ATTI
DELLA
E. ACCADEMIA NAZIONALE
ti
DEI LINCEI
ANNO GGGXIX
1922
SERIE Q/CmsTT^
NOTIZIE DEGLI SCAVI DI ANTICHITÀ
VOLUME XIX.
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI
PROPRIETÀ DEL DOTT PIO BEFANI
1922
"PC 500<J
A 33
NOTIZIE DEGLI SCAVI .
Anno 1922 — Fascicoli 1, 2, 3.
Regione X (VENETI A ET H ISTRIA)
I. ESTE — Scoperte archeologiche nella necropoli atestina del
nord, riconosciuto nel fondo Rebato.
Nel dicembre del 1907 nella località Campo Alto al Cristo, di proprietà del sig. Lo-
renzo Rebato, situata in contrada Caldevigo, sobborgo occidentale di Este, procedendosi
allo scavo di una fossa, per piantare delle viti, si scoprì una tomba preromana alla pro-
fondità di m. 0,70. 11 proprietario del fondo denunciava subito la scoperta alla Direzione
del R. Museo Atestino che ne curava il ricupero.
Il forte strato di terreno alluvionale che sempre circonda i gruppi di tombe, le tracce
di terra di rogo e la presenza di una cordonata o recinto di tombe, davano affidamento
che continuando lo scavo si potessero mettere in luce altri depositi funebri ; perciò la
R. Soprintendenza ai Musei e Scavi del Veneto, deliberava di procedere a una regolare
ricerca affidandone l'incarico a me. Gli scavi si svolsero in tre successive campagne negli
inverni 1907-1908-1909.
Il Campo Alto al Cristo è costituito da una elevazione dovuta a sovrapposizioni
artificiali di terra alluvionale disposta a guisa di tumulo, appoggiata a monte ad una
afflorescenza di roccia calcarea.
I risultati ottenuti furono ottimi, mettendosi in luce 223 tombe ; 174 di età preromana,
e 49 di età romana, quest'ultime quasi tutte chiuse in un recinto sepolcrale formato con
un muricciuolo di mattoni e sfaldature calcari, diviso in due ambienti ; il primo, nel
mezzo del quale sorgeva un pilastro che doveva essere rivestito di pietre, scolpite a
fogliami, delle quali si sono rinvenuti i frammenti intorno alla base del pilastro e che
doveva costituire l'ara usata nelle funzioni funebri e il secondo nel quale si scoprirono le
tombe, destinato ad area cimiteriale. Questo recinto soprastava alla necropoli preromana.
Le tombe erano assai accostate e disposte irregolarmente, e frequenti furono i casi
di sovrapposizioni : i recinti o cordonate di lastre calcaree disposte verticalmente, segna-
vano delle linee, la più parte curve.
ESTE 4 REGIONE X.
Le tombe preromane nella maggioranza erano costruite con sei lastre di sfaldatura
calcare, più o meno accuratamente lavorate a seconda del periodo al quale apparte-
nevano. Esse sono segnate in piànta con un rettangolo, e quelle deposte in semplice buca,
con un circoletto (fig. 1).
Le tombe romane invece, oltre a undici cippi sepolcrali scoperti lungo le pareti del
recinto, stavano al riparo di embrici o mattoni disposti a cassettina o sotto a mezze
anfore segate : e nella pianta sono tratteggiate in nero.
Si riscontrarono solo tre cavi d'inumazione : gli scheletri erano deposti nella nuda
terra, senza nessun corredo funebre e si trovarono nello strato corrispondente al IV
periodo della civiltà Veneta (IV secolo a. C.)
Quello segnato con la lettera a) all'orecchio destro mostra un orecchino di semplice
filo di bronzo ravvolto a cerchietto, e quello alla lettera e) accanto alla mano sinistra
ha un frammento di ferro "oggiato a modo di umbone di scudo.
Debbo ricordare che quando il Rebato costruì una casetta indicata nella pianta,
scoprì nelle fondazioni dei muri tre tombe romane segnate I— II— III. La I era in sem-
plice buca ed era fornita di scarsa e povera suppellettile : la II formata a cassetta con em-
brici, conteneva un ossuario fittile di tipo comune, e la III era costituita da una cassa
che aveva i lati lunghi costruiti con muretti di pietrame e i lati brevi con due lastre di
trachite. Conteneva uno scheletro a fianco del quale erano disposti dei balsamari fittili
e una ciotoletta di rozzo impasto di argilla. E da notare che la lastra di trachite che la
chiudeva da uno dei lati brevi, portava la seguente iscrizione: T* SICINIVS* j VRSIO-
V • F- J IN F P XVI R- P XX- Essa, era rivolta dalla parte interna della tomba, per cui
è da ritenersi che tale pietra, venne impiegata come materiale di costruzione e che non
ha nessun riferimento con lo scheletro.
Esposte brevemente le notizie sommarie, trascrivo il giornale dello scavo, notando
che esso era pronto fino dal 1911 ; e poiché il compianto prof. Pellegrini R. Soprintendente
ai Musei e Scavi si era proposto di corredarlo delle sue dotte osservazioni e considera-
zioni, ne venne ritardata la pubblicazione. Ora che il dotto uomo non è più, mi faccio
premura di presentarlo, deplorando che non sia corredato dallo studio che si propo-
neva di fare lo scomparso scienziato.
Tomba 1 (2 F). Scoperta casua'mente dal Rebato in lavori agricoli. A cassetta
m. 0.57 X 0.40 X 0.40, III periodo. Ossuario situliforme a zone rosse e nere divise da
cordoni, frammentato, con ciotola coperchio decorata di fasce a stralucido ; coppa ad
alto gambo tinta ad ocra e grafite ; tre coppine a stralucidi, due di queste frammentate ;
tre bicchieri due dei quali con cerchielli impressi a punzone; tazzina frammentata
decorata di stralucidi. Dentro all'ossuario i seguenti oggetti di bronzo: pezzo di lamina
di cintura con relat'vo gancio e decorazione a gruppi di strie e punti a sbalzo ; fibuletta
con staffa ornata di circoletti incisi e infilati nell'ago due pendaglietti a 3 circoletti fusi
insieme e orecchino con due pendaglietti a bulla e altro orecchino infilato nel riccio (fig. 2);
anellino frammento di catenella ; quindici pendaglietti a bulla simili a quelli infilati
nell'orecchino ; dicianove pezzetti di filo ravvolti a spira ; perlina e pezzetto di corallo
roseo forato ; sette perline di ambra e sulla platea testa di ago crinale di piombo decorata
di spunzoncini.
KKGIONE X.
— 5 —
ESTE
Tomba 2 (2 F). Ili periodo. A cassetta 0 70 X 0 50 X 0 50. Prof. 0 80. Due os-
suari situliformi a zone cordonate tinte ad ocra e grafite, con relative ciotole coperchio ;
piccolo ossuario del tipo precedente con ciotola coperchio e sulla spalla due appendici
verticali in forma di mano (una mancante) ; piccolo ossuario poculiforme cordonato a
A B C D
S t r a da Rivado ( m o
E F
Fto. 1.
zone rosse e nere con giro di ornati a stampo ! quale conteneva ossicini combusti ; tre
bicchieri; tazzina framm. ; grande ciotola ornata di stralucidi; tre coppe pure a stralu-
c'di, una framm. Dentro i due primi ossuari i seguenti oggetti di bronzo: scettro tubo-
lare con anima di legno framm. ornato a sbalzo; se: fìbulette tipo Certosa; altra a fet-
tuccia con disco e staffa a pomo ; due armille di verghotta una delle quali porta infilato
un pendaglietto sferoidale, l'altra due pendaglietti a secchiello ; piccolo gancio da cin-
tura ; quattro saltaleoni ; pendaglietto sferico ; tre anelli ; gruppo di pendaglietti a bulla ;
ESTE
— 6
REGIONE X.
cinque anellini; fettuccia ripiegata e combusta frammento informe; grande bulla
ornata di circoli a sbalzo; altra decorata di circoli concentrici con l'orlo dentato e pez-
zetto di ferro ossidato.
Fio. 2
Tomba 3 (2 F). Ili periodo. A cassetta : 0.50 X 0.40 X 0.60. Prof. 1.10. S tuia di
bronzo ; alta min. 215 col diametro alla bocca di mm. 150, formata da due lamine saldate
con borchie, fondo lavorato a parte a guisa di scodella, fissato al corpo del vaso con un giro
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Fio. B.
di borchie, mancante di tutta la parte inferiore. Sul giro delle spalle nel punto di attacco
delle lamine, sono dei forellini all'orlo per l'innesto delle anse. Altri forellini all'orlo ser-
vivano a tener fermo il coperchio, questo in forma di piccola callotta con maniglia di presa
è decorato di file di bugnetto a sbalzo. Poggiavano su di esso i resti di una cintura di cuoio,
foderata di tela, i residui della quale sono rimasti ad essa aderenti. Questa cintura (fig. 3)
di cui per un tratto di circa mm. 330 il cuoio è ancora conservato, è provvista di un gan-
cio rettangolare lungo mm. 80, largo mm. 63, ornato di una serie di punti a sbalzo e nella
parte inferiore si ripiega con sette uncini che servono a fissarla alla striscia di cuoio, larga
circa mm. 60. Sui margini di questa sono fissate, una accanto all'altra e su due file, tante
borchielline di bronzo a testa rotonda, mentre tutto il campo interno è rivestito interamente
REGIONE X.
ESTE
di bullette rotonde, ornate di tre circoli concentrici che mediante due punte ripiegate per
sotto si fissano alla correggia. Dentro la situla piccolo ossuario fittile con ciotola coper-
chio a zone rosse e nere benissimo conservato. Conteneva oltre le ossa combuste, due
fibule di bronzo con lunga staffa a pometto infilate l'una nell'altra, una delle quali con
gruppo di catenelle, l'altra con due anellini a spira e pendaglietto d'ambra (fig. 4) ; due
fibulette tipo Certosa ; frammento di fibula a disco ; anellino a spirale, tre grosse perle di
smalto vitreo verdastro; alcune perline di corallo ed ambra.
Accanto alla situla si trovava altro ossuario fittile a zone rosse e nere con ciotola
coperchio. Racchiudeva i seguenti oggetti: tre fibule di bronzo con arco rigonfio e lunga
Fig. 5.
Fig. 4.
Fig. 6.
staffa desinente in pometto, una delle quali con legaccio di filo, forse di lino a cui è appeso
un pendaglietto d'ambra (fig. 5) ; fibuletta a fettuccia, decorata di circoletti incisi, framm. ;
fibula ad arco rigonfio ; anellino a spirale e numerosa serie di perline e tubettini di ambra
e corallo. Stavano inoltre sulla platea : due grandi bicchieri a zone cordonate rosse e nere,
ciotola e coppa framm. ; uno scettro tubolare di bronzo, lungo mm. 280 ornato di una se-
rie di punti a sbalzo ; pezzetto di bronzo informe ; due fusaiuole fittili e framm. di calice
tinto a grafite, decorato di ornati a stampo.
Tomba 4 (2 F). Ili periodo. A cassetta: 0.70 X 0.56 X 0.55. Prof. 0.30. Violata.
Vasetto situliforme framm. a zone rosse e nere, altro idem poculiforme, bicchiere lucidato
a nero. Sulla platea due pendagli a bulla ; due a secchiello sagomati ; due a secchiello sem-
plici ; framm. di una scodella ansata, due anellini il tutto di bronzo frammento di per-
lina di smalto azzurro ; fusaiuola fittile, conchiglia del genere ciprea ; ciotoletto, penda-
glio di roccia bianca e due pezzi di scoria di ferro.
Tomba 5 (2 F). Ili periodo. In semplice buca. Prof. 1.85. Grande ossuario situli-
forme a zone cordonate rosse e nere, con piccola ciotola coperchio ornata di stralucidi.
KSTE — 0 — REGIONE X.
Era circondato di terra di rogo e posava sopra sfaldatura di calcare. Fra le ossa com-
buste : Fibula a disco ; altra ad arco ingrossato depresso ; framm. di spirale e perlina pen-
daglio di pasta vitrea gialla.
Tomba 6 (2 F). II periodo. Scassetta esagonale di 0.25 per lato. Prof. 1.80. Os-
suarietto olliforme : lucidato a scuro, con doppia fila di circoletti impressi a punzone, la
seconda delle quali con appendici a L : rotola coperchio. A fianco ciotola e rozzo bicchiere
di grossolana argilla con decorazione a cordoni. Dentro l'ossuario: fibuletta di tipo serpeg-
giante, a disco, con infilato un anello a spirale (fìg. 6); frammenti di altra fìbula dello stesso
tipo ; grande anello di verghetta cilindrica nel quale sono infilati tre anelli della stessa
tecnica ; cinque anelli uno di questi a fettuccia, gli altri a verghetta di bronzo ; orecchino
a riccio ; pendaglio a cerchietto (orecchino?) ; tre pendaglietti a bulla ; gancio e due fram-
mentini di bronzo il tutto di bronzo e due perline di smalto vitreo.
Tomba 7 (2 F). II periodo. A cassetta : 0.70 X 0.45 X 0.45. Prof. 1.80. Ossuario
fìttile biconico con quattro brevi costole verticali, chiuso alla bocca da rozza ciotola, en-
trambi frammentati. Tre ossuari di argilla nericcia framm. che contenevano quattro
framm. di spilloni di bronzo con testa a globuli ; un anellino framm. e un coltello di ferro
• con tratto del manico d'osso.
Tomba 8 (2 F). Il periodo. A cassetta triangolare con i lati di m. 0.30. Prof. 1.50.
Piccolo ossuario situliforme frammentato.
Tomba 9 (2 F). II periodo. A cassetta : 0.60 X 0.55 X 0.50. Prof. 2. Coperchio
franato ; suppellettile infranta. Ossuario situliforme lucidato a scuro con ciotola coper-
chio ; vaso olliforme della stessa tecnica ; vasetto situliforme, tre coppe con basso gambo,
a stralucidi : tazzina. Dentro l'ossuario : in bronzo, frammenti di due fìbule a navicella;
piccola bulla di lamina con borchiette a sbalzo ; due armille a nastro, con estremità sovrap-
poste e saldate e con decorazioni di borchiette e punti a sbalzo ; armilletta di verghetta
cilindrica ; tre framm. di altra armilla a verghetta piatta : anellino ; fusaiuola fìttile.
Sulla platea, tre pezzi di uno scettro tubolare di bronzo.
Tomba 10 (4 F). IV periodo. A cassetta : 1.20 X 0.60 X 0.65. Prof. 0.70. Grande
ossuario olliforme rossastro con fasce di strie sulle spalle e con ciotoletta coperchio a zone
rosse e nere ; due bicchieri lisciati a scuro ; framm. di ciotola con zone a rosso e nero ;
altra di rozzo impasto ; framm. di coppa a basso piede con tracce di ocra e grafite : due taz-
zine monoansate ; due coperchietti coloriti ad ocra ; bacinella di coppa tinta ad ocra che
per due visibili attacchi all'orlo doveva formar parte di un vaso trigemino ; coppina d'im-
portazione di color gialletto, tinta originariamente in rossetto ; due pezzi di quadrello di
argilla cordonati da una parte ; ossuario cinerognolo situliforme biansato, con ciotola co-
perchio della stessa tecnica ; boccale di argilla cinerognola con ansa a fettuccia, recante in
un punto sotto all'orlo graffite le lettere O ^ ; tre vasi con ventre rigonfio ; due calici,
una ciotola pure di argilla cenerognola. Dentro agli ossuari : fibula tipo Certosa ; fibula
tipo La Tene con arco a noduli ; altra dello stesso tipo con staffa prolungata, tutte di
bronzo ; in ferro, cuspide di giavellotto e quattro frammenti ossidati ; fusaiuola fittile ;
valva di conchiglia marina.
Tomba 11 (4 F). Ili periodo. A cassetta: 1.20 X 0.70 X 0.75. Prof. 0.70. Mano-
messa nella costruzione di un muro di età romana. Ossuario situliforme interamente tinto
REGIONE X.
— 9 —
ESTB
ad ocra, spartito in zone con linee incise ; rozza ciotola coperchio; ciotoletta tinta ad ocra
con coperchietto ; pentolino d'argilla figulina giallo rossiccia. Dentro l'ossuario : Fibuletta,
a navicella vuota con pometti laterali a cresta ; framm. di fibule diverse ; capocchia di
bronzo a fusaiuola ; perla pendaglietto di pasta azzurra intarsiata di giallo in forma di
testa di bue (fig. 7).
Tomba 12 (4 F).-A cassetta: 0.80 X 0.60 X 0.60. Prof. 0.40.
Mancava del coperchio e della suppellettile.
T o m b a 13 (3 F). Ili periodo. Prof. 1 .60. Sotto grande sfaldatura
calcare, coperta di terra di rogo. Ossuario situliforme a zone cordonate
rosso e nero, con ciotola coperchio tinta a scuro ; bicchiere ; altro piii
piccolo liscio ; framm. di ciotola di argilla figulina rossiccia con strie
p,G 7 in rosso. Dentro l'ossuario : in bronzo : fibula a lunga staffa e a pomelli,
che reca infilati sei anelli di forme diverse e un gruppo di catenelle alle
auali erano appesi un pendaglio triangolare di bronzo e uno d'ambra (fig. 8); fibula ad
Fiu. 8.
arco costolato mancante dell'ago ; fibuletta ad arco depresso e lunga staffa ; altra con
arco rigonfio nel quale è passato un anellino ; framm. dell'arco di una fibula con rivesti-
tura di osso; tre bottoncini framm. di bulla; saltaleone; due pezzi informi; sei perle
d'ambra; quattro perle di corallo; fusaiuola fittile e valva di conchiglia marina.
T o m b a 14 (3 F). II periodo. A cassetta 0.60 X 0.50 X 0.50. Prof. 2.20. Nello strato
acquoso, suppellettile framm. Toppa a basso piede ; vasetto lucidato a scuro, metà di altro
decorato sulla spalla da una fila di borchiette di bronzo ; gambo di coppa ; due ciotole ;
framm. di ossuari, fra cui uno bifonico con figure schematiche di cavalli e zig-zag
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 2
ESTE
— 10 —
REGIONE X.
grafititi (fig. 9). In bronzo: framm. di fibula a navlce a ; ago (rinaie; pun'eruolo. Di
ferro: framm. di grande armilla; una fusaiuola fittile; ossicino di volatile.
Fio. 9.
Tomba 15 (1 F). II periodo. A cassetta pentagonale: 0.40 X 0.50 X0.50 X 0.50
X 0.40 alta 0.55. Prof. 0.50. Grande ossuario biconico framm. d coralo di costolature
sul ventre ; ossuario lucidato a nero, framm. ; idem con borchiette di bronzo sulla spalla;
Fig. 10.
Fig. 11.
vaso fittile situliforme di grossolano impasto ; due coppe a gambo conico framm. ; coto-
letta ; tazzina e tazza di argilla nera con ansa rialzata, decorata sulla breve spalla di trian-
goli a doppie linee impressi col girellino riempiti di materia bianca, e sulle pareti del
meandro ottenuto con lo stesso sistema (fig. 10). Dentro l'ossuario biconico: due spilloni
frammentari; due anellini di bronzo e due zanne di cinghiale. Nell'ossuario borchiato:
fìbula di bronzo con l'arco a foglia, ornato di graffiti (fig. 11); sulla platea: coltello di
ferro ossidato con resti del manico d'osso ornato di fitte striature ; cinque fusaiuole
fittili e due conchiglie, una marina l'altra terrestre.
REGIONE X.
11
ESTE
Tomba 16 (1 F). A cassetta: 0.40 X 0.30 X 0.33. Prof. 0.25. Violata e man-
cante della suppellettile.
T o m b a 17 (1 F). II periodo. A cassetta: 0.65 X 0.55 X 0 50. Prof. 0.50. Due ossuari
situliformi lucidati a nero con grandi ciotole coperchio: ossuario simile ai precedenti,
più piccolo tinto a color nocciuola ; due coppe di argilla nerastra con gambo conico ; tre
scodelline. Fra le ossa combuste, dentro gli ossuari : spilloni di bronzo con testina co-
nica ; framm. della parte inferiore di altro con copripunta ; coltello di bronzo con manico
a giorno e lama di coltello di ferro.
Tomba 18 (1 F). Ili periodo. A cassetta: 0.65 X 0.40 X 0.40. Prof. 0.40. Piena
di terra di rogo, fra cui grande ossuario poculiforme di grossolano impasto con cio-
tola-coperchio framm. tinta ad ocra; fusafuola.
Tomba 19 (1 F). II periodo. A cassetta: 0.60 X 0.60 X 0.40. Prof. 0.40. Rovinata
nei lavori agricoli a causa di grande asportazione di terra da questo punto. Ciotola intera
Fio. 12.
di rozza argilla ; frammenti di numerosi altri vasi, tra cui un ossuario con decorazione al
girellino riempita di materia bianca ; un pentolino con beccuccio impostato sul ventre.
In bronzo : arco di piccola fibula fibula frammentata a quattro spirali (fig. 12) ; tre ar-
mHle di verghetta appiattita; anellino; piccolo punteruolo; tre framm. di ago crinale;
piccola pinzetta ; quattro tubetti rivestiti di filo d'oro e quattro idem più piccoli ; ra-
soio lunato con manichetto terminante ad occhiello e due appendici ritorte al punto
di attacco del manico è stato rinforzato con una laminella fissata con due borchie riba-
dite ; sette fusaiuole fittili ; cote d'arenaria ; quattro astragali di piccolo quadrupede
e sei zanne di porco.
Tomba 20(4 F). Ili periodo. A cassetta: 0.70 X 0.55 X 0.60. Prof. 2.20. Grande
ossuario situliforme a zone rosse e nere con ciotola, coperchio, framm. ; due vasetti dello
stesso tipo e decorazione ; ciotola ; tre bacinelle di coppa framm. ; pezzettino di scodella
di argilla nera e rocchetto fittila con incisione a croce da una parte.
Tomba 21 (2 F) (fig. 13) (fotografia presa all'atto della scoperta). A cassetta:
0.60 X 0.50 X 0.55. Prof. 2.10. Ossuar o frammentato, zonato, con ciotola coperchio;
due bicchieri uno a nero l'altro di rozzo impasto con sotto all'orlo delle linee oblique
incise ; quattro ciotolette ; tre tazzine di rozzo impasto nerastro. Dentro l'ossuario, in
bronzo : fibuletta con arco a pometti laterali e lunga staffa ; pendaglio fuso e traforato
ESTE
12 —
REGIONE X.
di forma triangolare con anellini (fìg. 14); pendaglietti di lamina triangolare; armilla a
noduli; anellino; bulla con punti a sbalzo, rovinata dalla combustione; tre tubettini;
dischetto e pezzo di sbarra informe ; fusaiuola fittile di color arancio con graffiti minuti ;
sei perle vitree azzurre con occhi giallastri e sei altre di osso. Sulla platea, scettro framm.
di lamina di bronzo con anima di legno, decorato di punti a sbalzo.
Fio. 13.
T o m b a 22 (3 F). Ili periodo. A cassetta : 0.30 X 0.20 X 0.20. Prof. 2.60. Piccolo
ossuario fittile framm. con ciotola coperchio ; vasetto simile con resti di coloritura ad
ocra e grafite ; coppetta a basso piede ; rozza ciotoletta ; vasettino decorato di fasce
verticali a stralucido e di linee a spinapesce, framm. da un lato ; ossuarietto fittile a due
tronchi di cono opposti di color castano con decorazioni geometriche a stampo. Dentro i
due ossuarietti che contenevano esili ossa combuste, i bronzi: fibuletta a navicella; tre
pendaglietti triangolari a doppia lamina ; armilla con incrostazione di ossa ; armilletta ;
tre framm. di altra ; frammento di dischetto ; due tubettini ; sette perline d'ambra e
metà di una fusaiuola fittile.
T o m b a 23 (3 F). II periodo. Prof. 2.70. Sotto sfaldatura calcare. Ossuarietto di
argilla nera a forma di tronco di cono rovescio, framm., conteneva poche ed esili ossa
combuste.
RKGIONK X.
— 13
BSTE
T o m b a 24 (3 F). II periodo. A cassetta : 0.75 X 0.40 X 0.35. Prof. 3. Ossuario
a tronco di cono rovescio, lucidato a scuro con ciotola coperchio ; ossuario del a stessa
tecnca a corpo serico e collo rialzato con ciotola coperchio ; vaso accessorio a due tron-
chi di cono opposti ; piede campanulato a labbro espanso, munito di due anse sormon-
tate da bottone, ornato di una serie di impressioni al girellino e riempite di materia bianca ;
coppa umbilicata e tazza ansata. Dentro gli ossuari: fibule ad arco semplice appiattito
ornato di lince ine se ; armilla di fettuccia a spirale ; altra simile ; altra franimeli. ; quat-
Fin. 14.
Fio. 15.
tro anelli di dimensioni diverse ; spillone con copripunta di osso ; pinzetta ; lama di col-
tello di ferro e punteruolo con manichetto di legno. Sulla platea, diciasette astragali.
To mb a 25 (3 F). II Periodo. A cassetta: 0.35 X 0.30 X 0.20. Prof. 2.60. Ciotola di
arg Ila nerastra, che funzionava da ossuario.
T o m b a 26 (3 F). II periodo. A cassetta: 0.50 X 0.45 X 0.40. Prof. 2.30. ossuario
fittile a tronco di- cono rovescio lucidato a nero con ciotola coperchio framm. ; vaso si-
mile che conteneva un vasetto munito di piccola ansa. Dentro l'ossuario, un anello a gan-
cio di bronzo.
Tomba 27 (3 F). II periodo. A cassetta : 0.60 X 0.60 X 0.40. Prof. 2. Ossuario fittile
situliforme tinto a nero; frammentato, decorato sulla spalla di una fila di borchiette
di bronzo con ciotola coperchio ; coppa fittile con gambo conico, ornato al girellino :
dal fondo del'a bacinella pendono quattro minuscole gambe umane (fig. 15). Dentro
l'ossuario, p ccolo framm. di arco di fibula ; anellino di bronzo e fusaiuola.
ESTE 14 — REGIONE X.
Tomba 28 (3 F). II periodo. A cassetta: 0.45 X 0.60 X 0.45. Prof. 2.00. Aveva in
comune con la precedente il coperchio, una parete e la platea. Ossuario situliforme, luci-
dato a scuro con ciotola coperchio frammentata ; due tazzine una delle quali ornata
sulla spala di una fila di borchie. Dentro l'ossuario una capocchia di ago crinale di
bronzo con 'a rotella- traforata.
T o m b a 29 (4 F). II periodo. A cassetta : 0.70 X 0.60 X 0.48. Prof. 2.40. Nello strato
acquoso : ossuario fittile biconico con gruppetti di borchie di bronzo framm. con ciotola
copercho. Lo fiancheggiavano : vasetto di argilla nerastra ; bicchiere di argilla rossa,
tinto all'esterno da una vernice bituminosa ; tazzina ; framm. di gambo conico di coppa.
Dentro l'ossuario framm. di armilla ; piccolo puntale conico di bronzo e zanna di porco.
T o m b a 30 (4 F). A cassetta: 0.60 X 0.50 X 0.60. Prof. 2.00. Vuota di suppellet-
tile sebbene perfettamente chiusa.
Tomba 31 (4 F). A cassetta: 0.80 X 0.60 X 0.60. Prof. 2.00. Violata, senza co-
perchio e mancante della suppellettile.
Tomba 32 (4 F). IV periodo. Prof. 1.50. In semplice buca. Ossuario ad olla di argilla
cinerea non ricomponibile ; vaso della stessa argilla, a ventre espanso e che sulla spalla è
ornato di graffiti ondulati ; ciotoletta di argilla cinerognola ; frammenti di vasi diversi,
fra cui il collo di un vaso aretino e un pezzo di kilix etrusco-campana con ornati a graf-
fio nell'interno e di un askos di argilla rossa. Nell'ossuario due fibule di bronzo tipo La
Tene, una delle quali porta infilato nell'ago un anelino a tre giri di spira e tre pezzi di
armiletta di verga cilindrica d'argento.
Tomba 33 (4 F). IV periodo. A cassetta: 0.60x0.55x0.50. Prof. 1.50. Si tro-
vava sotto alle fondazioni di un muro di età romana ed in una parete era stato praticato
un foro per il quale venne asportata la suppellettile. Si raccolsero quattro ciotole di argilla
cinerea ; alcuni frammenti di vasi della stessa terra ; un tubo di lamina di bronzo, framm.
decorato di punti a sbalzo ; un pezzo di fibula di bronzo a doppia molla e un asse romano
molto trito del peso di grammi 30.80.
T o m b a 34 (4 F). Komana. Prof. 0.90. Cippo ossuario cilindrico, leggermente ra-
stremato verso la cima, in trachite degli Euganei, con coperchio spezzato alla punta a
circa quattro quinti della sua altezza e con base quadrangolare. È alto , col coperchio
m. 0.58, la base rettangolare misura 53 X 48 X 25. Il cippo s'innesta alla stessa me-
diante tre arpioni di ferro rivestiti di piombo. Nello stesso modo è fissato il coperchio
che s'incastra sulla cavità cineraria. Questa di forma rotonda, oltre alle ossa combuste,
conteneva due balsamarietti di vetro a bottiglietta, uno azzurro l'altro ametista ed una
lucernetta di terra cotta ad un becco recante nell'infundibulo la figura stante di un gla-
diatore con la scia in mano (fig. 16, /). Sulla fronte del cippo l'iscrizione :
LAIS-M- ARRI
Tomba 35 (4 F). Romana. Prof. 0.90. Cippo ossuario in pietra di Costoza, alta
m. 0.62, col diametro di m. 0.35, rotto alla cima con base tràchitica quadrangolare di
m. 0.54 X 0.54. Ha forma cilindrica, cinto da tre fasce parallele. La cavità cineraria di
forma cilindrica trovasi nel mezzo della base, immediatamente sotto il cippo, il quale era
REGIONE X.
15
ESTK
ad essa fissato come nel numero precedente. Fu rinvenuto aperto e privo di suppellet-
tile. Sulla fronte del cippo è l'iscrizione :
DONATAE
Tomba 36 (4 F). Romana (fig. 17 e 18). Prof. 0.90. Cippo ossuario di forma cilin-
drica e base quadrangolare nella quale si apre la cavità cineraria. Il cippo in pietra te-
nera dei Berici è alto in complesso fino alla pigna che lo sormonta m. 0.63, ha il diametro
di m. 0.31. La base in trachita misura m. 0.22 X 0.39 X 0.32. Il cippo è decorato all'in-
giro di emblemi militari, cioè cominciando dalla fronte una lorica, un gambale, uno scudo
a losanga, un parazon'o e un elmo crestato a celata. Su'la cornice della parte superiore
del cippo, modanata a mò di coperchio e fortemente incisa, in due righe l'iscrizione :
ERONIS • ARRI
PRIMA • POSIT
Sulla sommità, lateralmente al coronamento cilindrico finale sono scolpiti a tutto
tondo due leoni accovacciati i quali pongono ciascuno una zampa sopra una testa di
ariete. Nella cavità cineraria oltre a poche ossa combuste si rinvennero una lucernetta
monochyne con becuccio spezzato e un dupondio di Augusto molto trito.
Tomba 37 (4 F). Romana. Prof. 2. Manomessa e riparata da embrici. Pochi cocci
di rozzi vasi fittili e un dupondio di Augusto molto trito.
Tomba 38 (4 E). Romana. Prof. 1.80. Anfora ossuario, di argilla giallastra se-
gata al collo e piantata col codulo nel terreno, chiusa superiormente con una sfaldatura
calcarea, conteneva le ossa combuste e fra queste: una lucernetta fittile- semplice, due
balsamari di vetro uno verdognolo, l'altro azzurro, una piastra rettangolare di solida
ESTK
— 16 —
regioni: x.
lamina di bronzo alla quale per effetto dell'ossido si è fissata una fibula di ferro fc'po La
Tene frammentata; un frammento di ago di osso inciso con testa a pigna; un dupondio
Fig. 17.
di Augusto con pochi tratti de la leggenda del triumviro monetale. Accanto orciuolo
di terracotta decorata di strie rosse.
REGIONE X.
17 —
ESTE
Tomba 39 (4 E). Romana. Prof, 1.80. In semplxe buca. Eozzo ossuario
a forma di piccolo ziro slanciato, con cioto'a coperchio ; patera aretina con marca
Fio. 18.
a piede L'GEL; poculo framm. a pareti sottilissime d color ciaereo; lucernetta
fìttile ad un becco ; tre balsamari di vetro verdognolo ; bellissima anforina di vetro
NoTiiM Soavi 1922 — Voi. XIX. 3
KSTE
— 18
KEGIONE X.
FlG. 19.
color ametista (fig. 19). Dentro l'ossuario : fibula di ferro tipo La Tene e punteruolo
dello stesso metallo: stecca d'osso obblunga, incavata da un lato e dell'altro ornata
di linee incise ; dupondio di Druso (Cohen I, 217, n. 2).
Tomba 40 (4 E). Romana. Prof. 1.80. Sotto anfora
segata a metà, ridotta a frantumi. Ossuario olliforme di ar-
gilla color rossa, dipinta a color bianco con fasce ed altri or-
namenti a color giallastro con coperchietto ; fiaschetta spezzata
al collo, dipinta originariamente a fasce rossastre ; lucernetta
fittile ad un becco ; balsamario di vetro giallo ; altro simile di
vetro azzurro. Fra le ossa combuste : fibula di bronzo a cerniera
con l'arco ornato di linee incise; verghetta di ferro ossidata;
piastrella elittica di terracotta ; dupondio di Augusto.
Tomba' 41 (4 E). Romana. In semplice buca. Prof. 1.80.
Ossuario a giro molto slanciato a superficie bruna-rossiccia, mal
cotto, con ciotola coperchio di argilla meno impura, rinforzata
nel fondo con frammenti di ferro e decorata alla spalla, da un
gruppo di linee ondulate, ottenute con una stecca a pettine ;
fiaschetta ventricosa ad un sol manico a nastro striato ; lucer-
netta fittile che reca nell'infundibulo ad alto rilievo una Vit-
toria stante a sin. presso un ara, recando nella mano destra il cornucopia e uno scudo,
nella sinistra un trofeo (fig. 16, a). Dentro l'ossuario : fibula di ferro tipo La Tene fram-
mentata; anello di ferro con castone ; due chiodi dello stesso metallo ; ago di osso framm. ;
framm. di balsamario di vetro ; frammento di nocciuola carbonizzata ; dupondio di Druso
molto trito; dischetto di vetro verdognolo a bottone.
T o m b a 42 (4 F). Romana. Al riparo sotto sfaldatura calcare. Prof. 1.80. Ossuario
a piccolo ziro, malcotto, frammentato di color cinereo; fiaschetta a ventre depresso
tinta a color rosso di tipo aretino ; bicchiere di terra impura nero-rossiccia, decorato di
una rete di graffiti. Fra le ossa combuste : lucernetta fittile con figura di amorino ; quat-
tro balsamari di vetro azzurro, uno dei quali finamente modanato (fig. 20) ; frammento
di ferro ossidato e dupondio di Augusto. Cohen I. 93 d. 226.
T o m b a 43 (4 E). Romana. Prof. 1.80. Mezza anfora, segata, piantata vertical-
mente nel terreno e china cen due tegole. Piena di ossa combuste e superiormente ad esse
i seguenti oggetti : tre poculi di argilla di color rosso verniciata a scuro nella metà su-
periore; scodella aretina col bollo AVCVS C • ANNI, sotto il fondo graffito R- F; lucer-
netta fittile semplice ; due tratte dallo stesso stampo ornate della testa di Giove Amone
(fig. 16 d) ; tre balsamari di vetro giallo (fig. 20 f ) ; e due di vetro azzurro e uno piccolo
di vetro verdognolo ; fibula di ferro tipo La Tene ; due punteruoli dello stesso metallo
e asse di bronzo del peso di grammi 21.70.
Tomba 44 (4 F). Romana. Prof. 1.80. In semplice buca con terra di rogo. Os-
suario piriforme originariamente dipinto in bianco frammentato con coperchietto ; fia-
schetta frammentata con corpo a pera a vernice rossa ; lucernetta ornata di una con-
chiglia; balsamario di vetro bianco; dupondio di Augusto del triumviro L. Naevius
Surdinus (Babelon, II n. 300).
REGIONE X.
— 19 —
ESTE
Tomba 45 (4 F). Romana. Prof. 2. In semplice buca con terra di rogo. Ossuario
ad olla piriforme dipinto a bianco con coperchietto rossastro. Fra le ossa combuste, bal-
samario di vetro verdognolo.
T o m b a 46 (4 E). Romana. Prof. 1.76. In semplice buca con terra di rogo. Ossuario
crateriforme di rozza argilla, rossastra, decorato di cordoni e intaccature. Fra le ossa
Fig. 20.
combuste due balsamari di vetro verdognolo uno dei quali sformato dalla combustione.
Tomba 47 (4 E). Romana. Prof. 2. In semplice buca con terra di rogo. Rozzo
ossuario a ziro con ciotola coperchio. Dentro l'ossuario : balsamario di vetro verdognolo ;
fibula di ferro tipo La Tene frammentata e dupondio di Augusto (Cohen I 94, n. 228)
Tanto sulla fibula quanto sulla moneta sono fissati dall'ossido resti di tessuto.
Tomba 48 (4 FI. Romana. Prof. 1.70. In semplice buca con terra di rogo. Rozzo
ossuario a ziro con ciotola coperchio framm. Balsamario di vetro biancastro ; lucernetta
decorata di cavaliere barbato e pileato al galoppo a sin. reggente con la mano destra un
altro cavallo e colla sinistra uno scudiscio (fig. 16 e).
ESTE — 20 — REGIONE X.
Tomba 49 (4 F). Romana. Prof. 1.70. Ossuario di argilla rossa a forma di olla,
con ansa a nastro sormontata da un bottone, con coperchietto. Fra la terra di rogo : bal-
samario di vetro verdognolo ; lucernetta con rosone nell'infundibulo. Dentro l'ossuario
fibula di ferro tipo La Tene ; dupondio di Marco Agrippa (Cohen 1 175, n. 3).
Tomba 50 (4 F). Romana. Prof. 1.70. Grande anfora rotta alla punta segata a
metà e capovolta, riparava : ossuario ad olla piriforme dipinto in origine a zone rosse
e nere ondulate, con coperchio a disco tratto da un coccio e saldato con gesso alla bocca
del vaso, finissima scodellina di argilla cenerognola imitazione dei vasi metallici. Dentro
l'ossuario : fibula di ferro tipo La Tene ed oggetto pure di ferro inqualificabile al quale
aderiscono residui di tessuto e dupondio totalmente rovinato dalla combustione.
Tomba 51 (4 E). Romana. Prof. 1.30. A cassetta con grandi mattoni di 0.42 X 28.
Rozzo ossuario a ziro schiacciato con ciotola frammentata ; piccolo vasettino di argilla
cinerea. Fra le ossa combuste: due balsamari di vetro bianco, fusi dalla combu-
stione ; punta ed ago di bronzo acuminato finiente da una parte in palettina.
Tomba 52 (4 F). Romana. Prof. 0.90. In semplice buca con terra di rogo. Rozzo
ossuario a ziro molto slanciato, chiuso alla bocca da un frammento di tegola ; fiaschetta
piriforme di argilla rossa. Dentro l'ossuario : barattolo cilindrico di avorio ; due balsa-
mari di vetro verdognolo ; altro frammentato ; tre frammenti di aghi d'avorio ; spec-
chio rettangolare di bronzo e frammenti di altro simile ; due fibule di bronzo tipo Certosa
dupondio di Tiberio (Cohen I 192, n. 22).
Tomba 53 (4 E). Romana. Prof. 1.80. Anfora segata e capovolta, interamente
frammentata. Sotto : ossuario di vetro verdognolo ad olla ventricosa chiuso alla bocca
con una scodella tinta a rosso ornata di intaccature (fig. 20 e). Dentro all'ossuario : lu-
cernetta fittile che reca nell'infundibulo ad alto rilievo una figura di gladiatore in lotta
(fig. 16 m) ; balsamario allungato di vetro verdognolo ; fibula di bronzo a cerniera ; zanna
di porco e dupondio di Claudio (Cohen I 254, n. 47).
Tomba 54 (4 E). Romana. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 2. Rozzo
ossuario a ziro, chiuso alla bocca con sfaldatura calcare. Conteneva due chiodi di f°rro.
Tomba 55 (4 F). Romana. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 2.00. Grande
ossuario a ziro con due cordoni solcati da intaccature, frammentato alla bocca che era
chiusa con sfaldatura calcare ; conteneva un balsamario di vetro verdognolo.
Tomba 56 (4 E). Romana. Prof. 2.10. Anfora segata e infitta nel terreno, chiusa
alla bocca da sfaldatura calcare. Conteneva un rozzo ossuarietto fittile a ziro, slanciato
con coperchio a ciotola, dentro al quale si trovarono : una lucernetta fittile semplice ;
un balsamario di vetro verdognolo ; una fibula di ferro tipo la Tene e un dupondio di
Tiberio (Cohen I 192, n. 22).
Tomba 57 (4 E). Romana. Prof. 1.80. In semplice buca con terra di rogo. Grande
ossuario a ziro slanciato con ciotola coperchio a strie, che conteneva : lucernetta fittile
con rosone nell'infundibulo; due balsamari di vetro verde; ago di ferro; anello di ferro
con sigillo guasto dall'ossido e fibula di ferro tipo La Tene che per effetto dell'ossido
porta saldato un dupondio di Augusto (Cohen I 94, n. 228).
Tomba 58 (4 E). Romana. Prof. 1.70. Anfora di argilla di color rosso, segata
a metà e capovolta. Riparava : ossuario a ziro slanciato con ciotola coperchio, che oltre
REGIONE X. — 21 — ESTE
alle ossa combuste conteneva: lucernetta fittile decorata di conchiglia; balsamario di
vetro verdognolo ; altro dello stesso colore frammentato ; fibula di ferro tipo La Tene
che saldato all'ago per effetto dell'ossido reca un anello di ferro con castone molto os-
sidato ; punteruolo dello stesso metallo.
Tomba 59 (4 E). Romana. Prof. 1.70. Anfora segata a metà e capovolta coperta
di terra del rogo. Al riparo, rozzo ossuario a ziro molto slanciato, con coperchio ; sco-
dellina di argilla cinerea decorata di striature ; lucernetta fittile con figura animale mal
ì iuscita ; bottiglia di vetro bianco, ansata ; altra pure di vetro azzurro con corpo sfe-
roidale (fig. 20). Dentro l'ossuario: balsamarietto di vetro verdognolo; altro frammen-
tato ; fibula di bronzo a cerniera con l'arco a costoline . anello di ferro al quale sono appic-
cicati dei resti di tessuto che porta incastonata una corniola a guisa dì sigillo, sulla quale
è incisa la figura di un Dioscuro che regge per il freno un cavallo, rivolti entrambi a
sinistra ; dupondio di Tiberio (Cohen I 192, n. 23).
T o m b a 60 (4 E). Romana. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 1.80. Os-
suario a ziro slanciato con coperchio.
T o m b a 61 (4 D). Romana. Prof. 0.60: A cassetta di 1.40 X 0.90 X 0.90. Man-
cava del coperchio e di quasi tutta la numerosa suppellettile che doveva contenere. Tn
un angolo si trovarono solo due ossuari, uno di argilla cinerea, chiuso alla bocca con cio-
tola coperchio dello stesso genere, munito di due anse a nastro e con solcatura graffata
sul ventre ; l'altro di argilla rossa chiuso con un disco tratto da un coccio di anfora, deco-
rato di un cordone sul'a spalla e di una solcatura sul ventre. Dentro l'ossuario cinereo,
stava piegata in quattro una lamina di piombo recante una defixio già pubblicata, nelle
Notizie Scavi anno 1914, fascicolo 10, pagg. 369 e 371.
Tomba 62 (4 E). Romana. Prof. 1.80. Anfora a corpo slanciato, segata a tre
quarti e capovolta. Al riparo, piccolo ossuario olliforme cinereo con coperchio a ciotola ;
scodella di argilla rossa. Dentro l'ossuario: lucernetta fittile col bollo COMVNIS; fram-
mento di ago di ferro ed altro di osso ; pendaglietto di osso intagliato a forma di lira ;
dupondio di Claudio (Cohen I 251, n. 14).
Tomba 63 (4 E). Romana. Prof. 2.00. In semplice buca con terra di rogo. Ossuario
ad olla piriforme, dipinto intieramente a bianco con coperchietto rossastro ; lucernetta
fittile col bollo MODES. Dentro l'ossuario, frammento di grossa lamina triangolare di
bronzo e dupondio (di Augusto ?).
Tomba 64 (4 E). Romana. Prof. 1.60. Grande anfora di argilla giallastra segata
a tre quarti e capovolta. Al riparo, ossuario di argilla figulina, color giallastro, ad olla
rastremata alla bocca con due anse orizzontali a presa- era decorata con una fascia ondu-
lata di color rosso e ch'usa con piccolo coperchietto. A fianco e ritto contro la parete
dell'anfora stava un lungo coltello di ferro con tre permetti che dovevano fissarlo al ma-
nico. Dentro l'ossuario : balsamario di vetro verdognolo ; frammento di altro e di un
vaso baccellato dello stesso colore zanna di cinghiale spezzata frutto di dattero com-
busto ; gruppo saldato dall'ossido costituito, da una fibula di ferro La Tene, anello dello
stesso metallo e dupondio di Agrippa (Cohen 1 175, n. 3). Tali oggetti portano appicci-
cati resti di tessuto.
ESTE
22 —
REGIONE X.
Tomba 65 (4 E) Romana. Prof. 2. Grande frammento di anfora che riparava:
ossuario di argilla rossa ; fiaschetta piriforme ad un'ansa di argilla figulina di color
rossetto; tazz'na di argilla cinerea, ornata di baccellature; lucernetta fittile che reca
nell'infundibulo un gallo che posa una zampa su un ramo di palma ; balsamario di vetro
verdognolo (fig. 20 g).
Tomba 66 (4 E). Romana. Prof. 2.00. Mezza anfora capovolta, copriva: os-
suario di rozzo impasto rossiccio a forma di ziro slanciato con coperchio ; a fianco ma-
nico di tegghia, di argilla rossa terminante con testa di serpe ; frammento di vaso aretino
foggiato a volto umano (fig. 21). Dentro l'ossuario e sopra le ossa combuste ; finissima
Fio. 21.
scodellina verniciata decorata a nero di fitte striature; lucernetta fittile col bollo
ORIENTIS ; tre balsamari di vetro verdognoli) ; un punteruolo di bronzo e uno di ferro ;
altro di osso frammentato; pezzettino di vasetto di vetro color azzurro chiaro con
fitti bitorzoletti ; tre frutta di dattero carbonizzati ; dupondio di Augusto (Cohen I 94,
n. 228).
Tomba 67 (4 E). Romana. Prof. 2.00 Anfora segata a metà e capovolta, fram-
mentata. Riparava: ossuario a forma di ziro slanciato; due scodellette di argilla
cenerognola. Sopra le ossa combuste : balsamario di vetro verdognolo ; lucernetta fittile
semplice ; altra di argilla ro.sa frammentata rappresentante due piedi umani uniti e cal-
zati dei calcei (fig. 16 e) ; fibula di ferro La Tene ossidata imita in gruppo con un
pezzo di calotta cranica e un anello di ferro con cassone e dupondio d'Augusto (Cohen
I 94, n. 228).
Tomba 68 (4 F). Prof. 2.40. In semplice buca con terra di rogo. Anforetta fittile
ossuario, col corpo interamente decorato di cordoncini, munita verso la spalla di due
piccole anse ad occhiello ; fiaschetta a ventre schiacciato di argilla figulina di color ros-
setto ; scodella di argilla cinerea. Dentro l'anf oretta, sopra le ossa combuste : due balsa-
REGIONE X. — 23 — ESTE
marietti di vetro verdognolo; lucernetta fittile recante nell' infundibulo la rappresen-
tazione di una vasca alla quale è appoggiata una donna nuda, mentre altra donna sta
versando dell'acqua da un vaso (fig. 16 f); grande ago di bronzo con cruna; fibula di
ferro tipo La Tene ; serratura di bronzo per cassettina ; dupondio di Augusto (Cohen
I 96, n. 224.
Tomba 69 (4 D). A cassetta: 0.70 X 0.50 X 0.50. Prof. 1.60. Ih una parete era
stato praticato un foro e mancava della suppellettile.
T o m b a 70 (4 D). Ili periodo. Prof. 1.50. In semplice buca con terra di rogo. Ossua-
rietto fittile situliforme a zone rosse e nere ; grande scodella di argi la nerastra lucidata
a grafite framm. ; bicchiere a calice di rozzo impasto nericcio ; frammento di tazzina
tinta e lucidata a grafite, decorata di doppi circoli impressi uniti fra loro da linee punteg-
giate imitanti il cane corrente. Nell'ossuario in bronzo : fibula tipo Certosa con l'ago spez-
zato ; altra idem più piccola ; armiletta con estremità sovrapposte ; altra frammentata ;
due pezzett' informi.
Tomba 71 (4 D). Ili periodo. In semplice buca. Prof. 1.50. Ossuario olliforme con
rozza ciotola coperchio, frammentato.
Tomba 72 (4 D). Ili periodo. A cassetta : 0.50 X 0.30 X 0.40. Prof. 2.20. Ossuario
fittile situliforme con zone rosse e nero e ciotola coperchio ; vasetto fittile a ventre rigonfio
con resti di coloritura ad ocra e grafite che conteneva una tazzina di argilla nero lucida.
Fra le ossa combuste : grande fibula serpeggiante di ferro, rotta in due pezzi ; ago di bronzo
con cruna ; grossa borchia a testa piatta ; pezzetto informe d'ambra.
T o m b a 73 (4 D). Ili periodo. A cassetta : 0.60 X 0.50 X 0.50. Prof. 2.30. Sotto alla
tomba 61. Situla di bronzo a forma di tronco di cono rovescio, alta mm. 240, d'ametro
alla bocca mm. 168, costruita con solida lamina saldata con borchie ribadite e col fondo
lavorato a parte, fermato al vaso con ripiegatura. Sul collo sono fissati in due punti op-
posti due doppie anse ad occhiello, dentro le quali sono passati due manichi uncinati e
girevoli, fusi in solida verga arcuata, foggiata a spira. Quando i manichi sono abbassati,
trovano come arresto, affinchè non abbiano a cadere sulla spalla del vaso, due sostegni
verticali a forcellina, situati esattamente a metà fra i manichi. Il coperchio piatto a
breve orlo, munito al centro di piccola presa ad occhiello : è ornato di decorazioni geome-
triche costituite da giri di punti a sbalzo e da quattro borchioni divisi da linee punteg-
giate (fig. 22). Accanto stavano, l'ossuario fittile a zone rosse e nere con ciotola coperchio
rossiccia ; ossuarietto a forma di bicchiere tinto ad ocra ; vaso accessorio di argilla nera-
stra decorato a stralucidi ; due bicchieri ; due tazzine. Dentro gli ossuari, fra le ossa
combuste : due fibule di bronzo tipo serpeggiante a cornetti e rosette (fig. 23) ; punta
di spillone dello stesso metallo; lama di coltello e punteruolo di ferro.
Tomba 74 (4 D). Ili periodo. A cassetta: 0.30 X 0.30 X 0.30. Prof. 1.60. Piccolo
ossuario fittile situliforme, munito di ciotola coperchio a calotta, lucidato a grafite ; bic-
chiere a calice ornato di zone a rosso e nero. Fra le ossa combuste : fibula di bronzo con
breve arco rigonfio e lunga staffa, che porta nell'ago un gruppo di catenelle guaste dal-
l'ossido ; piccola fibula con arco a fettuccia ; framm. di bulla di bronzo ornata di punti a
sbalzo e perlina di vetro azzurro.
ESTE
24 —
REGIONE X.
T o m b a 75 (4 D). Ili periodo. A eassetta : 0.90 X 0.80 X 0.85. Prof. 2.00. Co-
perta di terra del rogo. Situla di bronzo^formata di una sola lamina saldata con borchie
ribadite, alta nini. 319 col diam. alla bocca di mm. 200. Ha corpo di anfora a larga bocca
„..
Fio. 22.
senza manichi ornata alla spalla di tre cordoni a sbalzo, piede lavorato a parte che si fissa
al corpo con una ripiegatura della lamina, coperchio a calotta. Conteneva: ossuario fit-
Fig. 23.
die aforma dì alto bicchiere, ornatp sotto all'orlo di una fila di piccoli circoli impressi,
ciotola coperchio a stralucidi e in mezzo alle ossa combuste i seguenti oggetti : fibula di
bronzo a navice'la rotta in due pezzi e sformata dalla combustione ; nove anelli, cinque
dei quali di fettuccia, gli altri di verghetta raccolta a spira ; pendagl ietto .di bronzo a forma
di piede umano calceato ; lama di coltello di ferro ; due perle di osso ; framm. di oggettini
REGIONE X. — 25 — ESTE
di bronzo inqualificabili ; un amuleto fittile forato, a quattro punte a guisa di tribolo ;
tre fusaiuole fittili, una semplice, una borchiata e una graffita. Accanto alla fibula:
vasetto fittile dpinto a zone rosse e nere ; quattro coppette con stralucidi ; scodelletta
di argilla nero lucida.
Tomba 76 (4 D). II periodo. A cassetta: 0.50 X 0.40 X 0.30. Prof. 1.80. Ossua-
rio fittile situliforme, interamente tinto a grafite con ciotola coperchio a fasce stralucide ;
rozzo bicchiere fittile; vasetto a ventre rigonfio ; coppa a basso piede con fasce a stralucido.
Dentro l'ossuario i seguenti bronzi : frammento di grande fibula a navicella con infilate
catenelle dadle quali pendono tre pendaglietti globulari ; fibula con lungo arco carenato
ornato di graffiti e di due bitorzoli ai lati; due fibulette infilate l'una nell'altra con staffa
terminante a palettina piatta ; armilla di larga fettuccia ravvolta a spira, ornata di graf-
fiti ; quattro frammenti di altra simile e ventiquattro perle di corallo roseo.
Tomba 77 (4 C). II periodo. A cassetta: 0.60 X 0.40 X 0.40. Prof. 2.40. Coper-
ch'o franato, suppellettile rovinata. Si raccolsero i seguenti oggetti metallici : fibuletta di
bronzo ad arco depresso frammentata all'ago ; grande armilla di verghetta cilindrica di
bronzo ; coltello di ferro a lama ricurva con tratto del manico mancante del rivestimento ;
frammento di verghetta di ferro torta ad una estremità.
T o m b a 78 (4 D). A cassetta : 1.00 X 0.65 X 0.65. Prof. 1.80. Mancava del coper-
chio, suppellettile involata.
Tomba 79 (4C). Romana. Mezza anfora di argilla giallastra capovolta. Prof. 0.60.
Ossuario fittile a forma di ziro slanciato ; scodella di argilla rossa ; balsamario fittile
(fig. 2) h). Sopra alle ossa combuste: lucernetta fittile ornata nell'infundibulo di una con-
chiglia a stampo; balsamario di vetro verdognolo e altro fuso dalla combustione.
Tomba 80 (4. C). Ili periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 2. Piccolis-
simo ossuario fittile di forma biconica, decorato di borchiette di bronzo con tracce di co-
loritura a grafite e ciotoletta nerastra. Fra le esili ossa combuste, frammenti di una fibu-
lina di bronzo : un'armilla di fettuccia ; quattro frammenti di altra simile e frammento
di minuscolo vasettino fittile.
Tomba 81 (4 C). Ili periodo. In semplice buca. Prof. 1.20. Grande ossuario a
tronco di cono rovescio, modellato in grossolano impasto rossastro, con larga ciotola co-
perchio frammentati. Dentro l'ossuario frammenti di armilla di ferro.
Tomba 82 (4 C). Ili Periodo. In semplice buca. Prof. 2.70. Sotto a sfaldature
calcari, ossuarietto fittile dipinto ad ocra e grafite con ciotola coperchio e rozzo bic-
chiere frammentato.
Tomba 83 (4 C). Ili periodo. Prof. 2. Fra lastre di calcare e terra di rogo : ossuario
fittile situliforme tinto a zone di color rosso e nero con ciotola coperchio framm. ; due
bicchieri lucidati a nero ; due ciotolette della stessa tecnica ; coppetta a basso gambo con
stralucidi. Fra le ossa combuste : frammento di fibule di bronzo a disco ; armiletta di
bronzo ; bottone idem ; pometto di osso modanato a vite ; quattro perline di ambra ;
fusaiuola fittile con cerchielli di smalto bianco. Fra la terra di rogo due astragali.
T o m b a 84 (4 C). II periodo. A cassetta : 0.50 X 0.50 X 0.40. Prof. 2.00. Ossuario
situliforme di argilla nerastra con ciotola coperchio ; due ciotole ; due coppette a basso
gambo con stralucidi ; vaso potorio a stivale ornato di impressioni al girellino e con foro
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 4
ESTE — 26 — REGIONE X.
alla punta (fig. 24). Dentro l'ossuario fibuletta di bronzo ad arco depresso frammentata;
quattro frammenti di armilla di verghetta cilindrica; tre di armilla a fettuccia: due
anellini ; framm. di tubetto di bronzo ; filo di bronzo ravvolto a lunga spira ; tre tubetti
di osso leggermente rastremati da un lato di proporzioni diverse con ornati geometrici
'ncisi; cinque fusaiuole fìttili e astragalo combusto.
Fio. 24.
T o m b a 85 (4 C). II periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 1.80. Ossua-
rio fittile a tronco di cono rovescio con ciotoletta coperchio. Fra le ossa combuste, fibu-
letta con gruppo di catenelle di bronzo infilate nell'ago.
Tomba 86 (4 C). III periodo. A cassetta: 0.45x0.40x0.40. Prof. 2.50. Grande
ossuario a superficie rossiccia con ciotola coperchio di grossolano impasto, fibuletta tipo
Certosa con arto a nodi ; tre anellini di bronzo.
Tomba 87 (2 F). II periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 2.70. Ossua-
rio di argilla nera molto basso a ventricoso, conteneva un grosso anello di robusta verga
cilindrica di bronzo. In mezzo alla terra del rogo, due astragali e una conchiglia marina
frammentata.
T o m b a 88 (2 F). Ili periodo (fig. 25). A cassetta : 0.60 X 0.55 X 0.40. Prof. 1.80.
Tre ossuari situliformi a zone rosse e nere, due cordonati, con ciotole coperchio a stralu-
cido ; vaso con la stessa decorazione degli ossuari ; bicchiere lucidato a nero ; coppa a
basso gambo che conteneva lische di pesce ; vasettino ; scodeletta ; due tazzine. Dentro
gli ossuari i seguenti bronzi : grande fibula serpeggiante frammentata alla staffa, ornata
di rosette a cornetti e pometti ; due fibule ad arco depresso ed allungato ; altra fibula
dello stesso tipo che porta pendente dall'ago una pinzetta di ferro ; fibulina sformata dalla
combustione con gruppetti di catenelle infilate nell'ago che reggono due pendaglietti
piriformi di smalto vitreo. Per effetto dell'ossido alla predetta fibula si è fissata una
armilla di bronzo a spira; altra armilla simile; due anelli di fettuccia e due di verghetta
a spira ; dischetto umbilicato con foro al centro, decorato di punti a sbalzo e punte-
ruolo di ferro.
REGIONE X.
— 27 -
ESTE
Tomba 89 (4 F). Romana. Prof. 2.80. In semplice buca con terra di rogo. Ossuario
ad olla piriforme interamente tinto a bianco con coperchietto ; fiasca a ventre depresso
Fi«. 25.
tinta a rosso ; poculo ; tazzina e lucernetta fittile. Sopra le ossa combuste: fibula di bronzo
a cerniera; ane'lo di ferro che porta incastonata una pietra dura dove è inciso un leone
che ha atterrato un animale ; dupondio di Augusto col nome del triumviro Lurius Agrippa
(Babelon II n. 2).
ESTE — 28 — REGIONE X.
T o mb a 90 (4 E). Ili periodo. A cassetta : 0.70 X 0.60 X 0.45. Prof. 2. Manomessa,
probabilmente nelle deposizioni funebri romane. Pochi cocci di vasi del III periodo.
Tomba 91 (4 E). II periodo. Al riparo sotto sfaldature calcari. Prof. 1.70. Rozzo
ossuario ad olla di grossolano impasto, con piccole prese arcuate sulle spalle con rozza cio-
tola-coperchio; vaso situliforme di argilla nero lucida ; due bicchieri ; ciotoletta e vaset-
tino di argilla nerastra. Fra le ossa combuste : frammento di fibula di bronzo tipo serpeg-
giante, ornata di un cornetto ; due rotelle e fusaiuola fittile.
T o m b a 92 (4 E). Ili periodo. A cassetta: 0.60 X 0.50 X 0.40. Prof. 2.80. Nello strato
acquoso. Grande ossuario fittile situliforme tinto color castagno con ciotola coperchio ;
idem tinto a rosso e nero con ciotola a stralucidi ; altro più piccolo pure con ciotola co-
perchio tinta a rosso con ornati a zig-zag in grafite : due vasi accessori a ventre tondeg-
giante tinti e lucidati a nero ; coppa ad alto gambo ; ciotola nericcia ; calicetto con cor-
done verso il piede che con un tratto si prolunga all'orlo ; coppina e tazzina con borchiette
di bronzo. Nel grande ossuario si trovarono : in bronzo, quattro fibule a navicella ornate
di graffiti ; fibula serpeggiante con pometti ; piccola armilla e framm. di altra ; otto f ramni,
di spilloni ; due asticciuole per pendaglie di conterie, attraversate una da dieci l'altra da
tredici forellini ; sei pendagli di lamina triangolare ornati di punti a sbalzo ; arco di
fibula di ferro e numerose serie di perline di pasta vitrea color biancastro ed azzurro. Den-
tro l'ossuario zonato : dischetto di foglia d'oro con punti a sbalzo : otto pezzi di corno
cervino lavorati, rovinati dalla combustione, che dovevano formare il rivestimento di
una fibula : pendaglietto di osso a figura umana schematica ; stecca di corno di cervo fog-
giata a lama di coltellino, ornata di linee graffite ; pendaglietto di corno cervino in forma
di asticciuola ornata di graffiti ; fusaiuola fittile conica e altra a spicchi.
T o m b a 93 (4 C). II perriodo. A cassetta : 0.40 X 0.30 X 0.30. Prof. 2.30. Suppellet-
tile frammentata. Resti di ossuario situliforme e borchiette di bronzo : grande ciotola e
due piccole; tre vasetti a ventre tondeggiante frammentati; piccola coppa di rozzo
impasto ; minuscolo vasettino. Di bronzo i seguenti oggetti : catenelle con cinque pen-
dagli a tre c:rcoletti ; armille di verghetta cilindrica ; anellino ; punteruolo ; tre verghette
inqualificabili; perla vitrea azzurra e fusaiuola fittile.
Tomba 94 (4 E). Ili periodo. A cassetta: 0.40 X 0.30 X 0.40. Prof. 0.70. Ossua-
rietto fittile situliforme tinto a grafite con ciotola coperchio alto bicchiere nerastro :
altro cilindrico di grossolano impasto. Fra le ossa : frammento di fibula carenata a po-
metti e pezzetto informe di bronzo.
T o m b a 95 (4 E). Ili periodo. A cassetta : 0.40 X 0.30 X 0.35. Prof. 2.70. Ossuario
fittile situliforme con zone a rosso e nero e ciotola coperchio ; alto bicchiere tinto intera-
mente ad ocra ; altro bicchiere di rozzo impasto con cordoni e intaccature ; coppina tinta
a nero e ornata di fasce a stralucido ; piccolo imbuto con presa a linguetta nella parte
inferiore. Dentro l'ossuario i seguenti bronzi: grande fibula a navicella che porta infi-
lato nell'arco un anello a verghetta e appesi all'ago un pendaglio formato da grosso
anello che termina con una mano schematica, e dentro a questo anello ve ne è passato
un altro e sulla staffa sono appesi due pendagli a giorno (fig. 26) ; gruppo di catenelle
che terminano con pendaglietti sferici ; frammento di fibula con largo ago depresso ; due
REGIONE X.
— 29 —
ESTE
armilette di verghetta cilindrica ; anellino ; frammento di una bulla e pezzo di sbarra
u orme. Sulla platea fusaiuo'a fittile.
Fig. 26.
T o m b a 96 (4 B). Ili periodo. A cassetta : 0.50 X 0.40 X 0.40. Prof. 1.40. Ossuario
fittile situliforme lucidato a rosso con ciotola coperchio; vasetto ventricoso ad ocra e
grafite e ciotola nera frammentata. Dentro l'ossuario: scalpello di bronzo spezzato al
taglio ; anellino e bottone di bronzo ; punteruolo di ferro e fusaiuola fittile.
T o m b a 97 (4 E). Romana. Mezza anfora capovolta minutamente frammentata
che poggiava su mattone "e coperta di terra di rogo. Prof. 2.10. Ossuario ad anfora di
vetro verdognolo con due manichi verticali con coperchietto (fig. 20 a) ; fiaschetta fram-
mentata ad un'ansa ; ciotola rossiccia decorata di graffiti ; due lucernette fittili fram-
mentate, una semplice, l'altra con un gallo da battaglia con palma. Dentro l'ossuario :
balsamarietto di vetro verdognolo (fig. 20 i) ; framm. di anellino di bronzo ; oggetto di
ferro decomposto dall'ossido e dupondio di Augusto (?) molto trito e corroso.
Tomba 98 (4 F). Romana. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 1.90. Os-
suario fittile decomposto dall'umidità, si conserva il solo coperchietto ; anforetta fia-
schetta a ventre schiacciato ; balsamario a bottiglietta ; coppina tinta a rosso tipo are-
tino ; lucemetta con stampato nell'infundibulo un cinghiale in corsa ; altra semplice :
otto frammenti di varie statuine di terra cotta ; balsamario di vetro verdognolo e framm.
di altro simile. Fra 'e ossa : anellino di verghetta di bronzo ; grande anello di ferro ; due
chiodi dello stesso metallo e zanne di porco ; numerosa serie di frutti di datteri e fichi
carbonizzati.
T o m b a 99 (4 E). Il periodo. A cassetta : 0.70 X 0.50 X 0.50. Prof. 2.60. Grande os-
suario di rozzo impasto a tinta nericcia, leggermente biconico con quattro bugne sul mas-
simo rigonfiamento del ventre con ciotola coperchio ; due ossuari fittili a tronco di cono
rovescio di color castano con ciotola coperchio : ossuario di argilla nero lucida a due
tronchi di cono opposti con piede campanulato ed anse ad occhiello verticali e decora-
zioni col girellino ; due coppe fittili ad alto gambo conico : due rozze ciotole di gros-
solano impasto ; vasetto ansato di argilla nero lucida a ventre tondeggiante. Dentro
ESTE — 30 — REGIONE X.
gli ossuari fibula a navicella framni. ne l'ago e nella staffa, con l'arco ornato di linee
incise ; tre aghi crinali di bronzo framm. fusaiuola fittile biconica e valva di conchiglia
marina. Sulla platea rocchetto fittile.
Tomba 100 (4 E). II periodo. A cassetta : 0.50 X 0.40 X 0.40. Prof. 2.50. Piccolo
ossuario situliformc di argilla nero lucida con ciotola, ornata di stra'ucidi; vasetto con
la stessa decorazione ; grande ciotola e coppa fittile a gambo imbutiforme. Nell'ossuario
fra le ossa combuste : lekithos a cuore italo-geometrico ornato a strie di vernice scura ;
grande fibula a navicella mancante dell'ago con l'arco ornato di graffiti ; fibula con l'arco
rovestito da una grossa perla di smalto vitreo policromo, mancante dell'ago e del riccio
(fig. 27) piccola fibula a navicella : due archi di altre dello stesso tipo ; fibula con arco
Fig. 27.
a fettuccia che doveva essere rivestito di qualche materia; grande armil'a di vcrghetta
cilindrica decorata di linee incise ; tre anellini e alcuni framm. di fettuccia e di verghetta
di bronzo. Sulla platea : scettro frammentario di lamina di bronzo accartocciata attorno
ad un bastoncino di legno, ornato di una serie di doppi circoli a sbalzo alternati da qua-
dratini che includono degli X; due fusaiuole fittili; quattro pendagli od amuleti di terra
cotta, foggiati a guisa di triboli a sei punte, attraversati da foro che serviva per appenderli.
Tomba 101 (4 E). Romana. Prof. 1.50. Cippo ossuario quadrangolare in pietra
d'Istria, mancante di tutta la parte superiore modanato al basso. Misura 0.40 di altezza
largo 0.(53, spessore 0.43. La base rozza nella quale è incavata la cavità cineraria, misura
0.32 x 0.43. Su di essa sono i resti degli arpioni di ferro che la fissavano al cippo. Nella
cavità si rinvennero: uno specchio di bronzo rotondo decorato da una parte con cer-
chielli incisi, con manico staccato, e un dupondio di Augusto (Cohen I, 94-228).
T o m b a 102 (4-3). Romana, Mezza anfora segata e capovolta minutamente fram-
mentata. Prof. 1 .80. Grande ossuario di rozzo impasto a ziro slanciato con ciotola coper-
chio cordonata: fiaschetta rossa a ventre setacciato. Dentro l'ossuario: scifo biansato
di argilla cinerea verniciata, a nero con decorazioni a rilievo rappresentanti rameggi d'e-
dera, imitazione dei vasi metallici ; lucernetta fittile semplice ago e fibula, di ferro tipo
La Tene con residui di tessuto : specchio rotondo di bronzo con manichetto ; spatola di
avorio con testina sferoidale ; ago di osso con testina piatta : due punteruoli di osso di
proporzioni diverse e dupondio di Augusto (Cohen I 97, n. 247).
T o m b a 103 (4 F). Romana. Mezza anfora segata e capovolta, minutamente fram-
mentata. Prof. 2. Ossuario ad anfora con coperchio in forma di ciotola tonda; grande
REGIONE X.
— 3]
ESTE
fiasca a ventre globare, altra più piccola a ventre schiacciato ; poculo cilindrico di argilla
cinerea finissima a zone di piccole embricature imitazione metallica; lucernetta fittile|
con scena erotica, donna che cavalca un uomo ; barattoletto cilindrico di vetro, foderato
di sottile lamina d'argento ornata a sbalzo di festoni (fig. 28) con coperchietto ; balsa-
marietto di vetro verdognolo, fibula di ferro tipo La Ti ne; due frammenti di conchiglie
marine con traccia di combustione ; dupondio trito e corroso di Tiberio ? ; punta pen-
daglio di corno di cervo lisciato.
Tifi 28.
Tomba 104 (4 B). II periodo. A cassetta: 0.50 X 0.40 X 0.40. Prof. 1.50. Suppel-
lettile frammentata. Vasetto a ventre rigonfio con ornato a grafite tazzina umbilicata
nero lucida con decorazioni di borchie di bronzo sulla spalla e all'attacco dell'ansa ; pezzi
di due altre tazzine, una pure decorata di borchiette. Di bronzo : due frammenti di ver-
ghetta cilindrica attorta ; arco di grande fìbula ; punteruolo ; occhiello e due frammenti
di verghetta.
Tomba 105 (4 E). Romana. Prof. 1.40. Base di cippo cinerario in trachite con
gli arpioni piombati della misura di 0.48 X 0.43 X 0.33. »
Tomba 105 bis (4 E). Romana. Stava immediatamente sotto alla base predetta
in semplice buca con terra del rogo. Mezza anfora capovolta di forma assai slanciata che
copriva un ossuario di terra rossastra una scodella cinerea due lucernette fittili una delle
quali con striature nell'infundibulo, l'altra con una conchiglia a stampo ; balsamarietto
di vetro giallo con venature bianche ; altro simile fuso dalla combustione ; specillo di
bronzo ingrossato da una parte e dell'altra a paletta ; dupondio di Augusto (Cohen I 93,
n. 226).
T o mb a 106 (4 A). A cassetta : 0.35 X 0.30 X 0.20. Ili periodo. Prof. 1.50. Due pic-
coli ossuari a ventre tondeggiante coloriti ad ocra e grafite, con ciotola di rozzo impasto ;
tazzina di argilla nero lucida e mezzo rocchetto fittile.
ESTE
32 —
REGIONE X.
Tomba 107 (4 E) (fig. 29). Romana. Cippo ossuario cilindrico in pietra tenera
di Costozza, rotto in sei pezzi rinvenuti sparsi nel terreno. Prof. 1.40 con coperchio
di forma conica. Misura per intero in altezza m. 0.39 e di diametro m. 0.29. La
base quadrangolare che si trovò a posto lungo il muro di nord-est, è di trachite ed ha
Fig. 29.
m. 0.32 X 0.42 X 0.42. Sulla fronte del cippo trovasi profondamente incisa l'iscrizione
OSSA
ALCINIS
Il coperchio desinente in pigna alla cima era decorato di due figure di cani acco-
sciati, di cui mancano le parti anteriori e sul davanti di una figurina di lepre accovacciato.
Tomba 108 (4 E) (fig. 30). Romana. Cippo ossuario cilindrico di pietra di Co-
stozza, privo del coperchio. Alto 0.60 col diametro di 0.40. La base quadrangolare alla
quale aderisce mediante i soliti pernetti di ferro piombato, misura 0.56 X 0.59 X 0.29.
Il tamburo del cippo è decorato in rilievo di tre festoni, tramezzati da altrettante
rosette ed attaccati a grosse borchie dalle quali pendono contemporaneamente delle
REGIONE X.
— 33 —
EST1C
tenie ondulate e una maschera femmini'e con lunghe trecce. Sulla cornice superiore del
cippo è inc!sa l'iscrizione :
L • BETLIENI • L • L •
ERONI
Fi.; 30.
La cavità cineraria si rinvenne priva di suppellettile.
Tomba 109 (4 E) (fig. 31). Prof. 1.40. Romana. Cippo ossuario cilindrico in pie-
tra di Costozza alto 0.69 e con il diametro di 0.38. La base in trachite euganea nella quale
è a cavità cineraria misura 0.52 X 0.49 X 0.30. Il tamburo del cippo è decorato in giro
di palmette e foglie di acanto alternate e contrapposte. La sommità modanata in forma
di coperchio e desinente in pigna alla cima, è decorata di due figure di cani mastini, acco-
vacciati in atto ciascuno di stendere 'e zampa verso una lepre che è rappresentata in
mezzo ad essi stesa n terra con le orecchie abbassate e le zampe allungate ; sul bordo su-
periore leggesi la scritta:
HFPARCVS • M • ARRI
MAXSVMI
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. - 5
ESTE
34
KEGIONK X.
Neil a cavità cineraria fra le ossa combuste : lucernetta fittile decorata in giro di due
Fio. 31.
figure di grifi approntati, due palniette e due delfini (fig. 16 b) ; fibula di ferro framm.
ed anello di ferro con castone di cui si è perduta la rappresentazione.
REGIONE X.
35 —
ESTE
Tomba 110 (4 E). Romana (fig. 32). Prof. 1.40. Cippo ossuario in pietra tenera
vicentina, di forma quadrangolare, desinente sul dinanzi e nella parte superiore in edi-
cola ad arco sostenuto da due pilastri e sormontato da un acroterio centrale a palmetta
e da due laterali in forma di grossi palmipedi. Il campo dell'edicola, spartito in due, mo-
stra nel segmento superiore una specie di conchiglia frastagliata a due punte che fa sfondo
Fig. 32.
a un bustino di fanciullo paludato e palliato dai corti capelli tagliati a tondo sulla fronte
e che tiene nella destra mano un uccelletto. Nel segmento inferiore è incisa l'iscrizione :
ed è scolpita a rilievo la figura di un cane accovacciato al guinzaglio.
NERANTS/////S
M • ARRI
ANN • HI
La base del cippo è di marmo di Verona, e in essa si apre la cavità cineraria ; misura
0.28 di altezza, 0.45 di larghezza con lo spessore di 0.41. Conteneva poche ed esili ossa
combuste e una lucernetta fittile mancante del beccuccio con cratere stampato nelP in-
fundibulo (fig._16 h).
ESTE — 36 — REGIONE X.
T o m b a HI (4 D). II periodo. A cassetta : 0.40 X 0.40 X 0.40. Prof. 2.20. Suppellet-
tile frammentata. Grande ciotola con stralucidi ; tre vasettini e bicchiere e tazzina spez-
zati. Fibula di bronzo a navicella contorta ; frammento di lama di grande coltello di
ferro ; punta di corno di cervo ; due conchiglie una del genere murese l'altra pecten ;
cinque fusaiuole e piccola piramidetta fittile forata superiormente.
Tomba 112. (4 E). Romana. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 2.10. Os-
suario di vetro verdognolo ad olla panciuta con due anse inclinate e coperchietto (fig. 20) ;
rozzo poculo di argilla nericcia ; balsamario di vetro verdognolo ; fibula di bronzo a cer-
niera decorata di incisioni ; frammentini di laminella di bronzo ; pezzo di chiodo di ferro
e serie di frutta di dattero carbonizzati.
Tomba 113 (4 E). Romana (fig. 33). Prof. 1.40. Cippo ossuario in pietra tenera
di Costozza a forma di arula, sormontata da una grande fiamma e scavata a nicchia sul
davanti per contenere un bustino di fanciulla dai capelli ricciuti spioventi lateralmente
al viso. Sulle due cornici dell'arala e nello spazio sotto il busto è incisa l'iscrizione :
VENVSTA • AN • III
C • COTI
BVCVLVS • PATER
Il cinerario conteneva un ossuarietto ad olla di vetro verdognolo con orlo espanso,
alto mi. 18 col diametro alla bocca di 77, con coperchietto di terra cotta, e conteneva
poche ed esili ossa combuste e con queste : una lucernetta fittile ornata di quattro del-
fini ; graziosa armilletta di bronzo formata con un filo ad estremità ripiegate e scorrenti
sui due capi, nella quale sono infilate tre perline vitree, una bianca, una azzurra e una
nera ; dupondio di Augusto molto trito e corroso ; fibula di ferro La Tene ; punteruolo
pure di ferro ; quattro balsamari di vetro verdognolo a bottiglietta ; pendaglietto d'am-
bra a forma di mezzaluna.
Tomba 114 (2 F). III periodo. Riparata da sfaldature calcari. Prof. 1.90. Ossuario
fittile situliforme dipinto a zone rosse e nere con ciotola coperchio ; vasetto tinto ad ocra
e grafite ; ciotola ornata di stralucidi. Bronzi : fibula serpeggiante mancante di un tratto
dell'ago, con due rosette e cornetti ; altra simile con due cornetti ; anellino a più giri di
spira e pendaglietto a tre circoletti fusi insieme.
Tomba 115 (1 F). Romana. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 0.40. Os-
suario di color rosso a forma di boccale con ansa a nastro; quattro balsamari fittili a
bottiglietta ; fiaschetta a ventre schiacciato con vernice corallina ; ciotola di argilla ci-
nerea ; lucernetta fittile che reca nell'inf undibulo la figura di una Menade furente con
mezzo capretto nella destra e coltello nella sinistra (fig. 16 g). Dentro l'ossuario : fibula
di bronzo a cerniera ; frammentini di laminella di bronzo e dupondio di Augusto "(Cohen
I 94, n. 228). Nella terra di rogo si raccolsero alcuni ossicini di volatile e una fusaiuola
fittile.
T o m b a 116 (4 C). II periodo. A cassetta : 0.60 X 0.60 X 0.40. Prof. 2.40. Ossuario
fittile frammentato color castano, decorato di due file di borchie di bronzo con ciotola
coperchio ; altra simile ; coppina a basso piede ; tazzina. Bronzi : fibula a navicella spez-
REGIONE X.
— 37 —
ESTE
zata ; due punteruoli ; anellino ; rasoio lunato con manichetto a giorno, molto usato e
rappezzato due volte nell'antichità stessa fusaiuola fittile.
Tomba 117 (4 C). Romana. In semplice buca. Prof. 1.30. Ossuario ad olla piri-
forme tinto a zone rosse e bianche con coperchietto ; fiaschetta di argilla a ventre schiac-
ciato ; poculo di terra rossa ornato di bitorzoli ; lucernetta fìttile decorata di un rosettone.
Fig. 33.
Dentro l'ossuario : due balsamari di vetro verdognolo ; frammento di uno specchio cir-
colare di bronzo e gruppo di fibule a cerniera ; anellino di bronzo ; dischetto d'osso den-
tellato e dupondio di Augusto col nome del triumv'ro Asininius Gallus (Babelon II, 284)
saldati insieme dall'ossido.
T o m b a 118 (4 C). Ili periodo. A cassetta: 0.50 X 0.55 X 0.40. Prof. 2.00. Grande os-
suario situliforme a zone rosse e nere con ciotola coperchio a stralucidi ; due coppette a
basso piede ; due tazzine a stralucidi. Bronzo : Anello pendaglio con due appendici un-
cinate ; frammento di fibula serpeggiante ; pezzetto di sbarra informe. Ferro : lama di
coltel o e punteruolo.
Tomba 119 (3 F). Romana. Prof. 0.60. Cippo ossuario di forma cilindrica, mo-
danato a coperchio conico nella parte superiore, in pietra di Costozza, alto 0.73, diametro
ESTE — 38 — REGIONE X.
0.43. Fu rinvenuto accanto al recinto sepolcrale da dove doveva essere stato asportato
dopo essere stato svelto dalla base che non si rinvenne, a meno che non sia stata quella
ricordata alla T. 105. Il tamburo è decorato ali 'ingiro da due grandi figure di grifi alati,
cornuti, accovacciati con le code attortigliate in punta, posanti ciascuno una zampa so-
pra un'anfora verso la quale allungano le lingue. Sulla cornice supcriore è incisa l'i-
scrizione :
Q-SATRIVS-Q-F-
ROM-
Sul piano ai lati del coronamento centrale a pomo, sono scolpite due rozze figure
di leoni accovacciati poggianti ciascuno una zampa su una testa di vitello.
T o m b a 120 (3 F). Ili periodo. A cassetta : 1.05 X 0.70 X 0.67. Prof. 1.50. Cadeva
sotto alle fondazioni di un muro di età romana. Rovinata. Tre coppe ad alto gambo cor-
donato, tinte ad ocra e grafite ; bicchiere tinto con gli stessi colori e ornato di* una fila di
circoletti impressi a stampo ; altro dipinto a nero ; perlina di vetro azzurro e frammenti
di altra più grossa.
T o m b a 121 (3 F). II periodo. A cassetta 0.50 X 0.40 X 0.50. Prof. 2.10. Ossuario
situliforme tinto a castano con ciotola coperchio .e stralucidi ; vasetto a ventra rigonfio
pure a stralucidi ; rozzo vasettino quasi cilindrico. Dentro l'ossuario : armilla di ver-
ghetta cilindrica di bronzo ; serie di framm. appartenenti ad un'altra e due fusaiuole
fittili.
Tomba 122 (3 F). II periodo. Fra due sfaldature calcari. Prof. 3.00. Ossuario situli-
forme di argilla nera ucidata con ciotola coperchio framm.
Tomba 123 (3 F). A cassetta 0.62 X 0.46 X 0.57. Prof. 1.40. Violata senza sup-
pellettile.
Tomba 124 (3 F). A cassetta: 0.67 X 0.42 X 0.42. Prof. 1.20. Violata senza sup-
pellettile.
T o m b a 125 (3 F). A cassetta : 0.90 X 0.70 X 0.80. Prof. 1.80. Violata senza sup-
pellettile.
Tomba 126 (3 F). A cassetta: 0.60 X 0.40 X 0.40. Prof. 2.20. Depredata.
T o m b a 127 (4 F). II periodo. A cassetta : 0.50 X 0.40 X 0.50. Prof. 2.90. Ossuario
fittile situliforme con ciotola di argilla nero lucida, framm. Vaso situliforme nero con
borchietta di bronzo infissa sulla spalla ; due bicchieri di argil'a nerastra e due ciotolette
Dentro l'ossuar'o, piccola fibula ad arco rigonfio di bronzo e otto chiocciolette.
Tomba 128 (3 F). Ili periodo. A cassetta : 0.70 X 0.70 X 0.60. Prof. 1.80. Ossuario
situliforme con zone a rosso e nero e ciotola coperchio ; due bicchieri di tinta nera ; ciotola
e tre tazzine fittili. Fra le ossa combuste : fibula di bronzo tipo Certosa ; altra frammen-
tata con arco allungato e depresso ; ago con cruna e frammentino di sbarretta informe.
Tomba 129 (3 F). Ili periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 1.30. Os-
suario a tronco di cono rovescio di rozzo impasto con ciotola coperchio; bicchiere fram-
mentato ; ciotola di terra figulina giallastra, dipinta a zone violacee. Dentro l'ossuario :
sbarra con due anelli di ferro che faceva parte di un morso equino.
T omb a 130 (3 F). Ili periodo. A cassetta: 0.40 X 0.30 X 0.30. Prof. 2.10. Ossuario
fitti e a forma di alto bicchiere a tronco di cono rovescio con zone rosse e nere e ciotola
REGIONE X.
— 39
ESTE
d'pinta nello stesso modo ; due rozze ciotole ; tre bicchieri a calice, dei quali uno di argilla
nerastra; gli altri: uno ornato di cordone sotto all'orlo, l'altro a stralucidi; vasettino ven
tricoso con stralucidi. Dentro l'ossuario : due anellini di bronzo e sulla platea tre astragali.
T o m b a 131 (3 E). Ili periodo. A cassetta : 0.60 X 0.50 X 0.50. Prof. 2.60. Ossuario
s' tu! forme decorato di zone a rosso e nero; due bicchieri di argilla nero lucida; due più
piccoli ornat' di stralucidi ; quattro ciotolette con stralucidi ; tazzina ad ansa rilevata
di argilla nero lucida ; tazzina di lamina di bronzo con ansa spezzata. Fra le ossa com-
buste : frammento di fibula serpeggiante a cornetti e rotelle ; anello di bronzo a larga fet-
tucce ; tre frammenti di ago crinale. Sulla platea quarantadue astragali.
Fig. 34.
Fio. 35.
Tomba 132 (3 F). Ili periodo. Riparata sotto a sfaldatura calcare. Prof. 2.50. Os-
suario situliforme a zone rosse e nere framm. ; due rozzi vasetti di forma quasi cilindrica,
uno dei quali decorato sotto all'orlo di un cordone con intaccature ; ciotolina di rude
impiisto. Fra le ossa combuste valva di conchiglia marina.
Tomba 133 (3 E). II periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. m. 3. Os-
suario situliforme nero lucido framm. ; armilla di fettuccia di bronzo con estremità so-
vrapposte; fusaiuola fittile e astragalo.
T o m b a 134 (3 E). Ili periodo. A cassetta : 0.65 X 0.65 X 0.40. Prof. 2.80. Ossuario
fittile situliforme a zone rosse e nere con ciotola decorata di fasce a stralucido ; vaso a
calice tinto a grafite ; altri due simili tinti ad ocra e grafite ; quattro coppette con ornati
a stralucidi ; due tazzine ansate, una delle quali dalla parte esterna del fondo decorata
della croce gammata ; bicchiere di grossolano impasto con tre bugnette ; tazzina di argilla
nero lucida ; altra simile decorata sotto all'orlo da una fascietta di laminella di stagno,
dalla quale scendono verticalmente degb ornati a fig. 34. Dentro l'ossuario : due fibule
serpeggianti, l'una di bronzo framm., l'altra di ferro, unite fra di loro dall'ossido ; fibula
di bronzo a lunga staffa, con l'arco rigonfio e traforato in quattro riparti che dovevano
essere riempiti di qualche materia (fig. 35) ; pendaglietto di bronzo a secchiello, lama
di coltello di ferro e conchiglia marina.
Tomba 135 (3 E). II periodo. A cassetta: 0.48 X 0.45 X 0.30. Prof. 3. Ossuario di
argil'a nericcia lucida, con ventre tondeggiante, breve spalla e collo diritto, sulla spalla
è ornato di cinque brevi costole verticali ; ossuario situliforme di argilla nera molto framm.
ESTE — 40 — REGIONE X.
ornata di una fila di borchie sulla spalla ; grande e rozza ciotola. Dentro l'ossuario : grande
bottone con appiccagnolo ; ago di bronzo con cruna ; tre fusaiuole fittili. Sulla platea :
cinque grandi rocchetti fittili.
Tomba 136 (3 E). II periodo. A cassetta : 0.46 X 0.40 X 0.36. Prof. 2.80. Ossuario
fittile situl'.forme di argilla nero lucida con ciotola di rozzo impasto ; conteneva gancio
da cintura, in lamina di bronzo guasto e contorto dalla combustione e due fusaiuole fittili.
Tomba 137 (3 F). II periodo. A cassetta : 0.60 X 0.55 X 0.55. Prof. 2.60. Suppellet-
tile frammentata. Ossuarietto fittile a due tronchi di cono opposti con piede rilevato
e labbro espanso, munito di due anse ad occhiello verticali al fondo, decorato di ornati
al girellino ; parte superiore di altro ossuario simile, nel quale gli ornati fatti col girel-
lino, sono riempiti di materia bianca ; coppa con gambo con'.co decorato del meandro
eseguito col girellino ; rozza ciotola fittile e vaso potorio a stivale, decorato di linee im-
presse. Dentro questo vaso si trovò il guscio di un uovo (di oca?) e frale ossa combuste
dei due ossuari : fibuletta ad arco depresso ; una a semplice arco ; framm. di altra ; armilla
a tre giri di fettuccia di bronzo ; tre framm. di altra simile ; anellino e due fusaiuole fittili.
T o m b a 138 (3 F). II periodo. A cassetta: 0.40 X 0.30 X 0.30. Prof. m. 2.40. Ossuario
a tronco di cono rovescio ucidato a nero con una fila di borchiette di bronzo sulla spalla,
e munito di ciotola coperchio, framm. ; vaso a bicchiere molto framm. ; gambo di coppa
conico. Fra le ossa combuste : fibulette di bronzo framm. con arco schiacciato ornato di
linee incise.
Tomba 139 (3 F). II periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 2.60. Ossua-
rietto di argilla lucida a forma di tronco di cono rovescio chiuso alla bocca da sfaldatura
calcare che conteneva una bulla di bronzo ornata di punti a sbalzo, framm.
T o m b a 140 (3 E). II periodo. A cassetta 0.25 X 0.25 X 0.25. Prof. 2.40. Ossuario
di argilla nero lucida a tronco di cono rovescio con ciotola framm. Fra le ossa: fibula
a navicella di bronzo ; arco di altra con cornetti laterali ; due anellini e fusaiuola fittile.
Tomba 141 (3 E). II periodo. A cassetta: 0.60x0.50x0.50. Prof. 2.30. Violata,
conteneva frammenti di vasi due e due pezzetti di ago crinale di bronzo.
Tomba 142 (3 E). II periodo. A cassetta: 0.20 X 0.20 X 0.20. Prof. 2.30. Ossuario
fittile a tronco di cono rovescio con ciotola coperchio. Dentro l'ossuario, fibula di bronzo
ad arco semplice con anello infilato nell'ago ed altro aderente per l'ossido.
T o m b a 143 (3 E). Ili periodo. A cassetta: 0.60 X 0.60 X 0.60. Prof. 2. Due ossuari
fittili situliformi a zone rosse e nere, con ciotola coperchio, una delle quali a stralucido ;
ossuario di proporzioni più piccole dei precedenti interamente tinto a grafite con ciotola
pure a stralucidi ; bicchiere di argilla nera ; altro di rozzo impasto di forma quasi cilin-
drica ; ciotola ; quattro coppine a basso piede. Dentro gli ossuari i seguenti bronzi : arco
di grande fibula a navicella, contorto dalla combustione; ago forse appartenente alla
suddetta fibula, che porta saldato per effetto dell'ossido un anello a spirale ; fibula ad
arco depresso decorata di linee incise; fibula del tipo della precedente con infilato nel-
l'ago un anello di larga fettuccia ; fibuletta a navicella ; otto frammenti di armille div. ;
anello a sette giri di spira; altro a fettuccia ed altro di verghetta cibndrica; trependa-
glietti di lamina di bronzo accartocciata a triangolo ; altro fermato da una verghetta a
noduli : gruppi di catenelle div. ; ago con cruna ; serie di perline di pasta vitrea bianca
REGIONE X.
_^
— 41
ESTE
e bottoncino di bronzo. Sulla platea uno scettro tubolare di bronzo con anima di legno
decorato di ornati a sbalzo, molto framm. e due fusaiuole fittili.
Tomba 144 (3. E). A cassetta 0.80 X 0.60 X 0.60. Prof. 1.60. Violata, mancante
della suppellettile.
Tomba 145 (3 E). II periodo. A cassetta: 0.25 X 0.25 X 0.25. Prof. 2. Ossuario a
tronco di cono rovescio di argilla nero lucida con ciotola coperchio ; ago crinale framm.
Tomba 146 (3 E). II periodo A cassetta : -0.50 X 0.45 X 0.45. Prof. 2.00. Suppel-
lettile framm. e decomposta dall'umidità. Pezzi di ossuario situliforme a borchie di bronzo ;
idem di vasetti accessori. Fra le ossa combuste : armilla d': fettuccia di bronzo ; gruppo
Pio. 36.
Fio. 37.
di tre armille di bronzo e due di ferro insieme unite dall'ossido. Sulla platea cinque fusa-
iuole fìttili e zanna di porco.
Tomba 147 (3 E). II periodo. A cassetta: 0.30 X 0.25 X 0.35. Prof. 2.50. Mano-
messa, ossa sparse sulla platea ; due ciotole ; tre vasetti accessori fìttili ; alcuni fram-
menti dell'ossuario. Fra le ossa : fìbula ad arco semplice di bronzo.
Tomba 148 (3 D). Ili periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 0.80. Due
ossuari fìttili situliformi decorati di zone a rosso e nero ; due bicchieri e ciotola. Dentro
gli ossuari: grande fibula di bronzo, di tipo Certosa; anello di bronzo ravvolto a più giri
di spira, sformato dalla combustione tre orecchini a cerchietto; dieci perline di vetro
azzurro e fusaiuola fìttile.
Tomba 149 (3 D). Ili periodo. Fra lastre di calcare. Prof. 1.00. Ossuario fìttile a
ventre rigonfio con zone a rosso e nero, con ciotola Coperchio ; ossuario a tronco di cono
rovescio di grossolano impasto con ciotola coperchio ; ossuarietto fittile a forma di olla
panciuta chiuso alla bocca con un fondo di vaso, che conteneva esili e scarse ossa com-
buste ; piccolo bicchiere tinto ad ocra e grafite. Dentro i due maggiori ossuari : armilla
di verghetta di bronzo che porta appesi quattro pendaglietti a secchiello (fig. 36) ; quat-
tro pendagli a forma di bulla (fig. 37) ciottoletto fluviale forato ; conchiglia del genere
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 6
ESTE 42 REGIONE X.
cyprea. Nell'ossuario : piccolo anello di bronzo e due perline vitree con bitorzoletti a
colori div.
T o m b a 150 (3 D). Ili periodo. A cassetta: 0.60 X 0.50 X 0.60. Prof. 1.70. Tre ossuari
fittili zonati con ciotole coperchio, uno framm. ; tre coppette a basso piede con stralucidi ;
tre bicchieri uno dei quali framm. ; ciotoletta fittile. Dentro gli ossuari i seguenti bronzi :
grande fibula serpeggiante che termina nella staffa con un globulo ; altra simile framm.
e due più piccole.
Tomba 151 (3 D). A cassetta: 0.70 X 0.50 X 0.50. Prof. 1.50. Violata senza sup-
pellettile.
T o m b a 152 (3 D). II periodo. A cassetta: 0.55 X 0.50 X 0.40. Prof. 2.00. Tre ossuari
fittili lucidati a scuro uno dei quali mancante del coperchio e tazzina. Fra le ossa com-
buste, i seguenti bronzi : fibula ad arco rigonfio ; arco di altra simile ; fibula con arco
depresso decorato di linee incise ; fibuletta con arco di verghetta cilindrica che doveva
essere rivestita di qualche materia ; framm. di ago crinale con testa a globuli ; gancio da
cintura traforato a giorno e quattro grossi anelli che servivano di riscontro al gancio.
Sulla platea lama di coltello di ferro e fusaiuolo fittile.
Tomba 153 (3 D). A cassetta: 0.65x0.60x0.60. Prof. 1.00. Violata, senza
suppellettile.
Tomba 154 (3 C). Il periodo. Fra due sfaldature calcari. Prof. 1 .60. Piccolo ossuario
a tronco di cono rovescio di argilla nero lucida ; tazzina ansata. Conteneva : una fibu-
letta di bronzo con arco ingrossato decorato di una serie di doppi circoletti incisi, man-
cante del riccio e dell'ago. A fianco all'ossuarietto, fra la terra di rogoventi due astragali.
Tomba 155 (3 C). II periodo. Fra due sfaldature calcari. Prof. 1.70. Piccolo ossuario
a ventre rigonfio di argilla nerastra, munito di breve ansa ora spezzata decorato sulla mag-
gior rigonfiatura del ventre di ornati geometrici a stampo. Conteneva: una fettuccia di
bronzo contorta dalla combustione.
Tomba 156 (4 C). II periodo. Riparato da sfaldatura calcare. Prof. 1.70. Piccolis-
simo ossuario fittile a forma di bicchiere. Rivestimento di arco di fibula lavorato in osso
con intarsi che dovevano essere riempiti di pezzetti d'ambra ; grande fibula di bronzo
a semplice arco ; altra con arco a larga fettuccia ; anellino di bronzo e fusaiuola fittile.
Tomba 157 (3 D). II periodo. A cassetta: 0.30 X 0.30 X 0.20. Prof. 1.90. Ossuario
di argilla nero lucida a tronco di cono rovescio con grande e rozza ciotola ; vasetto accesso-
rio di terra nerastra, e fra le ossa combuste : framm. di un ago crinale di bronzo ; bottone
dello stesso metallo e tre framm. di verghetta cilindrica di ferro profondamente ossidati.
Tomba 158 (3 C). II periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 2.00. Os-
suario fittile a tronco di cono rovescio con ciotola coperchio ; vasetto accessorio fram-
mentato e serie di altri framm. e non ricomponibili. Fra le ossa: fibula di bronzo ad arco
depresso mancante del riccio e dell'ago e frammenti di ago crinale.
Tomba 159 (3. C) II periodo. A cassetta: 0.40 X 0.35 X 0.40. Prof. 1.70. Due os-
suari a tronco di cono rovescio di argilla nero lucida con ciotola coperchio, uno dei quali
è ornato sulla spalla di gruppi di quattro borchiette di bronzo, disposte a tratti eguali ;
grande tazza ansata lucidata a scuro; coppa ad alto gambo ; ciotola; due tazze e tazzina.
Dentro gli ossuari: fibula di bronzo a largo arco depresso ornato di incisioni, mancante
REGIONE X. — 43 — ESTE
del riccio e dell'ago ; due armille di fettuccia e anello di bronzo. Sulla platea, quattro
fusaiuole fittili e picco'o astragalo.
Tomba 160 (3 C). II periodo. A cassetta: 0.30 X 0.30 x 0.30. Prof. 1.70. Rovinata :
suppellettile framm. Resti di ossuario nerastro ornato di una fila di borchie sulla spalla,
munito di ciotola. Bronzi : fibula ad arco semplice ; framm. di ago crinale e pezzo di sbarra
informe lama di coltello di ferro e tre fusaiuole fittili.
Tomba 161(3 C). IT periodo. A cassetta: 0.70 X 0.50 X 0.50. Prof. 1.70. Os-
suario a tronco di cono rovescio di argilla nerastra framm. e due ciotole dello stesso impasto ;
coppa fittile con gambo framm. Fra le ossa : ago crinale di bronzo con testa a globuli ;
occhiello di gancio di robusta verga cilindrica di bronzo ; grande anello di fettuccia di
bronzo framm. e framm. informe. Sulla platea cote d'arenaria e due fusaiuole fittili.
Tomba 162 (3 C). II periodo. A cassetta : 0.35 X 0.30 X 0.35. Prof. 1.80. Coper-
chio franato e suppellettile framm. Resti di ossuario nero e quelli della ciotola. Lama di
coltello di ferro e due framm. di verghetta cilindrica di bronzo.
Tomba 163 (2 C). II periodo. Arcaico. Fra sfaldature calcari e terra di rogo.
Prof. 3.00. Grande ossuario biconico di argilla nero lucida, con piede rilevato ed orlo
espanso. Sulla maggior rigonfiatura del ventre sono impostate in punti opposti due anse
ad occhiello sormontate da due piccoli bitorzoli; fra queste gira una fascia di ornati geome-
trici e seguiti col girellino. Fra le ossa combuste: grande fibula di bronzo ad arco semplice
e due fusaiuole fittili.
T o m b a 164 (3 C). II periodo. A cassetta : 0.60 X 0.40 X 0.30. Prof. 1.80. Ossuario
a tronco di cono rovescio di argilla nerastra con borchiette di bronzo sulla spalla e ciotola
coperchio ; vaso di argilla nero lucida a tronco di cono rovescio con tre bugne sotto all'orlo;
scodella framm. ; bicchiere; tazzina e coppina. Dentro l'ossuario : minuscolo vasetto fittile
che riproduce la forma dei grandi vasi biconici, decorato di graffiti ; fibula di bronzo ad arco
semplice ; grande anello e nove framm. di armilla di verghetta di bronzo. Sulla platea, una
figurina fittile di uccello che posa col ventre sopra un gambo conico ; tre fusaiuole fittili ;
due astragali; conchiglia marina.
Tomba 165 (3 C). II periodo. A cassetta : 0.40 X 0.25 X 0.50.
Prof. 2.00. Ossuario a tronco di cono rovescio di argilla nerastra
con ciotola coperchio ; coppa fittile con alto gambo conico ; vasetto
a bicchiere e fra le ossa combuste : punta di ago crinale di bronzo e
lama di coltello di ferro.
Tomba 166 (3 C). II periodo. A cassetta : 0.70x0.60x0.50.
Prof. 1.60. Ossuario a forma di tronco di cono rovescio tinto a nero
con ciotola coperchio ; vaso della stessa tecnica e forma ; vasetto
fittile e tazza. Dentro l'ossuario: frammento di fibula con l'arco
formato da una fettuccia che era ornato di quattro ricci saldati
con borchiette, " dei quali non ne resta conservato soltanto che
uno ; anellino e pendaglietto di bronzo ; lama di coltello di ferro
e manina votiva modellata in argilla nerastra (fig. 38).
Tomba 167 (4 C). II periodo. A cassetta: 0.60 X 0.40 X 0.40. Prof. 2.C0. Ossuario
a tronco di cono rovescio nero lucido con ciotola coperchio ; coppa ad alto gambo conico
decorato di fitti cordoni e tazza. Fra le ossa : frammenti di ago crinale di bronzo.
ESTE — 44 — REGIONE X.
Tomba 168 (3 C). Ili periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 1.00.
Piccolo ossuario fittile a forma di bicchiere chiuso alla bocca con framm. di lastra calcarea,
conteneva minuti ossicini combusti ; una fibulina di bronzo con l'arco sormontato da bot-
tone (fìg. 39) e una grossa chiocciola.
Fio. 39.
Tomba 169 (3 C). IV periodo. A cassa: 1.90 X 0.90. Prof. 0.50. Le pareti erano
costruite con muricciuoli a secco di lastre calcari ed erano in parte distrutte per cui non si
potè misurarne l'altezza ; la platea era formata da due grandi lastroni di calcare accostati,
ed era in parte stata distrutta forse nei lavori agricoli. Della ricca suppellettile del IV pe-
riodo che doveva contenere non si raccolsero che un orcio di argilla cinerea mancante del-
l'ansa ; due ciotole e frammenti di vasi della stessa terra e un asse di bronzo del peso di
grammi 22.
T o m b a 170 (3 C). II periodo. A cassetta : 0.60 X 0.40 X 0.30. Prof. 2.00. Rovinata,
suppellettile distrutta. Resti di ossuario di ciotola, e di alcuni accessori di argilla nerastri ;
fibulina di bronzo e due fusaiuole fittili.
Tomba 171 (3 C). A cassetta: 0.45 X 0.35 X 0.30. Prof. 1.40. Violata, senza sup-
pellettile.
Tomba 172 (3 C). II periodo. A cassetta: 0.40x0.30x0.30. Violata, conteneva
una serie di cocci di vasi del II periodo e un rocchetto fittile.
T o m b a 173 (3 B). II periodo. A cassetta : 0.80 X 0.80 X 0.60. Prof. 1.50. Coperchio
franato suppellettile rovinata. Resti di un grande ossuario biconico ornato di borchie di
bronzo ; due coppe a gambo conico ; due vasi accessori ; due bicchieri ; ciotola ; tazza ;
piattino sostenuto da tre gambette. Fra le ossa : fibula di bronzo con arco a foglia ; ago
crinale ; anellino ; diciassette frammenti di armilla di verghetta cilindrica e pezzetto in-
forme di bronzo forato. Sulla platea due fusaiuole fittili e otto astragali. .
Tomba 174 (2 F). Ili periodo. A cassetta: 0.'25 X 0.20 X 0.30. Prof. 1.50. Pic-
colo ossuario situliforme di argilla rossiccia tinto ad ocra e grafite. Conteneva esili ossa
combuste e un'armilla di verghetta di bronzo ravvolta a due giri di spira.
Tomba 175 (2 F). Ili periodo. A cassetta: 0.39x0.34x0.30. Prof. 0.80. Ossua-
rio fittile situliforme decorato di cordoni e zone lucidato interamente a grafite con ciotola
coperchio. Conteneva : una fibula di bronzo con lungo arco depresso che porta infilato
nell'ago un gruppo di catenelle ; armilla a due giri di spira ; tre frammenti di altra simile ;
bulla, di bronzo framm. ornata di punti a sbalzo ; pendaglielo di lamina di bronzo rivestito
di foglia d'oro e bottone con appicagnola.
T o m b a 176 (2 F). A cassetta : 0.70 X 0.70 X 0.70. Prof. 0.30. Rovinata, senza sup-
pellettile.
REGIONE X. — 45 ESTE
Tomba 177 (2 F). II periodo arcaico. Fra sfaldature calcari e terra del rogo.
Prof. 1.80. Ossuarietto di argilla nero lucida a due tronchi di cono opposti con piede rile-
vato e bocca espansa, munito di una sola ansa framm., decorato di impressioni ottenute
col girellino, riempite di materia bianca ; ciotola coperchio ; coppina con ansa rilevata al-
l'orlo e gambo traforato e parte inferiore di un rozzo vasetto foggiato a stivale. Dentro l'os-
suario fibulina ad arco semplice e fusaiuola fittile borchiata.
Tomba 178 (2 F). II periodo arcaico. A cassetta : 0.50 x 0.40 X 0.40. Prof. 1.35.
Ossuario di argilla nera a due tronchi di cono opposti, piede rilevato e bocca espansa de-
corato sulla maggior rigonfiatura del ventre e sotto il collo di ornati a stampo col girellino,
coperto con ciotola. Ossuario e un sol tronco di cono rovescio con ciotola. Due vasi situli-
formi ; coppa ad alto gambo conico ; sette vasi accessori ; due bicchieri e due vasi potori a
forma di stivale con foro attraverso la punta. Dentro gli ossuari : fibula di bronzo ad arco
rigonfio spezzato al riccio ; altra ad arco semplice ; armilla di verghetta cilindrica contorta
che porta infilata una fibulina a semplice arco ; quattordici framm. di altre armille uno
dei quali porta attaccato ad un foro un pezzetto di catenella ; quattro dischetti con ornati
a sbalzo ; tre bottoncini ; framm. di armilla di ferro e quattro fusaiuole fittili.
Tomba 179 (2F). A cassetta: 1.00 X 0.75 X 0.60. Prof. 0.60. Violata, senza sup-
pellettile.
Tomba 180 (2 F). II periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 1.80. Os-
suarietto di argilla nerastra framm. a forma di tronco di cono rovescio che conteneva un
ago crinale di bronzo spezzato. Fra la terra del rogo, quattro fusaiuole fittili e cinque
astragali uno dei quali attraversato da un foro.
T o m b a 181 (2 F). II periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 2.00.
Ossuario di argilla nero lucida a tronco di cono rovescio framm.; coppa fittile ad alto gambo
conico. Fra la terra del rogo: coltello di bronzo con manico di osso in parte framm.
T o m b a 182 (2 F). II periodo. A cassetta : 0.80 X 0.45 X 0.40. Prof. 2.00. Ossuario
tinto a nero con ciotola coperchio ; vaso simile al precedente munito di ciotola ; tazza di
argilla nera decorata sulla spalla di una fila di borchie. -Fra le ossa combuste: ago crinale
di bronzo ; ago con cruna e chiodo di ferro. Sulla platea : grande coltello di bronzo con
manico a bossolo e fusaiuola fittile.
Tomba 183 (2 F). II periodo. A cassetta: 0.55 X 0.50 X 0.40. Prof. 2.00. Ossua-
rio situliforme tinto a nero con ciotola coperchio; grande ciotola; due coppe ad alto gambo
imbutiforme ; vasetto accessorio ; quattro tazzine, una delle quali ornata sulla spalla di una
fila di borchie e piattino sostenuto da quattro peducci. Dentro l'ossuario : ago crinale di
bronzo framm.; anellino dello stesso metallo; tre fusaiuole fittili e guscio di chioccioletta.
Tomba 184 (2 E). II periodo. A cassetta: 0.70 X 0.50 X 0.50. Prof. 0.95. Mano-
messa. Parte inferiore di rozzo ossuario fittile : vasetto di argilla nerastra ; tazzina ; roc-
chetto fittile ; frammentini di bronzo inqualificabili.
Tomba 185 (2 E). II periodo. Riparata da due sfaldature calcari. Prof. 2.80.
Suppellettile rovinata. Ossuario di argilla nero lucido, con coperchio piccolo vasetto dello
stesso impasto.
Tomba 186 (2 E). A cassetta: 0.60 X 0.55 X 0.60. Prof. 1.50. Violata, senza sup-
pellettile.
ESTE — 46 — REGIONE X.
Tomba 187 (3 E). II periodo. A cassetta : 0.80 X 0.60 X 0.55. Prof. 2. Ossuario
tinto e lucidato a grafite a tronco di cono rovescio, ornato di una fila di borchiette di bronzo,
dalla quale si staccano quattro piccoli ornati a L. È alto mm. 274 ed ha il diam. alla bocca
di mm. 190 con grande ciotola coperchio alla quale intenzionalmente venne spezzato il
piede ; vaso accessorio di argilla nerastra spezzato ; ciotola di rozzo impasto nerastro ;
tazzina tinta ad ocra. Situla di bronzo, formata da una sol lamina saldata con nove bor-
chie ribadite. Il fondo è lavorato a parte ed è fissato al corpo del vaso con dodici borchie.
Ha forma di tronco di cono rovescio con larga spalla rastremata che termina con breve
Fio. 40.
labbro arrovesciato. È alta nini. 279 col diam. alla bocca di nini. 190 e al fondo mm. 108.
Il corpo del vaso è ornato di due zone conterminate da una fila di grosse bugne a sbalzo
poste fra due di bugne più piccole. La larghezza della zona superiore è di mm. 65. Le fasce
interne sono decorate con lo stesso sistema di bugnette a sbalzo con sei linee parallele di
meandro semplice. Sotto alla fila che contorna l'ultima zona si staccano tredici brevi
ornati a L, ottenuti con punti a sbalzo. Infine una fila di bugnette gira attorno al breve
collo (fig. 40). Era chiusa da un coperchio di lamina di bronzo leggermente conico, munita
da presa saldata a parte. Essa presenta la forma di un calicetto con labbro espanso, e viene
fissata al coperchio con due dischetti ; uno collocato nell'interno del calicetto, l'altro dalla
parte interna del coperchio, ed il tutto attraversato da un borchone con testa sferica, sor-
montata da piccola appendice cilindrica, che dalla parte interna del coperchio è saldamente
ribadita, fissando così ad esso la presa. Il coperchio è ornato verso la periferia di un cordon-
cino a sbalzo, e da un giro di bugne e attorno la presa da tre cordoncini in mezzo ai quali è
sbalzato un giro di borchiette. La larga zona di mm. 60, che s'interpone, è riempita da una
rappresentazione zoomorfica, sbalzata dall'interne all'esterno. Accosciato a destra un ani-
REGIONE X.
47 —
ESTE
male felino con la bocca aperta lambisce con la larga lingua le parti deretane di una capra,
che lo precede ; sempre nella stessa direzione incede un bue, che tiene in bocca una palma,
a questo fa fronte un coniglio o lepre, che ritto sulle zampe posteriori è poggiato con la
destra anteriore ad un largo calice di fiore quasi in atto di brucare : segue questo un ariete
col corno a voluta che tiene in bocca il gambo di un fiore ; fra quest'ultima figura e l'ani-
male ferino è disposto in alto obliquamente un fiore con lungo gambo. Questo coperchio
di perfetta conservazione, è quasi per un terzo senza ossido e presenta i lucidi riflessi del
metallo (fig. 41). Dentro la situla, che funzionava da ossuario, si trovarono quattro aghi
crinali di bronzo, il più grande, ora piegato ad arco, misura circa 450 mm. di lunghezza ed
è profondamente ossidato e molto guasto ; nella parte superiore è ornato di tre sfere alle
quali segue un tratto ingrossato e quindi l'ago che s'infila in un copripunta ornato di
ESTE
— 48 —
REGIONE X.
grossa capocchia e di un fuso di avorio molto decomposto. Il secondo misura in lunghezza
nini, 240 ed è ornato di quattro sferette con la estremità infilata in un copripunta, formata
da un cannello che doveva essere rivestito di una materia ora d strutta. Il terzo lungo
nini. 250 porta quattro globuli ed ha l'estremità difesa da un copripunta sagomato; e
infine il quarto, mancante della punta, lungo mm. 145 è t ornato di quattro globuli.
Dentro l'ossuario fittile, in mezzo alle ossa combuste, si trovarono i seguenti og-
getti: grande fibula a navicella di bronzo lunga mm. 140 con l'arco ornato di
Fio. 42.
linee incise : nell'ago è passato un anellino dal quale pendono due catenelle, una regge
un pendaglietto di lamina di bronzo ripiegata a forma di bulla, l'altra un anel-
lino (fig. 42) ; fibula di bronzo a navicella lunga mm. 70, nell'ago ha infilato un anel-
lino che regge una catenella ; fibula di bronzo a navicella, sformata dalla combustione
lunga mm. 54, con l'arco ornato di linee incise, alla quale è unito insieme, per eì'etto del-
l'ossido un gruppetto di catenelle di ferro con due pendaglietti a forma di auriscalpi; fibula
di bronzo a navicella, lunga mm. 80 con l'arco ornato di linee punteggiate, manca dell'ago
e dalla parte dell'arco vi sono incrostate molte perline di pasta magnesiaca fibula di bronzo
lunga mm. 83, mancante dell'ago e del riccio, ha l'arco rigonfio traforato da cinque vani
che dovevano essere riempiti di qualche materia ora distrutta; fibuletta di bronzo lunga
inni. 49 ; ha l'arco carenato con due pometti per lato ; piccola fibula di bronzo, lunga
mm. 38 mancante dell'ago ; fibula di bronzo lunga nini. 72, l'arco è formato da una ver-
ghetta quadrangolare che doveva essere rivestito di ambra; osso, corallo, età; frammento
di fibula di bronzo del tipo della precedente; armilla di bronzo fusa del diam. di mm. 62
ornata di una serie di noduli ; frammenti di altra simile ; gruppo di tre armille saldate in-
REGIONE X.
49 —
ESTE
sieme dall'ossido unitamente ad una fusaiuola fittile, ad un dischetto di bronzo ornato di
punti a sbalzo foderato con foglia d'oro, a numerose perline, alcune delle quali portano an-
cora il filo e ad una sottil lamina di bronzo, intagliata a forma di meandro, simile in tutto
a numerosi altri esemplari trovati nello stesso ossuario; venti pendagli di lamina di bronzo
intagliata a triangolo ; variano in lunghezza da nini, 65 a nini. 35 e sono tutti ornati di di-
segni geometrici ottenuti con punti a sbalzo (fig. 43), pendaglio a forma di ascia di solida
lamina di bronzo, che termina in manichetto ad occhiello in parte spezzato ; ventiquattro
pendaglietti di lamina di bronzo triangolari, lunghi min. 10, forati al vertice e muniti di
[/.$ <b. ».,niv:t-
Fig. 43.
anellino ; quindici bottoni di laminella scodellata con appiccagnolo, dentro il quale, in
quasi tutti, è conservato il filo che li fissava al vestito; quarantasette tubcttini di sottil la-
mina di bronzo lunghi mm. 13 ; due scettri di lamina di bronzo accartocciata su verghetta
di legno, lunghi mm. 260, sono ornati di punti e linee a sbalzo ; due assicciuole di osso a cui
dovevano innestarsi dodici fili di conterie ; serie di svariatissimi pendaglietti di osso, al-
cuni di grazioso disegno ; venti grosse perle di ambra di forma schiacciata e numerosis-
sima serie di perline di pasta magnesiaca e di smalto vitreo, bianco, verde, celeste : fu-
saiuola fittile ; grossa perla biconica di pasta vitrea verdognola smaltata a righe a zig-zag
gialli.
Tomba 188 (2 E). II periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 2.00. Os-
suario nero lucido a tronco di cono rovescio, con ciotola coperchio ; vaso fittile a ventre
rigonfio, che sulla maggior circonferenza è decorato di stralucidi. Fra la terra del rogo :
lama di coltello di bronzo con due fori per fissarla al manico e fusaiuola fittile.
Tomba 189 (2 E). II periodo. Arcaico. Fra sfaldature di calcare e terra del rogo.
Prof. 2.30. Grande ossuario biconico di argilla nera con cinque brevi costole verticali
sulla sua maggior circonferenza, chiuso alla bocca da corrispondente ciotola.
Tomba 190 (2 E). II periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 3.00. Os-
suario fittile a tronco di cono rovescio con ciotola coperchio frammentata ; grande sco-
della con ansa rilevata ; vaso potorio a stivale. Fra le ossa : due fibule di bronzo con arco
depresso ornata di incisioni ; armilla di verghetta di bronzo a più giri di spira rotta in
5 pezzi ; due frammenti di grossa lamina di bronzo e fusaiuola fittile.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 7
ESTE — 50 — . REGIONE X.
T o m b a 191 (2 E), II periodo. A cassetta : 0.40 X 0.30 X 0.30. Prof. 2.50. Ossuario
tinto a nero marrone con ciotola coperchio. Conteneva : pinzetta, manichette e penda-
glielo di bronzo.
T o m b a 192 (2 F). II periodo. A cassetta : 0.50 X 0.50 X 0.50. Prof. 2. Rovinata,
suppellettile frammentata. Ossuario a fila di borchie di bronzo, sulla spalla con ciotola
coperchio ed altri vasetti accessori. Dentro l'ossuario: framm. di spillone e coltello di
bronzo con lama e manico fusi insieme.
Tomba 193 (3 B). II periodo. Riparata da due ciottoloni trachitici. Prof. 2.00.
Grande ossuario a tronco di cono rovescio, nericcio con ciotola coperchio ; vasetto di ar-
gilla nero lucida munito di ansa ad occhiello, ora mancante.
Tomba 194 (3 B). II periodo. A cassetta: 0.30 X 0.30 X 0.30. Prof. 1.60. Os-
suario fittile a tronco di cono rovescio tinto color castano con ciotola coperchio. Fra le
ossa combuste fibula di bronzo a fettuccia e due fusaiuole fittili.
T o m b a 195 (4 B). II periodo. A cassetta: 0.30 X0.30 X 0.35. Prof. 2. Rovinata. Della
suppellettile non fu dato raccogliere che un framm. di spillone e due pendaglietti a pinza.
Tomba 196 (2 D). A cassetta. Prof. 1.00. Mancava di una parete, del coperchio
« della suppelrettile.
Tomba 197 (2 D). A cassetta: 0.50 X 0.40 X 0.40. Prof. 1.40. Mancava del co-
perchio e della suppellett'le.
Tomba 198 (2 D). Ili periodo. A cassetta: 0.45 X 0.30 X0.32. Prof. 1.50. Sup-
pellettile predata, lungo la connessura di una parete : manichetto uncinato di mesto-
lino di bronzo.
Tomba 199 (2 D). Ili periodo arcaico. A cassetta: 0.50 X 0.50X0.50. Prof. 1.60.
Ossuario fittile situliforme a zone rosse e nere con ciotola coperchio. Ossuario fittile si-
tuliforme tinto e lucidato a grafite con ciotola coperchio ; vaso a ventre tondeggiante nero
lucido; vaso biconico nerastro; tre coppine a basso gambo; ciotola con ansa ad occhiello
parallela all'orlo; tazzina a manico rialzato. Dentro gli ossuari i seguenti bronzi: quat-
tro fibule a navicella frammentate e contorte dalla combustione ; fibula con due appen-
dici laterali all'arco ; bulla ornata di punti a sbalzo ; grande anello di verghetta cilindrica,
anellino di fettuccia schiacciata ; due armilette di filo cilindrico ; anellino a tre giri di
spira; frammento di armilla con estremità a spirale; sette bottoni; grande pezzo di
sbarra informe e frammentini inqualificabili ; perla d'ambra e fusaiuola fittile.
Tomba 200 (2 F). A cassetta: 0.60 X 0.55 X 0.50. Prof. 1.00. Mancava del coper-
chio e della suppellettile.
Tomba 201 (1 E). A cassetta: 0.50x0.45x0.45. Prof. 1. Mancava del coperchio
e della suppellettile.
T o m b a 202 (2 E). II periodo arcaico. A cassetta 0.70 X 0.60 X 0.50. Prof. 1.70. Otto
ossuari nero lucidi, sette a tronco di cono rovescio, uno dei quali ornato di borchie di
bronzo, l'ottavo sferoidale, sette con ciotola coperchio ; due coppe ad alto gambo conico ;
vaso biconico con piede rilevato, bocca espansa e due anse, ornato di impressioni fatte
col girellino, riempite di materia bianca ; vaso ansato a forma di boccale con decorazioni
simili a quelle del precedente ; tre vasetti accessori ; sette tazze di grandezza div. Dentro
g'i ossuari i seguenti bronzi: grande fibula ad arco semplice costolata; altra più piccola
REGIONE X. — 51 — ESTE
rivestita in origine di osso o smalto ; fibuletta a navicella ; due armille di fettuccia a tre
giri di spira ; frammento di ago crinale ; due anellini, bulla ornata di punti a sbalzo. Sulla
platea sei fusaiuole fittili e quarantacinque astragali di proporzioni div.
Tomba 203 (2 E). II periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 1.00. Ossuario
lucidato a nero a tronco di cono rovescio framm. ; vasetto accessorio nerastro e tazzina
ansata. Fra le ossa combuste : tre frammenti inqualificabili di bronzo ; lama di coltello
di ferro e tre fusaiuole fittili.
Tomba 204 (2. E). II periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 1. Ossuario
a tronco di cono nerastro e borchiette di bronzo sulla spalla con ciotola coperchio ; cio-
tola nerastra; due tazzine. Dentro l'ossuario i seguenti bronzi: grande fibula ad. arco
semplice, mancante del riccio e dell'ago ; due archi di fibuletta ; due armille di verghetta
cilindrica ; framm. di altre simili ; tre anellini e tre fusaiuole fittili.
Tomba 205 (1 E). Ili periodo. A cassetta: 0.45 X 0.45 X 0.50. Prof. 1.30. Ossuario
situliforme dipinto a zone ad ocra e grafite ; piccolo bicchiere rossiccio ; due fibule di
bronzo tipo Certosa.
Tomba 206 (1 F). II periodo. A cassetta: 0.60 X 0.40 X 0.55. Prof.l. 20. Ossuario
a tronco di cono rovescio nero lucido, con ciotola coperchio ; vasetto tinto ad ocra e gra-
fite ; rozza ciotola e due tazzine. Dentro l'ossuario fibula di bronzo ad arco depresso a
lunga staffa; framm. di altra serpeggiante ed armilla, contorta dalla combustione;
fusaiuola fittile e ciottoletto forato.
Tomba 207 (2 E). II periodo. A cassetta: 0.50 X 0.40 X 0.40. Prof. 1.90. Due os-
suari nero-lucidi a tronco di cono rovescio, uno dei quali framm.; rozza ciotola coperchio.
Contenevano : spillone e uno framm. ; coltellino di bronzo privo del manico di riporto.
Sulla platea fusaiuola fittile.
Fio. 44.
Tomba 208 (2 C). II periodo. In semplice buca con terra di rogo. Prof. 0.60. Rozzo
ossuario framm. con ciotola coperchio. Fra le ossa combuste fibula serpeggiante di bronzo
con pometti laterali (fig. 44) ed astragalo.
Tomba 209 (2 C). II periodo. In semplice buca. Prof. 0.60. Rozzo ossuario a tronco
di cono rovescio frammentato con fibula di bronzo ornata di due pometti per lato e grande
armilla di bronzo con estremità sovrapposta.
Tomba 210 (2 C). Ili periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 0.40. Rozzo
vaso fittile con ciotola che conteneva un ossuario a zone rosse e nere, tutti due framm.
e decomposti dall'umidità.
Tomba 211 (2 C). II periodo. In semplice buca con terra del rogo. Prof. 0.40. Ossua-
rio di rozzo impasto nericcio ad olla panciuta ; lungo spillone di bronzo.
ESTE — 52 — REGIONE X.
T o m b a 212 (3 D). Ili periodo. A cassetta : 0.50 X 0.40 X 0.40. Prof. 2.00. Ossuario
situliforme a zone rosse e nere ; ossuario situliforme tinto e lucidato a grafite ornato con
borchiette di bronzo ; calice di rozzo impasto ; due bicchieri e vasetto biconico deco-
rato di puntini impressi. Fra le ossa: fibula di bronzo a navicella con l'arco ornato di
linee incise ; anellino a più giri di spire sformato dalla combustione. Sulla platea : due
rocchetti fittili portanti sulle capocchie due linee grafite disposte in croce e fusaiuola
di terra.
T o m b a 213 (3 D). Ili periodo. A cassetta : 0.40 X 0.30 X 0.30. Prof. 1.70. Ossuario
situ iforme dipinto con ocra e grafite, ciotola di grossolano impasto e vasetto a ventre
tondeggiante di color castano.
T o m b a 214 (1-3). II periodo. A cassetta: 0.30 X 0.25 X 0.25. Prof. 1.90. Ossuarietto
situliforme tinto a grafite con ciotola coperchio ; tazza ; due bicchieri. Sulla platea do-
dici astragali. s
T o m b a 215 (1 F). II periodo. A cassetta: 0.40 X 0.30 X 0.35. Prof. 1.40. Ossuario a
forma di olla tinto e lucidato a grafite con ciotola e fusaiuola fittile.
Tomba 216 (2 D). Ili periodo e Romana. A cassetta : 0.90 X 0.60 X 0.60. Prof. 0.40.
Manomessa nell'età romana per successiva deposizione funebre.
Della suppellettile del III periodo non si raccolsero che pochi cocci di vasi locali ;
framm. di una kylix attica verniciata ; ciotola di argilla figulina, d'imitazione di color
gialletto a strie rosa e grande ascia di bronzo di forma allungata.
La suppellettile romana si componeva di rozzo ossuarietto fittile olliforme ; framm.
di vasetto di argilla cinerea ; due anellini ; punta di ago e asse molto trito del peso di
grammi 29.10.
Tomba 217 (2 D). Ili periodo. A cassetta: 0.50 X 0.30 X 0.40. Prof. 1.00. Ossua-
rietto framm. con ciotola coperchio ; ciotoletta tinta ad ocra e grafite ; altre due ornate di
fasce a stralucido e due bicchieri ; l'uno liscio l'altro decorato
di fitti cordoncini. Fra le ossa combuste : due piccole fibule di
bronzo ; tre pendaglietti di lamina di bronzo ; pezzetto informe
e cinque perline di ambra.
Tomba 218. (3 D). Ili periodo. A cassetta: 0.55x0.40
X 0.40. Prof. 1.00. Ossuario situliforme decorato di zone tinte ad
ocra e grafite con ciotola coperchio. Due vasi dello stesso tipo
e tecnica ; due coppe ad alto gambo con la decorazione a rosso e
nero ; bicchiere ; capeduncola di bronzo. Dentro l'ossuario i se-
guenti bronzi : fibula tipo Certosa che nell'ago ha infilato un pen-
daglietto al quale sono unite due manine (fig. 45); due fibu-
line tipo Certosa; fibula ad arco rigonfio; anello di verghetta
piatta ; quattro altri di svariate forme ; sei framm. di cintura
Fig. 45. sformati dalla combustione ; pezzetto di ferro informe ; bellissime
perle di pasta bianca ; serie di altre di corallo e quattro tubettini
di foglia d'oro schiacciati.
T o m b a .219 (3 D). II periodo. A cassetta : 0.30 X 0.30 X 0.30. Prof. 1.50. Ossuario
situliforme ; due ciotolctte ; bicchiere ed elegante vasetto biconico decorato di circoletti
REGIONE X. 53 E8TE
impressi. Dentro l'ossuario : fibula di bronzo con pometti laterali all'arco che porta infi-
lato nell'ago un anello di verghetta cilindrica.
Tomba 220 (8 D). II periodo. In semplice buca. Prof. 2.00. Ossuario nero lucido
biconico ornato di impressioni col girellino, framm. e anellino di bronzo.
Tomba 221 (3 D). II periodo. A cassetta: 0.50 X 0.40 X 0.40. Prof. 2.00. Ossuario
nericcio a tronco di cono rovescio, ornato sulla spalla di una fila di borchie ; vaso di tec-
nica e forma simili. Coppa ad alto gambo conico ; ciotoletta ; vasetto ansato a ventre sfe-
rico e due tazzine. Dentro l'ossuario i seguenti bronzi : grande fibula ad arco semplice ;
fibula ad arco rigonfio ; ago crinale ; gancio da cintura ; otto anellini ; rasoio lunato :
scalpello a serie di borchiette. Sulla platea: coltello di ferro ; due fusaiuole fittili e grande
lancia di ferro con manico a bossolo.
Tomba 222 (2 D). IV periodo. A cassetta: 0.60 X 0.60 X 0.50. Prof. 1.00. Ossuario
olliforme d'impasto fine a superficie rossa con tre anse a maniglia e ciotola coperchio
dello stesso colore ornata nel fondo di una rosetta a stampo ; bacino piatto, rosso, che
in un punto del labbro porta un gocciolatoio a linguella, fiancheggiato da due bugnette
coniche ; askos otriforme di argilla figulina di color gialletto, rotto al beccuccio, tinto
Fio. 46.
originariamente a vernice nera, imitazione etrusco-eampana ; due vasetti olliformi, orcio
a larga bocca con ansa spezzata ; due boccaletti ; vasetto a ventre tondeggiante e piede
cilindrico ; calicetto con piede a cercine ; nove ciotole, il tutto di argilla cinerea, piattino
tinto e lucidato a rosso e nero con ansa orizzontale all'orlo ; coppina ; ciotoletta tinta
ad ocra ; tazzina ad ansa, rilevata tinta ad ocra e grafite con decorazione a laminelle di
stagno. In bronzo: fibuletta La Tene con staffa, desinente a pometto (fig. 46); due framm.
di verghetta contorta. Di ferro: grande armilla spezzata; framm. di fibule tipo La Tene ;
punta di giavellotto e puntale appuntito della stessa arma ; quattro valve di conchiglia
del genere cardium e ossicini di volatile.
Tomba 223 (2 D). Ili periodo. A cassetta : 0.45 X 0.45 X 0.40. Ossuario situliforme
lucidato a nero ornato rozzamente del meandro graffito dipinto ad ocra, con ciotola coper-
chio ; vasetto rossastro a ventre espanso ; bicchiere a rosso e nero ; due piccoli poculi con
tracce di coloritura ; framm. di coppa e di altri vasi accessori. In bronzo : cinque fibule
a breve arco ingrossato e lunga staffa con estremità modanata a pometto ; piccola fibu-
letta a navicella; sedici anelli di proporzioni div., tre asticciuole a pendaglio ; gancetto
per cintura ; frammento di scettro tubolare ; amo da pesca ; framm. di fibula a disco di
ferro; due fusaiuole fittili.
KSTE — 54 — REGIONE X.
Oggetti trovati sparsi nel terreno.
Nell'area delle tombe sopraddette si raccolsero a varia profondità oggetti isolati che
non possono assegnarsi a particolari suppellettili. Si ricordano i seguenti di età preromana.
Serie di cocci appartenenti a ossuario di grossolano impasto a superficie rossiccia
decorato con fasce di linee graffite : grande ciotola di argilla figulina con resti di colori-
tura a rossetto : frani m. di grande cratere attico a campana a vernice nera. Di bronzo : fibu-
letta ad arco semplice rivestito da sei perline vitree azzurro scuro con occhi gialli (fig. 47).
Pio. 47.
Di età romana : f ramni, di antefissa fittile a palmetta ; labbro di anfora rossastra col
bollo C • OSTINI : fondo di patera pseudo aretina ; altro con brillante vernice corallina col
bollo in pianta di piede ATIM; due lucernette semplici, altra col bollo SVENTI; fram-
mento coi resti del bollo QGG...; gruppo di cocci che per essere stati scoperti ammassati
sotto ad un cumulo di rottami di lastre calcari si può ritenere appartenessero ad una
tomba romana arcaica distrutta nei lavori agricoli. Cioè, serie di framm. di ciotole di
argilla cenerognola di tipo gallico ; idem vasi di tipo etrusco-campano ; idem di poculi
e fiaschette di tipo romano e infine di ossuari piriformi con tracce in alcuni di coloratura
a bianco e fasce rosse e in altri i seguenti resti di iscrizioni graffite. Frammento di os-
suario rosso v'iO • CN • F . Frammento di ossuario giallognolo con tracce di tinta vio-
lacea, ... \IAI • VOLTEIO ... Frammento di ossuario rossastro ... IVX ... Ossuario di-
pinto a rosso M...
Inoltre i seguenti frammenti di marmo : basetta quadrangolare sulla quale sono
i resti dei piedi di un rapace ; coperchio, spezzato alla punta, di cippo ossuario di forma
conica su base modanata a cerchietti concentrici ; framm. di mortaio ; framm. di colonne
scannellate; framm. di c'ppo sepolcrale cilindrico con faccia piana sulla quale sono scol-
piti i resti dell'iscrizione :
VN...
Q- : FLO...
S • FRATE ,•
POS uil
Alfonso Alfonsi,
REGIONE X. — 55 — E3TE
Cenno necrologie» dell'Alfonsi.
Dando l'annunzio delle antichità recentemente scoperte nelle varie parti d'Italia,
e cominciando come al solito dalla Regione X (Venetia et Histria) l'animo mio sentesi
immerso in un profondo dolore, per la perdita irreparabile che abbiamo avuto in questi
giorni colla morte immatura di uno che fu fervido nostro collaboratore nella tutela e nello
studio delle antichità dell'agro atestino. Intendo dire del solerte Alfonso Alfonsi, che
era stato nominato di recente funzionante Direttore di quel Museo di Este, al quale l'Al-
fonsi aveva dedicate tutte le sue cure. Egli, discepolo del Prosdocimi, del Ghirardini, del
Pellegrini, aveva reso grandissimi servizi alla scienza, perchè aveva dedicata tutta la sua
attività per il migliore andamento dell' importante Museo di Este e degli scavi di quel
territorio. Non ci era sito dell'agro atestino, dove egli non fosse giunto col suo provvido
zelo: e non solo aveva seguito l'andamento delle indagini archeologiche sistematiche, ese-
guite per conto del Governo e a spese dello Stato, ma aveva raccolto tutte le notizie sugli
oggetti antichi che si trovassero fuori del Museo, per assicurarne il possesso alle collezioni
pubbliche.
Quelli che hanno conosciuto l'Alfonsi nel centro delle sue occupazioni, cioè nel terri-
torio di Este, non cesseranno dal rimpiangerne la perdita immatura, la quale lascia un
vuoto che non sarà possibile colmare.
È una vera sventura quella che ci perseguita nella tutela delle antichità atestine.
Dobbiamo il primo impulso allo studio di esse all'infaticabile Alessandro Prosdocimi,
che si può dire il vero fondatore degli studi speciali per le antichità di Este, la cui atti-
vità fu anzi tempo troncata. Vi furono anche altri studiosi atestini, e tra essi debbo ricor-
dare il benemerito Pietrogrande, assai valoroso nello studio dell'epigrafia latina. Ma qui
debbo fermarmi specialmente su coloro che coltivarono gli studi delle antichità più remote,
che si riferiscono alla più antica civiltà euganea, nello studio della quale fece in Este gran-
dissimi progressi la dottrina che vi applicò il eh. prof. Gherardo Ghirardini, di cui pure
dobbiamo deplorare la perdita immatura.
Al Ghirardini tenne dietro il Pellegrini, anch'esso rapitoci nel vigore degli anni, mentre
aveva dato prove d'indomabile amore per lo studio delle antichità atestine, in tutti i
campi, e specialmente in quello linguistico, avendoci egli riunite tutte le notizie intorno
ad iscrizioni euganee incise sopra corni di cervo, trovati in una specie di deposito che eser-
citò moltissimo le cure dei dotti.
ESTE — 56 — REGIONE X.
Per tenermi all'Alfonsi ricorderò che oltre ad aver messe assieme tutte le informazioni
sopra scoperte varie e di varia età avvenute nel vasto territorio di Este, aveva in questi
ultimi tempi riunite tutte le relazioni alla cui pubblicazione avrebbe voluto attendere
il prof. Pellegrini, e che si riferiscono ai numerosi gruppi di suppellettile funebre, raccolti
nell'ampio sepolcreto del fondo Rebato, sempre nel territorio di Este, dai quali preziosi
documenti furono rimessi in luce. ■ *
Essi chiarivano temi importantissimi della storia atestina ; specialmente del periodo
in cui alla civiltà euganea venne a sostituirsi la civiltà romana.
In nessun punto si possono studiare le vicende di questo passaggio, come nelle suppel-
lettili funebri raccolte nelle tombe del predio Rebato, sapientemente esposte dall'Alfonsi,
e che sono qui rese di pubblica ragione, non solo come contributo alla storia di Este, ma
anche come omaggio alla memoria del nostro caro compagno di studio, di cui deploriamo
la perdita.
Il Comitato per la pubblicazione delle Notizie degli Scavi, nella sua ultima riunione,
deplorando la disgrazia irreparabile che ci ha colpiti, ha stabilito che come omaggio alla
memoria del benemerito Alfonsi, sia presto pubblicata l'ampia relazione sulle scoperte
del fondo Rebato, della quale l'Alfonsi aveva preparata la stampa. E noi siamo lieti di aver
compiuto questo dovere.
L'Alfonsi nacque nell'anno 1862 e morì nel 1922.
F. Barnabei.
REGIONE X. — 5? — MEDOLÉ
II. MEDOLE — Testina in bromo di età romana che servì per
contrappeso di stadera, rinvenuta nell'agro del Comune.
Verso la fine dello scorso gennaio 1922, in agro del comune di Medole (prov. di Bre-
scia) nei fondi del prof. Domenico Olivieri, in occasione di lavori agricoli, fu rinvenuta
la bella testina di bronzo qui raffigurata da fotografia.
È di buona arte romana, e la data potrebbe ritenersi approssimativamente indi-
cata da un medio bronzo di Augusto affatto logoro, ritrovato insieme. Porta capiglia-
tura riunita sulla nuca e ripiegata in alto a nodo, non troppo voluminoso, mentre la
parte anteriore è pettinata rialzandola e rigonfiandola alquanto su le tempie, e si sol-
leva a ciuffo sopra il sommo della fronte ; nel complesso una pettinatura muliebre, ma
anche di alcuni tipi apollinei, non rara nell'età ellenistico-romana, né priva di varianti,
e risalente ad originali greci (attici) del IV sec. a. C, e, per i tipi apollinei, decisamente
agli Apolli di Prassitele detti Sauroktonos e Lykeios. Il volto ha lineamenti piuttosto
energici, e, tra per questo e per la non grande abbondanza della chioma che si raccoglie
su la nuca, inclino a ravvisare nella nostra piccola testa (alta mm. 123) un Apollo, non
troppo dissimile dal celebrato Apollino di Firenze, il quale, com'è noto, è una deriva-
zione raggentilita e ringiovanita dal Lykeios del grandissimo maestro attico.
Ma non è il caso d'insistere e di considerare la nostra testina con i puri criteri
storico-artistici con i quali taluni archeologi al seguito del Furtwangler, fabbricano
spesso dotte ma troppo lunghe memorie, volumi di ravvicinamenti e d'ipotesi intorno
a pezzi di scultura che non meritano se non di rado esami tanto minuziosi e profondi.
Qui siamo sul terreno pratico, sul quale ai Romani piaceva posar saldamente il piede,
pur rendendo omaggio all'arte quale conforto ed allietamento della vita. Alla nostra
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 8
piacenza — 58 — Regioni: viii.
testina, tagliata al collo in fusione, fu lasciato sulla sommità e parimente in fusione
un robusto anello, del diam. di 12 min. ; e da questi particolari ri rileva che essa servì
da contrappeso o « romano » di una stadera. E sebbene, data la costruzione della sta-
dera, il peso effettivo del romano non abbia molta importanza, essendo in funzione
della lunghezza di quel braccio del giogo che portava le divisioni, e su cui il peso mo-
bile si faceva scorrere, tuttavia gli esempi che ci rimangono mostrano come già i Ro-
mani, accortamente, evitassero di dare al detto braccio una eccessiva lunghezza, al
che occorreva che il romano portasse un buon peso effettivo. 11 cavo della nostra te-
stina fu riempito perciò di piombo fuso, che vi fu colato per l'apertura del collo,
più che a metà. Così come si trova il nostro romano pesa grammi 3175, peso vicinis-
simo a quello di gr. 3274,5 che equivale a 10 libbre romane antiche e che può ritenersi
voluto raggiungere dal fabbricante della stadera ; tanto più che i romani non appaiono
mai congiunti immediatamente al giogo, ossia infilati per l'anello lasciato in fusione,
bensì mediante una catenina ammagliata al detto anello, e che manca nel nostro esem-
plare.
Parecchie sono le stadere antiche e nei pervenute, giacché tale strumento da pe-
sare era il più comune nel piccolo commercio dell'epoca romana, ed è rimasto di uso
larghissimo nei paesi del mezzogiorno. Esemplari di Pompei ci mostrano anch'essi come
l'arte figurata allietasse allora anche strumenti così prosaici, e come i romani di tali
stadere prendessero forma di teste o di bustini, non solo di esseri mitologici (Mvs. Berb.
VI,, 16 : Pane) ma anche di divinità maggiori (ibid. I, 55 : Minerva galeata). Fra i ro-
mani artistici primeggerà oramai quello di Medole, trattato per dimensioni e per cura
di esecuzione (nota il piccolo tassello applicato a dr. del collo per celare un piccolo di-
fetto di fusione, ed oggi caduto) non diversamente che una vera opera d'arte della sta-
tuaria.
G. Patroni.
Regione Vili (CISPADANA).
III. PIACENZA — Rinvenimento di un cippo funebre in località
S. Giuseppe.
Il prof. Ettore de Giovanni ha pubblicato rei giornale «La Libertà» di Piacenza
del 3-4 luglio 1921 la scoperta di un cippo sepolcrale romano avvenuta fuori del recinto
delle mura piacentine, in località S. Giuseppe, presso il laboratorio di liquidi speciali, in
occasione di scavi fatti per' interrare proiettili pericolosi. Il rinvenimento avvenne alla
profondità di m. 0.80 dal piano di campagna, e si potè accertare che il cippo era in sitv,
e che sovrastava ad una tomba in laterizio contenente ancora ossa umane. Il cippo è in
marmo lunense, alto m. 1.22, largo m. 0.65 e profondo ni. 0,57. È scorniciato, ed il fastigio
è formato da due pulvini decorati da rosoni ; ai lati ha scolpiti l'urceolo e la pàtera. Al
REGIONE V. — 59 — FALEUONE
piano superiore il cippo ha un piccolo incavo circolare poco profondo. Sul davanti, entro la
cornice, reca la seguente iscrizione in buone lettere del I secolo dell'impero :
D M
FL AVI AE
PYRALLID
PVBL1CIVS
PLAC LIB
THESEVS
CONIVGI
RARISSI
MAE.
La tomba fu dedicata da Publicius, Plac(entiae) lib(ertus), Theseus alla moglie Fla-
via Pyrullis, elogiata con l'epiteto di rarissima. I due coniugi di origine grecanica erano
stati l'uno servus publicus della colonia di Placentia ; per il che all'atto della sua manomis-
sione aveva assunto il gentilizio Publicius, l'altra era stata serva di una famiglia della
gens Flavia. Un Onesimus, c(oloniae) PQacenliae) s(ervus) è ricordato nell'iscrizione sepol-
crale piacentina (C. I. L., XI, 1231). Il nuovo cippo è stato immesso nella locale raccolta
antiquaria.
G. Mancini.
Regione V (PICENUM).
IV. FÀLERONE — Ripostiglio monetale rinvenuto nell'area dell'an-
tica Falerio.
I fratelli Concetti nel principio del 1912 chiesero alla Soprintendenza dei musei e
degli Scavi delle Marche, e questa, col consenso della Direzione Generale delle antichità
e belle arti, concesse il permesso di scavare alcune lunghe trincee per piantagione di al-
beri in un loro podere, situato nelle Piane di Tenna, area dell'antica Falerio (Falerone).
I lavori, assistiti dal personale dell'Ufficio, furono incominciati nei primi giorni del feb-
braio e diretti ad approfondire tre cavi lunghi 120 metri, larghi m. 2, distanti l'uno dal-
l'altro ni. 6, e paralleli nella direzione nord-sud al lato ovest della casa dei proprietari,
discosta, dal più vicino di essi, non più di tre metri. Nel primo di questi cavi, il giorno 13
dello stesso mese, i Concetti fecero, alla presenza del custode Davide Marini, una fortu-
nata scoperta. Alla profondità approssimativa di un metro, rinvennero un'olla di ter-
racotta con un gran numero di monete di argento e di bronzo. Alla prima sommaria con-
statazione, dovuta fare sul luogo per assicurare i proprietari, le monete parvero circa
8000 (7400 di argento e 600 di bronzo) : il peso approssimativo poco meno di 30 chilo-
grammi. L'agente dello ufficio della Soprintendenza, chiuso e sigillato il prezioso
ricupero entro un sacco, lo portò al Museo di Ancona.
FALERONE — 60 — REGIONE V.
11 ripostiglio è composto di antoniniani del III secolo e di bronzi imperiali (quasi
esclusivamente grandi bronzi) che abbracciano, benché assai pochi di numero, un più
vasto periodo di tempo. Fu data di esso una brevissima notizia nella Rivista Italiana di
Numismatica dal dott. Serafino Ricci, Direttore del Gabinetto Numismatico di Brera (1),
ma la sua importanza richiede una estesa pubblicazione.
L'eccellente conservazione e la freschezza dei coni hanno permesso la lettura di
quasi tutti i pezzi, di cui fo seguire l'elenco secondo l'ordine cronologico degli imperatori
cui appartengono, riferendomi alla prima edizione dell'opera del Cohen (Déscription
historique des monnaies frappées sous l'Empire Romain ecc. 1859-1868), posseduta dalla
Biblioteca dell'Ufficio, e notando le varianti e descrivendo quegli esemplari, che fra gli
altri già noti nell'opera, non avessero esatto riscontro (*). '
Antoniniani.
1.
GIVLIA DOMNA
(m. 217)
Cohen III, p. 143, n. Ili (es. 1). Totale 1
2.
SOEMIA
(m. 223)
Cohen ITI, p. 555, n. 5 (es. 1). Nel campo ima stella. Totale 1
3.
ALESSANDRO SEVERO
(222-235)
Cohen IV, p. 18, n. 129 (es. 1). Totale 1
(*) Ricci S. Due importanti riportigli di monete antiche, in Riv. Ital. Numism. 1913, voi. XXVI,
p. 568. Il secondo di questi due ripostigli ivi citato, fu pure rinvenuto nella giurisdizione di questa
Soprintendenza a Montecarotto, in proprietà dei marchesi Trionfi, ed era composto di 5298 pezzi,
denari e quinari d'argento, nei quali erano rappresentate moltissime famiglie consolari romane. Es-
sendo stata fatta la ripartizione coi proprietari, il Museo non possiede chela metà degli esemplari dei
quali seguirà nelle Notizie la pubblicazione.
(*) Le monete di questo ripostiglio furono prima ripartite e descritte dal prof. Arnolfo Bizzarri
per incarico del Ministero e del Direttore del Museo prof. Innocenzo Dall'Osso. Non per sottoporre a re-
visione il lungo paziente e coscienzioso lavoro del valente architetto, allora addetto a questa Soprin-
tendenza, e tanto meno per dubitare della competenza con cui il Direttore del Museo aveva diretto la
laboriosa ricognizione, ma soltanto per avere un concetto meno manchevole possibile nelle trattative
di acquisto da fare coi comproprietari fratelli Concetti, e per raccogliere le altre indicazioni comple-
mentari, di cui ho dato conto nella breve relazione, ho riesaminato tutti i pezzi che compongono il pre-
zioso peculio. Debbo perciò essere grato ai proff. Dall'Osso e Bizzarri per avere essi con la prima
loro descrizione facilitato di molto la compilazione di questo mio successivo lavoro.
REGIONE V. 61 FALERONE
4.
MASSIMINO 1°
(235-238)
Cohen IV, p. 89 e seg., n. 6 (es. 1), n. 21 (1). Totale 2
5.
PVPIENO
(238)
Cohen IV. p. 120. n. 16 (es. Il Totale 1
GORDIANO PIO
(238-244)
Cohen IV, p. 126 e ss., n. 6 (es. 2), n. 15 (1), n. 18 (2), n. 29 (1), n. 31 (4), n. 34 (3), ti. 36 (1), n. 39
(1), n. 40 (7), n. 49 (1), n. 64 (1), n. 65 (1), n. 67 (1), n. 68 (2), n. 69 (3), n. 70 (1), n. 78 (1),
n. 91 (1), n. 107 (4), n. 109 (1), n. 114 (1), n. 117 (1), n. 125 (2), n. 136 (2), n. 138 (2), n. 143 (1),
n. 145 (1), n. 160 (1).
Var. Cohen IV, n. 151 (1). Uguale leggenda : la Vittoria regge non la corona ma la palma.
Cohen IV, p. 142 e seg., n. 152 (2), n. 165 (2), n. 163 (1), n. 166 (7).
IMP» GOR)DIANVS PIVS FEL. AVG. Busto rad. e ci. a d. 9 APOL CONSERVAT. Apollo nudo
stante a s. tenente un ramo di lauro e appoggiato con la d. s'illa lira (es. I). Totale 64
FILIPPO PADRE
(244-249)
Cohen IV, p. 175 e ss., n. 6 (es. I) n. 9 (9), n. 14 (7), n. 19 (2), n. 20 (1), n. 21 (1), n. 22 (3),
n. 24 (1), n. 28 (1), n. 34 (1), n. 38 (1), n. 42 (1), n. 44 (1), n. 60 (1), n. 54 (1), n. 62 (2), n. 73
(2), n. 86 (1) nell'esery'o VI, n. 87 (1) nell'esergo VI, n. 88 (1), n. 92 (1), n. 97 (1), n. 108(1),
n. 112 (2). Total» 44
8.
OTACILIA
Cohen IV, p. 207 e ss., n. 3 (es. 1), n. 20 (1), n. 25 (1). Totale 3
9.
FILIPPO FIGLIO
(244-249)
Cohen IV, p. 217 e ss.. n.2(es. 3), D.6(l), n.23(l). Var. del pive, per la legg : IMP. PHILIPPVS
AVG (es. 1), n. 30 (9), n. 33 (1), n. 48 (1), nel campo T. Totale 17
10.
TRAIANO DECIO
(249-251)
Cohen IV, p. 233 e ss., n. 2 (es. 2), n. 4 (8), n. 10 (1), n. 12 (11). n. 14 (1), n. 21 (1), n. 23 (1). Var.
Cohen IV, n. 23 per la fig. del $ in cui accanto al Genio è un pilastrino (es. 1), n. 26 (7), n. 28
(IV n. 39 (3), ii. 43 (1). Var. di Cohen IV, n. 44 per la legg. IMP, CAE, TRA. DECIVS. AVG.
(es. 1), n. 48 (6), n. 51 (1). Totale 46
FALERONE — 62 — REGIONE V.
11.
ETRVSCILLA
Cohen IV, p. 248 e ss., n. 5 (1), n. 7 (1), n. 10 (4), n. 12 (3). Totale 9
12.
ERENNIO
(249-251)
Cohen IV, p. 253 e ss., n. 3 (es. 1), n. 7 (1). Var. Cohen IV, n. 7, per la legg. del ^ MAR. PROP. (1),
n. 10 (3), n. 11 (1), n. 13 (1), n. 15 (1), n. 23 (3). Totale 12
13.
OSTILIANO
(249-251)
Cohen IV, p. 260 e ss., n. 10 (es. 2), n. 11 (2), n. 21 (1), n. 24 (1), n. 30 (1). Totale 7
14.
TREBONIANO GALLO
(251-253)
Cohen IV, p. 269 e ss., n. 4 (es. 6), n. 7 (4), n. 9 (3), n. 12 (8), n. 15 (10), n. 19 (11); nell'e-
sergo hanno : 3 le lett. IIV ; 1 quattro punti ; 1 due punti ; 6 nulla: n. 22 (5); n. 24 (3), n. 26
(4). Var. Cohen IV, n. 28 (3), per le lett. dell'esergo che non sono IV ma VII. Var. Cohen IV,
n. 28 (1), per tre punti in luogo delle lett. nell'csergo. Var. Cohen IV, n. 28 (5), perchè priva
di lett, nell'esergo: n. 33 (6), uno di essi con stella nel campo: n. 36 (5), n. 37 (3), n. 38 (1).
Var. Cohen IV, n. 40 (1), perle lett, VI nell'es. e per la mancanza delle lett. VII sotto il busto
nel diritto: n. 41 (6), n. 43 (2), una soltanto ha nell'esergo un punto, n. 45 (8), tre con stella
nel campo. Medesime fig. e legg. dell'Aureo. Cohen IV, p. 274, n. 50 ; varia il busto che è rad.
e non laur. (1), n. 53 (1), n. 56 (5). Var. Cohen IV. n. 61 (1), perchè ha, in luogo di lett., due
punti nell'esergo dei due lati. Var. Cohen IV, n. 67(2), peri*lett. IIV e per tre punti nell'esergo
del 9: n. 68 (2), n. 70 (1). Totale 108
15.
VOLVSIANO
(251-263)
Cohen IV, p. 288 e ss., n. 2 (es. 1), n. 5 (5)., Var. Cohen IV, n. 5 (1), per la legg.: IMR C. C. VIP..
VOLVSIANVS AVG. $> AEQVITAS AVO: n. 13 (9), n. 15 (8), un solo es. con la stella nel
campo, n. 17 (4). Var. Cohen IV, n. 19(1) per le lett. VII nell'esergo: n. 23(1), n.24 (2), nel campo
del 9 «"a stella, n. 33 (1). Var. Cohen IV, n.34(l), perii mov. della fig. di Marte a s. invece che
ad. e per le lett, VI nell'es.: rr. 36(1), n. 39(9), tre hanno la stella nel campo. Var. Cohen IV, n. 42
(2), per quattro punti nell'esergo dei due lati: n. 48 (6), n. 51 (4), n. 52 (6). IMP. CAE. C. VIB. VO-
LVSIANO AVG. b. ci. e rad. a d.: B> PRINCIPI IVVENTVTIS. Fig. seminuda seduta a s.
appoggiata con la s. sulla lira (?) e reggente con la d. protesa un ramo di lauro (1): n. 70 (8).
Var. Cohen IV, n. 70 per il IJ. SALVS A VGVS. I.a Salute in piedi a s. regge un'asta verticalmente
con la s., e con la d. protesa tiene una patera alla quale sale un serpente (1); n. 73(3), sotto la
testa la lett. VII. Var. Cohen IV, n. 77 (1), per le leggende: IMP. C. V. AF. GAL. VEND. VO-
LVSIANO AVG. 9 Victoria AVG. : n. 79 (8), tutti con stella nel campo, n. 80 (3). Totale 87
REGIONE V. — 63 — FALERONE
16.
EMILIANO
(253)
Cohen IV, p. 303 e ss., n. 6 (es. 2), n. 8 (1), n. 14 (2), n. 17 (2), n. 19 (1), n. 27 (1). Totale 9
17.
VALERIANO PADRE
(253-269)
Cohen IV, p. 313 e ss., n. 7 (es. 2), n. 10(6), n. Il (1), n. 14 (47), n. 16 (4), n. 17 (77), n. 19 (9),
n. 21 (20). n. 26 (2). Var. del prec. per la legg. : IMP. C. P. LIO. VALERIANVS P. F. AVG.
