  proc(urator)  a ;  è  incerto  se  il  supplemento  debba  cominciare  :  proci urator) 

a[ua ]  od  in  altro  modo. 

d)  proc{urntor)  (tlucenarius)  in ;  fu  il  personaggio  della  nostra  iscrizione  proc- 
uratori {ducenarius),  cioè  con  l'emolumento  di  duecento  mila  sesterzi.  Anch?  in  questo 
caso  il  supplemento  è  incerto  ;  potrebbe  forse  trattarsi  di  un  pron(urator)  (ilucmarius) 
IV  publicoram  Africa*  (cf.  C.  I.  L.,  Ili,  3925;  V  7547;  X  6668). 

Per  ragione  della  loro  importanza  le  dette  cariche  furono  successivamente  tenute 
in  ordine  inverso  a  quello  in  cui  si  seguono  nell'epigrafe.  Questa  per  la  sua  paleografia 
appartiene  alla  metà  circa  del  III  sec.  d.  Or. 

* 
*  * 

Conservato  anche  nella  pubblica  Biblioteca  ho  veduto  trovarsi  un  mattone  bipedale 
rinvenuto  nel  territorio  di  Castro  dei  Volsci  ;  reca  la  seguente  marca  di  fabbrica  : 


SVRI ACI 
FIGVLI 


Il  bollo  non  è  nuovo,  ne  fu  già  visto  uno  simile  dal  p.  Garrucci  nel  già  collegio  dei 
Gesuiti  in  Ferentino  :  è  riportato  nel  C.  I.  L.,  X,  8043,  83. 

0.  Mancini. 


(')  L.  Cantarelli,  Li  serie  dei  curatore*  Tiberù,  in   Bull,  detta  Comm.  Archenl.  Comnn.,  188.1, 
pag.  189  <pg. 


REGIONE    I. 


—    257    — 


PONTICELLI 


XVII.  PONTICELLI  (Napoli)  —  Necropoli  del  III  secolo  av.  Cr.  in 
località   *  Purgatorio  ». 

Ai  primi  di  dicembre  1912,  il  Soprintendente  agli  soavi  di  Napoli  ebbe  notizia  che 
nei  lavori  di  sterro  eseguiti  dalla  Ditta  Mazzocchi  e  Carrata,  per  l'ampliamento  del  parco 
ferroviario  di  Napoli,  in  occasione  dei  lavori  della  direttissima  con  Roma,  in  un  vasto 
terreno  situato  alla  destra  della  strada  nazionale  che  va  da  Napoli  a  Capua,  oltre  Pog- 
gioreale.  presso  la  cappelletta  del  Purgatorio,  sulla  traversale  che  porta  al  ponte  di  Por- 


PTARANO 


Fio.  1. 


chiano  e  al  villaggio  di  Ponticelli,  e  precisamente  in  territorio  di  questo  comune,  ap- 
parivano tombe  antiche  (fig.  1). 

Essendo  io  allora  ispettore  al  Museo  Nazionale  e  agli  Scavi  di  Napoli,  ebbi  incarico 
di  fare  un  sopraluogo  e,  dopo  che  ebbi  accertato  l'interesse  della  scoperta,  di  sorvegliare 
il  lavoro,  provvedendo  al  ricupero  degli  oggetti  trovati.  I  lavori  procedevano  nel  modo 
più  rapido,  per  mezzo  di  macchine  scavatrici  e,  quando  io  giunsi  sul  luogo,  parecchie 
tombe,  delle  quali  non  si  sospettava  il  valore,  erano  già  state  distrutte. 

Si  stabilì  subito  una  rigorosa  sorveglianza,  nella  quale  fui  eccellentemente  coa- 
diuvato dal  custode  Nicola  Testa  e,  se  il  sistema  di  scavo  che  per  superiori  interessi 
del  lavoro  e  dell'erario  non  fu  possibile  sospendere  o  mutare,  fece  sì  che  ogni  tomba  sco- 
perta venisse  subito  dopo  distrutta  col  procedere  del  lavoro  stesso,  tanto  che  non  si  potè 
fare  una  pianta  della  necropoli,  pure  si  ottenne  di  poter  studiare  la  suppellettile  di  cia- 
scuna tomba,  e  di  aggiungerla  poi  alle  collezioni  del  Museo  Nazionale  di  Napoli. 


PONTICELLI 


—  258  — 


HEGIONE   I. 


Nel  redigere  la  presente  relazione,  per  le  prime  51  tombe  a  cassa  e  parecchie  a 
cappuccina  o  a  semplice  fossa,  scavate  tra  il  3  e  il  29  dicembre  1912,  mi  sono  servito 
degli  appunti,  degli  schizzi  e  delle  fotografie,  da  me  presi  giornalmente  sul  luogo.  Per 
le  altre  tombe,  invece,  scavate  nel  primo  bimestre  1913,  essendo  io,  per  il  concorso 
allora  vinto,  passato  come  ispettore  al  Museo  Nazionale  di  Villa  Giulia  a  Roma,  mi 
limito  a  riprodurre  il  diligente  giornale  di  scavo  del  Testa,  che  fu  sorvegliato  anche  dal 
collega  ed  amico  dott.  Amedeo  Majuri,  ora  Soprintendente  agli  scavi  del  Dodecanneso, 


Fio.  2 
(da  sinistra  a  destra,  tombe  Vili,  IX,  XIII%e  XII;  sopra  la  XIII,  resti  della  tomba  VII). 

che  ringrazio  di  avermi  fatto  comprendere  anche  questa  parte  dello  scavo.  La  mia 
opera  negli  scavi  dell'Etruria  meridionale  e  poi  la  lunga  mia  partecipazione  alla  guerra 
nazionale,  nonché  la  necessità  di  rivedere  nel  Museo  di  Napoli  il  materiale  scavato  e 
tutto  li  conservato,  giustificano  il  ritardo  col  quale  questa  relazione  viene  pubblicata. 


Le  località  della  necropoli  è  a  km.  4  %  della  Porta  Capuana  di  Napoli  e  presenta  i 
soliti  caratteri  naturali  di  quella  zona  prossima  al  Vesuvio,  dove  il  terreno  è  formato  da 
una  serie  di  sedimenti  vulcanici  e  di  terra  vegetabile.  Le  zone  di  cenere  e  di  lapilli,  o  di 
roccia  tufacea  si  succedono  dai  tempi  più  remoti  ai  contemporanei  e,  dopo  la  costruzione 
delle  tombe,  il  suolo  deve  essersi  notevolmente  rialzato. 


REGIONE    I. 


—    259   — 


l'ONTlCELtl 


II  taglio,  profondo  in  media  5  metri  (fig.  2)  ('),  presentava  un'ampia  fronte  per- 
pendicolare alla  linea  ferroviaria  Napoli-Caserta-Roma,  che  segnava  appunto  il  suo 
limite  meridionale.  Veniva  quindi  a  guardare  l'occidente  e  lo  scavo  procedeva  così 
avanzando  verso  oriente,  dove  il  suolo  si  va  lentamente  elevando,  essendo  la  necropoli 
situata  sull'ultima  pendice  delle  colline  che  salgono  verso  Casoria. 

Di  questa  ampia  fonte  che,  sull'allineamento  nord-sud,  aveva  più  di  un  centinaio 
di  metri  di  lunghezza,  la  zona  delle  tombe  occupava  la  parte  a  settentrione,  la  più  lon- 
tana cioè  dalla  suddetta  linea  ferroviaria. 

Come  già  dissi,  quando  la  Soprintendenza  fu  avvertita  del  travamento,  un  certo 
numero  di  tombe  era  già  andato  distrutto  e  io  ritrovai  infatti  grandi  lastroni  di  tufo, 


Fig.  3. 


Fia.  4. 


indizio  sicuro  di  tombe  a  cassa.  L'impresa  dei  lavori  aveva  conservato  alcuni  oggetti 
più  interessanti,  che  mi  furono  subito  consegnati.  Questi  oggetti  si  possono  dividere 
in  due  gruppi  : 

Gruppo  A  (che  secondo  la  dichiarazione  fattami  apparterrebbe  a  una  sola 
tomba)  : 

1)  Statuina  di  terracotta,  alta  nini.  130.  Una  giovane  donna  avvolta  nel  chitone 
e  nello  himation  procede  verso  sinistra  tenendo  a  cavalluccio  un  erote  (fig.  3).  Queste 
rappresentazioni  iMYephedrismos  sono  comuni  in  terracotte  ellenistiche  (2)  e  ne  esiste 
anche  una  in  marmo  (3); 

(')  Questa  e  la  fig.  6  sono  tratte  da  mie  fotografie  ;  tutte  le  altre  sono  fotografie  del  sig.  Lo  Sacco 
del  Museo  di  Napoli  e  le  devo  alla  cortesia  di  quella  Direzione. 

(!)  Winter,  Die  Antiken  Terrakotten,  II,  pag.  137,  n.  7,  di  provenienza  italiana. 

(3)  Roma,  Pai.  dei  Conservatori  (Mariani.  L'ephedrismos  di  Piana  Dante,  in  Bull.  Com.  di 
Roma,  1907,  p.  34).  Cfr.  Daremberg-Saglio,  Dici.  Ani.,  II,  p.  639. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  34 


PONTICELLI  260   —  RKGIONE   t. 


2.Ì  Anforisco  con  ansa  sulla  bocca  (alt.  del  vaso  nini.  205).  Sulla  pancia,  da  cia- 
scun lato  è  dipinta  una  grande  testa  femminile,  di  profilo  sinistro  con  grande  stephane 
raggiata  bianca  e  con  una  collana.  Le  due  teste  sono  divise  da  grandi  palmette  (fig.  4); 

3)  Vaso  con  coperchio  (lekanis  ?),  (diam.  mm.  105  ;  alt.  mm.  120)  con  decora- 
zione uguale  a  quella  del  vaso  precedente.  Tutt'e  due  sono  prodotti  italioti,  di  fabbrica 
campana,  databili  nella  prima  metà  del  III  secolo  a.  0.  (fig.  5). 
Gruppo  B.  Oggetti  di  tombe  varie  : 

1)  Guttus  a  vernice  nera,  baccellaio  con  una  testa  leonina  al  beccuccio  (diam. 
mm.  90  ;  alt.  45  mm.).  Di  fabbricazione  campana  della  seconda  metà  del  III  sec,  proba- 
bilmente di  Cales  ; 

2)  Altro  guttus  della  stessa  fabbrica  ;  ma  con  fori  nella  parte  gupcriore  e  becco 
posto  vertkalmente  (diam.  mm.  100,  alt,  45  mm.)  ; 


Fio.  5. 

3)  Kylix  v.  n.  (diam.  mm.  100,  alt.  60  mm.)  ;  nell'interno  vi  sono  impresse  una 
testa  di  gorgone  al  centro,  con  4  palmette  intorno  ; 

4).  Piccola  lekythos  (alt.  mm.  95),  di  terra  giallognola,  con  la  pancia  coperta 
da  un  reticolato  nero,  con  punti  bianchi  agli  incroci.  Di  tipo  molto  comune  in  Cam- 
pania nel  III  sec.  (*); 

5)  Skyphos  v.  n.  assai  rastremato  in  basso  (alt.  mm.  105  ;  diam.  sup.  mm.  90)  ; 

61  Lekythos  v.  n.  con  baccellature  sulla  pancia; 

7-8)  Olla  di  rozza  terra  (alt.  230  mm.)  sulla  quale  a  guisa  di  coperchio  era 
posta  una  ciotola  v.  n.  (alt.  mm.  65;  diam.  175  mm.)  con  nell'interno,  impressi,  una 
testa  di  Medusa  circondata  da  cinque  anelli  ovali  e  strie  radiali; 

9-'.0)  Altra  olla  simile  (alt,  275  mm.)  ;  ma  con  tre  piccole  protuberanze  sul  collo 
e  due  strie.  Il  coperchio  era  una  ciotola  uguale  a  quella  della  tomba  precedente  (diam. 
185  mm.  ;  alt.  mm.  65)  di  vernice  nera  più  ferrigna;  ma  con  l'ornamentazione  impressa 
nell'interno  diversa  :  una  stella  nel  mezzo  circondata  da  sette  palmette  collegate  tra 
loro  da  una  linea  a  festone  ; 

(')  Patroni,  Ceramica  antica  neWltaìia  merid.,  pag.  113.  Chiamo  lekythos  questi  forma  tarda 
di  vasi,  che  fu  la  sola  di  questa  classe  adoperata  nell'Italia  meridionale  :  seguendo  il  Walters.  W*tonj 
of  ancìent  pottery,  ì  pag.  1!)6,  fig.  57.  Altri  la  chiamano  aryballos. 


REGIONE    I.  —   261    —  PONTICELLI 

11-12)  Terza  olla  come  le  precedenti  (alt.  260  mm.)  che  aveva  per  coperchio  un 
piatto  a  v.  n.,  adorno  nel  centro  di  una  testa  di  Medusa,  circondata  da  quattro  meandri, 
tutti  impressi  ; 

13)  Cuspide  di  lancia  di  ferro,  lunga  mm.  185; 

14)  Parte  inferiore  di  una  cosidetta  lekanis,  di  terra  grezza  ; 

15-17)  Tre  ollette  con  anse  verticali  (lekane?)  (x),  la  prima  con  quattro  protube- 
ranze di  terra,  verniciata  di  nero  nella  parte  superiore  (alt.  mm.  110);  le  altre  di  terra 
grezza  (alt.  mm.  75  e  70)  ; 

18)  Boccaletto  v.  n.  (alt.  mm.  80)  ; 

19)  Piccolissima  kylix  di  rozza  terra  grezza  (alt.  mm.  30  ;  diam.  mm.  35)  ; 

20)  Frammenti  di  uno  specchio  circolare  di  bronzo  argentato  :  diam.  originario 
mm.  100  circa. 

Descrizione  delle  tombe. 

(Le  misure  delle  tombe  sono  in  metri,  quelle  degli  oggetti  in  millimetri). 

Tomba  I.  Formata  di  grandi  lastroni  di  tufo,  disposti  in  modo  da  costituire  una 
vera  cassa,  chiusa  da  ogni  lato.  Dimensioni  (2)  :  lunghezza  2,20  ;  largh.  0,68  ;  altezza  0,67. 
Ogni  lato  lungo  e  il  pavimento  erano  formati  di  due  lastre  uguali. 

II  coperchio  era  piano  e  non  differiva  dagli  altri  lati.  L'interno  era  stato  imbiancato  con 
calce.  Furono  rinvenuti  pochi  resti  dello  scheletro  :  la  testa  era  a  destra  e  il  defunto  guar- 
dava così  perfettamente  l'occidente.  Nessun  oggetto  di  metallo.  I  vasi  erano  così  disposti  : 

Presso  il  braccio  destro  : 

1)  Skyphos  a  v.  n.  (alt.  110  ;  diam.  95). 
Presso  il  braccio  sinistro  : 

2)  Piccola  olla  di  terra  grezza  (alt.  165). 
Presso  il  ginocchio  destro  : 

3)  Lekythos  a  fondo  rosso  con  reticolato  nero  (alt.  56). 
Ai  piedi  del  defunto  : 

4)  Ciotoletta  v.  n.  (diam.  60  ;  alt.  28)  ; 

5)  Altra  ciotoletta  simile  (diam.  40  ;  alt.  30)  ; 

6)  Piccola  lekythos  a  vernice  nera  plumbea  (alt,  80)  ; 

7)  Ciotoletta  v.  n.  (diam.  1 10  ;  alt.  45)  ; 

8)  Piccola  lekane,  senza  coperchio,  verniciata  di  nero  nella  parte  superiore  (alt.  80)  ; 

9)  Grossa  ciotola  v.  n.  plumbea,  decorata  nell'interno  di  una  testina  di  Medusa, 
circondata  da  5  palmette,  da  una  corona  di  7  anelli  e  da  4  ordini  di  raggi,  tutto  impresso 
(diam.  180,  alt.  60). 

Tomba  II.  Aspetto  simile  alla  precedente  per  forma  e  per  dimensioni  (2,20  X 
0,60  X0.60)  veniva  a  trovarsi  alla  sua  sinistra.  Era  alla  profondità  di  m.  1,10  (3). 

(!)  Adopero  questo  nome  per  comodità,  benché  sia  evidentemente  inesatto  (Cfr.  Walters,  op.  cit. 
T,  pp.  1G4  e  176;  fig.  33). 

(a)  Tali  misure  furono  sempre  prese  nell'interno  del  cassone. 

(3)  Noto  che  questi  dati  di  profondità  non  hanno  grande  valore  rispetto  alle  tombe,  perchè 
la  superficie  del  suolo  non  solo  non  era  piana  ma  assai  irregolare. 


PONTICELLI  —    262   —  REGIONE    I. 

Sullo  scheletro  furono  rinvenuti  : 
1-3)  Tre  fi  buie tte  di  bronzo  ; 
4-5)  Due  anellini  di  bronzo  ; 

6)  Una  monetina  di  bronzo  J$  Apollo  coronato  di  alloro  ^  Toro  a  volto  umano 
e  l'iscrizione  IDN®I .  Parmi  attendibile  l'ipotesi  del  Beloch  che  riavvicina  il  nome  a  una 
città  Arinthe  nominata  da  Ecateo  e  crede  la  moneta  di  comunità  autonoma  etnisca  del 
III  secolo  (')  ; 

Intorno  al  defunto  : 

7)  Lekythos  con  decorazione  a  reticolato  nero  e  punti  bianchi  (alt.  60). 

8)  Ciotola  v.  n.  con  impressi  nel  fondo  nove  labirinti  senza  ordine  e  raggi  (diam. 
180;  alt.  70); 

9)  Ciotola  v.  n.,  con  piede  (diam.  90  ;  alt.  62). 

10)  Frammenti  di  specchio  argentato. 

Tomba  III.  Come  la  precedente  ;  la  pietra  però  nell'interno  era  lasciata  grezza. 
Dimensioni  2,50  X  0,65  X  0,50.  Direz.  NE-SO.  Vi  fu  rinvenuta  la  seguente  suppellettile  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  30); 

2)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  180)  ; 

3)  Skyphos  v.  n.  (alt.  100)  ; 

4-5)  Piccolo  boccaletto  (alt.  75)  e  coppetta  v.  n.  (diam.  35)  ; 

6)  Lekythos  decorata  con  reticolato  nero  (alt.  75)  ; 

7)  Lekane  di  terra  rossa  (alt.  95). 

Tomba  IV.  Di  forma  simile  alla  precedente  e  anch'essa  lasciata  grezza  nell'in- 
terno. Dimens.  lungh.  2,20  ;  largh.  0,65  ;  alt.  0,62.  Direz.  N-S.  Lo  scheletro  era  splen- 
didamente conservato,  tanto  che  il  teschio  è  stato  conservato  con  la  suppellettile  e  tro- 
vasi al  Museo  di  Napoli.  Il  defunto  aveva  la  testa  a  sud  adagiata  sulla  gota  sinistra. 

All'altezza  della  mano  destra  : 

1)  Lekythos  a  v.  n.  (alt.  90)  ; 
Ai  piedi  del  defunto  : 

2)  Kylix  a  v.  n.  (diam.  100)  decorata  di  4  stelle  impresse  ; 

3-9)  Vasi  a  v.  n.  :  ciotoletta  (alt.  60);  boccaletto  (alt.  65);  altra  ciotoletta 
(diam.  40)  ;  ciotola  (diam.  110)  ;  lekythos  (alt.  110)  ;  skyphos  (alt.  110)  ;  askos  (alt.  110)  ; 

10)  Ciotola  a  v.  n.  (diam.  180  ;  alt.  70),  con  impressi  internamente  un  labirinto  al 
centro  e  altri  8  intorno,  collegati  da  festoni  ; 

11)  Lekane  di  terra  grezza  (alt.  95)  ; 

12)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  290)  ; 

Tomba  V.  La  cassa  di  pietra,  uguale  alle  precedenti,  (1,45  X  0,60  X' 0,601  era 
perfettamente  vuota  di  suppellettile. 

TombaVl.  (fig.  6).  Uguale  alla  precedente.  Dimensioni:  lungh.  2,15  ;  largh.  0,54; 
alt.  0,53.  Direzione  NE-SO.  La  fotografia,  da  me  presa  subito  dopo  che  la  tomba  era  stata 

(l)  Beloch,  Campanien,  pag.  10  ;  Carelli,  T.  86, 2  ;  Brit.  Mus.  Cai.,  Italia,  pag.  127.  Per  un  esemplare 
.trovato  a  Pompei,  v.   Von  Duhn,  in  Bull.  Inst.  1874,  pag.  1CU  segg.  Altri   esemplari  ili  Pompei: 
A.  Sogliano,  La  Xenopoli  preromana  di  Pompei,  in  Memorie  della  lì.  Acead.  di  Arrh.  Lelt.  e  P>.  .1.  di 
Napoli,  li  (1913),  p.  209;  M.  Della  Corte,  in  Not,  scavi,  1910,  p.  296. 


REGIONE    I. 


—    2Q3 


PONTICELLI 


aperta,  togliendo  le  due  lastre  del  lato  lungo  sinistro,  dà  un'idea  esatta  della  costruzione 
di  questi  sepolcri.  Misurai  la  terra  sopra  la  tomba,  constatando  che  il  coperchio  era  alla 
profondità  di  m.  4  precisi.  11  defunto  aveva  la  testa  a  S-0  e  era  posato  sulla  guancia 
sinistra. 

Presso  il  braccio  sinistro  : 

1  )  Cuspide  di  lancia  di  ferro  ; 
Ai  piedi  del  defunto  : 
2-3)  Olla  (alt.  180)  di  terra  grezza  sulla  quale  era,  a  guisa  di  coperchio  una  coppa 
a  v.  n.  e  riflessi  argentei  (alt.  70)  con  un  labirinto  centrale,  circondato  da  8  altri  ; 


Fio.  <5. 


4)  Lekane  di  terra  grezza  (alt.  80)  ; 

5-11)  Vasi  a  v.  n.  :  askos  (alt.  105);  orciolo  (alt.  80);  kylix  (diam.  100);  skyphos 
(alt.  110);  due  ciotolettc  con  piede  (diam.  50);  ciotola  (diam.  110)  con  internamente, 
impressi,  un  circoletto  centrale,  circondato  da  6  altri  segni  (3  circoletti  e  3  palmette). 

Tomba  VII.  Uguale  alle  precedenti.  Dimena:  lungh.  2,10  ;  largh.  0,62;  al- 
tezza 0,80.  Direzione  N-S.  Era  a  soli  m.  2  %  di  profondità  e  veniva  a  trovarsi  quasi  sopra 
la  tomba  VI.  Notevole  la  pietra  che,  anziché  essere  il  solito  tufo  color  bruno,  era  un  tufo 
rossastro.  I  lati  lunghi  della  cassa  erano  formati  pure  di  lastre  tutte  d'un  pezzo  (1).  Lo 
scheletro,  intatto,  era  nella  solita  posizione,  con  la  testa  a .  S  e  poggiata  sulla  guancia 
sinistra.  Non  si  rinvenne  nessuna  suppellettile,  tranne  un  semplice  anellino  di  bronzo. 

Tomba  Vili.  Di  forme  uguali  alle  precedenti.  Noto  che  queste  casse  venivano 
a  formare  veri  sarcofagi.  Le  pareti  della  cassa  erano  fitte  verticalmente  nella  terra  attorno 


(*!  Si  vede  ancora  iti  posto  il  lata  destro  nella  fig.  'ì,  sopra  la  tomba  X I T I ,  clic  è  apparsa  dopo  la 
demolizione  della  tomba  VI  clic  le  era  situata  davanti. 


PONTICELLI  —    264    —  RICCIONE    I. 


alle  lastre  che  ne  formavano  il  fondo.  Il  coperchio  invece  veniva  naturalmente  a  pog- 
giare sulla  sommità  delle  pareti  stesse. 

Tale  costruzione  può  ben  vedersi  nella  fig.  6  e  in  quella  2,  dove  vediamo  la  tomba  Vili 
già  in  parte  distrutta,  che  è  la  prima  a  sinistra.  Dimens.  2,13  X  0,60  X  0,64.  La  presente 
tomba  fu  rinvenuta  a  10  ni.  a  sinistra  della  precedente  ;  ma  al  livello  della  tomba  VI; 
a  4.  m.  quindi  di  profondità  dall'attuale  piano  di  campagna.  Direzione  N-S,  la  testa  del 
defunto  era  a  S. 

In  bocca  al  teschio,  che  ne  ebbe  leggermente  colorato  di  verde  l'osso  della  mandibola: 


Fio.  7. 


1)  Monetina  di  bronzo  di  Napoli.  D  Testa  di  Apollo  ;  9  Parte  anteriore  del  toro  an- 
drocefalo  e  l'iscrizione  [N]EOnOA  [ITHN].  È  un  conio  della  seconda  metà  del  IV  sec. 
(Head,  Hist.  Numm.,  p.  34). 

Ai  piedi  del  defunto  : 

2)  Olla  di  terra  grezza  con  striature  sulla  parte  superiore  e  tre  protuberanze  alt.  140); 

3)  Vaso  di  forma  ricordante  la  cosiddetta  lekane,  con  anse  verticali  rudimentali 
(fig.  7).  Di  terra  grezza,  presenta  una  decorazione  a  onde  marine  stilizzate,  nere  supe- 
riormente e  bianche  al  principio  della  pancia  (circ.  42)  ; 

4)  Ciotola  a  v.  n.  argentea  (diam.  130)  con  impressa  una  testina  di  Medusa  al  cen- 
tro e  5  anelli  ovali  ; 

5-7)  Ciotoletta  (diam.  90)  :  skyphos  (diam.  80)  e  orciolo  (diam.  70)  a  v.  n. 
Tomba   IX  (*).    Simile  alla  precedente  (1,89  X  0,60  X  0,65)  ;  di  pietra  accura- 
tamente levigata  all'esterno  ;  di  più  le  lastre  delle  pareti  nel  punto  di  incontro  non  erano 
solamente  giustaposte,  come  sulle  tombe  finora  esplorate  ;  ma  lavorate  a  sguincio   in 
modo  da  formare  una  perfetta  commessura.  Direzione  E-O.  La  tomba  a  m.  3  dal  suolo 

(*)  Vedi  fig.  2;  la  2»  tomba  dalla  sinistra. 


KEGIONfc   I. 


—    265   — 


PONTICELLI 


veniva  a  essere  a  destra  della  precedente.  Fu  trovata  eoi  coperchio  franato  e  piena  di 
terra.  Tra  questa  trovate  : 

1)  Cuspide  di  lancia,  di  ferro,  perfettamente  conservata,  (lungh.  340)  ; 

2)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  200)  ; 

3)  Ciotoletta  a  v.  n.  (alt.  60)  ; 

4)  Lekythos  con  la  decorazione  a  reticolato  (alt.  100). 

TombaX.   Del  tipo  comune.  Dimcns.  2,20  X  0,56  X  0,50.  A  m.  1 ,40  di  profondità, 
Vi  furono  rinvenuti  soltanto  i  seguenti  oggetti  : 
1)  Kylix  a  v.  n.  con  impresse  quattro  mezze  palmetto  (diam.  100)  ; 


Fio.  8. 


2)  parte  inferiore  di  uno  skyphos  a  v.  n.  (diam.  70)  ; 

3)  Manico  di  utensile  di  ferro,  non  determinabile  (lungh.  120). 

Tomba   XI.    Simile  alle  precedenti.  Dim.  2,30  X  0,60  X  0,80.  A  ni.  3,40  di  pro- 
fondità. 

Presso  il  teschio  : 

1)  Cuspide  di  lància  di  ferro  (lungh.  250)  (Fig.  8,  a  sinistra). 
Ai  piedi  del  morto  : 

2)  Olla  di  terra  grezza  assai  rastremata  al  basso  (alt.  200)  ; 

3)  Lekythos  con  reticolato  nero  (alt.  90)  ; 

4-6)  Piatto  (diam.  140)  ;  coppetta  (diam.  60  con  impressa  una  testina  di  Me- 
dusa); altra  coppetta  (diam.  40)  a,  v.  n.  ; 

7)  Ciotola  a  vernice  nera  argentea  con  impresse  nelFinterno  5  testine  di  Medusa 
(diam.  180); 

8)  Altra  ciotola  più  piccola  con  impresse  5  teste  di  leone  (diam.  95)  ; 

9)  Lekane  di  terra  grezza  (alt.  90)  ; 

10)  Boccaletto  verniciato  superiormente  in  nero  (alt.  80). 


PONTICELLI 


—    266    — 


ItliGrONE    t. 


Tomba  XII.  Simile  alla  precedente  e  alla  stessa  profondità;  ma  la  cassa  è 
molto  più  larga  del  solito  e  meno  lunga  (1  ,9ó  x  0,76  X  0,65).  Direzione  E.  0.  (fig.  2  : 
la  prima  a  destra). 

Non  vi  furono  trovati  vasi;  ma  solo  una  cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  250)  e  uno 
strigile  pure  di  ferro  (lungh.  270). 

Tomba  XIII.  Delia  solita  forma  e  pietra  e  aHa  stessa  profondità  delle  due 
precedenti,  (fig.  2  ;  la  seconda  da  destra).  Trovata  dopo  la  rimozione  della  tomba  VI  ; 
è  venuta  a  trovarsi  quasi  sotto  la  VII.  Dimens.  2,40  X  0,65  X  0,65.  Direzione  E-O. 


Fig.  9. 


A  lato  dello  scheletro  : 

1)  Resti  della  lancia,  che  dovette  esser  lunga  più  di  ni.  2.  La  cuspide  di  ferro  è 
lunga  330  min  ;  il  saurocter,  pure  di  ferro,  75  ; 

2)  Fibula  di  ferro  ad  arco  : 
Ai  piedi  : 

3)  Cratere  e  colonnette  (cosidetta  kelebe)  di  terra  grezza  (alt.  230)  (fìgg  9,  3)  ; 
4-6)  Tre  ciotole  a  v.  n.  argentea  (diam.  170,100  e  110).   Decorate  all'interno 

con  4  palmette  e  5  doppi  festoni  ovali  ;  una  con  grande  spirale  : 
7-8)  Ciotola  con  piede  a  v.  n.  (diam.  70  e  40)  ; 
0)  Orciolo  verniciato  superiormente  di  nero  (alt.  70)  ; 

10)  Skyphos  a  v.  n.  (alt.  110)  ; 

11)  Lekane  a  v.  n.  (alt.  80). 

Tomba  XIV.  Solita  forma.  Dimens.  2,20x0,60x0,65.  Conteneva  solo  una 
lancia  (cuspide  lungh.  280)  e  uno  strigile  di  ferro  (lungh.  circa  2501  (fi<r.  8,  a  sinistra  e 
al  centro). 


KEOIONE    I.  —    267    —  PONTKEEtI 


T  o  ni  b  a  X  V.   Solita  forma,  a  m.  1,90  di  profondità.  Dimens.  1,90  X  0,60  X  0,60. 
Era  perfettamente  vuota  di  suppellettile. 

Tomba  XVI.  Come  la  precedente  (1,90X0,60X0,60).  A  m.  3,50  di  profondità. 
Presso  la  testa  : 

1)  Cuspide  di  lancia,  di  tipo  lungo. 
Ai  piedi  : 

2)  Anfora  di  terra  grezza  (alt.  200)  (fig.  9,  4). 

Tomba    XVII.    Solita  forma.  Dimens.   2,20x0,60x0,65.    Alla  stessa  pro- 
fondità della  precedente. 

Conteneva  solo  un  askos  a  v.  n.  e  un  bombylios,  in  frammenti. 


Fio.  10. 


Tomba  XVI II.  Solito  tipo.  (1,93  X  0,65  X  0,58). 

La  tomba  conteneva  di  suppellettile  una  monetina  di  Napoli  del  IV  secolo.  Vf  Testa 
di  Apollo  con  grande  ricciolo.  ^  Protome  di  toro  androcefalo  ('). 

Tomba  XIX.  Solito  tipo.  Direzione  NNE-SSO;  testa  a  S.  S.  O.  Conteneva 
soltanto  : 

Vaso  di  terra  grezza  (alt.  140  ;  lungh.  520)  con  decorazione  policroma.  Al  principio 
della  pancia  zona  nera  con  tralcio  di  edera  di  colornaturale  della  terra.  Al  collo  fascia  rossa 
con  palmette  e  linee  verticali  nere.  Il  coperchio  con  tralcio  e  decorazione  a  rosetta  (fig.  10). 

Tomba  XX.  Solito  tipo,  a  m.  3,20  di  prof.  (2,07  X  0,78  X  0,80).  Direz.  N-S; 
testa  del  defunto  a  S. 

Ai  piedi  : 

1)  Orciolo  di  terra  grezza,  a  forma  panciuta  (a.  0,24;  circ.  massima  620.  (Fig.  9,  2)  ; 

2)  Uno  skyphos  a  v.  n.  (alt..  110)  ; 

3)  Uno  strigile  di  ferro  (lungh.  270). 

(*)  Vedi  E.  Cabrici,  Necropoli  di  età  ellenistica  ri  Teano  dei  Sidicini,  in  Mori.  Ani.  JÀncei,  XX  H910), 
col.  88. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  35 


l'ONTICEJ-Ll 


268  — 


KEGIONE    I. 


Tomba  XXI.  Stessa  forma  dolio  prooorlonti  :    mancava  però    delle   lastre  nel 
fondo.  Conteneva  di  suppellettile  : 

1)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  160); 

2)  Piccola  lekythos  decorata  con  reticolato  (in  frammenti)  ;   aveva  nel   fondo 
una  polvere  gialla,  resto  della  sostanza  contenuta. 

Tomba   XXII.    Solito  tipo;    tufo  rossastro  (1,95x0,60x0.65).  A  m.   2,75 
di  profondità.  Peifettamente  pnva  di   suppellettile. 


Fio.  11, 


Tomba  XXIII.   Forma  abitualo;  a  m.  3  di  profondità.  Dimens.  :  2,20  X  0,60 
0,65.  Ai  piedi  furono  rinvenuti  i  seguenti  vasi  : 
1)  Frammenti  di  alabastron  di  alabastro  ; 

2-9).  A  vernice  nera  :  4  ciotole  (diam.  180,  110,  60,  40),  la  prima  delle  quali  col 
fondo  rosso,  nel  quale  sono  incise,  tra  4  file  di  raggi,  4  palmetto  e  6  anelli  ovali  ;  1  kylix 
(diam.  105)  decorata  nel  fondo  con  un  cerchietto  e  intorno  1  palmetto  impresse  ;  1  askos 
(alt.  90),  1  boccaletto  (alt.  80),  1  skyphos  (alt.  115)  ; 

10)  Lekane  verniciata  di  nero  superiormente  (alt.  90). 
Tomba  XXIV.  Solito  tipo,  a  m.  1,50  di  profondità  (1,95  X  0,75  X  0,64). 
Presso  il  capo  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  0,33)  ; 

2)  Strigile  di  ferro  (lungh.  0,20). 


REGIONE    I. 


2G9 


PONTICELLI 


All'altezza  di  una  mano  : 

3)  Anellino  di  bronzo. 
Ai  piedi  : 

4)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  130).  Conteneva  gli  scheletri  di  due  uccellini  ; 
6)  Bomhylion  a  v.  n.  (alt.  85). 

Tomba  XXV.  Come  le  precedenti,  a  m.  1,50  di  profondità  (1,80X0,70x0,70). 
Ai  piedi  serano  i  seguenti  vasi  : 

1)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  1,40). 

2-3)  Lekythos  (alt   170)  (fig.  9,  5)  e  skyphos  (alt.  90)  a  y.  n. 

4)  Bomhylion  (lungh.  130). 


Tomba  XXVI.  Solito  tipo,  a  m.  Ì.26  di  profondità  (diam.  2,20  X  0.60  X  0,64). 
Direzione  N-S  ;  testa  del  defunto  a  S  ; 
Presso  il  capo  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  210)  (fig.  11,  «). 
Ai  piedi  : 

2)  Anforisco  con  ansa  sulla  bocca,  (alt.  250).  Presenta  da  ogni  lato  una  figura 
maschile  ammantata.  Lateralmente  grandi  palmette  e  viticci  (fig.  11,  «)  con  le  caratteri- 
stiche, specialmente  nelle  foglie  dentate  della  ceramica  cumana  ; 

3)  Lekythos  a  f.  r.  di  stile  campano,  con  grande  testa  femminile  (fig.  11,6)  (alt,  100); 

4)  Anfora  di  terra  grezza  (alt.  270)  (fig.  11,  e); 
6)  Letame  di  terra  grezza  (alt.  110)  (fig.  11  d); 

6)  Ciotola  a  v.  n.  decorata  nell'interno  di  4  piccole  palmette  impresse  (diam.  165) 

(fig-  il,  f); 

7)  Boccaletto  di  terra  rossa  (alt.  90)  (fig.  IL  e); 


PONTICELLI  —    270   —  REGIONE   I. 

8)  Kylix  a  v.  n.  decorata  nel  fondo  di  4  mezze  palmette  (diam.  110)  (fìg.  11.  h)  ; 

9)  Skyphos  a  vernice  rossastra  (alt.  120)  (fig.  11,  i). 

Tomba  XXVII.  De)  solito  tipo  (2,20  X0,70  X0,60).  Alla  profondità  di  m.  3. 
Presso  il  capo  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro,  lungh.  100  (fig.  12,  f). 
Ai  piedi  : 

2)  Boccaletto  a  v.  n.  (alt.  80)  (fig.  12,  a); 

3)  Lekane  di  teira  grezza  (alt.  90)  (fig.  12,  b); 

4)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  200)  (fig.  12  e)  ; 

5)  Skyphos  a  v.  n.  (alt.  110)  (fig.  12,  d)  ; 

6)  Ciotola  a  v.  n.  (diam.  100)  (fig.  12,  e)  ; 

7)  Ciotoletta  con  piede  (a.  70)  (fig.  12,  g)  ; 

8)  Guttus  caleno,  con  splendida  vernice  nero-plumbea.  Presenta  in  rilievo  una 
testa  di  Gorgone  (diam.  100  ;  alt.  90)  (fig.  12,  h)  ; 

9Ì  Ciotola  a  v.  n.  decorata  nell'interno  di  una  stella,  circondata  da  4  palmette, 
assai  belle,  incise,  tra  una  serie  di  raggi  (diam.  140)  (fig.  12,  i)  ; 

(10)  Kylix  a  v.  n.  (diam.  100)  decorata  da  3  palmette  e  4  piccole  spirali  incise 
tra  aureola  di  raggi  (fig.  12,  l). 

Tomba  XXVIII.   Solito  tipo  (2,20X0,60X0,65);  a  m.  1,25  di  profondità; 
Vuota  di  suppellettile. 

Tomba  XXIX.  SoKto  tipo  (2,20  X  0,70  X 0,65)  ;  a  m.  1,50  di  profondità.  Pure 
vuota. 

Tomba  XXX.  Della  solita  forma  e  materiale.  (2,20  X  0,70  X  0,74)  ;  a  m.  3,50 
di  profondità.  La  tomba  rovinò  per  franamento  della  parete 
di  sterro.  Si  poterono  ricuperare  : 

1)  Statuina  di  terra  cotta,  di  giovane  alato  nudo  con 
clamide  dietro  il  corpo,  rappresentante  forse  Thanatos  (alt.  140) 
(fig-  13)  0; 

2— 3>  Frammenti  di  kylix  e  di  coppa  a  v.  n. 
Tomba   XXXI.   Solito  tipo  (1,80X0,65X0,70).  A 
m.  3,50  di  profondità.  Con  teneva  il  solo  scheletro. 

Tomba  XXXII.  Come  le  precedenti  (2,1 5x0,59X0,60) 
pure  alle  profondità  di  m.  3,50. 

Vi  si  raccolsero  i  seguenti  oggetti: 
1)  Anellino  di  bronzo  (frammenti); 
^  2-8)  Vasi  a  v.  n.  lekane  (alt.  80)  ;  skyphos  (alt.  105)  ; 

askos  (alt.   110);  boccaletto  (alt.  90);  ciotoletta  con  piede 
pI0   13  (alt.   50)  ;   ciotoletta   di   color  rossastro   (alt.   45)  ;    ciotola 

(diam.  110Ì  ; 

9)  Ciotola  (diam   165)  adorna  nell'interno  di  un  labirinto  impresso  nel  mezzo  e 
circondato  da  7  palmette  ;  assai  bella  ; 

10)  Olla  di  terra  grezza,  di  forma  panciuta  (alt.  230). 

(l)  Win  ter,  A  ut.  Terrak,  II,  pag.  249,  n.  10  (<li  provenienza  italiana). 


REGIONE    I. 


—  271 


PONTICELLI 


Tomba  XXXIII.  Solito  tipo.  A  m.3,50  di  profondità.  Dimensioni:  2,28X0,65 
X  0,60.     • 

Presso  lo  scheletro  : 
1)  Anello  di  argento  (diam.  16)  con  scarabeo  di  corniola  (9  X  6)  che  porta  la  rappre- 
sentazione di  un'idra  dal  corpo  leonino  con  tre  teste  in  atto  minaccioso.  La  coda  del  mo- 
stro è  disposta  ad  arco  sul  corpo.  E  un'opera  piuttosto  rozza,  di  arte  italica,  lavorata 
col  sistema  di  incisioni  circolari  ricavata  col  trapano  ;  detto  lavoro  a  globulo  di  tipo  comune 
in  Etruria  e  nell'Italia  meridionale,  in  tombe  del  IV-III  sec.  a.  C.  ; 


Via.  14. 


2)  Anello  di  argento  con  incisa  nel  castone  una  colomba  in  volo  ; 

3)  Moneta  corrosa  di  Napoli,  con  la  testa  di  Apollo  ; 
Ai  piedi  (fig.  14): 

4)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  280)  ; 

5-14)  vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  120)  ;  kylix  (diam.  105)  ;  piatto  (diam.  155  deco- 
rato nel  centro  di  una  testina  di  Medusa  e  6  palmette)  ;  ciotola  con  piede  (diam.  90);  altra 
ciotola  con  piede  (diam.  55);  boccaletto  (alt.  70);  olletta  ansata  con  coperchio  (alt.  80); 
piattino  (diam.  40)  ;  lekythos  con  la  pancia  schiacciata  (alt.  145)  ;  ciotola  (diam.  150) 
decorata  anch'essa  nel  centro  di  una  testina  di  Medusa  tra  sei  palmette  ; 

15)  Lekythos  decorata  a  reticolato  (alt.  90). 
T  o  ni  b  a  XXX IV.  Stessa  forma  delle  precedenti  (2,10  X  0,60  X  0,60)  ;  a  m.  1,50 
di  profondità, 


PONTICELLI  —    272    —  REGIONE    I. 

Conteneva  insieme  ad  alcuni  frammenti  indeterminabili  di  vasi  a  v.  n.  : 
1)  Stamnos  di  terra  grezza  (alt.  210)  (fìgg.  9,  1)  ; 
2-3)  Due  coppe  a  v.  n.  su  piede  (diam.  55  e  45)  ; 

Tomba  XXXV.  Solito  tipo  (1,75  X  0,60  X  0,70)  ;  a  m.  3  di  profondità.  Conte- 
neva il  solo  scheletro. 

Tomba -XXXVI.  Stessa  forma;  il  tufo  di  qualità  rossastra  (2,15  X 0,65  X  0,80), 
a  m.  3  di  prodondità.  Conteneva  solo  due  bombylioi  di  terra  grezza,  uno  (lungh.  180) 
con  fasce  nere  ;  l'altro  frammentato. 

Tomba  XXXVII.  Solito  tipo  (2,20  X  0,65  X0,55);  a  m.  3,50  di  profondità. 

A  fianco  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  340). 
Ai  piedi  : 

2)  Olla  di  terra  grezza,  raccolta  in  frammenti  ; 

3)  Kylixa  v.  n.  (diam.  105)  con  dipinto  nell'interno  un  tralcio  bianco  di  foglie  e 
bacche  fi 'edera  ; 

4-6)  Ciotola  (diam.  110)  ;  ciotoletta  (diam.  50)  ;  boccaletto  (diam.  80)  a  v.  n.  ; 
7)  Lekane  di  terra  grezza  (diam.  80). 

Tomba  XXXVIII.  Questa  tomba  dall'aspetto  e  dalla  costruzione  identica  alle 
altre  (2,00  X  0,50  X.0,40),  alla  profondità  di  m.  3,50,  è  stata  rinvenuta  senza  tracce  di 
scheletro  e  divisa  in  due  parti  da  una  lastra  di  pietra  disposta  un  po'  obliquamente  quasi 
a  metà  lunghezza  dalla  tomba  stessa. 

Tomba  XXXIX.  Solito  tipo;  tufo  rosso  (2,10x0,65x0,80);  profondità: 
m.  3.  Conteneva  il  solo  scheletro. 

Tomba  XL.  Identica  alla  precedente,  sotto  la  quale  precisamente  fu  rinve- 
nuta ;  profondità  m.  4.  Dimensioni  :  1,82  X  0,66  X  0,66. 

Presso  la  bocca  del  defunto  il  solito  vaì'lov: 

1)  Monetina  di  bronzo  indecifrabile  ; 
Al  lato: 

2)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  380). 
Ai  piedi: 

3)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  180). 

Tomba  XL).  Solito  tipo  (2,00  X  0,65  X  0,70)  ;  alla  profondità  di  m.  2,80. 
Ai  lati  del  defunto  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  380)  ; 

2)  Striglie  di  ferro  (lungh.  290). 
Ai  piedi  : 

3-4)  Olla  (diam.  190)  e  bombylion  di  terra  grezza. 

Tomba  XLI1.  La  cassa  di  questa  tomba,  trovata  a  m.  2,80  di  profondità,  pur 
essendo  del  tipo  delle  precedenti,  presentava  la  singolarità  di  terminare  superiormente 
con  una  cornice.  Dimena.  2,09  X  0,70  X  0,70.  Il  cornicione  a  destra  misurava  1 ,09  X  1 ,00  ; 
quello  a  sinistra  m.  1,25  X  0,84. 

Il  defunto  riposava  su  un  lettino  di  calce  e  aveva  vicino  : 

1)  Strigile,  con  impresse  sul  metallo  le  tracce  del  vestito  di  lana  (lungh.  280); 

2)  Oinochoe  (alt.  210). 


REGIONE    1.  —    273    —  PONTICELLI 

Tomba  XLIIL  Tipo  comune  (2,00  X  0,58  X  0,75),  trovata  a  m.  3,60  di  pro- 
fondità. Conteneva  soltanto  presso  lo  scheletro  : 

1)  Moneta  di  Napoli  1?  Apollo,  IJ  protorae  di  Acheloo: 

2)  Fibule  di  ferro  ad  arco  ; 

3)  Anello  di  bronzo,  (tra  le  ossa  della  mano  sinistra). 

Tomba  XI,  IV.  Solito  tipo  (2,20  X  0,70  X  0,70)  a  m.  3,60  di  profondità,  Con- 
teneva soltanto  un'olla  di  terra  grezza  (a.  160). 

Tomba  XLV.  Solito  tipo  (2,00  X  0,60  X  0,60)  ;  a  m.  1,60  di  profondità.  Il  tufo 
della  parete  destra  era  giallastro;  quello  della  parete  sinistra  invece  rossastro.  Conteneva 
il  solo  scheletro. 

Tomba  XI,  VI.  Sempre  del  solito  tipo  (2,20  X  0,50  X  0,60),  trovata  alle  prò - 
fondita  di  m.  3,50. 

A  fianco  del  defunto  : 
I  )  Frammenti  di  strigile  di  ferro  ; 

2)  Fibula  di  ferro  con  anellino  di  bronzo  ; 

3)  Anellino  di  bronzo. 
Ai  piedi  : 

4)  Olla  di  terra  grezza,  con  tracce  di  pittura  sul  collo  (alt.  310). 

5-14)  Vasi  a  v.  n.  :  lekythos  baccellata  (alt.  60)  ;  lekythos  panciuta  (alt.  140)  ; 
skyphos  (alt.  110)  ;  askos  (alt.  115)  ;  kylix  (alt.  100)  con  incise  nell'interno  testina  di 
Medusa  e  sei  palmette;  ciotola  (diam.  150)  con  impressi  un  labirinto  circondato  da  7  altri, 
riuniti  da  festoncino  ;  coppa  con  piede  (alt.  70)  ;  lekane  (alt.  1 10)  ;  piattino  (diam.  40). 
Tomba  XLV  II.  Solito  tipo  (2,20  X  0.65  X  0,56).  A  m.  3,50  di  profondità. 
Presso  la  bocca  :  ♦ 

1)  Moneta  assai  corrosa  che  pare  di  Napoli  del  IV-1II  secolo. 
Al  fianco  : 

2)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  ; 
Ai  piedi  : 

3)  Lekane  di  terra  grezza  (alt.  86)  ; 

4)  Vasi  a  v.  n.  :  askos  (alt.  110):  ciotola  (diam.  105);  ciotola  con  piede  (alt.  55); 
grande  ciotola  con  impressi  nell'interno  un  labirinto,  circondato  da  8  stelle,  tutto  com- 
preso in  una  corona  di  8  anelli  ovali  :  kylix  con  stella  e  quattro  palmette  ;  altra  ciotola 
(diam.  105). 

Tbmb  a  X  L  V 1 1 1.  Come  le  precedenti  ;  tufo  rosso  (2,10  X  0,60  X  0,65)  ;  a  m.  2,80 
di  profondità.  Conteneva  due  bombylioi  soltanto  in  frammenti.  Sopra  il  coperchio  era 
stato  seppellito  un  altro  defunto,  in  epoca  certo  posteriore. 

Tomba  XLIX.  Solito  tipo.  (2,20  X 0,65 X 0.65)  a  m.  3  di  profondità.  Furono 
rinvenuti  : 

Sul  petto  del  defunto  : 

1)  Fibuletta  di  ferro  ; 
Presso  una  mano  : 

2)  Anellino  di  bronzo  ; 

3)  Monetina  corrosa,  che  pare  di  Napoli. 


1-ONTlClCT.Ll  —    274    —  UECìlONF.    1. 


Ai  piedi  : 

4)  Kylix  verniciata  di  nero  argenteo  con  impresso  sul  centro,  tra  ornati  una  mo- 
neta con  la  testa  di  Kore.  (diam.  130).  È  un  bellissimo  esemplare  di  quelle  caratteristiche 
coppe  che  furono  ch'amate  «  di  Arethusa  »  nel  centro  delle  quali  fu  posto  il  calco  dei 
decagrammi  di  Siracusa,  opera  di  Euainetos,  della  fine  del  V  secolo  a.  C.  Riconosciuta 
dallo  Evans  e  dal  Duhn  (*)  la  sicurezza  che  furono  adoperati  veri  e  propri  calchi  delle 
monete,  calchi  che  per  le  successive  fasi  di  lavorazione  vennero  a  impiccolirsi,  ne  venne 
la  conclusione  che  in  questi  finissimi  prodotti  ceramici,  come  del  resto  mostrano  la 
forma  e  la  vernice,  furono  imitati  vasi  di  argento,  nel  centro  dei  quali  erano  veramente 
incastrate  le  monete  (2).  E  il  fabbricante  italiano  di  questa  classe  di  kylikes  di  terracotta 
dovette  possedere  una  di  quelle  monete  già  rare  ai  suoi  tempi,  da  lui  apprezzata 
per  la  sua  singolare  bellezza.  Coppe  simili  furono  rinvenute  a  Teano  (s),  a  Cunla  (*) 
e  in  altre  città  dell'Italia  centrale  e  meridionale  (5);  ma  il  luogo  di  fabbricazione 
dovette  essere  Capua  e  la  data  deve  porsi  intorno  alla  metà  del  III  secolo  avanti  Cristo  ; 

5-13)  Vasi  a  v.  n.  ;  lekythos  (diam.  70)  ;  askos  (diam.  100);  ciotola  (alt.  105); 
skyphos  (alt.  105}  ;  boccaletto  (alt.  75)  ;  ciotole  (alt.  60  e  40)  ;  ciotola  con  impressa  figura 
incerta  al  centro,  circondata  da  6  palmette  e  7  doppi  festoni:  lekane  (alt.  110); 

14)  Olla  di  terra  grezza  in  frammenti  (alt.  110). 
Tomba    L.   Solito  tipo,  tufo  rosso  :  a  m.  3  di  profondità.  Dimens.  :  2,00  X  0,50 
X  0,58. 

Rinvenuti  ai  piedi  dello  scheletro  (fig.  15): 

1)  Maschera  fittile  di  aspetto  tragico  (largh.  100»  ; 

2)  Altra  maschera  fittile  di  aspetto  comico  (largii.  90)  (•)  : 
3-4)  Due.bombylioi  fusiformi  (largh.  140  e  40). 

Tomba  LI.  Uguale  alle  precedenti  (2.10  X  0,67  X  0,60);  a.m.  4  di  profondità. 
Tufo  giallastro. 

In  bocca  al  defunto  : 

1)  Moneta  indecifrabile. 
Ai  piedi  : 

2-3)  Olle  di  terra  grezza  (alt.  290  e  160)  : 

(')  A.  Evans,  Syracusan  medellions  and  iheir  engraves  in  the  Ughi  of  recent  finds,  in  Numismoiic 
Chronicle,  1891,  pag.  113  segg. 

(*)  Cfr.  la  patera  di  Rcnnes  al  Cabinet  des  Médailles  di  Parigi:  una  kylix  del  tipo,  di  argento 
fu  trovata  nella  Russia  meridionale  ed  è  della  prima  metà  del  111  secolo  (Antiguités  di'  Bnsnhore  eim- 
rnérien,  tav.  38,  6,  6). 

(*)  E.  Gabriel,  Necropoli  di  Teano  cit,  fig.  16. 

(*)  Xotirie  degli  Scavi,  1883  profilo  tav.  V,  63;  riproduzione  del  calco  in  (iabrici,  op.  cit.,  fig.  28; 
id.,  Cuma,  tav.  CVII,  6. 

(*)  Vedine  l'elenco  nel  Pagenstecber,  Celenische  Reliefkeramik,  1909,  pag.  16  segg.  ;  Una  bella 
tavola  dell'esemplare  già  Campana,  ora  del  Louvre  (n.  285)  fu  data  da  Th.  Reinach  nella  Revae  Archéo- 
ìogique,  1894,  tav.  IX.  Cfr.  Walters,  op.  cit.,  tav.  XLVIII,  4. 

(•)  Queste  maschere  fittili  di  tipo  teatrale  si  trovano  numerose  anche  nelle  tombe  etnische 
a  camera  del  III  secolo,  dove  erano  appese  alle  pareti.  Si  suppongono  di  importazione  dalla  Cam- 
pania (Clr.  il  mio  recente  scritto  in  Ausonia,  X,  1921:  Cratere  etrusco  del  Museo  di  Trieste, 
p.  18  segg.  dell'estr.). 


REGIONE   I.  —    275   —  PONTICELLI 

4-7)  Ciotola  (diam.  140);  kylix  (diam.  90)  ;  boccaletto  (alt.  85)  e  altra  ciotola (diam. 
110)  a  v.  n.  ; 

8)  Kylix  a  vernice  rossastra  (diam.  70)  ; 
9-10)  Skyphos  v.  n.  (alt.  80)  con  entro  un  boccaletto. 
Tomba  L IL   Solito  tipo  (1,80  X  0,62  X  0,70)  alla  profondità  di  m.  3,30. 
Conteneva  di  suppellettile  solo  un'anfora  di  terra  grezza  (alt.  170)  e  un  vasetto  a 
v.  n.  (alt.  65). 

Queste  le  tombe  a  cassa,  di  forma  piana,  rinvenute  finché  io  sorvegliai  lo  scavo  a  Napoli  : 
dopo  la  mia  partenza  furono  trovate  : 

Tomba  LUI.    Solito  tipo  ;    di  tufo  rosso  (2,09  X  0,60  X  0,75)  a  m.  2,80  di 
profondità.  Non  vi  fu  fatto  alcun  rinvenimento. 


Fio.  15. 

Tomba  LIV.  Solito  tipo.  Tufo  di  varia  colorazione  (2,12  X  0,68  X  0,80)  ;  alla 
profondità  di  m.  2,30.  Conteneva  il  solo  scheletro. 

Tomba  LV.  Tipo  normale  (1,96  X  0,60  X  0,60);  a  ni.  3,50  di  profondità. 

Ai  piedi  dello  scheletro  era  una  sola  oinochoe  in  terracotta  grezza. 

TombaLVI.  Solito  tipo  (2,20  X  0,60  X  0,65)  ;  a  m.  3,60  di  profondità.  Ai  piedi 
dello  scheletro  furono  rinvenuti  : 

1)  Olla  in  terracotta  grezza  (alt.  300)  ; 

2-9)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  105)  ;  askos  (alt.  90)  ;  boccaletto  (alt.  90)  ;  due 
ciotole  (diam.  115  e  155)  ;  due  coppe  con  piede  (diam.  65  e  47)  lekane  (alt.  90); 

10)  Kylix  a  v.  n.  ornata  internamente  di  foglioline  di  edera  e  bacche,  di  color  bianco. 

Tomba  LVII.  Come  le  precedenti;  ma  di  tufo  rosso  (1,88  X  0,76  X  0,90); 
a  m.  2,80  di  profondità. 

Il  defunto  aveva  la  testa  dalla  parte  occidentale,  in  modo  opposto  a  tutte  le  altre 
tombe  e  a  destra  aveva  uno  strigile  di  ferro  (lungh.  210)  sul  quale  restano  tracce  della 
stoffa  della  quale  era  vestito  il  defunto. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  3*1 


PONTICELLI  27G    —  KLGlONK    1. 


Tomba  LV  II T.  Solito  tipo  :  tufo  giallo  (2,20  X  0,60  X  0,60)  ;  alla  profondità 
di  m.  3,25  ;  il  fondo,  forse  per  cedimento  del  terreno,  appariva  più  basso  di  tre  centi- 
metri sotto  la  testa  del  defunto. 

Questi  aveva  a  destra,  all'altezza  delle  spalle  : 
1^  Frammenti  di  cuspide  di  lancia  di  ferro. 
Ai  piedi  : 
2)  Lekane  in  terracotta  grezza,  alt.  in.  0,1.8  ; 

3-8)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  107)  ;  grande  ciotola  in  frammenti  ;  ciotola 
(diam.  120);  askos  (alt.  110);  lekane  (alt.  80);  kylix  (diam.  105)  adorna  al  centro  di 
una  testina  di  Medusa  circondata  da  una  ornamentazione  a  pai  mette  ; 

9)  Lekythos  in  terra  rossa  (alt.  11.0)  ; 

10)  Boccaletto  verniciato  di  nero  nella  parte  superiore  (alt.  70). 

Tomba  LIX.  Dello  stesso  tipo  (1,80  X  0,63  X  0,65);  alla  profondità,  di  m.  3,50. 
Al  Iato  sinistro  dello  scheletro  erano  : 

1  )  Piccola  olla  di  terra  grezza  (alt.  140)  ; 

2-3)  Due  coppette  con  piede  a  v.  n.  (diam.  65  e  70)  ; 

4)  Lekythos  con  ornamentazione  a  reticolato  (alt.  95). 
Tomba  L  X.  Solito  tipo  (2,20  X  0,60  X  0,65):  a  ni.  3,50  di  profondità.  All'al- 
tezza della  spalla  destra  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro  (lungh.  160). 
Ai  piedi  : 

2)  Grande  olla  di  terra  grezza  (alt.  310)  ; 

3)  Ciotola  a  v.  n.  con  impressi  all'interno  una  testina  di  Medusa  al  centro,  con 

4  palmette  intorno  (diam.  190)  ; 

4)  Piatto  a  v.  n.  con  la  testina  di  Medusa  circondata  da  7  palmette  (diam.  150); 

5)  Kylix  a  v.  n.  (diam.  95)  con  al  centro  5  palmette  impresse  ; 

6-10)  vasi  a  v.  n.  ;  due  coppe  con  piede  (alt.  95  e  60)  ;  skyphos  (alt.  90)  ;  lekane 
(alt.  100)  ;  askos  (alt.  105). 

Tomba  LXI.  Del  tipo  abituale  (2,20  X  0,60  X  0,60)  ;  profondità  m.  3,50.  Lo 
scheletro  aveva  sul  petto  : 

1)  Fibula  di  ferro,  in  frammenti  ; 
Ai  piedi  : 

2)  Olla  in  terra  grezza,  in  frammenti; 

3-10)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  110);  askos  (alt.  110)  lekythos  (alt.  105);  piatto 
(diam.  160)  ;  tre  coppette  con  piede  (diam.  100  ;  55  e  45)  coppa  (in  frammenti); 

11)  Lekythos  decorata  a  reticolato  nero  (alt.  90)  ;  ...... 

12)  Ciotoletta  in  terra  rossa  (diam.  45); 

13)  Kylix  a  v.  n.  con  nell'interno  impressa  una  testina  di  Medusa  circondata  da 

5  palmette  (diàm.  100)  ; 

14)  boccaletto  verniciato  di  nero  nella  parte  superiore  (alt.  80). 

Tomba  L X I L  Solito  tipo  ;  tufo  rosso  (2,00  X  0,60  X  0,86);  a  m.  1,40  di  profon- 
dità, conteneva  il  solo  scheletro. 


REGIONE    I.  —    277    — 


PONTICELLI 


Tomba  LXIII.  Solito  tipo  (2,32  X  0,60  X  0,60)  :  profondità  di  m.  5,50.  Lo  sche- 
letro aveva  : 

Alla  mano  sinistra  : 

1)  Anello  di  argento  con  scarabeo  rappresentante  un  Erote  con  palma  ; 

2)  Anello  pure  d'argento  con  castone  su  cui  è  un'immagine  di  difficile  compren- 
sione, (fulmine  ?)  ; 

3-4)  Anellini  di  bronzo. 
Alle  spalle,  e  sul  corpo  ; 

5)  Fibuletta  d'argento  : 

6)  Fibula  di  bronzo  con  manico  d'osso,  e  grossa  costola  ; 
4)  Frammento  d'una  fibuletta  di  bronzo  ; 

8)  Piccolissime  tracce  d'oro. 


.     .  Fig.  16. 

Tomi) a   LX1V.  Come  le  precedenti  (1,85x0,63x0,75),  alla  profondità  di 
m.  5. 

Alla  mano  sinistra  lo  scheletro  aveva  un  anello  di  bronzo  ;  al  lato  destro  una  leky- 
thos  con  decorazione  a  reticolato  (alt.  100). 

Tomba  LXV.  Del  tipo  abituale  (2,20  X  0.62  X  0,62)  :  alla  profondità  di  m.  5,40. 
Lo  scheletro  era  ottimamente  conservato  e  era  cinto  alla  vita  da  : 
1Ì  Cinturone  di  bronzo,  foderato  internamente  di  cuoio  e  con  grappe  di  chiusura, 
chiodetti  all'orlo,  e  tre  paia  di  fori  per  poterlo  adattare  a  differenti  corporature.  La 
chiusura  era  sul  fianco  destro  del  defunto.  In  corrispondenza  di  esso,  tanto  sul  fondo 
della  tomba,  quanto  d;il  lato  sinistro  era  stato  praticato  un  incavo  nella  pietra.  Di  tipo 
caratteristico  dell'armatura  italica  del  IV-III  secolo  (fig.  16)  ('). 
A  sinistra  : 

Cuspide  di  lancia  in  ferro. 
Sul  petto  : 

Frammento  di  una  fibula  e  di  altri  oggetti  di  bronzo. 
Tomba  LXVI.  Solito  tipo  (2,44  X  0,73  X  0,66)  a  m.  5,20  di  profondità.  Ster- 
ratala conteneva  il  solo  scheletro  con  una  cuspide  di  lancia,  (lungh.  300). 

(*)  Esemplari  di  cinturoni   simili    furono    rinvenuti   in   tombe   della   necropoli   sannitica  di 
Cuma  (v.  Gabrici,  Cumii,  II,  col.  617,  650,  713;  fig.  223,  231). 


PONTICELLI  —    278    —  REGIONE    I. 

Tomba  LXVII.  Delle  forme  e  del  tufo  delle  precedenti  (1,28X0,48X0,47). 
Prof.  m.  4.  Conteneva  solo  le  ossa  di  un  giovanetto. 

Tomba  L XVI II.  Solito  tipo  (2,38x0,55x0,60);  a  m.  4,40  di  profondità. 
Ai  piedi  dello  scheletro  furono  rinvenuti  : 

1)  Olla  di  terra  grezza,  in  frammenti; 

2)  Skyphos  di  terra  alt.  108  ; 

3-6)  Lekane  (alt.  75)  ;  lekythos  panciuta  (alt.   80)  ;  due  coppette  con  piede 
(diam.  70  e  45)  verniciate  di  nero  ; 

7)  Boccaletto  a  v.  n.  nella  parte  superiore  (alt.  801  ; 

8)  Ciotola  a  v.  n.  decorata  all'interno  di  palmette  impresse  collegate  da  doppio 
festone  (diam.  1 85)  ; 

9)  Altra  ciotola  a  v.  n.  decorata  al  centro  di  una  testina  muliebre  (Gorgone  ?)  con 
6  palmette  all'intorno  (diam.  135). 

Tomba  LXIX.  Solito  tipo  (2,15  X  0,56  X  0,80)  ;  a  m.  4,10  di  profondità.  Con- 
teneva il  solo  scheletro. 

Tomba  LXX.  Solito  tipo  (2,29x0,63x0,65);  a  m.  4,50  di  profondità.  Lo 
scheletro  portava  presso  la  mano  sinistra  : 

1)  Anellino  di  bronzo; 
Sul  petto  : 

2)  Frammentini  di  fìbula  di  ferro  ; 
Al  fianco  destro  : 

3)  Lekythos  panciuta  di  terracotta.,  verniciata  in  parte  di  nero  (alt.  108). 
Ai  piedi  : 

4)  Olla  di  terracotta  grezza  (alt.  260)  ; 

5)  Lekane  pure  di  terra  grezza  (alt.  100)  ; 

6-11)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  105);  askos  (a't.  1101;  kylix  (diam.  HO)  ;  cio- 
tola (diam.  115);  due  coppette  con  piede  (diam.  65  e  43); 

12)  Ciotola  a  v.  n.  (diam.  180)  ornata  internamente  di  un  concatenamento  di 
festoni  a  anello,  impresso  ; 

13)  Boccaletto  verniciato  di  nero  nella  parte  superiore  (alt.  80). 

Tomba  LXXI.  Come  la  precedente;  ma  il  tufo  di  color  rosso  (1,92X0,54 
X  0,765)  ;  alla  profondità  di  m.  3,75. 

A  destra  dello  scheletro  ;  presso  il  capo  ; 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro,  in  frammento  ; 
All'altezza  dell'anca: 

2)  Frammento  di  strigile  di  ferro. 

Tomba  L XXII.  Solito  tipo  (1,90X0,60X0,80)  di  tufo  rosso;  a  m.  1,34  di 
profondità.  Conteneva  il  solo  scheletro. 

T  o  m  b  a  LXXIII.  Come  le  precedenti  :  (2,18  X  0,62  X  0,71)  alla  prof,  di  m.  4,50. 
Al  lato  destro  dello  scheletro  : 

1)  Cuspide  di  lancia  in  frammenti. 
Ai  piedi  : 
2-6)  A  vernice  nera:  skyphos  (alt.  105);  ciotola  (diam.  175)-  altra  ciotola  (diam. 
115)-  coppetta  con  piede  (diam.  70)-  askos  (alt.  115); 


REGIONE    I.  —    279    PONTICELLI 

7-8)  Lekane  (alt.  90)  e  boccalctto  (alt.  73)  verniciati  di  nero  nella  parte  superiore  ; 

9)  Lekythos  con  decorazione  a  reticolato  nero  (alt.  82). 

Tomba  LXXIV.  Solito  tipo  (1,44x0,62  X0,52).  Alla  profondità  di  m.  5,40. 

Presso  la  testa  del  defunto  era  una  lekythos  con  decorazione  a  reticolato,  in  frammenti: 

Tomba  LXXV.  Solito  tipo  (2,20x0,60x0,60);  alla  profondità  di  m.  4,47 

A  destra  dello  scheletro,  all'altezza  della  testa  : 

1)  Cuspide  di  lancia  di  ferro. 
Ai  piedi  : 

2)  Olla  in  terra  grezza  (alt.  290); 

3)  Lekane  pure  di  terra  grezza  (alt.  70)  ; 

4-10)  Vasi  a  v.  n.:  skyphos  (alt.  105);  askos  (alt.  110);  lekythos  (alt.  55);  cio- 
tola (diam.  115);  coppa  con  piede  (diam.  70);  altra  ciotoletta  (diam.  40);  kylix  ornata 
internamente  di  una  testina  di  Medusa  impressa,  circondata  da  palmette  (diam.  105); 
11)  Boccalctto  verniciato  di  nero  nella  parte  superiore  (alt.  70). 
Tomba  LXXVI.  Uguale  alle  precedenti  (190x0.63x0,85  circa).  Mancava 
delle  lastre  del  fondo.  Alla  profondità  di  m.  4,26. 
Al  lato  sinistro  dello  scheletro: 

1)  Bombylios  di  terra  cotta  rossa  (alt.  150,). 
Al  lato  destro  : 

2)  Altro  bombylios  in  frammenti; 

3-4)  Altri  bombylioi  rotti  sul  collo  (lungh.  105  e  130"); 

5)  Frammento  di  coltello  di  ferro. 
TombaLXXVII.  Solito  tipo  (2,315  X  0,615  X  0,62);  alla  profondità  di  m.  3,44. 
Ai  piedi  del  defunto  mancava  la  lastra  di  fondo. 
Presso  la  spalla  destra  dello  scheletro  : 

1)  Fibula  di  ferro  con  impronta  della  stoffa. 
Sul  corpo  : 

2-3)  frammento  altra  fibuletta  di  ferro  pure  portante  tracce  della  stoffa. 
Al  lato  destro  : 

4)  Lekythos  con  decorazione  a  reticolato  (alt.  90); 
Presso  la  testa  : 

5)  Cosiddetto  peso  di  terracotta  (alt.  60). 
Ai  piedi  : 

6)  Piccolo  cratere  a  campana  a  f.  r.  di  stile  cumano  : 

.4)  Tre  figure  sedute  :  una  Menade  in  mezzo  con  una  corona,  tra  due  satiri,  uno 
con  tirso  e  un  altro  con  acerra  con  frutta  e  appoggiato  al  tirso  (fig.  17). 
B)  3  giovani  avvolti  nel  mantello,  procedenti  verso  sinistra. 
Decorazione  di  foglie  di  ulivo  ; 

7)  Skyphos  (a.  115)  a  v.  n.  ornato  superiormente,  all'esterno  da  un  lato  di  foglie 
d'edera  dipinte  in  bianco  e  dall'altro  un  festone  di  ovuli  e  foglie  d'edera  ; 

8)  Lekane  di  terra  grezza  (alt.  80)  ; 

9-14)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt,  110)  :  altro  skyphos  (alt.  105);  coppa  con  inter- 
namente :  al  centro  decorazione  impressa  di  un  meandro  circondato  da  doppi  festoni  a 


PONTICELLI  280    REGIONE    I. 

anello  (diam.  180)  ;  piccola  coppa  con  piede  (diam.  45)  ;  kylix  (diam.  105)  ;   guttus 
(diam.  115)  ; 

15)  Boccaletto  verniciato  di  nero  sulla  parte  superiore  (alt.  80). 
Tomba  LXXVIII.  Solito  tipo  (2,25  X  0,65 *X  0,60);  a  m.  4,58  di  profondità. 
Il  lastrone  che  formava  il  fondo  era  lungo  m.  0,87  e  quindi  mancava  della  parte  dei  piedi 
del  defunto. 


Fio.  17. 


Furono  rinvenuti  :  alla  mano  sinistra  : 

1)  Anellino  di  bronzo. 
Sul  petto  : 

2)  Fibuletta  di  bronzo. 
Ai  piedi  : 

3)  Lekanis  con  coperchio  ornato  superiormente  di  2  cigni  con  serpentelli  dipinti 
di  rosso,  tra  palmette  (diam.  140); 

4)  Olletta  con  decorazione  di  onde  marine  stilizzate  (alt.  75)  ; 

5-9)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  115)  ;   lekythos  (alt.  80)  ;  due  ciotole  (diam.  175 
e  165);  piatto  (diam.  150). 

Tomba  LXXIX.  Come  le  precedenti;  il  tufo  di  color  cenerognolo  (2,00X0,55 
X  0,84)  ;  a  m.  3,16  di  profondità  :  Mancava  delle  lastre  del  fondo. 

Al  lato  destro  dello  scheletro,  presso  la  mano,  con  punta  in  basso  : 
1)  Coltello  di  ferro  (lungh.  160). 


REGIONE   1.  —   281    —  MONTICELLI 

Presso  la  punta  del  coltello  : 

2)  Lekythos  con  decorazione  a  reticolato  (alt.  100). 
Presso  il  manico  del  coltello  stesso  : 

3)  Bombyìios  di  terra  rossa  (alt.  85). 
Sul  petto  : 

4)  Anellino  di  bronzo  : 

5)  Frammento  di  fibuletta,  con  tracce  della  stoffa  del  vestito. 

Tomba  LXXX.  Solito  tipo  (1,90  X  0,60  X  0,75)  ;  alla  profondità  di  m.  4,12; 
senza  pietra  nel  fondo.  Di  tufo  rosso,  tranne  il  coperchio  di  color  giallognolo. 
Al  lato  sinistro  dello  scheletro,  all'altezza  della  spalla  : 

1)  Strigile  di  ferro,  con  impronta  della  stoffa; 

2)  Cuspide  di  lancia  di  ferro,  lungh.  450. 

Tomba  L  X  X  X I.  Come  la  precedente  :  ma  tutta  di  tufo  giallognolo  (2,15  X  0,66 
X  0,56),  alla  profondità  di  m.  4,26.  La  pietra  del  fondo  mancava  per  circa  70  cm.  in  cor- 
rispondenza dei  piedi  del  defunto. 

Lì  si  sono  trovati  : 

1)  Olla  grezza  di  terra  cotta,  (alt.  250); 

2)  Lekanc  pura  di  terra  grezza  (alt.  0,08)  ; 

2)  Lekythos  con  ornamentazione  a  reticolato  (a.lt  70)  ; 

4-10>  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  1 15)  ;  askos  (alt.  110)  ;  kylix  (diam.  100)  ;  cio- 
tola (diem.  170);  coppa  con  piede  (diam.  115);  due  ciotolette  (diam.  65  e  50). 
11)  Boccaletto  verniciato  di  nero  nella  parte  superiore  (alt.  75). 
Tomba  LXXX  IL  Come  le  precedente;   senza  pietre  del  fondo  (2,10X0,60 
X  0,62)  a  m.  4,8  di  profondità. 
Ai  piedi  del  defunto  : 

1)  Olletta  di  terra  grezza  (alt.  150); 

2)  Kylix  a  v.  n.  (diam.  100)  ; 

3)  Lekythos  a  v.  n.  (alt.  725)  ; 

4)  Boccaletto  verniciato  nero  nella  parte  super,  (alt.  77)  ; 

5)  Bombyìios  con  righe  rosse  (alt.  75). 

Tomba  LXXX  III.  Solito  tipo  (1,82  X  0,56X0,56);  a  m.  3,50  di  profondità. 
Sul  petto  del  defunto  : 

1)  Fibuletta  di  bronzo. 
Alla  sua  mano  sinistra  : 

2)  Anellino  di  bronzo. 
Presso  il  fianco  destro  : 

3)  Cotoletta  a  v.  n.  (diam.  70). 
Ai  piedi  : 

4-5)  Frammenti  di  olla  e  lekane  di  terra  grezza; 

6)  Skyphos  v.  n.  (alt.  110). 

Tomba  LXXXIV.  Solito  tipo  (2,10  X  0,60x0,62);  alla  profondità  di  m.  4,20. 
Sulla  parte  sinistra  del  petto  del  defunto: 
1)  Frammento  di  fìbula.  t 


ponticelli  —  282  —  hJìgione  i. 

Ai  piedi  : 

2)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  170)  ; 

3)  Lekane  pure  di  terra  grezza  (alt.  80)  ; 

4-7)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  105)  ;  ciotola  (diam.  180)  ;  ciotoletta  (diam.  60)  ; 
coppa  con  piede  (diam.  100). 

Tomba  L  XXXV.  Come  le  precedenti  di  tufo  rosso  (2,30  X  0,60  X  1,08)  ;  prof, 
m.  0,61.  Conteneva  il  solo  scheletro  rivolto  però  con  la  testa  a  nord-est. 

Tomba  L XXXVI.   Solito  tipo  (2,18  X  0,62  X  0,60);  profondità  di  m.  4,72. 

Lo  scheletro  aveva  ai  piedi  : 

1)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  160); 

2)  Lekane  di  terra  rossa  (alt.  105)  ; 

3-8)  Vasi  a  v.  n.  :  skyphos  (alt.  110)  ;  lekythos  panciuta  (alt.  1  Oó)  ;  due  ciotole 
(diam.  185  e  120);  coppa  con  piede  (diam.  70)  kylix  (diam.  100); 
9)  Boccaletto  a  v.  n.  superiormente  (alt.  70). 
Tomba  L XX XV IL  Solito  tipo  (1,35x0,42x0,41);  senza  lastre  sul  fondo; 
alla  profondità  di  m.  3,85. 

Lo  scheletro  di  fanciullo,  lungo  1  ni.  e  con  24  denti,  aveva  al  collo  una  collana  di 
filo  di  bronzo  ricurvo,  e  ai  piedi  : 

2)  Olpe  di  terra  grezza  (alt.  95); 

3)  Piccola  ciotola  a  v.  n.  (diam.  65). 

Tomba  L  XXXVIII.  Con  la  precedente,  anch'essa  senza  fondo  (1,71  X 0,70  X 
0,78).  Profondità  :  m.  4,32.  Orientata  da  NO  a  S.E  aveva  lo  scheletro  conservatissimo 
con  la  testa  a  S.  E.  e  il  capo,  come  normalmente  in  questa  necropoli,  poggiato  sulla 
guancia  sinistra. 

All'altezza  dell'avambraccio  aveva  una  cuspide  di  lancia,  lunga  190  e  del  resto 
nessun  altra  suppellettile  : 

Tomba  LXXXIX.  Solito  tipo  (2,08x0,65x0,59);  alla  profondità  di  m.  4,22. 
Anche  in  essa  orientata  come  la  precedente,  lo  scheletro,  perfettamente  conservato  aveva 
la  testa  a  S.  E.  e  poggiava  sulla  gota  sinistra. 

A  destra  del  capo  : 

1)  cuspide  di  lancia  di  ferro,  lungh.  300. 
Ai  piedi  : 

2)  Olla  di  terra  grezza  (alt.  190)  ; 

3)  Guttus  a  v.  n.  con  testa  di  Medusa  a  rilievo  (alt.  90)  ; 

4)  Boccaletto  verniciato  di  nero,  nella  parte  superiore  (alt.  80)  ; 

5-10)  Vasi  a  v.  n.  :  kylix  (diam.  105)  ;  lekythos  panciuta  (alt.  70)  ;  tre  ciotole 
(diam.  135,  75  e  60)  ;  una  coppa  con  piede  (diam.  1 10). 

A  queste  89  tombe  se  ne  devono  aggiungere  5  altre,  2  presso  la  LIT,  1  presso  la  LXXI 
e  2  presso  la  LXXXV,  delle  quali,  essendo  andate  troppo  presto  distrutte  nello  scavo 
con  macchine  escavatrici,  non  fu  possibile  fare  un  esatto  studio  o  raccogliere  oggetti. 
Poi  già  dicemmo  che  al  principio  dello  scavo  ne  fu  distrutto  un  numero  imprecisabile 
ad  alcune  delle  quali  appartennero  gli  oggetti  sequestrati  e  elencati  al  principio  di 
questa  relazione. 


REGIONE    I.  —    283    — 


PONTICELLI 


Possiamo  quindi  calcolare  che  nella  breve  zona  esplorata  le  tombe  di  questo  tipo 
superassero  il  centinaio. 

Ma,  prima  di  riassumere  le  loro  caratteristiche,  occorre  ricordare  che  queste  tombe 
non  furono  le  sole  rinvenute. 

Furono  accertate  : 

I.  A  inumazione  : 

1)  Due  tombe,  una  presso  la  tomba  LXIII  e  una  presso  la  LX,  in  cui  lo  scheletro 
giaceva  sulla  terra  o,  come  nel  primo  caso,  su  un  letto  di  calce  e  sopra  v'era  una  coper- 
tura di  pietra  fatta  dei  soliti  lastroni  di  tufo.  Le  misure  nel  primo  caso  erano  m.  1,64  X 
0,90.  La  seconda  di  queste  tombe  aveva  presso  lo  scheletro  un  boccajetto  di  terracotta 
grezza  alto  mm.  90  (n.  309  del  giorn.  di  scavo).  È  evidente  che  i  lastroni  coprivano 
una  fossa  scavata  nella  terra  e  che  poi  cedettero  sotto  il  peso  della  terra  rigettata  sopra. 

Per  la  stratificazione  di  queste  tombe  noto  che  sulla  seconda  furono  rinvenute 
due  tombe  a  cappuccina. 

2)  Di  queste  tombe  a  cappuccina,  formate  di  tegole,  ne  fu  rinvenuto  un  buon 
numero.  Il  giornale  di  scavo  ne  nota  62.  Erano  tutte  formate  di  tre  tegole  (in  pochi  casi 
due)  disposte  sul  cadavere  da  ambo  i  lati,  in  modo  da  riunirsi  alle  sommità  formando 
un  tettarelle  Alle  testate  poi  erano  perpendicolarmente  due  altre  tegole  di  chiusura. 
In  un  caso  (presso  la  tomba  L)  le  tegole  erano  solo  da  una  parte  e  dall'altra  blocchi  di 
tufo.  Generalmente  contenevano  il  solo  scheletro,  senza  suppellettile,  in  una,  presso 
la  tomba  XXXV  c'era  una  fibuletta  di  ferro  sul  petto  del  defunto  ;'  un'altra  (presso  la 
XLIII)  aveva  un  pugnale  di  ferro,  a  lama  triangolare,  trovato  ricurvo  (n.  212  g.  d.  s.), 
in  una  terza  (presso  la  LXI)  c'era  un  boccaletto  di  terra  grezza  con  una  linea  circo- 
lare alla  spalla  di  vernice  nera  (alt.  120  ;  n.  325  g.  s.)  ;  una  quarta  (presso  la  LXV)  con- 
teneva una  monetina  indecifrabile  e  due  bombylioi  di  terra  grezza. 

Più  ricca  una  presso  la  tomba  LXXXVI1  dove  il  defunto  portava  al  collo  una 
collana  di  filo  eneo  con  corallo  di  pasta  vitrea  e  presso  v'era  un  lekythos  con  decora- 
zione  a  reticolato  (alt.  95);  un  olla  di  terra  grezza  (alt.  170)  e  un  alabastron  a  v.  n. 
(alt.  75).  (nn.  466-469  g.  s.). 

Un'ultima  infine,  trovata  alla  fine  dello  scavo,  presentava  due  scheletri  posti  uno  in 
senso  inverso  all'altro  ;  presso  quello  con  la  testa  a  est  furono  rinvenute  due  bombylioi 
di  terra  rossa  e  frammenti  di  uno  specchio  di  bronzo  (nn.  482,  83  g.  s.) 

Molte  di  queste  tombe  erano  scavate  fino  a  3  m.  dal  suolo  attuale. 

3)  Oltre  tali  tombe,  sepolti  in  semplice  fossa  e  senza  nessuna  traccia  di  suppel- 
lettile funebre,  furono  trovati  23  scheletri  umani  (*). 

(!)  Le  osservazioni  fatte  ir,  una  delle  necropoli  sannitiche  di  Pompei,  fuori  la  Porta  di 
Stabia  (M.  Della  Corte,  in  Notizie  degli  Scavi,  1911,  p.  10(5;  1916,  p.  287  segg.)  mostrano  che 
tanto  le  fosse  semplici,  che  quelle  coperte  da  lastre  di  pietra,  quanto  le  tombe  a  cappuccina  e 
quelle  a  cassa,  presentando  suppellettile  uguale  ed  essendo  riunite  senza  alcun  ordine  o  stratifi- 
cazione si  devono  ci  isiderare  contemporanee  e  rispondenti  quindi  alla  minore  o  maggiore  agiatezza 
degli  inumiti.  Nel  nostro  caso  la  mancanza  assoluta  di  suppellettili  in  tutte  le  tombe  a  fossa 
semplice  e  nella  grandissima  maggioranza  di  quelle  a  cappuccina,  rende  difficile  un  giudizio.  Certo 
la  tomba  a  cappuccina,  trovata" presso  quella  a  cassa  LXXXVII  è  evidentemente  coeva  alla  serie 
delle  tombe  a  cassa,  e  gli  oggetti  trovati  in  alcune  altre  non  sono  contrastanti.  Credo  pertanto 
di  dover  accettare  le  conclusioni  del  Della  Corte.  Panni  però  che  questo  tipo  a  cappuccina  sia 
originariamente  più  tardo  di  quello  a  cassa. 


Notizie  Soavi  1922  —  Voi.  XIX. 


37 


PONTICELLI  284    —  REGIONE    I. 

IL  A  cremazione  : 

1)  Nella  necropoli  furono  rinvenute  quattro  singolari  tombe,  costituite  di  una  fos- 
setta, con  ossa  combuste,  cavata  in  una  grande  masso  di  tufo. 

a)  Presso  la  tomba  XLII.  Il  masso  è  lungo  m.  0,55,  largo  m.  0,50  e  alto  m.  0,55. 
La  fossetta  era  cavata  a  un  lato  del  blocco  in  modo  da  essere  da  una  parte  a  soli  11  cm. 
dall'orlo.  Essa  misurava  m.  0,18  X  0,20  di  apertura  ed  era  profonda  m.  0,19.  Tra  le  ossa 
cremate  non  fu  rinvenuto  alcun  oggetto. 

b)  Presso  la  stessa  tomba.  Dimens.  del  masso  0.47  X  0,46  X  0,46  ;  della  fossetta 
0,14  X  0,14  con  una  profondità  ugualmente  di  m.  0,14.  Anche  in  questo  caso  era  scavata 
da  un  lato  e  veniva  a  essere  a  solo  7  em.  dall'orlo. 

e)  Presso  la  tomba  LI.  Dimens.  del  masso  0,84  X  0,56  con  una  altezza  di  m.0.41  : 
la  fossetta  0,10  per  lato.  Essa  veniva  a  trovarsi  da  un  lato  a  m.  0,60  dall'orlo  e  dall'altro 
a  m.  0,14.  Fu  trovato  a  m.  3  di  profondità. 

d)  Presso  la  tomba  LX1X.  Trovato  pure  a  m.  3  di  profondità.  Dimens.  del  masso 
0,70  X54  con  un'altezza  di  m.  0,40.  La  fossetta  da  un  lato  era  quadrata  con  m.  0,20 
per  lato  e  profonda  m.  1,155  e  fu  trovata  piena  soltanto  di  terra  ;  ma  anche  questa  tomba 
non  può  disgiungersi  dalle  tre  altre. 

2)  4  urne  di  terra  grezza  con  ossa  combuste  (g.  s.  nn.  82,  83,  270  e  465)  le  quali 
non  contenevano  alcun  oggetto  di  corredo. 

Il  terreno  infine  della  necropoli  diede,  verso  la  fine  dello  scavo,  i  resti  di  un  alto  muro 
m.  2,20  e  che  terminava  a  m.  2,25  di  profondità  formato  di  blocchi  di  tufo  (0.73  X  0.43) 
e  alla  superfìcie  un  grande  pithos  di  terra,  presso  la  tomba  X  (n.  84  g.  s.). 

* 
*  * 

Tornando  ora  alla  serie  relativamente  più  importante  delle  tombe  a  cassa,  in  cui  ri- 
siede tutto  l'interesse  di  questa  piccola  necropoli,  dalla  descrizione  che  ne  ho  fatta  risul- 
tano la  loro  natura  e  gli  elementi  per  una  datazione  cronologica.  Sono  tutte,  come  ve- 
demmo, tombe  del  tipo  detto  piano,  già  ben  noto  nella  regione  (*)  e  il  loro  primo  interesse 
è  anzitutto  nella  grandissima  vicinanza  a  Napoli,  tanto  da  far  considerare  la  necropoli 
se  non  proprio  della  città,  di  un  suo  sobborgo.  La  Napoli  antica,  com'è  noto,  aveva  le  sue 
mura  a  nord-est,  dai  SS.  Apostoli  a  Forcella,  un  400  metri  quindi  da  Porta  Capuana  e 
infatti  subito  fuori,  a  S.  Giovanni  a  Carbonara,  è  stata  in  questi  ultimi  anni  scoperta  una 
parte  della  necropoli  del  V-D7  secolo,  con  bellissimi  vasi  dipinti,  la  cui  pubblicazione  è 
vivamente  attesa  dal  mondo  scientifico.  Che  nei  secoli  posteriori  i  seppellimenti  potessero 
giungere  anche  a  cinque  chilometri  dalla  città  è  possibile  :  in  fondo  il  moderno  cimitero 
di  Poggioreale  è  poco  più  vicino  ;  ma  panni  più  probabile  che  si  tratti,  ripeto,  della  necro- 
poli di  un  piccolo  centro  abitato,  vero  sobborgo  della  città.  Essendo  le  tombe  apparse 
solo  all'estremità  settentrionale  dello  scavo  è  verisimile  che  si  stendano  ancora  in  quella 
direzione. 

Le  89  tombe  del  tipo  scavate,  pur  dovendo  necessariamente  avere  le  loro  piccole 
diversità  cronologiche,  presentano  un  carattere  assai  omogeneo.  Di  esse  quattro  soltanto 

(»)  Notizie  §cavi,  1883,  serie  3»,  voi.  XI,  tav.  IV  A  (necropoli  di  Cuma). 


REGIONE  I.  —    285   PONTICELLI 


(la  LXVII,  lunga  m.  1,28;  la  LXXXVII,  lunga  m.  1,35;  la  LXXIV,  m.  1,44  e  la  V,  ra.  1,45) 
devono  essere  di  fanciulli  o  giovanetti;  delle  85  rimanenti  24  sono  certamente  di  uomini 
per  la  presenza  della  lancia  nel  sepolcro  ;  anzi  di  esse  due  (le  tombe  LXVI  e  LXXXVIII) 
hanno  di  suppellettile  la  sola  lancia  ;  quattro  altre  (la  XII,  la  XIV,  la  LXXI  e  la 
LXXX)  solo  la  lancia  e  uno  strigile  di  ferro  ;  nella  LXV  c'è  anche  il  bel  cinturone 
militare.  I  defunti  erano  tutti,  tranne  casi  sporadici,  con  la  testa  a  sud  o  a  oriente, 
cioè,  procedendo  lo  scavo  verso  levante,  a  destra  di  chi  guardava  le  tombe,  e  avevano 
il  capo  volto  sulla  gota  sinistra  (}). 

In  questo  scavo  si  sono  potute  prendere  esatte  misure  dei  cassoni,  nell'  interno,  come 
ricordai.  La  lunghezza  più  comune  (21  tombe)  è  quella  di  m.  2,20  ;  delle  restanti,  7  sono 
lunghe  tra  m.  1,70  e  m.  1,99  ;  34  tra  m.  2,00  e  2,19  e  10  tra  m.  2,21  e  2,50.  Le  lunghezze 
estreme  si  incontrano  una  sola  volta.  La  larghezza  più  comune  è  di  m.  0,60  che  hanno  30 
tombe  ;  26  altre  sono  larghe  tra  m.  0.61  e  m.  0,69  ;  12  tra  m.  0,70  e  0,78  ;  12  poi  sono  più 
strette,  restando  tra  m.  0,50  e  0,59.  Anche  l'altezza  è  quasi  simile  :  40  tombe  sono  tra 
m.  0,60  e  0,65  ;  10  più  basse  tra  m.  0,50  e  0,59  ;  17  più  alte,  tra  m.  0,66  e  0,79  ;  10  tra 
m.  0,80  e  0,90  e  un  sola  raggiunge  m.  1,08. 

Ricordo  quello  strano  caso  della  tomba  XXXVIII  perfettamente  vuota,  divisa  a 
metà  da  una  lastra  ;  anche  le  dimensioni  sono  anormali,  perchè  contro  a  m.  2,00  di  lun- 
ghezza e  cm.  50  di  larghezza,  ha  un'altezza  di  soli  cm.  40. 

Lo  spessore  dei  lastroni  di  tufo  era  in  media  di  cm.  30. 

Abbiamo  già  notato  che  due  tombe  avevano  la  sola  lancia  ;  ma  15  altre  contenevano 
il  solo  scheletro,  senza  alcuna  suppellettile  ;  la  XVIII  solo  una  monetina,  un'altra  dozzina 
solo  uno  o  due  vasetti.  Quelle,  e  erano  le  più,  che  avevano  una  serie  di  vasi  (2),  li  presen- 
tavano aggruppati  ai  piedi  dello  scheletro  e  in  più  casi  in  quel  punto  non  c'era  la  lastra 
del  fondo,  che  talvolta  mancava  del  tutto  (s).  Tra  i  vasi,  quasi  costante  la  presenza  di  una 
grande  olla  di  terra  grezza  ;  degli  altri  a  vernice  nera,  generalmente  lo  skyphos,  l'askos  o 
la  kylix  non  mancavano  e  erano  rappresentati  da  un  solo  esemplare. 

La  vernice  di  tale  suppellettile  è  molto  bella  e  va  da  un  nero  morato  a  un  aspetto  ar- 
gentato, che  tradisce  la  voluta  imitazione  del  metallo.  Rarissimi  i  vasi  dipinti  o  decorati 
o  le  statuette.  Trattasi  quindi  evidentemente  di  una  necropoli  povera,  come  mostra  anche 
il  fatto  che,  essendo  tutte  le  tombe  inviolate,  non  fu  trovato  nessun  oggetto  di  orificeria 
e  i  defunti  (che  dovettero  essere  avvolti  in  un  mantello  o  un  lenzuolo,  come  dimostrano  le 
impronte  restate  nell'ossido  dei  metalli)  portavano  solo  anellini  o  fibulette  assai  modeste, 
generalmente  di  ferro. 

La  cronologia  del  sepolcreto  si  può  fissare  con  precisione  :  le  monete  di  Napoli  del 
TV  secolo  ci  indicano  il  termmus  post  qucm  e  una  datazione  più  precisa  porta  la  presenza 
della  kylix  con  la  moneta  di  Siracusa,  che  è  riconosciuta,  come  vedemmo,  opera  capuana 
della  metà  del  III  secolo. 

Un  poco  più  antichi  devono  essere  gli  ultimi  prodotti  delle  fabbriche  campane  a  figure 
rosse,  quali  quelli  rinvenuti  in  alcune  tombe  ;  la  ceramica  a  decorazione  bianca  e  poli- 
ta Cosi  pure  a  Pompei  (Sogliano,  pag.  210;  Della  Corto,  1916,  pag.  291). 

(2)  I  resti  trovati  nell'olla  4  della  tomba  XXIV  mostrano  che  contenevano  vivande. 

(3)  Così  pure  talvolta  si  notò  a  Cuma.  (Gabrici,  Cuma;  II,  col.  671). 


PONTICELLI  —    286    —  REGIONE    I. 


croma  su  fondo  nero  del  tipo  detto  di  Gnathia  che  presenta  begli  esemplari  nella  necro- 
poli di  Teano,  è  in  questa  quasi  sconosciuta.  Notevole  è  invece  la  serie  di  ceramiche  a  ver- 
nice nera  del  tipo  detto  etrusco-campano  che  ebbe  adatto  centro  in  Capua.  Oltre  alla  ky- 
lix  citata  ;  ricordiamo  la  bella  serie  di  coppe  con  decorazioni  impresse  nell'interno  ;  una 
testa  di  Medusa  o  un  labirinto  nel  centro  ;  intorno  da  4  a  8  altre  impressioni,  generalmente 
palmette  spesso  unite  da  festoni  o  da  doppi  festoni  formanti  come  tanti  anelli  ovali. 

Ne  mancano  i  gutti  caleni,  come  quello  bellissimo  della  tomba  XXVII,  riprodotto 
nella  fig.  12  7*  con  la  testa  di  Medusa,  che  ci  portano  alla  II  metà  del  III  secolo  (*). 

Simile  datazione  è  confermata  dagli  skyphoi  a  vernice  nera  di  forma  molto  rastre- 
mata inferiormente  e  della  forma  della  lancia  a  foglia,  con  costola  mediana  e  lungo  can- 
nello, uguale  a  quelle  rinvenute  nella  necropoli  di  Teano. 

In  questo  quadro  di  ceramica  tarda  credo  che  bisogni  specialmente  notare  le  ollette 
con  anse,  riprodotte  a  fig.  7  e  a  fig.  10,  che  offrono  esemplari  di  ceramica  geometrica  (2). 
Se  essa  non  presenta  la  bellezza  di  forme  della  tarda  ceramica  geometrica  apula,  pure  è 
un  notevole  prodotto  sul  quale  già  richiamò  l'attenzione  il  Patroni  (3),  che  ne  determinò 
la  sua  fabbricazione  campaua,  cosa  della  quale  non  può  dubitarsi  per  i  caratteri  dei  vasi 
e  per  le  necropoli,  dove  furono  rinvenuti.  I  nostri  esemplari  ci  confermano  che  fu  un 
prodotto  della  metà  circa  del  III  secolo  a.  C.  associato  ai' vasi  etrusco-campani  a 
vernice  nera  (*). 

Così  questa  piccola  necropoli  che  possiamo  ben  dire  di  Napoli  ci  offre  un  quadro 
che  getta  nuova  luce  su  un  periodo  della  storia  della  ceramica  assai  trascurato  per  la  mo- 
destia dei  prodotti  ;  ma  che  pure  ha  il  suo  grande  interesse  nella  storia  dell'arte  e  della 
civiltà  italiana.  E  nello  stesso  tempo  ci  offre  un  nuovo  documento  della  vita  secolare  della 
gloriosa  metropoli  partenopea. 

G.  Q.  Giglioll 

(*)  Pagenstecher,  op.  cit.  pag.  165.  Per  le  origini  di  detta  ceramica  vedi  le  acute  osservazioni  di 
G.  E.  Rizzo  in  RBm.  Miti.  XII,  pag.  254.  Per  le  Gorgoni  cfr.  A.  Furtwangler  in  Roscher,  Lex.  1, 1721. 

La  necropoli  di  Ponticelli  viene  quindi  a  essere  coeva  a  quelle  sannitiche  di  Cuma  e  di 
Pompei  già  citate,  datata  quest'ultima  però,  a  mio  parere,  di  qualche  decennio  troppo  indietro 
dal  Sogliano  e  dal  Della  Corte  ;  mi  pare  infatti  che  anch'essa  debba  credersi  non  del  principio, 
ma  della  metà  circa  del  III  secolo  a.  C. 

(2)  Parecchi  sono  gli  esemplari  del  Musco  di  Napoli,  trovati  in  città  n.  82860-64,  tutti  ollette. 

(3)  Patroni,  op.  cit.,  pag.  113,  fig.  76,  n.  8  e  10;  Cfr.  Duhn  in  Bull.  Inst.  1874,  pag.  165. 
(*)  Interessante  è  confrontare  questa  ceramica  con  quella  Alessandrina  detta  di  Hadra,  da 

una  delle  necropoli  della  città.  Se  ne  occupò  il  Pagenstecher  (Dattd  sepulchral  vases  nell'/4wencan 
Journal  of  Arehaeology.  XIII,  (1909),  pag.  387  segg.  e  Schwarzfigv.rige  Vasen  dei  vierkn  und 
drilien  Jahrhunderts,  in  Bulletin  de  la  Società  Archéologique  d' Alexandrie,  n.  14,  (1912))  e  le  sue 
conclusioni,  rettificate  dal  Pomtow  (Beri.  Phil.  Wochenschr.  1910,  pag.  1094)  portano  alla  conclu- 
sione che  tali  vasi,  i  quali  spesso  presentano  lunghe  iscrizioni  di  sepolti,  siano  databili  tra  il  284 
e  il  249  a.  C.  Ce  n'è  uno  ora  conservato  a  New  York  (A.  J.  A.,  tav.  X,  10)  che  ha  con  i  nostri 
particolare  somiglianza  di  ornamentazione.  È  uno  stile  quindi  che  appare  in  tutto  il  mondo 
classico  alla  fine  della  ceramica  dipinta. 


SARDINIA  —    287    —  OZIERI 


SARDINIA. 


XVIII.  OZIERI  —  Ripostiglio  di  armi  e  strumenti  in  bronzo  di  età 
nuragica,  rinvenuto  in  regione  Ghilivani. 

Nel  marzo  del  1921  il  proprietario  Paolo  Cottino,  eseguendo  alcuni  lavori  di  mi- 
glioramento nel  suo  podere  attiguo  alla  stazione  ferroviaria  di  Chilivani,  rinvenne  a 
poca  profondità  dalla  superfiee  un  grosso  recipiente  in  terracotta,  andato  in  frammenti, 
entro  al  quale  stavano  disposti  con  ordine  un'ottantina  di  oggetti  in  bronzo,  in  gran 
parte  intieri,  con  qualche  pezzo  di  robusto  filo  pure  in  bronzo.  Mercè  l'efficace  intervento 
dell'avv.  Antonio  Altana,  R.  Ispettore  dei  Monumenti  di  Ozieri,  fu  possibile  a  questa 
Soprintendenza  di  raccogliere  tutto  il  materiale  reperto  ed  esaurite  felicemente  le  pra- 
tiche di  legge,  riunire  il  rispostiglio  intiero  nel  Museo  Nazionale  di  Cagliari. 

Nessun  segno  esteriore  rilevava  la  presenza  del  ripostiglio,  nò  fu  possibile  per  il 
momento  estendere  le  indagini  per  vedere  se  la  scoperta  fosse  isolata  ;  anche  i  frammenti 
del  vaso  non  si  poterono  esaminare,  ma  dalle  indicazioni  date  dallo  scopritore  risultò  che 
esso  fosse  di  circa  60  cm.  d'altezza,  con  grosso  orlo  piatto  e  di  rozzo  impasto,  del  tipo 
insomma  dei  grossi  vasi  o  ziri,  rinvenuti  intieri  o  frammentati  in  vari  nuraghi. 

Se  le  circostanze  della  casuale  scoperta  non  si  poterono  sino  ad  ora  del  tutto  chia- 
rire e  ci  resta  ancora  il  dubbio  sul  carattere  del  ripostiglio  e  sulla  possibilità  di  raccogliere 
in  sito  altri  elementi  ancora  nascosti,  però  i  materiali  scoperti  sono  di  indubbio  carat- 
tere nuragico  e  vanno  ad  accrescere  la  serie  oramai  numerosa  dei  ripostigli  di  armi  e 
di  strumenti  riferiti  a  quel  periodo  importante  della  civiltà  protosarda. 

La  composizione  del  ripostiglio  di  Chilivani  è  la  seguente: 

N.  8  bipenni  con  foro  a  taglienti  verticali  ; 
»    1  bipenne  con  foro  a  taglienti  perpendicolari; 
»    1  lingotto  a  forma  di  bipenne  ; 
»  49  accette  a  margini  rialzati  ; 
»>  10  cuspidi  di  lancia  ; 
»    3  puntali  di  lancia  ; 
»    2  daghe  a  larga  lama  frammentate  ; 
»    5  scalpelli  ; 
»    1  incudine  spezzata  ; 

»    1  ornamento  militare  a  cornetto,  innestato  su  grosso  filo  ricurvo  ; 
»    5  pezzi  di  grosso  filo  in  bronzo  contorto,  a  sezione  esagonale. 

Vediamo  ora  con  qualche  particolarità  i  vari  tipi  di  oggetti. 


0Z1KRI 


SAUUINI.V 


Delle  otto  bipenni  rinvenute  nel  ripostiglio,  sette  hanno  il  medesimo  tipo  legger- 
mente arcuato  verso  il  basso  (fig.  1),  con  i  due  taglienti  larghi,  rigidi  ed  alquanto  incli- 
nati verso  la  parte  inferiore,  col  foro  mediano  non  tronco  conico,  ma  cilindrico,  con  ro- 
busto colletto  nell'orlo  sottostante.  Sono  tutte  quante  molto  robuste  e  nuove,  senza  trac- 
cia di  uso,  ma  ben  finite  e  con  la  martellatura  evidente  agli  spigoli  ed  al  tagliente.  Le  di- 
mensioni variano  da  cm.  33  a  27  di  lunghezza,  con  i  taglienti  da  6  a  4  cm.  Anche  l'al- 
tezza del  colletto  varia  da  1.5  a  1  cm. 

