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Full text of "Notizie de' professori del disegno da Cimabue : in qua, per le quali si dimostra come, e per chi le bell'arti di pittura, scultura, e architettura lasciata la rozzezza delle maniere greca, e gottica, si siano in questi secoli ridotte all'antica loro perfezione"

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NOTIZIE 

DE   PROFESSORI 

DEL    DISEGNO 

DA  CIMABUE  IN  dUA 

Secolo  V.  dal  1610.  al  1670. 
Diftinto"  in  Decennali 

OPERA       POSTUMA 

DI  FILIPPO  BALDINUCCI  FIORENTINO 

ACCAPEMICO  DEI,LA  CRUSCA. 


IN    FIRENZIK^-MDCCXXVIII. 
Nella  Stamperia  di  S.  A.R.  Per  li  Tartini,  e  Franchi. 


Cm  Utiliza  Je'Suferitrì. 


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.     K\ 


^ 


oédi  1 1.  Seìiembre  1727. 


NOI  appiè  fottofcritti  Cenfori  e  Deputati  ^  riveduta 
a  forma  della  legge ,  prefcricta  dalla  generale  adu«- 
nanza  dell'  anno  1705.  la  feguente  opera  del  Luftrato 
noftro  Accademico ,  non  abbiamo  in  efla  oflervati  errori 
di  lingua  • 

V  InnominMtQ  Actmkmico  tAnton  Aùfis  ì 

)  Cenfori  àel^  tjieciiemié 


U  Divagato  in  luogo  delF  Innominata      )       dcOa  Crufca 
Sig.  Dott.  Giufeppe  Aver  ani  } 


V  Innominato  Canonico  Marco  emonio  di  Mozzi  )  ^         . 
r  laminata  Canonico  Salvino  Salvini  )  ^CP^^'^^ 

L'Innominato  Andrea  Prancefibi  Arciconfolo 
V  Innominato  Pandolfo  Pandolfini  Vice  Segretario 

Attefd  la  fopraddetta  relazione  >  fi  dà  facoltà  agli  Stampatori 
dell'  Opera  del  Luftrato  Filippo  Baldinucci  di  nominarlo 
nella  pubblicazione  della  otedefima  Accademico  della  Crufca . 


/ 


r  » 


DELLE 

NO   T   I    Z   I  E 

DE   PROFESSORI 

DEL      DISEGNO      ^j 
DA  GIMABUE  IN  QUA  . 

DECENNALE    IL 

DELIBA  PARTE  I.  DEL  SECOLO  V. 

'DAL  JHDCX.   JL  MDCXX. 

GIOVANNI  DA  &  GIOVANNI 
PITTORE 

Difiepelo  di  latteo  'Rop/Ii,  nato  1590.  #1(^3^*       . 

ON  è  così  infelice  il  mondo,  che  non  poflà  in- 
olili tempo  contar  fra'fuoi  gran  numero  d'  uo- 
mini, che  innamorati  d'alcuna  virtù,  con  gran- 
de Audio  ed  applicazione  di  guadagnarla  pro- 
cacciano. Quelli  però  trovand  fòvente  fra  dì 
loro  aflat  differenti  d'umore;  concioffiacofachè* 
alcuni  faccianlo,  e  per  amor  della  virtù  fieiTa, 
e  per  lo  fine  di  ripiortame  quei  pregj ,  con  che 
ella  dipoi  ben  polTeducst  gli  animi  e  le  perfone 

_  , de'propi)  feguoci  fuole  adornare;  ed  altri  porta. 

ti  più  da  una  tale  quale  fmoderaca  paflìone  o  capriccio  *   più  per  isfogo 
delnitdelìiOfrtGhe  per  altro  i«gionevol  fine:  ne  vanno  ia  caccia:  equeftt 
A  foglio. 


a    Decenti»  IL  della  Part,  l^delSec, FI  dali6i  o.  al  i  ^20. 

« 

fogUono  ^^  talora  carti  cervelli  »  ahrettaoto  sforniti  di  giudizio» 
quanto^rovviAi  d'ingagnoi  ondp  macavigUa  nane»  cl^giuaiti eh' enfia- 
no al  pM^iU>  di  quella  facukà»  ek'  e'cerpafono  4^  ae^uSare,  in  grave 
danno  àg^ftoh^ui  (iella  taedf^iiiia  e  di  loco  ^eCi  fe^  iw  alnifido,  e  la 
ftrapazifSEUi.  4^i&  ptir  voluto  ta  bmoiM  feirte  ^1  ceiùà>  del  quale  ora 
fiamo  pèi^  farfara,  dieà  del  noftf^  nitore  Già*  da  S»  Giovanni  >  che  non 
fra  quefti  ultimi,  ma  fra  quei  primi  gli  aveflimo  potuto  dar  luogo;  che 
al  certo  (àrebbeci  convenuto  parlare^  di  lui,  come  d'  uno  de'  più  nobili 
Arteficiii^  che  calcaflero  ma?  I  bei  feriitier] ,  che  conducono  al  più  perfetto 
naU^Arti  noftre.  Ma  perchè  camfltìna  aflai  eencraria  la  bifogna,  toceberà 
fttndi^  a  mofl|rarlo  ,  in  ciò  che  alÉp  medeiinii  Arti  appartiene,  qu^odo 
i«(MDore  a  ÌMlti  grai^  laueflri  del  Tuo  tempa»  e  quando  di  gran  hit\^ 


la  fua  patria  e  fra'  fuoi  cittadini,  di  che  dovelTe  rimanere  più  viva  la 
memt^ia,  o  'de!  valóté  ,  cV  egli  l*ane  fpefb  motftrò  ^ue^l'  arte  fua  ,  0 
d^le  firavaganate  elc^ereeze»  colle  qi>ali  egU  accofnpagnq  fempró  il 
fuo  vivere. 

Ma  prima  d'incominciare  adefcrivcre  i  fatti  di  qucfto  valentuomo, 
qualunque  egli  fi  flano  per  apparire ,  or  molto  or  poco  degni  d' appro- 
vazione e  di  lode,  conviene,  eh'  io  mi  dichiara  col  tn io  lettore,  che  nel 
tefler  ch'io  feci ,  e  fon  per  fare  le  vite  di  quei  delle  noftre  arti,  io  mi 
prefifE  alcune  mai&me,  che  a  me  patveta  inconxraliabili  :  e  tali  furono 
ivimieramente,  efiere  (lato  fln  da'piik  aàtichi  teoapi  coftume  d*  ógni  Sto* 
rico,  il  tramandare  a'  poderi  le  notizie  di  queli'  azioni,  o  buone  o  ree 
ch'elle  fi  fuflero,  che  al  mancare  di  chi  ne  fu  T  autore,  già  venute  in  poter 
della  faiiia ,  eran  rlmafe  per  eredità  al  difcorfo  degli  umani  intelletti  9 
onde  non  n'era  luogo  oramai,  o  al  più efaltarle ,  fe< buone,  o  al  redi- 
merne la  vergogna  o*l danno,  fé  btaumevoli  o  cattive.  E  ciò  per  mio 
ftWifo  ufarono  di  fare  gli  Storici ,  per  la  grande  utilità ,  che  procacciafi 
con  sì  htxff  notizie  ali'  umaiia  converfa^one;  ffli^tfe  ne  infegna  i'  efpe- 
rienza ,  che  per  uno,  che  ne  venga  a  ragione  biaflmato»  cento  ne  ven« 
gono  corretti:  e  perchè  confideravano  altresì,  che  la  lode  o  '1  biafimo, 
chea  chi  operò,  fufle  da' loro  fcritti  per  reful  tare,  potea  chiamarfi  un 
bel  premio»  o  pure  un  proporzionato  ^aiUgamento  de' fuoi  vizj  o  virtù: 
^  ih  ciò:  non  penfb  punto  d'  effermi  ingannato  •  Per  quello  i>oi ,  che 
apparsene  allo  ferivere  talora  de'  noiki  Artefici ,  cofe,  che  abbiano  del 
fcivalo  6  del  Leggieri,  anzi  che  nò»  £uuio  cokuro,  che atcefero  allaftudio 
degli  antichifiimi  libri ,  ove  leggong  fioàti  notizie ,  ci»  quefta  qualità 
di.  ftoria  godefi  con  pacifico  nolkub  il  nome  d' una  lettura  amena,  face- 
ta e  piacevole,  adattata  mirabiimente  al  foUevamento  degli  animi,,  «oche 
de'  più  ftvfi  e  dt'piià  ftudiofi:^  ed  eccoos  la  ragiofio  •  Sb  dft  quel  noftco 

gttnd' 


GWVAKNi  'DÀ  S.  aiOVANNL       $ 


^nnd'^  uomo  {»)  fa  chìaimta  la  Poefia  una  Pittura  loquace  »  poffi 
tUt^  air  inèontro  $  «ho  fia  la  Pittomiina  Poefia  muta ,  onde  con  fii&ftQjaoi» 
%i«o  gli  antichi  Poeti  tennero  quefte  dtte  beli*  Arti,  per  così  dire  p  pdr 
una  cofit  fteffii  rè  neceffiirio  confeflare,  che  colui,  che  kldevolmc^te  J« 


pittura  dèrcita  ^  Ha  dotato  di  poetico  ingegno .  Qr  &  quefto  tale  è  pecw 
fona  ingegnofa  molto,  è  fonsa  altresì,  che  i  fuoi  fatti  e  i  fuoi^ detti  mi» 
ingegnofi  ed  arguti  qualunque  pure  fi  fiano  più  o  meno  foftenuti  è  grarit 
al  che  fe  aggiungeremo,  cne  ognuno  di  quefii  fatti  o  detti  raMlrafi  iii^ 
corno  a  cofa,  che  per  fé  ftefla  ai&i  diletta,  che  è  la  pittura  fletta  ;(Conie 
non  vorremo  noi  dire,  che  a  iimile  lettura  tale  attributo  d^amenità  o 
piacevolezza  non  fi  convenga.*  e  che  allo  fcrittore,  che  ha  per  fìne^il  di» 
vertire  le  menti ,  e  dilettare  gli  animi  di  chi  Jegge,  non  fia  lecito» li^accomi!» 
pagnare  i  fuoi  fciitti  colla  narraaione  di  fatti,,  die  nella  loro  baffeMa^» 
a  forza  deH'  ingegno  di  chi  he  fu  V  autore ,  inlèparabilmente  congiunai 
alla  matwia  fteUa,  che  puretnolto  diietta,  non  lafcianod'^ere^e'4iIèc* 
tevoli  ed  ingegnofi  in  un  tempo  fleflo?  Ma  io  non  vorrei,  che  dal  fen^ 
tirmi  metter  fuori  in  fui  bel  principio  della  vita  del  noftro  Giovanni  un 
ai  grande  apparato  di  protette,  «Itri  fi  defie  a  credere,  ch'io  voleffi  pcidar 
di  lui,  come  d'uomo  affatto  fcoflumato  e  cattivo;  onde  oonviene ,  che 
io  di  nuovo  mi  protetti^  che  nel  conofcere  ch'io  feci  |e  anioni  di  coftui» 
cali  quali  io  fono  ora  per  notare,  non  ne  formai  altro  concetto»  ié  noa 
come  d'uno  di  coloro,  ne^cjuali  accompagnò  naturai  con  uno  fpirito 
pronto  e  yivace,  una  tale  invincibile  ignoranza  in  ciò,  che  ad  una  de* 
coro&  gentilezza  nel  converfare  appartiene:  che  feguendo  nell' operar 
loro  fenza  la  dovuta  moderazione  il  naturale  iftinco,  nulla  dì  qunato  ei 
dicono  e  fanno, par  loro,  che  reprenfibile  fia .  Eda  tne  viene  fcuf^toGio^ 
vanni,  non  perchè  molti  fuoi  fatti  e  detti  per  loro  ftefli  fel  mi^rttinos 
ma  perchè  oltre  a  qutnto  difli ,  io  Io  confiderò  tanto  provvifto  a  princi* 
pio  d'  uno  ftravagante  naturale»  quanto  fprovvìfto  ne'  primi  anni  del^ 
Teducazione  de'proprj  genitori;  giacché  egli,  come  vedremo,  per  lo  in^ 
cellante,  anzi  firabocchevole  defio  d*  apprender  l'arte,  non  folamente  dtt 
medefimi  affatto  fi  allontanò  ,  ma  eziandio  a  guifa  d*  uomo  fiilvatico ,  fug* 
gì  le  converfazioni  d*  ogn' altra  ragionevole  perfona.  Nel  refto,  che  ri^ 
guarda  fuo  valore  nella  Pittura  per  l'opere  fue  piìi  belle,  à  egli  app0 
di  me,  e  doverà  eflbre,  e  farà  a*  defcenaentl  fuoi,  ed  alla  mia  patria  4 
gran  ragione  femore  in  concetto  d*  un  uomo  grande  » 

Fu  dunque  il  natale  di  Giovanni  nella  Terra  di  S.  Giovanni  di  Val- 
damo,  nell'anno  di  noftra  falute  1590.  nel  giorno  del  Venerdì  Santo* 
Il  Padre  fuo  fi  chiamò  Gio:  Battfta  Mannozzi»  uomo  affai  onorato  e  ca- 
vile, che  dicefi  fuflè  fratello  di  Francefcò  d' Agnolo  Mannozzi  [^],  Saceri- 

A  a  dote^  * 


[a]  Commendatore  Fra  Lodovico  Cardi  Cigoli  Pittore  celeberrimo .      [  b]  Kntìp ,  conìe 
quejlo  Francéfco  d^  Agnolo  fi  trova  defcritto  alla  Decima  della  Pieve' di  S.  Giovanni  - 
dal  i^^.  fino  al  tóoo.  FranCtfco  d'Agnolo  Minazzi^  e  non  Mannozzi ^  iperhvert^f 
fecondo  Hteftmwior  di  più  antiche  r  pH  provanti  fcrittare  ^tbc  il  Vff0iicafat9  di 
Qi9Pmmifu  dé'Mamiozzi  e  non  de^Minozzi. 


4  DecittnJl.deUé^aff:lJelSec.V:Mt^iìi.ùh 

&te»  chepei;  le  belle  doti,  cheornaroao  l'animo  foo  neM'unMne  Ittfcret 
e  nette  Ecclefiaftiche  difcipline,  allq  quali  agdunfe  il  bello  orn^OIOUCO 
^ella  Mufica»  arrivò  ad  eOere  Piovano  di  quilla  Terra;  onde  gran  ft((o 
lion  fu»  che  tanto  queftt»  che  lo  fteifo  Padrie  di  Giovapni  T  a|i^Ueafle 
iino  negli  anni  fufoi  più  teneri  allo  ftjidio  delle  buone  firti  »  coA.tQC^n*- 
4uoné  m^condurlo  a  pofto  d'  eccellenza  nella  profeflìone  del  Notariato 
€  delle  Leggi .  Il  (anciullo  però  aqdavaiì  trattenendo  in  quella  prima  età  9 
-nella  quale  il  debole  degli  anni  non  gli  permetteva  il  far  più  vive  lìefolu* 
«ioni>ineU*attendere  a  sì  fatti  ftudj ,  anche  cpn  grau  proiittOi  n)a  per 
«nera  forza*;  e  dava  la  maggior  parte  del  tempo»  anzi  quali  tutto  quanto 
n'aver»  fensa  alcuna  guida  o  maeftrc,  a  quelli  del  difegno;  di  che  accor- 
^ndofi  ì  fuoi  maggiori  »  forte  il  riprendevano»  ed  il  più  delle  volte  ufa- 
.Vttnolpon.e0b  altro  che  parole.  Ma  il  cervello  di  Giovanni  era  sì  fermo 
jiella  deliberazionq  di  non  voler  profeflàre  eferciz;  letterari ,  e  si  fiflb  nel 
difegno»  che  non  punto  curando  il  vivere  una  vita  arrabbiata  fra  i  rim- 
proveri e  le  percoUe  de'  parenti  »  confumava  l'intere  giornate  (chicche- 
rando  con  carbone»  or  qua  or  là,  le  mura  della  Pieve,  tanto  che  oramai 
«poco  era  il  luogo,  che  non  fuflfe  rimafb  imbrattato  de'  fuoi  fantòcci. 
A  chi  animandolo,  con  ifperanza  d'ottima  riufcita  nel  Dottorato,  il  ri* 
prendeva,  faceva  apparire  chiara  f uà firavaganza t  e  poca  ragionevolezza, 
col  dire,  che  coloro ,  che  tal  meftiero  profeflàvano ,  eran  gentaccia ,  e 
che  non  voleva  egli  con  tutti,  o  colla  più  parte  di  loro  andarfene  a  cafa 
del  Diavolo .   Quefte  sì  mal  fondate  rifpolte  ebber  forz^  di  far  credere 
"ft'  parenti»  che  da  efib  per  folo  fine,  com'è  iblito  dirli,  di  non  voler  £ar 
bene,  né  in  (juello  né  in  altro  meftiero,  fufTer  portate.  Ma  per  non  darli 
affatto  per  vinti,  incominciò  il  Padre,  la  Madre,  e'I  Piovano  {ledb  con 
ibuone  parole  a  perfuaderloa  pigliar  l'abito  di  Prete,  aflicurandolo  que* 
fti,  che  quando  ei  G  fufie  ridotto  in  iftato  d'abilità»  egli  gli  averebbe  ri* 
ilun2iata  la  Pieve,  e  intanto  averebbe  egli  in  qualità  di  cherico  potuto 
icrvirealla  Chiefa.   A  quefte  parole  più  per  impazienza»  che  per  altro 
'egli  fi  refe,  e  prefe  l'abito,  eflendo  egli  allora  in  età  di  fedici  anni.  Ve* 
nivaa  .  Tore  del  fervire  le  Meflei  de'  Divini  Ufiz) ,  e  delle  facre  funzioni: 
e  Giovanni  in  ogni  altro  luogo  trovavali ,   fuorché  in  Chiefa  o  in  Sa- 
grefùa .  £d  una  volta  accadde  il  non  trovarlo»  né  h  né  altrove  ;  perché 
eflendogU  venuta  alle  mani  una  bella  ftampa  d'  un'  opera  di  Raffaello  da 
IJrbinoi  egli  empiutati  la  tafca  di  pane,  erafi  rinchiufo  in  una  ftanza,  fer- 
iirit9'per  pollajo  di  quella  Pieve,  dove  era  fiato  due  interi  giorni,  rica- 
vando con  carbone  quell'opera  in  grande,  con  che  aveva  piena  un  inte* 
ra  facciita:  né  fono  molt*anni,  che  ancora  ella  fi  trovava  intatta.  E  non 
ha  dubbio,  che  quefto  fatto  fece  conofcere  a'  parenti  e  ad  ogni  altro» 
cl)e  il  giovanetto  aveva  un  maravigliofo  genio  a  queir  Arte  :  e  che  a 
ciaìcheduno  farla  potuto  ciò  baftare  »  per  levarlo  dalla  applicazione  ad 
ogiu  alerà  facoltà,  ed  a  quella  fola  indirizzarlo;  ma  i  fuoi,  che  per  poca 
intelligenza,  o  per  poco  genio  in  verun  modo  non  lo  volevano  Pittore» 
in  vece  di  inanimii  Io»  diedergli  per  onorario  di  quella  fua  prima  fiiiica 

liuona  quantità  di  buft!ei  fioche  fra  quìsfto»  «  1  ;VeaerU  egli  oramai  dive- 
nuto 


--VV 


-CiaVANNI  DAS.G10VANNL\    J 

jMKo^eibib^i»  tvkdi  fn  l^dìlé^idc?  fuòi  cotMtiei»  del  c^ppeUiao^^Jnc» 
deUtxplùibiira  Aervleù;  s'^^iAdò  a  nifcondece  Ibpr»  un  palco  di 4|ielia  ciù[ 
0V«£r0nìfer«iiva  il  fimt^  ed  atrendo  poroata  con  fMo  un.fu^  ookeilai^ 
Mfe  <e  ibta»  quif  i  per  più  ^òmi  U  tttiCFeahe ,  cfbandpfi  al  fi^aibliio  pQu^ 
co  e  diale»  iiii tanto  elici  gìiSiWt  veauco  fatcii  ddla  Aia  tc%a:e  4et  Cdé> 
lungo  mancdlo  wi  ìabico  fecolàrefcos  e  incanto  ì  iuoi  pacenci  in  ogni 
luogo  'lo  lacerano  cefcare.  Finica  che  egli  «ebbe  ed  faccenda»  di  noce» 
tempo  9  fesiz»  quattrini  »  e  fenxa  Capere^ove  dovéfle  pojfare,  fé  ne^  venne» 
per  la  prima  molta  alla  qitià  di  Fk'enzei  Ma  per-chè  4gli  è  pcoprio  d^tta* 
nec^cà  il  ht  V  uomo  behe  ttw^dutK»»  rovvennegti  e(fòr  ki  firenze  u» 
Canonico  deUa  Famiglia  del  Miglìoire,  amiciffiBio  del  PÌFdvbiKiifao  Zio^' 
da  (b  anche  molto  ben  conófciuto^  ))er  etbtA  egli  pia  voice^in  occàfione[ 
di  viaggio  feema«o<incafa  lo  HtSò  Piovano  i  e  tioiratolo  fihalmetite ,  tut^ 
le  proprie  Cciaguregli  narrò»  concludendo  efier  già  rifciliiciflìaìò  di  jyM 
tornarfene  più  ^S«  Giovanni»  e  di  volere  per  ogni  mòdo* ftt  r  ei^ce  dell 
Pittore,  pregandolo  infieme  a:jtrovar^ieae  il  maeftro.   Frar  T  aHie  €e&») 
ch'aveva  dette  ([Giovanni  al  CanoMèo,  unii  fdi  coinè*  egli  era  dilato  duo 
giorni  lènza  aiangmrevonde  fui!  dilni  {>rimo  penderò»  di  a*iftorark>  bene' 
di  cibo  r  fermandolo  in  propria  oaAl  fino  a  che  gli  veiiifle  facto  il  trovar r 
per  bii  qualche  pactito  :  Avvi^  poi  4a  fui  gante  di  nòQ'<fevate  dare  eoa' 
penfiero  del  giovane»  perchè  egli  era  in  Firenae,  e  in  ^fa  fua  ì  QM  ch'ef 
non  s'afpettaflero  gii  di  rìaverlo^in  patria»  finch'e*  noi>  ù  luffe  bene  los^ 
pofleflàto della  pittura»  alla  quale  Giovanni  aveva  già  ^abilito  di  voler»-' 
per  i^ni  modo  attendere  :  che  peiìfier  fuo  farebbe  (teto  il  trovargilmae» 
Oro:  e- che  dovefie  efl^re  il  lóro»  l'accompagnarlo  con  «n  mòdeUoprov** 
vedimpmo  per  vivete:  e  chéfleflfero  pur  certi,  che  altro  modo  non  v'eM 
oramai  da  poter  difporite  di  lui .  Era  allora  in  Firenze  Matteo  Roflelii  in- 
creato  di  oucm  pittore»  e  molto  più  d'uomo  da  be<ìe,  pratico  e  eacìii*^ 
tativo  neirinfegnar  l'arte  Tua,  ond'era  fioritifiima  di  giovani  la  fualcuolaf 
il  perchò  il*  buon  Canonico  trovò-  modo  di  mettervi  anche  Giovanni^ 
al  quale  da' primi  precetti  dei  maeftro,  e  ne'  primi  giorni  traflè  talprofìt- 
ta,  che  quei  eh'  e'copiava  da^  difegni  di  'Matteo,  fariafi  potuto  cambiare; 
cMli  originali^  e  non  era  egli  ancora  ftàtocón  eflb  féi  mefi,  che  già  erafi 
lalciato  indietro  di  gran  lunga  quéi  condiicepol!»  che  per  anni  avanti  vi 
ave  vano  perfeveraco  ;  tantoché  il  RoffèlH  bene  fpefla  rimproverava  loro- 
le  beffe,  che  nell'entrare ,  che  Giovanni  aveVa  fatto  in  fcuela,  s' era 
cifilcheduno  di  loro  ingegnato-  di  fargli,  par  averlo  veduto  metterQ' in  età 
di  tS.  anni  ad  imparar  le  prime  regole,  che  d^nofi  a'  piccoli  fanciulli . 
Vivevali  allora  il  giovane  a  guifa  d*  uomo  fatvatico  nella  propria  cafa  del 
Roflellt,.  in  una  piccola  ftanz^tta  fotto  una  fcala  ,  giacche  tanto  >  e  non- 
piitavejiragii:il  maefiro  potuto  aflègnare  :  ed  andava  cambiando  fùa  vita 
oon.quebpoi»,  anzi  pochifflmo  ^ .  che  ttli  veniva  mandato  da  calà.^ 
B  qui  «eiiaaencer»  fé  timore  d|.  troppo  allungarmi  non  mei  viétaife ,  fa* 
rebbe  kib|^  adir  moltot  della  ftrasragànza  del  fuo  vivere  >  a  cagione  della; 
per  condire»  lìno^eratiiBma' fua^  applicaìsione  allo  ftudio  del  diiagno,' 
adi^uale:j|»  quel.ctemfo  volle  aggiugQer  quello*  dell'  Archjtettura  ^ 

A3  Profpec^ 


^    DecemlL  Mta?m,t  MSfy.  ^'MfSió.  eh  610. 

pb£o  ogoi  strtedo  dt  cucina,  deUft  qoti9/rn.òi>;  mai  fufà^yÀ  il  cwkiiRtfiQjitt 
D^o^è  il  direi,  che.  né  c«vola^  tìè  paj»;a,t  fìLè.fga^ljlo^:fi;t]30vtj:oft  flMiipreri 
Zemioil  £10.  palio  ;  perche  per  lo.  pm^ QP^^cat^fi  tn  ca^tio^t  fedevaS  3  q^M 
4>uariÌ!MidUQ9i.vinor  t  quniì  eoa  uà  c<i9^idi,garie>  «gUr.cjpolleiL&fitfiiJf 
ifili3ì«rfòdi6£tieeva  al  gatto  ed  alU  fame.  JÌ'curafi^  il  barile  colk  coda 
d':una  :adÌG0  »  :  .che  .egli  ufava  jiv  ca«n1^  4^  zipolo  j  ^cd^  il  rienpicre  Hi  me* 
delimo  con. acqua  pura>  acciò  non  ifyanàìre ,  fu  iiip  co  fiume  ordinario,  per 
uaperao;  fittoli^  in^egn4glll^e^p0fiel)3U;  ph.e  ,pG^.mai|i;$nere  loripici* 
co  al  vino;,  lil  mefcplarlo  coli*  acqua  non  e««  rifi«($a  molto  lodabile* 
^afera  noie ridotcqfi  nel  (Uo  piccolo  leccicciaaloi  dopo  airere  attaccata  ad. 
ima  delie  colonne  una  caodeiecca  acc€^,.iAeccevaG  a  leggere  buoni  libit. 
ìfioricv^  ppecicij  de'  q^aii  fu  Tempre  anjicp  e  curiofo ;.  finche  vinco  dal 
ibnnó  JalciavafegU  cader  dalle  mani» mentre  V  accefa  candeletta  feguitaa- 
do j&^&ur. tuttavia  il  fatto  fuo»  o  confupiata.Aporz^vafii  o  in  terra  cadeva: 
Q  rnLoite^furan; quelle  .volte,  che  perjcalcagiione  fu  per  ardeK  il  letto»  la 
eameca^Jis  ù  C^fa  »:,com' era  folitp  raccontar?  il  Rovèlli»  ie  il  fuflaoo 
Uarfiii»  noi)  avente  predo  dati  fcignt  4^11'  imminente  j^t»QÌQ  ^  chi  a 

2iiellailan«» abitava  vicino,  pai  rnodo.^ ch'egli  teneva  in. trattai: fe'ftef* 
»:xiel  cibarfi»  e  nel  pigliar  ripefo,  argivnenti  o^nunok  quale  fiifl^:qlie^ 
lOy.dilegUufavàiiel  Vfftire»  che  fu  sìaiCafo^  che  più  non  farebbe  dato 
& i  panni  gli  fuiier  fiati,  gettati,  addoflb  dalle  fìne(ire.;.e  talora  occorfe» 
che  trovato  per  idrada  da'fuoi  conofccpci  co^pgl^piu  slacciaci  e  fciolti» 
cdM. calate,. e*  Ccarpe  u  pianella i.  colla  parte  di  dietro  del  coliate  pen* 
dente  fui  pet(9»  e. con  altr^  (tmile  addobbo  della  petfonai  ÉutTcl-  a  viva 
finrza  tirato  in.  una  qualche  bottega  per  raffazzonarlo  alquanto»  e  toglier- 
loiaUo  fcherno  de'  rfigaui  dellarpubblica  via.  Il  XofTcUi  peco  da  quefla 
filo  vivere  attratto  piglia  va.  ogni;  ài  maggiore  fper;3nza  di  fua  avanzaoien- 
tprnell'arte ,e fìrequentemente dicevagli t  Giovanni ,  tu  vuoi ettère un  gran 
igilentuomo^.iinQhè  giunfela  coià  a  fegno,  ch'egli  (i  dichiarava  ai>erca- 
mente  con  ognuno» di  non  faper  più  né  che  regole  ne  che  precetti  dar*, 
gli«  Facevagli  difegnare  naturali  ignudi,  yelUti»  ed  ogni  akracofa»  che 
oibbifognaVa  alle  proprie  opere  :  e  de'  difegni  in  cHTe  fervi  vali  •  Le  medeliaae 
fikfeva  a  lui  tirare  molto  avanti»  e  quafi  con  fuo  pennello. condurre  fini* 
te:  il  che  faceva  Giovanni  con  tanta  applica^^ione  di  totci  ifenfi»  che 
Don  mai  fentivafi  profferire  parola»  fé  nonfufie  però  venuta  occafione  di 
dar  la.qmdraa  qualcuno  :  delle  quali  occaGoni»  perchè  egli  aveva  un' in- 
gegno arguto  e  pronto»  ed  era  a  ciò  molto  inclinato»  neflVuìa  lafciavatt 
Scappare:  il  perchè  da*fuoi  compagni  e  da  ogni  altro»  il  metterli  a  parlar 
molto  con  luì. o. dove  era  egli,  ttimavafi  lìè  più  né  .meno  un  voler,  tirar  la 
Qoda  al  cane»  o  ttuzzicare  un  vefpajo.  Fuori  però  tli  tali  occafioni » . era 
neceflario ,  per  fargli  protterir  parola  »  il  trargliela  di  bocca  «  come  dir  fi  fuo« 
lé»  colla  tanaglia.  Ed  una  volta.. occorfe  quefto  cafo*  AveM.  iL.RoflaIIi 
comandata  a'  fuoi  giovani  #  che.  ogni  qualvolta  futter  venute^  perimie  alle 
i^  ttanze».  in  tempo  ^  che  egli  futte  fuor  dicafa^  pigliattero  r  imbafcia* 
tef.xon  farfi.4are  il  iiQiQe  de)  portatore.  Coanf arvfiro  un  giotnoaUa 
^  caia 


GIOVA  Nm  DA  S.GÌOP'Aisfm.  :^\    f 


ofii  del  RbflTelU  tre  giovani  »  coxi  4efiderk>  Ai  parlate  còti  offa  fGìorainil 
lu <piegtf »  che  ipeita  loro  la  porta»  diflè>che  ilmaéftto  non  era'inctafiri 
e  fen»  pìù'parlai«  la  chiufa.  Tornato  il  Rovèlli,  ù  fehtìco,  che  vi  {affa> 
To  fiati  I  tre  giovani;  a'  quali  avefle  apeno  Giovanni ,  domandò  egli  al 
iuo  iblito,  chi  elfi  faflbro;  ma  Giovanni  con  un  fempHce  non  lo  loi 
diede  per  faldato  il  cónto.  Allora  il  Roflelli  vedendo 9  che  Giovanni  dó« 
pò  avera  trafgredito  fuo  ordine ,  fé  la  patTavi  con  sì  beila  difin^otturai 
diede  in  efcandefcenze  troppo  grandi .  E  Giovanni  a  lui  :  bcci  altro  tnaMi 
che  il  non  avere  io  domandato  chi  f ufler  coloro»  che  batterò  larpdrta) 
e  prefo  il  matitatoio  t  rttiratoii  in  difpartè,  con  pochi  maefireVoli  fe'i(ni 
formò  l'effigie  di  tutti  e  tre»  e  xliedeia  al  maeuro;.  il  quale  avendogli 
tutti  beniffimo  rtconofciutì ,  ne  ptefe  tanto  gufto  ed  ammirazione  infiìef 
me.  che  diede  luogo  a  quel  difi^no  fra  le  Cofe  più  care,  jiè^ volle  maii^^ 
che  gli  ufctlTe  di  mano  fin  eh*  ei  vifle;  e  da  quel  tempo  cercò  ogni  dì  piìl 
d' introdurlo  in  occafioni  d'operare*  particolarmente  a  freico»  in  che  H 
giovane  moftrava  una  ftraordinaria  difpofi^ione .  La  prima  opera  »  che^H 
toccafle  a  fare  in  pubblico  (opra  di  se  >  fu  la  Storia  b  frefco  del  Martirio 
di  Salito  Stefano»  che  ogei  vergiamo»  però  alquanto  guada  dal  leiìipoi 
nella  piìi  alta  parte  della  focciata  della  Chtela  dei  Santo  de*  Frati- A2ofti<^ 
lìianj  al  Ponte  Vecchio.  Era  V  anno  16^.  quando  egli  ebbe  a  Colorire  é 
frefco  un.  bel  Tabernacolo  d'  una  Vedine  con  più  Santi  iti  Via  Nuovtt 
da  S.  Armonio.  Circa  a  quefti  tempi  il  Gran  Duca  Cofimo  IL  avendo 
formato  di  lui  gran  concetto,  volle,  ch'egli  efequillè  un  fuo  nobile  pen« 
fiero»  che  fu  di  dipignere  a  freCco  la  facciata  deiJa  cafa»  che  per  entra 
la  citcà  fa  termine  alle  cafe  fra  le  due  vie  rimpetto  alla  Porta  a  S.  Cier& 
in  Gattolino»  o  vogliamo  dire  Porta  Romana.  A  quelEI:"  opera  s'.  applicò 
Giovanni  con  gran  premura  »  facendo  apparire  in  eUa  una  fua  belk  ldea# 
rappttfentando  dal  deftro  lato  <li  una  fineftra,  che  è  nel  mezzo,  h.Qn 
gura  di  Marte»  di  Pallade  ,  e  di  Mercurio»  in  belle  attitudini,. e Je Gran 
zie  che  al  fuon  della  lira  d'Apollo  (tanno  leggiadramente  danzando t 
e  dal  finiftro,  la  Città  di  Firenze  in  fi^ra  d' una  maeftofa  Regina  fedente 
in  trono»  veftita  dell'abito  della  Sacra  Religione  di  S.  Stefano  Papa 
e  Martire,  olla  quale  fbggono  a. delira  e  (iniftca  due  vaghe  fc moline,  am« 
fuantate  pure  alla  reale,  che  rapprefentano »  quella  a  delira»  ia. Città 
di  Siena  »  o  quella  a  fmiilra ,  la  Città  di  Pifì:  alle  quali  tutte,  accorrono  in 
atto  reverente  Flora,  colle  quattro  Stagioni  dell'Anno,  ciafcbedunaprov-^ 
vifta  di  fue delizie  per  fargliene  offerta,  mentre  varj  amoretti ȎprincipaU 
mente  due,  che  uno  mafchio  e  l'altra  femmina  i  fcherzando  neil'  aria,  ap* 
plaudiicono  a  quell'  azione.  Sopra  Y  jrrchitrave  della  fineftra  poiàleggia* 
draqiente,  quau  giacente,  il  Fiume  d'Arno,  figurato  in  un  vecchio  nudo» 
difegnato  mara?i^liofamente:  (opra  di  cui  fi  vede  V  Arme  della  CafaSere^ 
nifltma  de'Medici»  in  mezzo  a  due  vaghe  femisiioe»  del  tutto  e  vagamente  ver 
(Kte,  che  una  rapprefenta  una  Vergine  Vedale ,  con  la  face  accelà  in  mano,  fi» 
gnificante  la  Vigilanza  :  e  l'altra ,  eh'  è  colla  fpada  alla  mano ,  va  usurando  1$, 
Giuttiflcia.  Sotto  queft'opera  in  certi  fodi  figurò  a  chiarofcuro  giallo  quattro 
cro£:j#allttdenti  ali' Arti  liberali»  alla  Militare»  all'Agricoltura»  edallaSo* 
'  :        -ì  A4  vranità  ► 


t   DecmMÀfHi^fm.  tiMìèt.  V.  'M\  St4M  1 610. 


tjf 


moda  cho  detto  abbiamo  ;  avcirdà  dipiata  ccÀ  dtviift  4nY  e  gii 

«yènddhi  dfpoifai  aik  y tfta  d'ognuoa»  avcsnrioe  ripof tata  grtfi  iod^  ;  quiid» 
irimóffi  £u  i  ponti  »  e  di  nuovo  ferr^tofiattorno^  a  quel  iniiro»  maodòf  a.cem 
tutto  il  IÌMito;«antre  ìLpopolo  la^^prìdàva  a  tefta>;  itiacglifirpondetar  s'dla 
|iiacè*miìi€lU&  non  piace  amè:  etìDlia&opfircbelfcépoila  nuova  pittu#^ 
ara»  dkcte  àconofecre  quanto^!refifafia.il  giudizio  édl'occiao  di  pertco  maa^ 
Uro ,  di  <|iialIo  del  popolo  >GÌie  per  lo  più  (enra  raziocinio^ iatorno  a'  {vecetci 
ikll^  arca  vaol  giudicare;  coociófouecofàcliè  egli  la  eoralucelle  di  canto 
gufté  »  iche  noa  folo  ella  eccede  ia  bontà  ìi  primo  Iav<n»;  a»  ae  guada»* 
giiò  maggixMTi  applaufi  della  patria  fid»  e  d'  ogni  vadoiroib  artefice  fhuT 
luerò ».  eji& entrando  per  quella  porta sneUa  noflxa  Città»  s'incontrava  in 
oflb»  tantoché  prefto  volo  la  J&atià  di  loo  penuelb  aoeàe  a' più  iootanit 
egraa  peecato^  per  cosi  dire,  fu  del  tesipo»  e  di  dti  poi  quella  cafa  abi-» 
eòi  l^aoèrla  d  malaoiente  coa&rvata  /  a  per  meglio  dire  •.  in  tanti  modi 


fanti  de'  Frati  dell'  Ofiervanza*  nella  quale  rappretieneògit  Angelici  Cotfi 
con  quantità  dtbelliffimlangpletti  itgurati  in  aria  danmiido^éonsi  belli 
fcortiidl  (otcoim  fiir  che  pajono  veramente  in  apxà  ìa  ty (tao  per  totto 
ftìecàti  dal  itiQiio .  Ne"^  peducci  della  volta  dipinfe  alcune  figure  belilffik 
me  di  Serafini ,  alludenti  ali"  Qcdine  ed  al  Santo  Fondatore  t  e  vr  (L  veg^ 

rio  ancora  di  fiia  mano  altre  figure  condotte  di  btiona  maniera  »  Q^cua 
però  per  Giovanni  una  ilnna  faccenda  ^  a  cagione  di  una  grande  umi«^ 
àìtàfr  cii'eglr  attraffè,  (landò  per  più  tempo  fenau>  inquel  laogo»  per  alv 
tr6  ftngdfto;  fttt  le  &eiche  calcine  >  nella  quale  tanto  a'^  aggravò,  che  i» 
divenne  pàaszo  r  e  dicefi»  che  la  fua  pm  recuperata  fan  ita  hconofcede  egli 
AU^oranonì  di  quei  Retigiofi»  che  per  compaffione  a  chi  aveva  sì  nobile 
mente  ornai»  la  Chiefa  loro^  n^eran  rimati  molto  affiitti  ;  anzi  non  ebbe 
«gfi  appena  riavuto  il  fenno  e  le  forze»  che  i  medelimi  operarono»  che 
lufiero  fatte  dipignere  a  lui  cinque  lunette  del  primo  Chioftro»  le  quali 
«qnduffr  cjgti  in  diverfi  tempi  fra  il  i6i6i  e'I  idip^.  Vedefi;  in  una  il  Mi« 
racolo  di  S.  Francefco  nel  refucitare  il  fanciullo  morta,  nella  calda ja  boi* 
lefite:-'ed  è<k  notarfi  »  che  nella  perfbna  d*  una  femmina,  figurata  per  la 
madre* dtel  fanciullo^  veftita  diroflb,  che  accorre  alla  cafia»  in  cui  il  mor-» 
co  bambino  era  ftato  ripofto ,  fece  il  ritratto  al  naturale  di  Margherita 
di  Cammilio  Marzichi  uia  conforte.  Nell'altra  rapprefentò il  raffrenare 
die  fece  S.  Francefco  con  fae  orazioni  le  mortali  nimicizie ,  e  civili  difcor- 
die  della  città  d'Arezzo,  facendo  vedere  Tatto  d^una  orrida  queftione 
con  più  feriti  e  morti  >  opera  veramente  bella  «  In  un'altra  vedefi  il  mi* 
racolo  del  liberare  un  efleiTa,  e  qudlo  delle  formiche»  In  una  è  quello 
d€l)la  fanaaione  d' una  donna  deca.  E  nelTuIcima  finalmente  è  la  Sanu(fi« 
ina  Vergine,  in  atto  di  porgere  a  San  Francefco  il  fuo  Bambino  Gesù. 
In  quello  medefimo  tempo,  dico  circa  al  1616.  trovati  efllre  fiato  dato 
princìpio  in  Firenze  alla  firuttura  d*  un  nuovo  Tabernacolo  in  full^  an- 
golo appunto  del  muro  delie  Stifichei  dalia  parte  di  verfo  Badia»  per  ac« 

€ompa* 


k   - 


GlOFANNl  mi  S.  HJOVANNl.       o 


\ 


^AiuiipigMttrA  'd«lPthto  anckHiOiiK)»  «he  rifiéde  Mir  angolo  della  altra 


yarte  Yehb  la  Via  Ghibellina  :  e  dovendoli  fare  per  entro  i  medefimi  la 
fàtìtàt^  a  firefco»  ne  fu  a  Giovacvni  da  S.  Giovanni  data  V  ioctimbenaa: 
dqoÈÌc  nel  primo  ri^prefencò  la  ferrata  d'ima  carcere»  ed  un  venerando 
'vtochio»  vedilo  in  abito  ienacorioi  in  accodi  porge?  liioofacia  a*  carcera- 
ti» mentre  Gasii  Crifio  noftro  Signore»  che  v'  è  fi^^ritto  prefence  glo- 
rìofi^^  colia  venerabile  foa  mano  benedice  quella  limofina.  In  aria  vefih 
gonfi  alcuni  Anpelerct»  che  oflervano  quella  pia  uione:  e  nella  parce  di 
qoefia  bella  fiona»  die  à  più  vicina  tir  occhio»  vedali  un  uomo  in  piedi» 
civilmente  veftico  »  io  poficura  grave ,  e  in  acco  di  guardare  chi  lo  mira  » 
e  quefto  è  il  ritcactatl  naturale  e  beliiffimo  dello  fteflb  pittore.  Nelle 
bande  di  fuori  del  Tabernacolo  fono  due  figure  di  Sance .  rer  inteUigen» 
zm  di  quello,  che  Giovanni  dipinfe  nelFalcrb  Tabernacolo,  è  da  (aperfi^ 
-com'  è  antica  ufanza  del  Magiftrato  de'  Buonuomini  delle  Stinche»  nelle 
Soleiinità  del  Natale,  della  Refurrezione,  e  di  S;  Gio:  Batifta»  il  liberare 
molti  prigioni: per  debito  FifcaJe»  e  d'altri  Ufiz)  e  Magiilrati  »  e  tanto  de^ 
loro  prigioni  p  quanto  di  quegli  de'  Buonuomini  di  S»  Buouaventura:  e 
ovegli  unire  nella  ftedb  luogo  delle  Stinche»  e  quindi  mandargli  a  of* 
nrta»  con  rami  d'ulivo  inmano» alla  Chiefk  di  S.Giovanni.  Quegli  poi» 
/  che  tal  benefizio  confèguifcono  nella  Palqua  della  Refurrezione  »  da  San 

Giovanni  tornan&ne  al  Palazzo  del  Bargello  »  e  da'  Buonuomini  di  San 
Boonaventura  fono  pure  procefiìonalmente  accomj3agnati  alla  Chiefa  di 
Santa  Croce >  ove  con  danari,  che  danno  loro  per  carità»  fon  lafciaci  li« 
beri  e  fpediti .  Avendo  dunque  Giovanni  fatto  vedere  nel  primo  Taber-» 
nacolo  r  ateo  di  carica  del  vifìtare  e  fovvenire  i  miferi  nel  luogo  di  lor 
miièrie,  voile  rapprefenttir  nel  feccHido  l'ultimo  termine delk  carità ftefl 
&,  che  è  il  torgli  affatto  da  cale  infelicità.  Quefi'  opera»  che  è  beUi(fima# 
coaiincia  oramai»  colpa  degli  anni  e  de'  venti»  che  quivi  molto  poflo^ 
no»  ad  eflèr  ouaG  ridotta  a  fuo  fine.  Nel  tempo  eh'  e'  dipingeva  que- 
fto Tabernacolo ,  nel  paflàre  che  fece  di  quivi  vicino  uh  certo  nobile 
nomo,  aperfe  un  tal  poco  il  ferraglio  di  tende»  con  che  il  Pittore  erafi 
rscchiufo  in  fui  palco:  ed  afiaociatofi  per  quella  feflura»  e  vedutolo  ve^ 
ftito  al  fuo  folito  ali*  impazzata,  e  male  all^  ordine  della  perfona,  per  pi- 
gliarli gufto»  e  farii  beffe  di  lui ,  gli  domandò  ove  fofle  il  maeftro.  Ma  Gio* 
vanni» che  non  teneva  barbazzale •  con  due  fole  parole»  che  effondo  inge« 
[nofe  molro»  potrebber  far  conofcer  fempre  più  di  che  tempra  fuffe  la 
uà  arguzia  e  prontezza  »  lo  mandò  via  fvergognato  e  conJFuib  ;  ma  io 
per  non  offender  le  facre  leggi  della  modeftia»  non  iftò  qui  a  dir  quaii 
furono  le  parole.  Dirò  folo»  che  anche  a  chi  fentefi  ben  fornito  di  zan- 
ne» non  è  fempre cofa  ficura  il  metterli  a  morder  chi  ha  denti.  Brain 
quei  tempi  in  ìilato  d' un  de' primi  Miniftri  della  Cafa  Serenilliaia  Niccolo 
dell' Antella  Senatore,  che  fu  anche  Luogotenente  pe  *i  Granduca  neU 
l'Accademia  del  Difegno.  Quefti  avendo  deliberato  di  far  dipignere  la 
facciata  di  fua  cafa  in  fulla  Piazza  di  Santa  Croce»  come  amico  eh*  egli 
era  dell'  arti  noftre  »   e  molto  più  ^lla  gloria  e  avanzamento  de'  noltri 

virtuoiiFioreacini»  che  molti  pure  ve  ne  avevain  qucU'ccà»  chiamati  a  fé 

Dome- 


y 


1  o  Deeenn.  IL  della Part.  l ìidSèc.  V.  dal  i6io.al  1610. 

Domenico .  Paffigilani ,  Matteo  Rofielli»  Ottavio  Vannini ,  Giovanni  ida 
S.  :  Giovanni»  Fabbcìzio  Bofchi  »  Michelagnolo  CinganeUi ,  Niccodetno 
Ferrucci»  Andrea  del  Bello»  difcepolo  epa^fiino  di  Giovanni»  Michele 
Buffini»  Ton  Guerrini»  Filippo  Tarchiani»  Coiimo  Milanefi»  e  Stefan 
da  Quinto»  fece  loro  dar.  principio,  con  Difegno  di  Giulio  Parigi  »  al  bel 
lavoro  :  e  quel  eh'  è  degno  di  refleffione  »  fi  è  »  che  con  edere  le  pitture  qiùii 
tutte  belle  »  e  tanto  ben  lavorate  ,  fino  al  prefente  tempo,  dico  dopo  più 
di  60.  anni»  ell'apparifcono,  come  fé  pur  ora  fuflero  fiate  dipinte .  Tutte 
furon  fatte  in  tempo  di  gioriii  20.  cioè  quelle  »  che  occupano  io  fpazìo 
del  primo  ordine  delle  fineftre  di  quella  cafa>  in  giorni  quindici  »  dentro  U 
mefe  di  Maggio  ì6i^.  e  q uèlle ,  che  al  ]>iano  del  Terrazzino  occupano  f  altro 
fpazio  delle  inferiori  fìneftre»  in  foli  giorni  cinque,  dentro  al  Maggio  i6^o. 
Ma  quantunque  fra'  Pittori  da  me  nominati ,  e  maeftri  vecchj  fufièro  uomi- 
i\i  di  gran  nome;  con  tuttociò  le  pitture  di  Giovanni  daS.  Giovanni  ripor- 
tarono la  lode  maggiore,  e  meflerlo  intanto  credito»  che  non  fi  fece  poi 
opera  grande  e  degniiTima  a  frefco  in  Firenze,  che  non  fufle  raccoman. 
data  al  fuo  pennello.  Ma  perchè  quella  £icciata  contiene  in  le  non  fola^ 
mente  il  preziofo  di  molte  belle  pitture»  ma  il  curiofo  e  dilettevole  altiedt 
de  i  concetti,  co*  quali  vi  furono  efprefle  varie  Virtù  e  Deitadi:  ed 
anche  perchè  defideriamo  di  dar  qualche  lume  delle  maniere  a  frefco  di 
più  maeftri»  che  v* operarono»  abbiamo  per  bene  il  fare  di  quafi  tutte  un 
breve  racconto;  proteftandoci  però»  che  rifpetto  a  i  nomi  delle  dette 
Virtù  e  Deitadi»  polliamo  in  più  d*  una  aver  prcfo  qualche  sbaglio,  per 
non  avergli  trovati  fcricti  né  preflo  alle  figure»' né  in  alcuna  nota  o  ri«- 
cordo,  onde  ci  è  bifogno  il  cavargli  da*  (imboli,  ch'elle  hanno  appreÌlo« 
Incominciano  le  pitture  da  uno  fpazio»  che  è  fopra  una  delle  porte  della 
cafa,  ove  vedefi  TArme  della  famiglia  dell' Antella  con  treputtini  attore 
no  in  varie  attitudini,  opera  del  noftro  Giovanni»  e  bcUimma.  Venen» 
do  ora  a  defcrivere  il  primo  ordine  di  pittura»  che  nel  più  badò  occupa 
i  parapetti  delie  prime  fineftre,  e  facendomi  dalla  parte  della  Chiefa»  ve- 
deli  la.  figura  della  Fortezza,  con  fpada  in  mano  ed  una  fiamma  appreffo» 
alludente  forfc  al  fatto  di  Muzio  Scevola  :  e  quella  apparifcc  opera  del  Van- 
nino. Segue  la  Religione»  che  vedefi  genufiefla,  ed  in  mano  tiene  una 
candela  accefa.  AppreiTo  è  la  Dovizia,  appoggiata  ibpra  un  faftelletto  di 
pomi, ed  ha  un  falcio  di  fpighe:  nèfappiamo  noi  quale  de*  foprannomi* 
xiati  maeftri  ne  fufle  l'artefice»  e  non  è  delle  migliori.  Seguita  poi  la  ftu-* 
penda  figura  dell'Amorino,  che  dorme  prelTo  ad  un  cigno:  equefta  fe- 
ce Giovanni  da  S.  Giovanni ,  il  quale  non  ebbe  difBcukà  di  copiarlo  da 
fimil  figura,  che  oggi  é  nel  Palazzo  Serenifllmo  »  fatta  ner  mano  del  Ca- 
ravaggio: e  non  v'è  chi  dubiti,  che  data  la  parità  dell' eflere  quello  di 
Giovanni  a  frefco»  e  quel  del  Caravaggio  a  olio»  non  fia  migliore  quello 
di  quefto .  La  figura  della  Dilezione  fi  fa  vedere  appreflb,  ed  ha  in  collo 
il  pellicano  :  opera  è  quella  del  Rofiellt .  Vien  poi  rappre^ntato  un  Gio^ 
vane  con  un  ramo  di  quercia  ghiandifera  :  e  fecelo  il  Paflignano  pe  '1 
Secolo  d' oro .  V  è  poi  lo.  fpazio,  ov'  è  fituata  la  ftatua  di  marmo  del 
Granduca  Cofimo  IL  da  i  iati  della  quale  è  figurata  in  pitturai  a  finiftra» 

una 


.>:G10VANm  DA  S.  GIOVANNI,         u 

ma  hwuÙLÌtk^ chfei  nppréfdiita  k;  deca di'Sidna,  orperd  del^ni^pUo  del 
RcàTeiii ,;  ili ^quale  dovendole  fare  iF^ccompàgnatu»  della  Lupi»  per 'efière 
in. dipignere': animati  poco  felice  »  {)regò  Giovanni,  che  gKelo  Ikceflc: 
€d  egli  in  uhì  oliano  d'ora*  e  nòà  phì^  dipinfola  bella  teda  di  detta  Lo- 
pat  la  qualcotà^ofTervàca  d;^  Paifignanoi  che  a  riian  delira  della  ftacua  di'^ 
pìofe  Li  figura  per  la  città  ài  Firenze,  volle  che  lo  fteflo  Giovanni  dipi- 
gnefle  anche  per  lui  il  Lione,  armo. di  i]uefla  Città w  Fecelo  egli,  e  tanto 
beiie,  chefembra  fatto  dal  naturale.  Dopo  è  la  Fedeltà»  figurata  in  una 
ftimmina,  con  un  cane  in  colloi  tutta  fattura  di  Giovanni.  Segue  una 
ya^'jdonha,  con  ifcectro  ed  una  chiame  d'  oro  in  mano»  fatta  da  incer- 
to pittore»  per  la  Ricchezza»  Apprefio  è  la  Sincerità  »  che  nella  deftra 
ha  un  cuore,  e  nella  finiftra  una  candida  colomba:  il  tutto  fatto  da  Otta- 
vio Vannini.  Allato  a  quella  vcdefi  un  giovane»  che  tiene  imbrigliato  un 
leone»  ed.ha  nella  deftra  un  pugnale:  e. fu  opera  di  Filippo  Napoletano , 
che  in  (quegli  ultimi  anni  della  vita  di  Cofimo»  ne' quali  per  mala  fanità 
egltvific  per  lo  piii.  obbligato  al  letto  o  alla  camera»  fi  tratteneva  ap«^ 
preflb  a  queir  Altezza  per  tuo  virtuofo  follazzo»  dipignendole  tuttavia  di 
que'fùoipaefi,  con  piccole belUiìime  figurine.  V'è  poi  un'altra  maravi- 
giiiofii  figura  »fiitta  da  Giovanni,  che  è  Cupido  abbattuto:  e  dopo  quefta  fe*^ 
^oe  il  terrazzino  o  pergamo' che  dir  vogliamo»  reftando.  finito  nella  par** 
tt  bada  imprimo  ordine  delle  pitture.  E  notili»  che  nel  bafamento,  fra 
Tona  e  1- altra  delle  figure»  che  dette  abbiamo»  fon  certi  putti  di  chia* 
rofcuro»  uno  de' quali  tiene  una  lunga  carta»  in  cui  fono  Icritti  i  nomi 
de' pittori,  che  in  detto  anno  idi 9.  vi  operarono»  che  fono  i  dà  noi  fo* 
pra  notati;  Evvene  anche  un'altro»  dopo  la  virtù  della  Sincerità  »  che  in 
altra  carta  tiene  fcritto»  che  Io  reftante  della  facciata  fu  cominciato  da' 
medefimi  pittori  agli  ii.  e  fi  finì  a'  i8*  di  Maggio  1620.  Segue  il  fecondo 
ordine  delle  pitture»  e  primo  delle  fineflre  :  e  frali' una  e  l'altra  fìneftra 
iòn  tutte  figure  quanto  il  naturale  a  chiarofcuro .  Vcdefi  la  Pietà  colle 
man  giunte»  opera  del  Vannino:  la  Scienza  colla  penna  d'oro» che  fopra 
una  carta  (crivé,  ed  è  fattura  d'incerto:  ficcome  quella  della  Sapienza 
figurati  ili  una  Pallade»  colla  lancia  e  collo  feudo;  auella  della  Fede»  col 
CaIice.:e:i:olla  Croce:  e  quella  della  Temperanza»  che  ha  nelle  mani  un 
freno  diicaivaJlo'.  Segue  la  Religione»  che  con  una  mano  fofiiene  un  tem- 
pio:^* e  coli'  altra  tietie.una  chiave  d'oro»  che  fu  dipinta  dal  Roflelli. 
Seorgefi  poi  la  tanto  fiimofa  figura»  fatta  dal  noftro  Giovanni  1  che  rap* 
prefema  la  Giiiftizia»  con  elmo»  fpada»  e  bilancia»  alla  quale»  per  eflere 
viva»(non.manca  fé  non  la  voce.  La  Femmina»  che  fi  fpecchia»  che  tiene 
in  mano  una  freccia»  ed  a. lato  un  cervio,  fu  fatta  pure  da  Gióvaiuii. 
Quella» .che  fegue  dopo  qnefta»  rappreièntante  il  Configlio»  figura  con 
due  faccie»  xma  di  giovane»  ed  una.  di  vecchio»  inghirlandate  di  fpighe^ 
ed  ha  nella  deftra  un  timone»  e  chiavi  d'oro  nella  finiftra  »  fu  dipinta  dal 
Rodèlii v  DelJa  Femmina  con  libro  in  mano»  ed  altro  libro  a'  piedi  fopra 
un'  oriuolo  a  polvere»  ed  apprefiò  una  gabbia  dentrovi  un  uccello»  che 
fu  opera  del  medefimo»  non  oppiamo  il  fignificato«  Appreflb  è  un'altra 

FeqnninaiColktefta  alata  1  a  cavallo  a  una  Oria  qì»  lecca  i  fuoi  parti: 

è  bella 


1 1  Deeam* IL àeìla Pari, LMSé£, V, del iSi Òiàli6i o. 

è  belili  j^ififiur»  di  Gtownnl.  Il Giov» co* fulmini,^ e V Ercqkfinxuk  |nip 
re  coloriti  dal  iMdcfimo»  Nei  terzo  ordine  di  ptctotae  ;  .xiei<  panpeMò 
delle  feoond^  fineftrev  incominciandofi  daUa  parte  del  Terramnb  >  '  Aa 
%ure  colorite.  La  prima  »  che  è  di  Giovanni  »  n^pprefenta  Jt  Pittai 
r».  Segoe  dopo  quella  l' Aftrouomia  »  che  apptrifce  fafckta  dallo  2kif- 
diaco:  e  fecela  il  Remili  •  V  è  poi  la  Contemplazione»  figurata  in  une 
femmina  giacente  9  inatto  di  aprirli  il  petto»  e  moftrtre  il  cuore;  ma  di 
^ue(hi  non  lappiamo  chi  fufle  P  artefice.  Un  Giovane  armato»  ed  alato 
in  tefta,  con  arco  tefo>  è.  fattura  di  Filippo  Napoletano*  Ha  la  figura»  cìm 
fegoe  in  atto  di  ledere,  che  è  la  Meditazione,  una  candela  acceda 
•  leg^  in  un  libro  •  e  quella  è  di  mano  di  Giovanni.  Una  Femmina, eoa 
una  terpe  nella,  finiftra ,  e  nella  delira  una  sferza  i  fi  giudica  d' Andrea  del 
Bello .  Altra  Femmina  fedente  fopra  nuvole,  con  ftettro  e  corona ,  ed 
un'Aquik  apprelTo,  fu  fatta  dai  Roflelli,  per  rappiefeacare  la  Maeftà  « 
L'altra  giacente,  che  colla  delira  dringe  una  guglia,  è  d' incerto  Pittore i 
ed  è  forfè  la  più  debole  co  fa  che  fia  in  quell'opera.  Vedefi  anpreflo  la 
figura  d' uo  Vecchio  ignudo ,  fedente  fopra  V  iride ,  con  fede  nella  finiftrag 
archipenzoh)  é  fouadra  nella  deftra  !  fi  dice  facto  per  lo  Tempo ,  né  fap^^ 

E^amo  da  quale  oe'  nominaci  Pittori .   Segue  dopo  quello  una  F^ura  coni 
lancie  nella  delira,  ed  un  cornucopia  nella  finiftra,  forfè  di  mano  del 
Tarchiani .    Nel  Giovane  armato ,  e  con  elmo  fiorico,  volle  il  Rofielii 
rapprcfentare  il  Ripofo.  V  è  finalmente  la  figura  della  Prudenza^  in  atta 
di  federe:  nella  dettra  ha  le  fefte,  e  nella  finillra  una  vergai  con  apprefib 
laGrU«  Venendo  al  fecondo  ordine  de^  chìarifcuri , e  quarto  delle pittuse 
fraile  feconde  fineftre,  e  facendofi  dalla  parte  della  Chiefiié  vedefi  ima 
Femmina  con  lucerna»  a' piedi  la  Gru  col  fafla,  nella  quale  fij^uròil 
Roflèlli  la  Vigilan2a .  Il  medeiimo  fece  quella  che  fegue»  con  palma  in  ma«i 
no,  un  mappamondo  a'  piedi ,  e  fopra  la  tefia  un  Sole:  ficcome  onoota 
r-alcra,  che  ciene  una  lucerna  ed  un  libro.  La  Femmina  alata,  coli'  afta 
pura  [a}  nella  deftra  »  e  nella  finiftra  una  laurea  dorata ^  che  rapjpce* 
femala  Gloria,  fece  pure  il  Roflèlli.  Dipinfe  Giovanni  quella,  che  è 
dopo  quella,  col  pecco,  da  una  parte  ignudo»  con  uno fcojattolo  in  ma*^ 
no  •   V*  è  la  Fama ,  con  due  trombe  d' oro  ,  una  pefidente  dalla  finillni 
mano,  ed  una  dalla  bocca  in  acto  di  fonare,  che  tu  pure  opera  di  Giov 
vanni  •   La  Carità  co'  tre.pucti ,  fece  il  Tarchiani.   Vedefi  appceflb  una 
Femmina»  con  manto  flellato ,  attorno  ad  una  ara  coi  fuoco  accelb »  ed. 
evvi  una  Tigre, che  fa  opera  del  pennello  del  noftro Giovanni .  Seguono 
poi  tre  belle  figure ,  chediconfi  di  mano  di  Fabbrizio  Bolidi  :  ciò  fona»  una 
donna,  con  ramod*ulivo.nella  deftra  mano,  ed  uno  feudo  QeHafinìftca,efa 
fatta  per  la  Pace  :  un'  altra  donna ,  con  orinolo  nella  deftra,  ed  ha  imai^fcia 
o  diadema  reale;  ed  un  giovane  alato,  con  fiamcoa  nel  perto,  e  pr^flb  ar 
lui  un  cervio  alato,  che  fi  crede  rapprcfentare  lo  Zeb..  Evvi  una  donna 
colorita  per  mano  del  Rofiielli  »  che  tiene  una  croce  d'  oro,,  ed  appreflo. 

^  ha  un 

£  a  ]  Afta  pura , .  m$  Afia  m»  arftwa.iiftrm^  e  dikra  ùm'^^fMMé^.ci^  jùauifi  /tfr . 
prftnifii .  dfoldati  ptr  alcuna  loro  gloriofa  azione  • 


GlOrFANNl  DA.  S.  GIOVANNL        13 

Im  «n  pexzo:di  macia  »  con  élLera  attorno;  Dopa  qnefta  ftwpw  un*  al- 
.tra.  coronata »f£Eitta  da^Giovanni^.  che  tiene  a*  piedi  lina  Pianea  à!:^ì^ 
JàQÌo ..  Sopra  auefto  quarto  ordine  di  pittare  legue  il  quinto , .  che  fa 
compimento,  allac  bella  facciata  *  dove  m  figure  colorite  »  veggonfi  ràp* 
prefentate  diverfe  altre  Virtù  e  Deitadi  in  numerp  di  credici.,  che  per 
fuggir  lunghezza  non  fi  defcrivonp.  Diremo  però  folamente,  che  nel  bèi 
niez2so  avvi  un  venerando  Vecchio  »  fedente  in  abito  Senatorio, ed  appref* 
fo  un  uccello  notturno,  fimbolo  della  Prudenza,  e  perciò  dedicato  a  Pai- 
ladex  erapprefemala  figura,  che  è  beliifnma,e  di  mano  di  Giovanni,  la 
:per(ona  di  Donato  deirAntelh,  Senator  Fiorentino,.  Padre  di  Niccolò» 
.che  quella  beli*  opera,  con  grande  fpelà,  fece  eJTporre  al  pubblico  diletto 
dé*fuoi  concittadini:  e  per  ornamento  eziandio  di  quella  grande  e  nobi* 
liffima  Piazza,  nella  quale  per  ordinario,  oltre  al  bel  giuoco  del  Calcio» 
le  pubbliche  e  più  infigni  felle  foglionfj  rapprefentare..  Ed  eccoci  a  ri- 
pigliare il  filo  del  noftro  racconto»  TralP altre  amenif&me  Ville  della  Se** 
reniffima  Cafa,  pofte  dentro  a. tre  miglia  preflodi  Firenze,  in  vaghe  col- 
linette dalla  parte  del  Monte  Morello ,  o  vodiamo  dire  da  Tramontana  » 
era  quella,  detu  la  Quiete ,  che  poi  a'  dì  noftri  fu  da  Ferdinando  II.  con- 
ceduta alla  pia  memoria  della  Serva  di  Dio  Leonora  Montai  vi,  nobil  Da- 
ma Fiorentina,  per  abitazione  delie  Vergini  di  fuo  Inftitvto.  Quella  ViN 
la  dunque,  per  la  ftima  che  faceva  il  Granduca  Colimo  IL  della  virtù  del 
noftro  Pittore,,  volle  egli  che  fufle  abbellita  con  fue  opere,,  che  furono 
una  molto  bella  figura,  rapprefentance  la  Quiete,  e  quattro  facciate  con 
gran  quantità  di  belliflimi  putti;  nelle  quali  pitture  dicono  eh'  egli  fu- 
peraffe  fé  (ttffo;  onde  crefcendo  ogni  dì  più  in  pofto  ài  molto  concetto 
appreffo  a  (quell'Altezza,  ne  godè  nn  ch'ei  vifle  la  protezione»  con  fegni 
m  non  ordinario  amore:  ed  una  volta  frali*  altre  ebbe  a  dirgli  quefte  pa- 
role.* Giovanni,  noi  vi  vogliamo  bene,  e  vi  faremo  fer vizio  volentieri; 
ma  voi  nulla  mai  ci  chiedete.  Ed  egli  al  Granduca:  fé  Voftra  Altezza 
defidera  di  &rmi  grazie,  una  glie  ne  chiederò,  ed  è  quefta .  Io  ebbi  fin  da 
bambino  gran  piacere  deir  andare  colla  civetta  »  e  tale  quale  io  fon  ora» 
quando  dò  ripofo  a' perinei  li,  e  che  il  tempo  il  concede,  non  lafcio  di 
andare  or  quù  or  là;  ma  le  gite  fon  lunghe:  e  le  prede  fono  fcarfe:  vor- 
rei però  ,.che  V.  A.  me  ne  concedere  la  licenza  per  le  bandite  delle  Cafci* 
ne.  Molto  poco  chiedete,  diffe  il  Granduca  :  e  non  ebbe  egli  appena  par- 
Iato,  che  furon  dati  gli. ordini  per  tale  facoltà;  e  Giovanni  non  prima 
r  ebbe  avuta,  che  incominciò  a  valerfene.  Accaddegli  una  mattina  V  etm 
fervi  trovato  da  una  fquadra  di  birri  »  che  me(folo  in  mezzo  (  folita  ufanza 
df  quella  g[ente  )  gli  dimandarono  chi  il  faceva  andare  a  civetta  in  quel  luo**^ 
go  «  Le  mie  gambe ,  rifpofe ,  e  il  fapere  che  qui  fono  più  pettiroffi  che  altro- 
ve. Ma  fapete  voi,  diuèr  coloro,  che  qui  è  bandita?  Io  non  fo  tante  cofe» 
ripreCe  Giovanni,  e  penfo,  che  il  Mondo  fia fatto  per  tutti.  Or  fappia- 
te,  diflero  i  birri,  che  quefto  è  tm  di  quei  luoghi  del  mondo >  che  non  è 
per  tutti  ;  però  venitevene  con  eflb  noi.  Lo  prefero ,  lo  legarono,  e  poi 
per  la  Porta  a  S.  Piergattolini»  corteggiati  da  gran  comitiva  di  ragazzi 

e  d'ogni  fotta  di  peflone^  che  bene  U  cono&cYauo»  per  aver  egU  operato 

preffo 


^m^W^^t  9  I  p     m^  -.'"W   ■-■  ^  * 


1 4  JD^tfAM.  J7. «I(fi7ii  fa^t.  1.  MSeci V. dal  1 6 lo.^l 1 620. 

preflb  a  quella  fwrta/e  anche  per  aveie  fua  abitazione  in  queila  eoaw 
troda^  amduOBVttnlo allecarcen del  Bargello*  Gianfe  in  mercato nao* 
vo»  nelP  ora  appunto  dello  foaflèggiare  che  fannovi  i  negosdanti  e  ca* 
valieri  ;  onde  alcuni  di  lorot  (voi  conofixnci  ed  amici  >  lafciati  i  ncgoz^» 
s' accoftarono  a  lui  »  e  con  gran  pena  domandarongli  di  quel  fucoeflb . 
Kifpofe  imdi  coloro»  che  per  averlo  trovato  a  civettare  nelle  Calcine  len<- 
za  licenza.  Come  fenza  licenaa?  replicò  Giovanni;  la  licenza  io  l'ho 
beila  e  buona  s  e  meflbfi,  com'ei  potè  il  meglio ,  la  mano  alla  tafea,  fé- 
cela  loro  vedere.  O  perchè  non  ce  la  moftnifte  voi*  quando  noi  vi  pi» 
gliammo  ?  difièro  i  birri .  Oh  %  ve  lo  dirò  io ,  difie  Giovanni  a  voce  alta  : 
perchè  %  a'  io  ve  l' avefii  mofirata  allora,  voi  non  avrefte  avuta  la  fifchiata 
in  Mercato  ni^vo»  che  v*  avrete  adeflb.  E  tanto  badò»  come  noi  dir 
fogliamo»  per  dar  Je  mode  a'  tremoti  ;  perchè  in  un  Cubito  e  dalle  logge  ^ 
Mercato  nuovo  ^  e  dalle  botteghe  e  da  tutta  la  ilrada  fi  Tenti  un  rumore 
di  fìfchiate  contro  le  perfone  de'  birri>  che  mai  il  maggiore  :  e  Giovanni 
pofto  in  libertà  fé  n'andò  a  goderli  la  £itta  burla  fotto  le  logce  con  quei 
gentiluomini  >  mentre  i  birri  fvergognatie  confufi  dieder  volta  addietro  « 
Ed  io  non  faprei  altro  dirci  fé  non  che  altro  non  vi  voleva»  che  il  cerveU 
Io  di  Giovanni  »  che  per  cavarfi  il  capriccio  di  fare  un  fimile  fcherzo 
a  quei  malnati»  fi  volefie  ibggettare  alla»   per  così  dire,  grandiflima 
icopatura  di  farfi  vedere  per  tanta  gran  parte  della  dttà»  nelle  vie  piA 
frequentate  »  a  tanto  gran  cotto  della  propria  dima  e  decoro  «  Ma  tem- 
po è  oramai  di  ìFar  menzione  d*  alcune  delle  molte  opere ,  che  al  no^ 
fico  Pittore»  circa  a  quefti  medelimt  tempi  (chiamatovi  a  pofia)  con* 
dufle  a  frafix>  e  a  olio  nella  Terra  di  S.  Giovanni  di  Valdarno,  fua  patria^ 
Primieramente  a  capo  allaftrada»  detta  di  Santa  Lucia»  è  un  Tabernacolo 
di  braccia  due  d'altezza»  ove  vedefi  Maria  Vergine  con  Gesù  in  braccio: 
evvi  lì  filo  Spofo  S.Giufeppe»  figurato  in  un  venerando  Vecchio»  ritratto 
al  vivo  da  un  uomo  di  quella  terra  i  e  v'  è  anche  il  fanciullo  S. Giovanni  « 
Sopra  la  porta  d*  un  orto  del  già  Girolamo  Puccerelli  Fiorentino  »  ^i 
delle  Monache  del  Latte  di  Montevarchi,  dipìnfein  altro  Tabernacolo  Ma* 
ria  Vergine»  a' cui  piedi  è  S^  Giovanni.  Un  fimile  Tabernacolo  vedefi  di 
fua  mano  fuor  della  Porta  Fiorentina»  in  luogo»  detto  il  Tabernacolo  di 
Bartoloromeo  Roffi;  e  v'  è  pure  la  Madonna,  ritratto  naturale  della  ma* 
dre  del  Rofiii  e  Gesù  con  S.  Giovanni»  ne'pilaftri  in  proporzione  quan- 
to  il  naturale  è  S.  Antonio»  S.  Francefco,  e  S.  Bartolommeo;  e  nel  ro* 
vefcio  è  rapprefentato  il  Signore»  apparfo  alla  Maddalena  in  fembianza  di 
ortolano:  opera  bellifiimay  fé  non  quanto  il  pittore»  per  eflerfi  forte 
corrucciato  oer  caufa  di  prezzo  col  padre  del  Rofii»  che  gliela  fece  fare# 
feguendo  il  aettame  di  fua  folitaftravaganza»  disfece  una  di  quelle  figure, 
e  rifece  la  a  bello  ftudio  deca  e  ftroppiata  :  ed  è  da  notarfi  »  che  quefia  non 
fo  con  quanto  merito  d'approvazione  e  di  lode,  foriè  i)er  pafcere  b  c\x^ 
riofità  de'  riguardanti»  fu  allora»  ed  è  fiata  poi  per  moltiflimi  anni  lafcia* 
ta»  e  forfè  fino  al  prefente  dura,  così detmrpata  e  guada.  Veggonfi  pure 
di  fua  mano  a  frefco  due  lunette  a  capo  alle  due  fcale  dell'  Oratorio 
della  Madonna  per  ^ntro  la  Terra:  in  una  lo  Spofalizio  di  Maria  Vergine 

con 


GIOVANNI  DA  S.  GIOVANNI.       1$ 

con  S.  Giufeppe:  openi  che  fir>  per  quanto  riferivano  i  vwch)  di  quel 
luogo»  dal  pittore  affii  ftrapazzata,  a  cagione  delF  ettevfllì  fiato  negato  lo 
ftare  al  naturale  per  la  tefta  della  Vergine,  per  ecceflodi  modeftìa»  d^  una 
ftnctttUa  divago  e  maeftofo  afpetto;  neir  altra  è  rappreientato  il  Mifierio 
dell' Annunziaztone  di  Maria .  QQefia  pittura,  obi  dtpono  e0afe  befliffi^ 
ma»  pt»oque  tanto  a  yranoefco  Rovai ,  noftro  GentUuoieQ ,  noliile  poeta 
di  noftra  patri:) ,  e  che  a  guij&  dell' antico  Pacuvio ,  Pittore  infieme  e  Poe* 
li,  [a]  oaolto  diletfio0i  dell'  arte  della  Pittura»  che  coir  oceafione  di  tro-» 
varfi  iuquel  luogo  per  più  fettimane  T  anno  1633.  ^^  ^^^0  clie  Faolo 
Antoiuo  fuo  padre  vi  ttfodeva  Vicario  t  non  folo  feeeoe  di  tua  mano  una 
copia»,  ma  in  lodo  della  medefima compofe  alcune  molto  ingegnofe  riiae  « 
Sono  anche  nelte  Terra  di  San  Giovanni  opere  dello  fteflo  Pittore  fat- 
te a  oUoi  ma  bellilBma  è  la  Tavola  dplh  Pecollaaione  di  S.Qio:  Battila, 
^e  fi  «o^erva  nella  Compagnia  *  (òtto  T  invocazione  di  detto  Santo»  nel 
recinto  delia  Parrocduele  di  S.  Lorenzo ,  dipinta  da  lui  nel  i<^o.  Rap« 
frefentafi  nella  Tav^  uoa  ofcura  career  e  ;  in  terre  v^^fi  caduto  il  la* 
<iro  corpo  del  Pceeorfoc^  fra'l  propaio  fangae  dopo  il  fiero  colpo:  da 
una  parco  è  Erodi^de*  pronta  a  ricevere  la  reciià  tefta  del  Santo, e  dall'  al- 
tra il  carnefice,  eh»  £iiela  prefenta:  e  in  veduta  alquanto  vicina  fa  bella 
ecuriofà  nioilr«  una  i^rfiata  di  carcere,  alla  ^uale  s'  affacciano  atterriti  e 
dolenti,  alcuni  prigioni»  per  vedere  la  terribile  tragedia •  %  qui  è  da  no« 
Qurfi»  che  mentre  il  aoftro  Pittore  conduceva  quefta  bell'opera  per  entro 
la  medefima  Compagnia,  un  certo  tate»  uomo  bruttiamo  d' afpetto»  0 
di  ìmJ^  condizione ,  moffo  da  curiofità»  e  con  modo  troppo  importuno  $ 
lafciavafi  vedere  ia  quel  luogo,  con  che  era  di  non  foca  nftidio  al  fólto* 
r<t;  maque(U,  ch<e  non  aveva  a  mendicar  P  invenauoni  pev  torfelo  una 
vote^  d'intorno».  oflervatoJio  ben  bene  »  ritraifelo  al  vivo  nella  tavola  per  la 
IH^opiia  perfona  del  bo)a  »  dei  che  il  pover*  uomo»  per  lo  tempo  che  viflo 
poi»  fu  fempre  feontento.  Un'altra  fua  Tavda  pure  a  olio  è  nel  foprad- 
demo;  Oratorio  della  Madonna»  sella  quale  con  molto  artifizio  dipinfe 
SaaGluTeppe  inatto  di  federe;  con  una  mano  tiene  un. libro»  e  neiral* 
txiiil.fiortio  battone,  e  fralle  fue  ginocchia  è  il fanciuUino  Gesù» che  di* 
Qono  Mtratcoi  al  vivo  di  Giovanni  Grazia»  Tuo  allora  piccolo  figliuolo. 
Qpefie  6m  l'opere,  che  egli  mefle  in  pubblico  neUa  fua -patria  :  e  molto 
dolgoiift  al  prelence  qui^'  iuoi  pae(àni,  eh' e* non  avefl^ effetto  un  tratta-'^ 
to»  che  §\x  maSà  ia  quei  tempi ,  di  fargli  dipignere  tmta  la  Sagreftia  del  ' 
detto  Oratorio ,  con  Ifiorie  di  Miracoli  delta  tanto  rinomata  Immagine 
di  Maria  Vergine,  che  ia  efib  fi  riverifce  e  a'  adora  s  e  quello  mercè  la  len« 
tezaa ,  e  forfè  avarizia  degli  antenati  loro . 

Stavafii  dunque  in  queftji  tempi  il  pittore  nella  Terra  di  S.  Giovanni» 
parte  dipignendo  V  opere  che  dette  abbiamo»  e  parte  godendofi  i  pochi 
oeni  ch^eglt  aveva  quivi  di  fuo  patrimonio;  ma  perchè  Giovanni»  andaf- 
fe  o  fiefle  pure  dove  fi  voleffe»  fempre  portava  con  &co  il  luo  senio»  bia« 
zarro  si»  ma  fiitirico»  mordace»  e  beffante  ogni  perfona»  occorfe  cola»  che 

ora 


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m^^^mmmliimmmmmmmmmmmmmmmmmmmm 


[a3  ila/af  GìUìms  Noffis  Attitd, 


1 6  Decimi.  Il  delta  Pah.  t  delSec.  V.  dali6t  o.  ai  1 610. 

óra  Gamo  per  riccontftire.  Era  il  mele^d'Agofto,  quando  in  quella  Tefra 
concorre  oa  ogni  banda-  gran  quantità  di  popoli  alla  devozione  del  Pèr« 
dono;  quando  venne  a  lui  un  certo  merlotto,  poderajo  fìflb  in  quel  luo- 
go d' una  tale  Comunità  di  perfone  »  delle  quali  per  reverenza  non  £i  di 
nieftiere  altro  dire:  e  gli  parlò  in  sì  fatta  guifa .  Giovanni  mio»  s' avvi-' 
Cina  la  feda  del  Perdono  »  ed.  io  vorrei  pur  trovar  modo  d'cGtare  circa  di 
ottanta  barili  di  vino  »  che  m' è  avanzato  in  cantina  ;  cofa  »  che  fé  io  non 
fo  in  quefta  occaiione,  oramai  non  farò  più»  perchè  la  mercanzia,  fianto 
i  gran  caldi,  non  può  più  afpettare,  e  corro  pericolo»  coli* andare  in  là» 
di  mandare  alla  malora  e1  vino  e  i  vali  in  un  tempo  fteflo;  però  altro 
non  ci  vuole,  per  torgliermi  da  penfiero,  che  l' ajuto  dell'ingegno  vo- 
ftro .  Or  ben  ùpete,  dtfle  Giovanni,  fé  voi  non  volete  altro  che  votar 
k  voftre  bòtti ,  e  dare  efito  al  vino,  V  invenzione  è  bella  e  trovata .  Voi 
fapete ,  che  nelF  occafione  di  quella  fefta  non  v'  è  chi  abbia  divieto  dal  £ire 
oueria.  Sapete  ancora,  che  nella  tale  ftrada  è  una  piccola  caletta  fpigiona* 
ta;  onde  io  ho  penfato  che  facciamo  così .  Qui  potrete  voi  Gir  comurre 
a  volito  bell'agio  più  quantità  che  potrete  deTvofiro  vino:  e  con  quello 
e  con  quello,  che  voi  farete  portare  a'  voftri  villani,  a  mano  a  mano 
eh' e' S'andrà  in  quel  giórno  efìtando,  e  con  pane,  paftumi  e  carne,  che 
io  procurerò  di  provvedere,  fi  farà  o(ìeria«    Q^efta  cofa  non  mi  torna» 
dille  il  poderajo;  e  che  direbbero  i  miei  maggiori,  fé  fapelFero ch'io  avefii 
fatto  r  ode  ?  E  poi ,  dov'  è  la  quantità  delle  lloviglie  da  tavola  e  cucina  » 
e  la  biancheria?  giacché  quanto  al  provvedere  e  pane  e  carne,  ed  ogni 
altro  companatico,  voi  mi  dite  di  non  volere  che  io  abbia  un  penfiero 
al  mondo.  Statevene  a uieto,dil]e  Giovanni, eh' io  ho  penfato  a  tutte  le 
cofe:  e  che  ciò  venga  all'  orecchio  de' voftri  maggiori,  non  temete  punto; 
jlerchè  oltre  al  veftirvi  che  làrete  fuori  del  voftro  ufo  t  io  fo  penfiero ,  che 
Voi  ve  ne  lliate  fempre  in  cucina,  che  appunto  è  fotterra,e  in  luogo  ove' 
nefluno  potrà  penetrare  altri  che  voi;  e  l'afliftere  alle  tavolate»  T ammet- 
tere e  licenziare  i  foreftieri,  farà  tutto  penfier  mio.   Ma  e'  converrà  pu« 
re,  dille  ri  poderajo,  che  qualcuno  vi  porga  la  vivanda:  ed  io  non  lo  pò* 
trò  fare  fenza  elfer  vitto  e  conofciuto.  No,  no»  rifpofe  Giovanni ,  co* 
dello  non  leguirà  ;  perchè  io  medefimo  verrò  a  riceverla  fino  a  mezza  la 
ita  letta»  e  voi  ve  ne  tornerete  alla  voftra  buca  t  fenza  eflere  punto  ofllèrva* 
^to  :  e  quanto  alla  biancheria  ed  alle  ftovigUe ,  latciatene  il  penfiero  a 
me  ;  che  quaodo  e^  fé  n'  avefllè  a  rompere  o  fmarrire  qualcuna»  tante  ne 
ho  io  in  quella  mia  cafa»  che  me  n'avanzeranno:  e  po' poi»  chi  vuol 
fare  altrui  fervizio,  e'- fi  vuole  fcomodarfi  un  poco.  O  via,  come  la  cofa 
ha  da  andare  cosi,  difle  quel  fem^liciotto,  io  ne  Ibn  ben  contento:  e  mi 
pare  ognora  milPanni»  che  arrivi  quel  giorno.  Giovanni  allora  diedeC 
a  provvedere  pane  e  robe  da  mangiare,  in  ^rand'  abbondanza»  e  fpefevi 
tutti  i  quattrini  che  egli  avea  guadagnati  ne'  tabernacoli  e  altre  pitture 
fatte  in  quella  Terra  :  fornì  la  cafa  dell'  arredo  necellàrio  ;  e  '1  poderajo 
mandò  il  vino  che  potè  allora  :  diede  gli  ordini  a'  fuoi  contadini  che  por- 
tafifer  l'altro  a  fuo  tempo»  giufta  il  concertato:  e  un  dì  innanzi  la  fella» 
fi  ferrò  in  quella  cafa  elR>  e  Giovanni»  per  preparare  il  neceffario.  La 

mattina 


s 


Efesini ^FiiÌr&(f|«lil>rti9f«Màiftv  ^  died«  ptintipib  tlli  bèlla  ém^ 
om»p  fth«  ik  ifiAcOà^  fncomin^fsrbno  a  tanire  le  perfone  •  quella  cala  t 
a^Qitf«tHnU<«wieiakle  gemiliÀentfe  a  iatola#  cranceneTale  in  birislìciteé 
0  ftcdira  IdmtfMltlfD  al  matigiitcab^rft.  Vanita  poi  il  tempo  di  far  cbii^ 
narVC^amai  all«  prHfi«  parolt rCJk' e' fenciva. dirtene  da  iteiiri  di  loiOà 
iifp«nd*fà:'chèfcMiJtf  0  ntfncontcf?  voi  non  aoii  óonofcetebtfne:  or  fa-^ 
pece  Vòf i  Jbif  io  foho  Giovanni  dà  San  Giovanni  Pittore,  e  non  ùti 
eatemìèrtf^f  SMio  allertco  in  quella  Terra  iti  grembo  alla  lAaggior  civiltàfa 
ci  ho  d^  fr  podeH»  o  mi  de  le  ^efe  il  pennello»  ed  ho  biibgno  di  falrmi 
degli  amici»  rifoii  d'airyUirmi  in  al  farce  fordidetiM;  però  andatevene # 
che  v' accompagni  il  oieló:  e  fé  voi  ci  avete  o  parenti  o  compagni  di 
viagMiOimàifì^acetìi  Olire;  cditt  fintamó  che  d  rimarrà  nuU*  »  tucto  fari 
per  loro  0  per  VoT.  Ic^  tioh  vi  vò  dire  à(tetfb  n  i^ome  andafle-  la  bifogna  1 
éIoè«  thtfnti4Ìuiml(h  di  geiìc»^  r  avviai  ih  hr«v^  ora  ìa  queir  o^a,/ 
'  oper'dirinèglioeqBeUacacci^na.  Intanto  qMl  ftmpliòisino  dd  podeu 
rajo,  fénteildò arAèfliare  perla  eafii  «anta  fMte atte  tavolate,  e  veden4 
do,  che  fi  Mvà  vii  teista  toba»  e  tinto  vinoi  per  lo  contento  e  fperan^ 
2e  del  gran  guadagno  affogava  nel  brodetto:  e  per  poter  riparare  ai  bifo-* 
gnof ,  jarróftirafi  f>er  h  cucina  e  intorno  al  fuoco,  fudando  goccioloni  co* 
me  pUkKte.  Finita  chef» la  feda,  il  poderajo,  che  non  vedeva  l'ora  di 
metter  le  bréoche  in  fu'qnattrini  del  vino ,  chiefe  a  Giovanni  conto  del 
ritrattò.  B  Giovanni  a  itiii:  uomo  mio,  io  ho ^ran  paura,  che  voi  non 
Ve  ne  fiate  beiito  tanto  da  voi  ùtffOf  che  v* abbia  facto  craiecolaret  oncte 
Aon  vi  rliìordiate  più  de*  patti  che  fon  fra  noi.  Vói  mi  pregafte,  eh'  idi 
vi  faceflt  elitate  i]  vofiro^ino  :  ecco  che  io  v'ho  ferviCó ,  e  v'  ho  ferviti 
predò:  e  |)erftrvirvi  mèglio,  ho  fpefo  in  eofe  mangiative  il  mio  guadi» 
gnodfi  ^u  iflefi:  che  Voletri  voi  cavare  da  tm  mio  papi?  Credette  il  po«i 
derapo  in  fMla  bella  prima  «  che  il  Pittore  volefle  feco  là  burla;  ma  ac« 
cortofi  j^oi  dalle  repliche  di  Giovanni^  eh' e' diceva  pur  troppo  daddove«> 
irò,  ilòti &poò dire,  inchefmaniee'diede^  é  farebbefeiio  fatta  bella  li 
piazza ,  fò.  la  paura,  che  il  fatto  non  andafle  all'orecchio  de' fuperiori # 
non  avefl'elò  rftehoto.  Ma  quello  però  non  ftrv)  al  fuo  bisogno;  perchè 
o  f ulie  il  ciuacchierar  di  Giovanni ,  òhe  con  gran  baldanza  faceab  belìo 
della  fatta  burià  ,  benché  con  tanto  Tuo  difpetidib,  o  il  cicalar  de'conta^ 
dini,  o  altro  che  fé  ne  fuflè  la  òégione,  il  tatto  fi  fcoperfe  :  e  fegu)  tal 
cofa  (che  io  ora  qui  non  racconto)  per  etti  il  poderifo  fa  per  capitarno 
male:  eGiovantii  bene  afciuttO  di  danari,  fé  ne  cornò  a  Firenze,  dov0 
attendevab  il  Principe  Don  Lorenzo,  per  fargli  £ire  per  la  fua  Villa  di 
Cafiello  alcuni  quadri  a  olio,  i  qtiali  acciò  riufciiTero  di  ratta  bellezza^ 
voUcchVdipigaeflTedtfuo  intero  capriccio.  Rapprefentò-egli  ih  uno 
una  Venere,  in  atto  di  pettinare  il  fuo  figliuoli  no  Amore»  ed  a  chi  forte 
il  r^refe  dell^  avere  netta  fua  opera  rapprefentata  tofa  troppo  vile  e  forw 
dìda ,  anzi  che  nò ,  diede  al  fuo  folito  una  argutifiima  rifpofta ,  ma  noh  tale 
daipoterfi  fenza  c^e(a  d'una  decoiofa  civiltà  raccontare,. Ne  D'altro  quodroi 
che  è  largo  circa  a  Tei  braccia ,  detto  comunemente  òggi  II  Quadro  déU 
la  Spofii,  effNrefle  un  foo  nuovo  concetto^  pieno  delle  fue  Colite  baje* 

B  '        Quello 


f8  l>ecèiin.It,déSàPàrtJMSec\Kdaiì6H:ali62o. 

(^fto^àndò»  dopo  kfDOtte'diqii«lPlrlndpetMrv«iwCQÌO  f^^ 
Granduca  Ferdinamo  IL  fcceli  dw  luogo  in  Palazzo:  ed  al prefante  yth: 
4efi  nel  Regio  appartamento  del  Sereniffirao  Ferdinando.  Frinpipet  di> 
Tofcana ,  Circa  quefti  medefimi  tempi  >  tvendo  egli  grande  amicizia  pon, 
Baftiano  Guidi,  giojeiliere  rinomato  »  che  fallava  Tua  botc^  a  n^ffa; 
coTcia  del  Ponte  Vecchio ,  dalla  deftra  mano  andando  verfo  jl:P4lftZso  ^e-- 
Pitti  t  tutta  egiiek  dipinfe  infieme  colla,  volta  >  in  quella  parte  9  che  rUppn-t 
de  fui  fiume  d'Arno»  in  molto  piccole  figure;,  rupprefen^ndo  la  pefiba 
daJle.perle  e  de' coralli,  ed  altri  umili  bei  conpetti ..  Era  il  vecchio  Spe**. 
daledi  Santa  Maria  Nuova  t  dico  quello,  in  cui  raccettanfi  le  donne»  dalla. 

erte  oppofta  allaChiefit  di  Shinto  Egidio^  e  contiguo  al  Convento  delie 
ònacne;  e  faceva»  poco  più  là  che  a  mezM»  ypaf volta»  attrayerfando». 
9i«diante ' uno  fpavioib  cavalcavia»  la  ficada  detta  delle  Paf^»  fino  ad. 
occupare,  tutto  quel  fito»  che  oggi  .fi  godono  i  FrateUi  deJi^  Co«ipagnia 
di  Santa  Maria  de'  Raccomandati  »  altrimenti  detta  della  Crocetta  »  in  iuor 
so  dell'altro  fito  che  e' godevano»  fiato  demolito  per  accrefcervi  la  piazza  w 
Voleva  lo  Spedalingo  di  quel  tempo  adornare  le. due  purti  laterali  della, 
foprannominata  ftrada  (otto  il  cavalcavia;  e  ordinò  a  Nlatteo  Rovelli,  che 
sm  bel  mezzo  dello  i^a^io  da  Levante  facefle  a  frefco  un  immagine  di 
Maria  Vergine ^on  Gesù%  Feccia  il  Pittore:  e  riufcì  opera. bella  t  ed  è 
q\iella  fleflà ,  che  pure  ogftì  fi  vede  »  adornata  con  fegni  di  compartite  gra« 
9ie  a'fuoi  devoti.  Al  nouro  Giovanni  fece  ordinare,  che  in ^iccompagna-^ 
aura  di  quella»  rimpetto  appunto^  dipipneffe  pure  a  frefco»  per  alludere 
agli  efercizj  dello  Spedale»  una  Oirità  •  il  qual  lavoro ,  tantoptù  volentieri 
9glì  accettò»  quanto  che  vedeva  dì  poter  nella  fua  pittura pofta  in  para-s 
pone  di  quella  del  maeftro  fuo  »  lar  conoicere  quanto  egu  già.  avevaù> 
liiperator  e  condufie  t  opera»  che  fi  vedde  con  ammirazione  d^  ognuno» 
Kon  pacarono  fe  non  pochi  giorni ,  che  trovandofi  una  mattina  in  .  nii 
certo  luogo  »  che  per  lo  migUorc  fi  tace ,  Gio:  Batilla  e  Domenico  Pie* 
latti  Scultori  Fiorentini,  infieme  con  un  altro  virtuofo,  il  quale  pure 
lion  vogliamo  nominare ,  andavano  fra  di  loro  difirorrendo  fopra  alcuna 
putti,  che  nel  luogo  fieflb  erano  fiati  dipinti  a  frefco  da  un  certo  pitto* 
se,  il  cui  nome  conviene  pur  che  fi  taccia.  E  portò  il  cafo,  che  m  fui 
più  belio  del  difi:orfi>  comparifle  quivi  il  pittore  fteflb ,  che  i  putti  avea 
Coloriti;  e  dopoi  convenienti  faluti , quel  virtuofo voltatofi  a  liu^così  gii 
parlò t  Voi  avete  fatti  quefti  puttini  di  molto  buon  gufi:o:  noi  fiavamo 
appunto  parlando  di  lor  bontà  ;  e  credetemi»  eh'  e'(on  unto  belli,  che 
^pajòno  di  mano  di  Giovanni  da  &  Giovanni  •  Rifpofe  il  pittore  tutto 
gonfio  d*  alterigia  »  fé  T  opere  mie  non  mcritafiero  altra  lode  r  che  it 


gran  lode  ;  e  fenz' altro  ag^ugnere ,  infieme  co* compagni 
caci  di  tanu  audacia  »  gli  voltò  le  IpalTe»  e-  fi  partì  :  ed  il  giorno  dipoi  fi 
frovò  ,che  la  detta  pittura  della  Carità  di  Giovanni  era  ftau  in  più  luo^ 
sfregiata:  e  chi  a.  noi  tal  notizia  diede  »  diceva  afleTerantemente  effetti, 

trovati  buoniifimi  xifconm»  non  altri  aver  copuneifo  tale  attentato»  ci» 

l»pro- 


CiOVANHl  M  S.  GtOVANNL:\  ^ 


perchè  con  qiiefte  batta  ft  me  Inanimo  di  fame  dell*  altre,  e  più  belle.  É 
ceno  che  qiKft' opera  fauna  bella  cpfiiv  e  tale i  che  eflendo  dopo  isipic^ 
anni  flato  condotto  a  vederla  Pietro;  da  Cortona,  da  Vincenzio  Dandìai 
noftro  celebre  Pittore ,  ebbe  adire;  coftui  ftudìava,  perch' e' non  gli  pa^ 
reva  di  iàpere;  ma  e*  fapeva,  e  fapeva  aflai.  Tornando  or»,  onde  eoa 
troppo  lunga  digceflione  partimmo  ;  dopo'  poNchi  giorni,  che  Giovanni 
ebbe  finita  quefta  pittura,  lo  Spedalingo  gl'invio  perfona  apoda,  per  in^ 
tendere  ciò  eh*  e'aomandafle  della  fua  fatica  ;  ma  perchè  il  Pittore  fi  di* 
moftrò  reftio  al  domandare ,  e  quali  metcevala  in  complimento ,.  il  man^ 
dato  died^ie  conto  aiio  Spedalingo ,  per  ordine  del  quale  tornato  a  lui^ 
si  gii  d^flè:  Signor  Giovanni^  giacché  a  vm  non  piace  il  domandare  pttz^ 
zo  determinato  dell'  opf  ra  voftra,  noi  abbiamo  penfiito  di  darvi  quella 
ftefib,  che  abbiam  daio  della  fua  al  maeftro  voftro;  e  pofegli  in  mana 

Suindici  belle  ptaftre .  Allora  Giovanni,  per  moftrare ,  come  fu  creduto,  cha 
ebbonfi  l'opere  de' gran  Maeftri  ricompenfare  in  ri^ione  di  loro  eccel* 
lenza,  e  del  nome. e  della  perìbna  che  le  fece:  ed  infieme  per  afiìbttara 
con  una  ii^egnofa  ironia  mi^gioranza  fopn  *1  maeftro  Ae(Gb ,  contato  il 
danaro  difie:  O  fé  voi  avete  dati  quipdici  feudi  al  Roflelli  mio  maeftro r 
vuole  ogni  giuftizia ,  che  a  me,  che  fono  fuo  fcolare,  fé  ne  diano  fola^ 
mente  quattórdici:  e  prefa  una  delle  piaftre ,  refela  al  mandato  dello  ^e«^ 
dalingo«  Ora  per  non  lafcìar  notizia,  che  appartenga  a  queft' opera,  che, 
al  certo  merita  luogo  fralle  migliori  del  nomro  Pittore ,  non  laveremo  di 
dire ,  che  efiendofi  dal  Granduca  Ferdinando  I L  rifoluto  di  fare  un  nuo«: 
Yo  Spedale  per  le  donne,  dalla  parte  di  quello  degli  uomini,  per  far  sì ^i 
che  quello  e  quefto  »  e  laChiefa  tornaftero  in  un  fol  ceppo,  non  pure^ 
per  rendere  più  maravigliofa  5  più<u>moda  e  più  capace  la  gran  Fabbrica^ 
con  accreiamento  ancora  della  bella  Loggia ,  e  della  bella  Piazza  :  fu  ad. 
eftb  dato  principio  il  d)ip«  d'Aprile  1557.  ed  agli  io«  di  Giugno  dell'anna 
fiefib  in  Domenica,  fu  con  gran  (blennità,  alla  prefenza  del  Granduca. 
Ferdinando,  e  de'  Seroniflimi  Fratelli,  da  Monfignor  Ruberto  Strozzi #» 


pronta  del  Granduca,  e  arme  dello  Spedale:  ed  eflendo  finalmente  a' 7. 
di  Maggio  i66qJ  terminata  la  fabbrica,  fecefi  luogo  a  ridurre  il  vecchio 
Spedale  ad  altro  ufo,  e  a  demolire  il  cavalcavia,  che  nello  ùcffò  giorno, 
fu  incominciato  a  mandare  a  terra .  Ora  tale  fu  la  ftima,  che  fu  fatta  del* 
la  figura  della  Carità  dipinta  da  Giovanni ,  che  con  non  ordinaria  fpe(a 
fu  reciia  dalla  muraglia ,  fu  bene  incaflata,  e  con  graq  cautela  [lortaca  nel 
CUoCtro  già  d«tto  deiroflav  che  è  allato  alla  Chiela  di  Sant'  Egidio  a  mar 
^eù» ,  e  nel  muro  laterale  eCbriore  di  d.  Chiefa ,  con  gran  diligenza  aflifla . 
Circa  a  quefti  tempi  medefimi,  dopo  aver  dipinu  a  fréfco,  per  entri 
U  Cortile  de'Canigiani  da  Santa  Lucia  alle.  Rovinate  i  e  perli0{fiozo  PfiiA . 

Bi  bardi 


/• 


io  DecÉnnJldettaPmJédd^tMdilUi^^^ 

bardlm  fàem  delIaTuft  caft  Tank' amo;  alcubli^    e»à  lOiltel  jpaii. 
ilo  a  opera  tocco-  d^  oro  »  per  adornamento  d^on  cerM  bafo  rÌlMiN>» 
ebbe  a  dipigne^re  ne'pedocct  diarie  volte  ile'Cfaioftri  della  Salicifliiiii  Non* 
zi^té,  ritn^etcò  alla  celebre  pittura  é^Andteadefl  Sarco»  detyaatMidoB^ 
tia  dèi  Sacco*  i  Ritratti  di  due  Gèriertli  di  ouellà  R€tigiiMM[> d^ Strti»' 
eiò^.a  dire  di  Fra  Lótterm^p  ideila  Sofia ,;  e  «  Fra  Antoni»  Mantìiieci^. 
l>i  ^ràfieia  ebbe  còmtoiffiohe  di  hi  dodici-  quadri  don  favole  daHe  Meta- 
ihoffoli  dj  OVidi6 ,  alle  quali  diedre  egli  bello  ej  fjpedito  fifte ,  pkrcihdsgfi 
nilPànni  di  por  ia  mano  addoflb  al  iiiòbité  onorario  t  che  glie  ne  eraltàto 
procheflb ;  come  quegli»  che  eflendofi  fino  allora  dilettato  di  Tpenèero 
quanto  guadagnftTa,  (enea  mai  avamare  un  foldot  aveva  cominciato  % 
dire  a*iuói  amici:   }ò  ho  avuto  un^figlìudei  u  mi ibn  femore  dato  a 
ored^te  eh*  c^^fia  per^  morire;  tua  ora  ch'io  veggo;  ^'e*  vuoi caoipare » 
bifogna»  c1ì4o  penii  a  lafdar|Ii  qualcoià»  E'Come  gli  fu  promeflb»  coilsH 
fb  anche  mantenuto;  perchè  è  &ma»  che  egli  per  oueile  pitture  avele 
gran  quanti  ti  di  d&han.  E  fu  cofa  mirabile  in  qoefto  artefice»  che  egli 
tvefletma  fantafia  si  forte,  che  in  cotto  quello» che  egli  (i  poneva  a  faro 
a  olio  0  a  frefco»  non  pareva  che  egli  avelie  fatto  ftufl;  d' alcuna  forte  i 
^ondofltacofachè ,  come  egli  aveva  ^ota  una  cofe  »  ed  una  fot  volta  di- 
^ghata»  reftavagK  talmente  imprefla»  che  provvifto  folamente  de'  ftioi 
fentafim,  portavafi  in  fui  luogo  del  lavoro»  e  fenù  nulla  d'avanti»  epe* 
xava  franchiffimamente  :  come  particolarmente  fece  vedere  ne'  molti  chÌA« 
tffc^ri»  che  fino  ne'fuoi  princim  ebbe  a  fiirc  per  Tfifequie  della  Regina 
di  Francia  »  ndla  Chiefa  di  San  t^orenzo»  a  concorrenza  del  fuo  maemo  ^ 
molti  dt'qu^li»  fino  a*nofl:ri  tempi,  per  entro  la  medefima  fi  veggono 
appefi.  Pianfe  intanto  a  gran  lacrime  la  città  di  Firenze»  \^g\  la  motte 
del  Grarnduca  Cofimo  1 1.  di  G.  M.  e  fra  gli  altri  funerali  apparati»  che 
óltre  a  i  foliti  della  Medicea  Baiilica»  volleio  fargli  i  particolari  cittadini^ 
in  ie^o  di  gratitudine  e  d'amore»  fu  quello»  e  ocHiffimo»  detta  Compa* 
pagniadbir  Arcangelo  RafFaelio»  detto  la  Scala  ^  A  quefto  fu  chiamato 
Giovanni»  non  come  giovane  in  ajuto  di  Matteo  Roflelli  fuo  maeftro} 
sua  nella  fieflTa  riga  di  lui,  d'Ottavio  Vannini,  di  Gifmondo  Coocapam» 
d^  Aftafio  Fomebuoni»  e  di  quattro  de' migliori  Statuarj,  che  operaHèro 
flfllora  in  Firenze .  Fra  quefii  furon  dtftribuitt  i  lavori  di  pitture  e  di  fia* 
(uè  »  I  foprtntendenti»  anzi  quelli»  col  cui  danaro  r4>pera  tutta  dovea 
condurfi»  erano  il  Cav.  Agnolo  Darfi,  Agnolo  Galli»  Filippo  del  Nero» 
Filippo  Magalotti»  Gio:  Batìfta  Strozzi,  Gio:  Battila  Quaratefi»   Luigi 
Bàrtoli»  Lorenzo Bonfi»e  PieroMartellini:  e  l'inventore  del  bel  concetto 
dell'  Efequie»  fu  Simon  Carlo  Rondtnelli.  E  perchè  doveva  il  tutto  rima- 
Aere  finito  in  termine  di  cinque  foli  giorni»  ^onfidecarono  i  prudènti 
Gentihiomrni,  efler  bene  dividerfi  fra  di  loro  rincumben%a»  e  pactico* 
larmente  vollero  ,  che  dovefle  ciafchedonio  (bllecitarc  it  iuo  artefice  » 
Toccò  a  Giovanni  a  dipendere  da  Filippo  del  Nero  »  GeAttiuocio^di^  ómI 
Ibavi  maniere»  che  forft  ncm  ebbe  queli*  età  in  Firenaa  un  altìro  tale; 

•  B- quivi 


^.  ^    __> ■ 


[  aj  d"  28«  Ftbbrajo  i6io< 


0 1  '^iOVAtim  DA  S.  QlOKàNNl.      ai 


SmÉMOiè^bflibifotiiira,  i  che  feglM  d'tnipiftfa fi cidofle  li  rMfct»» 
n  è  AftfAgrai  diiSiofaimi^  BsOi  il (Aptra^  cht  tn  gA  ^aflàco  il  cers» 
fìMMip .^ìttido.iU coceir pemiallA  noas'ers di  luiincort  né  pur  rw- 
m%  #41  chi  y«iiuft  fl  toiledcula  t  cifai  cbe  non  era  più  quella  ed 
^Jk^  fiQlcMìdtn  dilla  finefin»  che  fe  akreda  Isi  non  fi  domandava» 
^l«veiéblie4lnini  quando  gli  alcci*  EcoBifuTOhunencei  perchè  pofio- 
VI  le.flfeiftir  «Mi quella  hraTy sa» ch'egli  giàs'era  gnadagnau  nel  faiv»  coiai* 
daft  iMd  cerinine  preCbricto  Topcn  al  fuo  fine»  e  no  riportò  la  oridia  lo* 
da.  Qoello>  cbe  toccò  a  fave  a  lui»  fu  una  figura»  che  capprelencava  la 
Religione  di  Santo  Stefimo»  onmu  di  diverfi  crofiu  o  kgM  di  riportate 
«itiorie  «ontto  la  ea&  Ottomanna  :  ed  un*  altra  figura  •  in  cui  veniTa  efpre& 
&  la rtn  é pirAnte  Vircù:  e  quella em. in.  frawlania  d'un*  Aiuaszoneé 
che  Còlla  finlftti  -mano  iaalMacdava  uno  feudo  ciraondato  d*  eke  »  ed  in 
mefeft)  ufevè  una  pelmur  e  colla,  daftni  teneva  una  Clava  d'Alcide»  at^ 
torniact  <|0n  rafie  Miuce.  En  qudkaleinuiina  ooronata  d'alloro  e  d*  uti» 
va»  é  coM^t  le  (uè  fpaUe  utia  pelfe  di  leonei  che  follevavafi  alquanto 
dal  fho  ooilb,  per  lo  violente  movimenttf»  eh'eUa  moftrava  di  Ceire  nel 
calcar  col  finiftro  piede  un'  Idra  i  nelle  cui  fette  tette  eran  figurate  le  £or<» 
me»  del  Seif pente»  del  Becco»  dello  Sti^uteo,  del  Lupo»  dellfOrfo,  dd 
Pavone»  e  del  Gtumeilto:  le  quali  figUKi  Giovanni  a  maraviglia  conduC^ 
ft.  E  non  è  da  tacerti  in queito  luogo^  come  montò  li  ipe&delle  nobili 
Efeqoierftttc  in  breve  ||iro  di  nMirat  ed  in  cinque  foli  giorni»  a  nove^ 
ttntù  feudi  r  e  che  terminate  che  elle  forano  #  efreiidofi  da  i  già  nominati 
Qetttikloffiiiti  gettate  le  forti»  per  dtviderfi  fra  di  loro  1  quadri  e  le  fU^ 
tntf  quelli  del  noftro  Giovanni  tocourono»  la  figura  deila  Virtù  al  Darfi^ 
e  qMtia  delk  Rctt|^one  al  Magalotti . 

.  Fìnd  é  qoefto  tempo ,  benché  avelie  il  noftro  Pittore  prefa  edk  da  fi  » 
contuttociò  non  aveva  lafciau  la  ibuòladet^Roffelli  »  e  di  tanto  o  quanto^ 
qniv^iopMwe;  ma  diceli»  che  avendo- Mtduto,  che  le  foe  pitture  fatte  alle 
Scali»-  e-Alelle  fatte  a  S.  Lorenzo,  corfore-anpreffo  diremo»  avean  nortato 
H  vuntadl  tutte  l'altre»  egli  moncifle  instai  concetto  di  fé  ftefib,  che  non 
folamente  non  la  frequentai  poi  più»  ma  che  ad  un  mandato  dello  fteflb 
Roflelli.  f fedito  a  vedèf  ciò  che  fuflè  di  lui»  e'i  perchè  non  fi  Ufciaflk^ 
più  riVedtfe»  deflè  per  rifpofta»  di  non  aver  più  bifogno  del  maeftro  :  à 
v'aggiungono  ancora  (che  io  non  poffo  appena  finir  di  credere)  eh*  ei  di-^ 
efiffe  allo  fteflb  mandato #  che  non  ere  oià  luogo  alni  a  ftare  col  Roflelli^ 
mentre  onimai  era- giunto  in  gnklo^  neirarte,  aie  il  Roflelli  fieflb  (ariapo* 
curo  venire  a  ftìtr  con  (eco  :  e  dicono» che  tale  fufle  il  modo  »  conche  Gfo* 
vanni  fi  licenaiòdal  maeftro»  dal  quale  anche  poc*  anzi  era  fiato  propofto 
a  Giulio  Parigi»  per  fiir  parte  degli  fcheletri,  per  le  reali  Efequie  fatttfi  in 
S.  Lorenzo,  nelle  quali  pureera^»  come  fi^pra  accenmmmo»  a(&i  mesi i a 
portato  ér  agtìf  altro  artefice  •  E  iè  quello  fn  vero,  ficcome  dicefi  che  raC» 


ulta  parte»  tutta  la  Cappella  de'Calderini  in  Santa  Croce»  con  luoriede* 
fictldidr  Andrea  Àpoiolot  la  quale  opera  »  benché  abbia  in  le  alcune  parti 

B }  aOai 


2z  DecemiJlde1laBart:l.ÌelSef.K4aUStò.Bli6io. 