(1), n. 28 (2), n. 29(3), n. 34 (1), n. 35 (12). Var. del prec. per la lett. S. nel campo (1):
n. 36 (12), nel campo Q. Var. del prec. per la lett. S. nel campo (1). Altra var. della med.
priva di lett. nel campo (2), n. 37 (2). Var. del prec. per la lett. Q. nel campo (2), n. 38 (1),
n. 40 (102), n. 41 (14), n. 42 (4). Var del prec. per la legg. IMP. C. P. LIC. VALERIANVS AVG.
(10): n. 43 (3), n. 45 (46), n. 47 (4), n. 51 (8), n. 55 (3), n. 57 (25): sedici nel campo S e 9 Q.
Var. del prec. per le lett. Q. e P. nel campo (spezzata) (1), n. 58 (6). Var. Cohen IV, n. 60 (7),
per la legg. : IOVI CONSERVAI. Nel campo S. Altra var. di Cohen IV, n. 60 (6), per la legg.
IO VI CONSERVAI' e per la lett. Q. nel campo: n. 62 (2), n. 69 (8), n. 72 (3), n. 75 (4), n. 80
(22), n. 81 (2), n. 83 (89), n. 86 (48), n. 87 (16). Var. Cohen IV, n. 88 per la legg. IMP. C. P.
VALERIANVS P. F. AVG. (8). Var. Cohen IV, n. 88 (5), per la legg.: VALERIANVS P. F.
AVG.: n. 90 (5), Var. Cohen IV, n. 91, per la legg.: IMP. VALERIANVS P. F. AVG. (1),
n. 92 (6), n. 95 (66), tre con cor. nel campo. Var. del prec. per una stella nel campo (5),
n. 96 (9), n. 98 (10), n. 99 (1), n. 100 (1), n. 101 (1). Var. del prec. per la legg. P. M. TR.
P. III. COS P.P. (1), n. 103 (2), n. 104 (5), n. 105 (36), n. 107 (6). Var. Cohen IV, n. 109(1), per
la lettera Q. nel campo : n. 110 (4), nel campo Q. Var. della prec. per la lett. S nel e. (1), n. Ili
(7), n. 114 (63), n. 118 (6). n. 119 (116), n. 121 (7), n. 124 (1), n. 125 (9), n. 126 (1), n. 127 (5),
n. 129 (26), n. 133 (2), n. 136 (1), n. 137 (1). Var. Cohen IV, n. 137 per la legg.: VICTORIA
AVGG. (4), n. 140 (54), n. 141 (5), n. 142 (54), n. 143 (7). n. 145 (1), n. 148 (5), n. 153 (1). Var.
Cohen IV, n. 166 per il 9 VICT. PART. Vittoria in piedi a s. appoggiata sopra uno scudo e te-
nente una palma; ai suoi piedi un prigioniero (6), n. 159 (7). Var. della prec. n. 159 perla legg. :
IMP. C. P. LIC. VALERIANVS P. F. AVG. (2). Altra var. della med. n. 169 per la legg. :
IMP. VALERIANVS P. AVG. (3). IMP. VALERIANVS AVG. Busto rad. e ci. ad. 9 VIRTVS
AVG. Il Valore (o Valeriano?) con elmo, corazza, clamide, in piedi a s. regge con una mano un
?lobo, con l'altra è appoggiato all'asta. Nel campo P. (1): n. 165 (2), n. 167 (4), n. 168 (6),
■ n. 169 (50), n. 170 (3), n. 171 (13). Totale 1287
18.
MARINIANA
Cohen IV, p. 344 e ss., n. 3 (es. 11), n. 6 (4), nel campo la lett. V. Var. della prec. n. 5 per la
mancanza delle lettere nel campo (6) : n. 6 (1), n. 8 (17). Totale 39
19.
GALLIENO
(253-268)
Cohen IV, p. 354 e ss., n. 28 (es. 28), n. 30 (1), n. 32 (1), n. 34 (243), n. 175 con VI nell'esergo. n. 1
con S nell'es., n. 61 senza lett. Var. del prec. per il profilo a s. del busto rad. con S nell'esergo (6),
n. 41 (10). Dopo Cohen n. 45: IMP. P. C. LIC. GALL1ENVS AVG. Busto rad. a d. 9 AETER-
PALERONE — 64 — REGIONE V.
NITATI AVGG. Gallieno in piedi a d. velato con lituo nella mano d. (3), n. 53 (26), n. 18 con
VI nel campo, n. 64 (18), n. 6 col Q. nel campo, e nell'es. : n. 54 : IMP. C. P. LIC. GALLIENVS
P. F. AVG. Busto rad. e lor. a d. 9 ANNONA AVG. L'Abbondanza in piedi a s. presso il mo-
dio, con spighe e cornucopia (1). Altra var. n. 64 : GALLIENVS AVG. busto rad. a d. (6), n. 66
(1). Var. dopo Cohen IV, n. 64 : nel retto GALLIENVS AVG. busto radiato a d. (1), n. 66 (52),
n. 67 (16), n. 69 (4), n. 78 (4), n. 85 (1), n. 86 (3), n. 88 (20), n. 94 (1). IMP. GALLIENVS P.
AVG. busto rad. a d. 9 CONSERVI AVGG. Apollo nudo, di prospetto con ramo d'alloro
nella d. appoggiato con la s. su tripode : uno ha nel campo C. (2). GALLIENVS AVG. busto rad.
a d. ^ simile al prec. (2), n. 95 (2), n. 100 (1), n. 110 (7). Var. del prec. per il profilo a s. del
bnsto rad. (3), n. 112 (71), n. 119 (19), n. 12 con T. nell'es. 6 senza alcun contrassegno, n. 116 (2),
n. 125 (5), n. 129 (4), n. 131 (1), n. 134 (42), tutti con T. nell'esergo, n. 144 (17), di cui 7 con P
nell'es., n. 146 (1), n. 147 (6), n. 160 (1), n. 152 (3), n. 176 (56), nell'es. S. n. 178 (3), n. 183 (12),
di cui 6 hanno VI nel campo e 2 hanno Q. n. 184 (2). Var. del prec. perle lett. VI nel campo (5),
n. 187 (1), n. 188 (8). Var. n. 189 per la legg. GALLIENVS AVG. GERM. V. (1), n. 198 (43),
di cui 18 con P nell'es. e 16 con D (?), nell'es. n. 209 (27), n. 214 (6). Var. del prec. per la lett.
S nel campo (4), Var. Con. n. 218 per la lettera S nel campo (2); n. 219 (1), nell'esergo P.
Var. dello stesso nella legg. del 9: IOVI CONSERVA. Giove seduto a s. tenente una
Vittoria e uno scettro. Nell'esergo P (2), n. 226 (2), n. 230 (3), uno nell'esergo ha S.
Var. n. 241 nel campo S (16), Var. n. 242 per il b. di profilo a s. ; nel campo la lett. S
(160). Var. n. 247 per la lett. Q (o corona?) nel campo (1), n. 249 (321), di cui 61 con la lett.
V nel campo. Nessuna con le altre sigle, comuni in questa varietà, n. 254 (6), n. 255 (8). IMP.
GALLIENVS P. F. AVG. GERM. Busto rad. a d. con la lor. 9 LAETITA (sic) AVGG. La
Letizia in piedi a s. tenente una cor. ed un'ancora (2). Legione I, n. 259 (10), n. 261 (1), n. 264
(2), Leg. I Minervia, Cohen IV, n. 267 (1), n. 269 (4), Leg. II Adiutrix n. 270 (6), Leg. II Ita-
lica n. 274 (2), Leg. Ili Partica n. 279 (2), id. n. 280 (2), Leg. II n. 284 (1), Leg. III Var.
n. 284, per il busto di profilo a d. (4), Leg. UH n. 288 (3), Leg. UH, Var. n. 288 per il b. di pro-
filo a d. (1), Leg. V Macedonica n. 291 (1), Leg. VII Claudia n. 296 (3), Leg. II Gemina n. 304 (5),
n. 307 (5), Leg. XIII Gem. n. 309 (2), n. 310(1), n. 312 (1), n. 321 (4), n. 322(1), n. 327 (162), di cui
138hannonelcampo S, n. 9T, n. 15 sonc senza lett. Var. della prec. per la lett. P nel campo (lì,
Var. del med. per la lett. V nel campo (1), n. 331 (15), n. 340 (26), di cui 12 nel campo hanno S e
n. 11 nulla, n. 352 (5), nel campo P. Var. del prec. per la Legg.: 9 MARTI LVCIFER e per
mancanza di lett. nel campo e nell'es. (3), n. 354 (3), n. 355 (4), di cui uno ha nel campo A.
GALLIENVS AVG. Testa rad. a s. 9 MARTI PROPVGNAT. Marte con elmo che avanza a d.
trafiggendo con l'asta un nemico abbattuto (2), simile all'aureo Cohen IV. n. 358 ; n. 372 (6),
di cui uno ha nell'es. P: n. 373 (182), n. 376 (4), n. 379 (1), n. 382 (6). IMP. GALLIENVS P. F.
AVG. GERM. Busto rad. con la corazza. 9 ORIENS AVGG. Il Sole in piedi a s. seminudo,
alza la mano d. e tiene con la s. un globo (6), n. 383 (1), n. 390 (446). Nel Cohen è detto che qual-
che volta nel campo si trova una delle lett. S. T. V. SI. In questo numeroso gruppo si sono tro-
vati : n. 186 es. con la lett. T., 168 con V, 1 con S, e 92 senza alcuna lettera. È da avvertire
che di quest'ultimo gruppo fanno parte le spezzate e le illeggibili, sicché si riduce a molto mi-
nore il numero degli es. privi di lettere. N. 393 (3). Var. del prec. per le legg. IMP. GALLIENVS
AVG. 9 PAX AVG (1), n. 398 (24), di cui 11 con la lett. V nel campo, 4 con T e 9 nulla, n. 400
(8), n. 401 (28), di cui 19 nel campo hanno T e 8 V. Var. della prec. perchè priva di lett. nel campo
(2), altra var. della prec. n. 401 ; nel 9 : PAX AVGG. La Pace incedente a s. reggendo la palma
con la d. e lo scettro trasversale con la s. senza lett. (15), n. 404 (9). Var. del prec. senza lettere
nel campo (11), n. 405 (2), n. 410 (58). Nel Cohen è detto che qualche volta nel campo trovasi V.
In questo vi è in 40 es. su 58: dei 18 privi molti sono manchevoli di conio o spezzati o corrosi. N. 411
(10), tre hanno nel campo P. Var. n. 415 per il 9 PIETAS AVG. La Pietà in piedi a s. protende
avanti e in alto la d. (4), tre con la lett. P nel campo ; n. 419 (48), uno solo conia corona nel
campo. Var. del prec. per una stella in luogo della corona (6). Var. n. 419, nel 9 PIETAS AVG.
La Pietà stante, a s. appoggiata con la s. a una colonnina e con la d. ad un'asta (1). N. 427 (6),
REGIONE V. 66 FAlERONÈ
n. 428 (7), n. 462 (1), nel campo V. n. 464 (47), 12 nel campo P ; gli altri nulla. Var. n. 467, GAL-
LIENVS AVG. Busto lor. rad. a d. £ PROVID AVG. La Pietà stante a s. indica con una bac-
chetta nella d. un globo, che è ai suoi piedi, e s'appoggia con la s. a un'asta. Nel campo P II (18),
n. 472 (2), nel campo S. Var. della prec. per la testa rad. a s. (2). Altra var. della med. n. 472,
mancante di lett. nel campo (4), n. 473 (3), n. 474 (3), n. 476 (28), n. 478 (1), n. 487 (5), n. 488 (2),
n. 490 (4). Var. n. 498 per una stella nel campo (1), n. 503 (9), nel campo T; n. 506 (6), n. 609
(2), n. 512 (27), di cui 7 hanno nel campo VI, n. 515 (3), nel campo T. Var. del prec. per le lett. VI
nell'esergo (30), n. 518 (10), n. 521 (1), n. 532 (2), n. 541 (26), n. 652 (1), n. 656 (2), nel campo T :
n. 657 (1). Var. di Cohen IV, n. 557 per la lett. T nel campo (1), n. 560 (2), n. 562 (6), n. 671 (1),
n. 672 (3), n. 573 (3), n. 578 (16), di cui 14 nel campo hanno S. P. e uno nulla, n. 590 (4), nel
campo T, n. 600 (126), nel campo T. Var. del prec. per la legg. IMP. GALLIENVS AVG. Nel
campo T (1), n. 605 (10), due nel campo S : gli altri nulla. Var. del prec. n. 605 per il busto a s.,
nel campo S (2), n. 608 (5). IMP. C. P. LIC. GALLIENVS AVG. Busto rad. e lor. a d. 9 VIC-
TORIA AVGG. La Vittoria stante a s. appoggiata su scudo a s. e reggente una palma a d. (dopo
Cohen IV, n. 610) (2). Var. del prec. per la legg. : GALLIENVS AVG(l). IMP. GALLIENVS P. F.
AVG. G. M. Busto lor. a d. 9 VICTORIA AVGG. La Vittoria stante, a s. si appoggia sullo
scudo e tiene con la s. una palma, presso un alberetto (palmizio ?) (2), n. 613 (5). Var. del prec.
per il busto lor. a d. (10), n. 618 (45). Var. del n. 619 per il busto radiato, non laur. (3), n. 620
(51); due hanno nel campo una stella. Var. n. 630 per la legg. GALLIENVS AVG (1), n. 634 (2).
Var.n. 636 per la legg. IMP. C. P. LIC. GALLIENVS P. F. AVG (3), n. 649 (283), n. 263 hanno
nel campo P. e 20 nulla, n. 653 (14), tutti hanno nel campo P. n. 656 (214), di cui 112 nel campo
VI, 4 P. 98 nulla, n. 670 (34). Var. del prec. per la legg. : IMP. C. P. LIC GALLIENVS P. F.
AVG. (1), n. 672 (8), n. 673 (2), Var. del prec. per il diritto : IMP. GALLIENVS AVG., busto
ci. a s. (1). n. 676 (37), n. 677 (10), n. 686 (3), n. 687 (53), di cui 4 nel campo hanno una co-
rona e 49 nulla. Var. del prec. per una stella nel campo (10), n. 688 (1). Inedito: GALLIENVS
AVG, busto rad. e lor. a d. 1J PROPAGATOR ORBIS. La figura del Sole seminuda rad. stante a
s. leva in alto la d. e regge con la s. piegata un globo (1 ). (Cfr. Cohen IV, p. 367, n. 140 in oro) GAL-
L1ENUS AVG., busto rad*, e lor. a d. 9 FIDEI PRAET. tre insegne militari (2), n. 699 (1),
n. 700 (1). Var. del prec. per la lett. P nel campo (1). Altra var. del prec. n. 700 per il busto elmato
e rad. a s. e per la lett. P nel campo (1), n. 705 (1). Var. del prec. per la legg. : VOT. X. (1),
n. 706 (1), n. 708 (2). (Cfr. Cohen IV, p. 438 n. 710 in oro) : GALLIENVS AVG. Testa rad. a
d. 9 VOT. X ET XX entro corona di alloro (4), GALLIENVS AVG. busto rad. a d. 9 LVIRT.
GJALLIENI AVG. Gallieno su cavallo galoppante a d. trafigge un nemico abbattuto ; stesso
tipo e stessa legg. della moneta d'oro n. 637 (1). GALLIENVS AVG. busto lor. a d. 9 VICT.
PART Vittoria stante a s. reggente una palma e avente ai piedi a s. un prigioniero (1), GALLIE-
NVS AVG. busto lor. e rad. a d. 9 VIRTVS AVG. Il Valore (o Gallieno) in abito militare avanza
a sin. tenendo un'insegna militare (1). Totale 3726
Cohen I, p. 101, n. 605 (es. 1).
Cohen I, p. 332, n. 509 (2).
Monete di restituzione attribuite a Gallieno.
OTTAVtANO AVGVSTO
VESPASIANO
TITO
Cohen I, p. 380 e ss., n. 319 (1), n 321 (2).
ANTONINO PIO
Cohen II, p. 411, n. 988 (1).
ALESSANDRO SEVERO
Cohen IV, p. 63, n. 461 (1).
Totale 8
Totale Generale Gallieno 3734
Notiiie Soavi 1922 - Voi. XIX. !>
FALERONE — 66 — REGIONE V.
20.
SALONINA
Cohen IV, p. 465 e ss., n. 10 (es. 10), otto con P. nel campo o nell'esergo, n. 20(10), nell'es. R. P.,
n. 24(62), sette con stella nel campo e cinque con corona, n. 30(4), uno nel campo; n.35 (44), nes
sunalett. nel campo, n. 39(18),n. 38(3), n. 46(267), n. 49 (11). Var. n. 62 per la lett. V nel campo
(1), n. 55 (38), di cui 27 con la lett. P. nel campo e 2 con P. H ; n. 66 (9), n. 58 (68). Var n. 61
per la legg. : SALONINA AVG. (1), n. 62 (88), lett. Q nel campo. Var. n. 62 per mancanza della
lett. Q nel campo (66), n. 63 (109), di cui 79 hanno nell'es. VI e 30 la lett. Q. Var. del prec. perchè
senza lett. (13), Var. n. 63 per la legg. del 9 PVDICITIAM e per le lett. VI nel campo (1), n. 67
(30), di cui 19 senza lett., 6 con stella e 5 con cor. nel campo ; n. 78 (6), n. 79 (19), n. 82 (46),
di cui 32 con le lett. VI e 6 con la lett. V; n. 86 (2), n. 87 (67), nessuno ha la lett. nel campo.
Var. del prec. per la lett. VI nel campo (1), n. 91 (11), nessuna ha nel campo S. Var. del prec.
n. 91 per la legg. CORN. SALONINA AVG. non ha lett. (13), n. 94 (170), nell'es. Q. n. 90 (2).
Totale 1168
21,
SALONINO
(253-259)
Cohen IV, p. 480 ess.,n. 5 (es.2),n. 7 (9), nello es. S. n. 8(14), n. 10 (48). Var. n. 10 per la legg.
DIVO VALERIANO CAES. (1), n. 15 (18), n. 16 (2), n. 18 (10), n. 19 (7), n. 20 (6), n. 22 (1),
n. 27 (2), n. 31 (6), n. 38 (9), n. 39 (8), n. 40 (1), n. 43 (6), n. 47 (2), n. 48 (5), n. 49 (46), n. 50
(6), n. 61 (19), nel campo P. n. 55 (11), n. 66(1), n. 69 (34), di cui 26 senza lett. 6 con stella
e 3 con corona nel campo, n. 61 (5). • Totale 277
22.
MACRIANO GIOVANE
(260-262)
Cohen V, p. 4, n. 8 (es. 1), nel campo una stella. Var. n. 8 per due punti nell'es. (1). Altra var. n. 8
per la legg. : 9 ROMAE AETENAE (sic) e la mancanza di lett. e segni nel campo e nell'es. (1).
Var. n. 9 per la mancanza della stella nel campo (1).. Totale 4
23.
Q VIETO
(260-262)
Cohen V, p. 6, n. 4 (es. 1), nel e. una stella; n. 6 (1). Totale 2
24.
POSTVMO
(259-267)
Cohen V, p. 19 e ss., n. 44 (es. 1), n. 168 (1), n. 184 (2). Totale 4
Monete di bronzo (').
1.
DOMIZIANO
(81-96)
M. Br. Cohen 1, p. 24S, n. 243 (es. 1). Totale 1
(l) Le monete che seguono sono quasi tutte grandi bronzi. Si è perciò soppressa avanti a
ciascuna varietà la consueta indicazione G. Br. I soli, pochissimi medi bronzi (appena 13) sono
contrassegnati, come di solito, con le lettere M. Br.
REGIONE V. — 67 — FALERONE
2- .
ANTONINO PIO
(138-161)
Cohen II, p. 346 e ss., n. 483 (es. 1), n. 704 (1), n. 852 (1), M. Br. n. 936 (1), n. 948 (1). Totale 5
3.
MARCO AVRELIO
(140-180)
Var. Cohen II, p. 516, n. 428 (es. 1); stessa legg. busto laur. a d. 9 Stessa legg. la Liberalità, in
piedi a s. tiene con la s. una tessera ed è appoggiata con la d. ad un'asta; p. 522, n. 469 (2),
n. 511 (1). M. Br. Var. Cohen II, n. 622, busto rad. a. d. (1), n. 594 (1), n. 618 (1), IMP. CAES.
M. AVR. ANTONINVS PIVS AVG. Busto imberbe clarn. e laur. a d. 9 LIBERALITAS
AVGVSTI II S. C. La liberalità in piedi a s. con tessera e corno d'abbondanza (1). Totale 8
4.
FAVSTINA
M. Br. Cohen II, p. 597 e ss., n. 178 (1), n. 196 (2), n. 219 (1). Totale 4
5,
COMMODO
(176-192)
Cohen, III, p. 141, n. 556 (es. 1). Totale 1
6.
ALESSANDRO SEVERO
(222-235)
Cohen IV, p. 36 e ss., n. 251 (es. 2), n. 269 (2), n. 263 (1), n. 301 (4), n. 330 (1), n. 336 (3),
n. 340 (1), n. 353 (1), n. 371 (1), M. Br. n. 383 (2), Var. n. 383 per la fig. del Sole, stante a s>. (6),
n. 396 (4), n. 403 (1), n. 426 (3), n. 428 (4), n. 445 (4), n, 449 (1), M. Br. n. 450 (1), n. 453
(1), M. Br. n. 454 (1), n. 460 (2). Totale 46
7.
GIVLIA MAMEA
(m. 235)
Cohen IV, p. 81 e ss., n. 34 (e*. 1), n. 41 (4), n. 44 (1), n. 48 (1), n. 61 (1), n. 70 (1), n. 72(2).
Totale 11
8.
MASSIMINO 1°
(235-238)
Cohen IV, p. 94 e ss., n. 48 (es. 4), n. 60(3), n. 55 (l),n.60 (8).n.72 (1), n.80(l), n. 83 (3), n. 90
(6), n. 94 (1). Totale 27
9.
MASSIMO
(235-238)
Cohen IV, p. 105, n, 11 fa*. 1). Totale }
FALERONE
— 68 —
REGIONE V.
Cohen IV, p. 116, n. 27 (es. 1).
Totale 1
Cohen IV, p. 122, n. 33 (es. 1).
Totale 1
10.
BALBINO
(238)
11.
PVPIENO
(238)
12.
GORDIANO PIO
(238-244)
G. Br. Cohen IV, p. 154 e ss. n. 207 (es. 1), n. 220 (10), n. 222 (2), n. 224 (1). Var. Cohen IV, p. 156,
n. 226 per le lettere S C nel campo (3) ; n. 228 (3), n. 229 (2), n. 231 (1), n. 234 (7), M. Br. n. 235 »
(1), n. 238 (3), n. 240 (4), n. 242 (16), n. 246(2), n. 260 (3), n. 262 (4), n. 266 (2), n. 268 (1), n. 279
(1), n. 284 (1), n. 292 (1), n. 293 (6), n. 295 (6), n. 297 (6), n. 299 (1), n. 301 (3), n. 317 (2),
n. 319 (4), n. 320 (3), n. 325 (7), n. 337 (1), n. 338 (1), n. 340 (1). 1MP (CAES. M.) ANT. GOR-
DIANVS FEI. AVG. Busto laureato e ci. a d. 9 SECVRITAS AVGG. S. C. La Sicurezza se-
duta a s. tiene con la d. uno scettro (1). Totale 109
13.
FILIPPO PADRE
(244-249)
Cohen IV, p. 190 e ss., n. 125 (es. 10). M. Br. n. 126 (1), n. 127 (1), n. 128 (2). n. 131 (14). n. 134
(2), n. 136(3), n. 139 (2), n. 146 (2), n. 148(1), n. 153(3), n. 155(1), n. 162(1), n. 165(1),
n. 167 (1), n. 168 (2), n. 171 (4), n. 173 (1), n. 175 (6). Var. Cohen. IV, n. 177 per le lettere S. C.
nel campo del 9 (?)• Var. Cohen n. 179 per le lettere S. C. nel campo del 9 (4), n. 183
(1), n. 184 (1), n. 186 (1), n. 189 (l), n. 190(3), n. 191 (1), n. 192 (4), n. 193 (1)^M. Br. n. 194
(2), n. 196 (1), n. 201 (2), n. 205 (1), Var. Cohen n. 206 per il busto rad. a d. (1), n. 208 (6),
n. 212 (1). Totale 95
14.
OTACILIA
Totale 12
Cohen IV, p. 211 e ss., n. 40 (es. 4), n. 54 (1), n. 56 (3), n. 59 (2), n. 65 (2).
16.
FILIPPO FIGLIO
(244-249)
Cohen IV, p. 224 e ss., n. 66 (es. 3), n. 69 (3), n. 64 (6), n. 66 (1), n. 77 (2).
16.
TRAIANO DECIO
(249-251)
Cohen TV, p. 241 e ss., n. 70 (es. 8), n.89(4), n. 91 (1). M. Br. 92 (1), n. 97 (4), n. 100(1), n. 103
(4), n. 106 (1), n. 107 (l). Totale 25
Totale 14
REGIONE V.
69
FALERONE
17.
ETRVSCILLA
Cohen IV, p. 251 e ss., n. 21 (es. 3), n. 24 (4). Totale 7
18.
ERENNIO
(249-251)
Cohen IV, p. 266, n. 28 (es. 3), n. 33 (2). Totale 5
19.
OSTILIANO
(249-251)
Cohen IV, p. 265, n. 47 (es. 1), n. 49 (2). Totale 3
20.
TREBONIANO GALLO
(252-254)
Cohen IV, p. 279 e ss., n. 83 (es. 1), n. 85 (2), n. 94 (2), n. 95 (1), n. 97 (4). Var. Cohen IV,. n. 99
per la leggenda : IMP. CAES. C. VIBIVS. TREBONIANVS GALLVS AVG. (3), n. 102 (2),
n. 104 (8), n. 105 (2), n. 108 (3), n. 113 (1), n. 115 (1), n. 118 (1), n. 119 (1), n. 120 (4). Totale 36
21.
VOLVSIANO
(251-254)
Cohen IV, p. 299 e ss., n. 94 (es. 8), n. 96 (6). n. 98 (2), n. 105 (8); n. 109 (1); IMP. CAE. C. VIB.
VOLVSIAN(OAVG.). Busto laur. e ci. a d. 9 (AET) ETERNITAS AVGG S. C. L'Eternità
stante a s. reggendo sulla d. protesa un uccello e sollevando con la s. la veste (1). Totale 26
22.
VALERIANO PADRE
(254-260)
Cohen IV, p. 334 e ss., n. 180 (es. 2), n. 184 (1), n. 191 (1), n. 195 (4), n. 201 (2). Var. del precedente
n. 201 per la figura del Sole reggente nella s. un globo (1), n. 214 (4), n. 217 (2), n. 222 (1).
Totale 18
23.
MARINIANA
Cohen IV, p. 346, n. 14 (es. 1), Var. del precedente n. 14 per il busto di Marijuana non dia-
demato (2). Totale 3
24.
GALLIENO
(254-268)
Cohen IV, p. 444, n. 751 (es. 4), n. 755(1), n. 759(1), n. 776 (3), n. 837 (2), n. 856(9), n. 859 (3).
Totale 23
25.
SALONINA
Cohen .V, p. 476, n. 108 (es. 3).
Totale 3
FALERONE 70 — REGIONE V.
Prospetto riassuntivo.
Antoniniani.
1) identificati .• 6927
!di Gallieno 33 l
di Valeriano 51 .' 96
di Salonina 12 )
3) spezzati 22
Totale 7045
Grandi e medi bronzi.
«.. .. I identificati 471 f
1) grandi ] J 530
( illeggibili
59
„, .. ( identificati 13 )
2) medi è. ..... Q >
I illeggibili ò )
16
Totale 546
Antoniniani 6947 j
171 ',
1) Totale degli identificati ...TGr.br 471 l 7411
/ M. br 13 (
Antoniniani 96
2) Tot. degli illeggibili e spezzati \ Gr' br 60 180
I
M. br 3 (
Spezzati 22 '
3) Totale dei pezzi di tutto il ksoretto 7591
Il numero totale delle monete è di 7591, delle quali 7045 sono antoniniani del terzo
secolo, e le altre 546 grandi bronzi e in minima parte (appena 16) medi bronzi. Degli an-
toniniani è stato possibile identificarne 6927 : ma anche dei rimanenti 118 è stato letto
il diritto con busto e leggenda di Gallieno per 33, di Valeriano per 51, di Salonina per
12 : gli altri 22 sono spezzati e irriconoscibili. Gli imperatori e le imperatrici, che figu-
rano in questo tesoretto per gli antoniniani, sono 24 e vanno da Giulia Domna (m. nel 217
d. C.) a Gallieno (254-268) e a Postumo (259-267), comprendendo un periodo di cinquan-
tanni : e la quantità dei pezzi spettanti a ciascuno di essi va dai primi nomi di questo
elenco, che vi sono presenti per un solo esemplare, successivamente crescendo fino a Gal-
lieno al quale ne appartengono 3724 (parte considerevolmente superiore alla metà del
tutto) e da Gallieno decrescendo fino a Postumo. Il primo gruppo considerevole è quello
di Gordiano Pio (238-244), che ha 64 pezzi: l'ultimo quello di Salonino (253-259), che
ne ha 257 : sicché salvo i sei antoniniani dei cinque imperatori, che precedono nella nota
il nome di Gordiano Pio, tutto il ripostiglio va riferito alla monetazione di un periodo non
superiore ai 20 anni. Se anzi si considera che i 16 nomi di imperatori e imperatrici ante-
riori a Valeriano figurano soltanto su 412 pezzi e i tre posteriori a Salonino su 10, l'impor-
tanza del ripostiglio si raccoglie quasi tutta, come nella maggior parte dei tcsoretli di
REGIONE V. — ?1 — FALERONE
questo periodo, intorno alla famiglia di Gallieno, i cui cinque nomi, senza alcuna va-
canza, sono presenti per copiosissimi gruppi (eccetto Mariniana) e per numerose varietà
di monete.
Facendo l'elenco ho creduto opportuno segnare nel gruppo di ciascuna varietà le di-
verse lettere e sigle, che vi sono notate, perchè gli specialisti possano avere a disposi-
zione anche i contrassegni riferibili alle zecche e alle officine e, a seconda dello scopo cui
si può volgere lo studio del ripostiglio di Falerone, valersene nella possibile ricerca di
dati statistici.
Il periodo di tempo, a cui appartiene il ricco peculio, è particolarmente' importante
per il numero delle zecche sussidiarie, che, divenute insufficienti ai bisogni della circola-
zione, con l'ingrandirsi dell'impero, quella di Roma e le altre d'Italia, si istituirono nelle
varie provincie e in oriente più specialmente, dove, resistita più a lungo in alcune regioni
la monetazione cittadina, trovò più fecondo campo di produzione quella imperatoria.
La fortunata scoperta del ripostiglio di Falerone potrebbe dare occasione a vaste ed esau-
rienti indagini sulle monete fatte coniare da Gallieno e dalla sua famiglia, sulle quali no-
nostante gli studi fondamentali del Voetter (x) e le note del Laffranchi (2) e del Cornaggia (s)
restano molti punti oscuri da chiarire. Ma una trattazione ampia di questo ripostiglio con-
viene più a una speciale rivista di numismatica che all'indole di un periodico, come que-
sto, che deve dare le notizie dei travamenti. Tenendo tuttavia conto dei risultati dello
studio del Voetter e delle osservazioni fatte dal Cornaggia, si può rilevare il contributo
sommariamente proporzionale che le zecche principali di oriente, e particolarmente quelle
di Viminacium (Moesia superior) e di Antiochia di Siria, hanno dato al peculio costituito
in grandissima parte dai prodotti delle zecche italiane e prevalentemente di Roma e di
Milano. Della zecca di Viminacium, fondata da Gordiano Pio nel 239, vi sono soltanto :
DI GORDIANO PIO
Leggenda: IMP. GORDIANVS PIVS FEL AVO.
Sette esemplari col $ FORTVNA REDVX (Coh. 40). — Tre esemplari col R ORIENS AVG.
(Coh. li!)).
DI VALERIANO
Leggenda: IMP. VALERIANVS P. AVG.
Due esemplari col # VIRTVS AVGG. (Coh. 165). — Un esemplare col 9 SAECVLI FELICITAS.
(Coh. 124). — Un esemplare col $ SALVS AVG. (Coh. 126).
Leggenda: IIIIIP. C. P. L1C. VALERIANVS AVG.
Un esemplare col 9 CONCORDIA MILIT (Coh. 34).
(J) Otto Voetter, Atlas der miinzendes Kaisers Oallienus und seiner familie (Valcrianus, Mariniana,
Salunina, Saloninus) Vienna 1900.
(2) G. Laffranchi. / diversi stili nella monetazione romana. V. Le monete degli imperatori Valeriana
e Gallieno coniate a Viminacium e ad Antiochia, in Riv. Ital. di Numismatica, 1908, pp. 199-212.
(3) G. Cornaggia. Oli Antoniniani del 1Y secolo nel ripostiglio di S. Maria a Torino, in Riv. Ita-
liana di Numismatica, 1918, Serie II, voi. 1, pp. 254-271.
FALERONE — ?2 — REGIONE V.
Leggenda: IIIIIP. VALERIANVS P. AVG.
• Sei esemplari col 9 PAX AVGG. (Coh. 92). — Due esemplari col 9 SPES PVBLICA (Coh. 133).
Leggenda: IMP. VALERIANVS P. F. AVG.
Sei esemplari col 9 VICT. PART. (Var. Coh. 156).
DI GALLIENO
Leggina»: IMP. GALLIENVS P. AVG.
Un esemplare col 9 SAEOVLI FELICITAS (Var. ('oh. 498). — Un esemplare col 9 CONCOR.
MIL. (Coh. 94). — Cinque esemplari col R SALVS AVGG. (Coh. 606). — Due esemplali col 9
VIRTVS AVGG. (Coh. 673).
Leggenda: IMP. C. P. LIC. GALLIENVS *AVG.
Otto esemplari col 9 PAX AVGG. (Coh.400).
Leggenda : IMP. GALLIENVS P. AVG.
Due esemplari col 9 SPES PVBLICA. (Coh. 532).
Di Gordiano Pio, 10 esemplari ; di Valeriano, 19 ; di Gallieno, 19 ; in tutto 48 antoni-
niani di Viminacium.
Facendo poi una rassegna delle varietà distinte dai rovesci, che il Voetter descrive
a tav. XXV e attribuisce a Viminacium, e che il LafTranchi afferma propri alla zecca di
Antiochia (AEQVITAS AVGG, P. M. TR. P. II., COS. IL, AETERNITATI AVGG,
DIANA LVCIFERA, FELICITAS SAECVLI, FORTVNA REDVX, LAETITIA AVGG,
PACATORI ORBIS, PIETATI AVGG, RESTITVT GENER HVMANI, ROMAE AE-
TERNAE, VENVS VICTRIX , VICTORIA AVGG, VICTORIAE AVGG, VIRTVS
AVGG) si nota che essi sono tutti rappresentati fra le monete di Valeriano e di Gallieno del
ripostiglio di Falerone, ma dai gruppi più scarsi, che per oltre quaranta varietà assommano
appena a qualche centinaio di esemplari per ciascuno dei due imperatori. Le emissioni
delle zecche di Roma e di Mediolanum hanno invece la grandissima prevalenza: pro-
vengono da esse tutte le varietà più ricche del ripostiglio. Seguendo la ripartizione per
zecche fatta dal Cornaggia del ripostiglio di Via S. Maria e Stampatori a Torino, e asse-
gnando, su questa scorta, alle rispettive zecche, per dare un'idea approssimativa, soltanto
i gruppi delle monete di Gallieno che contano p. es. non meno di cinquanta esemplari
e che costituiscono nel loro ristretto numero e nella loro cospicua somma oltre i due terzi
delle monete pertinenti a questo imperatore, n'è risultato che, salvo due o tre gruppi,
si riferiscono tutti a Roma o a Mediolanum.
A Roma i seguenti :
GALLIENVS AVG. Busto radiato e loricato a destra.
9 IOVI VLTORI. Giove gradiente a d. con mantello sulle spalle e con folgore.
(fi. /. N. 1918. pag. 249, n. 9; Cohen 242) Es. 160
9 LIBERAL. AVG. La Liberalità stante a sin. colla tessera nella d. e la cornu-
copia nella sin.
(B. 7. N., pag. 249, n. 10 ; Coh. 327) » 165
REGIONE V. — 73 — FALERONE
Bi PAX AVG. La Pace stante a sinistra solleva nella d. il ramo d'olivo, e tiene
con la sin. lo scettro.
(R.I.N., pag. 249, n. 11; Coh. 390) », 446
B: PAX PVBLICA. La Pace seduta a sinistra tiene nella d. l'olivo, nella sin. lo
scettro.
(R.I.N., pag. 260, n. 18; Coli. 410) » 68
V
$ VICTORIA AVG. III. La Vittoria gradiente a sin. tiene con la d. la corona e
con la sin. la palma.
(R.I.N., pag. 249, n. 14; Coh. 600) » 126
1$ VIRTVS AVG. Gallieno galeato stante a sin. tiene nella d. il globo e colla sin.
s'appoggia all'asta.
(R. I. A7., pag. 248, n. 5; Coh. 666) » 214
A Milano i seguenti:
GALLIENVS AVG. Busto radiato a d. con paludamento.
B: AEQVITAS AVG. L'Equità stante con bilancia e cornucopia.
(R.l.N. 1918, pag. 267, n. 20; Coh. n.34) 243
B; APOLLO CONSER. Apollo stante con ramo di oliva e mantello avvolto nel
braccio sin.
(R. /. N., pag. 267, n. 22 ; Coh. n. 66) » 62
Bj DIANA FELIX. Diana stante a d. con asta e arco : ai piedi cervo corrente.
(R. I. N., pag. 267, n. 18 ; Coh. 112) » 71
B: LAETITIA AVG. La Letizia stante a s. con un'ancora e una corona.
(R. I. N„ pag. 267, n. 15: Coh. 249) » 321
B ORIENS AVG. Il Sole seminudo radiato a sinistra alza la mano destra e regge
un globo.
(R.I.N., pag. 261, n.79: Coh. 373) » 182
B: VI RTVS AVG. Il Valore stante a sin. appoggiato allo scudo e all'asta.
(R. I. N., pag. 267, n. 16 ; Coh.649) » 283
Soltanto tre gruppi, e non dei maggiori, vanno attribuiti ad Antiochia:
GALLIENVS AVG . Busto radiato a d. con corazza.
B; FORTVNA REDVX. La Fortuna assisa a sin. tenente il timone e il corno di
abbondanza.
(R. I. N. 1908, pag. 10; Coh. 175) » 66
IMP. C. P. LIC GALLIENVS P. F. AVG. Busto radiato a d. con paludamento.
li PIETAS AVGG. Valeriano e Gallieno affrontati sacrificanti sopra un'ara.
(Coh. IV, n. 419 e pag. 348, n. 8) » 54
IMP. GALLIENVS AVG. Busto radiato a d. con la corazza.
Bi VICTORIA GERMAN. La Vittoria stante a d. con palma nella sin. presenta
una corona a Gallieno in piedi in abito militare, reggente un'asta.
{R. I. N., pag. 271, n. 1 ; Coli. 620) . » 51
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 10
FALERONE — 74 — REGIONE V.
Uno ad altra zecca di Asia Minore (Tarso?):
IMP. C. P. LIO GALLIENVS P. F. AV(i. Busto radiato con paludamento e corazza a d.
]J V1RTVS AVGG. Valeriano e Gallieno in abiti militari affrontati. Il primo appog-
giato ad un'asta e tenente un globo, l'altro con lina Vittoria nella destra e
con un'asta trasversale nella sinistra.
(E.J.N. 1918, pag. 270, n. l;Coh. 687) ■ &S
Di un totale di 2533 antoniniani, 224 sarebbero di zecche orientali e 2311 ripartiti
quasi ugualmente fra quelle di Roma e di Milano. La medesima ricerca estesa anche ai
gruppi minori potrebbe un po' accentuare o attenuare le differenze fra le quantità da
assegnare alle varie zecche e accrescere il numero di esse, ma non infirmare le approssi-
mative proporzioni risultate dal calcolo parziale, le quali corrispondono a quella natu-
rale intensità di diffusione che ogni zecca poteva esercitare sulle regioni più o meno di-
pendenti dalla propria attività. Nel Piceno dovevano prevalere per ragioni topografiche
le zecche di Roma e di Milano, e non può maravigliare che, dopo di queste, sulle altre
zecche occidentali, prevalessero Antiochia e Viminacium dal cui raggio più particolare
di diffusione si avviavano verso questi paesi più attivi rapporti e scambi commerciali
che non fosse dalla Gallia, per la quale lavorava la zecca di Lugdunum (Lione), che prov-
vedeva anche prevalentemente i paesi settentrionali ed occidentali.
Nonostante il grande numero di esemplari riuniti in alcuni gruppi, le varietà giun-
gono alla cifra di 453, di cui 96 sono di Valeriano e 200 di Gallieno, cifra cospicua se non
straordinaria, come cospicuo, se anch'esso non straordinario, è il numero delle varianti
dai tipi descritti nella prima edizione del Cohen : delle 110 notate ne appartengono 57
al solo Gallieno e 22 a Valeriano.
Le monete di bronzo sono infuno stato, non più perfetto, ma ancora eccellente, di
conservazione. Delle 546 rinvenute, appena 16 sono medi bronzi ; le altre 530 sono tutte
grandi bronzi e comprendono esemplari pertinenti a 25 imperatori e imperatrici da Do-
miziano (81-96) a Salonina (m. 268 d. C.) e un periodo di tempo di quasi due secoli. Il
lungo uso, che subiromo le più antiche di queste monete, dà ragione del loro logoramento,
il quale va gradatamente scemando sulle mono antiche. In molte di queste ultime però
la curva del contorno è appiattita, sposso anzi interrotta da qualche tratto rettilineo :
vi sono anche esemplari (o. es. Mariniana, Var. ('oh. n. 14), che sembrano, ritagliati, in li-
nea spezzata, tutt'in giro ; altri ridotti a forma quadrata (Valeriano, Coh. n. 222)
e privati anche della leggenda. Pochissime sono le monete imperatorie : in tutto, pei
grandi bronzi : una di Gordiano Pio (Coh. 11, n. 231, senza S. C); tre di. Filippo
Padre (Coh. IV, n. 190, SAECVLARES AVGG, senza S. C. ; Coh. IV, n. 191, SAECV-
LARES AVGG, senza S. C. ; Coli. IV, n. 205, TRANQVILLITAS AVGG, senza S. C.)
e una di Treboniano Gallo (n. 3 Coh. D7, n. 94, IVNIONI MARTIALI, senza S. C.) ; tutte
le altre sono senatoriali (con S. C).
Il numero delle varietà si può dire eccezionale: su 484 pezzi identificati, il numero
di esse ascende a 192 ; delle quali 37 di Filippo Padre, su 95 esemplari ; e 32 su 109 esem-
plari di Gordiano Pio, che ha il maggior numero di pezzi.
REGIONE V. — 75 — FALEKONE
Le varianti sono, in proporzione, di quantità minore che per gli antoniniani ; ne sono
emerse infatti soltanto 13, di cui tre di Marco Aurelio sopra sette varietà e tre di Fi-
lippo Padre. •»
Tra» le rarità numismatiche che presenta questo ripostiglio così numeroso, va notato
degli antoniniani quello inedito di Gallieno col IJ PROPAGATOR ORBIS, già antici-
pato per gli studiosi di numismatica da Serafino Ricci (x) e l'altro, dello stesso im-
peratore, della zecca di Siscia (T$ SISCIA AVG, Coli. IV, n. 521) che secondo il
Vaillant, Numismata, sarebbe stata coniata nell'occasione della disfatta inflitta a
Mursa (Pannonia) da Gallieno a D. Laelius Ingenuus nel 258 ; e un terzo già descritto
(R< AETERN ITATI AVGG) e non compreso nell'opera del Cohen, il quale presenta
Gallieno velato (come nel tipoCoh., IV, n. 442) in piedi con il lUuus divinatorio di
forma alquanto singolare (2).
Fra le monete di bronzo va segnalato l'esemplare del MILLIARIVM SAECVLVM
di Filippo Padre (Coh. IV, p. 162) coniata per la ricorrenza del millenario di Roma (3) e
rappresentante uno degli eccezionalissimi casi (forse non più di tre) di monete con la
data espressamente determinata (*) ; e l'altro SAECVLVM NOVVM (Coh. IV, n. 196),
e vari altri, di Massimo (Coh. IV, n. 11), di Pupieno (Coh. IV, n. 33), di Traiano Decio
(Coh. n. 97), di Erennio (Coh. IV, n. 28), di Valeriano (Coh. IV, n. 62) di Mariniana (Coh.
IV, n. 14).
Fra i rari vanno segnalati quelli di Macriano, che ha quattro varianti di un mede-
simo tipo (Coh. V, n. 8, ROMAE AETERNAE) tutti coniati in Oriente ; quelli di Quieto
(due varietà sulle 11 note al Cohen), anche essi di zecche orientali. Fra i meno comuni:
i due esemplari di Valeriano, Coh. IV, n. 62 (IOVI CONSERVATORI ORBIS, i 18 di
Salonino, Coh. IV, n. 15 (D II NVTRITORES): quelli di Ostiliano, Emiliano, Mariniana.
Ma se grandi rarità numismatiche non sono in questo ripostiglio, e se anche ve ne
fossero, la sua importanza maggiore rimarrebbe sempre nella straordinaria quantità di
pezzi e nella garantita integrità per le circostanze eccezionalmente fortunate del rin-
venimento ; condizioni ambedue di somma importanza per lo studio, forse ancora un po'
vago ma certamente più razionale e indirizzato a fine più scientifico, del materiale numi-
smatico per ordine cronologico e per zecche. Alle quali due fondamentali condizioni, nel
ripostiglio di Falerone un'altra se ne aggiunge, pregevole quanto le prime : la conser-
vazione degli esemplari. Quasi tutto il peculio "deriva dalle emissioni fatte dalle zecche
italiane e coloniali nei quindici anni precedenti al suo nascondimento : esso fu perciò
assai presto sottratto al logoramento dell'uso, ed accolse e preservò dalla circolazione
molte monete appena o poco dopo uscite dalle officine. Se infatti la data approssima-
(*•) Ricci S. In Bollettino Uni. di Xumism. cit.
(a) Sulla forma arcaizzante di questo attributo cfr. G. Bendinelli, Vertumnus del Museo Archeolo-
gico di Firenze in Rendiconti dell' Accad. dei Lincei, serie V, voi. XXIX, 1920, pp. 65-75.
(3) Questa moneta (Milliarium Saeculum) fu già notata per la sua importanza cronologica e storica
da Eiizzo Sebastiano nel 1559, nella sua Dichiarazione di medaglie antiche, a p. 572, e più specialmente
p. 732, a proposito dei giuochi secolari, che egli vuol dimostrare dati dai due Filippi nella millenaria
ricorrenza di Roma.
(*) Gnecchi, Monete romane, Hoepli, 1907, p. 309.
GUALDO TADINO — 76 — REGIONE VI.
tiva si pone alla fine del regno di Gallieno (268), dopo la quale nessun'altra moneta
entrò a far parte del nascondiglio, e se si pone che la parsimonia del possessore avrà
dovuto appartare un po' alla volta e per più anni gli scarsi risparmi, per accumulare
un gruzzolo così considerevole, si può esser certi che gli esemplari recuperati a Falerone
nulla hanno perduto della loro originaria freschezza ; n'è prova indiretta lo scarso nu-
mero degli illeggibili, che sono tutti conii incompleti o mancati, non logori.
La causa del nascondimento non pare che debba rifarsi a fatti storici o a rivolgimenti
politici. Le guerre degli ultimi anni di Gallieno non interessano il Piceno. Le piraterie dei
Goti che minacciano la costa occidentale dell'Asia e quella orientale dell'Europa (267 d. C.)
sono respinte ; Gallieno difende contro di loro l'Illiria e poi li combatte sulla costa del-
l'Epiro. Tln avvenimento storico, che, come per lo più, abbia potuto indurre a salvare
da rapina e da saccheggio, sotto terra, il tesoretto non si trova neppure a scendere di
qualche anno dalla morte di Gallieno. Forse una causa locale, come l'improvviso abban-
dono della casa per il repentino pericolo di un incendio o del terremoto, potrebbe avere
costretto ad appartare il prezioso peculio ; se non è anche da pensare alla sola diffidenza
dell'avaro possessore verso l'altrui cupidigia.
G. Moretti.
Regione VI (UMBRIA).
V. GUALDO TADINO (Umbria) — Scoperta fortuita di antichi sepolcri.
Nel territorio di Gualdo Tadino parecchi proprietari di terreni stanno da qualche
tempo scavando formoni per viti ; lavori che sospesi durante i rigori invernali sono stati
ripresi ora con maggior lena, specie nella regione a S. S. 0. della citta e precisamente
in quella parte compresa tra la strada comunale che conduce a S. Antonio della Rà-
sina e quella carrabile detta del Piano, entrambe convergenti verso la chiesuola di
S. Rocco sulla moderna Flaminia (*).
I formoni eseguiti l'anno scorso nei terreni di proprietà Tittarelli Michele e Teo-
dori Giovanni, in contrada Campo Calvio, misero in luce tre sepolcri a fossa incavati
nel terreno ghiaioso, uno dei quali aveva il fondo rivestito con lastre di calcare. Se-
condo le informazioni da me assunte sul luogo, risulterebbe che gli scheletri erano
ridotti in pessime condizioni, tanto che i contadini appena ne riconobbero gli avanzi,
e che il contenuto dei sepolcri essendo in gran parte deteriorato non invogliò gli sco-
pritori a raccoglierne con cura tutti gli avanzi.
Gli oggetti in parola sarebbero i seguenti :
a) pochi frammenti fittili d'impasto scuro e rossastro appartenenti a rozze cio-
tole emisferiche con piede a largo tronco di cono ed orlo sporgente.
(x) Per la posizione vedi la topografia generale della regione in Notizie 1918, p. 107, fig, 4,
REGiorra vi. — 77 — Gualdo tadino
Una di esse (fig. 1), quantunque incompleta, dà un'idea abbastanza chiara della
forma di tali fittili : alt. 0,11 ;
b) tre pendaglietti spiralit'ormi di filo di bronzo lunghi mm. 22. Per il tipo vedi
fig. 2, d ;
e) parte di un disco d'ambra pertinente a fìbula ;
il) piccolo chicco d'ambra per collana : diam. mm. 7-8. (fig. 2, e) ;
e) parte di un hjaihos in lamina di rame con fondo umbilicato del diam. di mm. 93 ;
(fig- 2, e);
Fig. 1.
f) armilla di filo di bronzo a capi sovrapposti, decorata con gruppi di linee in-
cise : diam. mm. 70 (fig. 2, b) :
g) cultro lunato di bronzo, liscio e mancante del manico : alt. della parte con-
servata mm. 93 (fig. 2, a).
.Sempre nella medesima contrada, dirimpetto alle casette popolari sorte or non
è molto a fianco della strada della'Ràsina, furono rinvenuti quest'anno due altri sepol-
cri, pure a fossa, nel terreno di tal (iarofoli Romolo. Il primo, vicinissimo alla strada,
era assai povero, ed aveva soltanto pochi framinentini fittili grezzi lasciati sul posto ;
l'altro, un poco più lontano, conteneva alcuni oggetlini di bronzo pertinenti all'abbi-
gliamento del defunto, rinvenuti alla profondità di circa 60 cm. dal piano di campagna
ed occupanti uno spazio assai limitato. Qui pure non fu avvertita alcuna traccia del
cadavere che essendo probabilmente di bambina andò completamente distrutto. Dò
l'elenco degli oggettini di cui sopra :
a) coppia di armille di grosso filo di bronzo avvolto a spira ed a capi rastre-
mati, decorate con gruppi di lineette verticali sottilmente incise : diam. interno mm. 43-
44 (fig. 3, a, b) ■
GUALDO TADINO
78
REGIONK VI.
b) annilla di grosso filo di bronzo avvolto a spira, con estremità compite da ca-
pocchia : diam. int. inni. 39 (fig. 3, «1 ;
<■) armilla a larga fascia in lamina di rame con estremità sovrapposte e Irnienti
in una specie di lungo cornetto. Uno di questi manca. Diam. min. 46 (fig. 3, d) ;
d) grande fibula di bronzo a lunga stalla con arco di-filo da cui pendono due cer-
chi a sezione romboidale, l'uno di 43, l'altro di 20 inni, di diam. La fibula è perfettamente
conservata e misura mm. 118 di lungh. (fig. 3, e) ;
Fio. 2.
(?) fibula dello stesso tipo della precedente, ma più piccola e spezzata nella staffa,
lunga mm. 72. Nell'arco è infilato un anellino di bronzo a sezione scmilenticolare ed
un altro di filo a capi sovramessi (fig. 3, f) ;
f) fibuletta di bronzo con arco pieno a losanga, bene conservata : lunghezza
mm. 47 (fig. .3, g) ;
g) fibula di bronzo con arco vuoto a losanga compito lateralmente da due mi-
nuscole prominenze, e con cinque incassature circolari disposte a croce per l'inser-
zione delle ambre ora mancanti. E priva dello spillo e misura mm. 60 di lunghezza
(fig. 3, h) ;
K) spiraletta di bronzo rastremata ad una estremità : incompleta (fig. 3, t) ;
REGIONE VI.
79
GUALDO TADINO
t) frammento di altra spiraletta simile (fìg. 3, k);
le) altra piccolissima a due soli giri e con capi rastremati (fìg. 3, V) ;
Più verso sud, nel terreno degli eredi Aliprandi, furono notati i resti di un terzo
sepolcro che pare fosse stato tagliato da una buca di albero. Vi restavano solo i residui
dei piedi del cadavere, presso cui erano i frammenti di un vasetto grossolano di argilla
scura, ed una cuspide di lancia in ferro.
La perfetta uguaglianza della suppellettile contenuta nella tomba del Garofoli con
quella trovata qualche anno indietro dentro un sepolcro di bambina scoperto in con-
Fig. 3.
trada Ginepraia nel Comune di Nocera Umbra (1) ci permette di potere assegnare allo
stesso periodo di civiltà il corredo di quella tomba e forse anche delle altre.
Tombe coeve furono rinvenute in passato, sempre nella medesima regione, a valle
dell'odierna Flaminia, nei terreni di Giovagnoli Luigi e di Zerbini Pietro, a circa 2
km. più a sud di quelle recentemente scoperte (2).
Trattasi evidentemente di poche tombe sporadiche, sparse sopra un'estensione
abbastanza considerevole di terreno e riferibili, forse, ad un medesimo centro abitato
che non è stato ancora possibile identificare.
Siamo però in un periodo in cui le popolazioni per necessità di difesa ebbero cura
d'installarsi in luoghi naturalmente forti, ed è quindi ovvio che debbansi ricercarne
le sedi sulle alture dominanti la pianura gualdese e specialmente su quelle poste a ri-
dosso dell' Apennino, dove fu già possibile identificare il -piccolo centro abitato di Monte
Castiglione (3).
E. Stefani.
(*) Ctr. Notizie, 1918, pp. 110 e segg. ; tossa n. !).
(*) Cfr. Notài*, p. 107, fìg. 4 C, I), e p. 120.
(3) Ibid., p. 107, fìg. 4 B, e pp.. 119 segg.
AMELIA
— 80 —
REGIONE VI.
VI. AMELIA — Frammento d'iscrizione municipale rinvenuto in
territorio di Penna in Teverina.
Il benemerito ispettore onor. di Amelia, cav. Edilberto Rosa, ha comunicato alla
R. Soprintendenza agli Scavi di Roma il rinvenimento di un frammento epigrafico
avvenuto in territorio del comune di Penna in Teverina, nel mandamento di Amelia.
La scoperta avvenne fortuitamente nello scavare le cosidette forme per l'impianto
delle barbatelle di una vigna, a circa 100 m. dalla sponda del Rivo Grande, affluente
del Tevere ed alla distanza di 5 km. da questo fiume. Trattasi di un frammento di la-
stra marmorea, alto m. 0,31, largo m. 0,25, spesso m. 0.06, che forma la parte cen-
trale di un'iscrizione le cui lettere, di buona fattura, sono alte nella la linea cm. 8, nella
2a mm. 55, nella 3a imi. 37, nella 4" mm. 27
Vsc f-
y] • V I R • A
signum VilcTORIAE • PC
dedieation em Vvlsvm • et- CRVST- p<
ug
nend . cur . cuius
pnlo dedit
Del nome del personaggio nominato nell'iscrizione non resta che la finale del gen-
tilizio e la prima riga della filiazione : ius C. [f ]. Delle cariche da lui assunte
è superstite quella di VI vir a[ug{ustalis)\. 11 restante dell'iscrizione si può approssi-
mativamente così supplire : [ signum V]ictoriae po[nendum euravit, cuius dedica-
tione m]ulsum et crust(um) po[pulo dedit]. La lapide ricorda dunque la distribuzione
alla popolazione del municipio di vino melato (mulsum) e di focacce (crustum o cru-
slulum) avvenuta in occasione della dedicazione del simulacro od altro della dea Vic-
toria, a spese del dedicante. Era già noto che in Amena vi fosse il culto della Victoria
unito a quello della Felicitas Caesar(um). Un flanim perpetuus delle dette divinità è
menzionato nell'iscrizione amerina C. I. L., XI, 4371, e sacerdotes in C. 1. L., XI, 4367,
4373 (ci'. 4346). VI viri augustales amorini sono ricordati nelle iscrizioni C. I. L., XI,
4371, 4394, 4401, 4404. La paleografia fa risalire l'epigrafe alla metà incirca del II
secolo dell'impero.
*
* *
Nelle immediate vicinanze del luogo del rinvenimento dell'epigrafe non si trovano
ruderi ne altri indizi di antichi monumenti, ad eccezione delle tracce di un'antica strada
che costeggiava il torrente, tuttora visibili a breve distanza dal punto ove è avvenuta
ROMA — 81 —
ROMA
la scoperta. Sull'opposta sponda del largo Rivo Grande vedesi la base di un ignoto monu-
mento a grandi modanature in travertino. Attraverso il Rivo Grande poi, in maggiore
prossimità del Tevere veggonsi gli avanzi di due piloni di un antico ponte a grosse pie-
tre, in parte spostate forse a causa della deviazione del torrente. Il ponte mette in co-
municazione il territorio di Penna in Teverina con quello del comune di Orte, del quale
il ripetuto torrente segna il confine. ■
G. Mancini.
VII. ROMA.
Cippo marmoreo con iscrizione greca
e rilievi riferibili al culto frigio della Magna Ma ter.
Nei lavori eseguiti circa due anni or sono nel palazzo detto dei Convertendi in Borgo
Pio (di proprietà Pontificia), presso la piazza di S. Pietro in Vaticano, si scoprì alla profon-
dità di 3 metri dal piano stradale un'ara marmorea mancante della parte inferiore, e che
doveva avere l'altezza di circa un metro.
L'ara è scorniciata e adorna nella parte superiore dei consueti pulvini e porta incisa
nella fronte una iscrizione greca mutila in basso (fig. 1) ; negli altri lati è adorna di
bassorilievi che rappresentano i simboli del culto frigio della Magna Mater e di Attis.
Nel lato a destra di chi guarda la fronte (fig. 2), è scolpito l'albero di pino (l'albero
sacro del culto frigio), e dai suoi rami pendono i flue istrumenti musicali adoperati nelle
sacre ceremonie, cioè a destra il timpano ed a sinistra la siringa : ed al tronco dell'al-
bero è poi appoggiata a sinistra la doppia tibia, mentre alla estremità destra si vede il
pedo pastorale. Avanti all'albero era rappresentato il toro sacro a Cibele che allude al
rito del taiiroholio (bagno col sangue del toro) ; ma per la rottura del marmo ne rimane
soltanto la testa e parte del collo. Nel lato a sinistra di chi guarda la fronte (fig. 3) è ri-
petuto l'albero sacro del pino, ma ai suoi rami sono appesi due altri emblemi, cioè a si-
nistra i crotali che servivano nelle ceremonie del culto, e a destra il berretto frigio, accon-
ciatura propria di Attis. Sotto di questo è ripetuta la siringa e più a sinistra si vede la testa
dell'ariete che allude all'altro rito del criobolio (bagno col sangue dell'ariete) : e manca
poi la parte inferiore del marmo. Finalmente nel lato posteriore (fig. 4) sono pure scol-
piti altri emblemi del culto, cioè il prefericolo e la patera^ che accennano al sacrificio, il
pedo pastorale ricurvo e le due faci accese ed incrociate che si adoperavano pure in quelle
ceremonie, ed alludevano alla luce mistica di quelle dottrine religiose.
Nella fronte del monumento è incisa, come si disse, una iscrizione greca. Questa
iscrizione in versi è di assai difficile lettura e mancante di parecchie righe sulla fine ; e vi
si possono riconoscere alcune frasi relative alla grande importanza che si dava al culto della
Magna, Mater ed ai misteri del culto frigio.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 11
ROMA
-ST-
ROMA
Il nostro monumento fu scoperto, come si disse, poco lungi dalla piazza di S. Pietro
in Vaticano, e dovè essere collocato in origine in quel luogo medesimo, perchè fu scoperto
a qualche profondità dal suolo ed in mezzo ad avanzi di antiche costruzioni. Ora è noto
che nelle due redazioni del Catalogo regionario, cioè il Curiosimi e la Notitiu, fra i monumenti
Fio. 1.
della regione XIV, accanto al Gajanum (circo di Caligola poi di Nerone) si nomina il Phry-
gianum che fu senza dubbio un santuario della Magna Mata/ e di Atti* ('). Ed è noto
altresì che sul principio del secolo XVII, costruendosi la facciata della nuova Basilica
Vaticana, si rinvennero alcune iscrizioni del quarto secolo dell'era nostra contenenti il ri-
cordo del iaurobolio e del criobolio. E sembra che il santuario del culto frigio si estendesse
verso il palazzo Cesi al principio del Borgo, e perciò a brevissima distanza dal luogo ove
si è scoperto il nuovo monumento (2). È assai probabile pertanto che questo abbia avuto
qualche relazione col santuario vaticano del culto frigio.
(') Alla regione XIV nel «Curiosimi» si legge - Coniinet gnjanum et frigianu n -naumachia»
11 et vaticanum ecc. Nella « Notitia» Continet gajanum, Iìaticanum Frygianum naumacias 11 ecc.
(■) Su questo santuario v. Lanciani Storia degli Scavi voi. IV, pag. 107 segg. ed anche Pagan
and Christian Rome p. 127 segg.; Bull, archeol comun. 1896 p. 248 segg.
ROMA
— 83
ROMA
È noto che il culto della Dea di Pessinunte (la Magna Maler Deorum Idea) fu il primo
dei culti orientali introdotti in Roma, giacché vi fu ammesso nel sesto secolo della città ai
tempi della seconda guerra punica, quando venne portata a Roma la pietra sacra (ams
Matris Deum) e collocata nel tempio di Cibele sul Palatino. Sul principio si cercò di fre-
Fig. 2.
nareil più possibile il fanatismo che eccitava quel culto; e le feste dette Megalensia furono
destinate soltanto a perpetuare il ricordo dell'arrivo della Dea, che secondo la nota leg-
genda fu condotta prodigiosamente in Roma dalla foce del Tevere per opera della calun-
niata Vestale, la quale in tal modo si giustificò dall' accusa di aver mancato ai suoi voti.
E quella festa, che celebravasi il 4 di aprile, è così ricordata nel calendario di Verrio
Fiacco :
Ludi - Magnae Deorum Mairi Ideae Megalensia appellaniur eo quod Mater Magna
ex libris sibillinis arcessita locum mutami ex Phrygia Romam. (C. I. L. I, Fasti prae-
nestini).
Ai tempi di Augusto il culto della Magna Mater, fece grandi progressi nel popolo ;
e già doveano essere introdotte quelle ceremonie di fanatismo relative al mito dell'amasio
ROMA
- 84
ROMA
di Cibele che erano accompagnate dal sacrificio del toro, dai canti e dai suoni dei sacerdoti
i quali giungevano anche a ferirsi in memoria della mutilazione di Allis.
E queste ceremonie aveano luogo fra il 22 ed il 27 di marzo, quando si portava in pro-
cessione l'albero di pino sotto cui Attis si sarebbe mutilato (arhor intrai), e si lavava alla
Fig. 3.
foce dell'Aimone la statua della Dea, e si facevano processioni accompagnate da canti e
da suoni e da grida furiose, e si immolava il toro, come descrive Ovidio nel libro IV dei
Fasti:
Ed locus in Tiberini, qua lubricu* influii Almo
Et nomen magno perdit in amne minor.
Mie purpurea canus cum veste sacerdos
Almonis dominam sacraque lavit aquis
Exululant comites furiosaque tibia flalur
Et feriunt molles laurea terga manus
(Fastor. IV).
ROMA
— 85 —
ROMA
Ma il rito piìi solenne del eulto frigio era, come è noto, quello del laurobolio e del
niobolio cioè del bagno nel sangue del toro sacro a Cibele e dell'ariete sacro ad Attis,
bagno che si credeva servisse a purificare l'iniziato da tutte le sue colpe.
E di queste strane ceremonie fanno menzione oltre alle iscrizioni del Vaticano teste
Fio. 4.
ricordate ed altre, quelle pure scoperte nel passato secolo nel melroon ostiense, le quali
furono dottamente illustrate da C. L. Visconti (').
E da quel melroon provengono pure alcuni monumenti collocati nella Sala XV del
Museo Lateranense ; fra i quali sono particolarmente notevoli la grande statua giacente
di Attis ed il modio deH"archigallo della colonia ostiense.
Un bel confronto per gli emblemi scolpiti sul nuovo monumento può farsi intanto
sopra altre sculture; e così p. e. sull'ara ben nota della Majni Metter con la iscrizione posta
da "ornelio Scipione Orfito nell'anno 295 e scoperta presso s. Sebastiano, sulla scultura del
sacerdote conservato alla Vallicella e su quella dell'Archigallo del Museo Capitolino.
La parte più ardua però nello studio del nuovo cippo era la interpretazione della
(') Annidi dell'Istituto, 1868. p. 362 segg.
ROMA 86 ROMA
epigrafe greca incisa sulla fronte (fig. 1), perchè è mancante di parecchie linee verso
la fine, e perchè è anche di difficile lettura nella parte superstite.
Da un primo studio che io vi feci mi riuscì soltanto ad afferrare qua e là alcune frasi
che si riferiscono alla luce ed al sacrificio del toro come « simbolo di felicità » ed altre
dalle quali indubbiamente si ricava che ivi si tratta della importanza del culto mistico
della Magna. Maier e delle sue dottrine. Volendo però far di tutto onde dare nella pub-
blicazione di questo monumento anche una versione la più esatta possibile dell'epigrafe,
ricorsi all'illustre prof. Domenico Coniparetti, il quale servendosi anche di una copia del
prof. Halbherr, mi inviò la seguente trascrizione del difficile testo, unendovi una tradu-
zione ed un breve commento che io unisco a questa notizia.
"Egya vóov 7iqT/£iv fiinv f£o%ov, ea&lèc nqónavxa
Ila\_H<pV~\Ì.ÌOV 7lQanÌÒU)(v) TOÌ'TO (fSQ(Ù TO i}ì'(ia
*0$ ó[ì~}s naXiroqaov è/r' EvQi'ftirjv nàXi taì'qov
' Hyayt xaì xgeiòr avfifioXov evzvxii]q
(sic)
'Oxrò> yÙQ IvxafiavTac in eix(o)<Jiv rjQefit'orTctg
vvxta Siaaxtóceaag avdig ii)-rjxt (fàog
« Le opere i pensieri e gli atti sono utili a rendere eccellente la vita (l).
« Io ara porto questa sacra offerta di Panfilio, il quale due volte condusse ad Euribia
« nuovamente retrocedente il toro e l'ariete simbolo di felicità.
« I cessanti vcntotto anni disperdendo la notte nuovamente ripose la luce ».
Faccio seguire il commento del medesimo prof. Comparetti :
« Siccome il monumento consiste in un'ara con sopra i due lati scolpiti i simboli del
taurobolio e criobolio, chiaro è il significato del primo distico nel quale l'autore della epi-
grafe, ricordando le squisite virtù dell'animo del defunto Pamfilio nelle opere, pensieri ed
atti, dice esser questa la sacra offerta sacrificale &v[ia che egli apporta su quell'ara ;
concetto questo che va ravvicinato a quanto si dice nella iscrizione dedicatoria Orelli-
Henzen 1900 : taurobolio criobolioqn perfcrto... iliis animae suae mentisque custoAibu
aram dicami (cf. C. I. L., VI, 499).
« Passando poi nel secondo distico a parlare dei singolari meriti di colui nell'esercizio
del culto frigio, l'autore soggiunge «il quale Pamfilio due volte menò ad Euribia nuova-
mente retrocedente il toro e l'ariete simbolo di felicità ». E qui Euribia che secondo la teo-
logia esiodea era figlia di Pontos e di Gea e sposa di un Titano, rappresenta la regione
asiatica cioè la Frigia sede originaria di quel culto che di là si estese in Europa. Due volte
adunque aveva colui visitato la Frigia praticandovi il taurobolio ed il criobolio. L'ariete,
(J) Lo stesso prof. Comparetti mi ha fatto nofare che le parole del primo verso èo9Xà nqinuvja
equivalgono ad omnia lom, come in Sofocle (Ed. Col. 1237) nginarra xaxà si traduce omnia mala.
REGIONE t. — 87 — OSTIA
che in quella cerimonia rappresenta Attis felicemente ritrovato dalla gran Madre, fu per
lui simbolo di felicità ; e come ciò fosse viene l'autore a dirlo, poco chiaramente per i non
iniziati, nel terzo distico. La traduzione letterale di questo distico sarebbe «Perchè disper-
dendo la notte ed i cessanti ventotto anni, egli nuovamente ripose la luce ». Ciò vuol dire
che morendo dopo aver compiuto la sacra ceremonia del criobolio in quella regione, colui
felicemente dalla notte buia della vita mortale tornò alla luminosa vita celeste ed immor-
tale. Tale era la dottrina e la credenza di questi mistici simile a quella degli orfici ed
anche dei cristiani che nelle preci funebri dicono: et fax perpetua htceat ei.
«Notevole è la parola fjQs [itovi ss, cessanti o arrestantisi detta degli anni di vita di
quell'iniziato. Sembra che morisse improvvisamente al ternane del suo secondo viaggio,
forse nel viaggio di ritorno.
«Quanto poi al ritorno dalla notte alla luce giova notare che fra le ceremonie del tau-
robolio ve n'era una intitolata Mesonyetium menzionata nella nota iscrizione di Lione
(Creili n. 2322 - C. I. L., XIII, 1751), di cui si cerca la spiegazione, e che forse si riferisce
al concetto mistico di cui sopra ».
Ed io concludo che questo monumento è di grande importanza tanto per la singo-
larità del testo epigrafico, quanto anche per la circostanza che appartenne ad un se-
polcro il quale doveva sorgere presso la via Cornelia in vicinanza del tempio della Magna
Mater del Vaticano.
Avendolo io studiato per il primo subito dopo che si scoprì, ne resi conto all'Ac-
cademia romana d'archeologia : ed esso per mia proposta fu collocato nel Museo pro-
fano lateranense recentemente riordinato.
0. Marucghi.
Regione I (LATIUM ET CAMPANIA)
VIIT. OSTIA — Gruppo di sculture scoperte nell'area dell'antica città.
Il travamento del presente gruppo di sculture attesta ancora che il lento esodo degli
abitanti di Ostia, che può ritenersi quasi compiuto alla fine del V secolo, non causò la
dispersione totale delle opere d'arte di cui la città s'arricchiva. Ma, mentre ben poche oc-
cupano il loro posto originario ad ornamento di templi ed edifici publici e privati, una
notevole quantità di esse sembra essere stata nascosta e sottratta alla rapacità di stra-
nieri predatori (è il caso delle figure 5, 6, 7 trovate agli angoli del cortile di una casa pri-
vata) e un'altra parte, sia stata accumulata invece in dati punti come marmo da calce.
Presso un'antica calcara, di cui purtroppo non è dato precisare l'epoca, tornarono
infatti alla luce, miracolosamente salve, le più belle tra quelle che qui pubblico.
Anche la causa di un aggruppamento di statue presso un forno da calce non è inte-
ramente chiara. Incursioni rapide e affrettate scorrerie, causavano infatti vandaliche mu-
tilazioni più che una lenta opera di cottura dei marmi la quale sembrerebbe difficilmente
attribuibile agli ultimi, abitanti ostiensi. Né v'è bisogno per essi, immiseriti e malcerti
della loro stessa residenza, di nuove costruzioni che richieggano nuovo materiale ; né
OSflA — 88 — REGIONE I.
forse v'è in essi così vivace e violenta fede o cozzo di nuove credenze religiose e di pertur-
bamenti politici che porti a distruggere immagini di culto e ritratti di imperatori e di
magistrati romani.
Ma ben più oscura rimane la causa del salvamento di queste scolture, che, improvvisa,
ne. arresta la fine proprio nel luogo apparecchiato a distruggerle. La calcara presso cui
le rinvenimmo, fu ricavata in una bocca di forno di' riscaldamento, di un edificio termale
(cfr. Notizie degli Scavi 1918, p. 130) che, per la sua epoca piuttosto tarda per quanto
abbiadato alcune buone decorazioni a stucco, non pare possa aver riunito nei suoi
ambienti così varia raccolta di statue. Ma se anche il luogo della loro distruzione coinci-
desse con quello della originaria collocazione, rimangono pur sempre oscuri e la causa
e l'arresto della loro distruzione (fig. 1) (x).
*
* *
Tra tutte le scolture trovate eccelle per valore artistico la bella figura di Artemide
amazzone.
La statua in marmo grechetto, alta m. 1,49, fu trovata con la testa e il braccio de-
stro, distaccate a poca distanza. Manca ora delle caviglie e dei piedi, dell'avambraccio
sinistro e della mano destra, di gran parte del cagnolino accovacciato accanto al tronco
che fa da sostegno alla figura e di circa metà della faretra dietro le spalle. La testa è in-
tatta salvo la mutilazione del naso, qualche scaglia nell'attaccatura del collo, e qualche
ricciolo nel grosso nodo dei capelli dietro la nuca.
Il tipo è noto. Tra molte repliche, va sopra tutte accostato alla ostiense, un torso
del Museo di Berlino proveniente da Roma, erroneamente restaurato in amazzone (Be-
schreibung n. 61). A giudicare dalla riproduzione è in esso anche lo stesso trattamento
dell'abito, che in altri esemplari è variato nella disposizione delle pieghe e nella rim-
boccatura più o meno ampia del chitonisco oltre la cintura interna ed esterna.
Veste Artemide il chitonisco exowis ed è individuata dalla faretra sulle spalle che
spiega il movimento delle braccia e dal cagnolino accovacciato accanto alla figura stante
sulla gamba destra. Non il volto soltanto, ma il corpo indica raggiunto, ma non pieno forse
ancora, lo sviluppo del sesso : e v'è sana e fresca giovinezza così nei pieni del seno che
nel cavo delle ascelle, nella rotondità dei ginocchi che nella discreta curva dell'anca.
È certo un prodotto dell'arte del IV secolo che per la trasposizione dell'abito ama-
zonico sulla figura di Artemide e per l'acconciatura che molto s'accosta alle prassiteliche
(A. di Dresda) ci richiama alla figura della Diana di Gabi (A. Brauronia), quasi rappre-
senti l'ostiense il tratto d'unione e un tipo di passaggio tra le Artemidi in abito lungo e
quelle in corto chitone. Non è invece prassitelica né risente dell'arte lisippea la ponde-
razione e le proporzioni ancora policletee della figura che, inspirata certo dalle figure
delle amazzoni di Efeso, parrebbe un prodotto di arte greca orientale per il trattamento
del nudo e la maniera di drappeggiare. Cosicché la diffusione e la persistenza di questo
(l) Cfr. per questa scultura ostiense, l'esame più dettagliato da me fattone in Bollettino
d'Arte, Marzo 1922.
Fio, 1.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX.
12
REGIONE I.
— 91 —
OSTIA
tipo con leggere varianti su monete dell'Asia minore, che ho cercato altrove di docu-
mentare, (*) rendono probabile l'ipotesi che esso possa esser sorto ad imagine di culto
di taluna delle città della ricca e fiorente regione che attrasse gran parte delle cor-
renti artistiche greche.
Fig. 2.
Il pregio della scoltura s'accresce singolarmente per la bontà della copia e per la
presenza di un ritratto romano in sostituzione del volto ideale. Del tipo di questo, rimane
l'acconciatura la quale fornisce, a me sembra, se non l'unico, certo il più importante in-
dizio per una probabile datazione. Infatti troppo poco nota è l'iconografia femminile
dell'Impero e ignota sopra tutto nell'aspetto giovanile delle donne che salirono il trono
o ne vissero accanto - a taluna di esse sembra ovvio pensare per un ritratto sopra un
tipo di Artemide - perchè si possa su soli dati iconografici formulare un'ipotesi.
Consente invece di assegnare il ritratto alla prima metà del I secolo, l'aver mantenuta
l'acconciatura ideale che sarebbe stata sostituita invece quando avesse troppo alterato
(t) Cfr. Ausonia, voi. X.
OSTIA
92 —
REGIONE 1.
il ritratto. E le acconciature che più s'accostano a questo tipo ideale sono appunto quelle
ancor semplici della stirpe Giulio-Claudia, durante la quale è del resto comune uso di
idealizzare la pettinatura. A tale età riconducono poi anche le caratteristiche dell'arte
che animano il ritratto ; che, forse già alla fine del I secolo e ancor più noi successivi,
troveremmo certo diversa acconciatura e diversa espressione.
Fio. 3.
Statuetta di Bacco fanciullo (fig. 2) su basetta circolare (alt. della fig. cm. 95, della
base cm. 20). La figura, stante sulla gamba destra, la sinistra arretrata, poggia il gomito
destro sopra un grosso tronco di vite che con un tralcio a foglie e a grappoli (di cui man-
cano pochi pezzi) si attorce sul braccio piegato : un grappolo è retto dalla mano. Il brac-
cio sinistro sorregge, portato in avanti, l'estremità di una pelle felina che attraversa petto
e spalle e serve a contenere frutta, foglie e grappoli d'uva : e da questi la mano rimane
quasi nascosta. Il capo è coronato di frutta e grappoli, i cui grani hanno quasi funzione
di riccioli mentre i capelli son disposti a frangia sulla fronte. Il giovinetto guarda in alto
con espressione né di gaudio nò di serenità.
REGIONE 1.
— 93 —
OSTIA
L'anatomia e le proporzioni del corpo, che è di un fanciullo pubere appena, sono
sentiti e resi con studio e con discreto senso d'arte. Meno bene accomodato è l'insieme
Fic. 4.
Fio. 5.
delle frutta che regge la mano sinistra : così l'espressione del viso il quale non raggiunge
un tipo ideale né s'accosta proprio al ritratto, risulta nella sua soverchia serietà e com-
postezza, meno sentito e vivace di quanto sia il nudo.
OSTIA
— 94 —
REGIONE I.
È in ogni modo una simpatica figurina che senza notevoli pregi e senza troppo sen-
sibili difetti, viene ad aggiungersi alla numerosa' schiera dei tipi di Bacco fanciullo e dei
giovani fauni idealizzati, fondendo i motivi a loro comuni.
I.a statuina di Silvano (altezza cm. 69) spezzata nelle gambe poco sotto il pube è di
più grossolana fattura ifig. 3).
Ricopre parte del petto e tutto il dosso la pelle felina, allacciata sulla spalla destra,
Fio. 6.
e nella cui ripiegatura inferiore stanno delle frutta e un grappolo d'uva che ne ricade un
po' fuori. La mano sinistra piegata all'altezza del gomito regge un ramo di pino ; il brac-
cio destro disteso lungo il corpo regge nella mano, che è spezzata, il falcetto. La testa ri-
produce il consueto tipo di Silvano già maturo con capelli e barba abbondanti e irsuti,
cinto il capo di un ramo di pino. Il difetto più sensibile è nella quasi mancanza del collo
che rende più tozza la figura e ingrossa la testa : è un prodotto di arte tarda e scadente.
Statuina di giovane nudo con clamide allacciata sulla spalla destra, drappeggiata
sul petto e ricadente oltre la spalla sinistra giù dall'avambraccio piegato sul-
l'anca, (fig. 4). La mano destra era sostenuta dal tassello che si vede sull'anca e un tronco-
sostegno è a destra della figura.
È uno dei consueti tipi di statue eroizzate che derivano dall'Hermes Lansdowne :
lavoro affrettato e dozzinale.
REGIONE I.
— 95 -
OSTIA
.A questi trovamenti aggiungo quelli avvenuti in una' casa privata non ancora com-
pletamente esplorata e che può quindi, come spero, riservarci altre gradite sorprese. Le
figure 5, 6, 7, 8, furono trovate agli angoli del cortile centrale di questa casa, nascoste
lì e poi ricoperte dalle macerie del crollo.
Statuina di Venere, acefala, completamente nuda mancante delle braccia eccetto
Fic. 7.
il sinistro fiuo oltre il gomito e delle gambe dal ginocchio in giù. (marmo lunense,
altezza cm. 80).
Pel movimento delle braccia, con il sinistro aderente al corpo, e che si ripiega
fortemente sul gomito portandosi all'altezza della testa, la figura richiama uno
dei consueti tipi di Afrodite anadiomene a cui sembra abbia servito di appoggio,
dietro la gamba destra, un delfino. Si spiega così una specie di tassello a forma
quasi triangolare, non però del tutto conservato, che copre parte della natica destra e
che ricorda la coda di un delfino di cui manchino le pinne. I capelli scendono sulle
spalle in due ciocche sulla destra e in una, appena visibile, sulla sinistra.
Le brutte proporzioni, della figura, la lunghezza e l'esilità del torace, il nudo trat-
tato sommariamente, sebbene all'altezza dell'anca non manchi una fossetta a indicare
la mollezza della carne, fanno di questa statuina. un mediocrissimo esemplare d'arte com-
merciale da aggiungersi ai moltissimi che abbiamo di questo comune tipo di Venere nuda.
Testa-ritratto, (fìg. 5, a) spezzata sopra gli occhi e mutila anche nel naso. Il trat-
tamento dell'occhio con la pupilla fortemente incavata e il globo inciso; la
OSTIA
— 96 -
REGIONE I.
foggia dei baffi, ripiegati agli angoli della bocca, e della barba piuttosto corta ravviata
indietro ; la pettinatura con capelli tenuti abasetta sulle tempie, ci richiamano all'arte
della seconda metà del terzo secolo, ancora
vivace nell'espressione e di accurata ed
efficace esecuzione.
Testa- ritratto di Antonino Pio (fig. 5, b)
spezzata dal naso in giù. L'espressione di
assorta placidità caratteristica nei ritratti
dell'ottimo imperatore, risulta bene anche
in questo ostiense nonostante la grave muti-
lazione della faccia. Sono infatti soprat-
tutto gli occhi a sguardo leggermente velato
e trasognato che, sotto la larga fronte
incorniciata da capelli mossi, e abbondanti
individuano il marito della prima Faustina,
della quale la figura che segue riproduce il
bellissimo volto.
In un marmo che conserva, fin troppo,
l'originaria nitidezza, Faustina seniore è ve-
ramente in questo ritratto una figura d'im-
pero (fig. 6-7). Non tanto per il sottile listello
che incornicia il sommo della fronte, quanto
per la piena, regale bellezza del suo volto
regolare. Non s'intravede in esso quel ca-
rattere di leggerezza che fu rimproverato an-
che a lei, in minor grado che a sua figlia, la
minore Faustina, nei cui ritratti invece esso
si rispecchia e si coglie.
C'è invece qui una conscia e austera
bellezza, in piena maturità, con espressione
di sereno'dominio, quello che ella ebbe su An-
tonino, il quale nonostante certa sua condotta leggera, il cui eco è giunto anche a noi
attraverso lo storico suo, ne pianse amaramente la perdita avvenuta a 45 anni.
Ma il ritratto ostiense non tien conto di certe scorie del carattere : riproduce con
nobiltà di tratto, con impeccabile perizia, con ottimo senso d'arte l'imperatrice a cui
si deve almeno l'idea della benefica istituzione alimentaria. Più che al bustodi Napoli,
il ritratto ostiense mi sembra si accosti a quello sul rilievo della colonna Antonina.
Frammento di stipite marmoreo scolpito sulle due f accie (cm. ì 05 X 30; fig. 8).
Sull'una, tre amorini alati colgono grappoli di d'uva da un grosso tralcio
che sale in alto attorcendosi, carico di foglie e frutta: sull'altra faccia è stilizzata
una pianta di acanto.
Il rilievo è prodotto dell'arte decorativa un po' appesantita del terzo secolo.
G. Calza.
Fig. 8.
NOTIZIE DEGLI SCAVI
Anno 1Q22 — Fascicoli 4, 5, 6:
Regione XI (TRANSPADANA).
Dobbiamo allo zelo instancabile del benemerito dott. Pietro Barocelli le seguenti
notizie sopra rinvenimenti di antichità avvenuti nella Regione XI, nei siti qui ap-
presso notati.
I. OUREGGIO (Borgomanero) — Tesorello di monete imperiali romane.
Nel territorio del comune di Cureggio, dove per lo passato vennero trovate epi-
grafi romane (*), presso la cascina Chiosa, non lungi dalla stazione ferroviaria, il pro-
prietario signor Giovanni Duelli rinvenne casualmente, in occasione di lavori agricoli,
entro un'urna fittile, tosto infranta, un tesoretto di monete imperiali romane, costituito
quasi interamente da monete di medio bronzo e dà pochissimi piccoli bronzi. In tutto
furono consegnate alla Soprintendenza per il prescritto esame 1008 monete ; poche al-
tre passarono di mano in mano ed andarono disperse all'atto del ritrovamento.
Per il lungo uso, in queste monete le leggende ed i tipi del diritto e del rovescio
vennero talmente logorati, da rendere impossibile in alcuni casi una precisa identifi-
cazione : le leggende, laddove sono parzialmente conservate, non presentano speciale
interesse.
Molto logori per lungo corso ed uso un medio bronzo, dubbio se di Tito o di Ve-
spasiano, ed altri di Traiano e di Adriano. Più numerose e meno logore si rinvennero
monete di Antonino Pio, Faustina Madre, Marco Aurelio, Faustina Giovane, L. Vero
(in numero più scarso delle altre coeve), Lucilla, Comrnodo, Crispina. Molto meno nu-
merose quelle riconosciute di Didio Giuliano, Clodio Albino, Settimio Severo, Giulia
Domila.
(*) C. 1. L., V2, 6607-6612, Pai», C. I. L. suppl. hai, n. 887.
Notizie Soavi 1922 - Voi. XIX. 13
MONORIVELLO, OARAVÌNO — 98 — REGIONE XI.
II. MONORIVELLO (Vercelli) — Tomba d'età romana.
Nel territorio del comune, poco lungi dall'abitato di Villareggia, precisamente ac-
costo ed a monte della Cascina Sivelli, venne recentemente in luce, scavandosi un canale
a cura del consorzio irriguo di Villareggia, ima tomba d'età romana. Questa era protetta
da tegulae e da imbrics ; ma per la manomissione subito avvenuta non se ne potè
constatare la esatta disposizione.
TI cadavere era inumato. Della suppellettile non si salvò che una umetta di ter-
racotta comnne, ora nel Regio Museo torinese di antichità.
Non è la prima volta che nella regione ebbero luogo ritrovamenti sporadici di an-
tichità. Così si ha notizia orale, indeterminata, che, anni addietro, altre tombe laterizie
furono scoperte a poche centinaia di metri a sud del convento di Moncrivello, verso la
cascina San Pietro. A ritrovamenti di urne cinerarie e di una statuetta di bronzo,
avvenuti nella regione, accennò il Ferrerò (1).
III. CAKAVINO (Ivrea) — Tesoretto monetale del III secolo d. Cristo.
Nella campagna a levante della strada Albiano-Caravino (*), uno scavo per pianta-
gioni, eseguito nella proprietà Permetti Gaspare fece casualmente scoprire un tesoretto
di oltre quattrocento « antoniniani » contenuti in un recipiente di sottile lamina di
bronzo avente forma di bottiglia ansata. Non essendo stato possibile coi soliti semplici
mezzi togliere a queste monete la spessa e dura patina onde esse erano ricoperte, si
dovette per molte rinunciare ad una esatta identificazione.
La massima parte appartengono agli imperatori Gallieno e Claudio If. Le monete
identificate con precisione sono le seguenti :
Gallieno Cohen, Mériailles iwpériales, 2a ed., nn. 35, 72, 157, 158, 160, 220, 265.
304, :ì42, 344, 388, 550, 586, 606, 614, 617, 670, 690, 741, 786, 859, 864, 928, 974, 1236.
Salonina, Cohen, nn. 70, 127, 147.
Postumo. Cohen, n. 360.
Claudio II, Cohen, nn. 3, 6, 10, 21, 69, 74, 114, 124, 129, 138, 202, 214, 230,
291, 315. In altre di Claudio, di cui per la patina non ò possibile una esatta identifica-
zione, sono al rovescio le note leggende: FIDES • EXERCI , FIDES -MILIT, FORTVNA-
REDVX, IOVI-VICTORl. MARSVLTOR, PAXAVG, SPESPVBLICA. VICTORIA-
AVG, VIRTVS-AVG.
Quintillo - Cohen, n. 19.
L'intero tesoretto fu acquistato dal R. Museo di antichità di Torino
(*) Iscrizioni antiche vercellesi (Memorie d. R. Aenul. d. Scienze di Torino, ser. II, voi. XLI,
pag. 130).
(*) Proprietà Perinetri Gaspare.
y\
REGIONE XI. — 99 — ,\OSTA
IV. AOSTA — Acquedotto scoperto in frazione la Gomba.
Vicinissimo alla città di Aosta apresi sulla sinistra del torrente Buthier una breve
valletta, che presto termina nella conca coronata dalle casupole dell'abitato di la Comba.
È questa conca ricca di eccellenti acque sorgive, le quali furono ricercate fino dalla an-
tichità romana.
Il Bérard {Atti della società piemontese di archeologia, V, pa». 134-6, tav. IX. S) ri-
ferì che verso l'anno 1885, eseguendo visi scavi, furono messi casualmente allo scoperto
un tratto di antico condotto ed una piccola vasca ili cui esso immetteva, e donde usciva.
Oe ne lasciò una descrizione, e ne pubblicò alcune figure, le quali bastano a darci una
idea approssimativa degli avanzi.
Recentemente il municipio di Aosta promosse scavi per la ricerca di acque pota-
bili ed in questa occasione fu messo in luce qua e là, per una lunghezza complessiva di
circa ventiquattro metri, il condotto stesso, e precisamente nel fondo della conca, imme-
diatamente a monte delle prime casupole isolate di la Comba che si incontrano risa-
lendo la mulattiera di fondo valle.
Non molto lontani devono essere il tratto di condotto e la piccola vasca Vista dal
Bérard.
Il condotto corre, secondo i luoghi, a due o tre metri sotterra. La presa o 'e varie
prese d'acqua sarebbero da ricercare piuttosto vicino al tratto messo recentemente
in luce.
Il condotto è eccezionalmente solido. È costituito da una massa compatta di ciot-
tolila interi o spezzati, impastati con sabbia e calce ; costruzione evidentemente richie-
sta ad evitare cedimenti. Il condotto infatti non corre su roccia, ma entro terra. La
cunetta (m. 0.35-0.40 di larghezza ed altrettanti di profondità) apresi, nei tratti recen-
temente scoperti, in questa massa di calcestruzzo, che nel suo insieme ci si presenta di
sezione quadrata (ni. 1 X 1).
La pendenza è forte : ancora oggi vi scorrono precipitose le acque. Le forti e larghe
lastre di pietra rozzamente squadrate, eh", come risulta anche dalle notizie date dal Bé-
rard ricoprono la cunetta, dai tratti messi recentemente in luce, furono asportate dagli
operai prima che la Soprintendenza delle antichità fosse avvisata della scoperta.
Il Bérard osservò che le parti interne del condotto e dei muri della vasca erano
rivestite di una « couehe assez mince d'un vernis de couleur sanguine.): evidente-
mente è Vopus xigninum a tritume laterizio di sì largo uso nelle costruzioni idrauliche
romane. .\ei tratti del condotto recentemente scoperti questo intonaco mancava, cor-
roso forse ed asportato dalle acque e dal tempo.
Siffatta bella costruzione non poteva avere altro scopo se non quello di fornire alla
romana città di Augusta Praetoria acque potabili.
RODALLO CANAVESE — 100 — REGIONE XI.
V. RODALLO CANAVESE — Tombe d'eia romana.
Recentemente lavori agricoli misero in luce due tombe, non lungi dalla tenuta Ca-
rolina (1). La Soprintendenza dello antichità per il Piemonte, cortesemente informata del
ritrovamento dal signor Piero Pepino, credette opportuno eseguire una breve esplora-
zione in vicinanza di queste tombe ; e ne furono infatti scoperte altre quattro povere, a
pochi metri di distanza dalle prime.
Tutte ad incinerazione.
Intorno a questo gruppo di tombe cessava ogni traccia archeologica. Era verosimil-
mente il sepolcreto di un abitato di pochi agricolae. L'età è data in modo solo approssima-
tivo da un medio bronzo di Augusto (*) e da un altro medio bronzo molto corroso della
famiglia Giulia. Un terzo, pure molto corroso, si direbbe dell'imperatore Vespasiano.
A questa indicazione cronologica non si oppone la rimanente suppellettile funeraria.
Le due tombe scoperte casualmente erano protette da tegulae (3). Stando alle infor-
mazioni ricevute mancavano dell'urna cineraria.
Su una iegula il bollo in lettere rilevate, di cui qui si aggiunge la figura (fig. 1 ) è di una
Fio. l.
officina che diffuse i suoi prodotti anche nel basso Vercellese. La forma delle lettere è
infatti la medesima degli esemplari di Palazzolo Vercellese (*).
Le altre tombe erano semplici pozzetti approssimativamente circolari (diani. ni. 0,50
circa) scavati nella alluvione ghiaiosa che torma il sottosuolo della valle padana. In questi
erano stati gettati alla rinfusa gli oggetti della scarsa suppellettile, i carboni del rogo, le
ossa combuste.
(x) Proprietà Pagliero Irene. A circa m. 50 a sud della roggia (l'in inazione.
(l) Cohen, Médailles imperiale*, 2* ed., n. 228.
(•) Come fossero disposte le tegulae non fu possibile sapere : sembra ohe una di queste due tombe
avesse dimensioni tali da poter contenere un cadavere inumato, benché vi sia accertato il rito dell'in
cinerazione, caso raro, ma non unico.
(*) C. I. L. V, p. 977 {tegulae regionis vercellensis, n. 393); Bruzza, Inerii, antiche Vercellesi,
p. 204 ; Atti d. soc. piem. di archeol. UT, pag. 265. L'esemplare di Creseentino differisce dal nostro per
la figura incompleta forse di ara (vedine la figura in Bruzza ed in Atti d. soc. piem. cit.).
Alcuni esemplari di tegulae con questo bollo, provenienti da Palazzolo Vercellese, conservatisi
nel R. Museo di antichità di Torino, ma presentano ancora un'altra varietà per aver la figurazione di un
delfino ed un R in luogo del bue e dell'ara (?) dell'esemplare di Creseentino.
REGIONE XI. — 101 — CALUSO, VIÙ
In tutte le tombe i soliti unguentari vitrei semifusi dal rogo ; numerosi i cocci ed i
vasi fittili rotti ritualmente. Anche due pezzi di uno specchietto di bronzo argentato
erano stati gettati in differenti punti della medesima tomba. Piccoli frammenti di vasi
diterra sigillata italica mostravano all'evidenza di aver subito una forte azione del fuoco.
In tutte le tombe numerosi i chiodi di ferro contro il fascino. Due oggettini di vetro
hanno anch'essi forma di chiodi. Interi sono alcuni coltelli di ferro ed un altro specchietto
circolare. Intere o spezzate ritualmente coppe di terra cinerina a pareti sottilissime
ornate, frequenti nei sepolcreti piemontesi dell'alto impero, limette fìttili di rozzo impasto
con i diffusi rozzi ornati a stecca, una lucerna fittile col noto bollo in lettere rilevate
COMVNIS (l).
VI. CALUSO — Tomba di età romana.
In regione Macellio, in casuali lavori agricoli fu messa in luce e subito parzialmente
manomessa una tomba laterizia (tegulae disposte sul fondo, per pareti e per copertura
piana). Stando alle informazioni ricevute, pare non fosse di tali dimensioni da contenere
un cadavere inumato. Forse le ossa combuste, disperse nella tomba, vennero inavverti-
tamente gettate via.
11 proprietario del terreno, signor P. L. Gabrieli, appena avvertito, provvide a mettere
in salvo parte almeno del corredo funebre. Di vetro : una bottiglietta a ventre a sezione
rettangolare e munita di due eleganti anse, ed un bicchiere cilindrico. Di fittili: una pic-
cola coppa di terra giallognola (esternamente graffito VIVII), tre rozze ciotole, due botti-
glie ansate ed una piccola lucernetta di lavorazione poco accurata e senza bollo, di forma
Bressel, C. I. L., XV, tav. Ili, n. 5.
Mancando le monete, nessun dato certo per stabilire il tempo, che tale forma di lu-
cernetta, se è frequente nel I secolo dopo Cristo, ebbe, a quanto sembra, rozze imitazioni
posteriori.
Già altri ritrovamenti di età romana avvennero nel territorio di Caluso (2).
VII. VIÙ (valli di Laazo Torinese) — Manufatti litici preistorici.
Discoprendo i ruderi del castello medioevale di Viù, eretto sopra un'altura dominante
la borgata Versino, il cav. Carlo Fino raccolse recentemente, disperse entro un antico rin-
terro, due accette levigate di quarzite ed una lama di selce.
Per vecchie rotture, di una accetta di non comuni dimensioni (intera doveva misu-
rare almeno 20 cm. di lunghezza) non resta che un frammento del taglio levigatissimo ;
(*) Lucerna di forma variante della Dressel (C. 1. L., XV, tav. Ili), n. 5.
(*) limivi, Memorie storiche di Cnluso, dispensa la e 2". Notizie degli scavi d'antichità, 1899,
pag. 369. Fu scoperta a Caluso l'iscrizione C. I. L., V, 6902. Presso Caluso nel territorio del limitrofo
comune di Candì» fu scoperta la lapide n. 6903. Nel vicino comune di Rodallo, furono recentemente
^coperte le tombe di età romana di cui è dato cenno nella precedente relazione.
VIÙ — 102 — kEOlONE X.
dell'altra inanca totalmente il taglio. Quest'ultima, di sezione ovale, levigata solo verso
il taglio, sembra della diffusa foggia linguiforme.
Piuttosto rari in queste parti del Piemonte sono gli utensili di selce finora noti :
generalmente la selce si ritiene importata. La nostra lama è molto simile per il profilo
ricurvo, per la lunghezza (citi. 10), per la superficie di stacco piana, per il minuto ritocco
dei margini (in uno di esso visibili piccoli regolari denti) ad una lama della palafitta di
Mercurago e ad altra uscita dalla torbiera di 'frana, ove molto verosimilmente esisteva
un'altra palafitta, ha lama di Viti rientra con (meste nella categoria che il Colini in una
magistrale memoria denominò coltelli-sega, perchè presentanti i caratteri degli strumenti
da taglio in genere, che occasionalmente servivano a segare (x). L'esemplare di Viù diffe-
risce da quelli di Mercurago e Trana perchè di maggior spessore e di sezione triangolare,
non essendo stata spianata la costa mediana. Per vecchia rottura non si sa se l'estremità
superiore terminasse in punta. Anche l'opposta estremità è da antico lievemente
smussata.
La valle alpina di Viù, ristretta e segregata come quella che non conduce ad alcun
valico di qualche importanza, difficilmente potè avere una popolazione stabile nelle
età. in cui erano in uso tali strumenti di pietra. Questo ritrovamento farebbe pensare a
gente venuta dal piano temporaneamente, se non addirittura a cacciatori di passaggio,
in una fase di civiltà mal determinabile in cui la tecnica della lavorazione della pietra dava
prodotti perfezionati, fors'anche quando nei laghetti subalpini sorgevano le palafitte.
Questi tre oggetti sono fino ad ora i soli litici preistorici scoperti tra la vai di Susa e
vai d'Aosta, antiche vie di comunicazione col versante nord delle Alpi (' . In tutta la
regione compresa fra queste due vallate era stato fino ad ora raccolto un solo oggetto prei-
storico, il pugnale di bronzo che al Gastaldi fece congetturare del passaggio alpino di
qualche ardito (3), quando questi monti erano ritenuti inaccessibili e considerati come
un pauroso mistero.
(1) Gastaldi, Muovi cenni, tav. I, 10 (Mercurago); Barocelli, Manufatti della torbiera di Tnuw in
Atti d. società piemontese di archeologia, IX, p. 108 e tav. XXXVI, 5.
(*) Perla Val d'Aosta vedi Pigorini, Ornamenti di conchiglie rinvenuti in antiche tombe di vali' Aosta
in Bull, dipaletnol. ital, XIV; Notizie di scavi d'antichità, 1918, p. 253; Sepolcreto neolitico diVilleneuve.
in Bollettino della Società piemontese di archeologia, a. 1018, p. 70 Armillc di bronzo in Notizie d. Scavi
d'ant., 1801, p. 75 e seg. (ritrovamenti preromani del Gran San Bernardo). Se per la vai di Susa il pas-
saggio oltralpe nella età preromana non è ancora con sicurezza attestato (vedi Taramelli, Il riparo sotto
roccia di Vayes, in Bull, dipaletnol. Ital., XXIX), la via della vai di Susa, rome quella d'Aosta, sembra
messa da Polibio (presso Strabone IV) fra le più antiche che oltrepassavano le Alpi.
(*)' Gastaldi, Frammenti di paletnol. in Meni. d. R. Accad. d. Lincei, ci. scienze fisiche, 1876, 76,
pag. 516, tav. XI, 3).
REGIONE VII. 103 SCANDICCI
Vili. MONCALIERI — Tomba d'età romana.
Laterizia. Ad inumazione. Scoperta facendosi scavi a cura del Genio militare per
la fabbrica di carborundum (sinistra del Po, ad ovest della strada di Carenano, sul ter-
razzo fluviale verso la cascina Coiombetta). Manomessa, non ostante le precise dispo-
sizioni dell'ufficiale dirigente i lavori. Si raccolsero per il R. Museo di antichità di Torino
un [rammento di « tegula » con incisione anch'essa parzialmente mancante fatta a
stecca su pasta molle :
fi
ìIC U II
;
ed altri pezzi di « imbrex », dove in uguale modo è iscritto : UH
Vicino alla tomba qua e là a poca profondità straterelli di carboni con piccoli fram-
menti fìttili ed ossa di animali.
Pietro Bahocelli.
Regione VII [ET R URIA).
IX. S0ANDI00I (comime di Casellina e Torri presso Firenze) —
Scoperta di un antico istrumento chirurgico.
Il Museo Archeologico di Firenze ha testé acquistato per poche diecine di lire lo
strano oggetto di cui presento la figura un poco minore del vero (fìg. 1) e brevemente
descrivo (1).
Premetto che quando mi fu mostrato dall'operaio Brunetto Taddei, che l'avrebbe
rinvenuto a circa 7 metri di profondità, scavando un pozzo nelle vicinanze di Scandicci
(podere S. Bartolo al Cintoia), mi parve di riconoscervi un antico istrumento chirurgico ;
ed ora mantengo tale designazione ; ma non escludo che ad altro potesse servire. Comun-
que, appunto perchè si tratta di un oggetto strano e di tipo affatto nuovo, merita di farlo
conoscere agli archeologi.
È di bronzo di buona lega, coperto da una patina verde-turchina, e con incrostazioni
calcaree e terrose dovute alla millenaria permanenza in un terreno umido. Consta di tre
distinte parti, saldate permanentemente fra di loro: un robusto specillo, conico acu-
minato ne costituisce circa la metà ; e l'altra metà è rappresentata da una pinza semplice,
(*) L'oggetto, lungo m. 0,25, non è rotto alle estremità, e quindi corrisponde quati alla sua di-
mensione originaria. Il dischetto concavo convesso inserito di fianco ha il diametro di mm. 22 allo
stato attuale, un po' corroso all'orlo.
SCANDICCI
104 —
REGIONE VII.
a lunghe branche ancora elastiche. Il punto di unione fra i
due suddetti elementi è mascherato da una solida e graziosa
ghiera sagomata. A metà^dello specillo, e perciò ad un
quarto della totale lunghezza dell' istrumento, è inserito di
traverso, e per mezzo di un'altra piccola ghiera quadrango-
lare all'esterno, uno scodellino discoide, concavo-convesso,
con appendice che, attraversando la ghiera d'innesto e la
grossezza dello specillo, si vede ribadita sul lato opposto
(v. fig.). Queste in breve sono le caratteristiche dell'oggetto,
che è venuto ad aumentare il cospicuo gruppo di istru-
menti chirurgici esistente nel nostro Museo. Però ne con
questi, né con altri istrumenti, noti dalle pubblicazioni, il
singolare oggetto di Scandicci presenta riscontri precisi, e
neppure generiche analogie nel suo complesso. Già la lettera-
tura al giorno nostro su simili istrumenti non è ricca, e an-
che le copiose descrizioni nei testi classici spesso riescono
oscure e difficili perchè non accompagnate da figure esplica-
tive (>). Unjbuon articolo sull'argomento, con un excursus
sulle fonti per la storia della chirurgia presso i Greci e i Ro-
mani, è quello del dott. René Briau, inserito nel Dictio-nnaire
des Antiquités grecques et romaines di Daremberg-Saglio, 1-2,
pag. 1106 sgg. ; ma anche fra gli strumenti sanitari - in
prevalenza di Pompei e di Ercolano - riprodotti nel suo ac-
curato studio, il nostro non trova riscontri efficaci, e rappre-
senta sempre una novità tipologica soprattutto per le parti
che lo compongono ; le quali però, singolarmente considerate,
vengono chiarite a sufficienza da oggetti similari, sia per
la loro struttura che per l'uso originario.
È indiscutibile che i tre elementi dell'ordigno trovato
a Scandicci corrispondevano a tre diversi usi e necessità te-
rapeutiche. L'impiego del!o specillo e della pinza in casi di
ferite, suppurazioni e simili, era di carattere così ovvio
anche presso gli antichi che non mette conto di insistervi
Ma il problema si complica quando consideriamo lo scodel-
lino poco profondo inserito di traverso sullo specillo. Era
esso un minuscolo speculimi o un recipiente per contenere
un caustico ? La prima ipotesi ci porterebbe a conseguenze
/•
(l) Uno studio scientifico su questo importantissimo materiale
aveva in mente di fare il dottissimo sacerdote di Esculapio professor
Andrea Corsini, vice Direttore dell'Ufficio d'Igiene di Firenze, e spero
che non avrà abbandonata tale nobile idea. A lui ora dedico Ja
presente nota.
/
REGIONE VII. 105 SCAND1CCI
notevolissime circa l'arte di operare nelle cavità del corpo umano con l'aiuto della luce
riflessa ; ma la escludo a priori, nonostante la forma di specchio dello scodellino, per que-
sta considerazione capitale : esso non è mobile come richiederebbe lo spostamento con-
tinuo-del raggio riflesso per illuminare via via la superficie ammalata durantd l'opera-
zione, bensì fisso e ribadito. Dunque dobbiamo pensare piuttosto ad un uso meno sor-
prendente nei riguardi dell'antichità a cui l'oggetto risale; detto scodellino avrà servito
per cauterizzare, cioè avrà contenuto un medicamento caustico da spargere sulla ferita,
nella quale prima erano stati adoperati lo specillo aguzzo e la pinza. E pertanto esso può
trovare analogia funzionale con quella specie di paletta, proveniente da Pompei, ed edita
dal Briau a pag. 1108, fig. 1370 del suo citato studio.
Dobbiamo pertanto riconoscere nel nostro oggetto un istrumento a più usi, forse
una invenzione sporadica della tecnica industriale antica.
E che sia un manufatto dell'età classica e non del periodo medievale, non può cader
dubbio. L'oggetto in sé contiene il suo attestato d'origine ; e questo consiste nella ma-
teria, nella forma degli elementi che lo compongono, nella caratteristica sagoma della
ghiera centrale, che lo fanno risalire al periodo romano, e quindi lo associano stilisti-
camente agli altri ordigni del genere pervenuti sino a noi.
L'operaio Taddei, che portò l'oggetto al Museo, assicurò che null'altro era stato
rinvenuto nel profondo scavo da lui fatto nel proprio podere fino alla falda acquea del
sottosuolo, ad eccezione di una piccola moneta di bronzo (romana ?) molto ossidata, che
andò in briciole durante la pulitura. Ciò nonostante, la nostra Soprintendenza non man-
cherà di tener d'occhio il posto di tale importante travamento erratico.
Edoardo Galli.
Si tratta indiscutibilmente di un raro istrumento composto, presumibilmente del
11° o del 111° secolo dopo 0. di cui le due parti facilmente riconoscibili, la pinza e lo spe-
cillo, si trovano associati in altri esempi esistenti nel Museo Welcome di Londra e forse
anche in una piccola raccolta in possesso del sig. Evans Gorga.
Pesta ad interpretare lo scodellino inserito lungo l'asse dello specillo. Per quanto
la prima spiegazione potrebbe essere l'unione ai due notati strumenti (pinza e specillo)
di un terzo assai comune nella chirurgia romana, cioè del cucchiaino da polveri, e quelli
di forma rotonda e del diametro del presente sono comuni, non è da escludere che esso
potrebbe avere anche un'altra interpretazione, per cui sarebbe necessario lo studio più
accurato dello strumento stesso.
Infatti in alcuni istrumenti romani esistono tracce di anelli a pezzi scorrevoli, e
in questo caso, se fosse dimostrato che la fissità attuale del nodo che si inserisce sullo
specillo fosse dovuta ad ossidazione piuttosto che a costruzione, esso potrebbe rappre-
sentare una impugnatura mobile per lo specillo stesso con punto di fissazione per il pollice
nell'atto dello specillamento e per fissare eventuali profondità di seni o di oggetti infissi
in fondo di una ferita. Potrebbe confortare questa spiegazione il fatto che i cucchiaini
da polveri, intesi alla medicazione di seni fistolosi, appunto per le ristrettezze del percorso
hanno quasi sempre nella chirurgia antica una forma ovale allungata a dimensioni assai
Notizik Scavi 1922 — Voi. XIX. 14
PREGGIO — 106 — REGIONE VII.
piccole, e generalmente sono di osso. Pare poi assolutamente da escludere l'ipotesi che si
tratti di un cauterio il quale, scaldato, avrebbe reso impossibile l'uso di altri strumenti.
Il fatto strano di essere stato trovato isolato, cosa che accade rarissimamente negli stru-
menti chirurgici etruschi e romani, né in connessione con un monumento medico o simile
(sepolcro, stipe votiva, fonte termale ecc.) potrebbe anche far pensare ad un semplice stru-
mento da toletta, cioè un ago crinale unito ad una pinza depilatoria con scodellino per
contenere tinture o altri cosmetici. In questo caso potrebbe essere un necessaire da toletta
composto, in cui per es. fosse contenuto tutto ciò che sarebbe nécessaire per depilare, con-
durre e tingere le sopracciglia, oppure più probabilmente si può trattare di uno strumento
di semplice uso domestico, come se ne trovano molti in epoca un po' posteriore, e cioè
uno strumento composto destinato ad una lucerna. La pinza infatti, assai simile alle mol-
lette in uso nelle comuni lucerne ad olio, per togliere le parti bruciate dello stoppino, lo
specillo, che è appunto leggermente ricurvo in punta ricorda lo strumento destinato a far
uscire lo stoppino stesso, e lo scodellino potrebbe rappresentare lo spegnitoio. A mio
parere questa interpretazione potrebbe essere la più probabile.
R. Alessandri.
X. PREGGIO (comune di Umbertide ili provincia di Perugia) — Rela-
zione sugli scavi eseguiti in Sagraia.
Nell'agosto del decorso anno mentre presenziavo a dei lavori agricoli di sterro nel
predio al vocabolo Sagraia in frazione di Preggio, comune di Umbertide (Perugia) di
proprietà della mia famiglia, vennero in luce dei blocchi di pietra, evidentemente lavorali,
che generarono in me il sospetto che si potesse essere in presenza dei resti di una qualche
antica costruzione.
Feci proseguire a maggiore profondità il lavoro in quel luogo con il felice risultato
di venire alla scoperta di parte di una costruzione da attribuirsi con molta probabi-
lità agli Etruschi.
Allora sospesi immediatamente i lavori, ne informai la R. Soprintendenza agli
scavi di Etruria. Nei primi giorni di ottobre del passato anno lo stesso prof. Peraier
Soprintendente agli scavi dell'Etruria, venne a compiere un sopraluogo ; e, riconosciuta
l'importanza e l'interesse archeologico della scoperta, disponeva perchè gli scavi fossero
continuati per conto del Sottosegretariato per le Antichità e le Belle Arti, affidandone la
sorveglianza all'assistente Montagnoli Severino, perchè venissero completamente messi
in luce i resti dell'antico monumento.
Dopo circa dieci giorni di lavoro di scavo e sgombero, fu completamente liberata
dall' interramento una costruzione a pianta rettangolare delle dimensioni interne
di m. 5,85x3,22 (fìg. 1); le pareti sono costituite da tre filari di blocchi di pietra
REGIONE VII.
— 107 —
PHEGGIO
serena, estratta certamente nelle vicinanze, perfettamente squadrati e connessi senza
cemento (fig. 2).
Le pareti, coronate da una cornice molto semplice e sporgente per circa m. 0,48, sono
alte, questa compresa, m. 1 ,83. Immediatamente sopra di essa, a filo con le pareti longitu-
ninali, era impostata una volta a tutto sesto composta da lunghi blocchi di pietra bene
incuneati, come nelle più perfette volte romane ; ciò desumo dalla presenza di un blocco
v jV > ty^&&
Fig. 1.
lungo m. 1,55, l'unico ancora a posto che chiaramente, per la sua curvatura, proporzio-
nata al diametro della volta, indica la pienezza dell'arco (fig. 3) ; cosicché l'altezza
massima dell'ambiente sull'asse longitudinale doveva toccare i m. 3,45.
L'accesso all'interno della costruzione è costituito da un corridoio largo m. 1,05 e
lungo ni. 3,75, che precede la porta larga ni. 0,83 ; fra il piano della soglia di questa e
quello del corridoio, esiste una bassa ed ampia antisoglia della profondità di m. 0,62 (fig. 4).
La maggior parte dei caratteri della costruzione la fanno attribuire agli Etruschi ;
d'altra parte nella relativa piccolezza del monumento si scorge una potenza di costru-
zione che fa subito pensare ai monumenti romani. Pur troppo nulla si rinvenne nell'in-
terno che potesse aiutare a precisare l'epoca e l'uso della costruzione ; ma certo si tratta
di un ipogeo monumentale; solo furono trovati pochi frammenti di urne, olle ed orci in
terracotta. In ogni modo che il monumento possa essere attribuito ad età etrusco-romana
può risultare anche dal parallelismo assai vicino con la tomba di Bettona pubblicata anni
or sono dal Cultrera (1).
f1) In No!. Si-avi, 1916, p. 3.
l'KEGGIO
— 108 —
REGIONE VII.
Secondo l'uso etrusco, la costruzione era per buona parte sotto terra ma poiché il
sottosuolo non si prestava per la sua costituzione geologica (filoni di roccia a sottili falde
frammentate poste per coltello) all'escavazione di una grotta, i costruttori rivestirono
le pareti della grande fossa praticata sul pendio della collina con poderosi blocchi.
■ìk-
Sulle pareti longitudinali appoggiarono la volta a botte e poscia coprirono la costru-
zione col tumulo tradizionale.
TI forte aggetto della cornice che ricorre con certezza su almeno tre pareti, è spropor-
zionato allo scopo puramente decorativo e fa supporre che possa principalmente aver
servito alla collocazione di urne cinerarie, lampade etc, in modo da preservare questi
oggetti dall'umidità, non presentando il fondo roccioso alcuna traccia di pavimentazione.
Stupisce il fatto che in tale costruzione, che doveva essere perfetta, fosse lasciata per pa-
vimento la superficie abbastanza ineguale della roccia ; ma probabilmente il fondo doveva
REGIONE VII.
109 —
PKEGGIO
essere almeno ricoperto da uno strato di terra battuta e argilla, scomparso e disciolto nel
processo dei secoli. A meno che il pavimento non sia stato distrutto quando fu violato,
depredato e smantellato il monumento.
Sezione f si - Ovest
Fio. 3.
J'ez/o/tr de/t'crcitfuj/c fumalo
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7
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fetio'ie /o/tòi fuc/i'tij./c Sue/- c/forel
o
Fig. 4.
L'ipotesi della devastazione è avvalorata dal fatto che poche delle pietre costituenti
la volta si trovarono nell'interno dell'ipogeo, oltre che dall'assenza completa di un qual-
siasi oggetto.
Si conserva memoria che circa 40 anni fa, nell'eseguire lavori agricoli, sempre nel ter-
ritorio circostante alla scoperta odierna, si rinvenne un idoletto etrusco, che fu venduto
per scudi 200.
Altri saggi sommari, eseguiti contemporaneamente allo scavo dell'ipogeo, hanno ri-
velato dei punti ove la roccia, costantemente quasi affiorante alla superficie in tutta la
CIVITÈLLA S. PAOLO — 110 — REGIONE VII.
zona adiacente, manca improvvisamente lasciando il posto ad una riempitura di terra
lavorata, mista a frammenti di vasi, orci e tegoloni in terracotta. In altro punto questi
frammenti vennero trovati uniti a uno strato di terra nera serbante ancora evidenti tracce
d'incendio.
Il nome della località (Sagraia), la scoperta dell'ipogeo, i saggi fatti e i frammenti di
antiche terrecotte affioranti alla superficie di tutti i campi vicini, avvalorano il sospetto
che il sottosuolo possa nascondere altri antichi monumenti, forse in migliore stato di
quello testé messo in luce ; sicché sarebbe opportuna un'accurata esplorazione atta a sin-
cerare il vero valore archeologico del terreno in parola.
In vari punti della zona circostante la frazione di Preggio, sono state piti volte rin-
venute tombe semplici a cassoni di terracotta, e al pian di Marte, anni or sono, fu rinve-
nuto una specie di salvadanaio in terracotta, contenente monete ; ivi pure con frequenza
sono stati trovati avanzi di scheletri umani.
La zona a nord del Trasimeno, e precisamente fra Preggio e Passionano del Lago,
è compresa nel campo di battaglia in cui furono sconfitti i Romani dai Cartaginesi.
Tutto ciò non perchè abbia relazione col fatto del rinvenimento dell'antico monu-
mento, ma solamente per dimostrare l'interesse scientifico che questa ignorata regione
può presentare dal punto di vista dell'archeologia e della storia dell'arte, anche per la
grande quantità di memorie e di rovine medioevali.
Amerigo Contini.
XI. CIVITÈLLA S. PAOLO — Relazione di scavi eseguiti in località
Monte S. Martino, nell'estate 1920.
Ts'ell'agosto del 1020 i sigg. avv. Giulio Paradisi e ing. Augusto Santarelli, debi-
tamente autorizzati dal Ministero della P. Istruzione, iniziavano dei saggi di scavo per
ricerca di tombe antiche in un terreno di loro proprietà, in comune di Civitella S. Paolo,
contrada Monte. S. Martino. TI territorio, largamente compreso, nei riguardi archeolo-
gici sotto il nome di Agro Cape nate, e da tempo famoso per l'originalità, l'abbondanza
e la ricchezza delle scoperte, determinate dalla vastità di antiche necropoli e dalla im-
portanza delle suppellettili funebri, e stato raramente finora oggetto di ricerche razio-
nali e di esplorazioni sistematiche. Degli scavi eseguiti nel territorio, poco è stato- finora
pubblicato (').
La facilità con la quale i contadini del luogo si dedicano in determinate stagioni a
scavi abusivi, in località ormai note per l'importanza e la ricchezza delle tombe, fa tanto
maggiormente deplorare la mancanza di scavi governativi su larga scala. (ìli scavi siste-
matici, cui si fa cenno, iniziati il 18 agosto 1920, furono proseguiti sino alla fine di set-
(*) R. Paribeni, Xicropoli dell'Agro capenate, in Monum. Ant, dei Lincei, voi. XVI (190C), p. 277
segg. ; lil., Notizie Se. 1905, p. 301 segg. ; e A. Della Seta. Il Museo di Villa Giulia, I, p. 321 segg.
REGIONE VII. — 111 — CIVITELLA S. PAOLO
tembre dello stesso anno con la mano d'opera fornita dai proprietari sigg. Paradisi
e Santarelli, e con la presenza degli assistenti sigg. Pietro Mottini e Pietro Conti, della
Soprintendenza agli Scavi di Roma, alternatisi nella bisogna, i quali compilarono con
lodevole cura i giornali di scavo.
Il luogo in cui si svolsero le ricerche, è uno di quelli maggiormente presi di mira
dagli scavatori clandestini, cioè il colle stesso di S. Martino a nord del Castellacelo,
località questa nella quale si vorrebbe identificare l'ubicazione del!"<*ntica città scomparsa
di Capena. Sul versante nord del detto colle, a circa trecento metri dal Fosso dell'Olio,
furono iniziate le ricerche, e queste condotte successivamente sino a raggiungere la
cresta del colle. Negativo fu l'esito delle prime ricerche, le quali permisero soltanto
di constatare la presenza di tombe a camera, esplorate di recente e franate. Raggiunto
il ciglio del colle sul versante che guarda il Fosso Gramiccia e alla distanza di circa
duecento metri da questo, fu potuta esplorare con qualche frutto la prima tomba a ca-
mera.
Tomba I (a camera). Rinvenuta a m. 1.30 di profondità dal piano di campagna,
con ingresso a nord e corridoio della larghezza di m. 0.80. La tomba scavata nel tufo,
presentava la volta e le pareti con loculi, franati in maniera, che non fu possibile di
prendere alcuna misura. Soltanto si potè identificare la forma generale della tomba, che
si potrebbe dire a croce greca, con tre bracci formati da altrettante camere, e il quarto
dal corridoio d'ingresso. Sotto i rottami di tufo si rinvennero, quali avanzi della sup-
pellettile funebre, gli oggetti che appresso si descrivono.
Terracotta.
N. 12 balsamari di terracotta grezza rossastra, a pancia sferoidale e fondo piatto.
Altezza massima, m. 0.14 ; minima, 0.065.
N. 28 balsamari del tipo più comune, interi e frammentari. Alt. mass. 0.16.
N. 13 fiaschette di terracotta grezza, intere e frammentarie, a pancia schiacciata,
e collo più o meno sviluppato, talora aperto ad imbuto, con alta ansa a nastro. Alt.
mass. 0.19.
N. 2 anfore vinarie a corpo cilindrico, terminante in punta ; una delle anfore, alta
ni. 1.10, con le lettere A I stampate alla base di una delle anse ; l'altra, alta in. 1,15,
senza impressione.
N. 2 lucernette monolycni a vernice rossa corallina, portanti in rilievo alla su-
perficie superiore e intorno al corpo, una delle lucernette dei listelli alternati a file di
bottoni, l'altra delle sole file di bottoncini disposte a raggiera. Ai lati delle anse, apo-
fisi od orecchiette di forma rotondeggiante.
Ciotolina di terracotta rosso pallida, a pareti sottilissime, in frammenti.
Oro.
Pochi filamenti sottolissimi di oro, appartenuti ad oggetti di ornamento personale,
forse una reticella per capelli. - -
«VITELLA S. l'AOLO — 112 — REGIONE VII.
Bronzo.
Due piccole maniglie a corpo sottile fortemente arcuato, ingrossato al cen-
tro, ad estremità ritolte in alto e tornite. Ai gomiti due piccole borchie con chiodetti,
per fissare la maniglia alle pareti di un cofanetto probabilmente di legno.
Piastrina di lamina, di forma quadrangolare (alta m. 0.04, larga 0,03), con fori
centrali sovrapposti di cui uno tondo e due oblunghi. Quattro bollettine agli angoli,
per fissare questa che non è altro che una toppa di serratura, alla cassettina anzidetta.
Fialetta di lamina di bronzo, liscia : diam. 0,12.
Altra simile, in frammenti.
Specchio di bronzo liscio quadrangolare, in frammenti con tracce di brunitura.
Asticella di bronzo, lunga min. 75, con borehietta tonda, mobile, ad una estremità.
Anellino con castone mobile di bronzo: diam. nini. M.
Ferro.
Parte superiore (collo ed ansa compresi) di un'anforetta di ferro, a spesse pareti
molto ribollite.
Grosso anello a sezione quadrangolare, con parte del giro largamente spianata:
diam. m. 0,13.
Strigili frammentari, in numero di tre o quattro, già infilati per il manico all'a-
nello anzidetto.
Frammenti di asticelle cilindriche, irricomponibili.
Alabastro.
Anforetta a collo cilindrico e corpo ovoidale, terminante, in punta; priva di
una delle anse. alt. m. 0,14.
Osso.
Tubo frammentario, che già faceva parte di una tibia musicale, con due fori circo-
lari passanti. Alt. m. 0,06.
Ago crinale, spuntato, sormontato da un dischetto di nini. 21 di diametro e ter-
minante alla sommità in un pomello a ghianda, tornito.
Tomba II (a camera), rinvenuta a circa quaranta metri a sud della prima e
alla profondità di m. 1,60 dal piano di campagna ; con tramite scavato nel tufo, largo
ni. 1, ed ingresso sul lato orientale, privo di chiudenda per precedenti manomissioni.
La tomba franata e ripiena di terra, consiste di una camera quadrata, di ni. 2 di lato,
con soffitto piano, alto da terra m. 1,90. Dentro la tomba erano incavati sei loculi, in-
teramente franati, due su ciascuna parete, esclusa la parete di ingresso. La loro gran-
dezza si potè tuttavia misurare in m. 1,70 di lunghezza, m. 0,50 di altezza e m. 0,60 di
profondità. I loculi del piano più basso erano alti da terra m. 0,25.
Tra le macerie si rinvennero gli oggetti appresso descritti.
RliGlONE VH. — 113 — CIVITELLA S. PAOLO
Terracotta.
X. 19 balsamari fusiformi, di terracotta grezza. Alt. mass. m. 0,19.
N. 6 fiaschette a pancia schiacciata, del tipo di quelle sopra descritte. Alt. mass. 0,15.
N. 7 anfore vinarie, di cui una in frammenti, recante impresso sul collo, a lettere
molto irregolari, il bollo
L.CIMON
Alt. mass. ni. 1 ; minima, 0,62.
N. 7 craterischi a vernice nera lucente, di forma goffa, con anse orizzontali od obli-
que. Alt. mass. ni. 0,13 ; minima 0,07.
N. 4 orciuoletti od attingitoi, a vernice nera lucente, con ansa ad anello. Alt. 0,06.
N. 5 ciotolette a vernice nera lucente. Diam. mass. 0,13 ; alt. 0,05.
Piccola phiàle a vernice nera, in frammenti.
N. 5 lucernette monolycni a vernice nera, prive di decorazione.
Bicchiere a pareti sottili di colore brunastro, a pancia rigonfia e fondo piano.
Alt. 0,115.
Peso da telaio in forma di piramide tronca, con semplice solco diritto sulla faccia
superiore. Alt. 0,08.
Bronzo.
N. 2 piccole anse a corpo arcuato, a sezione quadrangolare, con ingrossamento
a metà ed estremità ritorte, assottigliate e tornite. Da ciascun gomito pende una
borchietta tonda, mobile, con chiodetti per inserire alle pareti della cassettina. Alt.
m. 0,045 ; largh. 0,05.
Specchio in forma di disco circolare ; diam. m. 0,095.
Altro specchio simile, il quale conserva sulla faccia superiore leggermente convessa,
la brunitura originaria, in modo da riflettere tuttora l'immagine. Diam. m. 0,135 ; spes-
sore inni. 3.
Frammenti vari di specchi simili, con la brunitura originale ben conservata.
Carafa di lamina, a pancia alquanto schiacciata ed orlo svasato, con due anse ver-
ticali ricurve, di cui una sola conservata, di forma semplice ed elegante. Alt. m. 0,135 ;
diam. dell'orlo 0,11.
Piattello di lamina, ad orlo largo e piatto. Diam. m. 0,095.
Phiàle di lamina di rame, con tre cerchi concentrici a rilievo nel fondo interno. Diam.
ni. 0,18.
Ferro.
Strigili in frammenti.
Verghetta tonda in frammenti (forse di giavellotti?).
Varie.
Pezzi di ago crinale di*osso, terminante a' sommo in un bottone a forma di ghianda.
Piccola valva di conchiglia, già impiegata forse come recipiente per cosmetico.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 15
CIVITELIA S. PAOLO — 114 — REGIONE VII.
Tomba III (a camera), a m. 3,50 a nord-ovest della tomba precedente e a m. 1,50
sotto il piano di campagna. La tomba, dalla volta completamente franata, era di forma
trapezoidale, con apertura d'ingresso a sud, larga m. 0,80, con parte della chiudenda
in pietra calcare, tuttora a posto. La camera misurava m. 2,60 di lunghezza, su m. 1,30
di larghezza alla parete d'ingresso e m. 2.20 alla parete di fondo. A m. 0,80 dal piano
della camera, quattro loculi, in parte franati, incavati sulle pareti, e cioè due ai lati
della parete d'ingresso, e due più irregolari, agli angoli tra la parete di fondo e le
pareti laterali. Dimensioni medie dei loculi : altezza m. 0,80, lunghezza m. 1,8), profon-
dità m. 0,70. Segue la descrizione degli oggetti rinvenuti nella tomba.
Il loculo di destra si rinvenne spoglio di oggetti. Nel loculo di sinistra si rin-
venne :
a) un piccolo óskos a vernice nera, alto m. 0,08, mancante del beccuccio e del-
l'ansa ;
b) un orciuoletto panciuto, a spesse pareti colorite in nero opaco, senza anse, alto
m. 0,09 (diam. 0,085) ;
e) una lékythos ariballica, a pancia verticalmente striata, verniciata di nero,
alta m. 0,12 ;
d) una fiaschetta di terracotta grezza, a collo tronco-con'eo, monoansata ;
e) una spada di ferro in frammenti, con impugnatura di ferro rigonfia a mezzo
e terminante alla sommità in un largo pomo piatto, rotondo.
Il loculo della parete di destra conteneva :
a) n. 5 ciotolette di terracotta grezza, del diametro massimo di m. 0,005 ;
b) un craterisco a campana profondo, su basso piede, con anse verticali a nastro.
Vernice nerolucente, con decorazione sovrapposta in color rosso pallido, consistente
in motivi geometrici semplicissimi e palmette scheletriche. Alt. m. 0,115 ; diam. 0,105.
Entro il loculo della parete di fronte all'ingresso :
a) ciotoletta ad orlo rientrante, verniciata di nero ; diam. m. 0,06 ;
b) sktfphos con anse orizzontali e ciambella, verniciato e decorato sullo stile
del craterisco. Alt. e diam. m. 0,095;
e) corta spada, o spada-pugnale di ferro, in frammenti.
Tomba IV (a fossa). A m. 30 circa dalla tomba precedente e alla profondità di
m. 0.80 dal piano di campagna, si rinvenne una tomba a fossa, praticata da est a ovest,
già manomessa e semidistrutta, di m. 2,60 X 0,80 approssimativamente. La tomba
era bisoma, essendovisi rinvenuti i resti confusi di due cadaveri parallelamente di-
sposti, divisi da una specie di cordone incavato nel tufo. A ponente i resti di un loculo
franato, di forme rotondeggianti, del diam. di m. 1. Pochi avanzi della suppellettile
si rinvennero mescolati alle ossa, e cioè :
a) frammenti di vasi di terracotta a ingubbiatura nerastra e motivi geometrici
(cerchi intersecantisi) graffiti ; tra i quali si riconoscono i pezzi di una phiàle ;
b) phiàle di terracotta a spesse pareti e a ingubbiatura nerastra, con grosse bac-
cellature ed orlo svasato. Diam. m. 0,22. alt. ni. 0,07.
REGIONE VII. — 115 — C1VITELLA S. PAOLO
Tomba V (a camera), a circa 20 metri a nord della tomba precedente, e a m. 3,50
dal piano di campagna. La tomba, ben conservata, era composta di tre celle distinte
disposte in croce, una centrale e due laterali. 11 vano d'ingresso ad est, largo m. 0,65
e franato in parte, si trovò ostruito da un lastrone di pietra calcare, rotto in tre pezzi.
Xeir interno della tomba, con soffitto pianeggiante, alto da terra m. 1,90, erano
ricavati in tutto nove loculi, tre per ogni camera, e cioè uno su ciascuna parete.
Dimensioni delle celle: cella laterale destra, m. 2.30 Xl,30; cella laterale sinistra,
m. 2,20 X 1,30; cella centrale, m. 3,20 X 1,30. Dimensioni dei loculi: m. 1,80 o 1,70
di larghezza X 0,70 di altezza e 0,68 di profondità.
La tomba era stata già manomessa. Nella cella di sinistra dell'ingresso, entro ap-
posito incavo rettangolare, di m. 0,15 X 0,20, si rinvenne una lucernetta di terracotta.
Altri pochi oggetti si rinvennero, parte ancora nei loculi, parte sparsi sul terreno.
Terracotta.
IV. 18 balsamari fusiformi di terracotta grezza. Alt. mass. m. 0,27.
Fiaschetta di terracotta grezza, a pancia schiacciata ; alta m. 0,17.
Bicchiere a pareti sottili, pancia rigonfia e fondo piano ; alt. m. 0,09 diam. dell'orlo,
m. 0,07.
Tazzina rosso bruna, a pareti sottili, con eleganti anse ritorte imitanti il metallo.
Spesse striature verticali sulla pancia, tra le anse. Alt. m. 0,05 ; diam. 0,098.
Bassa ciotoletta a spesse pareti. Alt. m. 0,03 : diam. dell'orlo, 0,08.
l.uccrnetta a vernice corallina, con anse ad anello, orecchiette laterali e ornamenti
in rilievo sulla faccia superiore, figuranti due cornucopie, con frutta. Diam. m. 0,10.
Altra simile, con semplici bottoncini in rilievo ed unica apofisi laterale. Diam.
m. 0,69.
K. 3 anfore vinarie a corpo cilindrico e piede appuntito, la maggiore delle quali
alta m. 1,10.
Bromo.
Carafa di lamina (fig. 1; a pancia schiacciata in l'orma di bulla, ed orlo largamente
svasato ; con anse laterali dall'orlo alla pancia, ritorte in forma di S, ciascuna termi-
nante in basso in una piastrina cuoriforme di bronzo. Alt. m. 0.175; diametro del-
l'orlo 0,115.
Carafa simile (fig. 2), a pancia maggiormente rigonfia e collo leggermente svasato.
Delle anse una sola si conserva, nella quale, al di sotto della piastrina cuoriforme, si
trova una lunga appendice sottile con volute laterali e sbarra trasversale, in croce
(l'altra ansa è di restauro). Alt. m. 0,20 ; diam. 0,087.
(x) Questo e gli altri disegni che accompagnano la presente Relazione si debbono alla
mano del sig. Azeglio Berretti, noto e valente disegnatore della R. Sopraintendenza degli
Scavi in Roma.
«VITELLA S. PAOLO
— 116 —
REGIONE VII.
Piastrina quadrangolare di lamina sottile, a punta divaricata (fìg. 3), impiegata
come toppa di serratura per cassettina di legno ; nini. 65 X 60. La toppa presenta un'aper-
tura superiore circolare, una fessura mediana verticale, e un'altra inferiore orizzontale.
Lungo la fessura mediana scorre un nottolino in corrispondenza dalla parte interna, con
una specie di indice, di forma romboidale.
Fio. 1.
Fio. 2.
Fio. 3.
Ferro.
Anello piatto di ferro, con tre strigili appesi, della stessa materia.
Anello simile, di filo tondo, con due strigili.
Inoltre, due pezzi informi di pietra pomice.
Tomba VI (a camera). Rinvenuta presso la tomba precedente, ad est, con il
piano a circa m. 4 di profondità e volta intieramente franata. La tomba era di forma
leggermente trapezoidale, misurando m. 3,10 sulla parete a mezzogiorno, dove si apriva
KEUIONE VII. — 117 — CIVITELLA S. PAOLO
la porta d'ingresso, e sulla parete di fondo ; m. 2,20 sulla parete destra e m. 2,50 sulla
sinistra. Due loculi, uno sopra l'altro, sulla parete di fondo, lunghi m. 2,20, e inoltre ,
uno a sinistra e uno a destra, lunghi ni. 2. Tutti i loculi in orgine erano chiusi da tego-
loni, di cui si rinvennero frammenti. La porta d'ingresso, larga m. 0,90, aveva una chiu-
denda formata da due blocchi squadrati di tufo.
Nello sgombero delle macerie della volta si rinvennero i seguenti oggetti :
Piccolo àskos di terracotta, a vernice nera, di forma cilintrica, in frammenti.
Pendaglietto di bronzo di forma rotondeggiante oblungc, internamente vuoto.
Pendaglietto simile, a bulla.
Anellino di filo sottile di bronzo (diam. mm. 26).
Pendaglio di piombo in fo ma di piccola accetta votiva.
Altro pendaglio frammentato piriforme, di piombo.
Due fuseruole coniche di terracotta, striate (alt. mm. 25 e 20).
N. 4 piccoli acini di collana, di pasta vitrea, biancastra, con occhi turch'ni :
grandezza varia.
Nel loculo 'nferio e della parete di fondo si rinvenne quanto segue :
Terracotta.
Attingitoio d'impasto scuro, a spesse pareti, collo breve, alta ansa verticale a
bastoncello (alt. m. 0,13).
Altro simile, a collo più alto imbutiforme ed ansa verticale a nastro. Alt. m. 0,10 ;
diam. dell'orlo mm. 55.
Altri due simili, con ansa a bastoncello, di cui una rinforzata da sbarra trasversale.
Alt. m. 0,08 ; diam. mm. 45.
Bombylios d'imitazione corinzia, in argilla chiara, con fasce orizzontali e gocce in
color bruno, intorno al collo. Alt. m. 0,08.
Vasetto d'argilla chiara, con decorazioni semplici in color bruno, pancia a bulla su
piede tronco-conico, collo svasato e largo orlo piatto. Alt. m. 0,085 ; diam. del labbro,
0,065.
Vasetto simile di argilla, senza vernice. Alt. m. 0,055.
Tazzina d'impasto scuro su largo piede. Alt. e. s.
Balsamario fusiforme del tipo tardo comune. Alt. m. 0.125.
N. 2 fuseruole d'impasto scuro, lisce (alt. mm. 25 e 20).
Bronzo.
Armilla di filo tondo sottile. Diam. m. 0,055.
Fibuletta ad arco leggermente rigonfio e lunga staffa D'ani, del'arco mm. 25.
Tre pendaglietti frammentari, vuoti internamente, di cui due piriformi, lunghi
mm. 45, ed uno tondo, a bulla. Diam. mm. 23.
Vetro.
Due globetti di pasta vitrea giallognola, cosparsi di occhi azzurri, cerchiati d
azzurro.
CIVITELLA S. PAOLO — 118 — REGIONE VII.
In un angolo a destra della porta d'ingresso, si rinvennero accatastati alla rinfusa
i seguenti oggetti :
N. 6 punte di lancia di ferro, a lama bitagliente, a foglia di olivo, con codolo a can-
nula, portante tuttora i resti dell'asta di legno (alt. mass. m. 0,33 ; minima 0,09).
Spada di ferro intenzionalmente ripiegata in forma di U, e mancante dell'impugna-
tura e della punta (lunghezza attuale, m. 0,62).
Lama di pugnale frammentaria.
N. 6 palle di ferro piene e pesanti, (diam. mm. 50) ; ciascuna con appendice spez-
zata, che doveva prolungarsi in forma di verga (teste di mazze ?).
Mescolati a codesti oggetti metallici numerosi frammenti di vasi d'impasto scuro,
taluni dei quali con graffiti semplici, a motivi geometrici.
Tomba VII (a fossa). Ad oltre una ventina di metri a ovest della tomba pre-
cedente si rinvenne, quasi a fior di terra, a causa dello scoscendimento del terreno, una
tomba a fossa, con loculo. La tomba, orientata da est a ovest, misurava m. 2,75 di lun-
ghezza, e m. 1,10 di larghezza, per un metro di profondità. Sulla parete nord era rica-
vato un ampio 'oculo di forma semicircolare irregolare (dimensioni m. 1,40 X 0,60).
Dentro il loculo si r nvennero gli oggetti qui appresso descritti :
Terracotta.
Hólmos d'impasto a ingubb:atura rosso -bruna, con catino profondo, bulla sfe-
roidale e p'ede traforato con feritoie triangoli a forma di cuspide di lancia, in nu-
mero di sette. Alt. m. 0,61 ; diam. del catino, 0,305.
Dèrno > d'impasto, a ingubbiatura e. s., a pancia sferoidale e collo svasato, sulla quale
gira una doppia fascia in color bianco, con triangoli nello stesso colore. Alt. m. 0,29;
diam." dell'orlo 0,17.
Bacile d'impasto a spesse pareti a ingubbiatura rossastra, con labbro svasato, tra-
forato da due forellini per appendere. Alt. m. 0,105 ; diam. 0,23.
Oinoehóì d'impasto scuro, a pancia sferoidale, collo tronco conico e orlo piatto,
con ansa a nastro. Alt. m. 0,23 ; diam. dell'orlo 0,085.
Altra'simile, ad orlo svasato, alt. m. 0.22 ; diam. e. s.
Karc1 ésion d'impasto, a ingubbiatura nera, anse a nastro e decorazione geometrica
granita, con tinta rossastra inserita nei solchi. Tale decorazione consiste in una prima fa-
scia continua, la quale corre intorno poco sotto l'orlo, con sempice meandro, continuo, e
in un'altra fascia piegata ad angoli retti, portante eternamente graffito un altro meandro.
Alt. m. 0,15, con le anse 0,17; diam. dell'orlo 0,115.
Karc^ésion a ingubbiatura nero lucente, con anse verticali b'nate, a bastoncello,
e decorazione geometrica graffita, consistente n una linea spirale continua, poco sotto
l'orlo, e in una fila di denti di lupo alla base delle anse, a uguale distanza dalle quali si
trovano da una parte e dall'altra due piccole protuberanze. Alt. m. 0,135 ; diam. 0,10.
Karchhìon a ingubbiatura nera, con anse a nastro, piegate a gomito in alto, a brevi
solchi graffiti riuniti tre a tre, su cordone sporgente intorno alla base delle anse.
Alt. m. 0,085 ; diam. 0,09.
REGIONE VII. ]19 — CIVITELLA S. PAOLO
Altri due simili, di cui uno ad anse binate a bastoncello e pareti lisce. Alt. m. 0,10;
diani. 0,67 ; l'altro, più grande, in frammenti.
Skypho? d'impasto scuro ingubbiato, con fascio di linee orizzontali intorno all'orlo
e spirale continua al di sotto. Alt. m. 0,075 ; diam. 0,082.
Tazza d'impasto scuro ingubbiato, con alto orlo verticale, su alto piede. Alt. m. 0,115 ;
diam. 0,14.
Tazza d'impasto a ingubbiatura rosso-bruna, con quattro anse orizzontali a ba-
stoncello e corto piede tronco conico. Alt. m. 0,14 ; diam. 0,15. N. 5 piatti d'impasto
a ingubbiatura rossastra, ciascuno su alto piede tronco conico, con solchi concentrici
presso l'orlo e coppia di forellini tondi per appendere. Alt. mass. m. 0,13, minima 0,11 ;
diam. mass. 0,225, minimo 0,185.
Bronzo.
Anellino di filo tondo di bronzo (d'am. mm. 20) rinvenuto presso la testa del
cadavere.
Ferro.
N. 3 cuspidi di lancia, a lama bitagliente, e foglia di olivo, e codolo a cannula. Alt.
m. 0,28-0,22-0,17.
Tomba Vili (a fossa). La fossa rettangolare era orientata da est a ovest, con
loculo di forma rotondeggiante, ricavato sulla parete sud. La tomba, a m. 1,50, dal piano
di campagna, era lunga m. 2,30, larga m. 1. L'altezza del banco tufaceo era qui di m. 0,70.
Nel loculo largo m. 0,80, con una profondità di m. 0,90, si trovarono gli oggetti seguenti :
Terracotta.
Hólmos d'impasto, a ingubbiatura nerastra, con cratere a imbuto, bulla sfe-
roidale e piede panciuto ovoide, con decorazioni geometriche graffite. Sopra la bulla
sono eseguite delle palmette cipriote, rozzamente stilizzate, al di sopra di una fascia con-
tinua, composta di una linea ondulata fra due diritte. Sul piede, al di sopra di una fascia
simile, sono eseguiti due cavalli alati stilizzati, marcianti al passo verso destra, con pro-
tomi di caproni fra le zampe ed altri motivi geometrici, simboleggianti forse elementi ve-
getali. Un'altra protome equina è visibile sopra la groppa di ciascun cavallo. Sistema com-
plicato di volute e palmette cipriote, verticalmente sovrapposte negli intervalli tra le
figure equine. Alt. m. 0,53 ; diam. dell'orlo 0,29.
Déinos d'impasto simile, con orlo svasato e decorazione graffita intorno alla pancia.
Tale decorazione consta di tre cavalli marcianti verso destra, con protomi di caproni
sopra le zampe e uccelli volanti sopra la groppa. Tra un cavallo e l'altro si vede ripe-
tuto due volte il noto sistema complicato di volute e palmette. Alt. m. 0,28 ; diam. del-
l'orlo 0,18.
Olla a ingubbiatura rossa, a pancia sferoidale, con anse a bastoncello, obliquamente
disposte. Alt. m. 0,28; diam. dell'orlo 0,165.
U1VITELLA S. PAOLO — 120 — KKGIONE VII.
Snella oinoehóe di argilla pallida, a bocca trilobata, decorata in color marrone e ros-
sastro nello stile della ceramica corinzia, con motivi geometrici semplici, consistenti
in fasce orizzontali, linee ondulate, rosette, denti di lupo. Intorno alla pancia corre una
tripla fila di semicerchi doppi, eseguiti col compasso, disposti a squame, rosse e brune
alternate. Alt. m. 0,24.
N. 2 piccole oinochóii d'impasto nerastro, con ansa a bastoncello e bocca trilobata,
con motivi geometrici graffiti intorno al collo e alla pancia (linee diritte e ondulate, spirali
continue, denti di lupo). Alt. m. 0,11.
Attingitoio con ansa a bastoncello e semplici motivi geometrici graffiti sul collo.
Alt. mm. 92.
Piccolo karché ion d' impasto, a ingubbiatura nera lucente, con anse a bastoncello
ed apofisi: cavalli stilizzati, graffiti tra le anse. Alt. m. 0,019; diam. dell'orlo 0,06.
Tazza profonda d'impasto, ingubbiata e. s., con alto orlo, solcato all'intorno oriz-
zontalmente, e basso piede. Alt. m. 0,09 ; diam. 0,14.
N. 2 piatti a ingubbiatura nerastra, su piede a imbuto, con una fila di palmette
cipriote, graffite intorno, sull'orlo. Alt. m. 0,08 ; diam. 0,175.
Varie.
Oggetti minori si rinvennero sparsi presso la testa del cadavere, e cioè cinque
fibulette a filo arcuato di bronzo, di cui due intere e tre frammentarie, di varia grandezza
(lunghezza mm. 45-5 ; diam. dell'arco, mm. 15-25), e due piccoli acini di collana in pasta
vitrea azzurrognola.
Tomba IX (a fossa). Della tomba non fu dato di rinvenire, a m. 2 circa dal
piano di campagna, altro che il loculo semicircolare, largo m. 0,80, profondo 0,60, aperto
sulla parete ovest del tramite della tomba XII, a camera, la fossa relativa essendo andata
evidentemente distrutta nello scavare la tomba a camera. Il loculo era chiuso da
blocchi di tufo irregolari e conteneva pochi oggetti.
Terracotta.
Frammenti di hólmos del tipo dei precedenti, d'impasto rossastro, con ingubbia-
tura bianca e decorazione sovrapposta in color rosso, composta di motivi geometrici e
cavalli alati, schematicamente eseguiti, in marcia verso destra. Treccia continua, dipinta
intorno all'orlo del piede.
Déinos frammentario, con ingubbiatura e decorazione simile ; treccia continua sotto
l'orlo svasato.
Tazza d'impasto, a ingubbiatura nerastra, su alto piede tronco-conico, con doppi
semicerchi intersecantisi, graffiti esternamente all'orlo in frammenti. Alt. m. 0,145.
Tazza simile, frammentaria, con quattro anse orizzontali a bastoncello, e piede com-
posto di quattro bastoncelli a ponticello, graffiti, verticalmente disposti alla sommità del
piede tronco-conico. Triangoli graffiti ciascuno sormontato da un trifoglio intorno
all'orlo. Alt. m. 0,14 circa.
RAGIONE VII. — 121 — CIVITELLA 8. PAOLO
Ciotola d'impasto a ingubbiatura nera, a fondo piano e largo orlo piatto. Al-
tezza ni. 0,06 ; diam. 0,11.
Ferro.
Tre cuspidi di lancia a foglia di olivo, con codolo a cannula, lunghe m. 0,22-0,17-0,12.
Due pugnali senza manico, lunghi il primo m. 0,25, l'altro m. 0,185, chiusi forza-
tamente ambedue entro la stessa guaina, la quale, risultando da una lamina di ferro
opportunamente ripiegata, offre la testimonianza della forzata introduzione delle due
lame, per via di una larga apertura verificatasi lungo la linee di giunzione dei bordi.
Tomba X (a camera). A circa m. 12 di distanza a ovest della tomba IX, si rin-
venne, alla profondità di m. 1,40 dal piano di campagna una modesta grotticella rica-
vata nel tufo ad uso di camera funeraria, di forma rettangolare (dimensioni m. 2 X 0,70),
con unico loculo (m. 1,90 X 0,78) ricavato sulla parete di fondo convessa, all'altezza di
m. 0,30 dal piano della grotta. Questa, dal soffitto caduto, presentava l'ingresso ad est
largo poco più di un metro, con alcuni dei blocchi informi di chiusura, ancora a posto.
Fra la terra che riempiva il vano della tomba, si rinvennero gli oggetti seguenti :
Terracotta.
X. 3 piccole lekythoi corinzie di argilla pallida, con decorazione rossastra a fasce
orizzontali e gocce a raggiera sul piede e sul collo. Alt. m. 0,10 e 0,08.
Slànu.o: di argilla pallida, con piccole anse oblique a ciambella presso l'orlo e
decorazione a semplici fasce scure. Alt. m. 0,17 ; diam. della bocca m. 0,08.
Kylix a pareti sottili di bucchero su basso piede, con rigature orizzontali e ventagli
punteggiati impressi all'esterno. Alt. m. 0,05 ; diam. 0,15.
KànUuiros di bucchero a basso piede, con anse verticali, parte a nastro parte a
bastoncello. Alt. m. 0,15.
Piccola oinochóe d'impasto nerastro, a collo tronco-conico e bocca triloba, con ansa
binata a bastoncello. Sul collo e sulla pancia motivi geometrici graffiti, e cioè file di semi-
cerchi intrecciati, linee spezzate e denti di lupo. Alt. m. 0,14.
Tazza profonda, a ingubbiatura color marrone su piede tronco conico, con solchi cir-
colari intorno all'orlo ; due forellini tondi presso l'orlo. Alt. m. 0,082 ; diam. 0,14.
Tazza simile, graffita intorno all'orlo con semicerchi intersecantisi, ritorti a uncino
alle estremità. Alt. m. 0,13 ; diam. 0,15.
Tazza simile, decorata intorno all'orto da due file di denti di lupo, parte dei quali
incavati, parte a rilievo. Alt. m. 0,125 ; diam. 0,12.
Tazzina di bucchero a pareti sottili su basso piede, con anse orizzontali a bastoncello.
Intorno all'orlo motivi geometrici graffiti, consistenti in spirali, denti di lupo e piccole
volute. Alt. m. 0,07.
X. 5 piatti d'impasto a ingubbiatura nerastra, su piede tronco-conico. Tutti portano
sull'orlo una sere continua di palmette di tipo ciprioto, graffite, e due forellini. Alt. m. 0,8;
diam. mass. 0,19.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 16
CIVITELLA S. PAOLO — 122 — REGIONE VII.
Frammento di karchésiin d'impasto scuro insubbiato, con traccia di decorazione
granita ed ansa a bastoncello sormontata da testa di animale, con occhi ed altri particolari
graffiti. Alt. m. 0,095.
Piatto d'impasto a ingubbiatura rossastra, con due forellini presso l'orlo e decora-
zione in color bianco applicato, consistente in cerchi concentrici all'interno e motivi di
difficile interpretazione, forse animali, all'esterno. Diam. m. 0,23.
Due tazze d'impasto a ingubbiatura nerastra, su alto piede tronco-conico, decorate
esternamente da una fila di palmette cipriote. Alt. m. 0,11-0,08 ; diam. 0,13.
Fuseruola tronco conica d'impasto scuro, verticalmente striata.
Bronzo.
Pendaglio composto di tre anelli di filo tondo di bronzo a tortiglione, di vario
diametro, in modo da essere contenuti uno nell'altro, tenuti insieme uniti da una
fascetta di lamina di bronzo. Diam. degli anelli cm. 8, 7, 5.
Altro pendaglio affatto simile. Diam. degli anelli, cm. 10, 9, 8.
I detti pendagli si rinvennero presso la testa del cadavere, a sinistra. A destra,
inoltre, frammisti alle ossa del cadavere, i seguenti oggetti :
Due pendaglietti a bulla, di cui uno a bulla tonda, l'altro a bulla semicircolare.
Un'armilla di filo tondo di bronzo, del diam. di cm. 8.
Altre due armille grosse di lamina, vuote internamente, del diam. di cm. 10.
N. 8 fibulette del tipo noto, frammentate, una delle quali porta inseriti due anellini
di filo tondo di bronzo.
Tomba XI (a fossa). A circa m. 5 ad ovest della tomba IV e alla profondità di
m. 1,50, era un'altra tomba a fossa orientata da est a ovest, con loculo semicircolare, a
fornetto, ben conservato, ricavato nel centro delle parete nord e chiuso da blocchi informi
di tufo. Dimensioni del loculo, ni. 0,80 di larghezza e m. 0,90 di profondità ; dimensioni
dell'apertura arcuata irregolare, m. 0,40 di larghezza e 0,65 di altezza. La tomba
essendo stata spogliata, non si rinvennero che miseri resti della suppellettile in un
angolo della fossa, e cioè un bottone conico di presa di coperchio, d'impasto scuro, con
graffito a raggiera, forse appartenuto ad un manico (alt. cm. 4), due cuspidi di lancia
di ferro, a lama triangolare, con codolo a cannula (alt. cm. 23 e 21).
Tomba XII (a camera). A nord della tomba IX, con vano d'ingresso a sud, alto
m. 1,20, largo m. 0,60, chiuso ancora in parte da blocchi di tufo, a corridoio esterno largo
m. 1 circa. Il piano della camera era a m. 3 circa dal piano di campagna. La camera
stessa, di forma rettangolare, misurava m. 1,83 in larghezza e m. 2,23 in lunghezza ;
essa era alta m. 1,65.
Sulla parete destra della camera erano due loculi sovrapposti, il più elevato lungo
m. 1,90, alto e profondo 0,64, mentre l'inferiore misurava m. 1,80 X 0,35 X 0,60. Un
altro loculo sulla parete di fondo misura m. 2,10 X 0,60 X 0,70. Sulla parete sinistra,
infine, un loculo di m. 1,73 X 0,58 X 0,60. Sui bordi di quest'ultimo era tuttora chia-
ramente visibile il gradino ricavato per l'impostazione delle tegole di copertura.
REGIONE VII. — 123 — CIVITELLA S. PAOLO
La tomba ora stata da tempo saccheggiate e spogliata. Fra la terra si rinvenne solo
un orcioletto a vernice bruna, con ansa verticale nastriforme ad anello (alt. cm. 8), e un
anello digitale di verga di bronzo, a sezione semicircolare (diam. mm. 201.
Tomba XIII (a fossa), alla distanza di m. 4 circa dalla tomba X, lato ovest.
La tomba, alla profondità di m. 1 dal piano di campagna, orientata da est a ovest, misu-
rava ni. 2.85 di lunghezza e m. 1,20 di larghezza, scavata per la profondità di m. 0,50
nel banco tufaceo. Sulla parete nord della fossa loculo rettangolare di m. 1,35 X 0.70.
H cadavere aveva la testa ad ovest.
A contatto della scapola sinistra si rinvennero i seguenti oggetti di bronzo :
N. 3 anelli a tortiglione del diam. di cm. 11 (parte di pettorale).
Frammenti di catenella ad anellini circolari, con lunghi pendagli piriformi, inter-
namente vuoti.