È  questo  un  tipo  di  produzione  certamente  locale,  essendosi  trovato  nell'isola  la  nota 
forma  in  steatite  di  Beivi  e  quella  da  me  recentemente  recuperata  ed  illustrata  dalla  grotta 


ti 


Fio.  1.  -  Bipenne  a  tagli  verticali,  ripostiglio  di  Chilivani. 


di  Ursulei,  nell'Ogliastra  (').  Oltre  ai  numerosi  esemplari  provenienti  dai  più  svariati  e 
lontani  punti  dell'isola,  sia  nel  nord,  da  Ploaghe,  Tuia,  Nuchis,  Ozieri,  che  del  centro, 
a  Sarule,  nel  IVuorese,  che  dall'Ogliastra,  come  Lotzorai,  quanto  dalle  regioni  meridionali 
da  Barumini,  da  Guspini  e  dai  maggiori  ripostigli  isolani  di  Abini  e  di  Valenza  (2).  Sicché 
si  può  ben  dire  che  se  il  tipo  è  stato  importato  in  Sardegna,  forse  sino  dall'età  micenea, 
come  propende  a  credere  il  Pinza,  esso  però  vi  si  è  sparso  largamente  e  si  è  mantenuto  per 
tutta  l'età  nuragica. 

(*)  Pinza.  /  monumenti  primitivi  della  Sardegna,  pag.  166.  fig.  94.  4  :  Taramelli,  Buììettim  P.iìet- 
noi.  Uni  1918,  pag.  96  e  seg. 

(2)  Pinza,  op.  cit.,  pp.  143,  147,  148,  160,  151. 


SARDINIA. 


—  289  — 


o  zìi:  hi 


L'altra  bipenne  si  distingue  dalle  precedenti  :  è  rigida,  appiattita  e  tagliente  verti- 
cali, col  foro  mediano  piuttosto  piccolo  e  non  munito  di  colletto  ;  è  di  cm.  27  di  lunghezza 
e  parrebbe  quasi  un  lingotto,  piuttosto  che  un'arma. 

Nel  ripostiglio  figura  una  piccola  bipenne  a  taglienti  traversali,  (fig.  2)  di  cm.  16 
di  lunghezza,  di  fattura  elegante  e  di  tipo  rappresentato  in  varie  località  dell'isola  (') 
ed  anche  in  un  recente  trovamento  di  Oliena.  Essa  pure  è  prodotto  locale  come  attesta 


Fio.  2. 


la  presenza  della  forma  in  steatite,  pure  rinvenuta  in  Sardegna,  data  anche  dal  Pinza  ('). 
Interessante  e  l'oggetto  che  io  ritengo  un  lingotto  a  forma  di  bipenne,  piana,  a  romboide 
allungato,  con  foro  ampio  e  taglienti  smussati,  di  m.  0.36  di  lunghezza.  Se  veramente, 
come  io  penso,  trattasi  di  un  lingotto,  la  forma  è  sinora  isolata  in  Sardegna,  ma  sul  conti- 
nente ha  qualche  confronto  nei  lingotti  del  ripostiglio  di  S.  Francesco  di  Bologna,  del  Gros- 
setano, tra  Mandano  e  Lamprugnano,  di  Madriolo,  presso  Udine,  e  di  Chiusa  di  Frontone, 
presso  Rigola,  nel  Pesarese,  illustrati  dal  Rellini  (3).  Solo  un'analisi  chimica,  che  ancora 

(l)  Pinza,  op.  cit.,  pag.   1  "7 ti. 

(8)  Pinza,  ivi,  pag.  16G. 

(3)  Rellini,  Bull.  Paletnol.  Italiana,  1905  (XXXXI)  pag.  Ili  e  seg. 


SARDINIA  —    290    —  OZIERI 


non  ho  potuto  fare,  potrebbe  in  qualche  modo  stabilire  se  questo  lingotto  sia  o  meno  di 
produzione  sarda,  il  che  potrebbe  essere  ammissibile,  data  la  presenza  ormai  accertata  non 
solo  di  giacimenti  cupriferi  ma  di  lavorazioni  estese  in  età  nuragica  ('). 

Le  49  accette  hanno  tutte  quante  la  medesima  forma,  benché  si  distinguano  in  vari 
gruppi  di  esemplari  identici  per  dimensioni  e  forma,  ricavati  evidentemente  dalle  mede- 
sime matrici. 

Il  tipo  è  però  uguale  per  tutte  ;  hanno  cioè  testa  appiattita,  fianchi  rettilinei  ;  con  i 
margini  molto  sporgenti,  specie  al  centro,  sulle  due  faccio  e  che  invece  sono  bruscamente 
spianati  ed  appiattiti  accostandosi  al  tagliente  che  si  espande  alquanto,  regolare  e  retti- 
lineo ed  affilato  a  martello  in  quasi  tutti  gli  esemplari. 

Cinque  di  queste  accette  hanno  la  lunghezza  di  cm.  21  e  la  larghezza  al  tagliente  da 
5  a  5  cm.,  secondo  la  martellatura.  Altre  quindici  accette  hanno  la  lunghezza  di  poco  in- 
feriore, di  20  cm.,  ed  il  taglio  da  cm.  5.5  a  6  ;  sono  tutte  fresche,  anzi  nuove,  taglienti, 
alcune  anzi  non  ancora  rifinite  dalla  martellatura. 

In  gran  parte  nuove  sono  altre  sedici  accette  di  cm.  19  di  lunghezza,  col  taglio  da 
cm.  5,5  a  6,  e  nuove  del  pari  altre  sette  accette  di  cm.  18  di  lunghezza  e  da  cm.  4  a  5  al 
tagliente  ;  cinque  altre  poi  misurano  cm.  17  e  al  tagliente  cm.  4.  Una  sola  accetta,  pure 
nuova  e  della  medesima  forma,  ha  le  modeste  dimensioni  di  cm.  11  e  di  cm.  3  al  tagliente. 
Questo  tipo  con  diverse  dimensioni,  alcune  assai  più  grandi  che  gli  esemplari  di  Chilivani, 
è  assai  diffuso  in  Sardegna,  come  osservò  il  Pinza  (2)  e  vi  si  mantenne  a  lungo  sino  all'età  del 
ferro  inoltrata  :  comparve  in  tutte  le  varie  parti  dell'isola  ed  alle  numerose  località  accen- 
nate dal  Pinza  dovremmo  aggiungerne  anche  altre,  dove  questo  tipo  appare  sempre  as- 
sociato con  altri  tipi  di  accette  e  con  le  bipenni,  come  recentemente  nel  piccolo  ripostiglio 
di  Lotzorai  da  me  pubblicato  (3),  confermando  le  giuste  osservazioni  fatte  in  proposito 
dal  ricordato  autore. 

Le  nove  cuspidi  di  lancia  sono  tutte  molto  robuste,  con  un  cannone  corto,  ottagonale, 
all'esterno  e  conico  internamente  e  le  due  alette  elegantemente  arcuate,  taglienti  e  termi- 
nanti in  punta  acuminata.  Le  dimensioni  variano  da  cm.  43  della  più  lunga  fra  tutte  a 
27  cm.  della  più  corta,  ma  la  lunghezza  delle  altre  si  aggira  dai  30  ai  33  cm.  Il  tipo  è  comune 
e  diffuso  in  varie  località  ed  in  vari  ripostigli  sardi,  dove  è  associata  con  ascie  a  margini 
rialzate  e  con  bipenni  ;  la  scoperta  di  una  forma  di  steatite  in  Sardegna  è  sicura  prova  che 
esse  vi  erano  prodotte  in  grande  numero  ed  in  varie  forme  e  dimensioni  (*)  (fig.  3). 

I  tre  puntali  di  lancia  hanno  forme  e  misure  alquanto  differenti  l'uno  dall'altro. 
Uno,  acuminato  e  lungo  39  cm.  (fig.  3)  ha  la  superficie  esterna  ottagona,  ma  la  bocca  cir- 
colare ;  l'asta  è  decorata  da  quattro  solchi  dentellati.  Il  secondo  puntale  è  alquanto  più 
breve,  cm.  30,  con  tre  solchi  taccheggiati  all'orlo  ;  due  soli  solchi  presenta  l'altro  puntale, 
di  cm.  28  di  lunghezza.  Tutti  però  corrispondono  alle  forme  in  steatite  rinvenute  in  Sar- 
degna, una  delle  quali  proveniente  da  Nuraghe  Piscu,  di  Suelli,  ed  hanno  i  loro  confronti 

(')  Taraiiielli.  Bull  Paletnol  italiana,  1912  ( XXXVIH  pag.  76.  e  Officine,  fusoria  diOrtu  Commidu; 
Sanlar.i.  Monumenti  antichi  dei  Lincei,  V,  XXV  (1918),  pag.  128,  nota  2. 

(2)  Pinza,  op.  cit,  pag.  144  e  seg.,  tav.  XVI,  20;  XVII.  M. 

(3)  Tarameli!,  Not.  Scavi,  1921,  pag.  497. 

(*)  Tarameli!.  Bull,  paletnol.  Italiana,  1918,  pag.  196  e  seg. 


SA  UDINI  A 


—  291  — 


OZÌEKl 


con  altri  consimili  puntali,  dati  dai  ripostigli  di  Abini,  di  Valenza,  della  Maddalena  per 
dire  dei  più  noti. 

Le  due  daghe,  pur  troppo  frammentarie,  sono  invece  meno  comuni  e  ricordo  una  sola 
lama  proveniente  da  Tiana,  che  si  assomigli  :  i  due  frammenti  misurano  33  e  17  citi.  Sono 


w 


Fic.  3. 


entrambi  molto  larghi,  cui.  7,  ed  appiattiti  :  una  sola,  la  più  lnuga,  ha  ri  foro  per  il  chiodo 
del  manico  ed  un  lieve  risalto  mediano  su  una  delle  faccie.  Si  direbbero  piuttosto  coltel- 
lacci da  caccia,  che  lame  guerresche. 

I  cinque  scalpelli  sono  magnifici  esemplari,  assai  lunghi  e  robusti  stromenti  da  la- 
voro, a  testa  piatta  e  taglio  vivo  ;  le  dimensioni  variano  da  cm.  32  a  21.  Tre  di  essi  hanno 
il  corpo  a  sezione  esagonale  e  due  quadrata  ;  il  taglio  è  in  tutte  di  cm.  1. 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  38 


OZIERl 


—  292 


SARDINIA 


Sono  frequenti  in  Sardegna  gli  scalpelli  eorti  e  non  mancano  nei  diversi  ripostigli 
ricordati  più  sopra  ;  ma  qualche  scalpello  lungo  venne  pure  qua  e  là  trovato,  ad  Abini, 
a  Ploaghe,  a  Tuia,  denotanti  la  diffusione  di  questo  indispensabile  utensile  da  lavoro  in 
tutta  l'isola. 

L'incudinetta  (fig.  4)  ha  forma  nuova  e  finora  isolata  fra  i  reperti  sardi  e  si  differenzia 
notevolmente  dalla  maggior  parte  delle  forme  che  sono  date  dai  ripostigli  del  continente 
italiano  ed  anche  da  quelle  dell'officina  fusoria  di  Porcieu  d'Amblagnieu,  riportata  dal 
Dechelette  (').  Ha  la  lunghezza  di  cm.  17,  ed  è  spezzata  alla  coda,  ma  completa  ;  presenta 
una  testa  tondeggiante,  appiattita,  superiormente,  di  cm.  3.5  di  diametro  ;  dopo  la  stroz- 


FlG.  4. 


Fig 


zatura  al  collo  la  incudinetta  ha  una  lunga  coda  che  si  appiattisce  senza  però  essere  ta- 
gliente. È  un  tipo  solido  e  pratico  di  incudinetta  portatile,  atto  però  a  grossolani  lavori 
d'armatolo,  più  che  a  lavori  minuti  di  cesellatore  e  di  gioielliere  primitivo. 

Un  tipo  raro,  non  però  senza  confronti  isolani,  è  quello  dell'oggetto  indicato  col  nome 
di  ornamento  militare  ;  come  è  dato  dalla  figura  ó,  è  un  cornetto  di  forma  conica  ricurva, 
lungo  cm.  10,  che  si  insalda  ad  un  robusto  filo  di  bronzo,  piegato  a  guisa  di  elissi  quasi 
completa.  Il  corno,  vuoto  internamente,  è  ornato  alla  bocca  ed  alla  sommità  da  rilievi  a 
doppia  trecciola  e  da  solchi  paralleli.  Un  oggetto  analogo,  appartenente  alla  collezione 
Vallerò,  di  Sassari,  fu  dato  dal  Pinza  (2),  altro  poco  diverso  è  fra  i  bronzi  del  ripostiglio 
di  Abini,  lo  esprimo  per  tutti  l'ipotesi  che  servissero  a  tenere  strette  le  estremità  di 
grossi  mazzi  di  crini  equini,  meglio  che  di  piume,  formando  una  specie  di  pennacchio  per 
decorare  un  casco  o  un  berretto  di  cuoio,  come  accennerebbe  anche  la  curva  del  grosso 
filo  aderente  al  cornetto. 

Vanno  anche  aggiunti  al  ripostiglio  di  Chilivani  vari  pezzi  di  filo  di  bronzo,  a  sezione 
esagonale,  forse  materiale  grezzo,  destinato  ad  essere  lavorato  a  martello,  per  anelli  ed 
armille,  frequenti  anche  nel  materiale  nuragico. 

(*)  Dechelette.  Manici  d' Archeologie  ccltiqu»  et  gaiihisr,   IT,   11)5,  277. 
(*>  Pinza,  op.  eit,  pag.  146,  fig.  83. 


SARDINI.V  —    293    —  OZIERI 

Quasi  tutti  gli  oggetti  a  cui  ho  qui  rapidamente  accennato  hanno  il  carattere  di  es- 
sere nuovi,  non  usati  ed  a  differenza  di  quanto  fu  osservato  in  altri  ripostigli  dove  i  frustoli 
abbondano,  qui  prevalgono  gli  oggetti  intatti  e  di  pochi  tipi  e  forme,  suggerendo  quasi  la 
derivazione  loro  da  un'officina  soia,  probabilmente  di  proprietà  di  quelli  stessi  che  riuni- 
rono e  nascosero  l'insigne  gruppo  di  bronzi    nuragici. 

Concludendo  ora  questo  breve  cenno  descrittivo  del  ripostiglio  di  Chilivani,  risulta 
che  esso  comprende  tipi  tutti  di  produzione  locale,  che  hanno  larghi  confronti  nei  mate- 
riali dell'isola,  rinvenuti  nei  monumenti  nuragici  e  fanno  perciò  parte  di  quella  suppel- 
lettile riferita  al  periodo  più  volte  secolare  che  è  compreso  col  nome  di  civiltà  nuragica. 

Possiamo  tuttavia  fissare  con  qualche  precisione  maggiore  l'età  del  ripostiglio. 

Le  bipenni,  per  quanto  risalenti  ad  un  tipo  di  importazione  micenea,  per  la  loro 
finezza,  regolarità  ed  eleganza  di  forme  e  finezza  di  taglio,  rappresentano  un  prodotto  di 
grande  perfezione,  a  cui  si  perviene  dopo  una  lunga  evoluzione.  Anche  le  ascie  a  margini 
rialzati,  pure  essendo  di  tipo  primitivo,  però  per  le  loro  grandi  dimensioni,  per  l'accurata 
fattura,  come  per  la  rigida  e  netta  disposizione  del  tagliente,  sono  prodotti  di  tecnica  ag- 
guerrita, che  trae  grand"  aiuto  dai  martello  per  ridurre  i  prodotti  della  fusione  ;  il  che  ri- 
sulta anche  dalle  larghe  e  piatte  lame  di  spada  e  dalla  finezza  delle  ali  delle  cuspidi  di  lan- 
cia. Tanto  queste  che  i  puntali  ed  il  cornetto  per  elmetto,  decorati  da  semplici  motivi  or- 
namentali, che  i  lunghi  scalpelli  e  la  singolare  ineudinetta,  sono  tutti  prodotti  di  egregia 
fattura,  di  una  evoluzione  già  compiuta,  del  periodo  pieno  e  più  alto  della  metallurgia 
locale.  Nella  classificazione  da  me  proposta  dei  ripostigli  italiani  dell'età  del  bronzo  e  del 
ferro,  riterrei  questo  di  Chilivani  alquanto  pili  antico  di  quello  di  Abini,  presso  Teti  e  di 
Forraxi  Nioi,  di  Valenza,  coevo  quindi  a  questo  ultimo  da  me  illustrato  di  Monte  Idda, 
di  Decimoputzu,  cioè  del  TI  periodo,  ad  un  dipresso  parallelo  a  quelli  siciliani  di  Giarratana 
e  di  Mineo,  ed  al  ripostiglio  di  Piediluco.  di  Terni,  riferibili  tutti  al  sec.  Vili  a.  C. 

Quanto  al  carattere  del  ripostiglio  l'abbondanza  di  tipi  uguali  e  di  proporzioni  iden- 
tiche, la  prevalenza  di  esemplari  nuovi  ed  appena  finiti,  come  la  presenza  di  un'incudi- 
netta,  degli  scalpelli  e  del  pane  di  rame  a  foggia  di  piccone,  ci  inducono  a  pensare  al  depo- 
sito di  fonditori  e  venditori  ambulanti  anziché  ad  una  stipe  votiva.  Si  deve  tener  presente 
che  la  pianura  di  Chilivani,  nella  quale  ancora  oggidì  avviene  la  diramazione  delle  princi- 
pali linee  ferroviarie  dell'isola,  per  Terranova,  Cagliari  e  Porto  Torres,  si  trova  anche  geo- 
graficamente e  commercialmente  in  un  punto  centrale  tra  i  giacimenti  ramiferi  dell' Al- 
gherese  e  le  regioni  pastorali  degli  altipiani  di  Ozieri,  di  Bitti  e,  più  a  nord,  del  Sassu  e 
dell'  Angiomi;  (*}. 

Non  sarebbe  fuori  del  caso  pensare  che  in  quella  piana  si  avesse  un  punto  di  mercato 
e  di  ritrovo  fra  le  varie  tribù  dei  territorii  nuragici  circostanti  e  che  in  prossimità  di  questo 
mercato  il  fonditore  ambulante  avesse  nascosta  la  sua  preziosa  merce  che,  per  fortuna  no- 
stra, non  potè  più  recuperare  ed  è  sino  a  noi  pervenuta. 

A.  Taramelli. 

I1)  A.  Taramelli,  Il  ripyslùjlio  di  bromi  nuraijirì  di  Monte  Iddi,  in  Monumenti  antichi,  A.nnol92J 
(v.  XXVII),  pag.  92. 


PORTOTORRF.S  294    —  SARDINIA 


XIX.  PORTOTOHRES  —  Scoperta  di  monete  d' oro  di  età  bizantina 
in  regione  Baiai. 

Nel  principio  del  gennaio  dello  scorso  anno  1921  il  bracciante  Gianuario  Glorilo, 
lavorando  nell'orto  del  padre  suo  Antonio,  situato  in  regione  Baiai,  all'estremità  dell'abi- 
tato di  Portotorres,  attiguo  alla  caserma  dei  RR.  Carabinieri,  rinvenne  in  mezzo  a  blocchi 
di  pietra  un  vasetto  in  terracotta  contenente,  monete  e  oggetti  d'oro  in  frammenti.  Il  lo- 
cale ispettore  dei  Monumenti,  cav.  uff.  Gavino  Clemente,  informato  immediatamente 
del  reperto,  si  recò  subito  sul  posto  e  potè  raccogliere  le  notizie  sulla  scoperta  e  ritirare  gli 
oggetti,  che  cosi  poterono  essere  studiati  e  conservati  per  le  pubbliche  raccolte  nazionali. 

Dalle  informazioni  inviatemi  dal  chiaro  sig.  Gavino  Clemente,  a  cui  qui  rivolgo  i 
miei  ringraziamenti,  risulta  che  nessuna  traccia  di  tomba  o  di  ripostiglio  bene  sistemato 
si  potè  notare  nel  punto  in  cui  venne  trovato  il  vasetto  di  terracotta,  che  andò  in  frammenti 
all'atto  del  rinvenimento  ;  pare  ad  ogni  modo  che  in  quella  località  esistesse  un  vecchio 
cimitero,  da  lungo  tempo  abbandonato,  ma  nessun  indizio  si  ebbe  che  potesse  dare  qualche 
luce  sull'attuale  rinvenimento  che,  a  quanto  mi  consta,  è  sinora  isolato. 

L'importanza  dell'attuale  scoperta  è  perciò  limitata  per  il  momento  al  reperto  in  sé 
stesso,  che  qui  descrivo  brevemente. 

Le  monete  sono  in  numero  di  quaranta,  delle  quali  trentasette  soldi  d'oro  bizantini 
di  egregia  conservazione  e  freschezza  e  tre  monete  arabe,  di  buona  conservazione  esse  pure, 
benché  alquanto  consumate  dall'uso.  Gli  oggetti  d'oro  sono  frustoli  e  frammenti  informi, 
materiale  raccogliticcio  e  serbato  per  il  valore  del  metallo.  Il  vasetto  di  terracotta  che 
conteneva  il  prezioso  marsupio,  andò  in  schegge  e  l'egregio  sig.  Clemente  non  potè  rac- 
coglierne neanche  la  più  piccola  traccia. 

Delle  monete  bizantine  ecco  la  indicazione  precisa  : 

N.  16  esemplari  di  soldi  d'oro  di  Teofilo  con  Michele  e  Costantino  Vili  (829-842): 

V>     *   06OFILOS  bASIL€0  •     Busto  di  fronte  e  diademato  di  Teofilo  con  la  croce 

greca  nella  d.  e  volume  nella  sinistra. 
1*     +   MIXAHL-  S  •  COhSIAhllh'     Busti  di  faccia  e  diademati  di  Michele  e  di 

Costantino  Vili  ;  nel  campo  croce  (Sabatier,  Monti,  byzml.  IT,  93,  n.  13, 

tav.  XLlII,  16. 

Una  sola  moneta  presenta  la  variante  nella  grafìa  del  rovescio  :   +  MIXAHL* 
S-COhtAhTJh. 

N.  21   Esemplari  di  soldi  d'oro  di  Basilio  I  e  Costantino  IX  (869-870). 

D     bASILIOS  €T  COhSIAhT- AMCC-     Busti  di  faccia  e  diademati  di  Basilio    I 

e  di  Costantino  IX,  che  insieme  tengono  la  doppia  croce  greca,  l'uno  con 

l'abito  a  losanghe,  l'altro  a  pieghe. 
K-     +   IhS- XPS*  R€X  •  R€CNANTIVM  •     Cristo   nimbato  e   su   croce   seduto    di 

fronte,  la  mano  destra  levata,  nella  sinistra  l'Evangelo  (Sabatier,  ivi,  TI, 

p.  107,  n.  5,  tav.  XLIV,  22. 


SARDINIA  —    295   —  PORTOTORRES 

Le  tre  monete  arabe,  di  buona  conservazione,  furono  gentilmente  determinate  dalla 
dott.  Lorenzina  Cedano,  che  richiamandosi  alla  classifica  del  Lagumina  (Catalogo  delle  mo- 
nete Arabe,  pag.  135,  Tav,  I,  9)  le  riferisce  all'Emiro  Aglabita  Ibrahim  b.  Ahmeddel261- 
269  dell'  Egira  =  874-902  d.  C.  e  precisamente  all'anno  primo  del  suo  regno,  261  =  874, 
senza  indicazione  alcuna  della  zecca  di  coniazione. 

Gli  oggetti  d'oro  ricuperati  insieme  alle  monete  descritte  sono  i  seguenti  : 

a)  Tre  frammenti  del  peso  complessivo  di  gr.  18,  di  un  braccialetto  tubulare, 
schiacciato  e  squarciato  ;  quella  che  era  una  delle  estremità  del  braccialetto  termina  con 
un  manicotto  decorato  da  fìtto  intreccio  a  rilievo  in  fìli°rana.  La  lamina  di  cui  è  for- 
mato il  braccialetto  è  molto  robusta,  ma  non  presenta  nessuna  specialità  caratteristica 
per  riferirlo  ad  una  data  precisa,  poiché  il  semplicissimo  motivo  decorativo  si  presenta 
tanto  nell'orificeria  così  detta  barbarica,  che  in  quella  bizantina. 

b)  Frammento  di  orecchino  d'oro  a  cerchiello  robusto,  peso  gr.  3,  con  ingrossa- 
mento al  centro  ;  ad  una  delle  estremità  è  spezzata  la  parte  sottile  che  penetrava  nel 
lobo  dell'orecchio  ;  anche  di  questo  oggetto  non  è  possibile  precisare  l'età. 

e)  Numero  22  sottili  lamelle  d'oro  di  forma  rettangolare,  delle  dimensioni  di  cui.  1 
a  1.5  ;  quasi  tutte  liscie  sulle  due  faccie.  una  sola  sembra  ritagliata  da  una  lamina  deco- 
rata, ma  il  motivo  decorativo  è  quasi  completamente  scomparso. 

A  cosa  potessero  servire  queste  lanunetto,  del  peso  complessivo  di  19  grammi,  non 
saprei  dire  ;  forse  dovettero  servire  a  decorare  qualche  parte  d'indumento  femminile, 
forse  qualche  cuffìetta,  cucite  o  intessute  nella  trama. 

Il  modesto  reperto  di  l'ortotorrcs.  pure  interessante  per  il  gruppo  di  monete  e  per 
la  nobiltà  del  metallo,  non  ci  dà  troppa  luce  né  sull'origine  probabile  di  esso,  né  sul- 
l'epoca a  cui  si  riferisce,  che  è  tra  le  più  oscure  della  storia  medioevale  della  Sardegna. 

Dalla  presenza  delle  monete  dell'emiro  Aglabita  Ibrahim  b.  Ahmed  noi  siamo  au- 
torizzati a  collocare  il  ripostiglio  a  dopo  l'anno  874  d.  C.  Se  la  grande  maggioranza  di 
monete  bizantine  conferma  la  presenza  in  Sardegna  di  autorità,  di  dominatori  e  di  po- 
tenza bizantina,  attestata  dai  rapporti  tra  il  papa  Giovanni  Vili  ed  i  principes  Sardi- 
nòte,  ricordati  per  l'anno  873  (*),  pure  la  presenza  delle  tre  monete  arabe  non  è  senza  im- 
portanza per  i  rapporti  tra  la  Sardegna  ed  i  Mussulmani.  Resta  anche  confermato  quanto 
ci  è  riferito  dallo  storico  Arabo  Ibn  el  Atir  (2)  che  l'isola  dall'anno  753  al  935  non  fu 
molestata  dagli  Arabi,  per  quanto  si  debbano  registrare  i  tentativi  dell'anno  806,  ricor- 
dati dagli  Annali  hoiseliani  (3)  e  la  fiera  crociera  compiuta  nell'  828  per  ordine  di  Lotario 
da  Bonifacio,  conte  di  Lucca  e  da  vari  conti  di  Toscana,  allo  scopo  di  snidare  i  corsari 
Arabi  dai  loro  ripari  nella  Corsica  donde  assalivano  l'isola  sarda,  crociera  che  terminò 
con  l'assalto  sulle  coste  dell'Africa  e  con  la  sconfìtta  degli  Arabi  (*).  Si  vede  però  che 
durante  i  periodi  di  relativa  tranquillità  dell'isola  dalle  incursioni  arabe  non  dovevano 
essere  mancati  rapporti  di  carattere  pacifico  e  commerciale  tra  gli  Arabi  della  Sicilia 
e  della  Tunisia,  delle  Balearì  e  della  Spagna,  con  gli  abitanti  delle  parti  settentrionali 

(x)  E.  lìesta,  La  Sardujna  medioevale,  I,  pag.  43. 

(2)  Amari,  Biblioteca  Araba  Siculo,  I,  11. 

(3)  Bouquet,  Rerum  Gallicarum  Scriptores,  t.ib.  VII,  anni  806,  807. 
(*)  Manno,  Storia  Moderna  della  Sardegna,  pag.  335. 


SERRI  —    296    —  SARDINIA 


della  Sardegna  e  specialmente  col  porto  turritano,  rapporti  di  cui  sarebbero  appunto 
testimonio  le  monete  di  Tbrahim  b.  Ahmcd,  conservate  nel  nostro  ripostiglio  di  Porto- 
Torres,  insieme  ad  un  numero  preponderante  di  monete  bizantine  di  Teofilo  con  Michele 
e  Costantino  Vili  e  di  Basilio  I  con  Costantino  IX,  che  rappresentano  appunto  il  pe- 
riodo dall'anno  829  all'870,  in  cui  non  troviamo  ricordati  assalti  arabi  in  Sardegna,  men- 
tre invece  non  sono  mancati  sotto  gli  imperatori  menzionati  sanguinosi  conflitti  con  gli 
Arabi  ste  si  in  altre  parti  dell'impero. 

A.  Tarameli!, 


XX.  SERRI  —  Nuovi  scavi  nel  santuario  nuragico  presso  la  chiesa 
di  S.  Maria  della    Vittoria,  sull'altipiano  della  Giara. 

L'altipiano  della  Giara  di  Seni  ha  già  dato  negli  anni  1909-10  interessanti  avanzi 
per  lo  studio  delle  antichità  preromane  della  Sardegna,  cioè  il  tempio  a  pozzo,  difeso  da 
una  cinta  nuragica,  presso  la  chiesa  di  S.  Maria  della  Vittoria,  ed  il  recinto  circolare 
mcgalitico  con  altare  e  sedile,  situato  verso  Tiritenio  del  pianoro  (').  Ma  l'interesse  della 
località  non  era  ancora  esaurito  con  le  due  campagne  già  intraprese  su  quell'altipiano, 
così  notevole  per  la  postura  e  per  i  suoi  avanzi  monumentali;  specialmente  accanto  al 
tempio  a  pozzo  ed  i  resti  del  recinto  fortificato  con  torre  munita  di  feritoie  si  stendeva  un 
tratto  di  terreno  tutto  a  cumoli  di  materiali  con  traccie  di  costruzioni  ohe  richiamava  la 
mia  attenzione  e  che  era  certo  interessante  di  esplorare. 

Le  mie  proposte  furono  accolte  dalla  Direzione  generale  delle  Antichità  che  mi  fornì 
a  più  riprese  i  fondi  per  le  indagini,  per  quanto  l'accresciuto  costo  della  mano  d'opera 
rendesse  il  lavoro  di  scavo  di  maggiore  dispendio  e  di  minore  profitto. 

I  risultati  delle  brevi  campagne  condotte  dal  1919  al  1921  sono  qui  brevemente  esposti 
e  sono  resi  più  perspicui  dall'accurata  pianta  e  dai  disegni  del  chiaro  prof.  Giarrizzo,  che 
qui  ricordo  con  particolare  gratitudine.  Ricordo  altresì  il  volenteroso  aiuto  datomi  dal 
Dr.  Davide  Fraioli,  segretario  del  R.  Museo  e  dalle  autorità  locali,  in  special  modo  dal  gio- 
vane segretario  Sig.  Eraldo  Floris. 

Durante  questo  periodo  di  scavi  fu  sgomberato  un  tratto  abbastanza  vasto  dì  ter- 
reno, come  risulta  dall'unita  fotografia  (fig.  1).  Debbo  subito  accennare  che  per  la  scarsa 
profondità  dello  strato  archeologico  questo  era  stato  molto  rimestato,  anche  per  la  co- 
struzione della  chiesetta  di  S.  Vittoria,  che  in  tempo  non  ben  definibile  ma  non  molto 
remoto,  aveva  attinto  i  suoi  materali  dalle  prossime  rovine. 

II  primo  edifìcio  che  fu  messo  in  luce  in  questa  campagna,  è  quello  segnato  in  pianta 
nella  Tav.  1,  col  n.  7,  costituente  i  resti  di  un  recinto  circolare,  che  si  trova  addossato  alla 
cinta  fortificata,  proprio  presso  la  pendice  settentrionale  dell'altipiano  ;  fu  anzi  lo  sco- 

(')  Notizie  d.  Scavi,  1909,  pag.  412cseg.  ;  1911,  pag.  291  eseg.  ;  //  Tom  pio  nnragicoed  intontimenti 

primitivi  di  S.  Vittoria  di  Serri,  in  Monumenti  antichi  dei  Lincei,  voi,  XXIII  (1914)  pag.  314  e  seg. 


SARDINIA 


297  — 


SKKRI 


scendimento  di  questa   che  portò   per  coseguenza   Io   scoscendkaeBto   di   parte   del 
recinto  (fig.  2  e  3).  (') 

11  recinto,  di  pianta  ad  un  dipresso  circolare,  del  diametro  di  circa  ni.  J  1,50  e  con- 
servato per  circa  due  terzi  della  sua  periferia,  non  si  leva  molto  alto  sulla  roccia  su  cui 
posa.  La  fronte  esterna  del  muro  perimetrale  ha  due  filari  di  pietre  basaltiche,  abbastanza 
ben  connesse,  quelle  del  filare  inferiore  sbozzate,  quelle  del  corso  superiore  bene  squa- 


Fig.  1  -  Veduta  generale  dello  scavo  del  tempio  ipetrale  e  del  piazzaletto  antistante. 
Nello  sfondo  il  Monte  Trcmpii  e  l'altipiano  della   Giara  di  Gestori. 

drate,  lavorate  finemente  alla  martellina,  ma  sì  le  une  che  le  altre  con  la  faccia  esterna 
accennante  alla  curva  dell'edificio.  T,a  fascia  interna  del  muro  perimetrale  è  pure  costituita 
da  pietre  basaltiche  di  mediocre  grossezza  e  sgrossate  ;  lo  spazio  tra  le  due  fascie  è  riem- 
pito di  piccoli  blocchi  e  di  argilla  assai  compatta,  in  modo  da  formare  un  solido  muro  di 
ni.  1.35  di  spessore.  TI  recinto  nella  parte  conservata,  che  è  quella  rivolta  verso  la  cinta 
con  torre  a  feritoie,  presenta  un  ingresso,  di  m.  1,20  di  ampiezza,  con  due  gradini  per 
scendere  verso  l'interno  al  pavimento,  dell'area  circolare  interna,  del  diametro  di 
circa  8  metri.  Era  questa  selciata  in  lastroni  irregolari,  ma  giustaposti  con  cura  e  spia- 
nati naturalmente  in  modo  da  formare  una  massicciata  pianeggiante  e  regolare.  Un  la- 
strone, emergente  alquanto  al  centro,  sembra  la  base  di  appoggio  di  un  altare,  posto  al 


f1)  Gli  scavi  in  corso,  nel  1922,  hanno  messo  in  vista  tutte  le  fondazioni  dell'intiero  recinto 
circolare,  che  si  innestava  con  la  cinta  di  difesa  di  questa  parte  del  santuario. 


SEURt 


—  298 


SARDINIA 


centro  del  recinto.  II  fatto  notevole  di  questo  recinto  è  il  sedile  disposto  tutto  all'ingiro, 
formato  di  massi  di  pietra  lavica  e  di  calcare,  alti  circa  m.  0,ó0,  lavorati  nelle  faccie  a 
vista  e  muniti  in  alto  da  una  stretta  cornice  a  fascia  di  m.  0.10  di  altezza  (fìgg.  2,  3). 
Le  pietre  del  sedile,  lunghe  circa  «un  metro  e  curve,  sono  appoggiate  alla  faccia  interna 
del  muro  perimetrale  e  sopra  ai  lastroni  del  pavimento.,  avvicinate  fra  di  loro  in  modo  da 
formare  un  sedile  unico  e  continuo,  che  trova  i  suoi  confronti  con  i  sedili  dell'altro  recinto, 


ho.  -  -  Recinto  circolate  con  sodile  nell'intento, 


dell'altipiano  stesso  della  Giara  e  con  quelli  della  capanna  A,  nel  villaggio  nuragico  di 
Serrucci,  presso  Gonnesa  (').  Ma  questo  recinto,  per  l'accurata  lavorazione  delle  pietre, 
sia  dei  sedili  che  delle  pareti,  in  confronto  agli  altri  due  ricordati  che  hanno  un  rude  carat- 
tere niegtilitico  e  sembrano  costrutti  per  riunioni  ed  assemblee  giudicanti  di  guerra  e  di 
questioni  giuridiche,  ed  anche  per  la  sua  vicinanza  ad  edifici  di  carattere  sacro,  dovette 
avere  uno  scopo  collegato  al  culto.  Vorrei  supporre  che  esso  servisse  a  contenere  od  a  rac- 
cogliere, in  meditazione  aspettante  ed  austera,  le  persone  che  dovevano  fare  il  loro  sacri- 
ficio e  la  loro  offerta  al  prossimo  tempio  e  che  dalla  rude  arte  delle  statuette  votive  ci  si 
rivelano  comprese  dalla  gravità  severa  del  rito. 

I  materiali  trovati  in  questa  parte  dello  scavo  si  riducono  a  frammenti  di  rozza  cera- 
mica nuragica,  con  numerose  anse  a  ponte;  in  bronzo  si  ebbero  spilloni  frammentati, 

(l)  Taramelli,  Indagini  nella  cittadella  nuragica  di  Serrucci,  presso  Gonne**,  in  Monumenti  antichi 

della  R.  Accademia  dei  Lincei,  voi.  XXIV  (1917),  pag.  634  e  se». 


SARDINIA 


—  299  — 


SKRRl 


frustoli  di  pugnaletti  a  lama  piatta  ed  una  statuetta  votiva,  probabilmente  femminile 
ffig.  4).  E  del  tipo  già  noto  da  varie  statuette  di  Abini  e  da  quella  recentemente  trovata 
a  IS'uragus  ed  in  altri  punti  dell'isola,  col  corpo  esile,  chiuso  in  una  tunica  quasi  come  in 
una  guaina,  munita  in  basso  da  numerose  balze,  una  delle  quali  decorata  ;  il  capo  invece 
più  grosso,  con  i  lineamenti  del  viso  esagerati,  occhi  sporgenti,  naso,  mento  ed  orecchie 
di  forte  risalto;  accennata  la  discriminatura  dei  capelli.  La  testa  è  avvolta  da  un  velo  nella 
parte  superiore,  che  scende  ai  lati  ed  alla  nuca,  sotto  l'abito.  La  figurina  è  coperta  da  un 


Fig.  3  -  Interno  del  recinto  circolare. 

ampio  mantello  che  scende  sino  ai  polpacci,  decorato  all'orlo  inferiore  ed  al  collo  da  una 
stretta  fascia  di  decorazioni  incise  a  bulino,  riproducenti  forse  un'orlatura  di  pelo  o  di  rozzo 
ricamo  attorno  al  mantello.  Nella  mano  destra,  come  in  tante  altre  statuette  votive,  è 
protesa  la  ciotola  dell'offerta.  La  mano  sinistra  è  spezzata,  come  sono  stroncati  i  due  piedi 
nel  violento  strappo  dalla  tavola  di  offerta  dove  la  statuetta  era  impiombata.  E  notevole 
l'ampiezza  degli  occhi  che  fa  pensare  alle  note  fattucchiere  della  leggenda  sarda,  dalle 
doppie  pupille;  certo  queste  sacerdotesse  servivano,  con  il  loro  ascendente,  a  mantenere 
la  rigida  disciplina  religiosa  della  tribù  (1). 

La  grande  dispersione  che  presenta  il  materiale  votivo  del  santuario  non  ci  lascia 
certi  se  da  questo  recinto  circolare  o  dal  vicino  edificio  religioso  sia  provenuta  la  statuetta  : 
lo  stesso  dicasi  della  grande  accetta  in  calcare  levigata,  assai  lunga  ed  appiattita  (lungh. 


(x)  Solino,  1,  101  ;  Péttazzor.i.  Relirj.  primit.  della  Sardegna,  pag.  57  e  seg. 
Notizie  Soavi  1922  —  Voi.  XIX. 


39 


SERRI  —    300    —  SARDINIA 

cm.  23)  che  si  trovò  spezzata  nel  recinto  e  che  meglio  che  adatta  per  uso  pratico  apparve 
oggetto  rituale,  forse  per  sacrificio  di  animali  nel  tempio. 

L'edificio  più  importante  messo  in  luce  in  questa  campagna,  attiguo  al  recinto  circo- 
lare ed  alla  torre  a  feritoie,  ha  disposizioni  sinora  ignote  tra  gli  edifici  riferibili  ad  etcì  nu- 
ragica,  diverse  da  quelle  dei  templi  a  pozzo  già  noti  ed  esplorati,  sia  a  Serri  che  a 
Sardara  ed  a  Ballao.  Ma  per  i  suoi  elementi  fondamentali  è  certamente  da  ritenersi  un 
tempio  od  un  luogo  di  culto  della  gente  protosarda. 


Fig.  4  -  Statuetta  femminile,  in  bronco,  rinvenuta  nel  recinto  del  sedile. 

L'edificio,  modesto  e  semplice,  segnato  nella  pianta  a  Tav.  III-IV,  col  n.  8,  nelle  sue 
disposizioni  appare  essere  stato  riparato  molto  largamente  almeno  una  volta  e  poi  sotto- 
posto ad  una  distruzione  generale  definitiva  che  ne  troncò  la  sua  esistenza  con  un  incendio 
violentissimo  di  cui  restano  evidenti  traccie  nei  materiali  calcarei  della  sua  costruzione. 

Le  traccie  del  piano  antico  erano  profonde  poco  più  di  m.  0,80  sotto  l'attuale  su- 
perficie; negli  strati  superiori  si  ebbero  monete  medievali,  più  sotto  cocci  e  monete  romane 
e  puniche,  poi  un  letto  ricco  di  materie  carboniose,  posante  sul  pavimento  antico,  nel  quale, 
in  prevalenza,  si  ebbero  avanzi  dell'età  nuragica.  Ma  in  causa  dello  sconvolgimento  antico 
e  profondo  avvenuto  nel  terreno,  per  la  ricerca  di  materiali  di  costruzione  per  la  chiesetta 
di  S.  Vittoria,  la  regolarità  dello  strato  era  stata  in  vari  punti  disturbata,  tanto  che  fram- 
menti di  stoviglie  moderne,  frammisti  a  quelle  romane,  puniche  e  medioevali  si  ebbero 
in  qualche  punto  in  mezzo  al  materiale  nuragico. 


SARDINIA 


—    301    — 


SERRI 


Il  recinto,  o  tempietto,  Tav.  III-IV,  n.  8  e  fig.  5,  ha  la  pianta  presso  a  poco  rettangolare 
di  in.  4.80  X  5.80,  orientata  da  nord  a  sud,  aperta  e  senza  parete  verso  nord,  e  da  questo 
lato  preceduto  da  un'area  selciata  da  lastroni  di  calcare  e  con  uno  stretto  passaggio  al 
centro  della  parete  breve  a  sud:  al  lato  verso  nord,  invece,  sono  disposti  gli  altari,  in 
numero  di  due;  nell'interno,  alla  parete  laterale  di  destra  ed  a  parte  di  quella  di  fondo 
sono  addossati  due  banconi,  meglio  che  due  sedili,  in  muratura,  alti  m.  0,80. 

I  muri  che  costituiscono  questo  recinto  sono  bassi  da  ni.  1.20  a  1.30,  ma  è  evidente 
che  anche  in  origine  non  dovevano  essere  in  genere  molto  più  alti,  tranne  che  nel  lato  si- 


Fig.  5  -  Veduta  complessiva  del  tempio  ipetralc:  dietro,  a  destra,  la  torre  a  feritoie. 


nistro,  ed  hanno  le  traccic  di  ritocchi  e  di  rabberciamenti  l'atti  assai  evidentemente  in 
seguito  ad  una  prima  distruzione  dell'edificio. 

Lo  spessore  e  la  struttura  delle  pareti  racchiudenti  la  celletta  non  sono  uniformi. 
11  muro  di  destra,  solido  e  largo  ni.  1.60,  è  in  grossi  massi  di  basalto,  abbastanza  regolari, 
sbozzati  e  disposti  accuratamente  nelle  due  faccie  a  regolari  corsi,  con  fanghiglia  negli 
interstizi. 

La  parete  di  fondo,  ancora  più  larga,  ni.  2.00,  è  a  conci  di  basalto  sbozzati  nella  faccia 
esterna;  nella  faccia  interna  invece  a  conci  più  regolari  di  calcare  sbozzati  e  squadrati 
nella  faccia  a  vista  e  tagliati  a  cuneo  verso  l'interno  del  muro  che  era  insaccato  di  bloc- 
chetti e  di  argilla.  Questa  parete  veniva  ad  addossarsi  all'attigua  capanna  rotonda,  di  cui 
diremo  più  innanzi,  la  quale  appare  evidentemente  costrutta  in  età  più  antica. 

La  parete  verso  sinistra,  meno  conservata  delle  altre  due,  è  però  meglio  costrutta, 
in  lastre  calcari,  egregiamente  squadrate,  levigate  ed  accostate  fra  di  loro  ed  innestate 


SERRI 


—  302  — 


SARDINIA 


per  mezzo  di  sporgenze  semicircolari,  a  cui  corrisponde  un  incavo  nella  prossima  pietra 
(fig.  1 1  e  Tav.  III-IV,  n.  llj;  però  anche  questa  parete  fa  parte  della  medesima  cella  ma  è 
indubbiamente  un  rifacimento  posteriore,  quando,  dopo  una  distruzione  parziale  del- 
l'edificio, si  rifece  la  parete,  sostituendo  all'antica  muratura  rozza,  di  cui  rimasero 
solo  i  corsi  di  fondazione,  un  muro  elegante,  di  ni.  0.60  di  larghezza,  dietro  al  quale 
è  addossato  un  altro  piccolo  ambiente,  che  ritengo  un  ripostiglio,  tutto  quanto  costrutto 
con  pietra  calcare  (figg.  10,  11). 


Fig.  G  -  La  parete  di  fondo  del  tempio; 
al  disopra  del  muro  i  blocchi  in  calcare  per  l'infissiono  dei  voti. 


Ho  accennato  che  i  muri  perimetrali,  tranne  quello  di  sinistra,  non  sembra  sieno 
stati  anche  in  origine  molto  più  alti  ;  il  grosso  muro  di  destra  è  ben  livellato  e  la  superficie 
regolare  è  data  dal  dorso  dei  grossi  massi  basaltici  disposti  sulle  due  faccie.  11  muro  del 
lato  breve,  attraverso  al  quale  si  apre  lo  stretto  passaggio,  conservava  in  posto  nella  sua 
faccia  superiore,  due  robuste  lastre  in  calcare,  squadrate  e  spianate  e  con  evidenti  segni 
dell'azione  del  fuoco  e  la  superficie  tutta  quanta  perforata  dalle  consuete  incavature  per 
infissiono  di  oggetti  votivi,  in  alcune  delle  quali  erano  ancora  conservati,  col  piombo,  i 
resti  di  oggetti  in  bronzo,  per  lo  più  spade  ivi  infisse  per  voto  e  violente  niente  stroncate 
(fig.  6).  Appunto  queste  lastre  sono  una  testimonianza  evidente  dei  luoghi  di  culto  nella  Sar- 
degna e  non  lasciano  alcun  dubbio  sul  carattere  religioso  del  recinto  di  S.  Vittoria.  Altri  di 
questi  lastroni  a  superficie  incavate  si  trovavano  ancora  in  posto  sui  due  tratti  di  banconi 
o  muricciuoli  disposti  innanzi  al  tratto  di  parete  di  fondo  ed  a  quella  laterale,  costrutti  in 


SARDINIA 


—  303  — 


SERRI 


conci  regolari,  ben  disposti  a  filare  in  calcare,  legati  con  argilla  ;  la  superficie  di  questi 
panconi  è  in  belle  pietre  grandi,  taluna  delle  quali  conserva  qualche  incavatura  ed  im- 
piombatura (figg.  7,  8)  ;  su  tali  panconi,  come  anche  sui  muri  perimetrali,  erano  quindi 
deposti  ed  assicurati  i  doni  votivi  dai  devoti  pellegrini  che  erano  venuti  al  tempio  per 
sacrifici  od  altri  riti.  Poiché  noi  abbiamo  la  prova  che  i  muri  perimetrali  non  erano  in  ge- 


Fig.  7  -  Parete  laterale  del  tempio, 
con  bancone  sorreggente  le  lastre  per  le  offerte  votive. 


nere  più  alti  di  quanto  lo  siano  ora,  dobbiamo  pensare  die  il  sacello  fosse  un  recinto 
ipetrale,  per  riti  e  sacrifici  all'aperto,  siti  dico. 

Altra  prova  del  carattere  sacro  del  recinto  e  di  una  lunga  durata  del  culto  è  pure 
data  dagli  altari:  su  uno  di  questi,  nel  lato  nord-ovest  può  sorgere  il  dubbio,  trat- 
tandosi di  un  grosso  dado  di  muro  a  blocchi  basaltici,  quasi  in  continuazione  del  lato 
destro  dei  muro;  ma  per  gli  altri  due  gli  clementi  tipici  degli  altari  sono  della  maggiore 
evidenza. 

Di  questi  altari  uno  è  situato  quasi  sull'asse  mediano  del  recinto,  presso  al  suo  ingresso  ; 
(Tav.  III-IV,  n.  10),  l'ateo,  alquanto  più  piccolo,  al  lato  sinistro,  disposto  perpendicolar- 
mente alla  parete  del  recinto  e  sporgente  di  un  tratto  fuori  di  essa  (pianta  a  Tav.  III-IV, 


SERRI 


—  304  — 


SARDINIA 


n.  9).  La  forma  e  la  «truttura  dei  duo  altari  è  la  stessa.  L'altare  the  diremo  mediano,  messo 
in  senso  normale  all'asse  del  recinto,  di  pianta  quasi  rettangolare,  di  m.  3.40  di  lunghezza, 
è  costituito  di  due  strati,  quello  inferiore  risulta  in  parte  formato  da  un  segmento  di  un 
grosso  disco  in  basalto  che  sporge  alquanto  dalla  faccia  anteriore  (fig.  9)  e  che  ha  la  superficie 
leggermente  convessa,  lavorata  finamente  allo  scalpello,  come  è  lavorato  anche  il  fianco 
che  presenta  come  una  specie  di  zoccolo  sporgente,  lavorato  a  spigoli  vivi.  Il  diametro  di 


Fio.  8  -  Interno  del  tempio  e  parete  laterale. 


questo  disco  è  di  ni.  0,80  :  l'altezza  di  iti.  0,35.  Al  di  sopra  dello  strato  di  cui  fa  parte  il 
mezzo  disco  basaltico  è  la  mensa  dell'altare,  composta  di  grandi  pietre  spianate  sulle 
faccio  e  così  stabilito  da  lasciare  al  contro  un  vano  triangolare  che  ha  la  sua  continua- 
zione nel  sottostante  strato  e  che  evidentemente  doveva  servire  per  accogliere  il  sangue 
dello  vittime. 

Anche  l'altare  laterale,  di  m.  2,60  di  lunghezza,  aveva  un  consimile  segmento  di  disco 
basaltico  nello  strato  inferiore,  alquanto  sporgente,  e  la  superfìcie  composta  di  pietre  che 
lasciavano  al  centro  il  vano  presso  a  poco  triangolare.  Nei  due  altari,  in  luogo  dell'ar- 
gilla per  cementare  la  muratura,  fu  impiegato  un  sottile  strato  di  calce  tenacissima,  indizio 
questo  di  un  rifacimento  in  età  meno  remota,  forse  punica,  degli  altari  stessi,  che  forse 
in  un  più  antico  periodo  erano  uno  solo,  composto  dal  disco  completo  di  basalto  e  dalla 
tavola  o  mensa  soprastante.  La  presenza  della  malta  cementizia  con  calce  nella  strut- 
tura degli  altari  si  accorda  con  quella  di  frammenti  di  anfora  punica  col  fondo  a 
punta  e  di  qualche  moneta  dello  stesso  periodo,  elementi  sporadici  in  mezzo  al  materiale 


SARtì:Sr.\ 


-  305  — 


SÈRIU 


prevalentemente  nuragico,  ma  dei  quali  si  dovrà  forse  tener  conto  per  la  cronologia  di 
almeno  una  parte  del  giacimento. 

^'altare  mediano,  per  le  sue  dimensioni,  poteva  essere  atto  al  sacrificio  di  un  grosso 
animale,  o  bovino  o  cervino,  quello  laterale  per  animali  di  dimensioni  minori,  ovini  o 
suini. 

Al  deflusso  del  sangue  delle  vittime  sacrificate  all'altare  di  sinistra  dovettero  servire 
alcune  pietre  calcari  rettangolari,  con  un  solco  tagliato  ad  angoli  vivi  che  furono  rinvenute 


vJ^r 


Fig.  9  -  Pianta  dell'altare  mediano 
del  tempio  ipetrale. 


Fig.  10  -  Pianta  dell'altare  laterale 
e  della  piccola  camera  o  recinto  adiacente. 


accanto  all'altare,  sotto  al  pavimento  di  terra  battuto  e  ciottoloni.  Alcune  di  queste 
pietre  del  canale  sono  visibili  nella  fotografìa  riprodotta  a  fig.  12.  Per  lo  sconvolgimento 
dello  strato  archeologico  in  questo  punto,  il  canale  non  si  potè  seguire  nel  suo  percorso, 
rimane  quindi  incerto  se  esso  conducesse  direttamente  all'orlo  del  ciglione  verso  nord  ose 
invece  andasse  ad  immettersi  in  un  altro  canale,  pure  composto  di  pietre  incavate  da  un 
solco  a  sezione  rettangolare,  di  cui  si  ebbe  traccia  sotto  al  recinto  e  che  usciva  dalla  parete 
occidentale  per  un'apertura  abbastanza  regolare.  Quello  che  è  certo  si  è  che,  analogamente 
a  quanto  fu  osservato  nell'altare  del  tempio  a  pozzo  dello  stesso  santuario,  un  canaletto 
accuratamente  disposto  guidava  il  deflusso  di  liquidi  dall'altare  fuori  dell'area  del  tem- 
pio, forse  ad  una  fossa  di  raccolta,  come  si  ebbe  nell'altro  tempio,  ma  della  quale  qui  non 


SÈKRi 


—  306  — 


SARDINIA 


ebbi  traccia.  Gli  avanzi  del  canaletto  però  non  lasciano  dubbio  sull'esistenza  di  questo 
elemento  rituale  o  semplicemente  igienico. 

Accanto  allo  stesso  altare  di  sinistra  si  ebbe  anche  una  pietra  betilica  in  calcare 
bianco,  egregiamente  lavorato  a  tronco  di  cono  liscio  e  regolare,  alto  m.  0,31  e  del  dia 
metro  massimo  di  m.  0,47  (figg.  13, 13«),  che  nella  sua  faccia  superiore  presenta  un  taglio 
netto  ed  al  centro  un  piccolo  cono  tronco  esso  pure;  la  base  del  betilo  è  incavata  a  ca- 
tino e  nel  centro  di  questa  cavità  ha  una  sporgenza  conica  rivolta  verso  il  basso.  La  forma 


Fig.  11  -  L'altare  laterale  col  fianco  del  tempio  ed  il  piccolo  ambiente  ripostiglio. 

di  questa  pietra,  analoga  a  quella  trovata  presso  il  tempio  a  pozzo  (l)  e  la  sua  giacitura 
presso  l'altare  suggeriscono  il  nome  del  betilo  ;  ma  il  significato  religioso  del  duplice 
cono  rivolto  l'uno  all'alto  e  l'altro  in  basso  rimane  ancora  ascoso  fra  le  incertezze  delle 
nostre  cognizioni  sull'essenza  e  sulle  forme  della  religione  Sarda.  Si  noti  che  il  betilo 
era  decorato  da  una  fascia  regolare,  incavata,  che  correva  tutto  all'indirò  e  che  questa, 
unitamente  alle  traccio  di  due  impiombature  ai  lati  del  cono,  attestava  lo  scopo  di 
dare  evidenza,  sia  con  l'ornamento  che  con  l'infissione  di  qualche  aggiunta  in  bronzo, 
il   carattere  sacro   della  pietra  betilica. 

Collegato  certamente  al  rituale  del  sacrificio  ed  all'altare  di  sinistra  era  anche  la 
tavola  in  pietra  calcare,  rinvenuta  accanto  ad  esso  (fig.  14,  a- e).  K  un  blocco  di  calcare 
bianco,  a  sezione  trapezoidale,  largo  di  sopra  e  più  ristretto  nella  faccia  inferiore  (ine- 


(')  Monumenti  Antichi  dei  Lincei,  voi.  XXIII  (1914),  pag.  351,  fig.  22. 


SARDINIA 


—  307  — 


SERRI 


tri  0.70  X0.52,  alt.  0.27).  La  superficie  è  recinta  dal  largo  urlo  in  rilievo  sopra  tre  lati, 
mancante  invece  nel  quarto,  che  presenta  una  incisione  ritagliata  ad  angolo  eoi  vertice 
in  basso,  con  due  rientranze,  parimenti  incavate  ad  angolo.  A  questa  incisione,  o  in- 
castro, si  adatta  precisamente  un  blocco  in  calcare,  a  sezione  triangolare  che  ha  nella 
faccia  superiore  un  canaletto  incavato.  Ritengo  che  la  pietra  fosse  un  altare  per  liba- 
zioni o  per  sacrificio  e  che  da  esso  il  sangue  o  i'offerta  liquida  fluisse,  per  mezzo  de!  ca- 
naletto applicato,  verso  un  ricettacolo  sotterraneo.  I  due  lati  della  tavola  d'offerta  si 


Fig.  12  -  Altare  laterale  e  frammenti  in  calcare  con  traccie  di  canaletto 
di  deflusso  dei  liquidi  di  offerta. 


presentano  ornati  ciascuno  da  sfaccettature  triangolari,  le  quali  formano  una  decora- 
zione della  pietra  e  ne  accentuano,  per  così  dire,  il  carattere  sacrale  ;  non  oso  però  di 
pensare  che  in  questo  motivo  decorativo  a  triangoli  si  abbia  a  vedere  una  significazione 
simbolica  (fig.  14  6,  e). 

11  pavimento  della  cella  era  in  terra  battuta  a  ciottoli  di  lava,  assai  irregolarmente 
disposti  e  presentava  evidenti  traccie  di  fuoco  violento  a  cui  dovevasi  il  letto  ricco  di  ma- 
terie carboniose  che  tutto   quanto  lo  copriva. 

Accennai  che  accanto  all'altare  di  sinistra  si  videro  le  traccie  di  un  piccolo  ambiente 
di  m.  2  X  3.70,  attiguo  alla  cella  e  da  questa  separato  per  mezzo  dell'esile  parete  di  si- 
nistra. (Tav.  III-IV,  n.  11).  L'ambiente,  piccolissimo,  con  mura  ben  costrutte  e  traccie 
di  un  gradino  o  pancone  nella  parete  stretta,  aveva  le  mura  perimetrali  appena  accen- 
nate ed  aperto  il  lato  minore  verso  est  ;  forse  fu  usato  come  deposito  di  oggetti  votivi  o 
per  altro  servizio  del  santuario. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  40 


SERRI 


308 


SARDINIA 


Ho  accennato  alla  quantità  di  ceneri  e  di  carboni  che  si  trovarono  nell'interno  del 
tempio  ;  è  una  coltre  di  terriccio  carbonioso,  traccia  di  fuoco  violentissimo  dal  quale 
furono  calcinate  le  lastre  in  calcare  delle  tavole  di  offerta  ed  in  mezzo  a  cui  si  rinven- 
nero fuse  le  impiombature  dei  voti  e  guasti  dal  calore  e  dalla  cenere  tutti  gli  oggetti  in 
bronzo,  in  gran  parte  coperti  da  patine  assai  cattive.  Tali  materie  carboniose  non  credo 
provenissero  dall'incendio  di  una  copertura  lignea  della  cella,  che  io  ritengo  invece  sia 
stata  ipetrale.  Credo  invece  che  tutti  questi  resti  d'incendio  siano  la  testimonianza  della 
violenta  fine  del  luogo  sacro,  quando,  espugnato  dai  nemici  il  santuario,  dopo  vinte  le 
difese,  si  schiantarono  dalle  tavole  d'offerte  e  dai  ripostigli  tutti  i  doni  e  le  stipi  votive 
e  fu  acceso  un  gran  fuoco  delle  legna  e  dei  lentischi  resinosi  di  cui  certo  abbondava  an- 
che allora  l'altipiano  e  vi  furono  gettati  i  segni  del  culto  indigeno,  perchè  questi  scom- 


0^.40 


Fig.  13  -  Pietra  bctilica 
rinvenuta  presso  l'altare  laterale. 


<  C~,29  > 

Viq.  13  a  -  Sezione  della  pietra  betilici. 


parissero  per  sempre  e  tacessero  in  un  colpo  le  voci  sacre  stimolatrici  di  vendetta  e  di 
indipendenza. 

Così  mi  spiego  la  violenza  della  dispersione  del  materiale  che  venne  trovato  ih  ge- 
nere spezzato,  schiantato  e  poi  rovinato  dal  fuoco  e  dalla  cenere  entro  cui  andò  sepolto. 
Data  questa  distruzione  violenta  e  farraginosa  non  si  può  parlare  di  strato  regolare  di 
deposito  ;  la  parte  più  profonda  dello  strato,  prossima  al  selciato  era  più  ricca  di  avanzi 
archeologici  che  erano  fitti  presso  gli  altari  ed  ai  tratti  di  banconi  delle  offerte. 

Tale  strato  d'incendio  si  stendeva  anche  di  fronte  al  tempio,  dove  si  notarono  le 
traccie  di  un  selciato  in  lastre  calcari  non  molto  spesse  ;  in  qualche  punto  del  tratto  messo 
allo  scoperto  al  selciato  superficiale  ne  sottostava  un  altro  più  profondo,  forse  pavimento 
di  epoca  più  antica.  Anche  questa  era  una  prova  di  un  rifacimento  0  di  un  riattamento 
del  tempio. 

Tutto  il  materiale  di  terriccio  con  avanzi  di  carboni  e  ceneri  che  occupava  il  re- 
cinto ipetrale  e  nel  fondo  del  quale  erano  fitti  i  residui  del  deposito  votivo,  venne  di- 
ligentemente rimosso  ;  la  parte  più  bassa  dello  strato  appariva  omogenea  e  formata  in 
un  solo  tempo,  in  seguito  ad  un'incendio  le  cui  traccie  non  solo  si  posarono  sulle  pietre 
calcari  dei  banconi,  ma  le  alterarono  anche  in  modo  sensibile. 


SARDINIA 


—  309  — 


SERRI 


L'esplorazione  dello  strato  sottostante  al  pavimento  di  terra  battuta  e  di  ciottoli 
basaltici  del  recinto  fu  specialmente  interessante  attorno  ai  due  altari  ;  vi  si  ebbe  una 


1<*  |        5       f    Cm.llf 


Fio.  14  -  Tavola  di  offerta  per  libazioni. 


F  or,  3  a  > 

Fig.  14  a  -  Fronte  della  tavola  di  offerta. 


massa  di  ceneri  addossata  alla  base  degli  altari  stessi,  tanto  di  quello  centrale  che  di  quello 
di  sinistra  ed  in  mezzo  a  queste  ceneri  si  raccolsero  ossa  di  animali  evidentemente  uc- 
cisi e  sacrificati  agli  altari  e  resti  di  stoviglia  nuragica.  ^  cvrj-2.3 
Gli  animali  rappresentati  in  quel  cumulo  sacrificale  erano 
bovini,  con  ossa  lunghe  e  denti  ;  ovini,  con  ossa  femorali, 
del  cranio,  con  varie  mandibole,  e  suini,  con  ossa  varie  e 


J 

A 

in 

P 

=* 

Y 

Fio.  14  6  -  Canaletto  deferente  della  tavola  d'offerta. 

specialmente  mascelle  ed  ossa  lunghe.  Non  mancavano 
anche  le  valve  di  molluschi  marini,  di  specie  viventi,  e 
importate  certamente  sul  luogo  dagli  stagni  e  dalle 
spiaggie  del  golfo  d'Oristano. 

Ai  piedi  dell'altare  centrale,  in  mezzo  alle  ceneri,  si 
ebbero   vari  frammenti  di  ceramica  nuragica  di  rozzo 
impasto  e  di  scarsa  cottura  ed  in  mezzo  a  questi  si  poterono  anche  recuperare  i  seguenti 
vasi  intieri  o  ricomponibili  nelle  loro  parti  : 

a)  Olla  ovoidale  di  impasto  fine  e  con  la  superfice  a  fine  ingubbiatura  di 
tinta  più  chiara,  di  forma  regolare,  biansata,  con  anse  simmetriche,  a  gomito  ;  sul  ventre 
si  imposta  un  breve  colletto,  poco  espanso.  Il  vaso,  dal  fondo  alquanto  schiacciato,  alto 
cm.  17  e  largo  alla  bocca  12,  è  di  tipo  abbastanza  consunto  nei  depositi  nuragici,  ove 


Fig.  14  e  -  Canaletto  di  deflusso, 
pianta  e  sezione. 


SERRI 


310 


SARDINIA 


si  trova  di  varie  dimensioni,  o  grandi,  rome  a  N.  Lugherras,  o  assai  piccole,  come  nei 
vasi  votivi  di  N.  Sianeddu  presso  Cabras  (*)  (fig.  15). 

b)  Olletta  di  rude  impasto  ma  di  cottura  intensa,  che  penetrò  tutta  la  massa  delle 
spesse  pareti,  riproduce  la  forma  della  precedente,  ma  è  di  piccole  dimensioni,  e  molto 
rovinata.  Alt.  cm.  8. 

e)  Olletta  di  rude  impasto  e  di  cottura  intensa,  ovoidale,  ma  a  fondo  piatto,  rotta 
e  slabbrata.  Alt.  cm.  12. 

d)  Olletta  ovoidale  ed  alto  colletto  e  biansata,  di  forma  armonica  ed  elegante  ; 
ha  vari  confronti  nei  vasi  di  %  Lugherras  e  di  N.  Sianeddu,  alta  cm.  11.  Alla  bocca 
cm.  7  (s)  (fig.  16). 


Fig.  15  -  Olletta  rinvenuta  presso  l'altare   centrale. 


Fig.  16  -  Olletta  rinvenuta  presso 
la  precedente. 


e)  Coppa  semisferica  di  argilla  fine  e  superficie  nerastra,  ingubbiata  e  lucente,  con 
una  breve  ansa  applicata,  rudimentale;  alt.  cm.  5,  bocca  cm.  7.  È  una  forma  di  tipo  neo- 
litico, come  ci  è  dato  dalle  domus  de  Gianm  di  Serbariu,  esplorata  dal  Gouin  (3),  ma 
che  però  si  è  mantenuta  sino  all'età  nuragica  a  N.  Sianeddu  ed  altrove  (*)  (fig.  19). 

f  )  Piccola  tazza  tronco  conica,  di  rozzo  impasto  e  dalle  pareti  assai  spesse  ;  la 
superficie  però  ha  una  fine  ingubbiatura  ed  un'ansetta  a  bitorzoletto  applicata.  Sembra 
un  vaso  di  scopo  sacrificale,  ed  anch'esso  è  tipo  di  persistenza  neolitica  (5)  fig.  18. 

g)  Rozza  olletta  ovoidale  a  colletto  eretto  e  grande  ansa  al  collo,  con  fondo  appiat- 
ta1) Taramelli,  Monumenti  Antichi  dei  Lincei,  voi.  XX,  pag.  222,  fig.  27;  Pinza,  Monumenti  pri- 
mitivi della  Sardegna,  tav.  XXIIT,  fig.  17. 
(*)  Pinza,  ivi,  pag.  226,  fig.  120. 
(3)  Pinza,   ivi,   fig.    17. 
(«)  Pinza,  ivi,  fig.  126. 

(5)  Troviamo  forme  analoghe  ad  Ar.ghelu  Ituju,  Monumenti  Antichi,  XIX,  p.  446,  fig.  41  e  nelle 
grotte  di  Capo  S.  Elia,  a  Cagliali,  Pinza,  op.  cit.,  tav.  Ili,  21. 


SARDINIA 


—  311  — 


SERRI 


tito  ;  alt.  cm.  6,  bocca  cm.  3,  fattura  grossolana  e  forma  insolita,  però  già  nota  a  N.  Sia- 
neddu  (J)  (fig.  19). 

h)  Altro  vasetto  ovoidale  a  grosse  pareti  e  fine  ingobbatura  ;  l'ansa  a  ponte  ora 
spezzata,  passava  più  alta  dell'orlo.  Vasi  imitanti  la  forma  dell'uovo  non  sono  rarissimi, 
e  ne  ebbi  tra  il  materiale  votivo  del  tempio  a  pozzo  di  Sardara  (fig.  20). 


Fig.  17  -  Coppa  rinvenuta  presso  l'altare. 


Fig.  18  -  Tazza  a  mano,  ivi. 


Fio.  19  -  (Diletta  rinvenuta,  ivi. 


Fig.  20  -  (Diletta  rinvenuta,  ivi. 


Materiali  rinvenuti  nell'interno  del  tempio. 

Come  ho  accennato  più  sopra,  l'interno  della  cella  ipetrale  era  occupato  da  uno 
strato  di  terriccio  carbonioso,  fitto  di  avanzi  archeologici  gettati  alla  rinfusa,  frammen- 
tati e  rovinati  da  un'intenso  fuoco  ;  specialmente  fitti  erano  gli  avanzi  di  oggetti  in  bronzo 
lungo  i  banconi  della  parete  destra  e  di  fondo,  dove  posavano  le  tavole  d'offerta,  dalle 
quali  gli  oggetti  stessi  erano  stati  schiantati,  divelti  e  sconvolti,  prima  che  fosse  appic- 
cato il  fuoco  che  li  distrusse  in  parte  o  li  rovinò  in  modo  grave.  Per  questa  dupplice  ra- 
gione di  schiantamento,  dapprima,  poi  d'incendio  gli  oggetti  de!  tempio  pervennero  a 
noi  in  uno  stato  per  lo  più  frammentario  e  con  patine  assai  cattive  e  superficie  calcinata. 

Ricordo  qui  i  pezzi  più  interessanti  e  meglio  identificabili  raccolti  in  mezzo  alla  con- 
gerie di  frammenti  di  cui  lo  strato  era  disseminato. 

Notiamo,  in  primo  luogo,  un  gruppo  di  statuette  o  di  frammenti  di  statuette  votive. 

Statuetta  di  capo  tribù,  (fig.  21)  alt.  cm.  11,  di  buona  patina  ;  spezzata  alla  parte 
inferiore  delle  gambe  ed  alle  due  mani.  Il  corpo  è  appiattito  come  una  placchetta,  ma 


(')  Pinza,  ivi,  pag.  224,  Mg.  115, 


SRRRI 


—  312  — 


SARDINIA 


il  capo  è  più  massiccio,  con  i  lineamenti  espressi  in  modo  grossolano,  a  vivo  risalto.  Porta 
un  casco  molto  aderente  alla  testa,  con  leggera  cresta  ed  orlo  in  giro  alla  fronte.  Sulle 
spalle  ha  un  mantello  rigido  che  scende  sino  ai  polpacci,  trattenuto  con  un  legame  ed  una 
borchia  al  collo  ed  ornato  da  una  fascia  ricamata  con  bordo  a  minuti  fiocchi  lungo  l'orlo 
ed  al  fondo.  Attorno  al  corpo  una  tunicella  attillata  ed  al  basso  un  cinto  che  circonda 
il  ventre,  unendosi  sul  dinanzi  dove  appare  allacciato  da  una  cintura  annodata,  di 


Fig.  21  -  Statuetta  di  capo. 


dietro  invece  termina  a  punta.  Come  unica  arme  ha  il  pugnaletto  sostenuto  da  balteo 
al  petto. 

Altra  statuetta  di  guerriero,  alt.  cm.  12,  spezzata  ai  due  piedi  ed  alla  mano  sinistra, 
la  superfìcie  è  molto  corrosa  dall'ossido,  forse  in  seguito  all'azione  del  fuoco.  Il  corpo  a 
placchetta,  ma  il  capo  è  solidamente  trattato,  coperto  dal  casco  aderente,  già  notato  nella 
precedente  ;  la  mano  d.  in  atto  di  adorazione,  spezzata  la  sinistra  :  tunicella  attilata  e 
cinto  attorno  al  ventre,  al  petto  il  pugnale  appeso  al  balteo  (fig.  22). 

Altra  statuetta  di  guerriero,  alt.  cm.  13,  spezzati  i  due  piedi  ed  alle  braccia,  che  però 
vennero  ricuperate.  È  in  atteggiamento  di  preghiera  e  di  offerta,  ha  la  destra  aperta 
alzata  e  la  sinistra  che  regge  una  patera  con  oggetti  allungati,  forse  dolci  o  focaccette. 


SARDINIA 


—  313  — 


SERRI 


Al  corpetto  o  giustacuore  attilato  è  sovrapposto  sul  ventre  il  cinto,  trattenuto  da  fascia. 
di  cui  si  vedono  i  due  lembi  a  fiocco.  Il  capo  è  difeso  da  un  casco  con  rilievo  mediano 
ed  orlo  al  fronte  ;  al  petto  un  pettorale  ampio,  sospeso  alle  spalle,  a  cui  è  appeso  un 
pugnale  ansato  (fig.  23). 

Testa  di  grossa  statuetta  di  guerriero,  molto  guasta  dall'ossido:  notevole  la  gor- 


Fig.  22  -  Statuetta  di  guerriero 
orante. 


Fig.  23  -  Statuetta  di  guerriero  offerente 
doni  votivi. 


gera  al  collo  ed  una  speciale  forma  del  casco,  che  vedremo  in  altre  statuette,  munito  di 
cresta  a  due  punte,  da  corna  ai  lati  e  da  una  specie  di  visiera  o  di  celata  sul  dinanzi. 

Parte  superiore  di  statuetta  virile  ;  spezzate  le  avambracci,  casco  e  pugnaletto 
al  petto. 

Altra  testa  con  piccolo  casco. 

Testa  piccolissima,  nuda,  forse  di  statuetta  di  bambino. 

Tronco  di  statuetta  molto  schiacciata,  nuda  ed  inerme,  con  una  piccola  fascia  al 
fianco,  l'ombellico  espresso  esageratamente,  come  in  altre  statuette  della  serie  sarda. 
Seguono  ora  alcuni  frammenti  riferibili  a  statuette  votive. 


SERRI 


314 


SARDINIA 


Assai  interessante  è  il  frammento  che  riproduce  una  mano  che  sorregge,  come 
offerta  alla  divinità,  tre  pelli  scuoiate  di  agnello,  ripiegate  per  lungo  e  conservanti  la 
forma  del  corpo  dell'animale,  ft  un'offerta  caratteristica  per  un  popolo  pastore  e 
richiama  le  pelli  scuoiate  ed  aperte  che  ripetutamente  appaiono  tra  i  segni  di  scrittura 
nel  noto  disco  di  Phaestos  ('),  fig.  24.  Ha  del  pari  carattere  agreste  un'altro  frammento 
di  statuetta  votiva,  composto  da  una  mano  sorreggente  l'offerta  di  un  porchette,  dalla 
superficie  corrosa  dal  fuoco  ;  sono  trattati  con  vivo  senso  di  naturalezza  tanto  il  corpo 


Fig.  24  -  Mano  reggente  un  dono  votivo 
di  tre  pelli  di  animale. 


Fig.  25  -  Mino  reggente 
l'offerta  votiva  di  un  maialctto. 


irto  di  peli  dell'animale,  che  il  tozzo  grufo  dalle  nari  beanti,  come  l'atteggiamento 
abbandonato  e  rilassato  di  esso  nella  posizione  di  appeso  al  pugno  dell'offerente.  Maiali 
dal  corpo  ispido  di  peli,  propri  dell'isola,  si  trovano  riprodotti  in  altre  statuette  votive 
della  serie  sarda,  ma  l'offerta  del  maiale,  come  quella  delle  pelli  d'agnello,  vi  appare  la 
prima  volta  (fig.  25). 

Pure  a  statuette  votive  appartengono  :  una  mano  con  patera,  su  cui  posa  un  oggetto 
che  pare  un  pesce  ;  un  braccio  con  un  pugnaletto  impugnato,  motivo  non  ancora  rap- 
presentato nella  serie  sarda;  un  braccio  teso,  imbracciante  un  arco  di  tipo  già  noto  ad 
Abini  e  Sardara.  Lo  strato  del  tempio  ha  dato  anche  numerose  mani  aperte  in  atteggia- 
mento di  preghiera,  come  pure  molti  piedi,  alcuni  grandi,  con  basetta  d'incastro  nelle 
impiombature  e  resti  di  queste,  altri  appartenenti  a  piccole  statuette  filiformi  e  stiliz- 


(')  l'orniti-,  in  Ausonia,  1909;  pag.  235;  Della  Seta,  ltend.  Lincei.  1909,  Maggio;  Evans,  Th* 
palate  of  lùiossoi-,  1921,  pag.  649,  fig.  482. 


SARDINIA  —   315 


SERRI 


zate.  Da  questi  frammenti  di  mani  e  di  piedi  si  deduce  il  numero  di  statuette  votive 
che  dovevano  trovarsi  nelle  tavole  d'offerta  e  che  andarono  distrutte. 

Come  in  altri  depositi  votivi,  non  mancano  le  figurine  di  animali,  o  simboli  di  voti 
o  espressioni  di  concezioni  divine. 

Isolata  sinora  tra  le  figurine  votive  sarde  è  la  volpe  (fig.  26),  lunga  cm.  10,5.  Il  corpo, 
benché  trattato  schematicamente  nelle  gambe,  è  reso  con  discreta  evidenza,  specie  nel 
movimento  della  corsa  con  la  grossa  coda  erta,  le  orecchie  fuggenti  ed  il  muso  appuntito. 
La  volpe  dovette  essere  comunissima  in  Sardegna,  come  lo  è  tuttora,  ma  la  rappresen- 
tazione di  essa  è  assolutamente  nuova  nella  serie  dei  bronzi  votivi. 

Più  copiosamente  rappresentate  sono  le  colombe,  denotanti  divinità  volanti  nel  cielo, 
anche  nella  primitiva  espressione  artistica  religiosa  sarda.  Ne  abbiamo  isolate,  accop- 


Fig.  20  -  Statuetta  di  volpe. 

piate,  e  impostate  sopra  oggetti  rituali  e  la  loro  relativa  abbondanza  confermale  osser- 
vazioni già  fatte,  specie  sulle  navicelle  votive,  sulla  piccola  celletta  del  tempietto  di 
Mandas  ed  altri  monumenti  religiosi  protosardi  che  si  connettono  forse  a  quel  medesimo 
ciclo  di  concetti  espressi  dalle  figurine  di  colomba  della  serie  micenea  e  minoica,  ritenute 
simbolo  della  divinità  del  cielo. 

Propongo  di  chiamare  col  nome  di  cono  betilico  un  cono  in  bronzo,  incavato  inter- 
namente a  bottone,  alto  cm.  C  e  sormontato  da  una  figurina  di  colomba  (fig.  27).  Tre  figu- 
rine di  colomba,  impostata  ciascuna  sopra  un  doppio  anello,  si  rinvennero  ancora  fissate 
in  una  sola  piombatura  (fig.  28);  un'altra  piombatura  invece  ci  ha  dato  una  semplice  pa- 
lombella su  un  doppio  cerchiello  (fig.  291.  Abbiamo  anche  una  colomba  unica,  posante 
sopra  un  grosso  fusto  che  si  allarga  nella  parte  superiore,  con  solchi  verticali  (fig.  30)  ; 
come  anche  una  coppia  di  palombelle  accostate,  posanti  su  un  sostegno  (fig.  31)  ed 
un'altra  coppia  con  le  palombelle  alquanto  più  distanti  l'una  dall'altra,  su  una  traver- 
sina, retta  da  ihi  bastone  (fig.  32),  motivo  questo  già  dato  dal  ripostiglio  di  Abini  e 
che  si  accosta  forse  anche  per  la  significazione  a  quello  della  colomba  celestiale  che  va  a 
posare  il  suo  volo  al  di  sopra  del  sostegno  della  sacra  doppia  ascia  nel  recinto  sacro, 
rappresentata  nel  sarcofago  di  Haghia  Triada  (*).  Ancora  una  palombella  si  trova  sopra 

f1)  Paribeni,  Il  sarcofago  di  II.  T  ridia,  in  Monumenti  Antichi  dei  Lincei,  XIX,  pag.  5,  86, 
Tav.  I-Hj  Evans,  The  ptilaee  of  Knossos,  1921,  pag.  440,  fig.  317. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  41 


SERRI 


—  '616  — 


SARDINIA 


un  piccolo  bottone  conico  pure  in  bronzo  (fig.  33).  La  meglio  espressa  fra  tutte  è  anche 
la  bella  figurina  di  colomba  volante,  con  anello  d'appicagnolo,  espressa  con  molta 
verità  e  vivo  spirito  di  osservazione  (fig.  34).  Ad  una  figura  di  uccello  rapace,  invece, 


Fig.  27   -  Cono  betilico  sormontato  da  colomba. 


forse  ad  un  aquila,  dovette  appartenere  la  zampa  espressa  con  singolare  efficacia,  con  le 
sue  unghie  adunche  e  munita  ancora  di  codetta  per  la  infissione  alla  base  (fig.  35). 

Riferimento  ad  offerte  rituali  hanno  pure  i  seguenti  oggetti  in  bronzo:  Vasetto 
imitante  una  cista  semisferica  in  giunchi  od  in  asfodelo  con  lungo  piede  allungato  e 


Fig.  28. 

Piombatine  con  palombelle  votive. 


Fig.  29. 


manico  piegato  sui  fianchi;  questa  forma  di  canestro,  che  ancora  vive  quasi  inalterato 
in  qualche  parte  dell'isola,  può  avere  inspirato  anche  forme  ceramiche  dei  vasi  mi- 
cenei (fig.  36). 

Ad  un  tipo  in  terracotta  è  invece  riferito  il  piccolo  vasetto  in  bronzo  a  forma  di  anfo- 
retta  biansata,  a  corpo  conico  e  alto  collo,  sostenuta  da  un  grosso  cordone  intrecciato 
(fig.  37). 


SARDINIA 


317    — 


SERRI 


Incerta  è  la  spiegazione  di  un  altro  oggetto,  qui  riprodotto  (fig.  38),  raffigurante  un 
bastone  che  porta  legato  alla  sua  estremità  un  fascio  di  pruni  ondulati  in  varia  direzione  ; 
vorrei  pensare  ad  una  face  con  la  fiamma  ardente,  simbolo  del  fulmine  o  del  fuoco  sacro, 


Fig.  30. 


Fig.  31. 
Palombelle  votive  posanti  sopra  sostegni. 


Fig.  32. 


celeste  che  doveva  avere  parte  integrale  nel  compimento  dei  sacrifici.  L'oggetto  fram- 
mentario raffigurato  a  fig.  39,  appartiene,  a  quanto  sembra,  ad  un  carro  votivo  ;  pare 
voglia  imitare  il  corpo  di  un  carro,  composto  di  travicelli  ricurvi  intrecciati  ed  impostati 


Fig.  33  -  bottone  in  bronzo  con  palombelle.  Fig.  34-  Palombella  volante  con  appiccagnolo 


su  di  un  montante,  dal  quale  parte  il  pernio  della  ruota.  A  questo  pernio  si  adatta  in 
modo  preciso  una  ruota  a  quattro  raggi,  col  mozzo  sporgente,  cosicché  è  attendibile  la 
riunione  di  questi  due  frammenti  proposta  nel  disegno  qui  dato  dal  prof.  Giarrizzo. 
Oltre  a  questa  ruota,  altre  se  ne  rinvennero,  sia  a  quattro  raggi  che  a  sei  raggi, 


SKU1U 


318  — 


SARDINIA 


Sono  stati  denominati  come  doni  od  offerte  simboliche  di  arcieri  certe  asticciuole 
terminanti  con  una  penna  triangolare  e  che  imitano  un'asta  con  le  penne  per  guidarne 
il  lancio.  Dallo  strato  del  tempio  se  ne  ebbero  parecchie,  di  varia  lunghezza,  da  cm.  13, 


Fig.  35  -  Zampa  di  sparviero  votivo. 

con  le  penne  espresse  a  bulino,  a  quelle  assai  piccole  di  cm.  6  e  5.  Non  escluderei  però 
che  tali  asticciuole  fossero  l'attributo  di  statuette  d'arcieri,  andate  perdute,  e  che  por- 


Kig.  3(i  -  Cista  votiva  in  bronzo. 


Fig.  37  -  Vasetto  votivo  in  bronzo. 


tarano  come  distintivo  l'alta  asta  pennata  che  vediamo  così  bene  espressa  nella  sta- 
tuetta di  Abini  piii  volte  edita  (fig.  40). 

Fra  le  imitazioni  simboliche  o  votive  di  oggetti  di  uso  militare  devo  anche  ricor- 
dare una  mazza  a  nodi,  appartenente  a  statuetta,  ed  una  bella  riproduzione  di  un'elsa 
di  pugnaletto  votivo,  con  la  guardia  rialzata  da  un  lato  e  l'appicagnolo  posteriore, 
robusta  e  di  bellissima  patina,  e  che  riproduce  il  motivo  dei  pugnaletti  che  sono  appesi 
al  petto  delle  statuette  siirde  di  guerriero  (fig.  41). 


SARDINIA 


—  319  — 


SERRI 


Fra  i  materiali  votivi  sono  anche  numerose  corna  di  statuette  di  cervo  stilizzate, 
sia  appartenenti  a  statuette  dell'animale,  anche  allora  frequentissimo  in  Sardegna, 
oppure  a  protomi  decoranti  le  navicelle  votive  o  le  spade  votive,  come  i  noti  esemplari 
di  Abini  (!)  (fig.  42). 

Accanto  a  tanti  elementi  di  offerte  militari,  si  ebbero  anche  numerosi  avanzi  d'armi  ; 
ricordo  una  cuspide  tricuspidale  di  freccia,  un'altra  lunga  di  giavellotto  lunga  cm.  6 


Fig.  88 
Modellici  di  tace  ardente. 


Fig.  39 
Frammento  di  carro  votivo. 


Fig.  40 
Asta  votiva  di  arciero. 


(fig.  43).  Vari  acuminati  pugnali  tratti  da  punte  di  spada  a  dorsale  molto  saliente  ; 
(figg.  44,  45)  ;  si  conservarono  anche  numerose  piombature  con  basi  di  lame  di  spade,  del 
solito  tipo  a  cordone  centrale  sporgente  e  taglienti  sottili;  in  genere  però  le  spade  appari- 
vano schiantate  in  minuti  pezzi. 

Ricordo  anche  un  oggetto  in  osso,  di  forma  triangolare,  ad  angoli  smussati,  forato 
nel  centro  (fig.  46),  forse  un  semplice  bottone  per  i  grossolani  abiti  primitivi,  se  pure  non 
vogliamo  scorgervi  un  giocattolo  da  far  rotare,  infilato  ad  una  cordicella  ritorta,  simile 
ai  <Són(ioi  agitati  nei  misteri  di  Pionysos  Zagreus  e  di  Zeus  Ideo,  strumenti  dei  quali 
il  l'ettazzoni  ha  recentemente  richiamato  il  grande  interesse  etnografico  (*). 

(')  V.  Pinza,  Monumenti  primitivi  della  Sardegna,  p.  207,  Tav.  X,  fig.  4  ;  XIV,  figg.  2,  7,  i). 
(2)  l'ettazzoni,  op.  cit.,  pag.  210  e  seg. 


SERRI 


320 


SARDINIA 


Numerosi  anche  gli  aghi  crinali,  alcuni  robusti,  a  testa  contorta,  alcuni  altri  con 
testa  a  martelletto  decorato  da  cerchielli  bulinati:  uno  di  questi  aveva  ancora  la  piom- 
batura per  la  tavola  d'offerta  :  non  mancavano  gli  anelli  ed  i  braccialetti  in  fdo  di  bronzo, 
semplicissimi,  e  le  catenelle  a  treccia  ed  a  mandorle  intrecciate  e  snodate,  di  accurato 
lavoro.  I  vasi  di  lamina  erano  in  gran  parte  accartocciati  sotto  al  peso  dei  massi  caduti  e 
dalla  violenza  del  fuoco,  in  modo  da  non  darci  idea  della  forma  loro  originaria.  Numerose 
le  piombature,  sia  per  fissare  gli  oggetti  alle  tavole  d'offerta,  sia  per  congiungere  tra  loro 
i  massi  di  rivestimento  calcare  :  una  grossa  piombatura  aveva  la  faccia  superiore  deco- 


Fig.  41  -  Elsa  di  pugnaletto  votivo. 


Fig.  42  -  Frammento  di  statuetta  di  cervo. 


rata  da  impressioni  profonde,  richiamanti  l'aspetto  del  meandro.  La  grande  violenza 
del  fuoco  fece  colare  molte  piombature,  ridotte  a  panelle  sul  fondo  dello  strato.  La  vio- 
lenza del  fuoco  distruttore  non  permise  che  fossero  conservati  molti  oggetti  di  sostanze 
facilmente  distruggibili  o  fusibili;  ma  alcuni  di  questi  meritano  speciale  ricordo.  Degno 
di  nota  è  un  piccolo  chiodo  in  bronzo  con  capocchia  semicircolare,  rivestita  da  lamina 
d'oro  saldamente  applicata,  con  procedimento  tecnico  che  troviamo  usato  in  gioielli  pro- 
venienti dalla  necropoli  punica  di  Tharros  ;  non  potrei  però  affermare  che  origine  punica 
abbia  questo  chiodo  del  tempio  di  Serri  ;  quanto  alla  significazione  di  esso  si  affaccia  alla 
mente  la  comparazione  con  i  davi,  che  nel  tempio  romano  erano  anticamente  usati  a  de- 
notare gli  anni  succedentisi  ed  in  seguito  gli  anni  distinti  da  gravi  avvenimenti,  da  sedi- 
zioni, pestilenze,  delitti  memorandi  (1).  Ohe  anche  nel  tempio  di  Serri,  i  duri  con  testa 

(')  Ricordo  i!  clavis  tumuli*  infisso  noi  tempio  ili  Giove  a  Roma.  Della  parete  divisoria  delle  due 
eelle  di  (ìiovc  e  di  Minerva,  nel  giorno  dell'ingresso  in  carica  dei  consoli,  Tito  Livio,  VII,  8,  7.  Cicerone, 
ad  Attienili,  V,15.  Più  tardi  la  cerimonia  avveniva  solo  per  chiudere  periodi  calamitosi.  Tito  Livio,  111,6; 
Dion,  Halic.  Ili,  67.  Mommsen.  Rom.  Chronol,  176;  Daremberg-Saglio,  Dictionn,  clavus,  pag.  1241. 


SARDINIA 


321 


SEKK'l 


aurata  servissero  a  indicare,  nella  vita  della  tribù  battagliera,  una  data  fausta  e  felice? 
Ebbi- anche  alcuni  pendagli  in  ambra,  di  forma  rettangolare,  ma  a  sezione  ovale, 
con  foro  piccolissimo:  danneggiati  tutti  dal  fuoco,  ma  taluni  abbastanza  conservati, 
anche  nella  superficie.  La  scarsa  quantità  di  ambra  data  dagli  scavi  di  Sardegna,  sino 
ad  oggi,  rende  più  prezioso  questo  piccolo  ritrovamento  (fig.  47).  Di  osso  non  ci  per- 
venne che  un  oggetto  conico  di  cm.  6  di  altezza,  con  un  bottoncino  rotondo  all'estre- 


Fig.  43  Fig.  44 

Cuspide  di  freccia  e  pugnali  in  bronzo. 


Fig.  45 


mità,  forse  una  piccola  imagine  di  betilo.  Interessante  per  la  sua  decorazione  è  una 
piccola  laminetta,  purtroppo  assai  mal  ridotta  dall'azione  del  fuoco  ;  forse  il  corpo  di 
un  pettine,  unico  per  ora  nelle  raccolte  protosarde  e  che  esito  a  ritenere  prodotto  locale. 
Essa  e  decorata  da  una  serie  di  cerchielli  concentrici,  accompagnati  da  una  fascia  di 
incisioni  a  semicircoli,  disposti  a  diritto  e  rovescio,  che  si  direbbe  una  riminiscenza  lon- 
tana della  spirale  micenea.  La  decorazione  a  cerchielli  concentrici  ci  richiama  verso 
motivi  famigliari  nella  decorazione  protoetrusca  della  necropoli  di  Vetulonia  ;  anche 
recentemente  dalle  tombe  a  camera  di  Populonia,  con  persistenza  di  materiali  propri 
delle  più  antiche  tombe  a  fossa,  il  Minto  ebbe  manici  d'osso  così  decorati  ('). 

Tra  i  motivi  decorativi  ricordo  anche  un  disco  spezzato  a  metà,  del  diametro  dicm.  7, 
ornamento  pettorale  o  coperchio  di  cassetta,  decorato  a  rilievo,  ottenuto  in  fusione,  da 


d)  Minto,  Notizie  d.  Scavi,  1921,  pag.  207,  fig.  13. 


SEfcKI  —    322    —  SARDINIA 

cordoni  in  rilievo  disposti  a  cerchi  concentrici  ;  tra  un  cordone  e  l'altro  sta  una  serie  di 
piccole  borchie  in  rilievo,  motivo  semplice,  che  sinora  però  non  era  apparso  nell'austero 
ambiente  isolano  (fìg.  48).  Sparse  nello  spazio  interno  del  tempio  si  rinvennero  vario 
monete,  ma  il  loro  giacimento  sporadico  e  la  grande  latitudine  di  tempo  a  cui  esse  si  ri- 
feriscono non  può  dare  altro  indizio  se  non  quello  della  continua  frequenza  di  visita- 
tori sul  sacro  altipiano.  Abbiamo  infatti,  fra  le  monete  di  sicura  determinazione  :  tre 


Fig.  46  Fig.  47 

Bottone  in  osso  e  perla  d'ambra  con  foro. 

medi  bronzi  punici,  con  la  rappresentazione  nel  F  della  testa  di  Astarte  e  nel  9  figura 
di  cavallo  in  corsa  a  sin.  (Miiller,  Numismalique  de  VAfrique,  voi.  II,  pag.  100,  n.  257Ì  ; 
Un  asse  romano  consunto  ;  una  moneta  d'argento  medioevale,  probabilmente  pisana  ; 
una  moneta  aragonese,  forse  di  Giacomo  li,  varie  monete  spagnuole  e  sabaude. 

Attiguo  al  santuario,  e  strettamente  unito  ad  esso,  è  un  altro  edificio  che  nella  pre- 
cedente campagna  era  stato  segnalato,  ma  che  ora  venne  completamente  scavato  in  tutte 
le  sue  parti  (Tav.  III-IV,  n.  12).  È  un  recinto  circolare,  del  diametro  esterno  complessivo 


Fig.  48  -  Frammento  di  disco  decorato  da  rilievi. 

di  m.  8.00,  una  capanna  vera  e  propria,  costrutta  di  blocchi  basaltici  di  mediocre  gros- 
sezza, con  molta  inserzione  di  argilla;  lo  spessore  medio  dei  muri  di  m.  1.75  lascia  sup- 
porre che  la  piccola  cameretta  interna,  del  diametro  di  m.  4.50,  avesse  una  copertura 
in  frascame  e  non  a  cupola  litica,  come  ritenni  anche  per  le  capanne  del  villaggio  nura- 
gico  di  Serrucci,  presso  Gonnesa  (x).  La  base  della  capanna,  nella  parte  rivolta  verso 
nord-est,  cioè  verso  la  facciata  del  tempio,  era  fasciata  da  un  rivestimento  di  m.  0.60  di 
spessore  di  due  corsi  di  conci  squadrati  e  lavorati  nella  stessa  maniera  che  nel  tempio 
a  pozzo  e  nelle  pareti  in  vista  del  tempio  rettangolare  e  del  prossimo  recinto  a  sedile. 
Tale  fasciatura  in  quella  parte  della  capanna  che  era  rivolta  al  tempio,  rivelava  una 
cura  particolare  ed  il  carattere  peculiare  dell'edificio,  che  era  certamente  annesso  al 
santuario  e  doveva  forse  servire  per  diinora  del  sacerdote  o  della  sacerdotessa,  addetti 
ai  riti  del  luogo  (fig.  49). 

(l)  Monumenti  Antichi  dei  Lincei,  Voi.  XXIV  (1917)  pag.  G40. 


SARDINIA. 


323  — 


SERlil 


Tale  elegante  fasciatura  esterna  segue  perfettamente  la  curva  esteriore  della  ca- 
panna per  un  buon  tratto  di  essa,  le  pietre  che  la  costituiscono  sono  legate  al  muro  re- 
trostante di  grossi  blocchi  con  argilla  tenace  ;  il  nucleo  della  muratura  rimane  in  vista 
nelle  altre  parti. 

Innanzi  alla  porta  della  capanna  si  ebbero  le  tracoie  di  un  breve  atrio  rettangolare, 
di  ni.  2,40  X  2,80,  rivolto  verso  mezzogiorno,  una  specie  di  protiro,  con  una  delle  pareti, 


i 


Fio.  49  -  Capanna  attigua  al  tempio  ipetrale; 
sul  muro  stanno  i  pilastrini  betilici  rinvenuti  presso  di  essa. 


quella  di  ovest,  assai  robusta  e  munita  di  un  pancone  o  sedile  in  pietre  rozzamente  squa- 
drate che  l'occupava  tutta  quanta.  Questo  atrio,  che  aveva  una  bella  esposizione  verso 
mezzogiorno  e  permetteva  la  visione  di  un  mirabile  panorama,  era  forse.il  luogo  di  per- 
manenza dell'abitatore  di  questa  capanna,  del  sacerdote  o  della  sacerdotessa,  che  com- 
piuti i  suoi  riti,  qui  riposava,  attendendo  i  visitatori  e  prodigando  loro  consigli  e  conforti. 
Anche  nell'atrio  si  rinvennero  numerose  ossa  di  animali,  specialmente  suini  e  vari 
frammenti  di  ceramica  nuragica,  un  pugnaletto  in  bronzo  a  lama  triangolare,  con  due 
fori  per  i  chiodetti  dell'impugnatura,  di  tipo  assai  comune  negli  strati  sardi  primitivi. 
Nell'atrio  si  ebbe  anche  l'interessante  statuetta  di  mutilato  (fig.  50)  alta  cm.  13  ;  è  ben 
conservata,  con  buona  patina  ;  spezzato  ma  ricomposto  il  braccio  destro.  Il  corpo  si 
presenta  esile  e  schiacciato,  ma  più  solido  il  capo  ;  è  eretto  sulle  gambe  alquanto  diva- 
ricate, leggermente  curvo  in  avanti,  nel  consueto  atteggiamento  di  preghiera,  con  la 
mano   d.   alzata  ma  imperfettamente   riprodotta,   con  sole  quattro    dita.    La    mano 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  42 


SERRI 


—  324  — 


SARDINIA 


sinistra  impugna,  sollevandola,  una  gruccia,  il  piede  destro  è  mozzo  ;  ma  la  stronca- 
tura sembra  originaria;  per  questo  fatto,  come  per  la  presenza  della  gruccia,  essa  ci 
suggerisce  l'idea  di  un  voto  di  mutilato.  11  viso  si  direbbe  quasi  una  maschera,  con  bar- 
betta appuntita,  orecchie  ed  occhi  sporgenti,  naso  fortemente  accentuato  e  bocca 
segnata  da  un  solco  :  il  capo  eretto  su  collo  lungo  e  nudo,  è  coperto  da  berretto  con  breve 
risvolto  che  cade  sulla  fronte.  Porta  un  corsetto  attilato,  a  cui  è  applicata  una  breve 
sottanella  scendente  al  ginocchio,  munita  da  tre  cordoni,  sui  fianchi  e  sul  dinnanzi;  al 
petto  un  grande  pugnale  appeso  al  balteo.  Ha  sulle  spalle  un  breve  mantelletto  che  ap- 
pena copre,  con  i  suoi  lembi,  le  braccia  e  lascia  vedere  la  veste 
sottostante,  trattenuto  al  collo  da  una  fàscia  traversa  ;  è  un 
abito  succinto  da  guerriero  e  da  corridore,  le  cui  attitudini 
sono  messe  in  rilievo  dalla  snellezza  della  figura  e  dal  forte 
risalto  dei  muscoli  del  polpaccio,  volutamente  espressi,  non- 
ostante la  rigidità  del  resto  della  figura.  L'impressione  che  dà 
questa  statuetta  è  di  appartenere  ad  un  momento  motto  pro- 
gredito della  tecnica  locale,  già  esperta  ma  avviata  ad  uno 
schematismo  geometrico  ed  incalzata  da  una  frettolosità  routi- 
nière, indizio  appunto  di  avanzata  evoluzione. 

Ricordo  anche  che  in  vicinanza  della  capanna,  tra  questa  ed 
il  muro  di  cinta,  che  nella  pianta  a  Tav.  III-IV  è  segnato  col  n.  13, 
venne  rinvenuto,  ancora  ritto  in  piedi,  un  pilastrino  in  calcare 
a  forma  leggermente  piramidale,  con  le  faccie  perfettamente 
liscie  e  levigate,  come  il  piano  di  posa  e  quello  superiore  ;  le 
dimensioni  di  questo  pilastrino  sono  di  metri  0.72  di  altezza 
e  di  0.37  X0.27,  alla  base.  Un  altro  pilastrino,  uguale  di  forma 
e  di  dimensioni  poco  diverse,  in.  0.71  di  altezza  e  0.33  X0.34 
di  base,  fu  rinvenuto  atterrato  a  poca  distanza,  presso  alla 
parete  della  capanna.  Poiché  siamo  in  un  ambiente  sacro  ci 
vien  fatto  di  pensare  non  a  due  pilastrini,  situati  per  indicare 
l'ingresso  all'area  sacra,  ma  a  due  pilastri  betilici,  da  mettersi  accanto  al  cono  in  cal- 
care, rinvenuto  lì  presso,  in  vicinanza  dell'altare  laterale,  ed  a  questa  interpretazione 
saremmo  condotti  anche  dalla  accurata  lavorazione  delle  pareti,  anch'esse  arrossate 
dall'azione  del  fuoco  (v.  fig.  49). 

Piccole  traccie  di  altri  muri  vennero  in  luce  presso  la  capanna  circolare  e  la  facciata 
nord  del  tempio  ipetrale,  ma  in  troppo  scarsi  resti  per  dare  sopra  di  essi  giudizio.  Anche 
ad  ovest  del  tempio,  presso  al  recinto  del  sedile,  si  osservò  un  tratto  di  muro  che  usciva 
di  sotto  alle  mura  di  difesa  del  santuario  e  che  sembrava  più  antico  di  questa  ;  questo 
muro  si  presentava  massiccio,  poco  alto  dalla  roccia  su  cui  posava  e  per  metà  disposto 
come  un  sedile  o  un  banco  di  offerta  (Tav.  III-IV,  n.  4). 

Fu  di  nuovo  esaminata  la  scaletta  in  lastroni  calcarei  che  dall'esterno  saliva  sopra  la 
torricella  della  cinta  nuragica  collocata  presso  al  recinto  circolare  del  sedile  (Tav.  III-IV, 
n.  5)  ;  essa  apparve  costruzione  di  periodo  seguente  alla  distruzione  della  cella  proto- 
sarda, abbastanza  bene  disposta,  con  materiale  proveniente  in  parte  da  edifici  prece- 


Fio.  50 
Statuetta  di  mutilato. 


SARDINIA 


—    325    — 


SERRI 


denti;  vorrei  supporre  che  la  scaletta  conducesse  ad  un'edicola  o  ad  un  altare,  forse 
dedicato  alla  Vittoria,  sorto  in  quella  località  dopo  lo  sterminio  del  tempio  sardo  e  la 
disfatta  dei  difensori.  Si  noti  che  attorno  a  questa  scaletta,  in  uno  strato  molto  superfi- 
ciale, si  ebbero  numerosi  cocci  e  qualche  moneta  repubblicana,  molto  consunta. 

Un  altro  notevole  muro  che  dalla  capanna  del  sacerdote  si  dirigeva  verso  il  tempio 
a  pozzo  si  cominciò  a  mettere  in  luce  nella  campagna  del  1921  (Tav.  I1I-IV,  n.  13)  ;  esso 


Fig.  51  -  Statuetta  di  arderò. 

era  in  blocchi  informi,  non  molto  grandi,  legati  con  argilla,  aveva  uno  spessore  di  m.  1.90 
e  potè  seguirsi  per  un  tratto  di  m.  14  ;  presentava  presso  alla  capanna  un'apertura  come 
di  porta,  di  m.  1,30  di  ampiezza:  il  muro  doveva  segnare  una  separazione  tra  i  due  tem- 
pli, quello  ipetrale  e  quello  a  pozzo,  delimitando  le  due  aree  a  ciascuno  circostanti. 