«flai  lodevolif  cpntuttociò  non  ^ugne  a  fegno  di  poter'eflère  molno  lo- 
4Jata  ;  onde  eflendo  fiata;  veduta  dopo  il  1^40.  dalF  ficceilente  Pittore  Pier 
trb  da  Cortona  »  diedegli  cagione  di  dire  le  feguenti  ]>aroIe  :  I0  mi  perfug^ 
do.  cbe  ^uefie  pitiure facefe  Ghvmnidé  S.  Ciavémnif  in  quiliunf^  0fpum$ 
€i'egii  aveva  incominciato  a  cono/cere  et ej^e  un  vaicnt'nomo.  Detto  dego^Tr 
iimo  d' un  fuo  pari»  e  bene  appropriato  al  fatto,  con  cui  volle  dare  a  co* 
Qo&ere»  che  quando  altri,  in  aualfiiia  bella  Acuità,  incomincia  a.par^ 
grande  a  fé  fiefib,  incomincia  alcresl  a  farfi  di  fé  fieflb  minore  •  Fece  poi 
a  olio  per  Lionardo  di  Lodovico  Buonarruoti  il  |iovane,  in  una  delle 


ghirlande 

to  a  operare  in  più  luoghi  dello  Stato .  Per  Franceico  di  Giovanni  Lu- 
cardefi  FaoUknti  a  S«  Cafciano,  dipinfe  la  Cupola  d'una  f uà  Captila  nel- 
la Propofitura,  oggi  Collesiata.  A  Poggibonii,  per  Ercole  Muzj,  colork 
pure  a  frefco  la  Cupola  deU' Oratorio  della  Madonna  del  Piano-'  la  quale 
opera  non  eflendo riufcita  d'intero  gufio  del  pittore,  coiroccaftone  del 
tornarfeoe  jpoi  di  Roma»  s^ofierfe  a  mandarla  a  terra  e  rifarla:  cola ,  che 
al  padrone  larebbe  pure  piaciuu  ;  ma  temendo  di  fua  incoftanaa,  nongUet 
concttk ,  e  Topera  redo  nel  moda  eh'  eUa  fu  latta  da  principio  •  Per  quei 
delia  V'acclùa  dipinfe  pure  una  piccola  Cappella  a  Vico  di  Vald'Elfa.  Per 
lo  padrone,  che  fu  della  Villa  di  Santa  Margherita  a  Montici ,  poileduta 
oggi  dagli  eredi  di  Gio:Bacifta  Benedetti,  dipinfe  pure  un'altra  Cappella, 
In  Firenze  poi ,  per  lo  Senatore  Agnolo  Niccolira,  nella  fua  ca(a  di  via 
de' Bardi,  dipinfe  a  frefco  una  ftanza  con  iftorie  del  Vecchio  Teftamento  > 
Msindò  a  Montepulciano  una  fua  Tavola  a  olio ,  del  Martirio  di  S.  Biagio» 
che.  fu  pofia  in  una  Cappella  di  Cafa  Nardi  « 

Era  Tanno  i<{2i.  quando,  ftante  la  morte  de]  Granduca  Cofimo,  fe» 

5 Ulta  alcuni  meli  avanti,  fu  £aicto  porre  in  acconcio  un  bel  palazzo  e  ^ar* 
ino,  fra  il  Monaftero  della  Crocetta  e  la  via  della  Colonna,  che  dove* 
fervire,  ficcome  fervi, per  abitazione,  [a}  prima  della  SercAift.  Maria  Mad-^ 
dalena.  Figliuola  del  Granduca  Ferdinando  I.  e  di  Madafna  Criftiiia  da 
Lorena, e  per  abitazione  ancora  delle  SerenHTime  Principeffe  Margherita 
e  Anna,  forelie  dello  allora  Principe  Ferdinando^  ed  appreflb della  Sere*» 
nilfima  Vittoria  della  Rovere,  piccda  bambina  >  deftinata  allorarcche 
poi  fu  Conforte  del  medefimo^  e  Granduchefla  di  Tofcana,  neir  edere 
quelle  Principe^  confegnate  all'affifienza  e  cura  (in  aggiunga  delle  prò-* 
j>rie  Corti  )  delle  Monache  di  eflb  Convento .  E  già  era  fiato  fabbricato 
si  bel  corridore ,  che  da  quel  palazzo  porta  alla  Chiefa  della  Santiflima 
Konziata,  ed  anche  a  fine»  che  tanto  poteflèro  le  Princlpelfe  portarfi  ai 
Monafteriot  quanto  le  Monache  al  Palazzo.  Già  erano  ftati  fatti  due  mlTa** 
via ,  uno  per  mezzo  d' un  arco  fopra  la  ftrada ,  chiamata  d$  quel  Monaftero» 

lavia^ 


m 


Kmm 


[a]  LaSerenifs.  Primpèfa  Maria MéMakna  0ntrò  inMatuffiirior^  Z^d^AUfgfi^ 

i6%ujn  €$è  i'aani  %q.  of9$  morì  i:ij.  4i  Dicembre  1(33» 


GÌOrANNl  DA  'S.  GIOVANNI.       13 

It  vU Ideila  .Craéecta  :.  e  T alerò  fotcdmoiéo;  quando  fu  coniklento  efféc 
bene  r ornare  la  bella Cap{)ellecca,£ibbricaca  in  cefta  al  Giardino^  che  do« 
vea  Ibrvire  cilora  alle  Principefle  medefime^  ed  a  quelle  de  voce  Madri  »  di 
falìgiora  ricreazione  t  con  picture  di  qualche  facra  iftoria,  la  quale  fu  or* 
dinaca f  come  poco  appreso  diremo»  a  Giovanni.  Ma  prima,  per  cogliee 
eonfuficme  al  letcoret  convìendirct  che  partiteli  le  Principelle,  furon  ie-^ 
vati  anche  i  due  paflkvié,  con  cheti  Palazzo  comunicava  col  MonalletOi^ 
oioè  quello  fopra  terra»  del  mefed'Otcobre  itf37.  e  di  quello  vedenfi  i  ù^ 
gnali  m  due  pietre  «  ove  batteva  Timpoftatura  dell'arco  di  qua  e  di  là  ali» 
Itnula  »  poco  diftanci  dalla  porta  della  Chiefa  da  levante  :  e  *1  focterra» 


f. 


neo  fa  levato  »   mediante  un  muro  diviforio  •  £itto  (ervire  a  corno* 
do  e  del  Convento  e  del  Palazzo.  Giovanni  dunque  avendo  intelb»  choi 
dovea  allegarli  la  pittura  di  quella  Cappella»  dicefi,  che  fenza  nulla  £uri 
Capere  al  aiaeftro»  procurafled*  averta  per  fé  :  e  che  pure  fenza  fua  fiiputa» 
vi  mètteflè  mano»  e  traeflelaa  fine;  che  il  Rolfelh  faputo.  il  vero  d'un 
tal*  atto  »  che  a  lui  parve  di  troppa  diffidenza  »  forte  fi  corrucciaflTe  ;  ma- 
comecché  egli  era  un  uomo  di  ftraodinaria  bontà  »  non  la&iò  per  quello 
d' andare  a  vedere  la  pittum»  fatta  eh'  ella  fu  ;  e  veduula  »  d' ammirarla  a- 
{ran  fegno  ;  conciofiiflecofachè  ellafufle  riufclta  cola  tale  da  potere  avet^ 
uogo  f ralle  più  degne,  opere»  che  o prima  o  poi  partori0e  il  pennello  di 
quefto  artefice .  Rapprefentò  egli  in  tronte  della  Cappella»  che  da  tre  htt^ 
è  aperta  »  la  Beatillima  Vergine  nel  viaggio  d' Egitto  ;  e  difcollandofi  dal^ 
modo  tenuto  quafi  da  ogni  altro  pittore»  figuroila  in  atto  di  fermarfi  n^ 
prendere  ripofo  ad  unpoveriflimo  albergo  alla  campagna»  efpretTo  mirabil*^; 
menie  da  Giovanni  in  una  mendica  cafuoccia  nimicale  •  compolla  parta 
d' una  icommefla  muraglia  »  e  parte  d' antico  «  fdrucito  legname.  Vedeìi* 
la. Madre  Santifiiqia  in  atto  appunto  di  fcendere  dal  giuménto,  fi  tiene  ii* 
fuo  piccolo  bambino  Gesù  colla  deftra  mano  »  mentre  il  fuo  Spofo  San 
Qiuieppe»  figurato  in  perfona  d' un  molto  venerando  vecchio»  le  porge . 
il  deliro  braccio»  fui  quale  aggravandoli»  va  ella  »  con  ammirabile  compo*  > 
liaione  di  perfona»  apofare  ilpiede  fopra  un  povero  defchetto,  tenuto 
fermo  al  iiiolo  dalla  finifira  mano  dello  ueiTo  S.Giufeppe»  per  quindi  poi 
giuogectaterra.    PrelTo  alla  piccola  porticella  dell'albergo  è  figurato 
quegu  che  n' e  il  ladrone:  e  quefti  con  una  mano  tiene  la  corda  »  con. 
cui  il  giumento  è  legato  »  e  coir  altra  ftringe  un'  arme  in  afta .  In  una  fac- 
cia della  piccola  cafa  fatta  di  tutto  legno  »  è  una  fineftrella»  alla  quale  ap*  . 
poggiata  una  sraziofa  femmina  veftita  in  poveri  panni»  tiene  in  braccio 
un  piccolo  figuuolino»  e  con  grazia  veraoiente  maravigUofa»  con  allegrez*  : 
zae  «uriofità  infieme»  fta  guardando  i  foreftieri  giunti  all' albergo .  In  lon* 
tananaa  finalmente  fece  vedere  Giovanni  un  villano»  che  avendo  colto 
un  fiifcetto  d'erba»  moftra. venirtene  verfb quella  cala •  Noi  abbiamo  vo* 
lut^  defbrjvere  quella  pittura  per  appunto  ^cola  che  non  intendiamo  di 
voler  £ire  d' ch'altra  di  iua  mano  )  parche  veramente  ella  apparifce  un 
open  molto  d^na»  e  per  invenzione  e  per  colorito»  e  per  altre,  fue  qua- 
litadi»  e  tanto  più  in  confideraaionet  eh',  ella  fu  quafi  delle  prime  cofe» 
conducete  Giovanni  ancora  giovane.  Da  quella  trafle  egli  tanto  credi tot 

B4  ^^^ 


»4  Decènti. n.delUBéùttJ.MS€c.V^M 

éh*M pròfeflToriydf èkti noirfi^tritvi'f  ciift'dilm .:  McIm finahò  I^òmJ 
re  »  che  egli  ebtSe  a  ùtt  |Msr  pameokuri  ;  ohi  efiepcb  ieguito»  come  fi  dJOe  » 
il  cafo  della  morte  del  GxiAOuca  Cofimo/  del^Ia  quale ocoafione  &  cekbM 
Iacopo  Callot  intagliatore  in  nme^  il  pran  laa^ftrodi  coiitiGaffaNi^io^ 
U^  Filippo  Napoletano,  e  1* eccellenciffimo  Mufiop Fmfeo^akli^  effand» 
rsisafi  privi  di  quelli  (Upendtt  con  cui  la  liberalifà  di  quel  gma  Esiacipo 
era  iblìca  éi  tratccuergtA ,  cooits^iò  ancke  Gieiranni  a  ponoftere  h^sgom 
perdita,  cheera  toccata  a.iàik  e  kiifteilo,  dico  degli  onoiail  iìnpicglti , che» 
fii  andava  tuttavia  piovvedende  qi^pllT  Akeaaa^e  jfra  quetoeU  forte  ua^: 

Iiullb,oheglie  nediede  un  ceito  Banedetto^Kcciuoli ,  pittore digrot^efiduv 
iio  garzone,  rifilivi  di  portarfi  a  Roma ,  per  vedere  le  belle  cok  idi^^uelU 
Cit^à  :  e  molto  più  per  p^iA^^ìalclie  meie  in  buon  tempo,  con  oento» 
feu^,  che  contro  ogni  Tuo  fbikpf  e  coàtr^  ogni  fuo  genio  eiuUrìvfei.^' 
co  il  mettere  inavanaof  exoncenMaltri»  cheificavi^' averne iirio^ 
Tanto  pensò ,  e  tamo  pofe  .in  eflecta;  Gionci  che  furono  a  Roma  i  due 
compagni,  Censa  fiirfi  conofcere  peir  quei  che  egli  erano,  né  meno  per 
pittori,  di^ronii  a  vedere  le  coft  beUeì  fenza  però  lafciar  punto  la  vre^ 
ouenaa  dèlie  uveffne .  E  sì  fattamente  andò  la  biCbgna,  che  in  breve  sirò 
cU  Cettimane  i  cento  feudi  di  Giovanni,  che  furono  i  primi  a  venir  tuo» 
la ,  rimafer  finiti»  e  fecefi  luogo  alio  fpendere  i  fuoi  ai'  Picduoli.  Ma 
quèfti  dicefi,  cheawr  neceflità,  ch'egli  a vefle  di  cornariènea Firenze pe( 


«roi  affan,  o  perchè  fi  trovafie  gii  ben  foditf4|to  di  Roma,  veduta  oj|o« 
dutaairaltrui  fpelè,  fé  ne  parti  a  qucfta  volta»  lafciamlo  Giovanni  in  Sa. 
to  di  tanto  bifogno^  cbeie  volle  vivere,  gli  fu  necefiario,  per  alcuni  gior« 
sii,  il  vendere  certe  poche  giammengoii,  ch'egli  aveva  coli  portate  per 
ufo  di  fua  perfona .  Volle  però  la  fua  buona  force,  eh'  ^ti  s*abbattefle  a 
trovare  in  Roma  FraocefcoFurini,  tenutovi  da  Filippo  tuo  padre,  detm 
Filippo  Sciamerone»  con  aflèffnamemo  di  iei  feudi  il  meft»  periftuditfi^ 
T-arte  della  piitora:  ed  eflendo  lo  fieflb  Francefco  fiato 'C^imfcepolo  df 
Giovanni  appreflb  il  Roflìdii  s  e  per  effere  quelli  un  umore  non  j^uari 
lontano  dal  Tuo,  lece  camemta  con  eflb ,  vivendo  l' uno  e  T  altro  in  fe 


quel  poco  d'aflegnamento,  fe  non  guanto  fufie  talvolta  loro  fiulcita  il 
vendere  a' quadrar)  qualcofa  fatta  di  mano  di  Giovanni;  ma  ciò  ièguivo, 
di  rado ,  e  per  pochi  Quattrini,  tantoché  e'  giunfero  taloni  a  cale  efirèmo  di 
Deceflitàf  che  fu  lor  forza  il  campare  la  vita  di  folopane,  aggiuntovi  il  be* 
nefìzio  della  fonte  :  ed  una  volta  occorfe  quanto  io  fono  ora  per  dire .  Ave* 
vi  il  noftro  Pittore  condotta  una  vaga  fiorietta  a  oliò  $  e'I  Furino  avénc^t* 
in  più  luoghi  cimentata  alla  vendita ,  non  ne  ave  vatrovata  altra  offerta , 
che  dì  dieci  miferabili  giulj»  prezzo  poco  fuperiore  a  «quello  ddla  femjdi- 
ce  tela:  ed  erane  tornato  alla  povera  ftanza  con  efia,  m  fulPoce  appunto 


del  ddinarè .  Qò  fentko  Gtotànni ,  con  ifmanie  più  ci»  ofcfinarìé/  dì(fe 
al  Furino,  va,  «  porta  il  quadro  a  cui  ti  fece  r  offerta  de* dieci  ììuIIy 
perch'io  mi  morrei  di  dolore  •  fé  io  avttffi  a  kfeiare  quefto  cattivo  efemp 
pio  di  me»  d^Aver.pafflna  la  Oòm^nica^di^  Carnovale  («he  tale  ajq^cmtQ 
era  quel  ftorao  )  fenza  mangiar  cafticf^  Fu  venduto  Al  qigidro»  e  fisnza 
puito  pehfitfo  al  domani  i  neftì  fpefi»  it titntto  in  ool»  m«ngtative ,  per 
— :  ^  foUazza- 


•    t 


GiùVANBl  BA  S.  GIOVANNL       %$ 


firitoiUtywl  éU  -t  foleva  poi  difo  il  Ftirìifd,  d^fio  nì^k'^iini.  a  ehi  t 
■B' diede  tal  notiaia»  (he  il  quadro  età  rìoicito  oofii  é  beltà,  che  s^c^ 
aveflè  |RM!uco  raoeapenate  dove  ei  fi  fuflè  capkàco,  farc^^dèfie  «idato  t 
I,  .|io|ta'per  ricooi'pitf  la  ad  ogni  pie/ao .  Ma  perchè  6aahMnfiequcl 
li  «hm»,  a  kingo  «adare  noa  peeey»  dioico^ oìeeeipe  nei  alFtoin^ 
ionraiuair^d  aUMiiooiicro,  non  voleva  «gii  ftiueoiiofeete.  ttèifitt'* 
iiHDbcfi>a  MelBbno  pef  ave^  da  (ari  in  pubblio»,  t'eepb^<id  ondi^iM»} 


iin.eec4vqiiadr<. . 

che  :vai  me  diate,  une -ce&  con  deVolorì  :  ed^  ìé  eroMr^^  1^  albana  Cofkiàl 
fiafefiiàdifirediatia  invenzione:  e  av^tafaV  meStUt^opptttff:  f^oKCbbé 
e^  eppwttM.  dscQ  pvineìpio  4  lavoro,  che  'i  padróne  veduti  compatir: netta 
tele  i  bei  peniien,  e  i  prtnai  colpi  della docia  ,•  eh^egl^^cendeva  d»  fap^ 
•ceftMaire,  tatico  frencni  e  ficon,  ài  addogando  qii&AVo>eglt  avefle  vo» 
loco  il  giorno,  per  tratcenerfi  a  dipignere  nelle  fuC'^ntet  al  che  rif^eCh 
Giovanni^  che  il  lafisiafle  prima  finire- il  qoadrò,  e  peifarebbefi  difeorfQ 
del  pagaioencoi;  il  quale  anche  «gli  averebbe' ^'oleflò  aik  Ctià  difcrisiKmev 
Conduié  hi  |io«  più  di  fei  giorni ,  anidoViadèllaN^^asia^di  S.PtetKp*» 
«reflèi  ah^  anciUé;,  con  un  gruppo  di  Ibtditti ,'  fSuei  di'tanW  |iiao.e  diel 
buona  ^gnieray  Che  il  inMvan.té  ^i  ebbe -a  dfiire  ;  Giovsinnt  imo»  voi  Aont 
(ècìB,  coett  dite,  perforìa che  vadh  cercando  Tea  forcè^»  inatti) |ran  v*« 
lem* iioeiiò':  e  per  vì«a  vedrà  dieetn»,  chi  v<^  ficee;  nia  quantunque'  re> 


MCK{«iel'6i«va)iai<(a  S.Óiovanoi,  che  in  Fireéee  aveva  fatta  l'opera  % 
neiòo  «idipiat(«Palla  Porta  d«  S.  Fiero  Gattolinf;,  la  quale  già  aveva  piener 
RòdMtdtl  «lottie  Afe ..  Non  è  poffibtie  e  dire ,  con  qual^conteato  e  diflào^ 
flcnibnél  dt  diina  ciò  afcolcaflè  il  qU8draro,il*'qualc.da  indt  a  poi  te- 
ne^iélo  in 'cs6- occulto,  p^r  tema  di  non  perd«-lo;  ed  incanto  cavavaM 
ofMMs^  affiti ,  ohe  in  Roma  ed  in  Francia  fructareogli  ^n  danari .  hbe 
QUsvÈMt&f'ióo^  non  molte  fettitaanct'  innoiatofi-di  qoel-'modo  dtiVivt. 
réioggéito,  àv^do  anche  meflh-da  parte  qualche  dofoia;  prèfà  oCJcifiotie 
d* avere!  iiMcib.  che  t»  quel  tempo  appunto  il  Càrdinidé'Guido  Bentivo»* 
gU-  fiwikava  ad  abbeltrrè  il  fuò  Palaeio  a  MontecaVaffci,  qàellò,  che  fii 
poi  «wMà^sarrini ,  in  cui  aveva  fatto  diptgnerea  fìefco«  Guido  Réaì 
il  bei>  Cirro  dell'  Aurora  ;  deliberò  di  lafciire  il  quadrerò .  per  £irli  oonot* 
fceie  in'Romà  per  quel  di'^egii  era:  e  àtto^nirao  a^  iè  fteflo^  fi  portò  dt 
quel  Gardiiiaie,  edinftaRtembiiterlj^regò,  <$he  fivolé(TeconteAtflrèièlM 
egh  nella pajrtè oppoft» all'opera  di  Guido  potefle dipignere  il  Orfo  detta- 
la Ì9oÓ!6.  Sorrife  il  CurcKnale  a  quefta  domanda ,  òhe  a  l^i  parve  dettai^' 
più  kla  giovanile  «'ditecEa,  Cheda  prudente  conC^Ho-:  eguardatoh)  dain» 

S»^  alle  piante,  gli  domandò,  ^e'fapeva,che  quell'opera,  ch'egliikitéftA' 
va  d'iGConpagnaie  »  eia  di  mano  di  Guido .  lo  lo  fo*  diflé  Giovanni; 

l'ho 


i 


V  ho  vedttu,  e  bon*  oiervata/  e  dieoi  cV  éì:^  ttle«qiiftl«  è  ogn'altni  ò|^ 
»  4i  quel  gran  pucore;  ma  concuttociò  io  la  fujpplico  ad  allogariiii  pev 
POCO  cempp  qudU  parte  di  luuragUa^.cpn  calcina  a  con  un  muracore» 
lenza  alcuna  mercede  per  la  fatica  mia>  perchèio  altro nondefidpro»  ote 
d'efTerisiefperiuieptato.  i«  rifpoAedeì  Cardinale  furon  fémpre  le  medhM 
iìjBie;  ma  crebbe  can^o  1^.  iatpoccunità  di  GiQvanni*  awiilnca  a  qualche 
|>pono  ufiziotch'egli  iivcV^  tatto  fare  per  fe  ^preflb  m  iui^ch'eglt  alto 
fine  il  compiacquf  ;  non  Cc^nfsa  però  j)eruiaderii,  che  roperadi  .Giovanni,' 
:&rta  ch'ella  fune,  fufle  per  cqrnarfene  d'onde  ella  venne»  cioè  in  polve^ 
se  e  calcinacci*  Allora  il  Pittore  Atto  un  bene  ftuditto  cartone,  preib 
In  fuQ  ajuto  il  Furino,  diede  principia  alla  pittura;  finì  la  prima gioma« 
%9f^  nel  tempo  c^lla  quale  ^^li  riufcito  il  condurre  una  figura^  che  rap^ 
prefentava  la  (^un?  *  Tornatotene  acafaegli  ed  il  compagno,  e  la  matti^ 
|ia  dipoi  tornad|i.iil,lavpro;>i  trovarono  cV  egli  aveva  (coperte^aflai  bsìàU* 
ture ,  ed  era  ibrdidapiente  ip^i^to ,  }n  quel  modp  che  fuol  £ire  l'inconaco 
fr^fcamente  dipinto  i  ed  ann«^ato  coir  orina;  tantoché  Giovanni  ebbelo 
a. mandare  a  |erra  »  e  metterli  di  nuovo  a  far  la  figura*  Pafsò  il  fecondo 
gtprnoie  poi  il  terzo  e 'I  quarto  ed  il  quinto  ancora,  e  andò  fempre  la  bi- 
iQgfìP^.per  lo  qiedeiimo  ver^Q,.  tantoché  ufe)  la  voce  per  queUa  cort»,  che 
ìI/n|t^Qr,FÌQreiitino  non  faceva  altro  che  fieire  e  disfare:  il  peitebènefii 
fupf^a  sputatala  nopzb  ^1  Cardinale ,  che  avutolo  a  fé  •  gli  aomandòi  ch« 
cpfae^Mndauefa^ndoi.  Il  quale  pf cui cUconfufipne^  raccontaiffgli iltuc«»; 
to^  difle  av;iQ^gran  dqbbio  che  la  .<»lcina  o  la  pozzolana,  fuOTe  qodla  ^e 
faccine  tali  (Ira vaganze,  ma  che  aveya  già  quali  trovato  il  rimedio  re  or« 
dinò  al  .Furino  il  portarli  a  $•  Pietro  »  e 'T  procacciare  certa  quartticè  di  de- 
cina, a, ufo.  di  qufUa  della  città  di  Fir^nze^  e  della  m«ikfima  flferv), 
mentre  al  Carylinale  parve  berne  pei?, quella  volta  il.dilBmvbre.  Mail 


tQ  9  nuUa^e  prefodaldegra),  il  chiamò t  diceadc^li  aver  vedutt  fua  bnoN 
aa  volontà  e  '1  fuo  grand' animo,  e  tanto  baftargli  <per  allora:  dovefòpe* 
rò  .metterli  a  fiudiare,  peirchè  cpi.fayorq  di  queUoji;  egli  gUaugprava  pm^ 
fi(;^^r9nde.;Àllpra  Giovanni»  qvffiigeouAeirp,  fupplicòJi  iPrelato»  cfao 
afvcora  per  unfalcjra  volta  e  non  piUf  gli:  ^velT^  'Opnoeduto  il  oeiterC  ad 
QP^re,;;  il  cj|ie,n/»n  fenz^  qualche  diiicwltÀ,  ottenne:  e  partitoli,  diflb 
af  j^yrino:  Cecco  mio»  quello  »  x:hai  mi  fìt  queljbp  bifchenohe»  è  bene  akro 
che  pozzolana  e  calcina:  e  fattaG  condurre  in  fui  palco  una  maieraflà  con 
poco  da  nutrirli  per  quella  fera ,  qui  inlieme  con  elfo  volle  allogffiiire. 
Stav^fene  1'.  uno  e  r  altro  così  allo  fcuro ,  e  zitti  .cpme,  V  olio  ;  quando  ve* 
nuta  la  mezz^  notte,  ecc;pti  a^pr^fi ^entilaM^hi^eM' porta  di  quella  ftansa» 
ecpin^rire  due  perifone  con  ui^';pf(yx>lpj; lunucina ed  un  bigonciuolo , 
ehtrovi  una  ceru  materia  liquida  ;  e  prefa  la  vìa  4'. una  Ical?  a  piiiolirjche 
portajfa  in  fui  palco^*  (alida  a  bi|onpalfi  :  e  poco  oramai  mancava  loro  per 
montarvi  fopra,  quando  Giovanni meilà  n^nóa.d  t^na  fciaboIa,r gridò  a4 
alta  voce:  ecco  quei  bricconi;,  ed  insieme  col  Furino»  prefo  il  capo  della 

fcala 


w^ 


\GiorANmBA  s.  arovANNi .     27 

ibdtt»  h  rovefi^rono  all'  indietro  #  tantoché  uno  degli  aggreflbri,  per  fa 
.gran  caduca t  rottafi  una  cofcia»  e  l'altro  un  braccio»  abatniti  e  malconci 
nella perfona »  reftarono quivi  interra»  quaii  del  tutto  tramortiti»  mentre 
quei  di  fopra  accomMgnataino  i  loro  lamenti  con  ìftrani  rimproveri  è 
arrabbiate  parole .  Il  Furino  rimafe  anch'  egli  alquanto  sbalordito»  né  fa-- 
pevache  farfi;  perchè  fiocome  quegli  »  già  ftroppiati  della  perlbna»  non 
potevano  piùfaiire»  così  a  lui  ancora  ed  a  C^iovanni»  a  cagione  della 
lunga  fcala»  diftefa  in  terra»  era  proibitolo  fcendere:  quando  Giovanni 
il  confortò  con  dire:  vien  qua 9  vien  qua»  Furino»  e  tornati  con  me  ft 
diacere  in  fulla.materafla»  perchè  quedi  oramai  fono  a^iuftati  in  modo» 
eh' e' ci  potranno  af pettate  ben  bene»  infìno  a  domattma:  ed  lo  non  hoi 
le  noo  per  cofa  aflai  verifimile»  che  Giovanni  »  con^ran  quiete  »  il  ^efto 
di  quella  notte  fi  dorinifie  tutto  il  fuo  fonno  *  Venuti  i  primi  albori  del<- 
r  altro  dV»  il  muratore  e  manovale  Ce  ne  vennero  al  lor  lavoro  ;  e  troverò» 
no»  che  i  due  fgidmali  »  ch'eran  due jpittori FranzeG »  che  teneva  quelCar* 
dinaie  in  palazzo  a  dipignere  grotteiche  per  entro  il  giardino  »  fé  ne  sia» 
oevano  ancora  in  terra  mezzi  sbalorditi»  gridando  e  piangendo  per  debo- 
lezza e  per  dolore  ;  e  (entitane  da.Gio  vannf  e  dal  Furino  la  cagione  »  rimefla 
la  fcala  al  fuo  luogo ,  con  efli  feguitarono  loro  faccende .  Intanto  fu  di  tutto 
avvifato  il  Cardinale»  che  dati  gli  ordini  convenienti  intorno  a' due  flrop^ 
piati  »  per  loro  ammenda  a  fuo  tempo  »  e  per  loro  fovvenimento  cantati-^ 
yo  nel.  prefentaneo  accidente  »  furono  efii  »  con  una  bella  licenza  dal  fer- 
vizio»  mandati  a  curare  in  uno  fpedalè  ;  e  auel  degno  Prelato  compa« 
tendo  molto  al  noftro  Giovanni»  l'afficurò»  che  avendo fcoperto  l'aflam- 
naiuento »  già  più  non  temeva»  che  l'opera  fua  non  fufiè  per  rìuicir  tale 
quale  egli  ing^navafidi  condurla.  Quale  ella  poi  gli  riufcifle»  fi  cont- 
prenderà  dagli  applaufi»  ch'egli  ne  riportò  da' primi  della  Romana  corte  t 
e  molto  più  dal  Cardinale  detto»  che  donategli  loo.  doble  di  regalo»  ùì^ 
chiacttolo  {Lio  virtuofo  »  lo  volle  fempre  poi  onorare  di  luogo  in  fua  pro- 
pria carrozza  :  e  fu  cagione  quell'opera  »  che  molto  poi  gli  toccafle  a  ope- 
rare in  Roma.  E  primieramente  nel  luògo  »  che  ftato  in  antico  tempà 
alleggio  de'foldati  diMifeno»  fu  poi  Monaftero  deli' Orfanelle»  governate 
dalle  Mimache  di  S«  Benedetto  »  dimnfe  per  lo  Cardinale  »  Garzia  Mellino  » 
Vicario  d'UrbaiK>VIIL  tutta  la  Tribuna^  in  cui  rapprefentò  la  Gloria 
à^  Beati  >  e  fqtto  la.  cornice»  ifiorie  de'  Santi  Martiri  »  i  cui  corpi  ripofiino 
ia  quella  Chieda  «  Nella  Madonna  de' Monti  »  a  man  deftra»  dipinfe  tutta 
la. Cappella  di  $v  Carlo  Borromeo  »  toltane  la  tavola  »  e  fece  l'ittorìe  dèlbr 
vita  dieu  Santo  :  e  di  fopra»  per  di  fuori»  la  chiamata  di  S.  Pietro  e  di 
Sant'  Andrea  ali  Apofiolato.  Nella  Chiefa  del  Popolo»  è  fua  pittura» 
quanto  fi  vede.  Nella  Cappella  de'  Mellini»  è  la  tavola  della  medefima » 
e  U  S^Niccolò  da  Tofentino  a  dìo;  e  finalmente  in  S.  Grìi 


/ 


Xrio  in,Tra« 
».»treAr« 

cangf U ,  Michele. G^bbriello  e  t^&é[lo^\iAtntn.t^ìiì  cracceneva operan- 
daneUacribanade'SantìQuaccrQperloCardioale  Mellino;  la  Sisreniifiinft 
Àrciducheflà  Maria  Maddalcoa  d' Auftrk ,  Mc^te  del  defunto  Granduca 

Cofimo  II..aY«ado  QDJidoma.gEtiiiefao  k  bettiffiaia  Fabbrica  dell'  Im. 

perialc» 


V 


xB  Dee0imJJMIà:Pm.Ldeitìtt.P^^ 

enne  ftifiBe,  fW  coriliplntttila  Giiili6  Farigi,  che  n'eraflaco  rArthic«n»> 
A  wkrfi  deE'onendiGiCNPantti'tii  cfoile  egU  ftimva  il  tm^^Kore  di  qfiiaiici 
a  qud  fiempo  oipigneflero  a  fteSm  )ond?egli  lAi  fdbko  ehiaii|aca«  -ed  19^ 
cettò  r in vttot  confortato  aiìche  Jieiafan  dallo  fiéflb  Cardinale  MtfAlAo^ 
;Ma  ip»xù&  di  ciò  la  Tocepor  Roina,  Goqiinciaconogl'ififidioà  etnaltvoli 
«:dftr  fuori  ualufiacroé  cha  fiia  fubìca  (parcitav  ahro  non  era»  che  vnjgm^ 
teflo^  prefo  dal  pittore  per  Aiggur  i^  ianp^gno  di  oiielP  opera ,  alla  qotLÌt  egli 
non  oonoCbefaii  faaAanta&  di  che  preia  egli  «  tue  apprenfione»  die  Tenaa 


punt»  penlare«  e  colla  faa  Cblita  ftcititi  e  difiavoltura»  mandò  qua  ietterà 
di  fcula  dal  già  aocettaco  lavoro  dell'  Imperiale  :  d:  che  diede  l' Acddo^ 
cheflk  fègni  di  giuflo  fdegnor  e  di  .volerne  fiire  rilemiaienti  proprf  dT  uA 
tMtto  mancamento»  tantoché  il  povero  Giovanni  fi  trovò  in  grandi  itu 
^t^ie .  Ma  finalmente  avendo  fiitto  collare  dell'  infamia»  che  proctifivftn'é 
ai  Inome  fuo  le  calunnie  de'  maldicenti  »  quand'  egli  aveflè  abbandonai 
fj^óglL'operg;  ne  fu  daUa  clcmenxa  di  quella  gran  Signora  compatito  >« 
potè  dar  line  al  tutto  ;  mafratcanto  le  pitture  dell'  Impernia  furonoadaU 
ttiallogate.  Finitecheegli  ebbe  r opere  per  loCardinafeMellino»  diedegli 
il  medefimo  l' elezione»  iè  egli  zvdBb  voluto  per  onorario  »  oltre  aHo  fttu 
b|Iiaó  pagamento»  100.  doble ,  o  pure  unXavalierato  d'onore;  ma  Gio- 
vanni  con  gran  nrefteaza  por£s  la  mano  al  he  100.  doble»  anaichè  la  per» 
fona  all'onore  del  Cavaliemto;  febbene  ncm  lafciò  il  Cardinale»  da  tt  in  poi  » 
d' onorarlo  molto  »  nel  mo4a  eh'  aveka  ftrto  il  Bentivogli  •  con  dargli  tao* 
go  in  propria  carrozza»  fra' più  degni  perfonaggi  di  Roma»  che  frequen^ 
temente  il  corteggiavano .  Qui  i^rèboe  cofa  aflài  |raziofa:  il  raccontare» 
quanto  Giovanni»  uomo  per  altro  tanto  a  caio  e  difprezzato  di  fua  per-' 
iona  •  trovaflefi  imbrogliato  dai  penfi^ro  e  <kiir  accenzione  nel  raffazzonarli 
ia  modo  da  potere  occupare  quel  kiogo^^fonza  vergogna  fua  e  del  Cardine*' 
le^  madefideriodi  fuggir  hRwhezaaL»  non  mi  dà  campo  dì  più  dirne. 

Spedito»  eh'  egli  li  fodamoktè  di  Roma»  e  tornatofénea  Firenze^ 
nqn  trovandoli  per  allora  mcrfto  affaccendato»  e  perchè  egli  aveva  già  da«^ 
to  pciiìcipio  a  patir  di  podagra»  meflefi  a  fare»  per  trattenimento,  nella 
poapria  cala»  alcune  ikoriette  a  frefeo  fopt a  paniera  »  o  vogliamo  dire  fiuojò 
di  vtfudce »  le  qualipiacquero  tanao»  e  per  lanof  ita  dell- invenzione  epe^ 
k  Uza^ia»  colla  quale  kivoravale»  che  ne  cavò  gran  dahari .  E  non  è  dt 
araJafciare»  come  egli  obbligato^da  quel  male»  a  non  ufdre  di  caftì  tene- 
vi ih  £Qacompa|aìa  Gio:  Barifta  Foccetti  »  fratello  del  eeìebte  Bctnardi« 
no:  dico  quel  Gioì  Batìfta  »  die  lavorava  eccellentemente  CrocifilG  di  le« 
gno»  d^l  quale  altrove  abbiamo^  parlato.  Quefli  pure  pativa  delld  fteflb 
male  di  Giovanni:  ecosl.ftavafi  apprefio  di  lui  intagliando  le  fue  figura  «^ 
•  .ponendo  intanto^coneifoia  vicenda  le  mani»  ora  al  pennello»  oratUo^ 
lcacpello»edoniae0rtifiardìidi:boeii  vino»  che  pure  facevan  loro  còn«: 
veriazione»  a  dtfpéttodelld  gdtte*   Ma  guanto  (la  ti  noftro  pittoro.sik 

nat  ai  dite  nelle  fud  folite  ftravaganZe?  Dironne  una»  che^ 


eornato  di  Roma  t  ai  dite  nelle  fud  folite  (tra vaganZe? 
mflfermaii  per  Qualcuno  -povelft  occorrere  circa  a  qùefti  tempi»  la  eguale 
conciofliacolàcbè  non  pota  raccontare  iiwiga  accompagnatimi  d*  im  giuAo 

biafimo 


•   «    «%  <.' 


I GiOVAUm  JM  iSi  aWVAITKL     .  99 


ImAtaò  :fiio:»  non  è:pAr  fuefiof:,  bk«  iL  àda  ìiiotà^  nabf o^b  molto:  déntri* 
h^acc  A\&r  ben  cofipfcoe  lo  flitfanem  e  Facuteosn  infiemei  del  cerrello 
di  ooftoi .  Fu  eg4i  ricereeto  da  ima  comunità  di  periboej»  ipr  mni^tolo 
«enidoibilii  di  voler  pteir  Joro  dfpignem  pnjajfflidtio»  in  cai  veniue  rappresi 
liehiitta.la  Carata .;  ^U acoeccòiì jMiicauppiéaofRRb^ dìMÙ  à  porre ^ni 
filo  ^odìoper  fu'colavoJie  riuTcifl^  dunofa.  JSf  àppUcòifl^opef  a  y^ied  o^ 
qvalvolta»  ;ehi  ne  ayjew  l'incumbeosai  veniva  a  foUepcarla»  fifpoodevt^ 
ebcf  flsavm.  operando  «e  che  bea  pnft^  ;evrd)bek  lóro .  Anmidau  a  c^  ìjeUa 
efiniM;  fische. accendtnrafi  fempro  più.' in  lox^  il  defidecio  di  pofledeiia^ 
Ftnaljneme  fìnko  il  quadro»  e  mandato  al  luogp  {liit^  fu  »  non  fenza.gcaa 
baldanza  ••  fcoperco  alla  presenza  di  niolci;:  e  fi  nsovòi  che  Qìovanniàire^ 
va  dipinci  neUa  fiia  tela  due  Afini ,  tucci'effacoendaci in  gcai:tarfi  l' un  l'al- 
tro, la  rogna ..  ▲  tal  vifta,  non  è  «da  poterfi  dire  quanto  fcalnore»  a^can 
fagiane»  facèti  in  quei  luogo;  tantoché  fatte  paflarè  di  ciò  le  dogliente 
a^i  ^Hrcodiide'  fuperiori,  fu'prowìAo  all'indennità  degli  offeii,  corrert 
to  ti  pittore é  ed  al  quadro  fu  daoo.ìoogo»  eoa  ìsboria  di  cento  feudi  • 
in  oiano  del  medeficno ,  appreifG»  a  perfona  d*^co  affare  \  Ben'  è  vero»  che 
dopo  quello  fatto  nacque  in  Firenze,  nel  volerfi  parlare  di  certe  caritadi». 
o  noce  o  intéreflate»  che  fonnofi  talvolta  daalcqni»  il  proverbio  che  dicec 
ella  £irà  la  parità  di  Giovanni  da  S«  Giovanni . 

Guftava  grsndemetue  del  f uo  biszaiiro  e  capricciofo  umore  il  Gran- 
duca Ferdinando  :  e  coli' occafione  del  vill^giare  eh' e^faceva  qualche  vol« 
t|a  Pratoiino,  ve  Io  faceva  venire.  Per  fuo  ordine  ebbe  a  dipignere  nel 
ialone  di  quella  Real  Villa,  un  iftoria  di  Diana .  nell'andare  o  tornare  da 
caccia  •  Nidi'  ora  poi  di  fuo  divertimento ,  ammettevalb  a  piacevole  cpn*^ 
verCazione  c<^i  altri  fuoi  cortigiani  :  nel  qual  tempo ,  per  ifpaflb  di  quei 
gran  Principe»  Giovanni  diceane  delle  belle  e  delle  buone.  Cn  giorno 
em  capicaco  quivi  un  fer  tale ,  che  io  noi  nomino  per  dovuto  rifpetco  ; 
uno  di  coloro»  che  pieni  di  vanità  e  d*iambizìone»  iubito  ch^e'fóno  ftatì 
fin  tal  poco  »  o  ben  vifli  o  ben  ricevuti  nella  corte  d' un  Grande,  dannofi 
a  credcEe  Tefler  diventati  T amore»  anzi  il  cucco  d'ogni  perfona»  dalla  più 
grande  alla  più  piccola:  e  vedutolo  Giovanni»  difie  al  Granduca:  Sere- 
nifllimo,  io  io  quello  che  Vollra  Altezza  fogna  la  notte;  e  '1  Granduca 
a  lui  :  Se  cu  fai  quello  »  io  ti  (limo  un  grand' uomo .  Io  lo  fo  per  certo» 
dide  Giovanni,  s'  egli  è  vero  quel  che  dicono  i  filofbfi,  che  quel  che  fi 
vede  ogni  di  ed  ognora,  (i  fogna  poi  U  notte.  Io  non  venni  mai  a  que- 
lli Corte,  o  in  Firenze  o  in  Villa»  ch^io  rwm  ci  vedefli  incanta  malora 
comparir  coftui;  ora  non  è  dunque  pofitbile»  che  V.  A.  polTa  fognare  al* 
tro  che  lui.  Un'  altro  dì  {lavali  egli  in  quella  medeGma  converfazione»ÌA* 
torno  ad  un  cerco  ori  volo  a  Sole;  e  fu  moflfo  difcorfo»  di  qual.fufle  fra 
tutte  Ja  pia  beli'  ora  del  giorno .  Altri  diflero  quella  dell'Aurora»  altri 
della  levata  del  Sole»  altri  del  Meriggio»  ed  altri  del  tramontare,  Gio<> 
vanniydopo  aver  fencico  tutti ^  difTe  arditamente:  Voi  potete  dire 
quanto  voi  volete;  perchè  a. me  feinpre  è  paruto»  che  la  più  bell'ora  dd 
giorno»  fia  quella  del  definir^.  '    ^ 

L*anno 


\ 


3^  Deeem^n.de!knrhI?Je!Sec.VM 

di  f  iefolei  la  tettata  del. Rete ttor io > nella  quale  nappreftiuò  il  Signore i 
a  cui»,  dopo  la  tentazione  nel  deferto  e- llungo  digiuno»  miniftrano  le 
celefti  Gerarchie.  In  qoeft'oDera»  oltre  ad  altre  leggerezze»  co&inalcoi^ 
fìcevoii  colla  Sacra  Iftoria»  aelle  quali  non  intendo  di  parlare»  fsce nella 
fi|^a  del  Demonio»  ciheatt  abito  di  falfo  pellegrino»  con  ali  di  pipiftreU 
lot  piedid'  avvoltojo»  e  coma  in  tetta»  vinto  e  confufo»  (prezzato  dasli 
Angeli»  ìnottra  di  foggirfi»  il  titractoEliYÌFo  d' un  fervente  di  quella  Ca« 
ia»  che  nel  tempo  èhé  il  ^iuore  vi  £  trattenne»  avevate- malamente  trat« 
tato •  In  quello,  che  alla  pittura  appartiene»  dico»  che  fonovi  molte  parti 
belle:  altre  poi  ftrajpazzate  a  gran  fegno  »  e  fra  quefie  la  figura  del  Demonio  • 
In  quefio  tempo  tu  chiamato  da  Gio:  Francefco  Grazini»  Gentiluomo 
molto  ricco  r^e  di  quett^arti  amiciflipia»  n  dipignere  a  frefco  tutto  il  cor» 
tile  della  fua  bèlla  villa  di  Gaiìclloi  ed  a  lui  fteiTo  lafciò  Tincumbenza  di 
penfaré  a  i  concetti  della  pittura  »  i  quali»  ficcome  dov^n  fervire  per  or« 
namento  d' un  palazzo  in  campagna  »  tutto  accompagnato  d' amenitadi^ 
iroUe  Giovanni  che  futtèr  tutti  piacevoli  e  fiiceti  »  anzi  »  affinchè  e'  com* 
parifler  tali»  diede  loro  in  teftimonio  buona  quantità  di  vtrC  »  dafecom* 
pofti  a  bello  ftudio  nel  più  baffo  ttiJe»  che  fapefle  gettare  la  fua  penna  < 
avvezza  per  altro  a  comporre  cofe  affai  lodevoli.  Sarebbe  poi  cola  del 
tunò  impoflibile  il  raccontare  le  bizzarrie»  le  burle,  le  ftravaganzè  e  le 
bilcheiiche ,  che  wa  nelle  belle  converfitzioni^  che  tenevanfi  bene  fpeflb 
dal  padrpne  della  villa  »  .nel  tempo  ch'egli  operava,  ora  a  i  fattori  e  fer*^ 
venti  di  quella  cafa»  e.  ora  a'  villani  face  vanii»  delle  quali  vive  ancora; 
dopofeffanta  anni»frefca  la  memoria;  però  tacendole  »  leguiteremo  a  diro 
alcuna  cola  delle  pitture»  le  quali  troviamo  reQaffero  finite  nel  1630. 
A  man  «  fiAittra  »  entrando  ».  dipinfe  la  favola  del  Guarino  »  quando  il 
Satiro  rimane  colle  treccie  in  mano  di  Corifea.  Vedefiil  Satiro»  nello  ftrap* 
ìparfi  delle  tteccie»  caderfi  a  terra  in  tal  getto  e  politura,  che  ben  fa  vedere 
lua.  confufione  e  difgufto»  mentre  Corifea  firugge  :  ed  in  una  cartella^ 
che  è  lotto»  fcriffe  i  feguemi  verfi,  ne' quali  fa  parlare  il  Satiro: 

Ogni  cor  iarrojjijca 

tApguir  queffo  nome 

Della  fai  fa  C$rifca . 
i      :  Eccovi  t  amanti  t 

.  e  '  Ecca  qui  t^  auree  chiome^  e  mi  dileggia  $ 

)  *  .  l'^^fienderò  ben'  io  con  alsr*  inganni 

Menit^ella  lava  i  panni  • 
-Ed  in  un  baffo  rilievo ,  finto  con  chiarofcuro»  è  fatto  il  Satiro  e  Mirtillo  » 
che  fé  n' entranonell'  antro.  Per  alludere  a  quefta  fiorietta  fece  vedere 
nello  fpartimento  di  fopra  quattro  Ninfe»  che  lavano  i  panni»  due  delle 
quafi  maftran  volerfi  fuggire»  nel  fopraggiungere  che  fanno  quattro  Sati. 
n  per  rapirle^  V*  è  un'ovato  fopra  lapona»  ov'è  rapprefentato Apollo» 
in  atto'di  ifedere^  In  altro  fpazio»  che  termina,  quella  facciau»  fece  lo 
fletto  Apollo,  che  fcortica  Marfia»  nel  quale»  in  ridicoloia  attitudine»  hf 
fatto  vedere  il  Satiro»  legato  per  le  zampe  »  pendente  per  aria  da  un  tronco 
. .  .4  non 


»»*••. 


^WVAMmm:S.  GiOVÀItm^   r  jr 


ium  molca Ipncano  da^cenra^eve  pofa; eolle  real rincarando  h  tefta  eU' 
dorib in ilTcoreio :  le  cofcie  ha  egli  del  picco  fcoccicai^ej  eia  osan  finiftra 
cien  leg^ca  con  una  corda  ad  un  cavicchio  in:^cerra  ficcp;.  La  carcella  chPi 
^  fo^co»  conciene  gli  apprejTo  verfi^^ne'qvali.^/if^  P^^l^i^e  •  Apoljkirf    :  Y 

Se  mei9  di  mrAéfveif$  fiiMjii  $n  \ }M  ; -i.-  ^ùi.r'ìt}.} 

i  /',<  '      Qe a4^r^JMneij$ti4effiinfredar^  .   .    ».    ,  u   — f v  i 

.    Mif  forche  mi  ffogfi^fif       \    .:,t  .  i. 

£ifam  M'i^  lìr/  tuo  vile  albergo  ^  ^  .  ^ 

Prr  ^irf/^  Spoglio  a  te  di  pelle  il  tergo,  .  /.i 

Socco qoefta cai  carcellav  dico  nell'iiui^a^àmenco «  dipinfe  a  chiarofcurof 
Mìda, giudice  della  concefafra  ApoUòciMarfia.  Ia  uno  octangolobislun* 
go  nell'ordine  di  fopra»  ha  dipinco  lo  (b&b  Macfia ,  che  veflicofi  de'  pan- 
ni di  Ennone  »  valTene  alla  fua  grocca»  e  da  altri  faciri,  fra' quali  uno  tie- 
ne alcri  panni  della  Ninfe  i  è  rapito.  Rimpecto  alla  princioal  porca/ 
un'alcra  ne  ril'pon^et  che  mette  nel  giardino,  fopra  la  quale  e  una  teda 
di  maripp»  axui  fanno  ornamento  due  belle  figure  a  frefco  di  Giovanni  »- 
la  Pirimavjerà  e  l' Eftate»  che  eflehdo  (bitb  fatte  dal  naturale,  eccedono  in 
bellezza r  altre: fatte  dal, pittore  in  quel  luogo:  ,e  nell'ordine  ruperio^re» 
finfe  un  ragazzo  contadinoi  colla  fua  vanga  in  fpalla,  tenuto  in  mezzo  da 
alcune  zinganct  una  delle  quali  gli  fa  la  ventura,  e  1'  altra  intanto»  per 
di  dietro,  gU  cava  dalia  tafca  i  qiiàttrpl«  Nella  principale  facciata  ha  di^ 


ci  conche  marine:  in  aria  diverfi'Àmoi;ètti/  che  vibrapo  faetce;  e  fotto 
leggonfl  le  leguenti  parole  : 

,   Deb  cacciator  prendete . 

^^^(/^'^»  cbeH  mio  Aci  fpìnfe  è  Lettp 
Ed  io  farò  ^  cV  Amore 

D' altro  cV  a  feguir  Jler  $  V' accenda  il  cuore . 
tn  un  balTo  rilievo  a  chiarofcuro  è  Polifemo  e  Galatea  che  fugge.  Nella 
niù  alta  parte  dìpinfe  un  iTrionfo  d'una  compagnia  di  cacciatori <  SotcOi 
M  fìneftrt  fopraccennaCa,  finfe  una  ferrata  d' una  cantina,  alla  quale  ac- 
co(bmdo£  per  di  dentro  una  Fante  dovane  e  di  bello  afpètto,  moftra 
di  voler  ^gere  a chiccheflia,  nafcoiamence #  un  fiafco  d'olio:  e  poi^en^ 
dofi  un  dito  alla  bócca,  fa  cenno  al  ricevente»  che  ftiafi  zitto.  Sopra  una 
porta,  che  conduce  alle  cucine  fotterranee,  fece  vedere  un  Maeftro  di 
Cappella,  in  atto  d'infepnar  cantare  a'  fuoi  fcolari;  in  luogo  del  leggio^ 
fopra  cui  reggefi  il  gran  libro  delia  mufica  »  ferve  un  Caramogio  con  cer- 
cine e  corda  a  guifa  di  facchino»  e  con  altri  buifonefchi  abbigliamenti  di. 
perCbna.'  C^Iii  che  cantano  a  cappella»  fotco  la  battuta  del  maeftro»  £0-» 
no  altri  ferCaramogi,  a'^uali  ha  lo  (ìeiro  Maefl;ro  di  Cappella  infiiato. 
con  lucchetto,  il  labbro  di  fotto;  e  da  quello  pende  una  corda»  e  collo 
ftringere  che  fa  tutte  le  corde  infieme  e  tirarle ,  moftra  infegnar  loro  a  far 

re  il  trillo.  £*" molto  capricciolEo  un  altro  pei^ero»  eh*  ci  dipinfe  poco 

lungi 


\ 


32  DecmUMitnrìJ^^^ 

^  kingl  dftU*  accennatù  di  ib^ai  bdè^itn  gi^iippò  di  h«  giònhi  àóiìhé,  cKè 
farU^  arrafbbiafie  fra  éì  lerói  &nB6  a  t  cìfipeillu  fiiéhtre  a  quél  rumore  ac- 
'corre  una  vecchi«'<ion  ifeia;  tr«i)iEit%  wlk  mét^^  in  atto  di  dìvid^rl^. 


ve  ip*niip?nti;  nel  primo  •  in  cur-  IJ  twe  ^*f  p«*d  di  mare,  ha  finto 
l' Afin  d'oro  ch^  ragka^ -  itghlriifniktb  di  rèi^v  t  lino  alle  deretane  parti 
orna^Q  de' m^defimi  fiori,  ;t€^i$ ì»  (^i^^ck^  Ath'ik^  che  affettuofamen- 
te  s*  avventa  a  Pfiche  :  ed  in  «1$  «art^Har  ch^  k  f(in&ì  fihge  che  parli  f  Afin 

d' prQ  in  q^cll^  vcrfi  ; 

ci*  è^rém^'tim  mecd  in  CÉtirar  méggitt, 
ÈfcTficbt  9' Cupide 
Net  giudicar  H}  farejir  barbogt^ 
Rtmehirenlà  gtià  he*  Caramogi .  ' 

Nel?  ifiSbafamento  è  fihta  in  baffo  rilievo  da  uni  patte  Pfichè  ^  eh*  con 
lucerna  in  mano,  ciiriofa  4  potta  a  viedere  Amòre  che  dò^me:  ef  dalraN 
tra  è  P  Afin  d*  oro.  N^lla  fuperior  parte  vedeC  un  viandante  acaVaUo» 
che  £nf<»  ai'reftato  da  una  fouadFa  di  fanciulle  m^gS^^ruoIe ,  che  dopo  aver 
cantato I  in  atti  affai  gracion,,  imp^dffCoticK  il  partire,  prima  d'aver  da-' 
t^^  loro  la  mancia/  Nello  ipariot'  che  termina  colla  log^a,  è  Olimpia 

{>iangencè  f  per  efTere  fiata  lalciata  da  Birreno:  ed  è  figura  bdlillima ,  fótta 
a  quale  l*ggonfi  i  feguenti  verfi:      •  ,  /     •  / 

'    0  cùfh  acf^-h  e  dtftoì   * 

^"     '   '  yn  perfido  V  ir  réni  t  tkàladttiò  •    ''  

Sola  mi  lafcìò  in  htto,  •  .  ^        '• 

Per  andare  à  ftgtUVWpifck  it/  maro . 
A*  quali  y^jrff  volendo  àllliai!rè,  «cpottìe/àrieo^a  alla •  favola,  buffonefca- 
mente  al  jfuo  fpiito^  rapprefentò  il  ^ttòi^e  una  ftrada  civile ,  in  fuir  an- 
gola, della  quale  vedenappeio  uncartéflb,  di  quelli  che  hanno  in  fe  U 
pròi.bizrpne  di  far  bruttura  in  fimili  vie  V  i^effp  al  quale ,  dopo  aver  pò- 
•  ftfiiHh  tèrra  una  fua  fporta  pierii  di  frtfrtè,  icct)ffà(l  un  villahoper  orina- 
rjf  ;  é  méntre  eh*  e'  fi  fta  in  fitnìlé  fàécehda  /dompàrifcé  h  ftmiglia  del 
Bargello^  e  uno  de'  birri  abbtàhtata  ài  contadino  fa  fdrra  de' calzoni,  lo 
fa  prigione.  Nello  fpazio  di  mezzo  fi,nalmehté,  che  forfè  riufci  di  pcg- 
gior  gujfto.  Giovanni  finfe  una  marina,  ed  in  arh  fece  vedere  la  Pittura 
fopra  nuvole.  Dalla  deltra  parte  avvi  un'Amoretto >  che  regge  un»  tavo- 
la, ov' ella  di  pigne:  da  fin  idra  è  un  altro  limile  in  atto  di  difegnare:  e 
dietro  un  altro  Amorino  che  macina  i  colori  ,  mentre  il  quarto  moftra 
d'ammirare  il  bd  parto  del  pennello  deiriftcfla  Pittura.  Ncfuquefto 
concetto  di  Giovanni  ( ch^'è  I* ultimo  ih  quel  cortile)  men  fortunato 
dè]^li  altri,  ncir  accompagnatura  de' i\iói,  a  bello  (hidio  compófli ,  fdoc- 
chiffimì  Verfi;  anzi  fulbpratutri  gli  altri  ptìvileglato,  mentre  nella  Parte 
che  gli  fta  fotto,  leggonìì  ifegdenti ,  più  fciocchi  degli  altri:  e  quel  che 
è  più»  avendo  Yohto ,  che  in  effi  parli  Irmedefima  Pittura: 

•  ^  Mojiro 


GlùVANNì  DA  S.  GJOVANNL       ^^ 

M»8r$  in  ^itejh  fieeitté 

0/impia  iiJ^atM* 

AjMft  t  PJMe  lieiit 

S  GébUié  tré  lieti, 

li  Satiro  htrlatt» 

E  Marfià  fiortieatts 
B  le  fterie  dipinte  fit  *l  S  fepré* 
A  eejh  fatte,  e  poi  tra  quefie iit  efr§* 

Coti  piaefne  gi  attore 
Per  fin  utitare* 

S^éie  è  Poeta  ancora; 
Peri  ai  ba  delle  baiee  getti  fmra,  ^  ^  ^ 
Ma  giacché  abbiam  fiitta  menzione  dell'  opere  a  freuo  ntte  da  Giovili- 
ni  per  la  villa  del  Grazzini ,  diremo  ancora  >  come  nella  medefima  con« 
fervafi  una  Tua  pittura  a  olio:  ed  è  la  canto  riGiputa  burla,  fótta  dal  Pio* 
▼ano  Arlotto  a  quei  cacciatori ,  che  avevangli  lafciati  in  ferbo  i  loro  le- 
vrieri: pittura  veramente  belliffima,  e  che  ha  in  fé  un  efpreffionedi  con- 
cetto tanto  naturale  *  che  più  non  può  dirli  :  e  non  Tappiamo,  che  altri 
prima  di  lui ,  fi  metteflb  a  rappreientare  in  pittura  le  facezie  del  Pio* 
vano:  con  che  diede  occafione  a  l^daflar  Volterrano,  di  fòr  poco'do|>9 
ì  belliffimi  quadri  che  fece ,  rapprefentanti  tali  materie,  come  fral/e  noti* 
»e  di  lui  faremo  vedere .  Diciamo  finalmente,  che  la  burla  dipinta,  co- 
me fopra ,  da  Giovanni,  fu  colorita  in  Roma,  e  dicefi  appofta  per  lo  Car- 
dinale Barberino;  ma  a  cagione  di  non  fb  quale  incontro ,  ch'ebbe  il  pit- 
tore col  Cardinale  fteflb,  egli  fé  la  portò  in  Firenze,  ed  al  Grazzini  no 
léce  un  dono.  Reftò  terminata  l'opera  del  Grazzini,  come  accennammo 
di  fbpra,  Tanno  itfjo.  nel  qual  tempo,  alto  incendio  di  guerra,  con  pe- 
fie  e  fame,  arfe  quelle  parti  della  Lombardia, che  bene  fon  note;  ma  la 
crudele  careftia  e  '1  male  contagiofo  invafero  ancora  altre  molte  città 
dell'Italia:  ed  era  già  mezzo  il  mefe  d*  Agofto  dello  fteflb  anno,  quando 
la  pelle ,  che  pure  aflai  da  vicino  alla  noftra  città  avea  fatto  fentire  fuo 
orrendo  {ìetore,  non  perciò  eravi  penetrata  :  cola,  che  feguì  poi  dopo  bre- 
vi giorni,  e  fecevi  grandi  ftragi:  e  volle  la  buona  fortuna  del  noftro  Pie 
tore,  che  in  fui  bel  principio,  o  poco  avanti  la  gran  dilatazione  di  tal 
malore,  CofimoBargeUinljgentiluomOyamiciflifflo  dell' arti  noftre ,  quan- 
to d' ogni  altro  cavallerefoo  ornamento ,  deliberafle  di  far  dipipnere  « 
frefco  circa  a  venti  lunette  delia  loggia  della  Santiflima  Vergine  di  Mon- 
fommano,  Chiefa  cosi  detta  per  efler  fituata  alte  radici  dell' antichifiiino 
caftelio  di  quello  nome,  nella  Valle  di  Nievole,  territorio  di  Piftoja. 
Or  quello,  avendo  fatto  capo  a  Giovanni,  conduflèlo  a  Montevetturini , 
altro  antico  caftelio  in  quella  parte,  ove  ilBargellini  poflèdeva molta  difua 
ricchezza.  Quivi  dipinfe  alcune  cofe  a  frefco;  poi  applicatou  all'  opera 
delle  lunette,  neMe  quali  rapprefentò  più  grazie  e  miracoli ,  operati  da  Dio 
per  mezzo  dell'  Immagine  di  Maria  Vergine ,  che  in  quella  Chiela  fi  con- 
ferva, diede  loro  fine  con  lode.  Da  quel  luogo  chiamato  appofta,  fi  por- 
tò a  Piftoja;  e  per  quei  della  ftmiglia  de'  Rofpigliofi  (Upinfe  in  u^  Ipc 


*  /-      -  k 


14    Deatm,U.dM'f^f^VdetSecJ/,ìhit4tA,iiii6io. 

m 

Palazzo,  una  Cappella,  ove  i«p|»r«ftnf6  f»cti  di ^Suita  Caterina  Vergi- 
ne e  Marcire  :  e  dicefi ,  che  nella  medisi&auk  rkrafib  al y ivo  tutte  le  perfo» 
ne  di  quella  cafa  .  Con  tale  occafioM  fu  ricctvvt^^ki,  cafa  propria  da  Ja- 
topo  Jacopi  nobil Fiorentino,  al lortl^v^t^w per )9 Serenimi 
duca  in  quella  Città  :  e  per  lui  dipinCeriqolti  fcefcbi^  con  diverfi  capricci 
di  fuo  gufto  tbpra  paniere,  o  vogliaaip  diré  ftuoje  di  vetrice,  ficcome 
aveva  ui'ato  di  fare  in  Firen^ft^  Q>i|  andò  giovarmi  fiiov  di  Patria  confu- 
mando  quel  tempo,  n«i  qvdjk  «tU  eia  dalla  peftileaze  fcurte  travagliata. 
Tornato  finalmente  ,  ebbe  a  di|iifM»re»  neìia  QaufQra  per  le  Monache 
d'Aanalena,  tutto  il  Coro*  con  iftpfi«  di  Maria  Vergine  :  e  perchè  eragU 
pervenuto  air  orecchio  ciò  che  fu  decta.nel|ie0ipQehr  egli  operava,  cioè  , 
che  avendo  avuto  a  dipignoM^ioi  luog/^  ^icciiUp  r  ad  |^m  intendente  dei» 
l^tfcer»  àvrebti'egU  fimn  debbio  operato  s  ino4a  foo^  o  per  «MV^^^^^t 
coTì^  iOrepez^o;  qrotndo  a'  ebbe  e  venire  elf  onmnrio»  non  yoUf  ogl>  KU^i 
domandw  cófa  tleonet  finchi  ooo  fu  fua  ojpora  ricono&iiiie  da  cbi  y^^ 
aci  dare  ficwo  gìndisio  dr  fee  bo»tè*  'é  che  mto»aiH:lie  fi«onc«9«òd'ei& 
Cere  a  ge&i  di  quelle  Madri  rkoe^^enfato .  Fo  foi  chìeotato  9I  MaaafU^ 
É»  dclte  Conveniaei,  dove  ccdeA  a  fiefi^e  pivi  il^ie  daU^  Vita  da  &«  Agp^ 
fttno.  (^imdrfiittó  endere  dal  S«ieidffiiooC<rdffiak»Gi5r  ^ìo  aUia^Jw 
Vilia  di  Menoaiooef  ^  ogg^  deli  MUnslie^  CodrlkHt^  vi  dipiafe  due  (p^f 
di  volce.econcorrera»  d-atcrei  dipioKvi  daJP^ikìaiio;  aia  piii^a dpr  daf 
principio  aB' opera,  diflèglt  il  Friiwipe:  Giovanni^  noi  vi  met^'wnf»  a4 
operare  in  loogfo,  ove  hadipiaicf  l'Albano;  però  iogeg;nac«vt  di  |a|ei 
onore .  B  Giovanna  a  ìm  :  Sere^iifliiiio ,  fé  e  FirensQ  non  fa  V  Albano»  e^, 
ci  fai  abaeno  del  Mofeadello  bMoivo .  Io  ma  sfoi?zc9Òf  e  ie  ^'  non  eu  ri^fisi^ 
id  reflua  qudb,  alraeiki  pfocliireyòd*ie(!er  quefto»  . 

:  ^  .Venuto  V  aiiaoi^Jj:):.  il  Padre  Don  Diaa^anae  Rofli,  Abafe  de'  Mok 
mò  VaUombao&ni  in  Santa  Trinila,  voUe  fa^  dioignere,  di.^àcte  iftok* 
lie^  tette  te  lunette  del  Refettofio  terreno  di  quel  MoiAafl:ero  :  ed  affina 
che  a  i  Monaci,  ndFatto  di  dare  col  cibo  riftoro  ^1  corpo,  non  mancaf-* 
frcò  oggetti  atti  a  onio vere  in  loro  devoti  penfieri  ir  appropriati  e  <}eeW 
Vnìotìc  necef&ria  alla  coniervazione  della  vita^  detereviiiòi  che  in  ciatcho-» 
duna  delle  aiedefime  lunette  fuflèro  r^ipprefemati  fatti  del  Signor  noftro 
Gesù  Crifto.  Fu  chiamato  a  tal'opera  i^  noftro  Giovanni»  il  quale  pri<* 
mieramente  fece  nello  fpaaiio  di  meno  della  volta  la  Baata  Vergine,  in 
etto  d'andarfene  al  Cielo:  fecela  vedere  fedente  fopraune  nuvola r  fo« 
fienuta  da  tre  vaghiffiim  Angeletti,  il  tutto  vìfto  di  fottoin  fu,  opera 
belliiTima,  che  vedutah  il  celebre  pittore  Ciro  Ferri,  ebbe  a  dire,  di  non 
avere  oflervata  figura,  eheCcortalie  ai  bene  (guanto  quella.  Delle  molte 
Junette ,  Ìblo  quattro  ne  diptiife ,  a  cagione  di  non  e(fer  riuscito  a^  Mona-* 
ci  averlo  per  tempo  %i  lungo.  Vedeft  in  una,  rioftro  Signoa  G^auCrifto 
%  nenfa  in  cafa  di  Mart9  e  Maddalena,  dopo  la  refurreaione  di  LaasKM» 
H  quale  pure  vedefi  a  tavola  collo  ftefio  abiti»,  con  cui  etcì  dal  fepelcro» 
V'  k  fa  Maddalena  genufleiià  evanci  il  Signore ,  mentre  la  (ónìHot  ve  mi- 
nitlrando.  L'altre  figure,  ebe  veggoofi  iiv quella  eavok ,  furon  fatte  per 

sipprefentaM  alcuni  fafiÌei|.vemKi  a  vedete  Laxaeio;  a  fot(oè  notato  i| 

luogo 


GIOVANNI  DA  S.GIOVANNL        || 

iMge  dì  Cén  Gìotohiiì  ìI  XIL  Hmptafnr  ^fia»  témmm,  fii  m  léwm^ 
rmm  ^kki^em .  B  quatta  9ffn  fiece.fim  r  Abaco  Don  hYWttdo  Nt«coluiit 
•liondt  V«iloabro(k»  ^Generai»  dell'Ordino.  13  «n'alerà,  clie  torr 
fit  fiwM  il  piilpico  »  è  il  Sàgnore  »  clbi>  càì^e  da  i>erd  «J  it  Sammari  cant .  In 
altri  è  lo  oWTo  St|0Ofe»  pure  in  cafa  di  Mane  e  Maddalena  «  e  queAa  fk^ 
dente  a-  Ami  piedi»  mentre  la  Sorella  par  che  fi  dol^  con  eflb  »  di  non 
effi^r  da  ideila  afiNata  nel  poepanae  U  co&  nei^flarie  alla  menfa:  e  r'  Ib 
notato  il  luogo  di  Santo  Luca  al  X.  Opthnampmnem  ilegit  fièi  M^ié  t  &c^ 
In  altra  finalmente  9  dipinfe  Criflo  noftro  Signore  dofMi  la  Refurresione» 
die  fi  abbaffit  per  arrolbve  fopra  la  braci  il  pefiaa;  e  redoG  fopra  un  fiiflo 
«n  pane,  ed  in  lontananza  la  pescagione  4egli  Apolloli;  e  v'è  notato  il 
luogo  di  S.  Giovanni  al  XXI.  Videtcam  ànma$  fyk^s^  &  pìfctm  fnfirfù^ 
JhMm^{yp§mm.  Né  gran  £u(»  fu  «che  a' Monaci  T  aver  Gio  ranni  al  propcio 
ftnrìgto,  f^r  maggior  tsoipo  di  quello  afahiaBio  dotto  di  fopra»  non  riUT 
fciflé^'conciofttdboofachè,  nonfob  gltabbondaflerp  Tocfiafipi^i  per  la  citia| 
ma  luffe  tuttavia  foliecitato  d' andare  a  far  opere  fuori  t  e  mentre  fapevau 
in  Roma  »  eh*  e'  fi  tratte^ieve  in  Firenae ,  non  era  nìai  »  per  ca$à  dire ,  fectì«^ 
jnana^  ehe  di  là  non  gli  aiugneflero  lettere  piene  di  tafi  inipvlfi;  e  *i  Car^ 
dinaie  Spada,  piùd^ogn^altro,  ilringevaio  a  porcarfi  colà .  per  dipigaergli 
il  Salone  del  fuo  Palazzo ,  giufta  la  proroefia  àk  facta|jiteiie  da  lui  peff 
mezzo  di  Belifìirìo  Guerrini;  e  già  ne  aveva  urti  i  di^gni;  ma  perchè 
non  mai  fi  i/enne  all'  ultimo  del  partire  di  Fireoae  »  la  promefià  rimafo 
lènza  affetcp;  e  fegoita  poi  la  morte  di  Giovanni*,  dicefi,  che  da  Giovan** 
ni  Grafia  fuo  figliuolo  h^er  donati  tutti  i  detti  difegni  alja  gloiiofa  me* 
morìa  di  Leopoldo,  poi  Cardinale  di  Tofcana. 

Circaa  quefti  tnedefimi  tempi,  per  Agnol  Galli  nofiro  ricco GentiloQ* 
mo ,  dìpinfe  a  frefco  nella  fua  cafa  di  Firenze  #  uno  fpaztodi  volta  d'  una  ca«» 
mera,  ove  rapprefentò  la  figura  di  Pftche ,  efisipra  alcune  porte  della  fala  aU 
cuni putti,  cheriufcironoopera^beliiflima.  Chiaaiato  dal  Marchefe  Gab^ 
brielloRiecardi  nei  fuo  Cafinodi  Valfonda , colorì jpure  a  £refco  in  una  volta 
a  mezza  feala ,  una  beli'  arme ,  in  veduta  di  foeto  in  n ,  in  al  bello  fcorto ,  cho 
né  più  nò  meglio,  in  quel  genere ,  fi  può  vedere.  Dopo  t«ete  quelle  cofe^ 
incominciò  Giovanni  ad  efièr  forte  travagliato  dalb  gotta  1  e  cosi  fpeflb» 
che  convenivagliquafi  il  più  del  tempo  fiarfene  in  cafa-  e  perchè  foleva  eH» 
ière  il  fuo  operare  per  lo  più  fnori  della  medefima ,  òoy^  ammano  arnma*» 
no  occorrevagli  dipignere  a  frefco  #  egli  incominciò  a  trovarfi  bene  fpeflo 
del  tutto  oziofo,  o  con  poco  da  fare.  Ma  perchè  il  fuo  cervello,  cho 
non  mai  lafctava  di  raggirarfi  intorno  a<:oiè  bizzarre,  e  per  lo  più  appar-^ 
tenenti  a  materie  fatinche  e  mordaci ,  eifendofi  dato  alla  lettura  de'  Rag-t 
guagli  di  Parnafo  di  Trajano  Boccalini^  che  non  molto  avanti  eran  com* 
parli  alla  luce,  s'incapriccl  s\  fattamente  di  que;l  modo  di  comporre,  cho 
difapplicando  quafi  affatto  dal  dipignere,  diedefi  a  comporre  anch' efio 
in  quello  fiiie  Un  libro ,  in  cui,  con  affili  ingegno^  invenzioni  ù%  ma 
indifcretiffime,  motteggiò  e  fchemì  a  mal  modo  tutti,  i  profelTori  deUuo 
femp^,-  e  cos'i  col  guac^gnarfi  che  fifcé  jcon  sa  filtro  lavorio  t  gli  appéaufli 
dtf  più  imprudenti  od  inditeti  uomini  ^  fi  piecMciò  e^utooio.  sì  graik 

C  a  ^  numero 


1 6  Decekn, U, della Fart, t delSéc. V.daii6i oM 1 610. 

Aumero  di  nemid,  che  nòaen  imt  onmai  chi  |Mte0e'c<m  boon  OMfe 
fencir  pronunziare  il  fuo  nome.  Aveva  fempre  la  cafa  piena  di  quei  talii 
che  dove  fi  beva  p  sì  ciarli,  e  fenza  alcun  nrpecto. altri  fi  dileggi»  ufano 
di  confumare  Tore  migliori  del  giorno.  Con  cale  con  verrasione  delizianr 
dofiegli»  dato  a  otta  otta  di  mano  al  fuo  libro  »  leggevano  loro  quand' una  e 
qnand' un' altra  parte:  e  con  effi a  vicenda  faoevavi  quella parafrafi i  che 
•  derifione  de*  fuggetti  in  eflb  nominati,  tornava  .meglio  in  acconcio, 
A  quello  libro»  come  diremo  a  fuo  luogo»  fu,  dopo  la  morte  di  lui»  data 
quella  fine,  che  meritava  un  tal  fuo  prefo  affumo;  onde  poche  delle  in* 
venzioni  ivi  contenute  fi)n  rimale  nella  memoria  de' vecchj ,  che  ùg%\  vi-: 
irono I  e  noi  ne  fappiamo  alcune;  ma  perchè  il  raccontarle  col  nominare 
coloro,  fopra  i  quali  elle  furon  fatte  »  farebbe  cola  indegna  i  ed  il  portarle 
lènza  tale  notizia ,  fnerverebbe  i  per  altro  iogegnofi  concetti  \  farà  parte 
noftra  il  tacerle  affatto;  qualcheduna  però  accennandone  di  quelle,  che 
Donate  con  tale  nominatone  »  non  poflbno  offendere  ;  e  fenza  la  mede- 
urna,  contuttociò  non  lafciano  di  fervire  ad  uno  innocente  trattenimen- 
to del  Lettore,  ed  alla  notizia  del  modo»  eh* e'  tenne  Giovanni  in  quet 
foo  capricciofo  componimento  •  Ed  incominciando,  diremo»  come  ave*^ 
va  in  quel  tempo  un  nofeo  pittore,  per  altro  di  buona  pratica  in  difegno» 
dipinte  alcune  lunette  con  «ftorie  della  Vita  d'un  Santo,  in  un  chioftro 
di  noftri  ReUgiofi  :  e  nel  colorirle  erafi  portato  sì  male ,  che  tutta  la  città 
ne  gridava.  Finfe  dunque  Giovanni,  che  un  cerco  Marmalo,  detto  il 
Gradino,  che  facea  fua  bottega  di  medicar  tele,  e  vendere  ogni  forta  di 
colore  in  Bor^o  San  Lorenzo»  comparifle  ungiamo  in  Parnafo»  e  da* 
vanti  ad  Apollo  ponefle  un  calorofo  richiamo  contro  quel  pittore»  per 
-«vere  egli,  ficcome  ci  diflfe,  levati  da  fua  bottega  tutti  i  colori,  de* quali 
crafi  poi  fervito  per  condurre  le  pitture  del  chioftro ,  e  negavagllene  il 
pagamento.  La  povertà  deirinftante,  e  la  premura,  con  che  e'  portò  le 
proprie  ragioni  contro  il  pittore ,  fece  si  che  Apollo  fubito  faceflelo  coni* 

Eanre alla  propria  prefenza,  per  dar  conto  di  ie.  Comparfo  il  pittore,  e 
ittofi  il  confronto  de'  litiganti ,  il  Graffino,  con  parole  aflai  tervorole  » 
zeplicò  fue  iflanze;  ma  il  pittore  conftantemente  negò  d*  aver  mai  ricevu* 
to  da  lui  colori  di  forte  alcuna:  e  poi  con  gran  Iena,  voltatoli  ad  Apollo» 
eos)  parlò  Sire,  (guanto  è  vero,  che  le  bugie  han  corte  le  sambe!  11  eie- 
io,  eh'  è  amico  di  verità,  ha  fatto  sì,  che  queft'  uomo  fi  fia  imbrogliato 
adire,  che  i  colorì,  che  fon  ferviti  a  me  per  dipignere  le  lunette  del 
chioftro,  io  abbia  prefi  da  fua  bottega:  e  così  non  le  ne  accorgendo,  a  me 
ha  apena  la  ftrada  per  una  giufta  difi^fa .  Poi  voltofi  al  Marmajo ,  gli  do- 
mandò» che  forta  di  colori  diceva  egli  d' avei^li  dati  a  credenza  Pel 
Marftajo  a  lui:  Voi  molto  ben  lo  fapete;  io  vi  diedi  terra  roda,  cinabro» 
minio»  orpimento,  lacca,  terra  gialla,  tèrra  verde  e  nera.  Or  ringrazia- 
to fia  il  cielo,  diflè  il  pittore:  io  fo  inftanza,  o  Sire,  che  fi  mandi  a  ri^* 
eonofcere  il  mio  lavoro:  e  fi  vedrà,  che  io  non  adoprai  in  eflb  giammai 
altro  colore,  ch^^  brace,  calcinaccio»  e  mattonpefto.  Subito  di  commif* 
fioTO  di  quel  (òvrano  furono  eletti  i  periti  per  riconolcere  T opera,  come 
ti  pittore  aveva  chiefto:  i  quali  portatifiai  luogo  i  e  riconofciato  il  tutto-. 


.*      «         •      » 


GlOrjNm  DÀ  5.  GìÙVÀNNh        |f 

tìfaìeoiKitqttdkaMftà^  eIie.leipkHntiiDftrM»iiojd«vi4«n}l»*  4ÌIMMI 
dSm  Aatt  mia  con  tloro^  che  omi  quella  forco  di  eolocU  (^e  U  piccQH 
•VM«  dccio,.  cioè  eoa  brace,  cakanaccHii  o  mattoo  pafto  i  onte  actefi 
aale  deooixiOM  »  fa  tt  povoro  Mar majo  caodannaco  nelle  rpef«:  #  od  U  pifiit 
core  eibloco  #  f$iitis..  Voile  anche  Giovarmi  dertdore  il  proprio  Ahi 
fliaeflro  MAeao  Roffalli:  e  prefene  P  ocoafione  dell*  avere  oflervato»  dM 
egli  fu  Ibltfo  d' ornare  »  qoafi  femore,  la  gamba  eU  piede  di  f«e  ^use^ 
con  carri  calari  traferarì;  che  pero  finfe»  ohe  efiò  Matteo  awiainandidt 
aUa  veccàiàja,  temendo  di  non  dover  condnrii,  a  cagione  della  medefi^ 
ma»  in  iftato  di  non  poter  così  fitcifanente  e  tanto  bene  man^giara  ^ 
pennello»  rioonreflèadf Apollo»  e  domandaflegli q[iialche impilo»  input 
urna  eppHeaaìonee  fatica  non  fi  riehiadefle:  e  ohe  parendo  ad  Apollo 

Jlioda  la  dimanda »^  fobito  ordini^»  che  al  RoflblU  rafie  dato  T  t]^Ua 
e'caiceitl»  il  quale  e^  di  buona  voglia  aecetcafle»  per  einerlo  poi  fem^ 
pre  Am  alia  morte;  e  ohe  per  fiiro  di  finale  àameanaia  buono  fpaccip^ 
ufiiflc  di  provvederne  oant  fua  figura  •  Erari  un  altm  nofiro  buon  pittov 
re  »  che  tra  altfo  fue  abniadi,  aveva  quella  del  rapprefentare  maravi^iov 
fiunente  in  pittura  i  drappi  d^oro:  e  come  <|oegli»  die  ben  conolceva  ia 
quefta  parte  fuo  talento»  ere  iblito  reftire  dt  quegli  e  femmine  e  mafcfai» 
ch'ei  rapprafencava  ne'  fuoi  quadri.  Finfe  dunque  Giovennì»  che  al  me-i 
defimo  tuiSeda  un  certo  poeta  ordinato  un  gran  quadro»  per  adornarne  une 
ifiiaflanEa«a  Ptmafos  che  dipinto  che  fu  il  ooadro»  il  pittore  ne  feoeflo 
nn  niotda»  e  ben  l^ato  e  coperto  l' inviane  al  padrone;  ma  nell'en^ 

tee»  fuflè  fermato  da'  gabellieri  il  pormtore»  per  fentir  dà  hu 


parce  aei  quaaro»  ov'era  un  de'  tonti  amppi d'oro»  rappreienuto  ai  oe^ 
ne»  che  i  gabellieri  credetterlo  vero  :  e  menolo  in  frodo»  fubito  corfe  chi 
lo  portava  »  e  chiamare  il  fattore:  il  ^uale  comparvo»  e  aparta  ia  pran  tct 
la»  difl'e»  ch'ella  non  conteneva  altrimenti  in  fé  pezze  di  drappi  d'oro^ 
come  tntn  dati  a  credere  i  gabellieri»  ma  %ure  dipinte .  Di  tutto  fa 
avvifiico  Apollo»  il  quale  volle»  che  fi  elaminafile  il  depofto  del  pktore;  o 
filtro  ben  neonofcere  il  quadro  da'  periti,  fent)»  che  veramente  q^od  drap*» 
pi»  benché. pare(iÌMO  veci»  orano  finti;  ma  doverti  ciò  non  oftaiace  coaf»* 
dannare  il  pittore  nella  pena  del  frodo,  per  avere  egli  detto»  che  il  quadro 
conteneva  m  fé  figure»  quando  veramenfe  altro  non  vedeafi  in  efiò  le  ncm 
fiintoeci .  Per  un*  altra  Umile  cenfura»  eh' egli  inventò  contr^un  altro  pftt« 
core,  conchidente  in  fi^nze  »  che  le  figuM  fue  non  eran  di  carne,  ma  di 
Tetro,  fu  Giovanni  per  capitarne  male»  fé  non  che  il  fuo  fpirito  binofo 
ne  io  caf8ipò,ooiò  fu  :  perchè  eflendo  il  cenfurato  uomo  piuttdfto  da  urCi 
che  da  dire»  trovatolo  un  giorno  per  iftrada,  e  fu  lung'Arno,  dopo  averlo 


al  latore:  oc  giaccne  voi  volete  sar  4 
poiché  egli  è  tanco^  ordir  che  n'findaflimo  prima-a  definarei.((d  è  puro 

Ci  ancbo 


jSt    Deutttt.  Il  della  Part.l  detSecV.  dati  6 io.  ai  1 620. 


'/ 


anche  dovere»  che  avendo  io  l' intonaco  d' lin  mio  lavoro»  cke  fi  fécói» 
che  voi  mi  diate  tempo  di  poterlo  finire.  Or  raggrefibrè»  che  dopo 
aver  dato  fuora  il  fuo  veleno»  ogn'  altra  rifpofta  afpettavaO»  che  quella # 
mezzo  tentato  a  ridere»  con  poco  altro  più  dire  lo  lafciò»  ^It  cofa  fini 
in  parole.  Ebbe  anche  luogo  fra' burlati  da  coftui»  Ottavio  Vannini, 
in  quefto  modo.  Finfe  Giovanni  eflèr  venuta  notizia  di  Parnafo»  come 
efla  Ottavio  fu&  (lato  un  giorno  vtfitato  da  certi  pittori»  acquali  avreb» 
be  egli  pure  voluto. &r  cortefia  d'un  poco  di  rinfrefco;  ma  eiIendoftatQ 
colto  air  improvvifo»  jpoc'  altro  aveva  melTo  loro  in  tavola»  che  un  bel 
pezzo  dimagro  di  bue  treddo»  avanzatoli  aldefinare  della  mattina:  e  cli^ 
a  quello  avventaronii  i  pittori,  come  a  vivanda  loro  condicevole»  e  di 
tanto  lor  gufto  ;  la  qual  c<^a  veduta  dal  Vanmno  »  per  defio  di  dar  loro 

J»ù  neii^  umore,  tolto  di  tavola  quanto  era  rimaib  di.  quella  carne»  ri- 
nvia in  padella ,  e  tornò  a  porla  loro  dinanzi;  e  che  tanto  baftò  per  far 
Af  che  i  pittori  di/ubito.abbandonaiftro  il  mangiare, con  dice»  piacer  lo* 
ro  le  cofe  come  vengono  alia  prima  cottura  »  e  non  rifritte  ;  con  che  ave* 
va  voluto  moftrar  Giovanni  il  poco  concetto»  eh'  egli  aveva  degli  altri 
pittori:  e  che  il  tanto  ritoccare»  che  faceva  il  Vannino  1'  opere  fue  »  le 
peggiorava  non  poco.  Fin  qu)  il  concetto  di  Giovanni^,  ma  è  da  fàperfit 
che  effendo  ciò  venuto  air  orecchio  del  Vannino,  con  tutta  flemma  ftet- 
tefi  quieto,  e  poi  rifpofe;  Veramente  ha  facto  bene  Giovanni  a  metterfi 
sn  quell'ultimo  a  comporre  alia  Boccalina»  perchè  cos\  farà  egli  in  ogni 
€o&  fimile  a  fé  fteflb»  mentre  vede  ogni  uom'  eh'  ha  ingegner  ch'egli  da 
qualche  temoo  in  qua  anche  h:i  cominciato  a  dipignere  alla  Boccalina  :  e 
volle  dire,  cae  Giovanni  aveva  cominGiaco  ad  ufar  quel  modo  di  diviene* 
le»  di  cui fervofìfi  coloro,  che  a  Montelupo  ed  altrove  dipingono  i  doc« 
caK;  onde  fece  apparir  femprepiù  vero  il  proverbio»  che  dice;  Chi 
ia  fa  l'afpetti.  E  quello  è  quanto  eie  paruco  poter  notare  intorno  a 
quanto  è  venuto  a  noftra  cognizione  di  quello  libro,  tacendo  ogni  altra 
cofa,  che  per  diverfi  titoli  dee  tacerfi , 

Era  l'anno  1635.  quando  Baldaflarre  Francefchini  Volterrano,  fiato 
difcepolo  del  Roflelli»  giovane  di  ventiquattro  anni  in  circa ,  innamorato 
dell'arte»  quanto  altri  mai,  coli' occafione  dell'avvicinarfi  il  tempo»  che 
doveanficelebrare  le  Reali  Nozze  del  Sereniffimo  Granduca  Ferdinando  II* 
colla  SerenifTima  Principefla  d'Urbino»  Vittoria  della  Rovere,  avea  per 
ordine  di  quel  Serenìflimo  il  noflro  Giovanni  dato  principio  a  dipi* 
gnere  il  Salone  terreno  del  Palazzo  de*  Fitti  »  avendo  e(tò  Baldaflarre  in 
grande  ftima  il  di  lui  modo  di  colorire  a  frelco,  fecelo  pregare  da  amici 
dhe  volefle  dargli  luogo  in  quel  lavoro»  acciocché  potefle  quella  bella  ma* 
niera  apprendere  :  e  ne  fu  iubito  compiaciuto  da  Giovanni»  il  quale  fra 
1* altre  cofe»  per  ornamento  della  volta»  di  che  appreflò  faremo  mena^io- 
ne»  fecegli  dipignere  in  una  cantonata  fopra.un  cimiero»  alcuni  fpea« 
xiacchi.  Ma  non  furono  appena  paflati  i  cinque  mefi»  da  che  égli  inco- 
minciò a  valerfi  di  lui ,  e  nella  Sala  e  nella  Tavola  del  Parigi  in  &  Felice  » 
di  che  a  fuo  luogo  (iamo  per  ragionare,  che  vedendo  i  progrefli. del  gio* 
vane  troppo  più  oltre  avanzarfi»  di  quello  di'  egli  per  avventura  erafi 

imma- 


,   GW  VANNI  DÀ  S,  G 1 OVA NNI .        59 

immt|nitto»  temeodò  di  noi)  diventigli  fecóndo»  fé  lo  tolTe  d'aceomog; 
e  andò  la  cola  nella  fegaence  maniera .  Era  in  quel  tempo  Giovanni  for« 


pier  portarfi  al  luogo  del  lavoro»  ove  Baldaflarre  co'  muratori  l'attendeva  i 
tantoché  &cendofi  l/ora  tarda,  andò  il  Volterrano  a  cafa  Giovanni»  o 
fentita  fua  impotenza  »  gli  difle  :  Signor  Giovanni  »  giacché  io  la  vedo  ift 
quello  grado»  s'ella  fi  compiace»  per  oggi  tirerò  avanti  io  medefimo»  per« 
die  rintonaco  non  può  più  afyettare»  e  converrebbe  levarlo  via:  e  noa 
tema»  die  operando  fopra  i  fuoi  difegni»  io  fia  per  far  cofa»  che  non 
abbia  a  riuCcire  di  fua  fodiafazione.  Furono,  quelle  parole  a  Giovanni* 
una  ferita  nel  più  vivo  del  cuore;  onde  fatta  gran  furza  a  fé  fteflb»  pica 
di  fdegno  contro  il  Volterrano  »  fecefi  portare  a  Palazzo  :  con  gran  fatici^ 
e  dolore ,  montò  fui  palco»  colle  fue  proprie  mani  buttò  a  terra  l'into^ 
meo:  ed  a  Baldaflare  diede  una  bella  licenza  dal  fuo  fervizio  •  £  anche  è 


da  laperfi  »  che  pochi  mefi  avanti  trovandofi  Giulio  Parigi  »  Architetto^deL 
Granduca»  flato  maeftro  del  noftrò  pittore  d' Architettura  e  Prof  petti  va  ^ 
d'aver  già  data  fine  all'  ornato  d' un  Altare  d' una  fua  Cappella  ndla  Chie<% 
fa  di  San  Felice  in  Piazza,  per  lo  concetto»  eh'  egli  aveva  di  lui»  volle»* 
che  di  mano  fua  fufle  dipinta  a  frefco  la  Tavola;  e  ben  diede  a  cono-» 
icere  il  pittore  in  quel  lavoro»  quanto  gli  premefle  il  dar  gufto'al  Parigi» 
avendo  condotta  un  opera  veramente  beiliffima»  e  fu»  quando  San  Felice 
fpreme  in  bocca  a  San  Maffimino  (  che  vedefi  giacere  quivi  tramortito, 
fopra  le  nevi)  il  miracolofo  grappolo  dell'uva:  ed  è  da  notarfi»  che  fo«- 
pra  la  figura  d' un'  Angelo»  che  tiene  una  vite  venuta  dal  cielo»  lavoròi 
alquanto  il  Volterrano^  ficcome  noi  fentimmo  da  lui  medefimo.  Vedefi 
oggi  quefta  bella  pittura»  tanto  ben  confervata»  quanto  fé  pur  ora  fufiè^ 
ftata  colorita ,  Ma  ^empo  è  oramai  di  dar  notizia  delle  pitture  della  Regia 
Sala  terrena  di  Palazzo»  fopra  accennata  »  la  quale»  e  per  la  propria  flrut* 
tura»  e  per  la  nobiltà  del  concetto»  che  elefle  Giovanni»  per  adornarla, 
di  fuo  lavoro»  merita,  che  fé  ne  faccia  particolar  menzione  da  ogni  pen» 
na. 
volta 

ognuna  delle  facciate»  per  lunghezza»  pofa  fopra  due  pedu 
intero» e  fopra  uno  nelle  due  per  Jarehezza.  Ha  due  gran  fineftre  rifpon«-» 
denti  infulla  piazza»  nell'ordine  dell'altre  inginocchiate  del  Palazzo  :  ed 
evvi  anche  una  fineftra  nel  mezzo  più  alta  delie  due.  Ha  quattro  porte , 
una  che  viene  dal  ricetto  terreno»  contiguo  alla  gran  loggia  del  cortile  : 
due  che  conducono  alle  regie  camere  terrene  da  due  lati  ;  ed  una  finale 
mente  »  che  vien  daUa  loggia  fegreta  di  quello  appartamento .  Doveafi 
dunque  ella  dipignere  tutta»  da  imoafommo»  con  iftorie  alludenti  a' gran 
£itti  di  quello»  che  nel  fecolo  del  1400.  fu  l'eroe  maffimo  dell' Auguftiffi* 
ma  Cala  de'  Medici»  dico  di  Lorenzo  di  Piero  de' Medici  il  Magnifico. 
E'  vi  fu  a  tar effetto  chiamato  Giovanni  ;  mentre  a  Francefco  Rondinelli» 
nobile  ed  èruditlflimo  Gentiluomo  »  Bibliotecario  defGranduca  i  fu  'dau 

C  4  l'i«- 


VbÈomknm  di  pealam  tdm  v^«MMefit»ffer  MficBHn.  itfanò^ 
pwefi  da  Gdanem^  come  qiMgii  »  che  flwlio  yMflKCiMfi  del  tei 
^»»  cmoko  tacKe fom  piMigicwii'i  di  ùm^tuàuiom^  nifiaeni 
etnei»  die  ttiievaiwdd  aoetÌGO«  per  ia^wi  Ikìiim  de* ImooS  tte&t  » 
ohe  encbe»  ifep^  «noe  aHMUidenm>  lo  «Mia  delle  feicuae,  jaerderidl 
dde^w^^oMi  ratetmiefiDMBitaoD;  Ibrcefidoifii  o»l iLaoecfinoili»  oi» 
dovondD  cgK  cenducee  >  fiooome  eonduflie  ^  dà  tueiD  faAo^  «m  eà 
^nd' #pèm  odi  feonetto,  «Mm  dorefife  fididi  ^1'  ii«egao  foo  tadlie  it 
oonceeMi  o  «m  ttk  oocufiooe  camomci^  i|oeii€o  iuorop  a  oò  ama 


feuGMo^j^^taMofiaiMpieo^  aad 

■rinmto  la  teUa  tika^  eìteiiol  Granduca  dot^rfi^per  ^gnt  oaodo  hTcnr  di 


eneo  él  peftfioio  «I  pinoae»  poottAando#  cter«cfiìaioguftoildi'Aleèan 
SeM  faioMe  ^iaaaCben  coro  o  per  tua»  appagato  s  le  (enaa  pie  daed^ 
dol  «loAiD  jpiaoae  fttiACÌpio  «ir  opera ^el  éq^aonae  modo.  £  aacocnio»* 
eìandò  « -defcrineda  idalia  paà  jmA  parte  della  >oolaa^  per  pocctrci  oocGa 
il  fuBwoiH  dioiaaao:  che  oppanfamo  ae*  pa^ed^  •adioaauaeme  ficoate.» 
le  «pyMGCta  ScagioQi  finte  d' oro»  con  thie  de'  kir  msA  éati  4i  otaoDo^  o 
fiacio4e  aaadctioieibiioalccinìpiiaic  CeAiofkt  ^nti  di  àuposo  .^  laciafishe-» 
donadeUe  doe iiaodc  »  por  iolongo»  opparffceflui elevo. padiicoao»  ore^ve^ 
defiam  eaaCM,  nel^iaate  di  bafiMiliom  fimo  alpnat  ipmcu  ck§  MIaodo 
lbhaioaoo^'4c  ^li'taii  de'niadcfiaiì  pedaicd  »  ^foiio  due  wn  aodi .  Sopra  o^ 
Sae^Sloiie  écm  figurate  piooole  fioriettedi  bafl'orilievo^  ilnie  di  tecmao»  ia 
«ne»  cioè  ÌA«odla  eoe  è  dall*  Inverno  •  vedtfi  Boto  Re  do*  Ventai;  immo 
di  ibaodiaie  ji^i «kit  Veoai^  per -etifer  quegli <sbe  doaahia  meda  Scagiaiìe^ 
Ibpra  la  tecione  delia  Pctmavera  Ibno  alari  pMti^  ohe  ibfaeraaiio  ooa 
fioris  fo^  u  State Ibao  akime  Kmfe  donaanti;  e  l'opra  T Aoniiiiìo  im 
M4o  di  finir]  •  Nel  bel  meuD  delle  vokiceUe»  cliefonnanoi  due  pe« 
éoeci  di  aezao<ddle  due  parti  longke  »  fimo  dico»  dalk  parte  del- 
k  platOB ,  ibpra  la  imeftra  olta ,  la  figura  dello  Notte  •  pure  di  finto  bafib- 
ri)icvo4i  hmMo:  ed  ia  quella  che  gli  è  rimpetto*  la  figura  deliSiorno. 
19e^  4U%9oli  della  fiila»  ve^oafi  i  TtoEd  fopracoennaci^  e  Xonovi  ako» 
ni  cimieri^  4da^4|oa}i  fi  partono  allori»  palme,  ulivi  «e  pennacchi:  e  pò- 
ftiM  i^ioiori  .ft>pm  una  delle  palb  deiranoe  Medicea»  rcua  da  una  Sire» 
3M' .  'Smovi  omme certi  putti,  che  reggono  la  Reale  Corona,  per  la  qua* 
IfepaffimO'le  paloe^  gli  allori  ed  almi  che  detto  abtnarao?  le  quali  tutte 
cbie,  couie  «ogmm  vede»  fidano  encomio  e  qualificauo  le  varie  e  nobiliifi- 
ne  virtù  de'grandi  di  quefta  Ca£i .  Negli  fpigoìi  di  mezoo  a'  due  peduc* 
ci  delle  parti  luMhe»  fono  due  tondi,  ove  di  hafibrilievo  di  finto  bron- 
co »  fon  figurate  la  Notte  e  '1  Giorno.  •  Cola  è  quefla  tanto  bella  e  cosà 
bene  adattata  a'  fuoi  pofii»  aggiuntovi  V  efiere  il  tutto  riooaaaeiite  lu- 
meggialo d'oro»  che  potrebbe  per  te  Aeffit,  quando  non  mai  ahro ,  te- 
iere, p«  un  nobUiffimo  adornamenao^dla  fala  •  Termina  finalmenaecutco 
quatto  primo  ornato  del  lenimento  della  voltata  in  ;un liei  tecraaoina  ba^ 
lariftrato*  ^e  fiDriana  il  grande  fpaaio'iiel  mezao  ideila  medefima»  da  i  lata 
dcil  quale»  per  Innghean^  Ibao  due  flnriette  colorite  »  ^ù  parncokr^ 

nec 


VIùVAdfm  "DA  S.  GIOVA NNL       41 

neate  alhideiici  tfi*  ReaI(f«Mte .  Imma  él  figari  oviit»  Giovanni  fin* 
fé  Anoca.dhe  condiice  ft  Lione  (  itt «ut  vienlguato  il  fojxHo  fioren*» 
tifx>  )  t  Afe  d9bq«io  a  Matte ,  fiiito  éff  poeti  k>  Dio  éi  à  km  ammelii 
od  ki  quello  rien  fignificata  ia  feai  ferfima  dì  fierdioando .  Métl'alcraddài 
inalerò kto  »  è  flora  in  MaeAà  »  in  abito  reale»  ootle |ilinlb  dell' AarnOt 
eiie  le  i^argono  Ibpra  fiorì  e  j^rtande  :  e  Tedevif  il  Dio  ftne»  ia  eoi 
aooo  il  Mondo  figwafi ,  che  4ta  in  atto  d'aoNOiiOfe  le  l^eUene  di  f  iMAfla» 
Nei  grande  fpazio  di  mezzo»  ha  il  pictore  facce  vedetele  Parclie»  le4iio 
che  filano  lo  dame  di  noftra  vita»  e  l^aMaaa  ilaia  »  per  4i«ioftrare ftia  ve« 
iocicà  nel  portaifi  a  icciderlo.  &  ^[oefta  in  atoo  di  cagliaf  con  eflo  anche 
un  albero  di  quercia,  Arme  detla  SerooiUtfoa  Cafa  delia  Rovere»  menerò 
cerei  vaghi  Ai^ofecti  Ae  pcendono  alcuni  nonoftcM  <  ne^^uali  volle  darò 
a  còfioioera  Giovanni  »  eflere  fòlamente  la  SetenilBiM  S^fa  riaaafa.  di 
quella  ^nrt  Fioùglia)  ef[iì  portano  ad  iimeAiM  ed  uno  (eodo  d'tfmev 
aooomodato  in  pollo  fubtime»  eva^^uetta  della  SeMAÌfffifàa  Caia  Medi«^ 
ci»  tenuta  in  crono  4a  Veneie  Dea  itogli  amofi.  V^èandie  Giunone^ 
detta  da*  Latini  Prm$0ki,  da' Greci  Gsmtlis,  ovvero  Dea  delie  Nobm, 
e  Regina  delf  Aria  :  e  quella  vedefi  in  ateo  di  coiuendace  il  tutto .  A  car» 
pò  a  Venere  fono  le  tre  Grazie»  folite  corteggio  di  queMa  Dea»  figomo 
igoude  con  iiVolaazante  4Eek>{  e  tutte  m  veduta  di  fotaa  in  fiiv-fopr»  ««« 
vofe  9  danno  villa  di  (e  eqa)  ^at^raìe»  di'4  piopifio  una  maravi^ta^  «A 
oltre  al  bello  e  ouriofo  4f«dere,  clie  hiMo  le  mvole  ftcH^»  la  cui  e(be«^' 
buca  per  di  iocto,  pemmmdo  V  apertura  del  graodd  fpaMO  o  afendatOf 
ohe  dir  vogliamo ,  pare  ffhe  occupi  il  vano^dalla  Ala  medefima»  £ioondo 
ncTodi  delT  canato  e  del  fintò  eerrani  no  ^Ènm  Ibetcimenc o  4i  cnbcaiia^ 
turale  e  Vera,  onde  fèmbi-ano  ^reggerli  in  €t  Aefie»  4iMaa  eoocarno' donno 
pane .  Fiftfft  il  pittore  pofaie  la  voke  fopra-  alcuni  pikÉrom  di  beliiffiao 
acchicetcura  ir  nei  fedo  de^quali  apparifcono  i  «MMraftgliofi^finei'baffirilieva 
dimanao»  de* quali  parlare moepprdlb.  Ma  «tea  fa  4i  aneMeri»  chofi 
attmirino4e  quattro  colonne»  cSk^egli-pure  liftCeiiétteoaACOtiace  deUa  fafai« 
Ma  e^i ,  a  forze  di  fcurì  e  di  lumi»  cavata  da  ^Uno  efondato  un  rifidto  di 
tutto  rilievo,  cioè  a  dire  daM^ arsolo  e  canto  vivo »<he fanno  le  quattro 
■Mra  <lie  foratiano  la  fala>  una  colonna  toitda  per  ciafciiedua  canto.  « 
talmente  tonda»  che  finattanto  eh'  ella  non  fi  tocchi  eotta  mano»  lampao 
apparifce  di  tutto  rilievo.  &i<oooeia  dofctiyere  le  petaure 4elle  lunec» 
te,  delle  pani  laterali,  e  delle  teilate  d<tlai«la«  Metta  prima  lunetta  (b« 
pra  la  porta,  che  vien  dalla  foggia  legreta »  incoaninoia 11  fuo  nobile  pen« 
fiero,  per  alludere  alle  glorie  dd  gran  Loiasnuo  i  V<dafi4l  Tempo  »  che  in 
atto  di  federe  fopra  la  medefima  porta»  va  di^kifendo  col  Cuo  fiero  dea» 
te,  e  colli  mano  va  laceran^do  buona  quantità 41  libri  »  chegU  porgono 
diTerfi  fatki,  mentre  aicri  làttri,  armati  di  fadi  ocèefe»  aMftrano  inviai^ 
alla  roha  di  Parnaib»  che  vien  rapprefenmto  tieHa  lunetta  di  mee^;  ed 
uno  fi  dima  per  raccogliere  alcune  carte  dal  Tempo  ftmeciote.  Traili 
fcritti  lacerati  dal  Tempo»-  cade  fra  quei'Citirt  uno Kraccio  d* un  IHiro^ové 
è  notato  nAPM^IòOT  imi  OTEIKfiN»  ehe  vale  adite^9iraMOÌif  délb 
I!jj6#;  ed  una  Satirefla  alza  certe  corone  i  in  fogno  di  baklaazofa  vtttM'ia. 

Sul 


.  ^ 


42  Decenti.  IL  delia  Pari.  hdelS(t.V.dali6to.ali6io. 

Sul  piano  medeiiQio,  ove  Cede  il  Tempore dopole  fue  fpalle,  vedefi  reciik 
ilal  bufto  la  teda  d*  un  coloflo  di  bronzo ,  che  è  il  ritratto  del  gran  Ma- 
cedone.  Nella  più  alta  parte^  Maometto,  che  con  un  piede  foimt  un  De* 
monio,  figurato  in  una  arpìa,  ftringendo  colla  deftra  una  fcimitarra,  mo* 
fira  di  correre  a  gran  paifi  alia  diftruzione  delle  virtù:  e  fopra  quello  è  ufi 
ultra  arpia,  che  feguitahdolo,  tiene  in  mano  un  libro  aperto,  ove  è  rcrit*^ 
€o  Algoran:  e  nel  bafamentodi  quefta  prima  lunetta  è  una  cartella  colla 
leguente  infcrizione  : 

V  0eree  vief9pta  Demonio  alato 

Corte  Maooaetto,  e  V  a-udel  traodo  bs  in  mano: 

£  di  granitica  orribilmenìe  infano 

^Minaccia  Europa ,  e  V  del  beSemmia  e  '  /  fato . 
Segue  la  lunetta  di  mezzo:  e  qui  veggonfi  in  mediocre  diftanza  i  Satiri» 
^hegii  pervenuti  al  Parnalb,  ne  sbarcano  e  fcofcendono  gli  allori  *.  altri 
colla  forza  del  braccio,  altri  con  accetta,  altri  legandogli  intorno  al  mezzo 
con  funi,  e  tirando  :  ed  altri  finalment&neir  aggrapparli  che  fanno  fopra 
imedeiìmi,  per  iftrapparne  anche  gli  (frumenti  muficali,  che  vi  pendevano 
appefi.  Altri  fatiti  veggonfi  poi,  i  quali  con  falli  e  verghe  ne  fcaccianoda 
una  parte  i  Poeti,  mentre  l'Arpie  dall'altra  Parte  con  faci  accelè  ne  mettono 
in, fuga  le  Male»  Vedefi  dalla  parte  del  tergo  un  Filofofo  caduto  a  fede* 
re  »  e^  colle  roani  fi  foAiene  •  Ariftotile  jper  terra  con  altri  filofoli  e  poeti , 
che  moftran  fuggire  verfo  una  porta,  figurata  per  una  della  città  di  Fi- 
renze, per  rcfugiarfi  appreflb  al  Magninco  Lorenzo»  vero  Mecenate  de' 
Letterati.  Fra  quedi  è  labelliflima  figura  d'Omero  laureato ,  il  quale,  per 
efler  cieco,  fé  ne  va  come  ufiando  col  piede,  e  coli' una  e  coir  altra  ma- 
no» e  moftra  inirodurfi  il  primo  di  tutti  nella  città .  E^  anche  fra  loro 
S4^o  poetelTa:  e  quella  apparilce  firagellata  da  una  Furia  vecchia^  dietro 
4  cui  è  Dante  in  abito  rodo  t  in  ifconcia  maniera  rotolato  dal  Monte 
Paoiafo.  Dalla  parte  deftra  di  quella  ftoria,  è  il  belliflimo  cavallo  Pega» 
(eq,  che  moftra  force  nitrire,  per  vederfi  afiàlito  dall' Arpie,  che  fono  in 
atto  di  divorarlo  col  dente  in  varie  parti  del  corpo .  Dietro  a  Pegafo  è 
«ria  fonte  finu  di  bron;co,  alla  diftruzione  della  quale  s* avventa  un  Sati* 
ro;  ed  io  aria  fon  vaghi  Amoretti,  in  atto  di  fuggirfene.  Nel  bafamento 
leggpnfi  quefti  verfi  :         .         ; 

Le  Am/èp  il  Pegafeo ,  Dirceo  Ippocrene^ 

Ludibrio  sì  di  barbaro  Tiranno, 

Comr*  all'empio  furor  fcbermo  non  anno , 

E  Jfbn  di  fere  alberghi  Argo  e  Micene . 
Dopo  quefta  ha  il  pittore  nella  terza  lunetta,  in  quella  parte  di  fpazioch'  è 
fopra  la  porta,  che  dicemmo  venire  dil  ricetto,  fatta  vedere  accanto  alla 
figura  della  Munificenza,  una  bellilfima  femmina,  che  è  la  Tofcana,  che 
ha  dappreOb  il  fuo  Lione ,  Arme  della  città  di  Firenze ,  con  cornucopie 
efimili:  e  quefta  porge  la  mano  alla  Virtù,  figurata  in  altra  bella  donna, 
la  quale  moftra  ^  che  avendo  avuta  l' intefa  da  Pallade,  che  quivi  fi  vede 
in  aria ,  di  dover  ricovrarfi  in  eftà  città ,  addita  alla  Tofcana  gran  quan- 
tità di  letterati,  dolenti  e  raminghi  per  lo  mondo :^  e  quella  a  lei  infegna 

ove 


GIOVANNI  DA  S:  GIOVANNI.        43 

•ve  tnttienfi  il  Magnifico  Locenzo .  Fra  gli  afliicrifiimi  lectetad  »  fatti  ro» 
dere  dalia  Virtù  aUa  Tofcana»  fa  curiofa  moftradi  fé  Empedocle  Filofofo 
e  Poeta,  che  in  atto  di  federe,  amaramente  piange  la  perdita  delle  l>elle 
opere  fue:  una  delie  quali  ha  fatta  vedere  il  pittore  qaafi  del  tutto  lace-^ 
ra  e  (tracciata,  leggendo  vili  folamente  il  titolo  EMIIEAOKAEOTS  TA  IIEpl 
APXflN »  cioè  t  dire:  JUiri  dc^principii  dette  co/e .  V  infcrizione» eh*  èibtta 
a  quefta  iftoriaȏ  la  feguence: 

Z)*  un  genere/o  etee  la  fame  e  H  gride , 

Cari  fon  t eatre  angnfie  e  mare  e  terra  • 
^Virtà^  che  fi  najconde  efule  ^  erra% 

Chiama  in  Etruria  a  farfi  eterne  ihnìdo  • 
I  belliflimi  fimi  pilaftri,  che  dividono  l' una  dall'altra  lunetta,  foncofa. 
di  maraviglia;  ma  aflai  più  i  quattro  tanto  rinomati  baffirilievi,  finti  d^ 
bianco  marmo,  che  nel  bel  mezzo  de*medefimi  pilaftri  pare  che  fiano  in-* 
caftrati;  i  quali,  acciocché  appariflero  veramente  di  rilievo,  furondipin* 
ti  da  Giovanni  in  un  moda,  non  più ,  dacché  incominciarono  a  maneg^ 
giarii  1  pennelli,  fovvenuco  ad  alcun  pittore:  e  con  tale  fuo  nuovo  mo* 
do,  fecegli  comparir  tanto  veri ,  che  non  è  chi  poflà  accertarfi  del*^ 
Teflere  eglino  veramente  dipinti,  fé  non  che  il  teftimonio  della  ma- 
no: e  poco  ne  mancò,  che  il  Paffignano  fteflb,  chiamato  a  vedec 
quell'opera  finita»  non  defie.di  piglio  ad  ima  canna,  che  era  allora  ca- 
lualmente  in  quella  ftanza,  per  chiarirfi,  col  cocco  della  medefima,  fé  gli* 


primieramente 
foriiievo,  accomodandoli  a'fuoi  lumi,  con  tutta  quella  maeftria,  eh*  è 

{propria  d'  un  uomo  grande  in  queft'  arte:  e  poi  avendo  oflTervato,  che 
òpra  i  veri  baflirilievi,  bene  fpelTo  cadendo  la  polvere ,  ella  fi  ferma  fo- 
pra  le  lor  parti  fuperiori,  ov'elle  fon  più  atte  a  riceverla  e  confervarla  » 
egli  imitando  queAo  naturale  e  molto  folito  accidente ,  fecegli  vedere  poi» 
veroll,  dando  alla  fìnta  polvere  un  color  tanto  vero,  che  non  è  facue  a 
concepire  a  chi  non  gli  vede:  e  fra  quefto,  e  fra  gli  fcuri  gagliardi  dati 
dal  pittore  ne  fottofquadri,  ed  il  lume  vivo ,  che  vien  loro  quafi  di  fotto 
in  lu  dalle  fìneftre,  formali  in  efii  un  compofto  di  fimiglianze  al  vero  tan- 
to maravtgliofo I  che  è  forza  ad  ogni  occhio,  non  informato  di  tale  arti- 
ficiofo  lavoro,  il  rimanere  i ngannato .  E  ciò  tégue  tanto  maggiormente  ne* 
due,  che  fono  dalla  parte  delle  medefime  fineftre,  i  quali  ricevono* il 
lume  per  reflefib  dalla  parte  contraria ,  che  certo  fono  i  più  maravigliofi. 
Ed  è  tradizione ,  molto  accettata  f ra' profeflbri ,  che  uno  di  quelli  coforifle 
Giovanni  in  tanto  tempo  folamente ,  quanto  confumò  il  Granduca  una 
mattina  neJl'  ordinario  fuodefinare.  Ecerto,xhe  fé  Giovanni  non  avei& 
facto  altro  mai,-  che  fcoprire  agli  artefici  una  ^  bella  novità,  meriterebbe* 
egli  di  rimanere  nella  memoria  d'ognuno,  per  un  grand' uomo.  Quì*ter« 
minano  l' opere  della  fala  dipinte  di  mano  di  Giovanni .  E  noi  a  fine  di 

fer  . 


£>]  Simone  Pignoni  ^  fiato  df ce  poto  dello  fiejfoPaJpgnano 


wmmmmmmmmmm 


n 


44.  Decetm  Al  Malati.  Idèi  Set.  V.déltSioMìeio. 

fior.conòfcère  nd  il  ^Am  l^teticiite  doll'kifeRao  fao/él  finirò  IbnAu 
mento  foprt  fiMiffiatenidisfecie^  ^^'^  umbro  nell' àccominisnarle  co* 
fttoi  poetici  pOìficri»  tblmiB  ponfiuo  eflcr  bene  prona  di  procedere  avan« 
tì>  il  porre  inqnefto  luogo»  in  forma  di  noce»  alcune  refleflioni  fatte  de 
Airi  fbpra  i  medefimi»  che  fon  le  fwuenci.  Primieramente  ha  egli  introN 
dotte  le  Parche  filanti ,  damanti  a  uiunone  Pronuba  ed  a  Venwe^  forfè 
ricordevole  dell'  genciliflimo  Poeta  Latino  Ocullo  $  che  nel  fuo  Poemet» 
to  fopra  le  nozze  di  Peleoe.Tetide»  imroduoe  le  medefime  Earche  fìlan« 
do  e  cantando  infieme  »  per  augurio,  di  feliciffima  vita  a'  novelli  Spofi , 
Non  fenza  grande  avvenenza  ha  Àteo  divorare  al  Tempo  i  libri  derJet* 
cerati;  offendo  notilfime  le  ptfdite  »  che  per  fua  cagione  ha  £itte  di  que- 
gli  la  Letteratura:  ed  il  ftrgli  porgere  al  dente  del  medefimo  per  mano 
Qtì  Satiri  »  fu  >  perchè  in  efli  volte  intendere  i  popoli  barbari»  e  gu  uomini 
de'^^fecoli  (alvatichi  ed  ignoranti.  Con  molto  giudizio  ha  £itto  vedere 
Maometto!  e.  fopra  un  uemonio  in  forma  d' Arpia»  perchè  la  ma^ior 
perdita  de'  libri  antichi  s*  è  fotta  dall'  Imperio  de' Turchi  in  qua  :  e  ve  n'  è 
evidente  riprova»  fapendofìi  che  Fosio  P^riarcadi  Coftantinopoli»  che 
ficdA  circa  al  novecento»  fece  un  libro  intitolato  Uhreriét  dove  notò  tutti 


f  libri  ch'egli  avea  letti»  de* quali»  molti  non  fon  venuti  a'  nofiri  giorni» 
ed  anche  ve^ikfi  »  che  i  Turchi  non  iftimano  altro»  che  VAk^rMOi  in 
queOo  divertì  da  i  Sacacini  o  Arabi»  i  quali»  tuttoché  Maoaaettani»  oltre 
a  q^la  degli  ftudj  di  lor  falfii  Religione»  attendevano  air  altra  letteratura  : 
e  V'  è  di  più  »  che  efleado  ne'  tempi  del  Magnifico  Lorenzo  de'  Medici 
fcguitadi  firefcó  la  prefa  diCo(kntinopoU,  tutti  i  Letterati  Greci»  infie* 
me  edle  lettere  loro  e  co'1ìIm:ì»  rifiigiarono»  come  in  ficuro  afilo»  in  fe« 
ao  a  Firenze  »  fotto  la  protezione  di  quel  gran  Mecenate  delle  lettere. 
Sonra  '1  concetto  di  far  Satire  femmine  »  fi  noti  9  come  nella  Libreria 


di  San  Lorenzo  in  un  Libro  fcritto  a  penna  »  Cemento  delle  Satire  di 
Giovcnide.  di  Domizio  Calderino  Veronale  »  dedicato  al  medefimo  Lo- 
TMam  de^  Medici  »  fi  trova  nel  fironteiphdo  wì  ywgo  baccanale  di  Satiri  e 
Satire  »  Icherzanti  fra  loro  colle  palle  dell'Arme  della  Cafii  Medicea .  Une 


ibmigiiante  bizzarria  venne  in  capo  a  quell'antico  pittore  »  come  fi  leggo 
mmo  Luciano  io  uno  de'  fuoi  faoetiflimi  Dialoghi»  che  f>er  ufcire  dew 
lirida  bauuta  dagli  akri  pittori»  fece  un  Centauro  femmina:  il  che  per 
avventura  diede  materia  ne  moderni  tempi  di  farfi  da'  pittori  fimili  Cen* 
tlurefiè  :  ed  ewene  mi  arazzo  nella  Guardarcèa  del  Sereniamo  Grandu- 
ca »  Atto  ndpaflàto  feooio»  nei  modo  chft  detto  abbiamo  «  Dante  ha  egli- 
v^fttto  di  roflo»  efiendo  eofit  nota»  ch'egli  nfiedè  de'  Priori  della  già  fte« 
pubblica  Fiorentina*  Voile  figurare»  che  (teerofufleil  primo  fra' lette* 
ati  a  entrare  nella  porta  di  Firenze;  forfè  alludendo  ali*  eflère  fiatai*  ope* 
n  fim  le  prime  fra  ^i  Autori  Greci»  che  in  quei  tempi  appunto»  che  fi 
era  trovata  la  ikmpa»  fiicoRo  ftampate  in  Firenze**  il  che  Ugni 9  fé  altri- 
noi  fa{>efre»  per  opem  ed  a  fpefe  di  duenobiliffimi  Gemiliaomini»  Nerli 
ed  Acciainoli:  ed  evvene  l' attefiato  in  uno.eien^arefiaaipato  incarta* 
pecora ,  che  vedefi  nella  Libreria  di  San  Lorenzo .  Finalmente  profon« 
do»  a  mio  parerà»  fu  il  concetto  di  Gìovaanij  nel  xapprefentare  £mpe« 

docle 


\Ql(miNm  DA  S:  GlOf^ANNL       45 

4ocIe FiloCpffo  6  Poeta,  litdTo  della  città  d' Annencot  oggi  detta  Ger^ 
genti  in  Sicilia,  in  ateo,  di  piangere  la  perdita  de?  tuoi  libri,  che  fii  vede«^ 
re  quivi  guadi  edìsiàttt»*  perchè  Verità  fu  ed  è,. che  quelli  non  fi  trova- 
no, fé  non  in  pezzi»  citati  da  Ariftotile  e  da  altri  filc^ofi:  la  quale  ve* 
rità  ièppe  il  pittore  fare  efprimere  chiaramente  al  fuo  pennello ,  in  quel 
libro  (tracciato,  ove  altro  non  fi  fcorge,  che  ia  prima  intitolazione,  ed 
il  redo  lacero  in  modo,  che  quafi  nuUa  vi  fi  difttngoe.  Or  qui  farebbe» 
luogo  a  raccontare  alcune  delie  ftrane  bizzarrie^  ulcite  dal  cervello  di 
Giovanni ,  in  varie  occafioni.,  mentre  esli  conduceva  quefli'  c^erà  ;  ma; 
per  interrompere  il  filo  della  prefente  deterizione ,  e  moko  più  (icrchè  ciò» 
non  permette  la  ferietà  del  prefente  racconto,  convien  tacerle,  per  ri* 
fervarle  a  luogo  più  proprio*  Diremo  dunque,  che  doveva  egli  medeii-% 
mo  anche  dipìgnere  tutto  il  rimanente  della  &la ,  e  già  aveva  dato  princLj 
pio  alle  due  lunette,  che  feguono  d<^o  le  fue  tre  fopra  defcritte,  iegtkK 
tendo  fuo  bel  concetto  intorno  a  i  fatti  del  Magnifico  Lorenzo;  quando» 
per  la  cagione  che  a  fuo  luogo  diremo,  egli  fu  colto  dalla  morte;  onde 
fu  di  meftiero  il  raccomandarne  ii  reitance  a  tre  altri  pittori,  che  furono.' 
Ottavio  Vannini,  Franceico  Furini,  e  Francefco  Montelatici,  detta 
Cecco  bravo,  a  cui  toccarono  le  due  lunette,  che  feguono  dopoquellet 
di  Giovanni,  e  da  lui  cominciate.  Mail  Montelatici,  come  uomo,ehedi 
gran  lunga  più  prefumea  di  fé  fteiTo,  di  quel,  che  veramente  le  proprie 
abilitadi  permettere  gli  poteano ,  mandato  a  terra  il  fattovi  da  Giovanni  » 
volle  il  tutto  condurre  a  fuo  intero  capriccio:  e  fu  ciò,  che  pur  ora  fia- 
mo  per  raccontare  ;  perchè  non  ottante  »  che  delle  pitture  £ittevi  da^' 
tre  Ibprannominaci  maeftri  fia  per  parlarfi  nelle  Notizie  della  Vita  di 
ciafchedun  di  loro ,  intendiamo  di  replicarle  qui ,  affinchè  al  noftro 


,  .  .  opere 

modi  artifiziofi  e  prefianti  infieme ,  provaronfi  i  fuoi  malevoli  (  de'  quali 
colpa  di  fua  mordace  lingua ,  egli .  4' era  pi^ocacciaci  in  gran  nutnero) 
V  perfuadere  al  Granduca,  non  eflèr  bene,  che  quella  nobiliflima  fbnze 
fufle  dipinta  di  più  maniere  :  ne  efler  quella  di  Giovanni  di  tanto  pregio^ 
che  non  potefle  francare  il  conto  e  la  ^efa,  il  farla  buttare  a  terra,  e  ad 
altro  pittore  di  maggior  grido  dar  Y  incumbenza  di  tutto  il  lavoro  infietAe; 
come  fé  l'opere  di  Giovanni,  le  più  belle  eh'  e'  facefie  mai,  non  fi  fufler 
già  guadagnata  T  ammirazipne  d"  ogni  intendente)  e  come  fé  quegli  ap» 
paflionati  uomini  avefier  già  ottenuto  daHa  morte  un  ben  lungo  iàlvocon* 
dotto  per  quel  nuovo  pittore,.,  a  cui  dqyeafii  fecondo  loco,  qeeU'operA 
allogare,  acciò  non  maipiù  dovefle  fegui're  un  tal  difordine,  di  non  tarla: 
condurre  da  un  folo  pennello.  E  tanta  fu  appreifo  al  Grai^uca  loro  im* 
portunità,  che  alla  fine,  per  torfegli  d'attorno,  con  qualche  ben  fbnda<« 
ta  ragione,  egli  fece  chiamare  a  fé  Jacopo  da  Empoli >  il. più  vecchio» 
e  forfe^  il  più  fondato  in  di&gno,.  eh'  avefle  allora  la  città,  ed  in  tal  gui- 
fa  parlò.  Jacopo,  io  v'  ho  fatto  venir  qu) ,  per  fentire  voftro  narere,  ìa*^ 
quanto  io  &}i\Q  ora  per  dirvi  v  e  ^Qza  più  condu|felo  in  quella  ftanza; 

,    fccegli 


ì 


4^    Deitm.lUéllà¥èrt21.  ìMSeiKWm  a^^/  i  ^20.  ' 

iiaeegli  ineden  io  pidsn  1  <li  in^cmth  IqiiMiàfiKiiU» ,  è  dkdegU  t«m^ 
a  jpeiiftf  e«  rii^OM  LTfia^lìitllan^^iM^dò  in  «ni  oochlaca  fetmi^ 
toil  do9ìiMXQnc9V^odia(kWji^  $«renìÌ8Ì8io.  io  noAhobU 

iogno  di  cwipo  ft  riifOndere  »  e  qiiiAo  è  il  «io  Murera .  Dict  VoOra  AW 
ttasa»  che  chi  bitrima  Eacda.  Dtfic  alton  ipìii  fipientUiuno  PnincipOis 
Jwopo^  io  v'  ho  bello  «  inteib  ^  audace ,  perdiè  tamo  batterà  per  le  aie 
deliberazioni.!  e  "reflaxido  intatte  le*  beile  opere  di  GwvmnAi ,  fubko  fu  Um- 
so  al  cJuainarfi  i  ^  nopunaci  altri  tretmaéfiri^  jier  dar  line  alfe  pitture 
della  lala^  le  quali  ^om  fiaa0f)erdeferifircres  e^itiierat^  ci  a  fanno 
iiedere  ie  41K  iunetae^  dipinte  da  Cecco  Br^ro  niella  tetata  di  focto.  Nelin 
pcima  baegli  rapprefemato  (a  feconda  dei  poetico  concèctodi  Giovtnni  9 
iiocoa»  fbiQsro.  anche  gli  altri  due  pittori  )  il  Magnifico  Lorenzo  In  abi«^ 
co  coffe  (qiieMo  appunto,  che  ufa^alìdi  veftire  in  que'fnoi  tfinpi  dalGon-^ 
£dopiere«  allora  prima  dignità  dello  Stato  Fierencìno)  d'aitanti  al  quale 
fi  rappoefemano  la  Virtù  eia  Fama,  che  cocidueono  Apoflo  Colie  Mufer 
col  aorceggio  dell'altre  V^ircù,  dal  medefimo  Apollo  chiamate  dal  cielo} 
meotce  Lorenzot  in  atto  cortefe  e  benigno ,  ftende  la  deftra  mano ,  per  dar 
loro  adito  a  &  fteilb  ed  al  proprio  patrocinio:  e  nel  bafamemo  leggonfi 
iH^puenci  verfi; 

EJ  ec€0  aWomira  del  pia  vago  lanr^ , 

CVthbt  f  Ihere  0  le  Gangeticbe  onde% 

Lieta  ricovra  9  e  deUa  facra  ftonie 

Adomo  il  erin .  pia  che  di  geimna  e  iauro . 
Nella  feconda ,  è  lo  ftefie  Loreneo  in  piedi ì  in  tale  attitudine»  che  pare»' 
ciie  lo  rappnefeati  negli  atti  difuo  prudente  magnanimo  governo*  V*  è- 
una  vaga  femmina,  figurata  per  U Italia,  che  fi  Cpoglia  gli  abiti  guerrieri  ,- 
iftMtre  dal  cielo  fé  ne  viene  la  Pace»  per  coronarla  d'una  bella ghirl^n* 
da  d'  ulivo .  Vedefi  la  figura  della  Prudenza >  \\  carro  di  Marte  nel  fao 
Cielo,  ed  in  lontananza  fi  fcorge  chiufo  il  Tempio  di  Giano  :  e  nella  più 
bafia  parte  h  quella  infcrizione  :         :  * 

DifrmdewzM  t  fardi^^^nvaga  ef empio  t 

Lava  la/^da  a  Afyrìf^,  t  F  empia  face 

Sfegne  d  t^htto  •  e  per  lai  f  aurea  face 

Setra  di  Giano  il  farmidabìt  Tempio  , 
Nel  primo  degli  tre  iQmsj»  dalla  banda  delle  fìneftre  »  dipin{è  Ottavio  Van« 
ninilaFede,che  a  LoMnzo-addita  il  cielo,  onde  un  nggto  di  luce  fi  fpic- 
ca:  ed  4M  Angelo,  cK'è-quIviap^reflo,  tiene  il  libro  della  Sacra  Scrittura;. 
ed  in  aria  fono  AngelettivoleAftiv che*  tengono  ininano  Regie  ed  Imperiali 
corone  e  tkre  9  alkidentl  alla  gloriofii  fua  Fofteritià;  e  i^el  bafamento  è 

fjriteo;  , 

Sacre  ufoti  inalzò  con  regia  mano  > 

Qmndifiil  erin  di  due' Regine  r  Gigli' 

Fiorir  di  Senna^  e  quai  nipoti  e  figii 

Regnar  ^rkfifìifiàf  ^mo  e  in  Vaticano. 
In  altro  foazio  è  Loi'èhzd,  che^  fopra  nobil  fedfa,  nel  fuo  Cafino  da  San  , 
Adarco,  è-btrcoUdató  de  igeaki "numero^  di  gióvani ,  tenutivi  a  fbe  fpefe 

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tU'«6qnUb  f)fli^  UU' «riAé  «Ici}m;  dcv  ^ml^ .  t^^igcm^  in  ai«iK»  modelli  di 
xilieva..  «Itddi: ^bbricW*.  tiitn  fùa^e  e  oifegQi ».  rat ittre  il  ^vttistto 
MK:l)^LpSa^j»l,$i^on^rruoti,i^  8Uo.Q«flb  liOtiftì^  vedere to; fu» >l>dlUt«» 

.  ^  ,      '. .  «Afr^ff  ♦•rf^"  s^mmrér  mw  e Jnfrm^,» 
*  -  •  Jt'ffCoU  vicini  ed  ai  nmoii  i 

Ili  aJci^<)  ip^io  ni^la»^i9c  f«f«  vedere  la,  bella.  F]U»r»«  cock  «n  putto  t^preC? 
to^  «4  (9^'ioi^  di  frugai;»  6qti .  Acciatft/ki^^é^^  h  ftittf»  d<:M4  Fra» 
denz4:  OjelU  ffip^ripr  parte  Con9  4tte.9^ccÌ4<^:'|iiC(i!lr4glH«iuiàdeiiti«|l*jliM 
veazÌ9Qfr;^e  Cocca  è. ferino  ;  ,        .,  ^      -,  :  ;  ;,  i:  ;.-. 