Maniglia di cassettina, due volte ritorta ad angolo retto e tornita al centro, larga
mm. 45.
A contatto della scapola destra:
X. 19 fìbulette del tipo descritto e di varia grandezza, la massima parte in fram-
mento : talune portano lungo l'arco ingrossato al centro, munito di bottoni laterali
e vuoto internamente, dei forellini rotondi nei quali erano già inseriti bottoni di am-
bra (lunghezza mass, dell'ardiglione mm. 75).
Inoltre una fuseruola biconica liscia, d'impasto scuro.
Dietro la testa del cadavere erano due grossi pendagli, composti di gruppi di anelli
a tortiglione, di varia grandezza, compresi l'uno dentro l'altro e stretti da fascette di
lamina di bronzo. I due gruppi constano l'uno di otto anelli, l'altro di 7, del diametro
massimo di cm. 10, minimo di cm. 3. Il secondo gruppo è stretto da una doppia
fascetta, sulla cui superficie sono rimaste impresse da un lato le trame del tessuto che
rivestiva il cadavere.
Entro il loculo largo m. 1,30, profondo m. 0,60, chiuso anteriormente da blocchi
informi di tufo, si rinvennero gli oggetti appresso descritti:
Terracotta.
Tazza d'impasto scuro, su alto piede a gambo tornito, con orlo piano sul quale
sono rozzamente graffite due file di denti di lupo. Alt. cm. 11 ; diam. dell'orlo mm. 95.
Tazza d'impasto rossastro su piede imbutiforme, con due anse orizzontali ed apo-
fisi alla base dell'orlo. Alt. cm. 10.
Phiàle d'impasto scuro, baccellata, con orlo svasato. Alt. cm. 6; diam. cm. 15.
Skypìio.' d'impasto scuro, con doppia ansa orizzontale a bastoncello e motivi geo-
metrici graffiti sul corpo, con animali stilizzati dell'apparenza di volatili. Alt. mm. 75 ;
diam. mm. 80.
Tazza d'impasto scuro su piede imbutiforme, con quattro anse orizzontali a
bastoncello. Nell'interno della coppa si trovano cementate da concrezioni calcaree due
rocchetti di terracotta, alti ciascuno cm. 6. Alt. della tazza cm. 11 ; diam. cm. 12.
C1V1 IELLA ?. PAOLO — 124 — REGIONE VII.
Ossuario biconico di tipo villanoviano, d'impasto scuro, con anse orizzontali a
ponticello. Sul collo è dipinta verticalmente in color rosso sbiadito una fila di denti
di lupo e negli intervalli scacchiere di piccoli rombi. Sulla pancia una fascia composta
di segmenti incrociati, ed un'altra più piccola di denti di lupo. Nello spazio intermedio
rosoni composti di cerchi concentrici riuniti tre a tre. Alt. mm. 345 ; diam. dell'orlo
svasato cm. 14.
Coperchio d'impasto scuro a calotta, con bottone di presa frammentato. Alt.
cm. 8 ; diam. cm 16.
Bronzo.
facile di lamina a calotta liscia, con orle ritorto esternamente e decorato da una
fila di bulloni sbalzati. Alt. cm. 9 ; diam. 22.
Tomba XIV (a fossa). La tomba, rinvenuta alla profondità di m. 1,40 dal piano
di campagna, orientata da est a ovest, era lunga m. 2,55, larga m. 1,30. Sulla parete nord
della fossa era ricavato un loculo rettangolare, di ni. 1,20 X 1,30, chiuso in origine da
blocchi di arenaria.
Così nella fossa come nel loculo, già depredato, non si rinvennero che scarsi e tra-
scurabili frammenti di vasi d'impasto scuro.
Tomba XV (a camera). Di forma trapezoidale, misurando m. 2,20 in lunghezza,
per m. 2,60 sulla parete di fondo e m. 2,45 sulla parete d'ingresso, alla profondità di
m. 2,50 dal piano di campagna. La volta della camera, pur essendo franata, potè calcolarsi
all'altezza di m. 1,80 dal piano della tomba. Il vano d'ingresso, a sud,, largo ni. 0,75, era
chiuso da grossi blocchi di tufo. Due loculi sono ricavati su ciascuna delle pareti late-
rali, uno sulla parete di fondo. Lunghezza dei primi, m. 1,90, altezza m. 0,60 ; lun-
ghezza dell'altro ni. 1,80 ; altezza 0,70.
Nell'interno della camera, tra il materiale della tomba franata, si rinvennero i se-
guenti oggetti :
Karchésion d'impasto scuro, con anse a nastro, rastremate in alto a bastoncello
e sormontate da un bottone, con apófisi alla base dell'orlo. Alt. m. 0,14 ; diam. 0,105.
Idem, con anse prive di bottone. Alt. ni. 0,08 ; diam. 0,65.
Cuspide di lancia in ferro, munita di codolo. Lunghezza m. 0,23.
Iniziati a poca distanza dalla tomba precedente i lavori per la scoperta di un am-
pio corridoio d'ingresso di una tomba a camera, si rinvenne anzitutto presso il lato si-
nistro del corridoio un resto di muro, lungo m. 3,14, largo 1,14, avanzo quasi informe
di una costruzione che sembra aver avuto qualche rapporto con la tomba. Si tratta di
una fila di blocchi parallelepipedi di tufo, alti da terra m. 0,60, lunghi da m. 1,30 a
m. 1,75, larghi da ni. 0,53 a m. 0,60. Dalla presenza di due soli blocchi parallelepipedi ap-
partenenti alla fila superiore, si arguisce che il muro era composto di blocchi disposti
per testa e per lungo, a filari alternati. Fu qui constatato, inoltre, ciò che già altre volte
nell'esplorazione di questo tratto della necropoli era stato facile constatare, e cioè che
l'escavazione delle camere di seppellimento, con i relativi corridoi di accesso, aveva avuto
REGIONE VII. 125 — CIVITELLA S. PAOLO
per effetto assai spesso di distruggere anteriori seppellimenti di forma più semplice, si-
tuati a una molto minore profondità dal piano di campagna. Alla profondità di circa
m. 2 dal piano suddetto si rinvennero così due loculi di altrettante tombe a fossa distrutte,
ricavati nella roccia tufacea, con apertura a sud. I loculi, che indicheremo coi nn. delle
tombe XVI e XVII, erano a pianta semicircolare, chiusi da pezzi di tufo irregolari.
Tomba XVI (a fossa). Loculo rinvenuto alla distanza di circa m. 6 dall'ingresso
della tomba XII (lato ovest). Larghezza del loculo, m. 0,90 ; profondità 0,80. Nell'in-
terno del loculo si rinvenne quanto segue :
Terracotta.
Olla d'impasto liscia, con quattro apofìsi poco al di sotto del collo svasato.
Alt. m. 0,18 ; diam. dell'orlo 0,12. r
Anforetta d'impasto scuro ingubbiata, con anse verticali a nastro e quattro gruppi
di cerchi concentrici, graffiti rozzamente sul corpo. Alt. 0,12 ; diam. dell'oro svasato 0,06.
Anforetta simile, portante due volte graffita sul corpo la doppia spirale, oltre a linee
graffite, combinate in modo da formare denti di lupo. Alt. 0,1 1 ; diam. mm. 0,06.
Tazzina d'impasto scuro su basso piede, con alto or^t svasato e grandi anse oriz-
zontali a bastoncello ; corpo panciuto, verticalmente striato. Alt. 0,075 : diam. 0,09.
Altra simile su alto piede, con due forellini tondi presso l'orlo e solchi orizzontali
esternamente all'orlo. Alt. mm. 120; diam. 140.
Altra simile ad orlo liscio. Alt. 0,11 ; diam. 0,15.
N. 3 piatti d'impasto scuro su alto piede, due dei quali in frammenti, con palmette
cipriote graffite sull'orlo. Alt. 0,08; diam. 0,20.
Olletta sferoidale d'impasto, con striature verticali sulla pancia ed anse orizzon-
tali a bastoncello : in frammenti.
„ Olletta simile più snella, con alto collo, anse verticali a nastro, e apofìsi alla base del
collo, alternate a gruppi di linee brevi, parallele, graffite. Alt. 0,11 : diam. dell'orlo, 0,10.
Altra simile, priva di graffiti. Alt. 0,10 ; diam. 0,095.
Piccola olpé biconica, con ansa a doppio bastoncello, e spirale continua, graffita pa-
rallelamente all'orlo. Alt 0,10.
Oinodìóv d'impasto, a corpo sferoidale, alto collo tronco conico e bocca trilobata,
con ansa verticale a bastoncello. Alla base del collo fila di palmette cipriote graffite :
sulla spalla fila di denti di lupo, riempiti da linee graffite. Alt. 0,25.
Piombo.
Grappa di piombo, impiegata forse per restauro di vaso, costituita da due ver-
ghette a sezione semicircolare, insieme riunite da due sbarrette cilindriche. Lun-
ghezza mm. 0,095; distanza fra le sbarre 0,048.
Tomba XVII (a fossa). Loculo a volta franata, rinvenuto alla distanza di in. 2
dal primo ; lungo m. 1,70, largo in. 1 , con apertura della larghezza di in. 0,75, chiusa da
un blocco parallelepipedo di tufo sopra uno dei lati lunghi.
CIVITELLA S. PAOLO — 126 — REGIONE VII.
Entro il loculo si rinvennero gli oggetti appresso descritti.
Karchésion d'impasto scuro,, con anse verticali a bastoncello incrociate. Cordone
circolare e apófisi alla base delle anse. Grandi palmette cipriote graffite nel campo tra
le anse e linea spirale, continua, alla base delle anse. Alt. m. 0,16"): diam. 0,115.
Piatto d'impasto, graffito superiormente all'orlo da una fila continua di palmette
cipriote. Alt, 0,08.
N. 2 piatti d'impasto a ingubbiatura rossastra, con motivi ornamentali animali,
tratteggiati in bianco sul rovescio dell'orlo. Alt. 0,05: diam. 0,22.
Tazza d'impasto su basso piede, decorata da solchi orizzontali, con due forellini
tondi presso l'orlo. Alt. 0,03.
Tazza simile, su alto piede, decorata esternamente da una fila di palmette cipriote
graffite. Alt. 0,075.
Piccola olpé d'impasto scuro, con alto collo ed ansa verticale a nastro. Alt, 0,013.
Sfàmnos sferoidale d'impasto a ingubbiatura rossastra, con orlo diritto e piede cor-
donato. Alla base del collo è graffita una fila di denti di lupo e tra le anse due cavalli
al pascolo, schematicamente eseguiti. Alt. 0,15.
Piccolo s'àmno- con orecchiette munite ciascuna di due forellini, graffito intorno
alla spalla da una fila di denti di lupo e intorno alla pancia da linee oblique parallele,
chiuse entro fascia. Alt. 0,12.
Frammenti di altri vasi d'impasto di grandi dimensioni (déinoi, olle), con cavalli e
motivi geometrici vari, graffiti. Sopra un frammento si notano dei cavalli dal collo ser-
pentino, con la testa disegnata di fronte.
Tomba XVITI (a fossa). A circa m. 6 di distanza dalla tomba IV, a sud-est,
si rinvenne alla profondità di in. 2 dal piano di campagna, una tomba a fossa, della lun-
ghezza di m. 2, larga e profonda nel tufo ni. 1, orientata da est a ovest. Sulla parete
ovest era ricavato un loculo semicircolare, a forno, largo m. 1,60, profondo m. I, alto
m. 0,80, con apertura della larghezza di un metro. I massi di tufo che già ne avevano
costituito la chiusura, furono rinvenuti in un angolo del loculo.
la fossa si rinvenne completamente vuota. Neil' interno del loculo si trovarono,
oltre avanzi delle ossa del cadavere, gli oggetti seguenti:
Terracotta.
Hólmos d'impasto liscio, a ingubbiatura rossastra (in frammenti).
Olla o (léinos e, s., in frammenti.
Tazza d'impasto a ingubbiatura nerastra, già montata su alto piede, cori solchi oriz-
zontali esternamente all'orlo. Diam. 0,14.
N. 2 piatti d'impasto su alto piede, con due forellini presso l'orlo. Alt. 0, 1 2 ; diam. 0,17.
Altre 2 simili, su basso piede, con tracce di decorazione in color bianco, a motivi
animali, sul rovescio dell'orlo. Alt. 0,45; diam. 0,121.
Bronzo.
Armilla di filo tondo, con due forellini alle estremità appiattite, già attraversati
da un bottoncino. Diam. 0,06.
REGIONE VII. — 127 — CIVITELLA S. PAOLO
Tomba XIX (a camera). Rinvenuta quasi a fior di terra, a circa m. 7 a sud-est
della tomba XV. La tomba, semidistrutta, era orientata da est a ovest, lunga m. 1,40,
larga 0,90. Il vano d'ingresso, a sud, era largo m. 0,70. chiuso da un blocco irrego-
lare di tufo. Unico loculo della tomba era quello praticato sulla parete di fondo, cur-
vDinea.
Tuttora giacenti sul loculo, furono rinvenuti i seguenti oggetti, in cattivo stato
di conservazione.
Oinochóe d'impasto, a pancia ovoidale, collo tronco conico ed orlo svasato, con
ansa verticale a bastoncello. Alt. m. 0,23.
Altra simile frammentaria, con ansa a nastro ; linee orizzontali e file di denti di lupo
graffite intorno alla pancia.
Olletta d'impasto scuro, a pancia sferoidale, senz'anse.
N. 2 tazze d'impasto, a ingubbiatura nerastra, su basso piede, con solchi orizzon-
tali esternamente all'orlo, al termine del quale si trovano due forellini tondi. Alt.
mm. 100 e 130 ; diam. 0,15.
Skyphos frammentario, d'impasto scuro ingubbiato, con anse a ciambella ; treccia
continua granita esternamente all'orlo e striature verticali sul corpo.
Piatto d'impasto scuro, a ingubbiatura rossastra su basso piede, con due forellini
tondi presso l'orlo. Alt. 0,045 ; diam. 0,21.
Frammenti vari di vasi d'impasto, con graffiti geometrici ; e di argilla chiara, con
decorazioni lineari rossastre.
R. 4 rocchetti d'impasto, alti 5 e 6 centimetri.
Tomba XX (a camera). Situata a circa m. 4 ad ovest della tomba XVI. La
tomba è la più grande e di struttura la più complessa di tutte le precedenti. L'importanza
che dovettero ammettervi i suoi costruttori, fu chiaramente testimoniata dalla presenza
constatata, di muri imponenti, messi quali fiancate di protezione del corridoio di accesso.
A destra e a sinistra del corridoio, a un livello superiore alla volta dell'ipogeo, il muro,
già altrove descritto (pag. 124), era costituito da blocchi parallelepipedi di tufo, disposti
per testa e per lungo, uniti con calce e conservati soltanto negli strati inferiori. A nord,
tra i due muri a blocchi, un muro di opera incerta, lungo m. 4,60, spesso 0,40, alto m. 2,
a metà del quale si riscontrò una breccia praticata certo dai primi spogliatori della tomba,
per accedere all'estradosso dell'ipogeo, dove si constatò un secondo foro, praticato allo
scopo.
La tomba, a più camere (fig. 4), si svolge in senso longitudinale da sud a nord, con
tramite largo m. 1,40 e vano d'ingresso, a sud, largo m. 0,80, alto 1,50, il quale si trovò
ermeticamente chiuso da due blocchi di tufo rozzamente squadrati, inzeppati ai lati da
schegge minori. Il piano dell'ipogeo si trovò alla profondità di m. 6 dal piano di cam-
pagna. La planimetria della tomba consta di un corridoio centrale, lungo m. 9,80, con
quattro camerette o celle laterali, due a destra e due a sinistra. Il corridoio centrale,
termina poi in una cella, la quinta. Ciascuna cella, che si può considerare di forma qua-
drata, misurando m. 2 di lato in media, presenta un ampio loculo per inumazione su
ciascuna parete ed ha inoltre un basso e largo gradino parallelo alla parete di fondo
l'IVITELLA S. I-AOLO
— 128
REGIONE VII.
(altezza media del gradino, m. 0,25 ; larghezza da m. 0,55 a 0,70). I loculi, di dimensioni
eostanti, misurano in media m. 1,90 di lunghezza, m. 1 di altezza e 0,90 di profondità.
Gli oggetti che appresso si descrivono, furono rinvenuti parte nella prima cella a
destra di ehi entra, parte nella opposta cella a sinistra, parte dispersi lungo il corri-
doio intermedio. Poiché anche questo ipogeo sepolcrale, come gli altri, presenta evidenti
tracce di antica manomissione, assai poco conto si può fare dei vari gruppi di oggetti
rinvenuti ; si è perciò nella descrizione di essi preferito anche qui l'ordinamento per
materia all'ordinamento topografico per sé troppo incerto.
Terracotta.
Piccolo 8k$pko9 a vernice nera, con anse orizzontali a ciambella ; alt. m. 0,08o ;
diam. 0,07ó.
elegante vhfypho3 di argilla chiara (fig. ò), a pareti sottili, con anse verticali ad anello,
sormontate da volute. Alt. m. 0,11; diam. 0,09.
Fiasca di argilla chiara, a corpo schiacciato, con anse sagomate, verticali:
alt. ni. 0,235.
REGIONE VII.
— 129 —
CIVITELLA S. PAOLO
Attingitoio di argilla chiara, con ansa vertical" a ciambella. Alt. ni. 0,075.
Tazza di argilla chiara, a pareti sottili, con anse verticali a nastro. Alt. ni. 0,05,
diam. 0,095.
Boccale di argilla chiara, a corpo sferoidale e beccuccio imbutiforme, con ansa ver-
ticale a nastro, tre fasce orizzontali a vernice bruna sulla maggior espansione del corpo,
e motivi geometrici semplici sul collo e sulle anse. Alt. m. 0,25.
Altri due simili, di argilla chiara. Alt. ni. 0,20 e 0,135.
Fio. 5.
N. 2 fiaschette di terracotta rossastra grezza, una a pancia schiacciata, l'altra
biconica, ed unica ansa verticale a nastro. Alt. ni. 0,11.
Craterisco di terracotta rossastra, su piede ora mancante, con anse verticali a
nastro, pure mancanti. Alt. m. 0,11 ; diam. dell'orlo 0,08.
N. 45 balsamari fusiformi di argilla chiara, parte frammentari. Alt. mass. ni. 0,20.
Altri 2 piccoli balsamari, a corpo piriforme e fondo piano. Alt. ni. 0,065 e 0,08.
X. 3 lucernette monolycni, di cui due a corpo cilindrico e senz'anse ; la terza emi-
sferica-, con ansa ad anello e larga palmetta stampata sul piano superiore, e cinque cer-
chietti impressi sotto la base.
N. 11 anfore vinarie a corpo cilindrico e fondo appuntito. Un'anfora presenta
impresso alla base di una delle anse il bollo : K K.
Bromo.
Specchio tondo, senza manico, con tracce di brunitura. Diam. m. 0,16.
Specchio simile, frammentario, con brunitura originaria abbastanza ben conservata.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 17
CIVITELLA S. PAOLO
130 —
REGIONE VII.
N. 4 strigili di lamina di bronzo, leggeri, esili ed eleganti, di cui tré intieri ed
uno frammentato. Alt. m. 0,21. Uno degli strigili ha l'estremità allungata in maniera,
che dopo aver formato la presa, si prolunga su per il cavo dello strigile e si allarga a pal-
metta, per essere meglio assicurato, mediante bolloncini ribaditi, al cavo medesimo.
Anello di filo tondo, appiattito e ritorto alle estremità, destinato a portar infilati
gli strigili. Diam. m. 0,085.
Due anellini digitali di bronzo, esternamente convessi. Diam. 0,015.
Altri due anellini con tracce di borchie, appartenuti ad un mobile. Diam. m. 0,015.
Toppa di serratura in lamina di bronzo, coi bordi superiore e inferiore diritti e i
bordi laterali incavati internamente, con la maggior rastremazione a metà, e bolloncini
a testa convessa per far aderire la toppa al mobile di legno. Alt. m. 0,07 ; larghezza 0,065.
Al centro della toppa è infissa una chiavetta o maniglietta mobile, !a quale per
mezzo di un asse comune fa girare sul rovescio della toppa un lungo indice, le cui estre-
mità appuntite sono visibili dall'esterno per via di due fori, uno stretto e rettangolare
in basso, un altro più largo e circolare alla sommità della toppa (cfr. sopra oggetto
simile descritto a pag. 116).
Maniglia di bronzo fuso, ad estremità ritorte internamente, mobile su cerniera,
assicurata ad una piastrina di lamina cuoriforme, con nervatura centrale, terminante
in punta lanceolata, tra due volute. Larghezza della mani-
glia, m. 0,055 ; della piastrina, m. 0,054 (la curva della pia-
strina indica la sagoma del vaso cui era applicata).
Due anse ritorte di bronzo fuso, munite di bracci oriz-
zontali e sormontate da un bottone, terminanti in una
piastrina cuoriforme. Alt. m. 0,11.
N. 3 anse ritorte, dello stesso tipo, una sola delle quali
sormontata da un bottone e terminante in una piastrina
cuoriforme. Alt. m. 0,12.
Altra ansa fusa, ritorta, di tipo molto più pesante, con
nervatura centrale e nervature laterali, ad una estremità ter-
minante con bocciuolo tra volute, terminante in punta parte
dall'altra; divisa a metà lunghezza in due parti distinte.
j Lunghezza m. 0,125.
Piccola phiale, o patera, di lamina liscia, ad orlo diritto,
intenzionalmente ritorta e resa inservibile. Diam. 0,13 circa.
Ago crinale di sottile filo di bronzo tondo, sagomato in testa e sormontato da una
palombella. Alt. m. 0,19.
Alabastro.
Tre balsamarì fusiformi, molto corrosi, con lungo collo alquanto rastremato alla
metà, dove nel pezzo stesso è ricavato un largo disco liscio e sottile. Uno dei balsamari
si ricompleta da due pezzi lavorati separatamente, il collo e il beccuccio.
Lunghezza complessiva di questo, gli altri essendo frammentari, m. 0,26.
Anforetta con unica ansa verticale, pancia rigonfia a fondo tondo e peduccio (fig. 6)
Alt. min. 50,
Fig. 6.
REGIONE VII. — 131 — OIVITELLA S. PAOLO
Osso.
Due asticelle di osso, sagomate variamente lungo tutta la loro estensione, terminanti
alle estremità in un bottone tondo o piriforme.
Ciascuna delle asticelle è composta di due parti, inserite una nell'altra. All'estremità
di una di esse, presso la giunzione, è inserito un bottone tondo, discoidale, pure di osso.
Probabilmente si tratta di fusi per filare. Lunghezza di una delle asticelle m. 0,26.
Altre due asticelle sottili, frammentarie, con bottoni discoidali inseriti.
Ferro.
Strigili vari, e piuttosto grandi, in frammenti. Uno degli strigili era ancora inserito
per il manico entro un grande anello di filo tondo, pure di ferro, aperto, cel diam. di
m. 0,12.
Tomba XXI (a camera). Rinvenuta ad est della tomba V, alla ^istanza di m. 5
circa da quella. La porta d'ingresso al termine del corridoio largo m. 0,80, era tuttora chiusa
da grossi blocchi di tufo. La camera, con il piano alla profondità di m. 6 dal piano di
campagna, era di forma quadrata, con i lati di m. 2. La volta era precipitata. Sulle dette
pareti tre loculi, di cui uno a destra, uno a sinistra, il terzo praticato nella parete di fondo.
Lunghezza dei loculi, m. 1,80, altezza m. 0,90, profondità 0.82 e 0,87 e m. 1 (loculo della
parete di fondo).
Ossa umane si trovarono sparse sul piano della tomba. Soltanto dentro il loculo
sinistro si rinvennero degli oggetti, che sono quelli appresso descritti.
Terracotta.
Olla di argilla grezza, a pancia sferoidale, orlo a tronco di cono rovesciato, con
quattro apófisi alla base del collo. Alt. m. 0,275, diam. dell'orlo 0,15.
Altra simile, a pancia ovoidale, con anse verticali a bastoncello. Alt. m. 0,265, diam.
dell'orlo 0,135.
Due anfore vinarie, alte rispettivamente m. 0,80 e 0,85, una delle quali aveva la bocca
ricoperta da una ciotola a vernice nera con orlo rientrante (alt. m. 0,06, diam. 0,13), la
quale presenta graffiti rozzamente nell'interno i seguenti caratteri :
M-ANTO(raws)
Nel fondo interno della coppa, foglia di edera impressa.
K 19 altre ciotole a vernice nera, di cui la maggiore ha il diametro di m. 0,15, la mi-
nore di m. 0,05.
Skyphos, od oxybaphon, profondo a vernice nera, a piede rastremato, con anse oriz-
zontali a ciambella. Sul corpo del vaso sono dipinte in color bianco applicato delle rozze
palmette. Alt. m. 0,18, diam. 0,045.
v Altro affatto simile. Alt. m. 0,15 ; diam. 0,135.
Altro simile senza decorazione ; fascia rossastra risparmiata in basso. Alt. m. 0,165 ;
diam. 0,120.
C1VITELI.A S. PAOLO — 132 — RKGIONE VII.
Altro simile, in frammenti.
Craterisco a vernice nera lucente, con anse doppie a ciambella e corridietro dipinti
intorno al collo, fra le anse (fig. 7). Alt. mi 0,1 1 : diani. 0,085.
Oinoehóe a vernice nera, a corpo piriforme, ansa verticale a nastro e alto collo con
orlo accartocciato. Sulla pancia tracce di decorazione in colore applicato. Alt. m. 0,235.
Altra simile di argilla grezza. Alt. m. 0,22.
Altra simile, a vernice nera lucente, decorata in colori applicati, con fasce e ramo a
foglie di olivo giallastre intorno alla pancia, file di perline e listello intorno al collo.
Alt. m. 0,16.
Fio 7.
Coperchio verniciato superiormente di nero, con bottone centrale di presa. All'intorno
decorazione in colori applicati, consistente in una corona di foglie di edera bianche e ro-
sette gialle alternate. Diam. 0,125.
Lékythos ariballica a vernice nera, beccuccio tronco-conico ed ansa verticale a nastro.
Alt. m. 0,16.
Altre due simili. Alt. m. 0,15 e 0,14.
Boccale di argilla grezza, a pancia ovoidale ed orlo svasato, con ansa verticale a
nastro. Fasce a vernice bruna intorno alla pancia. Alt. m. 0,21 ; diam. dell'orlo 0,09.
Altri due simili, uno grezzo, l'altro a vernice nera lucente. Alt. e. s.
Due àskoi di argilla rossastra, con pancia alta e stretta, di forma assai goffa, sormon-
tata da una piccola ansa a nastro. Alt. m. 0,14 e 0,13.
N. 5 orciuoletti a vernice nera, con ansa verticale a bastoncello. Alt. da m. 0,09
a m. 0,065.
N. 5 orciuoletti simili di argilla grezza uno dei quali con ansa a nastro. Alt. da m. 0,11
a m. 0,08.
Due simili, di argilla grezza, senza anse. Alt. m. 0,573.
Due goffe lucernette monolycni di argilla rossastra, a corpo cilindrico.
RRGIONii VÌI. — 133 — «VITÈLLA S. PAOLO
Peso prismatico da telaio, con largo foro tondo passante orizzontale e solco incavato
superiormente. Alt. m. 0,095.
Tazzina frammentaria a vernice nera (fig. 8), a pareti sottili, con anse doppie
ritorte, imitanti la tecnica del metallo e festoni a rilievo intorno alla pancia. Alt. in. 0,045,
diam. 0,10.
Frammento di altra simile, con elegante decorazione a rilievo, consistente in un
reticolo, tra due file di volute continue.
Ciotola a vernice nera, frammentaria.
Bramo.
Phiàle di lamina di bronzo, a calotta emisferica, con orlo ritorto e ribattuto interna-
mente. Alt. 0,07, diam. 0,22.
Piccolo specchio rotondo di lamina sottile, a superficie convessa, brunita. Diam. 0,103.
Fio. 8.
N. 3 sottili anse di bronzo serpentine ritorte, di cui una con piastrina cuoriforme.
Alt. 0,11.
Anello contorto di filo tondo di bronzo, con estremità assottigliate, terminanti in
un bottone.
Piccola borchia convessa di bronzo fuso, vuota internamente. Diam. 0,033.
Catenella ad anellini tondi, frammentaria, con estremità riunite ad un anellino piatto
di ferro, di nini. 25 di diametro.
Ferro.
Strigili vari, in frammenti ad eccezione di uno, assicurati ad un anello di filo tondo
di bronzo. Lunghezza dello strigile 0,28, diam. 0,09.
Varie.
Due aghi crinali di osso, frammentari. Lunghezza dei frammenti 0,12, e 0,095.
Due valve di una unica grossa conchiglia (pecten).
Tomba XXII (a camera). Rinvenuta fra la tomba XII e XVII, alla profondità
di m. 1,65 dal piano di campagna. Vi si accedeva per un corridoio della larghezza di m. 1.
CÌVITELLA S. PAOLO — 134 — REGIONE VII.
L'ingresso della tomba a sud, largo m. 0,70, era chiuso da un grossissimo blocco di tufo,
rinvenuto giacente presso la soglia. La forma della piccola camera era rettangolare,
misurando m. 2 X 1.50. La volta della' camera era franata. Su ciascuna parete, a destra, a
sinistra ed in fondo, era praticato un loculo. Il loculo di sinistra era pure franato. Gli altri
due loculi misuravano m. 1,80 e 1,60 di lunghezza, 0,65 di altezza, 0,55 di profondità. La
tomba portava evidenti tracce di manomissione. Durante lo sterro si rinvenne quanto segue
Terracotta.
Piede di hólmoa di piccole dimensioni, d'impasto, a ingubbiatura nerastra, con ca-
valli graffiti stilizzati, in marcia verso destra. Sopra la groppa di un cavallo spunta il
collo di un altro cavallo.
Il bacile frammentato dello stesso hólnos non presenta decorazione di sorta.
Déinos frammentario, con decorazione graffita di cavalli, identici a quelli iMVhólmos.
Due piatti frammentari d'impasto, a insubbiatura nera, su alto piede, con fila di pal-
mette cipriote graffite intorno all'orlo.
Ciotola o phiàle frammentaria d'impasto, a ingubbiatura nerastra, con baccellature
esterne e ombelico centrale.
Karehésion frammentario, d'impasto, con alte anse a bastoncello ed apófìsi. Tra le
anse due cavalli graffiti, in marcia verso destra.
Orciuoletto d'impasto ingubbiato, portante graffita intorno al collo una doppia spi-
rale continua. Alt. m. 0.11.
Ferro.
Due anelli di filo tondo, del diametro ciascuno di m. 0,045.
A questo punto la zona meridionale del colle di S. Martino, dove ebbero luogo i
descritti rinvenimenti, non presentando probabilità di ulteriori proficue scoperte, venne
abbandonata, e le ricerche furono proseguite più a nord, sulla cresta del colle.
Tomba XXIII (a camera). Rinvenuta alla distanza di m. 250 circa dalla pre-
cedente. La camera, con la volta sprofondata, misurava m. 2,45 X 2,20 di lato e m. 2 di
altezza, con il piano alla profondità di m. 5 dal piano di campagna. L'ingresso, a nord-est,
era largo m. 0,67. Su ciascuna parete, a destra; a sinistra e in fondo, erano ricavati
due loculi, uno sopra l'altro, a due piani, in gran parte franati. La lunghezza maggiore di
essi era di m. 2,15 sulla parete di fondo ; gli altri misuravano m. 1,65 e 1,80.
1 loculi erano chiusi in origine da tegoloni di m. 0,63 X 0,47.
Nei loculi inferiori della parete destra e della parete sinistra si rinvennero gli oggetti
seguenti :
N. 4 cuspidi di lancia di ferro, a foglia di olivo, con codolo a cannula. Lunghezza
0,19 e 0,18.
Impugnatura di spada di ferro, sormontata da un bottone, con lama dello stesso
metallo ; una e l'altra frammentarie (larghezza massima della lama cm. 6).
Lame di pugnali di ferro in frammenti.
Palla sferica di ferro, con appendice spezzata. Diam. 0,05.
REGIONE VII. 135 CIVITELLA S. PAOLO
Tomba XXIV (a camera). Simile e contigua alla precedente, essendone sepa-
rata da un diaframma di tufo dello spessore di m. 2. La camera, pure dalla volta sprofon-
data, era di forma quadrata, con m. 2,65 di lato, alta m. 1,80, con il piano alla profon-
dità di m. 4 da quello di campagna. La porta d'ingresso alla tomba era larga m. 0,75,
alta m. 1,45. Numero e disposizione dei loculi, identici a quelli della camera precedente.
Essi erano in origine chiusi da tegole.
Sul piano della tomba si rinvenne quanto segue:
Pellke di argilla a vernice nera, con anse verticali a nastro. Intorno alla pancia corrono
due fasce orizzontali su cui incedono da una parte e dell'altra due figure muliebri amman-
tate, abbozzate appena, in color rossastro applicato, tra volute. Intorno al collo del vaso
corre un serto di foglie lanceolate e una corona di perline. Alt. m. 0,08.
Lékythns ariballica a vernice nera, con ansa verticale a nastro. Sulla pancia palmetta
tra volute stilizzate. Alt. m. 0.09.
Olletta verniciata, a fondo piano, senz'anse. Alt. 0,06.
Orcitioletto di argilla pallida grezza, con ansa verticale a bastoncello e orlo svasato.
Alt. 0,045.
Altro simile verniciato, con ansa verticale a nastro. Alt. e. s.
Bromo.
Braccialetto di filo tondo, tornito.
Ferro.
Palla sferoidale con appendice troncata, diam. \r>7
Vetro.
Acino cilindrico di collana in pasta vitrea azzurra, con occhi in rilievo di colore
giallo e turchino, cerchiato di bianco. Alt. 0,018 ; diam. 0,012.
Conclusioni.
11 gruppo di tombe esplorate nell'estate 1920 in località Monte S. Martino rimane
tutto quanto compreso nell'area notevolmente ristretta di un quadrato di metri due-
cento circa di lato, non tenendo conto delle ultime due tombe, rinvenute, come si è detto,
a notevole distanza dalle altre. I /esplorazione ha quindi permesso di constatare ancora
una volta la densità ragguardevole delle tombe nella necropoli ; e di rilevare la mesco-
lanza di tombe antichissime, con ceramiche d'impasto più o meno grezzo, insieme a
tombe del periodo più recente, degli ultimi secoli della Repubblica, tutte a inumazione.
Le tombe esplorate della prima categoria, in numero di dieci, sono ordinariamente a
fossa, con loculo scavato lateralmente per la deposizione della suppellettile funebre ;
si osserva però insieme la presenza di qualche semplice cameretta primitiva, con loculi
irregolarmente ricavati nel banco di tufo. Le camere sepolcrali del periodo più recente,
CI VITELLA S. PAOLO 136 — REGIONE VII.
invece, sebbene di forma semplicissima, sono scavate a regola d'arte, con loculi
sepolcrali, ampi, regolari e uniformi. Xon manca il caso di ipogei sepolcrali, come quello
della tomba XXI, in cui l'ingrandimento notevole della tomba, forse non tutto in una
volta eseguito, ha prodotto un tipo di ipogeo abbastanza complesso, con camere sepol-
crali sviluppate su diversi assi. L'escavazione di frequenti ed ampie camere sepolcrali,
con corridoi d'ingresso di un'ampiezza proporzionata a profondità considerevole, ha por-
tato di conseguenza la distruzione totale o parziale di tombe a fossa antichissime con
relativi loculi, praticate a una profondità dal piano di campagna molto inferiore. Nes-
suna delle tombe esplorate, si può dire, è stata trovata intatta, poiché tutte presenta-
vano tracce di depredazioni avvenute anche in tempi remoti. In tutte le tombe, però,
si sono trovati avanzi più o meno notevoli della suppellettile funeraria, sufficienti quali
indizi cronologici dello sviluppo della necropoli.
Il materiale arcaico rinvenuto consta essenzialmente di ceramiche d'impasto scuro
ingubbiato, spesso adorne di graffiti geometrici stilizzati, di rado interamente lisce.
Kari gli esempi di ceramiche con motivi ornamentali semplicissimi, dipinti a latte di
calce sulla superficie naturale del vaso. Forme vascolari e disegni geometrici sono quelli
comuni del materiale ceramico noto nell'Agro Capenate. Rari i buccheri fini, contempo-
ranei dei primi vasi greci importati, che però, a cominciare dai piccoli vasi corinzi pri-
mitivi, mancano affatto. Comunque, l'età della necropoli primitiva difficilmente può
scendere più giù del VII secolo avanti Cristo.
Molto più ricca e variata la suppellettile delle tombe a camera della necropoli
più recente, dove è sporadica la presenza di ceramiche verniciate, con misere tracce
di decorazioni figurata (personaggi ammantati) e floreale (semplici palmette), in color
rosso talora applicato. Sono questi gli ultimi echi della ricca ceramica figurata d'imi-
tazione greca e falisca, quali si riscontrano in tutta l'Etruria meridionale circa la fine
del III secolo. Ma la grandissima maggioranza delle tombe della necropoli recente di
Monte S. Martino, va collocata tra il II e il I secolo av. Cristo. Quivi sono notevoli
la ricchezza e l'eleganza di oggetti, particolarmente di uso personale, di varia materia :
bronzo, alabastro, terracotta. In mezzo alla suppellettile di bronzo sono degni di nota,
oltre agli specchi tondi a superficie convessa, con abbondanti tracce della brunitura
originaria, i vasi di lamina, specie di oinockóe, a pancia larga e schiacciata ed alto collo
cilindrico, con doppie anse verticali, terminanti in motivi ornamentali finissimi. Per
snellezza ed eleganza di forme sono da segnalare anche gli strigili in bronzo. Vengono
quindi gli oggetti di alabastro, specialmente di uso muliebre, fusi ed aghi crinali, bal-
samarì di tipo comune ed anforette, notevoli per eleganza e perfezione di tecnica,
nonostante la piccolezza delle forme. Di terracotta taluni esemplari di piccole coppe,
nelle'quali si osserva colla massima evidenza la imitazione aggraziata di modelli in
metallo (lamina di bronzo o di argento). I rari esemplari di terracotte fine a rilievi sem-
brano preludere alla produzione delle, fabbriche ceramiche aretine.
Piuttosto frequente il rinvenimento di piccole maniglie tornite e toppe di serra-
ture in bronzo, appartenute a mobili del tutto scomparsi, certo delle cassettine di legno
interamente ridotte in polvere. Coteste cassettine, di una forma, a giudicare dai fini-
menti in bronzo, elegantissima, sul genere di quelle che spesso si veggono riprodotte su
ROMA — 137 — ROMA
vasi figurati dell'Italia meridionale, dovevano far parte del munius muliebrìs e contenere
oggetti di uso femminile, adempiendo lo stesso ufficio delle ciste bronzee, più antiche,
della necropoli di Preneste.
Costante è infine la presenza della phiàle o pàtera di bronzo liscia nelle tombe della
necropoli recente. A un tale oggetto sembra corrispondere nella necropoli primitiva
la patera ombelicata e baccellata d'impasto, a spesse pareti. I due oggetti del medesimo
tipo sembrano rispondere ad esigenze funebri rituali e rappresenta una delle persistenze
del costume funerario che si notano nelle due necropoli intersecate l'una all'altra sul colle
di S. Martino, con un intervallo di quattro o cinque secoli.
G. Bendinelli.
XII. ROMA.
Via L africana (odierna Casilina). Sulla destra dell'antico tracciato della via
Labicana, al di là della linea dell'acquedotto Claudio (oggi dell'acqua Felice), nella
già vigna di S. Marcello, la Cooperativa edilizia « Casa nostra » dell'Impresa Unione Edi-
lizia Nazionale, nel praticare le escavazioni per i cavi di fondazione di alcuni edifici ad
uso di abitazione, ha incontrato un notevole tratto di grossa muratura a laterizio di solida
struttura, dello spessore di m. 1,18 (v. fig. 1). L'antico muro corre in direzione quasi
parallela all'acquedotto Claudio ed accenna ad un andamento curvilineo.
Trattasi con tutta probabilità di un tratto dell'ossatura dell'anfiteatro degli horti
Variani trasformati in parco da S. Vario Marcello, padre dell'imperatore Eliogabalo,
il quale li ingrandì e li rese dominio imperiale. Denominavansi anche horti Spp/i Veteris,
dall'antico tempio della Speranza che sorgeva presso l'attuale porta Maggiore. Furono
tagliati in due dalla costruzione delle mura di Aureliano ; nella parte al di fuori delle
mura sorgeva appunto l'anfiteatro la cui spina era ornata dall'obelisco con geroglifici
egizi di imitazione romana che ai tempi di Antonio da Sangallo junore, fu rinvenuto
rotto in tre pezzi nella vigna di un tale Girolamo Milanese, nel luogo della scoperta
del suddetto tratto di muratura. L'obelisco, che reca i cartelli reali di Adriano e di Sa-
bina e l'elogio di Antinoo, proviene forse dalla villa Tiburtina di Adriano o da una
memoria sepolcrale di Antinoo sulla via Labicana, e fu quivi trasportato da Eliogabalo
per decorare il suo circo. Fu rimosso e restaurato nel 1570 dai fratelli Curzio e Mar-
cello Saccoccia, nuovi proprietari del fondo, come ricorda una lapide murata in uno
dei propinqui fornici dell'acquedotto Felice ove il circo è detto cimis Solis, e poi da
Urbano Vili collocato nel palazzo Barberini. Donato da questa famiglia a Clemente XIV
fu trasportato al Vaticano, nel giardino della Pigna, ove giacque negletto fino al 1822,
quando Pio VII lo fece innalzare nella pubblica passeggiata del Pincio.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX, 18
ROMA
— 138 —
ROMA
Le ulteriori escavazioni permetteranno di fare gli opportuni rilievi del monu-
mento e di dirimere la questione se l'edificio ove ergevasi l'obelisco fosse, come è più
probabile, realmente il circo Variano ovvero il sepolcro cenotafio del giovane Antinoo,
il favorito dell'imperatore Adriano (l\ Ho creduto intanto utile dare questo prelimi-
nare accenno della scoperta.
Fio. l.
*
* *
In località Mammella, e precisamente sulla sinistra della via Casilina, di fronte
alla stazione delle ferrovie vicinali di Tor Pignattaio, nel fare i lavori di escavazione
per praticare una cantina nello stabile ad uso di abitazione di proprietà del sig. Antonio
Aeetelli si rinvenne, a circa m. 3 di profondità dal piano di campagna, un grande sar-
cofago di marmo lunense, lungo m. 2,42, alto m. 0,98, profondo m. 1,10, scolpito sol-
tanto sulla fronte ove è la seguente rappresentanza (v. fig. 2). .
Sulle onde marine increspate, ove affiorano teste di delfini natanti, nuotano gio-
condamente, affrontati due a due, quattro centauri marini (irht>jor<>nlauri), ciascuno dei
quali trasporta sul dorso una Nereide. I centauri marini, a forma di uomo nella parte
superiore del corpo fino al pube, hanno le zampe anteriori di cavallo, mentre inferior-
mente terminano in una lunga coda di mostro marino (pistrix o pristis), con pinne
(*) Ct'r. Hulsen, Dos Grabdes Alitinoti*, Miltheil.d. Archimi. Insta., XI, 1896, pag. 122; 0. Ma-
rucchi, Gli obelischi egiziani di Bontà, 1KI8, pag. 187 segg.
ROMA
139
ROMA
natatorie ed a squame frangiate. Soltanto l'ultimo centauro marino di destra mostra la
fine della coda bifaloata a tre punte, in alto, sotto l'Erote con la face. I due centauri
marini componenti il gruppo di sinistra, sono rappresentati barbati e di età matura,
mentre i due di destra sono giovani. Le Nereidi sono nude ; i loro manti svolazzano sulle
spalle formando quattro graziosi archi che ne incorniciano bellamente le teste. Il primo
centauro marino di sinistra è volto a riguardare amorosamente la Nereide che l'abbrac-
cia, e regge con la destra una lunga conchiglia tortile (bucina o concha) e con la sinistra
una cista munita di coperchio che ne cela il misterioso contenuto. Quello che segue
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Fig. 2.
tiene con la sinistra una cetra (chiihara) e con la destra il piccinini. Il primo del gruppo
di destra suona il doppio flauto e l'ultimo riguarda sorridendo la Nereide che cinge con
la sinistra mentre la destra regge un oggetto indistinto a foggia di bastone, rotto nella
parte superiore, ove terminava in curva, e nell'inferiore (strumento musicale o lagobo-
hn?)\ le fratture sono visibili sul manto della Nereide e sulla coda del centauro
marino che precedono. La scena notturna è illuminata dalle faci rette da due Eroti agli
angoli superiori della fronte. Altri tre Eroti arrecano ghirlande alle Nereidi. Quello
di sinistra già si è approssimato alla Nereide che ò in atto di ricevere con la destra la
ghirlanda. La Mereide di sinistra l'ha già ricevuta e la regge con la sinistra poggiata
sulle spalle del centauro marino. Il nuovo sarcofago è notevole per l'abilità dell'arte con
la quale è eseguito e per la bella disposizione delle figure. Veramente degni di osser-
vazione sono i due centauri marini di sinistra ; il volto, la capigliatura, la barba ed il
vigoroso torace suscitano nella mente la figura di Ercole. L'esecuzione accurata e la
foggia dell'acconciatura dei eapelli delle Nereidi, che ricorda quella di Faustina juniore,
di Lucilla e di Crispina, fanno risalire il sarcofago all'ultimo quarto del II secolo del-
l'impero.
nOMA
— 140 —
ROMA
I sarcofagi già noti che più si avvicinano a] nostro per il soggetto e per la dispo-
sizione delle figure sono quelli Mattei, Giustiniani ed Aldobrandini (*). Il nuovo sar-
cofago va ad aggiungersi alla numerosa e svariata serie di analoghe rappresentanze
simbolizzanti il passaggio delle anime dei defunti da questa all'altra vita, trasportate
da una forza sovrumana a traverso l'oceano, al di là degli orizzonti terrestri, all'eterna
dimora dei beati. È stato immesso nel R. Museo Nazionale Romano delle Terme.
Si rinvennero inoltre frammiste alla terra, oltre ad alcuni frammenti di sarcofagi
e di fregi marmorei, le seguenti iscrizioni funebri :
1) lastra marmorea seorniciata 2) frammento di lastra marmorea
frammentaria (m. 0,26X0,38X0,04): scorniciata (m. 0,36X0,48X0,04):
, p • A-R-V.-t.. •
RVS • PATRONVS
ET-COLLIBERTVS
ALVMNO
•BENE
MERENTI ■
FECIT
Ttt)
.iiT- ARRVNTIAÌ
^TrFLA V I O • H A M I L L O l
DVLC • ET • FLAVlS • ZENOBL; o et
ERODITI • PARENT ■ LIB • LIB Wfc.
SVIS • POSTERISQ.^ E OJrum
H • M- H- N • S /
IN-FR- P-XII- IN -AGr p... .
3) Stele marmorea in due pezzi
(m. 0,46X0,24X0,06):
4) piccola targa marmorea (ni. 0,21
0,17X0,03):
D • M
L- POLLI -RESTI
TVTI • VIXIT
ANNIS • XI • ME
NSIBVS • II • DI
EBVS • XX • FÉ
CIT • POLLIVS
HYPATVS
ALVMNO
SVO
D M
A-PRAESEN
TIVS • EVTYCH
VS • ELEVTHE
RO • FRATRI
BENEME
RENTI
5) parte di lastra marmorea scorniciata, con timpano recante una protome
muliebre e cornucopia (m. 0,40X0,28X0,05):
dis
m
ANIB VS
YNO
OSYNEFILIO
ET-CAMPANVS
fee ERVNT-ET-SIBI
VA-XXV-M-IX-D XV
infr.p... IN-AGR-P-X
(!) Matz e Duhn, Antike Bildwerke in Rom, n. 31G9, 3197, 3207 ; cf. S. Reinach, Réperioire des re-
ìicfs. III, pag. 167, 258, 302.
ROMA — 141 — ROMA
Venne infine in luce un cippetto marmoreo funebre (m. 0,70 X 0,34 X 0,28) con
base e cimasa ricavata ; sul' timpano è scolpito un busto muliebre con ai lati due ge-
metti che sorreggono un panneggiamento che ricopre il busto nella parte inferiore. Ai
lati sono rappresentati due uccelli che si beccano.
* *
* *
Al 3° km. circa della via Casilina, presso il mausoleo costantiniano di S. Elena a
Torpignattara ed il cimitero dei SS. Marcellino e Pietro, sono stati eseguiti sterri per
la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, dedicata ai detti santi. Escavandosi nel
luogo ove sorgerà l'annessa sacrestia, a m. 1 circa di profondità dal piano di campagna,
si è incontrato un tratto di muratura di età tarda, nel quale erano stati messi in opera
alcuni frammenti di cippi e di stele funebri, appartenenti tutte al sepolcreto degli equ '-
tes singulares che, come è noto, si estendeva precisamente in quella località, in antico
predio imperiale denominato ad duas lauros od inter duas lauro» (Tertull., apolog. 35),
od anche in comitatu, denominazioni che indicano essere stato in quel luogo una villa
con residenza imperiale. È noto che vi fu ucciso l'imperatore Valentiniano III (a. 45.")).
Gli equites singulares erano una milizia scelta istituita dall'imperatore Xerva in
sostituzione dei custodes eorporis Augusti e poi soppressa da Diocleziano, reclutata fra
gli equites auxiliares, in specie delle provincie settentrionali. Godevano il privilegio
della sepoltura gratuita in proprietà imperiale. Assumevano nel nome il gentilizio im-
periale ed erano considerati milizia di primo rango dopo i pretoriani. Avevano diritto
ad avere a spese dello stato un famiglio ed un cavallo, e per l'appunto l'uno e l'altro
sono spesso rappresentati, scolpiti nelle stele e nei cippi funebri degli equite" singula-
res (*). Erano posti in congedo dopo 25 anni di servizio. Avevano a capo due tribuni
ed i militi erano pareggiati al grado di centurioni. Erano armati di scudo ovale, di lancia
e di spada. I loro alloggiamenti urbani furono scoperti nell'anno 1885 eseguendosi
gli sterri per il nuovo tracciato della via Tasso (a).
I nuovi frammenti epigrafici relativi agli equites singulares, già facenti parte di
cippi e di stele funebri violentemente spezzati, sono i seguenti (3) :
(!) Cf. Amelung, Die Skulptureti d. Vatic. Mus., 1, pag. 2<'4 spgg.
(*) R. Lanciani, Oli alloggiamenti degli equites singulares, Bull. d. Comm. Arch. Commi, 1885,
pag. 137 segg.
(») cf. C. I. L., VI 3173 segg., 3912 segg., 32783 segg.; Notizie degli Scavi, 1996, pag. 525;
1898, pag. 112; 1906 pag. 208 seg.; Bull. d. Comm. Arch. Commi., 1897, pag. 64 aeg.; Ephemeris
epegraphica, IV, 935.
HOMA
142 —
ROMA
1) frammento di cippo marmoreo
(m. 0,21X0,53X0,25):
2) id. id. (m. 0,34X0,20X0,31):
-i~v-\
EQ • SI
MILIT
VIX • A
P • AEL
C • IVL
SEC- H • A mico carissimo
ng(..
a un.
nn . .
ius . .
ius . .
7 sec(undas) h(eres)
3) parte di cippo marmoreo ornato
di colonnina tortile all'angolo (m. 0,54
X 0,34 X 0,24) :
4) frammento di cippo marmoreo
(m. 0,13X0,34X0,28):
N A T • D A L M A T us . . . vix. ami.
XXXI IX • MI L'-j ami
VARRÒ • H-ET
S E C V N D ■ H ■ Aiwu'co carissimo
F A C [ cur.
P O S I T V S • E S) /
es F R A TJ
v. 3, h(eres)
v. 4, secund(us) h(eres)
ci. M-
res TIT V TO . . .
cu RATOR^. . .
. . noi. no RICO- DÌomo
vix. a NNXXx' . . .
t. \VR-AVr. ..
I M E S /( . . .
\T AT/ . . .
ami\c O / f. e.
5) id. id. (m. 0,30X0,21X0,35):
6) id. id. (m. 0,45 X 0,12 X 0,23) :
. . . eq. sin£i • C V\
nalXOU E • N O ricus ilomo CI.
v/IRVNO- VIX- a( rara
MILIT • AN- Xv/
SIMPLICIO
i
ardi (?)
.V/kl-HE^relius. ..
vix. an I^XL I • M I^L ann.
si MILIS^
a
ROMA
— 143 —
ROMA
7) id. id. (m. 0,20X0,24X0,24):
eq. s»^N G
f AVS
...vix. min. /XXXVI
«ig 'À I F • H
amico ca RISSI
ino el pienti S S I M O
v. 4, [sig]nif{er) h{eres)
8) frammento di stele marmorea
(m. 0,38X0,24X0,14):
RMI-FI R
. . dee / V R I O • E Q. ying,
r>r> lvi i v
9) id. id. (m. 0,28X0,20X0,13):
IO
.cre^/'C ENTI
. nrty ■ CVSJ-
v. 3, [ar[m(prum) custfos)
10) frammento di cippo marmoreo
(m. 0,25X0,30X0,23):
9 /ES Q.
H E R
e VRA.VIT
T
v. 3, [s[esq(u plicarius) : milite che
per meriti speciali godeva di una paga
pari a quella spettantegli, aumentata
della metà (Veget., de re milil., 7).
11) id. id. (m. 0,38X0,15X0,24):
d.
SORI-S Et
. eq. sin'-C' T \ìJr
12) id. id. (m. 0,14X0,22X0,39):
.^t-M El . .
eq. si r|l G • A Vj gr .
VIS'//
13) id. id. (m. 0,16X0,12X0,24):
14. id. id. (ni. 0,16X0,23X0,36):
j
T-F
A L
J.
c-T
ROMA
— 144 —
ROMA
15) id. id. (m. 0,32X0,21X0,27):
16) frammento di stele marmorea
(m. 0,10X0,24X0,11):
N Kit.
A-X .
SE/ .
/
Via Prenestina. Sulla via Prenestina, tra Tor de' Schiavi e Tor Tre Teste,
appena oltrepassato iJ V km., circa 100 m. al di là del fosso di Centocelle, nella località
detta Pedica di Tor Tre Teste, in terreno di proprietà del sig. Giovanni Angelini di Cai-
soli, eseguendosi lavori di aratura per la maggese, sono stati messi in luce, a m. 15 sulla
sinistra della via, le tracce di un monumento sepolcrale di forma quadrata, consistenti
nelle fondazioni ed in grandi parallelepipedi di peperino e di travertino già rimossi in
antico. Ne faceva parte anche un blocco squadrato di marmo bianco scorniciato, alto
ni. 0,59, largo ni. 1,18 e profondo m. 0,24, che reca sul davanti ia seguente iscrizione
in belle lettere capitali del I secolo dell'impero, con interpunzioni di fonua triangolare :
DVETVRIVS-D-L-ATTICVS
PVRPVRAR • DE • VICO ■ IVGAR
VETVRIA-DL TRYPHERA
ARBITRATV
Il defunto D. Veturius l). I. Atticus esercitava la professione di purpurar(ius),
era cioè negoziante di stoffe purpuree e tintore ed aveva la sua officina nel vicus Iuga-
rius. Questo vicus centralissimo attraversava la Vili Regione augustea avendo inizio
alle falde del Capitolio, fra il templum Saturni e la Basilica lidia, e terminava alla porta
Carmcntalis, presso il Forum holilorium. La sua denominazione secondo Festo (ap. Paul.
Diac. p. 104) derivava dal fatto quod ibi fueral ara Iunonis Iugae, quam putabant matri-
monium iungere. Il mestiere di purpurarius era di preferenza esercitato da liberti o
discendenti di liberti di origine orientale ; per l'appunto il nostro D. Veturio Attico era un
liberto di origine grecanica. Altri purpurarii esercitanti la loro arte in Roma sono men-
zionati nei titoli urbani C. I. L., VI, 9843-9848 ; di uno si sa che era de vico Tusco (C.
I. L., XIV, 2433, Marino), di un altro che era a Transtiberim (sic) (C. I. L., VI, 9847).
È nota la lapide, sepolcrale, di un purpurarim parmense, con scolpiti gli utensili del me-
stiere (murata nello scalone del palazzo Farnese di Parma ; C. I. L., V, 1069 a).
La tomba sulla via Prenestina fu eretta arbitratu di Veturia D. I. Tryphera, molto
probabilmente moglie del defunto. La formula arbitratu si riferisce all'esecuzione della
tomba, dandosi nel testamento facoltà all'erede di erigerla a suo beneplacito e volontà,
mentre la formula cura indica che l'erede o fiduciario doveva attenersi strettamente alle
preciso disposizioni testamentarie.
G. Mancini.
REGIONE I. — 145 — S.MARIA CAPUA VETERE, SORRENTO
Reoione I (LAT1UM ET CAMPANIA).
CAMPANIA.
XIII. SANTAMARIA DI CAPUA V£TERE — Nuovo titoletto funebre.
11 26 ottobre 1921 eseguendosi un cavo di fondazione nel giardino di tal Giuseppe
Majorana in Santamaria di Capua Vetere, in via Albana 13, è stata messa in. luce una
lastra marmorea di m. 0,50 X 0,27, la quale in una specchiatura assai semplice costi-
tuita da un listello e da un cordoncino reca l'iscrizione :
D • M
VÀRIAE • SATVRNINAE
CVM • Q.VA • VIX • ANN • XXXII
L • VARIVS • EVANTHES • CONIVG
RARISSIMAE
,Le lettere abbastanza eleganti dei secoli I— II d. C. sono alte rispettivamente
35, 34, 27, 29 e 26 millimetri.
Dal calco sembra che manchi la i terminale della parola coniugi. Il gentilizio Va-
rius si trova già più di una volta rappresentato nelle iscrizioni di Santamaria.
S. Aurigemma.
XIV. SORRENTO — Rinvenimenti in località Panano.
Eseguendosi gli sterri per la gettata delle fondamenta di una casa che il signor Silvio
Salvatore Gargiulo costruisce in località Parzano presso la antica porta che conduce
a Massa, si sono rinvenuti nei mesi di gennaio-febbraio 1922, alla profondità di circa
metri sei e mezzo dal piano di campagna, alcune poche tombe alla cappuccina, e tre o
quattro tombe a cassa con sponde in muratura e copertura di tegoloni. In una sola
tomba si è rinvenuto, accanto al cadavere, un rozzo orceolo.
Nel terreno si è raccolta una lastrina di marmo alta m. 0,55, superiormente ter-
minata a disco, grezza nella parte inferiore destinata ad essere infitta nel terreno.
La lastrina, oggi conservata in casa Gargiulo, reca in lettere di buona epoca la iscrizione
CVRSOR
CLAVDIAE-CAPI
TOLINAE • DISP
VIX • AN • XXIX
Le lettere sono alte rispettivamente mm. 26, 19, 19, 17.
Nel terreno di riporto si è anche rinvenuto un frammento di puttino marmoreo,
privo della testa e delle braccia, grandemente scheggiato nel resto della figura, rappre-
sentato sedente e con le gambe flesse, le quali sono in parte coperte da un hi/mation.
H frammento, dell'altezza massima di m. 0,37, è di pessima fattura.
S. Aurigemma.
Notizie Scavi 1922 — Vi»!. XIX. 19
NOCERA INFERIORE 146 — REGIONE I.
XV. NOCERA INFERIORE — Rinvenimento di una iscrizione fu-
nebre latina in via Bosco Lucarelli.
Dal E. Ispettore onorario dei Monumenti di Nocera, Enrico Guerritore Broya, si
ha notizia che il 22 agosto 1921, eseguendosi dei cavi di fondazione per la costruzione
di una casa nel fondo rustico che un tempo apparteneva alla nobile famiglia Longo-
bardi ed è ora del sig. Giuseppe Gambardella, di fronte al palazzo municipale in Via
Bosco Lucarelli di Nocera Inferiore, sono state rinvenute a circa 4 metri di profondità
dal piano stradale due tombe con sponde in muratura coperte da larghe tegole. Nelle
tombe null'altro si è rinvenuto fuorché degli scheletri e una piccola anfora andata rotta
e distrutta ; è stata poi recuperata una tavola marmorea di ni. 0,55 X 0,30, che reca
l'iscrizione (t)
D • M s
A • GABINIO
HELIO • QJ/I
VIXIT • ANNOS
LXV-MENSES
Villi • DIES • XV
HELPIS CONIV
Gì • B • M • F
La tavola iscritta è stata depositata nel Palazzo Comunale di Nocera Inferiore.
S. Aurigemma.
(t) Di essa dà anche notizia Gennaro D'Alessio, Un'Epigrafe funeraria in Nocera Inferiore,
in Archivio storico della provincia di Salerno. Salerno, Spadafora, anno I (1921), pag. 266-267.
REGIONE III. — 147 — MONASTERACE MARINA
Regione III (LUCANIA ET BRUTTI1).
(Cfr. Notizù 1921, pp. 467-496).
XVI. MONASTERACE MARINA — Deposilo di terrecotte architetto-
niche templari.
Dopo la mia grande pubblicazione su Celidonia (in Montini. Ani Lincei voi. XXIII,
1915), la quale ha definita la controversia sull'ubicazione della città, nella primavera
del 1916 l'ispettore onor. marchese A. Lucifero richiamava la mia attenzione sopra
una casuale scoperta avvenuta a mezzodì della città sul colle denominato Tersenale o
Passoliera, piantando un vigneto. È merito del sullodato ispettore di aver messo in salvo,
col tempestivo intervento suo e della Soprintendenza, un Complesso di terrecotte archi-
tettoniche, che io non esito a proclamare il più bello e sontuoso di quanti ci ha dato
la Calabria e che rivaleggia colle superbe sime fittili di Metaponto, illustrate dal De
Petra ed ora al Museo di Potenza (*).
Sulla collina di Tersenale, dove avvennero le prime scoperte, si condusse nel mag-
gio 1916 una breve campagna, diretta a stabilire se vi fossero colà le tracce del tempietto
o santuario, a cui le terrecotte dovettero appartenere ; ma quel colle da circa due secoli
era stato messo sottosopra da lavori agricoli, ed ogni avanzo lapideo venne sman-
tellato ed asportato, dato che nel sottostante villaggio di Monasterace -Marina manca
assolutamente la pietra, avidamente cercata ovunque. Per due settimane la cresta
della collina venne sondata in tutti i sensi ma invano. Si segnalarono soltanto
debolissime tracce di rozze fondazioni e qualche rara pietra modanata. Le terrecotte
vennero tutte raccolte in un'area assai ristretta di metri 6.00 X m. 7.00, ed in un
cavo espressamente aperto nell'alluvione geologica vergine del colle. Le terrecotte vi
erano state scaricate senza un ordine speciale, e si ebbe l'impressione, qui vi fosse
una specie di deposito di materiale messo fuori uso, e deliberatamente celato in una
specie di favissa, derivante da un tempietto suburbano di poco anteriore alla metà
del sec. V, con scarsi elementi più arcaici, del VI sec. Si dedusse da ciò che già
nell'antichità il piccolo santuario avesse subita una prima parziale rifazione e più tardi
una seconda generale, cosa di cui in molti altri luoghi si ha riscontro. La serie più
cospicua, così per bellezza come per numero, delle placche ripetute, è data dalla sima
grondaja dei lati lunghi con grandi maschere leonine a mezzotondo, e dalla corrispon-
dente sima rampante dei frontoni senza maschere, ma come la prima adorna di pal-
mette e fior di loto a colore ; sotto una cornice a meandro, foglie ed astragali. Dimensione
dei pezzi a gronde cm. 53 X 30 (fig. 1).
(') Il geiìson del tempio di Apollo Lycio a Metaponto (Napoli, 1895).
MONASTERACE MARINA
— 148
REGIONE III.
Di una seconda cimasa molto più bassa con palmette e fior di loto a rilievi colo-
rati e con fori per lo scorrimento delle acque del tetto si ebbero pure campioni numerosi
e bellissimi (fig. 2).
Fio. 1.
Fio. 2.
Accanto a questi due tipi prevalenti furono scarsi i frammenti di una cassetta con
meandro e treccia, ed altri di forme rare od uniche. Bellissimi frammenti di palmette
acroteriali angolari non si pervenne ancora a stabilire a quale parte precisa dell'antico
REGIONE III.
— 149 —
LAZZARO
edificio spettassero. Il terreno circostante al deposito venne sondato in lungo ed in largo
da trincee, senza raccogliere una bricciola né di vasellami, né di terrecotte figurate di una
stipe sacra. Così il santuario rimane adespoto ed avvolto nell'oscurità. Ma la superba
bellezza delle terrecotte ricuperate ci compensa in qualche guisa della completa distru-
zione di esso. Tale materiale è ben meritevole di una speciale pubblicazione nei Monu-
menti Antichi dei Lincei, ampiamente corredata di tavole.
XVII. LAZZARO (Frazione del comune di Motta S. Giovanni).
In seguito a violenta alluvione del 26 nov. '19, veniva messa in vista e squarciata
una tomba racchiudente, con deboli tracce dello scheletro, anche alcuni minuscoli og-
getti d'oro, in parte salvati ed in parte trafugati. Avvertito dalla Prefettura di Reggio
che molto popolino accorreva sul luogo per raccogliere le quisquiglie di oro, apparse in
mezzo alla terra franata e dilavata, disposi che subito si recasse sul luogo per una in-
chiesta l'ispettore onor. prof. cav. Morabito Calabro, che assolse il suo compito colla
consueta solerzia, ed è appunto da un suo lungo rapporto che io stralcio gli elementi della
presente nota. La tomba fu scoperta un km. a sud della stazione di Lazzaro, ad un 50
metri dal mare, in proprietà Maròpati. Essa aveva la forma, consueta in quel di Reg-
gio, di una cassetta rettangolare (1. m. 1.65 X 0.68) di robusti mattoni, ognuno delle
dimensioni di cm. 68 X 67 X 7 ; tre coppie di essi, disposti a piovente ne formavano
LAZZARO 150 — REGIONE III.
la copertura. L'assieme era poi avvolto da un conglomerato di calce e pietrisco dello spes-
sore di cm. 40, come si vede dalla unita sezione eseguita dal prof. Morabito. L'individuo
composto nel sepolcro, a giudicare dalle dimensioni di questo, dovette essere una fan-
ciulla di assai giovane età, incirca dodicenne. Essa era decorata al momento della
tumulazione da molte piccole oreficerie ; nello squarciamento del sepolcro dovuto all'al-
luvione queste in buona parte vennero trafugate da chi primo le avvistò, e solo in pic-
colo numero ricuperate dai RR. Carabinieri ; ed altre si ebbero dalla esplorazione defi-
nitiva del sepolcro. Ecco l'elenco del materiale ricuperato, ad illustrazione del quale giova
la fig. 4. Anelletto d'oro per bambina con 5 alveoli vuoti ; nel principale era inserita una
pietra a doppia piramide, chiara e diafana, che s'era staccata : b\ una sessantina di mi-
Fio. 4.
nuscoli tubetti in lamina pure di oro la cui lunghezza varia da nini. 5 ad 8 ; e) una peretta
d'oro sferica, incompleta e schiacciata, munita di appicagnolo e con qualche decorazione
nella sfera, ottenuta a stampo od a martello ; ff) frammentino di catenella formato di ó
calotte semilenticolari, legate nel rovescio da magliette ; e) ò pendagli di collana formati
da perle prismatiche in plasma di smeraldo, infilate in gancetti di filo d'oro ; codeste perle
oltre che come pendagli si possono interpretare anche come elementi di una collana;
f) due altri piccoli elementi riprodotti nel nostro disegno (2a riga, fig. all'estrema destra).
Codeste oreficerie per la loro piccola mole, ed assieme alle misure del sepolcro, al-
ludono ad una giovinetta di età ancora tenera. Il corredo dovette essere ricco e svariato,
e noi non ne abbiamo recuperato che dei poveri brani. In concomitanza alla struttura
della tomba, che si direbbe ellenistica, ritengo anche le oreficerie di età piuttosto greco-
romana che ellenistica pura. Manca il modo di procedere a confronti decisivi attesala loro
frammentazione, e la mancanza di elementi con note stilistiche spiccate (*). Il terreno
circostante al luogo della scoperta casuale meriterebbe una più attenta esplorazione.
(') Si paragoni tuttavia Marshall, Catalogne of jewellery in the British Muscum (London, 1911)
tav. LVII, n. 2743 A. C. ; C. Smith & C. A. Hutton, Catalogne of the collection Wyndham Francis Cook
(London, 1908), voi. II, tav. Ili, 3.
REGIONE IH. — 151 — REGGIO CALABRIA
XVIII. REGGIO CALABRIA — Scoperte negli anni dal 1911 al 1921.
Questa relazione prende un'estensione inusitata, sia per i termini di tempo che
abbraccia, sia per l'entità dei fatti segnalati ; e ciò, malgrado io abbia cercato di conte-
nerla entro i limiti strettamente necessari. Essa vuol anche essere una risposta serena
ed obiettiva a voci soventi volte diffuse in giornali politici locali, che il Ministero della
P. I., e la Soprintendenza degli scavi calabresi si fossero completamente disinteressati
delle cose archeologiche della città, abbandonando alla mercè di appaltatori poco scru-
polosi e di operai avidi le scoperte che avvenivano nei lavori edilizi. Tale ingiustificato
rimprovero viene luminosamente smentito dalla realtà ed entità dei reperti. che qui si
espongono. Certo la lotta sostenuta dalla Soprintendenza in un periodo di radicale rin-
novamento edilizio di una città, che risorge dalle fondamenta dopo un tremendo disas-
trosi cui l'eguale non ricorda la storia, non fu né piccola ne facile; interessi materiali,
talvolta gravissimi, vennero sovente in collisione colle direttive dell'Amministrazione
archeologica, che voleva anzitutto conoscere ogni scoperta, salvare quanto era possibile
degli oggetti mobili, e di antichi edifici quel tanto che per importanza speciale meritasse
davvero di essere conservato a ricordo della Rhegium greca e romana. In tale aspra e diu-
turna lotta qualche cosa è ben possibile sia sfuggita. E qui sento il dovere di dichiarare,
che accanto all'opera solerte del locale ispettore onor. prof. cav. Francesco Morabito (*),
Municipio, Genio Civile ed Ufficio del Piano Regolatore hanno fatto del loro meglio per
venire incontro ai desideri della Soprintendenza e per cooperare all'opera sua. I lavori
d'isolamento e di sistemazione delle mura greche alla Marina importarono circa 200
mila lire ; quelli per l'Odeo circa 25 mila lire ; le varianti introdotte nel nuovo edificio
del Genio Civile per conservare negli scantinati porzioni di un edificio romano intorno
a 95 mila lire. Siffatti ingenti sacrifici che la nazione intera ha sostenuto sulle addizio-
nali per il terremoto è bene sieno noti, e qui solennemente affermati.
Scoperte nelle fondazieui del nuovo Banco di Napoli. —Nell'estate del 1920 impor-
tanti scoperte nelle fondazioni della nuova sede del Banco di Napoli richiamarono l'at-
tenzione dell'Ispettore locale e della Soprintendenza di Siracusa ; in mia assenza fu
ripetute volte sul luogo per vedere e per riferire il prof. Sebastiano Agati, dal cui rapporto
desumo gli elementi fondamentali di questa nota.
Lo sbancamento della enorme massa di terre per dar posto alla platea di fondazione
del nuovo edificio ha messo in luce verso la parte meridionale dell'area ed alla rilevante
profondità di m. 6.40 dal piano attuale, alcune costruzioni di tecnica imperfetta e sca-
dente, nelle quali eran posti in opera dei grandi conci di età classica. Tali costruzioni
apparvero formate da due muri, normali l'uno all'altro (nord-sud ed est-ovest), il primo
dei quali interrotto da contrafforti; la tecnica muraria scadente e l'impiego di malta
sembrano alludere all'età bizantina. L'unito schizzo (fig. 5) esibisce quel tanto dell'edificio
(*) Il detto professore ai fini della topografia reggina ha tenuto nota accurata di tutti i brani di
mura ancora in posto, osservati in più punti della città.
REGGIO CALABRIA
— 152 —
REGIONE 111.
che fu messo allo scoperto. I muri sono allo stato di rudere e si elevano dalla risega di
fondazione da m. 0,70 a 2.00. Attesa la loro limitata importanza se ne consentì la distru-
zione, dopo averli fotografati, e dopo avere posto in salvo alcuni pezzi marmorei impie-
gati in essi come materiale costruttivo.
Tali pezzi sono :
1) Due basi di colonne ioniche o corinzio messe in opera nei punti segnati a) e b)
della pianta.
Fio. 5.
2) Un cippo in pietra di Macellaro (*) dalle sagome semplici e severe, ajto m. 1.01
(fig. 5) sul quale è incisa a grandi e nobili lettere la parola
AVGVSTI
che chiaramente allude ad una statua del Divu* Angustili posta dai Regini su questa
base. Ed in vero non pochi furono i titoli di gratitudine della città verso Augusto. Alla
fine della repubblica essa, divenuta fiorentissima, era stata dai triumviri destinata come
(!) Così si denomina un tipo di roccia durissima, quarzitico-granitoide, proveniente da una località
presso Péllaro, e di cui anche oggi si (a largo impiego a Reggio, per lastricare le vie.
REGIONE III. — 153 REGGIO CALABRIA
compenso ai loro veterani ; solo per l'intervento personale di Ottaviano, potè evitarsi
tanta iattura. (Appiano, Bcìlum. Civ. 3,86). Durante poi la guerra fra S. Pompeo ed Ot-
taviano essa divenne la base navale di quest'ultimo (App. I. e. 81. 84; Dion. Cass.
LVIII, 18, 47; ; il quale per ricompensarla dei servigi resi e ad accrescerne la scarsa
popolazione vi dedusse una colonia, senza che perciò la città assumesse la condizione
ed il titolo di colonia, ma denominandosi semplicemente Rhegium Iulium (Strabone,
VI, 258). Ad Augusto quindi come salvatore e protettore della città ben si addiceva
una statua, erettagli dai cittadini riconoscenti.
3) Altro cippo marmoreo di grandiose dimensioni (alt. m.l. 50 X 0.00 larg. base),
colle sagome così della testa come della base non finite, ma semplicemente abbozzate.
Sulla faccia principale esso lasciava scorgere le tracce di una iscrizione coperta dal du-
rissimo cemento ond'essa era stata legata al muro. Tale cemento venne rimosso soltanto
nel maggio 1921, con le debite precauzioni ed alla mia presenza, permettendomi così di
cavare il seguente apografo. Le lettere sono pessime e così male allineate, che i versi anzi-
ché orizzontali, procedono di sghembo dal basso in alto.
DNFLVALERIO
c]ONSf ANf IO • NO
BILISSIMO
o]RDOSPLENDIDISSIMAE (serratosi*)
^IVI-fA-flS « REGINAE
DEVOTVS NVMINI
MAIESTA-flQYAEIVS (sic)
L'iscrizione attesta di un ricordo, con tutta probabilità di una statua posta dal
Senato Regino (ardo Civitatis Reginae) all'imperatore Flavio Costanzio figlio di Costantino
(323-361), non e detto per quali benemerenze verso la città o se a solo titolo di servile .
omaggio. Il formulario è quello della decadenza ed il monumento doveva essere esposto
in luogo pubblico, non sappiamo bene se nel foro, non guari discosto, od in una torma.
Che all'epoca della dinastia costantiniana vi sia stato, a Regium, un movimento edilizio
lo prova il titolo C. I. L., n. 3, ed un altro pubblicato dal prof. Putorti (l) ; un terzo dei
tempi di Valentiniano, Valente e Graziano, ricorda un rifacimento di {erme, basiliche
e portici dopo un terremoto, forse quello del 365 (2) ; ed in fine altri ancora, che verremo
pubblicando in questa stessa relazione.
4) Altro minore cippo marmoreo alto cm. 95 X 55 largo alla base, estratto pure
dalle murature bizantine. Sulla faccia principale, ed inscritto in una cornice a fogliami,
che lo racchiude su 3 lati, si riconobbe il titolo a) di lettura relativamente facile, mentre
(*) In Bull. Com. Areh. Corti, di Roma (1916, fase. 1").
(*) Edito anche questo dal prof. Putorti, Di un titolo termale scoperto in Reggio Cai. (In R. C. Lin-
cei, 1912).
Notizie Scavi 1922 — Voi, XIX, 20
REGGIO CALABRIA — 154 — REGIONE III.
difficilissima tornò quella del lato opposto; b) profondamente guasto e corroso:
a) QSATTIVS b) m(]RAEBONITATI ET
FL'VETTIVS BENI BOLENTIAE
GRATVS-V-C COMITE///
AVGVR-PP-RQ. OBMERITAEIVS
CORRECTOR OttfjOPOPVLVSQVE
SACRARIO . re]GINORVM PATRONO
a solo restitvto P R AEST A N T I SSI MO
Il cippo è. stato ricoverato nel Magazzino Archeologico Statale negli scantinati
della R. Scuola Normale Femminile, le cui infelicissime condizioni di luce hanno ag-
giunto serie difficoltà alla lettura di b) già per se molto scabrosa. Gli è per tanto che men-
tre considero sicura la lezione di a), l'apografo di b) può forse essere suscettibile di qual-
che lieve correzione.
11 Q. Sattius Vettius Gratus della nuova lapide regina, per la carica occupata, è
un personaggio storico della regione. Esso però è nuovo, in quanto non ricorre né nel
Dizionario epigrafico del De Ruggiero, né apud Cantarelli, La diocesi iluliciana ecc. Egli
è quindi un corrector finora sconosciuto della Lucania e dei Bruttii. In a) al v. 4 le sigle
si sciolgono così : Augur publicus populi romani quiritium (?).
Il lato b) è la continuazione di a) coll'elogio del personaggio e la dichiarazione di
riconoscente omaggio prestato dall'intera cittadinanza di Reggio al suo benemerito pa-
trono. Nel v. 3 la voce Cornile (come cortesemente mi fa osservare il eh. prof. De Rug-
giero) va completata con Aug(usti) o Aug(ustorum); ed il comes qui non denota più una
carica, ma è titolo onorifico non diverso da quello di amicus Augusti. Risulta dal contesto
del doppio titolo, che è della fine del m o del iv sec, che FI. Vettius Gratus sacrarium a
solo restituii, sacrario non sappiamo bene se crollato per terremoto o menomato per
vetustà. Anche la voce generica di sacrarium non consente dire quale forma specifica di
edificio religioso il Patrono dei Reggini avesse ricostruito ; Servio ad XII Aen. 199 di-
chiara che Sacrarium proprie loeus est in tempio in quo sacra reponunlur ; ma per esten-
sione va a significare anche un tempietto o sacello.
Il senato ed il popolo Reggini dedicavano al Patrono Prestantissimo non è ben detto
che cosa, probabilmente una statua, se non fosse che le dimensioni del cippo sono troppo
esili per sopportarla ; forse bastava il cippo stesso come attestato della pubblica ricono-
scenza. Erano del resto di prammatica codesti, forse ampollosi, elogi ai correctores della
Lucania e del Bruzzio, quando la città decretava loro pubblici onori (cfr. per Reggio
C. 1. L., n. 4; Notizie, 1914, pag. 32).
Presumibilmente tutti i cippi ora descritti adornavano il Foro Reggino, che si sten-
deva a mezzodì della piazza Vittorio Emanuele ; in fatti anche nelle fondazioni del pa-
lazzo provinciale si rinvennero parecchi elementi, disgraziatamente sfuggiti al nostro
controllo, che a tale Foro si riferivano ; ed anche il grande cippo onorario di FI. Zeno-
doro (Notizie, 1915, pag. 32), che dovette essere esposto in serie cogli altri qui
divulgati.
REGIONE IH.
— 155
REGGIO CALABRIA
Epigrafe del fondo Genoese-Zerbi. — Fondandosi il palazzo del marchese Paolo Ge-
noese-Zerbi nell'inverno del 1921 è stato rinvenuto un mutilo frammento di titolo mar-
moreo (m. 0.45 X 0.15) che ho copiato sul posto ed ho fatto tosto portare al Magazzino
Archeologico.
SVFFRAGAN
PPP-MMM THER
È veramente a rimpiangere lo stato di estrema mutilazione di quest'altro prezioso
documento per la storia edilizia di Keggio nella decadenza imperiale. Ho fatto vive pre-
mure perchè si rintracciassero gli altri pezzi, ma sin qui senza successo ; la lastra anele
rotta in antico. Le lettere sono della fine del iti o iv sec. Dal brano ricuperato si desume che
Sufffagan[tibus gli imperatori XXX Ther[mae... Ruin[a conlapsae) vennero rifatte etc.
La formola del 2 v. va risolta in Pontificibus Maximis e ci porge in qualche guisa un ap-
piglio cronologico, in quanto essa cominciò ad andare in disuso con Massenzio, e venne
definitivamente abbandonata da Costantino.
Da questo titolo ancora una volta risulta che Reggio romana era città eccezional-
mente ricca di terme ; delle quali, quando che sia, converrebbe redigere una lista sulla
scorta dei titoli e degli avanzi monumentali.
Epigrafi monumentali da via Filippini e da Piazza Vittorio Emanuele. — Come
da rapporto dell'Ispettore cav. Morabito, il 31 agosto 1920 nei lavori per la fogna-
5A5SVÌRHFrà£^MVRAVER
^
i
FlG. (i.
tura di via Filippini, fra le traverse Ossuna e Cattolica dei Greci, si segnalò una grande
cisterna antica, racchiudente una quantità di ossa animali, e sul fondo un mutilo ma pre-
gevole avanzo marmoreo epigrafico, scritto a buonissime lettere apicate (m. 0.425 X 0,18),
di cui a fig. 6 produco il faesmile da disegno del prof. Morabito. Mancano disgraziata-
mente così il nome dello edificio... lum pertinens ad se et ad suos... come delle persone che
REGGIO CALABRIA — 156 — REGIONE III.
ne curarono il restauro ; l'iscrizione per i suoi spiccati caratteri paleografici va assegnata
al il— in sec. e. v.
Nel marzo 1920 nei cantieri del palazzo comunale in costruzione ho segnalato, co-
piato e tosto messo al sicuro un altro brano epigrafico marmoreo di cm. 0,36 X 0.255 X 0.05
spess., scritto a lettere grandi ed allungate, il quale era stato rinvenuto nei cavi dello stesso
fabbricato, corrispondente in qualche guisa al Foro antico reggino. L'iscrizione è completa
solo sul lato d.
Cons] TANflNVS
OBEAf IfVDINE
ORNATVM
La frase... beatitudine è di età prettamente costantiniana e richiama i beatissimi Cae-
sares nonché la Beata Tranquillitas esaltata sulle monete di quella dinastia. Anche qui
si allude a lavori di rifazione e decorazione e forse l'ultima voce si riferisce al Forum.
Terma romana e probabile stereobata di un tempio fotto la nuova Prefettura. — Nel 1912
vennero iniziati a cura del Genio Civile lavori veramente grandiosi di sbancamento,
per installare le fondazioni della nuova Prefettura di Reggio, che ora ultimata sui disegni
dell'ing. cav. Zani si erge sul 'lato occidentale della piazza Vittorio Emanuele e colle
sue eleganti e pur corrette linee ne forma ornamento nobilissimo. La prima fase di
codesti lavori interessò molto gli archeologi. Ad uno sbancamento generale dell'estrema
falda occidentale della collina di Reggio seguì l'apertura di una rete di cavi profondis-
simi, per innestare su terreno sodo le fondazioni dei muri maestri del nuovo edificio. Così
quell'area venne sezionata in tutti i sensi, e dopo pochi mesi di lavoro si ebbe a constatare
che la nuova Prefettura veniva ad adagiarsi sopra le reliquie di un vasto e nobile edificio
antico, avente tutti i caratteri di una Terma. Sospendere i lavori della Prefettura, denu-
dare per intero la Terma, eseguirne il rilievo, ed in seguito a ciò decidere se convenisse
spostare in altro punto la Prefettura era una nobile idealità che allo Stato avrebbe co-
stato parecchie centinaia di migliaia di lire per indennità alla impresa costruttrice ; ed era
pretendere troppo, dopo che per la denudazione e conservazione in vista di buon tratto
delle mura greche alla Marina la città sui fondi somministrati dallo Stato si era già accol-
lato un onere di circa 200 mila lire. Rinunciando al programma massimo, inattuabile, se
ne adottò uno minimo ; quello cioè di rilevare quanto più si potesse dell'edificio, il quale
però dovette essere sacrificato, chiudendolo sotterra colle fondazioni dell'edificio nuovo.
Si ottenne che il Genio Civile rilevasse tutto quanto di antico appariva nei lavori
di sbancamento e di fondazione, e tale compito sebbene iniziato con qualche ritardo, venne
egregiamente assolto attraverso gravi difficoltà, come si vedrà dai rilievi che in appresso
si producono.
Intanto sino dalle prime settimane di lavoro nel 1912 erano apparsi negli strati supe-
riori due titoli dedicatori, i quali segnalavano l'interesse archeologico del suolo che si
veniva squarciando. Essi vennero depositati al Museo Civico. 11 primo è inciso sopra
óeiDt
REGIONE III. — 157 — REGGIO CALABRIA
una lastra marmorea corniciata di cm. 75 X 78, ed è scritto ad ottime lettere ; l'iscri-
zione era coperta di calce, essendo stata in tarda età impiegata come materiale di fabbrica
T-SEXT TF-VETVR-
L ATER ANO C-P-
PATRONO • OB Mi
TAMERITA-PAR.EJ
TIVM-EIVS-
REG-IVL-
D • D •
I Reggini, o, più conformemente all'uso, i Regimi nliemes, dedica no questo ricordo a
T. Sesto Laterano, che a tutta prima sembrerebbe un forestiero inscritto alla tribù Ve-
turia o Voturia, per benemerenze dei suoi genitori verso la città Può cadere qualche dub-
bio sulla interpretazione della siglia C • P • ma la più attendibile è quella di durissimo
Puero, corroborata dal fatto che le benemerenze non erano tanto del personaggio quanto
dei suoi genitori. Un altro dubbio è se il VETVR del 1° rigo si debba interpretare come
gentilizio o come nome di tribù ; ma se T. S. Laterano era, come sembra, nato in Reg-
gio, si deve di necessità intendere che egli apparteneva alla gente e non alla tribù Ve-
turia (1). Il secondo titolo è pure inscritto in una grande lastra marmorea di cm. 88 X 83,
quasi gemella alla precedente, anche per i bei caratteri, che la fanno incirca della
stessa età :
IMP -CAESARI-DI
VITRAIANI PAR
THICI-F;DIVINER
VAE-NEPOTI-TRA
IANO-HADRIANO
AVG-PONTMAX-TRiB
potIIII-cosHIPP-
D- D-
PVBLICE
L'iscrizione è del 120 e fu posta dai Decurioni Reggini per gratitudine all'imp.
Adriano. Quali fossero le benemerenze dell'imperatore e del precedente personaggio
non è dato precisare. È verosimile esse riflettano restauri alla grande terma della Pre-
fettura od al Foro, sul quale essa prospettava (2).
Ed ora nel pubblicare i rilievi del Genio Civile, conviene subito notare la frafn-
mentarietà e la mancanza di collegamento delle varie parti dell'edificio, avendosi do-
vuto rilevare non su ruderi per intero denudati, ma sopra quelli che intermittentemente
(X)È noto come sotto l'impero l'indicazione della tribù non rispondesse rigorosamente al domi-
cilio di una famiglia, ma indicasse soltanto la qualità di civis romamts. Con Caracalla poi tale indica-
zione scompare quasi per intero dai titoli (Cagnat, Cours d'epigrnph. latine pag. 00).
(*) I due titoli vennero già editi da N. Putorti nelle Notizie, 1!U3, pag. 152-15.'} con un breve com-
mento.
REGGIO CALABRIA
1.58 —
REGIONE III.
apparivano nella rete dei cavi di fondazione. Che si tratti di una terma risulta dalla fre-
quenza delle forme ad esedra e sopratutto dal grande ambiente semicircolare con sm pen-
surae nel pavimento e colle pareti rivestite di mattoni vuoti per il passaggio dell'aria
calda ; quindi un caldarium, a cui era attiguo un corpo circolare, forse un frigidarium.
Ma per il fatto che questi due corpi venivano ad urtarsi, si dovrebbe desumere che la
terma, forse in seguito a terremoti, subì rimaneggiamenti radicali. Il tipo delle murature
variava, ma in molti punti ho notato l'impiego di una eccellente cortina laterizia, men-
tre le fondazioni risultano di pietrame a sacco. Per quanto io sia sceso più volte negli an-
0.6i
0.6*
Fig. 8.
gusti e profondi cavi armati, non mi fu dato che raccogliere dati frammentari, come fram-
mentaria risultò la pianta ; ho notato che l'abside piccola segnata in quella pianta presen-
tava ancora il suo rivestimento marmoreo.
In uno dei robusti muri in cortina laterizia erano posti in opera due tegoloni architet-
tonici greco-arcaici, della la metà del sec. V, passati al Museo Civico, e che qui si pubbli-
cano in modo provvisorio, meritando essi una tavola a colore. Sono 'due superbi esemplari
(uno è frammentario) di tegola a risalto, di in. 0.64 X 0.62 X 0.08 di spessore ; nel sotto,
prominente ed aggettante dalla fabbrica per mm. 23"), avvi una decorazione di palmette.
bianche e rosse, poste a contrasto, su fondo bruno ; questi tegoloni hanno anche risalti
marginali, normali alla loro fronte.
E questi risalti marginali indicano chiaramente come essi tegoloni fossero incavallati
da embrici. Pezzi consimili sono molto rari, ma non difettano esempi di riscontro imme-
REGIONE III. — 159 — REGGIO CALABRIA
diato o di analogia ('). Quanto alla loro applicazione non cade dubbio non si tratti di te-
gole di grotvla, che formavano quella che con termine tecnico moderno si chiama una
«linda». Aveva dapprima pensato ad una applicazione a frontoni, ma l'andamento dei
risalti marginali esclude in modo assoluto tale versione. Invece essi Vanno considerati
come pezzi estremi delle falde o pioventi di un tetto, sormontati da piccoli acroteri ; ed in
tale ricostruzione ideale siamo sorretti da un tegolone campano analogo di S. Angelo in
Formis (2).
Queste due tegole grandiose, di un tipo molto raro, servirono alla copertura di un
edificio arcaico di mole piuttosto rilevante, edificio che non potè essere se non un tempio.
Se così è, io mi domando se codesti due eccellenti pezzi non abbiano relazione coi resti
di un edificio certamente greco, di cui ritengo di aver segnalato le vestigia negli strati
profondi sottostanti alla terma romana. E chi può dirci, se altre terrecotte, e forse in
quantità, non sieno messe in opera nelle mura laterizie della terma ? La cosa è molto pro-
babile ; e se questo materiale fosse stato trovato sul posto dai costruttori dell'edificio
romano, accrescerebbe consistenza alla congettura, che un edificio greco arcaico, verosi-
milmente un tempio, fosse una volta esistito sulla falda di collina prospicente lo stretto,
sulla quale vari secoli appresso venne costrutta la terma.
Certo è che nelle ripetute visite da me fatte nella primavera 1913 ai pozzi di fonda-
zione segnalai l'esistenza di una platea di grandi massi in calcare a detriti conchigliferi,
alla cui linea si arrestavano tutte le fondazioni della nuova Prefettura ; si credette in fatto
di aver raggiunto un banco roccioso é fui io a dimostrare agli assistenti del Genio, che
non sopra un piano roccioso, ma sopra un poderoso manufatto greco essi venivano pian-
tando il nuovo edificio. Ma poiché non si procedeva con uno sbancamento in pieno, li-
mitato questo alla superficie, ma con un reticolato di pozzi di fondazione, fu quasi im-
possibile cavare un disegno di questo misterioso rudere. Ho però potuto seguirlo, nel suo
andamento da levante a ponente per un 26 in 27 m. di sviluppo, notando sino a 4 assise
di massi (alt. media cm. 36) verso mare, dove la falda della collina precipita, e due a monte.
Escluso che si tratti di un braccio delle mura salienti sul declive della collina, non resta
che riconoscere qui una grande piattaforma per sorreggere un edificio, quale sarebbe stato
appunto un tempio, elevato e prospicente sul mare.
Ad ogni modo, se qualche dubbio può esservi a riguardo di questa costruzione degli
strati profondi, non cade dubbio sul carattere di terma del fabbricato sovrapposto. Ma
a complemento di quanto il sottosuolo reggino ci ha rivelato nel 1912-13, è opportuno
allegare qui la pianta di un'altra grande costruzione termale, che ad un secolo quasi pre-
ciso di distanza, cioè nel 1810, un certo Federico Barilla rilevava, e che si dice esistesse
(*) Da Olimpia, Durm, Baukunst der Qriechcn 2 ed., pag. 199, fìg. 173 in basso (Traufziegel). Coma
ne ha data una buona serie, con caratteri ornamentali molto arcaici (Cabrici, Ciana II, pag. 651). A
Siracusa poi (Orsi, Scavi intorno all' Athenaion di Siracusa, tav. XIX) occorrono pure terrecotte archi-
tettoniche con decorazione iposcopica, applicate ai frontoni, ma nessun esemplare di tegola di gronda,
che precisamente risponda agli esemplari reggini. In fine una magnifica serie di tegoloni di gronda,
da Caulonia, ancora inediti, presenta nell'aggetto pure decorazione iposcopica.
(') Sul quale e su di un acroterio di Cuma il Koch ha basata la sua ricostruzione, ineccepibile,
di un tetto campano a tegole, con acroteri (Dachtermcolten aus Campanim, pag. 3).
IÌEGGIO CALABRIA
— 160 —
REGIONE ITI.
nell'arca in circa corrispondente alla attuale piazza Vittorio Emanuele, cioè in continua-
zione del nostro fabbricato (x). A chiarimento del suo rilievo il Barilla aggiunse delle in-
dicazioni che in modo abbreviato io qui riporto.
Fio. 9.
A-F) Esagono centrale ossia salone delle terme con pavimento sostenuto da pi-
lastrini laterizi di 3 palmi alt., che formavano l'ipocausto inferiore comunicante cogli
altri laterali.
(') Questa pianta inedita mi fu gentilmente comunicata dall'ispettore cav. Morabito.
REGIONE III. — 161 — REGGIO CALABRIA
G-H-I) Tre bagni semicircolari coi loro sedili, pavimento ed incrostature di
marmo bianco.
F-R-A) Tubi di terracotte comunicanti coll'ipocausto inferiore per la trasmissione
del calore.
T) Conduttore del calore dalla fornace nel basso ipocausto.
K-L-M-N) Quattro laconici ossia sudatori di figura circolare coi loro ipocausti.
0-0 -P-P) Ingressi ai laconici.
P-Q) Sedile di marmo ben conservato
X) Ingresso all'esagono.
In questo ingresso si è trovata una mano di marmo, pertinente ad una statua colos-
sale ; e si è anche trovata la base della statua colla parola DIANA. Fin qui il Barilla.
Non nascondo però che mi ha stranamente impressionato la forma di codesta terma
del Barilla, e mi sono domandato, se tale pianta merita fede incondizionata, in quanto essa
non trova riscontri in monumenti analoghi superstiti. E poi mi sono chiesto come, ed in
seguito a quale vasto scavo, di cui non mi è venuto fatto di trovare traccia nella bibliografia
reggina, abbia potuto eseguire il Barilla il suo rilievo, non scevro di sospetti, anche per
la troppo regolare distribuzione degli ambienti circolari etc. 0 non avrebbe egli creato
di sua testa tutto un complesso di fabbriche, sopra poche tracce da lui viste ? Anche il
cippo di Diana è scomparso, ne se ne ha menzione nelle sillogi reggine. Per tutte queste
ragioni parmi si imponga una inchiesta sulla attendibilità del Barilla (3), inchiesta per
la quale mi mancano gli elementi e che io raccomando a qualche erudito reggino ; e tanto
meglio, se risulterà la piena attendibilità della pianta controversa.
Resti di abitazione romana nelle fondazioni della casa delh sig. Carmela Pellicone sul
corso Garibaldi. — Vennero segnalati nell'agosto del 1920. L'ispettore cav. Morabito mi
riferì, che alla profondità di m. 3-.50 si avvistò uno dei soliti pozzi, rivestito di cerchioni
fittili (dm. m. uno, alt. m. 0,50, con pedarole triangolari); intorno ad esso si avvertirono
avanzi di muri. A spese dell'Amministrazione si allargarono alquanto i cavi ; i muri in
eccellente cortina laterizia misuravano m. 11 X 7 ; nella parte interna di essi v'erano
avanzi di intonaco in rosso pallido, e nella zoccolatila di uno di essi, a 0.80 dal pavi-
mento, e rispettivamente a m. 5.50 dal piano di Corso Garibaldi si scorsero tracce di una
fascia con fregio di foglie di vite in bianco e rosso, col tralcio marrone. Il pavimento era
un opu: testacsum con interpolato qualche tessello marmoreo.
Avanzi di una terma nelle fondazioni del nuovo Istituto Tecnico (luglio-settembre 1913). —
Lo scavo per le fondazioni di questo Istituto scesero a m. 7 di profondità e nel lato prospi-
cente Via Marina Alta le escavazioni si svolsero sopra una superficie di m. 70x14; alle
estremità di codesto Iato si protendono due braccia verso S. E., lunghe m. 33.50 X 18.30
larg. Gli avanzi della terma si riconobbero nel braccio di N. E. Questo scavo è stato allora
(*) Sopra Don Fed. Barilla, erudito dei primi dell'ottocento e professore di rettorica nel R. Col-
legio di Reggio, si hanno alcuni dati presso L. Aliquo-Leuzi, Oli scrittori calabresi, pag. 32-33. Ma la sua
personalità è in realtà pressocchè sconosciuta.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 21
REGGIO CALABRIA
— 162 —
REGIONE III.
vigilato dall'assistente sig. Claudio Ricca, al quale devonsi anche i rilievi e gli appunti,
di cui mi valgo nello stendere la presente relazione, prendendo a guida la pianta
che si allega a fig. 10. Da essa vedesi come sia stato rimesso in luce più della metà di
un grande ambiente rettangolare absidato, conterminato da robusti muri in mattonacci,
al cui lato di levante aderivano altri ambienti rettangolari, che poterono essere studiati
con minore attenzione. Nel vano trapezio VI, che comunica per un ampio passaggio col
V, si ergevano due colonne di fabbrica, formate da mattoni a settore di circolo, e rive-
stite di un denso strato di intonaco dipinto in rosso pompeiano ; esse avevano un dm.
n
IV
:' Fornace ■
Pia. 10.
di cm. 90, erano solcate longitudinalmente da 24 bacellature, e penetravano nel suolo,
assieme alle bacellature per circa 40 cm., segno non dubbio di un rimaneggiamento antico
dell'edifizio, con modificazione dei piani. Sotto al pavimento di questo ambiente e paral-
lelo al muro di N. 0. del vano Vili correva per una mezza dozzina di m. una fognatura,
costruita tutta di mattonacci (di m. 0.35 X 0.30 X 0.03) e con una luce di cm. 25 X 25.
Nel vano VII per dichiarazione dei costruttori sarebbesi trovata una fornace, di guisa che
qui sarebbe a riconoscere il praefurnium. Il vano V presentava un piccolo avanzo di im-
pellicciatura marmorea nello zoccolo. Tutti i vani poi, ad eccezione di VII, avevano pavi-
menti a mosaico ; alcuni (II, III, IV) erano a semplici tesselli bianchi, con forme lineari
geometriche in nero. Alle fig. 11-14 produco dei campioni tolti dalle varie sale ; in sala I
rosone e foglie a cuore ; sala VI bordura a riquadri ; sala V con treccia marginale e stelle
floreali ; dalla stessa avanzi di figura animale inscritta in un disco. Tutti codesti mosaici,
ripeto, sono a bianco e nero. Nel grande ambiente IV, ed in V, ma sopratutto nel V, si
avvertirono così intense tracce di fuoco, che i mosaici ne erano stati concotti.
Tutti codesti appunti vennero presi man mano procedevano i lavori, e senza eseguire
scavi e sgomberi parziali con intenti archeologici ; necessariamente essi sono perciò lacu-
REGIONK III.
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KEGGIO CALABRIA
cunosi ed incompleti. Soltanto il grande ambiente absidato si prestò a qualche studio più
ampio. Anche qui i muri perimetrali erano costruiti di grandi mattonacci quadri, appog-
giati a robuste fondazioni in pietrame legato da ottimo cemento. Al muro di S. S. E.
era appoggiato un rifacimento, che occorre assai sovente nelle costruzioni reggine, ed una
banchina, che continua anche lungo l'abside, attraversata al centro da un passaggio di
calore, alto quanto i pilastri delle suspm urae, ed a luce stretta ; esso passaggio im-
SK
Fio. Ih
meteva nel sottostante ambiente delle sus} en urae. Di fronte all' ingresso di detto
passaggio si notò una specie di sedile A, con spalliera e braccioli rivestiti "di cemento.
Questa costruzione molto avvicinata ad un secondo muro circolare, rispondente all'ab-
side, ma ad uso esterno torna molto oscura quanto a destinazione, non essendo stato pos-
sibile sviluppare qui uno scavo sistematico, per chiarire l'ufficio di tale parte dell'edificio.
Anche nella parete di Nord di Vili si apriva nel vivo del grosso muro una specie di camino
per portare l'aria calda anche in alto. Le due sezioni A e B del grande ambiente Vili ave-
vano il pavimento di lastre marmoree, che rivestivano anche il piede delle pareti ; appog-
giate ad un getto di coccio pesto di mm. 12-22, e sorretto alla sua volta da un doppio or-
dine di mattoni, ognuno di cm. 70 X 68 X 8 i più bassi, di cm. 50 X 35 X 3 il secondo.
I pilastri del sotterraneo ad aria calda erano alti cm. 90 a m., formati da mattonacci quadri
REGGIO CALABRIA
— 164
REGIONE HI.
di cm. 68 X 70 di lato, e poggianti sopra un pavimento di mattonacci d'eguale modulo.
Il suolo naturale su cui è piantata la Terma sta a m. 7.25 dal piano di via Forni ;
quello della grande sala Vili è a m. 5$0 dal piano di detta via.
Trattandosi non di uno scavo archeologico, ma del denudamento parziale di un ru-
dere a fini edilizi, ho già segnalato le deficienze che da tale stato di cose risultano nei
rilievi e nei dati descrittivi ; per le stesse ragioni, non essendo stata possibile una vigilanza
diuturna e fissa di un agente dello Stato, può darsi che qualche piccolo oggetto sia stato
trafugato.
Fio. 12.
11 materiale messo in salvo nei 3 mesi, in cui durò il lavoro di fondazione, si
riduce in sostanza a poca cosa. Un braccio marmoreo di assai piccolo modulo. "Un
flauto (?) (avkóg = tibia) o meglio porzione di esso, di osso, 1. mm. 94, col suo bocchino ;
un manico cilindrico di osso 1. mm. 60, adorno di occhi di dado. Un peduccio in bronzo.
Due tubi fittili. Tre frammenti di tubo in piombo da sotto il pavimento del vano VI. Una
lucerna ed altri insignificanti piccoli fittili ; in fine un mascheroncino di fontana in cal-
care siracusano, che colle sue dimensioni riproduco a fig. 15 ; nella bocca si osservano
ancora tracce di ruggine del tubo di getto dell'acqua.
Ultimata l'analisi di quel poco o tanto del monumento che per breve tempo fu posto
allo scoperto, aggiungo qualche osservazione. Questa terma reggina ha nel piano di mas-
sima e nella distribuzione degli ambienti molta rassomiglianza colle grandi e piccole Terme
di Pompei. L'ambiente a colonne VI, solo parzialmente. esplorato, era forse una piccola
REGIONE III.
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REGGIO CALABRIA
palestra, analoga a quella ben maggiore delle terme Btabiane ; a ponente di Vili si apriva,
probabilmente, YApodylcrion. Del Frigùlarium nulla è apparso. Ravviso in Vili il Ca-
l-'io 14.
Fio. Ubi»
Fio. 15.
liihirìum coi suoi ipocausti ; nò sappiamo se la parte di levante di questo ambiente, divisa
da un muro da quella centrale, fosse un Tepidarium. Nel ('ulidarium si doveva avere una
vasca marmorea (alveus), come nella opposta esedra (scìwla) un bacino (labrum) per le
abluzioni fredde. Attiguo al calidario è l'ambiente VII colla sua fornace e col deposito
di combustibile. È possibile, sebbene ne manchino le prove, che gli ambienti I-I1I servis-
sero per sale appartate pure da bagno, nel quale caso avrebbero dovuto rinvenirsi pure
REGGIO CALABRIA
166 —
RHGIONE III.
in essi tracce delle vasche (Solia) ; attesa però l'ampiezza dei locali, tale interpretazione
pare alquanto dubbia.
Poche città come Rhegium possono vantare tanta abbondanza di terme, indizio di ci-
viltà raffinata e di prosperità. Alla piccola termax della vecchia Piazza delle caserme (No-
tizie, 1886, pag. 459 ; 1887, pag. 257 sg.), l'unica conservata allo scoperto, vanno aggiunti
gli avanzi presso il Carmine nuovo (Notizie, 1889, pag. 90), quelli della nuova strada Ma-
Fia. 16.
rina al Porto (Ibid. 1892, pag. 486), quelli fra le vie Garibaldi e Belvedere (lbid. 1896,
pag. 270) ed altri meno sicuri. Ai grandi movimenti edilizi dopo il terremoto del 1908 dob-
biamo la segnalazione della Terma alla nuova Prefettura, di questa all'Istituto Tecnico,
e di altre ancora, come quella all'Istituto d'Igiene, forse continuazione di quella a Piazza
delle Caserme. Infine i titoli confermano questa abbondanza di stabilimenti termali e le
cure assidue che si aveva nel restaurarli e decorarli.
Terminato che sia il fervido lavoro edilizio per la rinascita della città, è da augu-
rare che qualche erudito locale si occupi con una speciale monografia della topografia della
Rlwgium greca e romana, per il quale lavoro le scoperte edilizie hanno prodotto un mate-
riale enorme, che merita di essere coordinato e sistemato (1).
(*) Per completare ed aggiornare il vecchio scritto dell' Axt, Zur Topographie von Rhegion unii Mes-
sami (Grimma 1887) aveva deliberato di occuparsi di tale tesi il mio amico prof. F. von Diihn del-
l'università di Heidelberg, al quale io avevo procurato anche del materiale. Ma dopo i rivolgimenti
della guerra egli mi scrive di avere smessa la bejla idea.
REGIONE III.
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REGGIO CALABRIA
Arami di altra tema nelle fondazioni dell'Ufficio d'Igiene. — Va anzitutto messo in
rilievo, come questo nuovo edificio sorge sulla via Acacia ad un centinaio di m. dalla pic-
cola terma, una volta sulla Piazza delle Caserme (Notizie, 1886, pag. 259), ed oggi invece
inclusa fra le due vie Marina Alta è Marina Bassa. Non si esclude quindi che fra i due
gruppi di rovine vi potesse essere in antico qualche relazione. La parte più ragguarde-
riano de/li* nuoue cdSf
Sez C-D ■ —
Conduttura di
calore
2a\.
Pio. 17.
vole messa allo scoperto dai lavori del 1913 è una vasca ovale, col fondo di lastre mar-
ìoree e le pareti rivestite di grandi laterizi ; nel lato di S. E. l'ambiente quadrato, in cui la
rasca (Solium) era innestata, rivestito di mattoni cavi. Al di sotto della vasca si in-
crociano due condotture di calore ; una di esse trae origine da un vano trapezio, che ac-
Dglieva ancora quantità di cenere, onde potrebbe avanzarsi la congettura che qui fosse
installata la fornace (praefurnivm). Ma questo primo passaggio d'aria calda subì due
modificazioni ; in origine esso era alto, con una voltina quasi a sesto acuto ; poi se ne ab-
bassò l'alt., ed in una fase ulteriore esso venne completamente chiuso con calcestruzzo.
)al pavimento della vasca si diparte a S. 0. un tubo di piombo che attraversa il muro nella
sua spessezza ; esso era conservato per 53 cm. di lungh. Tracce di un muro intonacato
apparvero a m. 2.75 a N. 0. dal vano trapezio; ed un pavimento a grosse tessere a S.E. dalla
vasca. Tutto ciò indica che un fabbricato si svolgeva in tutte le direzioni intorno al pie-
dò nucleo messo a vista dai lavori di fondazione dell'Istituto di Igiene. La pianta e le
sezioni che presento alle figg. 16-17 giovano molto alla intelligenza del testo descrittivo.
REGGIO CALABRIA — 168 — REGIONE III.
Avendo fatto sgomberare la vaschetta dalla terra d'invasione, non sènza sorpresa si
constatò che in essa era stato installato in età imprecisata, ma probabilmente romano-
tardissima o bizantina, un piccolo sepolcro di due coppie di tegole a cappuccina, pro-
teggenti lo scheletro di un individuo di 7-8 a., senza corredo di sorta. A S. E. della vasca
una seconda tomba protetta da 5 paja di mattonacci (di cm. 30 X 20 X 10) posti
a contrasto, racchiudeva tre scheletri anch'essi completamente nudi. Infine a ponente
del supposto Praefurniurn uno degli ambienti della terma era stato trasformato in una
vera camaja, tanta era la massa di crani e di avanzi scheletrici apparsi, e che conti-
nuavano anche nel terreno attiguo non sgomberato per i cavi di fondazione dell'Istituto
d'Igiene. La presenza di codeste masse di cadaveri fa pensare a qualche chiesetta dell'alto
medioevo eretta sulle ruine della Terma, ed in parte in essa installata ; ed invero una
costruzione absidata, di struttura affatto diversa da quella della Terma, cioè con mura-
ture a ciottoli fluviali, apparve nell'angolo sud-est delle fondazioni del nuovo fabbricato
e potrebbe essere l'abside di una chiesetta bizantina. Tale congettura viene Corroborata
dalla presenza fra quei ruderi di due boccali certo dell'alto medioevo, di una lucerna a
Rosario, tipica per forma ed età, e di un'altra a cattiva invetriatura verde chiara pure
medievale.
Scoperta di antico Odeo. — In sugli ultimi dell'agosto 1921 la Direzione dell'Ente Edi-
lizio denunziava, che nella costruzione delle case Impiegati dello Stato fra il prolunga-
mento di via Tribunali e via Torrione alla profondità di m. 7 dalla carreggiata attuale'
si era imbattuta in avanzi di muri di buona epoca greca, raccogliendo nella vicinanza di
essi anche dei pezzi fittili. L'Ente suddetto, con encomiabile provvedimento mise a dispo-
sizione il suo personale perchè si denudasse quanto rimaneva dell'edilìzio greco, non solo,
ma volle venisse conservato in uno scantinato, con non lieve sacrificio espressamente
costruito, questo prezioso avanzo della Rhegium greca. Non ho bisogno di dire quanta ri-
conoscenza debbano all' Ente Edilizio ed al suo degno capo, così i Reggini come gli
studiosi per aver salvato l'avanzo di uno dei rarissimi monumenti ellenici della città.
I resti di tale edilìzio, scarsi a dir vero, ma non pertanto di alto significato, si
osservano nello schizzo unito del prof. S. Agati (fig. 18), che in mia assenza studiò e poi
rilevò il monumento, in seguito ripetute volte anche da me esaminato ; alla sua migliore
intelligenza giova anche la fototipia a fig. 19. Il luogo dove avvenne la scoperta trovasi
a mezza costa della collina di Reggio, ed i costruttori trassero partito, come era costume,
per installare nel declive formato di alluvioni geologiche la cavea dell'edificio che apriva
la sua bocca a ponente quasi preciso. Purtroppo nelle secolari tristi vicende della città
i magnifici conci della costruzione eccitarono l'avidità dei cercatori di pietra, che smon-
tarono ed asportarono il meglio dell'opera ; è già ventura se di essa rimase superstite
l'estremo corno destro, e l'attacco del settore successivo, costruiti in belli e grandi massi
d'arenaria forte, di taglio accurato ; taglio, modulo e sistema di giunture accennano ad età
greca ancora molto buona.
II settore superstite presenta un solo ordine di sedili, ovvero due, se voglia compren-
dersi la linea infima del podio. I sedili avevano un piccolo risalto, in confronto della pedata
retrostante. Anche delle gradinate radiali una sola è sfuggita alla distruzione ; è larga
REGIONE III.
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REGGIO CALABRIA
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Cortile
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JOM.
Fio. 18.
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C-D
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A-B
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Fio. 19,
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX.
22
REGGIO CALABRIA — 170 — REGIONE III.
in. 0.60 e presenta 5 comodi gradinetti. Nulla è rimato del pavimento, e nulla, pur troppo,
delle costruzioni della scena, cioè della rcenae from e del loge'on. La mancanza di
qualsiasi elemento al riguardo ci rende difficile la precisa designazione dell'edificio, in
quanto il diametro massimo di m. 20 della sola orchestra lo renderebbe alquanto grande
per un odeon, ed un po' piccolo per un teatro.
Il prof. Agati, il quale ha voluto ricostruire graficamente il monumento, dopo pazienti
misurazioni ed accurato procedimento grafico, ritiene che il brano superstite di esso basti
a farci determinare lo schema ricostruttivo dell'intera branca inferiore degli scaglioni
e ad assicurarci i seguenti dati costruttivi : a) Divisione della cavea in 7 cunei o set-
tori con 6 scalette intermedie ; b) Diametri del semicerchio inferiore della cavea, limitato
al piano dell'orchestra, di m. 20.
Ho detto del dubbio che sorge, per il fatto delle dimensioni circa il carattere e la
designazione di Teatro o di Odeo del nostro edificio. La dizione yòùov e quella di 9éarpov
erano sovente di uso promiscuo appo gli antichi ; in sostanza gli odea si differenziavano
dai theatra, in quanto essi erano dei theatra teda - vrctoQÓtpia, cioè muniti di copertura,
e destinati alle audizioni musicali, anziché a quelle della tragedia e della commedia;
quindi, d'ordinario, di proporzioni più limitate dei veri teatri. Vuoisi che il primo Odeon
sia stato fabbricato da Pericle in Atene, per le gare musicali, da lui istituite per le Panatenee.
Ma già l'Odeon di Erode Attico di Atene si valutava capace di 4500 a 5500 spettatori,
era coperto, ed equivaleva ad un teatro (x). Quanto a misure giova qui richiamare che il
grande teatro greco di Siracusa ha un diametro della orchestra di non più di m. 29, quello
di Dioniso ad Atene di 19.61, il teatrino di Akrae m. 20.30, il corrispondente piccolis-
simo Odeon m. 5.75, il grande teatro di Catania m. 23,30 circa, il corrispondente Odeon
m. 10.00. Reggio città popolosa ed illustre, sede di una scuola di Urici di musica e di canto,
con culto assai sentito per la poesia (2) (basti ricordare il nome di Ibico) dovette per ben
tempo avere un suo grande e decoroso Teatro e più tardi anche un Odeon. L'edificio di
cui la fortuna ci ha oggi rivelato un misero avanzo è incerto se debba classificarsi per Teatro
o per Odeon ; alla seconda designazione io propendo malgrado le dimensioni rilevanti
per il fatto della esiguità delle sue fondazioni, che avrebbero dovuto essere piantate as-
sai più profonde ed a più assise nel pericoloso terreno sciolto, quante volte esse avessero
dovuto sorreggere la mole imponente di un grande xoìkov teatrale ; quindi, data la
spinta a valle di tutta la enorme massa della costruzione, le fondazioni dei due corni estremi
avrebbero dovuto essere ben altrimenti poderose. Esso è in ogni caso costruzione di età
molto buona, non posteriore al sec. in, e precisamente all'anno 270, in cui la città venne
conquistata dai Romani; dopo tale epoca la città rimase per un lungo periodo in
uno stato di accasciamento, quasi di esaurimento, per le ripetute sventure che la avevano
(*) Dareraberg & Saglio, Dictionnaire. IV. 1. pag. 152, articolo che contiene dati utilissimi sugli
odei. Pei quali vedi anche Durm, Die Haukunst der Griechen 3 ed. (1910) pag. 454 sg. e Baumeister,
Denkmaeler voi. Ili s. v. Theatergebaude. Pei teatri invece è fondamentale Doerpfeld-Reisch, Das grie-
ehischc Theater (1896) sebbene ormai un po' antiquato. Per le dimensioni si ricordi anche l'Odeon di
Gortvna, che aveva un diametro massimo di m. 35. (Ann. R. Scuola Areh. di Atene I (1914) pag. 375)
di fronte ai m. 23 e frazione del nostro di Reggio.
(s) Toscanelli, Le origini italiche, origini della letteratura, pag. 160 e sg.
REGIONE III.
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REGGIO CALABRIA
colpita, e solo colla fine della repubblica e coi primi dell'impero s'inaugura una fase di
benessere e di ripresa edilizia.
Nell'occasione degli scavi per l'isolamento degli avanzi dell'Odeon assieme a vari
frammenti di minor significato si raccolsero tre bei capitelli fittili ionici, più o meno
incompleti, di cui a fig. 20 presento la imagine, integrata nelle parti mancanti, con elementi
desunti dagli altri esemplari. Tali capitelli sono quadrifronti (struttura eccezionale), la-
vorati a stecca, con un diametro rispondente al sommoscapo della relativa colonna, di
m. 0,203, ed una altezza di m. 0.145. Ogni fronte presenta, fra le volute, due palmette
spiegate, nascenti dal basso, e 3 ovoli. La sobrietà e freschezza delle forme, la vigorosa
e franca esecuzione dei particolari fanno di questi capitelli dei modelli eccellenti della pla-
Pig. 20.
stica cretacea. Appartennero essi alla decorazione della scena dell'Odeon ? Se così fosse,
avremmo un nuovo elemento per la datazione approssimativa del monumento ; ed in ogni
caso queste vaghissime architetture accennano ad un edifìcio di eletta decorazione ionica.
Ad età ben diversa invece rimonta il magnifico pezzo di terracotta architettonica
che qui si riproduce a fig. 21. Esso è un pezzo sporadico, raccolto negli scavi dell'Odeon,
ma che nulla ha con esso a vedere. Giova a suo riguardo ricordare, che qui ci troviamo
a non più di m. 150 di distanza dal fondo già Griso-Laboccetta, dove nel 1883 avvenne
la scoperta dell'insigne terracotta figurata del Museo Civico (Notizie, 1886, pag. 243), la
cui divulgazione in tavola a colore, dopo il lavaggio avvenuto per mia cura, e che ha rive-
lato particolari di sommo interesse, si rende ora più che mai necessaria. Il nuovo pezzo
va riferito alla sima frontonale di una edicola ed è incompleto nella parte inferiore e sul
lato destro. Pezzo raro, come tutti i similari dei lati corti di tempietti od edicole, ma che
per giunta presenta delle novità. La sua lunghezza è di cm. 47, l'altezza massima del pezzo
superstite è di cm. 29 ; quella effettiva del pezzo completo si aggirava intorno ai 45-
50 cm. Novità la treccia nella fascia terminale in alto ; un taglio a forza sul lato sinistro
della terrecotta, per innestarvi il pezzo angolare terminale di sinistra ; infine novità preci-
pua, le tracce sicure nella fascia sottostante al bastoncino dell'innesto di due grondaie che
si rimane incerti se fossero a tubo od a maschera leonina, e di cui non si ha riscontro
alcuno in altre terracotte. Il pezzo nel suo insieme formava il kymation inferiore del tim-
pano (parte interna) dell'intero frontone ; per casi analoghi vedi Orsi, Athemion di Sira-
PEGGIO CALABRIA
172 —
REGIONE III.
REGIONE HI. — 173 — REGGIO CALABRIA
casa, tav. XVIII. Le grondaie applicate a questa parte dell'edicola erano certamente
finte non avendo ragione di praticità ; si può supporre sieno state qui collocate, con
mero intento decorativo, e ricorrenti sulla stessa linea di quelle dei lati lunghi.
Si rinvennero altresì 4 frammenti del piatto di una gronda a tubo, di cui si dà un
saggio a fig. 22, e da riferirsi tutti ad un tipo unico.
Fig. 22.
Grandiosi animi delle mura greche alla Marina. — Si e più volte lamentata la scar-
sezza, dirò meglio l'assenza, di avanzi monumentali della Rhejium greca, anteriore alla
conquista romana. Si direbbe che ogni avanzo greco sia stato travolto dai terremoti,
e poi mascherato sotto le rovine ed i rifacimenti (frequentissimi) dell'età romana e di
quella medioevale. Caso analogo a quello di Messina, dove di monumenti genuinamente
greci nulla piìi sussiste.
Quando si imprese la demolizione della grande cortina militare di età spagnola alla
Marina, mascherata alla sua volta da fabbriche di abitazioni degli ultimi due secoli, la
mia attenzione venne attratta da grandiosi massi di tipo greco, che dopo opportuni as-
saggi risultarono avanzi di poderose mura greche. Negli anni 1912-13 si procedette ad
un vasto lavoro di scoprimento dei detti avanzi, e dopo laboriose trattative si impose
la necessità che codesti superbi ricordi della Rhegium greca restassero allo scoperto.
L'Ufficio del Piano Regolatore ne attuò in seguito la sistemazione fra via Marina Alta e
Marina Bassa, con spesa ingentissima ; pur troppo alcune parti dovettero essere sacri-
ficate, ma anche in Roma stessa il e. d. muro serviano ci dice quanti dolorosi sacrifici
abbia subito. Reggio è però riuscita a conservare, in mezzo a verdi aiole e davanti al
portentoso panorama del suo stretto, un documento solenne della sua grandezza. Esso
sarà illustrato in una speciale monografia, non bastando la mole delle Notizie a degna-
mente accoglierla.
REGGIO CALABRIA — 174 — REGIONE III.
Deposito di terrecotte figurate nella jwofrìetà Colica già Griso-Laboccetto. — Nella pri-
mavera del 1919 venne eseguito dall'Amministrazione archeologica uno scavo nella pro-
prietà suindicata, e precisamente nel sito dove nel 1884 si era scoperta, la cosidetta in-
signe metopa fittile del Museo Civico con molto altro materiale ceramico, in gran parte
tuttora inedito. I nuovi scavi si dovettero poi sospendere per non compromettere la statica
del baraccamento Colica, ma ne sarà consigliabile la ripresa, appena il detto baracca-
mento verrà demolito. Al magazzino Archeologico Statale sono state frattanto ricoverate
le terrecotte figurate in questa occasione raccolte, e di cui qui si dà un cenno al tutto
sommario per ricordo. Metà di una bella maschera muliebre. Imaginette di una divi-
nità muliebre chthonia con fiaccola e porcello, della fine del sec. V o dei primi del IV ; sono
una ventina fra complete o quasi, di 15 a 20 cm. di altezza. Un 140 fra teste e busti muliebri
riferibili allo stesso tipi». Molti altri minori frammenti. Una cinquina di krateriskoi.
Non vi è dubbio, che tutto questo materiale non sia appartenuto alla stipe sacra
di un santuario, e va ricongiunto a quello rinvenuto ivi stesso negli a. 1883-84 (cfr. No-
tizie, 1883, pag. 353 ; 1884, pag. 282 ; 1885, pag. 241 sg.). Una parte di questo è deci-
samente più arcaico di quello ora ricuperato, il che sembrami dimostrare la lunga durata
del santuario, che sarebbe rimasto aperto per circa due secoli.
Resti di edificio o di edifici antichi nélVarca della nuova sede del Genio Civile. — Nel va-
sto isolato racchiuso fra le vie Marina Alta, Amalfitano, Diego Vitrioli e dei Bianchi, si
avvistarono vaste ed imponenti ruine di uno o più edifici contigui della migliore epoca
romana, ruine il cui studio ha presentato non poche e complesse difficoltà. Infatti i primi
di tali ruderi apparvero lungo la via Marina Alta, dopo la demolizione delle mura spa-
gnole e delle fabbriche, che ad esse si erano venute addossando. In un secondo mo-
mento si procedette alla demolizione ed allo sgombero dei ruderi di case, colpite dal ter-
remoto ed esistenti nell'area .retrostante. In fine in una terza fase si è posto mano alla
costruzione del palazzo del Genio Civile, costruzione che ora (1922) procede alacremente.
Le masse di terra e di rovine ricoprenti i ruderi antichi, crescendo di intensità da ponente
a levante, cioè da valle a monte, l'opera di denudazione dei ruderi per uno studio siste-
matico di essi nel loro complesso, avrebbe richiesto molte migliaia di lire, di cui la no-
stra Amministrazione non era in grado di disporre. Tuttavia essa sacrificò una somma
non indifferente per lo scoprimento dei ruderi verso via Marina Alta, ma poi si decise di
attendere l'inizio dei lavori del Genio Civile, nella speranza che dei ruderi da esso incon-
trati si sarebbe fatta a sua cura una levata generale. Se non che difficoltà di varia indoie
frustrarono tale vivo desiderio della Soprintendenza, che dovette accontentarsi di un ri-
lievo al tutto parziale.
Nella fase ultima mercè le insistenze mie e del mio collega dei monumenti si è ot-
tenuto, che il Genio Civile conservasse negli scantinati del nuovo edificio alcuni ambienti
sotterranei di quello antico, i quali si imponevano per la eccezionale bellezza e solidità
della loro struttura laterizia.
La parte venuta prima in vista è quella dei ruderi prospicenti Marina Alta e quasi
paralleli alle mura greche. Quivi già nel 1917 si erario avvistati avanzi, per il cui sgombero
REGIONE III.
— 175 —
REGGIO CALABRIA
la nostra Amministrazione eseguì uno scavo, arrestato poi davanti alla entità della spesa e
dell'opera. Un muro in direzione N. N. 0. a S. S. E. della largh. di un metro venne seguito
per una trentina di metri ; esso formava due cantonali con braccia che salgono a levante
FI0. 23.
sul declive dei colle ; una di osse si suddivideva alla sua volta in due rami. Alla fig. 23 si
vede il rilievo, non completo, di questa parte del fabbricato. Si pervenne a denudare
un solo ambiente rettangolare coll'avanzo di un mediocre mosaico ad esagoni. Ma ciò
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Fio. 24.
che già allora mi aveva colpito era la eccellenza delle strutture murali in laterizio, rispon-
dente a quella dei ruderi riconosciuti più a monte. Il muro, come scorgesi dalla vedu-
tina prospettica, fig. 24, è costrutto con grandi e solidi quadrello» fittili di cm. 50 X 34 X 8
spessore, legati da copioso e fortissimo cemento, colle teste un po' prominenti e con
spaziature di quasi 2 cm. negli interstizi o letti di posa così che, non essendo la parete
rivestita di intonaco, le teste a bugna dei grandi laterizi esattamente allineati forma-
vano già da se una austera decorazione. Il lato meridionale di questo rudere presenta
un braccio di muro convergente ad angolo acutissimo con quello terminale, muro che
non appare nella pianta, perchè di epoca seriore al fabbricato principale ; sopra una zoc-
REGGIO CALABRIA
— 176 —
REGIONE III.
colatura di buona struttura laterizia venne elevata in tempi bizantini od anche più tardi
una muratura di grandi conci lapidei, strappati alle attigue mura greche, ma il sistema
della muratura e delle commissure, non che l'impiego di calce e di pezzami di tegoli, non
lascia dubbio di sorta sull'età tarda dell'opera. Così, lungo il lato di ponente un altro
vano oblongo, ed oggi ormai obliterato sotto il battuto di via Marina Alta, terminava
a sud in un absidetta massiccia ed alla estremità opposta presentava quattro nicchiette,
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Fio. 25.
simili ai loculi di un colombario, ma che tali in realtà non erano, ne potevano essere.
La struttura di questo lungo e stretto ambiente (ni. 10.60 X 3.20 alla testata nord,
m. 4.50 alla testata sud, non interamente sgombrato e forse suddiviso in due) è comple-
tamente diversa e certamente seriore da quella del nucleo di fabbriche precedentemente
descritte, e consiste in piccolo pezzame ben cementato. Pare in realtà, che sopra ruderi
antichi, si fosse qui installata una chiesetta della Madonna del Mare, di cui vi sono ri-
cordi di circa un secolo addietro, e che le nicchie servissero per adagiarvi seduti dei ca-
daveri essiccati, come era vecchio costume in parecchie chiese del Mezzogiorno ; la chie-
setta, forse di origine bizantina (Odigitria ?!) fu in ogni caso varie volte rimaneggiata.
Più a monte entro lo stesso isolato, si svolgevano altre fabbriche antichp, di cui pel-
le difficoltà di sgombero e di rilievo, attese le grandi masse di terra e di ruine moderne,
tornò meno agevole il lavoro di studio e di rilievo. Veggasenc tuttavia a fig. 25 quel tanto
che fu possibile rilevare. Due coppie di ambienti rettangolari, quasi identici, interco-
REGIONE Ili.
— 177 —
REGGIO CALABRIA
inimicanti due a due, con poderosi muri di m. 1,20, shoccavano a settentrione sopra una
specie di corridoio non sgomberato, perchè coincidente con una strada perimetrale del
nuovo edificio. Mirabile è la struttura di questi quattro ambienti, e di una resistenza a
tutta prova ; pareti laterizie con corsi di mattonacci a vista, volta a botte a saldissimo
emplecton ; porte di passaggio con piattabanda robustissima : lunetta in pieno e grande
arco di scarico pure con mattonacci a vista. Gli ambienti, sotterranei per destinazione
originaria, pare non servissero ad uso di abitazione, ma di depositi refrigeranti per der-
rate. Si potrebbe forse pensare ad un Maeellum, mala congettura è estremamente vaga ;
perchè difficoltà insormontabili di ogni maniera vietarono uno studio conscienzioso di
questo vasto e complesso edificio, di cui non senza fatica si ottenne che qualche piccola
parte venisse conservata negli scantinati del nuovo palazzo del Genio Civile.
SM
Fio. 2G.
Se gli avanzi segnalati non si prestano, pur troppo ad uno studio d'insieme del cospi-
cuo edificio, essi porgono per lo meno materia sufficiente a qualche considerazione sulla
tecnica e sulla struttura dei muri, indubbiamente romani e di buonissima età. Disgra-
ziatamente se si conoscono oggidì le costruzioni, e le strutture, dirò così, metropolitane
di Roma, di Pompei, e di altre grandi città dell'Italia e dell'impero, siamo invece in grande
difetto di dati per le opere romane della Sicilia e della Magna Grecia, le quali alla loro
volta presentano varietà di tecnica e di materiali, a seconda delle località e dei rispet-
tivi ambienti geologici. Robuste piattabande con arco di scarico a tutto centro o in pie-
tra od in gran laterizi'si hanno lungo i tre primi secoli imperiali (bellissimi esempi ad
Ostia, nelle terme di Caracalla in Roma, ed anche nella basilica di Massenzio ; ma tutto
un complicato sistema di arconi di scarico a grandi laterizi si ha già nel Pantheon). Anche
la structura testacea, che più tardo si dirà paries testacius vel latericius ha una lunga du-
rata, attesa appunto la sua bontà ; si inizia nel I secolo dell'impero, e viene via via perfe-
zionandosi nel II e nel T\l(l). Per queste sommarie considerazioni io penso che di buonis-
(') Chi bramasse meglio addentrarsi in questa ricerca delle strutture laterizie imperiali romane
consulti il Dumi. Die Baukunst d. FArusker una Roemer, 2 ed. (1906) eo in particolare le pag. 200 e sg. ;
ma sopratutto il diligente studio comparativo di Ester lìoise van Deman, Metods of determining the date
of roman concrete monumenta in American Journal of archneol. 1912, pag. 387 e sg.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX.
23
REGGIO CALABRIA
— 178 —
REGIONE III.
sima età imperiale sieno gli avanzi reggini, ben degni dì reggere il confronto coi migliori
campioni di Roma.
Scoperta di ruderi, di avanzi architettonici e di un titolo greco nella nuova sede dilla
Banca d'Italia. — Nel 1 921 si iniziarono i lavori di fondazione della nuova sede della Banca
d'Italia, tra le vie Belvedere e Garibaldi, cioè in un area già nota per qualche precedente
scoperta. Nella parte più a ponente, prospiciente su via Belvedere, vennero così avvi-
stati e messi a nudo dei ruderi non vasti, dei quali la Soprintendenza prese un rilievo,
da cui si trae lo schizzo qui annesso a fig. 27. Si tratta, come ben ve'desi, dei lembi di
tre ambienti, nei quali furono inseriti tre poderosi muri moderni, fondamenta di una
casa distrutta nel terremoto del 1908. Il grande, ambiente C tagliato da un muro mo-
Fio. 27.
derno, ma colla sua parete terminale antica che lo divideva da B, presenta un mosaico
in bianco, con doppia fascia marginale nera. Del vano B ben poco è rimasto : il suo pa-
vimento era decorato di un mosaico analogo al precedente. Più conservato è invece l'am-
biente A, di cui porgo anche una sezione ; non vi è dubbio che esso non sia una vasca
balnearia, la cui parete di ponente è munita di una triplice gradinata, colla pedata ed
il corpo dei gradini formati di robusti mattonacci rettangolari (cm. 34 lungh.) ed il fronte
rivestito di lastre marmoree ; nell'angolo tale gradinata girava a % di cerchio ; anche
il poco che rimane della parete di sud dell'ambiente era rivestito di lastre marmoree ;
da tali particolari non cade dubbio sulla destinazione balnearia del vano.
Di materiale sporadico si rinvennero in questo scavo molte lastre marmoree spez-
zate, rivestimento pavimentale e parietale di un altro ambiente un po' discosto e distac-
cato dai precedenti. Di più una base marmorea di colonna ionica o corinzia dm. cm. 68 ;
un rocchio di colonna dorica in arenaria forte (alt. cm. 34, dm. cm. 79), nella quale le
cannellature sono assai debolmente accennate, per il fatto che esse dovevano essere ri-
vestite di stucco
REGIONE III.
— 179 —
REGGIO CALABRIA
Via Beluedere
Corso Garibaldi
Fio. 28.
REGGIO CALABRIA 180 REGIONE III.
Ma prima di procedere all'esame ed allo studio del pezzo più ragguardevole rac-
colto in questo scavo, l'epigrafe cioè dei ginnasiarchi, giova ricordare, che qui già tre
anni addietro, nella via Belvedere, che corre a ponente lungo l'isolato della Banca
d'Italia, io avevo notato ruderi di fabbriche, con mosaici molto semplici, i quali non
altro erano che il prolungamento delle fabbriche, ora apparse nell'interno dell'iso-
lato. Ed ancora ; la nuova sede della Banca d'Italia sorge nell'area dove fu il caseggiato
giàcav. Vincenzo Genoese. Qui ampliandosi nel 1895 l'edificio, poi distrutto nel 1908,
vennero in vista ruderi con certezza pertinenti ad una terma, nel 1896 continuarono le
scoperte ed allora si rinvennero condotture sotto gli ambienti. Si rinvenne altresì una
edicola fastìgiata col ricordo di un Iìovrarig xaì ccq%u>v da me dato nella brevissima
relazione che pubblicai in Notizie, 1896, pagg. 240-42, ed ora riedito dal Pntortì con
ampio commento in Riv. Critica di Cultura Calabrese a. I (1921) pag. 86 seg. ; in quella
occasione vennero pure alla luce parecchi frammenti di statue, che furono da me elencati.
Dello scavo del 1895, da me visitato per poche ore, ho però la fortuna di possedere
uno schizzo di pianta, levata dal vecchio ed abile custode del Museo Civico, G. Vazzana.
Tale pianta, non eseguita da un tecnico, e che per taluni rispetti lascia a desiderare, ha
tuttavia il suo valore, ed io ho cercato di farne cavare lo schizzo che qui si pubblica a
fig. 28, non fosse altro per confermare il carattere di terma al fabbricato. A chiarimento
di essa pubblico anche gli appunti di cui la corredò il Vazzana.
1) Sezione la. Vano rettangolare, absidato verso levante, di m. 9.55 X 8.35 (le
misure non tornano nello schizzo). Dalla parte di occidente vi sono tre gradini, che
nell'angolo girano a Yi di cerchio. Pavimento e pareti di questo ambiente erano rivestite
di marmo, con lastre di grandi dimensioni nel primo, essendosene rinvenuta qualcuna di
m. -1.00 X 0.60. La muratura è in bella cortina laterizia, e si conserva in qualche tratto
fino a m. 1.60 alt. Il quadrato in mezzo alla gradinata sembra una base di colonna. Nel-
l'angolo S. 0. si avvertì la bocca circolare di un fognolo (dm. cm. 30), il quale nel suo de-
corso sotterraneo misurava cm. 70 in alt., 50 largh., ed era coperto di mattonacci a contra-
sto. B indica una bancina prof. m. 0.60, pure con rivestimento marmoreo. 2) Sezione 2l.
Banchina in grandi mattoni. Il pavimento ed essa sottostante, a mosaico, era formato da
una fascia nera, di cui non si può dire (ma è probabile per analogia cogli altri musaici
apparsi nel 1921) se racchiudesse un campo bianco. Questo pavimento stava a cm. 60
più in alto di quello della sezione la. Nell'angolo di est vi ha una condottura che immette
in una bocca circolare. 3) Sezione 3a. Dal lato di nord muro in calce e pietra, che mediante
4 gradini scende in una vaschetta di m. 1.90 X 0.60 X 0.30. 4) Sezione 4a. Lungo il muro
di questo ambiente, non esplorato, stava adagiata un'anfora priva di collo, lungh.
m. 0.90, contenente lo scheletro di un bambino (deposizione certamente seriore) con una
moneta romana logora ed alcuni tesselli vitrei a colori. 5) Sezione 5*. Ambiente pavimen-
tato a lastre marmoree. Il muro di divisione dell'ambiente sezione la, in pietrame, mostra,
a distanze regolari di un metro, incassi verticali di cm. 15, forse per un'orditura lignea ;
nel lato sud fognolo per scarico di acque. 6) Sezione 6a. Altro ambiente ad uso di grande
vasca con gradinetti lungo la parete meridionale, i quali piegano ad arco di cerchio nei
due cantonali ; il pavimento è più basso di m. 1.30 di quello della sezione 2, e porta esso
REGIONE III. — 181 — REGGIO CALABRIA
pure tracce di rivestimento marmoreo ; due emissari d'acqua H e D sono aperti nelle
pareti di sud e di ovest. In questo ambiente si raccolsero alcuni manichi bollati di an-
fore rodie, ed il collarino di un vasetto a vernice nera col nome ÀION YCOY graffito
a lettere alte un cm.
Dalle scoperte così degli anni 1895-96 come del 192.1 non cade dubbio che nell'area
dove viene sorgendo la Banca d'Italia non esistesse una volta uno dei tanti stabilimenti
termali, che in età romana formavano il deòoro ed il sollievo della elegante città. Dato
il sicuro carattere dell'edificio desta qualche sorpresa la scoperta avvenuta in esso, sem-
pre sul finire del 1921, di un pesante e tozzo cippo in durissima pietra di Macellara, scorni-
ciato in alto e delle dimensioni di cm. 76 alt., 76 in largh. frontale, 68 in prof., il quale nel
piano superiore presenta le orme profonde dei piedi di una statua, che dovette essere in
bronzo. Sul fronte in otto righi vi è una iscrizione faticosamente incisa nella pietra quar-
zitica durissima, ed i due primi cadono sul listello sottostante alla cornice. Il cippo fu tro-
vato, non vi è dubbio, rimosso dal suo posto originario.
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TAIONN^P BANONTAIOYYI ON
Le spaziature da lettera a lettera sono molto irregolari data la natura della la-
pide a piccoli conglomerati quarzitici, inattaccabili dallo scalpello.
La lezione piana e chiara presenta soltanto qualche incertezza nei nomi dei versi 2 e
3, dove le lettere sembrano quasi attenuate ed evanescenti per lo sforzo fatto dal lapicida
di fronte alla resistenza della materia durissima. Anche il contenuto del titolo nella sua sem-
plicità è chiarissimo. È un decreto dei ginnasiarchi di R\ ejium, contrassegnato dal segre-
tario, e sanzionato dirò così dai rappresentanti officiali dell'intera cittadinanza, con cui si
delibera una statua onoraria in bronzo ad un benemerito cittadino, romano. Della esistenza
in Rhfitjium di un ginnasio e di una fiorente associazione ginnastica o sportiva, si aveva già
la documentazione nel titolo Kaibel 616; essa si denominava anche xoivòv %5>v àlfigio-
fisvmv, analogamente ad una corporazione di Halaesa (Kaibel n. 369-371). Nel citato
titolo ad indicare la presidenza del sodalizio si usa la formula yi'nva<fiao%r}actvta xòv S.
invece della sostantivale érti yvavaaictQ^mv ecc. Quanto al nome 'Ovo/xa(fiov giova
osservare che le iscrizioni dialettali non solo beotiche, ma anche doriche danno la
doppia a davanti a consonante, specialmente se questa è T. Il nome Mvioxog del gram-
mateu ; è noto in Reggio per il titolo succitato. Tutti i nomi della presidenza del ginnasio
sono greci, laddove è romano questo Gaius Norbanus G, F., non altrimenti noto. Da
REGGIO CALABRIA — 182 — REGIONE III.
rilevare altresì che l'onore della statua viene decretato non dai soli ginnasiarchi, ma
dalla rappresentanza della intera città.
Questo titolo riapre una agitata questione basata sul controverso passo di Strabone
VI. 1-2 § 259, il quale dava ai suoi tempi Rkegium come città ancora greca in grande pre-
valenza, al paro di Neapol 's e di Taren'um (1). Certo che la resistenza dell'elemento greco
in Rhegium fu lunga e tenace anche dopo la conquista romana, e vorrei dire che soltanto
coll'età imperiale il romanismo sia venuto a prevalere sul grecismo. Il nuovo documento
che oggi sorge dal suolo reggino, redatto in greco, con nomi di cittadini tutti greci, colla
solenne formola finale della consecrazione uffciale delle onoranze a G. Norbano redatta in
greco, denota chiaramente che la città era ancora greca al momento in cui venne decretata
la statua. Ed allora molto importerebbe poter stabilire l'età del titolo. Interpellato al pro-
posito il mio amico, il eh. prof, di epigrafia greca nell'Ateneo Romano, Fed. Halbherr, egli
pensa « che l'iscrizione sia piuttosto anteriore che posteriore ai primi tempi imperiali.
« Le iscrizioni reggine di questi ultimi tempi hanno quasi tutte, anche nelle cariche, nomi
« romani [ E tale asserzione trova piena conferma nei diversi nuovi titoli, romani, che nella
« presente relazione si pubblicano P. 0.]. La forma dell'o non è necessariamente troppo
« tarda ». Potremo quindi ritenere il titolo in circa contemporaneo all'età in cui Strabone
scriveva. ,
Un'ultima indagine ora si impone : accertato il carattere di terma all'edificio scoperto
nell'area della Banca d'Italia, si domanda se il titolo apparteneva ad esso edificio, o venne
quivi portato da un altro punto ; e, subordinatamente, se stava qui il Ginnasio e la
Palestra colla sua terma, o soltanto una terma. È ormai notorio come gli antichi ginnasi
comprendessero una vasta area, entro la quale sorgevano fabbricati disparatissimi, tra cui
non mancava mai un vasto cortile con portici, le abitazioni, uno stadio, lo $y;tui (alea co-
perta), una Rchola ed infine una serie di impianti per bagni caldi e freddi {lovtqóv
frigidarium, propiyneum, concamerata sudatio età), che nel loro insieme costituivano so-
vente una terma. Ed in fatto una vera terma comprendeva il ginnasio di Efeso (Saglio,
Dictionnaire, s. v. fig. 3675), e quello vastissimo e sontuoso di Pergamo (Dòrpfeld, Athen.
Mitili. 1907, tav. XVIII), quasi piccola città entro la città, e quello di Eretria(Richardson,
Am. Journal of Archaeol. 1896, pag. 163 e sg.) ed altri ancora.
Supposto che coll'area della nuova Banca d'Italia coincidesse l'antico ginnasio di Rhe-
gium, i ruderi avvistati nel 1895 ed oggi non rappresenterebbero che una minima parte
di esso ; ma poiché sin qui soltanto elementi di edificio termale sono stati accertati, la con-
troversia dell'ubicazione del Ginnasio rimane insoluta.
Avanzi di casa romana in suolo Trapani. — Nel gennaio del 1921 cavandosi le fonda-
zioni del palazzo del comm. Antonio Trapani, tra Corso Garibaldi, via Tribunali eie tra-
verse di Via Giulia e Giudecca, si avvistarono dei ruderi, che furono dapprima negletti ;
ma poscia per l'efficace intervento del prof. Morabito, il proprietario, con assai lodevole di-
sposizione ordinò si facessero a sue spese tutte le denudazioni richieste dal caso. Da esse
(!) Veggansi al riguardo le erudite osservazioni «li N. Putorti in Rivista Critica di Cultura Calabrese
a. I. (1921), Napoli, pag. 104 e sg., dove è raccolta anche la letteratura precedente sull'argomento.
REGIONE IH.
— 183
REGGIO CALABRIA
risultò la pianta di ima porzione di edificio, che qui si allega a fig. 29, pianta rilevata dal
prof. Morabito, che aggiunse le osservazioni di cui mi valgo per la presente nota.
11 vano A era pavimentato con un mosaico a squamine bicolori (bianco e verde sme-
raldo), con una fascia ad archetti, ed una seconda terminale di marmo color paglino.
Questo mosaico di tesselli marmorei dai vividi colori era ridotto in condizioni disastrose da
avvallamenti e dalle tracce Mi un incendio, che aveva investito tutto il fabbricato ; essendo
Corso Garibaldi
13
Fio. 29.
riuscito vano ogni sforzo per salvarne qualche campione, se ne serba un ricordo grafico
a fig. 30. Lungo le pareti dell'ambiente girava una banchina (alt. cm. 50, prof. 35) rivestita
di marmi bianchi, e tutte le pareti perimetrali dipinte in rosso pompeiano piantavano
sopra una robusta fondazione, che si ebbe persino il dubbio fosse di un edificio più antico,
greco. 11 piccolo ambiente B era pavimentato di marmo, e di marmo erano pure rivestiti
gli zoccoli delle pareti ; quivi in a) e b) erano due tubi di piombo di emissione delle acque.
Mediante un angusto passaggio a tre gradinetti marmorei si accedeva al grande am-
biente D. In C il pavimento era pure a mosaico semplicissimo, bianco e nero. In G le pareti
bene intonacate erano poi dipinte a fasce verticali rosse e blcu scure ; nei punti a) e b)
erano collocati due dolia, alti m. 1,35, con diametro alla bocca di cm. 50 e 54. 11 grande
passaggio fra D e G era occupato da arcate a tre centri, la cui impostatura cominciava
PÈGGIO CALABRIA
- 184
REGIONE III.
a m. 2.80 di altezza dal piano. Osservo in fine, che nel rovescio della parete nord-ovest di
1) era aperta una nicchia con rivestimento marmoreo.
I lavori di palazzo Trapani subirono una lunga sospensione, ma alla loro ripresa dal
lato di nord-ovest è sperabile vengano messi in vista altri avanzi del ragguardevole edificio,
Fio. 30.
che dalla porzione sin qui esumata presenta i caratteri di una signorile casa romana, colla
sua piccola terma privata.
(0|
f^l|',;■• ■.'■ ;i p'-'
Fio. 31.
Scoperta di sepolcri greci lungo la variante ferroviaria a monte del Porto. — Nel dicem-
bre 1919 l'Amministrazione delle F. S. iniziò dei lavori, per l'apertura di una variante bleu
della linea Keggio-Eboli, ed in tale occasione a monte del Porto si imbattè in alcuni se-
polcri pertinenti ad una necropoli greca colà esistente, e già da tempo segnalata. Un primo
sepolcro era stato manomesso dai lavoratori che lo scoprirono a caso ; ma si salvò qualche
oggetto passato al Museo Civico ed al Magazzino Archeologico dello Stato ; ricordo tra essi
uno dei grandi mattoni quadri, ben noti a Rhegium ed a Messana, col bollo Z 2 Z HM O Z
(Kaibel n. 2400.17 da un sepolcreto reggino di Pentimeli). ed un capitelluccio fittile co-
rinzio a. cm. 13. Dai frammenti abbandonati sul sito si fu in grado di ricostruire anche la
tomba ; era una cassa di mattonacci di m. 1 ad 1.30 di lato, con altri disposti a piovente
per la copertura ; le# sue dimensioni erano di m. 2.30 lung. X 0.80 larg. X m. 1.00. Si rac-
colsero anche dei dischi fittili di 0.25 di diametro. Dallo schizzo annesso del prof. Morabito
essi avrebbero decorato la fronte del sepolcro ; ma la cosa panni dubbia, perchè non suf-
fragata fin qui da prove monumentali (fig. 31).
REGIONE III. 185 —
REGGIO CALABRIA
In seguito ai fatti sovraesposti ed alle vive premure dell'ispettore prof. Morabito,
si stabilì di procedere a spese dell'Amministrazione alla ricerca di altre tombe, la cui esi-
stenza si presumeva da vari dati. Gli scavi vennero diretti dal prof. Morabito stesso,
da un cui diligente rapporto si attinge per la presente nota, dopo avere personalmente
controllato il materiale, ora nel nostro Magazzino.
Sepolcro 2. Cassa costruita di mattoni ad assise ; misurava m. 2.00 X 0,65, colla
parete di m. 19 di spessore ; la copertura era formata di mattonacci di cm. 39 X 19 X 9,
disposti a contrasto. Conteneva uno scheletro adagiato da levante a ponente sopra uno
strato di arena, e lungo m. 1,74. Tra le gambe una tazza con residui di cattiva vernice nera;
ed un grande anello di bronzo, nel quale erano infilate delle strigili di ferro logore ; di più
uno dei noti vasetti a fuso.
Sepolcro 3. Forma ed orientazione come nel precedente ; copertura schiantata formata
da mattoni, due dei quali col bollo come in sepolcro 1. Scheletro disfatto, attorno al
quale erano distribuiti : 5 vasetti a fuso ; una tazza biansata nerastra ellenistica ; un
grosso stilo (?) di bronzo • % pateretta di bronzo ; 10 monete di bronzo molto logore
di cui questo soltanto può dirsi, che sono greche; per una mi venne fatto di sta-
bilire che era un pezzo romano-campano, e precisamente il sestante Garrucci M. I. A.
tav. LXXV1I fig. 5 - Sambon, Mon. ani. Italie pag. 444, fig. 1158, coll'aquila e la lupa
coi gemelli. Essendo esso stato coniato fra 280 e 200 a. C, veniamo ad acquisire un utile
elemento di datazione della necropoli, concordante del resto con quello delle ceramiche.
Sepolcro 4. Era formato di grandi cilindri di cotto, come quelli dei pozzi ; mano-
messo però di vecchia data, diede solo dei frammenti fittili e 2 rnonete di bronzo irri-
conoscibili.
Sepolcro 5. Vicinissimo al sepolcro 2, direzione est-ovest, della stessa forma, dimen-
sioni m. 2.20 X 0.70 X 0.80 prof., copertura a tetto. Dello scheletro sole tracce ; rac-
chiudeva dei vasi a fuso e 2 capitellini fittili, rotti di proposito in antico, nonché una
coppetta cretacea, contenente un grande Triton nodosum ed un'altra piccola conchiglia,
vulgo « Trombetta ».
Sepolcro 6. Forma ed orientazione come sopra, scheletro disfatto. Racchiudeva:
una coppa vitrea a calotta (diametro cm. 13), monocroma ; una tazzina fittile senza
manichi ; un vaso a fuso ; uno specchio di bronzo (diametro cm. 19) senza manico ;
tre anelli di bronzo e l'ansa di una piccola maniglia, pure in bronzo, di cassetta ; alla quale
cassetta è verosimile appartenessero 24 chiodelli in bronzo integri e 7 in frammenti. Di più
due scatolette in piombo cilindriche, contenenti terriccio nero ; un'altra maggiore (dia-
metro cm. 9) con entro varie conchigliette. All'esterno sul coperchio un anellone fittile
(diametro cm. 33, spessore cm. 5). ,
Sepolcro 7. Bellissima cassa di mattoni, ognuno di cm. 35 X 20 X 10 ; essa aveva
le dimensioni di m. 2.25 X 1.20 X 1.65 prof., ed era chiusa da una voltina a sesto scemo
formata di mattoni cuneati, legati con calce (fig. 32). Le pareti ne erano intonacate ed il
fondo di sabbia e ciottoli. Lungo le deboli tracce del cadavere : 4 capitellucci corinzii
col fiore, il maggiore dei quali a. cm. 11 ; due altri in frantumi ; due vasi a fuso ; co-
perchio di scodellina da belletto rotta ; gruppo di 4 scodelline a saliera, coi relativi
Notizie Soavi 1922 - Voi. XIX. 24
REGGIO CALAVRIA
— 186 —
REGIONE III.
coperchi (uno mancante) ; alabastron fittile incompleto ; piccolo specchio di bronzo in
pezzi ; chiodetti di ferro e di bronzo.
Fio. 32.
Sepolcro 8. Come il n. 6; coperchio di mattonacci a contrasto, tutti muniti del
bollo MEMNo|s]oZ. Nell'interno tracce dello scheletro nudo. Nelle terre sovrastanti
si raccolse : un grande anello fittile ; una figurina fittile di Afrodite, acefala, seduta su di
un masso, a. cm. 18,5; metà inferiore di altra figurina muliebre panneggiata ; testolina mu-
liebre ; 2 alabastra fittili con piede ad elica ; capitelluccio corinzio con tracce di rosso.
In occasione di tali lavori si constatò che altre tombe erano state manomesse in pre-
cedenza, asportandone molti piccoli oggetti, dispersi tra le famiglie del prossimo villaggio
di S. Caterina, tra cui statuette e capitellini fittili. Da tutti questi elementi e da scoperte
di altri sepolcri quivi stesso avvenute in passato (*) non cade dubbio che la necropoli non si
estenda anche nei terreni limitrofi al nuovo tracciato ferroviario. Tale necropoli è dei
secoli ni e il a. C, ed appartenne ad un sobborgo o proaileon dell'antica Rhegium, coin-
cidente coi terreni circostanti all'attuale villaggio di S. Caterina.
P. Orsi.
(*) Circa scoperte avvenute negli anni 1882 e 1883 cfr. Mons. Di Lorenzo, Scop. archeol. di Reggio
Cai. nel primo biennio di vita del Museo Civico, pag. 5-10; Idem in Notizie, 1883, pag. 97.
NOTIZIE DEGLI SCAVI
Anno I022 — Fascicoli 7, 8, 9.
Regione. X {VENETI A ET H1STRIA).
I. AQUILEIA — Scavi.
In occasione dei lavori che venivano condotti sul fondo di proprietà del geometra
Pietro Pasquali^, e nel rimuovere un frammento di colonna, sono comparse tracce di un
musaico pavimentale raffigurante un atleta vincitore e arnesi propri da lottatori.
La Direzione del Museo Archeologico di Aquileia in seguito ad ordine dell'Ufficio
Belle Arti provvedeva alla esplorazione di un buon tratto di terreno, per il che è stato
possibile scoprire altri vasti mosaici, colossali dadi di pietra — forse plinti di colonne e la- *
stroni da fondamenta in genere — e enormi scaglie di marmo appartenenti a colonne di
diametro di quasi un metro, testimoni indubbi della grandiosità dell'edificio che qui deve
essere sorto.
Di muri perimetrali non si notarono fin qui che i vani che ne contenevano le fonda-
zioni, la muratura stessa è andata radicalmente distrutta in epoca non precisabile, veri-
similmente però per opera dei cavatori di pietra che in Aquileia imperversarono sino a
pochi decenni or sono.
Degli ambienti scoperti nell'area dello scavo (m. 24 X 15) uno solo aveva pavimenta-
zione marmorea come risulta dai pochi chiari avanzi che vi si vedono, tutti gli altri l'ave-
vano a musaico. In una campata, di cui ci rimane solo la metà dell'estensione di m. 7.5 X 5,
5, il mosaico è nel suo insieme e nella sua policromia di gradevole effetto decorativo, ma
piuttosto povero di composizione e per i suoi caratteri artistici non può essere anteriore al
secolo III d. C. È limitato da una fascia a greca, e presenta in lunghezza tre zone di cerchi,
i quali in quella mediana s'alternano con quadrati. Di questi ci restano due soltanto ;
l'uno racchiude l'imagine di un atleta che è quasi interamente perduta, l'altro invece
conserva in buono stato il busto di un lottatore, riprodotto con fini gradazioni di rosso,
nei suoi realistici tratti individuali, dalla muscolatura oltremodo sviluppata, dal tipo rude
e rozzo quale è caratteristico di siffatte persone, e richiama subito alla mente il mosaico
delle terme Antoniniane che è al Laterano.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 25
AQUILEIA
— 188
REGIONE X.
Un lastricato di marmo e di pietra largo m. 0,75 separa questo mosaico da altro di
cui. per mancanza di mezzi, non fu potuto scoprire che un lembo, e che si rivela di disegno
più ricco, di tasselli più minuti ma più consunto dall'uso.
Tutti questi mosaici hanno poi tracce evidenti di restauri antichi.