Accanto  a  questo  muro  si  ebbero  prove  della  dispersione  violenta  a  cui  andò  sotto- 
posto il  materiale  votivo  della  cella  ipetrale  :  insieme  a  frustoli  di.pugnali  e  di  spade  vo- 
tive si  ebbero  tre  statuette  frammentarie  di  guerriero,  che  presentavano  qualche  va- 
riante dal  tipo  consueto. 

lo.  Statuetta  di  arciero,  alt.  cm.  1 7  (figg.  •">! , 02).  1  la  spezzato  l'arco  e  la  gamba  destra 
è  troncata  alla  base.  La  figura  è  tutta  quanta  trattata  in  modo  schematico,  tranne  il  capo, 


SElUtl 


—  326  — 


SARDINIA 


solidamente  espresso,  ma  sono  ben  curati  tutti  i  particolari  dell'abito  e  delle  armi,  quasi 
a  bene  precisare  la  qualità  del  devoto.  L'abito  è  composto  dalla  stretta  tunicella  attil- 
lata e  dal  cinto,  allacciato  e  corto  sul  ventre,  con  lunga  falda  acuta  di  dietro  ;  attorno 
al  collo  ha  un'alta  gorgiera,  sulle  spalle  passano  larghe  fascie  che  sorreggono  al  petto  una 
piastra  rettangolare  che,  meglio  di  difesa,  potrebbe  servire  da  amuleto  protettore;  alle 
fascie  stesse  è  applicato,  come  in  altre  statuette  di  arciera,  il  pesante  fardello  che  qui  è 


Fig.  52  -  Schizzo  del  lato  posteriore  della  statuetta  dell!arciero. 


composto  dalla  faretra  allungata,  dalla  spada  con  impugnatura  robusta,  dalla  punta  di 
lancia ,  che  forse  durante  la  fusione  si  ricurvò,  e  dal  piccolo  vasetto.  Con  mossa  schematica 
e  rigida  la  figurina  impugna  con  la  sinistra  l'arco  e  la  punta  della  freccia,  con  la  destra 
la  cocca  di  questo  e  la  corda  dell'arco.  La  testa,  come  dissi,  è  espressa  più  solidamente  con 
i  tratti  salienti  del  viso  ;  l'elmo  è  singolare  ;  sulla  calotta  si  adergono  dalla  cresta  due  becchi 
sottili,  eretti  rigidamente  ed  una  punta  si  sporge  in  avanti,  sopra  la  fronte,  insieme  ad 
una  specie  di  celata  che  rende  più  robusta  la  difesa  del  capo  ;  ai  lati  si  elevano  due  robuste 
corna  che  si  incurvano  ripiegandosi  una  verso  l'altra.  La  fattura  di  questa  statuetta  è 
tecnicamente  molto  complicata,  ed  anche  la  stilizzazione  è  progredita,  indizio  di  avanzata 
evoluzione  del  motivo. 


SARDINIA 


—  327  — 


SERRI 


2°.  Altra  statuetta  frammentaria,  simile  alla  precedente,  alt.  cm.  15;  spezzate  le 
gambe,  il  braccio  destro,  le  corna,  ma  simile  nella  postura,  nelle  armi  e  nello  stile. 


Fig.  63 -Scudetto  appartenente  a  statuetta 
di  guerriero:  faccia  esterna. 


Fig.  54  -  Scudetto  appartenente  a  statuetta 
di  guerriero:  faccia  interna. 


3°.  Altra  statuetta  come  le  precedenti,  pure  spezzate  le  gambe  e  le  braccia; 
lungh.  cm.  10.  In  tutte  queste  statuette  abbiamo  la  stessa  tendenza  alla  geometriz- 
zazione  della  figura;  forse  era  il  tipo  a  cui  era  pervenuta  la 
rappresentazione  degli  arcieri,  perchè  si  ebbero  anche  altri  fram- 
menti di  braccia  con  l'arco  impugnato,  tutte  stilizzate  in  questo 
modo  geometrico. 

Accanto  a  queste  statuette  fu  rinvenuto  uno  scudetto  ro- 
tondo, appartenente  a  statuetta  di  guerriero  ;  nella  faccia  esterna 
sono,  in  rilievo,  vari  cerchi  che  rappresentavano  cerchi  di  pelle 
o  di  lamina  di  metallo  ricoprenti  la  faccia  dello  scudo,  saldati 
con  borchie  e  trattenuti  da  una  fascia  trasversale  che  dall'orlo  va 
a  terminare  ad  un  umbone  eccentrico.  La  faccia  interna  è  piana, 
munita  di  orlo  ed  al  centro  ha  una  maniglia  con  traccia  di  mano 
che  la  impugnava,  con  una  guaina  applicata,  entro  la  quale  sta 
la  spada  che  tocca  con  l'impugnatura  l'orlo  dello  scudo,  disposi- 
zione questa  che  già  si  ebbe  in  altri  scudi  di  statuette  votive 
sarde  f1)  (figg.  53,  54).  Fu  anche  raccolta  una  fibula  a  grande 
arco,  ma  contorta  e  di  forma  non  ben  determinabile  (fig.  55). 

Questi  sono  i  principali  elementi  e  materiali  che  ci  venne 
dato  di  raccogliere  sino  ad  ora  intorno  a  questo  edificio  religioso  ed  agli  attigui  locali,  i 
quali  formavano,  a  quanto  ho  potuto  desumere,  un  cospicuo  santuario  protosardo. 


Fio.  55 
Frammento  di  fibula 

con  arco  a  foglia. 


(*.)  Ricordo  la  statuetta  del  Museo  Preistorico  di  Roma,  v.  Pinza,  op.  cit.,  pag.  196,  Tav.  XX, 
figg.  1,2. 


SERRI  —    328    —  SARDINIA 


CONCLUSIONI  E  CENNI  GENERALI 

La  grande  dispersione  avvenuta  nel  materiale  votivo,  sia  di  questo  tempio  ipetrale 
che  di  quello  a  pozzo,  lascia  sperare  che  continuando  lo  scavo  fra  i  due  templi  si  possano 
recuperare  altri  elementi  per  lo  studio  del  santuario  e  dei  primitivi  riti  sardi.  Ed  appunto 
nella  speranza  di  nuovi  dati  non  ritengo  qui  il  luogo  ed  il  momento  di  discutere  ampia- 
mente tutte  le  questioni  che  si  possono  connettere  con  lo  studio  degli  edifici  ora  esplorati 
e  specialmente  del  tempio  ipetrale  e  dei  materiali  in  essi  rinvenuti.  Mi  limiterò  a  pochi 
cenni,  richiamandomi  alle  idee  espresse  nella  relazione  preliminare  sulle  scoperte  edita 
nei  Rendiconti  dei  Lincei  (1921,  6  febbraio,  fase.  1,  3),  che  in  parte  mantengo,  pure 
temperando  l'entusiasmo  che  ne  accompagnava  l'esposizione,  redatta  al  momento  della 
scoperta. 

La  struttura  semplice  del  recinto  circolare  a  sedile  si  connette  ad  altri  edifici  del 
medesimo  tipo  e  di  più  rude  carattere,  sia  di  questa  medesima  Giara  di  Serri,  che  della 
maggiore  capanna  del  villaggio  di  Serrucci,  presso  Gonnesa,  e  conferma  l'esistenza  di 
un  tipo  di  luogo  di  riunione  comune  nell'ambiente  protosardo,  per  i  membri  di  una  stessa 
tribù,  o  per  l'accolta  di  varie  tribù,  radunate  a  deliberare  di  argomenti  vari.  Qui  la  più 
accurata  esecuzione  accenna  allo  scopo  religioso  della  riunione  e  forse  anche  a  progresso 
di  tempo  e  di  tecnica. 

Ma  il  recinto  a  sedile  non  è  che  una  varietà  della  casa  rotonda,  della  quale  anche  la 
capanna  che  io  chiamai  del  sacerdote  è  un  esemplare  ingentilito  dalla  parziale  fasciatura 
in  materiale  ben  lavorato  e  dall'aggiunta  dell'atrio  innanzi  alla  porta. 

Ma  l'edificio  più  notevole  è  il  tempio  ipetrale,  che  è  sinora  il  solo  esempio  nella  Sar- 
degna preromana  ed  in  cui  alla  tecnica  nuragica  di  struttura  megalitica  si  applicano  più 
elevati  procedimenti  costruttivi,  e  che  appare  destinato  ad  una  divinità  ben  diversa  da 
quella  venerata  nel  tempio  a  pozzo.  In  questo  si  manifesta  con  le  fonti  benefiche,  una  di- 
vinità terrestre  e  sotterranea,  chtonia  ;  in  quest'altro  tempio  ipetrale,  invece,  la  divi- 
nità è  concepita  nella  sua  essenza  e  nelle  sue  qualità  celestiali,  ma  nello  stesso  tempo 
dominatrice  degli  uomini,  guerresca,  protettrice  della  sua  gente  e  delle  sue  armi.  Essa  è 
simile  in  parte  al  Mara  dei  più  antichi  Romani,  concepito  anch'esso  come  Dio  dispensa- 
tore della  luce,  signore  del  cielo  e  dei  fenomeni  celesti,  ma  protettore  anche  della  famiglia 
contro  ogni  sorta  di  danni,  come  appare  chiaro  dall'antica  preghiera,  conservataci  da  Ca- 
tone, al  Mara  pater  {De  re  rustica,  141). 

Ma  per  la  divinità  del  tempio  ipetrale  parrebbero  più  visibili  elementi  analoghi  al 
Zeus  dei  primitivi  culti  della  Grecia,  al  dio  che  ha  il  culto  sui  monti,  dall'ampio  dominio, 
JlarÓTtTtje,  irrómpe,  snóipiog,  al  dio  montano,  inàxQtog  ed  àxQaToc  sulla  vetta  del 
Pelio  (l),  signore  dei  venti,  dei  fulmini,  xtgavvopókos,  dell'iscrizione  di  Tegea  (Corpus. 
Inscr.  Graee.  1513),  dei  lampi  e  dei  tuoni,  àaiqàmmv  e  fiQovt&v,  (Hymn.  Orphic  XII, 
10,  XIX,  2)  ed  al  fulmine  forse  vorrebbe  alludere  l'oggetto  votivo  del  nostro  tempio,  che 

(})  Dieearpo,  Geographi  Graeci  Minore*.  .Mailer,  I,  107:  in'ìixoctg  Si  xfjq  roP  ÒQovg  xoQvcpijg .  .. 
Jiòs  àxQninv  IrQòy.  Rellerman,  Epiteta  drornm. 


SARDINIA  —   329   —  SERRI 

ho  proposto  d'interpretare  eonie  la  face  ardente  (fi».  38).  Dio  onnipotente,  datore  d'ogni 
bene,  purificatore,  xaOaqdiog  (Pausania,  Vili,  36,  5;  V,  14,  8.  Iliade,  XXIV,  257), 
ascolta  ì  supplicanti  (Aeschyl.  Swppl.  V.  381-386)  è  dio  della  famiglia  e  tutore  del  foco- 
lare domestico  e  delle  città,  e  da  esse  allontana  i  mali  (')  ed  in  favore  di  esse  conduce 
e  guida  le  armi  guerriere,  Zsvg  ónh'xsfiiog  (*). 

Ed  il  dio  venerato  nel  tempio  ipetrale,  dal  largo  dominio  sul  piano  e  sulle  colline  cir- 
costanti, che  si  impone  ai  suoi  fedeli,  riceve  specialmente  doni  e  voti  di  guerrieri  e  di 
armati,  nelle  loro  immagini  e  nelle  loro  armi.  Anche  i  doni  delle  colombelle,  sia  isolate  che  a 
gruppi  o  appoggiate  ad  un  sostegno  od  appaiate,  o  posanti  su  un  cono  betilico  o  su  altri 
oggetti  votivi  (figg.  27-34),  si  richiamano,  nel  ciclo  di  Zeus,  alle  colombe  divinatorie,  po- 
santi sulle  quercie  sacre  del  santuario  di  Dodona,  nel  quale  appunto  le  vecchie  sacerdo- 
tesse, per  riflesso  delle  mistiche  colombe,  avevano  il  nome  di  //./.tua  (3),  e  statuette 
femminili,  con  le  colombe  posanti  sulle  inani,  furono  appunto  date  da  quel  santuario  ed 
identificate  con  Dione,  la  dea  paredra  di  Zeus  Dodoneo  (*).  Si  comprende  quindi  come 
per  tale  carattere  di  divinità  suprema,  venerata  sulle  cime  dei  monti  di  Grecia,  delle  isole 
e  dell'Asia  Minore,  venga  nelle  città  elleniche  della  Siria,  distinto  col  nome  di  Z.  vipiavog 
ed  assai  probabilmente  identificato  con  Baal,  supremo  ed  onnipotente,  come  appare  dal- 
l'epiteto di  Zeus  Baalmarcod,  ricordato  sul  Libano,  presso  Beirut  (5),  analogo  forse 
al  Z.  Bmtoxaixsvc,  che  aveva  il  grande  santuario  di  Betocéce,  nei  monti  tra  Tripoli 
ed  Apamea,  ricordato  nelle  inscrizioni  e  di  cui  furono  esplorate  le  imponenti  rovine  (6)  ; 
tale  identificazione  era  già  stata  del  resto  supposta  dal  Clermont  Ganneau  ed  accettata 
dal  Perdrizet  ("). 

Alla  concezione  della  divinità  celestiale,  simile  al  Zeus,  non  fa  contrasto  l'offerta  e  la 
raccolta  del  sangue  delle  vittime,  che  attraverso  agli  altari  per  un  canale  è  condotto  alla 
terra  ;  tale  elemento  si  trova  nei  sacrifici  alle  divinità  superne  degli  Elleni,  a  cui  è  caro 
il  sangue  delle  vittime  (8)  e  non  solo  agli  dei  infernali,  per  cui  è  fatto  un  foro  in  terra  per 
raccogliere  il  sangue  (9).  Forse  anche  alla  divinità  celestiale  suprema,  venerata  nel  tem- 
pio ipetrale  non  mancava  anche  il  carattere  di  dio  sotterraneo  che  secondo  i  Greci  è 
nello  stesso  Zeus,  che  già  nell'Iliade  è  indicato  come  xzrax&óviog  (10). 


(*)  Z    ànorgón«iog  dell'iscrizione  di  Erythrae,  in  Rev.  Archéol.,  1S77,  I,  118. 

(2)  Foucart.  Inscript.  d.  Peloponneso,  n.  352. 

(3)  Iliade,  II,  v.  234;  Strabon,  VII  framm.  1,  2. 
(*)  Bull.  Corr.  Beli.  XIV,  tav.  IV  :  XV.  tav.  IX-X. 
(5)  Rev.  Archeol,  1898,  I,  pag.  39. 

(•)  Waddington.  Inscript.  de  la  Syrie,  n.  2720  ;  Rcy.  Archiv.  des  Missioni,  voi.  VII;  Dussaud,  Reu. 
Arch.,  1897,  1,319. 

(')  Perdrizet,  Jupiter,  in  Daremberg  Saglio,  Dictionnaire  d' Antiquités,  pag.  699. 

(8)  Schol.  Odiss.  Ili,  v.  444,  Enripid.  Elettra,  v.  800. 

(»)  Apuli.  Rhod.  Ili,  1032.  Questo  concetto  si  manifesta  anche  nel  culto  dei  morti,  con  i  fori  che 
conducono  nell'interno  delle  tombe  il  sangue  delle  vittime  (Pausania,  III,  19,  3;  X,  4,  7)  e  persiste 
sino  ad  età  romana,  come  si  prova  dai  canaletti  praticati  attraverso  il  coperchio  di  talune  tombe  di 
Cartagine  ed  in  quelle  recentemente  scoperte  a  Falcione,  illustrate  dal  Moretti  (Notizie  d.  Scavi,  1921, 
pag.  299)  Gsell.  Monumenti  de  V Algerie,  II,  48. 

(10)  Iliad.,  IX,  457. 


SERRI  —   330   —  SARDINIA 

Anche  per  la  pluralità  degli  altari  noi  abbiamo  confronti  in  santuari  ellenici  e  ro- 
mani, dove  essi  erano  disposti  sia  nell'interno  della  cella  che  nel  peritolo,  dove  erano  con- 
sumati specialmente  i  sacrifici  di  sangue;  così  per  la  presenza  dei  banconi  per  posare  i  doni 
votivi  ci  soccorrono  ampiamente  i  confronti  con  la  tqàns^a  itqa  e  con  le  mensae  deo- 
rum,  ricordate  da  Virgilio  come  obbligatorie  in  ogni  santuario  per  le  cerimonie  del  culto 
e  per  la  conservazione  delle  offerte  permanenti  alla  divinità  ('). 

Il  betilo  incavato,  con  doppio  cono  rivolto  all'alto  ed  al  basso,  rinvenuto  presso  l'al- 
tare laterale  (fig.  13),  è  l'imagine  aniconica  della  divinità,  ripetuta  anche  nel  piccolo  cono 
in  bronzo  dominato  dalla  colomba  (fig.  27)  e  può  avere  il  suo  riscontro  in  consimili  rap- 
presentazioni della  divinità  della  Grecia  primitiva,  come  nei  sacri  betili  rinvenuti  a  Delo 
e  nella  serie  dei  pilastri  betilici  dei  culti  cretesi  dell'età  minoica  (2). 

Anche  gli  animali  bovini,  suini  ed  ovini,  di  cui  si  ebbero  i  resti  tra  le  ceneri  degli 
altari  del  tempio,  sono  gli  stessi  che  troviamo  come  ricUmae  ed  hostiae  (-1)  nei  sacrifici 
alle  divinità  greche  e  romane,  specialmente  nel  sttocetaurilium,  il  solenne  sacrificio  pu- 
rificatore, pinrulum,  alla  divinità  massima  dei  Romani,  Mars,  più  tardi  sostituito,  anche 
per  influenze  etnische,  da  Jvppitcr  (*).  Anche  la  accolta  delle  ceneri  dei  sacrifici  attorno 
agli  altari  ha  il  suo  riflesso  nel  rituale  dell'antico  culto  di  Giove  in  Olimpia  (5),  mentre 
in  altri  casi  le  ceneri  erano  accuratamente  interrata  (*),  a  prova  della  santità  del  sacri- 
ficio. Anche  nell'offerta  delle  imagini  della  volpe  e  del  cinghiale  noi  possiamo  scorgere 
il  ricordo  di  sacrifici  di  animali  alla  divinità;  non  ardisco  pensare  alla  spiegazione 
totemistica  data  dal  Keinach  per  i  sacrifici  nei  primitivi  culti,  secondo  la  quale,  man- 
giando le  carni  dell'animale,  che  è  la  divinità  stessa,  si  assumeva  una  fraternità  di 
sangue  con  essa,  e  se  ne  assicurava  la  protezione  (7). 

Importerà  accennare  che  i  due  coni  betilici  dati  dal  tempio,  quello  in  pietra  (fig.  13) 
e  quello  in  bronzo  con  la  colomba  celeste  (fig.  27),  hanno  il  loro  parallelo  con  il  cono  tro- 
vato nel  tempio  a  pozzo,  come  anche  col  tronco  di  cono  basaltico,  datoci  dal  tempio  di 
S.  Anastasia  di  Sardara,  e  con  quello  che  sormonta  il  modellino  di  tempio  di  Nuoro,  edito 
anche  dal  Milani,  e  che  possono  ritenersi  l'imagine  della  divinità  (8).  È  qui  da  vedersi 
un  riflesso  delle  idee  egizie  e  babilonesi,  secondo  le  quali  il  cono  betilico  simboleggia  e 
materializza  la  potenza  fecondatrice  che  è  nel  fascio  dei  raggi  del  sole  (9).  Anzi,  il  cono 
del  tempio  ipetrale  di  Serri,  con  la  base  incavata  e  con  un  cono  sporgente  rivolto  in 
basso,  non  deve  essere  frutto  di  una  bizzarria  dello  scalpellino,  ma  deve  inspirarsi  ad 
una  complessa  concezione  di  carattere  cosmico,  derivata,  come  quella  del  cono  sem- 
plice, dalla  ideologia  babilonese  dello  ziggurat  di  Belo,  montagna  che  tocca  il  cielo  con 

(')  Aeneis,  II,  764;  De  Ridder,  Dietion.  d.  Antiq.  all'articolo  Mensa,  1720. 

(2)  Lébegue,  Recherches  à  Delos,  p.  160. 

(3)  Toutain,  Sacrifichili!,  in  Daremberg.  Dictionnaire,  pag.  973. 

(*)  Valer.   Mass.   IV,  1,  10;  Festn,   141.  189,  293:  Perdrizet,  Jupiter,  Daremberg,  pag.  709. 

(6)  Pausai).  V.  13,  8:   14.  8-10:  VII,   18.  7. 
(•)  Miiller,  Conni,.  Eumen,  180. 

(7)  S.  Reinach.  Cultcs,  mythes  et  religioni:,  11,  HI  ;  Hubert  Mauss.  Awnée  sociologiqme,  anii,  II 
(18'J7-fl8)  pag.  30;   Robertson  Smith,  Sacrificc,  in  Eneyclop.  Britan. 

(8)  Rendiconti  dei  Linai,  1909,  21  nov.  pag.  584. 

(•)  Schiaparelli,  Giornale  delia  Soc.  Asiatica,  18113,  pag.  317  ;  A.  Pellegrini,  in  liessarione,  1002. 


SARDINIA  —    331    —  SElìKl 

la  cima,  ma  ha  le  fondamenta  posate  sulle  chiare  acque  dell'oceano  sotterraneo  ('). 
Tale  avvicinamento  tra  i  concetti  religiosi  del  pensiero  babilonese  e  sumerico  con  questi 
che  sono  attestati  dai  monumenti  protosardi,  e  che  dobbiamo  ascrivere  a  merito  indiscu- 
tibile del  compianto  prof.  Milani,  riceve  anche  nuovo  conforto  dalle  analogie  che  scorgiamo 
tra  le  disposizioni  del  tempio  ipetrale  e  gli  alti  luoghi  di  Canaan,  di  recente  esplorati. 

In  questi  alti  luoghi  si  esplica  un  pensiero  religioso  anteriore  alla  diffusione  del- 
l'ortodossia israelitica  ;  situati  in  località  elevate,  di  ampio  dominio  e  ben  difese  dalla 
natura  e  ritenute  come  un  punto  di  ritrovo  tra  la  divinità  e  gli  uomini,  essi  presentano 
qualche  elemento  comune  col  santuario  elamitico,  rappresentato  nel  rilievo  in  bronzo 
trovato  dal  De  Morgan  sull'acropoli  di  Susa  (2).  In  mezzo  ad  un'area  spaziosa,  general- 
mente recinte  da  solido  muro  di  scarsa  elevazione,  sono  erette  alcune  stele  o  pilastri 
rudi,  quasi  a  corteggio  di  un  betilo  più  piccolo  ;  accanto  ad  esso  un  altare  dove  si  colava 
il  sangue  delle  vittime  e  le  libazioni,  condotte  per  mezzo  di  un  canale  nella  cavità  di  una 
grotta,  adyium  ;  in  qualche  caso  vi  ha  anche  la  fossa  che  raccoglie  le  ceneri  ed  i  resti  di 
sacrifici  ed  i  frammenti  delle  offerte  tolte  dagli  altari  (3). 

Così  nell'alto  luogo  di  Teli  es  Safy  (4)  il  recinto  rettangolare,  orientato  da  N.  a  S. 
ha  tre  pilastri  accanto  al  betilo  ed  una  fossa  di  sacrificio,  con  un  bacino  in  pietra.  A 
Gezer,  invece,  come  a  Tàannak,  manca  il  recinto,  ma  una  serie  di  pilastri  e  di  betili  si 
allungano  sopra  una  specie  di  piattaforma  da  N.  a  S.,  accanto  ad  un  altare  in  pietra  con 
profondo  incavo,  una  fossa  di  offerta  ed  una  caverna  sotterranea  per  la  raccolta  del 
sangue  e  dei  doni  alla  divinità  (5).  Specialmente  nel  santuario  di  Teli  el  Megiddo 
abbiamo  un  recinto  rettangolare  di  m.  9  X  4,  disposto  da  N.  a  S.  ed  un  allineamento 
di  vari  pilastri  e  di  un  betilo,  con  altare  di  pietra  incavato  nel  centro  a  guisa  di 
bacino  per  la  raccolta  del  sangue  delle  vittime  e  caverna  per  il  tesoro  (6)  e  queste  dispo- 
sizioni templari  risalirebbero  al  XV-XIV  sec.  a.  C.  Anche  in  questi  santuari  erano 
ammessi  pochi  devoti  per  il  compimento  di  riti  speciali,  mentre  gli  altri  accorrenti 
se  ne  stavano  all'esterno  nella  spianata  dall'ampio  e  suggestivo  dominio,  formante  la 
vetta  dell'alto  luogo. 

Tali  semplici  e  rudi  strutture  di  santuario,  rimaste  di  poco  alterate  nel  corso  del 
tempo,  espressione  di  un  austero  pensiero  religioso,  hanno  un  evidente  rapporto  con 
quella  del  tempio  protosardo  di  S.  Vittoria  ;  non  possiamo  naturalmente  pensare  che  re- 
lazioni ed  influenze  dirette  siano  esistite  tra  i  due  paesi  lontani,  ma  solo  ammettere  una 
trasmissione  di  influenze,  forse  per  il  tramite  della  civiltà  minoica  e  micenea,  il  grande 
fattore  di  diffusione  di  concezioni  e  di  forme  dal  continente  asiatico  all'occidente  del 
Mediterraneo.  Se  pure  non  dobbiamo  pensare  che  tali  germi  d'importazione  non  trovas- 

(')  Hillprccht,  The  Excav.  in  Assyria  and  Babylonia,  pag.  458  e  sg.  ;  Milani,  1.  e,  pag.  689. 

(2)  H.  Vincent,  Canaan  d'après  Vexploration  recente.  Paris,  1907,  pg.  144,  offre  uno  schizzo  di 
questo  modello  di  un  tempio  elamitico,  scoperto  da  De  Morgan,  ed  ora  a  Parigi. 

(3)  Sulle  caratteristiche  generali  degli  alti  luoghi,  Vincent,  op.  cit.,  pag.  140. 

(«)  Bliss  e  Macalister,  Excavations  in  Palaestina,  p.  31  ;  fig.  8,  9;  Vincent,  o.  e,  p.  104. 

(5)  Ma.calhter,Quarterly  Statement  Palestina  Explorat.fund,  1903;  pag.  121,  T.  III-VII,  Vincent, 
Canaan,  fig.  80  ;  Sellin,  Teli  el  Taannak  ;  pag.  68. 

(6)  Schumacher,  Mitth.  und  Nachricht  des  deuts. PaldstinaVereins,  1904,  pag. 46, fig.  10 ;  Vincent, 
Canaan,  pag.  133,  fig.  89. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  43 


SERRI  —    332    —  SARDINIA 

sero  un  substrato  di  comunanza  di  pensiero  che  la  schiatta  protosarda  importò  nella  sua 
isola  dalle  prische  sedi  di  origine  nord  africana  od  asiatica,  prima  ancora  di  separarsi, 
in  piena  età  neolitica,  da  quelle  tribù  dell'Asia  Minore  e  delle  altre  contrade  del  Medi- 
terraneo che  avevano,  già  in  età  neolitica,  in  embrione  i  santuari  religiosi  del  tipo  degli 
alti  luoghi. 

Ma  a  parte  tali  elementi  diremo  genetici,  i  fattori  determinanti  della  penetrazione 
delle  idee  religiose  orientali  nella  Sardegna  nuragica  possono  essere  state  la  cultura 
minoica  e  micenea,  come  può  suggerire  l'esame  dei  primitivi  santuari  di  questa  civiltà. 

Ad  esempio,  il  santuario  del  Monte  Iuktas,  dove  la  leggenda  cretese  collocava  la 
tomba  di  Zeus  e  che  dominava  sul  piano  di  Knossos,  ed  ha  le  parti  più  antiche  del  Mi- 
noico Medio,  I  e  II  fase,  e  le  più  recenti  della  III  fase,  è  una  modesta  cella  rettango- 
lare di  ni.  5.85  X  8.90,  con  un  altare  centrale  di  ceneri,  avanzi  di  sacrifici,  statuette  di 
animali  e  statuette  maschili  e  femminili,  riferibili  queste  ultime  alla  divinità  femminile, 
la  Dea  Madre,  che  nella  località  precedette  il  culto  del  dio  Zeus  (1). 

Tra  i  molti  santuari  di  cui  rimangono  i  depositi  votivi  nel  grande  complesso  di  edi- 
fici costituenti  il  Palazzo  di  Knossos,  e  che  in  parte  sono  precedenti  all'assetto  ultimo 
di  questo,  va  specialmente  notato,  per  l'analogia  col  recinto  ipetrale  di  Serri,  quella  che 
l'Evans  designa  col  nome  di  Nord-west  initiatory  area,  che  si  trova  presso  la  cinta  del 
Palazzo,  all'angolo  Nord  Ovest  di  esso,  riferita  al  Medio  Minoico  II,  ma  rifatta  ed  ador- 
nata largamente  nella  terza  fase  del  medesimo  periodo.  Essa  è  una  cella  rettangolare, 
preceduta  da  atrio,  che  il  suo  scopritore  denota  col  nome  di  area  inizìatoria,  per  il  suo 
carattere  di  recinto  e  le  disposizioni  dell'ingresso,  e  distinta  da  un  grande  bacino  lustrale 
a  cui  si  discende  per  mezzo  di  una  scaletta  (2).  Per  la  finezza  della  decorazione  delle  pa- 
reti, per  i  rivestimenti  in  belle  lastre  di  gesso,  per  la  ricca  suppellettile  ceramica  ivi  rin- 
venuta, non  meno  che  per  la  struttura  del  locale,  esso  fu  dallo  Evans  ritenuto  uno  dei 
sacrari  del  Palazzo,  tenuto  specialmente  in  onore  in  un  periodo  che  è  prossimamente 
datato  dal  sigillo  del  He  Hyksos  Kyan,  del  1580  a.  C. 

L'Evans  stesso  suggerisce  il  confronto  tra  questa  initiatory  area  di  Knossos  col  pri- 
mitivo santuario  del  palazzo  di  Phaestos,  che,  come  è  noto,  è  una  cameretta  rettango- 
lare di  m.  2,57  X  3,80,  con  banchi  su  tre  pareti,  tavole  di  offerta  e  tazza  di  libazione, 
con  vario  materiale  rituale  (3).  Non  abbiamo  chiare  le  disposizioni  originarie  della  cella 
della  dea  dei  serpenti  del  Palazzo  di  Knossos  nò  di  altri  ambienti  di  evidente  destina- 
zione sacrale,  precedenti  all'ultimo  assetto  del  grande  Palazzo  di  Knossos,  che  l'Evans 
designa  come  il  Palazzo  della  «  doppia  ascia  »;  ma  tutto  porta  a  credere  che  questi  sa- 
crari di  cui  si  ebbero  i  ricchi  depositi  sacri,  avessero  disposizioni  simili  all'area  ricor- 
data. E  forse  un  consimile  recinto  rettangolare  ed  ipetrale  dovette  essere  quello  in  cui 
avviene  la  scena  rappresentata  nel  sarcofago  di  Haghia  Triada,  nella  quale  le  donne 
si  accostano  a  portare  i  vasi  sacrificali  ai  due  tronchi  di  palma,  sormontati  dalla  qua- 
druplice ascia,  dominata  dalla  colomba  celeste  (*). 

(»)  Evans,  The  Palace  of  Knossos,  1921,  pag.  147,  fig.  114. 

(2)  Evans,  op.  cit.,  pag.  217  e  405  e  seg.,  figg.  291,  292. 

(3)  Pernier,  Monum.  Antichi,  voi.  XIV,  pag.  407,  tav.  XXXVI  ;  Evans,  pag.  219. 

(*)  Paribeni.  Monum.  Antichi,  voi.  XIX,  pag.  6,  86,  tav.  I.  2;  Evans  op.  cit.  pag.  440,  fig.  317. 


SARDINIA  333    SERRI 

Un  recinto  consimile  pare  sia  stato  quello  scoperto  da  Hatzidakis,  a  Malia,  a  20 
miglia  da  Candia,  che  ha  in  mezzo  un  pilastro  con  i  segni  della  doppia  ascia  (L)  ;  un  al- 
tro consimile  recinto  segnalò  recentemente  il  Xanthudidis  a  Hirokhani,  in  un  am- 
biente di  varie  camere,  una  delle  quali,  più  grande  delle  altre,  aveva  certo  carattere  di 
santuario  con  oggetti  votivi  ed  in  mezzo  a  questi  varie  ascie  in  bronzo  di  enormi  pro- 
porzioni, di  m.  1.20  di  ampiezza  e  che  dovevano  essere  posate  su  grandi  piedistalli  simili 
a  quelli  trovati  nell'antro  di  Psicro  (2).  Anche  i  pilastri  con  i  ségni  delle  ascie  trovati  nel 
palazzo  di  Knossos  ricevono  luce  da  tali  confronti  trovati  nell'ambiente  stesso  cretese, 
nel  quale  il  santuario  si  riduce  ad  elementi  semplicissimi  :  un  recinto  ipetrale  con  uno 
o  più  pilastri  segnati  dalla  doppia  ascia,  simbolo  della  divinità,  bacini  lustrali  con  tavole 
o  fosse  di  libazione  e  cumuli  di  avanzi  sacrificali,  elementi  che  trovano  la  loro  corrispon- 
denza con  il  botilo,  con  gli  altari,  con  i  cumuli  di  resti  sacrificali  del  tempio  ipetrale  pro- 
tosardo. E  penso  anzi  che  tali  corrispondenze  potranno  farsi  più  numerose,  estendendo 
le  ricerche  in  Sardegna  ed  esplorando  in  Creta  i  più  antichi  strati  dei  santuari  del  Medio 
Minoico,  dove  si  potranno  trovare  altri  esempi  che,  al  pari  di  quello  del  M.  Iuktas,  pos- 
sano servire  come  una  prova  di  un  tramite  minoico  del  pensiero  esplicato  negli  alti  luoghi 
orientali  al  recinto  ipetrale  delle  acropoli  protosarde.  Ma  qui  ho  solo  fugacemente  ac- 
cennato all'interessante  confronto  che  merita  di  essere  più  profondamente  investigato. 

Un'altra  corrispondenza  assai  notevole  e  significativa  con  Creta  e.  con  l'oriente 
cananeo  e  fenicio  noi  l'abbiamo  forse  anche  nei  due  eleganti  pilastrini  in  calcare,  uno  dei 
quali  trovato  ancora  in  piedi,  al  lato  della  capanna  sacra  e  presso  all'altare  laterale.  Non 
possiamo  sfuggire  all'avvicinamento  di  tali  pilastrini  ai  numerosi  pilastri  sacri  rinvenuti 
nei  palazzi  minoici  e  rappresentati  in  tanti  monumenti  figurati  della  civiltà  cretese  e  mi- 
cenea e  sui  quali  l 'Evans  ha  basato  l'ipotesi  di  un  culto  della  divinità,  sotto  la  espressione 
di  pilastro  o  di  botilo,  espressione  che  per  più  indizi  sembra  famigliare  anche  al  pensiero 
protosardo,  e  si  manifesta  nel  suo  più  semplice  aspetto  nei  numerosi  menhirs,  o  pe.rdas 
fttas,  rinvenute  in  tante  parti  del  territorio  isolano.  Anche  tale  corrispondenza  ha  il  suo 
grande  valore,  nella  scarsità  degli  elementi  sacrali  di  cui  disponiamo,  per  la  conoscenza 
del  pensiero  religioso  dei  sardi. 

Ma  accanto  a  questi  elementi  e  dati  che  tendono  ad  accostare  il  pensiero  religioso 
dei  protosardi  a  quello  della  primitiva  Grecia  e  di  Roma,  e  che  ci  lasciano  travedere  rap- 
porti ed  influenze  orientali,  stanno  dominanti  altri  elementi  epicorici  e  speciali  al  pen- 
siero sardo  primitivo,  come  è  dominante  e  possente  la  nota  locale  nella  struttura  del- 
l'edificio ed  in  tutta  la  serie  dei  materiali,  votivi. 

La  strettura  megalitica  delle  mura,  anche  nelle  disposizioni  meno  consuete  della 
pianta  rettangolare,  è  nuragica,  la  presenza  dell'argilla  nel  ripieno  della  muratura  stessa, 
ed  anche  la  lavorazione  delle  pietre  basaltiche  del  rivestimento  della  parete  del  tempio 
e  dell'attigua  capanna  sono  fatti  caratteristici  del!"  più  alte  forni"  architettoniche  pro- 

(x)  Hatzidakis,  Kqijiix^  'E<fi)fiSQÌs   1  !  »  1  i»,  5  ottobre;  Evans,  op.  cit.  pag.  427. 

(2)  Evans,  pag.  438,  tìg.  315.  Perle  scoperte  dello  Xanthudidis,  a  Hirounkhani,  a  12  chilometri  da 
Candia,  e  dello  Hatzidakis,  a  Mallia,  a  45  chilometri  dalla  stessa  città,  abbiamo  anche  un  interes- 
sante cenno  del  prof.  Luigi  Pernici-,  La  missione  archeologica  ila  liana  e  %  recenti  scavi  a  Creta,  nella  Cro- 
naca delle  Belle  Arti,  nel  Bollettino  d'arte  del  Ministero  dell'  hi  ne.  Pubblica,  Marzo,  11)22,  pag.  43!)  e  sgg. 


SICURI  —    334    —  SARDINIA 


tosante,  ed  hanno  il  loro  riscontro  nei  templi  a  pozzo,  nelle  decorazioni  delle  stele  di  molte 
tombe  dei  giganti;  con  le  quali  possiamo  confrontare  le  pietre  a  sezioni  di  circolo,  trovate 
alla  base  dei  due  altari  e  che  forse  erano  in  origine  riunite  in  uno  solo,  sdoppiato  in  corso 
di  tempo,  mentre  dapprima  la  base  dell'altare  era  un  gran  cerchio  di  pietra,  l'imagine 
del  nnmdw,  della  Terra,  concepita  piana  e  circolare,  anche  nella  mente  dei  Sardi  pri- 
mitivi, della  Terra  verso  cui  andava,  non  meno  che  alla» divinità  celeste,  il  sacrificio 
di  sangue  offerto,  all'altare. 

E  sardi  sono  i  doni  votivi,  sia  le  imagini  dei  devoti,  guerrieri  e  pastori,  sia  degli  ani- 
mali offerti  al  nume,  sarde  le  armi  e  gli  scarsi  ornamenti,  tutto  insomma  ci  rivela  l'au- 
stera guerresca  e  disciplinata  tribù  protosarda,  se  non  assolutamente  chiusa  ad  ogni  in- 
flenza  di  idee  civili  esterne,  almeno  assai  ligia  alle  sue  tradizioni,  a  cui  si  attiene  con 
attaccamento  rigido  e  conservatore.  Non  ci  è  possibile  dare  valore  cronologico  ai  pochi 
frammenti  di  ceramica  punica  e  romana  ed  alle  scarse  monete  cartaginesi  trovate  nella 
parte  superficiale  dello  scavo,  per  quanto  la  diligente  costruzione  della  parte  rifatta 
del  tempio  ipetrale,  l'accurata  squadratura  dei  blocchi  calcarei,  l'unione  di  essi  con  grappe 
di  piombo,  la  presenza  di  malte  con  calce  nelle  parti  alte  degli  altari  porterebbero  a  de- 
durre la  influenza  di  insegnamenti  fenicio-punici  sui  tecnici  nuragici  a  tradizione  me 
galitica.  È  certo  però  che,  siano  gli  insegnamenti  fenici,  siano  quelli  più  antichi  pene- 
trati nell'isola  dai  discendenti  della  civiltà  preellenica,  qui  al  tempio  ipetrale  la  vec- 
chia tradizione  si  presenta  rinnovata  da  una  nuova  ondata  di  idee  e  di  forme. 

Anche  la  ceramica,  da  cui  è  scomparsa  ogni  decorazione  incisa  od  impressa,  che 
pure  fu  notata  nei  prodotti  della  piena  età  nuragica  a  Sardara,  a  Lugherras  e  nel  tempio 
a  pozzo  di  Serri,  mantiene  le  forme  tradizionali  della  ceramica  nuragica,  ma  i  prodotti 
sono  di  più  intensa  cottura  ed  in  parte  di  esecuzione  grossolana  ed  affrettata.  La  stessa 
impressione  l'abbiamo  osservando  i  bronzi  votivi;  le  statuette  perdono  la  loro  indivi- 
dualità, lo  stile  si  fa  rigido,  geometrico,  e  la  produzione  appare  già  avviata  ad  un  tradi- 
zionalismo di  mestiere,  ad  una  tecnica  di  maniera  che  segna,  a  mio  avviso,  la  tappa 
estrema  a  cui  attinse  l'arte  locale. 

Un'aria  di  decadenza  e  di  stanchezza  spira  da  queste  produzioni,  da  tutto  questo 
insieme  ;  il  nemico,  l'invasore  fenicio  ha  già  occupati  i  punti  di  sbarco  e  le  rade,  ha  già 
dilagato  nelle  pianure  costiere  e  rumoreggia  ai  primi  sbocchi  delle  valli.  La  libertà  sarda, 
scatenatasi  in  fiere  e  vivaci  lotte  interne,  ora  è  minacciata,  e  si  impenna  e  si  difende  sulle 
sue  acropoli,  intorno  alle  are  dei  suoi  Dei.  Ma  come  la  difesa  continua  e  disperata  rende 
gli  spiriti  accaniti,  così  il  cammino  della  fantasia  creativa  si  tronca  ;  il  popolo  che  aveva 
avuto  una  civiltà  veramente  ed  altamente  monumentale,  e  che  aveva  in  sé  pure  tante 
energie  di  pensiero  e  così  spiccate  attitudini  artistiche,  si  arresta,  prima  di  dare  nei  vari 
campi  del  pensiero  tutto  il  pieno  e  libero  svolgimento  di  tali  attitudini  e  di  tali  energie. 
La  civiltà  indigena,  ripeto  ancora  una  volta,  contrastata  e  soffocata  prima  di  svolgere 
il  suo  pieno  valore,  ha  un  triste  e  misero  tramonto,  assai  meno  brillante  e  felice  di  quanto 
era  stata  fervida  e  promettente  la  sua  aurora. 

A.  Taramflli, 


Taramelli  -  Tav.  HI -IV. 


tfTRIO 
ZtClRO    DIVISORIO 
&lfc£5>TI    PCLLR   mVl' 

RlflZXflLeTTO'  •  •  - 


SARDINIA 


—    335   — 


S     ANTIOCO 


XXI.  S.  ANTIOCO  (Cagliari).  —  Ipogeo  con  sepoltura  giudaica  della 
Necropoli  Su  lei  tana. 

'  Durante  la  esplorazione  della  catacomba  di  S.  Antioco  compiuta  nella  primavera 
del  1920,  venne  casualmente  in  luce,  all'estremità  occidentale  dell'abitato  del  villaggio, 
un  ipogeo  usato  per  sepoltura  giudaica,  poco  lontano  dal  luogo  dove  anni  addietro  fu 
messo  in  luce  l'ipogeo  con  l'iscrizione  di  Berenice  esaminato  dal  sig.  Sanfilippo  e  ricor- 
dato anche  in  una  mia  breve  relazione  sulla  necropoli  sulcitana  (l). 

La  scoperta  avvenne  nel  cortile  annesso  alla  casa  di  certi  Pintus  Trulla,  fu  Nicolò, 
durante  lavori  per  cava  di  tufo  che  rimisero  in  luce  l'accesso  originario  della  cameretta 


Fio.  1. 

sotterranea.  L'immediato  intervento  dell'ispettore  locale  sig.  Giuseppe  Biggio  -Cao  e 
mio,  permise  di  raccogliere  i  pochi  dati  che  qui  presento. 

La  cameretta  si  rivelò  subito  già  del  tutto  spoglia  del  suo  contenuto  funebre  ;  solo 
rimaneva  intatta  la  sepoltura  di  un  loculo  dell'arcosolio  destro,  distinta  anche  dai  resti 
di  una  iscrizione  dipinta  sulla  fronte. 

Le  disposizioni  dell'ipogeo  scavato  nel  tufo  sono  le  stesse  di  altri  ipogei  del  gruppo 
occidentale  della  necropoli  sulcitana,  alcuni  dei  quali  furono,  come  ho  accennato  nella 
mia  relazione,  compresi  a  formare  la  catacomba  di  S.  Antioco. 

L'ipogeo,  a  pianta  irregolarmente  quadrangolare,  con  la  parete  dell'ingresso  poco 
regolare,  è  diviso  in  due  parti  da  un  diaframma  ad  un  dipresso  mediano,  che  dalla 
parete  di  fondo  si  avanza  verso  la  porta,  formando  come  due  alcove  (fig.  1)  ;  in  quella 
di  sinistra  rispetto  all'ingresso  era  scavata  nella  parete  perimetrale  una  tomba  ad  arco- 


(»)  I.  SanflHppo,  Memoria  su  una  <jrotla  funeraria  in  S.  Antioco.  Iglesias,  1004  :   Taramelli,  Sco- 
perte di  antichità  nell'antica  Sulcis,  in  Noi.  Scavi;  1908,  pag.  160, 


S.    ANTIOCO  —    336    —  SARDINIA 

solio  bisoma  ed  un'altra  era  stata  iniziata  ma  non  finita  nella  parete  del  diaframma  ; 
nel  pavimento  sono  scavate  tre  fosse  terragne,  che  si  rinvennero  vuote  come  l'arcosolio 
della  parete.  Nella  parete  della  porta  era  aperta  una  tomba  a  loculo  rettangolare  a  fianco 
dell'ingresso. 

Nello  scomparto  a  destra  si  notarono  due  tombe  terragne,  una  per  adulto  ed  un'al- 
tra di  bambino,  entrambe  vuote,  una  tomba  bisoma  ad  arcosolio,  già  vuota,  nella  pa- 
rete di  fondo  ;  nella  parete  a  destra  un  altro  arcosolio  bisomo,  nel  quale  il  loculo  interno 


Fin.  2  -  Fronte  dell'arcosolio  con  l'iscrizione,  dipinta. 

era  vuoto,  mentre  quello'  verso  la  fronte,  ancora  chiuso  all'atto  del  rinvenimento,  era 
coperto  da  uno  strato  d' intonaco  di  cale?  con  molta  sabbia,  tanto  nella  faccia  superiore 
che  nella  fronte  esteriore. 'L'intonaco  d^lla  faccia  copriva  la  sigillatura  della  tomba, 
fatta  con  tegoloni  regolarmente  disposti  ed  uniti  con  malte  di  calce  ;  sulla  fronte  era 
conservata,  dipinto  in  rosso,  una  specie  di  cartello,  racchiudente  l'iscrizione  di  tre  linee 
ed  a  ciascun  lato  del  cartello  una  breve  iscrizione  di  due  linee  ed  alla  destra  un  albe- 
rello ed  un  altro  disegno  che  può  ritenersi  una  stilizzazione  del  candelabro  giudaico. 

La  tomba  conservava  ancora  i  resti  del  cadavere,  ma  non  dette  altro  oggetto  o  moneta 
che  venisse  a  dare  qualche  indizio  sulla  data  della  sepoltura. 

L'interesse  principale  dell'ipogeo  e  della  tomba  è  dato  dall'iscrizione  dipinta  sulla 
fronte  dell'arcosolio  in  colore  rosso  cupo  molto  slavato,  dato  a  largo  pendio  sopra  un 
intonaco  in  parte  disfatto  dall'umidità,  e  che  si  screpolò  disfacendosi  rapidamente,  ap- 
pena l'ipogeo  fu  aperto.  Tentai  alla  meglio  di  salvarlo  con  i  mezzi  di  cui  disponevo  sul 
luogo  e  ne  trassi  fotografie  e  lucidi  che  qui  riproduco  (figg.  2,  3). 

Per  l'interpretazione  dell'inscrizione  non  ho  che  a  richiamarmi  al  concorde  avviso 
del  prof.  Guidi  e  del  prof.  Chabot  dell*Académie  des  Inscriptions,  ai  quali  fu  data 
la  comunicazione  del  rinvenimento.  Il  Chabot  opina  che  i  caratteri  ebraici  ed  il  piccolo 
candelabrino  stilizzato  non  lascino  alcun  dubbio  sull'origine  della  tomba;  si  tratta  di 
una  sepoltura  giudaica. 

Le  due  inscrizioni  giudaiche  che  sono  ai  lati  del  cartello  centrale  presentano  una 
particolarità  ;  le  lettere  vi  sono  disposte  dalla  sinistra  alla  destra,  non  già  dalla  destra 
alla  sinistra,  secondo  la  scrittura  ebraica.  La  lettura  però  non  offre  difficoltà:  Ecco  la 


SÀUDINIA  —    33? 


S.    ANTIOCO 


trascrizione  favoritami  dal  prof.  Guidi,  e  che  concorda  con  quella  data  dal  ricordato 
prof.  Chabot.  Le  iscrizioni  sono  così  disposte  : 

•vnmb 

ma  la  frase  deve  essere  così  disposta: 

px  p«  bxiw  bv  ù)bv? 


Fig. '3  -  Riproduzione  dell'iscrizione  giudaico-roiiianu. 

A  destra  si  legge  la  formola  molto  conosciuta  che  si  traduce  :  Pax  super  Israel  ed 
a  sinistra  la  parola  Amen  ripetuta.  Per  queste  forinole  usuali  nelle  iscrizioni  giudaiche 
il  Chabot  richiama  l'esempio  di  Chwolson,  Corp.  Inscripl.  Hebraic.  n.  24  ed  il  Guidi  mi 
fa  presente  che  questa  semplice  acclamazione,  tolta  dal  libro  dei  salmi,  si  trova  nelle 
iscrizioni  ebraiche  dell'Italia  meridionale,  raccolte  dall'Ascoli.  Il  sig.  Chabot  ricorda 
anche,  che  questo  modo  di  disporre  le  lettere  si  ha  parimenti  in  altre  iscrizioni,  ad  esempio 
su  di  un  ossuario  di  Gerusalemme,  pubblicato  dal  Clermont  Ganneau,  Rép.  cCEpigr. 
Sémitique,  n.  702,  che  ha  la  medesima  parola  DjSlP,  con  le  lettere  scritte  da  sinistra  a 
destra. 

Per  l'interpretazione  della  parte  principale  dell'epigrafe  sono  d'accordo  col  Chabot 
e  col  Guidi  ;  essa  è  scritta  in  latino  corsivo,  con  caratteri  poco  dissimili  da  quelli  delle 
inscrizioni  pompeiane.  Ma  lo  stato  del  testo  è  in  parte  disperato.  Come  si  vede  dalla 
fotografia  dell'accurato  facsimile  (fig.  3)  che  trassi  con  l'aiuto  del  prof.  Giarrizzo,  l'in- 
scrizione ha  tre  righe,  che  eompredevano  il  nome  del  defunto,  l'età  e  forse  il  mestiere. 
Ma  la  prima  linea  è  assai  monca  ;  io  credo  di  poter  leggere  con  qualche  sicurezza  le  tre 
prime  lettere  del  nome  IVD(a),  che  troviamo  anche  su  un  anello  in  bronzo,  proveniente 
da  tombe  giudaiche  di  Capoterra,  presso  Cagliari  e  passato  con  la  collezione  Gouin  al. 
Museo  (').  Il  resto  della  prima  linea  è  incerto.  Per  le  7  prime  lettere  della  seconda  linea 
il  Chabot  propone  di  leggere  :  TV  (oppure  TA)  ANORO  ;  il  seguito  è  più  chiaro  :  PLVS 
MENVS  ANORO  LX  ;  cioè:  plus  minus  annorum  LX.  Pare  però  strana  la  ripetizione 
della  parola  di  annorum,  che  si  troverebbe  prima  del  plus  e  prima  del  LX.  Il  Chabot 
pensa  ad  una  distrazione  del  redattore  che  doveva  scrivere  semplicemente  annorum 
plus  minus  LX. 

(')  Inventario  n.  34925. 


fi.    ANTIOCO  t—    33$    —  SARDINIA 

Le  lettere  al  principio  della  seconda  linea  TV  oppure  TA  farebbero  pensare  alla 
parola  (defunc)1n(s)  o  (defunc)ta  ;  ma  a  questa  lettura  fa  contrasto  quanto  resta  alla  fine 
della  prima  linea  che  darebbe  le  lettere  ...ONTI,  abbastanza  chiare. 

In  complesso  è  assai  scarsa  l'importanza  di  questa  iscrizione  come  dal  presente 
rinvenimento  che  tuttavia  vale  a  confermare  la  presenza,  nella  necropoli  sulcitana,  di 
un  gruppo  di  ipogei  giudaici,  alquanto  però  discosti  dal  resto  della  necropoli  cristiana, 
come  si  notò  per  altri  centri,  ad  esempio  a  Siracusa.  Non  è  improbabile  però,  che  la 
persona  sepolta  in  questo  ipogeo  avesse  occupato  od  acquistato  una  sepoltura  forse 
anche  cristiana,  già  abbandonata  da  tempo  occupando  un  solo  loculo  di  uno  degli  arco- 
solii  e  lasciando  vuoti  gli  altri.  Di  scambii  e  di  cessioni  di  sepolture  tra  ebrei  e  cristiani, 
massime  nei  primi  secoli,  non  mancano  esempi  in  Roma  ed  altrove. 

Quanto  all'età  della  sepoltura  non  abbiamo  elementi  assoluti  ;  solo  possiamo  af- 
fermare, in  base  alla  forma  degli  arcosolii,  che  dobbiamo  discendere  verso  la  fine  del 
III  secolo  o  al  principio  del  IV.  Ad  epoca  poco  diversa  deve  risalire  anche  l'altro  ipogeo 
di  Ber  '  e  da  me  ricordato  più  innanzi  ed  insieme  ad  esso  attesta  la  presenza  di  ele- 
menti giudaici  nella  popolazione  sulcitana  di  quel  periodo,  elementi  che  per  quanto  fa- 
migliarizzati  con  la  lingua  latina,  la  parlavano  con  grande  scorrettezza,  mentre  anche 
l'uso  della  scrittura  propria  nazionale  subiva  radicali  modificazioni. 

A.  Taramelli. 


Danesi  •  Roma 


FELICE   BARNABEI 
(1842-1922) 


FELICE    BARNABEI 


Nella  mattina  del  20  ottobre  1922,  Felice  Barnabei,  che  questo  periodico  diresse  con 
appassionato  fervore  fin  dal  primo  suo  numero  del  gennaio  1876,  su  queste  pagine  reclinò 
il  capo  stanco,  e  qualche  ora  dopo  aveva  reso  a  Dio  lo  spirito  eletto. 

Nato  a  Castelli,  in  provincia  di  Teramo  il  13  gennaio  1842,  Felice  Barnabei  aveva  sin 
da  giovinetto  dato  prova  di  singolare  attitudine  e  di  vivo  interessamento  per  lo  studio 
delle  lettere  greche  e  latine.  Laureatosi  brillantemente  in  Lettere  a  Pisa  il  12  luglio  1865, 
dopo  alcuni  anni  passati  nell'insegnamento,  fu  chiamato  a  far  parte  di  quella  ammini- 
strazione delle  Antichità  e  Belle  Arti,  che  il  nuovo  Regno  d'Italia  andava  non  senza 
stento  e  travaglio  creandosi.  Nessuna  tradizione  né  di  disposizioni  legislative,  nò  di  or- 
gani deputati  alla  tutela  delle  antichità  aveva  recato  seco  il  regno  di  Sardegna,  non 
piccola  parte  delle  migliori  energie  e  dei  più  alti  valori  che  l'Italia  avesse  in  questo- 
campo  di  studi,  primo  fra  tutto  Giovanni  Battista  De  Rossi,  si  traevano  in  disparte,  ne- 
gando la  loro  cooperazione.  Persino  dal  Comune  di  Roma  per  un  senso  di  tenace  e  diffi- 
dente difesa  di  autonomie  comunali  venivano  resistenze  ed  ostacoli.  Lo  Stato  Italiano,- 
debole  e  timido,  di  null'altro  preoccupato  che  di  non  creare  incidenti  in  questa  Roma,  il 
cui  recente  acquisto  in  tutta  Europa  era  guardato  con  spirito  non  amichevole,  lo  Stato 
Italiano  cedeva  sempre  su  tutto. 

Giuseppe  Fiorelli,  capo  della  nuova  Amministrazione,  che  aveva  dato  il  meglio  delle' 
sue  energie  e  dei  suoi  anni  agli  scavi  di  Pompei  e  al  Museo  di  Napoli,  stanco  ed  affranto  dn^ 
sventure  domestiche,  non  riusciva  a  dimostrare  nel  nuovo  ufficio  le  magnifiche  doti  di' 
lavoratore  e  di  organizzatore  che  aveva  esplicato  nell'impiantare  su  basi  scientifiche 
l'esplorazione  della  morta  città  vesuviana  e  l'ordinamento  del  grandioso  istituto  napo- 
letano. E  dei  suoi  coadiutori:  Edgardo  Brizio  e  Rodolfo  Lanciarli  salivano  ben  presto  alle 
cattedre  universitarie  ;  Luigi  Pigorini  dedicava  tutta  la  vivace,  energia  del  proprio  tempe- 
ramento^, creare  i  Musei  Preistorico  ed  Etnografico,  e  ad  illustrar''  gli  studi  di  preistoria 
con  la  magnifica  biblioteca  annessa  ai  Musei  e  con  la  serie  di  volumi  del  suo  Bullettino  di 
Paletnologia. 

Alle  più  larghe  e  aspre  fatiche  di  organare  e  disciplinare  tutto  il  servizio  delle  antichità 
e  delle  belle  arti  in  tutta  Italia  rimaneva  solo  Felice  Barnabei,  che  poco  dopo  era  difatti 

Notizie  Soavi  1922  —  Voi.  XIX.  U 


—  340  — ■ 

assunto  allo  funzioni  di  Direttore  (  lenorale.  Ti  piccolo  e  tenace  abruzzese  portava  all'Ufficio 
una  profonda  passione  e  un  nobile  e  sano  sentimento  di  dignità  odi  fierezza  nazionale.  Di 
fronte  alla  grama  istituzione  che  il  piccolo  e  novello  Stato  Italiano  andava  costituendo,  gi- 
ganteggiava l'Istituto  di  Corrispondenza  Archeologica,  che,  internazionale  nella  sua  prima 
creazione  più  che  cinquant'anni  prima,  era  divenuto  sempre  più  germanico,  e  allora  pel  fa- 
scino della  grande  vittoria  sull'impero  francese  si  era  fatto  esclusivamente  e  prepotente- 
mente tedesco.  Le  primizie  di  ogni  grande  scoperta  erano  presentate  ai  dotti  tedeschi,  e  da 
loro  si  attendeva  la  illustrazione  e  la  interpretazione  di  quanto  il  nostro  suolo  rendeva  alla 
luce.  Dalle  fondamenta  di  modeste  casette  in  Via  di  Civitavecchia  uscivano  gli  atti  dei  Ludi 
Secolari  di  Augusto  con  la  gloriosa  menzione  del  Carmen  Saeculare  di  Orazio  ;  l'ammini- 
strazione italiana  si  limitava  all'umile  fatica  di  trarne  copie  accurate  e  trasmetterle  a  Teo- 
doro Mommsen  che  le  pubblicava  e  le  commentava.  La  vetusta  necropoli  etnisca  di  Tar- 
quinia rivelava  mirabili  tombe  dipinte  e  ricche  di  corredi,  Wolfgang  Helbig  era  deputato 
a  dirigere  le  esplorazioni  e  a  riferirne. 

Nelle  aule  dell'Accademia  dei  Lincei,  sempre  sensibile  a  quanto  può  interessare  il  de- 
coro degli  studi  in  Italia,  sorse  la  doverosa  reazione.  Per  volontà  di  Quintino  Sella  aveva 
inizio  la  serie,  delle  Notizie  degli  Scavi,  che  rendeva  alla  scienza  italiana  il  posto  che  le  spet- 
tava di  signora,  non  di  ancella  in  casa  sua.  In  quarantasei  grandi  volumi  dal  1876  ad  oggi 
studiosi  italiani  hanno  presentato  e  illustrato  quanto  di  importante  si  è  rinvenuto  in  Italia. 
Nessun  'altra  rivista  al  mondo  può  permettersi  come  questa  il  lusso  di  offrire  ogni  anno  un 
grosso  volume  contenente  tutto  materiale  inedito. 

Di  questa  gloriosa  pubblicazione  Felice  Barnabei  più  che  curatore  sapiente  ed  amoroso, 
fu  il  vessillifero  e  l'apostolo  fervente  e  appassionato.  Non  una  delle  ventimila  pagine  sinora 
stampate  fu  sottratta  alla  revisione  di  lui,  continua,  scrupolosa,  tormentosa  quasi  e  per 
lui  stesso  e  per  i  suoi  collaboratori.  Dei  quali  fu  animatore  e  maestro  e  consigliere  prezioso, 
anche  quando  scarna  e  povera  ne  fu  la  schiera  di  fronte  a  numerosi  e  largamente  prov- 
veduti colleghi  stranieri.  E  alla  pubblicazione  delle  Notizie  e  all'altra  maggiore  dei  Mo- 
numenti Antichi  diede  egli  stesso  contributi  cospicui  di  studi  e  di  memorie  epigrafiche, 
topografiche,  antiquarie. 

Ma  con  la  pubblicazione  e  la  illustrazione  di  quanto  si  veniva  scoprendo  in  Italia 
non  poteva  dirsi  esaurito  il  compito  del  Direttore  Generale  delle  Antichità  e  Belle  Arti. 
Occorreva  raccogliere  e  custodire  degnamente.  Alla  periferia  lontana  d'Italia,  là  dove  pa- 
reva che  non  potesse  giungere  lo  interessamento  dello  studioso,  e  in  nessun  modo  mai  quello 
del  tomiste,  Felice  Barnabei  pur  nelle  ristrettezze  penose  del  bilancio  non  esitò  a  susci- 
tare nuovi  grandi  Musei:  a  Este,  a  Taranto,  a  Siracusa,  a  Cagliari. 

Ma  più  grave  compito  lo  attendeva  a  Roma.  Di  fronte  alle  meravigliose  collezioni  del 
Vaticano  e  del  Campidoglio  il  Regno  d'Italia  non  possedeva  nella  sua  capitale  al  21  set- 
tembre 1870  neppure  un  oggetto  antico.  Il  primo  timido  provvedimento  fu  di  aggruppare 
alcune  cose  che  il  Tevere  o  altre  aree  demaniali  rendevano  alla  luce,  intorno  al  modesto  nu- 
cleo della  collezione  Kircheriana  dei  padri  gesuiti,  che  perla  legge  sulla  soppressione  delle 
congregazioni  religiose  era  passata  allo  Stato.  Così  nelle  anguste  cellette  di  un  quarto  piano 
del  Collegio  Romano  si  stipavano  in  povera  e  disadorna  esposizione  i  primi  cimelii  delle 
collezioni  archeologiche  nazionali,  oggetto  di  compatimento  e  di  ludibrio  piuttosto  che 


—  341  - 

di  ammirazione  a  chi  usciva  dallo  aule  gloriose  del  Vaticano.  Il  gusto  sicuro,  l'occhio  ra- 
pido, la  tenacia  eroica  di  Felice  Barnabei  riuscirono  a  trovare  la  degna  soluzione.  Lasciato 
al  celere  accrescimento  del  Museo  Preistorico-Etnografico  il  Collegio  Romano,  egli  volle 
non  uno  ma  due  altri  Musei,  e  ne  vide  le  splendide  e  originali  sedi  in  due  insigni  monu- 
menti pure  attraverso  illercio  abbandono  e  le  inverosimili  deturpazioni  cui  li  avevano 
sottoposti  prima  rozza  convivenza  di  monaci,  poi  irriverente  invadenza  di  magazzini 
militari  e  di  privati  mercanti.  Conquistare  ad  un  tempo  per  due  Musei  inesistenti  il 
chiostro  michelangiolesco  e  il  convento  di  S.  Maria  degli  Angeli  e  la  Villa  di  Giulio  ITI 
sulla  Flaminia  fu  opera  che  potè  sembrare  di  folle  audacia,  e  che  incontrò  difficoltà  e 
resistenze  fierissime.  Felice  Barnabei  potè  trionfare  grazie  al  patrocinio  di  altro  grande 
e  alacre  e  insaziato  amante  d'Italia,  che  abbiamo  la  fortuna  di  lodare  ed  esaltare  tra 
noi:  Paolo  Boselli. 

Roma  possiede  oggi  tre  grandi  Musei  Nazionali  :  il  Preistorico,  il  Museo  di  Villa  Giu- 
lia e  quello  delle  Terme,  che  per  saggezza  di  ordinamento,  per  mirabile  rapidità  di  incre- 
mento, per  fervore  di  vita  scientifica  superano  di  gran  lunga  le  immote  opulenze  dei  Musei 
Vaticani  e  Capitolini.  E  a  segnare  in  modo  perspicuo  i  progressi  stupendi  di  quegli  Istituti, 
basterà  forse  che  io  citi  le  cifre  d'inventario  raggiunte  da  quegli  Istituti.  Il  Museo  Preisto- 
rico-Etnografico conta  sino  a  oggi  circa  centomila  oggetti,  quello  di  Villa  Giulia  oltre  qua- 
rantacinquemila,  il  Museo  Nazionale  Romano  oltre  ottantamila.  Pur  quando  la  rive- 
renza e  l'affetto  dei  suoi  conterranei  volle  Felice  Barnabei  rappresentante  per  cinque 
legislature  della  nativa  regione  nel  Parlamento  Nazionale,  pur  quando  il  Governo  del 
Re  lo  chiamò  a  far  parte  de!  Consiglio  di  Stato  (e  di  questi  Suoi  meriti  altri  potrà  dire 
meglio  di  noi)  gli  studi  delle  nostre  antichità,  e  specialmente  la  pubblicazione  dei  risultati 
delle  ricerche  in  questo  periodico  furono  por  lui  la  prediletta  occupazione. 

Rigido,  inflessibile,  ostinato  nella  difesa  dei  nostri  monumenti  e  dei  nostri  oggetti 
d'arte,  Felice  Barnabei  incontrò  per  essi  fiere  inimicizie  e  aspre  polemiche,  e  tutte  le  superò 
a  petto  quadro,  forte  dell'usbergo  di  una  intemerata  povertà  che  lo  ha  accompagnato  sino 
alla  morte.  E  se,  a  confronto  della  vasta  sua  attività, attri  dalla  quiete  del  proprio  studio, 
proeul  negotiis,  allineò  maggior  copia  di  scritti,  sia  alla  memoria  sua  di  onore  il  concetto 
più  romano  che  egli  ebbe  della  vita  anche  di  uno  studioso  :  Adfirmamus  esse  baine  philoso- 
phiae  et  quidem  pulcherrimam  partem:  agere  regoli  uni  publicum,  promere  et  exercere  insti 
tiam,  quaeque  philosophi  doceard  in  usa  habere. 

R.  Paribeni. 


—  342  — 


SCRITTI   DI    FKL1CK    BARNABEI 


1.  Degli  scritti  di  Alessio  Simmaco  Mazzocchi sitila  sturili  di  Capane  sulle  tavole  di  Eraclea.  Napoli.  1ÌS<4. 

2.  Relazione  di  un  viaggio  archeologico  sulla  via  Salaria;  in  Giorn.  d.  scavi  di  Pompei,  nuova  serie, 

voi.  I. 

3.  Studi  sulla  storia  della  ceramica.  Delle  maioliche  di  Castelli  nell'Abruzzo  Teramano;  in  Xiiora  An- 

tologia, agosto.  1876,  p.  729  e  segg. 

4.  Di  un  frammento  di  iscrizione  dedicatoria  a  Traiano  su  lastra  di  vetro,  in  Commetti,  philol.  in  Itoti. 

Th.  Mommseni,  p.  671,  an.  1877. 
6.  Oliscavi  di  Ercolino;  in  Atti  della  R.  Acc.  dei  Lincei,  classe  di  scienze  morali,  serie  III,  voi.  II, 
1877-78. 

6.  Il  Museo  Etrusco  di  Volterra,  ricordi  di  F.  Barnabei  (trad.  dall'inglese).  Volterra,  1878. 

7.  Herculaneum  ;  in  Encyclop.  Britannica,  XI,  p.  723. 

8.  Dell'arte  ceramica  in  Roma  (discorso  pronunziato  il  20  marzo  1881,  inaugurandosi  la  Mostra  dei 

lavori  ceramici  romani  nel  Museo  artistico  industriale).  Roma,  1881. 

9.  Ceramica  (Relaz.  de'  giurati  nell'Esp.  un>v.  del  1878  in  Parigi),  in  Ann.  del  Ministero  di  Agric. 

Ind.  e  Colimi.   Roma,   1882. 

10.  Note  epigrafiche  raccolte  nell'Italia  meridionale;  in  Notizie  degli  Scavi,  1882,  p.  381. 

11.  Di  un  vaso  di  Meta /tonto  con  alfabeto  greco  delle  colonie  Achee  neW  Italia  meridionale:  in  Rend. 

R.  Acc.  dei  Lincei,  serie  IV.  voi.  I,  15  marzo  1885. 

12.  Scoperte  epigrafiche  in  Ardeti;  in  Notizie  degli  Scavi,  1885.  p.  160. 

13.  Frammento  epigrafico  scoperto  in  Tolentino;  in  Notizie  degli  Scavi,  1885.  p.  165. 

14.  Di  una  epigrafe  latina  scoperta  nella  valle  ilei  Vibrata  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1886,  p.  167. 

15.  Nuovo  frammento  dei  Fasti  Gabini;  in  Notizie  degli  Scavi.  1885,  p.  427. 

16.  Note  epigrafiche  per  le  regioni  italiche  II  e  III;  in  Notizie  degli  Scavi,  1886,  p.  238. 

17.  Nota  sopra  nuove  scoperte  in  Reggio  di  Calabria;  in  Notizie  degli  Scavi,  1886,  p.  241. 

18.  ì  bronzi  del  giuoco  del  cottabo.  scoperti  mila  necropoli  di  Perugia;  in  Notizie  degli  Scavi,  1886,  p.  314. 

19.  Di  una  ricca  tomba  della  necropoli  l'aderte;  in  Notizie  degli  Scavi,  1886,  p.  357. 

20.  Di  un  lavoro  di  Iacopo  da  Benevento  falsamente  attribuito  ai  Della  Robbia;  in  Rend.  della  R.  Acc. 

dei  Lincei,  classe  di  scienze  murali,  17  gennaio  1886. 

21.  Di  un  tesoretto  di  monete  mediar  vali  scoperto  nei  pressi  di  Ariccia  ;  in  Rendie.  dei  Lincei,  classe  se. 

nini'..   1886.  p.   126. 

22.  Le  pergamene  della  Cattedrale  di  Bari;  in  Rendie.  Lincei,  classe  se.  mor.,  30  giugno  1886. 

23.  Di  un  raro  bollo  figulino  a  lettere  mobili,  in  Rerldic.  dei  Lincei,  ci.  se.  mor.,  18  luglio  1886,  p.  30. 

24.  Di  unu  rarissima  iscrizione  del  Beniienlano,  relativa  al  culto  di  Giunone  ;  in  Rendie.  dei  Lincei,  classe 

se.  mor.,   14  dicembre  1886. 

25.  Di  alcune  laminette  votive,  spettiniti  al  culto  di  Giove  Pettini)  e  delle  Matrone,  scoperte  sul  Gran  Sun 

Bernardo:  in  Rendiconti  dei  Lincei,  classe  se.  mor..  18  dicembre  1887. 

26.  Iscrizioni  latine  di  S.  Maria  Calvonn  presso  Chieti;  in  Nottue  digli  Scavi,  1887.  p.  168. 

27.  Epigrafi  di  S.  Nicoli  Manfredi  nel  lloneventano  ;  i n  Notizie  degli  Stavi.  1887,  p.  161. 

28.  Epigrafe  dell'acqua  Augusta  Alsietitta]  in  Notizie  digli  Scavi,  1887,  p.  181, 


—  348  — 

29.  Frammenti  di  una  cassa  militari  iella  leg.  IV  Macedonica,  scoperta  a  Cremona;  in  Notizie  degli 

Scavi,  1887,  p.  209. 

30.  Epigrafi  latine  scoperte  in  Ascoli  Piceno  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1887,  p.  252. 

31.  Di  un'epigrafe  onoraria  a  L.  Iulio  Iuliano  pref.  del  Pretorio  e  pref.  dell'  Annona,  scoperta  nelV  alveo 

del  Tevere  presso  la  Mormorata;  in  Notizie  degli  Scavi,  1887,  p.  536. 

32.  Del  libello  di  Geminio  Eutichete;  in  Bull.  delVImp.  Ist.  Arch.  Germanico,  voi.  II,  1887,  p.  203. 

33.  Di  una  iscrizione  latina  arcaica  relativa  al  console  Servio  Fulvio  Fiacco,  scoperta  presso  la  chiesa 

di  S.  Angelo  in  Formis.  nel  Comune  di  Capita  in  Notizie  degli  Scavi,  1888,  p.  142. 

34.  Nuova  epigrafe  del  territorio  di  Antino  dei  Morsi;  in  Notizie  degli  Scavi,  1888,  p.  395. 

35.  Iscrizioni  latine  di  Alba  Fucense  e  di  S.  Benedetto  di  Pescina;  in   Notizie  degli  Scavi,  1888, 

pp.  531  e  532. 

36.  Epigrafi  Ravennati;  in  Notizie  degli  Scavi,  1888,  p.  656. 

37.  Nuove  scoperte  epigrafiche  della  necropoli  teatina;  in  Notizie  degli  Scavi,  1888,  p.  745. 

38.  Di  un  nuovo  frammento  dei  fasti  trionfali,  scoperto  nell'alveo  del  Tevere;  in  Kend.  Acc.  Lincei,  classe 

di  scienze  morali,  1888. 

39.  Di  alcune  iscrizioni  del  territorio  di  Hadria  nel  Piceno,  scoperte  in  Monte  Giove  nel  Comune  di 

Cermignano;  in  Bollett.  delVImp.  Istituto  Archeologico  Germanico,  III,  Roma,  1888,  p.  3. 

40.  Degli  oggetti  d'arte  antica  nelle  Esposizioni  di  ceramica  in  Roma  ;  in  Archivio  storico  dell'arte,  II, 

fase.  V-VI,  1889. 

41.  Di  una  nuova  epigrafe  relativa  all' Ala  Atectorigiuna:  in  Rend.  dei  Lincei,  classe  se.  mor.,  voi.  V, 

fase.  10°,  an.  1889. 

42.  Di  un  frammento  di  iscrizione  onoraria  scoperta  in  Terni;  in  Notizie  degli  Scavi,  1890.  p.  236. 
"43.  Di  un  diploma  militare  scoperto  nell'alveo  del  Tevere  presso  il  ponte  Pulitino;  in   Monumenti 

antichi  jntbbl.  dalla  R.  Acc.  dei  Lincei,  voi.  I,  1890. 
44.  /  commentarii  dei  ludi  secolari  augustei  e  severiani  scoperti  in  Roma  sulla  sponda  del  Tevere  ;  in 

Man.  Lincei,  voi.  I,  punt.  3»,  1891. 
46.  Nuove  scoperte  nella  regione  IX  di  Roma;  in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  p.  89. 

46.  Di  una  nuova  e  importante  epigrafe  latina  scoperta  nell'area  ove  fu  la  chiesa  di  S.  Giorgio,  a  Ravenna  ; 

in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  pp.  222  e  329. 

47.  Nuove  scoperte  nelle  regioni  Vili  e  XIV  di  Roma  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  p.  231. 

48.  Epigrafe  Lanuvina,  in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  p.  253. 

49.  Elmo  scoperto  nell'alveo  del  Tevere  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  p.  286. 

60.  Epigrafi  latine  scoperte  in  Locri  Epizefiri  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1891 ,  p.  296. 

51.  Di  un'importante  epigrafe  riferibile  al  percorso  di  un  acquedotto  scoperta  nel  territorio  Amiternino  ; 

in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  p.  321. 

52.  Di  una  rara  iscrizione  latina  probabilmente  dal  vico  Helvillum,  in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  p.  329. 

53.  Di  una  lapide  funebre  scoperta  lungo  il.  tratto  della  ria  Salaria  da  Molitorio  al  Vomano  ad  Hadria 

Piceni;  in  Notizie  degli  Scavi,  1891,  p.  368. 
64.  Antichità  del  territorio  Falisco  esposte  nel  Museo  Nazionale  di  Villa  Giulia;  in  Monumenti  un- 

tichi  dei  Lincd,    II,  1,  an.  1892. 
56.  Nuove  epigrafi  dell'antica  Interamnia;  in  Rivista  Abruzzese,  Teramo,  ottobre  1892. 

56.  Di  un  frammento  di  calendario  con  resti  di  un  feriale,  scoperto  a  Guidizzolo  nel  Mantovano  ;  in  No- 

tizie degli  Scavi,  1892,  p.  7. 

57.  Nuove  scoperte  epigrafiche  nell'area  dorè  sorse  S.Giorgio  in  Ravenna  ;  in    Notizie  degli  Scavi, 

1892,  p.  77. 

58.  Di  un  fittile  a  copertura  vitrea  trovato  in  mia  tomba  della   necropoli  di  Ancona;  in  Notizie  degli 

Scavi,  1892,  p.  80. 

59.  Epigrafi  urbane  delle  regioni  IX  e  XIV  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1892,  pp.  169-160. 

60.  Nuove  iscrizioni  latine  del  territorio  di  Teramo  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1892,  p.  199. 

61.  Epigrafi  latine  rinvenute  nell'alveo  del  Tevere  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1892,  p.  234. 

62.  Epigrafe  latina  scoperta  a  S.  M.  di  Palazzo,  antica  «  Juranum  »;  in  Notizie  degli  Scavi,  1892,  p.  350. 


—  344  — 

63.  Frammento  dei  Fasti  trionfali  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1892,  p„  410. 

64.  La  Collezione  Barracco ;  in  Nuova  Antologia,  1°  gennai»  1893. 

66.  Di  un  nuovo  titolo  riferibile  ai  «  magistri  pagani  »  della  Campania,  rinvenuto  in  S.  Maria  d.  C.  V.  ; 
in  Notizie  degli  Scavi,  1893,  p.  164. 

66.  Di  un  sepolcro  con  cinerario  fittile  in  forma  di  capanna  scoperto  nella  necropoli  della  antica  Velitrae; 

in  Notizie  degli  Scari,  1893,  p.  198. 

67.  Di  una  rara  iscrizione  cimiteriale  cristiana  e  di  altre  scoperte  fatte  in  Pavia  ;  in  Notizie  degli  Scavi, 

1893,  p.  347. 

68.  Nuove  epigrafi  dell'antica  Interamnia  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1893,  p.  351. 

69.  Di  un  sigillo  di  bronzo,  scoperto  a  S.  Egidio  al  Vibrata;  in  Notiiie  degli  Scavi,  1893,  p.  430. 

70.  Degli  scavi  di  antichità  nel  territorio  falisco;  in  Man.  Lincei,  voi.  IV,  1894,  p.  5. 

71.  Dei  fittili  scoperti  nella  necropoli  di  Narce;  in  Mon.  Lincei,  voi.  IV,  p.  165. 

72.  Degli  oggetti  di  ornamento  personale,  delle  armi  e  degli  altri  istrumenti  del  corredo  funebre,  scoperti 

nella  medesima  necropoli  di  Narce  (lavoro  pubblicato  in  unione  con  A.  Pasqui) ,"  in  Mon.  Lincei, 
voi.  IV,  p.  347. 

73.  Di  una  nuova  lapide  in  onore  di  Mania  Megonio  Leone,  scoperta  presso  Strongoli;  in  Notizie  degli 

Scavi,  1894,  p.  18  (in  eollaboraz.  con  D.  Vaglieri). 

74.  Di  alcune  pitture  di  vasi  greci,  nelle  quali  si  credè  rappresentala  la  più  antica  forma  della  ruota  da 

vasaio;  in  Rend.  R.  Acc.  dei  Lincei,  classe  se.  morali.,  voi.  Ili,  fase.  10,  an.  1894. 
74.  Di  un'iscrizione  onoraria  a  Traiano,  rinvenuta  a  Balestrino;  in  Notizie  degli  Scavi,  1894,  d.  95. 

76.  Lapidi  sepolcrali  latine  scoperte  a  Milano,  presso  il  ponte  di  Porta  Magenta;  in  Notizie  degli  Scavi, 

1894,  p.  158. 

77.  Di  una  statuetta  di  bronzo  e  di  un  piattinetto  di  rame,  con  iscrizione  latina  votiva,  scoperti  a  Piece 

di  Cadore,  in  Notizie  degli  Scavi.  1894,  p.  188. 

78.  Di  un  ripostiglio  di  letradrammi  di  argento,  scoperto  presso  il  villaggio  di  Battaglia  nel  Comuni' 

di  Campii;  in  Notizie  degli  Scavi.  1894,  p.  190. 

79.  Epigrafe  latina  di  Baia  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1894,  p.  287. 

80.  Epigrafe  latina  di  Grotta) 'errata  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1894,  p.  313. 

81.  Scoperte  a  Novilara  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1894,  p.  377. 

82.  Nuova  iscrizione  funebre  latina  rinvenuta  presso  l'abbazia  di  Grotta  ferrata;  in  Notizie  degli  Scavi, 

1894,  p.  380. 

83.  Iscrizione  latina  di  Noli  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1894,  p.  398. 

84.  Di  un  nuovo  cippo  milliario  dell'Appio  scoperto  a  Sezze;  in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  28. 

85.  Dei  preziosi  oggetti  di  età  barbarica,  scoperti  nel  sepolcreto  di  Castel  Trosino  presso  Ascoli  Piee  ito  ; 

in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  35. 

86.  Di  un  nuovo  frammento  dei  rilievi  in  stucco  scoperti  nel  giardino  della  Farnesina.'  in  Notizie  degli 

Scavi,  1896,  p.  39. 

87.  Di  un'antefissa  fittile  del  tempio  di  Giunone  Lanuvina  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  46. 

88.  Di  una  rarissima  tessera  ospitale  con  iscrizione  latina;  in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  86. 

89.  Di  un  nuovo  titolo  sepolcrale  latino  di  Noli;  in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  193. 

90.  Di  un'epigrafe  latina  riconosciuta  nella  città  di  Lomello;  in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  220. 

91.  Epigrafe  latina  di  S.  Angelo  in  Formis;  in   Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.   233 

92.  Tombe  etrusche  scoperte  in  contrada  ('a)itolle  a  Lubriano:  in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  244. 

93.  Epigrafe  Tuscolana;  in  Notizie  degli  Scavi,  1895,  p.  249. 

94.  Di  un'epigrafe  latina  dedicata  a  Caracolla,  scoperta  a  Vetulonia,  in  Notizie  degli  Scavi,  1895, 

p.  340. 

95.  Delle  scoperte  di  antichità  nel  lago  di  Nemi;  in  Notizie  degli  Scavi,  f  895,  p.  361 . 

96.  Nuove  iscrizioni  latine  scoperte  presso  Parma;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  406. 

97.  Di  un  sepolcreto  gallico  scoperto  nella  contrada  denominata  «  il  Pianetio  »,  ai  piedi  di  Montefortino 

(Arcevia);  in  Notizie  degli  Scavi.  1896,  p.  408. 

98.  Di  un'iscrizione  latina  arcaica,  scoperta  in  contrada  Valviano,  in  comune  di  Cellino  ;  in  Notizie  degli 

Scavi,  1895,  p.  413  (in  collaborazione  col  prof.  Pascal). 


—  345  - 

99,  Di  alcuni  frammenti  di  tegole  di  bronzo  dorato,  appartenenti  all'ornamento  del  tempio  di  Diana 
Nemorense;  in   Notizie  degli  Scavi,  1895,   p.   431. 

100.  Di  un  fittile  d'industria  primitiva  rinvenuto  in  una  grotta  presso  il  lago  di  Nemi;  in  Notizie  degli 

Scavi,    1896,    p.    436. 

101.  Nuove  scoperte  di  antichità  nel  lago  di  Nemi;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  461. 

102.  Nuove  scoperte  di  antichità  sul  Palatino;  in  Rendiconti  dei  Lincei,  classe  se.  mor.,  agosto  1896. 

103.  Di  un  antico  tempio  scoperto  presso  le  Ferriere  della  tenuta  di  Conca,  dove  si  pone  la  sede  della  città 

di  Satricum  (in  collaborazione  con  A.  Cozza);  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  pp.  23,  99, 167, 190. 

104.  Iscrizioni  latine  di  Campomorto;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  69. 

106.  Scoperte  varie  nelle  regioni  Vili,  VI  e  V  di  Roma;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  177. 

106.  Nuove  scoperte  di  Nemi;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  188. 

107.  Frammento  di  fistula  acquario,  iscritto  di  Civita  Lavinia  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  226. 

108.  Sigillo  di  bronzo  di  8.  Giovanni  Incarico;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  236. 

109.  Di  un  sigillo  di  bronzo  di  Reggio  Calabria;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  300. 

110.  Tomba  preromana  della  necropoli  settentrionale  Atestina;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  337. 

111.  Di  un  marmo  insigne  con  iscrizione  votiva  a  Mercurio,  aggiunto  alla  raccolta  del  Museo  archeologico 

di  Milano;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  445. 

112.  Scoperte  fatte  in  Roma  nella  regione  XIV;  in  Notizie  degli  Scavi,  1896,  p.  467. 

113.  Diunrarovetroinformadicigno,usatoprobabilmenteperbalocco  da  bambini;  in  Notizie  degli  Scavi, 

1896,  p.  601. 

114.  Frammento  di  titolo  funebre  metrico,  scoperto  nella  necropoli  di  Album  Intimilium;  in  Notizie  degli 

Scavi,  1899,  p.  93. 
116.  Iscrizione  latina  delle  Terme  tarantine  Pentascinensi;  in  Notizie  degli  Scavi,  1897,  p.  110. 

116.  Di  un  termine  Gruccano  scoperto  presso  Atena,  in  Lucania;  in  Notizie  degli  Scavi,  1897,  p.  120. 

117.  Di  una  città  greca  riconosciuta  a  Terravecchia,  presso  Grammichele,  in  provincia  di  Catania;  in 

Notizie  degli  Scavi,  1897,  p.  128.  » 

118.  Frammenti  di  iscrizioni  latine  rinvenute  a  Ravenna;  in  Notizie  degli  Scavi,  1897,  p.  606. 

119.  Note  intorno  ad  un  vaso  fittile  di  Bomarzo;  in  Notizie  degli  Scavi,  1897,  p.  508. 

120.  Titoli  sepolcrali  rinvenuti  nel  territorio  di  Andria  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1898,  p.  34. 

121.  Nuovi  frammenti  marmorei  di  epigrafi  ravennati,  in  Notizie  degli  Scavi,  1898,  p.  48. 

122.  Iscrizione  latina  del  territorio  di  Montemilone;  in  Notizie  degli  Scavi,  1898,  p.  127. 

123.  Di  alcuni  fittili  con  leggende  etnische  rimessi  in  luce  a  Barbarono  romano;  in  Notizie  degli  Scavi, 

1898,   p.   407. 

124.  Di  una  iscrizione  latina  della  necropoli  di  Barium;  in  Notizie  degli  Scavi,  1898,  p.  461. 

125.  Iscrizione  sepolcrale  rinvenuta  nell'area  dell'antica  Olbia  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1898,  p.  426. 

126.  Umetta  marmorea  con  epigrafe  sepolcrale  latina  di  Torricella  Sicura;  in  Notizie  degli  Scavi,  1899. 

p.  47. 

127.  Iscrizione  latina  ricordante  un  milite  pretoriano,  scoperta  nella  chiesa  di  S.  Valentino,  a  Isola  del 

Gran  Sasso;  in  Notizie  degli  Scavi,  1899,  p.  262. 

128.  Epigrafe  imperiale  di  Teramo;  in  Notizie  degli  Scavi,  1899,  p.  382. 

129.  La  Villa  Pompeiana  di  P.  Fannio  Sinistore,  scoperta  presso  Boscoreale.  Relazione  a  S.  E.  il  ministro 

della  Istruzione  Pubblica,  Roma,  1901. 

130.  La  tomba  vetustissima  scoperta  nel  Foro  Romano  ;  in  Nuova  Antologia,  16  aprile  1902. 

131.  Discorso  sul  bilancio  della  Istruzione  Pubblica,  pronunciato  alla  Camera  dei  Deputati,  nella  tornata 

del  17  dicembre  1903.  Roma,  Tip.  Camera,  1903. 

132.  Della  biga  greca  arcaica  scoperta  in  Monteleonc  presso  Norcia  in  Sabina;  in  Niwva  Antologia, 

16  aprile  1904. 

133.  Discorsi  pronunziati  alla  Camera  dei  deputati  sul  bilancio  della  Istruzione  Pubblica,  nelle  tornate  del 

23  e  24  giugno  1904.  Roma,  Tip.  Camera,  1904. 

134.  Delle  maioliche  di  Castelli  nella  esposizione  di  arte  antica  in  Chieti  (discorso  pronunziato  nella 

solenne  inaugurazione  del  Congresso  Regionale,  il  16  settembre  1906).  Chieti,  1905. 


—  346  — 

136.  Bartolomeo  Borghesi  (discorso  pronunciato  nella  inaugurazione  del  suo  monumento  in  San  Marino); 
in  Nuova  Antologia,  16  luglio  1005. 

136.  Di  un'iscrizione  votiva  ai  Lari  Compitali  scoperta  nel  corso  superiore  dell'  A  terno,  in  territorio  di 

Amiterno;  in  Notizie  degli  Scavi,  1908,  p.  182. 

137.  Titolo  funebre  latino  di  Rimini;  in  Notizie  degli  Scavi,  10118,  p.  261. 

138.  Frammento  di  titolo  funebre  latino  di  Panie;  in  Notizie  degli  Scavi,  1008,  p.  298. 
130.  Cippo  con  iscrizione  funebre  di  Venosa;  in  Notizie  degli  Scavi,  1008,  p.  443. 

140.  Iscrizione  votiva  a  Serapide  di  Roma  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1009,  p.  80. 

141.  Di  un'iscrizione  votiva  che  dicesi  rinvenuta  nel  Tevere,  e  di  un  titolo  funebre  scoperto  presso  la  via 

Portuense  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1009,  p.  228. 

142.  Paolo  Bosetti  e  il  Museo  Nazionale  delle  Antichità  in  Roma  (nel  volume  dedicato  a  Paolo  Boselli 

dal  Comitato  Savonese  per  le  onoranze);  Savona,  1913. 

143.  Commemorazione  di  Giuseppe  Gatti,  letta  alla  R.  Accademia  dei  Lincei  nella  seduta  del  22  no- 

vembre 1914,  in  Rendic.  dei  Lincei,  ci.  se.  mor.,  1914. 

144.  Iscrizioni  latine  arcaiche  riferibili  alle  arginature  dell'Adige  presso  l'antica  Ateste,  in  Notizie  degli 

Scavi,  1916,  pp.  137-144. 
146.  Le  pubblicazioni  sopra  le  scoperte  di  antichità  nel  Regno  d'Italia;  in  Mnseum,  Bollettino  della  Repub- 
blica di  San  Marino,  anno  I,  n.  1,  S.  Marino,  1917. 

146.  Necrologia  di  Giuseppe  Pellegrini;  in  Notizie  degli  Scavi,  1918,  p.  207. 

147.  Cenno  necrologico  di  G.  A.  Colini  ;  in  Notizie  degli  Scavi,  1919,  p.  12. 

148.  Roberto  Campana;  in  Rivista  Abruzzese,  XXXIV,  10-11,  Teramo,  1010. 

140.  Beniamino  Costantini;  in  Rivista  Abruzzese,  XXXV,  fase.  I-II,  Teramo,  1920. 

160.  I  primi  passi  di  due  grandi  archeologi,  G.  Fioretti  e  R.  Garriteci;   in  Archivio  storico  per  la  Sicilia 

Orientale,  XVI,  in  onore  di  P.   Orsi.   1021. 

161,  Cenno  necrologico  di  Alfonso  Alfonsi;  in  Notizie  degli  Scavi,  1022,  p.  56. 

152.  Manoscritto  (inedito)  riguardante  la  storia  dell'amministrazione  archeologica  del  Regno  d'Italia 
dal  1870  ad  oggi.  • 


NOTIZIE    DEGLI    SCAVI 


Anno  1922  —    Fascicoli  IO,   11,  12. 

Regione  X  (VENETI A  ET  H ISTRIA) 

I.  NEGRAR   DI    VALPOLICELLA  —   Avanzi  di  una  villa  romana 
con  magnifici  mosaici. 

A  Negrar  nella  frazione  Villa  in  un  podere  denominato  le  Tre  Corteselle  di  proprietà 
del  sig.  Zantedeschi  Marcello  già  molti  anni  addietro  e  propriamente  nel  1887  (')  du- 
rante i  lavori  agricoli  era  stato  scoperto  parte  di  un  bel  pavimento  a  mosaico  ;  ma  allora 
quando  un'amministrazione  per  le  antichità  si  può  dire  che  non  esistesse  completa,  e 
mancavano  leggi  che  proteggessero  i  travamenti,  alcune  autorità  di  Verona,  nell'impos- 
sibilità forse  di  ottenere  i  mezzi  necessari,  lasciarono  arbitro  il  proprietario  di  fare  quel 
che  volesse.  Infatti  questi,  come  si  rileva  da  due  articoli  dell'«  Arena  »,  giornale  di  Ve- 
rona, (')  senza  estendere  lo  scavo,  esegui  a  sue  spese  il  distacco  di  tre  pezzi  di  litostroto, 
due  emblematn  (fig.  1,  2)  e  un  pezzo  a  disegni  decorativi,  quadri  che  stavano  per  emi- 
grare all'estero,  se  la  stampa,  interpretò  dei  sentimenti  della  parte  colta  della  cittadi- 
nanza veronese,  che  se  ne  interessava,  non  avesse  sollecitato  il  Comune  di  Verona  ad 
acquistarli  per  il  museo  Civico. 

Passarono  parecchi  anni,  ma  sempre  rimase  vivo  nel  piccolo  comune  il  ricordo  dei 
mosaici  trovati,  e  con  la  speranza  che  il  terreno  nascondesse  chi  sa  quali  e  più  consi- 
stenti tesori,  il  proprietario  doveva  avere  spesso  fatto  rimaneggiare  il  terreno  in  quel 
posto.  Or  sono  due  anni  il  campo  cambiò  di  proprietario,  che  nella  medesima  località  fece 
fare  un  lavoro  di  scasso,  e  l'operaio  che  l'aveva  eseguito  mi  diceva  di  non  aver  avuto 
nessuno  scrupolo,  lavorando  a  cottimo,  di  zappare  e  di  far  saltare  in  aria  anche  pezzi 
di  mosaico. 

Quest'anno  i  lavori  agricoli  di  scasso,  fatti  sempre  allo  stesso  posto,  ebbero  più 
fortuna  :  misero  allo  scoperto  due  teste  di  cavallo  in  mosaico  di  fattura  accurata  con 

(«)  Not.  Se,  1887,  pagg.  431-2. 

(»)  Arena  7-8  die.  1891  e  14-15  sett.  1892. 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  45 


NEGRAR   DI   VALPOLICELLA 


348   — 


regione  x. 


pennacchi  di  tasselli  di  pasta  vitrea  verde,  e  che  nella  bardatura  avevano  anche  qual- 
che tassello  di  pasta  vitrea  dorata. 

Il  Soprintendente  ai  Monumenti  di  Verona,  ing.  Da  Lisca,  che  primo  vide  questo 
tratto  di  mosaico,  ne  diede  comunicazione  alla  Soprintendenza  ai  Musei  e  agli  Scavi  ar- 
cheologici del  Veneto,  chiedendo  un  sopraluogo.  Compiuto  il  sopraluogo  il  Soprintendente 


Fio.  1. 


ai  Musei  e  Scavi,  prof.  Fogolari.  vide  la  necessità  di  fare  finalmente  degli  assaggi  siste- 
matici di  scavo,  magari  per  mettere  allo  scoperto  il  litostroto  che  tanto  interessante 
si  mostrava  in  quel  piccolo  tratto.  Inoltre  innumerevoli  pietre  frammiste  al  terreno, 
«pezzi  di  tegole,  di  embrici  che  all'argilla  depurata  e  ben  cotta  apparvero  indubbiamente 
di  epoca  romana,  una  quantità  di  frammenti  d'intonaco  dipinto  a  bei  colori  vivaci,  tutto 
si  rivelava  avanzo  di  un'antica  costruzione  romana. 

Ottenuto  dal  Ministero  il  permesso,  e  conchiuse  con  il  proprietario  le  necessarie  trat- 
tative, lo  scavo  fu  iniziato  il  14  giugno  di  quest'anno. 

Apparve  subito  una  biga  guidata  da  un  amorino  alato,  (fig.  3),  la  medesima  rap- 
presentazione di  uno  degli  emhlemata  esistenti  al  Museo  Civico  di  Verona,  ma  diversa 


REGIONE  X.  —    349    —  NEGRAR    DI    VALPOLICELLA 

per  movimento  e  per  colori.  Proseguendo  verso  oriente  si  incontrò  una  soglia  di  porta 
bivalve  e  a  destra  e  a  sinistra  di  essa  il  muro,  che  conservava  ancora  l'intonaco  dipinto 
in  rosso  scuro,  era  rimasti»  in  piedi  per  un'altezza  di  circa  m.  0.60.  Al  di  là  del  muro  altri 
ambienti,  anch'essi  con  impiantiti  a  mosaici  a  interessanti  motivi  di  genere  decorativo; 
verso  sud  altro  mosaico  sempre  diverso  sia  per  tinta,  sia  per  disegno  e  sempre  bello. 
Senza  che  io  stia  qui  a  enumerare,  il  che  mi  sembra  di  nessuna  utilità,  in  quale  ordine 
avvennero  tali  scoperte,  mio  scopo  fu  di  cercare  di  limitare  tutti  i  locali  che  si  presen- 
tavano in  vista. 

La  sala  cui  appartenevano  gli  emòhmata  doveva  essere  bella  e  sontuosa;  un  lato, 
quello  a  nord,  fortunatamente  si  è  potuto  tutto  seguire  (fig.  4)  e  mediante  quel  che  è 
rimasto  di  pavimento,  si  è  in  grado  di  ricomporre  l'intero  disegno,  e  di  determinare 
quindi  la  superficie  di  tutta  la  sala  che  misurava  mq.  70. 

Verso  est  abbiamo  due  altri  vani  ;  dalla  sala  principale  si  andava  certamente  nel 
primo  di  essi  più  a  nord,  come  è  dimostrato  dalla  soglia  ricordata,  e  si  andava  forse 
anche  nel  secondo  che  non  fu  completamente  scoperto.  Dalla  parte  opposta  verso 
ponente  vi  devono  pure  essere  stati  altri  amb'renti,  come  prova  un  tratto  di  pavi- 
mento a  musaico  scoperto  in  corrispondenza  del  primo  degli  ambienti  a  levante  della 
sala  principale. 

Un  ambiente  largo  m.  4,25,  e  lungo  oltre  i  14,  tutto  pavimentato  a  mosaico, 
conservatoci  purtroppo  a  tratti  qua  e  là,  chiudeva  tutto  il  lato  nord  della  casa.  In 
siiti  verso  nord-ovest  sono  state  trovate  lastre  di  marmo,  una  più  lunga  e  più  sottile 
(m.  1 ,56  X  0,48)  alternata  con  una  più  breve  e  più  profonda  (m.  0,63  X  0,47). 

Sono  apparsi  due  rocchi  di  colonna  di  marmo  rosa  di  differente  diametro.  Si  tratta 
senza  dubbio  di  un  porticato  che  si  apriva  su  di  un  giardino  (xystus).  Le  colonne  poggia- 
vano forse  sulle  lastre  più  corte  e  più  alte,  quantunque  sopra  queste  non  vi  sia  rimasta 
traccia  alcuna.  Questo  porticato  doveva  essere  l'estremo  limite  nord  della  casa,  perchè 
esteso  lo  scavo  in  alcuni  punti  per  circa  ni.  5.60,  all'infuori  dei  soliti  frammenti  di  em- 
brici, di  qualche  frammento  di  vaso,  di  chiodi  e  di  tasselli  di  mosaico,  alcuni  anche  di 
vetro  azzurro,  non  sono  apparse  tracce  di  costruzioni. 

I  muri  della  villa  in  direzione  da  nord  a  sud  erano  i  muri  maestri,  larghi  circa  me- 
tri 0,66,  mentre  quelli  che  andavano  in  senso  opposto,  da  est  a  ovest,  misuravano  in 
spessore  m.  0,47;  più  sottili  di  circa  una  ventina  di  centimetri. 

I  muri  sono  costruiti  di  sassi  dei  torrenti  della  vallata  (pietra  viva,  tufo  e  pietra 
gallina)  tenuti  insieme  da  calce  appena  spenta  e  da  sabbia  nella  proporzione  di  %  di 
calce  e  di  3/<  di  sabbia  che  da  sola  non  resisterebbe  all'umidità.  Ad  aumentarne  la  resi- 
stenza sono  intramezzati  ghiaia  e  frammenti  di  mattoni  cotti. 

L'intonaco  che  riveste  i  muri,  spesso  cm.  2,  è  invece  composto  di  calce  spenta  con 
sabbia  di  Adige  più  fine  o  pure  di  cave  sulla  Campagnola  alla  Villa  Angelina.  L'intonaco  del 
muro,  per  esser  più  forte  e  per  avere  una  coesione  maggiore,  ha  più  quantità  di  calce  spenta. 

II  sotto  apparecchio  del  mosaico  è  alto  cm.  25  circa,  composto  di  creta  di  Dosso, 
Quena,  Pezzabono,  con  calce  appena  spenta  ;  lo  strato  superiore  è  di  creta  più  minuta, 
e  si  doveva  stendere  man  mano  che  procedeva  il  lavoro,  altrimenti,  se  indurito,  non 
sarebbe  stato  più  possibile  infiggervi  i  tasselli. 


NEOHAR    PI    VALPOLICELLA 


—  850  — 


HEGIONE    X. 


Il  pavimento  a  mosaico  della  sala  principale  si  può  fedelmente  ricostruire  in  base  a 
quel  che  ci  è  rimasto  (fig.  5),  e  con  l'aiuto  di  una  fotografia  (*)  fatta  sopra  luogo 
quando  avvennero  i  primi  travamenti,  si  possono  con  sicurezza  collocare  i  due  emble- 
mata  del  Museo  Civico. 


"^"  "'  *"'  ",-S;1* 


Fio.  2. 

Quello  con  l'erote  che  guida  la  biga  (fig.  3)  era  al  lato  nord,  dalla  parte  opposta 
al  quadro  trovato  in  site,  in  modo  che  le  due  bighe  erano  affrontate.  11  quadro  con  le 
tre  figure  (fig.  2)  era  nel  centro  volto  a  nord  verso  un  ingresso  principale.  Agli  angoli 
del  lato  sud  della  sala  vi  erano  altre  due  bighe,  come  si  argomenta  da  un  pezzo  di  fru- 
sta ancora  rimasto. 


(*)  Fotografia  latta  nel  1887  dal  notaio  Bertoldi  e  a   me  gentilmente  mostrata  dalla  sorella 
sig.na  Giovanna  Bertoldi. 


REGIONE    X. 


—    351    — 


NEGRAR    DI    VAI.POLICEW1A 


Questo  pavimento  con  agli  angoli  le  bighe,  che  amorini  alati  cercavano  frenare 
nella  corsa  impetuosa,  con  un'interessante  scena  al  centro,  che  una  raffinata  tecnica  colo- 
ristica distaccava  con  mirabile  plasticità  dal  fondo  del  mosaico,  da  dare  a  chi  entrava 
l'illusione  di  un  gruppo  di  persone  viventi,  con  questi  emblemata  armoniosamente  invi- 


Fio.  3. 


luppate  da  intrecci  decorativi,  imitava  proprio  un  gran  tappeto  gettato  sul  pavimento 
della  sala,  E  la  sapiente  disposizione  dei  colori  ne  aumentava  l'effetto.  L'intreccio  deco- 
rativo scuro  su  fondo  biancastro,  i  cavalli  di  una  biga  con  preponderanza  di  giallo,  quelli 
dell'altra  di  grigio  ;  le  bardature,  i  pennacchi  con  tasselli  di  vetro,  alcuni  anche  dorati. 
I  vestimenti  delle  figure  centrali  risplendevano  di  tasselli  di  vetro  verde  chiaro  e  verde 
smeraldo. 

Ai  lati  nord  e  sud  due  fascie  larghe  di  un  bel  motivo  a  giuoco  di  pelte  (figg.  6  e  6) 
ottenuto  con  linee  curve  intersecantisi,  di  molto  effetto  speciose  come  qui,  le  tinte  sono 


NEGUAR   DI    VALPOLICELLA 


—   352   — 


REGIONE   X. 


bene  intonate  :  su  fondo  bianco  risaltano  le  pelte  gialle  listate  tutt'intorno  di  rosso.  Que- 
sti colori  così  chiari  dovevano  dare  l'impiessione  che  la  sala  fosse  ancora  più  lunga. 