^$ilìm.9*ikt  binubi  afmf  fig*^' ' 

.  Sc^  ^  tornar  l' 0ivint»rif 4  fMdf ,  ! 
popq  l«  dtfcriue  oof^e  del  VtMìmn9M.feg«9nale:du.eJtpjpc%cedeir  «Iti* 
ma.  ceda».  i^^%()e};pfnaeU»4l  PraQ^|G99(i^urinoK  t|  (|U4le  neUaiprìm» 
di  vfffò  U  ptazsa,  rti^preièntò  h  taPi^hfieleJb^ejÀc<yi(^AÌa;de' Letterati 
de}  MagnifWo  iiorenzo  *  ts.nut%  iitella,  Ant'-V^U^  Aia.itpffi^ .  •}/'  è-  Marlilio 
Pici  Qo  •  il  tico«  il  Poliziano»  vi  è;-  V  i^%  9«)i^>  ftatoa  ^\  Platone  >  per  entro 
la  quale  è  (crttco  4  Ptoionem  hudt^^rMi^^f/e  ^  mirar».  Sopi^  laWcdeltt 
medefima»  ov*  è  u)>a  bella  fen»mktWi».i^,n  iQohi. libri  »  in  uno  de*  quali  leg» 
oiì  le^  parole  ^^TiKt» ,  pR0ci.t»ìQÌiAi4^Vf  •  «4  lA  fitt  Akcoleggeft  i?MV«4 
el  bvCni^t^O  Cono  quatti  Vttrrif:)r:«>  ;•  ■•  >j  ;.  ;  .  ••• 
y- Mira, fftìifi  C^areg^iif IJ^imtmAf^r •'..-• ''-^   '- 

.M9rfìli»e/l.fii9^Aimii>n'^Wfp^ti\.i.\. 

Edi:,  i «il  «m^e  degH  Elifii  mini ^ 

Tanti  n'ekien giammai.  Tete  «dÀiem,. 
Termina  finalmente  col  bel  lavoro  della  f^tturft  e 'del  concetto  *  l*ulti<« 

X»  limette.^  alludente  al  cA(q  d^U%i9orce  a$}  MMnificot-  W  fannofi  ve-t 
dc^e  lè;^arcW'  HO»  4ell»r>q^»i»  We  fop»4  mi6ffo*  ìÀ  pui  è  fcrktot 
VtMTi^  jemfiPFf  p^<f.i-  iV' ^ 'il  fi^foef'.di  |i#eto  jrapprelTo  ti  qv^le  V»» 
deu  un  candido  Cigno»  clw;.i;if^  pend^BC«c|*l):^OfiQ  Dna  medaglia,  nellft 
quale  i  effi^ata  la  perlon^  dèlio  fteiio  t^enzp  >  ^  Cvo  notae  :  e  mofti4 
il  Cigno  dt  cavarla  da  qaeil'  qnda  neaica.  Ùf  Ptice  e  Aftrea  fé  ne  tor* 
nano  piangenti  in  cielo,  d'qnde  fBìccaQdod  MafK»  tutto  baldanzofo ,  di 
nu^vo-Cen  viene  ad  M>itat  If'l.fvi^  >  Acf^on^gnaiì^  al  fi>lito  il  penfitfo» 
efprelTo  ili  que^' ultimi  l^kf^ì^^»»  g^:<IPpfeir9  Ve<^fif 

^4^f€  t  eà  al  f'**'''^^'*^  i*  ^^t  atJÌÌ$Hik     i 

Ttrnan  doUm't ai.^fh  9A H  wmt  fi-^SMUi  ' 

Cig»i  Ftbel  ifainia  virti^de,  amatftip 

Ttlfer9  aW  inimi^  onda  Lfte0* 
Q^  finifce  il  beiliffi.-no  concetto,  fovvenutp  4  Giovanni*  per  ornamefiM» 
ddia  ~ 


l 


Regia  Sala,  e  per  efpre^oe  degli  egrog)  latti  dsl  gran  Lorenzo  de* 

Medici . 


%S  DemkU.MéPm:t.ielSecMdali6to,4d i6%o. 

Meìdici  •  Fsr  quello  poi  •  che  appartiene  all'opere  eondotte  dal  {ao  pennello  » 
cónciofliacpfachè  anche  quelle  degli  altri  pittori  non  lafcino  di  meritar 
Molta' lode  »  dicot  che  ib  rCccpme  dii  riuTcì  Petòlicare  lor  fignificato  e  i  Ppe<« 
tìci  ^enfieri  dell*  Artefice  ^  mi  fìiife  ftató  po0ÌDiIe  ii  far  conofcete  Io  ^iii^ 
to  e  vivezza»  con  che  egli  con  eflb  gii  accompagnò»  h  frefcheztà  del 
colorito»  che  le  fa  parére»  dopo  cinquanta  e  più  iEiTini»  come  fé  pur' era 
fuflero  fiate  dipinte;  crederei»  che  la  mia  penna  av^  operato  qualcofa* 
Ma  perchè  il  aar  retto  giudizio  di  sì  fatte  qualitadi  »  puèfiir  folamente 
colui»  che  con  occhio  erudito  le  yiddè  e  confiderò»  non  chi  folamente 
^e  fent)  ragionare;  però  a  quello  interamente  mi  rimetto.  Ma  io  non^ 
vorrei  »  che  per  efTermi  per -tanto  tempo  trattenuto  in  defcriVère  quefl^' 
beir  Òpera ,  portando  il  difcòrfò  in  (^ofe  tanto  nobili  e  tanto  Cerié»  fenzaì^ 
^ggiugnere  alcuna  di  quelle  baflezze  o  firavaganze  d'umore;  conche  il 
lìoflro  artefice  fu  fempre  folito  di  méfcolare  ogni  fuo  fatto  e  detto,  fufle 
per  parere  al  mio  lettore  d*aver  perfo  di  vifia  afi^tto  Giovanni»  e  poter- 
le reftare  in  dubbio  s' io  parlai  d'altri  o  pur  di  luì»  giuda  al  mio  a(Iunto« 
Fero  per  ovviare  a  tal  difordine  »  mi  convien  ponar  dui  una  po(:a  par- 
tè  delle  molte  cofe»  degne  di  rlfo  e  di  compaffione.»  che  feguirono  nei 
tempo  ch'egli  quefta  beli' opera  conduceva  :  le  quali»  cònciofliacofacfaè 
per  fé  ftefie  non  fi  meritinq^ l'approvazione  de' (aggi  e  prudenei;  non  è 
però  che  non  po(&n  giovare  »-pér  ben  faper  come  cohtenerfi;  a  chi  mai  fi 
porgeiTecongiunturaditrattare»ò  poco  o  punto»  con  uomini  di  tal  fatta. 
E  prima  è  da  faperfi  »  come  era  folita  la  clemenza  e  molta  bontà  del  Se* 
reniflimo  Granduca  Ferdinando»  benefpeflb  nell'ore  di  fuo  ripofo  dalle 
alte  cwe  del  governo  »  il  pòrtarfi  per  proprio  divertimento  al  luogo  »  ove 
Giovanni  dipigneva;  e  per  pigliarfi  guftò  della  prontézza  delXuo  fpiiftto 
e  bizzarria  del  fuo  cervello»  ìimmettev^alo  a  parlamento  di  ^e^alche  familia- 
rità» per  dargli  materià'di  dite:  ed  untf  Volta  gli  domandò  »come  i  canti- 
nieri di  Coree»  nel  fomminiftràrgli  la  folita  parte  »  tratcavanlo  bene  a  vino . 
Sereniflìmo  Signore»  rifpofe  Giovanni»  uno  di  loro  ve  n'è/che  mi  tratta 

Gualche  volta  bene  \  O  come  qualcKe  volta  »  e  non  fempre?  difle  ti  Serenif* 
mo .  E  che  ne  poflTo  Capere  lo?  rifppfe  Giovanni  :  fecondo  che  la  cócco^ 
la  gira  •  E1  Gr&nd4]ta  i  laU  eh  ^i^  ìquatlt'^ io  credo»  voi  nbn  avrete  còn^ 
lui'préfoil  verfò:  ^'vuoPèfieré  di  quando  ih  quando  fargli  un  ritrattino  a 
6  qualche  altra  <:ofa  dì  fitnil  fatta .  Seremflimo»  rifpofe  Giovanni»  s'ia 
ho  mai  ^  fare  il  ritratto  di  quello  cantiniere  »  i'  lo  vo'  far  co'  ricciolini  « 
Come  farebbe  a  dire?  diflfc  il  Granduca.  Voftr*  Altezza  or  ora  lo  vedrà  • 
E  fopra  un  pezzo  d'intonacò»  in  quel  punto» fece  il  ritratto  del  cantime- 
le tanto  Umile»  che  pareva  egU  ftéfto:  é  fopta  la  fua  teda  (lampo  un  bel 
par  di  corna:  con  che  diede  ax^uel  Prìitcipe,  per  buoiio  fpa  zio /matterìa 
da  ammirare  e  da  ridere  in  un  medefimo  tempo.  Era  folito  fpeifillime 
volte  un  Cavaliere  de' primi  della  Córte  SerentlTima»  nell*  andarfene  allo 
camere,  pafiando  per  quella  falà»  fermarfi  per  un  poco»  aprir  la  tenda» 
e  voltato  a  Giovanni  >  foleva  dire:  buon  sioitioMefò. Giovanni;  che  fa- 
te Mefs.  Giovanni?  e  intanto  dava  d'occhio  al  fuo  lavoro  :  il  che  per  al* 
tro  a  lui  non  farla  difpiaciuto»v  ma  la  cofa  di  quel  tueifere»  che  allora  dal 
■••••  ♦  volgo 


I 


GIOVANNI  DA  $..GÌ0VANN1.       49 

tolgo  ignorante  era  prefo  in  conto  d'un  titolò  plebeo ,  non  gli  andtva 
punto  per  lafantofia.  Avrebbe  egli  pure  voluto  potere  ancor  mof  cóme 
egli  era  folito  fare  con  ogn' altro»,  adoprar  le  zanne  contro  al  cavaliere; 
ma  il  rifpetto  dovuto  alia  dignità  di  fua  carica»  mette  vagli  la  mufoliera: 
e  (blamente  dicea  fra  fé  Aeflb,  pian  piano  borbottando:  Meflere  è  l'afino^ 


meflfere  è  Tafino:  e  defiderava  congiuntura  di  poterfi  in  qualche  modo  sto^ 
gare.  Portò  il  cafo  una  mattina  p  mentre  e' lavorava  in  lui  Parnafo»  e  di« 
pigneva  a  un  Demonio»  in  forma  d'arpia  volante  per  aria»  le  parti  bafle^ 
che  comparve  quivi  l' amico  :  e  falutatolo  »  al  fuo  (olito  gli  difle  :  E  fta« 
mattina  che  &  di  bello  mefler  Giovanni?  E  Giovanni  a  lui:  Quel  eh'  io  fot 
Signore»  ben  lo  vede  VS.  io  dipingo  una  coppia  di  Cortigiani .  A  que* 
fia  inafpettata  parola  quell'uomo  allibbi,  chiulè  la  tenda»  e  (è  n'  andò; 
ma  perchè  tali  parole  (uron  ben  (èntite  e  da'  muratori  e  da'  manovali 
e  da'  fervjtori  del  cavaliere»  e  forfè  da  altre  perfone,  n'andò  fubito  la 
voce  ai  Granduca  »  il  quale  non  (àppìamo  ne  cerchiamo  di  (àpere  ciò. 
eh' e'  dicefle .  Egli  è  ben  vero»  che  o  tuflefi  per  mantenere  la  dovuta  one* 
fià  a  quel  luogo»  o  perchè  coir  occafione  di  vederci  quella  figura  »  non 
8'aveife  per  tempre  a  mettere  in  rifo  la  perfona  di  quello,  per  altro  de- 
gniamo Gentiluomo;  Giovanni ebb' ordme  di  mutarla  in  altro»  iiccome 
fece;  ma  non  fu  per  queffo,  che  per  lungo  fpazio  di  tempo  la  Corte 
tutta  non  ne  ridtfle .  Perdoni  il  mio  lettore  alla  mia  penna  »  1'  aver  con«* 
tro  il  fuo  (olito  raccontato  quello  fatto,  anziché  nòt  fcorretto  e  fpiace« 
▼ole»  cavandone  quello  frutto i  cioè:  che  il  voler  talvolta  il  nobile  tan* 
to  panicolarizzare  e  difiinguere  fé  (leflb  co'  gran  virtuoii  »  negando  lo- 
ro, a  folo  titolo  di  maggioranza  di  naicita»  quei  cortei!  trattamenti  »  eh'  e^ 
fon  foliti  ricevere  dalla  più  parte»  oltre  all'odio  eh' e' ne  procaccia»  corre 
anche  pericolo  di  fcapitarne  nel  dovuto  rifpetto.   Aveva  poi  Giovanni 
incominciato  ad  affezionare  tanto  ad  un  gran  lavoro»  che  gli  era  dato  éU 
logato  da  un  principal  Gentiluòmo  della  città»  come  appreiio  racconte- 
remo »  eh'  egli  appoco  appoco  andava  trafcurando  quello  del  Palazsoa 
in  che  però ,  nel  bel  principio  »  dalla  clemenza  del  Granduca  »  che  anche 
gli  voleva  bene»  era  compatito.  Occorfe  una  mattina  in  fui  tardi»  in 
tempo  9  che  un  gran  cortigiano  »  di  profefliohe  legale  »  fiandofi  preflb 
all'Altezza  Sua  in  fui  ballatoio  del  Palazzo»  vedde  Giovanni»  checol* 
la  maggior  quiete  del  mondo  fé  ne  veniva  al  fuo  lavoro  »  e  voltoli  al 
Granduca»  glidilTe:  Vegga  Voftra  Altezza  a  che  bell'ora  viene  irpit-* 
tore  a  dipignere:  fé  la  cola  cammina  di  quello  pafTo»  creda  pur  T  A*  V* 
che  la  pittura  non  li  lìniri  mai;  bifognerebbe  pure  una  volta  parlargli  in 
modo  eh'  egli  intendefle  :  e  quando  V.  A.  così  fi  compiaccia  »  diane  la 
cura  a  me  »  e  ne  vedrà  l'effetto .  Che  volete  voi  fare  »  diffe  il  SerenilEmo? 
queft*  è  un  valent'  uomo»  e  cagionevole  di  fua  perfona  ;  e'  li  vuole  tal  volta,  da 
quefti  tali  fopportar  qualcoia.  Dice  bene  V.  A.  replicò  il  Cortigiano;  ma 
egli  è  tanto  oramai  eh' e'  vi  lavora» che  egli  arebbe  dipinto  tutto  il  Palaz- 
zo: e  feguitò  con  tanta  importunità  a  domandare  dì  fare  a  Giovanni  la 
bravata» che  finalmente  il  Granduca  Io  lalciò  in  fua  libertà»  circa  al  farla 
o  non  farla.  Di^  allora  quel  tale:  lo  non  poflb  ciò  fare  prima  che  ora^ 

D  tanto 


ctKt&più  ^iic:ì2LÙuL  CMrdnaftdiftwiaittiQft  nie  a»  Bofg»  b  MogmuMit 
featkà  poi  T  Altez»  Vofis»  $^  10  ni  iarò^  valete.  E  dito  umo^rw  ck&  il 
pittore  H  £u£b  Mcomodatoi  ai  dìfii^Miie  „  i  www  zil»  votea  àcm  Uhtt .  U . 
Gisaadaca  incanto^  chft  fpprava;  d'fti^es  a  vdtece  qualche  bel^laflcM  >  .di  «ic» 
«]».  %ie¥d  £uie  Gioraiuai^  aml&iadicor  aflè  pes  an  fegrete-  rigk» d^  ^ckb 
ikiwn  con. certi looi CQSttg^^  .efleq»fidop0>wia'pQita  ^àtàaoàlkwììm^ 
oadfepoca&.»fimzf  cfliet.  .wi^vot  ^bea  fenaire;  ogni  eola».  Eil  accod  Ui  Coittr 
gsoBUif  che  aecoflafiofii  aJilai  tiaub^»  diilo;  cont  iMce  bcft  ftfi£iiUt  :  Olir  olà  « 
AUbca  CxiAKairai».  dia  la  conobbe  heae  odia  yma:^  flSao&efi  zitfio»  edifleal 
seaaouiale^ehe  ncoi  fiacafle.  Replicò  U  comgiaiie*:  01à>  olà>  (èc&vai  pec 
eweatottra.  mcti  fardi  ?  do¥'  è  il  pk^aiae^.  chesnon* fi»  sial  neU«?  Alloca 
Giòiranitt  accenneadoal  manovale,,  gsìdh  kt  nncb  che  fr  faasUetfeodcd 
dalle  piaaza:  Va  »  e  vedlchir  è  quello  fciman^».  che  chiaeia  cmet  q^Uar 
bella  gcasìai.  Andò  il  manovale.»,  e.  veduto  il  Geaiiluomoff  e  sicenofisìii* 
telo».  nQn.rei»zeqAsalìehe  timoref.  paefibo  st^Ca  ai  Giovanoi:  Egli  è  quello» 
oliei  ìok  ciiiaoiana  il  $gnor  tale  »  che  eeccai  di  voi»,  e  vi  «oole  paelve . 
UUb  allom^GiovamilciM'  voce  pittala  che  mai:  Omà  r  v^ ,,  edi*  ai  Signoa 
taie,  eh/ efm' elicci  in  ièrai^v  ecoali  uà- altra  voltai  qoaadore'mivocc»»  e' 
ima»  acà  a  calcare  di  me.  Qual  fufl&  allora  la;  can&ifione  dai}  GeatUuoino » 
noac  cDsifiaeiie  addire:,  meo  ssicto.*  &  u' andò  aUe  ftanzot  e:  voiam  ree* 
ooncare:  ih  fèguico*;  qnaado  ìhOrsanduca^»  che  ^  ara  gimiìDO'  pcime^  di  lui. 
Ieaae<  la&iarlo  comiaciaise  at  dice  »  non  feaBa»  ìHm  fiisc  e  de<  vicini  corti^ 
^ani,  CQÀ  gli  pjirJàr:  Qraù^  dbct&r  mio,  pes  qual^vola  Waftefleavutau 
al  voficoi  conCQ>  infina  al*  finocchio  :  or'  impamte:  par  un'  a}a?a  voice  a^^  fae 
le  beavate  a'  pittori!.  E  cantar  oL  baitla^  aver  dcfiCo>mtamo  alle  folice  inezie, 
iilkte  dakBiocQce»  ancheneltwnpo  del  condurrei  là  bell'opera^  che  delcritsai 
abbiano .  Ma  la«  licenza,  di  Giovanm^i  in  ciò  aiie  fpetcava  ali*  operve  iia^ 
Falamov  amiinmè  ad  efier  poi  tale  e:  tanoi,  per  la  caufii  già  detta  »,  del*-* 
Vefibflfi  mùt  che  ordinariamente^  affezionata  ad  altro;  luogo»  Ct  ad  altro  la^^ 
vofa»  cne  quello  per  cui  doveva ^ivfiabilir  fuaioBtttnaf  per  ftropre  »  metcè: 
il  guadagno  dell'ite  pmtezione^  del  Granduca:,  fu.  poi  l'unica  cagione,; 
ohe  dopo  gran  rimproveri  avutine,  perfane  finalmente  la  grazia»,  pec  ec- 
ceffa  didoion  egli^fe  ne.morifle.   Ma  prima  di  dirne  i  {articolari;  piùi 
minutì  •  è  nece(&rio  eh'  io.  mi«  diffonda^alquanto  nella  narrativa  d*  uniatro , 
il  quale  nel  tempo  fteflo:  che  fiervirÀ  per  bafe  al  difcorfoi  di*  tal  materia<t 
i^erràtancocaperdkr  notizia  d*^alcxeopexe.di  Giovanni^  degniflime  d'ogni- 
lode. 

Viveva  aJIon  in  Ficenze  Aleflandoo  Bucci  ».  nobiliflimo  Gentiluo*» 
ao»  e  nej^ùmte  molto  ricco  »  d'  animo^  ^  generofo,  e  tanto  ami» 
-CO.  delle:  beli*  arti  »  mianto  moilrano  1'  egregie  fabbriche,  fatte  da  luii 

£r  entra  la^  città  e  Iuqiì^  Qsefli»  volendo  abbellire  itfuo  palazzo  da^ 
n  Michele  Vìfdomini»  preifo^  alla  cantonata  di  via  de'  So^ri»  loo|(a 
appunto  r  ove  in^  ftacTco  tempo».  £uQri  delle  vecchie  mura  della  citità% 
erano  le  caie  della:  famiglia^  de*  B^agi^  dico  quella  gran  {Mfte  di  eflb  w^ 
lazao  »  che.  edificatai  da^  Aleflandra»  e  (bea.  poi  ne'  prefenti  tempi*  notabilr 
mente  arcicGliìei  di  nuova,  iecotata  eaocQicione  ai  modt>«  Romano,  con 

dilegno 


VWi^4Nm  DA  S.  QÌÙVANNL       $t 

idBiSKnD  4i  fUolb  Ppieonieri;  lirtMfiffitto tkmfieis^  ydiao  GentBQmd» 
4eM  Caaen  4d  SemiSflK)  Gandsca  »  dt  <^:  Lnoeiizo  Bned  £&- 
potè  néel  oiecMN&o  Aieflifìdfo.  Vofando*  éì^,  egfi  abbeUbdb  coa|itRip- 
senobili;  b^ui^BMoA  delta  bdb  oMiueca  di  dBpij^Mtt  a  ffisCbii  db  Qkwaaé- 
jni  :  «  «TMolè  «  fe^  onte  iepfìe  allettarlo 'OoUe  AfSMSk  jnmiece.»  ck'naii 
fumprte  di  te  satserafe  ,  e  condoni  ezianxfio»  che  Ibrecta  ora  :eft>imft 
molto  gcaade  amicizia,  £icil  oofa  gli  fa^ioi^  non  fato  conébgttiie  fiu  ìa- 
te^eo  nelle  saelte  inMiife ,  ma  H  ^laclf^naiielo  per  modo^  cihe  ìben  piiò 
diflli  »  ch«i€dU  iieil'  operare  "per  lulf  delle  icoque  (fioori  cotto  fé Ac^^  jd»- 
'ine  &noo  chiaramente  Tad«»  ié  pecore  medefime ,  che  ioia  le  ièganena. 
•  In  un  camerino  teoreno::  è  una  finirà  4'  nn  moro  lèdente  •  col  saottx^ 
Oméids  fMO$rilÌMj  In  eoo  fpanio  (f  noacanieM  s  terreno^  iè  dì  fiia  mano 
^na  Venere  f  che£b|Mai  miv^  gfazio&iaenee  rìpoCà,  ed  in  anamannaìft» 
ne  nn  naAro^^o»!!  ciìi  Con  le^iee  due  xu>lambe.  fiellUfioia,  quanto  ian 
ft^  opera  di  «mano  di  Giovanni ,  ftimafi  k  'fiderà  .della  <}arica ,  rappiefett-^ 
tata  in  altro  "^azio  in  un  fidocto  terceap  :  nella  qual  pittura  »  comecché 
4aol€o  gli  piacefTe,  voHe  icrivuoii  proprio  nome.  Salite  le  nobili iicalo 
del  palaaeOf  ttovafinn  incetto»  ove  nd  bel  meTSo  della  volta  è  cb pinta 
'Ja  Fama.  Qnindi  entrandofi  nella  gran  lab  vedefi  in  un  grande  fpazio  »  m 
veduta  ài  loeto  in  (il»  Apollo  tei^  nuvole»  col  coro  delle  Mule  co*  lor 
fimboU,  of)eni  bella:  e  non  è  de  tacerfi  quanto  occorfe  a  Giovanni  nel 
dipigne»  qna^  fpaS'io.  A  ve  vaio  e^tì  gii  tirato  a  fine»  e  fcopeno,  ma 
con  e(jpfeConed*ttn  penfiero  afl&i  diverfo  da  quello,  che  vi  fi  fcorge  al 
prefence  «  Quefto  tal  penfiero  al  Pucci  non  fini  di  piacere  ;  ma  per  non 
ndarfi  del  proprio  giudizio  t  fecelo  vedere  a  più  amici  pittori ,  ed  altri , 
i  quali  tutu  ritrovo  dello  fieflb  umore  t  cioè;  che  Giovanni  in  queir  ope- 
ra fufle  òuicito  aflàt  min(M:e  di  ie  fieflb .  Allora  Ale&iidro»  volenido  ferale 
xase  colf  «nico  pittoce»  (enam  punto  defraudarlo  delP  opera  £aa  »  una  mat-* 
Cina,  prima  che  egli  fi  portaflìe  al  lavoro  (  il  die  faceva  entrando  in  un 
certo  pergamo  o  bfgoncia  che  cogliamo  chiamarla»  che  tirata  da  imo  n 
fommo  della  danza,  per  mezzo  di  due  grofie  funi  ^  che  penetravano  per 
due  fori  la  vc^a  medefima,  fervi  va  al  pittore  in  luogo  di  palco,  giacché 
per  eflèr  égli  podagrofo  molto ,  non  poteva  per  falire  valeni  del  piede  né 
delle  gambe)  entrato  Aleffandro  in  quella  bigoncia  medefima ,  protU 
vitto  d^  un  pìcool  vafo  pien  di  gefio  da  imbiancatori  ,  ^con  un  ìmà 
groflb  pennel  io ,  in  fu  quel  lavoro ,  ancor  non  del  tutto  fecco ,  fece  nflìd 
afregi,  e  tutto  di  quella  material' imbrattò;  poi  fattofi  ealare  abbaflb*  pre^ 
ie  pofto  dietro  ad  una  portiera  della  fala ,  onde  dovea  peiflaxe  Giovanni  nel 
venite  ad  operare  nelP  altre  camere.  Comparve  Giovatmi:  ed  appena 
meflb  il  piede  in  fala,  e  veduta  la  nuova  e  bella  faccenda»  diede  in  al 
pazze  fmanlct  e  mandò  fuori  tanto  veleno,  e  ai  villane  parole  adoperò ^ 
jper  obbrobriefamenfìe  qualificare  qualunque  vi  avefie  avuta  mano,  che  H 
iencirlo  fu  codi  degna  di  tifo  e  di  compaffione .  Quando  il  Pucci ,  con  un 
dolce  rifo  e  con  cento  feudi  in  una  mano»  ofcìdel  fuo  ripofHgfio»  ed  a 
Giovanni  in  si  fiuta  guifa  parlò  :  Giovanni ,  voifiipete,  ch'io  vi  vobo- 
ne  :  or  fapniace  anoom  t  aie  nel  ctuidur ,  che  voi  fiicefle  ^qudl'  o{ier4 
^^  Da  (checche 


5 1  Decéfin.  Il  dell»  Piùtt,t  delSec.  V,  dali  Sio*étit  dio. 

• 

(checché  a  voi  sie  fia  pàrutó)  voi  non  riuibifte  puAcò  lodevole r  cà&$ 
che  a  me  non  folo»  ma  ad  altri  ancora  di  miglior  godo  di  me»  a  chi  io 
confidentemente  la  feci  vederci  diede  sì  &tta  ammùrazione»  cheìoviddi 
in  gran  cimento  il  credito  del  voftro  per  altro  molto  valore  nell'arte  vo- 
ilràx  al  che  aggiungete,  che  per  effer  qiiefla,  per  ragion  dei  luogo  fiefib, 
la  pcincipal  pittura t  con  che  io  pretefi  d'abbellir  quefla  mia  cafii;  non 
io.  con  quanto  onore  e  voftro  e  mio  io  avrei  potuto  mofirarla,  ftandofi 
così.  Quefte  ibn  tante  doble»  che  &nno  appunto  cento  delle  noftre  pia» 
fire  Fiorentinesche  tanto .^fe  non  meno,  voglioio ,  ciò  non  ottante»  filmar 
h  voftra  fatica:  e  pender  voftro  fia  il  disfar  la  già  fatta*,  e  farne  un'  altra; 
che  il  mio  làrà  di  nuovamente  fodisfarvi.  Quefte  foàvi  parole  d*  Àieflan* 
dro,  proferite  ira  lo  fplendor  di  quell'oro,  ebbero  tanta  forza  appreflo 
èl  pittore,  che  in  breve  rimafe  quieto  »  finché  paflandoii  fra  lor  due  d' uno 
In  altro  difcorfot  fi  meATe  la  cofii  in  burla:  e  Giovanni  con  gran  fbr- 
Tore  diede, mano  a  far  la  nuova  pittura,  che  è  quella»  di  che  foprà  abbia- 
mo ragionato,  che  al  certo  menta  luogo  fra  l'altre  fue  cofe  più  belle» 
Dipinie  anche.  Giovanni  in  un  bafkmento  della  teflau  di  guelfa  fala  una 
biga  a  due  cavalli  di  finto  bafibrilievo»  della  fua  folita  maravigiìofa  inven- 
2ione,  che  non  refta  di  parer  veramente  rilevata ,  fintantoché  la  non  fi 
tocca.  In  una  cantonata  della  medefima,  entro  un  tondo #  dipinfe  anco^ 
xa  di  chlarofcuro  giallo  un  iàciro  in  atto  di  federe,  fonando  una  zampo- 

fia,  che  pure  apparifce  di  vero  rilievo,*  ma  quefto  coU'occafione  dell'  ef- 
rfi  ultimamente  mutata  una  porta  ,  fu  c«n  gran  diligeiiza  fegato  dalla 
.tiarete  del  muro,  per  collocarlo  altrove.  In  un  falotto,  che  fegue  dopo 
la  fala  »  rapprefenco  Giovanni  il  Giudizio  di  Paride .  Nello  fpazio  della  ca^ 
•mera»  che  chiamano  della  Cappella,  colorì  la  figura  della  Notte,  con  va- 
xie  altre  figure:  ed  in  quefk' opera  pure  ferifle  il  fuo  nome.  Nella  carne- 
«a,  che  fegue  dopo  quefta,  dipinfe  l'Aurora,  in  atto  dt  fparger  fiori:  e 
v?  è  Titone  che  dorme ,  Segue  poi  la  terza  camera  ;  e  quefta  pure  è  or« 
naca  d' uno  fpazio  t  in  cui  vedeu  di  fua  mano  Latona  per  aria ,  che  tiene 
apprefib  i  fuoi  figliuolini  :  e  v'è  Apollo  e  Diana ,  Nella  quarta  camera 
fanno  bella  moftra  di  fé  Venere  colle  tre  Grazie ,  che  fpargon  fiori  t  ed  in 
mezzo  è  un  Amorino ,  che  appoggiato  ripofe .  Abbellifire  finalmente 
4*  ultima  ftanza  un'  altra  pittura  di  Giovanni  ;  ed  è  Orfeo  ,  che  libera 
^Euridice  dall'  Inferno:  e  preflo  vedefi  il  Cerbero:  tutte  figure,  che  con 
lìon  ordinaria  efprefiiva,  e  di  terrore  e  di  forza,  fanno  apparire  il  bel 
concetto  di. Giovanni.  Ed  è  da  notare ^  che  tutti  gli  ornamenti  delle 
pitture  di  quefto  nobile  appartamento,  con  certi  termini  fatti  di  buon  s»- 
ito  9  fonoo^re  del  fuo  pennello.  Non  finiron  qui  gì' impieghi  del  noftro 

Sittore  avuti  dal  Pucci  ;  perchè  egli  medefimo  conduflelo  più  volte  ad  una 
elle  fue  belle  ville,  detta  Cafignanot  preflb  di  tre  miglia  dalla  città,  ove 
fecegli  dipignere  a  freibo,  d' architetture ,  ftatue  ed  anticaglie ,  una  bella 
^otta .  Ed  eccoci  al  termine  della  da  noi  fatta  lunga  digreflione ,  affine 
*^-  far  fapere  il  perchè  la  grand' opera  del  Palazzo  Sercnimmo  fu  a  Gio- 


^vanni  caufa  della  morte.  Sappiafi  adunque, che  in  quel  tempo  appunto» 

cji' egli  la  conduceva  I  occoriegUr 


efler  chiamato  dal  Pucci  :  il  quale  aven- 
dolo 


^    V 


GIOVANNI  DA  S.  GIOyANNL       fi 


diotofedafa  rt  pronto  td  teeetctt  iba  commtfionc  »  e  poi  sapendo  éSBtrttm 
co  Ugnm  CMipo»  ch'egli  in  fuo  ferrigio  impiegava,  diedefi  t  credere»  o 
cfete^  Giovanni  per  lo  le  voto  del  Palaaao  non  tenefle  ordini  molto  pref» 
fiinti  t  o  pttre%  che  per  natura  della  cofa  ilefla»  e%ìi  bene  fpeflo  o  non 
potefle  o  non  dovefle  applicarvi i  né  vennegli  mai  in  mente,  ch*MÌi  pow 
cefleeflTer  ak  poco  avveduto,  che  dovefle  venirgli  fatto  il  tanto traicurar, 
Gom'ei  fece,  i  reverendi  precetti  dei  Sovrano.  La  verità  p^rò  fi  fu»  cho 
Giovanni  »  innamoratofi  •  per  così  dire ,  delle  dolci  e  cortefi  maniere  di 

3uel  nobileGentilttomo,  attendeva  quali  dei  continuo  ad  operar  perluU 
L  quefloattgiungevafi»  che  in  quel  tempo  fteflb  era  domeftichiflimo  nel*' 
b  cafa  d*AieflandrOi  e  come  miniftro  primario  de'fuot  negózj  bancarj# 
Niocolòdi  Merlotto  da  Gagliano,  giovane  di  tal  valore  nel  fuo  mintfiero. 
e  di  al  nobii  tratto,  che  quantunque  affai  mancaflegli  per  eff'er  nobile  di 
nafcita ,  era  egli  giunto  contuttociò ,  non  folo  ad  edere  univerfalmento 
accettato  in  tutte  le  pubbliche  e  private  converfìaionl  de*  nobili  ;  ma  ad 
eflervi  anche  fampre  defidento.  Bravi  ancora  in  molta  grasia  d'Aleflandrai 
Giovanni  Bilivert  celebre  pittore, e  Piero  Curradi,  fratello  del  pittore  ct«^ 
Valter  Corradi^  il  quel  Piero  all' in trinfeca  amictzia  col  Pucci  aggiunge^ 
va  il  lèrvizio  di  foprintendere per  lui  a  tutte  le  fue  fabbriche.  Ora  il  no- 
ftro  Giovanni ,  occupato  bene  Ipeflb  in  trattenimenti  di  giuoco  e  di  uvo^' 
la ,  nella  cafa  di  Firenze  e  nelle  ville ,  in  una  s)  fatta  converlaaione ,  fi  tro*: 
vò  con  eflk  a)  forte  legato,  eh' e' pareva,  eh' e'  non  fé  ne  potefle  allonca* 
nare  per  un  punto;  onde  fra  quefto  e  le  continove  occafiont  d* operare, 
eh' egli  aveva  dal  Pucci,  con  ricche  ricompenfe,  egli  incominciò  i^  raf^ 
freddarfi,  ed  a  far  di  belle  paflàce  nel  lavoro  della  (ala ,  e  particolarmente 

auando  la  Corte  fi  portava  a  Pifa  e  i  Livorno,  o  alle  Ville*  Ebbe  però 
a  principio  la  clemenza  del  Granduca  Ferdinando ,  che  (limando  fua 
virtù,  tenevalo provvifionato ,  e  davagli  la  parte,  folita  allora  darfi  a'phk 
intimi  cortigiani,  ebbe,  dico,  in  fui  bel  principio  compaQìone;  anzi  non 
di  tutto  eufto  fentiva,  che  talora  egU  da  qualche  miniftro  fuffe  riprefb. 
Ma  la  cola  finalmente  giunfe  a  tal  fegno,  che  appreflàndofi  il  tempo,  che 
l'opera  doveva  efièr  finita,  né  vedendofi  ella  puntò  avanzare,  gli  awifie 
le  correzioni  incominciarono  a  farli  più  frequenti  ;  ma  ciò  non  giovando^ 
volle  un  giorno  quel  Serenifiimo  averlo  a  le»  e  con  un  parlar  da  grande  r 
oltre  a  i  rimproveri,  co' quali  fecegli  conofcere  fua  contumacia,  e'I  prò-» 
prio  giufiifiimo  fdegno,  lo  dichiarò  decaduto  dal  (ervizio,  e  conl^uente^ 
mente  privo  de'foliti  regali  e  della  provvifione  ftefla.  Quale  redatte  il  pit« 
tore  allora,  non  è  cos)  ftcile  a  dire.  Il  fatto  peròfu»  che  un  tal  difpiace** 
re,  fé  non  gli  tolfe  di  fubito  la  vita,  almeno  fece  sh  ch'egli  aflai  pretto 
fufle  colpito  dalla  morte;  contribuendo  a  ciò  anche  non  poco  quella  ftra* 
vaganza  di  cervello,  con  cui  egli  avea  fempre  menati  i  fuoi  giorni;  e  an- 
dò la  cofa  nella  fetuente  maniera .  Aveva  in  lui  la  forza  dell' apprenfionet 
in  cui  egli  era  caouto  a  cagione  di  sì  fìitca  novità,  cagionata  gran  perdita 
de' ripou  delia  notte;  onde  il  cadere  delle  fue  fiulTtont  fecefi  di  gran  lun« 
ga  maggiore  del  folito ,  e  più  veemente ,  portandofi  quelle  a  ftagnare  nel 
neftro  ginocchio  :  idove  s'accrebbe  al  fattamente  H  dolore»  «h'  egH  nòAr 
T  D  j  pi^ 


puì  CfOvavb  po&  )  e  giorno  Aliotte  gridava  a  gran' voci.  Allora  GìUvinfiia 
per  trovare  tlle^eriinento  al  proprio  male,  accennefi  all'  i)fo  mal  confi^ 

tliaco  de*  rìmedj  de'  montam banchi  >  valendoli  or  d' uno ,  or  d'un  altro; 
nchèi'  offefà  furte  i  irritata  a  gran  fcgno  da  quegli  inipiafliri ,  fcoperfe  una 
pertinace  cancrena,  la  quale  in  non  molta  lunghezza  di  giorni  e  pelle  « 
jcarrie  e  nervi  corrofe  e  divorò*  fempre  portando  al  mifero  Giovanni  un 
diipetato  Tpafimo.  finché  giunfe  a  feparargli  dal  ginocchio  e  dalla  cofcia 
tutta  l'intera  gamba;  ed  a  lui  finalmente,  fra'  lamenti  e  fra  le  firida>  toi- 
fe  la  vita .  Occorfe  la  fua  morte ,  dopo  avere  con  fegni  di  pentimento  ri- 
cevuti i  Sacramenti  della  Chiefa ,  alli  6.  di  Dicembre  dell'  anno  i6iS. 
E  quivi  m\  fa  luogo  9  portare  una  chiara  riprova  di  ciò«  eh'  io  a  princi- 
pio accennai,  che  le  llravaganzci  le  leggerezze,  le  maledicenze, e U beffa- 
le altruii  non  furono  in  quefl'uomo  parto  d' intera  malizia,  ma  iibbene 
d'ima  certa  qualità  di  natura,  di  poco  giudizio,  e  di  mancanza  di  educa- 
itione  avuta  a  principio:  e  la  riprova  è  quefta:  che  Giovanni  coftìtuico 
ia  grado  di  morte»  confeflb  e  pentito,  non  abbiamo  notizia,  che  facefle 
60D(egnare  alle  fiamme  il  fuo (corretto  libro  de'  RagguégU  ài  Parnafo»  del 
quale  egli  per  avventura  non  avea  formato  altro  concetto ,  che  d' una  buo- 
na cofa  :  ìf  che  fece  poi  la  fua  prudente  conforte .  Tale  fu  la  fine  di  Gio- 
vanni da  S>  Giovanni ,  e  lègul  in  una  fua  piccola  cafa  di  flta  folita  abìta- 
xione,  in  Borgo  San  Piero  in  Gattolino,  prello  alla  chiefetta  chiamata  Ser 
'Umido,  fiella  quale  fu  al  fuo  corpo  con  umile  funerale  dato  rìpofo. 


CAVALIERE 

blO  LORENZO  BERNINO 

:     SCULTORE ,  ARCHITETTO ,  E  PITTORE 

'Dtfiepoh  di  Pietro  'Bernino  fuo  Padre ^  nato  1598.  ■$•  1680. 

va  l'anno  i  (S81 .  primo  dopo  il  pafiaggio  a  vita  migliore  del 

cocelebreGio.LorenzoBernino,  di  cui  io  ora  ho  prefo 

arlare  \  quando  li  fempre  gloriola  memoria  di  Criflìna 

{ina  di  Svezia  (  alla  quale  egli,  non  meno  di  quello  fuffb 

ti  vircuofo  grande  del  fuo  tempo,  per  fua  ìnCgne  virtù 

x»  cariflìmo  )  ebbe  vaghezza .  che  oltre  a  quanto  ì  opere  fue 

egregie  di  Scultura»  Architettura,  e  Pittura  in  Roma,  ed  in  altre  parti 

parlavano  di  lui ,  parlaflero  anche  le  carte  \  acciocché  a  i  pui  lontani 

eziandio  giungelìeró. attesaci  di  fuo  valore:  e  che  con  quello  dcflefi 

maggiore  ftabilìmento  alla  fua  fama  ,  affinchè  collo  {correre  de*  fecoli, 

«Uà  non  m^i  un  puiuo  perii  pocefie,-  onde  volle,  che  ie  ne  fcriveffe  in 

i.  parti- 


qiO:  LORENZO^ ERNINO.        s^. 

KrdcoUie  U  yìct .  E  quantunque  non  mancaflero  a  quella  gran  Regina* 
iterati»  che  per  quefio  folamente  di  dovere  obbligare  le  loro  penne  a' 
fervigj  della  Maefiè  Sua,  farebberfifiimaci  contenti  (non  fo  perchè,  né 
a  quale  oggetto,  fé  non  fu  per  dare  al  mondo  un  memorabile  fegno  di 
fua  clemenza)  ella  volle,  che  a  me>  per  mezzo  di  degniffimo  Prelato,  ne 
fìilTe  per  fua  parte  dato  il  penderò  e  la  fatica;  né  contenta  di  ciò,  volle, 
ancora»  che  1*  opera  venifle  a  lei  mcdefima  dedicata.  Cofa,  che  obbligò 
me  a  portarmi  a  Roma  quafi  appofta ,  e  per  proftrarmi  a'  piedi  di  Sua 
Maefia^  per  riceverne  anche  dalia  viva  voce  i  più  efpreflì  comandi,  e  per 
vedere  cogli  occhj  proprj  l'opere  più  belle  della  mano  di  tale  artefice: 
ed  infieme  per  cominciar  diprefenza  le  pratiche,  che  poi  tornato  alla  pa« 
tria  mi  occorfero  dontinovare  per  lungo  carteggio  con  molti ,  che  li 
contentarono  di  procacciarmi  belle  e  fincerìATime  notizie  della  perfona 
di  tal' uomo:  e  particolarmente  col  tanto  rinomato  Architetto,  ftatofuo 
carìffimo  Diièepolo»  Mattia  de' Roffi  Romano,  chener  lo  fpazio  di  ven- 
tìcinque anni  collo  fteflb  maeftro  pperò,  e  fino  a  che  durò  fua  vita  con 
filiale  amore  il  feguitò .  Tantoché  efiendomi  poi  venuta  (cricta  fedelmen- 
te sì ,  ma  non  lo  già  con  qual  felicità  di  dite,  efia  vita  :  ed  avendola  a 
Sua  Maeflà  dedicata,  ella,  fotto  la  condotta  d'un  tanto  nome,  s'andò  di« 
latando  si  attamente,  che  pochi  efemplari  oramai  ne  rimangono  in  mio 
potere  ;  fèbbene  non  lafciano  per  quefto  d' efTervene  molti  e  molti  in  altre 
parti;  ma  però  flati  da  quella  in  di verfo  idioma  trafportati.  Io  però  af* 
finché  non  reftino  i  mia  Decennali  d' avere  in  fé  fra  gli  altri  la  notizia  di 
quello  artefice,  che  a  gran  ragione  per  molti  fi  conta,  ho  voluto  fiire 
della  già  da  me  fcritta  vita  il  feguente  tiretto  compendio,  nel  quale  porrò 
brevemente  la  ferie  de'tenipi»  colle  più  principali  azioni  del  Bernmo  e 
coll'opere  fue , rimettendo  il  mio  lettore,  aefiderofo  di  maggior  notizia ,  adi 
efla  vita,  la  quale  già  fono  dieci  anni»  che  infieme  con  una  Apologia  a 
difefii  di  lui ,  in  ciò  che  appartiene  a'  lavori  fatti  fotto  la  Cupola  di  S.  Pietro^ 
ed  infieme  col  ritratto  al  vivo  del  medefimo,  e  con  altre  figure  va  per  te 
flampe. 

Fu  Pietro  Bernini  Padre  del  Cavaliere,  di  non  ordinario  grido  nella 
Pittura  e  Scultura:  per  apprendere  le  quali  arti ,  di  Firenze  fua  Patria 
partitofi  da  giovanetto  >  e  andatofene  a  Roma»  quivi  fotto  la  difciplina 
del  Cav.  Giufeppe  d' Arpino ,  in  fervigio  d' Aleflàndro  Cardinale  Farnefe, 
e  d'altri  molti ,  nell'  una  enell* altra  profeflione  lodevolmente  adoperoffi  i 
'"  '*      ■  .      ..    .    •       'unno  fcritto,  troppo  più  note  fono  ^ 

nvitato  pofcia  dalla  fperanza  di  mag# 


le  di  cui  opere,  perciocché  altri  ne  hanno  fcritto,  troppo  più  note  fono  ^ 
che  meftier  faccia,  che  fé  ne  parli .   Invii 


venne  intanto ,  che  difegnando  Paolo  V,  di  far  fare  un'  iuoria  grande- 
di  marmo,  per  collocarla  nella  facciata  della  Cappislla  Paoh:  e  volendofi 
in  ciò  fervirè  dell'opera  di  Pietro»  ottennelo  da  quel  Vice  Re.  Giunto  a 
Roma  con  fua  numerofa  famiglia j  vi  ferino  fua.Aanzai'  ofid^  fedeli  a 

D  4  "  Gio. 


$6  DecennJldeMa?anA.ddSec,V.dati6io.èli6io. 

Gió.  Lorenzo  il  figliuolo  grande  tpercurt  di  spptgar  fuo  genio  in  cpiefe 
beirartt»  nello  fiudio  delle  maravigiiofe  fculcnre  della  vecchia  antichità,  e 
del  gran  Michelagnolo  »  delle  gnnd*  opere  di  Raffaelloi  e  deUe  dspende  aiu 
t}c][itflifne  architetture.  La  priimi  opera  »  che  uficiflè  dal  foo  fcarpello  in  Ro* 
ma,  fa  una  tetta  di  marmo ,  ficuata  nella  Chirfa  di  Santa  Potenziane  ;  airen* 
do  egliallota  il  decimo  anno  di  fua  età  appena  compito.  Per  Ja  qual  cofir 
maraviglioiamence  commoflb  Paolo  V.  dal  chiaro  grido  di  Cotanta  virtù  ^ 
eòbe  vaghezza  di  vedere  il  giovanetto:  e  fattofelo  condurre  d'avanti, 
gli  domandò  »  come  per  ifcherzo,  fé  aveiTe  faputo  fargli  colla  peniu  une 
tsftas  e  rifpondendogli  Giof  Lorenzo  i  che  tefta  voleva  ?  ioggiunfe  il  Pon*^ 
tefìce  :  Se  coal  è  %  le  fa  far  tutte;  e  ordinatogli  che  ficelTe  un  S,  Paolo,  gli 
die  perfezione  in  mezz^ora,  con  franchezza  di  tratto  libero»  e  oon  fom- 
mo  diletto  e  maraviglia  del  Papa  •  11  quale  fopnimmodo  defiderofo ,  che» 
le  virtù  di  Gio:  Lorenzo,  ancor  tenera  e  di  frelco  nata»  fuflè  damanoau«* 
f orevole  foftenuta  e  promoflTa  a  quel  grado  d' altezza ,  che  le  promettevano^ 
ifati}  al  Cardinale  Mafieo Barberino,  grande  amatore  e  femore  delle  let» 
fere  e  delP  arti  {»ù  nobili  (  che  quivi  allora  opportunamente  era  foprag-^ 
gtmito)  ne  commife  le  curàf  ordinandogli  ftrettamente,  che  non  puref 
con  ogni  diligenza  agli  ftudj  del  Bernina  affiftefle,  ma  deflè  loro  eziandio 
calore  e  fomento,  che  gli  ftéfiè  come  mallevadore  dell' inl^e  riufciia,  che 
ék  lui  6  afpectava .  B  dopo  averlo  con  dolci  parole  confortsto  a  pTo&« 
gmr  di  buon'animo  la  incominciata  impreia^  e  regalatolo  di  dodici  meda-* 
glioni  di  orof  che  furon  tanti  quanti  potè  pigliarne  con  piene  mani ,  tì^ 
^Ohoel  Cardinale  ydifle  vaticinando;  Speriamo»  che  quefto  giovanetto  deb- 
bediventafe  il  Michelagnalo  del  fuo  fecoto .  Non  atidò  molto» che  Jacopcr 
9c^  Montoja  deliberò  di  ornare  col  proprio  ritratto»  da  fcolpirli  nel  mar- 
*o,  il  ìuogo  dì  fua  fepoltura  nella  Chtefa  di  S  Jacopo  degli  Spagnuolt  t 
ed  al  noilro  giovanetto  artefice  diedene  l'incumbenza.  Condufle  quefti 
un  ritratto  eoa)  al  vivo  5  che  non  fu  mai  occhio,  fino  e  quefti  noilri  tempi 
•he  non  ne  Cupide  :  e  avevalo  già  nel  fuo  luogo  collocato»  quando  ailài  Car* 
dinali  e  altri  Prelati  vi  fi  portarono  appofta  per  veder  si  bell'opera.  Tre 
fuetti  uno  ve  fu»  che  difle  :  Quefto  è  il  Montoja  petrìficato:  né  ebbe  egli 
Appena  proferite  quefte parole»  che  quivi  fopraggiunfc  lo  fteflb  Montoja. 
Il  CardinaleMaffeo Barberino»  poi  Urbano  Vili,  che  pure  anche  ellb  era 
eoli  quei  Cardinali,  fi  portò  ad  incontrarlo  »  e  toccandolo  difle:  Quefto  è 
il  ritratto  di  Monfignor  Montoja  :  e  voltofi  alla  ihitua  :  E  quello  è  Monfìgn* 
Montoja.  Dopo  queff  opera  ebbe  a  Dire  la  tefta  con  bufìo  del  Cardinale 
Bellarmino , che  fopra  il  venerabii  fepolcro  di  auel  gran  Prelato  nella  Chie^ 
le  del  Gieaii  fu  collocata:  e  fecevi  appreflb  fa  figura»  che  rapprefenoi  la 
Religione .  Anche  la  Sentità  di  Papa  Paolo  V.  volle  di  mano  di  lui  il  pro« 
prio  ritratto,  dopo  il  quale  ebbe  a  (colpire  quello  del  Cardinale  Scipione 
Borghefe  fuo  nipote  ;  e  già  aveyjalo  quau  finito  »  quando  a  cagione  d'  un 
pelo  (bopertofi  net  marulo»  che  occupava  il  più  bello  delle  firoote,  fi  rifoU 
ve  di  farne  un  altro ,  che  riufc)  al  bello»  che  lo  fieflò  Bemino  vedendolo 
infieme  eoi  Cardinale  Antonio  Barberino  »  dopo  quaram^anm  $  ebbe  e  dire 
^uefie  paiole  t  Oh  «loamo  poco  proétto  ho  fiicco  io  netl'  arce  deUa  icultore 
'  .  inali 


CIO:  LORENZO  BERNINO.         57 

in  ù  Ittngo  corib  d^anm  ;  mencca  io  eonokép  che  <k  fiincioUo  ikianeggitir« 
il  marmo  iiv  quefib  modo  ! 

Cerrtvt  «gli  incanto  il  qQifidictfimo  di  ftM  eci»  quando  e^fece  je^ 

dere  fcolpka  di  fua  mano  la  figura  di  San  Lorenzo  (opra  la  graticola» 

par  Leona  Strozzi,  che  fu  polla  nella  lor  Villa:  e  poi  pel  già  nomina*^ 

co  Cardinale  Borghefe ,  la  dacua  dell'  Bnea»  che  poru  il  ?ecchio  AnchU' 

fé»  figure»  anziché  nò,  maggiori  del  naturale  :.  e  fu  quefta  la  priaia  opera- 

grande,  ch'egli  facafle,  nella  quale»  quantunque  alquanto  della  maniem. 

dì  Pietro  luo  radre  fi  rìconofca  »  non  lalcia  però  dì  vederfir  per  le  belle  av#> 

vertenze»  eh* egli  ebbe  in  condurla,  un  certo  avricìnarfiaiteneroe  vero». 

al  quale  fino  in  queir  età  portavi  lo  l' ottimo  gufta  tuo,  ciò  che  nella  ce^^ 

(la  del  vecchio  più  chiaramente  campeggia.  Onde  maraviglia  non  è»  che 

lo  ftello  Porporato  di  fubito  gli  ordiniS^  una  ftatua  d'un  Davidi  di  non 

minor  grandezza  della  prima.  In  ^ueft*  opera  egli  Toperò  di  gran  lun« 

ga  fé  ftdio;  e  conduflela  in  ifpazio  di  fette  mefi  e  non  piai  mercechè  eg^L 

fin  da  quella  tenera  età,  come  egli  era  poi  (olito  dite»  divorava  il  marmo» 

e  non  dava  mai  colpo  a  voto;  qualità  ordinarìa^non  de* pratici nell*  arte,. 

ma  chi  all'arte  ftsfia  a'>  €itco  fuperiore.  La  belliffima  leccia  di  quefta  fi*. 

gurzt  ch*esU  ritrafie  dal  proprio  volto  fao#  con  una  gagliarda  increfpa- 

tura  di  cigfk  allo  'n  giù ,  una  terribile  fiiTazione  d' occhi  $  e  col  marderfi 

con  la  mandibula  fu  peneri  tutto  il  labbro  di  focto^  jb  vedere  maraviglicH 

fimente  efpreflò  il  giufto  fdegno  dei  giovane  Ifdraelita  9  nell'atto  di  vo«^ 

ler  con  la  frombola  pigliar  la  mira  alla  fronte  del  Gicante  Filifieo  ^  ìik 

diflimile  rifoluzìone»  fpirito  e  forza  fi  Icorge  in  tutte  raltre  parti  di  quel 

corpo,  al  quale,  per  andar  dispari  col  vero^  altro  iwn  mancava»  cM  il 

moro.  Ed  è  cofa  notabile,  che  mentre  egli  la  (lava  lavorando,  a  forni- 

glianza  di  fé  medefimo  ,  lo  fteflb  Cardinale  Maffeo  Barberino  volle  ^ixk 

volte  trovarli  nella  fua  ftanza  ^  e  di  Tua  proprfat  mano  unergli  lo  fpecchio  » 

Ma  il  Cardinale  Borghefe,  a  cui  ptrea  per  avventura ,  ficcome  era  vora^^ 

mente,  d'avere  in  queAo  artefice  ritrovato  un  ceforo»  non  permefle  mai 

ch'egli  fenza  alcuna  bell'opera  >  da  farfi  in  proprio  fuo  fervizio,  firimanef. 

fé.  Coaìebbe  egli  a  fare  il  gruppo  delh  Dafne  col  giovane  ApolloiC  quells 

in  atta  d' eflèr  trasformata  in  Allòro ,  che  riufdi  lavoro  sì  marav%Uofo»  cho 

fs  poi  fiunpre  detta  la  Dafne  del  Bernino:  ed  egli»  che  ancora  diciott^an*^ 

ài  non  avea  compiti ,  nel  camminar  eh'  e'  dceva  per  la  città ,  era  da  tutti 

gusfdato  e  additato  per  un  prodigio  deir  arce.  Ma  perchè  la  figura  della 

Dafne,  quanto  più  tenera  e  più  vivai  l'occhio  cafto d'alcuno  menoof* 

fender  poteile  ,allorchè  da  qualche  morale  avvertimento  ella  venilFe  accom» 

pagnata»f  altre  volte  nominato  Cardinale  Maffeo  Barberino  »  operò  che  vi 

fuUe  fcolpito  il  feguente  dtfticò sparto  nobile  di  fila  eruditiffima  mente  1 

Fronde  mavus  impiett  hiciéi  ftu  €éi^ph  ^maras. 
Seguita  la  morte  di  Psolo  V.  ed  efaltata  alla  foprema  dignità  Lodovifioi 
detto  poi  Gregorio  XV.  ebbe  a  farb  fino  a  tre  volte  il  ritratto  di  lui  >  fra  in 
bronzo  e  in  marmo .  Provveddelo  quegli  di  ricche  penfionii  e  fecelo  Ca« 
valiere  di  Crifto .  Brevi  furono  i  giorni  di  qutfto  Fenteficé  ;  dopo  il  quale 

fuaf* 


£u  alTiinto  Barbermdj  che  £u,  Ui^bano  Vili:  il  quale  Cubito  aruco  in  &  il  ' 
Cavaliere»  gli  parlò  in  quella  forma  :  E'^gran  fortuna  la  voftra»  o  Bernhioi . 
di  veder  Papa  il  Cardinale  Maffeo  Barberino;  ma  aflai  maggiore  è  la  no- 
(Ira  ,  che  il  Cavaliere  Bernino  viva  nel  noftro  Pontificato.  Fecefi  fare  in 
marmo  e  metallo  più  ritratti  difua  propria  perfona.  Ad  iftanza  dei  me«. 
defìmo  fece  la  grand*  opera  di  metallo  in  San  Pietro»  intorno  al  luogo» 
che  diciamo  la  Confeifione  «  Voile  che  egli  per  due  anni  interi  attendefle 
agli  liudj  di  Pittura  e  Architettura»  difegnando  di  far  dipignere  a  lui 
tutta  la  Loggia  della  Benedizione.  Ebbe  il  Bernino  in  ricorapenfa  del  bel 
lavoro  della  Confeifìone  »  in  cui  avea  confumati  nove  anni  »  diecimila  feudi  t 
con  alcune  penfioni:  e  per  due  fuoi  fratelli»  un  Canonicato  di  San  Gio- 
vanni Lateranote  un  Benefizilo  di  S,  Pietro.  Fece  poi  la  bella  Fonte  di 
piazza  Spagna  »  col  bel  concetto  della  nave  $  con  var)  cannoni  di  batteria , 
che  gettano  acqua  per  entro  la  medefima;  fupplendo  con  tale  invenzio- 
ne al  mancamento  dell'  acqua  fteiTa»  che  in  quel  luogo  avea  pochiifima 
alzata  dal  fuolo .  Accompagnò  il  bel  capriccio  del  Bernino  Io  fteflò  Pon« 

BeUka  Pontifi€ummnfundìi  machina  flammés  9 
Std  dulctm^  belli  qua  petit  ignis  »  aquam . 

Fece  anche  in.  quel  tempo  la  Fonte  di  piazza  Barberina»  col  Glauco  colia; 
conca  fonante,  dalla  quale  fcaturifce  l'acqua»  e  tre  Delfini»  che  reggo-' 
no  la  pila .  Ad  iftanza  pure  d'  Urbano  adornò  le  Nicchie  de*  piloni  »  che: 
leggono  la  Cupola  di  San  Pietro»  dove  poi  furon  collocati  i  quattro  Co*' 
lofli  di  marmo»  dico  il  Longino»  opera  di  Gio.  Lorenzo  »  il  Sant'Andrea  del 
Fìammii^o»  la  Santa  Elena  del  Bolgia  e  la  Veronica  del  Mochi .  Fece  la. 
fiàtua  della  Santa  Sabina  per  la  Chiefa  della  medefima  in  luogo  detto  Ai 
Vrfum  pileaium. 

Correva  V  anno  1639.  quando  egli  a'  conforti  dello  fteflb  Pontefice 
pafsòaftato  matrimoniale  «e  lì  accasò  con  Caterina»  figliuola  dì  Paolo  Ter* 
zio»  Segretario  della  Congregazione  della  Santillima  Nonziata»  uomo  di 
molta  bontà»  colla  quale  viilb  poi  trentatr^  anni»  e  ne  riportò  nume- 
ròfa  figliuolanza .  Diede  poi  mano  al  difegno  del  Palazzo  Barberino» 
del  Campanile  di  San  Pietro»  e  della  facciata  dei  Collegio  de  Propa^ 
ganda  fide.  Scolpì  il  bafibrilievo»  fituato  fopra  la  porta  maggiore»  che  è 
quando  Crifto  dice  al  Principe  degli  Apoftoli:  Pafce  oves  meas.  Fece  il 
difegno  e  modello  della  Conteflà  Matilde  :  e  intagliò  il  bel  ritratto  di 
marmo  di  Gofianza  Buonarelli»  che  oggi  vediamo  nella  Galleria  del  Se- 
reniflìmo  Granduca.  Fece  il  difegno»  e  tutta  la  grande  opera  del  Sepol- 
cro d'Urbano»  col  bellifiimo  ritratto  di  bronzo  dello  fteflb»  e  la  bella  fi« 
gura  della  morte»  col  fuo  gran  libro»  in  atto  di  feri  vere  a  lettere  d' oro  il 
nome  di  quel  Pontefice:  alla  quale  opera  applaudi  T  elevato  ingegno  del 
Cardinal  Rapacciuoli  »  co'  feguenti  verfi  : 

Sernin  sì  vivo  il  grand"  Urtano  bafimo^ 

E  sì  ne^duri  bronzi  è  Pa/ma  imùrejfa. 

Che  per  $orglilafe%  la  morse  (sejfa 

^  Si0  Jutfepokro  a  dimofirarlo  eftinso . 

Fu 


;      GIQ:  LORENZO  SE RNINO.    \   59 

Ftt  qu^ft'CFpera  ilupinda  jncomiDqiaca  duf  anni  avanti  la  morte  d'  Urba-> 
l^ano»  <9  fcoperta  circa  a  trema  mefi  dopo  che  egli  fu  andaco  al  Cielo  :ì 
«ciò  fu  ajla  prefenza  de)  fuo  Succeflbre  Innocenzip.  Né  io  voglio  lafciara 
4i  portare  in  quello  luogo  un'arguta  rifpofta,  che  diede  il  Bernino  a  per* 
(pnaggio  di  alca  condizione»  poco  amico  dicala  Barberina»,  che  la  itavi 
guardando»  prefenci  altre  perfone.  Aveva  il  Bernino ,  per  una  certa  biz^ 
zarria,  e  non  ad  altro  fine,  figurate  in  qua  e  in  làibpra  il  depofito  alcuna 
Api,  alludenti  all'arme  di  quel  Papa.  Offervolle  il  peribnaggio»  e  dilTe: 
Signor  Cavalier  j  VS.  ha  voluto  colia  (ituazione  di  quelle  Api  in  qua  e  ia 
là,  modrare  la  dìfperfione  di  cala  Barberina  (erano  allora  le  perfone- 
di  quella  cafa  ritirate  in  Francia)  ai  che  rifpofe  ii  Bernino  ;  VS.  però  pu^ 
ben  fapere,  che  le  Api  dìfperfe  ad  un  fuono  di  campan^ccio  ii  tornano 
a  congregare;  intendendo  della  campana  grande  di  Campidoglio,  chefuona 
dopo  la  morce  de'  Papi,  Divolgatofi  femprepiù  la  fama  di  quell'artefice» 
più  Potentati  d'Europa  incominciarono  a  defiderare  l'opere  lue  «  La  prima 
tuEnrichetta  Maria  Regina  d'Inghilterra,  che  con  fuadp'itf.  diXìiugno» 
richiefelo  dèi  ritratto  del  fuo  conforte  Carlo  I.  V  infelice  Ke  d' Inghilterra  :  - 
e  a  tale  effetto  gli  mandò  un  bel  quadro  di  mano. d'Antonio  Vandich, 
dove  vedeafieflbRe  ili  tre  vedute  ritratto  al  vivo.  FeceloegIi,e  mandol- 
Io  a  quel  Potentato.  Veddelo  la  Maeftà  della  Regina»,  la  quale  defiderò 
eflere  anch' efTa  ritratta  per  mano  di  lui;  ma  le  turbolenze^  poco  dopo 
inforte  in  quel  Regno,  non  permeflero  che  ciò  fi  facefie ,  Ebbene  però  a 
fare  uno  per  un  Cavaliere  di  Londra  »  che  veduco  il  bel  ritratto  del  Re» 
fi  portò  a  Roma  appolla  per  tale  effetto:  ed  ebbene  onorario  di  feimila 
feudi.  Ebbe  poi  a  fare  ancora  il  ritratto  del  Cardinale  di  Richelieu. 

Correva  V  anno  1644.  quando  il  Cavaliere  con  lettera  del  Cardinale 
Mazzarrino,  fu  chiamato  dal  Re  a  fiarfene  in  Parigi»  con  promefia  di  do* 
dicimila  feudi  di  provvifione;  ma  F amore  eh'  ei  portava  all'ancora  viven^ 
ce  Pontefice  Urbano  »  fecegìi  recufare  V  invito .  In  quedo  tempo  incornine 
ciarono,  colpa  dell'  invidia,  contro  il  noftro  artefice  varie  perfecuzioni» 
a  conto  deji'  opere  d' architettura ,  fatte  da  lui  nella  Bafilica  ai  San  Pietro, 
che  cagionarongli  per  lungo  corfo  di  mefi  affanni  eftremi,  lafciando  do- 
po di  loro  fralla  minuta  gente  di  gran  fufurri ,  che  fon  noti,  e  che  da  noi 
furono  nella  fopraccennata  vita  puntualmente  deferirti  1  intorno  a  che  ad 
«OTa  vita  ci  rimettiamo»  ed  all'apologia,  con  che  a  giuda  e  intera  difefa 
di  lui,  l'abbiamo  accompagnata  .  Mentre  tali  cofb  feguivano»  non  lafciò 
egli  di  far  vedere  femore  parti  più  belli  del  fuo  ingegno.  Tali  furono  il 
difegno  della  Cappella  del  Cardinale  Federigo  Cornaro»  nella  Chiefa  di 
$anca  Maria  della  Vittoria  de' Carmelitani  Scalai  ;  e'I  mirabil  gruppo  deU 
la  Santa  Terefia  coli'  Angiolo»  che  quivi  a'  ammira.  Ad  iftanza  d' Inno- 
Cenzio  X.»fece  il  difegno  della  m^ravigliofa  Fonte  di  piazza  Navona»  ini 
mezzo  alla  quale  trafponò  il  grande  dbelifco  co'  i  quattro  fiumi  princi*" 
pali  del  Mondo:  il  Nilo  per  l'Affrica»  opera  di  Jacopo  Antonio  Fancelli; 
il  Gange  per  l'Afia  »  fatto  da  Monsù  Adamo:  il  Danubio  per  1'  Europa» 
fcolpito  da  Andrea  detto  il  Lombardo:  ed  il  Rio  della  Piata»  che  fu  da 
Francefco  Baratta  intagliato^  .fopra  il  quale  e  fopra  il  Nilo  diede  però  con 

f UQ 


^0   Ù€camAldeSaFmJJtlSt^.V.iiali6iù.ali6io. 

ftto  r<:irptllo  adii  eolpl  il  Httmlm».  Ih  ^titfti  ceÉip}  il  Duca  di  Modanà 
Fctiìceico  da  Efte  volle  di  maii6  dai  Bemino  il  praorio  ritratto  »  il  quala 
condotto  a  ptriaaione»  egli  «andò  al  Duca  t  ad  ebbene  in  tanti  afganti' 
onorario  di  valore  di  tremila  Toudi;  mentre  a  Cofimo  Scarlatti  t  fattiiltara' 
dal  Cavaliere,  che  V  andò  a  eonregnar^,  furon  donati  dugento  Ungberi. 
Circa  queftotùcidefifno  tempo  di(de  egli  compiinento  alla  grande  e  belliflir- 
ma  ftatua  della  Verità  fcoperta  dal  Tempo,  che  oggi  fi  ammira  in  cafa  i 
fuoi  eredi;  ed  era  fua  intensione 41  Are  ancora  la  ngura  del  Tempo  dio 
la  fcopre  i  a  effetto  di  che  aveva  egli  provvido  un  grande  e  belliffimo 
marno i  ma  tale  fuo proponimento,  a  cagione  dell'altre  fue  occupazioni» 
AOA  poti  avere  effetto»  onde  il  marmo  rimafe  tale  appunto,  quale  em 
ftato  tratto  dalla  cava.  Fu  intanto  veftito  della  Sacra  Porpora  Monfignor 
Fabio  Ghigi,  onde  ebbe  occafione  il  Bernino,  che  foo  amiciffimo  era  • 
d*  impiegarli  per  effo  nella  refiaurazione  della  Cappella  di  Tua  cafa ,  nella 
filale  dopo  Tua  efakazione  al  Pontificato ,  fece  il  bel  gruppo  di  marmo  deU 
PAbacuch  coli* Angiolo,  ad  il  Danielle  fra'  Leoni;  ed  m  quel  tempo  pu<» 
fé  diede  princioiò  con  fuó  dUègno  al  gran  Palazzo  di  cinque  facciate  per 

10  Principe  Lodovlfio  in  piazza  Colonna,  che  poi  per  mone  del  Papa  ri-i^ 
mafc  ionperfetto:  e  conduffe  ad  iftanza  del  Re  delle  Spagne  Filippo  IV. 

11  gran  Crocifiilo  di  bronzo,  che  ebbe  luogo  nella  Cappella  de' Sepolcri 
de'  Re .  Intanto  fu  egli  dal  Pontefice  Aleffandro  dichiarato  fuo  proprio 
Architetto  e  della  Camera  :  eofa  che  non  gli  era  occorfa  per  avanti  negli 
altri  Pontificati;  perchè  ogni  Pontefice,  avendo  proprio  Architetto  di  cafa 
fua,  a  lui  voleva  tal  carica  conferire  ;  coftume,che  poi  dagli  altri  Pontefici* 
dopo  Aleffandro,  non  fU  feguitato,  per  lo  rifpetto  phe  ebbero  alla  fin« 
ffoiar  virtù  del  Bernino  i  onde  egli  fine n  e' viffe,  fempre  ritenne  tal  carica» 
Inre  che  in  quefio  Pontificato  aveffero  in  certo  modo  loro  comincia- 
mento  l'opere  egregie  del  Bernino;  manoiandremole,  per  fuggir  lun- 
ghezza, folamente  accennando.  Una  fu  il  gran  Portico  della  piazza  di 
San  Pietro.  Neil' ordinare  quefta  fabbrica  volle  valerfi  della  forma  ovata» 
difcoftandofi  in  ciò  dal  difegnodiMichelagnoIo,  afiine  di  più  avvicinarfi 
al  Palazzo  Apoftolico,  e  di  meno  impedire  la  veduta  della  piazza  dalla 

rrte  del  Palazzo  fabbricato  da  Sifto  V.  col  braccio  comunicante  colla  fca« 
regia ,  che  fu  pure  opera  del  fuo  grande  ingegno.  E  fucofa  maraviglio^ 
fa  il  vedere ,  che  nello  fteffo  tempo  eh'  egli  tirava  innanzi  auefta  gran 
fabbrica,  a*applica(Ie  altreaì  a  condurre ,  per  ordine  del  Pontence»  il  bela- 
lo ornato  della  Cattedra  di  San  Pietro,  co  i.gran  Colofli  di  metallo  t  rap. 
prefentanti  i  quattro  Dottori  della  Chiefa:  gli  due  Greci,  Gregorio  Na* 
zianzeno  e  Atanafioi  a  gli  due  Latini,  Agoftino  ed  Ambrogio*  Queftt 
con  grazia  inefplicabile  fofiengono  una  bafe ,  fopra  la  quale  ena  Cattedra 
leggiadramente  fi  poft:  ed  è  da  ammirarfi  in  quello  luogo  l' infuperabil 
pazienza  del  Bernino,  il  quale  di  quefio  gran  lavoro  fi^ce  di  tutu  [uà  tùu 
tio  i  modelli  di  terra .  Bd  effendogli  ì  Cololfi  riufciti  alquanto  piccoli g 
non  ifdegnò  di  quegli  metterti  a  fare  di  nuovo,  della  grandeaza  appun- 
to, che  ora  fi  vedono  in  opera.  Per  ordine  dello  fteffo  Pontefice  tece  il 
Teinpio  e  la  Cupola  a  Caftel  Gandolfo  ;  il  Tempio  alla  Riccia»  Feuda 

dell' 


»    ► 


€fO:   lORBNZO  BERNtNO.        €i 


deH'EcceìIifìtiikcaraGhigi:  ^tÉelIodiSànf  Andrea  a  MontectvtIlo»N<^ 
viziato  d^  Fedire  Geftiiti.  Remuro  la  Ghiiela  di  Sanca  Maria  del  Popolo  > 
e  la  vicina  porta  della  città.  Erede  la  fabbrica  per  T  aggiunta  del  Palaz* 
zo  Quirinale  per  la  famiglia  del  Papa  •  Adattò  con  bel  concetto  la  Sala 
Ducale  p  in  modo  che  poteflTe  comunicare  colla  Sala  Regia  «  Edificò  un 
Palazzo  dell'  Eminehtiffimo  Cardinal  Qhigi  :  •  VArfènate  di  Civitavecchia  ; 
e  la  Oailefia  e  Facciata  verfo  il  mare  del  Palazzo  di  Caftei  Gandolfo. 
CKtrc  alle  ftatae  dell' Abacuch  e  Danielle  per  la  Cappella  de' Chigi,  delie 
quali  fopfa  abbiamo  fatta  menzione  »  fcol pi  ad  inftanza  d' Aieflàndro  un 
San  Girolamo  ed  una  Santa  Maria  Maddalena:  fece  il  modello  della  (ta- 
tua di  lui,  che  fu  pofta  nella  Cattedrale  di  Siena,  afliftendo  ad  Antonio 
^flggi»  detto  il  Lombardo»  fuo  difcepolo,  che  la  intagliò:  e  diede  luoga 
in  pie  della  fcaladi  San  Pietro  (  avendolo  già  condotto  a  Duo  fine)  al  gran 
Coiofib  di  marmo  del  Cofiantino  à-  cavallo. 

S'  accrebbero  le  fortune  del  Bernino ,  colla  comparfa  a  Roma  della 
Real  Maeftà  della  Regina  di  Svezia,  la  quale  già  per  l' innanzi elTendo  pie«- 
na  d'alto  concetto  del  valore  di  lui,  noniafciò  poi,  finch*  ei  vide,  con 
alTettuofiflìme  dimoftranze,  d^  onorare  il  fuo  merito.  Venuto  Tanno  1^64. 
al  modo  Romano,  volle  anche  la  Maeftà  del  Re  di  Francia  Luigi  XIV* 
far  conofcere  quanta  dima  ei  facefiedel  noftro  artefice ,  colla  chiamata  di 
fua  perfona  a  Parigi ,  per  fargli  vedere  i  difegni,  dati  fiitti  colà  da'  ^U  va«* 
lorofi  Architetti,  per  dar  fine  al  magnifico  edifìzio  del  Lovre;  acciocché 
dopo  aver  vedute  in  Roma  le  piante  mandategli  a  tale  effetto  appofia, ne 
facefib  di  fua  mano  il  penfiero,  per  portarli  poi  a  metterlo  in  opera. 
Molte  furono  le  lettere,  e  di  Colbert  primo  Miniftro,  e  del  Re  ftefib  alla 
Santità  del  Papa  per  ottenerlo ,  ed  al  Bernino  per  averlo ,  ed  al  Cardinal 
Ghigi ,  che  per  brevità  tra tafcio^  avendole  con  più  minuto  racconto  nota« 
te  nella  fopraccennata  Vita  con  loro  rifpoftè  >  infieme  con  quanto  occorfe 
al  Bernino  dall'  Aprile  166$.  che  fegul  tua  partenza  pef  Frància,  fino  al 
fuo  ritorno,  e  co^  nobili  onorar}  riportati  da  quella  Maeftà  (della  anale 
anche  fece  unbeliiflitno  ritratto)  e  con  quanto  eziandio  occorfe  nell'oc- 
cafione  di  tale  bella  manifattura ,  degno  al  certo  d' eterna  memoria .  Mor-> 
to  il  Pontefice  Aieflandro,  efucceflb  a  lui  Giulio  RofpiglioG,  che  fi  chia* 
mò  Clemente  IX.  che  pure  era  flato  grande  amico  del  Cavaliere,  volle 
iinch'  efib  onorarlo  con  non  minori  dimoftraztoni  di  ftima .  In  quefto 
Pontificato  eibbe  egli  a  finire  il  bràccio  del  Portico  verfo  il  Sant'  Ufizio  ; 
la  cordonata  alla  (cala,  che  noi  diremmo  padiglione  o  fcala  a  baftoni, 
d'avanti uUa  Bafilica  di  San  Pietro:  abbellì  il  Ponte  Sant'  Angiolo,  con 
ftatue  d'Angioli,  portanti  gli  ftrùmentì  della Paflione  del  Signore, e  fecevi 
balauftrate .  Aveva  egli  condotto  di  fua  mano  due  de'medefimi  Angioli,  per 
dar  loro  luogo  fra  gli  altri  fopra  di  eflb  Ponte;  ma  non  parve  bene  a  Cle« 
mente,  che  opere  sì  belle  rimaneflero  in  quel  luogo  all'  ingiurie  del  tem^ 
pò ,-  che  però  fecene  fare  due  copie  :  .e  gli  originali  deftinò  ad  cfler  podi 
altrove,  a  difpofizione  del  Cardinale  Nipote.  Ciò  non  ottante  il  Bernino 
ne  fcolpl  un'altro  fegretamente ,  che  è  quello  che  foftiene  il  titolo  della 
Crocei  non  volendo  per  verun  modoi  che  un  opera  d'un  Pontefice, 

a  cui 


6%  DecmM.èài§fmt.lMSi(rV>4a^ 

^ora  della  Iva  judo  .  C»^  uk^tOf^  9(BMa^  '«ìl^^eTO  cooi^^xM»^  e  diUé  :  la 
iMSfsa,  CamtkM^  toì  in»  y^^  J»«w^ware  ^  i^r  fare  un^  altra  copia  ^ 
£  qui  coB&iexi  il  mio  lectosd»  «I\e  il  ^oftrp  afitefice  cpniUtuho  in  (età  ^e- 
cnepiia«  ifi  jipa^  di  4ui^  aiw4«4iftn  jpiÀ».  oonduflTe  le>d\ie  lUtiie  ili  ovu:^ 
iiiio  imentf  aflaiAagcu»»  d^lMjtsfttyle.»  CfiTa;^  cbe  a'  più  incendenti  deir 
>  anet  iiiainbra  a^eiae^i*  aiP9«dìlyAl^c^  Pian^  jn^oaìtp  &oina  e  U  Mondo 
ciitto»  ia  bacete  idi  Cks»eA%s  J^*  ^  AlPCCO^iP:  il  .Cai;dinale  Exnijio  Aluecl^ 
con  nome  cU  Clenence  X«  (^^  per  la  £iia  £cavi$ma  età  di  ottantuno 
«mo»  noA  pece  caricarfi  del  igf^wxQ  d'edificare  e  di  abbellire  la  cittàs 
ciò  cbe  al  Bomino  diede  «ccafiene  £  dare  alia  ^eqfie  e  al  coi:|>o  fuoigual* 
cke  rif«Kfi>  dair  iBce0anci  frticl^e  ^durate  a  (¥>piia  ì^enefizibo^»^  per  lo  cer- 
io di  diedi  aani  e  pii^^  $^  laft^ip  par  q^efto  la  geoerofii»  del  Cardi.^ 
naie  Altieri»  Nipote  del  Papa,  di  Yakr|i  :in  quanto  potjb  dell' opera  del  no- 
Al»  artefice  #  fèQfMfidqgli  liir^  il  xifratto  di  Sya  Sas|tità^  e  la  bella  Aatua 
^Ua  Beata  jjodovica  Aib^màaii»  in  atto  di  morire:  U  quale  a'aimnira  ogfi 
Jietia  ionrQolii  Ci^peila  vf^  $a^  ]?rancefco  a  Ripa .  In  quefio  goyerno  fece 
ogUaMQCa  il  paviiQen^Q  il^marmo  iniftio  dei  Porticele  di  $aa  Pietro  :  e  1 
Oharip  di  meuUo  e  lapiÀ?z«li  per  la  Cappella  del  Sacramento  >  con  gli 
due  ioifeli  pure  di  mefaUai  in  aftto  di  adorazione  del  Corpo  di  CriCb^ 
«he  10  eflà  fi  coiìferva;  e  vedefi  anche  la  bella  Tavola  dipinta  dal  Bernino# 
e  non  da  Carlo  Pellegrino  Tuo  diCpepolo.»  cofloe  fi  dice  per  ognuno:  nella 
iiual  Tavola  rapprefentò  fatti  di  S.  ^auri^o.  Qùefia  polla  a  fronte  delle 
beli' opere 4Ìi  fcukura  dello  fteflb  artefice,  lafcia  in  gran  dubbio»  St  egti 
f>iiì  nella  pittura  o  nell'  arte  ftatuaria  facefle  rifplendere  il  acme  (vo. 
Aasiunfe  anche  a  ^uefta  Cappella  »  confup  dìfegno  %  il  pavimento  e  la  ba- 
iaimratR  .  Aveva  d  Cavaliere  Bernino  >  fino  in  vita  d' Aleflàndro  VIL 
fatto  il  difiMEno,e  modellato  tatto  di  £imì  mano»  del  Sepolcro  di  lui  »  per 


iioiitifluao Cardinale  Nipote»  ma  dal  m^defimo  Alefiàndro  :  il  quale  di  più 
glie  ne  avea  pronicflb  r  intero  pi^amento  ;  onde  mancato  Clemente  X. 
ed  afiunro  alla  Pontificia  dignità  Innocenzio  XL  egli  applicatovifi  di  gran 
]»Fopafito,  lo  conduflè  a  fine.  Mpdrp  in  quello  (epolcro  il  Cavalier  Ber« 
nino  la  fplita  vivacità  del  fuo  ingegno^  Situandolo  in  una  &^^  nicchia • 
«a  luogo  appunto  ove  è  lima  iKurta^  per  la  quale  continovameme  fi  pdla; 
lèrveadofi  di  edà  così  bene  al  Tuo  bilogoOj»  che  quello»  che  ad  altri  urek-^^ 
be  potuto  parere. grande  im^pedimento >  a,  lui  ièryì  d' ajuto»  anzi  fu  x>ecei^ 
Cario  requifito  per  efiettuare  un  fuo  bel  penfierp.  Finfeegli  adunque»  che 
la  porta  fufle  coperta  da  91^  gran  <K>ltre»  che  egli  intagliò  in  dtafpro  di 
Sicilia:  apprefiTo  figaro  in  dorato  metallo  la  morte,  che  entrando  per  efifa 
porta»  alza  la  coltre»  colla  i^uale  »  quafi  yergognofa,  fi  cuppre  la  teda»  e 
porgendo  un  braccio  infuon  verfo  Ja  figura  di  Papa  Aleflandro  (il  quale 
egli  fece  vedere  di  (opra  inginocchiato  Mi  fignra  di  marmo  {>el  doppio  del 
naturale)  dimoftra  con  un' ortvuolo  in  mano»  ^à  efier  finite  l'ore  fue. 
Da  i  lati  nella  pili  baila  parte  veggonfi  due  grandi  fiatue  di  marmo»  rap* 
prefentanti ,  V  qna  la  Carità  \  V  alcca  la  Verità .    Quella  era  interamente 

ignuda» 


r  :    '  GIÙ:  tÓkBmO  SEXNINÙ.        ^5 

che  le  &ceTa  actorna  la  colere ,  e  4rf  $oi»  eie*  le^  cèprmi  hd  ia(  poca  il 
pbtco ;  ma  perchè  femminsf  nuda,  bcAcSiè  di  feffo,  ma  p»:6dìr  mano  del 
S^rnioo,  non  bene  fi*  eoti&eél^  collh  oaBdkdtZMdef  penficri  ddl^  allora 
tàccavia  Regnante  Pofieeficef  InneiceniwìtLpijBbik^^ 
mente  incenderei  cfitt  fòrebfte  Anco  di  feognfto  /choeft  BesÉónor  nel  imr- 
db  che  m^iùte  a  Axf  lufle  iMiruta,  Tovefl^  aln^uaiito»  piii  rioopesta.  Bg^ 
di  fubico  le  fece  mitr vefl!e^ di  ffletallo»  ItKjwkefin&dibi^co  a  fomi^ 
glianza  del  marmo:  cofa  che  a  lui  fu  di  inelplicabile  penllero  e  fatica» 
per  eflergli  convenuto  accomodare  una  cofa  fopra  uà*  altra ,  fatta  con  di- 
verfa  intenzione.  Tennelaegli  però  per  molto  bene  impiegata,  mentre 
con  tale  provvedimento;  e  con  qjuefto  bello  efemplo  fece  rirplendere  a'fe- 
coli  che  verranno»  la  Santi til^  della  ménte  d'uri  tafncojPonceficft^  Nelb 

J)arte  fuperiore  fono  altre  due  ftacue ,  delle-  quali  fr  if^ede^  la  macà:  e  forno 
a  Giuftizia  e  la  Prudenza .  Termina  firtalttfente^  ih  cuno^  T  affane  di  qubt 
Papa,  ficuata  fopra  la  dorata  nicchia,  oon^dUe  snindi^  aiaefae  I^r^ono^. 
Correva  il  Bernino  V  ottantefimo  anno  di  tua  vdca,^  quandoi  dtefiderow 
io,  prima  di  chiuder  gli  occhi  a  quefta  luce»  di  dare  alcun* fegnudi.grattitur 
dine  alla  Maeflà  della  Regina ,  llata  fuè  iing^lariilìm»  Pnnetancev  il  pofii 
con  grande  ftudio  ad  intagliare  in  marmo  in  mescsa^ii^ray  oiagpese'del 
naturale,  il  noftro  Sai v^toi<e' Gesù  GriftO';  opra» ,  che  ficeomefitidbtOL 
da  lui  il  fuo  Begnamino ,  cosi  fu  i*  ultima ,  che  defle  ai  ludnida  Ib  fiia  ma^ 
no:  e  deftinolla  in  dono  a  quella  Maeftà.  Venneg4v  petò^  fallito^  tftte:diw 
fegnb ,  perche  alla  Afoeftà  fua  parve  cofa  sì  bella^  che  non^  troirandoftal* 
lora  in  congiuntura  di  potere  proporzionatamente  coiìwaecnicnbiQraDe  ib  ào^ 
no,  elefle  anzi  di  recufi&rlo,  che  di  mancare  un  punto  aUfei^  Rmle  MagnU 
ficenza  dell'animo  fuo;  onde  il  Cavaliere,  che  pure  voL8ai,.eh/.e'ftimd2'. 
Sua  Maefià ,  glielo  lafciò  p60  td(lamento .  X^aii  ooncbipoi  eila.faceflTé  di 
quella  figura,  io  non  fo'coqie  e^icare,  fé  non  coir  acteftaco*  di  quanto' 
ella  medefima  fi  degnò  dichiararmi,  alloAùpUDida^Ia^OTtma  volcaichf  io  mi' 
portai  a' fuoi  piedi,  dopo  aver  comandato^  cbe'miifuilèfiittot^eraooaii^' 
to  di  belio  e  di  raro  conoenevano  le  ftanze  delia. rùa:poeriòfiflim»G«lWiav 
ella  ilefTa  per  ultimo  mi  condufle  davami  a^quelbcdlo'eimaidlofiffimo^fiiniir 
Jacro,  e  con  la  viva  voce  VcHe  fl'tuVM^  dàcmyaieonofcoee.. 

Refterebbe  per  uitimo  a  dire,  quale  ruifdiiTÀii'nfoftra  arte&se».  nohi 

{>ure  nelle  tre  arti  di  Pittura,  Sculturae^Atrdiiteéniraiy  ma  eanandìoiileiv 
a  Ingegneria,  quanto  mirabile  in  ogni' fotta)  df!  invenzione  di'macehìne^. 
di  apparati,  di  (cene,  e  d'oga' al  tra  operazione,  in  ogni  co(a  apptrcenea^ 

te  al  difegno:  quanto  valorofo  nelrarte  Comica,  nella  quale  rapjmfentè 
tutte  '  '      -  -    •  ...--. 

tenze 
Tefercizio 

aflRtato. 
un  breve  compendio  di  ciò  eh*  io  fcrifll^alttd^vóki^iìuiraiqo^ 
doil  mio  Lettore,  altro  non  fonoperdirne.  Terminò  finalmente  il  Cav.  Be 
nino, la  fua  vita  a  cagione  d' una  lente  febbrai  o'coi'fi^  aggirnife  acciden 

d' apo- 


6^:^  Decenfi^n.MàPmJ.del$ée.V.M  tSro.^  1620. 

d*apopleffit  nell'età. fua  diotttfitftdue  anni»  meno  nove  giorni,  a* 28.  del 
mele  di  Novembre  delitfSo.  e  con  pompa  aguale  al  merito  di  unt'uomo» 
e  delle  ricchcz2e,  che  erafi  procacciate  con  fua  virtù,  che  non  furono 
meno  di  qnattrocentomila  icudi»  fu  portato  il  foo  cada  vero  alla  Chiela  di 
Santa  Maria  Maggiore,  dove.ndU  fepoltura  di  fua  cafa  attende  V  ultimo 


*RUrauit  te  Si  e  con  bu/lo. 

Del  Majordomo  di  Sifto  V.  in  Santa  Praflede  / 

Di  Giovanni  Vigena ,  alla  Minerva . . 

Del  Cardinale  Delfino ,  in  Venezia . 

Dello  fteflb  in  profilo ,  in  Venezia* 

Del  Cardinale  Serdi,  in  Parigi.; 

Del  Cardinale  Valefio»  in  Venem. 

Del  Cardinale  Montalto,  in  cafa  Pcretti. 

Di Monfignor  del  Foz^io  >.  in  ì  .  4  •  .  . 

Di  Monfig.  Frane.  Barberino,.  a»o  d' Urbano  Vili. 

Della  Madre  d'Urbano  Vili.     .  V 

Del. Padre  del  medefimo.  .     ^ 

Di  Donna  Lucrezia  Barberina.  ^  in  cala  Barberina , 


Due  di  Papa  Urbano  VIIL 

Altro- del  medefimo  •  \ 

Altro  di  metallo,  r     .  .  ^ 

Di  MoofigiK»  Montojt,  in  S. JacopQ  d^gli  SpagnuoU . 

Altro  del  medefimo  Cardinale ,  in  cafa  Borghefe . 

Di  Urbano  VII.  in  cafa  Giori  • 

Altro  di  metallo,  ali* Abate  Braccefi. 

Di  D.  Paolo  Giordano  Ducadi&acc.  in  cafa.Orfina  ^ 

Di  CoiHanza  Piecolomini ,  in  Galleria  del  Granduca . 

Di  Innocenzo  X.  in  cafa  Panfilia  • 

Altro  del  medefimo,  per  la  cafa  Bernina  « 

Di  Gregorio  XV.    \  •        r  r    j    .-r 

Altro  dfmetaUo       )  '"^  ^^'^  ^^^^^^^  • 

Di  Aleflandro  VII.    \  •    ^.a,  nh;^; 

Altro  del  medefimo,  )  '^  "^^  ^^^8^-     . 

Altro  del  medefimo,  per  la  cafa  Barberina» 

Dei  Cardinale  di  Richelieu,  in  Parigi . 

Di  Carlo  I.  Re  d*  Inghilterra,  in  Londra • 

Di  Francefco  Duca  di  Modana,  in.Modana* 

Di  D.  Carlo  Barberino,  in  Campidoglio. 

Di  Luigi 


x:    Giù.   LORENZO  SIRNINO*  .      €$ 

0i  Luigi  XIV.  Re  di  Francia,  in  BtiSm.  ^ 

Bi  Cioiaence  X»  in  Roma^. 

Di  un  Cafalicra  Inglsfe,  in  Londra. 

Stafue  di  marmo  • 


X2et  Cardinale  BeUarmina»  al 

Della  Religione»  fui  Depofito  di  detto  Cudinalei  al  Gìcsi^* 

Di  Paolo  V.  al  Giesù. 

Gruppo  d'Enea,  Anchìfe»  e  Afcania,  in  Viila  Borgbefc. 

Grupoo  del  rateo  di  Proferpina ,  in  Villa  Lodovifi . 

GJIpp;)d»AponoeDafne,     )  in  Villa  Boighcfe. 
Grttj^o  di  Netcunno  e  Glauco,  in  Villa  Moncalco^ 
San  Lorenzo  ibpra  la  graticola ,  in  Villa  Stroasu.. 
San  Sebafliano,  per  la  Principefla  di  Roffiuio . 
Santa  Bibiana ,  nella  Chiefa  ai  efllà  Santa . 
Angiolo  al  fepolcro  del  Cardinale  Delfino,  a  Venezia* 
San  Longino ,  in  S.  Pietro . 

Tefta  e  modello  della  (tatua  della  Conteflà  Matilde,  in  S.Fiecro. 

II  Coftantino  a  cavallo  »  nel  Portico  di  S»  Pietro . 

Il  Tritone  nelb  Fonte  di  Piazaa  Navona»  rincontro  al  Palaszo  Panfilio* 

Scoglio  della  Fonte  di  Piazza  Navona^ 

Il  Cavallo  )  In  Piaxza  Navona . 

Il  Leone»  ^ 

La  Verità  »  in  cafa  Bernina  • 

San  Girolamo»  nella  Cappella  Ghi^i»  in  Siena  # 

Grupt^'d*  Abacuch  e  F  Angiolo»  )  «ella  Cappella  Chigi  al  Popolo. 

Urbano  VII I .  in  Campidoglio  • 

Fonfeca  con  la  corona  ih  mano  •  in  S«  Lorenzo  in  Lucina  • 

L' ultimo  Cardinale  Cornara»  alia  Madonna  della  Vittoria . 

L'Angiolo  col  titolo  della  Croce»  &l  Polite  S.  Angiolo  « 

ltf(R»tìlt«V0  di  C^ifto  e  S.  Pietro,  d«it|o  volgarmente  il  ?sfc€  «vis  mett, 

fopra  la  porta  di  S.  Pietro . 
CoIoBo  del  Luigi  XIV-  Redi  Frandt,  par  Sua  Maefti  Criflianiflima. 
U  Tritone  nella  Fonte  Barberina,  in  Piazza  Barberina . . 

E  La  Bea- 


4Ò  Decetth  11. dèlia p4Uft, L MSec VMliS\o.«l\ dio. 

La  Beata  Lodovica  Albercpni,  iàS»£niice£co  A  Ripa.' 

Sepolcro  di  Aleffandio  VII.  con  la  fna  ftatna  ed  alare,  in  S.  Pietro  « 

U  Salvatore  ultima  opera  >  i>er  U  Maeffii  della  Regina  di  &Tezia« 
Tede  fino  al  numero  di  quindici»  in  luoghi  diverfi . 

Statue  di  metallo. 

Bttflo  d'argenco  di  Sant' EulUcIiio ,  nella  Chiefa  di  eflo  Santo. 

Urbano  VIIL  in  Vellecri. 

Del  medefimo  al  fuo  Sepolcro»  in  S.  Pietro. 

La  morte  in  eflTo  Sepolcro  »  io  S.  Pietro  « 

Quattro  Angioli  di  metallo  al  Ciborio  »  in  &  Pietro  • 

I  quattro  Dottori  della  Chiefa  alla  Cattedra  .\ 
La  fede  della  Cattedra .  ) 
L'Àngiolo'della  fedia  grande.                       \ 

Altro  in  eflb  luogo  •  /  in  S.  Pietro« 

Due  Aagiolini  ibpra  la  fede  •  \ 

Angiolo  grande  nella  Gloria*  / 

Crocififlb  grande  quanto  il  naturale»  per  T  Altare  della  Cappella  Reak  di 

*    Filippo  tv.  in  Madrid. 
Santa  Francefca  Romana ,  Angiolo  e  Cafla  »  nella  Chiefa  di  efla  Santa  • 
Due  Angioli  del  Ciborio  di  metallo  all'Altare  del  Sacramento  %  inS.  Pietro^ 
Ritratto  del  Cardinale  di  Richelieut  in  Parigi.    . 

Opere  di  Architettura  t  mijie. 

La  Facciata  »  Scala  e  Sala  del  Palazzo  Barberino  « 

II  Palazzo  Lodovifio  imperfetto . 

La  Chieda  del  Noviziato  de'  Pkiri  Gefuitl. 

La  Chiefa  nella  Aricela . 

La  Chiefa  con  Cupola  in  Caftel  Gandolfo, 

La  Galleria  e  Facciata  ferfo  il  mare  del  Palazzo  in  Caftel  GandoIfo« 

La  Cappella  Cornara  alla  Madonna  della  Vittoria . 

La  Cappella  del  Cardinale  de  Silva  »  a  S.  Ifidoro . 

La  Cappella  del  Fonfecaj  aS.  Lorenzo  in  Lucina. 

La  Cappella  dèir  Allaleona  »  a  S.  Domenico  di  MontemagnanapoU. 

La  Cappella  de'  Raimondi  »  a  &  Pietro  a  Montorio. 

Capp^la  de'  Siri ,  in  Savona . 

spulerò  di  Aleflandro  Vii.  in  S.  Pietro  % 

Il  Ciborio  di  metallo  e  lapislazzulo  all'Alutedel  Sagramento,  in  S.  Pietro* 

I  quattro  Angioli»  dove  «anno le  Reliquie  in  S.  Pietro  dal  cornicione  ia 

terra ,  ^ 

II  Baldacchino  di  S.  Pietro  t  t)vvero  le  quatteo  colonne. 
La  Cattedra  di  S.  Pietro. 

use- 


eiOt  LORENZO  tERNÌNO. 


H 


ti Sepofcro della ComeffiMktiide»  incflo Inqgo. 

LftScata^del  Calaazo  Vscictna.     . 

Il  portico  nella  piazza  di  S.  Pietro . 

La  Memoria  del  Marenda»  *ia  S.  Loceozo  in  DimaTo  ; 

Altra  fimile  alle  Convertite .  ' 

La  Memoria  dtS,  M.  Rag»»,  alla  Minerva. 

Il  Sepólcro  del  Cardinale  Pimentelli,  alla  Minerva. 

L*  Arco  e  ornato  della  Scala  Ducale,  in  Vaticano. 

L'aggiunta  al  Palazzo  Quirinale  d' Aleflioidro  VII. 

Là  Fontana  di  piazza  Navona ,  ed  erezione  della  GogUi  • 

La  reflaurazione  della  Cappella  Ghigi,  al  Popolo, 

La  reftaùraàone  di  ratta  u  Chielk  del  Pc^lo . 

-La  Porta  del  Popolo  dal  cornicione  in  fu.    .    .     . 

Le  ftinse  «da  eftate  con  Loggia  di  Clemente  IX.  al  Q^inile« 

Ornato  del  Ponte  S.  Angiolo,  con  Statue. 

L' Arrenale  in  Civita  Vecchia . 

La  Villa  de'RofpigUofi,  nel  Piftoiefe. 

L' Altare  neUa  Cappella  del  Giesù  de'  Rofpigliofi ,  in  Pifio)»  ; 

Il  ibcco  Altane ,  dove  è  il  fepolcro  di  S.  Franoefca  Romana , 

Altare  in  San  Caiifto . 

Altare  Maggiore»  in  S. Lorenzo  in  Damalo. 

Là  Facciata  »  e  reftaurazione  di  Santa  BiUana  • 

La  Fontana  in  Piazza  Barberina . 

Gli  ornamenti  di  Putti  e  Medaglie  di  marmo  ne'  pilafiri  iti  S,  Pietro  cot* 

l'Arme  d' Innocenzio  X. 
V  Armi  con  Stttue  ed  altri  ornamenti  di  colonne  di  Cottanello  in  S.  Pid< 

tro  dello  fteflb  Pontefice. 
Lanternino  e  fefto  della  Capok  alla  Madonna  di  Monte£into, al  Popolo  t 
Pavimento  di  S  Pietro ,  fatto  da  Innocenzio  X. 
Bivimento  del  Pocticale,  £itto  da  Clemente  X.  . 

Kon  fi  pongono  le  Scene»  Qaarancore,  Fuochi  d'allescezsa»  Catafricbì» 
Mafcheiste»  e  colè 


£a 


GIO- 


V<  Peuim. ìt. tUagTért.'l.dilStt.V. dal iSi <t. il 1 6zo. 

GIOVANNI   BILI VERT 

PITTORfic  FIORENTINO 

*D'tfcepo!Q  del  Omm^ndatéte  Lodwké  Cardi  GgttB, 

IE'  wnfti,  ckt  recava  ia  ifinass  k  flonoTn  oiMRorii  aldi 
Granduca,  f  eM|Ìnando  l»  venne  in  qusftì  cùtà  un  ceno  JS" 
copo  Giadmdi  tipuioaeViuBaiiago.  wmo «flfti  cìi^  :  ed 
è  probabil  coTa,  ch'«*  fiiffis  anche  inulligente  àeih.b9aat 
wtài  fiiaoohè  ùp^MooOfOii^egU  fa  daqoel  magatuino  t 
vinuoTo  Prìncipe  aoocHaaxkto  in  carica  di  Frovvtdico» 
della  fua  R«ad  Galleria:  uftcio,  che  per  ordinario  fono  fiatt  fi^cc  queftc 
Altecse  di  cpnfcrire  «  perfone  di  buòni  natali  e  dì  buon  giifto  in  osoi 
farta  di  colè  appareenenti  a^e  msdafioM  arti.  Ebbe  cc^ni  un  figltuuo, 
che  &i  ti  noftvoQiovanni^  «comechè  fycSo  oceorre.  eh«.i  nidriflwalc 
arvifarì  del  §enio  de*  propri  fìglìuoli ,  o  poco  inclipaifi  a  f^r  lor»  canai- 
nare  per  quelle  vie,  le  ^-uati  kanno  effi  moéa&toA  battuce,  in^amùnana 
loro  talvolta  per  Sentieri  troppo  lontani  di-  qiicì  fini  *  a  i  quali  cali  liiro- 
mo  da  n^ura  deftinari  i  portafegli  occa&ane  d'  iiaptagara  il  nnciulto 
tléRa  città  di  SWàa  nell'etfcvdaio  della  mercacitra,  jMt^  Pinvtò*  a  poféla 
in  va  b^ncQ.  Aveva  il  fìgUuolo  portato  fìn  dall'utero  della  madra  una 
STnperfetìone.éellK|^HftÌ«-eglÌ  aon aveva  mai  fatn» calo  t  cioà*  che  per  di- 
fetto 4^1  nervo  ottico  1'  occhio  fuo  finiftro  fcocgcvaaflai  msno  dell' oc- 
cliìodeRro^  OeewtGì,  ehs  andindò  ^li  un  j^iomo.  c^  a'  A  ÉKKva  >nji 
Fiera,  afpaflb  perla  città robnaltii «iovaa't di bancplàoi  compagni,  aea* 
fp^'^CCofVó^d  una  di  quelle  taviale.'love  li  vQidonóerìflaUtiColnlH  eiftlt 
irediverfe  coft?  e  dara  dì  manoquafi  per  ^oqo  ad  vnpard'  occhiali.  £• 
accodò  ano  de'  due  vetri  all'occhio,  dove  era  ìldifcttoi  ed  in«n  fubits 
venne  in  cognizione. che  quel  vetro  gli  agguagliava  appunto  la  vtfta  col- 
Tocchio  deftro;  onde  parendogli  d'aver  trovato,  come  veramente  era.  la 
fua  medicina,  fin  da  quel  punto  congegnatofi  da  quella  parte  un  Cm^ 
vetro  occhiale,  quello  poi  tenne  Tempre  fino  ali* età  di 68.  anni  ch'e'vilTe, 
fenza  mai  portare  altri  occhiali.  Qual  fiiflè  poi  la  cagione, che  't fanciullo, 
lafciata  la  città  di  Siena  e  la  mercetuta,  fé  ne  cornafle  alla  patria .  e  fi 
mettefle  all'arte  del  dtfegno.  a  me  non^  noto.;  né  tampoco!' ho  potat» 
ricavare  da  Agoflìn  Melilfi  Pittor  Fiorentino  ^deJ  quale  paiierè  più  ab- 
ballò) che  non  folamente  fu  fuo  difcepele  e  feguitce  per  gran  tempo., 
ma  fuoconfidentilEmo;  e  mi -ha  dato  in  gran -parte  qneHe  notizie  di  lui, 
che  io  ora  vo  fenvendo.  La  verìtil  però  fu,  che  il  SerenlTìmo Granduca 
Ferdinando,  che  teneva  protcKioiìe 'del  padre  e  dì  Coacafa.  lo-mellea 
flare  col  celebre  4>ittoie  LudQv<ico  Cardi  C^oLi.  4)0!  Commendaxore  Ge- 
rofigliruiufko^'  ed  apfjretflb  di  ime  è.àRai  jnobidùiej  dbe  «iò  fu&.  alla  ptii 
•■''-■  Joioga 


.t 


GIOVANNI   l^lllVERT,         ^9 

iiilgttdreft  AVaitìì\oiS90k  cioè  odia  fu  Kà  di  quattordici. anni;  perche 
ip  m^defimo»  fra  altre  pittura  di  mano  di  feanalati  artefici  •  confervo  un 
ritratto  di  lui,  fatto  quando  egli  era  in  età  di  quattordici  anni»  come 
anche  moftea  V  effigie»  che  è  d' un  fanciullo»  di  faccia  né  corta  ne  lunga  « 
piena  di  teneriffime  e  ben  colorite  carni»  capelli  baffi  e  biondicci»  fatto 
per  mano  dello  .fteffi^  Lodovico  Cigoli  fuo  maeftro .  Fece  il  giovanetto  in 
quella  fcuola  gran  prefìtto:  e  fu  anche  molto  amato  da  Lodovico»  il  qua* 
le  non  aiuiò  molto»  che  cominciò  a  valerli  di  lui  per  abbozzare  lefue  pit« 
cure.  Conduflelo  feco  a  Roma»  e  tennelo  fempre  appreflb  di  fe^  quando 
nel  tempo  di  Cleaiente.VlIL  eglircbbe  a  dipigaere  per  la  Vaticana  Bafi- 
lica  la  gran  Tavola  del  Principe  degli  Apoftoli»  in  atto  di  lanare  lo  fior*» 
niato»  diacente  prcflb  aUa  porta  del  Tempio»  opera  che  reftò  finita  poi 
Kegnante  Paolo  V.  Riufirì  al  giovane  il  pillar  cosi  bene  la  maniera  del 
maeftro»  che  ftando  egli  ancora  nella  fteflarcittà  di  Roma»  gli  fu  dato 
a  fare  pe*  Monaci  di  San  Benedetto  .ima  Tavola  »  dove  rapprefentò 
San  Gallile  »  quando  con  fiillb  al  collo  fu  gettato  in  un  pozzo  della  fua 
propria  cala:  nella  qual'  opera»  che  fu  pofta  nella  Chiefa  di  San  Califto» 
vicino  a  Santa  Maria  in  Traftevere»  (i  portò  per  modo*  che  non  è  chi  la 
ficonofca  per  d'altra  mano»  che  dello  fteflb  Cigolio 

Venuto  ]K>i  a  morte  T  anno  itfi  3.  il  maeftro»  il  quale  aveva  dato  in 
Firenze  principio  a  una  bella  Tavola  »  quella  ftefia  che  fi  vede  oggi  in 
fiiir Altare  de*Serriftori  in  Santacroce»  fu  al  Bilivert,  ftimato  il  miglio* 
re  de'  fuoi  discepoli»  efla  Tavola  data  a  finire.  Era  folito  egli  medefimo 
raccontare»  che  il  Cigoli  v'  aveva  fatto  di  fua  mano  quelk  belliffima  tefta 
di  vecchio  fenzs  barba  »  quella  del  giovanetto  che  coglie  i  rami  d'  ulivo# 
e  (quella  ancora  di  Cri(b  Signor  noftro*  che  cavalca  r  alinello  per  entrar 
trionfante  in  Gerufalemme»  con  parte  delle  vefti  di  quefta  fteflà  figura: 
e  tutto  il  rimanente»  che  pure  è  belliffimo»  aveva  egli  ratto  di  fua  mano» 
Similmente  gli  fu  dato  a  finire  un  quadro  d' altezza  di  fei  braccia  per 
Giuliano  Serragli  Nobile  Fiorentino»  nel  quale  volle  il  Cigoli  figurare 
il  miracolo  delk  grandine»  operato  dit  Dio  alle  preghiere  di  San  Diacinto 
Follacco  dell'Ordine  de' Predica(^ori»  nel  Villaggio  di  Cofeler  nelle  Cam- 
pagne di  Cracovia:  il  quale  quadm  era  fiato  pure  anch*  eflb  lafciato 
imperfetto  «  Vedefi  la  figura  del  Santo  ftare  in  piedi  colla  faccia  »  in  atta 
divoto  rivolta  al  cielo  >  quafi  implorando  il  dtfiderato  foccorfo  •  mentre 
una  nobil  Matrona  genufleflà  accompagna  le  fue  preghiere  ;  dietro  al  San- 
to apparifce  una  tefta  vivifiima  del  Frate  fuo  compagno:  e  appreftb  gli 
fiede  in  terra  una  bellilfima  giovane»  la  quale  con  volto  ridente  moftra 
parlare  con  un'antica  femmina  che  le  è  vicina;  e  intanto  la  donzella  fa 
gefto  di  ftrtngerè  un  bel  fanciullo»  che  fi  rifugia  nel  iuo  feno  per  timore 
d' un  cagnohno»  che  (cherzando  fé  gli  allancia  alla  vita  ;  ed  è  co(a  in  tutto 
bella  il  vedere  nel  &nciulIo  unito  infieme  il  gufto  e'I  timore»  perchè  con 
un  piacevol  rifo  egli  moftra  che  gli  diletti  lo  fcherzat  di  quell'animale» 
e  col  rifuggirfi  e  firingerfi  al  feno  della  giovane  »  fa  apparir  chiara  la  lua 
paura .  Vedefi  una  tefta  d' un  paggio  con  berretta  in  capo  •  che  non  può 
flfier  ne  più  bello  né  più  vivo  :  in  lontananza»  in  una  va^  campagna^ 

E  3  ^  fono 


70  Deeemt.Ih deSaPart, l delSéc. K dui i d 0. uii 6io, 

fono  alcuni  uomini  >  in  atto  d'  ammirazione  »  cocchi  d*  ottimo  gufto  • 
La  tefta  e  forfè  tutta  la  figura  del  Santo  e  del  compagno»  quella  delpag- 

8  10^  e  le  figure  lontane  fono»  a  mio  credere»  di  mano  dei  Cigoli:  il  re« 
ante  del  Bilivert.  Trovafi  oggi  quefta  beiliilima  opera  in  potere  del  Con* 
te  Lorenzo  Magalotti  Fiorentino ,  Cavaliere  di  quel  valore  »  bontà»  e 
erudizione»  che  è  nota»  il  quale  ne  fa  quella  filma»  che  merita  una  tale 
opera .  Da  quel  che  fi  è  detto  fin  qui»  fi  raccoglie  quanta  debba  eflere  la 
pazienza  ed  umile  fuggezione  a  i  loro  maeftri  »  di  coloro  che  voglion  fare 
in  alcun  arte  gran  riufcita  ;  giacche  quello  artefice  ,  che  per  quefte  fole 
opere  »  già  fi  poteva  chiamare  valentuomo»  dopo  tanto  tempo»  e  profitto» 
non  aveva  abbandonato  il  Cigoli  »  fé  non  per  morte  •  Il  grido  che  egli 
ebbe  di  quelle  pitture»  fu  per  avventura  cagione  che  glie  ne  furono  date 
da  fare  moke  altre»  per  collocarfi  ne*  più  degni  luoghi  della  città  :  e  parti- 
colarmente la  Tavola  della  Santa  Elena»  che  pure  oggi  fi  vede  nella  no- 
minata Chiefa  di  Santa  Croce  nella  Cappella  de'  Calderini .  Eflendo  poi 
reftato  finito»  con  difegno  di  Matteo  Nigetti  Architetto  Fiorentino»  per 
la  Sereniflima  Granduchefla  Madama  Crifiina  di  Loreno  »  1*  Aitar  Mag- 
giore  della  Chiefa  di  SanNiccola  di  Fifa»  toccò  al  Bilivert  a  fiirvi  laTa* 
vola .  Altre  molte  pitture  di  quelle»  che  pur  ora  fiamo  per  notare»  potè** 
irono  forfè  eflere  (tate  fatte  da  lui  in  auefii  medefimi  tempi;  ma  per  non 
averne  io  avuta  notizia  precifa,  le  anarò  nominando  iènza  tale  circofian* 
sa  Dopo  la  morte  del  Sereniamo  Ferdinando  I.  rimafe  il  Bilivert  fotto 
la  protezione  del  Sereniflimo  Cofimo  II.  fuo  Succefibre .  Quelli  moilrò 
di  fare  di  lui  grande  (lima»e  molto  lo  beneficiò.  Aveva  finoavanti  al  ttf  la 
il  nominato  Matteo  Nigetti  avuta  la  carica  d'  Architetto  della  Real  Gal« 
leria  :  e  non  potendo  fupplire  da  per  fé  fiefib  al  molto»  che  gli  conveniva 
operare  in  fervizio  della  medefima»  per  lo  gran  numera  di  maeflranze  che 
del  continovo»  (jccome  anche  al  prefente»  vi  fi  tenevano  impiegate»  non 
&>lamence  in  fervizio  di  efia  Galleria»  ma  della  Real  Cappella  di  S.  Loren- 
xoe  Palazzo  Sereniamo;  avendo  riconofciuto  il  Bilivert  per  giovane  di 
grande  fpirico  nelle  cofe  dell'arte ,  di  leggiadra  invenzione  ed*  ottimo  di* 
i^gno»  la  propofe  ad  efib  Serenifiimo  Granduca  Cofimo»  per  fuo  ajuto, 
particolarmente  })er  trovar  je  macchie  delle  pietre  dure»  e  far  difegni  di 
ngure  e  paefi  per  i  commefiì:  in  che  Giovanni  era  afiai  miglior  maefira 
di  lui  :  il  che  piaciuto  al  Granduca»  fecegli  dare  ftanza»per  operare  nella 
fieflTa  Galleria»  con  provvifione  di  quindici  feudi  il  mete.  1  primi  difegni, 
che  il  Bilivert  vi  fece»  trovo  che  furono  al  primo  di  Febbraio  itfio.  nel 
qual  tempo  non  aveva  egli  ancora  lafciato  il  Cigoli  fuomaeftta.  Sofl:en<- 
Yie  egli  queda  carica  finche  durò  la  vita  di  quel  piiflìmo  Principe.  Segui- 
tò poi  il  cafo  di  fua  morte»  gii  fu  per  opera  d*  un  tal  Broccardi»  che 
in  quei  tempi  ferviva  anch' efib  la  Real  Gallerìa,  levata  la  provvifione^ 
ed  al  Nigetti  fu  refliituitolil  penfiero  e  la  fatica  delle  macchie  e  de*  difegni, 
iiccome  io  trovo  in  un  ricordo»  che  di  fm  mano lafciò  fcritto  il  medcfimo 
Nigetti  in  un  fuo  libretto  »  che  oggi  è  apprefio  gli  eredi  di  Gio:  Batifta 
Baleftri,  Architetto  e  fuo  nipote.  Mentre  che  Giovanni  operava  in  tal  ca- 
nea I  non  lafciò  per  quefto  di  far  molto  in  pittura.  Poi  circa  all'anno  i6x^ 

per 


GIOVANNI  SniVERT.  si 

Eer  i  Sereniffimi  Cardinal  Carlo  e  D.  Loreiuèo  dipinfe  alculte  grandi  tt4 
\t  dove  rap{>refentò  la  ftoria  diGiufeiTe  e  di  Sufonna;  e  di  quelle  ufcit 
rono  poi  fuori  aflai  copie,  alcune  delle  ^uali  furon  ricocche  di  tua  proprie 
mano:  lìmtlmente  la  favola  di  Ruggieri,  una  Siringa  e  altre  fimiii.  Una 
Venere  e  Adone,  in  ateo  di  dormire,  mentre  Amore  che  V  ha  incatena** 
ta  »  accenna  che  fi  faccia  filenzio,  e  un  Satiro  par  che  tenti; rvcgliarla« 
Queft' opera  piacque  tanto  al  Principe  D  Lorenzo,  che  oltre  ali*  avergli 
donato  cento  zecchini,  fecegli  fare  un  abito  intero  di  feta  tanè,  color 
folitodel  fuo  vellire  in  voto,  per  una  ricevuta  grazia  della  hberazione  da 
grande  infermità .  Quefto  quadro  fu  poi  dallo  fleflo  Principe  Don  Lor 
renzo  donato  al  Marchefe  Kidolfi ,  e  oggi  fi  conferva  appreflb  i  fuoi 
eredi.  A  Michelagnolo  Buonarruoti  il  giovane,  dipinfe  un  bel  quadro^ 
che  dal  medefimofu  affiflo  al  muro,  fra  altri  di  famou  artefici  di  quei  temr 
pi,  in  una  delle  danze  di  fuà  cafa  in  via  Ghibellina,  da  fé  fabbricata,  ia 
quelle  proprie  che  furono  abitazione  del  gran  Michelagnolo  fuo  antenai* 
to,  cioè  nelle  danze,  the  egli  particolarmente  dedicò  alla  memoria  delle 
glorie  di  luì.  Rapprefentò  il  Bilivert4n  quefto  quadro,  quando  richieda 
Michelagnolo  da  Solimano  Gran  Signore  de'  Turchi»  per  mezzo  d'alca-^ 
ni  Frati  Francefcani ,  di  pprtarfi  a  £ire  un  Ponte  da  Codantinopqli  a  Fera^ 
con  promefla  di  grande  onorario;  fi  configlia  con  Piero  Soderini,  allora 
Gonfaloniere  della  Repubblica:  e  fi  rifolve  alla  negativa,  per  non  impie<^ 
gar  fuo  talento  in  fervizio  di  Principe  non  Cridiano:  e  piuttodo  elegga 
di  redarfi  ienza  gli  onori  e  le  ricompeiiie  ofi^ertegli  da  quel  Monarca . 
Predo  alla  pittura  è  la  fe^uente  infcrizione:  Vrafiamis  ingeniifamap  éuie§ 
celebrisi  vel  in  Barbaros  pervagatar»  ut  adpomem  Bo/pboro  impanenàum  %  qM 
Cbalcedonem  ByT^ntio ,  imo  Afiam  Europe  conjungeret%  a  Solimano  Ttèrcarum  Im^* 
peratore  evoceiur»  In  tale  opera  veggonfi  dipinti  al  naturale,  nella  peifo^ 
na  d'un  Cavaliere  di  Malta,  di  cui  fi  vede  la  teda/ola.  Fra  Francefco  di 
Bionardo  Buonarruoti,  pronipote  di  Michelagnolo:  in  quella  d' un  giova* 
netto I  teda  che  è  fra  quella  di  Mich^^lagnolo  e  d*un  Turco,  è  ritratto^ 
Lionardo  di  Piero  Barducci.  Vedefi  iti  qualche  didanza  una  mezza  figu^ 
ra  d'uomo  con  turbante  in  capo,  del  quale  non  apparifce  l'intera  tedas 
ed  in  quedafu  efpredal' effigie  di  Niccolò  Àrrighetci ,  tutte  nobili  famiglie 
Fiorentine.  Pel  Serenifiimo  Principe  e  poi   Cardinale  Leopoldo,  leco 
un  quadro  di  mezza  figura  d'una  femmina,  che  accarezza  un  agnello»  fatta 
per  la  Manfuetudine,  che  da  quella  Altezza  fu  mandata  alla  Maedà  dell'  Im-* 
peratore:  e  per  lo  deda  Principe  dipinfe  un  Ecce  HomOf  mezza  figura. 
Pel  SerenifTimo  Arciduca  d*  Audria  color)  in  un  bel  paefe,  noflro  Si- 
gnore piccolo  fanciullo  giacente  fopra  la  Croce:  e  al  nominato  Serenifli- 
mo Cardinale  Carlo  fopra  tavola  una  belliflima  Vergine  con  Giesìi  Barn-' 
bino,  S.GiufeppeeS  Giovanni  in  campo  di  paefe,  che  poi  fu  meda  nella 
Real  Galleria  del  Sereniilimo  Granduca  .  FecegH  ancora  più  quadri  di  San* 
te  mezze  figure  pel  fuo  Palazzo,  detto  il  Cafinò  da  S.  Marco,  delle  qua« 
lì  ufcirono  poi  fuori  infinite  copie,  alcune  ritocche  da  lui,  che  quan-» 
tunque  elle  fieno  tenute  per  originali,  fa  ehi  fi  trovò  prcfente  nel  tempo 
che  elle  furon  date  fuori ,  e  tutto  yedde ,  eh'  elje  non  fon  tali  •  Al  Sereiiifs;,' 