Lo scavo ci ha restituito anche numerosi pezzi lavorati, quasi sempre di marmo, tutti
però frammentari. È degno di menzione un capitello composito figurato conservato
nell'altezza di m. 0,50, i cui lati dell'abaco misurano m. 1. Esso trova pure le sue analo-
gie nei capitelli delle Terme di Caracalla.
Non si contano poi i brandelli marmorei di statue, di sculture in genere, di cornici,
di lastre di pavimentazione che si rinvennero frammisti al terreno di scavo.
Le ricerche saranno proseguite nel prossimo autunno, e si confida che recheranno
un nuovo importante contributo alla conoscenza della topografia dell'antica Aquileia. Gli
elementi fin qui scoperti documentano intanto chiaramente l'esistenza in questo punto
di una grande eostruzione che, a giudicare dai caratteri figurali del mosaico, può essere
stato benissimo un ludus athletarum, Non sembra doversi tacere in proposito, che in
immediata prossimità di questo luogo sorgeva l'anfiteatro.
Se poi il ludus athleiarum sia stato un edificio a sé o connesso con qualche costru-
zione termale o altro, è sperabile che risulterà dalla continuazione dello scavo.
Ciò che intanto si rileva è che la costruzione suddetta è la prima in Aquileia in cui si
mostri l'impiego di marmi colorati, il che la differenzia da tutte le altre costruzioni fino ad
ora note nella zona Aquileiese. G. B- Brvsin.
REGIONE X. — 180 — GALZKINANO
IL GALZIGNANO — / confini fra Ateste e Padova e la recente
scoperta di un nuovo decreto che li stabiliva.
Quando nel 1767 Isidoro Alessi portava a casa sua, chi sa con quale intima gioia,
il sasso già illustrato dall'Orsato e che oggi fa parte del Museo di Este, certo non imma-
ginava che altri ne rimanessero nascosti. Ma oltre che d'averla salvata egli ebbe il me-
rito, col suo fine spirito critico, di mettere quella lapide nella giusta luce, riferendola
quantunque esitante, al decreto del senato di Roma del 141 av. Cristo. Questa ipotesi che
il Furlanetto appoggiò, ed ess . venne con nuove esaurienti argomentazioni confermata
da Bartolomeo Borghesi.
Quel sasso affiorante dal monte di Venda sul margine di una via. e lasciato grezzo
e scabro come l'avoa prodotto natura, portava nell'alto l'iscrizione: [G . Caeirili~\ns
Q . f . prò . cos | termino* . finisqae . ex \ Semiti . constalo . statuì \ iousit, . inler .
AiesHnos \ et Patavino* \ (C. I. L. V, 2491).
Ma in processo di tempii per lo sfaldamento causato dai ghiacci nella parte superiore
del macigno essendo la 1 pide" rimasta imitila, dovette essere ripetuta più sotto così:
b . CaecUiu* .Q.f. pr \ o cos . kiminos | finì\«iue . ex . Senati | consulto . statuì . iusit \
inler . Àitéime \ Palaeinosque |
Hai 1 Sì»? a Teolo si scoprì una nuova pietra di confine dovuta allo stesso proconsole
(ora al Museo Civico di Padova) ; ma questa volta l'iscrizione girava intorno a una breve
colonna rastremata e tonda sulla quale (lo si argomentò dai buchi d'incastro sulle due
facce, destinate a combaciarsi, delle colonne) doveva imperniarsi una seconda gia-
cente lì presso che ne seguiva la linea e ne ripeteva le parole : L . Caicilius .Q.f. \
prò . cos | terminos | fìnisque . ex \ Senili . consulto | statui . iusit . inler \ Patavino* \
et . Aleslino* \ (C.I.L. V, 2492).
Siamo lieti ora di comunicare che il 7 gennaio scorso in quel di Galzignano, in un
l'nndo di proprietà del conte Luigi Dona dalle Rose, denominato Topina di Corrado, i con-
tadini urtarono sul ciglio di un fossato a quaranta centimetri appena sotterra in un sasso
che, volendo asportare, trovarono inaspettatamente grandissimo e prol'ondantesi man
manti nel terreno fino a un metro. Scoperto e nettato dal terriccio che lo imbrattava
si rivelò per una nuova colonna di confine messa in ubbedienza allo stesso decreto di
cui le precedenti. Cavata da un sol pezzo di trachite (forse di Montemerlo) è di ben altre
proporzioni di quella di Teolo perchè misura complessivamente m. 3.83 di altezza e
per m. 1.10 stava infissa nel terreno come dimostra l'essere per quel tratto grossamente
dirozzata con pochi colpi di scalpello. Attorno al piede doveva avere ammassati pa-
recchi sassi che si ritrovarono sparsi nelle vicinanze. È anch'essa tonda, levigata, rastre-
mata (') e piatta al suo apice, ma l'iscrizione anziché girarla, è scritta su tre linee disposte
nel senso della lunghezza in capitali quadrate :
L • CAICILIVS • Qj F • PRO • COS • TERMINOS
FINISQ.VE • IVSET-STATVI-EX- SENATI
CONSOLTO • INTER ■ PATAVINOS • ATESTINOSQVE
(*) Alla base ha mi diametro di eni. (io, uH'a|>i(-e di ini. 30.
GALZIGNANO
— 190 —
REGIONE X.
Come nella colonna di Teolo vi leggiamo il Cawilius anziché la forma a trittongo
propria a quella di Venda, e il cmsoUo. Ma se anche qui vediamo i patavini essere nomi-
nati primi, lo sono nella maniera sonante « Liviana »
- per dirla col Furia-netto (*) - della epigrafe più
recente di Venda. Notevole la forma ivset.
L'Alessi (») e il Gloria (3) escludevano Galzi-
gnano dal territorio atestino : ma la linea di demar-
cazione fra Este e Padova romane, che il secondo
nella sua carta aveva tracciato come scendente dal
Venda e risalente pel Ventolone fino a sbucare in
pianura fra il laghetto di Arquà e Monte Ricco, dovrà
essere spostata a favore di Ateste che que sto cippo
dimostra essersi spinta più addentro fra i colli.
Esso viene anche a distruggere quanto suppo-
neva il Furlanetto (4) per la precedenza degli Atestini
ai Patavini nella lapide di Venda, e in quella di
Lobia (5) ai vicentini, e cioè che fossero stati essi a
promuovere il decreto. È più probabile che la pre-
cedenza dell'un popolo o dell'altro tragga origine da
un desiderio di imparzialità e di riguardo verso le
due popolazioni.
La regolarità e perfezione delle lettere, unita-
mente al Patavinos Atestinosrjue fanno dubitare che
anche per questa di Galzignano si tratti di una replica
messa in luogo della originaria colonna andata
distrutta, e si penserebbe di ascriverla ai primi
tempi imperiali. La priorità resta dunque sempre
da riconoscersi alla prima iscrizione repubblicana
di Venda, ma ciò non toglie che anche la novissima scoperta sia molto importante. Ed
è augurabile che le pratiche della R. Soprintendenza di Venezia riescano ad assicurare
il monumento al Museo Nazionale di Este, dove porterà singolare contributo alla ric-
chissima raccolta lapidaria.
Alfonso Alfonsi.
Adolfo Callegari.
(*) G. Furlanetto, Le antiche lapidi del museo di Este illustrate, 1837, pag. 41.
(>) J. Alessi, Antichità di Este, 1776, pag. 80.
(») A. Gloria, Il territorio padovano, 1862, V. carta.
(*) Op. cit., p. 43-44.
(*) A Lobia presso Lonigo si trovò nel 1490 una breve colonna ora al Museo 4L Verona. La lece porre
il proconsole Sesto Attilio Sarano in seguito al decreto del 135 av. Cr. : Sex . Atilius . M .f. Saranus .
pro.cos | ex . Senati . consulto | inter . Aeteslinos . et .Veicetinos \ finis . terminosque . stutui . insit .
(C. /. L. V, 2490).
REGIONE X. — 191
BAGNOLO MELLA
III. BAGNOLO MELLA (Brescia) — Scolture e iscrizioni romane
scoperte nell'agro del Comune.
Il 26 gennaio 1922 il giornale di Brescia < 11 Cittadino » recava l'annunzio della sco-
perta di lapidi e scolture romane avvenuta in località Dosso di Oastelvecchio, all'estremo
del paese di Bagnolo Mella, comune della provincia, a 13 km. dal capoluogo. Il solerte
Ispettore onorario degli Scavi e Monumenti in Brescia, dott. Giorgio Nicodemi, oltre ad
avvertirmi subito di quanto pubblicava il detto giornale, si recò l'indomani sul posto,
ed accertò che gli scavi ossia l'estrazione delle pietre scolpite ed iscritte erano avvenuti
in occasione dei lavori per l'impianto di un vigneto, in terreno di proprietà del sig. Bat-
tista Lanzani, di fronte al palazzo degli Avogadri. Che inoltre erano venute allo scoperto
le fondamenta di un edificio quadrato di circa m. 4 di lato interno, é quelle di un largo
muro. Memorie locali dicono, che in quel sito esistesse una chiesa ; forse ancor prima
vi erano le difese anteriori di un castello medioevale, al quale si riferiscono probabilmente
le fondazioni messe in luce. Ad ogni modo il materiale romano non era in posto, ma utiliz-
zato di seconda mano in queste costruzioni, come attestano varie tracce e il cemento che
vi aderisce.
Una prima trascrizione e descrizione mi fu mandata dal medesimo dott. Nicodemi,
nello stesso giorno della sua visita, da Bagnolo. Avendo poi il proprietario del terreno
ceduto per la sua parte i monumenti rinvenuti al Museo di Brescia, ove furono traspor-
tati, verificai il primo del seguente marzo le descrizioni e trascrizioni del Nicodemi. Dalle
note mie e sue traggo la presente relazione.
È anzitutto interessante, perchè si riconnette alle manifestazioni dell'arte provin-
ciale romana, tutt'altro che esaurientemente studiata, un blocco sagomato e scolpito
a rilievi in marmo botticino, purtroppo mutilo e corroso nella superficie (fig. 1 e 2). E
alto cui. 90 e conserva due lati che s'incontravano ad angolo, barbaramente asportato
a colpi di piccone in età postclassica con parte delle rappresentazioni figurate. La parte
interna del pezzo, ossia la faccia opposta all'angolo, non è piana, bensì reca un incavo a
nicchia destinato ad adattare il blocco ad una costruzione rotonda ; la corda di tale incavo
misura cui. 84. La faccia superiore poi reca un'area circolare ribassata e lasciata greg-
gia di martellina, la quale area occupa quasi tutto lo spazio tra la faccia interna e l'at-
tuale rozza smussatura dell'angolo, che è di cm. 47; inoltre al centro dell'area ribas-
sata è ancora un profondo incavo per impiombatura di un oggetto votivo ed ornamen-
tale, senza dubbio di bronzo.
I due Iati esterni, riquadrati e corniciati, erano adorni ciascuno di un gruppo di
due figure che sorgono da uno speciale listello sporgente, indicante il suolo, e collocato
a poco più d'un terzo dell'altezza. A destra (fig. 1) si vedevano due lottatori col cesto,
(resta quello di destra, barbato e muscoloso) incrociare rispettivamente l'avambraccio
destro e il sinistro (parte conservata della figura mancante), questo parando un colpo
tentato dall'altro, mentre il braccio sin. dell'uomo superstite si leva in guardia, pronto
a parare il colpo che l'altro combattente senza dubbio tenterà nell'istante successivo
con la, propria destra. Nel lato sinistro invece (fig. 2) si osservano a sin. un satiro e a destra
BAGNOLO MEI.LA
— 192
REGIONE X.
senza dubbio una menade di cui resta la mano dr., danzare uno di fronte all'altra, alzando
le mani rispettivamente situate verso il fondo, per intrecciare a guisa di croce due ramo-
scelli dì pino e corti tirsi. 11 satiro è barbato, porta la nebride annodata alla gola a guisa
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FlG. 1.
di clamide, e tiene nella destra abbassata un grosso grappolo d'uva. Fra le due figure
antropiche saltella anche la bacchica pantera, conservata nella parte anteriore, pro-
tendendo una zampa verso il satiro e volgendo indietro la testa a guardare la menade.
Mentre da questo lato la parte interna del blocco (cioè quella che andava ad addossarsi
alla struttura rotonda) termina in uno spigolo, dall'altro lato invece lo spigolo fu smus-
sato a guisa di pilastrino con ornato a fogliami girati in volute.
Senza dubbio il blocco testé descritto appartenne a nobile monumento, che il ca-
rattere delle epigrafi ritrovate insieme e presumibilmente tolto dallo stesso luogo fanno
RKGIONE X.
— 193 —
BAGNOLO MEIXA
ritenere funebre. Lo stesso può dirsi di un frammento forse di stela, in forma di pilastro
a capitello ionico, di cui avanzano la voluta destra e l'astragalo ; è possibile che nella
parte sottostante la pietra recasse una iscrizione oggi perduta.
Fio. 2.
Ecco ora i frammenti iscritti, in marmo e calcare di Rezzato:
1) Frammento di grosso blocco, profondo era. 0>4 e dell'altezza e larghezza attuali
di fin. ?>7 X 46. Reca in bolle lettere :
iS - F
R. T I A E
(wjORI ET
llillllll-**-
BAGNOLO MELLA — 194 — REGIONE X.
2) Base riquadrata e corniciata ; alt. mass. cm. 76, largii, cm. 80, prof. cm. 64. Nella
faccia anteriore, entro l'incorniciatura si legge:
PETRONIO
-^TCHILLIAE
(ma) TRI
La E del nesso nella prima linea fu aggiunta posteriormente. Una scheggiatura ha
portato via parte della prima lettera del verso seguente.
Nome comunissimo, anche nella regione ; nuova invece in questa la forma del co-
gnome, che vi ricorre come AcMllaeus per personaggi di sesso maschile (C. I. L. V, 735,
add., 5353-8904. 7916) e Achillea per una donna (4410). Nulla danno i Supplementi
Italica.
3). Piccolo blocco in calcare di Rezzato ; alt. cm. 37, largh. 30, prof. 23. Lettere ab-
bastanza profondamente incise, ma strette, di forma trascurata e di difficile lettura per
lo stato di conservazione della superfìcie. Leggo :
PVF
viCTORI-ASCA
4). Blocco calcareo compatto, alto cm. 52, largo 66, prof. 62. Lettere bellissime ;
il tratto mediano della E di Primae che leggesi nel 2° verso superstite non fu eseguito.
H V S ♦ S I B I et
PRIMAE
T- F- I-
Questo blocco dovè far parte di un monumento funebre architettonico, in cui l'epi-
grafe trovava posto entro qualche riquadro della facciata ; e precisamente il nostro
blocco doveva trovarsi al centro della riquadratura laterale, ma nella zona inferiore e
finale della iscrizione. Ciò risulta dal trovarsi tutta contenuta nel pezzo a noi giunto
la formula testamento) f(ie,ri) i(ussit), che senza dubbio era la chiusa. Comparando la
situazione di questa formula con le indicazioni onomastiche che la precedono, si vede
chela iscrizione doveva esser contenuta, sempre per la zona inferiore, in altri due blocchi
posti uno a destra e uno a sinistra, del superstite. Infatti dopo il stèt della prima linea
è necessario almeno un et, che doveva trovarsi su altro blocco a destra, e innanzi alla
desinenza HVS è necessaria almeno una delle lettere C, P, T, che non poteva essere stata
lasciata nella riga superiore, ma doveva trovarsi su un altro blocco a sinistra. Ciò posto,
è assai probabile che non soltanto quella lettera fosse scritta sul blocco di sinistra, ma
tutto il cognome del testatore che lasciò all'erede la cura di costruire il monumento fu-
nebre a sé e ad una donna che difficilmente può essere stata altra da sua moglie. Innanzi
a Primae si desidera il nome, che forse essendo un poco più lungo del cognome del ma-
REGIONE X. — 195 — BAGNOLO MELLA
rito il quale le corrisponde nella riga superiore, sarà stato diviso tra la linea del sibi (non
sufficientemente riempita dal breve supplemento et) e la seguente ; così anzi doveva
essere ad ogni modo, anche se le lettere del nome muliebre fossero state in numero uguale
a quelle del cognome del marito, poiché tre di queste stanno sul blocco conservatoci.
Dopo Primae doveva seguire la indicazione del rapporto di parentela della donna col
testatore, cioè, come suppongo : uxori. Mancano dunque alla iscrizione due linee supe-
riori, una contenente il nome del defunto, proceduto o no dalla sigla del prenome, l'altra,
messa alquanto spazieggiata in alto, la formula D-M- Si può quindi ritenere che il
campo contenente l'iscrizione, a cui doveva girare attorno una cornice, constasse di sei
blocchi, e se questi erano più o meno uguali al nostro, tale campo doveva misurare il
doppio di questo in altezza e il triplo in larghezza, ossia m. 1,04 X 1,98. Aggiungendo
le incorniciature laterali si ha una larghezza di oltre 3 metri, alla quale doveva corri-
spondere una proporzionata altezza. Dunque il monumento funebre di cui abbiamo
un avanzo era assai ragguardevole.
5) Blocco alto cm. 52, largo 57, prof. 32. Eeca in lettere grandi ma di forma non
bella il nome
anTivs/
Il nome Anlivs è rarissimo nella regione e nelle finitime, essendo rappresentato due
sole volte nel V voi. del Corpus (4124 e 875 b, 17), nessuna nei Supplemento,. Forse è
identica con questa una pietra su cui, secondo il citato giornale, sarebbe stato letto
ANTIOCVS (sic!) ma che il Nicodemi non trovò.
6) Semitamburo di colonna usato forse come coperchio di sarcofago (?). Altezza
cm. 32, larghezza 64, profondità 35. Nella sezione semicircolare liscia porta :
L I G V R I
Leggo Liguri al genitivo, nome che ricorre nel titolo C. I. L., V, 3936, riferito al Pa-
gus Arusnatium (Val Policella) ; il personaggio ivi mentovato è un C. Ligurius Asper.
Tutto il materiale sopra descritto accenna all'esistenza nei pressi di Bagnolo di un
pago importante, il cui nome ignoriamo.
G. Patroni.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 26
KEMEDELLU SOPRA
— 196
REGIONE X.
IV. — HEMEDELLO SOPBA (Brescia). — Ripostiglio di ascie di
rame e tomba con ceppi di ferro, romana, scoperti nell'agro del Comune.
A Kemedello Sopra (Brescia) scavandosi nel febbraio 1921 in un terreno ceduto alla
Provincia per lo scavo di un canale irrigatorio, fu rinvenuto a poca profondità un rozzo
Fio. 1.
vaso in frantumi, che conteneva alcune ascie di rame. Per le circostanze del giacimento
queste vanno dunque ritenute un ripostiglio o te«oretto. Esso è assai simile a quello consi-
Fic. 2.
derevolmente più ricco di Pieve Albignola da me illustrato in Bull, di Paleln. Hai. 1906,
pag. 60 sgg., ma deve ritenersi più antico, perchè vi mancano le ascie di vero bronzo o di
REGIONE X. — 197 —
REMEDELLO SOPRA
lega quasi normale e di forma modificata con taglio espanso a flabello, che sono colà in
numero preponderante.
Le ascie furono consegnate al Museo Romano di Brescia il 20 del detto mese con un
piccolo frammento del vaso che conteneva il ripostiglio, dalsig. Battista Marcolini, assi-
stente ai lavori. Sono in numero di 17, e all'esame organoleptico appariscono di rame
rosso, e di forma spatulare poco o nulla espansa al taglio e lievemente sagomata nei mar-
gini che risultano quasi rettilinei. 11 taglio stesso è appena lunato e talora quasi affatto
rettilineo. La penna è quasi rettilinea in tre esemplari, di cui due sono offerti dalle figure
Fio. 3.
qui aggiunte (fìg. l.K ; fig. 2, B), alquanto lunata in convessità in altri tre (fig. 1, A) in-
cavata negli altri, talora lievissimamente (fig 1, C ; fìg. 2, A, C). I margini sono ribat-
tati molto leggermente, tanto che parecchi esemplari, ed uno decisamente (fig. 1, A)
possono considerarsi come ascie piatte. Tre hanno un angolo del taglio asportato per colpo
ricevuto, di cui una certamente ab antico, perchè la frattura è interamente e profondamente
ossidata. La maggior parte hanno il taglio ingrossato e variamente sformato per la poca
durezza del metallo.
Un esemplare ha il taglio obliquo, asimmetrico (fìg. 1, B) ; questo è anche l'esemplare
di maggior lunghezza (mm. 135), dimensione che nella maggior parte varia tra 130 e 125
millimetri. Tre esemplari sono ancor più corti (tra mm. 120 e 115). Il massimo spessore è
di mm. 15, e scende a 12 mm. nell'ascia piatta. Una delle nostre ascie ha una lesione an-
tica orizzontale nella penna, dovuta a colpo. Il taglio è largo mm. 40-45 e nel più piccolo
pezzo mm. 35. Un esemplare più lungo e più grosso pesa gr. 316,5 (manca però un angolo
del taglio ; quello a taglio obliquo, di cui manca solo una piccola scheggia, e più sottile,
BIELLA 198 — ERGIONE XI.
gr. 283 ; l'ascia piatta gr. 292,5 ; la più piccola gr. 224,2 ; un'altra anche corta ma non così
stretta, gr. 247,5.
Al nostro ripostiglio mancano dunque due importanti caratteri che presentava quello
di Pieve Albignola: l'essersi formato a poco a poco in tempi diversi, e il consistere in og-
getti o non usati o neppur finiti, ad eccezione di due ascie più antiche di puro rame, simili
alle nostre anche nelle dimensioni e nella forma, e differenti solo perchè nelle ascie di
Eemedello Sopra cominciano a rilevarsi leggerissimamente i margini. Per la presenza di
quei caratteri, nell'int^rpretare il ripostiglio di Pieve Albignola, fui indotto ad accostarmi
all'opinione del Pigorini, che questi antichissimi depositi di oggetti metallici siano stipi
sacre. Per l'assenza di tali caratteri credo invece in questo caso che la raccolta di tali
ascie, in un periodo in cui il metallo da poco era apparso e si manteneva raro e prezioso
(come doveva avvenire nel periodo eneolitico o cuprolitico cui le nostre ascie spettano)
abbia il valore di tesoretto.
Negli stessi lavori di sterro fu rinvenuta una tomba di sepolto nella nuda terra, alle
cui caviglie era ancora assicurato e chiuso un paio di ceppi di ferro romani da schiavo
(fig. 3), cimelio non comune ed interessante, che pure venne consegnato al Museo di Brescia.
È da ritenere che quello schiavo morì mentre era ai ferri.
G. Patroni.
Regione XI (TRANSPADANA).
V. BIELLA — Epigra/i romane.
Sono entrate nella collezione lapidaria del E. Museo di antichità di Torino le
seguenti tre epigrafi venute in luce a Biella in questi ultimi tempi entro terreno mosso
presso i Magazzini generali di quella città (*)■
1) SEPTICIAE-W
MARCELLINA
SACERDOTI DIVA
D D
Frammento di lastra marmorea. Belle lettere. Altezza delle lettere : prima linea
cm. 7 ; seconda linea cm. 5 ; terza linea cm. 4, 5 ; quarta linea cm. 7.
2) SEXLVC
RETI VS
M F
(') L'ispettore locale, on. cav. Rocca villa, cui si deve la conservazione di queste epigrafi, informa,
a maggior precisione, che la località di ritrovamento è quella dove un tempo sorgeva la rotonda di
S. Eusebio, trasformata in abitazione rustica,
KEGIONE IX. — 199 — CARDE, BOVES
Stele rettangolare di pietra locale. Altezza, compresa la parte da infiggersi nel suolo,
m. 2,25. Larghezza m. 0.60. Lettere di buona età, scolpite tuttavia con poca cura. Al-
tezza delle lettere delle prime linee cm. 11-13 ; della linea inferiore cm. 14-16.
3) ALPINO -LAR
(sIO ■ C • ET • M
F IT'
Parte superiore di stele di pietra locale. Lettere alte cm. 7, scolpite variamente e
con trascuratezza. La particolare forma del G> potrebbe far assegnare l'epigrafe al prin-
cipio del III secolo d. Cristo.
La gens Seplicia era già nota per poche epigrafi della vicina Ivrea (C. I. L., V, 6785)
e di altri luoghi del Piemonte. Più numerose le epigrafi della gens Lucre.iia (così a Don-
naz ed a Vercelli : C. I. L., V, 6659, 6822). Largius fino ad ora era ignoto in queste re-
gioni. Alpinus ai piedi delle Alpi appare piuttosto spesso, ma come cognomen.
Queste nuove epigrafi aumentano lo scarso numero delle vestigia romane biellesi
finora note ('). Pietro Baro-celli.
Regione IX (LIGURIA).
VI. CARDE (Moretta) — Tomba d'età romana.
Laterizia. Ad incinerazione. Nella casuale scoperta (in proprietà ing. Emanuele Bel-
lia) i fittili del corredo funebre andarono distrutti. Eravi inoltre uno specchio ed uno
dei soliti unguentari vitrei.
VII. BOVES (Cuneo) — Epigrafe romana.
In frazione Sant'Anna (tetto Capei) (*) scavi casuali misero in luce e sconvolsero
una tomba di età romana a pareti di ciottoli a secco, fondo naturale, di dimensioni suf-
ficienti, pare, per contenere un cadavere inumato. Dalle informazioni avute risulterebbe
che la suppellettile, ora smarrita, consisteva in un vasetto fittile ansato ed in tre
oggetti di ferro, forse i soliti chiodi rituali.
Alla tomba apparteneva una stele di pietra locale (alta, compresa la parte da in-
terrare, m. 2,10 ; larga m. 0,65). Le rozze figure di animali che l'ornano sono molto simili
nella disposizione, nella posa e nella trattazione a rilievo piatto ad altre scolpite su una
(1) Epigrafi edite nel C. I. L. V, 6774-6 ; L. Sehiaparelli, Le origini del Comune di Biella
(Meni. d. R. Accad. di Scienze di Torino, ser. II, t. XLVI, 1896).
(2) Detto anche tetto Dolce. Proprietà Giacomo Giuliano,
ACQUI — 200 — REGIONE IX.
nota stele cuneese (x) : quasi direbbesi che, specie nelle figure inferiori, i due locali lapi-
cidi variarono di poco il medesimo modello.
L'iscrizione è in buone lettere:
leoni affrontati ___-
e poggianti ciascuno una zampa
su un capitello
C- VICCIVS-M F-CAM
MARCELLIVS
Q- FRATER
FACIENDVM
CVRAVIT
cinghiale in atto di slanciarsi
contro un toro
Finora nuovo in Piemonte il eognomen Manellius, in luogo dei comuni Marcellus,
Marceìlinus. La gens Vida o Vic.da, in tutta la regione piemontese, appare finora solo
nel territorio di Angusta Bagiennorum (*), ascritta a quella tribù Camilia cui pure ap-
partenevano i Yiccii di questa tomba di Boves ed i Vittii della vicina borgata di San Rocco
Castagneretta (3). Pedo (Borgo San Dalmazzo), pochissimo distante, in tempo non deter-
minabile con esattezza venne invece iscritto alla tribù Quirino. Recenti indagini del
Pais inducono a ritenere che appunto in questa zona passasse il confine tra la IX re-
gione augustea d'Italia (in cui era Augusta Bagiennorum) e la provincia Alpium Mari-
timarum, nella quale doveva essere compreso Pedo (4).
Vili. ACQUI — Piscina romana.
L'anno 1913, eostruendosi nel centro della città in terreno di proprietà municipale
i nuovi portici del corso Bagni, venne casualmente in luce di fianco all' Hotel Moderne,
dalla parte delle Nuove Terme, una grande piscina romana. Subito si pensò che potesse
aver appartenuto alle terme della città romana (Aquae Statiellae) fino dall'antichità già
nota per le sue acque termali. Ma la costruzione dei nuovi portici non toccò che un lato
della piscina, la quale penetrava sotto immobili di proprietà privata. In parte note-
vole rimase quindi inesplorata.
Avendo recentemente il municipio di Acqui acquistata anche la detta area privata,
ed avendo tutto ceduto all'ing. Valbusa, per la demolizione delle costruzioni sovrap-
poste, la R. Soprintendenza delle antichità potè curare, a spese del municipio stesso,
lo sterro quasi completo della piscina. Essendo però questa sempre circondata da ca-
(*) C. I. L., V, 785G. Dutschke, Antike Bildwerke in Ober-italicti, IV, pag. 28, n. 38 (l'interpreta-
zione delle figure data dal C. I. L. non è esatta).
(2) 0. I. L., V, 7G70 (Dogliani) e 7721 (Hrcolungo).
(*) Notizie d. scavi, 1920, pag. 98.
(*) Pais, Le stazioni delhi « Quadragesima GoUiarum » di Pedo e di Forum Germanornm ed il confine
d'Italia verso le « Alpes Marittimae » (in Dalie guerre puniche ad Angusto, voi. II), 1918,
regioni; ix.
— 201 —
ACQUI
supole ancora abitate e da una strada continuamente percorsa, non fu possibile ster-
rarne l'angolo sud-ovest, nonché le immediate adiacenze.
Se ne completò però il rilievo, come appare dalla nostra figura.
La piscina è rettangolare (in. 17,50 X 10,50 esternamente). Scende con tre gradoni.
Fondo e gradoni sono totalmente rivestiti di opus sigm'num, coperto questo a sua volta
Cotto Qìoff"--
FlG. 1.
t»T*=>
da lastrine marmoree ancora qua e là aderenti ai gradoni stessi ed in posto per gran parte
della estensione del fondo.
La piscina venne totalmente riempita e ricoperta di terriccio detritico, al più tardi,
in età barbarica: anche entro questo rinterro, frammiste a gran quantità di frammenti
laterizi, erano numerosissime lastrine marmoree liscie simili a quelle ancora aderenti
all'opus siqninum della piscina. Vi si raccolsero anche frammenti marmorei di cornici
e del rivestimento di capitelli e lesene scolpite a fregi vegetali e volute. Una sola epi-
grafe su lastra marmorea, molto incompleta, in belle lettere :
V ETlO • Cj
HHf • V I R • I
k:
i^-cy
SAVONA — 202 — REGIONE IX.
È verosimile che la piscina facesse parte di un complesso di costruzioni, dalle quali
potrebbe provenire parte del materiale frammentario detritico. Ma, come si è detto,
non fu possibile estendere gli scavi. La piscina, adorna essa stessa di marmi, forse era
circondata da edifici ugualmente riechi, sì da costituire uno dei più bei monumenti del-
l'antica città.
IX. SAVONA — Sepolcreto d'età romana in vai di Legino.
Le ultime piene del torrente Molinero, scorrente nel fondo della valletta di Legino,
misero allo scoperto tre tombe dalla comune copertura a legulae a tettuccio a doppio
spiovente e dal fondo costituito dal nudo terreno. Forse, per la parziale distruzione fatta
dalle acque, non venne raccolto nessun oggetto di suppellettile funeraria, ma solo scarsi
avanzi di cadavere inumato.
Su uno dei laterizi era il bollo, fino ad ora nuovo:
FMSCRIBON
impresso in belle lettere capitali rilevate, di buona epoca imperiale.
Specialmente non avendosi fino ad ora per la valle di Legino, oltre ad una probabile
fronte di sarcofago rappresentante la caccia al cinghiale ('), che indeterminate notizie di
poche altre analoghe tombe laterizie ad inumazione con suppellettile scarsissima o dal tutto
mancante (2), non e possibile sapere se il mattone col bollo rinvenuto sia stato usufruito
per copertura della tomba, forse d'età romana tarda, traendolo da qualche vicino edi-
lìzio, o se anche la tomba stessa, come il bollo, sia di buona epoca imperiale. In que-
st'ultimo caso le tombe laterizie di Legino, come altre in quel tratto della Liguria (3),
sembrerebbero attestare la sopravvivenza dell'antichissimo rito ligure dell'inumazione
in un tempo in cui comunemente (anche in altre località della Liguria stessa) predomi-
nava l'incinerazione.
(*) Nel museo civico di Savona. Vittorio Poggi, Catalogo descrittivo della pinacoteca civica di Sa-
vona, 1901, pag. 36.
(•) Notizie d. Scavi, 1877, serie 3», voi. I, pp. 168-169.
(*) Analoghe tombe laterizie a tettuccio ad Albissola, Savona, Bergeggi. Uguale incertezza crono-
logica rimane per le inumazioni entro anfore e cocci di grossi fittili del savonese. Vittorio Poggi, Sepol-
ture di epoca romana nella fortezza di Savona (Boll. d. soc. storica savonese, III, 1903). cfr. Ball, di
paletnol. Hai, XXXVII, pp. 38-39.
REGIONE IX. — 203 — FEZZANO
X. FEZZANO (frazione di Portovenere) — Avanzi di costruzioni di età
romana scoperti nel piano Artigliò.
Ho visitato il giorno 19 maggio 1920 nel piano chiamato Artigliè sopra la spiaggia
del Fezzano (Com. di Portovenere) i lavori di sterro per abbassare il livello del piano di
campagna, che fa eseguire la Società Ansaldo per la costruzione di un cantiere. Tali sca-
vamenti hanno messo in luce gli avanzi di un edificio, e forse di una serie di edifici, di
costruzione evidentemente romana, di cui qualche rudere affiorava già alla superficie
prima dell'inizio dei lavori.
Durante lo sterro vennero distrutti tutti i muri incontrati, non senza peraltro che
il sig. geometra Guidugli, rappresentante l'impresa assuntrice dei lavori e direttore degli
stessi, abbia, con lodevole pensiero, preso nota dei dati offertigli dai materiali scoperti
e tracciato un piano dell'edifizio.
Questa resultava di due spessi muri costrutti parallelamente alla spiaggia del mare,
cioè in direzione presso a poco da N. a S. ; coperti da uno spessa volta a botte per tutta
la loro lunghezza, distanti l'uno dall'altro, circa due metri, e sostenuti ambedue da una
serie di speroni esterni a guisa di barbacani.
La muratura onde risultavano tali muri, come chiaramente apparisce dai residui
ancora in posto, è nelle due facce di opus incertum, e ad emplecton cioè a riempita, nell'in-
terno, come i massi brecciosi di frombole dimostrano ; il che rivela la romanità dell'opera,
anche a prescindere da ogni altra prova.
Essendomi stato assicurato che nessuna suppellettile era stata rinvenuta durante
lo scavo in prossimità dei muri scoperti, sia di metallo, sia di terracotta o di vetro, e tal
fatto parendomi inspiegabile in un terreno che certamente, dall'epoca della distruzione
di quelle antiche fabbriche, non fu mai profondamente rimaneggiato, come ho potuto
constatare con l'esame del taglio, ho voluto fare subito qualche assaggio in alcuni punti
che ritenevo dovessero meglio rispondere alla mia inchiesta. Ed infatti potei rinvenire
numerosi frammenti di cotto, come anse e cocci di amphorae e cadi v'narii di grandi tegu-
lae e di un dolium che a giudicarne dalle dimensioni colossali, dovette appartenere ad un
horreum subtermneum. Ciò conferma che l'opera è sicuramente romana.
Non avendo assistito allo scavo né alla demolizione dei muri, non posso con sicu-
rezza determinare la destinazione dell'edificio cui essi appartennero, né l'età cui si deve
riferire. Ma spero che l'esame che farò della parte non ancora attaccata dal piccone possa
darmi nuovi e maggiori elementi di giudizio.
Credo peraltro di poter fin d'ora avanzare l'ipotesi che si tratti di un edifizio, anzi
di una piccola serie di fabbriche, di carattere pubblico, e non andrò molto lungi dal vero
supponendole magazzini annonari navali costrutti dai Romani presso la spiaggia del
piccolo seno del Fezzano (Fundus Alfidianus) per il rifornimento delle flotte militari, che
avevano nel Portus Lume la loro base. È noto infatti per numerosi ricordi classici che il
golfo, ora detto della Spezia, il quale « contiene in sé tanti altri piccoli seni, tutti
sicuri e profondi anche vicino alla riva » (Strabone, V. 222) servì come base di opera-
zione (Ormeterion) alle armate romane particolarmente nei tempi della Repubblica, per
le guerre contro i Liguri, e per quelle di Spagna (Livio, XXXIX). U. Mazzini.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 27
WTIGLIANO — 204 — REGIONE Vii.
Regione VII {ETRURIA).
XI. — PITIGLIANO — Trovamento di un vaso eneolitico.
Il R. Museo Archeologico di Firenze ha testé acquistato dal sig. Domenico Pasqua-
lini di Pitigliano (Grosseto) il vaso che qui sotto si riproduce nelle figg. 1-2. Esso ha il dia-
metro di circa 20 centini. ed è alto quasi 18. È indiscutibilmente un vaso del periodo eneo-
.litico, del tipo così detto a bottiglia, cioè con corpo sferoidale un po' schiacciato, da cui si
eleva un breve collo conico segnato da una linea di demarcazione alla base. Non ha anse
propriamente dette, ma in luogo di esse si vedono due protuberanze forate verticalmente
Fio. 1.
per esservi infilata una cordicella di sostegno (cfr. fìg. 2). La conservazione di questo an-
tichissimo recipiente è buona : è solo un po' frammentato nell'orlo dell'imboccatura, e
presenta altresì alcune sgraffiature sul corpo, dovute ai colpi di chi non si accorse alla
prima della sua presenza sotterra. La struttura robusta del vaso fu messa anzi a dura prova
sotto i colpi incoscienti di zappa o di piccone, ma resistette magnificamente. Le incisioni
prodotte alla superficie non infransero la parete spessa del vaso, ma resero possibile di
esaminarne la composizione argillosa. Come è comune alla ceramica tipica del periodo
eneolitico, anche nel nostro vaso si riscontra un impasto omogeneo ed alquanto depu-
rato, ben cotto, però non uniformemente, ed una uguale ingubbiatura nerastra alla su-
perficie.
Il vaso Pasqualini fu scoperto fortuitamente nella estate 1920 nella medesima
regione «Corano», dove fu fatta una regolare esplorazione, discretamente fruttuosa,
REGIONE VII.
205
PITIGLIANO
nel 1917 (*). Esso concorda per il tipo generico e per la tecnica con i vasi allora scoperti
in quello scavo (2), e con altri che precedentemente, nel medesimo sito, erano venuti
alla luce in seguito ai lavori agricoli (') ; ma ne differisce per le due protuberanze forate
che tengono luogo di anse. In un solo frammento, di un vaso maggiore dell'attuale, fra
quelli illustrati dal Minto in Bull, di Paleln. 1915, p. 46 sg., si riscontra una protuberanza
:1
,
Èl
V
Fio. 2.
simile : prova questa che nella importante stazione eneolitica di « Corano » non dovevano
essere molto frequenti siffatti tipi. L'esemplare Pasqualini che è venuto ad arricchire il
gruppo di ceramiche eneolitiche pitiglianesi esistente nel Museo di Firenze, è senza dub-
bio uno dei più belli e conservati fra quelli sinora scoperti ; ma è sperabile che non sia
l'ultimo, poiché la vasta regione « Corano », solo in minima parte metodicamente in-
dagata nel 1917, può serbare ancora delle sorprese.
Edoardo Galli.
ivi i riscontri bibliografici e monumentali che
(!) Cfr. E. Galli, in Not. Se. 1918, pag. 12 sg!
possono servire anche per il caso presente.
(*) Op. cit. , pag. 14, fig. 2.
(») Cfr. A. Minto, in Bull, di Paletti. 1914, pag. 53 sgg. : 1915, pag. 4G sg.
VEIO 206 REGIONE VII.
XII. VEIO — Antefisse arcaiche del Tempio dell'Apollo.
Dopo la pubblicazione, da me fatta nelle Notizie degli Scavi del 1919, del gruppo di
Apollo che lotta con Ercole per la Cerva, alla presenza di Mercurio e forse di Diana, gruppo
nel quale tutto il mondo civile ha salutato con gioia la riapparizione di un capolavoro della
scultura etnisca arcaica, nessun'altra notizia è stata qui data del maraviglioso complesso di
sculture e di suppellettili, ritrovate nel santuario etrusco scoperto a Veio, in località Por-
tonaccio, sia anzitutto perchè lo scavo fu assai arduo e lungo, sia perchè la difficile opera
di classificazione e di restauro dei moltissimi monumenti rinvenuti si è potuta iniziare ora
soltanto. Posso però annunziare che ormai l'esplorazione del terreno può dirsi compiuta,
che i rilievi sono stati accuratamente fatti e che il materiale è nella totalità divenuto (parte
per acquisto, parte per munifico dono del marchese Ferraioli^ proprietà dello Stato e at-
tende di essere esposto in una delle nuove grandi sale che si stanno costruendo in amplia-
mento del Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma. Così tutti i risultati della grandiosa
impresa archeologica, che il Governo Italiano condusse tenacemente negli anni difficili
della guerra e del dopo-guerra, saranno tra non molto resi noti al mondo scientifico.
Intanto però furono pubblicate o riprodotte altrove alcune delle più belle antefìsse,
rinvenute nell'area del santuario durante gli scavi che l'Ispettore cav. Enrico Stefani
vi ha condotto con magistrale perizia dal 1917 in poi, dopo che io fui ritornato alla fronte
della guerra. In tali scavi lo Stefani fu ottimamente coadiuvato dal bravo assistente Na-
tale Malavolta. Occorre pertanto per questo cas,o speciale fare un'eccezione alla norma
adottata, di non pubblicare se non a lavoro ultimato, non potendosi tardare a parlare
di tali antefisse in questo periodico, dove da quarantacinque anni ormai sono pubblicati
i risultati dell'attività scientifica italiana negli scavi archeologici.
Le cinque antefisse si aggiungono a quella con testa di Menade, che già pubblicai,
insieme con l'Apollo (') e ci danno una compiuta idea dell'altezza raggiunta da tal genere
di decorazione fittile del tempio etrusco del VI-V secolo a. C, perchè, benché esse siano
state rinvenute qua e là nell'area sacra, credo che nessun dubbio possa sorgere che tutte
abbiano appartenuto all'edilìzio stesso del tempio e siano tutte dello stesso periodo
artistico dell'antefissa con la testa di Menade.
Diamone anzitutto la descrizione.
1) Antefissa con testa di Sileno (2) (fig. 1). Fu rinvenuta il 9 giugno 1918 presso il muro
settentrionale della grande piscina che fiancheggia il tempio, tra esso e la strada romana (3).
(giornale di scavo, n. 2342). La protome del Sileno è circondata dalla caratteristica cornice
delle antefisse, terminante in basso con una voluta per lato. Nel nostro caso è decorata
superiormente da una linea mediana nera, terminante ai due lati a coda di rondine. Ester-
(•) G. Q. Giglioli, in Notizie degli Scavi, 1919, pag. 28, fig. 10.
(2) Ne diedi nel min articolo : Veio, la città morta, nelYEmporiuni, 1920, fase. 2°, pag. 63, fig. 12,
una fotografia, che fu poi riprodotta da E. Douglas van Buren nel volume : Figurative terra-cotta revet-
menti in Elraria and Latium, in the VI and V centurie^ b. C, London, 1921, pag. 13, tav. IV, 4.
(s) Si vede nella veduta generale che pubblicai nelle Notizie degli Scavi, 1919, fig. 4,
REGIONE VII.
207
VEIO
riamente a questo toro è una serie di foglioline stilizzate, la cui pittura consiste in una
zona terminale giallastra, e un fondo rosso o bruno scuro, con un punto bianco nel mezzo.
Da notarsi che tale pittura non coincide sempre esattamente col rilievo plastico. Il tutto
è compreso in un grande nimbo baccellato, largo cm. 40. L'altezza, maggiore della lar-
ghezza, non è esattamente determinabile, perchè l'antefissa è mancante nella sua parte
superiore. La testa stessa quasi intatta (tranne cioè nella punta della barba), ha le
caratteristiche somatiche dei satiri, orecchie bestiali, naso largo e schiacciato, lunghi
baffi che lasciano però qua scoperte le labbra, e barba, nel nostro caso tonda, con presso
il labbro la cosiddetta mosca. I capelli sono disposti sulla fronte a guisa di diadema,
lateralmente due boccoli crespi scendono da ciascun lato del collo. La pelle del viso è
Fio. 1.
bianca e ottenuta con un'ingubbiatura, che ora è in parte mancante. Il kalypter è quasi
totalmente mancante ; un'ansa, lunga circa 20 cm., lega la parte superiore dell'antefissa
a questa tegola ; la parte posteriore dell'antefissa stessa è poi cava, in corrispondenza
della sporgenza della testa (').
2) Antefissa a testa di divinità fluviale, (Acheloos) (Tav. 1, 2). Rinvenuta il 24 giugno
1918 nella piscina (giornale di scavo n. 2379) fu pubblicata dalla Van Buren (*). Offre grande
somiglianza di concezione con l'antefissa precedente per il modo come sono state scolpite la
barba e le orecchie animalesche. La pelle ha ugualmente color bianco. Gli occhi sono più
piccoli. Intorno alla testa è la cornice decorata di zone alternate bianche e nere a forma di
punte di freccia ; poi viene una serie di cerchietti con punti bianchi nel mezzo, analoghi
(*) Di questa antefissa si son trovati resti di più esemplari,
(') Van Buren, op. cit., pag. 13, tav. V, 2.
VEIO — 208 — REGIONE VII.
a quelli che la Menade (') ha nella stcphane ; ultima stilizzazione di foglioline ornamen-
tali. Infine il solito nimbo baccellato di cui manca però più della metà, in modo che è
impossibile prendere misure esatte. Le dimensioni totali dovevano essere uguali a quelle
della antefissa precedente ; la testa dell' Acheloos è di cm. 21 X 16 (non comprese le
cornette e le orecchie). Manca completamente il kalypter, che doveva essere come ncll'an-
tefissa del Sileno ; manca pure tutto il cornetto destro, e l'orecchia sinistra (2).
3) Antefissa con testa di divinità fluviale (Acheloos)(tav. I, l), rinvenuta il 27 giugno
1918, anch'essa nella piscina (n. del giornale di scavo : 2419) e pubblicata dalla Van Buren
nell'opera citata : è uno dei tipi più notevoli di antefissa etrusca (8).
Il nimbo era della grandezza e del tipo di quello delle antefisse precedenti ; è però
ora in gran parte mancante. Ritroviamo la serie di foglioline stilizzate e la cornice
decorata come nell'altra antefissa di Acheloos. Il kalypter manca totalmente: restano
in alto tracce dell'attaccatura dell'ansa. La testa, dalla pelle bianca, caratterizzata da
cornette corte di torello, ha orecchie bestiali e riccioli sulla fronte stilizzati ; lunghi baffi
e barba terminante a punta, costituita di tanti boccoli rappresentati a nastro, nell'iden-
tico modo dei boccoli di capelli cadenti sul collo della Menade e del Sileno. Nella parte
superiore della testa si nota un grande foro quasi circolare, del diametro di circa cm. 5.
Come nelle altre antefisse l'interno offre una cavità, anzi una delle narici è forata. Manca
la punta del cornetto destro. Di questa antefissa fu rinvenuto un solo esemplare.
4) Antefissa con testa di Medusa (tav. II, l). Trovata il 7 giugno 1919, all'estremità
settentrionale del sacro recinto, a m. 22,80 dal pozzo che si vede sotto la stella bianca
(luogo di ritrovamento dell'Apollo) nella fotografia dello scavo, data a fig. 4 delle Notizie
degli Scari del 1919. L'antefissa, che nel giornale di scavo porta il n. 2499, fu pubblicata
da Alessandro Della Seta (4) e non è esagerazione riconoscervi un capolavoro della
scultura etrusca.
Notevole anzitutto il perfetto stato di conservazione. L'antefissa, un poco più grande
della precedente, presenta la solita forma a nimbo con un'altezza di cm. 47,5 e una lar-
ghezza di cm. 43,5. La conchiglia consta di 19 strigilature, dipinte di scuro nell'interno
con orlatura gialla. Nel mezzo è una grande testa di Medusa d'aspetto terrificante. Il
mostro dal colore giallo cadaverico, ha grandi occhi sbarrati, un'immensa bocca aperta
(larga cm. 18); naso rincagnato ; nei capelli dodici serpentelli di colore nerastro e bruno
chiaro, alternati e colla pelle screziata. Sono rappresentati vivi e guizzanti (uno manca
quasi totalmente ; agli altri manca la testina). Tali serpentelli sono disposti simmetri-
camente in modo da circondare tutta la testa. La bocca, aperta in modo smisurato, tanto
che le pieghe delle labbra partono dalla base del naso, mostra una doppia fila di denti,
dei quali i quattro canini (ora spezzati) erano zanne ferine. Dalla bocca pende fuori la
lingua nera. L^e orecchie, di forma umana, sono disposte con veduta frontale ; i capelli
(1) Notizie degli Scavi, 1910, fig. 13, cit. Fu ripubblicata dalla Vari Buren, op. cit., tav. XII, 1.
(2) Anche di questa si son rinvenuti frammenti di più esemplari.
(*) Van Buren. tav. VI, 1. Le due antefisse con Archcloos erano state da me nominate nel citato
articolo n eli' E mporium.
(*) A. Della Seta, Antica arte etrusca, in Dedalo, I, fase. IX (1021), pag. 550 sgg. (con tricromia) ;
cfr. id., Italia antica (1922), fig. 176 A,
RAGIONE Vii. — 209 — VèiO
sono raffigurati come una massa liscia brano scura, nella quale la sinuosità dei margini
rappresenta l'ondeggiare delle ciocche, mentre ai lati del collo, come nelle altre antefisse
da noi studiate, scendono due boccoli per parte. Notevole il particolare delle sopracciglia
plasticamente eseguite, che si riuniscono sul naso : esse sono di un nero bruno, come le
ciglia delle palpebre e l'iride degli occhi. Noto che nella parte inferiore dell'antefissa, nel
collo quindi della Medusa, è una linea scura che ne rappresenta la base o meglio un prin-
cipio di vestito.
Intorno alla testa è la cornice, terminante ai lati nella solita doppia voluta ; essa
però è dissimulata quasi totalmente dalla testa stessa e solo visibile in queste volute e in
una piccola parte superiormente alla testa.
Di particolare interesse è il kalypter, che in questa antefissa è perfettamente con-
servato. Esso è lungo 73 cm. di forma semicilindrica, più una parte terminale semicircolare,
Fio. 2.
lunga 8 cm. la quale era dest'nata a entrare sotto l'altra tegola in modo da fare perfetta
la congiunzione. La terracotta è spessa circa 2 cm. ; la larghezza del kalypter stesso di
cm. 16. Esso si presenta leggermente più basso verso l'antefissa, variando quindi da un'al-
tezza di 16 a una di 18 cm. La parte superiore dell'antefissa è collegata col principio del
kalypter mediante una delle solite anse ; presso l'attaccatura inferiore di essa è un foro di
2 cm. di diametro evidentemente per un chiodo. Inoltrò dalla parte sinistra (per chi guarda
la Medusa) del kalypter è un incastro di forma quasi quadrata, largo cm. 4 £ e alto cm. 5.
Infine sotto l'ansa l'antefissa è forata per tutta l'apertura della bocca.
5) Altra antefissa analoga alla precedente (tav. II, 2), fu pubblicata ugualmente dal
Della Seta (') e benché il nimbo e il kalypter (fig. 2), l'uno e l'altro perfettamente conser-
vati, siano della stessa forma e delle identiche misure che nella precedente, la testa di
Medusa è di un rilievo meno accentuato e di dimensioni minori. Assai meno conservata
nella policromia, mostra invece tuttora le zanne ferine, e la testa di quattro dei serpentelli.
(') A. Della Seta, art. cit. in Dedalo, fig. a pag. 561.
VElO — 21Ó — ftEGIONE Vìt.
Tali teste sono di forma triangolare e ci permettono l'ipotesi che l'artista abbia voluto
raffigurare vipere, l'unica specie di ofidi delle nostre regioni che sia velenosa.
Di questa antefissa sono singolari anzitutto le circostanze del ritrovamento. All'estre-
mità settentrionale dello scavo, appena fuori dei limiti del sacro recinto, proprio sopra la
trincea dove furono rinvenuti l'Apollo e gli altri frammenti del gruppo, fu scoperta,
nel 1919, una condottura d'acqua, in direzione NO-SE ; costituita di coppi di terracotta,
evidentemente presi dal tetto del tempio. Il canale, lungo m. 25,60 giunge a un cunicolo
ed è in pendenza verso sud-est. Sulla fine di esso, come termine della copertura supe-
riore era stata messa l'antefissa di cui parliamo. Essa fu rinvenuta il 3 aprile 1919 e porta
il n. 2456 nel giornale di scavo.
* *
Prima di studiare queste antefisse, occorre notare che tanto le cinque ora pubblicate,
quanto quella della Menade, mostrano chiaramente di appartenere a una stessa età e
a una stessa scuola artistica, quella che produsse l'Apollo. Da un semplice esame infatti
notiamo le più grandi somiglianze tra loro e con le statue del gruppo. Uguale è la con-
cezione delle forme, come studieremo meglio in seguito ; uguali i particolari, come i ric-
ciolini dell'Acheloos n. 3 e quelli di Mercurio : la decorazione dei serpentelli delle Meduse
e quella della tenia di Apollo ; i boccoli ricciuti della Menade, del Sileno e la barba del-
l'Acheloos n. 3 ; la barba del Sileno stesso e quella dell'Acheloos n. 2 ; i capelli della
Menade e quelli delle Meduse ; la baccellatura del nimbo e le volute della cornice, e infine
la policromia.
Le sei antefisse possono dunque studiarsi nel loro complesso, e come l'Apollo, vanno
datate intorno al 500 a. C. Anzitutto però occorre osservarne la forma : questa è in tutte
quella a nimbo baccellato che si nota in altre già conosciute ('), ma qui ha un tipo
speciale, particolarmente grandioso ; come di grandezza superiore alla normale sono le
antefisse stesse. Tra esse però si staccano quelle con testa di Medusa per le quali il chia.mo
primo illustratore ha avanzato la ipotesi che si tratti degli acroteri del tempio. Con que-
sta ipotesi concordano non solo le dimensioni più grandi delle altre, il fatto, che può non
esser fortuito, che a Veio ne furono rinvenute solo due di questo tipo demoniaco e l'es-
sere d'altra parte esso proprio tra i più usati per acroteri. Basti ricordare quelli di Gela
e del tempio di Athena a Siracusa (*), quello ricostruito dello Schrader e da lui pensato
appartenere al tempio antico di Athena sull'Acropoli (3) e infine quello fittile di Capua (4),
al Museo del Louvre, dove però la testa è rappresentata in pittura. C'è però una diffi-
coltà nella forma stessa del kalypter' che in tutt'e due i nostri esemplari è fortunatamente
conservato intero. Possiamo quindi confrontarlo con quello delle altre due antefisse che,
a quanto sappia, erano finora le uniche a offrirci esemplari completi. Una è 'arcaica di
Cuma nel Museo Nazionale di Napoli (5) ; l'altra del III sec. a. C, di Alatri, nel Museo
(*) P. es. Koch, Dachterrakotten aus Campanien, tav. VII, 5; X, 2 ecc. (da Capua); Della Seta,
Museo di Villa Giulia, tav. XXXVIII, 2 (Falerii).
(2) P. Orsi, in Monum. Lincei, XXV, col. 614 segg. fig. 210, tav. XVI.
(8) Schrader, Archaische Marmorslculpturen, fig. 2; Urunn-Hiiickmann, tav. 457.
(*) Koch, op. eit., tav. XX, pp. 7 e 73.
(*) Koch, op. eit., tav. I, 4 e fig. 2 a pag. 4 ; Race. Cxmatia, n. cS5319.
REGIONE Vii. — 211 — VEIO
di Villa Giulia ('). Non occorre fermarci su un altro esemplare, pure di età tarda, da Ca-
pila (2) perchè esso presenta un tipo di kalypter affatto differente. L'esemplare di Clima
dunque (3), studiato dal Koch che tenta, unendolo con una tegola di S. Angelo in Formis,
di ricostruire una sezione del tetto (4), ci mostra a che servisse l' incastro a sinistra, che,
insieme col chiodo che doveva passare per il foro superiore, assicurava fortemente tale
coppo terminale. Ora tale disposizione era perfettamente adatta per una porzione piana
del tetto. Era possibile sul vertice dove s'incontravano i due spioventi ? Non mi pare,
e ne trovo uno conferma nel Icahjpter dell'acroterio di Clima al Louvre, che già ricordammo,
il quale porta lateralmente dei grandi incavi semicircolari (5) per permettere di sovrap-
porre tale kalypter alle file dei coppi dei due spioventi del tetto. Certo in tale argomento
si procede ancora così incerti, che un'affermazione recisa è pericolosa ; panni però ci siano
elementi piuttosto per sostenere che anche queste due con la Medusa siano antefisse ;
tanto più che in queste il tipo della Gorgone è ugualmente dei più rappresentati.
Abbiamo quindi sei antefisse, che ci danno quattro tipi: la Menade, il Sileno, l'Aeheloos
e la Medusa. Essi non escono dal repeitorio dell'arte etnisca; anzi in un caso tre di essi
(manca la Menade) si trovano riuniti e precisamente nel lampadario di bronzo di Cortona,
opera etnisca della fine del V secolo (6).
La Menade e il Sileno sono i tipi più comuni nelle antefisse (7) : mi limiterò a citare
per la notevole somiglianza stilistica, le due piccole della fine del VI secolo, di un tempio
minore di Faleri (*) dove però al nimbo baccellaio ne è sostituito uno costituito di grandi
rosette.
Il tipo di Acheloos compare ora per la prima volta in antefisse etnische ; ma se ne
conoscevano parecchi esemplari rinvenuti nella Campania (9). Anche in Etruria però,
già nella seconda metà del VI secolo, era comparso in opere di bronzo come i lacunari
Tarquiniesi del Museo di Corneto (I0) e di quello Gregoriano (u) e lo ritroviamo poi in una
piccola protome della necropoli Capenate. Questa è un'applique di bronzo trovata spora-
dicamente in località Le Macchie, durante gli scavi ivi eseguiti sotto la mia direzione e
dei quali sto preparando la relazione.
11 bronzetto (fig. 3), alto cm. 2, è assai ben conservato con la sua bella patina ed è
uno dei più fini del genere. Il Della Seta, che lo nomina nella sua Guida di Villa Giulia,
lo data al principio del V sec. a. C. ("). '
(*) Della Seta, Museo di Villa Giulia, pag. 215.
(2) Koeh, fig. 3 ; Patroni, Cai. Museo Campano, 502.
(3) Dimens. : lutigli, cm. 67 ; semicilindro largh. cm. 20 ; alt. da 12 a 14 cm. ; l'ii.castro a sinistra
di cm. 4 X 4. E dunque notevolmente più piccolo della antefissa Veiente.
(4) Koch, op. cit., fig. 1 a pag. 3.
(5) Koch, tav. XX.
(6) Mon. Inst. Corr. Arch. Ili, t:iv. XLI; Brunn-Bruckmann, tav. 666.
(') Della Seta, Italia antica, pag. 176.
(8) Della Seta. V. (!., pag. 100, tav. XXXVIII-1; id., Religione e Arie figurata, fig. 128;
Helbig-Amelung, II, pag. 340; Van Buren, tav. IV 1 e XII 2.
(») Per esempio: Koch, Tav. X, 2, XXXI, 2.
(10) Fat. Moscioni, n. 8248 (assai frammentato).
(u) Mus. Gregoriano, tav. XXXVIII e LXXXX; Micali, Mommi, per servire alla storia degli
antichi popoli Italiani, tav. XLI ; Fot. Alinari, n. 35541.
(12) Della Seta, V. G., pag. 340, n. 27930.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 28
VEIO — 212 — REGIONE VII.
La bellezza della tecnica e del lavoro porterebbero a prima vista a giudicarlo opera
greca ; ma deve ritenersi di lavorazione etnisca. Esso infatto somiglia moltissimo a quelle
protome di Acheloos che si vedono lateralmente in quel frammento di tripode di bronzo,
trovato sull'Acropoli e ora al Museo Nazionale di Atene, illustrato da L. Savignoni (').
Il Savignoni infatti, dopo aver dimostrata l'innegabile appartenenza del frammento
a quella classe di tripodi trovati in Italia e specialmente a Vulci, venne alla conclusione
che tutti dovessero considerarsi opere di arte ionica, importate in Etruria, insieme con
i vasi di terracotta. Con ciò il Savignoni accentuava l'indirizzo negativo rispetto all'arte
etnisca, che aveva già portato il Petersen a considerare ionici i bronzi di Castel S. Ma-
riano (*). Ma il Furtwangler, che già aveva creduto il bronzo dell'Acropoli etrusco (3) (e
la possibilità di un'importazione dall' Etruria in Grecia anche pel Savignoni è evidente)
Fio. 3.
non si lasciò persuadere ne dal Savignoni, ne dal Petersen e considerò tali prodotti come
fatti in Etruria per Etruschi da artisti ionici (4) o più probabilmente da loro scolari
Etruschi, del principio della seconda decade del VI secolo. Tale parere è anche quello
del Helbig e del AVeege per i tripodi (5) e dei più autorevoli studiosi moderni. Dobbiamo
quindi rinunziare a cercare nel bronzetto capenate, che dei tripodi è posteriore, uno dei
possibili prototipi, importati dalla Grecia. Questi bronzi ci confermano invece che, al
tempo quando furono fatte le nostre antefisse, il tipo era già diffuso nell'arte etnisca.
Per l'antefissa n. 3, il confronto si può fare meglio con il lacunare già ricordato e con
un'antefìssa di Capua, ora a Berlino (6). Confronto solo per il tipo, s'intende, e per quel
desiderio di rappresentare tutte le ciocche di peli della barba, che nel lacunare ha raggiunto
una vera stilizzazione ; non per l'arte, che è affatto diversa.
(J) L. Savignoni. Di un bronzetti arcaico dell'Acropoli di Atene e di una clas?e di tripodi di tipo greco
orientale, in Mon. Antichi Lincei,\ll (1897) col. 277 sgg.'; Cfr. De Ridder, Catalogne des bronzei trouvés
sur VAcropole, pag. 284, n. 760, fig. 269, tav. Y.
(2) E. Petersen, Bronzen in Perugia, in Rom. Miit., 1894, pag. 253.
(3) Olympia, IV, pag. 137.
(4) Questo è il parere del Ducati per la biga di Monteleone che egli crede opera di artisti ionici di
Focea, venuti in Italia (Arte classica, pag. 170).
(6) Helbig., Fiihrer3, I, pag. 367 (Weege).
(*) Koch, tav. X, 2 : Berlino, Antiquarium, n. 7896.
REGIONE VII. — 213 — VEIO
Anche per le Gorgoni la derivazione dal mondo ellenico è evidente e le antefisse di
Veio hanno un gran numero di compagne tra quelle etnische o campane ('ì. La mag-
gior parte di queste però, danno un tipo barbato e senza serpenti. In tutte sono costanti
le caratteristiche di una bocca smisuratamente larga, delle zanne ferine, della lingua fuori,
degli occhi sbarrati (2Ì, caratteristiche che gli artisti Italiani avevano trovato nei vasi
dipinti che durante il VI secolo erano affluiti nella penisola. Se si trovano infatti nel-
l'anfora protoattica di Nettos e in una delle metope del tempio di Thermos, come nella
figura centrale del frontone del tempio di Corfù(3) ; compariscono nel Gorgoneio che è
episema di scudo nel vaso Chigi, giunto al principio del VI secolo, probabilmente da
qualche fabbrica dell' Egeo orientale, nello stesso territorio di Veio (4) ; o nell' hydria
corinzia della prima metà del VI secolo trovata a Caere e ora al Louvre, con la rappre-
sentazione dei funerali di Achille (5).
Nelle antefisse veienti la barba manca e invece c'è una corona di serpentelli ;
questi appariscono, per esempio, in un sarcofago di Clazomene, anteriore certo al 540 (6).
Ma tra gli esempi greci più vicini alle nostre antefisse devo ricordare l'anfora di Monaco
con Perseo e la Gorgone C), attribuita dal Beazley al Maestro detto dell'Anfora di Ber-
lino, più recente di Euphronios (8). Che, se in alcuni di questi esempi la Gorgone è
rappresentata col corpo, non dimentichiamo che ncll'antefissa n. 4 panni evidente il segno
di un vestito. La Gorgone del vaso di Monaco intorno alla testa ha appunto dodici serpen-
telli, numero che è pure quello che ha Phobos nella pseudo-esiodea 'Aanìg 'HuaxXéovc.
Abbiamo quindi veramente le ÓQaxoi'iófiaXkoi rooyóvsg di Eschilo (9).
Dunque tanto per il Sileno (10) e la Menade ; quanto per Acheloos e la Medusa noi ab-
biamo tipi derivati direttamente da originali ellenici ; ma le antefisse veienti sono di arte
prettamente etnisca, con le stesse caratteristiche che notai nell'Apollo e che il Della Seta,
nella geniale illustrazione delle antefisse con la Medusa, ha fissato con parole che occorre-
rebbe testualmente ripetere (u). Prendiamo per esempio l'antefissa n. 3 di Acheloos e quella
di Capua, già citata. In questa ultima la figura è veramente disegnativa ; tutto è appiat-
tito e incolore. L'artista etrusco invece le ha dato corporeità e ha reso la testa vivente.
Qualità che, accentuate nel Sileno e nella Menade e nell'altro Acheloos, diventano
evidentissime nelle Meduse, che basta confrontare con le elleniche o le siciliane (12j o con le
(J) Etnische e laziali, Van Buren, tav. II. Campane: Koch, tav. V, 6, 6, 7; tav. VI, VI I, 1, 2;
XX, XXI, XXII, 1; XXVII, 2.
(2) Ved. Six., de Gorgone ; A. Furtwangler, in Roscher, Lex. Myth. I, e. 1701 segg.
(3) Aniike Denkm. I, tav. 57 ; II, tav. 52; ngaxnxd, 1911, pag. 172 segg..
(*) Ani. Denk. II, Tav. 44.
(s) Louvre, E, 643, tav. 51 ; Pottier, cat. 485 ; Reinach, lì. V., I, 311 ; cfr. pure la kylix cirenaica
del Louvre, Arch. Zeit., 1881, tav.' 12, 2= Reinach, R. V., I, pag. 436.
(•) J. H. S., 1883, pag. 16, tav. XXXI.
(') Furtw.-Reichh., G. V. M., tav. 134.
(8) Hoppin. Handbook, of attic red-flgured vases, I, pag. 62, n. 23.
(») Aesch. Prometh., 799.
(10) Cfr. per questo l'anfora di Phintias del Museo di Tarquini (Furtw.-Reichh., G. VM., tav. 91.
(n) Dedalo, scr. cit., pag. 562 sgg.
(**) Cfr. E. Cabrici, Il Gorgoneion fittile del tempio C di Selinunte, in Atti della R. Accademia di
scienze, lettere e arti di Palermo, III, XI ; tav. I,
VKIO — 214 — REGIONE VII.
stesso antefisse di Capua e di Conca. E anche nelle antiche opere ionico-etrusche, come il
carro di Perugia a Monaco (') tale caratteristica non è variata. A Veio invece vediamo il
problema affrontato da quella stessa personalità che creò l'Apollo. Si è già detto che
tutte le antefisse hanno grandi relazioni stilistiche e formali tra loro e con le statue del
gruppo di Apollo, Ercole e la cerva. Ciò non presuppone che siano tutte della stessa mano.
Ci fu chi (*) volle trovare una mano diversa perfino tra l'Apollo e il Mercurio del gruppo,
mentre in tal caso non riesco a vedere nessuna differenza stilistica e mi pare che la di-
versità di espressione tra Apollo crucciato e combattente e Mercurio sereno spettatore
siano sufficienti per spiegare le diversità delle due opere. Ma qua è naturalmente una que-
stione diversa, non essendo possibile che un solo artista eseguisse tutta la decorazione del
tempio e tra le due antefisse con Acheloos, per. es. panni di vedere una vera diversità di
temperamento artistico ; e cosi tra l'artista dell'una e dell'altra Medusa; mentre trovo
somiglianze tra l' Acheloos n. 2 e il Sileno n. 1 Tutti però devono essere stati sotto il potente
influsso di un Maestro e questo deve essere stato l'autore della prima delle due antefisse
con la Medusa. Là ci colpisce anzitutto la terribile potenza dello sguardo, che ritrovo solo
in un'altra opera insigne, quella Lupa Capitolina, per la quale il riavvicinamento da me
fatto (3) con la cerva del gruppo veiente (che parve a me doverci portare ad attribuire
ambedue a quella stessa scuola, che possiamo chiamare di Vulca) è stato accettato dal
Cumont e dal Della Seta (*). Se infatti nello sguardo perduto in avanti, nelle fauci aperte
della fiera noi troviamo la sua natura aggressiva e famelica e ci pare di sentirla urlare di-
speratamente ; negli occhi fissi della Medusa, nella sua bocca che è quella di una maschera
tragica, nei serpentelli che ci fanno oscillare lo sguardo con i loro guizzi, in tutte le pieghe
dì quel volto martoriato e martirizzato re, nella lingua oscenamente penzolante tra le zanne,
noi ritroviamo il mostro che con il suo solo aspetto impietra i nemici.
Giustamente il Della Seta, fatto il raffronto, nota che invano si potrebbe cercare al-
trettanta forza in opere dell'arte greca e non ha nessun dubbio neppure sulla creazione
etnisca di un altro bronzo insigne, sia pure un poco più tardo, la Chimera di Arezzo.
Caratteristiche, ripeto, proprie in gran parte dell'arte etnisca, ma che sono special-
mente accentuate nel caposcuola veiente.
11 Della Seta ha infatti dimostrato che questa tendenza a una trattazione più plastica
della forma, alla corporeità, alla conquista voluminosa dello spazio e quindi al movimento,
è nello spirito di tutta l'arte etnisca e italica, che sa d'altra parte rendere l'espressione, in
modo da darne una speciale di forza elegante ad Apollo, di serenità immutabile a Mercurio
di grazia alla Menade, di bestialità al Sileno e all'Acheloos, di aggressione alla Lupa e alla
Gorgone, di slancio ruggente alla Chimera ; spirito che egli segue anche nelle opere poste-
riori come l'urna di forza michelangiolesca di Arante Volumnio, la statua di Aulo Metilio
o l'urna con i due defunti del Museo di Volterra.
(1) Ant. Denteili., II, tav. 15, 3.
(2) C. Anti, in Bollettino d'Arte, 1920, pag. 73; lavoro, d'altra parte, assai acuto per la deter-
minazione della importanza dell'Apollo nella storia dell'arte antica.
(3) Notizie degli Scavi, 1919, pag. 33, nota 6.
(*) F. Cumont, in Reme de Vari ancien et moderne, 1920, pag. 262 ; Della Seta, in Dedalo,
art. cit., pag. 570,
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REGIONE VII. 215 — VEIO
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Questa caratteristica si ritrova già abbastanza accentuata in altre antefisse ; basti
ricordare quel tipo di Sileno ridente e bestiale, che abbiamo in una di quelle del tempio
di Conca e in quella trovata a S. Antonio siili' Esquilino (') e la serie delle antefisse
con Menade e Sileno dello stesso tempio di Conca (8). Ma mai si era avuta così accentuata,
come in queste terracotte di Veio. E così la prima delle due Meduse sta bene vicino all'A-
pollo; tanto fortemente piantato sulle sue gambe, tanto veloce nel passo, in modo che
questa statua arcaica precorre veramente i tempi. E noi sempre più ci persuadiamo che
certo non a caso l'unico nome rimasto-, sia pure circondato di leggende, tra tutti gli ar-
tisti italiani della seconda metà del VI secolo a. C. fu quello di Vulca di Veio, quando,
l'arte italica sorse accanto alla greca (3), adottandone i tipi; ma usando una forma nuova,
derivante dalla volontà di una nuova concezione.
G. Q. Giglioli.
Scoperta di antichi sepolcri nel territorio del comune di Formello.
Nel febbraio scorso, mentre procedevasi allo scassato di un appezzamento di ter-
reno situato in contrada Monte Valscurella presso Formello, ceduto da quei Comune per
migliorie a tal Maccari Ugolino, fu scoperta una tomba a poca profondità dal piano di
campagna che col procedere dei lavori andò completamente distrutta.
Dall'esame del materiale raccolto, piuttosto abbondante ma in cattivo stato di
conservazione, si potè facilmente arguire che trattatasi di uno dei più antichi tipi di
sepolcro a camera, assai comuni in Etruria e più specialmente nell'Agro Veiente, riferibili
al VII VI sec. a, Cr.
Dò qui l'elenco degli oggetti che fu possibile recuperare, passati ora in possesso del
Museo Nazionale di Villa Giulia.
Vasi d'impasto.
1. Frammenti di un'olla ovoidale a copertura rossastra con breve collo, orlo spor-
gente striato superiormente e munita di due anse orizzontali a bastoncello : diam. della
bocca mm. 157 (fig. 1, a).
2. Frammenti di un piatto leggermente concavo, posato su listellino, pure a coper-
tura rossa. Sull'orlo sono due forellini ed una spiga graffita : diam. mm. 225 circa ; alt.
mm. 37 (fig. 1, b).
Vasi di bucchero.
3. Grande oinochoe in frammenti ed incompleta, alta mm. 265 circa. Ha il corpo or-
nato con delle sottili linee graffite in senso orizzontale ed accoppiate due a due (fig. 2, 6).
(!) Yan Bureo, tav. Ili, 4 (Villa Giulia); Pinza, .Vox. Ani. Lincei, XV, fig. 157 (Pai. Conserv.);
Della Seta, 1'. (!., pag. 201, n. 10245 (Villa Gialla).
(2) Della Seta, V.G., pag. 2G5-68; G. <.). Giglioli, 11 tempio dell' Italia antichissima, in Archi-
lettura e arti decorative. I, (1921), flgg. a pag. 15 e Hi,
(3) Della Seta, Pedi/lo, scr. eit., pag. 670,
VEIO
— 216 —
REGIONE VII.
4. Altra oinochoe più piccola della precedente, ugualmente decorata ma anche essa
incompleta : alt. mm. 200.
XT
FlG. 1 (I : 5),
5. Pochi frammenti di una oinochoe con larga zona tratteggiata nella massima espan-
sione del corpo.
6. Gruppo di frammenti appartenenti a due altre oinochoai di grandezza diversa.
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-L.
TT
Fio. 2 (1:5).
7. Olpe mancante dell'ansa e di parte dell'orlo : alt. mm. 125. La fig. 2, a offre il
vaso completato.
8. Kantharos decorato con bugnette e con doppia linea graffata presso l'orlo : incom-
pleto : (cfr. fig. 2, d).
Regione vii. — 21? — vèio
9. Altro simile al precedente ed anche esso incompleto : alt. nini. 90.
10. Altro di bucchero chiaro, liscio e scheggiato nel piede alt. nini. 76.
11. Altro kantharos privo del piede e di un'ansa. È decorato con una doppia linea
graffita sotto l'orlo, ed in luogo delle bugnette ha delle impressioni arcuate.
12. Idem privo delle anse e con decorazione uguale a quella del precedente : alt.
inni. 70.
13. Idem mancante di alcune parti e con decorazione simile : alt. mm. 70.
14. Frammenti di altro kantharos simile al n. 8.
15-16. Frammenti di due kantharoi di bucchero chiaro, con orlo liscio.
17. Metà circa di altro kantharos alto mm. 65.
18. Frammenti di un kantharos alt. mm. 70.
19. Frammenti di un grande kantharos, incompleto : alt. mm. 90.
20. Frammenti di un altro decorato in giro con ventaglietti punteggiati disposti
orizzontalmente, di bugnette e di triplice linea graffita sotto l'orlo.
21. Pochi frammenti di altro grande kantharos decorato come il precedente, ma con
due ordini di ventaglietti : altezza dell'orlo mm. 52.
22. Gruppo di frammenti minuti appartenenti ad altri kantharoi. Non è improbabile
che alcuni di essi possano appartenere a quelli incompleti di cui si è già parlato.
23. Grande calice decorato con striature e bugnettine. Ha il piede staccato ed una
larga crinatura sull'orlo prodotta dalla fornace : alt. mm. 160 (fig. 2, e).
24. Frammenti di altro calice simile.
25. Resti di una ciotola decorata con tre solcature intorno all'orlo.
26. Tazza biansata con orlo aperto, posata su basso piede. Manca delle anse ed
ha una larga crinatura come il n. 23. Il corpo è adorno con gruppi di linee orizzontali
sottilmente graffite : alt. mm. 87 (fig. 2, e).
27-28. Altre due tazze simili mancanti ciascuna di un'ansa : alt. mm. 65 e 70.
29. Tazza incompleta : diam. dell'orlo mm. 124.
30. Idem con piede scheggiato : alt. mm. 64.
3.1-32. Due tazze come le precedenti, incomplete, alte ciascuna mm. 70.
33. Tazza mancante di alcune parti, alta nini. 65.
34. Metà circa di altra tazza simile.
35. Grosso frammento di altra tazza.
36. Grappo di piccoli frammenti di bucchero appartenenti a vasi diversi, tutti
incompleti. Oltre ai vasi del tipo descritto vi si riconoscono quelli di qualche piccola
olpe ; di un piatto a largo orlo piano e del piede campanulato di due calici del tipo 23.
Fast di argilla chiara.
37. Frammenti di una grande anfora ovoidale di argilla chiara ornata con fasce,
foglioline e linea ondulata di colore rosso e violaceo. Diam. dell'orlo mm. 160;
(cfr. fig. 36).
38. Tazzina a calotta con orlo rientrante, posata su pieduccio : alt. mm. 60 ; diam.
della bocca mm. 8 ; intiera (fig. 3, a).
VEIO
— 218 —
RGoroNE vn.
39. Ciotoletta con orlo diritto leggermente bombato e munito di due forollini por
essere appesa : diam. mm. 10ó ; alt. mm. 31 ; intiera (fig. 3, d).
b
^
\_ y
FlG. 3 (1:5).
40. Pisside su alto piede ed orlo piano, decorata con fasce di colore bruno-plumbeo
e violaceo : alt. mm. 112 ; diam. mm. 133: in frammenti (fig. 3. e).
Fili. 4 (1:5).
41. Frammenti di altra pisside simile alla precedente e con uguale decorazione
alt. min. 103 ; diam. mm. 120.
ROMA — 219 —
ROMA
42. Bombylios piriforme decorato intorno al corpo con foglioline lanceolate, puntini
e fasce di colore bruno e violaceo : intiero ; (fìg. 3, e).
43. Due piccoli framment.ini di altro bombylios con fasce e puntini di colore bruno.
*
* *
Dal territorio di Fornello proviene altresì un ossuario di bucchero chiaro, in fram-
menti, rinvenuto lo scorso anno nel Quarto di Perazzeta (Monte Lo Forco) mentre dis-
sodavasi un terreno del sig. Felice Santi di Scrofano. L'ossuario ha la forma di un tronco
di cono posato su listellino rientrante, collo rovesciato superiormente in fuori e labbro
sagomato. Conteneva abbondanti avanzi del rogo ed era provvisto di un coperchio bat-
tentato e leggermente convesso, munito in alto di una presa a picciuolo ; (fìg. 4).
L'ossuario, stando alle notizie che si poterono raccogliere poco tempo dopo la sua
scoperta, fu'rinvenuto dentro una specie di grande fossa scavata nel tufo. Credo dovesse
trattarsi di una delle così dette aree sepolcrali provviste di loculetto a fior di terra alle
quali si discendeva per alcuni gradini ; tipo di sepolcro abbastanza frequente nel ter-
ritorio veientano e riferibile al VI secolo a. Cr.
Enrico Stefani.
XIII. ROMA.
Nuove scoperte di antichità nella città e nel suburbio.
Regione III. — Nei recenti lavori di sterro, compiuti in via di S. Pietro in Vin-
coli per l'ampliamento della R. Scuola di applicazione per gl'ingegneri, sono tornati
alla luce resti di antichi fabbricati di età imperiale, i quali occupavano l'area adiacente
al lato nord-ovest delle terme di Traiano. Essi consistono, per la massima parte, in
costruzioni laterizie che trovansi a circa m. 3,00 di profondità sotto il moderno piano
stradale ed erano in parte sopraelevate a muri in opera reticolata ed in opera quadrata
di buona struttura di età imperiale.
In mezzo a questi fabbricati, ed alla profondità di m. 4,00 sotto l'attuale piano, si
scoprì, per un tratto di oltre 50 metri, una strada pavimentata con poligoni silicei, in di-
rezione nord-sud, parallela cioè al lato occidentale delle terme suddette, e che doveva
congiungersi a nord col clirus suturami s (1). Sotto la strada correva una fogna, larga
metri 0,60, con le pareti laterizie e coperta alla cappuccina con mattoni bipedali, alcuni
dei quali avevano impresso il bollo di fabbrica (C. 1. L., XV, 746) della metà del secondo
secolo d. Cr.
In un cavo prospiciente la via di S. Pietro in Vincoli, a in. 3,00 circa sotto il piano
della medesima , fu rinvenuta in silu una base marmorea, con plinto e cimasa, alta m. 1,14,
larga m. 0,70 e profonda m. 0,60.
(') Cfr. Lanciala, Forma Urbis Romae, tav. 23.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 29
ROMA — 220 — ROMA
La base poggiava sopra un grosso lastrone di travertino, e nella fronte rivolta a nord
recava, entro cornice, la seguente iscrizione :
fabivs Felix
passiFilvs- pavLinvs
vc-eTinL- praeF
VRB • DEDICAViT
Il personaggio qui ricordato fu prefetto di Roma nell'anno 355 d. Cr. ('), ed è già
noto per altre iscrizioni dedicatorie incise sopra basi marmoree, scoperte fin dal 1589
presso S. Pietro in Vincoli (*).
Il luogo, dove sono avvenute le recenti scoperte, corrisponde ad una parte dell'edi-
ficio della praefeelura urbana, la quale trovava», com'è noto, in prossimità del tempio della
Tellure sull'altura delle Carinae (3).
Nei diversi movimenti di terra si rinvennero i seguenti oggetti : alcuni frammenti di
marmi architettonici e di transenne, due tronchi di colonne, una base e due capitelli
di colonne ; una statua marmorea muliebre acefala e senza braccia, panneggiata, della
grandezza naturale ; poggia sopra il plinto sul quale rimangono a destra della figura i
piedi di un puttino.
Si raccolsero anche i seguenti frammenti d' iscrizioni : lastra marmorea, m. 0,25
X 0,1 6 X 0,04, opistografa ; da un lato si legge :
VALERIA-
PRISCA
e dall'altro, entro cornice, rimane la parte destra dell'iscrizione più antica della prece-
dente ; si legge :
DIS • M anilms
FLAVIA
FECIT SI bì suis
ET POSTE risquc
EORVM
frammento di lastra marmorea, ni. 0,12 X 0,07 X 0,02 con le lettere :
tó>e/TABVSQVp
.coRVM
moNVMENT
C1) De Vit, Onomastico}!, Ili, pag. 18.
(*) C. I. /.., VI, 11206, 1166«, 1656.
(s) Notizie Scavi, 1897 pag. 60 ; cfr. Kiepert-ITuelsen, F. U. lì., Nomendator topogr., pag. 123;
Bull. Com., 1892, pag. 19.
ROMA — 221 — ROMA
frammento di lastra marmorea m. 0,30 X 0,20 X 0,07 con le lettere :
CALLIS
DEPOS
frammento di lastra marmorea scorniciata m. 0,15 X 0,12 X 0,03 con le lettere
d M«
RIDI •
ISPVLSER
frammento di lastra marmorea m. 0,35 X 0.35 X 0,05 con l'iscrizione :
AVR BONOS
AVR PRO
CVNQVEN
frammento della parte superiore di transenna marmorea, m. 0,25 X 0,19 X 0,05, con
l'iscrizione :
VMBA
frammento di lastra di marmo bardiglio, m. 0,1 7 X 0,22 X 0,02, in due pezzi, con le lettere:
. . . AR MAqNV
. .. NqENTI . .
frammento di grossa lastra marmorea, m. 0,98 X 0,29 X 0,13 con le lettere :
monum ENTO FIERI I •
frammento di lastrone marmoreo m. 0,41 X 0,15 X 0,10 con lettere alte m. 0.09 e punti
triangolari :
*AD*V
frammento di lastra di travertino con cornice entro cui rimangono le lettere alte m. 0.11 :
ivi)
ROMA — 222 — ROMA
frammento di lastra di travertino scorniciata con le lettere :
FI
CAR...
CO...
erma virile marmorea, mancante della testa, con l'iscrizione :
ANTIOCO
frammento della base di urna cineraria con le lettere :
...aETAS VENIT VNA
frammento di lastrone marmoreo, m. 0,20 X 0,35 X 0,08 con le lettere :
...EM-HVNC. .
... ARE-VO. ..
. . . VLERlT . . .
... CO/
frammento di mattone, m. 0,30 X 0,24 X 0,025 sul quale è graffita l'iscrizione cristiana :
AGNETI • BEN
PACE-Q-VIX-A
AVG IN rfi
frammento di tubo di piombo di grande modulo, del diametro di m. 0,37 con l'iscrizione :
////// (~*
NN V_-
per la quale cfr. C. I. L., XV, 7320.
SVB CVRA FL SECVNDI //////////////////////
IMP ANTONINI ET COMMODI AVGG
Inoltre furono raccolti molti frammenti di mattoni e tegole con bolli di fabbrica già
noti, ed alcuni frammenti di anfore fìttili con marca di fabbrica, una delle quali sembra
inedita; è un sigillo rettangolare con l'iscrizione: SPINT.
Tutti gli oggetti suddescritti sono stati immessi nel Museo Nazionale delle terme
Diocleziane.
Regione VI. — Nel terreno di proprietà Huffer, a nord del villino esistente
all'angolo delle vie Nazionale e Milano, è stato eseguito uno sterro per costruire un pic-
colo fabbricato per uso di negozi. Quasi al piano stradale moderno sono stati incontrati
ROMA — 223 —
ROMA
avanzi di costruzioni antiche consistenti in ambienti coperti da volta a botte a tutto
sesto ; uno di essi è largo m. 3,50 ed ha la volta impostata sopra grossi muri in pietrame,
mentre la parete di fondo verso nord, è rivestita da opera reticolata.
Adiacente a questa costruzione, e sopra l'estradosso della volta suddetta, correva
una fogna, larga m. 0,65, con le pareti in pietrame e coperta con volticina dello stesso
materiale.
*
* *
Facendosi lo sterro per costruire la mostra campionaria internazionale permanente
del cav. Augusto Salvatori, nell'angolo rientrante sulla via Tre Novembre, fra la scuola
normale E. Fusinato ed il palazzo Antonelli, sono tornati alla luce al piano stradale, pochi
resti di muri antichi in opera laterizia. Lo spessore di questi misura m. 0,60 e sono orien-
tati da est ad ovest. Fanno certamente parte degli avanzi di edifici antichi scoperti per la
costruzione della sala cinematografica sull'angolo della via delle Tre Cannelle (cfr. Notizie
Scavi, 1909, pag. 110), e di quelli segnati nella tav. 16 della Forma Urbis del Lanciani.
*
* *
Durante i lavori di sterro in via Firenze, per l'ampliamento del fabbricato di proprietà
del sig. comm. Giovanni Girardi e per la costruzione di un locale sotterraneo nella piccola
area esistente a sud del fabbricato medesimo, sono tornati alla luce avanzi di un antico edi-
ficio il cui piano trovasi a circa m. 6.00 sotto il moderno piano stradale. Consistono in am-
bienti formati da muri in opera laterizia dello spessore di m. 0,60 che si sovrappongono
a muri di una costruzione più antica in opera reticolata dello spessore di m. 0,45, modifi-
cando in parte la disposizione degli ambienti stessi e riducendoli a dimensioni più piccole.
L'edificio, orientato da est ad ovest, era destinato ad uso privato, e munito del con-
sueto sistema di riscaldamento mediante suspmsurae a pilastrini di mattoni quadrati uno
dei quali recava il bollo di fabbrica già noto (C. /. L'., XV, 408).
Fra la terra si raccolsero i seguenti oggetti : frammento di colonna di granito nero,
lungo m. 1,75, diam. m. 0,60 ; frammento di colonnina in marmo portasanta del dia-
metro di m. 0,12 ; piccola base di giallo antico m. 0,24 X 0,21 X 0,05 ; alcuni frammenti
di lastre di marmi colorati serviti per pavimenti o per rivestimento di pareti; frammento
di lastrone marmoreo (m. 0,30 X 0,17 X 0,07) terminante in un Iato a forma semicir-
colare concava, e sul quale sono incise le lettere I • S • S • R •
In occasione dei lavori per l'adattamento dei locali sotterranei del palazzo Tittoni in
via Rasella, a sede di una casa d'arte di proprietà del Sig. Bragaglia con ingresso dalla via
Avignonesi, n. 8, sono state riconosciute grandiose costruzioni in opera laterizia, che per
la loro caratteristica struttura e per la disposizione dei singoli ambienti, debbono avere
appartenuto ad.un edificio termale.
L'on. Lanciani, in una sua monografia pubblicata nel Bull. Coni., 1896, pag. 233 segg.,
trattando degli antichi edifici nella vigna del cardinal Ormoni, conclude, in base a docu-
menti del secolo xvr, che la vigna predetta doveva essere compresa nell'area fra le odierne
ROMA — 224 — ROMA
via Rasella, del Tritone e piazza Barberini, nella quale area fu poi costruito il palazzo Gri-
niani ora Tittoni. E dimostra anche come un disegno del Palladio, riprodotto a pag. 237
del citato Ballettino, deve riferirsi alle rovine di un antico edificio esistente nella vigna
suddetta, dove lo stesso cardinale Grimani rinvenne alcune statue.
Difatti gli avanzi ora riconosciuti corrispondono con molta esattezza a quelli deli-
neati dal Palladio e confermano pienamente quanto ha scritto il Lanciani. Occorre però
attendere che quei locali siano liberati dall'attuale destinazione per completare la pianta
di quel grandioso edificio termale e studiarlo quindi nelle varie parti, mediante una sem-
plice ma sistematica esplorazione.
Regione Vili. — Togliendosi il terrapieno addossato al Monumento a Vittorio
Emanuele II, lungo il lato sulla via Giulio Romano e precisamente in corrispondenza del
portico, sono stati scoperti due grossi piloni in opera quadrata di tufo. 1 lati di essi misu-
rano m. 2,25 X 3,70 e distano fra loro ni. 3,30 seguendo la direzione nord-est sud-ovest.
Questi piloni, formati da blocchi squadrati a filari sovrapposti e alternati fra loro nella
disposizione, erano poggiati sopra la roccia tufacea nel declivio occidentale del Colle
Capitolino, ed incassati nella roccia medesima per l'altezza di alcuni filari.
La esistenza di questi grossi pilastri, alla pendice del colle Capitolino, fanno pensare
ad una recinzione di una parte di esso mediante arcuazioni sostenute da piloni, ovvero alla
sostruzione di una terrazza; come semplice congettura potrebbero anche attribuirsi a
pilastri di un arco, essendosi riconosciuti sinora due piloni solamente.
Dal lato sud-ovest di essi esistono dei grandiosi avanzi di costruzioni in buona opera
laterizia fondati anch'essi sul terreno tufaceo ; in una piattabanda formata da mattoni
bipedali si vede i,no di essi che ha impresso il sigillo circolare di fabbrica del 1° secolo
d. Cr. (0. /. L., XV, 1449).
Regione IX. — Sterrandosi nell'area sull'angolo del Corso Vittorio Emanuele ed
il lungotevere dei Fiorentini, e limitata a sud dalla via Paola, per costruire un fabbricato
di proprietà del sig. Giuseppe Belloni, alla profondità di m. 3,50 sotto il piano stradale, è
stato incontrato un grosso muro in opera quadrata di tufo i cui blocchi misurano m. 0,50
di spessore e m. 0,60 di altezza. Rimangono tre file sovrapposte, l'ultima delle quali, cioè
quella inferiore, poggia sopra un muro laterizio, di costruzione più antica, dello spessore
di m. 0,90 e forma risega sulle due fronti del muro. La direzione di esso è da nord-ovest
a sud-est.
Fra la terra di scarico si raccolsero i seguenti oggetti : frammento di piccola statua
muliebre in marmo, alto m. 0,23 ; rimane parte del corpo col panneggiamento, ed è man-
cante della testa, delle braccia e delle estremità inferiori. Frammento della parte anteriore
di urna cineraria marmorea di forma rettangolare ; entro cornice è rappresentata una figu-
rina virile alla cui sinistra è una lepre rivolta verso alcune frutta.
Nell'area compresa tra le vie Ferdinando di Savoia, Maria Adelaide, della Penna e la
passeggiata di Ripetta, è stato eseguito un notevole sterro per la costruzione di un grande
ROMA — 225 — ROMA
fabbricato in cemento armato, di proprietà della Unione edilizia nazionale. In questi
lavori sono tornati alla luce alcuni resti di costruzioni antiche, appartenuti ad edifici
privati, il cui piano trovasi a circa m. 7,00 sotto il piano stradale della via Ferdinando
di Savoia.
Verso l'angolo nord-ovest dell'area suddetta si scoprì un grosso muro in pietrame,
orientato da nord a sud, con rivestimento di mattoni nella sola facciata orientale ; il muro
ha lo spessore di m. 2,00 e si vide per una lunghezza di circa m. 15;00 piegando verso sud
ad angolo ottuso. Un frammento di mattone proveniente dalla demolizione di questo muro
recava la marca di fabbrica (C. I. L., XV, 767).
Nella parte centrale dell'area sterrata, verso il lato sulla via della Penna, si rico-
nobbe un edificio costruito con muri in opera reticolata dello spessore di m. 0,45. Si sco-
prirono tre stanze contigue, orientate da nord-ovest a sud-est, di eguali dimensioni
(m. 6,00 X 9,25) aventi ciascuna nella parete sud-ovest l'ingresso largo m. 2,60. Adia-
cente alla stanza ultima, verso nord, era un'altra stanza della medesima larghezza delle
precedenti, ma lunga m. 12,80, anch'essa con l'ingresso largo m. 2,60 nella parete sud-
ovest. Da questa ultima stanza si comunicava con un corridoio largo m. 3,06 che si
estendeva dietro le tre stanze suddette.
Tutte le stanze avevano il pavimento ad opuss picatum, e gli ingressi erano muniti
di soglia di travertino, i quali ingressi comunicavano in una specie di atrio, largo m. 5,90
limitato ad occidente da un muro laterizio, dello spessore di m. 0,42. In questo muro
era un vano largo m. 3,73 che dava sopra una strada larga m. 5,70 e parallela al muro
laterizio. La strada era pavimentata con uno strato battuto di piccole scaglie di tra-
vertino (spessore m. 0,20) ed era fiancheggiata da crepidini costituite da piccoli blocchi
squadrati di travertino (m. 0,40 X 0,30 X 0,20).
È evidente che la costruzione in opera reticolata è di età più antica, ed ampliata quindi
in età posteriore dalla costruzione laterizia, alla quale conviene attribuire la costruzione
contemporanea della strada, probabilmente di uso privato.
Tra la terra di scarico si raccolsero : un rocchio di colonna marmorea, con il
sommoscapo, lungh. m. 1,80, diam. 0,30; un'anfora fittile a ventre sferiforme con
due anse verticali a nastro, alta m. 0,75; una lucerna fittile monolicne d'impasto
chiaro, con la marca di fabbrica (C. I. L., XV, 6433 a) due frammenti di mattoni
con le marche di fabbrica degli anni 130 e 141 d. Cr. (C. I. L., XV, 860, 1212 a).
*
* *
Nell'eseguire i cavi di fondazioni per una nuova scuola comunale elementare, nel-
l'area situata sul lungotevere Altoviti e compresa tra la piazza di S. Salvatore, la via
di Panico ed il vicolo dei Vecehiarelli, alla profondità di circa m. 4,00 sotto il piano stra-
dale moderno è stato scoperto un tratto di muro in opera quadrata che segue la dire-
zione da est ad ovest. Il muro è formato con parallelepipedi di tufo dello spessore di
m. 0,60, alti m. 0,75, e disposti in un solo filare in larghezza ; rimangono quattro file di bloc-
chi sovrapposti, l'inferiore dei quali poggia sopra una sostruzione di pietrame e calce
che trovasi al piano delle acque del sottosuolo.
homa — 226 — roma
*
* *
In via Campo Marzio, noi grande cortile del fabbricato in uso dell'Archivio di Stato,
praticandosi un cavo di saggio, alla profondità di m. 6,00 è stata incontrata una platea
a grossi lastroni di travertino dello spessore di in. 0,60, i quali sono collegati mediante
grappe di ferro piombate.
In un altro cavo, parimenti di saggio, eseguito nel cortile d'ingresso, alla profon-
dità di m. 7,00 circa è stato rinvenuto un tronco di colonna di portasanta, lungo ni. 1,10
e del diametro di in. 0,40.
Regione XI V. — Negli sterri eseguiti nell'area compresa tra la piazza della Con-
sola ed il lungotevere Anguillara per costruire un fabbricato ad uso officina meccanica
di proprietà dei sigg. fratelli Ratta, sono tornati alla luce avanzi di costruzioni antiche,
parte in laterizio di età imperiale e parte a tufelli e mattoni di età posteriore. I muri
laterizi, dello spessore di ni. 0,60, formavano delle stanze, due delle quali larghe rispet-
tivamente m. 3,10 e m. 4,40 ; i muri a tufelli e mattoni hanno invece lo spessore di
m. 0,50 e m. 0,55 e suddividono le stanze predotte formandone delle più piccole di ni. 2,45
di larghezza.
Dette costruzioni, scoperte a m. 3,00 sotto il piano del lungotevere Anguillara, fa-
cevano parte di un edificio sopra i resti del quale fu fondata nel 1 740 la chiesa di S. Eligio
che appartenne fino al 1801 alla Università dei sellari (').
*
* *
Nel terreno in angolo delle vie della Lungara e delle Mantellate, di proprietà del
sig. Giovanni Ambrosi, praticandosi un cavo di saggio per gettare quindi le fondazioni
di un nuovo edificio, è stata incontrata, a m. 4,50 di profondità dal piano stradale, la
pavimentazione a poligoni di selce probabilmente di antica strada.
Via Latina. — A circa m. 150 dalla porta Latina, e sulla destra della via omo-
nima uscendo da Roma, facendo un cavo per costruire un villino di proprietà della Co-
perativa Latina per le case dei ferrovieri, è stata scoperta parte della fronte posteriore
di un sepolcro antico che fiancheggiava la suddetta via.
Il sepolcro, a pianta rettangolare o quadrata, era costituito da un nucleo ad em-
plecton, nel cui centro doveva essere la camera sepolcrale; esternamente il nucleo era
rivestito, nella parte superiore, con blocchi squadrati di tufo formanti un elegante bu-
gnato, che termina in basso con una semplice cornice, fascia e gola diritta, della stessa
pietra ; il piano di essa trovasi a m. 4,15 sotto il piano della moderna via, vale a dire al
livello della via Latina antica.
I blocchi di tufo sono alti ni. 0,60 e larghi m. 0,65 in media, ed hanno lo spessore
di m. 0,37.
(J) Cfr. Armellini, Le chiese tli Roma, pag. C78.
RÓMA — 227 — ftOMÀ
Poco più a sud del cavo predetto, facendosi un pozzo per fondazione sono stati rico-
nosciuti gli avanzi di una camera sepolcrale, con muri in opera reticolata, nei quali ri-
manevano i loculi per olle fittili, in gran parte però danneggiati in età più tarda, per
costruire, lungo le pareti interne della camera, altre sepolture a formae.
Tanto la prima quanto la seconda costruzione erano in cattivissimo stato di con-
servazione, e fra la terra di scarico si raccolsero i seguenti oggetti:
frammento di lastra marmorea, m. 0,16 X 0,18 X 0,02 con l' iscrizione
VDI
LIANO
ere SCENTI • VIXIT
««NIS-XVIIII-MEN
DIEBVS • VII
HELENEFECIT
òeNEMERENTI
tuia lucerna fittile monolicne col bollo C. I. L., XV, 6337 a ;
due frammenti di vasi aretini col bollo C, XV, 5396 a, 5709 a ed un altro
con la marca Q.-CIPR entro pianta di piede, per la quale cfr. C, XV, Ó097.
*
* *
Nella tenuta Roma Vecchia, di proprietà di S. E. il principe D. Giovanni Torlonia,
sono stati eseguiti dei lavori di aratura in un appezzamento di terreno, compreso tra
le arcuazioni dell'acquedotto Claudio ed il viale che, staccandosi a! 7° chilometro a de-
stra della odierna via Tuscolana, conduce al casale della tenuta suddetta.
Esistono in quel terreno alcuni resti di costruzioni antiche in buona opera retico-
lata, emergenti sopra una leggiera rialzatura del terreno, che senza dubbio apparten-
gono ad una villa rustica. Presso questi avanzi l'aratro si è imbattuto in varie tubature
di piombo di medio modulo, delle quali cinque pezzi sono stati raccolti.
Due di essi hanno impressi a lettere rilevate la iscrizione che menziona i consoli
dell'anno 129 d. Or.; in uno si legge:
mar CELLO II ET CELSO II COS PC
nell'altro rimane la finale dello stesso sigillo, con la variante che la penultima lettera
è capovolta rispetto quella della iscrizione precedente, cosa facile a spiegarsi essendo,
come è già noto, le lettere mobili ; e si legge :
martello ii eÀ ceLSO II COS bC
Nel terzo tubo è nominato il plumbario :
SINDANVS PHAEDIMI SER FECIT
Notimi Scayi 1982 - Voi. XIX. 80
ROMA — 228 — KOMA
nel quarto si legge la iscrizione che ricorda un liberto di Traiano e cioè:
M VLPI AVG LIB PHA
e nel quinto infine il nome :
FLAVIA DEMETRIA
Le dette iscrizioni, impresse sopra tubi di piombo, ci danno l'età del fabbricato,
che risale al principio del secondo secolo d. Cr., come pure la struttura delle costruzioni
conviene benissimo all'età adrianea ; gli stessi tubi dovevano essere alimentati dal pros-
simo acquedotto Claudio.
A poca' profondità dal piano di campagna si rinvenne, nei medesimi lavori di ara-
tura, un frammento di statua marmorea muliebre, alto m. 1,10 ; è acefala, e manca del
braccio sinistro, dell'avambraccio destro e della parte inferiore delle gambe. La statua
benché molto danneggiata è da riconoscere per una copia di Aphrodite del noto tipo
pudico ; è completamente nuda e sulle spalle rimangono le estremità delle treccie di
capelli. La gamba sinistra presenta, nella parte posteriore, alcuni attacchi che dove-
vano sostenere l'anfora o il delfino, come si riscontra in altre copie del medesimo tipo.
È stata pure raccolta la parte superiore di una colonna in marmo pavonazzetto,
che conserva il collarino ; è alto m. 1,60 ed ha il diametro di m. 0,29.
Via Portuense. — Proseguendosi gli sterri per la costruzione di un fabbri-
cato in cemento armato, di proprietà della Società A-B-C-D, a poca profondità sotto il
piano di campagna e fra la terra di scarico si raccolsero i seguenti oggetti :
frammento di lastra marmorea, m. 0,17 X 0,10 X 0,02 con le lettere incise :
. . . VS-GRATV. . .
...TA-EMERVN.. .
frammento di mattone bipedale col bollo circolare di fabbrica (C. I. L., XV, 7ó4ft);
due olle fittili contenenti i residui della cremazione del cadavere.
Queste scoperte hanno relazione con i sepolcri riconosciuti all'inizio dei lavori per
il fabbricato suddetto, e descritti in queste Notizie, 1920, pag. 284.
*
* *
Nella proprietà dei sigg. Fiorani, situata ad occidente del vicolo Affogalasino, in
seguito a franamento di una parte del terreno, è rimasto scoperto un tratto di cunicolo
antico con le pareti in muratura dello spessore di m. 0,30 e coperto con volta ad angolo
acuto anch'essa in muratura di pietrame.
ROMA — 229 —
ROMA
Il cunicolo è alto m. 1,45, largo ni. 0,50, ed orientato da est ad ovest ; le pareti sono
rivestite internamente con intonaco a cocciopesto che termina all'imposta della volta,
come pure il piano ha il medesimo strato di cocciopesto che forma negli angoli coir le
pareti il solito cordone. Non è da escludere che detto cunicolo conducesse acqua e pro-
babilmente derivasse dall'acquedotto traiano.
*
* *
A m. 200 circa prima di giungere alla nuova stazione ferroviaria di Trastevere, sulla
destra del viale del Re, nel terreno di proprietà del sig. Giovanni Di Francesco, eseguen-
dosi il taglio della terra per la scarpata in prossimità del fabbricato già esistente, è stato
scoperto, alla profondità di m. 7,00 dal piano di campagna, un avanzo di pavimento
a musaico a tessere bianche, limitato da una fascia nera larga m. 0,21.
Poco lungi da questo pavimento si scoprirono i resti di un sepolcro a cassettone
che aveva un arcosolio lungo ni. 1,75, alto m. 0,50 e profondo m. 1,00 ; l'intonaco del-
l'arcosolio era dipinto con sottili fasce a colore rosso molto evanido.
Fra il terriccio rimosso si recuperarono :
una testa di piccola statua virile in terracotta ; un frammento di lastra marmo-
rea (m. 0,21 X 0,12 X 0,02) con parte della iscrizione :
D
C-CA
HERM
SVO • BE
LOCOS
AB-AVFID
ET -PERIVI!
ITV AMBIT
ed un frammento di mattone col bollo circolare
EX PRAED STATILI MAXIMI
E V P H R A S
per il quale cfr. C. I. L., XV, 1457.
Via Salaria. — Praticandosi nella nuova via Antonio Bertoloni, già vicolo dei
Parioli, uno sterro per la costruzione di un piccolo fabbricato per uso di portineria della
« Rinascente Film », è stato scoperto un tratto della pavimentazione a poligoni silicei
dell'antica via Salaria. Essa segue, nel punto scoperto, la direzione nord-ovest sud-est,
vale a dire il percorso del preesistente vicolo dei Parioli, e conservava nel lato nord la
crepidine formata con poligoni di selce disposti verticalmente. Dalla parte di essa si
rinvennero avanzi di costruzioni laterizie di età imperiale, ed altri di sostruzione in
pietrame di età posteriore, appartenuti a sepolcri.
ROMA — 230 — ROMA
Nel rimuovere la terra si raccolse una moneta di Domiziano (gr. br.) e le seguenti
iscrizioni marmoree :
stelc sepolcrale, m. 0,32 X 0,22 X 0,05 :
TI-SPINTHER
V • A • V
VERECVNDA
F-SVO FECIT
frammento di lastra, m. 0,20 X 0,19 X 0,03 :
DIS
MANIBVS
HEDYS-
VIXIT-ANN
XXXV
PRIVATA-VXO
ed un frammento di fondo di vaso aretino recante impresso, entro piatila pedis,
il sigillo di fabbrica C-N-F-
E. Gatti.
Rinvenimento di tombe d'età imperiale.
Via Aurelia Nuova. — Nella tenuta Bravetta lunga la Via Aurelia Nuova la
Società Cooperativa Ostia Marittima attende a costruire dei villini. Eseguendosi degli
sterri per la formazione di una strada di accesso a detti villini dalle vie della Pisana e
di Casetta Mattei si rinvennero quasi a fior di terra alquante tombe cavate nel cappel-
laccio tufaceo e ricoperte .alla cappuccina da tegoloni bipedali. Si trovarono in tutto otto
tombe in tre gruppi, posti a una certa distanza l'uno dall'altro, per la maggior parte
contenenti il solo scheletro senza alcun corredo.
Una di queste tombe, prive di suppellettile era coperta con un tegolone recante
il bollo C. I. L., XV, 630 o, che si può assegnare a circa la. 140 d. Cr. In un'altra
si rinvennero un medio bronzo di Adriano non identificabile per soverchia corro-
sione, frammenti di un vasetto e di una lucernetta di terracotta. Una fu ritrovata già
manomessa, sicché neanche le ossa del cadavere erano più al loro posto, ma tra la terra
a pochissima distanza fu rinvenuto il molto comune medio bronzo di Tiberio coniato
a Lugdunum, vivente Augusto (Cohen2, Tiberius 33). Diede invece un certo corredo una
tomba simile affatto alle altre per tipo e per struttura, uno dei cui tegoloni di copertura
portava il bollo C. I. L., XV, 657 a, attribuito alla metà circa del I secolo d. Cr. Le misure
della tomba non furon potute prendere, perchè gli operai non avvertirono l'ufficio che
ROMA
231
ROMA
tardi, quando arerai già guasta la fossa e disperse le ossa. Dietro al capo del cadavere
erano frammenti di tre vasetti e di tre statuine in terracotta. L'uno dei vasetti era una
comune cotoletta di terra giallognola; gli nitri due, un'anforetta a ventre piriforme e
con anse attorte (alt. cm. 18) e un'olletta a corpo sferoidale a pareti di estrema sotti-
gliezza con piccolo piede e breve collo, (alt. cm. 6) sono notevolissimi per una loro sin-
Fio. 1.
golare decorazione (fig. 1). Intorno al corpo del vaso in triplice ordine nell'anforetta, in
un ordine solo sull'olla sono delle ansette verticali, entro le quali sono infilati dei penda-
glio mobili formati da una sottile asticella di argilla ripiegata ad anello peduncolato.
Scuotendo i vasi, gli anellini mobili urlano contro le pareti, e producono un modesto
rumore atto a trastullare un bambino senza infastidir troppo un adulto, come avviene
con gli affini nostri giocattoli più rumorosi di latta.
K morto probabile infatti che questi nostri vasetti abbiano a rientrare nella cate-
goria dei giocattoli che gli antichi chiamavano puerilia erepitaeula oppure crepundia,
per quanto, a mia cognizione, ne rappresentino una varietà nuova, analoga a quella dei
ROMA
— 232 —
ROMA
vasetti tutti chiusi contenenti delle pietruzze nell'interno (1). Graziosi e originali i nostri
vasetti non rispondono però a buoni criterii pratici, data la loro estrema fragilità. In
particolar modo l'olletta ha le pareti di una cosi prodigiosa sottigliezza (2) che sembra
quasi non le possano permettere di resistere a una pressione delle dita. Tale minore ri-
spondenza all'uso di giocattoli rende degna di considerazione l'ipotesi che gli oggetti
possano aver avuto anche uno scopo profilattico, ben sapendosi, quanto frequentemente
Fig. 2.
e quanto costantemente presso tutti i popoli siasi attribuito valore di amuleto ad oggetti
che fanno rumore.
Delle tre statuine di terracotta l'ima era ridotta in minutissimi frammenti, e non
potè ricostituirsene che un braccio avvolto in una stretta manica. Un'altra priva dei piedi
(l) Si hanno di questi alcuni esemplari in parecchi Musei, cfr. Parembenr-Saglio. Diclionnuires.v.
crcpitacuìum. Cactani-l.ovatelli. Parvula in Antichi Monumenti*tilustraH (Roma 1889) p. 225.
(') Non sarà fuor di luogo che alcuno imprenda a studiare l'età e i centri di produzione di
questa ceramica romana a pareti di estrema sottigliezza, che voleva forse imitare la lamina metallica
o il vetro, ceramica che appare con una certa frequenza nell'Italia ("entrale in sfrati della fine della
repubblica o del principio dell'impero.
ROMA
— 2-à'ò —
Ho MA
alta em. 10 raffigura con tratti caricaturistici una vecchia donna nuda (fig. 2) ; a giu-
dicare dalle grosse labbra e dal prognatismo alveolare, nonché dai seni caprini, lunghi
ed appuntiti, si è molto probabilmente voluto rappresentare una negra. Rientra perciò
Fic.
la statuina nelle serie di quelle grottesche caricature di razze allogene, che sono ben note
nella minuscola produzione artistica del mondo classico, e che è naturale ammettere
avessero in principio più che altrove incontrato favore in Alessandria ('), madie dovet-
tero poi farsi comuni anche a Roma, dove non mancavano campioni delle razze negre.
(*) Cfr. specialmente Schneider in Jahrbuch der Kunsthistor. Sammlungen de» Kaiserhauses, Ili,
pag. 3 e in Jahreshefte des ost. Instituts, 1906. pa«r. 231.
TIVOLI — 234 — REGIONE I
La terza figuretta alta cm. 18,5, mancante del braccio sinistro e di parte della gamba
destra rappresenta un uomo barbato, di rozzo aspetto, vestito unicamente di un cinelus,
(fig. 3). Si è voluto rappresentare un giocoliere e forse più specialmente un equilibrista,
non senza un certo intento umoristico che si palesa sia nel viso goffo, sia nella testa cur-
vata e nelle braccia distese in posizione poco elegante, e che pare tradiscano un certo
imbarazzo o timore. Lungi pertanto dalle grazie delicate delle terrecotte di Tanagra o
dalle squisitezze leziose di quelle di Mirina queste figurine di sicura produzione romana
recano come tratto caratteristico insieme con una franca e sicura modellazione anche
un vivace spirito burlesco e motteggiatore che l'arte romana non manca più volte
di rivelare.
R. Paribeni.
Regione I (LATIUM ET CAMPANIA)
XIV. TIVOLI (Villa Adriana) — Lavori di esplorazione e di riassetto.
Da più anni la R. Soprintendenza alla Conservazione dei Monumenti, alle cui cure
è affidata la Villa Adriana, con qualche poco di denaro che le può sopravanzare dalle
gravi spese dei lavori di ordinaria manutenzione, attende a togliere un po' di terra dalle
rovine col lodevole proposito di ricollegare tra loro i vari gruppi di edifici. Nel 1920 con
un aiuto finanziario dato dal Comitato per i festeggiamenti del 50° anniversario della
liberazione di Roma e successivamente con altri mezzi forniti dal Ministero di P. I. la
Soprintendenza agli Scavi potè compiere opera più larga che fu per alcun tempo diretta
dall'ispettore dott. Alessio Valle, poi nel successivo anno da me, e sempre con gran
diligenza e assiduità sorvegliata dall'assistente sig. Giuseppe Visone. Dei risultati
ottenuti mi pare non possa tardarsi più oltre a dare una prima sommaria relazione.
Il valente topografo del nostro Ufficio prof. Edoardo Gatti ha potuto in grazia di
questi scavi aggiungere alcune parti alla più recente pianta della Villa Adriana, quella
cioè rilevata con gran cura nel 1905, dagli allievi della Regia Scuola d'Applicazione
per gli Ingegneri di Roma ('). La quale pianta, se più esatta delle anteriori, è però
di talune di esse meno completa, avendo potuto precedenti disegnatori rilevare muri
che sono poi scomparsi. Così alcuni dei segni che il sig. Gatti ha aggiunto al rilievo
della Scuola degli Ingegneri figurano già nella grande pianta del Piranesi (2). La
figura 1 tratta dalla pianta della Scuola Ingegneri mostra la posizione relativa dei
due gruppi di edifici nei quali si lavorò (lettere A e E).
(l) È riprodotta in Notizie. Scavi. 1906, pag. 313 segg. e tavolo.
(') Pubblicata nel 1781 al modulo di uno a mille.
REGIONE I.
— 235 —
TIVOLI
Negli anni 1913-1914 la Soprintendenza ai Monumenti curò la remozione di lievi
strati di terra che ricoprivano in parte il gruppo di ruderi che si estende all'angolo sud
orientale del Pecile (fig. 1 lett. B e fig. 2). Il Winnefeld che ha in parte ripreso dal
Piranesi, in parte rilevato egli stesso alcuni tratti di quel complesso monumentale
aveva proposto per essi con qualche esitazione l'appellativo heiliger Bezirk ('), dando
esagerata importanza alla piccola nicchia (nella nostra figura 2 lettera a di fronte
all'ingresso) al quale tutta la costruzione avrebbe dovuto essere coordinata. TI com-
plesso edificio, che secondo ogni probabilità non ebbe nessuna destinazione sacrale, si
W
«O
t-V-"^
Fio. 1.
apriva sul lato meridionale del portico così detto del Pecile con due grandi porte che
immettevano in una vasta corte quadrangolare abbracciata da Ire grandi esedre semi-
circolari. TI lato che fiancheggia il portico del Pecile è rettilineo, e reca il nucleo di una
grande fontana a pianta rettangolare molto allungata (fig. 2 lett. b) con podio centrale
rialzato che doveva portar largo ornamento di sculture. Intorno alla fontana addossate
alle pareti sono dodici basi di statue di ni. 0,60 X 0,60, aggiunte alla costruzione
forse in epoca posteriore, certo quando le mura avevano già ricevuto il loro rivesti-
mento marmoreo. A quelle basi convengono per dimensioni i frammenti di tre statue
trovati nelle vicinanze, delle quali vedi appresso.
La grande corte che segue oltre il vestibolo con la fontana oblunga, chiusa dalle
tre esedre, aveva ricco portico a colonne e pilastri opposti, ed aveva pavimento a lastre
rettangolari di paonazzetto (marmar phrygium) in parte ancora al posto. Sotto il portico
le lastre di paonazzetto erano alle volte interrotte da fasce a triangoli di marmi multi-
colori. Parecchi frammenti si rinvennero delle basi e dei capitelli sia dei pilastri che delle
Ci Winnefeld, Die Villa des Hadriun, pag. VV2, tar. 1 o XII.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX.
31
TtVOLl
— 236
REGIONE I.
REGIONE I.
— 237
TIVOLI
colonne in marino bianco, di squisita fattura (fig
Dai diversi frammenti il sig. Gatti ha
potuto trarre con tutta sicurezza il
disegno completo di ciascuna delle due
membrature (fig. 4). Notevole è la
bellezza e la novità del capitello alto
m. 0,77.
Il lato opposto agli ingressi era
terminato da muro con un podio nel
centro con grande nicchia per una
statua (fig. 2 lett. a), i due lati orien-
tale e occidentale hanno tre porte che
immettono in due esedre con porti-
chctti a colonne di granito bigio e con
una vasca quadrata nel centro. Il dia-
metro assai modesto delle colonne
(ni. 0,35) e la loro distanza non con-
sente di supporre che esse potessero
sorreggere altro che una leggera tet-
toia. I portichetti delle esedre orientale
e occidentale avevano pavimenti a triangoli
3), fin troppo trita e minuziosa nelle basi.
0,50
OG'O
3
Fig. 4.
Fig. 3.
di marmi multicolori alternamente col-
locati col vertice o colla base in alto.
Con l'esedra occidentale l'edificio ter-
minava ; l'esedra orientale assai meglio
conservata mediante cinque porte ser-
viva d'ingresso a una serie di aule. La
grande porta centrale, sormontata da
un'amplissima finestra, immette in una
sorta di grande tablino rettangolare
coperto con volta a botte, con pavi-
mento a lastre rettangolari di paonaz-
zetto e di africano, più alto del portico
per un gradino. Di fronte alla porta
principale il tablino termina con una
specie di loggia a pianta rettangolare,
che affaccia con tre ampie finestre su-
una corte o giardino interno. Le due
porte laterali e e d conducono in due
ambienti a pianta mistilinea che fian-
cheggiano il tablino, e rispondono al
concetto e all'uso delle fances. Le due
porticine esterne p e f con tre gradini
raggiungono il livello di parti non
TIVOLI
— 238 —
REGIONE I.
ancora esplorate, e coperte di pochissima terra, sicché debbono pensarsi per gran parte
distrutte. Nelle stanze laterali si trovarono esigui resti del rivestimento marmoreo delle
pareti, e di preziosi pavimenti.
Nei lavori di sterro si rinvennero, come sopra è detto, alcuni frammenti di sculture:
1) Statuetta mancante della testa, del braccio destro e del piede sinistro (fìg. ò).
Rappresenta Minerva come appare dall'egida e dai serpentelli, in piedi, vestita di chi-
tone e di corto mantello, tenuto strettamente avvolto al corpo dal braccio sinistro che
in esso si fascia completamente E una replica scolpita
con abilità, ma senza molta accuratezza, di un famoso
originale molte volte ripetuto dall'arte classica (l) e
riconducibile, attraverso una figura di Musa della base
di Mantinea, all'arte prassitelica (2).
2) Frammenti di altra identica statuetta di
fattura più diligente e meno schematica.
3) Frammenti di una statuetta di danzatrice
con veste lunga e seni scoperti, braccia protese in
avanti. Più simile di ogni altra analoga figura sembra
essere una statuetta di Berlino (').
*
* *
Nei lavori degli anni 1920 1922 si tolse parte
delle terre che ricoprivano fino a notevole altezza un
altro gruppo di edifici a levante del Pecile presso la così
detta Sala dei Filosofi. Le parti liberate di quel com-
plesso di costruzioni (v. pianta fìg. 6) mostrano essere
state adattate ad uso di bagni. Il cortile, cinto su tre
lati da portici con piccole colonne di granito bigio, di
cui furono trovati in siili parti di tre, aveva nel mezzo
un'ampia vasca rettangolare, profonda dal piano
m. 1 ,40 con quattro gradini per discendervi (lett. a).
Parte della pavimentazione a lastre di marmo bianco è conservata. Sul lato ove non
gira il portico, si apre una vasta aula rettangolare con pavimento a lastroni rettangolari
di cipollino, coperta da una grande volta a crociera. Essa si affaccia sulla vasca suddetta
per una apertura di tutta ampiezza, interrotta da due colonne più alte e grandi di quelle
dei tre lati del portico (fìg. 7). Delle due colonne di granito bigio si rinvennero parecchi
pezzi nella vasca che permisero se non l'assoluta e completa loro restaurazione per lo meno
Fio. 6.
(M Alle nove copie elencate dall'Amelung, Batit de$ PraxUeìes aut Mantineia pag. 10; Ftihrer
durili die Antikcn in Flortn;, pag. 250 n. 248 si dovevano prima della nostra aggiungere una replica
assai buona da Benevento : Savignoni in Not. Scuri, 1904, pag. 128; una di Torino e una nel com-
mercio antiquario in Francia; Reinach, Uépertoire de In stahwiri IV, pp. 171-175, n. 5.
(2) Amelung, I. e.
(3) Reinach, Uépertoire, II, pag. 398, n. 1,
REGIONE I.
— 239 —
TIVOLI
il loro risollevamento con qualche aggiunta di filari di mattoni alla base, sì da poter ri-
stabilirne un'altezza proporzionata al diametro. La grande aula comunicava per mezzo di
due porticine ice con il portico, e con altre due porte con altre aule. Sul suo lato setten-
trionale poi si apriva un'altra minor vasca a pianta semicircolare lett. f anch'essa acces-
7
Fig. 6.
sibile con 4 gradini, e rivestita e pavimentata di lastre di marmo bianco. Dalla nicchia
centrale semicircolare (lett, g) usciva un getto di acqua. Due altre nicchie a sezione ret-
tangolare a cortina di mattoni esistenti nelle due pareti d'angolo presso la vasca minore
furono poi chiuse con una fodera a rozzo reticolato di tufetti. Altra nicchia semicircolare
(leti. /() era di fronte alla vasca minore, e fu poi da nicchia ridotta a porta. Data la vici-
nanza e l'accessibilità delle vasche, è evidente che la nostra aula non poteva essere che uno
spogliatoio (apodyteròtm). E delle due vasche destinate l'ima e l'altra al bagno freddo la
TIVOLI
— 240
REGIONE I.
maggiore all'aria aperta serviva anche per la natritio, l'altra piccola fi coperta unicamente
per l'immersione. In epoca più tarda la grande vasca in mezzo al cortile fu rimpicciolita
con la costruzione di un largo muro che si attacca ai pilastri iWVapodyforivm, e gira poi
parallelamente ai lai i del portichetto avendo a livello del portico delle nicchie alterna-
tamente volte verso l'interno o verso l'esterno della vasca, e di pianta talora rettan-
golare, tal altra semicircolare, cosi come appare dal disegno.
Fio. 7.
Sul lato orientale del cortile è un corridoio rustico lastricato a mosaico bianco, oltre
al quale è un'ampia cisterna non ancora esplorata dalla (piale si partivano condotture pel
servizio delle vasche.
Delle due porte dcll'apoditerio l'ima (lett. e) immetteva in un'aula con pavimento
ora scomparso portato da suspensurae, coperta da volta a. botte. L'aula che per essere
più di altra lontana dalla sorgente di calore può essere stata un tepidario, ha tre sboccili
per la circolazione del vapore caldo, e aveva avuto prima pili porte poi richiuse. Quest'aula
comunica mediante una stretta porta obliqua con un'altra aula di singolare planimetria
e di bella e ardita foggia di costruzione (lett. i). È all'ingrosso un'aula ottagonale con
quattro lati rettilinei nei quali si aprono quattro porte, e quattro lati che si incurvano in
nicchioni semicircolari. Uno di questi nicchioni è forato obliquamente per il passaggio
REGIONE I.
— 241 —
TtVOtl
all'aula di cui si è precedentemente parlato. Sull'ottagono è portata poi una volta ellittica
clic interrompe verso nord il suo anello per dar luogo a un'ampia finestra. Non ostante
l'arditezza della costruzione, la volta è rimasta in piedi. 11 pavimento in mosaico bianco
poggia su suspensi me, e nelle pareti mattoni cavi assicurano sino ad una certa altezza
l'ascensione del vapore caldo. Alla base della cupola corre tutto in giro l'incassatura
«li un condotto.
La posizione interna e centrale di* quest'aula, la molteplice circolazione di aria calda
Fio. 8.
dal di sotto e lateralmente, la pianta stessa che si accosta alla circolare fanno pensare che
potesse questa sala servire di Iaconi cmn o luogo della più intensa reazione sudorifica.
Dal laconicum una porta mette in una grande e bella aula circolare di singolarissimo
aspetto, (leti. / e figura 8). Coperta da bella volta a cassettoni, e aperta a sud-ovest con
cinque grandi porte o finestroni, l'aula è tutta occupata da un grande vaseone circolare,
pavimentato e rivestito da lastre di marmo bianco, e accessibile dal piano delle altre aule
per mezzo di tre gradini che corrono lungo una metà della circonferenza. Il luogo era for-
temente riscaldato, sotto tre delle porte si aprono le bocche di tre grandi praef arnia, ai
quali si accedeva da un largo corridoio sotterraneo. Con questo intenso riscaldamento
sembra contrastare l'apertura delle cinque grandi finestre per una metà della circonfe-
renza dell'aula. Né panni altra spiegazione si possa cercare di questa contraddizione, se
TIVOLI
— 242
REGIONE I.
non nel desiderio che il calore solare entrasse anch'esso come elemento benefico e salutare,
meglio ancora del calore artificiale, nell'azione balneoterapica che si svolgeva in quell'aula.
I finestroni infatti sono, come dicemmo, tutti aperti a mezzogiorno e a ponente, ossia
in modo da ricevere la più lunga ed efficace azione solare.
Ma anche un'altra singolarità è da osservare nella nostra aula ; quella che secondo la
forma e per il suo approfondimento pare una grande vasca, non presenta traccia di canali
Fio. 9.
per la immissione o la emissione di liquidi, ' non solo, ma il piano della vasca è perfetta-
mente orizzontale senza alcuna pendenza per il deflusso delle acque.
Analoghe singolarità si possono riscontrare nell'altra aula (lett. m) che comunica con
la precedente, e che ha forma rettangolare absidata. Anche questo ambiente è sospeso
su un vespaio e poteva essere riscaldato, e anch'esso è aperto con pilastri quadrangolari
sui lati occidentale e meridionale.
Per tentare di spiegarci queste singolarità, dobbiamo cominciare ad osservare che
questo edificio termale è molto complesso e presenta molti più ambienti di quello che la
REGIONE I.
— 243 —
TIVOLI
consueta ripartizione ternana (frigidario, tepidario, calidario) richiederebbe. In questo
bagno imperiale vi sono altri elementi oltre i tre abituali. E non qui soltanto si pre-
senta questa pluralità di ambienti, e siamo noi che abbiamo il torto di voler inten-
dere le terme romane, e fino i colossali edifici di Caracalla e di Diocleziano, con le
■►
Fig. 10.
'V
sole prescrizioni vitruviane. Aule con apparecchi di riscaldamento e con vaste aperture
al sole non ci sono nei canoni di Vitruvio : ma ecco il buon Plinio il Giovane che descri-
vendoci la sua villa Laurentina ci parla del suo heliocaminw (*) Plinio non si ferma
a descriverlo, nò cosa alcuna ne dice una iscrizione che pure lo ricorda (*). Ma che tale
apparato fosse nei bagni dell'età imperiale avanzata abbastanza comune, lo dice una ròspo-
C1) Plin. Epist.. II, 17.
(*) C. I. O., 314S ijXioxtifieiyos.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX.
32
TIVOLI
— 244 —
HEGIONE I.
sizione di legge che lo riguarda, e che vieta di piantare alti alberi innanzi rìVheliocunmtti*
del vicino ('). Ora nessun altro nome può meglio di questo convenire alla nostra aula ro-
tonda, e credo non ultimo merito di questo scavo quello di averci per la prima volta chia-
Fio. 11.
ramente mostrato una entità architettonica e costruttiva, ben distinta e provveduta di una
sua ben chiara denominazione. Come pure son persuaso, che trovato ora così lucido
esempio di un heliocaminus, potrà esserne identificato qualche altro in altri edifici ter-
mali e in altre ville romane.
La benefica azione dell'esposizione al calore sedare era ammessa dagli antichi medici (*)
(') Ulpiano, in Mg., Vili, 2, 17.
(!) Cfr. Plin., Nat. Hiti., XXXI, 102, Min corporihiix mhiì iitih'iis sai» et sole cfr. Celsus, De me-
tlicinu, III, 21.
REGIONE I.
245 —
TIVOLI
e forse la pratica BB divenne sempre più larga nel decorso dei tempi imperiali ('). La man-
canza di pendio atto a deflusso di acque nella grande vasca del nostro heliwaminus può
far pensare, che la vasca stessa fosse unicamente cavata allo scopo di permettere mediante
Fio. 12.
i gradini discendenti un maggiore o minore avvicinamento alla sorgente, calorifica del sot-
tosuolo. Rei fondo della vasca poteva anche essere sabbia la cui efficacia terapeutica in
collegamento con la esposizione al sole era pure dagli antichi riconosciuta.
(l) Intatti eW più a lungo si trattiene sulle virtù terapeutiche «lei bagno di sole è il medico del
V) sec. d. Cr. Ezio di Amida. largo compilatore di libri di medicina, il quale dice di derivare per que-
sta parte specialmente da Antillo. (Aetius, Medieirme Strinone», 111. lo. Or. lìacci, De Thermis (Pa-
tavii 1711), pag. Oli,
TIVOLI
— 246 —
REGIONE I.
ISella esplorazione di questo edificio termale furono rinvenute le seguenti sculture :
1) Molti frammenti di una bella replica della Venere accovacciata, del noto tipo
attribuito a Doidalses di Bitinia.
2) Testa alquanto maggiore del vero, ritratto di uomo con barba e copiosa chioma
ricciuta (fig. 9 e 10Ì. L'artista pare essersi compiaciuto nell'intagliare i riccioli disordinati
e abbondanti specialmente sull'occi-
pite e sulla nuca. Assai probabilmente
la persona rappresentata non è un
latino né un greco, ma un barbaro.
3) Testa di giovane donna con
pupille segnate, acconciatura della fine
del II sec, o principio del terzo coi ca-
pelli rialzati sulla fronte, legati in una
treccia rotonda sulla nuca, e divisi sul-
l'alto del capo a zone fusiformi (fig. 11
e 12). Buona scultura, alquanto dan-
neggiata nel naso. L'acconciatura dei
capelli somiglia sopra tutto a quella
portata da Fulvia Plautilla, che è
l'unica donna imperiale, nella quale
questo tipo di accomodarsi i capelli
che si inizia con Faustina Giuniore,
lasci scoperto l'orecchio. Ma gli altri
tratti del viso non si accordano troppo
col ritratto di Plautilla, dato dalle mo-
nete, né d'altra parte è probabile che
in una villa imperiale fosse conservata
l'effigie della giovanetta moglie di Ca-
racalla, sposata contro voglia, cacciata
,G- dalla corte subito dopo la caduta del
potente padre suo Fulvio Plauziano, e poco dopo fatta uccidere dallo sposo.
4) Piccola testa galeata femminile, forse figura di Amazzone o personificazione
di una città o di Virlm, di mediocre fattura (fig. 13).
Le innumerevoli spogliazioni non hanno pertanto ancora esaurito il portentoso
corredo di opere d'arte che questa fastosissima tra le ville romane raccoglieva, né le
ripetute descrizioni e i numerosi studi hanno diminuito troppo la possibilità di rilevare
in essa cose nuove e degne di considerazione.
Pi. PAIiir.ENI.
REGIONE I.
— 247
VELLETRI
XV. VELLETRI — Frammenti di sculture in marmo rinvenuti
nella contrada Colle Cascone.
In contrada Colle Cascone a circa 3 chilometri ad ovest di Velletri, il vignarolo Au-
gusto Rosati ne 11 'eseguire lo scassato per la rinnovazione della vigna, ha rinvenuto vari
frammenti di una sfatuina in marmo rappresentante un putto seduto sul dorso di un
delfino (fig. IV
Fio. 1.
La piccola scultura, che doveva ornare una fontana, è alta dalla, testa alla coda
del delfino 45 centimetri, ed il putto è alto 20 centimetri. 11 delfino ha movenze eleganti,
ed è appoggiato con la parte inferiore della testa e del collo su di uno scoglio. Nella
bocca (di cui è mancante la estremità) apparisce un foro che si prolunga nell'interno
dello scoglio entro il quale doveva passare il condotto portatore dell'acqua.
Il corpo, che ha direzione pressoché verticale, si svolge a spirale con leggiadra mo-
venza. È mancante della estremità della coda. Il putto, seduto sul dorso del delfino
ed appoggiato con l'anca destra sulla pinna dorsale dell'animale, è nell'atto di suonare
VELLETRI — 248 — REGIONE I.
la lira. Ha due piccolo ali dietro le spalle, i capelli ricciuti adorni di una corona di
rose. Benché di mediocre fattura, tuttavia il piccolo gruppo rinvenuto è ben modellato
ed elegante.
Durante lo stesso scavo il contadino ha trovato il frammento di una statuina in
marmo rappresentante la metà posteriore di un cane levriere priva di zampe. TI fram-
mento non molto ben conservato, mi modellato con grande maestria e naturalezza
misura 10 centimetri di lunghezza e (• centimetri di altezza.
Dal terreno vennero pure alla luce gli avanzi di una tomba ad inumazione formata
dalle solite tegole bipedali senza bollo.
La località dove sono avvenute le anzidette scoperte fa parte di una catena di col-
line disposte a terrazze da cui si gode il vago orizzonte del mare, che incominciando da
S. Cesareo ove esistono gli avanzi della villa di Augusto si prolunga sino a colle Ottone
ove sorgeva la villa dell'imperatore suicida. Ovunque si trovano gli avanzi di antiche
costruzioni e di strade che stanno a testimoniare della predilezione dei romani per quei
luoghi ridenti.
Scoperte di antichità in contrada Melabo presso l'abitato di Velletri.
Nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Velletri presso il giardino pubblico
del Metabo, ove furono in varie epoche eseguiti degli scavi per la riempitura dell'antico
fossato delle mura della città che portarono alla scoperta di antichi edifici romani, di
qualche statua in marmo e di numerosa suppellettile fittile, il signor Ottavio Mafern
ha acquistato una porzione di terreno per costruirvi un villino, ed a tal uopo ha iniziato
i lavori di sterro.
Avendolo diffidato di denunciare qualunque oggetto od avanzo di costruzione avesse
rinvenuto (avendo disposto anche per una continua vigilanza durante il lavoro), dopo
qualche tempo venni avvertito che era venuta alla luce una tomba. Recatomi sul posto
trovai intatta la tomba stessa ed il terreno circostante, sicché potetti procedere allo scavo
che mise allo scoperto alla profondità di m. 1.80 dalla superficie del terreno un sarcofago
in terracotta rotto in più pezzi.
Esso era collocato col fondo in alto e la bocca con i relativi battenti per il coperchio
in basso, cosicché funzionava da copertura del cadavere che era stato collocato sul
nudo terreno.
Sotto il feretro frammisti al terriccio si rinvennero gli avanzi e le ossa carbonizzate
oltre ai seguenti oggetti :
1) Due impugnature di spada lunghe m. 0.26, di cui non rimane che l'ossatura
di ferro e le borchie o dischi in bronzo della parte superiore.
2) Due coppe di terracotta di rozzo impasto rosso oscuro alte cent. 9, con l'orlo
del diametro di cent. 13 munite di relativo peduccio largo cent. 6.
3) Gli avanzi di una pigna bruciata, consistenti in varie squamine ed alcuni pinoli
carbonizzati ma perfettamente conservati,
REGIONE I.
— 2-19 —
VÈI.LETKÌ
In mezzo alla terra annerita ed alle ossa calcinate si sono rinvenuti nella tomba
alcuni frammenti di bronzo. Il sarcofago di terracotta è stato potuto restaurare perfet-
tamente. Esso misura m. 2,00, è largo m. 0.46, alto m. 0.32 e le pareti più piccole sono
leggermente ricurve. Lo spessore è di cent. 3 e conserva intatto il battente per il coper-
chio. In una estremità presenta nel fondo una parte rilevata a guisa di origliere.
Sgombrato il terreno si è constatato che la tomba poggiava per una estremità su di
un pozzetto ripieno di terra, rivestito di intonaco del diametro di ni. 0.80.
X»,
W
Fio. 2.
Procedutosi allo scavo si sono rinvenute a breve profondità (fig. 2) tre anfore vinarie
di cui una munita di piccolo coperchio in laterizio e perfettamente vuota e due senza
coperchio ripiene di terra. Le anfore misurano ni. 1.1.0 di altezza ed erano disposte come
all'unito schizzo, poggiate al fondo del pozzetto la cui profondità non superava i m. 1.50.
Di pozzetti e cunicoli rivestiti di intonaco ne furono rinvenuti parecchi negli scavi pre-
cedenti, e per quanto si sia incerti sulla loro destinazione, tuttavia non è azzardata
l'ipotesi che essi abbiano potuto funzionare da sylos per cereali o da celle vinarie.
L'esistenza del pozzetto sottoposto alla tomba rinvenuta starebbe a dimostrare
che l'inumazione delle ceneri fosse posteriore al pozzetto.
Nella terra proveniente" dal proseguimento dello sterro si sono rinvenuti i soliti pa-
rallelepipedi di peperino per sostruzione di muri, molti sassi e vari oggetti di terracotta
VELLETHI — 250 — REGIONE I.
come condottilo di vari diametri, un calice di rozzo impasto e di rozza fattura alto
m. 0.09 ; frammenti di una larga coppa pure di rozzo impasto, di una piccola coppa a
vernice nera lucente e varie lucerne in pezzi.
In contrada Morice in mezzo alle macerie di un antico edificio sono venuti alla luce
alcuni frammenti del noto fregio in terra cotta della Vittoria che sacrifica il toro e vari
altri frammenti fittili decorativi.
Inscrizioni rinvenute in contrada Solluna.
In contrada Solluna, e precisamente nel terreno lavorato dal vignando Crespi Vin-
cenzo, ove, tre anni or sono fu scoperto il cippo coll'indicazione di una nuova strada
(Notizie anno 1918, pag. 138) proseguendo i lavori di dissodamento del terreno per la
piantagione della vigna, sono venute alla luce alcune iscrizioni in marmo che qui ap-
presso descrivo :
1. Frammento di lastra mamorea dello spessore di mm. 22 alta ni. 0,49 e larga
nel punto più largo delia frattura ni. 0.26. Essa contiene la parte destra dell'epigrafe
composta di sei righe.
Della prima riga è rimasta soltanto la parte inferiore di tre lettere; la seconda riga
ha le lettere alte mm. 70 ; la terza min. 62 ; la quarta'nim. 56 : la quinta nini. 50 come
la sesta. Le lettere hanno una forma perfetta e sono assai bene incise.
Gli anni della potestà tribunizia e quelli del consolato indicano con evidenza l'im-
peratore ricordato nella epigrafe che è Domiziano. Non è quindi difficile la ricostruzione
della parte mancante che può essere la seguente.
t
imp. raesar. D I V i
respwian I • F
domitinnìis . a VGVST
grrmonicits . pò NT • MAX
iribtmic . poles TATXV
imp . xxii . co's . x V 1 1
2°. Lastra marmorea dello spessore di millimetri 20 lunga in. 1,24 ed alta m. 0,48.
Si compone di cinque righe di cui la prima ha le lettere alte mm. 55; la seconda
nini. 50 ; la terza min. 50 ; la quarta mm. 45 e la quinta nini. 55. Nella medesima riga
le lettere non hanno uguale altezza.
L'iscrizione è la seguente :
FÀLTONIÀE HILÀRITÀTI
DOMINÀE FILIÀE CÀRISSIMÀE
QVÀE HOC COEMETERIVM
A SOLO SVÀ PECVNIÀ FECIT
Et hvhic religioni donàviT (aie)
REGIONE I. — 251 — VELLETKI
3°. Altra lastra marmorea dello spessore di mm. 28; lunga m. 0.70, ed alta m. 0.50.
L'iscrizione rozzamente incisa si compone di cinque righe irregolari imperfettamente
inquadrate nel rettangolo della lastra.
Le lettere sono alte mm. 40 nella prima riga, mm. 35 nella seconda, mm. 30 nella
terza, mm. 28 nella quarta e mm. 26 nella quinta.
Sono tutte perfettamente leggibili all'infuori della prima parte dell'ultima riga che
è corrosa.
A $ u
BONE • MEMORIE
GENESO • QVI BIXIT
ANNOS LXXII MEN-IIIl-D-XI
L/////////////// AVG- IN PACE
Oj
4°. Due frammenti della stessa lapide incisi con caratteri di epoca tarda.
11 primo misura ni. 0.16 X 0.18 spessore mm. 15 e contiene una porzione di due
righe.
Il secondo misura 0.15 X 0.18 ha vario «pessore e contiene la fine di una riga :
NTIS
In un punto poco discosto dall'Appia antica (con la quale il fondo Crespi confina)
sono state scoperte le sostruzioni di un monumento sepolcrale formate da parallelepi-
pedi di travertino e peperino. Nessuna pietra è stata rimossa.
La località dove sono state scoperte le lapidi descritte, posta sull'incrocio della
Via Appia con la strada di Campomorto (Nettuno) e con quella di Lazzarìa è molto im-
portante dal lato archeologico ; e ne fanno fede i numerosi avanzi di muri antichi che
si rinvengono a breve profondità del terreno.
È per ciò un grave inconveniente che quivi lo scavo non sia fatto sistematicamente,
e che venga invece eseguito a piccole trincee poco larghe e poco profonde adatte solo
per la piantagione dei filari di viti.
Oreste Nardini
L'iscrizione num. 2 di Faltonia Hilaritas è di notevole importanza. Come è noto, la
parola coemelerium non è adoperato nelle epigrafi se non per designare sepolcreti cristiani
e in particolar modo sepolcreti sopra terra (x). Tale valore della parola è qui confermato
(') Cabrol, Dici. à'Arch. Chrcl. s. v.
Notizie Soavi 1922 — Voi. XI X. 33
VEKOLI — 252 — REGIONE I.
in modo assoluto dalla frase a solo e con ogni probabilità dall'altra hihie (sic) religioni
donavit. Ma le presunzioni di cristianità aumentano, se si ricorda quel tanto che ci è noto
di alcune personalità della gens Fallonia. Faltonia Betitia Proba è la nota poetessa cri-
stiana, autrice del Centone Vergiliano De Landibus Christi; fu moglie del prefetto della
città Clodius Celsinus Adelphius, e madre di L. Clodius Hemogenianus Olybrius conso-
lare di Tuscia nel 370 e di Faltonius Probus Alypius vicario d'Africa nel 378 e prefetto
delle città nel 891. TI primo dei figli Olibrio ebbe in moglie una Tyrrhenia Anicia Iuliana,
e fu secondo ogni probabilità figlia di questi due la Anicia Faltonia Proba che dopo la
morte del marito Sex. Petronius Probus raccolse in casa sua una comunità di pie donne,
e che nel 410 per pietà della popolazione di Roma stretta d'assedio avrebbe fatto aprire
una porta della città ai soldati di Alarico.
La donna della nostra iscrizione non è nota, e dato il suo cognome, può anche es-
sere stata una liberta della ricca e illustre famiglia. Date le origini prenestine della gens
Anicia, e le cospicue ricchezze sia degli Anicii che dei Faltonii loro parenti nei secoli IV
e V, non è improbabile che essi stessi o i loro liberti avessero possessioni anche nella
non lontana Velitrae.
N. d. R.
XVI. VEROLI — Scoperta di una base di monumento onorario
equestre e di avanzi di antico edifìcio monumentale al Corso Vittorio
Emanuele.
In Veroli. eseguendosi i lavori di ampliamento dello stabile sito in Corso Vittorio Ema-
nuele n. 3, di proprietà del sig. Luigi Reali, si è fatta un'importante scoperta archeologica,
con lodevole sollecitudine riferita alla R. Soprintendenza agli Scavi di Roma da quel be-
nemerito Ispettore onorario, sig. Luigi Quattrociocchi.
Gli sterri misero in luce, a ni. 5 di profondità, dall'attuale piano stradale, gli avanzi
di un edificio di tarda età, consistenti in un tratto di ciica m. 10 di muro a sacco rivestito
di opus reticolalum a grossi prismi di pietra calcare, con un'apertura di porta. L'opera
muraria era orientata da N. a S., seguiva cioè lo stesso andamento della cinta di mura
romana a grandi conci di pietra calcare, tuttora visibile per un breve tratto nei sotterra-
nei del palazzo comunale e sotto la corte della casa Mazzoli.
Altri muri in calcare, con passaggi arcuati, anch'essi orientati da N. a S., sottostanti
all'attuale piano stradale di Veroli e precisamente correnti sotto la piazza principale della
città, sono tuttora visibili, accedendovisi dalla cantina della casa del signor Odoardo
Franchi.
L'orientazione dei vari muri è la stessa, ma il muro ora scoperto non formava conti-
nuazione del muro di recinzione suddetto né dei muri con i passaggi arcuati, correva bensì
UKGIONE i. — 253
VKKOLI
alquanto verso l'esterno della città. Un altro muro d'identica struttura era già visibile per
breve tratto sotto la stessa casa Reali essendo stato ripreso nella costruzione primitiva.
Esso corre parallelo al muro ora messo in luce, e ne dista circa m. 1,60, formando, a quel
che sembra, entrambi un corridoio od ambulacro. Aldi sotto del muro ora scoperto cor-
reva in senso parallelo un fognolo.
Il nuovo muro era stato evidentemente costruito con gli avanzi di cospicui edifici
preesistenti e propinqui, decoranti cioè l'antico Foro del municipio vendano, che corri-
spondeva forse all'attuale piazza della Cattedrale. Infatti il materiale adoperato per la
costruzione della porta consisteva in due monoliti di pietra calcare posti verticalmente
come stipiti, entrambi sono alti m. 1.80 e poggiano su di uno strato di ghiaia. Lo stipite
di sinistra era formato da una base di monumento onorario lunga, come si è detto,
m. 1,80 larga m. 0,80. ed alta m. 0,20. Nella parte superiore reca quattro fori d'imper-
niatura che si approfondiscono per circa cm. 10 nel calcare, formanti centro d'incavi ro-
tondi entro i quali s'innestavano in antico le quattro zampe del cavallo di bronzo di un
piccolo monumento onorario equestre, eretto presumibilmente nel Foro della città. I fori
corrispondenti alle zampe anteriori sono quasi sulla stessa linea, quello che corrispondo alla
zampa sinistra sporge di poco all'infuori. le zampe posteriori erano invece notevolmente
divaricate, avanzando la zampa destra in confronto della sinistra. Il cavallo era quindi rap-
presentato, se non fermo, nella posa di un lento e tranquillo incedere. Una breve iscrizione
incisa sul lato anteriore del monolito ci fa conoscere il nome del personaggio onorato ;
essa suona, cosi :
P A QV I V S • Q_ V-
IIILVIR ~j
L'iscrizione per la sua paleografia, per la sua laconicità e per essere il nome del per-
sonaggio onorato in nominativo, senza alcuna formula dedicatoria, può appartenere al
I sec. av. Cr. Il personaggio rammemorato, C. Paquius, Q. f., non è altrimenti noto. La
gens Paquia sembra fosse di origine osea ; suoi membri si trovano menzionati in iscri-
zioni di Pompai (C. I. L., IV, 222, 1122, 3702), di Puleoli (C. I. L., X, 2822), di Nuceria
Alfatema (C. I. L., X, 1093), ecc. Altri Paquii sono di Histonkm (C. I. L., IX, 2827,
2845. 2846, 2857) ; un appartenente all'affine, se non identica, gens Pacuoia è ricordato
in un titolo di Fereniinum (C. I. L., X, 5844).
C. Paquius tenne la suprema carica municipale di Vcrulae, fu cioè : IIII vii: Que-
sta indicazione ci è preziosa, messa a raffronto con l'altra, già a nostra cognizione, per
la quale sapevasi che nell'a. 197 d. Cr. i magistrati cittadini verulani erano II viri (L. Al-
fius, L. f. Cornelia), Valentinus, II vir qfuin) q(uennalis) ; C. I. L., X, 5796).
A spiegare tale mutazione occorre riandare brevemente la storia di Verulae e delle
altre principali città del fiero e forte popolo ernico, cioè di Ferentinum e àiAletrium. Esse
nell'a. 306 av. Cr. ottennero definitivamente il diritto di cittadinanza romana, conti-
nuando a reggersi con le proprie leggi e con la prerogativa del connubio (Liv. IX, 42,
VEROLI — 254 — REGIONE I
43) ; Verulae restò libero municipio, confederato di Roma. Nella guerra civile i Verulani
seguirono il partito di C. Mario, nato nell'a. 157 av. Cr. nel prossimo villaggio di Ce-
reatae, detto poi in suo onore Cereakie Mariana?,, ora Casamari(Plut.., Mar., 3 ; Veli. Pa-"
ter., II, 11). Per la reazione sillana ebbe l'eccidio dei suoi, le terre assegnate ai legionari
e di libero municipio divenne colonia militare reggendosi con le proprie leggi commiste
al diritto dei romani. Nell'a. 97 d. Cr. l'imperatore Nerva tolse la colonia militare e le
terre furono restituite ai coloni {index coloniarum, p. 339).
Con tutta probabilità C. Paauius fu uno degli ultimi UH viri dell'antica città fede-
rata, prima che vi fosse dedotta la colonia militare. Questa ipotesi è confortata dall'ana-
logia che presentano i casi di altre città che subirono la stessa sorte di Verulae. Così, ad
esempio, Casinum ebbe prima della deduzione della colonia i //// viri (C. I. L., X, 5190)
e dopo i II viri (C. I. L., X, 5159 [a. 40 av. Cr.], 5197, 5198, 5205, 5417) ; Teanum Si-
dicinum, che divenne colonia per opera di Augusto o di Claudio, ebbe dapprima i ////
viri (C. I. L., X, 4736, 4798) e poi i II viri (C. I. L., X, 4789, 4797, 4823). Verulae
adunque ebbe come primi magistrati cittadini i //// viri, fino alla deduzione della
colonia, e poi i II viri, che rimasero anche quando, come tutte le colonie, divenne du-
rante l'impero nmnieipium.
Va tuttavia osservato che effettivamente la differenza fra le due magistrature è
soltanto apparente, giacché anche i UH viri erano effettivamente due (cf. fasti di In-
teramna Lirenas, C. I. L., X, 5405). Si dissero IIII viri perchè il collegio di magistrati
municipali si componeva di quattro persone, due II viri pire dicundo e due aediles, si po-
teva quindi considerarli o come formanti un solo collegio e chiamarli UH virijure di-
cundo e IHI viri aediles, o come formanti due collegi distinti e dirli // virijure dicundo
e // viri aediles (*),
*
* *
Proseguendo nella descrizione della scoperta è da notare che i costruttori della porta
ebbero cura di far poggiare il lato della ba?e che reca l'epigrafe sullo strato di ghiaia che
formava il piano di base della porta stessa.
Lo stipite di destra era a sua volta formato da un altro blocco di calcare alto
m. 1,80, largo 0,47 e spesso m. 0,23. Uno dei suoi lati lunghi è sagomato a rao' di tra-
beazione ; esso era più lungo e fu segato per essere ridotto alle proporzioni volute. Su
periormente nella grossezza del muro erano stati messi in opera due altri blocchi di cal-
care, l'uno con aggetto accennante a linea curva (m. 0,95 X 0,35 X 0.30), l'altro scor-
niciato (m. 0,57 X 0,39 X 0,20). Queste pietre erano presentate dal lato piano.
La soglia infine era formata da un altro blocco di calcare, con aggetti curveggianti
(m. 1,12 X 0,58 X 0,57). Fra la terra di riporto si rinvennero, oltre a vari frammenti
di pietra calcare lavorati, due rocchi di colonne, parimenti di pietra calcare, di vario
modulo ; l'uno è alto m. 0,45 ed ha un diametro di m. 0,74, l'altro è alto m. 0,73 ed ha
m. 0,47 di diametro. Si rinvennero anche alcuni frammentini di cornici di marmo.
(') M. Zunipt. Coinmmt. epigrnph., I, pag. 170 segg. : I?. Borghesi, Oeuvres complMes, VI,
pag. 31 il n. 3.
REGIONE I. 255 VEROLI
*
* *
Al di fuori dei muri descritti, ad est, e cioè ancora più verso l'esterno della città,
a m. 3,50 di profondità dal piano attuale, lo sterro ha messo in luce alcune tombe
ad inumazione. Esse erano, a quattro ordini sovrapposti, a cassettoni in muratura
ricoperti da una cappuccina di tegole hipedali. Anche il fondo dei cassettoni era for-
mato da tegole, soltanto in una delle tombe il fondo era costituito da lastroni di marmo.
Gli scheletri, ben conservati, giacevano con il teschio a N.-O. e gli arti inferiori a S.-E.
La scarsa suppellettile rinvenuta è costituita da tre armille di rame lisce, e da due anel-
lini di rame, dei quali uno è decorato noi castone da una doppia croce formata da un'unica
asta, fiancheggiata da due minuscoli rametti floreali. Si rinvennero anche alcuni urceoli
fittili ansati a corpo leggermente rigonfio. Uno di questi urceoli ha rozzamente graffito
un ramo di palma ed una croce monogrammata. Da quanto è stato esposto facilmente
desumesi essere le poche tombe ora scoperte a testimonianza di un sepolcreto del V o del
VI sec. d. Cr. quivi esistente.
* *
Devesi purtroppo ammettere che ben poco conoscesi della topografia e delle vicende
edilizie della vetusta Verulae. E questa la prima volta che le Notizie degli Scavi si occu-
pano dell'insigne città. Sono lieto pertanto di essere il primo a sollevare il velo del mi-
stero e confido che questa breve mia relazione dia lo spunto ad un serio ed ordinato la-
voro di esplorazione e di studio delle antichità vendane.
*
* *
Per la cortesia dell'egregio prof. Camillo Scaccia -Scarafoni, il quale con tanto amore
si occupa della storia e delle memorie della sua città natale, ho potuto prendere visione
di un frammento marmoreo iscritto, tuttavia inedito, rinvenuto nei pressi della chiesa
di S. Valentino e che ora conservasi nella pubblica Biblioteca di Veroli. Ecco quanto
resta del mutilo testo :
H E R E :nJ N I O • S E R
ALVEI • TIBERIS1
AD- SILICE -PROCA
ìPROC-CC -IY. .
L'intiero marmo contenteva il modesto curriculum vitaeài un personaggio dell'ordine
equestre del cui nome non rimane che il gentilizio e forse il principio del cognome
(Herennius Ser ). Egli fu tra l'altro:
VEKOU — 256 — REGIONE I.
a) [proc(uraior) od (uìiuhr curaicris] almi Tiben's [et eloacarum] (cf. C. I. L..
X, 797 [Laurentum] ) ; XIV, 172 add. p. 481 [Ostia] ; C. I. L., 3991). Dal II secolo
d. Or. in poi la cura alvei Tiberia et cloacamm urbis fu retta da un curator del-
l'ordine senatorio ed, in sottordine, da quattro procuralores od adiutores dell'ordine
equestre (1).
b) [proc(urator)] ad silice (*) (cf. C. I. L., VI, 1598 ; XI 6337 [Pisaurum]) ; pre-
posto alla pavimentazione silicea delle vie di Roma ed al movimento dei veicoli.
e) proc(urator) a ; è incerto se il supplemento debba cominciare : proci urator)
a[ua ] od in altro modo.
d) proc{urntor) (tlucenarius) in ; fu il personaggio della nostra iscrizione proc-
uratori {ducenarius), cioè con l'emolumento di duecento mila sesterzi. Anch? in questo
caso il supplemento è incerto ; potrebbe forse trattarsi di un pron(urator) (ilucmarius)
IV publicoram Africa* (cf. C. I. L., Ili, 3925; V 7547; X 6668).
Per ragione della loro importanza le dette cariche furono successivamente tenute
in ordine inverso a quello in cui si seguono nell'epigrafe. Questa per la sua paleografia
appartiene alla metà circa del III sec. d. Or.