Gareggia  con  un  vero  dipinto  la  scena  centrale  di  composizione  non  comune  (fig.  1): 
una  figura  maschile  riccamente  vestita  all'orientale,  di  un  chitone  manicato,  con  sopra 
un  ampio  manto  agganciato  sulla  spalla  destra  e  con  in  testa  un  berretto  frigio,  ap 
poggia  la  mano  destra  in  atto  di  protezione  sulle  spalle  di  una  giovane  donna  che  sup- 
plice e  implorante  gli  è  inginocchiata  dinanzi  ;  anch'essa  abbigliata  con  lusso,  di  un  abito 


Fio.  4. 


ben  succinto  al  busto,  e  che  si  allarga  in  fondo  in  modo  da  ricoprire  ampiamente  la  parte 
inferiore  della  figura  inginocchiata.  Lascia  nude  le  belle  braccia,  il  destro  con  due  aratile 
una  in  alto  e  l'altra  all'avambraccio. 

In  testa  ha  un'acconciatura  di  stoffa  che  ricopre  tutti  i  capelli  ;  aderente  sulla  fronte, 
è  riunita  e  raggnippata  alla  nuca,  prolungantesi  poi  disciolta  sulla  spalla  sinistra  fin 
oltre  l'anca.  Che  l'abito  sull'anca  formasse  un  drappeggio,  l'artista  ha  cercato  dimo- 
strarlo con  una  disposizione  circolare  di  tasselli  come  ha  fatto  per  l'acconciatura  del 
capo. 

Dall'altro  lato  sembra  tenere  per  mano  e  incoraggiare  la  supplice  una  donna  tut- 
t'avvolta  artisticamente  in  un  velo  bianco  che  le  ricopre  anche  il  capo,  e  che  lascia  solo 
scorgere  un  monile  al  collo. 


REGIONE    X. 


—  353  — 


NEORAU   DI    VALPOLICELLA 


<h^$\£/ih£j^\j*Lfé\*/w\jtf?^  r&\  «  f  $\  A.  ?  .„,■  v^/y^^ 


i 

111* 


2>^¥^®®@^1@@^@@]©  »  4    <K) 
:    :         4<t*  »  '-y    js 


Fio.  5. 


ftEUKAK    DI    VAU'OUCKUA 


354  — 


hegìonè  X. 


Una  scena  simile  per  quel  che  ho  potuto  vedere  io  non  l'ho  trovata  né  sulle  pitture 
parietali  (')  ne  su  quelle  vascolari  ;  analogia  di  abbigliamento  specie  delle  due  donne 
si  ha  con  i  dipinti  della  Villa  «  Gargiulo  »  a  Pompei.  Senza  nessuna  intenzione  di  entrare 
nella  dibattuta  interpretazione  di  esse  in  cui  sì  eminenti  archeologi  e  filologi  sono  d'opi- 
nione tanto  discorde  (*),  di  modo  che  sono  stati  anche  spiegati  per  le  nozze  di  Bacco  e  di 
Arianna  turbate  da  una  delle  non  infrequenti  scene  di  gelosia  di  cui  si  dilettava  Era  (3)  mi 
limiterò  a  segnalare  i  riscontri. 


Fig.  6. 


La  donna  che  sta  nel  centro  ha  un  chitone  che  ricorda  quelli  indossati  da  alcune 
donne  dei  suddetti  dipinti  ;  inoltre  una  veste  di  velo  è  sovrapposta  al  chitone,  lo 
dimostra  chiaramente  quel  drappeggio  di  piegoline,  la  smode  secondo  il  Macchioro. 
Caratterizza  maggiormente   l'analogia  del   vestimento,  l'acconciatura  della  testa  che 


(*)  In  un  dipinto  di  Pompei  raffigurante  una  scena  d'iniziazione,  vi  è  un  personaggio  maschile, 
vestito  all'orientale,  come  quello  del  mosaico,  però  è  seduto,  ed  ha  in  mano  un  lungo  scettro.  S.  Rei- 
nach,  Répertoire  de  peintures  grecques  et  romaines,  Paris,  1922,  pag.  240,  5 

(*)  Per  la  bibliografia  cfr.  V.  Macchioro,  Zagreus,  Studi  siilVoì-fismo,  Bari,  1920,  pag.  20,  n.l. 
Riproduzioni  fotografiche  di  questi  dipinti  si  trovano  nelle  Not.  Se.  1910,  pag.  139  ss;  tavv.  XII- 
XX  e  nella  pubblicazione  di  G.  E.  Rizzo,  Dionysos  Mystes,  in  Meni.  Accad.  orchcol.  Napoli  III,  1918; 
sull'opera  citata  di  V.  Macchioro  le  scene  sono  riprodotte  in  un  disegno  lineare.  Sia  nel  lavoro  del 
Rizzo,  sia  in  quelle  del  Macchioro  le  scene  sono  denominate  con  le  stesse  lettere. 

(*)  D.  Comparetti,  Nozze  di  Bacco  e  Arianna.,  Firenze,  1920. 


REGIONE    X. 


—  355  — 


NEGRAK    DI    VALPOLICELLA 


forse  non  si  sarebbe  potuta  spiegare  senza  il  riscontro  con  l'acconciatura  della  figura 
seduta  della  scena  B  (')  dei  dipinti.  La  donna  velata  del  mosaico  somiglia  assai  a  quella 
seduta  della  scena  I  (2)  dei  dipinti,  anche  per  il  monile  al  collo.  E  i  bracciali  della  donna 
inginocchiata  così  disposti  non  sono  ignoti  alle  donne  dei  dipinti  del  fondo  Gargiulo. 

La  figura  maschile  del  mosaico  ha  nella  sinistra  un'asta  terminante  con  una  pic- 
cola correggia,  un  vero  staffile  che  quasi  identico,  sempre  se  la  riproduzione  del 
disegno  è  fedele,  ha  la  furia  fustigatile  dei  dipinti. 


Fi«.  7. 


Potrebbe  trattarsi  di  una  scena  d'iniziazione  (3),   ma  io  non  saprei  dire  a  quali 
misteri  :  la  figura  di  sin.  sarebbe  il  sacerdote  iniziatore  :  il  personaggio  più  importante 


(!)  Not.  Se,  1910,  tav.  XIII. 

(«)  Not.  Se,  1910,  tav.  XX. 

(*)  Dato  l'abbigliamento  all'orientale  dell'uomo  e  la  frusta  che  ha  in  mano,  si  può  affacciare 
probabile  anche  un'interpretazione  mitologica;  riguarderebbe  una  rappresentazione  insolita  del 
mito  di  Pelope  tanto  ricco  di  elementi  disparati.  Hippodatnia  che  accompagnata  dalla  madre 
supplica  Pelope  di  non  farle  sposare  Myrtilo  cui,  secondo  una  versione,  si  era  essa  stessa  pro- 
messa, perchè  innamoratasi  del  bel  frigio  voleva  essere  liberata  dal  padre  al  quale  la  legava 
un  illecito  amore,  Preller-Robert,  Griech.  Myth.  pag.  125.  E  allora  vi  sarebbe  anche  un  nesso 
fra  questa  rappresentazione  e  le  bighe  in  corsa  guidate  da  amorini  degli  emblcmata  angolari. 
Secondo  un'altra  versione  è  Pelope  che  promette  Hippodumia  a  Myrtilo  per  essere  aiutato  a  ucci- 
dere Enomao;  Myrtilo  uccide  Enomao,  ma  Hippodamia  che  odia  l'uccisore  di  suo  padre,  prega 
Pelope  di  non  farglielo  sposare.  Pauly-Wissowa,  Real-Encycl.  s.  v.  Hippndàmeia,  1726. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  46 


NÉUKAK    1)1    VALPOLICELLA  —    350   —  KÉCilON'i:    X. 

della  rappresentazione,  occupa  quasi  metà  della  scena  e  supera  per  statura  gli  altri, 
e  se  non  fosse  umanizzato  dall'atto  di  appoggiare  la  mano  sulla  spalla  della  donna 
che  a  lui  s'inchina,  potrebbe  considerarsi  una  divinità. 

Sarebbe  una  scena  d'iniziazione  ridotta  ai  termini  più  essenziali  e  quasi  geometrici, 
senza  lusso  di  personaggi  e  di  particolari  secondari.  Un  po'  dipende  dalla  natura  del 
lavoro  sfrondare  e  semplificare  una  scena,  un  po'  trattandosi  di  un  emblema,  dallo 
spazio  ristette  di  cui  si  dispone  ('). 

E  che  i  modelli  sieno  comuni  a  mosaici  e  ad  affreschi  e  spesso  derivanti  da  proto- 
tipi di  autori  non  è  infrequente  :  della  celebre  composizione  di  Polignoto,  Achille  rico- 
nosciuto da  Ulisse  a  Scyros,  si  trovano  diverse  varianti  e  fra  i  dipinti  e  fra  i  mosaici  ;  in 
questi  però  la  rappresentazione  è  ridotta  ai  soli  protagonisti  (2).  Ma  non  sempre  avviene 
così.  Per  la  rappresentazione  del  Sacrificio  di  Ifigenia,  il  cui  prototipo  si  vuole  far  risalire 
al  celebre  dipinto  di  limante,  si  ha  nel  mosaico  di  Ampurias,  abbondanza  di  perso- 
naggi al  contrario  che  negli  affreschi  (3). 

Sulle  pareti  della  sala  chi  sa  che  non  vi  fossero  dipinte  scene  in  relazione  con  quella 
del  pavimento  ?  Si  sono  trovati  frammenti  innumerevoli  d'intonaco  a  magnifici  colori 
a  tempera  ;  rosso  in  tutte  le  gradazioni,  dal  più  cupo  a  un  rosso  tenue,  verde,  giallo,  viola, 
azzurro,  nero  grigio,  ma  in  frammenti  così  minuti  da  non  potervi  ravvisare  nulla. 

Vi  sono  poi  somiglianze  di  carattere  topografico  fra  la  sala  della  Villa  Gargiulo  e 
questa  con  il  pavimento  a  mosaico  di  Negrar:  ambedue  hanno  l'ingresso  principale  su 
un  porticato  che  segna  l'estremo  limite  della  casa. 

I  pavimenti  dei  vani  di  questo  edificio  non  sono  tutti  allo  stesso  livello.  Sullo  stesso 
piano  si  presentano  quelli  della  sala  principale,  della  seconda  sala  e  del  portico,  men- 
tre il  pavimento  della  prima  sala  a  levante  dell'aula  principale  è  più  alto  di  cm.  12, 
e  quello  della  sala  a  ponente  è  più  basso  di  cm.  3.  La  nostra  figura  7  mostra  il  pavi- 
mento della  sala  più  alta. 

La  costruzione  di  questa  villa  dovette  essere  fatta  molto  accuratamente.  Si  prov- 
vide a  che  vi  fossero  cave  o  cisterne  sotto  i  locali  con  pavimenti  a  mosaico,  condizione 
essenziale  per  la  buona  conservazione  di  essi,  affinchè  non  fossero  soggetti  alle  infiltra- 
zioni ed  ai  cedimenti  del  sottosuolo  (4).  Sotto  la  stanza  a  levante  dell'aula  principale 
si  sono  messe  allo  scoperto  costruzioni  larghe  m.  2  e  profonde  ni.  3  ;  vuoto  vi  è  sotto  la 
grande  aula,  parimenti  sotto  il  portieo,  dove  cambia  il  disegno  del  pavimento,  che  ora  ha, 
per  aver  ceduto,  una  depressione  di  circa  cm.  25.  In  un  assaggio  fatto  in  questo  punto  sono 
stati  trovati  due  piedini  di  terracotta  su  piccola  base  appartenenti  a  una  statuetta,  un 
embrice  e  una  tegola  intieri  (5)  pezzi  di  mosaico,  di  vetro  ecc. 

(!)  Molto  acutamente  G.  Patroni  (lìend.  Acc.  Are.  di  Napoli,  XIX,  1905,  pag.  112,  n.  1)  in  una 
buona  relazione  della  monografia  del  (laiukler  in  Darcmberget  Saglio,  IHet.  des  Ant.  s.v.  Mnsivtimopus, 
osserva  che  ars  [picturae]  compendiaria  ben  si  addirebbe  al  mosaico. 

(2)  Daremberg  et  Saglio,  pag.  2103;  Reinach,  RépertoiredesPeinturesgrecques  et  romaines,  pag.  106. 

(8)  Michela  in  Ausonia  IV,  pag.  !>8;  Reinach,  op.  eit.  pag.  169,  3. 

(4)  Darcmberg  et  Saglio,  op.  cit.  s.  v.,  pag.  2404.  Di  regola  generale  nella  casa  romana  un  mo- 
saico ben  conservato  indica  quasi  sempre  l'esistenza  di  una  cisterna  sottostante  generalmente  al- 
Voecus  o  al  triclinio. 

(*)  Embrici,  lung.  cm.  63  ;  larg.  da  cm.  20  a  cm.  16  ;  tegole  cm.  41  x  56. 


REGIONE    X.  -  —    357    —  NEGRAR    DI    VALPOLICELLA 


Siccome  il  terreno  qui  è  stato  rimaneggiato,  può  darsi  che  questi  rottami  vi  sieno 
capitati  appunto  in  seguito  al  rimaneggiamento  ;  se  pure  non  fosse  per  caso  passata  per 
di  là  una  fognatura. 

Trovamene.  Furono  assai  scarsi,  .nonostante  che  il  terreno  di  scarico  molto  abbon- 
dante per  la  profondità  dello  scavo  sia  stato  accuratamente  vagliato. 
a)  Sesterzio  di  Lucio  Vero  ('). 

Parecchie  altre  monete  di  bronzo  completamente  corrose  e  quindi  irriconoscibili. 
Una  sembra  essere  un  medio  bronzo  del  2°  secolo  d.  Cr.  ;  tre  probabilmente  di  età  co- 


Fig.  8. 

stantiniana,  e  altre  tre  per  la  forma,  la  sottigliezza,  i  caratteri  che  s'intravvedono,  sem- 
brano medievali. 

b)  Un  braccialettino  di  bronzo  di  forma  un  po'  irregolare  con  un  diametro  di 
cm.  0.57,  con  un  grazioso  fregio  (fig.  8)  :  un  anello  di  bronzo  con  un  lieve  ornato  di  pun- 
tini e  un  ago  da  cucire  parimenti  di  bronzo. 

e)  I  due  piedini  di  terracotta  già  menzionati  con  traccia  di  doratura. 

Dovunque  innumerevoli  frammenti  di  tegole,  di  embrici,  di  mattoni  in  prevalenza 
di  un  rosso  cupo,  ma  anche  di  colore  giallognolo  di  terra  di  Caprino  ;  alcuni  pezzi  di  mat- 
toni hanno  disegni  di  varia  specie  o  formati  con  le  dita  o  pure  più  accurati  come  un  re- 
ticolato di  losanghe,  un  coperchio  di  bronzo  di  un  piccolo  barattolino,  un  campanellino 
di  ferro  senza  battaglio  ecc. 

Con  simili  travamenti,  si  può  soltanto  approssimativamente  determinare  l'epoca 
in  cui  quest'edificio  sorse.  Vi  è  il  sesterzio  di  Lucio  Vero  e  vi  sono  i  mosaici  ;  ma  questi 
in  genere  di  per  sé  si  datano  con  poca  sicurezza  (*)  :  inoltre,  anche  datati,  non  forniscono 

(')  La  lezione  della  leggenda  è  incerta  a  causa  della  cattiva  conservazione  :  nel  recto  è  rap- 
presentata la  testa  laureata  di  Lucio  Vero;  nel  verso  la  Salute  in  piedi  a  sin.  nutrendo  un  ser- 
pente avvolto  attorno  a  un  altare;  cfr.  figure  simili  Cohen,  Verus,  lfiD. 

(*)  Darembcrg  et  Saglio,  op.  cit.  pag.  208!). 


NEGRAR   DI    VALPOLICELLA  —    358    —  REGIONE   X. 


indizi  sufficienti  sulla  costruzione  degli  edifici  cui  appartengono,  perchè  1  pavimenti 
con  l'uso  si  consumano,  e  spesso  possono  essere  stati  riparati  o  rifatti  del  tutto.  Però  in 
questi  di  Negrar  non  ho  riscontrato  traccie  di  riparazioni  posteriori. 

Dato  il  i'avore  che  i  mosaici  incontrarono,  e  la  conseguente  enorme  diffusione  vi 
è  tale  abbondanza  e  varietà  di  tipi  che,  dice  bene  il  Gauckler  (')  è  difficile  tentare  una 
classificazione  ;  ma  tuttavia  si  può  dare  la  regola  generale,  che  i  mosaici  più  antichi  sono 
i  più  semplici,  e  predomina  in  essi  un  sistema  decorativo  ortogonale. 

Da  uno  studio  comparativo  di  quanti  mosaici  e  riproduzioni  di  mosaici  è  stato  a 
me  possibile  fare,  e  per  i  motivi  decorativi  e  per  la  fattura,  crederei  di  dover  porre  l'ese- 
cuzione di  questi  di  Negrar  al  fine  del  2°  o  al  principio  del  3°  secolo  d.  Cr. 

Il  litostroto  dell'ambiente  principale  di  gusto  sobrio  e  signorile  con  gli  eniblemata 
così  armoniosamente  congiunti  ha  riscontro  con  altri  simili,  non  per  la  rappresentazione 
degli  emblemaia,  né  per  gli  elementi  decorativi,  ma  per  la  composizione  formante  untutto 
armonico  ;  un  emblema  centrale  che  motivi  artistici  ricollegano  a  emblemaia  angolari. 

Nel  nostro  V emblema  centrale  in  vermiculatum  ha  tutto  il  carattere  di  un'opera 
di  arte  fatta  per  essere  ammirata  e  non  calpestata,  infatti  lo  affermano  i  numerosi  tas- 
selli di  vetro  ben  conservati,  perchè  si  era  avuta  la  precauzione  di  camminare  sull'opus 
tessellatum  che  isolava  il  quadro.  Ma  in  seguito  fu  impossibile  avere  certi  riguardi  per 
la  figura  che  invase  la  decorazione  geometrica  riducendola  ai  minimi  termini.  Vi  fu  com- 
penetrazione di  elementi  geometrici  e  figurati.  A  volte  un  intero  pavimento  è  spartito 
in  quadri,  in  esagoni,  in  ottagoni,  e  dentro  ogni  ausla  è  una  rappresentazione  diversa 
di  personaggi  o  di  animali. 

Il  motivo  a  pelte  delle  fascie  laterali  della  grande  sala  si  trova  anche  in  epoca  poste- 
riore ;  parte  dei  mosaici  del  Duomo  di  Verona  ha  un  disegno  consimile  (!). 

Il  nodo  incrociato  su  fondo  bianco,  circondato  da  un  ottagono  con  bordo  a  dentelli 
del  portico  (fig.  9)  si  trova  identico  in  un  musaico  del  duomo  di  Aquileia,  dove  però  è 
inscritto  in  un  quadrato  (3). 

Il  mosaico  del  portico  in  corrispondenza  del  centro  del  lato  nord  della  Sala  grande 
cambia  disegno,  indizio  che  qui  si  apriva  l'ingresso  principale  della  sala.  Vi  è  un  qua- 
drato che  a  est  e  a  ovest  ha  un  elegante  e  artistico  fregio  a  volute,  motivo  che  da 
epoca  classica  (4)  perdura  sino  ai  giorni  nostri  ;  del  quadrato  fortunatamente  sono  ri- 
masti due  angoli,  uno  diverso  dall'altro  per  disegno,  di  modo  che  si  può  immaginare 
la  composizione  di  questo  riquadro  simile  a  quella  di  un  litostroto  rinvenuto  presso  la 
Chiesa  di  S.  Apollinare  in  Classe  a  Ravenna  (5). 

Quasi  tutti  i  modelli  di  litostroti  del  repertorio  classico  si  ripetono  in  quelli  cristiani 

(*)  In  Darcmberg  et  Saglio,  op.  cit.,  pag.  2111. 

(•)  S.  Maffei,  Museum  Veronense,  Verona,  1749,  pag.  208;  11  Cipolla,  Not.  Se,  1884,  pag.  412 
attribuisce  questi  mosaici  alla  seconda  metà  del  IV  sec. 

(*)  Niemann-Swoboda-Lanckoronski.  Dir  Doni  von  Aquileia,  Vienna  1906,  tav.  IX;  per  l'epoca 
cui  attribuire  questi  mosaici  cfr.  Tocsca,  Storia  dell'Arte,  voi.  Ili,  pag.  61,  ss. 

(4)  Un  ornato  simile  circonda  un  emblema  di  una  casa  a  Pompei.  Not.  Se,  1921,  pag.  459, 
fig.  15. 

(6)  Toesca,  Storia  dell'arte  italiana.  III,  pag.  309,  f.  185. 


RAGIONE    X. 


—    359    — 


NEGRAU    DI    VALPOLICELLA 


che  spesso  per  la  fattura  meno  accurata,  per  qualche  particolare  simbolico  e  sopratutto 
per  la  mania  di  affastellare  i  motivi  più  disparati  rivelano  la  loro  epoca  ('). 

La  fortuna  di  poter  riprodure  ottime  fotografie  e  buoni  disegni  mi  dispensa  dal 
descrivere  i  mosaici  degli  altri  ambienti.  Non  posso  fare  a  meno  di  notare  il  gusto  con 
cui  sono  intonati  i  colori,  diversi  per  ogni  ambiente.  Nel  mosaico  di  fìg.  6  i  fiori  stiliz- 
zati che  sono  negli  ottagoni  hanno  i  petali  che  da  un  tono  scurissimo  degradano  in  un 
tenue  rosa. 


Fio.  9. 


I  mosaici  di  Negrar  per  i  disegni,  per  la  fattura,  per  le  pietruzze  tagliate  regolar- 
mente e  poste  con  grande  coesione  non  hanno  nulla  da  invidiare,  data  anche  la  ricchezza 
dei  marmi  regionali,  agli  impiantiti  della  capitale.  Per  i  mosaici  non  credo  si  possa  par- 
lare di  arte  provinciale,  se  si  pensa  alle  maestranze  di  artisti  chiamate  in  città  diverse, 
e  che  gli  stessi  imperatori  viaggiando  conducevano  al  loro  seguito  (*). 

Ad  eccezione  dei  tasselli. di  pasta  vitrea  che  si  trovano  negli  emblemata  e  di 
quelli  rosso  cupo  che  all'analisi  sono  risultati  di  laterizio,  questi  mosaici  sono  in 
gran  parte  lavorati  con  calcari  compatti  presi  nelle  vicinanze:  il  giallo  è  di  Torri, 
il  bianchiccio  e  le  molte  gradazioni  di  rosa  provengono  da  S.  Ambrogio  o  da  Prun 
e  si  trovano  anche  a  Torbe,  da  dove  forse  viene  anche  il  viola  chiaro,  abbondantemente 

(*)  Toesca,  op.  cit.  pag.  308. 

(s)  Dareiuberg  et  Saglio,  op.  cit.,  pag.  2108. 


NEORAR    DI    VALPOLICELLA  3G0   KEfilONE    X. 

adoperato  nel  mosaico  del  portico.  I  tasselli  nerastri  sono  di  Rovere  di  Velo  nella 
Valpantena;  di  una  bellissima  qualità  di  calcare  sono  alcuni  tesselli  neri  degli  emblemala. 

L'annerimento  di  alcuni  tratti  dei  mosaici  e  le  abbondanti  tracce  di  carboni  nello 
strato  archeologico  fanno  supporre,  che  la  causa  principale  della  rovina  di  questo  edificio 
sia  stata  un  incendio.  Quando  la  distruzione  avvenne  non  è  facile  determinare. 

Nel  vano  a  nord  est  della  grande  sala  e  propriamente  nell'angolo  nord-ovest  è 
stata  scoperta  una  piccola  tomba  (m.  0.70  X  0.35),  che  fu  formata  utilizzando  il  pavi- 
mento a  mosaico  come  piano  di  fondo  e  il  muro  intonacato  per  un  lato  ;  gli  altri  lati  e  il 
coperchio  sono  lastre  di  pietra  ;  dentro  insieme  con  terra  vi  erano  ossa  di  bambino  (')  ;  varie 
costole,  una  scapola,  una  clavicola,  diverse  ossa  degli  arti,  pezzi  di  cranio  e  di  mandibola. 

Nel  medesimo  ambiente,  più  a  est,  a  un  livello  inferiore  di  circa  un  metro,  il  pavi- 
mento è  deteriorato,  e  scavando  fu  rinvenuto  alla  profondità  di  circa  un  metro  la  parte 
superiore  di  uno  scheletro  di  adulto  che  accanto  al  teschio  aveva  un  mattone  di  terra 
gialla  con  impresso  un  segno  a  forma  di  ellisse  coi  due  diametri. 

Questa  la  storia  d'innumerevoli  edifici  di  età  romana  che  diruti  per  azione  violenta, 
invece  di  essere  riadattati  a  elegante  dimora,  furono  utilizzati  come  cave  di  materiali  e 
come  luoghi  di  sepoltura  (*). 

Nel  nostro  edificio  le  alluvioni  s'incaricarono  poi  di  coprire  per  bene  e  di  far  sparire 
ogni  cosa,  e  gli  avanzi  e  le  manomissioni.  Verso  nord-est,  nella  parte  più  alta  dell'appezza- 
mento, mai  rimaneggiata,  dove  per  raggiungere  lo  strato  archeologico  si  è  scavato  per  una 
profondità  di  circa  quattro  metri,  si  palesa  la  natura  alluvionale  del  sito  :  vi  sono  strati 
sovrapposti  e  alternati  di  ciottoli,  ghiaia  e  fanghiglia,  depositi  di  materiali  alluvionali 
che  già  nel  xnr  sec.  dovevano  esistere,  se  la  località  in  valem  del  póleco  menzionata  in  un 
documento  del  24  maggio  1217  si  trovava  secondo  un'ipotesi  del  Toniolo  (*)  nel  tratto 
inferiore  del  torrente  di  Negrar. 

Tali  depositi  vi  sono  non'solo  lungo  l'Adige,  sull'orlo  esterno  della  Valpolicella,  ma 
anche  nell'ampio  fondo  del  tratto  inferiore  degli  altri  torrenti  della  regione,  che  costitui- 
scono la  zona  pianeggiante  della  valle,  ferace  per  queste  ripetute  alluvioni  (4)  e  adatta  in 
special  modo  alle  coltivazioni  della  vite;  donde  i  vini  squisiti  rinomati  anche  nell'anti- 
chità (5).  E  che  l'aroma  speciale  dei  vini  della  Valpolicella  dipenda  dalla  natura  del  ter- 
reno è  prova  il  fatto,  che  la  vite  trapiantata  altrove  dà  pure  abbondante  il  frutto,  ma 
non  della  stessa  qualità  (6). 

Certamente  l'edificio  antico  non  si  limitava  a  questi  vani  rimessi  in  luce  ;  è  stato 
trovato  soltanto  il  limite  nord,  si  doveva  quindi  estendere  nelle  altre  direzioni  ;  ma  fatti 
parecchi  assaggi  e  tutti  con  esito  negativo,  date  le  condizioni  del  terreno  circostante,  mi 
sembrò  opportuno  sospendere  lo  scavo. 

(*)  Furono  esaminati  dall'on.  Prof.  Giov.  Batt.  Grassi  Direttore  dell'Istituto  di  Anatomia  Com- 
parata in  Roma. 

(*)  Not.  Se.  1̻05,  pag.  287,  n.   1;   1914,  pag.  165  ecc. 

(*)  A.  R.  Tomolo,  La  Valpolicella,  in  Rivista  geografica  Italiana,  XIX,  1012;  pag.  13  estr. 

(«)  A.  R.  To.iiol p.  cit.  pag.  69  estr. 

(*)  Virg.  Georg.  II,  Ì)(S;  Plin.  N.  II.  XIV,  6;  Strab..  IV,  6,  8;  Suet  Ang.  77;  Mart.  XIV,  100. 
(•)  Daremberg  et  Saglio,  s.  v.  vinum,  pag.  916,  n.  56. 


KKUlONE    X.  ,  —    301    —  NKGRAK    DI    VALPOLICELLA 

Verso  sud  e  verso  ovest,  il  terreno  è  a  un  livello  inferiore  a  quello  dell'appezzamento, 
ove  sono  stati  trovati  gli  avanzi  antichi.  A  ovest  scorre  un  torrentello,  prognetta  in  lin- 
guaggio dialettale,  che  si  chiama  delle  eorleseUe,  formantesi  in  cima  alle  contrade  di 
Villa  dal  Vaio  della  Lombardia  per  le  acque  provenienti  dalle  colline  di  Ara,  Quena, 
Dosso,  e  si  congiunge  al  torrente  principale  (*)  passato  l'appezzamento  Corteselle. 

La  scavo  del  vano  a  ovest  è  stato  proseguito  mediante  un  cunicolo  che  attraver- 
savail  muro  a  secco  (marogna)  fino  al  torrentello,  od  è  stata  trovata  la  continuazione  del 
portico,  pezzi  d'impiantito  a  mosaico  e  qualche  lastra  di  marmo  di  cui  si  è  parlato. 
Il  fondo  della  prognetta  o  torrentello  è  più  alto  del  piano  dell'antica  casa  appena  di  m.  1,35 
quindi  pensando  ai  sedimenti  man  mano  depositati,  si  comprenderà  come  in  origine 
l'acqua  corrente  deve  aver  distrutto  altro  che  mosaici  ! 

Verso  sud  oltre  la  zona  scavata  il  terreno  è  molto  più  basso,  a  est  come  si  è  detto  il 
terrene  che  si  sovrappose  alla  costruzione  romana  è  più  alto,  ed  è  di  natura  alluvionale,  e 
gli  assaggi  fatti  in  ambedue  le  direzioni  sono  riusciti  infruttuosi. 

* 
*  * 

Questo  scavo  è  stato  interessante,  perchè  offre  prova  che  nei  dintorni  di  Verona 
in  vicinanza  del  pagus  Arumatium  (2j  vi  furono  in  epoca  romana  ricche  abitazioni,  e 
per  il  contributo  che  i  mosaici  trovati  portano  alla  storia  del  mosaico  specie  di  questa 
regione.  E  in  proposito  faccio  l'augurio  che  i  non  pochi  mosaici  scoperti  negli  anni 
passati  nel  Veneto  e  soprattutto  a  Verona  sieno  portati  a  conoscenza  degli  studiosi. 

La  contrada  dove  questi  antichi  avanzi  sono  stati  scoperti  si  chiama  Villa  di  Negrar; 
che  il  nome  della  Villa  abbia  relazione  con  l'antica  Villa  romana  non  parrebbe  impro- 
babile, ma  bisogna  ricordare  che  è  comunissima  la  denominazione  Villa:  Villa  in 
Breonio,  in  Avesa,  in  8.  Pietro  Incanalo  ecc. 

In  una  ricerca  da  me  eseguita  all'Archivio  Comunale  di  Verona,  ho  riscontrato 
però  che  il  nome  Villa  di  Negrar  non  è  anteriore  al  XV  sec.  Il  documento  più  antico 
in  cui  ho  trovato  menzionata  tale  località  è  del  9  aprile  1456:  « ...  in  pertinmlia  Ni- 
grariiin  ora  Villa  subtus  Castellimi...  »  (3). 

T.  Campanile. 


(!)  11  torrente  (progno)  principale  eletto  di  S.  Maria  ili  Negrar  si  forma  a  Prun,  Torbe,  Fané, 
e  dopo  Parona  inette  foce  nell'Adige. 

(2)  Corpus  Inscript.  Latin.  V,  1,  pag.  390. 

(3)  Ani.  Arch.  Veron.  S.  Martino  a"  Aoesa,  rotolo  ti.  1060.  Un  grato  ringraziamento  debbo  all' Ing. 
A.  Da  Lisca,  Sopraintendente  ai  monumenti  di  Verona,  e  agli  Ispettori  Onorari,  Prof.  A.  Avena, 
Direttore  del  Museo  Civico  di  Verona,  e  Prof.  P.  N.  Vignato  per  avermi  agevolato  nelle  tratta- 
tive col   proprietario  e  aver  segu'to  con  interesse  lo  scavo. 


SERRAVALLE    SCRIVIA  3G2    REGIONE    IX. 


Regione  IX  (LIGURIA). 

II.  SERRAVALLE  SCRIVIA  —  Nuove  ricerche  nella  città  di  Libarmi. 

La  Soprintendenza  delle  Antichità  per  il  Piemonte  procedette  in  questi  anni  alla 
esplorazione  sistematica  dei  ruderi  di  Libarna,  uno  dei  nobiliu  oppida  segnalati  da  Plinio 
il  Vecchio  come  splendore  della  «  Liguria  »  durante  l'alto  Impero  (*).  Come  in  generale 
le  coloniae,  gli  oppida,  i  fora,  durante  la  romanizzazione  della  Cisalpina,  anche  Libarna 
sorse  in  uno  dei  luoghi  più  importanti  di  una  via  strategica,  la  Postumia,  allo  sbocco  della 
Val  di  Scrivia  (2),  nel  breve  piano  difeso  dalle  strette  di  Arquata  e  di  Serra  valle.  Libarna 
divenne  centro  di  vasto  territorio,  ma,  sopravvenuti  i  Barbari,  sparve  al  pari  di  molte 
altre  città  della  Cisalpina  :  se  ne  dimenticò  fin  il  nome.  All'inizio  dei  tempi  moderni  l'uma- 
nista Giorgio  Merula  aveva  certamente  ancora  avanti  a  sé  l'immagine  di  grandi  rovine, 
quando  scrisse  di  Libarna  che  vestigia  et  ruinae  visuntur.  Senonchè  egli  a  queste  rovine, 
seguendo  la  tradizione  medioevale,  dava  il  nome  di  Antiria  (3),  ed  il  vero  nome  solo  in 
seguito  venne  riconosciuto  (*). 

(!)  Nat.  hist.,  Ili,  5,  «. 

(*)  Non  conosciamo  il  nome  antico  della  Scrivia.  La  tavola  di  Peutinger,  spesso  imprecisa  nel  se- 
gnare il  corso  dei  fiumi,  pone  un  fiume  Odiibria  presso  Irla  (indubbiamente  Voghera.  Vedi  Mommsen, 
in  C.  I.  L.,  V,  pagg.  823-829).  Iornandes  (de  reb.  get.,  45)  scrisse:  «  Dum  contra  Alanos  [imp.  Majo- 
rianusl  movisset  procinctum,Dertonae.  jnxta  flumen  Ira  cognomcnto,  occiditnr.  ».  E  l'anonimo  Raven- 
nate: «  Depositus  est  imp.  Majorianus  a  patricio  Ricimerc  Dertona  uri  non.  aug.  et  occisus  est  ad  flii- 
vium  Ira  VII  id.  aug.  ».  Nella  regione  due  sono  i  fiumi:  la  Scrivia  e  la  Staffora,  sui  cui  corsi  inferiori 
nell'antichità,  forse  diversi  dagli  attuali,  non  abbiamo  notizie  sicure.  Non  si  puòescludereche Odubria 
corrisponda  ad  Ira  (Desjardins,  La  iable  de  Peutinger,  pag.  153  ;  Oberziner,  /  Liguri  antichi  ed  i  lorocom- 
merci,  in  Giornale  storico  e  letterario  della  Liguria,  a.  Ili,  1902,  pag.  24  e  104).  Recentemente  si  volle 
collocare  presso  Castel  San  Giovanni  un  fiume  Olubra  sulla  base  di  docnmenti  medioevali:  secondo 
l'Eusebio,  corrisponderebbe  alla  Olubria  (?)  della  tavola  di  Peutinger  (Boll,  storico  Ubi.  subalpino,  XIV, 
pag.  232). 

(s)  Antiq.  Vicecom.  lib.  6,  apud  Graevium.  Quanto  il  Merula  riferisce  circa  la  condanna  all'esilio, 
sotto  l'imperatore  Tiberio,  di  un  cavaliere  romano,  è  noto  che  si  riferisce  ad  altra  località. 

(*)  Manca  ogni  epigrafe  raccolta  su!  luogo,  che  ci  dia  il  nome.  Ma  l'identificazione  è  sicura  (Momm- 
sen, C. /.  L.,V,  pag.  338).  Vedansi  le  numerose  prove  raccolte  dal  Bottazzi  (Osservazioni  storico-critiche 
sui  ruderi  di  Libarna  ed  origine  di  alcuni  castelli  del  Tortonese.  Novi,  1815,  pag.  4  segg.),  tratte  dagli 
itinerari,  dal  loc.  cit.  di  Plinio,  dal  geografo  Ravennate  (che  dice  Libarna  confinante  con  Genova  e  Der- 
tona). Ancor  oggi,  non  lungi  dai  ruderi  sono  una  collina  ed  un  rivo  detto  Libòrno  (coll'ò  aperto).  In 
documenti  catastali  del  luogo,  del  scc.-XVI,  visti  dal  Bottazzi,  ricorrono  nomi  analoghi.  Il  nome 
ricorre  nella  forma  Libarna  in  Plinio  (loc.  cit),  in  una  iscrizione  di  Pavia  (Corpus  inscr.  lat.,  V,  6425), 
in  un  laterculo  militare  (Kellermann,  Vig.,  n.  99  a),  in  Tolemeo  (III,  1,45).  Nella  redazione  che  posse- 
diamo dell'itinerario  peutingeriano  è  Libarnum,  nell'antoniniano  Libarium;  il  Ravennate  e  Guido 
danno  Levarnis  o  Lavaria  (ediz.  Biuder  e  Partey,  Berlin,  1860).  L'Itin.  Anton,  ed  il  Pcuting.  pon- 
gono ambedue  Libarna  a  XXXVI  miglia  romane  da  Genova. 


REGIONE    IX.  ,  —    363   —  SERRAVALLE    SCRIVIA 

Ma  da  allora  l'agricoltore  andò  distruggendo  i  ruderi,  spesso  perfino  le  loro  fon- 
damenta. 

Quasi  nulla  sappiamo  della  preistoria  e  della  romanizzazione  della  Val  di  Scrivia. 
Una  accetta  di  pietra  levigata  di  Montoggio  (*)  e  le  tombe  di  Savignone  (fase  avanzata 
della  prima  età  del  ferro)  (8)  sono  per  ora  le  più  antiche  testimonianze,  in  questa  regione, 
di  quei  Ligures  che  ancora  durante  la  romanizzazione  vivevano  in  gran  parte  selvaggi 
per  le  campagne  e  per  i  monti  (3)  e.  forse  pure  in  seguito  durante  l'impero,  lungi  dalle  ro- 
mane città.  T.  Livio,  nostra  unica  fonte,  estremamente  sommaria  e  lacunosa,  ricorda 
che  la  valle  fu  percorsa  con  un  esercito  dal  console  Q.  Minucio,  e  che  poco  lontano  -  forse 
nella  stessa  valle  -  arse  la  guerra  l'anno  197  av.  Cr.  (*);  sembra  vi  sia  passato  nel  181 
anche  M.  Claudio  (*).  È  verosimile  che  per  qualche  tempo  ancora  vi  siano  continuate 
le  guerriglie.  Nel  170  aveva  come  provincia  i  Ligure»  A.  Atilius  Serranus  (6),  fra  i  cui 
discendenti  è  forse  il  patrono  Cn.  Atilius  Serranus  nominato  in  una  iscrizione  impe- 
riale di  Libarna  :  della  gens  Atilia  sovente  ricorre  il  nome  nelle  epigrafi  libarnensi  (*). 

Nel  II  sec.  av.  Cr.  si  condusse  la  via  Postumia  da  -Genua,  l'antico  èfinóqiov  ligure, 
a  Piacentini  (8)  ;  negli  ultimi  anni  del  secolo  stesso  fu  dedotta  la  colonia  Dertona  (9), 
e  non  lontano  sorse,  non  sappiamo  precisamente  quando,  Libarna,  l'ima  e  l'altra,  con 
ogni  verosimiglianza,  dove  sorgevano  precedenti  abitati  liguri  (10).  Ma  le  più  remote  ve- 
stigia libarnensi  si  limitano,  per  ora,  a  poche  monete  consolari  e  ad  una  monetina  gallica 
di  bronzo  (u).  Grazie  all'opera  dei  Romani,  anche  la  Val  di  Scrivia,  come  tutto  il  Pie- 
monte, appena  uscita  da  condizioni  di  cultura  primordiali,  ebbe  fiorenti  città,  nelle  quali, 
ad  umili  capanne,  si  sostituirono  edifici  e  case  costrutti  in  laterizi  e  in  muratura. 


(1)  Issel,  Liguria  preistorica,  1908,  pag.  563. 

(2)  Ghirardini,  in  Rendicontili.  Lincei,  III,  1894  :  Montelius,  Civ.  primitive,  11,  tav.  164,  ri.  17. 

(3)  Diodoro,  Bibl.  hist.  V,  39. 

(*)  T.  Livio,  XXXFI,  29:  >Consules  ambo  in  Galliam  protesti.  Cornclius  recta  ad  Insubre*  via, 
qui  timi  in  armis  erant,  Ceromanti  assuniptis,  Q.  Minucius  in  lacva  Italiac  ad  Infcrum  mare  flexit 
iter, Gemnmqueexercitu  ductó,ab  Liguribusorsusest  belluni.  Oppida  Clasfidiuniet  Litubium,  utraque 
Lignrum,  et  duae  gent-s  eiusdem  civitates,  Celejates  Cerdiciatesque  sese  dediderunt.  Et  omnia  cis  Pa- 
dum,  praeter  Gallorum  Bojos,  Ilvates  Lignrum  sub  (licione  erant:  quindeeim  oppida,  hominum  viginti 
milia  esse  dicebantur,  quae  se  dediderant  ».  Vedi  in  proposito  le  osservazioni  del  Pais,  Dulie  guerre  pu- 
niche a  Cesare  Augusto,  II,  pag.  505  segg. 

(s)  Pais,  loc.  cit. 

(•)  Pais,  op.  cit. 

(»)  C.  I.  L.,  V,  7425,  7427,  7428. 

(*)  Sulla  costruzione  di  questa  strada  vedi  Mommsen,  C.  /.  L.,  V,  pag.  248. 

(•)  Pais,  op.  cit.,  pag.  505,  554,  571.  La  popolazione  che  abitava  la  parte  montuosa  della  valle 
della  Scrivia  sembra  essere  stata  quella  dei  Dectunini,  secondo  la  tavola  della  Poleevera  (C.  /.  L.,  V, 
7749).  Ma  non  è  affatto  escluso  che  sin  qui  si  estendessero  i  Vellejates  (Moretti,  in  Notizie  d.  scavi,  1914, 
pag.  131,  nota  2). 

(10)  Il  nome  Libarna  rammenta  al  Pais  (op.  cit.,  pag.  554)  quello  dei  Ligur  L'bu'  o  Lebec'. 

(")  Monete  consolari  descritte  da  Sante  Vanii  (Appunti  di  diverse  gite  fatte  nel  territorio  dell'antica 
ÌÀharna,  II,  Genova  1873).  Una  monetina  gallica  e  due  assi  onciali  raccolti  fra  materiali  di  scarico  negli 
scavi  della  Soprintendenza  (vedi  oltre).  Il  Fabretti  (Corp.  inscr.  (tal.  antiq.  aevi,  42-bis)  vide  anche 
presso  il  Vanii  una  lucerna  fittile,  scavata  a  Libarna  con  leggenda  13  +  AME   AVKOFO 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  -  47 


SERRAVALLE    SCRIVIA  364    —  REGIONE    IX. 


* 
*    * 

Un  secolo  fa,  quando,  più  numerosi  e  più  elevati  che  ora,  i  ruderi  si  ergevano  sul 
piano  libarnense,  questi  vennero  visitati  dal  Bottazzi  (1)  e,  per  incarico  ufficiale,  dal  Cor- 
derò di  San  Quintino  (2).  Del  teatro,  allora  primamente  rimesso  in  luce  e  poco  dopo  ac- 
quistato dal  governo  del  re  di  Sardegna  (3),  conservavansi  ancora  avanzi  di  scale,  ora 
scomparse,  per  salire  alle  varie  parti  della  cavea  (4);  si  era  riconosciuto  l'anfiteatro; 
ivi  presso,  nel  cimitero  dell'antica  pieve  libarnense,  si  raccolse  l'iscrizione  di  C.  Atilius 
Bradua,  restauratore  del  teatro  e  di  altri  monumenti  (B)  ;  in  avanzi  allora  non  privi  di 
grandiosità,  ora  rasi  al  suolo,  il  Bottazzi  credette  di  riconoscere  le  terme  (6)  ;  ruine  di  un 
acquedotto  erano  ben  visibili  fin  presso  Arquata.  Oggetti  varii  pervennero  al  R.  Museo 
torinese,  trovati  quando  si  costruì  la  strada  Regia  (1820-1823),  ora  Nazionale  (7).  In  se- 
guito raccolsero  oggetti  ed  epigrafi  Costantino  Ferrari  (8),  Francesco  Capurro  (9),  e  Sante 
Varni,  che  vide  anche  sepolcri  e,  dove  si  fece  lo  scavo  in  trincea  della  ferrovia  Novi  -Ge- 
nova, pavimenti  a  mosaico  e  ad  opus  sedile  (10). 

Le  esplorazioni  regolari  furono  iniziate  nel  1911  dalla  Soprintendenza  delle  anti- 
chità ;  di  quelle  amplissime,  che  ebbero  luogo  nel  detto  anno,  riferì  con  l'usata  dottrina 
G.  Moretti  (u).  La  zona,  che  la  nuova  ferrovia  direttissima  Genova  -Tortona  doveva  tra- 
versare, fu  esplorata  per  una  lunghezza  di  quasi  500  m.  ;  gli  edifici,  per  lo  più  privati, 
di  cui  furono  trovate  le  fondamenta,  erano  divisi  in  insulae,  separate  da  belle  vie  diritte, 
accuratamente  selciate  e  lastricate,  coi  loro  margines.  Alcuni  pavimenti  erano  a  mosaico 
e  ad  opus  sedile  (12)  ;  ne  all'una  né  all'altra  estremità  delle  zone  esplorate  si  incontrò  in- 

(*)  Bottazzi,  Osserv.  storico-critiche  cit.  e  Le  antichità  di  Tortona  e  det  suo  agro,  cap.  VII,  Ales- 
sandria, 1808. 

(2)  G.  Corderò  di  S.  Quintino  Osservazioni  intorno  ad  alcune  iscrizioni  antiche  scoperte  di  recente 
fra  le  rovine  di  Libarna  presso  Serravalle  nella  valle  della  Scrivia  (Memorie  d.  r.  aecad.  d.  scienze  di  To- 
nno, XXIX,  a.  1825).  Lo  stesso,  Lezioni  intorno  a  diversi  argomenti  di  archeologia. 

(3)  Relazione  Ferrari  presso  0.  Biscarra,  Archeologia  artistica  dei  ruderi  di  Libarna  (in  Arte  in 
Italia,  V,  1873,  pag.  147  segg.) 

(*)  Vedi  il  piano  presso  Corderò,  cit.  ;  Ferrari  presso  Biscarra,  cit.,  disse  di  scale  e  sotterraneo 
sotto  la  scena,  con  ingresso  otturato  da  macerie  (?). 

(6)  O.  I.  L.,  V,  7429  ;  Vanii,  cit.,  IL  pag.  37  ;  Iozzi,  Cenno  storico  delV antica  Libarna,  Pisa,  1890, 
pagg.  32-33. 

(«)  Osservazioni,  cit.,  pag.  33-35  ;  Ferrari,  cit.,  pag.  150;  Varni,  cit.,  II,  pag.  79.  Il  Corderò  scrisse 
di  ruderi  grandiosi  esistenti  presso  il  teatro,  senza  accennare  allo  scopo  della  costruzione  (pag.  147). 

(')  Ferrari,  loc.  cit. 

(*)  Ferrari,  loc.  cit.  ;  Iozzi,  op.  cit.  ;  C.  I.  L.,  V,  pag.  838  segg.  La  collezione  venne  ceduta  alla 
Università  di  Genova. 

(')  Capurro,  presso  Biscarra,  op.  cit.,  pag.  152.  La  sua  collezione  fu  donata  alla  Filarmonica 
di  Novi  Ligure.  Alcuni  frammenti  architettonici  furono  collocati  nel  cortile  del  collegio  presso  il  liceo 
di  Novi  (Iozzi,  op.  cit.,  pag.  59-60:  C.  1.  L..  loc.  cit.) 

(10)  Varni,  op.  cit.,  I,  pag.  12  e  passim.  Jozzi,  op.  cit.  e  Lettura  di  una  lapide  Libarnese,  Pisa  1890  : 
Sanguineti.  Iscrizioni  romane  della  Liguria  (Atti  d.  società  ligure  di  storia  patria,  III). 

(11)  Notizie  degli  scavi,  1914,  pag.  113. 

(")  In  parte  ora  trasportati  nel  R.  Museo  di  antichità  di  Torino. 


REGIONE    IX.  .  —    365    —  SERRAVALLE   SCRIVIA 

disio  di  preciso  limite  dell'abitato.  Fu  rilevata  la  pianta  del  teatro,  notevole  per  il  por- 
tico semicircolare  esterno  e  l'ingresso  principale  all'orchestra  normale  alla  scena,  oltre  i 
soliti  ingressi  laterali  presso  i  paraskenia.  In  altra  parte  della  città  si  scopersero  estesi 
avanzi  monumentali,  con  ogni  verosimiglianza,  del  foro  e  di  edifici  pubblici  annessi. 
Vi  accedeva  una  larga  e  lunga  via.,  il  deeumanus  maximus  (1). 

Dopo  l'anno  1911,  allo  scopo  di  esplorazione  scientifica  si  aggiunse  quello  di  lasciare 
scoperta  una  zona,  i  cui  ruderi  superstiti  potessero  utilmente  essere  visitati,  in  vici- 
nanza del  teatro,  fino  allora  unico  testimone  visibile  della  scomparsa  città.  Come  ap- 
pare dalle  piante  qui  pubblicate  a  complemento  di  quella  del  Moretti  (fig.  1  e  2)  si  iniziò 
e  si  condusse  quasi  complet-imente  a  termine  lo  sterro  dell'anfiteatro,  chiuso  entro  una 
costruzione  monumentale,  e  delle  strade  di  accesso  al  medesimo,  fiancheggiate  da  case 
private.  Ritrovamenti  artistici  :  due  pavimenti  a  mosaico  (fig.  4-6).  Tutto  era  qui  livel- 
lato e  ridotto  quasi  dappertutto  alle  sole  fondamenta. 

* 
*  * 

L'anfiteatro  fu  eretto  presso  l'orlo  dell'alto  terrazzo  di  sinistra  della  Scrivia,  esten- 
dendosi la  città  su  area  fino  allora  non  occupata  da  altra  costruzione,  e  fu  chiuso  entro 
un  recinto  che  oggi  non  è  ancora  del  tutto  sterrato  nella  parte  sud,  dove  entra  in  pro- 
prietà private.  I  lavori  agricoli  spazzarono  dappertutto  il  terreno  dalle  macerie  (2). 

Il  recinto  adesso  è  livellato  al  suolo  antico.  A  nord  le  fondamenta  di  due  muri  paral- 
leli all'asse  minore  dell'anfiteatro  danno  indizio  di  una  costruzione  monumentale,  cui 
accedeva,  fra  due  basi  rettangolari  in  muratura  (m.  1,50  X  1,30),  la  strada  D.  Un  altro 
passaggio  era  aperto  in  questa  costruzione  monumentale  sul  prolungamento  dell'asse 
dell'ingresso  nord  dell'anfiteatro.  Alcuni  rocchi  di  colonne  e  capitelli  dispersi  corinzi, 
venuti  in  luce  tra  questa  costruzione  e  l'ingresso  nord  dell'anfiteatro,  non  si  sa  a  quale 
monumento  abbiano  appartenuto.  Lo  spessore  notevole  dei  muri  (m.  0,70)  e  l'accuratezza 
della  costruzione  fanno  pensare  ad  un  edificio  adorno  in  ogni  sua  parte,  salvo  forse  ad 
oriente,  sull'orlo  del  terrazzo  della  Scrivia.  Questo  lato  del  recinto,  dopo  secoli  di  lenta 
erosione  per  opera  delle  acque,  appare  ora  sospeso  sull'orlo  del  terrazzo  stesso  (3).  A  que- 

(x)  Questa  strada  era  già  stata  vista  per  brevissimi  tratti  dal  Varni  (op.  cit.,  I,pag.  16-17)  e  dal 
Capurro  (cit.) 

(*)  I!  Varni  (op.  cit.,  pag.  30)  scrisse  che  il  frammento  epigrafico  C.  I.  L.,  V,  7424  era  sull'orlo 
di  un  ■  pozzo  »  in  vicinanza  dell'anfiteatro.  Dal  frammento  stesso  il  Sanguineti  (op.  cit.,  pag.  250)  dedusse 
che  questo  pozzo  era  stato  «costrutto  per  uso  di  sacrifizi  in  servizio  di  qualche  tempio»,  Il  Vanii 
(op.  cit.,  I,  pag.  10)  vide  anche  «  verso  l'anfiteatro  »  avanzi  di  un  edifizio  ch'egli  ritenne  un  bagno  di 
forma  rotonda  con  piccole  nicchie  disposte  all'intorno  e  pavimento  a  mosaico  a  tesselli  bianchi  e  neri. 
«  La  struttura  di  tale  edifizio  era  di  arenaria.. .le  traccie  di  una  impellicciatura  di  persichetto  »,  forse 
di  zoccolo  che  girava  intorno.  Anche  questa  costruzione,  aggiunse  il  Varni;  «  disparve».  Jozzi  (Cenno 
storico,  pag.  36)  riferì  che  presso  l'anfiteatro  sarebbe  stato  raccolto  dal  Varni  il  frammento  epigrafico 

P.  ManUnis  P.  I «s 

Lo  Jozzi  avendolo  invano  ricercato,  ritiene  che  sia  fra  le  lapidi  conservate  nei  sotterranei  della  Uni- 
versità di  Genova. 

(3)  A  causa  della  sopra  accennata  erosione,  verso  sud-est  questo  lato  del  recinto  franò  scom- 
parendone ogni  traccia. 


SERRAVALLE    SCRIVIA 


—    366    — 


REGIONE    IX. 


sta  altezza  sul  letto  della  Scrivia,  benché  in  età  romana  meno  profondo  che  oggidì,  ben 
difficilmente  ed  eccezionalmente  questo  lato  del  recinto  dovette  servire  a  protezione  del- 
l'anfiteatro contro  le  piene  del  fiume  ('). 

In  terreno,  per  natura  lievemente  declinante  da  sud  a  nord  e  da  ovest  ad  est,  del- 
l'anfiteatro sono  oggi  visibili  le  fondamenta,  uniformemente  dello  spessore  di  m.  0,90, 
innalzantisi  solo  per  brevi  tratti  di  circa  un  metro  sul  livello  antico  del  suolo  circo- 
stante. I  lavori  agricoli  furono  fatali  a  questi  ruderi.  Più  di  un  secolo  fa,  scriveva  il 


A 


;v;:         JW 

Ma: 


TT;L"?_  .'LI Il C  J .VllÈ-VLX        \ 

'       V      LIMITE      dì         SCAVO 


°.         io        io       yj^       io       io 

t 1 1      ,  ,  i. i— __j 


Fio.  1. 


Bottazzi  testimone  oculare  (2):  «L'anfiteatro,  da  pochi  anni  a  questa  parte,  fu  mag- 
giormente distrutto  ed  una  porzione  fu  coperta  da  uno  sfasciume  di  ogni  sorta  di 
rovine.  Tentarono...  i  contadini,  e  misero  in  opera  tutti  gli  sforzi  per  iscavarlo  da  tutte 
le  parti,  e  dentro  e  fuori,  onde  estrarne  le  vestigia,  e  senza  dubbio  già  sarebbe  del 
tutto  estinto,  se  si  fosse  potuto  abbattere  la  sua  solidità....  ». 

I  muri,  come  nel  teatro  e  nelle  altre  costruzioni  libarnensi  e  solitamente  nelle  costru- 
zioni romane  liguri  e  subalpine,  sono  di  pietrame,  con  le  facce  a  vista  rivestite  di  rego- 
lari ordini  di  ciottoli  spaccati.  A  determinati  livelli  sono  rinforzati  da  doppi  strati  di 
lateres  continui  per  tutto  l'anfiteatro.  Maggior  uso  di  malta  di  calce  rende  la  costruzione 
dell'anfiteatro  meno  solida  di  quella  del  vicino  teatro.  Il  piano  della  arena  è  più  basso  del 
livello  antico  del  suolo  esterno  all'anfiteatro  :  abbassamento  ottenuto  mediante  scavo. 

(*)  Moretti,  <>p.  cit.,  pap.   12fl. 
(*)  Osservazioni,  cit.,  pasr.  32-33. 


REGIONE    IX. 


—   367 


SERHAVAI.IE   SCRIVI  A 


Gli  assi  hanno  la  medesima  orientazione  delle  strade  e  degli  altri  edifici  libarnensi: 
misurarono  nell'arena  m.  66  e  m.  36,70  ;  tra  l'arena  ed  il  muro  perimetrale  esterno, 
m.  11.  L'ampiezza  dell'anfiteatro  è  quindi  approssimativamente  fra  le  medie  dei  monu- 
menti di  questo  genere  (l). 

Alle  estremità  degli  assi  gli  ingressi  principali.  Quelli  all'estremità  dell'asse  mag- 
giore a  nord  ed  a  sud  danno  accesso  direttamente  all'arena  :  rimangono,  in  posto,  come 
appare  dal  piano,  alcune  soglie  di  lastroni  di  arenaria,  mostranti  ancora  incavi  per  i 


vftA^ì 


Fig.  2. 


cardini  delle  porte  (fig.  1  a,  b,  e,  il,  e,  f,  g,  4).  Per  l'accennato  declivio  del  terreno  la 
soglia  esterna  dell'ingresso  sud  supera  il  piano  dell'arena  di  m.  1,23;  la  soglia  nord,  di 


(*)  L'anfiteatro  di  Limi,  sterrato  da  non  molti  anni  (Mazzini,  in  Meni.  d.  r.  accad.  d.  scienze  di 
Torino,  ser.  2",  LXV,  1916).  ha  l'arena  quasi  deila  stessa  ampiezza  di  quella  di  Libarna,  pur  essendo 
diverso  il  rapporto  ira  gli  assi:  le  costruzioni  destinate  agli  spettatori  vi  hanno  maggiore  sviluppo, 
come  «'■  naturale  in  una  città  più  ricca  ed  importante.  Maggiore  sviluppo  delle  costruzioni  destinate  agli 
spettatori  ha  anche  l'anfiteatro  di  Aosta,  fino  ad  ora  noto  per  i  limitati  saggi  fattivi  dal  Piomis  {Le 
antichità  di  Aosta,  nelle  Mem.  d.  r.  accad.  d.  scienze  di  Torino,  ser.  2»,  XXI,  1864):  non  appena  pos- 
sibile, la  Soprintendenza  delle  Antichità  per  il  Piemonte  ne  inizicrà  l'esplorazione  ed  i  restauri.  Piut- 
tosto ampio  era  l'anfiteatro  di  Augusta  Bagiennorum  (Bene  Vagienna,  in  provincia  di  Cuneo),  assai 
minato  (Atti  d.  società  piemontese  di  archeol.,  VII,  pag.  70;  Not.  d.  scavi,  1898,  pag.  299).  Pochissimo 
si  sa  dell'anfiteatro  di  Pollentia  (Franchi  Pont,  Delle  antichità  di  Pollenza,  in  Mem.  d.  r.  accad.  d.  scienze 
di  Torino,  1806).  Piuttosto  piccolo  era  l'anfiteatro  di  Velleja,  finitima  a  Libarna  (Notizie  degli  scavi, 
1877,  pag.  157  segg.) 


SERRAVALLE    SCRIV1A  —    368    —  REGIONE    IT. 

m.  0,75.  Alcune  lastrine  marmoree,  ancora  in  posto  presso  la  soglia  interna  dell'ingresso 
sud,  sono  avanzo  di  una  breve  zona  lastricata  di  quella  parte  dell'arena.  Nello  stesso 
ingresso  dalla  soglia  esterna  si  scendeva  all'arena  per  alcuni  gradini  di  arenaria, 
poggianti  su  terreno  detritico  di  riporto,  molti  dei  quali  rinvenuti,  smossi,  sul  posto. 
L'ingresso  nord  conserva  avanzi  di  pavimentazione  laterizia,  forse  rifacimento  poste- 
riore alla  prima  costruzione.  Questi  ingressi  certamente  erano  coperti  da  vòlte,  sopra 
le  quali  i  gradini  della  cavea  (1). 

Questi  due  ingressi  comunicavano  per  istrette  porte  con  le  piccole  celle  laterali 
(fig.  1  lett.  i,  l,  m)  coperte  un  tempo  dalla  cavea  (2),  adibite  alla  distribuzione  delle 
tessere  o  ad  altri  servizi.  Nella  cella  i  una  base  rettangolare  in  muratura  laterizia. 
Non  è  possibile  determinarne  l'uso  :  le  pareti  della  stessa  cella  non  hanno  il  solito  rive- 
stimento a  ciottoli  spaccati,  e  conservano  alcuni  avanzi  d'intonaco  giallo  chiaro.  La 
cella  l  ha  ancora  una  soglia  laterizia  ^li  accesso  all'arena. 

La  strada  E,  lastricata  a  grossi  lastroni  poligonali,  ascendente  con  lieve  rampa 
ottenuta  con  rinterri  e  sostruzione  in  muratura,  permetteva  ai  veicoli  l'accesso  alla  parte 
superiore  della  cavea. 

All'estremità  opposta  uno  stretto  passaggio  di  servizio  (ri)  dall'esterno  scendeva 
all'arena,  forse  la  porta  libitinaria  (3).  Fu  trovata  ingombra  di  massi  squadrati  di  are- 
naria, ora  smossi,  originariamente  disposti  a  gradini,  come  risulta  dalle  traccie  lasciate 
sui  muri  laterali,  cui  aderivano  con  calce. 

La  distanza  di  m.  11  tra  il  limite  dell'arena  e  la  fronte  esterna  dell'edifìcio  sembra 
escludere  che  vi  fossero  più  di  due  maeniana,  né  abbiamo  tracce  che  superiormente  cor- 
resse un  portico  ornato  di  colonne. 

Le  fondamenta  del  muro  del  podio,  profondo  circa  un  metro  sotto  il  livello  del  ca- 
naletto per  scolo  delle  acque  che  scorre  al  suo  piede  tutt'intorno  all'arena,  sono  di  mu- 
ratura varia  fatta  con  ciottoli  oppure  con  quadrelli  di  arenaria. 

Il  muro  del  podio  oggi  si  eleva  di  m.  0,50  sul  piano  dell'arena,  offrendo  verso  l'arena 
medesima  una  fronte  di  tre  ordini  regolari  di  quadrelli  di  arenaria  uniti  con  calce  ;  la  sua 
maggiore  altezza  originaria,  richiesta  dal  genere  di  spettacoli  che  talora  davansi  negli 
anfiteatri,  è  dimostrata  dai  ruderi  dei  muri  radiali  di  sostegno  della  cavea,  che  giungono 
fino  al  muro  del  podio  sormontandolo.  L'altra  fronte  del  muro  del  podio  era  interrata, 
come  dovevano  essere  interrati  fin  quasi  alla  loro  altezza  odierna  i  muri  radiali  di  soste- 
gno della  cavea  (4).  Nessun  avanzo  della  gradinata  ne  degli  scalarla  che  la  dividevano 
in  cunei  ;  per  la  disposizione  dei  muri  radiali  di  sostegno  della  cavea  sembra  improbabile 
l'esistenza  di  ambulacri  interni  nella  parte  più  bassa  della  costruzione.  Passaggi  con- 
ducenti direttamente  dall'esterno  alla  cavea  sono  attestati  da  alcuni  lastroni  di  arenaria 

(x)  Alcuni  laterizi  formati  a  cuneo  ad  uso  di  arco,  trovati  fra  i  rottami  presso  l'ingresso  sud,  sem- 
brano attestarlo. 

(*)  Così  anche  a  Luni  (Mazzini,  op.  cit.)  ed  a  Pompei  (Mau,  Pompeji  in  Leben  und  Kunst,  1908, 
pag.  218-219). 

(a)  Simile  passaggio  è  nell'anfiteatro  di  Pompei  (Mau,  op.  cit.). 

(*)  Vi  manca  infatti  un  rivestimento  regolare.  Le  fondamenta  di  questi  muri  vennero  scavate 
nel  terreno  vergine. 


REGIONE    IX. 


—  369 


SERRAVALLE   SCRIVIA 


bene  squadrati,  evidentemente  soglie,  ancor  oggi  poggiati  sul  muro  esterno  dell'anfi- 
teatro (fig.  1  a,  b,  e,  d,  e,  f,  g,  h).  Queste  soglie  erano  certamente  precedute  all'esterno 
da  gradini  ora  scomparsi,  uno  o  più,  secondo  il  livello  del  terreno,  i  quali  dovevano  cor- 
rere tutt'intorno  alla  base  del  monumento  (1). 

Come  nel  piccolo  avanzo  unico  superstite  (fig.  3  ;  fig.  1  leti  g),  la  fronte  esterna 
dell'anfiteatro,  interrotta  da  piccole  porte,  era  forse  dappertutto  semplicemente  variata 
con  leggere  sporgenze  a  modo  di  lesene,  senza  alcun  rivestimento  sui  quadrelli  di  are- 
naria collegati  con  calce,  interrotti  a  determinati  livelli  dai  doppi  strati  laterizi. 

Se  la  cavea  fosse  sostenuta  da  vòlte  in  muratura  o  da  trabeazioni  non  si  può  dedurre 
dallo  stato  odierno  dei  ruderi:  la  piccola  distanza  che  separa  l'uno  dall'altro  i  muri  di 


■ 


Fig.  3. 


sostegno  si  prestava  ad  ambedue  i  sistemi,  né  è  possibile  sapere,  quanto  si  sia  fatto 
uso  di  legname  nella  sua  costruzione.  Nulla  fu  rinvenuto  che  ci  dia  l'età  dell'anfi- 
teatro ;  la  minore  solidità  di  costruzione  lo  farebbe  ritenere  posteriore  al  teatro  ; 
potrebbe  essere  del  II  secolo,  l'età  in  cui  apparvero  in  gran  numero  gli  anfiteatri  nel 
mondo  romano  (2). 

Rovesciata  fuori  dall'ingresso  sud  dell'anfiteatro  si  disseppellì  una  piccola  ara  un 
po'  rotta,  con  la  dedica  di  un  Cassius,  di  una  gens  cioè  fino  ad  ora  ignota  nell'epigrafia 
libarnense  : 

Q.  •  CASSIVS 

(urceus)  CALLI  STVS  (patera) 

M-POS 

Strade  d'accesso  all'anfiteatro;  mosaici.  Al  margine  del  terrazzo 
della  Scrivia  cessa  ogni  traccia  di  costruzione  e  così  pure  a  nord  del  recinto  dell'an- 
fiteatro (3):  fra  le  strade  C,  D,  E,  F  (fig.  2),  invece,  frequenti  le  fondamenta  di  edifici,  fin 

(x)  L'opus  intertum,  che  ora  appare  sotto  il  livello  delle  soglie  predette,  fino  al  piano  antico  cir- 
costante, determinato  ora  dalle  soglie  degli  ingressi  principali  dell'arena,  doveva  essere  coperto  da 
gradini,  mancando  ogni  traccia  di  rivestimento  con  lastre  marmoree  o  intonaco. 

(2)  Le  monete  raccolte,  poche  ed  in  cattivo  stato  di  conservazione,  sono  por  la  maggior  parte  del 
II  secolo  o  del  principio  del  III.  Alcune  di  Augusto,  Druso,  Vespasiano:  le  più  tarde,  non  identifica- 
bili, possono  essere  del  IV  secolo.  Ma  i  movimenti  di  terreno  avvenuti  in  questa  zona  non  permettono 
alcuna  deduzione  cronologica. 

(3)  Vi  si  fecero  saggi  di  scavo. 


SERRAVALLE    SCRIVIA 


—  370  — 


REGIONE    IX. 


presso  l'anfiteatro.  L'esplorazione  di  questa  zona  è  appena  iniziata,  così  che  ora  non  po- 
trebbesi  affermare  che  fosse,  come  d'altronde  sembra  verosimile,  tutta  coperta  di  edifici. 
I\egli  scavi  dell'anno  1911  ed  in  alcuni  piccoli  saggi  posteriori  si  mise  in  luce  per  un 
tratto  non  breve  la  strada  C,  selciata  con  piccoli  ciottoli,  imboccante  il  portico  dietro  la 
scena  del  teatro,  fino  al  suo  incrocio  con  la  strada  D.  Negli  ultimi  scavi  si  riconobbe,  di 
quest'ultima,  il  tratto  largo  in.  4,30,  selciato  a  piccoli  ciottoli,  fiancheggiato  da  fonda- 
menta di  muretti  a  ciottoli  e  calce,  che  conduce  all'ingresso  monumentale  de!  recinto 


Fio.  4. 

dell'anfiteatro  ;  si  rilevò  il  crocicchio  tra  la  strada  C  e  la  strada  E  (1),  e  fu  sterrata  e  la- 
sciata allo  scoperto  la  strada  E  fino  al  suo  accesso  all'anfiteatro,  come  si  è  già  detto  (*). 

In  tutta  questa  zona  le  strade  erano  lastricate  a  lastroni  poligonali,  tuttora  parzial- 
mente conservati  in  tratti  continui,  come  risulta  dal  piano. 

Dei  margines  sopraelevati  rimangono  qua  e  là  massi  squadrati  di  arenaria.  Lateral- 
mente alle  strade  erano  edifìci,  la  cui  poca  altezza  è  attestata  dallo  scarso  spessore  dei 

(*)  Anello  qui  la  strada  C  è  larga  fra  i  «  margines  »  m.  4,80  come  presso  il  teatro  ;  «lista  dalle  costru- 
zioni laterali  in.  1.40  0  2.05.  Il  crocicchio  è  stato  ricoperto  dalla  rampa  del  cavalcavia  sulla  nuova 
linea  ferroviaria  Genova-Tortona.  Pratiche  fatte  dalla  R.  Soprintendenza  ottennero  che,  invece  di 
un'unica  rampa  d'accesso  già  progettata  nella  direzione  dell'anfiteatro,  se  ne  facessero  due  parallele 
all'asso  della  ferrovia  e  di  minor  danno  per  la  zona  archeologica.  Dal  cavalca  via  si  abbracciad'un  colpo 
d'occhio  tutta  la  zona  sottostante,  compreso  l'anfiteatro. 

(*)  Larga  fra  i  «margines»  ni.  4,70.  Si  prolunga  ad  ovest  del  crocicchio, restringendosi  alquanto 


REGIONE   IX. 


—  371 


SERRAVALLE    SCRIVIA 


muri  (m.  0,45  X  0,50),  ora  rasi  al  suolo,  All'incontro  delle  strade  C  ed  E  un  edificio 
era  preceduto  da  un  piccolo  portico,  di  cui  restano  tre  basi  di  colonne,  in  arenaria. 
Trattasi  verosimilmente  di  abitazioni  private  e  di  botteghe,  ma  è  impossibile  -  dato 
specialmente  lo  stato  di  ruina  in  cui  trovansi  -  determinare  la  destinazione  dei  varii 
locali.  I  ritrovamenti  archeologici  fino  ad  ora  avvenuti  nella  parte  occidentale  del- 
l'Italia non  permettono  di  stabilire,  per  questa  regione,  il  tipo  di  casa  privata  romana  (1). 
Se,  per  norma,  constava  di  locali  raggruppati  intorno  ad  un  atrio  o  ad  un  cortile  (2), 
numerose  certamente  ne  furono  le  modificazioni  e  le  varianti. 

A  sud  della  strada  D  è  un  gruppo  di  costruzioni,  forse  private  anch'esse.  Se  fos- 
sero unite  al  recinto  dell'anfiteatro  o  separate  da  strade  non  si  può  ora  riconoscere  per 


Fig.  5. 


la  completa  distruzione  di  ogni  vestigio  archeologico  in  quel  breve  tratto.  Testimoniano 
l'antica  eleganza  pochi  avanzi  di  intonaco  parietale  bianco  e  rosso,  piccoli  prismi  esago- 
nali, laterizi  pavimentali  ;  un  locale  pavimentato  a  lastrine  marmoreee  (fig.  1  p),  un  mo- 
saico pavimentale  a  tasselli  bianchi  e  neri  (fig,  4,  5,)  nel  locale  o. 

Questo  mosaico,  per  la  finezza  e  l'eleganza  dei  disegni  geometrici  e  vegetali,  è  da 
escludere  che  appartenga  a  bassi  tempi,  e  potrebbe  essere  attribuito  a  quel  periodo  del- 
l'arte musiva  romana  che  fu  detto  degli  Antonini.  In  questo  periodo  il  mosaico  ebbe 
la  maggiore  diffusione  anche  nelle  regioni  galliche. 


* 
*  * 


Mosaico  figurante  le  stagioni,  bell'intervallo  fra  gli  scavi  del  1911 
e  quelli  del  1912,  lavori  ferroviari  misero  casualmente  in  luce  un  mosaico  rotto  ed 

(*)  A  Vclleja,  coeva  e  confinante  con  Libarna,  per  quanto  fino  ad  ora  è  stato  reso  noto,  gli  scavi 
non  hanno  dato  nessun  esempio  completo  di  case. 

(2)  Negli  scavi  eseguiti  a  Libarna  l'anno  1911,  il  Moretti  osservò  i  resti  di  una  grande  casa,  di  cui 
si  potè  tracciare  parte  di  all'ala  e  Vatrio  fra  due  stanze  (Muretti,  op.  cit.,  p.  106).  Le  mansioni  romane 
del  Piccolo  San  Bernardo  (Alpìs  Graja)  sono  edifici  a  cortile  centrale. intorno  al  quale  sono  le  stanze. 

Notizie  Soavi  1922  —  Voi.  XIX.  48 


SERRAVALLE   SCRIVI  A 


—  372 


KEGIONE   IX. 


incompleto  (fig.  6),  quasi  a  lato  della  strada  C,  a  pochi  metri  dal  locale  f,  nel  quale  il 
Moretti  aveva  già  scoperto  un  pavimento  a  mosaico  (x).  Il  nuovo  mosaico  rappresenta 
le  stagioni.  È  chiara  la  figurazione  dell'Estate  in  un  busto  muliebre  coronato  di  spighe 
e  con  la  falce  ;  l'altro  busto  potrebbe  figurare  la  Primavera,  coronata  di  fiori,  per  quanto 
le  rotture  del  mosaico  stesso  non  consentano  una  sicura  definizione.  Mancano  le  figure 
dell'Autunno  e  dell'Inverno.  Per  le  carni  furono  usati  tesselli  roseo-chiari,  per  il  resto 
bianchi  e  neri.  La  figurazione  delle  Stagioni  è  molto  frequente  e  variata  nei  mosaici 
romani  dal  II  secolo  in  poi  (2).  La  sobria  eleganza  del  disegno  esclude  l'attribuzione 
del  mosaico  ai  bassi  tempi. 


* 
*  * 


Scoperte   casuali   varie.  Oltre  le  strade  di  cui  sopra,  si  incontrò  casual- 
mente, in  occasione  di  lavori  agricoli,  un  tratto  di  strada,  a  monte  della  vecchia  ferrovia, 


Fig.  6. 


a  m.  30  dal  teatro,  sul  prolungamento  dell'asse  dell'ingresso  centrale  del  teatro  stesso. 
Fra  le  strade  F  e  G  del  piano  generale  di  Libarna  (3),  sul  fianco  orientale  della  vec- 
chia ferrovia  di  Novi,  per  una  lunghezza  di  39  m.  corre  un  ampio  condotto  in  muratura 
a  vòlta,  verosimilmente  acquedotto,  diramantesi  in  varii  condotti  secondari  più  piccoli, 
similmente  costrutti.  Al  limite  sud  della  città,  vicino  alla  nuova  ferrovia  Genova-Tor- 
tona, venne  in  luce  una  sepoltura  del  principio  dell'età  moderna:  scheletro  in  relativo 
buono  stato  di  conservazione  in  una  specie  di  cassa  di  frammenti  laterizi  e  marmorei 
tratti  dai  ruderi  romani,  senza  suppellettile.  Lì  presso,  tomba  analoga  era  stata  rinve- 
nuta negli  scavi  dell'anno  1911. 

(})  Moretti,  np.  cit.,  p.  117. 

(a)  Non  sempre  nei  mosaici  a  figurazione  di  stagioni  l'Estate  è  rappresentata  con  la  falce.  Manca, 
ad  esempio, nel  mosaico  delle  stagioni  scoperto  ad  4JWn<tmtMum(Ventimiglia), molto  simile  d'altronde, 
in  tutta  la  parte  geometrica  della  decorazione,  a  questo  libarnese  (G.  Rossi.  /  Liguri  IntemeK,  tav.  1, 
in  Atti  d.  società  ligure  di  storia  patria,  XXXIX).  Negli  ultimi  scavi  del  piazzale  delle  corporazioni 
ad  Ostia,  in  una  rappresentazione  delle  stagioni  riferibile  al  tempo  di  Settimio  Severo,  l'estate  è  sim- 
boleggiata in  un  putto  alato  tenente  in  mano  una  falce  (Notine  d.  scavi  1916,  p.  140,  fig.  1). 

(3)  Moretti,  op.  cit. 


REGIONE    IX.  ,  37-')   SERRAVALLE    SCKIVIA 


* 

*    * 

Oggetti  rinvenuti.  Fra  le  monete  raccolte  negli  scavi  eseguiti  dopo  l'anno 
1911  le  più  antiche  sono  un  piccolo  bronzo  gallico  di  conio  indigeno  col  tipo  del  leone 
e  leggenda  Dikoi  ;  due  assi  onciali,  uno  corroso,  l'altro  della  gens  Vibia  (x).  Del  primo 
sec.  d.  Cr.  poche  monete  (8).  Numerose  del  II  e  III  secolo,  l'età  del  maggiore  sviluppo 
di  Libarna  (3). 

Fra  le  rovine  lungo  la  strada  E  furono  scoperte  due  erme  muliebri  marmoree,  coro- 
nate di  fiori  e  frutti,  coi  capelli  a  treccie  scendenti  davanti  sulle  spalle  :  un  frammento 
di  epigrafe  marmorea  in  belle  lettere 


\= 


VS-C-F 


v 


un  bollo  su  ansa  d'anfora  in  lettera  rilevate  Q  •  S  P  e  altro  bollo  frammentato  su  ansa 
d'anfora  ....VVI. 

Di  vetro  frammenti  di  vasi  comuni;  di  ferro  un  coltello  triangolare  ed  una  cuspide, 
catenelle,  spatolette.  aghi  crinali  di  bronzo.  Lucernette  fittili,  intere  e  frammentate,  su 
una  delle  quali  il  noto  bollo,  a  rilievo  in  lettere  capitali,  PVLLI  (*). 

Nessun  vaso  fittile  intero,  fra  le  rovine,  dove  si  svolse  sempre  distruttrice  e  rinnova- 
tricc  la  vita.  Numerosi  frammenti  di  fittili  comuni,  parte  dei  quali  di  rozza  produzione 
regionale,  talora  con  i  soliti  ornali  graffiti  o  a  stecca.  In  certo  numero  -a  Libarna  come 
in  tutta  la  Cisalpina  ed  oltralpe  frammenti  di  quei  vasi  di  finissimo  impasto,  di  elegan- 
tissima modellatura,  e  di  bolla  vernice  rossa  corallina,  detti,  con  denominazione  moderna, 
di  *<  terra  sigillata  ».  Sono  alcuni  di  officine  italiche  (5),  se  non  propriamente  aretine,  delle 
quali  già  il  Vanti  aveva  segnalato  prodotti  importanti  a  Libarna  (6)  ;  frammenti  di  coppe 

(*)  Babclon,  Monnaies  consulmres,  Vibia,  n.  11  (circa  90  av.  Cr.). 

(21  Fra  esse  nn  denaro  di  Galba  (Cohen,  Médailles  imperiale»,  2»  ed.,  n.  419). 

(3)  Tale  deduzione  però  non  potrebbe  essere  tratta  solo  dalle  monete  :  è  naturale  che  nelle  esplo- 
razioni delle  antiche  città  abbandonate  si  raccolgano  in  maggior  numero  monete  delle  ultime  età  di  vita 
della  città,  anche  se  queste,  per  avventura,  non  fossero  delle  età  di  maggiore  sviluppo  della  città  stessa. 

(*)  Bollo  su  la  lucerna  di  forma  Dressel  (C.  I.  L.,  XV,  tav.  Ili  n.  6)  forma  frequente  nell'Italia 
settentrionale  ed  oltralpe  nel  I  sec.  dopo  Cr.  Il  bollo  pvlli  ed  altri,  pur  essi  molto  diffusi  (esemplari 
ne  furono  ritrovati  anche  a  Libarna  ed  elencati  dal  Vanii,  op.  cit.,  p.  45  segg.),  sono  peculiari  e  limitati 
alle  lucerne  delle  forme  Dressel  5  e  6  (Anti,  Le  lucerne  del  museo  di  Verona,  in  Madonna  Verona,  fase. 
24,  25,  30-31). 

(*)  Orlo  di  patera  ed  altro  di  coppa  di  forma  Dragendorf  [Terra  sigillata,  in  Banner  Jahrbucher, 
XCVI  e  XVCI 1,  1895)  n.  25.  Ad  ambedue  sovrapposte  figure  di  rosette,  comuni  sui  vasi  di  queste  classe 
(vedi,  ad  esempio,  figurazioni  in  Bianchetti,  /  sepolcreti  di  Ornavasso,  tav.  XX,  n.  26,  in  Atti  d.  società 
piemontese  ii  archeologia,  VI;  Bericht  des  Vereins  Carnvnlum,  Wien.  1914,  pag.  165-166,  flg.  29). 

(•)  Vanii,  op.  cif.,  I,  pag.  22,  40-41,  135  e  II,  pag.  17  segg.;  C.  1.  L.,  V,  8115,  passim.  Il  Varni 
ne  ignorava  le  officine,  e  ne  lesse  alcuni  bolli  certamente  in  modo  inesatto.  Sono  delle  note  officine  di 
P.  Cornelius,  di  L.  Tettius  Atejus,  Murrina,  L.  Gellius  e  di  officine  non  ben  determinate.  Su  queste 
officine  vedi  C.  1.  L.  XI.  Per  la  diffusione  in  Piemonte  di  questi  prodotti  vedi  P.  Barocelli  (Bollet- 
tino d.  società  piemontese  di  archeologia,  I,  fase.  4;  II,  fase.  1  e  2). 


SERRAVALLE   SCRIVIA  —    374    —  REGIONE    IX. 


emisferiche  ornate  a  figure  umane,  di  animali,  di  ricchi  fregi  vegetali,  della  seconda  metà 
del  primo  secolo  e  del  principio  del  li  d.  Cr.,  opera  di  figuli  gallici  transalpini  (x),  rozzi 
imitatori  di  bellissimi  prodotti  affini  di  Arezzo. 

Sui  molti  frammenti  laterizi  nessun  bollo  di  officina  (*)  ;  su  un  frammento  l'impronta 
del  piede  di  una  capra. 


* 
*  * 


Non  mancava  a  Libarna  quel  grado  di  ricchezza  e  di  sviluppo  civile  che  la  pace  del- 
l'impero diede  in  genere  alle  città  subalpine,  né  quel  carattere  di  monumentalità  che 
dalla  metropoli  si  diffondeva  alle  più  lontane  provincie.  Tra  la  generale  dispersione  e 
distnizione,  testimoniano  lo  sviluppo  e  l'amore  dell'arte  il  capitello  della  chiesa  di  San 
Giovanni  Battista  in  Serravalle  e  le  due  statuette  di  bronzo  segnalate  già  dal  Moretti  (*). 
La  città,  colle  sue  strade  intersecantisi  ad  angolo  retto  e  le  sue  insulae  rettangolari,  si 
mostra  di  nuova  fondazione  romana  :  aveva  case  adorne  di  svariati  intonaci  e  di  pavi- 
menti a  mosaico  ;  possedeva  un  foro,  cui  si  accedeva  per  un  arcus  triumphalis  a  cui  erano 
annessi  templi  ed  altri  edifici;  aveva  il  teatro,  l'anfiteatro,  l'acquedotto  (4);  indubbia- 
mente le  terme  (s)  la  cui  esplorazione  non  ancora  tentata,  ormai  dopo  secoli  di  violenta 
distruzione,  non  darebbe  notevoli  risultati.  Dagli  scavi  regolari  fino  ad  ora  non  si  ebbero 
vestigia  di  mura  difensive:  gli  scavi,  anzi,  condotti  l'anno  1911,  parrebbero  escludere 
vere  e  proprie  mura  (').  Avanzi  della  via  Postumia  non  furono  sul  piano  libarnese  oggi 
rinvenuti.  H  Bottazzi  ai  suoi  tempi  vide  ancora  i  resti  di  un  ponte  romano  sul  Rio  della 

(')  Forma  Dragendorf  n.  37;  Déchelette,  Yases  eéramiques  ornés  de  la  Gatiìc  Romaine,  Paris,  1904, 
voi.  I.  Anche  nei  frammenti  libarnensi  le  figure  umane  e  di  animali  sono  o  dentro  riquadri  (il  tipo  di  orna- 
mentazione liuto  col  nome  di  *  a  metope  »)  o  dentro  fregi  vegetali,  o  libere.  Mancando  bolli  di  figuli,  non 
si  possono  determinare  le  officine  dove  furono  prodotti.  Consìmili  frammenti  dovette  raccogliere  a 
Libarna  anche  il  Vanii  (op.  cit.,  pag.  36-38).  Altri  ne  raccolse  il  Moretti  (op.  cit). 

(*)  Delle  officine  laterizie  del  territorio  libarnense.dove  abbonda  ottima  argilla,  fino  ad  ora  cono- 
sciamo solo  pochi  bolli  enumerati  dal  Vanii  e  quindi  nel  C.  I.  L.,  V,  8110,  432,  435,  436,  437. 

f»)  Moretti,  op.  cit.,  pag.  131  segg. 
.  (*)  Il  Moretti  (op.  cit.,  p.  132 1  vide  avanzi  di  un  acquedotto,  nel  piano  di  Libarna,  non  lungi  dai 
ruderi.  Ma  non  fu  possibile  fino  ad  oggi  la  metodica  esplorazione.  C Vedi  in  proposito  anche  Varni,  op.  cit., 
I,  p.  1<  I.  Sugli  acquedotti,  a  condotto  in  muratura  ed  in  galleria,  bene  visibili  al  principio  del  secolo 
passato,  a  monte  di  Libarna,  lungo  la  valle  di  Scrivia,  vedi  Corderò,  op.  cit.,  pag.  151  :  Bottazzi,  Osserva- 
zioni, ecc.,  1815,  pag.  87.  Avanzi  di  altri  acquedotti  «  in  calcestruzzo  >  vide  il  Bottazzi  medesimo  sul  ver- 
sante libarnense  dei  colli  che  chiudono  ad  occidente  il  breve  piano. 

(*)  Il  Bottazzi,  al  principio  del  secolo  passato,  identificò  le  terme  in  ruderi  notevoli  di  sale  coperte 
da  vòlte,  in  parte  •-.  sotterranee  •  tra  l'anfiteatro  e  la  cascina  della  Pieve  {Osservazioni,  p.  33-34).  Dal 
Bottazzi  trasse  il  Varni  (op.  cit.,  I  [).  Ferrari,  presso  Biscarra  (op.  cit.,  p.  130),  riferi  su  queste  «  terme  \ 
esistenti  tra  il  teatro  e  l'anfiteatro,  distrutte  sul  principio  del  1866:  «Misurai  il  pavimento  di  una 
sala  lunga  m.  9x7:  grossi  muri  a  calcestruzzo  furono  asportati:  vi  si  trovarono  molti  marmi  e 
mosaici  guasti  ed  infranti  ».  Anche  il  Corderò  (op.  cit.,  p.  147)  aveva  accennato  a  grandi  edifizi 
esistenti  presso  il  teatro,  senza  precisarne  la  destinazione. 

(*)  Muretti,  op.  cit.,  p.  115.  Il  Moretti  riconobbe  che  •'!  profondo  fossato  del  rio  della  Pieve  e  qualche 
tratto  dello  scosceso  terrazzo  della  Scrivia  da  soli  si  prestavano  a  difesa.  A  sud  forse  poteva  servire  a 
difesa  il  fossato  del  Picare,  un  tempo  certamente  più  profondo  che  non  oggidì:  il  Bottazzi  riferì  che  i 
contadini  andavano  colmandolo  gettandovi  dentro  macerie  (Osserv.,  p.  183-184). 


REGIONE    IX.  -  375    —  SERRAVAI.LE    SCRIVIA 

Pieve  (*)  ;  ma  oggi  anche  questi  sono  scomparsi,  asportati  forse  da  frane  o  da  erosioni. 
Di  un  altro  ponte  romano  parla  lo  stesso  autore,  di  cui  erano  le  fondamenta  nel  letto 
della  Scrivia,  e  che  sarebbe  stato  in  uso  ancora  nel  sec.  XIV  (*).  Non  se  ne  scorge  più 
traccia. 

Nessun  sepolcreto  finora  potè  essere  esplorato.  Abbiamo  solo  notizie  indeterminate 
di  tombe,  per  lo  più  laterizie,  taluna  segnalata  da  stele,  in  varii  luoghi  ad  ovest  e  a  nord 
della  città  (8). 

Non  abbiamo  dati  precisi  per  stabilire  l'età  degli  edifici  messi  in  luce,  neppure  là 
dove  furono  trovati  pavimenti  sovrapposti  (*).  Anche  dopo  gli  ultimi  scavi,  si  può  rite- 
nere col  Moretti  che  Libarna,  creata  colmiti  da  Xerva  o  da  Traiano,  abbia  raggiunto  il 
suo  massimo  sviluppo  nel  II  secolo  (5).  Le  migliori  costruzioni  di  cui  si  conservano  i  resti, 
come  il  teatro,  possono  risalire  alla  fine  del  I  od  al  principio  del  II  secolo  dopo  Cristo. 
L'anfiteatro  e  le  costruzioni  vicine  possono  essere  assegnate,  come  si  disse,  al  II  secolo, 
all'epoca  cioè  della  maggiore  estensione  della  città. 

*  * 

Ritrovamenti  avvenuti  nelle  vicinanze  di  Libarna.  Di  ruderi  ro- 
mani scoperti  e  distrutti  ai  piedi  dello  sperone  di  Arquata  scrisse  in  modo  indetermi- 
nato il  Bottazzi  (').  Che  vi  fosse  qualche  abitato  in  età  romana,  è  dimostrato  da  una 
lastra  di  piombo  (altezza  cm.  60;  spessore  1,5)  con  figurazioni  tratte  dai  giochi  dell'an- 
fiteatro, trovata  nel  settembre  1918  tra  i  magazzini  occupati  dai  reparti  inglesi  operanti 
in  Italia,  in  mezzo  ad  un  cumulo  di  ciottoli  spaccati  ad  uso  di  muratura,  ossa  rotte  di 
animali,  pezzetti  di  legno  carbonizzato  :  macerie  di  una  costruzione  certamente  accu 
rata,  ma  di  cui  ogni  pur  limitata  esplorazione  fu  impedita  da  ragioni  militari  (7).  Nella 
lastra  di  piombo  rimangono  integralmente  visibili,  in  piccoli  rilievi,  due  coppie  di  gla- 
diatori :  reliarius  verosimilmente  contro  seeutor,  trace  contro  oplomachus.  Sempre  a  pic- 
colo rilievo  ottenuto  a  stampo  nella  matrice  della  lastra  forma  cornice  in  alto  ed  in  basso 

(x)  Osserv.,  p.  49. 

(•)  Osserv.,  p.  70  e  27.  ' 

(*)  Epigrafi  funerarie  furono  raccolte  in  certo  numero  tra  Libarna  e  Serravalle  presso  il  cavalca- 
via sulla  ferrovia  detto  di  S.  Antonio  (C.  I.  !..  V,  742<ì.  7428,  7430,  7434,  7436,  7437;  Iozzi,  Cenno, 
cit.,  p.  31,  34,  37,  3!),  e  Lapide  libarnése,  cit.).  Altre  tombe  sembra  esistessero  ad  occidente  di  Libarna 
nei  campi  presso  la  cascina  della  Pieve  e  la  cascina  di  S.  Giovanni  (C.  /.  L.,  V,  7431";  Iozzi.  Cenno, 
p.  41)  :  nella  medesima  località  forse  erano  anche  tombe  d'età  cristiana  :  il  Varni  dice  che  l'epigrafe 
C.  I.  L.,  V  7429  fu  trovata  in  mezzo  ad  uno  sfasciume  di  ossa  umane  (op.  cit.,  II,  p.  35.  Iozzi,  Cenno, 
p.  42.  Vedi  Vanii,  op.  cit.,  I,  p.  20-22  :  II,  p.  5-6,  30.  31,  33).  Una  tomba  sarebbe  stata  trovata,  se- 
condo il  Varni  (op.  cit.,  I,  p.  44),  negli  scavi  pel  passaggio  della  ferrovia  (?).  G.  Poggi  (Genova  -  Palazzo 
Bianco,  p.  10)  scrisse  di  «  sepolcri  laterizi  »  scoperti  a  -<  nord  »  di  Libarna  e  di  un'urna  in  arenaria  con 
iscrizione ...  vria-prisca,  scoperta  a  Serravalle  nel  1908,  e  che  non  mi  fu  possibile  vedere. 

(«)  Varni,  op.  cit.,  I.  p.  12-14.  Moretti,  op.  cit.,  p.  116-118. 

(*)  Moretti,  op.  cit.,  p.  131. 

(•)  Osserv.,  loc.  cit. 

(*)  La  lastra  fu  salvata  dalla  rapacità  di  ufficiali  inirlcsi,  che  già  avevano  cominciato  a  tagliarla 
a  pezzi  per  dividersela  fra  loro,  per  l'energ;a  del  capitano  dei  carabinieri  sie.  Camino.  Ora  trovasi  nel 
R.  Museo  di  antichità  di  Torino. 


SERRAVA  L  LE    SCRIVI  A  —   376    —  REGIONE    IX. 

della  lastra  stessa  un  fregio  a  portici,  entro  i  quali,  sotto  festoni  vegetali  pendenti  fra 
capitello  e  capitello,  si  alternano  sempre  identiche  rozze  figurazioni  venatorie  (uomo 
che  trattiene  un  cane,  cinghialo,  lepre):  tutti  motivi  ornamentali  usitati,  ad  esempio, 
sui  vasi  gallici  di  terra  sigillata.  Piuttosto  che  per  un  sarcofago,  la  lastra  servì  forse  per 
apparecchio  o  costruzione  destinata  a  trattenere  l'acqua. 

Libarmi,  posta  su  una  delle  maggiori  vie  commerciali  e  militari  della  Cisalpina, 
era  centro  di  vasto  territorio  tra  Lucri,  Velleja  (x),  Placentia,  Ina,  Dertona,  Aquae  Sla- 
iiellae,  Genita.  È  verosimile  che  intorno  alla  città  esistessero  sobborghi. 

Così  a  nord  di  Serravalle  verso  Novi  Ligure  (*)  e  lungo  il  corso  inferiore  del  Bor- 
boni da  Borghetto  a  Vignalo  (*).  Il  Bottazzi  od  il  Vanii  scrissero  di  avanzi  romani  rin- 
venuti quasi  di  fronte  all'anfiteatro  nella  specie  di  isoletta  poco  elevata  tra  il  corso 
principale  della  Scrivi»,  un  suo  vecchio  braccio  ora  asciutto  e  la  confluenza  attuale  del 
Borboni.  Ivi  esisteva  ancora,  al  principio  del  secolo  passato,  il  convento  di  Precipiano, 
le  cui  origini  risalivano  ai  primi  secoli  del  medio  evo  (4). 

Un'ara  iscritta,  attesta  il  culto  delle  Matronae  fra  i  monti  di  Bocchetta  Ligure,  dove 
il  territorio  di  Libarna  confinava  con  quello  di  Velleja  e  di  Luca  (*). 

(J)  Secondo  il  Gabotto,  Bobbio  e  l'alta  vai  Trebbia,  prima  ili  divenire  durantej'inipero  municipio 
autonomo,  furono  o  velie jati  o  libarnenai  (Gabotto,  I  municift  romani  dell'Italia  occidentale  alla  morte 
di  Teodosio  il  Grande,  pag.  25!)  e  26G,  in  voi.  XXXII  della  Biblioteca  d.  Società  storica  subalpina). 
Menzionandosi  nella  tavola  alimentaria  di  Velleja  (C.  I.  L.,  XI,  1147)  l'Apennino  «  Godiasci  et  Are- 
liasci  »  come  nel  pago  libarnense  <  Eboreo  •>  (Monte  Ebore?),  il  Gabotto  ritenne  pure  che  libarnense  l'osse 
anche  l'alta  valle  della  Staffora  fino  allo  spartiacque  con  la  Coppa.  Anche  per  Libarna,  come  in  genere 
per  gli  altri  munieipii  romani  dell'Italia  Occidentale,  il  Gabotto  opinava  che  coincidessero  i  confini  del 
municipio  romano  e  del  vescovado  medioevale:  il  confine  fra  Libarna  e  Dertona  sarebbe  quindi  passato 
non  lungi  da  Serravalle,  sulla  dorsale  cioè  fra  il  Corone  e  Libarmi  rimanendo  a  Libarna  l'alta  valle  del 
Curone  e  sullo  spartiacque  Dentice-Cerquello-Sandigliano  (op.  cit..  p.  2(><>  segg.).  Oltre  al  pagus  Ebo- 
rens  la  tavola  alimentaria  di  Velleja  nomina  i  seguenti  «  pagi  »:  ATbcnsis,  nel  Vellejate  e  nel  Libar- 
nense presso  il  Lucense;  Martius,  nel  Libarnense,  nominato  insieme  coll'Albensis;  Moninus  (Meo  iu 
Val  Borbera)  nel  Libarnense  e  nel  Vellejate.  Cfr.  su  questi  pagi  :  De  Pachtère,  La  table  hypothécaire 
de  Veleia,  Paris  1920. 

(2)  Alla  esistenza  di  un  piccolo  abitato  sembrerebbero  accennare  le  tombe  di  Castel  Busseto, 
Merella  Capurro,  Tana,  a  nord  di  Serravalle  sulla  sinistra  della  Scrivia  (Bottazzi,  Osserv.,  p.  183-184; 
Vanii,  op.  cit.  ;  Iozzi,  Cenno,  p.  39;  Corpus  imcr.  lat.,  V,  7435).  Sulla  vetta  del  Rimanino  (sopra  Serra- 
valle)  ai  suoi  tempi  il  Vanii  (op.  cit.  I,  10)  segnalava  avanzi  monumentali:  ora  non  si  vedono  che 
informi  pezzi  di  arenaria  affioranti. 

(s)  Bottazzi,  Osserv.  cit.,  pp.  27-28;  Vanii,  op.  cit.,  II,  p.  33  n.  XI  (sarcofago  rotto  di  Borghetto 
Borbera,  con  l'iscrizione  C.  I.  L.,  V,  7432). 

(4)  Il  convento  di  Precipiano,  almeno  in  parte,  era  stato  costrutto  e  riparato  con  materiali  tratti 
dai  vicini  ruderi  di  Libarna  (Bottazzi,  Osserv.,  p.  68).  Ma  non  si  può  escludere  che  vi  sorgesse  qualche 
abitato  anche  in  età  romana:  il  Bottazzi  (Osserv.,  p.  44)  disse  di  ritrovamenti  romani  ivi  avvenuti. 
11  Varni  accennò  a  pavimenti  (?)  nella  villa  Peloso  a  Precipiano  (op.  cit.,  p.  13).  Il  Bottazzi  (Osserv., 
p.  44)  vide  anche  nel  letto  della  Scrivia  fondamenta  di  un  ponte  da  lui  ritenute  romane:  detto  ponte 
sarebbe  stato  ancora  in  uso  nel  sec.  XIV:  queste  fondamenta  non  sono  oggi  più  visibili,  come  si  è 
detto  sopra. 

(')  C.  1.  L.,  V,  7323  e  Iozzi,  Cenno,  p.  28  segg.  Per  l'alta  vai  Borbera,  verosimilmente  percorsa 
già  in  epoca  romana  da  una  strada,  il  Patrucco  (/  Saraceni  nelle  Alpi  occidentali  e  specialmente  in  Pie- 
monte, in  Bibl.  d.  Soc.  Storica  Subalpina,)  disse  di  un  sarcofago  rovesciato  a  Vendersi,  e  l'Oberziner 
(7  Liguri  ed  i  loro  commerci,  1903)  di  antichità  (?)  scoperte  a  Meu. 


REGIONE    IX.  ,  —   377   SERRÀVALLE   SCRIVIA 


* 
*    * 

Oggetti  ed  epigrafi  cristiane  non.  uscirono  dagli  scavi  della  soprintendenza:  po- 
chissimi ne  erano  venuti  in  luce  prima  nell'area  della  città  (1).  Ma  la  via  Postumia  era 
troppo  frequentata  e  troppo  facili  i  rapporti  con  Roma  e  con  la  Transalpina,  perchè  qui 
non  fosse  presto  arrivato  qualche  sprazzo  delle  nuove  credenze  che  già  durante  l'alto 
impero  si  erano  andate  diffondendo  nel  mondo  romano.  Caduta  Libarna,  era  sorto  presso 
le  sue  rovine,  a  Precipiano,  uno  dei  maggiori  eentri  di  vita  monastica  medioevale.  Le 
rovine  stesse,  che  erano  diventate  proprietà  del  fisco,  furono  poi  dotazione  del  mona- 
stero, forse  per  concessione  di  qualche  re  longobardo  (2). 

Libarna  era  caduta  assai  presto,  e  forse  non  per  lenta  decadenza  (3).  Le  notizie  che 
se  ne  hanno  arrivano  tutt'al  più  ai  primi  anni  del  V  secolo  :  poi  ne  scompare  completa- 
mente ogni  ricordo.  Le  monete  più  tarde  enumerate  dal  Varni  sono  di  Valentiniano  III 
e  Maurizio  Tiberio  (4)  :  quelle  uscite  dai  nostri  scavi  giungono  a  Graziano  e  a  Magno 
Massimo.  Se  AipsQwra  è,  come  pare,  Libarna,  Costantino  si  avanzò  fin  presso  di  essa 
col  pretesto  di  soccorrere  Onorio  contro  i  Goti  nel  410.  Nella  Notitia  dignitatum  non  si 
parla  più  di  Libarna;  Paolo  Diacono,  noverando  le  province  del  regno  longobardo,  col- 
loca nella  quinta  (Alpi  Cozie)  Genova  e  Tortona,  e  non  nomina  Libarna  (5).  Forse  la 
distruzione  della  città  è  da  assegnare  alla  prima  metà  del  quinto  secolo,  epoca  che  vide 
la  rovina  di  parecchie  città  dell'Italia  occidentale,  le  quali,  come  Libarna,  più  non  ri- 
sorsero. È  l'epoca  delle  prime  invasioni  barbariche  a  sud  del  Po.  La  via  Postumia,  già 
ragione  di  vita  e  di  prosperità  a  Libarna,  richiamava  fatalmente  su  di  essa  il  flagello  delle 
prime  incursioni  barbariche  (8). 

Libarna,  ruinata  ed  abbandonata,  diventò  una  cava  di  materiale  di  fabbrica  per 
i  nuovi  centri  di  popolazione  che  vennero  formandosi  da  quelle  parti.  Ancor  oggi  molte 
case  di  Arquata  e  di  Serravalle  contengono  murati  materiali  romani.  L'abbazia  di  Preci- 
piano  era  stata  fabbricata  con  materiali  tratti  da  quelle  rovine  (7). 


(*)  Lucerna  con  le  sigle  ^  ed  altra  con  la  figura  del  Buon  Pastore  (Varni,  op.  cit.,  I,  pp.  49  e  54). 
Frammento  epigrafico  C.  I.  L.,  V,  7429.  Frammenti  epigrafici  editi  dal  Sanguineti,  Appendice  alle  iscri- 
zioni romane  della  Liguria  (Atti  d.  società  ligure  di  storia  patria,  XI,  pp.  167-168,  169-172,  205-206). 

(2)  Bollea,  Cartario  della  abbazia  di  Precipiano  (voi.  XXXXIII  della  Bibl.  d.  Soc.  Storica  Subal- 
pina, 1911). 