E  4     *  '        Duca 


fi  Decenn.U.Ma^?m.l.iklSec.V.dàlx6io.ali6io^ 


IMca  di  Guifa  fece  aflai  qutiifi  di  pia  gandeue  »  eh- egli  laaiidò  m  Frtn« 
eia;  e  fra  quefti  una  gran  Tavola  delle  Marie  al  Sepolcro,  e  l'Angelo  e 
ttna  Vergine  intera  col  Bambino  Gieaìi.  Al  Marchete  Gabbriello  Riccar* 
di  dipinfe  circa  ali'  anno  1(^3  a  un  quadro  n^l  quale  fi  vede  eflo  armato 
d^afta  e  brocchiere,  due  femmine  nuda  co' piedi  nell'  acqua,  e  altre  cofe 
aHudenti  al  fuo  bel  penfiero  .  QuelV  opera ,  che  da'  profeAbri  fu  ftimata 
ima  delle  più  belle  eh'  ei  foceiTe  mai ,  venne  poi  in  cafa  il  Marchefe  Fi- 
lippo Niccol  ini,  e  oggi  è  tuttavia  appreflb  gli  eredi ,  iniieme  con  un  fimii 
quadro,  che  pure  fu  ratto  al  Riccardi  dal  Cavalier  Domenico  Pafltgnani» 
nel  quale  figurò  la  città  di  Firenace  coi  fiume  d' Arno>e  diverfe  femmine  t 
in  atto  di  bagnarfi.  Per  Aleflandro  Pucci  Gentiluomo  Fiorentino»  dipin- 
fe un  gran  quadro  da  iala  colla  ftoria  di  Lot .  Quefio  dopo  la  morte  di 
Aleflandro  venne  in  potere  dell' Eccellentiffimo  Duca  Salviati,infieme  con 
«n  tondo  in  tela ,  eh'  egli  avea  dipinto  per  Raffaello  Staccoli ,  Auditore  del 
Granduca ,  in  cui  era  la  Vergine  con  Giesù ,  S.  Giovanni ,  Santa  Elifa- 
bettae  S.Giufeppe,  opere  tutte  molto  fiimate.  Circa  all' anno  1(536.  man- 
dò a  Fifa  nella  Chiefa  de' Cappuccini  una  bella  Tavola  di  un  S.Francefco 
che  riceve  le  flimate ,  che  fu  filmato  quanto  che  fé  fufie  fl:atp  di  propria 
mano  del  Cigoli  »  avendo  egli  in  eflb  tenuta  tutta  lafua  maniera.  Circa 
•  quefii  medefimi  tempi  per  Bernardo  Migliorati  Guardaroba  di  S.  A.  $• 
color)  fopra  tavola  una  Vergine  con  Giesù  e  San  Giovanni,  a  imitazicme 
della  maniera  Lombarda,  che  fi  dice  fufie  moftrata  dal  Granduca  Ferdi- 
nando H.  a  Pietro  da  Cortona,  fenza  dirgli  chi  1'  avefié  fatta:  e  che  per 
aver  egli  non  folo  imitato  quella  maniera,  ma  adornato  il  quadro  d'un' or- 
namento antico ,  lo  ftefib Pietro  ne  rimanefle  ingannato  :  e  che  allora  quel 
Serenifiimo  gli  dicefle  chi  veramente  aveva  facto  il  quadro.  Quefl:a  pit« 
tura,  che  rapprefentava  un  S.Giufeppe,  Santa  Eliiabetta  e  S.Giovanni» 
fu  poi  comprata  dal  Marchefe  Ruberto  Capponi ,  al  quale  lo  fl:eflb  Bili- 
vert  aveva  fatto  un  quadro,  ove  egli  aveva  rapprefentatp  gli  ftefii  Santi 
ki  figure  quanto  il  naturale  fopra  tavola .  A  Prato  mandò  un  quadro  da 
Altare  d'  una  Nunziata:  e  a  Pifioja  una  tavola  del  portar  della  Croce. 
A  Monsù  Niccolò  della  Rofa,  dipinfe  .tre  quadri  di  braccia  tre  e  mezzo; 
in  uno4ece  vedere  S.  Maria  Maddalena  nel  deferro,  in  atto  di  flagellarfi: 
ìn^altro  la  medelima  Santa  in  cafa  del  Farifeo  col  Signore;  e  in  un  altro 
kkSantifs.  Vergine,  SanGiuieppe,  Giesù, e ^an Giovanni,  tutti  condot- 
ti con  ottimo  gufto,  i  quali  pervennero  poi  alle  mani  di  Piero  Strozzi . 
A  Giovanni  Cerretani,  poi  Senator  Fiorentino,. fece  una  ftoria  di  Tub- 
bia,  che  è  pofta  fra  le  fue  opere  più  belle .  Per  Annibale  Dovara,  un  qua* 
dro  di  mezza  figura  d' una  Venere  che  bacia  Amore ,  della  quale  vanno 
attorno  più  copie,  e  alcune  fon  ritocche  dal  ooaeftro.  Per  lo  Cavaliere 
Dragomanni,  rece  due  quadri  di  più  di  tre  braccia;  che  in  uno  vi  è  Sin 
Bafttano  medicato  dalla  Matrona;  nell'  altro  Tetide,  che  porge  1'  armi 
ad  Achille ,  e  due  mezze  figure  d'una  Ninfa  e  un  Satiro.  Uel  quadro  di 
Sah  Bafl:iano  e  de' ibprannocati  quadri  di  Madonne  ufciron  fuori  molte  co* 
pie,  che  per  eflefe ,  come  fi  è  detto  ,di  akri,  ftate  ritocche  da  lui,  paflk- 
fono  per  oci^siali;.  ma  tali  però  non  apparifcono  «  chi  h»  oechio  intea« 

dente: 


-       GIOVANNI  BILIVERT.  n 

dente  :  e  tati  non  fono ,  per  quanto  attefta  chi  gli  Tidde  finire ,  e  vi  wt^ 
va  eruca  fopra  le  maggior  parte  dell'opera .  Al  Marchefe  Coppola,  Mae* 
ftro  di  Camera  del  Sereniamo  Ferdinando  IL  dipii^  la  (bria  di  Moisè 
pollo  nella  ceftella  >  quadro  di  braccia  quattro  in  circa  •  Per  Orazio  San* 
miniati,  fece,  per  mandare  a  Venezia,  una  fioria  di  Fenelojpe  che  dia  A 
il  broccato  d*  oro ,  opera  che  in  quella  città  ebbe  molto  plauio .  Vedonfi 
nella  città  di  Firenze  in  più  chiefe  e  calè  di  particolari >  altre  belle  ca^ 
vole  e  quadri  di  mano  del  Biliverc,  di  parte  delle  quali  fi  darà  qualche 
notizia.  NeJla  Chiefa  della  SantiflSma Nunziata,  nella  Cappella  degli  Ac-> 
colti  intorno  al  Coro,  una  Tavola  dello  S^ofalizio  di  Santa  Caterina. 
In  Santa  Maria  Maggiore  nella  Cappella  degli  Qrlandint»  una  Tavola  con 

J>iù  Santi;  e  nel  mezzo  è  un  voto,  oov'è  l'Immagine  di  rilievo  di  Maria 
èmpre  Vergine,  che  fi  Icuopre  in  certi  tempi  particolari  fra  Tanno. 
In  S.  Marco,  Chiefa  de'  Frati  Predicatori,  nella  Cappella  del  Sacrafflen« 
to»  una  Tavola  della  Predicazione  di  S.  Paolo  a* Corinti,  e  del  miracolo 
del  fanciullo  rifufcitato ,  fatta  Tanno  1643*  Nella  Chicfetta  incontro  alle 
cafe  de'  Bini,  che  già  fervi  per  primo  luogo  de'  Padri  dell'  Oratorio»  una 
Tavola  dell'Angiolo  Cuftoae;  e  fopra  T  Immagine  di  S.  Baftìano»  die  fi 
vede  rimpetto  ad  eflà  Tavola,  dipinfeun  Angiolo  con  ghirlande ,  che  pa- 
re che  voglia  coronare  il  Santo  Martire.  E  in  S.Michelino  degli  Antino-» 
ri  è  di  fua  mano  la  gran  tela  della  ftoria  d' Eraclio  portante  la  Croce  «  e 
fopra  una  lunetta  dì  putti .  Nella  vicina  Cappella,  dove  Matteo  Roflèlli 
ifipinfe  la  Santa  Elena,  e'I  ritrovar  della  Croce,  colorì  il  Bilivert  una  fto^ 
ria  pure  di  S.  Elena  e  della  Croce ,  che  furono  dell'  ultime  opere  fqe. 
In  cafa  Mafetti  è  di  fua  mano  un  San  Baftiano  medicato  dalla  Matrona, 
figura  quanto  il  naturale:  e  più  quadri  di  mezze  figure.  In  cafa  Martini^ 
una  S.  Agata  guarita  da  S«  Pietro ,  più  che  mezza  figura  quanto  il  natura-  _ 
le:  e  un  altro  quadro  di  S.  Baftiano  medicato  dalla  Matrona.  E  qui  av  ^ 
verta  il  lettore,  che  tutte  quefie  Immagini  di  S.  Baftiano*  fatte  a  diverfi, 
fono  anche  di  diverfa  invenzione*  In  cafa  Bini  fono  altri  quadri  di  ma* 
no  di  quefto  artefice»  e  altri  molti  altrove.  L'ultima  pittura  che  fece  il 
BiKvert,  fu  un  quadretto  di  braccia  uno  e  un  terzo  per  lo  Sereniffimo 
Cardinale  Gio:  Carlo  di  Tofcana,  dove  rapprefentò  una  femmina»  ^u* 
nta  per  l'Adulazione:  appreftb  alla  quale  feguci  come  una  procemo*^ 
ne  di  perfone  d'ogni  ftato  e  dignità,  inatti  e  Sembianze  adattate  al  con» 
Mtto.  Vifie  il  Bilivert  feflantotto  anni;  finalmente aflalito  da  febbre  fH^ 
trida»  pagò  il  debito  comune  del  mefe  di  Luglio  1644.  Fu  il  fuo  cada* 
vere  onorato  a  proporzione  dell*  univerfale  concetto  che  s'  era  avuto' 
di  fue  virtù  *,  perchè  fu  accompagnato  da  tutti  i  Pittore  e  Accademi-* 
ei  del  Dtfegno ,  fino  alla  Chiefa  di  San  Felice  in  Piazza ,  dove  gii^ 
fu  data  fepultura .  Fu  il  Bilivert  uomo  d'  ottimi  coftumi  ^  nemico 
del  giuoco,  e  affai  devoto ,  e  fra  gli  akri  Santi  ebbe  patttcoiar  divo- 
zione a  S.  Filippo  Ned .  I  fooidifcorii  eran  per  ordinario  di  cofe  àtV!ikt^ 
te  e  degli  artefici  più  rinomati .  Al  Coreggio  e  Tìaìanò  diede  la  mag» 
gior  parte  del  fuo  afietco,  tenendo  però  in  alciffima  ftima  Michela|nolo-, 
Andrea  del  Sarto  e  'J  Pontormo .  U  Cigoli  fiato  iua  raaeftro  ^  era  folke 

chiamare 


*  ^ 

74    DefennJldeHaParthdelSéc.Kdalióio.alióio. 

chiamare  ilCoreggiolde'fuoi  tempi.  Non  fi  vidde  mai  con  tento  .appieno 
delie  proprie  pitture»  folito  a  dire  con  grande  aufietà  :  Io  vorrei  pure  una 
volta  fare  un  opera  di  mio  gufto  •  Neil'  elezione  tenne  Tempre  i  precetti  del 
Cigoli;  e  in  quello,  che  air  attitudini  appartiene,  (limò  oltremodo  Santi 
di  Tito ,  e  fece  fempre  per  le  fue  opere  fiud)  grandiflimi  :  e  loleva  dire, 
che  ancora  il  Cigoli  fuo  maeftro  faceva  lo  ftefiò  per  le  fue.  Nelle  Ta- 
vole da  Chiefà  coftumò  fcrivere  il  ftib  nome  colla  cifra  G.  B.^^  e  col  miU 
lefimo."  e  negli  altri  quadri  fcrivéva  dietro  alla  tela;  febbene  veggonfi 
delb  copie,  o  poco  o  molto  rìtocche  da  lui, colla  medefima  cifra .  Uipin* 
fé' fempre  con  un  folo  occhiale, e  fenza  bacehctta.  Si  dilettò  per  fuo  di- 
vertimento di  fonare  il  liuto;  ma  poco  potè  divertirfi,  a  cagion  delle  moÌ« 
te  occupazioni,  e  d^lla  numeroià  fauiigiia  che  ebbe,  e  molto  meno  per 
la  pocafanità,  attefochè  e' fuife  folito  di  patire  molto  di  renella  e  carno^ 
ùtài  e  anche  tribolò molt' anni,  a  cagione  d*  una  fìftola  in  parti  carnofe, 
dove  gli  era  convenuto  il  foppottare  un  taglio  di  dodici  ioidi  del  noftro 
brapcio:  il  quale  non  gli  diede  la  morte  (come  egli  raccontava)  per  un 
voto  fatto  al  Serafico  Padre  S>  Francefco  :  in  fatisfaxionè  del  quale  fece- 
gli  la  b^elJiflima  Tavi)la.  che  fopra  abbiam nominata,  per  i  Padri  CappuCf 
cinidipifa,  e  andò  poi  fempre  veftito  di  bigio.  £bbe  il  Bilivert  molti 
difcepotii  alcuni  de* quali  riunirono  pittori  aifai  lodati  •  Uno^fu  Barto« 
lommeo  Salveftrini»  che  in  fua  fanciullezza  (lette  con  Matteo  RoiTelIi: 
portatoii  poi  alla  fcuola  di  Giovanni,  fecevi  tal  profìtto,  eprefene  ia  ma- 
niera si  appunto,  che  il  Bilivert  era  folito  dire,  che  quefto  era  fiato  il 
miglipre  di  tutti  i  fuoì  allievi.  Fece  coftui,  per  le  Monache  di  Sant'Or* 
ipla  in  Firenze,  una  bella  Tavola  del  Martirio  di  quella  Santa  colle  Com-* 


queiia  contagione,  hnì  i  giorni  luoi.  baccio  del  isianco  pitto 
re,  e  celebre  ingegnere:  Francefco  Moncelatici,  detto  Cecco  Bravo; 
0  Gìo:Batift.a  Vanni,  de' quali  li  parlerà  particolarmente  al  luogo  fuo: 
Francefco  Bianchi  Buonavita  ,.  cittadino  Fiorentino:  Quelli  da. piccolo 
fanciullo  elièndo'ftato  dal  padre  pofto  alla  fcuola  <lella  Grammatica,  di- 
vert^fido  da  talefludio,  fi  poneva  a  far  figurine  fopra  carta»  fopra  i  me-* 
dcfipv  iibri.di  fcuola,  o  fopra. muraglie  •  e  moftrando  una  grande  incli-« 
nazione  air  arte ,  tj  padre  fu  configliato  dagli  amici  a  metterlo  al  dife« 
gno,  ;  U'Cigoli  fu  quegli  che  diede  al  giovanetto  Francefco  i  primi  in- 
l£g(iamenti,  pregatone  dal  padre  che  ebbe  nome  Giovanni  fuo  partico- 
lare antico  #:  attesoché  da  molti  anni  trovavafi  al  iervizio  della  Serenifs  Cafa 
4e' Medici  in  qualità  d'Ingegnere  e  Direttore  de' lavori  di  pietre  dure, ar- 
tificio ftovamente  introdotto  fottoJa  dì  lui  alfiftenza  in  Firenze,  invitatovi 
per  taleeffetco  dal  Granduca  Francefco,  e  ohiamatovi  fin  dalf  anno  1580. 
da  Mi(ano  fua  patria»  dove  fi  profefiava  con  ifpecialità  quefta  bel? arte ,  e 
vi  fiprofefla  ancora  mediante  la  vicinanza  della  Elvezia ,  ne*  di  cui  eionti 
fi.trovauo  bejliflvme  pietre,  febben,  per  vero  dire? ella  molto  fiafi raffinata 
in*Firen?:e,.e  particolarmente  nelle  commettiture.  Fu  dunque  facile  che 

,  il  Gran- 


'    GIOVANNI  BILIP'ERT.  75 

il  Granduca  Coiimo  II.  avefle  cognizione  del  fanciullo  re  vedente  i  fuoi  di^ 
fegni»  ^che  gli  parvero  fatti  di  sì  buon  gufto,  che  non  folo  quella  Àlte2«- 
2a,  per  inanimirlo»  gli  fece  un  bel  donativo  di  denari»  ma  gli  ordinò 
eh'  e'  feguitafle  a  difegnare ,  e  ogni  mefe  gli  xnoftrafie  il  fatto .  Per  tali 
benigne  dimoftrazioni ,  Francefco  prefe  così  grand'  animo»  che  rinfor- 
zò più  che  mai  Io  ftudio:  Difegnò  quanta  di  buono  feppe  trovare  in  Fi- 
renze, e  con  gran  diligenza  condufTe  d'  acquerello  tutte  l'opere  fatte 
da  Andrea  del  Sarto  nel  Chioftro  della  SMtìifima  Nunziata  e  dello  Scalzo, 
e  vedutele  il  Granduca»  fubito  diede  ordine  al  padre»  che  Io  accotno** 
dafle  apprefTo  il  Bilivert  in  Galleria»  acciocché  quivi»  fotto  la  fcorta  di 
tal  maeuro»e  col  difegnare  quanto  vi  ha  di  maravigliofo»  antico  e  moder« 
no  »  e  particolarmente  l'antiche  ftatue»  arrivafle  alla  perfezione  dell*  arte. 
Fecelo  il  padre  »  e  il  Bilivert  1*  indruì  con  grande  applicazione .  Correva 
Tanno  itfi5.  quando  avendo  lo  fteiFo  Sereniflimo  veduti  nuovi  ftud)  del 
giovane»  deliberò  di  mandarlo  a  Roma  »  dandogli  danari  per  lo  viaggio  » 
•€  dodic}  feudi  il  raefe  per  fuo  mantenimento.  Del*  i6i6,  venne  a  morte 
Giovanni»  e  lafciò»  oltre  alfuddetto  Francefco»  un'altro  figliuolo  mas- 
giornato,  per  nome  Bafttano»  in  cui  la  bontà  di  quel  gran  Principe»  volle 
che  continuaflè  la  carica  di  Cuftode  della  Galizia  èfercitata  dal  padre»  che 
ne  fu  il  primo  Cuftode.  Dell'anno  itfi 7.  Francefco  fudiritornoaFiren«i 
2e»  paflando  per  le  principali  città  dello  flato^Ecclefiafiico  »  ftudiandovi  le 
opere  più  belle  de'  buoni  maeftri  »  e  i  difegni»  ch'e'  portò  di  Roma  »  diedero 
occaiione  al  Granduca  di  fargli  altre  dimoftrazioni  della  fua  folita  genero* 
fità.  Intanto  era  venuto  a  Giovanni  Bilivert  di  Francia  una  commiflione 
di  far  copiare  fei  pezzi  di  quadri  di  Raffaello  e  d'Andrea  del  ^arto»  della 
fianza  di  eflTa  Galleria»  detta  la  Tribuna»  onde  ottenutane  la  licenza  »^  fé- 
cegli  copiare  a  Francefco»  che  fi  portò  con  ammirazione  del  maeftrot 
che  però  il  medefimo  gli  diede  a  fare  altr' opere  per  i  Sereniflimi  Princi** 
pi  ^  Dopo  la  mone  del  Granduca  Cofimo  ebbe  a  farne  altre  per  la  Se^ 
reniflima  ArciduehelTa  già  fua  Conforte»  e  fra  l'altre  volle  quella  Sere- 
niffima  fargli  dipignere  fopra  diverfe  pietre»  come  alberefi»  diafprl»  gga« 
te»  lapislazzuli  e  fimili»  varie  llorie  del  vecchio  e  nuovo  Tef^amento» 
fecondo  h  qualità  e  macchie  delle  medefime  pietre  »  che  fu  flimata  cola 
nuova  -ed  ingegnofa  ;  eh'  e'  n*  ebbe  poi  a  far  moltiflicne  per  la  città  »  e  per 
mandar  fuori»  e  fparfefì  tale  invenzione  per  tutta  Europa.  Deliderò  la 
Sereniflima  »  che  al  Bianchi  fofle  data  ogni  comodità,  acciò  egli  fenza  in- 
terrompìmento  e  noja  di  ftrepito  potene  ftarfi  a'fuoi  (ludj;  e  perciò  ordi- 
nò al  Marchefe  Giugni  Guardaroba  Maggiore»  che  gli  defle  un  apparta** 
mento  per  abitare ,  e  una  ftanza  nel  corridore  della  medefima  Galleria  » 
iiccome  feguì .  Venuto  poi  a  Firenze  Tanno  163 1.  il  Sereniflimo  Duca  di 
Guifa  con  fua  Conforte,  ed  eflendo  alloggiato  in  Palazzo  vecchio^  anda- 
va fovente  per  fuo  vi r tu oib  divertimento  alla  ftanza  di  Francefco  oer  ve« 
derlo  operare  »  e  guftando  foprammodo  della  fua  gran  diligenza  volle»  che 
ffU  faceife  molte  ftorie  fopra  pietre  per  mandare  in  Francia ,  ed  egli 
moltre»  di  volontà  de' SereTiiflimi»  fattagli  una  fcelta  de' più  preziofi  qua- 
dri della Tribuna^tutti  glie  li  copiò .  £d  è  cola  notabile»  che  perio  buon 
4  concetto  1^ 


\~ 


^6    DecettHAl4ell4?mJ^MStcy.d0li6io.ali6io. 

concetto ,  cht  ivevfi  dell»  fbtfélt»  di  Fnncefoo ,  la  gloriofa  metricuria  d^ 
Granduca  ferdifitndo,  allorfi  Regnante,  permefl^,  che i medefimi quadri 
originali  gU  fuflfero  portaci  nella  Tua  Oanaea,  privilegio,  fino  allora»  non 
conceduto  ad  altri.  Piaciute  le  copie  a  gran  fogno»  fecegli  il  Duca  £ire 
altri  quadri  di  (ba  invenzione  r  qii«li  Pore  >  infieme  colle  o^ie^  mandò  in 
Francia.  Molt'  altre  fun||p  l' ojpere de)  Bianchi»  fatte  per  diverfe  Chiefe 
fuori  deUacitti»  e  in  Firenze Jfi^no  di  fua  mano  quattro  pezsi  di  quadri 
nella  Chiefa  di  S.  Giufeppe  t  che  fappre&ntano  diverfi  fatti  miracolofi  di 
San  Francefco  di  Paola;  e  « -Montecarlo  è  pure  una  tavola  di  fua  mano 
di  noàro  Signore  CrocifiiTo»  opera  aifai  lodata  *  In  Firenze  ancora  nella 
Chiefa  di  SantoStefano,  vicino  alla  porta ,  è  una  Tavola  d'  un  San  Barto- 
lommeo  A  ^ilolo»  quando  fa  il  miracolo  di  cacciare  il  Demonio  dall'Idolo» 
e  per  le  cafe  de' cittadini  fono  altre  fue  pitture  •  CondottoG  egli  finalmen- 
te air  età  di  anni  cinquantacinque»  fi  trovò  sì  fattamente  travagliato  da 
una  fciatica»  che  gli  aveva  force  impedito  il  defiro  lato»  che  non  potenr 
do  più  Aar  fiflb  al  lavoro»  fu  necefutato  quafi  abbandonare  la  piuura»  e 
applicare  agli  ufìzj  per  la  città»  egoverm  di  fuori.  In  ultimo  crovandofi 
in  carica  dì  Vicario  a  Certaldo  »  dopo  aver  già  condotta  la  metà  dell'  uii«» 
SÌQ  nel  i6s%.  fu  fopraggiunto  dalla  morte»  e  nella  Chiefa  diS.  Iacopo^ 
Propoiitura  di  quella  Terra,  prèfTo  all'Altare  di  San  Paolo  fu  lepolto. 
]Fu  quefto  artefice  pratichi  (lìmo  nel  conofcer  le  maniere  de*  Pittori  anti- 
chi %  onde  il  Serenifs. Granduca»  inquefio,  quanto  in  altra  cofa  »  fi  valfe 
di  lui»  ne  mai  gli  capitarono  a  Palazzo  fimiU  forte  di  pitture  eh*  e^  noli 
fufle  ricercato  il  fuo  parere,  prima  di  farvi  applicazione  alcuna.  Dodici 
anni  prima  era  morto  Baftiano  fratello  di  Francefco»  come  fi  è  detto»  laon« 
de  r  importante  carica  di  Cuftode  della X^alleria  dal  Granduca  Ferdinan^ 
do  IL  fu  conferita  a  Giovanni  fuo  figliuolo  in  età  di  14.  anni  e  per  i  meriti 
del  Zio  »e  per  ii  buon  concetto  che  i^  ne  avea»  ne  eglidegenerò  punto  dallo 
Ottime  qualità,  e  fagge  maniere  de'fuoi  Antenati,  efercitandola  per  56.  an- 
ni con  efattezza  e  foddisfazione  univerfale,  finché  divenuto  ottuagenario 
pafsò  all'altra  vita  l'anno  1 701.  QueAo  fecondo  Giovanni  ha  lafcìati  due 
^gliuoli  Baftiano»  e Giovanfrancefco  Maria,  il  primo  de* quali»  per  beni* 
gna  intenzione  del  Sereniflimo Granduca  Cofiroo  III.  eflendofi  introdotto 
nella  cognizione  delle  lettere  greche  e  latine,  e  nella  fioria,  e  fuflèguen» 
temente  avendo  allaporato  lo  Audio  delle  Antichità»  per  beneficenza  del 
fuddetto  Principe  fu  mandato  a  Roma  »  e  altre  parti  d'Italia,  e  in  Francia 
ancora  per  vedervi  le  raccolte  piùfamofe»  e  conofjcervii  Letterati  più  ce» 
lebri»  affine  di  renderlo  capace  a  cuflpdire  e  intendete  inumerofi»  e  prer 
giabili  avanzi  della  dotta  e  venerabile  Antichità»  che  la  RealCafa  poflliede» 
e  al  fuo  ritorno  lo  coftituì  Soprintendente  di  eifi ,  e  come  oggi  fi  dice,  fuo 
Antiquario,  vivendo  ancora  il  padre»  e  dopo  che  quelli  terminò  di  vive* 
re,  conferì  la  carica  di  Cuftode  della  Galleria  air  altro  fratello  Giovan* 
francefco  Maria*,  jpu  anche  difcepolo  del  Biiivert  Orazio  Fidani»  del 
quale  per  averJo  egli  -afluefatto  a  Sozzar  franco  e  a  fare  alla  prima  >  fi 
urvì  grandemente  per  bozzare  le  fue  opere  con  fuo  difegno  e  inven- 
alone;  e  dicono»,  che  quando  talvolta  a  Giovanni  occorreva  aver  bifogno 

dida« 


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nmrAKNi  BmvE^T.       ^7 


dllilinari  (^he  fucc^deva  J>sm  fpeflS>,  penhè  egli  airera  gna  jfaiii^Ikr» 
4^  £  tsraccav»  bene  )  metteva  innanzi  a  coftai  qualche  tela  per  cavala  o  9^^ 
ria ,  di  (|ttelle  che  colora»  (opra^atcti  dall' occalioiU  »  te^igooo  i  pittori  gran 
cemj)q  vQlte  al  muroj  fenzi(  4^  loro  princi|4ot  e  col  ditegnocA' aveva  già 
fitta^  in  pophe  ore  glie  la  «faceva  |H>z9fai?  tutta:  mandava  poi  4  .chiamaire 
il^padcane»:  ì\  ^qale  vedendo  t^ita  lavorai  dlvagU  il  danaro  ch'eWoIeva;: 
V'I  ^ilivert {loi  la  fìniva  a fiiA  comodo»  e  co4  Sovveniva  al  proprio. bifo*' 
^np,  :e  al  padrone  dell' opera  dava  gualche  fodiafiizioiie.  Del  Fidani  lo^o 
infiniti  quadri  in  f  irense  in  eaCa  di  particolari  citttcttoi  •  Pel  Genera^- 
le  dal  Borre,  (eoe  gran  numero  4ì  ritrani  al  nat^irale,  di  Ufiziali  (lati 
tfbltQ  il  filo  coniando  nella  guerra  4el  164%.  Soup  di  Tua  mano  gli  dodici 
^poAc^fCi^tfi  vedono  allq  colonne  della  Chiefa  di.  Santa  Croce»  e  wn 
Appisolo  in  San  Pier  Maggiore .  Sopra  4a  f^Mta  »  che  ntiette  nel  cortile  4el 
^^onaftero  xi|i  Saa  Doi^enieo  dalle  ftalle^  #jnnie  a  frefco  un  S.  Domenici 
«copaljeuni  Àngioli.  Copio  moltt^i.q4Mdri;del  maeftro;  eultimamento 
colori  la  Tavola  dell'  Àngiol  Rafiaellp  e  Tobbia  >  che  fi  vede  nello  fj^ 
filatoio  della  Compagnia  della  Scala  #  rimpetto  alla  bella  Tavola  del  Cco- 
cifìilb  di  Lorenzo  Lìppi  ;  <  fece  akr'  opere  per  Firenze  e  fuori  •  che  per 
hreykà  filafpiai^o.  Ii]U>arò  l'arce <da  lui  ^raacefco  Morofini, , detto  Moo» 
«epudciauo,  cbeidipime  «na  Tavola  della  Cpnverfione  di  S.PaplorCbe'è 
in  S. Stefano»  lallato  alla  porta  del  jfuQCù.:  Jn  SJRomeft  è  di  fna.roaii» 
«la  Nunziata  a  man  deftra  all'entcafe»  e  «ti'altra  a  man  ma«ca»  dov'  è  il 
martirio  di  &  Btftiano  :  e  fono  due  fuoi  quadri  in  S.  Gito&ppe .  Benedetta 
Bollii,  di  cui  fi  veggiono  poche  opere  degne.  4i  lode»  falvo  alcune  colè 
eh' e' copiò  dali'ojpere  del  fuo  maeftro.  Gio^  Maria  d*  Qttavio  Morandì# 
che  Ile'  fupi  primi  anni  copiò  mokVopere  del  BiUvert..*  eflendo  poi  an* 
4ato  a  iV^re  \vk  corte  d^ir  EcQellervift .  Sig,*  Owra  Àalvìati  in:  £lPma ,  dove 
#1  f(X^ùx^Jy  trova  t  ripn  ha  Mfpi^P;  idi  dar  <4h»1  vCàgni  al  m^oa^o^di  q^n^» 
»>  p^ll'agipvare  ad  un'ottimo  ingegno  la  ^raceeic^oe di  Principi  di  quella 
l>onta  e  valore  ;  ma  di  queft*  pi^ecsemo  jMÀi  <a  itingoii  fuo  luogo  e  tempo» 
Finalmente  è  &aco  £uq  aliicMO  Agoftino  Melìi0i  »  che  vive  ed  prefente ,  «o- 
sto. di  molta  inteilrgenza»  ilc}wle  hadifegnato  6ì^ bene, che  i  fuoi  difegna 
non  ^  di^ingppno  da  quelli  d^  m^ftro:  ha.qtamtepu^  una  maniera  noft 
furìto  Itìhic^na  ^\\fs  bw>9e  t^e;deU'arter  fe  M^òpfi  di  fua  raanp  qua^ 
4n  Qi'  ottime  iqelork^ ..  ^ell'  JAfegrai^  Jl^a-ìi^cti^olar  tgtentp»  ed  èdìììr 
j^enti^ma.:  Ha  fatto  qfeltì^me  ^c^4  pe^  la:^r(à«:Q:>iQOite  a»cora  ne  tfh^ 
AQ  (late  miindaxe  fuori*  £M«i  quefti  i  pcln^ipii4aJl«migioCaatagaUi«a4 
e  dopo  la  peAedel  vS^t.  4  accoftò  a  ÌAuitm  AoiflbUt .  QfA  1634-  andò  a 
#are  col  Bilivert,  che  lo  tenne  indi' e'jijlG^  <àw  ài»^ì  1^44.  Agoftin^ 
•al  prinp^io  fi tritacenne io  q^^'^'^l^ >  difi|^md«  df^l  xilievo i e  cpf^iafH 
•d<^ {^riina  piccoli  quadri  4Ìetatf4ftroi/e*ifbi:r^  intere:  eiTendoyì 4»Qa 
capitata  uu  he;  quadro  d?  Wt  QiA9^SillD9b^»^:apffleffo  la  Vergijìe^^*  Sart 


dovaimi,,  di  mano  d&l  ,Ctgdv>  ^<llv^iwr «pei»  (lai4i> <ftefll>  Biliv«r,t  {fu  d« 

odni  f  iorencini;.  ii  M«lt(rrn»  ifeoe  ttnftctoipfoaar  ittQftodio^  che  iwuem 
àa  Rotore  (kUa  jflorioCi  iMit«cia4d  SelOiùià  £rtiici;piìi)wLoceB»>  M«<li* 

ci. 


7$  DecennMMla^atKhdelSec. V.dalìSio. aiióio. 

ci.  Commciò  pòiil  BiUfert  hòrt' ratamente  a  far^K  abbozzare  fuoi  Tòhìzzi 
di  ftorie»  ma  ancora  a  ^rgU^fare  i^dfifegni  e  (kdj  delle  medéfìniè  dal  na- 
turale; e  gli  fteflt  ftUd)  e  difegm  voleva  che  Agoftinò  a^la  fua  prefenzt 
metcefle  in  opera  tielle  Aie  tavole  «  c^Kàdri  ;  à^  qMii  poi  ponèvafi  egira 
dar  peiiesfiòne:  equéfto  feceva  »  é  tagionte  d*  una  grtvee  faftidiofà  mfermi^ 
tk,  éhe  non  gli  permetteva  >  fé  liòii  con  travaglio,  il  (feder  lungamente 
al  lavoro.  IpelP annoi 642 i  dipinféii  MeHffi  per  ta  Chiefò  de- Monaci  di 
(S.Giovanniin  Pifiójia,  due  ftorieciòèc  la  VificasiioAe  di  Santa  EUfàbétta» 
é'I  Banchetto  d' Erode  con  Eròdiade*.  e  un  altro  quadro»  dove  rà^preferh* 
fòil  Re  Tótila  a  ì  piedi  di  S.  Benedetto.  A  Domenico  Bonatti  un  Ahr 
'gtol  Raffaello  e  Tobbiar  e  a  Gabbriellò  Zuti  fece  in  un*ottangolo  la  R6^ 
tiadiSufenna»  Siccome  cirea  a  quefti  medefimi  tempi  d^infe  ài  Conte 
•iProfperO'BentivogU  un  &  Antc(nio>  baflonato  dal  comune  mimico,  che  fi 
conta  fraile  fue  t>iù  b«41^ 'pittore.  Venuto  poi  a  morte  il  fuò  maeftro» 
ed  èffendo  rimale  molte  fue  opere  imperfette!  toccò  ad  Agoftihò  il  dar 
fine  ad  alcune  delle  principali,  e frair altre ^  ad  una  ftorià  della  Novella 
diCimone ,  che  per  Amore,  di  pazzo,  divien  favìò:  quadro  di  quattro 
braccia  d'altezza,  quale  egli  jnedefimo  aveva  abbozzato,  con  invenzione 
del  Bìlivert,  pel  Serenifs.  Cardinale  Gio:  Carlo:  e  fi  compiacque  quel- 
^  VA Itezza ,  che  il MeUfli  ne  rimutaidé  alcune eofe,  e  quelle  riducefTe  ai  fuo 
gùfto .  Dieefi ,  che  quefta  tek ,  dojK)  la  morte  di  ^uel  Principe ,  fufTè  man-^ 
data  a  Genova  .  Un'altra  fimil  bozza  aveva  il  Bilivert  fatta  fare  al  Meltffi» 
la  quale  venne  poi  in  mano  di  Fràneefco  Mafetti.  Del  1646,  dipinfe  un 
Grido  morto.  Maria  Vergine  e  S.  Giovanni,  fatti  col  lume  di  fottoinsù: 
quadro,  che  nel  tempo  quarefimale  fta  fempre  èfpofto  full'  Altare  della 
Compagnia  di  S.  Paolo:  e  fecelo  per  ordine  del  Serenifs.  Principe,  poi 
Cardinale  Leopoldo.  Del  1647.  diede  mano  a  fare  per  T  Arazzerla  del  Se- 
reniamo Ghmduca  più  difegni  e  cartoni  a  tempera  t  e  prima  fecene  alcu* 
siipiccoli^ezzi,cioè:  Aleflandro Magno  è  Diogene  riella botte;  lo  (ledo 
piangente  al  fepolcro  d*  Achille ,  e  quando  dal  medico  gli  vien  porta  la 
bevanda ,  ed  altri  appartenenti  alle  azioni  di  quel  gran  Monarca:  e  una 
fioria  dell'  Angiol  RaÌ9faeIlo  e  Tobbia .  Fecene  poi  de'  molto  grandi ,  che 
fono:  la  Decollazione  di  S.  GioVambatifta,  quando  i  fuoi  Dilceppli  por- 
tano il  Sacro  corpo  alla  fepdlctfrà^  più  ftorie  di  Moisè  con  !or  fregi  cr  àr* 
chitettura,  cioè:  quando  è ;ca va to  della  ceftella;  lo  fcàturir  T  acqua  dal 
iaffo  :  la  fommerfione  di  Fbraohe;  :il  gettar  dèlie  Tavole  della  Legge,  che 
ierv<MK>  per  l'anticamera  dello  ft^o  Sereniffimo .  Inokre  colorì  e  inven« 
co  un  altro  cartone  di  braccia  undici ,  che  rapprefenta  il  Senato  Fioren« 
no  9  in  atto  di  rendere  obbedienn  al  Granduca  Cofimd  IL  nel  principio 
del  fuo  regnare  I  con  altri  piiìcoli  pez^i,  dove  fon  rapprefentate  diverfe 
virtù ,  armi  con  putti  per  portiere  e  carriaggi.  Ha  inoltre  il  Meliffi  fatto 
a  cartoni  di  tutte  le  ftorie.  dipintela  a^chiarofcuro  da  Andrea  del  Sarto 
edalFranciabigio,  nella Coùipagnia  dello  Scalzo,  ridotte  a  colorito,  e  in 
proporzione  grande,  di  bractia  tre  e  mekzo  l'uria  4e  figure  principali ,  Iad<> 
dove  le  originali  fon  minori  del  naturale  ^  Qudfti  cartoni  nel  teflfera  in  tap^ 
peazerie  9  effetto  proprio  di  qaei  lavoro»  vengano  a  rapprefehtar  l'iftorxe 
■*  'e  figu» 


GIOVANNI  BlllVERT.  %9 

«^aieperlocomrariOf  di  ^ud  diesile  fono  in  picniia, cioè:  cfaeqodlo 
che  in  quefte  è  veduto  a  dewat  in  quelle  fi  riconorce  a  finiftra  *  Deu'  an-; 
no  1648.  fece  per  l'Eccellentiis.  Sig*  Duca  Salviatit  per  la  tanto  rinomata 
fila  Villa  del  Ponte  alla  Badia  prefib  a  Fiefole,  una  Siringa  in  tela  di  quat- 
tro braccia:  e  pel  Conte  Bardi  »  una  Tavola  con  San  Donnino»  S.  Fran-» 
cefcOf  S.  Bartolommeo»  Maria  Vergine  con  Giesù  ed  altri  Santi»  per 
mandare  alla  Chiela  di  S.  Donnino  a  Colle  in  Valdarno .  Del  1 650.  e  i6s  i* 
t^oXoti  a  Franoefco  RucelUi  in  un  quadro  ciò  che  racconta  Valerio  Mafli- 
mo  di  quella  femmina  che  allatta  il  Padre  alla  prigione:  e  per  V  Abate. 
Aleflandro  Stufò,  due  quadri  di  mezza  figura,  una  Nin£i  e  un  Fattore  » 
in  atto  di  fonare  il  flauto  :  ed  al  Marchete  Coppola  una  S.  Caterina  del- 
le Ruote  con  un' Angeletto .  AJMarchefe  Filippo  Niccolini,  perleChie-^ 
fé  di  (uo  Marchefato  del  Ponfacco,  e  Palazzo  ai  Camugliano»  fece  più  tt« 
volo  e  fiendardi  •  Ha  operato  a  chiarofeuro,  in  occaiione  di  pid)blicbe  fede» 
per  riceWmenti  di  Principi ,  per  efequie  ed  altre  limili  occorrenze.  £  di 
liia  mano  in  cala  Odoardo  Gabburri  nobil  Fiorentino  un'ottangolo,  do- 
ye  è  un  S.  Pietro  piangente,  e  in  lontananza  il  cortile  di  Pilato»  co' foldati 
è  1*  anelila  odiarla .  Fece  egli  quello  quadro  V  anno  1 675.  e  a  me  pare  e 
per  colorito  e  per  difegno ,  e  per  alare  (uè  qualità  »  una  delle  più  belle 
opere  t  che  fieno  uCcite  dal  £ao  p^nnell>»  •  Ultimamente  ha  fatto  una  Tavola 
^  una  Trinicà*  e  Maria  Vergine ,  in:  atto  di  pregare  per  V  uman  genere  # 
che  dee  efier  mandata  alla  Compagnia  della  Paflione  a  S.  Fiero  al  Terreni» 
nel  Valdarno  di  ibpra  .  MoJt'  altre  opere  ha&tte  il  Meliili  9  ed  ha  alle  ma«* 
ni  al  prelènte,  che  fi  lafciano  per  brevità.  Altri  molti  difcepoli  ebbe  il 
Bilivert ,  parte  de* quali  H partirono  dalia  città*  ed  altri,  che  per  edere  riu- 
sciti uomini  di  meno  che  ordinario  valore ,  non  fa  di  meftieri  parlar  di  loro« 


FRA  ARSENIO  MASCAGNI 

PITTOR    FIORENTINO. 

l^fiepok  Ji  Jéuopo  LigQzzt^  naf  1579.  #  16^6. 

Jquefto  «ite£ce«  che  ài  f«jCQl«  .fi  cbUin^  Damato,  figtiiM^ 
d' un  tal  Matteo  Mi^cs^t  FìMentioo ,  di  pjrofeffione  muii* 
tore ,  e  di  Agnoletta  DoiMti .  Ebbe  due  fracelU  »  fiar^tolom* 
meo ,  cbe  fu  ecceUeate  nel  ^eftiero  del  padre  •  e  yiutco- 
flo,tMflàvafiertrohi€efCfo«  eheper  marac«re*  avendo  di  tut- 
ta iua  induftria in veatate. varie  roaachtne «fonti  per  rtflet<r 
«u:  la  pei^aiaena  della  gran  Cupola  de'l  fMipno^  maltsattat»  da  unfulmine; 
Salvearo-,  l' al tro  fratello,  fu  orefice»  e  nell'  arte  fua  di  lum  infdiocre  in- 
selligensa .  Il  ooftro  artefice  dunque  ne' primi  anni  di  Tua  fanciullezza  6 
'difde  «Uo  ftodto  del  difegao  e  della  pinatfaXìttto  la  diÌGk»lt&a  di  Jacopo 

l^igozzi 


9o  DecmtAl  kU^f4MktddSei.^^ 


o^ 


il  quale  iftvtfra  appreft  V  arte  dtil  ^al^  PàoH^  Cdiatì  Verénefé .:  Pnttcnu* 
to  che  fu  Donaco  air  età  di  ventati  amii,  n«l  quat  tempo  eraiegli  mollai 
bène  ìftructo  nel  dipignere»  defidtrofo  di  fetvirea  Dio,  fecefi  KeligioCd 
della lleligipne  de'^Servi ,  alli  2f .  dì  Setrerabre  Tanno  di  aoQra  faluie  i6o^^ 
liti  Siero  Eremo  di  Monte  S<ftàfi0;i)re(lba  Firenase  otto  miglia  :  e  nel  i6oth 
illi  15.  di  Settembre  vi  jfecèla  fóleWné  profeflìone»  eli  cillamò  Frate  Ar^ 
fenio.  Non  andò  molto»  che  non  pbttodo  la  di  1«  dtbole  compleffione 
i  rigori  detta  vita  di  qae^bMmì  Eremiti  fbffrire  :  ed  eflèndo  anche  in  qua-* 
fto  mefe  feguita  la  morte  di  Bartòlommeo  fuo  fratello  »  lafciando  fua  ^ 
jBiglia  in  grave  bifogno;  fu  necelTitato  di  procurare  dalla  Santirik  di  Papa 
FaoloV.  per  mezzo  di  Girolamo  Cardinale  Berner  io.  Protettore  dì  quet- 
fOfdine,  licenza  di  paflarfene  alla  vita  comune  nel  Coibento  dellaSantifik 
Kimkiata  di  Firenze:  eie  fu  rannoi<5o8.  Nel  idoj.  s'ordinò  SacerdotCt 
édalli^5.  Marzo  all' Altare  della  Santifs.  Vergine  Annunziata  celebrò  la  fua 
primii  Meflà  »  effendo  egli  tn  età  di  anni  32.  in  circa .  Da  lì  in  poi  còminciòi 
ad  operar  molto  pib  del  folito  di  pittura,  fisceido  grandiflìmi  guadagni» 
itarte  de'quan ,  così  permettendogli  i  fuoi  Su periori>  adoperava  per  alimene» 
tare  la  madre  e  i  poveri  nipoti ,  a  i  quali  otteone  facuità  ài  fomminiftra- 
Ife  de'fuoidepofiti,  fino  alla  fomma  di  fei  feudi  Kmefe*  Prima  di  firfi 
Religìofo ,  aveva  colorito  a'  Monaci  degji  Angeli  Camaldolefi ,  alcune  lu^ 


quar  opera 

ftro  fuo,  eh'  ella  par  veramente  di  mano  di  lui.  Occorfe  Tannoitfiv 
che  Bernardino  Poccetti,  infìgne  pittor  Fiorentino,  che  nel  Chioftro  del 
Convento,  chiamato  il  chiouro  de' morti,  aveva  fatte  moltiflime  bella 
Dpere ,  fé  ne  pafsò  all'altra  vita,  e  così  vi  rimafero  a  dipignerfi  ^cune  lu- 
nette; onde  a  Frate  Arfenio  fu  data  la  qura  di  farne  due  di  fua  mano .  Fjr 
gurò  egli  dunque  in  una  dt  quefle  la Bon^asiìone  di  quella  Chi^fa  :  e  nel- 
l'altra» quando  fu  dipinta  la  miracólora Immagine  della  Nunziata.  Coioti 
ancora  a  frefco  quattro  lunette,  nella  prima  danza  della  Spezieria ,  con 
alcuni  ritratti  di  Generali , (hti  figliuoli  di  quel  Convento;  e  un  quadro 
a  olio  della  (loria  del  Conte  Ugolino,  fatto  morir  di  fame  da'  Pifatii  nella 
Torre  •  Nel  Gapiebto  è  un  qu«drp,.di  quattro  braccia d'alteaza,  dove  ejali 
dipinfe  a  olio  una  (loria  dell'elezione  al  Generalato  dell'Ordine,  del  ra*» 
dre  An gioì  Maria  MontorfoU  »  reìigiofo  di  fama  vita  :  e  in  Chieta  fono 
Immàgini  del  Eeato  Giovacchi^Oi-è  dèi  Beato  Pellégtinó  dello  fteflb  Or« 
dine:  e  in  Sapreftiafu  poftaunb  copia  delta  Santi  ffima  Nunziata,  latta  pu- 
re di  mano  di  lui.  Nella  Chiefa  de' Frati  della  Pace,  fuor  della  Porta  di 
S.Piergattotinì,  è  di  fua  mano  lìil  q(i4dro , fatto  quando  era  fcolare,  dove 
è  l'Afluni^ione  di  Maria  Vergine.  PaflTatofene  a  \^ttTV^>,  dipinfe  nel  Re- 
fettòriò'de^ Monaci  CamaldolefidetlaBadta.dl S{  Salvadore,  altrimenti  di 
S.Gvtt(lOr#aori  della  dttè,  alcuiiefiorle  a  ft«Tco,  de'ibtti  dt'SanUGlu^ 
ilo,  Clementi  e  (^ttoviétibtfie 'pifcr  tona  facciuM-d^l  medéfimo  <:olot)  a  olié 
una  grande  ilo'rià:'deUa  Noake  ila  Cam  di  Calile»..  Ne4ìo  lleflo  Monaftero 
<  è  di 


.;         FRA  ARSENIO  MASCAGNI.       8t 

èdlfiuBMnó»  pun  a  olio»  un  quadro ,'die!3dt  uno  de^Aigliori  artefici 
di  oveflo  fecoio  ci  è  l^o  figurato  per  òpera  fingolaro  e  rar^ma  »  nel 
quale  fece,  vedoe  Gidb  fa  1  ietaaM)0  ^  e  la  móglie  di  laiche  lo  ximproTe» 
fa^  evi.ajpftttnfeahfe  belle  figure v  Per  la  Chiefa  dd  Borgo  di  moma 
Bladohi^  inr  quaUa  parte;  dipii&una  carola i  in  cui  rapjihrefentb  una  Vef^ 

fine  con  &  AnMjnio  ed  altri  Santi  :  ed  un'  altra  per  la  Comoagnia  di  Sante 
cefiino  in^Campo  Mar2o«  Fu  poi  l' anno  idii.  da  alcuni  Prelati  cbiauui^ 
to  a  Roma  >  dovefece  motte  opere .  Ocoorfe  in  qoeftotempot  che  il  Pria;^ 
dpedi  Salisburgh  ebbe  di  bifogno  d' uil  pittore:  e  avendo  di  Ciò  fcritté 
a'fiioi  amici  di  Roma,  fu  propollo  il  Padre  Arfénio»  il  quale  fi condoflerià 
quelle  parti, e  molto  opero  per  quel  Signore;  ed  alia  foa  tornata  a  Fireniu 
ze  porco  di  fuoi  guadagni  buone  fomme  di  denari,  i quali  diede  al  ik/ù 
Convento^  e  a  proprie  fpefe  rifece  la  porta  principale  dei  medefimoifi 
piecre  lavorace  a  bozzi  con  fuo  ornato ,  e  con  proprio  fuo  difegno .  Aveft 
decerminato  di  tornarfene  in  Salisbufgh;  ma  fopravvenendo  alla  cicca  4t 
Firenze  dell' anno  1530.  il  mal  contagiofo,  gli  fu  neceflàrio  il  trattenerÌE 
in  patria,  doite  fino  all'anno  16^6.  (empre  operò;  ed  in  queft'  anno  mi* 
defimo fopraggiunito dal  male  dell'afma^  alli  io«  di  Maggio,  dopo  mia  Tiite 
afiai  religiofaìiiente  menata ,  fé  nepafsò  al  cielo  :  e  nella  comune  fepolcù^ 
«a  de*  fuoi  Frati  neUa  medefima  Chiefit  delk  Santifitma  Nunziata  fu  fepoka» 


PIETRO  PAOLO  JACOMETTI 

SCULTORE ,  GETT ATok  DI  METALLI, 
E  PITTORE   RICANATESE. 

'Dtftepofo  iP  Anton  Calcagni ,  nato  1580.  #  1555. 


Acque  quefio  artefice  deUa.nobil  famìglia  de'Jacome^i 
di  Ricanacif  P  anno  di  noftca  faiuce  1 580.  e  fisi  dal  b^ 
principio  degli^anni  iuoi  aacefe  allf  anca  della  Scultviraé 
fottQ  gr  infegnammsti  d'  Anton  Calcagni  fuo  zio  ,r'f 
vppttnoz  Tarqttinio  Jacometti  fiio  firacello,  de  i  quali 
aobiaoui  altrove  parlato  :  ed  in  compagnia  di  Tarqtti- 
nio foce  le  Aatue  di  bronzo  della  {onte  t  sW  è  dayaati 
-aUaChiefa  deità  S/Calà  diLoreto;  e  per  .k>  Cardinale  d'Araceli  >  V  Urna 
hronasQ  del  BatoeQoio»  foftenuca  m,  onattro  tori»  che  èni&lla  Chida 
nedcaie  .di  Ofimo  (a)  «  Furono  opere  oelle  fue  qnani  il  fepoicro  di  bren? 
delio  fkci&  Cardinale  d'Araceli  »  ndia  Cfaieia  di  &Aian:o  della  ftefla  citt 
d'Ofimo  (f){  i  bronzi  della  Fontana  cfa'è  nella  piazza  di  Faenza:  l'or«- 
mento  pel  B^tefimo  con  alcuni  Angdi  »  e  '1  S.  Giorambatifta  batcezr 
iOB>  in  Civita  della  P«nna  in  Regno»  ad  inftanza  di  Mi»figaor Marfucci 

F  •  da  Ri*   , 


»  ■    I    IMI 


[a]  Per  rogif.  di  scr  C^/bm lìnMféfati . 


H  Demn.  Il  delkPàft.  l delSec.  V.  dal  i  €i h,él 1 6io,  • 

iftj Ricaditi ,  Vefcovo  di  quella  città.  Per  1« Signoria,  di Rtgulk £ècé 
una  Stacus  di  bronxo  dì  qu&ttordici  paloù  Romani^che  fu  ^i&a  pdri]tieUa 
pBrci  i'anno  1637.  e  dicefì  che  eila  £i)flè  collocata  nella  pubblica  pnzza.(c)  1 
vna  Immagine  di  Maria  Vergkie  di  Loreto ,  portata  dagli  Angeli .  /lituatt 
in  Rtcanaci.  nella  facciata  del  PaIaz2o  Frìorale.  Per  laChiefa  de'  Padri 
Gefaiti  d'Ancona,  una  Statua  di  bronzo  di  quattro  palmi:  ed  una  Umile 
Status  per  le  Monache  del  Monte  nuovo  {S)  ,  Per  la  città  di  Muerata  la 
Stàtua  del  Cardinale  Fioi  pofta  fopra  '1  portone  del  Borgo.  Kella  citrà  di 
JefiinellaChieCa  Cattedrale,  è  di  Tua  mano  il  DepoGto  del  Cardinal  Cenci] 
Smiliuente  gli  Animali, che  0  vedono  nella  Fontana  del  borgo  in  Loreto . 
fecevi  ancora  un  ritcatto  di  bronzo  d'un  Benefattore,  che  fu  portato  in 
ATcoli.  Trovanfi  nellacittà,  fua  patria, adai  piccole  figure  di  metallo ,  fparfe 
|ier le  cafe  di  particolari  cittadini.  Attefe  alla  pittura,  nella  quale  ebbe 
per  maeflro  Ctifiofano  Roncalli  dalle  Ripomarance,  al  quale  8)utò  nelle 
pitture  della  Cupola  di  Loreto:  e  fiece  alcuni  quadri  in  Recanatì  per  le 
Monache  di  Santo  Stefano,  e  per  quelle  di  San  Benedetto ,  e  per  laChiefa 
delU  Terra  di  San  Giulio  :  e  pe'  Padri  Conventuali  di  San  Francefco 
dfpinlè  ia  Cena  del  Signore ,  quale  pofero  nel  loro  Refettorio  :  e  cutor)  a 
fÌK&:o  un' AfTunzione  «i  Maria  Vergine:  e  finalmente  nella  fteflà  città  di 
Rieanati,  fu  con  fua  architettura  ridotta  a  migliore  (lato  la  Chiefa  de*  Pi* 
drì  dèlia  Compagnia  dì  Gesù.  Seguila  morte  di  quefto  artefice  l'anno  165;. 


PAOLO   BIANCUCCI 

PITTORE    LUCCHESE 
.  Dìfcefilo  di  Guido  "Reni,  nato -$-  1555. 

\  Irca  a  quello  tempo  vìflè  in  Lucca  Paolo  Biancucci ,  difce- 
V  pòio  di  Guidò  Reni,  del  quale  giufU  colà  è  il  fare  alcuna 
[  menzione,  avendo  egli  cercato  d' imitare  la  maniera  del 
7  fua  gran  maeftro,  netta  quale  fiecefi  conofcer  dotato  di 
I  molta  gentilezza  nell'invenzione,  e  vaghezza  nel  cotori- 
r  co.  Sono  le  fue  opere  principali  in  Lucca  fua  patria, 
'  cioè  :  una  tavola  da  Altare  nella  Chie&  del  Suffragio, 
nella  quale  rapprefentò  la  Beatìflìma  Vergine,  che  fpreme  il  fuo  latte  vir- 

tinate  fopra  l'Anime  Purganti;  un^  altra  tavola  nella  Chie^  de*  Fran- 
efcani,  in  cui  figurò  molti  Santi  in  terra  e  in -aria.  Quello  pittore ,  co^ 
ne  quegli  che  era  dilìgentiflìmo  nel  fuo  operare ,  copiò  molte  opere  di 
Guido  fuo  maeftro  eccellentemente.  Fu  di  nafcita  affai  civile,  granotbdi 
perfonae  ditratco:eperòfu  caro  agli  amici, ed  afiaì  gradito  nelle  cofoverfo- 
zioni;ed  in  ecàdi  70.  anni, circa  all'anno  1(553.  fini  il  corfode'gioniifuoÌ> 
; \ AGO- 

[  bl  Pfrrtgit.  Hi  ter  Tarquat.  BttMÌ .    [  e  ]  Seritt,  M  BsKtbÙré 

ii  Ttdifi  metta» fmAaton*.   \fi,}Ro£Ìt.dilCìme.dtUasittà* 


.0       AGOSTINO  BUGÌARDINl.         f| 

AGOSTINO   BDGIARDINI 

ALTRIMENTI  DETTO 

AGOSTINO    UB ALDINI 

SCULTORE    FIORENTINO. 

Piftepoio  ^i.  Giovanni  Caccim ,  nato 4^  J^^S* 


ti 


N  qoefii  medefimi  tempi  operò  in  Ficensse  Agoftino  Bugitr* 
dini»  il  Quale  9:  non  fo  perchè  «  fu  chiamato  lempre  Agofti* 
no  Ubaldini .  Quefti  £a  di(cepolo  nella  fcultura  di  Giovali* 
ni  Caccini:  e  fra  le  prime  opere  che  £icefle  nella  ftoola  ddL 
maefiro»  furono  Quattro  Cherubini^  che  fi  venono  fotto  il 
Cibpnq  del  Santluimo  SagTamento»  che  è  in  (ufr Aitar  matf<» 

E*ore  di  Sospinto»  i  quali  intagliò  a  concorrenza  di  Gherardo  Silvani  af- 
ra fuo  condifcepolo  9  a  cui  il  Caccini  aveane  dati  a  fare  altri  quattro  • 
Fece  poi  molte  cofe  per  di verfi  Gentiluomi,  e  particolarmente  pe*  Cerre* 
tani  in  fulla  piazza  vecchia  di  S.  Maria  Novella .  Fece  anche  opere  aflbi  ben 
condotte  per  pubblici  luoghi:  e  fra  quefte,  non  oftante  ciò  che  altri  fé  nei 
iMiia  erroneamente  fcritto  »  la  Statua  della  Religione  »  che  fi  vede  nel  mezzo 
del  fecondo  chioftro  de' Frati  Serviti  della  Santifs.  Nunziata;  nella  quale 
Scttua»  che  con  isbaglìo  fu  detta  opera  del  Caccini,  ebbe  anche  parte 
Anton  Novelli  ,^  che  eflendofi  partito  da  Gherardo  Silvani  fi  acconciò  con 
eflb  Ubaldini  più  in  aiuto  dell'opere  I  che  per  difcepolo»  contuttoché  egli 
non  avefie  ancora  il  ventiduefimo  anno  di  fua  età  compito .  Yedefi  anco 
di  mano  del  Bugiardini  una  grande  Statua  di  marmo,  con  alcuni  piccoli 
fimciuUif  nellaGrotta,  che  è  in  teda  al  cortile  del  Palazzo  de'  Pitti»  nelle 
quale  pur  auche lavorò  il  Novelli, che  pare  rapprefenti  la  Carità .  Eflen-'* 
do  Tanno  i6z2.  paflTata  all'  altra  vita  Arcangela  Palladina,  Mufica  celebre 
della  gloriofa  Memoria  della  Sereniflima  ArciducheflTa  Maria  Maddalene. 
dVÀuftria»  volle  quell'Altezza  onorare  la  memoria  di  lei;  onde  ordinò 
febbricarfi  perJo  fuo  cadavere  un  nobile  Sepolcro  nelh  Chiefadi  Santa 
Felicita:  ed  al  Bugiardini  comandò,  che  rjntagliafiè*  Quelli  fece  ^I  tì^ 
tratto  di  Arcangela  •  teda  con  bullo  >  che  fi  vede  al  prefente  fopra  il  me« 
defimo  Sepolcro  ;  ma  non  ebbe  appena  condotte  a  un  certo  mediocre  fe«* 
gno  le  figure  di  due  femmine  di  mezzo  rilievo,  che  gli  (tanno  da  i  lati ,  che 

firevenuto  dalla  morte  non  potè  finirle:  il  che  poi  toccò  a  fiire  al  Novel* 
i .  Fu  anche  di  volontà  della  ftefia  Serenilfima  decorato  quel  tumulo  colle 
feguenti  parole ,  pano  dell'  ingegno  del  celebre  poeta  Andrea  Saivadori  : 


F  2  D.  O,  Mr 


94   D(cenHnltJelUF4fttéklBtc.V.dà^ 

D.  o.  u. 

Cecini T  Hetruscis  Regirus  nunc  canit  Deo 
Vere  Pallaoimia  jostar.  pauadem  acu  Apellam  goloribus 

CaNTU  AEoyAVlT  MUSAS . 
ORUT  ANNO  SUA9  AETATiS  ^ijilll.  DtS  XVIII,  OCTOBRIS  J^QXXII. 

Sparge. RD^is  lapicem  «  coelesti  innoxia  cantu 

jÀcET  SiREN  9  Itala  musa  Jacet  . 


r     S 


Ìa  morte  di  qtieft^  artefice  fu  veramente  degna  di  gran  compaflione»  ed 
Qooorfe  in  quefto  modo.  Viveva  in  quel  tempo  m  carica  41  Piovano 
dell' loipcuneca  un  Gemilaono  di  cafaBuondelmontii  amiciflìmo  dei  Bu- 
giaidini,  il  quale  «  comecché  mobo  fi  dilectaifit  della  caccia»  bene  fpeflb 
|iartivafi  da  Firenze  eoa  bxx  baleftra»  pprtavafi  dall^ aulico»  e  reftava  con 
«fio  per  qualche. giorno  alla  Pieve.  E  perchè  egli  era  giovane  fpintoTo^ 
manche  aveva  una  buona  vena  di  poefia*  le  la  pailava  in  quelle  converia^ 
vqm  aflai  familiarmente  f  e  con  piacere  e  follazRo  proprio  e  degli  altri. 
Una  mattina  venne  capriccio  a" preti  e  ckerici  del  Piovano  di  piglbrfi  delipi. 
Senltore  alquanto  di  traftuilo:  e  cosi  avendo  con  un  ben  fiiporito  intingi 
colo  fatta  cucinace  una  bella  gatta»  quella  pofero  davanti  al  Bugiardinié 
u  quale  .credutala  ima  lepre»  fubtto.vi  dette  dentro  fenz'eflerne  pregato ^ 
cdera&ne  egli  gii  beri  fatoUo»  quando  gli  amici  di  tavola  volendo  bel  Delio 
incominciare  a  fcopoir  la  burla»  ftnaafaper'qttant^ oltre  ella  foifetbitaper 
irriy!ire»dieder' principio  al  contrtd&re  a  vicenda  il  oiiaokr  delgatao» 
aocoinpagnando  quello  ftrepito  con  qualche  ri  Ibi  e  tanto  fecero  ducsre 
^pKlla  trefca»che  il  Bogiardini  reftò  chianco  delia  burla .  Allora  ilpovee 
«omo  •  che  per  avventura  gentiliffiaoo  era  di  ftomaco»  reftò  preib  da  tan^ 
ta  nmufea  dcìr  inghiottito  piafto  »  che  con  infoSribiie  violenea  dell'  intera 
ne  pani  del  petto»  cominciò  ad  arcoreggiare r  ed  in  breve  rimafe  coalaf^ 
laAnaca  e  travagliato»  eh*  egli  ebbe  per  bene  falire  a  cavalla»  e  tornarfoM 
ne  a  Pirense  »  non  lènza  rammarico  da*  compagni  di  tavola  •  Ma  e'  ncuji 
ebbe  appena  paflato  il  luogo  del  CMcififib  »  né  era  ancora  alla  villa  di  M^il- 
Mmonte  pervenuto  »  che  rottofegli  nel  petto  una  vena»  fece  gran  ^xA 
dì  (àngue  »  Non  ottante  tale  accidente  »  egli  continuò  il  fua  viaggio »gittn(b 
t  caia»  e  in  capo  «  otto  giorni  a  cagion  della  burla»  egli  fi  trovo  dn  dove* 
fo;  fra  quelli  deU'  altro  mondo . 


—    * 


ASTOL- 


ASTOLFO   TETRAZZL  8| 

ASTOLFO    PETRAZ2I 

PITTOR    SENESE 
Dtfiefolo  del  Càv.Fran^fio  Vamì^  nato  ......  0  166$. 


1  Allt  fcuoU  ótì  Cw.  Francelco  Vtnnt ,  oltre  ad  iltrì  buoni 

«iccorì,  dif  quali  «  fuo  luogo  abbiamo  parlato»  ufd  Aftolfo 
Gerani  cittadino  SMefe  ,  ti  quale  avendo  dipoi  fiudiat* 
molto  apfH^effio  ti  Car.  Ventura  Salimiient  e  Pietro  Sortii 
luoltilfifde  opon  fece  nella  Tua  patria .  Fra  quelle  che  vi  fu^ 
roAO  pia  lodate  >  fa  quella  del  San  Sebaftiano  nella  Chiefii 
de*Teffitori  :  quella  del  San  Girolamo  nella  Cappella  de'  Rocchi  inS.  Ago« 
fiiho  :  nella  Chiefa  dello  Spedale  di  Mort*  Agnefai  la  Natività  e  i*  Afiben- 
fione  del  Signore .  Sono  due  tav^e  in  S.  Giovambatifta  in  Pintanetot 
detto  di  S.Giovannino,  con  iftorie  a  frefco:  in  S.  Anna:  in  &  Sebaftiano 
di  Vallepiana .  Nella  Chiefa  de'  Padri  Serviti  è  una  Tua  tavola,  ih  cui  rap« 
prefentò  la  gloria  dei  Para<firo»con  altre  diverfe  figure .  Nella  Chiefa  delle 
Madonna  delle  Trafifle  è  l'Adorazione  de'  Magi;  ne'  Cappuccini  Nuovi  il 
Traniitodi  Maria  Veigine.  Mandò  e  Prato,  per  la  Chieia  di  S.  Agoftino  p 
una  tavola  di  noftro  Signor  Gesù  Crifto ,  che  con  tre  dardi  fulmina  il 
mondo.  Veggonfi  anche  fue  tavole  in  S.  Agoftino  dì  Pietmfanta,  e  nette 
città  di  Spoleto .  Fu  poi  chiamato  a  Roma,  dove  conduffe  di  fua  mano» 
ver  la  Chiefii  di  S.  Euftadiio,  la  ftoria  del  Aio  outrtirio,  cioò,  quando  egli 
tu  melTo  dentro  al  toro  di  bronzo  «  Per  la  Chiefa  di  S.  Giovanni  de'  Fio* 
rentìni  colorì  la  tavola  per  la  Cappelle  de'  Capponi ,  dove  fece  vedere 
Santa  Maria  Maddalena  loftenuu  dagli  Angeli.  Un'  altra  tavola  fece  ìtt 
S.  Biagio,  in  cui  efptefle  la  figura  di  Maria  vergine,  con  alcuni  Angeli  e 
Santi .  E  finalmente  per  la  Chiefii  Nuova  de*  VwAvi  deUe  Congregazione 
dell'  Omorio  di  S.  Filippo  Nerit  dipinfe  venti  gran  quadri  d' immagini 
di  Gesù  Crifto»  di  Mane  Vergioa,  degli  Apoftoli,  e  d'  akri  Santi  «  Fu 
Aftoifo  Petrazzi  uomo  non  uieno  innamofato ,  per  cosi  direr  dell' arte  fua^ 
che  amico  de'  profeflori ,  e  foasmatMOie  dvitacivo  vedo  quei  poveri  gio^ 
vanif  che  defidérando  di  apprtinderia,  non  avevano  hiogo  ove  efercimru 
gli  ftud)  loro  :  che  però  fino  alla  fua  età  pKi  cadente  e  più  inferme,  cIm 
egli  menò  negli  ultimi  anni ,  fempre  ne  tenne  buon  numero  appreiTo  éà 
fé,  facendo  nella  (^a  propria  cafa,  e  nella  propria  ftanza  un^Accademia» 
nella  quale  diede  luogo  ancora  a)  celelnre  pittore  di  battaglie  Jacopo  Cor- 
tefi,  detto  il  Borgognone,  ne'fuoi  primi  tempi,  dico,  quando  (^li  par- 
titofi  da  Bohagna  per  portaiii  a  Roma,  fi  fermo  in  Siena ,  e  andò  la  cofii 
in  quefio  modo .  Non  aveva  ancora  il  Borgognone ,  come  eflb  medefimo 
à  me  raccontò,  fermato  Panimo-di  quale  do veflè  edere  il  fuo  particolare 
efercizio  in  materia  di  pittura  ;  ma  avendo  nel  paflar  per  Firenae  fatte 
grande  amicizia  eon  Gio.  Azzolino»  detto  Orebat  Olandefei  eceellento 

F  3  pittore 


t6   DecmAldéllàVart  IddSec.  V:dàlUio. aliSio, 

I 

Sìnoredi  bei  capricci  e  di  batu'^lie,  e  «n  Monsù  Mont&gtu  cdebce  nel 
ipìgner  navilj  e  foituoofe  marine  i  enfi  force  Affezionato  a  quelle  no- 
velle bizzarrìe  ;  ma  particolarmente  in  far  caprìcci  e^  paefì  :  e  giunto  a  Sie- 
Da*  dove  da  niuno  en  mtii  flato  per  16  avanti  viftp  ne  conofcìuto,  la  bon- 
tà del  noftro  arte6ce  Adolfo  fubito  l'accolfe,  e  diedegli  comoditi  d'ope- 
nre nella  propria ftanzai  e  con  quefio  e  con  quel  pi^,  che  forfè  eglipolè 
fomminiltrargli  d'ajutOi  come  a  povero  giovane  e  &reftiero,  fu  cagione 
che  il  Cortefi  con  quel  primo  guuo,  guadagnato  colla  pratica  avuta  in  Fi- 
renze per  alcune  fettimane  con  quei  virt;uori>  vi  conducefTe  di  fua  mano 
alcuni  paefi  e  diverfi  caprìcci ,  e  pigliale  grand' animo  di  portarli  a  Roma 
-  «  nuovi  flud)  :  e  che  datofi  finalmente  a  fìtr  battaglie,  facefle  poi  qudla 
gran  riufcita,  che.  a  tutti  è  nou .  Ma  tornando  ad  Aflolfo,  egli  fìnalmen- 
<•:  carico  d'  anni;  e  aggravato  dalle  fatìcJie  •  gìunfe  al  termine  de'  fuoi 
giorni  l'anno  della  noma  falute  166$.  e  nella  Cattedrale  di  Siena  fu  data 
al  fua  corpo  fepoltnra . 


ASTASIO   FONTEBUONI 

PITTO  R     FIORENTINO 

'Difiepoh  di  Domenico  'PaJltgnaniy  nafo  .,.,.,  ^  ....... 

E  BARTOLOMMEO  FONTEBUONI  SUO  FRATELLO 

DeUa  Ccmptffùt  di  Gè  tu* 

•tafio  di  Piero  di  Sngio  d' un  altro  Piero  di  Stagìo  Fonte- 
buoni  I  buona  famiglia  Fiorentina ,  nacque  nella  cittì  dì  Fi- 
renze: e  crefciuto  in  età.  nella  fcuola  del  Cav.  Domeni- 
co Paffìgnani  molto  fi  approfittò .  e  rìulcl  buono  imitatore 
della  fua  maniera;  onde  ancor  giovanetto  fé  n'andò  a  Ro- 
ma j  dove  fece  molt'  opere  degne  di  lode .  M>  prima  di  par- 
tire aveva  dipinco  in  Firenze  per  la  Chìeu  di  San  Giovannino  de'  Padri 
Gefuici,  duebellìQtme  floriette  a  olio,  che  a*  di  noftrì  poflbno  molto  bene 
efler  credute  di  mano  del  fuo  maeflio .  In  una  rapprefentò  una  crocìfìfTione 
dìS.  Pietro,  col  capo  verfo  la  terra;  e  a  qqefla  fu  dato  luogo  nellp  fpazio 
die  corna  fopra'l  primo  confellìonario,  in  fondo  alla  Chieu,  dalla  Gniftra 
parte  entrando»  uia  oggi  poco  fi  fcorge:   nell*  altro  efpreflfe  il  martirio 
aiS.  Bartolommeo»  fituaCQ  nello  fpazio  fopra  '1  confcfiicnarìo,  che  fe^^i^" 
ta  dopo  il  già  nominato ..  Similmente  dipinfe  a  frefco  nella  parte;  più  al- 
ta di  elTa  Chìefa ,  per  quanto  tiene  la  facciata  interiore,  pure  in  fondo,  dì 
qua  e  di  U  dalla  fineftra,  l' immagine  di.  Maria  Vergine  Annunziala  e  graa 
nninero  d'Angeli»  in  atto  di  fonare  e  cantate;  e  da  ì  ìatidi  queOa  pittura 

due 


AST^SW  FONTE  BUG  NL         tf 

dAe  profeti  a  chiarofcttro.  Giunto  in  Roma ,  dipinfe  npUa  Galleria  di 
dafa  Savdiif  fiitti  d'uomtni  di  quella  ca(k;  in  Santa  Lucia  de' Monti  «  una 
tavola  d'  una  Nunziata:  e  due. piccole  tavole  in  S.  Gregorio  «  Dipìnfe. 
ael  Palazzo  de'  Borghefi  la  Cappella,  e  varie  ftorie  per  le  camere.  CoJoiI: 
im  quadro  di  dieci  braccia  nella  fteÓa  città  di  Roma ,  che  fu  mandato  a 
RaguTa  ;  e  molt"  altri  di  dìver(e  invenzioni  »  per  lo  Cardinale  Àrrigoai  ^ 
Nella  Chiefa  diS.Giovanm  della  Fiorentina  nazione, nella  Cappella  della 
Madonna,  le  due  ftorie  laterali,  della  Natività  e  Morte  dellti  medefima»^ 
le  quali  condufle  a  ojio  fojpra  muro.  In  Santa  Balbina  dipinfe  la  tribuna 
con  più  figure  di  Santi  a  rrefco.   Nella  volta  della  Sagreftia  di. S.Jacopo 
delli  Sj^gnuoli  fece  altre  opere  •  Ebbe  poi  a  dipignere  per  li  Monaci  lEto^ 
liedettini  di  S.  Paolo  fuori  delle  mura,  la  volta. della  Cappella  del  Santifai, 
Sacramento»  in  cui  rappceièntò  l'incontro  d' Abramo  col  Sacerdote  Melr- 
chifedech,  dal  quale  ebbe  i  pani  della  PropoGzione,  opera  non  meno  cicca, 
di  figure,  chewdi  varj  e  nobili  ornamenti.  Quella  però  fu  motivo,  che 
egli  abbandonafle  Roma,  e  faceflè  ritorno  alla  patria >  a  cagione  dell' efler^- 
ne  (lato^male  rìcompenfato.  Giunto  a  Firenze  vi  fece  in  breve  tempo 
molte  opere ,  e^  furono  •-  un  quadro  a  Olio  d'un  Santo  martire,  a  cui  ^ 
tagliata  la  tefta,  che  fu  pofto  nella  foffitta  fopra  r  Aitar  maggiore  della 
Chiefa  interiore  de' Monaci  degli  Angioli  dal  Tiratojo*  Pel  Quarantotto 
Mo22Ì  dipinfe  la  Cappella  domefiica  colla  tavola.  A  Michela&nolo  Buo* 
oarruoti  il  Giovane,  colori  una  tela,  la  quale  dal  medefimo  fu  affifla  al 
muro  fra  altre  di  famofi  artefici  de'  fuoi  tempi ,  in  una  delle  ftanze  della» 
Gallerìa  di  fua  cafa  in  via  Ghibellina  da  fé  fabbricata  i  in  quelle  proprie 
che  furono  abitazione  del  gran  Michelagnolo.fuo  antenato,  cioè  nella 
fianza  che  egli  particolarmente  dedicò  alla  memoria  delle  glorie  di  lui  « 
A  quefta  dunque  diede  luogo  rimpetto  alla  porta  della  Galleria  fopra  altra 
porta;  e  vede  vili  rapprefentato  Michelagnoio,  che  partitoli  di  Roma  per 
alcun  difgufto  prefo  da  Giulio  IL  dopo  efler  con  triplicati  brevi  da  eflb 
richiamato;  finalmente  lo  va  a  ritrovare  a  Bologna, onorato  dalla  Repubr 
I^lica  Fiorentina  col  titolo  di  fuo  A  mbafciadore  ••  ed  è  da  quel.  Pontefice 
con  grand*  onore  ricevuto  • .  Veggono  nel  quadro  più  ritratti  al  naturale» 
e  fra  quelli  Neri  Alberti  Senatore  Fiorentino.  Preflb  alla  ftorja  è  la.fe« 
guente  inferi ziones  Micbéelis  Angeli  reditus  ad  ^ulium  II.  PatrU  tega$iM9 
i^fignis  &  illufirior  //,  quo  diu  a  Pmtfficc  expetitus  »  vix  iandcm  impetra^ . 
$ttr$  cum  toc  batcai  pr^dara  virtuSf  u$  fé  ipfam  nofcai^  &  quam  fii  ai-- 
miraiilis  imeUigat ,  Per  la  Badia  di  Settimo  ancora  colorì  molte  co(e« 
Mandò  a  Fifto)a  una  tavola  d' un  Crifto  depofto  diXroce  :  ed  a  S.  Martino 
aUa  Palma,  lontano  cinque  miglia  da  Firenze,  lopra  un  colle  poco  di- 
ttante dalla  ilrada  Pifiina ,  Chiefa  curata  de'  Padri  Ciftercienfi ,  dipinfe 
la  tavola,  dell'  Aitar  maggiore  i  in  cui  rapprefentò  un  miracolo  di  Saa- 
Martino  :  e  ciò  diciamo ,  non  ottante  quello ,  che  fia  ftato  creduto  da  al* 
cuno  ,  che  efla  tavola  fufie  opera  di  Don  Damalo  Salterelli,  Religiofo 
di  quell'Ordine;  perchè, oltre  all' atteftazìone, che  ne  fa  la  maniera  ^fia» 
ed  un  Padre  molto  antico ,  di  propria  veduta  e  fcienzà  ;  fappiafi ,  che 
quanto  noi  fcriviamo  deir  op^ere  di  queft'  artefice  >  V  abbiamo  per  noci* 

F  4  zia 


:tU  ^  propria  mano  dello  Mb.  fef.li  ««defiaU  pÈÓti  CtOereièni,  «in 
illora  aDÌta va  no  «  Pinci  »  di  pi nro  ftkre  «ollt  «oft  i  ftdbo»  e  parùcohratenct 
du«  lanette  con  sftorie  di  Marcitì  dei  loro  Ordine»  te  quali  n^i  pie  non 
i  veggono,  per  eflèr  contenute  fleUa  (^nfort  deUe  tHortaohe  Ceriielitaif< 
ne»  che  abitano  il  Convento  «tmelTe  «Ili  Cbiefit»  ove  &  conferva  licore 
pò  di  Santa  Maria  Maddalena  de'Plssii  qtiftl  Convento  ftt  loro  afiegiMctt 
dar  Urbano  Vili  l'ftnno  itfiS.  in  onibio  di  quelk>«  che  già  fu  loro  iM-» 
«feione  e  della  Sant»  fttfdeCbui ,  poflo  da  Sin  Frieno .  Dtpianfe  Mteort  i 
ìi'efco  nel  fatene  baffo  del  Pftlaa%Of  decfio  ilCtfinD,rfmpetio  al  CoitvtAtS 
él  San  Mareo»  per  lo  Cardinale  Carlo  de* Medici,  «nailorit  dell»  CorcM 
nazione,  fegtiita  in  Roma,  del  Grindiica  Cdfitnol.  ed  sna  altresì  defit 
prefa  di  Siena  :  e  per  le  camere  dello  fiefib  Pàlatto  fono  di  fm  mano  alt» 
moke  cofe .  Nelk  Villa  del  Poggio  Imperiale ,  diftinfe  pare  tt  fircfto  Ift 


ftórta  di  S  Agita  traile  fiamme.  Mandò  a  Genova  fue  pitture,  e  partiefr* 
Armence  una  tavola  pel  Doge»  e  a  Rimiri!  ufi*  éUr*  d' un  S.  Bemendo* 
ili  atto  d'orazione  avanti  a  Maria  Vefgine .  Al  Grinética  Colmo  Ik  dono 
iftn  Àio  qoadretto  in  rame  d'  un  San  Glovinni ,  ki  atte  di  predicate  t  e4 
tln  tkro  d*  una  S.  Maria  Maddi^nè  Penitente .  Altre  mdte  cofe  dìtAnft 

Cit  diveife  perìbne,  delte  quali  égli  niedefiifio  non  ricerderidofi»  non  ei 
feto  fé.  non  generale  memoria . 
Ebbe  doftut  un  fratello,  ehe§ chiamò  Birtdloffimeof  il  quale  #ufe  H» 

tefe  aib  pittura;  ma  datofi  di  gran  propoflto  fotto  la  fèorta  del  servo  di 
Dio  IpolirO  Qalantini,  al  vivere  devoto  e  ériffiano  *  dopo  aver  ^r  quel* 
die  tempo  frequentiti  la  Congregazione t  ài  lui  fondata  in  Kliiizliok»)  fi 
fMblvè  a  veftire  abito  rtitigiòfo  in  Roitia  della  Compagnia  di  Ge«ù .  Qutflt 
infanciuilena  fi  portò  sì  bène  nelf  afte,  tht  noti  étmfkb  ancor  finita  tf 
dlcfotcefimo  di  ftra  érè ,  dipinfè  i  frefdOdue  Angeli  in  Dguradi  ftiidtflli, 
per  ornamento  deir  inlmdginó  di  màrmo^lla  &  Vét|ine ,  che  fu  pdfta 
Uil  canto  di  Borgo  degli  Albizzi ,  r(ncontik>  IÌlaChie&  diS  Pier  Maggiore. 
Aiìdatofene  poi  a  Roma,  non  fb  fé  prima  0  dòpo  aver  profeflTatO  ndRi 
Compagriia,  dìpinfe  molte  cofe  nella  Cniòfa  di  S  Sitveftro  a  Monte  Cavillò^ 
di  che  abbiamo  noi  pure  notizia  per  g^i  fcrifti  dft  propria  mano  di  Aftaik» 
fuo  fratello.  Crebbe  poi  in  lui  èl  fittiniente  lo  fpirito  e 'I  fervore  religiò- 
fò.  ehé  (  avendole  egli  fatta  grande  iftanza  }  i  Padri  dèlia  Complg(ìtti 
ebbero  pe^  bene  dS  inandailo  ^P  Indie .  Quello  ehé  egli  operaffb,  come 
religiofo  in  quelle  parti,  non  è  a  noftra  cognizione;  fappiamobene,  per 
notizia  avuta  di  propria  mano  di  PaolfantiLucardefi,  già  FUrier  maggio- 
rb  de*  Sereniflìmt  Grandochi ,  iì  quale  nel  corfu  di  diciott*  anni  fino  a  due 
Volte  fece  il'  viaggio  nel^  Indie  Orientali ,-  che  il  Padre  Fontt^uont  motte 
cofe  dipinl^  irr  quei  juiefi  nelle  Chiefe della  Compagnia,  e  panitoéarmeA- 
tb  nel  i3uonge8Ù  di  Goa  ,  in  S.  Paolo,-  e  in  S.  R  eco  ;  in  Cieu) ,  in  Bac- 
c'ain,  in  Daman,  ed  in  Goccino,  tutti  luoghi  principali  de'  Ponughéfi: 
e^  folea  dire  la  fteflTo  FaoHami,  che  molto  pia  r  e  per  mohi  aUrif  iaoghl 
pubbKci  e  privati,  avere bbe  egli  potuto  operare  in  quelle  parti ,  fé  ^tt 
avefie  cosi  voluto ,  ó  da*  Superiori  fnffegti  (lato  comandato.  Termrnerò 
la  notizia- diella  Vita  del  Padre  Fontebuoni,  con  ponaic  'A  queflo  luogo 

copia 


iASTAilO  MHTE^UONL.        €9 

ed^tt  é*iti\«  ìtmu  del  ttéa«fikiié,I^Vllla  ti  pfdfaOi  dhi  ^u«(W  eofercrivè» 
dico  «lU  botte  mtaiot'A di  GtOVènili  Btkliniwisir Uqvijt,  ^vero  dire» 
iìccome  fin  da  fìinctuUo ,  e  per  an  corfo  d*  otunc*  toni  dì  vita ,  fu  molto 
fitHoraeo  di  Ok>,eo9)  in  Ogni  t«it)bò  «bM  ailii«i^a  e  (tratti ^rttita éo' più 
devòtf  ed  efeMptiIrt  «dttiftl  det  luò  tempo .  Tra  qucftt  £ù  il  Padre  jA» 
Cinto  triineerclii  »  iMMt  FidreACinò  ,^Ma  ÒOiifO«|nia  diXlMù  t  quegli  fmè^ 
che  per  la  predicakionè  della  Cattolica  Fede  lalcié  nelC  Beitipia  glefioftt> 
mence  H  viti.  Nel  partire  dohqtié  che  fece  per  l' India  Orientai»  il  fi^ 
dre  Frihcerchi,  il  nominato  Giovanni  Bildfnuoei  diede  in  ita  mano  ittift 
ietterà  pei  Fontebttoni ,  la  qttiió  da  eflb  Padre  Jaointo  fu  puntoaiannie 
recapitata ,  tantoché  ne  tornò  larifpofta  nelle  focaia,  eh*  lo  fon  pernMen 
ipprefib.  Porterò  ancora  li  fulknta  d*  un  ricordo  i  che  dello  fteub  mnytf*^ 
dre ,  ferapliceirfente  e  fens'omamentodi  panale,  fu  di  propria  mano  laicteM 
ferictO)  dal  quato  fi  caveM  ilcufta  pia  ^recift  notiaia  del  Pìadre  Fontebwni . 

Gepii  dilli  Lettef4  del  Padre  Barceloi&raeo  Fontebnoni 

•    a  QiCrVattAi  BaldìAtieCi  « 

* 

hi.  tietnuto  «  non  /•  pti»  efyU9*n  ;  ii  éUgnwé  U  ptgèi 
là  cathàt  è  h  Htt^ràti»  inf^lte  vù/k  ieUe  inme  mm 
vfì  ctt  mia  i§  Atto  Ai/a  mtacuginm  Orfoh  ftmahì^ 
Iti  »  «^  iÈm9ta  a  Mèf.  ipèHiò  "Gatantinit  ebé  tàìitit  amo.  tìategU  It  mk  r«r* 
a)minéàtèm\  Nm  mi  pifo  HMWtraìre  toh  U  l»00n  Ndn  ^aciim  framefibì^ 
per  fiarf  in  m»  èkra  Proifintia  mèli*  Untano  t  gik  U  tengo  fiiitif,  b  fiè  i» 
4Èe0e  pénii  -e  /M  mito  hntom  i  ma  tkòn  ntmiiM:ò  Hi  raeettmtnéatH  ai  iSr» 
gnore,  tbeftidta^éUontmOf  ite  tmti ieffètriémot  efeUeéJk  in c^Mfir 
fifiUt'e ,  49  farò  con  mòtto  èèiflo .  Ahìr*  mn  gii  dirì  ,/ènonebimi  rHctnmoM 
éffii  ài  ò'f'inor'e  »  r  raccomandatemi  a  tatti  gì* amici,  ii  ignòte  inffiitiiè, 

IH  anmgiHi»  a  ^  »i.  n  Dicem^e  iti  idit. 

Vo0^  AfìtiMati/ì.  Uei  Sigmn 
Ban9Ìemmeo  Ponuémmi  i 

Orfdb  Fòatebubhi,cttginadéfnoailn8to  ^Mm,  dell»  qnele  nelle  léccen 
fi  h  iljeniiène  i-  fu  Riìigiofà  nel  Monèftero  di  S.  Mtrcitle  di  Pifio}a .  <^ 
ftft  viveVk  f n  ^tie*  tempi  con  fama  di  gran  bòn^  e  Iftrird  d' oraziMie  i 
Penmefili  poi  iddib,  ^r  maggiormente  approfitctrla  in  «iniltà,  che  eiH* 
o^  foffb  per  ihandknxa  di  buon  Direttott  o  per  altra  qu&lfifìiaè  cagione , 
ctrca  Téilrto  1^31.  nel  tempo  dsHa  grate  peftiltrM»»  fitrovaffis  akuoe  vei» 
ta  iilofa;  ond'ella  fu  da'fuoi  Prelati,  con  faggio  avvedimento ,  meflà  in 
iliaco  di  figorolà  prova  :  nella  quale  è  notiflimo ,  cfi'élla  fi  cónfèrvd  Coa 
gran  pazienza  e  ralTegnazioiie  fino  alla  morte ,  che  (èguì  dell'  anno  i  dj^. 
a'zy.  di  Gennaio,  e  ripofto  il  fuo  corpo  nella  comune  fepoltura  dell'  sà- 
tre  Monache.  Ipolito  Galantini  fu  qoeU'  nomo  >  a  noi  tanto  celebre  per 
bontà ,  chiamato  comuoemenre  il  Beato  Servo  di  Dio  Ipolito,  che  fu  Fon- 
datore,  della  Venenbile  Coaipa^nia  di  S;  Fftncefo»  in  Palaczttolo  >  volgar- 
mente detta  de*  Bacchettoni .  Sdbn- 


pò  ' Deceait.  IL deUa Pari» IMSièt. V,daix$io. al 1 620. 


.  SUftàixza  del  Ricordo  di  propria  fnajvo  di  Giovanni  Baldinucci,  cbe  fi 
,  1  legge  in  uh  foglia  fciotco  pr«flb  all'  originale  della  notau  lettera . 

T   'ln€{uf0  letiers  mi  fa  mtmiau  dal  Padre  Vartohmmeo  Fonubuni  Gè-- 
jLu  Jfuita  iall^  Indie  Orientali  t  amna  i  tf  1 8.  Sasa  per  via  venti  mefii  ed  ìper 
rifp9fia  S  una  mia  a  lui  ferina  %  e  confegnata  alle  mani  del  Padre  iacinto 
Er ance/chi  noSro  Fiorentino  9  inoccafione  di  Mrtarfial  Giappone  t  acciò  la  ren^ 
dejfe  ad  ejfò  Padi'e  Bartolommeo ,  il  ^nale  alfecoìo  era  Pittore  $  e  fa  mio  ami* 
€Ì£imo  «  Frequentavamo  infieme  la  Congregazione  del  fervo  di  Dio  Ipolito  Ga* 
iantini,  &  andavamo  a  conferirci  da*  Padri  Gefuiti  di  S.  Giovannino.  In  quel 
tempo  venivano  a  detta  Congregazione  circa  a  venti  tre  pittori  »  onde  in  un  gior^ 
m  camminando  per  la  citte  in  compagnia  dello  Beffo  Ipolito  ^  gli  diedi  queSa 
otaeizia  9  congratulandomene,  con  effo  :  al  eie  egli  rfjfpofe^  cbe  di  ventitre  fitto- 
ri»  cbe  allora  venivano t  folamente  tre  avereÙero  perfeverato $ Jic^ome  in  ef- 
feiio  fegsiì  f  uno  de*qualtfu  il  Font  ebuoni .  QueHo  poi  in  Roma  fi  fece  Gefuito, 
figliando  per  f uà  umiltà p  e  per  non  aver  ^ùfeffate  cofe  letterarte ,  io  Bato  di 
laico:  e  dopo  due  anni  fu  man  Atto  all'  Indie  Orientali  »  cbe  vi  andavano  a  pre* 
dicare  la  Fede»  e  vi  fu  molto  gradito  da  quei  Re  Cattolici  Indiani,  sì  per  le 
faetìriSiane  virtù»  H  anche  per  ilpofifi  cbe  aveva  defl'  arte  della  pittura • 
Stette  nella  città  di  Goa  molti  anni  :  e  percbè  ilfuo  defiderio  fufemwe  d  aju^ 
tot  t  anime  i  ejfindofi aperta  ttna  nuova  Alinone  nel  Regno  cbiamato  dei  Vanente  ^ 
agli  pregi  in/lantemente  i  Superiori»  cbe  sola  lo  mandaffero»  ficcome  fecero  per 
fuaconfolazione i  ma  per  lafirada  i*  ammali»  e  morì  in  Bengala  l*  anno  1^30. 
ed  ia  per  me  credo ,  cV  e'  fuffe  martire  dt  defiderio  »  percbè  per  il  fine  del  mar^ 
torio  egU  fi  panava  tra^  paefi  t  idolatri^*  il  nominato  Padre  Macinio  France feti 
atafiro  FiorentÌMo  »  cbe  mi  fece  la  carità  di  recapitar  la  lettera  »  fu  figliuolo  di 
Mei.  Già.  Pranfe/cbi  mio  amicamo  {a)  »  cbe  faceva  arte  di  Lana»  e  di  Ma-^ 
dama  Caterina  della  VaìeBra .  Quefii  ex anq  fiati  molt"  anmfenxiaverfigUttoU» 
quando  dalla  Santa  memoria  di  Clemente  Vili  {b)  e  fendo  fiato  Canonizzara 
S.  iacinto  Domenicano»  effi  ricorf ero  alla  di  lui  inter cenone»  acciò  gì" impe* 
traffe  dal  Signore  tm  figliuolo  »  promettendo  con  voto  di  darli  ilfuo  nome$  e  ne 
furono  ef auditi .  //  figliuolino  fi  mantenne  fempre  buono:  fu  mandato  alle  fcuote 
dt^ Padri  Gefuiti  di S.  Giovannino  (e):  e  quando  fu  in  età  conveniéme »  cbie/è 
gtaxia  Jt  efiere  accettato  per  HeligiofodfUa  Compagnia  di  Gesàt  e  con  gran  pe- 
ma  del  padre  e  della  madre»  a  cui  non  refiavana  altri  figliuoli  %  e  ebe  tamavatm 
Marno  gli  occbj  proprj  •  vi  fu  ricevuto .    VeSì  C  abita  in  Roma:  e  dopo  aver" 
fatto  il  mviziato  »  ottenne  d"  andare  èl  Giappone  per  defiderio  di  Cpargere  il 
f angue  per  Gesù  Cri  fio*   Diede  conto  a^  fuoi  Genitori  di  tale  deliberazione  i 
animando  i  medefimi  a  ringjraziare  il  Signore»  cbe  gli  avefie  dato  un  figliuolo 

fihi 

[a]  Giovanni  di  ter  Baftiano  di  Benedetto  .Franc0fcbi\  Caterina  di  Benedetto  di  Gio» 
vanni  della  Balefira^  in  Gab.  Ci  232.  a  e,  44,  con  Dote  dì  fendi  230;.  Scritta  di 
Matrim.  t?.  Luglio  1584.  [h'j  Canoniz.  di  S.J acinto  17.  Aprile t $^4.  [e]  Ex 
P.  PhìUppo  Alcgamhe  Sot.  Jef  ad  A.  16^9.  pag.  523.  P.Hyac.  Frane.  Alexandre' 
Bertio  state  ir  confuetndine  ptnSas ,  ingenio ,  caftitate ,  religionipiue ,  ftodio  coufi'^  * 
milis  ù^c.  Ibid^  ftatnm  religionem  àmpleSttor  16.  OSobr.  16x4.  De^effit.  atat. 
Ann*  40.  Soc.  24.  :  «,'        .'.'.: 


ESTASIO    mNTEBUONI.        ^i 

folo>.  e  jf  nette  ftéffofipifft  eèmpiacimo  di  eteggerjt  per  fifù  firviziai,  nella  Re-^ 
Ughntp  e  di'fiù\  tbepotefji  andare  a  portare  il  tuo  nome  ,  e.fpargere  itfan^ 
gue  per  lui.  tA  quefto  avvifo  la  natura  fece  n^  cuori  del  padre  e  della  madre 
Jfua  quegli  effetti  ^  che  ciafibeduno  può  immaginar/i;  pure  confbrmandofi  al  dis- 
vino volere  f  Jcrijjiro  ài  Padre  Generale^  che  alméno  fi' contentajfe  di  far  fare  ai 
figliuolo  la  flrada  per  Firenze  :  e  ne  furon  compiaciuti .  S^uà  flette  il  Padrf 
iacinto  alcune fbttimane  :  poi  con  i  compagni  feguithfuo  viaggio .  Giunfe  affln^ 
dia  9  ma  non  gli  fu  permeffo  Pandore  al  Giappone  ^  a  cagione  Alla  fiera  crudele 
tà  di  chi  aOora  pofedeva  quella  parte  f  cbe  efiendo  nemiciffimo  del  nome  Crifiiu' 
notfifludiava  alpoffiUle  di  ferrar  tutte  le  vie  ^per  le  quali  iMi(fionanti  vi  po^ 
tenero  penetrare;  onde  egli  fu  mandato  in  Etiopia.  Di  làjcrijfe  circa  al  iCtOk 
al  padre  e  atta  madre  una  lettera  f  netta  quale  Jignificava  loro  la  caufa  del  non 
^Herfi portato  al  Giappone;  dando  loro  ragguaglio  di  alcune  refe  occorfegli  pe0 
Jo  viaggio  9  particoUti^mente  dette  molte  carezze  y  fiategli  fatte  netta  nave  da  un 
Turco ,  a  quale  anche  votte  >  eh'  egli  i^  abbùccafie  col  Generale  dett*  Armata  Tur^ 
thefcai  e  che  queflo  comandante  bene  fpeffo  volevalo  appreffo  di  /r  »  etnia  fi  4& 
ragionar  con  lui  dette  cofe  d^  Europa;  onde  il  Vadre  iei^a  fatto  luogo  di  fargli 
vedere  unUmmaginetta^  cbe  portava  con  Ceco  detta  Santi ffima  Nunziata  di  Fh 
renze%  e  di  Srgli  varie  cofe  in  commendazione  detta  Vergine  :  e  cbe  il  Genere^ 
le  neWafcoltar  le  fìte  parole  ^  e  veder  quett^  immagine  ^  non  ceffona  di  dire: 
Veramente  è  un  peccato  »  cbe  una  tal  donna  fia  morta,  &c.  Fin  qui  il  Ricordo  s 
«  oot  paflk  t  parlare  deli'  avvifo  avutoli  in  Firenze  della  aloriofa  mdrM 
del  Padre  Jacinto:  e  come  quegli,  che  fa  confidencifliino  di  quelli  cafiii 
e  vidde  cogli  occhj  proprjj  e  co'propr)  orecchj  fentì  da  Giovanni  Frah« 
ceichi  <]uanto  egli  notò  »  comecché  fi  crovafle  bene  f^flb  nella  propria 
cafa,  ibicazione  del  medefimo»  in  folla  piazza  di  S,  Spirito .  Seguita  poi  a 
fcrivere  con  parole  d*  ammirazione  degli  efifecti  dell'  alta  provvidenza  di 
•Dio 9  che  avefie  dato  unt'  animo  e  coraggio  ad  on  giovanetto  di  senti- 
Jiffima  compleffione ,  allevato  e  nutrito  (  come  egli  dice  )  nella  bamh^iai 
per  refifiere  a'  patimenti  dì  terra  e  marct  fermo  per  mefi  e  meli  fopra  la 
nave  9  e  talvolta  per  feì  e  otto  mefi  continovi  fenza  toccar  terra .  E  gìac« 
che  io  coli' occafione  di  dar  notizie  del  Padre  Fontebooni  colfopranno» 
tato  Ricordo»  mi  fon  fatto  lecito  divertire  alquanto  in  cofa»  che  non  in- 
teramente fi  confò  colla  materia  ;.  foggiugnerò  ancora»  che  Giovanni  Fraiv 
cefchi»  padre  d']acinto.|  nel  paflar  ch'egli  fece  per  Firenze,  volle  farne 
fare  11  ritratto  al  naturale:  il  qual  ritratto»  primo  e  originale  fatto  al  vi* 
4ro  dalla  perfbna  di  lui»  confervo  io  fieflb  nella  nùa  propria  cafa.  A  chi 
poi  piaceue  di  reftare  più  precifamente  informato  della  crudel  morte  deU 
Joftefib  Padre  (j)»  fofferta  pure  in  Etiopia  per  la  Cattolica  Fede  »  circt 
alli  21.  di  Giugno  nell'anno  1630.  potrà  leggere  quanto  latinamente  fcrifle 
il  Padre  Filippo  Alegambe  di  Bruxelles  della  Compagnia  di  Gesù;  ficcome 
potrà  vedere  una  carta  d'intaglio  in  rame,  nella  quale  efla  fua  morte»  con 
quella  d'altri  Padri  della  Compagnia  fuoi  compagni  e  d'  altre  Religiòhif 
vien  rapprefentatat  e  con  varie  annotazioni  dichiarata.% 
'•  .     r  RUTI- 

[a]  Pbilipp.Alegém.Soc.3efMorte$iUuftresàrGtfiaeorumde  - 

Soc.  ire.  Ann.  1.^38.  pag*  522.  Rama  1657. 


/ 


9 1  Decetm.  ti. MaPart,  l MSd.  ViM  iS to.  al  i6to. 

RUTILIO   MANETTI 

PITTORE    SENESE 

*Difiép9h  del  Cav,  hmtfio  Vmnl y  nato -^  ..... 


0  Muwct!  citMino  Senefe  »  per  qntnto  ne  lftfi:iò  notato 
nlknorGiuJio  Mtncihi  in  un  fiioM.S.  actefe  alla  pittura 
:o  la  difóplina  del  Cav.  Francefco  Vanni,  nsl  che iìa  k 
e  ap|wefia  tale  autore.  Dico  pevò,  che  quantunque  egli 

1  fcguitaflè  punto  la  maniera  di  quell'  eccellente  maaAfo; 
«5t.  è  però  vero ,  eh'  e'  riu£cl  pittore  aflai  lodevole  in  quel 

modo  d*  operare,  eh* e'  fi  fcelÀ»  sfòrzandofi  d'  imitare  la  maniera  di  Mi- 
ehélagiwlo  d»  Carara^io»  la  quale  poco  avanti  a  quei  fuoì  tempi  ayeva 
dato  gran  KUfto  in  Roma.  Abbiamo  noi  in  Firenze  di  mano  di  RutiliOi 
nella  Chieu  di  Santo  S(Hrìto  degli  Agoftiniani,  la  tavola  di  S.  Toounifo 
4a  VillanuovB.  A  Empoli  fe  ^ure  una  fui  tavola  nella  Chie&  di  Santo 

Axoftino  de'  [nedefimi  Padri ,  in  cui  è  rapprelèncata r  .  .  , 

All'Imperiale,  Villa  della SeremJGma  Victoria  della  RovcfQ.Granducheflk 
rii  Tolcana,  è  un  quadro  dì  S.  Baftiano:  e  nel  F&Ìa7zo  del  Sereniffinw 
Granduca  a'  Pitti ,  ó  una  gran  tola,  ove  egli  6gurò  il  trionfo  di  David  • 
di  maniera  alquanto  gentile  e  diverià  dall'antico  fuo  modo:  e  vi  fi  Ico^ 
ia  cifra  del  nome  e  cognome  dell'artefice,  •  'I  tempo  nel  quale  fu  dipin^ 
ca^  che  fu  l'inno  i(S37.  Molte  pitture  di  fua  mano.&tte  con  grand' amo- 
r«,  hanno  i  Monaci  della  Certofa  dì  Fìrcnie,  cioè:  nella  Cappella  di  San- 
ta Margherita  >  la  tavola  della  Santa,  ri&naca  dagli  Amelii  «  nel  Cap»< 
tolo,  il  quadro  del  Beato  Stefano  Macanie,  fegretario  £  Sent»  Caterina 
da.  Si«na ,  in  atto  d'  cflTer  foiato  cxil  tatto  d'  un  dito  da  quella  Vergine, 
del  male  d'un'Occhìo.  Bvvenc  ancora  un  altro ,  dov'  è  la  figura  del  Bea- 
to f4etro  Petronj  Senefe ,  mentre  moflo  da  particolare  ìmpuno  del  divino 
fpìrito,  fi  taglia  ti  dito  indice  finifiro,  per  inabilitare  le fteflo  ad  eller  [ffo- 
tóoflb  dal  Diaconato  al  Sacerdozio ,  dì  cui  riputavafi  ìn^goo.  Nel  CoiTo» 
che  chiamaru)  de'  Frati ,  cioè  a  dire  do'  Converfi ,  è  il  quadro  della  Buts 
Boauìoe  Cartufiana,  la  quale  mo&  pure  da  divino  fpirito,  fi  canfìoea  va 
chiodo  nelia  finiftra  ooano.  V  è  anch»  noftro  Sign«r  Geaù  Grido,  tutta 
Fliplendente  !  e  un  Angdstto  galante,  con  una  griilandadifioriinmano; 
Vedcfi  anche  in  quel  luogo  un  quadro  d'  eguale  grandezza,  colla  figuca 
delta  B.  Margherita  Cartpfiana .-  ed  altro ,  in  cui  è  U  Beato  Dìonifio,  Dectofe 
d«Ho  ftefs' Ordine,  in  atto  dì  findiare,  mentre  per  atterrirlo ,  gltcom- 
parìfce  un  maligno  fpirjto.  Un  -altro  fimile ,  ov*  è  dipinto  il  Beato  Dome* 
nico  de'  Futeo ,  Priore  deHa  CertoTa  di  Trevcrì ,  al  quale  >  mcnue  ficdc  a 
men&,  comparifce.  noftro  Signore  fanciullo.  Moko  operò  queft* anclice 
inSicna  Tua  patria.  dove-neTPalazBO  de'  Signora  fece  vedere  un  quadro 
della  Natività  di  Crifto,  e  uno  dì  S.  Anfano .  Nella  Chìe&  di  S.  Agofiino, 

lapit^ 


w.  .«  V, 


1*.      RVFlLmoMANETTI.       .      91 

k  pktUfa  tU'  À]ctttt.dt  &  NÀMOlò  i.  Ne*  IServi  là  wr9Ìz  ài  S.  Lorenzo  ed 
altra): «: nella  Chiefitldel  Jtefiimo,  due  quadri  di  S.Ga]$aiio.  Dh>infe  «n- 
c«Mla  frefeo  metti  .vottà  dì  S.JBcnwrdino .  In  S.  Niccotiafece  la  pittura 
gli'  Ahare»  rii«feafii  »  iiucdio  iifel  Oocififlbi  e  parte  deHe'  lunette  nella 
Compifnia.  della-.  Mosf «ul  Furono  .fimUdience  opere  àw\  -Jio  pennello ,  ■  li 
Madonna  degli- Al^erighif: ed  alcuni  frefcU- fopra  la  ^ortaJdi  S.  Pieteo  a 
Ovilet  e  di  S.  i^iufio.'  Da  t  iaci:^ll'  Alur.ma«ìoee  in  &  Spirico,  ed  iti 
alcuni  rpa^l  della  ToUa  in  &  Roooò.  Sono  ancne  di  fua  mano  finalmente 
la  cairola..di  filaria.  Vfispxta  che  ya  in.l^icto  •  in  S.  Pietro  alle  Scale»  «ni 
in  &  Piero  in  £0)o*;<e4;àlc«nt  quadretti  ndl' Oratorie  ;  che  è  quanta  nOf 
tisi^  podiamA  date  dii  tal  pittore .  : 


■'  ni  ". Ji    ||«^  I  II  1 1  tmmuéttm—m^mmrm^^ I  wm  ij  i  ^*— ^■*»t— Wt*— pì**m»>ì» 


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GHERARDO  SILVANI 

'    SCULTORe  È  ARCHITETTO 

FIORENTINO 

DifièpQÌo  di  VakrÌQ  Q(Ji:^4i^(fi  di  Giò^Xmwi/ 


lUf^téo  SihraiuScttkérciie  Archittcta^ttscqtte  nella  città  di 
Efìfenst  i'  anno  dì  nofira  fiilutje  15.79*  aili  13.  di  Dicembre ^ 
di  Kranceibo  di  Silvano  Silvani  >  già  Salfani»  e  di  Miria  del 
Gioeofìda^  latine  e  Takra  famigue  athì  rìgiiardevoli  ;  ma  a 
cagione  diconiifoiBion  di  faeni  e  d!  altri  jfiniftri  acddenti* 
occorfe  alla  cafa  di  Francefco  l'anno  i$)tf.  nella  mucazione 
deUo  Stato  f  le  fu  tbraa  declinare  alquanto  dall'  antico  pofto;.  mentre  per 
campar  Aia  vita»  contenne  aUo  fteflb  Fcanoefco. applicarli  all'arte  del  fonr 
dacoj  e  quellteferckare  imo  all'età  di  fectanta  epiù  anni .  Nel  qual  temr 
pp  crovandoii  effii  carico  di  figliuoli»  tutti  però  ntoico  avverti  a  tal  mcr 
Aìero»  e  ad  ogjti' altro  inclinati»  che  fiiffis  (lato  più  cpn£icevoIe  ^la  moka 
oitfiltà  di  caia  loro»  dopo  averne  alcuni  ampiegitir.  a  feconda  di  loro  inaili' 
nazione»  fcorgando  in  Gfaesardp una  più cbe ordinaria  dirpofizione  a  pofr 
appartenenti  a  difegno  (  giacché  e^i  Ièna  laleiare  gli  affari  della  bottéga* 
Cfafi  fegretamente  e  (enza  maeftro  »  per  un.  amio  incero  »  eiércitato  nel 
modellare)  fi  rifolvè  »  adopraodo  il  meno  di  Giovanni  Clerretani  Geott*? 
luomo  Fiorentino,  d' accomodarhi  nella  (ouola  di  Valerio. Cioli»  buonp 
kukofe  di  que*  funi  tempi  •  Veducoft  il  figUuolo  giunto  laddove  era  por»- 
fato  da  naturile  inelinaaione»  diedeti  a  tanto'ftudio»  che  nel  corfo  d' un 
anno  «  non  più»  avanzò  ogni  idcco  fiio  condifcepolo;  egià  avea  dato  f^rin- 
ci  pio  a  lavorare  in  marmo»  quando  per  Lo  fteflo  Giovaimi  Cer^retani  in; 
tagliò  una  immagine  di  Maria  Tempre  Vcarginei  te&i  con  bollo,  alla  quale 

die  luo- 


94  Decem.n.i(leOàBàè$J.dèlSéc.yé 


die  (luogo  ih  cefia  d'una  ic'akdi  fua  cafa .  Non  èri  àncora  appena  IV  detto* 
anno  paflato,  da  che  Gheracdoa^eraaccomodatto^c^Cioli;  che  il^ede- 
fimo.fi  morì:  e  cre^  o  quattro'  meli  dopo pafsòaHUlcr^tvicà^Qiovannrfiflii^ 
dim>  detto  Giovanni  deir  Operàt  altro  buoniffimo  feulcQftf  Fioienltinì;^^ 
die  il  Silvanidopo  la  morte  dei  pnino»  erafi' eletto  il  fecondo  iBMftro, 
Qoa  cui  avrebbe  egli  talora  piotata  finir  di  £ivei  prbpr^  ftud}-;  talmenteehè 
il.poyero  giovaole»  qnafi  pentendofi  d*  jeflerfi  meflb*a  taf  profeflSoner  e  dr 
aver  difapplicato  dall'eferCisio  del  padrev^he  gii  avea  data  fine' al  rt^>- 
auo del' fondaco»  eritiratohe  gli: effetti r  poco  naéno  che  non andav^a  dife* 
giumdod'  abbandonar  la  ftatuarìa  ,^je.data  ad  altri  ihioieg^i  di  mereaittfrav 
Correva  allora  in  Firenze»  e  fuori  ancora,  un  aito  grido-dei  fingolarìiBifitf 
Ingegnere,  Bernardo  Buontalenti,  detto  delle  Girandole;  il  quale»  fic- 
come^  fu^^Mdo  in  tutte  le  noftre  artiycosì  fu  anche  grand^  amica  e  prò* 
cettore  di  coloro» che  egli  fcorgeva  da  natura  inclinati  a  bene  efercitarle» 
Cop  if^fiSù  volle  Gherardo  sfogar  fua  patitone  e  cònfigHarfi:  che  però  r||c* 
comandacofi  a.  Giuliano  Salvarti»  nobii  Fiorenbino  e  fuo  parente,  fìi  in- 
trodotto a  lui  »  dal  quale  fu  confortato  ad  entrare  nella  fcuola  del  celebre 
Scultore  Cào,  Bologna  da-  Dovai:  t  quefto  non  t^tò  in  cóhfideraziono 
del  cran  valore  di  quèlisaeftro»  quanto  per  le.  continove  e  grandi  occa* 
fionf»  che  »  per  così  dire;  in  quella  piovevano»  di  far  opere»  non  pure 
per  lo  EalazzoSeremflimo  e.per  varj  cittadini  di  uodca  patria,  che  in  quei 
tempi  ftèiii  ne'  adornavano  e  dnefèe  cappelle  e  palazzi  e  giardhii';  ma 
eziandio  per  varie  città  delio S(ato  e  Provinoie.Oluamon tane  ;  tantoché  era 
quella  fua  fcuola  il  raddocto  de'  migliori  ingegni  e  foreftieri  e  cittadini» 
che  a  tale  bella  facoltà  defideravano  dedioat&i  Ma  per  quello^  che  allorS 
fa  univerfalmente  ragicunato.f  checché  &  ne  (ia  la  verità  )  ftayali  allora  ap-^ 
poefib  a.  Già  Bobgna^  in  qualità  di:  giovahe:  più  dilettòid*  ògn'  $|!tro ,  Fie-^ 
aro  Tacca  da  MaOà  di  Carrara,  il  quale  trovandoii  aver  còlla 'fvegliatezza 
dì  fuò  ingegno  ed  abilità  nell'arce;  guadagnato  gran  pofto  aeir  affetto  del 
m^eftro»  e  fentendo^  che  tali  pratiche  fuffero.per  introdurli  a  favor  del 
Silvani:  ed  effendogli  ben  nota  altresì  l'ottima  difpofiztone ,  chedicevafi 
per  .ognuno,  eh' egli  aveffe  alla  foultura»  temendo»*  che  il  giovane^  non 
fuffe  per  acquiftarfi  in  breve  con  effo  gran  parte  di  •cpselP^amore»  che  a  fé 
medehmo  avea  procacciato  una  lunga  ed  attènoifìima  i^ervitù  ;  ubò  ogni 
Audio  per  im^pedirgli»  non  folamente  l' ingreffo  nella  fcuok  del  Gio.  Bo- 
logna» ma  eziandio  lo  fteifo  abboccare  con  hii .  Tale  in  fotoma-  fu  ia  fine 
di  quefta  pratica.  Allora  Gherardo  fatto  ricorfo  al  fuo  gran  protettore 
Giot^anni  Cerretani ,  fu ,  mediante  gli  ufìz)  del  inedefimo,  accomodato 
con  Giovanni  Caccinì  Fiorentino, altro  valente  ediligemiflimofcultore» 
fiato difcepolo di  Gio.  Antonio  Dolio.   Fu  quefta  pel  Silvani  ottima  con- 
giuntura» atteibchè  àvèfle  il  Caccini  appunto  ricevuto  dal  nobile  Gio- 
vambatifta  Mìchelozzi  »  l'ordine  di  conaurrt  il  Coro  di  marmi  della  gran 
JChiefa  di  Santo  Spirito  de^  Fratti  «A gofiiniam  »  nel  quale  dovev«ano^  aver 
luògo  molte  ftatue  di  tutto  rilievo^,  ed  un  bello  e  riccamente  lavorato  Ci. 
borio.    Sopra  quelli  lavori  dunque  fu  dal  Caccini  pofto  ad  operare  il 
Silvani:  e  v'  intagliò  diligeatiflimamente  alcune  teflc  di  Cbexoibini f  che 

noi 


noi I»ti^ì9mq  tittocaoiàlkivfléib  Ciborio.-  e4 a  concorrènza  d" Agoftino 
Ubftldioi»  akro  Tuo  diffKpofoyYiolfei Ir  Caccine  ch^  eglìiticagliafle  i  quat- 
tro Cterttbini»  che  fono  della  parta  dirotto:  nelle  qufi^i  opere  avendo  egli 
dato  graa  fiiggio  di  fc>  ebbe;  pòi  per  oaiine  dello  llelfo.CSaccini ,  a  con* 
durre  interamente  di  fua  manot  per  quanto  a  me  riftrì  Giuliano  di  Cam* 
nullo  Salvetti  fuo  cognato  >  li  due  Angelidi  tutto  rilievo  >  poco  lontani  dai*» 
l'Altareiche  tengono  i  Viticci  .Ed  ancoria  ebbe  a  fare  di  tutto  punto  la  Aa» 
tua  di  S*  Pietro  oi  marmo,  che  è  nella  nìcchia,  rincontro  ia  quella  del  S, 
Paolo,  preflb  al  Còro  e  Presbiterio  nella  ChiefadetlàSantìflima  Nunaiata^ 
la  quale  ftaiua  del  &  Paolo  fu  pure  dallo  fiefib  Silvani  intagliata,  infieme 
co' quattro  Cherubini,  che  veggiauio  adornare  quell'opere:  ed  ebbeipa* 
fib  ancora  nella  flatua  incominciata  dal:maeftro ,  che  rapprefenta  la  Rèti^ 
glone,  alla  quale  fu  dato  luogo  nel  hel  mezzo  del  cortile  del  fecondo 
chioQro.  Di  quelle  belle  e  grandi  fiatue,  che  erano  (late  date  a  fare  al 
.Cacciai ,  che  in  efle  ebbe  poco  di  .più  che  il  puro  home,  cioè  folamente 
ri&venzione  «  Pafliftenza ,  fpemva  Gherardo  di  dover  riportar  dalrmae^ 
Aro  premio  aflai  maggiore  di  quello,  che  effettivamente  gli  riufd;  oqde 
^gli  prefe  di  ciò. jcamammliiicooia  #2^21  tantp  Ccfbgna,  che  partito&di 
qaellafianzaifi  ritirò  ad  operare  ia  ca&i- fua  propria,  che  era  allora  in  via 
San  Giovanni,  atta  ehene  accomodata  a  tale  eièrcizio.  Quivi  incornane 
:ciarono  ad  e^rgli  dateafiire  tant' opere,  che  appena  poteva  refiftere; 
onde  non  andò  molto ,  che  gli  cqnveane  pigliar  gipvani  in  fuo  ajuta. 
Per  Andrea  del  RoflTo,  perla  cafa  é*giardind^ch'egli  allora  andavo  accte* 
fcendo  ed' abbellendo  in  via  Chiara,  fece  Ja*  grande  fiatoa  dell' Apollo^ 
che  oggi  nobilmente  fidarna la  tettata delio^dlb  giardino.,^  una  bella 
vafca.'  Qccorfe  intanto  la  morte  del  fopr^raiòmim^  .Antonio  Peri^  il 
qUale  nella  fua  eredità  area  lafeiato  fra.  gli  altri,  effetti ,  eh'  e'  poflède^ 
va  in  RiMoia  ,  buona  quantità  d'  antiche  lAatue  é  4M:time  ipitture  ,  alle 
quali  voleva  Caterina  PandoUìni,  madre  ed  erede  del  medefimo,.  dare  efi«» 
tó;  ma  per  ciò  fare ,  abbirognava'£irspn>caeoiO'd'uo<mq:\'albcofoiAquel^ 
l'actet^tie  dì ^utta  fi^eltà  e  difiotèceflàtezzai'^il  perchò  dTendo  per  mpht 
eCpwi^nase  ixen  nota  ^a^Benedettau  PandolBni ,  ftretto  parente  di  Cawrinav 
iaiÌQpr«bboiidantefufficier0axli  pet  tiitco  ilibifbgno,  lui ^e- ri* 

jottCQi.  Plri»flljdtfnk|ue  di  Fireiiie  it Silvani;  infieme  con  Giulio  Pitti, che 
-doveataffiftoreralU  terminazione  di  quello  eid*  ogn'  altro  interefle  di  tale 
etfidttàj  t  portiofit  « . Roma,  dove  pttimamente^fòdtafece. alle  fue  parti: 
<ed  inoltre  eifònda  rimafp cattonito  xud  vedefo  le  ilpp^ide  pitture,  fcìiU 
.tufA  le^ttrchitetimire:  de^  -  antichi  ie'  moderni  maeftri ,  ideile  quali  è  pienìa 
iquelfb  nòbiJiffima  città^;  prèfe  grand*  animo  l^^uton  qusft^  anche  gran  l«w 
xe,  per  inplrrarfi TdapfMrcpiù.nei  buca  moda  d^  fcolpfreied  operare  d'  ar- 
.chitettura ;«  onde:  tornato  a. Fiìrenze i :non,andò  iiioil»,>icfaeida  Marcello 
Accolti  gli  fadaUaoondorrecpn  fuodifegho  l^operà  della  Cappella  di 
^nt'  i  vo  tìclh  Chìe&  della  Nunziata  ;  Fece  moki  apparati  per  Quarantore^ 
'.chefeeondo  T  ufo  di  que' tempi,  furono  lodadffimi:  efraquefti  nella  Gap* 
pella. delia  Croce  in  S.  Spirito,  fece  vedere,  fra  altre  belle  macchine,  un 

afcobalenQ  taoto.al  nacnralci»  che  recò  m»uravjgla;a. tutta  la«tt€à.  It^tagliò^ 

peiT 


^6  Decenti. IhdcBtiVM. IdèlSA. KMi^io. al  1610. 

per  caf^  CorfiiHi  %S4^Gaggt«f  :dikeD^Girtti  dliricratti^  pattini  che  ti 
fi  veggono;  e  non  pur^qucAi .».;i*a  eduiéìQh  Sigréftiadi  quella  Chiefa^» 
fwta^  Tue  ftrehu;ect»re\  'firanaatigU  inai  di  Aoftra  ftloce  circa  al  Ldn, 
quando  Sebaftttno  Ximenex».  CavaHeieidi  Santo  Stefano,  Priora  di  ìLOj* 
magoa,  Signore  di  Siturniaf  Rodcrtgq  e  Friteili,  figliuoli  del  Senato* 
tt  Kiccolo  f  avendo  rifiikito  di  nuovo  edificare  ed  in  più  ampia  forma  ri* 
àtìxtt  la  CanpeUa:  grande  della  Chtefa  di  S.  Pier  Magsiore»  ne  eleflPero  per 
architetto  a  Silvani s  il  quale  avendone  fìtto  il  difegno  e  modello»  che 
riwTd  di  guftodi  que^gentiluomini't  jcondufle  l'opera  al  &gno  >che  oggi  fi 
vede .  Circa  a  oueftt  tempi  la  gbkiofa'nemoria  del  Granduca  Cofimo  11. 
applicando  molco  di  propofico^r  accrpfcimenco ,  che  fin  da'  tempi  di 
Bernardo BuQAtalenti  fi  dtfegnam  di  fare  aL Paiaso  cte'  Pitti»  volle  che 
Gherardo  ne  facefle»  a  concocrenàa  di  Giulio  Parigi,  anch'  effo  un  mo^ 
dello;  il  che  egli  ben  prefto  efcguì .  Bra  fuo  penderò  il  fabbricare  avanti 
al  Palazzo  un. gran  Teatro»  ohe  dovea  aver  fuo  termine  in  via  Maggio* 
con Lc^gie attorno»  a fotni|^ianaa della  bella loggiadi  Piazaa •  con  andari 
Ibpra  Scoperti;  ed  avanti  al  Palascto  faceva  una  ringhiera,  sì  per  adornar 
Éaoftto  e  per  diletto  del  pafleggiare>^còme  per  cotaodo  delle  oarrozab  e 
per  arltri  ufi;  ma  tali  i,  ptf  quanto  fi  ATe»- fiicono  i  finiftrt  ufic)  d^  fuoi 
contcar^t  e  di  quelli  acquali  più  particolarmeme  compliva  il  tenerloin^ 
^dietto»chedi  tale  fua  fatica  appena  fu  avuto' difcorfo.  Ma  Gherardo »che 
eora  oomo'quleto  e  pacìficoi;  'C  che.  né  panto  ne  poco  era  Colico  introdurfi , 
4»re  Jion  era  chiamato  »  o  doife  f  avefle  a  contendere  o  litigare^  non  fece 
A^  di  ciò  CO'  foperiori  adbun  movimento  %  come  avrebbe  pocutb  &re; 
otMe  in  ciò»  che  apparteneva  ail'>aGCTeicimento  del  Patexab  da  i  larìf  fdak 
mente;  che  era:  quello». che  net  allbita  pittdi^ogn'>altwabbelltàieato  oiiv- 
^ndtmanto  premeva»;  fu  Segui  caro  aiaM  difegDoÌ4^£'i>im  vbro  »  clie 
.^ftndo  fiato»  daciù benraifurò  le  prime  fineftre,  prefo  emnre»  &x  poi 
«ecei&rionel  metterle  fa»  V  aggiugnere  alle  bozze  alcool  taflèlli»  i  quali» 
affinchè  non  i&opnfléroJa! magagna  »  furon  tinti;  maaUa  prìmUpqua  che 
4opnivvennéi*  fiiaocnaixmù  al/lacpakuMÒ  colore;  e  cosìpeir  diifeMO  di 
^ua'  maeilri  flannofi.  fino,  al  preftlìiee[  cetopo  v  VoUe  ^es  Ja  Secénifiiaia  At- 
ciduchefla.d'  Aufida- Maria  Maddalena;  dh'^egtì  glifàcefl&noh  mtèdeltpptkr 
iMiDvo  acoreiibimenco  ed  ornata  della  fna>Real  Villa  del  Pai^gfo  Iihpetìaio» 
4tiè  de*BaroncdU:  tiel  qual.dtfagto  pure  non  fòrti  il  éUvani  maggior  fot> 
tana  di  quena».che>^i  eia.  tocca -nel  già  nominato  *4ìfegmr  de)  {^iazzode* 
lifii  ;  :  perchè  anche)  i|neflf  opeira  y  tomeiliiwaD  cpiìr  parekxilàtment»  a  fuo 
«HiOgo»  fudacaaiJbrpiadakii.  iIahqttefbaèHipi'i)iòn)maivco9aaK^ 
iil(oe  alle  accanfiote^  vaaie  jaltfie!perfiran^oèii4^  4™i^  pnoìfibiirdtì»  che  già 
4|vevanó  occupati  ip|im&  poftì;  marmò nderoftaate^fflii  e;peii  loìfaofauon 
ifltodo  di  proMdere  «oa  cuoti»  re  per  JaifiiffibienM'.nettf  ane  »  e  medito  più 
rnella  fila  difiill:dreffittfa2a  »  .fi  thovò  fempre  paonaìfto  :df  occbfioni  al  pari 
di  chi  fi  fufle»  e  per  la  fiadoanae:  per  Pascàitttcutfa .  Pel'  giamUno  di  Bó- 
.boli  fece  la  (tatua idei  Xempo»(Che. tiene  etta.faittopervun  piede  e  a  capo 
lail'^iogiù.etgrtaniqvanfità  di:  ftatue  jcefiauco..  fino  all^anno  itfitf*  avQa 
ft^nufiaiabiotaiMld  mUazdaifià  cala  in,  ^àa^S^Cióvaani  i^ed.  avendola  eoMOk 
^;;(£  fciuta 


\ 


-       ^    :  ìSHEnARDO  SIIFANL  ^ 

ì&%a^  ÌStmé  iSkììkÙL  ti  bilb^  idilli  wfe  fi»»  ^ramM  'i.  ptofMié  %i»lft  Méb* 
ttfaBbéRitr:  il  étfè>  fa  csugiéne  i  che  il  G^oàluomò  wdo(M»D<éilbLiDeéi&- 
tn^ifetifita.Tcyict  ilarluéga  a  preghiti  o^óffiMe,  ¥GAe(Ietoikiar6.ad  «bicÉ- 
tiri  dà iè;  ^hdé  al  Silvani  fu  nece^iochpeinbrevUinmiceaf^Ki^^ 
dfe^iòte  fpedita  e  vacUa,  n^B  cav^  ^^  a  fuo  gran  coflo ,  ottre .a*  àamtàm 
ithefi  e- fapelletcili  »  gran  copia  di  datile  antiche ,  cim  glieMóo  ftace^daee 
1  reftàufr^tte,  ed  altre  finite  e  non^  fmite  di  fua  mano»  cofi  «nui  copiai  di 
marmi  iiicierì .  Ond'  egli  »  fatto  atcorco  alle  lite^  fpe&,  debuterò  meo 
darfi  ìiì  modo,  òhe  per  1* avvenire  non  pocefle  più  oecofreralt  mfea  A 
tà  difgra^ia,  di  fpender  molto  Copra  '1  foolo  ali^ìo,  «non  ad  altro  finev  chb 
d^'éilCTne  cK  fuoìt6  cacciato.*'  e  ccm  ifpefa  dj  cinquemjia  fcnéì^ 'comprò 
tutto  il  ceppo  ifolato  di  qiieHecafe»  cke- in^tóneiando  dailà  fdaate 
delte  Palloctble  sMncontrano  veifd  il  tanto  da'  Bi&lieri ,  e  quivi  ^igeaiio 
veffb  Stnta  Maria  in  Campo,  tornane  a  Toltafe  in  detta-  piae^ .  Tnm^ 
vali  egH  afilora  in  età  di  trentafette  aAiii,  qyaAdo  v«|Dndot  naffismo  4t^ 
fttdtfrateHi  fever  Volontà  di  accaliffi,  cesi  peifuafo  di'  paremt* , . pr eie 
fesH  t^¥e  refolntìónie,  ammogliandoli  oon  Goftanta  figflnioia^di  Cammillo 
&l!vctti,.ndbife  &mi^iaT^ìoremii^a>'  nata  per  iti  aere  d^fitstfemia  Bontaìen- 
tif  unica  nglitxola  dei  cdebrelBè¥fiardo  Bontalenti,  detco-delte  Girando* 
te ,  denà  quale  fino  al  164^  %tìl  q^Panno  ella  fin)  di  vivere»  ^hbe  qmii- 
cordici  figliudi:  e  fra  elfi  Pierfrdncefco,  che  riufd  ancor  egli  buona^ar^ 
èhhettù  ;  ma  di  quello  parleremo  u  fuo  luògo .  Ridotto  intanto  che  cgK 
fifiu  in  iftatò  d^  ag^ftamento  delle  cofe  fut,  diedefi  più  che  mai  aii*«fer« 
tizio  dell'architettura,  nella  quale  elA>e  tanto  da  operare,  che  limghitf- 
ma  caia  ftrcfbbe  il  raccontarlo.  Al  Stg.  Conte  Alberto  de'  Bardi  a  Vti^ 
Mti,  riihodernò  tutto  ilPalazao,  e  ridufMo  in  iftato  di  gran  comodioà  ^ 
li^Iieiza :/ed  altre  belle  fabbriche  e  feftaairazioni  fece  Jn  demi  Contea. 
Diede  fórma  ad  un  grande  e  bel  Valazzo  nella  Potefteria  del  Montate-» 
che  dal  nome  di  quel  Signore  ii  chiamò  Cblle  Alberto:  e  ^i  trovò  l'acqui 
viva,  con  che  nobilmente  lo  arricchì  •  AbbelR  la  Cappella  de'  SalviaciiA 
S.  Croce  ove  fi  cotrferVa  il  SS.  Sacramento .  Méfle  maiio  «l4&odello  dtfU 
kbellidifha  Villa  deUe  Fdle  pel  Sedatore  AlelTandro  Guadagni,  la  qua!» 
eflendo  fenza  cortile»  non  lyfciad'éfler. dégna  d'ammirazloite,(n0n'pore 
per  le' facciate ,  ma  eziandio 'per  la  ihagnificenza  del  Sa  Ione,' largo'  diòiotto , 

<5he 
tempo  fece  pel  medelimo  altre 
molte ^cdfe  in  FirenJee,  efra  quelle  T  acme  dl^l  Tuo  Palaizo,  contmuo4aU 
)^Oj^éta  di'SflthnrMariìa  del  Fiore .  'Afflftè  alh  terannàzionte  delH  ftbbrioi 
della  cafa  di  Piero  GWciardini, 'e  delki)ellb  Scala  e  Cappella,  defMe  quali 
il  Cigoli  era  flato  aròhitetto  ,  epér^ttaofte  non  -  a  vea*  potute  finire .  Rifc- 
cbi  rldutlb  al  diodemo  pel  Oalifei^Ch^efa  di  ^an  Simone,  coll'orna«> 
tbtìeli* "Aitar  grande 9  del  Coro  etfélle  Cappelle:  ficcome  ancora  riduf- 
fc  àbéii'èfPefe  l'abha^one  del^Crirat 


Cdratb.  Si  portò  a  Volterra  ,  dcyuBe 
tf6rìo'AmmhragHrolnrgHirami  diede  fìn^  ìid'un  bel  Palazzo:  fecà^lriil 
mbdellb  per  0Ha4t)a  Gappelh  nella  <Sattedrales  ed  ancoradiede  prineifab 

^  '^  G  ad  una 


9f^  Decenti,  IL  Ma  Pàti,  h  deiSfCi  Kdalt6io,aii  61  o. 