*
* *
Conservato anche nella pubblica Biblioteca ho veduto trovarsi un mattone bipedale
rinvenuto nel territorio di Castro dei Volsci ; reca la seguente marca di fabbrica :
SVRI ACI
FIGVLI
Il bollo non è nuovo, ne fu già visto uno simile dal p. Garrucci nel già collegio dei
Gesuiti in Ferentino : è riportato nel C. I. L., X, 8043, 83.
0. Mancini.
(') L. Cantarelli, Li serie dei curatore* Tiberù, in Bull, detta Comm. Archenl. Comnn., 188.1,
pag. 189 <pg.
REGIONE I.
— 257 —
PONTICELLI
XVII. PONTICELLI (Napoli) — Necropoli del III secolo av. Cr. in
località * Purgatorio ».
Ai primi di dicembre 1912, il Soprintendente agli soavi di Napoli ebbe notizia che
nei lavori di sterro eseguiti dalla Ditta Mazzocchi e Carrata, per l'ampliamento del parco
ferroviario di Napoli, in occasione dei lavori della direttissima con Roma, in un vasto
terreno situato alla destra della strada nazionale che va da Napoli a Capua, oltre Pog-
gioreale. presso la cappelletta del Purgatorio, sulla traversale che porta al ponte di Por-
PTARANO
Fio. 1.
chiano e al villaggio di Ponticelli, e precisamente in territorio di questo comune, ap-
parivano tombe antiche (fig. 1).
Essendo io allora ispettore al Museo Nazionale e agli Scavi di Napoli, ebbi incarico
di fare un sopraluogo e, dopo che ebbi accertato l'interesse della scoperta, di sorvegliare
il lavoro, provvedendo al ricupero degli oggetti trovati. I lavori procedevano nel modo
più rapido, per mezzo di macchine scavatrici e, quando io giunsi sul luogo, parecchie
tombe, delle quali non si sospettava il valore, erano già state distrutte.
Si stabilì subito una rigorosa sorveglianza, nella quale fui eccellentemente coa-
diuvato dal custode Nicola Testa e, se il sistema di scavo che per superiori interessi
del lavoro e dell'erario non fu possibile sospendere o mutare, fece sì che ogni tomba sco-
perta venisse subito dopo distrutta col procedere del lavoro stesso, tanto che non si potè
fare una pianta della necropoli, pure si ottenne di poter studiare la suppellettile di cia-
scuna tomba, e di aggiungerla poi alle collezioni del Museo Nazionale di Napoli.
PONTICELLI
— 258 —
HEGIONE I.
Nel redigere la presente relazione, per le prime 51 tombe a cassa e parecchie a
cappuccina o a semplice fossa, scavate tra il 3 e il 29 dicembre 1912, mi sono servito
degli appunti, degli schizzi e delle fotografie, da me presi giornalmente sul luogo. Per
le altre tombe, invece, scavate nel primo bimestre 1913, essendo io, per il concorso
allora vinto, passato come ispettore al Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma, mi
limito a riprodurre il diligente giornale di scavo del Testa, che fu sorvegliato anche dal
collega ed amico dott. Amedeo Majuri, ora Soprintendente agli scavi del Dodecanneso,
Fio. 2
(da sinistra a destra, tombe Vili, IX, XIII%e XII; sopra la XIII, resti della tomba VII).
che ringrazio di avermi fatto comprendere anche questa parte dello scavo. La mia
opera negli scavi dell'Etruria meridionale e poi la lunga mia partecipazione alla guerra
nazionale, nonché la necessità di rivedere nel Museo di Napoli il materiale scavato e
tutto li conservato, giustificano il ritardo col quale questa relazione viene pubblicata.
Le località della necropoli è a km. 4 % della Porta Capuana di Napoli e presenta i
soliti caratteri naturali di quella zona prossima al Vesuvio, dove il terreno è formato da
una serie di sedimenti vulcanici e di terra vegetabile. Le zone di cenere e di lapilli, o di
roccia tufacea si succedono dai tempi più remoti ai contemporanei e, dopo la costruzione
delle tombe, il suolo deve essersi notevolmente rialzato.
REGIONE I.
— 259 —
l'ONTlCELtl
II taglio, profondo in media 5 metri (fig. 2) ('), presentava un'ampia fronte per-
pendicolare alla linea ferroviaria Napoli-Caserta-Roma, che segnava appunto il suo
limite meridionale. Veniva quindi a guardare l'occidente e lo scavo procedeva così
avanzando verso oriente, dove il suolo si va lentamente elevando, essendo la necropoli
situata sull'ultima pendice delle colline che salgono verso Casoria.
Di questa ampia fonte che, sull'allineamento nord-sud, aveva più di un centinaio
di metri di lunghezza, la zona delle tombe occupava la parte a settentrione, la più lon-
tana cioè dalla suddetta linea ferroviaria.
Come già dissi, quando la Soprintendenza fu avvertita del travamento, un certo
numero di tombe era già andato distrutto e io ritrovai infatti grandi lastroni di tufo,
Fig. 3.
Fia. 4.
indizio sicuro di tombe a cassa. L'impresa dei lavori aveva conservato alcuni oggetti
più interessanti, che mi furono subito consegnati. Questi oggetti si possono dividere
in due gruppi :
Gruppo A (che secondo la dichiarazione fattami apparterrebbe a una sola
tomba) :
1) Statuina di terracotta, alta nini. 130. Una giovane donna avvolta nel chitone
e nello himation procede verso sinistra tenendo a cavalluccio un erote (fig. 3). Queste
rappresentazioni iMYephedrismos sono comuni in terracotte ellenistiche (2) e ne esiste
anche una in marmo (3);
(') Questa e la fig. 6 sono tratte da mie fotografie ; tutte le altre sono fotografie del sig. Lo Sacco
del Museo di Napoli e le devo alla cortesia di quella Direzione.
(!) Winter, Die Antiken Terrakotten, II, pag. 137, n. 7, di provenienza italiana.
(3) Roma, Pai. dei Conservatori (Mariani. L'ephedrismos di Piana Dante, in Bull. Com. di
Roma, 1907, p. 34). Cfr. Daremberg-Saglio, Dici. Ani., II, p. 639.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 34
PONTICELLI 260 — RKGIONE t.
2.Ì Anforisco con ansa sulla bocca (alt. del vaso nini. 205). Sulla pancia, da cia-
scun lato è dipinta una grande testa femminile, di profilo sinistro con grande stephane
raggiata bianca e con una collana. Le due teste sono divise da grandi palmette (fig. 4);
3) Vaso con coperchio (lekanis ?), (diam. mm. 105 ; alt. mm. 120) con decora-
zione uguale a quella del vaso precedente. Tutt'e due sono prodotti italioti, di fabbrica
campana, databili nella prima metà del III secolo a. 0. (fig. 5).
Gruppo B. Oggetti di tombe varie :
1) Guttus a vernice nera, baccellaio con una testa leonina al beccuccio (diam.
mm. 90 ; alt. 45 mm.). Di fabbricazione campana della seconda metà del III sec, proba-
bilmente di Cales ;
2) Altro guttus della stessa fabbrica ; ma con fori nella parte gupcriore e becco
posto vertkalmente (diam. mm. 100, alt, 45 mm.) ;
Fio. 5.
3) Kylix v. n. (diam. mm. 100, alt. 60 mm.) ; nell'interno vi sono impresse una
testa di gorgone al centro, con 4 palmette intorno ;
4). Piccola lekythos (alt. mm. 95), di terra giallognola, con la pancia coperta
da un reticolato nero, con punti bianchi agli incroci. Di tipo molto comune in Cam-
pania nel III sec. (*);
5) Skyphos v. n. assai rastremato in basso (alt. mm. 105 ; diam. sup. mm. 90) ;
61 Lekythos v. n. con baccellature sulla pancia;
7-8) Olla di rozza terra (alt. 230 mm.) sulla quale a guisa di coperchio era
posta una ciotola v. n. (alt. mm. 65; diam. 175 mm.) con nell'interno, impressi, una
testa di Medusa circondata da cinque anelli ovali e strie radiali;
9-'.0) Altra olla simile (alt, 275 mm.) ; ma con tre piccole protuberanze sul collo
e due strie. Il coperchio era una ciotola uguale a quella della tomba precedente (diam.
185 mm. ; alt. mm. 65) di vernice nera più ferrigna; ma con l'ornamentazione impressa
nell'interno diversa : una stella nel mezzo circondata da sette palmette collegate tra
loro da una linea a festone ;
(') Patroni, Ceramica antica neWltaìia merid., pag. 113. Chiamo lekythos questi forma tarda
di vasi, che fu la sola di questa classe adoperata nell'Italia meridionale : seguendo il Walters. W*tonj
of ancìent pottery, ì pag. 1!)6, fig. 57. Altri la chiamano aryballos.
REGIONE I. — 261 — PONTICELLI
11-12) Terza olla come le precedenti (alt. 260 mm.) che aveva per coperchio un
piatto a v. n., adorno nel centro di una testa di Medusa, circondata da quattro meandri,
tutti impressi ;
13) Cuspide di lancia di ferro, lunga mm. 185;
14) Parte inferiore di una cosidetta lekanis, di terra grezza ;
15-17) Tre ollette con anse verticali (lekane?) (x), la prima con quattro protube-
ranze di terra, verniciata di nero nella parte superiore (alt. mm. 110); le altre di terra
grezza (alt. mm. 75 e 70) ;
18) Boccaletto v. n. (alt. mm. 80) ;
19) Piccolissima kylix di rozza terra grezza (alt. mm. 30 ; diam. mm. 35) ;
20) Frammenti di uno specchio circolare di bronzo argentato : diam. originario
mm. 100 circa.
Descrizione delle tombe.
(Le misure delle tombe sono in metri, quelle degli oggetti in millimetri).
Tomba I. Formata di grandi lastroni di tufo, disposti in modo da costituire una
vera cassa, chiusa da ogni lato. Dimensioni (2) : lunghezza 2,20 ; largh. 0,68 ; altezza 0,67.
Ogni lato lungo e il pavimento erano formati di due lastre uguali.
II coperchio era piano e non differiva dagli altri lati. L'interno era stato imbiancato con
calce. Furono rinvenuti pochi resti dello scheletro : la testa era a destra e il defunto guar-
dava così perfettamente l'occidente. Nessun oggetto di metallo. I vasi erano così disposti :
Presso il braccio destro :
1) Skyphos a v. n. (alt. 110 ; diam. 95).
Presso il braccio sinistro :
2) Piccola olla di terra grezza (alt. 165).
Presso il ginocchio destro :
3) Lekythos a fondo rosso con reticolato nero (alt. 56).
Ai piedi del defunto :
4) Ciotoletta v. n. (diam. 60 ; alt. 28) ;
5) Altra ciotoletta simile (diam. 40 ; alt. 30) ;
6) Piccola lekythos a vernice nera plumbea (alt, 80) ;
7) Ciotoletta v. n. (diam. 1 10 ; alt. 45) ;
8) Piccola lekane, senza coperchio, verniciata di nero nella parte superiore (alt. 80) ;
9) Grossa ciotola v. n. plumbea, decorata nell'interno di una testina di Medusa,
circondata da 5 palmette, da una corona di 7 anelli e da 4 ordini di raggi, tutto impresso
(diam. 180, alt. 60).
Tomba II. Aspetto simile alla precedente per forma e per dimensioni (2,20 X
0,60 X0.60) veniva a trovarsi alla sua sinistra. Era alla profondità di m. 1,10 (3).
(!) Adopero questo nome per comodità, benché sia evidentemente inesatto (Cfr. Walters, op. cit.
T, pp. 1G4 e 176; fig. 33).
(a) Tali misure furono sempre prese nell'interno del cassone.
(3) Noto che questi dati di profondità non hanno grande valore rispetto alle tombe, perchè
la superficie del suolo non solo non era piana ma assai irregolare.
PONTICELLI — 262 — REGIONE I.
Sullo scheletro furono rinvenuti :
1-3) Tre fi buie tte di bronzo ;
4-5) Due anellini di bronzo ;
6) Una monetina di bronzo J$ Apollo coronato di alloro ^ Toro a volto umano
e l'iscrizione IDN®I . Parmi attendibile l'ipotesi del Beloch che riavvicina il nome a una
città Arinthe nominata da Ecateo e crede la moneta di comunità autonoma etnisca del
III secolo (') ;
Intorno al defunto :
7) Lekythos con decorazione a reticolato nero e punti bianchi (alt. 60).
8) Ciotola v. n. con impressi nel fondo nove labirinti senza ordine e raggi (diam.
180; alt. 70);
9) Ciotola v. n., con piede (diam. 90 ; alt. 62).
10) Frammenti di specchio argentato.
Tomba III. Come la precedente ; la pietra però nell'interno era lasciata grezza.
Dimensioni 2,50 X 0,65 X 0,50. Direz. NE-SO. Vi fu rinvenuta la seguente suppellettile :
1) Cuspide di lancia di ferro (lungh. 30);
2) Olla di terra grezza (alt. 180) ;
3) Skyphos v. n. (alt. 100) ;
4-5) Piccolo boccaletto (alt. 75) e coppetta v. n. (diam. 35) ;
6) Lekythos decorata con reticolato nero (alt. 75) ;
7) Lekane di terra rossa (alt. 95).
Tomba IV. Di forma simile alla precedente e anch'essa lasciata grezza nell'in-
terno. Dimens. lungh. 2,20 ; largh. 0,65 ; alt. 0,62. Direz. N-S. Lo scheletro era splen-
didamente conservato, tanto che il teschio è stato conservato con la suppellettile e tro-
vasi al Museo di Napoli. Il defunto aveva la testa a sud adagiata sulla gota sinistra.
All'altezza della mano destra :
1) Lekythos a v. n. (alt. 90) ;
Ai piedi del defunto :
2) Kylix a v. n. (diam. 100) decorata di 4 stelle impresse ;
3-9) Vasi a v. n. : ciotoletta (alt. 60); boccaletto (alt. 65); altra ciotoletta
(diam. 40) ; ciotola (diam. 110) ; lekythos (alt. 110) ; skyphos (alt. 110) ; askos (alt. 110) ;
10) Ciotola a v. n. (diam. 180 ; alt. 70), con impressi internamente un labirinto al
centro e altri 8 intorno, collegati da festoni ;
11) Lekane di terra grezza (alt. 95) ;
12) Olla di terra grezza (alt. 290) ;
Tomba V. La cassa di pietra, uguale alle precedenti, (1,45 X 0,60 X' 0,601 era
perfettamente vuota di suppellettile.
TombaVl. (fig. 6). Uguale alla precedente. Dimensioni: lungh. 2,15 ; largh. 0,54;
alt. 0,53. Direzione NE-SO. La fotografia, da me presa subito dopo che la tomba era stata
(l) Beloch, Campanien, pag. 10 ; Carelli, T. 86, 2 ; Brit. Mus. Cai., Italia, pag. 127. Per un esemplare
.trovato a Pompei, v. Von Duhn, in Bull. Inst. 1874, pag. 1CU segg. Altri esemplari ili Pompei:
A. Sogliano, La Xenopoli preromana di Pompei, in Memorie della lì. Acead. di Arrh. Lelt. e P>. .1. di
Napoli, li (1913), p. 209; M. Della Corte, in Not, scavi, 1910, p. 296.
REGIONE I.
— 2Q3
PONTICELLI
aperta, togliendo le due lastre del lato lungo sinistro, dà un'idea esatta della costruzione
di questi sepolcri. Misurai la terra sopra la tomba, constatando che il coperchio era alla
profondità di m. 4 precisi. 11 defunto aveva la testa a S-0 e era posato sulla guancia
sinistra.
Presso il braccio sinistro :
1 ) Cuspide di lancia di ferro ;
Ai piedi del defunto :
2-3) Olla (alt. 180) di terra grezza sulla quale era, a guisa di coperchio una coppa
a v. n. e riflessi argentei (alt. 70) con un labirinto centrale, circondato da 8 altri ;
Fio. <5.
4) Lekane di terra grezza (alt. 80) ;
5-11) Vasi a v. n. : askos (alt. 105); orciolo (alt. 80); kylix (diam. 100); skyphos
(alt. 110); due ciotolettc con piede (diam. 50); ciotola (diam. 110) con internamente,
impressi, un circoletto centrale, circondato da 6 altri segni (3 circoletti e 3 palmette).
Tomba VII. Uguale alle precedenti. Dimena: lungh. 2,10 ; largh. 0,62; al-
tezza 0,80. Direzione N-S. Era a soli m. 2 % di profondità e veniva a trovarsi quasi sopra
la tomba VI. Notevole la pietra che, anziché essere il solito tufo color bruno, era un tufo
rossastro. I lati lunghi della cassa erano formati pure di lastre tutte d'un pezzo (1). Lo
scheletro, intatto, era nella solita posizione, con la testa a . S e poggiata sulla guancia
sinistra. Non si rinvenne nessuna suppellettile, tranne un semplice anellino di bronzo.
Tomba Vili. Di forme uguali alle precedenti. Noto che queste casse venivano
a formare veri sarcofagi. Le pareti della cassa erano fitte verticalmente nella terra attorno
(*! Si vede ancora iti posto il lata destro nella fig. 'ì, sopra la tomba X I T I , clic è apparsa dopo la
demolizione della tomba VI clic le era situata davanti.
PONTICELLI — 264 — RICCIONE I.
alle lastre che ne formavano il fondo. Il coperchio invece veniva naturalmente a pog-
giare sulla sommità delle pareti stesse.
Tale costruzione può ben vedersi nella fig. 6 e in quella 2, dove vediamo la tomba Vili
già in parte distrutta, che è la prima a sinistra. Dimens. 2,13 X 0,60 X 0,64. La presente
tomba fu rinvenuta a 10 ni. a sinistra della precedente ; ma al livello della tomba VI;
a 4. m. quindi di profondità dall'attuale piano di campagna. Direzione N-S, la testa del
defunto era a S.
In bocca al teschio, che ne ebbe leggermente colorato di verde l'osso della mandibola:
Fio. 7.
1) Monetina di bronzo di Napoli. D Testa di Apollo ; 9 Parte anteriore del toro an-
drocefalo e l'iscrizione [N]EOnOA [ITHN]. È un conio della seconda metà del IV sec.
(Head, Hist. Numm., p. 34).
Ai piedi del defunto :
2) Olla di terra grezza con striature sulla parte superiore e tre protuberanze alt. 140);
3) Vaso di forma ricordante la cosiddetta lekane, con anse verticali rudimentali
(fig. 7). Di terra grezza, presenta una decorazione a onde marine stilizzate, nere supe-
riormente e bianche al principio della pancia (circ. 42) ;
4) Ciotola a v. n. argentea (diam. 130) con impressa una testina di Medusa al cen-
tro e 5 anelli ovali ;
5-7) Ciotoletta (diam. 90) : skyphos (diam. 80) e orciolo (diam. 70) a v. n.
Tomba IX (*). Simile alla precedente (1,89 X 0,60 X 0,65) ; di pietra accura-
tamente levigata all'esterno ; di più le lastre delle pareti nel punto di incontro non erano
solamente giustaposte, come sulle tombe finora esplorate ; ma lavorate a sguincio in
modo da formare una perfetta commessura. Direzione E-O. La tomba a m. 3 dal suolo
(*) Vedi fig. 2; la 2» tomba dalla sinistra.
KEGIONfc I.
— 265 —
PONTICELLI
veniva a essere a destra della precedente. Fu trovata eoi coperchio franato e piena di
terra. Tra questa trovate :
1) Cuspide di lancia, di ferro, perfettamente conservata, (lungh. 340) ;
2) Olla di terra grezza (alt. 200) ;
3) Ciotoletta a v. n. (alt. 60) ;
4) Lekythos con la decorazione a reticolato (alt. 100).
TombaX. Del tipo comune. Dimcns. 2,20 X 0,56 X 0,50. A m. 1 ,40 di profondità,
Vi furono rinvenuti soltanto i seguenti oggetti :
1) Kylix a v. n. con impresse quattro mezze palmetto (diam. 100) ;
Fio. 8.
2) parte inferiore di uno skyphos a v. n. (diam. 70) ;
3) Manico di utensile di ferro, non determinabile (lungh. 120).
Tomba XI. Simile alle precedenti. Dim. 2,30 X 0,60 X 0,80. A ni. 3,40 di pro-
fondità.
Presso il teschio :
1) Cuspide di lància di ferro (lungh. 250) (Fig. 8, a sinistra).
Ai piedi del morto :
2) Olla di terra grezza assai rastremata al basso (alt. 200) ;
3) Lekythos con reticolato nero (alt. 90) ;
4-6) Piatto (diam. 140) ; coppetta (diam. 60 con impressa una testina di Me-
dusa); altra coppetta (diam. 40) a, v. n. ;
7) Ciotola a vernice nera argentea con impresse nelFinterno 5 testine di Medusa
(diam. 180);
8) Altra ciotola più piccola con impresse 5 teste di leone (diam. 95) ;
9) Lekane di terra grezza (alt. 90) ;
10) Boccaletto verniciato superiormente in nero (alt. 80).
PONTICELLI
— 266 —
ItliGrONE t.
Tomba XII. Simile alla precedente e alla stessa profondità; ma la cassa è
molto più larga del solito e meno lunga (1 ,9ó x 0,76 X 0,65). Direzione E. 0. (fig. 2 :
la prima a destra).
Non vi furono trovati vasi; ma solo una cuspide di lancia di ferro (lungh. 250) e uno
strigile pure di ferro (lungh. 270).
Tomba XIII. Delia solita forma e pietra e aHa stessa profondità delle due
precedenti, (fig. 2 ; la seconda da destra). Trovata dopo la rimozione della tomba VI ;
è venuta a trovarsi quasi sotto la VII. Dimens. 2,40 X 0,65 X 0,65. Direzione E-O.
Fig. 9.
A lato dello scheletro :
1) Resti della lancia, che dovette esser lunga più di ni. 2. La cuspide di ferro è
lunga 330 min ; il saurocter, pure di ferro, 75 ;
2) Fibula di ferro ad arco :
Ai piedi :
3) Cratere e colonnette (cosidetta kelebe) di terra grezza (alt. 230) (fìgg 9, 3) ;
4-6) Tre ciotole a v. n. argentea (diam. 170,100 e 110). Decorate all'interno
con 4 palmette e 5 doppi festoni ovali ; una con grande spirale :
7-8) Ciotola con piede a v. n. (diam. 70 e 40) ;
0) Orciolo verniciato superiormente di nero (alt. 70) ;
10) Skyphos a v. n. (alt. 110) ;
11) Lekane a v. n. (alt. 80).
Tomba XIV. Solita forma. Dimens. 2,20x0,60x0,65. Conteneva solo una
lancia (cuspide lungh. 280) e uno strigile di ferro (lungh. circa 2501 (fi<r. 8, a sinistra e
al centro).
KEOIONE I. — 267 — PONTKEEtI
T o ni b a X V. Solita forma, a m. 1,90 di profondità. Dimens. 1,90 X 0,60 X 0,60.
Era perfettamente vuota di suppellettile.
Tomba XVI. Come la precedente (1,90X0,60X0,60). A m. 3,50 di profondità.
Presso la testa :
1) Cuspide di lancia, di tipo lungo.
Ai piedi :
2) Anfora di terra grezza (alt. 200) (fig. 9, 4).
Tomba XVII. Solita forma. Dimens. 2,20x0,60x0,65. Alla stessa pro-
fondità della precedente.
Conteneva solo un askos a v. n. e un bombylios, in frammenti.
Fio. 10.
Tomba XVI II. Solito tipo. (1,93 X 0,65 X 0,58).
La tomba conteneva di suppellettile una monetina di Napoli del IV secolo. Vf Testa
di Apollo con grande ricciolo. ^ Protome di toro androcefalo (').
Tomba XIX. Solito tipo. Direzione NNE-SSO; testa a S. S. O. Conteneva
soltanto :
Vaso di terra grezza (alt. 140 ; lungh. 520) con decorazione policroma. Al principio
della pancia zona nera con tralcio di edera di colornaturale della terra. Al collo fascia rossa
con palmette e linee verticali nere. Il coperchio con tralcio e decorazione a rosetta (fig. 10).
Tomba XX. Solito tipo, a m. 3,20 di prof. (2,07 X 0,78 X 0,80). Direz. N-S;
testa del defunto a S.
Ai piedi :
1) Orciolo di terra grezza, a forma panciuta (a. 0,24; circ. massima 620. (Fig. 9, 2) ;
2) Uno skyphos a v. n. (alt.. 110) ;
3) Uno strigile di ferro (lungh. 270).
(*) Vedi E. Cabrici, Necropoli di età ellenistica ri Teano dei Sidicini, in Mori. Ani. JÀncei, XX H910),
col. 88.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 35
l'ONTICEJ-Ll
268 —
KEGIONE I.
Tomba XXI. Stessa forma dolio prooorlonti : mancava però delle lastre nel
fondo. Conteneva di suppellettile :
1) Olla di terra grezza (alt. 160);
2) Piccola lekythos decorata con reticolato (in frammenti) ; aveva nel fondo
una polvere gialla, resto della sostanza contenuta.
Tomba XXII. Solito tipo; tufo rossastro (1,95x0,60x0.65). A m. 2,75
di profondità. Peifettamente pnva di suppellettile.
Fio. 11,
Tomba XXIII. Forma abitualo; a m. 3 di profondità. Dimens. : 2,20 X 0,60
0,65. Ai piedi furono rinvenuti i seguenti vasi :
1) Frammenti di alabastron di alabastro ;
2-9). A vernice nera : 4 ciotole (diam. 180, 110, 60, 40), la prima delle quali col
fondo rosso, nel quale sono incise, tra 4 file di raggi, 4 palmetto e 6 anelli ovali ; 1 kylix
(diam. 105) decorata nel fondo con un cerchietto e intorno 1 palmetto impresse ; 1 askos
(alt. 90), 1 boccaletto (alt. 80), 1 skyphos (alt. 115) ;
10) Lekane verniciata di nero superiormente (alt. 90).
Tomba XXIV. Solito tipo, a m. 1,50 di profondità (1,95 X 0,75 X 0,64).
Presso il capo :
1) Cuspide di lancia di ferro (lungh. 0,33) ;
2) Strigile di ferro (lungh. 0,20).
REGIONE I.
2G9
PONTICELLI
All'altezza di una mano :
3) Anellino di bronzo.
Ai piedi :
4) Olla di terra grezza (alt. 130). Conteneva gli scheletri di due uccellini ;
6) Bomhylion a v. n. (alt. 85).
Tomba XXV. Come le precedenti, a m. 1,50 di profondità (1,80X0,70x0,70).
Ai piedi serano i seguenti vasi :
1) Olla di terra grezza (alt. 1,40).
2-3) Lekythos (alt 170) (fig. 9, 5) e skyphos (alt. 90) a y. n.
4) Bomhylion (lungh. 130).
Tomba XXVI. Solito tipo, a m. Ì.26 di profondità (diam. 2,20 X 0.60 X 0,64).
Direzione N-S ; testa del defunto a S ;
Presso il capo :
1) Cuspide di lancia di ferro (lungh. 210) (fig. 11, «).
Ai piedi :
2) Anforisco con ansa sulla bocca, (alt. 250). Presenta da ogni lato una figura
maschile ammantata. Lateralmente grandi palmette e viticci (fig. 11, «) con le caratteri-
stiche, specialmente nelle foglie dentate della ceramica cumana ;
3) Lekythos a f. r. di stile campano, con grande testa femminile (fig. 11,6) (alt, 100);
4) Anfora di terra grezza (alt. 270) (fig. 11, e);
6) Letame di terra grezza (alt. 110) (fig. 11 d);
6) Ciotola a v. n. decorata nell'interno di 4 piccole palmette impresse (diam. 165)
(fig- il, f);
7) Boccaletto di terra rossa (alt. 90) (fig. IL e);
PONTICELLI — 270 — REGIONE I.
8) Kylix a v. n. decorata nel fondo di 4 mezze palmette (diam. 110) (fìg. 11. h) ;
9) Skyphos a vernice rossastra (alt. 120) (fig. 11, i).
Tomba XXVII. De) solito tipo (2,20 X0,70 X0,60). Alla profondità di m. 3.
Presso il capo :
1) Cuspide di lancia di ferro, lungh. 100 (fig. 12, f).
Ai piedi :
2) Boccaletto a v. n. (alt. 80) (fig. 12, a);
3) Lekane di teira grezza (alt. 90) (fig. 12, b);
4) Olla di terra grezza (alt. 200) (fig. 12 e) ;
5) Skyphos a v. n. (alt. 110) (fig. 12, d) ;
6) Ciotola a v. n. (diam. 100) (fig. 12, e) ;
7) Ciotoletta con piede (a. 70) (fig. 12, g) ;
8) Guttus caleno, con splendida vernice nero-plumbea. Presenta in rilievo una
testa di Gorgone (diam. 100 ; alt. 90) (fig. 12, h) ;
9Ì Ciotola a v. n. decorata nell'interno di una stella, circondata da 4 palmette,
assai belle, incise, tra una serie di raggi (diam. 140) (fig. 12, i) ;
(10) Kylix a v. n. (diam. 100) decorata da 3 palmette e 4 piccole spirali incise
tra aureola di raggi (fig. 12, l).
Tomba XXVIII. Solito tipo (2,20X0,60X0,65); a m. 1,25 di profondità;
Vuota di suppellettile.
Tomba XXIX. SoKto tipo (2,20 X 0,70 X 0,65) ; a m. 1,50 di profondità. Pure
vuota.
Tomba XXX. Della solita forma e materiale. (2,20 X 0,70 X 0,74) ; a m. 3,50
di profondità. La tomba rovinò per franamento della parete
di sterro. Si poterono ricuperare :
1) Statuina di terra cotta, di giovane alato nudo con
clamide dietro il corpo, rappresentante forse Thanatos (alt. 140)
(fig- 13) 0;
2— 3> Frammenti di kylix e di coppa a v. n.
Tomba XXXI. Solito tipo (1,80X0,65X0,70). A
m. 3,50 di profondità. Con teneva il solo scheletro.
Tomba XXXII. Come le precedenti (2,1 5x0,59X0,60)
pure alle profondità di m. 3,50.
Vi si raccolsero i seguenti oggetti:
1) Anellino di bronzo (frammenti);
^ 2-8) Vasi a v. n. lekane (alt. 80) ; skyphos (alt. 105) ;
askos (alt. 110); boccaletto (alt. 90); ciotoletta con piede
pI0 13 (alt. 50) ; ciotoletta di color rossastro (alt. 45) ; ciotola
(diam. 110Ì ;
9) Ciotola (diam 165) adorna nell'interno di un labirinto impresso nel mezzo e
circondato da 7 palmette ; assai bella ;
10) Olla di terra grezza, di forma panciuta (alt. 230).
(l) Win ter, A ut. Terrak, II, pag. 249, n. 10 (<li provenienza italiana).
REGIONE I.
— 271
PONTICELLI
Tomba XXXIII. Solito tipo. A m.3,50 di profondità. Dimensioni: 2,28X0,65
X 0,60. •
Presso lo scheletro :
1) Anello di argento (diam. 16) con scarabeo di corniola (9 X 6) che porta la rappre-
sentazione di un'idra dal corpo leonino con tre teste in atto minaccioso. La coda del mo-
stro è disposta ad arco sul corpo. E un'opera piuttosto rozza, di arte italica, lavorata
col sistema di incisioni circolari ricavata col trapano ; detto lavoro a globulo di tipo comune
in Etruria e nell'Italia meridionale, in tombe del IV-III sec. a. C. ;
Via. 14.
2) Anello di argento con incisa nel castone una colomba in volo ;
3) Moneta corrosa di Napoli, con la testa di Apollo ;
Ai piedi (fig. 14):
4) Olla di terra grezza (alt. 280) ;
5-14) vasi a v. n. : skyphos (alt. 120) ; kylix (diam. 105) ; piatto (diam. 155 deco-
rato nel centro di una testina di Medusa e 6 palmette) ; ciotola con piede (diam. 90); altra
ciotola con piede (diam. 55); boccaletto (alt. 70); olletta ansata con coperchio (alt. 80);
piattino (diam. 40) ; lekythos con la pancia schiacciata (alt. 145) ; ciotola (diam. 150)
decorata anch'essa nel centro di una testina di Medusa tra sei palmette ;
15) Lekythos decorata a reticolato (alt. 90).
T o ni b a XXX IV. Stessa forma delle precedenti (2,10 X 0,60 X 0,60) ; a m. 1,50
di profondità,
PONTICELLI — 272 — REGIONE I.
Conteneva insieme ad alcuni frammenti indeterminabili di vasi a v. n. :
1) Stamnos di terra grezza (alt. 210) (fìgg. 9, 1) ;
2-3) Due coppe a v. n. su piede (diam. 55 e 45) ;
Tomba XXXV. Solito tipo (1,75 X 0,60 X 0,70) ; a m. 3 di profondità. Conte-
neva il solo scheletro.
Tomba -XXXVI. Stessa forma; il tufo di qualità rossastra (2,15 X 0,65 X 0,80),
a m. 3 di prodondità. Conteneva solo due bombylioi di terra grezza, uno (lungh. 180)
con fasce nere ; l'altro frammentato.
Tomba XXXVII. Solito tipo (2,20 X 0,65 X0,55); a m. 3,50 di profondità.
A fianco :
1) Cuspide di lancia di ferro (lungh. 340).
Ai piedi :
2) Olla di terra grezza, raccolta in frammenti ;
3) Kylixa v. n. (diam. 105) con dipinto nell'interno un tralcio bianco di foglie e
bacche fi 'edera ;
4-6) Ciotola (diam. 110) ; ciotoletta (diam. 50) ; boccaletto (diam. 80) a v. n. ;
7) Lekane di terra grezza (diam. 80).
Tomba XXXVIII. Questa tomba dall'aspetto e dalla costruzione identica alle
altre (2,00 X 0,50 X.0,40), alla profondità di m. 3,50, è stata rinvenuta senza tracce di
scheletro e divisa in due parti da una lastra di pietra disposta un po' obliquamente quasi
a metà lunghezza dalla tomba stessa.
Tomba XXXIX. Solito tipo; tufo rosso (2,10x0,65x0,80); profondità:
m. 3. Conteneva il solo scheletro.
Tomba XL. Identica alla precedente, sotto la quale precisamente fu rinve-
nuta ; profondità m. 4. Dimensioni : 1,82 X 0,66 X 0,66.
Presso la bocca del defunto il solito vaì'lov:
1) Monetina di bronzo indecifrabile ;
Al lato:
2) Cuspide di lancia di ferro (lungh. 380).
Ai piedi:
3) Olla di terra grezza (alt. 180).
Tomba XL). Solito tipo (2,00 X 0,65 X 0,70) ; alla profondità di m. 2,80.
Ai lati del defunto :
1) Cuspide di lancia di ferro (lungh. 380) ;
2) Striglie di ferro (lungh. 290).
Ai piedi :
3-4) Olla (diam. 190) e bombylion di terra grezza.
Tomba XLI1. La cassa di questa tomba, trovata a m. 2,80 di profondità, pur
essendo del tipo delle precedenti, presentava la singolarità di terminare superiormente
con una cornice. Dimena. 2,09 X 0,70 X 0,70. Il cornicione a destra misurava 1 ,09 X 1 ,00 ;
quello a sinistra m. 1,25 X 0,84.
Il defunto riposava su un lettino di calce e aveva vicino :
1) Strigile, con impresse sul metallo le tracce del vestito di lana (lungh. 280);
2) Oinochoe (alt. 210).
REGIONE 1. — 273 — PONTICELLI
Tomba XLIIL Tipo comune (2,00 X 0,58 X 0,75), trovata a m. 3,60 di pro-
fondità. Conteneva soltanto presso lo scheletro :
1) Moneta di Napoli 1? Apollo, IJ protorae di Acheloo:
2) Fibule di ferro ad arco ;
3) Anello di bronzo, (tra le ossa della mano sinistra).
Tomba XI, IV. Solito tipo (2,20 X 0,70 X 0,70) a m. 3,60 di profondità, Con-
teneva soltanto un'olla di terra grezza (a. 160).
Tomba XLV. Solito tipo (2,00 X 0,60 X 0,60) ; a m. 1,60 di profondità. Il tufo
della parete destra era giallastro; quello della parete sinistra invece rossastro. Conteneva
il solo scheletro.
Tomba XI, VI. Sempre del solito tipo (2,20 X 0,50 X 0,60), trovata alle prò -
fondita di m. 3,50.
A fianco del defunto :
I ) Frammenti di strigile di ferro ;
2) Fibula di ferro con anellino di bronzo ;
3) Anellino di bronzo.
Ai piedi :
4) Olla di terra grezza, con tracce di pittura sul collo (alt. 310).
5-14) Vasi a v. n. : lekythos baccellata (alt. 60) ; lekythos panciuta (alt. 140) ;
skyphos (alt. 110) ; askos (alt. 115) ; kylix (alt. 100) con incise nell'interno testina di
Medusa e sei palmette; ciotola (diam. 150) con impressi un labirinto circondato da 7 altri,
riuniti da festoncino ; coppa con piede (alt. 70) ; lekane (alt. 1 10) ; piattino (diam. 40).
Tomba XLV II. Solito tipo (2,20 X 0.65 X 0,56). A m. 3,50 di profondità.
Presso la bocca : ♦
1) Moneta assai corrosa che pare di Napoli del IV-1II secolo.
Al fianco :
2) Cuspide di lancia di ferro ;
Ai piedi :
3) Lekane di terra grezza (alt. 86) ;
4) Vasi a v. n. : askos (alt. 110): ciotola (diam. 105); ciotola con piede (alt. 55);
grande ciotola con impressi nell'interno un labirinto, circondato da 8 stelle, tutto com-
preso in una corona di 8 anelli ovali : kylix con stella e quattro palmette ; altra ciotola
(diam. 105).
Tbmb a X L V 1 1 1. Come le precedenti ; tufo rosso (2,10 X 0,60 X 0,65) ; a m. 2,80
di profondità. Conteneva due bombylioi soltanto in frammenti. Sopra il coperchio era
stato seppellito un altro defunto, in epoca certo posteriore.
Tomba XLIX. Solito tipo. (2,20 X 0,65 X 0.65) a m. 3 di profondità. Furono
rinvenuti :
Sul petto del defunto :
1) Fibuletta di ferro ;
Presso una mano :
2) Anellino di bronzo ;
3) Monetina corrosa, che pare di Napoli.
1-ONTlClCT.Ll — 274 — UECìlONF. 1.
Ai piedi :
4) Kylix verniciata di nero argenteo con impresso sul centro, tra ornati una mo-
neta con la testa di Kore. (diam. 130). È un bellissimo esemplare di quelle caratteristiche
coppe che furono ch'amate « di Arethusa » nel centro delle quali fu posto il calco dei
decagrammi di Siracusa, opera di Euainetos, della fine del V secolo a. C. Riconosciuta
dallo Evans e dal Duhn (*) la sicurezza che furono adoperati veri e propri calchi delle
monete, calchi che per le successive fasi di lavorazione vennero a impiccolirsi, ne venne
la conclusione che in questi finissimi prodotti ceramici, come del resto mostrano la
forma e la vernice, furono imitati vasi di argento, nel centro dei quali erano veramente
incastrate le monete (2). E il fabbricante italiano di questa classe di kylikes di terracotta
dovette possedere una di quelle monete già rare ai suoi tempi, da lui apprezzata
per la sua singolare bellezza. Coppe simili furono rinvenute a Teano (s), a Cunla (*)
e in altre città dell'Italia centrale e meridionale (5); ma il luogo di fabbricazione
dovette essere Capua e la data deve porsi intorno alla metà del III secolo avanti Cristo ;
5-13) Vasi a v. n. ; lekythos (diam. 70) ; askos (diam. 100); ciotola (alt. 105);
skyphos (alt. 105} ; boccaletto (alt. 75) ; ciotole (alt. 60 e 40) ; ciotola con impressa figura
incerta al centro, circondata da 6 palmette e 7 doppi festoni: lekane (alt. 110);
14) Olla di terra grezza in frammenti (alt. 110).
Tomba L. Solito tipo, tufo rosso : a m. 3 di profondità. Dimens. : 2,00 X 0,50
X 0,58.
Rinvenuti ai piedi dello scheletro (fig. 15):
1) Maschera fittile di aspetto tragico (largh. 100» ;
2) Altra maschera fittile di aspetto comico (largii. 90) (•) :
3-4) Due.bombylioi fusiformi (largh. 140 e 40).
Tomba LI. Uguale alle precedenti (2.10 X 0,67 X 0,60); a.m. 4 di profondità.
Tufo giallastro.
In bocca al defunto :
1) Moneta indecifrabile.
Ai piedi :
2-3) Olle di terra grezza (alt. 290 e 160) :
(') A. Evans, Syracusan medellions and iheir engraves in the Ughi of recent finds, in Numismoiic
Chronicle, 1891, pag. 113 segg.
(*) Cfr. la patera di Rcnnes al Cabinet des Médailles di Parigi: una kylix del tipo, di argento
fu trovata nella Russia meridionale ed è della prima metà del 111 secolo (Antiguités di' Bnsnhore eim-
rnérien, tav. 38, 6, 6).
(*) E. Gabriel, Necropoli di Teano cit, fig. 16.
(*) Xotirie degli Scavi, 1883 profilo tav. V, 63; riproduzione del calco in (iabrici, op. cit., fig. 28;
id., Cuma, tav. CVII, 6.
(*) Vedine l'elenco nel Pagenstecber, Celenische Reliefkeramik, 1909, pag. 16 segg. ; Una bella
tavola dell'esemplare già Campana, ora del Louvre (n. 285) fu data da Th. Reinach nella Revae Archéo-
ìogique, 1894, tav. IX. Cfr. Walters, op. cit., tav. XLVIII, 4.
(•) Queste maschere fittili di tipo teatrale si trovano numerose anche nelle tombe etnische
a camera del III secolo, dove erano appese alle pareti. Si suppongono di importazione dalla Cam-
pania (Clr. il mio recente scritto in Ausonia, X, 1921: Cratere etrusco del Museo di Trieste,
p. 18 segg. dell'estr.).
REGIONE I. — 275 — PONTICELLI
4-7) Ciotola (diam. 140); kylix (diam. 90) ; boccaletto (alt. 85) e altra ciotola (diam.
110) a v. n. ;
8) Kylix a vernice rossastra (diam. 70) ;
9-10) Skyphos v. n. (alt. 80) con entro un boccaletto.
Tomba L IL Solito tipo (1,80 X 0,62 X 0,70) alla profondità di m. 3,30.
Conteneva di suppellettile solo un'anfora di terra grezza (alt. 170) e un vasetto a
v. n. (alt. 65).
Queste le tombe a cassa, di forma piana, rinvenute finché io sorvegliai lo scavo a Napoli :
dopo la mia partenza furono trovate :
Tomba LUI. Solito tipo ; di tufo rosso (2,09 X 0,60 X 0,75) a m. 2,80 di
profondità. Non vi fu fatto alcun rinvenimento.
Fio. 15.
Tomba LIV. Solito tipo. Tufo di varia colorazione (2,12 X 0,68 X 0,80) ; alla
profondità di m. 2,30. Conteneva il solo scheletro.
Tomba LV. Tipo normale (1,96 X 0,60 X 0,60); a ni. 3,50 di profondità.
Ai piedi dello scheletro era una sola oinochoe in terracotta grezza.
TombaLVI. Solito tipo (2,20 X 0,60 X 0,65) ; a m. 3,60 di profondità. Ai piedi
dello scheletro furono rinvenuti :
1) Olla in terracotta grezza (alt. 300) ;
2-9) Vasi a v. n. : skyphos (alt. 105) ; askos (alt. 90) ; boccaletto (alt. 90) ; due
ciotole (diam. 115 e 155) ; due coppe con piede (diam. 65 e 47) lekane (alt. 90);
10) Kylix a v. n. ornata internamente di foglioline di edera e bacche, di color bianco.
Tomba LVII. Come le precedenti; ma di tufo rosso (1,88 X 0,76 X 0,90);
a m. 2,80 di profondità.
Il defunto aveva la testa dalla parte occidentale, in modo opposto a tutte le altre
tombe e a destra aveva uno strigile di ferro (lungh. 210) sul quale restano tracce della
stoffa della quale era vestito il defunto.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 3*1
PONTICELLI 27G — KLGlONK 1.
Tomba LV II T. Solito tipo : tufo giallo (2,20 X 0,60 X 0,60) ; alla profondità
di m. 3,25 ; il fondo, forse per cedimento del terreno, appariva più basso di tre centi-
metri sotto la testa del defunto.
Questi aveva a destra, all'altezza delle spalle :
1^ Frammenti di cuspide di lancia di ferro.
Ai piedi :
2) Lekane in terracotta grezza, alt. in. 0,1.8 ;
3-8) Vasi a v. n. : skyphos (alt. 107) ; grande ciotola in frammenti ; ciotola
(diam. 120); askos (alt. 110); lekane (alt. 80); kylix (diam. 105) adorna al centro di
una testina di Medusa circondata da una ornamentazione a pai mette ;
9) Lekythos in terra rossa (alt. 11.0) ;
10) Boccaletto verniciato di nero nella parte superiore (alt. 70).
Tomba LIX. Dello stesso tipo (1,80 X 0,63 X 0,65); alla profondità, di m. 3,50.
Al Iato sinistro dello scheletro erano :
1 ) Piccola olla di terra grezza (alt. 140) ;
2-3) Due coppette con piede a v. n. (diam. 65 e 70) ;
4) Lekythos con ornamentazione a reticolato (alt. 95).
Tomba L X. Solito tipo (2,20 X 0,60 X 0,65): a ni. 3,50 di profondità. All'al-
tezza della spalla destra :
1) Cuspide di lancia di ferro (lungh. 160).
Ai piedi :
2) Grande olla di terra grezza (alt. 310) ;
3) Ciotola a v. n. con impressi all'interno una testina di Medusa al centro, con
4 palmette intorno (diam. 190) ;
4) Piatto a v. n. con la testina di Medusa circondata da 7 palmette (diam. 150);
5) Kylix a v. n. (diam. 95) con al centro 5 palmette impresse ;
6-10) vasi a v. n. ; due coppe con piede (alt. 95 e 60) ; skyphos (alt. 90) ; lekane
(alt. 100) ; askos (alt. 105).
Tomba LXI. Del tipo abituale (2,20 X 0,60 X 0,60) ; profondità m. 3,50. Lo
scheletro aveva sul petto :
1) Fibula di ferro, in frammenti ;
Ai piedi :
2) Olla in terra grezza, in frammenti;
3-10) Vasi a v. n. : skyphos (alt. 110); askos (alt. 110) lekythos (alt. 105); piatto
(diam. 160) ; tre coppette con piede (diam. 100 ; 55 e 45) coppa (in frammenti);
11) Lekythos decorata a reticolato nero (alt. 90) ; ......
12) Ciotoletta in terra rossa (diam. 45);
13) Kylix a v. n. con nell'interno impressa una testina di Medusa circondata da
5 palmette (diàm. 100) ;
14) boccaletto verniciato di nero nella parte superiore (alt. 80).
Tomba L X I L Solito tipo ; tufo rosso (2,00 X 0,60 X 0,86); a m. 1,40 di profon-
dità, conteneva il solo scheletro.
REGIONE I. — 277 —
PONTICELLI
Tomba LXIII. Solito tipo (2,32 X 0,60 X 0,60) : profondità di m. 5,50. Lo sche-
letro aveva :
Alla mano sinistra :
1) Anello di argento con scarabeo rappresentante un Erote con palma ;
2) Anello pure d'argento con castone su cui è un'immagine di difficile compren-
sione, (fulmine ?) ;
3-4) Anellini di bronzo.
Alle spalle, e sul corpo ;
5) Fibuletta d'argento :
6) Fibula di bronzo con manico d'osso, e grossa costola ;
4) Frammento d'una fibuletta di bronzo ;
8) Piccolissime tracce d'oro.
. . Fig. 16.
Tomi) a LX1V. Come le precedenti (1,85x0,63x0,75), alla profondità di
m. 5.
Alla mano sinistra lo scheletro aveva un anello di bronzo ; al lato destro una leky-
thos con decorazione a reticolato (alt. 100).
Tomba LXV. Del tipo abituale (2,20 X 0.62 X 0,62) : alla profondità di m. 5,40.
Lo scheletro era ottimamente conservato e era cinto alla vita da :
1Ì Cinturone di bronzo, foderato internamente di cuoio e con grappe di chiusura,
chiodetti all'orlo, e tre paia di fori per poterlo adattare a differenti corporature. La
chiusura era sul fianco destro del defunto. In corrispondenza di esso, tanto sul fondo
della tomba, quanto d;il lato sinistro era stato praticato un incavo nella pietra. Di tipo
caratteristico dell'armatura italica del IV-III secolo (fig. 16) (').
A sinistra :
Cuspide di lancia in ferro.
Sul petto :
Frammento di una fibula e di altri oggetti di bronzo.
Tomba LXVI. Solito tipo (2,44 X 0,73 X 0,66) a m. 5,20 di profondità. Ster-
ratala conteneva il solo scheletro con una cuspide di lancia, (lungh. 300).
(*) Esemplari di cinturoni simili furono rinvenuti in tombe della necropoli sannitica di
Cuma (v. Gabrici, Cumii, II, col. 617, 650, 713; fig. 223, 231).
PONTICELLI — 278 — REGIONE I.
Tomba LXVII. Delle forme e del tufo delle precedenti (1,28X0,48X0,47).
Prof. m. 4. Conteneva solo le ossa di un giovanetto.
Tomba L XVI II. Solito tipo (2,38x0,55x0,60); a m. 4,40 di profondità.
Ai piedi dello scheletro furono rinvenuti :
1) Olla di terra grezza, in frammenti;
2) Skyphos di terra alt. 108 ;
3-6) Lekane (alt. 75) ; lekythos panciuta (alt. 80) ; due coppette con piede
(diam. 70 e 45) verniciate di nero ;
7) Boccaletto a v. n. nella parte superiore (alt. 801 ;
8) Ciotola a v. n. decorata all'interno di palmette impresse collegate da doppio
festone (diam. 1 85) ;
9) Altra ciotola a v. n. decorata al centro di una testina muliebre (Gorgone ?) con
6 palmette all'intorno (diam. 135).
Tomba LXIX. Solito tipo (2,15 X 0,56 X 0,80) ; a m. 4,10 di profondità. Con-
teneva il solo scheletro.
Tomba LXX. Solito tipo (2,29x0,63x0,65); a m. 4,50 di profondità. Lo
scheletro portava presso la mano sinistra :
1) Anellino di bronzo;
Sul petto :
2) Frammentini di fìbula di ferro ;
Al fianco destro :
3) Lekythos panciuta di terracotta., verniciata in parte di nero (alt. 108).
Ai piedi :
4) Olla di terracotta grezza (alt. 260) ;
5) Lekane pure di terra grezza (alt. 100) ;
6-11) Vasi a v. n. : skyphos (alt. 105); askos (a't. 1101; kylix (diam. HO) ; cio-
tola (diam. 115); due coppette con piede (diam. 65 e 43);
12) Ciotola a v. n. (diam. 180) ornata internamente di un concatenamento di
festoni a anello, impresso ;
13) Boccaletto verniciato di nero nella parte superiore (alt. 80).
Tomba LXXI. Come la precedente; ma il tufo di color rosso (1,92X0,54
X 0,765) ; alla profondità di m. 3,75.
A destra dello scheletro ; presso il capo ;
1) Cuspide di lancia di ferro, in frammento ;
All'altezza dell'anca:
2) Frammento di strigile di ferro.
Tomba L XXII. Solito tipo (1,90X0,60X0,80) di tufo rosso; a m. 1,34 di
profondità. Conteneva il solo scheletro.
T o m b a LXXIII. Come le precedenti : (2,18 X 0,62 X 0,71) alla prof, di m. 4,50.
Al lato destro dello scheletro :
1) Cuspide di lancia in frammenti.
Ai piedi :
2-6) A vernice nera: skyphos (alt. 105); ciotola (diam. 175)- altra ciotola (diam.
115)- coppetta con piede (diam. 70)- askos (alt. 115);
REGIONE I. — 279 PONTICELLI
7-8) Lekane (alt. 90) e boccalctto (alt. 73) verniciati di nero nella parte superiore ;
9) Lekythos con decorazione a reticolato nero (alt. 82).
Tomba LXXIV. Solito tipo (1,44x0,62 X0,52). Alla profondità di m. 5,40.
Presso la testa del defunto era una lekythos con decorazione a reticolato, in frammenti:
Tomba LXXV. Solito tipo (2,20x0,60x0,60); alla profondità di m. 4,47
A destra dello scheletro, all'altezza della testa :
1) Cuspide di lancia di ferro.
Ai piedi :
2) Olla in terra grezza (alt. 290);
3) Lekane pure di terra grezza (alt. 70) ;
4-10) Vasi a v. n.: skyphos (alt. 105); askos (alt. 110); lekythos (alt. 55); cio-
tola (diam. 115); coppa con piede (diam. 70); altra ciotoletta (diam. 40); kylix ornata
internamente di una testina di Medusa impressa, circondata da palmette (diam. 105);
11) Boccalctto verniciato di nero nella parte superiore (alt. 70).
Tomba LXXVI. Uguale alle precedenti (190x0.63x0,85 circa). Mancava
delle lastre del fondo. Alla profondità di m. 4,26.
Al lato sinistro dello scheletro:
1) Bombylios di terra cotta rossa (alt. 150,).
Al lato destro :
2) Altro bombylios in frammenti;
3-4) Altri bombylioi rotti sul collo (lungh. 105 e 130");
5) Frammento di coltello di ferro.
TombaLXXVII. Solito tipo (2,315 X 0,615 X 0,62); alla profondità di m. 3,44.
Ai piedi del defunto mancava la lastra di fondo.
Presso la spalla destra dello scheletro :
1) Fibula di ferro con impronta della stoffa.
Sul corpo :
2-3) frammento altra fibuletta di ferro pure portante tracce della stoffa.
Al lato destro :
4) Lekythos con decorazione a reticolato (alt. 90);
Presso la testa :
5) Cosiddetto peso di terracotta (alt. 60).
Ai piedi :
6) Piccolo cratere a campana a f. r. di stile cumano :
.4) Tre figure sedute : una Menade in mezzo con una corona, tra due satiri, uno
con tirso e un altro con acerra con frutta e appoggiato al tirso (fig. 17).
B) 3 giovani avvolti nel mantello, procedenti verso sinistra.
Decorazione di foglie di ulivo ;
7) Skyphos (a. 115) a v. n. ornato superiormente, all'esterno da un lato di foglie
d'edera dipinte in bianco e dall'altro un festone di ovuli e foglie d'edera ;
8) Lekane di terra grezza (alt. 80) ;
9-14) Vasi a v. n. : skyphos (alt, 110) : altro skyphos (alt. 105); coppa con inter-
namente : al centro decorazione impressa di un meandro circondato da doppi festoni a
PONTICELLI 280 REGIONE I.
anello (diam. 180) ; piccola coppa con piede (diam. 45) ; kylix (diam. 105) ; guttus
(diam. 115) ;
15) Boccaletto verniciato di nero sulla parte superiore (alt. 80).
Tomba LXXVIII. Solito tipo (2,25 X 0,65 *X 0,60); a m. 4,58 di profondità.
Il lastrone che formava il fondo era lungo m. 0,87 e quindi mancava della parte dei piedi
del defunto.
Fio. 17.
Furono rinvenuti : alla mano sinistra :
1) Anellino di bronzo.
Sul petto :
2) Fibuletta di bronzo.
Ai piedi :
3) Lekanis con coperchio ornato superiormente di 2 cigni con serpentelli dipinti
di rosso, tra palmette (diam. 140);
4) Olletta con decorazione di onde marine stilizzate (alt. 75) ;
5-9) Vasi a v. n. : skyphos (alt. 115) ; lekythos (alt. 80) ; due ciotole (diam. 175
e 165); piatto (diam. 150).
Tomba LXXIX. Come le precedenti; il tufo di color cenerognolo (2,00X0,55
X 0,84) ; a m. 3,16 di profondità : Mancava delle lastre del fondo.
Al lato destro dello scheletro, presso la mano, con punta in basso :
1) Coltello di ferro (lungh. 160).
REGIONE 1. — 281 — MONTICELLI
Presso la punta del coltello :
2) Lekythos con decorazione a reticolato (alt. 100).
Presso il manico del coltello stesso :
3) Bombyìios di terra rossa (alt. 85).
Sul petto :
4) Anellino di bronzo :
5) Frammento di fibuletta, con tracce della stoffa del vestito.
Tomba LXXX. Solito tipo (1,90 X 0,60 X 0,75) ; alla profondità di m. 4,12;
senza pietra nel fondo. Di tufo rosso, tranne il coperchio di color giallognolo.
Al lato sinistro dello scheletro, all'altezza della spalla :
1) Strigile di ferro, con impronta della stoffa;
2) Cuspide di lancia di ferro, lungh. 450.
Tomba L X X X I. Come la precedente : ma tutta di tufo giallognolo (2,15 X 0,66
X 0,56), alla profondità di m. 4,26. La pietra del fondo mancava per circa 70 cm. in cor-
rispondenza dei piedi del defunto.
Lì si sono trovati :
1) Olla grezza di terra cotta, (alt. 250);
2) Lekanc pura di terra grezza (alt. 0,08) ;
2) Lekythos con ornamentazione a reticolato (a.lt 70) ;
4-10> Vasi a v. n. : skyphos (alt. 1 15) ; askos (alt. 110) ; kylix (diam. 100) ; cio-
tola (diem. 170); coppa con piede (diam. 115); due ciotolette (diam. 65 e 50).
11) Boccaletto verniciato di nero nella parte superiore (alt. 75).
Tomba LXXX IL Come le precedente; senza pietre del fondo (2,10X0,60
X 0,62) a m. 4,8 di profondità.
Ai piedi del defunto :
1) Olletta di terra grezza (alt. 150);
2) Kylix a v. n. (diam. 100) ;
3) Lekythos a v. n. (alt. 725) ;
4) Boccaletto verniciato nero nella parte super, (alt. 77) ;
5) Bombyìios con righe rosse (alt. 75).
Tomba LXXX III. Solito tipo (1,82 X 0,56X0,56); a m. 3,50 di profondità.
Sul petto del defunto :
1) Fibuletta di bronzo.
Alla sua mano sinistra :
2) Anellino di bronzo.
Presso il fianco destro :
3) Cotoletta a v. n. (diam. 70).
Ai piedi :
4-5) Frammenti di olla e lekane di terra grezza;
6) Skyphos v. n. (alt. 110).
Tomba LXXXIV. Solito tipo (2,10 X 0,60x0,62); alla profondità di m. 4,20.
Sulla parte sinistra del petto del defunto:
1) Frammento di fìbula. t
ponticelli — 282 — hJìgione i.
Ai piedi :
2) Olla di terra grezza (alt. 170) ;
3) Lekane pure di terra grezza (alt. 80) ;
4-7) Vasi a v. n. : skyphos (alt. 105) ; ciotola (diam. 180) ; ciotoletta (diam. 60) ;
coppa con piede (diam. 100).
Tomba L XXXV. Come le precedenti di tufo rosso (2,30 X 0,60 X 1,08) ; prof,
m. 0,61. Conteneva il solo scheletro rivolto però con la testa a nord-est.
Tomba L XXXVI. Solito tipo (2,18 X 0,62 X 0,60); profondità di m. 4,72.
Lo scheletro aveva ai piedi :
1) Olla di terra grezza (alt. 160);
2) Lekane di terra rossa (alt. 105) ;
3-8) Vasi a v. n. : skyphos (alt. 110) ; lekythos panciuta (alt. 1 Oó) ; due ciotole
(diam. 185 e 120); coppa con piede (diam. 70) kylix (diam. 100);
9) Boccaletto a v. n. superiormente (alt. 70).
Tomba L XX XV IL Solito tipo (1,35x0,42x0,41); senza lastre sul fondo;
alla profondità di m. 3,85.
Lo scheletro di fanciullo, lungo 1 ni. e con 24 denti, aveva al collo una collana di
filo di bronzo ricurvo, e ai piedi :
2) Olpe di terra grezza (alt. 95);
3) Piccola ciotola a v. n. (diam. 65).
Tomba L XXXVIII. Con la precedente, anch'essa senza fondo (1,71 X 0,70 X
0,78). Profondità : m. 4,32. Orientata da NO a S.E aveva lo scheletro conservatissimo
con la testa a S. E. e il capo, come normalmente in questa necropoli, poggiato sulla
guancia sinistra.
All'altezza dell'avambraccio aveva una cuspide di lancia, lunga 190 e del resto
nessun altra suppellettile :
Tomba LXXXIX. Solito tipo (2,08x0,65x0,59); alla profondità di m. 4,22.
Anche in essa orientata come la precedente, lo scheletro, perfettamente conservato aveva
la testa a S. E. e poggiava sulla gota sinistra.
A destra del capo :
1) cuspide di lancia di ferro, lungh. 300.
Ai piedi :
2) Olla di terra grezza (alt. 190) ;
3) Guttus a v. n. con testa di Medusa a rilievo (alt. 90) ;
4) Boccaletto verniciato di nero, nella parte superiore (alt. 80) ;
5-10) Vasi a v. n. : kylix (diam. 105) ; lekythos panciuta (alt. 70) ; tre ciotole
(diam. 135, 75 e 60) ; una coppa con piede (diam. 1 10).
A queste 89 tombe se ne devono aggiungere 5 altre, 2 presso la LIT, 1 presso la LXXI
e 2 presso la LXXXV, delle quali, essendo andate troppo presto distrutte nello scavo
con macchine escavatrici, non fu possibile fare un esatto studio o raccogliere oggetti.
Poi già dicemmo che al principio dello scavo ne fu distrutto un numero imprecisabile
ad alcune delle quali appartennero gli oggetti sequestrati e elencati al principio di
questa relazione.
REGIONE I. — 283 —
PONTICELLI
Possiamo quindi calcolare che nella breve zona esplorata le tombe di questo tipo
superassero il centinaio.
Ma, prima di riassumere le loro caratteristiche, occorre ricordare che queste tombe
non furono le sole rinvenute.
Furono accertate :
I. A inumazione :
1) Due tombe, una presso la tomba LXIII e una presso la LX, in cui lo scheletro
giaceva sulla terra o, come nel primo caso, su un letto di calce e sopra v'era una coper-
tura di pietra fatta dei soliti lastroni di tufo. Le misure nel primo caso erano m. 1,64 X
0,90. La seconda di queste tombe aveva presso lo scheletro un boccajetto di terracotta
grezza alto mm. 90 (n. 309 del giorn. di scavo). È evidente che i lastroni coprivano
una fossa scavata nella terra e che poi cedettero sotto il peso della terra rigettata sopra.
Per la stratificazione di queste tombe noto che sulla seconda furono rinvenute
due tombe a cappuccina.
2) Di queste tombe a cappuccina, formate di tegole, ne fu rinvenuto un buon
numero. Il giornale di scavo ne nota 62. Erano tutte formate di tre tegole (in pochi casi
due) disposte sul cadavere da ambo i lati, in modo da riunirsi alle sommità formando
un tettarelle Alle testate poi erano perpendicolarmente due altre tegole di chiusura.
In un caso (presso la tomba L) le tegole erano solo da una parte e dall'altra blocchi di
tufo. Generalmente contenevano il solo scheletro, senza suppellettile, in una, presso
la tomba XXXV c'era una fibuletta di ferro sul petto del defunto ;' un'altra (presso la
XLIII) aveva un pugnale di ferro, a lama triangolare, trovato ricurvo (n. 212 g. d. s.),
in una terza (presso la LXI) c'era un boccaletto di terra grezza con una linea circo-
lare alla spalla di vernice nera (alt. 120 ; n. 325 g. s.) ; una quarta (presso la LXV) con-
teneva una monetina indecifrabile e due bombylioi di terra grezza.
Più ricca una presso la tomba LXXXVI1 dove il defunto portava al collo una
collana di filo eneo con corallo di pasta vitrea e presso v'era un lekythos con decora-
zione a reticolato (alt. 95); un olla di terra grezza (alt. 170) e un alabastron a v. n.
(alt. 75). (nn. 466-469 g. s.).
Un'ultima infine, trovata alla fine dello scavo, presentava due scheletri posti uno in
senso inverso all'altro ; presso quello con la testa a est furono rinvenute due bombylioi
di terra rossa e frammenti di uno specchio di bronzo (nn. 482, 83 g. s.)
Molte di queste tombe erano scavate fino a 3 m. dal suolo attuale.
3) Oltre tali tombe, sepolti in semplice fossa e senza nessuna traccia di suppel-
lettile funebre, furono trovati 23 scheletri umani (*).
(!) Le osservazioni fatte ir, una delle necropoli sannitiche di Pompei, fuori la Porta di
Stabia (M. Della Corte, in Notizie degli Scavi, 1911, p. 10(5; 1916, p. 287 segg.) mostrano che
tanto le fosse semplici, che quelle coperte da lastre di pietra, quanto le tombe a cappuccina e
quelle a cassa, presentando suppellettile uguale ed essendo riunite senza alcun ordine o stratifi-
cazione si devono ci isiderare contemporanee e rispondenti quindi alla minore o maggiore agiatezza
degli inumiti. Nel nostro caso la mancanza assoluta di suppellettili in tutte le tombe a fossa
semplice e nella grandissima maggioranza di quelle a cappuccina, rende difficile un giudizio. Certo
la tomba a cappuccina, trovata" presso quella a cassa LXXXVII è evidentemente coeva alla serie
delle tombe a cassa, e gli oggetti trovati in alcune altre non sono contrastanti. Credo pertanto
di dover accettare le conclusioni del Della Corte. Panni però che questo tipo a cappuccina sia
originariamente più tardo di quello a cassa.
Notizie Soavi 1922 — Voi. XIX.
37
PONTICELLI 284 — REGIONE I.
IL A cremazione :
1) Nella necropoli furono rinvenute quattro singolari tombe, costituite di una fos-
setta, con ossa combuste, cavata in una grande masso di tufo.
a) Presso la tomba XLII. Il masso è lungo m. 0,55, largo m. 0,50 e alto m. 0,55.
La fossetta era cavata a un lato del blocco in modo da essere da una parte a soli 11 cm.
dall'orlo. Essa misurava m. 0,18 X 0,20 di apertura ed era profonda m. 0,19. Tra le ossa
cremate non fu rinvenuto alcun oggetto.
b) Presso la stessa tomba. Dimens. del masso 0.47 X 0,46 X 0,46 ; della fossetta
0,14 X 0,14 con una profondità ugualmente di m. 0,14. Anche in questo caso era scavata
da un lato e veniva a essere a solo 7 em. dall'orlo.
e) Presso la tomba LI. Dimens. del masso 0,84 X 0,56 con una altezza di m.0.41 :
la fossetta 0,10 per lato. Essa veniva a trovarsi da un lato a m. 0,60 dall'orlo e dall'altro
a m. 0,14. Fu trovato a m. 3 di profondità.
d) Presso la tomba LX1X. Trovato pure a m. 3 di profondità. Dimens. del masso
0,70 X54 con un'altezza di m. 0,40. La fossetta da un lato era quadrata con m. 0,20
per lato e profonda m. 1,155 e fu trovata piena soltanto di terra ; ma anche questa tomba
non può disgiungersi dalle tre altre.
2) 4 urne di terra grezza con ossa combuste (g. s. nn. 82, 83, 270 e 465) le quali
non contenevano alcun oggetto di corredo.
Il terreno infine della necropoli diede, verso la fine dello scavo, i resti di un alto muro
m. 2,20 e che terminava a m. 2,25 di profondità formato di blocchi di tufo (0.73 X 0.43)
e alla superfìcie un grande pithos di terra, presso la tomba X (n. 84 g. s.).
*
* *
Tornando ora alla serie relativamente più importante delle tombe a cassa, in cui ri-
siede tutto l'interesse di questa piccola necropoli, dalla descrizione che ne ho fatta risul-
tano la loro natura e gli elementi per una datazione cronologica. Sono tutte, come ve-
demmo, tombe del tipo detto piano, già ben noto nella regione (*) e il loro primo interesse
è anzitutto nella grandissima vicinanza a Napoli, tanto da far considerare la necropoli
se non proprio della città, di un suo sobborgo. La Napoli antica, com'è noto, aveva le sue
mura a nord-est, dai SS. Apostoli a Forcella, un 400 metri quindi da Porta Capuana e
infatti subito fuori, a S. Giovanni a Carbonara, è stata in questi ultimi anni scoperta una
parte della necropoli del V-D7 secolo, con bellissimi vasi dipinti, la cui pubblicazione è
vivamente attesa dal mondo scientifico. Che nei secoli posteriori i seppellimenti potessero
giungere anche a cinque chilometri dalla città è possibile : in fondo il moderno cimitero
di Poggioreale è poco più vicino ; ma panni più probabile che si tratti, ripeto, della necro-
poli di un piccolo centro abitato, vero sobborgo della città. Essendo le tombe apparse
solo all'estremità settentrionale dello scavo è verisimile che si stendano ancora in quella
direzione.
Le 89 tombe del tipo scavate, pur dovendo necessariamente avere le loro piccole
diversità cronologiche, presentano un carattere assai omogeneo. Di esse quattro soltanto
(») Notizie §cavi, 1883, serie 3», voi. XI, tav. IV A (necropoli di Cuma).
REGIONE I. — 285 PONTICELLI
(la LXVII, lunga m. 1,28; la LXXXVII, lunga m. 1,35; la LXXIV, m. 1,44 e la V, ra. 1,45)
devono essere di fanciulli o giovanetti; delle 85 rimanenti 24 sono certamente di uomini
per la presenza della lancia nel sepolcro ; anzi di esse due (le tombe LXVI e LXXXVIII)
hanno di suppellettile la sola lancia ; quattro altre (la XII, la XIV, la LXXI e la
LXXX) solo la lancia e uno strigile di ferro ; nella LXV c'è anche il bel cinturone
militare. I defunti erano tutti, tranne casi sporadici, con la testa a sud o a oriente,
cioè, procedendo lo scavo verso levante, a destra di chi guardava le tombe, e avevano
il capo volto sulla gota sinistra (}).
In questo scavo si sono potute prendere esatte misure dei cassoni, nell' interno, come
ricordai. La lunghezza più comune (21 tombe) è quella di m. 2,20 ; delle restanti, 7 sono
lunghe tra m. 1,70 e m. 1,99 ; 34 tra m. 2,00 e 2,19 e 10 tra m. 2,21 e 2,50. Le lunghezze
estreme si incontrano una sola volta. La larghezza più comune è di m. 0,60 che hanno 30
tombe ; 26 altre sono larghe tra m. 0.61 e m. 0,69 ; 12 tra m. 0,70 e 0,78 ; 12 poi sono più
strette, restando tra m. 0,50 e 0,59. Anche l'altezza è quasi simile : 40 tombe sono tra
m. 0,60 e 0,65 ; 10 più basse tra m. 0,50 e 0,59 ; 17 più alte, tra m. 0,66 e 0,79 ; 10 tra
m. 0,80 e 0,90 e un sola raggiunge m. 1,08.
Ricordo quello strano caso della tomba XXXVIII perfettamente vuota, divisa a
metà da una lastra ; anche le dimensioni sono anormali, perchè contro a m. 2,00 di lun-
ghezza e cm. 50 di larghezza, ha un'altezza di soli cm. 40.
Lo spessore dei lastroni di tufo era in media di cm. 30.
Abbiamo già notato che due tombe avevano la sola lancia ; ma 15 altre contenevano
il solo scheletro, senza alcuna suppellettile ; la XVIII solo una monetina, un'altra dozzina
solo uno o due vasetti. Quelle, e erano le più, che avevano una serie di vasi (2), li presen-
tavano aggruppati ai piedi dello scheletro e in più casi in quel punto non c'era la lastra
del fondo, che talvolta mancava del tutto (s). Tra i vasi, quasi costante la presenza di una
grande olla di terra grezza ; degli altri a vernice nera, generalmente lo skyphos, l'askos o
la kylix non mancavano e erano rappresentati da un solo esemplare.
La vernice di tale suppellettile è molto bella e va da un nero morato a un aspetto ar-
gentato, che tradisce la voluta imitazione del metallo. Rarissimi i vasi dipinti o decorati
o le statuette. Trattasi quindi evidentemente di una necropoli povera, come mostra anche
il fatto che, essendo tutte le tombe inviolate, non fu trovato nessun oggetto di orificeria
e i defunti (che dovettero essere avvolti in un mantello o un lenzuolo, come dimostrano le
impronte restate nell'ossido dei metalli) portavano solo anellini o fibulette assai modeste,
generalmente di ferro.
La cronologia del sepolcreto si può fissare con precisione : le monete di Napoli del
TV secolo ci indicano il termmus post qucm e una datazione più precisa porta la presenza
della kylix con la moneta di Siracusa, che è riconosciuta, come vedemmo, opera capuana
della metà del III secolo.
Un poco più antichi devono essere gli ultimi prodotti delle fabbriche campane a figure
rosse, quali quelli rinvenuti in alcune tombe ; la ceramica a decorazione bianca e poli-
ta Cosi pure a Pompei (Sogliano, pag. 210; Della Corto, 1916, pag. 291).
(2) I resti trovati nell'olla 4 della tomba XXIV mostrano che contenevano vivande.
(3) Così pure talvolta si notò a Cuma. (Gabrici, Cuma; II, col. 671).
PONTICELLI — 286 — REGIONE I.
croma su fondo nero del tipo detto di Gnathia che presenta begli esemplari nella necro-
poli di Teano, è in questa quasi sconosciuta. Notevole è invece la serie di ceramiche a ver-
nice nera del tipo detto etrusco-campano che ebbe adatto centro in Capua. Oltre alla ky-
lix citata ; ricordiamo la bella serie di coppe con decorazioni impresse nell'interno ; una
testa di Medusa o un labirinto nel centro ; intorno da 4 a 8 altre impressioni, generalmente
palmette spesso unite da festoni o da doppi festoni formanti come tanti anelli ovali.
Ne mancano i gutti caleni, come quello bellissimo della tomba XXVII, riprodotto
nella fig. 12 7* con la testa di Medusa, che ci portano alla II metà del III secolo (*).
Simile datazione è confermata dagli skyphoi a vernice nera di forma molto rastre-
mata inferiormente e della forma della lancia a foglia, con costola mediana e lungo can-
nello, uguale a quelle rinvenute nella necropoli di Teano.
In questo quadro di ceramica tarda credo che bisogni specialmente notare le ollette
con anse, riprodotte a fig. 7 e a fig. 10, che offrono esemplari di ceramica geometrica (2).
Se essa non presenta la bellezza di forme della tarda ceramica geometrica apula, pure è
un notevole prodotto sul quale già richiamò l'attenzione il Patroni (3), che ne determinò
la sua fabbricazione campaua, cosa della quale non può dubitarsi per i caratteri dei vasi
e per le necropoli, dove furono rinvenuti. I nostri esemplari ci confermano che fu un
prodotto della metà circa del III secolo a. C. associato ai' vasi etrusco-campani a
vernice nera (*).
Così questa piccola necropoli che possiamo ben dire di Napoli ci offre un quadro
che getta nuova luce su un periodo della storia della ceramica assai trascurato per la mo-
destia dei prodotti ; ma che pure ha il suo grande interesse nella storia dell'arte e della
civiltà italiana. E nello stesso tempo ci offre un nuovo documento della vita secolare della
gloriosa metropoli partenopea.
G. Q. Giglioll
(*) Pagenstecher, op. cit. pag. 165. Per le origini di detta ceramica vedi le acute osservazioni di
G. E. Rizzo in RBm. Miti. XII, pag. 254. Per le Gorgoni cfr. A. Furtwangler in Roscher, Lex. 1, 1721.
La necropoli di Ponticelli viene quindi a essere coeva a quelle sannitiche di Cuma e di
Pompei già citate, datata quest'ultima però, a mio parere, di qualche decennio troppo indietro
dal Sogliano e dal Della Corte ; mi pare infatti che anch'essa debba credersi non del principio,
ma della metà circa del III secolo a. C.
(2) Parecchi sono gli esemplari del Musco di Napoli, trovati in città n. 82860-64, tutti ollette.
(3) Patroni, op. cit., pag. 113, fig. 76, n. 8 e 10; Cfr. Duhn in Bull. Inst. 1874, pag. 165.
(*) Interessante è confrontare questa ceramica con quella Alessandrina detta di Hadra, da
una delle necropoli della città. Se ne occupò il Pagenstecher (Dattd sepulchral vases nell'/4wencan
Journal of Arehaeology. XIII, (1909), pag. 387 segg. e Schwarzfigv.rige Vasen dei vierkn und
drilien Jahrhunderts, in Bulletin de la Società Archéologique d' Alexandrie, n. 14, (1912)) e le sue
conclusioni, rettificate dal Pomtow (Beri. Phil. Wochenschr. 1910, pag. 1094) portano alla conclu-
sione che tali vasi, i quali spesso presentano lunghe iscrizioni di sepolti, siano databili tra il 284
e il 249 a. C. Ce n'è uno ora conservato a New York (A. J. A., tav. X, 10) che ha con i nostri
particolare somiglianza di ornamentazione. È uno stile quindi che appare in tutto il mondo
classico alla fine della ceramica dipinta.
SARDINIA — 287 — OZIERI
SARDINIA.
XVIII. OZIERI — Ripostiglio di armi e strumenti in bronzo di età
nuragica, rinvenuto in regione Ghilivani.
Nel marzo del 1921 il proprietario Paolo Cottino, eseguendo alcuni lavori di mi-
glioramento nel suo podere attiguo alla stazione ferroviaria di Chilivani, rinvenne a
poca profondità dalla superfiee un grosso recipiente in terracotta, andato in frammenti,
entro al quale stavano disposti con ordine un'ottantina di oggetti in bronzo, in gran
parte intieri, con qualche pezzo di robusto filo pure in bronzo. Mercè l'efficace intervento
dell'avv. Antonio Altana, R. Ispettore dei Monumenti di Ozieri, fu possibile a questa
Soprintendenza di raccogliere tutto il materiale reperto ed esaurite felicemente le pra-
tiche di legge, riunire il rispostiglio intiero nel Museo Nazionale di Cagliari.
Nessun segno esteriore rilevava la presenza del ripostiglio, nò fu possibile per il
momento estendere le indagini per vedere se la scoperta fosse isolata ; anche i frammenti
del vaso non si poterono esaminare, ma dalle indicazioni date dallo scopritore risultò che
esso fosse di circa 60 cm. d'altezza, con grosso orlo piatto e di rozzo impasto, del tipo
insomma dei grossi vasi o ziri, rinvenuti intieri o frammentati in vari nuraghi.
Se le circostanze della casuale scoperta non si poterono sino ad ora del tutto chia-
rire e ci resta ancora il dubbio sul carattere del ripostiglio e sulla possibilità di raccogliere
in sito altri elementi ancora nascosti, però i materiali scoperti sono di indubbio carat-
tere nuragico e vanno ad accrescere la serie oramai numerosa dei ripostigli di armi e
di strumenti riferiti a quel periodo importante della civiltà protosarda.
La composizione del ripostiglio di Chilivani è la seguente:
N. 8 bipenni con foro a taglienti verticali ;
» 1 bipenne con foro a taglienti perpendicolari;
» 1 lingotto a forma di bipenne ;
» 49 accette a margini rialzati ;
»> 10 cuspidi di lancia ;
» 3 puntali di lancia ;
» 2 daghe a larga lama frammentate ;
» 5 scalpelli ;
» 1 incudine spezzata ;
» 1 ornamento militare a cornetto, innestato su grosso filo ricurvo ;
» 5 pezzi di grosso filo in bronzo contorto, a sezione esagonale.
Vediamo ora con qualche particolarità i vari tipi di oggetti.
0Z1KRI
SAUUINI.V
Delle otto bipenni rinvenute nel ripostiglio, sette hanno il medesimo tipo legger-
mente arcuato verso il basso (fig. 1), con i due taglienti larghi, rigidi ed alquanto incli-
nati verso la parte inferiore, col foro mediano non tronco conico, ma cilindrico, con ro-
busto colletto nell'orlo sottostante. Sono tutte quante molto robuste e nuove, senza trac-
cia di uso, ma ben finite e con la martellatura evidente agli spigoli ed al tagliente. Le di-
mensioni variano da cm. 33 a 27 di lunghezza, con i taglienti da 6 a 4 cm. Anche l'al-
tezza del colletto varia da 1.5 a 1 cm.
È questo un tipo di produzione certamente locale, essendosi trovato nell'isola la nota
forma in steatite di Beivi e quella da me recentemente recuperata ed illustrata dalla grotta
ti
Fio. 1. - Bipenne a tagli verticali, ripostiglio di Chilivani.
di Ursulei, nell'Ogliastra ('). Oltre ai numerosi esemplari provenienti dai più svariati e
lontani punti dell'isola, sia nel nord, da Ploaghe, Tuia, Nuchis, Ozieri, che del centro,
a Sarule, nel IVuorese, che dall'Ogliastra, come Lotzorai, quanto dalle regioni meridionali
da Barumini, da Guspini e dai maggiori ripostigli isolani di Abini e di Valenza (2). Sicché
si può ben dire che se il tipo è stato importato in Sardegna, forse sino dall'età micenea,
come propende a credere il Pinza, esso però vi si è sparso largamente e si è mantenuto per
tutta l'età nuragica.
(*) Pinza. / monumenti primitivi della Sardegna, pag. 166. fig. 94. 4 : Taramelli, Buììettim P.iìet-
noi. Uni 1918, pag. 96 e seg.
(2) Pinza, op. cit., pp. 143, 147, 148, 160, 151.
SARDINIA.
— 289 —
o zìi: hi
L'altra bipenne si distingue dalle precedenti : è rigida, appiattita e tagliente verti-
cali, col foro mediano piuttosto piccolo e non munito di colletto ; è di cm. 27 di lunghezza
e parrebbe quasi un lingotto, piuttosto che un'arma.
Nel ripostiglio figura una piccola bipenne a taglienti traversali, (fig. 2) di cm. 16
di lunghezza, di fattura elegante e di tipo rappresentato in varie località dell'isola (')
ed anche in un recente trovamento di Oliena. Essa pure è prodotto locale come attesta
Fio. 2.
la presenza della forma in steatite, pure rinvenuta in Sardegna, data anche dal Pinza (').
Interessante e l'oggetto che io ritengo un lingotto a forma di bipenne, piana, a romboide
allungato, con foro ampio e taglienti smussati, di m. 0.36 di lunghezza. Se veramente,
come io penso, trattasi di un lingotto, la forma è sinora isolata in Sardegna, ma sul conti-
nente ha qualche confronto nei lingotti del ripostiglio di S. Francesco di Bologna, del Gros-
setano, tra Mandano e Lamprugnano, di Madriolo, presso Udine, e di Chiusa di Frontone,
presso Rigola, nel Pesarese, illustrati dal Rellini (3). Solo un'analisi chimica, che ancora
(l) Pinza, op. cit., pag. 1 "7 ti.
(8) Pinza, ivi, pag. 16G.
(3) Rellini, Bull. Paletnol. Italiana, 1905 (XXXXI) pag. Ili e seg.
SARDINIA — 290 — OZIERI
non ho potuto fare, potrebbe in qualche modo stabilire se questo lingotto sia o meno di
produzione sarda, il che potrebbe essere ammissibile, data la presenza ormai accertata non
solo di giacimenti cupriferi ma di lavorazioni estese in età nuragica (').
Le 49 accette hanno tutte quante la medesima forma, benché si distinguano in vari
gruppi di esemplari identici per dimensioni e forma, ricavati evidentemente dalle mede-
sime matrici.
Il tipo è però uguale per tutte ; hanno cioè testa appiattita, fianchi rettilinei ; con i
margini molto sporgenti, specie al centro, sulle due faccio e che invece sono bruscamente
spianati ed appiattiti accostandosi al tagliente che si espande alquanto, regolare e retti-
lineo ed affilato a martello in quasi tutti gli esemplari.
Cinque di queste accette hanno la lunghezza di cm. 21 e la larghezza al tagliente da
5 a 5 cm., secondo la martellatura. Altre quindici accette hanno la lunghezza di poco in-
feriore, di 20 cm., ed il taglio da cm. 5.5 a 6 ; sono tutte fresche, anzi nuove, taglienti,
alcune anzi non ancora rifinite dalla martellatura.
In gran parte nuove sono altre sedici accette di cm. 19 di lunghezza, col taglio da
cm. 5,5 a 6, e nuove del pari altre sette accette di cm. 18 di lunghezza e da cm. 4 a 5 al
tagliente ; cinque altre poi misurano cm. 17 e al tagliente cm. 4. Una sola accetta, pure
nuova e della medesima forma, ha le modeste dimensioni di cm. 11 e di cm. 3 al tagliente.
Questo tipo con diverse dimensioni, alcune assai più grandi che gli esemplari di Chilivani,
è assai diffuso in Sardegna, come osservò il Pinza (2) e vi si mantenne a lungo sino all'età del
ferro inoltrata : comparve in tutte le varie parti dell'isola ed alle numerose località accen-
nate dal Pinza dovremmo aggiungerne anche altre, dove questo tipo appare sempre as-
sociato con altri tipi di accette e con le bipenni, come recentemente nel piccolo ripostiglio
di Lotzorai da me pubblicato (3), confermando le giuste osservazioni fatte in proposito
dal ricordato autore.
Le nove cuspidi di lancia sono tutte molto robuste, con un cannone corto, ottagonale,
all'esterno e conico internamente e le due alette elegantemente arcuate, taglienti e termi-
nanti in punta acuminata. Le dimensioni variano da cm. 43 della più lunga fra tutte a
27 cm. della più corta, ma la lunghezza delle altre si aggira dai 30 ai 33 cm. Il tipo è comune
e diffuso in varie località ed in vari ripostigli sardi, dove è associata con ascie a margini
rialzate e con bipenni ; la scoperta di una forma di steatite in Sardegna è sicura prova che
esse vi erano prodotte in grande numero ed in varie forme e dimensioni (*) (fig. 3).
I tre puntali di lancia hanno forme e misure alquanto differenti l'uno dall'altro.
Uno, acuminato e lungo 39 cm. (fig. 3) ha la superficie esterna ottagona, ma la bocca cir-
colare ; l'asta è decorata da quattro solchi dentellati. Il secondo puntale è alquanto più
breve, cm. 30, con tre solchi taccheggiati all'orlo ; due soli solchi presenta l'altro puntale,
di cm. 28 di lunghezza. Tutti però corrispondono alle forme in steatite rinvenute in Sar-
degna, una delle quali proveniente da Nuraghe Piscu, di Suelli, ed hanno i loro confronti
(') Taraiiielli. Bull Paletnol italiana, 1912 ( XXXVIH pag. 76. e Officine, fusoria diOrtu Commidu;
Sanlar.i. Monumenti antichi dei Lincei, V, XXV (1918), pag. 128, nota 2.
(2) Pinza, op. cit, pag. 144 e seg., tav. XVI, 20; XVII. M.
(3) Tarameli!, Not. Scavi, 1921, pag. 497.
(*) Tarameli!. Bull, paletnol. Italiana, 1918, pag. 196 e seg.
SA UDINI A
— 291 —
OZÌEKl
con altri consimili puntali, dati dai ripostigli di Abini, di Valenza, della Maddalena per
dire dei più noti.
Le due daghe, pur troppo frammentarie, sono invece meno comuni e ricordo una sola
lama proveniente da Tiana, che si assomigli : i due frammenti misurano 33 e 17 citi. Sono
w
Fic. 3.
entrambi molto larghi, cui. 7, ed appiattiti : una sola, la più lnuga, ha ri foro per il chiodo
del manico ed un lieve risalto mediano su una delle faccie. Si direbbero piuttosto coltel-
lacci da caccia, che lame guerresche.
I cinque scalpelli sono magnifici esemplari, assai lunghi e robusti stromenti da la-
voro, a testa piatta e taglio vivo ; le dimensioni variano da cm. 32 a 21. Tre di essi hanno
il corpo a sezione esagonale e due quadrata ; il taglio è in tutte di cm. 1.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 38
OZIERl
— 292
SARDINIA
Sono frequenti in Sardegna gli scalpelli eorti e non mancano nei diversi ripostigli
ricordati più sopra ; ma qualche scalpello lungo venne pure qua e là trovato, ad Abini,
a Ploaghe, a Tuia, denotanti la diffusione di questo indispensabile utensile da lavoro in
tutta l'isola.
L'incudinetta (fig. 4) ha forma nuova e finora isolata fra i reperti sardi e si differenzia
notevolmente dalla maggior parte delle forme che sono date dai ripostigli del continente
italiano ed anche da quelle dell'officina fusoria di Porcieu d'Amblagnieu, riportata dal
Dechelette ('). Ha la lunghezza di cm. 17, ed è spezzata alla coda, ma completa ; presenta
una testa tondeggiante, appiattita, superiormente, di cm. 3.5 di diametro ; dopo la stroz-
FlG. 4.
Fig
zatura al collo la incudinetta ha una lunga coda che si appiattisce senza però essere ta-
gliente. È un tipo solido e pratico di incudinetta portatile, atto però a grossolani lavori
d'armatolo, più che a lavori minuti di cesellatore e di gioielliere primitivo.
Un tipo raro, non però senza confronti isolani, è quello dell'oggetto indicato col nome
di ornamento militare ; come è dato dalla figura ó, è un cornetto di forma conica ricurva,
lungo cm. 10, che si insalda ad un robusto filo di bronzo, piegato a guisa di elissi quasi
completa. Il corno, vuoto internamente, è ornato alla bocca ed alla sommità da rilievi a
doppia trecciola e da solchi paralleli. Un oggetto analogo, appartenente alla collezione
Vallerò, di Sassari, fu dato dal Pinza (2), altro poco diverso è fra i bronzi del ripostiglio
di Abini, lo esprimo per tutti l'ipotesi che servissero a tenere strette le estremità di
grossi mazzi di crini equini, meglio che di piume, formando una specie di pennacchio per
decorare un casco o un berretto di cuoio, come accennerebbe anche la curva del grosso
filo aderente al cornetto.
Vanno anche aggiunti al ripostiglio di Chilivani vari pezzi di filo di bronzo, a sezione
esagonale, forse materiale grezzo, destinato ad essere lavorato a martello, per anelli ed
armille, frequenti anche nel materiale nuragico.
(*) Dechelette. Manici d' Archeologie ccltiqu» et gaiihisr, IT, 11)5, 277.
(*> Pinza, op. eit, pag. 146, fig. 83.
SARDINI.V — 293 — OZIERI
Quasi tutti gli oggetti a cui ho qui rapidamente accennato hanno il carattere di es-
sere nuovi, non usati ed a differenza di quanto fu osservato in altri ripostigli dove i frustoli
abbondano, qui prevalgono gli oggetti intatti e di pochi tipi e forme, suggerendo quasi la
derivazione loro da un'officina soia, probabilmente di proprietà di quelli stessi che riuni-
rono e nascosero l'insigne gruppo di bronzi nuragici.
Concludendo ora questo breve cenno descrittivo del ripostiglio di Chilivani, risulta
che esso comprende tipi tutti di produzione locale, che hanno larghi confronti nei mate-
riali dell'isola, rinvenuti nei monumenti nuragici e fanno perciò parte di quella suppel-
lettile riferita al periodo più volte secolare che è compreso col nome di civiltà nuragica.
Possiamo tuttavia fissare con qualche precisione maggiore l'età del ripostiglio.
Le bipenni, per quanto risalenti ad un tipo di importazione micenea, per la loro
finezza, regolarità ed eleganza di forme e finezza di taglio, rappresentano un prodotto di
grande perfezione, a cui si perviene dopo una lunga evoluzione. Anche le ascie a margini
rialzati, pure essendo di tipo primitivo, però per le loro grandi dimensioni, per l'accurata
fattura, come per la rigida e netta disposizione del tagliente, sono prodotti di tecnica ag-
guerrita, che trae grand" aiuto dai martello per ridurre i prodotti della fusione ; il che ri-
sulta anche dalle larghe e piatte lame di spada e dalla finezza delle ali delle cuspidi di lan-
cia. Tanto queste che i puntali ed il cornetto per elmetto, decorati da semplici motivi or-
namentali, che i lunghi scalpelli e la singolare ineudinetta, sono tutti prodotti di egregia
fattura, di una evoluzione già compiuta, del periodo pieno e più alto della metallurgia
locale. Nella classificazione da me proposta dei ripostigli italiani dell'età del bronzo e del
ferro, riterrei questo di Chilivani alquanto pili antico di quello di Abini, presso Teti e di
Forraxi Nioi, di Valenza, coevo quindi a questo ultimo da me illustrato di Monte Idda,
di Decimoputzu, cioè del TI periodo, ad un dipresso parallelo a quelli siciliani di Giarratana
e di Mineo, ed al ripostiglio di Piediluco. di Terni, riferibili tutti al sec. Vili a. C.
Quanto al carattere del ripostiglio l'abbondanza di tipi uguali e di proporzioni iden-
tiche, la prevalenza di esemplari nuovi ed appena finiti, come la presenza di un'incudi-
netta, degli scalpelli e del pane di rame a foggia di piccone, ci inducono a pensare al depo-
sito di fonditori e venditori ambulanti anziché ad una stipe votiva. Si deve tener presente
che la pianura di Chilivani, nella quale ancora oggidì avviene la diramazione delle princi-
pali linee ferroviarie dell'isola, per Terranova, Cagliari e Porto Torres, si trova anche geo-
graficamente e commercialmente in un punto centrale tra i giacimenti ramiferi dell' Al-
gherese e le regioni pastorali degli altipiani di Ozieri, di Bitti e, più a nord, del Sassu e
dell' Angiomi; (*}.
Non sarebbe fuori del caso pensare che in quella piana si avesse un punto di mercato
e di ritrovo fra le varie tribù dei territorii nuragici circostanti e che in prossimità di questo
mercato il fonditore ambulante avesse nascosta la sua preziosa merce che, per fortuna no-
stra, non potè più recuperare ed è sino a noi pervenuta.
A. Taramelli.
I1) A. Taramelli, Il ripyslùjlio di bromi nuraijirì di Monte Iddi, in Monumenti antichi, A.nnol92J
(v. XXVII), pag. 92.
PORTOTORRF.S 294 — SARDINIA
XIX. PORTOTOHRES — Scoperta di monete d' oro di età bizantina
in regione Baiai.
Nel principio del gennaio dello scorso anno 1921 il bracciante Gianuario Glorilo,
lavorando nell'orto del padre suo Antonio, situato in regione Baiai, all'estremità dell'abi-
tato di Portotorres, attiguo alla caserma dei RR. Carabinieri, rinvenne in mezzo a blocchi
di pietra un vasetto in terracotta contenente, monete e oggetti d'oro in frammenti. Il lo-
cale ispettore dei Monumenti, cav. uff. Gavino Clemente, informato immediatamente
del reperto, si recò subito sul posto e potè raccogliere le notizie sulla scoperta e ritirare gli
oggetti, che cosi poterono essere studiati e conservati per le pubbliche raccolte nazionali.
Dalle informazioni inviatemi dal chiaro sig. Gavino Clemente, a cui qui rivolgo i
miei ringraziamenti, risulta che nessuna traccia di tomba o di ripostiglio bene sistemato
si potè notare nel punto in cui venne trovato il vasetto di terracotta, che andò in frammenti
all'atto del rinvenimento ; pare ad ogni modo che in quella località esistesse un vecchio
cimitero, da lungo tempo abbandonato, ma nessun indizio si ebbe che potesse dare qualche
luce sull'attuale rinvenimento che, a quanto mi consta, è sinora isolato.
L'importanza dell'attuale scoperta è perciò limitata per il momento al reperto in sé
stesso, che qui descrivo brevemente.
Le monete sono in numero di quaranta, delle quali trentasette soldi d'oro bizantini
di egregia conservazione e freschezza e tre monete arabe, di buona conservazione esse pure,
benché alquanto consumate dall'uso. Gli oggetti d'oro sono frustoli e frammenti informi,
materiale raccogliticcio e serbato per il valore del metallo. Il vasetto di terracotta che
conteneva il prezioso marsupio, andò in schegge e l'egregio sig. Clemente non potè rac-
coglierne neanche la più piccola traccia.
Delle monete bizantine ecco la indicazione precisa :
N. 16 esemplari di soldi d'oro di Teofilo con Michele e Costantino Vili (829-842):
V> * 06OFILOS bASIL€0 • Busto di fronte e diademato di Teofilo con la croce
greca nella d. e volume nella sinistra.
1* + MIXAHL- S • COhSIAhllh' Busti di faccia e diademati di Michele e di
Costantino Vili ; nel campo croce (Sabatier, Monti, byzml. IT, 93, n. 13,
tav. XLlII, 16.
Una sola moneta presenta la variante nella grafìa del rovescio : + MIXAHL*
S-COhtAhTJh.
N. 21 Esemplari di soldi d'oro di Basilio I e Costantino IX (869-870).
D bASILIOS €T COhSIAhT- AMCC- Busti di faccia e diademati di Basilio I
e di Costantino IX, che insieme tengono la doppia croce greca, l'uno con
l'abito a losanghe, l'altro a pieghe.
K- + IhS- XPS* R€X • R€CNANTIVM • Cristo nimbato e su croce seduto di
fronte, la mano destra levata, nella sinistra l'Evangelo (Sabatier, ivi, TI,
p. 107, n. 5, tav. XLIV, 22.
SARDINIA — 295 — PORTOTORRES
Le tre monete arabe, di buona conservazione, furono gentilmente determinate dalla
dott. Lorenzina Cedano, che richiamandosi alla classifica del Lagumina (Catalogo delle mo-
nete Arabe, pag. 135, Tav, I, 9) le riferisce all'Emiro Aglabita Ibrahim b. Ahmeddel261-
269 dell' Egira = 874-902 d. C. e precisamente all'anno primo del suo regno, 261 = 874,
senza indicazione alcuna della zecca di coniazione.
Gli oggetti d'oro ricuperati insieme alle monete descritte sono i seguenti :
a) Tre frammenti del peso complessivo di gr. 18, di un braccialetto tubulare,
schiacciato e squarciato ; quella che era una delle estremità del braccialetto termina con
un manicotto decorato da fìtto intreccio a rilievo in fìli°rana. La lamina di cui è for-
mato il braccialetto è molto robusta, ma non presenta nessuna specialità caratteristica
per riferirlo ad una data precisa, poiché il semplicissimo motivo decorativo si presenta
tanto nell'orificeria così detta barbarica, che in quella bizantina.
b) Frammento di orecchino d'oro a cerchiello robusto, peso gr. 3, con ingrossa-
mento al centro ; ad una delle estremità è spezzata la parte sottile che penetrava nel
lobo dell'orecchio ; anche di questo oggetto non è possibile precisare l'età.
e) Numero 22 sottili lamelle d'oro di forma rettangolare, delle dimensioni di cui. 1
a 1.5 ; quasi tutte liscie sulle due faccie. una sola sembra ritagliata da una lamina deco-
rata, ma il motivo decorativo è quasi completamente scomparso.
A cosa potessero servire queste lanunetto, del peso complessivo di 19 grammi, non
saprei dire ; forse dovettero servire a decorare qualche parte d'indumento femminile,
forse qualche cuffìetta, cucite o intessute nella trama.
Il modesto reperto di l'ortotorrcs. pure interessante per il gruppo di monete e per
la nobiltà del metallo, non ci dà troppa luce né sull'origine probabile di esso, né sul-
l'epoca a cui si riferisce, che è tra le più oscure della storia medioevale della Sardegna.
Dalla presenza delle monete dell'emiro Aglabita Ibrahim b. Ahmed noi siamo au-
torizzati a collocare il ripostiglio a dopo l'anno 874 d. C. Se la grande maggioranza di
monete bizantine conferma la presenza in Sardegna di autorità, di dominatori e di po-
tenza bizantina, attestata dai rapporti tra il papa Giovanni Vili ed i principes Sardi-
nòte, ricordati per l'anno 873 (*), pure la presenza delle tre monete arabe non è senza im-
portanza per i rapporti tra la Sardegna ed i Mussulmani. Resta anche confermato quanto
ci è riferito dallo storico Arabo Ibn el Atir (2) che l'isola dall'anno 753 al 935 non fu
molestata dagli Arabi, per quanto si debbano registrare i tentativi dell'anno 806, ricor-
dati dagli Annali hoiseliani (3) e la fiera crociera compiuta nell' 828 per ordine di Lotario
da Bonifacio, conte di Lucca e da vari conti di Toscana, allo scopo di snidare i corsari
Arabi dai loro ripari nella Corsica donde assalivano l'isola sarda, crociera che terminò
con l'assalto sulle coste dell'Africa e con la sconfìtta degli Arabi (*). Si vede però che
durante i periodi di relativa tranquillità dell'isola dalle incursioni arabe non dovevano
essere mancati rapporti di carattere pacifico e commerciale tra gli Arabi della Sicilia
e della Tunisia, delle Balearì e della Spagna, con gli abitanti delle parti settentrionali
(x) E. lìesta, La Sardujna medioevale, I, pag. 43.
(2) Amari, Biblioteca Araba Siculo, I, 11.
(3) Bouquet, Rerum Gallicarum Scriptores, t.ib. VII, anni 806, 807.
(*) Manno, Storia Moderna della Sardegna, pag. 335.
SERRI — 296 — SARDINIA
della Sardegna e specialmente col porto turritano, rapporti di cui sarebbero appunto
testimonio le monete di Tbrahim b. Ahmcd, conservate nel nostro ripostiglio di Porto-
Torres, insieme ad un numero preponderante di monete bizantine di Teofilo con Michele
e Costantino Vili e di Basilio I con Costantino IX, che rappresentano appunto il pe-
riodo dall'anno 829 all'870, in cui non troviamo ricordati assalti arabi in Sardegna, men-
tre invece non sono mancati sotto gli imperatori menzionati sanguinosi conflitti con gli
Arabi ste si in altre parti dell'impero.
A. Tarameli!,
XX. SERRI — Nuovi scavi nel santuario nuragico presso la chiesa
di S. Maria della Vittoria, sull'altipiano della Giara.
L'altipiano della Giara di Seni ha già dato negli anni 1909-10 interessanti avanzi
per lo studio delle antichità preromane della Sardegna, cioè il tempio a pozzo, difeso da
una cinta nuragica, presso la chiesa di S. Maria della Vittoria, ed il recinto circolare
mcgalitico con altare e sedile, situato verso Tiritenio del pianoro ('). Ma l'interesse della
località non era ancora esaurito con le due campagne già intraprese su quell'altipiano,
così notevole per la postura e per i suoi avanzi monumentali; specialmente accanto al
tempio a pozzo ed i resti del recinto fortificato con torre munita di feritoie si stendeva un
tratto di terreno tutto a cumoli di materiali con traccie di costruzioni ohe richiamava la
mia attenzione e che era certo interessante di esplorare.
Le mie proposte furono accolte dalla Direzione generale delle Antichità che mi fornì
a più riprese i fondi per le indagini, per quanto l'accresciuto costo della mano d'opera
rendesse il lavoro di scavo di maggiore dispendio e di minore profitto.
I risultati delle brevi campagne condotte dal 1919 al 1921 sono qui brevemente esposti
e sono resi più perspicui dall'accurata pianta e dai disegni del chiaro prof. Giarrizzo, che
qui ricordo con particolare gratitudine. Ricordo altresì il volenteroso aiuto datomi dal
Dr. Davide Fraioli, segretario del R. Museo e dalle autorità locali, in special modo dal gio-
vane segretario Sig. Eraldo Floris.
Durante questo periodo di scavi fu sgomberato un tratto abbastanza vasto dì ter-
reno, come risulta dall'unita fotografia (fig. 1). Debbo subito accennare che per la scarsa
profondità dello strato archeologico questo era stato molto rimestato, anche per la co-
struzione della chiesetta di S. Vittoria, che in tempo non ben definibile ma non molto
remoto, aveva attinto i suoi materali dalle prossime rovine.
II primo edifìcio che fu messo in luce in questa campagna, è quello segnato in pianta
nella Tav. 1, col n. 7, costituente i resti di un recinto circolare, che si trova addossato alla
cinta fortificata, proprio presso la pendice settentrionale dell'altipiano ; fu anzi lo sco-
(') Notizie d. Scavi, 1909, pag. 412cseg. ; 1911, pag. 291 eseg. ; // Tom pio nnragicoed intontimenti
primitivi di S. Vittoria di Serri, in Monumenti antichi dei Lincei, voi, XXIII (1914) pag. 314 e seg.
SARDINIA
297 —
SKKRI
scendimento di questa che portò per coseguenza Io scoscendkaeBto di parte del
recinto (fig. 2 e 3). (')
11 recinto, di pianta ad un dipresso circolare, del diametro di circa ni. J 1,50 e con-
servato per circa due terzi della sua periferia, non si leva molto alto sulla roccia su cui
posa. La fronte esterna del muro perimetrale ha due filari di pietre basaltiche, abbastanza
ben connesse, quelle del filare inferiore sbozzate, quelle del corso superiore bene squa-
Fig. 1 - Veduta generale dello scavo del tempio ipetrale e del piazzaletto antistante.
Nello sfondo il Monte Trcmpii e l'altipiano della Giara di Gestori.
drate, lavorate finemente alla martellina, ma sì le une che le altre con la faccia esterna
accennante alla curva dell'edificio. T,a fascia interna del muro perimetrale è pure costituita
da pietre basaltiche di mediocre grossezza e sgrossate ; lo spazio tra le due fascie è riem-
pito di piccoli blocchi e di argilla assai compatta, in modo da formare un solido muro di
ni. 1.35 di spessore. TI recinto nella parte conservata, che è quella rivolta verso la cinta
con torre a feritoie, presenta un ingresso, di m. 1,20 di ampiezza, con due gradini per
scendere verso l'interno al pavimento, dell'area circolare interna, del diametro di
circa 8 metri. Era questa selciata in lastroni irregolari, ma giustaposti con cura e spia-
nati naturalmente in modo da formare una massicciata pianeggiante e regolare. Un la-
strone, emergente alquanto al centro, sembra la base di appoggio di un altare, posto al
f1) Gli scavi in corso, nel 1922, hanno messo in vista tutte le fondazioni dell'intiero recinto
circolare, che si innestava con la cinta di difesa di questa parte del santuario.
SEURt
— 298
SARDINIA
centro del recinto. II fatto notevole di questo recinto è il sedile disposto tutto all'ingiro,
formato di massi di pietra lavica e di calcare, alti circa m. 0,ó0, lavorati nelle faccie a
vista e muniti in alto da una stretta cornice a fascia di m. 0.10 di altezza (fìgg. 2, 3).
Le pietre del sedile, lunghe circa «un metro e curve, sono appoggiate alla faccia interna
del muro perimetrale e sopra ai lastroni del pavimento., avvicinate fra di loro in modo da
formare un sedile unico e continuo, che trova i suoi confronti con i sedili dell'altro recinto,
ho. - - Recinto circolate con sodile nell'intento,
dell'altipiano stesso della Giara e con quelli della capanna A, nel villaggio nuragico di
Serrucci, presso Gonnesa ('). Ma questo recinto, per l'accurata lavorazione delle pietre,
sia dei sedili che delle pareti, in confronto agli altri due ricordati che hanno un rude carat-
tere niegtilitico e sembrano costrutti per riunioni ed assemblee giudicanti di guerra e di
questioni giuridiche, ed anche per la sua vicinanza ad edifici di carattere sacro, dovette
avere uno scopo collegato al culto. Vorrei supporre che esso servisse a contenere od a rac-
cogliere, in meditazione aspettante ed austera, le persone che dovevano fare il loro sacri-
ficio e la loro offerta al prossimo tempio e che dalla rude arte delle statuette votive ci si
rivelano comprese dalla gravità severa del rito.
I materiali trovati in questa parte dello scavo si riducono a frammenti di rozza cera-
mica nuragica, con numerose anse a ponte; in bronzo si ebbero spilloni frammentati,
(l) Taramelli, Indagini nella cittadella nuragica di Serrucci, presso Gonne**, in Monumenti antichi
della R. Accademia dei Lincei, voi. XXIV (1917), pag. 634 e se».
SARDINIA
— 299 —
SKRRl
frustoli di pugnaletti a lama piatta ed una statuetta votiva, probabilmente femminile
ffig. 4). E del tipo già noto da varie statuette di Abini e da quella recentemente trovata
a IS'uragus ed in altri punti dell'isola, col corpo esile, chiuso in una tunica quasi come in
una guaina, munita in basso da numerose balze, una delle quali decorata ; il capo invece
più grosso, con i lineamenti del viso esagerati, occhi sporgenti, naso, mento ed orecchie
di forte risalto; accennata la discriminatura dei capelli. La testa è avvolta da un velo nella
parte superiore, che scende ai lati ed alla nuca, sotto l'abito. La figurina è coperta da un
Fig. 3 - Interno del recinto circolare.
ampio mantello che scende sino ai polpacci, decorato all'orlo inferiore ed al collo da una
stretta fascia di decorazioni incise a bulino, riproducenti forse un'orlatura di pelo o di rozzo
ricamo attorno al mantello. Nella mano destra, come in tante altre statuette votive, è
protesa la ciotola dell'offerta. La mano sinistra è spezzata, come sono stroncati i due piedi
nel violento strappo dalla tavola di offerta dove la statuetta era impiombata. E notevole
l'ampiezza degli occhi che fa pensare alle note fattucchiere della leggenda sarda, dalle
doppie pupille; certo queste sacerdotesse servivano, con il loro ascendente, a mantenere
la rigida disciplina religiosa della tribù (1).
La grande dispersione che presenta il materiale votivo del santuario non ci lascia
certi se da questo recinto circolare o dal vicino edificio religioso sia provenuta la statuetta :
lo stesso dicasi della grande accetta in calcare levigata, assai lunga ed appiattita (lungh.
(x) Solino, 1, 101 ; Péttazzor.i. Relirj. primit. della Sardegna, pag. 57 e seg.
Notizie Soavi 1922 — Voi. XIX.
39
SERRI — 300 — SARDINIA
cm. 23) che si trovò spezzata nel recinto e che meglio che adatta per uso pratico apparve
oggetto rituale, forse per sacrificio di animali nel tempio.
L'edificio più importante messo in luce in questa campagna, attiguo al recinto circo-
lare ed alla torre a feritoie, ha disposizioni sinora ignote tra gli edifici riferibili ad etcì nu-
ragica, diverse da quelle dei templi a pozzo già noti ed esplorati, sia a Serri che a
Sardara ed a Ballao. Ma per i suoi elementi fondamentali è certamente da ritenersi un
tempio od un luogo di culto della gente protosarda.
Fig. 4 - Statuetta femminile, in bronco, rinvenuta nel recinto del sedile.
L'edificio, modesto e semplice, segnato nella pianta a Tav. III-IV, col n. 8, nelle sue
disposizioni appare essere stato riparato molto largamente almeno una volta e poi sotto-
posto ad una distruzione generale definitiva che ne troncò la sua esistenza con un incendio
violentissimo di cui restano evidenti traccie nei materiali calcarei della sua costruzione.
Le traccie del piano antico erano profonde poco più di m. 0,80 sotto l'attuale su-
perficie; negli strati superiori si ebbero monete medievali, più sotto cocci e monete romane
e puniche, poi un letto ricco di materie carboniose, posante sul pavimento antico, nel quale,
in prevalenza, si ebbero avanzi dell'età nuragica. Ma in causa dello sconvolgimento antico
e profondo avvenuto nel terreno, per la ricerca di materiali di costruzione per la chiesetta
di S. Vittoria, la regolarità dello strato era stata in vari punti disturbata, tanto che fram-
menti di stoviglie moderne, frammisti a quelle romane, puniche e medioevali si ebbero
in qualche punto in mezzo al materiale nuragico.
SARDINIA
— 301 —
SERRI
Il recinto, o tempietto, Tav. III-IV, n. 8 e fig. 5, ha la pianta presso a poco rettangolare
di in. 4.80 X 5.80, orientata da nord a sud, aperta e senza parete verso nord, e da questo
lato preceduto da un'area selciata da lastroni di calcare e con uno stretto passaggio al
centro della parete breve a sud: al lato verso nord, invece, sono disposti gli altari, in
numero di due; nell'interno, alla parete laterale di destra ed a parte di quella di fondo
sono addossati due banconi, meglio che due sedili, in muratura, alti m. 0,80.
I muri che costituiscono questo recinto sono bassi da ni. 1.20 a 1.30, ma è evidente
che anche in origine non dovevano essere in genere molto più alti, tranne che nel lato si-
Fig. 5 - Veduta complessiva del tempio ipetralc: dietro, a destra, la torre a feritoie.
nistro, ed hanno le traccic di ritocchi e di rabberciamenti l'atti assai evidentemente in
seguito ad una prima distruzione dell'edificio.
Lo spessore e la struttura delle pareti racchiudenti la celletta non sono uniformi.
11 muro di destra, solido e largo ni. 1.60, è in grossi massi di basalto, abbastanza regolari,
sbozzati e disposti accuratamente nelle due faccie a regolari corsi, con fanghiglia negli
interstizi.
La parete di fondo, ancora più larga, ni. 2.00, è a conci di basalto sbozzati nella faccia
esterna; nella faccia interna invece a conci più regolari di calcare sbozzati e squadrati
nella faccia a vista e tagliati a cuneo verso l'interno del muro che era insaccato di bloc-
chetti e di argilla. Questa parete veniva ad addossarsi all'attigua capanna rotonda, di cui
diremo più innanzi, la quale appare evidentemente costrutta in età più antica.
La parete verso sinistra, meno conservata delle altre due, è però meglio costrutta,
in lastre calcari, egregiamente squadrate, levigate ed accostate fra di loro ed innestate
SERRI
— 302 —
SARDINIA
per mezzo di sporgenze semicircolari, a cui corrisponde un incavo nella prossima pietra
(fig. 1 1 e Tav. III-IV, n. llj; però anche questa parete fa parte della medesima cella ma è
indubbiamente un rifacimento posteriore, quando, dopo una distruzione parziale del-
l'edificio, si rifece la parete, sostituendo all'antica muratura rozza, di cui rimasero
solo i corsi di fondazione, un muro elegante, di ni. 0.60 di larghezza, dietro al quale
è addossato un altro piccolo ambiente, che ritengo un ripostiglio, tutto quanto costrutto
con pietra calcare (figg. 10, 11).
Fig. G - La parete di fondo del tempio;
al disopra del muro i blocchi in calcare per l'infissiono dei voti.
Ho accennato che i muri perimetrali, tranne quello di sinistra, non sembra sieno
stati anche in origine molto più alti ; il grosso muro di destra è ben livellato e la superficie
regolare è data dal dorso dei grossi massi basaltici disposti sulle due faccie. 11 muro del
lato breve, attraverso al quale si apre lo stretto passaggio, conservava in posto nella sua
faccia superiore, due robuste lastre in calcare, squadrate e spianate e con evidenti segni
dell'azione del fuoco e la superficie tutta quanta perforata dalle consuete incavature per
infissiono di oggetti votivi, in alcune delle quali erano ancora conservati, col piombo, i
resti di oggetti in bronzo, per lo più spade ivi infisse per voto e violente niente stroncate
(fig. 6). Appunto queste lastre sono una testimonianza evidente dei luoghi di culto nella Sar-
degna e non lasciano alcun dubbio sul carattere religioso del recinto di S. Vittoria. Altri di
questi lastroni a superficie incavate si trovavano ancora in posto sui due tratti di banconi
o muricciuoli disposti innanzi al tratto di parete di fondo ed a quella laterale, costrutti in
SARDINIA
— 303 —
SERRI
conci regolari, ben disposti a filare in calcare, legati con argilla ; la superficie di questi
panconi è in belle pietre grandi, taluna delle quali conserva qualche incavatura ed im-
piombatura (figg. 7, 8) ; su tali panconi, come anche sui muri perimetrali, erano quindi
deposti ed assicurati i doni votivi dai devoti pellegrini che erano venuti al tempio per
sacrifici od altri riti. Poiché noi abbiamo la prova che i muri perimetrali non erano in ge-
Fig. 7 - Parete laterale del tempio,
con bancone sorreggente le lastre per le offerte votive.
nere più alti di quanto lo siano ora, dobbiamo pensare die il sacello fosse un recinto
ipetrale, per riti e sacrifici all'aperto, siti dico.
Altra prova del carattere sacro del recinto e di una lunga durata del culto è pure
data dagli altari: su uno di questi, nel lato nord-ovest può sorgere il dubbio, trat-
tandosi di un grosso dado di muro a blocchi basaltici, quasi in continuazione del lato
destro dei muro; ma per gli altri due gli clementi tipici degli altari sono della maggiore
evidenza.
Di questi altari uno è situato quasi sull'asse mediano del recinto, presso al suo ingresso ;
(Tav. III-IV, n. 10), l'ateo, alquanto più piccolo, al lato sinistro, disposto perpendicolar-
mente alla parete del recinto e sporgente di un tratto fuori di essa (pianta a Tav. III-IV,
SERRI
— 304 —
SARDINIA
n. 9). La forma e la «truttura dei duo altari è la stessa. L'altare the diremo mediano, messo
in senso normale all'asse del recinto, di pianta quasi rettangolare, di m. 3.40 di lunghezza,
è costituito di due strati, quello inferiore risulta in parte formato da un segmento di un
grosso disco in basalto che sporge alquanto dalla faccia anteriore (fig. 9) e che ha la superficie
leggermente convessa, lavorata finamente allo scalpello, come è lavorato anche il fianco
che presenta come una specie di zoccolo sporgente, lavorato a spigoli vivi. Il diametro di
Fio. 8 - Interno del tempio e parete laterale.
questo disco è di ni. 0,80 : l'altezza di iti. 0,35. Al di sopra dello strato di cui fa parte il
mezzo disco basaltico è la mensa dell'altare, composta di grandi pietre spianate sulle
faccio e così stabilito da lasciare al contro un vano triangolare che ha la sua continua-
zione nel sottostante strato e che evidentemente doveva servire per accogliere il sangue
dello vittime.
Anche l'altare laterale, di m. 2,60 di lunghezza, aveva un consimile segmento di disco
basaltico nello strato inferiore, alquanto sporgente, e la superfìcie composta di pietre che
lasciavano al centro il vano presso a poco triangolare. Nei due altari, in luogo dell'ar-
gilla per cementare la muratura, fu impiegato un sottile strato di calce tenacissima, indizio
questo di un rifacimento in età meno remota, forse punica, degli altari stessi, che forse
in un più antico periodo erano uno solo, composto dal disco completo di basalto e dalla
tavola o mensa soprastante. La presenza della malta cementizia con calce nella strut-
tura degli altari si accorda con quella di frammenti di anfora punica col fondo a
punta e di qualche moneta dello stesso periodo, elementi sporadici in mezzo al materiale
SARtì:Sr.\
- 305 —
SÈRIU
prevalentemente nuragico, ma dei quali si dovrà forse tener conto per la cronologia di
almeno una parte del giacimento.
^'altare mediano, per le sue dimensioni, poteva essere atto al sacrificio di un grosso
animale, o bovino o cervino, quello laterale per animali di dimensioni minori, ovini o
suini.
Al deflusso del sangue delle vittime sacrificate all'altare di sinistra dovettero servire
alcune pietre calcari rettangolari, con un solco tagliato ad angoli vivi che furono rinvenute
vJ^r
Fig. 9 - Pianta dell'altare mediano
del tempio ipetrale.
Fig. 10 - Pianta dell'altare laterale
e della piccola camera o recinto adiacente.
accanto all'altare, sotto al pavimento di terra battuto e ciottoloni. Alcune di queste
pietre del canale sono visibili nella fotografìa riprodotta a fig. 12. Per lo sconvolgimento
dello strato archeologico in questo punto, il canale non si potè seguire nel suo percorso,
rimane quindi incerto se esso conducesse direttamente all'orlo del ciglione verso nord ose
invece andasse ad immettersi in un altro canale, pure composto di pietre incavate da un
solco a sezione rettangolare, di cui si ebbe traccia sotto al recinto e che usciva dalla parete
occidentale per un'apertura abbastanza regolare. Quello che è certo si è che, analogamente
a quanto fu osservato nell'altare del tempio a pozzo dello stesso santuario, un canaletto
accuratamente disposto guidava il deflusso di liquidi dall'altare fuori dell'area del tem-
pio, forse ad una fossa di raccolta, come si ebbe nell'altro tempio, ma della quale qui non
SÈKRi
— 306 —
SARDINIA
ebbi traccia. Gli avanzi del canaletto però non lasciano dubbio sull'esistenza di questo
elemento rituale o semplicemente igienico.
Accanto allo stesso altare di sinistra si ebbe anche una pietra betilica in calcare
bianco, egregiamente lavorato a tronco di cono liscio e regolare, alto m. 0,31 e del dia
metro massimo di m. 0,47 (figg. 13, 13«), che nella sua faccia superiore presenta un taglio
netto ed al centro un piccolo cono tronco esso pure; la base del betilo è incavata a ca-
tino e nel centro di questa cavità ha una sporgenza conica rivolta verso il basso. La forma
Fig. 11 - L'altare laterale col fianco del tempio ed il piccolo ambiente ripostiglio.
di questa pietra, analoga a quella trovata presso il tempio a pozzo (l) e la sua giacitura
presso l'altare suggeriscono il nome del betilo ; ma il significato religioso del duplice
cono rivolto l'uno all'alto e l'altro in basso rimane ancora ascoso fra le incertezze delle
nostre cognizioni sull'essenza e sulle forme della religione Sarda. Si noti che il betilo
era decorato da una fascia regolare, incavata, che correva tutto all'indirò e che questa,
unitamente alle traccio di due impiombature ai lati del cono, attestava lo scopo di
dare evidenza, sia con l'ornamento che con l'infissione di qualche aggiunta in bronzo,
il carattere sacro della pietra betilica.
Collegato certamente al rituale del sacrificio ed all'altare di sinistra era anche la
tavola in pietra calcare, rinvenuta accanto ad esso (fig. 14, a- e). K un blocco di calcare
bianco, a sezione trapezoidale, largo di sopra e più ristretto nella faccia inferiore (ine-
(') Monumenti Antichi dei Lincei, voi. XXIII (1914), pag. 351, fig. 22.
SARDINIA
— 307 —
SERRI
tri 0.70 X0.52, alt. 0.27). La superficie è recinta dal largo urlo in rilievo sopra tre lati,
mancante invece nel quarto, che presenta una incisione ritagliata ad angolo eoi vertice
in basso, con due rientranze, parimenti incavate ad angolo. A questa incisione, o in-
castro, si adatta precisamente un blocco in calcare, a sezione triangolare che ha nella
faccia superiore un canaletto incavato. Ritengo che la pietra fosse un altare per liba-
zioni o per sacrificio e che da esso il sangue o i'offerta liquida fluisse, per mezzo de! ca-
naletto applicato, verso un ricettacolo sotterraneo. I due lati della tavola d'offerta si
Fig. 12 - Altare laterale e frammenti in calcare con traccie di canaletto
di deflusso dei liquidi di offerta.
presentano ornati ciascuno da sfaccettature triangolari, le quali formano una decora-
zione della pietra e ne accentuano, per così dire, il carattere sacrale ; non oso però di
pensare che in questo motivo decorativo a triangoli si abbia a vedere una significazione
simbolica (fig. 14 6, e).
11 pavimento della cella era in terra battuta a ciottoli di lava, assai irregolarmente
disposti e presentava evidenti traccie di fuoco violento a cui dovevasi il letto ricco di ma-
terie carboniose che tutto quanto lo copriva.
Accennai che accanto all'altare di sinistra si videro le traccie di un piccolo ambiente
di m. 2 X 3.70, attiguo alla cella e da questa separato per mezzo dell'esile parete di si-
nistra. (Tav. III-IV, n. 11). L'ambiente, piccolissimo, con mura ben costrutte e traccie
di un gradino o pancone nella parete stretta, aveva le mura perimetrali appena accen-
nate ed aperto il lato minore verso est ; forse fu usato come deposito di oggetti votivi o
per altro servizio del santuario.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 40
SERRI
308
SARDINIA
Ho accennato alla quantità di ceneri e di carboni che si trovarono nell'interno del
tempio ; è una coltre di terriccio carbonioso, traccia di fuoco violentissimo dal quale
furono calcinate le lastre in calcare delle tavole di offerta ed in mezzo a cui si rinven-
nero fuse le impiombature dei voti e guasti dal calore e dalla cenere tutti gli oggetti in
bronzo, in gran parte coperti da patine assai cattive. Tali materie carboniose non credo
provenissero dall'incendio di una copertura lignea della cella, che io ritengo invece sia
stata ipetrale. Credo invece che tutti questi resti d'incendio siano la testimonianza della
violenta fine del luogo sacro, quando, espugnato dai nemici il santuario, dopo vinte le
difese, si schiantarono dalle tavole d'offerte e dai ripostigli tutti i doni e le stipi votive
e fu acceso un gran fuoco delle legna e dei lentischi resinosi di cui certo abbondava an-
che allora l'altipiano e vi furono gettati i segni del culto indigeno, perchè questi scom-
0^.40
Fig. 13 - Pietra bctilica
rinvenuta presso l'altare laterale.
< C~,29 >
Viq. 13 a - Sezione della pietra betilici.
parissero per sempre e tacessero in un colpo le voci sacre stimolatrici di vendetta e di
indipendenza.
Così mi spiego la violenza della dispersione del materiale che venne trovato ih ge-
nere spezzato, schiantato e poi rovinato dal fuoco e dalla cenere entro cui andò sepolto.
Data questa distruzione violenta e farraginosa non si può parlare di strato regolare di
deposito ; la parte più profonda dello strato, prossima al selciato era più ricca di avanzi
archeologici che erano fitti presso gli altari ed ai tratti di banconi delle offerte.
Tale strato d'incendio si stendeva anche di fronte al tempio, dove si notarono le
traccie di un selciato in lastre calcari non molto spesse ; in qualche punto del tratto messo
allo scoperto al selciato superficiale ne sottostava un altro più profondo, forse pavimento
di epoca più antica. Anche questa era una prova di un rifacimento 0 di un riattamento
del tempio.
Tutto il materiale di terriccio con avanzi di carboni e ceneri che occupava il re-
cinto ipetrale e nel fondo del quale erano fitti i residui del deposito votivo, venne di-
ligentemente rimosso ; la parte più bassa dello strato appariva omogenea e formata in
un solo tempo, in seguito ad un'incendio le cui traccie non solo si posarono sulle pietre
calcari dei banconi, ma le alterarono anche in modo sensibile.
SARDINIA
— 309 —
SERRI
L'esplorazione dello strato sottostante al pavimento di terra battuta e di ciottoli
basaltici del recinto fu specialmente interessante attorno ai due altari ; vi si ebbe una
1<* | 5 f Cm.llf
Fio. 14 - Tavola di offerta per libazioni.
F or, 3 a >
Fig. 14 a - Fronte della tavola di offerta.
massa di ceneri addossata alla base degli altari stessi, tanto di quello centrale che di quello
di sinistra ed in mezzo a queste ceneri si raccolsero ossa di animali evidentemente uc-
cisi e sacrificati agli altari e resti di stoviglia nuragica. ^ cvrj-2.3
Gli animali rappresentati in quel cumulo sacrificale erano
bovini, con ossa lunghe e denti ; ovini, con ossa femorali,
del cranio, con varie mandibole, e suini, con ossa varie e
J
A
in
P
=*
Y
Fio. 14 6 - Canaletto deferente della tavola d'offerta.
specialmente mascelle ed ossa lunghe. Non mancavano
anche le valve di molluschi marini, di specie viventi, e
importate certamente sul luogo dagli stagni e dalle
spiaggie del golfo d'Oristano.
Ai piedi dell'altare centrale, in mezzo alle ceneri, si
ebbero vari frammenti di ceramica nuragica di rozzo
impasto e di scarsa cottura ed in mezzo a questi si poterono anche recuperare i seguenti
vasi intieri o ricomponibili nelle loro parti :
a) Olla ovoidale di impasto fine e con la superfice a fine ingubbiatura di
tinta più chiara, di forma regolare, biansata, con anse simmetriche, a gomito ; sul ventre
si imposta un breve colletto, poco espanso. Il vaso, dal fondo alquanto schiacciato, alto
cm. 17 e largo alla bocca 12, è di tipo abbastanza consunto nei depositi nuragici, ove
Fig. 14 e - Canaletto di deflusso,
pianta e sezione.
SERRI
310
SARDINIA
si trova di varie dimensioni, o grandi, rome a N. Lugherras, o assai piccole, come nei
vasi votivi di N. Sianeddu presso Cabras (*) (fig. 15).
b) Olletta di rude impasto ma di cottura intensa, che penetrò tutta la massa delle
spesse pareti, riproduce la forma della precedente, ma è di piccole dimensioni, e molto
rovinata. Alt. cm. 8.
e) Olletta di rude impasto e di cottura intensa, ovoidale, ma a fondo piatto, rotta
e slabbrata. Alt. cm. 12.
d) Olletta ovoidale ed alto colletto e biansata, di forma armonica ed elegante ;
ha vari confronti nei vasi di % Lugherras e di N. Sianeddu, alta cm. 11. Alla bocca
cm. 7 (s) (fig. 16).
Fig. 15 - Olletta rinvenuta presso l'altare centrale.
Fig. 16 - Olletta rinvenuta presso
la precedente.
e) Coppa semisferica di argilla fine e superficie nerastra, ingubbiata e lucente, con
una breve ansa applicata, rudimentale; alt. cm. 5, bocca cm. 7. È una forma di tipo neo-
litico, come ci è dato dalle domus de Gianm di Serbariu, esplorata dal Gouin (3), ma
che però si è mantenuta sino all'età nuragica a N. Sianeddu ed altrove (*) (fig. 19).
f ) Piccola tazza tronco conica, di rozzo impasto e dalle pareti assai spesse ; la
superficie però ha una fine ingubbiatura ed un'ansetta a bitorzoletto applicata. Sembra
un vaso di scopo sacrificale, ed anch'esso è tipo di persistenza neolitica (5) fig. 18.
g) Rozza olletta ovoidale a colletto eretto e grande ansa al collo, con fondo appiat-
ta1) Taramelli, Monumenti Antichi dei Lincei, voi. XX, pag. 222, fig. 27; Pinza, Monumenti pri-
mitivi della Sardegna, tav. XXIIT, fig. 17.
(*) Pinza, ivi, pag. 226, fig. 120.
(3) Pinza, ivi, fig. 17.
(«) Pinza, ivi, fig. 126.
(5) Troviamo forme analoghe ad Ar.ghelu Ituju, Monumenti Antichi, XIX, p. 446, fig. 41 e nelle
grotte di Capo S. Elia, a Cagliali, Pinza, op. cit., tav. Ili, 21.
SARDINIA
— 311 —
SERRI
tito ; alt. cm. 6, bocca cm. 3, fattura grossolana e forma insolita, però già nota a N. Sia-
neddu (J) (fig. 19).
h) Altro vasetto ovoidale a grosse pareti e fine ingobbatura ; l'ansa a ponte ora
spezzata, passava più alta dell'orlo. Vasi imitanti la forma dell'uovo non sono rarissimi,
e ne ebbi tra il materiale votivo del tempio a pozzo di Sardara (fig. 20).
Fig. 17 - Coppa rinvenuta presso l'altare.
Fig. 18 - Tazza a mano, ivi.
Fio. 19 - (Diletta rinvenuta, ivi.
Fig. 20 - (Diletta rinvenuta, ivi.
Materiali rinvenuti nell'interno del tempio.
Come ho accennato più sopra, l'interno della cella ipetrale era occupato da uno
strato di terriccio carbonioso, fitto di avanzi archeologici gettati alla rinfusa, frammen-
tati e rovinati da un'intenso fuoco ; specialmente fitti erano gli avanzi di oggetti in bronzo
lungo i banconi della parete destra e di fondo, dove posavano le tavole d'offerta, dalle
quali gli oggetti stessi erano stati schiantati, divelti e sconvolti, prima che fosse appic-
cato il fuoco che li distrusse in parte o li rovinò in modo grave. Per questa dupplice ra-
gione di schiantamento, dapprima, poi d'incendio gli oggetti de! tempio pervennero a
noi in uno stato per lo più frammentario e con patine assai cattive e superficie calcinata.
Ricordo qui i pezzi più interessanti e meglio identificabili raccolti in mezzo alla con-
gerie di frammenti di cui lo strato era disseminato.
Notiamo, in primo luogo, un gruppo di statuette o di frammenti di statuette votive.
Statuetta di capo tribù, (fig. 21) alt. cm. 11, di buona patina ; spezzata alla parte
inferiore delle gambe ed alle due mani. Il corpo è appiattito come una placchetta, ma
(') Pinza, ivi, pag. 224, Mg. 115,
SRRRI
— 312 —
SARDINIA
il capo è più massiccio, con i lineamenti espressi in modo grossolano, a vivo risalto. Porta
un casco molto aderente alla testa, con leggera cresta ed orlo in giro alla fronte. Sulle
spalle ha un mantello rigido che scende sino ai polpacci, trattenuto con un legame ed una
borchia al collo ed ornato da una fascia ricamata con bordo a minuti fiocchi lungo l'orlo
ed al fondo. Attorno al corpo una tunicella attillata ed al basso un cinto che circonda
il ventre, unendosi sul dinanzi dove appare allacciato da una cintura annodata, di
Fig. 21 - Statuetta di capo.
dietro invece termina a punta. Come unica arme ha il pugnaletto sostenuto da balteo
al petto.
Altra statuetta di guerriero, alt. cm. 12, spezzata ai due piedi ed alla mano sinistra,
la superfìcie è molto corrosa dall'ossido, forse in seguito all'azione del fuoco. Il corpo a
placchetta, ma il capo è solidamente trattato, coperto dal casco aderente, già notato nella
precedente ; la mano d. in atto di adorazione, spezzata la sinistra : tunicella attilata e
cinto attorno al ventre, al petto il pugnale appeso al balteo (fig. 22).
Altra statuetta di guerriero, alt. cm. 13, spezzati i due piedi ed alle braccia, che però
vennero ricuperate. È in atteggiamento di preghiera e di offerta, ha la destra aperta
alzata e la sinistra che regge una patera con oggetti allungati, forse dolci o focaccette.
SARDINIA
— 313 —
SERRI
Al corpetto o giustacuore attilato è sovrapposto sul ventre il cinto, trattenuto da fascia.
di cui si vedono i due lembi a fiocco. Il capo è difeso da un casco con rilievo mediano
ed orlo al fronte ; al petto un pettorale ampio, sospeso alle spalle, a cui è appeso un
pugnale ansato (fig. 23).
Testa di grossa statuetta di guerriero, molto guasta dall'ossido: notevole la gor-
Fig. 22 - Statuetta di guerriero
orante.
Fig. 23 - Statuetta di guerriero offerente
doni votivi.
gera al collo ed una speciale forma del casco, che vedremo in altre statuette, munito di
cresta a due punte, da corna ai lati e da una specie di visiera o di celata sul dinanzi.
Parte superiore di statuetta virile ; spezzate le avambracci, casco e pugnaletto
al petto.
Altra testa con piccolo casco.
Testa piccolissima, nuda, forse di statuetta di bambino.
Tronco di statuetta molto schiacciata, nuda ed inerme, con una piccola fascia al
fianco, l'ombellico espresso esageratamente, come in altre statuette della serie sarda.
Seguono ora alcuni frammenti riferibili a statuette votive.
SERRI
314
SARDINIA
Assai interessante è il frammento che riproduce una mano che sorregge, come
offerta alla divinità, tre pelli scuoiate di agnello, ripiegate per lungo e conservanti la
forma del corpo dell'animale, ft un'offerta caratteristica per un popolo pastore e
richiama le pelli scuoiate ed aperte che ripetutamente appaiono tra i segni di scrittura
nel noto disco di Phaestos ('), fig. 24. Ha del pari carattere agreste un'altro frammento
di statuetta votiva, composto da una mano sorreggente l'offerta di un porchette, dalla
superficie corrosa dal fuoco ; sono trattati con vivo senso di naturalezza tanto il corpo
Fig. 24 - Mano reggente un dono votivo
di tre pelli di animale.
Fig. 25 - Mino reggente
l'offerta votiva di un maialctto.
irto di peli dell'animale, che il tozzo grufo dalle nari beanti, come l'atteggiamento
abbandonato e rilassato di esso nella posizione di appeso al pugno dell'offerente. Maiali
dal corpo ispido di peli, propri dell'isola, si trovano riprodotti in altre statuette votive
della serie sarda, ma l'offerta del maiale, come quella delle pelli d'agnello, vi appare la
prima volta (fig. 25).
Pure a statuette votive appartengono : una mano con patera, su cui posa un oggetto
che pare un pesce ; un braccio con un pugnaletto impugnato, motivo non ancora rap-
presentato nella serie sarda; un braccio teso, imbracciante un arco di tipo già noto ad
Abini e Sardara. Lo strato del tempio ha dato anche numerose mani aperte in atteggia-
mento di preghiera, come pure molti piedi, alcuni grandi, con basetta d'incastro nelle
impiombature e resti di queste, altri appartenenti a piccole statuette filiformi e stiliz-
(') l'orniti-, in Ausonia, 1909; pag. 235; Della Seta, ltend. Lincei. 1909, Maggio; Evans, Th*
palate of lùiossoi-, 1921, pag. 649, fig. 482.
SARDINIA — 315
SERRI
zate. Da questi frammenti di mani e di piedi si deduce il numero di statuette votive
che dovevano trovarsi nelle tavole d'offerta e che andarono distrutte.
Come in altri depositi votivi, non mancano le figurine di animali, o simboli di voti
o espressioni di concezioni divine.
Isolata sinora tra le figurine votive sarde è la volpe (fig. 26), lunga cm. 10,5. Il corpo,
benché trattato schematicamente nelle gambe, è reso con discreta evidenza, specie nel
movimento della corsa con la grossa coda erta, le orecchie fuggenti ed il muso appuntito.
La volpe dovette essere comunissima in Sardegna, come lo è tuttora, ma la rappresen-
tazione di essa è assolutamente nuova nella serie dei bronzi votivi.
Più copiosamente rappresentate sono le colombe, denotanti divinità volanti nel cielo,
anche nella primitiva espressione artistica religiosa sarda. Ne abbiamo isolate, accop-
Fig. 20 - Statuetta di volpe.
piate, e impostate sopra oggetti rituali e la loro relativa abbondanza confermale osser-
vazioni già fatte, specie sulle navicelle votive, sulla piccola celletta del tempietto di
Mandas ed altri monumenti religiosi protosardi che si connettono forse a quel medesimo
ciclo di concetti espressi dalle figurine di colomba della serie micenea e minoica, ritenute
simbolo della divinità del cielo.
Propongo di chiamare col nome di cono betilico un cono in bronzo, incavato inter-
namente a bottone, alto cm. C e sormontato da una figurina di colomba (fig. 27). Tre figu-
rine di colomba, impostata ciascuna sopra un doppio anello, si rinvennero ancora fissate
in una sola piombatura (fig. 28); un'altra piombatura invece ci ha dato una semplice pa-
lombella su un doppio cerchiello (fig. 291. Abbiamo anche una colomba unica, posante
sopra un grosso fusto che si allarga nella parte superiore, con solchi verticali (fig. 30) ;
come anche una coppia di palombelle accostate, posanti su un sostegno (fig. 31) ed
un'altra coppia con le palombelle alquanto più distanti l'una dall'altra, su una traver-
sina, retta da ihi bastone (fig. 32), motivo questo già dato dal ripostiglio di Abini e
che si accosta forse anche per la significazione a quello della colomba celestiale che va a
posare il suo volo al di sopra del sostegno della sacra doppia ascia nel recinto sacro,
rappresentata nel sarcofago di Haghia Triada (*). Ancora una palombella si trova sopra
f1) Paribeni, Il sarcofago di II. T ridia, in Monumenti Antichi dei Lincei, XIX, pag. 5, 86,
Tav. I-Hj Evans, The ptilaee of Knossos, 1921, pag. 440, fig. 317.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 41
SERRI
— '616 —
SARDINIA
un piccolo bottone conico pure in bronzo (fig. 33). La meglio espressa fra tutte è anche
la bella figurina di colomba volante, con anello d'appicagnolo, espressa con molta
verità e vivo spirito di osservazione (fig. 34). Ad una figura di uccello rapace, invece,
Fig. 27 - Cono betilico sormontato da colomba.
forse ad un aquila, dovette appartenere la zampa espressa con singolare efficacia, con le
sue unghie adunche e munita ancora di codetta per la infissione alla base (fig. 35).
Riferimento ad offerte rituali hanno pure i seguenti oggetti in bronzo: Vasetto
imitante una cista semisferica in giunchi od in asfodelo con lungo piede allungato e
Fig. 28.
Piombatine con palombelle votive.
Fig. 29.
manico piegato sui fianchi; questa forma di canestro, che ancora vive quasi inalterato
in qualche parte dell'isola, può avere inspirato anche forme ceramiche dei vasi mi-
cenei (fig. 36).
Ad un tipo in terracotta è invece riferito il piccolo vasetto in bronzo a forma di anfo-
retta biansata, a corpo conico e alto collo, sostenuta da un grosso cordone intrecciato
(fig. 37).
SARDINIA
317 —
SERRI
Incerta è la spiegazione di un altro oggetto, qui riprodotto (fig. 38), raffigurante un
bastone che porta legato alla sua estremità un fascio di pruni ondulati in varia direzione ;
vorrei pensare ad una face con la fiamma ardente, simbolo del fulmine o del fuoco sacro,
Fig. 30.
Fig. 31.
Palombelle votive posanti sopra sostegni.
Fig. 32.
celeste che doveva avere parte integrale nel compimento dei sacrifici. L'oggetto fram-
mentario raffigurato a fig. 39, appartiene, a quanto sembra, ad un carro votivo ; pare
voglia imitare il corpo di un carro, composto di travicelli ricurvi intrecciati ed impostati
Fig. 33 - bottone in bronzo con palombelle. Fig. 34- Palombella volante con appiccagnolo
su di un montante, dal quale parte il pernio della ruota. A questo pernio si adatta in
modo preciso una ruota a quattro raggi, col mozzo sporgente, cosicché è attendibile la
riunione di questi due frammenti proposta nel disegno qui dato dal prof. Giarrizzo.
Oltre a questa ruota, altre se ne rinvennero, sia a quattro raggi che a sei raggi,
SKU1U
318 —
SARDINIA
Sono stati denominati come doni od offerte simboliche di arcieri certe asticciuole
terminanti con una penna triangolare e che imitano un'asta con le penne per guidarne
il lancio. Dallo strato del tempio se ne ebbero parecchie, di varia lunghezza, da cm. 13,
Fig. 35 - Zampa di sparviero votivo.
con le penne espresse a bulino, a quelle assai piccole di cm. 6 e 5. Non escluderei però
che tali asticciuole fossero l'attributo di statuette d'arcieri, andate perdute, e che por-
Kig. 3(i - Cista votiva in bronzo.
Fig. 37 - Vasetto votivo in bronzo.
tarano come distintivo l'alta asta pennata che vediamo così bene espressa nella sta-
tuetta di Abini piii volte edita (fig. 40).
Fra le imitazioni simboliche o votive di oggetti di uso militare devo anche ricor-
dare una mazza a nodi, appartenente a statuetta, ed una bella riproduzione di un'elsa
di pugnaletto votivo, con la guardia rialzata da un lato e l'appicagnolo posteriore,
robusta e di bellissima patina, e che riproduce il motivo dei pugnaletti che sono appesi
al petto delle statuette siirde di guerriero (fig. 41).
SARDINIA
— 319 —
SERRI
Fra i materiali votivi sono anche numerose corna di statuette di cervo stilizzate,
sia appartenenti a statuette dell'animale, anche allora frequentissimo in Sardegna,
oppure a protomi decoranti le navicelle votive o le spade votive, come i noti esemplari
di Abini (!) (fig. 42).
Accanto a tanti elementi di offerte militari, si ebbero anche numerosi avanzi d'armi ;
ricordo una cuspide tricuspidale di freccia, un'altra lunga di giavellotto lunga cm. 6
Fig. 88
Modellici di tace ardente.
Fig. 39
Frammento di carro votivo.
Fig. 40
Asta votiva di arciero.
(fig. 43). Vari acuminati pugnali tratti da punte di spada a dorsale molto saliente ;
(figg. 44, 45) ; si conservarono anche numerose piombature con basi di lame di spade, del
solito tipo a cordone centrale sporgente e taglienti sottili; in genere però le spade appari-
vano schiantate in minuti pezzi.
Ricordo anche un oggetto in osso, di forma triangolare, ad angoli smussati, forato
nel centro (fig. 46), forse un semplice bottone per i grossolani abiti primitivi, se pure non
vogliamo scorgervi un giocattolo da far rotare, infilato ad una cordicella ritorta, simile
ai <Són(ioi agitati nei misteri di Pionysos Zagreus e di Zeus Ideo, strumenti dei quali
il l'ettazzoni ha recentemente richiamato il grande interesse etnografico (*).
(') V. Pinza, Monumenti primitivi della Sardegna, p. 207, Tav. X, fig. 4 ; XIV, figg. 2, 7, i).
(2) l'ettazzoni, op. cit., pag. 210 e seg.
SERRI
320
SARDINIA
Numerosi anche gli aghi crinali, alcuni robusti, a testa contorta, alcuni altri con
testa a martelletto decorato da cerchielli bulinati: uno di questi aveva ancora la piom-
batura per la tavola d'offerta : non mancavano gli anelli ed i braccialetti in fdo di bronzo,
semplicissimi, e le catenelle a treccia ed a mandorle intrecciate e snodate, di accurato
lavoro. I vasi di lamina erano in gran parte accartocciati sotto al peso dei massi caduti e
dalla violenza del fuoco, in modo da non darci idea della forma loro originaria. Numerose
le piombature, sia per fissare gli oggetti alle tavole d'offerta, sia per congiungere tra loro
i massi di rivestimento calcare : una grossa piombatura aveva la faccia superiore deco-
Fig. 41 - Elsa di pugnaletto votivo.
Fig. 42 - Frammento di statuetta di cervo.
rata da impressioni profonde, richiamanti l'aspetto del meandro. La grande violenza
del fuoco fece colare molte piombature, ridotte a panelle sul fondo dello strato. La vio-
lenza del fuoco distruttore non permise che fossero conservati molti oggetti di sostanze
facilmente distruggibili o fusibili; ma alcuni di questi meritano speciale ricordo. Degno
di nota è un piccolo chiodo in bronzo con capocchia semicircolare, rivestita da lamina
d'oro saldamente applicata, con procedimento tecnico che troviamo usato in gioielli pro-
venienti dalla necropoli punica di Tharros ; non potrei però affermare che origine punica
abbia questo chiodo del tempio di Serri ; quanto alla significazione di esso si affaccia alla
mente la comparazione con i davi, che nel tempio romano erano anticamente usati a de-
notare gli anni succedentisi ed in seguito gli anni distinti da gravi avvenimenti, da sedi-
zioni, pestilenze, delitti memorandi (1). Ohe anche nel tempio di Serri, i duri con testa
(') Ricordo i! clavis tumuli* infisso noi tempio ili Giove a Roma. Della parete divisoria delle due
eelle di (ìiovc e di Minerva, nel giorno dell'ingresso in carica dei consoli, Tito Livio, VII, 8, 7. Cicerone,
ad Attienili, V,15. Più tardi la cerimonia avveniva solo per chiudere periodi calamitosi. Tito Livio, 111,6;
Dion, Halic. Ili, 67. Mommsen. Rom. Chronol, 176; Daremberg-Saglio, Dictionn, clavus, pag. 1241.
SARDINIA
321
SEKK'l
aurata servissero a indicare, nella vita della tribù battagliera, una data fausta e felice?
Ebbi- anche alcuni pendagli in ambra, di forma rettangolare, ma a sezione ovale,
con foro piccolissimo: danneggiati tutti dal fuoco, ma taluni abbastanza conservati,
anche nella superficie. La scarsa quantità di ambra data dagli scavi di Sardegna, sino
ad oggi, rende più prezioso questo piccolo ritrovamento (fig. 47). Di osso non ci per-
venne che un oggetto conico di cm. 6 di altezza, con un bottoncino rotondo all'estre-
Fig. 43 Fig. 44
Cuspide di freccia e pugnali in bronzo.
Fig. 45
mità, forse una piccola imagine di betilo. Interessante per la sua decorazione è una
piccola laminetta, purtroppo assai mal ridotta dall'azione del fuoco ; forse il corpo di
un pettine, unico per ora nelle raccolte protosarde e che esito a ritenere prodotto locale.
Essa e decorata da una serie di cerchielli concentrici, accompagnati da una fascia di
incisioni a semicircoli, disposti a diritto e rovescio, che si direbbe una riminiscenza lon-
tana della spirale micenea. La decorazione a cerchielli concentrici ci richiama verso
motivi famigliari nella decorazione protoetrusca della necropoli di Vetulonia ; anche
recentemente dalle tombe a camera di Populonia, con persistenza di materiali propri
delle più antiche tombe a fossa, il Minto ebbe manici d'osso così decorati (').
Tra i motivi decorativi ricordo anche un disco spezzato a metà, del diametro dicm. 7,
ornamento pettorale o coperchio di cassetta, decorato a rilievo, ottenuto in fusione, da
d) Minto, Notizie d. Scavi, 1921, pag. 207, fig. 13.
SEfcKI — 322 — SARDINIA
cordoni in rilievo disposti a cerchi concentrici ; tra un cordone e l'altro sta una serie di
piccole borchie in rilievo, motivo semplice, che sinora però non era apparso nell'austero
ambiente isolano (fìg. 48). Sparse nello spazio interno del tempio si rinvennero vario
monete, ma il loro giacimento sporadico e la grande latitudine di tempo a cui esse si ri-
feriscono non può dare altro indizio se non quello della continua frequenza di visita-
tori sul sacro altipiano. Abbiamo infatti, fra le monete di sicura determinazione : tre
Fig. 46 Fig. 47
Bottone in osso e perla d'ambra con foro.
medi bronzi punici, con la rappresentazione nel F della testa di Astarte e nel 9 figura
di cavallo in corsa a sin. (Miiller, Numismalique de VAfrique, voi. II, pag. 100, n. 257Ì ;
Un asse romano consunto ; una moneta d'argento medioevale, probabilmente pisana ;
una moneta aragonese, forse di Giacomo li, varie monete spagnuole e sabaude.
Attiguo al santuario, e strettamente unito ad esso, è un altro edificio che nella pre-
cedente campagna era stato segnalato, ma che ora venne completamente scavato in tutte
le sue parti (Tav. III-IV, n. 12). È un recinto circolare, del diametro esterno complessivo
Fig. 48 - Frammento di disco decorato da rilievi.
di m. 8.00, una capanna vera e propria, costrutta di blocchi basaltici di mediocre gros-
sezza, con molta inserzione di argilla; lo spessore medio dei muri di m. 1.75 lascia sup-
porre che la piccola cameretta interna, del diametro di m. 4.50, avesse una copertura
in frascame e non a cupola litica, come ritenni anche per le capanne del villaggio nura-
gico di Serrucci, presso Gonnesa (x). La base della capanna, nella parte rivolta verso
nord-est, cioè verso la facciata del tempio, era fasciata da un rivestimento di m. 0.60 di
spessore di due corsi di conci squadrati e lavorati nella stessa maniera che nel tempio
a pozzo e nelle pareti in vista del tempio rettangolare e del prossimo recinto a sedile.
Tale fasciatura in quella parte della capanna che era rivolta al tempio, rivelava una
cura particolare ed il carattere peculiare dell'edificio, che era certamente annesso al
santuario e doveva forse servire per diinora del sacerdote o della sacerdotessa, addetti
ai riti del luogo (fig. 49).
(l) Monumenti Antichi dei Lincei, Voi. XXIV (1917) pag. G40.
SARDINIA.
323 —
SERlil
Tale elegante fasciatura esterna segue perfettamente la curva esteriore della ca-
panna per un buon tratto di essa, le pietre che la costituiscono sono legate al muro re-
trostante di grossi blocchi con argilla tenace ; il nucleo della muratura rimane in vista
nelle altre parti.
Innanzi alla porta della capanna si ebbero le tracoie di un breve atrio rettangolare,
di ni. 2,40 X 2,80, rivolto verso mezzogiorno, una specie di protiro, con una delle pareti,
i
Fio. 49 - Capanna attigua al tempio ipetrale;
sul muro stanno i pilastrini betilici rinvenuti presso di essa.
quella di ovest, assai robusta e munita di un pancone o sedile in pietre rozzamente squa-
drate che l'occupava tutta quanta. Questo atrio, che aveva una bella esposizione verso
mezzogiorno e permetteva la visione di un mirabile panorama, era forse.il luogo di per-
manenza dell'abitatore di questa capanna, del sacerdote o della sacerdotessa, che com-
piuti i suoi riti, qui riposava, attendendo i visitatori e prodigando loro consigli e conforti.
Anche nell'atrio si rinvennero numerose ossa di animali, specialmente suini e vari
frammenti di ceramica nuragica, un pugnaletto in bronzo a lama triangolare, con due
fori per i chiodetti dell'impugnatura, di tipo assai comune negli strati sardi primitivi.
Nell'atrio si ebbe anche l'interessante statuetta di mutilato (fig. 50) alta cm. 13 ; è ben
conservata, con buona patina ; spezzato ma ricomposto il braccio destro. Il corpo si
presenta esile e schiacciato, ma più solido il capo ; è eretto sulle gambe alquanto diva-
ricate, leggermente curvo in avanti, nel consueto atteggiamento di preghiera, con la
mano d. alzata ma imperfettamente riprodotta, con sole quattro dita. La mano
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 42
SERRI
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SARDINIA
sinistra impugna, sollevandola, una gruccia, il piede destro è mozzo ; ma la stronca-
tura sembra originaria; per questo fatto, come per la presenza della gruccia, essa ci
suggerisce l'idea di un voto di mutilato. 11 viso si direbbe quasi una maschera, con bar-
betta appuntita, orecchie ed occhi sporgenti, naso fortemente accentuato e bocca
segnata da un solco : il capo eretto su collo lungo e nudo, è coperto da berretto con breve
risvolto che cade sulla fronte. Porta un corsetto attilato, a cui è applicata una breve
sottanella scendente al ginocchio, munita da tre cordoni, sui fianchi e sul dinnanzi; al
petto un grande pugnale appeso al balteo. Ha sulle spalle un breve mantelletto che ap-
pena copre, con i suoi lembi, le braccia e lascia vedere la veste
sottostante, trattenuto al collo da una fàscia traversa ; è un
abito succinto da guerriero e da corridore, le cui attitudini
sono messe in rilievo dalla snellezza della figura e dal forte
risalto dei muscoli del polpaccio, volutamente espressi, non-
ostante la rigidità del resto della figura. L'impressione che dà
questa statuetta è di appartenere ad un momento motto pro-
gredito della tecnica locale, già esperta ma avviata ad uno
schematismo geometrico ed incalzata da una frettolosità routi-
nière, indizio appunto di avanzata evoluzione.
Ricordo anche che in vicinanza della capanna, tra questa ed
il muro di cinta, che nella pianta a Tav. III-IV è segnato col n. 13,
venne rinvenuto, ancora ritto in piedi, un pilastrino in calcare
a forma leggermente piramidale, con le faccie perfettamente
liscie e levigate, come il piano di posa e quello superiore ; le
dimensioni di questo pilastrino sono di metri 0.72 di altezza
e di 0.37 X0.27, alla base. Un altro pilastrino, uguale di forma
e di dimensioni poco diverse, in. 0.71 di altezza e 0.33 X0.34
di base, fu rinvenuto atterrato a poca distanza, presso alla
parete della capanna. Poiché siamo in un ambiente sacro ci
vien fatto di pensare non a due pilastrini, situati per indicare
l'ingresso all'area sacra, ma a due pilastri betilici, da mettersi accanto al cono in cal-
care, rinvenuto lì presso, in vicinanza dell'altare laterale, ed a questa interpretazione
saremmo condotti anche dalla accurata lavorazione delle pareti, anch'esse arrossate
dall'azione del fuoco (v. fig. 49).
Piccole traccie di altri muri vennero in luce presso la capanna circolare e la facciata
nord del tempio ipetrale, ma in troppo scarsi resti per dare sopra di essi giudizio. Anche
ad ovest del tempio, presso al recinto del sedile, si osservò un tratto di muro che usciva
di sotto alle mura di difesa del santuario e che sembrava più antico di questa ; questo
muro si presentava massiccio, poco alto dalla roccia su cui posava e per metà disposto
come un sedile o un banco di offerta (Tav. III-IV, n. 4).
Fu di nuovo esaminata la scaletta in lastroni calcarei che dall'esterno saliva sopra la
torricella della cinta nuragica collocata presso al recinto circolare del sedile (Tav. III-IV,
n. 5) ; essa apparve costruzione di periodo seguente alla distruzione della cella proto-
sarda, abbastanza bene disposta, con materiale proveniente in parte da edifici prece-
Fio. 50
Statuetta di mutilato.
SARDINIA
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SERRI
denti; vorrei supporre che la scaletta conducesse ad un'edicola o ad un altare, forse
dedicato alla Vittoria, sorto in quella località dopo lo sterminio del tempio sardo e la
disfatta dei difensori. Si noti che attorno a questa scaletta, in uno strato molto superfi-
ciale, si ebbero numerosi cocci e qualche moneta repubblicana, molto consunta.