(3)  Bozzola,  Terra  di  Novi  (Rivista  di  storia  arie  ed  archeol.  di  Alessandria,  1904,  p.  95  segg.). 
(*)  Varni,  op.  cit.,  II,  p.  135. 

(6)  Gabotto,  /  municipii  romani,  cit.,  pp.  2(58-26!)  ;  Storia  dell'Italia  Occidentale  nel  medio-evo 
(voi.  LXI  della  Bibl.  d.  soc.  stor.  subalpina,  I,  p.  144  e  581  segg.). 

(*)  Una  tradizione  locale,  raccolta  dal  Bozzola  (op.  cit.),  ne  attribuisce  la  distruzione  ad 
Attila,  forse  con  fondamento  di  verità  (Giordane,  (letica,  42,  presso  Gabotto,  Storia,  cit.,  p.  223  segg.: 
«  Hanoi...  Mediolanum  quoque  Liguriae  metropoliti)  devastant,  nec  non  et  Ticinum  acquali  sorte 
deiiciunt,  vicinaque  loca  allidunt  demoliuntque  paene  totani  Italiani  ». 

(')  Bottazzi,  Osservazioni,  citate.  Anche  l'abbazia  di  Precipiano  venne  a  sua  volta  distrutta. 
Il  Bottazzi  vide  l'abbattimento  sotto  i  suoi  occhi  per  opera  dei  contadini,  del  tempietto  «longobardo», 
di  cui  ci  lasciò  una  accurata  descrizione  (op.  cit.,  pp.  65-68). 


FOLIGNO  —   378   —  REGIONE   VI. 

Una  leggenda  medioevalo,  che  riguarda  ad  un  tempo  Libarna,  l'abbazia  e  le  ter- 
ribili invasioni  saraceniche  dei  secoli  IX  e  X,  ci  è  stata  tramandata  da  frate  Giacomo 
d'Acqui  (*).  Precipiano,  allora  detto  castrum  Molianiis,  era  sede  e  rocca  forte  del  dux 
Marchus...  Sarracenus  sed  poiius  paganus.  Occupava  egli  civitatem  Atyliam,  quae  eroi 
super  Serravalum,  ubi  dieifur  Plebis  de  Inverno  (*).  Ad  Atylia,  magna  civifas  paganorum, 
arse  la  guerra.  Carlo  Magno,  per  breve  tempo  caduto  prigioniero  del  dux  Marchus  e  tosto 
liberato  dal  paladino  Rolando,  distrusse  il  palazzo  di  Marco  ed  i  pagani,  ed  atterrò 
Atylia.  Così  la  leggenda  faceva  rivivere  nel  medio  evo,  con  saraceni,  cristiani  e  pagani, 
come  in  un  canto  ariostesco,  la  distrutta  Libarna.  Se  ne  era  distrutto  perfino  il  nome, 
ma  tuttavia  nei  ricordi  del  ligure  tenace  confusamente  perdurava  la  tradizione  della 
città  romana. 

Pietro  Barocei.m. 


Reoione  VI  (UMBRIA). 

III.  FOLIGNO  —  Il  colono  Andrea  Battistini,  in  lavori  agricoli  presso  S.  Gio- 
vanni Pro  fiamma  rinvenne  una  tomba  a  cappuccina  con  le  ossa  del  defunto  e  al- 
quante piccole  ampolle  di  vetro,  in  parte  rotte.  Presso  la  tomba  era  una  piccola  stele 
marmorea  con  l'iscrizione: 

C-  CAESIO 
SABINO 
LVCIDVS-F 

R.   Paribeni. 


(!)  Chron.  ymng.  mundi  in  M.  H.  P.,  tom.  V  (script.  Ili),  pp.  1502-1503:  Bollca,  op.  cit.,  p.  197. 
Patrucco,  op.  cit.,  p.  388  ;  Gabotto,  opera  cit.  e  Les  legendes  carolingi  enne»  duns  le  Chron.  ynmg.  mundi 
(Revue  des  langttes  romane»,  1894). 

(*)  Sulle  origini  di  tutti  questi  nomi  vedi  Gabotto.  opere  citate.  A  Libarna  rimase  il  nome  di 
Atylia,  secondo  il  Gabotto  (Municipi,  cit.,  p.  269),  torse  da  qualche  villa,  nelle  vicinanze  della  città, 
della  gens  Alilia,  ricordata  in  parecchie  epigrafi  libarnensi. 


REGIONE    VII.  .  —   379   —  VERI 


Regione  VII   {ET R URIA). 

IV.  VEIO  —  Esplorazioni  dentro  l'area  dell'antica  città. 

Nel  marzo  1917,  dopo  qualche  mese  d'interruzione,  la  Soprintendenza  agli  scavi  di 
Roma  e  provincia  dispose  che  fossero  riprese  le  ricerche  archeologiche  nell'area  dell'antica 
Veii,  affidando  a  me  l'onorifico  incarico  di  dirigerle.  E  siccome  non  era  possibile,  dati  i 
mezzi  che  si  avevano  allora  a  disposizione,  iniziare  subito  su  vasta  scala  una  esplorazione 
sistematica  di  quel  ripiano  denominato  il  Porlonaccio  (fig.  1 ,  L)  (1),  da  cui  si  ebbero  le  mi- 
rabili sculture  fittili  di  età  arcaica  testé  illustrate  dal  prof.  G.  Q.  Giglioli  (2),  la  Soprinten- 
denza stabilì  che,  in  attesa  dei  fondi  richiesti  al  Ministero,  fossero  intanto  eseguiti  alcuni 
saggi  in  altre  località,  sempre  nell'ambito  della  città  stessa. 

Seguendo  l'ordine  dei  lavori,  mi  accingo  ad  esporre  sommariamente  i  risultati  in 
questo  primo  rapporto  (8). 

Saggio  in  contrada  «  Macchia  Grande  ».  —  Le  ricerche  a  Macchia  Grande  (fig.  1,  H) 
si  eseguirono  presso  l'estremità  nord-est  di  essa,  a  poco  più  di  un  centinaio  di  metri  dal 
così  detto  Colombario,  a  breve  distanza  dal  ciglio  occidentale  di  un'antica  via  profonda- 
mente incavata  nella  roccia  tufacea,  che,  attraversato  il  Cremerà  proprio  dinanzi  alla 
Tomba  Campana  e  dirigendosi  verso  il  centro  della  città,  sembra  dover  corrispondere 
all'antico  cardo  (fig.  1  a). 

Il  saggio  portò  alla  scoperta  di  alcuni  avanzi  di  abitazioni  etrusche,  con  suppellet- 
tile dell' VIII-VII  sec.  av.  Cr.,  tagliate  parte  nella  roccia  ed  in  parte  costruite  a  blocchi 
di  tufo,  fronteggianti  la  detta  via  dalla  quale  distaccavasi  un  diverticolo  che,  risalendo 
a  gomito  il  fianco  del  vallone,  permetteva  l'accesso  alle  abitazioni  stesse  mediante  un 
ripiano  intermedio  (fig.  2). 

Il  gruppo  scoperto  consta  di  cinque  ambienti,  quattro  dei  quali  contigui  ed  aventi 
una  fronte  quasi  rettilinea,  orientate  da  E-NE  ad  O-SO  ;  ma  non  tutti,  a  quanto  pare, 
furono  costruiti  in  un  dato  momento.  Alcuni,  infatti,  per  il  mancato  collegamento  dei 
muri,  sembrano  aggiunti  un  poco  più  tardi  (4  e  5),  mentre  chiarissime  risultano  le  modi- 
ficazioni che  in  qualcuno  di  essi  furono  apportate,  come  le  tramezzature  (a,  b)  e  la 
chiusura  della  porta  (e). 

(!)  Nella  pianta  topografica  dell'antica  Veii  e  della  regione  limitrofa,  oltre  alle  località  cui  si  fa 
cenno  in  questo  rapporto,  ho  voluto  indicare  le  varie  contrade  in  cui  durante  gli  anni  dal  1913  al  1916 
furono  condotti  scavi  archeologici  per  cura  della  R.  Soprintendenza  della  prov.  di  Roma,  e  menzio- 
nate nella  memoria  del  prof.  G.  A.  Colini  in  Notizie  Su.  1919,  pag.  3  sgg. 

(2)  Notizie  Se,  anno  1919,  pag.  13  segg..  tav.  I-YI  ;  1922,  pag.  206  segg.,  tav.  I-IT. 

(3)  La  maggior  parte  dei  rilievi  e  dei  disegni  sono  opera  del  sottoscritto  (fìgg.  10,  11,  12,  13, 14, 
18  e  19),  ma  è  doveroso  che  io  citi  anche  gli  altri  egregi  collaboratori,  quali  il  prof.  I,.  Giammiti  per 
le  fìgg.  1,  13,  20  e  20  a,  il  valente  sig.  A.  Berretti  che  eseguì  il  rilievo  riprodotto  nella  fig.  2,  e 
l'esimio  pittore  0.  Ferretti  perla  riproduzione  delle  are  (figg.  5,  6,  7,  8  e  9).  Gli  scavi  furono  assistiti 
colla  solita  diligenza  dal  soprastante  N.  Malavolfa. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  •  49 


VE  IO 


380 


REGIONE    VII. 


Del  primo  nucleo  dovevano  far  parte  gli  ambienti  più  ad  oriente  (1,  2  e  3),  i  quali, 
oltre  ad  avere  una  maggiore  ampiezza  degli  altri,  offrono  un  più  vasto  campo  di  osserva- 
zioni per  lo  studio  delle  primitive  abitazioni  etnische.  I  vani  1  e  2  ci  danno,  infatti,  il 
piano  integro  di  una  di  queste  abitazioni  costituito  di  un  vestibolo  poco  profondo,  a  pianta 


2     Chilometri. 


Fig.  1.  -  Pianta  topografica  dell'antica  Veii  e  della  regione  limitrofa 

(Dalla  Carta  dello  S.  M.  I.). 


A  -  Contrada  Grotta  Gramiccia, 
B  -        »  Calale  del  Fosso. 

C  -        *  Pozznolo. 

D  -        >•  Monte  Campanile. 

E  -        >  Valle  La  Fata. 


F  -  Contrada  Macchia  della  Comunità. 

G  -         »  Campetti. 

H  •        »  Macchia  Grande. 

/   -         »  Cannetaccio. 

h  -        »  Portonaccio. 


trapezoidale  (m.  4,80  X  1,85  in  media),  e  di  un  ambiente  quasi  quadrato  (m.  4,60  X  4,20 
circa),  che  ricorda  il  piano  fondamentale  delle  case  micenee  ed  il  più  antico  tipo  dei 
santuari  ellenici.  Mentre  della  grande  porta  d'ingresso  (d)  (m.  1,97  circa)  (1),  la  quale  era 

(x)  Un  leggero  risalto  esaminato  più  tardi  sopra  uno  dei  blocchi  della  soglia  ridurrebbe  lo  spazio 
riservato  al  passaggio  a  soli  m.  1,24  (<?).  Ma  siccome  la  luce  della  porta  è  data,  oltre  che  dalla  mag- 
giore elevazione  dei  blocchi  formanti  gli  stipiti,  anche  dalla  lunghezza  del  gradino  che  la  precedeva 
ed  i  cui  limiti  si  trovano  in  perfetta  corrispondenza  cogli  stipiti  stessi,  è  lecito  ammettere  in  basso 
una  rientranza  che  avrebbe  potuto  servire  come  davanzale  di  una  finestra  od  anche  come  una  specie 
di  banco  per  vendita.  In  questo  caso  avremmo  il  tipo  di  un'antichissima  bottega. 


REGIONE    VII. 


381     — 


VE  IO 


proceduta  da  un  gradino,  resta  soltanto  l'accenno,  quella  più  piccola  (f)  (ni.  1,00  di  luce 
alla  soglia)  che  dal  vestibolo  immetteva  alla  stanza,  conserva  i  suoi  stipiti  per  oltre  un 
metro  di  altezza,  e  lascia  chiaramente  vedere  la  sua  rastremazione  (9  cm.  su  m.  1,44 
di  altezza),  a  somiglianza  degli  ingressi  dei  più  antichi  ipogei  (fig.  3).  La  parte  superiore 
della  porta,  a  somiglianza  di  quella  della  Tomba  Campana,  doveva  essere  arcuata,  per- 
chè sul  piano  del  vestibolo  si  rinvennero  alcuni  blocchi  aventi  una  delle  facce  minori 
leggermente  stondata.  Un  incavo  di  pochi  cm.,  di  carattere  semplicemente  decorativo, 


Fig.  2. 


doveva  ricorrere  tutto  in  giro  alla  porta,  sul  lato  esterno,  alla  distanza  di  30  cm.  dagli 
spigoli.  Tale  incavo  vedesi  attualmente  soltanto  sulla  parete  a  destra  dell'ingresso,  che 
è  quella  originaria,  mentre  manca  sulla  parete  opposta  che  fu  quasi  del  tutto  restau- 
rata in  antico. 

L'angolo  occidentale  della  stanza  era  occupato  dal  focolare  (g),  il  quale,  invece  di 
essere  costituito  da  una  buca  come  di  consueto,  presenta  qui  la  forma  di  un  vero  e  pro- 
prio camino,  colle  pareti  cioè  tagliate  sulla  roccia  e  divergenti  verso  il  basso.  Una  piccola 
cavità  (li)  a  pianta  rettangolare  (0,68  X  0,50  X  0,10  di  prof.)  ricolma  di  cenere  e  car- 
bone triturato,  fra  cui  era  qualche  frammento  fittile  d'impasto,  si  trovò  in  prossimità 
della  parete  di  fondo  e  poco  discosta  dall'angolo  suaccennato.  Trattasi  evidentemente 
di  un  piccolo  focolare  indipendente  dal  primo  e  di  carattere  sussidiario. 

Due  dolii  erano  ancora  a  posto,  conficcati  quasi  totalmente  sul  pavimento;  e  di  un 
terzo,  che  doveva  avere  assai  maggiori  dimensioni,  si  è  trovata  la  cavità  che  doveva  ac- 


VEIO 


—  382 


KKGIONK    VII. 


coglierlo  (*).  Uno  di  essi  (i),  d'impasto  rossastro,  occupava  l'angolo  orientale  della  stanza  ; 
aveva  forma  oblunga,  e  mancava  della  parte  superiore.  Quella  superstite  misura  era.  4ó 
di  altezza  X  51  cm.  di  diametro.  Disposta  obliquamente  dentro  il  fittile  era  un'olpe 
di  bucchero  a  ventre  ovoidale,  priva  dell'ansa,  al  disotto  della  quale  si  trovarono  alcuni 
avanzi  di  carbone  e  pochi  frammenti  fittili  insignificanti,  pertinenti  a  vasi  diversi.  Vi- 
cino al  dolio  si  raccolse  un  frammentino  di  aes  rude. 

L'altro  dolio  (k)  era  dello  stesso  impasto,  e  si  trovò  in  prossimità  dell'angolo  meri- 
dionale, leggermente  inclinato  verso  la  parete  di  fondo.  Aveva  forma  ovoidale,  larga 


Fig.  3. 


bocca  ed  orlo  rovesciato  in  fuori,  alcuni  frammenti  del  quale  erano  caduti  in  antico  nel- 
l'interno del  fittile,  dove  si  rinvennero  gli  avanzi  di  una  specie  di  grande  conca  a  largo 
tronco  di  cono,  provvista  di  due  anse  orizzontali  a  bastoncello  alternate  con  due  grosse 
prominenze  coniformi  ed  arcuate,  impostate  presso  il  fondo.  Questa  conca  servì  pro- 
babilmente da  coperchio  al  fittile  descritto,  ma  pare  che  fosse  usata  anche  come  vaso  da 
cuocere,  perchè  aveva  il  fondo  e  le  pareti  completamente  annerite  dal  fumo. 

Sulla  parete  di  fondo  rocciosa,  sono  due  buchi:  l'uno,  più  piccolo  (l),  largo  cm.  11, 
alto  23,  aperto  allo  stesso  piano  del  pavimento  :  l'altro  (m),  di  maggiori  proporzioni  e 
sfondato  sui  lati  brevi,  praticato  a  maggiore  altezza,  aveva  l'aspetto  di  una  vera  nic- 
chietta  lavorati'  assai  grezzamente  e  capace  di  contenere  qualche  cosa.  Due  buchi  oblun- 
ghi e  sfondati,  simili  al  primo,  sono  sulla  parete  sinistra,  a  breve  distanza  l'uno  dall'al- 

(*)  La  cavità  poco  discosta  dalla  parete  destra  aveva  alla  superficie  un  diam.  di  ni.  1,26  circa 
per  una  profondità  di  cm.  20  ;  poi  restringeva^  mediante  una  risega  a  cm.  78,  raggiungendo  una  pro- 
fondità complessiva  di  ni.  0,73. 


REGIONE    VII.  .  —    383   —  VEIO 

, — , — 1 , , — . , j 

tro  (n,  o)  ;  mentre  su  quella  destra  ve  ne  è,  uno  solo,  quasi  nel  mezzo  (p).  Quale  ufficio 
avessero  tutti  codesti  buchi  non  è  facile  poterlo  arguire. 

Sul  pavimento  della  stanza  si  rinvennero  parecchi  avanzi  di  tegoli  e  di  embrici  ('), 
ed  un  abbondante  materiale  ceramico. frammentario.  Vi  erano  avanzi  di  stoviglie  d'im- 
pasto rosso,  alcuni  dei  quali  lucidati  a  stecca, pertinenti  più  specialmente  ad  olle;  altri 
d'impasto  scuro,  lisci  o  con  una  decorazione  a  funicella.  Uno  di  essi,  pertinente  all'orlo 
di  un  piatto,  è  ornato  su  ambo  le  facce  con  motivi  geometrici  e  con  ocherelle  di  colore 
bianco  riportato.  In  minore  quantità  erano  i  frammenti  di  bucchero. 

Sempre  sul  pavimento  si  sono  trovati  alcuni  pezzi  fatti  di  un  impasto  terroso,  ar- 
rossati esternamente  dal  fuoco,  i  quali,  ricongiunti,  hanno  formato  una  specie  di  grosso 
mattone  a  facce  bene  levigate,  ma  incompleto  nella  sua  lunghezza.  La  faccia  minore 
di  esso  misura  23  era.  X  15  ;  la  lungh.  superstite  è  di  cm.  30  circa.  Qualcuno  di  questi 
pezzi  si  trovò  presso  l'angolo  occidentale  della  stanza,  in  vicinanza  cioè  del  focolare  a 
cappa,  in  corrispondenza  del  quale  il  pavimento  era  tutto  annerito,  e  visi  notarono  alcuni 
residui  di  carbone.  È  probabile  che  codesto  mattone  crudo  avesse  servito  come  alare, 
non  essendo  possibile  pensare  ad  una  sopraelevazione  delle  pareti  in  laterizio  che,  se  così 
fosse  stato,  non  sarebbero  mancate  le  tracce  lasciate  dalla  dissoluzione  di  codesto  ma- 
teriale. Si  rinvenne,  inoltre,  un  triturato  re  di  pietra  azzurrognola.  Nò  mancarono  alcuni 
residui  del  pasto,  tra  cui  una  mascella  di  quadrupede  ed  il  frammento  di  un  arto. 

Dallo  studio  stratigrafico  di  questo  ambiente  risultò,  che  a  circa  m.  1,40  sotto  l'o- 
dierno livello  di  campagna  era  un  altro  piano  di  terra  battuta,  e  che  tra  questo  e  quello 
vergine  originario  era  tutta  una  serie  di  rialzamenti  successivi  di  terra  fine  sabbiosa  ed 
assai  compatta.  Al  di  sopra  di  questo  banco  fu  notato  come  uno  scarico  di  blocchi  di 
tufo,  la  maggior  parte  spezzati  e  provenienti,  forse,  dalla  rovina  della  fabbrica.  Quivi 
si  rinvennero  anche  vari  frammenti  di  piccole  macine  in  pietra  basaltica  porosa,  qual- 
che pezzo  di  grande  dolio  e  pochi  frammenti  di  stoviglie  a  copertura  rossastra.  Ma  an- 
che tutto  il  banco  di  terra  sovrapposto  a  quest'ultimo  pavimento  era  cosparso  di  molti 
cocci  che  cronologicamente  non  differivano  da  quelli  trovati  negli  strati  più  profondi. 
Credo,  perciò,  che  si  tratti  o  di  un  rinterro  eseguito  a  breve  distanza  di  tempo  da  quello 
in  cui  venne  a  cessare  l'uso  delle  abitazioni  in  parola,  o  di  materiale  caduto  da  un  ipo- 
tetico piano  superiore. 

Rialzamenti  di  livello  avvenuti  pure  nello  stesso  periodo  furono  riconosciuti  anche 
negli  altri  ambienti,  ma  più  specialmente  in  quello  distinto  col  n.  3,  anch'esso  a  pianta 
trapezoidale,  dove  se  ne  riconobbero  per  lo  meno  tre  con  un  rialzamento  complessivo 
di  85  cm.  (*).  In  questo  medesimo  ambiente  fu  studiata  anche  la  stratificazione  sotto- 
stante al  pavimento  più  basso,  raggiungendo  il  primitivo  livello  del  terreno  che  aveva 

(x)  Il  materiale  laterizio  che  venne  adoperato  per  la  copertura  del  tetto  nelle  più  antiche  co- 
struzioni ad  opera  quadrata  si  distingue  perfettamente  da  quello  usato  più  tardi,  non  solo  per  le  mi- 
nori dimensioni  date  ai  tegoli  ed  agli  embrici,  ma  sopratutto  per  l'impasto  e  pel  colore  rosso-scuro 
dell'ingubbiatura  che  ne  formava  il  rivestimento. 

'  (2)  Questo  vano,  nella  sua  prima  fase  costruttiva,  ebbe  dimensioni  minori,  come  è  dimostrato 
sulla  pianta  dai  pochi  residui  delle  pareti  occidentale  e  settentrionale  i  cui  blocchi,  per  maggiore  chia- 
rezza, sono  stati  cosparsi  con  dei  puntini. 


VE10  —    384   —  11EGIONE   VII. 

un'inclinazione  abbastanza  sensibile  verso  sud-est,  e  sul  quale  fu  notata  una  lunga 
chiazza  nerastra,  commista  a  pezzi  di  carbone,  larga  80  cm.  e  spessa  5,  che  fu  seguita 
per  una  lunghezza  di  m.  3.00,  attraversante  in  senso  longitudinale  l'ambiente  mede- 
simo. Dall'esame  dei  pochi  frammenti  ceramici  rinvenuti  in  un  saggio  praticato  dentro 
questo  sottile  strato  nerastro  si  potè  stabilire,  che  codesta  chiazza  non  dovevasi  riferire 
ad  abitazioni  anteriori,  come  da  principio  erasi  supposto,  ma  piuttosto  a  fuochi  accesi 
alla  superficie  del  suolo,  probabilmente  a  scopo  rituale,  forse  da  coloro  stessi  che  do- 
vevano poi  procedere  alla  costruzione  della  casa. 

11  muretto  che  corre  parallelamente  al  lato  settentrionale  di  questo  vano,  dopo  il 
suo  ampliamento,  serviva  di  limite  ad  una  intercapedine  o  canaletto,  cui  fu  dato  uno 
sbocco  in  ,4.  mediante  un'apposita  apertura  praticata  sulla  parete  di  fondo  del  vano 
stesso.  Che  codesto  canaletto  servisse  a  raccogliere  l'acqua  piovana  della  gronda  e  che 
questa  andasse  ad  alimentare  un  qualche  recipiente,  è  cosa  non  improbabile.  Anche  nel 
minuscolo  vano  n.  4  (ni.  1,42  )<  1,17),  sotto  parecchi  frammenti  di  tegoli  e  di  embrici, 
venne  in  luce  uno  strato  di  terriccio  nero  che  occupava  quasi  perintiero  l'area  della 
stanzetta,  e  che  aveva  uno  spessore  di  circa  10  cm.,  nel  quale  si  notarono  parecchi  avanzi 
di  carbone  e  vari  cocci  d'impasto  scuro  e  rosso. 

Fu  detto  già  che  i  tramezzi  indicati  collo  lettere  /(  e  b  fanno  parte  di  modificazioni 
avvenute  più  tardi.  Tali  tramezzi,  infatti,  rispetto  agli  altri  muri  dello  stesso  ambiente 
non  hanno  fondazione,  ed  il  loro  piano  di  posa  doveva  presso  a  poco  corrispondere  a  quelle 
del  pavimento,  fatto  con  terra  battuta  e  detriti  di  vasellame.  Ma,  a  meglio  dimostrare 
la  loro  posteriorità,  basterebbe  il  fatto  che  per  la  costruzione  di  uno  di  tali  tramezzi  si 
dovette  ricorrere  alla  chiusura  della  porta  (e),  appunto  per  dare  appoggio  al  tramezzo 
stesso. 

il  vano  n.  5  va  sensibilmente  rastremando  verso  la  parete  di  fondo,  ed  ha  l'aspetto 
come  di  un  corridoio,  misurando  in  lunghezza  circa  3  ni.  per  una  larghezza  di  forse  un 
terzo  in  media. 

Della  parete  di  fondo  rimane  poco  più  della  metà  (m.  1,60  circa)  ;  soltanto  due  bloc- 
chi, cioè,  sopra  uno  dei  quali  è  ricavato  un  dente  che  potrebbe  corrispondere  allo  stipite 
di  una  porta  la  quale  si  troverebbe  però  alquanto  spostata  rispetto  all'asse  di  quella  che 
aprivasi  sul  lato  opposto  (r).  La  parete  occidentale  si  conserva  oltre  il  prolungamento 
di  quella  di  fondo,  e  misura  complessivamente  circa  m.  2,10  con  uno  spessore  che  varia 
tra  i  46  ed  i  50  cm.  L'accenno  di  una  porta  sulla  parete  di  fondo  che  sarebbe  stata  aperta 
dopo  la  chiusura  di  quella  indicata  colla  lettera  e,  e  il  prolungamento  del  muro  occi- 
dentale or  ora  accennato  farebbero  pensare  all'esistenza  di  un  altro  ambiente  che  sa- 
rebbe andato  completamente  perduto,  stante  l'affioramento  dei  blocchi  dovuto  alla  pri- 
mitiva conformazione  del  terreno  che,  come  già  dissi,  va  in  quel  punto  gradatamente 
salendo  verso  nord-ovest. 

Anche  il  muro  di  facciata  di  queste  costruzioni,  che  ha  uno  spessore  medio  di  circa 
50  cm.,  si  estende  oltre  la  parte  occidentale  del  vano  ora  descritto,  per  poco  più  di  un 

(\)  La  posizione  delle  porte,  dopo  l'esempio  di  quella  che  dava  accesso  al  vano  n.  1, si  potè  quasi 
sempre  riconoscere  per  la  mancata  ricorrenza  del  filare  di  blocchi  col  piano  della  soglia  che  general- 
mente era  un  poco  più  basso. 


REGIONIC    VII.  385    —  VKIO 

metro.  Poi  se  ne  perde  ogni  traccia.  Viceversa  si  constatò  che  un'antica  frana  rocciosa 
staccatasi  dall'altura  che  sovrasta  a  breve  distanza  il  gruppo  di  case,  mentre  il  cavo 
per  la  fondazione  di  esse  era  ancora  aperto,  arrestò  definitivamente  da  quel  lato  il  pro- 
seguimento dei  lavori. 

Contemporaneo  alle  abitazioni  ora  descritte  è  un  tratto  di  canale  costruito  a  bloc- 
chi squadrati  di  tufo,  venuto  in  luce  presso  l'angolo  orientale  del  fabbricato,  ma  ad  un 
livello  molto  più  basso,  e  che  segue  l'andamento  del  ciglione  che  immediatamente  lo  so- 
vrasta. Questo  canale  poggia  sul  terreno  vergine  che  in  qualche  punto  si  dovette  in  antico 
regolarizzare  per  la  posa  in  opera  dei  blocchi  che  ne  costituiscono  il  fondo.  La  larghezza 
interna  del  canale  è  di  circa  mezzo  metro,  mentre  le  spalle  superstiti  si  conservano  per 
un'altezza  di  75  cm.  (1). 

Non  abbiamo  elementi  per  potere  stabilire,  se  il  canale  si  potraesse  in  origine  più 
verso  sud;  ma  non  pare.  Sembra  che  esso  avesse  avuto  l'ufficio  di  raccogliere  le  acque 
filtranti  attraverso  lo  spesso  banco  di  terra  che  lo  fiancheggiava,  e  convogliare  contem- 
poraneamente quelle  piovane  provenienti  dallo  scolo  dei  tetti  del  fabbricato  limitrofo, 
che  in  qualche  modo  vi  potevano  essere  immesse. 

Pare  che  in  un  certo  momento,  o  per  il  diminuito  stillicidio  o  per  altre  ragioni  che 
a  noi  sfuggono,  si  cercò  di  restringere  la  luce  del  canale  mediante  un  conglomerato  duris- 
simo formato  di  ghiaie  impastate  con  sabbia  (che  durammo  grande  fatica  a  rompere) 
allo  scopo  di  facilitare  lo  smaltimento  delle  acque  e  rialzarne  l'efflusso. 

Un  altro  canale,  incavato  però  nella  roccia,  si  trovò  a  valle  del  precedente,  e  lambiva 
quasi  il  ciglio  della  via  incassata,  con  una  pendenza  abbastanza  sensibile  verso  nord- 
-  est.  P'sso  biforcavasi  sul  piano  roccioso  proprio  dinanzi  all'estremo  limite  orientale  del 
fabbricato,  e  raccoglieva  lo  scolo  delle  acque  piovane  che  vi  affluivano  dal  diverticolo, 
riempiendo  in  precedenza  una  piccola  vaschetta,  e  quelle  filtranti  attraverso  lo  strato 
permeabile  dai  fianchi  del  diverticolo  stesso. 

Una  serie  di  tasti  eseguiti  in  senso  trasversale  alla  spalletta,  nello  spazio  compreso 
tra  l'uno  e  l'altro  canale,  ci  mise  in  condizione  di  poter  seguire  quest'ultimo  fino  al  suo 
sbocco  dentro  una  cavità  cilindro-concava  di  un  metro  di  diametro,  e  profondo  1  m. 
circa  più  del  canale  medesimo.  A  questa  stessa  cavità,  ad  un  livello  però  intermedio 
tra  il  fondo  di  essa  e  quello  del  canale  già  citato,  immetteva  un  cunicolo  largo  47  cm. 
ed  alto  m.  1,95.  Da  questa  cavità  o  pozzo  che  chiamerei  di  depurazione,  perchè  tale  do- 
veva essere  il  suo  ufficio,  l'acqua  usciva  di  bel  nuovo  per  un  altro  canale,  largo  e  pro- 
fondo quanto  il  cunicolo,  che  procedeva  nella  stessa  direzione  del  primo  ma  di  cui  si  potè 
esplorare  soltanto  un  piccolissimo  tratto,  oltre  il  quale  la  roccia  veniva  a  mancare. 

La  sistemazione  a  gradoni  della  spalletta,  coi  relativi  canaletti,  è  anche  assai  interes- 
sante, e  mostra  quanto  fosse  grande,  e  minuziosa,  la  cura  che  ebbero  gli  antichi  nell'uti- 
lizzazione delle  acque  ;  la  qual  cosa,  bene  rispondendo  alle  esigenze  della  vita,  aveva  il 
precipuo  scopo  del  risanamento  e  quello  di  impedire  che  si  determinassero  frane,  là  dove 
il  terreno  era  scosceso  e  di  natura  poco  solida  ostacolando,  come  nel  caso  nostro,  il  tran- 
sito stradale  di  una  delle  arterie  principali  della  città. 

(*)  Come  spalla  dot  canale  fu  utilizzato  anche  un  (ratto  rettilineo  di  una  bella  costruzione  pree- 
sistente (<?). 


VETO 


—  386  — 


REGIONE    VII. 


Quel  breve  tratto  di  diverticolo  da  noi  esplorato  e  il  ripiano  roccioso  interposto  fra 
la  grande  via  antica  e  la  spianata  dove  scoprimmo  gli  avanzi  di  ablazioni  etnische,  servi- 
rono in  una  data  epoca  come  luogo  di  scarico.  Ivi,  infatti,  si  rinvennero  rifusamente 
parecchi  blocchi  squadrati  di  tufo  provenienti  dalla  demolizione  di  edifici;  molti  fram- 
menti di  tegole  e  di  embrici;  residui  di  figurine  fittili  di  età  ellenistica;  un  gruppo 
abbastanza  numeroso  di  ex-voto  della  fine  della  Repubblica;  qualche  avanzo  architet- 
tonico e  sei  are  di  tufo  grigiastro,  di  rozza  fattura,  coricate  l'ima  a  breve  distanza 
dall'altra  presso  il  ciglio  della  balza,  e  indicate  sulla  pianta  colle  lettere  r,  s,  /,  «,  r,  x. 


Fig.  4. 


Di  esse,  subito  dopo  la  loro  scoperta,  si  fece  anche  una  fotografia  che  è  qui  riprodotta 
con  la  fig.  4. 

Le  prime  cinque  are  (r,  s,  t,  u,  v)  erano  provvista'  ili  zoccolo  e  cimasa,  mentre  la 
sesta  (x),  di  carattere  più  primitivo,  aveva  la  forma  di  semplice  parallelepipedo.  Vicino 
a  quest'ultima  era  un  altro  parallelepipedo  (y)  ma  di  minori  proporzioni  del  precedente. 
Sulla  loro  faccia  superiore,  tranne  in  un  solo  caso,  era  un  ampio  incavo  quadrangolare, 
profondo  in  media  poco  più  di  1  cm.  e  destinato  alle  cerimonie  sacrificali.  Dal  fondo  di 
tali  incavi  muoveva  talvolta  un  canaletto  con  pendenza  verso  l'esterno  (are  r,  v).  L'in- 
cavo dell'ara  x  non  aveva  invece  il  canaletto,  e  non 'sappiamo  se  l'avesse  avuto  la  «., 
perchè  il  piano  superiore  di  questa  conservasi  soltanto  in  parte.  L'ara  r,  quantunque 
assai  deteriorata  superiormente,  mostra  di  non  avere  avuto  l'incavo  quadrangolare; 
ma,  a  differenza  delle  altre,  aveva  due  dei  suoi  margini  opposti  sporgenti  dal  piano  di 
circa  4  cm.  e  larghi  8%  in  alto  e  10  in  basso.  Su  questa  restava  qualche  lieve  traccia 
di  lettera  rubricata  ;  sulle  altre  are  erano  chiaramente  incise  delle  brevissime  iscrizioni, 


REGIONE   VII. 


—  387  — 


VEIO 


in  due  delle  quali  sono  ricordate  le  divinità  di  Apollo,  APOLINE  (7)  (fig.  5)  e  di  Mi- 
nerva, ///INERVIA  (x)  (fig.  6).  Tracce  di  lettere  disposte  sopra  una  sola  linea  si  vedono 
su  altre  due  facce  di  quest'ultima  ara. 

Riesce  assolutamente  inesplicabile  il  significato  della  iscrizione  incisa  sull'ara  indi- 
cata colla  lettera  s,  (fig.  7),  quantunque  le  lettere  che  la  compongono  sieno  perfettamente 
chiare.  Nella  n  (fig.  8)  e  certo  che  si  dovesse  leggere  Victorie.  Lo  spazio  eccessivo  esi- 
stente tra  alcune  lettere  fu  evidentemente  lasciato  dal  lapicida  per  evitare  dei  nuclei 
di  pomice  affioranti  alla  superficie  del  blocco  o  certe  scabrosità  del  blocco  stesso.  L'iscri- 


Fig.  6. 


Fio.  6. 


Fig.  7. 


zione  incisa  su  quella  v,  (fig.  9)  devesi  leggere  indubbiamente  Dis  Deabus.  fi 'asta  trac- 
ciata dopo  Va  va  interpretata  come  il  principio  della  lettera  seguente,  la  quale  fu  poi 
incisa  sulla  faccia  contigua  col  resto  della  parola  (x). 

Fra  le  cose  rinvenute  nello  sterro  debbono  essere  menzionate  le  seguenti:  un  rocchio 
di  colonna  di  tufo  del  diametro  di  52  cm.  ;  un  frammento  di  altra  più  piccola  (diam. 
cm.  39);  un  pezzo  di  cornice  ;  un  lastrone  di  tufo  facente  parte  di  una  cartella  ansata; 
una  piccola  ara  scorniciata,  pure  con  rincasso  quadrangolare  e  due  piccoli  incavi  rotondi 
agli  angoli  della  faccia  superiore;  un  lastrone  fittile,  appartenuto  forse  ad  un  fregio, 
su  cui  è  modellata  ad  altorilievo  una  colonna  tozza,  leggermente  rastremata,  a  sin.  della 
quale  si  vedono  le  impronte  del  contorno  di  alcune  figure  umane,  probabilmente  sedute, 
che  vi  erano  state  in  origine  applicate  ;  un  bel  frammento  di  una  tavola  da  offerte  ter- 
minata in  alto  con  un  fascione,  sul  quale  è  una  protome  femminile  a  rilievo  e  l'iscrizione 


(})  La  leggera  incisione  orizzontale  che  vedesi  sotto  la  parola  dis  è  nettamente  separata  dal- 
l'asta verticale  della  i  che  non  può  perciò  scambiarsi  per  una  l. 

Notizie  Soavi  1922  —  Voi.  XIX.  50 


VEIO 


—  888  — 


litio  (ONU   Vi!. 


mutila  incisa  a  fresco  HER///  (hercles  o  hercohs).  Il  piano  ha  una  decorazione  stampata 
a  bassissimo  rilievo  dove  sono  raffigurate  alcune  scene  di  caccia  al  cinghiale,  tralci  di 
edera,  ecc.,  disposti  a  zone  parallele  ai  bordi  (fig.  10).  Si  raccolsero  inoltre  due  assi  repub- 
blicani romani  ;  due  sestanti  illeggibili;  un  triente,  pure  illeggibile  ;  della  ceramica  grezza 
di  colore  bruno  o  rossastro  pertinente  per  lo  più  ad  olle,  e  qualche  frammento  di  vaso 
d'arte  etrusco  -  campana  a  vernice  nera. 

Precedentemente  alla  nostra  esplorazione  codesto  scarico  era  stato  in  qualche  punto 
rovistato,  e  parecchio  materiale  si  trovò  ruzzolato  in  fondo  alla  via,  dove  vedevansi  an- 


<5> 


JSEbL 


,«■'■■■,: 


(«Sii  ^iw 

spiaste 


} 


Fin    8. 


Fio.  0. 


cora  ammucchiati  da  un  lato  varii  frammenti  di  ex-volo  di  arte  assai  rozza,  per  lo  più  per- 
tinenti a  grandi  figure  panneggiate  di  età  tarda  (1).  In  mezzo  ai  blocchi  caduti  era  un 
rocchio  di  colonna  rastremata  ;  una  base  quadrangolare  a  tre  risalti  concentrici  con  in- 
cavo sulla  faccia  superiore,  ricordante  le  basi  delle  doppie  asce  di  epoca  micenea  (fig.  Il); 
e  qualche  altro  blocco  con  fascione  rilevato  o  con  accenno  di  sfondatura  agli  spigoli. 

Che  un  tempio  avesse  esistito  nei  pressi  della  zona  da  noi  scavata  non  può  mettersi 
in  dubbio,  dopo  quanto  ci  è  stato  restituito  dal  saggio  eseguito  a  vali.1  dei  resti  di  abi- 
tazioni etnische.  Probabilmente  lo  stesso  diverticolo  vi  doveva  condurre,  e  forse  dopo 
non  lungo  percorso.  Ma  la  ricerca  del  santuario  esorbitava  dal  programma  dei  nostri 
lavori  i  quali,  più  che  altro,  avevano  lo  scopo  di  accertare  l'estensione  dell'abitato  etru- 
sco anche  nella  parte  più  bassa  di  Macchia  Grande. 

La  ricerca  e  lo  scavo  di  questo  santuario,  che  ha  dato  già  così  importanti  docu- 
menti epigrafici  riferentisi  al  culto  di  alcune  particolari  divinità  che  si  veneravano  a  Veii 
dopo  la  sua  caduta,  non  potranno  essere,  lo  spero,  che  di  poco  ritardati. 

(')  Il  prof.  Gabrioi  aveva  già  notata  l'esistenza  di  tale  scarico,  ed  ebbe  cura  di  porre  in  salvo 
i  pezzi  principali.  Furono  allora  aperti  anche  alcuni  saggi  sulla  spianata,  ma  con  risultato  negativo. 


REGIONE    VII. 


—    389    — 


VE  IO 


Allo  stato  delle  cose  possiamo  tuttavia  stabilire  che  la  costruzione,  cui  debbono 
riferirsi  i  travamenti  testé  ricordati  fosse  relativamente  tarda  (III— II  sec.  av.  Cr.)  ;  ma  è 

molto  probabile,  che  il  santuario  avesse 
avuto  più  vetuste  origini,  siccome  altrove 
è  stato  più  volte  riscontrato.  Provengono 
infatti  dalla  medesima  località  alcuni 
frammenti  di  lastre  fittili  con  ornamen- 
tazione a  palmette  e  fiori  di  loto  alter- 
nantisi,  che  per  lo  stile  e  la  colorazione 
vengono  generalmente  assegnate  al  V  se- 
colo av.  Cr. 

Immediatamente  a  nord-ovest  degli 
avanzi  di  abitazioni  etrusche,  prima  che 
vi  si  scaricasse  una  parte  della  terra  pro- 
veniente dallo  sterro  delle  abitazioni  me- 


Fio.  10. 


desime,    furono  aperte  alcune  trincee   della 
lungh.  complessiva  di  m.  25.80,  le  quali  rag- 


Fio.  12. 


Fio.  11. 

giunsero  il  terreno  vergine  (cappellaccio)  ad 
una  profondità  media  di  55  cm.  e  non  diedero 
se  non  qualche  frammento  di  embrice  ed  un 
pezzo  di  macina  in  basalto  poroso. 

Con  la  trincea  più  occidentale  si  mise  in  luce  una  cavità  cilindrica  (z)  scavata  in- 
tieramente sul  vergine,  profonda  37  cm.  e  il  cui  diametro  misurava  poco  meno  di  1 
metro.  Questa  buca  era  stata  riempita  di  terra  fra  cui  si  notarono  alcuni  pezzi  di  em- 
brici, e  dal  vergine  in  su  era  una  specie  di  tumuletto  formato  con  pezzi  di  tufo,  parte 
dei  quali  con  qualche  faccia  squadrata,  e  terra  (fig.  12).  La  sommità  di  questo  tumu- 


VEIO 


—   390    —  REGIONE    VII. 


letto  trovasi  a  22  cm.  al  disotto  dell'odierno  piano  di  campagna.  In  fondo  alla  buca, 
distanziati  l'uno  dall'altro,  erano  stati  deposti  i  tre  fittili  seguenti: 

a)  grande  pignatta  ovoidale  d'impasto  rosso,  con  orlo  leggermente  trilobato  ed 
ansa  verticale  a  bastoncello,  alta  circa  27  cm.,  intieramente  crinata; 

b)  fondo  e  parte  delle  pareti  di  un  altro  vaso,  del  medesimo  impasto  ; 

e)  oinochoe  di  bucchero,  anch'essa  in  frammenti,  intorno  al  corpo  decorata  con 
solcature  verticali. 

Non  si  sa  che  cosa  si  fosse  voluto  rappresentare  con  quella  buca,  indubbiamente 
coeva  agli  avanzi  di  abitazioni  etrusche.  L'ipotesi  che  debba  trattarsi  di  un  sepolcro 
credo  vada  completamente  scartata. 

Un  altro  misero  avanzo  di  antica  abitazione  si  rinvenne  a  nord-est  del  gruppo  prin- 
cipale, proprio  sul  ciglio  dell'altipiano. 

Altre  trincee  di  saggio  si  aprirono  sopra  l'altura  dai  fianchi  scoscesi  che  si  erge  im- 
mediatamente a  sud  dello  scavo.  Alcune  di  esse  diedero  esito  negativo,  mettendo  a  nudo 
soltanto  la  roccia  ad  una  profondità  media  di  70  cm.  :  altre,  invece,  misero  in  luce  un 
avanzo  di  costruzione  a  grandi  blocchi  di  tufo  giallognolo  cavato  probabilmente  dalla 
stessa  località,  di  cui  rimane  il  solo  filare  di  fondazione  sconnesso  in  qualche  punto  e 
piantato  sulla  roccia  la  quale  presenta  in  più  punti  tracce  di  spianamento  o  di  incassatura 
per  posa  in  opera  di  blocchi,  canali  seguenti  varie  direzioni  e  buche  rotondeggianti.  Da 
questi  ultimi  saggi  si  ebbero  alcuni  frammenti  di  lastrine  fittili  piane  o  leggermente  con- 
vesse, con  ornamentazione  figurata  di  arte  ellenistica.  Sopra  il  frammento  maggiore 
è  rappresentata  a  bassorilievo  una  figura  virile  coperta  del  solo  mantello,  che  cavalca 
un  caprone  dal  lungo  vello,  incedente  a  destra. 

Dalle  risultanze  dello  scavo  si  è  potuto  rilevare  che  anche  la  parte  bassa  di  Mac- 
chia Grande  era  abitata,  ma  non  così  densamente  come  forse  doveva  esserlo  in  alto,  nella 
parte  più  pianeggiante.  Certo  è  che,  per  uno  studio  complessivo  delle  primitive  abita- 
zioni ad  opera  quadrata,  codesta  località,  che  fu  da  secoli  immune  da  ogni  coltivazione, 
sarebbe  senza  dubbio  la  meglio  adatta  e  la  più  remunerativa. 

* 
*  * 

Saggi  in  contrada  «  Piazza  d'Armi  »  {Acropoli)  (').  -  Due  furono  i  saggi  che  si  apri- 
rono sulla  spianata  di  Piazza  d'Armi  (fig.  13  ;  C,  D).  Col  primo,  eseguito  quasi  imme- 
diatamente a  occidente  dell'odierno  accesso,  sono  stati  messi  allo  scoperto  gli  avanzi, 
purtroppo  assai  deturpati  (a),  della  porta  che  doveva  mettere  in  comunicazione  l'acropoli 

(^Quantunque  alcuni  scrittori,  quali  il  Nibby,  il  Tnmassetti  ed  altri,  siano  di  opinione  che  l'acro- 
poli di  Veii  debba  ricercarsi  nel  sito  ove  è  l'abitato  di  Isola  Farnese,  a  me  pare  che  debba  senz'altro 
accettarsi  quella  già  espressa  dal  Dennis,  dal  Canina  ed  anche  dal  Lanciani,  che  pongono  l'Acropoli 
di  Veii  a  «  Piazza  d'Armi  ».  Ciò,  naturalmente,  non  esclude  che  quella  forte  posizione  naturale,  posta 
alla  confluenza  di  due  fossi  e  difesa  su  tre  lati  da  alte  rupi  a  picco  e  da  un  profondo  fossato  artifi- 
ciale da  quello  di  ponente,  fosse  in  qualche  modo  aggregata  alla  città,  da  cui  soltanto  la  divideva  il  pro- 
fondo burrone  del  Fosso  della  Mola. 

(*)  Ricerche  anteriori  alle  nostre,  eseguite  piuttosto  a  scopo  di  lucro  anziché  con  direttive  e  cri- 
teri scientifici,  avevano  non  solo  sconvolto  quasi  totalmente  il  piano  stradale,  ma  in  molti  casi  distrutto 
fino  alle  fondamenta  quelle  costruzioni  che  le  ricerche  stesse  man  mano  mettevano  in  luce.  Dobbiamo 
perciò  ascrivere  a  grande  fortuna,  se  dopo  tanto  scempio,  non  mai  abbastanza  deplorato,  ci  restarono  gli 
elementi  necessari  per  ricostruire  le  piante  di  questo  importante  monumento  e  poterne  seguire  le  vicende. 


REGIONE   VII. 


—  391 


VEIO 


iftr,  - 


^^^S^ 


VEIO 


892    REGIONE   VII. 


colla  città  (*),  ed  un  bel  tratto  di  mura  dell'antico  recinto  munito  internamente  di  con- 
trafforti, lungo  circa  35  m.,  che  si  collega  ai  ruderi  della  porta  medesima  (fig.  14).  Que- 
sta in  origine  aveva  un  solo  fornice  (A)  ;  più  tardi  se  ne  aggiungerò  altri  due  :  l'uno 
(B)  centrale,  più  piccolo  e  provvisto  di  soglia,  aperto  in  corrispondenza  della  testata  del 
muro  che  fu  demolito  ;  l'altro  (C)  ad  oriente  di  questo,  in  simmetria  con  quello  pree- 
sistente. 

L'avancorpo  interno  della  prima  costruzione  aveva  un  prospetto  di  circa  9  m.  di 
larghezza  ed  uno  sporto  di  m.  7,55.  Il  fornice  non  corrispondeva  esattamente  sull'asse 
frontale  della  costruzione,  essendo  alquanto  spostato  verso  oriente,  ed  aveva  una  luce 
di  m.  2,85.  I  muri,  spessi  m.  1,60  circa,  sono  fondati  su  terreno  vergine  di  natura  argil- 
losa, ed  il  saggio  aperto  esternamente  al  muro  occidentale  dell'avancorpo  ne  mise  in  luce 
cinque  filari,  tre  dei  quali  spettano  alla  fondazione  (fig.  15). 

Pare  facessero  parte  di  una  più  antica  costruzione  della  porta  medesima  i  due  muri 
D  D,  formanti  angolo  retto,  che  muovono  da  uno  degli  stipiti  interni  del  fornice  set- 
tentrionale, e  la  cui  linea  di  risega  corrisponde  perfettamente  col  piano  stradale  più  an- 
tico. Quando  venne  ampliato  l'avancorpo,  codesto  avanzo  rimase  nascosto  sotto  le  po- 
che vestigia  della  massicciata  più  tarda,  sopra  la  quale  si  notarono  delle  grandi  chiazze 
di  terriccio  nero  e  parecchi  residui  di  legno  carbonizzato. 

La  testimonianza  di  una  costruzione  ancora  più  antica  ci  è  data  dai  pochi  avanzi 
di  un  grosso  muro  (E,  E)  avente  una  orientazione  diversa  da  tutto  il.  resto  del  fabbri- 
cato, e  che  fu  attraversato  più  tardi  dalla  fondazione  del  muro  orientale  della  porta. 

Coll'aggiunta  del  piccolo  fornice  centrale  (m.  1,50  di  luce)  (fig.  16)  e  di  quello  late- 
rale, presso  a  poco  uguale  al  preesistente,  la  facciata  interna  della  porta  venne  a  risul- 
tare di  m.  15,90  (fig.  17). 

L'apertura  del  fornice  centrale  rese  necessaria  la  demolizione  di  tutto  il  lato  orien- 
tale del  fabbricato  e  quella  dello  stipite  del  fornice  primitivo  che  a  quello  era  collegato. 
La  ricostruzione  ex-novo  di  questo  pilone  è  evidentissima,  ed  apparisce  assai  affret- 
tata; tanto  è  vero  che,  nel  rifacimento  di  esso,  non  si  tenne  nessun  conto  della  ricorrenza 
dei  filari  susseguentisi  in  maniera  regolare  in  tutte  le  parti  superstiti  del  fabbricato. 
Questa  mancata  ricorrenza  delle  serie  di  blocchi  fa  difetto  anche  nell'altro  pilone,  le  cui 
proporzioni  sono  anche  un  pochino  maggiori  del  precedente.  Del  pilone  angolare  restano 
soltanto  le  fondamenta  e  qualche  blocco  della  parte  in  elevazione. 

La  chiusura  dei  fornici  dovette  avvenire  in  tempi  abbastanza  tardi,  quando  natural- 
mente la  porta  non  era  più  in  uso,  e  la  città  romana,  chiusa  in  un  più  ristretto  àmbito, 
non  occupò  se  non  una  minima  parte  dell'area  di  quella  etnisca  e  precisamente  il  centro 
dell'altipiano,  dove  nel  secolo  passato  avvennero  le  migliori  scoperte,  e  dove  affiorano 
tuttora  dappertutto  avanzi  di  marmi,  di  laterizi  e  di  fittili  di  età  imperiale. 

(')  Tale  comunicazione  doveva  effettuarsi  attraverso  la  valletta,  probabilmente  in  quel  punto 
creata  artificialmente,  mediante  un  ponte  che,  muovendo  dalla  porta,  doveva  congiungersi  a  quella 
specie  di  promontorio  che  trovasi  esattamente  sull'asse  della  porta  stessa,  e  che  nella  fig.  suddetta  è 
indicato  colla  lettera  F.  In  corrispondenza  del  tracciato  del  ponte  si  vedono  anche  oggidì  affiorare, 
attraverso  l'odierno  passaggio  che  conduce  a  «  Piazza  d'Armi  »,  vari  blocchi  squadrati  di  tufo,  che 
senza  dubbio  debbono  riferirsi  alla  rovina  del  ponte  stesso. 


REGIONE   VII. 


3U3  — 


VEIO 


-7 


O 


o 


ai 


U 


4 


2 


VEIO 


—  394  — 


REGIONE  VII 


In  una  prima  fase  sembra  che  l'ambiente  risultante  dalla  chiusura  dei  fornici  fosse 
stato  accessibile  dal  lato  di  mezzogiorno  ;  dal  fornice,  cioè,  più  orientale  (e),  chiuso  soltanto 
in  parte  e  dove  rimane  traccia  di  una  rozza  soglia  battentata  (a). 

Successivamente,  valendosi  del  robusto  recinto  rettangolare  come  di  una  specie  di 
podio,  vi  si  costruì  sopra  un  edificio  in  muratura,  probabilmente  di  carattere  sepolcrale, 
completamente  distrutto,  al  quale  debbono  spettare  i  numerosi  avanzi  di  materiale  lateri- 
zio ed  i  frammenti  marmorei  qui  sotto  indicati,  rinvenuti  durante  i  lavori  di  sterro  (*)  : 


Fio.  15. 


a)  Frammento  di  un  lastrone  spesso  mm.  52,  alto  m.  0,19,  largo  0,21,  con  faccia 
lavorata  a  gradina  su  cui  rimangono  i  resti  di  tre  linee  d'iscrizione  a  caratteri  alti  mil- 
limetri 40  : 


b)  Due  frammenti  di  lastroni  scorniciati,  l'uno  alto  mm.  57,  l'altro  175. 
e)  Piccolo  frammento  di  una  cornice  corrosa. 

(*)  Per  la  chiusura  del  fornice  esterno  superstite,  di  cui  riinane  la  sola  fondazione,  furono  ado- 
perati alcuni  pezzi  di  marmo  messi  in  coltello,  che  lasciammo  sul  posto.  Due  altri  frammenti  mar- 
morei, uno  dei  quali  con  avanzi  di  panneggio,  si  rinvennero  presso  la  fondazione  dello  stipite  occi- 
dentale del  fornice  suddetti >. 


REGIONE    VII. 


—  395  — 


VEIO 


d)  Pezzo  di  cornicione  con  modanature  lisce,  di  lavoro  non  perfettamente  regolare  : 
lungo  m.  0,62,  alto  0,23. 

e)  Frammento  dell'angolo  di  un  cornicione  simile  al  precedente. 

f)  Due  frammenti  della  parte  anteriore  di  un  sarcofago  di  marmo  bianco  scorni- 
ciato ed  ornato  di  scanalature  serpeggianti. 


Fio.  16. 


Dal  medesimo  sterro  provengono  :  ... 

g)  Un  frammento,  di  mattone  con  parte  di  un  bollo  circolare  a  lettere  rilevate, 
già  edito  (cfr.  C.  I.  L.,  XV,  n.  1033). 

h)  Altro  frammento  di  mattone  coi  resti  di  un  bollo  rettilineare,  anch'esso  edito 
(cfr.  0.  I.  L.  XI,  n.  6689,  150»)  (»). 

Nelle  trincee  eseguite  per  rimettere  a  luce  il  braccio  di  muro  di  cinta  a  occidente  della 
porta,  si  rinvennero  alcuni  frammenti  di  lastre  marmoree  scorniciate,  un  frammento  del 
fusto  di  una  colonna  in  tufo  litoide  ed  un  pezzo  di  mattone  spesso  35  mm.,  su  cui  riman- 
gono soltanto  poche  lettere  di  un  bollo  rettilineare  dello  stesso  consolato  del  frammento 
g,  e  cioè  di  Petino  ed  Aproniano,  dell'anno  123. 

Eseguito  qualche  tasto  ad  oriente  dei  ruderi  della  porta  (fig.  13,  D),  immediatamente 
di  là  dal  moderno  accesso  a  Piazza  d'Armi,  dove  si  vedevano  affiorare  alcuni  blocchi, 
si  scoprì  un  altro  tratto  mal  conservato  delle  antiche  mura,  cui  fu  posteriormente  appog- 


(•)  Vedi  anche  Notizie  Scavi,  1913,  pag.  386,  nota  1. 
Notiub  Soavi  1922  -  Voi.  XIX. 


51 


VE  IO 


—  306 


REGIONE    VII. 


giato  uno  dei  lati  lunghi  di  una  recinzione  rettangolare  (fig.  18,  A,  A,  A),  fatta  pure  essa 
con  blocchi  di  tufo  aderenti  l'uno  all'altro  senza  l'uso  della  malta  e  provenienti  molto  pro- 
babilmente dalla  demolizione  di  qualche  tratto  dell'antico  recinto.  Di  questa  recinzione 
è  stata  messa  in  luce  poco  più  della  metà  ;  ma  l'esplorazione  dell'area  compresa  dentro  i 
limiti  del  recinto  si  dovette  rimandare  a  più  tardi,  quando,  cioè,  disponendo  di  maggiori 


Fio.  17. 

mezzi,  sarebbe  stato  possibile  intraprendere  su  più  vasta  scala  una  serie  di  ricerche  siste- 
matiche in  tutta  la  spianata  dell'acropoli. 

Dai  cavi  eseguiti  per  mettere  in  luce  i  resti  della  recinzione  in  parola,  si  ebbero  tutta- 
via materiali  diversi  e  di  età  varia,  insieme  con  resti  di  ossa  umane;  ma  la  maggior  parte 
dei  materiali  stessi  è  costituita  da  frammenti  marmorei,  per  lo  più  corrosi,  pertinenti  a 
lastre  divario  spessore  ed  a  cornici.  Un  pezzo  di  lastra  ha  un  ornamento  a  treccia  incavata 
parallelamente  ad  uno  dei  suoi  lati.  Si  rinvennero  anche  tre  pezzi  di  colonnina  a  tortiglione, 
un  frammento  di  rocchio  di  colonna  di  granito  rosso  e  un  altro  di  marmo  bigio.  Né  manca- 
rono avanzi  di  tegoli  e  di  embrici,  e  frammenti  di  vasellame  di  argilla  chiara  di  età 
romana. 

Il  materiale  più  antico  consiste  in  qualche  frammento  di  bucchero  ed  in  pochi  altri 
di  argilla  figulina  con  traccia  di  un'ornamentazione  a  fasce  rosse. 

Anche  dalla  trincea  aperta  per  mettere  in  luce  il  lato  meridionale  del  muro  di  cinta 
si  ebbe  presso  a  poco  lo  stesso  materiale,  frammiste»  qui  pure  ad  avanzi  scheletrici 
dispersi. 


REGIONE    VII. 


—  397  — 


VE  IO 


Fuori  del  recinto,  in  prossimità  dell'angolo  sud-est,  ad  82  cm.  sotto  l'attuale  piano 
di  campagna,  si  scoprì  un  grande  sarcofago  di  calcare  bianco  (B),  lavorato  a  gradina  e 
stondato  internamente  sui  lati  brevi  (m.  2,13  X  0,75  X  0,61  di  alt).  Da  una  parte  ha  un 
leggero  rialzo  che  serviva  da  cuscino,  e  dall'altra  è  un  foro.  Sotto  '1  terriccio  che  lo  riem- 
piva, fra  cui  erano  alcuni  frammenti  di  tegoli  e  di  embrici,  si  rinvennero  i  residui  ma- 
nomessi di  quattro  cadaveri.  Non  conteneva  alcun  oggetto. 


Fio.   IN. 


A  m.  2,10  circa  di  profondità  dal  piano  di  campagna  e  in  corrispondenza  dell'angolo 
esterno  (C)  formato  dagli  avanzi  delle  mura  suaccennate,  si  ebbero  altri  resti  scheletrici, 
tra  cui  quelli  di  un  cranio,  presso  i  quali  era  una  moneta  di  bronzo,  di  lieve  spessore, 
illeggibile  e  frammentata. 

Siamo  probabilmente  alla  presenza  di  un'area  cimiteriale  completamente  devastata. 
E  ciò  dal  punto  di  vista  topografico  avrebbe  una  certa  importanza,  perchè  la  nostra 
scoperta,  corroborando  le  notizie  date  dal  Nibby  (*)  e  dal  Canina  (*),  verrebbe  sempre 
più  a  dimostrare  che  l'abitato  romano  non  estendevasi  affatto  su  quelle  parte  dell'alti- 
piano corrispondente  all'antica  acropoli,  come  il  eh.  prof.  Lanciani  aveva  supposto  (*). 


(x)  Analisi,  IT.  pag.  411. 

(2)  L'antica  città  di  Veii,  pag.  100. 

(s)  Cfr.  Notizie  Scavi,  1889,  pag.  10. 


VEIO 


398  — 


REGIONE    VII. 


* 
*    * 


Coll'altro  saggio  (fig.  13  E),  eseguito  a  breve  distanza  dalla  grande  costruzione  ellit- 
tica sotterranea  e  degli  avanzi  di  antiche  abitazioni  scoperte  dal  prof.  Gabrici  (x)  (fig.  18), 
si  sono  messi  in  luce  i  resti  di  un'edificio  a  pianta  rettangolare  (m.  13,62  X  10,00)  fatto  a 
blocchi  squadrati  di  tufo,  parte  dei  quali,  affiorando  alla  superficie,  erano  stati  assai 
danneggiati  dall'aratro  (fig.  19). 


pmnKn 

G 


'    ■•■-.•" 


Fio.  19. 

Di  questa  costnizione  rimane  un  solo  filare  in  alzato,  e  questo  ricorre  lungo  il  lato 
settentrionale.  La  fondazione  consta  di  una  sola  serie  di  blocchi  di  varia  grandezza, 
disposti  in  più  sensi  e  in  maniera  assai  irregolare  :  ed  essa  pure  è  incompleta,  mancando 
una  piccola  parte  del  lato  nord  e  la  quasi  totalità  di  quello  ovest. 

Un  muretto  (^4,  A),  aggiunto  forse  più  tardi,  e  del  quale  resta  il  solo  filare  di  fonda- 
zione, divide  in  due  il  grande  spazio  rettangolare.  A  metà  circa  di  questo  tramezzo  tro- 
vasi, profondamente  infisso  nel  terreno,  un  grande  monolite  di  tufo  (B)  in  forma  di  pa- 


(*)  Ibid.,  1913,  tfag.  167  sgg. 


REGIONE  vir.  .  __  399   —  VEIO 

rallelepipedo  (m.  0.91  X0,47  X  2,00  di  alt.)  che  doveva  far  parte  della  prima  costru- 
zione, e  sul  quale  verosimilmente  doveva  poggiare  il  pilastro  destinato  a  sostenere  la 
travatura  del  tetto.  A  breve  distanza  da  questo  grande  blocco  pare  fosse  un  passaggio  (7, 
alla  cui  architravatura  doveva  appartenere  un  lastrone  D,  rotto  in  più  pezzi  per  la 
caduta,  rinvenuto  sul  pavimento  in  prossimità  del  passaggio  stesso. 

Su  tre  blocchi  di  questo  tramezzo  è  un'incassatura  quadrangolare,  profonda  soltanto 
pochi  centimetri,  che  servì  probabilmente  all'impostatura  di  altrettanti  piedritti  lignei 
per  il  rafforzamento  dell'esile  muretto. 

Quantunque  alcune  trincee  di  data  non  molto  antica  avessero  sconvolto  parte  del- 
l'area compresa  dentro  il  perimetro  fabbricato  (1),  pure  si  potè  assodare  che  il  pav'mento 
di  entrambi  gli  ambienti  rimaneva  all'altezza  della  risega,  ed  era  formato  da  uno  strato 
bene  battuto  di  detriti  tufacei  commisti  a  frammentila  ceramici  insignificanti. 

Alla  seconda  fase,  a  quella  cioè  in  cui  si  costruì  il  tramezzo,  deve  riferirsi  quel  poco 
che  è  rimasto  della  parte  aggiunta  ad  occidente  del  fabbricato.  Quivi  sono  anche  due  grandi 
blocchi  che  ho  indicato  colle  lettere  E  F,  la  cui  faccia  superiore  si  trovò  arrossata  e  danneg- 
giata dal  fuoco  che  pare  vi  fosse  stato  lungamente  a  contatto. 

E  difficile  poter  dire  l'uso  cui  servì  questa  costruzione,  quasi  perfettamente  orientata, 
e  che  ha  tutti  i  caratteri  di  essere  molto  tarda.  Approfondito  infatti  lo  sterro  fino  al  piano 
di  posa  dei  blocchi  di  fondazione,  ed  anche  un  poco  al  disotto,  si  rinvenne  rifusamente 
parecchio  materiale  frammentario,  specialmente  di  età  romana,  come  orli  e  pareti  di 
dolii,  pezzi  di  lastre  marmoree  e  schegge  informi  calcinate  dal  fuoco  ;  avanzi  di  stoviglie 
ricoperte  di  una  invetriatura  verdognola;  frammenti  di  coppe  e  di  calici  vitrei,  dal  lungo 
piede  sottile  liscio  o  ritorto  a  fune  ;  fuseruole  fittili  o  di  vetro  ;  un  medio  bronzo  di  Anto- 
nino Pio  o  di  Commodo  in  cattivo  stato  di  conservazione,  ecc.  (2).  Né  mancò  qualche 
scheggione  pertinente  al  fusto  di  una  colonna  scanalata. 

I  trovamenti  di  età  pre-romana  consistono  in  alcuni  frammenti  di  bucchero  ;  nella 
parte  inferiore  di  un  bombylios  di  argilla  figulina  ornato  con  fasce  brune  ;  in  alcune  fuse- 
ruole ;  in  un  frammento  di  lastra  di  argilla  rossiccia  su  cui  rimane  la  parte  posteriore  di  un 
quadrupede  a  leggero  rilievo,  ecc. 

II  settore  nord  del  fabbricato,  che  più  dell'altro  appariva  rimaneggiato  in  tempi  re- 
centi, si  sterrò  fino  a  40  cm.  al  disotto  del  piano  di  fondazione  del  fabbricato  stesso,  e  fino 
a  questa  profondità  si  ebbero  trovamenti  di  età  romana  mescolati  ad  altri  di  età  anteriore. 
Così,  assieme  a  frammenti  di  lastre  marmoree,  a  qualche  pezzo  scorniciato,  a  residui  di 
bottigliette  vitree  iridescenti,  ad  una  lucerna  semplice  monoliene  ed  ai  soliti  avanzi  di  sto- 
viglie invetriate,  si  sono  trovati  dei  frammenti  di  bucchero,  altri  d'impasto  a  superficie 
bruna  o  rossastra,  ed  un  frammento  di  grande  piatto  ceretano,  di  buono  stile,  con  scene 
figurate  impresse  a  stampa.  Sulla  parte  piana  dell'orlo  è  una  pianta  di  fiore  di  loto  posta 
tra  un  leone  di  cui  rimane  la  sola  testa-con  bocca  spalancata  e  parte  di  una  zampa,  ed  un 
cinghiale  a  muso  basso.  Lungo  la  parete  interna  del  piatto  doveva  essere  rappresentata 

(*)  Dallo  sterro  di  una  di  queste  trincee  si  ebbe  un  frammento  di  bollo  di  mattone  di  cui  re- 
stavano le  prime  tre  lettere  soltanto  (vedi  C.  I.  L.,  XI,  818  e  seg.) 

(*)  A  20  cm.  di  prof,  dall'attuale  piano  di  campagna  si  rinvenne  un  Denaro  ni  argento  (Ottone  1 
e  II,  Pavia,  962-973  d.  Cr.)  ed  un  Quattrino  di  mistura  (Benedetto  XIV,  Ferrara,  1748). 


VElO  400   UliGIONE   VII. 

una  scena  di  caccia.  Di  questa  resta  un  cervo  corrente  verso  una  figura  di  Sileno  caduta 
in  terra,  di  cui  rimangono  soltanto  le  gambe  terminate  a  piede  equino  e  la  coda. 

Dal  saggio,  poi,  eseguito  intorno  al  grande  monolite  centrale  per  poterne  determi- 
nare l'altézza,  oltre  ai  soliti  materiali  a  cui  si  è  or  ora  accennato,  si  ebbero  due  frammenti 
di  un  grosso  lastrone  di  marmo  bianco,  assai  corroso,  su  ciascuno  dei  quali  è  scolpita  a  ri- 
lievo, di  profilo,  una  testina  di  cavallo  di  arte  abbastanza  buona.  Il  saggio  diede  altresì 
alcuni  frammenti  di  bucchero,  due  pezzetti  di  un  vaso  greco,  e,  più  in  fondo,  del  cocciame 
villanoviano. 

Nello  strato  superficiale  si  raccolse  un  frammento  di  lastra  fittile  pertinente  a  rivesti- 
mento architettonico,  con  scorniciature,  fuseruole  ed  avanzi  di  palmetta. 

La  trincea  aperta  ad  oriente  del  fabbricato  si  approfondì  fino  a  20  era.  al  disotto  del 
piano  di  posa  dei  blocchi  di  fondazione  (0,60  circa  dal  piano  di  campagna)  ;  alla  quale 
profondità  fu  notata  una  buca  circolare  G  di  m.  1 ,30  di  diametro,  la  maggior  parte  della 
quale  insinuavasi  di  là  dalla  trincea  stessa  ;  buca  che  distinguevasi  benissimo  dal  ter- 
reno circostante  per  essere  riempita  di  un  terriccio  nero  frammisto  ad  avanzi  carboniosi, 
a  residui  di  ossa  (alcune  delle  quali  abbrustolite  e  tagliate  trasversalmente),  a  pezzi  di 
embrici  anch'essi  anneriti  dal  fuoco,  e  ad  alcuni  avanzi  di  ceramica  di  argilla  chiara  o 
invetriata. 

Un  saggio  di  esplorazione  eseguito  negli  strati  inferiori  della  parte  sud  del  fabbricato, 
immediatamente  al  di  fuori  di  esso,  è  stato  assai  istruttivo,  avendo  messo  in  luce  alcuni 
avanzi  di  abitazioni  antichissime,  le  quali  confermano  quanto  già  aveva  osservato  il  pro- 
fessor Gabriel  ;  che,  cioè,  sotto  la  città  etrusca  con  le  case  a  blocchi  squadrati  di  tufo  si 
trovano  i  resti  di  quella  italica  con  capanne  di  legno  e  strame. 

Db  avanzo  di  abitazione  etrusca  (H)  si  scoprì  presso  l'angolo  sud-est  dell'area  ster- 
rata. All'altezza  della  faccia  superiore  del  muricciuolo  e  muovendo  da  questo,  estende- 
vasi  verso  ovest  una  specie  di  massicciata  fatta  ora  con  ghiaie  e  ciottoli  di  fiume,  ora 
con  scaglie  di  tufo  triturate,  rotta  in  qualche  punto  da  saggi  anteriori.  Tale  piano  bat- 
tutto  fu  notato  anche  nello  sterro  della  parte  sud  del  fabbricato  (m.  0,84  sotto  il  piano 
di  campagna),  e  a  contatto  di  esso  si  raccolsero  alcuni  avanzi  ceramici  di  bucchero,  qual- 
che frammento  di  embrice  ed  alcuni  pezzetti  sporadici  d'impasto  ornati  con  fasci  di  linee, 
impressioni  di  cordicelle  e  swastikas. 

Sullo  stesso  pavimento  fu  raccolto  il  frammento  di  un  fittile  d'impasto  scuro  su  cui 
rimane  la  parte  finale  di  una  iscrizione  sottilmente  granita 


> 


AMI'A* 


un  frammentino  di  vaso  protocorinzio  con  decorazione  a  fasce  brune  e  con  l'accenno  di 
grandi  squamine  graffite,  ed  un  contrappeso  da  telaio. 


* 
*  * 


Al  disotto  dello  strato  costituito  dalla  massicciata  che  chiameremo  etrusca,  avente 
uno  spessore  di  poco  più  di  1ó  cni.,  vennero  in  luce  i  primi  resti  di  abitazioni  italiche 
consistenti  per  lo  più  in  alcune  grandi  cavità  a  pianta  circolare  o  leggermente  ellittica 


REGIONE    VII.  '  —    401    —  VEIO 

praticate  in  un  terreno  vergine,  scuro,  di  carattere  argilloso,  e  quindi  assai  compatto, 
con  materiale  riferibile  a  quel  periodo  di  transizione  tra  l'età  del  bronzo  e  quella  del  ferro. 

La  cavità  n.  1  (m.  1,37  di  diam)  si  trovò  ad  1  m.  circa  sotto  il  piano  di  campagna, 
ed  aveva  le  pareti  totalmente  arrossate  dal  fuoco  per  uno  spessore  di  alcuni  cm.  Esplo- 
rata fino  in  fondo  (8  cm.  circa),  vi  si  trovarono  alcuni  residui  di  ossa  bruciacchiate,  dei 
pezzetti  di  carbone  e  pochi  fràmmentini  ceramici  :  il  tutto  frammisto  a  cenere  ed  a  car- 
bone triturato.  Sul  fondo  di  questa  cavità  fu  notato  il  bordo  arrossato  di  un  altro  focolare 
più  piccolo,  ma  perfettamente  concentrico  al  primo,  profondo  10  cm.  e  di  forma  con- 
cava. Conteneva  parecchi  residui  di  ossa,  qualche  frammentino  di  vasellame,  diversi 
avanzi  di  carbone  ed  una  grande  quantità  di  terriccio  nero,  fine  e  grasso.  Presso  la  parte 
orientale  della  buca  erano  alcuni  tizzoni  disposti  ad  X  ed  accavallati  l'uno  sopra  l'al- 
tro, precisamente  come  si  suole  disporre  la  legna  perchè  arda  più  facilmente. 

La  cavità  n.  3  venne  in  luce  all'estremità  di  una  trincea  (2)  che  precedenti  ricer- 
catori avevano  aperto  obliquamente  tra  il  muro  sud  della  costruzione  rettangolare  e  il 
muretto  che  la  divide  longitudinalmente.  La  medesima  trincea  aveva  tagliato  anche 
un'altra  grande  cavità,  di  cui  appariva  ben  chiaro  il  contorno  là  dove  non  venne  di- 
strutto per  l'allargamento  della  trincea  medesima,  che  ne  disperse  il  materiale. 

La  cavità  n.  3  si  trovò  letteralmente  nascosta  sotto  uno  strato  di  terriccio  nero,  fram- 
misto ad  abbondanti  cocci  d'impasto  grezzo,  più  o  meno  cotti,  pertinenti  in  gran  parto 
a  vasi  manufatti  di  grandi  proporzioni  ed  a  ciotole  emisferiche  ad  orlo  dritto.  Due  fram- 
menti soltanto  avevano  una  decorazione  graffita  a  fasci  di  linee  ed  a  triangoli  tratteggiati, 
ottenuti  mediante  l'impressione  di  una  cordicella.  Degni  di  essere  notati  sono  inoltre  : 
un'ansa  a  listello  arcuato  applicata  presso  l'orifizio  di  un  vaso  a  labbro  leggermente  rien- 
trante; una  presa  rettangolare  ed  un  frammento  di  ansa  a  bastoncello  terminata  su- 
periormente con  un  piattello  a  tronco  di  cono. 

Questa  cavità  trovavasi  a  m.  1,10  sotto  il  piano  di  campagna,  aveva  una  forma 
leggermente  ellittica  (m.  0,60  X  0,72),  le  pareti  quasi  verticali,  ed  era  profonda  32  cm. 
Verso  nord-est  era  un'allargatura  rotondeg- 
giante che  raggiungeva  il  fondo  e  lo  sorpas- 
sava di  pochi  cm.  Di  poco  rialzati  dal  fondo 
si  rinvennero  dal  lato  opposto  i  residui  di  una 
ciotola  d'impasto  con  orlo  leggermente  rien- 
trante, insieme  con  altri  frammenti  ceramici 
di  vario  spessore  e  ad  alcuni  ossicini. 

Pochi  cm.  sotto  l'orlo  della  buca  si  raccolse 
una  grande  ansa  d'impasto  scuro  che  per  la  sua 
originalità  è  stata  qui  riprodotta  su  entrambe 
le  facce  (figg.  20,  20a).  Il  fittile  aveva  una  de- 
corazione graffita,  di  cui  resta  qualche  traccia  FIGG.  20-20  a. 
presso  l'attaccatura  dell'ansa. 

Tra  la  terra  carboniosa  che  riempiva  la  buca  si  rinvennero  altri  frammenti  di  vasel- 
lame (due  dei  quali  si  riattaccano)  appartenenti  all'orlo  di  un  vaso  decorato  con  stecca- 
ture oblique,  ed  un  pezzo  di  mandibola  di  ovino. 


VEIO  —    402    —  REGIONE    VII. 


A  90  cm.  sotto  l'odierno  piano  di  campagna,  venne  in  luce  l'altra  cavità  indicata 
in  pianta  col  n.  6,  la  quale  era  profonda  30  cui.  circa  e  misurava  m.  1,90  di  diametro.  Di 
essa  potè  scoprirsi  poco  meno  della  metà,  internandosi  il  resto  sotto  i  blocchi  di  fonda- 
zione del  lato  meridionale  dell'edificio.  La  parte  esplorata  si  trovò  riempita  di  terra 
chiazzata  di  nero,  insieme  colla  quale  trovavàsi  qualche  pezzetto  di  tufo,  qualche 
nucleo  di  pietra  focaia,  un  ciottoletto  ovoidale  di  pietra  nera  ed  alcuni  frammenti  di 
ossa,  tra  cui  dei  pezzi  di  mascella  di  un  ruminante.  Da  un  lato  era  un  mucchietto  di 
cenere  e  carbone. 

I  frammenti  ceramici  quivi  raccolti  consistono  in  parecchi  pezzi  di  vasi  grezzi,  d'im- 
pasto e  privi  di  decorazione.  I  più  caratteristici  sono  i  seguenti: 

a)  frammento  di  un  vaso  ad  orlo  quasi  dritto  e  largo  ventre; 

6)  frammento  di  altro  vaso  simile  ma  di  minori  proporzioni,  con  orlo  più  basso  e 
leggermente  rovesciato  in  fuori; 

e)  frammento  di  un  vaso  potorio  (?)  con  presa  orizzontale  scanalata  nel  mezzo  ; 

à)  frammento  dell'orlo  e  dell'ansa  di  una  specie  di  secchiello  fittile  ; 

e)  frammento  di  una  specie  di  bacino  a  superficie  rossastra,  con  breve  orlo  piano, 
un  poco  sporgente,  decorato  sullo  spigolo  inferiore  con  delle  intaccature  praticate  l'una 
a  breve  distanza  dall'altra..  Sotto  l'orlo  è  un  listello  su  cui  fu  eseguita  dal  figulo,  con 
uno  dei  polpastrelli  della  mano,  una  serie  d'impressioni  disposte  obliquamente.  Più  in 
basso  apparisce  l'accenno  di  un  foro  limitato  da  un  listellino  ; 

f)  frammento  di  un  vaso  su  cui  ricorreva  un  listello  decorato  come  il  precedente  : 

g)  frammento  appartenente  con  molta  probabilità  ad  un  fornello.  Ne  rimangono 
una  piccola  parte  della  parete,  con  relativo  piano  di  posa,  e  il  lato  sinistro  della  bocca. 

Approfondito  ancora  un  poco  il  piano  interno  della  cavità,  come  saggio,  si  mise 
in  luce,  a  20  cm.,  parte  del  fondo  di.  una  capanna  che  aveva  una  leggera  inclinazione 
da  est  ad  ovest  e  metà  circa  del  rispettivo  focolare  (6a)  in  fondo  al  quale  erano  disposti 
con  un  certo  ordine  alcuni  pezzi  di  tufo  che  avevano  servito  probabilmente  di  appoggio 
a  qualche  fittile.  Vi  si  rinvennero  degli  avanzi  di  ossa  abbrustolite  ;  pochissimi  fram- 
menti d'impasto,  tra  cui  uno  ornato  con  meandro  ed  una  fascia  graffiti  con  un  pettine  a 
più  denti  ;  ed  un  ciottoletto  oblungo  di  pietra  chiara. 

La  cavità  n.  7,  anche  essa  in  parte  nascosta  sotto  il  muretto  che  divide  in  due  l'edi- 
ficio, e  che  fu  alquanto  danneggiata  per  l'infissione  del  grande  blocco  di  tufo  B,  aveva 
un  diametro  di  circa  2  in.,  e  la  sua  esplorazione  fu  eseguita  a  strati,  avendo  accertato 
che  parte  del  materiale  che  in  essa  affiorava  era  di  un'età  più  progredita  di  quello  che 
erasi  raccolto  in  tutte  le  altre. 

Nei  primi  20  cm.,  infatti,  oltre  ai  soliti  avanzi  ceramici  di  età  villanoviana,  uno 
dei  quali  conserva  traccia  di  un'ornamentazione  granita  con  un  pettine  a  doppio  dente, 
si  rinvennero  alcuni  frammentini  di  vasi  d'impasto  scuro  a  superficie  levigata,  eseguiti 
col  sussidio  del  tornio  ;  due  pezzetti  di  bucchero  e  due  altri  di  argilla  figulina  decorati 
con  fasce  e  trattini  di  colore  bruno.  Nel  medesimo  strato  si  raccolsero,  inoltre,  qualche 
ciottolo  e  pochi  residui  di  ossa. 

Gli  avanzi  della  suppellettile  rinvenuti  nel  secondo  strato,  spesso  10  cm.,  sono  i 
seguenti: 


ftEGlONK    VÌI. 


—  403  — 


VÉiO 


a)  vari  frammenti  d'impasto  grezzo,  tra  cui  alcune  anse,  pertinenti  a  fittili  diversi  : 

b)  una  fuseruola  lenticolare  adorna  di  baccellature; 
e)  altra  fuseruola  liscia,  biconica  ; 

d)  frammento  su  cui  rimane  traccia  di  una  decorazione  geometrica  a  triplice 
linea  graffita: 

e)  un  ossicino. 

Nel  terzo  strato,  infine,  che  raggiungeva  il  fondo  della  cavità  (m.  1,60  sotto  il  piano 
di  campagna),  furono  trovati  parecchi  frammenti  di  vasi  d'impasto  grezzo  ed  aventi  va- 


A       C       R 


O      P 

(PlAllA     il  AH  MI 


O     L      I 


'fflPff 


0        12        3*5 


Fio.  21. 


rio  spessore.  Quelli  a  pareti  più  grosse  appartenevano  a  fittili  di  grandi  dimensioni  con 
fondo  a  tronco  di  cono.  A  questa  categoria  appartiene  anche  un  avanzo  di  grande  co- 
perchio a  superficie  rossastra  assai  lucente,  munito  di  grossa  presa  cilindrica  leggermente 
cava  nel  mezzo.  Si  rinvennero  pure  frammenti  di  vasi  a  superficie  bruno-lucida,  ed 
uno  di  questi  aveva  uno  spessore  relativamente  assai  sottile.  Notevole,  anche,  un'ansa 
bifora  di  attingitoio  scanalata  nella  parte  superiore  e  terminata  ad  alette,  a  superficie 
rossiccia,  lucidissima. 

Meritano  di  essere  ricordati  un  piccolo  frammento  di  fornello  ;  un  pezzo  di  grande 
dolio,  intorno  al  quale  è  un  cordone  adorno  d'impressioni  oblique  eseguite  a  crudo  con 
uno  dei  polpastrelli  della  mano,  e  diversi  frammenti  di  vasi  di  tipo  villanoviano,  sopra 
alcuni  dei  quali  ricorre  la  solita  decorazione  geometrica  eseguita  con  un  pettine  a  tre  ed 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  52 


VÉlo  —    4()4   —  KKdIONK   Vii. 

a  cinque  punte.  Da  questo  strato  si  ebbero  anche  una  difesa  di  cinghiale  e  parecchi 
avanzi  di  ossa  di  quadrupedi,  tra  i  quali  si  riconobbero  quelli  di  un  porco. 

Altre  cavità,  ma  di  minori  dimensioni  delle  precedenti,  tornarono  in  luce  sia  nella 
trincea  aperta  fuori  del  fabbricato,  sia  nello  sterro  dell'ambiente  sud.  Queste  cavità  sono 
state  indicate  nella  pianta  coi  n.  4,  5,  8  e  9,  e  non  contenevano  che  terra  frammista 
a  qualche  ossicino  ed  a  rari  frammenti  ceramici  insignificanti;  quindi  esse  dovrebbero 
corrispondenre  ai  buchi  dei  pali  sui  quali  era  intessuta  la  capanna  nel  cui  centro  stava 
il  focolare  che,  come  abbiamo  già  veduto,  aveva  forma  circolare  o  leggermente  ellittica. 

Alcuni  di  questi  buchi  (3  a,  4,  5)  sono  regolarmente  distanziati  l'uno  dall'altro  e 
posti  sopra  una  linea  leggermente  curva,  presso  a  poco  parallela  alla  periferia  del 
focolare  n.  6.  Niente  perciò  di  più  naturale,  che  in  essi  debbansi  riconoscere  i  buchi  dei 
pali  che  recingevano  una  di  queste  primitive  abitazioni,  il  cui  diametro  risulterebbe  di 
m.  5,40  circa. 

H  solco  angolare  7,  lungo  il  quale  si  notarono  dei  buchi  più  profondi,  venuto  in  luce 
nello  sterro  eseguito  a  sud  del  fabbricato,  doveva  molto  probabilmente  corrispondere 
al  tracciato  di  un  recinto  ligneo  addossato  alla  capanna  anzidetta. 

La  differente  profondità  in  cui  furono  trovati  i  focolari,  la  vicinanza  di  alcuni  di 
essi,  ed  in  qualche  caso  la  loro  sovrapposizione,  sono  tale  un  complesso  di  fatti  per  i  quali 
è  lecito  ammettere  che  le  abitazioni  di  cui  essi  facevano  parte  non  fossero  sórte  tutte 
quante  contemporaneamente,  ma  costruite  in  tempi  diversi  senza  tenere  alcun  conto 
dell'ubicazione  di  quelle  precedenti. 

L'esame  dei  residui  del  vasellame  rinvenuto  nello  strato  superiore  del  focolare  n.  7 
farebbe  inoltre  pensare  ad  una  maggior  durata  che  avrebbero  avuto  alcune  di  queste 
antiche  abitazioni.  Ma  allo  stato  delle  cose  è  necessario  andare  molto  cauti  circa  le  de- 
duzioni che  potrebbero  farsi  dopo  una  simile  constatazione. 

La  grande  importanza  che  avrebbe  per  la  storia  di  Veii  un'esplorazione  stratigrafica 
eseguita  metodicamente  su  vasta  scala  nell'ampia  spianata  di  Piazza  d'Armi,  dopo  il 
numero  considerevole  di  dati  di  fatto  raccolti  nel  saggio  limitatissimo  da  noi  eseguito, 
non  ha  bisogno  di  essere  dimostrata.  Dobbiamo  perciò  augurarci  che  codesta  indagine 
possa  divenire  presto  un  fatto  compiuto,  anche  per  appagare  il  vivo  desiderio  dei  dotti 
che  dagli  scavi  di  quell'importantissimo  centro  attendono  la  soluzione  di  quei  problemi 
che  riguardano  le  origini  della  civiltà  etrusca. 

Enrico  Stefani. 


ROMA 


405 


ROMA 


V.    KOMA. 

Via  Flaminia.  Colombario  e  ripostiglio  monetale  rinvenuti  nei  lavori  ili  amplia- 
mento del  Museo  di  Villa  Giulia.  —  Il  grandioso  nuovo  braccio  settentrionale  e  orien- 
tale, che  il  Regio  Governo  sta  costruendo  in  ampliamento  del  Museo  Nazionale  di  Villa 
Giulia,  si  stende  lungo  il  viale  delle  Belle  Arti  nel  tratto  che  dall'Arco  Oscuro  porta  alla 
nuova  piazza  Thorwaldsen.  In  quel  punto  le  estreme  pendici  della  collina  dei  Parioli  si 
dovettero  tagliare,  quando  fu  tracciata  la  strada,  nel  1910-11  ;  perciò  in  quasi  tutta 
l'area  costruita  fu  trovata  subito  la  roccia. 


Ai  limiti  meridionali  di  questa,  in  occasione  dello  scavo  della  grande  fossa  per  la  calce, 
lontana  rispettivamente  m.  17  e  4  dall'ala  orientale  e  settentrionale  suindicata,  in  un 
punto  all'interno  di  esse,  destinato  a  giardino,  furono  rinvenuti  i  resti  di  un  colombario 
assai  povero,  con  muro  in  opusreticulatum(B)  dalla  parte  occidentale,  dove  la  roccia  (C) 
veniva  a  mancare.  Invece  nel  lato  opposto  gli  antichi  si  limitarono  ad  adattare  la  roccia 
stessa  (D).  Il  colombario,  che  in  origine  avrà  certamente  avuto  più  serie  di  ollette,  era 
distrutto  quasi  completamente  così  che  nessuna  traccia  restava  della  parete  di  fondo,  e 
furono  rinvenute  solo  le  ollette  dell'ordine  inferiore,  anzi  di  alcune  di  esse  (n.  2,  3,  6,  8,  9) 
era  conservato  solo  il  fondo  con  poche  ossa  bruciate.  Altre  erano  intere  :  n.  1  (alta  m.  0,26 
e  del  diametro  superiore  di  m.  0,225)  ;  n.  10  (m.  0.30  X  0.24);  n.  11  (a.  m.  0,30);  n.  12 
(a.  0,28);  n.  13  (a.  0,26);  tutte  dalla  parte  sinistra.  Quella  n.  10  era  all'angolo,  in  una 
piccola  nicchia.  Nel  muro  a  destra  fu  fatta  una  scoperta  interessante,  perchè  l'olla 
n.  4,  anziché  osse  combuste,  conteneva  una  grandissima  quantità  di  monetine  di  bronzo. 
L'olla  vicina,  n.  7  (alt.  0,28  ;  diam.  sup.  m.  0,21),  aveva  tra  le  ossa  combuste  una  lekythos 
di  terra  grezza,  con  la  pancia  striata  orizzontalmente  (alt.  m.  0,18).  Di  una  lekythos 
simile,  ma  considerevolmente  più  grande,  fu  rinvenuta  la  parte  inferiore  (ni.  6)  usata 


ROMA  406    —  ROMA 


come  cinerario.  Dalla  buona  costruzione  del  reticolato  il  colombario  si  può  datare  al 
principio  dell'Impero;  il  tesoretto  monetale,  invece,  comprende  tutte  monete  della  prima 
metà  del  V  secolo  dell'e.  v.,  come  ha  accertato  la  dott.ssa  L.  Cesano  nell'accurato  studio 
che  si  pubblica  a  seguito  della  presente  nota.  È  evidente  quindi,  che  esso  fu  nascosto 
esattamente  nel  periodo  del  440-450  d.  Cr.  nel  colombario,  che  doveva  essere  ancora 
accessibile,  dopo  aver  vuotato  dalle  ossa  combuste  una  delle  antiche  ollette  sepolcrali. 
A  ponente  di  questo  colombario  fu  rinvenuto  un  ottimo  muro  di  laterizi  (A),  con  nicchia 
recante  traccia  di  olla,  e  in  continuazione  un  secondo  colombario.  Ma  siccome  questo,  per 
il  ponte  ora  esistente  perla  costruzione  del  nuovo  edilìzio,  si  è  potuto  esplorare  solo  in 
parte,  se  ne  darà  notizia  in  seguito,  quando,  ultimata  la  costruzione  moderna,  sarà  pos- 
sibile scavarlo  interamente,  essendo  anche  esso  nell'area  destinata  a  giardino. 

Tra  la  terra  di  riempimento  del  primo  colombario,  insieme  con  i  soliti  avanzi  di 
vetri,  tegole  e  vasi,  senza  importanza  alcuna,  fu  rinvenuto  un  frammento  di  laterizio 
con  un  bollo  intero  :  Ama.  Marci.  C.  s.  Trattasi  quindi  di  uno  di  quelli  della  serie  dei 
servi  di  M.  Marcius  (C.  I,  L.  XV  1268-1270).  Le  prime  tre  lettere  e  Vare  di  Marci 
sono  in  nesso.  Il  bollo  è  del  primo  secolo.  Il  nome  del  servo  stesso  può  essere  stato 
Ama(ndus),  Ama(rantus)  o  simili,  ma  siccome  esiste  un  bollo  in  tutto  simile  a  questo 
col  nome  Dama  e  al  principio,  pur  non  mancando  apparentemente  nulla,  c'è  una 
certa  irregolarità  nella  linea  terminale  del  bollo  stesso,  non  si  può  escludere  l'ipotesi 
che  si  tratti  di  questo  nome,  a  cui  manchi  perciò  la  lettera  iniziale. 

G.  Q.  Giglioli. 


Il  ripostiglio  di  Villa  Oiulia. 


Contenuto  nel  fondo  di  un  rozzo  recipiente  di  creta,  si  compone  dei  seguenti  gruppi 
di  pezzi  : 

1)  Due  bronzetti  o  bilioni  frammentati  di  Claudio  II  (marti  pacifero  ;  consecratio). 

2)  Circa  un  centinaio  di  piccoli  bronzi,  in  gran  quantità  frammentati  e  molto  con- 
sunti, dell'età  postcostantiniana,  fra  i  quali,  riconoscibili  in  pochi  esemplari  :  Costante 
(Victoria  dd.  nn.  augg.  g.  nn  ;  voi.  xx  muli,  xxx)  ;  Costanzo  II  (fel.  lemp.  reparatio  ;  gloria 
exercilus)  ;  Valente  (gloria  romanorum  ;  securitas  reipublice  ;  salus  reipublice);  Teodosio  I 
(Victoria  augg.  ;  gloria  reipublice).  Peso  medio  dei  pezzi  gr.  1,50. 

3)  Pochi  piccoli  bronzi  quinari  di  Arcadio  (salus  reipublice  ;  voi.  x  muli,  xx)  e 
di  Onorio   (gloria  romanorum;  salus  reipublice,   voi.  xx  muli,  xxx;  urbs  Roma  felix). 

4)  Più  di  150  pezzi  di  Teodosio  II  (salus  reipublice  ;  la  Vittoria  con  trofeo  in  moto 

P        S 
a  sin.,  trascinante  un  prigioniero)  delle  cinque  officine  della  zecca  di  Roma  — —  ,  — —  , 

t      q     e 

RM  '  R~M  '  rm  '       campo  del  rov. è  il  monogramma  cristiano  -jì .  Peso  medio  dei  pezzi 


ROMA  407    ROMA 

gr.  1,20.  Questi  pezzi  mostrano  omogeneità  di  tecnica  e  di  fattura,  essendo  di  spessore 
notevole,  di  forma  piuttosto  ovale,  di  rozzo  ma  accurato  disegno  nella  figurazione  e 
nella  leggenda.  Sono  poi  freschi  di  conio. 

5)  Un  centinaio  di  pezzi  di  Giovanni  tiranno  (423-425  d.  Cr.)  identici,  per  fattura 
e  figurazione,  a  quelli  di  Teodosio,  del  peso  medio  digr.  1,30,  e  con  maggiore  varietà  di 
segni  di  emissione,  ricorrendo  inoltre  gli  eserghi    RM  ;  RMP  ■  TRM  >  QRM  . 

6)  Più  di  50  pezzi  di  Placido  Valentiniano  (425-455  d.  Cr.)  (salus  reipublice;  la 

p 
Vittoria  a  sin.,  con  corona  e  palmetta),  delle  cinque  officine  della  zecca  di  Roma  — —  , 

Lvi  •  ha  '  o  '  Im  e  de!  pcso  medi0  di  "r- T'20- 

Quattro  altri  esemplari  portano  il  rovescio  della  croce  (salus  reipublice)  e  si  ricon- 
nettono più  strettamente  al  gruppo  seguente  di  Galla  Placidia. 

A  proposito  di  Placido  Valentiniano,  mi  pare  opportuno  notare  qui,  che  su  l'unico 
pezzo,  il  medaglione  di  oro  del  Museo  Farnese,  che  dava  completo  il  suo  nome,  edito 
la  prima  volta  dal  Petrusi  (/  Cesari  in  oro  raccolti  nel  Museo  Farnese,  Parma  1694-1724, 
1, 1694,  tav.  XXIV,  nn.  5  e  6,  p.  370)  leggevasi  giustamente  Placidus.  Il  medaglione 
fu  riportato  di  poi  dal  Banduri  (Numismala  imp.  rom.  a  Traiano  Decio  1718,  II, 
p.  570  sg.),  erroneamente  letto  o  trascritto  PLA.CIDIVS,  donde  tutti  dedussero  fino  ad 
oggi  il  nome  sbagliato  (cfr.  ancora  in  Gnecchi,  /  medaglioni,  a  p.  40  ripetuto  l'errore). 

7)  Di  Galla  Placidia,  figlia  di  Teodosio  I,  sorella  di  Onorio,  madre  editrice  di  Va- 
lentiniano, sono  riconoscibili  17  bronzetti,  del  peso  medio  di  gr.  1,20  ;  dei  quali  quattor- 

P         S         T         £ 
dici  col  rov.  della  croce  (Coh2.  11:  Salus  reipublice  -— —  .  — —  ,  — — ,  — —  ,  „,„  ..)  e  tre 
v  '  RMRMRMRMTRM; 

T         S 
con  la  vittoria  (salus  reipublice  =-r:  •  =-zz)  (non  in  Cohen'). 

R  M    R  M 

8)  Del  tutto  simili  ai  precedenti  di  Teodosio  II,  Giovanni  e  Placido  Valentiniano 
sono  piii  di  altri  250  pezzi,  illeggibili  perchè  di  conio  eccentrico,  e  quindi  non  attribui- 
bili con  sicurezza  ad  alcuno  dei  tre  imperatori.  Il  peso  medio  risulta  di  gr.  1,20. 

9)  A  questa  massa  di  più  di  700  esemplari  coniati  si  aggiunge  una  congerie  di 
più  di  mille  pezzi,  dischetti  irregolarmente  tagliati  ed  intaccati  e  scheggiati,  e  fram- 
mentini  amorfi  del  peso  medio  di  gr.  1,00. 

10)  Tre  piccoli  bronzetti,  del  peso  complessivo  di  j^r.  1,40,  si  distinguono  da 
tutta  la  massa  perchè  evidentemente  di  conio  barbaro. 

Il  ripostiglio  non  presenta  interesse  per  qualità  di  pezzi,  se  ne  eccettuiamo  la  pic- 
cola serie  di  Galla  Placidia  ;  ma  è  un  nuovo  documento  interessante  della,  produzione 
monetaria  enea  della  zecca  di  Roma  nella  prima  metà  del  V  secolo  d.  Cr.  e  conseguente- 
mente della  circolazione  monetaria  enea  a  Roma  e  nella  penisola  circa  la  metà  di  quel 
secolo,  sotto  gli  imperatori  Valentiniano  III  d'Occidente  e  Teodosio  II  d'Oriente.  Esso 
va  ricordato  accanto  ai  travamenti  simili  che  già  in  un  certo  numero  sono  stati  studiati. 
Cronologicamente  è  coevo  alle  tombe  più  antiche  del  travamento  di  Mezzo  Cammino 
sulla  via  Ostiense  (cfr.  Cesano,  in  Kiv.  Hai.  num.  1918,  pp.  96  segg);  segue  di  pochi  anni 
al  ripostiglio  di  Siracusa,  che  giunge  ad  Onorio,  e  a  quello  di  Ostia  che  già  comprende 


KOMA  —   408   —  ROMA 

Giovanni  e  Teodosio  (cfr.  Cesano,  Della  moneta  enea  corrente  in  Italia  nell'ultima  età  im,p., 
in  Riv.  ital.  num.  1913,  pp.  511  segg.),  e  precede  il  ripostiglio  di  Perugia  che  scende  a 
Marciano,  quello  del  Monte  Rosa  nell'isola  di  Lipari  che  tocca  il  regno  di  Leone  I, 
quelli  di  Monte  Rodimi  e  di  Castro  dei  Volsci  dell'età  di  Giustiniano  (cfr.  Cesano, 
toc  cit.).  1  quali  due  ultimi  gruzzoli  sono  già  in  massima  parte  costituiti  dai  bron- 
zetti ben  noti,  a  tipo  monogrammatico,  dei  Goti,  del  tutto  assenti  dal  presente 
travamento.  Notevole  poi  ancora  in  questo  l'omogeneità  delle  serie  coniate  costi- 
tuenti il  nucleo  principale,  cioè  di  Giovanni,  Teodosio  II,  Placido  Valcntiniano  e 
Galla  Placidia,  che  escirono  tutte  dalle  cinque  officine  della  zecca  di  Roma  in  emis- 
sioni consecutive  ed  a  breve  distanza  di  tempo. 

L.  Cesano. 


Via  Portuense.  Rinvenimenti  di  tombe  di  età  imperiale.  —  Nello  stabilimento 
della  Società  Anonima  Olierie  dell'Italia  Centrale,  presso  la  via  Portuense,  poco  lungi 
dal  bivio  con  via  della  Magliana,  in  località  detta  Pozzo  Pantaleo  (pianta  fig.  1  lett.  B), 
eseguendosi  degli  sterri  per  la  costruzione  di  una  vasca  circolare  dedicata  alla  produzione 
del  solfuro  di  carbonio,  si  cominciarono  a  rinvenire  sarcofagi  di  terracotta,  frammenti  di 
iscrizioni  sepolcrali,  suppellettile  di  corredi  funebri.  Presentandosi  tale  materiale  in 
notevole  quantità  entro  una  piccola  area,  ed  essendosi  in  precedenza  scoperto  poco 
distante  un  altro  gruppo  sepolcrale  (1),  sembrò  opportuno  ampliare  a  spese  della  Soprin- 
tendenza le  ricerche  che  diedero,  con  qualche  settimana  di  lavoro,  risultati  non  dispre- 
gevoli. Condusse  i  lavori  con  l'usata  diligente  vigilanza  l'assistente  sig.  Pietro  Mottini, 
seguendo  i  consigli  del  nostro  valente  topografo  sig.  Edoardo  Gatti  che  si  recò  spesso  a 
visitare  i  lavori,  e  rilevò  le  piante  qui  riprodotte. 

Si  posero  in  luce  alcuni  edifici  sepolcrali  guasti  già  e  completamente  saccheggiati 
(pianta  fig.  2).  NelMangolo  nord-est  della  breve  area  esplorata  apparve  un  tratto  di 
un  muro  a  grossi  parallelepipedi  di  tufo  che  non  potè  seguirsi  completamente.  Aderente 
a  quel  muro. fu  trovata  la  stele  iscritta  riportata  più  sotto,  al  num.  30.  Più  a  ponente  si 
pose  in  luce  un  recinto  quadrangolare  (a)  in  buon  reticolato  con  porta  a  sud  ;  entro  il  re- 
cinto era  il  piccolo  edifìcio  sepolcrale  in  costruzione  laterizia,  trovato  mancante  della 
parte  anteriore,  con  colonnine  in  cotto  nel  mezzo  dei  lati,  e  coppia  di  semicolonnine 
agli  angoli.  La  trasformazione  di  questo  complesso  monumentale  cominciò  ben  presto. 
Un  grosso  pilastro  in  laterizio  fu  piantato,  non  sappiamo  a  quale  scopo,  nell'interno 
dell'edificio  sepolcrale  in  posizione  asimmetrica  rispetto  alle  mura  dell'edificio  ;  poi 
l'area  del  recinto  fu  invasa  da  sarcofagi  di  terracotta  calati  entro  formae,  cacciati  sotto 
i  muri,  e  in  un  caso  perfino  nell'interno  del  grosso  pilastro,  a  bella  posta  cavato  e  rotto 
con  uno  strappo  del  tutto  irregolare.  Sopra  a  qualcuno  di  questi  sarcofagi  si  rinvennero 
dei  tubi  di  terracotta  verticali  per  le  libazioni,  così  come  fu  osservato  in  questi  ultimi 

(l)  Nella  proprietà  della  Società  A  lì  C  D  (asfalti,  bitumi,  concimi  e  derivati)   vedi    pianta, 
lettera  A.  Not.  Scavi,  1920,  pag.  284. 


iioM.\ 


—  409  — 


liOMA 


tempi  in  parecchi  altri  sepolcreti  romani  ('  ).  Più  a  sud  si  apriva  una  serie  di  tre  edi- 
fici sepolcrali  contigui  in  costruzione  laterizia 'con  ingressi  a  nord;  i  due  a  levante 
(e  e  (l)  avevano,  alle  pareti,  grandi  nicchie  a  foggia  di  arcosolii  per  ricevere  cadaveri 


•*:^»r,.'i!ar*";'°:TJT>'"?4'^ 


VIA  PO  RTV  E  H  SS 


FlG.   1. 


inumati;  il  terzo  (e)  conservava  il  pavimento  a  mosaico  che  recava  due  iscrizioni  ese- 
guite a  tessere  nere  su  fondo  bianco,  cioè  da  un  lato 


1) 


l-octavivs  fa 

driaT 

EVC    ! 


dall'altro 
2J 


D  M 

MARIO  MARCELLINO 
FECIT-MARIVS-  MARCELLINVS 
PATÉ • FEC 


(!)  Cfr.  Moretti,  in  Not.  scavi,  1920,  pag.  153,  dove  sono  raccolti  non  pochi  altri  esempii,  ai  quali 
si  può  aggiungere:  Styger,  in  Dissert.  della  Pont.  Accad.  d'archeol.  XIII-1918,  pag.  18;  Massigli,  Mu- 
sée  de  Sfax,  pag.  58,  n.  1. 