éà  un»  fu  Villfi  di  Ulignaoo ,  kiò^  due  miglia  preflb  delU/dctà  ^  «llf  qo^l 
inVoLi  per  morce  dello  fteflb  Ingmraini»  npn  fu  dato  compimento:  e  pe^ 
r  A  uditore  Ftfcale,  e  Cavaliere  Mario  Bardini  t  conduflTe  un  heì  depofit:o  d| 
marmi  mifchi  confuo  ritratto.»  niella  Chiefa  di  S.  Francefco  :  e  fecevi  altre 
&bbrtche.  Fu  chiamato  a  Piftoja^.dove  reftaurò>ed  in  gran  parte  fece  di 
nuovo  il  Palazzo  di  quella  Sapienza.  Tornato  a  Firenze,  pel  Bali  Ruberto 
.Fucci  fiiiì  rOratorio  o  vogliam  dire  la  Cappella  »  ftaca  incominciata  dal  Cacr 
^ini  ilio  maeftcoi  nella  Chiefa  della  Nunziata  ;  e  moki  abbellimenti  e  reftau^ 
fazioni  fece  per  le  fue  ville.  Ridufle  a  moderna  forma  la  cafa  del  Marche- 
fé  Luca  degli  Albizzi»  ove  fi  rendè  tanto  più  lodevole  l'opera  fua  »  quin- 
«to  che  convennegli  per  lo  niù  valerfi  delia  vecchia  firutcuni:  e  tutto  quer 
fio  fu  facto  fra  Tanno  itfao.e  i(ìi%.  Avevano  già  i  Padri  Teatini  di  San 
Michele  dagli  Anpnori,  fatto  dar  principio»  per  mezzo  deli'  Architetto 
Matteo  Nigetti,  alla  nuova  fabbrica  di  lor  Cbiefai;  quando  vedendo  che 
la  medefimai  dopo  più  anni  d' impaccio»  e  loro  ed* altri,  poco  a* avan^ 
kava». operarono  9  per  mezzo,  del.  Padre  Don  Filippo  Maria  Guadagni, 
.uno  di  eflit  che  licenziato  il  Nigetti»  fofle  chiamato  il  Silvani  a  finire  efla 
Chiefa»  e  la  loro  abitazione  ancora.  Fecene  egli  adunque  nuovi  modelli t 
lecundo  i  quali  accrebbe  la  Chiefa  di  lunghezza  e  larghezza  :  abafsò  il  pia* 
no  oltre  a  due.braccia»  e  fette  e  mezzo  ot  più  ne  alzò  la  muraglia:  ornò 
le  due  bande  della  Croce  per  FranceCboBonlit  con  ifpe&,  come fìidettOt 
di  dodicimila  feudi:  tirò  tutta  la  Navata  della  Chiefa,  coli*  ornato,  che 
dentro  e  fuori  della  medefima  fi  ravvila:  fece  la  facciata  interiore  ed  efte* 
4?ioref  e  ia  (cali nata,  per  entro  il  muro  della  quale  facciata  cavò  una  fca« 
iatumaca  che  porca  all'organo»  che  fu  aflki  lodata.  Avendo  dipoi  con- 
dotta quella  gran  fabbrica,  e  gettatane  là  volta,  confiderando,  che  per 
jeflere  T  abiezione  de*  Padri  fituau  in  luogo  angufto ,  non  meno  che  ofcu* 
M99  a  cagione  di  gran  numero  di  cafe  e  di  palazzi ,  che  per  ogni  parte  lo 
circondano t  e  fenza  apertura  di  giardino,  onde  poteflero  i  niedelimi  tal« 
volta  refpirare  air  aura  fcoperu;  con  faggio  avvedimento  alzò  tanto  té 
ipiira  della  Chiefa,  oltre  la  fommiti  della  volta,  fenza  che  né  punto  né 
poco  ne  apparile  fegnale  al  dì  fuori  verfo  la  piazza ,  che  gli  fu  facile  ij\ 

3^ello  ipazio»  che  «fovea  fervir  per  foffittone  per  li  cai^alletti ,  accomo^ 
arvi  alcuni  lunghi  e  fpaziofi* andari,  e  farvi  da'latl tante  aperture  a  ^ni- 
fe di  ternano, che  da  tutte  le  parti»  fatte  già  fuperiori  avvicini  edificj,  fi 
]M>tefle  fcoprire  una  ben  larga  campana  »  onde  potefler  occhio  non  poco 
rìerearfi  •  L  tanto  bafti  aver  detto  eh  quella  fabbrica,  la  quale  veramente 
è  una  delle  piii  vaghe  ,  che  veggafi  in  Firenze  in  queftì  noftri  tempi  • 
Soggiungo  folo,  per  fodisEiie  a'  curiofi  d*  antichità,  cofa  da  me  in  altro 
hxopì  narrata»  cioè:  che  del  mele  di  Settembre  del  itf}}.  nel  cavarG  certe 
fimdamenta  per  la  nuova  Chiefa,  dico  da  mezzo  in  giù  verfo  la  piazza, 
da  man  deftra  entrando #  cioè  da  quella  parte  che  confina  colb  viai  fi  tro* 
varono  più  pezzi  di  marmi  bianchi  lavorati t  un  butto  d'antica  ftaioa  fen* 
:n  tefta»  più  medaglie  di  bronzo  dì  Traiano  e  di  Tiberio,  e  gran  quan» 
tità  d'ofla^  di  morti .  Tornando  ora  al  Silvani*  per  lo  Cardine  Carlo  de* 

Medici  i^cctnpi  operò  egli  molto  nel  Cafino  da  S«  Marcot  ove  fece  uà 

bel 


\ 


aHERAÈùO  StlVANL  9$ 

bel  riicóntro  di  ctmere  e  1  dàrdhio  »  e  ne  accrebbe  il  Alone .  Con  fttf^ 
difegiio  fece  la  caia  del  Marcnefe  Guicciardini,  riduccndo  il  vecchio  aU& 
moderna  forma ,  e  vi  cavò  una  bella  Scala  ;  <e  fa  fua  architettura  la  Capi» 
pfclla  di  S.  Croce,  fatta  per  Lorenco  Calderini. 

Correva  l' anno  1 6%i.  quando  i  Monaci  di  Ceftello  concederò  l' àntà* 
co  loro  Monaftero,  nella  via  detta  in  Pinti,  alle  Monache  di  Santa  Maria 
degli  Angioli,  che  per  avanti  davano  ih  Borgo  San  Fridiano,  Convcintft 
loro  antico,  ove  viflè  e  morì  la  Santa  Madre  Maria  Maddalena  de'  Panie 
Monaca  di  loro  Ordine  Carmelitano,  come  altrove  più  diffufamente  fi 
trova  da  noi  edere  dato  ibritto .  Ciò  fu  appunto  che  ne  era  Abate  Doti 
Salvadore  Silvani , fratello  del  noftro  artefice;  onde  di  \\  a  non  molto  ytìr. 
kndo  i  Monaci  ridurre  a  comodo  di  loro  infHtuto  il  Convento  delle  Mo^ 
nache,  avuto  in  contraccambio,  toccò  al  Silvani  ad  efierne  l'architetto • 


Quelli  1  non  oftante  la  quantità  e  qualità  de'.fiti,  che  per  edèr  d'  antica 
ftruttura,  ed  al  tutto  diverlk  da  quello  che  alle  codumanze  de'  Monaci 


abbifognava.,  s*  adattò  cosi  bene,  che  par  veramente  che  tutto  da  Atto  di 
pianta .  E  nel  dar  luogo  al  primo  Chiofiro,.  operò  che  appunto  lòtto  V  atf» 
co  di  mezzo  (giacche  altro  luogo  non  £e  gli  poteva  comodamente  ad#* 
gnare  )  reftade  il  uozzo  detto  della  Santa,  alle  cui  acque  concorrotì  molti 
per  divozione .  Tutto  il  Monaftero  riordinò  é  di  fcale  e  di  fale,  di  cucir 
ne,  di  doppia  forefteria»  di  chiodri  con  beli'  ornato:  e  fopra  ordinò  un 
bel  dormentorio  di  quaranta  braccia .  Né  debbo  lafciare  di  raccontare  » 
che  nel  luogo  appunto  predo  alle  campane,  ove  fu  la  cella  di  Santa  Ma» 
ria  Maddalena ,  nel  miglior  modo  che  fu  podibile ,  operò  che  redade  una 
camera,  che  oggi  in  memoria  di  lei  è  ridotta  a  Cajipella.  Cedata  la  pe£U^. 
lenza  del  1^32.  i  Fratelli  della  Venerabil  Compagnia  delle  Stimate  t  che  fi 
nigunano  fotto  le  volte  dì  S.  Lorenzo, ricordevoli  deir  alto  favore,  ottenti^. 
to  allora  dalla  nodra  città  per  interceffionè  della  gran  Madre  di  Dio»  dopo 
la  folenne  traslazione  fattali  dellafua  facra  Immagine  dell*  Impruitetatlud* 
^,  ov'  ella  fi  reverifce ,  per  miglia  lèi  in  circa  didante  dalla  medefima  citte  » 
ricondotta  dipoi  con  pompa  folenne;  ricordevoli,  dico,  di  tal  grazi^« 
deliberarono  di  fare  a  proprie  fpefe  una  bella  loggia  davanti  a  quella  Chié« 
fa:  ed  avutone  difcorio  col  Silvani,  egli  non  folo  diede  apjprovazioneAl 
loro  fanto  penfiero,  ma  quel  che  è  più,  a'offerfe  egli  ad  euerne  Tarchi^. 
tetto ,  fenz  alcuna  mercole  pretendere  di  fua  fiitica  ed  adidenza  :  e  coa| 
diedefi  adempimento  alla  refoluzione  de*  buoni  Fratelli ,  e  con  difegna 
del  Silvani  fecefi  la  bella  loggia  che  è  nota  •  Volle  V  erudito  Giovamba* 
ttda  Strozzi,  tuttoché  privo  della  luce  Aeg)ì  occhi,  far  la  facciata  di  fot 
cafa  da  S.  Trinità ,  quella  ove  oggi  vediamo  il  terrazzino  :  ed  a  tal  fine 
diede  ordine  al  Silvani  di  farne  il  modello.  Gherardo,  a  cui  lo  Str<»zi 
fpiegò  fuo  concetto  e  defidetio ,  condotto  che  ebbe  il  modello  a  fua  fine; 
portoUo  a  quel  virtuofo:  il  quale  lion  potendo  valerfi  delle  pupille ,  (q^^ 
aisfecefi  col  tatto,  e  fecegli  dare  efecuzione.  Era  tornato  in  quel  tempo 
a  Fiienze  dalla  fua  carica  di  Tefauriere  di  Romagna  Piero  Capponi ,  con 
defiderlo  di  ripofarfi  in  patria,  e  intanto  metter  mano  alla  fabbrica  d*  èn 
bel  Palazzo  in  viaLai^  per  propria  abitazione!  «  Contendo  l'opere,;  du 
^  Q  %       ^  tuttavia 


l^ò  Decemti  étléMart.l>diISfhK  M\ $i  q.  al i  ^20» 

totidvia faceva  vedefe  U  Sib^tw^i  p»prjé»>iio^elk>  1 4i«^;)f  ft  9H 
«rabeiiza.  C^uefii  ttaìno^vii»i%\&u>^)W(tm^W 
il  ;Caj>fioni;  vokvavi  p^r  ogni  :rjibilQ  Hit.  grtft  ^rdJ^ne  >  H  i^Uy^W  pKlT' fUMAn 
modaifi  al  Tuo  gufto,  usò  talfi!4fÌBÌfizior.|)»f  }n^^ ^*Qùi\A^P ^9K9^4  <4^9A9r 
ctetfopi^  iT^granvanopooefl[eroi!bflii4  afouihpfriQQjoa^oaip^citvé  oN 
4ÌRidi  ftanae:  go&,  cìx^iaii&ìiiii^ltv ì{ìì^ 

fildl  Gentiluomo  annojatoflquaaai  d^Ha  gtand^  ipi&  ^  iKl.d^^  ^fcffuo*^ 
Ile  inleW'dl  modeUoiC:À^  Psdaeso.edeUab^lUffima  fiCciaUijP^^  (M; 

èar^  q«imo  dair  ardritetto  cra>fta£o  dife^aco:  «.cosi  refiò  HoQf^.f^ 
oeclij  4>ene  eruditi  di  fcorgare  ia  efla  facoiata  jp«a  l)eiJa  pioppi aìpai.fli 
fpayj ,  di  quelle  f.  che  per  aUro  fi  iìurebber  potute  vederi^;  e  dalla  ^(Ta/Hk 
gione  nacque  ancora, che  1*  armefuCEe  dataafaris  a  maaftrpf'/^h&le^^^. 
quanto  ai f<.ppe  e  non  più .  £  cuttociò  fia detto,  in  confrojito  d«Ì  piùc^c^ 
patea  defiderarfi  ìf\  una  fabbrica  ai  nobile  e. à  bella»  quanto  ella  xiu(cH 
perchè  per  altro  ella  merita  il  pregio  d'  oaa  delle  più  vaghe»  più  ricche. 
#>piii  «nagnifiche^  che  adornino  quella  bellilTima  contrada.  Me(I^.pQÌ 
aia  no  al  Modello  del  Palazzo  in  via  di  5«  Gallo,  che  ha  riu(cica  in  viatUar-^ 
^a  ,•  p9#  Agnolo,  Zaiiobi ,  Mamnaonio  e  Ottavio  di  Niccolò  Ca(|«:irit 
ricoh^dimt  negoziatiti  Fiorentini ,  ed^  alla  bella  facciata  del  medaliiaQ . 
Ii\quòfto  incontrò  il  Silvani  la  ftefik  fortuna,  che  in  quello  dal  Capponi» 
tfOhciofuflèoofàchè  i^Caftelli, che  prima  di  darne  l'ordina  a  lui»  parte  con 
próm'ìb  Concetto,  porte  col  configlio  di  periona  di  non  tan^. valore  in. 
9ft'^arti,  avevana.ftabìUti  alcuni  penfien^  e  data  lor^i  anche  qualche:  elio- 
li^né  r  ^uron  cagione  che' il  noftco  artefice ,  jper  ridurre  il  tutto,  al  bel 
concètto  Tua,  disfaca^^  e'flaoae  é  volte»  echeluiTeneceffitato  a  9Q^,v»9r 
ìh-àé  tffii  fiticoioe  difpendiofb  Uvora;'e  contuttoché  gli  ^riibaognaflè 
Isacco modarO' talvolta  al  gófto  e  alia  volontà  de*  Padroni;  quel  Paiazao» 
<i^rt4cd)armente  la  fatioiata'»  a  gran  ragione  è  ftimata  oggi  urtO  da^pia 
va^tò  e  ^nobili  edificj,  che  da  altri  gentiluomini  lìano  ftaci  fatti  in  Firenze 
nel  pfefenee  fecolo .  Cd  è  da  faperfi,che  l'aimo  j  658.  per  morte  d'Agno* 
loit  il  Qbaggiofe  de' fratelli ,  che  fu  il  penultimo  a  morire,  per  fuo  cella» 
ménfd. pervenne  ne^  fuot  univerfali 'eredi,  cioè  T  Abate  Franerò •  Ora*» 
SRò ,  pòi  Sénatoìre  Fiorentino  /Abate  Giovanfilippo^  poi  Sfegrecario  di  (lato 
del  Sèreniffimo  Granduca»  e  unico  Segretario  dello  Stato  di  Siena,  Giu^ 
ft^pte^anch*  elio  poi  Senatore ,  Jacopo  e  Vincenzio  Canonico  della  Gat« 
cedrale»  tutti  figliuoli  d' Aleflandro  Marucelli  :  pervenne  »  dico,  ineflì  pex 
metà  è  per  indivifo  coU'altra  matàrcàa,per  la  morte  d'Ottavio  poi  Tulti* 
tho  defunto  de*  Caftelli  nel  mefi;  di  Novembre  dello  fteflo  Anno  1^5  8.  ven* 
Ite  nel  Cavaliere  Pierfrancefco  CafielU,  injordine  al  noftro  Statuto,  efdu- 
dente  le  fenlmine^  in  favora  dagli  agnati:  col  quale  eflendo  i  Maruoelli. 
veimi  alle  divife  di  effii  eredità,  per  mezzo  di  due  gentiluomini  Cioren* 
fini,' toccò  .loro  tutto  il  Palazzo,  per  via  della  forte*  che  viii  adppe* 
iòf  il  <|Qale  daefG  ortifentemente  fi  abita,  ed  in  qualche  parte  è  Aato  an« 
che  accrefciuto  •  Fece  anche  il  Silvani  il  dilcgnó  per  la  facciata  dalia  caia 
del  Bartorellt  in  via  LArga»  di  fecile  e  non  molto  di(pendio&>.  [componi»' 
dkhtoi «/tale^inibiàma»  quale  lo  volley  potò efeqvireil  Padrone t .  . . 

^' .  L'an- 


'^ 


'L'^guta  ««f S/ ir  «fipUdè  4rt  «n  «ten  fiUiciM  per  G4>Wi4l4if 
^òfiiftòr  RkeiéflU  M4<cMtdì  CIÌìiA9Ì'e  fthrtlto»  in  ni^lorJupg»  ^»U 

'  '*"  innò-i  ffledefltei  due  àftiMcoaian  gdMidt,«fiBawfi^<e|r{iiyiOik 
'  Slivajni  éitift  «ti  ngcv  Pillèa»  oMi  varj  a .  odbui  «pptrctipuum  f 
tHbòntrl  di  ftaitòe .  Divwici  «I  Pìnluaa  «peife  um  Aìanwcn^  fier  .Tfglvm 
e  |>er-coìiiòdità del  ngfim  delie  Cirrosae<  perdi  dietro  ordinò  il  peMiWt 
ipo  j^aidino  die  .è  noco,  ricco  oggi>  non  pace  .pei!  It  aolnle  ffmtimiii'f 
tipSnt^é  f  ^oiAto  pel  ceforo  ^  fino  e  Inumerò  di .  dqgeacodieà  »t«  j^^m 
ìiinià,  ti 'Ibi  tM^rèfiginedi  nitnao^-'deir>antiichà^nié  octin»a  imnilt» 
Grecare  Rdriiitaai  èfeiV^  i  «(tiadffì di<«iMo  diirinonuci  piaòri«clie  «^r 
nanbiè  flàrtse  del  pikkaé:  «d  tticttuon-nuinèeo  4*  iofiuNtionl  ;  /ch^  mt 
lò  più'  ibpùterali  Gradite*  e  Aóweiio,  •  UeUé  ^lii  Id  iiMir»gtto  del  «erf i^  « 
ve j^ònb  tvobHirattite  t^ittf^r^^  >CMh<ccefcendo>il  noftró  wrmè^t  aonnip 
re  Yppi^ffi»  de'f «di'  eOnoìtMéìni  yl|ia.*Éiei)dè»du  teeniffini  »  nf  1  oon^ec» 
to  dì  molto  nfiorolb ,-  {»  KenÉb  «6|d.  di  mocoproiiriò  del  Griodfct  F^f^ 
diittnite  11,;  di  feqiAre'gliivkjrttiooiklahMvdieimtCtaD  Aaacbtftcìpdeil'  g^ 
:(a  della  CMed^kftf,'«it4fa^04ieldeiianOjOi«li»  FMgi»  dm  mora  il  dì  f«. 
t^iuffno  f6is:  étìè  fé  4i  tèaipo-^elr>^ior«edioere  fiàscio  idei.  Tov^gJlMi 
CofitlciftòlA  taf^irtiaì  .folle  ^n  «|gRi>r«i>indoftrnb>ppltcarc-«l  fìómt» 
rdffie^to  ^o ' OMO'  di; ni  |tttn  filtmai iàcHUCkMktb  CnpoÌ«:  f)è  jmA» 
la  tate  iìiar  dlligenisà  i  perchè  ^i  tf«Mie  in  «ogàizieiiie-  d*ii»  eocei^o^di^ 
Tordfnfe,  ehb.^rtnngo  coHod'Mmièn  &to  diffimideco»  npfi'fen^  jvmi 
itiiiaintÀiìte'' jpètieètfO'di'pitftorìMi  lin  gìoÌDD  Jqnkte:  iftniMr  noviti;  p,  «4* 
gf»  iVìdfei^Mttto  kfOÀiMOtfteiiie  <bpra>leitoiC94cUe'MVéie,  U^^t.ximmi 
m  thàHft  e*takftuiòli  Iri-tifl  iooBO»  •finocaU'ttltena.dt  nove  bMoeit^  mepr 
zó;  i  ^^tdfté'df  €à4tfr'^nÓHiìoidietÌM9e(accè  le  c«cene>di caftwno .  ^ 
tehéV«/io tifate' le  ttdtmiFò  oatiae  di^frarov  ohe  .dageiio  U  Ckiefa;. «d 
ìKraiifitéfciatidio'per  H>ebeedeiReipeA>r  cpnifrckl jiiic«o,ÌU4ipp«ie  due  ceffr 
h6  di'  gttacrro  afreoni  ^èi  vecfi>^^$.Giovanm .  Qmdì  iè ,.  che  iktco  de  t<7i4 
tàntmévdit  tM  cMiifogiMira  »  oteinné»  die  fiiffikjooiko  vit  dl£g^.]»llo 
Volte  Vjti^ 'cificè^  ed  ordinavo  a(|»i-Hiornéfe  a  fitte.UI»ella.«^i>#diu;à/di 
legnapie  di  (Afttg^o,  dir«|jK4liotibi^}au]iMÌeritffd«oftÌ9gMnor?<e  «tir 
lìtfitna  ;  Né  •è'pb(Bbile*gm*^9mnu^éìBcé^^i^^  -^4 

tSéttù  ^tòtiSm  il  ftM>fin«(  oMciofadctfofiiciiè  ai  dover  i&arKac&  nwl^ 
Vòlte  dal  gran  ^^vy$  ffWfggaM^ndSé  l^4npiidkaiaento.del  gran  rìgogl  io  àfiiie  ipflp 
'deìSinè,  a  cagidnedel  qui»,  dlAeiKfllinà  cb(k  faH  |Hieffri.adKti)ire'p«r 
nOdainehte'^  akMtoi  alle*la>ro'«ianipokMiione.  f  eoe  Uneof ai  ìn-^uel  iuor 
atf^fi'di^ale  eooMldlflinie  perdei  ;neoBfl'aria  faceenda,  Trov^ 
„ .  oi«>elMe4*faéc(MadeMi>GfÌJ«ra^  <perio  peneiU  iverfo  la  via  del  Cor 
coajfro»  irt-t«cn^'elnM«iweMto«nnid<K>o'la  fiAedificaa^^  p per  di^ 
i^tò  di  iiiétó  b  pk  ««^io^éi  vftiMlMieiim  traverà  tfofniaciato  a  far  quaklw 
taoXQi  t  già  fcoraevtli  una  pendenza  dalla  fonunicà  fuori  del  piombo ,  di 
•-•    '-v-      .'.V.  ■  •    ■.-.    ...    G.|         ■    .......    -  c^Tca 

.'   ■  '  '  'M.'i"  ;"i  '  f"     ■  ■    ■■'■.  n       ì'. .       ■  i      I ■ 


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«<»  DetenàiLiS^dMrt.i:MS^^ 


ìmbiiòyiix^iW^^  9H?tA  fincate? 

4iiiitikili.^  ficcoiÉcfiriitièlfoJà  più  ioèglii  ii  fiiC^nbni  di  j{df  irfi^ychj;  S4i^^ 
là'j^rrtiGiìpda^  ì  qoaU  pure  uvMacOoj;abiliiwoce<{»ticoic  Non  ^^ 


^IV^^dètléFaltCMnar^d  affaire,  alcuoì4i/f^^ 

«[lìèii^^c^o  poffiede'^  «d  àncfirai^èiMÌo^gK^ftat^.ditttó  fr^^^         yaJlcjv 

rfidmimditk-proftffiooe     ""     "  " "  "         '   ^        ^  i^*^'    -  j^^ 

«ètIàfaàHtU  dìS^niidQ 
4ll«#«filiét(i)'rc^^ 

lÉièfìtp  «ppònav^:  aJiariCfaierai»  oonduiS^lo^  cpQ  ììq4$ì  idie^rJmteficknui/^ 
ìttdcto  %hiè  -dktoio:  ifWMÌSft»J&o^i(iÌ>.fkiiqli^  .in:r<aù  aoi»giùi>tura  ;alfnina 
lRÌèil£Ì€»f\é  di  i|tt9gii  •  eoe  iava^tbiJt  Jubi^dl^Silioi jeoipì;i>irQno  invitati 
^{:<krl ì-'Mè^ primii  conyìéfiQ  ilciiiiii(Cf9f« (Urf^4<il  polto^  in c^  i"  antica 
ficdaca  tM^à^fi  iadc€taamtoij^B4^^qi^^nd0r^  Alzavafi 

nlla  d  "^^  '    "  ■ 

Ai^  '^GomitictoVatC^t-pirifltoiotdi  fcalere 

^oi'figK-ai^hi  iicisti  ÌdetìB;iiiiietiii^tfipQr«^  dà  ijiiti^v  pa^  ffrg^vj^np  éd^ 
«rehPàdlfci  »  'chpierniinày4na:in  Jbal^  alcept».  •  ^  qi^B^  4H)c^pavA  il  Tét 
4dènd'ordi«ta»^e era kfiaiba/^  àìk.(j(0tica.,  «tutto pi«iw;4f  ftMue  di  óiar« 
«iòV  Sòl^ì-a  <]«ea' cvdtoé  è^  lòrg^  il  terzo  ed  ulcjiup  ordine  t  che  cer^ 
tnntfvaapbiinao  fotto  i  dsrtttoÈcfak làtefaU:.^ quefio^,per.]a pucéUi  vèrf^ 
là  tia  deVMaroelK,  luià  traidel  tjii[|Oiiinif:iK>»  P^np»nj^ovi:pai$^'/dfsll^ 
«^roftactafìi  e  draacodeUa.'éasàtonata^  eia  .cprniQq^pjBr  :guai>có  (énevalajpqr^ 
té  cK  Meieao.-  ilTimanente  »  iÌQo>  atU.femqùiià  die  .profpetcpV.^rii  j^iìctf 
teùnglia  roaaa  ;  come;  fi  ?ede  al  pie&nfle  {è)  ;  Qelle^varì^  (latue  gf^^  é  pie* 
càie  che  Padomavandt  e'dei.JupgQchfi  a  ^^i^ch^^upai^ujdattiìc^  dif 
véaio -ale una  oafa:»  rimettendoci  a  quitnto  da  ti%fi\  ^^0(ÌcM}p,  ;  Fece 
Édonqtte  il  Silvani  il  fuò  modellò  »  componendo^Ot  di  d4e  ^fimìt}  ^  nejr 
4-  efiremkàf  daziati  intefe  dì  fare  due  totidi  pilaftri  a  fiqiggia  dixam^hili^ 
ìion  fole  "per  cemiinedèll'crdineGotioo»  coivrcjie^  ^  inpi^ftata  al  di  fuori 
tutkala  Chieia»  maicaiandìo  per  non difcoftasfi^^)  ^i  fdbito.dal  ijè'ccbioV 
teflèrtdo  dipòiftatl  inijqiiipi  tempi  tutti  i.inodeUi.»;  cioè  a  dire  quello  dei 


tft  di  metto;;  odo  tf  Bernardo  Bontakatti  di  srci«ordini»  ia  quel  dt  mezzo 
Attidp:  .quello  dt  Gio.  Antonio  Uoliq  »  modella  piccalo d*  uà fòlò  ordine 
yrificipate'.  efopra.r  aiuta  del  fecondo;  quello  negli  Acondeim^ii  diel  Dif 
legno  di  due  «ordini  i  e  con*  quello  dijpiìijche  tadorna  .1*,  ajpsaiia  della  navac^ 
di  mezzo%  come  fopra;  quello,  di.  I>oa  Giovanni^d^'  M^dic^^  d'  ^n  fólò 
ordine  >  con  qwl  di  più  che  adorna  detta  ab^aita;  quello  dei  CigóH  ^'  un 

••-'''•    ••.-.•:->!::'.  -:-i  ..     ".'        ..-.''      '»  ,      .  ..;  ;  ..         ''      ^^ 

la]  ^^^^0  lOSj.perle  Reati  Nozt^  ÒetSereniJs.  Gran  Principe  Ffr^nando  colla  Serr^ 

nifs.ViolontVlBèairTciWBav^  {a^nahtrm 

fiata  ricominciata  dì  ftiatini  t ,  ffa  tutta  intonatMt a  élìfòita'éfrmè ,  m»f  ùggì^fivifdfp 

Cb]  U  facciata  del  Daom  aaiifafi^edf  taàas  hmiiNk uHÓkiafindiSMMariQ. 


*    ^     m^     ■^      *  t^nf     •  \^ 


hin  étréa  tfd  ac^ttéfttUdt;efinaliiRniéuiladifif6eio  4el  BitQ!OQ>,,  ep^ 
oòV  dico;  (tati  ctittr'^ueCfì  modeUi  n|éft  fin  di' loro  j»  contnllo*  dop% 
fonM  difcttflìòné,  ft  qodlo  4di  SUramt»  ed^  qiMlIo.  «liittsì  /cbgU  Àoccaaof 
mìadéVDWef^no  (ogni  altrò^hifo)  fa  «iwecct  1'  «lezione <  ézfuQl 
òuan^  èhé  nàt  fi  doveffe  'por  mino  a  qml  kréco  <  -Oad^  ^iHos»  fin  ^ 
Qninduea  ordinato ,  che  in  tal  célb  «  dair  uno  e  dall''  aloq  fi  /pigìiafl^ 
le  parti  ml^iori,  e  che  il  Siifani:flié  dofeOè  eftse  ilydifppnit^^t  e  ^ 
diciamo  *  noti  ottante  tncco  qtidlo.  ohe  'da  alcn  fin  qttl  &  ùaf9  fcrfut^, 
£d  è  da  ^pei^il  come  offendo  dopo' «Ipun  teiapo  fiato  decermifltco -di  4^ 
princìpio  a -quella  libbridi;  nefia  aHi . «2.  d' Ottobre 'xtf3tf.pofta4a|>rìgai 
piècra,dopo  fa  télébnzhmèddla  Mefli^dettorSpirìto  Saoto»^  Monl4B.^abli^ 
ti  Canonico  della  Cattedrale  i  e  Vicario  ddlo*  alloca  Ardvefcovo  l!4ic€alinik 
.  Tornando  ora  a  ripigliare  il  filovdeirifi(HÌa>  era  l'anno  1(^37.  atMnr 
^o  il  Silvani  éi  clnamato 'dall'Abate  NiccoUfti  a -Valloaibrofii*  e ^efi 
un  1>él  tnddeiló per  icctefiàoiento  dèllf  ^ociatadella Chie&;  riordinò  li 
abit&eioni  de'  Monéc»,  «rvi  accrebbe  utia  Forefteiàa  «  ^DI>  Doroienttvk»* 
iriquadrò'Ja  bella  pràierfa"»  ed  altri  lavori fecàvi.per  oomodo  e  vaghenatik 
Circa qiiei 'roedefiìmi tèmpi fir mandftoalSacro Monte] dftllaVernu»  do« 
Ve  per  16  Murchete- Niccolioi  ornò  fa  CéppèHa*  nella  quale  allora  fu  dat 
to  laogo  alIe'Sàhtè  Rétiaufe ,  iopérà  dégóiffima  è  tlii^ienaioifl  per  Iq  pffj9v^ 
Vèdiiiliencò  chttu ilébeibrió  ArS  ih  padfe lontano^  e £no  dalrifleffa  cifiè' 
di'Firàiceyìte'm2iràii,''iilàéflrainseì  ed'og^-.dtra  colà  delle,  moke  di* 
nòh^ooteVanóaverfi  in  crtièl  luogo.  Reflaurò  il  CoOiveni^o:  «diede  nm«p 


dio  «Iriifimìiìéncie  ^icoio  di  jfdvhir  che  ap^f iVa  ii«i  campanile .  Ciùg^ 
ÀiAtbaTratò  ó'él  ttf^d:  ^idaflè  s  ben' e0erc  ii  Pt^aliiferlo  ddla 
CKiefa;  che  e  avanti  l'Ahar  mndèv  totrò  di  belliffiìiii  mariiii .  In  Fi^* 
renze  pef  lo  Setiàtote  Ttomméfo'Gtsidagni  fece  più- modelli  pel  fuo  Bn 
króo' diètro  alla '^^unsìatt,  quantunque  non  io  edifioafle  di  pianta:  iio« 
eòme  ancora  per  varie  reftiàrascotii  dei  beltiffimo  Monafliero  de*  Mpnacii; 
degìl'  Angeli  de'PadrfOinaldblèfi'f  e  p«  lo  Concento  di  Sun  Domenico' 
(SBFieiblé  de' Padri  Predtéatori:  e  dir  più  riordinò  ancftfa  mokecofe  xxìl 
Pèrazzo  è  giardino  dèrMkdhéfe  Corfi^^^  Prato. ,: 

rOccorfein  Firenze  caibt  che  mohd  travagliò  il  Pubblico:,  e  il  Privato  :  f 
fU»  che  per  (Idanto  tiene  tutto  il  Quartieredi  Santa  Croce,  avevano  T  acque 
Ibnerratìee  sì  &daménté occupatele  cafe»  che  noli  (blo  eranfene  piene  te 
cantinèii  àìàagranpeha'rendeanfi'abitabiU  i  piani  terreni  delle  medefime^ 
Alche  Volendo  |a'  KiOpre  (bllecìtà  provvidenza  del  Serenifliino Grandma 
Ferdinando  It*  porger  ridiedio,  deputò  iopra;  tale  fiKxenda  alcuni  Genti^ 
luòmihi  e 'cinque  ingegneri:  è  ouefti  furono  v  il  Pa(fignàm  «  il  Parigit^ 
il  Nigetti.  ìI^BaitoIotf i ,  ed  il  noftro  Silva'hi:  t  quali  riconofciuto  lo  fta^ 
to  dellècofe'»  b  bea  pénAtòu 'quanto  occorreflef»  dovefiero  tròvarfi  infie<r 
me  davanti,  a  i  Deputati;  coiràllUlenza  del  Senatore Cofimo  da  CaCtiglioW 
net  allora  Provv^itòre  del  Masiftrato^deUaParte:  e  (quiyi eCpofti  i  pro^ 
prj'^reri;  difcttjrnr&lo^a:  di  oK  ammenda  «per  dpvécfi  poi/queUo  nX^r 
geróV  ohe  foffaiptrucopià «oafvefiiettte>4ri)AUiii9i^  ,7m  4Wfli  P^réji 
•  *  '*"-  .      ^  ^  ■       .  ..  .      G4  iene   ^ 


\ 


1^^'ive ¥è  ià  ètri» 4in»  diài  MI^|ffioa«(cai«è(;))CÌir  i>49«fi9B(9 .._, ,  ^ 

pbi^mtnm^  fwAdcrarllBJcaiiclMB  «rà«iiifisiM>  Miiil  Si|««AflMit>4i>MÌR9l 
che^fi  éevcflé  ^Sft  «fbgo^t  '(fàeiri«cgQCi;ìj|»n(£vfiuticfa0n9iic*iKn 

arante'  SI  ^ttaP%»itt(Rè  ègM  iilfibufeaia  iJih»  intici  IMeqw^ft^gNAMt  9l9r  if)^ 
«rtieFla^iinm  fMul'  dtifeaèiltÀ ,  «vafcebheio>;pMf4 iqpMUOi v.«i,  ìt,ù^<^,u^ 
ffri&ièlcrìiin  ^t>i  «iti  ;  'il  «laetfiaio  «(>Uj6ymiW}rMfò,iià  mf^,  «h*  «pV^fi 

wìiHzi  ;  'peithè  <rdAiH»io  coek4)eneitlifi»tttf0  l'iia^MdfflMHrMVtt'fiM;!/^ 
)p6i^iieoefl[hfIo  4t-  ili#e  kiogfMe  ÌJiaidiléfiÉiì;  pcMbi}|K)r<iMiib;iiue  ^t«»  Co9(Otd 
phno  del  «Dgfioittt  ^«r  poMmeoMoe  «cqito.  il»  ìmmbiA»  Jfygsiift  fiwi 

Ìrmcìpìó'tieindKo  4«l-  Gméigni  »oohe .èifmliè  tmiira  di^f  ìvi^f^'^ì  verfo 
i  Fort»  «Ntt- Croce  «'e'liC<mseMOJ«Wle  'Mdiiifllie  a^ì  ^S«i|tr:AfÌ4!r<lg|Q^ 
lj^indi'^if)Olti-ft>V<h:fe t^^onentt »  {ÉaffimttodSoMCikaetfiSinceiwfefiitmicq^  #4 
t€o  Convegno  i  't  ^)c«ndtio«(t  fuUs/pMMotit.q  ìfi^à  .inigè^fier ji^  fismc^i^* 
AntrVià'dé*  P<ttitol(nl,  per  MalbbrghèKo;,  ti*  SilifJrirM>««foo  r  iffriUqf^^ 

éti  gilliltrcKélè  Roffi  «ucci»éliCoiMtMKOr^'Fr«cMtiS«B<%,Cr(H;ÌEt»4i^ 
de^vt  nella  v}tf,  6veifonoieQr^:Aiiò«e:jpaliàt»ÀDiipoirf£)jf^>,piil^'  f^toiff 
e  I*  calti  de*  Scc«h<«^rfi^S«tUiiAArtiaraBMe>ii{^lu)lQ:^t«(ipia».b^l^^ 
Ifoifiainer  d»i)aetb'ptn«'cfae2n(&'^ttfBia:dùjiiA)4A:Ar0p.  ^I«Ì fiip;prin" 
%iìl)io>'U'fuft>più  «i»  pirte,  «ioè'Uiù(«rick><billai«0HH»':m:>9;JU,eHÌ^^ 

tie  fihoàlÌo«l»«<^r«1nAraftidoyefttKow  in  f^u^òài^vlà^\^%nWfP'MVf^* 
iM'fiiàlairglieanà  èdVe  Vreccb»  e'l!«k«!«a.<dfai  imfMB  liViia^wiDo .  :^.^ 
eùfitio  «Ut  Mtto  tioeve  acqiiajdA>tifv  tlirafiiiiiie'fogii^net/cKi  ^-iUb  n(i|}<* 
«Apianèli^  «reo  dette  ^lilonache  di  SeiM»ÙBGdMiU»tpftAMMto  4:ier  J«  $fa4« 
lo^fó  11:gÌardiiiO'ile''8ignori<Gtbbvrci.  bFii  ^fA-nottMe.  elw.nel  49^ 
VtrO  U-fmTain  yiaPèncolini,  iibn'jnDlcò'<-kingid8S«nt^AffbrQgip«  fitro» 
V'Jtono , 'fr*  lo Iptfk»  di < cento  braoctain  •oro»,  qwtcropolw  fd'.vt^JW 
Iffllpidifllna,  Il  éhc-^ede  ocafioócrdi&rfi  ddabvttQif  M  MfifJiKffo  ricsi^ 

Etto  alle  cafe  nuove,'4sfio  per  l'iArce^dellaiLlaa.'e  'r«kno;pervJ'#rxe^|^ 
tisi  r  «  coti  ^acqua  ,(tlie  era  deftirfac»  iaiyar««rfi;ÌRuiififilitfiiaicrvcet»l  iiume  » 
fa'£ittfl  dfvetfire-foo  corto  all'  ufodi^e'  lawaMM :;da* a««Hrpoi^ rtcondti^ 
ibefi  neUaf'Mifi^  foglie  «  la  q^aleappimco  iii/iiil'camodelFtifc:iii»df.Ue  c«ft 
nuove»  f«  li  rìpiglta-^  la  craporti  m> A'rno^per.uoa  .bpe«a.<>  alta-  ^aie.  tu 
tòròmodaca- «ma  caccracca  eoa  tale- «rufiiio«  «fte?t|uaadoik.t>ì«Qe.gjr<»d44 
IrrnlhnM'fifid  «  leticarla,  ella  da  per  te  ilc^'fichittdei:<tÀ  rf  paco4dle 'cp«* 
remi  v'  aéciocdiè  per'eiitror.jl' fognane,  non  <aa|indìtio<  belletta  «  rena: 
ié  qttali iltfrrMti  poi  ce(bte, il'acqt».ftc(Bi!cfM  pone  il  fQ^o9e><Mirn« 
liil  apiifre  la  «aMffikca  .'^Ma  gà(fiMao!ponMei'dall')Qfdiae'd«lla4orii'  e,  ^Hh 
ornare  il^MftilKiAo  atf^ìdente  dem:ro««na{deipMue'jdi  Pi(à,  pflIVip^i- 
'  fioné  •deli#,^al«  toccò  alSilwàiitcfiurcfaleiÉta!céra^«JMppÌ«6  adunque,  cò- 
llie Urto' 1ti|nHd)  i6$$,  il  (ponte  <f)^diiDridi  C*iiàv?eh«)fft  n&  m^ph,A%  9f9* 
«d  <SattUMiCOiti^ttt«aitiMtt>^GOiaeiMdtoet  larHiiànìiiiH  ttrw»  di  4iii., 

poiU 


<-  •  •  ,■*    • 


iGMSnAÈBO  UlVANh         lof 


Kgna di  (lactaeMoi:  a.oBgknB' cnjeket^rtfi  Avmo.fier bcn«  d»  «Jù  allóq^. 
•KM  k«oiitt  ddie:i£ibbmc|lc:^  H  fateakiimiMftiincoii)o.jule:]9l0f  per  ant 
tg»cciatc  kà  cagfooÉ  di  iiiUmovkà,  :coa  iShc  er«nii  fcopipfw  attorno  Wìf: 
aedofime  dciiw  cajricadi  :  .e  jioa  iqMico  ciuittl|e  4i  IMoere»  due  qu^ft^» 
AQD  foto  <^<MfieE0iav«Mr  d«u  caufii.  a  qualolie  ^  iQavMApnto  Che  andtv»  Wri 
wndo.  4«eiir;edifisio?{  imtL  a  elione  delle  0icd«fiflie  •  ivSk  à»  ì»v^j^ì9^. 
tempi»  arn  mele  <iiiaggtafe  •  hh  comeocàèiiegU  .è  Jt»lt(9  ;Wlcbe  de^  più  priir 
denti  iì  mahoA  in  quefli  cifi  tfiroltare  il  parece  di .ittpijti .:  ;e  ,pq€hi  Xoiio  ^^ 
laro  peto  iicdinaeio  ^^jciie  ^ilmoEite  s' indupano  a  credere  il  pqgg^^W»  «li 
«bfiijanflò  f«r  modo.  >cbe  ti  f«fttifmoto  dcVpiù  cadde  .Coprii  la  miglior  ff/i^ 
«Btxioèiaidin»  ohe  capito  queir  appacemeoioviiseiiiot  quanto. le  jnco» 
amicìtttfr  orakadi^mttoriio  alle  pileiiMmiiiflecco(ìi.daiai;i9«iiC«fo.  ÌSpP^I^Ìt 

S'onfe  incnatD  r^inverno  deHo  fieilo  aniio  i<^)5*^e  oon^dro  il  cr4eCciiQiBn^ 
Jl'agqpttcdaqqekltiMnc  »  ele^p^nechenfuron  grandtfiiiQe  \  onde  lìagipriui 
pipffiaalleweii(imeoce».trovandc£  tn.uiia dàlie i]uattroi>Mteghe,cb«  pQ^a* 
4ttfioìljoqKmiqtteA«poote»  ttn.muracofe  in  atto  di  mettiefiein.  piano 


qualunque  voi^i  eglijv'.aGCOttiodiya  liftpia  rarchipempto,  calzando  or  quii 
onlà  la  piecca4>ari ridurre  al  .fuo  piano»  troirava.che  la  oiedefifiu  daqi]t^ 
m^ce-del  ponte»  che) poi  rovinò»  fempre tornava  più  baila.  Ei^  fo(ie  qoh 
mii  un  diiColiHro»  che  iffleco^dava  il  patti  e  di  chi  jteneva  la  pretta  iro.yin% 


a?;ctrcoftaitftixgridaado  fotte. i^fuggiamoci^  fuggìtim9ci,tutci»^ch«;il  poi 
spwina  •  AlMTQnfi  alloca  le  jr idadella  gente  ^per  mòdo  t,  ohe/iom.  pure  ^ 
uomini. di  quella  bottega»  ma  eziandio  delluicre  tmce»  <d  qgni  pe(fon/| 
deillejQQltittme*  che  in.  queir  ora  ^aa.folite  Jturli  o  .camminare  fopra^  i| 
ponte»  fi^meOe.  in  ioga .  ^  iodi,  a  poco  fentiffi  un  grande  (cheggviie  di  pie^ 
tre»  Qnehè:allentate  le  pUe»*epertili  gU  archi  con  uno  (Irepito  tale»  ch4 
luanii  può^ddlrivefe»  cadde  quella  graa  macchina^  UXii^  peròxhe.alcii'; 
no^uoflux  pende .  Qu^l  Cuflè  il  serrow.idèU% Città.per  t^tca  la^ fopravve» 
goente  notte  »  puote  ognuno  da  per  fe  fleffi>  conGderare^  Venuta  laim^t- 
rina  idell'  ahro  giorno  »  cosiiociò  il  popolo  ouriofo  a  porcarfi  ;al  luògo  de)^ 
kieovina  »^e:.flioIti  ^vi .furono  (  in  queflo  al  certo  troppo  luale  ^vy^^^^ 
chei^inoltraiìòno  molto  ih  iuUa.eftrìemiGà  del,  muco  drila  detta  pan^c 
tcamontaha;  oodeofiiiS»  la  gransza  di  qpelpefb.»  o<cbe  quella  banqia 
fufle  già  difpofta  a  cadere  in  un  tratto  »  fpiccatofene  un  gran  m^  ^ 
di  repente  precipitò  nel  fiume  ».  e  qàn  f«Aòi:giaii\9W9^ff  ^^  perfone; 
delle  quali  »  .perchè , fui ,  leflo .  d' Arno,  eraiifi  a.totf i.  Ibpi^. '1  piano  ^df l« 
^acqua  alcuAÌj«onfiiciellifiaui  delle  rovJin^del  f>ioQIEe.i  fo)p  quindici  rima^ 
fera.mofftesii'Alcretuae  ofopn^lefiB«idtt0ii|e<,f ovine  pja.rnuoto»  Ipccorre 
poi  dalle  viciiie}b«riel|e||K«  (L  ialvaioria.  ^»ifio  %k\  ca^o»  fubito,(ujlal 
GranduM^fiidMUiada  11.,  inc«ilMAQi«<»  ^^penfare  ti  hh^q di  rifare  nuovo 
pome..  P^iytale  eftato  iuc<m  condc^  i}iverG  Ingegiieri  a  rìconofceto 

liiiao^  e  diw  ilofa^tfeii»  iiu'  «uli  jMMWQj|ufi^^^^^ 

Inge- 


X(^6  Decen».Il.Ma^^$XdèlSéc^W,dàli6to.al  iCiù, 

Ingegnere  Veneadana,*  che  peto  'a  fan  ib  appoggiata  qbdt^t^perà.  Ifi  ìa 
f òffe  (come  in  quei  tempi  tìi  ragtoaàfio)  che  nel  vemrne  poi  al  facto,  il 
Contini  incontrai:  alcuna  grave  difficalài  in  eiegiiirefuo  penfiero»  oftiffa 
per  dilgufto  prelbfi  per  caufa  di  accidenti  occcfffigli  in  qudl' afiare ,  egli 
abbandonò  T impreià» e {uirciffi •  Eragià  l' anno  itfi^.  quando  a càgionia 
della  partita  dei  Contini,  fi  fece  iuc^o  a  ricorxere  ad  altri  Ingej^rài 
Fra  quefti  dunque  fu  chiamato  il  Silvani,  che  portatoli  a  Pifii»  e  ricontf^ 
fcioto  il  pòftoff  fu  di  parere,  che  dovefle  farC  il.  nuoTO* ponte,  o  con  una 
fola  pila  o  con  due.  Feoene  i  modelli,  fecondo  i  quali  fi  offeriva  a  darlo 
finito  in  tre  anni  al  più.  Fra  gli  altri,  che  concorféto.oon  lui  in  dar  difi:^ 
gno  di  quella  gran  fabbrica ,  uno  fu  Akflandro  Bartolotti ,  il  i|Uale  più  ani'» 
mùCù ,  o  vogliamo  dire  più  arriichiato  degli  altri ,  propofe  di  fare  il  pon^ 
M  »  non  con  due,  né  tampoco  con  una  fola  pila,  ma  con  un  arco  folo»  che* 
fefQMajuto  di  pile»  pofauefopra  Tuna  e  l'altra  fpalla  del  fiume;  affici^* 

'  ;uardo  deh^ran  vano  ci 

rata  la  glorui  di  colitene 

i  c^uefte  promeffe  prcfe 

ino  di  quei  cittadini,  che  Cacti  cofii  fu,  eheil  Gninducaperdefideripdidar 

toro  guOo,  lafciati  da  partei  toodelli  del  Silrani,  e  d*  <^tìi  altro  au'thi^ 

tetto,  in  quello  confantifie  del  Barcbiotti,  Ma  troppo  divérfo  fu  ti  finto 

d!al  bel  principio  ;  concioffiacofachè  dopo  éflerGcon  gran  éifpendio  daU 

If  ùna'c  dall'altra  parte  del  fiume  •demolita  graii  quantità  di  caie  e  hotce^' 

ghe,per  iftabilire  i  fianchi  dì  ai  grand' arco»  e  datcflS  mano  all'opera,  fatU 

ta'  k  difpendrofa  centinatiira  tutta  a  forxadi  travi  rilevate  dalfuolo ,  e  fira 

disloco  incrocicchiate  »  e  nello  fpaaiodi  due  anni  finito  di  murare  ilpòm - 

tfi  ofulTei  {  cotee  fu  detto  allora  dalla  piti  parte)  cte  troppo  per  tempà 

tit  fuffero  Hate  tolte  via  lecendne  e  ic  annadure^  o  per  lo  poco  fefto.deU 

Tiaìco  in  sVgran  vano  (come  forfè  è  più  ver ifimUe)  o  percbi-  rimpoifaui 

ture  aveflero  poca  piega  è  o  per  qual  (e  ne  fufle  altra  cagrone,  la  verità  fu> 

the  eirta  le  otto  ore  della  notte  dd  dìprtmo  di  Gennèfodd  1644^  coti 

tmo  ftrepito ,  a  guifa  d' un  terremoto  >  il  ponte  cadde  per  la  fecoiidr  voltai 

eifecefi  allora  sì  gran  fufurro^  e  clamore  per  la  citta  i  xht.  fe.  l' avvedutensa  ' 

M  la  governava  allora  ]^1  Sereni(à.  Granduca  non  avefie  provveduto  « 

far  riporre  il  Bartolottr, fiatone  architetto  ,^ra  faeìlcofii,  comcfidiflèji^ 

cheecli  vi  capitafl*e  male .  Paffiurono  pòi  piìiannie  rìfec<di  dinuovo  iijpoQK  ' 

tecolie  due  pi  le ,  il  quale  ogglirediamo  con  architettura  e  afiifbtnaa  di  Fran«  ' 

€te(co  Nave  Romano ,  in  tempo  che  il  Silvani  già  era  ventito  in  età  ca^ 
dente.'  •..-.-.      .         ..     ^      .    '•    -     \      .    -, 

'  Troppo  lunga'  coft  ftidibe  adeflb  il  far  menzione  di  tutti  i  difcgnt 
e  teodelli,  che  inun  córfodi  vita  di  nofvantaièi  anni  kct  qu^  artefice^ 
(giacché  non  mai ,  anche  neirefireofa  decrepiteaza ,  fcapitò  egli  tanto  di 
rorase,  fche  gli  mancifle  il  poter  operare)  e  le  infinite  ìreftauraajoni-  e  ri<^ 
duàióni  al  moderno  di  Chiefe  e  ai  Monafter}  e  di  Ville  cK  nofiri  dt<adi<^ 
ni  ;  fralle  quali  fi  contano  la  bella  rfHHt  del  Senatore  Barratommeò  Ugoli* 
ni  a  SanMartinb  àStrada,  di  cui  Giovmni  Càccini  aveva  incominciatm  la  ' 
beila  fibbfica  :  quella  delliiardiefiB  Lotemàà  fìoicoafdmi  in  Vtfdipefai 
-^   -  di  Giù* 


QHtnAtDtX  MlVàm.  107 


4t6ittHaM0rtUi'»  c^dol^enltore  Jtccjpodellt  Ma  nohU  ftiniglia  »  e  le  loro 
«flif; di Cìf imv^*  il Cafinodel  MiMrchf fe: Salviici  in, Pinci  coii  faogiardinox 
^ilKubBZo  drfiit  abitaSHOic  in  via. del  Palagio»  da  luì  f^i{(9  a  quella  ina« 
goaficensf  è  gr<pdctzft>ph«oggivfMliÌ»m^:  la  villa  del  Senàrp^rL^igiAltovicI 
alzilo Ait!u»o  ;  te  cala  ìi^  Pinp  del  Priorf  Sebaftiano  Ximenea i  la  villa  d«l  Se* 
JiMQf  Lòren2o  Stròzzi  ^ICorno  in  Va)fdip^(k ,  e.  quelladi  Colombaja  pteflp 
alle  Cainpara  déUo  Aeflb  :  la  cafa  di  Firenze  del^  vaiier  del  Rpflb  con  lue 
Acciata»  e  quella  eziandìo  di  Qio.  Andrea  del  RoìTo  s  quella|della  Religione 
cdi^  Ste&nìe  per  li  Balldi  Firenze.in  via  M^^io  :  quelli  del  Marchefe  Vinr^ 
jMKtto  Capponi;  il  lielliiSoio«  Salone  della  cala  de*  Oallim  via  de*  Pandolfi^ 
jaliTt  iifgAn  Stela  del  palazzadc'  Pqcoì  dal  canco  di  via  dV  Servi s  la  fkccfi^ 
-dellacmi^  cercaezino  ecappeilade^GianfigUazzi^n^'Amo?  T  Aitar qMg«- 
^'oM.dellaChiefadi  S^Felicita,  iequalicmcefiibbriclieo  alzò  da' fondamela 
ti  oaggrandl  .ariduflèall'  ufo  moderno .  Fece  inoltre  la  Chiedi  di  S.  Fran^ 
Cjsfcodi  Paòlafuoci  di  Firenze  traile  4ue  Porte  di  S.  Pìergattolini  e  di  $  Fri-* 
4iiaii9,<e  ^uefta;per  fpla  carità  :  e  predò  fua  affiftenza  pure  cari  tati  vamentie  alle 
secminezioheflfiUa  Cluela  e  del  Convento  de'  Frati  Agoftiniani  fcalzi  »  chia^ 
iBuitil «òlgàrtMDte  ICeppuecini  Neri . l'opra  la  cofta  a  S.  Giorgio,  la  qual  fabi- 
èrica  era  Ilare  incoo^kxtiata  dal  dv.  Bernardo  Radi .  Tagliole  due  torri  d^ 
J4agalottt.e  Jdaocini  (.ove  ^leggeuna  bella infcrizione,  fatta  da  Francefc»' 
*Rondineyì.):.per.far.piazza  alla  Chiefa^  che  fid  fegnava  di  fare  col  modello 
^  Piéaoiia  Cortona  f  da' Padri  della Congr^azione  dell'  Oratorio  di  S.  Fi*^ 
lipifo  Neri  da.  S*  Ftreoze  e  feq;  eQc|i*egli  un  modello  di  eJa  Chiefa  e  abica<« 
«ione  de'  Padri.  iFuanchecpn  fuo4ifcgnoi|icto  il  campanile  di  S.  Jacopo 
Ì0pr\amoi  erkChiefeccade'lPadriBMnabiti.al  canto  alla  Cuculia.  Re^ur^ 
nd  in0:aaaa  di  illatceo'  Sacchetti  la  Cnieia  di  $•  Appolljnare .  Ma  tempo  è 
oramai  di  nenire lai  fine  di.  quefta  narrazione .  Pervenuto  adunque  che  fW 
Gherardo  ali*  eU'di.p)  «anni»  portò  iicafo  che  ìufle  tratto  per  la  Poiefterìe 
di  Bugiano;  ed  egli  non  rifiutò.  Portoffi  allacarica»che  dicefi  fufie  la  pri-^^ 
ma  che  egli  aveffeintal -genere  accettata» e  condottala  a  fine  con  felicitàir 
fu  di.  ritoroo  a  Firenze  ./Era  P  Apno  Santo  derl  1675.  e  ^lelPetàdeìSilvam 
àirJtaranteGmoieflo,  quando  l^  ^ra;ddli  ajvdi  Novembre  egli  s'ammalò  per 
la  pifima  volta  d!  un  poco  di'todTe  ed;  alquanto  catarro  alla  gola  >  fenza  però 
dar  G^p^dr  alcun  pericolo  di  vitai  tintochè  la  fera  ftefla  volle»  fecondo  il 
coftemeiiiorf  cenerino' ÌSgliooli:  poi  mode  ragionamento  di  avere  ancom 
tieuderìoie*  penfiero  di  riveder  la  citca.di  Roma  :-  né  eflere  lontano  dal 
credere  chefufleper  venirgli  fatto  »  in  compagnia  però  d'alcuni  de' fuoi  fi^ 
gliupli.  Antonio  il  minore»  che  fedeafi  a  tavola  con  lui»  cominciò  coft 
ile ftiietxa  a  diftoilo  da  tal  penforo  ;  modbrandogli  con  vive  ragioni ,  che  e 
yropipo  gran  còmodi  fua  vita»e  eopfeguencemente  di  fua  famiglia  •  (arebbefi 
egU  apolìeeco  a  tale  refolusioner  quando  a  cagione  di  fua  grave  età  gli 
accadeUe  i^uaiche  iiniflf o .  Con  t^i  amorevoli  parole  si  bene  fi  cattivò 
Antonio  P animo  di  quel  buon  vecchio»  clie  egli  ijuafi  per  tenerezza  la» 

{rimò;  ed  in  fepno  di  reciproco  amore  »  yoUe  che  egli  accettafie  in  dono 
I  metà  di  fua  vivanda»  che  in  quella  f4ura  era  apjprdlau  apppfta  pei;  Ini  • 
¥inka  la  cena  appiccd  noovo  nfioniuBcnto  col  ngkuolo  di  cqCi  npn  fo* 
i  ...  Uta  . 


/ 

v 


Ió8  Decemn,MiPirt.fM9à.F.MilÌto,aì  1620. 

atà  étiff  dà  luì  ;  ilàéfib  in  tvl^  àè^&oHii  ddè  t  f  Igtitolb  fti  iSlc^è  .jf«ik 
thhtf'ìo  va  in  tìitkóilti^,  pré^éb'Di&ptc  ée:  iichh  in  Antonto;  al  ^ 
le  {(airevM  dtv«d6^1ó-éràiMtM!òÌ^iliViiÌ6>fii  Jcagkme  di  imòrù  ci»orà;  oa>> 
de  comnieffii  «I  un  fuo  £lnte  il  jSigllAlr*  in  Addii  Docce  fti9  fi paf»  pòco 
fìiori  della  ciMéra  di  M ,  pet  c<lèr«  profnto  td  dgtii  bifogno^  ed^l  vecchi* 
W(i%pvùctMr  fofpettb.  Feceló  «ftii  e  llon  cfim»  ancora  paAct  le  cinque 
«tfedelii  noèté,  quando  Ghèrardi^ ttfcico di  pfer (è  fteffé dal  fo^o ,  è  ve> 
flotbiì  fervitore,  gli  ordinò  che  ehliinafle  i  6|liiioli  ^ acciò  aH|ndaièso>|Rf 
Sacramenti ,  perche  égli  già  fi  morivat  etono  fecefi  com'el;  diie';  Rie&«è 
i  danti  Sagramene:  poi  vdlti^  ad  Atitohió^ •  tosi  gli  diflbi  Ored>  i»«Hi 
Ihd^,  e  ti  iafcip  tanto,  che  ben  potrai  contentarti  «  mettere-  iO:ti!pMb 
loetcò,  che  quando  io  farò.  Ih  Plradifo,  io  pregherò  molto  Iddio  faér 
tèi;'  petrò  ti  tòmo  a  dire ,  Ra  allé|ib  e  Aon  temere.  -'DiedesII  Is  TuiDe^ 
nèdizipné  >  ed  iminediatamente  entrO  ìA  agonia  :  e  dopò  le  clnqw  ore  in 
vtreai  pladdamence  fpirò  il  giorno  delia  ftfta  di  S.  Cletaehte  Papa  e  Mìp> 
^T^,  t' ventitré  di  HòveffllM<e  del  detto  Aimo  Santo  1475 .  iqone«  pecqmii» 
topoi&amo  noi  immaginare ,  degna  d' un  uomo  >  €he>  meliate  Tiwjfiiaptt 
ì>Ìpérè  l)eae.  Refturono  de' (boi  figUÀdt  PierfrartoaCèki  ^  «he  rii|fo^  bMH 
*ArchitetVo,  il  quale  pervenuto  all'  ecà'di  refl^dftSiviqve  «mi  fiUììLootlo 
ffifus  vita  ;  Arrigo  invano  di  Broilsi  >  uobvo  m<Hee  «ecòricè^nctte  cb^  idi 
Cuominifteroye  molto  amico  de'poVeri;  i)  quale  pooò avanti  al^maggWè 
Àac^Io  Pférfhncefco  •  ancora  tìSfo  morì  -e  Gamm  ilio  morto  ■  poo»  dopo  al 
iMtdre.-  e  finalmente  Antonio ,  oggi  vivente  «  di  cai  ibpré  aiibiiraò'par^ 
ittò-  'FviU  Silvani  uomo  d*  òttiAit  cottwki,  lìoA  puAfO  inosfasflitr»^  ««di» 
^mitfvo  { iipfilicati0imo  allb  eo(e  d^*  aéé  faàr  peh le  faille  «eOòfti«ilil 
%i]l«dbgAÌ  fatica:  «ciò  fttceva'piirticdl««mfèmfe  inpfeleixÌo<4stlii(9t«a 
«Chtéfii-del  Duómo^  la  quale  con  ^ch{ò<Ìln»preid«fte(bòftodive'.  1  ;Porci*lfi 
^he  ^eflb  alta  vifita  della  gran  fab^)éà<dèMarOtpo)a'euitl.CariitMnf}éJb 
-fifen^o  le  tante  e  tante  (cale,  fenfea  àvtv  con  (kt»  perlòmitancovirljiò* 
9lfardoftu<9ràirruoti ,  allora  Ptorrediceèe^lPOpera  ;  tGentìlmmo  che  fate 
fiéflà.  carità ,  lì  rìdufle  quàfi  a  forfecrh»  In  qv^^h-  uli^iaa  £m  edkv  «  condmi» 
Ve  alcuno  in  compagnia,  acdòpoteflè^^tìHÌo«laifin»iM<4aiiMife«rMÌé 
«accidente  che  gfi  potefie  oct^i^ei^:  e  ilkii(«  GheMi^o  «pèir  «ó»  noAmii 
teftlo  alle  aònoreroK  indtiefte  del  Btfontfrrbotis  eleflfe  per  filò  ieeiqpA^fUi 
f  n  qoeltè  vìiìte  un  muratóre,  che  fì  thiemaVi  II  !Mérohin»,oonMlla.«if  ^^ 
to  mancava  per  giugnere  afl*  età  di  <ien^arini«  e  #tt  «quegli  cbetsiftÌM  il 
"pavimento  di  elTa  Chiefa  del  Duomo.   E  veiwefence  ^etja  òo&^asiofii  H 
4ne9ere,come  quei  decrepiti  'uomini  fermonttfvano  beine  fpefi» .'«  «aJfiBiri 
b^ni'dl  quelle  tante  fcale  e  trabiecòtii  no»  finenti  •diqtfeliat'elHrdoe 
giovanetti  di  prima  lanudne  fatto  atrrebbci)»;  M»  qvefto  «lon^'CSigie^eirà 
ìnarari^ia ,  ogni  quaf  vofeafi  confilecr ,-  theOliefHdo ,-  cheJdl  Aavira-  Hk 
))iccoHinmo , e  non  punto  eanlofo  o  vierberdto,>'ed  in  appaxensa  dibole 
anzi  che  nò,  era  di  si  forte  eoaspleffieiie,  die-avevepor-  fue  coAtmedi 
"fiire  ogni  dìfttodiporto,e  talvolte  in  fervieio  deU^arte^fiitf  gite  hinghijfli^ 
lire  di  replicate  miglia:,  taneoéhè  parare  eh' e'' non  é  poieflfe  Oaiararei. 
Ma  forfè  troppo  oi  fiadio «lliifl^ett-  Aelte «otteie <dv ifitfto  eneficèj^adc 
vogliamo  che  tanto  batti  aver  detto  diiui .  JACOPO 


f^AffO'JtO  }€dltOT.         top 


•      _  .'  '«..Il*-  i  1  \  :  K  )»i.^ 


,  NOBÙbS:  Lt^Ìl£N£^  .ÌNTAGLIAXÒRE  )k  :  RA\Ì£i   '  ^ 


Difiefol9  ÀixGiuùt  Pavigt  fionii^my  uÈt%  i^t^  ^.ì^^ji 

[Hfiin9d6;Ik&  inMlletto  diio bea  CQno£:efe  .<|timto. ]io(^ 
\/ìA  un.  trfimo  afibilènl^aiiiuce  cklla.vktit  >  averi  snche  ivo» 
U^cèpef  crederei,  >  che  >qitti  edebite  iì0IIId.»;<1ì  cui  mì  fi>ró 
ia  p^r  p&rUre ,  dicp  JaDopaCaJlot.f  chjB.<li  nobili  ^MtÀotu 
lUimo  i5s4.  ehbefiio.qaulei^Nam1ctciÀAÌjlU>i:en«,  lóiàfl^ 
(alam^nte  da  ddidecia.  d*.  apprendere .  la  bella  éftcokà  aiello 
intaglia  a< abitino  »  ,^lla  quale  egli  orafi  torte  invaghito  &a  dapiocolb 
fiavanefca  ;. 'labiali  i  ptKfiti  e  k  cuoiadìtfdi  ideila  pàcectia  abicasionei^ 
^c  kittgQ;  o^loib.  viaggloifijpoaafle  jii  :RAma:  li\à.c^poiQQ  gli  Cflgioiieì» 
xàj fìàravJalia «liiìuuire  eiò:che  a^me  filraecOntataaà^rConadi'Cua ^ 
tsttti/jrhfibeiid  U  conobbi  cioè»  qhieilQift^oCàyfti  tipvUndo^in  qocUa 
4tlKi  »t  afioè.  ^r4ar«  adeittpiinanco  ;f .  fisoi  vircaofi  .penCerh  agi'  idccJaieali 
4'iuii!/pQff6fa'e  ileribito  viv«re  fi^fogget  taife ,  .firv:bè[  odiailahza:*  d'.un^rD<» 
fòSutbidthk  niierie^ma  arce  fala^jaco  fii  poie .  Ala  per  vanire  ora. a  ^iap 
di'iinln.piu  minute  d^coftanae^dioo^  x:ome  circa  i|aonoi(ro£..vÌFcr.a 
ad.  spesava  in  Jloma  iiiilcerto^l^illi^iXcxmaiaiiiu»  il;  qqalec  dall'. umifaefoeU 
ftieraiid'iti€a0liare[>fil]bif  dixiiq:^^  ,oiiefjifiiv4nfi  Dcriognuoo  in  IqDet 
tfóipi»  foneacodafncccflitàì,:^  aVBya  oa&ifiwco  il  dìfioaccwafi, 

Ì>oi;dt^ quella  u£in;;a;  :o  pure  «icato4|feenio'cdb(kiéno  idi fipfe  pì\i:oafaif% 
il  a'€ra  ndlFu.ad  intagliare' in  raoies  adiappioiaQ  ay poca  aire^a^ €at^aItaL 
profictoè  che  iioa  pocendò  riparkrfiftb  petiìe  ilailb  ùi'ihtagiiare.bdie  Vii% 
venzioni  di  eofe.  devote,  teneva  altri  .che  gb  fi^ro  in  ajuto»  pagandogli 
a  giornata .  Qm  cdftui  dunqoe  »  cba  pure  età  di.nasione  Ftaqzfiìe  ^  fivcì  di 
acoonciarfi  il  gioirà  net  co  Jacopo  t  iricàgluméo  (èmpie  ^BiUinoiV  ^i^chè.f  roi« 
vamioiiinjjtajiodijqujicfaevpcatìca.di  caie  ftruaicnto,:accócgeiidofi»:ciie 
mokagh  roanpwa  per  giuog^w  a  quella  uuivèrCriitàdlincBlltgema^iOiwiiil 
un/^v»mo  clie  defidcraflc^d'ioircir  perfetto  in  qax:li'urtis%icccca  i  .delibero 'di 
laftiare  la  città  dt'Rom'a,  tpratoixred'io»  dalia  fìuna»càe. non  pure  qxpvL 
€>per  r  IcaUa,  ttiaeziandip  peo:  1'  Europa  tacca  bdrrc^a  e) i. Giulio  Parìglia 
cittadino  Fioremi  no  t  Ingegiiere  dei  Granduca  ».ilr:qttjie,.alcre  alle  belle 
opere  eh'  e'  faceva  vedere  tn  dilegna  di  fue  vag^e  .e  capcicc^ofe  JAv^n^. 
aioni»  oltre  alle  belle  inblKÌct)e:  che  vfaceva  rpa  filò,  anddelia  •  ténea 
va  anche  in  cafa  fua  una  fiotitilTuiia  louoda»  fiellaqtide  adal^ 
tramoncani  ieggciraed  infegparra  Are hitetciica' civile  emilctate,  e-le^a^ac» 
tematiche,  e  dava  bei  pmcéttld*inveil7Ìdhtdliuacchine'f  é diale»  »  que< 
&e  fimigliaiici  fofe.,Giunw:adjiiu]iie;die..fu  a.Firenz&  il  noftrQ  Jacopoit 
trova  modo  xl*Jntr«KfaiTÌc  a*  fm^eutar  (^u^faiictoU  :  e  perchè  legU  ,erà  pdf 
in  efteriore  apparenza,  e  medao  più  in  |iui:^.fpificoi0  e.«ÌYa^j..fiib1cb^ 
fi  guadagnò  V  affettQ  del  maeftroi  per  modo  che  egli  cominciò  ad  ìnfe*'' 

guarii 


j  f  •  »  » 


II t>  DecefmJKd^ia^artJ.deìSec;V^ 


loarli  còù  grande  amore .  1Fra  ^i  litri  moìio  rirtùofi  e  npbQi  giovaiU  »  che 
per  cagion  ói  Studio  ttàtvtMvànG  allora  appreflb  al  Parigi;  era  Lodovica 
Incontri  volterrano»  che  fiato  poi  in  lipigna  per  negoz)  della  Cafa  Se» 
renifliffia',  morì  agli  anni  p^ati  in  carica  diSpedalingo  di  S.  Maria  Nuova» 
Qoefli,  dopo  avere  apprete  le  mattematiche  dal  noftro  ftmqfiflimo  Galileo 
Gaidbi  >  coli'  dceafidne  che  egli  leggevate  al  Sereniffimo  Principe  Doti  Lo* 
renzo  di  Tofcanat  al  cui  fervizio  egli  allora  fi  tratteneva  «per  defiderio 
d'apprendereìarchitettura  miU»ir^e civile ,  erafiaccoftato al  rarigi .  QuelH 
fir  uno  di  coloro ,  che  fu  fblito  d*  ammirare  la  bella  indole  dei  Callot,  e 
là  di  lui  ^randiflima  inclinazione' ad  ogni  cofa  appartenente  al  difegno: 
éfoleva  egli  medefimo  a  ote  raccontare»  che  il  nrigi  oflervando  la  gran 
£iciijtà|  ch'egli  aveva  in  difegnare  piccole  figurine,  con  un  modo  però 
tmmanierato  e  aggrottefcato  molto ,  come  quegli ,  che  nulla  mai  aveva 


del  vero ,  o  delle  cofe  maefirevolmeme  imitate  e  condotte ,  e  perciò  gu« 
fiare  aflai  più  di  quei  primi  aborti  del  proprio  ingestio  »  che  fono  quelle 
fievoli  bambocciate  e  componimenti»  che  detta  loro  il  capriccio j  egli: 
ttovava,  nel  fbggettarfi  all'  imitaKione  del  vero,  grandi  repugnanze:  le 
quali  bene  feppe  vincere  T amore  e  rafliduitù  del  Parigi»  con  perfuifioni^- 
die  taloi^a  fareober  potute  parere  troppoxigoròfe ,  facendogli  fiire  fatichC' 
ftraordinariflìme  in  difegno  femore  fopra'J  naturale»  onde  avvenne»  che 
ilCallot  cominciando  !sd  abbandonare  appoco  ap^o  quei  ivo  modo  ag« 
gtottefeflftò ,  che  ancor  fi  vedde  nelle  prime  cofe  (uè  intagliate  all'acqua  forte 
fiiio  al  itf  1 5.<con  invenzioni  del  Parigi»  come  a  fno  luogo  fi  diri  »  fi  acqui^; 
ilafle  pòi  quella  unto  maravigliofa  maniera  in  fiir  piccole  figurine»  gruppi»! 
é  ftoriette  piene  di  tanta  varietà  e  naturalezza»  che  non  è  rato  fin  cui  »  chi: 
dubiti» che  egli  aflblutamente  parlando  non  fi  fia  renduto  if^uperabile, 

:  Koi  nel  parlare  che  abbiam  fiitto  di  molti  celebri  Intagliatori  a  buli- 
no' ed  alP  acqua  forte  »  non  fempre  ci  fiamo  incaricati  del  pefo  di  notare 
àitte  le  operp  loro;  perchè  eflendo  fparfe  le  carte  ufcite  da'  loro  intagli 
in  grandiflimo  numero  per  lo  mondo,  non  è  quafi  alcuna  perfona>  che- 
xion«  ne  abbia  »  tt  non  in  tutto,  almeno  in  parte ,  Qualche  barlume .  Mt 
di  quelle  del  noftroOllot  non  diciamo  così;  perche  contuttoché  anche^ 
elTe  in  numero»  per  così  dire  infinito»  fi  fiano  fparfe  per  T  Europa»  con- 
tiittòciò  talee  fiata  la  preziofità  loro, che  rariffime  volte  fé  ne  fon  vedute 
ih  pùbblico,  difendo  fiate  raccolte  ben  pretto»  e  da'  profefibri  del  difegno»* 
édaf  dilettanti»  e  ferrate»  come  noi  dir  fogliamo»  a  fette  chiavi»  neMoro: 
^bluetti»  e  come  tante  gioje  cónfervate'.  Rifolviamo  perunto  e  voglia-' 
mo»  per  quanto  a  noi  farà  pofiibile»  hxt  in  quefto  luogo  ciò,  che  non  è 

e  noftn  cognizione»  che  fin  qui  fia  fiato  fatto  da  niono,  dico  fer  di  tutto 
menzione:  e  '*--— --^  *-■ "-*-  ^^  ^^t^^^n  z^. •-• :-  £..  .\   ^i.^ 


ogni  amatore  di  ciuefta  bell'arte  »  affine  di  condurfene 
^oftì  far  procaccio  di  quelle  che  gli  inancaflèro . 


Diremo 


34€0^(>  VAILOT.  M 


^ .  Diremo  ;ia  pnnfp  loogqi  cf^Jt  veama  dtl  Callot  da  Roma  a  Ftffa^ 
}»i  ccediamo  isìQi^icauaiente  che  fufle  circa  Tanno  lì^ix.  efleiido  egli  in 
j^tidi  i8.  anni»  vedendoci  una  carta  di  fuoinuglio. in  mezzp  fogìlo  reale^ 
ove  in  figure  di  più  di  mesFp  palmo  è  una  ftoria,  che  alla  maniera  feaif* 
)()ra  invenzione  dello  Stradano;  ^^e  vi  fi  Ccòrge  noftro  SignoreGesùCriftQ> 
moftrato  da  Filato  al  Po{>ólo9  che  grida  crucifige  :  nella  quale  vedeà  qual* 
che  franchezza  e  buon  rigirar  di  bulino»  coniarle  di  tette»  tocche  d'aflai 
buon  gufto»  ficchè  a  chi  la  vede  n^n  fembrainverinmile»  che  egli  poi  « 
dopo  avere,  attefo  di  proppjSio  al  dif(q(no  ed  all'  intaglio  appreflbal  Par 
rigi ,  faceffe  Quella  eran  riufcita  ^  che  a  tutti  è  nota.  Quefta  Immagino 
fece  egli  ad  iitanza  del  P.^Fra  Già  Maria  Barelli  Servita  »  il  quale  la  dedicò 
a  Francefcodi  Martino  Spigliaci  genciluomo  piiflìmo»  difcendente  da  quel 
Kigi  di  Spigliato»  nel  CUI  governo  di  Gon£iloniere  nel  1314.  ( conio  u  ha 
da  quel  noitro  Cronifta  [a]  )  fecerfi  beile  provvifìdni  a  benefizio  di  nottrà 
patria  e  Dominio.  Leggpnfi  focto  V  Immagine  gli  appreflb  notati  yerfi: 

S^dfHrii  immiti nimtMm  f  Jer^  turbàt  tu^Uuì 
Ecce  HmQf  fid  geni ior  cui  DtiUyipft;  Dco. 

Sl^idve  fiiis  lur^ùs  imhrcs ,  beu!f£va  crucis 
\     ^  \S$iOulaffif9rdcsMnaLv0repffitflì 

E  vi  fono  le  parple  Ja:  CaDot .  P.  Dopo  l'anno  1  (5 1 3  dpyecte  egli  dàrfi  tutto 
allo  ftudio  deiU  Profpectiva*  deir  Architettura»  del  Drfegno»  e  dell'  m* 
tagliare  air  acqua  forte;  giacché  non  veggiamofue  opere  fino  al  l^^S»  oe^ 
qu4Ì  tempo  euendo  venuto  in  Firenze  il  Serenifs. Principe  d'Urbino;  pes- 
cui  onorare»  il  Granduca  Cofimoll.  alla  nobiicà  Fiorentina  »  con  invenzio^» 
ni  e  difegno  del  Parigi  »  fece  fare  fopra  la  piazza  di  S.  Croce  la  Fefla  »  chia- 
mata la  Guerra  d'Amore  »e(rendo  quefia riufcita  bella  oltre  ogni  credere  »  fo 
fatta  intagliare  air  acqua  fono  dal  noftro  Jacopo»  il  quale  iu  diverfe  carte 
fece  vedere  la  bella  moftra  della  Fetta  «  Eranvi  alcune  com  par  fé  di  carri,  di 
cavalieri  »  foldìiti  ed  altri  :  il  bel  carro  d' Amore  »  che  comparve  circondato 
da  una  nuvola,  la  quale  pattando  per  lo  mezzo  de^combattenti»  in  un  mo- 
mento s' aperfe ,  e  fece  vedere  il  foglio  d' Amore  colla  fua  corte  »  men« 
tre  quegli  fece  dar  fine  al  couìbattimento »  ed  invitò  i  cavalieri  al  ^allos 
il  carro  del  Monte  Parnafo  colle  Mufc  e  Pallade»  tutte  aflife  all'  ooibra 
dèlia  Rovere  »  infe^na  di  quel  Principe  »  e  gran  quantità  di  letterati  (^)  fparfi 
pel  Monte»  affittiti  dalla  Fama»  ed  era  quetto  carro  accompagnato  da  cen» 
fettanta  a  piedi  ;  il  carro  del^Sole  »  fopra  4  quale  Atlante  reggeva  il  glo* 
bo  folate  ove  rifede  va  il  Sole.  Eranvi  t  dodici  fegni  del  Zodiaco»  il  Ser« 
pe  d'  Egitto»  i  Mefi»  le  Stagioni,  V  Ore  del  Dì  e  della  Notte  ^  pretto 
al  qual  carro  camminavano  otto  Giganti  Etiopi  ;  e  finalmente  il  carro  di 
Teti»  fopra  cui  vedevafi  efla  Teti  colle  tre  Sirene»,  le  Nereidi  »  e  i  Tri* 
toni  ed  appretto  al  carro  camminavano  otto  Giganti»  in  figura  quafi  di 
tanti  Nettunni,  per  rapprefentare  i  Màd  più  principali  del  mondo;  e  fi« 
nalmente  fece  vedere  il  Callot  in  altra  caru  il  bellitCmo  Teatro  »  ove^da^ 

auarantadue  cavalieri  fu  fatto  r Abbattimento»  colle  comparfe de* carrÙ  e 
e*  pedeftri:  ed  un'altra  ne  intaglio  dello  fletto  Abbattimento .  11  medefimo 

'1'  I  '   M       ■  '••••,   •    'anno    / 

fa]  Ammkét^ÉmiQ  1324.  [b]  Curte if Mino fétóritriU di kfUrafi •    - 


-Mratlé  Vtrtttm  detfd'nftrnò  éfHt  «AMéttt  MiOitmricrit'TìVìiéhti'.  -HA 
«tVtò-ìmóAi  còli  (ili  èórtei  «iS(t«lb'«  «)eli«r  vii  liWtwriii.  Tarn 
••WRi  rMnl  ,che  oigt  fi  «StiTéi*!»!»  ftèBtItMT  tjnardarobs  del  G^and^ftil, 
iritìgKhi  inHc(la*fert«;'<B«hi)4"|*flgili'  òMegirarift  fiioii  in  AJ  gio: 
i«ntCll  tfé^la  prt6datil'W«Ai(*rt  /tt'IhVefiKióhciei FàriéivSi'riWihbKòi 
itò  %banta'kniWtólWat*  e  JdnWHS  d»  hiiSI  WihTiglioro  feùtto,  Vbe  e'gll 
J'-dcMMipdV'.  atpo  iVer-raWi^aiIrti  ftiaj-iHyifègrtl.vheiterti abtìiaiiroj 
WWiSBHe  aWtìdo.egli  diedi'  tiìflaH^àti-  i  qvarihtafetrf  pèzzi  intitolaci  ttf»- 


).  egli  dipòi  pìfl5tH^«i-  i  OTlarihcafettf  pèzzi 
Béil  )3i  iafii  fgkri  j  dtasfi  «He'iff'VdlélSi  mollteVé  nialcoh'tènto  dell'ode» 
«,fe«'fliìo.»ijiiei  tefcpot"ritlH(lefteW  di  dcdtózttrai  d<*  mede«mnl 
SttiHKirWò  PrintSpe  Doli  LtìrtiiTO  di  ToTcsHa,  diflè  di'eflfel  qolfi  le  pri« 
miiSdafcHeftS  ftticHB.  Gontehé<irtb  qilrfh!  carte , riipeétb alle fotó figure» 
perlopiù  lo'fchirjio'elo 'Abhuwv  fitto  cioè  a.firtfev^clije'-fervir  pollano 
d'  ammaeltranieKto  à'i^iitéifffàpti  d^  modo  dt^ìlìldi^e  e^  ben  dilegntre 


«JrhcéffioniBllaCattkdralei  ir  Wliò delle  Carré tte:iT«WJtldelleCittì, 

Ittrte  e  Ciittlli ,  Che  fi  oftrlltohO  al  Gtinduca  Vielli  ftflà  di  S.  Giovimbai 

..1*  ;  „  ''.^jin^entfo  la  Scappata  de'barbfcri  al  palio  i'fijirapifiia  preSb  allft 

?Vat6.  VtmitoVanno  i«t7.  ebbe  ad  intagliarti 'qoitttò'rtfcl 

fdaf io-,-  he'jqóaji  pgm*  h  BKtaglia;  -aViitili  con  vittoria  da  qòati 

b'de'l  Granifiica.co' VàfcelliTu'rcJiisfchi,  nUlmiòdò che  nof  qtil 

■"  "     " "  "    b-pet 

bojt; 
Ifonfo 
[  diPillbìa,  là  SaAti  M&tH}  ìUiddalena  dal  Cavaliere  Gio.  Paol4 
eli  Bel  Moittè,  San  FràiitltftO' dà  Ferdinando  Suares,  è  S.Slefa- 
Arfaifò  ftdra  IngMafiflVj'fiiffA  li  condotta  del  Marchefe  lacoi 
imi',"AiiJmitaglio  della Srérk'Rélitìonc  di  Sintb  Stefana;  giunte 
ì  Ablla  Qjiag^a  d'Afeli  fottò -la Mattia,  ove  per  awifo  venuta 
fS^lib )  drcevad  eflbffi'iìlfdgEitò  òn'eiramuflalB Tni'cherco ,  pre- 
téiere  ;  Wléo  d'-iifb^ri,  ;"ftntefine-,  redii  ,  catrami ,  ed  altre 'a 
iglianfi  Cofe;,  atte  alla  fabbrica  de'-  Vafeilliì  tisi  per  fortjjna  "di 
:^li  levato  il'rìtribòrchio  riel  gòffo  di  Sjlferho.  Cjr  mentre- qùefto 
Si  plglftr  lihgm,  bye  51  VaWlfo'fflflt'tSfititti ,  Vèhne  fqr  fatto 
k,  l'Elba,  e  l»pàpAi3,-dl'ft:tmrfreaùé  Vaicelll  nimìcij  Ondi 
fieffi'ittiatìfi  iAà  Btìrf"ftftó'S  irtart  ,  dotto'ltfrtga  bittaglla, 
^      '*  '■  '  '  '■"  "■""^  i'ifntimerb^ai-tóhtSfer; 

'aiidf  il  '^ttdoj  the  Jap- 

^  i;>.i.riu  i>   lauio.,  Kiati»w  aikib^i    <u  la    CllrioUti  e^i-Qefiderib  dt 

lipcrne  ògtii  particolare  -piiii  'niirtntò .- dlte:'p^H)  '  &ì  f o  'dWa  'a  tl'i 
rnuntuale'EinrzJSlìéV^ll'flSfilUnta'Hdle.bené  carfe'disl  Cairoti 

•■  .    ,  ...,„  ,,.r.  ,.i„j,.  ■««.......  1. ri  ;u-.    ■■•    ^-pjife.  . 


fjCCQtQ  CAllOr.  iij 

MMMtfilMiuid  cndb  iEiMilt  bicttclii:  e  nAi  irik  noniintti  Gmtàutitm 

foroR  ttpofti  i  fami»  ncf  qotH  egli  mkv  Mugliò  il  fw»  acme,  ctcda  ki# 

pefchà  Mèndo  iacoaiisicMto  a  p^litr  ffaad'  gnime  aelnugiiomie  die  q^ 

MM  fiMXa  net  difegno  ed  intMliaaU^  acqiM  forte  nd  corfo  ù  un  $m»t 

«Noe  bea  &  nccog^ds  tutte  Te  fiie  open  §m  qil  liotiWt  v^lle  efpetoBe 

e  fittiOf  ficGooie  fempre  fece  poi  m  qaelie»  ci»  gli  ptrve  zwtt  condMce 

di  mifAat  ^aÉo,  che  furono;  le  belle  carte  delw  Bactagltt  del  ReTeS 

e  del  Re  Tinse  ^  Fdie  tapprefentauft  nei  fiume  d'Arno  alli  »5.  di  Lbj^ 

del  létp.  le  q«tl  carte  ditpo£e  m  tal  fonas»  che  pocefle  fenrire  per  orm^ 

meofod^onavcnceruole:  ti  bel  fronief pizie ,  colli  cinque  interinedj#4M]e 

real  Tragedia  ^  detta  ilSàimMm&,  eooipofia  dal  Conce  Profpero  Bonaretti» 

e  recitataìfi  in  Firenze  ¥  anno  peie  1619.  Difegn^poi  l'am»  itfao.  la  tetn* 
•: ^^  : : —  j.ii- 1?:_.  o^iu . ^JL^  ^  largherà à'v-  ■— - 

Ho  ftefto  braci 
igUofi  gruppi 

io  ebbinotizia*  venuta  da  uomini  dell*  arte,  che  erano  in  quel  tempo  fraT  vi* 
ri»  egli  ToUel'  aififtensa  dell' ottimo  lettore  Domenico  nffignem.  In  pie 
della  caru  fcrifle  le  feguenti  parole  : 

SennìOSm9  Cofmo  Aùgn§  ^uci  Etrmriét. 

^ùtéts  tmpnmitma$ ,  aii£  in  Dhi  IMS  F^9  qmMmùi  ìmmmeféMi  pt^ 
freqmemiat  aiau§  4^^nri  variamm  mcrcimm  co^  €€kbrammr  imtM 
_  ^/ma  i%fipir  à  NMliffima  Bamlelfmmisna  PmnìUs  0fim^pnfri0  mo  €$h 
uu$m^  fim&mmqm  t  uki  D§ip»ét  Vìrgimi  ImsgQf  mirécmhnm  fecmébf^ 
^ioiimDimlJica^  mfiriMff  <kpiSaf4$$f9èeèffiwitherus0frriigiomefim^ 
nm  i#rv4M«r  ijr  coUtur  f^c* 

fMC9$miCatkt  NoUtìs^  Lottwingms  delmeatas w £r&f00  ioiifas  dedicéviì  t9n^ 
ficTMiifim  grati  animi  fin  ferpetunm  ÈcSimméiim  An.iéd.  %MDCXX.  fi(f. 

Queft'  anno  pure  1 6%o,  intaf^iò  il  Fronteff^zio  del  libro  intitolato  :  T^^n^ 
taso  diili  fiume  s  immngim  éf'/icri  eMjfhj  M  Hrtu  Smnu^  àfegnnt  tm  fe^ 
tmfukmmi M fùàrt firn  Btfnmriìm AWÙC0 %  diGelUMti.dé'Mimri  Ofifvmhh 
e  fimflmeme  tutti  gl'intagli  contenuti  in  eifo  libro  in  numero  di  trenta-^ 
Quattro  peau  »  che  fono  le  piante  1  prefili  t  alzate  e  fpaccitl  delle  facrace 
itabbriehe  di  que'  luoghi  »  ove  fu  ^rate  noftra  redenzione:  ed  i  rami  ài 
quefte  carte  fi  confiirvano  anche  em  ntAla  Real  Guardaroba  del  Grandi!* 
ca.  Egiicdiè  parttamedi  tal  libroi  non  tafcerò  di  dire,  come  Pietrodelte. 
Valle  »  che  ben  vide  que^  Santi  luoghi ,  ne'  fuM  Vtag|i  aaefta ,  che  quan* 


ùuii 
Tem 


to  fi  vede  in  qwfto  fibro^del  Padre  Bernardino  Amico,  è  degno  d*  ogni 
fl&ma  per  efibie  in  tutto  e  per  tutto  le  fue  figure  fomi^iantifiime  al  \tto. 
Vivente  aneoia  in  quefto  tempo  M  Granduca  Cofimo  II.  intagliò  il  Fron« 
ta^izio  del; Hbro degli  Statuti  de'  Cavalieri  di  Santo  Stefano,  riftampatofi 
con  aggiunte  1  Sue  opere  fi  credono  de'  medefimi  tempi  alcune  carte ,  ove 
fen  figurati  gli  Zanni ,  il  Pìsintalone  ,  e  '1  CapitiAio  di  Commedia ,  con 
gran  numero  4^  fpecmtori»  in  a«iod'afcelMre«  Una  earta  d'Bfeéuie  del« 

H  lo^Mpe* 


4 1 4  Decenti. ìhdéllé^m.h deiSec. V.M i6io.aÌi dio; 


'Mperadore ,  iktefi  in  Firenze  n^k  Aflibtt}ruina.Bafilica  :  ànr  tei  rlcfattf^ 
i^  Donata  dell' AntelUSeoaco^eFiQcentitio  il  Vecchio  »  di  lui  eci  dUfétt 
tiancotto  anni  ;  e  'Jtìcracco  al  Frontelpiziodel  Poema  diGabbridlo  Ghia^ 
btera  »  inticolaco  F/f/o/f  Diftmuai  e  due  ritratti  di  Granduchi  diToicanai 
jBra  oramai  pervenuto  il  Callot,  per  entro  quefta  patria  i&  fuori.,  in  qiiei<t 
l'aita  dima  e  concetto. d'ognuno»  cheav^vangli  guadagnato  le  degniuimc 
Ampere  fue;  ed  era  dallo  ftcifo  Granducati  con  grolla  pmlione  trattenuto  ^ 
Quando  per  tiifta  forte  creila  città  e  dello  (lato  e  degli  amatori  di  virtù'# 
Venne  il  cafo  della  morte  dello  fieflb  Granduca f  in  tempo  appunta»  dia 
a  cinque  Principi  fuoi  figliuoli  erano  in  aflài  tenera  età  ;  onde  reftaronoi 
^accomandati  gì'  interelfi  più  gravi  al  goyerno  delle  Sereniflime  Tutrici#^ 
À'cuni  de'Miuiftri,.  i  quali  avevano  alTue&tto  ti  cuore  più  a*de(ider)  Aéi 
fifpai:mio,  che  a  c|uei  della  {gloria*  accomodando  i  lor  configli  alla  mifu^ 
radei  proprio  genio  «  fecero  per  modo»  che  non  folo  al  Callott*ma  al  ce^ 
lebre  improntatore  Gafparo  Mola»  ed  air  eccelL  Frefcobaidi  Mufico  ri« 
nomato»  che  pure  trovay^nfi  prò? vifiofiati  fin  dal  tempo  di  c^uel  Serenì(s« 
(Mflafierp  gli  ftipendj  {  onde  avvenne»  che  colla  morte  di  lui  piangefle  quafi; 
in  un  tempo  fteflb  la  noflra  città  »  la  perdita  di  tre  uomini  »  forfè  i  piìi  fin-» 
golari  neir  arti  loro  »  che  in  quelle  avefle  avuto  il  móndo  fino  a  quel  teoi* 
pò  in  molti  e  molti  fecoli .  Crediamo  che  il  Mota  ed  il  Frefcobaidi  fé  ne 
«ndafièro  immediatamente  a  Roma»  in  che  ci  rimettiamo  a  ciò  che  fufle 
più  vero«  Il  Callot  fi  portò  alla  volta  di  Francia  »  in  quindici  anni, 
termine  prefcritto  al  fuo  foprav vivere»  fece  cofe  troppo  ftupende^  e  noi 
1^  anderemo  notando  fenz*  ordine  di  luogo  o  di  tempo»  giacché  tale  cir«. 
«oftanza  in  pochilfime  delle  fue  cane  può  ravvifarfi.  Primieramente  ec** 
cedono  ogni  bellezza  due  carte  bislunghe»  ii>  cui  fon  di  regna  te  due  ve«. 
dute  interiori  della  gran  citta  di  Parigi»  in  quella  parte  che  rilponde  irt 
Alila  aerina;  ed  in  una  fi  vede  il  Palazzo  del  Lovre»  colla  Torre  de  Nelè 
rimpetto.  Una  carta  di  buona  grandezza»  col  ritratto  del  Re  Luigi  XI IL 
attorniato  da  un  bel  trofeo»  compofto  di  militar j  inftrumenti»  è  rappre« 
. tentato,  in  eflà  il  paflb  di  Sufa  e  di  Vigliano  in  Piemonte»  ed  una  belliffi* 
ma  battdfllja.  Si  credono  pure  intagliati  in  Francia  dicjafietre spezzi  inti*. 
tolati;  Varie  figure  di  Jacopo  Catlot  %  nelle  quali  fon  rapprefentati  villani 
€  perfone  d'  altra  condizione  in  abiti  diveru»  e  perlopiù  v' è  lo  fcbìzzd»> 
ienz'  ombra  e  ombrato»  fatti  .pure  per  lo  fine  che  fi>pra  accennammot 
d'ammaeftramento  de' principianti .  Vifon  p^n  i  tre  maravigliofi  intagli 
th  numero  ài  piìi  fogli  per  cìaicono»  figuranti  gli  afled)  dtUa  Fortezza 
di  San  Martino»  di  Breda»edella  Roccella»  ne? quali  fece  vedere  il  Calloc. 
]a franchezza  del  fuo difis^nare»  non folamente  in  piccoUfiime figure  (nelle 
quali,  benché  richieggaii  u|ia  grazia»  uno  fpirito»  ed  un  tocco  vivaciflimot 
ha  però  queflio  vantaggio  V  artefice»  che  non  cumparifcono  in  efiè  cosi 
aperti  gli  tuoi  errori  in  difegno»  come  nelle  grandi),  ma  eziandio  nelle 
figure  di  mediocre  grandezza»  come moftrano alcuni  groppi» che, occupa* 
no  il  primo. pofio  delle  medefime  carte»  ed  altre  figurette  alquanto  mi# 
norì ,  fi*  che  fi  perviene  a  quelle»  che  apparifcpno  all'occhio  quali  invifibili^ 
Vi  ^  lina  can»  di  £ittie  mii:acoU  di  San  Manfueto  Scozeele»  primo  Veico*  > 

¥Odi 


f    ''. 


CAtiùt:         tif 


\  ». 