Un altro notevole muro che dalla capanna del sacerdote si dirigeva verso il tempio
a pozzo si cominciò a mettere in luce nella campagna del 1921 (Tav. I1I-IV, n. 13) ; esso
Fig. 51 - Statuetta di arderò.
era in blocchi informi, non molto grandi, legati con argilla, aveva uno spessore di m. 1.90
e potè seguirsi per un tratto di m. 14 ; presentava presso alla capanna un'apertura come
di porta, di m. 1,30 di ampiezza: il muro doveva segnare una separazione tra i due tem-
pli, quello ipetrale e quello a pozzo, delimitando le due aree a ciascuno circostanti.
Accanto a questo muro si ebbero prove della dispersione violenta a cui andò sotto-
posto il materiale votivo della cella ipetrale : insieme a frustoli di.pugnali e di spade vo-
tive si ebbero tre statuette frammentarie di guerriero, che presentavano qualche va-
riante dal tipo consueto.
lo. Statuetta di arciero, alt. cm. 1 7 (figg. •">! , 02). 1 la spezzato l'arco e la gamba destra
è troncata alla base. La figura è tutta quanta trattata in modo schematico, tranne il capo,
SElUtl
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SARDINIA
solidamente espresso, ma sono ben curati tutti i particolari dell'abito e delle armi, quasi
a bene precisare la qualità del devoto. L'abito è composto dalla stretta tunicella attil-
lata e dal cinto, allacciato e corto sul ventre, con lunga falda acuta di dietro ; attorno
al collo ha un'alta gorgiera, sulle spalle passano larghe fascie che sorreggono al petto una
piastra rettangolare che, meglio di difesa, potrebbe servire da amuleto protettore; alle
fascie stesse è applicato, come in altre statuette di arciera, il pesante fardello che qui è
Fig. 52 - Schizzo del lato posteriore della statuetta dell!arciero.
composto dalla faretra allungata, dalla spada con impugnatura robusta, dalla punta di
lancia , che forse durante la fusione si ricurvò, e dal piccolo vasetto. Con mossa schematica
e rigida la figurina impugna con la sinistra l'arco e la punta della freccia, con la destra
la cocca di questo e la corda dell'arco. La testa, come dissi, è espressa più solidamente con
i tratti salienti del viso ; l'elmo è singolare ; sulla calotta si adergono dalla cresta due becchi
sottili, eretti rigidamente ed una punta si sporge in avanti, sopra la fronte, insieme ad
una specie di celata che rende più robusta la difesa del capo ; ai lati si elevano due robuste
corna che si incurvano ripiegandosi una verso l'altra. La fattura di questa statuetta è
tecnicamente molto complicata, ed anche la stilizzazione è progredita, indizio di avanzata
evoluzione del motivo.
SARDINIA
— 327 —
SERRI
2°. Altra statuetta frammentaria, simile alla precedente, alt. cm. 15; spezzate le
gambe, il braccio destro, le corna, ma simile nella postura, nelle armi e nello stile.
Fig. 63 -Scudetto appartenente a statuetta
di guerriero: faccia esterna.
Fig. 54 - Scudetto appartenente a statuetta
di guerriero: faccia interna.
3°. Altra statuetta come le precedenti, pure spezzate le gambe e le braccia;
lungh. cm. 10. In tutte queste statuette abbiamo la stessa tendenza alla geometriz-
zazione della figura; forse era il tipo a cui era pervenuta la
rappresentazione degli arcieri, perchè si ebbero anche altri fram-
menti di braccia con l'arco impugnato, tutte stilizzate in questo
modo geometrico.
Accanto a queste statuette fu rinvenuto uno scudetto ro-
tondo, appartenente a statuetta di guerriero ; nella faccia esterna
sono, in rilievo, vari cerchi che rappresentavano cerchi di pelle
o di lamina di metallo ricoprenti la faccia dello scudo, saldati
con borchie e trattenuti da una fascia trasversale che dall'orlo va
a terminare ad un umbone eccentrico. La faccia interna è piana,
munita di orlo ed al centro ha una maniglia con traccia di mano
che la impugnava, con una guaina applicata, entro la quale sta
la spada che tocca con l'impugnatura l'orlo dello scudo, disposi-
zione questa che già si ebbe in altri scudi di statuette votive
sarde f1) (figg. 53, 54). Fu anche raccolta una fibula a grande
arco, ma contorta e di forma non ben determinabile (fig. 55).
Questi sono i principali elementi e materiali che ci venne
dato di raccogliere sino ad ora intorno a questo edificio religioso ed agli attigui locali, i
quali formavano, a quanto ho potuto desumere, un cospicuo santuario protosardo.
Fio. 55
Frammento di fibula
con arco a foglia.
(*.) Ricordo la statuetta del Museo Preistorico di Roma, v. Pinza, op. cit., pag. 196, Tav. XX,
figg. 1,2.
SERRI — 328 — SARDINIA
CONCLUSIONI E CENNI GENERALI
La grande dispersione avvenuta nel materiale votivo, sia di questo tempio ipetrale
che di quello a pozzo, lascia sperare che continuando lo scavo fra i due templi si possano
recuperare altri elementi per lo studio del santuario e dei primitivi riti sardi. Ed appunto
nella speranza di nuovi dati non ritengo qui il luogo ed il momento di discutere ampia-
mente tutte le questioni che si possono connettere con lo studio degli edifici ora esplorati
e specialmente del tempio ipetrale e dei materiali in essi rinvenuti. Mi limiterò a pochi
cenni, richiamandomi alle idee espresse nella relazione preliminare sulle scoperte edita
nei Rendiconti dei Lincei (1921, 6 febbraio, fase. 1, 3), che in parte mantengo, pure
temperando l'entusiasmo che ne accompagnava l'esposizione, redatta al momento della
scoperta.
La struttura semplice del recinto circolare a sedile si connette ad altri edifici del
medesimo tipo e di più rude carattere, sia di questa medesima Giara di Serri, che della
maggiore capanna del villaggio di Serrucci, presso Gonnesa, e conferma l'esistenza di
un tipo di luogo di riunione comune nell'ambiente protosardo, per i membri di una stessa
tribù, o per l'accolta di varie tribù, radunate a deliberare di argomenti vari. Qui la più
accurata esecuzione accenna allo scopo religioso della riunione e forse anche a progresso
di tempo e di tecnica.
Ma il recinto a sedile non è che una varietà della casa rotonda, della quale anche la
capanna che io chiamai del sacerdote è un esemplare ingentilito dalla parziale fasciatura
in materiale ben lavorato e dall'aggiunta dell'atrio innanzi alla porta.
Ma l'edificio più notevole è il tempio ipetrale, che è sinora il solo esempio nella Sar-
degna preromana ed in cui alla tecnica nuragica di struttura megalitica si applicano più
elevati procedimenti costruttivi, e che appare destinato ad una divinità ben diversa da
quella venerata nel tempio a pozzo. In questo si manifesta con le fonti benefiche, una di-
vinità terrestre e sotterranea, chtonia ; in quest'altro tempio ipetrale, invece, la divi-
nità è concepita nella sua essenza e nelle sue qualità celestiali, ma nello stesso tempo
dominatrice degli uomini, guerresca, protettrice della sua gente e delle sue armi. Essa è
simile in parte al Mara dei più antichi Romani, concepito anch'esso come Dio dispensa-
tore della luce, signore del cielo e dei fenomeni celesti, ma protettore anche della famiglia
contro ogni sorta di danni, come appare chiaro dall'antica preghiera, conservataci da Ca-
tone, al Mara pater {De re rustica, 141).
Ma per la divinità del tempio ipetrale parrebbero più visibili elementi analoghi al
Zeus dei primitivi culti della Grecia, al dio che ha il culto sui monti, dall'ampio dominio,
JlarÓTtTtje, irrómpe, snóipiog, al dio montano, inàxQtog ed àxQaToc sulla vetta del
Pelio (l), signore dei venti, dei fulmini, xtgavvopókos, dell'iscrizione di Tegea (Corpus.
Inscr. Graee. 1513), dei lampi e dei tuoni, àaiqàmmv e fiQovt&v, (Hymn. Orphic XII,
10, XIX, 2) ed al fulmine forse vorrebbe alludere l'oggetto votivo del nostro tempio, che
(}) Dieearpo, Geographi Graeci Minore*. .Mailer, I, 107: in'ìixoctg Si xfjq roP ÒQovg xoQvcpijg . ..
Jiòs àxQninv IrQòy. Rellerman, Epiteta drornm.
SARDINIA — 329 — SERRI
ho proposto d'interpretare eonie la face ardente (fi». 38). Dio onnipotente, datore d'ogni
bene, purificatore, xaOaqdiog (Pausania, Vili, 36, 5; V, 14, 8. Iliade, XXIV, 257),
ascolta ì supplicanti (Aeschyl. Swppl. V. 381-386) è dio della famiglia e tutore del foco-
lare domestico e delle città, e da esse allontana i mali (') ed in favore di esse conduce
e guida le armi guerriere, Zsvg ónh'xsfiiog (*).
Ed il dio venerato nel tempio ipetrale, dal largo dominio sul piano e sulle colline cir-
costanti, che si impone ai suoi fedeli, riceve specialmente doni e voti di guerrieri e di
armati, nelle loro immagini e nelle loro armi. Anche i doni delle colombelle, sia isolate che a
gruppi o appoggiate ad un sostegno od appaiate, o posanti su un cono betilico o su altri
oggetti votivi (figg. 27-34), si richiamano, nel ciclo di Zeus, alle colombe divinatorie, po-
santi sulle quercie sacre del santuario di Dodona, nel quale appunto le vecchie sacerdo-
tesse, per riflesso delle mistiche colombe, avevano il nome di //./.tua (3), e statuette
femminili, con le colombe posanti sulle inani, furono appunto date da quel santuario ed
identificate con Dione, la dea paredra di Zeus Dodoneo (*). Si comprende quindi come
per tale carattere di divinità suprema, venerata sulle cime dei monti di Grecia, delle isole
e dell'Asia Minore, venga nelle città elleniche della Siria, distinto col nome di Z. vipiavog
ed assai probabilmente identificato con Baal, supremo ed onnipotente, come appare dal-
l'epiteto di Zeus Baalmarcod, ricordato sul Libano, presso Beirut (5), analogo forse
al Z. Bmtoxaixsvc, che aveva il grande santuario di Betocéce, nei monti tra Tripoli
ed Apamea, ricordato nelle inscrizioni e di cui furono esplorate le imponenti rovine (6) ;
tale identificazione era già stata del resto supposta dal Clermont Ganneau ed accettata
dal Perdrizet (").
Alla concezione della divinità celestiale, simile al Zeus, non fa contrasto l'offerta e la
raccolta del sangue delle vittime, che attraverso agli altari per un canale è condotto alla
terra ; tale elemento si trova nei sacrifici alle divinità superne degli Elleni, a cui è caro
il sangue delle vittime (8) e non solo agli dei infernali, per cui è fatto un foro in terra per
raccogliere il sangue (9). Forse anche alla divinità celestiale suprema, venerata nel tem-
pio ipetrale non mancava anche il carattere di dio sotterraneo che secondo i Greci è
nello stesso Zeus, che già nell'Iliade è indicato come xzrax&óviog (10).
(*) Z ànorgón«iog dell'iscrizione di Erythrae, in Rev. Archéol., 1S77, I, 118.
(2) Foucart. Inscript. d. Peloponneso, n. 352.
(3) Iliade, II, v. 234; Strabon, VII framm. 1, 2.
(*) Bull. Corr. Beli. XIV, tav. IV : XV. tav. IX-X.
(5) Rev. Archeol, 1898, I, pag. 39.
(•) Waddington. Inscript. de la Syrie, n. 2720 ; Rcy. Archiv. des Missioni, voi. VII; Dussaud, Reu.
Arch., 1897, 1,319.
(') Perdrizet, Jupiter, in Daremberg Saglio, Dictionnaire d' Antiquités, pag. 699.
(8) Schol. Odiss. Ili, v. 444, Enripid. Elettra, v. 800.
(») Apuli. Rhod. Ili, 1032. Questo concetto si manifesta anche nel culto dei morti, con i fori che
conducono nell'interno delle tombe il sangue delle vittime (Pausania, III, 19, 3; X, 4, 7) e persiste
sino ad età romana, come si prova dai canaletti praticati attraverso il coperchio di talune tombe di
Cartagine ed in quelle recentemente scoperte a Falcione, illustrate dal Moretti (Notizie d. Scavi, 1921,
pag. 299) Gsell. Monumenti de V Algerie, II, 48.
(10) Iliad., IX, 457.
SERRI — 330 — SARDINIA
Anche per la pluralità degli altari noi abbiamo confronti in santuari ellenici e ro-
mani, dove essi erano disposti sia nell'interno della cella che nel peritolo, dove erano con-
sumati specialmente i sacrifici di sangue; così per la presenza dei banconi per posare i doni
votivi ci soccorrono ampiamente i confronti con la tqàns^a itqa e con le mensae deo-
rum, ricordate da Virgilio come obbligatorie in ogni santuario per le cerimonie del culto
e per la conservazione delle offerte permanenti alla divinità (').
Il betilo incavato, con doppio cono rivolto all'alto ed al basso, rinvenuto presso l'al-
tare laterale (fig. 13), è l'imagine aniconica della divinità, ripetuta anche nel piccolo cono
in bronzo dominato dalla colomba (fig. 27) e può avere il suo riscontro in consimili rap-
presentazioni della divinità della Grecia primitiva, come nei sacri betili rinvenuti a Delo
e nella serie dei pilastri betilici dei culti cretesi dell'età minoica (2).
Anche gli animali bovini, suini ed ovini, di cui si ebbero i resti tra le ceneri degli
altari del tempio, sono gli stessi che troviamo come ricUmae ed hostiae (-1) nei sacrifici
alle divinità greche e romane, specialmente nel sttocetaurilium, il solenne sacrificio pu-
rificatore, pinrulum, alla divinità massima dei Romani, Mars, più tardi sostituito, anche
per influenze etnische, da Jvppitcr (*). Anche la accolta delle ceneri dei sacrifici attorno
agli altari ha il suo riflesso nel rituale dell'antico culto di Giove in Olimpia (5), mentre
in altri casi le ceneri erano accuratamente interrata (*), a prova della santità del sacri-
ficio. Anche nell'offerta delle imagini della volpe e del cinghiale noi possiamo scorgere
il ricordo di sacrifici di animali alla divinità; non ardisco pensare alla spiegazione
totemistica data dal Keinach per i sacrifici nei primitivi culti, secondo la quale, man-
giando le carni dell'animale, che è la divinità stessa, si assumeva una fraternità di
sangue con essa, e se ne assicurava la protezione (7).
Importerà accennare che i due coni betilici dati dal tempio, quello in pietra (fig. 13)
e quello in bronzo con la colomba celeste (fig. 27), hanno il loro parallelo con il cono tro-
vato nel tempio a pozzo, come anche col tronco di cono basaltico, datoci dal tempio di
S. Anastasia di Sardara, e con quello che sormonta il modellino di tempio di Nuoro, edito
anche dal Milani, e che possono ritenersi l'imagine della divinità (8). È qui da vedersi
un riflesso delle idee egizie e babilonesi, secondo le quali il cono betilico simboleggia e
materializza la potenza fecondatrice che è nel fascio dei raggi del sole (9). Anzi, il cono
del tempio ipetrale di Serri, con la base incavata e con un cono sporgente rivolto in
basso, non deve essere frutto di una bizzarria dello scalpellino, ma deve inspirarsi ad
una complessa concezione di carattere cosmico, derivata, come quella del cono sem-
plice, dalla ideologia babilonese dello ziggurat di Belo, montagna che tocca il cielo con
(') Aeneis, II, 764; De Ridder, Dietion. d. Antiq. all'articolo Mensa, 1720.
(2) Lébegue, Recherches à Delos, p. 160.
(3) Toutain, Sacrifichili!, in Daremberg. Dictionnaire, pag. 973.
(*) Valer. Mass. IV, 1, 10; Festn, 141. 189, 293: Perdrizet, Jupiter, Daremberg, pag. 709.
(6) Pausai). V. 13, 8: 14. 8-10: VII, 18. 7.
(•) Miiller, Conni,. Eumen, 180.
(7) S. Reinach. Cultcs, mythes et religioni:, 11, HI ; Hubert Mauss. Awnée sociologiqme, anii, II
(18'J7-fl8) pag. 30; Robertson Smith, Sacrificc, in Eneyclop. Britan.
(8) Rendiconti dei Linai, 1909, 21 nov. pag. 584.
(•) Schiaparelli, Giornale delia Soc. Asiatica, 18113, pag. 317 ; A. Pellegrini, in liessarione, 1002.
SARDINIA — 331 — SElìKl
la cima, ma ha le fondamenta posate sulle chiare acque dell'oceano sotterraneo (').
Tale avvicinamento tra i concetti religiosi del pensiero babilonese e sumerico con questi
che sono attestati dai monumenti protosardi, e che dobbiamo ascrivere a merito indiscu-
tibile del compianto prof. Milani, riceve anche nuovo conforto dalle analogie che scorgiamo
tra le disposizioni del tempio ipetrale e gli alti luoghi di Canaan, di recente esplorati.
In questi alti luoghi si esplica un pensiero religioso anteriore alla diffusione del-
l'ortodossia israelitica ; situati in località elevate, di ampio dominio e ben difese dalla
natura e ritenute come un punto di ritrovo tra la divinità e gli uomini, essi presentano
qualche elemento comune col santuario elamitico, rappresentato nel rilievo in bronzo
trovato dal De Morgan sull'acropoli di Susa (2). In mezzo ad un'area spaziosa, general-
mente recinte da solido muro di scarsa elevazione, sono erette alcune stele o pilastri
rudi, quasi a corteggio di un betilo più piccolo ; accanto ad esso un altare dove si colava
il sangue delle vittime e le libazioni, condotte per mezzo di un canale nella cavità di una
grotta, adyium ; in qualche caso vi ha anche la fossa che raccoglie le ceneri ed i resti di
sacrifici ed i frammenti delle offerte tolte dagli altari (3).
Così nell'alto luogo di Teli es Safy (4) il recinto rettangolare, orientato da N. a S.
ha tre pilastri accanto al betilo ed una fossa di sacrificio, con un bacino in pietra. A
Gezer, invece, come a Tàannak, manca il recinto, ma una serie di pilastri e di betili si
allungano sopra una specie di piattaforma da N. a S., accanto ad un altare in pietra con
profondo incavo, una fossa di offerta ed una caverna sotterranea per la raccolta del
sangue e dei doni alla divinità (5). Specialmente nel santuario di Teli el Megiddo
abbiamo un recinto rettangolare di m. 9 X 4, disposto da N. a S. ed un allineamento
di vari pilastri e di un betilo, con altare di pietra incavato nel centro a guisa di
bacino per la raccolta del sangue delle vittime e caverna per il tesoro (6) e queste dispo-
sizioni templari risalirebbero al XV-XIV sec. a. C. Anche in questi santuari erano
ammessi pochi devoti per il compimento di riti speciali, mentre gli altri accorrenti
se ne stavano all'esterno nella spianata dall'ampio e suggestivo dominio, formante la
vetta dell'alto luogo.
Tali semplici e rudi strutture di santuario, rimaste di poco alterate nel corso del
tempo, espressione di un austero pensiero religioso, hanno un evidente rapporto con
quella del tempio protosardo di S. Vittoria ; non possiamo naturalmente pensare che re-
lazioni ed influenze dirette siano esistite tra i due paesi lontani, ma solo ammettere una
trasmissione di influenze, forse per il tramite della civiltà minoica e micenea, il grande
fattore di diffusione di concezioni e di forme dal continente asiatico all'occidente del
Mediterraneo. Se pure non dobbiamo pensare che tali germi d'importazione non trovas-
(') Hillprccht, The Excav. in Assyria and Babylonia, pag. 458 e sg. ; Milani, 1. e, pag. 689.
(2) H. Vincent, Canaan d'après Vexploration recente. Paris, 1907, pg. 144, offre uno schizzo di
questo modello di un tempio elamitico, scoperto da De Morgan, ed ora a Parigi.
(3) Sulle caratteristiche generali degli alti luoghi, Vincent, op. cit., pag. 140.
(«) Bliss e Macalister, Excavations in Palaestina, p. 31 ; fig. 8, 9; Vincent, o. e, p. 104.
(5) Ma.calhter,Quarterly Statement Palestina Explorat.fund, 1903; pag. 121, T. III-VII, Vincent,
Canaan, fig. 80 ; Sellin, Teli el Taannak ; pag. 68.
(6) Schumacher, Mitth. und Nachricht des deuts. PaldstinaVereins, 1904, pag. 46, fig. 10 ; Vincent,
Canaan, pag. 133, fig. 89.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 43
SERRI — 332 — SARDINIA
sero un substrato di comunanza di pensiero che la schiatta protosarda importò nella sua
isola dalle prische sedi di origine nord africana od asiatica, prima ancora di separarsi,
in piena età neolitica, da quelle tribù dell'Asia Minore e delle altre contrade del Medi-
terraneo che avevano, già in età neolitica, in embrione i santuari religiosi del tipo degli
alti luoghi.
Ma a parte tali elementi diremo genetici, i fattori determinanti della penetrazione
delle idee religiose orientali nella Sardegna nuragica possono essere state la cultura
minoica e micenea, come può suggerire l'esame dei primitivi santuari di questa civiltà.
Ad esempio, il santuario del Monte Iuktas, dove la leggenda cretese collocava la
tomba di Zeus e che dominava sul piano di Knossos, ed ha le parti più antiche del Mi-
noico Medio, I e II fase, e le più recenti della III fase, è una modesta cella rettango-
lare di ni. 5.85 X 8.90, con un altare centrale di ceneri, avanzi di sacrifici, statuette di
animali e statuette maschili e femminili, riferibili queste ultime alla divinità femminile,
la Dea Madre, che nella località precedette il culto del dio Zeus (1).
Tra i molti santuari di cui rimangono i depositi votivi nel grande complesso di edi-
fici costituenti il Palazzo di Knossos, e che in parte sono precedenti all'assetto ultimo
di questo, va specialmente notato, per l'analogia col recinto ipetrale di Serri, quella che
l'Evans designa col nome di Nord-west initiatory area, che si trova presso la cinta del
Palazzo, all'angolo Nord Ovest di esso, riferita al Medio Minoico II, ma rifatta ed ador-
nata largamente nella terza fase del medesimo periodo. Essa è una cella rettangolare,
preceduta da atrio, che il suo scopritore denota col nome di area inizìatoria, per il suo
carattere di recinto e le disposizioni dell'ingresso, e distinta da un grande bacino lustrale
a cui si discende per mezzo di una scaletta (2). Per la finezza della decorazione delle pa-
reti, per i rivestimenti in belle lastre di gesso, per la ricca suppellettile ceramica ivi rin-
venuta, non meno che per la struttura del locale, esso fu dallo Evans ritenuto uno dei
sacrari del Palazzo, tenuto specialmente in onore in un periodo che è prossimamente
datato dal sigillo del He Hyksos Kyan, del 1580 a. C.
L'Evans stesso suggerisce il confronto tra questa initiatory area di Knossos col pri-
mitivo santuario del palazzo di Phaestos, che, come è noto, è una cameretta rettango-
lare di m. 2,57 X 3,80, con banchi su tre pareti, tavole di offerta e tazza di libazione,
con vario materiale rituale (3). Non abbiamo chiare le disposizioni originarie della cella
della dea dei serpenti del Palazzo di Knossos nò di altri ambienti di evidente destina-
zione sacrale, precedenti all'ultimo assetto del grande Palazzo di Knossos, che l'Evans
designa come il Palazzo della « doppia ascia »; ma tutto porta a credere che questi sa-
crari di cui si ebbero i ricchi depositi sacri, avessero disposizioni simili all'area ricor-
data. E forse un consimile recinto rettangolare ed ipetrale dovette essere quello in cui
avviene la scena rappresentata nel sarcofago di Haghia Triada, nella quale le donne
si accostano a portare i vasi sacrificali ai due tronchi di palma, sormontati dalla qua-
druplice ascia, dominata dalla colomba celeste (*).
(») Evans, The Palace of Knossos, 1921, pag. 147, fig. 114.
(2) Evans, op. cit., pag. 217 e 405 e seg., figg. 291, 292.
(3) Pernier, Monum. Antichi, voi. XIV, pag. 407, tav. XXXVI ; Evans, pag. 219.
(*) Paribeni. Monum. Antichi, voi. XIX, pag. 6, 86, tav. I. 2; Evans op. cit. pag. 440, fig. 317.
SARDINIA 333 SERRI
Un recinto consimile pare sia stato quello scoperto da Hatzidakis, a Malia, a 20
miglia da Candia, che ha in mezzo un pilastro con i segni della doppia ascia (L) ; un al-
tro consimile recinto segnalò recentemente il Xanthudidis a Hirokhani, in un am-
biente di varie camere, una delle quali, più grande delle altre, aveva certo carattere di
santuario con oggetti votivi ed in mezzo a questi varie ascie in bronzo di enormi pro-
porzioni, di m. 1.20 di ampiezza e che dovevano essere posate su grandi piedistalli simili
a quelli trovati nell'antro di Psicro (2). Anche i pilastri con i ségni delle ascie trovati nel
palazzo di Knossos ricevono luce da tali confronti trovati nell'ambiente stesso cretese,
nel quale il santuario si riduce ad elementi semplicissimi : un recinto ipetrale con uno
o più pilastri segnati dalla doppia ascia, simbolo della divinità, bacini lustrali con tavole
o fosse di libazione e cumuli di avanzi sacrificali, elementi che trovano la loro corrispon-
denza con il botilo, con gli altari, con i cumuli di resti sacrificali del tempio ipetrale pro-
tosardo. E penso anzi che tali corrispondenze potranno farsi più numerose, estendendo
le ricerche in Sardegna ed esplorando in Creta i più antichi strati dei santuari del Medio
Minoico, dove si potranno trovare altri esempi che, al pari di quello del M. Iuktas, pos-
sano servire come una prova di un tramite minoico del pensiero esplicato negli alti luoghi
orientali al recinto ipetrale delle acropoli protosarde. Ma qui ho solo fugacemente ac-
cennato all'interessante confronto che merita di essere più profondamente investigato.
Un'altra corrispondenza assai notevole e significativa con Creta e. con l'oriente
cananeo e fenicio noi l'abbiamo forse anche nei due eleganti pilastrini in calcare, uno dei
quali trovato ancora in piedi, al lato della capanna sacra e presso all'altare laterale. Non
possiamo sfuggire all'avvicinamento di tali pilastrini ai numerosi pilastri sacri rinvenuti
nei palazzi minoici e rappresentati in tanti monumenti figurati della civiltà cretese e mi-
cenea e sui quali l 'Evans ha basato l'ipotesi di un culto della divinità, sotto la espressione
di pilastro o di botilo, espressione che per più indizi sembra famigliare anche al pensiero
protosardo, e si manifesta nel suo più semplice aspetto nei numerosi menhirs, o pe.rdas
fttas, rinvenute in tante parti del territorio isolano. Anche tale corrispondenza ha il suo
grande valore, nella scarsità degli elementi sacrali di cui disponiamo, per la conoscenza
del pensiero religioso dei sardi.
Ma accanto a questi elementi e dati che tendono ad accostare il pensiero religioso
dei protosardi a quello della primitiva Grecia e di Roma, e che ci lasciano travedere rap-
porti ed influenze orientali, stanno dominanti altri elementi epicorici e speciali al pen-
siero sardo primitivo, come è dominante e possente la nota locale nella struttura del-
l'edificio ed in tutta la serie dei materiali, votivi.
La strettura megalitica delle mura, anche nelle disposizioni meno consuete della
pianta rettangolare, è nuragica, la presenza dell'argilla nel ripieno della muratura stessa,
ed anche la lavorazione delle pietre basaltiche del rivestimento della parete del tempio
e dell'attigua capanna sono fatti caratteristici del!" più alte forni" architettoniche pro-
(x) Hatzidakis, Kqijiix^ 'E<fi)fiSQÌs 1 ! » 1 i», 5 ottobre; Evans, op. cit. pag. 427.
(2) Evans, pag. 438, tìg. 315. Perle scoperte dello Xanthudidis, a Hirounkhani, a 12 chilometri da
Candia, e dello Hatzidakis, a Mallia, a 45 chilometri dalla stessa città, abbiamo anche un interes-
sante cenno del prof. Luigi Pernici-, La missione archeologica ila liana e % recenti scavi a Creta, nella Cro-
naca delle Belle Arti, nel Bollettino d'arte del Ministero dell' hi ne. Pubblica, Marzo, 11)22, pag. 43!) e sgg.
SICURI — 334 — SARDINIA
tosante, ed hanno il loro riscontro nei templi a pozzo, nelle decorazioni delle stele di molte
tombe dei giganti; con le quali possiamo confrontare le pietre a sezioni di circolo, trovate
alla base dei due altari e che forse erano in origine riunite in uno solo, sdoppiato in corso
di tempo, mentre dapprima la base dell'altare era un gran cerchio di pietra, l'imagine
del nnmdw, della Terra, concepita piana e circolare, anche nella mente dei Sardi pri-
mitivi, della Terra verso cui andava, non meno che alla» divinità celeste, il sacrificio
di sangue offerto, all'altare.
E sardi sono i doni votivi, sia le imagini dei devoti, guerrieri e pastori, sia degli ani-
mali offerti al nume, sarde le armi e gli scarsi ornamenti, tutto insomma ci rivela l'au-
stera guerresca e disciplinata tribù protosarda, se non assolutamente chiusa ad ogni in-
flenza di idee civili esterne, almeno assai ligia alle sue tradizioni, a cui si attiene con
attaccamento rigido e conservatore. Non ci è possibile dare valore cronologico ai pochi
frammenti di ceramica punica e romana ed alle scarse monete cartaginesi trovate nella
parte superficiale dello scavo, per quanto la diligente costruzione della parte rifatta
del tempio ipetrale, l'accurata squadratura dei blocchi calcarei, l'unione di essi con grappe
di piombo, la presenza di malte con calce nelle parti alte degli altari porterebbero a de-
durre la influenza di insegnamenti fenicio-punici sui tecnici nuragici a tradizione me
galitica. È certo però che, siano gli insegnamenti fenici, siano quelli più antichi pene-
trati nell'isola dai discendenti della civiltà preellenica, qui al tempio ipetrale la vec-
chia tradizione si presenta rinnovata da una nuova ondata di idee e di forme.
Anche la ceramica, da cui è scomparsa ogni decorazione incisa od impressa, che
pure fu notata nei prodotti della piena età nuragica a Sardara, a Lugherras e nel tempio
a pozzo di Serri, mantiene le forme tradizionali della ceramica nuragica, ma i prodotti
sono di più intensa cottura ed in parte di esecuzione grossolana ed affrettata. La stessa
impressione l'abbiamo osservando i bronzi votivi; le statuette perdono la loro indivi-
dualità, lo stile si fa rigido, geometrico, e la produzione appare già avviata ad un tradi-
zionalismo di mestiere, ad una tecnica di maniera che segna, a mio avviso, la tappa
estrema a cui attinse l'arte locale.
Un'aria di decadenza e di stanchezza spira da queste produzioni, da tutto questo
insieme ; il nemico, l'invasore fenicio ha già occupati i punti di sbarco e le rade, ha già
dilagato nelle pianure costiere e rumoreggia ai primi sbocchi delle valli. La libertà sarda,
scatenatasi in fiere e vivaci lotte interne, ora è minacciata, e si impenna e si difende sulle
sue acropoli, intorno alle are dei suoi Dei. Ma come la difesa continua e disperata rende
gli spiriti accaniti, così il cammino della fantasia creativa si tronca ; il popolo che aveva
avuto una civiltà veramente ed altamente monumentale, e che aveva in sé pure tante
energie di pensiero e così spiccate attitudini artistiche, si arresta, prima di dare nei vari
campi del pensiero tutto il pieno e libero svolgimento di tali attitudini e di tali energie.
La civiltà indigena, ripeto ancora una volta, contrastata e soffocata prima di svolgere
il suo pieno valore, ha un triste e misero tramonto, assai meno brillante e felice di quanto
era stata fervida e promettente la sua aurora.
A. Taramflli,
Taramelli - Tav. HI -IV.
tfTRIO
ZtClRO DIVISORIO
&lfc£5>TI PCLLR mVl'
RlflZXflLeTTO' • • -
SARDINIA
— 335 —
S ANTIOCO
XXI. S. ANTIOCO (Cagliari). — Ipogeo con sepoltura giudaica della
Necropoli Su lei tana.
' Durante la esplorazione della catacomba di S. Antioco compiuta nella primavera
del 1920, venne casualmente in luce, all'estremità occidentale dell'abitato del villaggio,
un ipogeo usato per sepoltura giudaica, poco lontano dal luogo dove anni addietro fu
messo in luce l'ipogeo con l'iscrizione di Berenice esaminato dal sig. Sanfilippo e ricor-
dato anche in una mia breve relazione sulla necropoli sulcitana (l).
La scoperta avvenne nel cortile annesso alla casa di certi Pintus Trulla, fu Nicolò,
durante lavori per cava di tufo che rimisero in luce l'accesso originario della cameretta
Fio. 1.
sotterranea. L'immediato intervento dell'ispettore locale sig. Giuseppe Biggio -Cao e
mio, permise di raccogliere i pochi dati che qui presento.
La cameretta si rivelò subito già del tutto spoglia del suo contenuto funebre ; solo
rimaneva intatta la sepoltura di un loculo dell'arcosolio destro, distinta anche dai resti
di una iscrizione dipinta sulla fronte.
Le disposizioni dell'ipogeo scavato nel tufo sono le stesse di altri ipogei del gruppo
occidentale della necropoli sulcitana, alcuni dei quali furono, come ho accennato nella
mia relazione, compresi a formare la catacomba di S. Antioco.
L'ipogeo, a pianta irregolarmente quadrangolare, con la parete dell'ingresso poco
regolare, è diviso in due parti da un diaframma ad un dipresso mediano, che dalla
parete di fondo si avanza verso la porta, formando come due alcove (fig. 1) ; in quella
di sinistra rispetto all'ingresso era scavata nella parete perimetrale una tomba ad arco-
(») I. SanflHppo, Memoria su una <jrotla funeraria in S. Antioco. Iglesias, 1004 : Taramelli, Sco-
perte di antichità nell'antica Sulcis, in Noi. Scavi; 1908, pag. 160,
S. ANTIOCO — 336 — SARDINIA
solio bisoma ed un'altra era stata iniziata ma non finita nella parete del diaframma ;
nel pavimento sono scavate tre fosse terragne, che si rinvennero vuote come l'arcosolio
della parete. Nella parete della porta era aperta una tomba a loculo rettangolare a fianco
dell'ingresso.
Nello scomparto a destra si notarono due tombe terragne, una per adulto ed un'al-
tra di bambino, entrambe vuote, una tomba bisoma ad arcosolio, già vuota, nella pa-
rete di fondo ; nella parete a destra un altro arcosolio bisomo, nel quale il loculo interno
Fin. 2 - Fronte dell'arcosolio con l'iscrizione, dipinta.
era vuoto, mentre quello' verso la fronte, ancora chiuso all'atto del rinvenimento, era
coperto da uno strato d' intonaco di cale? con molta sabbia, tanto nella faccia superiore
che nella fronte esteriore. 'L'intonaco d^lla faccia copriva la sigillatura della tomba,
fatta con tegoloni regolarmente disposti ed uniti con malte di calce ; sulla fronte era
conservata, dipinto in rosso, una specie di cartello, racchiudente l'iscrizione di tre linee
ed a ciascun lato del cartello una breve iscrizione di due linee ed alla destra un albe-
rello ed un altro disegno che può ritenersi una stilizzazione del candelabro giudaico.
La tomba conservava ancora i resti del cadavere, ma non dette altro oggetto o moneta
che venisse a dare qualche indizio sulla data della sepoltura.
L'interesse principale dell'ipogeo e della tomba è dato dall'iscrizione dipinta sulla
fronte dell'arcosolio in colore rosso cupo molto slavato, dato a largo pendio sopra un
intonaco in parte disfatto dall'umidità, e che si screpolò disfacendosi rapidamente, ap-
pena l'ipogeo fu aperto. Tentai alla meglio di salvarlo con i mezzi di cui disponevo sul
luogo e ne trassi fotografie e lucidi che qui riproduco (figg. 2, 3).
Per l'interpretazione dell'inscrizione non ho che a richiamarmi al concorde avviso
del prof. Guidi e del prof. Chabot dell*Académie des Inscriptions, ai quali fu data
la comunicazione del rinvenimento. Il Chabot opina che i caratteri ebraici ed il piccolo
candelabrino stilizzato non lascino alcun dubbio sull'origine della tomba; si tratta di
una sepoltura giudaica.
Le due inscrizioni giudaiche che sono ai lati del cartello centrale presentano una
particolarità ; le lettere vi sono disposte dalla sinistra alla destra, non già dalla destra
alla sinistra, secondo la scrittura ebraica. La lettura però non offre difficoltà: Ecco la
SÀUDINIA — 33?
S. ANTIOCO
trascrizione favoritami dal prof. Guidi, e che concorda con quella data dal ricordato
prof. Chabot. Le iscrizioni sono così disposte :
•vnmb
ma la frase deve essere così disposta:
px p« bxiw bv ù)bv?
Fig. '3 - Riproduzione dell'iscrizione giudaico-roiiianu.
A destra si legge la formola molto conosciuta che si traduce : Pax super Israel ed
a sinistra la parola Amen ripetuta. Per queste forinole usuali nelle iscrizioni giudaiche
il Chabot richiama l'esempio di Chwolson, Corp. Inscripl. Hebraic. n. 24 ed il Guidi mi
fa presente che questa semplice acclamazione, tolta dal libro dei salmi, si trova nelle
iscrizioni ebraiche dell'Italia meridionale, raccolte dall'Ascoli. Il sig. Chabot ricorda
anche, che questo modo di disporre le lettere si ha parimenti in altre iscrizioni, ad esempio
su di un ossuario di Gerusalemme, pubblicato dal Clermont Ganneau, Rép. cCEpigr.
Sémitique, n. 702, che ha la medesima parola DjSlP, con le lettere scritte da sinistra a
destra.
Per l'interpretazione della parte principale dell'epigrafe sono d'accordo col Chabot
e col Guidi ; essa è scritta in latino corsivo, con caratteri poco dissimili da quelli delle
inscrizioni pompeiane. Ma lo stato del testo è in parte disperato. Come si vede dalla
fotografia dell'accurato facsimile (fig. 3) che trassi con l'aiuto del prof. Giarrizzo, l'in-
scrizione ha tre righe, che eompredevano il nome del defunto, l'età e forse il mestiere.
Ma la prima linea è assai monca ; io credo di poter leggere con qualche sicurezza le tre
prime lettere del nome IVD(a), che troviamo anche su un anello in bronzo, proveniente
da tombe giudaiche di Capoterra, presso Cagliari e passato con la collezione Gouin al.
Museo ('). Il resto della prima linea è incerto. Per le 7 prime lettere della seconda linea
il Chabot propone di leggere : TV (oppure TA) ANORO ; il seguito è più chiaro : PLVS
MENVS ANORO LX ; cioè: plus minus annorum LX. Pare però strana la ripetizione
della parola di annorum, che si troverebbe prima del plus e prima del LX. Il Chabot
pensa ad una distrazione del redattore che doveva scrivere semplicemente annorum
plus minus LX.
(') Inventario n. 34925.
fi. ANTIOCO t— 33$ — SARDINIA
Le lettere al principio della seconda linea TV oppure TA farebbero pensare alla
parola (defunc)1n(s) o (defunc)ta ; ma a questa lettura fa contrasto quanto resta alla fine
della prima linea che darebbe le lettere ...ONTI, abbastanza chiare.
In complesso è assai scarsa l'importanza di questa iscrizione come dal presente
rinvenimento che tuttavia vale a confermare la presenza, nella necropoli sulcitana, di
un gruppo di ipogei giudaici, alquanto però discosti dal resto della necropoli cristiana,
come si notò per altri centri, ad esempio a Siracusa. Non è improbabile però, che la
persona sepolta in questo ipogeo avesse occupato od acquistato una sepoltura forse
anche cristiana, già abbandonata da tempo occupando un solo loculo di uno degli arco-
solii e lasciando vuoti gli altri. Di scambii e di cessioni di sepolture tra ebrei e cristiani,
massime nei primi secoli, non mancano esempi in Roma ed altrove.
Quanto all'età della sepoltura non abbiamo elementi assoluti ; solo possiamo af-
fermare, in base alla forma degli arcosolii, che dobbiamo discendere verso la fine del
III secolo o al principio del IV. Ad epoca poco diversa deve risalire anche l'altro ipogeo
di Ber ' e da me ricordato più innanzi ed insieme ad esso attesta la presenza di ele-
menti giudaici nella popolazione sulcitana di quel periodo, elementi che per quanto fa-
migliarizzati con la lingua latina, la parlavano con grande scorrettezza, mentre anche
l'uso della scrittura propria nazionale subiva radicali modificazioni.
A. Taramelli.
Danesi • Roma
FELICE BARNABEI
(1842-1922)
FELICE BARNABEI
Nella mattina del 20 ottobre 1922, Felice Barnabei, che questo periodico diresse con
appassionato fervore fin dal primo suo numero del gennaio 1876, su queste pagine reclinò
il capo stanco, e qualche ora dopo aveva reso a Dio lo spirito eletto.
Nato a Castelli, in provincia di Teramo il 13 gennaio 1842, Felice Barnabei aveva sin
da giovinetto dato prova di singolare attitudine e di vivo interessamento per lo studio
delle lettere greche e latine. Laureatosi brillantemente in Lettere a Pisa il 12 luglio 1865,
dopo alcuni anni passati nell'insegnamento, fu chiamato a far parte di quella ammini-
strazione delle Antichità e Belle Arti, che il nuovo Regno d'Italia andava non senza
stento e travaglio creandosi. Nessuna tradizione né di disposizioni legislative, nò di or-
gani deputati alla tutela delle antichità aveva recato seco il regno di Sardegna, non
piccola parte delle migliori energie e dei più alti valori che l'Italia avesse in questo-
campo di studi, primo fra tutto Giovanni Battista De Rossi, si traevano in disparte, ne-
gando la loro cooperazione. Persino dal Comune di Roma per un senso di tenace e diffi-
dente difesa di autonomie comunali venivano resistenze ed ostacoli. Lo Stato Italiano,-
debole e timido, di null'altro preoccupato che di non creare incidenti in questa Roma, il
cui recente acquisto in tutta Europa era guardato con spirito non amichevole, lo Stato
Italiano cedeva sempre su tutto.
Giuseppe Fiorelli, capo della nuova Amministrazione, che aveva dato il meglio delle'
sue energie e dei suoi anni agli scavi di Pompei e al Museo di Napoli, stanco ed affranto dn^
sventure domestiche, non riusciva a dimostrare nel nuovo ufficio le magnifiche doti di'
lavoratore e di organizzatore che aveva esplicato nell'impiantare su basi scientifiche
l'esplorazione della morta città vesuviana e l'ordinamento del grandioso istituto napo-
letano. E dei suoi coadiutori: Edgardo Brizio e Rodolfo Lanciarli salivano ben presto alle
cattedre universitarie ; Luigi Pigorini dedicava tutta la vivace, energia del proprio tempe-
ramento^, creare i Musei Preistorico ed Etnografico, e ad illustrar'' gli studi di preistoria
con la magnifica biblioteca annessa ai Musei e con la serie di volumi del suo Bullettino di
Paletnologia.
Alle più larghe e aspre fatiche di organare e disciplinare tutto il servizio delle antichità
e delle belle arti in tutta Italia rimaneva solo Felice Barnabei, che poco dopo era difatti
Notizie Soavi 1922 — Voi. XIX. U
— 340 — ■
assunto allo funzioni di Direttore ( lenorale. Ti piccolo e tenace abruzzese portava all'Ufficio
una profonda passione e un nobile e sano sentimento di dignità odi fierezza nazionale. Di
fronte alla grama istituzione che il piccolo e novello Stato Italiano andava costituendo, gi-
ganteggiava l'Istituto di Corrispondenza Archeologica, che, internazionale nella sua prima
creazione più che cinquant'anni prima, era divenuto sempre più germanico, e allora pel fa-
scino della grande vittoria sull'impero francese si era fatto esclusivamente e prepotente-
mente tedesco. Le primizie di ogni grande scoperta erano presentate ai dotti tedeschi, e da
loro si attendeva la illustrazione e la interpretazione di quanto il nostro suolo rendeva alla
luce. Dalle fondamenta di modeste casette in Via di Civitavecchia uscivano gli atti dei Ludi
Secolari di Augusto con la gloriosa menzione del Carmen Saeculare di Orazio ; l'ammini-
strazione italiana si limitava all'umile fatica di trarne copie accurate e trasmetterle a Teo-
doro Mommsen che le pubblicava e le commentava. La vetusta necropoli etnisca di Tar-
quinia rivelava mirabili tombe dipinte e ricche di corredi, Wolfgang Helbig era deputato
a dirigere le esplorazioni e a riferirne.
Nelle aule dell'Accademia dei Lincei, sempre sensibile a quanto può interessare il de-
coro degli studi in Italia, sorse la doverosa reazione. Per volontà di Quintino Sella aveva
inizio la serie, delle Notizie degli Scavi, che rendeva alla scienza italiana il posto che le spet-
tava di signora, non di ancella in casa sua. In quarantasei grandi volumi dal 1876 ad oggi
studiosi italiani hanno presentato e illustrato quanto di importante si è rinvenuto in Italia.
Nessun 'altra rivista al mondo può permettersi come questa il lusso di offrire ogni anno un
grosso volume contenente tutto materiale inedito.
Di questa gloriosa pubblicazione Felice Barnabei più che curatore sapiente ed amoroso,
fu il vessillifero e l'apostolo fervente e appassionato. Non una delle ventimila pagine sinora
stampate fu sottratta alla revisione di lui, continua, scrupolosa, tormentosa quasi e per
lui stesso e per i suoi collaboratori. Dei quali fu animatore e maestro e consigliere prezioso,
anche quando scarna e povera ne fu la schiera di fronte a numerosi e largamente prov-
veduti colleghi stranieri. E alla pubblicazione delle Notizie e all'altra maggiore dei Mo-
numenti Antichi diede egli stesso contributi cospicui di studi e di memorie epigrafiche,
topografiche, antiquarie.
Ma con la pubblicazione e la illustrazione di quanto si veniva scoprendo in Italia
non poteva dirsi esaurito il compito del Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti.
Occorreva raccogliere e custodire degnamente. Alla periferia lontana d'Italia, là dove pa-
reva che non potesse giungere lo interessamento dello studioso, e in nessun modo mai quello
del tomiste, Felice Barnabei pur nelle ristrettezze penose del bilancio non esitò a susci-
tare nuovi grandi Musei: a Este, a Taranto, a Siracusa, a Cagliari.
Ma più grave compito lo attendeva a Roma. Di fronte alle meravigliose collezioni del
Vaticano e del Campidoglio il Regno d'Italia non possedeva nella sua capitale al 21 set-
tembre 1870 neppure un oggetto antico. Il primo timido provvedimento fu di aggruppare
alcune cose che il Tevere o altre aree demaniali rendevano alla luce, intorno al modesto nu-
cleo della collezione Kircheriana dei padri gesuiti, che perla legge sulla soppressione delle
congregazioni religiose era passata allo Stato. Così nelle anguste cellette di un quarto piano
del Collegio Romano si stipavano in povera e disadorna esposizione i primi cimelii delle
collezioni archeologiche nazionali, oggetto di compatimento e di ludibrio piuttosto che
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di ammirazione a chi usciva dallo aule gloriose del Vaticano. Il gusto sicuro, l'occhio ra-
pido, la tenacia eroica di Felice Barnabei riuscirono a trovare la degna soluzione. Lasciato
al celere accrescimento del Museo Preistorico-Etnografico il Collegio Romano, egli volle
non uno ma due altri Musei, e ne vide le splendide e originali sedi in due insigni monu-
menti pure attraverso illercio abbandono e le inverosimili deturpazioni cui li avevano
sottoposti prima rozza convivenza di monaci, poi irriverente invadenza di magazzini
militari e di privati mercanti. Conquistare ad un tempo per due Musei inesistenti il
chiostro michelangiolesco e il convento di S. Maria degli Angeli e la Villa di Giulio ITI
sulla Flaminia fu opera che potè sembrare di folle audacia, e che incontrò difficoltà e
resistenze fierissime. Felice Barnabei potè trionfare grazie al patrocinio di altro grande
e alacre e insaziato amante d'Italia, che abbiamo la fortuna di lodare ed esaltare tra
noi: Paolo Boselli.
Roma possiede oggi tre grandi Musei Nazionali : il Preistorico, il Museo di Villa Giu-
lia e quello delle Terme, che per saggezza di ordinamento, per mirabile rapidità di incre-
mento, per fervore di vita scientifica superano di gran lunga le immote opulenze dei Musei
Vaticani e Capitolini. E a segnare in modo perspicuo i progressi stupendi di quegli Istituti,
basterà forse che io citi le cifre d'inventario raggiunte da quegli Istituti. Il Museo Preisto-
rico-Etnografico conta sino a oggi circa centomila oggetti, quello di Villa Giulia oltre qua-
rantacinquemila, il Museo Nazionale Romano oltre ottantamila. Pur quando la rive-
renza e l'affetto dei suoi conterranei volle Felice Barnabei rappresentante per cinque
legislature della nativa regione nel Parlamento Nazionale, pur quando il Governo del
Re lo chiamò a far parte de! Consiglio di Stato (e di questi Suoi meriti altri potrà dire
meglio di noi) gli studi delle nostre antichità, e specialmente la pubblicazione dei risultati
delle ricerche in questo periodico furono por lui la prediletta occupazione.
Rigido, inflessibile, ostinato nella difesa dei nostri monumenti e dei nostri oggetti
d'arte, Felice Barnabei incontrò per essi fiere inimicizie e aspre polemiche, e tutte le superò
a petto quadro, forte dell'usbergo di una intemerata povertà che lo ha accompagnato sino
alla morte. E se, a confronto della vasta sua attività, attri dalla quiete del proprio studio,
proeul negotiis, allineò maggior copia di scritti, sia alla memoria sua di onore il concetto
più romano che egli ebbe della vita anche di uno studioso : Adfirmamus esse baine philoso-
phiae et quidem pulcherrimam partem: agere regoli uni publicum, promere et exercere insti
tiam, quaeque philosophi doceard in usa habere.
R. Paribeni.
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SCRITTI DI FKL1CK BARNABEI
1. Degli scritti di Alessio Simmaco Mazzocchi sitila sturili di Capane sulle tavole di Eraclea. Napoli. 1ÌS<4.
2. Relazione di un viaggio archeologico sulla via Salaria; in Giorn. d. scavi di Pompei, nuova serie,
voi. I.
3. Studi sulla storia della ceramica. Delle maioliche di Castelli nell'Abruzzo Teramano; in Xiiora An-
tologia, agosto. 1876, p. 729 e segg.
4. Di un frammento di iscrizione dedicatoria a Traiano su lastra di vetro, in Commetti, philol. in Itoti.
Th. Mommseni, p. 671, an. 1877.
6. Oliscavi di Ercolino; in Atti della R. Acc. dei Lincei, classe di scienze morali, serie III, voi. II,
1877-78.
6. Il Museo Etrusco di Volterra, ricordi di F. Barnabei (trad. dall'inglese). Volterra, 1878.
7. Herculaneum ; in Encyclop. Britannica, XI, p. 723.
8. Dell'arte ceramica in Roma (discorso pronunziato il 20 marzo 1881, inaugurandosi la Mostra dei
lavori ceramici romani nel Museo artistico industriale). Roma, 1881.
9. Ceramica (Relaz. de' giurati nell'Esp. un>v. del 1878 in Parigi), in Ann. del Ministero di Agric.
Ind. e Colimi. Roma, 1882.
10. Note epigrafiche raccolte nell'Italia meridionale; in Notizie degli Scavi, 1882, p. 381.
11. Di un vaso di Meta /tonto con alfabeto greco delle colonie Achee neW Italia meridionale: in Rend.
R. Acc. dei Lincei, serie IV. voi. I, 15 marzo 1885.
12. Scoperte epigrafiche in Ardeti; in Notizie degli Scavi, 1885. p. 160.
13. Frammento epigrafico scoperto in Tolentino; in Notizie degli Scavi, 1885. p. 165.
14. Di una epigrafe latina scoperta nella valle ilei Vibrata ; in Notizie degli Scavi, 1886, p. 167.
15. Nuovo frammento dei Fasti Gabini; in Notizie degli Scavi. 1885, p. 427.
16. Note epigrafiche per le regioni italiche II e III; in Notizie degli Scavi, 1886, p. 238.
17. Nota sopra nuove scoperte in Reggio di Calabria; in Notizie degli Scavi, 1886, p. 241.
18. ì bronzi del giuoco del cottabo. scoperti mila necropoli di Perugia; in Notizie degli Scavi, 1886, p. 314.
19. Di una ricca tomba della necropoli l'aderte; in Notizie degli Scavi, 1886, p. 357.
20. Di un lavoro di Iacopo da Benevento falsamente attribuito ai Della Robbia; in Rend. della R. Acc.
dei Lincei, classe di scienze murali, 17 gennaio 1886.
21. Di un tesoretto di monete mediar vali scoperto nei pressi di Ariccia ; in Rendie. dei Lincei, classe se.
nini'.. 1886. p. 126.
22. Le pergamene della Cattedrale di Bari; in Rendie. Lincei, classe se. mor., 30 giugno 1886.
23. Di un raro bollo figulino a lettere mobili, in Rerldic. dei Lincei, ci. se. mor., 18 luglio 1886, p. 30.
24. Di unu rarissima iscrizione del Beniienlano, relativa al culto di Giunone ; in Rendie. dei Lincei, classe
se. mor., 14 dicembre 1886.
25. Di alcune laminette votive, spettiniti al culto di Giove Pettini) e delle Matrone, scoperte sul Gran Sun
Bernardo: in Rendiconti dei Lincei, classe se. mor.. 18 dicembre 1887.
26. Iscrizioni latine di S. Maria Calvonn presso Chieti; in Nottue digli Scavi, 1887. p. 168.
27. Epigrafi di S. Nicoli Manfredi nel lloneventano ; i n Notizie degli Stavi. 1887, p. 161.
28. Epigrafe dell'acqua Augusta Alsietitta] in Notizie digli Scavi, 1887, p. 181,
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29. Frammenti di una cassa militari iella leg. IV Macedonica, scoperta a Cremona; in Notizie degli
Scavi, 1887, p. 209.
30. Epigrafi latine scoperte in Ascoli Piceno ; in Notizie degli Scavi, 1887, p. 252.
31. Di un'epigrafe onoraria a L. Iulio Iuliano pref. del Pretorio e pref. dell' Annona, scoperta nelV alveo
del Tevere presso la Mormorata; in Notizie degli Scavi, 1887, p. 536.
32. Del libello di Geminio Eutichete; in Bull. delVImp. Ist. Arch. Germanico, voi. II, 1887, p. 203.
33. Di una iscrizione latina arcaica relativa al console Servio Fulvio Fiacco, scoperta presso la chiesa
di S. Angelo in Formis. nel Comune di Capita in Notizie degli Scavi, 1888, p. 142.
34. Nuova epigrafe del territorio di Antino dei Morsi; in Notizie degli Scavi, 1888, p. 395.
35. Iscrizioni latine di Alba Fucense e di S. Benedetto di Pescina; in Notizie degli Scavi, 1888,
pp. 531 e 532.
36. Epigrafi Ravennati; in Notizie degli Scavi, 1888, p. 656.
37. Nuove scoperte epigrafiche della necropoli teatina; in Notizie degli Scavi, 1888, p. 745.
38. Di un nuovo frammento dei fasti trionfali, scoperto nell'alveo del Tevere; in Kend. Acc. Lincei, classe
di scienze morali, 1888.
39. Di alcune iscrizioni del territorio di Hadria nel Piceno, scoperte in Monte Giove nel Comune di
Cermignano; in Bollett. delVImp. Istituto Archeologico Germanico, III, Roma, 1888, p. 3.
40. Degli oggetti d'arte antica nelle Esposizioni di ceramica in Roma ; in Archivio storico dell'arte, II,
fase. V-VI, 1889.
41. Di una nuova epigrafe relativa all' Ala Atectorigiuna: in Rend. dei Lincei, classe se. mor., voi. V,
fase. 10°, an. 1889.
42. Di un frammento di iscrizione onoraria scoperta in Terni; in Notizie degli Scavi, 1890. p. 236.
"43. Di un diploma militare scoperto nell'alveo del Tevere presso il ponte Pulitino; in Monumenti
antichi jntbbl. dalla R. Acc. dei Lincei, voi. I, 1890.
44. / commentarii dei ludi secolari augustei e severiani scoperti in Roma sulla sponda del Tevere ; in
Man. Lincei, voi. I, punt. 3», 1891.
46. Nuove scoperte nella regione IX di Roma; in Notizie degli Scavi, 1891, p. 89.
46. Di una nuova e importante epigrafe latina scoperta nell'area ove fu la chiesa di S. Giorgio, a Ravenna ;
in Notizie degli Scavi, 1891, pp. 222 e 329.
47. Nuove scoperte nelle regioni Vili e XIV di Roma ; in Notizie degli Scavi, 1891, p. 231.
48. Epigrafe Lanuvina, in Notizie degli Scavi, 1891, p. 253.
49. Elmo scoperto nell'alveo del Tevere ; in Notizie degli Scavi, 1891, p. 286.
60. Epigrafi latine scoperte in Locri Epizefiri ; in Notizie degli Scavi, 1891 , p. 296.
51. Di un'importante epigrafe riferibile al percorso di un acquedotto scoperta nel territorio Amiternino ;
in Notizie degli Scavi, 1891, p. 321.
52. Di una rara iscrizione latina probabilmente dal vico Helvillum, in Notizie degli Scavi, 1891, p. 329.
53. Di una lapide funebre scoperta lungo il. tratto della ria Salaria da Molitorio al Vomano ad Hadria
Piceni; in Notizie degli Scavi, 1891, p. 368.
64. Antichità del territorio Falisco esposte nel Museo Nazionale di Villa Giulia; in Monumenti un-
tichi dei Lincd, II, 1, an. 1892.
56. Nuove epigrafi dell'antica Interamnia; in Rivista Abruzzese, Teramo, ottobre 1892.
56. Di un frammento di calendario con resti di un feriale, scoperto a Guidizzolo nel Mantovano ; in No-
tizie degli Scavi, 1892, p. 7.
57. Nuove scoperte epigrafiche nell'area dorè sorse S.Giorgio in Ravenna ; in Notizie degli Scavi,
1892, p. 77.
58. Di un fittile a copertura vitrea trovato in mia tomba della necropoli di Ancona; in Notizie degli
Scavi, 1892, p. 80.
59. Epigrafi urbane delle regioni IX e XIV ; in Notizie degli Scavi, 1892, pp. 169-160.
60. Nuove iscrizioni latine del territorio di Teramo ; in Notizie degli Scavi, 1892, p. 199.
61. Epigrafi latine rinvenute nell'alveo del Tevere ; in Notizie degli Scavi, 1892, p. 234.
62. Epigrafe latina scoperta a S. M. di Palazzo, antica « Juranum »; in Notizie degli Scavi, 1892, p. 350.
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63. Frammento dei Fasti trionfali ; in Notizie degli Scavi, 1892, p„ 410.
64. La Collezione Barracco ; in Nuova Antologia, 1° gennai» 1893.
66. Di un nuovo titolo riferibile ai « magistri pagani » della Campania, rinvenuto in S. Maria d. C. V. ;
in Notizie degli Scavi, 1893, p. 164.
66. Di un sepolcro con cinerario fittile in forma di capanna scoperto nella necropoli della antica Velitrae;
in Notizie degli Scari, 1893, p. 198.
67. Di una rara iscrizione cimiteriale cristiana e di altre scoperte fatte in Pavia ; in Notizie degli Scavi,
1893, p. 347.
68. Nuove epigrafi dell'antica Interamnia ; in Notizie degli Scavi, 1893, p. 351.
69. Di un sigillo di bronzo, scoperto a S. Egidio al Vibrata; in Notiiie degli Scavi, 1893, p. 430.
70. Degli scavi di antichità nel territorio falisco; in Man. Lincei, voi. IV, 1894, p. 5.
71. Dei fittili scoperti nella necropoli di Narce; in Mon. Lincei, voi. IV, p. 165.
72. Degli oggetti di ornamento personale, delle armi e degli altri istrumenti del corredo funebre, scoperti
nella medesima necropoli di Narce (lavoro pubblicato in unione con A. Pasqui) ," in Mon. Lincei,
voi. IV, p. 347.
73. Di una nuova lapide in onore di Mania Megonio Leone, scoperta presso Strongoli; in Notizie degli
Scavi, 1894, p. 18 (in eollaboraz. con D. Vaglieri).
74. Di alcune pitture di vasi greci, nelle quali si credè rappresentala la più antica forma della ruota da
vasaio; in Rend. R. Acc. dei Lincei, classe se. morali., voi. Ili, fase. 10, an. 1894.
74. Di un'iscrizione onoraria a Traiano, rinvenuta a Balestrino; in Notizie degli Scavi, 1894, d. 95.
76. Lapidi sepolcrali latine scoperte a Milano, presso il ponte di Porta Magenta; in Notizie degli Scavi,
1894, p. 158.
77. Di una statuetta di bronzo e di un piattinetto di rame, con iscrizione latina votiva, scoperti a Piece
di Cadore, in Notizie degli Scavi. 1894, p. 188.
78. Di un ripostiglio di letradrammi di argento, scoperto presso il villaggio di Battaglia nel Comuni'
di Campii; in Notizie degli Scavi. 1894, p. 190.
79. Epigrafe latina di Baia ; in Notizie degli Scavi, 1894, p. 287.
80. Epigrafe latina di Grotta) 'errata ; in Notizie degli Scavi, 1894, p. 313.
81. Scoperte a Novilara ; in Notizie degli Scavi, 1894, p. 377.
82. Nuova iscrizione funebre latina rinvenuta presso l'abbazia di Grotta ferrata; in Notizie degli Scavi,
1894, p. 380.
83. Iscrizione latina di Noli ; in Notizie degli Scavi, 1894, p. 398.
84. Di un nuovo cippo milliario dell'Appio scoperto a Sezze; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 28.
85. Dei preziosi oggetti di età barbarica, scoperti nel sepolcreto di Castel Trosino presso Ascoli Piee ito ;
in Notizie degli Scavi, 1895, p. 35.
86. Di un nuovo frammento dei rilievi in stucco scoperti nel giardino della Farnesina.' in Notizie degli
Scavi, 1896, p. 39.
87. Di un'antefissa fittile del tempio di Giunone Lanuvina ; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 46.
88. Di una rarissima tessera ospitale con iscrizione latina; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 86.
89. Di un nuovo titolo sepolcrale latino di Noli; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 193.
90. Di un'epigrafe latina riconosciuta nella città di Lomello; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 220.
91. Epigrafe latina di S. Angelo in Formis; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 233
92. Tombe etrusche scoperte in contrada ('a)itolle a Lubriano: in Notizie degli Scavi, 1895, p. 244.
93. Epigrafe Tuscolana; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 249.
94. Di un'epigrafe latina dedicata a Caracolla, scoperta a Vetulonia, in Notizie degli Scavi, 1895,
p. 340.
95. Delle scoperte di antichità nel lago di Nemi; in Notizie degli Scavi, f 895, p. 361 .
96. Nuove iscrizioni latine scoperte presso Parma; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 406.
97. Di un sepolcreto gallico scoperto nella contrada denominata « il Pianetio », ai piedi di Montefortino
(Arcevia); in Notizie degli Scavi. 1896, p. 408.
98. Di un'iscrizione latina arcaica, scoperta in contrada Valviano, in comune di Cellino ; in Notizie degli
Scavi, 1895, p. 413 (in collaborazione col prof. Pascal).
— 345 -
99, Di alcuni frammenti di tegole di bronzo dorato, appartenenti all'ornamento del tempio di Diana
Nemorense; in Notizie degli Scavi, 1895, p. 431.
100. Di un fittile d'industria primitiva rinvenuto in una grotta presso il lago di Nemi; in Notizie degli
Scavi, 1896, p. 436.
101. Nuove scoperte di antichità nel lago di Nemi; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 461.
102. Nuove scoperte di antichità sul Palatino; in Rendiconti dei Lincei, classe se. mor., agosto 1896.
103. Di un antico tempio scoperto presso le Ferriere della tenuta di Conca, dove si pone la sede della città
di Satricum (in collaborazione con A. Cozza); in Notizie degli Scavi, 1896, pp. 23, 99, 167, 190.
104. Iscrizioni latine di Campomorto; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 69.
106. Scoperte varie nelle regioni Vili, VI e V di Roma; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 177.
106. Nuove scoperte di Nemi; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 188.
107. Frammento di fistula acquario, iscritto di Civita Lavinia ; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 226.
108. Sigillo di bronzo di 8. Giovanni Incarico; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 236.
109. Di un sigillo di bronzo di Reggio Calabria; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 300.
110. Tomba preromana della necropoli settentrionale Atestina; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 337.
111. Di un marmo insigne con iscrizione votiva a Mercurio, aggiunto alla raccolta del Museo archeologico
di Milano; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 445.
112. Scoperte fatte in Roma nella regione XIV; in Notizie degli Scavi, 1896, p. 467.
113. Diunrarovetroinformadicigno,usatoprobabilmenteperbalocco da bambini; in Notizie degli Scavi,
1896, p. 601.
114. Frammento di titolo funebre metrico, scoperto nella necropoli di Album Intimilium; in Notizie degli
Scavi, 1899, p. 93.
116. Iscrizione latina delle Terme tarantine Pentascinensi; in Notizie degli Scavi, 1897, p. 110.
116. Di un termine Gruccano scoperto presso Atena, in Lucania; in Notizie degli Scavi, 1897, p. 120.
117. Di una città greca riconosciuta a Terravecchia, presso Grammichele, in provincia di Catania; in
Notizie degli Scavi, 1897, p. 128. »
118. Frammenti di iscrizioni latine rinvenute a Ravenna; in Notizie degli Scavi, 1897, p. 606.
119. Note intorno ad un vaso fittile di Bomarzo; in Notizie degli Scavi, 1897, p. 508.
120. Titoli sepolcrali rinvenuti nel territorio di Andria ; in Notizie degli Scavi, 1898, p. 34.
121. Nuovi frammenti marmorei di epigrafi ravennati, in Notizie degli Scavi, 1898, p. 48.
122. Iscrizione latina del territorio di Montemilone; in Notizie degli Scavi, 1898, p. 127.
123. Di alcuni fittili con leggende etnische rimessi in luce a Barbarono romano; in Notizie degli Scavi,
1898, p. 407.
124. Di una iscrizione latina della necropoli di Barium; in Notizie degli Scavi, 1898, p. 461.
125. Iscrizione sepolcrale rinvenuta nell'area dell'antica Olbia ; in Notizie degli Scavi, 1898, p. 426.
126. Umetta marmorea con epigrafe sepolcrale latina di Torricella Sicura; in Notizie degli Scavi, 1899.
p. 47.
127. Iscrizione latina ricordante un milite pretoriano, scoperta nella chiesa di S. Valentino, a Isola del
Gran Sasso; in Notizie degli Scavi, 1899, p. 262.
128. Epigrafe imperiale di Teramo; in Notizie degli Scavi, 1899, p. 382.
129. La Villa Pompeiana di P. Fannio Sinistore, scoperta presso Boscoreale. Relazione a S. E. il ministro
della Istruzione Pubblica, Roma, 1901.
130. La tomba vetustissima scoperta nel Foro Romano ; in Nuova Antologia, 16 aprile 1902.
131. Discorso sul bilancio della Istruzione Pubblica, pronunciato alla Camera dei Deputati, nella tornata
del 17 dicembre 1903. Roma, Tip. Camera, 1903.
132. Della biga greca arcaica scoperta in Monteleonc presso Norcia in Sabina; in Niwva Antologia,
16 aprile 1904.
133. Discorsi pronunziati alla Camera dei deputati sul bilancio della Istruzione Pubblica, nelle tornate del
23 e 24 giugno 1904. Roma, Tip. Camera, 1904.
134. Delle maioliche di Castelli nella esposizione di arte antica in Chieti (discorso pronunziato nella
solenne inaugurazione del Congresso Regionale, il 16 settembre 1906). Chieti, 1905.
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136. Bartolomeo Borghesi (discorso pronunciato nella inaugurazione del suo monumento in San Marino);
in Nuova Antologia, 16 luglio 1005.
136. Di un'iscrizione votiva ai Lari Compitali scoperta nel corso superiore dell' A terno, in territorio di
Amiterno; in Notizie degli Scavi, 1908, p. 182.
137. Titolo funebre latino di Rimini; in Notizie degli Scavi, 10118, p. 261.
138. Frammento di titolo funebre latino di Panie; in Notizie degli Scavi, 1008, p. 298.
130. Cippo con iscrizione funebre di Venosa; in Notizie degli Scavi, 1008, p. 443.
140. Iscrizione votiva a Serapide di Roma ; in Notizie degli Scavi, 1009, p. 80.
141. Di un'iscrizione votiva che dicesi rinvenuta nel Tevere, e di un titolo funebre scoperto presso la via
Portuense ; in Notizie degli Scavi, 1009, p. 228.
142. Paolo Bosetti e il Museo Nazionale delle Antichità in Roma (nel volume dedicato a Paolo Boselli
dal Comitato Savonese per le onoranze); Savona, 1913.
143. Commemorazione di Giuseppe Gatti, letta alla R. Accademia dei Lincei nella seduta del 22 no-
vembre 1914, in Rendic. dei Lincei, ci. se. mor., 1914.
144. Iscrizioni latine arcaiche riferibili alle arginature dell'Adige presso l'antica Ateste, in Notizie degli
Scavi, 1916, pp. 137-144.
146. Le pubblicazioni sopra le scoperte di antichità nel Regno d'Italia; in Mnseum, Bollettino della Repub-
blica di San Marino, anno I, n. 1, S. Marino, 1917.
146. Necrologia di Giuseppe Pellegrini; in Notizie degli Scavi, 1918, p. 207.
147. Cenno necrologico di G. A. Colini ; in Notizie degli Scavi, 1919, p. 12.
148. Roberto Campana; in Rivista Abruzzese, XXXIV, 10-11, Teramo, 1010.
140. Beniamino Costantini; in Rivista Abruzzese, XXXV, fase. I-II, Teramo, 1920.
160. I primi passi di due grandi archeologi, G. Fioretti e R. Garriteci; in Archivio storico per la Sicilia
Orientale, XVI, in onore di P. Orsi. 1021.
161, Cenno necrologico di Alfonso Alfonsi; in Notizie degli Scavi, 1022, p. 56.
152. Manoscritto (inedito) riguardante la storia dell'amministrazione archeologica del Regno d'Italia
dal 1870 ad oggi. •
NOTIZIE DEGLI SCAVI
Anno 1922 — Fascicoli IO, 11, 12.
Regione X (VENETI A ET H ISTRIA)
I. NEGRAR DI VALPOLICELLA — Avanzi di una villa romana
con magnifici mosaici.
A Negrar nella frazione Villa in un podere denominato le Tre Corteselle di proprietà
del sig. Zantedeschi Marcello già molti anni addietro e propriamente nel 1887 (') du-
rante i lavori agricoli era stato scoperto parte di un bel pavimento a mosaico ; ma allora
quando un'amministrazione per le antichità si può dire che non esistesse completa, e
mancavano leggi che proteggessero i travamenti, alcune autorità di Verona, nell'impos-
sibilità forse di ottenere i mezzi necessari, lasciarono arbitro il proprietario di fare quel
che volesse. Infatti questi, come si rileva da due articoli dell'« Arena », giornale di Ve-
rona, (') senza estendere lo scavo, esegui a sue spese il distacco di tre pezzi di litostroto,
due emblematn (fig. 1, 2) e un pezzo a disegni decorativi, quadri che stavano per emi-
grare all'estero, se la stampa, interpretò dei sentimenti della parte colta della cittadi-
nanza veronese, che se ne interessava, non avesse sollecitato il Comune di Verona ad
acquistarli per il museo Civico.
Passarono parecchi anni, ma sempre rimase vivo nel piccolo comune il ricordo dei
mosaici trovati, e con la speranza che il terreno nascondesse chi sa quali e più consi-
stenti tesori, il proprietario doveva avere spesso fatto rimaneggiare il terreno in quel
posto. Or sono due anni il campo cambiò di proprietario, che nella medesima località fece
fare un lavoro di scasso, e l'operaio che l'aveva eseguito mi diceva di non aver avuto
nessuno scrupolo, lavorando a cottimo, di zappare e di far saltare in aria anche pezzi
di mosaico.
Quest'anno i lavori agricoli di scasso, fatti sempre allo stesso posto, ebbero più
fortuna : misero allo scoperto due teste di cavallo in mosaico di fattura accurata con
(«) Not. Se, 1887, pagg. 431-2.
(») Arena 7-8 die. 1891 e 14-15 sett. 1892.
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. 45
NEGRAR DI VALPOLICELLA
348 —
regione x.
pennacchi di tasselli di pasta vitrea verde, e che nella bardatura avevano anche qual-
che tassello di pasta vitrea dorata.
Il Soprintendente ai Monumenti di Verona, ing. Da Lisca, che primo vide questo
tratto di mosaico, ne diede comunicazione alla Soprintendenza ai Musei e agli Scavi ar-
cheologici del Veneto, chiedendo un sopraluogo. Compiuto il sopraluogo il Soprintendente
Fio. 1.
ai Musei e Scavi, prof. Fogolari. vide la necessità di fare finalmente degli assaggi siste-
matici di scavo, magari per mettere allo scoperto il litostroto che tanto interessante
si mostrava in quel piccolo tratto. Inoltre innumerevoli pietre frammiste al terreno,
«pezzi di tegole, di embrici che all'argilla depurata e ben cotta apparvero indubbiamente
di epoca romana, una quantità di frammenti d'intonaco dipinto a bei colori vivaci, tutto
si rivelava avanzo di un'antica costruzione romana.
Ottenuto dal Ministero il permesso, e conchiuse con il proprietario le necessarie trat-
tative, lo scavo fu iniziato il 14 giugno di quest'anno.
Apparve subito una biga guidata da un amorino alato, (fig. 3), la medesima rap-
presentazione di uno degli emhlemata esistenti al Museo Civico di Verona, ma diversa
REGIONE X. — 349 — NEGRAR DI VALPOLICELLA
per movimento e per colori. Proseguendo verso oriente si incontrò una soglia di porta
bivalve e a destra e a sinistra di essa il muro, che conservava ancora l'intonaco dipinto
in rosso scuro, era rimasti» in piedi per un'altezza di circa m. 0.60. Al di là del muro altri
ambienti, anch'essi con impiantiti a mosaici a interessanti motivi di genere decorativo;
verso sud altro mosaico sempre diverso sia per tinta, sia per disegno e sempre bello.
Senza che io stia qui a enumerare, il che mi sembra di nessuna utilità, in quale ordine
avvennero tali scoperte, mio scopo fu di cercare di limitare tutti i locali che si presen-
tavano in vista.
La sala cui appartenevano gli emòhmata doveva essere bella e sontuosa; un lato,
quello a nord, fortunatamente si è potuto tutto seguire (fig. 4) e mediante quel che è
rimasto di pavimento, si è in grado di ricomporre l'intero disegno, e di determinare
quindi la superficie di tutta la sala che misurava mq. 70.
Verso est abbiamo due altri vani ; dalla sala principale si andava certamente nel
primo di essi più a nord, come è dimostrato dalla soglia ricordata, e si andava forse
anche nel secondo che non fu completamente scoperto. Dalla parte opposta verso
ponente vi devono pure essere stati altri amb'renti, come prova un tratto di pavi-
mento a musaico scoperto in corrispondenza del primo degli ambienti a levante della
sala principale.
Un ambiente largo m. 4,25, e lungo oltre i 14, tutto pavimentato a mosaico,
conservatoci purtroppo a tratti qua e là, chiudeva tutto il lato nord della casa. In
siiti verso nord-ovest sono state trovate lastre di marmo, una più lunga e più sottile
(m. 1 ,56 X 0,48) alternata con una più breve e più profonda (m. 0,63 X 0,47).
Sono apparsi due rocchi di colonna di marmo rosa di differente diametro. Si tratta
senza dubbio di un porticato che si apriva su di un giardino (xystus). Le colonne poggia-
vano forse sulle lastre più corte e più alte, quantunque sopra queste non vi sia rimasta
traccia alcuna. Questo porticato doveva essere l'estremo limite nord della casa, perchè
esteso lo scavo in alcuni punti per circa ni. 5.60, all'infuori dei soliti frammenti di em-
brici, di qualche frammento di vaso, di chiodi e di tasselli di mosaico, alcuni anche di
vetro azzurro, non sono apparse tracce di costruzioni.
I muri della villa in direzione da nord a sud erano i muri maestri, larghi circa me-
tri 0,66, mentre quelli che andavano in senso opposto, da est a ovest, misuravano in
spessore m. 0,47; più sottili di circa una ventina di centimetri.
I muri sono costruiti di sassi dei torrenti della vallata (pietra viva, tufo e pietra
gallina) tenuti insieme da calce appena spenta e da sabbia nella proporzione di % di
calce e di 3/< di sabbia che da sola non resisterebbe all'umidità. Ad aumentarne la resi-
stenza sono intramezzati ghiaia e frammenti di mattoni cotti.
L'intonaco che riveste i muri, spesso cm. 2, è invece composto di calce spenta con
sabbia di Adige più fine o pure di cave sulla Campagnola alla Villa Angelina. L'intonaco del
muro, per esser più forte e per avere una coesione maggiore, ha più quantità di calce spenta.
II sotto apparecchio del mosaico è alto cm. 25 circa, composto di creta di Dosso,
Quena, Pezzabono, con calce appena spenta ; lo strato superiore è di creta più minuta,
e si doveva stendere man mano che procedeva il lavoro, altrimenti, se indurito, non
sarebbe stato più possibile infiggervi i tasselli.
NEOHAR PI VALPOLICELLA
— 850 —
HEGIONE X.
Il pavimento a mosaico della sala principale si può fedelmente ricostruire in base a
quel che ci è rimasto (fig. 5), e con l'aiuto di una fotografia (*) fatta sopra luogo
quando avvennero i primi travamenti, si possono con sicurezza collocare i due emble-
mata del Museo Civico.
"^" "' *"' ",-S;1*
Fio. 2.
Quello con l'erote che guida la biga (fig. 3) era al lato nord, dalla parte opposta
al quadro trovato in site, in modo che le due bighe erano affrontate. 11 quadro con le
tre figure (fig. 2) era nel centro volto a nord verso un ingresso principale. Agli angoli
del lato sud della sala vi erano altre due bighe, come si argomenta da un pezzo di fru-
sta ancora rimasto.
(*) Fotografia latta nel 1887 dal notaio Bertoldi e a me gentilmente mostrata dalla sorella
sig.na Giovanna Bertoldi.
REGIONE X.
— 351 —
NEGRAR DI VAI.POLICEW1A
Questo pavimento con agli angoli le bighe, che amorini alati cercavano frenare
nella corsa impetuosa, con un'interessante scena al centro, che una raffinata tecnica colo-
ristica distaccava con mirabile plasticità dal fondo del mosaico, da dare a chi entrava
l'illusione di un gruppo di persone viventi, con questi emblemata armoniosamente invi-
Fio. 3.
luppate da intrecci decorativi, imitava proprio un gran tappeto gettato sul pavimento
della sala, E la sapiente disposizione dei colori ne aumentava l'effetto. L'intreccio deco-
rativo scuro su fondo biancastro, i cavalli di una biga con preponderanza di giallo, quelli
dell'altra di grigio ; le bardature, i pennacchi con tasselli di vetro, alcuni anche dorati.
I vestimenti delle figure centrali risplendevano di tasselli di vetro verde chiaro e verde
smeraldo.
Ai lati nord e sud due fascie larghe di un bel motivo a giuoco di pelte (figg. 6 e 6)
ottenuto con linee curve intersecantisi, di molto effetto speciose come qui, le tinte sono
NEGUAR DI VALPOLICELLA
— 352 —
REGIONE X.
bene intonate : su fondo bianco risaltano le pelte gialle listate tutt'intorno di rosso. Que-
sti colori così chiari dovevano dare l'impiessione che la sala fosse ancora più lunga.
Gareggia con un vero dipinto la scena centrale di composizione non comune (fig. 1):
una figura maschile riccamente vestita all'orientale, di un chitone manicato, con sopra
un ampio manto agganciato sulla spalla destra e con in testa un berretto frigio, ap
poggia la mano destra in atto di protezione sulle spalle di una giovane donna che sup-
plice e implorante gli è inginocchiata dinanzi ; anch'essa abbigliata con lusso, di un abito
Fio. 4.
ben succinto al busto, e che si allarga in fondo in modo da ricoprire ampiamente la parte
inferiore della figura inginocchiata. Lascia nude le belle braccia, il destro con due aratile
una in alto e l'altra all'avambraccio.
In testa ha un'acconciatura di stoffa che ricopre tutti i capelli ; aderente sulla fronte,
è riunita e raggnippata alla nuca, prolungantesi poi disciolta sulla spalla sinistra fin
oltre l'anca. Che l'abito sull'anca formasse un drappeggio, l'artista ha cercato dimo-
strarlo con una disposizione circolare di tasselli come ha fatto per l'acconciatura del
capo.
Dall'altro lato sembra tenere per mano e incoraggiare la supplice una donna tut-
t'avvolta artisticamente in un velo bianco che le ricopre anche il capo, e che lascia solo
scorgere un monile al collo.
REGIONE X.
— 353 —
NEORAU DI VALPOLICELLA
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Fio. 5.
ftEUKAK DI VAU'OUCKUA
354 —
hegìonè X.
Una scena simile per quel che ho potuto vedere io non l'ho trovata né sulle pitture
parietali (') ne su quelle vascolari ; analogia di abbigliamento specie delle due donne
si ha con i dipinti della Villa « Gargiulo » a Pompei. Senza nessuna intenzione di entrare
nella dibattuta interpretazione di esse in cui sì eminenti archeologi e filologi sono d'opi-
nione tanto discorde (*), di modo che sono stati anche spiegati per le nozze di Bacco e di
Arianna turbate da una delle non infrequenti scene di gelosia di cui si dilettava Era (3) mi
limiterò a segnalare i riscontri.
Fig. 6.
La donna che sta nel centro ha un chitone che ricorda quelli indossati da alcune
donne dei suddetti dipinti ; inoltre una veste di velo è sovrapposta al chitone, lo
dimostra chiaramente quel drappeggio di piegoline, la smode secondo il Macchioro.
Caratterizza maggiormente l'analogia del vestimento, l'acconciatura della testa che
(*) In un dipinto di Pompei raffigurante una scena d'iniziazione, vi è un personaggio maschile,
vestito all'orientale, come quello del mosaico, però è seduto, ed ha in mano un lungo scettro. S. Rei-
nach, Répertoire de peintures grecques et romaines, Paris, 1922, pag. 240, 5
(*) Per la bibliografia cfr. V. Macchioro, Zagreus, Studi siilVoì-fismo, Bari, 1920, pag. 20, n.l.
Riproduzioni fotografiche di questi dipinti si trovano nelle Not. Se. 1910, pag. 139 ss; tavv. XII-
XX e nella pubblicazione di G. E. Rizzo, Dionysos Mystes, in Meni. Accad. orchcol. Napoli III, 1918;
sull'opera citata di V. Macchioro le scene sono riprodotte in un disegno lineare. Sia nel lavoro del
Rizzo, sia in quelle del Macchioro le scene sono denominate con le stesse lettere.
(*) D. Comparetti, Nozze di Bacco e Arianna., Firenze, 1920.
REGIONE X.
— 355 —
NEGRAK DI VALPOLICELLA
forse non si sarebbe potuta spiegare senza il riscontro con l'acconciatura della figura
seduta della scena B (') dei dipinti. La donna velata del mosaico somiglia assai a quella
seduta della scena I (2) dei dipinti, anche per il monile al collo. E i bracciali della donna
inginocchiata così disposti non sono ignoti alle donne dei dipinti del fondo Gargiulo.
La figura maschile del mosaico ha nella sinistra un'asta terminante con una pic-
cola correggia, un vero staffile che quasi identico, sempre se la riproduzione del
disegno è fedele, ha la furia fustigatile dei dipinti.
Fi«. 7.
Potrebbe trattarsi di una scena d'iniziazione (3), ma io non saprei dire a quali
misteri : la figura di sin. sarebbe il sacerdote iniziatore : il personaggio più importante
(!) Not. Se, 1910, tav. XIII.
(«) Not. Se, 1910, tav. XX.
(*) Dato l'abbigliamento all'orientale dell'uomo e la frusta che ha in mano, si può affacciare
probabile anche un'interpretazione mitologica; riguarderebbe una rappresentazione insolita del
mito di Pelope tanto ricco di elementi disparati. Hippodatnia che accompagnata dalla madre
supplica Pelope di non farle sposare Myrtilo cui, secondo una versione, si era essa stessa pro-
messa, perchè innamoratasi del bel frigio voleva essere liberata dal padre al quale la legava
un illecito amore, Preller-Robert, Griech. Myth. pag. 125. E allora vi sarebbe anche un nesso
fra questa rappresentazione e le bighe in corsa guidate da amorini degli emblcmata angolari.
Secondo un'altra versione è Pelope che promette Hippodumia a Myrtilo per essere aiutato a ucci-
dere Enomao; Myrtilo uccide Enomao, ma Hippodamia che odia l'uccisore di suo padre, prega
Pelope di non farglielo sposare. Pauly-Wissowa, Real-Encycl. s. v. Hippndàmeia, 1726.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 46
NÉUKAK 1)1 VALPOLICELLA — 350 — KÉCilON'i: X.
della rappresentazione, occupa quasi metà della scena e supera per statura gli altri,
e se non fosse umanizzato dall'atto di appoggiare la mano sulla spalla della donna
che a lui s'inchina, potrebbe considerarsi una divinità.
Sarebbe una scena d'iniziazione ridotta ai termini più essenziali e quasi geometrici,
senza lusso di personaggi e di particolari secondari. Un po' dipende dalla natura del
lavoro sfrondare e semplificare una scena, un po' trattandosi di un emblema, dallo
spazio ristette di cui si dispone (').
E che i modelli sieno comuni a mosaici e ad affreschi e spesso derivanti da proto-
tipi di autori non è infrequente : della celebre composizione di Polignoto, Achille rico-
nosciuto da Ulisse a Scyros, si trovano diverse varianti e fra i dipinti e fra i mosaici ; in
questi però la rappresentazione è ridotta ai soli protagonisti (2). Ma non sempre avviene
così. Per la rappresentazione del Sacrificio di Ifigenia, il cui prototipo si vuole far risalire
al celebre dipinto di limante, si ha nel mosaico di Ampurias, abbondanza di perso-
naggi al contrario che negli affreschi (3).
Sulle pareti della sala chi sa che non vi fossero dipinte scene in relazione con quella
del pavimento ? Si sono trovati frammenti innumerevoli d'intonaco a magnifici colori
a tempera ; rosso in tutte le gradazioni, dal più cupo a un rosso tenue, verde, giallo, viola,
azzurro, nero grigio, ma in frammenti così minuti da non potervi ravvisare nulla.
Vi sono poi somiglianze di carattere topografico fra la sala della Villa Gargiulo e
questa con il pavimento a mosaico di Negrar: ambedue hanno l'ingresso principale su
un porticato che segna l'estremo limite della casa.
I pavimenti dei vani di questo edificio non sono tutti allo stesso livello. Sullo stesso
piano si presentano quelli della sala principale, della seconda sala e del portico, men-
tre il pavimento della prima sala a levante dell'aula principale è più alto di cm. 12,
e quello della sala a ponente è più basso di cm. 3. La nostra figura 7 mostra il pavi-
mento della sala più alta.
La costruzione di questa villa dovette essere fatta molto accuratamente. Si prov-
vide a che vi fossero cave o cisterne sotto i locali con pavimenti a mosaico, condizione
essenziale per la buona conservazione di essi, affinchè non fossero soggetti alle infiltra-
zioni ed ai cedimenti del sottosuolo (4). Sotto la stanza a levante dell'aula principale
si sono messe allo scoperto costruzioni larghe m. 2 e profonde ni. 3 ; vuoto vi è sotto la
grande aula, parimenti sotto il portieo, dove cambia il disegno del pavimento, che ora ha,
per aver ceduto, una depressione di circa cm. 25. In un assaggio fatto in questo punto sono
stati trovati due piedini di terracotta su piccola base appartenenti a una statuetta, un
embrice e una tegola intieri (5) pezzi di mosaico, di vetro ecc.
(!) Molto acutamente G. Patroni (lìend. Acc. Are. di Napoli, XIX, 1905, pag. 112, n. 1) in una
buona relazione della monografia del (laiukler in Darcmberget Saglio, IHet. des Ant. s.v. Mnsivtimopus,
osserva che ars [picturae] compendiaria ben si addirebbe al mosaico.
(2) Daremberg et Saglio, pag. 2103; Reinach, RépertoiredesPeinturesgrecques et romaines, pag. 106.
(8) Michela in Ausonia IV, pag. !>8; Reinach, op. eit. pag. 169, 3.
(4) Darcmberg et Saglio, op. cit. s. v., pag. 2404. Di regola generale nella casa romana un mo-
saico ben conservato indica quasi sempre l'esistenza di una cisterna sottostante generalmente al-
Voecus o al triclinio.
(*) Embrici, lung. cm. 63 ; larg. da cm. 20 a cm. 16 ; tegole cm. 41 x 56.
REGIONE X. - — 357 — NEGRAR DI VALPOLICELLA
Siccome il terreno qui è stato rimaneggiato, può darsi che questi rottami vi sieno
capitati appunto in seguito al rimaneggiamento ; se pure non fosse per caso passata per
di là una fognatura.
Trovamene. Furono assai scarsi, .nonostante che il terreno di scarico molto abbon-
dante per la profondità dello scavo sia stato accuratamente vagliato.
a) Sesterzio di Lucio Vero (').
Parecchie altre monete di bronzo completamente corrose e quindi irriconoscibili.
Una sembra essere un medio bronzo del 2° secolo d. Cr. ; tre probabilmente di età co-
Fig. 8.
stantiniana, e altre tre per la forma, la sottigliezza, i caratteri che s'intravvedono, sem-
brano medievali.
b) Un braccialettino di bronzo di forma un po' irregolare con un diametro di
cm. 0.57, con un grazioso fregio (fig. 8) : un anello di bronzo con un lieve ornato di pun-
tini e un ago da cucire parimenti di bronzo.
e) I due piedini di terracotta già menzionati con traccia di doratura.
Dovunque innumerevoli frammenti di tegole, di embrici, di mattoni in prevalenza
di un rosso cupo, ma anche di colore giallognolo di terra di Caprino ; alcuni pezzi di mat-
toni hanno disegni di varia specie o formati con le dita o pure più accurati come un re-
ticolato di losanghe, un coperchio di bronzo di un piccolo barattolino, un campanellino
di ferro senza battaglio ecc.
Con simili travamenti, si può soltanto approssimativamente determinare l'epoca
in cui quest'edificio sorse. Vi è il sesterzio di Lucio Vero e vi sono i mosaici ; ma questi
in genere di per sé si datano con poca sicurezza (*) : inoltre, anche datati, non forniscono
(') La lezione della leggenda è incerta a causa della cattiva conservazione : nel recto è rap-
presentata la testa laureata di Lucio Vero; nel verso la Salute in piedi a sin. nutrendo un ser-
pente avvolto attorno a un altare; cfr. figure simili Cohen, Verus, lfiD.
(*) Darembcrg et Saglio, op. cit. pag. 208!).
NEGRAR DI VALPOLICELLA — 358 — REGIONE X.
indizi sufficienti sulla costruzione degli edifici cui appartengono, perchè 1 pavimenti
con l'uso si consumano, e spesso possono essere stati riparati o rifatti del tutto. Però in
questi di Negrar non ho riscontrato traccie di riparazioni posteriori.
Dato il i'avore che i mosaici incontrarono, e la conseguente enorme diffusione vi
è tale abbondanza e varietà di tipi che, dice bene il Gauckler (') è difficile tentare una
classificazione ; ma tuttavia si può dare la regola generale, che i mosaici più antichi sono
i più semplici, e predomina in essi un sistema decorativo ortogonale.
Da uno studio comparativo di quanti mosaici e riproduzioni di mosaici è stato a
me possibile fare, e per i motivi decorativi e per la fattura, crederei di dover porre l'ese-
cuzione di questi di Negrar al fine del 2° o al principio del 3° secolo d. Cr.
Il litostroto dell'ambiente principale di gusto sobrio e signorile con gli eniblemata
così armoniosamente congiunti ha riscontro con altri simili, non per la rappresentazione
degli emblemaia, né per gli elementi decorativi, ma per la composizione formante untutto
armonico ; un emblema centrale che motivi artistici ricollegano a emblemaia angolari.
Nel nostro V emblema centrale in vermiculatum ha tutto il carattere di un'opera
di arte fatta per essere ammirata e non calpestata, infatti lo affermano i numerosi tas-
selli di vetro ben conservati, perchè si era avuta la precauzione di camminare sull'opus
tessellatum che isolava il quadro. Ma in seguito fu impossibile avere certi riguardi per
la figura che invase la decorazione geometrica riducendola ai minimi termini. Vi fu com-
penetrazione di elementi geometrici e figurati. A volte un intero pavimento è spartito
in quadri, in esagoni, in ottagoni, e dentro ogni ausla è una rappresentazione diversa
di personaggi o di animali.
Il motivo a pelte delle fascie laterali della grande sala si trova anche in epoca poste-
riore ; parte dei mosaici del Duomo di Verona ha un disegno consimile (!).
Il nodo incrociato su fondo bianco, circondato da un ottagono con bordo a dentelli
del portico (fig. 9) si trova identico in un musaico del duomo di Aquileia, dove però è
inscritto in un quadrato (3).
Il mosaico del portico in corrispondenza del centro del lato nord della Sala grande
cambia disegno, indizio che qui si apriva l'ingresso principale della sala. Vi è un qua-
drato che a est e a ovest ha un elegante e artistico fregio a volute, motivo che da
epoca classica (4) perdura sino ai giorni nostri ; del quadrato fortunatamente sono ri-
masti due angoli, uno diverso dall'altro per disegno, di modo che si può immaginare
la composizione di questo riquadro simile a quella di un litostroto rinvenuto presso la
Chiesa di S. Apollinare in Classe a Ravenna (5).
Quasi tutti i modelli di litostroti del repertorio classico si ripetono in quelli cristiani
(*) In Darcmberg et Saglio, op. cit., pag. 2111.
(•) S. Maffei, Museum Veronense, Verona, 1749, pag. 208; 11 Cipolla, Not. Se, 1884, pag. 412
attribuisce questi mosaici alla seconda metà del IV sec.
(*) Niemann-Swoboda-Lanckoronski. Dir Doni von Aquileia, Vienna 1906, tav. IX; per l'epoca
cui attribuire questi mosaici cfr. Tocsca, Storia dell'Arte, voi. Ili, pag. 61, ss.
(4) Un ornato simile circonda un emblema di una casa a Pompei. Not. Se, 1921, pag. 459,
fig. 15.
(6) Toesca, Storia dell'arte italiana. III, pag. 309, f. 185.
RAGIONE X.
— 359 —
NEGRAU DI VALPOLICELLA
che spesso per la fattura meno accurata, per qualche particolare simbolico e sopratutto
per la mania di affastellare i motivi più disparati rivelano la loro epoca (').
La fortuna di poter riprodure ottime fotografie e buoni disegni mi dispensa dal
descrivere i mosaici degli altri ambienti. Non posso fare a meno di notare il gusto con
cui sono intonati i colori, diversi per ogni ambiente. Nel mosaico di fìg. 6 i fiori stiliz-
zati che sono negli ottagoni hanno i petali che da un tono scurissimo degradano in un
tenue rosa.
Fio. 9.
I mosaici di Negrar per i disegni, per la fattura, per le pietruzze tagliate regolar-
mente e poste con grande coesione non hanno nulla da invidiare, data anche la ricchezza
dei marmi regionali, agli impiantiti della capitale. Per i mosaici non credo si possa par-
lare di arte provinciale, se si pensa alle maestranze di artisti chiamate in città diverse,
e che gli stessi imperatori viaggiando conducevano al loro seguito (*).
Ad eccezione dei tasselli. di pasta vitrea che si trovano negli emblemata e di
quelli rosso cupo che all'analisi sono risultati di laterizio, questi mosaici sono in
gran parte lavorati con calcari compatti presi nelle vicinanze: il giallo è di Torri,
il bianchiccio e le molte gradazioni di rosa provengono da S. Ambrogio o da Prun
e si trovano anche a Torbe, da dove forse viene anche il viola chiaro, abbondantemente
(*) Toesca, op. cit. pag. 308.
(s) Dareiuberg et Saglio, op. cit., pag. 2108.
NEORAR DI VALPOLICELLA 3G0 KEfilONE X.
adoperato nel mosaico del portico. I tasselli nerastri sono di Rovere di Velo nella
Valpantena; di una bellissima qualità di calcare sono alcuni tesselli neri degli emblemala.
L'annerimento di alcuni tratti dei mosaici e le abbondanti tracce di carboni nello
strato archeologico fanno supporre, che la causa principale della rovina di questo edificio
sia stata un incendio. Quando la distruzione avvenne non è facile determinare.
Nel vano a nord est della grande sala e propriamente nell'angolo nord-ovest è
stata scoperta una piccola tomba (m. 0.70 X 0.35), che fu formata utilizzando il pavi-
mento a mosaico come piano di fondo e il muro intonacato per un lato ; gli altri lati e il
coperchio sono lastre di pietra ; dentro insieme con terra vi erano ossa di bambino (') ; varie
costole, una scapola, una clavicola, diverse ossa degli arti, pezzi di cranio e di mandibola.
Nel medesimo ambiente, più a est, a un livello inferiore di circa un metro, il pavi-
mento è deteriorato, e scavando fu rinvenuto alla profondità di circa un metro la parte
superiore di uno scheletro di adulto che accanto al teschio aveva un mattone di terra
gialla con impresso un segno a forma di ellisse coi due diametri.
Questa la storia d'innumerevoli edifici di età romana che diruti per azione violenta,
invece di essere riadattati a elegante dimora, furono utilizzati come cave di materiali e
come luoghi di sepoltura (*).
Nel nostro edificio le alluvioni s'incaricarono poi di coprire per bene e di far sparire
ogni cosa, e gli avanzi e le manomissioni. Verso nord-est, nella parte più alta dell'appezza-
mento, mai rimaneggiata, dove per raggiungere lo strato archeologico si è scavato per una
profondità di circa quattro metri, si palesa la natura alluvionale del sito : vi sono strati
sovrapposti e alternati di ciottoli, ghiaia e fanghiglia, depositi di materiali alluvionali
che già nel xnr sec. dovevano esistere, se la località in valem del póleco menzionata in un
documento del 24 maggio 1217 si trovava secondo un'ipotesi del Toniolo (*) nel tratto
inferiore del torrente di Negrar.
Tali depositi vi sono non'solo lungo l'Adige, sull'orlo esterno della Valpolicella, ma
anche nell'ampio fondo del tratto inferiore degli altri torrenti della regione, che costitui-
scono la zona pianeggiante della valle, ferace per queste ripetute alluvioni (4) e adatta in
special modo alle coltivazioni della vite; donde i vini squisiti rinomati anche nell'anti-
chità (5). E che l'aroma speciale dei vini della Valpolicella dipenda dalla natura del ter-
reno è prova il fatto, che la vite trapiantata altrove dà pure abbondante il frutto, ma
non della stessa qualità (6).
Certamente l'edificio antico non si limitava a questi vani rimessi in luce ; è stato
trovato soltanto il limite nord, si doveva quindi estendere nelle altre direzioni ; ma fatti
parecchi assaggi e tutti con esito negativo, date le condizioni del terreno circostante, mi
sembrò opportuno sospendere lo scavo.
(*) Furono esaminati dall'on. Prof. Giov. Batt. Grassi Direttore dell'Istituto di Anatomia Com-
parata in Roma.
(*) Not. Se. 1̻05, pag. 287, n. 1; 1914, pag. 165 ecc.
(*) A. R. Tomolo, La Valpolicella, in Rivista geografica Italiana, XIX, 1012; pag. 13 estr.
(«) A. R. To.iiol p. cit. pag. 69 estr.
(*) Virg. Georg. II, Ì)(S; Plin. N. II. XIV, 6; Strab.. IV, 6, 8; Suet Ang. 77; Mart. XIV, 100.
(•) Daremberg et Saglio, s. v. vinum, pag. 916, n. 56.
KKUlONE X. , — 301 — NKGRAK DI VALPOLICELLA
Verso sud e verso ovest, il terreno è a un livello inferiore a quello dell'appezzamento,
ove sono stati trovati gli avanzi antichi. A ovest scorre un torrentello, prognetta in lin-
guaggio dialettale, che si chiama delle eorleseUe, formantesi in cima alle contrade di
Villa dal Vaio della Lombardia per le acque provenienti dalle colline di Ara, Quena,
Dosso, e si congiunge al torrente principale (*) passato l'appezzamento Corteselle.
La scavo del vano a ovest è stato proseguito mediante un cunicolo che attraver-
savail muro a secco (marogna) fino al torrentello, od è stata trovata la continuazione del
portico, pezzi d'impiantito a mosaico e qualche lastra di marmo di cui si è parlato.
Il fondo della prognetta o torrentello è più alto del piano dell'antica casa appena di m. 1,35
quindi pensando ai sedimenti man mano depositati, si comprenderà come in origine
l'acqua corrente deve aver distrutto altro che mosaici !
Verso sud oltre la zona scavata il terreno è molto più basso, a est come si è detto il
terrene che si sovrappose alla costruzione romana è più alto, ed è di natura alluvionale, e
gli assaggi fatti in ambedue le direzioni sono riusciti infruttuosi.
*
* *
Questo scavo è stato interessante, perchè offre prova che nei dintorni di Verona
in vicinanza del pagus Arumatium (2j vi furono in epoca romana ricche abitazioni, e
per il contributo che i mosaici trovati portano alla storia del mosaico specie di questa
regione. E in proposito faccio l'augurio che i non pochi mosaici scoperti negli anni
passati nel Veneto e soprattutto a Verona sieno portati a conoscenza degli studiosi.
La contrada dove questi antichi avanzi sono stati scoperti si chiama Villa di Negrar;
che il nome della Villa abbia relazione con l'antica Villa romana non parrebbe impro-
babile, ma bisogna ricordare che è comunissima la denominazione Villa: Villa in
Breonio, in Avesa, in 8. Pietro Incanalo ecc.
In una ricerca da me eseguita all'Archivio Comunale di Verona, ho riscontrato
però che il nome Villa di Negrar non è anteriore al XV sec. Il documento più antico
in cui ho trovato menzionata tale località è del 9 aprile 1456: « ... in pertinmlia Ni-
grariiin ora Villa subtus Castellimi... » (3).
T. Campanile.
(!) 11 torrente (progno) principale eletto di S. Maria ili Negrar si forma a Prun, Torbe, Fané,
e dopo Parona inette foce nell'Adige.
(2) Corpus Inscript. Latin. V, 1, pag. 390.
(3) Ani. Arch. Veron. S. Martino a" Aoesa, rotolo ti. 1060. Un grato ringraziamento debbo all' Ing.
A. Da Lisca, Sopraintendente ai monumenti di Verona, e agli Ispettori Onorari, Prof. A. Avena,
Direttore del Museo Civico di Verona, e Prof. P. N. Vignato per avermi agevolato nelle tratta-
tive col proprietario e aver segu'to con interesse lo scavo.
SERRAVALLE SCRIVIA 3G2 REGIONE IX.
Regione IX (LIGURIA).
II. SERRAVALLE SCRIVIA — Nuove ricerche nella città di Libarmi.
La Soprintendenza delle Antichità per il Piemonte procedette in questi anni alla
esplorazione sistematica dei ruderi di Libarna, uno dei nobiliu oppida segnalati da Plinio
il Vecchio come splendore della « Liguria » durante l'alto Impero (*). Come in generale
le coloniae, gli oppida, i fora, durante la romanizzazione della Cisalpina, anche Libarna
sorse in uno dei luoghi più importanti di una via strategica, la Postumia, allo sbocco della
Val di Scrivia (2), nel breve piano difeso dalle strette di Arquata e di Serra valle. Libarna
divenne centro di vasto territorio, ma, sopravvenuti i Barbari, sparve al pari di molte
altre città della Cisalpina : se ne dimenticò fin il nome. All'inizio dei tempi moderni l'uma-
nista Giorgio Merula aveva certamente ancora avanti a sé l'immagine di grandi rovine,
quando scrisse di Libarna che vestigia et ruinae visuntur. Senonchè egli a queste rovine,
seguendo la tradizione medioevale, dava il nome di Antiria (3), ed il vero nome solo in
seguito venne riconosciuto (*).
(!) Nat. hist., Ili, 5, «.
(*) Non conosciamo il nome antico della Scrivia. La tavola di Peutinger, spesso imprecisa nel se-
gnare il corso dei fiumi, pone un fiume Odiibria presso Irla (indubbiamente Voghera. Vedi Mommsen,
in C. I. L., V, pagg. 823-829). Iornandes (de reb. get., 45) scrisse: « Dum contra Alanos [imp. Majo-
rianusl movisset procinctum,Dertonae. jnxta flumen Ira cognomcnto, occiditnr. ». E l'anonimo Raven-
nate: « Depositus est imp. Majorianus a patricio Ricimerc Dertona uri non. aug. et occisus est ad flii-
vium Ira VII id. aug. ». Nella regione due sono i fiumi: la Scrivia e la Staffora, sui cui corsi inferiori
nell'antichità, forse diversi dagli attuali, non abbiamo notizie sicure. Non si puòescludereche Odubria
corrisponda ad Ira (Desjardins, La iable de Peutinger, pag. 153 ; Oberziner, / Liguri antichi ed i lorocom-
merci, in Giornale storico e letterario della Liguria, a. Ili, 1902, pag. 24 e 104). Recentemente si volle
collocare presso Castel San Giovanni un fiume Olubra sulla base di docnmenti medioevali: secondo
l'Eusebio, corrisponderebbe alla Olubria (?) della tavola di Peutinger (Boll, storico Ubi. subalpino, XIV,
pag. 232).
(s) Antiq. Vicecom. lib. 6, apud Graevium. Quanto il Merula riferisce circa la condanna all'esilio,
sotto l'imperatore Tiberio, di un cavaliere romano, è noto che si riferisce ad altra località.
(*) Manca ogni epigrafe raccolta su! luogo, che ci dia il nome. Ma l'identificazione è sicura (Momm-
sen, C. /. L.,V, pag. 338). Vedansi le numerose prove raccolte dal Bottazzi (Osservazioni storico-critiche
sui ruderi di Libarna ed origine di alcuni castelli del Tortonese. Novi, 1815, pag. 4 segg.), tratte dagli
itinerari, dal loc. cit. di Plinio, dal geografo Ravennate (che dice Libarna confinante con Genova e Der-
tona). Ancor oggi, non lungi dai ruderi sono una collina ed un rivo detto Libòrno (coll'ò aperto). In
documenti catastali del luogo, del scc.-XVI, visti dal Bottazzi, ricorrono nomi analoghi. Il nome
ricorre nella forma Libarna in Plinio (loc. cit), in una iscrizione di Pavia (Corpus inscr. lat., V, 6425),
in un laterculo militare (Kellermann, Vig., n. 99 a), in Tolemeo (III, 1,45). Nella redazione che posse-
diamo dell'itinerario peutingeriano è Libarnum, nell'antoniniano Libarium; il Ravennate e Guido
danno Levarnis o Lavaria (ediz. Biuder e Partey, Berlin, 1860). L'Itin. Anton, ed il Pcuting. pon-
gono ambedue Libarna a XXXVI miglia romane da Genova.
REGIONE IX. , — 363 — SERRAVALLE SCRIVIA
Ma da allora l'agricoltore andò distruggendo i ruderi, spesso perfino le loro fon-
damenta.
Quasi nulla sappiamo della preistoria e della romanizzazione della Val di Scrivia.
Una accetta di pietra levigata di Montoggio (*) e le tombe di Savignone (fase avanzata
della prima età del ferro) (8) sono per ora le più antiche testimonianze, in questa regione,
di quei Ligures che ancora durante la romanizzazione vivevano in gran parte selvaggi
per le campagne e per i monti (3) e. forse pure in seguito durante l'impero, lungi dalle ro-
mane città. T. Livio, nostra unica fonte, estremamente sommaria e lacunosa, ricorda
che la valle fu percorsa con un esercito dal console Q. Minucio, e che poco lontano - forse
nella stessa valle - arse la guerra l'anno 197 av. Cr. (*); sembra vi sia passato nel 181
anche M. Claudio (*). È verosimile che per qualche tempo ancora vi siano continuate
le guerriglie. Nel 170 aveva come provincia i Ligure» A. Atilius Serranus (6), fra i cui
discendenti è forse il patrono Cn. Atilius Serranus nominato in una iscrizione impe-
riale di Libarna : della gens Atilia sovente ricorre il nome nelle epigrafi libarnensi (*).
Nel II sec. av. Cr. si condusse la via Postumia da -Genua, l'antico èfinóqiov ligure,
a Piacentini (8) ; negli ultimi anni del secolo stesso fu dedotta la colonia Dertona (9),
e non lontano sorse, non sappiamo precisamente quando, Libarna, l'ima e l'altra, con
ogni verosimiglianza, dove sorgevano precedenti abitati liguri (10). Ma le più remote ve-
stigia libarnensi si limitano, per ora, a poche monete consolari e ad una monetina gallica
di bronzo (u). Grazie all'opera dei Romani, anche la Val di Scrivia, come tutto il Pie-
monte, appena uscita da condizioni di cultura primordiali, ebbe fiorenti città, nelle quali,
ad umili capanne, si sostituirono edifici e case costrutti in laterizi e in muratura.
(1) Issel, Liguria preistorica, 1908, pag. 563.
(2) Ghirardini, in Rendicontili. Lincei, III, 1894 : Montelius, Civ. primitive, 11, tav. 164, ri. 17.
(3) Diodoro, Bibl. hist. V, 39.
(*) T. Livio, XXXFI, 29: >Consules ambo in Galliam protesti. Cornclius recta ad Insubre* via,
qui timi in armis erant, Ceromanti assuniptis, Q. Minucius in lacva Italiac ad Infcrum mare flexit
iter, Gemnmqueexercitu ductó,ab Liguribusorsusest belluni. Oppida Clasfidiuniet Litubium, utraque
Lignrum, et duae gent-s eiusdem civitates, Celejates Cerdiciatesque sese dediderunt. Et omnia cis Pa-
dum, praeter Gallorum Bojos, Ilvates Lignrum sub (licione erant: quindeeim oppida, hominum viginti
milia esse dicebantur, quae se dediderant ». Vedi in proposito le osservazioni del Pais, Dulie guerre pu-
niche a Cesare Augusto, II, pag. 505 segg.
(s) Pais, loc. cit.
(•) Pais, op. cit.
(») C. I. L., V, 7425, 7427, 7428.
(*) Sulla costruzione di questa strada vedi Mommsen, C. /. L., V, pag. 248.
(•) Pais, op. cit., pag. 505, 554, 571. La popolazione che abitava la parte montuosa della valle
della Scrivia sembra essere stata quella dei Dectunini, secondo la tavola della Poleevera (C. /. L., V,
7749). Ma non è affatto escluso che sin qui si estendessero i Vellejates (Moretti, in Notizie d. scavi, 1914,
pag. 131, nota 2).
(10) Il nome Libarna rammenta al Pais (op. cit., pag. 554) quello dei Ligur L'bu' o Lebec'.
(") Monete consolari descritte da Sante Vanii (Appunti di diverse gite fatte nel territorio dell'antica
ÌÀharna, II, Genova 1873). Una monetina gallica e due assi onciali raccolti fra materiali di scarico negli
scavi della Soprintendenza (vedi oltre). Il Fabretti (Corp. inscr. (tal. antiq. aevi, 42-bis) vide anche
presso il Vanii una lucerna fittile, scavata a Libarna con leggenda 13 + AME AVKOFO
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. - 47
SERRAVALLE SCRIVIA 364 — REGIONE IX.
*
* *
Un secolo fa, quando, più numerosi e più elevati che ora, i ruderi si ergevano sul
piano libarnense, questi vennero visitati dal Bottazzi (1) e, per incarico ufficiale, dal Cor-
derò di San Quintino (2). Del teatro, allora primamente rimesso in luce e poco dopo ac-
quistato dal governo del re di Sardegna (3), conservavansi ancora avanzi di scale, ora
scomparse, per salire alle varie parti della cavea (4); si era riconosciuto l'anfiteatro;
ivi presso, nel cimitero dell'antica pieve libarnense, si raccolse l'iscrizione di C. Atilius
Bradua, restauratore del teatro e di altri monumenti (B) ; in avanzi allora non privi di
grandiosità, ora rasi al suolo, il Bottazzi credette di riconoscere le terme (6) ; ruine di un
acquedotto erano ben visibili fin presso Arquata. Oggetti varii pervennero al R. Museo
torinese, trovati quando si costruì la strada Regia (1820-1823), ora Nazionale (7). In se-
guito raccolsero oggetti ed epigrafi Costantino Ferrari (8), Francesco Capurro (9), e Sante
Varni, che vide anche sepolcri e, dove si fece lo scavo in trincea della ferrovia Novi -Ge-
nova, pavimenti a mosaico e ad opus sedile (10).
Le esplorazioni regolari furono iniziate nel 1911 dalla Soprintendenza delle anti-
chità ; di quelle amplissime, che ebbero luogo nel detto anno, riferì con l'usata dottrina
G. Moretti (u). La zona, che la nuova ferrovia direttissima Genova -Tortona doveva tra-
versare, fu esplorata per una lunghezza di quasi 500 m. ; gli edifici, per lo più privati,
di cui furono trovate le fondamenta, erano divisi in insulae, separate da belle vie diritte,
accuratamente selciate e lastricate, coi loro margines. Alcuni pavimenti erano a mosaico
e ad opus sedile (12) ; ne all'una né all'altra estremità delle zone esplorate si incontrò in-
(*) Bottazzi, Osserv. storico-critiche cit. e Le antichità di Tortona e det suo agro, cap. VII, Ales-
sandria, 1808.
(2) G. Corderò di S. Quintino Osservazioni intorno ad alcune iscrizioni antiche scoperte di recente
fra le rovine di Libarna presso Serravalle nella valle della Scrivia (Memorie d. r. aecad. d. scienze di To-
nno, XXIX, a. 1825). Lo stesso, Lezioni intorno a diversi argomenti di archeologia.
(3) Relazione Ferrari presso 0. Biscarra, Archeologia artistica dei ruderi di Libarna (in Arte in
Italia, V, 1873, pag. 147 segg.)
(*) Vedi il piano presso Corderò, cit. ; Ferrari presso Biscarra, cit., disse di scale e sotterraneo
sotto la scena, con ingresso otturato da macerie (?).
(6) O. I. L., V, 7429 ; Vanii, cit., IL pag. 37 ; Iozzi, Cenno storico delV antica Libarna, Pisa, 1890,
pagg. 32-33.
(«) Osservazioni, cit., pag. 33-35 ; Ferrari, cit., pag. 150; Varni, cit., II, pag. 79. Il Corderò scrisse
di ruderi grandiosi esistenti presso il teatro, senza accennare allo scopo della costruzione (pag. 147).
(') Ferrari, loc. cit.
(*) Ferrari, loc. cit. ; Iozzi, op. cit. ; C. I. L., V, pag. 838 segg. La collezione venne ceduta alla
Università di Genova.
(') Capurro, presso Biscarra, op. cit., pag. 152. La sua collezione fu donata alla Filarmonica
di Novi Ligure. Alcuni frammenti architettonici furono collocati nel cortile del collegio presso il liceo
di Novi (Iozzi, op. cit., pag. 59-60: C. 1. L.. loc. cit.)
(10) Varni, op. cit., I, pag. 12 e passim. Jozzi, op. cit. e Lettura di una lapide Libarnese, Pisa 1890 :
Sanguineti. Iscrizioni romane della Liguria (Atti d. società ligure di storia patria, III).
(11) Notizie degli scavi, 1914, pag. 113.
(") In parte ora trasportati nel R. Museo di antichità di Torino.
REGIONE IX. . — 365 — SERRAVALLE SCRIVIA
disio di preciso limite dell'abitato. Fu rilevata la pianta del teatro, notevole per il por-
tico semicircolare esterno e l'ingresso principale all'orchestra normale alla scena, oltre i
soliti ingressi laterali presso i paraskenia. In altra parte della città si scopersero estesi
avanzi monumentali, con ogni verosimiglianza, del foro e di edifici pubblici annessi.
Vi accedeva una larga e lunga via., il deeumanus maximus (1).
Dopo l'anno 1911, allo scopo di esplorazione scientifica si aggiunse quello di lasciare
scoperta una zona, i cui ruderi superstiti potessero utilmente essere visitati, in vici-
nanza del teatro, fino allora unico testimone visibile della scomparsa città. Come ap-
pare dalle piante qui pubblicate a complemento di quella del Moretti (fig. 1 e 2) si iniziò
e si condusse quasi complet-imente a termine lo sterro dell'anfiteatro, chiuso entro una
costruzione monumentale, e delle strade di accesso al medesimo, fiancheggiate da case
private. Ritrovamenti artistici : due pavimenti a mosaico (fig. 4-6). Tutto era qui livel-
lato e ridotto quasi dappertutto alle sole fondamenta.
*
* *
L'anfiteatro fu eretto presso l'orlo dell'alto terrazzo di sinistra della Scrivia, esten-
dendosi la città su area fino allora non occupata da altra costruzione, e fu chiuso entro
un recinto che oggi non è ancora del tutto sterrato nella parte sud, dove entra in pro-
prietà private. I lavori agricoli spazzarono dappertutto il terreno dalle macerie (2).
Il recinto adesso è livellato al suolo antico. A nord le fondamenta di due muri paral-
leli all'asse minore dell'anfiteatro danno indizio di una costruzione monumentale, cui
accedeva, fra due basi rettangolari in muratura (m. 1,50 X 1,30), la strada D. Un altro
passaggio era aperto in questa costruzione monumentale sul prolungamento dell'asse
dell'ingresso nord dell'anfiteatro. Alcuni rocchi di colonne e capitelli dispersi corinzi,
venuti in luce tra questa costruzione e l'ingresso nord dell'anfiteatro, non si sa a quale
monumento abbiano appartenuto. Lo spessore notevole dei muri (m. 0,70) e l'accuratezza
della costruzione fanno pensare ad un edificio adorno in ogni sua parte, salvo forse ad
oriente, sull'orlo del terrazzo della Scrivia. Questo lato del recinto, dopo secoli di lenta
erosione per opera delle acque, appare ora sospeso sull'orlo del terrazzo stesso (3). A que-
(x) Questa strada era già stata vista per brevissimi tratti dal Varni (op. cit., I,pag. 16-17) e dal
Capurro (cit.)
(*) I! Varni (op. cit., pag. 30) scrisse che il frammento epigrafico C. I. L., V, 7424 era sull'orlo
di un ■ pozzo » in vicinanza dell'anfiteatro. Dal frammento stesso il Sanguineti (op. cit., pag. 250) dedusse
che questo pozzo era stato «costrutto per uso di sacrifizi in servizio di qualche tempio», Il Vanii
(op. cit., I, pag. 10) vide anche « verso l'anfiteatro » avanzi di un edifizio ch'egli ritenne un bagno di
forma rotonda con piccole nicchie disposte all'intorno e pavimento a mosaico a tesselli bianchi e neri.
« La struttura di tale edifizio era di arenaria.. .le traccie di una impellicciatura di persichetto », forse
di zoccolo che girava intorno. Anche questa costruzione, aggiunse il Varni; « disparve». Jozzi (Cenno
storico, pag. 36) riferì che presso l'anfiteatro sarebbe stato raccolto dal Varni il frammento epigrafico
P. ManUnis P. I «s
Lo Jozzi avendolo invano ricercato, ritiene che sia fra le lapidi conservate nei sotterranei della Uni-
versità di Genova.
(3) A causa della sopra accennata erosione, verso sud-est questo lato del recinto franò scom-
parendone ogni traccia.
SERRAVALLE SCRIVIA
— 366 —
REGIONE IX.
sta altezza sul letto della Scrivia, benché in età romana meno profondo che oggidì, ben
difficilmente ed eccezionalmente questo lato del recinto dovette servire a protezione del-
l'anfiteatro contro le piene del fiume (').
In terreno, per natura lievemente declinante da sud a nord e da ovest ad est, del-
l'anfiteatro sono oggi visibili le fondamenta, uniformemente dello spessore di m. 0,90,
innalzantisi solo per brevi tratti di circa un metro sul livello antico del suolo circo-
stante. I lavori agricoli furono fatali a questi ruderi. Più di un secolo fa, scriveva il
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Fio. 1.
Bottazzi testimone oculare (2): «L'anfiteatro, da pochi anni a questa parte, fu mag-
giormente distrutto ed una porzione fu coperta da uno sfasciume di ogni sorta di
rovine. Tentarono... i contadini, e misero in opera tutti gli sforzi per iscavarlo da tutte
le parti, e dentro e fuori, onde estrarne le vestigia, e senza dubbio già sarebbe del
tutto estinto, se si fosse potuto abbattere la sua solidità.... ».
I muri, come nel teatro e nelle altre costruzioni libarnensi e solitamente nelle costru-
zioni romane liguri e subalpine, sono di pietrame, con le facce a vista rivestite di rego-
lari ordini di ciottoli spaccati. A determinati livelli sono rinforzati da doppi strati di
lateres continui per tutto l'anfiteatro. Maggior uso di malta di calce rende la costruzione
dell'anfiteatro meno solida di quella del vicino teatro. Il piano della arena è più basso del
livello antico del suolo esterno all'anfiteatro : abbassamento ottenuto mediante scavo.
(*) Moretti, <>p. cit., pap. 12fl.
(*) Osservazioni, cit., pasr. 32-33.
REGIONE IX.
— 367
SERHAVAI.IE SCRIVI A
Gli assi hanno la medesima orientazione delle strade e degli altri edifici libarnensi:
misurarono nell'arena m. 66 e m. 36,70 ; tra l'arena ed il muro perimetrale esterno,
m. 11. L'ampiezza dell'anfiteatro è quindi approssimativamente fra le medie dei monu-
menti di questo genere (l).
Alle estremità degli assi gli ingressi principali. Quelli all'estremità dell'asse mag-
giore a nord ed a sud danno accesso direttamente all'arena : rimangono, in posto, come
appare dal piano, alcune soglie di lastroni di arenaria, mostranti ancora incavi per i
vftA^ì
Fig. 2.
cardini delle porte (fig. 1 a, b, e, il, e, f, g, 4). Per l'accennato declivio del terreno la
soglia esterna dell'ingresso sud supera il piano dell'arena di m. 1,23; la soglia nord, di
(*) L'anfiteatro di Limi, sterrato da non molti anni (Mazzini, in Meni. d. r. accad. d. scienze di
Torino, ser. 2", LXV, 1916). ha l'arena quasi deila stessa ampiezza di quella di Libarna, pur essendo
diverso il rapporto ira gli assi: le costruzioni destinate agli spettatori vi hanno maggiore sviluppo,
come «'■ naturale in una città più ricca ed importante. Maggiore sviluppo delle costruzioni destinate agli
spettatori ha anche l'anfiteatro di Aosta, fino ad ora noto per i limitati saggi fattivi dal Piomis {Le
antichità di Aosta, nelle Mem. d. r. accad. d. scienze di Torino, ser. 2», XXI, 1864): non appena pos-
sibile, la Soprintendenza delle Antichità per il Piemonte ne inizicrà l'esplorazione ed i restauri. Piut-
tosto ampio era l'anfiteatro di Augusta Bagiennorum (Bene Vagienna, in provincia di Cuneo), assai
minato (Atti d. società piemontese di archeol., VII, pag. 70; Not. d. scavi, 1898, pag. 299). Pochissimo
si sa dell'anfiteatro di Pollentia (Franchi Pont, Delle antichità di Pollenza, in Mem. d. r. accad. d. scienze
di Torino, 1806). Piuttosto piccolo era l'anfiteatro di Velleja, finitima a Libarna (Notizie degli scavi,
1877, pag. 157 segg.)
SERRAVALLE SCRIV1A — 368 — REGIONE IT.
m. 0,75. Alcune lastrine marmoree, ancora in posto presso la soglia interna dell'ingresso
sud, sono avanzo di una breve zona lastricata di quella parte dell'arena. Nello stesso
ingresso dalla soglia esterna si scendeva all'arena per alcuni gradini di arenaria,
poggianti su terreno detritico di riporto, molti dei quali rinvenuti, smossi, sul posto.
L'ingresso nord conserva avanzi di pavimentazione laterizia, forse rifacimento poste-
riore alla prima costruzione. Questi ingressi certamente erano coperti da vòlte, sopra
le quali i gradini della cavea (1).
Questi due ingressi comunicavano per istrette porte con le piccole celle laterali
(fig. 1 lett. i, l, m) coperte un tempo dalla cavea (2), adibite alla distribuzione delle
tessere o ad altri servizi. Nella cella i una base rettangolare in muratura laterizia.
Non è possibile determinarne l'uso : le pareti della stessa cella non hanno il solito rive-
stimento a ciottoli spaccati, e conservano alcuni avanzi d'intonaco giallo chiaro. La
cella l ha ancora una soglia laterizia ^li accesso all'arena.
La strada E, lastricata a grossi lastroni poligonali, ascendente con lieve rampa
ottenuta con rinterri e sostruzione in muratura, permetteva ai veicoli l'accesso alla parte
superiore della cavea.
All'estremità opposta uno stretto passaggio di servizio (ri) dall'esterno scendeva
all'arena, forse la porta libitinaria (3). Fu trovata ingombra di massi squadrati di are-
naria, ora smossi, originariamente disposti a gradini, come risulta dalle traccie lasciate
sui muri laterali, cui aderivano con calce.
La distanza di m. 11 tra il limite dell'arena e la fronte esterna dell'edifìcio sembra
escludere che vi fossero più di due maeniana, né abbiamo tracce che superiormente cor-
resse un portico ornato di colonne.
Le fondamenta del muro del podio, profondo circa un metro sotto il livello del ca-
naletto per scolo delle acque che scorre al suo piede tutt'intorno all'arena, sono di mu-
ratura varia fatta con ciottoli oppure con quadrelli di arenaria.
Il muro del podio oggi si eleva di m. 0,50 sul piano dell'arena, offrendo verso l'arena
medesima una fronte di tre ordini regolari di quadrelli di arenaria uniti con calce ; la sua
maggiore altezza originaria, richiesta dal genere di spettacoli che talora davansi negli
anfiteatri, è dimostrata dai ruderi dei muri radiali di sostegno della cavea, che giungono
fino al muro del podio sormontandolo. L'altra fronte del muro del podio era interrata,
come dovevano essere interrati fin quasi alla loro altezza odierna i muri radiali di soste-
gno della cavea (4). Nessun avanzo della gradinata ne degli scalarla che la dividevano
in cunei ; per la disposizione dei muri radiali di sostegno della cavea sembra improbabile
l'esistenza di ambulacri interni nella parte più bassa della costruzione. Passaggi con-
ducenti direttamente dall'esterno alla cavea sono attestati da alcuni lastroni di arenaria
(x) Alcuni laterizi formati a cuneo ad uso di arco, trovati fra i rottami presso l'ingresso sud, sem-
brano attestarlo.
(*) Così anche a Luni (Mazzini, op. cit.) ed a Pompei (Mau, Pompeji in Leben und Kunst, 1908,
pag. 218-219).
(a) Simile passaggio è nell'anfiteatro di Pompei (Mau, op. cit.).
(*) Vi manca infatti un rivestimento regolare. Le fondamenta di questi muri vennero scavate
nel terreno vergine.
REGIONE IX.
— 369
SERRAVALLE SCRIVIA
bene squadrati, evidentemente soglie, ancor oggi poggiati sul muro esterno dell'anfi-
teatro (fig. 1 a, b, e, d, e, f, g, h). Queste soglie erano certamente precedute all'esterno
da gradini ora scomparsi, uno o più, secondo il livello del terreno, i quali dovevano cor-
rere tutt'intorno alla base del monumento (1).
Come nel piccolo avanzo unico superstite (fig. 3 ; fig. 1 leti g), la fronte esterna
dell'anfiteatro, interrotta da piccole porte, era forse dappertutto semplicemente variata
con leggere sporgenze a modo di lesene, senza alcun rivestimento sui quadrelli di are-
naria collegati con calce, interrotti a determinati livelli dai doppi strati laterizi.
Se la cavea fosse sostenuta da vòlte in muratura o da trabeazioni non si può dedurre
dallo stato odierno dei ruderi: la piccola distanza che separa l'uno dall'altro i muri di
■
Fig. 3.
sostegno si prestava ad ambedue i sistemi, né è possibile sapere, quanto si sia fatto
uso di legname nella sua costruzione. Nulla fu rinvenuto che ci dia l'età dell'anfi-
teatro ; la minore solidità di costruzione lo farebbe ritenere posteriore al teatro ;
potrebbe essere del II secolo, l'età in cui apparvero in gran numero gli anfiteatri nel
mondo romano (2).
Rovesciata fuori dall'ingresso sud dell'anfiteatro si disseppellì una piccola ara un
po' rotta, con la dedica di un Cassius, di una gens cioè fino ad ora ignota nell'epigrafia
libarnense :
Q. • CASSIVS
(urceus) CALLI STVS (patera)
M-POS
Strade d'accesso all'anfiteatro; mosaici. Al margine del terrazzo
della Scrivia cessa ogni traccia di costruzione e così pure a nord del recinto dell'an-
fiteatro (3): fra le strade C, D, E, F (fig. 2), invece, frequenti le fondamenta di edifici, fin
(x) L'opus intertum, che ora appare sotto il livello delle soglie predette, fino al piano antico cir-
costante, determinato ora dalle soglie degli ingressi principali dell'arena, doveva essere coperto da
gradini, mancando ogni traccia di rivestimento con lastre marmoree o intonaco.
(2) Le monete raccolte, poche ed in cattivo stato di conservazione, sono por la maggior parte del
II secolo o del principio del III. Alcune di Augusto, Druso, Vespasiano: le più tarde, non identifica-
bili, possono essere del IV secolo. Ma i movimenti di terreno avvenuti in questa zona non permettono
alcuna deduzione cronologica.
(3) Vi si fecero saggi di scavo.
SERRAVALLE SCRIVIA
— 370 —
REGIONE IX.
presso l'anfiteatro. L'esplorazione di questa zona è appena iniziata, così che ora non po-
trebbesi affermare che fosse, come d'altronde sembra verosimile, tutta coperta di edifici.
I\egli scavi dell'anno 1911 ed in alcuni piccoli saggi posteriori si mise in luce per un
tratto non breve la strada C, selciata con piccoli ciottoli, imboccante il portico dietro la
scena del teatro, fino al suo incrocio con la strada D. Negli ultimi scavi si riconobbe, di
quest'ultima, il tratto largo in. 4,30, selciato a piccoli ciottoli, fiancheggiato da fonda-
menta di muretti a ciottoli e calce, che conduce all'ingresso monumentale de! recinto
Fio. 4.
dell'anfiteatro ; si rilevò il crocicchio tra la strada C e la strada E (1), e fu sterrata e la-
sciata allo scoperto la strada E fino al suo accesso all'anfiteatro, come si è già detto (*).
In tutta questa zona le strade erano lastricate a lastroni poligonali, tuttora parzial-
mente conservati in tratti continui, come risulta dal piano.
Dei margines sopraelevati rimangono qua e là massi squadrati di arenaria. Lateral-
mente alle strade erano edifìci, la cui poca altezza è attestata dallo scarso spessore dei
(*) Anello qui la strada C è larga fra i « margines » m. 4,80 come presso il teatro ; «lista dalle costru-
zioni laterali in. 1.40 0 2.05. Il crocicchio è stato ricoperto dalla rampa del cavalcavia sulla nuova
linea ferroviaria Genova-Tortona. Pratiche fatte dalla R. Soprintendenza ottennero che, invece di
un'unica rampa d'accesso già progettata nella direzione dell'anfiteatro, se ne facessero due parallele
all'asso della ferrovia e di minor danno per la zona archeologica. Dal cavalca via si abbracciad'un colpo
d'occhio tutta la zona sottostante, compreso l'anfiteatro.
(*) Larga fra i «margines» ni. 4,70. Si prolunga ad ovest del crocicchio, restringendosi alquanto
REGIONE IX.
— 371
SERRAVALLE SCRIVIA
muri (m. 0,45 X 0,50), ora rasi al suolo, All'incontro delle strade C ed E un edificio
era preceduto da un piccolo portico, di cui restano tre basi di colonne, in arenaria.
Trattasi verosimilmente di abitazioni private e di botteghe, ma è impossibile - dato
specialmente lo stato di ruina in cui trovansi - determinare la destinazione dei varii
locali. I ritrovamenti archeologici fino ad ora avvenuti nella parte occidentale del-
l'Italia non permettono di stabilire, per questa regione, il tipo di casa privata romana (1).
Se, per norma, constava di locali raggruppati intorno ad un atrio o ad un cortile (2),
numerose certamente ne furono le modificazioni e le varianti.
A sud della strada D è un gruppo di costruzioni, forse private anch'esse. Se fos-
sero unite al recinto dell'anfiteatro o separate da strade non si può ora riconoscere per
Fig. 5.
la completa distruzione di ogni vestigio archeologico in quel breve tratto. Testimoniano
l'antica eleganza pochi avanzi di intonaco parietale bianco e rosso, piccoli prismi esago-
nali, laterizi pavimentali ; un locale pavimentato a lastrine marmoreee (fig. 1 p), un mo-
saico pavimentale a tasselli bianchi e neri (fig, 4, 5,) nel locale o.
Questo mosaico, per la finezza e l'eleganza dei disegni geometrici e vegetali, è da
escludere che appartenga a bassi tempi, e potrebbe essere attribuito a quel periodo del-
l'arte musiva romana che fu detto degli Antonini. In questo periodo il mosaico ebbe
la maggiore diffusione anche nelle regioni galliche.
*
* *
Mosaico figurante le stagioni, bell'intervallo fra gli scavi del 1911
e quelli del 1912, lavori ferroviari misero casualmente in luce un mosaico rotto ed
(*) A Vclleja, coeva e confinante con Libarna, per quanto fino ad ora è stato reso noto, gli scavi
non hanno dato nessun esempio completo di case.
(2) Negli scavi eseguiti a Libarna l'anno 1911, il Moretti osservò i resti di una grande casa, di cui
si potè tracciare parte di all'ala e Vatrio fra due stanze (Muretti, op. cit., p. 106). Le mansioni romane
del Piccolo San Bernardo (Alpìs Graja) sono edifici a cortile centrale. intorno al quale sono le stanze.
Notizie Soavi 1922 — Voi. XIX. 48
SERRAVALLE SCRIVI A
— 372
KEGIONE IX.
incompleto (fig. 6), quasi a lato della strada C, a pochi metri dal locale f, nel quale il
Moretti aveva già scoperto un pavimento a mosaico (x). Il nuovo mosaico rappresenta
le stagioni. È chiara la figurazione dell'Estate in un busto muliebre coronato di spighe
e con la falce ; l'altro busto potrebbe figurare la Primavera, coronata di fiori, per quanto
le rotture del mosaico stesso non consentano una sicura definizione. Mancano le figure
dell'Autunno e dell'Inverno. Per le carni furono usati tesselli roseo-chiari, per il resto
bianchi e neri. La figurazione delle Stagioni è molto frequente e variata nei mosaici
romani dal II secolo in poi (2). La sobria eleganza del disegno esclude l'attribuzione
del mosaico ai bassi tempi.
*
* *
Scoperte casuali varie. Oltre le strade di cui sopra, si incontrò casual-
mente, in occasione di lavori agricoli, un tratto di strada, a monte della vecchia ferrovia,
Fig. 6.
a m. 30 dal teatro, sul prolungamento dell'asse dell'ingresso centrale del teatro stesso.
Fra le strade F e G del piano generale di Libarna (3), sul fianco orientale della vec-
chia ferrovia di Novi, per una lunghezza di 39 m. corre un ampio condotto in muratura
a vòlta, verosimilmente acquedotto, diramantesi in varii condotti secondari più piccoli,
similmente costrutti. Al limite sud della città, vicino alla nuova ferrovia Genova-Tor-
tona, venne in luce una sepoltura del principio dell'età moderna: scheletro in relativo
buono stato di conservazione in una specie di cassa di frammenti laterizi e marmorei
tratti dai ruderi romani, senza suppellettile. Lì presso, tomba analoga era stata rinve-
nuta negli scavi dell'anno 1911.
(}) Moretti, np. cit., p. 117.
(a) Non sempre nei mosaici a figurazione di stagioni l'Estate è rappresentata con la falce. Manca,
ad esempio, nel mosaico delle stagioni scoperto ad 4JWn<tmtMum(Ventimiglia), molto simile d'altronde,
in tutta la parte geometrica della decorazione, a questo libarnese (G. Rossi. / Liguri IntemeK, tav. 1,
in Atti d. società ligure di storia patria, XXXIX). Negli ultimi scavi del piazzale delle corporazioni
ad Ostia, in una rappresentazione delle stagioni riferibile al tempo di Settimio Severo, l'estate è sim-
boleggiata in un putto alato tenente in mano una falce (Notine d. scavi 1916, p. 140, fig. 1).
(3) Moretti, op. cit.
REGIONE IX. , 37-') SERRAVALLE SCKIVIA
*
* *
Oggetti rinvenuti. Fra le monete raccolte negli scavi eseguiti dopo l'anno
1911 le più antiche sono un piccolo bronzo gallico di conio indigeno col tipo del leone
e leggenda Dikoi ; due assi onciali, uno corroso, l'altro della gens Vibia (x). Del primo
sec. d. Cr. poche monete (8). Numerose del II e III secolo, l'età del maggiore sviluppo
di Libarna (3).
Fra le rovine lungo la strada E furono scoperte due erme muliebri marmoree, coro-
nate di fiori e frutti, coi capelli a treccie scendenti davanti sulle spalle : un frammento
di epigrafe marmorea in belle lettere
\=
VS-C-F
v
un bollo su ansa d'anfora in lettera rilevate Q • S P e altro bollo frammentato su ansa
d'anfora ....VVI.
Di vetro frammenti di vasi comuni; di ferro un coltello triangolare ed una cuspide,
catenelle, spatolette. aghi crinali di bronzo. Lucernette fittili, intere e frammentate, su
una delle quali il noto bollo, a rilievo in lettere capitali, PVLLI (*).
Nessun vaso fittile intero, fra le rovine, dove si svolse sempre distruttrice e rinnova-
tricc la vita. Numerosi frammenti di fittili comuni, parte dei quali di rozza produzione
regionale, talora con i soliti ornali graffiti o a stecca. In certo numero -a Libarna come
in tutta la Cisalpina ed oltralpe frammenti di quei vasi di finissimo impasto, di elegan-
tissima modellatura, e di bolla vernice rossa corallina, detti, con denominazione moderna,
di *< terra sigillata ». Sono alcuni di officine italiche (5), se non propriamente aretine, delle
quali già il Vanti aveva segnalato prodotti importanti a Libarna (6) ; frammenti di coppe
(*) Babclon, Monnaies consulmres, Vibia, n. 11 (circa 90 av. Cr.).
(21 Fra esse nn denaro di Galba (Cohen, Médailles imperiale», 2» ed., n. 419).
(3) Tale deduzione però non potrebbe essere tratta solo dalle monete : è naturale che nelle esplo-
razioni delle antiche città abbandonate si raccolgano in maggior numero monete delle ultime età di vita
della città, anche se queste, per avventura, non fossero delle età di maggiore sviluppo della città stessa.
(*) Bollo su la lucerna di forma Dressel (C. I. L., XV, tav. Ili n. 6) forma frequente nell'Italia
settentrionale ed oltralpe nel I sec. dopo Cr. Il bollo pvlli ed altri, pur essi molto diffusi (esemplari
ne furono ritrovati anche a Libarna ed elencati dal Vanii, op. cit., p. 45 segg.), sono peculiari e limitati
alle lucerne delle forme Dressel 5 e 6 (Anti, Le lucerne del museo di Verona, in Madonna Verona, fase.
24, 25, 30-31).
(*) Orlo di patera ed altro di coppa di forma Dragendorf [Terra sigillata, in Banner Jahrbucher,
XCVI e XVCI 1, 1895) n. 25. Ad ambedue sovrapposte figure di rosette, comuni sui vasi di queste classe
(vedi, ad esempio, figurazioni in Bianchetti, / sepolcreti di Ornavasso, tav. XX, n. 26, in Atti d. società
piemontese ii archeologia, VI; Bericht des Vereins Carnvnlum, Wien. 1914, pag. 165-166, flg. 29).
(•) Vanii, op. cif., I, pag. 22, 40-41, 135 e II, pag. 17 segg.; C. 1. L., V, 8115, passim. Il Varni
ne ignorava le officine, e ne lesse alcuni bolli certamente in modo inesatto. Sono delle note officine di
P. Cornelius, di L. Tettius Atejus, Murrina, L. Gellius e di officine non ben determinate. Su queste
officine vedi C. 1. L. XI. Per la diffusione in Piemonte di questi prodotti vedi P. Barocelli (Bollet-
tino d. società piemontese di archeologia, I, fase. 4; II, fase. 1 e 2).
SERRAVALLE SCRIVIA — 374 — REGIONE IX.
emisferiche ornate a figure umane, di animali, di ricchi fregi vegetali, della seconda metà
del primo secolo e del principio del li d. Cr., opera di figuli gallici transalpini (x), rozzi
imitatori di bellissimi prodotti affini di Arezzo.
Sui molti frammenti laterizi nessun bollo di officina (*) ; su un frammento l'impronta
del piede di una capra.
*
* *
Non mancava a Libarna quel grado di ricchezza e di sviluppo civile che la pace del-
l'impero diede in genere alle città subalpine, né quel carattere di monumentalità che
dalla metropoli si diffondeva alle più lontane provincie. Tra la generale dispersione e
distnizione, testimoniano lo sviluppo e l'amore dell'arte il capitello della chiesa di San
Giovanni Battista in Serravalle e le due statuette di bronzo segnalate già dal Moretti (*).
La città, colle sue strade intersecantisi ad angolo retto e le sue insulae rettangolari, si
mostra di nuova fondazione romana : aveva case adorne di svariati intonaci e di pavi-
menti a mosaico ; possedeva un foro, cui si accedeva per un arcus triumphalis a cui erano
annessi templi ed altri edifici; aveva il teatro, l'anfiteatro, l'acquedotto (4); indubbia-
mente le terme (s) la cui esplorazione non ancora tentata, ormai dopo secoli di violenta
distruzione, non darebbe notevoli risultati. Dagli scavi regolari fino ad ora non si ebbero
vestigia di mura difensive: gli scavi, anzi, condotti l'anno 1911, parrebbero escludere
vere e proprie mura ('). Avanzi della via Postumia non furono sul piano libarnese oggi
rinvenuti. H Bottazzi ai suoi tempi vide ancora i resti di un ponte romano sul Rio della
(') Forma Dragendorf n. 37; Déchelette, Yases eéramiques ornés de la Gatiìc Romaine, Paris, 1904,
voi. I. Anche nei frammenti libarnensi le figure umane e di animali sono o dentro riquadri (il tipo di orna-
mentazione liuto col nome di * a metope ») o dentro fregi vegetali, o libere. Mancando bolli di figuli, non
si possono determinare le officine dove furono prodotti. Consìmili frammenti dovette raccogliere a
Libarna anche il Vanii (op. cit., pag. 36-38). Altri ne raccolse il Moretti (op. cit).
(*) Delle officine laterizie del territorio libarnense.dove abbonda ottima argilla, fino ad ora cono-
sciamo solo pochi bolli enumerati dal Vanii e quindi nel C. I. L., V, 8110, 432, 435, 436, 437.
f») Moretti, op. cit., pag. 131 segg.
. (*) Il Moretti (op. cit., p. 132 1 vide avanzi di un acquedotto, nel piano di Libarna, non lungi dai
ruderi. Ma non fu possibile fino ad oggi la metodica esplorazione. C Vedi in proposito anche Varni, op. cit.,
I, p. 1< I. Sugli acquedotti, a condotto in muratura ed in galleria, bene visibili al principio del secolo
passato, a monte di Libarna, lungo la valle di Scrivia, vedi Corderò, op. cit., pag. 151 : Bottazzi, Osserva-
zioni, ecc., 1815, pag. 87. Avanzi di altri acquedotti « in calcestruzzo > vide il Bottazzi medesimo sul ver-
sante libarnense dei colli che chiudono ad occidente il breve piano.
(*) Il Bottazzi, al principio del secolo passato, identificò le terme in ruderi notevoli di sale coperte
da vòlte, in parte •-. sotterranee • tra l'anfiteatro e la cascina della Pieve {Osservazioni, p. 33-34). Dal
Bottazzi trasse il Varni (op. cit., I [). Ferrari, presso Biscarra (op. cit., p. 130), riferi su queste « terme \
esistenti tra il teatro e l'anfiteatro, distrutte sul principio del 1866: «Misurai il pavimento di una
sala lunga m. 9x7: grossi muri a calcestruzzo furono asportati: vi si trovarono molti marmi e
mosaici guasti ed infranti ». Anche il Corderò (op. cit., p. 147) aveva accennato a grandi edifizi
esistenti presso il teatro, senza precisarne la destinazione.
(*) Muretti, op. cit., p. 115. Il Moretti riconobbe che •'! profondo fossato del rio della Pieve e qualche
tratto dello scosceso terrazzo della Scrivia da soli si prestavano a difesa. A sud forse poteva servire a
difesa il fossato del Picare, un tempo certamente più profondo che non oggidì: il Bottazzi riferì che i
contadini andavano colmandolo gettandovi dentro macerie (Osserv., p. 183-184).
REGIONE IX. - 375 — SERRAVAI.LE SCRIVIA
Pieve (*) ; ma oggi anche questi sono scomparsi, asportati forse da frane o da erosioni.
Di un altro ponte romano parla lo stesso autore, di cui erano le fondamenta nel letto
della Scrivia, e che sarebbe stato in uso ancora nel sec. XIV (*). Non se ne scorge più
traccia.
Nessun sepolcreto finora potè essere esplorato. Abbiamo solo notizie indeterminate
di tombe, per lo più laterizie, taluna segnalata da stele, in varii luoghi ad ovest e a nord
della città (8).
Non abbiamo dati precisi per stabilire l'età degli edifici messi in luce, neppure là
dove furono trovati pavimenti sovrapposti (*). Anche dopo gli ultimi scavi, si può rite-
nere col Moretti che Libarna, creata colmiti da Xerva o da Traiano, abbia raggiunto il
suo massimo sviluppo nel II secolo (5). Le migliori costruzioni di cui si conservano i resti,
come il teatro, possono risalire alla fine del I od al principio del II secolo dopo Cristo.
L'anfiteatro e le costruzioni vicine possono essere assegnate, come si disse, al II secolo,
all'epoca cioè della maggiore estensione della città.
* *
Ritrovamenti avvenuti nelle vicinanze di Libarna. Di ruderi ro-
mani scoperti e distrutti ai piedi dello sperone di Arquata scrisse in modo indetermi-
nato il Bottazzi ('). Che vi fosse qualche abitato in età romana, è dimostrato da una
lastra di piombo (altezza cm. 60; spessore 1,5) con figurazioni tratte dai giochi dell'an-
fiteatro, trovata nel settembre 1918 tra i magazzini occupati dai reparti inglesi operanti
in Italia, in mezzo ad un cumulo di ciottoli spaccati ad uso di muratura, ossa rotte di
animali, pezzetti di legno carbonizzato : macerie di una costruzione certamente accu
rata, ma di cui ogni pur limitata esplorazione fu impedita da ragioni militari (7). Nella
lastra di piombo rimangono integralmente visibili, in piccoli rilievi, due coppie di gla-
diatori : reliarius verosimilmente contro seeutor, trace contro oplomachus. Sempre a pic-
colo rilievo ottenuto a stampo nella matrice della lastra forma cornice in alto ed in basso
(x) Osserv., p. 49.
(•) Osserv., p. 70 e 27. '
(*) Epigrafi funerarie furono raccolte in certo numero tra Libarna e Serravalle presso il cavalca-
via sulla ferrovia detto di S. Antonio (C. I. !.. V, 742<ì. 7428, 7430, 7434, 7436, 7437; Iozzi, Cenno,
cit., p. 31, 34, 37, 3!), e Lapide libarnése, cit.). Altre tombe sembra esistessero ad occidente di Libarna
nei campi presso la cascina della Pieve e la cascina di S. Giovanni (C. /. L., V, 7431"; Iozzi. Cenno,
p. 41) : nella medesima località forse erano anche tombe d'età cristiana : il Varni dice che l'epigrafe
C. I. L., V 7429 fu trovata in mezzo ad uno sfasciume di ossa umane (op. cit., II, p. 35. Iozzi, Cenno,
p. 42. Vedi Vanii, op. cit., I, p. 20-22 : II, p. 5-6, 30. 31, 33). Una tomba sarebbe stata trovata, se-
condo il Varni (op. cit., I, p. 44), negli scavi pel passaggio della ferrovia (?). G. Poggi (Genova - Palazzo
Bianco, p. 10) scrisse di « sepolcri laterizi » scoperti a -< nord » di Libarna e di un'urna in arenaria con
iscrizione ... vria-prisca, scoperta a Serravalle nel 1908, e che non mi fu possibile vedere.
(«) Varni, op. cit., I. p. 12-14. Moretti, op. cit., p. 116-118.
(*) Moretti, op. cit., p. 131.
(•) Osserv., loc. cit.
(*) La lastra fu salvata dalla rapacità di ufficiali inirlcsi, che già avevano cominciato a tagliarla
a pezzi per dividersela fra loro, per l'energ;a del capitano dei carabinieri sie. Camino. Ora trovasi nel
R. Museo di antichità di Torino.
SERRAVA L LE SCRIVI A — 376 — REGIONE IX.
della lastra stessa un fregio a portici, entro i quali, sotto festoni vegetali pendenti fra
capitello e capitello, si alternano sempre identiche rozze figurazioni venatorie (uomo
che trattiene un cane, cinghialo, lepre): tutti motivi ornamentali usitati, ad esempio,
sui vasi gallici di terra sigillata. Piuttosto che per un sarcofago, la lastra servì forse per
apparecchio o costruzione destinata a trattenere l'acqua.
Libarmi, posta su una delle maggiori vie commerciali e militari della Cisalpina,
era centro di vasto territorio tra Lucri, Velleja (x), Placentia, Ina, Dertona, Aquae Sla-
iiellae, Genita. È verosimile che intorno alla città esistessero sobborghi.
Così a nord di Serravalle verso Novi Ligure (*) e lungo il corso inferiore del Bor-
boni da Borghetto a Vignalo (*). Il Bottazzi od il Vanii scrissero di avanzi romani rin-
venuti quasi di fronte all'anfiteatro nella specie di isoletta poco elevata tra il corso
principale della Scrivi», un suo vecchio braccio ora asciutto e la confluenza attuale del
Borboni. Ivi esisteva ancora, al principio del secolo passato, il convento di Precipiano,
le cui origini risalivano ai primi secoli del medio evo (4).
Un'ara iscritta, attesta il culto delle Matronae fra i monti di Bocchetta Ligure, dove
il territorio di Libarna confinava con quello di Velleja e di Luca (*).
(J) Secondo il Gabotto, Bobbio e l'alta vai Trebbia, prima ili divenire durantej'inipero municipio
autonomo, furono o velie jati o libarnenai (Gabotto, I municift romani dell'Italia occidentale alla morte
di Teodosio il Grande, pag. 25!) e 26G, in voi. XXXII della Biblioteca d. Società storica subalpina).
Menzionandosi nella tavola alimentaria di Velleja (C. I. L., XI, 1147) l'Apennino « Godiasci et Are-
liasci » come nel pago libarnense < Eboreo •> (Monte Ebore?), il Gabotto ritenne pure che libarnense l'osse
anche l'alta valle della Staffora fino allo spartiacque con la Coppa. Anche per Libarna, come in genere
per gli altri munieipii romani dell'Italia Occidentale, il Gabotto opinava che coincidessero i confini del
municipio romano e del vescovado medioevale: il confine fra Libarna e Dertona sarebbe quindi passato
non lungi da Serravalle, sulla dorsale cioè fra il Corone e Libarmi rimanendo a Libarna l'alta valle del
Curone e sullo spartiacque Dentice-Cerquello-Sandigliano (op. cit.. p. 2(><> segg.). Oltre al pagus Ebo-
rens la tavola alimentaria di Velleja nomina i seguenti « pagi »: ATbcnsis, nel Vellejate e nel Libar-
nense presso il Lucense; Martius, nel Libarnense, nominato insieme coll'Albensis; Moninus (Meo iu
Val Borbera) nel Libarnense e nel Vellejate. Cfr. su questi pagi : De Pachtère, La table hypothécaire
de Veleia, Paris 1920.
(2) Alla esistenza di un piccolo abitato sembrerebbero accennare le tombe di Castel Busseto,
Merella Capurro, Tana, a nord di Serravalle sulla sinistra della Scrivia (Bottazzi, Osserv., p. 183-184;
Vanii, op. cit. ; Iozzi, Cenno, p. 39; Corpus imcr. lat., V, 7435). Sulla vetta del Rimanino (sopra Serra-
valle) ai suoi tempi il Vanii (op. cit. I, 10) segnalava avanzi monumentali: ora non si vedono che
informi pezzi di arenaria affioranti.
(s) Bottazzi, Osserv. cit., pp. 27-28; Vanii, op. cit., II, p. 33 n. XI (sarcofago rotto di Borghetto
Borbera, con l'iscrizione C. I. L., V, 7432).
(4) Il convento di Precipiano, almeno in parte, era stato costrutto e riparato con materiali tratti
dai vicini ruderi di Libarna (Bottazzi, Osserv., p. 68). Ma non si può escludere che vi sorgesse qualche
abitato anche in età romana: il Bottazzi (Osserv., p. 44) disse di ritrovamenti romani ivi avvenuti.
11 Varni accennò a pavimenti (?) nella villa Peloso a Precipiano (op. cit., p. 13). Il Bottazzi (Osserv.,
p. 44) vide anche nel letto della Scrivia fondamenta di un ponte da lui ritenute romane: detto ponte
sarebbe stato ancora in uso nel sec. XIV: queste fondamenta non sono oggi più visibili, come si è
detto sopra.
(') C. 1. L., V, 7323 e Iozzi, Cenno, p. 28 segg. Per l'alta vai Borbera, verosimilmente percorsa
già in epoca romana da una strada, il Patrucco (/ Saraceni nelle Alpi occidentali e specialmente in Pie-
monte, in Bibl. d. Soc. Storica Subalpina,) disse di un sarcofago rovesciato a Vendersi, e l'Oberziner
(7 Liguri ed i loro commerci, 1903) di antichità (?) scoperte a Meu.
REGIONE IX. , — 377 SERRÀVALLE SCRIVIA
*
* *
Oggetti ed epigrafi cristiane non. uscirono dagli scavi della soprintendenza: po-
chissimi ne erano venuti in luce prima nell'area della città (1). Ma la via Postumia era
troppo frequentata e troppo facili i rapporti con Roma e con la Transalpina, perchè qui
non fosse presto arrivato qualche sprazzo delle nuove credenze che già durante l'alto
impero si erano andate diffondendo nel mondo romano. Caduta Libarna, era sorto presso
le sue rovine, a Precipiano, uno dei maggiori eentri di vita monastica medioevale. Le
rovine stesse, che erano diventate proprietà del fisco, furono poi dotazione del mona-
stero, forse per concessione di qualche re longobardo (2).
Libarna era caduta assai presto, e forse non per lenta decadenza (3). Le notizie che
se ne hanno arrivano tutt'al più ai primi anni del V secolo : poi ne scompare completa-
mente ogni ricordo. Le monete più tarde enumerate dal Varni sono di Valentiniano III
e Maurizio Tiberio (4) : quelle uscite dai nostri scavi giungono a Graziano e a Magno
Massimo. Se AipsQwra è, come pare, Libarna, Costantino si avanzò fin presso di essa
col pretesto di soccorrere Onorio contro i Goti nel 410. Nella Notitia dignitatum non si
parla più di Libarna; Paolo Diacono, noverando le province del regno longobardo, col-
loca nella quinta (Alpi Cozie) Genova e Tortona, e non nomina Libarna (5). Forse la
distruzione della città è da assegnare alla prima metà del quinto secolo, epoca che vide
la rovina di parecchie città dell'Italia occidentale, le quali, come Libarna, più non ri-
sorsero. È l'epoca delle prime invasioni barbariche a sud del Po. La via Postumia, già
ragione di vita e di prosperità a Libarna, richiamava fatalmente su di essa il flagello delle
prime incursioni barbariche (8).