HO  MA 


—  410  — 


liOMÀ 


Quest'ultima  iscrizione  a  tessere  più  grosse  pare  inserita  più  tardi  nel  pavimento.  Le 
due  iscrizioni  erano  disposte  ai  lati  lunghi  della  stanza,  e  in  modo  che  potessero  essere 
lette  per  il  loro  verso  da  chi  entrava  dalla  porta. 

L'edificio  (b),  alle  spalle  dei  tre  suddetti,  era  in  reticolato  con  pareti  cavate  a  nicchie 
a  guisa  di  colombario  ;  una  scaletta  (V  h")  scendeva  da  una  porta  esterna  non  conservata 
con  due  rampe  poste  ad  angolo  retto.  Nell'interno,  oltre  le  nicchie  alle  pareti,  erano  anche 


io     f  . 

-I   metri 


Fio.  2. 


delle  banchine  per  deparvi  urne.  Anche  qui  avvenne  più  tardi  l'invasione  di  sarcofagi 
di  terracotta.  L'ultimo  edificio  (f)  aveva  anche  resti  di  nicchie  per  urne  cinerarie,  e  più 
tardi  erano  state  nel  pavimento  ricavate  due  formar. 

L'area  sepolcrale  è  pertanto  fittamente  coperta,  e,  come  potremo  rilevare  dalle  iscri- 
zioni e  dai  corredi,  servì  ai  seppellimenti  per  oltre  un  secolo.  Le  tombe  sono  a  cremazione 
e  a  inumazione,  e  queste  appaiono  più  recenti.  Data  la  larga  opera  di  saccheggio  che  aveva 
preceduto  i  nostri  lavori,  non  si  possono  garantire  sicure  appartenenze  di  oggetti  e  di 
iscrizioni,  e  non  è  perciò  opportuno  descrivere  i  travamenti  separatamente  secondo  la 
tomba  alla  quale  avevano  presumibilmente  potuto  appartenere  per  essere  stati  rinve- 
nuti entro  o  nelle  immediate  vicinanze  di  urne  cinerarie  o  di  sarcofagi.  Elencherò  piut- 
tosto per  classe  gli  oggetti 

Ossuarii.  —  Furono  rinvenute  rozze  olle  fittili  e  qualche  urna  cineraria  mar- 
morea, le  une  e  le  altre  per  lo  più  in  pezzi. 


KOMA  .  411    ROMA 

Una  intera  con  semplici  cornici,  priva  del  coperchio,  ampia  così  da  poter  ricevere 
due  deposizioni  (m.  0,48  X  0,34  X  0,33),  reca  l'iscrizione 

3)  D-M-VOLVMNIAE-THREPTE 
M  •  VLPIVS-  AMANDVS 
AVGVSTI    •    LIBERTVS 

•    COIVGI- CARISSIMAE 
BENEMERENTI- ET- SIBI 

Altra  urna  marmorea  anepigrafa  con  ornati  vegetali  e  uccellini,  trovata  rotta  in 
moltissimi  frammenti,  di  cui  ventiquattro  si  ricuperarono. 

Frammento  di  coperchio  di  altra  urna  con  due  uccellini  affrontati. 

Urna  cineraria  a  pianta  rettangolare  per  due  deposizioni,  a  pareti  lisce  di  marmo  bi- 
gio, trovata  senza  coperchio  (mis.  0,57  X  0,45  X0,30): 

4)  DM 
PANTHERILLAE  •  FEC  ■  DION  YSIVS 
T  •  AEL  •  AVG  •  LIB  •  OLYMPAE  •  SER 
CONIVGOPT-ET-SIBIC-  Q/V-AXXI 
M-III-D-VII-LOCO-DONATO-A-SVR         5 
VI  A-E  VLOGI  A-  ITO-  ANBITO  •  DATO 

•  SINE  •  VLLA  •  CONTRoBERSIA 

Il  sw  ulla  cmtrobema  dell'ultima  linea  si  riferisce  al  cum  qua  vixit  di  linea  4  e  non 
all'ito  anbito  dato  di  lin.  6.  L'iscrizione  di  questo  servo  di  un  liberto  di  Antonino  Pio  è 
una  delle  più  tarde  del  gruppo  che  qui  si  illustra. 

I  sarcofagi  di  terracotta  recavano  frequentemente  sui  bordi  dei  bolli,  uno  dei  quali 
già  noto  da  altri  esempi  (tì?  XV-2426),  gli  altri,  a  quanto  mi  risulta,  inediti  : 

5)  AVCTVS  •  F 

7)         SAMSACA       ramo  di  palma 

6)  C-CflLEWI-A/Cf  CALPETANI-S-FECIT 

Auctus  servo  di  C.  Calpetanus  è  ricordato  in  bolli  di  mattone  (C.  I.L.,  XV -302); 
altri  servi  di  Calpetano  hanno  segnato  pelves  e  dolii  (C.  I.  L.,  XV,  2421-2424).  Nuovo  è  il 
servo  Samsaca,  assai  probabilmente  un  semita. 

8)  PA/PHIL-CEIoNC-S 
Bollo  noto  nei  mattoni  C.  XV-1355. 

9)  SOSVMVS 

FVLVI  •  SER • 

Notizib  Soavi  1922  -  Voi.  XIX.  58 


IlOMA 


412  — 


KOMA 


I  bolli  di  mattono  ci  fanno  conoscere  un  nitro  servo  di  Fulvius,  Phileros  (G.  XV-1358), 
che  segna  anche  dolii  (C.  X-8047, 15). 

10)  STSI'AFCI-KLENI 

DEMETRIVS-S-F- 

II  bollo  Stali  Marci  Demetri  è  già  noto  su  sarcofagi  fittili  (C.  XV-2460).  Altri  servi 
di  Statius  Marcius  Helenus  sono  noti  da  bolli  di  mattone  (G.  XV-1276, 1277Ì. 


11) 
13) 


C- MARCI  STRABON 


12) 


VTILIS  •  FÉ 


MVARIENI 
CASTVS  FEC 


Altri  servi  dei  Varieni  sono  ricordati  in  mattoni  (C.  XV,  964  e  1491)  e  su  pelves 
(C.  X,  8048,  8049). 

Le  iscrizioni  che  seguono  erano  incise  per  lo  più  in  tabelle  da  colombario,  alcune 
in  stele  di  travertino  da  fissare  nel  terreno. 

14)  Targhetta  marmorea  ansata 


(m.  0,22  X0.10): 

SEX-APPVLEIVS 

ARCHIMEDES 

GEOMETRES 


15)  Lastra  marmorea  ansata 
(m.  0,22  X0,10): 

SEX-APPVLEIVS- SEX -F 

BOTHRIO-SIBI-ET 

IVLI AE  •  SALVIAE  •  CONIVGI 


16)  Piccola  stele  marmorea  con  foro 
in  basso  per  il  passaggio  delle  sbarre  di 
sostegno  (mis.  m.  0,58  X  0,35)  : 


DIS  •  MAN 

ARRIAE  ■  AECLE 
C-  ARRIVS-  EP1 
MELES-FMATRI 
PIISSIMAE 


17)  Lastra  di  marmo  bigio 
(m.  0,30  X  0,15)  ; 

Sex  •  ATELLIVS 

VRBANVS-SIBI-ET 

ATELLIAE  •  VENERIAE 

LIBERTAE-  SVAE-OLL-H 


1 8)  Lastrina  marmorea  (0,30  X  0,12): 

0     AVILLIAO-ETLL-APATE 
V  PHILADELPHVS 


1 9)  Lastrina  marmorea  (0,19  X  0,1 6): 

P-CAECILIVS 
P-L- EROS 


(20)  Lastrina  di  marmo  bigio 
(m.  0,22  X0.12): 

Q  •  CAECILIVS 
IANVARIVS 


21)  Targhetta  marmorea 
(m.  0,22  X0,18): 


(CAECILIA 

ri    ELSA 

<ìctT-ANN«XXV 

ROMA 


—  413  — 


ROMA 


22)  Frammento  di  lastrina  di  marmo 
bigio  (0,11X0,08): 


L-CAES 
LOLCO 


23)  Lastrina   marmorea  trovata  al 
posto  (m.  0,15  X0,08): 

CAESIA    DL 
FAVSTA 


24)  Lastrina  ansata  di  marmo  bigio  (ni.  0,24  X  0,12): 


CAESIA 

PAVSI LYPE 
SINEMALITIE 
VIXIT-ANNOS  XV 


25)  Lastrina  marmorea  ansata  (ra.  0,22  X0,10): 

CERDO  •  TI  • 
CLAVDI-GER 
MANICI-AVG-L 


Notevole  la  forma  corsiva  della  R  in  Germanici.  Cerdo,  per  esser  liberto  dell'im- 
peratore Claudio  e  collega  di  Narcisso  e  Pallante,  non  ebbe  molto  ricca  sepoltura. 

26)  Frammento  di  lastra  marmorea  con  resto  d'iscrizione  iti  belle  lettere.  Misura 
m.  0,31  X  0,165.  Lettere  alte  0,03. 


Clan  J D I V S  FÉ 
feeiiT  ■  SIBI  •  ET  • 
KfTYCHIAE 

freljPMirpTrMTr  __ 


27)  Lastra  marmorea  di  m.  0,25  X0,18;  lettere  male  incise,  alte  cm.  3: 


TI-CLAVDIVSFELICIO 
VIXIT- ANN-XXXXV 

CLAVDIA  •  CAMICE  •  SIBI 
ET-CONTVBERNSVO 


28)  Lastrina  marmorea  con  iscrizione 
rozzamente  incisa  da  imperito  scrittore: 


29)  Frammento  di  piccola  stele  mar- 
morea stondata  in  alto  (0,23  X  0,23): 


DI  •  MT  •  CLA  •  CL  •  STPA 

AVCVSTALIS  •  A  •  SVA 

AN-  VIX  Villi 


(tic) 


DlIS 

M  ANIBVS 
CI  (aV  D I  A 


KOMA  —    414    HOMA 

30)  Stele  marmorea  trovata  tuttora  al  suo  posto  originario,  fermata  con  grappe 
di  ferro  alla  parete  a  blocchi  di  tufo.  Misura'm.  0,90  X  0,35  ;  lettere  alte  nelle  prime 
linee  cm.  3,  nelle  altre  cm.  2: 

es    D     es     M     es 
CLAvDIAE  PROCLAE 
CAELIVSef   TERTIVS 
ET-CLAVDIA  FELICI 
TASesPARENTES-FECE 
(•»«)       RVN-FILIAE-DVLCISSI 
MAE  •  QVAE  VIXIT  •  AN 
NIS  •  XVII  •  MESIBVS  •  III  « 
*  D  •  XVII  • 

31)  Targhetta  ansata  di  marmo  bigio  32)  Cippo  di  travertino  (m.  0,87 
(m.  0,23  X  0,135):                                                X0,30): 

CLODIAEO-L-  CLODIA 

LEZBIAE  NEMEA 

FAVSTVS  •  CON  VIX  ANNVM 

IVCX  •  DEDIT  MENS  Vili 

33)  Frammento  di  lastra  marmorea  34)  Lastrina  marmorea  (m.  0,19 

(m.  0,13X0,12):  X0,07): 


7 
v 

IVLIAM  L-L-ANTEROS 


C  °  S  M!  L-  D  E  C I  M I V  S 


35)  Due  cippi  di  travertino  stondati  in  alto  ;  con  la  stessa  iscrizione  (m.  1,17  X0,33 
X0,14;  m.  1,37  X  0,32  X0,20): 

L-EGNATIVS-3L 
PHILOMVSV9 
EGNATIAETDLVIOLAE 
C-MATI-C-L-PAMPHLI      W 
MATIAE    D-LDOXSAE 
IN-FR-P-XVII-IN  AGR-PXXIV 

36)  Frammento  di  lastrina  (m.  0,09  X0,08): 


Din     MANIBUs 
/ÌO  •  EPAGW/ìo 


RUMA 


—  415 


HO. MA 


37)  Steletta  di  marmo  bigio  scorniciata  (mis.  ni.  0,40  X0,18): 

DIS 
MANIBVS 
FABIA-NICE 
FECIT-FABIA 
E-MATRI-SV 
AE-DVLCIS 
ET-SVMPH 
ORO-FRA 
TRI-SVO 


Le  ultime  tre  linee,  scritte  con  uno  strumento  più  largo  e  a  lettere  più  grandi,  sem- 
brano essere  state  aggiunte  posteriormente. 

38)  Frammento  di  lastra  marmorea  39)  Lastrina  marmorea  (m.  0,42 

(ni.  0,16X0,11):  X0,17): 


F  ELIX-AN 
/VII-  VIX 


C  •  FVRIVS 

PRIMIGENIVS 

LIBERT 


C  •  FVRIVS 
MARCIO 
PATRON 


40)  Lastra  marmorea   (m.   0,23 
X0,14): 

FVRIA- 

C  •  F 

•KARA- 

V-A-XIII-ET-M-VI 


41)    Lastrina    marmorea    ansata 
(ni.  0,15X0,23): 

GAVIA 

EROTIS 

ANNORVM 

LX 


42)  Frammento  di  targa  marmorea  (m.  0,18  X0,12): 


L-GAVl-PATHT 


43)  Lastra  marmorea  frammentata  (ni.  0,27  X0,14): 


T-GEMINIVS-MARCELLVS 
BVTAESSORORIS  •  VILICI 

FILIVS 

IVSSVV-BVTAE  CAESERIS-OLLA 
ACCEPIT         VIXIT-ANN  XXXIII 


ROMA 


—  416  — 


KOMA 


44)  Lastra  marmorea  scorniciata  (in.  0,52  X  0,40)  : 


LGENVCIVS-Al 

VIXSANOS-XX 
CLAV-THALVSA  CO,' 
ET-L  GENVCIVS-FEL 
SIBI-ET-POSTERIS 


45)  Lastra  marmorea    (m.  0,15 
XO.ll): 

GRAIVS  •  FVRl 


46)  Lastra  marmorea  ansata  (m.  0,20 
X0,10): 

HELVIA  •  [DORCAS 
VlX-ANNXLV 


47)  Piccola  stele  marmorea  frammentata  (ni.  0,20  X0.18): 


d  •  iy 

HE  RENf,  niac 


HILARAE 
IVLIA 
SECVNDILLA 
ma\  TRI 

/m'SSIMAE 
IESJ 


48)  Lastrina   marmorea    rinvenuta 
in  posto  (m.  0,23  X0,14): 

C-IVLIVS-BILIARVS 
IVLIA-APHRODISIA 
CONTABERNALIS-MEA 


49)  Lastrina  marmorea  frammentata 
con  bellissime  lettere  (mis.  0,27X0,11  ; 
lettere  alte  ero.  2,2): 

IVLIVS  •  IVLIAE§J 
LfflERTVS-BITVS 


50)  Frammenti  di  lastra  marmorea  (m.  0,35  X0,25): 

■IVS-CHRES,»  ,/L 


IVLIA 


\NDA  ^C-IVLIV 


\e*svo-sibi-et-sv  A 


HO  MA  —   417    —  HOMA 

51)  Lastrina   marmorea  rinvenuta  in   posto   (m.  0,19X0,11): 

TI  •  I VLIO 

DIOGENI 

REMOTHALCIANO 

Il  defunto  qui  ricordato  era  stato  schiavo  di  Rhoemetalces  e  liberato  poi  da  un  Ti- 
herius  Iulius.  Dei  personaggi  storici  che  potrebbero  essere  stati  padroni  di  lui,  escluderei 
Tiberina  Iulius  Rhoemetalces  che  fu  re  del  Bosforo  sotto  Adriano  tra  il  131  e  il  164  d.  Cr. 
Un  suo  liberto  come  sarebbe  morto  a  Roma  ?  Ed  inoltre  il  Diogenes  qui  ricordato 
ricomparisce  nell'altra  nostra  iscrizione  num.  53  insieme  con  un  altro  Ti.  Iulius  e  con 
una  Vipsania,  nomi  ambedue  del  primo  impero.  È  più  probabile,  pertanto,  che  egli  sia 
vissuto  molto  prima  del  re  contemporaneo  di  Adriano.  Tanto  più  che  il  nome  di  Ti.  Iulius 
a  questi  dinasti  di  Tracia  e  del  Bosforo  non  può  essere  stato  dato  insieme  colla  citta- 
dinanza romana  se  non  dall'imperatore  Tiberio,  così  come  fu  da  Augusto  dato  quello 
di  C.  Iulius  ai  Sampsigerami  di  Emesa  o  agli  Erodi  di  Giudea.  Data  pertanto  la 
relazione  di  questo  Ti.  Iulius  Diogenes  Remothaleianus  con  una  Vipsania,  attestata 
dall'iscrizione  num.  53,  si  potrebbe  pensare  che  egli  sia  stato  schiavo  di  uno  dei  primi 
Rhoemetalces  di  Tracia,  forse  del  primo,  che  sia  poi  passato  in  proprietà  di  M.  Vipsanio 
Agrippa,  insieme  con  la  Chersonesos  Thracica  che  a  Vipsanio  appartenne  quale  privata 
proprietà,  e  che,  passato  poi  con  la  eredità  di  Agrippa  in  proprietà  di  Augusto,  sia 
stato  da  Tiberio  finalmente  liberato  (*). 

52)  Lastra  marmorea  ansata  (mis.  m.  0,11  X0,35): 

C-IVLIVS 
DONAX 

53)  Lastra  marmorea  rinvenuta  in  posto  nella  parete  orientale  (mis.  m.  0,34  X  0,1 7): 

TI-IVLI-  VIPSANIAE 

ramo  di  palma 

FAVSTI  VRBANAE 

OLLAE-QVAE     FVERVNT   DIOGENIS 

REMOTHALCIANI 

Cfr.  il  commento  alla  iscrizione  num.  51. 

54)  Lastra  marmorea  (m.  0,28  X0,10): 

C-IVLIVS  C-IVLIVS 

FELIX  SATVRNINVS 


(*)  Cfr.  Prosopographia  Imp.  Romani,  s.  v.  «  Rhoemetalces»;  Pauly-Wissowa,  Reni  Eric,  s.  v. 
«  Chersonesos  Thracica  »  etc.'Pcr  gli  agnomina  di  servi  e  liberti  in  ianus  cfr.  Hiilsen  in  Ròm., 
Mitih.  1888,  pag.  222. 


ROMA  —    418    —  ROMA 

65)  Targa  marmorea  frammentata,  con  figure  di  un  gallo  a  sinistra  e  di  un'oca 
a  destra  (m.  0,52  X0,14): 


Ti  1     VLIVS  •  TI  •  IVLI  •  AVG  •  LIB  •  MEDATES 
/FECIT-SIBI  ET-IVLIAE-PRYNENI 
gali»     CONIVGl  •  SVAE  •  GALLINARIVS 


Le  due  figure  alludono  alla  professione  del  defunto  liberto  imperiale:  gaìlinarius 
può  intendersi  tanto  quale  addetto  alla  cura  di  pollai,  come  è  in  Varrone  (R.  R.  3,  9) 
e  in  Cicerone  (Acad.  4,  26),  quanto  quale  negoziante  di  pollame,  come  è  piuttosto  il  senso 
in  un'iscrizione  pompeiana  (C.  I.L.,  IV-241).  Il  cognome  Medaks  è  forse  di  origine  per- 
siana (De  Vit,  Onomasticon,  s.  v.)  come  il  Prahates  dell'iscr.  num.  80. 

56)  Lastra  marmorea  ansata  (ni.  0,26  X0,15): 

C  •  I  VLIVS  •  C  •  L-  MEN  ANDER 

NAEVIAOLACTE 

NAEVIAO-L-NEBRIS 

C-N  AEVIVSO-  L-  EPAPHRA 

C-NAEVIVS-FRVCTVS-VAN-VI 

57)  Lastrina  marmorea  (m.  0,22  X0,08): 

C  •  IVLIVS  •  C  ■  L- 
PHILEROS 

58)  Lastra  marmorea  frammentata  (mis.  0,34  X  0,1 3),  con  iscrizione  in  belle  let- 
tere allungate  che  ricordano  molto  la  forma  di  quelle  dipinte  sulle  pareti  pompeiane: 

C  •  IVLIVS    LATI 

LIB-PHILEROS 

ET-PITVANIAE-  VRBANAE 

50)  Lastra  marmorea  ansata  (m.  0,31  X0,10): 

C- IVLIVS -POSPOR 

IVLI  AE  •  NIC  ARVTI  •  SORORI 

IVLIAE  •  NICENI  •  MATRI 

60)  Parte  superiore  di  cippo  di  travertino  stondato  in  alto  (misura  ni.  1,10  X  0,20 

X0,14): 

C  IVLIVS  C  F 
COL    SVRA 
LOCV  EMIT 

C    IVLIVS 
FELIX    PATER 

IN  FRO-P///// 
IN  AGR-P-VII 


ROMA 


—   419   — 


ROMA 


61)  Frammento  di  lastra  marmorea  62)  Frammento  di  lastra  marmorea 

(m.  0,25  X0,21):  (m.  0,21  X  0,20): 


M 

NIA  •  EXTRI 
C-M-IVLIO 
NI-CONSVO 
ET        SIBI 


C-  IVL1\ 


C-IVLIV 

IVLIA-PA 

J 


63j  Frammento  di  targa  marmorea  ansata  che  recava  una  doppia  iscrizione  (me- 
tri 0,16  X0.15): 


I-IVLIVS 

CASSIVS 

p  M  M I  • 

/IBERTVS 

VIXIT 

fei  i    • 

ANNIS 

AIVS 

V  •  XXVIII 

64)  Lastrina  frammentata  di  marmo  bigio  (m.  0,28  X  0,13): 

L    tiivl' 


/nep 

IA-IC 

ONIONL 

/patrono 

'Benemerenti 

/  fecit 

/ 

Iconion  a  Un.  3  deve  probabilmente  esser  ricondotto  a  quei  nomi  femminili  de- 
sinenti in  ion  che  si  incontrano  nell'Egitto  greco-romano  (*). 
65)  Lastra  marmorea  (m.  0,34  X  0,13): 

ARSINOE 

IVLIA 

VIXIT 

ANNOS  XXIIX 


(»)  Cfr.  Not.  Scavi,  1915,  p.  49,  n.  43. 
Notizib  Scavi  1922  -  Voi.  XIX. 


54 


liOMA 


—  420  — 


ItOMA 


66)  "Frammento  di  piccola  stele  marmorea  (m.  0,46  X  0.32)  con  cespo  d'acanto  e 
volute  vegetali  graffite  nel  fastigio: 


(sic) 


y  IVLIA  •  IANVMUA  •  HIC  ■  SITA  ■  EST 

ANN  o|r  V  M  -XVI 
THVLIVSCA  PITO  •  CVSTOS 

MONVMENTI-HVIVS 
LOLLA                PRIMIGENIA 
/ 


67)  Lastrina  marmorea  ansata  (m.  0,22  X  0,12): 

LVRIVS-CILIX 


68)  Frammento  di  lastra  marmorea  : 


/MARIO 

)E  r  a  t  a 

'ANN OS  XXX 

NO 

CONIVGE 

69)  Lastra  marmorea,  trovata  in  più 
pezzi  (m.  0,30  X  0,14): 

MARIA -C-L-SECVNDA 

HIC  •  SCTA  •  EST  ■  VIX  ■  AN  •  XXXV  •  FECIT 

TITVLVNl  •  BENE   1WAERITAE 

AVGVSTALIS 


70)  Frammento  di  lastra  marmorea  (m.  0,23  X  0,21): 


D         M 
L-  MINDIVS 
YTHIVS 
RIAE  MES 
coni \v 'Gì  ET 


71)  Lastrina  marmorea  rinvenuta 
nell'interno  di  un  loculo  (m.  0,30  X  0,045  ; 
lettere  piccole,  eleganti,  alte  cm.  1,2): 

NVMONIA-CO-L-MVSA 
HIC  •  EST    •    SITA 


72)  Lastra  di  marmo  bigio  (m.  0,31 
X0,13): 


C-NVNNI-C-L- 
APHRODISI 


DEXIAEOL 
CHRYSARIO 


73)  Frammento  di  lastra  di  marmo 
bigio  (m.  0,23  X  0,12): 


OVANA  C-NVNNIVS 

CL-IANVARIVS 


i 


74) Frammento  di  lastra  marmorea: 


/OCT 


GALMAXIMV 

'    /  \ 

VIA-CN-F-M 


ROMA 


—    421     — 


KOMA 


75)  Lastrina  marmorea  ansata 
(m.  0,27  X  0,125): 

C  •  PACTVMEIVS 

PRIMVS 
CALPVRNIAO-L- 

EPESIA 


76)  Lastrina  marmorea  (m.  0,23 
X0.12): 

C-PAPINIVS-CEPJALIS 

VIXIT-ANNIS-VII 

MENSES-V-DIESV 


77)  Frammento  di  lastrina  (m.  0,13  X  0,12): 

Pe  DVCAEA-NV 


vi  XIT    ANN 


7 


L 


FECIT 


/ 


^MiirCHESCONljM^ 
78)  Frammento  di  lastrina  marmorea  (m.  0,16  X  0,115): 


Pe  DVCAEAE 
S EVERAE 


79)  Stele  di  marmo  bianco  di  ni.  0,51  X  0,28,  con  belle  lettere  alte  cm.  2  : 

D      •      M 

C-POPILIVS 

TROPHIMVS 

PROCVLO-VERNAE 

SVO-KARISS- 

VIX-ANN-III-MX 

DIES-XXIV 

80)  Frammento  di  lastra  marmorea  (m.  0,24  X  0,05;  piccole  lettere  male  incise): 


ANES   PRAHATIS 

J    E 

PIVS 

/     ANNIS          XXV 

/SF 

ET  SVIS 

DVLCISSIMVS 

LORVS 

PIETATI 

EIVS 

/ 

Il  nome  persiano  Prahatis  fa  pensare  come  probabili  supplementi  del  nome  che 
precede,  nella  stessa  linea  seconda,  Ariobarzanes  o  Tigranes  o  altro  del  genere. 


IÌUMA 


422  — 


ROMA 


81)  Frammento  di  lastrina  marmorea,  di  m.  0,20  X0,13: 


LIAC-LIBER 

/PRIMIGENIA 

V 

'iXIT-  ANNOS 

1 

XXXX 

82)  Targa  marmorea  frammentata  (m.  0,26  X  0,12): 

QVADRIVS 

CAESA/////S  •  SER 

83)  Lastra  di  marmo  bigio  ansata  (m.  0,48  X  0,15): 


T  •  RASIDIVS  • 

DONATVS 

SIBI 

•  ET  • 

SVIS 

POSTERISQVE 

•SVORVM 

ET  TUIA  L  Lt-: 

y 

T^NOPATRA  •  COIVG 

84)  Lastrina  marmorea  (m.  0,23  X  0,12)  : 

ROMANO-  IVLIANO 

CORPORE  CVSTOS  • 

CAESARIS- 

FAVSTA-IVLIA- 

FECET 

È  da  notarsi  la  tomba  di  questo  eorporis  custos  imperiale,  la  quale  non  è  riunita  con 
le  altre  dei  due  sepolcreti  cogniti  di  queste  guardie  presso  la  via  Appia  e  presso  la  via  Au- 
relia  (*).  La  negligenza  con  cui  l'iscrizione  è  stata  redatta  e  incisa,  non  ci  permette  di  sta- 
bilire, quale  imperatore  il  nostro  Romanus  Julianus  servì. 

85)  Frammento  di  lastra  marmorea  che  reca  scolpita  a  basso  rilievo  una  figura  muliebre 
distesa  su  una  cline,  nuda  nel  torso,  con  la  testa  appoggiata  sulla  mano  sinistra  e  con  la 
destra  che  tiene  un  uccellino.  Mis.  m.  0,25X0,22: 

D  M 

ROMVLA  •  FABVLLA  • 
VIX-AN-XV 
MEX 
d.  \II  figura 


f  NEC  MATER-PIEN 
(»)  C.  /.  L.,  VI,  4334-4346  ;  8802-8812  ;  cfr.  R6m.  Mitth.  1905,  p.  310. 


ROMA 


—  423 


ROMA 


86)  Piccola  stele  marmorea  con  timpano  semicircolare  nel  quale  sono  graffite 
una  corona  lemniscata  e  due  palmette.  Lettere  piccole  ed  eleganti,  alte  poco  più  di 
cm.  1.  Misura  della  stele  m.  0,68  X0,20: 


.    D  M 

T-SABINIO 

EVPLV 

SABINIA 

AGELE  •  ET 

SABINIA 

FORTVNATA 

FILIAE 

PATRI 

OPTIMO 


87)  Frammento  di  lastrina  marmorea  (m.  0,05  X  0,08)  : 

! SALVIV  s 
j  SVRA/ 


88)  Lastra  marmorea  (ni.  0,32  X  0,175); 


P  ■  SESTVLI  •  P  •  L  •  SECVNDIONIS 

P-SESTVLIVS-P-F- 

IVCVNDVS 

VIXITANNIS  XX 


89)  Cippo    di  travertino   (ni.   8,72 
X  0,30): 

L-SVTORIVS 
L-  L 

MEIRACHA 

LOCO  •  EMI 
IVLIA-PRIMA 
IN-FRO-P-III 
INAGRP-VII 

91)  Lastrina  marmorea  di  m.  0,20 
X.0,14: 


90)  Lastrina  marmorea,  con  palmetta 
e  corona  graffite  (m.  0,28  X  0,10): 

D  M 

TETTIA 

ALEXANDRO 

ALEXANDRI-F 

CONIVGISVO 

CARISSIMO- FECIT 

92) Targa  marmorea  (ni.  0,28  X0.16) 
con  belle  lettere  alte  nella  prima  linea 
cm.  5,  nelle  altre  3,5  : 


Q-TITINIVS-  Q-L- 
IVCVNDVS 
ANNOS- VIXIT 
XX 


/VALERIA 

•L- MARGARITA 

y 

V-  A  XXVII 
^ 


ROMA 


424  — 


ROMA 


d'ò)  Lastra  marmorea  di  m.  0,41  X  0,21. 

T-VETTIVS-T-L 

THYRSV5 

MATERIARIVS 


VETTIA-T-L 
THELGVSA 
VIXIT-A-XXX 


Materia/ritta  può  intendersi  o  negotittfar  maieriarius  (mercante  di  legnami),  o  più 
probabilmente,  data  la  modestia  del  nostro  sepolcreto,  faber  materiarins  falegname. 
94)  Frammento  di  targa  marmorea  (m.  0.45  X0,11): 


Vetti  A-TF-PROCVLA  •  F-VETTI ATL  N VMPHENN  e 


95)  Lastrina  marmorea  (m.  0,22 
X0.10): 

VIBVLA-L-L- 
FLORILLA 


96)  Lastra   marmorea   (m.  0,18 
X0,09): 

M-VIPSANIVS 
ALEXANDER 

cfr.  le  iscrizioni  num.  51  e  53. 


97)  Frammento  di  lastrina  marmorea  (m.  0,11   X  0,07).  Lettere  piccole  eleganti 
(nini.  18  nelle  prima  linea,  6  nelle  altre): 


/ 

AEVS 

siéT 

^S  POSVIT 

■"■* 

ET- 

COLLIBERTAE       | 

SVAE 

•     B  •  M 

98)  Frammento  di  lastra  marmorea  con  iscrizione  a  grandi  lettere  alte  cm.  7: 


ANII  a  IVNIOR 
LIBERTIS 


99)  Frammento  di  lastra  marmorea 
(ni.  0,22  X0,20): 


100)  Frammento   di   targa  ih  marmo 
bigio  (m.  0,35  X0.44): 


D. 


M 
INAE 


menses\V-D-Xl 
CHVSI 

m>i?  SI  MA  E 


ROMA  —    425    —  ROMA 

I  mattoni  rinvenuti  qua  e  là  nello  scavo  presentarono  i  seguenti  bolli  : 

C.  XV-19a;  42;  lòia;  164;  167;  171;  408  a;  535o;  618;  658  d:  721;  754  a; 
887  e  ;  958  a  ;  1248  a  ;  1273  e  ;  1 388  ;  1 390  :  ai  quali  occorre  aggiungere  l'inedito  P  •  D  •  D  •  | 
D  LAELI  ALEXANDRE  variante  dei  bolli  C.  XV--93,  171-173.  Di  tali  marche  la  più 
antica  (658  d)  è  attribuita  alla  metà  del  primo  secolo,  mentre  la  più  recente  (408  a)  può 
essere  del  tempo  di  Marco  Aurelio  o,  più  probabilmente,  di  Caraealla. 

Di  suppellettile  funebre  si  rinvennero  molti  oggettini  che  qui  brevemente  ricordo  : 

Oro.  Tre  maglie  lunghe  e  sottili  di  una  collanina. 

Vasi  aretini.  Alcuni  frammenti,  uno  col  bollo  C.  I.  L.  XV-5116  a. 

Lucerne.  Trenta  lucerne  di  t.  e.  dei  soliti  tipi  con  ì  bolli  C.  I.  L.  XV-6221  k  ;  6350  a  ; 
6357;  6377  e,  d  (tre  esemplari);  6418;  6456  f;  6569  a;  6593. 

Una  di  esse  ha  sul  disco  la  figura  di  un  mirmillone  in  piedi  con  la  spada  nella  destra 
e  lo  scudo  proteso  nella  sin.,  pronto  a  trafìggere  un  reziario  caduto  in  ginocchio  col  gladio 
nella  d.,  il  tridente  a  terra  e  la  d.  levata  in  atto  di  chieder  la  vita.  Su  altre  sono  le  se- 
guenti figure  :  quadriga  di  prospetto  con  personaggio  che  tende  una  corona,  e  altra  per- 
sona a  piedi  presso  il  cavallo  di  sinistra,  che  si  volge  alla  figura  che  è  sul  carro  (estrema- 
mente logora);  un  cane  ringhiante;  due  maschere  tragiche  ;  busto  di  Diana  con  mezza- 
luna sul  capo  ;  un'aquila  ;  un  cane  che  addenta  una  testa  di  cinghiale  ;  un  giovane  nudo 
che  dorme  ;  un  ariete  ;  busto  del  Sole  radiato  di  prospetto  ;  Eros  che  coglie  frutta  da 
un  albero  ;  un  leone. 

Due  lucerne  grandi  di  t.  e.  coperte  da  vernice  vitrea  verde  ;  sull'una  è  raffigurato  un 
uomo  a  sedere,  sull'altra  un  disco  a  rilievo  con  l'acclamazione  incompleta  ANN  •  NOV-, 
la  figura  di  un  asse,  di  focacce  etc.  come  in  altri  esemplari  noti. 

Vetro.  Otto  bottigline  di  forma  allungata,  di  vetro  turchiniccio  ;  due  bottigline 
a  largo  ventre  conico  e  largo  collo.  Teca  cilindrica  di  impasto  vitreo  con  coperchio  co- 
nico, terminato  da  bottone  di  presa  sferico  (fig.  3).  Alternando  nell'impasto  il  color  mar- 
rone col  giallo  e  col  bianco,  l'antico  artigiano  ha  ottenuto  una  imitazione  della  scaglia 
di  tartaruga,  di  bellissimo  effetto.  Una  teca  simile  è  al  Museo  Provinciale  di  Bari,  due, 
diverse  di  forma,  uguali  di  impasto  al  Museo  Nazionale  di  Atene,  segnalatemi  dal- 
l'amico dott.  Giglioli.  La  nostra  misura  m.  0,15  di  altezza  col  coperchio  e  m.  0,12  di 
diametro,  bell'interno  del  nostro  vaso  erano  avanzi  di  cosmetico  misti  a  terriccio. 

Figurine  di  terracotta.  Statuetta  su  alto  zoccolo  cilindrico  rappresentante  un  uomo 
togato,  anziano  e  piuttosto  pingue,  imberbe  e  calvo.  Soggetto  più  volte  ripetuto  nelle 
statuette  romane  di  t.   e.   (*). 

Statuetta  mancante  di  parte  delle  gambe  e  di  quasi  tutto  il  viso.  Rappresenta  una 
donna  ignuda,  molto  adiposa,  con  ventre  prominente,  con  le  mani  sulle  anche,  collana, 
e  due  armille  agli  omeri  (fig.  4).  Le  forme  non  belle  e  l'atteggiamento  inelegante  esclu- 
dono, che  abbia  voluto  rappresentarsi  semplicemente  un  nudo  muliebre.  Deve  invece 
trattarsi  di  una  figurina  sacra  di  una  divinità  matronale,  probabilmente  di  origine 
orientale,  che  può  essere  apparentata  alla  Astarte  nuda  delle  religioni  mesopotamiche, 
e  che  ha  le  forme  estremamente  pingui  volute  dal  gusto  africano  (*).  È  naturale  per- 

(*)  Kekulé,  Antike  Terracotten,  III,  2,  pag.  431),  n.  1. 

(2)  Tale  gusto  è  notissimo  ad  antropologi  ed  etnografi  cfr.  Hoernes,  Urgesrhiehte  der  bili. 
Kunst,  p.  102;  Ratzel,  Lessona,  Le  razze  umane,  in  Bull,  di  Paletti.  IL,  1908,  p.  68, 


KOMA 


—  426  — 


ROMA 


ciò  pensare  alla  dea  cartaginese  Tanit  o  Caelestis,  tanto  più  che  la  collana  reca  la  mez- 
zaluna rovescia  (l). 

Busto  in  t.  e.  su  basetta,  cilindrica  raffigurante  l'Africa  con  la  spoglia  di  elefante  sul 
capo  e  il  cornucopia  nella  sinistra  ffig.  5). 

Base  di  statuetta  in  argilla  rossa  sulla  quale  sono  incise  le  lettere  greche  £I1AK... 


Fio.  3. 


Vasi  di  terracotta.   Sette  lagenae,  tre  bacinelle,  due  boccaletti  di  terracotta  grezza. 

Quattro  tazzette  e  un  boccaletto  di  argilla  a  pareti  molto  sottili. 

Un  guttus  e  due  bottigline  di  argilla  giallognola. 

Bocca  e  collo  di  una  lagena  di  argilla  rossa  con  figura  a  rilievo  di  una  testa  di  donna. 

Moneta.  Quattordici  pezzi,  tutti  in  pessimo  stato  di  conservazione.  Sono  riconosci- 
bili un  sestante  semiunciale,  un  denaro  d'argento  suberato  delle  legioni  di  M.  Antonio, 
un  medio  bronzo  di  un  incerto  monetario  di  Augusto,  un  piccolo  bronzo  di  Tiberio  o 
Claudio  della  zecca  di  Lugdunum,  un  medio  bronzo  di  Faustina  madre,  un  denaro  d'ar- 
gento di  Faustina  madre.  Gli  altri  otto  pezzi,  dei  quali  due  denari  e  sei  medi  bronzi,  sono 

(*)  Cfr.  Lenormant,  Artemia  Nimoea,  in  Gaiette  archcol.  1876,  pag.  10.  Figurette  nude  con  le 
braccia  lungo  le  gambe:  Kekulé,  loc.  cit.  Ili,  1,  pag.  166,  n.  5;  III,  2,  pag.  456,  n.  7,  e  pag.  460, 
nn.  2-4.  Per  la  lunula  rovescia  su  stelc  dedicate  a  Tanit:  Delattre,  Musée  Lavigerk  de  Carthage, 
I.tav.II  2,  tav.  Ili  2,  1  ;  II,  tav.  XVI  2;  De  La  Blanchère,  Musie  &  Alger,  tav.  111-15;  C.  I.  Sem.  pag.  271. 


ROMA 


—  427 


ROMA 


soltanto  con  sicurezza  determinabili  come  flan  di  monete  del  I  e  II  sec.  dell'impero, 
ossia  coeve  alle  precedenti. 

Si  tratta  pertanto  di  modesti  sepolcri  di  povera  gente,  liberti  per  lo  più,  i  cui  limiti 
cronologici  sono  assegnati  dai  non  pochi  liberti  delle  gentes  lulia  e  Vipsania  e  dal  Re- 
mothalcianus  per  il  limite  più  antico  (cfr.  iscrizioni  num.  47-66,  96),  e  per  il  più 


Fio.  4. 


Fio.  5. 


recente  dalla  iscrizione  di  un  liberto  di  Antonino  Pio  (num.  4),  dalle  monete  di  Faustina 
Maggiore,  e  da  un  bollo  di  mattone  di  Marco  Aurelio  o  addirittura  di  Caracalla 
(C.I.L.  XV,  408  a).  Della  condizione  sociale  dei  sepolti  ci  porgono  un'idea  le  profes- 
sioni ricordate  in  alcune  delle  iscrizioni:  genmelres  (n.  14),  gallinarius  (n.  55),  mak- 
riarius  (n.  93),  corporis  custos  (n.  84),  vilicus  (n.  43).  Uno  degli  edificetti  sepolcrali 
ebbe  anche  il  suo  custode  (iscr.  n.  66).  Di  liberti  imperiali  son  ricordati  liberti  di  Ti- 
berio (n.  55),  Claudio  (n.  25),  Traiano  (n.  3),  Antonino  Pio  (n.  4). 

Parecchi  dei  sepolti  dovettero  essere  stranieri,  come  provano  i  loro  cognomi  e, 
nella  scarsa  suppellettile  rinvenuta,  la  statuetta  di  Tanit  e  forse  anche  il  bustino  della 
personificazione  dell'Africa.  R.  Paribeni. 


.Notizie  Soavi  1922 


Voi.  XJX. 


55 


ROMA 


-  428  — 


ROMA 


Via    Trionfale.   Ipogei  sepolcrali  seop  ili  presso  il  km.  IX  della  Via  Trion- 
fale (Casale  del  Manno).  —  Foco  oltre  la  borgata  di  S.  Onofrio  e  il  Manicomio  Provin- 


-MdM)^^ 


l'ir.    1 
A  -  Primo  Ipogeo,  a  tav.  1  e  II.  B  -  Secondo  Ipogeo,  a  Ut.  111. 

ciale,  la  via  Trionfale,  a  nord-ovest  diKonia.si  prolunga  per  la  campagna  semideserta  e 
monotona,  sino  a  raggiungere  la  borgata  della  Storta.  A  mezza  strada  tra  Roma  e  la 
Storta,  presso  il  km.  IX  della  Trionfale,  a  lato  della  ferrovia  Roma-Viterbo  (fig.  1),  si 
iniziarono  sulla  fine  del  1920  i  lavori  per  la  costruzione  di  un  gruppo  di  villini  rustici 
della  Cooperativa  «  Parva  Domus  ».  Durante  i  lavori  di  sterro  si  rinvennero  finora  due 
importanti  ipogei  sepolcrali,  che  appresso  paratamente  si  descrivono. 


ROMA  —    429    —  ROMA 


Pkimo  ipogeo  (tav.  I). 

La  scoperta  del  primo  ipogeo  avvenne  per  una  breccia  aperta  in  una  platea  di  calce- 
struzzo di  m.  0,50  di  spessore,  in  corrispondenza  della  vòlta  della  camera  sepolcrale;  per 
l'incomodo  passaggio  dall'alto,  fu  potuta  effettuare  la  prima  ricognizione  del  monumento. 
La  camera,  ben  conservata,  a  poca  profondità  dal  piano  di  campagna,  era  ricolma  di  ter- 
riccio per  un  buon  metro  di  altezza  dal  piano,  ed  ostruito  dalla  terra  aveva  pure  il 
naturale  ingresso  ad  oriente;  essa  presentava  tuttavia  evidenti  segni  di  antiche  mano- 
missioni. Ciò  nonostante,  le  pitture  che  decoravano  ancora  in  gran  parte  le  pareti  e  la 
vòlta  della  camera  e  alcuni  sarcofagi  scolpiti,  i  cui  coperchi  affioravano  in  mezzo  alla 
terra  di  filtrazione,  apparvero  subito  degni  del  maggior  interesse. 

A  cura  della  R.  Soprintendenza  agli  Scavi  fu  iniziata  sotto  la  direzione  del  sotto- 
scritto Ispettore,  poco  tempo  dopo  la  scoperta,  la  esplorazione  sistematica  dell'ipogeo, 
cominciando  col  rimettere  alla  luce  l'ingresso  originario  (1).  Compiuto  in  una  quindicina 
di  giorni  tutto  quanto  lo  sterro,  il  monumento  apparve  nelle  condizioni  in  cui  viene 
presentato,  in  pianta  planimetrica  e  sezione  longitudinale,  a  tav.  I. 

Un  corridoio  esterno,  praticato  in  trincea,  della  lunghezza  di  ni.  5,60  sull'asse  e  largo 
da  m.  2,50  a  m.  1,80,  conduce  tuttora  da  una  rustica  gradinata  di  pochi  gradini  di  tra- 
vertino, di  cui  tre  soli  rimasti  (ved.  a  fig.  2  il  gradino  superiore  indicato  colla  lettera  A), 
alla  porta  d'ingresso  della  tomba  (fig.  2).  Il  pavimento  del  corridoio,  alla  profondità  di 
ni.  3,30  dal  piano  di  campagna  (fig.  2,  E),  porta  un  lastricato  di  mattoncini  disposti  a 
spina  di  pesce  (opus  spicaium),  ben  conservato,  e  aveva  inoltre,  su  ciascun  lato  lungo,  un 
muro  continuo  con  la  struttura  interna  ad  opera  incerta  e  con  cortina  di  mattoni  priva 
d'intonaco,  destinato  a  sostenere  la  spinta  della  terra  ai  lati  del  corridoio.  Gran  parte  di 
detto  muro  si  trovò  franato,  ma  quanto  di  esso  ancora  rimane  è  sufficiente  a  dare  un  idea 
dell'insieme.  Il  corridoio  era  per  una  parte  scoperto.  Alla  distanza  di  m.  3  circa  dall'in- 
gresso della  tomba,  era  munito  di  una  breve  copertura  a  vòlta,  fatta  in,  opera  a  sacco, 
la  quale  poggiava  al  sommo  dei  muri  del  corridoio,  oltre  a  fare  sistema  unico  con  la 
costruzione  sovrastante  alla  camera  sepolcrale.  Di  codesta  vòlta,  successivaniimte  demo- 
lita, non  rimangono  se  non  le  testimonianze  ai  lati,  sopra  i  muri  del  corridoio,  e  in 
fondo,  sopra  la  porta  della  tomba  (fig.  2,  C,  D).  Al  di  sopra  della  vòlta  ergevasi  pro- 
babilmente un  altro  vano,  forse  scoperto. 

Il  corridoio,  per  circa  la  metà  della  lunghezza  esposto  allo  scoperto,  ha  il  pavimento 
costruito  in  maniera  da  facilitare  lo  smaltimento  delle  acque  piovane;  il  pavimento,  cioè, 
presenta  una  leggera  pendenza  in  fuori,  verso  l'ultimo  gradino  della  porta  di  accesso,  ed 
ha  inoltre,  per  quasi  l'intiera  lunghezza  dei  muri  laterali  e  alla  base  di  questi,  un  grosso  cor- 
done di  cocciopesto,  come  si  vede  nelle  vasche  e  nelle  conserve  d'acqua,  per  la  protezione 
degli  angoli.  Al  termine  della  scala  di  accesso,  infine,  e  sotto  l'ultimo  gradino  di  questa, 

(l)  Non  corrisponde  al  vero  la  notizia  pubblicata  in  Rivista  di  Architettura  e  Arti  Decora- 
tive, anno  II,  fase.  IV,  pag.  177,  e  cioè  che  la  direzione  dei  lavori  di  scavo  ed  altro  sia  stata  te- 
nuta da  persona  estranea  alla  Sopraintendenza  degli  Scavi. 


ROMA 


430  — 


ROMA 


era  praticato  in  origine  un  canale  di  scolo,  che  conduceva  ad  un  pozzo  di  assorbimento. 
Presso  la  parete  destra  del  corridoio,  alla  distanza  di  m.  1.40  dall'ingresso  della  tomba, 


rio.  2. 


e  a  cm.  40  sopra  il  piano  del  corridoio,  si  rinvenne  in  mezzo  alla  terra  uno  scheletro  umano 
adagiato  in  parte  sopra  un  tegolone  di  m.  0,68  X  0,40,  al  di  sotto  del  quale  si  raccolsero 
tenere  ossa  di  bambino,  compresa  la  scatola  cranica.  Dalla  stessa  parte  furono  inoltre 
rinvenute,  coricate  fra  la  terra,  due  anfore  fittili,  una  delle  quali  rotta  intenzionalmente  al- 
l'altezza del  collo.  Nel  corpo  dell'anfora,  di  un  metro  di  altezza,  si  trovarono  delle  ossa 


ROMA  —   -131    —  ROMA 

umane,  cui  le  due  parti  dell'anfora  servivano  una  di  custodia,  l'altra  di  coperchio.  La  se- 
conda anfora,  rotta  in  tre  pezzi,  nulla  conteneva.  Un  altro  scheletro  umano  era  adagiato 
a  immediato  contatto  del  pavimento  del  corridoio,  a  sinistra  dell'ingresso. 

La  veduta  esterna  dell'ipogeo  nel  ristretto  spazio  del  corridoio  appare  tuttora  allo 
stato  originario,  assai  semplice.  Sotto  un  architrave  monolitico  di  travertino,  largo 
m.  1,40  e  dell'altezza  massima  di  m.  0,55,  profondo  m.  0,73,  riposante  colle  due  estre- 
mità su  due  stipiti  in  muratura,  internamente  guasti  e  sbocconcellati,  si  apre  il  vano 
d'ingresso,  dell'altezza  di  m.  1,66  e  della  larghezza  di  m.  1,15.  Questo  era  una  volta 
chiuso  da  una  porta  lignea  ad  unica  imposta,  la  quale  si  muoveva  intorno  ad  un  cardine 
o  battente,  collocato  sul  lato  destro  della  porta,  con  foro  per  innesto  sull'architrave  e 
sulla  soglia.  Anche  questa,  poi,  consta  di  un  blocco  di  travertino,  di  dimensioni  corri- 
spondenti a  quelle  dell'architrave,  ed  è,  come  questo,  munita  di  incasso  rettangolare 
per  il  libero  giuoco  dell'imposta  della  porta.  Trovandosi  la  soglia  ad  un  livello  di  circa 
m.  0,60  più  basso  del  piano  del  corridoio,  un  doppio  gradino,  oggi  guasto  e  irricono- 
scibile nella  forma  primitiva,  conduceva  già  dal  corridoio  alla  soglia. 

Un  breve  corridoio  o  vestibolo,  largo  m.  1,40,  della  lunghezza  di  m.  1,05,  con  vòlta  a 
sesto  ribassato  e  piano,  di  m.  0,75  più  basso  di  quello  del  corridoio,  precede  la  camera  sepol- 
crale propriamente  detta.  Ciascuna  parete  del  corridoio  presenta,  per  quasi  tutta  la  sua 
altezza,  una  riquadratura  semplice  a  grosse  liste  di  colore  scuro,  formanti  due  specchi  su 
ciascuna  parete,  sopra  un  fondo  di  color  giallo  fulvo  variegato  di  marrone,  per  rendere 
l 'effetto  del  marmo.  La  vòlta  del  corridoio,  alta  ni.  2  da  terra,  presenta  una  scompartitura 
a  cerchi  e  semicerchi  di  color  rosso,  su  fondo  celeste.  Nel  medaglione  centrale,  del  diametro 
di  m.  0,40,  è  una  piccola  maschera,  appena  riconoscibile  e  mal  disegnata,  forse  di  Medusa, 
rappresentata  di  faccia,  con  alette  di  farfalla  sopra  la  fronte.  Ai  lati  due  mezzi  medaglioni, 
entro  ciascuno  dei  quali  si  ripete  lo  stesso  motivo  ornamentale,  composto  di  un  delfino 
guizzante  attorno  a  un  tridente,  simbolo  di  Nettuno,  con  le  punte  rivolte  in  basso  e  con 
una  tenia  dai  lembi  ricadenti  verticalmente.  Il  piano  del  corridoio,  a  mosaico  bianco 
come  quello  della  camera  sepolcrale,  presenta  una  semplice  fascia  nera.  Nella  mura- 
tura al  di  sopra  del  vestibolo  è  praticato  un  angusto  lucernario,  in  direzione  obliqua, 
per  dare  aria  e  luce  all'ipogeo.  Come  sbocchi  del  lucernario  sono  aperte  due  strette 
feritoie,  una  dalla  parte  interna,  sopra  la  porta,  l'altra  all'esterno  sopra  la  vòlta, 
oggi  demolita  del  corridoio  di  accesso  (ved.  fig.  2,  alla  lettera  E),  l'una  e  l'altra  oggi 
guaste  e  sbocconcellate  agli  spigoli. 

La  camera  sepolcrale  è  di  forma  quadrata,  di  m.  3  di  lato,  ed  ha  la  vòlta  costruita 
in  opera  a  sacco,  a  tutto  sesto,  con  l'altezza  massima  di  m.  3,15.  Sulla  parete  di  fondo, 
nonché  sulle  due  pareti  laterali,  presenta  tre  nicchioni  a  fior  di  terra,  con  giro  a  tutto  sesto, 
larghi  m.  2,40,  profondi  m.  0,65  ciascuno,  con  un'altezza  massima  di  m.  1,52.  Entro  cia- 
scuno dei  nicchioni  stava  in  origine,  e  si  rinvenne  al  momento  della  scoperta,  un  sarcofago 
di  marmo  scolpito  (1).  Le  pareti  della  camera  conservano  tuttora,  quasi  per  intero,  l'into- 
naco primitivo,  mentre  la  rivestitura  della  vòlta  è  per  la  massima  parte  caduta,  non 

(*)  Il  nicehionc  centrale  presenta  sulla  parete  di  fondo  una  larga  e  profonda  breccia  irregolare, 
se»no  evidente  di  assaggi  fatti  dagli  antichi  profanatori  del  monumento  per  riconoscere  le  eventuali 
sepolture  all'intorno. 


liOMA 


-432  — 


ROMA 


rimanendo  di  ossa  che  im  modesto  avanzo  in  prossimità  della  parete  di  fondo  e  altre  poche 
tracce  sulla  parete  destra.  Da  quanto  rimane  si  rileva  a  sufficienza,  come  la  decorazione 
pittorica  della  camera,  tutta  eseguita  a  tempera,  fosse  assai  ricca  e  complessa.  Fino  all'al- 
tezza di  m.  1,75,  e  cioè  per  m.  0,30  sopra  l'altezza  massima  dei  nicchioni,  le  pareti  della 
camera  sono  decorate  secondo  lo  stesso  semplice  sistema  di  quelle  del  corridoio:  semplici 
riquadri  o  «pecchi  a  listelli  neri,  su  fondo  giallo  variegato  di  scuro.  Su  ciascuna  parete  tre 


Fio.  3. 


riquadri  larghi  e  piuttosto  bassi,  alternati  a  due  riquadri  più  stretti  e  più  alti.  L'irregola- 
rità manifesta,  con  cui  tutta  la  riquadratura  risulta  eseguita,  dimostra  come  questa  sia 
stata  fatta  a  occhio,  piuttosto  che  in  base  a  misure  diligenti  e  precise.  Così  gli  sfondi 
come  gli  archivolti  dei  nicchioni,  sono  privi  di  riquadrature  sopra  l'intonaco  dipinto  giallo. 
Al  di  sopra  del  campo  marmorizzato  si  svolge  la  pittura  figurata,  a  tempera,  sul 
fondo  bianco  dell'intonaco.  La  parte  meglio  conservata  di  questa  decorazione  è  la  lunetta 
grande  (fig.  3  e  tav.  II),  con  cui  termina  in  alto  la  parete  di  fondo,  Larghezza  massima  del 
campo  figurato  ni.  2,90,  con  un'altezza  massima  di  ni.  1 ,30.  All'angolo  sinistro  del  quadro 
un  carro  minuscolo  della  forma  di  una  biga,  tirato  da  due  colombe  le  quali  hanno  fermato 
il  passo  e  chiuso  le  ali  per  essere  giunte  a  destinazione,  porta  un  fanciullo  nudo,  come  un 
piccolo  Eros,  il  quale  regge  col  braccio  sinistro  il  corpo  di  una  fanciulla  vestita  di  tunica. 
La  fanciulla  pare  divincolarsi  tra  le  braccia  di  quello  che  apparisce  il  rapitore,  e  solleva 
anche  le  braccia  in  atto  di  disperata  implorazione.  In  prossimità  e  a  destra  del  carro  si 
aderge,  in  proporzioni  notevolmente  maggiori  di  quelle  delle  altre  figure,  l'immagine  di 


ROMA 


—  433  — 


ROMA 


Hermes,  nudo,  con  pctaso  alato  sul  capo  e  caduceo  nella  mano  sinistra,  avendo  avvolta 
intorno  al  braccio  la  clamide.  Il  dio  muove  con  passo  spedito  verso  destra,  volgendo  in- 
dietro il  capo  e  facendo  con  la  mano  destra  un  cenno  d'invito  alle  persone  del  carro.  Trat- 
tasi evidentemente  di  Hermes  Psyehopompos,  il  quale  compie  il  suo  ufficio  di  guidare  agli 
Elisi  l'anima  della  fanciulla  sorretta  dal  piccolo  Genio.  Il  quale  dovrà  essere  inter- 
pretato come  il  Genio  della  morte,  ben  concepito  sotto  l'aspetto  infantile,  trattandosi 


Fio.  4. 

della  morte  di  una  bambina  (*).  Tutto  ciò  che  segue  a  destra  della  figura  di  Hermes  è  una 
rappresentazione,  ingenua  e  vivace  al  tempo  stesso,  del  mondo  elisiaco.  Nel  bel  mezzo 
del  quadro  s'innalza  da  terra  una  colonna  sormontata  da  una  statua  evanescente  di  He- 
cate  tricorpore.  Ciascuna  figura,  di  cui  la  complessa  statua  si  compone,  protende  innanzi 
le  mani  munite  di  fiaccole.  Dalle  tre  coppie  di  fiaccole  accese  dovrebbe  essere  illuminato 
il  vasto  prato  all'intorno  ;  prato  fiorito  di  alte  piante  erbacee,  costellate  di  grosse  rose 
rosse  aperte  intieramente,  di  boccinoli  prossimi  ad  aprirsi  e  di  bottoni  tuttora  chiusi. 
Tra  una  e  l'altra  di  queste  piante,  piccole  figure  tunicate  di  faneiulli  o  di  fanciulle,  in 
atteggiamenti  diversi,  quasi  tutti  occupati  nella  stessa  bisogna  di  cogliere  fiori. 

Alla  destra  di  Hermes  un  fanciullino  regge  colla  sinistra  un  piccolo  kàlathos  già  colmo 
di  fiori.  Segue  una  fanciullina  in  atto  di  volerne  cogliere  da  una  pianta  elevata  presso  la 
colonna,  ed  un  altro,  forse  una  fanciulla,  di  fronte  al  primo,  col  dorso  curvo  verso  terra, 
come  per  trascegliere  qualche  fiore  di  cui  dovrebbe  essere  costellato  il  prato.  Tra  una  e 


(*)  Sul    Genio  della  morte  nella  credenza  dei    Romani,  vedi  C.  Pascal,   Le  cretini:?  detf oltre- 
tomba nelle  opere  letterarie  deW antichità  classica  (Catania,  1912),  I,  p.  80  segg. 


ROMA  —   434    —  ROMA 

un'altra  pianta  di  rose  seguono  varie  figure  di  fanciulli  :  un  fanciullo,  di  fronte,  il  quale 
stringe  con  la  sinistra  l'asta  di  un  piccolo  vexiUum;\m  altro  tunicato  e  ammantato,  il  quale 
si  volge  a  osservare  i  compagni,  e  una  fanciullina  in  veste  di  Minerva,  con  elmo  attico 
munito  di  cimiero  e  scudo  rotondo  al  braccio  sinistro.  Vengono  ancora  a  destra  una  fanciul- 
lina curva  verso  terra,  con  il  cestino  dei  fiori  nella  mano,  e  un  gruppo  di  due  altre  figurine 
accanto,  di  cui  una  con  il  canestro  nella  mano  sinistra  ed  ali  di  libellula  come  una  Psi- 
che. Ultima  una  fanciullina  con  ali  di  libellula,  il  piccolo  canestro  nella  sinistra  e  una  rosa 
nella  destra.  In  tutto  dodici  figure  di  fanciulli  e  fanciulle,  con  cui  l'artista  si  era  prefisso 
di  dare  un'immagine  visiva  dell'Elisio  infantile.  Alle  due  estremità  del  quadro  s'innalzano 
in  una  incerta  tonalità  evanescente,  delle  alture  frastagliate  irregolari,  con  le  quali  do- 
vrebbe terminare  da  una  parte  e  dall'altra  la  vasta  prateria  seminata  di  rose,  illuminata 
dalle  fiaccole  di  Hecate  sull'alta  colonna  e  popolata  da  ombre  di  fanciulli  innocenti.  Tutte 
le  dette  figure  proiettano  sul  terreno  un'ombra  schematica  di  forma  semicircolare,  irrego- 
larmente a  destra  o  a  sinistra. 

Sulla  parete  destra  della  camera,  al  momento  della  scoperta,  l'intonaco  era  sufficiente- 
mente ben  conservato,  portando  a  metà  parete  un  quadretto  rettangolare  di  m.0,8")  X  0,52, 
con  scena  figurata.  Qualche  tempo  dopo  l'intonaco,  di  cattiva  qualità  e  non  più  aderente  alla 
volta  della  camera,  cadeva,  portando  via  quasi  tutto  il  quadretto.  Furono  rimessi  insieme 
pazientemente  e  riattaccati  alla  parete  i  pezzi  di  intonai  o  caduti,  e  questi  ancora  si  conser- 
vano quasi  al  completo,  in  modo  da  rendere  possibile  tuttora  di  cogliere  le  linee  essenziali 
del  quadro  (fig.  4).  È  anche  qui  rappresentata  una  scena  fanciullesca,  che  per  il  suo  carat- 
tere presenta  notevoli  caratteri  di  affinità  con  quella  descritta.  Si  tratta  di  giuochi  vari 
di  Amorini  all'aria  aperta,  sopra  un  prato.  Nel  mezzo  del  quadretto  sorge  una  colonna 
sormontata  da  un  vaso  di  aspetto  metallico,  munito  di  piede  esile,  lunghe  anse  e  coperchio 
con  bottone.  In  prossimità  della  colonna  sorge  da  terra  un  alberello,  il  quale  distende 
i  suoi  rami  fronzuti  ai  lati  della  colonna.  Da  sinistra  si  avanza  un  Amorino  nudo,  con 
ali  di  farfalla,  reggendo  sugli  omeri  un  supporto  di  due  bastoni  incrociati,  la  classica  ae- 
rumnaC), per  sostenere  un  corbello  ricolmo  di  fiori.  Segue  una  figura  di  fanciulla  vestita, 
di  tunica  e  con  ali  di  farfalla,  in  piedi,  occupata  ad  intrecciare  una  corona  floreale  in  com- 
pagnia di  altro  Amorino  seduto,  il  quale  ha  tra  le  ginocchia  il  corbello  dei  fiori.  A  destra  della 
colonna  e  dell'albero  un'altra  fanciullina  seduta,  vestita  di  tunica,  e  due  Amorini  nudi,  dei 
quali  uno,  piegandosi  un  po'  in  avanti  per  giuoco  tiene  l'altro  a  cavalcioni  sul  dorso.  Segue 
all'estremità  del  quadro  un'altra  fanciulla  tunicata  in  piedi,  con  ali  di  farfalla,  conversante 
con  un  Amorino  nudo  seduto.  Con  la  caduta  di  una  parte  dell'intonaco  quest'angolo  del 
quadro  è  andato  perduto  (*). 

La  composizione  del  quadro  è  anche  qui  rigorosamente  simmetrica,  con  la  colonna 
e  l'albero  come  punto  di  riferimento  centrale.  Un  quadretto  affatto  simile  per  composi- 
zione, e  delle  medesime  dimensioni,  doveva  in  origine  trovarsi  sopra  la  parete  sinistra  della 

f1)  Strumento  in  forma  di  forca,  usato  per  portare  pesi  (Daremberg-Saglio,  Dictionnaire,  s.  v. 
Aerumnn). 

(2)  Il  quadretto  si  è  potuto  dare  a  fig.  4,  completato  nelle  parti  mancanti,  mercè  l'aiuto 
di  un  frettoloso  disegno  eseguito  dal  sottoscritto  in  occasione  della  prima  visita  all'ipogeo,  quando 
questo  era  ancora  interrato  e  il  campo  del  quadretto  prescntavasi  tuttora  intatto. 


SOMA  —    435    —  ROMA 

camera  sepolcrale,  là  dove  oggi  non  rimane  più  traccia  d'intonaco,  nonché  di  pitture. 
Ai  lati  di  ciascun  quadretto,  come  è  lecito  dedurre  dalla  decorazione  della  parte  tuttora 
conservata  sulla  parete  destra,  erano  dipinte  tre  pianticelle  ramificate,  alte  e  diritte,  di 
rose  fiorite,  sopra  una  lista  di  terreno  verdeggiante. 

La  decorazione  del  sommo  della  volta  a  bòtte  era  concentrica,  certamente  con  me- 
daglione centrale  e  motivi  ornamentali  varii,  i  quali  s'irradiavano  intorno  al  medaglione, 
facendo  ad  esso  corona.  Di  codesta  decorazione  concentrica  non  rimane  oggi  se  non  qualche 
parte  del  cerchio  più  largo,  il  quale  era  tangente  alle  due  lunette  delle  pareti  di  fondo  e 
si  interrompeva  alla  cornice  dei  due  quadretti  laterali,  come  si  vede  da  quello  di  destra 
superstite  (ved.  fig.  3).  Sopra  il  detto  cerchio,  composto  di  una  fascia  rossa  tra  due  listelli 
esili  dello  stesso  colore,  poggiavano,  in  corrispondenza  dei  quattro  angoli  della  camera 
e  sulle  diagonali  della  medesima,  quattro  cesti  da  fiori.  Di  questi  si  conservano  soltanto 
i  due  presso  la  parete  di  fondo.  Si  tratta  di  cesti  di  vimini,  a  larga  imboccatura  e  corpo 
in  forma  di  cono  tronco  rovescio.  Essi  sono  ricolmi  di  fiori  rossi,  con  un  ramo  diritto 
centrale  e  tralci  laterali  curvi.  La  decorazione  floreale  della  vòlta  terminava  con  tralci 
artificiali  di  petali  di  fiori,  disposti  a  festoni  penduti,  di  cui  rimane  qualche  traccia 
intorno  al  medaglione  circolare  centrale. 

Lo  stile  della  decorazione  pittorica  della  tomba  è  assai  semplice  nella  concezione, 
scadente  e  trascurato  nell'esecuzione.  La  riquadratura  è  quanto  di  più  sommario  si  possa 
immaginare,  eseguita  senza  lavoro  preparatorio  o  quasi,  con  tutte  le  irregolarità  e  le 
imperfezioni  del  lavoro  improvvisato.  Le  figure  dei  fanciulli  sono  eseguite  assai  sche- 
maticamente, con  poco  riguardo  delle  proporzioni,  dell'anatomia  e  della  naturalezza  dei 
movimenti,  nonché  dei  tratti  fisionomici  appena  riconoscibili.  Altrettanto  dicasi  dei 
panneggi  delle  figure  vestite.  Una  maggior  cura,  dipendente  anche  dalle  maggiori  pro- 
porzioni, si  riscontra  nella  figura  dell'Hermes,  il  quale,  a  parte  lo  scorciti  poco  felice 
delle  braccia,  mostra  di  essere  una  derivazione  abbastanza  fedele  di  un  model'o  preesi- 
stente, ricavato  dalla  scultura.  Anche  il  gruppo  dell'Erote  e  della  fanciulla  sul  carro, 
nonostante  l'esecuzione  artistica  sommaria,  non  manca  di  una  certa  naturalezza  e  vi- 
vacità di  movimento. 

Comunque,  una  tale  decorazione  pittorica,  dovuta  a  maestro  di  secondaria  impor- 
tanza, non  poteva  presentare  nulla  di  rilevante  e  di  originale,  oltre  che  nella  esecuzione 
artistica,  nella  scelta  medesima  dei  soggetti,  che  dovevano  essere  comuni  nell'arte  ro- 
mana cemeteriale  del  tempo.  Quasi  nulla  è  sino  a  noi  pervenuto  del  genere,  per  quanto 
almeno  si  riferisce  a  monumenti  originali  (1).  Possediamo  tuttavia  delle  testimonianze  che 

(*)  L'amica  rappresentazione  pittorica  superstite  la  quale,  anche  per  l'età  e  per  l'ambiente 
cui  appartiene,  presenti  caratteri  di  affinità  e  di  parentela  con  la  nostra  pittura,  è  conservata 
tuttora  nell'Ipogeo  detto  dei  «  Sin  ere  t  isti  »  in  Roma,  nel  Cimitero  di  Pretestato.  La  rappresen- 
tazione che  c'interessa,  riprodotta  da  Garriteci  in  Storia  dell'Arte  Cristiana,  voi.  VI,  tav.  493,  e 
nel  libro  Orpheus  di  E.  Maas  (tav.  II,  1),  ci  mostra  lo  stesso  Plutone  in  atto  di  reggere  sulle 
braccia  un  corpo  femminile  inanimato,  stando  sopra  un  carro  tirato  da  quattro  focosi  destrieri: 
questi  alla  lor  volta  guidati  per  le  briglie  da  Mercurio.  Nel  campo  Ubero  del  quadro  l'iscrizione: 
abreptio  •  vibies  •  et  •  DISCENSIO.  Mutato  il  nome  della  defunta,  la  stessa  dicitura  potrebbe 
servire  quale  titolo  del  quadro.  Una  pittura  col  ratto  di  Proserpina,  il  mito  al  quale  il  pittore 
non  poteva  a  meno  di  ispirarsi,  faceva  parte  della  decorazione  del  monumento  sepolcrale  dei 
Nasoni,  sulla  Via  Flaminia  (Arch.  Iahrb.  XXIV,  1910,  Beil.  4,  n.  XII). 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  56 


ROMA  436   ROMA 

ci  permettono  di  valutare  alla  sua  stregua  l'importanza  delle  pitture  scoperte  ultima- 
mente, così  dal  punto  di  vista  artistico,  come  in  rapporto  alle  credenze  dell'oltretomba. 

Tali  testimonianze,  per  noi  di  capitale  importanza,  ci  sono  date  da  copie  a  disegno 
di  antiche  pitture,  ad  opera  di  artisti  i  quali  lavorarono  in  Roma  nei  secoli  XVII  e 
XVIII  (').  Sulla  scorta  di  quelle  noi  possiamo  ritenere  con  sufficiente  certezza  che  il 
medaglione  dipinto,  il  quale  in  origine  occupava  il  sommo  della  vòlta,  costituendo  il 
centro  della  decorazione,  doveva  portare,  forse  a  mezzo  busto,  il  ritratto  di  una  o  più 
delle  persone  le  cui  salme  trovarono  riposo  nella  tomba  (a). 

Un  efficace  commento  alle  citate  pitture  può  essere  fornito  da  epigrammi  funerari 
del  tempo,  nei  quali  al  rimpianto  dei  superstiti  per  la  perdita  dei  loro  cari,  si  mesce  la 
viva  speranza  delle  gioie  che  l'anima  incontrerà  nell'altra  vita, 

«  Elysios  ca-mpos  habitans  et  prato,  ivafum  »  (3), 
dimorando  in  una  specie  di  paradiso  terrestre  : 

«  Inter  odwatos  nemorum  ubi  laeta  recessus 
mater  pingii  humus  et  lectis  dtwdala  tellus 
floribus  exultat....  »  (4). 

Sembra  anzi  degno  di  rilievo  il  fatto  che  le  stesse  immagini  di  beatitudine  passino 
nelle  credenze  cristiane,  nella  concezione  della  vita  paradisiaca.  Così  come  rapporti 
non  meno  importanti  e  degni  di  rilievo  si  riscontrano  per  i  motivi  ornamentali  tra  le  pit- 
ture del  nostro  ipogeo  e  le  pitture  cemeteriali  cristiane  (5).  Quanto  all'intimo  signifi- 
cato simbolico  della  raccolta  dei  fiori  e  di  altri  particolari  realistici  che  si  colgono 
nelle  pitture  dell"  ipogeo,  basterà  ricordare  che  pittori  e  scultori  di  monumenti  fune- 
rari in  età  romana  rappresentano  spesso,  come  i  poeti,  «  le  anime  nell'Ade  come  in- 
tente a  quelle  medesime  occupazioni  che  furono  loro  care  durante  la  vita  terrena  »  (8). 
Le  rose,  poi,  delle  quale  si  compone  essenzialmence  la  decorazione  floreale  dell'ipogeo, 
erano  il  fiore  particolarmente  in  uso  nel  culto  dei  morti  ('). 

Artisticamente  più  importanti  delle  pitture  sono  la  maggior  parte  dei  sarcofagi  mar- 
morei, i  quali  si  rinvennero  in  numero  di  quattro,  naturalmente  già  aperti  e  frugati,  nel- 
l'interno della  tomba  medesima.  La  costruzione  dei  tre  niechioni  sulle  pareti  dimostra 
come  la  tomba  fosse  fatta  per  contenere  non  più  di  tre  sarcofagi  uno  per  ogni  nicchione. 
I  quattro  sarcofagi  che  invece  si  rinvennero,  e  che  appresso  si  descrivono,  erano  disposti 
nel  modo  seguente:  due  sarcofagi  (un.  2  e  3  della  descrizione)  entro  i  due  niechioni 

(l)  Vedi  principalmente  R,  Engelmann,  Antike  Bilder  min  Ho  iiischen  Handschriften  (Leiden, 
1909),  e  gli  articoli  pubblicati  da  Th.  Ashby,  rotto  il  titolo  Drawings  of  micie nt  paintings  in  En- 
glish  (-ollections  in    Papers  of  British  School  at  Home,  VII,  191)  p.  1  segg.,  Vili,  1916„p.  35  segg. 

(*)  Cfr.  soffitto  dipinto,  copia  di  P.  S.  Battoli,  riprodotto  in  Archili  fiir  Religionswissenschaft, 
voi.  X  (1907),  fase.  III-IV,  tav.  III. 

(3)  Buecheler,  Carmina  epigr.,  n.  432  (C.  I.  L.  III,  n.  406).  Cfr.  ivi.  Id.  Carm.,  n.  588  [ Ma- 

nes  |  Elysios  per  campos  et  dulcia prata  vagantes)  (C.  I.  L.  III.  n.  0414). 

(<)  Id.,  Cari»,  epigr.  (588  (C.  /.  L.,  XII,  n.  949). 

(5)  Tali  gli  Eroti  intenti  alla  raccolta  dei  fiori  (Cfr.  L.  Sybel,  Christl.  Antike,  I,  pag.  175  seg.). 

(6)  Pascal,  op.  cit,.  I,  p.  53. 
(')  Op.  cit,  v.  e,  p.  33. 


ROMA 


—  437  — 


ROMA 


laterali  (il  sarcofago  di  sinistra,  esattamente  al  posto  si\p  originario);  un  altro  sarcofago, 
col  cassone  spezzato  in  due  (n.  1),  collocato  davanti  al  sarcofago  del  nicchione  sinistro, 
mentre  in  origine  esso  occupava  il  nicchione  centrale,  che  era  poi  rimasto  vuoto;  un 
altro  sarcofago,  infine  (n.  4),  l'ultimo  in  ordine  di  tempo  ad  essere  introdotto  nella 
tomba,  collocato  davanti  al  nicchione  di  destra,  quasi  nel  mezzo  della  camera. 

Sarcofago  n.  1  (fìg.  5).  Cassone  e  coperchio  di  marmo  lunense  :  il  cassone  rotto  verti- 
calmente in  due  pezzi,  il  coperchio  intero.  Dimensioni  del  cassone,  m.  1,65  X  0,35  X  0,45. 

Coperchio  e  cassone  erano  tenuti  insieme  uniti  da  grappe  metalliche,  collocate  due 
a  due  verticalmente  sui  lati  minori  entro  appositi  solchi,  con  incassi  per  innesto  delle 
estremità  ripiegate  delle  grapp.). 


Fig.  5. 


Il  coperchio  piano,  a  fronte  rialzata,  come  i  successivi,  sopravanzando  di  poco  in 
larghezza  la  larghezza  del  cassone,  porta  a  metà  della  fronte  una  targhetta  con  iscri- 
zione scolpita,  compresa  tra  motivi  figurati.  Il  testo  dell'iscrizione  è  il  seguente  : 

D       e       M      «       S 
OCTAVIAE   PAVLINAE    FILI 
AE  DVLCISSIME   CARISSI 
ME-Q-V-AVI-M-IIII-D-V- 
OCTAVIVS  FELIX  PATER  FECIT 

Come  acroterio  d'angolo  a  ciascuna  delle  estremità  del  coperchio,  una  testa  in- 
fantile dai  capelli  ricciuti,  in  funzione  di  maschera  di  Medusa.  La  scena  figurata  a  si- 
nistra della  targhetta  centrale  si  compone  di  due  virtimarii  muniti  di  gonnellino,  cia- 
scuno dei  quali  trae  verso  destra  per  la  capezza  il  toro  destinato  al  sacrificio,  reggendo 
con  la  sinistra  la  scure  (»).  Tra  i  due  gruppi  una.  figura  virile  in  tunica  succinta,  con  mazza 
manicata  nella  destra,,  leva  in  alto  la  mano  sinistra  come  per  incitare  il  corteo.  Sul  qua- 
dretto opposto,  sempre  verso  la  targhetta  centrale,  sono  rappresentate  due  bighe  tirate 


(»)  Cfr.  coperchio  di  sarcofago  con  scena  simile  al  Museo  di  Berlino  (S.  Rcin aeh, Répertoire des 

llelicfs,  II,  pag.  35). 


ROMA  438    —  ROMA 

da  focosi  cavalli  al  galoppo  e  guidate  da  Amorini  con  ali  di  uccello,  i  quali  stringono  con 
la  sinistra  le  redini,  con  la  destra  la  sferza.  Il  primo  degli  Amorini  volgesi  col  capo  in- 
dietro verso  il  compagno  seguace. 

Tutto  il  cassone  è  sulla  fronte  principale  riccamente  istoriato  con  figure  ad  alto 
rilievo.  A  cominciare  da  sinistra,  vedesi  una  figura  di  fanciulletta  nuda  di  fronte,  con 
acconciatura  muliebre,  assistita  da  due  fanciullini  pure  nudi,  dai  capelli  ricciuti.  La  fan- 
ciulla tiene  la  mano  destra  sollevata  con  la  palma  aperta,  mentre  appoggia  il  braccio  sini- 
stro sulla  spalla  di  uno  degli  Amorini.  Costoro  poi  sembrano  intenti  ad  ungerne  il  corpo, 
passandovi  sopra  le  mani,  come  se  la  figura  si  preparasse  ad  un  esercizio  di  palestra.  Segue 
un  fanciulletto  discobolo,  intento  al  lanciamento  del  disco.  La  figura  vista  di  fronte, 
avendo  nella  destra  abbassata  il  disco  e  bilanciando  il  corpo  sulle  gambe  divaricate, 
tiene  la  mano  sinistra  sollevata,  come  nell'atto  di  prendere  lo  slancio.  Risulta  ottimamente 
espresso  il  movimento  delle  figure  con  la  gamba  destra  protesa  in  avanti  a  tutto  rilievo, 
l'altra  gamba  portata  indietro  ed  eseguita  perciò  a  rilievo  bassissimo.  Vengono  quindi  due 
fanciulli  nudi,  sul  punto  di  venire  alle  mani  :  le  teste  di  profilo,  i  corpi  di  tre  quarti.  Dei 
due  fanciulli,  uno  sta  per  abbrancare  il  compagno  colla  testa,  mentre  questo  lo  afferra  alla 
vita.  Un  terzo  fanciullo,  in  funzione  di  paidotribe»  o  maestro  dei  giuochi,  assiste  alla  scena, 
stringendo  con  la  destra  sul  petto  un  oggetto  elio  sembra  un  rotolo  e  riunendo  coll'altra 
mano  sulla  coscia  i  lembi  di  un  manto  gettato  sulla  spalla  destra  e  ripreso  sotto  l'ascella 
destra.  Il  gruppo  di  mezzo  si  compone  di  quattro  figure,  di  cui  la  principale  esattamente 
sulla  linea  mediana  del  cassone.  È  questa  una  fanciulla  nuda  di  fronte,  [come  la  prima  de- 
scritta, tenendo  colla  sinistra  una  palma  e  sollevando  la  destra  all'altezza  del  capo,  in  atto 
di  deporvi  una  corona.  Alla  sinistra  di  questa  un'altra  figuretta  muliebre  di  fronte,  ve- 
stita di  tunica  e  manto,  levando  in  alto  la  destra  in  atto  di  acclamazione.  Alla  destra  un 
fanciullo,  vestito  di  tunica  succinta  e  di  clamide  agganciata  sotto  la  gola,  è  in  atto  di  dar 
fiato  alla  tuba ,  stando  rivolto  verso  la  figura  centrale  (1),  mentre  al  suolo  giace  seduta  una 
altra  figuretta  nuda,  la  quale  tiene  mestamente  inclinata  la  fronte  sulla  mano,  nell'ab- 
bandono del  vinto. 

Sono  così  efficacemente  rappresentate  in  queste  tre  scene,  da  sinistra  a  destra,  tre 
momenti  distinti  della  vita  della  palestra:  i  preparativi  per  la  lotta,  l'inizio  di  questa,  e 
infine  il  trionfo  della  parte  vittoriosa  (una  fanciulla)  e  l'umiliazione  del  soccombente. 

Sulla  sezione  destra  della  stessa  fronte  di  sarcofago  abbiamo  una  successione  di  scene 
affatto  simili  alle  precedenti,  ordinate  però  in  senso  inverso,  da  destra  verso  sinistra.  Al- 
l'estremità una  figura  di  paidotribrs  fanciullo,  di  fronte,  i  fianchi  avvolti  nell'  himation, 
avendo  presso  il  piede  sinistro  l'ampolla  di  forma  sferoidale  »un  aryballo")  per  le  unzioni 
di  rito,  assiste  a  una  gara  di  pugilato  tra  due  fanciulli  nudi,  i  quali  incrociano  i  polsi  all'al- 
tezza del  capo,  mirando  coi  pugni  alla  faccia.  La  scena  che  segue,  e  che  a  rigore  deve  inten- 
dersi come  un  seguito  della  precedente,  sebbene  i  tratti  somatici  delle  figure  non  corrispon- 
dano alla  perfezione,  si  compone  di  una  fanciulla,  la  quale  persegue  coi  suoi  pugni  la  figura 
avversaria  che  si  ritira  frettolosamente  dalla  lotta  implorando  pietà  con  una  mano, 
mentre  porta  l'altra  mano  alla  parte  colpita  della  faccia.  Il  giovinetto  paidotrihes,  avvolto 

(x)  Cfr.  scena  simile  di  apoteosi  funebre  sul  citato  coperchio  di  sarcofago. 


ROMA  .  —   439    —  ROMA 

nell'himation,  si  rivolge  verso  la  figura  vincente,  come  per  intimare  la  cessazione  dello 
scontro.  Dietro  di  quello  è  scolpita  in  secondo  piano,  a  rilievo  bassissimo,  un'altra  figura 
di  fanciullo  spettatore. 

1  lati  minori  del  sarcofago  sono. pure  lavorati  e  scolpiti  con  figure,  ma  assai  rozza- 
mente. Sul  lato  destro  (fig.  6)  vedesi  una  figura  di  fanciullo  discobolo,  con  il  torso  di  fronte 
ed  inclinato  verso  destra,  nell'atto  di  prendere  lo  slancio  per  gettare  il  disco  ch'egli  tiene 
con  la  destra.  È  questo  il  motivo  classico  del  Discobolo,  inaugurato  così  genialmente  da 
Mirone  e  ripetuto  quindi  e  modificato  da  innumerevoli  artisti.  Alla  destra  del  fanciullo, 
palma  di  vittoria  e  trapela  a  quattro  gambe,  con  oggetti  di  premio  :  una  corona  ed  un  og- 
getto campaniforme,  di  natura  incerta.  Sulla  faccia  opposta  un  fanciullo  rappresentato, 
come  l'altro,  di  fronte,  in  corsa  verso  destra,  tenendo  imbracciato  uno  scudo  tondo  e 
stringendo  nella  destra  una  palma,  simbolo  di  vittoria. 

Sarcofago  n.  2  (fig.  7)  .rinvenuto  dentro  il  nicchione  destro.  Dimensioni  del  cas- 
sone, m.  2,03  X  0,"0  X  0,58. 

il  coperchio,  la  cui  fronte  è  alta  ni.  0,22,  aderiva  al  cassone  mediante  uno  strato  di 
calce,  di  cui  si  rinvennero  abbondanti  tracce  sul  margine  inferiore  dell'uno  e  sul  margine 
superiore  dell'altro. 

A  metà  della  fronte  del  coperchio  targhetta  rettangolare  scorniciata,  liscia  interna- 
mente. Nel  campo  a  destra,  a  bassorilievo,  cervo  marino  natante,  munito  di  lunga  coda 
a  volute,  avendo  sul  dorso  un  Erote  che  afferra  a  volo  le  corna  della  fiera,  facendola  im- 
pennare. Segue  un  leone  marino,  munito  di  lunga  coda  come  il  precedente,  portando  se- 
duto sul  dorso  un  Erote  che  si  attacca  alla  sua  criniera.  A  sinistra  della  targhetta,  in  una 
composizione  simmetrica,  ippocampo  natante,  seguito  Jda  una  pantera  marina,  l'uno  e 
l'altra  con  Erote  sospeso  a  volo  sul  dorso.  A  ciascuna  estremità  maschera  di  Oceano,  o  di 
Tritone,  caratterizzato  da  branchie  di  gambero  tra  i  capelli  e  da  squame  sulle  guancie 
e  sul  mento,  con  profilo  d'angolo. 

Sul  cassone  al  di  sotto  della  targhetta,  valva  circolare  di  conchiglia  con  busto  di  figura 
muliebre  (imago  clipeata)  vestita  di  tunica  e  di  manto,  dal  quale  escono  le  dita  della  mano 
destra.  I  lineamenti  della  figura  risultano  abrasi.  La  valva  di  conchiglia  è  sorretta  a  destra 
e  a  sinistra,  simmetricamente,  da  due  Tritoni  giovanili  a  zampe  anteriori  equine  e  lunga 
coda  attorta  a  volute.  Ciascuno  regge  con  ambe  le  mani  la  conchiglia,  mentre  porta  sul 
dorso  una  Nereidc  nuda,  la  quale  con  una  mano  si  appoggia  al  dorso  del  Tritone,  con  l'al- 
tra regge  un  drappo  che,  agitato  e  gonfiato  dal  vento,  fa  un  nimbo  intorno  alla  sua  figura. 
Tritoni  e  Ceroidi  voltano  indietro  la  testa.  Ultima  viene  da  ciascuna  parte  una  figura  di 
Kereide  nuda,  la  quale  gettasi  arditamente  sulle  onde,  tenendo  leggermente  con  sole  due 
dita  di  una  mano  il  drappo  pure  gonfiato  dal  vento,  e  afferrando  con  l'altra,  allo  spigolo  del 
sarcofago,  l'orecchio  di  una  fiera  marina,  che  a  sinistra  ha  l'aspetto  di  un  toro,  a  destra 
quello  di  un  cervo.  Ciascuna  fiera  lambisce  voluttuosamente  con  la  lingua  il  mento  della 
Nereide  (*). 

(*)  È  questo  il  motivo  ornamentale  torse  meno  comune  di  tutti  gli  altri  di  cui  si  compone 
il  rilievo.  Esso  trovasi  ripetuto  sopra  un  sarcofago  del  Museo  Laterancnsc  (S.  Rcinach,  Ré]),  de* 
Rei,  III,  pag.  274). 


ROMA 


440  — 


ROMA 


Come  motivi  minori  alternati  a  quelli  descritti,  che  ci  danno  le  linee  fondamentali 
della  composizione,  vediamo  «puntare  da  ciascuna  parte,  tra  la  conchiglia  e  la  figura  del 
Tritone,  la  testa  e  una  delle  braccia  di  un  piccolo  Erote.  Due  altri  Eroti  si  reggono  in  piedi 


Fio.  <3. 


quasi  all'estremità  della  coda  dei  Tritoni,  uno  in  atto  di  dar  fiato  alla  tibia,  l'altro  tenendo 
colla  sinistra  la  cetra,  con  la  destra  il  plettro.  Altre  due  testine  di  Eroti  sbucano  accanto 


Fio.  7. 


a  quelle  del  toro  e  del  cervo  marino.  Al  di  sotto  dell'immagine  clipeata,  poi,  un  Erote  ad 
ali  spiegate,  guidando  per  le  briglie  una  coppia  di  delfini.  Al  di  sotto  delle  Nereidi  sedute, 
due  Eroti  giuocanti  con  un  delfino,  e  sotto  le  Nereidi  in  corsa  altro  Erote  natante,  se- 
guito da  un  delfino  la  cui  testa,  sbuca  dalle  onde  che  segnano  tutto  il  margine  inferiore  del 
quadro. 


KOlrfA 


-  441 


ftOMA 


Su  ciascuno  dei  lati  minori,  ippocampo  a  nuoto  sopra  le  onde,  avendo  sul  dorso  un 
Erote  il  quale  lo  regge  per  le  briglie  (fig.  8).  Sul  lato  sinistro  l'Erote  vibra  con  la  destra 
la  sferza. 

Sarcofago  n.  3  (fig.  9),  rinvenuto  in  sita  dentro  il  nicchione  sinistro.  Coperchio  piano 
con  fronte  rialzata,  scolpita  a  bassorilievo.  Cassone  con  sculture  ad  altorilievo  sulla  fronte 


Fig.  8. 


principale  e  a  bassorilievo  sui  lati  minori.  Dimensioni  del  cassone,  m.  1,80X0,40X0.24. 
11  coperchio  (alt.  della  fronte  m.  0,1 5)  era  mantenuto  aderente  al  cassone  mediante  uno 


Fio.  9. 


strato  di  calce,  nonché  mediante  due  grappe  metalliche  verticali,  una  su  ciascuno  dei 
lati  minori,  delle  quali  sono  rimasti  solamente  gli  incassi. 

Sulla  fronte  del  coperchio,  targa  centrale  liscia,  con  due  gruppi  per  parte  di  Eroti 
natanti  di  conserva  con  mostri  marini  imbrigliati,  di  cui  essi  reggono  con  una  mano  le  bri- 
glie, avendo  nell'altra  mano  la  sferza.  A  destra  ippocampo  e  pantera,  a  sinistra  cervo  e 


KÒMA  —    442    —  KOMA 

grifone.  Ciascun  gruppo  di  un  Erote  e  di  una  fiera  si  muove  in  senso  contrario  all'altro. 
Maschere  di  Medusa  alle  due  estremità  della  fronte  del  coperchio. 

Il  cassone  porta  al  centro  della  fronte  principale,  come  imago  dipeata,  un  busto  di 
figura  muliebre  vestita  di  tunica  e  manto,  da  cui  esce  la  mano  destra. 

Il  busto  porta  ben  conservati  i  tratti  gentili  del  volto  di  persona  adulta,  con  i  ca- 
pelli spartiti  a  mezzo  la  fronte.  Il  clipeo  è  sorretto,  a  destra  e  a  sinistra,  da  due  robuste 
figure  di  Tritoni  ampiochiomati  e  barbati,  riguardanti  in  fuori  sdegnosi.  Le  lunghe  corna 
tortili,  munite  di  branchie  alle  estremità,  lasciano  chiaramente  divedere,  come  sia 
stata  ad  essi  adattata  la  maschera  della  più  alta  tra  le  personificazioni  marine,  l'Oceano. 
11  tronco  di  ciascuna  figura  è  coperto  di  squame  indicate  da  linee  a  zig-zag.  Sul  dorso 
di  ciascun  Tritone  una  figura  di  Nereide,  le  sole  gambe  avvolte  nell'himation.  La  Ke- 
reide  a  destra  volge  la  faccia  verso  il  Tritone  e  le  spalle  al  riguardante,  con  una  mano 
poggiata  sul  dorso  del  compagno,  mentre  l'altra  è  nel  gesto  di  rialzare  una  treccia  della 
ricca  chioma  inzuppata  d'acqua  marina.  La  Nereide  opposta  si  abbandona  più  molle- 
mente sul  dorso  del  Tritone,  passando  il  braccio  sinistro  dietro  il  suo  collo  e  colla  destra 
sollevando  dalle  onde  un  fanciullino  che  tenta  attaccarsi  al  suo  seno.  Un  Erote  dietro 
le  spalle  della  Nereide,  dando  fiato  alla  buccina,  fa  riscontro  ad  uno  simile,  nello  stesso 
atteggiamento  dalla  parte  opposta,  seduto  sull'estremità  della  coda  del  Tritone. 

All'estremità  sinistra  del  quadro  un  Tritone  simile  ai  precedenti,  ampiochiomato 
e  barbato,  improvvisamente  assalito  da  una  pantera  marina  che  avvolge  le  sue  spire  in- 
torno al  tronco,  tenta  difendersi  dalla  fiera  menando  vigorosi  colpi  col  remo  che  tiene 
sollevato  con  ambe  le  mani  dietro  il  capo.  Sotto  le  zampe  del  Tritone,  putto  natante  ab- 
bracciato a  un  delfino.  Sul  dorso  del  Tritone  siede  una  Nereide  sul  tipo  della  prima  de- 
scritta, con  le  abbondanti  chiome  cascanti  mollemente  sul  collo  e  con  la  zana  che  le  cinge 
la  vita  sotto  le  ascelle.  Regge  con  la  destra  una  cetra  dalle  lunghe  corna  tortili,  cui  si  av- 
vicina un  Erotc  volando. 

All'estremità  opposta  Tritone  giovane  e  imberbe,  lungochiomato,  con  vari  ordini  di 
squame  che  gli  solcano  la  faccia  ed  il  petto,  reggendo  colla  sinistra  il  remo  inerte  in  posa 
verticale,  colla  destra  guidando  per  mano  un  puttino  il  quale  agita  le  gambe  tra  le  onde. 
Sul  dorso  porta  una  JVereide  nell'atteggiamento  della  seconda  descritta,  rialzando  gra- 
ziosamente con  una  mano  le  treccie  scomposte,  coll'altra  sorreggendo  un  puttino  dritto 
in  piedi  sulle  sue  ginocchia,  occupato  a  tendere  il  piccolo  arco  per  colpire  una  pistrice 
che  solleva  dalle  onde  il  corpo  mostruoso,  torcendo  verso  il  saettatore  il  muso  pian- 
tato sul  lungo  collo. 

Su  ciascuno  dei  lati  minori  gruppo  eseguito  a  bassorilievo,  di  un  ippocampo  a  galoppo 
sulle  onde,  portando  sul  dorso  un  Amorino  da  una  parte  seduto,  dall'altra  in  piedi,  suo- 
nante la  doppia  tibia. 

Le  volute  delle  onde  marine,  lungo  tutto  il  bordo  inferiore  del  quadro,  sono  ese- 
guite a  cartoccio  come  nel  sarcofago  precedente,  dove  però  è  maggiore  il  lavoro  del 
trapano. 

Sarcofago  n.  4  (fig.  10),  rinvenuto  nel  mezzo  della  camera,  parallelo  al  prece- 
dente, di  cui  nascondeva  la  fronte.  Coperchio  e  cassone  simili  al  n.  3.  Dimensioni  del 
cassone,  m.  1,96X0,56X0,55. 


1Ì0MA 


—  443  — 


ROMA 


Sulla  fronte  rialzata  del  coperchio  (alt.  m.  0,26)  sono  eseguiti  a  bassorilievo  i 
seguenti  motivi:  al  centro  maschera  cornuta  dell'Oceano, ampiochiomata  e  barbata.  Da 
ciascun  lato  del  motivo  centrale,  sei  delfini  riuniti  due  a  due  su  due  piani,  guizzando 
sopra  le  onde.  Il  coperchio  andava  unito  al  cassone  mediante  uno  strato  di  calce. 


; 

-.  ^. 

- 

.  -                                             \ 

- 

..  &tà&&kéi^  4&*M 

•fe^feà'^É 

f     0     / 

ffjf/. 

K    "'A. 

■ 

"   ,',       J      li".    .*»     »      V1 

3P?';V•*?*iw■■P^^**",■*^ 

►u^SE^^S 

Fio.  10. 


La  parete  principale  del  cassone  è  semplicemente  scolpita  a  strigilature,  con  grande 
targa  rettangolare  al  centro  scorniciata  e  iscritta.  L'iscrizione,  che  si  legge  faticosa- 
mente per  l'abrasione  del  marmo,  suona  : 

D     e     M     es     S 
M-OCTAVIO  FELICI 
SEN- PATRI  PIENTIS 
SIMO  Q-V-A-LV  VI  (*«) 

M- VI-  D- Villi 
M-OCTAVIVS  EV 
TYCHESLIB- 
CVRAVIT 


Anche  qui  il  coperchio  era  tenuto  aderente  al  cassone  mediante  uno  strato  di  calce. 

Dietro  il  terzo  sarcofago  fu  rinvenuta  una  cassetta  di  terracotta  con  coperchio  di 
tegole,  vuota,  impiegata  originariamente  quale  sepoltura  di  bambino.  Per  collocare 
più  al  sicuro  la  fragile  cassa,  era  stato  distaccato  dalla  parete  di  fondo  del  nicchione,  con 
la  quale  doveva  aderire,  il  sarcofago,  e  portato  più  verso  il  centro  della  camera.  La 
cassetta,  di  m.  0,80X0,30X0,25,  era  coperta  da  due  tegoloni  con  i  margini  tagliati. 
Ciascuno  di  questi  portava  impresso  il  bollo  riportato  in  C.  I.  L.  XV,  1,  n.  166. 

Il  pavimento  della  camera  sepolcrale  descritta,  come  quello  del  breve  corridoio  di 
accesso,  risultò  intieramente  coperto  da  un  mosaico  di  buona  fattura  a  tasselli  bianchi, 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  57 


ROMA  —    444    —  ,        KOMÀ 

con  liste  nere  :  e  cioè  una  doppia  lista  nera  lungo  le  pareti  della  camera,  e  una  semplice 
lista  lungo  le  pareti  del  vestibolo.  Ai  quattro  angoli  della  camera,  poi,  furono  notate 
nel  suolo,- incastonate  nel  mosaico,  quattro  piccole  lastre  quadrate,  di  marmo  bianco, 
misuranti  m.  0,15  di  lato.  Sollevato  dal  piano  in  cui  erano  murate  le  quattro  lastre,  si 
trovò  che  una  sola  di  esse  poggiava  sul  sodo  massicciato  del  mosaico,  mentre  le  altre  tre 
proteggevano  un  foro  cilindrico  ricavato  nella  terra,  profondo  ni.  0,25,  del  diam.  di  m.  0,10. 
La  ragione  di  codesti  fori  ci  sfugge,  a  meno  che  non  si  tratti  di  ricettacoli  per  le  ceneri 
di  defunti  cremati.  Quanto  a  suppellettile  funebre,  essendo  stato  l'ipogeo  saccheggiato 
in  antico,  non  si  rinvenne  durante  lo  sterro  che  qualche  lucernetta  fittile,  priva  di 
rilievi  e  frammentaria,  nonché  frammenti  insignificanti  di  vasi  fittili. 

Dalle  iscrizioni  scolpite  sui  sarcofagi,  dall'indole  delle  pitture  dell'ipogeo,  dalla  dispo- 
sizione stessa  dei  sarcofagi  nell'interno,  è  possibile  dedurre  gli  elementi  necessari  per  ri- 
costruire la  storia  del  monumento.  Questo  dovette  sorgere  per  iniziativa  di  Ottavio  Felice, 
in  occasione  della  morte  precoce  della  figlia,  là  piccola  Ottavia  Paolina.  Ciò  è  chiaramente 
dimostrato  così  dalla  collocazione  originaria  del  relativo  sarcofago  nel  nicchione  centrale, 
come  dal  soggetto  cui  s'ispira  la  pittura  della  lunetta  superiore  :  il  trasporto  agli  Elisii 
di  una  fanciulla.  Successivamente  morivano  altri  due  membri  della  famiglia,  due  donne, 
alle  quali  furono  destinati  i  due  sarcofagi  laterali  simili,  con  immagini  femminili  clipeate. 
Una  di  queste  si  può  ritenere  essere  stata  la  madre  di  Ottavia  Paolina.  Ultimo  della  fa- 
miglia, senza  lasciare  eredi  legittimi,  moriva  il  capo  di  essa,  Ottavio  Felice,  al  quale 
appartiene  l'ultimo  sarcofago  depositato  nella  tomba,  ed  ivi  situato  a  cura  di  un  estraneo, 
forse  un  liberto  della  famiglia,  certo  Eutyches.  Queste  vicende  del  monumento  sono  su- 
scettibili di  essere  racchiuse  entro  il  periodo  di  trenta  o  quarantanni,  con  probabile  inizio 
entro  la  prima  metà  del  III  secolo,  e  ci  permettono  di  datare  entro  limiti  di  tempo 
abbastanza  ben  circoscritti  così  la  costruzione  del  monumento,  come  l'esecuzione  delle 
pitture  e  dei  sarcofagi  descritti. 


Secondo  ipogeo  (tav.  III). 

Alla  distanza  di  circa  duecento  metri  a  sud-ovest  dell'ipogeo  sepolcrale  testé 
descritto  (ved.  pianta  fig.  1)  alcuni  operai  addetti  allo  sbancamento  della  pozzolana,  mi- 
sero alla  luce,  nel  novembre  1921,  la  testata  di  un  grande  sarcofago  di  marmo.  Intra- 
preso, dietro  quell'indizio,  lo  scavo,  sistematico  della  località,  furono  scoperti  in  poco 
tempo  i  resti  di  un  altro  ipogeo  sepolcrale.  A  differenza  del  precedente  ipogeo,  così  ben 
conservato,  si  può  dire  che  di  questo  non  fosse  rimasto,  dal  punto  di  vista  architettonico, 
che  assai  poco  (fig.  11).  L'ipogeo  era  ricavato  a  poca  profondità  dal  piano  di  campa- 
gna, in  direzione  nord-sud,  con  soffitto  il  cui  estradosso  certamente  superava  il  livello 
stesso  del  piano  di  campagna,  dando  luogo  a  una  costruzione  metà  in  trincea,  metà 
in  rilevato.  Come  pareti  longitudinali  e  come  parete  di  fondo  dell'ipogeo  erano  utiliz- 
zate le  pareti  naturali  della  roccia  tufacea.  A  sostegno  del  soffitto,  non  si  saprebbe  dire 
se  a  vòlta  o  a  piattabanda,  poiché  non  ne  rimaneva  più  traccia,  come  più  nessuna  trac- 
cia rimaneva  della  parete  rocciosa  sinistra  dell'ipogeo,  demolita  durante  lo  sbancamento 


ROMA 


—    44:")    _ 


RO.MA 


del  terreno,  prima  della  scoperta  dell'ipogeo  —  erano  stati  innalzati  degli  archi  di  mattoni 
in  senso  normale  alla  lunghezza  dell'ipogeo  stesso  (tav.  III).  Un  primo  muro  era  addossato 
alla  parete  di  fondo,  con  i  fianchi  appoggiati  alla  roccia  e  con  ampio  nicchione  destinato 
a  ricettacolo  di  sarcofago,  come  si  è  visto  nell'altro  ipogeo.  Non  si  rinvennero,  ancora  in 
situ,  oltre  il  sarcofago  che  appresso  descriveremo,  altro  che  i  due  piedritti  del  muro, 
con  l'imposto  destro  dell'arco  del  nicchione,  il  quale  misurava  una  larghezza  massima  di 
m.  2,55,  con  un'altezza  approssimativa  di  m.  2.  Secondo  lo  stesso  sistema,  era  innalzato 
all'estremità  opposta  il  muro  con  la  porta  d'ingresso  all'ipogeo.  Anche  di  questo  muro 


t 

4 

1  -  Porta  d* ingresso  all'Ipogeo. 