Vo  di  Tol  OeUft  Loiena  ^  Difeeoolo  di  Stn  Pietra.  Uiui  ili  largheca  di 
foglio  naie»  cioè  il  manirio  diSan  Baftiano.  Veggonfl  poi  ventiquattro 

Sani  intitolati  2fsUi  di  Sfifimia  di  ^tom^  CéBoif  in  ciafchedQnode'auatf 
no  figntè  piccole  «inatti»  motiegeftt  ridicc^ofi»  rapprelentanti  tutti  gii 
Iftrioni »  eoe  in  que^  fuoi  tempi  camminaTano  per  V  Europa»  e(ercitan|« 

Klopiù  parte  buffbnefca:  e  tali  furono  il  Capitano  Cerimonia»  Riccia^ 
^  Francdchina •  la  Sig. Lavinia»  la Sig.  Lucia»  Menettino»Gianftrinaft 
PulUeinielio»  Trafiullo»  Cuccubà  »  il  Capitano  Malagamba  »  il  Capitano 
Babbeo  I  il  Capitano  Bellavita  »  il  Capitano  Spezzaroonti  #  BagattinOé 
CHanfrittello»  Chiurlo»  RazzuUo»  Cucchericù  »  Francatripp^»  FritteHino» 
Scappino  »  il  Capioino  Zerbino»  il  Capitano  ^iigherato  »  il  Capitano 
Coccodrillo»  Smaraulo  cornuto ».Raazft  di  boja». Capitano  Bopibardonè 
il  Capitano  Grillo»  Cicdo  Sgarra  »<  CoHnfranciTco »  Pafquariello»  Tyono^ 
Meo  Squacquera»  BeHofguardo»  CoviellpCuccorogna»  PernoVallà»  Tar 
gliacantoni  »  Fracafib  »  Scaramuccia  »  Frìcaflo»  Guazzetto»  Meftolino« 
Capitano  Cardoni  ,e  Maramao .  Veggonfl  altri  ventiquattro  pezzi»  rapmo»» 
^^  •^•-^.         -       .1 "'*'•  lene  una  Idra» 


carte  verar 
imitare  il  verof 

concioAacofiichè* veggonfl  in. efle  oflervate  le  proprietà  e  varietà  de'loro 
cenciofi  panni  »  dell'  arie  »  delle  te(te  »  de"  geftì  e  nelle  azioni»  e  de'  loro 
viliilimi  arredi:  altri  ne  rapprefèntò  vecchj  cadenti»  e  malchi  e  femmine^ 
altri  giovani»  altri  fiinciuUi»-  altri  gagliardi  e  fani»  altri  ftroppiati  o  cier 
chi»  né  alcuno  ve  ne  ha»  che  in  quaififia  delle  qualità  notate»  all'altro  S 
aflbmigli:  tutti  in  fomma.  curiofi»  capricciofi  e  ridicoli.  Sono  anche  belle 
e  copiofiflime  d'invenzioni  le  carte  d^li  Zingani  e  Bianti  »  in  atto  dì  vi«K» 
giare  fopra  carri  e  cavalli»  e  a  piedi  con  loro  fudice  maflerizie  •  Quem» 
adornò  egli  con  alcuni  dilUci  in  lingua  Franzelè  »  alludenti  alle  loro  azio- 
lA  e  meftiero.  E^  bella  altresì  la  carta ,  ove  in  un  vago  paefètto  veggonfl  lo 
fefte  di  Maggio»  i  balli»  i  canti  e'  giuochi»  e  le  Maggia juole«  una  delle 
quali  tiene  in  mano  il  majo»  fcherzo  antichiffiifto»  chiamato  nel  Codice 
MaifffM  ^  che  era  l'allegria,  che  face vafi  fino  negli  antichiffimi  tempii 
aei  piantare  che  facevano  i  garzoni  eflb  majo»  davanti  alle  porte  delle 
two  amate .  Vedefi  quefta  carta  eflere  ftata  intagliau  in  Nana)  patria  del 
noftro  artefice.  Pafla  f ralle  più  belle  carte»  che  intagliafle  il  Callot»  !# 
«Caccia del  Cervio»  ^lla  quale  non  cedono  punto  quelle  della  fiera  di  NansÙ 
de'  tre  Pantaloni»  figure  della  maggior  grandezza  »  che  e&li  intagrufiè  mai.» 
ed  un'altra  pure  di  due  Pantaloni .  Il  San  Giovanni  nell'  Ifola  di  Patmoa>; 
il  Moisè»  che  conduce  il  popolo  Ebreo  coir  Arca  del  Teftamento:  il  San 
Baftiaho  in  campo  aperto»  alla  prefenza  d'innumerabili  perfone  faettato 
da' Soldati.  &ippiamo  aver' egli  intagliata  rannoitf29>  una  veduta  di  Fa** 
rigi  >  che  pare  che  rapprefenti  il  dar  la  paga  a'  foldati .  Del  163 1.  inti^ 
gliò  i  bei  rami  in  quindici  pezzi  delle  Immagini  del  Salvadore»  di  Marie 
Vergine  e  de'  Santi  Apoftoh  :  e  altri  moki  ne  potè  intagliare  dal  163  u 
«1  tóìi.'ì  quali  noi  porremo  più  avanti  allarinfufa  per.non  averne. ti:o«* 
^to  il  tempo,  precifa  •  la  detto  anno  1633  /diede  fuori  lo  flupcndo  li*» 

Ha  bretto 


Itott»  ih  diciiAkce  t^ntt  ifitiiaifl»  U  Mutrie  #  ù^mikiMiMtnmi 
owflbìn luce  inf tfigi  da  Uhual  fiio  cmaéé  ittico.  Io  ^iieilo itiMnoé  cAct 
volgtonente  fi  dice  U  V$té  MSMii^t  moflcè  il  Calloc  fia  dam  poseAt 
ì^iifgneoc  iifnoipraofiipent  atiemreimfiifeooiiwacoowmtri^ 
fiilico ,  fM  'Con  iftupend»  uivcnEÌòM  rtiipr^Bmò  <fi  piccòiiffime  figms 
ogni  aecid^me  fottio  tccadert  a'  ai£m  fotdati»dA  quel  punco  càe  londaf-^ 
lae  locò  té  |>rtme  paghfc  *  fiocfalè  o  morti  in  ^ iern,  o  gfWfctxiao  per  loro 
ttaijpreffioAi  e  amfiKCi;f  AailcoAo  di  vìvere;  o  fvi»  veimci  in  poceie  ^ei^* 
Ja  veorbièzza  e  deUà  povertà^  e  con  qoefle  d'iofiu  inferoitci  e  ani'eria»  cidi 
iopim  nuda  terra  nelle pi4>bliciie  vie.  chi  fu]»»  Jetamti  cadono  in  1irao«^ 
ciò  alla  morte .  Dtmoftranfi  quivi  con  beliiffime  figmine  e  gruppi  gm»i^ 
iidimit  io  Cquadf  tnare»  le  marciate  in  ordinaasa^  le  bateaglae  diìgwaio» 
fet  gi*  incendi  di  cafe  chiefe  e  nonatterj  >  gl'infulti  if  teligiofi»  t  fac« 
dieggiaioenti ,  i  foratf  i»  gii  aflìifinamenti  aUa  aMcdiia*  l'aocur  prigioni^ 
i  fttppUcj  crudeli  e  dt  forca  e  di  rote  e  di  infllchettacc  e  di  fuoco.  Ter*» 
mina  finalmente  il  lifarecto  con  quattro  caice^  che  in  una  vedefi  f€t  en« 
eco  una  piaazat  attorniata,  di  belle  fabbriche  di  chiefe  e.di  cafamenti»  graa 
nomerò  de'  medefimi  foldaci»  mifero  avanzo  de*  militar)  àrncfi#  fcalzt  o 
Aracctati«  ed  in  iflrane  maniefe  sella  peHbnaftroppia ti,  valetfi  per  caaa^ 
minire,  chi  delle  grucce #  chi  delie  ginocchia  e  delle  mani»  e  chi  delle 
oaticfae ,  afpettando  la  carità  d' un  po'  di  br€>da  ».  fporoo  avanxo  delle  cuer» 
ne  da'benellantif  che  anche  vien  loro  fomminillrau  a  mi&ica^  mcntro 
aUct  per  defio  d' efiere  i  primi  a  diflétarfi  coli'  acqua  d*  un  comune  poz^ 
so  •  cosi  ranchi  e  ttravoiti  come  fqno ,  con  un  braccio  fi  appoggiano  ai 
ponot  e  coirdtrò  fi  percuoton  colla  gruccia  »  Nella  feconda  carta»  aU 
tri  Jidotd  in  aperta  campagna  aireftremo  di  lor  vita»  fopta  letamai  fini* 
fconò  i  giorni  (oro.  La  tersa  rapprefenta  paefe  bofchereccio:  ed  io  qoe* 
ftò  ravvifeii  la  llrage  che  fanno  i  villani  doi>o  la  guerra  di  quanti  foldati  o 
iinarriti  o  nafi^fi,  danno  loro  fralle  mani.  Rapprefenta  k  quarta  final* 
mente  una  Regia  Sala»  nella  quale  afiifo  in  trono  il  Regnante  con  certi 
piccoli  doni»  remunera  quei  pochi»  che  forfè  a  cagione  di  amicizia  o  di 
più  feconda  fortuna  hanno  avuto  in  forte  di  rtpoi  care  V  onore  deUa  Vic- 
toria. Sono  anche  fralle  carte  dello  intaglio»  delle  quali  a  noi  non  è  no» 
tQ  il  tempo  p  primieramente  un  bel  Paefe  »  ove  gente  diverfefocto  una  quer» 
ce  antica  »  in  auo  di  fonare  e  ballare  fi  ravvifa»  mentre  altri  giuoca  alle  pai*» 
luttoJe»  altri  merenda»  ed  altri  in  altri  modi  fitraltulla:  e  vedefi incaglia* 
tainNansì.  Un  libretto  di  ftorie  delia  Vita  di  noftro  Signor  Gesù Crifto  in 
piccoliflime  figure  :  nove  carte  di  comparfe  di  fette  teatrali  fatte  in  Franciaa 
una  veramente  ftupenda  carta  »  ove  fono  efprefiè  diverte  giuftisie  di  mal* 
£ucori»  col  motto  fopra:  Sappticimmjlcekfis  fromam  :  fei  peszi  bislunghi 
per  larghezza»  rappreftntatavi  la  Paflione  del  Signore  ;  un  iibrecto  imi* 
colato;  Vùa  ^  HiBùth  B,  AL  V.  Mstris  Dei,  à  mAili  vira  féeO^  Célhg 
imvemé  9  JfJineaié  f  éiqme  h  m  iwcifii%  &  ah  IJHàìt  arnica  fmù  in  luttfUi  tiitu% 
Par^i.  Vi  fono  quindici  pezzi  della  Crocififfione  del  Signore,  Aflwiv- 
cionedi  Maria  Vergine,  e  martiri  degli  AfKiftoli »  in  piccoli  ovatini  ftaia* 
pali  dt  Moncòrna«  Similmente  qoattso  pioccde  catcìne»  in  ciafchedone. 

delle 


ii^U  qnaH  h  ni]^«e^(|to.il  Si^i^va^  meniti  cif^  iMlk  N^e  dì  G 
4i  ÌQalucii  col  Fgnf^o  t  o^U'  ultima  cpn^cQgf  x  ApQfto|i  ^^  ^^  j[i»^ai^te  cq' 
ipiic^pU  Ckofa  e  Uic).  <;^U)iìliei  p^co^  ovati  9  U)ndi^ì  »  oofice^, 
jjM^AÙ.fau;!  4i  Qèsu  Ci'jÌiajSS^m>r1iioftai  e  d\  pJlàxUfcmw^  Vcrgifle .  Uoiu 
wtijSii  MoÌ3è  ciw  comiuceii  popolo  per  Ip  loar  .r<:^o^  op]  (fgVfH^%9  «Ipuo  ^! 
TdiéÌ0m  barn  ^cam  •  pr^itio  »  ^  ^^4¥Ìfi^9JW:^  P^^f^fim  If/K^Ms  Cthtitt\ 

Una  carlina  oEAa  0óna  ^1  Judiicà  col  osif^à'  Olg^j^nc  ;  e  una  finito  M^ 
i'Ioifbagìne  di  3ao  Uvario  Marcirie  paiìri^sió  4i  Msrz,.pfimop<la  (ii^^asi^^ 
e  cpila^cffiià  ^fAa  in  4Ó»oo.,  il  cui  i»ftr;Uib,  (i^ttì  cii:x:a  V  a|ìn<^  f40p»' 
Jntag^o  incingile  ramiV  con  piiu  il  FrotueTpisk)  <(on  aftificipfa  ìf)Vf»f 
zìooe ,  j  Alliier)  giudiofi  ^  dolorofi  e  glorioli  del  iìa wi^iggp  Rpijirpp  «r  Vi  ji 
unA  b«fla  cartina  della  C^onverilone  di  San  Paolo;  un' ovaco  d^lU  (ln0P 
d(»l;|ni)Qc»nfÌL,  Veggonli  ir^^gliat^da  Jui.una  Mla.r^ca  della  gfa«| 
fiipp^ji^:^^  dye  {|ic<;ole  (Mttagiie:  divfrfi  nani* 

caf^m^g^^  li^pifcoh  c^rù  della  Predìca&io^e  di  $ai>  Giovanni  ;  MA  Ssù 
PiietU),^  ^  Pf  ^FfjPV  pf^'BEo  ad  uìia  Vergine  :  mn^M^donc»  del  Soccorfoi 
bili  pu^li.  pa^  ;  ^è  dpe  notti  ;  i^i  San  Lorenao  t  alcune  piccole  cane  di, 
McrrfÌ2J;  i  Sette  peccati  Mortali  ;  i  Martiri  c}eJ  Giappone)  una  CoP^V? 
fioQ^  in  giranioglio:  i  piccoli  batt^rioni:  ia  Pan^lora:  un  Sian  Fra^eicé 
U  mezzn  figura:  due  liori  di  Emblemi;  il  Cffoiello»  e  (hù  Cpartìmentidì 
giardini  di  Nans).  Belli^ancoraronogl'inwglide'Hìtrtf^^^  dir 

90  di  Moasu  de  ppfme^  e  quello  del  Prjf^ipe  di  PÀalfe)H>ufg.  MacJiói 
d^fcmo  noi  delle  oeUiifime  cartine  doUa  v^tà  dei  4gliuol  Prodiga*.  dedicA-*. 
té  a. Mon%nor  Armando,  de  Mael  JVlarchd^  di  ^efltn^  e  diriiis  l^i  ctfM 
^^ff^^  delia  Pai&one  del  ^ìgooré  t  deUe  quattordici  .iiatkalate  Efcrsi: 
x/  mUtwi  p  dedicate  a  M oniigoor  Claudio  òtrl^  di  SiaiiìSremaiìt  ;  deìto 
iantafie,  in  numero  di  tredici  p»zit  mefiè  in.lupeda  idrae^  SilTeOro  fw) 
(imico^  €  dedicate  n  Monfignor  Gio-  Luigi  di  Ban^emQiM  »  Conta  di  Ron« 
daòjf  Barpne  del  Luguct  ;  e  finalmente  della  beltà  carta  del  Santo  Antonio^ 
i;ej^to  liei  deferto;  le  quali  tutte  egli  int^i^b  in  quell'anno»  che  ftt  Pnl^ 
irmo  al  Aio  vivere:  e  none  lingua  che  ppiia  fpieg^^  t q9«&to  fiaoo  pien9. 
di  queir  eccellen:^:,  die  poflbno  mai  dcliderajrii  in  q«el  mugiAero  •  Ed  éln 
lyre  a  quanto  potrebbe  dirfi  dell'altre^  moi^raJa  ca^fa  del  &  Antonia  M 
bizzarria  de*  concetti  di  quello  anefice»  non  pure  nell*  infinito  numeió 
de  i  demonjt  che  infultano  alS^to;  ma  eziandio  per  le  nuove  t  diver fé  e 


mieite  al  ma^ior  Demonio  #  figuratovi  in  qualicjk  d' un'  orrilnlilSmo.  mo- 
qro»  coi  capo  di  dragone^  dalla  cui  bocca,  qnafici^  yomiiMi  (mhOf  (ttdo 
no  w  gcan  numero  altri  rptriti  ribelli .  In  ultimo  mefle  mano  al  \»l  ìu 
brecto  del  Teftamenfo  Nuovo,  in  di^i  oicoole  ^torusiciei  ma  4a  mòrte  i» 
vidiolà  non  volle,  che  egli  pot^fTe  daini  il  d^fidera^to  compimento:  e  Afc! 


perla 


'  n8    DecettftJL delia PdrfJ, delSec.V, dal i6to,ali 6io» 

• 

iper  la  Europa  tutta,  eHa  lo  coffe  a  queftalucc:  così  recarono  le  belle  tirti 
prive  del  primo  inventore  »  ed  infieme  unico  maeftro  della  bella  facoltà 
di  dìfegnare,  e  comporre  fioriécté d'infinite  piccolìflime  figure  con  tutta 
leggiadrìa ,  (ingoiare  invenzione  »  e  con  irpirito  maravigliofo ,  che  è  la  prò» 
pria  lode,  che  (idebbe  dare  al  Callòc;  jperchè  quantunque  avanti  a  lui  « 
altri  aveflèro  operato ,  non  fu  mai  però  chi  in  fimili  perfezioni  o  poco 
o  molto  a  lui  fi  accoftafle .  Puote  aflblutamente  affermare  la  noftra  città 
di  Firenze  d'aver  ricevuto  dj^l  Callqt  a  cran  mifura  hi  ncompenla  e  '1  pa* 
ganiento  dell'  eflèrgli  data  màeftfà,  mediante  ia  t>errona  del  Parigi;  per- 
chè non  pure  fu  ella  la  prima,  ^he  incominciaffe  a  gótfere  le  belliffime 
opere  Tue;  ma  perchè  poi,  a  cagione  del  beli' efemplodr  lui, fede  guada* 
enod'un  altro  fingolanflima  artefice,  pure  fuo  cittadino ,'  che  fu  il  ce^ 
lebi/e  Stefano  della  Bella,  delquale  pure  al  luogo  fuo  ci  con  verrà  parlare; 
Tu  altresì  il  Callot  pratìchiflimo  neli'  intagliare  a  bulino,  ed  ebbe  una  beU 
la  taglia,  alla  quale  poi  fempre  agaiunfe  perfezione;  e  veggonfi  di  fuo  in« 
taglio,  oltre  all'Ecce  Homo,  dì  cui  fopra  parlammo,  più  ttorie  d^*  fatti  di 
Ferdinando  I.  Granduca  di  Tofcana,  cavate  per  lo  più  dall'  opere ,  che 
dipinfe  nel  Cafino  di  San  Marco ,  per  lo  Cardinale  Carlo  de'  Medicii 
Matteo  Roflèlli»  e  daaltte  nel  Salone  terreno.  Sono  le  figure  tntagirata 
di  mezzo  palnio  poco  più;  e  fé  ne  confèrvano  i  rami  fra  gli  altri  in  Guat'» 
daroba.  Venghiamo  ancora  avvifatidi  Francia,  che  intagHaflTe  egli  pure 
a  bulino  tavole  di  S.  Pietro  di  Roma,  un  S.  Paolo,  una  parabola  Evangeli* 
ca ,  alcune  Vergini ,  ed  altre  cofe  ancora ,  che  non  fon  mai  venute  ^otta 
r  occhio  noftro*  (^efto  sì  pofla  dire  per  notizia  aiutarle  in  miz  faii^ 
ciuUezza  dal  Dottore  Jacinto  Andrea  Cicognini ,  che  fu  ftio  amrciilimo; 
•he  egli  s'era  fatto  s)  pratico,  nel  maneggiare  il  bulino,  e  nblP inventare i 
che  talvolta  dopo  aver  tirato  a  fuo  fine  tin  rame  al? acqua  forte,  rifletè 
tendo  fdpra  di  éflb,  e  trovando,  cb^  ivrebbeVi  fatto  bene  qualche  bel 
gruppetto  di  figurine  per  riempiere  qualdie  fpazio,  fubito  metteva  mano 
a  quello  ftrumento,  e  così  alla  prima  Ve  Io  intagliava:  cofa,  che  lofteflb 
Potcore  diceami  aver  veduta  cogli  òcchj  propr;,  una  volta  fìrall' altre  » 
fopra  il  belliffimo  rame  della  Fiera  dell'  Impruneta.  Segui  la  morte  di  que- 
fio  artefice  nella  fua  patria  di  Nansìalli  24.  di  Marzo  Panno  1635.  e  fu 
al  fuo  corpo  data  fepoltura  nella  Chiefa  de'  Padri  Oflervanti,  con  appo* 
fiaione  del  feg«iente  Pitafiioi  benché  in  parte  erroneo  molto,  come  più 
lòtto  fi" dirà.  • 

D.  0.  M. 
&hgist  babes  quodmirerh%  &  imhari  coHeris .  Jacobus  CaUot  NobUis  Nan^^ 
c^énsiSt  Calcograpbid  periti  a  ^  proprio  mane  ,  nuUocfue  docente  vtagifiro  fie- 
elaruiti  ut  dum  ejus  gloria  Phrer$ti£f  ea  in  arte  Princeps  fui  tempori s  nemi^ 
ne  reclamante  babitus  f  éc  a  Summo  Ponti/Ice ,  Imperatore  f  nec  non  Regibtts- 
advocattis  ftterit,.  J^ibus  Sereniffimos  Principe s  fuos  anteponens  patriam  repe^^ 
ttit  f  uti  Henrico  Tertio ,  Francifcù  Secando ,  Carolo  Quarto  Ducibus  Calcogra^ 
pbus  Jtne  pari  maxime  cordi  »  putride  ornamento ,  urbi  decori ,  parentibus  fola^ 
ito  tConcivibtis  deliciis ,  uxori fuavitati  fuit;  donec  anno  jetatis  fuét  ^uadragefimo 
nt^tiaunittum  Cwlo  maturam  $  mors  immutura  dimiftens  vtgeftmo  quarto  Mar^ 

^.  -  tti 


^CXXJtt^.  Corpus  iérìfim4i  mxori  Csièmmé  RittSngetfr^^ 

^m  fi^ÌQ  JfàsH  p.  faifiam  mpm  miuAilk^  whtm  ^*«r  optima  t  pànmM 
éSìo  QiedUniif  Mtc^tem  .mmt$  fumiffifm^%  ftmtnm  jroin  kiltUo^  privoph', 
^tMtmni ^Vìis /p/fiuùrt mnjHP^  ^  ^ 

Ssaiiì  in  Mernum  nvment  ^  wtìs  opus . 


•  ■  •  »  •  •  -     ^.-w 


-j 


En  véin  SM  ferois  des  vohimes  9 

Suf  tes  /èivémgé  de  Càlhti 
Four  moy,  je  nen  diray  fii  un  mot  ». 
Sm  iuritt  vauì  mieux  que  nos  plumes . 
Che  val«  in  noftra  lingua  : 

luvuno  su  farai  doni  volumi 

Sulle  lodi  dovuse  al  gran  Callotti .  v 
^er  me  non  ne  dirò  che  auefiojoto  ; 
Suo  Mino  vai  più  eoe  nofire  penne . 
Da  Guanto  noi  dicemmo  al  pìrincipio  di  queftà  narrazione»  ipparìrà  a& 
fai  cniaro  T  equivoco  ftato  pr€^  da'  parenti  del  Callot  »  laddove  fecem 


fcrivete  nel  Pitaffio  le  parole  nùUoque  docente  magijlro  i  ed  jù  non  dubito, 
punto» che  fufle  di  ciò  la  cagione»  i'eflereftato  quefto  loro  con|tunto  fiiv 
dalla  pueri^Kia  quaG  iempre  fuori  di  patria»  dove,  appena  fi  riconduflb  ni^ 
ultimi  anni»  tetto  già  nel  fuo  meffiere  il  pritno  uomo  del  mondo;  E  & 
vogliamo  riflettere  alla  difficoltà,  che  ha  per  ordinario  ogni  perfona»  cfan. 
eccellente  fia ,  a  parlar  de'proprj  principi ,  e  di  quegli  anni  che  furono  a 
ft  mengloriofi;  non  avremo  alouna  repugnanza  iti  crederei  che  egli  ìioa- 
avefle  C06Ì  per  appunto  renduti  informati  i  fuoi  diquaiito  gltocoorteneU 
ìgi  fcuola  del  Tommaiini  »  in  Roma  »  teftimonio  tt  Cav*  Bi^lioni.  nella  Vita, 
di  efib  Tommaiini  fcritt^  poco  dopo  la  morcedel  Callotti:  adi  quanco 
noi  dicemmo  di  fòpra  aver  fentito  da  perfeue  che  potettero  ben  Caperlo  : 
e  di  quanto  eziandio  fu  noto  per  ognuno  nella  città  noftra»  intorno  aK 
r  aver  egli  avuto  per  maeftro  Giulio  Parigli;  con  invenzione  del  quale  eg^) 
ìniagliò  ie  primie  niccole  fue  figurine»,  prima  affai  trivialmente»  poi  me«* 
glio»  e  poi  u  formo  la  tanto  ammirabile  maniera  die  a. tutti  à  nota»,  fi»» / 
perando  di  gran  lunga  il  maeftro  (ledo.  Sicché  preftifi  intiera  fede  al  Pi«- 
taffio  in  ogni  altro  racconjto»  che  pqr  enti?o:ìl  medefimb  £  vedefatto»-  txSc^ 
cante  gli  ultimi  tempi»  e  quanto  gli  ocoorfe  oltre  t  monti;  ecox^rvifi 
la  credenza  intiera»  a  ciò»  che  dicemmo  noi  dei  feguito  nelle  parti  noftte 
in  fu  gli  occhi  d'ognuno  nella  noftra  patria:  e  tuttociò  fia  detto  folamen« 
te»  per  non  defraudare  la medefimad'ùna  glòria»  della (yaate  ella  vivfedL 
iempre  ambiziofa  i  cioè  d*  aver  j^norito  al  mondo»  mediante  la  .virtù  deP 
proprj  cittadini  un  tant*uomo»  E  per  dare  alla  verità  della  fiória  il  luogai 
ilio»  dirò  per  ultimo»  come  vedefiil  ritratto  .del  Callotti»  mtaglìato  À^UaJ. 
di  lui  età  di  36^  anni  da  Mpncori^e^.cQn.parole.  attorno  eh?  dicono;    ;  ^ 
Jacobus  Callottus  NoBiLia  LoTHARiHGua  Chaucoì&ìiaAiìuSì 

Anno  &r.  sua  36. 

I  ■  I  IN     ■  I  ,  ,       M  II 

[  a  ].  DaHa  vote  greca  X^x/i9i6yfu(fQt$  tbo  wol  dire  difcgnatore  in  rame  « 


\ 


fZù    DecmM:4Mf4lf$, !i^SlilKlùii6io.ali6io. 


%    i  i  •  ..»v  ••».^  \»' 


S  finto  è^.  in  «ift  aitall».  it^uò  r- 

ptnii  véri  f  Mdt  mertn  swàmr  ovAsiWuw»  tdemwmutiifttf  J0»r«#.     - 
B  v'à  un  »raì«  di  cin^ae  (Ielle  fituat»  $  modo,  dw  foraun»  iiflM  CfooOb 


ÌtalRii««lpaii^-f«iiBn#«Mp^«pp^ 


DIVERSI 


CHE  FIORIRONO  IN  QUESTI  TEMPI 

NE'  PAESI    BASSI. 

FRANCESCO  SNYOÉRS  fu  Piicore  afilli  rinomato  in  AniFtrfiit  ASM 
del  1579.  Imparò  Tatti)  ésUa  Pittòra  4a  Arrigo  VinlM^n .  Fu  in  Ità^ 
IniV  ^vc  fliolto  tempo^fi  crittenne,f«c(^m)o'(}iiadri  di  baite  invanzlofii  di 
oadce,»  paefi  0  frwSci;  e  moifififm  akri  n^  conduce  Mf  la  fatria  fiM,  oea 
kl  Re  di  Spagna ,  per  T  Arciduca  Lcopoklo  GugHtImo  t  •  per  pwi  altri 
Eriòcipi  e  Sagnori,  Fece  un  belliffiiao  rhiateo  di  fua  perfòna  Aiutrea  Vali 

GUG£«IELMO  DB  NICULANT  d!  Anverfi,  Mtd  nel  1584.  imparè 
V  Mce  da  Jacopo  Safari  in  Àoifterdam  :  flefce  in  Roma  appreflR»  Faolo 
BrilU  ;  fa  cftevuco  per  vino  degli  A^adeeatcif  del  Difegno  in  faa  pacrki 
Hsnno  i(^»  Furono  lue  ordiwrìe  appticaiiMnI  H  dioìgnere  amicag^ie  • 
x&fim  delta  città  di  Rofiiar  aecomc^nete  da  bellimnae  Veduae  di  paefi» 
e Mcooke' figure,  Actefe  ad  operare  di  minii*.  Intagliò  in  aequa  fene,  ed 
eobe  graiHk  taiento  in  poeto  «  Porratoft  tnalmenre  in  Amfteidaqi  fin)  il 
ccafo  ^iiua^  vite  iranno  idfs.  Vedeft  per  te  (ktatpe  i(dt  lui  dciaffo^  finti» 
ed  intagliato  per  mano  di  GitfMAm  MeyfTens . 


ADAMO  tVlLLAERTS,  AafoiA  Aftvtf4ii^de4t577  feftn^fiia  iamsakii 
Uiwcàc,  e  diede  gran  ncmé  di  fé  ib'di|^igttfre  marine,  porsi  ed  ^ni 
fortìa  di  navi  con  piccole  figure  é^ 

OA9PARO  CLBAVBR  d*Anvwft>iMMlfMll585.  ivencl«^iniptf«t*rar* 
tfrds  Rsffiftl  Ceki  dinaonAfe  %BttìSìt\Ust,  e  fàtcofi  iiKche  tmì  migltor 
meftro  di  fvtr  condvflb  in^uetti^oitlà  opafe  malte i  e  per  tltre  ancor*. 
Bu  pictofe  (toir  Alceant  àoì  Principe  CètéitksAé  Faéìnanèa  é*'  Mediei: 
e  perchè  vsilfe  uncbtf  noka  iM'  fiiMKM  dil^tt  él  mtttrsle  tfflb^  Frìixnpe 
coaakct.aolKÈ.  -  .  ;  - 


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'"*     •     *     /«  •   .  ^^  .    .    '^-        w\ 


ROLAK- 


j  ROLANDO   S^yRML  t»t 

AOLàKDO  BAVERI,  meo  iilVitiicl»^  fa  piiiani  4i  Ri4^fo  a  Ut» 
e  ,»•  v«llc  itt«teo  ia'  dif^nare  ogni  fiartad*  animtii .  Ve<jkfi  AAnpA* 
catfioidi  <)aefto  «ctcfioo,  difogM»  d«  Aduso  Wtllaerca  «.  ftMPfit 

to  dm  Giovuiai  MayOca». 

BNRICO  VANDBR  BQRCHT  di  Broflelkst  iuta  158}.  fa  Vétmot  1  fWi 
•  Mgiosit  ddle  folkfisioiUf  ccMidotto  in  Atoaiagna^  e  perreniito  in.  tià 
oompMMice»  fa  poflo  ad  imptrac  V  am  delia  pitturi  appreio  Giits  di 
Valckenboc^.  V^nne  in  lcai«»  onde  pacritofi»  dimorò  in  Frandceniisicl 
fino  airaono  Uiij.  cl^  egU  andò  a  (lare  a  Ffwacotott  nel  Pabidnato  «  F< 
snaravigUofo  amatore  d*  ogni  iòrta  di  tavità  e  anticaglia. »  calcile  il  ConV 
d' Arondel  molto  fecelo  operare»  e  tenne  di  lui  gran  conto.  Fu  il  di  lui 
nuraHodìpmao  dafimie»  Vandet  Bofobc  ilgtovane,  eftampaco^da  Gio- 
vanni Meyflens  • 


JACOPO  ERNESTO    THÓMAN 

DB     HAGBLSTEIN 

Npbife  di  Linda  PITTORE ,  »  cai  il  Sandvart  dà  il  nome 

di  Giovanni  Ernesto, 

t      . 

fiato  158S.  ^  i6$j. 

OSTUI  ebbe  i  radiiaentì  dell* arte  delia  pittora aprimi  mi 
Goflanaap  e  poi  in  Campoéuno  •  L*  «uno  ido$^  poriacufi 
in  Italia,  e  termatofi  per  ^uakhe  tempo  in  Milano,  vbig^ 
gì^  a  Roma,  ove  fece  quei  progceffi  uèW  acie,  che  pro^ 
flOMtoen  ad  ogni  ftudiofo  ingegno  le  maraTiglie^  che  fi 
veggono  in  quella  citti  •  ed  effii  arte  appartenenti .  Quivi 
pure  ftrinfe  amieisia  con  Adamo  Elaheimev  pitton  valQ# 
sofOf  e  cogli  altri  fooi  compagni  fietro  Lacflnanno  e  Gioranni  Pinnafi* 
d' Amfterdam,  co'  quali  aveva  aocomiinaci  gli  ftudj  in  far  paefi  terreflrii 
e  particolermence  rapprefeniati  in  tempo  &IV  aurora,  e  dell'  imbrunire 
della  A9t9  e  col  puncoi  faaflb.  Coftui  adum^ue  dopo  avere,  operata  pet 
Quindici  amii  oontioovi  in  afldi  citcidi  Roma,  in  Napoli»  e  in  Genova  # 
fegoita  già  la  morte  dell*  ElaheMoer,  fece  Atorna  alla  patria»  ove  nort 
pure  In  città^  ma  ^Kiendìo  fv  :  li  eontorot  fecefi  rkxmofcere  per  buon 
pfacico.  anche  neUe  maggiori  figuro»  e  iteliaeompofixione  delle  grandi 
iftòrie»  ma  perticolarmente  in  quelle»  ove  alcwia  bella  veduta  di  paefii 
fi  nccbittdette;  cencioffiaoofachè  in  ciòi  ohe  apparteneva  a  qàefle  »  jerai 

eoiii  mata  bua  foodecof  cbei  fiioi  pacfc  bene;fpcfla  camfaiiivanfi  con  quelli 

dcU* 


v^  t.^ 


»2  Decmt,B, MaPai^t. lMSes:V, Mx6io, àh6io. 

dell'  Elzheitner  ■■  ciocché  chiùaménte  fi  dice  apparire  in  molti  de'.fobiVdlt 
In  raccolta  d'altri  di  eflb  Elzheimer  reftarpno  appreflb  David  Thbana 
fuo  figliuolci  Contulente  d' Aiigufla:  il  quale  oltre  ad  altre  tiiolce  pittare 
di  maeftri  di  chiaro  nome,  ha  anche  fatto  nctbile  acquiflò  di. gran  copi* 
d*  eccellenti  dìfe^ni .  adunati  in  var)  libri ,  di  quantità  d'antiche  llacue.  e 
d*  ottime  medaglie  .  Ma  tornando  a  Jacopo,  egli  nell'  univerfale  inondt* 
zione  delle  guerre  della  Germania,  ritiratoli  a'  fervig)  della  MaeAà  del-r 
rimperadwe,  refle  per  molti  anni  la  Prefettura  dell'Annona;  onde  prò. 
babii  còla  è,  che  da  quel  tempo  in  poi,  poco  o  nulla  potelTe  operare  neU 
l'irti  noflre.  Finché  venuta  perlui  l'ora  fiatale,  ^  nella  cittì  di  Lin- 
da a' dì  a.  d'Ottobre  1653.  diede  fine a'.giorni Tuoi . 


GIOVANNI  STEFANO  MARUCELLI, 

PITTORE    FIORENTINO 

'Difcepolo  d*  %Andrea  'Bofeolt^  nato  1586  -$■  \6^6, 

I  BBE  Giovanni  Stefano  Marucelli  ifuoi  natali  nella  città  di 
■    Firenze  l'anno  \$Z6,  Quivi  dal  butm  pittore  Andrea  Bo- 
V  fcoU  tra0e  ì  fondamenti  dell'  arte  delia  pittura  e  dell'  ar- 
|L  chiiettura.    Quindi,  non  fo  per  qual  cagione,  lafcìata  Ift 
J  patria,  iì  portò  a  Fifa*  dove  non  andò  molto,  che  iiscefi  co- 
*  nofcere  per  buon  pittore  :  ed  avanzatoG  ogni  d)  più  neUa 
ftimae  buon  concetto  di  quei  nobili,  mediante  una  certa  vaghezza  di  co- 
lorito'(in  quefto  alcjuanco  Superiore  al  maefiro  fuo)  e  nella  felicità  del- 
l'inventare,  incominciò  ad  eiTervi  impiegato  in  opere  ragguardevoli» 
eolle  quali  grande  ornamento  aggiunfe  a  quella  nobiliflìma  città  e  luoghi 
«  quella  vicini .  Colorì  dunque  U  tavola  del  Patriarca  Abramo  a  roenfa 
colli  tre  Angioli»  alla  quale  fu  dato  luoso  nel  Coro  del  Duomo,  fralle 
altre  molte  de'  più  celebri  maeftri  di  quel  tempo.  Per  la  Chiela  di  San- 
ta Caterina  Vergine  e  Marcire  de*  Padri  Predicatori  dipinfe  ì  mifteri 
del  SantilTimo  Rofario  :  ed  in  San  Torpè  de'  Padri  Minimi  fece  due 
tavole  ,   in  una  delle  quali  è  la  Beatifiìma  Vergine  con  due  Angioli  • 
ed  i  Santi  Apoftoli  Filippo  e  Jacopo;  e  nell'  altra  i  filtri  dì  San  Cario 
fio  rvomeo.  Nella  Badia  di  San  Bartolommeo  Apofìolo  nel  Caftetlo  dì  Ca- 

Snnoll  colorì  la  tavola  del  martirio  del  Santo:  e  per  la  Pieve  dell'  altro- 
Hello  quivi  vicino»  detto  Santo  Pietro,  dipinfe  due  altre  tavole,  nella 
prima  Iddìo  Padre  colla  BeatiOìma  Vergine,  e  i  Santi  Pietro  Ap<^olo  e 
Giorgio  martiri,  e  nella  feconda  l'ultima  Cena  del  Signore  colli  Apofto- 
li .  Soa  di  fua  mano  dipinte  a  frefco  le  due  facciate  dei  Palazzotto  de'Ca- 
ralieri  di  Santo  Stefano,  luogo  detto  per  altro  nome  *  La  Torre  de' Gtm- 
laodi  e  delle  Sette  Vie»  p^cEètaiue  iliade  tevan  capo  inguai  luo^o^ 
'  quindi 


GIOVAmt  ^ÈMm  MAÈUCELLI.      lij 


Qaifìàidetca  la  Tolte  della  Ftmet  dal  fempreinemorabilecafbfegDitoran^ 
no  T 189.  f>er  entro  là  medefima  »  dellai  morte  del  Conte  Ugolino  della  noÙ^ 
fiffima  &mìglifa  de' Conti  della  Gherardeica ,  infieme  con  due  figliolini  e  duo 
nipotini.  In  eflo  rapprefentò  quefto artefice  più  figure  di  Virtù  e  d'Arti 
liberali  e  meccaniche,  con  diverti  paefie  profpettife.  Il  Decano  Fran-*^ 
Cefco  e  Claudio  Berzigheili,  nobili  di  quella  cittì»  de' quali  altrove  e* è 
Convenuto  parlare/  coiifervano  di  Tuo  pennello  due  belle  tette  con  butta 
di  vaga  e  graziofa  invenzione,  una  di  mafchio  e  T  altra  di:  femmina;  q 
ben  potea  fperarfi,p  eh*  egli  ful&  per  dare  ogni  dì  maggior  (àggio  di  fua 
abilià»  fé  un'altra  »  che  forfè  in  lui  fu  maggiore,  dico  quella  dell' archi^ 
lettura  e  ingegneria,  a  comune  benefizio  di  quella  città  medefima  e  luo 
Stato,  non  1*  aveflé  ritolto  alla  prima  ;  conciottiacofiichè  ben  conofciuta 
dalla  glonofa  memoria  del  Granduca  Ferdinando  IL  fece  sì,  che  egli  fuffb 
dalla  medefima  Altezza  impiegato  nella  grande  e  faticofa  carica  d'  inge- 
gnere de*  Fofii  »  nella  quale  mottrò  quanto  ei  valefle  nelle  meccaniche» 
ed  in  ogni  altra  facultà»  utile  e  neceOaria  a  tale  impiego .  E  così  polla  dà 
parte  la  pittura,  ed  applicatofi  di  tutto  propofito.  alle  ingiunte  e  nuove 
occupazioni,  fece  ogni  ufizio,  ed  ogni  mduttria  adoperò  ne' tempi  che 
dalle  medefime  gli  venivano  conceduti,  d' inftruire  quella  nobiltà;  e  fra 
gli  altri, che  molto  s'approfittarono  non  pure  nella  pittura,  ma  nell'ar^ 
chitettura  e  nelle  meccaniche,  uno  fu  il  Cav.  Giovanni  Navarrette^ 
che  per  fuo  folo  diporto  molto  vi  attefi: .  Or  mentre  il  noftro  artefice, 
andavafi  godendo  in  Pila  gli  àpplaufi  dovuti  al  fuo  merito,  e  l'amore  de«!^ 
gli  amici,  fopraggiunto  da  grave  infermità  «  pagò  il  comune  debito  di 
morte  «  e  ctòieguì  Tanno  1646. 


■ta 


GIOVANNI  COCCAPANI 

ARCHITETTO    CIVILE    E    MILITARE, 
MATTEMATICO   E  LEGISTA  FIORENTINO, 

ftato  1582.  •$•  1649. 

Ella  famiglia  de'Cocca{Mini>  che  nelle  parti  della  Lombardia» 
e  fpecialmente  nella citcà  di  Mantova,  Ferrara,  Modana» 
e  Carpi ,  per  avere ,  per  un  corfo  di  più  fecoli ,  parcorici  al 
mondo  uomini  grandi  nelP  arti,  nelle  fcienze,  ed  in  ciò  che 
a*  militar)  etercizj  appartiene,  vien  fralle  più  chiare  riputata  ; 
vifle  fino  ne' tempi  della  guerra  di  Siena,  fatrafi  da  Cofimo  I. 
Granduca  di  Tofcana  contra  le  armi  Franzefi»  un  tal  Niccolò ,  che  iti, 
qualità  di  Cipitano  di  cavalleria  bravamente  fi  adoperò  fratte  Tofcane 
milizie;  talmentechè  non  fu  gran  fatto^  che  Regolo  Francefco  Coccapani 

fuo 


f  24  D^imJtU4^fUrpJ:  ìMSttVi  MtUr^  0(1610. 

btrdia^  fé  ne  ilen«e«4  «hiE*w  h  «iflà  cU  ?w«MeiQjipSi#«ii».f|i  ii  p^« 
di  quel doveonit  di «oni  om  (ÌMM pftr  ^are».  ijtjiyfcl i»cti»  jrwf r«f»(i 
Ud^ralo»  pec  modadief«mp9ii4*^(rwgk^tffipiS9^^  «PPn^^HO? 

t0  Je  pcoprk  ìvAmjoo»  1a  cip  f  i^pM»iafiiia«  ri<ÌMff$  «d  «iSw  «i«4iQ«r«  «n 
fifn  41  propri»  «ircM  t,  M«Acr«  Vi  ^%  MWmw»  9crHq«Hico  {#  )  j  <il  «lù  fi 
MooAgiie  ateM  egli  iibertaif aw  -d»nat»  nf\  QvfNgp^DO  hm  4]|wli6aiM 
woflhBomr»;  dettti.lt  Vati*  ili  fitbìKeM  >  Vtf k  cpTie  io  f f«pa6t»  tfÀ^Qll 
Utemlioà  di  mY^mmo  peKitttjibf i»  «oponf^i  0111»  pftc  opn  i^e  «k  «jp  «f^ 
diana»  nofira  aflunco.»  ci  4)eilef à  ìJ  dii»  qmnfp  g)ia¥y«9ii^.iif«  'tnoloR  con 
na  ccm  viandaeis^  e  (ècvìrA^  per  xeodisf  più  «hwr.o  U  timivk  éiiw\m$ 
dftl  qiufe  0»  inioo  oer  ifcaif^fej  e  per .^oi^la  ìi  cà«  »d  jauttzjaae, di  Jw 
nM  ha  ritefxio  udiaare  >  qaanda  )iie«ffi(À  U  ricfciksgia  •  N^r  AmKi^aHt^» 
adunque  del  liSoou*  nagg^aadk>  di  fJtofa»  da  R^saa  atta  fn^a  patria  ii«  P^lfi 
kcrìuo,  da  Maùofie  fMMpiogQ»  ftcnieM  tocfi» ja^i^» Con«4'efl«Q0  pfc 
aAcadtt  -fraitgiatQ  fdngtì  iffiblbii;  e  giiiM9  a  ¥ii!en;B^  icafko  di.  Aafu;l»ezu 
0  iHoefficà»  quanto  .i6>m«co  d*  tifai  «oià»  <m4«  potaffir  foAenef«  fiM  vjiaj 
fMc  sIttMi  MvveoimiHiwdì  fiaa.tn«(eria  W(}ajra  foc^wi^  pr» tea  di  v0iMe«-r 
K.  in  pÉQodkii  4pMcr  Drr^^miafeada  pAPbU&w^  i^^ 
pieooia.pittruaui«  Ma  «Ifeifttofi  «bbatsuca  a  tf(aiMr  gmi  per^bpa»  cw  pi^ 
aMnvnca  il  i:uaae  il  d«fideriii  del  pocài(Hn0  gMMAf m>*  cba  «g)l  /peoair» 
narve  da  quelita  «oaqiraf  (cbe  ita.oo«ifii(i#a^  «VMfoiiaail  mfktp^  fiP9ii  fiuA 
•fintai  criftft»  càesi  iiMtf£taiiD #  racii('ai:4a »  Aiyapll^^NRoftUWMCflèft 
cafii  &eMlo  Entnoefeo);^  fc^rgeadi»  :Ì9  4U«I  pio)««r#  rii^pcrf  HA»  fyrjoat 
Bobiltàd' animo  e  di  tratcbf  benché  il  ved^  0<^si  mU^  in  arii^«  ^gÙ  addfo 
mandò  perchè  cercafle  di  vendere  quella  cola,  che  pure  potea  riferbare 
a  pwyria  dayoaìooa  ;-e  feud»  ^che  non  peraitrot  che  per  neceffirà ,  ^  -pcjc^ 
poterfi  condurre  alla  città  di  Bologna ,  ov'  egli  era  ben  conolciuto»  con. 
quel  jiiù  t  e!he  ia  quel  punto  gli  ibggiunie  il  f  elle^in^  iutomo  file  prò» 
prie  Jciagiire^  Alloca  ii  Cocoapanii  pofta  «lano  alla  cafca  >  tie  cr^p  rapji 
Hn  gran  pugno  di  grofle  monete  d'argentot  ed  alla  Tua  mano  le  conlegnò. 
Gl'adi  il  pòvero  9  grand'  «tto»  e  poi  gli  ditTe  »  Signore ,  vvi  iìi'aTecaTa>» 

ÌHto  il  cuore:  eie  giju^uerò  Calvo  a  cala  mìa»  mi  vi  darò  a  conofcerev  ma 
iraccanto  vogKo  hfciarvi  w\  aeibro  conerà  la  febbre,  die  è  que(U  pietra 
del  Santo  Sepolcro  del  Signore»  dalla  quale  vedrete  maravigliofi  effetti  i  ma 
fatemi  noto  il  voftro  nome»  affinchè  io  iappia^dii  mie  ftato  sì  cortefe  be- 
nefattore: e  ìntefoloifeguitòil  fuo  viaggio.  In  capo  d' un  anno  compar^^ 
ve  a  Regolo  una  koen  dei  nuabilè  aioaao^t  acdooipagoaCa  con  jregab,  Ih 
l«M  d' ogni  fpe&«  di  quattro  graB  peni  di  pceiopfe  capefEzerle»  due  bai? 
le  di  divcrfe  felli #  ad  unaoadàdti  bcUi0ìfa^  fiampe  in  Rame;  taoto  vai» 
appreOb  «1%  auina  nobile  «  gentile  un  ibrviatQ  hv:»  #  4:«mpo  ;  o  £e  vo-> 
giiamo  ridurla  al  più  vero»  tanfo  fi  ftioia^  ArieompenQi  ajcreal  dalFabo 
Iddio  wà  2tao  ialine  di  difinteneflato  &VMBiwaaeiK9«  £icto  da  chicchefia 
a  chi  il  vedcà  in  g«d»  di  vana  neociiBfià  •  In  foflaoaa  fu  ^ofta  antenate^ 

di  Gicu 

t'   '       1  ■      »  «.■■■■lif  iX  'I-I  J   \iì    ..       !■  ^11  III  J|i 

[a)]  ^ogò  Ser  Andrts  Andreini  a*  14.  Agofio  1614. 


/.  GlOVAffNi  COCCAPAtfL         its 

vmn  11  foa  fÈCtWÈéfài^  t  Mk  ili  It.ftitfMi»  cbe  Bà  ftctt  nftiftw  Mffona  friT 
p!iniflù»«li^  &i  mok*  «QUI  4a{M  <:be<tgti  fu  ohuimio  ì  qoeAi  luce  »  ne.  cftr 
IMiwim  lBr0vivo4lidoJoce.4eU»j)erdk^  e'I^efidetìp;  oMiure  ÌQXxmtOé. 
che  il  Marob^re  Ptoie  Cooctfitfu  •  VidCcow  d«  Seggio»  MiogmcttlaiKWft ^al 
D0firo  GtOMOAi»  oh*€fli  aveffè  tvìtto  un  figliuu»»  kil:i{tt«lc  aveffb  ^lato 
il  notte  4elk>  Aeflb  K^polo»  coi  fiilo  mocif  o  di  vtdet*  us  qiiakbt  «od* 
riftca  vita  kioemom  dì  lui»  psrticolanMiue  eoo  eflb.fe  ne  rtll«^> 
^  QimAo  Regate  adunque  fu  Padre  di  Gto vanni  Coc^apant  t  il  qtiek.  «OBè 
Jie^a  quèfta  iupc  il  dì  io.  di  Maggio  dell'anno  dinoflMlaiuce  isSa^  il^t^Ci^ 
OkO  di  qoaccro  fratelli  «  Nel  crefcer  che  àceri  in  ecà  •  diede  Aggio,  di 
fi»  gniHde  ingegno  negli  fiod}  delle  prigae  leaerev  «taefc  ette  Ltggl.Ca». 
eoniche  o  Civ^ili,  nelle  quali  infieme  con  Giulio  inghtrami  nobile  VbK. 
serrano  #  cotifegu)  la  laui'aa  del  Dottorato;  ma  perchè  egli  era  ftato  de 
Ipacura  provvido  d^alco  e  chiaro  iaccUeuo»  non  volendo  termocfi  nemicali 
ìludj  delle  l^ggi.»  applicò  dì  gran  propofico  a  quelli  delte  Matetsaticiie  di«; 
f0pl«iie»  faic4€oepmpuicei)d«j^  di  quelle  veriuoi»  di  cui  è  proprio  il eOAv 
tencàre  a  gran  legao  a  defidar  ),  che  km  folici  accoaipignaoe4'uinaiia.ffecil^ 
Jaziiiiiei  e  fecevi  cancoproAcao^che  ne  nufcìoelebire  piar  turca  Italia  e  £uo» 
fiì  tantoché  dopo  aver  moJu  anni  impiegaci  in  al  fatti  ftudf,  ed  in  quo» 
gli  a J crea) dell'Architettura  (come  poco  appreffo ditemo  )  {pregato  da  d» 
ver£  amici  »  fi  ^ifolvè  di  ptibUicamence  iafegnargli  ad  altri .  Diede  egli 
principio  ai  nobile  adunco  il  di  3.  d*  Octobre  itfia.  e  crovaE  ne*  Ricoma 
di*  foa  preiprìt  mano»  efibre  (kaci  i  fuoi  primi  difcepuli,  ti  Principe  di  Sfor 
ita  con  più  nobili  Cavalieri  Olcramoncani  «  cioè«  un  cai  Coofe  Giorgiia 
Tbdefco»  Jaoopo  Scozaefea  Abramo  Van  Thye  Fiammingo  •  che  i'  mù» 
no*  1614  in  Fiandra  fu  facto  Quartier*maftro  Generale  t  Capitano  «  lu^ 
cegnere  in  Olanda  f  il  Conce  Vitate  del  Bò*»  ed  altri  ancora  Itabatii#  cioè! 
il  Cavaliere  Bartolommeo  Canlacchit  e  Lodovico  Incontri  Volterraho# 
poi  Marchefe  ;  il  Capitano  da  Verraaszano»  il  Cav  Francelco  Saracmeili» 
Andrea  Stufa  Cav.  di  Sane*  Jago  di  Spagna»  il  March.  Barcolomiueo  Cor» 
ikif  f  il  March  Lorenso  Maleipina,  Luigi  e  Tommafo  Capponit  il  Conce 
Andrea  della  Stufa  il  Cav.  Vinoensio  Borgherini  •  il  Cav«  Ridolfo  V^cn^ 
CYiri.  e  Carlo  C;)nfacchi.  Fu  anche  fuo  dilcepolo  nella  fortifìcazioiìe.» 
Giorgio  Ugh^lli  Fiorentino»  che  dicefi  fratello  dell'  Abate  Ciftercienfe^ 
Aurore  deli*  Italia  Sacra:  e  Jacojpo  Biliverti  p  P uno  e  P  altro  de'  quali  nel 
%6té  partirono  per  Germania  a  quelle  guerre.  A  quefti li  aggiunfero  poi 
il  Birone  Guglielmo  Viiliery,  Adamo  SchlibitzXavaliere  di  Slefia,  che  mo« 
r)  m  Firenze  •  non  avendo  aùcora  il  ventelimoquarto  anno  di  ùia  età  tefw 
terminato  «  il  d)  9.  di  Luglio  163%  e  il  Cavaliere  Giovanni  Schweinichen  fi 
vaire  del  Cnccapaiii  per  fargli  fabbricare  la  meinoria  lèpolcrale  nella  Chiefii 
di  San  Michele  Vifdominié  e  poi  fi  parti  di  Fireose  aOa  volta  di  Germa» 
»ta  infieme  con  Paulo  Canlaccni .  Furono  anche  fuoi  difcepoli  Tomma* 
io  Wefton ,  figliuolo  del  gran  Tieforìere  della  BrettJgia,  ti  Viccconte  di 
A  mde ver  Arrigo  lerficf  Giuliano  Sceword»  Giovanni  di  .>tgbie«  Filippo 
Mantuurig  Inglefi  :  M  Conte  Francefico  Fanct  e  Guglielmo  Peuiec>  00'  quaUi 

cucci 


I %6  DecemiJlMafarHMSécV.4at\6ió,ati6io. 

tutti  (l  trova  av«r  egli  poi  Cdoipre- tenuta  letteraria  corrifpondenza.  Vi  fil 
Edovardo  SommerietoBaronelaglefe»!!  quale  nel  partir  chefecedi  Firen« 
fise  con  un  fuo  fratello  e  con  Antonio  fuo  filofofo»  dopo  fooi  ftudj»  di  Set^ 
«embre  1625.  donò  a  Giovanni  un  par  di  guanti  d'arowa»  pieni  didobioni 
d' oro»  e  lèco  condufle  ancora  un  noftro  eccellente  cavalleriaszo  :  Edovar^ 
^o  Paùlet  Barone  Inglefe»  Giovanni  e  Guglielmo  VanderChys  Fiam^ 
sninghi  »  Filipi^  jSIontefort  di^  Brofelles ,  Guglielmo  Villiers  Vifcónte  Inr 
l^fer  Paolo  Viviani  Fiammingo,  e  Monsù  Luigi  Gfelin  Baron  Franoefe» 
&gliiK)Io  ^1  Regio  Tesoriere  «  Nello  ileflb  tempo  attendeva  anche  Gio^ 
vanni  air  architettura  »  e  neir  anno  itf^o.  fece  un  non  fo  qual  nobile  ox^ 
nato  nella.Compagnia'della Scala»  del  quale  Monfignor  Ciampolif  fuo  in* 
crijnJeco  amico  i  flato  :anche  fuo  còndifcepolo ,  in  una  fua  lettera  in  data 
é^i^.  Aprile  x6%i.  parlando  di  Giovambatifta  Strozzi»  letterato  anche 
«nò  fuo  amiciffimo »  dice:  Abbismo  lungamenic7r$fciiirjQ  deìl^  ingegnafa  Ar- 
thUeituta  »  cht  ìm$o  è  Smìù  ammirata  nella  Compagnia  deUa  Scala .  Amenm 
ghignerà  mai  nuova  ladeatcmnat  che  fi  dia  aW  invenzioni  di  VS.  in  queSe  moh 
tene  »  ^  alle  quali  la  natura  f  ha  sì  feHcimente  inclinata .  Fin  quì  il  Ctampoli>« 
£  giacichè  ci ocoorfe  far  menzione  dell'  amicizia»  che  mfsò  &a  Giovanni 
e  quel  Prelato  e  xoUo  Strozzi ,  non  tralafceremo  ancne  di  dire  come  la 
fpedefima  amicizia  fu  ancora  fra  quefii  tre» e  '1  Dottore  Giovanni Pierbni^ 
celebre  profelToredeirarti  medefime.  Q|uefti  fu  lo  fteflb  anno  1 6ii«  chia^ 
anato  a  Vienna  dall?  Imperatore:  e  quivi  per  lo  fpazio  di  molt'  anni  por« 
co  sì  l;>ene  le  fue  parti  in  quelle  guerre»  che  ne  fu  da  quella  Maefià  arric* 
chito»  e  col  dono  di  più  a  un  Feudo  onorato .  Di  quefta  chiamata  av^iu 
4o  il  Coccapani  data  parte  al  Ciampoli»  ne  riportò  rifpofta  di  grande 
congratulazione»  con  ciliari  attesati  del  concetto  che  teneva  di  lui?  che 
chiamava  comune  amicp.  E  chi  quefte  cofe  feri  ve»  con  particolare  {odx^ 
fazione  s*  è  inconaato  a  parlar  del  Pieroni»  per  la  dolce  memoria»  che 
egli  conferva  dell*  eflere  quefto  virtuofo  flato  più  volte  ricévuto  in  prò.» 

Sria  cafa  dai  padre  di  eflb  fcriveme  »  con  cui  egli  ebbe  gran  corrifpon». 
enza:  e  ciò  fu  nelle  varie  occafioni  ijchefe  gli  porferoiftando  al  fer vizio 
dell- Imperatore»  di  portarli  a  Firenze»  di  che  molto  bene  fi  rammenta^ 
quantunque  egli  fufle  allora  in  puerile  età»  per  aver  molte  volte  ammiri^ 
co  ne'  ditoorfi  e  nel  tratto  la  dignità  d*  un  tale  uomo:  Tornando  ora  alle 
opere  del  Coccapani»  diremo»  come  trattandoli  dà' Sereniflimi  Prìncipi  di 
Toicana  nello  fteflbanno  \6iz.  d' aggrandire  il  Palazzo» già  de'Baroncelli» 
fuori  delia  Porta  a  San  Pier  Gattolini»  che  in  oggi  è  la  Regia  Villa  del- 
r  Imperiale»  a  lui  fo  data  incumbenza  di  farne  undifegno,  il  quale 
•felicemente  condufle»  a  concorrenza  di  Gabbriello  Ughi  »  di  Francefco 
Guadagni,  di  Gherardo  Silvani»  di  Matteo  Nigetti;  di  Cofima  Lotti  e  di 
Giulio  Parigi:  ed  il  di  30.  d' Agoflo  dello  fteflb  anno  alla  Sereniffima  Ar*- 
ciduchefla  Maria  Maddalena»  per  cui  ièrvizio  dovea  fabbricare»  lo  pre- 
Tentò  con  fua  pianta  »  prefeh ti  il  Cardinale  Carlo  de'  Medici  ,*  D.  Lorenzo  de* 
Medici  ed  il  Principe  d'Urbino.  £  perchè  il  difegno  in  pianu  alquanto  ii 
^Qn&ceva  con  quello  del  Silvani»  fi  unirono.tutti  e  due  a  farne  un  modello 
infieme^  «he  mofiravanQ.poter£jefequire  con  i(pe(a  di  ventiduemila  fcudtt 
.   •  ma 


\ 


GIOVANNI. COCCAP  ANI.       117 

»  *  ^ 

flit  quantunque  là  fpefii  di  quel  del  Parigi  fi^  accennati  in  fòmma  d| 
erencQUomila  fcudb  fii  pesò  eletto  quefio,  e  tutti  gli  altri  efclufi^  edallo 
fielTo  Parigi  fu  appoggiata queir>opera.  &ra  ranno  ttfi^  quando fparfaft 
la  faoia  delia  Tìrtu  di  Giovanni  per  :  tutta  1'' Italia  »  egli  dàiberò  di  fare 
un  viaggio:  e  priou  volle  fcorrer  U  Lonibii^a*  antica  patria  deTuoi  an^ 
tenati»  ove  nella  città  di  Modana  dal  Duca  Alfonfo  d'  Ette,  in  Bolosnar 
dal  Gardinale  Legato  Ubaldini ,  ed  ia  Eerrara  da]  Cardinale  Ceanini.»  LeW 
gato  altresì  f  fu  molto  onorato.»  regalato»  e  fatto  fplendidamente  fervici^ 
nel.  reftantedi  fuo  viaggio  «  Nel  i6zj.  pafsò  a  Roma  i A  tempo  4*  Urba^ 
no  VIIL  e  da  tutti  i  virtuoG  di  quella  Cjrte  »  particolarmente  dal  fopfan^ 
nominato  Monfignor  Ctampoli»  allora  Segretario  de' Brevi»  fu  ricevuto^ 
e  trattato  alla  grande:  al  che  ben  corrifpoiè  iL Cocca jmni;  perchè  torna-:^ 
to  a  Firenze»  mandò  al,  medefimo  in  dono  un  ritratto  di  Giulio  II.  Somni9 


Pontefice,  armato  con  fopravvefte.di  felpa  bianca»  opera  del  gran  Tizia*- 
no  da  Cador^  regalo  che  dal  Ciampoli  ru  avuto  in  tal  pregio,  che  fubi« 
to  fecene  un.prefente  al  Papa,  che  gli  £ede  luogo  itejla  propria  Galle- 
ria ,  Preflb  la  cictà  di  Volterra  circa  d' un  miglio  »  era  fituata  in  luogo  dee*: 
to  il  Botro»  vicina  ad  una  tmmenfurabil  voragine»  una  ancichiffimaChiefa» 
tjutta  tncroOata.di  marmi»  con  fue  fcalere»  dedicata  a  S. Giudo,  uno  de^' 
Protettori  della  città  medefima.  Occorlè,  che  fino  air  anno  i5po  ficcOir 
me  io  trovo  ne'  MSS.  di  quei  tempi  »  cominciò  la  voragine  a  farli  tanto 
maggioredelfoÌito,che  a  pocoavvicinoffi  alla  Chiefà  »  tantoché  non  pafsò' 
Vanno  i6oz.  che  già  era  incominciata  a  cadere  per  entro  la medefinia»  parte 
delie,  fipiilp».  Qaindi  accr^fcendofi  :  tutta  via  lo  fcolcefp  d  irupo ,  un  giorno  •  - 
che  fu  il  d)  4.  oT Settembre»  non  fo  quanto  avanti  al  i6ij.  in  mi  tratto»  ' 
con  terrore  univerfale  di  quei  pòpoli ,  e  lo  rimanente  delle  fcalere  e  la  he^ 
data  tutta,  e  parte  della  Chieu»  in  un  momento  precipitareop »  trovan* 
dovifi  prefenie  fra  gli  altri  Baldaflarre  Francefchini  detto  il  Volterrano» 
fiato  poi  eccellente  pittore»  allora  giovanetto  di  tenera  età»  che  a  mèi*  ha 
raccontato.  Puote  ognuno f^icilmente  immaginarli  il  dolore  de' cittadini 
di  quella,  patria,  e  per  la  perdita  di  quel  nobile  ed  antichiflimo  edifU 
2JÌo  »  e  per  venir  tolto  loro  il  predare  il  follto  culto  al  Santo.  In  queflb  ' 
ciio  fu  li  lor  primo  penfiero  il  falvare  le  inligni  Reliquie  de' Santi»  che  ia 
effa  Chiefa  (i  confervavano  ;  parte  delle  quali  trafportarono  nella  Chiefs 
dello  Monache  Benedettine  di  San  Marco  Evangelifla  .    Poi  peiiftronot 
g;iu(la  lor  pofla ,.  a  &r  la  Chiefa  in  altro  luogo:  ed  io  trovo ,  che  il  mo«  < 
dello  della  nuova  febbrica  fufle  fatto  per  mano  del  noftro  Coccapani  t . 
non  è  già  finora  venuto  a  mia  notizia  chi  ne  fufle  il  facitore;  non  pòten^ 
do  però  elTer  altri  che  Lodovico  incontri,  nobile  di  quella  patria,  il  qua* 
le»  come  fopra  abbiamo  accennato «appreflb  al  Coccapani  aveva  ^cquutaCii 

f;ran  pratica  in  architettura»  cheal  contribuir  eh*  e*  fece  con  gli  altri  jenti» 
uomi  J»  e  coliaperfona  e  coli' avere  aggiugnefTe  ancora  la  fua  aflì(tenzat 
acciò  fuflè  il  muilellodel  maeftro  fuo  bene  efeguito.  Incominciofli  adun^  ; 
que  la.  nuova  C^hieià  con  una  Compagnia  ad  eUa  contigua»  in  luogo  emi*  : 
nenie»  detto  il  Poggio»  quali  in  egual  diftanza  fra  U  vecchia  già  rovinata 

Chiefa  e. la  città:  e  ne  fu  poAa  h  prima  pietra  per  inaoo  dì  Moufignor 

Bernardo 


ii8  DecàmJLAÌkTéi^LlMSe$.KMiSto.aii62o. 

• 

Betnudo  Ir^hinuù  ti  tlk  ycC  dk  9»tténAie  1^*7:  E  farà  Toa^  gtorb  per 
«Itici  ci(tidu4  ìi  fi^ctfi*  ok»  cale  fi»  lai  deTosione  verib  i^  ^wk»»  che 
ciafcheduno o  po^rcra  o  tìopà  »  »  nobih^  o'  ptcbao  ch'elfi  fuflb >  non  f<rf»> 
■tente  col  pcoprto  tvece,  ma  doU»  propria  p«:foQft»or  ponancb  ii  niaaerìa* 
leu  ova  altre  coià  faoeiMlo  >  àptf^  pei  ao4a»  ^ofinaioMnce  oon  ifpefe  in- 
«fÌRKbHe,kCind&feftàinl(4oceÀdò(taiticrmine,  nelqoalooggtfivede. 
Veintto  reiBK»  itfaSL  Voieiiéo  la  niuèil  doone  Franoefca  Guardi  ne- 
fH  tboHnè»  dare  efeeiteione  ad  u>  faq  nobilo  o  iioto  ooncetto  »  di  fonde* 
ye mTis^a^fe  un  Monaftéro  di  Vurgml  nòbili,  clw  doveflcro  vivere  col* 
F  ItioatOi  delle  Seata.  Madre!  Tereia  di  G99Ù  »  diede  al  Coceapeni  U  caci. 
codi  fire  dieffo  Mdnafteto •  d^Qa  nvoea  Chiiefii  en  modello;  e  feconda 
dot  ^fo  ^n  ipoi  dato  principio  il  é^^J^.  d'Ottobre  dell*^  i|te|S>  ewiaool 
gMCo  dcllii  prime  ]neire»  oomenefite  una  Me^^lie  d^  ej^emo  doceto» 
colf  effi|;ie della  3enm,  f  colle  lègaewti  parole: 

■ 

S.  Mate»  Tbh>ia  Sxc*M9AriJu  FvMiMntjr. 
Bad'ovefcio; 

•  ... 

"BtimcacK  d^Guard»  Viooamobj  Rcobh.  ham  Eocu*.  a  FtMDìMK  manr 

A.  D.  MDCXXVIII. 

r 

End  measki  dello  fteflb  rov^cia  fo  poOa  l*Arme  de*  Gnaidi  «eoii  tti  «Min- 
ti, «on  una  abarra  attrtverfo,  e  lo  feudo  dentato.  Fa.  qoefta  Medejlis 
oopeita  di  piombo»  nel  quale  furono  fcolpico  le  perolo  appreflb  nocete} 

D.    O.    M- 

GT  II»  II011PRIM  SaMCTìB  TIHKM9  VlRCtMIS  nO«1^\ 

B  dall' alcn  parte  t 

JoÉMtesCoocAMNns  t.  C.  Vum.  SAtter-  Tbpma  Aucait.  A.  S.  O.  nacxxfiit. 
pia  xMiv.  ÙtcBuma  S.  Potrr.  Ukbano  Vili,  st  Ser.  Fer.  II.  Maqko^  Ertnmiff 

DVGB  RCGMAMn, 

I 

E^  h  ftbbrica  di  qudAa  Chiefa  formata  di  fifnn  efiigone  eon  (ba  Copela, 
bene  incela  nelle  proporsiotù  e  ne'Iamij  con  cbe  non  lafde  d^appoRtfe 
comodo  e  vaghezza . 

lo  trovo  ancm:*»  che  d$l  i((ji  3 ,  lo  fte0<>  Cbceaftni  kot£St  «n  dil^ 
gno  di  una  fiiccieta ,  che  dif«rgnava  dt  fare  ad  effe  caHi  dagli  iSaii  in  vie 
Ghibelline/  Andavafi  coal  trattenendo  otieQo  virt«ofo>  ore  alcone  co- 
lar operando  in  architettura  per  fervizio  di  nuove  fabbriche  »  or  qaalche 
befto  inftrnmento  inventando,  per  utilf^  e  comodo  delle  Meecaniche . 


tellecco  nelle  Maceomciche»  ora  f  acqiH0aee  virradi  te  le  fcoperte  vericadt 
adalcii  eomunScando;  quandoavendoii  Grandoca  deliberato  Iranno  16^8. 
d'eggiugnete  all'  ekre  aobblicJie  Cattedte  deffe  eiccè  di  Firenae,  quelle 

delle 


GIOVANNI   €QC€APJtNL       laj 

ìMIellateattiàhe»  Ile  telefle  por  iiHmaLétCDitt  ibfoft(opCooQIOff>lf  il  q|i%f 
le  neir  Àccademit  dei  Difi^no  comparve  per  U  priine  volta  a)li  i  %,  à\0^ 
£obre  aprirne  Domenìct  di  ellb  mefe»  e  facevi  un  Or«uiine  i(i  lode^  deVQir 
legno  e  delle.  MoceoMcichet  la  quale  poifu  dau^tlkiftaiape,  OopqoQar 
tinoò  fna  lettura  '^  e  fralle  molte  matene  che  egli  ia&gnòj  furono  gli.  Ètor- 
menti  d' Euclide  ;  la  pratica  del  Compaflp  ;  Geometria ,  e  funi  Teorici  e?r^ 
tìc%'t  il  iqodo  di  mifurare  difianze»  profooditadi  e  altezze*  alle  qu^lì  BOti 
fi  pofla  gtugnere  in  perfona:  Proipettiva:  voltamento  d«f  corpie.loi» 
Piegature:  livellare  la  più  modi  «per  condurre  acque  al  comodo  didivetr 
(e  operazioni:  Architettura  civile t  co*  fuoi  ordini  diftinti»  Ppfti  «'  coovj9r 
nienti  luoghi:  mifurare  colia  vifta dentro  e  fuori  del  propo(to  luogo  s  For- 
tificazione,  fue  difefe»  offefé  e  ripari»  colPùfo  della  calibra  [a];  levar 
piante  da  prefib  e  da  lontano  »  dentro  e  fuori  del  primo  ficb;  1'  ufo  dfif- 
gl'  iSrumenci  matematici»  geometrici»  aritmetici  e  sferici  :  sfera  e  geo- 
grafia :  meccaniche  e  loro  forza  :  operazione  praticabile  della  '  buuola  $ 
carta  da  navisare»  aftrolabio.  e  baJefingUa.:  il  modo  di  ridurre  diverfe  ttdr 
tute  in  una  loia  nota  mifura  :  la  regola  per  crafponare  con  siufte  fimebrit 
ogni  figura  di  piccola  in  grande»  e  di  grande  in. piccola;  nicilità e.fictt* 
rezza  di  ritrarre  perappunto  oualiiiia  cofa  in  cii^heduna  diftanci»  poflft 
in  qualfifia  luogo  m  comoda  vifta  del  riguardante  »  con  un  tale  inftrumM^ 
co:  invenzione  trovata  altresì  dal  celebre  pittore  Lodovico  Cigoli»  fo 
non  volei&mo  dire»  che  non  il  Coccapani  ne  £oSc  ftato  inventore»  majl 
Cigpli»  e  che  egli  folamente  ne  infegna&  la  pratica.  E  di  tutte  quefie 
beUe  difcipline  ne  fon  rimafi  fuoi  molti  eruditi  Trattati  appreUd  al  Padro 
Sigifmondo  di  SanSilverio»  al  fecolo  Regolo  Silverio  Sigiimondo  Coecar 
pani  fuo  figliuolo»  c^i  Affiliente  Generale  de*Cherici  Regolar)  delle  Seuil? 
ìt  Pie  »  religiofo  chiaro  per  pietà  e  dottrina»  e  per  li  molti  coinponimeil* 
ti»  che  per  mezzo  dell'orbano  fuo»  e  per  le  pubbliche  (lampe»  e  per  mes* 
zo  altresì  della  fua  penna  hanno  (ottico  di  godere  e  godonfi  tuttavia  gl'io* 
gegnt  eruditi  del  noftro  tempo.  Bflendo  poi  V  anno  i64h  fegiiito  ia 
Roma  il  cafo  della  morte  del  Padre  Don  Benedetto  Callelli  BreCciano 
deir  Ordine  di  San  Benedetto»  Mateoiatico  celebre»  particolarmente  pec 
li  dottilibri  delia  mifura  dell'acque  correnti,  il  quale  era  pubblico  Letto* 
re  in  quello  Studio  ;  il  Cardinale  Francefco  Barberini,  per  mezzo  del  Mar« 
chefe  Luigi  Strozzi»  cofi  lettere  molto  preflanti,  fece  ogni  opera  per  ave** 
re  il  Coccapani  in  luogo  del  defunto  Caftelli  ;  ma ,  o  foflfe  per  cagione 
d'amore  alia  patria»  o  perchè  fi  trovaflTe  bene  accarezmco  e  (limato  qua» 
o  forfè  ancora»  perchè  dura  cofa  gli  pare(re  il  mutar  cielo  in  età  molto  avan-» 
zata»  egli  non  confenà  all'  inftanza  del  Cardinale,  contento  folamente # 
cred'  io  »  dell'  eflerfi  colla  propria  virtù  fatto  degno  d' una  fimile  chiamata  « 
Ma  quantunque  egli  ricufaflTe  di  lafciar  Firenze  per  portarfi  a  Roma»  non 
è  però  eh' et  non  avefle  fempre  oonfisrvató  un  grandHmore  alla  Lombar*^ 
dia»  onde  a^va  origlile  fua  famiglia;  e  quefto  anche  particolarmente  pe( 

I  le  re^ 


[a]  Cslìhrs  »  firum$t^^  cm  n^  fapfmfqn»  i  P^zzi  delP  ArtiglUrU  9lflefi$9^§  f%i^ 
fa  »  4^^  ^^'  iibrarf  »  colia  frepofizìwe  kxtx  abbreviatura . 


l^ó   DeeM.  IL  detìdfarf.l.  dèi  Sic.  V.daJiSlo.al  1 61  o; 

le  iteplic&te  iftànzb  ,  dhe  i  di  JCdlà  condurfi  »  e  qiiivt  ftttiilìr  Alt  afi»  gli 
ay^a  fatte  don  lettere  prèmurcfe  Monfignoré  Gocóapani  foprannomi* 
xiàto  Vefcovo  di  Reggio/  che  però  fino  a  due  volte  in  duelli  medefiini 
ttfirfpi  gli  èra  convenuto  aiidano' a  trovare  in  quella  citta.  E  vaglia  il 
"V^ros  che  fé  tenia  di  troppo  tediare  il  mio  Lettore  non  ne  riteneflei 
tacerebbe  molto  a  pròpofito  il  portare  in  quello  luogo  le  lettere  fteflè 
di  <|uel  Prelato  »  dalle  quali  fi  conofcerebbe  non  pure  quanto  egli  Tamò» 
«Bà  eziandio  la  ftima»  eh'  ci  fece  di  fua  virtù.  Così  dunque  efercitan- 
doft  tuttavia  il  nóftro  Giovanni  in  opere  molto  lodevoli,  portò  gli  an* 
xii'fikvi  fino  al  1^49.  nel  qual  tempo  correndo  per  la  Tofcana  una  granar 
ide  influenza  di  mali  acuti,  che.  grandi/Timo  numero  di  perfone  in  città  ed 
lli'eontadò  privarono  di  vita:  ancor  egli  diede  fine  aggiorni  fuoi  ;  e  fu 
il  4uo  4còrpo>  con  pompa  conveniente  a' fuoi  natali  ed  al  fuo  merito^  ti^ 
p€^o  nella  Chiefa  di  Santa  Maria  Maggiore,  nella  fepoltura  fatta  dal  Padre 
per  quéi  di  fua  famiglia;  Fu  il  Dottor  Giovanni  Coccapani  uomo  aliai 
retigtoibi  e^miciffimo  de^^gcan  letterati  del  fuo  tempo  •  fra' quali  non 
«bnnfó  ìt  altimo  luogo  Giovambatìfla  Strozzi ,  Maffeo  Cardinale  Barberino  » 
poi 'UYbàtìoVIIL  Sommo  Pontefice,  oltre  a  quanti  ne  abbiamo  nominati 
difopra^.  Si  dilettò  di  pittura:  e  nel. conofcere  le  maniere  de* buoni  raaé^ 
IM  fu  àfidi  ^(limato  e  Ebbe  anche  vaghezza  di  far  raccolta  delle  medefime^ 
~  j  che  fi Trconofce  àncora  da  più  lettere,  ftategli  fcritte  dal  Conte  Alfon- 
^ Coccapani I  fratello  di  Paolo  il  Vefcovoi  e  dal  medefimo  Vefcovo»  in 
tah  materie  anch' efib  inteiligentifiimo  «  Ebbe  in  grande  ftima  le  opere 
d^e'l  Cifoli:  efuqtiegli ,  che  Pannoi644.  operò,. che  il  detto  Vèfcovodt 
R^gio /nella città  di  Ronda,  per  majio  del Curti%  ne  factflTe  intagliare  il 
ritiratrct-in  rame.  In  quella  poi,  che  fa  fua  particolare  profteiTtone ,  nluno 
pfùr^di'  lui  fu  il udiolb  e  applicato;  onde  fecefi  caro  oltrèmòdo  alla  glorio* 
fi  merifTOria  del  Granduca  Cofimo  li.  il  qiiale,  oltre  al  capitale  che  fece 
feoipre  di  lui  in  cofe  ragguardevoli  »  godeva  fovente  di  vederti  intorno 
aMa  tavola  fue  belle  invenzioni  di  fontane  portatili,  e  fimili  bizzarrie^ 
filFendo  poi  quel  degniamo  Principeranno  1620  venuto  a  morte ,  volle 
il  Coccapani  onorare  la  di  lui  memoria  coli'  efecuzione  d'un  bel  con* 
catto  di  Simone  Rondinellì  per  un  fontuofo  funerale  f  ricco  di  firtiue  e  di 
pitture,  nella  Compagnia  della  Scala,  della  quale  egli  era  molto  affezio* 
3KKo«  Fu  anche  molto  caro  a'  Sereniffimi  Principi  Don  Lorenzo,  Gio« 
Carlo  re  Leopoldo:  e  forfe^non  fu  gran  fatto,  che  il  trovarti  in  pofleflb 
della  grazia  loro  e  del  Granduca ,  fu(Ie  una  delle  cagioni  «  che  lo  rite^ 
neflero  dair  abbandonar  la  patria;  mentre  fajppiamoi  che  effendogli  una 
j^ta  detto,  che  Giovanni  Ciampoli  portatoti  a  Roma,  e  Giovanni  Pie- 
roni  in  Germania,  avevan  fatta  maggior  fortuna  di  lui,  rifpofe;  Non  di- 
co ^tà  io  cciSl;  perchè  qutfli  fuori  di  patria  fervono  Principi  firanieri; 
ed  10  in  patria  fervo  il  mio  Principe  naturale,  che  è  quella  co&  che  io 
ftimo  per  mia  gran  fortuna.  Reftarono  alla  fua  morte  più  difegni  di  fua 
mano:  e  fra  quefti  uu  difegno  della  Cupola  del  Duomo,  fatto  con  fue 
mifure:  ed  uno,  per  cui  intefe  moftrare  il  modo  d'  alzar  V  acqua  a  forza 

diiuoco^  e  per  via  di  tromba»  con  paflardi  gran  lunga  T  altezza  folita; 

e^ue- 


.   . r:  GIOVANNI  :COaCAmNI./\     tsi 

ìì  ^ueft0  per  mezzo  di  tidòcti  •  Puno  {qfptf  V  f^o;>  <K>n  un  fpk)  xìtsàft^ 
jB  viraìnente  ;*  in  ci6  cke  af>pametie  ài  joutfV^rà  é  conàvvofi  ìfdJb%vlk^ 
ìBgli  ebbe  un  genio  non  ordinario  ;  ed  è  fama  »  che  egli  ancora  avefle 
parte  helPop^àzione  del  Condotto  j^er  la  Fontana  >h$  (ì'féce  iif  teda  al 
cortile  del  Palazzo  de'  Pitti .  Rimafe  ancora  un  modello  in  grande  d' an 
di^ndiofo  ftrumento»  col  quale  con  trema  fia£chi  d' aèqiia  morta»  àcl^ 
mudata  in  un  certo  caflTone»  macinavafi  perfettamente  il  grano  «  imprime* 
vafi  in  carta  ogm  forta  d' iìitaglìo  in  rame»  ed  altre  più  operazioni  in  ìm 
tempo  fìéOh  facevaniìi  ma  petchè  eflendo  ximafo  di  fui ,  dopo  fùa  morte» 
£>lamenteun  piccolo  bambino  di  pochi  mefi>  che  è  quello  »  che  oggi]^ 
religioib,  e  lo  ftrumento  col  reftahte;  degli  effejctìndi  quel  patrioiGihio,.  al 
governo  di  femmine-,  di  cut  per  lo  «più*  non  è  proprio  tli  conofcere  1^ 
pregio  di  cofe  sV  fàtee  »  egli  fu  venduto  pet^pòco^e  non  .fu  anche  po^fli* 
bile  il  ritrarne  il  prezzo.  Onde  fattane; popDblica>caufl»  fufonxhiàimK| 
per  periti  a  datali  giufta  ftima»  Jacopo  Landi,  ftato  diibepolo  ui  Giqfvàn^ 
ili,  e  Giovanni  Balatri  :  i.  quali  referirono,  eflere  il  valore,  del  foJo  mat^^ 
rìale»  di^  che  lo  Orum^nto  era  com;p!olko,'  4a  ibmma.di  cian|octnqvàhQ| 
feudi,  con  dichiarazione^^fpreila  «di  non  e^fi  eglino  ingenti  nellaiUm^ 
dell'invenzione,  ia  quale  riconofcevano  maggiore  d'ogni  ftims.  Ma.<^'ii;^ 
tuttoché  Gipvanni  fufle  sì  copiofo  d^  invenzioni,  e  grande  invefligacbrv 
deUe  naturali  cofe  v  fu  però  feinpre  dichiarai»  nemico  dell'  Alchimia,  hk: 
quella  parte  che  eli'  è  fatta  fervire  all'  ingordigia  del  trovare  oro;  ed ieril 
fuo detto  ordinario,  parlando  di  ccdord,  chea  si  gran  cofioe  della  viof 


.1 


•il"  •     J      wf 

•    1  I  '      ' 


c^  dell'avere  a  tal'  uopo  Te  ne  vagliono  •  che 

'  Cbi^mantp^UiL  Sul f  Akr^uth,  e  Venere  ^  .  :    .  ^  :  ;  ^:     .  ìj  i'> 
Se  ne  va  in  fumo  f  e  fi  riduce^in^^cenere.     i  .--  . ':o 

si  dilettò  delle  Piante:  ed  avevane  frali'  altre  in.on  fuo  giardino  una  d| 
gdfo  a  di-  moto  «  come  più  ordinariamente  ioglifmo  diiamarlo ,'  la  quaki 
conduceva  ie  fue  more  d'una  fmifurara  gcai^dezza,.dtcp  non  miniore  di^ 
una  grofia  fufina.  Queft^ albero,  chiamava  egli  per  piacevolezza,  il  R« 
de' Mori  t  edelleiuefmtta  erafolitoregalare:0^ianiK>.iSereni(fimi.^^ 
cipif<  acdompagnando  il  regalo  Gon[qualcfae(iuof ameno  compomjomtajr 
Cóoi^iacqùefi  ancora  d«l  pigliar  <ì^ote  delk*«cofe  più}  fingòiarL>  .dke  cne) 
iatft  tèmpi  occorvevano  »  di  che^è'rimafo.tn  liio  molto  iaocuxaco.  ;MS:  h^ 
papticotarméme  intorùo  a  ciò,  che  avvenne  in  Ficeoae  per  kipéftìlfna^ 
del  i6}o.  ed  a  quanto .  per  fìtperàre  |ai&  concagiofa  indiitoza  ,.fd.operata;t 
Dico  per  ultimo  «  che  per  contribuì]»  all'  aKtttma;£ùiia  del  caro  padre  J[ 
H  foprannominatoKeligiofo  ùxo  figliuolo /fece  ài  medefimo.  un.elògio  »  dha 
fi  legge  nella  fua  opera^ i ntitolaca^  ^roinfiìmi  Poesiciei  ftampata  io  Ficenk 
zé  da  Vintesizio  Vangelifti  ì'ànnvì^^j^  cdiexioifipii^  vederfi  al  ^mUmvrTf» 

%-•  i.^^  la  SIGIS* 


•3»  Daam.tt.ìMtBtrfJ. detSa. V.Mi6i9.ali6io. 

SIGISMONDO  COCCAPANI 

PITTO  R   B    éRCHITETTO 

&ifHf^9i^ÌAié9m^Cm^Gg<tà,  imm  1583.  -^^  1^42. 

ifc)fiaiwdo.Cacca|Moi.natMl  fiiffigf»  di  Lomtardto*  «bbc  i 
I  fuDi  natati  dcUa atta  di  Fìsensfl'uin»  di  iMar«£iJiNa<^fl^. 
I.  e  fu  jfi^biòlo  di  .queUoftdTo  Regola  f  rsoerico  Cocaapwii .  ìk 

I:  «ut  «:-prinapiJ»  delle  nomìe  i&l  Doccor  GitCMVMnj  &•»&»- 
ittlln  a^anfi  poc*  vi  «i  &tta  awicioixo .  Oì^bmò  flì  «nni 
.  idi  .fìu.  £incittU«nu;,  «d  Imiuuoae  deUo  ftcffo  ficiieilo  fi»  • 
IximH  ftad)  dcUe  Iccccre;  na  poi  TenteDdOfi  tirare  dal  gonio  a  qttcgii  det 
I^lMao*  detta  {ioBura  s  delle  M««BUtciche*  a  quefti  ih  gran  propoito  f 
«fpiicè*  «leggendofie  per  snteftro  il  oetebre  pittore  Lodovico  Cardi  Ci* 
foli ,  oci^^MlB  fece  in  brere  ul  ixofitco .  cìm  per  ^mnto  abbiacvo  da 
«OD  sbòaao  diietàica.  da  t«i  Dentea  di  Rmat  «  Luigi  Arrigncc»  in  dast 
dB*9.jd'.Oiiisbiie  116M.  fi  trovò  collo  Asflb  Cigeli  nct.itfio,  a  dipigncis 
méà^  aiutò  netta  C^>pella  Paolina:  e  tcaneonefi  dipoi  «pplicaco  a  tal 
ÌMCCfinda*-ed  in  iervizio  del  audefimo  CkoJi  dtteakri  «ani  conànwtda- 
po  t  quali,  non  oftante  il  ricordo  d«agTi  dal  loaeftro  ,  cioè  Che  fier  b 
pari  era  m^io  ad  un  profefloK  di  di&gno  abitar  Rosuj  che  qualttfiflà 
alerà  cittì  del  mondo,  benché  contra  la  pmpria  in«Iin«i»iM,  jdelfberè 
di  ritnpacriare  .  TociuM  dtinqUe  a  Firen» ,  fu  chiaoMCoa  Lucca,  dove 
colori  una  tavola  perula Chieia di  S.  t^onziacw}.  che  fu  la  prima  opera  eh» 
é^liolpondSè  al  paabblico  :  e  della  ftclla  fua  ^\js»  manieta  fesa  ftg  Viii- 
eènsio  IBakfeorinecd  la  pcrara  d'  una  lUa  Cappella  oelia  Pieve  di  M«^ 
tu  jdcUa  qual  Cappella  egU  pure  aveva  dato  il  difegno.  E.bbc  Miche  in- 
•lunbeiua  dt&re  il  modello  d'atchicetuica,,  e  ja  piccura  altr^  d' alirt 
Caippelta  neUa  fteflaChietàr  per  quaiuo  li  ha  da  lettece  di  fua  manof  ma 
Qon«néiuttOiaiiotÌBÌa.nfiAra.fii  eglsl'efietcuaflc.  Si  cavj  pure  da  più  In- 
fere, fericnda  lui  a  Monfignor  PicefriofDini  >  edft  Fnticefco  Maria.  Mak- 
ffOiuielle>-che  fa&so  opera  iua  k:  pitture  e  cui;ca  1'  archicMtuni  di  itnc; 
lìtppelk-fKl'l>uaiaodiSieiu,.lej9iiaUoan4ii6è  l'asno  l6}8.  a  Coacor- 
senza  dt^lue  ArcMiettì  Rràaani .;  Sttiodipinte  a  fuelco  di  tua  raaw)  .ndW. 
Cfaie£i  (U&nMichctc  dagli  Antinoridc'  Padri  Teatini,  per  entro  la  Cap- 
wUa  edificata  dal  SenatorMarco  Martelli,  due  Iwiette.  Nel  primo  chà» 
m&.éi  San  Macco,  de*  {^adripEcdicttor^  dipioics  firefco  una  lunetta,  ov« 
SÉp{Hainti^  4i  ivMìb,  anmenda  e  gaftiga:  infie«ae  >  dato  da  S*nc'  Ati« 
tonino  Arcivelcovo  di  Firenze  ,  a' due  ciechi  accattoni,  mentitamente 
poveri  ,  ì  quali  col  preteso  dì  tal  finta  necelfità  avevano  fatto  gran 
peculio  .  Ve^onfi  in  quefta  le  perfone  de'  due  ciechi,  molto  bene  ac- 
comodate alla  ftoria  :  nelle  cede  ritrafie  al  vivo  due  ciechi  poveri  di 
quei  fuoi  tempi ,  e  quello  con  barba  rojTa  col  cane  apprefio ,  è  il  ri- 
tratto di  quel  Paolin  ciecot  «omo  piacevok,  fiusofo&aUa  luinita  gente 
-".i     .  per  lo 


•    / 


SIGISMONDO  COCCAPANl.       tjj 


S 


•r  Iq  fw)  &r  giocolare  i  casti»  •  per  gl'infiniti  ftftoibotci  da  lui  co^ipoh 
i  e  ointati.al  Tuono  di  fua chitarra. •  par  lo  corfo  dì  pr^flo  a  can^^^suiH 
che  egli  yi0e  in  quefta  nottra  cicti  di  Firenze  fua  patria  x  dal  che  pro(¥ 
occafiBne  »  per.  ifcherzo  >  BaldaflTar  Vqherrano  •  in  tempo  che  il  cieco  eragi4 
in  età  cadente  9  di  ritrarlo  per  Omero  colla  fua  lira  «  che  riufcì  wi  belliflita* 
quadro»  e*  oggi  fi  vede  xmìz  Galleria  del  Marchefe.Pieraotonio  Cerini  « 
Tornando  ora  al  Coccapani»  veggonfi  di  fua  mano  alcune  opere  per  le 
cafC'de'  noftpi  gentiluomini,  e  molti  ritratti i  conciofòfiecofichè  nel  ri* 
trarre  al  naturale  egli  molto  valefle:  e  dicefi»  che  GiuftoSubtermans»  in 
tal  facoltà  Angolare  »  doe  ne  confervafle  aj^efio  di  fe  con  dimo^raaioue 
di  grande  dima.  Vifle  quefio  Sigifmondo  fino  all'  anno  1641^  nel  quale 
allì  i.  di  MarsEo  ebber  fine  i  giorni  fuoi:  ed  al  fuo  corpa  fu  data  col  da*» 
bito  onore  la  fepoltura  nella  Chiefa  di  Santa  Maria  Ma^iore ,  preflb  a 
quello  del  p^re  e  poi  del  fratello  • 

Qgeilo  Artefice  »  che  nel  Dtfegno  e  lìella  Pittura  appreffo  il  Cigoli  ebbe 
alti  princii))»  non  diede  poi  in  pubblica  molte  opere  di  fua  mano;  con- 
ciofoflècoiachè  egli  affai  diverttflè  fue  appUcarioni  nello  fcrìTere  di  coft 
di  quell'arte»  e  d' archìtetcura  altrea);  e  fino  a  ben  ventidue  anni ,  cioè 
dal  i((i2r.  al  i<^34.  quafi  del  tutto  impiegafie  in  comporre  un  trattato  in* 
torno  al  modo  di  mettere  il  fiume  d' Arno  in  canale  %  nella  quale  opera  eoe 
belle  figure  geometriche  fece  apparire  fiicilicà  e  chiarezza»  tantoché  mti^ 
rito  di  eonleguirne  approvazione  e  lode  dal  celebre  Galileo  Galilei  apw 
preflb  al  Granduca  FerdijKuido  IL  che  perciò  di  conceife  il  bel  PrivUc!- 
giQ>  efiftente  nelle  Riformagioni ,  del  quale  parla  l'Abate  Gamurrini  nei 
Tomo  3.  della  fua  Iftorja  Geneolc^ica  nel  Trattato  della  Famiglia  da^ 
Coccapani .  Impiegò  anche  gran  parte  del  fuo  tempo  in  difi:gni  e  mot- 
delU  divedi  d' architettura  per  fuo  divertimento»  e  talora  con  ordine  é»* 
Sovrani  :  come  fu  quello  della  Facciata  del  Duomo  »  fattogli  fiire  dal  Gran^ 
duca  Cofimo  li.  a  concorrenza  degli  altri  architetci  ;  e  per  la  pefiilenzt 
del  1630.  fino  al  numero  di  otto  ne  conduflè,  tutti  fra  di  loro  diver&i 
tantoché  tK>i  nell'anno  1633*  eflendofi  da'  Deputati  dell'  Opera  fopni  tale 
aflbre»  rìiòluto  di  far  congrefli»  affine  di  eleggere  il  migliore  fra  tanti  mo- 
delli» &ì  il  Coccapani  chiamato  fra  gli  altri  a  dirne  anch' eflo  il  fuo  pa« 
rere»  che  iFu  fempre»  che  fi  dovefle  mantenere  la  facciata  di  tre  ordini» 
affine  di  difco(burfi  quanto  faceva  di  bifc^no»  e  non  più  »  dal  concetto  di 
Arnolfo»  che  in  Gotica  maniera  volle  feguitare  l'antica  direzione  del  pa* 
dre  fuo,  che  fu  di  comporre  tutto  Tetteriore  di  quel  Tempio  di  tre  or* 
dini .  Fu  anche  d'opinione»  che  neir  elesione  da  farfi »  fi  (lefle  nella ma« 
Olerà  Fiorentina  interamente»  ad  efclitfiooe  d' ogni  altra -'e  da  vane  per.  ra- 
gione» Taver  tutti  gli  ftranieri»  che  bene  hanno  operato  ^  preia  la  ot» 
tima  maniera  del  Buonarruoti  i  ondc^nel  tempo  che  u  praticavano  davanti 
al  Granduca  i  congreffir  sforzayafi  di  far  conofcere  tal  verità  cogli  efem- 

Jili  delie  facciate  delle  Romane  Chiefe»  cioè  a  dire  delGie^ù»  di  Santa  Su- 
anna»  di  San  Lu^ de' Franzefi»  e  d'altre  a  quefte  fomiglianti:  tutto cofia 
che  egli  poa  ne-  fuoi  eruditi  Trattati  lafciò  fcritte«   Impiega  ancora  parte 


qael  «IBM*  akti  4urò  il  contagio  •  nel  mroTameiico  4i  ?tf  ie  inven^io^U 

I  3  atee 


i34  DeciMl. della PartJ. del SèCéK      iettai  1610. 

afte  a  facilitare  il  buon  governo  in  tanto  bifògno:  in  cui  fu  molto  idòpes^ 
nto,  e  particolarmente  con  approvazione  pure  del  Galileo>  fece  il  nuovd 
Lazzeretto  :  e  trovò  il  modo  di  poterli  con  comodo  e  fìciire^s^  eràfporta'^ 
re  i  tocchi  da  quel  malore»  che  furono  alcune  bareltette lunghe»  coperti 
a  foggia  di  piccole  lettighe:  ed  inoltre  inventò  certi  treggipni,  atti  a  con^ 
tfiinere  e  trafportare»  colla  dovuta  cautela,  i  corpi  morti .  E  perchè  egli 
io  tali  xofe  aveva  fetta  grande  applicazione  e  refleflione,  volle  anche  feri- 
vterne  un  Trattato,  il  quale  con  fìgure  pure  di  fua  mano  conferva  oggi  il 
Padre  Sigifmondo  di  San  Silverio  tuo  nipote,  di  cui  parlammo poc' an:n 
nelle  notizie  def-Dottor  Giovanni  fuo  padre .  Diede  ancora  il  Coccapani 

San  parte  del  fuo  tempo,  togliendolo  alla  pittura,  all'  infegnare  Tarte 
J  Difegno  :  e  ciò  fu  particobrmente  nella  leguente  occafione  •  Era  Pan-» 
no  1 61 9.  quando  Monfig.  Piero  di  Vincenzio  d*  Agnolo  Strozzi ,  Cav.  lette* 
ratiniimo ,  quegli  che  fcrifle  De  Dogmstitus  Cbg^Aeermm ,  ftato  Segretario 
de'  Brevi  più  anni  avanti,  e  ne' tempi  di  Paolo  V.  contento d'efierfi  meri* 
Cita  in  faccia  di  tutto  il  mondo,  quella  grandezza  a  cui  (aggiunta  alla 
chiarezza  de'fuoi  nobiliffimt  letali  )  portato  lo  avevano  fue  fingulari  vir«* 
tmii,  ad  oggetto  d'accafarfi,  lafciata  la  città  di  Roma,  fé  ne  tornò  all*àma«^ 
ca  fua  patria  Firenze.  E  dentro  a  quello  fpazio  di  tempo,  che  dopo  Taiw 
rivo  precorfe  il  fuo  accafamento  colla  nobile  Signora  Caterina  di  Niccòlè 
Bafdovinetti  ,  avendo  fatta  raccolta  di  mòltt^  giovani  di  fua  famiglia  ,  é 
d^altri  a  quella  congiunti  in  parentela,  fi  applicò  per  proprio  diverti  men<^ 
to  ad  infégnar  lóro  V  arte  rettorica  e  le  fcienze  :  della  qua}  cofa  tantd 
e  con  tale  applaufo  in  Firenze  fi  parlò,  ed  a  cagion delk  quale  tanto^ap- 
parve  il  profitto  dr  quei  nobili,  che  ogni  altra  fcuok  anche  piìi  liitomata 
di  quel  tempo  ne  rimafe  ofeura:  e  quindi  avvenne,' che  il  bel  congréffoi 
ftguite  che  furono  le  nozze  di  Piero,  noti  fi  difi:iol(e  nói-  ma  da  uno  ad 
un  altro  hiogo  fi  trasferì:  e  quella,  che  prima  fu  icuola  in  cafa  lo  Strozzi^ 
fu  poi  una  norita  Accademia  nelle  calè,  che  a  principio  della  Via  delle 
Ruote,  non  molto  avanti  erano  fiate  fatte  edificare  da  Don  Antonio  de^ 
Medici  per  fua  entrata  #  Fu  primaria  intenzione  de'  nobitiflin^i  giovani  » 
de'  quali  immediatamente  fii  grande  il  concorfo,  e  ripiena!  i*AocàdemÌ8/ 
Paddbttrinamento  rn  tutte  le  buone  arti  e  fi:ienze,  ed  in  ogni  altra  bèlla 
fiicolti,  che  defiderar  fi  poteflè  in  un  gran  Cavaliere:  e  fra  qiiede  non 
diedero  l'ultimo  luogo  alla  beir  arte  del  Difegno.  E  comechè  per  T  infe-^ 


gnarne  ciafcheduna  altra  ^  foflè  flato  eletto  un  valente  maeftro;  per  quella 
del  Difegno  fu  fatto  capitale  del  noftro  Sigifmondo ,  che  accompagnan-' 
do  (uo  fapere  co*  tratti  gentili  della  fua  n<^ile  nafcita,  portò  egregiamente 
le  fue  parti:  e  da  tale  fua  ricevuta  incumbenza,  e  per  lo  durare  eh*  e'  fece 
in  tak  uficio  per  lungo  tempo,  egli  tfaflb  ilnome  del  Maeflro  del  Difegno, 
per  )o  quale  fu  poi  chiamato  e  ìntefo.  Anziché  eflendo  fiato  fatto  inta» 
gliare  fuo  ritratto  in  rame  per  mano  di  Bernardino  Curri,  fu  fcritto  a' pie 
del  medefimo:  Signor  Sioismondo  Cogcapani  celebrb  pittore  fk^ntino 
KcMiNATo  IL  MAESTRO  DEL  PiSEGKor  e  nella  parte  piii  alta  dell?  ornato  ftf 
fitta  vedere  una  mano  in  atto  di  difesnare»  col  motto  Nemini  secundvs. 
E  certo  che  egli  ebbe  neldifegnare  dal  naturale  con  matiu  xo0k  e  nera 

(coftu- 


/«.    ■* 


SIGISMONDO  COCCATANl.     m 


8 


(cofliiaie,  che  fii  affai  praticatola!  Cigoli  flato  foo  maettro)  una  maniàr 
ngtasiofiffimaj.  particolarmente. ne^  ntratti,  i  ^aali  egli  conduceva  cò- 
me fé  .fiati  iviSbto  dipinti  con  colori  :  ,e  noi  et  ricordiamo  aver  dato  lu» 
o ad  alcuni  di  quella  fiitta ,  disegnati  da iuif  fra  glialtri  dìfegni  deVgraiH' 
l'uomini  celebri  del  Sereniflimo Granduca:  e  due  ne  confèrva  lo  fcriven«> 
te  fra  -altri  molti  d'eccellenti  maeftrij  uno  de'  quali  è  il  ritratto  al  vlv4» 
del  Dottor  Giovanni  Pieroni  altre  volte  da  noi  nominato .  E  giacché  par« 
liamo  del  foo  difègnare,  è  da  laperfi»  come  egli  aveva  trovato  un  cer- 
to geffo  naturale  di  color  di  carne»  con  cui  fenza  1'  artifizio  de'  padelli, 
condufle  bei  ritratti  ;  e  praticò  anche  un  modo  »  e  forfè  ne  fu  il  primo 
inventore  »  cioè  di  far  ritratti  fopra  carta  colla  fola  polvere  di  colori»  eoa 
certi  sfumini  di  carta  »  co'  quali  faceva  vedere  effigie  molto  vaghe .  Sap- 
piamo incora  da  chi  il  vide ,  dico  da  Gio.  Maria  Morandi  Fiorentino» 
o|;gi  rinomatiffimo  pittore  in  Roma»  che  dal  Coccapahi  ebbe  da  fan- 
ciullo i  principi  dell'  arte»  come  egli  condufle  di  fua  mano  un  groflb  li«> 
bro»  nel  quale  ailègnò  ogni  forra  d' animali  »  che  rìufd  cofa  di  gran  pre- 
gio» e  fu  poi  mandato  oltre  i  monti.  Diletcofli  ancora  Sigifmondo  Coc- 
capani  d'antichità»  non  folamente  in  cofo  ftoriali »  ma  eziandio  di  ma- 
ture e  difegni»  de'  quali  fu  intelligentiffimo:  e  perciò  ailài  gradito  dalla 
gloriofa  memoria  del  Principe  Leopoldo  di  Tolcana»  poi  Cardinale  che 
noa  ifdegnava  chiamarlo  fuo  maeftro  ;  e  ncm  pure  adeuo»  in  tempo  di  età 
avanzata  molto»  ma  fin  dai  tempi  di  fua  gioventù.  Fu  caro  perciò  al  Car- 
dinale Maffeo  Barberini  »  poi  Urbano  Vili,  col  quale  tenne  corrifpon- 
denza  per  lettere;  anziché  quefti  ebbe  un  tal  concetto  di  fua  abilità. ia 
materie  d'architettura»  che  troviamo  avergli  ordinato  di  fare  tre  diveda^ 
piante. per  l' aggiunu  al  Palazzo  Barberino»  che  già  fu  del  Duca  forzar 
m  dichiarazione  delle  quali  fappiamo  ancora  avere  il  Coccapani  mandato^ 
a  Roma  un  fuo  ben  lungo  difcorfb.  Ed  in  confermazione  di  quanto  ab* 
biamo  detto  del  Cardinale  Barberino»  e  della  corrifpondenzache  esli  ebbe: 
col  nofiro  Sigifmondo»  regiflriamo  in  quefto  luogo  la  feguente  fua  lettera. 


Molfo  Mag,  NoSro .  T   A  perdita  del  CigoU  veramente  ì  Sa$a  ^ratkk  e  di 

■   ^  melio  dìfpiacere  »  a  cbi  conofceva  U  wrtuxbe  era  in 
ini  :  e  deve  parer  mokSa  a  lei  in  particolare  »  che  camminava  a  gran  pafi 
netr  imitarle;  onde  non  mi  maraviglio  che  fé  ne  rammarichi  meco  con  tanta* 
eletto .  Ben  la  ringrazio  deir  avvifo  che  mi  dà  »  che  fia  per  venire  in  eoteSa\ 
città  a  S.  A.S^  la  pittura  della  Madonna  Santiffima  che  va  in  Egitto  t  ancor cbè 
imperfetta  »  nondimeno  di  molta  filma»  per  ejffèr  di  mano  di  per/ina  tanto  ce^ 
kire:  e  prendo  in  grado  la  prontezza  cb*  ella  mofira»  aeompiaceiini  di  co" 
piarla  .  Nel  che  avendo  io  rimeffa  al  Sig.  Carlo  mio  fratello  la  deliberazione  9 
tni  giungerà  accetto»  cbe  eUa  ne  tratti  con  lai  »  e  cbe  gli  dia  notizia  detti  due 
rametti  »  dalli  quali  mi  ferivo  parimente  »  percbè  egli  me  ne  pafia  ragguagliare . 
Frattanto  non  po£o  dirle  altro»  fé  non  cbe  aggiunaendomi  aj/ai  aU^ opinione  cbe 
avevo  di  lei  la  teftimanianza  del  Sig.  Ciampoli^  farò  pronto  a  giovarle  fimpre  p^ 
come  me  le  afferà  »  conpregar  Dio  la  feliciti.         Di  Bologna  ^^i.  Lug.  1613. 
DiV.S.  t  Ajf>^  il  Cardinal  Barberina^     -  >     i 

1 4  Dirò 


ijtf  Detm.ll.MàVattA.MStc.V.iUliSii>.«li6io. 

DM  per  ultimo ,  come  rieodaevde  delh  TirtA  dal  cUo  1'» ,  tu  il  Fedra 
Sigifmondo  di  San  Sllrerio  compofta  tona  bella-  ia(crizìone  che  fi  legge  nel 
Volume  delle  Tue  Pr^mfimi  fttncbt ,  ftampeie  in  Fiienn  pei  ViaceÉxis 
Vangelifli  itft).  al  num,  7;. 


CHIARISSIMO   D'  ANTONIO 
FANCELLI 

SCULTORE   DA    SETTIGNANO 

Dtfiept/t  di  Gìevami  Catciiii ,  nati %r  idrjz. 


f 


Aperò  pò»  in  qiieftì  teiopt  nella  citti  di  FireMe»  con  i 
I  lode  nella  Sculiiiri,  Chiarifiìmo  Fancelli  da  Settignano. 
vill^gio  preflb  alla  tàxxà  di  Firenze  tre  atipia  (Ulla  parco  d» 
|i  Levante.  QueAi  feoedifuamanu  onPergam*  e  tre  StatOB 
I  di  tondo  rilievo  per  la  Chiefa  del  Duomo  di  Fifa .  Per  la 
*  giardino  di  Bobolì  incaglio  una  Statua  di  Vulcano  >  che 
fii  poflà  nel  viuc  grande  del  medeftmo.  £^  opera  del  fuo  fearpeDo  la  celU 
di  tnii'ino  con  bullo*  ritratto  del  Granduca  Colìma  li.  cfao  veggiaiMt 
Ibpra  la  porta  d'un  palazzecto  in  Borgo  Sant'Apo&olo  «  da  man  finittra  an- 
dràdo  ver fo  la  piazza  di  Santa  Tcìnita:  ed  unaalcreaì,  rierano  del  tnede^ 
£mOt  che  fopra  altra  porta  d*  un  palazzo  vedefi  nel  Borgo  degli  Ajbizzì 
prtlTo  alla  piazza  dì  San  Pier  maggiore;  e  quella  ancora ,  che  ac&mt  nells 
eflerior  pane  la  Loggia  della  Piazza  del  grano.  Ebbe  il  Fancelli  dall'  A>ace 
Fabbroni  incumbenza  di  fare  diciocco  Scacue  per  Ja  MaelU  della  Regina  di 
Francia  I  detta  la  Regina  Madre .  nelle  quali  dovevanfl  rapprefe^itarc  i  «Iodi* 
ci  Mefi  dell'anno»  le  quattro  Stagioni ,  il  Tempo  e  la  Fortuna:  delle  quali 
è  fama»  che  egli  quattro  folamenceneconduceder  due  toccaffero  a  fare, 
sd  Antonio  Novelli ,  una  a  Lodovico  Salvetci  t  un'altra  a  Francclco  Ge-^ 
nerini»  ed  una  finalmente  a  Bartolommeo  Ceonini.  Ne  furono  anche, 
intagliate  due  altre  dafcultore  aflai  ordinario,  cioè:  una  femminacbn al- 
cune fpighe.  ed  un  makhio  con  grappoli  d*  uva.  cioè  1'  LQate  e  1'  Au-^ . 
mnno:  le  quali  reftarono  in  via  di  San  Gallo  nel  Palazzo  de'  PandoIGnì  », 
abitato  in  quel  tempo  dall'  Abate  Fabbroni  fuddecto*  e  le  poilìede  oggi 
H  Senatore  Ruberto  Candolfini  pidroiw  del  Palazzo.  Tenne  Tua  fianza  il 
Fancelli  in  via  Ghibeltnia,  e  poi  fui  Renafo  di  là  dal  Fonte  a  Rubaconte,. 
ove  intagliò  le^ oc'anzi  nocace  quactro Statue .  Da  luì  ebbe  i  principi  del- 
Tarte.  da  Giovanetto,  quel  Giovanni  Gonnelli.  che  i.>oi  d' ecà  dì  veiitt 
anni  diventato  affatto  ciuco,  operò  non  ottante  aflai  bene  di,  rittatti  al, 
juCurale  di  creta»  e. fu  detto  il  Cieco  da  Gambalfi  *  di  cui  altrove  ci 
'     ;  converrà 


converrà  pBxhw.  Vtflb  duariffima  FtivceUs  fino  «IP anno  i6ft:  nel  qat^ 
le  ft*«3l  di  Maggio  ebber  fine  i  fuoi  giornit  ed  «1  fuo  corpo  fìi  data  U^ 


llttefii  della  SamUSiiMi 


OR AZ IO     M  O  G  Hi 


\* 


%ì  .      .  .    •  .    V/ 


SCULTORE    FIORENTINO 

»    : 

lytjcepoh  di  Giovanni  Cacctnt  ^  nàto  ».  « .  • .  ••$« .  i  ^25. 

Razio  Mochi»  uno  de*  di&epoli  di  Giovanni  Caccinii  riuCcI 
uno  de*  più  valorofi  Modellatori  »  che  arefleia  noftra  città  nel 
ilio  tempo  .  E^  però  vero  «  che  tn  ciò  x:he  appartenete  al  u^ 
gKar  la  pietra»  fu  infelice  anziché  nò  :  e  «noi  fentHumo  di 
chi  ebbe  di  lui  moka  cognizione  •  che  a  cagione  òi  «ale  fot 
infisltóità*  dopo  aver  egli  condótto  uno  ftupendtf  modellb  de^ 
due  yillani»  che  ftnno  il  giuoco  del  Saccomazzonet  per  doverne  *  fevè^  lo 
StacMe  di  pietra,  da  porfi  nei  giardino  di  fioboJi»  ed  arendo  aHchè  data 
principio  ad  intagliarle»  per  tema  eh* e*  non  guaftafle il  fafib,  gli  fu  lev^itor 
e  dato  a  finire  a  Romolo  del  Daddii  che  bravamente  lo  condcffe  al  flaa 
termiiie,  come  irtibiamo  detto  nelle,  notizce  di  ini». con  if piegare  aitcoc* 
che  cofa  fia,  ed  in  che  coiiiiiia  quel  giodco^r  Ma  queilo  chf  e  piùi  eflbndll 
fiata  ai  Mochi  :a(legnata>  ad  effetto  dì  condurre  tatet  òpera»  fWovvìfiono^ 
ragguardevole  »  aiidie  quefla  li  fietiè  iniknie  col  lavoro .  Nel  marclK)  ope^ 
rò  bene:  di  che  fanno  tefiimonianza  i  due  Apoftoli»  che  veggiamo  nella 
Chiefa^di  San  Simone ,  fcolp iti  in  marmo  da  lui  »noi>  oflaote  quella  a-*  aUrft 
(critto  un  moderno»  in  ciò  male  informato.  Fu  però  fua  ordinaria  occupa- 
zione il  modellare»  ejd  anche  intagliare  per  la  Reale  Caller iaflatuettecft 
flette  dure  »  che  dovevano  andare  in  fervizio  della  Cappella  di  S  Lorènaò^ 
urongli  ancora  dat>a  fare  i  modelli  di  due  grandi  Statue x)ìe  dovevano 
rapprefentare  due  fiumi  •  ed  avare  luogo  una  di  qua  e  iMa  di  là  fopra  lo 
vafche  dell'acqua  al  principio  dello  ftradone,  che  dalla  Porta  a  San  Pieiw 
^ttolini  conduce  alfa  Villa  detta  V  Imperiale:  e  ditèfi,  che  éflèndofi  egli 
in  s)  fatto  lavoro  voluto  accomodare  più  a*  proprj  dettami  »  i  quali  egli 
ftimava  più  Conformi  a*  precetti  deirarte»  che  a  quelli  di  Giulio  Parigi» 
con  architettura  del  quale  il  tutto  in  quello  fi  faceva  i  non  furono  altrimenti 
i  fuoi  modelli  meffi  in  operai  ma  ne  furono  latti  ^trl  modelli  da  Dome- 
nico e  Giovambatifta  Pieratti»  e  condottene  le  figure  t  come  pure  oggi  (i 
veggono  I  non  già  di  marmo»  ma  di  ftucchi  e  fpugoè  ;  e  noi»  a  coi  fon  toc-^; 
ceti  à  vedere  i  modelli  del  Mmthi  »  ^on  poUiaruO'  altro  credere»  fé  non 
che  probabii  cofa  iofle*  che  l'opera  del  p»  imo  non  poiefle  riufcire  gran^^ 
fatto  migliore  di  queUa  »  che  feeet  poi  v^^tt^i  fecondi^  Ne-  tempi  di  - 
..  .  quello 


f  3  B  'Dec^nJl.deSa'Pm.h MSèa K dai  1 6to.  ài  1620. 

queftb  artefice  operò  in  Fireiize.an  cerco  Fibhrìao  Farina ,  t  cui  fu  «omu* 
4}icàco  il  fegreco  di  lavorare  il  porfido.  Quefli  con  modello  del  Mochi» 
dicefi  che  intagliale  in  tal  pietra  U  titracra  del  Granduca  CofiiQO;XitdU 
con  bullo,  che  in  detta  Real  Galleria  fi  conferva:  fìccome  conduffei  con 
nodello  dello  fleffo  Mochi ,  RaffwUo^ilurradi ,  che  fu  poi  Cappuccino  , 
un  fimìl  ritratto  del  Granduca  Cofimo  II,  che  nello  (leiTo  lu<^  fino  a  c^ì 
ficonferva .  Fu  anche  intagliata  da  Orazio  l'Arme ,  che  vedefi  dentro  la  «^ 
del  Marchete  Corfì;  ed  alla  Tua  morte,  che  lj;gul,a'  zo.di  Maggio  itfif. 
leQò  imperfetta  una  fua  Statua  d'  uno  Ajace,  che  doveva  fervire  per  lo 
Giardino  di  Bobolì ,  e  oggi  11  trova  nella  pi  fua  ftanza  prefTo  al  Convenco 
d^'Padrt  de* Servi  dì  Maria  i  nella  quale  danza,  ed  in  altre  ad eflà  contigue* 
hanno  Tempre  operato  fimUi  profellbri,  egettatori  di  metallo.  Ebbeque- 
fio  arcefìee  due  figliuoli  :  Francsfco*  a  cui  egli  ìnfègnò  l'arte  fua,  che 
riufd  buono  intagliatore  in  pietra  e  in  marmi  :  e  quedo  Francelco  fa 
Quello, che  fccequei  Cavalli,  che  fono  nella  Piazza  di  Piacenza,  cosicele, 
bri  e  rinomati;  fece  molto  bene  gli  Animali;  modellò  afliii  per  la  Cap- 
pella di  San  Lorenzo,  reftaurò  ftatue  per  la  Galleria:  e  fece  le  poche  n- 
y&re di  marmo,  cheli  veggono  alle  lepoltuce  della  Cappella  CoUoredft 
neUa  Nonziaca .  Fu  anche  eccellente  commettitore  di  pietre;  dure ,  e  in 
fimili  lavori  oiolto  operò  per  la  medefima  Galleria ,  Non  voglio  lafciare 
di  dire  >  che  nel  ricercar  che  io  feci  ne'  pubblici  libri  .del. giorno  appun- 
to della  fua  morte  di  queQo  Francefco ,  che  fegul  a*  14,  del  mefe  di  Mar-  ' 
zo  ttf48.  trovai  notato  ne'medelìmi,  contra  il  cqftums,  che  quefii  fu  uo- 
■tO  Angolarmente  faceto,  ed  il  primo  inventore  delle  jnafchere  da  Beco, 
che  con  tal  nome  vengon  chiamati  dal  volgo  coloro,  che  mafcberaci  rap- 
{Mfcncano  la  ^rtc  del  villano.  U  altro  figliuolo  d'  Orazio  fii  Stefano, 
che  non  imparo  l'arte  dal  padre,  mada  Matteo  Nigetci  >  fra  le  noiiaie- 
del  quale  abbiamo  data  andu  di  loiqualclte  ct^nizìonc. 


RAFFAELLO  CURRADI 

SCULTORE     FIORENTINO 

*J>tfiépoh  d^ Andrea  Ferrucci  da  Fsefole ,  nato •$■ 

Ìlede  ottimo  b%g\o  di  fé  fteffo  in  quefti  tempi  nell'arce  della 
Scultura,  RafimelIoCurradi  dilcepolo  d'Andrea  Ferrucci,  net 
tagliare  la  pietra,  come  fanno  conofcere  chiaramente  tutte 
le  opere  del  Tuo  {carpello  .  Nacque  coftui  d'^uomo  aflài  be- 
neftante ,  che  faceva  botceg^a  dì  fornajo  nella  Villa  o  Boi^o  di 
,,  Rovezeano^pceffiididuemiglìada  Firenze.  Ebbe  da  fanciullo 

ìaclinazìone  al  Difegno;  che  però  fu  poflo  dal  padre  con  Giulio  Parigi, 
nella  fcuola  del  quale  Ai  condxfcepolo  del  celebre  Callqc .  del  Bezi^lwe 

e  d'altri. 


I 


RAFFAELLO    CURRADI.  13J1 

e  d'altrt,  che  poi  riàfctròno  ucittihi  d'alfb  gridb.  Ma  perchè  egli  incline-^ 
va  molto  alla  Scultura ,  fu  dalla  gioriofà  memoria  dèi  Granduca  Cofimo  IL 
accomodatocon  Andrea  FeiYtied><the  operava  nello  fl!aii2(onie  deWafi  del 
giardino  dt  Bobolt,  préflo  alla  Compagnia  di  Santa  Brigida:  nel  quale ftan* 
zone  lavòraranfì  tutcam  da  elTo  Andreste  da' Tuoi  moki  difcepoli,  fiatue 
di  marmo  per  lo  fteflo  giardino t  ed  anche  molte  di  pietra  bigia;  ondo 
Raffaello  fecefi molto  pratico  in  lavorare:  è  veggonfi  di  tua  mano  Quattro 
Statue  fui  balla  tojo  àél  Palazzo  d«'  Pitti:  e  credefi  a;ncora ,  che  al  tre' ^e 
conduceife  »  che  fervirono  per  ornamenid  della  Regia  Villa  detta Milipé* 
mle,e  dello  fteCfo  giardino  di  Boboli.  Occorfe  poi  Tarino  1(^34.  ob^'^^fi 
dòvefle  fare  in  Firenze  la  bella  facciata  del  Palazzo*  d'Agnolo  ,  Zànbbi» 
Marc' Antonio,  e  Ottavio  Càftelli ,  architettata  d[a  Gherardo  Silvani;  on'^ 
de  conofciucafì  già  la  bravura  del  Curradi  1  fu  datò  a  liA  il  carico  di  fare  il 
bello  ornato  della  porta»  attorno  alla  più  alta  parce^  della  q^ialé»  per  ibfte^ 
gno  e  reggimento  del  terrazzino  fportantè  in  fuori  fece  vedere  due  Arpie  ; 
figure  intére  cniaggiori  del  naturale,  itvslbelIaécapricciofaattitudinifVche 
apportano  in  un  tempo  l^efib*  ditttto  e  ftupor^':  'in  the  erra  Taltrér  volte 
accennato  «moderno  autore»  ne  ir  attribuir  che  fa  iquefta  lodevole  opera; 
^he  pure  è  data' fatta  né*  tempi  di  chi  ora  fcrive»  alFefrutci  ,■  mdntrenòn 
il  Ferrucci;  ma  il  Curradi^  come  ad  ognuno  è  notb»  fie'fii  l'artéfice;;  Lt 
pietre  /che  fervirono  a  sì  bel  lavoro , f uron  cavate  ne'  mòìAci  di  Fiefoléjdàlla 
cava  de^Sandrini  ,ove  dal  Curradi  furono  abbozza  te  .e  quindi  fatte  trafbor^ 
tare  a  Firenze  dentro  al  Pala?zo  de^tiiedefìmi  CàfteJIj  r  ebbero  loro  fine* 
Efleiìdo  flato  dato  principio  »  e  già  condótti  é  buon  termine  la  prima  ag« 
giunta  al  Palazzo  de'  Pitti  dalla  paìrte  di  Santa  Felicità/  fecei  il  Curradi  per 
adattarli  fòtto  due  finefl:re  terrene»  dico rolfimeve^ffò  détta  parte»  leaùe 
beUe  tette  di  Lione,  che  in  bellezza  e  natunilezza  e  nel  cagliò  Aeflb  fon 
le  più  eccellenti  fra  quante  he  ha  quella  hobtliflimà  facciata .  Poflbdè  Raf« 
fiiellò  Curradi  il  bel  fegreto  di  lavorare  il  porfido:  e  dicono  i  proféfl^fi  di 
quefte  arti ,  che'  viflero'ne'  fubi  tempi,  eh*  egli  fece  »1  modello <  e  diede 
principio  di  fua  mano  alla  reflaurazione  delta  grande  Statua  del  Moi$è>che 
veggiamo  nella  grotta  della  Fonte  in  tefta  al  Cortile  del  Palazzo  de'  Pitti  t 
che  fu  prima  un  torlo  antico  di  porfido  orientale»  al  quale  incominciò  la 
gran  tefta  il  Curradi,  le  gambe  ,  le  braccia  e  *1  oofare;  e  la  tefta  fermò  fò« 
pra  il  torfo  a  vite,  in  modo  da  poterfì  con  facilità  levare  e  porre.  SimiN 
mente  fece  di  porfido  »  col  modello  d' Orazio  Mochi ,  la  tefra  con  bufto 
del  Granduca  Cofimo  II.  che  è  nella  Real  Galleria:  ed  un  Coloflo,  tefta 
con  bufto  armato  a  fcaglie ,  che  pure  fi  vede  oggi  dentro  la  medefima  • 
Non  aveva  quefto  artefice»  dopo  ratte  tante  opere  .ancora  compiti  venti- 
cinque anni  della  fua  età,  quando  continovando  tuttavia,  ficcome  con* 
tinova  fino  al  prefente  i  fuoi  fpirituali  fervori  la  Venerabile  Compagnia 
di  San  Francefco  in  Palazzuolo,  fondata  dal  Servo  di  Dio  Ipolito  Galan- 
tini,  detta  volgarmente  de*  Bacchettoni  ;  volle  il  cielo,  eh'  egli  datofi 
alla  frequenza  della  medefima ,  fubito  fufle  prefo  da  tanta  devozione  e  fpi- 
rito,  che  incontanente  tagliatafi  una  bella  chioma,  eh'  egli  era  folito  di 
portare  non  fenza  qualche  compiacenza»  e  dllmeftb  il  veftir  lindo  e 
i'x\^  attillato 


«140  DecenfLll Ma Van.  1. delS$c. V. dal i6 io. al 1 620. 

mìW^tOr  fi  veftì  4*  un  flbiulk>  l'Orto  al  modo  nfiito  d|i  quei  Bratèlli;  fé» 
guirò  la  frequenza:  finalmente,  mofio  da  Divina  infpirassione  »  rifolutofi 
;d'at)bandonac€;  e  l'arte  e  *1  mondo»  vedi  abito  Religiofo  deir  Ordine  dar 
Cappuccini  t  e  n'ebbe  il  nome  di  Fra  Giovanni  da  Firenze  #  E  jpcrchè  il 
Jb^ì  (egreco  di  lavorare  quella  duriflima  pietra  non  perifle»  donollo  ad  un 
^ertp  pome nico Cord  «  povero  ciabattino  •  fuo  compare,  acciocché  con  eflb 
poteile  aiutare  (uà  povera  fiimigUi»  Siccome  feguì;  che  quefti  dtedelo  a 
ÌC^olimp  Sfdvedrini  Scultore^da  Caftello.  il  quateipoi»  fintantoché  durò 
lapperà  della  reftaorazione  del  Moiaè  a  fpefa  del  Sereniffimo»  glicQrrifpo^ 
jfe  CQn  prpvviGono  di  cinque  foodi  il  mefe.  E  giacché  de)  Salvemini  fi  par« 
ìeicdiremòi  com""  egli  ebbe  a  finire  la  detta  rSaurazione  del  kAwh  ;^e  ul- 
tintamente  jgondufie  di  fiiuccbi  le  Statue  della  prima  fl:anza  del  Cortona 
nel: palazzo  de' Fitti h  col  difegno  dello  ftefib  Cortona:  e  parte  ancora  di 
qu^lQiìelUalnre  .fttiizQ  i  fopra  le  quali  talora  lavorò  lo  fteflb  Pietro,  par^ 
|:!Cqlarment^  fopra  alcune  femminette, abbigliate  di  panni  fi^ondo l'antica 
éOtHAa  maniera  Romana^  Goi)^  come  dicemmo,  il  Curradi»  jafciatì  i  pa- 
xeojti  ale  comodità  delb  propiiia  cafa»  partoritegli  dalla  propria^  virtù  •• 
d«U'«0etto  del  ilio  Sovrano»  che  oltre  al  pagamento  di  tutte^  U  op^vc»  il 
pEOVvifioóava  di  v^micitique  feudi  il  mefe t  fé  ne  andò  alla  R^jgioB^fir^ove 


eièmpio  e  d'ammiraitione .  Enon  è  da  tacerfi  •  che  per  efierfiegli 
tutte  le  for?.e  del  corpo  allefauche  della  Religione,  e  ad  una  vit^  firaocr 
dioarìa  penitente,  cadde  in  tale  infermità  »  che  gli  funeceiSicio  efpOi;fi 
af  taglio  delie  parti  da  bailo  >  ciò  che  egli  con  memorabile  pazi^n^*  (wrU 
l^andato  poi  dall'obbedienza  al  Convento  di  Volterra,  acciò  vi  operali* 
d'flabiftro  un  Ciborio^  il  Npn  religiofo  ti  s',accin{è  ali* <)pei^t^9  diedesli 
per^Mpae:  e  per  avanti  aveva  mooeliat«  ^i  ferra  una'Qapanmcci»«r  eh)» 
fìon  è  a  noftra  notizia  fiervenuto  ove  opitafle:  e  fina Imi^QtiRff ave AtiAta 
infermatpG  nella  fieifa  città  di  Volterra,  fantimente  fe  ne^mori^} 


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141 


OTTAVIO   VANNINI 

PITTORE     FIORENTINO 

Di/tegolo  di  %ABafio  Tonuhuonìy ,  nato  1 5S5/  -fi^  x<^4l« 


I  un  ctle  Michele  VanDiai  Fioientina»  vomo  d'umile 
disionef  ma  di  onoraci  ooftumtte  timorato  d' Iddio,  neoquft 
in  Firenze  ranno  della  noftra^ute  1 58;.  la  notte  (egueii* 
teal  giorno delli  1 5.  di  Settembre  •  OtuviOt  di  cui  ora  fii- 
mo  p^r  {Mirlare;  e  perchè  il  cielo»  che  1^  aveva  arricchita 
d'  un  animo  bep  compofio  »  e  d'  un  ii^egno  alTai  perfpt*» 
<:ace  »  lo  aveva  altresì  douto  d' un  bel  genio  a  cofe  apparto** 
nenti  a  diCegop;  appena  fu  a  quella  età  pervenuto»  nella  quale  togliono 
i  |>adii  provvedere  i  loro  figlinoli  di  maeltri  di  quell'  arti  o  fcienze  ,  oer 
eiii  è  lor  defiderio  d*  incamminargli»  che  pofto  allo  Audio  delle  prime  leCi» 
Cere,  noniblo  non  dava  alcun  Cegno  di  defiderio  o  premura  di  quelle  ap* 
prendere;  ma rrafcurandone  affatto  l'efi^rcìzio»  ponevafi  in  qudla  vecee 
&x  di  fua  mano  con  penna ,  varie  e  graziole  figure.  Il  che  oflervaco  $dal 
maeftroe  dal  padre,  diede  loro  fiifficìente  motivo t  per  togliere  il  fanciulto 
das\  fittti  ftud|»  ed  ali*  arte  della  pittura  applicarlo;  ma  non  porgendofi  a 
Michele»  pereiòface,  altra  più  aggiuflata  congiuntura*  per  non  aver*  egli; 
che  loutantffimo  era  da  fimi!  genio  $  cognizione  d*  altri  pittori,  raccoao^ 
dò  con  un  tal  Mecatti»  uooio  d*  ordinario  &pere  neirarte  fua  :  il  ^mJo 
per  eilece  fiato  da  natura  provvifto  d'  un  capo  non  meno  che  d' uno  in» 
gegno  ftraordinariamente  groffio»  eca  e  da  profedbri  delKarte  della  pittura 
e  da  ogni  akra  perfona  chiamato  per  foprannome  Capaccio,  e  per  Ca« 
faccio  da  tutti  intefo .  A  coftui  parve  una  bella  cofii  il  vederfi  in  ooctega 
un  fiinciuUetco  sì  aifennato  e  fpiritofe»  com'  era  Ottavio  :  e  cosi  in  vecd 
d^iofegnAfgli  quel  poco,  cb^e^fiipeva»  occupavalo  del  continuo  in  cfui* 
QUMre  mt  qua  or  là  per  Firenze^  per  fiure  or  quello  or  quell'altro  de'fef- 
vigi  di  caia  fua,  ne  più  né  meno»  come  fé  gli  fufle  fiato  lèrvitore  fata* 
ciato  te  foto  un  tal  poco  di  quando  in  quando  face  vaio  difegnare»  erive* 
elevagli  il  facto  »  tantoché  fu  poi  dopo  qualche  tempo  necefiàrio  »  che  il 
padre  lo  togliefle  a  quel  macftro ,  come  apprefib  diremo .  Ma  giacché  ne 
na  portato  it  difcorlb  a  fiur  menzione  di  Capaccio ,  non  ci  par  da  trala» 
fciare  di  idar  prima  qualche  notiaia  d' alcuna  dette  fiie  gofiezze  e  fempU* 
citùf  affine  d>  (cemar  tedio  al  noftro  lettore:  e  fargli,  a  confronto  dello 
dtdiolezae  dì  taf  uomo,  più  chiaramente  conoicere,  in  quanta  ftima  àtb* 
bano  eflere  in  lui  quei  donit  ch'egli  con  afiàt  magare  vantaggio  cono- 
fcerà  avier  ricevuti  dal  cielo  ;  non  per  quelli  o  altri  di  si  fatta  qualità 
diiprt giare t  ma  per>eflerne  giaco  ai  donatole. 