Libarna, ruinata ed abbandonata, diventò una cava di materiale di fabbrica per
i nuovi centri di popolazione che vennero formandosi da quelle parti. Ancor oggi molte
case di Arquata e di Serravalle contengono murati materiali romani. L'abbazia di Preci-
piano era stata fabbricata con materiali tratti da quelle rovine (7).
(*) Lucerna con le sigle ^ ed altra con la figura del Buon Pastore (Varni, op. cit., I, pp. 49 e 54).
Frammento epigrafico C. I. L., V, 7429. Frammenti epigrafici editi dal Sanguineti, Appendice alle iscri-
zioni romane della Liguria (Atti d. società ligure di storia patria, XI, pp. 167-168, 169-172, 205-206).
(2) Bollea, Cartario della abbazia di Precipiano (voi. XXXXIII della Bibl. d. Soc. Storica Subal-
pina, 1911).
(3) Bozzola, Terra di Novi (Rivista di storia arie ed archeol. di Alessandria, 1904, p. 95 segg.).
(*) Varni, op. cit., II, p. 135.
(6) Gabotto, / municipii romani, cit., pp. 2(58-26!) ; Storia dell'Italia Occidentale nel medio-evo
(voi. LXI della Bibl. d. soc. stor. subalpina, I, p. 144 e 581 segg.).
(*) Una tradizione locale, raccolta dal Bozzola (op. cit.), ne attribuisce la distruzione ad
Attila, forse con fondamento di verità (Giordane, (letica, 42, presso Gabotto, Storia, cit., p. 223 segg.:
« Hanoi... Mediolanum quoque Liguriae metropoliti) devastant, nec non et Ticinum acquali sorte
deiiciunt, vicinaque loca allidunt demoliuntque paene totani Italiani ».
(') Bottazzi, Osservazioni, citate. Anche l'abbazia di Precipiano venne a sua volta distrutta.
Il Bottazzi vide l'abbattimento sotto i suoi occhi per opera dei contadini, del tempietto «longobardo»,
di cui ci lasciò una accurata descrizione (op. cit., pp. 65-68).
FOLIGNO — 378 — REGIONE VI.
Una leggenda medioevalo, che riguarda ad un tempo Libarna, l'abbazia e le ter-
ribili invasioni saraceniche dei secoli IX e X, ci è stata tramandata da frate Giacomo
d'Acqui (*). Precipiano, allora detto castrum Molianiis, era sede e rocca forte del dux
Marchus... Sarracenus sed poiius paganus. Occupava egli civitatem Atyliam, quae eroi
super Serravalum, ubi dieifur Plebis de Inverno (*). Ad Atylia, magna civifas paganorum,
arse la guerra. Carlo Magno, per breve tempo caduto prigioniero del dux Marchus e tosto
liberato dal paladino Rolando, distrusse il palazzo di Marco ed i pagani, ed atterrò
Atylia. Così la leggenda faceva rivivere nel medio evo, con saraceni, cristiani e pagani,
come in un canto ariostesco, la distrutta Libarna. Se ne era distrutto perfino il nome,
ma tuttavia nei ricordi del ligure tenace confusamente perdurava la tradizione della
città romana.
Pietro Barocei.m.
Reoione VI (UMBRIA).
III. FOLIGNO — Il colono Andrea Battistini, in lavori agricoli presso S. Gio-
vanni Pro fiamma rinvenne una tomba a cappuccina con le ossa del defunto e al-
quante piccole ampolle di vetro, in parte rotte. Presso la tomba era una piccola stele
marmorea con l'iscrizione:
C- CAESIO
SABINO
LVCIDVS-F
R. Paribeni.
(!) Chron. ymng. mundi in M. H. P., tom. V (script. Ili), pp. 1502-1503: Bollca, op. cit., p. 197.
Patrucco, op. cit., p. 388 ; Gabotto, opera cit. e Les legendes carolingi enne» duns le Chron. ynmg. mundi
(Revue des langttes romane», 1894).
(*) Sulle origini di tutti questi nomi vedi Gabotto. opere citate. A Libarna rimase il nome di
Atylia, secondo il Gabotto (Municipi, cit., p. 269), torse da qualche villa, nelle vicinanze della città,
della gens Alilia, ricordata in parecchie epigrafi libarnensi.
REGIONE VII. . — 379 — VERI
Regione VII {ET R URIA).
IV. VEIO — Esplorazioni dentro l'area dell'antica città.
Nel marzo 1917, dopo qualche mese d'interruzione, la Soprintendenza agli scavi di
Roma e provincia dispose che fossero riprese le ricerche archeologiche nell'area dell'antica
Veii, affidando a me l'onorifico incarico di dirigerle. E siccome non era possibile, dati i
mezzi che si avevano allora a disposizione, iniziare subito su vasta scala una esplorazione
sistematica di quel ripiano denominato il Porlonaccio (fig. 1 , L) (1), da cui si ebbero le mi-
rabili sculture fittili di età arcaica testé illustrate dal prof. G. Q. Giglioli (2), la Soprinten-
denza stabilì che, in attesa dei fondi richiesti al Ministero, fossero intanto eseguiti alcuni
saggi in altre località, sempre nell'ambito della città stessa.
Seguendo l'ordine dei lavori, mi accingo ad esporre sommariamente i risultati in
questo primo rapporto (8).
Saggio in contrada « Macchia Grande ». — Le ricerche a Macchia Grande (fig. 1, H)
si eseguirono presso l'estremità nord-est di essa, a poco più di un centinaio di metri dal
così detto Colombario, a breve distanza dal ciglio occidentale di un'antica via profonda-
mente incavata nella roccia tufacea, che, attraversato il Cremerà proprio dinanzi alla
Tomba Campana e dirigendosi verso il centro della città, sembra dover corrispondere
all'antico cardo (fig. 1 a).
Il saggio portò alla scoperta di alcuni avanzi di abitazioni etrusche, con suppellet-
tile dell' VIII-VII sec. av. Cr., tagliate parte nella roccia ed in parte costruite a blocchi
di tufo, fronteggianti la detta via dalla quale distaccavasi un diverticolo che, risalendo
a gomito il fianco del vallone, permetteva l'accesso alle abitazioni stesse mediante un
ripiano intermedio (fig. 2).
Il gruppo scoperto consta di cinque ambienti, quattro dei quali contigui ed aventi
una fronte quasi rettilinea, orientate da E-NE ad O-SO ; ma non tutti, a quanto pare,
furono costruiti in un dato momento. Alcuni, infatti, per il mancato collegamento dei
muri, sembrano aggiunti un poco più tardi (4 e 5), mentre chiarissime risultano le modi-
ficazioni che in qualcuno di essi furono apportate, come le tramezzature (a, b) e la
chiusura della porta (e).
(!) Nella pianta topografica dell'antica Veii e della regione limitrofa, oltre alle località cui si fa
cenno in questo rapporto, ho voluto indicare le varie contrade in cui durante gli anni dal 1913 al 1916
furono condotti scavi archeologici per cura della R. Soprintendenza della prov. di Roma, e menzio-
nate nella memoria del prof. G. A. Colini in Notizie Su. 1919, pag. 3 sgg.
(2) Notizie Se, anno 1919, pag. 13 segg.. tav. I-YI ; 1922, pag. 206 segg., tav. I-IT.
(3) La maggior parte dei rilievi e dei disegni sono opera del sottoscritto (fìgg. 10, 11, 12, 13, 14,
18 e 19), ma è doveroso che io citi anche gli altri egregi collaboratori, quali il prof. I,. Giammiti per
le fìgg. 1, 13, 20 e 20 a, il valente sig. A. Berretti che eseguì il rilievo riprodotto nella fig. 2, e
l'esimio pittore 0. Ferretti perla riproduzione delle are (figg. 5, 6, 7, 8 e 9). Gli scavi furono assistiti
colla solita diligenza dal soprastante N. Malavolfa.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. • 49
VE IO
380
REGIONE VII.
Del primo nucleo dovevano far parte gli ambienti più ad oriente (1, 2 e 3), i quali,
oltre ad avere una maggiore ampiezza degli altri, offrono un più vasto campo di osserva-
zioni per lo studio delle primitive abitazioni etnische. I vani 1 e 2 ci danno, infatti, il
piano integro di una di queste abitazioni costituito di un vestibolo poco profondo, a pianta
2 Chilometri.
Fig. 1. - Pianta topografica dell'antica Veii e della regione limitrofa
(Dalla Carta dello S. M. I.).
A - Contrada Grotta Gramiccia,
B - » Calale del Fosso.
C - * Pozznolo.
D - >• Monte Campanile.
E - > Valle La Fata.
F - Contrada Macchia della Comunità.
G - » Campetti.
H • » Macchia Grande.
/ - » Cannetaccio.
h - » Portonaccio.
trapezoidale (m. 4,80 X 1,85 in media), e di un ambiente quasi quadrato (m. 4,60 X 4,20
circa), che ricorda il piano fondamentale delle case micenee ed il più antico tipo dei
santuari ellenici. Mentre della grande porta d'ingresso (d) (m. 1,97 circa) (1), la quale era
(x) Un leggero risalto esaminato più tardi sopra uno dei blocchi della soglia ridurrebbe lo spazio
riservato al passaggio a soli m. 1,24 (<?). Ma siccome la luce della porta è data, oltre che dalla mag-
giore elevazione dei blocchi formanti gli stipiti, anche dalla lunghezza del gradino che la precedeva
ed i cui limiti si trovano in perfetta corrispondenza cogli stipiti stessi, è lecito ammettere in basso
una rientranza che avrebbe potuto servire come davanzale di una finestra od anche come una specie
di banco per vendita. In questo caso avremmo il tipo di un'antichissima bottega.
REGIONE VII.
381 —
VE IO
proceduta da un gradino, resta soltanto l'accenno, quella più piccola (f) (ni. 1,00 di luce
alla soglia) che dal vestibolo immetteva alla stanza, conserva i suoi stipiti per oltre un
metro di altezza, e lascia chiaramente vedere la sua rastremazione (9 cm. su m. 1,44
di altezza), a somiglianza degli ingressi dei più antichi ipogei (fig. 3). La parte superiore
della porta, a somiglianza di quella della Tomba Campana, doveva essere arcuata, per-
chè sul piano del vestibolo si rinvennero alcuni blocchi aventi una delle facce minori
leggermente stondata. Un incavo di pochi cm., di carattere semplicemente decorativo,
Fig. 2.
doveva ricorrere tutto in giro alla porta, sul lato esterno, alla distanza di 30 cm. dagli
spigoli. Tale incavo vedesi attualmente soltanto sulla parete a destra dell'ingresso, che
è quella originaria, mentre manca sulla parete opposta che fu quasi del tutto restau-
rata in antico.
L'angolo occidentale della stanza era occupato dal focolare (g), il quale, invece di
essere costituito da una buca come di consueto, presenta qui la forma di un vero e pro-
prio camino, colle pareti cioè tagliate sulla roccia e divergenti verso il basso. Una piccola
cavità (li) a pianta rettangolare (0,68 X 0,50 X 0,10 di prof.) ricolma di cenere e car-
bone triturato, fra cui era qualche frammento fittile d'impasto, si trovò in prossimità
della parete di fondo e poco discosta dall'angolo suaccennato. Trattasi evidentemente
di un piccolo focolare indipendente dal primo e di carattere sussidiario.
Due dolii erano ancora a posto, conficcati quasi totalmente sul pavimento; e di un
terzo, che doveva avere assai maggiori dimensioni, si è trovata la cavità che doveva ac-
VEIO
— 382
KKGIONK VII.
coglierlo (*). Uno di essi (i), d'impasto rossastro, occupava l'angolo orientale della stanza ;
aveva forma oblunga, e mancava della parte superiore. Quella superstite misura era. 4ó
di altezza X 51 cm. di diametro. Disposta obliquamente dentro il fittile era un'olpe
di bucchero a ventre ovoidale, priva dell'ansa, al disotto della quale si trovarono alcuni
avanzi di carbone e pochi frammenti fittili insignificanti, pertinenti a vasi diversi. Vi-
cino al dolio si raccolse un frammentino di aes rude.
L'altro dolio (k) era dello stesso impasto, e si trovò in prossimità dell'angolo meri-
dionale, leggermente inclinato verso la parete di fondo. Aveva forma ovoidale, larga
Fig. 3.
bocca ed orlo rovesciato in fuori, alcuni frammenti del quale erano caduti in antico nel-
l'interno del fittile, dove si rinvennero gli avanzi di una specie di grande conca a largo
tronco di cono, provvista di due anse orizzontali a bastoncello alternate con due grosse
prominenze coniformi ed arcuate, impostate presso il fondo. Questa conca servì pro-
babilmente da coperchio al fittile descritto, ma pare che fosse usata anche come vaso da
cuocere, perchè aveva il fondo e le pareti completamente annerite dal fumo.
Sulla parete di fondo rocciosa, sono due buchi: l'uno, più piccolo (l), largo cm. 11,
alto 23, aperto allo stesso piano del pavimento : l'altro (m), di maggiori proporzioni e
sfondato sui lati brevi, praticato a maggiore altezza, aveva l'aspetto di una vera nic-
chietta lavorati' assai grezzamente e capace di contenere qualche cosa. Due buchi oblun-
ghi e sfondati, simili al primo, sono sulla parete sinistra, a breve distanza l'uno dall'al-
(*) La cavità poco discosta dalla parete destra aveva alla superficie un diam. di ni. 1,26 circa
per una profondità di cm. 20 ; poi restringeva^ mediante una risega a cm. 78, raggiungendo una pro-
fondità complessiva di ni. 0,73.
REGIONE VII. . — 383 — VEIO
, — , — 1 , , — . , j
tro (n, o) ; mentre su quella destra ve ne è, uno solo, quasi nel mezzo (p). Quale ufficio
avessero tutti codesti buchi non è facile poterlo arguire.
Sul pavimento della stanza si rinvennero parecchi avanzi di tegoli e di embrici ('),
ed un abbondante materiale ceramico. frammentario. Vi erano avanzi di stoviglie d'im-
pasto rosso, alcuni dei quali lucidati a stecca, pertinenti più specialmente ad olle; altri
d'impasto scuro, lisci o con una decorazione a funicella. Uno di essi, pertinente all'orlo
di un piatto, è ornato su ambo le facce con motivi geometrici e con ocherelle di colore
bianco riportato. In minore quantità erano i frammenti di bucchero.
Sempre sul pavimento si sono trovati alcuni pezzi fatti di un impasto terroso, ar-
rossati esternamente dal fuoco, i quali, ricongiunti, hanno formato una specie di grosso
mattone a facce bene levigate, ma incompleto nella sua lunghezza. La faccia minore
di esso misura 23 era. X 15 ; la lungh. superstite è di cm. 30 circa. Qualcuno di questi
pezzi si trovò presso l'angolo occidentale della stanza, in vicinanza cioè del focolare a
cappa, in corrispondenza del quale il pavimento era tutto annerito, e visi notarono alcuni
residui di carbone. È probabile che codesto mattone crudo avesse servito come alare,
non essendo possibile pensare ad una sopraelevazione delle pareti in laterizio che, se così
fosse stato, non sarebbero mancate le tracce lasciate dalla dissoluzione di codesto ma-
teriale. Si rinvenne, inoltre, un triturato re di pietra azzurrognola. Nò mancarono alcuni
residui del pasto, tra cui una mascella di quadrupede ed il frammento di un arto.
Dallo studio stratigrafico di questo ambiente risultò, che a circa m. 1,40 sotto l'o-
dierno livello di campagna era un altro piano di terra battuta, e che tra questo e quello
vergine originario era tutta una serie di rialzamenti successivi di terra fine sabbiosa ed
assai compatta. Al di sopra di questo banco fu notato come uno scarico di blocchi di
tufo, la maggior parte spezzati e provenienti, forse, dalla rovina della fabbrica. Quivi
si rinvennero anche vari frammenti di piccole macine in pietra basaltica porosa, qual-
che pezzo di grande dolio e pochi frammenti di stoviglie a copertura rossastra. Ma an-
che tutto il banco di terra sovrapposto a quest'ultimo pavimento era cosparso di molti
cocci che cronologicamente non differivano da quelli trovati negli strati più profondi.
Credo, perciò, che si tratti o di un rinterro eseguito a breve distanza di tempo da quello
in cui venne a cessare l'uso delle abitazioni in parola, o di materiale caduto da un ipo-
tetico piano superiore.
Rialzamenti di livello avvenuti pure nello stesso periodo furono riconosciuti anche
negli altri ambienti, ma più specialmente in quello distinto col n. 3, anch'esso a pianta
trapezoidale, dove se ne riconobbero per lo meno tre con un rialzamento complessivo
di 85 cm. (*). In questo medesimo ambiente fu studiata anche la stratificazione sotto-
stante al pavimento più basso, raggiungendo il primitivo livello del terreno che aveva
(x) Il materiale laterizio che venne adoperato per la copertura del tetto nelle più antiche co-
struzioni ad opera quadrata si distingue perfettamente da quello usato più tardi, non solo per le mi-
nori dimensioni date ai tegoli ed agli embrici, ma sopratutto per l'impasto e pel colore rosso-scuro
dell'ingubbiatura che ne formava il rivestimento.
' (2) Questo vano, nella sua prima fase costruttiva, ebbe dimensioni minori, come è dimostrato
sulla pianta dai pochi residui delle pareti occidentale e settentrionale i cui blocchi, per maggiore chia-
rezza, sono stati cosparsi con dei puntini.
VE10 — 384 — 11EGIONE VII.
un'inclinazione abbastanza sensibile verso sud-est, e sul quale fu notata una lunga
chiazza nerastra, commista a pezzi di carbone, larga 80 cm. e spessa 5, che fu seguita
per una lunghezza di m. 3.00, attraversante in senso longitudinale l'ambiente mede-
simo. Dall'esame dei pochi frammenti ceramici rinvenuti in un saggio praticato dentro
questo sottile strato nerastro si potè stabilire, che codesta chiazza non dovevasi riferire
ad abitazioni anteriori, come da principio erasi supposto, ma piuttosto a fuochi accesi
alla superficie del suolo, probabilmente a scopo rituale, forse da coloro stessi che do-
vevano poi procedere alla costruzione della casa.
11 muretto che corre parallelamente al lato settentrionale di questo vano, dopo il
suo ampliamento, serviva di limite ad una intercapedine o canaletto, cui fu dato uno
sbocco in ,4. mediante un'apposita apertura praticata sulla parete di fondo del vano
stesso. Che codesto canaletto servisse a raccogliere l'acqua piovana della gronda e che
questa andasse ad alimentare un qualche recipiente, è cosa non improbabile. Anche nel
minuscolo vano n. 4 (ni. 1,42 )< 1,17), sotto parecchi frammenti di tegoli e di embrici,
venne in luce uno strato di terriccio nero che occupava quasi perintiero l'area della
stanzetta, e che aveva uno spessore di circa 10 cm., nel quale si notarono parecchi avanzi
di carbone e vari cocci d'impasto scuro e rosso.
Fu detto già che i tramezzi indicati collo lettere /( e b fanno parte di modificazioni
avvenute più tardi. Tali tramezzi, infatti, rispetto agli altri muri dello stesso ambiente
non hanno fondazione, ed il loro piano di posa doveva presso a poco corrispondere a quelle
del pavimento, fatto con terra battuta e detriti di vasellame. Ma, a meglio dimostrare
la loro posteriorità, basterebbe il fatto che per la costruzione di uno di tali tramezzi si
dovette ricorrere alla chiusura della porta (e), appunto per dare appoggio al tramezzo
stesso.
il vano n. 5 va sensibilmente rastremando verso la parete di fondo, ed ha l'aspetto
come di un corridoio, misurando in lunghezza circa 3 ni. per una larghezza di forse un
terzo in media.
Della parete di fondo rimane poco più della metà (m. 1,60 circa) ; soltanto due bloc-
chi, cioè, sopra uno dei quali è ricavato un dente che potrebbe corrispondere allo stipite
di una porta la quale si troverebbe però alquanto spostata rispetto all'asse di quella che
aprivasi sul lato opposto (r). La parete occidentale si conserva oltre il prolungamento
di quella di fondo, e misura complessivamente circa m. 2,10 con uno spessore che varia
tra i 46 ed i 50 cm. L'accenno di una porta sulla parete di fondo che sarebbe stata aperta
dopo la chiusura di quella indicata colla lettera e, e il prolungamento del muro occi-
dentale or ora accennato farebbero pensare all'esistenza di un altro ambiente che sa-
rebbe andato completamente perduto, stante l'affioramento dei blocchi dovuto alla pri-
mitiva conformazione del terreno che, come già dissi, va in quel punto gradatamente
salendo verso nord-ovest.
Anche il muro di facciata di queste costruzioni, che ha uno spessore medio di circa
50 cm., si estende oltre la parte occidentale del vano ora descritto, per poco più di un
(\) La posizione delle porte, dopo l'esempio di quella che dava accesso al vano n. 1, si potè quasi
sempre riconoscere per la mancata ricorrenza del filare di blocchi col piano della soglia che general-
mente era un poco più basso.
REGIONIC VII. 385 — VKIO
metro. Poi se ne perde ogni traccia. Viceversa si constatò che un'antica frana rocciosa
staccatasi dall'altura che sovrasta a breve distanza il gruppo di case, mentre il cavo
per la fondazione di esse era ancora aperto, arrestò definitivamente da quel lato il pro-
seguimento dei lavori.
Contemporaneo alle abitazioni ora descritte è un tratto di canale costruito a bloc-
chi squadrati di tufo, venuto in luce presso l'angolo orientale del fabbricato, ma ad un
livello molto più basso, e che segue l'andamento del ciglione che immediatamente lo so-
vrasta. Questo canale poggia sul terreno vergine che in qualche punto si dovette in antico
regolarizzare per la posa in opera dei blocchi che ne costituiscono il fondo. La larghezza
interna del canale è di circa mezzo metro, mentre le spalle superstiti si conservano per
un'altezza di 75 cm. (1).
Non abbiamo elementi per potere stabilire, se il canale si potraesse in origine più
verso sud; ma non pare. Sembra che esso avesse avuto l'ufficio di raccogliere le acque
filtranti attraverso lo spesso banco di terra che lo fiancheggiava, e convogliare contem-
poraneamente quelle piovane provenienti dallo scolo dei tetti del fabbricato limitrofo,
che in qualche modo vi potevano essere immesse.
Pare che in un certo momento, o per il diminuito stillicidio o per altre ragioni che
a noi sfuggono, si cercò di restringere la luce del canale mediante un conglomerato duris-
simo formato di ghiaie impastate con sabbia (che durammo grande fatica a rompere)
allo scopo di facilitare lo smaltimento delle acque e rialzarne l'efflusso.
Un altro canale, incavato però nella roccia, si trovò a valle del precedente, e lambiva
quasi il ciglio della via incassata, con una pendenza abbastanza sensibile verso nord-
- est. P'sso biforcavasi sul piano roccioso proprio dinanzi all'estremo limite orientale del
fabbricato, e raccoglieva lo scolo delle acque piovane che vi affluivano dal diverticolo,
riempiendo in precedenza una piccola vaschetta, e quelle filtranti attraverso lo strato
permeabile dai fianchi del diverticolo stesso.
Una serie di tasti eseguiti in senso trasversale alla spalletta, nello spazio compreso
tra l'uno e l'altro canale, ci mise in condizione di poter seguire quest'ultimo fino al suo
sbocco dentro una cavità cilindro-concava di un metro di diametro, e profondo 1 m.
circa più del canale medesimo. A questa stessa cavità, ad un livello però intermedio
tra il fondo di essa e quello del canale già citato, immetteva un cunicolo largo 47 cm.
ed alto m. 1,95. Da questa cavità o pozzo che chiamerei di depurazione, perchè tale do-
veva essere il suo ufficio, l'acqua usciva di bel nuovo per un altro canale, largo e pro-
fondo quanto il cunicolo, che procedeva nella stessa direzione del primo ma di cui si potè
esplorare soltanto un piccolissimo tratto, oltre il quale la roccia veniva a mancare.
La sistemazione a gradoni della spalletta, coi relativi canaletti, è anche assai interes-
sante, e mostra quanto fosse grande, e minuziosa, la cura che ebbero gli antichi nell'uti-
lizzazione delle acque ; la qual cosa, bene rispondendo alle esigenze della vita, aveva il
precipuo scopo del risanamento e quello di impedire che si determinassero frane, là dove
il terreno era scosceso e di natura poco solida ostacolando, come nel caso nostro, il tran-
sito stradale di una delle arterie principali della città.
(*) Come spalla dot canale fu utilizzato anche un (ratto rettilineo di una bella costruzione pree-
sistente (<?).
VETO
— 386 —
REGIONE VII.
Quel breve tratto di diverticolo da noi esplorato e il ripiano roccioso interposto fra
la grande via antica e la spianata dove scoprimmo gli avanzi di ablazioni etnische, servi-
rono in una data epoca come luogo di scarico. Ivi, infatti, si rinvennero rifusamente
parecchi blocchi squadrati di tufo provenienti dalla demolizione di edifici; molti fram-
menti di tegole e di embrici; residui di figurine fittili di età ellenistica; un gruppo
abbastanza numeroso di ex-voto della fine della Repubblica; qualche avanzo architet-
tonico e sei are di tufo grigiastro, di rozza fattura, coricate l'ima a breve distanza
dall'altra presso il ciglio della balza, e indicate sulla pianta colle lettere r, s, /, «, r, x.
Fig. 4.
Di esse, subito dopo la loro scoperta, si fece anche una fotografia che è qui riprodotta
con la fig. 4.
Le prime cinque are (r, s, t, u, v) erano provvista' ili zoccolo e cimasa, mentre la
sesta (x), di carattere più primitivo, aveva la forma di semplice parallelepipedo. Vicino
a quest'ultima era un altro parallelepipedo (y) ma di minori proporzioni del precedente.
Sulla loro faccia superiore, tranne in un solo caso, era un ampio incavo quadrangolare,
profondo in media poco più di 1 cm. e destinato alle cerimonie sacrificali. Dal fondo di
tali incavi muoveva talvolta un canaletto con pendenza verso l'esterno (are r, v). L'in-
cavo dell'ara x non aveva invece il canaletto, e non 'sappiamo se l'avesse avuto la «.,
perchè il piano superiore di questa conservasi soltanto in parte. L'ara r, quantunque
assai deteriorata superiormente, mostra di non avere avuto l'incavo quadrangolare;
ma, a differenza delle altre, aveva due dei suoi margini opposti sporgenti dal piano di
circa 4 cm. e larghi 8% in alto e 10 in basso. Su questa restava qualche lieve traccia
di lettera rubricata ; sulle altre are erano chiaramente incise delle brevissime iscrizioni,
REGIONE VII.
— 387 —
VEIO
in due delle quali sono ricordate le divinità di Apollo, APOLINE (7) (fig. 5) e di Mi-
nerva, ///INERVIA (x) (fig. 6). Tracce di lettere disposte sopra una sola linea si vedono
su altre due facce di quest'ultima ara.
Riesce assolutamente inesplicabile il significato della iscrizione incisa sull'ara indi-
cata colla lettera s, (fig. 7), quantunque le lettere che la compongono sieno perfettamente
chiare. Nella n (fig. 8) e certo che si dovesse leggere Victorie. Lo spazio eccessivo esi-
stente tra alcune lettere fu evidentemente lasciato dal lapicida per evitare dei nuclei
di pomice affioranti alla superficie del blocco o certe scabrosità del blocco stesso. L'iscri-
Fig. 6.
Fio. 6.
Fig. 7.
zione incisa su quella v, (fig. 9) devesi leggere indubbiamente Dis Deabus. fi 'asta trac-
ciata dopo Va va interpretata come il principio della lettera seguente, la quale fu poi
incisa sulla faccia contigua col resto della parola (x).
Fra le cose rinvenute nello sterro debbono essere menzionate le seguenti: un rocchio
di colonna di tufo del diametro di 52 cm. ; un frammento di altra più piccola (diam.
cm. 39); un pezzo di cornice ; un lastrone di tufo facente parte di una cartella ansata;
una piccola ara scorniciata, pure con rincasso quadrangolare e due piccoli incavi rotondi
agli angoli della faccia superiore; un lastrone fittile, appartenuto forse ad un fregio,
su cui è modellata ad altorilievo una colonna tozza, leggermente rastremata, a sin. della
quale si vedono le impronte del contorno di alcune figure umane, probabilmente sedute,
che vi erano state in origine applicate ; un bel frammento di una tavola da offerte ter-
minata in alto con un fascione, sul quale è una protome femminile a rilievo e l'iscrizione
(}) La leggera incisione orizzontale che vedesi sotto la parola dis è nettamente separata dal-
l'asta verticale della i che non può perciò scambiarsi per una l.
Notizie Soavi 1922 — Voi. XIX. 50
VEIO
— 888 —
litio (ONU Vi!.
mutila incisa a fresco HER/// (hercles o hercohs). Il piano ha una decorazione stampata
a bassissimo rilievo dove sono raffigurate alcune scene di caccia al cinghiale, tralci di
edera, ecc., disposti a zone parallele ai bordi (fig. 10). Si raccolsero inoltre due assi repub-
blicani romani ; due sestanti illeggibili; un triente, pure illeggibile ; della ceramica grezza
di colore bruno o rossastro pertinente per lo più ad olle, e qualche frammento di vaso
d'arte etrusco - campana a vernice nera.
Precedentemente alla nostra esplorazione codesto scarico era stato in qualche punto
rovistato, e parecchio materiale si trovò ruzzolato in fondo alla via, dove vedevansi an-
<5>
JSEbL
,«■'■■■,:
(«Sii ^iw
spiaste
}
Fin 8.
Fio. 0.
cora ammucchiati da un lato varii frammenti di ex-volo di arte assai rozza, per lo più per-
tinenti a grandi figure panneggiate di età tarda (1). In mezzo ai blocchi caduti era un
rocchio di colonna rastremata ; una base quadrangolare a tre risalti concentrici con in-
cavo sulla faccia superiore, ricordante le basi delle doppie asce di epoca micenea (fig. Il);
e qualche altro blocco con fascione rilevato o con accenno di sfondatura agli spigoli.
Che un tempio avesse esistito nei pressi della zona da noi scavata non può mettersi
in dubbio, dopo quanto ci è stato restituito dal saggio eseguito a vali.1 dei resti di abi-
tazioni etnische. Probabilmente lo stesso diverticolo vi doveva condurre, e forse dopo
non lungo percorso. Ma la ricerca del santuario esorbitava dal programma dei nostri
lavori i quali, più che altro, avevano lo scopo di accertare l'estensione dell'abitato etru-
sco anche nella parte più bassa di Macchia Grande.
La ricerca e lo scavo di questo santuario, che ha dato già così importanti docu-
menti epigrafici riferentisi al culto di alcune particolari divinità che si veneravano a Veii
dopo la sua caduta, non potranno essere, lo spero, che di poco ritardati.
(') Il prof. Gabrioi aveva già notata l'esistenza di tale scarico, ed ebbe cura di porre in salvo
i pezzi principali. Furono allora aperti anche alcuni saggi sulla spianata, ma con risultato negativo.
REGIONE VII.
— 389 —
VE IO
Allo stato delle cose possiamo tuttavia stabilire che la costruzione, cui debbono
riferirsi i travamenti testé ricordati fosse relativamente tarda (III— II sec. av. Cr.) ; ma è
molto probabile, che il santuario avesse
avuto più vetuste origini, siccome altrove
è stato più volte riscontrato. Provengono
infatti dalla medesima località alcuni
frammenti di lastre fittili con ornamen-
tazione a palmette e fiori di loto alter-
nantisi, che per lo stile e la colorazione
vengono generalmente assegnate al V se-
colo av. Cr.
Immediatamente a nord-ovest degli
avanzi di abitazioni etrusche, prima che
vi si scaricasse una parte della terra pro-
veniente dallo sterro delle abitazioni me-
Fio. 10.
desime, furono aperte alcune trincee della
lungh. complessiva di m. 25.80, le quali rag-
Fio. 12.
Fio. 11.
giunsero il terreno vergine (cappellaccio) ad
una profondità media di 55 cm. e non diedero
se non qualche frammento di embrice ed un
pezzo di macina in basalto poroso.
Con la trincea più occidentale si mise in luce una cavità cilindrica (z) scavata in-
tieramente sul vergine, profonda 37 cm. e il cui diametro misurava poco meno di 1
metro. Questa buca era stata riempita di terra fra cui si notarono alcuni pezzi di em-
brici, e dal vergine in su era una specie di tumuletto formato con pezzi di tufo, parte
dei quali con qualche faccia squadrata, e terra (fig. 12). La sommità di questo tumu-
VEIO
— 390 — REGIONE VII.
letto trovasi a 22 cm. al disotto dell'odierno piano di campagna. In fondo alla buca,
distanziati l'uno dall'altro, erano stati deposti i tre fittili seguenti:
a) grande pignatta ovoidale d'impasto rosso, con orlo leggermente trilobato ed
ansa verticale a bastoncello, alta circa 27 cm., intieramente crinata;
b) fondo e parte delle pareti di un altro vaso, del medesimo impasto ;
e) oinochoe di bucchero, anch'essa in frammenti, intorno al corpo decorata con
solcature verticali.
Non si sa che cosa si fosse voluto rappresentare con quella buca, indubbiamente
coeva agli avanzi di abitazioni etrusche. L'ipotesi che debba trattarsi di un sepolcro
credo vada completamente scartata.
Un altro misero avanzo di antica abitazione si rinvenne a nord-est del gruppo prin-
cipale, proprio sul ciglio dell'altipiano.
Altre trincee di saggio si aprirono sopra l'altura dai fianchi scoscesi che si erge im-
mediatamente a sud dello scavo. Alcune di esse diedero esito negativo, mettendo a nudo
soltanto la roccia ad una profondità media di 70 cm. : altre, invece, misero in luce un
avanzo di costruzione a grandi blocchi di tufo giallognolo cavato probabilmente dalla
stessa località, di cui rimane il solo filare di fondazione sconnesso in qualche punto e
piantato sulla roccia la quale presenta in più punti tracce di spianamento o di incassatura
per posa in opera di blocchi, canali seguenti varie direzioni e buche rotondeggianti. Da
questi ultimi saggi si ebbero alcuni frammenti di lastrine fittili piane o leggermente con-
vesse, con ornamentazione figurata di arte ellenistica. Sopra il frammento maggiore
è rappresentata a bassorilievo una figura virile coperta del solo mantello, che cavalca
un caprone dal lungo vello, incedente a destra.
Dalle risultanze dello scavo si è potuto rilevare che anche la parte bassa di Mac-
chia Grande era abitata, ma non così densamente come forse doveva esserlo in alto, nella
parte più pianeggiante. Certo è che, per uno studio complessivo delle primitive abita-
zioni ad opera quadrata, codesta località, che fu da secoli immune da ogni coltivazione,
sarebbe senza dubbio la meglio adatta e la più remunerativa.
*
* *
Saggi in contrada « Piazza d'Armi » {Acropoli) ('). - Due furono i saggi che si apri-
rono sulla spianata di Piazza d'Armi (fig. 13 ; C, D). Col primo, eseguito quasi imme-
diatamente a occidente dell'odierno accesso, sono stati messi allo scoperto gli avanzi,
purtroppo assai deturpati (a), della porta che doveva mettere in comunicazione l'acropoli
(^Quantunque alcuni scrittori, quali il Nibby, il Tnmassetti ed altri, siano di opinione che l'acro-
poli di Veii debba ricercarsi nel sito ove è l'abitato di Isola Farnese, a me pare che debba senz'altro
accettarsi quella già espressa dal Dennis, dal Canina ed anche dal Lanciani, che pongono l'Acropoli
di Veii a « Piazza d'Armi ». Ciò, naturalmente, non esclude che quella forte posizione naturale, posta
alla confluenza di due fossi e difesa su tre lati da alte rupi a picco e da un profondo fossato artifi-
ciale da quello di ponente, fosse in qualche modo aggregata alla città, da cui soltanto la divideva il pro-
fondo burrone del Fosso della Mola.
(*) Ricerche anteriori alle nostre, eseguite piuttosto a scopo di lucro anziché con direttive e cri-
teri scientifici, avevano non solo sconvolto quasi totalmente il piano stradale, ma in molti casi distrutto
fino alle fondamenta quelle costruzioni che le ricerche stesse man mano mettevano in luce. Dobbiamo
perciò ascrivere a grande fortuna, se dopo tanto scempio, non mai abbastanza deplorato, ci restarono gli
elementi necessari per ricostruire le piante di questo importante monumento e poterne seguire le vicende.
REGIONE VII.
— 391
VEIO
iftr, -
^^^S^
VEIO
892 REGIONE VII.
colla città (*), ed un bel tratto di mura dell'antico recinto munito internamente di con-
trafforti, lungo circa 35 m., che si collega ai ruderi della porta medesima (fig. 14). Que-
sta in origine aveva un solo fornice (A) ; più tardi se ne aggiungerò altri due : l'uno
(B) centrale, più piccolo e provvisto di soglia, aperto in corrispondenza della testata del
muro che fu demolito ; l'altro (C) ad oriente di questo, in simmetria con quello pree-
sistente.
L'avancorpo interno della prima costruzione aveva un prospetto di circa 9 m. di
larghezza ed uno sporto di m. 7,55. Il fornice non corrispondeva esattamente sull'asse
frontale della costruzione, essendo alquanto spostato verso oriente, ed aveva una luce
di m. 2,85. I muri, spessi m. 1,60 circa, sono fondati su terreno vergine di natura argil-
losa, ed il saggio aperto esternamente al muro occidentale dell'avancorpo ne mise in luce
cinque filari, tre dei quali spettano alla fondazione (fig. 15).
Pare facessero parte di una più antica costruzione della porta medesima i due muri
D D, formanti angolo retto, che muovono da uno degli stipiti interni del fornice set-
tentrionale, e la cui linea di risega corrisponde perfettamente col piano stradale più an-
tico. Quando venne ampliato l'avancorpo, codesto avanzo rimase nascosto sotto le po-
che vestigia della massicciata più tarda, sopra la quale si notarono delle grandi chiazze
di terriccio nero e parecchi residui di legno carbonizzato.
La testimonianza di una costruzione ancora più antica ci è data dai pochi avanzi
di un grosso muro (E, E) avente una orientazione diversa da tutto il. resto del fabbri-
cato, e che fu attraversato più tardi dalla fondazione del muro orientale della porta.
Coll'aggiunta del piccolo fornice centrale (m. 1,50 di luce) (fig. 16) e di quello late-
rale, presso a poco uguale al preesistente, la facciata interna della porta venne a risul-
tare di m. 15,90 (fig. 17).
L'apertura del fornice centrale rese necessaria la demolizione di tutto il lato orien-
tale del fabbricato e quella dello stipite del fornice primitivo che a quello era collegato.
La ricostruzione ex-novo di questo pilone è evidentissima, ed apparisce assai affret-
tata; tanto è vero che, nel rifacimento di esso, non si tenne nessun conto della ricorrenza
dei filari susseguentisi in maniera regolare in tutte le parti superstiti del fabbricato.
Questa mancata ricorrenza delle serie di blocchi fa difetto anche nell'altro pilone, le cui
proporzioni sono anche un pochino maggiori del precedente. Del pilone angolare restano
soltanto le fondamenta e qualche blocco della parte in elevazione.
La chiusura dei fornici dovette avvenire in tempi abbastanza tardi, quando natural-
mente la porta non era più in uso, e la città romana, chiusa in un più ristretto àmbito,
non occupò se non una minima parte dell'area di quella etnisca e precisamente il centro
dell'altipiano, dove nel secolo passato avvennero le migliori scoperte, e dove affiorano
tuttora dappertutto avanzi di marmi, di laterizi e di fittili di età imperiale.
(') Tale comunicazione doveva effettuarsi attraverso la valletta, probabilmente in quel punto
creata artificialmente, mediante un ponte che, muovendo dalla porta, doveva congiungersi a quella
specie di promontorio che trovasi esattamente sull'asse della porta stessa, e che nella fig. suddetta è
indicato colla lettera F. In corrispondenza del tracciato del ponte si vedono anche oggidì affiorare,
attraverso l'odierno passaggio che conduce a « Piazza d'Armi », vari blocchi squadrati di tufo, che
senza dubbio debbono riferirsi alla rovina del ponte stesso.
REGIONE VII.
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VEIO
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VEIO
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REGIONE VII
In una prima fase sembra che l'ambiente risultante dalla chiusura dei fornici fosse
stato accessibile dal lato di mezzogiorno ; dal fornice, cioè, più orientale (e), chiuso soltanto
in parte e dove rimane traccia di una rozza soglia battentata (a).
Successivamente, valendosi del robusto recinto rettangolare come di una specie di
podio, vi si costruì sopra un edificio in muratura, probabilmente di carattere sepolcrale,
completamente distrutto, al quale debbono spettare i numerosi avanzi di materiale lateri-
zio ed i frammenti marmorei qui sotto indicati, rinvenuti durante i lavori di sterro (*) :
Fio. 15.
a) Frammento di un lastrone spesso mm. 52, alto m. 0,19, largo 0,21, con faccia
lavorata a gradina su cui rimangono i resti di tre linee d'iscrizione a caratteri alti mil-
limetri 40 :
b) Due frammenti di lastroni scorniciati, l'uno alto mm. 57, l'altro 175.
e) Piccolo frammento di una cornice corrosa.
(*) Per la chiusura del fornice esterno superstite, di cui riinane la sola fondazione, furono ado-
perati alcuni pezzi di marmo messi in coltello, che lasciammo sul posto. Due altri frammenti mar-
morei, uno dei quali con avanzi di panneggio, si rinvennero presso la fondazione dello stipite occi-
dentale del fornice suddetti >.
REGIONE VII.
— 395 —
VEIO
d) Pezzo di cornicione con modanature lisce, di lavoro non perfettamente regolare :
lungo m. 0,62, alto 0,23.
e) Frammento dell'angolo di un cornicione simile al precedente.
f) Due frammenti della parte anteriore di un sarcofago di marmo bianco scorni-
ciato ed ornato di scanalature serpeggianti.
Fio. 16.
Dal medesimo sterro provengono : ...
g) Un frammento, di mattone con parte di un bollo circolare a lettere rilevate,
già edito (cfr. C. I. L., XV, n. 1033).
h) Altro frammento di mattone coi resti di un bollo rettilineare, anch'esso edito
(cfr. 0. I. L. XI, n. 6689, 150») (»).
Nelle trincee eseguite per rimettere a luce il braccio di muro di cinta a occidente della
porta, si rinvennero alcuni frammenti di lastre marmoree scorniciate, un frammento del
fusto di una colonna in tufo litoide ed un pezzo di mattone spesso 35 mm., su cui riman-
gono soltanto poche lettere di un bollo rettilineare dello stesso consolato del frammento
g, e cioè di Petino ed Aproniano, dell'anno 123.
Eseguito qualche tasto ad oriente dei ruderi della porta (fig. 13, D), immediatamente
di là dal moderno accesso a Piazza d'Armi, dove si vedevano affiorare alcuni blocchi,
si scoprì un altro tratto mal conservato delle antiche mura, cui fu posteriormente appog-
(•) Vedi anche Notizie Scavi, 1913, pag. 386, nota 1.
Notiub Soavi 1922 - Voi. XIX.
51
VE IO
— 306
REGIONE VII.
giato uno dei lati lunghi di una recinzione rettangolare (fig. 18, A, A, A), fatta pure essa
con blocchi di tufo aderenti l'uno all'altro senza l'uso della malta e provenienti molto pro-
babilmente dalla demolizione di qualche tratto dell'antico recinto. Di questa recinzione
è stata messa in luce poco più della metà ; ma l'esplorazione dell'area compresa dentro i
limiti del recinto si dovette rimandare a più tardi, quando, cioè, disponendo di maggiori
Fio. 17.
mezzi, sarebbe stato possibile intraprendere su più vasta scala una serie di ricerche siste-
matiche in tutta la spianata dell'acropoli.
Dai cavi eseguiti per mettere in luce i resti della recinzione in parola, si ebbero tutta-
via materiali diversi e di età varia, insieme con resti di ossa umane; ma la maggior parte
dei materiali stessi è costituita da frammenti marmorei, per lo più corrosi, pertinenti a
lastre divario spessore ed a cornici. Un pezzo di lastra ha un ornamento a treccia incavata
parallelamente ad uno dei suoi lati. Si rinvennero anche tre pezzi di colonnina a tortiglione,
un frammento di rocchio di colonna di granito rosso e un altro di marmo bigio. Né manca-
rono avanzi di tegoli e di embrici, e frammenti di vasellame di argilla chiara di età
romana.
Il materiale più antico consiste in qualche frammento di bucchero ed in pochi altri
di argilla figulina con traccia di un'ornamentazione a fasce rosse.
Anche dalla trincea aperta per mettere in luce il lato meridionale del muro di cinta
si ebbe presso a poco lo stesso materiale, frammiste» qui pure ad avanzi scheletrici
dispersi.
REGIONE VII.
— 397 —
VE IO
Fuori del recinto, in prossimità dell'angolo sud-est, ad 82 cm. sotto l'attuale piano
di campagna, si scoprì un grande sarcofago di calcare bianco (B), lavorato a gradina e
stondato internamente sui lati brevi (m. 2,13 X 0,75 X 0,61 di alt). Da una parte ha un
leggero rialzo che serviva da cuscino, e dall'altra è un foro. Sotto '1 terriccio che lo riem-
piva, fra cui erano alcuni frammenti di tegoli e di embrici, si rinvennero i residui ma-
nomessi di quattro cadaveri. Non conteneva alcun oggetto.
Fio. IN.
A m. 2,10 circa di profondità dal piano di campagna e in corrispondenza dell'angolo
esterno (C) formato dagli avanzi delle mura suaccennate, si ebbero altri resti scheletrici,
tra cui quelli di un cranio, presso i quali era una moneta di bronzo, di lieve spessore,
illeggibile e frammentata.
Siamo probabilmente alla presenza di un'area cimiteriale completamente devastata.
E ciò dal punto di vista topografico avrebbe una certa importanza, perchè la nostra
scoperta, corroborando le notizie date dal Nibby (*) e dal Canina (*), verrebbe sempre
più a dimostrare che l'abitato romano non estendevasi affatto su quelle parte dell'alti-
piano corrispondente all'antica acropoli, come il eh. prof. Lanciani aveva supposto (*).
(x) Analisi, IT. pag. 411.
(2) L'antica città di Veii, pag. 100.
(s) Cfr. Notizie Scavi, 1889, pag. 10.
VEIO
398 —
REGIONE VII.
*
* *
Coll'altro saggio (fig. 13 E), eseguito a breve distanza dalla grande costruzione ellit-
tica sotterranea e degli avanzi di antiche abitazioni scoperte dal prof. Gabrici (x) (fig. 18),
si sono messi in luce i resti di un'edificio a pianta rettangolare (m. 13,62 X 10,00) fatto a
blocchi squadrati di tufo, parte dei quali, affiorando alla superficie, erano stati assai
danneggiati dall'aratro (fig. 19).
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Fio. 19.
Di questa costnizione rimane un solo filare in alzato, e questo ricorre lungo il lato
settentrionale. La fondazione consta di una sola serie di blocchi di varia grandezza,
disposti in più sensi e in maniera assai irregolare : ed essa pure è incompleta, mancando
una piccola parte del lato nord e la quasi totalità di quello ovest.
Un muretto (^4, A), aggiunto forse più tardi, e del quale resta il solo filare di fonda-
zione, divide in due il grande spazio rettangolare. A metà circa di questo tramezzo tro-
vasi, profondamente infisso nel terreno, un grande monolite di tufo (B) in forma di pa-
(*) Ibid., 1913, tfag. 167 sgg.
REGIONE vir. . __ 399 — VEIO
rallelepipedo (m. 0.91 X0,47 X 2,00 di alt.) che doveva far parte della prima costru-
zione, e sul quale verosimilmente doveva poggiare il pilastro destinato a sostenere la
travatura del tetto. A breve distanza da questo grande blocco pare fosse un passaggio (7,
alla cui architravatura doveva appartenere un lastrone D, rotto in più pezzi per la
caduta, rinvenuto sul pavimento in prossimità del passaggio stesso.
Su tre blocchi di questo tramezzo è un'incassatura quadrangolare, profonda soltanto
pochi centimetri, che servì probabilmente all'impostatura di altrettanti piedritti lignei
per il rafforzamento dell'esile muretto.
Quantunque alcune trincee di data non molto antica avessero sconvolto parte del-
l'area compresa dentro il perimetro fabbricato (1), pure si potè assodare che il pav'mento
di entrambi gli ambienti rimaneva all'altezza della risega, ed era formato da uno strato
bene battuto di detriti tufacei commisti a frammentila ceramici insignificanti.
Alla seconda fase, a quella cioè in cui si costruì il tramezzo, deve riferirsi quel poco
che è rimasto della parte aggiunta ad occidente del fabbricato. Quivi sono anche due grandi
blocchi che ho indicato colle lettere E F, la cui faccia superiore si trovò arrossata e danneg-
giata dal fuoco che pare vi fosse stato lungamente a contatto.
E difficile poter dire l'uso cui servì questa costruzione, quasi perfettamente orientata,
e che ha tutti i caratteri di essere molto tarda. Approfondito infatti lo sterro fino al piano
di posa dei blocchi di fondazione, ed anche un poco al disotto, si rinvenne rifusamente
parecchio materiale frammentario, specialmente di età romana, come orli e pareti di
dolii, pezzi di lastre marmoree e schegge informi calcinate dal fuoco ; avanzi di stoviglie
ricoperte di una invetriatura verdognola; frammenti di coppe e di calici vitrei, dal lungo
piede sottile liscio o ritorto a fune ; fuseruole fittili o di vetro ; un medio bronzo di Anto-
nino Pio o di Commodo in cattivo stato di conservazione, ecc. (2). Né mancò qualche
scheggione pertinente al fusto di una colonna scanalata.
I trovamenti di età pre-romana consistono in alcuni frammenti di bucchero ; nella
parte inferiore di un bombylios di argilla figulina ornato con fasce brune ; in alcune fuse-
ruole ; in un frammento di lastra di argilla rossiccia su cui rimane la parte posteriore di un
quadrupede a leggero rilievo, ecc.
II settore nord del fabbricato, che più dell'altro appariva rimaneggiato in tempi re-
centi, si sterrò fino a 40 cm. al disotto del piano di fondazione del fabbricato stesso, e fino
a questa profondità si ebbero trovamenti di età romana mescolati ad altri di età anteriore.
Così, assieme a frammenti di lastre marmoree, a qualche pezzo scorniciato, a residui di
bottigliette vitree iridescenti, ad una lucerna semplice monoliene ed ai soliti avanzi di sto-
viglie invetriate, si sono trovati dei frammenti di bucchero, altri d'impasto a superficie
bruna o rossastra, ed un frammento di grande piatto ceretano, di buono stile, con scene
figurate impresse a stampa. Sulla parte piana dell'orlo è una pianta di fiore di loto posta
tra un leone di cui rimane la sola testa-con bocca spalancata e parte di una zampa, ed un
cinghiale a muso basso. Lungo la parete interna del piatto doveva essere rappresentata
(*) Dallo sterro di una di queste trincee si ebbe un frammento di bollo di mattone di cui re-
stavano le prime tre lettere soltanto (vedi C. I. L., XI, 818 e seg.)
(*) A 20 cm. di prof, dall'attuale piano di campagna si rinvenne un Denaro ni argento (Ottone 1
e II, Pavia, 962-973 d. Cr.) ed un Quattrino di mistura (Benedetto XIV, Ferrara, 1748).
VElO 400 UliGIONE VII.
una scena di caccia. Di questa resta un cervo corrente verso una figura di Sileno caduta
in terra, di cui rimangono soltanto le gambe terminate a piede equino e la coda.
Dal saggio, poi, eseguito intorno al grande monolite centrale per poterne determi-
nare l'altézza, oltre ai soliti materiali a cui si è or ora accennato, si ebbero due frammenti
di un grosso lastrone di marmo bianco, assai corroso, su ciascuno dei quali è scolpita a ri-
lievo, di profilo, una testina di cavallo di arte abbastanza buona. Il saggio diede altresì
alcuni frammenti di bucchero, due pezzetti di un vaso greco, e, più in fondo, del cocciame
villanoviano.
Nello strato superficiale si raccolse un frammento di lastra fittile pertinente a rivesti-
mento architettonico, con scorniciature, fuseruole ed avanzi di palmetta.
La trincea aperta ad oriente del fabbricato si approfondì fino a 20 era. al disotto del
piano di posa dei blocchi di fondazione (0,60 circa dal piano di campagna) ; alla quale
profondità fu notata una buca circolare G di m. 1 ,30 di diametro, la maggior parte della
quale insinuavasi di là dalla trincea stessa ; buca che distinguevasi benissimo dal ter-
reno circostante per essere riempita di un terriccio nero frammisto ad avanzi carboniosi,
a residui di ossa (alcune delle quali abbrustolite e tagliate trasversalmente), a pezzi di
embrici anch'essi anneriti dal fuoco, e ad alcuni avanzi di ceramica di argilla chiara o
invetriata.
Un saggio di esplorazione eseguito negli strati inferiori della parte sud del fabbricato,
immediatamente al di fuori di esso, è stato assai istruttivo, avendo messo in luce alcuni
avanzi di abitazioni antichissime, le quali confermano quanto già aveva osservato il pro-
fessor Gabriel ; che, cioè, sotto la città etrusca con le case a blocchi squadrati di tufo si
trovano i resti di quella italica con capanne di legno e strame.
Db avanzo di abitazione etrusca (H) si scoprì presso l'angolo sud-est dell'area ster-
rata. All'altezza della faccia superiore del muricciuolo e muovendo da questo, estende-
vasi verso ovest una specie di massicciata fatta ora con ghiaie e ciottoli di fiume, ora
con scaglie di tufo triturate, rotta in qualche punto da saggi anteriori. Tale piano bat-
tutto fu notato anche nello sterro della parte sud del fabbricato (m. 0,84 sotto il piano
di campagna), e a contatto di esso si raccolsero alcuni avanzi ceramici di bucchero, qual-
che frammento di embrice ed alcuni pezzetti sporadici d'impasto ornati con fasci di linee,
impressioni di cordicelle e swastikas.
Sullo stesso pavimento fu raccolto il frammento di un fittile d'impasto scuro su cui
rimane la parte finale di una iscrizione sottilmente granita
>
AMI'A*
un frammentino di vaso protocorinzio con decorazione a fasce brune e con l'accenno di
grandi squamine graffite, ed un contrappeso da telaio.
*
* *
Al disotto dello strato costituito dalla massicciata che chiameremo etrusca, avente
uno spessore di poco più di 1ó cni., vennero in luce i primi resti di abitazioni italiche
consistenti per lo più in alcune grandi cavità a pianta circolare o leggermente ellittica
REGIONE VII. ' — 401 — VEIO
praticate in un terreno vergine, scuro, di carattere argilloso, e quindi assai compatto,
con materiale riferibile a quel periodo di transizione tra l'età del bronzo e quella del ferro.
La cavità n. 1 (m. 1,37 di diam) si trovò ad 1 m. circa sotto il piano di campagna,
ed aveva le pareti totalmente arrossate dal fuoco per uno spessore di alcuni cm. Esplo-
rata fino in fondo (8 cm. circa), vi si trovarono alcuni residui di ossa bruciacchiate, dei
pezzetti di carbone e pochi fràmmentini ceramici : il tutto frammisto a cenere ed a car-
bone triturato. Sul fondo di questa cavità fu notato il bordo arrossato di un altro focolare
più piccolo, ma perfettamente concentrico al primo, profondo 10 cm. e di forma con-
cava. Conteneva parecchi residui di ossa, qualche frammentino di vasellame, diversi
avanzi di carbone ed una grande quantità di terriccio nero, fine e grasso. Presso la parte
orientale della buca erano alcuni tizzoni disposti ad X ed accavallati l'uno sopra l'al-
tro, precisamente come si suole disporre la legna perchè arda più facilmente.
La cavità n. 3 venne in luce all'estremità di una trincea (2) che precedenti ricer-
catori avevano aperto obliquamente tra il muro sud della costruzione rettangolare e il
muretto che la divide longitudinalmente. La medesima trincea aveva tagliato anche
un'altra grande cavità, di cui appariva ben chiaro il contorno là dove non venne di-
strutto per l'allargamento della trincea medesima, che ne disperse il materiale.
La cavità n. 3 si trovò letteralmente nascosta sotto uno strato di terriccio nero, fram-
misto ad abbondanti cocci d'impasto grezzo, più o meno cotti, pertinenti in gran parto
a vasi manufatti di grandi proporzioni ed a ciotole emisferiche ad orlo dritto. Due fram-
menti soltanto avevano una decorazione graffita a fasci di linee ed a triangoli tratteggiati,
ottenuti mediante l'impressione di una cordicella. Degni di essere notati sono inoltre :
un'ansa a listello arcuato applicata presso l'orifizio di un vaso a labbro leggermente rien-
trante; una presa rettangolare ed un frammento di ansa a bastoncello terminata su-
periormente con un piattello a tronco di cono.
Questa cavità trovavasi a m. 1,10 sotto il piano di campagna, aveva una forma
leggermente ellittica (m. 0,60 X 0,72), le pareti quasi verticali, ed era profonda 32 cm.
Verso nord-est era un'allargatura rotondeg-
giante che raggiungeva il fondo e lo sorpas-
sava di pochi cm. Di poco rialzati dal fondo
si rinvennero dal lato opposto i residui di una
ciotola d'impasto con orlo leggermente rien-
trante, insieme con altri frammenti ceramici
di vario spessore e ad alcuni ossicini.
Pochi cm. sotto l'orlo della buca si raccolse
una grande ansa d'impasto scuro che per la sua
originalità è stata qui riprodotta su entrambe
le facce (figg. 20, 20a). Il fittile aveva una de-
corazione graffita, di cui resta qualche traccia FIGG. 20-20 a.
presso l'attaccatura dell'ansa.
Tra la terra carboniosa che riempiva la buca si rinvennero altri frammenti di vasel-
lame (due dei quali si riattaccano) appartenenti all'orlo di un vaso decorato con stecca-
ture oblique, ed un pezzo di mandibola di ovino.
VEIO — 402 — REGIONE VII.
A 90 cm. sotto l'odierno piano di campagna, venne in luce l'altra cavità indicata
in pianta col n. 6, la quale era profonda 30 cui. circa e misurava m. 1,90 di diametro. Di
essa potè scoprirsi poco meno della metà, internandosi il resto sotto i blocchi di fonda-
zione del lato meridionale dell'edificio. La parte esplorata si trovò riempita di terra
chiazzata di nero, insieme colla quale trovavàsi qualche pezzetto di tufo, qualche
nucleo di pietra focaia, un ciottoletto ovoidale di pietra nera ed alcuni frammenti di
ossa, tra cui dei pezzi di mascella di un ruminante. Da un lato era un mucchietto di
cenere e carbone.
I frammenti ceramici quivi raccolti consistono in parecchi pezzi di vasi grezzi, d'im-
pasto e privi di decorazione. I più caratteristici sono i seguenti:
a) frammento di un vaso ad orlo quasi dritto e largo ventre;
6) frammento di altro vaso simile ma di minori proporzioni, con orlo più basso e
leggermente rovesciato in fuori;
e) frammento di un vaso potorio (?) con presa orizzontale scanalata nel mezzo ;
à) frammento dell'orlo e dell'ansa di una specie di secchiello fittile ;
e) frammento di una specie di bacino a superficie rossastra, con breve orlo piano,
un poco sporgente, decorato sullo spigolo inferiore con delle intaccature praticate l'una
a breve distanza dall'altra.. Sotto l'orlo è un listello su cui fu eseguita dal figulo, con
uno dei polpastrelli della mano, una serie d'impressioni disposte obliquamente. Più in
basso apparisce l'accenno di un foro limitato da un listellino ;
f) frammento di un vaso su cui ricorreva un listello decorato come il precedente :
g) frammento appartenente con molta probabilità ad un fornello. Ne rimangono
una piccola parte della parete, con relativo piano di posa, e il lato sinistro della bocca.
Approfondito ancora un poco il piano interno della cavità, come saggio, si mise
in luce, a 20 cm., parte del fondo di. una capanna che aveva una leggera inclinazione
da est ad ovest e metà circa del rispettivo focolare (6a) in fondo al quale erano disposti
con un certo ordine alcuni pezzi di tufo che avevano servito probabilmente di appoggio
a qualche fittile. Vi si rinvennero degli avanzi di ossa abbrustolite ; pochissimi fram-
menti d'impasto, tra cui uno ornato con meandro ed una fascia graffiti con un pettine a
più denti ; ed un ciottoletto oblungo di pietra chiara.
La cavità n. 7, anche essa in parte nascosta sotto il muretto che divide in due l'edi-
ficio, e che fu alquanto danneggiata per l'infissione del grande blocco di tufo B, aveva
un diametro di circa 2 in., e la sua esplorazione fu eseguita a strati, avendo accertato
che parte del materiale che in essa affiorava era di un'età più progredita di quello che
erasi raccolto in tutte le altre.
Nei primi 20 cm., infatti, oltre ai soliti avanzi ceramici di età villanoviana, uno
dei quali conserva traccia di un'ornamentazione granita con un pettine a doppio dente,
si rinvennero alcuni frammentini di vasi d'impasto scuro a superficie levigata, eseguiti
col sussidio del tornio ; due pezzetti di bucchero e due altri di argilla figulina decorati
con fasce e trattini di colore bruno. Nel medesimo strato si raccolsero, inoltre, qualche
ciottolo e pochi residui di ossa.
Gli avanzi della suppellettile rinvenuti nel secondo strato, spesso 10 cm., sono i
seguenti:
ftEGlONK VÌI.
— 403 —
VÉiO
a) vari frammenti d'impasto grezzo, tra cui alcune anse, pertinenti a fittili diversi :
b) una fuseruola lenticolare adorna di baccellature;
e) altra fuseruola liscia, biconica ;
d) frammento su cui rimane traccia di una decorazione geometrica a triplice
linea graffita:
e) un ossicino.
Nel terzo strato, infine, che raggiungeva il fondo della cavità (m. 1,60 sotto il piano
di campagna), furono trovati parecchi frammenti di vasi d'impasto grezzo ed aventi va-
A C R
O P
(PlAllA il AH MI
O L I
'fflPff
0 12 3*5
Fio. 21.
rio spessore. Quelli a pareti più grosse appartenevano a fittili di grandi dimensioni con
fondo a tronco di cono. A questa categoria appartiene anche un avanzo di grande co-
perchio a superficie rossastra assai lucente, munito di grossa presa cilindrica leggermente
cava nel mezzo. Si rinvennero pure frammenti di vasi a superficie bruno-lucida, ed
uno di questi aveva uno spessore relativamente assai sottile. Notevole, anche, un'ansa
bifora di attingitoio scanalata nella parte superiore e terminata ad alette, a superficie
rossiccia, lucidissima.
Meritano di essere ricordati un piccolo frammento di fornello ; un pezzo di grande
dolio, intorno al quale è un cordone adorno d'impressioni oblique eseguite a crudo con
uno dei polpastrelli della mano, e diversi frammenti di vasi di tipo villanoviano, sopra
alcuni dei quali ricorre la solita decorazione geometrica eseguita con un pettine a tre ed
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 52
VÉlo — 4()4 — KKdIONK Vii.
a cinque punte. Da questo strato si ebbero anche una difesa di cinghiale e parecchi
avanzi di ossa di quadrupedi, tra i quali si riconobbero quelli di un porco.
Altre cavità, ma di minori dimensioni delle precedenti, tornarono in luce sia nella
trincea aperta fuori del fabbricato, sia nello sterro dell'ambiente sud. Queste cavità sono
state indicate nella pianta coi n. 4, 5, 8 e 9, e non contenevano che terra frammista
a qualche ossicino ed a rari frammenti ceramici insignificanti; quindi esse dovrebbero
corrispondenre ai buchi dei pali sui quali era intessuta la capanna nel cui centro stava
il focolare che, come abbiamo già veduto, aveva forma circolare o leggermente ellittica.
Alcuni di questi buchi (3 a, 4, 5) sono regolarmente distanziati l'uno dall'altro e
posti sopra una linea leggermente curva, presso a poco parallela alla periferia del
focolare n. 6. Niente perciò di più naturale, che in essi debbansi riconoscere i buchi dei
pali che recingevano una di queste primitive abitazioni, il cui diametro risulterebbe di
m. 5,40 circa.
H solco angolare 7, lungo il quale si notarono dei buchi più profondi, venuto in luce
nello sterro eseguito a sud del fabbricato, doveva molto probabilmente corrispondere
al tracciato di un recinto ligneo addossato alla capanna anzidetta.
La differente profondità in cui furono trovati i focolari, la vicinanza di alcuni di
essi, ed in qualche caso la loro sovrapposizione, sono tale un complesso di fatti per i quali
è lecito ammettere che le abitazioni di cui essi facevano parte non fossero sórte tutte
quante contemporaneamente, ma costruite in tempi diversi senza tenere alcun conto
dell'ubicazione di quelle precedenti.
L'esame dei residui del vasellame rinvenuto nello strato superiore del focolare n. 7
farebbe inoltre pensare ad una maggior durata che avrebbero avuto alcune di queste
antiche abitazioni. Ma allo stato delle cose è necessario andare molto cauti circa le de-
duzioni che potrebbero farsi dopo una simile constatazione.
La grande importanza che avrebbe per la storia di Veii un'esplorazione stratigrafica
eseguita metodicamente su vasta scala nell'ampia spianata di Piazza d'Armi, dopo il
numero considerevole di dati di fatto raccolti nel saggio limitatissimo da noi eseguito,
non ha bisogno di essere dimostrata. Dobbiamo perciò augurarci che codesta indagine
possa divenire presto un fatto compiuto, anche per appagare il vivo desiderio dei dotti
che dagli scavi di quell'importantissimo centro attendono la soluzione di quei problemi
che riguardano le origini della civiltà etrusca.
Enrico Stefani.
ROMA
405
ROMA
V. KOMA.
Via Flaminia. Colombario e ripostiglio monetale rinvenuti nei lavori ili amplia-
mento del Museo di Villa Giulia. — Il grandioso nuovo braccio settentrionale e orien-
tale, che il Regio Governo sta costruendo in ampliamento del Museo Nazionale di Villa
Giulia, si stende lungo il viale delle Belle Arti nel tratto che dall'Arco Oscuro porta alla
nuova piazza Thorwaldsen. In quel punto le estreme pendici della collina dei Parioli si
dovettero tagliare, quando fu tracciata la strada, nel 1910-11 ; perciò in quasi tutta
l'area costruita fu trovata subito la roccia.
Ai limiti meridionali di questa, in occasione dello scavo della grande fossa per la calce,
lontana rispettivamente m. 17 e 4 dall'ala orientale e settentrionale suindicata, in un
punto all'interno di esse, destinato a giardino, furono rinvenuti i resti di un colombario
assai povero, con muro in opusreticulatum(B) dalla parte occidentale, dove la roccia (C)
veniva a mancare. Invece nel lato opposto gli antichi si limitarono ad adattare la roccia
stessa (D). Il colombario, che in origine avrà certamente avuto più serie di ollette, era
distrutto quasi completamente così che nessuna traccia restava della parete di fondo, e
furono rinvenute solo le ollette dell'ordine inferiore, anzi di alcune di esse (n. 2, 3, 6, 8, 9)
era conservato solo il fondo con poche ossa bruciate. Altre erano intere : n. 1 (alta m. 0,26
e del diametro superiore di m. 0,225) ; n. 10 (m. 0.30 X 0.24); n. 11 (a. m. 0,30); n. 12
(a. 0,28); n. 13 (a. 0,26); tutte dalla parte sinistra. Quella n. 10 era all'angolo, in una
piccola nicchia. Nel muro a destra fu fatta una scoperta interessante, perchè l'olla
n. 4, anziché osse combuste, conteneva una grandissima quantità di monetine di bronzo.
L'olla vicina, n. 7 (alt. 0,28 ; diam. sup. m. 0,21), aveva tra le ossa combuste una lekythos
di terra grezza, con la pancia striata orizzontalmente (alt. m. 0,18). Di una lekythos
simile, ma considerevolmente più grande, fu rinvenuta la parte inferiore (ni. 6) usata
ROMA 406 — ROMA
come cinerario. Dalla buona costruzione del reticolato il colombario si può datare al
principio dell'Impero; il tesoretto monetale, invece, comprende tutte monete della prima
metà del V secolo dell'e. v., come ha accertato la dott.ssa L. Cesano nell'accurato studio
che si pubblica a seguito della presente nota. È evidente quindi, che esso fu nascosto
esattamente nel periodo del 440-450 d. Cr. nel colombario, che doveva essere ancora
accessibile, dopo aver vuotato dalle ossa combuste una delle antiche ollette sepolcrali.
A ponente di questo colombario fu rinvenuto un ottimo muro di laterizi (A), con nicchia
recante traccia di olla, e in continuazione un secondo colombario. Ma siccome questo, per
il ponte ora esistente perla costruzione del nuovo edilìzio, si è potuto esplorare solo in
parte, se ne darà notizia in seguito, quando, ultimata la costruzione moderna, sarà pos-
sibile scavarlo interamente, essendo anche esso nell'area destinata a giardino.
Tra la terra di riempimento del primo colombario, insieme con i soliti avanzi di
vetri, tegole e vasi, senza importanza alcuna, fu rinvenuto un frammento di laterizio
con un bollo intero : Ama. Marci. C. s. Trattasi quindi di uno di quelli della serie dei
servi di M. Marcius (C. I, L. XV 1268-1270). Le prime tre lettere e Vare di Marci
sono in nesso. Il bollo è del primo secolo. Il nome del servo stesso può essere stato
Ama(ndus), Ama(rantus) o simili, ma siccome esiste un bollo in tutto simile a questo
col nome Dama e al principio, pur non mancando apparentemente nulla, c'è una
certa irregolarità nella linea terminale del bollo stesso, non si può escludere l'ipotesi
che si tratti di questo nome, a cui manchi perciò la lettera iniziale.
G. Q. Giglioli.
Il ripostiglio di Villa Oiulia.
Contenuto nel fondo di un rozzo recipiente di creta, si compone dei seguenti gruppi
di pezzi :
1) Due bronzetti o bilioni frammentati di Claudio II (marti pacifero ; consecratio).
2) Circa un centinaio di piccoli bronzi, in gran quantità frammentati e molto con-
sunti, dell'età postcostantiniana, fra i quali, riconoscibili in pochi esemplari : Costante
(Victoria dd. nn. augg. g. nn ; voi. xx muli, xxx) ; Costanzo II (fel. lemp. reparatio ; gloria
exercilus) ; Valente (gloria romanorum ; securitas reipublice ; salus reipublice); Teodosio I
(Victoria augg. ; gloria reipublice). Peso medio dei pezzi gr. 1,50.
3) Pochi piccoli bronzi quinari di Arcadio (salus reipublice ; voi. x muli, xx) e
di Onorio (gloria romanorum; salus reipublice, voi. xx muli, xxx; urbs Roma felix).
4) Più di 150 pezzi di Teodosio II (salus reipublice ; la Vittoria con trofeo in moto
P S
a sin., trascinante un prigioniero) delle cinque officine della zecca di Roma — — , — — ,
t q e
RM ' R~M ' rm ' campo del rov. è il monogramma cristiano -jì . Peso medio dei pezzi
ROMA 407 ROMA
gr. 1,20. Questi pezzi mostrano omogeneità di tecnica e di fattura, essendo di spessore
notevole, di forma piuttosto ovale, di rozzo ma accurato disegno nella figurazione e
nella leggenda. Sono poi freschi di conio.
5) Un centinaio di pezzi di Giovanni tiranno (423-425 d. Cr.) identici, per fattura
e figurazione, a quelli di Teodosio, del peso medio digr. 1,30, e con maggiore varietà di
segni di emissione, ricorrendo inoltre gli eserghi RM ; RMP ■ TRM > QRM .
6) Più di 50 pezzi di Placido Valentiniano (425-455 d. Cr.) (salus reipublice; la
p
Vittoria a sin., con corona e palmetta), delle cinque officine della zecca di Roma — — ,
Lvi • ha ' o ' Im e de! pcso medi0 di "r- T'20-
Quattro altri esemplari portano il rovescio della croce (salus reipublice) e si ricon-
nettono più strettamente al gruppo seguente di Galla Placidia.
A proposito di Placido Valentiniano, mi pare opportuno notare qui, che su l'unico
pezzo, il medaglione di oro del Museo Farnese, che dava completo il suo nome, edito
la prima volta dal Petrusi (/ Cesari in oro raccolti nel Museo Farnese, Parma 1694-1724,
1, 1694, tav. XXIV, nn. 5 e 6, p. 370) leggevasi giustamente Placidus. Il medaglione
fu riportato di poi dal Banduri (Numismala imp. rom. a Traiano Decio 1718, II,
p. 570 sg.), erroneamente letto o trascritto PLA.CIDIVS, donde tutti dedussero fino ad
oggi il nome sbagliato (cfr. ancora in Gnecchi, / medaglioni, a p. 40 ripetuto l'errore).
7) Di Galla Placidia, figlia di Teodosio I, sorella di Onorio, madre editrice di Va-
lentiniano, sono riconoscibili 17 bronzetti, del peso medio di gr. 1,20 ; dei quali quattor-
P S T £
dici col rov. della croce (Coh2. 11: Salus reipublice -— — . — — , — — , — — , „,„ ..) e tre
v ' RMRMRMRMTRM;
T S
con la vittoria (salus reipublice =-r: • =-zz) (non in Cohen').
R M R M
8) Del tutto simili ai precedenti di Teodosio II, Giovanni e Placido Valentiniano
sono piii di altri 250 pezzi, illeggibili perchè di conio eccentrico, e quindi non attribui-
bili con sicurezza ad alcuno dei tre imperatori. Il peso medio risulta di gr. 1,20.
9) A questa massa di più di 700 esemplari coniati si aggiunge una congerie di
più di mille pezzi, dischetti irregolarmente tagliati ed intaccati e scheggiati, e fram-
mentini amorfi del peso medio di gr. 1,00.
10) Tre piccoli bronzetti, del peso complessivo di j^r. 1,40, si distinguono da
tutta la massa perchè evidentemente di conio barbaro.
Il ripostiglio non presenta interesse per qualità di pezzi, se ne eccettuiamo la pic-
cola serie di Galla Placidia ; ma è un nuovo documento interessante della, produzione
monetaria enea della zecca di Roma nella prima metà del V secolo d. Cr. e conseguente-
mente della circolazione monetaria enea a Roma e nella penisola circa la metà di quel
secolo, sotto gli imperatori Valentiniano III d'Occidente e Teodosio II d'Oriente. Esso
va ricordato accanto ai travamenti simili che già in un certo numero sono stati studiati.
Cronologicamente è coevo alle tombe più antiche del travamento di Mezzo Cammino
sulla via Ostiense (cfr. Cesano, in Kiv. Hai. num. 1918, pp. 96 segg); segue di pochi anni
al ripostiglio di Siracusa, che giunge ad Onorio, e a quello di Ostia che già comprende
KOMA — 408 — ROMA
Giovanni e Teodosio (cfr. Cesano, Della moneta enea corrente in Italia nell'ultima età im,p.,
in Riv. ital. num. 1913, pp. 511 segg.), e precede il ripostiglio di Perugia che scende a
Marciano, quello del Monte Rosa nell'isola di Lipari che tocca il regno di Leone I,
quelli di Monte Rodimi e di Castro dei Volsci dell'età di Giustiniano (cfr. Cesano,
toc cit.). 1 quali due ultimi gruzzoli sono già in massima parte costituiti dai bron-
zetti ben noti, a tipo monogrammatico, dei Goti, del tutto assenti dal presente
travamento. Notevole poi ancora in questo l'omogeneità delle serie coniate costi-
tuenti il nucleo principale, cioè di Giovanni, Teodosio II, Placido Valcntiniano e
Galla Placidia, che escirono tutte dalle cinque officine della zecca di Roma in emis-
sioni consecutive ed a breve distanza di tempo.
L. Cesano.
Via Portuense. Rinvenimenti di tombe di età imperiale. — Nello stabilimento
della Società Anonima Olierie dell'Italia Centrale, presso la via Portuense, poco lungi
dal bivio con via della Magliana, in località detta Pozzo Pantaleo (pianta fig. 1 lett. B),
eseguendosi degli sterri per la costruzione di una vasca circolare dedicata alla produzione
del solfuro di carbonio, si cominciarono a rinvenire sarcofagi di terracotta, frammenti di
iscrizioni sepolcrali, suppellettile di corredi funebri. Presentandosi tale materiale in
notevole quantità entro una piccola area, ed essendosi in precedenza scoperto poco
distante un altro gruppo sepolcrale (1), sembrò opportuno ampliare a spese della Soprin-
tendenza le ricerche che diedero, con qualche settimana di lavoro, risultati non dispre-
gevoli. Condusse i lavori con l'usata diligente vigilanza l'assistente sig. Pietro Mottini,
seguendo i consigli del nostro valente topografo sig. Edoardo Gatti che si recò spesso a
visitare i lavori, e rilevò le piante qui riprodotte.
Si posero in luce alcuni edifici sepolcrali guasti già e completamente saccheggiati
(pianta fig. 2). NelMangolo nord-est della breve area esplorata apparve un tratto di
un muro a grossi parallelepipedi di tufo che non potè seguirsi completamente. Aderente
a quel muro. fu trovata la stele iscritta riportata più sotto, al num. 30. Più a ponente si
pose in luce un recinto quadrangolare (a) in buon reticolato con porta a sud ; entro il re-
cinto era il piccolo edifìcio sepolcrale in costruzione laterizia, trovato mancante della
parte anteriore, con colonnine in cotto nel mezzo dei lati, e coppia di semicolonnine
agli angoli. La trasformazione di questo complesso monumentale cominciò ben presto.
Un grosso pilastro in laterizio fu piantato, non sappiamo a quale scopo, nell'interno
dell'edificio sepolcrale in posizione asimmetrica rispetto alle mura dell'edificio ; poi
l'area del recinto fu invasa da sarcofagi di terracotta calati entro formae, cacciati sotto
i muri, e in un caso perfino nell'interno del grosso pilastro, a bella posta cavato e rotto
con uno strappo del tutto irregolare. Sopra a qualcuno di questi sarcofagi si rinvennero
dei tubi di terracotta verticali per le libazioni, così come fu osservato in questi ultimi
(l) Nella proprietà della Società A lì C D (asfalti, bitumi, concimi e derivati) vedi pianta,
lettera A. Not. Scavi, 1920, pag. 284.
iioM.\
— 409 —
liOMA
tempi in parecchi altri sepolcreti romani (' ). Più a sud si apriva una serie di tre edi-
fici sepolcrali contigui in costruzione laterizia 'con ingressi a nord; i due a levante
(e e (l) avevano, alle pareti, grandi nicchie a foggia di arcosolii per ricevere cadaveri
•*:^»r,.'i!ar*";'°:TJT>'"?4'^
VIA PO RTV E H SS
FlG. 1.
inumati; il terzo (e) conservava il pavimento a mosaico che recava due iscrizioni ese-
guite a tessere nere su fondo bianco, cioè da un lato
1)
l-octavivs fa
driaT
EVC !
dall'altro
2J
D M
MARIO MARCELLINO
FECIT-MARIVS- MARCELLINVS
PATÉ • FEC
(!) Cfr. Moretti, in Not. scavi, 1920, pag. 153, dove sono raccolti non pochi altri esempii, ai quali
si può aggiungere: Styger, in Dissert. della Pont. Accad. d'archeol. XIII-1918, pag. 18; Massigli, Mu-
sée de Sfax, pag. 58, n. 1.
HO MA
— 410 —
liOMÀ
Quest'ultima iscrizione a tessere più grosse pare inserita più tardi nel pavimento. Le
due iscrizioni erano disposte ai lati lunghi della stanza, e in modo che potessero essere
lette per il loro verso da chi entrava dalla porta.
L'edificio (b), alle spalle dei tre suddetti, era in reticolato con pareti cavate a nicchie
a guisa di colombario ; una scaletta (V h") scendeva da una porta esterna non conservata
con due rampe poste ad angolo retto. Nell'interno, oltre le nicchie alle pareti, erano anche
io f .
-I metri
Fio. 2.
delle banchine per deparvi urne. Anche qui avvenne più tardi l'invasione di sarcofagi
di terracotta. L'ultimo edificio (f) aveva anche resti di nicchie per urne cinerarie, e più
tardi erano state nel pavimento ricavate due formar.
L'area sepolcrale è pertanto fittamente coperta, e, come potremo rilevare dalle iscri-
zioni e dai corredi, servì ai seppellimenti per oltre un secolo. Le tombe sono a cremazione
e a inumazione, e queste appaiono più recenti. Data la larga opera di saccheggio che aveva
preceduto i nostri lavori, non si possono garantire sicure appartenenze di oggetti e di
iscrizioni, e non è perciò opportuno descrivere i travamenti separatamente secondo la
tomba alla quale avevano presumibilmente potuto appartenere per essere stati rinve-
nuti entro o nelle immediate vicinanze di urne cinerarie o di sarcofagi. Elencherò piut-
tosto per classe gli oggetti
Ossuarii. — Furono rinvenute rozze olle fittili e qualche urna cineraria mar-
morea, le une e le altre per lo più in pezzi.
KOMA . 411 ROMA
Una intera con semplici cornici, priva del coperchio, ampia così da poter ricevere
due deposizioni (m. 0,48 X 0,34 X 0,33), reca l'iscrizione
3) D-M-VOLVMNIAE-THREPTE
M • VLPIVS- AMANDVS
AVGVSTI • LIBERTVS
• COIVGI- CARISSIMAE
BENEMERENTI- ET- SIBI
Altra urna marmorea anepigrafa con ornati vegetali e uccellini, trovata rotta in
moltissimi frammenti, di cui ventiquattro si ricuperarono.
Frammento di coperchio di altra urna con due uccellini affrontati.
Urna cineraria a pianta rettangolare per due deposizioni, a pareti lisce di marmo bi-
gio, trovata senza coperchio (mis. 0,57 X 0,45 X0,30):
4) DM
PANTHERILLAE • FEC ■ DION YSIVS
T • AEL • AVG • LIB • OLYMPAE • SER
CONIVGOPT-ET-SIBIC- Q/V-AXXI
M-III-D-VII-LOCO-DONATO-A-SVR 5
VI A-E VLOGI A- ITO- ANBITO • DATO
• SINE • VLLA • CONTRoBERSIA
Il sw ulla cmtrobema dell'ultima linea si riferisce al cum qua vixit di linea 4 e non
all'ito anbito dato di lin. 6. L'iscrizione di questo servo di un liberto di Antonino Pio è
una delle più tarde del gruppo che qui si illustra.
I sarcofagi di terracotta recavano frequentemente sui bordi dei bolli, uno dei quali
già noto da altri esempi (tì? XV-2426), gli altri, a quanto mi risulta, inediti :
5) AVCTVS • F
7) SAMSACA ramo di palma
6) C-CflLEWI-A/Cf CALPETANI-S-FECIT
Auctus servo di C. Calpetanus è ricordato in bolli di mattone (C. I.L., XV -302);
altri servi di Calpetano hanno segnato pelves e dolii (C. I. L., XV, 2421-2424). Nuovo è il
servo Samsaca, assai probabilmente un semita.
8) PA/PHIL-CEIoNC-S
Bollo noto nei mattoni C. XV-1355.
9) SOSVMVS
FVLVI • SER •
Notizib Soavi 1922 - Voi. XIX. 58
IlOMA
412 —
KOMA
I bolli di mattono ci fanno conoscere un nitro servo di Fulvius, Phileros (G. XV-1358),
che segna anche dolii (C. X-8047, 15).
10) STSI'AFCI-KLENI
DEMETRIVS-S-F-
II bollo Stali Marci Demetri è già noto su sarcofagi fittili (C. XV-2460). Altri servi
di Statius Marcius Helenus sono noti da bolli di mattone (G. XV-1276, 1277Ì.
11)
13)
C- MARCI STRABON
12)
VTILIS • FÉ
MVARIENI
CASTVS FEC
Altri servi dei Varieni sono ricordati in mattoni (C. XV, 964 e 1491) e su pelves
(C. X, 8048, 8049).
Le iscrizioni che seguono erano incise per lo più in tabelle da colombario, alcune
in stele di travertino da fissare nel terreno.
14) Targhetta marmorea ansata
(m. 0,22 X0.10):
SEX-APPVLEIVS
ARCHIMEDES
GEOMETRES
15) Lastra marmorea ansata
(m. 0,22 X0,10):
SEX-APPVLEIVS- SEX -F
BOTHRIO-SIBI-ET
IVLI AE • SALVIAE • CONIVGI
16) Piccola stele marmorea con foro
in basso per il passaggio delle sbarre di
sostegno (mis. m. 0,58 X 0,35) :
DIS • MAN
ARRIAE ■ AECLE
C- ARRIVS- EP1
MELES-FMATRI
PIISSIMAE
17) Lastra di marmo bigio
(m. 0,30 X 0,15) ;
Sex • ATELLIVS
VRBANVS-SIBI-ET
ATELLIAE • VENERIAE
LIBERTAE- SVAE-OLL-H
1 8) Lastrina marmorea (0,30 X 0,12):
0 AVILLIAO-ETLL-APATE
V PHILADELPHVS
1 9) Lastrina marmorea (0,19 X 0,1 6):
P-CAECILIVS
P-L- EROS
(20) Lastrina di marmo bigio
(m. 0,22 X0.12):
Q • CAECILIVS
IANVARIVS
21) Targhetta marmorea
(m. 0,22 X0,18):
(CAECILIA
ri ELSA
<ìctT-ANN«XXV
ROMA
— 413 —
ROMA
22) Frammento di lastrina di marmo
bigio (0,11X0,08):
L-CAES
LOLCO
23) Lastrina marmorea trovata al
posto (m. 0,15 X0,08):
CAESIA DL
FAVSTA
24) Lastrina ansata di marmo bigio (ni. 0,24 X 0,12):
CAESIA
PAVSI LYPE
SINEMALITIE
VIXIT-ANNOS XV
25) Lastrina marmorea ansata (ra. 0,22 X0,10):
CERDO • TI •
CLAVDI-GER
MANICI-AVG-L
Notevole la forma corsiva della R in Germanici. Cerdo, per esser liberto dell'im-
peratore Claudio e collega di Narcisso e Pallante, non ebbe molto ricca sepoltura.
26) Frammento di lastra marmorea con resto d'iscrizione iti belle lettere. Misura
m. 0,31 X 0,165. Lettere alte 0,03.
Clan J D I V S FÉ
feeiiT ■ SIBI • ET •
KfTYCHIAE
freljPMirpTrMTr __
27) Lastra marmorea di m. 0,25 X0,18; lettere male incise, alte cm. 3:
TI-CLAVDIVSFELICIO
VIXIT- ANN-XXXXV
CLAVDIA • CAMICE • SIBI
ET-CONTVBERNSVO
28) Lastrina marmorea con iscrizione
rozzamente incisa da imperito scrittore:
29) Frammento di piccola stele mar-
morea stondata in alto (0,23 X 0,23):
DI • MT • CLA • CL • STPA
AVCVSTALIS • A • SVA
AN- VIX Villi
(tic)
DlIS
M ANIBVS
CI (aV D I A
KOMA — 414 HOMA
30) Stele marmorea trovata tuttora al suo posto originario, fermata con grappe
di ferro alla parete a blocchi di tufo. Misura'm. 0,90 X 0,35 ; lettere alte nelle prime
linee cm. 3, nelle altre cm. 2:
es D es M es
CLAvDIAE PROCLAE
CAELIVSef TERTIVS
ET-CLAVDIA FELICI
TASesPARENTES-FECE
(•»«) RVN-FILIAE-DVLCISSI
MAE • QVAE VIXIT • AN
NIS • XVII • MESIBVS • III «
* D • XVII •
31) Targhetta ansata di marmo bigio 32) Cippo di travertino (m. 0,87
(m. 0,23 X 0,135): X0,30):
CLODIAEO-L- CLODIA
LEZBIAE NEMEA
FAVSTVS • CON VIX ANNVM
IVCX • DEDIT MENS Vili
33) Frammento di lastra marmorea 34) Lastrina marmorea (m. 0,19
(m. 0,13X0,12): X0,07):
7
v
IVLIAM L-L-ANTEROS
C ° S M! L- D E C I M I V S
35) Due cippi di travertino stondati in alto ; con la stessa iscrizione (m. 1,17 X0,33
X0,14; m. 1,37 X 0,32 X0,20):
L-EGNATIVS-3L
PHILOMVSV9
EGNATIAETDLVIOLAE
C-MATI-C-L-PAMPHLI W
MATIAE D-LDOXSAE
IN-FR-P-XVII-IN AGR-PXXIV
36) Frammento di lastrina (m. 0,09 X0,08):
Din MANIBUs
/ÌO • EPAGW/ìo
RUMA
— 415
HO. MA
37) Steletta di marmo bigio scorniciata (mis. ni. 0,40 X0,18):
DIS
MANIBVS
FABIA-NICE
FECIT-FABIA
E-MATRI-SV
AE-DVLCIS
ET-SVMPH
ORO-FRA
TRI-SVO
Le ultime tre linee, scritte con uno strumento più largo e a lettere più grandi, sem-
brano essere state aggiunte posteriormente.
38) Frammento di lastra marmorea 39) Lastrina marmorea (m. 0,42
(ni. 0,16X0,11): X0,17):
F ELIX-AN
/VII- VIX
C • FVRIVS
PRIMIGENIVS
LIBERT
C • FVRIVS
MARCIO
PATRON
40) Lastra marmorea (m. 0,23
X0,14):
FVRIA-
C • F
•KARA-
V-A-XIII-ET-M-VI
41) Lastrina marmorea ansata
(ni. 0,15X0,23):
GAVIA
EROTIS
ANNORVM
LX
42) Frammento di targa marmorea (m. 0,18 X0,12):
L-GAVl-PATHT
43) Lastra marmorea frammentata (ni. 0,27 X0,14):
T-GEMINIVS-MARCELLVS
BVTAESSORORIS • VILICI
FILIVS
IVSSVV-BVTAE CAESERIS-OLLA
ACCEPIT VIXIT-ANN XXXIII
ROMA
— 416 —
KOMA
44) Lastra marmorea scorniciata (in. 0,52 X 0,40) :
LGENVCIVS-Al
VIXSANOS-XX
CLAV-THALVSA CO,'
ET-L GENVCIVS-FEL
SIBI-ET-POSTERIS
45) Lastra marmorea (m. 0,15
XO.ll):
GRAIVS • FVRl
46) Lastra marmorea ansata (m. 0,20
X0,10):
HELVIA • [DORCAS
VlX-ANNXLV
47) Piccola stele marmorea frammentata (ni. 0,20 X0.18):
d • iy
HE RENf, niac
HILARAE
IVLIA
SECVNDILLA
ma\ TRI
/m'SSIMAE
IESJ
48) Lastrina marmorea rinvenuta
in posto (m. 0,23 X0,14):
C-IVLIVS-BILIARVS
IVLIA-APHRODISIA
CONTABERNALIS-MEA
49) Lastrina marmorea frammentata
con bellissime lettere (mis. 0,27X0,11 ;
lettere alte ero. 2,2):
IVLIVS • IVLIAE§J
LfflERTVS-BITVS
50) Frammenti di lastra marmorea (m. 0,35 X0,25):
■IVS-CHRES,» ,/L
IVLIA
\NDA ^C-IVLIV
\e*svo-sibi-et-sv A
HO MA — 417 — HOMA
51) Lastrina marmorea rinvenuta in posto (m. 0,19X0,11):
TI • I VLIO
DIOGENI
REMOTHALCIANO
Il defunto qui ricordato era stato schiavo di Rhoemetalces e liberato poi da un Ti-
herius Iulius. Dei personaggi storici che potrebbero essere stati padroni di lui, escluderei
Tiberina Iulius Rhoemetalces che fu re del Bosforo sotto Adriano tra il 131 e il 164 d. Cr.
Un suo liberto come sarebbe morto a Roma ? Ed inoltre il Diogenes qui ricordato
ricomparisce nell'altra nostra iscrizione num. 53 insieme con un altro Ti. Iulius e con
una Vipsania, nomi ambedue del primo impero. È più probabile, pertanto, che egli sia
vissuto molto prima del re contemporaneo di Adriano. Tanto più che il nome di Ti. Iulius
a questi dinasti di Tracia e del Bosforo non può essere stato dato insieme colla citta-
dinanza romana se non dall'imperatore Tiberio, così come fu da Augusto dato quello
di C. Iulius ai Sampsigerami di Emesa o agli Erodi di Giudea. Data pertanto la
relazione di questo Ti. Iulius Diogenes Remothaleianus con una Vipsania, attestata
dall'iscrizione num. 53, si potrebbe pensare che egli sia stato schiavo di uno dei primi
Rhoemetalces di Tracia, forse del primo, che sia poi passato in proprietà di M. Vipsanio
Agrippa, insieme con la Chersonesos Thracica che a Vipsanio appartenne quale privata
proprietà, e che, passato poi con la eredità di Agrippa in proprietà di Augusto, sia
stato da Tiberio finalmente liberato (*).
52) Lastra marmorea ansata (mis. m. 0,11 X0,35):
C-IVLIVS
DONAX
53) Lastra marmorea rinvenuta in posto nella parete orientale (mis. m. 0,34 X 0,1 7):
TI-IVLI- VIPSANIAE
ramo di palma
FAVSTI VRBANAE
OLLAE-QVAE FVERVNT DIOGENIS
REMOTHALCIANI
Cfr. il commento alla iscrizione num. 51.
54) Lastra marmorea (m. 0,28 X0,10):
C-IVLIVS C-IVLIVS
FELIX SATVRNINVS
(*) Cfr. Prosopographia Imp. Romani, s. v. « Rhoemetalces»; Pauly-Wissowa, Reni Eric, s. v.
« Chersonesos Thracica » etc.'Pcr gli agnomina di servi e liberti in ianus cfr. Hiilsen in Ròm.,
Mitih. 1888, pag. 222.
ROMA — 418 — ROMA
65) Targa marmorea frammentata, con figure di un gallo a sinistra e di un'oca
a destra (m. 0,52 X0,14):
Ti 1 VLIVS • TI • IVLI • AVG • LIB • MEDATES
/FECIT-SIBI ET-IVLIAE-PRYNENI
gali» CONIVGl • SVAE • GALLINARIVS
Le due figure alludono alla professione del defunto liberto imperiale: gaìlinarius
può intendersi tanto quale addetto alla cura di pollai, come è in Varrone (R. R. 3, 9)
e in Cicerone (Acad. 4, 26), quanto quale negoziante di pollame, come è piuttosto il senso
in un'iscrizione pompeiana (C. I.L., IV-241). Il cognome Medaks è forse di origine per-
siana (De Vit, Onomasticon, s. v.) come il Prahates dell'iscr. num. 80.
56) Lastra marmorea ansata (ni. 0,26 X0,15):
C • I VLIVS • C • L- MEN ANDER
NAEVIAOLACTE
NAEVIAO-L-NEBRIS
C-N AEVIVSO- L- EPAPHRA
C-NAEVIVS-FRVCTVS-VAN-VI
57) Lastrina marmorea (m. 0,22 X0,08):
C • IVLIVS • C ■ L-
PHILEROS
58) Lastra marmorea frammentata (mis. 0,34 X 0,1 3), con iscrizione in belle let-
tere allungate che ricordano molto la forma di quelle dipinte sulle pareti pompeiane:
C • IVLIVS LATI
LIB-PHILEROS
ET-PITVANIAE- VRBANAE
50) Lastra marmorea ansata (m. 0,31 X0,10):
C- IVLIVS -POSPOR
IVLI AE • NIC ARVTI • SORORI
IVLIAE • NICENI • MATRI
60) Parte superiore di cippo di travertino stondato in alto (misura ni. 1,10 X 0,20
X0,14):
C IVLIVS C F
COL SVRA
LOCV EMIT
C IVLIVS
FELIX PATER
IN FRO-P/////
IN AGR-P-VII
ROMA
— 419 —
ROMA
61) Frammento di lastra marmorea 62) Frammento di lastra marmorea
(m. 0,25 X0,21): (m. 0,21 X 0,20):
M
NIA • EXTRI
C-M-IVLIO
NI-CONSVO
ET SIBI
C- IVL1\
C-IVLIV
IVLIA-PA
J
63j Frammento di targa marmorea ansata che recava una doppia iscrizione (me-
tri 0,16 X0.15):
I-IVLIVS
CASSIVS
p M M I •
/IBERTVS
VIXIT
fei i •
ANNIS
AIVS
V • XXVIII
64) Lastrina frammentata di marmo bigio (m. 0,28 X 0,13):
L tiivl'
/nep
IA-IC
ONIONL
/patrono
'Benemerenti
/ fecit
/
Iconion a Un. 3 deve probabilmente esser ricondotto a quei nomi femminili de-
sinenti in ion che si incontrano nell'Egitto greco-romano (*).
65) Lastra marmorea (m. 0,34 X 0,13):
ARSINOE
IVLIA
VIXIT
ANNOS XXIIX
(») Cfr. Not. Scavi, 1915, p. 49, n. 43.
Notizib Scavi 1922 - Voi. XIX.
54
liOMA
— 420 —
ItOMA
66) "Frammento di piccola stele marmorea (m. 0,46 X 0.32) con cespo d'acanto e
volute vegetali graffite nel fastigio:
(sic)
y IVLIA • IANVMUA • HIC ■ SITA ■ EST
ANN o|r V M -XVI
THVLIVSCA PITO • CVSTOS
MONVMENTI-HVIVS
LOLLA PRIMIGENIA
/
67) Lastrina marmorea ansata (m. 0,22 X 0,12):
LVRIVS-CILIX
68) Frammento di lastra marmorea :
/MARIO
)E r a t a
'ANN OS XXX
NO
CONIVGE
69) Lastra marmorea, trovata in più
pezzi (m. 0,30 X 0,14):
MARIA -C-L-SECVNDA
HIC • SCTA • EST ■ VIX ■ AN • XXXV • FECIT
TITVLVNl • BENE 1WAERITAE
AVGVSTALIS
70) Frammento di lastra marmorea (m. 0,23 X 0,21):
D M
L- MINDIVS
YTHIVS
RIAE MES
coni \v 'Gì ET
71) Lastrina marmorea rinvenuta
nell'interno di un loculo (m. 0,30 X 0,045 ;
lettere piccole, eleganti, alte cm. 1,2):
NVMONIA-CO-L-MVSA
HIC • EST • SITA
72) Lastra di marmo bigio (m. 0,31
X0,13):
C-NVNNI-C-L-
APHRODISI
DEXIAEOL
CHRYSARIO
73) Frammento di lastra di marmo
bigio (m. 0,23 X 0,12):
OVANA C-NVNNIVS
CL-IANVARIVS
i
74) Frammento di lastra marmorea:
/OCT
GALMAXIMV
' / \
VIA-CN-F-M
ROMA
— 421 —
KOMA
75) Lastrina marmorea ansata
(m. 0,27 X 0,125):
C • PACTVMEIVS
PRIMVS
CALPVRNIAO-L-
EPESIA
76) Lastrina marmorea (m. 0,23
X0.12):
C-PAPINIVS-CEPJALIS
VIXIT-ANNIS-VII
MENSES-V-DIESV
77) Frammento di lastrina (m. 0,13 X 0,12):
Pe DVCAEA-NV
vi XIT ANN
7
L
FECIT
/
^MiirCHESCONljM^
78) Frammento di lastrina marmorea (m. 0,16 X 0,115):
Pe DVCAEAE
S EVERAE
79) Stele di marmo bianco di ni. 0,51 X 0,28, con belle lettere alte cm. 2 :
D • M
C-POPILIVS
TROPHIMVS
PROCVLO-VERNAE
SVO-KARISS-
VIX-ANN-III-MX
DIES-XXIV
80) Frammento di lastra marmorea (m. 0,24 X 0,05; piccole lettere male incise):
ANES PRAHATIS
J E
PIVS
/ ANNIS XXV
/SF
ET SVIS
DVLCISSIMVS
LORVS
PIETATI
EIVS
/
Il nome persiano Prahatis fa pensare come probabili supplementi del nome che
precede, nella stessa linea seconda, Ariobarzanes o Tigranes o altro del genere.
IÌUMA
422 —
ROMA
81) Frammento di lastrina marmorea, di m. 0,20 X0,13:
LIAC-LIBER
/PRIMIGENIA
V
'iXIT- ANNOS
1
XXXX
82) Targa marmorea frammentata (m. 0,26 X 0,12):
QVADRIVS
CAESA/////S • SER
83) Lastra di marmo bigio ansata (m. 0,48 X 0,15):
T • RASIDIVS •
DONATVS
SIBI
• ET •
SVIS
POSTERISQVE
•SVORVM
ET TUIA L Lt-:
y
T^NOPATRA • COIVG
84) Lastrina marmorea (m. 0,23 X 0,12) :
ROMANO- IVLIANO
CORPORE CVSTOS •
CAESARIS-
FAVSTA-IVLIA-
FECET
È da notarsi la tomba di questo eorporis custos imperiale, la quale non è riunita con
le altre dei due sepolcreti cogniti di queste guardie presso la via Appia e presso la via Au-
relia (*). La negligenza con cui l'iscrizione è stata redatta e incisa, non ci permette di sta-
bilire, quale imperatore il nostro Romanus Julianus servì.
85) Frammento di lastra marmorea che reca scolpita a basso rilievo una figura muliebre
distesa su una cline, nuda nel torso, con la testa appoggiata sulla mano sinistra e con la
destra che tiene un uccellino. Mis. m. 0,25X0,22:
D M
ROMVLA • FABVLLA •
VIX-AN-XV
MEX
d. \II figura
f NEC MATER-PIEN
(») C. /. L., VI, 4334-4346 ; 8802-8812 ; cfr. R6m. Mitth. 1905, p. 310.
ROMA
— 423
ROMA
86) Piccola stele marmorea con timpano semicircolare nel quale sono graffite
una corona lemniscata e due palmette. Lettere piccole ed eleganti, alte poco più di
cm. 1. Misura della stele m. 0,68 X0,20:
. D M
T-SABINIO
EVPLV
SABINIA
AGELE • ET
SABINIA
FORTVNATA
FILIAE
PATRI
OPTIMO
87) Frammento di lastrina marmorea (m. 0,05 X 0,08) :
! SALVIV s
j SVRA/
88) Lastra marmorea (ni. 0,32 X 0,175);
P ■ SESTVLI • P • L • SECVNDIONIS
P-SESTVLIVS-P-F-
IVCVNDVS
VIXITANNIS XX
89) Cippo di travertino (ni. 8,72
X 0,30):
L-SVTORIVS
L- L
MEIRACHA
LOCO • EMI
IVLIA-PRIMA
IN-FRO-P-III
INAGRP-VII
91) Lastrina marmorea di m. 0,20
X.0,14:
90) Lastrina marmorea, con palmetta
e corona graffite (m. 0,28 X 0,10):
D M
TETTIA
ALEXANDRO
ALEXANDRI-F
CONIVGISVO
CARISSIMO- FECIT
92) Targa marmorea (ni. 0,28 X0.16)
con belle lettere alte nella prima linea
cm. 5, nelle altre 3,5 :
Q-TITINIVS- Q-L-
IVCVNDVS
ANNOS- VIXIT
XX
/VALERIA
•L- MARGARITA
y
V- A XXVII
^
ROMA
424 —
ROMA
d'ò) Lastra marmorea di m. 0,41 X 0,21.
T-VETTIVS-T-L
THYRSV5
MATERIARIVS
VETTIA-T-L
THELGVSA
VIXIT-A-XXX
Materia/ritta può intendersi o negotittfar maieriarius (mercante di legnami), o più
probabilmente, data la modestia del nostro sepolcreto, faber materiarins falegname.
94) Frammento di targa marmorea (m. 0.45 X0,11):
Vetti A-TF-PROCVLA • F-VETTI ATL N VMPHENN e
95) Lastrina marmorea (m. 0,22
X0.10):
VIBVLA-L-L-
FLORILLA
96) Lastra marmorea (m. 0,18
X0,09):
M-VIPSANIVS
ALEXANDER
cfr. le iscrizioni num. 51 e 53.
97) Frammento di lastrina marmorea (m. 0,11 X 0,07). Lettere piccole eleganti
(nini. 18 nelle prima linea, 6 nelle altre):
/
AEVS
siéT
^S POSVIT
■"■*
ET-
COLLIBERTAE |
SVAE
• B • M
98) Frammento di lastra marmorea con iscrizione a grandi lettere alte cm. 7:
ANII a IVNIOR
LIBERTIS
99) Frammento di lastra marmorea
(ni. 0,22 X0,20):
100) Frammento di targa ih marmo
bigio (m. 0,35 X0.44):
D.
M
INAE
menses\V-D-Xl
CHVSI
m>i? SI MA E
ROMA — 425 — ROMA
I mattoni rinvenuti qua e là nello scavo presentarono i seguenti bolli :
C. XV-19a; 42; lòia; 164; 167; 171; 408 a; 535o; 618; 658 d: 721; 754 a;
887 e ; 958 a ; 1248 a ; 1273 e ; 1 388 ; 1 390 : ai quali occorre aggiungere l'inedito P • D • D • |
D LAELI ALEXANDRE variante dei bolli C. XV--93, 171-173. Di tali marche la più
antica (658 d) è attribuita alla metà del primo secolo, mentre la più recente (408 a) può
essere del tempo di Marco Aurelio o, più probabilmente, di Caraealla.
Di suppellettile funebre si rinvennero molti oggettini che qui brevemente ricordo :
Oro. Tre maglie lunghe e sottili di una collanina.
Vasi aretini. Alcuni frammenti, uno col bollo C. I. L. XV-5116 a.
Lucerne. Trenta lucerne di t. e. dei soliti tipi con ì bolli C. I. L. XV-6221 k ; 6350 a ;
6357; 6377 e, d (tre esemplari); 6418; 6456 f; 6569 a; 6593.
Una di esse ha sul disco la figura di un mirmillone in piedi con la spada nella destra
e lo scudo proteso nella sin., pronto a trafìggere un reziario caduto in ginocchio col gladio
nella d., il tridente a terra e la d. levata in atto di chieder la vita. Su altre sono le se-
guenti figure : quadriga di prospetto con personaggio che tende una corona, e altra per-
sona a piedi presso il cavallo di sinistra, che si volge alla figura che è sul carro (estrema-
mente logora); un cane ringhiante; due maschere tragiche ; busto di Diana con mezza-
luna sul capo ; un'aquila ; un cane che addenta una testa di cinghiale ; un giovane nudo
che dorme ; un ariete ; busto del Sole radiato di prospetto ; Eros che coglie frutta da
un albero ; un leone.
Due lucerne grandi di t. e. coperte da vernice vitrea verde ; sull'una è raffigurato un
uomo a sedere, sull'altra un disco a rilievo con l'acclamazione incompleta ANN • NOV-,
la figura di un asse, di focacce etc. come in altri esemplari noti.
Vetro. Otto bottigline di forma allungata, di vetro turchiniccio ; due bottigline
a largo ventre conico e largo collo. Teca cilindrica di impasto vitreo con coperchio co-
nico, terminato da bottone di presa sferico (fig. 3). Alternando nell'impasto il color mar-
rone col giallo e col bianco, l'antico artigiano ha ottenuto una imitazione della scaglia
di tartaruga, di bellissimo effetto. Una teca simile è al Museo Provinciale di Bari, due,
diverse di forma, uguali di impasto al Museo Nazionale di Atene, segnalatemi dal-
l'amico dott. Giglioli. La nostra misura m. 0,15 di altezza col coperchio e m. 0,12 di
diametro, bell'interno del nostro vaso erano avanzi di cosmetico misti a terriccio.
Figurine di terracotta. Statuetta su alto zoccolo cilindrico rappresentante un uomo
togato, anziano e piuttosto pingue, imberbe e calvo. Soggetto più volte ripetuto nelle
statuette romane di t. e. (*).
Statuetta mancante di parte delle gambe e di quasi tutto il viso. Rappresenta una
donna ignuda, molto adiposa, con ventre prominente, con le mani sulle anche, collana,
e due armille agli omeri (fig. 4). Le forme non belle e l'atteggiamento inelegante esclu-
dono, che abbia voluto rappresentarsi semplicemente un nudo muliebre. Deve invece
trattarsi di una figurina sacra di una divinità matronale, probabilmente di origine
orientale, che può essere apparentata alla Astarte nuda delle religioni mesopotamiche,
e che ha le forme estremamente pingui volute dal gusto africano (*). È naturale per-
(*) Kekulé, Antike Terracotten, III, 2, pag. 431), n. 1.
(2) Tale gusto è notissimo ad antropologi ed etnografi cfr. Hoernes, Urgesrhiehte der bili.
Kunst, p. 102; Ratzel, Lessona, Le razze umane, in Bull, di Paletti. IL, 1908, p. 68,
KOMA
— 426 —
ROMA
ciò pensare alla dea cartaginese Tanit o Caelestis, tanto più che la collana reca la mez-
zaluna rovescia (l).
Busto in t. e. su basetta, cilindrica raffigurante l'Africa con la spoglia di elefante sul
capo e il cornucopia nella sinistra ffig. 5).
Base di statuetta in argilla rossa sulla quale sono incise le lettere greche £I1AK...
Fio. 3.
Vasi di terracotta. Sette lagenae, tre bacinelle, due boccaletti di terracotta grezza.
Quattro tazzette e un boccaletto di argilla a pareti molto sottili.
Un guttus e due bottigline di argilla giallognola.
Bocca e collo di una lagena di argilla rossa con figura a rilievo di una testa di donna.
Moneta. Quattordici pezzi, tutti in pessimo stato di conservazione. Sono riconosci-
bili un sestante semiunciale, un denaro d'argento suberato delle legioni di M. Antonio,
un medio bronzo di un incerto monetario di Augusto, un piccolo bronzo di Tiberio o
Claudio della zecca di Lugdunum, un medio bronzo di Faustina madre, un denaro d'ar-
gento di Faustina madre. Gli altri otto pezzi, dei quali due denari e sei medi bronzi, sono
(*) Cfr. Lenormant, Artemia Nimoea, in Gaiette archcol. 1876, pag. 10. Figurette nude con le
braccia lungo le gambe: Kekulé, loc. cit. Ili, 1, pag. 166, n. 5; III, 2, pag. 456, n. 7, e pag. 460,
nn. 2-4. Per la lunula rovescia su stelc dedicate a Tanit: Delattre, Musée Lavigerk de Carthage,
I.tav.II 2, tav. Ili 2, 1 ; II, tav. XVI 2; De La Blanchère, Musie & Alger, tav. 111-15; C. I. Sem. pag. 271.
ROMA
— 427
ROMA
soltanto con sicurezza determinabili come flan di monete del I e II sec. dell'impero,
ossia coeve alle precedenti.
Si tratta pertanto di modesti sepolcri di povera gente, liberti per lo più, i cui limiti
cronologici sono assegnati dai non pochi liberti delle gentes lulia e Vipsania e dal Re-
mothalcianus per il limite più antico (cfr. iscrizioni num. 47-66, 96), e per il più
Fio. 4.
Fio. 5.
recente dalla iscrizione di un liberto di Antonino Pio (num. 4), dalle monete di Faustina
Maggiore, e da un bollo di mattone di Marco Aurelio o addirittura di Caracalla
(C.I.L. XV, 408 a). Della condizione sociale dei sepolti ci porgono un'idea le profes-
sioni ricordate in alcune delle iscrizioni: genmelres (n. 14), gallinarius (n. 55), mak-
riarius (n. 93), corporis custos (n. 84), vilicus (n. 43). Uno degli edificetti sepolcrali
ebbe anche il suo custode (iscr. n. 66). Di liberti imperiali son ricordati liberti di Ti-
berio (n. 55), Claudio (n. 25), Traiano (n. 3), Antonino Pio (n. 4).
Parecchi dei sepolti dovettero essere stranieri, come provano i loro cognomi e,
nella scarsa suppellettile rinvenuta, la statuetta di Tanit e forse anche il bustino della
personificazione dell'Africa. R. Paribeni.
.Notizie Soavi 1922
Voi. XJX.
55
ROMA
- 428 —
ROMA
Via Trionfale. Ipogei sepolcrali seop ili presso il km. IX della Via Trion-
fale (Casale del Manno). — Foco oltre la borgata di S. Onofrio e il Manicomio Provin-
-MdM)^^
l'ir. 1
A - Primo Ipogeo, a tav. 1 e II. B - Secondo Ipogeo, a Ut. 111.
ciale, la via Trionfale, a nord-ovest diKonia.si prolunga per la campagna semideserta e
monotona, sino a raggiungere la borgata della Storta. A mezza strada tra Roma e la
Storta, presso il km. IX della Trionfale, a lato della ferrovia Roma-Viterbo (fig. 1), si
iniziarono sulla fine del 1920 i lavori per la costruzione di un gruppo di villini rustici
della Cooperativa « Parva Domus ». Durante i lavori di sterro si rinvennero finora due
importanti ipogei sepolcrali, che appresso paratamente si descrivono.
ROMA — 429 — ROMA
Pkimo ipogeo (tav. I).
La scoperta del primo ipogeo avvenne per una breccia aperta in una platea di calce-
struzzo di m. 0,50 di spessore, in corrispondenza della vòlta della camera sepolcrale; per
l'incomodo passaggio dall'alto, fu potuta effettuare la prima ricognizione del monumento.
La camera, ben conservata, a poca profondità dal piano di campagna, era ricolma di ter-
riccio per un buon metro di altezza dal piano, ed ostruito dalla terra aveva pure il
naturale ingresso ad oriente; essa presentava tuttavia evidenti segni di antiche mano-
missioni. Ciò nonostante, le pitture che decoravano ancora in gran parte le pareti e la
vòlta della camera e alcuni sarcofagi scolpiti, i cui coperchi affioravano in mezzo alla
terra di filtrazione, apparvero subito degni del maggior interesse.
A cura della R. Soprintendenza agli Scavi fu iniziata sotto la direzione del sotto-
scritto Ispettore, poco tempo dopo la scoperta, la esplorazione sistematica dell'ipogeo,
cominciando col rimettere alla luce l'ingresso originario (1). Compiuto in una quindicina
di giorni tutto quanto lo sterro, il monumento apparve nelle condizioni in cui viene
presentato, in pianta planimetrica e sezione longitudinale, a tav. I.
Un corridoio esterno, praticato in trincea, della lunghezza di ni. 5,60 sull'asse e largo
da m. 2,50 a m. 1,80, conduce tuttora da una rustica gradinata di pochi gradini di tra-
vertino, di cui tre soli rimasti (ved. a fig. 2 il gradino superiore indicato colla lettera A),
alla porta d'ingresso della tomba (fig. 2). Il pavimento del corridoio, alla profondità di
ni. 3,30 dal piano di campagna (fig. 2, E), porta un lastricato di mattoncini disposti a
spina di pesce (opus spicaium), ben conservato, e aveva inoltre, su ciascun lato lungo, un
muro continuo con la struttura interna ad opera incerta e con cortina di mattoni priva
d'intonaco, destinato a sostenere la spinta della terra ai lati del corridoio. Gran parte di
detto muro si trovò franato, ma quanto di esso ancora rimane è sufficiente a dare un idea
dell'insieme. Il corridoio era per una parte scoperto. Alla distanza di m. 3 circa dall'in-
gresso della tomba, era munito di una breve copertura a vòlta, fatta in, opera a sacco,
la quale poggiava al sommo dei muri del corridoio, oltre a fare sistema unico con la
costruzione sovrastante alla camera sepolcrale. Di codesta vòlta, successivaniimte demo-
lita, non rimangono se non le testimonianze ai lati, sopra i muri del corridoio, e in
fondo, sopra la porta della tomba (fig. 2, C, D). Al di sopra della vòlta ergevasi pro-
babilmente un altro vano, forse scoperto.
Il corridoio, per circa la metà della lunghezza esposto allo scoperto, ha il pavimento
costruito in maniera da facilitare lo smaltimento delle acque piovane; il pavimento, cioè,
presenta una leggera pendenza in fuori, verso l'ultimo gradino della porta di accesso, ed
ha inoltre, per quasi l'intiera lunghezza dei muri laterali e alla base di questi, un grosso cor-
done di cocciopesto, come si vede nelle vasche e nelle conserve d'acqua, per la protezione
degli angoli. Al termine della scala di accesso, infine, e sotto l'ultimo gradino di questa,
(l) Non corrisponde al vero la notizia pubblicata in Rivista di Architettura e Arti Decora-
tive, anno II, fase. IV, pag. 177, e cioè che la direzione dei lavori di scavo ed altro sia stata te-
nuta da persona estranea alla Sopraintendenza degli Scavi.
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era praticato in origine un canale di scolo, che conduceva ad un pozzo di assorbimento.
Presso la parete destra del corridoio, alla distanza di m. 1.40 dall'ingresso della tomba,
rio. 2.
e a cm. 40 sopra il piano del corridoio, si rinvenne in mezzo alla terra uno scheletro umano
adagiato in parte sopra un tegolone di m. 0,68 X 0,40, al di sotto del quale si raccolsero
tenere ossa di bambino, compresa la scatola cranica. Dalla stessa parte furono inoltre
rinvenute, coricate fra la terra, due anfore fittili, una delle quali rotta intenzionalmente al-
l'altezza del collo. Nel corpo dell'anfora, di un metro di altezza, si trovarono delle ossa
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umane, cui le due parti dell'anfora servivano una di custodia, l'altra di coperchio. La se-
conda anfora, rotta in tre pezzi, nulla conteneva. Un altro scheletro umano era adagiato
a immediato contatto del pavimento del corridoio, a sinistra dell'ingresso.
La veduta esterna dell'ipogeo nel ristretto spazio del corridoio appare tuttora allo
stato originario, assai semplice. Sotto un architrave monolitico di travertino, largo
m. 1,40 e dell'altezza massima di m. 0,55, profondo m. 0,73, riposante colle due estre-
mità su due stipiti in muratura, internamente guasti e sbocconcellati, si apre il vano
d'ingresso, dell'altezza di m. 1,66 e della larghezza di m. 1,15. Questo era una volta
chiuso da una porta lignea ad unica imposta, la quale si muoveva intorno ad un cardine
o battente, collocato sul lato destro della porta, con foro per innesto sull'architrave e
sulla soglia. Anche questa, poi, consta di un blocco di travertino, di dimensioni corri-
spondenti a quelle dell'architrave, ed è, come questo, munita di incasso rettangolare
per il libero giuoco dell'imposta della porta. Trovandosi la soglia ad un livello di circa
m. 0,60 più basso del piano del corridoio, un doppio gradino, oggi guasto e irricono-
scibile nella forma primitiva, conduceva già dal corridoio alla soglia.
Un breve corridoio o vestibolo, largo m. 1,40, della lunghezza di m. 1,05, con vòlta a
sesto ribassato e piano, di m. 0,75 più basso di quello del corridoio, precede la camera sepol-
crale propriamente detta. Ciascuna parete del corridoio presenta, per quasi tutta la sua
altezza, una riquadratura semplice a grosse liste di colore scuro, formanti due specchi su
ciascuna parete, sopra un fondo di color giallo fulvo variegato di marrone, per rendere
l 'effetto del marmo. La vòlta del corridoio, alta ni. 2 da terra, presenta una scompartitura
a cerchi e semicerchi di color rosso, su fondo celeste. Nel medaglione centrale, del diametro
di m. 0,40, è una piccola maschera, appena riconoscibile e mal disegnata, forse di Medusa,
rappresentata di faccia, con alette di farfalla sopra la fronte. Ai lati due mezzi medaglioni,
entro ciascuno dei quali si ripete lo stesso motivo ornamentale, composto di un delfino
guizzante attorno a un tridente, simbolo di Nettuno, con le punte rivolte in basso e con
una tenia dai lembi ricadenti verticalmente. Il piano del corridoio, a mosaico bianco
come quello della camera sepolcrale, presenta una semplice fascia nera. Nella mura-
tura al di sopra del vestibolo è praticato un angusto lucernario, in direzione obliqua,
per dare aria e luce all'ipogeo. Come sbocchi del lucernario sono aperte due strette
feritoie, una dalla parte interna, sopra la porta, l'altra all'esterno sopra la vòlta,
oggi demolita del corridoio di accesso (ved. fig. 2, alla lettera E), l'una e l'altra oggi
guaste e sbocconcellate agli spigoli.
La camera sepolcrale è di forma quadrata, di m. 3 di lato, ed ha la vòlta costruita
in opera a sacco, a tutto sesto, con l'altezza massima di m. 3,15. Sulla parete di fondo,
nonché sulle due pareti laterali, presenta tre nicchioni a fior di terra, con giro a tutto sesto,
larghi m. 2,40, profondi m. 0,65 ciascuno, con un'altezza massima di m. 1,52. Entro cia-
scuno dei nicchioni stava in origine, e si rinvenne al momento della scoperta, un sarcofago
di marmo scolpito (1). Le pareti della camera conservano tuttora, quasi per intero, l'into-
naco primitivo, mentre la rivestitura della vòlta è per la massima parte caduta, non
(*) Il nicehionc centrale presenta sulla parete di fondo una larga e profonda breccia irregolare,
se»no evidente di assaggi fatti dagli antichi profanatori del monumento per riconoscere le eventuali
sepolture all'intorno.
liOMA
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rimanendo di ossa che im modesto avanzo in prossimità della parete di fondo e altre poche
tracce sulla parete destra. Da quanto rimane si rileva a sufficienza, come la decorazione
pittorica della camera, tutta eseguita a tempera, fosse assai ricca e complessa. Fino all'al-
tezza di m. 1,75, e cioè per m. 0,30 sopra l'altezza massima dei nicchioni, le pareti della
camera sono decorate secondo lo stesso semplice sistema di quelle del corridoio: semplici
riquadri o «pecchi a listelli neri, su fondo giallo variegato di scuro. Su ciascuna parete tre
Fio. 3.
riquadri larghi e piuttosto bassi, alternati a due riquadri più stretti e più alti. L'irregola-
rità manifesta, con cui tutta la riquadratura risulta eseguita, dimostra come questa sia
stata fatta a occhio, piuttosto che in base a misure diligenti e precise. Così gli sfondi
come gli archivolti dei nicchioni, sono privi di riquadrature sopra l'intonaco dipinto giallo.
Al di sopra del campo marmorizzato si svolge la pittura figurata, a tempera, sul
fondo bianco dell'intonaco. La parte meglio conservata di questa decorazione è la lunetta
grande (fig. 3 e tav. II), con cui termina in alto la parete di fondo, Larghezza massima del
campo figurato ni. 2,90, con un'altezza massima di ni. 1 ,30. All'angolo sinistro del quadro
un carro minuscolo della forma di una biga, tirato da due colombe le quali hanno fermato
il passo e chiuso le ali per essere giunte a destinazione, porta un fanciullo nudo, come un
piccolo Eros, il quale regge col braccio sinistro il corpo di una fanciulla vestita di tunica.
La fanciulla pare divincolarsi tra le braccia di quello che apparisce il rapitore, e solleva
anche le braccia in atto di disperata implorazione. In prossimità e a destra del carro si
aderge, in proporzioni notevolmente maggiori di quelle delle altre figure, l'immagine di
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Hermes, nudo, con pctaso alato sul capo e caduceo nella mano sinistra, avendo avvolta
intorno al braccio la clamide. Il dio muove con passo spedito verso destra, volgendo in-
dietro il capo e facendo con la mano destra un cenno d'invito alle persone del carro. Trat-
tasi evidentemente di Hermes Psyehopompos, il quale compie il suo ufficio di guidare agli
Elisi l'anima della fanciulla sorretta dal piccolo Genio. Il quale dovrà essere inter-
pretato come il Genio della morte, ben concepito sotto l'aspetto infantile, trattandosi
Fio. 4.
della morte di una bambina (*). Tutto ciò che segue a destra della figura di Hermes è una
rappresentazione, ingenua e vivace al tempo stesso, del mondo elisiaco. Nel bel mezzo
del quadro s'innalza da terra una colonna sormontata da una statua evanescente di He-
cate tricorpore. Ciascuna figura, di cui la complessa statua si compone, protende innanzi
le mani munite di fiaccole. Dalle tre coppie di fiaccole accese dovrebbe essere illuminato
il vasto prato all'intorno ; prato fiorito di alte piante erbacee, costellate di grosse rose
rosse aperte intieramente, di boccinoli prossimi ad aprirsi e di bottoni tuttora chiusi.
Tra una e l'altra di queste piante, piccole figure tunicate di faneiulli o di fanciulle, in
atteggiamenti diversi, quasi tutti occupati nella stessa bisogna di cogliere fiori.
Alla destra di Hermes un fanciullino regge colla sinistra un piccolo kàlathos già colmo
di fiori. Segue una fanciullina in atto di volerne cogliere da una pianta elevata presso la
colonna, ed un altro, forse una fanciulla, di fronte al primo, col dorso curvo verso terra,
come per trascegliere qualche fiore di cui dovrebbe essere costellato il prato. Tra una e
(*) Sul Genio della morte nella credenza dei Romani, vedi C. Pascal, Le cretini:? detf oltre-
tomba nelle opere letterarie deW antichità classica (Catania, 1912), I, p. 80 segg.
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un'altra pianta di rose seguono varie figure di fanciulli : un fanciullo, di fronte, il quale
stringe con la sinistra l'asta di un piccolo vexiUum;\m altro tunicato e ammantato, il quale
si volge a osservare i compagni, e una fanciullina in veste di Minerva, con elmo attico
munito di cimiero e scudo rotondo al braccio sinistro. Vengono ancora a destra una fanciul-
lina curva verso terra, con il cestino dei fiori nella mano, e un gruppo di due altre figurine
accanto, di cui una con il canestro nella mano sinistra ed ali di libellula come una Psi-
che. Ultima una fanciullina con ali di libellula, il piccolo canestro nella sinistra e una rosa
nella destra. In tutto dodici figure di fanciulli e fanciulle, con cui l'artista si era prefisso
di dare un'immagine visiva dell'Elisio infantile. Alle due estremità del quadro s'innalzano
in una incerta tonalità evanescente, delle alture frastagliate irregolari, con le quali do-
vrebbe terminare da una parte e dall'altra la vasta prateria seminata di rose, illuminata
dalle fiaccole di Hecate sull'alta colonna e popolata da ombre di fanciulli innocenti. Tutte
le dette figure proiettano sul terreno un'ombra schematica di forma semicircolare, irrego-
larmente a destra o a sinistra.
Sulla parete destra della camera, al momento della scoperta, l'intonaco era sufficiente-
mente ben conservato, portando a metà parete un quadretto rettangolare di m.0,8") X 0,52,
con scena figurata. Qualche tempo dopo l'intonaco, di cattiva qualità e non più aderente alla
volta della camera, cadeva, portando via quasi tutto il quadretto. Furono rimessi insieme
pazientemente e riattaccati alla parete i pezzi di intonai o caduti, e questi ancora si conser-
vano quasi al completo, in modo da rendere possibile tuttora di cogliere le linee essenziali
del quadro (fig. 4). È anche qui rappresentata una scena fanciullesca, che per il suo carat-
tere presenta notevoli caratteri di affinità con quella descritta. Si tratta di giuochi vari
di Amorini all'aria aperta, sopra un prato. Nel mezzo del quadretto sorge una colonna
sormontata da un vaso di aspetto metallico, munito di piede esile, lunghe anse e coperchio
con bottone. In prossimità della colonna sorge da terra un alberello, il quale distende
i suoi rami fronzuti ai lati della colonna. Da sinistra si avanza un Amorino nudo, con
ali di farfalla, reggendo sugli omeri un supporto di due bastoni incrociati, la classica ae-
rumnaC), per sostenere un corbello ricolmo di fiori. Segue una figura di fanciulla vestita,
di tunica e con ali di farfalla, in piedi, occupata ad intrecciare una corona floreale in com-
pagnia di altro Amorino seduto, il quale ha tra le ginocchia il corbello dei fiori. A destra della
colonna e dell'albero un'altra fanciullina seduta, vestita di tunica, e due Amorini nudi, dei
quali uno, piegandosi un po' in avanti per giuoco tiene l'altro a cavalcioni sul dorso. Segue
all'estremità del quadro un'altra fanciulla tunicata in piedi, con ali di farfalla, conversante
con un Amorino nudo seduto. Con la caduta di una parte dell'intonaco quest'angolo del
quadro è andato perduto (*).
La composizione del quadro è anche qui rigorosamente simmetrica, con la colonna
e l'albero come punto di riferimento centrale. Un quadretto affatto simile per composi-
zione, e delle medesime dimensioni, doveva in origine trovarsi sopra la parete sinistra della
f1) Strumento in forma di forca, usato per portare pesi (Daremberg-Saglio, Dictionnaire, s. v.
Aerumnn).
(2) Il quadretto si è potuto dare a fig. 4, completato nelle parti mancanti, mercè l'aiuto
di un frettoloso disegno eseguito dal sottoscritto in occasione della prima visita all'ipogeo, quando
questo era ancora interrato e il campo del quadretto prescntavasi tuttora intatto.
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camera sepolcrale, là dove oggi non rimane più traccia d'intonaco, nonché di pitture.
Ai lati di ciascun quadretto, come è lecito dedurre dalla decorazione della parte tuttora
conservata sulla parete destra, erano dipinte tre pianticelle ramificate, alte e diritte, di
rose fiorite, sopra una lista di terreno verdeggiante.
La decorazione del sommo della volta a bòtte era concentrica, certamente con me-
daglione centrale e motivi ornamentali varii, i quali s'irradiavano intorno al medaglione,
facendo ad esso corona. Di codesta decorazione concentrica non rimane oggi se non qualche
parte del cerchio più largo, il quale era tangente alle due lunette delle pareti di fondo e
si interrompeva alla cornice dei due quadretti laterali, come si vede da quello di destra
superstite (ved. fig. 3). Sopra il detto cerchio, composto di una fascia rossa tra due listelli
esili dello stesso colore, poggiavano, in corrispondenza dei quattro angoli della camera
e sulle diagonali della medesima, quattro cesti da fiori. Di questi si conservano soltanto
i due presso la parete di fondo. Si tratta di cesti di vimini, a larga imboccatura e corpo
in forma di cono tronco rovescio. Essi sono ricolmi di fiori rossi, con un ramo diritto
centrale e tralci laterali curvi. La decorazione floreale della vòlta terminava con tralci
artificiali di petali di fiori, disposti a festoni penduti, di cui rimane qualche traccia
intorno al medaglione circolare centrale.
Lo stile della decorazione pittorica della tomba è assai semplice nella concezione,
scadente e trascurato nell'esecuzione. La riquadratura è quanto di più sommario si possa
immaginare, eseguita senza lavoro preparatorio o quasi, con tutte le irregolarità e le
imperfezioni del lavoro improvvisato. Le figure dei fanciulli sono eseguite assai sche-
maticamente, con poco riguardo delle proporzioni, dell'anatomia e della naturalezza dei
movimenti, nonché dei tratti fisionomici appena riconoscibili. Altrettanto dicasi dei
panneggi delle figure vestite. Una maggior cura, dipendente anche dalle maggiori pro-
porzioni, si riscontra nella figura dell'Hermes, il quale, a parte lo scorciti poco felice
delle braccia, mostra di essere una derivazione abbastanza fedele di un model'o preesi-
stente, ricavato dalla scultura. Anche il gruppo dell'Erote e della fanciulla sul carro,
nonostante l'esecuzione artistica sommaria, non manca di una certa naturalezza e vi-
vacità di movimento.
Comunque, una tale decorazione pittorica, dovuta a maestro di secondaria impor-
tanza, non poteva presentare nulla di rilevante e di originale, oltre che nella esecuzione
artistica, nella scelta medesima dei soggetti, che dovevano essere comuni nell'arte ro-
mana cemeteriale del tempo. Quasi nulla è sino a noi pervenuto del genere, per quanto
almeno si riferisce a monumenti originali (1). Possediamo tuttavia delle testimonianze che
(*) L'amica rappresentazione pittorica superstite la quale, anche per l'età e per l'ambiente
cui appartiene, presenti caratteri di affinità e di parentela con la nostra pittura, è conservata
tuttora nell'Ipogeo detto dei « Sin ere t isti » in Roma, nel Cimitero di Pretestato. La rappresen-
tazione che c'interessa, riprodotta da Garriteci in Storia dell'Arte Cristiana, voi. VI, tav. 493, e
nel libro Orpheus di E. Maas (tav. II, 1), ci mostra lo stesso Plutone in atto di reggere sulle
braccia un corpo femminile inanimato, stando sopra un carro tirato da quattro focosi destrieri:
questi alla lor volta guidati per le briglie da Mercurio. Nel campo Ubero del quadro l'iscrizione:
abreptio • vibies • et • DISCENSIO. Mutato il nome della defunta, la stessa dicitura potrebbe
servire quale titolo del quadro. Una pittura col ratto di Proserpina, il mito al quale il pittore
non poteva a meno di ispirarsi, faceva parte della decorazione del monumento sepolcrale dei
Nasoni, sulla Via Flaminia (Arch. Iahrb. XXIV, 1910, Beil. 4, n. XII).
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 56
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ci permettono di valutare alla sua stregua l'importanza delle pitture scoperte ultima-
mente, così dal punto di vista artistico, come in rapporto alle credenze dell'oltretomba.
Tali testimonianze, per noi di capitale importanza, ci sono date da copie a disegno
di antiche pitture, ad opera di artisti i quali lavorarono in Roma nei secoli XVII e
XVIII ('). Sulla scorta di quelle noi possiamo ritenere con sufficiente certezza che il
medaglione dipinto, il quale in origine occupava il sommo della vòlta, costituendo il
centro della decorazione, doveva portare, forse a mezzo busto, il ritratto di una o più
delle persone le cui salme trovarono riposo nella tomba (a).
Un efficace commento alle citate pitture può essere fornito da epigrammi funerari
del tempo, nei quali al rimpianto dei superstiti per la perdita dei loro cari, si mesce la
viva speranza delle gioie che l'anima incontrerà nell'altra vita,
« Elysios ca-mpos habitans et prato, ivafum » (3),
dimorando in una specie di paradiso terrestre :
« Inter odwatos nemorum ubi laeta recessus
mater pingii humus et lectis dtwdala tellus
floribus exultat.... » (4).
Sembra anzi degno di rilievo il fatto che le stesse immagini di beatitudine passino
nelle credenze cristiane, nella concezione della vita paradisiaca. Così come rapporti
non meno importanti e degni di rilievo si riscontrano per i motivi ornamentali tra le pit-
ture del nostro ipogeo e le pitture cemeteriali cristiane (5). Quanto all'intimo signifi-
cato simbolico della raccolta dei fiori e di altri particolari realistici che si colgono
nelle pitture dell" ipogeo, basterà ricordare che pittori e scultori di monumenti fune-
rari in età romana rappresentano spesso, come i poeti, « le anime nell'Ade come in-
tente a quelle medesime occupazioni che furono loro care durante la vita terrena » (8).
Le rose, poi, delle quale si compone essenzialmence la decorazione floreale dell'ipogeo,
erano il fiore particolarmente in uso nel culto dei morti (').
Artisticamente più importanti delle pitture sono la maggior parte dei sarcofagi mar-
morei, i quali si rinvennero in numero di quattro, naturalmente già aperti e frugati, nel-
l'interno della tomba medesima. La costruzione dei tre niechioni sulle pareti dimostra
come la tomba fosse fatta per contenere non più di tre sarcofagi uno per ogni nicchione.
I quattro sarcofagi che invece si rinvennero, e che appresso si descrivono, erano disposti
nel modo seguente: due sarcofagi (un. 2 e 3 della descrizione) entro i due niechioni
(l) Vedi principalmente R, Engelmann, Antike Bilder min Ho iiischen Handschriften (Leiden,
1909), e gli articoli pubblicati da Th. Ashby, rotto il titolo Drawings of micie nt paintings in En-
glish (-ollections in Papers of British School at Home, VII, 191) p. 1 segg., Vili, 1916„p. 35 segg.
(*) Cfr. soffitto dipinto, copia di P. S. Battoli, riprodotto in Archili fiir Religionswissenschaft,
voi. X (1907), fase. III-IV, tav. III.
(3) Buecheler, Carmina epigr., n. 432 (C. I. L. III, n. 406). Cfr. ivi. Id. Carm., n. 588 [ Ma-
nes | Elysios per campos et dulcia prata vagantes) (C. I. L. III. n. 0414).
(<) Id., Cari», epigr. (588 (C. /. L., XII, n. 949).
(5) Tali gli Eroti intenti alla raccolta dei fiori (Cfr. L. Sybel, Christl. Antike, I, pag. 175 seg.).
(6) Pascal, op. cit,. I, p. 53.
(') Op. cit, v. e, p. 33.
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laterali (il sarcofago di sinistra, esattamente al posto si\p originario); un altro sarcofago,
col cassone spezzato in due (n. 1), collocato davanti al sarcofago del nicchione sinistro,
mentre in origine esso occupava il nicchione centrale, che era poi rimasto vuoto; un
altro sarcofago, infine (n. 4), l'ultimo in ordine di tempo ad essere introdotto nella
tomba, collocato davanti al nicchione di destra, quasi nel mezzo della camera.
Sarcofago n. 1 (fìg. 5). Cassone e coperchio di marmo lunense : il cassone rotto verti-
calmente in due pezzi, il coperchio intero. Dimensioni del cassone, m. 1,65 X 0,35 X 0,45.
Coperchio e cassone erano tenuti insieme uniti da grappe metalliche, collocate due
a due verticalmente sui lati minori entro appositi solchi, con incassi per innesto delle
estremità ripiegate delle grapp.).
Fig. 5.
Il coperchio piano, a fronte rialzata, come i successivi, sopravanzando di poco in
larghezza la larghezza del cassone, porta a metà della fronte una targhetta con iscri-
zione scolpita, compresa tra motivi figurati. Il testo dell'iscrizione è il seguente :
D e M « S
OCTAVIAE PAVLINAE FILI
AE DVLCISSIME CARISSI
ME-Q-V-AVI-M-IIII-D-V-
OCTAVIVS FELIX PATER FECIT
Come acroterio d'angolo a ciascuna delle estremità del coperchio, una testa in-
fantile dai capelli ricciuti, in funzione di maschera di Medusa. La scena figurata a si-
nistra della targhetta centrale si compone di due virtimarii muniti di gonnellino, cia-
scuno dei quali trae verso destra per la capezza il toro destinato al sacrificio, reggendo
con la sinistra la scure (»). Tra i due gruppi una. figura virile in tunica succinta, con mazza
manicata nella destra,, leva in alto la mano sinistra come per incitare il corteo. Sul qua-
dretto opposto, sempre verso la targhetta centrale, sono rappresentate due bighe tirate
(») Cfr. coperchio di sarcofago con scena simile al Museo di Berlino (S. Rcin aeh, Répertoire des
llelicfs, II, pag. 35).
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da focosi cavalli al galoppo e guidate da Amorini con ali di uccello, i quali stringono con
la sinistra le redini, con la destra la sferza. Il primo degli Amorini volgesi col capo in-
dietro verso il compagno seguace.
Tutto il cassone è sulla fronte principale riccamente istoriato con figure ad alto
rilievo. A cominciare da sinistra, vedesi una figura di fanciulletta nuda di fronte, con
acconciatura muliebre, assistita da due fanciullini pure nudi, dai capelli ricciuti. La fan-
ciulla tiene la mano destra sollevata con la palma aperta, mentre appoggia il braccio sini-
stro sulla spalla di uno degli Amorini. Costoro poi sembrano intenti ad ungerne il corpo,
passandovi sopra le mani, come se la figura si preparasse ad un esercizio di palestra. Segue
un fanciulletto discobolo, intento al lanciamento del disco. La figura vista di fronte,
avendo nella destra abbassata il disco e bilanciando il corpo sulle gambe divaricate,
tiene la mano sinistra sollevata, come nell'atto di prendere lo slancio. Risulta ottimamente
espresso il movimento delle figure con la gamba destra protesa in avanti a tutto rilievo,
l'altra gamba portata indietro ed eseguita perciò a rilievo bassissimo. Vengono quindi due
fanciulli nudi, sul punto di venire alle mani : le teste di profilo, i corpi di tre quarti. Dei
due fanciulli, uno sta per abbrancare il compagno colla testa, mentre questo lo afferra alla
vita. Un terzo fanciullo, in funzione di paidotribe» o maestro dei giuochi, assiste alla scena,
stringendo con la destra sul petto un oggetto elio sembra un rotolo e riunendo coll'altra
mano sulla coscia i lembi di un manto gettato sulla spalla destra e ripreso sotto l'ascella
destra. Il gruppo di mezzo si compone di quattro figure, di cui la principale esattamente
sulla linea mediana del cassone. È questa una fanciulla nuda di fronte, [come la prima de-
scritta, tenendo colla sinistra una palma e sollevando la destra all'altezza del capo, in atto
di deporvi una corona. Alla sinistra di questa un'altra figuretta muliebre di fronte, ve-
stita di tunica e manto, levando in alto la destra in atto di acclamazione. Alla destra un
fanciullo, vestito di tunica succinta e di clamide agganciata sotto la gola, è in atto di dar
fiato alla tuba , stando rivolto verso la figura centrale (1), mentre al suolo giace seduta una
altra figuretta nuda, la quale tiene mestamente inclinata la fronte sulla mano, nell'ab-
bandono del vinto.
Sono così efficacemente rappresentate in queste tre scene, da sinistra a destra, tre
momenti distinti della vita della palestra: i preparativi per la lotta, l'inizio di questa, e
infine il trionfo della parte vittoriosa (una fanciulla) e l'umiliazione del soccombente.
Sulla sezione destra della stessa fronte di sarcofago abbiamo una successione di scene
affatto simili alle precedenti, ordinate però in senso inverso, da destra verso sinistra. Al-
l'estremità una figura di paidotribrs fanciullo, di fronte, i fianchi avvolti nell' himation,
avendo presso il piede sinistro l'ampolla di forma sferoidale »un aryballo") per le unzioni
di rito, assiste a una gara di pugilato tra due fanciulli nudi, i quali incrociano i polsi all'al-
tezza del capo, mirando coi pugni alla faccia. La scena che segue, e che a rigore deve inten-
dersi come un seguito della precedente, sebbene i tratti somatici delle figure non corrispon-
dano alla perfezione, si compone di una fanciulla, la quale persegue coi suoi pugni la figura
avversaria che si ritira frettolosamente dalla lotta implorando pietà con una mano,
mentre porta l'altra mano alla parte colpita della faccia. Il giovinetto paidotrihes, avvolto
(x) Cfr. scena simile di apoteosi funebre sul citato coperchio di sarcofago.
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nell'himation, si rivolge verso la figura vincente, come per intimare la cessazione dello
scontro. Dietro di quello è scolpita in secondo piano, a rilievo bassissimo, un'altra figura
di fanciullo spettatore.
1 lati minori del sarcofago sono. pure lavorati e scolpiti con figure, ma assai rozza-
mente. Sul lato destro (fig. 6) vedesi una figura di fanciullo discobolo, con il torso di fronte
ed inclinato verso destra, nell'atto di prendere lo slancio per gettare il disco ch'egli tiene
con la destra. È questo il motivo classico del Discobolo, inaugurato così genialmente da
Mirone e ripetuto quindi e modificato da innumerevoli artisti. Alla destra del fanciullo,
palma di vittoria e trapela a quattro gambe, con oggetti di premio : una corona ed un og-
getto campaniforme, di natura incerta. Sulla faccia opposta un fanciullo rappresentato,
come l'altro, di fronte, in corsa verso destra, tenendo imbracciato uno scudo tondo e
stringendo nella destra una palma, simbolo di vittoria.
Sarcofago n. 2 (fig. 7) .rinvenuto dentro il nicchione destro. Dimensioni del cas-
sone, m. 2,03 X 0,"0 X 0,58.
il coperchio, la cui fronte è alta ni. 0,22, aderiva al cassone mediante uno strato di
calce, di cui si rinvennero abbondanti tracce sul margine inferiore dell'uno e sul margine
superiore dell'altro.
A metà della fronte del coperchio targhetta rettangolare scorniciata, liscia interna-
mente. Nel campo a destra, a bassorilievo, cervo marino natante, munito di lunga coda
a volute, avendo sul dorso un Erote che afferra a volo le corna della fiera, facendola im-
pennare. Segue un leone marino, munito di lunga coda come il precedente, portando se-
duto sul dorso un Erote che si attacca alla sua criniera. A sinistra della targhetta, in una
composizione simmetrica, ippocampo natante, seguito Jda una pantera marina, l'uno e
l'altra con Erote sospeso a volo sul dorso. A ciascuna estremità maschera di Oceano, o di
Tritone, caratterizzato da branchie di gambero tra i capelli e da squame sulle guancie
e sul mento, con profilo d'angolo.
Sul cassone al di sotto della targhetta, valva circolare di conchiglia con busto di figura
muliebre (imago clipeata) vestita di tunica e di manto, dal quale escono le dita della mano
destra. I lineamenti della figura risultano abrasi. La valva di conchiglia è sorretta a destra
e a sinistra, simmetricamente, da due Tritoni giovanili a zampe anteriori equine e lunga
coda attorta a volute. Ciascuno regge con ambe le mani la conchiglia, mentre porta sul
dorso una Nereidc nuda, la quale con una mano si appoggia al dorso del Tritone, con l'al-
tra regge un drappo che, agitato e gonfiato dal vento, fa un nimbo intorno alla sua figura.
Tritoni e Ceroidi voltano indietro la testa. Ultima viene da ciascuna parte una figura di
Kereide nuda, la quale gettasi arditamente sulle onde, tenendo leggermente con sole due
dita di una mano il drappo pure gonfiato dal vento, e afferrando con l'altra, allo spigolo del
sarcofago, l'orecchio di una fiera marina, che a sinistra ha l'aspetto di un toro, a destra
quello di un cervo. Ciascuna fiera lambisce voluttuosamente con la lingua il mento della
Nereide (*).
(*) È questo il motivo ornamentale torse meno comune di tutti gli altri di cui si compone
il rilievo. Esso trovasi ripetuto sopra un sarcofago del Museo Laterancnsc (S. Rcinach, Ré]), de*
Rei, III, pag. 274).
ROMA
440 —
ROMA
Come motivi minori alternati a quelli descritti, che ci danno le linee fondamentali
della composizione, vediamo «puntare da ciascuna parte, tra la conchiglia e la figura del
Tritone, la testa e una delle braccia di un piccolo Erote. Due altri Eroti si reggono in piedi
Fio. <3.
quasi all'estremità della coda dei Tritoni, uno in atto di dar fiato alla tibia, l'altro tenendo
colla sinistra la cetra, con la destra il plettro. Altre due testine di Eroti sbucano accanto
Fio. 7.
a quelle del toro e del cervo marino. Al di sotto dell'immagine clipeata, poi, un Erote ad
ali spiegate, guidando per le briglie una coppia di delfini. Al di sotto delle Nereidi sedute,
due Eroti giuocanti con un delfino, e sotto le Nereidi in corsa altro Erote natante, se-
guito da un delfino la cui testa, sbuca dalle onde che segnano tutto il margine inferiore del
quadro.
KOlrfA
- 441
ftOMA
Su ciascuno dei lati minori, ippocampo a nuoto sopra le onde, avendo sul dorso un
Erote il quale lo regge per le briglie (fig. 8). Sul lato sinistro l'Erote vibra con la destra
la sferza.
Sarcofago n. 3 (fig. 9), rinvenuto in sita dentro il nicchione sinistro. Coperchio piano
con fronte rialzata, scolpita a bassorilievo. Cassone con sculture ad altorilievo sulla fronte
Fig. 8.
principale e a bassorilievo sui lati minori. Dimensioni del cassone, m. 1,80X0,40X0.24.
11 coperchio (alt. della fronte m. 0,1 5) era mantenuto aderente al cassone mediante uno
Fio. 9.
strato di calce, nonché mediante due grappe metalliche verticali, una su ciascuno dei
lati minori, delle quali sono rimasti solamente gli incassi.
Sulla fronte del coperchio, targa centrale liscia, con due gruppi per parte di Eroti
natanti di conserva con mostri marini imbrigliati, di cui essi reggono con una mano le bri-
glie, avendo nell'altra mano la sferza. A destra ippocampo e pantera, a sinistra cervo e
KÒMA — 442 — KOMA
grifone. Ciascun gruppo di un Erote e di una fiera si muove in senso contrario all'altro.
Maschere di Medusa alle due estremità della fronte del coperchio.
Il cassone porta al centro della fronte principale, come imago dipeata, un busto di
figura muliebre vestita di tunica e manto, da cui esce la mano destra.
Il busto porta ben conservati i tratti gentili del volto di persona adulta, con i ca-
pelli spartiti a mezzo la fronte. Il clipeo è sorretto, a destra e a sinistra, da due robuste
figure di Tritoni ampiochiomati e barbati, riguardanti in fuori sdegnosi. Le lunghe corna
tortili, munite di branchie alle estremità, lasciano chiaramente divedere, come sia
stata ad essi adattata la maschera della più alta tra le personificazioni marine, l'Oceano.
11 tronco di ciascuna figura è coperto di squame indicate da linee a zig-zag. Sul dorso
di ciascun Tritone una figura di Nereide, le sole gambe avvolte nell'himation. La Ke-
reide a destra volge la faccia verso il Tritone e le spalle al riguardante, con una mano
poggiata sul dorso del compagno, mentre l'altra è nel gesto di rialzare una treccia della
ricca chioma inzuppata d'acqua marina. La Nereide opposta si abbandona più molle-
mente sul dorso del Tritone, passando il braccio sinistro dietro il suo collo e colla destra
sollevando dalle onde un fanciullino che tenta attaccarsi al suo seno. Un Erote dietro
le spalle della Nereide, dando fiato alla buccina, fa riscontro ad uno simile, nello stesso
atteggiamento dalla parte opposta, seduto sull'estremità della coda del Tritone.
All'estremità sinistra del quadro un Tritone simile ai precedenti, ampiochiomato
e barbato, improvvisamente assalito da una pantera marina che avvolge le sue spire in-
torno al tronco, tenta difendersi dalla fiera menando vigorosi colpi col remo che tiene
sollevato con ambe le mani dietro il capo. Sotto le zampe del Tritone, putto natante ab-
bracciato a un delfino. Sul dorso del Tritone siede una Nereide sul tipo della prima de-
scritta, con le abbondanti chiome cascanti mollemente sul collo e con la zana che le cinge
la vita sotto le ascelle. Regge con la destra una cetra dalle lunghe corna tortili, cui si av-
vicina un Erotc volando.
All'estremità opposta Tritone giovane e imberbe, lungochiomato, con vari ordini di
squame che gli solcano la faccia ed il petto, reggendo colla sinistra il remo inerte in posa
verticale, colla destra guidando per mano un puttino il quale agita le gambe tra le onde.
Sul dorso porta una JVereide nell'atteggiamento della seconda descritta, rialzando gra-
ziosamente con una mano le treccie scomposte, coll'altra sorreggendo un puttino dritto
in piedi sulle sue ginocchia, occupato a tendere il piccolo arco per colpire una pistrice
che solleva dalle onde il corpo mostruoso, torcendo verso il saettatore il muso pian-
tato sul lungo collo.
Su ciascuno dei lati minori gruppo eseguito a bassorilievo, di un ippocampo a galoppo
sulle onde, portando sul dorso un Amorino da una parte seduto, dall'altra in piedi, suo-
nante la doppia tibia.
Le volute delle onde marine, lungo tutto il bordo inferiore del quadro, sono ese-
guite a cartoccio come nel sarcofago precedente, dove però è maggiore il lavoro del
trapano.
Sarcofago n. 4 (fig. 10), rinvenuto nel mezzo della camera, parallelo al prece-
dente, di cui nascondeva la fronte. Coperchio e cassone simili al n. 3. Dimensioni del
cassone, m. 1,96X0,56X0,55.
1Ì0MA
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ROMA
Sulla fronte rialzata del coperchio (alt. m. 0,26) sono eseguiti a bassorilievo i
seguenti motivi: al centro maschera cornuta dell'Oceano, ampiochiomata e barbata. Da
ciascun lato del motivo centrale, sei delfini riuniti due a due su due piani, guizzando
sopra le onde. Il coperchio andava unito al cassone mediante uno strato di calce.
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Fio. 10.
La parete principale del cassone è semplicemente scolpita a strigilature, con grande
targa rettangolare al centro scorniciata e iscritta. L'iscrizione, che si legge faticosa-
mente per l'abrasione del marmo, suona :
D e M es S
M-OCTAVIO FELICI
SEN- PATRI PIENTIS
SIMO Q-V-A-LV VI (*«)
M- VI- D- Villi
M-OCTAVIVS EV
TYCHESLIB-
CVRAVIT
Anche qui il coperchio era tenuto aderente al cassone mediante uno strato di calce.
Dietro il terzo sarcofago fu rinvenuta una cassetta di terracotta con coperchio di
tegole, vuota, impiegata originariamente quale sepoltura di bambino. Per collocare
più al sicuro la fragile cassa, era stato distaccato dalla parete di fondo del nicchione, con
la quale doveva aderire, il sarcofago, e portato più verso il centro della camera. La
cassetta, di m. 0,80X0,30X0,25, era coperta da due tegoloni con i margini tagliati.
Ciascuno di questi portava impresso il bollo riportato in C. I. L. XV, 1, n. 166.
Il pavimento della camera sepolcrale descritta, come quello del breve corridoio di
accesso, risultò intieramente coperto da un mosaico di buona fattura a tasselli bianchi,
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 57
ROMA — 444 — , KOMÀ
con liste nere : e cioè una doppia lista nera lungo le pareti della camera, e una semplice
lista lungo le pareti del vestibolo. Ai quattro angoli della camera, poi, furono notate
nel suolo,- incastonate nel mosaico, quattro piccole lastre quadrate, di marmo bianco,
misuranti m. 0,15 di lato. Sollevato dal piano in cui erano murate le quattro lastre, si
trovò che una sola di esse poggiava sul sodo massicciato del mosaico, mentre le altre tre
proteggevano un foro cilindrico ricavato nella terra, profondo ni. 0,25, del diam. di m. 0,10.
La ragione di codesti fori ci sfugge, a meno che non si tratti di ricettacoli per le ceneri
di defunti cremati. Quanto a suppellettile funebre, essendo stato l'ipogeo saccheggiato
in antico, non si rinvenne durante lo sterro che qualche lucernetta fittile, priva di
rilievi e frammentaria, nonché frammenti insignificanti di vasi fittili.
Dalle iscrizioni scolpite sui sarcofagi, dall'indole delle pitture dell'ipogeo, dalla dispo-
sizione stessa dei sarcofagi nell'interno, è possibile dedurre gli elementi necessari per ri-
costruire la storia del monumento. Questo dovette sorgere per iniziativa di Ottavio Felice,
in occasione della morte precoce della figlia, là piccola Ottavia Paolina. Ciò è chiaramente
dimostrato così dalla collocazione originaria del relativo sarcofago nel nicchione centrale,
come dal soggetto cui s'ispira la pittura della lunetta superiore : il trasporto agli Elisii
di una fanciulla. Successivamente morivano altri due membri della famiglia, due donne,
alle quali furono destinati i due sarcofagi laterali simili, con immagini femminili clipeate.
Una di queste si può ritenere essere stata la madre di Ottavia Paolina. Ultimo della fa-
miglia, senza lasciare eredi legittimi, moriva il capo di essa, Ottavio Felice, al quale
appartiene l'ultimo sarcofago depositato nella tomba, ed ivi situato a cura di un estraneo,
forse un liberto della famiglia, certo Eutyches. Queste vicende del monumento sono su-
scettibili di essere racchiuse entro il periodo di trenta o quarantanni, con probabile inizio
entro la prima metà del III secolo, e ci permettono di datare entro limiti di tempo
abbastanza ben circoscritti così la costruzione del monumento, come l'esecuzione delle
pitture e dei sarcofagi descritti.
Secondo ipogeo (tav. III).
Alla distanza di circa duecento metri a sud-ovest dell'ipogeo sepolcrale testé
descritto (ved. pianta fig. 1) alcuni operai addetti allo sbancamento della pozzolana, mi-
sero alla luce, nel novembre 1921, la testata di un grande sarcofago di marmo. Intra-
preso, dietro quell'indizio, lo scavo, sistematico della località, furono scoperti in poco
tempo i resti di un altro ipogeo sepolcrale. A differenza del precedente ipogeo, così ben
conservato, si può dire che di questo non fosse rimasto, dal punto di vista architettonico,
che assai poco (fig. 11). L'ipogeo era ricavato a poca profondità dal piano di campa-
gna, in direzione nord-sud, con soffitto il cui estradosso certamente superava il livello
stesso del piano di campagna, dando luogo a una costruzione metà in trincea, metà
in rilevato. Come pareti longitudinali e come parete di fondo dell'ipogeo erano utiliz-
zate le pareti naturali della roccia tufacea. A sostegno del soffitto, non si saprebbe dire
se a vòlta o a piattabanda, poiché non ne rimaneva più traccia, come più nessuna trac-
cia rimaneva della parete rocciosa sinistra dell'ipogeo, demolita durante lo sbancamento
ROMA
— 44:") _
RO.MA
del terreno, prima della scoperta dell'ipogeo — erano stati innalzati degli archi di mattoni
in senso normale alla lunghezza dell'ipogeo stesso (tav. III). Un primo muro era addossato
alla parete di fondo, con i fianchi appoggiati alla roccia e con ampio nicchione destinato
a ricettacolo di sarcofago, come si è visto nell'altro ipogeo. Non si rinvennero, ancora in
situ, oltre il sarcofago che appresso descriveremo, altro che i due piedritti del muro,
con l'imposto destro dell'arco del nicchione, il quale misurava una larghezza massima di
m. 2,55, con un'altezza approssimativa di m. 2. Secondo lo stesso sistema, era innalzato
all'estremità opposta il muro con la porta d'ingresso all'ipogeo. Anche di questo muro
t
4
1 - Porta d* ingresso all'Ipogeo.