2  -  Prima  camera,  con  formae. 


Fio.  11. 


:;  -  Seconda  camera,  con  formae  e  cas«one. 
4  -  Terza  camera,  con  cassone  e  sarcofagi. 


non  si  rinvennero  se  non  la  parte  inferiore,  per  un'altezza  di  m.  1,50,  con  la  porta  larga 
m.  1,20,  e  le  due  spallette  larghe  ciascuna  m.  0,55.  Tra  questi  due  muri  estremi  erano  stati 
innalzati  a  distanze  uguali  altri  due  muri  interni  paralleli  a  quelli,  come  muri  divisorii,  i 
quali  scompartivano  tutto  lo  spazio  dell'ipogeo  in  tre  vani,  press'a  poco  di  uguale  lun- 
ghezza e  larghezza.  Il  tipo  di  costruzione  dei  muri  interni  è  in  fondo  il  medesimo  con- 
statato negli  altri.  Ciascuno  dei  muri  interni,  dello  spessore  di  m.  0,60,  presenta  un  arco 
di  passaggio  largo  m.  2,45,  alto  m.  2,  a  pieno  sesto.  Al  di  sopra  dell'arco  il  muro  si  inal- 
zava ancora  per  un'altezza  incerta,  forse  tale  da  pareggiare  il  sommo  della  porta  d'in- 
gresso. Oltre  la  funzione  di  muri  divisori,  è  chiaro  che  codesti  muri  interni  avessero  quella, 
più  importante,  di  muri  di  sostegno  del  soffitto  oggi  mancante,  in  modo  che  gli  archi  fun- 
zionassero come  anelli  di  vòlta.  Tutti  i  muri  erano  intonacati  ;  e  in  qualche  punto,  come 
in  vicinanza  della  porta,  si  rinvennero  dei  frammenti  di  intonaco  bianco,  con  residui  di 
riquadrature  in  color  rosso. 

L'interno  dell'ipogeo,  architettonicamente  così  semplice  e  giunto  a  noi  in  così  mi- 
sero stato  di  conservazione,  poc'altro  presenta  di  interessante.  Dalla  porta  d'ingresso, 
a  sud,  larga  m.  1,30,  con  muri  laterali  a  cortina  di  mattoni,  si  scende  tuttora,  per  una 


ROMA 


—  446   - 


ROMA 


breve  scala  di  mattoni,  di  3  gradini,  alti  ciascuno  m.  0,25,  in  un  primo  ambiente  o  vesti- 
bolo (dimensioni  m.  3,35  X  2,70)  con  piano  di  cocciopesto,  dello  spessore  di  15  cm.,  alla 
profondità  di  ni.  3  dal  piano  di  campagna.  A  destra  della  scala  una  banchina  irregolare 
in  opera  a  sacco,  alta  da  terra  m.  0,55,  lunga  m.  2,60,  larga  0,50.  Ai  piedi  della  parete 
di  fronte  si  trovò  nel  terreno  una  sepoltura  alla  cappuccina  (m.  1 ,30  X  0,40  X  0,50 
di  altezza),  entro  la  quale  non  si  rinvennero  se  non  pochi  resti  delle  ossa,  una  lucerna  fit- 


Fig.  12. 


tile  frammentaria  con  l'emblema  di  un  gallo  nella  parte  superiore,  oltre  a  un  frammento 
di  tegolone  col  seguente  bollo  rettangolare  : 

L-SESTI- ALB 
QVIRINALIS-  A 
(cfr.  C.  I.  L.  XV,  1,  1445). 

La  camera  intermedia,  di  m.  3,30  X  2,40,  compresa  tra  i  due  archi,  pure  con  pavi- 
mento a  cocciopesto,  presenta  parallelo  alla  parete  destra  un  basso  muro,  formando  una 
sepoltura  a  cassone  (m.  2,35  X  0,50  X  0,60),  rivestita  e  chiusa  da  tegoloni,  in  cui  si 
rinvennero  resti  di  uno  scheletro  con  il  cranio  a  sud.  La  parete  esterna  del  muretto  por- 
tava traccie  d'intonaco.  Lungo  la  parete  sinistra  due  piccole  sepolture,  una  a  cappuc- 
cina, l'altra  a  cassettone,  riparata  da  un  muro  a  sacco,  tutte  manomesse  come  le  pre- 
cedenti, e  sconvolte. 

Le  dimensioni  dell'ultima  camera,  con  lo  stesso  piano  di  cocciopesto,  sono  le  mede- 
sime di  quella  intermedia.  Sulla  parete  di  fondo  un  nicchione  appoggiato  a  pilastri  in  mu- 
ratura, dei  quali  quello  di  destra  misura  m.  0,85  X  0,77,  ed  è  conservato  per  l'altezza  di 
m.  1,30  ;  quello  di  sinistra,  conservato  per  m.  0,95  di  altezza,  misura  m.  0,80  X  0,60.  Alla 
parete  destra  è  addossata  una  tomba  a  cassone  (dimensioni  della  tomba  m.  2,40  X  0,55 
X  0,50)  con  muretto  anteriore  a  mattoni,  dello  spessore  di  m.  0,30.  Le  pareti  interne 
della  tomba,  ad  eccezione  del  muretto  anteriore,  erano  rivestite  di  tegoloni.  La  copertura 
della  tomba  era  stata  fatta  parte  con  tegoloni,  parte  con  pezzi  di  lastre  di  marmo  cipollino. 


ROMA  .  —    447    —  ROMA 

Al  centro,  tra  i  pilastri  rimanenti  del  nicchione  di  fondo,  si  rinvenne  un  grande  sarco- 
fago marmoreo,  munito  di  coperchio  e  collocato  ancora  in  silu  sopra  un  piano  di  mattoni 
in  continuazione  del  piano  dell'ambiente.  Il  sarcofago  (fig.  12),  di  m.  2,18  di  lunghezza, 
m.  0,77  di  altezza  e  altrettanto  di  larghezza,  è  di  quelli  tardi,  a  fronte  strigilata.  La 
strigilatura  è  però  interrotta,  così  al  centro  della  fronte  come  alle  estremità,  da  riquadri 
figurati.  Nel  quadretto  di  mezzo  vediamo  una  figura  muliebre  giovanile  seduta  a  destra 
su  seggio  pieghevole,  essendo  vestita  di  tunica  altocinta  senza  maniche  e  di  pallio 
ricoprente  la  spalla  sinistra  e  le  ginocchia,  con  calzari  ai  piedi.  Con  la  mano  sinistra  la 
figura  è  in  atto. di  tenere  diritta,  stringendola  per  le  corde,  una  lira  appoggiata  sopra 
un  basso  pilastro,  mentre  colla  destra  tiene  il  plettro,  di  forma  rotondeggiante.  L'accon- 
ciatura dei  capelli  della  figura  è  liscia  secondo  la  moda  del  ITI  secolo,  con  -lunga  ciocca 
ricadente  sul  collo  e  fatta  quindi  risalire  dietro  la  nuca,  dove  sembra  fermata.  Al  di  sopra 
della  lira  spunta  presso  l'angolo  superiore  destro  del  quadro  una  testa  virile  barbata,  con 
capelli  ricci  stretti  da  una  tenia  o  da  una  corona  metallica  :  molto  probabilmente  una 
imago,  la  imago  del  marito.  La  testa,  eseguita  di  tre  quarti,  è  rivolta  verso  la  donna. 

Causa  il  verismo  ritrattistico  delle  figure,  è  lecito  ritenere  questa  una  coppia  di  co- 
niugi, quelli  stessi  pei  quali  venne  commesso  il  sarcofago,  visto  che  nell'interno  di  esso, 
non  ostante  la  violazione  in  precedenza  avvenuta,  si  rinvennero  i  resti  di  due  cadaveri, 
ai  quali  forse  era  intitolato  l'intero  monumento  sepolcrale  (L).  All'estremità  destra  della 
fronte,  su  plinto  sagomato,  figura  efebica,  il  corpo  avvolto  in  semplice  pallio,  che  lascia  il 
petto  scoperto,  con  sandali  ai  piedi.  Le  mani  della  figura  stringono  presso  il  fianco  sini- 
stro un  oggetto,  che  si  può  ritenere  il  volume.  Lo  stillicidio  secolare  dell'acqua  ha  però  cor- 
roso il  fianco  della  figura  e  reso  irriconoscibile  il  particolare.  All'estremità  sinistra  della 
fronte  medesima,  in  perfetta  simmetria  con  la  precedente,  figura  muliebre  vestita  di  lunga 
tunica  e  di  pallio,  con  calzari  ai  piedi  e  acconciatura  dei  capelli  simile  a  quella  riscontrata 
nella  figura  centrale.  Ambe  le  mani  della  donna  stringono  il  volume.  I  due  personaggi 
laterali,  pur  essendo  di  fronte,  hanno  ambedue  il  capo  rivolto  verso  il  quadro  di  mezzo. 

Alle  testate  del  sarcofago  sono  leggermente  scolpiti,  a  puro  contorno,  dei  trofei  d'armi, 
consistenti  in  una  coppia  di  scudi  incrociati. 

La  parete  posteriore  del  sarcofago  presenta  una  fenditura,  riparata  in  antico  da  una 
grappa  di  ferro. 

Il  coperchio  del  sarcofago,  con  fronte  rialzata,  si  rinvenne  ancora  al  suo  posto,  pur 
essendo  rotto  in  una  diecina  di  pezzi.  Esso  era  assicurato  al  cassone  mediante  quattro 
grappe  verticali  di  piombo,  due  per  testata.  A  metà  della  fronte  di  esso  è  scolpita  una 
targa  quadrata,  di  m.  0,55  di  lato,  scorniciata  all'intorno  e  liscia  internamente.  Da  ciascun 
lato  della  targa  sono  rappresentati  di  seguito,  rivolti  verso  il  centro,  due  ippocampi,  a  ga- 
loppo sulle  onde,  guidati  per  le  redini  ciascuno  da  un  Erote  che  siede  sulla  groppa  agitando 
la  sferza.  A  ciascuna  estremità  della  fronte  del  coperchio,  maschera  gorgonica  di  profilo. 

A  sinistra  del  ricordato  nicchione  centrale  e  lungo  la  stessa  parete  sinistra  della  ca- 
mera si  rinvenne  un  piccolo  sarcofago  (fig.  1 3).pure  di  marmo  (lunghezza  m.  1,28  X  m.  0,30 
di  altezza  e  m.  0,37  di  larghezza),  collocato  sopra  due  piccoli  capitelli  dorici  di  travertino, 
rovesciati,  alti  m.  0,35,  con  abaco  di  m.  0,32  di  Iato.  Il  sarcofago  era  privo  del  coperchio, 

(*)  In  mezzo  alle  ossa  sparse,  si  raccolsero  anche  due  rozze  lucernette  fittili. 


ROMA 


—  448  — 


ROMA 


con  sculture  intorno,  fortemente  corrose  dall'acqua  di  filtrazione.  Sulla  fronte  del  sarcofago 
due  Amorini,  con  ampie  ali  spiegate,  reggono  al  centro  un  clipeo  tondo,  interamente  piatto 
e  liscio.  Sotto  il  corpo  di  ciascuno  di  essi  una  pantera  accovacciata  al  suolo  è  intenta  ad 
assaporare  il  contenuto  di  un  cratere  a  calice  rovesciato.  Altri  due  Amorini,  di  proporzioni 
minori  dei  precedenti,  alle  estremità  della  fronte,  muovono  il  passo  reggendo  con  ambe 
lemanile  estremità  di  un  festone  con  bende.  Alla  testata  sinistra  del  sarcofago  grifo  alato, 
seduto  sulle  zampe  posteriori  ;  l'altra  testata  liscia. 

-  Questo  sarcofago  per  quanto  si  riferisce  alle  sculture  della  fronte,  è  in  tutto  identico 
ad  un  altro  trovato  presso  Roma  nel  Cimitero  di  Callisto  (riprodotto  da  L.  Sybel,  in  Chri- 
sllkhe  Antike,  voi.  II,  pag.  1). 


Fio.  13. 

In  mezzo  alla  terra  e  al  materiale  di  marmo  si  rinvennero  durante  lo  scavo  frammenti 
di  tegoloni,  con  bolli  già  conosciuti  e  riportati  in  C.  I.  L.  XV,  1,  ai  nn.  166,  283,  356, 
583,  1171  e  2179. 

Rella  prima  camera  dell'ipogeo,  dalla  parte  dell'ingresso,  fu  rinvenuta,  coricata 
sul  terreno,  una  colonnina  di  marmo  bianco  a  base  rotonda,  di  m.  0,29  di  diametro,  fusto 
tronco-conico  scanalato,  alto  m.  0,54,  con  coronamento  di  m.  0,15  di  diametro  e  foro 
centrale  quadrato  (m.  0,09  di  lato),  profondo  15  nim.  ;  trattasi,  molto  probabilmente,  di 
una  base  di  sostegno  per  lucerna.  Fu  inoltre  rinvenuta  una  piccola  lucerna  fittile,  liscia. 

Durante  lo  sbancamento  della  terra  intorno  alla  tomba,  furono  rinvenuti  parecchi 
cunicoli  di  drenaggio,  con  volta  a  botte  e  pareti  intonacate,  larghi  ciascuno  da  ni.  0,40 
a  m.  0,75,  alti  da  ni.  1,50  a  m.  1 ,70.  TaB  cunicoli  si  incontrano  ad  angoli  retti,  costituendo 
una  fìtta  rete  sotterranea,  poco  profonda.  Lo  stesso  corridoio  d'ingresso  alla  tomba  teste 
descritta  sembra  essere  stato  ricavato  in  un  cunicolo  di  drenaggio  preesistente,  la  cui 
direzione  era  la  stessa  dell'orientamento  in  lunghezza  dell'ipogeo.  Il  detto  cunicolo,  inter- 
rotto per  un  intervallo  di  m.  10,  cioè  quanto  è  lungo  l'ipogeo,  fu  rintracciato  e  seguito 
dietro  la  parete  di  fondo  dell'ultima  camera,  per  la  lunghezza  ancora  di  m.  5,25,  fino 
all'incontro  con  un  pilastro  di  sbarramento  in  muratura  alto  m.  1,50  e  largo  1,60,  con  era. 
15  di  spessore.  Il  percorso  del  cunicolo  continua  oltre  il  detto  muro. 

Si  raccolsero  ancora  tre  rozze  lucernette  fittili,  monolicni,  ed  un  peso  di  stadera, 
di  piombo,  a  forma  cilindrica,  privo  dell'anello  (alt.  era.  4,  diam.  mm.  65). 

Durante  lo  sterro  della  camera  sepolcrale  di  mezzo  si  rinvenne  coricata  sul  piano 
una  colonnetta  di  marmo  bianco,  scanalata,  con  base  circolare  di  m.  0,29  di  dia- 


otizie  degli  Scavi,  1922  -  Fase.  IV. 


O.  Bendinelli  -  Tav.  I. 


> 
< 

U 

O 

co 

z 

UJ 

O 


< 

_: 
_j 

UJ 

Q 

O 
« 

u 

_i 

o 
a. 

LO 
CO 

I 

UJ 

< 
u- 
z 

O 
a: 

> 


Notizie  degli  Scavi,  1922  -  Fase.  IV. 


O.  Bendinelu  -  Tav.  II. 


> 

< 

H 
O 
O 

co 
z 

o 


< 

UJ 

a 


O    3 


o 

UJ 
C/3 

-J 
LU 

Q 


3 


a. 
i 


< 

z 

o 

Ci 

< 
> 


a 

ai 
a 

< 

z 

Li) 

u 


Notizie  degli  Scavi,  1922  -  Fase.  IV. 


G.  Bendineli.i  -  Tav.  III. 


KOMA  .  —    449    ROMA 

metro,  fusto  rastremato  e  terminante  in  alto  con  cuscino  piano,  munito  di  foro  qua- 
drato al  centro.  Altezza  complessiva,  m.  0,54.  Una  colonnina  simile,  frammentaria, 
fu  rinvenuta  nella  camera  di  fondo  Q). 

L'età  del  secondo  ipogeo,  notevolmente  più  tardo  del  precedente,  può  essere  collo- 
cata intorno  al  principio  del  secolo  IV  av.  Cr. 

Tutti  gli  scavi  sin  qui  riferiti  furono  eseguiti  sotto  la  direzione  del  sottoscritto  e  con 
la  sorveglianza  assidua  e  diligente  dell'assistente  sig.  Pietro  Mottini.  Gli  accuratissimi 
rilievi  grafici,  poi,  pubblicati  a  corredo  della  presente  Relazione,  si  debbono  al  disegnatore 
sig.  Azeglio  Berretti,  e  le  fotografie  al  custode  sig.  Reginaldo  Saraceno,  della  R.  Soprin- 
tendenza agli  scavi  della  provincia  di  Roma.  Merita  di  essere  particolarmente  segnalato 
lo  zelo  col  quale  il  Consiglio  di  Amministrazione  della  Cooperativa  «  Parva  Domus  »,  e 
per  esso  il  consigliere  delegato  sig.  avv.  Luigi  Capalti,  incoraggiò  e  sostenne  l'opera  della 
R.  Soprintendenza,  e  provvide  quindi  alla  tutela  degli  importanti  cimeli  rimasti  ad  essa 
in  consegna.  Allo  scopo,  anzi,  di  mostrare  in  quale  alto  conto  fossero  da  esso  tenute  le  sco- 
perte di  cui  sopra,  lo  stesso  Consiglio  di  Amministrazione  della  Cooperativa  stabilì  di  as- 
segnare alla  ridente  borgata  nascente  in  mezzo  a  così  nobili  ricordi  del  passato,  il  nome 
di  Borgata  degli  Ottavi,  a  memoria  perenne  della  famiglia  cui  è  intitolato  il  primo  ipogeo 
sepolcrale  scoperto. 

Dopo  gl'importanti  rinvenimenti  fatti  oggetto  della  presente  Relazione,  altre  mi- 
nori scoperte  ebbero  luogo  qua  e  là  durante  scavi  di  fondazione  per  altri  villini.  Tale  la 
scoperta  di  un  sarcofago  di  travertino,  molto  consunto  e  privo  di  coperchio,  lungo  m.  2, 
alto  0,40  e  largo  0,55,  con  angoli  interni  arrotondati  e  breve  cuscino  rilevato  per  la  testa 
del  cadavere.  Tale,  inoltre,  quella  di  un  ipogeo  sepolcrale  rozzissimo,  ricavato  nella  nuda 
roccia  e  a  poca  profondità,  con  banchina  lungo  la  parete  di  fondo  (*).  Avanzi  di  antichi 
muri  a  cortina  di  mattoni,  e  di  platee  rivestite  di  mattonelle  fittili  piantate  direttamente 
sulla  roccia  tufacea,  irrimediabilmente  distrutte  dal  nuovo  sistema  di  dissodamento  dei 
terreni,  con  profondi  aratri  meccanici  di  marca  americana,  servirono  sempre  più  e  me- 
glio a  dimostrare  la  grande  importanza  agricola  di  quella  zona  in  tempi  remoti  dai  nostri. 
Si  può  anzi  con  sufficiente  sicurezza  affermare  che  durante  l'impero  e  sino  agli  ultimi 
tempi  di  questo  persistè  in  quei  paraggi  una  colonia,  certo  a  carattere  agricolo,  nume- 
rosa e  fiorente.  Ed  è  di  grande  conforto  oggi  constatare,  come  l'audacia  illuminata  de- 
gli uomini,  sfidando  la  solitudine  e  il  deserto,  l'ostilità  apparente  della  natura  come  la 
sfiducia  degli  scettici,  abbia  saputo  colà  creare  quello  che  sarà  un  nuovo  centro  di  vita  e 
di  prosperità  per  tante  famiglie,  ricalcando  così  le  traccio  di  una  meravigliosa  civiltà,  la- 
sciate da  un  popolo  al  quale  noi  tutti,  tardi  nepoti,  ci  gloriamo  di  appartenere  (8). 

G.  Bendinelli. 

,  '  (!)  Si  può  ritenere  che  anche  le  dette  colonnine  fossero  impiegate  nella  tomba,  come  sup- 
porti di  lucerne. 

(*)  Causa  lo  stato  precario  di  conservazione  e  il  terriccio  che  tuttora  riempiva  l'ipogeo,  non  fu 
possibile  di  prenderne  le  misure  e  neppure  di  stabilirne  l'età. 

(3)  Numerose  iscrizioni  ed  altri  avanzi  romani  furono  rinvenuti  nella  zona  di  Monte  Mario,  poco 
lontano  dal  Manicomio  Provinciale.  In  una  prossima  relazione  sarà  dato  conto  anche  di  queste 
scoperte. 


LanuVio 


—  450  — 


REC.IOXE    I. 


Heqione  I  (LATIUM  ET  CAMPANIA). 


VI.  LANUVIO  —  Resti  di  via  antica  nella  tenuta  Sforza  —  Tomba 
in  contrada  Via  Larga  —  Scoperta  di  via  antica  nei  pressi  del  paese  — 
Tombe  alle  Tre  Vie  e  nella  tenuta  Sforza  —  Avanzi  di  costruzioni 
idrauliche  a  Casalpozzo  —  Frammenti  epigrafici. 

Nella  località  della  tenuta  del  conte  G.  Sforza  detta  Montegiove,  proseguendosi  il 
dissodamento  del  terreno  per  mezzo  degli  aratri  meccanici,  messi  in  azione  dalle  macchine 
a  vapore  Fowler  (cfr.  Notizie  1920,  pag.  294),  questi,  alla  profondità  non  minore  di  50  cin., 

(  Meridiano    ci >  Roma) 


Airw 


SCALA       i    2.5000 


hanno  divelti  e  portati  al  piano  di  campagna  i  poligoni  basaltini  di  un'antica  via,  della 
quale,  grazie  all'estensione  della  scoperta,  è  facile  riconoscere  in  quel  punto  la  direzione 
da  N-NE  a  S-SO.  Tali  resti  sono  apparsi  nel  marzo  dell'anno  1921  precisamente  sul 
terreno  che  si  dilunga  ad  oriente  della  ferrovia  di  Anzio,  e  cominciano  ad  affiorare,  a  nord, 
lateralmente  al  casello  n.  11,  dal  quale  distano  appena  200  metri.  Ma  nel  punto  però  che 
essi  più  si  accostano  alla  ferrovia,  la  distanza  si  accorcia  fino  a  raggiungere  i  90  metri 
(vedi  pianta,  alla  lettera  B). 


REGIONE    I  —    451    —  LANUVIO 


In  tre  riprese,  essendo  il  terreno  ove  la  scoperta  è  avvenuta  leggermente  ondulato, 
appaiono  su  una  lunghezza  di  m.  140  e  su  di  una  larghezza  media  di  m.  4. 1  poligoni  della 
via  si  trovano  in  tutta  l'estensione  frammisti  ad  abbondanti  resti  di  tegole,  di  mattoni, 
di  olle  e  di  altri  vasi  di  terracotta,  generalmente  gialla,  senza  però  che  vi  si  riscontrino 
frammenti  di  marmi.  Questi  rottami  fanno  naturalmente  pensare  a  quel  letto  battuto  di 
cocci  mescolati  a  calce  (nucleus)  che  solevasi  stendere  immediatamente  sotto  il  pacimen- 
twm  basaltino  delle  vie.  E  perciò  si  esclude  che  possano  ripetere  la  loro  origine  da  qualche 
costruzione  adiacente  all'antica  via,  sebbene  non  ne  manchino  dei  saggi  anche  in  queste 
adiacenze. 

Invero  rovine  di  un'antica  costruzione  sono  apparse  per  una  superficie  di  m.  6x6, 
su  quella  modesta  ondulazione  di  terreno  che  si  vede  circa  250  m.  più  ad  oriente  della  via 
antica,  al  disopra  della  strada  mulattiera  di  Casalpozzo,  anche  esse  cosparse  di  abbon- 
danti frammenti  testacei,  in  prevalenza  di  colore  rosso  cupo  (vedi  pianta,  lett.  G).  Tale 
costruzione  si  presenta  a  parallelepipedi  di  peperino,  di  cui  qualche  fila  è  ancora  in  silu, 
sepolta  nel  terreno.  Tra  quei  massi  smossi,  che  misurano  m.  1.80  X  0.90  X  0.80,  ho  potuto 
riconoscere  tre  frammenti  di  una  cassa,  pure  di  peperino,  la  quale  doveva  essere  alta 
m.  0,35,  spessa  m.  0.13  e  servire  piuttosto  come  vasca  in  una  fonte  che  non  come  sarco- 
fago. Ma,  data  la  frammentarietà  della  scoperta,  non  è  possibile  nemmeno  pensare  alla 
pianta  della  fabbrica  né  all'uso  cui  fu  destinata. 

La  via  rinvenuta  a  Montegiove  tende,  verso  mezzogiorno,  a  raggiungere  il  nodo  stra- 
dale dell'osteria  di  Civita  (*),  dove  convengono  e  s'intersecano  la  via  provinciale  e  la  strada 
ferrata  di  Anzio,  la  strada  mulattiera  di  Casalpozzo  che  scende  da  Lanuvio,  e  quella  di 
Campomorto.  Difatti,  sulla  falda  occidentale  di  quella  lieve  ondulazione  di  terreno,  che 
trovasi  sul  lato  E  della  strada  di  Casalpozzo,  cioè  innanzi  al  casello  ferroviario  n.  12, 
è  apparso,  sempre  nelle  identiche  condizioni  di  rovina,  dovuta  all'azione  dell'aratro,  un 
altro  breve  tratto  della  via  lungo  appena  20  m.  e  largo  circa  4,  il  quale,  in  linea  retta, 
viene  a  trovarsi  precisamente  sul  prolungamento  degli  altri  resti  scoperti  a  monte 
(vedi  pianta  lett.  D). 

Inoltre,  su  questa  piccola  altura,  e  ad  E  dei  residui  della  via  antica,  l'aratro  ha  pure 
sfondato  la  vòlta  di  una  camera  lunga  m.  8,  larga  m.  5,  e  di  cui  non  è  possibile  precisare 
l'altezza,  essendo  quasi  completamente  interrata  a  causa  della  terra  penetratavi  attraverso 
un  foro,  da  tempo  apertosi  sull'alto  della  parete  di  fondo  (vedi  pianta,  lett.  E).  Intorno  a 
questa  costruzione  vennero  pure  in  luce  dei  frammenti  di  parallelepipedi  di  peperino  di 
varia  grandezza,  che,  rimossi  nel  settembre  1922  allo  scopo  di  preparare  il  terreno  per  la 
semina  dei  cereali,  presentarono,  tre  di  essi,  delle  belle  tracce  d'iscrizione  funeraria.  Questi 
frammenti  sono  alti  ni.  0.58,  larghi  m.  0,34,  e  il  primo  è  lungo  m.  0.88,  il  secondo  m.  0.45, 
il  terzo  m.  0.65.  Combinano  perfettamente  per  mezzo  delle  loro  fratture  irregolari,  per  cui 
appare  evidente  che  in  origine  formavano  un  monolite  lungo  m.  1,96.  Da  quanto  è  restato 

(!)  L'osteria  di  Civita,  localmente  meglio  conosciuta  col  nome  di  Osteriaccia,  è  un  tugurio  diruto, 
abbandonato,  di  costruzione  moderna,  che  può  riguardarsi  come  il  punto  determinante  il  confine  del 
territorio  lanu'vino  verso  O.  Essa  trovasi  21  miglia  distante  da  Roma,  16  da  Anzio,  3  da  Montegiove, 
e  3  dalla  tenuta  di  Buon  Riposo.  Cfr.  Nibby,  Analisi,  I,  pag.  403  ;  Tomassetti,  Campagna  romana. 
II,  pag.  302. 

Notizib  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  68 


LANUVIO 


452 


REGIONE    I. 


in  basso  e  a  destra  dell'iscrizione,  si  nota  che  questa  doveva  essere  incastonata  esterna- 
mente sulla  porzione  superiore  di  una  parete,  con  tutta  probabilità  la  frontale,  del  monu- 
mento funeraticio,  a  bugne,  ottenute  artificialmente  con  interstizi,  larghi  cm.  2  e  pro- 
fondi mm.  5,  incisi  su  gli  stessi  grandi  parallelepipedi  di  peperino.  Sotto  l'iscrizione  una 
bugna  misura  in  lungo  cm.  79,  ma  non  si  sa  se  fossero  tutte  di  eguale  dimensione  ed  alte 
quanto  quella  che  contiene  l'iscrizione,  ossia  cm.  34. 


I 


CF-MA 

EX  •  TESTAMENTO  •  ARBITRAI 

PHIM««S  •  NIGR«  ) 


I 


rv 


T 


Le  lettere  appaiono  di  forma  quadrata  regolare  ed  elegante,  e  quelle  della  prima  rip:a 
sono  alte  cm.  12.5,  quelle  della  seconda  cm.  7.5  e  quelle  della  terza  cm.  6.2.  Purtroppo 
manca  la  parte  sinistra  dell'epigrafe,  ai  cui  il  primo  frammento  presenta  un'abrasione  che 
abbraccia  quasi  tutto  il  primo  rigo  (cm.  58)  e  solamente  cm.  24  delle  altre  due  righe  (1). 
Per  cui  resta  incompleto  sia  il  nome  di  chi  ordinò  l'erezione  del  monumento  funeraticio 

[Quintus  S ms  C.  f.  Mai((y>?)],  sia  quello  di  chi  ebbe  l'incarico,  per  testamento,  di 

provvederne  a  suo  beneplacito  e  volontà  (arbitrata)  l'esecuzione.  Dato  il  ductus  delle 
lettere,  sembra  che  l'iscrizione  possa  riferirsi  al  I  sec.  d.  Cr. 

Può  darsi  che  la  camera  surricordata  costituisca  l'ipogeo  di  questo  sepolcro  ;  ma, 
per  le  condizioni  d'interramento  in  cui  ritrovasi  l'ambiente,  nulla  può  dirsi  di  positivo 
in  proposito. 

In  seguito  a  q.iesti  nuovi  rinvenimenti,  si  ottiene  anche  un  poco  più  di  luce  sull'abi- 
tazione romana,  trovata  nell'anno  1920  su  di  un'altura  a  ponente  della  ferrovia  di  Anzio, 
la  quale  abitazione,  come  si  disse,  appariva  fiancheggiata  a  SO  dai  resti  di  una  via,  di 
cui,  date  le  minuscole  proporzioni  della  scoperta  (m.  3  X  3),  non  era  agevole  riconoscere 
la  direzione  (*)  (ved.  pianta,  lett.  A).  Ora  appare  evidente  che  quella  via  doveva  scen- 
dere sul  versante  ove  trovasi  la  moderna  ferrovia  di  Anzio,  per  raggiungere,  quasi  ad 
angolo  retto,  la  grande  via  antica  teste  rinvenuta,  con  la  quale  aveva  l'ufficio  di  met- 
tere in  diretta  comunicazione  la  costruzione  surricordata. 


(*)  Sembra  che  l'abrasione  sia  dovuta  al  fatto,  che  dal  frammento  si  tentò  ricavare  una  vaschetta 
di  m.  0,58  x  0,33,  o  qualche  cosa  di  simile,  come  fa  credere  quella  traccia  a  scalpello  che  scendendo, 
normale  alle  file  delle  lettere,  dalla  S  finale  del  nome,  che  trovasi  nella  prima  riga,  viene  a  dare  i  con- 
torni regolari  dell'incavo  che  si  voleva  ottenere  sul  masso. 

(*)  Nel  rendere  conto  di  questo  rinvenimento,  fu  detto  erroneamente  che  era  avvenuto  «  Su  di 
una  modesta  ondulazione  del  terreno,  compresa  trai  caselli  ferroviariin.  9  e  n.  10,  a  circa  200  metri 
dalla  ferrovia  stessa  ».  Invece,  come  può  scorgersi  anche  dall'annessa  cartina  topografica,  si  deve  in- 
tendere che  l'ondulazione  del  terreno  e  la  scoperta  sono  compresi  tra  i  caselli  ferroviarii  nn.  11  e  12. 
Cfr.  Notizie,  1920,  pag.  294. 


REGIONE    I.  —    453   —  LANUVIO 

Ora,  con  i  soli  dati  di  fatto  offerti  dalla  scoperta,  è  possibile  stabilire  quali  centri 
allacciasse  questa  antica  via,  venuta  in  luce  nella  cenuta  del  conte  G.  Sforza? 

Cominciamo  col  dire  che,  tenuto  conto  delle  proporzioni  di  essa  (che  si  presenta  con 
una  larghezza  presumibile  di  m.  4,  come  l'altra  via,  per  grandi  tratti  ancora  visibile,  la 
quale  univa  Lanuvio  con  Astura,  e  di  poco  inferiore  alla  larghezza  della  stessa  via  Ap- 
pia),  bisogna  subito  riconoscerle  i  caratteri  di  una  grande  arteria,  da  ascriversi  tra  le 
più  importanti  della  zona.  Ora,  gettando  uno  sguardo  sulla  carta  topografica  della  regione, 
salta  agli  occhi  come,  in  base  alla  sua  direzione  da  N-NE  a  S-SO,  si  deve  escludere  che 
la  via  provenisse  da  Lanuvium  per  proseguire  verso  Ardea  o  verso  Antium.  D'altra  parte, 
per  la  forte  ondulazione  del  terreno  a  tramontana,  non  può  ammettersi  nemmeno,  che 
scendesse  da  N  ir  derivazione  dalla  sovrastante  via  Appia. 

Quindi,  considerato  che  la  via  a  S  si  volge  senza  dubbio  verso  Anzio,  non  resta  se  non 
pensare  all'antica  via  Antiatina,  delineata  da  tutti  i  topografi  del  Lazio  antico  (l)  in  que- 
sta zona,  seguendo  a  un  dipresso  l'andamento  della  moderna  via  provinciale,  al  cui  fianco 
in  vero  sono  apparsi  tutti  i  resti  di  questa  via  antica. 

Anzi  la  scoperta  permette  di  precisarne  il  tracciato  con  dati  di  fatto  ed  a  mettere 
in  evidenza  come  la  via  stessa,  in  quel  punto,  seguì  piuttosto  l'andamento  della  ferrovia, 
di  cui  però  conserva  sempre  l'È,  che  non  quello  della  moderna  via  provinciale,  della 
quale  viene  a  trovarsi  in  alcuni  punti  più  ad  oriente  di  circa  m.  1100. 

Il  tratto  identificato,  quantunque  ad  intervalli,  raggiunge  un  miglio  e  un  quarto  di 
lunghezza,  e  potrebbe  verisimilmente  riferirsi  a  quella  porzione  della  via  antiatina  com- 
presa tra  il  XXI  e  il  XXII  miglio  da  Roma. 

La  scoperta  verrebbe  pure  ad  assodare  un'altra  circostanza  :  e  cioè  che,  tra  tutti 
i  tracciati  della  via  antica  eseguiti  dai  topografi  del  Lazio  antico,  quello  del  Desjardins 
e  del  Bormann  più  si  avvicinerebbe  alla  realtà,  almeno  nel  punto  ove  si  è  verificato 
il  rinvenimento.  Invero  gli  altri  autori,  avendo  seguito  piuttosto  la  falsariga  della  via 
moderna,  hanno  delineata  la  via  Antiatina  un  poco  a  ponente  dei  resti  scoperti. 


* 
*  * 

Nella  vigna  della  signora  Teresa  Frediani-Dionigi  nei  conti  Lazzarini,  sita  sul  pendìo 
orientale  del  colle  che  sovrasta  il  paese  dal  quale  dista  circa  750  m.,  in  contrada  via  Larga, 
mentre  sul  finire  dell'anno  1920  si  procedeva  ad  uno  scasso  del  terreno,  a  50  cm.  dal 

(x)  Cfr.  Westphal,  Die  rdmische  Rampogne,  Berlin,  1829,  pag.  20,  e  36  a  38  ;  A.  Nibby,  Analisi, 
Roma,  1849,  I,  pp.  308-309  ;  A.  Bormann,  AUlatinische  Corographie,  Halle,  1852,  pag.  128  ;  E.  Des- 
jardins, Topographie  du  Latium,  Paris,  1854,  pp.  127,  128  e  248  ;  H.  Nissen,  Italische  Landeskunde, 
Berlin,  1883-1902:  G.  Tomassetti,  La  Campagna  romana,  II,  pag.  123. 

La  via  antiatina  si  staccava,  a  destra,  dalia  via  Appia,  un  poco  più  avanti  del  XII  miglio.  Non  è 
stata  mai  oggetto  di  studi  speciali,  per  cui  i  topografi  si  limitano  generalmente  a  dire,  che  seguiva  su 
per  giù  il  tracciato  della  via  moderna.  Solamente  il  Bormann  sembra  che  si  sia  procurato  il  fastidio 
di  rintracciarla  tra  le  vigne  e  i  campi,  e  vi  sarebbe  riuscito  fino  al  XXVII  miglio  (ivi,  pag.  128).  Ciò 
spiega  come  la  sua  carta  sia  quella  che  più  si  distacca  dalle  altre,  e  meglio  si  accorda  con  la  scoperta 
lanuvina.  Il  Westphal  (loc.  cit.)  ne  descrive  tutto  l'andamento,  ma  non  sempre  in  base  a  dati  di  fatto. 


LANUVIO  —    454   —  REGIONE    I. 

piano  di  campagna,  si  rinvenne  un  modesto  sepolcro  a  inumazione,  del  noto  tipo  detto 
«  alla  cappuccina  ». 

Dalla  parte  del  colle,  cioè  ad  0,  le  tombe,  affiancate  le  une  alle  altre,  e  ammontanti 
al  numero  di  tre,  si  staccavano  da  un  muretto  informe,  spesso  soli  cm.  30,  tanto  che,  per 
la  spinta  della  terra  sovrastante,  era  inclinato  verso  le  tombe  stesse.  Tale  rinforzo  di 
muro,  in  gran  parte  caduto,  fu  osservato  ancora  all'esterno  della  opposta  parete  ad  E. 

Le  tombe,  lunghe  m.  1.37,  larghe  nel  centro  m.  0.43  ed  alte  ni.  0.54,  erano  regolar- 
mente orientate  da  0  ad  E.  La  testa  trovasi  ad  0,  ed  i  cadaveri  erano  affiancati  e  al- 
quanto rannicchiati.  Delle  tre  tombe,  una  solamente  fu  rinvenuta  intatta,  e  nell'interno 
di  questa  fu  possibile  raccogliere  due  vasetti  di  terracotta  scura  a  parete  sottile  e  ru- 
stica, di  cui  uno  a  forma  di  bocaletto  monoansato,  alto  m.  0.11,  ed  un  altro,  a  piede  largo 
e  finiente  in  alto  a  piatto,  alto  m.  0.07.  Essi  costituiscono  tutta  la  suppellettile  funebre 
di  queste  povere  tombe;  ma,  in  assenza  di  caratteri  specifici,  non  possono  portare  alcun 
contributo  alla  determinazione  dell'età  del  sepolcreto,  che  potrebbe  riferirsi  ad  un  pe- 
riodo dell'Impero  molto  avanzato. 

Nelle  altre  due  tombe,  in  gran  parte  distrutte  a  causa  dei  lavori  in  precedenza  ese- 
guiti nel  terreno,  non  furono  trovati  se  non  resti  dell'impalcatura  ossea  dei  cadaveri 
frammisti  a  tegole  intere  e  frammentate. 

Molto  rudimentale  apparve  la  costruzione  di  dette  tombe.  Una  grande  tegola  ad 
0  e  ad  E  ne  formava  le  pareti  su  i  lati  corti.  Il  tetto  era  pure  costituito  da  tegole  ad  orli 
sovrapposti  :  e  i  lati  lunghi  avevano  le  tegole  disposte  nella  maniera  detta  alla  «  cappuc- 
cina »,  con  le  ali  di  ripiegamento  in  fuori.  Ad  impedire  poi  la  caduta  della  terra  neh'  in- 
terno di  questo  rozzo  sarcofago,  furono  messi  dei  coppi  sull'  intersezioni  delle  tegole  sia 
in  alto,  sia  su  i. fianchi. 

Le  tegole  furono  trovate  di  varie  dimensioni,  misurando,  nella  lunghezza,  da  ni.  0.58 
a  m.  0.79. 

In  alto  la  loro  larghezza  oscillava  da  m.  0.38  a  m.  0.48  ;  in  basso,  da  m.  0.43  a  m.  0.53. 

In  due  di  esse  si  veggono  le  tracce  di  due  bolli,  in  parte  leggermente  od  affatto  im- 
pressi e, nella  parte  impressa,  alquanto  corrosi:  l'uno  dei  quali  è  quello  edito  in  C.l.L. 
XV-408;  l'altro,  poco  leggibile,  può  corrispondere  forse  al  numero   1086. 


* 
*  * 

Durante  l'aprile  dell'anno  1921,  nella  parte  settentrionale  dell'oliveto  pertinente 
al  sig.  Fioravanti  Pasquale  a  Borgo  S«  Giovanni,  fondandosi  una  casa  a  destra  della 
via  che  scende  alla  chiesa  delle  Grazie,  sono  stati  messi  in  miglior  luce  per  circa  25  m. 
i  resti  dell'antica  via,  che  già  apparivano  incastrati  lungo  il  ciglio  della  strada  moderna, 
ad  un  livello  in  media  di  45  cm.  più  elevato  di  questa. 

La  via,  restata  nell'unica  fila  di  poligoni  marginali,  era  diretta  da  N-NE  (verso  il 
paese)  a  S-SO.  Dalla  parte  di  ponente  apparve  fiancheggiata  da  una  fila  di  parallelepi- 
pedi di  peperino  di  varie  dimensioni,  ma  uniformemente  alti  cm.  35  a  formare  una  cre- 
pidine, e  che,  per  aver  ceduto  il  terreno  su  cui  appoggiavano,  si  eran  alquanto  inclinati 


REGIONE    I.  .  455   LANITVIO 


verso  0.  Dietro  questa  crepidine  apparvero  dei  resti  di  fabbrica  e  precisamente  un 
muro  parallelo  alla  via  antica,  alto  m.  1.40,  lungo  m.  5  e  spesso  m.  0.40.  Esso  finiva  ad  an- 
golo retto  con  un  altro  muro  diretto  da  O-SO  ad  E-SE.,  lungo  m.  8.15,  dal  quale  si  stac- 
cavano ancora  due  muri  pure  ad  angolo  retto  e  paralleli  al  primo  descritto,  ma  più  corti 
di  questo,  essendo  restati  per  soli  m.  2. 

Questa  costruzione  a  reticolato  irregolare  era  molto  fatiscente,  e  non  conservava 
tracce  né  di  passaggi  né  di  intonachi  da  cui  pur  doveva  essere  ricoperta. 

La  via,  conosciuta  ormai  in  tutta  la  sua  direzione,  era  una  delle  vie  interne  dell'an- 
tica città.  Con  movimento  quasi  parallelo  all'altra  via  esterna,  la  via  d'Astura,  che  si 
trova  nel  versante  orientale  del  colle  a  fianco  delle  maestose  costruzioni  ad  opera  qua- 
drata, scende  dal  paese,  ove  resta  in  gran  parte  sepolta,,  sotto  le  prime  abitazioni  del 
largo  tempio  d'Ercole,  e  si  mantiene  a  sinistra  della  via  di  Borgo  S.  Giovanni,  fino 
avanti  l'ingresso  del  villino  Seratrice.  Quindi,  con  uno  sviluppo  di  60  m.,  attraversa  la 
via  moderna  per  proseguire  alla  destra  di  essa  subito  che  ha  raggiunti  gli  orti  dei  signori 
Centini  (x);  e  su  questo  lato  prosegue  per  altri  80  m.,  fino  cioè  al  punto  della  scoperta. 
La  via  antica,  in  seguito,  tendeva  a  ritornare  di  nuovo  alla  sinistra  della  via  moderna, 
e  con  un  percorso  di  120  m.  si  riuniva,  al  disopra  della  chiesa  delle  Grazie,  con  l'altra 
esterna  surricordata,  che  menava  ad  Astura-. 


* 
*  * 


Nella  vigna  dei  signori  Alfonso  e  Pietro  Baccarini,in  contrada  Tre  Vie,  circa  30  m. 
a  sinistra  della  via  campestre  che  mena  al  ponte  Loreto,  la  quale  segue,  su  per  giù,  l'an- 
damento dell'antica  via  d'Astura,  ed  a  in.  2.50  sotto  il  piano  di  campagna,  mentre  si  ese- 
guivano alcuni  lavori  agricoli,  durante  l'ottobre  1921,  apparve  una  tomba  laterizia  ad 
inumazione,  quasi  del  tutto  disfatta,  di  cui  il  letto  era  costituito  dalla  nuda  terra,  le 
pareti  da  grandi  tegole  senza  bollo.  Tra  il  materiale  di  scarico,  che  aveva  precedente- 
mente riempita  la  tomba,  fu  raccolto  un  elegante  vasetto  di  bronzo,  oggi  al  Museo  ci- 
vico, alto  cm.  6,  col  fondo  staccato  per  l'avanzata  idrossidazione.  Ha  forma  di  bricco 
dal  collo  stretto  e  dal  corpo  allargato  in  basso,  che  misura  cm.  12.3  di  circonferenza. 
Il  piccolo  manico,  dall'orlo  della  bocca.,  ove  è  restata  anche  la  porzione  rigida  della  cer- 
niera in  cui  giuncava  il  minuscolo  coperchio  di  chiusura,  scende  con  dolce  curva  sul  ri-- 
gonfiamento  del  corpo,  terminandovi  con  una  foglia  munita  del  dorso  e  delle  sue  stria- 
ture.  Dato  lo  stato  di  manomissione  in  cui  fu  rinvenuta  la  tomba  riesce  impossibile 
fissare  un'epoca,  sia  pure  approssimativa,  cui  riferirla. 

Nel  mese  seguente,  proseguendosi  i  lavori  per  la  semina  del  grano  nel  quarto  della 
tenuta  Sforza  denominato  Malcavallo,  e  precisamente  sulla  collina  che  fiancheggia 
a  sinistra,  per  chi  scende  dal  paese,  la  surricordata  via  d'Astura,  a  circa  300  m.  dal- 
l'antico ponte  Loreto,  si  son  ritrovate,  pochi  cui.  sotto  il  piano  di  campagna  ed  orien- 

(1)  Por  il  rilievo  ili  questo  primo  tratto  della  via  antica  cl'r.  A.  Galìeti,  Memorie  delV Heraeleion 
Lanugine,  in  Bollettino  delV  associazione  archeologica  romana,   Roma,  l')U,  pag.  31  segg.,  fig.  1. 


LANUVIO  —    45G    —  KEGIONK    I. 

tate  da  N-NO  a  S-SE,  due  anfore  fusiformi  lunghe  circa  50  cm.,  le  quali  contenevano 
delle  ossa  umane.  Le  anfore  andarono  naturalmente  in  frantumi  :  ma  da  un  accesso 
fatto  sul  luogo  dovetti  persuadermi  che  si  riferivano  ad  un  sepolcreto  il  quale  si  estende, 
dalla  cresta  della  collina,  lungo  il  declivio  della  valletta  che  si  dirige  a  S  verso  il  ponte. 
Questa  area  sepolcrale,  di  forma  quadrata,  sembra  che  fosse  circoscritta  con  un  muro 
a  parallelepipedi  di  cui  sono  apparsi  gli  avanzi,  per  una  lunghezza  da  3  a  4  m.,  sia  a  N 
sia  a  S  e  distanti  l'uno  dall'altro  quasi  10  metri.  Non  essendosi  approfondito  lo  scavo,  questi 
resti  apparvero  costituiti  da  due  sole  fila  di  blocchi.  Accanto  all'avanzo  del  muro  di 
cinta  a  S,  ove  furono  trovate  le  anfore  con  i  resti  mortali,  fu  pure  raccolto  un  grande 
bronzo  di  Philippvs  Caesar  (244-249)  di  media  conservazione,  unico  elemento  crono- 
logico certo  offerto  dalla  scoperta. 

In  un  punto  più  a  N  di  detto  quarto,  durante  l'estate  precedente,  erano  stati  sco- 
perti i  resti  molto  corrosi  di  un  vaso  di  bronzo  a  pareti  liscie  e  sottili  che  poteva  essere 
alto  cm.  17,  e  un  altro  di  terracotta  gialla  alto  cm.  19,  a  pareti  spesse  e  ad  un  sol  ma- 
nico, di  cui  però  son  restate  le  sole  attaccature.  Qui  pure  fu  raccolto  il  seguente  fram- 
mento marmoreo,  con  iscrizione  sepolcrale,  integro  a  destra,  di  m.  0,35  X  0,21  X  0,05, 
a  lettere  più  graffite  che  incise,  di  epoca  tarda  (sec.  IV?)  ed  irregolari 

un  NOS  •  XXVII 
T  V  S  •  A  G  E 
benernc  R  E  N  T I 

e  un  frammento  di  bollo  di  mattone,  a  lettere  cave 

□         'ANI  SVL 


*  * 

Nel  prato,  compreso  tra  la  vigna  del  sig.  Arturo  Soldi  a  Casal  Pozzo  e  la  via  nettunese, 
affiorano  alcuni  resti  di  costruzioni,  a  mezzogiorno  delle  quali  trovasi,  completamente 
al  disotto  del  piano  di  campagna,  che  in  quel  punto  è  sostenuto  precisamente  dalla  vòlta 
della  stessa  costruzione,  una  conserva  d'acqua  profonda  circa  m.  4,  lunga  m.  9.65  e  larga 
m.  3,  in  calcestruzzo  ricoperto  d'intonaco  idraulico.  Naturalmente  la  costruzione  ha 
fornito  il  motivo  alla  denominazione  di  «Casal  Pozzo  »  con  cui  oggi  viene  riconosciuto 
quel  sito. 

11  proprietario  mina  assicurato  come,  dopo  una  pioggia  abbondante,  la  conserva  ar- 
rivi quasi  a  riempirsi  dell'acqua  che  vi  giunge  per  vie  sotterranee,  che  però  ben  presto 
scompare,  molto  probabilmente  attraverso  qualche  cunicolo.  Attualmente  però  non  è 
possibile  riconoscerlo,  perché  l'ambiente  è  ricoperto  al  fondo  da  uno  spesso  strato  di  sassi 
e  di  macerie. 

A  N  di  detta  conserva  è  apparso  il  resto  di  m.  4  X  5,25  di  un  pavimento  laterizio 
a  spina  di  pesce  che  a  sua  volta  poggia  sopra  uno  strato  di  coccio  pesto  levigato,  il  quale 


REGIONE    I.  457    —  VEI.LETRI 

sembra  essere  stato  il  primitivo  piano  della  costruzione.  In  un  angolo  di  esso  trovasi 
messo  in  eostruzione  un  blocco  di  peperino,  aderente  allo  strato  di  coccio  pesto  e  sul 
quale  sono  incavate  due  piccole  vaschette,  rispettivamente  di  m.  0.25  X  0.17  e  di 
m.  0.23  X  0.18,  dai  labbri  corrosi  e  non  più  alti  di  cm.  5,  delle  quali  non  appare 
evidente  l'uso. 

Inoltre,  ad  oriente  del  pavimento  si  trovano  quelle  informi  tracce  di  altri  muri,  cui 
si  è  accennato  di  sopra,  ma  che  purtroppo  non  lasciano  indovinare  nulla.  Uno  di  questi, 
distante  dal  pavimento  m.  16,  è  formato  da  una  linea  di  soli  3  blocchi  di  peperino 
diretti  da  NE  a  SO.  AI  fianco  di  esso  furono  raccolti  nel  marzo  1922  alcuni  frammenti 
di  fistule  plumbee  del  massimo  diametro  di  cm.  10,  di  cui  due,  trasportate  al  Museo 
civico  e  che  misurano  rispettivamente  m.  0.59  e  m.  0.25,  offrono  le  seguenti  leggende: 

i.  habinnIericvs  gallican  fec 

2.  MARCIAE  BRIONII 

* 
*  * 

Eseguendo,  nel  febbraio  1922,  dei  lavori  di  adattamento  nella  sua  casa,  sita  intorno 
alla  Rocca  del  paese,  il  sig.  Arturo  Alberto  Volpi  trovò,  al  disopra  di  un'antica  cunetta 
di  scarico,  forse  della  fontanina  in  piazza  del  Commercio,  un  frammento  di  plinto  mar- 
moreo di  m.  0.40  X  0.26  X  0.16,  oggi  al  Museo  civico,  integro  a  sinistra  ove  aggetta  pure 
una  modesta  cornice,  il  quale  presenta  questo  breve  resto  d'iscrizione  : 


A.  Gameti. 


VII.  VELLETRI  —  Antichità  scoperte  in  località  «  Melabo  »  presso 
la  stazione  ferroviaria. 

Facendo  seguito  alla  mia  precedente  relazione,  con  la  quale  ho  denunciato  la  scoperta 
di  una  tomba  nello  sterro  che  stava  eseguendo  il  sig.  Ottavio  Maferri  in  località  Metabo 
presso  la  stazione  della  ferrovia  (*),  dò  notizia  che,  proseguendo  lo  sterro,  si  è  sprofondato 
ad  un  tratto  il  terreno  per  una  estensione  di  circa  5  ni.2  e  per  la  profondità  di  m.  3. 

H  materiale  franato  era  costituito  da  qualche  grosso  blocco  di  pietra  albana,  da  molti 
sassi  privi  di  malta  e  da  terra  sciolta.  Tra  i  sassi  si  è  rinvenuto  un  piccolo  cippo  funerario 
in  marmo,  dell'altezza  di  m.0,65,  con  la  base  di  m.  0,22  X0,16.  La  parte  superiore  è  for- 
mata da  quattro  antefisse,  e  tra  le  due  della  fronte  vi  è  un  piccolo  busto  di  donna  conte- 
nuto in  una  specie  di  nicchia. 

(x)  Not.  Scavi,  1922,  p.  248. 


VELLETRI  —    458    —  REGIONE    I. 

L'iscrizione,  incisa  su  sette  righe  con  lettere  di  bella  forma  alte  dai  20  ai 32  millimetri, 
è  la  seguente  : 

D  •  M 
N AE  VI  A  E 
P ARAT AE 
HAENIA  ET 
FLAVIANVS 
NEPOS 
MATRI  BENEMEREN 

Ai  fianchi  del  cippo  sono  incisi  a  rilievo  il  prefericolo  e  la  patera. 

Fatto  sgomberare  il  terreno  sprofondato,  sotto  di  esso  apparve  l'apertura  di  un  pozzo 
con  la  bocca  del  diametro  di  m.  0,60  formata  dall'orlo  di  un  dolio. 

Il  pozzo,  fino  alla  profondità  di  circa  m.  5,00,  era  rivestito  con  cinque  dolj,  larghi  alla 
bocca  m.  0,60,  al  corpo  m.  1,00  ed  alti  circa  m.  0,95  e  collegati  insieme  senza  alcun  cemento 
ma  a  semplice  contatto  tra  la  parte  inferiore  del  dolio  superiore  (privo  di  fondo)  e  la 
bocca  del  dolio  sottostante. 

Sotto  al  quinto  dolio  finiva  il  rivestimento,  ed  il  pozzo  proseguiva  a  pareti  di  nuda 
terra  con  un  diametro  di  m.  0,70  e  per  una  profondità  di  m.  11,80.  Lungo  le  pareti  erano 
scavate  le  pedarole  che  permettevano  l'accesso  del  pozzo  sino  al  fondo. 

Questo  era  ugualmente  in  terra,  senza  traccia  apparente  di  rivestimento  ;  solo  si  rin- 
vennero i  frammenti  di  uno  strato  calcareo  cristallizzato,  dello  spessore  di  circa  cinque 
millimetri,  avente  la  frattura  cristallina  simile  alle  stalattiti.  Non  è  stato  possibile 
dedurre  se  tali  frammenti  appartenessero  ad  un  unico  strato  del  fondo  o  fossero  invece 
precipitati  dall'alto. 

Non  è  facile  desumere  la  destinazione  del  pozzo  rinvenuto.  È  da  escludersi  che  fosse 
un  pozzo  per  acqua,  sia  perchè  il  rivestimento  con  dolj  aveva  le  giunture  a  semplice 
incastro  senza  stuccature,  sia  ancora  perchè  la  porzione  inferiore  non  era  rivestita  da 
alcun  intonaco  e  quindi,  data  la  natura  tufacea  del  terreno,  era  permeabile  all'acqua. 

Si  può  supporre  che  fosse  un  sylos  per  conservare  cereali,  a  simiglianza  dei  molti  altri 
rinvenuti  poco  lontano  nello  scavo  eseguito  molti  anni  fa  per  colmare  il  fossato  dei  bastioni 
del  Metabo,  attualmente  giardino  pubblico  ;  per  quanto  questi  erano  poco  profondi  ed  in 
genere  si  internavano  nel  terreno  seguendo  una  linea  inclinata,  ed  avevano  le  pareti 
rivestite  di  intonaco  di  cocciopesto. 

Fra  la  terra  asportata  dal  pozzo  o  già  esistente  o  caduta  col  franamento,  non  si  rin- 
venne nulla  di  notevole,  ma  solo  qualche  osso  di  animale  bovino  ed  un  quadrante  di 
Caligola. 

O.  Nardini. 


REGIONE    I. 


459    — 


POMPEI 


Vili.  POMPEI  —  Scavi  eseguiti  da  privati  nel  territorio  di  Pompei 
(secondo  rapporto)  0). 

XI.  La  Villa  rustica  «  Ti  Claudi  Eutychi,  Caesaris  liberti)  »,  esplorata  dal  sig.  cav. 
Ernesto  Santini,  nel  fondo  di  sua  proprietà  alla  contrada  Rota  (Comune  di  Boscolrecase), 
negli  anni  1903-1905. 

Allo  scopo  di  correggere  e  vincere  in  parte  l'accentuato  dislivello  esistente  fra  le 
quote  altimetriche  delle  stazioni  di  Boscotrecase  e  di  Torre  Annunziata  della  ferrovia 

LIJTO    N01\p 


3     :     <**' 


■ 

_■     ■  1 

of 

V 
1 

1 

B 

.0    1 

1 

1 

lr^ — a 

■ 

r 
■       1 

Fio.  1. 

Circumvesuviana,  dai  costruttori  della  nuova  linea  ferroviaria,  l'anno  1902,  fu  aperta, 
a  monte,  fra  gli  estremi  indicati,  una  cava  di  prestito  ;  i  cui  materiali  servirono  per  la 
colmata  a  valle.  Apertasi  così  presso  Boscotrecase  una  vasta  trincea,  profonda  in  alcuni 
punti  circa  m.  10,  il  23  marzo  1903  furono  incontrati  i  primi  ruderi  di  questa  Villa,  e  pre- 
cisamente l'angolo  sud-est  dell'atrio  servile,  sul  quale,  a  scavo  ultimato,  vennero  poi 
ad  adagiarsi  i  binari  della  ferrovia.  Fra  gli  anni  1903  e  1905,  in  forza  di  successive  licenze 
di  scavo,  il  sig.  Santini  ottenne  di  potere  esplorare  di  questo  cospicuo  edificio  le  parti 
riprodotte  nell'unito  rilievo  topografico  (fig.  1),  e  si  apprestava  a  completare  la  ricerca, 

(x)  Vedi  anno  1921,  pag.  415  sgg. 

NoTiHB  Soavi  1922  -  Voi.  XIX.  59 


POMPEI  —    460   —  REGIONE    I. 


almeno  per  quel  tanto  che  rimaneva  ancora  sotto  il  suo  fondo,  allorché,  il  dì  8  aprile 
1906,  la  lava  della  terribile  eruzione  vesuviana  di  quei  giorni  ricolmò  in  un  subito,  con 
la  zona  esplorata,  anche  la  trincea  della  ferrovia,  il  cui  nuovo  andamento,  spostato  più 
a  sud,  ha  ora  per  letto  la  colata  dilava  per  un  lungo  tratto. 

Oltremodo  ridente  era  la  situazione  di  questa  villa,  paragonabile  in  tutto  a  quella 
delle  già  descritte  ville  della  Pisanella  :  in  collina,  tra  poggi  ricchi  di  vigneti  specialmente, 
con  la  diretta  visione  del  golfo.  Vi  mancano  i  soliti  complementi,  del  pistrinum,  dei  tor- 
cularia  e  della  cella  vinaria.,  i  quali  forse  erano  contenuti  in  altro  attiguo  edificio  non 
attinto  dallo  scavo,  ovvero  erano  addossati  al  muro  perimetrale  settentrionale,  solo  par- 
zialmente scoperto.  Vasto  l'atrio  servile,  rustico,  A;  spazioso,  bene  esposto  ed  elegante- 
mente decorato  il  quartiere  padronale,  B;  la  villa  è  ben  degna  di  rappresentare  un  ricco 
possedimento  di  un  liberto  imperiale,  Ti.  Claudio  Eutycho,  i  cui  suggelli  di  bronzo  si 
raccolsero  in  un  armadio,  nell'apogei  g,  il  5  maggio  1904: 


")         V3-JMT  &) 


IrOYTVa 
J-2151A23A) 


Può  credersi,  che  un  separato  ingresso  adducesse  al  quartiere  padronale,  ma  esso 
non  è  stato  toccato  :  quello  che  si  è  rinvenuto  è  l'ingresso  a,  posto  in  capo  ad  un  tratto 
di  strada,  selciato  di  poligoni  di  lava  ed  in  sensibile  pendìo,  dell'atrio  rustico.  Tale  in- 
gresso era  munito  di  una  grande  porta  a  due  battenti,  montata  sopra  una  soglia  discon- 
tinua di  cinque  blocchi  di  lava,  dei  quali  gli  estremi  serbavano  ancora  intatti  i  cardini 
di  ferro,  e  quello  di  mezzo  i  fori  dei  pessuli  :  le  discontinuità  della  soglia  prestavansi  op- 
portunamente pel  deflusso  delle  piovane  scorrenti  dall'atrio,  e  pel  passaggio  delle  ruote 
di  plaustra  in  servizio  dell'azienda  agricola.  Prima  di  varcare  la  porta,  notavasi  a  sin. 
il  muro  di  cinta,  scoperto  solo  per  la  lunghezza  di  ni.  8,  dell'orto  C,  accessibile  per  il  vano 
d'ingresso  6;  a  sin.  di  questo,  poi,  era  addossato  al  muro  un  larario,  consistente  di 
una  nicchia  larga  m.  0,78,  anteriormente  sostenuta  da  due  mezze  colonne  di  m.  0,20 
di  diam.,  rivestite  di  semplice  stucco  bianco  come  la  nicchia.  Nell'androne  null'altro 
notavasi  che  un  canale  di  scarico,  profondo  m.  0,20,  largo  m.  0,28,  dal  fondo  rivestito  di 
tegole,  il  quale,  affiorando  quasi  nel  pavimento  di  terreno  battuto,  guidava  fuori  del 
fabbricato  le  piovane  dell'atrio  che  per  la  pendenza  del  suolo  eransi  raccolte  all'imboc- 
catura del  canale  stesso,  costituita  da  un  arco  di  pietra  vesuviana,  aprentesi  nella 
cunetta  del  lato  meridionale  dell'atrio. 

A  sostegno  dei  tetti  del  cortile  A  erano  pilastri  e  colonne,  ovvero  colonne  e  pilastri 
congiunti,  di  nudo  materiale  laterizio,  collegati  da  un  pluteo  alto  m.  0,85.  Osserva vansi : 
in  d,  un  grande  abbeveratoio  a  due  bracci,  lunghi  rispettivamente  m.  2,70  e  m.  1,50, 
tutto  rivestito  d'intonaco  di  cocciopesto  levigato  ;  in  e,  un  fusoriam,  le  cui  acque  smal- 
tivansi  attraverso  il  canale  di  scarico  già  descritto  ;  in  f,  la  cucina,  consistente  di  un 
podio  largo  m.  3,20  x  1 ,30,  alto  solo  m.  0,26  dal  suolo,  sostenente  tre  fornelli  di  pianta 
rettangolare  ed  una  fornace  più  grossa,  circolare,  per  la  caldaia  che  vi  era  murata  ;  in 
g,  vm'apotheca,  che  ebbe  di  legno  le  due  pareti  orientale  e  meridionale.  Provengono  dal 
cortile,  e  dai  luoghi  rispettivamente  indicati,  gli  oggetti  seguenti  :  dsAVapotheca  g,  dove 


REGIONE   I. 


—  461 


POMPEI 


erano  o  custoditi  in  armadii  di  legno,  o  sospesi  alle  pareti  :  Bronzo  :  un  vaso  conico  di 
ni.  0,12  di  diam.  al  fondo  ;  due  caldaie  a  recipiente  cilindrico,  alte  ni.  0,20  ;  altra  a  cono 


Fig.  2. 


tronco  e  fondo  rigonfio,  alta  in.  0,42  (fig.  2,  a)  ;  altra  della  stessa  forma,  alta  ni.  0,25, 
contenente  favette  carbonizzate  ;  un  oleare  alto  ni.  0,23,  la  cui  ansa  termina  in  giù  in 
una  foglia  cuoriforme  (fig.  2,  g);  una  situla  alta  m.  0,29,  ovoidale;  sette  cerniere,  lun- 
ghe ni.  0,11,  a  due  alette  ;  uno  specillo  ;  un  corredo  da  bagno,  composto  di  un  fiaschetto 
sferico  alto  m.  0,12  e  di  quattro  strigili  di  ferro  (fig.  2,  d),  infilati  in  un  unico  anello  ; 


I'OMPEI  —    462    —  REGIONE    I. 

tre  grossi  campanelli  a  corpo  cilindrico,  alti  m.  0,12,  e  due  piccoli  campanelli  ad  aper- 
tura quadrata  ;  uno  specchio  circolare,  e  frammenti  di  un  altro  di  m.  0,13  di  diam.  ; 
un'oinochoe  alta  m.  0;15;  il  cono  vuoto  rivestente  l'uno  dei  bracci  del  giogo  di  una  grande 
bilancia,  con  alcuni  anelli  e  uncini  che  ne  dipendevano;  centoventiquattro  monete  di 
bronzo  sciolte;  un  blocco  di  circa  un  centinaio  di  altre  monete  di  bronzo,  tenute  insieme 
dall'ossido  ;  avanzi  degli  apparecchi  di  chiusura  degli  armadii  e  delle  porte  :  due  scudi 
di  serratura  e  due  correnti  ;  due  borchie  con  i  rispettivi  anelli  striati  ;  uno  scudo  di  ser- 
ratura con  la  corrispondente  chiave  ;  una  maniglia  ad  arco  con  gli  arpioncelli  ai  capi  ; 
piccoli  anelli:  piccole  borchie;  chiodetti;  un  grosso  anello  articolato  in  una  testa  di 
leone.  Ferro:  due  coltellacci  lunghi  m.  0,48  e  0,64  ;  otto  chiavi  di  varia  grandezza;  al- 
cune lamiere  informi  ;  una  sega  ;  due  picconi  ;  due  roncolo  ;  alcuni  cardini  di  porte  ;  cin- 
que cuspidi  di  aste,  lunghe  m.  0,15-0,40  ;  un  grande  masso  di  strumenti  agricoli  ce- 
mentati dall'ossido,  al  quale  aderiscono  parecchie  coti  per  arrotare  ;  un  altro  masso 
simile,  in  mezzo  al  quale  si  rinvennero  i  due  suggelli  già  indicati,  un'asticella  e  un  com- 
passo di  bronzo  e  due  dadi.  Piombo  :  una  iheea  cilindrica  e  due  pesi  da  bilancia.  Vetro  : 
tre  boccette  alte  m.  0,06-0,10;  una  bottiglia  a  corpo  quadro  e  ansa  a  nastro,  alta 
m.  0,23;  un'altra,  piriforme,  alta  m.  0,18;  un  barattolo  cubico  alto  m.  0,19;  una  tazza  alta 
m.  0,04.  Pasta  vitrea  :  settantuno  globetti  forati  e  baccellati,  da  collana.  Basalte  :  una 
bacinella  circolare  di  m.  0,20  di  diam.,  ornata  di  tre  anse  a  dado  sporgente  intorno  all'orlo. 
Osso:  quattro  zanne  di  cignale  ;  due  asticelle  ed  un  fuso,  lunghi  m.  0,20-0,22  ;  qualche 
conchiglia  marina.  Avorio:  un  manico  di  coltello,  lungo  m.  0,06;  un  ornamento  forse  di 
un  cassettino,  costituito  dall'insieme  di  una  mano  impudica  alla  quale  fa  riscontro,  nel- 
l'altra estremità  del  pezzo  semicilindrico,  una  testina  muliebre;  la  novaeula  già  da  me 
illustrata  in  Atisonia,  anno  IX  (1914),  p.  141  sgg.,  fig.  1.  Terracotta:  due  pignattini 
monoansati,  alti  m.  0,18  e  0,16;  una  tazza  di  m.  0,09  di  diam.  ;  un'anforetta  conica,  alta 
m.  0,33;  un  tegame  senza  anse,  di  m.  0,33  di  diam.  ;  una  theca  calamai ia;  un  piatto  ru- 
stico ;  un  oleare  alto  m.  0,11  ;  un  fritillo  ovoidale,  alto  m.  0,11,  servito  per  il  giuoco  dei 
dadi. 

Davanti  all'ingresso  all'ambiente  n.  13:  Bronzo:  nove  piccole  cerniere,  avanzi  forse 
di  uno  scrinium  ;  una  grande  caldaia  a  tronco  di  cono,  alta  m.  0,29  ;  un  anello  a  cui  sono 
infilati  un  uncino  ed  un'asticciuola  ripiegata  ad  anello.  Terracotta:  una  lucerna  di 
ni.  0,07  di  diam.,  nel  cui  disco  è  impresso  a  rilievo  un  agnello. 

Presso  i  vani  d'ingresso  alle  cellae  n.  11  e  12:  Ferro:  due  zappe  e  un  martello. 
Bronzo:  due  monete  imperiali.  Terracotta:  tre  anfore  vinarie,  due  boccali  monoansati,  un 
urceo  panciuto  ;  un  urceo  da  garum  ;  un  pignattino  e  una  tazza  rustici  ;  un'olla  alta 
m.  0,24. 

Cella  ostiaria  ed  ergastjulum  era  contemporaneamente  la  camera  n.  1,  alla  quale  era 
annessa  la  cella  rustica  n.  2  :  dal  primo  ambiente  proviene,  in  sodisfacente  stato  di  con- 
servazione, il  ceppo  di  ferro  per  la  punizione  degli  schiavi,  che  qui  si  riproduce  (fig.  3) 
e  che  stava  inoperoso  con  la  chiave  nella  toppa  al  momento  della  catastrofe.  Oltrepassato 
l'androne  e  volgendo  a  d.,  furono  notati,  in  e,  i  fori  di  cinque  pali  equidistanti,  di  legno, 
verticali,  i  quali,  completati  con  altrettante  assi  orizzontali,  dividevano  gli  spazii  asse- 
gnati ad  altrettanti  equini  nell'ora  della  stregghiatura.  Lo  stabulum  delle  bestie  in  parola, 


REGIONE    I. 


—    463 


POMPEI 


con  le  sue  greppie  di  m.  3  e  2  rispettivamente,  chiaramente  riconosciute  lungo  le  pareti 
settentrionale  ed  orientale,  fu  l'ambiente  n.  3,  nel  quale  si  raccolsero  una  coppa  di  bronzo 
di  m.  0,11  di  diam.  ed  alcuni  avanzi  di  bardature,  consistenti  in  alcuni  anelletti  di  bronzo, 
all'uno  dei  quali  è  infilato  un  gancio.  Completava  il  lato  orientale  dell'atrio  rustico  una 
serie  di  nove  cellae  in  piano  terreno,  e  di  altre  nove  sovrapposte  alle  prime,  adibite  a  dor- 


■t     '■■■■■ 


Fio.  3. 


mitorii  dei  numerosi  schiavi  addetti  alla  villa  :  uniformi  ne  erano  i  caratteri  :  assenza  di 
ogni  decorazione  sulle  pareti  ricoperte  di  mal  curato  intonaco  ;  pavimento  di  semplice 
terreno  battuto  ;  piccolo  focolare  di  riscaldamento  accanto  all'ingresso  ;  una  nicchietta 


• 


Fig.  4. 


nel  muro  per  deporvi  la  lucerna  ;  un  finestrino  nella  parete  orientale.  Alle  nove  cellae 
del  piano  superiore  si  accedeva  per  un  unico  meniano  di  legno,  adagiato  sulla  sporgenza 
delle  travi  di  sostegno  del  pavimento  superiore,  ed  accessibile  per  la  unica  scala  di  legno 
della  quale  vedonsUn  e1  i  primi  tre  scalini  in  muratura:  trattasi  adunque  di  un  insieme 
perfettamente  identico,  per  costruzione  e  disposizione,  a  quello  delle  celle  del  Ludo  Gla- 
diatorio di  Pompei  (cfr.  Mazois,  Les  ruines  de  Pompei,  III  p.,  pi.  IV)  e  nel  quale  erano 
alloggiati,  a  dir  poco,  una  ventina  di  schiavi. 

Nella  cella  n.  5  si  rinvennero  molti  oggetti,  fra  i  quali  primeggiano  le  pietre  dure 
ed  i  cammei  qui  riprodotti  nella  fig.  4:  Corniola:  una  gemma  ellittica,  nella  cui  con- 
vessità è  incisa  una  Vittoria  alata  la  quale,  reggendosi  con  un  piede  sul  globo,  reca  nelle 
mani  una  corona  ed  una  palma;  inciso  poi  sul  margine,  si  legge  il  nome 


HERACLIA 


POMPEI  —    464    —  REGIONE    I. 

altra  simile  corniola,  nella  quale  è  incisa  una  Minerva  armata  di  elmo,  scudo  ed  asta 
(l'asta  è  appoggiata  alla  spalla  in  direzione  obliqua  ;  di  bello  effetto  è  il  movimento 
delle  vesti  in  entrambe  le  figure).  Cammei:  scudetto  ovale  di  color  marrone  (d'am. 
mass.  m.  0,04)  sul  quale,  in  pasta  vitrea  bianca,  è  un  busto  di  Minerva  galeato  ;  altro 
cammeo,  di  m.  0,023  di  diam.  mass.,  di  colore  azzurro,  sul  quale  è  il  rilievo,  bianco,  di 
una  Venere  nuda  che  si  annoda  la  chioma.  Con  le  gemme  si  raccolsero  poi:  Oro:  due 
anelletti  congiunti  per  mezzo  di  una  fasciolina;  Ambra:  un  cagnolino,  lungo  m.  0,025, 
mancante  delle  zampe;  Argento:  cinque  cucchiaini,  uno  dei  quali  col  manico  desinente 
in  zampa  caprina,  lungo  m.  0,14;  Osso:  una  piccola  theca  cilindrica  col  coperchio  a  cer- 
chi incisi  al  tornio,  due  dadi  ed  una  piastrella;  Piombo:  quattro  piccoli  pesi  da  bilancia, 
due  a  pianta  quadra  e  due  a  pianta  ellittica;  Bronzo:  avanzi  di  bardature  da  cavallo, 
e  cioè  una  fibbia  grande,  due  borchie  circolari  con  anelli  che  ne  dipendono,  varii  piccoli 
anelli  con  gli  scudetti  delle  relative  borchie,  ed  un  freno  equino  perfettamente  conser- 
vato (fig.  2,  i)  ;  avanzi  delle  porte  :  tre  scudi  di  serrature  ed  alcune  cerniere  ;  una  ma- 
niglia ad  arco,  lunga  m.  0,08  ;  tre  anelletti  e  una  borchia  ;  utensili  :  un  candelabro  ripo- 
sante sopra  tre  piedi  a  zampa  leonina  alternati  con  foglie  ricadenti  ;  quattro  aequipontlia 
di  stadere  a  foggia  di  ghiande  ;  un  grosso  cassettino  di  distribuzione  d'acqua  con  la  chiave 
d'arresto  nel  mezzo,  cementato  dall'ossido  nel  mezzo  di  molti  arnesi  di  ferro  contenuti 
in  una  cassa;  tre  pinzette;  un  colatoio  emisferico,  di  m.  0,22  di  diam.  (fig.  2,  e);  imo 
specchio  di  m.  0,12  di  diam.,  sedici  bronzi  imperiali,  due  frammenti  di  catenelle  a  spi- 
napesce. Vetro  :  un  simpulum  mancante  del  manico  ;  quattordici  balsamari  e  boccettine 
di  varia  forma  e  grandezza;  un  bicchierino  cilindrico,  alto  m.  0,035;  una  tazzina  di  ve- 
tro opaco,  bianco,  con  spirale  a  rilievo  all'estremo  (diam.  m.  0,08)  ;  due  tazze  scheg- 
giate; tre  globetti  striati;  una  specie  di  bottone, forato, e  quattordici  pedine  da  giuoco, 
di  colore  e  grandezza  varii.  Terracotta:  una  lucerna  semplice,  e  due  con  rilievi  nel  disco  : 
nella  prima,  vedesi  la  figura  di  un  Satiro,  nella  seconda  un  Erote  con  pertica  sulla  spalla, 
dai  cui  capi  pendono  due  secchie  (diam.  m.  0,07  e  0,08)  ;  una  tazza  con  figurine  a  rilievo 
di  rozza  esecuzione;  una  bottiglia  alta  m.  0,15.  Conchiglie:  otto  conchiglie  di  specie  di- 
verse, fra  cui  una  cypraea  dalla  quale  era  stata  segata  la  parte  convessa. 

Nella  successiva  cella  rustica  n.  6,  che  fu  il  primo  ambiente  ad  essere  esplorato,  il 
23  marzo  1903,  si  raccolse:  Bronzo:  un  candelabro  a  fusto  scanalato,  alto  m.  0,90,  pog- 
giato sopra  tre  zampe  feline  ;  una  stadera  con  la  lanx,  di  m.  0,11  di  diam.,  sospesa  a  quat- 
tro catenine;  ventuno  pendagli,  articolati  ciascuno  in  un  arpioncello,  a  forma  di  foglie 
cuoriformi,  avanzi  sicuri  degli  ornamenti  di  una  bardatura  da  cavallo  ;  tre  correnti  di 
serratura  e  due  piccoli  cerchietti.  Ferro:  un  coltellaccio  lungo  m.  0,31;  una  roncola 
alta  m.  0,28.  Marmo:  una  colonnina  bianca,  baccellata,  alta  m.  0,45.  Vetro:  cento- 
sette  correnti  di  collana,  forati  e  baccellati,  in  gran  parte  azzurri.  Terracotta:  una  taz- 
zina aretina  di  m.  0,06  di  diametro. 

Delle  altre  cellae  rustiche  fruttarono  trovamenti  le  due  ultime:  in  11  si  raccolsero 
un  peso  di  travertino  a  tronco  di  cono  a  basi  ellittiche,  lungo  m.  0,23;  due  monete  di 
bronzo,  e  varii  vasi  di  terracotta  ;  tre  anfore  vinarie,  una  scodella  aretina  ed  un'altra 
rustica;  un  tubo  di  ni.  0,30  di  diam.,  alto  m.  0,43.  In  12:  Alabastro:  una  bottiglia  alta 
m.  0,12  a  corpo  conico;  Vetro:  due  bottiglie  e  due  boccette;  Piombo:  una  caldaia  alta 


REGIONE    I. 


—    465    — 


l'OMPEl 


ra.  0,21  ;  Bronzo:  il  coperchio  circolare  di  una  lhe.ca  di  m.  0,08  di  diam.  ;  una  casseruola 
larga  m.  0,14  (fig.  2,  p);  un  puntale  di  bastone  ferrato,  e  tre  fibbie;  Terracotta:  quat- 
tro urcei  panciuti  monoansati,  due  anfore  vinarie,  un'anfora  conica  alta  m.  0,23,  una 
bottiglia  alta  ni.  0,19,  tre  lucernette  semplici,  un'antefissa  a  protome  di  Medusa,  un 
vassoio  circolare  a  piede  conico  (m.  0,17  di  diam.),  un  pignattino  rustico  alto  m.  0,10. 
Sul  pavimento  dell'angolo  sud-ovest  dell'atrio  rustico,  presso  il  vano  che  intro- 
duce all'ambiente  n.  13,  si  rinvennero  :  un  freno  equino  di  bronzo,  perfettamente  conser- 
vato, e  gli  avanzi  di  bronzo  che  servirono  per  la  integrale  ricostruzione  di  un  modius, 
o  corbula  trimodia,  supplendovi  le  sole  doghe  in  legno, 
decomposte.  Dell'antica  armatura  di  bronzo  del  reci- 
piente avanzavano  intatti  :  l'orlo  superiore,  circolare, 
che,  costringendo  nei  suoi  tre  lati  l'estremità  supe- 
riore delle  doghe,  costituiva  un  pezzo  solo  con  i  tre 
raggi  partenti  dalla  sommità  del  bastone  di  ferro  cen- 
trale, verticale,  di  sostegno  ;  una  fascia  di  bronzo 
esterna  a  mezza  altezza;  il  fascione,  o  cerchio  esterno, 
del  fondo,  di  bronzo,  cui  tratteneva  alle  doghe  una 
lamina  di  ferro  a  tre  raggi  assicurata  pel  suo  centro 
alla  base  dell'asse  verticale  interno:  Il  bel  modius, 
ricostruito  (fig.  5),  mancante  però  del  bastone  di  ferro 
centrale,  ha  queste  misure,  interne,  certe  le  due  prime, 
dubbia  e  approssimativa  la  terza  :  diametro  superiore 
m.  0,288  ;  diam.  inf.  m.  0,340  ;  alt.  m.  0,265,  onde, 

TX  il 

avendosi  come  capacità  interna  litri  20,555  in  base  alla  formula  V  =  —  (R2  -\-.r2  -f-  Rr), 

ó 

può  ritenersi  che  il  modio  fosse  proprio  della  capacità  di  un  piede  osco  cubo  (litri  20,796). 
Accanto  ai  detti  oggetti:  Vetro:  ventuno  correnti  di  collana,  forati  e  striati,  e  due  boc 
cettine  ;  Terracotta:  una  lucerna  col  rilievo  di  una  maschera  comica  nel  disco  ;  Terra  are- 
tina: una  scodella  e  un  piattino,  tre  fondi  di  scodelle  (con  le  marche  impresse  C.  I.  L.  X, 
8055,19:  Fortu;  ibid.  8055,40:  Success.;  ibid.  8055,16:  Felici). 

L'ambiente  n.  13,  evidentemente  la  cella  ostiaria,  fa  parte  dell'atrio  rustico  sul  quale 
si  apre,  ma  costituisce  il  tratto  d'unione  fra  questo  e  l'appartamento  nobile  (che  è  in  li- 
vello superiore  di  m.  4)  ;  e,  come  parte  del  quartiere  nobile,  ha  le  pareti  decorate.  La 
cella  ostiaria  adduceva  da  un  canto  agli  ambienti  terranei  sottostanti  al  terrazzo  D,  po- 
sti nello  stesso  piano,  e  solo  in  parte  esplorati  :  e  dall'altro  al  quartiere  nobile,  por  mezzo 
della  scala  a  due  rampe  h,  sul  cui  pianerottolo  intermedio,  si  apriva  l'accesso  alla 
latrina  pensile  n.  14.  Semplici  ed  in  cattivo  stafo  di  conservazione  le  decorazioni  di  que- 
sto ambiente,  dipinte  nel  IV  stile,  a  grandi  riquadri  rossi  e  gialli  (tre  per  ciascuna  pa- 
rete) con  un  quadretto  nel  mezzo  di  ciascuno  dei  riquadri  centrali,  gialli.  I  tre  quadretti, 
di  esecuzione  trascurata,  misuranti  ni.  0,38  di  lato,  esibivano  l'uno  Apollo  nudo,  stante, 
col  corvo  presso  i  piedi,  con  la  d.  inarcata  sul  capo  e  la  sin.  in  atte  di  stringere  la  lira  ; 
l'altro  il  mito  di  Diana  ed  Atteone  (per  la  composizione  e  la  semplicità  molto  simile  al 
dipinto  Notizie  1908,  p.  41);  il  terzo  un  caprone  che  vien  condotto  da  figure  indistinte 


Fig.  5. 


POMPEI  —   466    —  KEGIONE   I. 

all'ara.  Nel  sottoscala  h  si  rinvennero  molti  oggetti,  forse  ivi  deposti  sopra  i  palchetti 
di  un  armadio  di  legno  :  sono  quasi  tutti  vasi  da  cucina  e  da  mensa  :  Bronzo  :  una  pi- 
gnatta sferica  alta  m.  0,24  (fig.  2,  b)  ;  due  altre,  della  stessa  forma,  alte  m.  0,18,  e  0,19  ; 
altra  a  cono  tronco,  larga  m.  0,38,  con  l'ansa  ad  arco  (fig.  2,  e)  ;  tre  tegghie  a  basso  fondo, 
larghe  m.  0,30-0,43:  una  padella  di  m.  0,18  di  diam.,  contenente  sorbe  carbonizzate; 
due  colatoi,  artisticamente  forellati  a  meandri,  di  m.  0,25  di  diam.  ;  due  situine,  una 


Pio.  6. 

conica  e  l'altra  ovoidale,  alte  m.  0,19  e  0,28  ;  una  stampa  ellittica  da  pasticceria,  lunga 
m.  0,22  ;  un  recipiente  di  pianta  triangolare,  alto  m.  0,20  ;  una  patera  larga  m.  0,13  ;  una 
casseruola  larga  m.  0,20  ;  un  simpulum,  alto,  con  tutto  il  manico,  m.  0,13  ;  un  vaso  a  cesta, 
di  forma  ellittica  (fig.  2,  V)  ;  sei  campanelli  ad  apertura  quadrata,  alti  m.  0,05.  Terracotta  : 
un'anforetta  sferoidale  alta  m.  0,47  e  tre  urcei  panciuti,  monoansati,  alti  m.  0,22-0,31  ; 
due  lucerne  bilychni,  delle  quali  l'una  ha  nel  disco  un  rosone,  l'altra  ha  nel  disco  il  ri- 
lievo di  un'aquila  che  rapisce  una  lepre,  e  nel  fondo  impressa  la  marca  (C.  X,  8052  24)  ; 
vaso  cilindrico  (glirarium)  ad  orlo  rientrante,  nel  quale  apronsi  5  fori  intorno  all'orifizio 
centrale;  due  scodellette  ed  una  tazzina  aretine  ;  un'anfora  vinaria;  otto  urcei  mono- 
ansati da  garum,  uno  dei  quali  recava  l'epigrafe  (C.  IV,  6920)  6?.  /.  Sconbr...  ;  e  un 
interessante  vaso  di  pianta  rettangolare,  alto  m.  0,80,  la  cui  parte  superiore  si  va 
sempre  restringendo,  a  diversi  ripiani,  verso  l'orlo,  sempre  rettangolare  (fig.  6).  Piombo: 
venti  contrappesi  a  tronco  di  piramide,  dodici  dei  quali  recano  a  lettere  rilevate  l'epi- 
grafe A-R-M.  Vetro:  un  vaso  a  corpo  cubico  e  orlo  tondo,  alto  m.  0,15.  Conchiglie: 
un  tritonium  nodiferum. 


KEG.ONE    I.  "  467    POMPEI 

Sparsi  poi  un  po'  in  tutti  gli  angoli  di  questa  stessa  camera  n.  13,  si  raccolsero 
questi  altri  oggetti  :  Bronzo  :  sei  fibbie  ad  arco,  semplici,  di  varia  grandezza,  ed  una  set- 
tima fibbia  decorata  di  testine  di  arieti,  così  al  sommo  dell'ardiglione,  come  ai  capi  del- 
l'arco che  è  di  m.  0,07  di  diam.  ;  nno  specchio  di  m.  0,07  di  diam.  ;  un  pomello,  pla- 
smato a  testa  felina;  una  padellina  larga  m.  0,16;  un  fiaschette  ariballiforme,  alto 
m.  0,08;  due  grumi  cementati  dall'ossido  di  ferro,  nell'uno  dei  quali  si  vedono  una 
chiave  di  bronzo  e  alcuni  correnti  di  collana  in  pastavitrea,  mentre  nell'altro  si  distin- 
guono fibbie,  chiavi,  cerchietti  e  una  serratura;  tre. monete,  delle  quali  una  di  Nerone; 
un  campanello  cilindrico,  alto  m.  0,11;  un  altro  ad  apertura  quadrata,  alto  m.  0,0-4; 
un  ago  lungo  m.  0,14;  un  pendaglio  a  lamina  cuoriforme,  alto  m.  0,09;  un  altro  della 
stessa  forma,  alto  m.  0,03  ;  un  terzo  pendaglio  a  mezzaluna,  alto  m.  0,06  ;  tre  dischetti 
con  chiodetto  centrale  (avanzi,  anche  questi,  di  bardature  di  cuoio  da  cavalli,  come  le 
fibbie  già  descritte)  ;  un'altra  borchia  triloba,  nel  cui  centro  è  un  dischetto  d'argento 
con  la  rappresentazione  in  rilievo  di  due  Eroti-gladiatori  in  combattimento.  Vetro: 
una  tazza  di  m.  0,12  di  diametro.  Terracotta:  due  lucernine,  nei  cui  dischi  sono  impresse 
rispettivamente  una  figura  di  Satiro  saltellante,  e.  quella  di  un  Erote  con  pertica  sulla 
spalla,  dai  cui  capi  pendono  due  secchie;  cinque  urcei  panciuti,  nonoansati;  una  tazza 
aretina  di  m.  0,10  di  diam.  ;  due  anfore  recanti  rispettivamente  le  iscrizioni  C.  IV,  6995 
e  6499,  che  il  Man  (C.  IV,  loc.  cit.)  sospettò  darci  il  nome  di  un  servo,  o  liberto  «  Agrip- 
pae  vel  patris  vel  filii  Postumi  »,  al  quale  potè  appartenere  la  villa  :  in  quel  tempo  però 
non  si  erano  ancora  trovati  i  due  suggelli,  già  avanti  descritti. 

Nell'ambiente  sotterraneo  posto  sotto  il  terrazzo  D  ed  immediatamente  comunicante 
con  la  descritta  cella  ostiaria  n.  13,  si  raccolsero  soltanto  due  fibbie  rettangolari  grandi 
e  due  più  piccole,  ed  inoltre  due  cerniere  a  doppia  aletta,  di  bronzo.  Nel  secondo  am- 
biente sotterraneo  :  Bronzo:  una  bella  urna  panciuta,  la  cui  ansa  termina  in  giù  in  foglia 
di  vite,  ed  in  su  in  dito  umano  (al.  mt.  0,20)  (fig.  2,  f)  ;  una  casseruola  di  m.  0,18  di  diam. 
(fig.  2,  h)  ;  due  situlae  ovoidali,  alte  m.  0,30  e  0,33,  munite  di  orlo  e  manico  di  ferro  ; 
due  borchie  rettangolari,  di  m.  0,13  X  0,07,  recanti  ognuna  un  pomello.  Travertino: 
una  grossa  palla  di  m.  0,21  di  diam.,  recante  scolpite  le  lettere  :  K  •  E. 
Marmo:  una  mensa  di  «  fior  di  persico  »  di  m.  0,66  X  1,06,  circondata  da  una  cornice 
di  bronzo,  con  ramoscelli  intarsiati  di  argento,  che  racchiudeva  anche  una  tavola  di 
legno  sorreggente  la  lastra  di  marmo.  Terracotta:  un'olla  a  sfera  depressa,  biansata, 
alta  m.  0,17;  un  urceo  monoansato,  panciuto,  alto  m.  0,23,  e  un  pignattino  sferico  alto 
m.  0,13.  Conchi-glie  :  un  tritonium  nodiferum. 

Quartiere  nobile,  intorno  al  peristilio  B.  Fanno  da  argine,  o  contrafforte,  alla  platea, 
artificialmente  elevata  di  ni.  3  del  quartiere  nobile,  rispettivamente  nei  lati  orientale 
e  meridionale,  il  muro  comune  che  separa  le  due  grandi  parti  della  casa,  ed  il  terrazzo  D, 
che  si  stende  sopra  ambienti  semisotterranei  rimasti  quasi  tutti  inesplorati.  Di  questi 
comunicava  con  l'ambiente  n.  13  solo  il  primo;  gli  altri  della  serie,  adibiti  probabil- 
mente ad  uso  di  cantina,  saranno  stati  accessibili  dal  lato  occidentale,  dove  guidava  la 
scala  n.  Ascesa  la  scala  h,  percorso  il  terrazzino  sovrastante  alla  cella  ostiaria  n.  13,  smon- 
tando per  i  tre  scalini  in  discesa,  i,  pervenivasi  al  terrazzo  D,  dal  pavimento  di  coccio- 
pesto  cosparso  di  frammentini  di  marmo  bianco,  dal  parapetto  alto  m.  0,80,  sul  quale 

Notizie  Scavi  1922  -  Voi.  XIX.  CO 


POMPEI 


408 


REGIONE    I. 


mediatamente  od  immediatamente  aprivansi  i  più  belli  e  nobili  ambienti,  decorati  di 


Fio.  7. 


pareti  di  III  stile  eejittizante  (Mau-Kelsey,  Pompeji2,  p.  465):  sono,  questi,  quattro  cu- 
bicoli, posti  in  due  coppie  ai  lati  della  spaziosa  exedra  centrale  n.  17.  11  primo  cubicolo, 
n.  15,  ha,  nel  centro  del  pavimento  di  musaico  bianco,  una  scacchiera  di  m.  0,92  di  lato 


REGIONE   I. 


46fl 


POMPICI 


chiusa  in  ima  fascia^nera  e  racchiudente  un  reticolato  di  nove  esagoni  a  contorno  nero  : 
e,  nella  soglia^un  motivo  geometrico,  nero,  ancora  più  semplice.  Della  elegante  e  sobria 
decorazione  parietale,  a  fondo  nero  sopra  zoccolo  rosso-cupo,  risparmio  una  dettagliata 


Fio.  6. 


descrizione,  offrendone  un  saggio  negli  elementi  riprodotti  dalla  fìg.  7:  per  la  parte  cen- 
trale della  parete  dominano  leggiere  trabeazioni  sorrette  da  esilissime  colonnine;  per  le 
parti  laterali  dominano  i  tripodi.  Al  centro  di  ognuno  dei  riquadri  centrali,  liberi,  sen- 
za cornici,  campeggiano  minuscoli  paesaggi  di  vaghissimo  effetto:  a)  un  sacello  con  al- 
bero sacro  ;  b)  un  elegante  edificio  ombreggiato  da  annosi  alberi  ;  e)  un  padiglione  cam- 
pestre con  una  tenda  distesa  fra  i  muri  di  esso  ed  un  albero  (fìg.  8):  in  tutti  ravvivano  la 
scena  figurine  di  viandanti  e  di  animali.  I  motivi  ornamentali  egizii  (grifi  alati,  cicogne, 
ibis,  uccelli  variopinti  dalle  lunghe  code,  sfingi  alate,  palmette  e  meandri  policromi),  pro- 
fusi tanto  sul  listone  dello  zoccolo  quanto  sulle  cornici  del  fregio,  giungono  qui  alla  loro 


POMPEI 


—  470  _ 


REGIONE-  I. 


più  notevole  espressione  in  alcuni  quadrettini  a  fondo  giallo  decoranti  il  fregio,  con  le  con- 
suete scene  di  adorazione  di  divinità  varie,  o  con  divinità  isolate  (fig.  9).  Gli  oggetti  qui  rac- 


Fio.  9. 

colti  sono  i  seguenti:  Bronzo:  un  vaso  conico  alto  m.  0,tó;  una  casseruola  di  m.  0,10  di 
diam.;  un'oinochoe  alta  m.  0,20,  col  manico  fregiato  in  giù  del  rilievo  di  una  maseheretta  ; 
un  colatoio  emisferico,  forellato,  a  piccola  coppa  e  lungo  manico,  quasi 
un  zhnjnilum;  tredici  cerchietti  di  grandezza  varia;  gli  avanzi  di  una 
lanterna  (fig.  10)  ;  un  candelabro  alto  m.  1,18,  di  forma  molto  semplice 
(fig.  2,  w);  un  asse  repubblicano.  Cristallo:  un  corrente  di  collana, 
emisferico,  appiattito.  Piombo:  un  peso  circolare  con  ansa  di  ferro. 
Osso:  due  asticine  e  una  borchia  circolare,  tornita,  componenti  forse 
un  l'uso.  Terra  aretina'-  una  tazza  di  m.  0,10  di  diametro.  Terracotta 
rustica:  tre  bottiglie  piriformi,  alte  m.  0,14-0,20;  una  lucerna  col 
rilievo  nel  disco  di  un  leone  gradiente,  e  un'altra  col  rilievo  di  un 
Erote-marinaio  che  tira  la  corda  della  rete  ;  5  anfore  vinarie  ;  un 
pezzo  di  muratura  di  metri  0,43  X  0,50,  sul  cui  intonaco  laterizio 
sono  gli  avanzi  di  una  lunga  iscrizione  tracciata  col  carbone:  C.  IV, 
6897:  ...XVII-MI-XC  P|...  M  IIIIIIIIIIII  |. ..  XXVII -&-ACEPI  | 
M-XXXV  XV  XV|PJBV-SPO-XX|..VCR-CC  N  LLC|..M-MED- 
XXXII  •  MED  [Sembrano  appunti  della  gestione  dell'azienda  agricola 
della  villa:  linea  3a:  ac(c)epi;  1.  5*:  pàbuQa);  1.  6a:  (l)ucr(umj]. 
Il  più  bell'ambiente  in  tutta  la  villa  è  il  successivo  cubicolo  n.  16, 
anch'esso  fornito  di  pavimento  a  musaico  bianco  con  semplici  motivi 
geometrici,  neri,  nelle  soglie  dei  suoi  tre  vani  di  passaggio.  La  decora- 
zione murale,  a  fondo  rosso  sopra  zoccolo  nero  (fig.  11,  angolo  N-O),  si 
rinvenne  in  istato  di  conservazione  perfetto  :  esibisce  in  alto,  nel  fregio, 
esili  bastoncelli  fioriti,  formanti  con  festoni  e  rabeschi  un  insieme  di 
meraviglioso  effetto  ;  a  limite  poi  dei  tre  riquadri  di  ciascuna  parete,  svelti  pilastrini  a 
sostegno  di  leggiere  trabeazioni,  gli  uni  e  le  altre  carichi  di  piccoli  ornati  egizii,  floreali: 


Fio.  10. 


REGIONE    I. 


—    471 


POMPEI 


al  centro  di  ogni  parete,  infine,  un  magnifico  paesaggio,  su  fondo  bianco,  di  ni.  1  X  1,30, 
limitato  ai  lati  da  svelte  colonnine,  cariche  di  ornatini  ora  vegetali  e  floreali,  ora  metal- 


Fio.  11. 


liei,  finamente  intagliati.  L'artista  che  eseguì  le  decorazioni  di  questo  ambiente  raggiunse 
un'eccellenza  davvero  insolita,  nella  composizione  dei  tre  paesaggi:  effetti  di  prospettiva, 
distacchi  di  luci  e  di  ombre,  magistrale  scelta  ed  impiego  dei  colori,  rendono  queste  tre 
opere  d'arte  di  una  plasticità  e  di  una  verità  straordinarie  che  incantano  il  riguardante. 


rOMPEI 


—  472 


RKGIONE    I. 


1°  Paesaggio:  parete  Nord  (fig.  12).  Vi  si  vedono  rappresentati  due  lembi  di  un  lago 
che  si  insinuano  fra  un'isoletta,  che  è  in  primo  piano,  e  la  terraferma  conformata  a  pro- 
montorio che  è  in  secondo  piano  :  sul  ponte  che  congiunge  l'uno  con  l'altro  lembo  di  terra 
incedono  due  viandanti  ammantati,  seguiti  da  una  figurina  più  piccola,  indirizzandosi 


Fio.  12. 


verso  il  sacello  che  forma  il  centro  del  quadro.  A  pie'  di  un  annoso  e  fronzuto  albero  sacro, 
preceduto  da  una  svelta  colonna  ionica  sormontata  da  un'urna,  e  seguito  da  un  tempietto 
circolare,  sorge  un  piedistallo,  sul  quale  sta,  in  trono,  una  divinità,  muliebre  in  lunghe  vesti, 
con  lungo  scettro  nella  sinistra.  Due  scudi  pendono  dal  mezzo  della  colonna;  uno  scudo 
e  un  timpano  dalla,  parete  del  tempietto.  Sulla  spianata  antistante  vedonsi  pascolare  tre 
capre  sotto  l'occhio  vigile  del  pastore  che  si  riposa  appoggiato  ad  un  basamento,  dal  quale 
si  eleva  un  tronco  di  colonna  sormontato  da  un'altra  urna.  All'estremità  opposta  della 
spianata  da  un  altro  piedistallo  cilindrico  vedesi  elevarsi  un'ermetta  priapica.  Tu  secondo 


REGIONE   I. 


—    473    — 


l'OMPEI 


piano,  da  sinistra  a  destra,  il  fondo  del  paesaggio  contiene:  un  muro  fincstrato  che  re- 
cinge un  orto  :  poi  un  templum  in  antis,  con  scudi  appesi  alle  colonne  ed  alla  parete  esterna, 
e  un  viandante  seduto  sui  gradini  di  accesso  ;  poi  ancora  un  altro  tempietto,  sul  cui  lato 
passeggiano  altri  due  viandanti  ;  infine  rupi  nello  sfondo  lontano. 


l-'lG. 


2°  Paesaggio:  parete  Est  (fig.  13).  Lo  schema  della  composizione  è  quasi  identico. 
In  primo  piano  è  l'albero  sacro,  intorno  al  quale  ergesi  un  sacello  determinato  per  Bacchico 
dal  tirso  che,  come  altri  donarii  (un  pinax,  e  un  timpano  sospesi  alla  colonna  ed  alla  parete 
del  sacello;  mentre  un  altro  timpano  pende  dall'architrave)  vedesi  in  alto  legato  al  tronco 
dell'albero  insieme  con  un  oggetto  come  un  copricapo  conico  a  larga  falda.  Sotto  l'arco 
del  sacello  è  ferma  una  figura  muliebre  in  lunga  tunica,  il  capo  coronato  di  verde,  una  sa- 
cerdotessa, nell'atto  che  forse  appende  al  tempietto  altri  donaria  con  l'aiuto  di  una  figurina 
muliebre  più  piccola  che  le  è  daccanto.  Completano  la  visione  di  quest'isoletta  sacra: 


POMPEI  —   474    —  REGIONE  I. 

a  sinistra,  una  fontana  dal  bacino  posato  sopra  tre  zampe  feline  ;  a  destra,  un  tripode 
aureo  ergentesi  da  apposita  base  ;  sugli  scalini  del  sacello,  due  piccole  ermette  indistinte  ; 
appoggiato  al  bastone,  col  dorso  al  tempietto,  un  viandante  in  riposo  col  suo  cane  ;  seduto 
presso  il  tripode,  altro  viandante  in  riposo.  In  secondo  piano  vedonsi  :  a  sinistra,  due  edi- 
ficii  a  mo'  di  torri,  appena  accennati,  e  tre  viandanti,  uno  dei  quali  incedente  a  destra, 
carico  di  un  pesante  fardello  ;  alberi  dietro  gli  edificai  ed  i  loro  recinti  ;  e  poi,  rupi  ;  a  destra, 
un  delizioso  portico,  preceduto  da  un  ambulacro  scoperto,  dal  cui  mezzo  parte  una  scali- 
nata scendente  nelle  onde.  Sull'ambulacro  a  mare  passeggiano  due  figurine  ;  alberi  spor- 
gono dall'interno  del  portico,  dal  cui  angolo  più  remoto  elevasi  una  torricella  :  rupi  ve- 
donsi nel  fondo  lontano.  A  pochi  centimetri  dal  lembo  inferiore  di  questo  paesaggio,  sul- 
l'intonaco bianco,  era  graffito  il  nome  (dell'autore  dei  bei  quadri?): 

SABINVS 

3°  Paesaggio:  parete  Ovest  (fig.  14).  È  dubbio  se  anche  qui,  come  sembra,  si  sia  voluto 
mostrare  il  mare  insinuarsi  nella  scena  dal  lato  destro.  Il  centro  del  primo  piano  è  sempre 
tenuto  dal  tempietto  che  è  qui  tetrastilo,  ipetro,  e  circonda  il  fusto  di  un  annoso  albero 
sacro,  un  cui  ramo  spingesi  a  sinistra,  attraverso  il  corrispondente  intercolunnio.  Quattro 
timpani  vedonsi,  rispettivamente,  sul  frontone,  sulle  due  colonne  e  sul  corrispondente 
architrave  ;  e  una  testa  di  caprone  sopra  la  terza  colonna  visibile  del  tetrastilo  sorgente 
da  un  robusto  pluteo  fenestrato.  Presso  la  fontana  dal  bacino  crateriforme,  che  sta  a  destra 
del  tempietto,  sopra  la  rampa  di  accesso,  stanno  due  oranti  ;  di  là  dal  fonte,  un  viandante 
in  riposo,  appoggiato  alla  rupe  ;  più  oltre  ancora,  incede  di  prospetto,  avviandosi  alla 
rampa,  una  donna  che  regge  una  lunga  face,  in  compagnia  di  una  figura  muliebre  più  pic- 
cola ;  all'estremità  destra,  presso  un  frondoso  albero,  è  un  tronco  di  colonnina  sorgente 
da  un  basamento  quadrato,  al  quale  vedonsi  appoggiate  parecchie  faci.  A  sinistra  della 
rampa,  sopra  apposita  base,  si  aderge  un  gruppo  di  tre  piccole  divinità  indistinte,  presso 
le  quali  stanno  per  terra  due  lunghe  faci.  Serve  a  congiungere  il  primo  col  secondo  piano 
un  muro  curvo,  sostenente  un  rampa  curva,  che  dal  tempio  conduce  in  alto  verso  il  fondo. 
In  questo,  sul  lato  destro,  vedonsi  un  evanescente  edificio  a  due  piani,  e  poi  le  solite  rupi. 