£ra  dunque  Capaccio  perfona  di^gcofla  pafta»  che  il  tutto  fi  erede- 
Tilt  ^he  gli  veniva  detto  da  chi  fi  InSkt  anche  affine  ex  fiuti  beffe  di  lui; 

ondo 


:  142    DecennJl  della  Tart.L  del  SecV-  dal  1 6i  e.  al  1610. 

ond^  egli  tt%  diventato,  fra  quegli  del  fup.teinjpo,  il  fpltezo  cM  traini- 
lo; ed  jo  la&iQ'f  «jper  lo  sàigliqre,  di  lar.tÀnapone  in  <|ucfta  luogo  delle 
molte  e  veramente  folennimme  burle ,  che  venivangli  fatte  ogni  dì  da' 
più  fcalm  e  meno  difcreti.  Ma  perch' egli  bene  fpefib  adiviene»  che 
quando  fi  comincia  iii  chicchefia  a  fcoprir  la  vena  di  dolce,  non  Colo  gU 
eguali,  ma  gr  inferiori  ed  i  f ottopodi  eziandio,  mefle  da  parte  le  con  ve* 
meiiz.e  ,  e  perduto  il  rifpetto ,  incomincino  a  pigUarfi  gufto  di  lui;  fino 
il  giovanetto  Ottavio»  con  tutta  la  fua  modeftia  e  naturai  bontà^,  dopo 
aver  ben  finito  di  conofcer^la  qualità  del  maeftro,  graziofamente  il  derife 
:talvolta.  Avevalo  Capaccio  {mandato  un  giorno  allo  fpeziale  per  duelib«- 
.Iure  d'olio  di  noce:  e  per  mancanza  di  vafo,  che  tutta  conteneflè ,  ave- 
vagli  date  due  ampolle  di  vetro .  Il  figliuolo  fi  portò  alla  bottega  »  e  prefe 
iPòlio;  ma  nel  tornarfene ,  fra  rimpaccio  del  ferrajuoloy  e  l'avere  a  tener 
runa  e  l'altra  mano  occupata  in  regger  i'am polle,  portò  il  cafo,che  una 
ie  ne  roppe:  e  rolio,  che  doveva  fervire  a  Capaccio  per  colorir  le  fue  te- 
Jq»  fervi  per  quella  volta  per  dare  il  luftro  alle  ladre  di  quella  contrada. 
Tornato  Ottavio,  nel  raflegnar  che: fece  al  roaefiro  unaampolla  fola»  fU 
dai  medefimo  interrogato  ove  fufle  l'altra:  al  che  rifpofe  Ottavio,  .che.li 
mala  fortuna  fua,  per  non  fo  quale  accidente  occorfoli  per  la  via,  glie^ 
le  aveva  fatta  cadere.  Allora  Capaccio,  prefo  da  gran  collera»  diede  in  s^ 
jalte  grida ,  eh' e' pare  va  fuori  di  fe:  e  confondenck)  a  mal  modo  il  fanciul^ 
io,  e  con  cattive  parole  caricandolo ,  il  minacciò  di  bufTe,  enon  cefTavà 
di  dire:  DVTu,  furfante,  come  hai  tu  fatto  a  romper  quell'ampolla,  co^ 
tne  liaitufiaitto?  AII019  Ottavio ,  acni  già  era fcappata  la  pazienza,  dìffèc 
Volete  fapere  come  ho  fauo  ?.  ecco  eh'  io  ve  lomo(fa:o:  ed  aperta  gentil^ 
mente  la  mano  ,dov' egli  aveva  l^altra  ampolla ,  fé  la  lafciòcosà  piena  cadere 
interra,  e  così  fecegii»  come  noi  fogliamo  dire  ^  veder  provare  la  comme«j 
4ia  cogli  abiti,  eh'  egli  farebbefi  contenta»  di  feixtir  rappréfentare  colla 
fola  voce;  ne  io  Ilo  qu)  a  defcriyere  la  nuove  fc:andefcenze,  in  che  diede 
Capaccio  y  perchè  farebbe  troppo  lunga  faccenda ,  Trovavafi  una  volta 
queflo  pittore  alquanto  mal  dilpoflo  di  fanità  a  cagione  di  certa  ripiariezza 
OQppilazione  ch'ella  fi  fofle;  ed  avendoconfulcatocpl medico,  n'ebbe* 
per  configlio ,  il  far  talvolta  alquanto  d'efercizio  la  mattina  a  buon'ora r 
perchè quedo ,  diceva  egli,  avendo  virtù  di  fomentare,  nodro' naturai  ca^- 
lore,  conferiva  molto  alla  réfoluzione  degli  umori  fupearflui  del  corpo^^ 
Tanto  vi  volle  e  non  più,  per  fare  che  Capaccio,  che  giovane  era  el)a«' 
liofo  affai ,  levatoti  una  mattina  a  budniilima  ora,  prefa la  via  della  Portai 
alPrato,  fi  portade,  poco  men  che  di  trotto  efenza mai  férmarfi »  fino a^ 
Pìdoja,  città  lontana  da  Firenze  ben  venti  miglia .  Qoivifermofii  aiquan-*' 
fio»  e  adocchiata  una  bella  fanciidla,  foi'teifé  ne  invaghì;  e  fu  poi  caufi^^ 
quedo  amore ,  eh' ei  guaridè  affatto  dell'  ipoòondria,  perchè  avendo  la. ria-«> 
gazza,  parte  dal  fuo  fare  e  dire,  e  parta  dà  j\otiaifi  avoté  da  altriblm  co«* 
Aofcìuta  la  pada,  leppè  sijben  guidare  la  ballata^  che  e^li  imbarcando  lèm^^ 
prepiù,  fu  ^oi  folito  per  un  pezzo  di  trottare  da  Fioenze  a  Pidoja  tante  > 
volte  la  fètttmaria»  quante  egli  avrebbe  fetto,  per  ca$ì  dire»  nella  pro- 
pria cafa  da  caioiera  a  £da»  fenza  che  mai.fi  veriifTe  a^conclufione  ]di  cÀatrw 
.  '    ^  mo^^ 


OTTjiVlQ    VARNim.         143 

monto  «e  fu  poi  la  fanciulla  d'ogni,  altro  che  del  piccore/  il  quale  avendo 
▼educo,  eh' e* non  era  con  eflfa  terren  da  por  vigna,  s'innamorò  d'un' ai*» 
tra  fanciulla,  figliuola  d'un  caitacciere  di  r alazzo , che  aveva  tua  abitazione 
in  Firenze  in  Borgo  S.  Piero  in  Gatcolino:  e  quivi  era  cofa  graziofa  il  ve- 
dere Capaccio,  cheper  moftrare  alla  giovanecta  ch'egli  era  pittore,  e  che 
egli  aveva  da  fare  aflai  neil'  arce  fua,  macchiavafi  a  beila  pofta  con  diverfi 
colori  il  cappello:  e  ftando  a  pie  della  fineftra  dell* amaca,  pigliava  da  quel- 
le macchie  occalione  di  parlar  di  fé  fteflò;  poi  cavatofi  di  tafca  un  fagotto 
di  carte  difègnate  di  fua  mano,  cosi  (otto  il  mantello  gliele  £iceva  vedere^ 
dicendo  ;  Lucrezia  (  che  tale  era  il  nome  deUa  £inciulla  )  quefie  le  ho  fatte 
io ,  vedete;  e  credetemi,  che  un  par  mio  non  lo  troverete  altrove;  men» 
tre  non  pure  la  fanciulla ,  ma  eziandio.tutte  le  vicine ,  curiofe  di  vedere 
il  ridicolo  amoreggiare  di  coftui,  s'  aifacciavano  alle  fìnettre,  edlsfacevanfi 
per  le  rifa.  Andava  poi  a  sfogar  fue  amorofe  pallio  ni  con  un  certo  Carboni 
larto,  il  quale  fìngendo  d*  avere  da  poco  innanzi  alquanto  ingroATatoT udi- 
to, conducevalo  in  una  flanza  dietro  alla  l)ottega,  ove  molti  Tuoi  lavoranti 
fiavàno  a  cucire»  e  quivi  gli  dava  licenza  di  dar  fuori,  com'  egli  diceva 
con  tutta  libertà  i  propr)  fentimenti,  mentre  col  parlar  forte  non  poteva 
cfllre  udito  da  chi  paflava  per  la  via:  e  intanto  dava  a  vedere  a  i  garzoni 
una  ridicolofa  fella.  Dolièfi  una  volta  fra  l'altre,  che  nel  volerli  accòftare 
alfa  cafa  della  Lucrezia,  alcuni  de'  fuoi  cani  malamente  lo  morfero  in  urm 
cofcia:  e  foggiui«Ìe,  che  non  glidifbiacevan  tanto  i  rilevati  morii,  quaOi^ 
tò  che  egli  ftimava  eflere  dato  queuo  un  trido  augurio  pe'fuoi  amori  «Ma 
v'ebbe  fra  quella  gente  chi  il  confolò,  con  dargli  ad  intendere  «eflerquefto 
non  già  un  tnfto  augurio ,  ma  uno  de'  più  fortunati  prefagi ,  eh'  e^  poteflè  mai 
defiderare i conciofoflecofachè  quegli  animali  avellerò  una  certa  virtù»  di 
conofcere,  ove  fi  volgevan  gli  affetti  de'  lor  padroni;  e  cosi  avendo  beA 
comprefo  l'amore  della  fanciulla  verfo  di  lui  efler  sì  grande,  che  malea 
loro  ftefli  ne  fuccedeva,  moflfi  dalla  gran  gelofia»  che  è  propria  di  quelle  be-- 
ftie,  avevangli  fatto  quell'affronto;  tantoché  Capaccio,  che  il  tutto  ere* 
deva  per  veriilfimo,  quando  poi  fi  vedeva  far  violenza  da  quei  cani  fi  ral- 
legrava un  poco.  Una  volta  volle  egli  fare  apparire  al  pubblico  l'acutezza 
del  fud  ingegno,  e  moftcar  con  efprelTion  di  bei  geroglifici,  a  che  legna 
fi  eftendefie  la  bizzarria  de'proprj  concetti:  e  per  ciò  fare»  fi  dipinfe  un 
arme  in  più  fpazj  divifa  ;  in  uno  rapprcfentò  un  par  di  fefte,  e  quefta  di- 
ceva efler  l'arme  de'  Semini:  in  un  altro  dipinfe  un  quartuccio»  e  quello 
per  chi  avefle  avuto  il  calato  de'  Mifuri  ;  nel!'  ultimo  finalmente  fece  vede« 
re  due  ruote  da  carro,  acciò  poteiTe  fervtre  tal' arme  per  chi  fi  fofie  fiitta 
chiamare  de' Carradori;  e  pare/agli  aver  fatta  sì  bella  cofa,  che  tenendola 
appefa  fuoiidi  bottega,  fpendeva bene  fpelTo  il  più  della  giornata  in  fullo 
fportellocon  tavolozza  e  pennelli  alla  mano,  foiamence  per  dichiarare  il 
fi^nincato  dell' arme  a  molti  gentiluomini,  che  avvifati  del  fatto  paiTavan 
di  quivi  appofta.  Con  tanta  lua  fetnpiicicà  però  aveva  avuto  tanto  capi^ 
tale  di  cervello  per  difenderfi  al  pombile  da  una  gran  guerra,  che  per  pi» 
gliarfi  fpaflodi  lui  gli  avevano  fatta  certi  belli  umori  fuoi  conoicenti,  per*^ 
chè^voleiTepjgliar  la  parte  per  recitare  ad  una  ior  commedia;  ma  al  molti-^ 

piicar 


144  Decetm.ll.Ma^àrt.lMlSeey.diti6ìo.ali6io. 

plioar  degli  aflalti  gli  fu  forsìt  il  cedere .  Pfcfe  h  ptrte  ch'era  di  pochilfi* 
4tii  verfi»  con  granfiicicat  ed  in  lungo  tempo  r imparò:  poi  fi  prefentò  al 
pubblico  cimento,  ftette  bene  attento  a  chi  diceva,  per  effer  pronto  al 
tarlare;  ma  non  ebbe  appena  aperta  la  bocca  per  dir  la  prima  parola  «che 
ìsi  canna  prefe  vento,  e  per  molto  ch'ei  fi  fiorceffe  e  icontorceflè»  non 


e  toinatofene  dentro  maipiù  non  fi  rivedde;  e  riufc)  quello  lazzo  natu- 
rale  tanto  applaudito  dalle  rifa  d'  ognuno ,  che  ogni  altro  Scherzo  che 
avea  in  fé  la  commedia ,  fatto  con  iftudio,  affai  ne  perfe.  Ma  fé  fi  voiefle- 
ro  raccontare  tutte  le  femplicitadi ,  che  potrebber  dirfi  di  queft'  uomo» 

ione£ 
padri 

il  figliuolo  in  quella  danza  poco  ImparaTa,  e  molto  faticava»  ordinogli 
una  volta  il  chiedere  al  maeftro  alquanto  falario,per  non  perdere  il  tem- 
po afiatto;  ma  rifpofe  Ottavio:  Padre  mio,  non  mi  coftringete  a  £ir  qiie* 
fio  ;  perchè  fé  non  fufie ,  che  io  ho  bifogno  d' un  maeflro  »  che  fappia  iiu 
fegnarmi  meglio  di  lui,  io  ci  vorrei  ftar  femore ,  e  dare  il  falario  a  lui» 
perch'e'mi  fa  fcoppiar  delle  rifa  co'fuoi  modi,  tantoché  io  non  fo,  a' e' 
mi  toccherà  mai  nel  rimanente  di  mia  vita  a  darmi  il  bel  tempo ,  che  io 
mi  dò  ftando  appreflb  a  coftui .  Di  quefto  Capaccio  non  fi  vedde  mai  in 
pubblico»  eh'  lo  fappia,  altro  quadro,  che  una  tavoletta  mezzanamente 
grande  »  che  fu  pofta  per  un  boto  fopra  la  Cappella  di  San  Baftiano  » 
nel  chioftrino  piccolo  o  ricetto  della  dhieta  della  Santiflima  Nonziata» 
nella  qual  tavola  era  dipinta  affai  fopporubilniente  la  figura  di  Papa  Cle« 
mente  Vili,  di  cafa  Aldobrandini  :  ed  io  mi  ricordo  averla  poi  più  e  più 
volte  veduta  fituata  in  altri  fpazj  delle  mura  dieflb  ricetto;  e  tanto  bafti 
di  Capaccio . 

Stìette  il  Vannino  con  quefto  criiliano  quattr'  anni  ;  ma  crefi:iuto  e 
di  età,  e  di  genio  e  di  gufto»  fé  ne  partì:  e  portatoti  a  Roma  ebbe  luc^o 
nella  fcuola  di  Aflafio  Fontebuoni ,  nella  quale ,  e  colla  buona  alfiftenza 
del  maeflro»  e  coli' incefFante  fatica,  che  fece  nelli  ftud)  delle  opere  di 
Michel  agnolo  e  di  Raffaello,  e  d'  ogni  altra  preziofa  pittura  e  fcultura» 
in  breve  unto  a' approfittò»  che  già  divenuto  fuperiore  al  Maeftro,  ebbe 

fer  bene  tornarfene  a  c|uefta  fua  patria.  Aveva  in  quel  tempoi  tanto  in 
irenze,  che  per  V  Italia  tutta,  giiadagnata  £ima  d' eccellenti ffimo  pittore 
Domenico  Patlìgnani»  il  quale  forfè  per  notizia  avuta  da  Afiafio  dato  fuo 
difcepolo  »  del  valore  del  giovane ,  nchiefelo  di  venire  a  Ilare  in  fua  fcuo- 
la ;  e  ^1  Vannino  defiderofb  di  femprepiù  approfiturfi ,  volentieri  conienti . 
Stette  vi  molt'  anni,  fempre  adoperato  dal  Paffignano  nelle  lue  più  nobili 
opere,  le  quali  per  lo  più  col  difegno  dei  miaeftro  abbozzava,  ciocché 
anche  talvolta  era  folito  fiure  Mario  Balafli  :  e  tanto  quelle^  abbozzate  da 
Ottavio,  che  quelle  abbozzate  da  Mario,  hanno  fbrtita  poi  la  buona  for« 
tuna  di  lunga  durata;  laddove  tutte  l'akre  a  cagione  dd  poco  colore t  e 

molto 


.•    » 


OTTAVIO  VANNINI.  145 


molto  óliofo%  e  per  ftlcfe  caufe  ancora  ^  chb  detcer  abbìamd  al  luogo  fiio^ 
e  quelle  maffimameme^  ove  noniìi  mefcolata  mólta  biacca  »  tutte  fonor 
quafi  fvanite .  Fra  quelle  che  abbozzò  il  Vannino,  fi  contano:  la  belUffi*: 
ma  tavofa.  del  San  Vincenzio  Ferrerò  in  San  Marco  :  quella  della  Ado-: 
fazione  de'  Magi  nel  Carmine  :  quella  dello  Spirito  Santo  in  Santa  Maria 
Maggiore;  e  la  bella  tavola  de* due  Martiri  nella  Cappella  de' Neri ,  con«» 
cigua  al  Monaftero  di  Santa  Maria  degli  Angeli  in  Pinti  ;  oltre  all'  akrei 
molte ,  deUe  quali  a  noi  non  è  pervenuta  certa  notizia .  Ma  tempo  era  già 
che  il  Vannino y  dopo  avere  per  lungo  tempo  fervito  a  quel  valentuomo» 
ìncominciafle,  come  noi  fogliamo  dire,  a  giocare  per  primo  :  e  guada^ 
gnafle  per  fé  medeiìmo  quel  credito  e  quell'onore ,  che  egli  (otto  la  graa 
fama  del  Paflìgnano  aveva  tenuto  tanto  nafcoib;  che  però  prefe  ftanze  da 
fé  :  e  furon  quelle ,  ove  radunavafi  la  converfazione  del  Beccuto  in  Borgo 
OgniiTanti .  Di  quivi  incominciò  a  dar  fuori  opere  lodatiflime^  che  in  bre* 
ve  lo  mederò  in  grande  flima  fra  gli  altri  pittori,  tantoché  manca  vagli  il 
tempo  per  loddisiare  alle  chiede,  che  gli  venivan  fatte  di  fue  pitture ^ 
Fralr  altre  cofe,  che  ebbe  à  fare,  fu  la  bella  tavola  del  Santo  Antonio 
Abate  per  Andrea  del  Roflb,  la  quale  veggiamo  fopra  l'Altare  di  fua  fa«« 
miglia  in  San  Felice  in  Piazza  a  man  delira:  che  quantunque, per  eflèr  fi? 
tuata  in  luc^o  aflai  fcuro,  non  laici  godere  la  vaghezza  delle  tinte,  e  là 
fòrza  de' lumi;  non  è  però ,  eh' ella  non  comparifca  fempi;e  agli  occhj  de«t 
gì'  intendenti  un'  opera  degna .  Per.  lo  medeiimo  Andrea  del  Roflb  colori 
molti  ahri  Squadri  da  camera  e  da  Ciìstf  di  figure  e  ftorie  diverfe  ;  ed  o  in&c 
per  gènio. particolare,  che  avefle  Ottavio  con  quel  gentiluomo ,  o  che 
dalla  libenaitj^ del  medefimo  fi  trovafie  ben  ricompenfato,  appena  v'ebbe 
in  quel  tèmpo  alcun  altro  »  a  cui  potefie  riufi:ire  l' aver  tante  fue  opere  » 
quanto  venne  fatto  a  lui,  colle  quali  ordirlo  Cua  beliifllma  cafa  m  via  Chia- 
ra. Fraquefte  fu  un  Abramo,  in  atto  di  fitcrificare  il  figliuolo  Ifac,  del 
quale  furon  fatte  molte  copie  :  la  pioggia  della  Manna  agli  Ebrei  nel  de«^ 
wnoi  l'acqua,  che  fcaturifce  dalla  falcerai  tocco  della.  Verga  di  Moisè: 
e  iaSttfanna  nel  bagno:  e  fono  quefte  *  deli' opei^  migliori  di  fuoptoi* 
nello,  iper  éflere  a  maraviglia  condotte  ».  ... 

Era  in  quel  tempi  Maeftro  deU  Spezierìa  di  Santa  M^na  Nuova  Ala-» 
raanno  Moronti  da  San  Gimignano  di  Valdelfa,  uomo  ,  la  cui  piacevo^ 
lifiima**  converfiizione  dalla  nobiltà  Fbrentina  e  da  ogni  .virtuofa  per-» 
fona  era  defideratifliiDa  :  il  quale  poi  fatto  Sacerdote  e  Rettore  della  Chiefii 
di  Sàn€^ Andrea  a  Quaraca,.e  quella  poi  renunziata,  morì  agli.anni  addie- 
tro di  ^gravcfiima  età.  Quefti  fu  confideittiffimo  del  Vannino,  e  n!  ebbe 
dì  fuOf'fteir  altre  cofe,  un  quadro  en  trovi  la  figura  d'un  CriAo,  maggio* 
tè  del;  naturale',  in  ateo  di  benedire  il,  pane';  di  cui.  pure  furon  fatte  co- 
pie  a(Ìai.  !Per  la  Cattedrale  di  Colle  di  ValdelGi  dipinfe  la  tavola  dell'  Al* 
téredel  Santiflimo  Sagt^amento .  Ad  ifianza  di  Lorenzo  Ufìmbardi  un'al« 
tifa  ne  fece  d'  una  Santa  Maria  Maddalena  ,  in  atto  di  xornuaicarH  ,  al*« 
kmiale  fu  dato  luogo  in  una  Chiefardi  Pìfa  .  Per  una^Chiefa  dtU 
laCitti  del  Borgo  a^n  Sepolcro  .colori  .una.  tavola  d'un  CriAo  Crocififlb^ 
ipirante,  in  cui  appaclfce  gran  naturalezza^  a*  pie. della/ Croce  e.  la  fu* 

K  "     Santifli* 


t^6  T)eeennJIdtUa?artJJélSec.V.dal\6ìo.ali6t9. 

Santìffima  Madre,  nel  volto  deHa  quale  fece  apparire  Ic^  f^iafifiio  deleno^ 
le;  ma  non  volle  già  figurarla  fvenuta  o  femiviva  come  gli  altri  ia  dipin* 
fero  •  perchè  folea  dire,  che  voriffima  cofa  era:^  che  la>  Santa.  Madre  iftì 
amantiffima  del  Fisliuolo,  ma-  reietta  alcreii  dì  cotanta»  virtù,  che  ben 
fiipcvà  ogni  naturale  affetto  fuperare.  Ed  è  da  notarli ,  che  tale  fuo  fenti* 
mento  ottimamente  corrifponde  al  Sacro  TeiUif  mediante  il  quale,  per 
le  parole  Subat  juxis  Ctucem  fefu  Matta  Maar  ejus^  fi  fa  paiefe,  che 
ella  non  cadde,  ma  ftètte  falda  e  coftante  nella  gran  piena  de*fuot.do^ 
lorì  a  ^iè  della  Croce.  Noi  abbiamo  in  altro  luogo  raccontato  »  che 
per  fimile  cagione  a  Cornelio  Bloemaert,  cetebratimmointagUatore  del 
xioftro  tempo ,  dal  Maeftro  del  Sacro  Palazaa  non  fu  conceiu)  il  ?Mi^ 
cetur  della  beiliffima  carta  della  Crocififiionc  del  Sicnore,  dipinta  da  An- 
nitrii Caracci,  ove  vedeafi  la  Madre  d' Iddio  ^rew>  all'agonizzante  Fi- 
gliuolo ftramonita ,  che  riiifeì  uno  de*  più  belli  intagli  di  ouel  grand'  uo* 
no ,  il  perchè  fu  poi  neceffarìo  al  Bloemaere  man^e  quel  rame  in  Fran* 
eia.  Tornando  ora  alla  tavola  del  Vannioo  »  ^li  figurò  nella  medefimt 
anche  un  S.  Niccolò  di  Bari,  ufando  la  licenza,  folica  a  per  metter  fi  a'pittorii 
di  pervertire  talvolta  l'ordine  de* tempi,  ad  effetto  ai  moftrare  efler  pro- 
prio de'  Santi  il  trattenerfi  bene  fpeflo  nella  conttmplazione  della  vita  e 
morte  del  Signore,  ed  efier  col  cuore  e  coll'affetto  laddove  non  fi  trova- 


néU'  una  e  nelr  altra  facciata  della  Croce  dipìgnere  per  la  famiglia  de'  Bonfi 


due  gran  quadri  di  Sacre  iftorie,  che  in  vaghezza  e  bontà  poteffero  bfen 
corrìfpondere  al  rimanente  dell'  ornato  della  medefima;  che  però  furono 
ali  osati  uno  a  Giovanni  Bilivert,  e  l'altro  al  noftroOttavio .  Rapprelèn* 
tò  ilprimo  il  gran  Coftantino,  porunte  la  Croce  del  Signore  ;  e^l  fecon* 
do,  P  Adorazione  de'  Magi .  Queft'  opera ,  per  morte  del  pittore  ,  réftò 
alquanto  imperfetta:  ed  al  poco  che  mancò,  perderle  compimento  fup- 
pA  Antonio  Ruggieri ,  ftato  (uo  difcepolo  \  ma  il  molto ,  che  vi  operò  il  Van-^ 
nino  di  Tua  mano ,  non  lafcìa  d'effer  ai  bello,  che  non  vengs  da!  profe£t 
fori  aflai  lodato,  particolarmente  in  ciò  che  all'arie  delle  tede  appartie** 
ne  {  concioffiacofachè  Ottavio  in  qiiefto  foflè  folito  di  premer  molto  »  aven- 
do avuto  per  coilume,  quando  doveva  rapprefentare. figure  df  uomini  di 
ftraniere  nazioni,  andare  in  cerca  ne' pubblici  luoghi  de' nazionali  ftefli» 
e  col  folo  vedergli,  prendevane  1'  eQigie^  e  fé  naiialeva  poi  ai  fuo  bifo"* 
gno,  cofa,  che  noi  fappiamo  aver  fatta  anche  il  cklebre  Paolo  Veronefe* 
Quefto  pure  fece  Ottavio ,  quando  ebbe  a  colorire  efiii  tavola  de'  Magi  *, 
ritraendo  pel  giovane  e  pel  Moro  ,  volti  di  orientali;  e  benché i  per  la 
Accia  del  Re  vecchio*  faceile  il  ritratto  d' un  noftro  contadino ,  chiamato  \\ 
Giuagiola,  fu  egli  uomo  d'afpetto  si  maeftofo,  che  akro  non  gli  mancava 
per  Sirfi  credere  un  Re  di  corona  f  che  lo  (cambiamento  de' panni  •  Dipinfib 
il  Vannino  per  lo  Cardinale  Carlo  de'  Medici  un  quadro  da  (ala-t  in  cui 
fece  vedere  la  bella  Racchelle,  che  dà  bere  al  mandato  di  Giaeob  eda'  fmoi 
eammelfi*  (^lefla  ftoria  arricchì  di  belle  figure  di  ienmiae  in  vaghe  atti*- 

tudini# 


ÙTTA  FIO  VANNIN-L  147 

indilli»  con  buona  eipreffione  d'affetti»  eeonifiriordintria  diligenu .  Per 
la  cicca  di  Piftoja  condofle  una  gfan  t8¥ola'»e  nella  parte  più  alca  figoriiMaT 
ria  Vergine  eoa  Geau  »  Sant'  Anna  e  San  Giovacchino  »  e  vaghi  Ange^ 
letti:  e<  da  baffo  Sema  Francefca  S^maoa  coH'Angdo  fuo  cuftode  »  ed 
uh  Santo  dell' Ocdine4e\Predicatori»  Edè  da  nocarfiicbe  mentre  egli  cot 
loriya  efla  tavola  »  un  geatiluomo  fuo  £iinigiiare  così  gli  parlò:  Sig.Ottat' 
vjo»  io  ammiro  fea^>re  voftro  valore;  ma  io  vi  prego  a  Ccufarmi»  a' io  H 
dico»  che  quel  Geaù  Bambino  non  mi  pare  che^fia  riuicico  molto  bene» 
Al  che  rifpofe  Occavio  :  Lafct  V.  S»  il  chiedere  Ccufa  a  ehi  fenaa  intelligen^ 
ea  dell'arte  aflbkitamente  biafima  l'opere  de'  maeftri  nelKarce  ;  non  do^ 
vendo  ella  addimandada  ^  mentre  fka  xrenfora  non  fi  eftende  pmito  oltre 
i  termini  del  fuo  parere»  e  iaCcia  luogo  al  giodieio  de*  più  penti.  Un^alh 

ino  nella  Ca 

quali  apprei 

ve  della  flèfla  Terra  d' Empoli  »  nella  Compagnia  di  San  Lorenzo  »  fu  pò*» 
fta  un'altra  fua  tavola,  ov'egU  aveva rappiefentato  il  Martirio  di  San  Lo» 
renzo,  benché,  non  rimandfTe  interamente  finita.  Per  la  Compagnia  di 
San  Michele  di  Poncormo»  piccolo  Caftellccto  vicino  alla  detta  Terra  in 
Alila  ilrada  Pifana»  è  di  mano  del  Vannino  una  grande  ftoria  dell' A  p-* 
parizione  di  San  Michele  Arcangelo»  rapprefencacavi  una  procelfione 
Papale  co*  Cardinali  ;  ma  quefla  pure  non  redo  finirà.  Nella  volca  della 
Cappella  de'  Brunaccini  nella  Nonziaca  actorno  al  Coro  fono  di  fua  mano 
un  Dio  Padre  e  due  Virtù, condotte  di  gran  manierale  con  gran  diligenza 
lavorate.  Per  la  cktà  di  Pifa  rapprefencò  in  una  tavola  il  Tranfito  di  San 
Francefco .  A  Francefco  Antonm  da  Bagnano  di^infe  più  tele  d'Apofioli^ 
che  ritticirono  lodatiffirae»  e  le  confervano  oggi  in  loro  cafa  l' Abate  Lo* 
renzo,  Simone»  e  Girolamo  Antonio  Cavaliere  Gerolbl imitano  fuoifi# 

f^liuoli .  Per  altri moltiluoghi  e  perfone  nobili  e  private  dipinfe  più  tavor 
e  e  quadri  a  oKo  »  che  per  fuggir  lunghezza  fi  tralafciano .  Ebbe  anco  il 
Vannino  uni  molto  foda  maniera  nel  colorire  a  frefco;  di  che  quando  non 
mai  altro»  fimno  chiara  tefiimonianza  quattordici  beliiflime  tefte  con  bu- 
llo e  mani»  rapprefentanti  Vefcovi  dell'Ordine  de* Servi,  che  egli  dipinfe 
ne' peducci  delle  volte  nel  chtofiro della Nonziata,  dall'uno  e  T altro  lato  » 
di  quella  parte  di  effo,  che  è  congiunta  alla  Chiefa,  le  ouali  per  certo» 
e  per  difegno  e  per  lo  gran  rilievo»  Gomparifi:ono  sì  belle,  che  piìi  non  pud 
defiderarfi.  Le  perfone  rapprefentate  fono  :  Fra  Bernardino  de'  Bartolom- 
mei  Fiorentino  Vefcovo  di  Tiferno  »  o  vogliam  dire  Città  di  Caftello  : 
Fra  Antonio  Aleflandrini  Vefcovo  di  Fondi:  Fra  Diontfio  dal  Borgo  a  San 
Sepolcro  A  rei  vefcovo  di  Siponto  :  Fra  Ipolito  Mafiari  da  Lucca  V^covo  di 
Mompelofo;  Fra  Mariano  da  Firen;^e  della  famiglia  de'  Salvini  Vtfcovo 
di  Cortona  :  Fra  Raimondo  Germano  Arcivefco  vo  d' Urbino  :  Fra  Luca  da 
Fulìgno  Vefcovo  di  Fuligno:  Fra  Matteo  de'Tefti  Vefcovo  di  Cortona; 
Fra  Francefco  da  Faenza  Vefoovo  di  Faenza:  Fra  Lorenzo  Opimo  Bolo«? 

fnefi^  Vefiu>vo  di  Trento;  Fra.Deodato  Bolognefe  Vefcovo  di  Ajazzo: 
ra  Roberto  da  Perugia  Vefcovo  di  Perugia:  Fra  Gio.  da  Siena  Vófcovo 

'  K  a  di  Faen- 


14^    DecenuJkdeUaPart I.delSec.V.dal \6io.al i6io. 

di  Faenn:  e  Fra  Francefco  cittadino  e  Vefcovo  di  Padova.  Dipinfe  pure 
%  frefco>  chiarofcuro»  nella  Real  Villa  dell'  Imperiale  della  Serenimim 
Granducheila  Victoria  della  Rovere»  fatti  d'£roi  di  Cafa  Medici:  ed  è  di 
tua.  mano  la  pittura  a  frefco  dell'  Ecce  HomOf  che  veggiamo  in  un  tabeiw 
nacolo  preflb  al  Convento  delle  Monache  di  San  Giorgio  in  fuUa  Cofta . 
Bflendo  Tanno  1638.  occorfoilcafò  delia  morte  di  Giovanni  da  SanGio^ 
vanni 9  a  cui  dal  Granduca  Ferdinando  U.  coiroccafisne  dell'avvicinarli 
il  tempo  delle  fue  Reali  Nozze  colla  Serenìffima  Vittoria  della  Rovere» 
era  flato  dato  a  dipignere  a  frefco  tutto  il  Salone  terreno  del  Palazzo  de' 
Pittii  fu  neceflkrio  far  ricorfo  ad  altri  rinomati  pittori  di  quel  tempo»  ac« 
dò  deflero  fine  con  lor  pitture  al  bel jpenfiero  fovvenuto,  ed  in  gran  par^ 
ce  rapprefeutato  da  Giovanni,  pereipreflione  de' gran  fatti  di  Lorenzctde* 
Medici  il  Magnifico^,  ed  al  Vannino  toccarono  a  dipignere  quegli  fpuzj^ 
che  fono  dalla  parte  delle  fineftre .  In  lino  fece  vedere  la  Fede» die  gli  ad<t 
dita  il  cielo»  onde  un  raggio  di  luce  fi  fpicca;  mentre  un  Angelo,  che  fta 
•pprefib,  tiene  aperto  il  libro  della  Sacra  Scrittura:  ed  iti  aria  fono  Art- 
■eletti  volanti, che  in  mano  rejggono  regie  e  imperiali  corone  e  tiare»  al? 
ludoiti  alla  gloriofa  fua  pofierità  :  e  nel  bafamento  è  fcritto: 

Sacre  moii  ina/zò  c$n  regia  mano  : 

S^uindi  fui  crin  ài  due  Kegine  i  Gìgli 

Fiorir  dà  Senna  :  e  qua  $  nipoti  e  figli. 

Regnar  grawÙ  fu  t  i/imo  e  in  Vaticano. 
In  akro  fpazio  dipinfe  Lorenzo,  che  adagiato  fopra  nobil  fedia,  nel  fuo 
Cafino  da  San  Marco ,  è  circondato  da  gran  numero  di  giovani  »  tenuti  a 
fue  fpeie*  per  avanzarfi  nelle  belle  arti  appartenenti  al  Difegno:  alcuni 
de' quali  tengono  in  mano  modelli  di  rilievo,  altridi  fabbriche,  altri  piana- 
te é  difegni»  mentre  il  giovanetto  Michelagnolo  Buonarruoti  gli  fa  vede* 
re  la  fua  beila  tetta  del  Satiro ,  primo  marmo  lavorato  da  lui  in  età  di  quin* 
dici  anni,  che  oggi  nella  Real  Galleria  fi  conferva:  alla  quale  egli  applau* 
difce  con  graziolo  forrifo:  e  nel  bafamento  fono  ferirti  gli  appreflb  verfi  : 

Marmi  e  bronzi  ammirar  vivi  efpirami. 

Ed  in  tetefcolpiti  effètti  e  moti» 

A*/ccoli  vicini  ed  a  i  remoti  » 

Del  magnanimo  cuor  fian  glorie  e  vanti . 
In  altro  fpazio  finalmente  fece  vedere  la  bella  Flora,  chefiede,  con  un 
putto  appreflb ,  ed  ogni  Corta  di  frutti  e  fiori .  Accanto  a  quella  è  la  figu- 
ra della  Prudenza:  e  nella  fuperior  pane  fon  due  putti  in  vaphi  atti  $  al- 
ludenti all'Invenzione ,  e  nei  bafamento  fi  leggono  i  feguenti  verfi: 

St illaro  alìor  le  nubi  alme  rugiade  f 

Né  più  le  Mufefofpirar  Permeffit: 

E  ne'  Regni  di  Plora  Apollo  fiepo 

Scefe  a  cantar  P  avventurofa  etade  .^ 
Nella  quale  opera,  filtra  a  concorrenza  di  Giovanni  da  SanGiovantUt  che 
avea  in  quella  regia  Sala  fatte  apparire  opere  di  fua  mano»  si  moftrò  non 
meno  il  buon  difegno  e  la  diligenza  fua  lolita  ,  che  vaghezza  di  colorito. 
Molto  gli  mancava  ancora  a  condnr  queir  opera  a  fuo  fine  1  quando  da 

^    .  perfona 


^^ 


or  TAVl  0     VA  NN IN  1.        ^49 


ledila  (»ni  «1  Otsndocft  fii  ricèrcfttodftTorce  a.^inignere  una  eaHaecà 

terrena  à^  una  fua-oafii^  ^'  ^^^91  ^^  novàménee  fabbricata.  ìa  Firenze  «. 

Egli ,  che  GortefiftdiO'era  »  tifpof^i  Be^  pocete  rat  aver  conolciuco  damol^ 

ti  fegnif  cheia  hoetfòdi  wv^itvi^  mentre  ho  facce  .per  voi  ttnc'opem 

di  mia  mano,  lafciandoiiealcrei  che  pure  molto  mi  premevano;  .paàac.<H 

cercatevi,  che  farà  mio  penfiero  il  fodiafasrè  a  roftra  dimanda .  Tanto  ha- 

ftò  perchè  l'amico  s*  invogliafie  a  fegno  cale; di  veder  fua  ftanta.  dipinta» 

che  potè  ottenere  dal  Granduca ,»  che  alla  pttcura  del  Palazzo  fi  deflè  ripOi»' 

fò,  e  chodat  Vannino  a'andaflfeadipigner  per  effo«i  Por  tatofi  dunque  a 

quella  cala , -Viide  che  la  camera  era  murata  ta^o  difrefco^^che  noagU 

era  poffibìle  il mecaec mano ail^* opera»  fenza. eriderM:e  pericolo  di  fua  u^ 

nità;  onde  difle  alla  pecfiMa^»  che  conveniva iafekrla  alquanto  afciugarer 

frattanto  avrebbe-  iitti;  r*  eartòrii  :*  ^e  £e  ne  tornò  al  lavoro  del  SiJane  j 

Non  erano»  ancor  pallbrS  fé  non  pochi  |;iorni  ;  che  V  amico,  poAolLunft 

mattina^  a  biè' dtll^ico'Y  ove  Oc cavio Ma  Palazzo  dipigneva  ,.  comineiò' 

conmbéò,  in8iiche.no];  impetuoso,  e. minacciance,  a  fingere  il  pictore 

a  pei^  manoaHapitcuraJdi  (uataiutra;  foggiugnendo»  non  pcergli,  cbe^ 

per  tale  effe€co<dove(Ie  egliafjpettare,  eh*  ei  fi.vale({e.d'  alcri  mezzi  »  chfir 

degli  adoperaci  fiiio  allora  i  Ma  Ottavio  a>n  ifiraordinaria  flemma  rifpefer 

non  aver  mai  per  ièrvirlo.  aviyco  bifognodi  .mezzo:  alcuno  ;  ma.che  exft. 

iua.  voloncà  il  fervire  a  lui,  non  alla  iua  furia:  con  che  volle  fargli  bea 

eonofcere,  chelaibvecchia^pafiiooe,  non. egti  fteflb,  era  quella. che  cratr 

teneva  quell'affare.  L'amico  fi  pare);  .ma  avendo  replicate  Tiftanze  al  Se*: 

f^iflimo  Fadro^e*^  fu  dopo  poche  ore,  per  méczo  dì  perfona  di  qualità». 

parlato  «1  Vannino  e' detcdgli ,  eifer.  volontà  éalSereniwmo,  che  quellajtaL 

perfonat£b({eTervkaf  rifpande^però  queliO£h*ei.determinava  difare,  icot^ 

mandi  de^  Sovrano^  r ifpofe  Otcavio  ,^ebbonfi  efeqoir e ,  anche  a  coftp  delln! 

propria  vico  ;  ed  io^  fon  pronciflimo  a  fare  il  fimigliance  ;  ma  vorrei  però  »  che 

tolrapprefencaftea  Sua,  Alcezza-^  che  qucH'uomo  vuol  ch'io  dia. a  dipi^i^ 

gnere  per  lo  fpaziò  di  quan.ro  nxeii  continui  in: una  fua  ftanza  murata  di 

pochi* dì,  nella  quale  egli- non  iftactbbe  per  lo  fpazio.di  tre  quarù  dVua 

ora- interi:  poi  tornite  da  me*con nuovi  comandamenti  dell'Altezza  Sua^ 

che  farai  mia  patte  P obbedire.  Laquàl  cofaintefa  da  quel  clementiflimo* 

Principe,  fece  sì ,  che  del  lavoro. della  camera,  non  maipiù  fi  parlaflTe  :.  e  *t 

Vannino  tirò  avanti  la  fua  opera :delià  Sjaiajdi  Palazzo.  Con  che  volle,  far*»- 

ne  conofcere  quel  Grande  •  che  dobbiamo  bensì  rfcercare  gli  uficj  de' 

Sovrani  in  ogninoftFobifogni>e>defiderìo,/ma  non  abufare  i  medefimi  ini 

appagamento,  di  noftrafregolaca  volontà.  -       .^ 

Tornando  ora  all'  opere  del: Vannino»  egli  pure. nella  foprannomi-* 

nata  Chiefa  di  San  Michele  fierteldi.  dipinfé  a  fiefco  per  la  famiglia  del. 

Ròflo  nella  loro  Cappella  la  prima  a.manodeftra.entrando  in  chiefa,  tutt^ 

h  volta  colle  tre  lunecte,  rapprefentandovi.  npÀro  Signore  Gesù  Crifto. 

nella  fpa  Glòria,  che*  ftandò  a  braccia>  aperte*,  e  coagOiocch]  volti  verfo' 

lateiTa,'pare  che  ftia  godendo  delia  nobile  vittoria  di  Sani!  Andrea  (uo 

Apoftolo,  il  cui  martino  viene  efpreflo  nella,  tavola ,  che  q  (opratali' Al*: 

tire  :  nelle  tr&ltmerte  dipin&.akauii.  Ajigeli.:.La  ^avoifc  pACe^del  ^i^iitfA. 
t:.  I  K  3  Andrea 


t^a  DecemiJt.deìIàPàrtldetSéc.y.iM 

jfcndret  fii  inventata  e  abbosséta  d» Jni  meiftfiao^ iipcoiiie  i  dae  fda^^i 
a  olio>  cheli  vigono  dai  lmAdU^CM^Ìlà,m  im  de'  qa»E  è  San  Gio-r 
vambatifia»  lÉf  atto  di  addkaK^it  Signora:  .e  neir  aitro  lo  fldTo  Signorei 
che  chiama  San  Pietro  dfUa  baica;  na  eflèndo  Taano  i6jtì.  occorfo il ca(b 
della  morte  del  Vannino»  tamo  alla  tarala  »  cht  a  idiie  ^oadrìfudato  comt 
pimento  dal  (bprannominato  Afitcxcito  Rug^eri»  Diptnfe  ancora  |i  frefeo 
U  Cappella  dello  Scarlini  d'Empoli»  deUa quale  di  fopra  lucemmo  men^ 
anione .  Vedefi  nella  vol^  un  Dio  Padre  con  atcum  Angioletti  »  e  più  baflb 
ìrqfiiattro  Evangelifti»  il  tutto  £itto  con  gradr  fodezza  e  dil^nu .infieme  ; 
è  certo  che  a  que^  può  darii  luogo  firalie  più  beUe  oofe»<(^he  véggonfi  di 
mano  d' Ottavio .  Fu  Ottavio  Vannini  vakot*  nomo  nell^  arte  ma»  dife^ 
fjàò  benHfimo  *  e  con  una  certa  morbideBa  »  ^  eoo  un  ritrovar  di  mufcoti  » 
e  toccar  di  panni  »  che  fk  conofcere  congiunu  a  grande  iotelUgenza  U114 
aggradevole  delicatezza .  Fu  nel  fua  dipisnere  diMgentiffimo  »  e  per  Io  più 
«aò  tornare  e  ritornare  £bpm  una  oota  u>la  tante  voke  >  che  fbrfe  meno 
fiiriabaftato;  e  daquefto  per  avventara.pQtè  addivenire  »  che  le  Cue  opere, 
tbtcochè  corredate  di  varie  eccellenze »ed  cfaminate  a  parte  a  partenti  trofc 
Tino  fenza  errore  ;  concuttociò  vedute  tutte  d^  un  pezzo<>  moOrano  un 
non  fo  ohe  dei  duro;  e  queflo  pare,  che  (lpoÌ&  dire  T  unico  difetto  di 
qoefto  artefice .  Fu  dabbene  aflat,  quieto»  paci  fido  e  rifpetcofo  :  qualitadi« 
eh'  ebber  forfè  principio  da  un  naturale  timorofifikno;  mft  efercitate  poi 
Ài  una  buona  volontà,  e  da  altre  belle  doti. dell' anioiolba.  Fu  bensi  tanta 
abbondante d^ ingegno  e  di  giudizio, che  con  tutto  il  fno  rispetto  e  timor 
se  (eppc  eoa  arguti  detti  e  con  £ivie  rìfpoike.rtnfLuzzar  la  petubftza  e  Tafw 
diredegl'iadifcreti»^  come  im  parte  abbiamo  di  ifopca  moftrato;  e  come 
particolarmente  occorfe  neU'efiergli  Stsmo  ràcxsomaco  una  vòlta  il:  tsgxmnf^ 
ce  cefo,  cioè:  Che  Giovanni  da  ^m  Gio^^aiìfii  (alla:  ftravagan^a  del  cui 
oervetio  fempre'  fovveoivan  cofe  torbide  >.fanta(Uchei  o  come  fuol  dire  il 
volgo  r  fgsinghéTatìffime  )t  a'era^  mt^flb  ad  empiere  un  certo  fuo  foartafaccii» 
d'alcune  fue  compofizìoni  in  fuiio  ftik  de^Ragguagli  di  Parn^fo  di  Traiano 
Boccalini^  libro  notoi  e  pure  allora  novamente  ok ito,  e. con  nuov^.gg- 
giunte  f  alta  luce«  e  con  tali  componimenti,  fenz*  alcun  rifpettOi  aVova 
oreib  a  derìdere  tutti  gii  artefici»  che  in  fuo  cempo  maneggìavan  pennel* 
lo  in  Firenze;  e  che  fra  quelli  aveva  dato  luogo  anche  a  luì,  fiogendo  efl'er 
venuta  nuova  di  Parnafo ,  cooie  egii  un  giorno  fofle  ftato  viiltato  da  certi 
lettori ,  a'  quali  avrebbe  pure  voluto  far  cortefia  d'  un  poco  di  i'infre£cQ9 
ma  efiendo  ftato  colto  airimprovvife  ,  poco  altro  aveva  m^flTo  loro  in  ta* 
Vola»  che  un  bel  pezzo  di  magherò  di  bue  fceddo» avanzatogli  al  definara 
della  mattina:  e  che  a  quefto  s'avventarono  quei  pittocitcome  a  vivanda 
a  loro  confacevole  e  di  tutto  lor  gufto;  la  qual  colà  veduta  dal  Vannino  # 
per  defiderio  di  dar  loro  più  nell'umore ,  tolto  di  tavola  quanto  era  rimafo 
di  quella  carne,  rifriflèla  in  padella ,  e  tornò  a  porla  loro  innanau  :  e  che 
tanto  badò  per  fìir  sì,  che  i  pittori  di  fubito  abbandonaiTero il  mangiare, 
con  dire  ,  piacer  loro  le  cofe  come  vengono  alla  prima  cottura,  e  non  rU 
fritte,  con  che  avea  voluto  moftrar  Giovanni  il  poco  concetto  eh'  egli 
afVea  degli  alcfi  latori;  che  il  canto  risoccarjchc  €u:cviril  Vaimiao  Top^m 
^    -  fue> 


•  '«  ..   y  ;    .  ì  .*.« 


OTTAKIO  If'AKirtm.     .  ?.  ifi 


nonrioccnoiaiafto  hoi  dì  lotcoicriTftrci  iA.bi^iimQ^difqia^lU'M^ilipc/uoi^ 
Occtvio  d«bqwéenttoa;dò  rtedontUK^eoQ  futAacA^^  ftesmfi  iquisM 
a  fentfr  k  novelletta:  le  poi  colfe.m«de<mrifpofei  Verafneoce  ha  lacco 
bene  Giovanni  à  matt^fi  m  qneffidcimoa  tMc^Kii^e  aUft^BocGaUna»  .|icr« 
ehè  così  farà  egli  rin  ogni  cola  fiìAiie  a  fé  fttoflò;  meiicre  vede,  ogn'  uomo 
cIms  ha  ingegno  t  che  egli  da  gran  tempo  in  <)uà  anche  ba  cominciacQ  a 
dipignere  alla  Boccalina  :  e  volle  dice*  che  Giovanni  avevji  daco  principio 
ad  tifare .^uel  modo  di  dipàgnere,  di  cui  iervonfi  coloro,  che  a  Mont«>]ut 
pò  e  altrove  dipingono  i  boccali .  Ed  in  vero»  fé  vorremo e&minare  T  uno 
e  r  altro  fentimento  »  e  di  Giovanni  contra  il  Vanninp».  e  del  Vat>nXi)o 
conerà  Giovanni,  troveremo  più  appropriato  al  vero  qvel  del  Vaniùno^ 
che  quello  di  Giovanni;  perchè  il  primo  co)  rifare  le  cofe  fue  le  perfetiov 
nò  talora  a  gran  fcgm>«  e  quando  non  mai  altro  #  andò  cercando  d^l  me« 
glio,  benché  talvolta  noi  uovafle;  ma  il  fecondo»  a  cui  diede  natura  un 
rairabil  genio  a  quatte  arti  re  che  anche  coodufe  molcidiine  opere  degne 
d'ammirazione» non  che  di  lode;  dipoi  forfè  di  Aio  fapere  invanito»  da^ 
toG  a  ttrapazzarCf  facene  ancora  in  sran  numero, che  foJamCnte  dalia,  ftol^ 
ta  g^nteiono  avute  in  concetto  di  belle»  non  per  alerà  da  loro  conofcior 
ta  qualità,  che  per  quella  dell' effere  fiate  fatte  da  Giovanni  da  Sa»  Giot 
Vanni  ?  e  fon  quelle  per  av v oficcira ,  che  vedute  dal  celebre  Pigerò  da  Con» 
tona  »  gli  fomminiftraron  materia  per  dar  ftK>ri  quel  bello  e  moraliflimo 
concetto;  cioè  a  dire»  cflèr  quelle  «  a  Tuo  credere»  quel  If  opere,  che  Gio* 
vanni  aveaiatm  dopo  eh!  e'  a^  era  avvifio  d' effere  «a  valenci'  uomo» 


^  « .  j 


Wi  fti      ì    i>  iw    JUllti  I    ijm     <■■     III      il  IjKiJliiHi    iniii.  .ijl    I    I    j  I  H^w^w^^"%yiiwiT—i p^ 

GIOVANNI    LANFRANCO 

PITTORE    PARMIGIANO 

Dtfiepoh  d'Ago  fino  Canacci ,  tialo  1 58 1 .  -élf-  X  ^47.       \ 


•  •        »  -  .  •      ./  \ 

Rafi  Giovanni  Lanfranco  iin  nel  tempo  di  fua  fanciuUezzat 
fenaa  alcun  penfiero  di  faffi  pittore»  partito  da  Parma  fua 
patria»  e  portato  nella  città  di  Piacenaa»  dove  in  cafa  del 
Colite  Onzio  Scotti ,  Marchefe  di  Montalbo  »  eraii  accon 
nuxlato  -••'''••"• 


mrwy.  W*  :  i^irito  »  o  forfc  da  efemplo  d' altri  fuoi  coetanei»  incomin» 
eàò  a  dar  luogo' in  (e  fiefib  a  ai  grande,  aquioe  a  cofo  di  pittura  e  dif^gnov 


ieiNBa  aletta  maeftro 
danno 
eon  carbcme 


degrioKpieghi  di  fua  carica  )  tracaefieviifi  in  rapprefpntare  io  cartt^ 
~..  ^wxbone 4 eanche  <bpra . leiteflè mum^ei»  :f ne  faotafie e  capricci t  e  una 

votcafraiPalfrexU  quafie^medaiidié  AMè  )mfregMid!iiii«iiitfCA.flam(sta4i 

^ .  .  K  4  e  non 


t$i  DecemUMaPé^i:kdeiSU.^^ 


che  cai  lavoro  drevacondotcov"  Ticiiiò>  egli  for^e^i^ -cai  clonutoda»  e:)aetcefi 
cmifofd  e  cheto  ;  ma  il  cortefe  Sicure,  rion  foM'^afficutò^  e:fecegU  aisiL» 
mo  ^  finir  t^  opera  ^  e  noi)  voleiiito  r  »chó<in:iuiifii]>erde(fe:un  A  b«b<km6 
di  natura»  raccomodò  appredb  ad  AgòftiiioCafracci ,  che  appomoifi  tco^ 
¥ava  in  Ferrara  a' fervigj^el  Duca  RamiccioJ  •  Stette ^  il  Lanfranco  ap«> 
pìreflb  a  tal  maeftro  alquanto  tèmpo»  e^fìnchè^ncomìnciò  a!  dar  foori  pio? 
ture  di  propria  0Mtno^  e  fulafùa  prhw,  una  tavola  d'una  Vergine'coapiù 
Santi ,  che  allora  fu  pofta  nella  Chiefihdi  Sant'Agóftiao  di  quella  città  •  Die*- 
defi  a  far  grandi  ftodj  datt' opere  del  Core^io»^  particolarmente  da  quelli 
della  Cupola  di  Parma,  fermaiidpfi  con  «odo  particolare  aeU' ìmicazioos 
della  bella  facoltà  >  che  pofledò  quel  srànde  artefice  nel  rapprefentar  le  fi^ 
gure  in  veduta  di  fotco^n  sii,  roiito<ure>ché  non  bada»  che.il  pittore  in^ 
tenda  bene  la  prospettiva,  e  fappia  con  regola  ben  mifurare  le  figure  in 
tltQ ,  s'egli  non  le  fa  accompagnare  da  una  certa  grazia  nel  movimenco^t 
che  le  renda  amabili;  co  fa  dal  Coreggio.  aaravìgliofamente  ofiervata  :  il 
quale  ftud io  fruttò  poi  al  Lanfranco  l' aka  £ama ,  chi  egli,  feppefi  fèoipre 
raantenepe  in  sì  fatta  perfezione.,  della 'ouale  egli: arricchì  iempre  i*  Qpere 
fue  *  Seguita  la  morte  d'Agoftino,  elTenao 'Giovarmi  in  età  di  circa  «.a.  20» 
anni,  fi  poitò  a  Roma,  e  nella  feuola  d' A^nnibale  ftce  gran  modra*  di  Tua 
virtù;  onde  fu  dal  medefimoacioperato neiiepitcuce  d'una  camera  del  Ca** 
ftna^n^l  Palazzo  Fa4::nefe  air  Arco. di  Strada  Giulia;,  a  fu  queftg  la  CAf^/^fA 
de'  Roooitì  peiuteiìitf  ^  nella  quale  fu  folitail  Cardiha^diu4)ueik.Cia(ii  cxf^7 
tenerfi  fovence  a  fua  devozione ..  In  Roma  (ludiò  1'  opere  di  Raffaello,  e 
ìfirfieme  con-SiftoBadalocohiiRtaglièaiU-^cqua-fogte  gran  partedelle  Logge 
Vaticane,  dedicandole  ad  Annibale  loro  comune  maeftro.  Dipoi  per  lo 
CardfhaierSajnnèfio;  nelTuò  Caiiuo  d^BorgcS  diptftfefi  d^fCòTiUcune*  Tolit 
te  iftorie  del  vecchio  Teftaaieiito.«  ìe  alcrQ.opefe;fe.i:e^^rVo'metìeftm^ 
a  olio.  Incanto  fegui  la  morte  d'Annibale,  a  cagione  della  quale  fecefi 
luogo  al  L(anf;anco  (|i  fqrnatfené  aljb  patria  *  cH>ve  peJ)aC|hi^fa.del  Batte- 
fimo  dipinte  la  beila  iftoria  del  martirio  di  SanV Ottavio.  Falrtì  da  Parma 
alla  volta  dlPiac^nza^  dove  in  Santa  Maria  di  Piazza  cq loti  a  olio  e  nj^efco  ; 
e  anche  «n  San  Naz/aro,  córrendo  allora  V  anno.ìòìo.  *'^Fece  ne|  y^iomo 
il  bel  quadro  delia  morte  di  Sant'Alelfio ,  e  altre  cofe ,  che  tutte  (i  godono 
pregio  d*  ecèciténza  fra  quelle  d'altri  pittori  di cbiarilliàkd  nome.  Fece 
Cofìofcére  altresl-jl  valore  di  fuo  pennelloln  d4je:fiav6le  per  San  Lorenzo, 
e  in  divertì  quadriceli'  egli  conduire<pel  Conte  Scqtti.  Tornatofene  1 
Rvtfma  fece  la  beila  tavola  della  Chibfa.  delle  ^Monachi  di  San  Giufeppci  là 
q;ùai#'gli  prodaeoiò  fama  di  gi^an  pittore  vtmtòchègUfurbotlatea  fare  n(ll4 
Gabpeila  de' Buongio vanni  4n  Sant^Agoftinb  ffer  eotroià  Volta  di  efla Cap'* 
fella,  il  ^iédolb  quadro  a  olio  fopra  l'altapeii  e  le  pitture ^etlerpartl  la tfe«. 
«ali  n«t4a  Muraglia  J  Nel  P^lkzao  P^otificipaiMbnté  Ouvai]bi:ebbe  i  d(^^ 
^ignere  nel  fregio  dell ar  Sala  Regia  la  fìoria  di*  Moisè  del  miiiicolo  della. 
>^rga^- tramutata  -in*  ferpence^:  e  quella  del  Sacrifizio  d'i^bramo^  e  quefta 
fur  ordine  iklla-Santici^diiFapa  Paolo  J/.pier:i(oìoiuè  deUquale  dlpkife 
•  ^»A  '^  V  -^i  anche 


«àehe  in  Sthu^  Matrix  Maggiore  nella  fm  Oppella  »  fottò  Inarcò  (inxffrb»  tà 
figura  di  MaKa  Vergine  9  in  hiogo  ond' era^  ftaca  totcana^pìttura  deiPAn^ 
jgiolo,  dipintovi  da  Giiido  Reni  »  -in  etto  di  porger  r  abito  d  Santo  Idei- 
tenfo.  Drpinfepoi  la  Cupola  di  Sàiiif  Andrea  della  Val  te,  dtftimta  gii 
«1  celebre  Dittai  e  DomenidìSnò,  che  vi  aveva  fatte  l'opere»  che  nel  le  ììo^ 
xizie  di  tale  artefice  s*  è  detta.  In  quelle  pitture  puote  afJFeroiarfi  vera^ 
«ente ,  che  il  Lanfranco ,  non  foló  fuperàile  di  gran  lunga  fé  fldlb  ;  mi 
ch'egli. eiponeiic  aUa  villa  degli  ftudiofi  delFarte  una* nobile  idea  di  qtiet 
bello,  ai  quate  pare  che  polla  giun{|ere  in  cevco lùodo  1'  arte  medéffmaj 
Per  ia  fteflà  CIii«£i  colorì  il  bel  quadro^  delBeato  Andrea  v ih  abito  Saéisr^ 
dotale,  e  ìiella  piìi  alta  parte  del  medfefitno  là  celefte  Gloria .  E'  betlHfiaid^ 
lavoro  dlfuo  pennello  la  tavola  del  maggiore  Altare  deXappucèinh-  éy^ 
èMmmacolata  Concezione  di  Maria  Verigne;  e  quello  aitresi  diHa' Nati-^ 
vita  dei  Signore.  Sono  anche  opere  delle  fuo^naoi  le  pitture  délift'Gttp^ 
pelia  del  ^cra mento  nella  B^filica  di  San  Paok>  fuori  delle  mura,  con  i^-^ 
coni  quadri  a  olio^  i  quali  poi  furon  levati  >  e  podi  in  Sagreftia  ;  e  '1  tutto 
eondufie  di  $\  buon  gufto,  che  meritò  d' efièfe  iitìpiegàtò  da' mlniftìri  della 
Fabbrica  *  per  f^re  una  delle  tavole  della  Vaticana  Bafilica  { e  fu  qdélla  di  Satt 
Pietro  eke  cammina  fopra  i'  oiule  marittime:  ed  ebbe  luogo 'ove  prima* 
«ra  quella  di  Bernardo  Cadelio ,  la  quale  dal  tempo  era  Hata  corrofa  e  guà* 
flii.  Intanto  diede  opera  a  finire  i  cartoni  de'  Mufaìci  pe'  peducci  della' 
Cupola  di  SamLeone,  ne' quali  figurò  San  Buonaventura  e  San  DionHio:' 
e  dipinfe  a  frefco,  con ifiorie  della'  Pallionodel  Signore»  la  Cappella  del' 
Crocififlb)  eia  Cupola,  in  San  Giovanni  de'  Fiorentini,  per  quei  della 
Cafa  Sacchetti»  color) pure  nella  Cappella  del  Crocififlo  li  due  quadri  a  òlio' 
dell'orazione  nell'  Orto,  e  la  caduta  del  Signore  fotto  la  Croce»  colle 
lunette  della  medeiima>  e  la  Cupola,  in  cut  fece  vedere  la  ihlita  di  lui  at 
fuperno  Regno .  Dopo  avere  egli  condotte  queft'  opere  ad  inftanza  del 
Padre  Muzio  Vitellefchi,  Generale  della  Compagnia  di  Gesù,  fi  portò  a 
Napoli,  dove  in  tempo  di  i8.  mefi  dipinfe  la  Cupola  di  lor  Chiefa:  poi 
per  lo  Abate  della  Certofà  di  San  Martino,  ebbe  a  fare  le  pitcure  della 
tribuna  e  volta  della  nave,  in  tefta  dèlia  quale  rappreCentò  ia  Crocifiilio^ 
ne  del  Signore  :  e  vi  colorì  da'lati  delle  quattro  fìneflrc>  e  nc'triangoli  fo- 
pra efTefìiteftre,  più  figure  [a].  Finito  queAo  lavoro^  meffe  mano  a  dipigne* 
re  nella  Chiefa  de'Santi  Apoftoli,  le  bellifiime  cole»  che  vi  fì  veggono  di 
fua  mano.  Segui  intanto  la  morte  dì  Domenichiiio ;  edeflendo  ftatebuc^ 
tate  a  terra  le  pitture,  ch'egli  aveva  fatte  nella  Cupola  della  Cappella  del 
Teftfror  fu  data  incumbenza  al  Lanfranco  di  rifarle  ;  è  però  vero,  che  fe«  ' 
condo  il  parere  degi'  intendenti ,  egli  »  in  quanto' appartiene  all'  accorda*- 
mento,  vi  riufcì  alquanto  inferiore  a  fé  fteflb.  Per  altre  chiefe  e  luoghi  ' 
pubb'Iibi  e  privati  di  quella  città,  altre  cofe  dipinfe  a  olio  e  a  f refco »  die  * 
per  brevità  fi  tralafciano.  Dopo  Tanno  1(546.  avendo  già  il  Lanfranco 
fatto  ritorno  a  Roma,  fegù)  la  Rivoluzione  di  Mafaniello,  nella  quale' 

molte 


rtM0«H 


[a]  Qitefta    khfaJftafa  tMét  modeméme^iti  rifatiéi  (^  JwrMtié  pir'M  k  dttté 
tmu$$  0  f re  fio . 


1 54  DecmJl  dcHé  PérfJ.  ìlei  Set.  V.  Mi  610.  al  1 620. 

Ifiolte  opere  4i  queftff  digniflimo  artefice,  e  &a  qaefte  la  tielk  GalleHa^  cht 
figU  aveva  dipinta  per  lo  Dupa  di  Macalona »  a  fùria  di  popolo. fu  data  iifi 
preda  alle  fiamme  «  In  Roma  dipmie  intanto  la  Tribuna  di  Sùn  Carìoéef 
iCatinarj  »  che  fu  appunto  l'uidma  fua  fattura;  perchè  venuta  la  Fefta  di 
^ael  Santov  alli  ap.  di  Novembre  dell' anno  1547.  egli  diede*  fine  al  Aio 
Operare  ed  al  tuo  vivere,  correndo  egli  l'anno  feflTaxitefimoiefto  di  fua  etit 
f  nelU  vigilia  del  gloriofo  Sant'Andra,  il  cui  Tempio  aveva  egli  col  foo 
pennello  tanto  abbellito,  quanto  ógnua  fa  «  Fu  al  Tuo  corpo  data  fepoltùra 
i^^lkC^hie^a  dir S.  Maria  ipTrafte vere  •  Rknalè  un  fuo  figltilolo»  chiamato 
Giuijis^pe,  al  quale,  fe^ficonfiderano  i  guadagni  fatti  dal  padre  »  reftairono 
f(^^ipcri  faculOBtdi ,  a  cagton  non  pare  della  fpe(a  >-  a  che  obbligoBo  in 
yiui  (a  numerora  famiglia,  eJa  geoftro&cà  delj' animo,  coUa  quale  egli  fa 
folito  trattare  ^Si  e  fé  med^imo.  Tenne  Lanfranco,. fino  ad  uir  certo  fe<* 
gno:,>le  QMi^ieradelCarracci,  fé  non  quanto  nelle  dilpofiisioni  volle  atte#* 
Berli  al  modo  del  Coreggio ,  fcoprendo  nelle  fue  pitture  alquanto  di  pia 
ardire  di  pennello  «  S'aecoftò  molto  «1  naturale.  Difegnò  per  lo  più  coti 
gkQo  e  cariyme,e  talora  con  acquerelli,  ma  con  tanta  facilità ,  cbe  fu  ooim 
«larat ìgliofa  :  ed  ebbe  un  non  (b  che  del  Angolare  ncW  accomodaménaò 
de'  pofini  delle  ftte  figure ,  Scendo  apparire  in  elle ,  poche  -ma  bene  ^ac4 
conce  pieghe,  e  fenza  apparente  arcifiaio  fecele  apparire  natiimli» ^.  ve# 
le.  Recarono  alcuni  fuoi  difcepoli,  fra'  quali  Francefco  Pervier,  che  fu* 
quegli  che  diede  fuori  il  bel  libro  delle  Statue  e  de'  BaffiriHevi  antichi  » 
di  fua  propria  roano  difegnati,  e  tnftaglìati  all'acqua  fisrte .  >  Queftì  por^ 
tacofi  a  Parigi  dipiiìfe  la  Galleria  di  Monf  la  Urilere,  Segretario  di  Stata 
del  Re,  della  quale  riportò  gran  fama. 
'  '  •  •  .'.'■»-■ 

ART  E  F  I  CI 

CHE    FIORIRONO  IN  QUESTI   TEMPI 

> 

NELLA  CITTA  DI  GENOVA  E  SUO  STATO . 

Rlufd  in  quefti  tempi  aflài  lodato  pittore  SINIBALOO  SCORZA ,  ntt 
00  di  Giovanni»  nel  luogo  di  Voltaggio»  da  efla  cicti  poco  diftantt^ 
Quefti  da  giovanetto  •:  da  Batilta  Parrofiq  cenuto  in  fua  danza  »  ne'  tempi 
folamente  che  gli  avanzavano  agli  ftud  j  deiP  umane  lettere,  giunfe  a  operar 
A  bene  in  difegno»  che  il  padre  Tuo  ebbe  per  beaa»  levandolo  da  ogni  alf^ 
tra  a4>pIicaziooe  »di  mandarlo  ad  abitare  alia  città  »  appreflb  a  Giovambacifta^ 
Faggi»  che  (corca  la  di  lui  inclii^aione  a  ritrarre  ogni  forca  d' animigli  e 
di  fiori  g  molto  contribuì  con  {^opria  affil^enaa  alle  lue  lodevoli  facicfae  « 
Applicofii  poi  il  giovane  a  contraffare  con  penna  le  carte  ftaropate  d'Al- 
berto Duro:  e  iecelo  in  modo^che  i  pittori  Ueflì»  o^iii  qualvolta  egli  non 

riflettevano  <U  milldfimo»  cbe  lo  Scorsa  eia  fotito  ». notare  in  ogni  fua 

copia» 


tmiBALDQ    SCORZA.         Ì55 

copiai  pigliavanle  per  originale*  Attefe  coftui  per  gran  tein|K»  a  dipigiM» 
re  vafcelli»  in  fuila  maniera  del  Serrano  pittore  Milaneib;  ed  in  queuo  m^ 
coraficcome  in  pàefi  bene  adornati  di  figure  »e.nelia  miniatura»  giuaie  agua* 
dagnarfi  non  poca  fama  appreflo  a  i  grandi»  che  molto  ricercarono  fo9 
Àtcuret  per  ornamento  di  ioroftud)  e. gabinetti .  Refefi  perciò  anche  molto 
amico  de*  poeti  del  Tuo  tempo  i  perlochè  non  lafciarono  con  loro  inge«» 

Snofe  rime  di  celebrare  la  virtù  di  luì.  L'apno  1619.  chiamato  alla  Corc^ 
i  Sa?oja»  parti  a  i]uelb  volta:  e  quivi  per  quel  Ouqa  &oe  opere  molte  r 
particolarmente  di  minio:  e  molte. ancora  ne  conduflTe»  che  foron  man« 
date  air  Imperadore»  e  ad  altri  Potentati  d'  Europa.  Occorfo  poi  Tao-» 
no  1625.  il  cafo  della  gran  guerra  »acceM  fra' Genoveil  e  i  Sa vojardi , egli 
parti  da  quel  luogo»  e  alla  patria  fi  conduOèt  ove  tali  e  tante  perfecuzio» 
ni  incontrò  per  opera  d*  invidiofi  profeiTori  dell'  arte  fua»  che  fiiron  ba^ 
fianci  a  farlo  partire  di  Genova  con  fuafitmiglia»  e  ricoverarfi  nello  Stato» 
di  Mafia»  ove  cortefemente  fu  accolto  dalla  demenza  di  quel  Principe: 
finché  riconofciutofi  il  vero  delle  falfe  iuipuuzioni  >  fu  egli  abilitato  a  fi* 
ilire  il  tempo  del  fuo  efilio  per  entro  la  città  di  Roma»  ove  pure  fece  ve« 
dere  opere  dcgniffime  di  iuo  pennello.  Tornato  a  Genova  attefe  al- 
quanto  ad  intagliare  in  rame  alcune  piccole  figurette»  con  bei  capricci 
ed  invenzioni,  finché  aflalito  da  maligna  febbre  nel  quinto  giorno  d' Apri- 
le del  163 1.  correndo  l' anno  qoaranteiimofecondo  di  fua  età»  rendè  e^i 
V  anima  al  fuo  Creatore . 

Ebbecoftuiun  fuo  fratello» chiamato  GIO.  BATlSTÀ»il  qualeavendo 
fi^  luogo  tempo  attefo  all'arte  dell'  orefice»  poi  apprefib  a  Luca  Cambiaib 
diedefi  aiKh'euo  a  lavorare  di  minio:  es)  bene  imitò  ipiccoliflimi  animali» 
cioè  addire»  la  formica»  l'ape»  il  ragno»  la  zanzara»  lefarfiilletteefimili» 
che  meritò d'eflerne  dal  Cavalier  Marino»  nella  fua  Galleria,  molto  loda^-- 


to:  e  quel  che  è  più»  eflendo  defiderata  fua  virtù  da  Filippo  IL  Re  delle 
Spagne»  ebbe  a  portarfi  a'fervig)  di  quella  Maeftà»  che  volle  valerfene  per 
ornare  di  fue  miniature  i  Sacri  libri  »  che  dovevan  fervire  a' Sacerdoti  nello 
Efoimale^  L'anno  155)9.  ad  inftanza  della  Regina  Margherita  d'Aufiria^ 
ebbe  r  onore  e  la  forte  inlieme  di  copiare  il  Sanciifimo  Sudario»  che  fitto* 
V||  nella  Chiefa  di  San  Bartolommeo  degli  Armeni  de'  Padri  Bernabiti  nella 

città Moltiflime  furon  l'opere  di  q^uefl' artefice  »  concui 

recarono  arricchite  Gallerie  e  Gabinetti  di  diverh  Prelati  e  Principi  in 
Roima  e  in  altre  città.  Fu  uomo  d' iiiterì(fimi  coftumi»  tutto  dedito  al« 
l'opere  di  pietà»  nemiciifimo  d'ognuna  di  quelle  laidezze» che  talora  fo-< 
gliono  rapprefentare  co'  lor  pennelli  gli  artefici  meno  cofiumati:  e  fa 
^riandio  di  sì  umile  (èntimento  di  fé  fteifo»  che  non  folo  per  lo  graodo 
applaufo»  che  in  c^ni  tempo  (enti va  efler  fatto  all'  opere  fue»  non  puo«>. 
to  invaniva  ;  ma  avendo  fortiu  dal  cielo  alcuni  anni  prima  del  fuo  man* 
care»  la  grazia  di  vedere  Gr^orio  fuo  figliuolo»  per  le  fue  virtìi»  dive- 
nuto» di  femplice  negoziante»  grande  e  riverito  Principe  nel  Regno  di 
Sicilia»  non  lolo»  co^  da  lui  tichiefiot  non  volle  portarfi  a  godere  della 
di  lui  grandezza;  ma  avendo  (empre  in  propria  patria  tenuto  un  pofio  cto- 
nie ,  ma aodeftiffima»  e  abitata  uoa paccolacafecta»  in  quella  vdle  poi 

conti- 


I S6  DeceukM. deUaFart.t. delSég.V. daliói o. al 1 6io. 

continovare  a  vivere  fino  alla  motte  i  che  in  età  di  proflb  a  novanta  anni 
gli  foprav venne  nei  i6}j. 

Ebbe Giovambacifta  un' alerò  figliuolo,  che  fi  chiamò  GIROLAMO, 
dà  elio  pure  allevato  neir  arce  del  difegno  e  del  miniare,  e  quel  che  più' 
importa,  nel  fanto  timor  di  Dio,  e  nell'abbof  rimento  di  ogni  fuperbia  e 
àmoizione,-  che  però  feguendo.i  paterni  fentimenti,  ricusò  anch' egli  di 
ponarfi  a  godere  delle  grandezze  del  Principe  fuo  fratello,  eligendo  in 
quella  vece  di  rimanerh  a'fervig)  deir  antico  Padre.  Molte  cofe  fece  Gi« 
lolamo  di  miniatura  per  privati  Gentiluomini  di  fua  patria  ;  ed  aflaipià 
avrebbene  fatte  vedere  il  fuo  valore  in  quella  facoltà,  fé  morte,  in  eti' 
aflài  matura,  non  avefle  fermato  il  corfo  aggiorni  fuoi  • 

CIOVANNI   ANDREA.  ANSALDO  ,  nato  in  Voltri  V  anno  1584, 
4*  Agofiino  Anfaldo,  mercante  aflfai  riguardevole:  actefealla  pittura  ap-» 
preflo  ad  Orazio,  figliuolo  di  Luca  Cambiafo:  e  fatto  buon  profitto,  più 
quadri  colori  di  fua  mano  per  le  chiefe  di  fua  patria,  e  per  quei  contor^ 
»!•  Portatofi  a  Tortona,  in  brevifTimo  tempo  condufle  una  tavob ,  che* 
ebbe  luogo  nella  Cattedrale,  per  cui  ne  venne  affai  applaudito;  on^eaitte^ 
ebbene  poi  a  fare  per  quel  luogo  ftefTo  •  in  Genova»  nell'Oratorio  di  Satit«^ 
Croce, iu  mefla  una  nia  tavola  dell*  Invenzione  di  e(fa Croce.  Per  TOra- 
tovio  ài  Sant'Antonio  dipinfe  un  Cenacolo  aflai  grande,  il  quale  adornò 
con  vaghe  ptofpettive,  conciofliacofachè  in  tal  beila  facoltà  fu  egli  mbl-^ 
tu  eminente .  Mandò  a  Cadice  una  fua  tavola  d'  un  San  Sebafliano,  che 
per eiTere  piaci uta^molto,  gli  fi;ioccaiionedi  doverne  poi  fan^  adtre  pier  <|ueli' 
ipedefimo  luogo.  NeLdipigiiere  a  frefco  ebbe  buona  òcanchtzM,  e  molt^ 
opere  fece  in  Genova  lodatiflime , .  fra  le  quali  furono  quel  le  della  Cap^Ua 
fotterranea  di  Santa  Maria  del  Monte,  fatta  ad  inftanza  di  Giacomo  SaluzzcP 
Brincipe  di  Corigiiano.   In  Cafa  di  GiacoQto  di  Negro  ftce  1*  iftoria^del 
Trionfo  di  David,  ed  una  diSanfone*   Nel  Palazzo  di  Giovanfrancefco 
Brignole,  poi  Duce  di  Genova,  dipinie  1*  imprefe  guerriere  del  Marchefe 
pinola.  In quellodi  Giovan Maria  Spinola , in  San  Pierod'Arena ,  in  Ga** 
fa  Doria  ,  Ceva  •  Negrone,  Imperiale  ed  aitri  •  a! ere  opere  fece.  Ebbe 
quefto  pittore  più  volte  difgrgzia  di  cadere  da' ponti ,  e  per  l'ultima  con' 
rottura  d'  una  cofcia:  e  mentre  egli  fermo  nel  lecco  di  rifanareprocac-' 
clava,  non  volendo  dar  luogo  all'ozio,  s'applicò  a  fare  per  quei  di  oafa 
Lomellini  i  difegni  per  le  pitture,  che  dovean  farfi  nella  Cupola  della 
Nonziata  del  Guadato,  i  quali  dagrinvidiofi  pittori,  e  da  quei  partico* 
larmente,  che  ambivano  d  accreditare  con  quel  lavoro  i  proprj  pennelli, 
tanto  e  tanto  furono  biafimati ,  che  non  trovando  il  povero  artefice  di  chi 
fidarli  in  patria,  acciocché  i  non  intendenti  dell'arte,  acquali  toccavv a* 
ordinare  quell'  opera  non  reflalTero  da'  proprj  avverfar)  ingannati,  prefe 
partito  di  cofiituire  nel  giudizio  delle  fatiche  fae  1*  Accademia  de'  nofiri 
fiorentini  pittori  :  i  quali,  e  fra  elfi  particolarmente  il  celebre  Domeni* 
co  Pafljgnani  e  Jacopo  da  Empoli,  non  folo  elfi  difegni  canonizarono 
per  belliflimi  e  per  degni  d' effS^  pofti  in  opera  ;  ma  con*  una.  lunga  Sorit-  * 
tura  aflegnarono  con  chiarezza  le  ragioni  .di  loro  ^iodicaco ,  a  con£rontot 
...    j  "  delle 


GIOVANNI  ANDREA  JNSALDO.        157 

de^le  calunnie  degli  aTyèr&n'dt'Giovtnm  Àndret  Anfaldo  :  la  quale  Sarit^ 
tura  volle  egli  poi ,  che  fofle  data  alle  fttftit>e>  é  ad  eflb  .medefimo  c6ccè 
queH'  opera  ad  eifer  dipinfii  :  RappcefibAtò  egli  m  efla  JacgJarìol'a  Afceai^ 
fione  di  Maria  Tempre  Vergine;  e  U  pittura  accompagnàtcad  si  £acceiil»3s> 
carré  iuvìenzioni  di  Mofpettiraf  che  |)^9  quefte  ftefiu t  quando  tlGa^^ria» 
per  altro*  rennegli  tacio  d'incontrare  ii  ^gemo^i  ihdeAderìò  e^l  giAadt 
ogni  perfona .  Pervenuco  dunquie  egli  fintfloience  in  età  di  cj^nqBtncaqptoto? 
tro anni  nel  vencefimo  primo  giorno d'JV^dlo  dei  1(^8..  firàiicorforctì'^ 
vita.  Furono  difcepoli  di  Giovanna  Andrea v  Orazio  di  Ferrari ìfGtovaov 
chino  Lazzeretto*  Giufeppe  Badorracó ,  e-fiarcòlommeo  B*Bb:  e  i^dli 
nella  proipettira  fece  vedere  di  fuo  pennello  opdrecbelliflimeri'  -  rt 

BERNARDO  STROZZI  Pittore  e  Ingegnooer,  nacode  in  Geììovr 
Tanno  1581.  di  poveri  sì,  ma  onoranti  parenti) «.  -Qoeiti  datoli  ne' pie 
veodl  anni  «llo'ftudio  delle  lettere,  più  per  obbedir-e  ài  la  «paterna  volon-u 
tà  t  che  al  proprio  genio  ,  che  tutto  età  voUo  alla.  ]bitt^ura<9  itnalmente» 
coAituito  eh' e' f 0  in  f uà  libertà  ^  per» morte  del  fuo  geni cdre,  té  qs^toUo 
affatto.  Si  accomodò  con  Pietro  Sorri  Senefe  »  che  alioca^pon  chiama  £1-* 
iba  operava  in  quellz'patria:  e  in  breve  diede  £eghif  di  poffèderé  cantai- 
edita ,  o  per  meglio  dire  «  tanta  bravura  nel  maneggio!  deS  colori  (  ia  che 
la:  più  parte  degli  ftudiofi  gioJiiràni  fuole  incagliare  ailché  dopo  aver  cord 
feiicemence  gli  afpri  fentieri ,  che  portano  alla  peiffeziohe  del  diftgno:^ 
che  diede  principio  a  condurre  da^  per  fé  AeBò  ope re aflai  lodevoli.  cSode^ 
va  di  tanto  fuo  avanizameiito  ia  vedova^madre»  vedéndofi  appoco  appoca 
fojlevare  dalle  miferie  dei  fuo  povero  fiato  1  mi  poco  durò  per  èlTa  un£^ 
mile  godimento  ;•  conciofoflecofachè  il  giovane  «ohe:  nella  fcuoia  del  Sorri: 
non  aveva  meno  dell'  arte  del  dipìgnere  imparata  quelli  del  ben  vivere  ;f 
giunto  in  età  di  17.  anni  »  così  inQ>irato  da  Dio  /  veftl  Abito  Religiofa 
fra'  Padri  Cappuccini.  Non  reftava  però  il  devòto  giovane,  così  permei^ 
tendogli  i  faci  Prelati,  dopo  le  folite  olTervanze,  di  dare  alcune  óre* al* 
T/antica  applitazione  della  pittura»  effigiando  immagini  dlevùte.  Fraque*? 
fte  conduflfe,  a  perfuaflone  di  Giovambotifta  Riviera  ottimo  dilettante  dr  . 
èofe  appartenenti  al  difegno,  una  tavola  di  mezze  figure,  oV  egli* con. 

Spella  fua  franca  maniera  di  colorito,  rapprefentò  lo  IpofaUzio  di  Santa 
Caterina .   Queft'  opera  in  mano  deKRiviera  alzò  tanto  di  grido  del  pit* 
tote,  che  ornai  male  li  fopportava dagli  amatori  de U^ arte  1  che  una  tanta 


virtù  fra  le  anguftie  de' chioftrì  fteflefi  più  riftrettai  onde  fra  nuefto  e  per 
r  efperienza ,  che  già  aveva  fatta  il  Cappuccino  della  ^rave  miieria ,  in  che 
mediante  fua  partenza  dal  fecolo,  era  caduta  <la  foa  povera  madre  infie* 
mec^on  una  fua  forella,  tenne  pratica  co*  iuo^i  Superiori  di  poterli  ritira- 
re da  quello  dato;  e  tanto  gli  fu  conceflb,  per  lo  tempo  paro  folamente^ 
che  foilè  durato  il  bifogno  della  forclla  e  ia  vita  della  madre.  Ufcl  egli 
dunque  dal  Convento  in  abito  Chericale:  e  portatoli  ad  un  luogo  detso 
Campi  p  che  fu  già  del  padre  fuo,  diedefi  a  fare  fiudj  affai ,  e  poi  ebbe  per 
bene  di  trafpOTcare  fua  cafa  in  Genova.  Quivi  non  folaoiente  ebbe  da; 
•pesare  per  quei  cittadini  i  ma  fpadafi  in  breve  da  per  tutto  la  fòma  di  ùio 
^    j  valore» 


1 58  Decenn. Il  della  Par t.l  del Sec.  V.  dal  i  ^i  o.al  1 610. 

valore ,.  incominciò  ad  avere  non  pocii6  cófsmSffioni  d^  opere  graindi  per 
pabblici  Inogiii:.  Fece  per  le'^onaekedi  Santa  Tei'efia  in  Bregara  la  ta^» 
vola  del  maggiore  Akare  di  lor  Chtefas  una  fimile  del  Beato  Felice  per 

Sélfat; della  Omcexionet  un  Cenacplo  per  V  Oratorio  di  SanTommafoi 
caltremolte  ne  cok>tk,clw per  brevità  fi  tralafciano.  Datofi  al  dipigne» 
rea^frefoo»  dipihfe  un  falotto  a  Giovanni  Stefiino  Dòria  nel  fuo  Palazzo 
pneffiara  San  Matteo;  nella  quale  opera  fi  portò  si  bene»  che  guadagnau 
a^giaa  fegno  la  grazia  di  quel  Omltere  •  ebbe  per  fuo  mezzo  a  Are  le 
piccuxe  del  Coro  di  San  Domenico  «  dove  rmpprefentò  il  Signore  nella  fua 
ulona,^  in  atto  di  voler  fulminare  il  Mondo»  mentre  la  Vergine  Santiffi* 
ma  il  ritiene;  kvoro ,  che  tantopiù  maravigliofo  fi  refe»  quamto  che  m  ca- 
gione dell' ofcurità  del  luogo  cagionata  da* ponti,  che  venivano  fuperiori 
alle  fineftre  »  ebbe  egli  a  condurlo  tutto  al  lume  della  lucerna.  Brafi  egli 
per  lo  valor  fuo  gii  condotto  in  tftaco  di  molta  gloria  »  quando  gii  oocone 
la  morte  della  madre»  onde  fecefi  luogo  a'  fuoi  Religiofidi  rivolerlo  ai 
Convento  ;  ma  qual  fuoco  »  anche  di  forveote  vocazione  »  non  può  e  non 
fa  intepidire f  ie  non  affatto  eftinguere»  il  mefcofatrfi  col  mondo?  Quefto 
fu  al  pittore  »  pia  troppo  fcaduto  dagli  antichi  fentiroen  ti»  un  colpo  mor^ 
fab;  e.Iiibito  ihconnnciòa  rifpondere  a  quella  chiamata  con^var)  pretefti 
di  igiufia;  negativa . .  Furoncontinovace  rinftamze ,  a.proporzione  delie  quaU 
furonidaedb  moltiplicatele  repliche»  finché  trovò  modo  di  fiu:  penetrare 
alla  Santità  del  Papa  le  proprie  repugnanze;  onde  unito  ad  un^  onorato 
dono  d^unCavalierato»  ne  n{>ortò  iiaohe  fperanza  di  averfi  a  poter  gode«* 
re. leoitamente  fuori  della  Religione  la  propria  caia .  Ma  quei  Padri  temen^ 
do»  che  9Ì  fatta  concellione  nonfbflQs  per  eflere  ad  altri. efemplor  in  gra«» 
ve  piregiudizio  dell'oflervanza  ftefia  ;  ottennero»  che  a  Bernardo  fofle  da^^ 
ta  rielezione  d'una  Religione»  qualunque  ad  efibfofie  per  {Hacere»  nella 
quale  fìra'l  termine  di  iei  mefidovefle  egli  ritirarfi  per  lo  rimanente  del 
vivere  fuo^  Accettò  egli  di  buona. voglia  la conceflione  »  e  rifolvè  di  ve- 
ftirl*  A^o  de'  Canonici  Regolari  Ago  Ili  niani  di  San  Teodoro  ;  ma  oerchà 
ciòr  repugna  va  alle  coftituzioni  di  quei  Padri»  .che  fenza  licenza  del  Capi- 
tolo Generale  non  potevan  ricevere  alcuno  »  che  folTe  fiato  d' altra  Religio^ 
ne»  non  potè  egli  effettuare .  Pafliirono  intanto  i  deftinati  fei  mefi;  e  i 
Cappuccini  fecerio  chiamare  ali  Ordinario»  a  titolo  di  difobbedienza:  o 
comparfo vi  »  fi  trovò  fatto  prigione  >  con  ocdine  d'  efiere  di  fubito  con^ 
dotto  al  Convento  de' Cappuccini  in  manoxle'  Superiori^  Avuta  di  ciò 
notizia  i  fuoi  congiunti  e  partigiani  »  deliberarono  di  portarfi  a  fax  vio* 
lenza  alla  corte  per  torgliergiiele  dalle  mani  ;  ma  ciò  fu  indarno,  perchè  t 
mentre  fi  preparavan  le  cole  »  egli  fu  condottoci  Convento»  e  pofto  in 
una  carcere  »  ove  fenza  poter  vedere  nefiiino  »  convennegli  confumare 
molti  mefi»  e  per  lo  più  iempre  infermo .  Uno  fu  però  fra  quei  Padri  aflai 
vecchio»  che  compamonando  la> miferia  d' un  tanto  vi rtuofo»  alcuna  co*;| 
modità  gli  diede  di  potere  fi:rivere  a^fuoi  parenti»  amici»  e  più  diletti 
difi:epoIi»  i  quaU  in  primo  luogo  tentarono  una  notte  di  rapirloper  forza 
d'  uomini  in  gran  numero  ;  ma  .ciò  loro  non  venne  fatto  ;  e  al  povero 
Bernardo  ne  tornò  la.  peggio  coll'efifere^flate  raddoppiate  le  f<;rmcuie  della 

carcere  » 


.  \ì      o3EM;NARJ)X)    STROZZI.         159 

Qtpeew»  ^  egli  pritftto  «Alto  delk  oomUAuSwy^h  ci»  |)riii»  porg6««dt 
il  vecchio  Frate.  Guiiidimi  Iddio»  dice  iluroverbiOy.dachialtrocKinm 
die  uo penfier folo^  Seppe^  è uavòjaodo BecnardOf  itiftoorainai diipe« 
uto  al  tuo  fiMmpo  9  di  fingere  una  si  fana  mucazionaditpenfietri  »  una  otlo 
devozione  »  obbedienza  #  inorcificazione  »  :  a  uà  talciaiiDrei  e  At  peiùaenza 
e  di  croce»  etve  goadagJiatofi  V  affetco  di  quei  Keiigìdi»  fu  da'  medefimi 
abilitato  fino  a  portarti  con  un  compagno  a  vificare  fua  fiirella .  ÀndovviiP 
o  dopa  i debiti  faluti»  finie  (.come  xacoonta  Raffiello  Soprani)  pomrfi 
0Dae£bi  in  altra  ftanza  por  bifogno  di  connunicade  alcuni  Cegreu  di- fu* 
cafar  e  quivi  fiittafi  tolare  la  barba»  vefticofi  in  abito  di  Prete,  per  un'ala 
tra  porta  fé  ne  partì»  né  maipiù.fi  rivedde.  Era  già vieina  Ja  fera»  onde 
il  buono  e  fempkce  fuo  compagao  fece  cenno»  che  fofle  ornai  teaipo  di 
ritornare  al  Convento  ;  e  n*  ebbe  per  rifpofia  ».  che  il  Frate  gii  a'  eca  mh 
viato  per  altra  via .  Puote  ognuno  iuuuagiiiarfi  in.  che  (luto  fi  rimaneffo 
allora  il  fuoi povero  compagno.  Corfe  fubito  a  farne  avvifati  i  Superiozi:  - 
né  è  fiiotle,a.dire>»  i|uali  diligenze.fi  faceflero da*  Cappuoetni  per  ritrovar- 
lo »  quando  Analmente  s' tntefe  eirerfene.egfi  foeppato  a  Venezia»  ove  fot* 
IO  la  protezione  di  quei  Nobili  (tette  lo  rimanente  del  tempo  di  fuavita». 
operando  molta  in  {uttura»  è  affiitìcandofi  eziandio  neir  efercizio  dMiw 
gegnere  •  Chiufe  finalmente  gli  jocchj  a  quella  iim<  in  cffii  cittàndi  V^nfrf 
zia  agli  15.  d' Agofto  il  feflanteÌQmofefto  di  Tua  età  «  brave  al  certo»  e  pòco» 
invidiabile  da  chi  bene  intendeil  pericolo»  a  che  quefto  virtuofo  fi  fiottopoi*: 
(e  di  pmrdere  colia  vita  temporale  »  anche  V  ecerna  :  e  fu  al  fuo  corpo  otta 
fepoltura  nella  Chieia.di  Sanca  Folca .  Furono  difcepoli  di  Bernardo  Sttciz^ i 
ai»  Giovanni  Antonio  de'  Ferrari r  e  Antonio  Travi ,.  detto,  da  Sefiri  • 

GIOVAN  MARIA  BOTALLA»  detto  altrìmeati»  RAFFAELLIHa 
BOX  ALLA:  fiorVancor' egli  in  Genova  circa  a  quefti  meddimi  tempii 
Qpeftf  forco  la  proteziooevdeir  Eminentifiimo  Sacchectl  pofto  da  fanciul«* 
lo  focto  la  difi:iplina  del  CortoiMif  incominciò  a  dar  fegni  di  talprofittot#f 
e  a  quel  Porporato  prometteva  tale  riofcifia  di  fé»:  che  non  ipixi  Gio.Ma^^ 
ria  •  eoa  Randellino  tii  foltto  chiamarlo  ;.  onde  poi  avvenne  l' mere  egli  peo 
tal  nome  quafi  da  ognuno  tafielb.  Studiò  cofim. molto  in  Roma,  e  nellar 
calàdi  Napoli.molto  operò»  non  meno  a  olio.cfae  a  frefco.  Tornatofe^j 
ne  alla  .patria  vi  fu  al&i  adoperato.  Aveva  egli  finalmente  per  Agoftètt 
no  Airpli  dato  princìpio  a  dipignete  una  Galleria ,  quando  affalico  da  gaa»; 
vje  Jndifpofiziane»  alla  quale  uè  per  mutazione  d'aria,  né  per  via  d'altro 
rimedio. aoa fu  poffibile  fare  ofiacolo,  che.  nulla  valcfie»  gli  fufocca  ve* 
nire  in  potere  della  morte»  e  ciò  fu  nel  KS44.     . 

LUCIANO  DI  SILVESTRO  BOLZONE /nato  in  Genova  Fanno  t^.. 
ne'  fuoi  più  verdi  anni  lenza  alcun  penfierodi  furfi  pittore»  actefe  alle  ìtt^t 
tere«  Qui  (idi  col.  praticare  eh' e'fibceva  in  cafa  di  Filippo:  Ber  coIoctOé.ft^o/ 
zio  materno»  Ritrattifia,  affezionatofi  all'arte  #  $!  applicò  ai  diicgno  »  findkè 
fptco  la  protezione  d' Alberto Cybò  Principe  di  Mafia*  gli  rìufcì  d'effisr. 
ricevuto  nella  fcuoia  di  Velerio  .Corte..  Xflncennefiin  efia  gran  tempol 

...  fenza:  :.^ 


t6o  DecenèJrj9Hii\P4èildélSic.VJàlì6to.aii6io. 

ieiuKL  d^r  fegni^di  9iioUor«at«rè^«o»<i^  opeM  tfételt;  aii^chè  nò  : 
Non  ia(ciava.periki\C0  lUflSritpifaUoiftudiitfe;  finché  fiiialmeiKe  col  fiivo^ 
n^àiX^o.i^tìé.JÌosiàv^ c\i^:v^  vìnu  ramict 

debolcu)  nelle  difficuloà-deirai»^  ioGominciò  axlar  .ftk^ri  dt  fM  mtaa 
i)peM.itttie«je*xltratti  foénigUaniifliaii;  >Per  la  Chie&  di  San  Qiufeppe  fece 
k  «aVola  dei  San  FranceCco><;Iie  ciceve  le  Sciaiaw,  e  quella  poi  venne  in 
potere  dèi  già  nominato' G io.  Ca^o  Djopia.  Portacofi  a  Milano»  affai  xicrat» 
ai  vi  cibori»  e  pacricolarmente.oopgUidi  DonjFederigoHenrìqueciGaver^ 
aatore  àel  Cailellodi  Milano;  del  papengin  ^  ìGnifepale  dell*  [mpeiraicore^e 
éei  Duca  OtcavioiPiccoiooììni  :  XJ;non  ibio  vi  dipinfe  più  akrif  quadri  ;  ma 
partendofene  alla  volta  della*  patSria»  porco  ^n  feco  ordini  « «commiflloni 
df^ltà molti i  a^' quali  dìedafinein'X>etiova>  pvejflai.ebbe.éa^operafe  daf 
inai  concittadini .  RitràfiecToipfDaib  3tigt'a<iii  e '1  cdebttf  «Gabbrielic»^ 
ra  :  e  queflo  ritrattoebbapoi'  lttogjo.nella  Galleria  di  <UiÌMno  VI  IL 
pare  ili  Padre  Kicoardi  dell'  Ordine  de'  PredÌGitori  •  celebre  per- 
éotmna.-  e?l  Principe  di  Maflà^.tl:quale4inche fece  due<tavòle»una4lctk* 
Santifiìma  Konziata»  eiinadi  Maria  Vergine  con  Gesù:B«DbÌno4i:arle* 
bfflOGiavbhe  furono  aliai,  lorlate .  Ebbe  anche  a^fiir e.  i^ritcatti  «li  Aiolrii  Qa^ 
vflllelDi  e  igraa  Pxelati  »  e  (quello  eaiandio  del  Padre  FcaTommafo  dà  HTreb*» 
bÌBiiii>VaÌMJn.etàdiceiiix>  anni  fin^  faavita  jn;coikcetto  di  (antità-noa 
onAìnavia^  e  cale  ritratto  fu  poi  dato  alle. (lampe jddn'ihcas^ò  dìiMiohe^ 
laùis  Franiseie .  Altre  moltifliine  opere  condufièro  ifuòi  pennelli,  che  fu« 
con  mandua  ici  ;  d  ivecfe  Provincie  d'Italia  t  e  ;  in^pm-  kioblù  della^  Liguria* 
Aefia.  É^  diiioal liiarvo^kL tàvola  delSan  Vincenzio  Ftmro»  quantfo  in. 
fancinllefi:aìetàjpredÌGa;alla<prefenza  del  maeftro  le  «de'diioi  condifcspbU  / 
Per  la  Chiefa  di  Santa  Maria  di  Caftello  fece  la  tavola  della  Concezione» 
ébe:fti;^oRa  nella  Cappella^delcSantifr.  ISofluto  «iiSan' Domenico /'quella 
di  Santa  Chiara  da  Monte  Falco  iniSanSebaftianù  :  e  quella  àA  Battèfimo 
del  Signore ,* eoa  altre  due  de^fatti.di  San  GiovambatiftaJn^  Santo  Spiri'-- 
to.  Dando  egli  finalmente  compimento  a4>uin0grlin' ca.volaa!ella'Niic^vJtà- 
del  Signore ,  jche* ipoi  fu .  pofia  mella  i ChSefar delta*  Samifli ma'  Konziaca. del 
Guaflaco:  e.  trovandoli  aitale  effetto  ntcìcriaprarJai^o  (baione^  nel  fai  e  cOl* 
piede  un  non  fa  quale  mal  penfato^'movicdeocó/  pnscipicande  dalia  cima 
atterra,'  reftò  da  sì  fatta  percòfla^ofòfoineLcapOivqheùn  brevi  giorni  ebbe 
£ne  il  vivere  fuo.  Pofledè  quefta  irteftce:  npii*  ordinariarperizli  nel  co* 
nafirercle  maniere  de' pittori  ;  bnde^potè]!  <3iac«inp  Lx>mellìno  per  fi» 
Galleria  fare  una  bella  raccolta  di  gran  numero- di  ouadritde'  più  eccellen-' 
ti  maeflri;  jed  altre  perlbned- alto» afface^uifurond  pure  per  s)  tatto^fervigio 
la  fua  opera.  Non  folo  valfe  molto»  .comò  dicemmo»  in  far  ritraiti  di 
ordinaria  grandezza;  ma  quello, che  era  più  (ingoiare  iiì  efib,  fu  il  ritrarre 
da.1:  naturale  ì  .volti  ..delle  perfone  in -^taótb  fjpazio ,  quanto  appunto  faria 
potuto  reftar.coperto  dà  una  lente:  i  quali  ritratti  »  cheTiUKirono  fomt^ 
giiantiifimi  f  eran  poi  iogati  in  anelli  (otto  jqualchepceziofa  gioia .  Refta*^ 
i*ano  più  iuoi  difcepoli  y  fra'  quali  Glovambatifta  e  Carla  Francefco  fuoi'^ 
figliuoli»  Giovambatìfti  Monti»  che  fece  bene  di  ritratti/  GioyambatiAa* 
Mainerò»  GiovacchinOiAxeretò».Gio.^Antonii>  Va&Uo  pure  ritrattifta» 
e  anche  buono  inventore.  GIO- 


eiGf^AMBATlSTA    CAPELLINO.       i^i 

eiOVAMB^TISTA  CAPELLINO,  nato  in  Genova  Ptnnio  is%o.  tra* 
fitudofi  nelU  fw  primi  4cà  mal(o  inclinato  ti  dt%na,  fu  acconiDdaco  ap* 
preifai  a  Giovflwbacifta  Paggi  i  il  quale  vircii0Ìkmcnte.invaghico  della  tab^ 
defili;»  le^tadriayedelgninofo  convertire  del  gióvaneito»  affitte  per  mof« 
dò  a' primi  ftud|  di  luì  •  che  non^  aveva  egli  ancora  compito  il  quarto  lu^ 
ftrOr  che  fece  vedere  in  pittura  la  1)eiroi»eradel  martirio  di  San  Scbaftia^ 
no  fieila  Chiefa  di  Sanca  Sabina  »  condotta  in  falli  maniera  del  maeftro  fìios 
poi  per  la  Chiefa  di  San  Martino  in  Bifagni,  una  ne  color)  del  mmirio 


dbl  Santiffimo  Crocifi^,  apprefTo  a  «ut  fece  vedere  la  Santiffima  Vergìtoo 
con  più  Angeli»  in  ateo  di  veftire  il  Stnro  degli  abiti  di  Vefcovo .  La  tàn 
y^a  poi  che  egli  ooloii  in  Santo  Stefano  »  ove  rapprefencò  Santa  Fran*» 
4erfca  Romana»  che  miracolofamence  r^ituifce  la  &vella  ad  unafanciulb  i 
li  guadagnò  la  lode  d'opera  veramente  perlecta.  In. San  Siro  furon  podfto 
iue  graziofe  tavoline  di  fot  mano  per  entro  la  Cappella  del  CrocifiCo  | 
nppr^fentanti  miiler)  della  Paflbne  del  Signore.  Altre  molte  opere  fece 
quefio  artefice  ;  e  finalmente  giunto  ali' etè  di  fettabtuiw  anno,  affalito  de 


dopo 

tore^  Fu  ii  Capellino,  lin  dagli  anni  clella  fui  puerizia ,  dotato  d' una  mi 
/avigliofi  mod^it  :  la  quale  congiunta  colla  vaghezza  del  volto,  omaco  di 
chioma  naturalmente  piegata ,  e  del  colore  dell'oro ,  hiceva  in  eflb  un  com^ 
poftp  di  grazia  da  non  poterfi  cosi  facilmente  defcrivere  ;  ma  quello  che  fit 
più  ammirabile ,  fi  fu ,  che  tale  fua  bellezza,  non  punto  alterata  dalle  rugho 
nel  volto ,  durò  a  ricono^Derfi  in  eflb  (  cofa  che  rariflime  vc4m  a'  è  veduta  aci> 
cadere)  fino  al  Pittima  v.é<rcbiMzai  talmeneeohè  era  egli  già  pervenuto  qoafi 
al  felTantcfìmo  anno  di  fua  vita,  che  appena  dava  fegno  d'avere  l'ottavo  hmro 
compito.  Sarebbe  cofa  lunga  il  narrare,  qual  fofle  fempre  data  in  lui  lance* 
cezza  e  Undura  della  perfonat  alle  quali  faceva  andar  di  pari  i  proprj  difcorlt 
ed  ogni  altro  fuo  fatto  o  gefto .  Egli  è  però  vero ,  che  in  fimile  fentimen« 
to  fu  cogli  altri  $)  aufìero  e  fcrupolofo ,  che  olcre  al  diventare  inquieto  in 
fé  fteirp,  fu  fempre  a'  fuoi  fubordinati  grave  e  nojofo.  Non  poteva jpati« 
re  di  vedere,  non  che  di  toccar  cofa,  eh'  egli  apprendefle  avere  in  le  al- 
cun fegno  di  fchifezza  »  benché  fofTero  cofe  mangiative;  onde  s'egli  avve- 
niva, che  alcuno  venditore  di  sì  fatte  cofe ,  come  di  carnaggi,  caci,  fa- 
lami  ofimìli,  nel  contrattare  con  fue  genti  in  fuacafa ,  avefle  tocco  alcuna 
coia,  o  fofle  ftatoil  venditore  da  efle  (lato  tocco,  faceva  di  meftieri,  che 
la  cofa  toccata,  o  quella  mano  che  tocco  aveva  eflo,  o  la  mercanzia  di 
lui,  fubito  n  lavaflero  ben  bene,  per  toglierne  il  piuttofto  immaginato, 
che  vero  male  odore.  Ebbe  per  legge  indifpenfabìle  di  non  por  mai  fua 
mano  fopra  moneta  di  forte  alcuna  ,  che  gli  fofle  data  ,  o  in  pagamento 
di  fue  òpere,  o  per  altra  qualiìfofle  cagione,  fé  prima  non  era  flata  per 
mano  de' fuoi  creati  ben  bene  lavata,  e  talora  non  contento  di  ciò,  s'inge* 

L  gnava 


i6i  Decem(Jl.deUàPartJ.d€lSec.V.Mi6io.ali6io. 

gna^a  di  farla  fpéndere  per  alerà  toanot  jper  non  avetfa  a  mane^iar  pun- 
to :  e  avefle  guardato  il  cielo  »  che  alcuno  de'  fuoi  giovani  >  porcatofir 
alla  fua  ftansa,  aveffe  o  punto  o  poco  sbattuto  m  terra  il  piede,  o  foofla 
una  particella  del  proprio  mantello r  perchè  fubito  erane  da  lui  forte  ri- 
prefo»  qualichè  avefie  folle  vara  polvere»  con  cui  venìflero  a  rimanere  \m^ 
Drattati  gli  arnefi  e  le  pitture  ftefle.  Se  talora  per  entro  la  medefinut  ftan-. 
sa  mandava  alcuno  a  pigliare  o  carta  o  libri  »  o  qualche  fcatola  o  vafo 
/  di  colori  »  era  il  primo  precetto  eh'  ei  dovefle  andar  guardingo  nel  muo* 

▼erla  di  luogo:  e  poi  còlla  ftèUa  cautela  riporla  al  proprio  pofto»  per  non 
ifcuoter  punto  la  polvere  »  che  vi  foife  ftata  fopra .  Lafciò  una  volta  dlado* 
pierare  maipiù  una  fua  cappa,  folamente  per  lo  timore  che  un  fanciuUot 
eh'  egli  aveva  cafuàlmence  incontrato  per  fftrada,  carico  d'un'  ocre  pietu^ 
d' olio»  nel  palargli  dappreflb  non  gliele  aveflè  tocca .^  Ebbe  feaipre  giurai 
ta  nimiciasia  col  tango  delhi  via  v  onde  non  è  poflibtle  a  dire  »  con  quanta 
efaccezza  egli  ufaffe  portare  il  piede,  quando  dà  neceflicà  veniva  obbligata 
a  camminarvi;  e  con  pari  premura  raccomanda  vali  »  o  a  chi  l'accompa- 
gnava o  pa({à vagli  vicino ,  che  £acefle  lo  fteflR)  per  non  imbrattarlo .  la  udii 
una  volta  dire  a  un  grand'  uomo ,  eflère  difficilìflimo  talora  il  diftinguerc 
nelle  perfone  la  virtù  dall'umore;  cdiache  veddefi  bene  avverata  in  co» 
fuAi  imperocché  chi  penerebbe  mai,  che  un  amore j^  pulitezza  ftata 
in  eflb  sì  eccedente,  in  un  tempo  medefima  degenesaiTe  in  una  fordidez» 
aa  infopportabile  ?  E  pur.  fu  verof  pofciachè  per  lo  fteflb  fine  di  non  imp. 
brattare  con  polvere  cofa  che  fi  fb{fe«  non  volle  mai  che  fi  fcopaile  la  (tan** 
sa  del  fuo  lavoro,  né  tampoco  la  propria  camera:  nella  quau^  quafi  non 
mai  permefle  che  entrafle  perfbna,  né  meno  per  acconciare  il  letto,  la- 
fciando  in  dubbio,  ie  nel  corfo  anche  di  qualche  anno  foflero  ftate  mai 
mutate  le  lenzuola .  Tanto  é  vero,  che  quella  virtù,  che  non  va  con* 
giunca cotla  prudenza,  a  gran  pena  di  virtù  merita  il  nome;  anzi  dee  (em-^ 
pre  averfi  per  fofpetta  o  di  vizio  o  di  fÌMìtafl:ico  umore ^  come  poc'anzi 
accennammo»  per  detto  di  quel  grand' uomo,  E  tanto  bafti  il  dire  dique^ 
fio  anefice» 


DELLE 


««J 


D       E       L       L       E 

NOTI   Z  I  E 

E)E  PROFESSORI 

DEL      DISEGNO 

DA  CIMABUE  IN  QUA 

DECENNALE   Ut 

DELLA  PARTE  L  DEL  SECOLO  V. 

1>AL  ^DCXX.   AL  MDCXXX. 

P.  FRA  GIO.  BATISTA  STEFANESCHI 

DI   RONTA   MINIATORE 

Eremita  di  Jffdttn  Senario  ^  nato  1582.  ^  i^59* 

Acque  il  Pad»  Fr«Qio.BMÌJU>  che  al  fecolD  fu  chittntco 
Marchionne.cioèMelchiorrei  l'anno  di  noArt  làlutei58i. 
d'un  ttlmtefiroFranceicoStefiinefchi  muratore  daRonca, 
piccolo  cafielletto  del  M^llo ,  lontano  circa  venti  mi- 
glia dalla  citcà  éi  Firenze;  e  non  prima  fu  egli  all'età 
ai  ventidue  anni  pervenuto*  che  mofib  da  Divina  iCpi-y 
razione ,  fi  rìfolve  di  darti  al  lervizio  di  Dio  nel  làcro 
Bremo  di  Monte  Senario  in  Mugello  della  Religione  de' Servì  di  Maria. 
Veftl^Ii  adunque  il  facro Àbito  l'anno  i(fo4.  a' »5.  di  Marzo,  e  agli  ii. 
d' Aprile  del  160; .  cioè  compito  cke  egli  ebbe  il  folito  anno  della  provar 
2ione,  nel  giorno  di  San  Leone  Papa,  fece  nel  medefimo  luogo  la  Pro: 
ielEone  folenne  :  e  dopo  19.  mefi»  cioè  il  primo  di  Genntjo  del  itfcd. 
La  celebrò 


fS^  DecemM.  della  Part.  I,  delSfc»  Kdali6ia,afi6$  o. 

celebrò  hi  fua  prima  Mefi.  Non  we^z  mai  il  giòvanei  fino  al  leppo  che 
'egli  encrò  in  Religione,  attefo  a  cofe  di  difegno  né  di  pletora;  ma^  perchè 
egli  è  proprio  delle  menti  ftudiolè»  ed  anche  de'pradenti  Reltgiofi  il  far 
]gran  coHto  degli  avanai»  ancorché  piccoliflimi r  del  tempo  (che  in  una 
DTéve  vitk>  quale  è  quefta  noftra»  non  lafciano  d'efler  preaiofi  )  per  quelli 
impiegare  in  alcun  virtuofo  divertimento;  il  noftro  Eremita,,  a  cui  non 
"shancavanè  ingegno  né  bontà,  davafi  nelle  poche  ore  che  gli  avanzavano 
tfopo  i  Divini  Ufiaj  e  &nte  contemplazionir proprie  di  queliiftitutOyaireler- 
^izio  del  dii^gno,  tirato  daiin  certagenio  ch'egli  aveva  all'arte  del  mi-* 
aliare  ;  e  fatta  amicizia  col  molto  eccellente  pittore  Andrea  Comodi  Fio^ 
ientfno;  procurava  pvrtjuanto  glWeniva  penBeflbdaU'obUigodifuarftei- 
i%tdfa  ofleryaiìza»  di  con^rire  coneflcx^ni  ftttdio  fuo .  pa  q^uefto  ricevè 
•pU4  veri  e-Auoni  preMCti  dell^asie4nedefimefquantunqìK  aon  pocaAti^, 
lità  ricavafle'dalilamicìzia  e  prapcache ebbe ièmpre co)  Lrgpzzt»  pure  an- 
che tffàt  pittore  diMganti^o:  t  poi  col  unto  ^labf e  Pietro  di  Cortona  r 
«el  tei^o  ch^  egl t  f u ^  a  Firenze  a'  fbrvlg)  de t^ereniflima  Granduca .  £ 
(cóme  quegli,  eheioUre  ali'aree  del  miliare ^era  dal  genio  fortemente  por- 
tato alle  cofé  Idei  dKegAÓ  ;  iti  brève  tempo  cominciò  ad  operare  bene  ia 
pittura»  e  ottintanieniWr  e  forfè  fenat  eguale  tiel  fufr  tempo r  nella  mi- 
niatura »  nella  quale  r  con  direzione  e  afliuenza  d' Andrea  liro  maeffro  r  per 
io>tiiij|)o  che  viIRe,  coAdufle  opere Inafibilt ,  li  dopo  fa  dilui^ofte  jatnqsra; 
Arrìdi  a  tal  fe^o  k'eofceltgnz^  di  ||uwoa(tb4cet  cheilSeiMiifl^ii^ 
duca  volle  di  fua  mano  più  opere  di  minio  »  le  quatl  fece  coìtocare  nelfa  tua- 
keal  Gellefia>  dove  alcune  fi  confòrvailo  Mlo&ra  »  h  magi^orlforielil  prò- 
i^orziene y che  ulcidero  dalle  mani  del  noAro^vaforofo  Eremita.  Quattra 
quadri  d^altf6cttrtti';^aii<liffimi:pittort/tiicravni  |^edat|  àaììt  Serenici» 
ma  Cafa,  gli  fervlrono  d*^ originare t  imo  Fu  d^Ani^rea  del  Sarto  r  in  cui 
'queir  eccellente  maeftro.  aveva  rapj^refenciitp  Sant'Agoffina^  e  San  Pier 
jnartire  in  atto  di  difputare  dcH'aliiffidioi  tMèio  dilli  Trk\itè  »  che  fi  ve- 
de  (ituata  neUa  parte  più  alta  del  quadro  «  e  vi  è,ai»:ora  San  Lorenzo  e 
San  Francefiro/edtle  altre  figerb  ^enuiieile^  Santia- Maria  Maddalena,  e 
San  SebafUano.  Creila  è  la  famofa  tavola^  che  flava  già  nalla  Chiefa  de* 
Frati  EtÒrtìtanr  Oflèrvantr  di  Sant^  AgofHito  fuori  della  Porta  a  SAn  Galky , 
che  pQi  demolita  inficme  col  Convento  per  F  ailèdio  dell'  anno  1529.  fu 
trtf(polrtatà  in  S.  jaiécppo  tisT  Fdffit  biogo  «enutò'  da"^  midefimi  Fmi  :  e  di 
^•per  falvarlttdairittondaaaone  iAcÌÌ$5t\  aooifftibggetcatquelIaChiefìir 
fafiè  in  pétett  dt'Strtniffimi  Principila  Di  i^taal* grandezza  prefe  a  mi- 
nsafé  if  San  Giovambetifta  net  Deferto ,  riffematiflima  quanto  comrover- 
là  òpera  étìir  aiQmitatlile  Raffiteiie^  dà  tOtìritìo  t  dito  eoncroverfa  per  ve- 
detft  in  qtialche  attiro  Ittogo  d""  Italia,  e  fuor  d" balia  ancora  >  Io  (ledo  fog- 
lietto, da  ciafcheduno  de'  poflèflbri  téntrao  per  originale  di  Raifaello. 
La  Vergihe  Madre  ih-att^  d^adorare  ii  fiso  Bambino  Gesùf.  opera  maravi^r 
gliofa  d' Antonfo  Allegri  da  Cdreggio ,  fu  uti  terza  impiego  delta  iua  4er 
teerotìe  e  tkl  fuo  fa  pera,  ridotto  aèch'  efib  a  proporzione  con(iaaiIe» 
benché  (a  pitture  di  qeefti  tre  quadri  l'abbiano  molto  diverfa  .  Alquanco 
liìaggiore  riufci  la  miniatura  d' uno  fiupeodo  quadro  di  T»iano,  in  cui 
'  viea 


/    ir,jv.  ero.  smsfA  mPANEScm.^  16$ 

Vieti  ràppi^r«ncaca  la  Ntcivicà  del  Signore  coiridonzione  de  i  Pallori ,  ceco 
figure  mmtco»  e  iri*fiTedono  tdoe'aniinaK,  e  un  agnello  per  oblaaioné 
tal  nato  Salvatore»  òlcre  P  archicectora  ed  il  paefe  :  nella  qua}'  opera  Fri 
Qìa.  Ritlfta  fupéiè  Te  'iBt)defitiio,avehdohi  toccata  ^Ua  maggior  forza»  cte 
da  mitihrtbrc  pretender  fi  0o0ti  {aonde  il  Grand  acaj^erdinandò  II.  di  glor^ 
oieffl.  dopò  dì  averla  lodata  e  ammiraci»  còm^ò^che  vi  fbfle  i^actaw 
im'ortiaaefiica di  lapiOazziilo» legato  in  cornice  di  bronzo  doratoc  eqiie^ 
Ro  finito»  lo  fé  vederci  all'Autore ,  aiidò  comprenda  in  qual  preaio  T  A.S« 
teneva  il  quadro:  6  il  buon  uomo  con  molta  umilcàt  ma  con  lutrettantt 
franchezza  replicò  »  ck6  il  Serenì0imo  Padrone  focena  troppo  onore  a  quel* 
la  Aia  povera  filtieat  intendendo  per  avventuri  V  che  r  ardii 


povera  mica  (  intendendo  per javvèpturiV  '  che  r  ardito,  colore  4^ 
quella  nobili/Gpu  pietra  potefle  pre^Wlicare  alla  miniatura»  la  quale  pò« 
rò  dopo  unti  annir^ge.ancora  al  paragi!)ne  d^^.cdor  naturale  di  quel  h« 
piilaczqlpv  il  pSù  belio  chela  natura  Ibi  q^t  abbia  prodotto.  Nel  lavorac 
di' ei ftceiòpra  quefti quadri» conifefi  iedipre  eoi  maedrofuo»  Andrea 
Comodi,  pittore,  che  ordini^ tutto ilfuo sudo almodo  del  colorire  del 
Goreggio  ;  onde  maraviglia  non  è  «  che  al  noftro  Miniatore  riufcifle  U 
condurre  T  opere  fue  di  si  vago  colorito»  die  meslio  in  quel  genere  ncm 
può  vederfi;  perchè  lafciato  da  parte  il  difegno  e  r  imitazione  yeramento 
maravtglioTa  de^i  originali #  effe  tengono  in  fé  una  certa  tenerezza»  pa* 
ftofità  e  freichezza  di  coforito»  alia  quale  non  pare  che  fia  poffibile  poter 
giugnere  quella  Torta  di  lavoro,  il  quale  fi  ^  a  forza  di  quafi  mvifibili  piMi« 
ci»  e  collo  (tento  e  lunghiflima  operazione,  che  a  tutti  è  nota.  Fece  il 
P.  Fra  Gio*  Batifta  infinite  bellimme  miniature  di  devote  immapni  pio» 
cole»  che  lunga  cdk  farebbe  a  raccontare:  e  più  ritratti  del  facto  volto 
della  Santìfiima  Nunziata.  Occorfetche  egli  fi ponefle  una  volta  a  copiare 
di  miniatura  la  bella  fiiccia del  Crifto  con  mani  giunte,  di  meno  di  mefczt 
figura,  e  di  proporzione  quanto  il  naturale,  fatìa  da  Andrea  del  Sarto # 
>er  tenere  fopra  T  Altare  della  Saiititlima  Nunziata:  e  già  avevala»  dopo 
unghiflimo  tempo,  tirata  a  (ingoiar  oerfezione:  e  dopo  un  eftrema  fiitica 
del  corpo  e  degli  occhj ,  condotta  a  nne  ;  quando  avvenne  che  una  notte» 
ch'egli  aveva  lafciata  T opera  fua  non  ben  ripofta,  per  efler  quella,  com*  è 
folito ,  lavorata  fopra  cartapecora ,  gliele  roterò  in  tante  parti  i  topi  »  che 
tutta  la  guadarono:  onde  il  povero  Padre,  afflitto  per  tanta  peraica,  fo 
n'andò  a  trovare  Jacopo  Vanni,  argentiere  e  gioielliere  di  gran  valore» 
e  fuo  amiciffimo  :  e  mofirandogliele  cosi  lacerata  »  al  eli  diffe  :  Guardate 
qua»  mefs.  Jacopo,  fé  mi  bifogna  avere  una  pazienza  da  romiti i  eccodo- 
v'è  andata  la  mia  fatica  di  tanti  mefi.  Ed  in  vero,  che  fu  quella  una  graa 
perdita»  alla  quale  poi  riparò  lo  fteflo  Padre»  con  metterfi  a  fiirne  un'al- 
tra di  nuovo  ;  ma  non  è  a  mia  notizia  ov*  ella  fofle  poi  maialata ,  né  dove 
oggi  fi  trovi.  1  Frati  della  Santiffima  Nunziata  di  Firenze  confervano  di 
fua  mano  nella  loro  Sagreftia  un  frontefpizio  di  miniatura  di  un  libro  in- 
titolato; ASa  B.Pbilippi  Venizii  Ori.  &rv.  e  una  tefla  d'un  Salvatore» in- 


K 


caftraca  in  un  Reliauiano  di  le^no  indorato i  e  una  copia 'fìitca  a  olio  dello 

fieflb  volto  di  Crifto  Signor  noftro .  di  mano  d*  Andrea  del  Sarco»  di  cui 

toofi,  ablyamo  fatta  menzione .  Neil*  Eremo  di  Monte  Seoario  ibno  di  fot 

^^"^'^  L I  mano 


1^$  ZXVW/T?<rv<(A|8WVv^^^^^ 

io  4el  Coro ,:  fflprji  il.  qoiwciflrtie,  ^é.  O/ve^^if^^&pnB  ,^%vecri9f« .  ìcpU!  wpr 
M9m;a.(^i«»o  .por  .?ccaB(y)«g«amra  ^elljt  fitac^:  e  dBe.qu9^Uoi^|^tto  «U^ 

lygijDP^  j^ì^mlPJt  ^^lÉJW^  '  4i>PMH<^  ^acjora  un  C^n^c^oto  «fra^df .  «^ 
pp^ivì^fp  ^'  $«)ryi  (fi  Yett%ri  i  ì(l%n  dicano  di3piP9»a.  Fe?^  alqim  4? 