2 - Prima camera, con formae.
Fio. 11.
:; - Seconda camera, con formae e cas«one.
4 - Terza camera, con cassone e sarcofagi.
non si rinvennero se non la parte inferiore, per un'altezza di m. 1,50, con la porta larga
m. 1,20, e le due spallette larghe ciascuna m. 0,55. Tra questi due muri estremi erano stati
innalzati a distanze uguali altri due muri interni paralleli a quelli, come muri divisorii, i
quali scompartivano tutto lo spazio dell'ipogeo in tre vani, press'a poco di uguale lun-
ghezza e larghezza. Il tipo di costruzione dei muri interni è in fondo il medesimo con-
statato negli altri. Ciascuno dei muri interni, dello spessore di m. 0,60, presenta un arco
di passaggio largo m. 2,45, alto m. 2, a pieno sesto. Al di sopra dell'arco il muro si inal-
zava ancora per un'altezza incerta, forse tale da pareggiare il sommo della porta d'in-
gresso. Oltre la funzione di muri divisori, è chiaro che codesti muri interni avessero quella,
più importante, di muri di sostegno del soffitto oggi mancante, in modo che gli archi fun-
zionassero come anelli di vòlta. Tutti i muri erano intonacati ; e in qualche punto, come
in vicinanza della porta, si rinvennero dei frammenti di intonaco bianco, con residui di
riquadrature in color rosso.
L'interno dell'ipogeo, architettonicamente così semplice e giunto a noi in così mi-
sero stato di conservazione, poc'altro presenta di interessante. Dalla porta d'ingresso,
a sud, larga m. 1,30, con muri laterali a cortina di mattoni, si scende tuttora, per una
ROMA
— 446 -
ROMA
breve scala di mattoni, di 3 gradini, alti ciascuno m. 0,25, in un primo ambiente o vesti-
bolo (dimensioni m. 3,35 X 2,70) con piano di cocciopesto, dello spessore di 15 cm., alla
profondità di ni. 3 dal piano di campagna. A destra della scala una banchina irregolare
in opera a sacco, alta da terra m. 0,55, lunga m. 2,60, larga 0,50. Ai piedi della parete
di fronte si trovò nel terreno una sepoltura alla cappuccina (m. 1 ,30 X 0,40 X 0,50
di altezza), entro la quale non si rinvennero se non pochi resti delle ossa, una lucerna fit-
Fig. 12.
tile frammentaria con l'emblema di un gallo nella parte superiore, oltre a un frammento
di tegolone col seguente bollo rettangolare :
L-SESTI- ALB
QVIRINALIS- A
(cfr. C. I. L. XV, 1, 1445).
La camera intermedia, di m. 3,30 X 2,40, compresa tra i due archi, pure con pavi-
mento a cocciopesto, presenta parallelo alla parete destra un basso muro, formando una
sepoltura a cassone (m. 2,35 X 0,50 X 0,60), rivestita e chiusa da tegoloni, in cui si
rinvennero resti di uno scheletro con il cranio a sud. La parete esterna del muretto por-
tava traccie d'intonaco. Lungo la parete sinistra due piccole sepolture, una a cappuc-
cina, l'altra a cassettone, riparata da un muro a sacco, tutte manomesse come le pre-
cedenti, e sconvolte.
Le dimensioni dell'ultima camera, con lo stesso piano di cocciopesto, sono le mede-
sime di quella intermedia. Sulla parete di fondo un nicchione appoggiato a pilastri in mu-
ratura, dei quali quello di destra misura m. 0,85 X 0,77, ed è conservato per l'altezza di
m. 1,30 ; quello di sinistra, conservato per m. 0,95 di altezza, misura m. 0,80 X 0,60. Alla
parete destra è addossata una tomba a cassone (dimensioni della tomba m. 2,40 X 0,55
X 0,50) con muretto anteriore a mattoni, dello spessore di m. 0,30. Le pareti interne
della tomba, ad eccezione del muretto anteriore, erano rivestite di tegoloni. La copertura
della tomba era stata fatta parte con tegoloni, parte con pezzi di lastre di marmo cipollino.
ROMA . — 447 — ROMA
Al centro, tra i pilastri rimanenti del nicchione di fondo, si rinvenne un grande sarco-
fago marmoreo, munito di coperchio e collocato ancora in silu sopra un piano di mattoni
in continuazione del piano dell'ambiente. Il sarcofago (fig. 12), di m. 2,18 di lunghezza,
m. 0,77 di altezza e altrettanto di larghezza, è di quelli tardi, a fronte strigilata. La
strigilatura è però interrotta, così al centro della fronte come alle estremità, da riquadri
figurati. Nel quadretto di mezzo vediamo una figura muliebre giovanile seduta a destra
su seggio pieghevole, essendo vestita di tunica altocinta senza maniche e di pallio
ricoprente la spalla sinistra e le ginocchia, con calzari ai piedi. Con la mano sinistra la
figura è in atto. di tenere diritta, stringendola per le corde, una lira appoggiata sopra
un basso pilastro, mentre colla destra tiene il plettro, di forma rotondeggiante. L'accon-
ciatura dei capelli della figura è liscia secondo la moda del ITI secolo, con -lunga ciocca
ricadente sul collo e fatta quindi risalire dietro la nuca, dove sembra fermata. Al di sopra
della lira spunta presso l'angolo superiore destro del quadro una testa virile barbata, con
capelli ricci stretti da una tenia o da una corona metallica : molto probabilmente una
imago, la imago del marito. La testa, eseguita di tre quarti, è rivolta verso la donna.
Causa il verismo ritrattistico delle figure, è lecito ritenere questa una coppia di co-
niugi, quelli stessi pei quali venne commesso il sarcofago, visto che nell'interno di esso,
non ostante la violazione in precedenza avvenuta, si rinvennero i resti di due cadaveri,
ai quali forse era intitolato l'intero monumento sepolcrale (L). All'estremità destra della
fronte, su plinto sagomato, figura efebica, il corpo avvolto in semplice pallio, che lascia il
petto scoperto, con sandali ai piedi. Le mani della figura stringono presso il fianco sini-
stro un oggetto, che si può ritenere il volume. Lo stillicidio secolare dell'acqua ha però cor-
roso il fianco della figura e reso irriconoscibile il particolare. All'estremità sinistra della
fronte medesima, in perfetta simmetria con la precedente, figura muliebre vestita di lunga
tunica e di pallio, con calzari ai piedi e acconciatura dei capelli simile a quella riscontrata
nella figura centrale. Ambe le mani della donna stringono il volume. I due personaggi
laterali, pur essendo di fronte, hanno ambedue il capo rivolto verso il quadro di mezzo.
Alle testate del sarcofago sono leggermente scolpiti, a puro contorno, dei trofei d'armi,
consistenti in una coppia di scudi incrociati.
La parete posteriore del sarcofago presenta una fenditura, riparata in antico da una
grappa di ferro.
Il coperchio del sarcofago, con fronte rialzata, si rinvenne ancora al suo posto, pur
essendo rotto in una diecina di pezzi. Esso era assicurato al cassone mediante quattro
grappe verticali di piombo, due per testata. A metà della fronte di esso è scolpita una
targa quadrata, di m. 0,55 di lato, scorniciata all'intorno e liscia internamente. Da ciascun
lato della targa sono rappresentati di seguito, rivolti verso il centro, due ippocampi, a ga-
loppo sulle onde, guidati per le redini ciascuno da un Erote che siede sulla groppa agitando
la sferza. A ciascuna estremità della fronte del coperchio, maschera gorgonica di profilo.
A sinistra del ricordato nicchione centrale e lungo la stessa parete sinistra della ca-
mera si rinvenne un piccolo sarcofago (fig. 1 3).pure di marmo (lunghezza m. 1,28 X m. 0,30
di altezza e m. 0,37 di larghezza), collocato sopra due piccoli capitelli dorici di travertino,
rovesciati, alti m. 0,35, con abaco di m. 0,32 di Iato. Il sarcofago era privo del coperchio,
(*) In mezzo alle ossa sparse, si raccolsero anche due rozze lucernette fittili.
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— 448 —
ROMA
con sculture intorno, fortemente corrose dall'acqua di filtrazione. Sulla fronte del sarcofago
due Amorini, con ampie ali spiegate, reggono al centro un clipeo tondo, interamente piatto
e liscio. Sotto il corpo di ciascuno di essi una pantera accovacciata al suolo è intenta ad
assaporare il contenuto di un cratere a calice rovesciato. Altri due Amorini, di proporzioni
minori dei precedenti, alle estremità della fronte, muovono il passo reggendo con ambe
lemanile estremità di un festone con bende. Alla testata sinistra del sarcofago grifo alato,
seduto sulle zampe posteriori ; l'altra testata liscia.
- Questo sarcofago per quanto si riferisce alle sculture della fronte, è in tutto identico
ad un altro trovato presso Roma nel Cimitero di Callisto (riprodotto da L. Sybel, in Chri-
sllkhe Antike, voi. II, pag. 1).
Fio. 13.
In mezzo alla terra e al materiale di marmo si rinvennero durante lo scavo frammenti
di tegoloni, con bolli già conosciuti e riportati in C. I. L. XV, 1, ai nn. 166, 283, 356,
583, 1171 e 2179.
Rella prima camera dell'ipogeo, dalla parte dell'ingresso, fu rinvenuta, coricata
sul terreno, una colonnina di marmo bianco a base rotonda, di m. 0,29 di diametro, fusto
tronco-conico scanalato, alto m. 0,54, con coronamento di m. 0,15 di diametro e foro
centrale quadrato (m. 0,09 di lato), profondo 15 nim. ; trattasi, molto probabilmente, di
una base di sostegno per lucerna. Fu inoltre rinvenuta una piccola lucerna fittile, liscia.
Durante lo sbancamento della terra intorno alla tomba, furono rinvenuti parecchi
cunicoli di drenaggio, con volta a botte e pareti intonacate, larghi ciascuno da ni. 0,40
a m. 0,75, alti da ni. 1,50 a m. 1 ,70. TaB cunicoli si incontrano ad angoli retti, costituendo
una fìtta rete sotterranea, poco profonda. Lo stesso corridoio d'ingresso alla tomba teste
descritta sembra essere stato ricavato in un cunicolo di drenaggio preesistente, la cui
direzione era la stessa dell'orientamento in lunghezza dell'ipogeo. Il detto cunicolo, inter-
rotto per un intervallo di m. 10, cioè quanto è lungo l'ipogeo, fu rintracciato e seguito
dietro la parete di fondo dell'ultima camera, per la lunghezza ancora di m. 5,25, fino
all'incontro con un pilastro di sbarramento in muratura alto m. 1,50 e largo 1,60, con era.
15 di spessore. Il percorso del cunicolo continua oltre il detto muro.
Si raccolsero ancora tre rozze lucernette fittili, monolicni, ed un peso di stadera,
di piombo, a forma cilindrica, privo dell'anello (alt. era. 4, diam. mm. 65).
Durante lo sterro della camera sepolcrale di mezzo si rinvenne coricata sul piano
una colonnetta di marmo bianco, scanalata, con base circolare di m. 0,29 di dia-
otizie degli Scavi, 1922 - Fase. IV.
O. Bendinelli - Tav. I.
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KOMA . — 449 ROMA
metro, fusto rastremato e terminante in alto con cuscino piano, munito di foro qua-
drato al centro. Altezza complessiva, m. 0,54. Una colonnina simile, frammentaria,
fu rinvenuta nella camera di fondo Q).
L'età del secondo ipogeo, notevolmente più tardo del precedente, può essere collo-
cata intorno al principio del secolo IV av. Cr.
Tutti gli scavi sin qui riferiti furono eseguiti sotto la direzione del sottoscritto e con
la sorveglianza assidua e diligente dell'assistente sig. Pietro Mottini. Gli accuratissimi
rilievi grafici, poi, pubblicati a corredo della presente Relazione, si debbono al disegnatore
sig. Azeglio Berretti, e le fotografie al custode sig. Reginaldo Saraceno, della R. Soprin-
tendenza agli scavi della provincia di Roma. Merita di essere particolarmente segnalato
lo zelo col quale il Consiglio di Amministrazione della Cooperativa « Parva Domus », e
per esso il consigliere delegato sig. avv. Luigi Capalti, incoraggiò e sostenne l'opera della
R. Soprintendenza, e provvide quindi alla tutela degli importanti cimeli rimasti ad essa
in consegna. Allo scopo, anzi, di mostrare in quale alto conto fossero da esso tenute le sco-
perte di cui sopra, lo stesso Consiglio di Amministrazione della Cooperativa stabilì di as-
segnare alla ridente borgata nascente in mezzo a così nobili ricordi del passato, il nome
di Borgata degli Ottavi, a memoria perenne della famiglia cui è intitolato il primo ipogeo
sepolcrale scoperto.
Dopo gl'importanti rinvenimenti fatti oggetto della presente Relazione, altre mi-
nori scoperte ebbero luogo qua e là durante scavi di fondazione per altri villini. Tale la
scoperta di un sarcofago di travertino, molto consunto e privo di coperchio, lungo m. 2,
alto 0,40 e largo 0,55, con angoli interni arrotondati e breve cuscino rilevato per la testa
del cadavere. Tale, inoltre, quella di un ipogeo sepolcrale rozzissimo, ricavato nella nuda
roccia e a poca profondità, con banchina lungo la parete di fondo (*). Avanzi di antichi
muri a cortina di mattoni, e di platee rivestite di mattonelle fittili piantate direttamente
sulla roccia tufacea, irrimediabilmente distrutte dal nuovo sistema di dissodamento dei
terreni, con profondi aratri meccanici di marca americana, servirono sempre più e me-
glio a dimostrare la grande importanza agricola di quella zona in tempi remoti dai nostri.
Si può anzi con sufficiente sicurezza affermare che durante l'impero e sino agli ultimi
tempi di questo persistè in quei paraggi una colonia, certo a carattere agricolo, nume-
rosa e fiorente. Ed è di grande conforto oggi constatare, come l'audacia illuminata de-
gli uomini, sfidando la solitudine e il deserto, l'ostilità apparente della natura come la
sfiducia degli scettici, abbia saputo colà creare quello che sarà un nuovo centro di vita e
di prosperità per tante famiglie, ricalcando così le traccio di una meravigliosa civiltà, la-
sciate da un popolo al quale noi tutti, tardi nepoti, ci gloriamo di appartenere (8).
G. Bendinelli.
, ' (!) Si può ritenere che anche le dette colonnine fossero impiegate nella tomba, come sup-
porti di lucerne.
(*) Causa lo stato precario di conservazione e il terriccio che tuttora riempiva l'ipogeo, non fu
possibile di prenderne le misure e neppure di stabilirne l'età.
(3) Numerose iscrizioni ed altri avanzi romani furono rinvenuti nella zona di Monte Mario, poco
lontano dal Manicomio Provinciale. In una prossima relazione sarà dato conto anche di queste
scoperte.
LanuVio
— 450 —
REC.IOXE I.
Heqione I (LATIUM ET CAMPANIA).
VI. LANUVIO — Resti di via antica nella tenuta Sforza — Tomba
in contrada Via Larga — Scoperta di via antica nei pressi del paese —
Tombe alle Tre Vie e nella tenuta Sforza — Avanzi di costruzioni
idrauliche a Casalpozzo — Frammenti epigrafici.
Nella località della tenuta del conte G. Sforza detta Montegiove, proseguendosi il
dissodamento del terreno per mezzo degli aratri meccanici, messi in azione dalle macchine
a vapore Fowler (cfr. Notizie 1920, pag. 294), questi, alla profondità non minore di 50 cin.,
( Meridiano ci > Roma)
Airw
SCALA i 2.5000
hanno divelti e portati al piano di campagna i poligoni basaltini di un'antica via, della
quale, grazie all'estensione della scoperta, è facile riconoscere in quel punto la direzione
da N-NE a S-SO. Tali resti sono apparsi nel marzo dell'anno 1921 precisamente sul
terreno che si dilunga ad oriente della ferrovia di Anzio, e cominciano ad affiorare, a nord,
lateralmente al casello n. 11, dal quale distano appena 200 metri. Ma nel punto però che
essi più si accostano alla ferrovia, la distanza si accorcia fino a raggiungere i 90 metri
(vedi pianta, alla lettera B).
REGIONE I — 451 — LANUVIO
In tre riprese, essendo il terreno ove la scoperta è avvenuta leggermente ondulato,
appaiono su una lunghezza di m. 140 e su di una larghezza media di m. 4. 1 poligoni della
via si trovano in tutta l'estensione frammisti ad abbondanti resti di tegole, di mattoni,
di olle e di altri vasi di terracotta, generalmente gialla, senza però che vi si riscontrino
frammenti di marmi. Questi rottami fanno naturalmente pensare a quel letto battuto di
cocci mescolati a calce (nucleus) che solevasi stendere immediatamente sotto il pacimen-
twm basaltino delle vie. E perciò si esclude che possano ripetere la loro origine da qualche
costruzione adiacente all'antica via, sebbene non ne manchino dei saggi anche in queste
adiacenze.
Invero rovine di un'antica costruzione sono apparse per una superficie di m. 6x6,
su quella modesta ondulazione di terreno che si vede circa 250 m. più ad oriente della via
antica, al disopra della strada mulattiera di Casalpozzo, anche esse cosparse di abbon-
danti frammenti testacei, in prevalenza di colore rosso cupo (vedi pianta, lett. G). Tale
costruzione si presenta a parallelepipedi di peperino, di cui qualche fila è ancora in silu,
sepolta nel terreno. Tra quei massi smossi, che misurano m. 1.80 X 0.90 X 0.80, ho potuto
riconoscere tre frammenti di una cassa, pure di peperino, la quale doveva essere alta
m. 0,35, spessa m. 0.13 e servire piuttosto come vasca in una fonte che non come sarco-
fago. Ma, data la frammentarietà della scoperta, non è possibile nemmeno pensare alla
pianta della fabbrica né all'uso cui fu destinata.
La via rinvenuta a Montegiove tende, verso mezzogiorno, a raggiungere il nodo stra-
dale dell'osteria di Civita (*), dove convengono e s'intersecano la via provinciale e la strada
ferrata di Anzio, la strada mulattiera di Casalpozzo che scende da Lanuvio, e quella di
Campomorto. Difatti, sulla falda occidentale di quella lieve ondulazione di terreno, che
trovasi sul lato E della strada di Casalpozzo, cioè innanzi al casello ferroviario n. 12,
è apparso, sempre nelle identiche condizioni di rovina, dovuta all'azione dell'aratro, un
altro breve tratto della via lungo appena 20 m. e largo circa 4, il quale, in linea retta,
viene a trovarsi precisamente sul prolungamento degli altri resti scoperti a monte
(vedi pianta lett. D).
Inoltre, su questa piccola altura, e ad E dei residui della via antica, l'aratro ha pure
sfondato la vòlta di una camera lunga m. 8, larga m. 5, e di cui non è possibile precisare
l'altezza, essendo quasi completamente interrata a causa della terra penetratavi attraverso
un foro, da tempo apertosi sull'alto della parete di fondo (vedi pianta, lett. E). Intorno a
questa costruzione vennero pure in luce dei frammenti di parallelepipedi di peperino di
varia grandezza, che, rimossi nel settembre 1922 allo scopo di preparare il terreno per la
semina dei cereali, presentarono, tre di essi, delle belle tracce d'iscrizione funeraria. Questi
frammenti sono alti ni. 0.58, larghi m. 0,34, e il primo è lungo m. 0.88, il secondo m. 0.45,
il terzo m. 0.65. Combinano perfettamente per mezzo delle loro fratture irregolari, per cui
appare evidente che in origine formavano un monolite lungo m. 1,96. Da quanto è restato
(!) L'osteria di Civita, localmente meglio conosciuta col nome di Osteriaccia, è un tugurio diruto,
abbandonato, di costruzione moderna, che può riguardarsi come il punto determinante il confine del
territorio lanu'vino verso O. Essa trovasi 21 miglia distante da Roma, 16 da Anzio, 3 da Montegiove,
e 3 dalla tenuta di Buon Riposo. Cfr. Nibby, Analisi, I, pag. 403 ; Tomassetti, Campagna romana.
II, pag. 302.
Notizib Scavi 1922 - Voi. XIX. 68
LANUVIO
452
REGIONE I.
in basso e a destra dell'iscrizione, si nota che questa doveva essere incastonata esterna-
mente sulla porzione superiore di una parete, con tutta probabilità la frontale, del monu-
mento funeraticio, a bugne, ottenute artificialmente con interstizi, larghi cm. 2 e pro-
fondi mm. 5, incisi su gli stessi grandi parallelepipedi di peperino. Sotto l'iscrizione una
bugna misura in lungo cm. 79, ma non si sa se fossero tutte di eguale dimensione ed alte
quanto quella che contiene l'iscrizione, ossia cm. 34.
I
CF-MA
EX • TESTAMENTO • ARBITRAI
PHIM««S • NIGR« )
I
rv
T
Le lettere appaiono di forma quadrata regolare ed elegante, e quelle della prima rip:a
sono alte cm. 12.5, quelle della seconda cm. 7.5 e quelle della terza cm. 6.2. Purtroppo
manca la parte sinistra dell'epigrafe, ai cui il primo frammento presenta un'abrasione che
abbraccia quasi tutto il primo rigo (cm. 58) e solamente cm. 24 delle altre due righe (1).
Per cui resta incompleto sia il nome di chi ordinò l'erezione del monumento funeraticio
[Quintus S ms C. f. Mai((y>?)], sia quello di chi ebbe l'incarico, per testamento, di
provvederne a suo beneplacito e volontà (arbitrata) l'esecuzione. Dato il ductus delle
lettere, sembra che l'iscrizione possa riferirsi al I sec. d. Cr.
Può darsi che la camera surricordata costituisca l'ipogeo di questo sepolcro ; ma,
per le condizioni d'interramento in cui ritrovasi l'ambiente, nulla può dirsi di positivo
in proposito.
In seguito a q.iesti nuovi rinvenimenti, si ottiene anche un poco più di luce sull'abi-
tazione romana, trovata nell'anno 1920 su di un'altura a ponente della ferrovia di Anzio,
la quale abitazione, come si disse, appariva fiancheggiata a SO dai resti di una via, di
cui, date le minuscole proporzioni della scoperta (m. 3 X 3), non era agevole riconoscere
la direzione (*) (ved. pianta, lett. A). Ora appare evidente che quella via doveva scen-
dere sul versante ove trovasi la moderna ferrovia di Anzio, per raggiungere, quasi ad
angolo retto, la grande via antica teste rinvenuta, con la quale aveva l'ufficio di met-
tere in diretta comunicazione la costruzione surricordata.
(*) Sembra che l'abrasione sia dovuta al fatto, che dal frammento si tentò ricavare una vaschetta
di m. 0,58 x 0,33, o qualche cosa di simile, come fa credere quella traccia a scalpello che scendendo,
normale alle file delle lettere, dalla S finale del nome, che trovasi nella prima riga, viene a dare i con-
torni regolari dell'incavo che si voleva ottenere sul masso.
(*) Nel rendere conto di questo rinvenimento, fu detto erroneamente che era avvenuto « Su di
una modesta ondulazione del terreno, compresa trai caselli ferroviariin. 9 e n. 10, a circa 200 metri
dalla ferrovia stessa ». Invece, come può scorgersi anche dall'annessa cartina topografica, si deve in-
tendere che l'ondulazione del terreno e la scoperta sono compresi tra i caselli ferroviarii nn. 11 e 12.
Cfr. Notizie, 1920, pag. 294.
REGIONE I. — 453 — LANUVIO
Ora, con i soli dati di fatto offerti dalla scoperta, è possibile stabilire quali centri
allacciasse questa antica via, venuta in luce nella cenuta del conte G. Sforza?
Cominciamo col dire che, tenuto conto delle proporzioni di essa (che si presenta con
una larghezza presumibile di m. 4, come l'altra via, per grandi tratti ancora visibile, la
quale univa Lanuvio con Astura, e di poco inferiore alla larghezza della stessa via Ap-
pia), bisogna subito riconoscerle i caratteri di una grande arteria, da ascriversi tra le
più importanti della zona. Ora, gettando uno sguardo sulla carta topografica della regione,
salta agli occhi come, in base alla sua direzione da N-NE a S-SO, si deve escludere che
la via provenisse da Lanuvium per proseguire verso Ardea o verso Antium. D'altra parte,
per la forte ondulazione del terreno a tramontana, non può ammettersi nemmeno, che
scendesse da N ir derivazione dalla sovrastante via Appia.
Quindi, considerato che la via a S si volge senza dubbio verso Anzio, non resta se non
pensare all'antica via Antiatina, delineata da tutti i topografi del Lazio antico (l) in que-
sta zona, seguendo a un dipresso l'andamento della moderna via provinciale, al cui fianco
in vero sono apparsi tutti i resti di questa via antica.
Anzi la scoperta permette di precisarne il tracciato con dati di fatto ed a mettere
in evidenza come la via stessa, in quel punto, seguì piuttosto l'andamento della ferrovia,
di cui però conserva sempre l'È, che non quello della moderna via provinciale, della
quale viene a trovarsi in alcuni punti più ad oriente di circa m. 1100.
Il tratto identificato, quantunque ad intervalli, raggiunge un miglio e un quarto di
lunghezza, e potrebbe verisimilmente riferirsi a quella porzione della via antiatina com-
presa tra il XXI e il XXII miglio da Roma.
La scoperta verrebbe pure ad assodare un'altra circostanza : e cioè che, tra tutti
i tracciati della via antica eseguiti dai topografi del Lazio antico, quello del Desjardins
e del Bormann più si avvicinerebbe alla realtà, almeno nel punto ove si è verificato
il rinvenimento. Invero gli altri autori, avendo seguito piuttosto la falsariga della via
moderna, hanno delineata la via Antiatina un poco a ponente dei resti scoperti.
*
* *
Nella vigna della signora Teresa Frediani-Dionigi nei conti Lazzarini, sita sul pendìo
orientale del colle che sovrasta il paese dal quale dista circa 750 m., in contrada via Larga,
mentre sul finire dell'anno 1920 si procedeva ad uno scasso del terreno, a 50 cm. dal
(x) Cfr. Westphal, Die rdmische Rampogne, Berlin, 1829, pag. 20, e 36 a 38 ; A. Nibby, Analisi,
Roma, 1849, I, pp. 308-309 ; A. Bormann, AUlatinische Corographie, Halle, 1852, pag. 128 ; E. Des-
jardins, Topographie du Latium, Paris, 1854, pp. 127, 128 e 248 ; H. Nissen, Italische Landeskunde,
Berlin, 1883-1902: G. Tomassetti, La Campagna romana, II, pag. 123.
La via antiatina si staccava, a destra, dalia via Appia, un poco più avanti del XII miglio. Non è
stata mai oggetto di studi speciali, per cui i topografi si limitano generalmente a dire, che seguiva su
per giù il tracciato della via moderna. Solamente il Bormann sembra che si sia procurato il fastidio
di rintracciarla tra le vigne e i campi, e vi sarebbe riuscito fino al XXVII miglio (ivi, pag. 128). Ciò
spiega come la sua carta sia quella che più si distacca dalle altre, e meglio si accorda con la scoperta
lanuvina. Il Westphal (loc. cit.) ne descrive tutto l'andamento, ma non sempre in base a dati di fatto.
LANUVIO — 454 — REGIONE I.
piano di campagna, si rinvenne un modesto sepolcro a inumazione, del noto tipo detto
« alla cappuccina ».
Dalla parte del colle, cioè ad 0, le tombe, affiancate le une alle altre, e ammontanti
al numero di tre, si staccavano da un muretto informe, spesso soli cm. 30, tanto che, per
la spinta della terra sovrastante, era inclinato verso le tombe stesse. Tale rinforzo di
muro, in gran parte caduto, fu osservato ancora all'esterno della opposta parete ad E.
Le tombe, lunghe m. 1.37, larghe nel centro m. 0.43 ed alte ni. 0.54, erano regolar-
mente orientate da 0 ad E. La testa trovasi ad 0, ed i cadaveri erano affiancati e al-
quanto rannicchiati. Delle tre tombe, una solamente fu rinvenuta intatta, e nell'interno
di questa fu possibile raccogliere due vasetti di terracotta scura a parete sottile e ru-
stica, di cui uno a forma di bocaletto monoansato, alto m. 0.11, ed un altro, a piede largo
e finiente in alto a piatto, alto m. 0.07. Essi costituiscono tutta la suppellettile funebre
di queste povere tombe; ma, in assenza di caratteri specifici, non possono portare alcun
contributo alla determinazione dell'età del sepolcreto, che potrebbe riferirsi ad un pe-
riodo dell'Impero molto avanzato.
Nelle altre due tombe, in gran parte distrutte a causa dei lavori in precedenza ese-
guiti nel terreno, non furono trovati se non resti dell'impalcatura ossea dei cadaveri
frammisti a tegole intere e frammentate.
Molto rudimentale apparve la costruzione di dette tombe. Una grande tegola ad
0 e ad E ne formava le pareti su i lati corti. Il tetto era pure costituito da tegole ad orli
sovrapposti : e i lati lunghi avevano le tegole disposte nella maniera detta alla « cappuc-
cina », con le ali di ripiegamento in fuori. Ad impedire poi la caduta della terra neh' in-
terno di questo rozzo sarcofago, furono messi dei coppi sull' intersezioni delle tegole sia
in alto, sia su i. fianchi.
Le tegole furono trovate di varie dimensioni, misurando, nella lunghezza, da ni. 0.58
a m. 0.79.
In alto la loro larghezza oscillava da m. 0.38 a m. 0.48 ; in basso, da m. 0.43 a m. 0.53.
In due di esse si veggono le tracce di due bolli, in parte leggermente od affatto im-
pressi e, nella parte impressa, alquanto corrosi: l'uno dei quali è quello edito in C.l.L.
XV-408; l'altro, poco leggibile, può corrispondere forse al numero 1086.
*
* *
Durante l'aprile dell'anno 1921, nella parte settentrionale dell'oliveto pertinente
al sig. Fioravanti Pasquale a Borgo S« Giovanni, fondandosi una casa a destra della
via che scende alla chiesa delle Grazie, sono stati messi in miglior luce per circa 25 m.
i resti dell'antica via, che già apparivano incastrati lungo il ciglio della strada moderna,
ad un livello in media di 45 cm. più elevato di questa.
La via, restata nell'unica fila di poligoni marginali, era diretta da N-NE (verso il
paese) a S-SO. Dalla parte di ponente apparve fiancheggiata da una fila di parallelepi-
pedi di peperino di varie dimensioni, ma uniformemente alti cm. 35 a formare una cre-
pidine, e che, per aver ceduto il terreno su cui appoggiavano, si eran alquanto inclinati
REGIONE I. . 455 LANITVIO
verso 0. Dietro questa crepidine apparvero dei resti di fabbrica e precisamente un
muro parallelo alla via antica, alto m. 1.40, lungo m. 5 e spesso m. 0.40. Esso finiva ad an-
golo retto con un altro muro diretto da O-SO ad E-SE., lungo m. 8.15, dal quale si stac-
cavano ancora due muri pure ad angolo retto e paralleli al primo descritto, ma più corti
di questo, essendo restati per soli m. 2.
Questa costruzione a reticolato irregolare era molto fatiscente, e non conservava
tracce né di passaggi né di intonachi da cui pur doveva essere ricoperta.
La via, conosciuta ormai in tutta la sua direzione, era una delle vie interne dell'an-
tica città. Con movimento quasi parallelo all'altra via esterna, la via d'Astura, che si
trova nel versante orientale del colle a fianco delle maestose costruzioni ad opera qua-
drata, scende dal paese, ove resta in gran parte sepolta,, sotto le prime abitazioni del
largo tempio d'Ercole, e si mantiene a sinistra della via di Borgo S. Giovanni, fino
avanti l'ingresso del villino Seratrice. Quindi, con uno sviluppo di 60 m., attraversa la
via moderna per proseguire alla destra di essa subito che ha raggiunti gli orti dei signori
Centini (x); e su questo lato prosegue per altri 80 m., fino cioè al punto della scoperta.
La via antica, in seguito, tendeva a ritornare di nuovo alla sinistra della via moderna,
e con un percorso di 120 m. si riuniva, al disopra della chiesa delle Grazie, con l'altra
esterna surricordata, che menava ad Astura-.
*
* *
Nella vigna dei signori Alfonso e Pietro Baccarini,in contrada Tre Vie, circa 30 m.
a sinistra della via campestre che mena al ponte Loreto, la quale segue, su per giù, l'an-
damento dell'antica via d'Astura, ed a in. 2.50 sotto il piano di campagna, mentre si ese-
guivano alcuni lavori agricoli, durante l'ottobre 1921, apparve una tomba laterizia ad
inumazione, quasi del tutto disfatta, di cui il letto era costituito dalla nuda terra, le
pareti da grandi tegole senza bollo. Tra il materiale di scarico, che aveva precedente-
mente riempita la tomba, fu raccolto un elegante vasetto di bronzo, oggi al Museo ci-
vico, alto cm. 6, col fondo staccato per l'avanzata idrossidazione. Ha forma di bricco
dal collo stretto e dal corpo allargato in basso, che misura cm. 12.3 di circonferenza.
Il piccolo manico, dall'orlo della bocca., ove è restata anche la porzione rigida della cer-
niera in cui giuncava il minuscolo coperchio di chiusura, scende con dolce curva sul ri--
gonfiamento del corpo, terminandovi con una foglia munita del dorso e delle sue stria-
ture. Dato lo stato di manomissione in cui fu rinvenuta la tomba riesce impossibile
fissare un'epoca, sia pure approssimativa, cui riferirla.
Nel mese seguente, proseguendosi i lavori per la semina del grano nel quarto della
tenuta Sforza denominato Malcavallo, e precisamente sulla collina che fiancheggia
a sinistra, per chi scende dal paese, la surricordata via d'Astura, a circa 300 m. dal-
l'antico ponte Loreto, si son ritrovate, pochi cui. sotto il piano di campagna ed orien-
(1) Por il rilievo ili questo primo tratto della via antica cl'r. A. Galìeti, Memorie delV Heraeleion
Lanugine, in Bollettino delV associazione archeologica romana, Roma, l')U, pag. 31 segg., fig. 1.
LANUVIO — 45G — KEGIONK I.
tate da N-NO a S-SE, due anfore fusiformi lunghe circa 50 cm., le quali contenevano
delle ossa umane. Le anfore andarono naturalmente in frantumi : ma da un accesso
fatto sul luogo dovetti persuadermi che si riferivano ad un sepolcreto il quale si estende,
dalla cresta della collina, lungo il declivio della valletta che si dirige a S verso il ponte.
Questa area sepolcrale, di forma quadrata, sembra che fosse circoscritta con un muro
a parallelepipedi di cui sono apparsi gli avanzi, per una lunghezza da 3 a 4 m., sia a N
sia a S e distanti l'uno dall'altro quasi 10 metri. Non essendosi approfondito lo scavo, questi
resti apparvero costituiti da due sole fila di blocchi. Accanto all'avanzo del muro di
cinta a S, ove furono trovate le anfore con i resti mortali, fu pure raccolto un grande
bronzo di Philippvs Caesar (244-249) di media conservazione, unico elemento crono-
logico certo offerto dalla scoperta.
In un punto più a N di detto quarto, durante l'estate precedente, erano stati sco-
perti i resti molto corrosi di un vaso di bronzo a pareti liscie e sottili che poteva essere
alto cm. 17, e un altro di terracotta gialla alto cm. 19, a pareti spesse e ad un sol ma-
nico, di cui però son restate le sole attaccature. Qui pure fu raccolto il seguente fram-
mento marmoreo, con iscrizione sepolcrale, integro a destra, di m. 0,35 X 0,21 X 0,05,
a lettere più graffite che incise, di epoca tarda (sec. IV?) ed irregolari
un NOS • XXVII
T V S • A G E
benernc R E N T I
e un frammento di bollo di mattone, a lettere cave
□ 'ANI SVL
* *
Nel prato, compreso tra la vigna del sig. Arturo Soldi a Casal Pozzo e la via nettunese,
affiorano alcuni resti di costruzioni, a mezzogiorno delle quali trovasi, completamente
al disotto del piano di campagna, che in quel punto è sostenuto precisamente dalla vòlta
della stessa costruzione, una conserva d'acqua profonda circa m. 4, lunga m. 9.65 e larga
m. 3, in calcestruzzo ricoperto d'intonaco idraulico. Naturalmente la costruzione ha
fornito il motivo alla denominazione di «Casal Pozzo » con cui oggi viene riconosciuto
quel sito.
11 proprietario mina assicurato come, dopo una pioggia abbondante, la conserva ar-
rivi quasi a riempirsi dell'acqua che vi giunge per vie sotterranee, che però ben presto
scompare, molto probabilmente attraverso qualche cunicolo. Attualmente però non è
possibile riconoscerlo, perché l'ambiente è ricoperto al fondo da uno spesso strato di sassi
e di macerie.
A N di detta conserva è apparso il resto di m. 4 X 5,25 di un pavimento laterizio
a spina di pesce che a sua volta poggia sopra uno strato di coccio pesto levigato, il quale
REGIONE I. 457 — VEI.LETRI
sembra essere stato il primitivo piano della costruzione. In un angolo di esso trovasi
messo in eostruzione un blocco di peperino, aderente allo strato di coccio pesto e sul
quale sono incavate due piccole vaschette, rispettivamente di m. 0.25 X 0.17 e di
m. 0.23 X 0.18, dai labbri corrosi e non più alti di cm. 5, delle quali non appare
evidente l'uso.
Inoltre, ad oriente del pavimento si trovano quelle informi tracce di altri muri, cui
si è accennato di sopra, ma che purtroppo non lasciano indovinare nulla. Uno di questi,
distante dal pavimento m. 16, è formato da una linea di soli 3 blocchi di peperino
diretti da NE a SO. AI fianco di esso furono raccolti nel marzo 1922 alcuni frammenti
di fistule plumbee del massimo diametro di cm. 10, di cui due, trasportate al Museo
civico e che misurano rispettivamente m. 0.59 e m. 0.25, offrono le seguenti leggende:
i. habinnIericvs gallican fec
2. MARCIAE BRIONII
*
* *
Eseguendo, nel febbraio 1922, dei lavori di adattamento nella sua casa, sita intorno
alla Rocca del paese, il sig. Arturo Alberto Volpi trovò, al disopra di un'antica cunetta
di scarico, forse della fontanina in piazza del Commercio, un frammento di plinto mar-
moreo di m. 0.40 X 0.26 X 0.16, oggi al Museo civico, integro a sinistra ove aggetta pure
una modesta cornice, il quale presenta questo breve resto d'iscrizione :
A. Gameti.
VII. VELLETRI — Antichità scoperte in località « Melabo » presso
la stazione ferroviaria.
Facendo seguito alla mia precedente relazione, con la quale ho denunciato la scoperta
di una tomba nello sterro che stava eseguendo il sig. Ottavio Maferri in località Metabo
presso la stazione della ferrovia (*), dò notizia che, proseguendo lo sterro, si è sprofondato
ad un tratto il terreno per una estensione di circa 5 ni.2 e per la profondità di m. 3.
H materiale franato era costituito da qualche grosso blocco di pietra albana, da molti
sassi privi di malta e da terra sciolta. Tra i sassi si è rinvenuto un piccolo cippo funerario
in marmo, dell'altezza di m.0,65, con la base di m. 0,22 X0,16. La parte superiore è for-
mata da quattro antefisse, e tra le due della fronte vi è un piccolo busto di donna conte-
nuto in una specie di nicchia.
(x) Not. Scavi, 1922, p. 248.
VELLETRI — 458 — REGIONE I.
L'iscrizione, incisa su sette righe con lettere di bella forma alte dai 20 ai 32 millimetri,
è la seguente :
D • M
N AE VI A E
P ARAT AE
HAENIA ET
FLAVIANVS
NEPOS
MATRI BENEMEREN
Ai fianchi del cippo sono incisi a rilievo il prefericolo e la patera.
Fatto sgomberare il terreno sprofondato, sotto di esso apparve l'apertura di un pozzo
con la bocca del diametro di m. 0,60 formata dall'orlo di un dolio.
Il pozzo, fino alla profondità di circa m. 5,00, era rivestito con cinque dolj, larghi alla
bocca m. 0,60, al corpo m. 1,00 ed alti circa m. 0,95 e collegati insieme senza alcun cemento
ma a semplice contatto tra la parte inferiore del dolio superiore (privo di fondo) e la
bocca del dolio sottostante.
Sotto al quinto dolio finiva il rivestimento, ed il pozzo proseguiva a pareti di nuda
terra con un diametro di m. 0,70 e per una profondità di m. 11,80. Lungo le pareti erano
scavate le pedarole che permettevano l'accesso del pozzo sino al fondo.
Questo era ugualmente in terra, senza traccia apparente di rivestimento ; solo si rin-
vennero i frammenti di uno strato calcareo cristallizzato, dello spessore di circa cinque
millimetri, avente la frattura cristallina simile alle stalattiti. Non è stato possibile
dedurre se tali frammenti appartenessero ad un unico strato del fondo o fossero invece
precipitati dall'alto.
Non è facile desumere la destinazione del pozzo rinvenuto. È da escludersi che fosse
un pozzo per acqua, sia perchè il rivestimento con dolj aveva le giunture a semplice
incastro senza stuccature, sia ancora perchè la porzione inferiore non era rivestita da
alcun intonaco e quindi, data la natura tufacea del terreno, era permeabile all'acqua.
Si può supporre che fosse un sylos per conservare cereali, a simiglianza dei molti altri
rinvenuti poco lontano nello scavo eseguito molti anni fa per colmare il fossato dei bastioni
del Metabo, attualmente giardino pubblico ; per quanto questi erano poco profondi ed in
genere si internavano nel terreno seguendo una linea inclinata, ed avevano le pareti
rivestite di intonaco di cocciopesto.
Fra la terra asportata dal pozzo o già esistente o caduta col franamento, non si rin-
venne nulla di notevole, ma solo qualche osso di animale bovino ed un quadrante di
Caligola.
O. Nardini.
REGIONE I.
459 —
POMPEI
Vili. POMPEI — Scavi eseguiti da privati nel territorio di Pompei
(secondo rapporto) 0).
XI. La Villa rustica « Ti Claudi Eutychi, Caesaris liberti) », esplorata dal sig. cav.
Ernesto Santini, nel fondo di sua proprietà alla contrada Rota (Comune di Boscolrecase),
negli anni 1903-1905.
Allo scopo di correggere e vincere in parte l'accentuato dislivello esistente fra le
quote altimetriche delle stazioni di Boscotrecase e di Torre Annunziata della ferrovia
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Circumvesuviana, dai costruttori della nuova linea ferroviaria, l'anno 1902, fu aperta,
a monte, fra gli estremi indicati, una cava di prestito ; i cui materiali servirono per la
colmata a valle. Apertasi così presso Boscotrecase una vasta trincea, profonda in alcuni
punti circa m. 10, il 23 marzo 1903 furono incontrati i primi ruderi di questa Villa, e pre-
cisamente l'angolo sud-est dell'atrio servile, sul quale, a scavo ultimato, vennero poi
ad adagiarsi i binari della ferrovia. Fra gli anni 1903 e 1905, in forza di successive licenze
di scavo, il sig. Santini ottenne di potere esplorare di questo cospicuo edificio le parti
riprodotte nell'unito rilievo topografico (fig. 1), e si apprestava a completare la ricerca,
(x) Vedi anno 1921, pag. 415 sgg.
NoTiHB Soavi 1922 - Voi. XIX. 59
POMPEI — 460 — REGIONE I.
almeno per quel tanto che rimaneva ancora sotto il suo fondo, allorché, il dì 8 aprile
1906, la lava della terribile eruzione vesuviana di quei giorni ricolmò in un subito, con
la zona esplorata, anche la trincea della ferrovia, il cui nuovo andamento, spostato più
a sud, ha ora per letto la colata dilava per un lungo tratto.
Oltremodo ridente era la situazione di questa villa, paragonabile in tutto a quella
delle già descritte ville della Pisanella : in collina, tra poggi ricchi di vigneti specialmente,
con la diretta visione del golfo. Vi mancano i soliti complementi, del pistrinum, dei tor-
cularia e della cella vinaria., i quali forse erano contenuti in altro attiguo edificio non
attinto dallo scavo, ovvero erano addossati al muro perimetrale settentrionale, solo par-
zialmente scoperto. Vasto l'atrio servile, rustico, A; spazioso, bene esposto ed elegante-
mente decorato il quartiere padronale, B; la villa è ben degna di rappresentare un ricco
possedimento di un liberto imperiale, Ti. Claudio Eutycho, i cui suggelli di bronzo si
raccolsero in un armadio, nell'apogei g, il 5 maggio 1904:
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J-2151A23A)
Può credersi, che un separato ingresso adducesse al quartiere padronale, ma esso
non è stato toccato : quello che si è rinvenuto è l'ingresso a, posto in capo ad un tratto
di strada, selciato di poligoni di lava ed in sensibile pendìo, dell'atrio rustico. Tale in-
gresso era munito di una grande porta a due battenti, montata sopra una soglia discon-
tinua di cinque blocchi di lava, dei quali gli estremi serbavano ancora intatti i cardini
di ferro, e quello di mezzo i fori dei pessuli : le discontinuità della soglia prestavansi op-
portunamente pel deflusso delle piovane scorrenti dall'atrio, e pel passaggio delle ruote
di plaustra in servizio dell'azienda agricola. Prima di varcare la porta, notavasi a sin.
il muro di cinta, scoperto solo per la lunghezza di ni. 8, dell'orto C, accessibile per il vano
d'ingresso 6; a sin. di questo, poi, era addossato al muro un larario, consistente di
una nicchia larga m. 0,78, anteriormente sostenuta da due mezze colonne di m. 0,20
di diam., rivestite di semplice stucco bianco come la nicchia. Nell'androne null'altro
notavasi che un canale di scarico, profondo m. 0,20, largo m. 0,28, dal fondo rivestito di
tegole, il quale, affiorando quasi nel pavimento di terreno battuto, guidava fuori del
fabbricato le piovane dell'atrio che per la pendenza del suolo eransi raccolte all'imboc-
catura del canale stesso, costituita da un arco di pietra vesuviana, aprentesi nella
cunetta del lato meridionale dell'atrio.
A sostegno dei tetti del cortile A erano pilastri e colonne, ovvero colonne e pilastri
congiunti, di nudo materiale laterizio, collegati da un pluteo alto m. 0,85. Osserva vansi :
in d, un grande abbeveratoio a due bracci, lunghi rispettivamente m. 2,70 e m. 1,50,
tutto rivestito d'intonaco di cocciopesto levigato ; in e, un fusoriam, le cui acque smal-
tivansi attraverso il canale di scarico già descritto ; in f, la cucina, consistente di un
podio largo m. 3,20 x 1 ,30, alto solo m. 0,26 dal suolo, sostenente tre fornelli di pianta
rettangolare ed una fornace più grossa, circolare, per la caldaia che vi era murata ; in
g, vm'apotheca, che ebbe di legno le due pareti orientale e meridionale. Provengono dal
cortile, e dai luoghi rispettivamente indicati, gli oggetti seguenti : dsAVapotheca g, dove
REGIONE I.
— 461
POMPEI
erano o custoditi in armadii di legno, o sospesi alle pareti : Bronzo : un vaso conico di
ni. 0,12 di diam. al fondo ; due caldaie a recipiente cilindrico, alte ni. 0,20 ; altra a cono
Fig. 2.
tronco e fondo rigonfio, alta in. 0,42 (fig. 2, a) ; altra della stessa forma, alta ni. 0,25,
contenente favette carbonizzate ; un oleare alto ni. 0,23, la cui ansa termina in giù in
una foglia cuoriforme (fig. 2, g); una situla alta m. 0,29, ovoidale; sette cerniere, lun-
ghe ni. 0,11, a due alette ; uno specillo ; un corredo da bagno, composto di un fiaschetto
sferico alto m. 0,12 e di quattro strigili di ferro (fig. 2, d), infilati in un unico anello ;
I'OMPEI — 462 — REGIONE I.
tre grossi campanelli a corpo cilindrico, alti m. 0,12, e due piccoli campanelli ad aper-
tura quadrata ; uno specchio circolare, e frammenti di un altro di m. 0,13 di diam. ;
un'oinochoe alta m. 0;15; il cono vuoto rivestente l'uno dei bracci del giogo di una grande
bilancia, con alcuni anelli e uncini che ne dipendevano; centoventiquattro monete di
bronzo sciolte; un blocco di circa un centinaio di altre monete di bronzo, tenute insieme
dall'ossido ; avanzi degli apparecchi di chiusura degli armadii e delle porte : due scudi
di serratura e due correnti ; due borchie con i rispettivi anelli striati ; uno scudo di ser-
ratura con la corrispondente chiave ; una maniglia ad arco con gli arpioncelli ai capi ;
piccoli anelli: piccole borchie; chiodetti; un grosso anello articolato in una testa di
leone. Ferro: due coltellacci lunghi m. 0,48 e 0,64 ; otto chiavi di varia grandezza; al-
cune lamiere informi ; una sega ; due picconi ; due roncolo ; alcuni cardini di porte ; cin-
que cuspidi di aste, lunghe m. 0,15-0,40 ; un grande masso di strumenti agricoli ce-
mentati dall'ossido, al quale aderiscono parecchie coti per arrotare ; un altro masso
simile, in mezzo al quale si rinvennero i due suggelli già indicati, un'asticella e un com-
passo di bronzo e due dadi. Piombo : una iheea cilindrica e due pesi da bilancia. Vetro :
tre boccette alte m. 0,06-0,10; una bottiglia a corpo quadro e ansa a nastro, alta
m. 0,23; un'altra, piriforme, alta m. 0,18; un barattolo cubico alto m. 0,19; una tazza alta
m. 0,04. Pasta vitrea : settantuno globetti forati e baccellati, da collana. Basalte : una
bacinella circolare di m. 0,20 di diam., ornata di tre anse a dado sporgente intorno all'orlo.
Osso: quattro zanne di cignale ; due asticelle ed un fuso, lunghi m. 0,20-0,22 ; qualche
conchiglia marina. Avorio: un manico di coltello, lungo m. 0,06; un ornamento forse di
un cassettino, costituito dall'insieme di una mano impudica alla quale fa riscontro, nel-
l'altra estremità del pezzo semicilindrico, una testina muliebre; la novaeula già da me
illustrata in Atisonia, anno IX (1914), p. 141 sgg., fig. 1. Terracotta: due pignattini
monoansati, alti m. 0,18 e 0,16; una tazza di m. 0,09 di diam. ; un'anforetta conica, alta
m. 0,33; un tegame senza anse, di m. 0,33 di diam. ; una theca calamai ia; un piatto ru-
stico ; un oleare alto m. 0,11 ; un fritillo ovoidale, alto m. 0,11, servito per il giuoco dei
dadi.
Davanti all'ingresso all'ambiente n. 13: Bronzo: nove piccole cerniere, avanzi forse
di uno scrinium ; una grande caldaia a tronco di cono, alta m. 0,29 ; un anello a cui sono
infilati un uncino ed un'asticciuola ripiegata ad anello. Terracotta: una lucerna di
ni. 0,07 di diam., nel cui disco è impresso a rilievo un agnello.
Presso i vani d'ingresso alle cellae n. 11 e 12: Ferro: due zappe e un martello.
Bronzo: due monete imperiali. Terracotta: tre anfore vinarie, due boccali monoansati, un
urceo panciuto ; un urceo da garum ; un pignattino e una tazza rustici ; un'olla alta
m. 0,24.
Cella ostiaria ed ergastjulum era contemporaneamente la camera n. 1, alla quale era
annessa la cella rustica n. 2 : dal primo ambiente proviene, in sodisfacente stato di con-
servazione, il ceppo di ferro per la punizione degli schiavi, che qui si riproduce (fig. 3)
e che stava inoperoso con la chiave nella toppa al momento della catastrofe. Oltrepassato
l'androne e volgendo a d., furono notati, in e, i fori di cinque pali equidistanti, di legno,
verticali, i quali, completati con altrettante assi orizzontali, dividevano gli spazii asse-
gnati ad altrettanti equini nell'ora della stregghiatura. Lo stabulum delle bestie in parola,
REGIONE I.
— 463
POMPEI
con le sue greppie di m. 3 e 2 rispettivamente, chiaramente riconosciute lungo le pareti
settentrionale ed orientale, fu l'ambiente n. 3, nel quale si raccolsero una coppa di bronzo
di m. 0,11 di diam. ed alcuni avanzi di bardature, consistenti in alcuni anelletti di bronzo,
all'uno dei quali è infilato un gancio. Completava il lato orientale dell'atrio rustico una
serie di nove cellae in piano terreno, e di altre nove sovrapposte alle prime, adibite a dor-
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Fio. 3.
mitorii dei numerosi schiavi addetti alla villa : uniformi ne erano i caratteri : assenza di
ogni decorazione sulle pareti ricoperte di mal curato intonaco ; pavimento di semplice
terreno battuto ; piccolo focolare di riscaldamento accanto all'ingresso ; una nicchietta
•
Fig. 4.
nel muro per deporvi la lucerna ; un finestrino nella parete orientale. Alle nove cellae
del piano superiore si accedeva per un unico meniano di legno, adagiato sulla sporgenza
delle travi di sostegno del pavimento superiore, ed accessibile per la unica scala di legno
della quale vedonsUn e1 i primi tre scalini in muratura: trattasi adunque di un insieme
perfettamente identico, per costruzione e disposizione, a quello delle celle del Ludo Gla-
diatorio di Pompei (cfr. Mazois, Les ruines de Pompei, III p., pi. IV) e nel quale erano
alloggiati, a dir poco, una ventina di schiavi.
Nella cella n. 5 si rinvennero molti oggetti, fra i quali primeggiano le pietre dure
ed i cammei qui riprodotti nella fig. 4: Corniola: una gemma ellittica, nella cui con-
vessità è incisa una Vittoria alata la quale, reggendosi con un piede sul globo, reca nelle
mani una corona ed una palma; inciso poi sul margine, si legge il nome
HERACLIA
POMPEI — 464 — REGIONE I.
altra simile corniola, nella quale è incisa una Minerva armata di elmo, scudo ed asta
(l'asta è appoggiata alla spalla in direzione obliqua ; di bello effetto è il movimento
delle vesti in entrambe le figure). Cammei: scudetto ovale di color marrone (d'am.
mass. m. 0,04) sul quale, in pasta vitrea bianca, è un busto di Minerva galeato ; altro
cammeo, di m. 0,023 di diam. mass., di colore azzurro, sul quale è il rilievo, bianco, di
una Venere nuda che si annoda la chioma. Con le gemme si raccolsero poi: Oro: due
anelletti congiunti per mezzo di una fasciolina; Ambra: un cagnolino, lungo m. 0,025,
mancante delle zampe; Argento: cinque cucchiaini, uno dei quali col manico desinente
in zampa caprina, lungo m. 0,14; Osso: una piccola theca cilindrica col coperchio a cer-
chi incisi al tornio, due dadi ed una piastrella; Piombo: quattro piccoli pesi da bilancia,
due a pianta quadra e due a pianta ellittica; Bronzo: avanzi di bardature da cavallo,
e cioè una fibbia grande, due borchie circolari con anelli che ne dipendono, varii piccoli
anelli con gli scudetti delle relative borchie, ed un freno equino perfettamente conser-
vato (fig. 2, i) ; avanzi delle porte : tre scudi di serrature ed alcune cerniere ; una ma-
niglia ad arco, lunga m. 0,08 ; tre anelletti e una borchia ; utensili : un candelabro ripo-
sante sopra tre piedi a zampa leonina alternati con foglie ricadenti ; quattro aequipontlia
di stadere a foggia di ghiande ; un grosso cassettino di distribuzione d'acqua con la chiave
d'arresto nel mezzo, cementato dall'ossido nel mezzo di molti arnesi di ferro contenuti
in una cassa; tre pinzette; un colatoio emisferico, di m. 0,22 di diam. (fig. 2, e); imo
specchio di m. 0,12 di diam., sedici bronzi imperiali, due frammenti di catenelle a spi-
napesce. Vetro : un simpulum mancante del manico ; quattordici balsamari e boccettine
di varia forma e grandezza; un bicchierino cilindrico, alto m. 0,035; una tazzina di ve-
tro opaco, bianco, con spirale a rilievo all'estremo (diam. m. 0,08) ; due tazze scheg-
giate; tre globetti striati; una specie di bottone, forato, e quattordici pedine da giuoco,
di colore e grandezza varii. Terracotta: una lucerna semplice, e due con rilievi nel disco :
nella prima, vedesi la figura di un Satiro, nella seconda un Erote con pertica sulla spalla,
dai cui capi pendono due secchie (diam. m. 0,07 e 0,08) ; una tazza con figurine a rilievo
di rozza esecuzione; una bottiglia alta m. 0,15. Conchiglie: otto conchiglie di specie di-
verse, fra cui una cypraea dalla quale era stata segata la parte convessa.
Nella successiva cella rustica n. 6, che fu il primo ambiente ad essere esplorato, il
23 marzo 1903, si raccolse: Bronzo: un candelabro a fusto scanalato, alto m. 0,90, pog-
giato sopra tre zampe feline ; una stadera con la lanx, di m. 0,11 di diam., sospesa a quat-
tro catenine; ventuno pendagli, articolati ciascuno in un arpioncello, a forma di foglie
cuoriformi, avanzi sicuri degli ornamenti di una bardatura da cavallo ; tre correnti di
serratura e due piccoli cerchietti. Ferro: un coltellaccio lungo m. 0,31; una roncola
alta m. 0,28. Marmo: una colonnina bianca, baccellata, alta m. 0,45. Vetro: cento-
sette correnti di collana, forati e baccellati, in gran parte azzurri. Terracotta: una taz-
zina aretina di m. 0,06 di diametro.
Delle altre cellae rustiche fruttarono trovamenti le due ultime: in 11 si raccolsero
un peso di travertino a tronco di cono a basi ellittiche, lungo m. 0,23; due monete di
bronzo, e varii vasi di terracotta ; tre anfore vinarie, una scodella aretina ed un'altra
rustica; un tubo di ni. 0,30 di diam., alto m. 0,43. In 12: Alabastro: una bottiglia alta
m. 0,12 a corpo conico; Vetro: due bottiglie e due boccette; Piombo: una caldaia alta
REGIONE I.
— 465 —
l'OMPEl
ra. 0,21 ; Bronzo: il coperchio circolare di una lhe.ca di m. 0,08 di diam. ; una casseruola
larga m. 0,14 (fig. 2, p); un puntale di bastone ferrato, e tre fibbie; Terracotta: quat-
tro urcei panciuti monoansati, due anfore vinarie, un'anfora conica alta m. 0,23, una
bottiglia alta ni. 0,19, tre lucernette semplici, un'antefissa a protome di Medusa, un
vassoio circolare a piede conico (m. 0,17 di diam.), un pignattino rustico alto m. 0,10.
Sul pavimento dell'angolo sud-ovest dell'atrio rustico, presso il vano che intro-
duce all'ambiente n. 13, si rinvennero : un freno equino di bronzo, perfettamente conser-
vato, e gli avanzi di bronzo che servirono per la integrale ricostruzione di un modius,
o corbula trimodia, supplendovi le sole doghe in legno,
decomposte. Dell'antica armatura di bronzo del reci-
piente avanzavano intatti : l'orlo superiore, circolare,
che, costringendo nei suoi tre lati l'estremità supe-
riore delle doghe, costituiva un pezzo solo con i tre
raggi partenti dalla sommità del bastone di ferro cen-
trale, verticale, di sostegno ; una fascia di bronzo
esterna a mezza altezza; il fascione, o cerchio esterno,
del fondo, di bronzo, cui tratteneva alle doghe una
lamina di ferro a tre raggi assicurata pel suo centro
alla base dell'asse verticale interno: Il bel modius,
ricostruito (fig. 5), mancante però del bastone di ferro
centrale, ha queste misure, interne, certe le due prime,
dubbia e approssimativa la terza : diametro superiore
m. 0,288 ; diam. inf. m. 0,340 ; alt. m. 0,265, onde,
TX il
avendosi come capacità interna litri 20,555 in base alla formula V = — (R2 -\-.r2 -f- Rr),
ó
può ritenersi che il modio fosse proprio della capacità di un piede osco cubo (litri 20,796).
Accanto ai detti oggetti: Vetro: ventuno correnti di collana, forati e striati, e due boc
cettine ; Terracotta: una lucerna col rilievo di una maschera comica nel disco ; Terra are-
tina: una scodella e un piattino, tre fondi di scodelle (con le marche impresse C. I. L. X,
8055,19: Fortu; ibid. 8055,40: Success.; ibid. 8055,16: Felici).
L'ambiente n. 13, evidentemente la cella ostiaria, fa parte dell'atrio rustico sul quale
si apre, ma costituisce il tratto d'unione fra questo e l'appartamento nobile (che è in li-
vello superiore di m. 4) ; e, come parte del quartiere nobile, ha le pareti decorate. La
cella ostiaria adduceva da un canto agli ambienti terranei sottostanti al terrazzo D, po-
sti nello stesso piano, e solo in parte esplorati : e dall'altro al quartiere nobile, por mezzo
della scala a due rampe h, sul cui pianerottolo intermedio, si apriva l'accesso alla
latrina pensile n. 14. Semplici ed in cattivo stafo di conservazione le decorazioni di que-
sto ambiente, dipinte nel IV stile, a grandi riquadri rossi e gialli (tre per ciascuna pa-
rete) con un quadretto nel mezzo di ciascuno dei riquadri centrali, gialli. I tre quadretti,
di esecuzione trascurata, misuranti ni. 0,38 di lato, esibivano l'uno Apollo nudo, stante,
col corvo presso i piedi, con la d. inarcata sul capo e la sin. in atte di stringere la lira ;
l'altro il mito di Diana ed Atteone (per la composizione e la semplicità molto simile al
dipinto Notizie 1908, p. 41); il terzo un caprone che vien condotto da figure indistinte
Fig. 5.
POMPEI — 466 — KEGIONE I.
all'ara. Nel sottoscala h si rinvennero molti oggetti, forse ivi deposti sopra i palchetti
di un armadio di legno : sono quasi tutti vasi da cucina e da mensa : Bronzo : una pi-
gnatta sferica alta m. 0,24 (fig. 2, b) ; due altre, della stessa forma, alte m. 0,18, e 0,19 ;
altra a cono tronco, larga m. 0,38, con l'ansa ad arco (fig. 2, e) ; tre tegghie a basso fondo,
larghe m. 0,30-0,43: una padella di m. 0,18 di diam., contenente sorbe carbonizzate;
due colatoi, artisticamente forellati a meandri, di m. 0,25 di diam. ; due situine, una
Pio. 6.
conica e l'altra ovoidale, alte m. 0,19 e 0,28 ; una stampa ellittica da pasticceria, lunga
m. 0,22 ; un recipiente di pianta triangolare, alto m. 0,20 ; una patera larga m. 0,13 ; una
casseruola larga m. 0,20 ; un simpulum, alto, con tutto il manico, m. 0,13 ; un vaso a cesta,
di forma ellittica (fig. 2, V) ; sei campanelli ad apertura quadrata, alti m. 0,05. Terracotta :
un'anforetta sferoidale alta m. 0,47 e tre urcei panciuti, monoansati, alti m. 0,22-0,31 ;
due lucerne bilychni, delle quali l'una ha nel disco un rosone, l'altra ha nel disco il ri-
lievo di un'aquila che rapisce una lepre, e nel fondo impressa la marca (C. X, 8052 24) ;
vaso cilindrico (glirarium) ad orlo rientrante, nel quale apronsi 5 fori intorno all'orifizio
centrale; due scodellette ed una tazzina aretine ; un'anfora vinaria; otto urcei mono-
ansati da garum, uno dei quali recava l'epigrafe (C. IV, 6920) 6?. /. Sconbr... ; e un
interessante vaso di pianta rettangolare, alto m. 0,80, la cui parte superiore si va
sempre restringendo, a diversi ripiani, verso l'orlo, sempre rettangolare (fig. 6). Piombo:
venti contrappesi a tronco di piramide, dodici dei quali recano a lettere rilevate l'epi-
grafe A-R-M. Vetro: un vaso a corpo cubico e orlo tondo, alto m. 0,15. Conchiglie:
un tritonium nodiferum.
KEG.ONE I. " 467 POMPEI
Sparsi poi un po' in tutti gli angoli di questa stessa camera n. 13, si raccolsero
questi altri oggetti : Bronzo : sei fibbie ad arco, semplici, di varia grandezza, ed una set-
tima fibbia decorata di testine di arieti, così al sommo dell'ardiglione, come ai capi del-
l'arco che è di m. 0,07 di diam. ; nno specchio di m. 0,07 di diam. ; un pomello, pla-
smato a testa felina; una padellina larga m. 0,16; un fiaschette ariballiforme, alto
m. 0,08; due grumi cementati dall'ossido di ferro, nell'uno dei quali si vedono una
chiave di bronzo e alcuni correnti di collana in pastavitrea, mentre nell'altro si distin-
guono fibbie, chiavi, cerchietti e una serratura; tre. monete, delle quali una di Nerone;
un campanello cilindrico, alto m. 0,11; un altro ad apertura quadrata, alto m. 0,0-4;
un ago lungo m. 0,14; un pendaglio a lamina cuoriforme, alto m. 0,09; un altro della
stessa forma, alto m. 0,03 ; un terzo pendaglio a mezzaluna, alto m. 0,06 ; tre dischetti
con chiodetto centrale (avanzi, anche questi, di bardature di cuoio da cavalli, come le
fibbie già descritte) ; un'altra borchia triloba, nel cui centro è un dischetto d'argento
con la rappresentazione in rilievo di due Eroti-gladiatori in combattimento. Vetro:
una tazza di m. 0,12 di diametro. Terracotta: due lucernine, nei cui dischi sono impresse
rispettivamente una figura di Satiro saltellante, e. quella di un Erote con pertica sulla
spalla, dai cui capi pendono due secchie; cinque urcei panciuti, nonoansati; una tazza
aretina di m. 0,10 di diam. ; due anfore recanti rispettivamente le iscrizioni C. IV, 6995
e 6499, che il Man (C. IV, loc. cit.) sospettò darci il nome di un servo, o liberto « Agrip-
pae vel patris vel filii Postumi », al quale potè appartenere la villa : in quel tempo però
non si erano ancora trovati i due suggelli, già avanti descritti.
Nell'ambiente sotterraneo posto sotto il terrazzo D ed immediatamente comunicante
con la descritta cella ostiaria n. 13, si raccolsero soltanto due fibbie rettangolari grandi
e due più piccole, ed inoltre due cerniere a doppia aletta, di bronzo. Nel secondo am-
biente sotterraneo : Bronzo: una bella urna panciuta, la cui ansa termina in giù in foglia
di vite, ed in su in dito umano (al. mt. 0,20) (fig. 2, f) ; una casseruola di m. 0,18 di diam.
(fig. 2, h) ; due situlae ovoidali, alte m. 0,30 e 0,33, munite di orlo e manico di ferro ;
due borchie rettangolari, di m. 0,13 X 0,07, recanti ognuna un pomello. Travertino:
una grossa palla di m. 0,21 di diam., recante scolpite le lettere : K • E.
Marmo: una mensa di « fior di persico » di m. 0,66 X 1,06, circondata da una cornice
di bronzo, con ramoscelli intarsiati di argento, che racchiudeva anche una tavola di
legno sorreggente la lastra di marmo. Terracotta: un'olla a sfera depressa, biansata,
alta m. 0,17; un urceo monoansato, panciuto, alto m. 0,23, e un pignattino sferico alto
m. 0,13. Conchi-glie : un tritonium nodiferum.
Quartiere nobile, intorno al peristilio B. Fanno da argine, o contrafforte, alla platea,
artificialmente elevata di ni. 3 del quartiere nobile, rispettivamente nei lati orientale
e meridionale, il muro comune che separa le due grandi parti della casa, ed il terrazzo D,
che si stende sopra ambienti semisotterranei rimasti quasi tutti inesplorati. Di questi
comunicava con l'ambiente n. 13 solo il primo; gli altri della serie, adibiti probabil-
mente ad uso di cantina, saranno stati accessibili dal lato occidentale, dove guidava la
scala n. Ascesa la scala h, percorso il terrazzino sovrastante alla cella ostiaria n. 13, smon-
tando per i tre scalini in discesa, i, pervenivasi al terrazzo D, dal pavimento di coccio-
pesto cosparso di frammentini di marmo bianco, dal parapetto alto m. 0,80, sul quale
Notizie Scavi 1922 - Voi. XIX. CO
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REGIONE I.
mediatamente od immediatamente aprivansi i più belli e nobili ambienti, decorati di
Fio. 7.
pareti di III stile eejittizante (Mau-Kelsey, Pompeji2, p. 465): sono, questi, quattro cu-
bicoli, posti in due coppie ai lati della spaziosa exedra centrale n. 17. 11 primo cubicolo,
n. 15, ha, nel centro del pavimento di musaico bianco, una scacchiera di m. 0,92 di lato
REGIONE I.
46fl
POMPICI
chiusa in ima fascia^nera e racchiudente un reticolato di nove esagoni a contorno nero :
e, nella soglia^un motivo geometrico, nero, ancora più semplice. Della elegante e sobria
decorazione parietale, a fondo nero sopra zoccolo rosso-cupo, risparmio una dettagliata
Fio. 6.
descrizione, offrendone un saggio negli elementi riprodotti dalla fìg. 7: per la parte cen-
trale della parete dominano leggiere trabeazioni sorrette da esilissime colonnine; per le
parti laterali dominano i tripodi. Al centro di ognuno dei riquadri centrali, liberi, sen-
za cornici, campeggiano minuscoli paesaggi di vaghissimo effetto: a) un sacello con al-
bero sacro ; b) un elegante edificio ombreggiato da annosi alberi ; e) un padiglione cam-
pestre con una tenda distesa fra i muri di esso ed un albero (fìg. 8): in tutti ravvivano la
scena figurine di viandanti e di animali. I motivi ornamentali egizii (grifi alati, cicogne,
ibis, uccelli variopinti dalle lunghe code, sfingi alate, palmette e meandri policromi), pro-
fusi tanto sul listone dello zoccolo quanto sulle cornici del fregio, giungono qui alla loro
POMPEI
— 470 _
REGIONE- I.
più notevole espressione in alcuni quadrettini a fondo giallo decoranti il fregio, con le con-
suete scene di adorazione di divinità varie, o con divinità isolate (fig. 9). Gli oggetti qui rac-
Fio. 9.
colti sono i seguenti: Bronzo: un vaso conico alto m. 0,tó; una casseruola di m. 0,10 di
diam.; un'oinochoe alta m. 0,20, col manico fregiato in giù del rilievo di una maseheretta ;
un colatoio emisferico, forellato, a piccola coppa e lungo manico, quasi
un zhnjnilum; tredici cerchietti di grandezza varia; gli avanzi di una
lanterna (fig. 10) ; un candelabro alto m. 1,18, di forma molto semplice
(fig. 2, w); un asse repubblicano. Cristallo: un corrente di collana,
emisferico, appiattito. Piombo: un peso circolare con ansa di ferro.
Osso: due asticine e una borchia circolare, tornita, componenti forse
un l'uso. Terra aretina'- una tazza di m. 0,10 di diametro. Terracotta
rustica: tre bottiglie piriformi, alte m. 0,14-0,20; una lucerna col
rilievo nel disco di un leone gradiente, e un'altra col rilievo di un
Erote-marinaio che tira la corda della rete ; 5 anfore vinarie ; un
pezzo di muratura di metri 0,43 X 0,50, sul cui intonaco laterizio
sono gli avanzi di una lunga iscrizione tracciata col carbone: C. IV,
6897: ...XVII-MI-XC P|... M IIIIIIIIIIII |. .. XXVII -&-ACEPI |
M-XXXV XV XV|PJBV-SPO-XX|..VCR-CC N LLC|..M-MED-
XXXII • MED [Sembrano appunti della gestione dell'azienda agricola
della villa: linea 3a: ac(c)epi; 1. 5*: pàbuQa); 1. 6a: (l)ucr(umj].
Il più bell'ambiente in tutta la villa è il successivo cubicolo n. 16,
anch'esso fornito di pavimento a musaico bianco con semplici motivi
geometrici, neri, nelle soglie dei suoi tre vani di passaggio. La decora-
zione murale, a fondo rosso sopra zoccolo nero (fig. 11, angolo N-O), si
rinvenne in istato di conservazione perfetto : esibisce in alto, nel fregio,
esili bastoncelli fioriti, formanti con festoni e rabeschi un insieme di
meraviglioso effetto ; a limite poi dei tre riquadri di ciascuna parete, svelti pilastrini a
sostegno di leggiere trabeazioni, gli uni e le altre carichi di piccoli ornati egizii, floreali:
Fio. 10.
REGIONE I.
— 471
POMPEI
al centro di ogni parete, infine, un magnifico paesaggio, su fondo bianco, di ni. 1 X 1,30,
limitato ai lati da svelte colonnine, cariche di ornatini ora vegetali e floreali, ora metal-
Fio. 11.
liei, finamente intagliati. L'artista che eseguì le decorazioni di questo ambiente raggiunse
un'eccellenza davvero insolita, nella composizione dei tre paesaggi: effetti di prospettiva,
distacchi di luci e di ombre, magistrale scelta ed impiego dei colori, rendono queste tre
opere d'arte di una plasticità e di una verità straordinarie che incantano il riguardante.
rOMPEI
— 472
RKGIONE I.
1° Paesaggio: parete Nord (fig. 12). Vi si vedono rappresentati due lembi di un lago
che si insinuano fra un'isoletta, che è in primo piano, e la terraferma conformata a pro-
montorio che è in secondo piano : sul ponte che congiunge l'uno con l'altro lembo di terra
incedono due viandanti ammantati, seguiti da una figurina più piccola, indirizzandosi
Fio. 12.
verso il sacello che forma il centro del quadro. A pie' di un annoso e fronzuto albero sacro,
preceduto da una svelta colonna ionica sormontata da un'urna, e seguito da un tempietto
circolare, sorge un piedistallo, sul quale sta, in trono, una divinità, muliebre in lunghe vesti,
con lungo scettro nella sinistra. Due scudi pendono dal mezzo della colonna; uno scudo
e un timpano dalla, parete del tempietto. Sulla spianata antistante vedonsi pascolare tre
capre sotto l'occhio vigile del pastore che si riposa appoggiato ad un basamento, dal quale
si eleva un tronco di colonna sormontato da un'altra urna. All'estremità opposta della
spianata da un altro piedistallo cilindrico vedesi elevarsi un'ermetta priapica. Tu secondo
REGIONE I.
— 473 —
l'OMPEI
piano, da sinistra a destra, il fondo del paesaggio contiene: un muro fincstrato che re-
cinge un orto : poi un templum in antis, con scudi appesi alle colonne ed alla parete esterna,
e un viandante seduto sui gradini di accesso ; poi ancora un altro tempietto, sul cui lato
passeggiano altri due viandanti ; infine rupi nello sfondo lontano.
l-'lG.
2° Paesaggio: parete Est (fig. 13). Lo schema della composizione è quasi identico.
In primo piano è l'albero sacro, intorno al quale ergesi un sacello determinato per Bacchico
dal tirso che, come altri donarii (un pinax, e un timpano sospesi alla colonna ed alla parete
del sacello; mentre un altro timpano pende dall'architrave) vedesi in alto legato al tronco
dell'albero insieme con un oggetto come un copricapo conico a larga falda. Sotto l'arco
del sacello è ferma una figura muliebre in lunga tunica, il capo coronato di verde, una sa-
cerdotessa, nell'atto che forse appende al tempietto altri donaria con l'aiuto di una figurina
muliebre più piccola che le è daccanto. Completano la visione di quest'isoletta sacra:
POMPEI — 474 — REGIONE I.
a sinistra, una fontana dal bacino posato sopra tre zampe feline ; a destra, un tripode
aureo ergentesi da apposita base ; sugli scalini del sacello, due piccole ermette indistinte ;
appoggiato al bastone, col dorso al tempietto, un viandante in riposo col suo cane ; seduto
presso il tripode, altro viandante in riposo. In secondo piano vedonsi : a sinistra, due edi-
ficii a mo' di torri, appena accennati, e tre viandanti, uno dei quali incedente a destra,
carico di un pesante fardello ; alberi dietro gli edificai ed i loro recinti ; e poi, rupi ; a destra,
un delizioso portico, preceduto da un ambulacro scoperto, dal cui mezzo parte una scali-
nata scendente nelle onde. Sull'ambulacro a mare passeggiano due figurine ; alberi spor-
gono dall'interno del portico, dal cui angolo più remoto elevasi una torricella : rupi ve-
donsi nel fondo lontano. A pochi centimetri dal lembo inferiore di questo paesaggio, sul-
l'intonaco bianco, era graffito il nome (dell'autore dei bei quadri?):
SABINVS
3° Paesaggio: parete Ovest (fig. 14). È dubbio se anche qui, come sembra, si sia voluto
mostrare il mare insinuarsi nella scena dal lato destro. Il centro del primo piano è sempre
tenuto dal tempietto che è qui tetrastilo, ipetro, e circonda il fusto di un annoso albero
sacro, un cui ramo spingesi a sinistra, attraverso il corrispondente intercolunnio. Quattro
timpani vedonsi, rispettivamente, sul frontone, sulle due colonne e sul corrispondente
architrave ; e una testa di caprone sopra la terza colonna visibile del tetrastilo sorgente
da un robusto pluteo fenestrato. Presso la fontana dal bacino crateriforme, che sta a destra
del tempietto, sopra la rampa di accesso, stanno due oranti ; di là dal fonte, un viandante
in riposo, appoggiato alla rupe ; più oltre ancora, incede di prospetto, avviandosi alla
rampa, una donna che regge una lunga face, in compagnia di una figura muliebre più pic-
cola ; all'estremità destra, presso un frondoso albero, è un tronco di colonnina sorgente
da un basamento quadrato, al quale vedonsi appoggiate parecchie faci. A sinistra della
rampa, sopra apposita base, si aderge un gruppo di tre piccole divinità indistinte, presso
le quali stanno per terra due lunghe faci. Serve a congiungere il primo col secondo piano
un muro curvo, sostenente un rampa curva, che dal tempio conduce in alto verso il fondo.
In questo, sul lato destro, vedonsi un evanescente edificio a due piani, e poi le solite rupi.
Da questo cubicolo non provengono se non due anfore vinarie, recanti rispettiva-
mente le epigrafi C. IV, 6945 C ocelus (?) e 6979 [ 'A ] noXXwviov.
Segue la spaziosa exedra, n. 17, di pianta quadrata, dai larghi vani aperti a sud e a
nord, attraverso i quali, dal terrazzo rimaneva visibile il portico, e da questo il mare,
mentre per altri due piccoli vani la deliziosa camera comunicava con i cubicoli laterali.
11 pavimento, di musaico bianco, aveva, nel mezzo, una scacchiera di m. 1,25 di lato,
a disegno geometrico bianco e nero, con un fiore centrale di color roseo ; in tutti i vani
di passaggio, soglie a disegno geometrico nero, meno a settentrione: qui la soglia era di
travertino bianco, e conservava intatti cardini e fori dei pessuli di una grande porta
di legno a due battenti. L'intonaco è bianco uniforme, ma era forse ricoperto di
drappi.
Il seguente cubicolo, n. 18, ebbe un pavimento di opus signintim e pareti uniforme-
mente bianche fino all'altezza del fregio : quivi è un bugnato semplice, ottenuto mercè
KEGIONE I.
— 475 —
l'OMI'EI
l'incontro normale di listelli rossi. È sulla parete occidentale di questo ambiente che si
scoprì, ad altezza d'uomo, graffito, il bellissimo distico (C. IV, 6892)
Quisquis amai nigra(m) nigris carbonibus ardet,
Nigra(m) cum video, mora libenter <a> edt<e> o.
Fio. 14.
Al contiguo cubicolo, n. 19, accedevasi dall'interno per la fauce l e dall'esterno dal
terrazzo : il musaico bianco è soltanto recinto, lungo le pareti, da una doppia fascia nera.
Delle decorazioni murali, sempre di III stile, conservansi solo, e parzialmente, le pareti
occidentale ed orientale, con grande riquadro bianco al centro, fra due grandi riquadri
rossi ai lati, sviluppati tutti fra lo zoccolo nero, nei cui scompartimenti campeggiano pa-
tere, ed il fregio adorno di ornati, rabeschi e grotteschi, egittizzanti. Nei vaghi padiglioni
centrali delle due pareti superstiti erano i due interessanti dipinti narrativi, rappresen-
tanti momenti varii l'uno del mito di Perseo e Andromeda, l'altro del mito di Polifemo :
Notizib Soavi 1922 — Voi. XIX.
61
POMPEI — 476 — REGIONE I.
(alt. m. 2 ; largh. m. 1,20), che già pubblicai in Symbólae litler. in honorem lutti De Petra,
Napoli, Pierro, 1911, pag. 216 segg. : Due dipinti murali etc.
Tanto la fauce l, quanto il successivo salone n. 20, furono solo in parte esplorati, né
può sapersi quanto ancora s'inoltrassero verso ovest il terrazzo e la serie degli ambienti
apertivi sopra. Il salone ebbe pavimento di musaico bianco, e pareti di III stile a fondo
bianco, anch'esse elegantissime, ma molto danneggiate dai crolli. Nei riquadri centrali di
ciascuna parete, sotto i soliti padiglioni sovraccarichi di ornati metallici, floreali ed ani-
mali, eran chiusi in grosse cornici rosse dei paesaggi, dei quali si raccolsero pochi frammenti,
mentre i riquadri laterali facevan da campo a sottili e svelti cauli metallici, ornati di rami
e fiori e foglie verdi, e di uccelli.
Varcata la fauce l, dal pavimento di cocciopesto e dalle pareti semplicemente into-
nacate, un altro tratto s'incontra che volge ad occidente verso ambienti rimasti inesplo-
rati. Da questo secondo gomito della fauce provengono due vasi di bronzo: un'anforetta
alta m. 0,23, con le anse desinenti in zampe equine ; una situla alta m. 0,80, con cerchio di
ferro intorno all'orlo e manico ad arco parimente di ferro, ed un'anfora vinaria cgn l'iscri-
zione (C. IV, 6953) M. M. S. Oltrepassate le due apolhecae rustiche, n. 21 e 22, dal pavi-
mento di cocciopesto e dalle pareti disadorne, si perviene, in ni, al pianerottolo della
scala in discesa, n, adducente alle cantine. L'ambiente rustico, n. 23, posto in capo alla
scala stessa, e che, per la sua giacitura, può credersi assegnato come dimora del sercus
cellarius, ebbe il pavimento di legno sovra il semplice terreno battuto, e, lungo la parete
orientale, l'incavo per il letto. Presso il suo ingresso si raccolse : il disco di una lucerna di
terracotta col rilievo di un'aquila ; frammenti di altre lucerne, e un collo d'anfora con
l'epigrafe (C. IV, 6952) M. A. N.
Peristilio B. Le colonne — cinque per ogni lato — di m. 0.66 di diametro alla base,
sono di materiale laterizio, e recano un accurato rivestimento di stucco bianco, baccellato
sino ad un terzo dell'altezza. Tinti di rosso sono lo stilobate e l'antistante cunetta di rac-
colta dell'acqua piovana. In o, di fronte al portico orientale, elevasi dal suolo un'ara pul-
vinata, in muratura, rivestita di stucco, ornata di festoncini fioriti a rilievo, sorgente da
una base semplicemente modinata; in p, aprivasi il puteal della sottostante piscina.
Della originaria decorazione dell'ambulacro, che, a quel che pare, non fu rinnovata dopo
il terremoto dell'anno 63, rimaneva un considerevole avanzo all'angolo sud-est. Era
un grandioso insieme architettonico di II stile, nel quale ad ogni colonna reale del por-
tico corrispondeva, sulla parete, una simile colonna dipinta, per modo da aversi l'il-
lusione di un portico doppio, sullo sfondo che era trattato a grandi lastroni marmorei,
neri, larghi m. 0,87-0,90, tra il fregio, in tutto scomparso, e lo zoccolo, ad alto podio
sporgente, fatto di minori bugne di marmi policromi venati e brecciati. Presso la men-
zionata ara, o, si raccolse un asse di Vespasiano ; presso la piscina, p, una situla di bronzo,
crateriforme, alta m. 0,35, esternamente chiusa in una gabbia di lamine di ferro irra-
diatisi dal fondo, e munita di manico ad arco, di ferro, al quale si trovò tuttora con-
nessa una catena di ferro lunga ni. 2 con le maglie conformate come il numero 8.
Dagli strati superiori dell'angolo sud-ovest del portico (a contatto dello strato
vegetale) provengono due lucerne cristiane di terracotta: la prima, mancante del ro-
stro e con l'ansa a semplice orecchietta, recava impressa a rilievo, nel disco, una croce
REGIONI. I.
— 477 —
POMPEI
fra due ramoscelli e i due fori per l'introduzione dell'olio ; la seconda (fig. 15) recava
nel disco pure la Croce circondata da una corona di foglioline cuoriformi e di pizzi
triangolari.
Non parmi fuor di luogo ricordare che, tra gli utensili e ferramenti trovati sparsi
un po' dappertutto nella villa, si riconobbero varii picconi, frammenti di seghe, alcune
Fio. 15.
falci stramentarie, parecchie roncole e due piccole scuri, tre zappe, un rampicone, una
leva ioTcutdb-vectis.
Iscrizioni. Oltre alle epigrafi fin qui menzionate, si lessero nella cella n. 10 sull'atrio
rustico questi tre titoletti graffiti: C. IV, -3887: In acervo magno pali sunt M XXI II;
6888: Iuba, va(le): pali quadri flou....; 6889, intorno ai disegnini di due gladiatori:
MLXXV | Apollonius LXXXIV \ Porcelus-Rogatus. Sulla parete a sin. dell'ingresso
oltre la cella n. 12, questi altri due, dei quali l'uno, di disperata lezione (C. IV, 6891),
pare dia la seguente monca lettura: quisquis auget alium volve ; l'altro (C. IV,
6890) ci conserva il distico monco : Uncior Xanthe cibi carus, lusuque iocoso \ Adsueius....
Sulle scanalature di una colonna del portico meridionale del peristilio si lessero alcuni
titoletti graffiti, dei quali interessante il primo, un pentametro, che si fa eco di fatti della
corte imperiale in questa che è la villa di un liberto imperiale: C. IV, 6893: Caesaris
Augusti f emina water crai : e poi i saluti : 6894 : Receptus Aetio sa(lutem) ; Adi va(le) ;
Receptus Athicto sai; 6895: Q. Iunius; 6896: falerno puro. Pubblico qui per la prima
POMPEI — 478 — REGIONE I.
volta questa epigrafe tracciata col carbone sulla parete settentrionale del peristilio, e
che il Mau non ebbe tempo di vedere: è lunga ni. 1,50, ed è scritta in lettere capitali
alte m. 0,05-0,08:
M VII
M ANTONI M I ALEXANDIIR M VII D I M DIOCL
A... ROPIIVS
M(enses) VII. M. Antoni(us) M. f(Uius) Alexander (vixit?) M(enses) VII, d(iem) I.
M. Diocl... A(ste)rop(a)eus : Sui colli di altrettante anfore furon poi lette le epigrafi:
C. IV, 6937 : VII | Minuc, e, dall'altra parte, il titolo inedito :
C • T • C :
6946: Cep. S C;6953: M. M. S;6961: M.C.T \ P. Calai | .... | ....; 6996, 6997:
da un lato KXavtiihov | , dall'altro KXvqXs | Aq;700ì: M. IIo(nt(rjiov) | revocato? |
lvr(tiog); 7007: Eqaxaivog. Inedito è quest'ultimo titoletto anforario:
M IVLI FRON(/o)NIS : sotto l'ansa, TAB n
Nel fondo di una coppa aretina si lesse il bollo C. X, 8055,29 : C. P. P. ; Sopra tegole,
le seguenti marche di figuli: C. X, 8042,90: L. Sagini;
L-#RANI ; P- VI (P. Fufi) ;
e questo bollo interessante per il personaggio che vi ricorre, e per la data consolare del-
l'anno II av. C.
PVPIL-AGRIP
TVB- FABIO -CoS
La tegola proveniva (ex figlinis) Pupil(li) Agrip(pae), Tub(erone) et Fabio Co(n)s(ulihu.s).
Dai suggelli del proprietario di questa bellissima « villa rustica », Ti. Claudius Eutychus,
alle tegole impiegate nella costruzione, e fatte venire dalla figulina di proprietà di un
personaggio della corte imperiale; da queste al titoletto già menzionato, Caesaris Au-
gusti femina maler erat, indistinto peraltro sì per la persona che vuole additare, sì per
il contenuto, satirico forse ; è tutta una serie di documenti che ci dice come in questa
deliziosa villa si vivesse una vita non estranea agli avvenimenti della capitale e non
indifferente alla sorte dei personaggi ivi più in vista.
XII. Saggi di scavo eseguiti dal sig. Giovanni Di Palma in un fondo di sua proprietà
alla contrada Iossa (Comune dì Scafati), nelVanno 1903.
In virtù dapprima di un'autorizzazione della Direzione degli scavi, e poi di una
regolare licenza di scavo, il sig. Di Palma eseguì nel fondo indicato saggi di esplorazione
durati la prima volta cinque giorni, dal 20 al 25 aprile, e la seconda volta quindici giorni,
REGIONE I. — 479 — POMPEI
dal 9 al 24 novembre 1903, mettendo allo scoperto, di un edificio di campagna affatto ru-
stico, pochi ambienti. In questa contrada, posta a circa 2 km. in linea retta ad oriente
di Pompei, l'altezza delle deiezioni vulcaniche e dell'humus cresciutovi sopra non oltre-
passa i m. 3,50 dal suolo dell'anno 79 ; per modo che, risultando chiaramente che l'edi-
ficio sepoltovi, quantunque affatto rustico, già era stato oggetto di precedenti ricerche,
ben presto il proprietario del fondo si convinse che la sua impresa era sfortunata. Durante
il breve periodo delle esplorazioni si raccolsero i seguenti oggetti: Bronzo: una strigile
lunga m. 0,20, un grande bronzo augusteo, e tre frammenti di uno specchio rettan-
golare; Vetro: una boccettina alta m. 0,15 e una boccetta cilindrica; Terracotta: una
lucerna monolychne lunga m. 0,07, e tre anfore vinarie; Terra aretina: una coppa di
m. 0,08 di diam.; Marmo: frammento di scultura, rappresentante la parte superiore
di una galea; Crostacei: un tritonium nodiferum.
XIII. Saggi di scavo eseguiti dal sig. Giuseppe Cipriano nel fondo di sua pro-
prietà alla contrada S. Abbondio (comune di Scafati), nelVanno ly08.
A poco più di 1 km. a sud-est di Pompei, nel fondo che si estende, di là dalla fer-
rovia dello Stato, sull'amena collinetta di S. Abbondio, e precisamente nel tratto di
vigna posto fra le casette rurali che occupano la più alta quota della collinetta, esegui-
ronsi, tra i mesi di gennaio e aprile del 1908, esplorazioni dirette a riconoscere la natura
di un edificio antico sepoltovi, del quale si erano già toccati alcuni muri durante i lavori
agricoli. Rustici affatto si presentarono i pochi ambienti scoperti che appartengono alla
parte più settentrionale di una villa rustica: vi si riconobbero: l'ingresso ad un atrio
rustico, munito di una solida soglia (di tre blocchi discontinui di pietra vesuviana),
attraverso le cui interruzioni passavano e le ruote dei carri e le acque piovane ; il foro di
scarico del fusorium, e ciò stando all'esterno del muro perimetrale settentrionale. Pas-
sando all'interno, in primo luogo la presenza dei dolii (tre di essi sono oggi a Pompei),
infìssi nel suolo di un ambiente, chiarì essersi qui la zappa imbattuta in una vasta cella
vinaria, rimasta in gran parte inesplorata ; un altro ambiente, che segue, è un ampio
fusorium, dal pavimento rivestito d'intonaco di coccio pesto ben levigato ed inclinato
verso l'orifizio del già additato foro di scarico. Questo fusorium deve ritenersi come un
accessorio della cella vinaria e del torcular che forse aprivasi di rimpetto, sul lato opposto
dell'atrio. Un terzo ambiente coperto di vòlta a botte in direzione N-S, conteneva il
puteal di una piscina sottostante. Di là dall'atrio in un andito limitato ad oriente da un
pluteo congiungente due colonnine laterizie, era la fornace di una grossa caldaia che già
era stata divelta dal posto suo. Essendo il sito dello scavo in pendenza accentuata, le
deiezioni vulcaniche qui non oltrepassano i m. 3 di altezza, soggette come sono state
durante i secoli ad una continua azione di dilavamento. Dalla piccola area esplorata
provengono parecchie monete, rinvenute, il 28 gennaio 1908, accanto ad uno scheletro
umano: Oro: un aureo di Vespasiano col tipo della Aeternitas; Argento: nove denarii,
dei quali tre irriconoscibili ; uno di Pomponio Musa ; uno di M. Cassio ; uno di L. Pisene
Frugi; e tre legionarii (sopra uno di essi è l'insegna della leg. XVIII); Bronzo: tre grandi
bronzi, dei quali uno di Galba e due di Vespasiano. Alla mano sin. dello scheletro indi-
POMPEI — 480 — REGIONE I.
cato si trovò pure un anellino d'oro a semplice verghetta, vuota. Delle tegole, raccolte
intere od in frammenti, due recavano il bollo in lettere rilevate
SVCCESSI
(cfr. C. X, 8042 99 : Successi A. T. L) ; una terza recava il bollo C. X, 8042 44, (D)omiti
Ale(xandri). Sopra tre dei dolii segnati in pianta si lesse, impressa in lettere incavate,
la marca di fabbrica C. X, 804719, M. Vibi Liberalis; e, sopra un quarto dolio, l'altra :
MTREBON
(cfr. C. X, la teg. camp. 8042,101: L-Treboni Suici nis Vicloris, proveniente da
Puteoli). Sotto il piede di un'anfora vinaria, finalmente, era impresso, in lettere rile-
vate, quest'ultimo bollo, nuovo ed interessante : e(x) fig[li]n(is) Caesa[ri]s, chiuso in una
cornicetta dagli angoli arrotondati:
f///ÀFIG////N\
\CAES\////S)
XIV. Rinvenimento fortuito di sepolture posteriori alla catastrofe Pliniana. Il 2 de-
cembre 1907, a Torre Annunziata, cavandosi pozzolana nel fondo del sig. Kaiola Francesco,
all'esterno dell'arco che forma la ferrovia vesuviana là dove le rotaie, lasciando la sta-
zione di Torre, volgono in salita a Boscotrecase, si trovarono dieci misere sepolture, nelle
quali i corpi degli inumati, deposti tutti con i piedi ad oriente e la testa ad occidente,
giacevano nel nudo strato di cenere dell'anno 79. Con due soltanto degli inumati si rac-
colse un pignattàio rustico di terracotta. Tegoloni in due pioventi coprivano tali sepol-
ture, simili alle quali già altre se ne erano incontrate dai cavatori di pozzolana negli anni
precedenti, nello stesso fondo.
XV. Villa, rustica - ora proprietà dello Stato - scavata dal sig. Aurelio Item nel fondo
di Elisabetta Gargiulo, a m. cento circa a N. delle ultime tombe della « Via dei Sepolcri »
di Pompei, in territorio di Torre Annunziata, tra il 29 aprile 1909 e il 15 gennaio 1910.
Di questa villa rustica, di straordinaria importanza per la singolare e ben famosa
megalografia offerta dalle pareti di un suo salone, dopo la prima informazione datane
in queste Notizie, anno 1910, pag. 139 sgg., dall'illustre sen. prof. Giulio De Petra,
restano tuttora da descriversi i travamenti fattivi ed il materiale epigrafico scopertovi.
E provvedo alla esigenza con questo rapporto supplementare, nel quale tengo presente
il rilievo topografico già edito (Notizie, 1910, pag. 140), che qui sarebbe inutile ripetere.
Dall'atrio tetrastilo A provengono antefissc di terracotta, da embrici, o a semplice
palmetta ionica, o a protome muliebre sormontata da palmetta, in numero d" tre le prime,
e di venti le seconde: tra le tegole, intere od in frammenti, due con questi bolli: C. X,
8042, 6: M. Aeri- Min.; 8042,97: N. Sillius, N.; un coperchietto rustico, largo m. 0,09.
REGIONE I. — -J81 — POMPEI
Dal sottoscala dell'ambiente rustico n. 4: Terracotta: quattro pignatte conico-cilin-
driche di m. 0,20-0,31 di diam. all'orlo ; otto coperchi, larghi m. 0,11-0,24 ; cinque urcei
panciuti, monoansati, alti m. 0,14-0,27; un'olla ovoidale alta m. 0,24; una grossa sco-
della larga m. 0,30 ; un coperchio da tegghia largo m. 0,23 ; una coppa biansata larga
m. 0,15; un'anfora stroncata del collo, nella quale erano visibili una serratura, due ron-
cole di ferro e un pezzo di corda di canapa ossidato dal contatto dei ferri descritti. Ter-
racotta aretina: una scodella di ni. 0,28 di diam. ed una coppa larga m. 0,16, delle quali
la prima recava nel fondo, impresso, il bollo C. X, 8055, 4 Cn • Al • Arti • , l'altra il bollo
greco
• PO Y
erro
Lo sterro del cortile rustico, e, diede luogo ai seguenti rinvenimenti: Nell'area cen-
trale: bronzo: una borchia da chiodo, a disco liscio; terracotta: due antefisse a pro-
tome muliebre e palmetta; due coperchi rustici; un urceo monoansato da liquamen.
Nella nicchia del larario a: una piccola ara di scoria vulcanica, alta m. 0,09, larga m.
0,07, rusticamente modinata; terracotta: la teatina, alta m. 0,09, di una divinità mu-
liebre con la fronte coronata di fiori e frutta; tufo: la testa, alta m. 0,17, distaccata da
una statuetta di Ercole barbato, dagli occhi pien;, la barba a ciocche e corona di edera
sulla fronte. - Presso il piccolo forno e: terracotta: un urceo panciuto, alto m. 0,24;
un fritillo alto ni. 0,10; un vasettino'ovoidale alto m. 0,04; un 'antefissa a protome mu-
liebre e palmetta ; un'aretta, alta m. 0,12, di pianta quadrata, rozzamente sgrossata nelle
pareti, incavata nel piano superiore. Sul podio antistante all'altro forno f: una pignatta
eilindrico-sferica, larga m. 0,33, alta m. 0,16, ad orlo orizzontale. Nell'ambiente n. 9:
terracotta: diciotto frammenti di grondaie a rilievo figurato, esibenti una Menade dan-
zante con face nella d., mentre un'altra face, capovolta, chiude a sin. la rappresentanza;
un bicchiere rustico a larga bocca, alto m. 0,09; due anfore vinarie. Bronzo: un ago sac-
caie, lungo m. 0,12. Nell'ambiente n. 11: Argento: quattro denarii molto consunti.
Bronzo: due dupondii, dei quali uno di Galba; due piccolissime bullae a cerniera, delle
quali l'una circolare, l'altra ovale, alte m. 0,021; quattro cerchietti; una lucerna bi-
lychne, lunga m. 0,10, a sfera depressa con pomello centrale, mobile, dipendente da una
catenina (avanzano i frammenti delle catenine che tenevan sospesa la lucerna, attac-
candosi agli appositi fori presso i due rostri, e lo smoccolatoio con l'una punta diritta e
l'altra falcata). Vetro: una boccetta cilindrica, alta m. 0,12.
Dal bellissimo salone di II stile, n. 12, null'altro proviene all'infuori di una gron-
daia di terracotta esibente una protome leonina fra quattro palmette. Nell'ambiente
n. 16, che già fu un cubicolo doppio, come il n. 7, ma che nei tempi prossimi alla catastrofe
fu ridotto a camera di passaggio, si rinvennero i seguenti oggetti: Bronzo: una cerniera
e un cardine, appartenenti alla chiusura dell'armadio a muro occupante l'angolo nord-
ovest ; in questo armadio, che dovette costituire un'uccelliera per il fatto che vi si rinven-
nero parecchi ossicini di uccelli, si raccolsero poi due medii bronzi : l'uno di Augusto
(Tribun. pot. XII), l'altro di Tiberio (Divus Augustus pater-Provìdent) ; un terzo nummo
era un quadrante Augusteo molto logoro. Oltre che nell'armadio, scheletri di volatili più
grossi (forse polli ?) si rinvennero fra questa camera ed il contiguo salone, n. 20, in-
POMPEI — 482 — REGIONE I.
siemc con lo scheletro di un cane. Quattro grandi e diciotto piccole cerniere d'osso com-
pletano i trovanienti fatti neirarmadio-uccelliera. Cinque cerniere a doppia aletta ra-
stremata e due cardini, larghi m. 0,04, con una maniglia lunga m. 0,15, sono avanzi delle
porte esistenti nei vani di comunicazione.
I travamenti fatti nel salone n. 20 riduconsi ai seguenti: terracotta: due anfore
vinarie ; Bronzo : undici cerniere, trovate presso la grande porta ad occidente, con quat-
tro guardaspigoli, otto perni asolati, e una maniglia a ponte, lunga m. 0,17, avanzi tutti
delle imposte di legno.
Sotto il portico, E: terracotta: undici altre antefisse a prò tome muliebre e palmetta,
disseminate per tutta l'area del portico, ed altre otto raggruppate' presso l'ingresso del-
l'ambiente n. 19. In questo ultimo soltanto si fece qualche trovamento rilevante : Bronzo :
una pelvi larga m. 0,25, ad orlo rientrante, munita di due anse ad arco, terminanti
alle estremità in testine di oca ; una patera larga m. 0,18 con testa di oca alla estremità
del manico ed altra oca ad ali spiegate all'attacco del manico col recipiente ; un'armilla
a serpe, larga m. 0,085, con la coda rattorta intorno intorno al corpo ; un'oinochoe ad
orlo trilobo e recipiente emisferico, alta m. 0,16, recante nello scudo inferiore dell'ansa
un amorino incedente a d., con velo sulla mano d. e asta nella sin. ; sette cerniere da porta
e cinque cardini, due maniglie a ponte, lunghe m. 0,15 ; tre piastre da cardini. Ferro :
una scure lunga m. 0,22; un piccone lungo m. 0,17; una pala; un erpice a sei denti;
quattro zappe. Terracotta: due urcei panciuti, monoansati, alti m. 0,13-0,15; un pignat-
tino alto m. 0,10; un altro, anch'esso monoansato, alto m. 0,16; una scodella aretina
con ossicine di pollo nel recipiente che è largo m. 0,24 ; un fritillo alto m. 0,10 ; due sco-
delle pseudo-aretine larghe m. 0,14 e 0,12 ; e due ultime antefisse a protome muliebre
e palmetta. Fan parte dell' 'instrumentum, raccolto nella parte finora scavata della villa,
tre frammenti di tegole recanti i bolli C. X, 804247 e, L. Eumachi (due esemplari), e
8042 48 e, L. Eumacherot, ed infine un urceo di terracotta, monoansato, alto m. 0,42,
recante sul collo le epigrafi nere, dipinte:
1) a) G. F. scombr b) più sotto: CSD
Se a v R i
Rifacendo ora il percorso della villa, verrò trascrivendo tutte le epigrafi, rimaste
finora inedite, già lette sulle varie pareti: meno qualcuna tracciata col carbone, sono
tutte graffite:
Nel portico E, sull'ultima colonna a partire da occidente, sono inc'se in senso verti-
cale, oltre ad alcuni segni simili a D abbattute a sinistra, le lettere:
2) A D M
Sulla parete settentrionale del cubicolo doppio n. 7:
3) M V S A
(vedi le epigrafi seguenti, n. 5, 13, 33, nelle quali questo nome si ripete).
REGIONE I. . — 483 — POMPEI
A sinistra della pompa dipinta accanto al larario a, tracciata col carbone :
4) H e R A C L
Peristilio B. Al sommo del pluteo, fra le colonne 3» e 4a del lato sud, a contare da ovest :
5) (S?)AL MVSA VAL(f) ORO VOS
Ivi stesso, un po' più a sinistra, gli appunti di contabilità :
6) XXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXX
1 1 1 1 1 1 1 1 XXXXXX 1 1 1 1 1 1
Sulle unità del 3° rigo sono tirate due linee orizzontali che le unità interrompono.
Alla estremità sinistra del pluteo stesso, fra la la e la 2a colonna:
7) SlICVNDI G/////////////////OMOTGROC (?)
Ribelle ai reiterati e diligenti tentativi d'interpretazione è rimasta una lunga epi-
grafe in due righi, un distico molto probabilmente, le cui lettere incisero appena la più
esterna epidermide della parete rossa dell'ambulacro occidentale : ne conservo il lucido, che
però ritengo inutile qui riprodurre, perchè null'altro vi si discerne all'infuori dell'inizio :
Si quis... (*).
Nell'ambulacro sud, a tergo del larario a:
8) MORTICINAG
HGRGDITAS
Moriicinus eonvicium est in hominem pallidum, exsanguem etc. (Forc, Lexic., s. »».).
Più a destra, in grosse lettere :
9) COMP////RCS 10) QVI RII
Alla estremità destra, il cognomen:
11) RVSTICVS
Nel vano della scala d'accesso alla cucina sovrapposta all'ambiente n. 9, si lesse, trac-
ciato in piccole lettere, il nome :
12) MVSTIOLVS
(l) Senza risultato sono rimasti pure i tentativi fatti per ricondurre il supposto distico a qual-
cuno dei tanti carmina epigraphica aventi l'identico inizio e raccolti neìV Antimi. ìat. del Buecheler.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 62
POMPEI — 484 — REGIONE I.
Sull'intonaco laterizio della cucina additata si lessero, tracciati col carbone, i titoletti
seguenti :
13) A SKANII
MVSA
14) 1 1 0 1 K 15) IIVVSVSQ.VR (?)
Parimente col carbone era tracciata questa data :
16) XV K IVNIAS
VIINIT A
mentre graffito sotto il titolo n. 13 era il nome
17) PARIS
Sulla parete orientale del salone n. 12, di fronte al muro divisorio,
18) IH GRI
Sulla parete meridionale del salone n. 14, a sinistra del vano di ingresso, l'alfabeto
19) ABCDIirGHILMNOPQRSTVX
ANVS
RODANVS 20) RODANVS
Dubbia molto è la lezione di alcune lettere, incise un po' più a destra, nel campo di
una tabellina biansata :
21) CA....IIIA 22) A d. del vano d'ingresso:
ORMlA QW,V,T,
OVNE
VAVA
Nel cubicolo semplice, n. 15, ridotto a stanza di passaggio, sul pilastro giallo della
parete orientale:
23) MINI VHS (Mimu(s) es?)
Ivi stesso, sullo stipite meridionale del vano di comunicazione verso occidente:
24) ACnACIAriA (?) 25) BES
Nel cubicolo doppio, n. 16, accanto all'apertura dell'armadio-uccelliera, a destra :
26) HYMGW ; 27) IVOQJ (?)
SV.-
REGIONE I. . — 485 — POMPEI
A sinistra poi, in 10 linee sovrapposte, si leggeva la seguente iscrizione capillare*
28) riAO | tyc ! nxv | r-i | ere | a | cnih | k tx \ aac | ckibv (?)
Sulle pareti settentrionale e meridionale, rispettivamente :
29) ROXANII 29bis) KAITICGYeiie (?)
©IACOIC
Dietro lo stipite meridionale del vano di ingresso dal terrazzo F, molto in basso, per
modo che non può dubitarsi essere opera di un fanciullo, era la epigrafe seguente, in 11
linee sovrapposte, di lezione dubbia e difficile, specie nelle ultime linee:
30) MANTISYNA | TRIPODA PVTHIIS POTI | PVTIIS POTA | PVTAISA |
DYSTVIAIANTA | PSPOMMTIS | AH -VASAI (?) | CIIAOSSNI | STINNIII | A VLSI |
SIINIPOLINIA (?)
Sulla veranda H, e precisamente sullo zoccolo nero della parete esterna del muro
posto a fianco della doppia colonna segnata in pianta, furono lette parecchie piccole epi-
grafi : l'una di queste prime tre stava sotto il disegnino schematico di un quadrupede :
31) QVARTIO ; 32) IVNC ; 33) MVSA
Si ripete poi tre volte il nome Campanus, più o meno intero :
34) CAMPANVS : 35) CAMP ; 36) CAM
E si legge infine, di un distico monco, dapprima l'inizio :
37) HIC EGO CVM DOMINA RC
e poi un'edizione completa, ma in lettere cosi sottili e minute, che solo l'esametro lasciano
leggere con sicurezza:
38) (Hic) EGO CVM DOMINA RESOLVTO CLVNC | (p)€R(e)GI
DVCRSV SCRIBCRC (turp?)£ FVIT (?)
M. Della Corte.
NOCERA INFERIORE — 486 — REGIONE I.
IX. NOCERA INFERIORE — Titoli sepolcrali conservali tisi « Ca-
stello del Parco > .
Alla cortesia del eh. sig; ing. Luigi Iacono devo la nozione dell'esistenza delle epigrafi
che qui pubblico ; ed alla sollecitudine della on. Direzione del Museo Nazionale di Napoli
devo l'autorizzazione di recarmi a Nocera per prendere delle epigrafi stesse diretta visione :
il che eseguii lo scorso mese. Tanto la collina del Parco, quanto i ruderi davvero imponenti
della rocca medioevale, che di tanti eventi storici fu teatro e il fasto di tante corti feudali
vide (1), sono oggi proprietà del sig. comm. Annibale Fienga e del cav. Francesco suo figlio,
i quali molto di buon grado hanno offerto al mio esame le epigrafi da loro trovate nel
castello, acquistato dai baroni Guidobaldi, ultimi possessori. È probabile che proprio a
Domenico dei Guidobaldi, socio ord. dell'Accademia Ercolanese, debbasi l'iniziativa
di questa modesta raccolta di epigrafi, provenienti da varii punti dell'agro nucerino, e
qui dapprima custodite con cura, poi disperse tra la chiesetta ed il villino della spianata
più alta, che va ora ampliandosi ed abbellendosi per divenire una propria e comoda
villeggiatura.
Degli undici titoli, che in tutto ho visti e studiati, uno solo è già compreso nel Corpus
(C.I.L. X, 1086: d. m. | Aelio | Cosmo \ Sodales | fecerunt) e ad opera del Nisseh, il
quale, compiuta probabilmente l'ascensione al Castello (« apud Guidobaldium ») in una
stagione nella quale nessuno vi si tratteneva, trovò forse il titolo stesso provvisoriamente
messo in un canto della spianata. Gli altri poi, meno i tre ultimi, non sono inediti, perchè
già dal 1884 furono dal chiaro storiografo di Nocera, G. Orlando, descritti nel voi. I della
sua opera: tuttavia vale la pena di pubblicarli daccapo, essendone la prima additata
edizione affatto insufficiente, come verrò a volta a volta notando.
Un materiale omogeneo costituiscono i primi cinque titoli, forse di provenienza unica;
e sono altrettante stele-columelle di marmo bianco intagliate da lastre rettangolari, ovvie
al I secolo dell'impero (cfr. Notizie scavi, 1916, pag. 302 segg), desinenti in alto nel solito
disco-volto umano, e recanti in basso un foro : un'assicella di legno infilata in quest'ultimo,
e caricata di pietre nell'opera muraria, teneva fermo il marmo al posto suo.
1) Alt. m. 0,70; larga, m. 0,29; disco scheggiato:
M-ASELLINVS
CALLIMACO VS
AVGVSTAL
V • ANN • LX
G. Orlando, Storia di Noe. I, p. 115, nella la linea ha : Masellinus. Per altri Augustales
Nucerini cfr. C. X, 1073 e 1074.
(x) G. Orlando, Storia di Nocera dei Pagani, voli. T— III ; Doni, dei Guidobaldi, Dainia o Buona
Dea, pag. I sgg. della prefazione.
REGIONE I. . 487 — . NOCERA INFERIORE
2) Alt. m. 0,65 ; largh. m. 0,32 ; scheggiature nel disco e nella base :
D M
IANVARIO COL(owo?)
VIX ANNIS
XXVIII
3) Alt. ni. 0,70; largh. ni. 0,27; conservazione perfetta:
CLAVDIA
CYPARH
Ori. op., cit., I, p. 176, nella linea 2», ha due punti diacritici dopo la C e dopo la Y.
È da notarsi che nella linea la, al posto della D, era stata già incisa una O ; nella 2a, sotto
la Y era stata già incisa una V ; nessuna correzione fu operata alla finale H.
4) Alt. in. 0,40 ; largh. ni. 0,27 ; manca più della metà superiore del marmo col gen-
tilizio della onorata, che mi è riuscito impossibile integrare dalla sola estrema base super-
stite delle lettere che lo componevano :
////////////////////////
VERECVNDA
V-A-LXX-M-XI-D-XV
Ori., loc. cit., p. 176, trascura di menzionare la linea perduta.
5) Alt. m. 0,46 ; largh. m. 0,25. Manca forse un terzo nel lato inferiore ; fanno da
punti diacritici tante foglioline cuoriformi:
D a M
MARCELLAE
VIX* AN a X
DIES <* XV
MAMMVLA
BENE es MER
Ori., loc. cit., p. 177, tralascia la 2a linea ! In G. X, 6432 ricorre un'altra mammula, vera
maier.
6, 7) Son due frammenti di stele, conservanti l'uno l'angolo destro in alto, e l'altro
l'angolo sinistro in basso dell'epigrafe che fu unica:
m. 0,17 X 0,22 m. 0,45 X 0,18
VL I A
..ANN-XLNA
... GÈ
Ori. loc. cit., p. 176, ha in un'epigrafe sola, perchè il marmo non era rotto e mancante
come oggi: Mia | Agoge | v. ann. XIV, dove il numero è evidentemente errato.
NOCKKA INFERIORE . 488 HEGlONIi I.
La columella seguente è in tufo di Nocera: alt. m. 0,47; largh. m. 0,35; le lettere
sono molto rusticamente incise ; il cognome», precede il nomen :
8) RVFVS T I T limi [ni ?]
VS ANNOR
VM XXV
<
V'è poi, ricavato da un solido parallelepipedo di travertino bianco, un vero e proprio
monumentino, nel quale, in una nicchia rettangolare, incassata, e sormontata da un sem-
plice frontoncino, è scolpito in altorilievo il busto della onorata. L'epigrafe, mutila a
destra, si stende sull'architrave, al disopra del busto, che non è senza pregi:
9) alt. m. 0,80 ; largh. m. 0,275:
VIRIA • GL[ance ?]
Trascrivo infine quanto a stento mi è riuscito leggere in una logora lastra di marmo
bianco, servita chi sa per quanto tempo come scalino. Il titolo, a quel che pare, doveva
essere molto ampio in origine, e ci perviene solo parzialmente nel lato destro.
10) alt. m. 0,58; largh. ni. 0,27:
n i//////////////a n e s
min imi min hi V////A
I////////////7////VDIV
////////////7////U//PML
//////////////////////FEB
////////////////////////VA
M. Della Corte.
REGIONE IV.
— 489 —
CAPORCIANO
Regione IV {SAMNIUM ET SABINA).
X. CAPORCIANO — Iscrizione sepolcrale latitici.
L'ispettore onorario per i monumenti di Aquila, sig. barone G. B. Manieri, comunicò
copia e fotografia di un cippo funerario in calcare, alto m. 1,15, largo 0,55, rinvenuto
dall'agricoltore Rosario Priore in Caporciano, località Casale.
L(ucio) Lucceio Fausto et Pausclanae Salrillae Lucceia Amanda testamento suo fieri
iussit.
Caporciano è luogo compreso nell'antico Ager Peltuinatium (Peltuinum corrisponde
al luogo detto Civita Ansedona presso Prata), oppure neWAger Superaequanomm (Su-
peraequum si colloca sicuramente a Castelvecchio Subequo). Il gentilizio Pausculanus
appare in altra iscrizione funeraria rinvenuta nel luogo stesso nel 1826 (C. I. L.
IX, 3437).
PÈNTIMÀ, PIZZOLI — 490 — REGIONE IV.
XI. PÉNTIMA — Iscrizione sepolcrale latina.
Nell'eseguire dei lavori di restauro nella scuderia dell'abbadia di S. Pelino presso
Pèntima (antica Corfinium), si è rinvenuto un grande frammento di una lapide sepol-
crale di calcare locale, alto m. 0,80, largo 0,40. Il rovescio del frammento è stato rilavo-
rato in età moderna per adibirlo a mostra di architrave di una porta o di una finestra.
Nelle due ultime linee dell'iscrizione i caratteri sono molto più piccoli che non
nelle altre.
POSOLE no
sev. iVGVSTali
qui VIXIT-ANNof<
MENS-IIIIDfVs
pos OLENk-FORT imaia
ETITALICVs
pare NTES INFELIC immi
fiUO PIISSIMO
POSVERVNT
NTVS IVVENIS R.EVERENTIA PIE
/////////////////////OS PIETATE RE
Il gentilizio Posolcnus o Aposolenus dovrà prender posto vicino ai molti gentilizi in
enus che si presentano nella epigrafia romana del Sannio. Un T. Apusulenus Cae-
rellianus è in un'iscrizione della via Ardeatina (Not. Scavi, 1903, pag. 464). Seriri
Augustalesa. Corfinium sono già ricordati nelle iscrizioni C.I.L.IX — 3144,3160,3180,
3182-3187.
XII. PIZZOLI — L'ispettore onorario per i Monumenti e Scavi di Aquila sig.
conte G. B. Manieri, ha comunicato che un contadino, eseguendo lavori agricoli presso
Pizzoli ha rinvenuto una stele in calcare locale, stondata in alto, con l'iscrizione :
#
P-HELVIDIVS-P-L-
FLACCVS
AGRIA-L-F-VXSOR
INFR-P-XX-IN-AGR-P-XX
R. Paribeni.
SICILIA — 491 — ACIREALE
. SICILIA.
XIII. ACIREALE — Scoperte a Casalotto.
Il fianco sud-orientale dell'Etna che scende con pendìo quasi costante verso la
marina di Aci, giungendo a poche miglia dalla costa, forma due ciglioni, sur primo dei
quali, dell'altezza media di m. 650, son situati i villaggi di Zaffarana Etnea, di Treca-
stagni, di Pedara, e di Mcolosi, mentre sul secondo, che per buon tratto mantiene il li-
vello di m. 350 circa, sorgono i caseggiati di S. Gregorio, di Valverde e di Aci S. Antonio.
Su questo secondo ciglione, e precisamente a mezza strada fra i due ultimi villaggi no-
minati, si trova la tenuta di Casalotto, ricca di vigneti e collocata in una posizione su-
perba in quanto dalla parte settentrionale gode il panorama grandioso della sommità
del vulcano e delle borgate del primo ciglione, dalla parte orientale ha un vasto oriz-
zonte marino e domina la sottostante Valverde e il tratto di costa compreso tra Acireale
e Aci-Castello, vasta zona archeologica che possiamo dire ancora non sufficientemente
studiata nonostante le vivaci discussioni cui dette luogo a proposito della localizzazione
dell'antica Xiphonia (').
Data la presenza di questi ruderi sulla zona costiera, non meraviglierà il fatto che
altri avanzi siano oggi venuti alla luce nelle colline che a quella fan quasi corona, e che
un documento epigrafico, ritrovato fortuitamente a Casalotto, e su cui dovremo tratte-
nerci, accenni forse alla località di Aci che, nell'epoca romana, dovette sorgere su quella
marina.
Gli scavi nella tenuta di Casalotto ebbero inizio nello scorso ottobre in occasione
di lavori per assestamento di vigne nella località più particolarmente chiamata « il tondo».
I primi ruderi cominciarono ad apparire a pochissima profondità dalla linea di cam-
pagna (m. 0,50 circa), e l'estensione della loro traccia indusse il proprietario il Principe
di Reburdone, che qui ringrazio pubblicamente per avermi permesso ed agevolato lo
studio di queste casuali scoperte, a metterne a nudo una buona parte ed a conservarli.
A questo interessamento si deve anzi se, a prescindere da una piccola zona che nell'an-
nessa pianta abbiamo avuto cura di tratteggiare e che al principio dei lavori era stata
inconsapevolmente distrutta, tutti gli altri avanzi non ebbero a subire una simile sorte.
La piantina che presentiamo (fig. 1 ) può dare l'idea di quanto finora è stato rinvennto
della costruzione ; ma dobbiamo premettere che essa pianta, nonché le notizie che rife-
riamo, hanno un carattere assolutamente provvisorio in quanto che il terreno, che con
dolce pendìo declina verso il piano di S. Antonio e che non fu toccato a causa delle sovra-
stanti piantagioni di vigne, nasconde certamente altri avanzi che sembrano la conti-
nuazione della costruzione in parola.
(') La ricca letteratura su tale questione è pubblicata in gran parte negli Atti delle Accademie
acesi : Zelantea e Dafnica.
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. 03
Acireale — 492 — Sicilia
L'area finora scoperta presenta una forma rettangolare della lunghezza di m. 26
circa, della larghezza di ni. 12,42. limitata ai lati da due muri della larghezza di m. 0,60
ognuno, che si stendono da nord a sud, e dalla parte meridionale da un tratto di muro
perpendicolare ai due primi ma che s'interrompe, poco oltre la scaletta indicata nella
pianta, contro un piccolo' massiccio roccioso che non presenta traccia alcuna di costru-
zione. I muri laterali e il breve tratto del muro meridionale sono costruiti di blocchi
di lava squadrata misti a pietrame (opus incertum); regolarissima invece e quasi isodoma
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Fio. 1.
potremmo dire la costruzione di una serie di muretti divisorii (lunghezza m. 1,70),
probabilmente destinati a sorreggere delle volte, disposti perpendicolarmente ai muri
laterali ed equidistanti fra di loro (l'intervallo fra l'uno e l'altro è di m. 3,70, mentre
i due più meridionali distano dalla parete m. 5).
Quale fosse l'altezza originaria dei muri laterali e di quelli divisorii non sapremmo
dire perchè a precisarla occorrerebbe metterli a nudo completamente ; ma è certo, per-
tanto, che dal lato meridionale, pur mancando ogni traccia di pavimento, quattro pic-
coli plinti di pietra lavica, su cui si ergono delle colonnette (altezza m. 1.00) composte
di grossi anelli fittili sovrammessi, del diametro di m. 0,40, indicano il livello originario
di esso. Questi plinti sono collocati a ni. 0,80 dalla parete meridionale, e si trovano tutti
sulla stessa linea; ma, mentre i due più orientali sembrano quasi fiancheggiare la piccola
porta e l'annessa scaletta, non si comprende la funzione dei due più occidentali distanti
da quelli m. 5,30 ed antistanti al piccolo massiccio roccioso. Questo tratto, compreso
fra le due coppie, non mostra traccia né di plinti ne di colonnette asportate, come sa-
rebbe facile supporre.
SICILIA 493 ACIREALE
L'altezza degli altri muretti divisorii non è stata dunque accertata, ad eccezione
di quelli più settentrionali, dove un piccolo saggio di scavo mi ha permesso di consta-
tare che essi, elevantisi attualmente a m. 1 circa sopra terra, continuano per una pro-
fondità di m. 1,10, e a questo punto incontrano una larga base di pietra vulcanica su cui
poggiano.
Tutta la costruzione presenta dunque una grande differenza di livello che, nel tratto
scoperto, si può calcolare di più di un metro, ma che cresce a mano a mano che si pro-
gredisce verso settentrione dove, come si è detto, l'edifìcio sembra continuare.
È difficile stabilire, allo stato attuale dello scavo, la natura e la destinazione del-
l'edifìcio. La presenza dei pilastrini costituiti dai grandi anelli in terracotta farebbe
venire l'idea che si tratti di suspensurae; ma l'ipotesi credo sia da escludersi senz'altro
per la mancanza dei numerosi sostegni, simili ai quattro in situ, che si riscontrano
costantemente nelle terme in cui era applicato questo sistema di costruzione, ma
soprattutto per il forte dislivello che presentano le diverse parti della costruzione. È
pure difficile che possa trattarsi di una villa o di una parte di essa, considerando che
la costruzione è impostata, come abbiamo detto, su di un declivio, e considerando
pure l'assoluta mancanza di aperture, ad eccezione della piccola porta sul lato meri-
dionale. A questa ipotesi però si rinuncia a malincuore, perchè la prima impressione che
si riceve da queste rovine è proprio quella di un magazzino o del sottosuolo di una
villa rustica, impressione che contribuiscono a dare anche i grandi frammenti di dolii
sparsi in mezzo alle rovine, tra i quali è da ricordarne uno il cui fondo, recante tracce
di restauri in piombo, è ancora in situ davanti al terzo scomparto di sinistra. Abban-
donando queste supposizioni, non resterebbe da pensare se non ad una grande cisterna,
ipotesi con cui non contrastano nò la lunghezza dell'edifìcio né i suoi dislivelli (ved. Vitr.
Vili, 7) ne la natura di questa regione ricca di acque. Contrasta invece un altro parti-
colare, la presenza di tracce d'intonaco a pittura di color rosso tuttora aderenti alla
parete meridionale nei pressi della scaletta ed alcuni frammenti di intonaco a pittura
di color rosso e fasce nere rinvenuti qua e là durante gli scavi.
Limitandoci per ora a queste vaghe congetture, non ci resta che da stabilire l'epoca
dell'edifìcio che, in base alla regolarità della costruzione dei muri divisorii e dell'opus in-
cerlum dei muri laterali, potremmo attribuire alla fine della repubblica o al primo secolo
dell'impero.
Abbiamo detto che l'area compresa entro il recinto dei ruderi è attualmente esplo-
rata fino a un metro di profondità. Finora essa non ha dato se non i cocci e i frammenti
di anelli fìttili e di grandi dolii che abbiamo descritto, nonché una giarra contenente i
resti di un fanciullo. Questo esempio di iyxvtqia^ió; non è la sola traccia di sepolture
avvenute nel luogo : anche immediatamente a sud del muro meridionale, in una pic-
cola cavità della roccia, si son trovate delle ossa e cocci di vasi acromi lavorati al
tornio (1). Tanto le ossa del cadaverino quanto queste ultime rimontano quasi certa-
mente ad un'epoca posteriore all'edifìcio e forse anche a quella della sua distruzione.
Ma la scoperta più interessante avvenuta nell'area centrale è quella di un'iscri-
zione bilingue, incisa su di una lapide marmorea che attualmente misura m. 0,23 di al-
(}) Oltre il muro meridionale, in fatto di costruzioni, non si è trovata se non la piccola cisterna
circolare di ni. 2,30 di diametro, segnata nella pianta.
ACIREALE — 494 — SICILIA
tezza per m. 0,28 di larghezza (alt. lett. m. 0,02) ma che indubbiamente non rappresenta
se non una parte della grandezza originaria (fig. 2) ('). La lettura è ostacolata un po' da
■| — r. ■■;,..
m.ff^''*<> • ^jr-rn — 'ini '"**" |fr~»i-— **T^
Fia. 2.
alcune macchie rossastre che l'oscurano nel lato destro, in alto, e molto più dalla mu-
tilazione. Ke diamo l'apografo e la supposta integrazione seguita da un breve commento.
1. àvéOrf\xev HvOa xcù H\6(x\èxéXevae
2. sQ%ha~\Hai rovi; art' aave<ù\j; Knravrjg
3. SQxjfffOai tovc àn' 'Àxió\og x(!)iitjc xaì
4. (ptgsiv~\ aviiiì xctqnòv wq òq\_evrj
5. nedi'ov] tovio tò nayv zoTg ff^s/ia^oiiiéyoic
6. FECITJME SAMIVS VTR.OQVE IN[SPICIENTEM (seu invigilantem)
7. EN]ORMEN PENEM VT OSTEN[DAM
8. .... RVBRl-SAMI-FIL-
(x) La lapide è spezzata, sul lato sinistro, in due frammenti perfettamente combacianti.
SICILIA . 495 ACIREALE
Anzitutto in questa iscrizione, che poteva essere anche in versi e, per la parte
latina, in metro priapeo, manca certamente qualche linea che precedeva il testo a noi
pervenuto, e nella quale si specificava il nome del dedicante e forse l'autore del simu-
lacro di cui sembra si parli.
Nella prima linea, nonostante che la frase avverbiale è'rda xcà è'ida sembri la tra-
duzione greca àclVutroque della riga 6a, preferisco unire il primo è'vOu ad àvédtjxev ed
il secondo ad ìqxsgOui. La prima soluzione avrebbe richiesto, oltre ad sxs'lavas, asso-
lutamente necessario, un'altra parola che fosse la traduzione del latino, inspicienlem
o invigilantem ; ma, a prescindere dal fatto che le linee seguenti non dimostrano la man-
canza di una lunga parte dell'iscrizione sul lato destro, possiamo dire davvero che il testo
latino sia una traduzione del greco ? A me sembra che il resto dell'iscrizione escluda
tale ipotesi.
Nella seconda linea considero l'integrazione eQ%kd6ai quasi sicura : la stessa parola
ripetuta alla linea seguente serve, si può dire, di conferma, in quanto la finale sodai
è preceduta da un avanzo di lettera che molto probabilmente è un %. La specificazione
dell'acri* è verisimile, come specificata è la località nella linea seguente. La lacuna che
suppongo, fa ammettere che si tratti di Kaxàvìj. Del resto, a quale altro centro vicino,
che meritasse la qualifica di aaiv, si poteva accennare?
Nella linea terza è da rilevare la menzione interessante di Aci. Gli scrittori greci
accennano soltanto al fiume che scorreva in questa località Etnea, fiume la cui etimo-
logia si ricercava nel suo corso rapido e diritto. La menzione di Aci come centro popo-
lato appare per la prima volta negli scrittori romani. Nel racconto delle guerre puniche
Silio Italico (XIV, 221) nomina fra i popoli di Sicilia quello che
.... per Aetneoi Acis petit aequora fines.
La seconda menzione è nell'itinerario di Antonino che indica Aci a 19 miglia da
Nasso e a 9 da Catania. La terza testimonianza la darebbe la nostra epigrafe dove Akis
(situata in una zona che è in vista dalla località ih cui fu rinvenuta l'iscrizione) sarebbe
ricordata come un centro notevole di vita sulla costa orientale, in contrapposto alla lo-
calità nominata nella linea precedente (l).
Nella quarta linea leggo la prima parola avtìh, nonostante la mancanza dello jota
soscritto. Non sappiamo se, come nell'iscrizione latina, è il monumento che parla, e se
quindi dobbiamo supporre invece Sfiavi!?. L'offerta dei frutti indica certamente la divi-
nità onorata che io suppongo fosse Priapo per le ragioni che in seguito esporrò. L'ul-
(') Una leggenda del seicento fece di Aci la continuazione di Xiphonia, e si pretese quindi che
l'uria e l'altra città sorgessero al Capo Mulini. Oggi, scartata l'identificazione di Akis con Xiphonia e
sfatata la leggenda della localizzazione di quest'ultima a Capo Mulini, sembra opportuno ricercare
la prima lungo la riva del fiume omonimo. Senonchò l'identificazione del fiume è discussa quanto quella
della città. L'Arezio, seguito da molti autori (Fazello, Maurolico), l'identificò col Fiumefreddo che
scorre tra Mascali e Calatahiano; il Carrera (e con lui l'Amico, il Vigo, Ferrara ed altri) con le Acque-
grandi. Recentemente il Raccuglia (Storia di Aci, Acireale, 1900, pag. 1?3 e sgg.\ tornando ad un'opi-
nione espressa dal Cluverio, riconosce l'antico Aci nelle acque della Reitana che nasce a pochi chilo-
metri dal mare, ha un corso rapido e diritto, ed era fino al 1500 abbondante di acque. Conseguente-
mente egli localizza la città di Akis alle foci di esso.
ACIREALE 496 SICILIA
tima parola non può essere se non òqsvtj sia per le lettere rimaste, sia perchè essa deve
indicare il compenso del Dio alle offerte (xuqtiòv) dei suoi adoratori.
Questi ultimi sono certo indicati nella linea seguente con la parola la cui 2 iniziale è
sicura. Si potrebbe essere indotti dalla linea 7 a considerare Tta%v come una traduzione
dell'enorme»; ; ma quale parola di genere neutro tradurrebbe penem? Preferisco quindi
supplire nsóiov collegando l'idea della protezione del dio, espressa nella linea prece-
dente, con quella della fertile (naxi) = pingue) pianura formata dalla terrazza, su cui
si trova Caaalotto e che con dolcissimo pendio scende verso settentrione.
Nel testo latino non abbiamo una traduzione letterale del greco e, a me pare, neppure
una parafrasi o un sunto.
La prima parola è certamente fecit o posuit. : si ricordi a tale proposito il carme
priapeo (X) dove il simulacro ligneo dice :
Non me Prasiteles Scopasve fecit
Nec sum Phidiaca manti politus.
Vulroque inspicientem o invigilantcm fa pensare ad una erma bifronte che custodisse
due predii limitrofi. Così nel carme priapeo XXIV:
Hic me custodem fecundi vittimi horti
Mandali curarti jussii habere loci.
Nel testo latino manca, ne credo sia da congetturarsi, l'idea del pellegrinaggio di
genti diverse e delle offerte al dio, di cui viene invece segnalata la particolarità carat-
teristica del penis enormis che fa ricordare la fine carme priapeo X :
Nimirum libi salsa res videtur
Adslans inguinibus columna nostris.
Nell'ultima linea, nonostante che dall'epigrafe non sembri, manca certamente il
nome del dedicante (il figlio di Rubrio Samio) che parrebbe dover essere il Samius della
linea sesta, se questi non era semplicemente l'autore del simulacro. Sarebbe strano,
peraltro, che questo Samius non fosse il figlio di Rubrio Samio!
Ho supposto dunque che la divinità, cui certo si alludeva in questa iscrizione, fosse
Priapo; nò credo di avere errato, sebbene il culto di Priapo attestatoci da iscrizioni a
Roma, a Telesia, a Bergamo, a Padova, ad Aquileia, in Dalmazia e in Dacia, appaia
ora per la prima volta in un'epigrafe siciliana (1). L'ipotesi di un culto priapeo alle
falde dell'Etna ricche di oliveti e di vigne è facilmente sostenibile, quando si pensi
che il Dio era appunto venerato come ò.TwoogirXaì r&v àfinéXcuv xal twv xrjnmv (2)
e che come xtjnovQÓg o come àyqo<pvXal, egli sarebbe stato concepito in questa iscri-
zione, se l'idea della tutela dei campi è veramente espressa nelle linee 4 e 5 dell'epi-
grafe. Le genti di Catania e di Aci, popolazioni costiere, e che quindi potevano vene-
rare Priapo anche come alyiaXCTrjg e come Xifierìirjg, è facile che salissero sul clivo
(1) Su tutto ciò ved. Roscher ad v Priapo. Le iscrizioni relative sono nel f . /. L. Pei l'altare
ad Aquileja ved. Michaelis, Arch. epigr. Miti. 1877-1881.
(2) Diod. IV, G, 4 Come protettore dell'allevamento delle api è ricordato da Pausania IX, 31, 2.
SICILIA — 497 — ACIRKALK
Etneo a portargli le offerte di uva, melograni, mandorle e fichi particolarmente grate
al « ruber ho-rtorum custos, membrosior aequo ».
Non ci è dato di sapere a quale monumento fosse applicata l'iscrizione. Il penem
cnormem mi ha fatto pensare a tutta prima ad uno di quegli strani monumenti itifallici
che fiancheggiano una strada di Delos ; ma, se tale non era, possiamo anche immaginare
si trattasse di una rappresentazione assai più comune, già illustrata dallo Jahn (J) e per-
venutaci in numerosi esemplari, cioè il Priapo che solleva il grembiale ricolmo di frutti,
mostrando l'« inguen nullis veslibus factum », il Priapo insomma che, come ci è descritto
da Petronio nel Satyricon (2), « gremioque satis ampio omnis generis poma et uvas susti-
nebat, more vulgato ». Una inedita statuette frammentaria di questo genere, di cui re-
stano il torso, parte delle gambe e della tunica sollevata sul davanti, ho potuto osser-
vare di recente anche nel Museo dei Benedettini tra alcuni rottami di origine quasi
certamente locale.
Come già abbiamo detto, Vutroque invigilans dell'iscrizione latina può far anche pen-
sare ad una statua bifronte. Ad ogni modo, è da sperare che ulteriori scavi nell'area
interna dei ruderi fin qui scoperti abbiano a restituirci questo simulacro o almeno qualche
parte di esso, a meno che non si trattasse, come spesso avveniva, di una statua lignea
che dobbiamo credere non tanto rozza, data la supposta indicazione dell'autore. Già
infatti qualche frammento di scultura è venuto alla luce a poca distanza dall'iscri-
zione. Uno di questi è la mano di una statua, di grandezza naturale : un altro, più note-
vole, è un frammento di un grazioso torsetto marmoreo. Nella modellatura si osserva
una certa vigoria, e alcune parti, ad esempio l'attacco delle reni, sono squisitamente trat-
tate. Il torsetto apparteneva ad una statua che non misurava forse più di m. 0,80 di
altezza e rappresentava una figura virile poggiante sulla gamba destra, con una ponde-
razione che potremmo dire policletea, se gli avanzi della coscia sinistra non dimostras-
sero che questa gamba era portata molto avanti. Sul fianco destro osserviamo un
punto d'attacco ; e, siccome tra i frammenti si sono rinvenuti i resti di una clava che per
le proporzioni non disconviene alla nostra figura, saremmo tentati di ricostruire con
questi elementi la rappresentazione di un Eracle che sostiene la clava con la mano
destra molto aderente al fianco. Ma, rifuggendo per ora da ogni ricostruzione, ci limi-
teremo a osservare che il culto di Priapo era spesso associato a quello di Eracle, come
dimostra quella celebre pittura pompejana con la scena dell'eroe e di Omfale, dove
vediamo il primo sostenuto da Priapo rappresentato quale servo e fedele compagno di
Ercole, associazione certo derivata dall'idea della forza e della produttività di quest'ul-
timo (3).
Tra i frammenti rinvenuti insieme col torsetto ricorderemo ancora la gamba de-
stra di una statua di dimensioni identiche alla prima. L'epigrafe e i frammenti descritti
ci farebbero pensare ad un sacellum che forse sorgeva nel luogo del rinvenimento ; ma chi
può dire, se esso fece parte della grande costruzione che racchiudeva questa area, o se ap-
(*) 0. Jahn, Ber. d. Sachs. Gcsellsch. d. Wissensch. Phil. hist. Kl. 1855, p. 215 e in Jahrbuch. des
Ver. von Althertumsfreund ini Rhcinland 1850.
(2) Petron., Satyricon, 60.
(3) Helbig, Wandgem. Camp. 1140.
ACIREALE — 498 — SICrLIA
partenne a epoca posteriore ? botiamo pertanto che la fattura delle statue, anche se si
tratta di copie, è di buona epoca ; e ricordiamo inoltre che abbiamo attribuito la costru-
zione dell'edificio, sia esso villa rustica o altro, ad epoca non più tarda del I secolo del-
l'Impero. 1 caratteri dell'iscrizione invece, con la forma tipica delle lettere (A , ^ , M ,
N , O , &), accennano ad epoca non anteriore al terzo secolo' d. Cr. Questa deter-
minazione cronologica non sarebbe di poco valore, poiché l'iscrizione, col suo testo
bilingue, dimostrerebbe quanto a lungo sia rimasto, specialmente nelle campagne
siciliane, l'uso della lingua greca cui appartiene la maggior parte dell'iscrizione.
Riuniamo e presentiamo questi dati, nella speranza che le ricerche successive aiu-
tino a risolvere questi diversi problemi.
Terminiamo accennando ad alcuni monumenti minori i quali ci attestano, che la
vita non si spense al terzo o quarto secolo in questa località.
Essi sono costituiti, oltre che da quelle sepolture cui più sopra abbiamo accennato,
anche da tre monete non perfettamente identificate, ma l'ima di Giustiniano I o II,
l'altra di Foca o di Niceforo II Foca, la terza di Anastasio o di Giustino I.
Caratteristica infine è la fibula bronzea che riproduciamo e che ha la forma di una
lepre in corsa: strano oggetto che per lo stile e per i circoletti concentrici che l'ador-
nano attribuiremmo al secolo VII e all'VIII d. Cr. (fig. 3).
Fio. 3.
Dopo quest'epoca non sappiamo, se la località ebbe più abitatori ; ma dagli studii
degli storici paesani sulle età successive risulta che solo in documenti del secolo XVI
riappare esplicitamente la menzione di Casalotto. Tuttavia è da tener presente ciò che
dice, parlando dei diversi casali che portano il nome di Aci, uno dei più accreditati fra
tali storici, il Raciti-Romeo, il quale giudica il Casalotto di S. Antonio come uno dei
più antichi, sebbene egli affermi che, «per l'antichità relativa dei diversi casali, non
possiamo stabilire nulla di certo » (').
Nuova esplorazione del rudero di Casalotto.
In seguito al consenso ottenuto dalla R. Soprintendenza e ad iniziativa del proprie-
tàrio, nel maggio scorso, furono riprese le ricerche nelle immediate vicinanze del grande
edificio di cui sopra abbiamo parlato, ricerche che, in generale, dettero esito negativo, ad
(x) Raciti Romeo, Ancora sulle origini di AH, pag. 41.
SICILIA _ 499 — ACIREALE
eccezione che nell'estremo angolo nord-ovest. Qui venivano infatti alla luce altri ruderi,
la cui disposizione risulta chiaramente dalla piantina d'insieme.
Tanto il pilastro (o tratto di muro?), della lunghezza di m. 1,53, che si osserva sullo
estremo angolo N-O, quanto l'altro tratto della lunghezza di m. 3,40 separato dal primo da
un intervallo di m. 1,10, io ritengo appartenessero alla grande costruzione di cui sopra,
sia per l'eguale livello, sia per la direzione che presentano i ruderi, sia, infine, per la somi-
glianza del rivestimento a conci rettangolari che in qualche punto è conservato sino al-
l'altezza di m. 1,33, e che altrove invece è per gran parte mancante.
Ad epoca posteriore risalgono certamente altre costruzioni comprese tra i nuovi
elementi ora descritti e il muro occidentale dell'edificio maggiore, costruzioni che con-
sistono in una coppia di forni dei quali quello più meridionale, meglio conservato, pre-
senta nella parte interna una serie di pilastrini formati da tegoloni sovrapposti. Tali
forni, che originariamente dovevano avere anche un rivestimento di lastre fittili sul fondo,
erano di dimensioni diverse ; ed è anzi notevole, che a quello di maggiori dimensioni corri-
sponde la bocca più piccola, e viceversa. Queste aperture, il cui arco superiore consta di
tegoloni mal connessi con argilla, si aprono su un muretto di m. 0,42 di spessore che
veniva a dividere l'antico vano in due parti quasi uguali. Dobbiamo aggiungere, che da-
vanti alla fornace di destra si apre nel suolo una vaschetta internamente intonacata e
del diametro di m. 1,32, e che infine tutti questi avanzi mostrano traccie di un
intenso fuoco.
Non sapremmo dire a quale uso servissero questi forni ; i tipi più conosciuti, tra quelli
che servivano alla cottura del pane, non presentano di solito la serie di pilastrini che os-
serviamo nei nostri e che sembrerebbero invece destinati a sorreggere, se non la cupola
del forno stesso, delle grandi caldaie. È quindi probabile che tale costruzione attesti una
qualche industria agricola esercitata sul posto.
A causa della pessima qualità della costruzione, saremmo indotti ad assegnare questi
forni ad epoca assai posteriore a quella del grande edificio a cui essi si appoggiano: e
tutto ciò dimostra, come per alcune generazioni si seguitassero ad usare, adattandoli, gli
ambienti del grande fabbricato più antico che, quasi con certezza, consideriamo adesso
come i ruderi di una grande villa rustica o di un'ala di essa. In mezzo agli avanzi messi
in luce più di recente si son rinvenuti altri resti di rozza ceramica, un frammento mar-
moreo che sembra il bordo di qualche vasca o di qualche bacino, delle lucerne fittili con
il noto stampo C • IVN • DRAS e infine una grande quantità di tessere per musaico.
All'elenco delle monete trovate dobbiamo aggiungere ancora le seguenti: tra le
greche, qualche bronzo siracusano con la testa di Atena elmata e l'ippocampo, nonché
un bronzo di Gerone II (1? testa del sovrano ; 9 pegaso) ; tra i pezzi romani un conio
catanese recante sul diritto la testa bifronte e modiata di Serapide e sul rovescio Deme-
tra ; infine alcune piccole monete imperiali con l'effigie di Domiziano, di Gallieno, di
Massimiano, di Costanzo Cloro, di Costantino, di Costante e di Valente : tra le mo-
nete bizantine, qualche bronzo di Giustiniano e di Leone.
G. Libertini
Notizie Scavi 1922 — Voi. XIX. «4
— 501 —
INDICI
INDICE DEGLI AUTORI
Alessandri B. — Pag. 105 (Scandicei).
Alfonsi A. — Pag. 3 (Este) ; pag. 189 (Gal-
zignano).
Aurigemma S. — Pag. 145 (Santamaria Capua
Vetere) ; pag. 146 (Nocera inferiore).
Barnabei F. — Pag. 55 (cenni necrologici di
A. Alfonsi).
Barocelli P. — Pag. 97 (Borgomanero) ; pag.
98 (Vercelli) ; pag. 98 (Caravino) ; pag. 99
(Aosta) ; pag. 100 (Rodello Canavese) ;
pag. 101 (Caluso) ; pag. 101 (Viù) ; pag.
103 (Moncalieri) ; pag. 198 (Biella) ; pag.
362 (Serravalle Scrivia).
Bendinelli G. — Pag. 110 (Civitella S. Paolo) ;
pag. 428 (Romaj.
Brusin G. B. — Pag. 187 (Aquileia).
Calleoari A. — Pag. 189 (Gal/.ignano).
Calza G. — Pag. 87 (Ostia).
Campanile T. — Pag. 347 (Negrar di Val
policella).
Cesano L. — Pag. 406 (Roma).
Contini A. — Pag. 106 (Umbertide).
Della Corte M. — Pag. 459 (Pompei); pag.
491 (Nocera inferiore).
Galieti A. — Pag. 450 (Lanuvio).
Galli E. — Pag. 103 (Scandicei); pag. 204
(Pitigliano).
Gatti E. — Pag. 219 (Roma).
Giglioli E. Q. — Pag. 200 (Veio) ; pag. 257
(Ponticelli) ; pag. 405 (Roma).
Libertini G. — Pag. 491 (Acireale).
Mancini G. — Pag. 58 (Piacenza) ; pag. 80
(Amelia) ; pag. 137 (Roma) ; pag. 252
(Veroli).
Marucchi O. — Pag. 81 (Roma).
Mazzini U. — Pag. 199 (Moretta); pag. 199
(Boves) ; pag 200 (Acqui) ; pag. 202 (Sa-
vona) ; pag. 203 (Portovenere).
Moretti G. — Pag. 59 (Falerone).
Nardini O. — Pag. 247, 457 (Velletri).
Orsi P. — Pag. 147 (Monasterace Marina) ;
pag. 149 (Motta S. Giovanni) ; pag. 151
(Reggio Calabria).
Paribeni R. — Pag. 230 (Roma) ; pag. 234
■ (Tivoli, villa Adriana) ; pag. 378 (Foligno) ;
pag. 408 (Roma); pag. 489 (Caporciano) !
pag. 490 (Pentima) ; pag. 339 (commemo-
razione dell'on. F. Barnabei).
Patroni G. — Pag. 57 (Medole) ; pag. 191
(Bagnolo Mella) ; pag. 196 (Remedello
Sopra).
Stefani E. — Pag. 76 (Gualdo Tadino) ; pag.
215 (Formelln); pag. 379 (Veio).
Taramelli A. — Pag. 297 (Ozieri) ; pag. 294
(Porto Torres) ; pag. 296 (Serri) ; pag.
335 (S. Antioco^.
— 502
- INDICE TOPOGRAFICO
Acireale. — Scoperte a Casalotto, pag. 491.
Acqui. — Piccina romana, pag. 200.
Amelia. — Frammento d'iscrizione municipale
rinvenuto in territorio di Penna in Teve-
rina, paj. 80.
Aosta. — Acquedotto in frazione i la Comba »,
pag. 99.
Aquileia. — Scavi, pag. 187.
B
Bagnolo Mella (Brescia). — Sculture ed
iscrizioni romane, pag. 191.
Biella. — Epigrafi romane, pag. 198.
Borgomanero (Cureggio). — Tesoretto di mo-
nete romane imperiali, pag. 97.
Boves (Como). — Epigrafi romane, pag. 199.
Caluso. — Tomba d'età romana, pag. 101.
Caporciano. — Iscrizione sepolcrale latina,
pag. 49.
Carde (Moretta). — Tomba d'età romana, pag.
199.
Civitella S. Paolo. — Sca'ù in località Monte
S. Martino, pag. 110.
E
Este. — Necropoli atestina del nord, nel fondo
Rebato; pag. 3.
Formello. — Antichi sepolcri, pag. 215.
6
Galzignano. — I confini fra Ateste e Paia-
vium (scoperta di un decreto che li sta-
biliva), pag. 189.
Gualdo Tadino. — Antichi sepolcri, pag. 76.
Ivrea (Caravino). — Tesoretto monetale de\
III secolo, pag. 98.
Lanuvió. — Resti di antica via nella tenuta
Sforza, pag. 450 ; Tomba in contrada
via Larga, pag. 453 ; Via antica nei pressi
del paese, pag. 454; Tombe nella tenuta
Sforza, pag. 455 ; Avanzi di costruzioni
idrauliche a Casalpozzo, pag. 466.
Medole. — Testina in bronzo di età romana,
contrappeso di stadera ; pag. 57.
Monasterace Marina. — Deposito di terre-
cotte architettoniche, pag. 147.
Moncalieri. — Tomba di età romana, pag. 103.
Motta S. Giovanni. Tomba in frazione Laz-
zaro, pag. 149.
N
Falerone. — Ripostiglio monetale nell'are::, del-
l'antica Falcriv, pag. 69.
Foligno. — Tomba presso S. Giovanni Pro,
pag. 378.
Negrar di Valpolicella. — Avanzi di una
villa romana con mosaici, pag. 347.
Nocera inferiore. — Iscrizione funebre la-
tina in via Bosco Lucarelli, pag. 146 ;
titolo sepolcrale nel castello del Parco,
pag. 486.
- 503 —
0
Ostia. — Gruppo di sculture nell'area dell'an-
tica città; pag. 87.
Oziebi. — Ripostiglio di armi e strumenti in
bronzo di età nuragica, in regione Chili-
vani ; pag. 287.
Pentima. — Iscrizione sepolcrale latina,
pag. 490.
Piacenza. — Cippo funebre in località S. Giu-
seppe, pag. 58.
Pitigliano. — Vaso eneolitico, pag. 204.
Pompei. — Scavi privati nel territorio, pag. 459 ;
Saggi di" scavo in contrada Jossa (Sca-
fati), pag. 478 ; Saggi di scavo in contrada
S. Abbondio (Scafati), pag. 479 ; Sepoltura
a Torre Annunziata, pag. 480; Villa rustica
presso la via dei Sepolcri, pag. 480.
Ponticelli (Napoli). — Necropoli del III se-
colo av. Cr., in località Purgatorio; pag. 257.
Porto Torres. — Monete d'oro di età bizantina
in regione Baiai, pag. 294.
Portovenere (Fezzano). — Avanzi di costru-
zioni di età romana nel piano Artigliè,
pag. 203.
Reggio Calabria. — Scoperto varie negli anni
dal 1911 al 1921, pag. 151.
Remedello Sopra (Brescia). — Ripostiglio di
ascie di rame e tomba romana con ceppi
di ferro, pag. 196.
Rodello Canavese. — Tombe di età romana,
pag. 100.
Roma. — (Regione III) base marmorea in aita
ed iscrizioni varie in via S. Pietro in Vin-
coli; pag. 219.
Id. — (Regione IV) avanzi di antiche costru-
zioni all'angolo di via Nazionale e via Mi-
lano, pag. 222 ; in via Tre Novembre,
pag. 223 ; in via Firenze, pag. 223 ; gran-
diose costruzioni di edificio termale in via
degli Avignonesi, pag. 223.
Id. — (Regione Vili) piloni in opera quadrata
di tufo in via Giulio Romano, pag. 224.
Id. — (Regione IX) muri in opera quadrata
di tufo all'angolo del Corso Vittorio Ema-
nuele e del Lungotevere dei Fiorentini,
pag. 224 ; Costruzioni antiche in via Ferdi-
nando di Savoia, in via Maria Adelaide ed
in via della Penna, pag. 224 ; Tratto di
muro in opera quadrata al Lungotevere Al-
toviti, pag. 226 ; Platea di lastroni in tra-
vertino in via di Campo Marzio, pag. 226.
Roma. — (Regione XIV) cippo marmoreo con
iscrizione greca e rilievi riferibili al culto fri-
gio della Magna Mater in Borgo Pio, pag. 81 ;
Avanzi di antiche costruzioni tra la piazza
delle Gensole ed il Lungotevere Anguillara,
pag. 226 ; Pavimentazione di antica strada
all'angolo di via della Lungara e via delle
Mantellate, pag. 226.
Id. — Via Aurelia Nuova: Tombe di età im-
periale, in tenuta Bravetta ; pag. 230.
Id. — Via Flaminia: Colombario e ripostiglio
monetale, presso il Museo di villa Giulia;
pag. 405.
Id. — Via Labicana (odierna Casilina): Resti
dell'anfiteatro degli horti V 'ariani, pag. 137:
Sarcofago con Centauri marini e Nereidi ed
epigrafi varie in località Maranella, pag. 138;
Epigrafi funebri degli Equites singulares
a Torpignattara, pag. 141.
Id. — Via Latina: Antico sepolcro presso la
porta Latina, pag. 226 ; Villa rustica e
fistule plumbee a Roma Vecchia, pag. 227.
Id. — Via Portuense : Tratto di antico cunicolo
al vicolo Affogalasino, pag, 228 ; Sepolcro
a cassettone ed avanzi di pavimento a mo-
saico al viale del Re, pag. 229; Tombe di
età imperiale, pag. 408.
Id. — Via Prenestina: monumento sepolcrale
ed iscrizione funebre alla Pedica di Tor Tre
Teste, pag. 144.
Id. — Via Salaria: tratto di pavimentazione
dell'antica via Salaria ed iscrizioni funebri
in via Antonio Bertoloni (già vicolo dei
Parioli), pag. 229.
Id. — Via Trionfale: ipogei sepolcrali presso
il km. IX, pag. 429.
8
Santa Maria Capua Vetere. — Titoletto fu-
nebre, pag. 146.
Sant'Antioco. — Ipogeo con sepolture giudai-
che della necropoli Sulcitana, pag. 335.
Savona. — Sepolcreto d'età romana in Val
di Legino, pag. 202.
504 -
Scandioci (Casallino e Torri). — Antico istrn-
raento chirurgico, pag. 103.
Serravalle Scrivia. — Nuove ricerche nella
città di Libarna, pag. 302.
Serri. — Nuovi scavi nel santuario nuragico
presso la chiesa di S. Maria della Vittoria,
sull'altopiano della Giara; pag. 296.
Sorrento. — Rinvenimenti iir località Pazzano,
pag. 145.
Tivoli (villa Adriana). — Lavori di esplora-
zione e di riassetto, pag. 234.
U
Umbertide. — Scavi in vocabolo Sagrala, fra-
zione di Preggio ; pag. 106.
Veio. — Antefisse arcaiche del tempio del-
l'Apollo, pag. 206 ; esplorazioni nell'area
dell'antica città, pag. 379.
Velletri. — Frammenti di sculture in con-
trada Colle Cascone, pag. 247 ; scoperte di
antichità in contrada Métabo presso la
stazione ferroviaria, pag. 248 457 ; iscri-
zioni in località Solluna, pag. 250.
Vercelli (Moncrivello). — Tomba d'età ro-
' mana, pag. 98.
Veroli. — Base di monumento onorario eque-
stre ed avanzi di antico edificio monumen-
tale in via Vittorio Emanuele, pag. 252 ;
Iscrizioni varie, pag. 263.
Vlù. — Manufatti litici preistorici, pag. 103.