Da  questo  cubicolo  non  provengono  se  non  due  anfore  vinarie,  recanti  rispettiva- 
mente le  epigrafi  C.  IV,  6945  C  ocelus  (?)  e  6979  [  'A  ]  noXXwviov. 

Segue  la  spaziosa  exedra,  n.  17,  di  pianta  quadrata,  dai  larghi  vani  aperti  a  sud  e  a 
nord,  attraverso  i  quali,  dal  terrazzo  rimaneva  visibile  il  portico,  e  da  questo  il  mare, 
mentre  per  altri  due  piccoli  vani  la  deliziosa  camera  comunicava  con  i  cubicoli  laterali. 
11  pavimento,  di  musaico  bianco,  aveva,  nel  mezzo,  una  scacchiera  di  m.  1,25  di  lato, 
a  disegno  geometrico  bianco  e  nero,  con  un  fiore  centrale  di  color  roseo  ;  in  tutti  i  vani 
di  passaggio,  soglie  a  disegno  geometrico  nero,  meno  a  settentrione:  qui  la  soglia  era  di 
travertino  bianco,  e  conservava  intatti  cardini  e  fori  dei  pessuli  di  una  grande  porta 
di  legno  a  due  battenti.  L'intonaco  è  bianco  uniforme,  ma  era  forse  ricoperto  di 
drappi. 

Il  seguente  cubicolo,  n.  18,  ebbe  un  pavimento  di  opus  signintim  e  pareti  uniforme- 
mente bianche  fino  all'altezza  del  fregio  :  quivi  è  un  bugnato  semplice,  ottenuto  mercè 


KEGIONE    I. 


—  475  — 


l'OMI'EI 


l'incontro  normale  di  listelli  rossi.  È  sulla  parete  occidentale  di  questo  ambiente  che  si 
scoprì,  ad  altezza  d'uomo,  graffito,  il  bellissimo  distico  (C.  IV,  6892) 
Quisquis  amai  nigra(m)  nigris  carbonibus  ardet, 
Nigra(m)  cum  video,  mora  libenter  <a>  edt<e>  o. 


Fio.  14. 


Al  contiguo  cubicolo,  n.  19,  accedevasi  dall'interno  per  la  fauce  l  e  dall'esterno  dal 
terrazzo  :  il  musaico  bianco  è  soltanto  recinto,  lungo  le  pareti,  da  una  doppia  fascia  nera. 
Delle  decorazioni  murali,  sempre  di  III  stile,  conservansi  solo,  e  parzialmente,  le  pareti 
occidentale  ed  orientale,  con  grande  riquadro  bianco  al  centro,  fra  due  grandi  riquadri 
rossi  ai  lati,  sviluppati  tutti  fra  lo  zoccolo  nero,  nei  cui  scompartimenti  campeggiano  pa- 
tere, ed  il  fregio  adorno  di  ornati,  rabeschi  e  grotteschi,  egittizzanti.  Nei  vaghi  padiglioni 
centrali  delle  due  pareti  superstiti  erano  i  due  interessanti  dipinti  narrativi,  rappresen- 
tanti momenti  varii  l'uno  del  mito  di  Perseo  e  Andromeda,  l'altro  del  mito  di  Polifemo  : 


Notizib  Soavi  1922  —  Voi.  XIX. 


61 


POMPEI  —    476    —  REGIONE    I. 

(alt.  m.  2  ;  largh.  m.  1,20),  che  già  pubblicai  in  Symbólae  litler.  in  honorem  lutti  De  Petra, 
Napoli,  Pierro,  1911,  pag.  216  segg.  :  Due  dipinti  murali  etc. 

Tanto  la  fauce  l,  quanto  il  successivo  salone  n.  20,  furono  solo  in  parte  esplorati,  né 
può  sapersi  quanto  ancora  s'inoltrassero  verso  ovest  il  terrazzo  e  la  serie  degli  ambienti 
apertivi  sopra.  Il  salone  ebbe  pavimento  di  musaico  bianco,  e  pareti  di  III  stile  a  fondo 
bianco,  anch'esse  elegantissime,  ma  molto  danneggiate  dai  crolli.  Nei  riquadri  centrali  di 
ciascuna  parete,  sotto  i  soliti  padiglioni  sovraccarichi  di  ornati  metallici,  floreali  ed  ani- 
mali, eran  chiusi  in  grosse  cornici  rosse  dei  paesaggi,  dei  quali  si  raccolsero  pochi  frammenti, 
mentre  i  riquadri  laterali  facevan  da  campo  a  sottili  e  svelti  cauli  metallici,  ornati  di  rami 
e  fiori  e  foglie  verdi,  e  di  uccelli. 

Varcata  la  fauce  l,  dal  pavimento  di  cocciopesto  e  dalle  pareti  semplicemente  into- 
nacate, un  altro  tratto  s'incontra  che  volge  ad  occidente  verso  ambienti  rimasti  inesplo- 
rati. Da  questo  secondo  gomito  della  fauce  provengono  due  vasi  di  bronzo:  un'anforetta 
alta  m.  0,23,  con  le  anse  desinenti  in  zampe  equine  ;  una  situla  alta  m.  0,80,  con  cerchio  di 
ferro  intorno  all'orlo  e  manico  ad  arco  parimente  di  ferro,  ed  un'anfora  vinaria  cgn  l'iscri- 
zione (C.  IV,  6953)  M.  M.  S.  Oltrepassate  le  due  apolhecae  rustiche,  n.  21  e  22,  dal  pavi- 
mento di  cocciopesto  e  dalle  pareti  disadorne,  si  perviene,  in  ni,  al  pianerottolo  della 
scala  in  discesa,  n,  adducente  alle  cantine.  L'ambiente  rustico,  n.  23,  posto  in  capo  alla 
scala  stessa,  e  che,  per  la  sua  giacitura,  può  credersi  assegnato  come  dimora  del  sercus 
cellarius,  ebbe  il  pavimento  di  legno  sovra  il  semplice  terreno  battuto,  e,  lungo  la  parete 
orientale,  l'incavo  per  il  letto.  Presso  il  suo  ingresso  si  raccolse  :  il  disco  di  una  lucerna  di 
terracotta  col  rilievo  di  un'aquila  ;  frammenti  di  altre  lucerne,  e  un  collo  d'anfora  con 
l'epigrafe  (C.  IV,  6952)  M.  A.  N. 

Peristilio  B.  Le  colonne  —  cinque  per  ogni  lato  —  di  m.  0.66  di  diametro  alla  base, 
sono  di  materiale  laterizio,  e  recano  un  accurato  rivestimento  di  stucco  bianco,  baccellato 
sino  ad  un  terzo  dell'altezza.  Tinti  di  rosso  sono  lo  stilobate  e  l'antistante  cunetta  di  rac- 
colta dell'acqua  piovana.  In  o,  di  fronte  al  portico  orientale,  elevasi  dal  suolo  un'ara  pul- 
vinata,  in  muratura,  rivestita  di  stucco,  ornata  di  festoncini  fioriti  a  rilievo,  sorgente  da 
una  base  semplicemente  modinata;  in  p,  aprivasi  il  puteal  della  sottostante  piscina. 
Della  originaria  decorazione  dell'ambulacro,  che,  a  quel  che  pare,  non  fu  rinnovata  dopo 
il  terremoto  dell'anno  63,  rimaneva  un  considerevole  avanzo  all'angolo  sud-est.  Era 
un  grandioso  insieme  architettonico  di  II  stile,  nel  quale  ad  ogni  colonna  reale  del  por- 
tico corrispondeva,  sulla  parete,  una  simile  colonna  dipinta,  per  modo  da  aversi  l'il- 
lusione di  un  portico  doppio,  sullo  sfondo  che  era  trattato  a  grandi  lastroni  marmorei, 
neri,  larghi  m.  0,87-0,90,  tra  il  fregio,  in  tutto  scomparso,  e  lo  zoccolo,  ad  alto  podio 
sporgente,  fatto  di  minori  bugne  di  marmi  policromi  venati  e  brecciati.  Presso  la  men- 
zionata ara,  o,  si  raccolse  un  asse  di  Vespasiano  ;  presso  la  piscina,  p,  una  situla  di  bronzo, 
crateriforme,  alta  m.  0,35,  esternamente  chiusa  in  una  gabbia  di  lamine  di  ferro  irra- 
diatisi dal  fondo,  e  munita  di  manico  ad  arco,  di  ferro,  al  quale  si  trovò  tuttora  con- 
nessa una  catena  di  ferro  lunga  ni.  2  con  le  maglie  conformate  come  il  numero  8. 

Dagli  strati  superiori  dell'angolo  sud-ovest  del  portico  (a  contatto  dello  strato 
vegetale)  provengono  due  lucerne  cristiane  di  terracotta:  la  prima,  mancante  del  ro- 
stro e  con  l'ansa  a  semplice  orecchietta,  recava  impressa  a  rilievo,  nel  disco,  una  croce 


REGIONI.    I. 


—  477  — 


POMPEI 


fra  due  ramoscelli  e  i  due  fori  per  l'introduzione  dell'olio  ;  la  seconda  (fig.  15)  recava 
nel  disco  pure  la  Croce  circondata  da  una  corona  di  foglioline  cuoriformi  e  di  pizzi 
triangolari. 

Non  parmi  fuor  di  luogo  ricordare  che,  tra  gli  utensili  e  ferramenti  trovati  sparsi 
un  po'  dappertutto  nella  villa,  si  riconobbero  varii  picconi,  frammenti  di  seghe,  alcune 


Fio.  15. 


falci  stramentarie,  parecchie  roncole  e  due  piccole  scuri,  tre  zappe,  un  rampicone,  una 
leva  ioTcutdb-vectis. 

Iscrizioni.  Oltre  alle  epigrafi  fin  qui  menzionate,  si  lessero  nella  cella  n.  10  sull'atrio 
rustico  questi  tre  titoletti  graffiti:  C.  IV, -3887:  In  acervo  magno  pali  sunt  M XXI II; 
6888:  Iuba,  va(le):  pali  quadri  flou....;  6889,  intorno  ai  disegnini  di  due  gladiatori: 
MLXXV  |  Apollonius  LXXXIV  \  Porcelus-Rogatus.  Sulla  parete  a  sin.  dell'ingresso 
oltre  la  cella  n.  12,  questi  altri  due,  dei  quali  l'uno,  di  disperata  lezione  (C.  IV,  6891), 

pare  dia  la  seguente  monca  lettura:  quisquis  auget alium  volve ;  l'altro  (C.  IV, 

6890)  ci  conserva  il  distico  monco  :  Uncior  Xanthe  cibi  carus,  lusuque  iocoso  \  Adsueius.... 
Sulle  scanalature  di  una  colonna  del  portico  meridionale  del  peristilio  si  lessero  alcuni 
titoletti  graffiti,  dei  quali  interessante  il  primo,  un  pentametro,  che  si  fa  eco  di  fatti  della 
corte  imperiale  in  questa  che  è  la  villa  di  un  liberto  imperiale:  C.  IV,  6893:  Caesaris 
Augusti  f emina  water  crai  :  e  poi  i  saluti  :  6894  :  Receptus  Aetio  sa(lutem)  ;  Adi  va(le)  ; 
Receptus  Athicto  sai;  6895:  Q.  Iunius;  6896:  falerno  puro.  Pubblico  qui  per  la  prima 


POMPEI  —    478    —  REGIONE    I. 


volta  questa  epigrafe  tracciata  col  carbone  sulla  parete  settentrionale  del  peristilio,  e 
che  il  Mau  non  ebbe  tempo  di  vedere:  è  lunga  ni.  1,50,  ed  è  scritta  in  lettere  capitali 
alte  m.  0,05-0,08: 

M  VII 

M  ANTONI  M  I  ALEXANDIIR  M  VII  D  I  M  DIOCL 

A...  ROPIIVS 

M(enses)  VII.  M.  Antoni(us)  M.  f(Uius)  Alexander  (vixit?)  M(enses)  VII,  d(iem)  I. 
M.  Diocl...  A(ste)rop(a)eus  :  Sui  colli  di  altrettante  anfore  furon  poi  lette  le  epigrafi: 
C.  IV,  6937  :  VII  |  Minuc,  e,  dall'altra  parte,  il  titolo  inedito  : 

C  •  T  •  C  : 

6946:  Cep.  S  C;6953:  M.  M.  S;6961:  M.C.T  \  P.  Calai |  ....  |  ....;  6996,  6997: 

da  un  lato  KXavtiihov  |  ,  dall'altro  KXvqXs  |  Aq;700ì:  M.  IIo(nt(rjiov)  |  revocato?  | 

lvr(tiog);  7007:  Eqaxaivog.  Inedito  è  quest'ultimo  titoletto  anforario: 

M  IVLI  FRON(/o)NIS :  sotto  l'ansa,  TAB  n 

Nel  fondo  di  una  coppa  aretina  si  lesse  il  bollo  C.  X,  8055,29  :  C.  P.  P.  ;  Sopra  tegole, 
le  seguenti  marche  di  figuli:  C.  X,  8042,90:  L.  Sagini; 

L-#RANI         ;         P- VI   (P.  Fufi)  ; 

e  questo  bollo  interessante  per  il  personaggio  che  vi  ricorre,  e  per  la  data  consolare  del- 
l'anno II  av.  C. 


PVPIL-AGRIP 
TVB-  FABIO  -CoS 


La  tegola  proveniva  (ex  figlinis)  Pupil(li)  Agrip(pae),  Tub(erone)  et  Fabio  Co(n)s(ulihu.s). 
Dai  suggelli  del  proprietario  di  questa  bellissima  «  villa  rustica  »,  Ti.  Claudius  Eutychus, 
alle  tegole  impiegate  nella  costruzione,  e  fatte  venire  dalla  figulina  di  proprietà  di  un 
personaggio  della  corte  imperiale;  da  queste  al  titoletto  già  menzionato,  Caesaris  Au- 
gusti femina  maler  erat,  indistinto  peraltro  sì  per  la  persona  che  vuole  additare,  sì  per 
il  contenuto,  satirico  forse  ;  è  tutta  una  serie  di  documenti  che  ci  dice  come  in  questa 
deliziosa  villa  si  vivesse  una  vita  non  estranea  agli  avvenimenti  della  capitale  e  non 
indifferente  alla  sorte  dei  personaggi  ivi  più  in  vista. 


XII.  Saggi  di  scavo  eseguiti  dal  sig.  Giovanni  Di  Palma  in  un  fondo  di  sua  proprietà 
alla  contrada  Iossa  (Comune  dì  Scafati),  nelVanno  1903. 

In  virtù  dapprima  di  un'autorizzazione  della  Direzione  degli  scavi,  e  poi  di  una 
regolare  licenza  di  scavo,  il  sig.  Di  Palma  eseguì  nel  fondo  indicato  saggi  di  esplorazione 
durati  la  prima  volta  cinque  giorni,  dal  20  al  25  aprile,  e  la  seconda  volta  quindici  giorni, 


REGIONE    I.  —   479    —  POMPEI 

dal  9  al  24  novembre  1903,  mettendo  allo  scoperto,  di  un  edificio  di  campagna  affatto  ru- 
stico, pochi  ambienti.  In  questa  contrada,  posta  a  circa  2  km.  in  linea  retta  ad  oriente 
di  Pompei,  l'altezza  delle  deiezioni  vulcaniche  e  dell'humus  cresciutovi  sopra  non  oltre- 
passa i  m.  3,50  dal  suolo  dell'anno  79  ;  per  modo  che,  risultando  chiaramente  che  l'edi- 
ficio sepoltovi,  quantunque  affatto  rustico,  già  era  stato  oggetto  di  precedenti  ricerche, 
ben  presto  il  proprietario  del  fondo  si  convinse  che  la  sua  impresa  era  sfortunata.  Durante 
il  breve  periodo  delle  esplorazioni  si  raccolsero  i  seguenti  oggetti:  Bronzo:  una  strigile 
lunga  m.  0,20,  un  grande  bronzo  augusteo,  e  tre  frammenti  di  uno  specchio  rettan- 
golare; Vetro:  una  boccettina  alta  m.  0,15  e  una  boccetta  cilindrica;  Terracotta:  una 
lucerna  monolychne  lunga  m.  0,07,  e  tre  anfore  vinarie;  Terra  aretina:  una  coppa  di 
m.  0,08  di  diam.;  Marmo:  frammento  di  scultura,  rappresentante  la  parte  superiore 
di  una  galea;  Crostacei:  un  tritonium  nodiferum. 


XIII.  Saggi  di  scavo  eseguiti  dal  sig.  Giuseppe  Cipriano  nel  fondo  di  sua  pro- 
prietà alla  contrada  S.  Abbondio  (comune  di  Scafati),  nelVanno  ly08. 

A  poco  più  di  1  km.  a  sud-est  di  Pompei,  nel  fondo  che  si  estende,  di  là  dalla  fer- 
rovia dello  Stato,  sull'amena  collinetta  di  S.  Abbondio,  e  precisamente  nel  tratto  di 
vigna  posto  fra  le  casette  rurali  che  occupano  la  più  alta  quota  della  collinetta,  esegui- 
ronsi,  tra  i  mesi  di  gennaio  e  aprile  del  1908,  esplorazioni  dirette  a  riconoscere  la  natura 
di  un  edificio  antico  sepoltovi,  del  quale  si  erano  già  toccati  alcuni  muri  durante  i  lavori 
agricoli.  Rustici  affatto  si  presentarono  i  pochi  ambienti  scoperti  che  appartengono  alla 
parte  più  settentrionale  di  una  villa  rustica:  vi  si  riconobbero:  l'ingresso  ad  un  atrio 
rustico,  munito  di  una  solida  soglia  (di  tre  blocchi  discontinui  di  pietra  vesuviana), 
attraverso  le  cui  interruzioni  passavano  e  le  ruote  dei  carri  e  le  acque  piovane  ;  il  foro  di 
scarico  del  fusorium,  e  ciò  stando  all'esterno  del  muro  perimetrale  settentrionale.  Pas- 
sando all'interno,  in  primo  luogo  la  presenza  dei  dolii  (tre  di  essi  sono  oggi  a  Pompei), 
infìssi  nel  suolo  di  un  ambiente,  chiarì  essersi  qui  la  zappa  imbattuta  in  una  vasta  cella 
vinaria,  rimasta  in  gran  parte  inesplorata  ;  un  altro  ambiente,  che  segue,  è  un  ampio 
fusorium,  dal  pavimento  rivestito  d'intonaco  di  coccio  pesto  ben  levigato  ed  inclinato 
verso  l'orifizio  del  già  additato  foro  di  scarico.  Questo  fusorium  deve  ritenersi  come  un 
accessorio  della  cella  vinaria  e  del  torcular  che  forse  aprivasi  di  rimpetto,  sul  lato  opposto 
dell'atrio.  Un  terzo  ambiente  coperto  di  vòlta  a  botte  in  direzione  N-S,  conteneva  il 
puteal  di  una  piscina  sottostante.  Di  là  dall'atrio  in  un  andito  limitato  ad  oriente  da  un 
pluteo  congiungente  due  colonnine  laterizie,  era  la  fornace  di  una  grossa  caldaia  che  già 
era  stata  divelta  dal  posto  suo.  Essendo  il  sito  dello  scavo  in  pendenza  accentuata,  le 
deiezioni  vulcaniche  qui  non  oltrepassano  i  m.  3  di  altezza,  soggette  come  sono  state 
durante  i  secoli  ad  una  continua  azione  di  dilavamento.  Dalla  piccola  area  esplorata 
provengono  parecchie  monete,  rinvenute,  il  28  gennaio  1908,  accanto  ad  uno  scheletro 
umano:  Oro:  un  aureo  di  Vespasiano  col  tipo  della  Aeternitas;  Argento:  nove  denarii, 
dei  quali  tre  irriconoscibili  ;  uno  di  Pomponio  Musa  ;  uno  di  M.  Cassio  ;  uno  di  L.  Pisene 
Frugi;  e  tre  legionarii  (sopra  uno  di  essi  è  l'insegna  della  leg.  XVIII);  Bronzo:  tre  grandi 
bronzi,  dei  quali  uno  di  Galba  e  due  di  Vespasiano.  Alla  mano  sin.  dello  scheletro  indi- 


POMPEI  —   480   —  REGIONE    I. 


cato  si  trovò  pure  un  anellino  d'oro  a  semplice  verghetta,  vuota.  Delle  tegole,  raccolte 
intere  od  in  frammenti,  due  recavano  il  bollo  in  lettere  rilevate 

SVCCESSI 

(cfr.  C.  X,  8042  99  :  Successi  A.  T.  L)  ;  una  terza  recava  il  bollo  C.  X,  8042  44,  (D)omiti 
Ale(xandri).  Sopra  tre  dei  dolii  segnati  in  pianta  si  lesse,  impressa  in  lettere  incavate, 
la  marca  di  fabbrica  C.  X,  804719,  M.  Vibi  Liberalis;  e,  sopra  un  quarto  dolio,  l'altra  : 

MTREBON 

(cfr.  C.  X,  la  teg.  camp.  8042,101:  L-Treboni  Suici nis  Vicloris,  proveniente  da 

Puteoli).  Sotto  il  piede  di  un'anfora  vinaria,  finalmente,  era  impresso,  in  lettere  rile- 
vate, quest'ultimo  bollo,  nuovo  ed  interessante  :  e(x)  fig[li]n(is)  Caesa[ri]s,  chiuso  in  una 
cornicetta  dagli  angoli  arrotondati: 


f///ÀFIG////N\ 
\CAES\////S) 


XIV.  Rinvenimento  fortuito  di  sepolture  posteriori  alla  catastrofe  Pliniana.  Il  2  de- 
cembre  1907,  a  Torre  Annunziata,  cavandosi  pozzolana  nel  fondo  del  sig.  Kaiola  Francesco, 
all'esterno  dell'arco  che  forma  la  ferrovia  vesuviana  là  dove  le  rotaie,  lasciando  la  sta- 
zione di  Torre,  volgono  in  salita  a  Boscotrecase,  si  trovarono  dieci  misere  sepolture,  nelle 
quali  i  corpi  degli  inumati,  deposti  tutti  con  i  piedi  ad  oriente  e  la  testa  ad  occidente, 
giacevano  nel  nudo  strato  di  cenere  dell'anno  79.  Con  due  soltanto  degli  inumati  si  rac- 
colse un  pignattàio  rustico  di  terracotta.  Tegoloni  in  due  pioventi  coprivano  tali  sepol- 
ture, simili  alle  quali  già  altre  se  ne  erano  incontrate  dai  cavatori  di  pozzolana  negli  anni 
precedenti,  nello  stesso  fondo. 


XV.  Villa,  rustica  -  ora  proprietà  dello  Stato  -  scavata  dal  sig.  Aurelio  Item  nel  fondo 
di  Elisabetta  Gargiulo,  a  m.  cento  circa  a  N.  delle  ultime  tombe  della  «  Via  dei  Sepolcri  » 
di  Pompei,  in  territorio  di  Torre  Annunziata,  tra  il  29  aprile  1909  e  il  15  gennaio  1910. 

Di  questa  villa  rustica,  di  straordinaria  importanza  per  la  singolare  e  ben  famosa 
megalografia  offerta  dalle  pareti  di  un  suo  salone,  dopo  la  prima  informazione  datane 
in  queste  Notizie,  anno  1910,  pag.  139  sgg.,  dall'illustre  sen.  prof.  Giulio  De  Petra, 
restano  tuttora  da  descriversi  i  travamenti  fattivi  ed  il  materiale  epigrafico  scopertovi. 
E  provvedo  alla  esigenza  con  questo  rapporto  supplementare,  nel  quale  tengo  presente 
il  rilievo  topografico  già  edito  (Notizie,  1910,  pag.  140),  che  qui  sarebbe  inutile  ripetere. 

Dall'atrio  tetrastilo  A  provengono  antefissc  di  terracotta,  da  embrici,  o  a  semplice 
palmetta  ionica,  o  a  protome  muliebre  sormontata  da  palmetta,  in  numero  d"  tre  le  prime, 
e  di  venti  le  seconde:  tra  le  tegole,  intere  od  in  frammenti,  due  con  questi  bolli:  C.  X, 
8042, 6:  M.  Aeri- Min.;  8042,97:  N.  Sillius,  N.;  un  coperchietto  rustico,  largo  m.  0,09. 


REGIONE   I.  —    -J81    —  POMPEI 

Dal  sottoscala  dell'ambiente  rustico  n.  4:  Terracotta:  quattro  pignatte  conico-cilin- 
driche  di  m.  0,20-0,31  di  diam.  all'orlo  ;  otto  coperchi,  larghi  m.  0,11-0,24  ;  cinque  urcei 
panciuti,  monoansati,  alti  m.  0,14-0,27;  un'olla  ovoidale  alta  m.  0,24;  una  grossa  sco- 
della larga  m.  0,30  ;  un  coperchio  da  tegghia  largo  m.  0,23  ;  una  coppa  biansata  larga 
m.  0,15;  un'anfora  stroncata  del  collo,  nella  quale  erano  visibili  una  serratura,  due  ron- 
cole di  ferro  e  un  pezzo  di  corda  di  canapa  ossidato  dal  contatto  dei  ferri  descritti.  Ter- 
racotta aretina:  una  scodella  di  ni.  0,28  di  diam.  ed  una  coppa  larga  m.  0,16,  delle  quali 
la  prima  recava  nel  fondo,  impresso,  il  bollo  C.  X,  8055,  4  Cn  •  Al  •  Arti  • ,  l'altra  il  bollo 
greco 

•  PO  Y 

erro 

Lo  sterro  del  cortile  rustico,  e,  diede  luogo  ai  seguenti  rinvenimenti:  Nell'area  cen- 
trale: bronzo:  una  borchia  da  chiodo,  a  disco  liscio;  terracotta:  due  antefisse  a  pro- 
tome muliebre  e  palmetta;  due  coperchi  rustici;  un  urceo  monoansato  da  liquamen. 
Nella  nicchia  del  larario  a:  una  piccola  ara  di  scoria  vulcanica,  alta  m.  0,09,  larga  m. 
0,07,  rusticamente  modinata;  terracotta:  la  teatina,  alta  m.  0,09,  di  una  divinità  mu- 
liebre con  la  fronte  coronata  di  fiori  e  frutta;  tufo:  la  testa,  alta  m.  0,17,  distaccata  da 
una  statuetta  di  Ercole  barbato,  dagli  occhi  pien;,  la  barba  a  ciocche  e  corona  di  edera 
sulla  fronte.  -  Presso  il  piccolo  forno  e:  terracotta:  un  urceo  panciuto,  alto  m.  0,24; 
un  fritillo  alto  ni.  0,10;  un  vasettino'ovoidale  alto  m.  0,04;  un 'antefissa  a  protome  mu- 
liebre e  palmetta  ;  un'aretta,  alta  m.  0,12,  di  pianta  quadrata,  rozzamente  sgrossata  nelle 
pareti,  incavata  nel  piano  superiore.  Sul  podio  antistante  all'altro  forno  f:  una  pignatta 
eilindrico-sferica,  larga  m.  0,33,  alta  m.  0,16,  ad  orlo  orizzontale.  Nell'ambiente  n.  9: 
terracotta:  diciotto  frammenti  di  grondaie  a  rilievo  figurato,  esibenti  una  Menade  dan- 
zante con  face  nella  d.,  mentre  un'altra  face,  capovolta,  chiude  a  sin.  la  rappresentanza; 
un  bicchiere  rustico  a  larga  bocca,  alto  m.  0,09;  due  anfore  vinarie.  Bronzo:  un  ago  sac- 
caie, lungo  m.  0,12.  Nell'ambiente  n.  11:  Argento:  quattro  denarii  molto  consunti. 
Bronzo:  due  dupondii,  dei  quali  uno  di  Galba;  due  piccolissime  bullae  a  cerniera,  delle 
quali  l'una  circolare,  l'altra  ovale,  alte  m.  0,021;  quattro  cerchietti;  una  lucerna  bi- 
lychne,  lunga  m.  0,10,  a  sfera  depressa  con  pomello  centrale,  mobile,  dipendente  da  una 
catenina  (avanzano  i  frammenti  delle  catenine  che  tenevan  sospesa  la  lucerna,  attac- 
candosi agli  appositi  fori  presso  i  due  rostri,  e  lo  smoccolatoio  con  l'una  punta  diritta  e 
l'altra  falcata).  Vetro:  una  boccetta  cilindrica,  alta  m.  0,12. 

Dal  bellissimo  salone  di  II  stile,  n.  12,  null'altro  proviene  all'infuori  di  una  gron- 
daia di  terracotta  esibente  una  protome  leonina  fra  quattro  palmette.  Nell'ambiente 
n.  16,  che  già  fu  un  cubicolo  doppio,  come  il  n.  7,  ma  che  nei  tempi  prossimi  alla  catastrofe 
fu  ridotto  a  camera  di  passaggio,  si  rinvennero  i  seguenti  oggetti:  Bronzo:  una  cerniera 
e  un  cardine,  appartenenti  alla  chiusura  dell'armadio  a  muro  occupante  l'angolo  nord- 
ovest ;  in  questo  armadio,  che  dovette  costituire  un'uccelliera  per  il  fatto  che  vi  si  rinven- 
nero parecchi  ossicini  di  uccelli,  si  raccolsero  poi  due  medii  bronzi  :  l'uno  di  Augusto 
(Tribun.  pot.  XII),  l'altro  di  Tiberio  (Divus  Augustus  pater-Provìdent)  ;  un  terzo  nummo 
era  un  quadrante  Augusteo  molto  logoro.  Oltre  che  nell'armadio,  scheletri  di  volatili  più 
grossi  (forse  polli  ?)  si  rinvennero  fra  questa  camera  ed  il  contiguo  salone,  n.  20,  in- 


POMPEI  —   482   —  REGIONE   I. 


siemc  con  lo  scheletro  di  un  cane.  Quattro  grandi  e  diciotto  piccole  cerniere  d'osso  com- 
pletano i  trovanienti  fatti  neirarmadio-uccelliera.  Cinque  cerniere  a  doppia  aletta  ra- 
stremata e  due  cardini,  larghi  m.  0,04,  con  una  maniglia  lunga  m.  0,15,  sono  avanzi  delle 
porte  esistenti  nei  vani  di  comunicazione. 

I  travamenti  fatti  nel  salone  n.  20  riduconsi  ai  seguenti:  terracotta:  due  anfore 
vinarie  ;  Bronzo  :  undici  cerniere,  trovate  presso  la  grande  porta  ad  occidente,  con  quat- 
tro guardaspigoli,  otto  perni  asolati,  e  una  maniglia  a  ponte,  lunga  m.  0,17,  avanzi  tutti 
delle  imposte  di  legno. 

Sotto  il  portico,  E:  terracotta:  undici  altre  antefisse  a  prò  tome  muliebre  e  palmetta, 
disseminate  per  tutta  l'area  del  portico,  ed  altre  otto  raggruppate' presso  l'ingresso  del- 
l'ambiente n.  19.  In  questo  ultimo  soltanto  si  fece  qualche  trovamento  rilevante  :  Bronzo  : 
una  pelvi  larga  m.  0,25,  ad  orlo  rientrante,  munita  di  due  anse  ad  arco,  terminanti 
alle  estremità  in  testine  di  oca  ;  una  patera  larga  m.  0,18  con  testa  di  oca  alla  estremità 
del  manico  ed  altra  oca  ad  ali  spiegate  all'attacco  del  manico  col  recipiente  ;  un'armilla 
a  serpe,  larga  m.  0,085,  con  la  coda  rattorta  intorno  intorno  al  corpo  ;  un'oinochoe  ad 
orlo  trilobo  e  recipiente  emisferico,  alta  m.  0,16,  recante  nello  scudo  inferiore  dell'ansa 
un  amorino  incedente  a  d.,  con  velo  sulla  mano  d.  e  asta  nella  sin.  ;  sette  cerniere  da  porta 
e  cinque  cardini,  due  maniglie  a  ponte,  lunghe  m.  0,15  ;  tre  piastre  da  cardini.  Ferro  : 
una  scure  lunga  m.  0,22;  un  piccone  lungo  m.  0,17;  una  pala;  un  erpice  a  sei  denti; 
quattro  zappe.  Terracotta:  due  urcei  panciuti,  monoansati,  alti  m.  0,13-0,15;  un  pignat- 
tino  alto  m.  0,10;  un  altro,  anch'esso  monoansato,  alto  m.  0,16;  una  scodella  aretina 
con  ossicine  di  pollo  nel  recipiente  che  è  largo  m.  0,24  ;  un  fritillo  alto  m.  0,10  ;  due  sco- 
delle pseudo-aretine  larghe  m.  0,14  e  0,12  ;  e  due  ultime  antefisse  a  protome  muliebre 
e  palmetta.  Fan  parte  dell' 'instrumentum,  raccolto  nella  parte  finora  scavata  della  villa, 
tre  frammenti  di  tegole  recanti  i  bolli  C.  X,  804247  e,  L.  Eumachi  (due  esemplari),  e 
8042  48  e,  L.  Eumacherot,  ed  infine  un  urceo  di  terracotta,  monoansato,  alto  m.  0,42, 
recante  sul  collo  le  epigrafi  nere,  dipinte: 

1)  a)         G.  F.  scombr  b)  più  sotto:     CSD 

Se  a  v  R  i 

Rifacendo  ora  il  percorso  della  villa,  verrò  trascrivendo  tutte  le  epigrafi,  rimaste 
finora  inedite,  già  lette  sulle  varie  pareti:  meno  qualcuna  tracciata  col  carbone,  sono 
tutte  graffite: 

Nel  portico  E,  sull'ultima  colonna  a  partire  da  occidente,  sono  inc'se  in  senso  verti- 
cale, oltre  ad  alcuni  segni  simili  a  D  abbattute  a  sinistra,  le  lettere: 

2)  A     D     M 

Sulla  parete  settentrionale  del  cubicolo  doppio  n.  7: 

3)  M  V  S  A 

(vedi  le  epigrafi  seguenti,  n.  5,  13,  33,  nelle  quali  questo  nome  si  ripete). 


REGIONE    I.  .  —    483    —  POMPEI 

A  sinistra  della  pompa  dipinta  accanto  al  larario  a,  tracciata  col  carbone  : 

4)  H  e  R  A  C  L 

Peristilio  B.  Al  sommo  del  pluteo,  fra  le  colonne  3»  e  4a  del  lato  sud,  a  contare  da  ovest  : 

5)  (S?)AL    MVSA    VAL(f)    ORO  VOS 

Ivi  stesso,  un  po'  più  a  sinistra,  gli  appunti  di  contabilità  : 

6)  XXXXXXXXXXXX 

XXXXXXXXXX 

1 1 1 1 1 1 1 1  XXXXXX 1 1 1 1 1 1 

Sulle  unità  del  3°  rigo  sono  tirate  due  linee  orizzontali  che  le  unità  interrompono. 
Alla  estremità  sinistra  del  pluteo  stesso,  fra  la  la  e  la  2a  colonna: 

7)  SlICVNDI    G/////////////////OMOTGROC     (?) 

Ribelle  ai  reiterati  e  diligenti  tentativi  d'interpretazione  è  rimasta  una  lunga  epi- 
grafe in  due  righi,  un  distico  molto  probabilmente,  le  cui  lettere  incisero  appena  la  più 
esterna  epidermide  della  parete  rossa  dell'ambulacro  occidentale  :  ne  conservo  il  lucido,  che 
però  ritengo  inutile  qui  riprodurre,  perchè  null'altro  vi  si  discerne  all'infuori  dell'inizio  : 
Si  quis...  (*). 

Nell'ambulacro  sud,  a  tergo  del  larario  a: 

8)  MORTICINAG 

HGRGDITAS 

Moriicinus  eonvicium  est  in  hominem  pallidum,  exsanguem  etc.  (Forc,  Lexic.,  s.  »».). 
Più  a  destra,  in  grosse  lettere  : 

9)  COMP////RCS  10)  QVI     RII 

Alla  estremità  destra,  il  cognomen: 

11)  RVSTICVS 

Nel  vano  della  scala  d'accesso  alla  cucina  sovrapposta  all'ambiente  n.  9,  si  lesse,  trac- 
ciato in  piccole  lettere,  il  nome  : 

12)  MVSTIOLVS 

(l)  Senza  risultato  sono  rimasti  pure  i  tentativi  fatti  per  ricondurre  il  supposto  distico  a  qual- 
cuno dei  tanti  carmina  epigraphica  aventi  l'identico  inizio  e  raccolti  neìV Antimi.  ìat.  del  Buecheler. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  62 


POMPEI  —    484    —  REGIONE    I. 


Sull'intonaco  laterizio  della  cucina  additata  si  lessero,  tracciati  col  carbone,  i  titoletti 
seguenti  : 


13)            A  SKANII 
MVSA 


14)     1 1 0 1 K  15)     IIVVSVSQ.VR  (?) 


Parimente  col  carbone  era  tracciata  questa  data  : 

16)  XV     K    IVNIAS 

VIINIT    A 


mentre  graffito  sotto  il  titolo  n.  13  era  il  nome 

17)  PARIS 

Sulla  parete  orientale  del  salone  n.  12,  di  fronte  al  muro  divisorio, 

18)  IH      GRI 

Sulla  parete  meridionale  del  salone  n.  14,  a  sinistra  del  vano  di  ingresso,  l'alfabeto 

19)  ABCDIirGHILMNOPQRSTVX 
ANVS 

RODANVS  20)  RODANVS 

Dubbia  molto  è  la  lezione  di  alcune  lettere,  incise  un  po'  più  a  destra,  nel  campo  di 
una  tabellina  biansata  : 

21)  CA....IIIA  22)    A  d.  del  vano  d'ingresso: 

ORMlA  QW,V,T, 

OVNE 
VAVA 

Nel  cubicolo  semplice,  n.  15,  ridotto  a  stanza  di  passaggio,  sul  pilastro  giallo  della 
parete  orientale: 

23)  MINI  VHS        (Mimu(s)  es?) 

Ivi  stesso,  sullo  stipite  meridionale  del  vano  di  comunicazione  verso  occidente: 

24)  ACnACIAriA  (?)  25)  BES 

Nel  cubicolo  doppio,  n.  16,  accanto  all'apertura  dell'armadio-uccelliera,  a  destra  : 

26)  HYMGW  ;  27)         IVOQJ        (?) 

SV.- 


REGIONE    I.  .  —   485    —  POMPEI 


A  sinistra  poi,  in  10  linee  sovrapposte,  si  leggeva  la  seguente  iscrizione  capillare* 

28)  riAO  |  tyc  !  nxv  |  r-i  |  ere  |  a  |  cnih  |  k  tx  \  aac  |  ckibv  (?) 

Sulle  pareti  settentrionale  e  meridionale,  rispettivamente  : 

29)  ROXANII  29bis)         KAITICGYeiie     (?) 

©IACOIC 

Dietro  lo  stipite  meridionale  del  vano  di  ingresso  dal  terrazzo  F,  molto  in  basso,  per 
modo  che  non  può  dubitarsi  essere  opera  di  un  fanciullo,  era  la  epigrafe  seguente,  in  11 
linee  sovrapposte,  di  lezione  dubbia  e  difficile,  specie  nelle  ultime  linee: 

30)  MANTISYNA  |  TRIPODA     PVTHIIS    POTI  |   PVTIIS  POTA  |  PVTAISA  | 

DYSTVIAIANTA  |  PSPOMMTIS  |  AH -VASAI  (?)  |  CIIAOSSNI  |  STINNIII  |  A  VLSI  | 
SIINIPOLINIA  (?) 

Sulla  veranda  H,  e  precisamente  sullo  zoccolo  nero  della  parete  esterna  del  muro 
posto  a  fianco  della  doppia  colonna  segnata  in  pianta,  furono  lette  parecchie  piccole  epi- 
grafi :  l'una  di  queste  prime  tre  stava  sotto  il  disegnino  schematico  di  un  quadrupede  : 

31)  QVARTIO  ;         32)  IVNC         ;         33)         MVSA 

Si  ripete  poi  tre  volte  il  nome  Campanus,  più  o  meno  intero  : 
34)  CAMPANVS  :         35)         CAMP         ;         36)  CAM 

E  si  legge  infine,  di  un  distico  monco,  dapprima  l'inizio  : 

37)  HIC   EGO    CVM   DOMINA    RC 

e  poi  un'edizione  completa,  ma  in  lettere  cosi  sottili  e  minute,  che  solo  l'esametro  lasciano 
leggere  con  sicurezza: 

38)  (Hic)  EGO  CVM  DOMINA  RESOLVTO  CLVNC  |  (p)€R(e)GI 

DVCRSV SCRIBCRC  (turp?)£  FVIT  (?) 

M.  Della  Corte. 


NOCERA   INFERIORE  —    486    —  REGIONE   I. 


IX.  NOCERA  INFERIORE  —  Titoli  sepolcrali  conservali  tisi  «  Ca- 
stello del  Parco  > . 

Alla  cortesia  del  eh.  sig;  ing.  Luigi  Iacono  devo  la  nozione  dell'esistenza  delle  epigrafi 
che  qui  pubblico  ;  ed  alla  sollecitudine  della  on.  Direzione  del  Museo  Nazionale  di  Napoli 
devo  l'autorizzazione  di  recarmi  a  Nocera  per  prendere  delle  epigrafi  stesse  diretta  visione  : 
il  che  eseguii  lo  scorso  mese.  Tanto  la  collina  del  Parco,  quanto  i  ruderi  davvero  imponenti 
della  rocca  medioevale,  che  di  tanti  eventi  storici  fu  teatro  e  il  fasto  di  tante  corti  feudali 
vide  (1),  sono  oggi  proprietà  del  sig.  comm.  Annibale  Fienga  e  del  cav.  Francesco  suo  figlio, 
i  quali  molto  di  buon  grado  hanno  offerto  al  mio  esame  le  epigrafi  da  loro  trovate  nel 
castello,  acquistato  dai  baroni  Guidobaldi,  ultimi  possessori.  È  probabile  che  proprio  a 
Domenico  dei  Guidobaldi,  socio  ord.  dell'Accademia  Ercolanese,  debbasi  l'iniziativa 
di  questa  modesta  raccolta  di  epigrafi,  provenienti  da  varii  punti  dell'agro  nucerino,  e 
qui  dapprima  custodite  con  cura,  poi  disperse  tra  la  chiesetta  ed  il  villino  della  spianata 
più  alta,  che  va  ora  ampliandosi  ed  abbellendosi  per  divenire  una  propria  e  comoda 
villeggiatura. 

Degli  undici  titoli,  che  in  tutto  ho  visti  e  studiati,  uno  solo  è  già  compreso  nel  Corpus 
(C.I.L.  X,  1086:  d.  m.  |  Aelio  |  Cosmo  \  Sodales  |  fecerunt)  e  ad  opera  del  Nisseh,  il 
quale,  compiuta  probabilmente  l'ascensione  al  Castello  («  apud  Guidobaldium  »)  in  una 
stagione  nella  quale  nessuno  vi  si  tratteneva,  trovò  forse  il  titolo  stesso  provvisoriamente 
messo  in  un  canto  della  spianata.  Gli  altri  poi,  meno  i  tre  ultimi,  non  sono  inediti,  perchè 
già  dal  1884  furono  dal  chiaro  storiografo  di  Nocera,  G.  Orlando,  descritti  nel  voi.  I  della 
sua  opera:  tuttavia  vale  la  pena  di  pubblicarli  daccapo,  essendone  la  prima  additata 
edizione  affatto  insufficiente,  come  verrò  a  volta  a  volta  notando. 

Un  materiale  omogeneo  costituiscono  i  primi  cinque  titoli,  forse  di  provenienza  unica; 
e  sono  altrettante  stele-columelle  di  marmo  bianco  intagliate  da  lastre  rettangolari,  ovvie 
al  I  secolo  dell'impero  (cfr.  Notizie  scavi,  1916,  pag.  302  segg),  desinenti  in  alto  nel  solito 
disco-volto  umano,  e  recanti  in  basso  un  foro  :  un'assicella  di  legno  infilata  in  quest'ultimo, 
e  caricata  di  pietre  nell'opera  muraria,  teneva  fermo  il  marmo  al  posto  suo. 

1)  Alt.  m.  0,70;  larga,  m.  0,29;  disco  scheggiato: 

M-ASELLINVS 
CALLIMACO  VS 

AVGVSTAL 
V  •  ANN   •    LX 

G.  Orlando,  Storia  di  Noe.  I,  p.  115,  nella  la  linea  ha  :  Masellinus.  Per  altri  Augustales 
Nucerini  cfr.  C.  X,  1073  e  1074. 

(x)  G.  Orlando,  Storia  di  Nocera  dei  Pagani,  voli.  T— III  ;  Doni,  dei  Guidobaldi,  Dainia  o  Buona 
Dea,  pag.  I  sgg.  della  prefazione. 


REGIONE    I.  .  487    —        .  NOCERA    INFERIORE 

2)  Alt.  m.  0,65  ;  largh.  m.  0,32  ;  scheggiature  nel  disco  e  nella  base  : 

D  M 

IANVARIO    COL(owo?) 
VIX     ANNIS 
XXVIII 

3)  Alt.  ni.  0,70;  largh.  ni.  0,27;  conservazione  perfetta: 

CLAVDIA 

CYPARH 

Ori.  op.,  cit.,  I,  p.  176,  nella  linea  2»,  ha  due  punti  diacritici  dopo  la  C  e  dopo  la  Y. 
È  da  notarsi  che  nella  linea  la,  al  posto  della  D,  era  stata  già  incisa  una  O  ;  nella  2a,  sotto 
la  Y  era  stata  già  incisa  una  V  ;  nessuna  correzione  fu  operata  alla  finale  H. 

4)  Alt.  in.  0,40  ;  largh.  ni.  0,27  ;  manca  più  della  metà  superiore  del  marmo  col  gen- 
tilizio della  onorata,  che  mi  è  riuscito  impossibile  integrare  dalla  sola  estrema  base  super- 
stite delle  lettere  che  lo  componevano  : 

//////////////////////// 
VERECVNDA 
V-A-LXX-M-XI-D-XV 

Ori.,  loc.  cit.,  p.  176,  trascura  di  menzionare  la  linea  perduta. 

5)  Alt.  m.  0,46  ;  largh.  m.  0,25.  Manca  forse  un  terzo  nel  lato  inferiore  ;  fanno  da 
punti  diacritici  tante  foglioline  cuoriformi: 

D     a     M 
MARCELLAE 

VIX*  AN    a   X 

DIES  <*    XV 
MAMMVLA 

BENE  es  MER 

Ori.,  loc.  cit.,  p.  177,  tralascia  la  2a  linea  !  In  G.  X,  6432  ricorre  un'altra  mammula,  vera 
maier. 

6,  7)  Son  due  frammenti  di  stele,  conservanti  l'uno  l'angolo  destro  in  alto,  e  l'altro 
l'angolo  sinistro  in  basso  dell'epigrafe  che  fu  unica: 

m.  0,17  X  0,22  m.  0,45  X  0,18 

VL  I  A 

..ANN-XLNA 
...  GÈ 

Ori.  loc.  cit.,  p.  176,  ha  in  un'epigrafe  sola,  perchè  il  marmo  non  era  rotto  e  mancante 
come  oggi:  Mia  |  Agoge  |  v.  ann.  XIV,  dove  il  numero  è  evidentemente  errato. 


NOCKKA    INFERIORE  .       488    HEGlONIi    I. 

La  columella  seguente  è  in  tufo  di  Nocera:  alt.  m.  0,47;  largh.  m.  0,35;  le  lettere 
sono  molto  rusticamente  incise  ;  il  cognome»,  precede  il  nomen  : 

8)  RVFVS    T I T limi  [ni ?] 

VS       ANNOR 
VM     XXV 

< 

V'è  poi,  ricavato  da  un  solido  parallelepipedo  di  travertino  bianco,  un  vero  e  proprio 
monumentino,  nel  quale,  in  una  nicchia  rettangolare,  incassata,  e  sormontata  da  un  sem- 
plice frontoncino,  è  scolpito  in  altorilievo  il  busto  della  onorata.  L'epigrafe,  mutila  a 
destra,  si  stende  sull'architrave,  al  disopra  del  busto,  che  non  è  senza  pregi: 

9)  alt.  m.  0,80  ;  largh.  m.  0,275: 

VIRIA  •  GL[ance  ?] 

Trascrivo  infine  quanto  a  stento  mi  è  riuscito  leggere  in  una  logora  lastra  di  marmo 
bianco,  servita  chi  sa  per  quanto  tempo  come  scalino.  Il  titolo,  a  quel  che  pare,  doveva 
essere  molto  ampio  in  origine,  e  ci  perviene  solo  parzialmente  nel  lato  destro. 

10)  alt.  m.  0,58;  largh.  ni.  0,27: 

n  i//////////////a  n  e  s 
min  imi  min  hi  V////A 

I////////////7////VDIV 
////////////7////U//PML 
//////////////////////FEB 
////////////////////////VA 

M.  Della  Corte. 


REGIONE    IV. 


—   489   — 


CAPORCIANO 


Regione  IV  {SAMNIUM  ET  SABINA). 


X.  CAPORCIANO  —  Iscrizione  sepolcrale  latitici. 

L'ispettore  onorario  per  i  monumenti  di  Aquila,  sig.  barone  G.  B.  Manieri,  comunicò 
copia  e  fotografia  di  un  cippo  funerario  in  calcare,  alto  m.  1,15,  largo  0,55,  rinvenuto 
dall'agricoltore  Rosario  Priore  in  Caporciano,  località  Casale. 


L(ucio)  Lucceio  Fausto  et  Pausclanae  Salrillae  Lucceia  Amanda  testamento  suo  fieri 
iussit. 

Caporciano  è  luogo  compreso  nell'antico  Ager  Peltuinatium  (Peltuinum  corrisponde 
al  luogo  detto  Civita  Ansedona  presso  Prata),  oppure  neWAger  Superaequanomm  (Su- 
peraequum  si  colloca  sicuramente  a  Castelvecchio  Subequo).  Il  gentilizio  Pausculanus 
appare  in  altra  iscrizione  funeraria  rinvenuta  nel  luogo  stesso  nel  1826  (C.  I.  L. 
IX,  3437). 


PÈNTIMÀ,    PIZZOLI  —    490   —  REGIONE    IV. 


XI.  PÉNTIMA  —  Iscrizione  sepolcrale  latina. 

Nell'eseguire  dei  lavori  di  restauro  nella  scuderia  dell'abbadia  di  S.  Pelino  presso 
Pèntima  (antica  Corfinium),  si  è  rinvenuto  un  grande  frammento  di  una  lapide  sepol- 
crale di  calcare  locale,  alto  m.  0,80,  largo  0,40.  Il  rovescio  del  frammento  è  stato  rilavo- 
rato in  età  moderna  per  adibirlo  a  mostra  di  architrave  di  una  porta  o  di  una  finestra. 
Nelle  due  ultime  linee  dell'iscrizione  i  caratteri  sono  molto  più  piccoli  che  non 
nelle  altre. 

POSOLE  no 

sev.   iVGVSTali 
qui  VIXIT-ANNof< 
MENS-IIIIDfVs 
pos  OLENk-FORT  imaia 

ETITALICVs 
pare  NTES  INFELIC  immi 
fiUO  PIISSIMO 
POSVERVNT 

NTVS  IVVENIS  R.EVERENTIA  PIE 
/////////////////////OS  PIETATE  RE 

Il  gentilizio  Posolcnus  o  Aposolenus  dovrà  prender  posto  vicino  ai  molti  gentilizi  in 
enus  che  si  presentano  nella  epigrafia  romana  del  Sannio.  Un  T.  Apusulenus  Cae- 
rellianus  è  in  un'iscrizione  della  via  Ardeatina  (Not.  Scavi,  1903,  pag.  464).  Seriri 
Augustalesa.  Corfinium  sono  già  ricordati  nelle  iscrizioni  C.I.L.IX — 3144,3160,3180, 
3182-3187. 


XII.  PIZZOLI  —  L'ispettore  onorario  per  i  Monumenti  e  Scavi  di  Aquila  sig. 
conte  G.  B.  Manieri,  ha  comunicato  che  un  contadino,  eseguendo  lavori  agricoli  presso 
Pizzoli  ha  rinvenuto  una  stele  in  calcare  locale,  stondata  in  alto,  con  l'iscrizione  : 

# 

P-HELVIDIVS-P-L- 

FLACCVS 

AGRIA-L-F-VXSOR 

INFR-P-XX-IN-AGR-P-XX 

R.  Paribeni. 


SICILIA  —    491   —  ACIREALE 


.  SICILIA. 

XIII.  ACIREALE  —  Scoperte  a  Casalotto. 

Il  fianco  sud-orientale  dell'Etna  che  scende  con  pendìo  quasi  costante  verso  la 
marina  di  Aci,  giungendo  a  poche  miglia  dalla  costa,  forma  due  ciglioni,  sur  primo  dei 
quali,  dell'altezza  media  di  m.  650,  son  situati  i  villaggi  di  Zaffarana  Etnea,  di  Treca- 
stagni,  di  Pedara,  e  di  Mcolosi,  mentre  sul  secondo,  che  per  buon  tratto  mantiene  il  li- 
vello di  m.  350  circa,  sorgono  i  caseggiati  di  S.  Gregorio,  di  Valverde  e  di  Aci  S.  Antonio. 
Su  questo  secondo  ciglione,  e  precisamente  a  mezza  strada  fra  i  due  ultimi  villaggi  no- 
minati, si  trova  la  tenuta  di  Casalotto,  ricca  di  vigneti  e  collocata  in  una  posizione  su- 
perba in  quanto  dalla  parte  settentrionale  gode  il  panorama  grandioso  della  sommità 
del  vulcano  e  delle  borgate  del  primo  ciglione,  dalla  parte  orientale  ha  un  vasto  oriz- 
zonte marino  e  domina  la  sottostante  Valverde  e  il  tratto  di  costa  compreso  tra  Acireale 
e  Aci-Castello,  vasta  zona  archeologica  che  possiamo  dire  ancora  non  sufficientemente 
studiata  nonostante  le  vivaci  discussioni  cui  dette  luogo  a  proposito  della  localizzazione 
dell'antica  Xiphonia  ('). 

Data  la  presenza  di  questi  ruderi  sulla  zona  costiera,  non  meraviglierà  il  fatto  che 
altri  avanzi  siano  oggi  venuti  alla  luce  nelle  colline  che  a  quella  fan  quasi  corona,  e  che 
un  documento  epigrafico,  ritrovato  fortuitamente  a  Casalotto,  e  su  cui  dovremo  tratte- 
nerci, accenni  forse  alla  località  di  Aci  che,  nell'epoca  romana,  dovette  sorgere  su  quella 
marina. 

Gli  scavi  nella  tenuta  di  Casalotto  ebbero  inizio  nello  scorso  ottobre  in  occasione 
di  lavori  per  assestamento  di  vigne  nella  località  più  particolarmente  chiamata  «  il  tondo». 
I  primi  ruderi  cominciarono  ad  apparire  a  pochissima  profondità  dalla  linea  di  cam- 
pagna (m.  0,50  circa),  e  l'estensione  della  loro  traccia  indusse  il  proprietario  il  Principe 
di  Reburdone,  che  qui  ringrazio  pubblicamente  per  avermi  permesso  ed  agevolato  lo 
studio  di  queste  casuali  scoperte,  a  metterne  a  nudo  una  buona  parte  ed  a  conservarli. 
A  questo  interessamento  si  deve  anzi  se,  a  prescindere  da  una  piccola  zona  che  nell'an- 
nessa pianta  abbiamo  avuto  cura  di  tratteggiare  e  che  al  principio  dei  lavori  era  stata 
inconsapevolmente  distrutta,  tutti  gli  altri  avanzi  non  ebbero  a  subire  una  simile  sorte. 

La  piantina  che  presentiamo  (fig.  1  )  può  dare  l'idea  di  quanto  finora  è  stato  rinvennto 
della  costruzione  ;  ma  dobbiamo  premettere  che  essa  pianta,  nonché  le  notizie  che  rife- 
riamo, hanno  un  carattere  assolutamente  provvisorio  in  quanto  che  il  terreno,  che  con 
dolce  pendìo  declina  verso  il  piano  di  S.  Antonio  e  che  non  fu  toccato  a  causa  delle  sovra- 
stanti piantagioni  di  vigne,  nasconde  certamente  altri  avanzi  che  sembrano  la  conti- 
nuazione della  costruzione  in  parola. 

(')  La  ricca  letteratura  su  tale  questione  è  pubblicata  in  gran  parte  negli  Atti  delle  Accademie 
acesi  :  Zelantea  e  Dafnica. 

Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  03 


Acireale  —  492  —  Sicilia 

L'area  finora  scoperta  presenta  una  forma  rettangolare  della  lunghezza  di  m.  26 
circa,  della  larghezza  di  ni.  12,42.  limitata  ai  lati  da  due  muri  della  larghezza  di  m.  0,60 
ognuno,  che  si  stendono  da  nord  a  sud,  e  dalla  parte  meridionale  da  un  tratto  di  muro 
perpendicolare  ai  due  primi  ma  che  s'interrompe,  poco  oltre  la  scaletta  indicata  nella 
pianta,  contro  un  piccolo' massiccio  roccioso  che  non  presenta  traccia  alcuna  di  costru- 
zione. I  muri  laterali  e  il  breve  tratto  del  muro  meridionale  sono  costruiti  di  blocchi 
di  lava  squadrata  misti  a  pietrame  (opus  incertum);  regolarissima  invece  e  quasi  isodoma 


l^SSSSS^SSS^ 


a 


1 


ì 


> 


L—JL— Ji       I         |         |    -iLsssJ 

Hill 


a     ,      ,     in 

fc  ci, 

&    ?    5"    | 


^* 


S-    f-     « 


Fio.  1. 

potremmo  dire  la  costruzione  di  una  serie  di  muretti  divisorii  (lunghezza  m.  1,70), 
probabilmente  destinati  a  sorreggere  delle  volte,  disposti  perpendicolarmente  ai  muri 
laterali  ed  equidistanti  fra  di  loro  (l'intervallo  fra  l'uno  e  l'altro  è  di  m.  3,70,  mentre 
i  due  più  meridionali  distano  dalla  parete  m.  5). 

Quale  fosse  l'altezza  originaria  dei  muri  laterali  e  di  quelli  divisorii  non  sapremmo 
dire  perchè  a  precisarla  occorrerebbe  metterli  a  nudo  completamente  ;  ma  è  certo,  per- 
tanto, che  dal  lato  meridionale,  pur  mancando  ogni  traccia  di  pavimento,  quattro  pic- 
coli plinti  di  pietra  lavica,  su  cui  si  ergono  delle  colonnette  (altezza  m.  1.00)  composte 
di  grossi  anelli  fittili  sovrammessi,  del  diametro  di  m.  0,40,  indicano  il  livello  originario 
di  esso.  Questi  plinti  sono  collocati  a  ni.  0,80  dalla  parete  meridionale,  e  si  trovano  tutti 
sulla  stessa  linea;  ma,  mentre  i  due  più  orientali  sembrano  quasi  fiancheggiare  la  piccola 
porta  e  l'annessa  scaletta,  non  si  comprende  la  funzione  dei  due  più  occidentali  distanti 
da  quelli  m.  5,30  ed  antistanti  al  piccolo  massiccio  roccioso.  Questo  tratto,  compreso 
fra  le  due  coppie,  non  mostra  traccia  né  di  plinti  ne  di  colonnette  asportate,  come  sa- 
rebbe facile  supporre. 


SICILIA  493    ACIREALE 


L'altezza  degli  altri  muretti  divisorii  non  è  stata  dunque  accertata,  ad  eccezione 
di  quelli  più  settentrionali,  dove  un  piccolo  saggio  di  scavo  mi  ha  permesso  di  consta- 
tare che  essi,  elevantisi  attualmente  a  m.  1  circa  sopra  terra,  continuano  per  una  pro- 
fondità di  m.  1,10,  e  a  questo  punto  incontrano  una  larga  base  di  pietra  vulcanica  su  cui 
poggiano. 

Tutta  la  costruzione  presenta  dunque  una  grande  differenza  di  livello  che,  nel  tratto 
scoperto,  si  può  calcolare  di  più  di  un  metro,  ma  che  cresce  a  mano  a  mano  che  si  pro- 
gredisce verso  settentrione  dove,  come  si  è  detto,  l'edifìcio  sembra  continuare. 

È  difficile  stabilire,  allo  stato  attuale  dello  scavo,  la  natura  e  la  destinazione  del- 
l'edifìcio. La  presenza  dei  pilastrini  costituiti  dai  grandi  anelli  in  terracotta  farebbe 
venire  l'idea  che  si  tratti  di  suspensurae;  ma  l'ipotesi  credo  sia  da  escludersi  senz'altro 
per  la  mancanza  dei  numerosi  sostegni,  simili  ai  quattro  in  situ,  che  si  riscontrano 
costantemente  nelle  terme  in  cui  era  applicato  questo  sistema  di  costruzione,  ma 
soprattutto  per  il  forte  dislivello  che  presentano  le  diverse  parti  della  costruzione.  È 
pure  difficile  che  possa  trattarsi  di  una  villa  o  di  una  parte  di  essa,  considerando  che 
la  costruzione  è  impostata,  come  abbiamo  detto,  su  di  un  declivio,  e  considerando 
pure  l'assoluta  mancanza  di  aperture,  ad  eccezione  della  piccola  porta  sul  lato  meri- 
dionale. A  questa  ipotesi  però  si  rinuncia  a  malincuore,  perchè  la  prima  impressione  che 
si  riceve  da  queste  rovine  è  proprio  quella  di  un  magazzino  o  del  sottosuolo  di  una 
villa  rustica,  impressione  che  contribuiscono  a  dare  anche  i  grandi  frammenti  di  dolii 
sparsi  in  mezzo  alle  rovine,  tra  i  quali  è  da  ricordarne  uno  il  cui  fondo,  recante  tracce 
di  restauri  in  piombo,  è  ancora  in  situ  davanti  al  terzo  scomparto  di  sinistra.  Abban- 
donando queste  supposizioni,  non  resterebbe  da  pensare  se  non  ad  una  grande  cisterna, 
ipotesi  con  cui  non  contrastano  nò  la  lunghezza  dell'edifìcio  né  i  suoi  dislivelli  (ved.  Vitr. 
Vili,  7)  ne  la  natura  di  questa  regione  ricca  di  acque.  Contrasta  invece  un  altro  parti- 
colare, la  presenza  di  tracce  d'intonaco  a  pittura  di  color  rosso  tuttora  aderenti  alla 
parete  meridionale  nei  pressi  della  scaletta  ed  alcuni  frammenti  di  intonaco  a  pittura 
di  color  rosso  e  fasce  nere  rinvenuti  qua  e  là  durante  gli  scavi. 

Limitandoci  per  ora  a  queste  vaghe  congetture,  non  ci  resta  che  da  stabilire  l'epoca 
dell'edifìcio  che,  in  base  alla  regolarità  della  costruzione  dei  muri  divisorii  e  dell'opus  in- 
cerlum  dei  muri  laterali,  potremmo  attribuire  alla  fine  della  repubblica  o  al  primo  secolo 
dell'impero. 

Abbiamo  detto  che  l'area  compresa  entro  il  recinto  dei  ruderi  è  attualmente  esplo- 
rata fino  a  un  metro  di  profondità.  Finora  essa  non  ha  dato  se  non  i  cocci  e  i  frammenti 
di  anelli  fìttili  e  di  grandi  dolii  che  abbiamo  descritto,  nonché  una  giarra  contenente  i 
resti  di  un  fanciullo.  Questo  esempio  di  iyxvtqia^ió;  non  è  la  sola  traccia  di  sepolture 
avvenute  nel  luogo  :  anche  immediatamente  a  sud  del  muro  meridionale,  in  una  pic- 
cola cavità  della  roccia,  si  son  trovate  delle  ossa  e  cocci  di  vasi  acromi  lavorati  al 
tornio  (1).  Tanto  le  ossa  del  cadaverino  quanto  queste  ultime  rimontano  quasi  certa- 
mente ad  un'epoca  posteriore  all'edifìcio  e  forse  anche  a  quella  della  sua  distruzione. 

Ma  la  scoperta  più  interessante  avvenuta  nell'area  centrale  è  quella  di  un'iscri- 
zione bilingue,  incisa  su  di  una  lapide  marmorea  che  attualmente  misura  m.  0,23  di  al- 

(})  Oltre  il  muro  meridionale,  in  fatto  di  costruzioni,  non  si  è  trovata  se  non  la  piccola  cisterna 
circolare  di  ni.  2,30  di  diametro,  segnata  nella  pianta. 


ACIREALE  —   494   —  SICILIA 

tezza  per  m.  0,28  di  larghezza  (alt.  lett.  m.  0,02)  ma  che  indubbiamente  non  rappresenta 
se  non  una  parte  della  grandezza  originaria  (fig.  2)  (').  La  lettura  è  ostacolata  un  po'  da 

■|    — r.   ■■;,.. 

m.ff^''*<>  •     ^jr-rn  — 'ini  '"**"    |fr~»i-— **T^ 

Fia.  2. 

alcune  macchie  rossastre  che  l'oscurano  nel  lato  destro,  in  alto,  e  molto  più  dalla  mu- 
tilazione. Ke  diamo  l'apografo  e  la  supposta  integrazione  seguita  da  un  breve  commento. 

1.  àvéOrf\xev  HvOa  xcù  H\6(x\èxéXevae 

2.  sQ%ha~\Hai  rovi;  art'  aave<ù\j;  Knravrjg 

3.  SQxjfffOai  tovc  àn'   'Àxió\og  x(!)iitjc  xaì 

4.  (ptgsiv~\  aviiiì  xctqnòv  wq    òq\_evrj 

5.  nedi'ov]  tovio  tò  nayv  zoTg  ff^s/ia^oiiiéyoic 

6.  FECITJME  SAMIVS  VTR.OQVE  IN[SPICIENTEM     (seu  invigilantem) 

7.  EN]ORMEN  PENEM  VT  OSTEN[DAM 

8.  ....  RVBRl-SAMI-FIL- 

(x)  La  lapide  è  spezzata,  sul  lato  sinistro,  in  due  frammenti  perfettamente  combacianti. 


SICILIA  .  495    ACIREALE 

Anzitutto  in  questa  iscrizione,  che  poteva  essere  anche  in  versi  e,  per  la  parte 
latina,  in  metro  priapeo,  manca  certamente  qualche  linea  che  precedeva  il  testo  a  noi 
pervenuto,  e  nella  quale  si  specificava  il  nome  del  dedicante  e  forse  l'autore  del  simu- 
lacro di  cui  sembra  si  parli. 

Nella  prima  linea,  nonostante  che  la  frase  avverbiale  è'rda  xcà  è'ida  sembri  la  tra- 
duzione greca  àclVutroque  della  riga  6a,  preferisco  unire  il  primo  è'vOu  ad  àvédtjxev  ed 
il  secondo  ad  ìqxsgOui.  La  prima  soluzione  avrebbe  richiesto,  oltre  ad  sxs'lavas,  asso- 
lutamente necessario,  un'altra  parola  che  fosse  la  traduzione  del  latino, inspicienlem 
o  invigilantem  ;  ma,  a  prescindere  dal  fatto  che  le  linee  seguenti  non  dimostrano  la  man- 
canza di  una  lunga  parte  dell'iscrizione  sul  lato  destro,  possiamo  dire  davvero  che  il  testo 
latino  sia  una  traduzione  del  greco  ?  A  me  sembra  che  il  resto  dell'iscrizione  escluda 
tale  ipotesi. 

Nella  seconda  linea  considero  l'integrazione  eQ%kd6ai  quasi  sicura  :  la  stessa  parola 
ripetuta  alla  linea  seguente  serve,  si  può  dire,  di  conferma,  in  quanto  la  finale  sodai 
è  preceduta  da  un  avanzo  di  lettera  che  molto  probabilmente  è  un  %.  La  specificazione 
dell'acri*  è  verisimile,  come  specificata  è  la  località  nella  linea  seguente.  La  lacuna  che 
suppongo,  fa  ammettere  che  si  tratti  di  Kaxàvìj.  Del  resto,  a  quale  altro  centro  vicino, 
che  meritasse  la  qualifica  di  aaiv,  si  poteva  accennare? 

Nella  linea  terza  è  da  rilevare  la  menzione  interessante  di  Aci.  Gli  scrittori  greci 
accennano  soltanto  al  fiume  che  scorreva  in  questa  località  Etnea,  fiume  la  cui  etimo- 
logia si  ricercava  nel  suo  corso  rapido  e  diritto.  La  menzione  di  Aci  come  centro  popo- 
lato appare  per  la  prima  volta  negli  scrittori  romani.  Nel  racconto  delle  guerre  puniche 
Silio  Italico  (XIV,  221)  nomina  fra  i  popoli  di  Sicilia  quello  che 

....  per  Aetneoi  Acis  petit  aequora  fines. 

La  seconda  menzione  è  nell'itinerario  di  Antonino  che  indica  Aci  a  19  miglia  da 
Nasso  e  a  9  da  Catania.  La  terza  testimonianza  la  darebbe  la  nostra  epigrafe  dove  Akis 
(situata  in  una  zona  che  è  in  vista  dalla  località  ih  cui  fu  rinvenuta  l'iscrizione)  sarebbe 
ricordata  come  un  centro  notevole  di  vita  sulla  costa  orientale,  in  contrapposto  alla  lo- 
calità nominata  nella  linea  precedente  (l). 

Nella  quarta  linea  leggo  la  prima  parola  avtìh,  nonostante  la  mancanza  dello  jota 
soscritto.  Non  sappiamo  se,  come  nell'iscrizione  latina,  è  il  monumento  che  parla,  e  se 
quindi  dobbiamo  supporre  invece  Sfiavi!?.  L'offerta  dei  frutti  indica  certamente  la  divi- 
nità onorata  che  io  suppongo  fosse  Priapo  per  le  ragioni  che  in  seguito  esporrò.  L'ul- 

(')  Una  leggenda  del  seicento  fece  di  Aci  la  continuazione  di  Xiphonia,  e  si  pretese  quindi  che 
l'uria  e  l'altra  città  sorgessero  al  Capo  Mulini.  Oggi,  scartata  l'identificazione  di  Akis  con  Xiphonia  e 
sfatata  la  leggenda  della  localizzazione  di  quest'ultima  a  Capo  Mulini,  sembra  opportuno  ricercare 
la  prima  lungo  la  riva  del  fiume  omonimo.  Senonchò  l'identificazione  del  fiume  è  discussa  quanto  quella 
della  città.  L'Arezio,  seguito  da  molti  autori  (Fazello,  Maurolico),  l'identificò  col  Fiumefreddo  che 
scorre  tra  Mascali  e  Calatahiano;  il  Carrera  (e  con  lui  l'Amico,  il  Vigo,  Ferrara  ed  altri)  con  le  Acque- 
grandi.  Recentemente  il  Raccuglia  (Storia  di  Aci,  Acireale,  1900,  pag.  1?3  e  sgg.\  tornando  ad  un'opi- 
nione espressa  dal  Cluverio, riconosce  l'antico  Aci  nelle  acque  della  Reitana  che  nasce  a  pochi  chilo- 
metri dal  mare,  ha  un  corso  rapido  e  diritto,  ed  era  fino  al  1500  abbondante  di  acque.  Conseguente- 
mente egli  localizza  la  città  di  Akis  alle  foci  di  esso. 


ACIREALE  496    SICILIA 

tima  parola  non  può  essere  se  non  òqsvtj  sia  per  le  lettere  rimaste,  sia  perchè  essa  deve 
indicare  il  compenso  del  Dio  alle  offerte  (xuqtiòv)  dei  suoi  adoratori. 

Questi  ultimi  sono  certo  indicati  nella  linea  seguente  con  la  parola  la  cui  2 iniziale  è 
sicura.  Si  potrebbe  essere  indotti  dalla  linea  7  a  considerare  Tta%v  come  una  traduzione 
dell'enorme»; ;  ma  quale  parola  di  genere  neutro  tradurrebbe  penem?  Preferisco  quindi 
supplire  nsóiov  collegando  l'idea  della  protezione  del  dio,  espressa  nella  linea  prece- 
dente, con  quella  della  fertile  (naxi)  =  pingue)  pianura  formata  dalla  terrazza,  su  cui 
si  trova  Caaalotto  e  che  con  dolcissimo  pendio  scende  verso  settentrione. 

Nel  testo  latino  non  abbiamo  una  traduzione  letterale  del  greco  e,  a  me  pare,  neppure 
una  parafrasi  o  un  sunto. 

La  prima  parola  è  certamente  fecit  o  posuit.  :  si  ricordi  a  tale  proposito  il  carme 
priapeo  (X)  dove  il  simulacro  ligneo  dice  : 

Non  me  Prasiteles  Scopasve  fecit 
Nec  sum  Phidiaca  manti  politus. 

Vulroque  inspicientem  o  invigilantcm  fa  pensare  ad  una  erma  bifronte  che  custodisse 
due  predii  limitrofi.  Così  nel  carme  priapeo  XXIV: 

Hic  me  custodem  fecundi  vittimi  horti 
Mandali  curarti  jussii  habere  loci. 

Nel  testo  latino  manca,  ne  credo  sia  da  congetturarsi,  l'idea  del  pellegrinaggio  di 
genti  diverse  e  delle  offerte  al  dio,  di  cui  viene  invece  segnalata  la  particolarità  carat- 
teristica del  penis  enormis  che  fa  ricordare  la  fine  carme  priapeo  X  : 

Nimirum  libi  salsa  res  videtur 
Adslans  inguinibus  columna  nostris. 

Nell'ultima  linea,  nonostante  che  dall'epigrafe  non  sembri,  manca  certamente  il 
nome  del  dedicante  (il  figlio  di  Rubrio  Samio)  che  parrebbe  dover  essere  il  Samius  della 
linea  sesta,  se  questi  non  era  semplicemente  l'autore  del  simulacro.  Sarebbe  strano, 
peraltro,  che  questo  Samius  non  fosse  il  figlio  di  Rubrio  Samio! 

Ho  supposto  dunque  che  la  divinità,  cui  certo  si  alludeva  in  questa  iscrizione,  fosse 
Priapo;  nò  credo  di  avere  errato,  sebbene  il  culto  di  Priapo  attestatoci  da  iscrizioni  a 
Roma,  a  Telesia,  a  Bergamo,  a  Padova,  ad  Aquileia,  in  Dalmazia  e  in  Dacia,  appaia 
ora  per  la  prima  volta  in  un'epigrafe  siciliana  (1).  L'ipotesi  di  un  culto  priapeo  alle 
falde  dell'Etna  ricche  di  oliveti  e  di  vigne  è  facilmente  sostenibile,  quando  si  pensi 
che  il  Dio  era  appunto  venerato  come  ò.TwoogirXaì  r&v  àfinéXcuv  xal  twv  xrjnmv  (2) 
e  che  come  xtjnovQÓg  o  come  àyqo<pvXal,  egli  sarebbe  stato  concepito  in  questa  iscri- 
zione, se  l'idea  della  tutela  dei  campi  è  veramente  espressa  nelle  linee  4  e  5  dell'epi- 
grafe. Le  genti  di  Catania  e  di  Aci,  popolazioni  costiere,  e  che  quindi  potevano  vene- 
rare Priapo  anche  come  alyiaXCTrjg  e  come  Xifierìirjg,  è  facile  che  salissero  sul  clivo 

(1)  Su  tutto  ciò  ved.  Roscher  ad  v  Priapo.  Le  iscrizioni  relative  sono  nel  f .  /.  L.  Pei  l'altare 
ad  Aquileja  ved.  Michaelis,  Arch.  epigr.  Miti.  1877-1881. 

(2)  Diod.  IV,  G,  4  Come  protettore  dell'allevamento  delle  api  è  ricordato  da  Pausania  IX,  31,  2. 


SICILIA  —    497    —  ACIRKALK 

Etneo  a  portargli  le  offerte  di  uva,  melograni,  mandorle  e  fichi  particolarmente  grate 
al  «  ruber  ho-rtorum  custos,  membrosior  aequo  ». 

Non  ci  è  dato  di  sapere  a  quale  monumento  fosse  applicata  l'iscrizione.  Il  penem 
cnormem  mi  ha  fatto  pensare  a  tutta  prima  ad  uno  di  quegli  strani  monumenti  itifallici 
che  fiancheggiano  una  strada  di  Delos  ;  ma,  se  tale  non  era,  possiamo  anche  immaginare 
si  trattasse  di  una  rappresentazione  assai  più  comune,  già  illustrata  dallo  Jahn  (J)  e  per- 
venutaci in  numerosi  esemplari,  cioè  il  Priapo  che  solleva  il  grembiale  ricolmo  di  frutti, 
mostrando  l'«  inguen  nullis  veslibus  factum  »,  il  Priapo  insomma  che,  come  ci  è  descritto 
da  Petronio  nel  Satyricon  (2),  «  gremioque  satis  ampio  omnis  generis  poma  et  uvas  susti- 
nebat,  more  vulgato  ».  Una  inedita  statuette  frammentaria  di  questo  genere,  di  cui  re- 
stano il  torso,  parte  delle  gambe  e  della  tunica  sollevata  sul  davanti,  ho  potuto  osser- 
vare di  recente  anche  nel  Museo  dei  Benedettini  tra  alcuni  rottami  di  origine  quasi 
certamente  locale. 

Come  già  abbiamo  detto,  Vutroque  invigilans  dell'iscrizione  latina  può  far  anche  pen- 
sare ad  una  statua  bifronte.  Ad  ogni  modo,  è  da  sperare  che  ulteriori  scavi  nell'area 
interna  dei  ruderi  fin  qui  scoperti  abbiano  a  restituirci  questo  simulacro  o  almeno  qualche 
parte  di  esso,  a  meno  che  non  si  trattasse,  come  spesso  avveniva,  di  una  statua  lignea 
che  dobbiamo  credere  non  tanto  rozza,  data  la  supposta  indicazione  dell'autore.  Già 
infatti  qualche  frammento  di  scultura  è  venuto  alla  luce  a  poca  distanza  dall'iscri- 
zione. Uno  di  questi  è  la  mano  di  una  statua,  di  grandezza  naturale  :  un  altro,  più  note- 
vole, è  un  frammento  di  un  grazioso  torsetto  marmoreo.  Nella  modellatura  si  osserva 
una  certa  vigoria,  e  alcune  parti,  ad  esempio  l'attacco  delle  reni,  sono  squisitamente  trat- 
tate. Il  torsetto  apparteneva  ad  una  statua  che  non  misurava  forse  più  di  m.  0,80  di 
altezza  e  rappresentava  una  figura  virile  poggiante  sulla  gamba  destra,  con  una  ponde- 
razione che  potremmo  dire  policletea,  se  gli  avanzi  della  coscia  sinistra  non  dimostras- 
sero che  questa  gamba  era  portata  molto  avanti.  Sul  fianco  destro  osserviamo  un 
punto  d'attacco  ;  e,  siccome  tra  i  frammenti  si  sono  rinvenuti  i  resti  di  una  clava  che  per 
le  proporzioni  non  disconviene  alla  nostra  figura,  saremmo  tentati  di  ricostruire  con 
questi  elementi  la  rappresentazione  di  un  Eracle  che  sostiene  la  clava  con  la  mano 
destra  molto  aderente  al  fianco.  Ma,  rifuggendo  per  ora  da  ogni  ricostruzione,  ci  limi- 
teremo a  osservare  che  il  culto  di  Priapo  era  spesso  associato  a  quello  di  Eracle,  come 
dimostra  quella  celebre  pittura  pompejana  con  la  scena  dell'eroe  e  di  Omfale,  dove 
vediamo  il  primo  sostenuto  da  Priapo  rappresentato  quale  servo  e  fedele  compagno  di 
Ercole,  associazione  certo  derivata  dall'idea  della  forza  e  della  produttività  di  quest'ul- 
timo (3). 

Tra  i  frammenti  rinvenuti  insieme  col  torsetto  ricorderemo  ancora  la  gamba  de- 
stra di  una  statua  di  dimensioni  identiche  alla  prima.  L'epigrafe  e  i  frammenti  descritti 
ci  farebbero  pensare  ad  un  sacellum  che  forse  sorgeva  nel  luogo  del  rinvenimento  ;  ma  chi 
può  dire,  se  esso  fece  parte  della  grande  costruzione  che  racchiudeva  questa  area,  o  se  ap- 

(*)  0.  Jahn,  Ber.  d.  Sachs.  Gcsellsch.  d.  Wissensch.  Phil.  hist.  Kl.  1855,  p.  215  e  in  Jahrbuch.  des 
Ver.  von  Althertumsfreund  ini  Rhcinland  1850. 

(2)  Petron.,  Satyricon,  60. 

(3)  Helbig,  Wandgem.  Camp.  1140. 


ACIREALE  —    498   —  SICrLIA 

partenne  a  epoca  posteriore  ?  botiamo  pertanto  che  la  fattura  delle  statue,  anche  se  si 
tratta  di  copie,  è  di  buona  epoca  ;  e  ricordiamo  inoltre  che  abbiamo  attribuito  la  costru- 
zione dell'edificio,  sia  esso  villa  rustica  o  altro,  ad  epoca  non  più  tarda  del  I  secolo  del- 
l'Impero. 1  caratteri  dell'iscrizione  invece,  con  la  forma  tipica  delle  lettere  (A  ,  ^  ,  M  , 
N  ,  O  ,  &),  accennano  ad  epoca  non  anteriore  al  terzo  secolo'  d.  Cr.  Questa  deter- 
minazione cronologica  non  sarebbe  di  poco  valore,  poiché  l'iscrizione,  col  suo  testo 
bilingue,  dimostrerebbe  quanto  a  lungo  sia  rimasto,  specialmente  nelle  campagne 
siciliane,  l'uso  della  lingua  greca  cui  appartiene  la  maggior  parte  dell'iscrizione. 

Riuniamo  e  presentiamo  questi  dati,  nella  speranza  che  le  ricerche  successive  aiu- 
tino a  risolvere  questi  diversi  problemi. 

Terminiamo  accennando  ad  alcuni  monumenti  minori  i  quali  ci  attestano,  che  la 
vita  non  si  spense  al  terzo  o  quarto  secolo  in  questa  località. 

Essi  sono  costituiti,  oltre  che  da  quelle  sepolture  cui  più  sopra  abbiamo  accennato, 
anche  da  tre  monete  non  perfettamente  identificate,  ma  l'ima  di  Giustiniano  I  o  II, 
l'altra  di  Foca  o  di  Niceforo  II  Foca,  la  terza  di  Anastasio  o  di  Giustino  I. 

Caratteristica  infine  è  la  fibula  bronzea  che  riproduciamo  e  che  ha  la  forma  di  una 
lepre  in  corsa:  strano  oggetto  che  per  lo  stile  e  per  i  circoletti  concentrici  che  l'ador- 
nano attribuiremmo  al  secolo  VII  e  all'VIII  d.  Cr.  (fig.  3). 


Fio.  3. 

Dopo  quest'epoca  non  sappiamo,  se  la  località  ebbe  più  abitatori  ;  ma  dagli  studii 
degli  storici  paesani  sulle  età  successive  risulta  che  solo  in  documenti  del  secolo  XVI 
riappare  esplicitamente  la  menzione  di  Casalotto.  Tuttavia  è  da  tener  presente  ciò  che 
dice,  parlando  dei  diversi  casali  che  portano  il  nome  di  Aci,  uno  dei  più  accreditati  fra 
tali  storici,  il  Raciti-Romeo,  il  quale  giudica  il  Casalotto  di  S.  Antonio  come  uno  dei 
più  antichi,  sebbene  egli  affermi  che,  «per  l'antichità  relativa  dei  diversi  casali,  non 
possiamo  stabilire  nulla     di  certo  »  ('). 


Nuova  esplorazione  del  rudero  di  Casalotto. 

In  seguito  al  consenso  ottenuto  dalla  R.  Soprintendenza  e  ad  iniziativa  del  proprie- 
tàrio, nel  maggio  scorso,  furono  riprese  le  ricerche  nelle  immediate  vicinanze  del  grande 
edificio  di  cui  sopra  abbiamo  parlato,  ricerche  che,  in  generale,  dettero  esito  negativo,  ad 

(x)  Raciti  Romeo,  Ancora  sulle  origini  di  AH,  pag.  41. 


SICILIA  _    499    —  ACIREALE 

eccezione  che  nell'estremo  angolo  nord-ovest.  Qui  venivano  infatti  alla  luce  altri  ruderi, 
la  cui  disposizione  risulta  chiaramente  dalla  piantina  d'insieme. 

Tanto  il  pilastro  (o  tratto  di  muro?),  della  lunghezza  di  m.  1,53,  che  si  osserva  sullo 
estremo  angolo  N-O,  quanto  l'altro  tratto  della  lunghezza  di  m.  3,40  separato  dal  primo  da 
un  intervallo  di  m.  1,10,  io  ritengo  appartenessero  alla  grande  costruzione  di  cui  sopra, 
sia  per  l'eguale  livello,  sia  per  la  direzione  che  presentano  i  ruderi,  sia,  infine,  per  la  somi- 
glianza del  rivestimento  a  conci  rettangolari  che  in  qualche  punto  è  conservato  sino  al- 
l'altezza di  m.  1,33,  e  che  altrove  invece  è  per  gran  parte  mancante. 

Ad  epoca  posteriore  risalgono  certamente  altre  costruzioni  comprese  tra  i  nuovi 
elementi  ora  descritti  e  il  muro  occidentale  dell'edificio  maggiore,  costruzioni  che  con- 
sistono in  una  coppia  di  forni  dei  quali  quello  più  meridionale,  meglio  conservato,  pre- 
senta nella  parte  interna  una  serie  di  pilastrini  formati  da  tegoloni  sovrapposti.  Tali 
forni,  che  originariamente  dovevano  avere  anche  un  rivestimento  di  lastre  fittili  sul  fondo, 
erano  di  dimensioni  diverse  ;  ed  è  anzi  notevole,  che  a  quello  di  maggiori  dimensioni  corri- 
sponde la  bocca  più  piccola,  e  viceversa.  Queste  aperture,  il  cui  arco  superiore  consta  di 
tegoloni  mal  connessi  con  argilla,  si  aprono  su  un  muretto  di  m.  0,42  di  spessore  che 
veniva  a  dividere  l'antico  vano  in  due  parti  quasi  uguali.  Dobbiamo  aggiungere,  che  da- 
vanti alla  fornace  di  destra  si  apre  nel  suolo  una  vaschetta  internamente  intonacata  e 
del  diametro  di  m.  1,32,  e  che  infine  tutti  questi  avanzi  mostrano  traccie  di  un 
intenso  fuoco. 

Non  sapremmo  dire  a  quale  uso  servissero  questi  forni  ;  i  tipi  più  conosciuti,  tra  quelli 
che  servivano  alla  cottura  del  pane,  non  presentano  di  solito  la  serie  di  pilastrini  che  os- 
serviamo nei  nostri  e  che  sembrerebbero  invece  destinati  a  sorreggere,  se  non  la  cupola 
del  forno  stesso,  delle  grandi  caldaie.  È  quindi  probabile  che  tale  costruzione  attesti  una 
qualche  industria  agricola  esercitata  sul  posto. 

A  causa  della  pessima  qualità  della  costruzione,  saremmo  indotti  ad  assegnare  questi 
forni  ad  epoca  assai  posteriore  a  quella  del  grande  edificio  a  cui  essi  si  appoggiano:  e 
tutto  ciò  dimostra,  come  per  alcune  generazioni  si  seguitassero  ad  usare,  adattandoli,  gli 
ambienti  del  grande  fabbricato  più  antico  che,  quasi  con  certezza,  consideriamo  adesso 
come  i  ruderi  di  una  grande  villa  rustica  o  di  un'ala  di  essa.  In  mezzo  agli  avanzi  messi 
in  luce  più  di  recente  si  son  rinvenuti  altri  resti  di  rozza  ceramica,  un  frammento  mar- 
moreo che  sembra  il  bordo  di  qualche  vasca  o  di  qualche  bacino,  delle  lucerne  fittili  con 
il  noto  stampo  C  •  IVN  •  DRAS  e  infine  una  grande  quantità  di  tessere  per  musaico. 

All'elenco  delle  monete  trovate  dobbiamo  aggiungere  ancora  le  seguenti:  tra  le 
greche,  qualche  bronzo  siracusano  con  la  testa  di  Atena  elmata  e  l'ippocampo,  nonché 
un  bronzo  di  Gerone  II  (1?  testa  del  sovrano  ;  9  pegaso)  ;  tra  i  pezzi  romani  un  conio 
catanese  recante  sul  diritto  la  testa  bifronte  e  modiata  di  Serapide  e  sul  rovescio  Deme- 
tra  ;  infine  alcune  piccole  monete  imperiali  con  l'effigie  di  Domiziano,  di  Gallieno,  di 
Massimiano,  di  Costanzo  Cloro,  di  Costantino,  di  Costante  e  di  Valente  :  tra  le  mo- 
nete bizantine,  qualche  bronzo  di  Giustiniano  e  di  Leone. 

G.  Libertini 


Notizie  Scavi  1922  —  Voi.  XIX.  «4 


—  501  — 


INDICI 


INDICE   DEGLI  AUTORI 


Alessandri     B.  —  Pag.     105    (Scandicei). 
Alfonsi  A.  —  Pag.  3  (Este)  ;  pag.  189  (Gal- 

zignano). 
Aurigemma  S.  —  Pag.  145  (Santamaria  Capua 

Vetere)  ;  pag.  146  (Nocera  inferiore). 
Barnabei  F.  —  Pag.   55  (cenni   necrologici   di 

A.  Alfonsi). 
Barocelli  P.  —  Pag.  97  (Borgomanero)  ;  pag. 

98  (Vercelli)  ;  pag.  98  (Caravino)  ;  pag.  99 

(Aosta)  ;    pag.    100    (Rodello    Canavese)  ; 

pag.   101  (Caluso)  ;  pag.   101    (Viù)  ;  pag. 

103  (Moncalieri)  ;  pag.    198   (Biella)  ;  pag. 

362  (Serravalle  Scrivia). 
Bendinelli  G.  —  Pag.  110  (Civitella  S.  Paolo)  ; 

pag.  428  (Romaj. 
Brusin    G.    B.  —  Pag.    187    (Aquileia). 
Calleoari  A.  —  Pag.  189  (Gal/.ignano). 
Calza  G.  —  Pag.  87  (Ostia). 
Campanile    T.  —  Pag.    347    (Negrar    di    Val 

policella). 
Cesano  L.  —  Pag.  406  (Roma). 
Contini  A.  —  Pag.  106  (Umbertide). 
Della  Corte  M.  —  Pag.  459  (Pompei);  pag. 

491  (Nocera  inferiore). 
Galieti  A.  —  Pag.  450  (Lanuvio). 
Galli   E.  —  Pag.    103   (Scandicei);    pag.    204 

(Pitigliano). 
Gatti  E.  —  Pag.  219  (Roma). 


Giglioli  E.  Q.  —  Pag.  200  (Veio)  ;  pag.  257 
(Ponticelli)  ;  pag.  405  (Roma). 

Libertini  G.  —  Pag.  491  (Acireale). 

Mancini  G.  —  Pag.  58  (Piacenza)  ;  pag.  80 
(Amelia)  ;  pag.  137  (Roma)  ;  pag.  252 
(Veroli). 

Marucchi  O.  —  Pag.  81  (Roma). 

Mazzini  U.  —  Pag.  199  (Moretta);  pag.  199 
(Boves)  ;  pag  200  (Acqui)  ;  pag.  202  (Sa- 
vona) ;  pag.  203  (Portovenere). 

Moretti  G.  —  Pag.  59  (Falerone). 

Nardini   O.  —  Pag.   247,   457  (Velletri). 

Orsi  P.  —  Pag.  147  (Monasterace  Marina)  ; 
pag.  149  (Motta  S.  Giovanni)  ;  pag.  151 
(Reggio  Calabria). 

Paribeni  R.  —  Pag.  230  (Roma)  ;  pag.  234 
■  (Tivoli,  villa  Adriana)  ;  pag.  378  (Foligno)  ; 
pag.  408  (Roma);  pag.  489  (Caporciano)  ! 
pag.  490  (Pentima)  ;  pag.  339  (commemo- 
razione dell'on.  F.  Barnabei). 

Patroni  G.  —  Pag.  57  (Medole)  ;  pag.  191 
(Bagnolo  Mella)  ;  pag.  196  (Remedello 
Sopra). 

Stefani  E.  —  Pag.  76  (Gualdo  Tadino)  ;  pag. 
215  (Formelln);   pag.  379  (Veio). 

Taramelli  A.  —  Pag.  297  (Ozieri)  ;  pag.  294 
(Porto  Torres)  ;  pag.  296  (Serri)  ;  pag. 
335  (S.  Antioco^. 


—  502 


-  INDICE   TOPOGRAFICO 


Acireale.  —  Scoperte    a    Casalotto,  pag.  491. 
Acqui.  —  Piccina    romana,   pag.    200. 
Amelia.  —  Frammento   d'iscrizione  municipale 

rinvenuto  in  territorio  di  Penna  in  Teve- 

rina,  paj.  80. 
Aosta.  —  Acquedotto  in  frazione  i  la  Comba  », 

pag.  99. 
Aquileia.  —  Scavi,  pag.  187. 


B 


Bagnolo    Mella    (Brescia).  —  Sculture    ed 
iscrizioni  romane,  pag.  191. 

Biella.  —  Epigrafi    romane,    pag.    198. 

Borgomanero  (Cureggio).  —  Tesoretto  di  mo- 
nete romane  imperiali,  pag.  97. 

Boves  (Como).  —  Epigrafi  romane,  pag.   199. 


Caluso.  —  Tomba    d'età    romana,    pag.    101. 
Caporciano.  —  Iscrizione     sepolcrale     latina, 

pag.  49. 
Carde  (Moretta).  —  Tomba  d'età  romana,  pag. 

199. 
Civitella  S.  Paolo.  —  Sca'ù  in  località  Monte 

S.  Martino,  pag.  110. 


E 


Este.  —  Necropoli  atestina  del  nord,  nel  fondo 
Rebato;  pag.  3. 


Formello.  —  Antichi   sepolcri,   pag.   215. 


6 


Galzignano.  —  I  confini  fra  Ateste  e  Paia- 
vium  (scoperta  di  un  decreto  che  li  sta- 
biliva), pag.  189. 

Gualdo  Tadino.  —  Antichi  sepolcri,  pag.  76. 


Ivrea    (Caravino).  —  Tesoretto    monetale    de\ 
III  secolo,  pag.  98. 


Lanuvió.  —  Resti  di  antica  via  nella  tenuta 
Sforza,  pag.  450  ;  Tomba  in  contrada 
via  Larga,  pag.  453  ;  Via  antica  nei  pressi 
del  paese,  pag.  454;  Tombe  nella  tenuta 
Sforza,  pag.  455  ;  Avanzi  di  costruzioni 
idrauliche  a  Casalpozzo,  pag.  466. 


Medole.  —  Testina  in  bronzo  di  età  romana, 
contrappeso  di  stadera  ;  pag.  57. 

Monasterace  Marina. —  Deposito  di  terre- 
cotte    architettoniche,    pag.    147. 

Moncalieri.  —  Tomba  di  età  romana,  pag.  103. 

Motta  S.  Giovanni.  Tomba  in  frazione  Laz- 
zaro, pag.  149. 


N 


Falerone.  —  Ripostiglio  monetale  nell'are::,  del- 
l'antica Falcriv,  pag.  69. 

Foligno.  —  Tomba  presso  S.  Giovanni  Pro, 
pag.  378. 


Negrar  di  Valpolicella.  —  Avanzi  di  una 
villa  romana  con  mosaici,  pag.  347. 

Nocera  inferiore.  —  Iscrizione  funebre  la- 
tina in  via  Bosco  Lucarelli,  pag.  146  ; 
titolo  sepolcrale  nel  castello  del  Parco, 
pag.  486. 


-  503  — 


0 


Ostia.  —  Gruppo  di  sculture  nell'area  dell'an- 
tica città;  pag.  87. 

Oziebi.  —  Ripostiglio  di  armi  e  strumenti  in 
bronzo  di  età  nuragica,  in  regione  Chili- 
vani  ;  pag.  287. 


Pentima.     —     Iscrizione     sepolcrale    latina, 

pag.    490. 

Piacenza.  —  Cippo  funebre  in  località  S.  Giu- 
seppe, pag.  58. 

Pitigliano.   —   Vaso   eneolitico,   pag.   204. 

Pompei.  —  Scavi  privati  nel  territorio,  pag.  459  ; 
Saggi  di"  scavo  in  contrada  Jossa  (Sca- 
fati), pag.  478  ;  Saggi  di  scavo  in  contrada 
S.  Abbondio  (Scafati),  pag.  479  ;  Sepoltura 
a  Torre  Annunziata,  pag.  480;  Villa  rustica 
presso  la  via  dei  Sepolcri,  pag.  480. 

Ponticelli  (Napoli).  —  Necropoli  del  III  se- 
colo av.  Cr.,  in  località  Purgatorio;  pag.  257. 

Porto  Torres.  —  Monete  d'oro  di  età  bizantina 
in  regione  Baiai,  pag.  294. 

Portovenere  (Fezzano).  —  Avanzi  di  costru- 
zioni di  età  romana  nel  piano  Artigliè, 
pag.  203. 


Reggio  Calabria.  —  Scoperto  varie  negli  anni 
dal  1911  al  1921,  pag.   151. 

Remedello  Sopra  (Brescia).  —  Ripostiglio  di 
ascie  di  rame  e  tomba  romana  con  ceppi 
di  ferro,   pag.    196. 

Rodello  Canavese.  —  Tombe  di  età  romana, 
pag.    100. 

Roma.  —  (Regione  III)  base  marmorea  in  aita 
ed  iscrizioni  varie  in  via  S.  Pietro  in  Vin- 
coli; pag.  219. 

Id.  —  (Regione  IV)  avanzi  di  antiche  costru- 
zioni all'angolo  di  via  Nazionale  e  via  Mi- 
lano, pag.  222  ;  in  via  Tre  Novembre, 
pag.  223  ;  in  via  Firenze,  pag.  223  ;  gran- 
diose costruzioni  di  edificio  termale  in  via 
degli    Avignonesi,    pag.    223. 

Id.  —  (Regione  Vili)  piloni  in  opera  quadrata 
di  tufo  in  via  Giulio  Romano,  pag.  224. 

Id.  —  (Regione  IX)  muri  in  opera  quadrata 
di  tufo  all'angolo  del  Corso  Vittorio  Ema- 


nuele e  del  Lungotevere  dei  Fiorentini, 
pag.  224  ;  Costruzioni  antiche  in  via  Ferdi- 
nando di  Savoia,  in  via  Maria  Adelaide  ed 
in  via  della  Penna,  pag.  224  ;  Tratto  di 
muro  in  opera  quadrata  al  Lungotevere  Al- 
toviti,  pag.  226  ;  Platea  di  lastroni  in  tra- 
vertino in  via  di  Campo  Marzio,  pag.  226. 

Roma.  —  (Regione  XIV)  cippo  marmoreo  con 
iscrizione  greca  e  rilievi  riferibili  al  culto  fri- 
gio della  Magna  Mater  in  Borgo  Pio,  pag.  81  ; 
Avanzi  di  antiche  costruzioni  tra  la  piazza 
delle  Gensole  ed  il  Lungotevere  Anguillara, 
pag.  226  ;  Pavimentazione  di  antica  strada 
all'angolo  di  via  della  Lungara  e  via  delle 
Mantellate,    pag.    226. 

Id.  —  Via  Aurelia  Nuova:  Tombe  di  età  im- 
periale,   in    tenuta    Bravetta  ;    pag.    230. 

Id.  —  Via  Flaminia:  Colombario  e  ripostiglio 
monetale,  presso  il  Museo  di  villa  Giulia; 
pag.  405. 

Id.  —  Via  Labicana  (odierna  Casilina):  Resti 
dell'anfiteatro  degli  horti  V 'ariani,  pag.  137: 
Sarcofago  con  Centauri  marini  e  Nereidi  ed 
epigrafi  varie  in  località  Maranella,  pag.  138; 
Epigrafi  funebri  degli  Equites  singulares 
a    Torpignattara,    pag.    141. 

Id.  —  Via  Latina:  Antico  sepolcro  presso  la 
porta  Latina,  pag.  226  ;  Villa  rustica  e 
fistule  plumbee  a  Roma  Vecchia,  pag.  227. 

Id.  —  Via  Portuense  :  Tratto  di  antico  cunicolo 
al  vicolo  Affogalasino,  pag,  228  ;  Sepolcro 
a  cassettone  ed  avanzi  di  pavimento  a  mo- 
saico al  viale  del  Re,  pag.  229;  Tombe  di 
età  imperiale,  pag.   408. 

Id.  —  Via  Prenestina:  monumento  sepolcrale 
ed  iscrizione  funebre  alla  Pedica  di  Tor  Tre 
Teste,  pag.   144. 

Id.  —  Via  Salaria:  tratto  di  pavimentazione 
dell'antica  via  Salaria  ed  iscrizioni  funebri 
in  via  Antonio  Bertoloni  (già  vicolo  dei 
Parioli),  pag.  229. 

Id.  —  Via  Trionfale:  ipogei  sepolcrali  presso 
il  km.  IX,  pag.  429. 

8 

Santa  Maria  Capua  Vetere.  —  Titoletto  fu- 
nebre,   pag.    146. 

Sant'Antioco.  —  Ipogeo  con  sepolture  giudai- 
che della  necropoli  Sulcitana,  pag.  335. 

Savona.  —  Sepolcreto  d'età  romana  in  Val 
di    Legino,    pag.    202. 


504  - 


Scandioci  (Casallino  e  Torri).  —  Antico  istrn- 

raento  chirurgico,  pag.  103. 
Serravalle  Scrivia.  —  Nuove  ricerche  nella 

città  di  Libarna,  pag.  302. 
Serri.  —  Nuovi  scavi  nel  santuario  nuragico 

presso  la  chiesa  di  S.  Maria  della  Vittoria, 

sull'altopiano  della  Giara;  pag.  296. 
Sorrento.  —  Rinvenimenti  iir  località  Pazzano, 

pag.  145. 


Tivoli  (villa  Adriana).  —  Lavori  di    esplora- 
zione e  di  riassetto,  pag.  234. 

U 

Umbertide.  —  Scavi  in  vocabolo  Sagrala,  fra- 
zione di  Preggio  ;  pag.  106. 


Veio.  —  Antefisse  arcaiche  del  tempio  del- 
l'Apollo, pag.  206  ;  esplorazioni  nell'area 
dell'antica  città,  pag.  379. 

Velletri.  —  Frammenti  di  sculture  in  con- 
trada Colle  Cascone,  pag.  247  ;  scoperte  di 
antichità  in  contrada  Métabo  presso  la 
stazione  ferroviaria,  pag.  248  457  ;  iscri- 
zioni in  località  Solluna,  pag.  250. 

Vercelli  (Moncrivello).   —   Tomba   d'età    ro- 

'       mana,   pag.   98. 

Veroli.  —  Base  di  monumento  onorario  eque- 
stre ed  avanzi  di  antico  edificio  monumen- 
tale in  via  Vittorio  Emanuele,  pag.  252  ; 
Iscrizioni  varie,  pag.  263. 

Vlù.  —  Manufatti  litici  preistorici,   pag.  103.