Fra* 4|f*tw .dipropeifi yiano de' jV'>i>«V««Vy?iWpr,»J:«QcpÌ   4»IIa «)(^j  iM<Vr 

4je4  S»r«pt|4.  C»din^^  (iepg^Mp  (^<  Tolosa ,  Yì^iM^cite  iqwltp/4i  fQg 
P^r«„f^V9.p  «w^  mm  »  «  HO*  Of  ifioiifàKvanp  ^sUa.Iprfia.^^aJft^^efe 

g'ivflh  4e^  le  Sig;ipre  4^H»  Qui^  «  Vjffe  qììahHV^9m9^n\fyim(f^ 
tt»t  ewft  alcuni  ».  zytnù  aliala  aioiì^e  *  fi^  '1  npp  Cervif ^U  pì^  la  .viftf  » 
^  it  iglif^f  b^le  fiffitq  fyfi,  ^;).p|o  disfidcrio  che  gli  ebbe  di  attenda 
^i  fiip^Clco,  cpme  egli  diceva,  a  preptrarii  al  p«0o  della  morte,  lafeis* 
pi,  ogat  Ali^a  applicazione,  li  fermò  q^  Cap  E^eaio,  a^teadjpndo  qoi,vt  con 
p<Hi  Q;cdii¥ffio  fervore  agli  eterei?)  della  Èeligipo^.  Óccoclè  iii«tnc9,<^ 
q«ei  Padri  inoomìnciarono  cratcaco^i  mandare  a  ifondare  un  Eremodi  Jo- 
«o  Ordine  nello  Scato  Veneto;  e  dopo  e(rer.già  tutte  le  «ofe ftabilite,  fm 
il  noftco  Padre  Fra  Qio.  Batifta  daTuei  ?i;eutti,  che  lo-ponofcevano  per 
1KMBO  prudente,  e  per  attimo  Religji^ ,  iafieme  fqn  Fm  Soffegno  bico» 
fbandato  a  Venera  per  dare  effetto  a  tal  fondazione;  «ma  n^n  9fw>  motto 
fàe  mentre  egli  di  tutto  prppofito  attendava  al  pio  iavioror  .alS^ito  d^  gn» 
«e:in&jrmità,iiel  Cppvenf:o de' Serri; della  ftefla  città,  dppp  aver  ripeypei 
|i.%nt$  Comunione rpifsò da  queftì  jiU'gitra  vita  aUi  ji.  d>  Ottobre  del^ 
Votalo  i^s^  e  neUa  QbiiPfs  di  q,Qel  Cpiivento  ej^b»  il  (ho  qn^aveio  Se- 


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WtTORB  b'  ANVERSA 

Dìftepoh  dtGie^telm  de  Voh  nal9i$^T.^  iJS%u 

K  qadll  «ntidiiffimS  cenpi ,  tifqiuU  Ittèli'  trce  dellt  pimirà 
prafi  i  pnì  fublimt  pofti  d'eccelienBa^,  abbelliva  di  fé  fieOaÀ 
più  nonlitciccè  del  mondo»  venn^  ella  in  s)  gta n  pregio  ap> 
preflb  i  Lacini,  che^^  ftip«r«nO'i  pt^  degni ,  non  eflervi  altm 
Kfapiù  fioòra-di  cteirtHur  1»  fama  di  lor  glofiofe  aàont ,  e  Ùi 
s),  «htfitf  <^i%ettp»)li  luro  p  pailaA^i  che<il  Uletare  a*  pò* 
i  iterate» al  vivo  l'effigie  A6'^vto6t\  vèki\  -QiiincH  è  »  che  incpibiiicfan^ 

dofi  a  pf!aci<!iTe  6ra  *' '  *  *      '     '"    — '  '  — "^ ^ 

ceno  per  oanano 

avucd  ))er  £0104  

te  ih  btonmin  roarmi,  e  in  tdccàc^;  itft^aAchelff  céra  re- così  fatte  im^ 

màgìnt  di  cera  chiudeViho-ne'Io^oliFaìdrjr  e  con  efle  volevano  che  £jflèH» 
fo  s^xompégnati  i  fl|<Mti  della  fiiinfigliah  talohò  ninno  «ori va  di  quel 
ndifli  Ttomitih  chenon  /offe  portato  ill^foloro  col  Isgiioed  KeùtùM^ 
matara  di  tucti  i  fuèigloriofi-anteiteii.-i  quali' «rama  portati  con  órdine 
rucoefliy<^r  utib  airalwd  (è^per  ufiffe  il  ièrilo  delle  parole  di  PHnio,  «ht 
ciò  raocont*) '^er  vi» ■d'<> albero,  e  con  oidine:di  linea.  Bran  poi  quei 
grandi  nómira  s)  gelofi  di  mantener  pofto  nobiie  a  tale^coi^uetuoi iie  >  che 
per!qu|mco:dipe  b  fi^b'^nio;  MefTala  (^Còre  non  volle,  eh*  e' fi  po' 
nedb  fra  qublli  di  faà  geme  rimidi^ine'de'Lévinh  e  per  «al  cagione  «n^ 
cova  il  Vecchio  .MeiTaM^S  pofe  a^  coin)piliire  trattati  deHeiàmiarte.  Si^luo^ 
le'  poi  il  nomiiMCO  A«toi^<  che  ìjiHsfia'bélb'VfBKzè,  Colpi  della  pigrìisia» 
venillè^ifuo  Tempo  'aflai  tréfcuracaf  peitihè^gli  uotDini  d'etto  afiàre» 
dicceli ,  in  luogo  di  tMfmettere  a'  pofteriia  metnbrìa  dt  fé  coli*  ini- 
inagini  proprie» e  cotrfervar  «fuélte  degli  ai\céniti«--u&iMno  feudi  di  ramcv 
e4capia'arg<ritOt  i  ciutii  indifferentemente  trafportàvano  d>  unailatùs 
ad  un* altra,  roollnincKy 'di- ftimàte*«^fpià  che  campeggiaflè  nelle  lor  ca-^ 
mere  lo  fpitndor  dell'argento»  che  Teffigie  di  lor  medefim!  e  de' parenti  i 
e  co^iefeinronoa'i-pofteri,  anzi  Tididii^gini  del  loro  avere,  che  di  loro 
fleffi.  Tali  fufoaeicolhntii^detPaAliGhita  incorno  ai  titratti.  Fecempoi 
le  beli' arti  quell*  offendo  naufragio  ^he  è  nòto,  e  dopò  molti  fecoli'tor* 
naroao  a  vivere^  E  fé  n'oi  Vogliamo  bra  ^lóencare  fra  l^opere  di  quei  pri- 
mi maeftiA ,  che'dipiAfei<6  In  Italia  per  gran  corfo' d' anni ,  troveremo, che 
effi»  iit  ciò  che UppanrtiWIie  ài  deéoto  di  QVkèfte belle  facoltà,  per  ordinario 
fegttifàrtfn'o'il  b«dn;'ed(lttttè  'antico,  perchè  noà  ocOipai^òno  il  lor  pen- 
nello In  fiir  ritìracd  ctei  è*  uoroiiti  nobifì;  o  'ptt  alCui^a  |>articolare  ecceU 
lenaa  fra  gli<altt4  di  primo  nonlte  ':  e  di  <]fàefti  adorrtarono  le  più  infignl 
opere  loro»  i  luoghi  pbbblici i  e  ì  pia  rìnbniàtì' mufei  e  librerie.  Coti 

«  .        i;4"  l'allais 


y 


1 68  DecettnJILdeUa Part.l delSec. V.  dal 1 610. ali 63 o. 

]?  allM^trfi-pot  €he{ecfroqaefearcrf.e  Ciolmaldpl^  degiiarteficH  fi  tir 
ifli^arcmoaltroBÌle  manide*]imor»;èftf'facta^  modo  i  che 'no  a  potefle 
più  dolerfi  il  Segrecarip  della  Natura  >  che  il  mondo  rimanefTe  fenza  cicrau 
ti^  perchè  i  picjtoii  incoininciÌH?bno'a  lappreientare.  prima  .in  fulk  tavole» 
o  poi  in  fulfe  tele»  nell'opere  pubbliche  e  nelle  private»  i  volti  di  per- 
fine d' Qgni  piccolo  a£&re ,  e  l^ne.  fpf  ÌIp  ancora  di.  taluno  »  che  vivo  a vreb^ 
be  dovuto  coprirfi  la  laccia»  per  non  e0er  dajgii  altri  ùomiai  né  veduto 
né  riconofciuto»  non  che  fatto  vedere  a  i  poderi»  perch*  e'  parlaflero  di 
lui  ^  Soli  ^:paflirt!i  poto  meno  di' tre  Xecoit  »  dacché  jun  talie  abufo  ebbe 
fuQ. principio:  e  oggi  fiamo  ridotti  a  fegno»  che  ni$a  lunno  le  llufe»  le 
bettole»  le  taverne,  e  i  pubblici  macelli  uomo  sii  vile»  che  non  fi  vefó« 
dipinto;  e  perchè  poco  più  .cofta  ai  pittore  il  broccato  che  il  canapino  i 
beato  colui»  che  più  bei  panni  fi  fik  mettere  addoffo .  Y edefi  taruouio  in., 
civile  e  okeooanicò»  dipinto  appoggiato  a  tavok»  ricoamente  coperta  »  pref- 
io  nobil  portiera»  armato»  e  toSi,  bafion  di  .comando  io  mano»  come  & 
fofle  un  Docad'Alva  oonMarchefedel  VaiUo^  che  puretnon  s' impacciò  mai 
cop  ialiarnefi%  fé  non  it  forfe.ii»<iQmi]iedi0.>ower.j>er  giuoco  ;  lequaii  cofe 
Anno  cofloro»  non  fo  fé  affine  di  non  eflef  co^pfJbiiKi.per  q|:i«  che  iiQOO# 
o  per  far  vedere  alb^  gente  quamo  poco  t\  cóoofcono  tè  fteflì.  In  £oxsy^ 
ma  quel  che  negli  anni  aoticiH  fif  ;folo  fegnp  dii  nobiliè  »  piemia  d^.una  &f 
palata  virtù»  ladmcentivo  idja  ,pofterità.»  «^pperfl^gioriofis»  iei;ve  o^gia 
coftorodi  fomemód!  una  iniofportabil^^  vanità»  e  d'unta  fmodéràto  amòre 
di  fé  fteffi»  ficcarne  apprefib  a  quei  che  ver cunno,  feivirà  loro  di  beffi^g** 
giamento  e  «di  rifo«  Qùcfta  vana  cupidigia  td' onore  non  W»  ohe  regna 
nella  ^nte  minatar.ha.pgruvitoallaivepubbljc^dft^'ìinyn^ 
ike  arti  ìttt  altro  inc0nvenjfertfe  »  ed  è  >  che  dovendoti  pun^.fare  atta  plebe  » 
per  acchetarla»  infiniti  ritratta,  (ipnofi^  altresì  flitti'tntiniti  pittori  plebei  « 
iqvali  obbedienti  più  alle. teggi. della  propria  neeeifità»  che aj  decoro del« 
l^arte,.fcorbiàndo  a:ttaliiMK|o  a  tavole  e  tele»  hanno  ripièno  il*  mondo 
dì  qqefta  baflEeza:  né  fi  vergognjano  taivolcadi^pippjrre  «incha  ne  iloof  hi 
più  devoti  alla  vifta  degli  uorinnii  ceffi  di  taluni  »^e  viliper  eondiaioiKt 
iconofeiutt  per  talento,  malvoluti  per  cofiumi ,  fervono  finglmenfc  a 
gjitfo  altro»  che  a  fomentar  la  pietà»  a'  ella  non  fo(|e  però  di  quella  forte 
che  chiede  da'  {mi  amorevoli  V  infelicità  de'  lor  laerveiU,  Ma  ringraziato 
fia  il  cido»  eh'  e'  venne  una  volta  al  raondg^  un  nobiiiffimo  Ar«(6ce»  noQ 
un  pittore  di  femplici  ritratti  ir  ma  usiverfi^l^,  dilèguator.  celebre,  colorii 
core  maraviglici»  nobiliflimo  inventore»  ch^ha  lapui^o  eoo  mirabile  ar« 
ti^zk>  e  franchezza»  imitarequancojmar  facci 4a  Naturar  m4  neKformat 
poi  fì4le  tele  l' effigie  degli  uocoini  è  fiato  tanto 'fingokire  »  che  pub  bene 
aver  luogo  fra  quei  rinomati  artefici  »  che  diede  al  Aòhdo  nel  p,:(rato  fe^ 
mAo  Venezia. e  la  Lombardia»  e  che  ha  dato  nel  prefefite,  la  Germania 
e  la  Fiandra  •*  un  pittore  finalmente»  che  non^9Mi  pea  ordinario  occupò 
fuo  pennello»  per  confegnare  alla  pofterità  altre  memorie  i  ohe  odi  Mo- 
narchi o  di  Broi  o  di  nobiliffime  perfi>ne:  in  che  pofiiimo  a/Fefmare  »  che 
egli  abbia  aggiunto  più  di  reputazione  a  di  gloria  all'arca  fua  ed  a*  prò- 
feflbri»  che  non  hanno  tolto  loro  per  più  fecoli  tanti  altri  fisonfi^crati  atf« 
teficì  »  de  i  quali  abbiam  di  fopra,  cwì  in  generalei  fatte  menzione . 


»    -4. 


M>NSU  GIUSTO    SUBTERMAm:    169 


£^ ad^inque  da  faperfi  »  come  circa  alP  anno  1 590.  viveva  in  Anverft , 
città  di  Fiandra ,  un  nobile  cictadiiK>  di  Bruges ,  chiamato  Francefco  SuIk 
teriiians»  che  li  efercitava  in  mercantare  drapperia:  ed  eflendo  in  efla  città' 
fiato  condotto  fin  da  giovanetto f  eravifi  finalmente  accafatocon  una  no- 
bil  Dama»  chiamata  Efter»  di  Lovahio  della  Fiandra  alta.  Ebbe  qudfti»' 
che  rimafe  unico  della  famiglia  «della  nominata  Aia  conforta  dieci  figliuoli 
mafchi  e  tre  femmine.  Fra  i  mafchi  fuMattias,  valorolb  Ingegnere  e  ce^' 
lebre  Mudco  »  dichiarato  dalla  Maellàdell'Imperadòre  MuficodellaCamera.' 
Altri  quattro  riufcirono  eccellenti  pittori  »  cioè  il  noftroGiufta:  France- 
fco, che  dopo  avere  avuta larteda Giufto fi pofe  appreilo al  Vandik»efu filo 

J[rand'  imitatore:  Giovanni  e  Cornelio > e  quefti  ultimi  due  morirono  m 
ervizio  della  Maeftà  Cefiirea  :  e  di  Francefco  rimafisro  un  Mattias,  Re-' 
ligiofo  della  Compagnia  di  Gesù,  celebre  Predicatore  «  che  vive  al  pie«i 
fente .  Fu  il  natale  di  Giufto  Tanno  di  nofira  falute  1597.  e  alli  28.  di  Sec<«^ 
cembre  fu  Battezzato  nella  Chiefa  dell' Aflunta,  CatiedraJe  d^  Anverfa  fuai^ 
patria..  Appéna  fu  egli  pervenuto  agli  anni  della  difcrczione»  che  inco«. 
mincib  a  dar  fecni  di  non  ordinaria  inclinazione  al  dif.gao  ;  tantoché; 
avendo  queftp  luo  bel  genio  oflervato  Guglielmo  di  Pietro  de  Vos»  buoa: 
pittore  di  quella  patria»  pregò  il  padre  del  fanciullo  »  che  gliele  concedefle 
per  infegnarsli  quell'arte:  ciò  che  Francefco »defiderofo  d'incamminare  il 
figliuolo»  a  lecondadel  genio»  non  ricusò  di  fare.  Il  giovanetto  appreflor 
à  tal  mAeflro  s*  approfittò  affai  e  in  breve  tempo  »  onde  ad  efib  e  ao' altri 
fu  di  non  poca  ammirazione .  Confiderando  egli  poi  di  quanto  riefca  ad», 
uno  ftudioXb  di  ^uefie  arti»  il  peregr:inare  per  diverfe provincie»  ad  effetto 
di  vedere  lé  varie  maniere  de'maeftrir  deliberò  di  viaggiare  alla  volta  di 
Parigi,  latto  già  sì  pratico  e  fpedito  nel  lavorare,  che  giunto  in  quella^ 
gran  cittì»  e  attefovi  a  operaie  per  treanni  e  mezzo  continovi»  lofteffa 
pittore  del  Re»  al  quale  era  pervenuta  notizia  della  fua  bella  maniera»  e 
del  fuo  vago  colorito  >  ne  fu  in  non  piccola  gelosa  :  dalla  <]uale  moflb  » 
guaflò  alcune  opere»  ch'egli  aveva  già  finito j per  tigiìetle  di  diverfa  ma^ 
niera  da  quella  eh'  egli  aveva  ceriuto  fino  allora  •  la  efii  città  di  pari^  0i 
trattenne  Giufto  per  due  anni  interi»  in  cafa  dei  celebre  pittore  del  He 
d' Inghilterra  Francefco  Pulbus»  che  era  venuto  al  fervtzio  della  Regina 
Madre j.  provvifto  di  cinquecento  feudi  ogni  anno  »  e  di  nobili  onorari 

Ser  r  òpere:  e  il  rimanente  del  tempo»  che  furono  circa  diciocto  rnefi» 
ètteu  <fa  per  fé.  Aveva  in  quefto  tempo  la  gloriofa  memoria  del  Grai>ii 
d^ca  di  Tofcana  Cofimo  II  operato»  che  da  Parigi  foftcro  fatti  venire  a 
Firenze  alcuni  valent' uomini  neU*  arte  del  tefler  panni  d'Arazzo»  per 
far  loro  condurre  alcune  belle  tappezzerie  per  la  fua  Real  Guardaroba:  il 
che  venne  a  notizia  di  Giufto»  i  cui  fervori  negli  ftud)  dell'arte  fi  anda« 
yan  fempre  aumentando;  e  avendo  fatta  refleifione  alle  maraviglie»  die 
in  genere  di  pittura»  più  che  in  ogni  altra  parte  del  mondo,  fi  veggono  in 
Italia»  procurò  di  fare  amicizia  con  cofioro  »  ed  infieme  eoa  effi  fi  mede 
in  viaggio  alla  volta  di  Firenze»  per  quindi  poi  portarfi  a  Roma.  Ora 
e  da  faperfi  in  quefto  luogo»  che  il  Suotermans»  ficcomeera  ftato  dalla 
Natura  dotato  d'animo  nobile  1  d'acuto  ingegno  1  d' innocènti  maniere., 

e  di 


e  difttaordltìflfift  abilità  pet.  ognlrcoft' virtttafai  eosV ancor*  aVea fòrtito 
d' avtre  un  vago  afpatto,  e  prefcrfìza  fignòrile  >  cor  quale  e  coH*  avvdrieiiza' 
che  fi  fcorgeva  in  ogni  fuo  gefto%  accompagnava  le  proprie  aatòni  tantor 
gra«iQf«(taiente  >  che  èra  cofa  niaravigliQCii  :  il  che  aggiunto  alla  fua  tùxAik 
KÌrt\V nell'arte  deldipigneret  none  polfibilea  dire, quanto $li  tendtflefa^ 
elle  il  cattivare  X  aflecto  e  V  amino  d' ogni  perfona.  Giuiiti  finalmente] 
queimadlria  Firenact  e  rapprefentatlfi  avanti  al  Granduca i  cH^  beni*^ 
gnamente  gli  ricevè^  gli  fecero  fapere  di  aver  condotto  con  fé  un  nobile 
giovane ,  profeffore  di  pittura  valor ofo*  e  di  piit  che  ordinaria  afjpèttàzio* 
neà  il  quale  per  Tuoi  ftudjdife^nava  pafTarfenea  Roma .  Quel  benisniflima 
Fdncipe,  Tempre  intento  a  promuovere  e  favorir  la  virtù.  Io  volle  aveiti 
a  fé:  e  parutogU,  come  egli  era  veramente,  uh  degno  fuggetto ,  voll^ 
anche  vederlo  operare;  e  così  gli  ordinò  eh' e- facefl^e  il  ritratto  d'un  di 

SQet  maeftri  il  più  vecchio  :  e  quefli  fu  il  tanto  rinomato  Picaer  Fever  ,^ 
quale  poi  per  un  corfa  di  molti  luftri  ha  operato  in  tappezzerìe  per  ir 
Sereoiffimi  Granduchit  con  ammirazione  d'ogni  perfona;  equeRpprimo 
ritratto  di  Giufio  poffiede  oggi  il  nobiliffimo  Cavaliere,  ti  Marche^  Bar- 
tolommeo  Corfini.  Stavafi  in  quefto  medefimo  tempo  quel^n  Piriìicipè 
li  Inù  del  tempo  nel  letto,  a  cagione  di  mrave  e  lunga  infermità,  la  quale 
poi  dopo  pochi  mefi,  con  pianto  univeriale,  io  tòlfe  a  quefta  luce  ;  e  pef 
Ilio  virtuoib  divertimento  i  guftava  d' aver  quàfi  del  tontinovo  nèlld  pro<^ 
pria  camera,  e  non  molto  lontano  dal  letto;  il  celebre  pittore  Fllin^o' 
{Napoletano,  al  quale  faceva  dipignere  vaghe  invenzioni  in  piccole  fi^a- 
re't  com'  era  il  coftume  e  talento  di  queir  artefice  r  e  così*  non  fu  grad 
faato,  che  il  ritratto  de)  vecchio,  che  gii  aveva Giuftù  condotto  a  petfe- 
zione ,  veniHe  fptto  T occhio  dello  fteflb' Filippo,  il  quale  si  fattamente 
lodò  al  Granduca  i  che  egli^e  la  SeMntfllmt'  Arciducheffii  fìia  CÓAlorte 
non  vollero  altrimenti  ,che  Giufto  C'ardile  per  andane. a  Rùtcftì:  e  datagli 
flanza,  comodità  e  danari  a  proporfeifone  di  lor  reale  magnificenza^t'fo 
formarono  al  proprio  fer vizio  in  Firenze t  e  da  IV in  poi  (tan t'era  piàciu-^ 
ta  la  fua  maniera  di  colorire  )  non  reftàva  mai  quella  Serenifiima  di  farlo 
operare  :  anzi  fin  da  quel  tempo  incominciò  a  tar  di  lui  s)  gran  cónto,  (tf 
a  tenerne  tal  protezione,  che  nonè^poflibile  a  dire;  colla  quale,  e  col-' 
Pavanzarfi  che  Giuflo  faceva  femprepiù  nelle  perfezioni  defl*  arte,  cor«* 
fé  ben  prefto  la  fama  di  lui  per  tutta  Italia.  Seguì'  intanto  U^iriortè 
del  Granduca  Cofimo  alli  28.  di  Febbrajoitfio.  e alouantù  dopo  fu  ftabi«^ 
lito  il  maritaggio  fra  la  Serenifiima  Eleonora  prima  rrincipéfia  di  Manto- 
va colla  Maeftà  dell'  Imperatore  Ferdinando  li;  onde  furono  dst'quei  Se- 
reniflimi  porte  preghiere  air  Arciduchefla,  acciocché  mandaflè  colà  quefiò 
virtuofo»  per  farne  il  ritratto .  Si  compiacque! 'quell'Altezza  di  concederlo  ; 
ma  ve  l'inviò  con  ordini  affai  ftretti  e  limitati^  per  lo  timore  ch'ella  ave- 
va, che  quella  virtù,  che  lo  rendeva  defiderabile  'a  Firenze',  non  fofle  ca* 
gione  dì  divertirlo  per  altrove .  Nèfufuperflua  tal  diligenti,  perchè  arri- 
vato a  Mantova  fece  il  ritratto  della  Serenilfima  Spofa  :  e  fi  portò  cosi  be* 
ne ,  che  gli  fa  fatto  ogni  forza,  acciocché  ei  fi  contentdfle  di  feguitarla  a 
Vienna;  e  vi  fu  da  far.non.pDco  e  peflui  e  per  la  medefima  Séttniffima' 

Arcidu* 


^  » 


MONSffiJWSTO  SU§TERMANS.    171 


Àr^ìdycliefla •4>er  4il>e)ra|ii  dqUe^om^e  iifftanfze;  che  loro  né  venivano 
fat^e  da^que'  Priacipi.  Tannatotene  iìnaAiMnce  Giiifto  alla  città  di  Fi* 
r6aze».la  qnale,eglÌQfiamai,^ffi(lico  daUal^ntà  e  aiFe(3toidi.tutta  laCafaSo* 
rftjóiffima ,  riqopofc^v^a  ;per  fija  patria^»  gli  fu  dato  4  dipignere  da  quella 
Alp^izsi  j^  ^an.tela^ióezzo  topdaf  cpn  ^giKe  ,^  olio  afllti  maggiori  del  na« 


irtamencii)  affinchè  ci  i^pprefim^ 
predato  al  SerenifHmo  PerdinÌHW 
do  JI. .  nuovo  iGrandttGia  >  da* -Senatori  Fioroncini  nel  principio  del  fod 
regnare .  In  quella  feoe  egli  veramente  .conofccre  fé  fteob  per  quelicITegli 
era.,  ^gìon  folo  in  ciò  che  «1  colorito  apparteneva  #  ma  al  difegna,  invenf 
^ìoné  .^nobiltà  di  penfìeri,  talmentechè  quefta  fda  opern ,  a  parere  de*  fiii 
incendenti  #  baderebbe  per  dichiarare  i  che  quefio  artefice  fofleftaeo  urt 
nomo  iingolarifiìmo  neir  arce  fua .  Vedefi  dalla  parte  ìleQra  in  maeftofo 
trojEiQ,  bendKè  coperto  di  iugubse  apparato^  il  giovanetto  Ferdinando»^ 
di  ftraordia^ia  bellezza  nei  volto,  in  atto  dì  ricever  T obbedienza ,  che  n 
città  di  Firenze  e  la  Tofi:ana  tutta,  nella  perfona  del  Supremo  Magiftrato 
'[li  jiura  ;  e^ccanto  ad  eflb  fiedona  a  deftra  la  Seceniffima  Arciducheira>Ma<« 
Ire,  e  a  (iniftra  la  Serenilfima  Criftina  di  Loreno  Avola  foa^  a'  piedi  del 
Grandocaprofondamieote  s'inchina  il  Senatore Barcolomoieo Concino, fira-^ 
tello  del  MtriBfcialJo  di  Francia ,  allora  Luogotenente  per  S.  A.  S.  in  eflb  'Ma<* 
filtrato:  il  Maeftro  delie  Cerimonie  della  Metropolitana,  in  abito  clenicale^ 
ii^iiioochiaco  ibpra  uno  de'  gradi  del  foglio,  gli  porge  aperto  il  libre  de^ 
gli  Evangeli  per  lo  giuramento  di  fedekà  :  ed  è  tjuefto  ritratto  tanto  a& 
vìvo*,  e  m  così  bella  attitudine , e  si  propria  a  quella  azione ,  che  più  non 
puòeflere.  Il  dorfo  incurvato  del  Luogoteiiente,  fa  luogo  a  vederfi  due 
tefte  di  Senatori  in  lucco  nefo,  ritratti  al  naturale;  cioè  un  vecchio  cal« 
vOf  |1  quale  con  una  mano  s' allai^  alquanto  il  lucco  d' avanci  al  petto  > 
fopra  U  quale,  e  ibtco  V  apercura  del  lucco,  fi  vede  come  una  croce  di 
Cavaliere  di  Santo  Stefiino,  diceii  eflere  il  Senatore  Filippo  Mannelli;  -e 
allato  a  quello,  pur  £itco  dal  naturale,  un  altro  beli tilitiio  ritratto  d*  un 
Senatore,  non  tanto  vecchio  quanto*!  prinao^  del  quale  allo  fteflb  Giù*' 
fto ,  che  tal  notizia  ne  diede ,  x^^n  (by  venne  ìlnóme .  Delle  due  figure ,  che' 
di  là  da, quella  d^l  Luogotenente  ftanqo  \n  piedi  fopra  i  gradi  del  fogliò  ^ 
quella  di  p^rlboa  di  torvo  aÌ{ie|(tO|,ch9  tiene  una  oìaao  di  dietro,  w  in 
tSJL  un  par  di  gijantì ,  dicq^io  i^re  la  perfona  4eiCavalb  Ve<;chio ,  Audi-^* 
tore  Fifcale  del  <jraoduca,  che  orò  in  qudla  &nzh)nek  y  altra  veduta  ift' 
tutco  profilo ,  che  tiene  il  braccio  ft^fp  >  e  la  mano  che  nofa  fopra  '1  <3or- 
pò,  è  fatta  per  lo  Generale  Afuolo  'Niccolini.  Fra  quefte'due  iìggre  ve«* 
dei!  apparire  più  lontana  uivi-  ^la  le^a  d!  «ti;  gtafietf o  con  cortifiiitl^  ca- 


che nò^  dei  quate  AQ»  fi  v«d«ft{trOr€hf  i*  teQa^  Dalia  parte, dóve  fi  vede 

la  Se- 


172  Dècenn.lìl  della  PàrtJ,  detSecVi  dd  1 61  o.  at  i  ^3  o. 

la  Screniflimt  ArciducheflarftannoG  ih  piedi  doe  venerandi  uomini,  uno 
de*quali  yedefi  con  una  fola  mano  alzata,  tn  atto  d'accennare:  ed  in  qua- 
tto voile  rapprefentare  il  pittore  i  due  Ambafctacori  di  Modana  e  Lucca; 
ritrafle  però  i  volti  loro  da  altri  naturali»  non  gii  da  loro  fteffi.  Termi^ 
nano  quefta  vaghiflima  (Loria  •  da  man  deftra  una  gran  figura  d'un  vecchfo 
nudo»  che  rapprefenta  il  Fiume  d'Arno:  e  una  d'un  foTdaca  dèlia  Guarf 
dia  Tedefca:  e  un'altra  che  volta  la  fchtena,  fatta  forfè  per  alcuno  Ofi« 
siale  di  Corte:  e  dalla  finiftra  una  belIiiBaia  femmina»  coperta  di  quinto 
reale,  con  fcettro  in  mano  e  coronata»  con  appreilo  il  Leone  e  la  Palla t 
nella  quale  vien  figurata  la  Monarchia  della  Tofcana .  Quefta  belliffima 
pittura  fu  a' meli  addietro  tolta  di  luogo,  e  fituata  nel  Salone  di  fopra, 
che  fervi  per  Taudien»  del  Sereniflimo  Cardinale  Leopoldo  de'  Medici  »  fta« 
tt  deftinata  appofta  per  tutte  l'opere  di  Palazzo »fatte  di  mano  di Giufto, 
come  appreflo  diremo  • 

Correva  Tanno  i  tf  13 .  quando  incominciarono  a  venire  alla  Sereniffiibà 

Arciduchefla  caldiflime  lettere  dall'  Imperadore  Ferdinando  II.  con  vive 
inftanze  ^^ -»— -i-  -  *'• *•  -  • •     ^ »-  ^.^a-^uj 

proprio 
dell'  I 
derio 

però  per  un  certo  determinato  tempo .  Prefe  egli  dunque  il  viaggio  a 
quella  volta  »  e  feco  condufle  il  foprannominato  Giovanni  fuò  fratello» 
che  allora  fi  trovava  in  Firenze .  Giunto  a  Vienna  fu  ricevuto  dall'  Im- 
peratore e  dall'  Imperatrice;  con  dimoftrazioni  eguali  al  defiderio  »  col 
quale  V  avevano  afpettato.  Trattenncvifi ,  fempre  trattato  alla  crande  per 
un  anno  intero»  nel  quale  fece  X  uno  e  T  altro  ritratto  di  quelle  Ma^: 
ficcome  ancora  ritrafle  i  quattro  figliuoli  dell'  Imperatore  »  nati  di  Anna 
<|i  Baviera  »  figliuola  del  Duca  Guglielmo  »  cioè  a  dire  >  Ferdinando  »  che  fu 
poi  Ferdinando  IIL  Leopoldo  Guglielmo,  poi  Arciducali' A  uftria,  Go- 
vernatore de'  Paefi  Badi  »  e  gran  Maeftrò  dell'  Ordine  Teutonico  ;  Maria 
Anna»  poi  maritata  a  Maflimiliano  Duca  di  Baviera:  Cecilia,  poi  moglie 
di  Ladidao  Re  di  PoHonia»  e  molti  di  ouei  Principi:  ed  è  cofa  notabilCa 
ohe  avendo  l'Imperatore  fentito  dire»  «ccome  era  veramente»  che  Gìu- 
00  fofle  di  gracile  complelBone  »  mentre  che  gli  ftava  al  naturale»  volle 
per  ogni  modo  farlo  federe  ,  e  più  volte  àncora  lo  perfuafe  a  cot>rirfi  la 
tefta»  al  che  però  egli  non  volle  mit  acòonjfentirb .  Non  celavano  in  quel 
tempo  in  Firenze  TAltezae  Sereniffime  di  fiire  fcrivere  a  Giudo»  che  fé  ne 
tornaffe;  ma  egli|  che  non  trovava  modo  che  quella  Maestà  il  licenziaflTe» 
non  rifpondeva»  non  ifciìfandòfi .  Alla  perfine  temendo  la  Sereniflima  che 
a  iui^o  andare  non  potefle  darli ^ìl  eàfo.  che  la  nòftra  città  facefiè  perdita 
d'un  tal  virtuolb»  fenile  a  GioQó»  chi cofK Imperatóre  foo  fratello  face-* 
va  a  ficurtà  »  che  però  farebbèfrélla  incaricata  del  penfìero  di  operare  »  che 
ogii  io  rimandaife  per  ogni  motlo .  '  L' linptAitoré  inoftrava  tutte  le'lettere 
a  Giufto,  ma  non  per  quefto.il  licentitfvi  Rifolvéttéfi  finilmente»  do. 
pò  averlo  nobilifiimamente  regalato > e  fpeditagli  una  Patente  di  Nobihè» 
data  in  primo .  Ottoblrc  Ì6x4.  in  cui  vollèr  the  foflero  nominati  fet  fuoi 

fratelli» 


,-N  r 


MQNBU  GIUSTO  SUBTERMANS.    173 


fricelU  t  ehe  tlhnra  vìvtfvaiko»;  eftnda  già  compita  V  anno  dopo  i!  di  lai 
VtirQ  a^Vi^nnaidi  concedergli  licefiato  di  tornare  a  Firenze .  Egli  di  fubi- 
€o  fi  oeflc  in  viaggio  I  lafciando  colà  il  fao  fratello  Giovanni  in  fcrvizió 


629. 

cb<Qcò  rutta  la  nobiltà  c^i  fua  Corte:  e  finch'  e'  vifle,  usò  per  ordinario  di 

raocsttare  in  j^opriicaik  rotti  i  Cavalieri,  che  di  Firenze  fi  portavano 

in  qutile  parti.  Ebbe  iìglìiioii;  ma  poi,  tanto  quelli,  quanto  eflo  ti  i^ 

ipoglie  fi  fliortrono,  e  di  lui  non  nmafe  (iicceflione  J 

V  :    Era  l'anno  i6%y.  quando  a  Giufto  convenne  partirti  di  nuovo  di  Fi* 

rdn«0#epoitarfi  a  Roma,  chiamato  appofia dalla  cala  Barberina, per  fare  il 

ritratta»  al  oaturale  della  Santità  di  Papa  Urbano  V  III.   Venuto  a  nofiauE 

del  Cardinale  Magalotti ,  che  il  Subtermaoa  già  era  giunto  in  Roma ,  fe^ 

ceiM  ppfola  coi  Pontefice ,  il  quale  volle  eh' e' fi  defle  principio  ai  ritrit-^ 

a»,  ^X'kQf  legittl  iin  quefto  niodo.  Stavafi  il  Papa  a  {edere  ibpra  una  fediat 

ein^adec^uaca  diflaiiza  era  accomodato  un  leggio  colia  tefo,  dove  doveva. 

£MfiJa.p}fiturajsjd!.avaati^l  leggio  era  polato  in  terra  un  bel  guanciale^ 

fopra  il  quale  Giufto,  che  neir  operare  flava  in  piedi ,  di  quando  in  quan^ 

dOf  iécondochè ricercava  irbifognot  potava  un  ginocchio/  Hammi  più 

v^f e f acconttfio  Ib  fteflb  pittore,  chémencre  fiiceva  quefT opera,  il  Pon» 

tlB^ce  parlava  co^  lui  con  gran  fiuniliaritè  e  dinaoHrazione  d^ amore,  prc^ 

ia^di'^ciò  la  maceria  dal  nome  fuo,  dicendogli  fentirli  molto  affezionato  al 

nctee  di  Giuflo,  quando  non  ami  per  altro,  per  la  gioconda  memoria #- 
'^        1  -     -      .    ^     .  r-    .^     ..  ..   ^     mente,  di  Giufto: 

e  un  ben  favio 

politico  «  e  così  da  quefto  in  altri  giocondi  dlicorfi  paflando ,  dava  tem- 
po al  pittore  di  pigliare  con  animofa  ficurezza  e  gufto  indicibile,  nel  fua 
quadro  la  propria  efi^ie.  Volle  poi  quel  Pontefice  onorare  fua  virtù,  ia 
tatto  il  tempo  che  fi  tratccnno  in  Roma;  che  ogni  volta  che  gli  convea» 
ne  cavalcare  a  Càfiel  Gandolfo  o  altrove,  egli  ppre  cavaicafle  a  corteg«* 
gio.  Non  finiron  coi  ritratto  del  Papa^  le  faccende  di  Giudo  in  Roma), 
perchè  dipoi  ebbe  a  ritrarre  ancora  tutti  i  Nipoti  di  Sua  Santità,  e  quali 
t\icti  i  Cardinali,  che  allora  fi  trovavano  alla  Corte ,  da'quali  fu  r^ala*' 
ù»a  gran  mifura .  Il  Papa  gli  fece  donare  un  ricco  bacile  d'argento,  e^-" 
trovi  gran  quantità  di  medaglie  d'oro  e  d* argento  colla  propria  immagi«^ 
oe  fua,  e  una  collana  d*  oro  di  cinquecento  icudi .  Ma  un  cost  fatto  re- 
galo potè  per  avventura  parere  fcarfò  alla  generofitì  di  quel  Pontefice;, 
conciofqflfecofachè,  trovandoti  un  giorno  il  nollro  Giulio  a  difcorfo  col 
Cardinale  Magalotti,  fentifli,  quafi  acafoe  per  incidenza  ^benché  fofle« 
&cto  per  ordine  efprefib  del  Papa  )  interrogare  ,  fé  a  forra  egli  avefle  avu-- 
todehderio  di  confeguir  qualche  onore;  ma  egli,  phe  per  allora  non  ÌK^ 
Bc  intefc  il  fondamento  du  tale  interrogazione,  rifpofe,  che  non  aveva 
parente  alcuno  in  Prelatura ,.  è  che  quanto  alla  propria  peribna,  per  non 
edere  punto  né  poco  in  fu  quefto  filo,  non  dava  iuo^  in  fé  Uefio  a  si 
"*    '  penfieri:  poi,  così  a  cafo,  e  còme  gli  venne  in  bocca,  e.quafi  bur-- 

landò, 


\ 


1 74  DécdttnMJeSa  Partii  delSecV.  dal  1 6%o.  «/ 1 S^ o. 

landò»  foggtunfe  quefte  fonnali  parole:  Se  pasb  t  non  mi  Teniflfe  vogtia 
^  farmi  mce.  Quella  rifpofta  fu  dal  Ctroinale  prefk  feriamence  ed  in 
altro  fenfo»  cioè  a  dire:  fi  perfuafe  effli,  che  Giulio  intendeflè  parlare ddU 
la  Croce  di  Malta,  e  Cubito  pii  promeUe  di  parlarne  coiPajpa.  Quello  fa  uà 

Srlar  ai  £itto,  che  immantinente  furono  fcrìtte  per  lui  le  lettere  al  Gran 
aeftro ,  fpedito  il  breve  da  Sua  Santità ,  e  dati  gli  ordini  per  lo  ricevi* 
mento  di  liia  perfona  %  cooperando  anche  a  ciò  la  Serenimma  Arcidu-* 
chefl^f  e  Madama  Sereniflima ,  le  quali,  ;  in  data  de' 17.  d*Agoflx>  i<Sa7.: 
ne  IcrifTero  al  medelimo  Gran  Maeftro  lettere  in  fua  raccomandaziofie  : 
e  andò  la  cofa  tant'  oltre ,  che  in  tempo  del  Ricevitore  Pandoliini  »• 
Giulio  pagò  in  Firenze  il  fuo  paflTaggio  •  La  fama,  che  fi  fparfe  ben  pretto 
di  quefta  novità ,  cagionò  un  effetto ,  che  gli  amatori  della  di  lui  virtù» 
che  praticavano  la  Corte ,  temerono ,  che  col  fottoporfi  che  egli  £iceva' 
in  quei  nuovo  dato  al  comando  d' altri  fuperiori ,  la  noflita  città  non  la 
dovefle  perdere  \  e  che  però  vana  fofle  per  riufcire  ogni  diligenza  fiata  u£a-' 
€a  fino  allora  dalla  Sereniffima  Gafa  per  tenervelo:  e  un  tal  lolpetto  fecero' 

Servenire  air  orecchio  delle  Serenimme»  le  quali  in  fulla  bella  prima  die<^ 
ero  fegno  d'approvazione  del  penderò  ;  ^de  Giulio ,  a  cui  fomiptmea-^ 
te  premeva  il  fecondar  la  volontà  di  quelle  Altezze,  alle  quali  fi  conofceva- 
tanto  obbligato ,  d.ifapplicò  interamente  da  talee  refoluzione .  La  Sereni(fi«' 
ma  poi,  per  render  fermi  affatto  i  di^ lui. pensieri,  fi^egli  pro|)orre  parti* 
tod'accafamento,  che  ebbe  fuo  effetto  nella  perfona  di  Oejanira  di  Santi 
Fabbxetti  Pifana.  E  perchè  apparifca  più  chiaro  tutto  ciò.,  che  intorno 
alla  Croce  di  Malta  noi  abbiamo  pocanzi  rapprefentato ,  etcoiie  il  telli* 
monio  del  Breve  di  Sua  Santirà,  e  delle  lettere  delle  Sereniffima  .*      ^  *- 


D 


XJrbanus  PP-  Vili.  « 

JicSc  Filif  Salutem&c.  Pax  eofum  vatis  Rbemer  annuimus,  fuos  Re^ 
/  Mgioms  jtive  teneri  cogfKmmu^  *  Sane,  prt^  iparte^  dihSì  filiì  fu9i  Sub" 
tcrvumi  laici  Aniuerpievfis  nobis,  nuptr  eocpo/itum  fiat  .quodipft  esc  peculiari 
devotioms  affe&H ,  quem  erga  iftud  Hofpiio/e  SanSi  yo\  Hierofoljm.  gerii , 
flabitum  per  fratres  miliics  obedìentije  magiSralis  nuncupatos  ejufdem  Hofpi-- 
talis  geHari  foliium  jfufcipere ,  ^  profeffionem  per  eofdem  emini  ccnfuétam 
èxprefsè  eminere  iejtderat  regularem.  Verum  quia  in  Èabirimentis  %fiuflat9^ 
tis  ^  ordinationibìés  ejujdem  Hofpitalis  a  S.  Sede  cApoftoUca  emprfnatis  ai 
buJHjmodi  Habitum  quemquam  extra  ConwntutH  pradiSi  Hofpitalis  adatitti 
probibeiur^  defideriifui  campa  s  bac  in  par  te. fieri  nequit  abfque  noftra  i^  Se- 
dis  Apoftolica  difpenjafione  feu  indulto  .  Vobis  propterea  bamiliter  /UppU- 
care  feci  tf  ut /ibi  in  prétmtffis  opportune  provider  e  de  Benignità  te  jìpoftalica 
éUgnareniur.  Nas  igitnr  diffum  ^uffum/piritualibus  fawribus  &  gratUs  pro^ 
J^qai  vo/entest  é^  aqmbuswexcommtmicationiSffkfpenfioniSi  &  interdiBt- 
aliitque  Ecclefiajticis  fententiis^  cenfuris  ^  petnis  ajure  vel  barn  ine  quavis 
occafione  vel  caufa  latiSffiquibttslibetinnodatus  exiftit ,  ai  ejfeàum  prjtfentium 
confequtndum  ,  harum  ferie  abfolventes^  ^  abfolmum  fare  cenfentes^  bu^ 
jufmodi  fuppticationibus  inelimttr.  Tibieundem  fuHum  Ucet  a  Canventu.  diBb 
i  Hofpi- 


MONSU  GIUSTO  SUBTERMANS.    175 

UuJhiuUs  étffinsfitt  in  Frairem  OétUttm  oheJRemU  Magìfiralis  biiji$fm9il$ 
gua^ritaie  mfiré  recifiiendi  «^  admiaèndiy  eidemque  babimm  per  Fratres  Mi* 
lites  iAediiHfie  MagiSralis  geftari  filitum^  eìiam  txtra  Cónventam  di  Si  ifìb- 
J^$ali$  sr^di  &  txbibtri  fmendi^  necfktn  éidem  fufiù  ,  ut  a  die  ifHo  babiium 
bfi/0fifi4di  Jkfceperu  privihgM  ^  gratiis  ^  induiiJs^  qnUbusalii  Fratres  Mi^ 
ìites  ^bedientù  MagiftraUs  p:4tdiBi  mtmwr  ^  potittmur,  &  gaudent  9' ac  ttti  9 
p9MÌf  &  gaudefepo&tnty&potermtt  qMmodQlièet  infuturumpari  mod9  nti^' 
(filtri  9  gaudere  pqfit  &  valeat.  aaSorisate  nafira  •  arbitrio  tuo  amcedendi  éf^ 
indulgendi  diSa  au3mtate  tentre  prétfemium  »  plenatn  »  liberami  ^  ampUtm 
fitcttltatem  &  éuSmtatem  concedimtts,  &  impertimur:  non  obftantibus  pne* 
mijSSst  ac  conftitutionibus  9  ^  ordinatimbut  Apofioticis  9  necnon  di3i  Hofjpi'- 
talis  9  etiumfuramento  confirmatione  Apofi0ii€é9  ve/auéfisjlrmitate  Miiaro* 
boratis  Batutis  (^  confuetudinibus  ^  Babilimentis  9  ufibusi  &  ffatutis,  ae  or^ 
^jnationibus  capituUribus  9  privilegiis  attoque ,  indaltis  &  titeris  ApofioU^ 
€is  9  in  contrarium  quomodoìibet  CMceJJts  ^  confirmatis  &  innovatis ,  Quibns 
omnibus  f&fingidii  eorum^  tenore  frafentittm  prò  expreffis  babentes  iUis  aiiM 
mfao  rotore  permanfuris  »  bac  vice  dmttéxat /pedali ter  &  exprejfe  derogamttSp 
Ceterifque  amtrariis  awbuscumque .  Datum  Roma  apud  S.  Mariam  Majorem 
fté  anitk  Pifcasorià  die  xii.  ^unii  i6%y.  Tontificatus  noffri  Anno  quarto  &c. 

C  Wfcatinui. 


Lettera  della  Sereniflima  Arciduchefla  GraodacheiTa  di  Tofcana     - 

al  Gran  Maeftro  di  Malta  li  1 8.  Agofto  l6^^. 

SOnopiàannÌ9  ebe  Giuflo  Suttermano  Fiammingo  ferve  in  queffa  Cafa9  con 
particolar  fodisf aziona  di  tutti  noi  per  le  virtuofe  qualità  fae:  edef-. 
fendo  egli  molto  fludìofo  neDa  Pittura  9  e  valorofo,  ci  contentammo  il  Grandma 
mio  figliuolo  &  io,  alcuni  mefifono  1  cbe  egli  potejfè  t  ras  ferir  fi  per  ciò  a  Roma  9 
con  wìncipal  fine  di  vedere  le  celebri  pitture  amicbe  e  moderne,  cbe  fono  in 
quella  città ,  per  tornarfene  poi  aia  al  noSro  fervizio  :  ed  avendo  egli  quivà 
avuto  occafiope  di  far  conofcere  il  valor  fao  anche  al  Papa  col  formarne  ilfuo 
ritratto,  té  Santità  Sua,  in  fegm  della  particol^rfodisfazione  avutane,  fi  com^ 
piacque  di  proprio  moto  abili  tur  lo  aWCibito  A  codoflo  Ordine  ferofolimitano» 
domndofliene  f  alligato  Breve,  del  quale  fé  bene  io  non  dubito  eoe  VS.  lUur 
Brifs.  fi  contenterà  di  commettere  f  esecuzione,  col  darne  qua  gt  ordini  opor^ 
$uni  a  cbi  bi fogni  ;  bo  voluto ^  nondimeno  raccomandare  alla  bontà  e  cortefià 
^  VS^  lUufirifs.  il  medefimo  Gsufto  :  e  teftificarle ,  cbe  egli  non  Jolo  merita  que^ 
fio  onore  per  la  nafcitafua  e  per  effere  ornato  di  virtuofe  qualità  ,■  col  veftirc 
e  praticare  fempre  nobilmente,  maper  ejfere  egli  mio  particolare  fervitore  e 
provvifioiutto  da  me,  già  pia  anni,  ai  venticinque  fcftdi  il  me  fé  •  con  le  flame 
e  il  piatto  nel  mBro  Palazzo  9  e  col  pagamento  ancora  di  tutte  le  opere  che 
di  mano  in  morto  fé  gli  commettono  da  quefia  Cafa  ;  onde  egli  viene  a  ricever 
fempre  maggior  comoda  di  trattarfi  t  mantenerfi  con  quella  reputazione ,  che  è 


dovuto  alla  grazia ,  cbe  fli  verrà  faìta  di  cote  fio  Abito,  &  a  quella  ancora  cbe 

c£^  rictvfiie  p9cbii^m^fon9  ikOf^  M^ 


Imperatore  mio  Fratello,  che 


17  6   D^m.  Il  detta  P4rì,L  délStc,  V,  dal  i^ió.  4/t  65  o. 

^jiàir\iem  Qiufip  per  fior  ritrmftfe  miefim  é gli  Aréidutié  fnn  flràeU 
e  figliuoli  t  mmtnioh  poi  ftut  MsefidCej4a^f§t  al  ritornò,  oltrt  4  tm  groffo  do» 
mtivo  %  d*  itn  frivitcgi9  «mpliffimo  tm^ora»  dovt  diebiart  il  meéfm9  Qiufiot 
fkoijfateOi  rjkccefiori,Qcn$iltiomim^C4^taei  di  ^àlfivògli»  9tnre<^bé  eitfipw^ 
cttHftenderr  ^  ehe  rnict^  qiufi9  tonctfiU  daUa  hmtitòSna*c'<be  ricéserè  daVS,' 
JUi^ri/s,  fura  ben  foOotatoi  <  f'  aj^ro,  cbc  egli  hfàfierrì  eoH  ti  dovapg  ono- 
rivolézz»  :  ^  io  refierò  fo»  molta  obU^atkoe  «  VS.  lllufitifi.  f  ogtflfavorf 
tbe  fi  emupùKerè  di  Jkre  a  faefi§/i$ggfUo  ijf  iUa/ka ^dizione  1  f  con  tattf 
fanim  le  weg»  vera  frofperità  ^, 


.  \ 


^lettera  di  Madama  Sèrem$ina  Qranduthejfà  al  medefimo . 

AVcorcb}  k  Serenifffttuf  Arcidù^fa  mia  ìJuera  fcriv§  4  fangQ  0  VS*  IBu^ 
Srifi,  in  racfom^ntùmione  di  GmBo  Suttermano  Pittore  fiafnminpf  4f' 
Jine  €b€  fidi  attutato  da  lei  aU*  onifre  di  catejh  Abito  in  fonfòrmità  dtlfavoff^ 
mot  Breve  fCte  ba  ricevttto  in  dona  da  SHa  Santità  ^ultimamente  fb^etli  i  Sètto  « 
Roma;  io  nondimeno  non  pò  ^  contenermi  di  f affare  il  medefimo  opzio  (on  VS. 
Jìhftrifi.  non  /oh  fer  le  molte  occa/iom  cbe  bo  avuta  dì  con^ fiere  ti  valore  1  cbe 

f'i  tiene  nella  fifa  pròfeffiQne,  ma  per  e  fere /oggetto  di  altre  onorate  qualità  i 
aJJSettro  però  VS.  lUuftri/t.  ebe.  e  qtteftét  graT^a  e  ogn' altra  (b'eUagli 
à ,  farò  ben  collocata,  e  cbe  io  medefimà  ne  remerò  con  particolare  obbliga^ 
Ttione  alla  cortejsa  di  VS.  lÙttpri/s.  e  pregandole  ogni  profferita  le  hcio  le  mani , 

Per  cornare  ora  donde  partimmo  >  è  da  fapere,  che  non  furono  appena 
undici  mefi  pailàti ,  che  il  noftro  Monsù  Giufto  avea  contratto  matrim^* 
IMO  con  Dejanirt  Fabbrettt  Pifanat  che  afialita  da'dolorìdel  parto»  do» 
pò  avere  alU  at.  del  mefe  d' Agofto  del  i$z8.  partorito  il  itto  primo  e 
unico  figliuolo»  che  fi  chiamò  Carlo,  forte  aggravando  nel  odale,  (e  ne 
morì  :  e  non  è  da  tacere  •  che  queRo  Carlo  avendo  poi  ftudiato  lettere 
limane,  fecefi  Sacerdote,  e  tanto  nel  |>rimo  che  nel  fecondò  ftato,  diede 
grand'efcmpio  di  criftiane  virtù.  Fit  ticmìo  d^ orazione ,  nella  ouale  dcn« 
Ito  la  propria  cafa  del  continuo  ii  ^^ftrcitava  :  è  talora  fentmn  occupa^ 
to  il  cuore  da  tali  ecceflì  di  compUTtòione  »  che  per  fò  foverchfo  percuo^ 
terfi  il  petto  eh* e' faceva,  aggionto  ad  altri  efercizf^  oenHei^za^  Cadde 
in  ifhito  di  mala  fanità;  onde  fu  da  i  M'edid  avuto  per  ìiètic^  ch'irgli  i 
per  mutar  aria,  fé  n'  andaflè  a  dare  a  Modsnk;  dcfve  trattenutbfi  alquan* 
co  ,  e  dato  faggio  di  fua  rara  bontà»  fotte  àggraVatido  le.indifpofiziom  9  fi 
«4^.,n:.  -Ili  .ijtimo  de'  giorni  fuói  :  e  cosi  alla  -*-'•-- —  -»- — --  ^•• 

de  i  quali  era  piena  la  catbém ,  p 

efemplarifiimi  iieligiofi  di  quella 
Creatore,  Correva  Tanno  J635.  quando  il  Suttfennans  ttovandòfi  col' j«c- 
colo  figliolino ,  del  quale  pur  ora  aviàiq  fatto  menzione ,  e  coH6  Mag- 
giori occupazioni  dell'arte  che  egTisl^è^  lavucò  firtoa  quel  tempo,  fa  ne- 
ceifioato  per  buon  governo  di  fua  cafe  a  paflare  àdaUrfe  rtowe;  e  fece 
matrimonio  con  Maddale/ia.  di  CóÌmip  ftlmltoé^^  tm 

figliuolo  f 


MONSU  GIUSTO  SUBTÉRMANS.    177 

iiglìiiolo  »  che  fi  chiamò  Francefco  Miria  i  ed  una  figliuola  altresì,  che  «b^ 
be  nome  Victoria .  Francefco  Maria»  che  fii  un  de'piìi  belli  e  graziofi  gio«> 
vaili»  che  n^  tempi  fuoi  redefle  la  noftra  cicca  »  fecefi  conofcere  docato  di 
grande  insegno ,  e  di  ftraordinarj  talenti  »  con  che  i'  amore  fi  guadagnò 
di  tutti  i  tuoi  coeunei;  ma  in  fui  più  bello  degli  anni  fuoit  aflaliio  da 
male  acuto  1*  anno  i66ì.  finì  di  vivere.  Vittoria  vive»  oggi  maritaca  ■ 
Carlo  da  Romena . 

Circa  il  1635.  un  leccerato  Franzcfe  »  grande  ammiratore  della  virtù  del 
lìoftro  celebratifiimo  Galileo  Galilei,  con  cui  era  Cbfito  tenere  Ictcerarit 
corrifoondenza  »  vivamente  il  pregò  a  £irli  pervenir  colà  un  ritratto  al 
vivo  di  le  fl:eflb:  il  Galileo  fecelo  fare  a  Gilmo,  e  mandoUo  in  Francia 
air  amico»  che  il  confervò  come  preziofifiima  gioja.  Semita  poi  del  1641. 
ia  morte  del  Galileo ,  il  nobile  virtuofo  Vincenzio  Viviani ,  flato  per  tre 
anni  fuo  diicepolo  e  commenfale  :  e  quegli,  che  iniieme  con  Vincenzio 
Galilei,  figliuolo  del  Galileo,  e  con  Evangelifta  Torricelli ,  fi  trovò  t 
chiudere  gli  occh)  al  fuo  gran  maefiro  :  e  die  dopo  il  nominato  Torri» 
celli  fuccefle  allo  fteflb  Galileo  in  carica  di  Matemacico  del  Sereniflimo 
Granduca  Ferdinando  IL  carteggiando  per  altro  affare  con  quel  virtuo- 
so,  Ibfpinto  da  afiettuofa  ricordanza  di  quel  celebre  uomo,  r interrogò 
tli  ciò  che  fofle  (eguito  del  bel  ritratto:  a  cui  rifpofe  il  letterato 9  tenerlo 
fra  le  fue  coie  più  care  ;  ma  ciò  non  oftante  eflèr  difpofto  di  fisirne  al  Gran- 
duca un  dono,  quando  foflè  avvenuto,  che  quella  Altezza  non  ne  aveffo 
un  altro  fimile.  Tutto  que(k>  il  Viviani  palesò  al  Granduca ,  che  beni- 
gnamente grà^  r  offerta  ;  onde  non  andò  molto ,  che  il  quadro  fu  man* 
dato  a  Firenze  al  Viviani,  il  quale  prontamente  alle  mani  del  Sereniflimo 
lo  prefentb  :  ed  è  àuel  maravigliofo  ritratto ,  che  oggi  fi  vede  nella  Real 
Gallerìa  ;  ma  del  Viviani  e  del  ritratto  del  Galileo  converrà  parlare  in  al- 
tro luogo  di  quefto  racconto .  Aveva  il  noftro  virtuofo  pittore  fin  da  quel 
tempo  ,  che  giovanetto  s*  era  partito  dalla  fna  patria ,  mediante  la  perfiy- 
na  di  Francefco  Suttermans  fuo  padre,  mantenuta  amica  corrifpondenza 
col  celebre  pittore  Pietro  Paol  Rubens,  del  quale  non  pure  in  Anverfa» 
ma  in  tutte  le  città  e  provincie ,  per  le  quali  egli  s*  era  trovato  a  paflare 


gloria;  ma  anzi  tra  portato 
cepita  verfoun  tal  maeftro,  una  riverente  ed  ofiequiofa  affezione,  erafi 
anche  accefo  di  defiderio  di  avere  alcuna  opera  di  fua  mano:  al  quale  de- 
fiderio  egli  non  permetteva  V  eftenderfi  più  oltre  di  quel  che  fofie  di  arri-* 
vare  a  pofiedere  una  delle  fue  minime  e  pili  ordinarie  pitture,  per  tenerfe- 
la  poi  come  un  teforo .  Il  perchè  operò  egli  per  mezzo  dello  fteflo  Fraii* 
ce(co  fuo  padre,  che  gliele  fbflero  in  fuo  nome  porte  umili  preghiere. 
Ma  il  Rubens,  a  cui  eran  noti  i  grandi  avanzamenti  di  Giuffo,  e  che  tal- 
volta potè  col  vivo  teftimonid  degli  occhj.  proprj  aver  conofciuto  quanto 
ei  valefle  nell'arte,  riflettendo  forfè  anche,  che  quel  bafib concetto  di  fé» 
col  quale  egli  aveva  fatto  domandare  una  delle  fue  minime  pitture  da  per 
fé  ftefib,  quando  non  mai  altro  meritava  eflfer  trattato  alla  grande;  fi  mefle 

M  a  colo- 


17^    0/^/1»-^/^  ^^F^^/-  éM$«cf^.^lt02o.tii%6$o. 

•  jcplQTire  per  lui  wi»  gran  Cf)*  ir  che  fircondo  il  gtudtfiQ  i  che  n^  4vi%  il 
iQedeiimo  Cjiufto»  può  Otre  ^  pararne  di  guance  altee  mai  iie  ufcifTero  dal 
f^nnello  di  quel  grande  artefice  :  ^l  quale  in  capo  a  certo  tempo  glierin- 
,viò:  ed  è  quella  ftefla»  che  dopq  eflerli  confervata  cjualche  tempo  in  cala 
l^e*  fuoi  eredi  »  fu  defiderau  e  ottenuta  dal  Sereniffimo  Gran  PrinciDC 
Ferdinando,  avendo  queftp  Principe  tenuto  in  gran  pregio  i  quadri  dk| 
migliori  maeflrij  nulla  di  meno  di  quello  ,  che  fi  abbiano  fatto  tanti 
fooi  ^briofi  PredeceiTori^  Non  ifiarò  a  defcrivere  la  ftoria,  che  per  en- 
ferò ¥t  fi  rappr^en^tf  ma  folo  jporterò  qu)  le  parole  della  lettera  ikff^ 
A^ritta  dal  Ruben»  in  tale  occauone ,  copiate  oa  me  dai  proprio  originar 
Jt;  ciò  che  anche  Ter  vira  per  dimoftrarè  ad  evidenza  ^  quanta  ftima  fa- 
ceife  quel  celebre  maeflro nel  noftro  pittore. 

9 

SPtrot  eòe  VSi  mri  ricevute  la  mie  éhpo  la  data  della  fua  ultima  Jelio^di 
Pebkrejft  •  per  la  igeale  uecafai  la  ricevuta  deOa  tragedia ,  e  li  diedi  le  de^ 
aite  gMziet  fer.  tal  favore . 

Ora  eecvtre  «  dirmit  che  il  Sìg*  Scbutttr  i  frenate  a  trovarmi  oggi  in  cefiw 
tìmiba  (09Hto  eento^&aramadae  fiorini  e  qaattor^ci  pvacq^ter  complimenta 
4tU^  intera  pagamemo  di  quel  qwdrow  clT  io  feci  de  ùrdine  divS.  par  faofer-- 
piciOf  di  cke  ka  dato  al  Sig.  Scbmter  la  quietanza-  Io  mi  fono,  informato  daf 
Sig.  Amiom,  per  potere  parlarne  com  certezza  til  quale  fui  dice  aver  mandato,  la 
eej^  coti  il  fua  quadra  tre  fettimane  fona  a^  volta  i  Ulfa^  onde  pfffàri  di 
imgo  ver/o  Italia,  Pineà^àSig* Iddio difargdiela capitare  ben condixia^aìo  im 
hreve  tempo  eomefparot  palchi  le  ftrade  ai  Ger marna,  *  colla  pir^fade  HannaulBp 
a  la  rotta  data  a  Roiymar  faraemo  rinetme  dì  ogni  m^le  intoppa.  In  quan^ 
aa  «/  /oggetto  della  pittura  egli  f  cbiariJJSmo  i  di  maniera  cba  com  quel  poco  w 
eòe  ne  ter  tifi.  aVS.da  principiai  U  rimanente  fi  dicliiareri  aU' occhio  giudizio^ 
fa  di  ìrS^  meglio  forfè  9  cbeper  mia  relazione.  Contuttociò  per  ubiiSre  a  VSL 
gli  efpltcarò  eon  pocbe  parole,  la  principal figura  i  Marte ,  cbe  lafiiando  il 
aempio  di  fana  apeno  [  il  quale  in  tempo  di  pace  fecondo  gli  coSumi  Romani 
fiava  ferrato}  va  col  fiuda  e  la  fpada  infaf^u/nata f  minacciando  a  i  popoli 
qualche  gran  ruina^  f  aj  curandofipofo  di  Venere  fua  Dama  »  che  fi  ^rza  con 
carezza  •  ^  al^bracciamenti  a  ritenerla  »  accompagnata  daUi  fuoi  tAmori 
a  Cnpidini .  DalT  altra  banda  Marte  vien  tirato  da^  f strìa  Ale  Sa  [  b] ,  c(af 
omajiice  in  manof  e  duoi  mofiri  a  canto  $  cbe  lignificano  la  PeSe  e  la  Fama 
(c]f  compagni  infepar abili  della  Guerra*  Uel f^ola  giace  rivolta  una  Danpa 
eon  un  liuto  retto ,  che  denota  t  Armonia  »  la  quale  è  incompatibile  coUa  dUcor^ 
dia  dolio  Guerra:  ^come  ancora  una  madre  col  bambino  in  br  accio  w  dim^ran^ 
dolche  la  Fecondità^  generazione  e  Carità  vet$gono  fraverfatedaìlaGuearaf  cop 
corrompe  e  diftrugge  ogni  co  fa.  Ci  è  di  ptà  un  Architetto  fottof opra  colli  fuoi 
firumenti  in  mano ,  per  dìre%  cbe  dot  che  in  tempo  di  Pace  vien  fabbricato  per 

la  com^  . 


i^W*^mV*^WBivp«a«»i 


|a)  fW4  ^S-  lucrczio  nel  fuo  ffordio  •     [  j>]  Vide  Virgili nm  l  fi.  jìùfeidQS .    le}  La 
Pffio  ba  la  bocca  infocata  f  e  la  Fame  molto  aperta* 


MOmV  GIUSTO  SUSTE RMANS.    179 


hèùmàwSii  i§rmmemo  delle  tittì.fimMi§  in  ruma,  egeitafipef  terre 
pef  k  ^iekmtM ieWarmi .  Crede,  sì  ken  mi  ricardOf  cbe  VS.  treverà  aaeora  nel 
fiehfdi  fette  i  piedi  di  Marte .  un  Uhre ,  e  fnalebe  diffegno  in  car$a ,  per  inferire^ 
cbe  egli  ceke  le  tcSe  tenere  9  &  altre  gnlenterie.  Vi  deve  ejfer  di^ù  nn  mezza 
Sfrezze  ofaette,  cel  laccio  cbe  gli  Jlringeva  infieme  f dot  so  cbe  era  $  ftanda 
emite  ^  f  Emblema  detta  Cencoréa ,  Jkeome  ancora  il  Caikceo  e  f  ulive  $  firn^ 
Modella  Pace,  cbe  fin/i  giacerli  a  corno.  jO^eOa  matrona  lugabre,  nefiita  di 
négro  e  col  vele firacciato,  e /pagliata  deUeJSegioje  &  ogniforee  d^ornamem* 
ti  I  i  rinftUce  Europa,  la  fuale  già  per  temi  anni  Jbffre  le  rapine ,  oltraggi  a 
miferie,  cbe  fona  tanto  noctve  ad  ognuno ,  cbe  non  occorre  fpeeificarle .  Lafna 
marca  è  f nel  globo  t  jbflenuto  da  un  Ang/tUtt  0,0  Genio  con  la  Croce  in  cima  9  eba 
denota  t  Orbe  Criftiano ,  Stneffo  è  Manto  cbe  pofo  dime  a  VS.  e  mi  par  trop. 
pò ,  poicbè  VS.  con  la  propria  figaciia  F overeHe  facilmente  penetrato  ;  onda  non 
avendo  altro  con  cbe  trattenere  a  telarla,  mi  raccomando  tH  vivo  cuore  nella 
fna  buona  grada  %  e  re  fio  in  eterno 
D^Anverfà  il  1 1.  di  Marzo  ranno  1(^3  8. 

DiVS.Moiein.^  ■ 

Vm.^  e  M^  Str.^ 
£  poi  fotto  foggtunge  :  Pietro  Vam  Rtéent  é 


h  temo ,  cbe  fiàndo  tanto  tèmpo  una  Pittara  frefca  inroUata  &  iftcajjita,  ben 
aoiretbèno  fittarrire  un  poco  gli  colori  f  e  particolarmente  le  camcgioni,  e  t^ 
haccbe  ingìaliir/t  fuaMe  poco ,  cbe  però  fendo  VS.  tì grande  uomo  nella  noffré 
profeffione ,  fi  rimedierà  facilmente  con  efporlo  al  filCf  taf  dandolo  per  hter^ 
<^aOi,  è  quando  fajfe  Hecefforio ,  ben  potrà  VS.  con  mia  permi^kne  metterci  14  " 
fuamàuo,  e  ritoccarlo  dove  farà  di  bifogao,  »  per  difgracia%  0  per  mia  dap^ 
pocoggine  9  con  cbe  di  nuovo  te  bacio' le  mani . 

Mi  la  finta  di  Giulio ,  eht  oramai  8'  era  fparfa  per  tutta  Europa ,  nott 
f  aveva  pdfto  folamente  in  concetto  del  Rubens;  ma  lo  fteflb  Antonìof 
Vandich»  quel  grand*  uòmo  clie  è  noto,  che  fin  dall' infanzia  avevala 
amato,  Febbe  in  tal  concetto»  che  poco  avanti  la  fua  morte,  che  fegu): 
derr64i.  defiderò  vivamente  di  avere  alcuna  co&  di  fua  mano, e  forte  lo 
ftimolò  con  fue  lettere  a  fargli  il  ritratto  di  fé  fteflb;  ma  la  modeftia  del 
noftro  artefice I  che  gli  faceva  parere,  che  una  tale  IHma  deli*  opere  fue  ' 
in  un  sì  celebre  fhaeftro,  eccedefle  al  proprio  merito,  fé  ne  andava  fcu-^' 
fando.  Vinfe  finalmente  ana  sì  gran  continenza  Tinduftria  del  Vandich; 
il  quale  per  ottenere  l'intento ,  mandogtì  a  donare  il  ritratto  di  fé  fteflb; 
fatto  di  fua  propria  mano  (a) ,  che  è  quello  appunto,  che  fi  vede  oggi  neU' 
h  ftanza  de'  Ritratti  de  t  celebri  artefici ,  fatti  di  lor  propria  mano  nei^' 
Ta  Galleria  del  Sereniflimo  Granduca  t  di  che  fon  io  flato  afccertato  di 
Giufto  médefimo,  il  quale  lo  diede  alla  gloriofa  memoria  del  Sereniflimtf 
Cardinale  Leopoldo  de' Medici ,  inventore  di  s)  bella  raccolta,  e  dal  qualef 
è  ftata  tolta  V  efiigte ,  che  l' erudito  Gio;  Pietro  Bellori  ha  pofto  nel  Cqù 

Ma  bel 


M»MBi»«a«MMHB«wai«iMl*M*««BaMaaHaBaH^BHBMaMlMiaBiaiM^MaH«P« 


(a)  Nom  è  pia  qudlo,  ma  un  altro  molto  pia  bello  donato  dalC Elettore  Palatino. 


i8o  Deceunjn.Mla  Parti  del  Sec.  V.dali6io.aÌt6$o: 

bel  libro  delle  Vice  de*  Pittori,  Scultóri  e  Architetti  moderni^  «1  prui- 
bipio  della  vita  di  quel!'  artefice .  Ma  non  foto  per  aver  da  Giulio  il  to» 
prannominato  ritratto ,  gli  mandò  il  Vandìch  il  proprio ,  ma  quello  altreik 
fatto  pure  di  fua  mano»  della  madre  di  lui»  dico  delio  fie0o  Giufto>  h 
quale  viveva  in  Anverfa,  già  ridotta  all'ultima  vecchiezza.;  il  qual  ritrtfi- 
to  fi  conferva  oggi  appreflb  i  fuoi  eredi.  Rapprefenu  quefto  il  volto»  con 
buona  parte  della  perfona»  d' una  veneranda  e  (piritofa  vecchia»  con  una 
mano  al  petto  »  con  manicòtto  e  collare  a  lattughe  air  ufanza  delle  matro» 
ne  di  quelle  parti.  Mandò  ti  Suttermans  il  fuo  proprio  ritracco  al  Van- 
dicht  che  molto  lo  gradì;  ma  poco  le  Io  godè»  perchè  non  andò  molto 
the  egli  chiufe  gli  occh)  a  quefta  luce. 

Era  già  l'anno  1^40.  quando  il  noftro  pittore  fu  con  grande  inftan^ 
aadaiSereniniimodi  Parma  domandato  al  Granduca  di  Tofcana;  onde  e^ 
da'  comandamtenti  dello  fieflo  fu  necejQlitato  a  partirfi  di  Firenze ,  e  colà 
incamminarfi.  Fece  i  ritratti  di  tutti  quei  Principi:  e. col  SeremiTimo 
Duca  trattennefì  in  Piacenza  per  qualche  tempo .  Intanto  il  Marcbele  di 
Leganes,  Governatore  di  Milano  »  avendo  difegnato  di  portarfiall^imprc^ 
fii. di  Calale  di  Monferrato»  per  k  quale  avevi  mèfiTo  in  arme  dodicimila 
Fanti». 6  cinquemila  Cavalli,  già  dava  afpettando  avviio»  che  fojSero aK 
r ordine  gli  altri  più  necefiTarj  provvedimenti  per  quella  guerra,  per  ufci«^ 
fe^di  .MtlaDó.;  quanda  vennegli  volancadi  fariliare  il  pro|^rio  ritratto  <  e 
avendo  udito  dire  t  che  Qiufto^,  di  cui  correva  gian  fama  m  quella  cstùirp 
fi  trovava  in  Piacenza»;  tanta  fi  adoperò  con  quel  Duca  »  che  egli  di  fut)!-* 
to»  in  compagnia  .de!  Marcbefe  Lampognani  fuo  Ambafciadore  »  gUel 
mandò .  Quefto  Cavaliere  ie  lo  volle  Tempre  renere  in  caia  e  alle  fue  fpo« 
fSr  dilettandofi  r^on  ordinariamente  il  Governatore  di  quefie  ardi;  onde 
e#a^  fatto  fare  i  ritratti  di  tutti  i^  Generali  e  Maettridi  Campo  r  che  Tave-^ 
van  fervito  in  quelle  guerre  >  de  i  quali  aveva  formato  un  bel  Mufeo:  con- 
cetto fegutiato  poi  dal  M'archefe  AlefiTandro  dal  Borro,  Generale  dell'Ar- 
mi del  Sereniflimo  Granduca»  dopo  le  guerre  del  1643.  nella  fua  cafa  di 
Firenze.  Fra  quei  ritratti»  il  più  bello r  anzi  maraviglioib»  era  quello 
del  Marcheiè  Cofìmo  Riccardi»  nobile  e  ricchiifimo  Cavaliere  fiorenti-- 
no»  che  egli  medefiino»  per  donare  al  Governatore,  aveva  fatto  venir  di^ 
Firenze.  Parve  mìir  anni  al  Leganes  di  fencire  da  Giufto  chi aveìTe  colo* 
rito  quel  quadro»  al  quale  effli  dava  tutto  il  fuo  affetta;  onde  la  prima 
volta  ch'egli  ebbe  avanti  a  le  il  noftro  virtuofo»  dopo  var;  fegni  d'amo- 
:^e  e  di  ftima  dimoftratigli^  fecegli  vedere  il  Mufeo»  e  particolarmente  il 
ritratto  del  Riccardi  f  il  quale  egli  frattanto  non  ceflava  mai  dì  lodare  »  e 
volle  faper  da  lui  ehi  ne  fofle  (tato  il  pittore.  Allora  un  Prelato  ,  quivi 
prefente»  al  quale  era  ftata  data  incumbenza  di  trattenerlo»  e  provveder^ 
lo  in  fue  occorrenze,  che  già  era  di  tutto  informato,  mentre  Giufto  per 
modeftìa  taceva,  difié  al  Marchefe»  efler  quel  quadro  di  mano  d'un  gran- 
de amico  e  fervitore  dell*  Eccellenza  Sua  »  accennando  verfo  il  Subtermans } 
onde  il  Marcfaefe  accoftatofeglì ,  cordialmente  l'abbracciò;  e  fubito  con 
gran  baldanza  gli  mofle  il  difcorfo  di  come  e'  voleva  che  fofle  fatto  il  pro- 
prio» cioè  in  figura  intera  quanto  il  naturale» e  con  trofei  d'arai  attorno . 

Ma 


y 


IMON^U  GVISTO  SVBTERMANS:    iSì; 

• 

Mi  non  furono  amena  pochi  giorni  pafliui  »  che  Giudo,  colto  da  fpcùt 
febbre»  fi  pofe  in  letto»  ficchè  non  fu  altrimenti  poffibile  il  dar  pririci*» 
pio  al  ritratto.  Non  trapafaò  la  febbre  il  termine  di  fette ^orni,  dopo 
a  ^uali,  l' Amba&iadore  per  divertirlo  alquanto»  finche  ei  ntornafle  alle 

8 rime  forze  »  conducealo  feco  in  carrozza .  Occorfe  un  giorno  che  qué-^ 
a  s' incontrò  colla  Cprte  del  Governatore-,  il  quale  vedendo  il  pittore 
ufcito  di  letto  e  di  cala,  molto  fi  rallegrò;  onde  dall' Ambafciadorefii 
ftimato  conveniente  cofai  che  egli  di  nuovo  e  coalconvalefcente  fi  pre- 
ièntafie  a  Pabus?o;  ma  ciò  fegu)  a  fuo  gran  cofio  ;  conciofliacofachè»  per  lo 
difagio  patito  in  quella  vifita»  ricadde  nel  male  sì  precipitofamente  »  dje 
per  tre  mefi  continui  oppreflb  da  tre:  ricadute»  una  peggiore  delPaltrat 
fiettdli  nel  letto  quali  fempre  in  pericolo  della  vita.  Intanto  il  Màrc^iefis 
di  L^anes»  che  già  s'era  incamminato  coir  efercito  a  Calale»  daya^ol:. 
dìni  continovi  per  aver  nuove  di  lui,  mandavalo  a  vifitare  eregalare^.  con 
defiderio  di  averlo  quanto  prima  4IP armata». ma  fu  così  pertinace  la  ma^ 
iattia»  che  già  erafi  levato  r  aflèdio»  quando  egli  non  era  ancora  ridotta 
allo  fiato  della  prima  falute*  Sentì  vivamente  le  male  nuove  di  Giudo  in 
Firenze  il  Granduca:  e  tenendo  per  fermo  ,  che  la  mutazione  dell! aria 
avefle  potuto  alquanto  contribuire  alla  di  lui  fanicà»  fecali  ordinare  il 
partirli  di  là  per  ogni  modo .  Volle  quel  Marchete  »  eh'  e'  nifle  accompa* 
gnato  ton  ogni  immaginabile  comodità;  con  ordine  efpreflb  a  ehi  lo  eoa* 
duceva»  dltermarfi  in  tutte  le  citta»  e  quivi  fargli  prendere  ben  lunghi 
fi  poli,  finche  e'^iugnefiè  a  Firenze .  Tale  fu  dunque  l'eGto  della  chiama^ 
ta  di  Giufto  a  Milano,  e  il  canto  defiderato  ritratto  del  Marcheie  non  pò» 
tè  farfi  altrimenti  • 

'  *L' anno  1644.  la  Santità  di  Papa  InnocenzioX»  elefib  nel  numero.de; 
Cardinali  di  Santa  Chiefa  la  |[lorioia  memoria  di  Gio.  Carlo»  uno  de'Prin* 
cipi  di  Tofi»na :  ed  eflèndo  il  giorno  13.  di  Novembre  dello  fleflb  anno 
comparfo  qua  MonCGiovanni  Gerini  nobile  Fiorentino»  uno  de  i  Camerieri 
Segreti  participanri  f  mandato  a  quell'  Altezza  colla  berretta  Cardiiulizia , 
fu  Juogo  al  Cardinale  di  metterli  in  viaggio  alla  volta  di  Roma  a  pigliare 
ai  Cappello-  Partì  egli  adunque  di  Firenze  agli  otto  di  Febbraio  fufieguen-^ 
ce  »  e  volle  avere  £ra  gli  altri  di  fua  Corte  il  Suttermans .  Giunto  in  quella 
Città»  dove  fi  trattenne  per  (hù  meG»  fpedìa  favore  del  noftro  artefice  » 
che  egli  teneramente  amava»  un  memoriale  in  data  de'  20.  Aprile  i<^4;«( 
con  cui  meflelo  al  proprio  ^  Ruolo  »  e  pcovviddelo  d'  una  molto  nobile 
provviGone.  Tornofiena  Giudo  finalmente  a  Firenze:  e  di  nuovo  fu  chian 
mato  a  Roma  a  fare  il  ritratto  del  Papa,  che  riufcì  belliflimo.  Dipinfé 
Donna  Olimpia  e'  fuoi  figliuoli  con  tutta  la  cafa  Panfilia»  dalla  quale  ri*» 
portò  ricco  onorario  e  trattamenti  nobili  •  Tornò  di  nuovo  a  Parma  ::  quin* 
ili  fi  portò  a  Modona,  e  in  quella  città  fece  i  ritratti  dituttiiSerenimmi» 
parte  de* quali  ritratti  furon  mandati  a  Firenze  al  Granduca.  Era  fiato 
dli  tf.  di  Marzo  i(^45..creato  Cardinale  Àldi^ranoCybòde'Principi  di  Mafia, 
ed  incaricato  della  Legazione  di  Ferrara .  Volle  quefti  il  proprio  ritratto  di 
mano  di  Giufio  »  al  quale  »  così  egli  »  come  tutta  la  fua  Eccellentiffima  cala, 
portava  non  poca  afieaione  ;  onde  fattone  negozio  col  Granduca,  ottengo 

.         M  3  che 


V 


che  egli  da  Modana  fé  ne  veniffe  a  Fenara.  mciii0é¥i  ^uell' infigm  Porr 
potato  in  varie  proporuoni  :  e  t  ricratti f iirbn  mattdati  mdivem  luoghi^ 
Segaico  poi  che  fui' anno  itfitj^^racMfaiiMnto  fra M«ria  Anna»  figliagli 
^Ferdinando  III.  Imperadorei  e  la  Maeftè  del  fte  Caccoltca  Filippo IV^ 
il  Sereniamo  Cardinale  Già  Carlo»  Generaltflimo  del  Mare  per  quella  Co^ 
sona»  fé  ne  pafaò  al  Finale  di  Spagna»  per  accompagnare  air  imbarco  la 
novella  Spófii»  pigliando  la  ftrada  da  Milano  :  e  feco  condofle  per  quel  ^^^^ 
go  viaggio  il  nodro  Giudo  »  non  tanto  come  familiare  di  fua  Corte»  quaa* 
co  acciocché  faceflè  il  ritratto  di  quella  Maeftà:  il  quale  egli  condufle  ma-^ 
ravtglio&mente  al  fuo  foKto»e  ad  efla  lo  confegnò  per  portarlo  in  Ifpagna» 
come£bgu]k.  Dopo  quefto  fé  ne  tornò  si  Genova  col  Cardinale  »  che  fu 
alloggiata  in  cala  di  Gio.  Andrea  Spinola  »  il  qutfle  al  partire  di  Sua  Al* 
tezza  «I  in  nome  di  quella  Nobiltà  gii  chiefe  in  grazia  il  la£ctare  quivi 
per  qualche  poco  il  pittore»  e  ottennelo.  In  quefto  tempo  Giudo  fece 
I  ritratti  di  Gio.  Andrea  e  della  Moglie  »  quello  d'  Otuvio  PaUavici* 
no»  e d^ altri  Cavalieri  e  Dame»  riportandone  frutto  di  gloria»  e  dòna«^ 
tiri  eguali  al  merito  di  fiia  virtù.  Intanto»  perchè  a  cagione  de** contino» 
vi  divemmentt»  e  de*  allunghi  viaggi  •  eg}i  aveva  Iafi:iati  e  a  Modana^ 
m  Parma  affai  lavori  imperfetti;  comparvero  lettere  del  Granduca»  colle 
ottali  veniva^Ii  orinato  il  tornare  a  dar  loro  il  defiderato  fine  ;  onde  egli 
vibfto  meffoii  in  viaggio»  &  portò  in  Lombardia.  Fecevi  di  nuovx>  ì  ri- 
tntttidi  tutti  »  Serenifliau  Fnncipi  e  Princioefle  »  per  quelle  e  per  l' Al* 
tezzedi  Tofcana .  Era  egli»,  fino  in  tempo  aella  Sereniifima  Arcidueheffj^ 
Claudia»  Moglie  dell^  Arciduca  Leopoldo»  fiato  pia  volte  ricreilo  di  an^ 
darfène  in  Infpruch  (  a)  »  ciocché»  per  le  varie  occupazioni  »  «ome  àbbiao» 
fletto»  non  aveva  mai  pocuco  efiettuare^  ónde  intorno  airanno  liSsi».  eC^ 
fi»do  feguito  il  matrimonio  della  Sereniffima  Anna  dt  Tofcana  coli*  Ar*^ 
cidttca  Ferdinando  Carlo»  nel  tornar fenè  clV  egli  faceva  da  Parmae  Mow 
dana»  incontro  gli  ordini  del  Granduca ^^  di  portarfi  di  nuovo  in  Germai» 
ntà  a'  (ervig>  di  Sua  MaeftàCe&rea»  e  poi  in  Ifj^ruch  ».  il  che  tutto  eféquh 
CoU'Arcid'ucheffa  trattennefi  un  arino  intero:  fecevi  ritratti  di  quei Prin. 
cipi  e  di  molti  Cavalieri  e  Dame  ^  e  qui  poffiamo  dire  che  ave&ro  fine  i 
viaggi  di  Gittfto»  Non  è  poffibile  deCcrivere  la  quantità  degli  ftupendi  ri* 
tratti  «che  fono  ufeiti  dal  tuo  pennello  nel  corfo  dei  molti  anni,  che  egli 
a^  è  tracteiwto  in  Firenze  dal  \6sh  che  Icgui  il  fuo  ricorno  di  Infpruch  » 
Io  folo  farò  menzione  d'alcuni,  in  rigurdo  de*  foggetti  rappiefentati  r  e 
non  già  per  dar  giudizio,  di  maggioranza  di  perfezione  fra  loro»  non  ve^ 
dendoiéoe  aopena  alcuno»  che  non.iìa  bello  a  maraviglia.  Fece  il  bellifli» 
mo  ritratto  uel  Sereniamo  Granduca  Ferdinando  IL  che  fo  pofto  nella 
Real  Gatteriay  figura  quanto  il  naturale  fino  fotfo  il  ginocchio*  Avevalo 
egli  dipinto  con  cappello  in  tetta  adornato  di  pennacchi;  ma  dopo  quaU 
che  anno»  per  ubbiaire  agli  ordini  di  un  gran  Miniftro  diquell'^  Altezzap 
con vennegii  »  benché  con  poco  fuo  guflo»  il  cancellarlo»  e  nr  al  che  fi  ve- 

defle 


(  a  )  hfprucb ,  della  parola  Pruch ,  che  in  lingua  Tidefca  vuol  dire  Ponte  »  r  Ina  »  che 
vali  Di  la  fiume  »  tat.  Oenipons  Oenipontii  • 


MONSU  GIUSTO  SUBTERMANS.    i8j 

defie  qvidltmaeftofii  tetti  deltuttoCcaperct .  Reda  peiò  metnorii,  come  fteff^ 
oer  avanci  il  ritratto, in  una  copia  »  la  quale  d' intaglio  di  Francefco  Spierr^ 
LormeCe  correttampata»  principio  del  £iaiofiiiiaio  libro  ìncìtolato  i'agg$ 
di  Hmuwati  Efymtienzt  %  fatti  neW  Accademia  del  Cimimo ,  /òtto  la  ProtezioiHf 
del  Seremfima  Principe  Leopoldo  di  Tofcana .  Colori  poi  il  tanto  celebra  xtr 
tratto  del  MarchcCe Gerì  della  Rena,  ft^to  Maeliro  Generale  di  Campo «^  p 
Conflglier  di  Guerra  di  Sua  Maefta  Cattolica  •  che  riufi:i  tanto  vivo  »  che,  fu  1» 
maravigltade' pennelli  di  quell'età  :  la  qual  cofa  confiderandp  quel  valorofo 
Cavaliere,  volle  lafciarlo  per  tedamepto ,  obbligato 4  eretto fidecomoaiflo^ 
infieme  con  un  altro  ftupendo  ritratto»  fatto  pure  dalla  propria  per fon^fut 
In  fua  gioventù  da  Criftofano  Allori  »  coinè  nelle  notizie  del  meoefimo  Cri^ 
fiofano  abbiamo  raccontato  :  quello  di  Francefco  Capponi,  Propoftodellt 
Cattedrale  di  Firenze,  confervato  oggi  in  fua  memoria,  come  maraviglia 
dell'arte,  dal  Senatore  Ferrante  Capponi  fuo Fratello,  AiKlitore  del  Sere^ 
niflimo  Granduca ,  e  della  Illuftriflima  e  Sacra  Religione  di  Santo  Stefano 
Papa  e  Martire.-  dal  qual  ritratto  Aleflfandro  Nani  ricavò  quello,  ch'egli^ 
dopo  la  morte  del  medefimo  Propofto,  dipinfe  a  frefcò  in  un  peduccio  di 
volta  del  Chioftro  dello  Spedale  di  San  Matteo,  del  quale  il  Capponi  era 
ftato  per  più  anni  Spedalingo  *  ... 

Era  r  anno  166$.  quando  alla  virtù  delle  altre  volte  nominato  Matfir 
matico  del  Sereniilimo  Granduca ,  Vincenzio  Viviani,  Autore  del  tanto 
rinomato  libro  De  Maximis  ^  MinimiSf  accrefce vanii  ogni  giorno  pili 
gli'Applaufi  in  Firenze  fua  patria  e  per  r  Europa  cutta;  onde  non  è  da 
maravigliarfi,  che  al  noQro  pittore,  da  un  Sovrano  fòfle  ordinato  il  pror 
curare,  «tome  da  ie  (kefla  e  fenza  fare  Scoperta  delValco  motivo  avutone» 
di  fare  il  riktatto  di  quel  Virtuofb.  Ripugnava  a  tal  richieda  la  modeftia 
del  Vtviani,  mentre  quegli,  per  rendere  obbedienza  a  quel  Grande,  ror 
plièava  Pìirflanze.  finamente  ebbe  la  cofa  fuo  fine.  Fu  il  ritratto  fatto 
pervenire  alla  mno  di  chi  1*  avea  ordinato ,  ^  il  quale  vedendolo  vefiito  dei 
prtfprìo  abito  civile ,  eU)e  vacheseza  di  averne  uno  in  altro  abito  più  efpreft 
fivo  delle  qualità  letterarie, che  adornavano  l*  animo  della  perfona  dipmta< 
onde  volle  che  Giufto  di  nuovo  il  ritraete  t  e  coal  il  noitro  pittore  fece 
l'altro  belliflimo  ritratto,  che  è  quello  appunto,  die  poi  fu  fatto  pervev 
nìre  in  mano  dello  fteflb  Viviani:  la  perbna  del  quale  in  più  che  mezza 
iìgura,  vedefi  in  atto  di  federe  con  libri  attorno,  ed  una  lavagna  :  ed  eflp 
con  itile  e  geflfo  alla  mano,  con  moto  e  gefto  fpiritofo ,  alza  T  occhio  e  la 
teOa  verfo  la  Hntftra  parte;  quaGchè  immerfo  in  profonda  fpeculazione» 
vada  richiamando  e  combinando  fpecie  e  fantaltni ,  ordinati  alle  fue  nobi? 
il  e  peregrine  invenzioni  geometriche.  Dx  quefto  ritrattole  dal  naturale 
ancora,  il  valorofo  giovane  Antonio  Tempeftìf  diCcepolo  delfamofo  Nan* 
tuel  »  feguendo  i  comandi  del  Sereniflimo  Granduca  Cofimo  IIL  tolfe 
Feffigie,  e  con  maravigliofa  diligenza  intagliò  in  rame. 

Ma  giacche  ne  ha  portato  V  ordine  del  noftro  racconto  cafualmentè 
a  parbre  del  Viviani ,  pare  che  non  farebbe  cofa  molto  lontana  dalla  ma- 
teria, di  cui  noi  imprendemmo  a  parlare ,  ma  bensì  di  onore  delle  nofire 

M  4  /  .  arti ,  . 


/ 


y 


1^4  DuentiJIVdeMPah^^ 

Wttn  il  dirne  ^ualcoik  in  psirticoUre  .  Ma  tanti  fono  ftati  fino  t  qsleOi 
:Ceinpi  gli  uomini  di  tlto  valóre  nelle  ornane  lettere  ,  luliani  .ed  Olcrt» 
laontani,  che  hanno  fatto  menzione  di  lui  ne'  loro  icritti»  .che  impropria 
filmerei  io  il  lungo  divertire,  parlandone ,  dal  filo  incominciato.  Vedafi 
ciò,  che  ne  fcrive  Carlo  Dati  nella  Apologia  iotco  nome  di  Tìmamrùjinn 
matti  il  P; Fabbri  in  più  luoghi  dei fuo  Eufiémdroft  nella  iìiè.Sjna^s  Gear 
arnica  ;  Gio.  Alfònio  Borefii  ne'  fuoi  Comenti  fopra  il  V.  vCeVIL 
"d*  Apollonio  I  tradotti  dall'  Arabo  da  A  bramo  Ecchellenfe  :  Renato  Fran^f 
cefco  Slufio  ne'  Mifcellanei  geometrici  ;  Gio.  ColUnt  Afof emacici  negli 
Atti  Filpfofici  di  Londra»  ed  altri  molti  •  Dirò  fole  efier  concetto  fra  ds 
sioi comune^  che  oltre  gli  altri  requiCti,.  che  qualificanQ  il  Viviarvi  pej^ 
fitigolare,  uno  fi  è  aver  congiunto  al  dono  d'una  gran  lucidezaa  d'ìnteN. 
»Ìetto  e  prontezsa  d* ingegno  t  quello  altrea)  di  una  micabi^le  inventiva  nel* 
le  còfe  Matematiche  e  Geometriche  :  di  che  teftimonio  badante  fu  il  no* 
minato  fiio  libro  ^e  Aiaximis  ^  MimmU$  da  eflib  pubblicato  del  i6s8% 
a)  comparir  del  quale  in  Parigi  l' invitta  Maefià  diLu^iXlV.  il^  Grande r 
di  propriot  moto  fece  dar  luogo  a  lui  tra  quei  letcerati  d'  Italia  «  ch'ei 
volle  che  foifere  regiamente  riconoTciuti  con  annuale  onorario  ,  eguale 
alla  di  lui  Regia  Liberalità .  Il  teftimonia  finalmente  V  ifteflb  libro  •  cioè  ^ 
t^e  olire  a  quello»  che  ne  fcriffero  i  Matematici  di  primo  grado»  4o  trovai 
lìptato  in  un  Giornale  di  Francia ,  dico  neU'  XI.  Giornale  de*  iS^hAà^ 
f  io  (579,  a  fac.  13/.  le  feguenti  parole  «  Vincetuii  VmanfSeren^m  M.  JO^ 
itrurU  Matbtméucr  En$daiio  PnUema$um  »  uniwi^/ti  G€ome$r$s^  fropcfii^rnm 
nCkr.  &  Rev.  Dom.  Claudio  Comiers  Cantmicakhtdunenfii  OUegiafisBcc/efiji 
diTtì^antPrfpvfito  dignìffima^  in  4.  Fhr\  ^677.  ^fètk  alti»  par^teiappfefl^  9 
che  recate  in  noftra  kngua  così  Tuonano;  TrovkfiuinifuaJhliiìto  affiti  pkk 
J^^tll^f  ihe  il  iitola  ci  promciici  poiché  il  Sig.  Vifuam.Jagno,  Difo^h  e 
fuccejòra  doùo  il  TwrntBi  i  nella  Canedra  delle  Matiemaiicl>ajKOaSeadh  iÌ9r 
tentino  r  del  Galilea  neW  Accadamia  Fiorentina  r  nonfoldmen$it  ci  da  la  fciagli* 
memo  de^Proèkmi^  flati  da  nai  emtnciati  nei  XVI h  Giornale: del  1676.  macidé 
ancora  molte  maniere  Geometriche  ^  per  dividere  PAngob^  in  tre  parte  egnafip 
'a  anco  in  fualnnqne  defidtrata  propotziane^i  ciò  che  non  è'  pnmomen  degno  de^. 
f ingegno  di  lui  ^  già  fattoci  fi  pale  fé  nel  J no  bel  libro  De  Maximis  &.  Minimis^^; 
in  fn^limento  del  quinto  Liho  aerduto^e  sìlnngamemedefideraiOfde'Conici  di 
tyipoUomo.  Fin  qBiVil  Giornale  ^  e  fappiafi  che  quello  Apollonip- fiori  iii 
Grecia  peco  meno  di  duemila  anni  fono .  E  tanto  bafti  aver  detto  del 
Viviani .  Tornando  ora  al  Subtermans,  che  io-  m' ingegnai  a  principio  d| 
qualificare  col  bell'encòmio  di  pittore  d'uomini  grandi»  non  diebbo  la«r 
Ictaredi  far  particolariifima  ricordanza  de' tre  veramente  ftupendi  ritratti, 
ch'egli  ìli  diverfi  tempi  colorì  al  vivo  del  tanto  rinomato  rrancefco  Re«^ 
di  iK>bile  Aretino,  gloria  non  meno  di  Tua  patria. che  del  noftro  fecoio» 

fer  la  profondità  di  quella  fcietiza ,  che  hanno  fatta  oramai  nota  al  moi^dcr 
fuoi  dottifiìmi  libri.  Il  primo  di  quefti  ritratti  dipitìfe  il  noftro  artefice 
nel  tempo,  che  il  Redi  nel  più  bel  fiore  di  fua  gioventù  già  avea  fatti  ve«. 
dere,  per  emro  la  nofira  città  e  fuori ,  i  gr:in  tacg^  di  fuo  fa  pere:  in  fe-« 
gnodi  che  volle  il  pittor  rapprefentarló  colla  deftra  mano  fopra  un  libro; 

e  riufcì 


«    • 


MONSU  GIUSTÙ  SUBTÈRMANS:    18 J 


eritifeì  t»le  quella  pittura,  che  non  ho  alcun  dubbio  d^aflèrmare»  ch'elle 
meriti  luogo  fra  le  pib  belle  di  Tua  mano.  Il  fecondò  ritratto  fece  egR 
dopo  qualche  tempo  :  e  a  quefto  pure  fece  in  mano  un  libro  i  ed  anch' etrò 
beftiliimo.  L'ultimo  finalmente  dipinfe  in  piccoliflima  proporzione,  ^ 
quanto  dovea  fervire  a  fuo  tempo t  (iccome  poi  fervi  per  modello  t  Do^ 
menico  Temperini ,  noftro  intaslìatore  valòrofo,  per  mtagliarlo  in  ramò 
in  fuUo  ftile  del  celebre  Nantuel  tuo  maeftro »  come  di  fopra  fi  diffe .  Noi) 
poflbn  mai  baflantemente  lodarfi  i  ritratti  ih  tutta  figura ,  eh'  egli  fece 
poi  del  nominato  Sereniflimo  Ferdinando  II.  del  Serehifiimo  Granduci 
Cofimo  III.  Granduchefla  Margherita Luifa  d' Orleans fua Confòrte,  Gran**» 
duchefla  Vittoria  della  Rovere,  de  i  tre  Cardinali,  Carlo,  Gio.  Carlo 
e  Leopoldo  di  Toicana ,  e  del  Sereniflimo  Prìncipe  -  Mattìas ,  ne  i  quali 
tutti  fece  vedere  miracoli  del  fuo  valore.  Un  ritratto  al  vivo  dello  fteflb 
Principe  Matttas  diTofcana  veramente  apprezzabile,  quanto  dltro  mai  no 
partoriflero  i  fuoi  pennelli:  e  un  altro  belliffimo  del  Prior  Dante  della^ 
nobiliffima  famiglia  daCaftiglione,  dato  Maeftro  di  Càmera  del  Serénifli-'^ 
mo  Granduca  Colimo  III.  confervano  in  cafa  fra  altri  dello  fteflb  artefice  $ 
i  figliuoli  del  Cavaliere  Bernardo  «fratello  dello  fteffo  Priore,  che  fu  Mag"- 

Siordomo  Maggiore  del  nominato  Principe  Mattias.   Nelh  Galleria  del 
larchefe  Ferdinando  Cofpi  Senator  Bolognefe  fono  i  ritratti  di  ottoPrin* 
ci  pi  della  Real  Cala  di  Tofcana  di  mano  del  Subtermans,  donati  a  detto 
Marcheiè  da'medefimi  Principi»  e  fottodi  e  (fi  legge  fi  il  feguente  difticOl 
MedìctQS  vuhus  pinxh  manus  inclyta  ^ufli  ; 

Mediceos  animos  Regia  Dono  notant.  ^       ^       - 

Ma  qui  mi  convien  pure  alquaoto  divertire  dalcorfo  delP  iftoriti  € 
dire  alcuna  cofa  in  generale  dell'eccellenza  de' fuoi  ritratti ,  per  dar  quai*^ 
che  contezza  di  loro  prerogative  a  chi  non  ne  ayefle  mai  veduti.  B  prima' 
fa  di  melUeri  il  riflettere  »  che  varie  fono  le  abilità  e  i  particolari  talenti  ^c' 
rinomati  pittori,  tanto  della  vecchia  che  della  moderna  età.  Di  Deme-^ 
trio  r antico  fi  racconta,  ch'egli  fu  fingolare  in  efptimere  la  fomiglianzf- 
dclle  cofe,  ma  non  ebbe  già  pari  nel  conofcimento  del  più  bello  della  Na-> 
tura.  Zcuf]  per  l'opere  fue  fcelfe  fempre  il  più  vago,-  ed  è  notifiimo  queV 
hiio ,  che  dovendo  dìpignere  la  tavola  nel  Tempio  di  Diapa  in  Crotone»' 
affine  di  farla  quanto  più  ii  poteva  bella,  non  contento  d'un  fol  corpo»; 
fcelfe  cinquefanciulle  delle  pili  leggiadre I  che  fi  trovaflero  fra  la  gioventi^- 
di  quel  tempo, oflervando  in  ciafcheduna  di  effe  le  più  commendabili  parti; 
per  ritrarle  nella  fua  tela  .  Nel  primo  fi  loda  l'imitazione  di  quell'oggetto  » 
eh'  e'  fi  metteva  a  ritrarre  i  qualunque  e'  fi  fofle  o  bello  o  deforme  ;  nel 
fecondo  la  bellezza  di  un  tutto,  compofio  di  belle  parti,  di  diverfi  corpi;' 
ma  non  già  la  fomiglianza  ^  alcuno  in  particolare .   Sonb  fiati  poi  altri* 
artefici  >  che  noi  diciamo  di  maniera  o  ammanierati ,  i  quali  avendii^ 
formate  alcune  idee  di  volti  a  lor  capriccio,  non  (blo  non  hanno  feelto* 
.    ri  più  bello  che  può  far  là  Natufa»  ma  non  hanno  imitato  eziandio  quello^ 
che  ella  èfiitita  di  fare:  e  quefti  fon  degni  d' ogni  biafimo.  Ma  chi  pò-' 
tra  giammai  credere  eflerfi  trovato  un  pittore  ,  il  quale  fuggendo  la  de*  • 
olezza  del  primo  »fenza  T  artificio  e  iiiduftria  del  fecondo  :  ^  lontaniflimó' 
•      .  dalU 


i%6  Decenn.llldella9artldAlSccy.M\6%Osah6^o, 

dall'  inganno  di  ^uefti  vltimi  «  ila  gianto  a  fegno  di  fare  i  fuoi  rìcratd  fi* 
miliflìmi  al  vérOf  Jt  diflimili  in  un  tempo  ileflo  t  e  tali  finalmente ,  che 
e' fi  pofia  dire, che  la  cofa  dipinta  fia  quella  fatta  dalla  Natura^  e  quella  àU 
tresì  che  ella  non  aveva  fatta  »  ma  poteva  fare  pia  bella .  E  pure  tale  fu 
]1  nojftrp  Giufto  Subtermaiis  t  il  quale  non  fece  mai  ritratto ,  che  non 
foìTe  di  gran  lunga  più  éello  dei  vero»  e  che  non- foCTe 'duello  Aedo,  per 
cui  raflomigliar^»  fu  dipinto.  Né  fia  chi  con  rigorofo  efame,  del  flutto  e 
di  ci^fchedyna  parte  de' fuoi  volti  f  podi  a  fronte  dellvoriginale,  fi  pro- 
netta  di  poter  rintracciarne  dìlFerenzà  ;  perchè  ciò  non  è  pofiibilei  tro« 
yandofi  in  efli  fimili  le  proporzioni,  il  colorito»  il  gefio»  lo  fpiritot  ed 
ogni  altra  cofa  quanto  mai  efier  pòfia  :  pei'fezione  in  vero  propria  del  fuo 
pennello»  e  non  d'altri  :  e  da  poterfene»  a  parer  mio,  poco  difcorrere  e 
fianco  incendere;  ma  pure,  per  ricercarne  qualche  ragione,  io  prendo  a 
parlarne  in  quefto  modo ,  Noi  vediamo»  che  il  volto  dell*  uomo  con  eiTer 
tempre  lo  ftefib,  contuttociò  in  fuperfìcie,  o  per  ritiramento  o  per  rila& 
azione  delle  parti»  farfi  veder  fovente  alterato  e  difilmile  da  fé  fteUptCioè» 


illegi 

fi  rende  punto  difficile  al  pittore  il  far  ritratti,  che  afiimigliandofi  molcoi 
àJIaperfona  dipinta,  la  tacciano  anche  afiai  difiimilc  a  quella, ch'ella  fuojt 
«fiere  per  ordinario,  coll'efprimere  tali  affetti  nella  fua pittura,*,  ma  Tefi^ 
figiare  il  volto  d'un  uomo  in  tempo ,  che  egli  è  del  tutto  lontano  dalle  vio- 
lenze deir  infermità,  o  dà  quelle  dell* interna  pafiione  d' allegrezza  o  al« 
trp:  e  farlo  feropre  nella  più  bella  apparenza  eh'  egli  pofla  avere  ^  fenza 
difppfiarfi  punto  dalla  fomiglianza  di  lefiefib;  quefta  fi  è  cofa, che  fi  rende 
a  prima yifta  incredibile:  e  pure  il  pennellp di  Giudo  ha  fatto  sì,  che  la 
traviamo  vera.  Bifogna  adunque  dire ,  che  tal  perfezione  abbia  avuto  fua 
fermezza  in  un  maravigliofo  conofcimento  di  tutte  le  mutazioni,  che  pof*^ 
(pn  fare  tutte  le  parti  de  i  volti»  per  dimoftrare  al  di  fuori  la  giocondità 
e  la  bellezza,  che  propriamente  e  particolarmente  loro  converrebbe:  cofa 
che,  per  cosi  dire,  ha  del  divino  :  e  tale»  credo  io  »  che  chi  l'ha  non  la 
puote  ad  altri  infegnare;  e  chi  non  V  ha»  difficilmente  colf  imitazione  la 
può  imoarare.  Mi  conferma  in  quefta  credenza  ciò  che  egli»  non  ha  moi* 
to>  miuifie»  cioè,  che  ogni  figura  ha  un  moto,  che  è  fuo  proprio, e  noa 
d'altri:  e  che  è  neceflàrio  nel  ritrarre  il  conofcere  tal  proprietà  di  moti» 
la  quale  ha  una  gran  parte  nella  fomiglianza  ;  onde  egli  avendo  tale  cogni- 
zione, non  ègranfattoch'eigiugnefle  ali*  accennato  fegno.  Che  egli  poi 
ciò  ben  conofi:efie ,  pare  che  lo  moftri  chiaro  il  feguente  cafo,  raccontato- 
mi pure  da  lui  in  fimile  propofito.  ^  Aveva  egli  in  Genova  colorito  il  ri- 
tratto d'  Ottavio  Pallavicino  :  vi  furono  alcuni  Cavalieri,  che  per  mo* 
Ararlo  ad  altri,  coperfero  prima  con  un  fazzoletto  la  fola  faccia  del  rì« 
tratto:  poi  cosi  conerto  il  fecero  vedere:  e  nefibno  vi  fu»  per  quanto  egli 
mi  raccontò,  che  dal  getto  della  perfona  noi  riconofcefie  per  Ottavio  Pal- 
lavicino. Il  fimile, dinemi  egli» eflergli  avvenuto  in  Mantova  in  ritratti  di 
Dame»  ed  in  Ferrara  in  un  altro  ^he  gli  aveva  fatto  fare  T  Eminentiffimo 

Cybò.     ^ 


MONSU  GiVStO  SUBTERMANS.    187 

Cybò.  Dicaio  lidunque,  che  fé  quefto  arcèfice  ebbe  tal  cognizione  de  f 
moti  propr)  de  i  corpi ,  che  gli  fece  anche  da  quegli  {tedi  ravvifiure  pet 
quei  ch'e^  rapprefen cavano,  fensa  |àrne  vedere  i  volti;  gran  fatto  ftato 
non  farà»  eh'  egli  abbia  avuta  una  tal  cognizione  de'  moti  delle  parti  d*ua 
volto»  che  gli  (ia  fiato  poffibile  il  farloa  fuo  talento  apparir  bello  e  giocondo^ 
fenza  levargli  la  focniglianza  del  vero.  E  tanto  baiti  aver  detto  in  queflo 
propofito.  '  ^ 

Eravamo  già  nel!'  anno  1664»  quando  il  noftro  pittore  trovàndofij^i  dt 
molti  anni  addietro  privo  della  fua  cara  feconda  conforte,  fu  necc«itato 
per  buon  governo  di  fua  cafa  a  pigliar  nuova  moglie .  Effettuò  egli  dttn^ 
que  il  terzo  matrimonio  con  una  molto  virtuofa  e  civile  fanciulla»  per  no^ 
me  Maddalena»  figliuola  di  Agoftino  Artìmini,  della  quale  ha  avuto  ^i  I 
figliuoli ,  de'  quali  a  fuo  luogo  faremo  menzione.  Ed  e  cofa  di  maraviglia 
il  vedere, come  quello  valent'uomo  coll'avanzarfi  nell'età, con  tante  mi^ 
che  e  cure,  abbia  mantenuta  obbediente  la  mano  ai  fuo  perfpicace  intéi* 
letto,  a  fegno  tale,  che  l'anno  lójS.  eflendo  egli  di  preflb  agli  ottantadue 
anni,  fece  di  volontà  de'  Sereniffimi  il  bel  ritratto  del  Sereniflimo  Prin« 
cipe  FrancefcadiTofcana,  con  tanta  bravura»  che  vollero  quelle  Altezze» 
che  a  perpetua  memoria  egli  vi  Icrìvefle  il  fuo  nome  ,  1*  anno  e  1'  età* 
Ha  &tto  poi  altri  ritratti  fimigliantiiTimi  fino  a  ouefti  ultimi  tempi,  ne  i 
quali  volendo  la  clemenza  del  Sereniflimo  Granduca  Cofiroo  III:  mofira^ 
re  a  Qiufto  alcuno  nuovo  legno  di  filma  del  fuo  valore  e  di  gradimento 
di  fua  lunga  e  lodevole  fetvitù,  comandò,  che  nel  Real  Palazzo  de' Pitti» 
il  Salone,  che  fervi  per  Y  udienza  del  Sereniifimo  Cardinale  Leopoldo; 
fi  dedicafTe  tutto  all'  opere  di  Giufto:  ed  avendo  fatto  far  raccolta  d'  una 
gran  quantità  di  efle  »  fra  altre  che  lì  trovavano  in  diverfe  ftanze  »  volle 
che  in  eflb  Salone  foflero  collocate»  per  farne  un  intera  e  grande  galleria; 
cdnèetto  veramente  nobiliflimo  (n),  toltone  il  tanto  rinomato  ritrattò 
di  Galileo  Galilei ,  del  quale  facemmo  altra  volta  menzione  »  a  cui  fece 
dar  luogo  nella  ftanza  della  Real  Galleria,  chiamata  la  Tribuna»  che  già 
più  volte  quefio  ritratto  ha  cambiato  luogo ,  e  quivi  fi  confervano  i  pre«^ 
ziofi  tefori  di  Pittura  e  Scultura  ,  di  che  è  ricca  quefta  Serenifliaia  Cfafa: 
eciò,  credo  io,  per  far  vedere  agli  occh)  degli  eruditi  in  un  tempo  fieflb 
due  ftupendi  miracoli  della  Natura,  nella  perfona  di  colui  che  quivi  fi  rap* 
prefentaal  vivo» e  anche  dell'Arte  nella  pittura  di  Giufto.  Dacché  tal  coQt 
ebbe  fuo  effetto»  viflè  Monsù  Giufto  tre  anni ,  i  quali,  quefto  onorato 
vecchio,  ha  menati  cx>n  un  vivere  al  fuo  folito  devoto ,  e  con  tutti  amo^ 
revole,  trattando  fé  e  la  famiglia  fua  con  nobile  fplendore»  godendo  il 
frutto  di  fue  fatiche  nel  pofledimento  d' un  ben  radicato  amore  verfo  di 
fé  di  tutta  la  Sereniflima  Cafa  »  e  in  iftato  di  buona  ricchezza ,  e  d*  affai 


fattegli 


rtM« 


(a)  t  quadre  di  Monsà  Gtufto  fono  di  prefenti  fparfi  per  éltn  fianze  del  Real  PalitzzQ 
0  il  ritratto  del  Galileo  i  nella  Jlanza  allato  alla  Tribuna. 


«  » 


1 88  Decm* III  della  FartX MSec.  K dal  i  Cto. ali 6$ o« 

{«ctegU  per  la  ftraordiiuirìt  amiciziii  che  ira  di  noi  pafiò:  eie  liuidieooii«» 
fuke»  che  fino  luzU. ultimi  giorni  ch'egli  godè  unità  i  feci  con  dtof  eoa 
.penna  e  carta  aUa  mano  »  non  tanto  p^r  ricevere  e  rifcontrare  notizie! 
/ivate  di  pittori  Fiamminghi  de'  fuoi  tempi  >  per  lo  bifogno  dell'  Opera 
;iiia  j  quanto  per  rubare  a  lui  »  per  così  dire ,  il  rimanente  di  quelle  di  fua 
^rfona»  U  quali.  (  tanta  fu  la  Tua  modeftìa)  davami  egli  con  propria  mor* 
tificazione ,  accertandomi  di  averle  ad  ogni  altro  in  ogni  tempo  negatei 
jed  io  all'incontro  non  volli  fcrivere  alcuna cofa  di  lui^  ch'io  non  Tavefll 
da  lui  medefimo  ricevuta,  benché  a  forza  di  replicate  indanzct  e  con 
efpreiTo  patto  di  non  darle  fuori,  fé  non  di  poi  che  egli  avefle  chiuG  gli 
Qfifih)  a  quefta  luce.  Mancati  che  furono  finalmente  i  giorni  autunnali 
dell'anno  i<S8o«  a  Giufto  cominciarono  altresì  a  mancare  gli  fpiriti,  e  col- 
V  inoltrarfì  dell'  inverno,  fi  accrebbero  anche  in  elfo  notabilmente  le  in- 
4ifpofizionì;  tantoché  in  breve  incominciarono  adafiàlirlo  a  otta  a  otta 
in  cafa,  in  chieìa,  in  firada  accidenti  di  (incopi,  che  1'  obbligarono  ad 
«ftenerfi  il  più  del  temno  dall' ufclr  fuori ,  falvo  i  giorni  fedivi  per  la  ne* 
ctifxtk  della  fanta  Mena ,  e  in  quefti  anche  con  paura .  Si  acquietarono 
alquanto  i  rigori  dell'  inverno  ;  ed  egli  a  proporzione  del  temperarfi  di 
flueili»  moftravadi  riforgere  un  tal  poco;  ma  nella  fettimana  di  Paflione 
pi  di.  nuovo  abbandonato  dalle  forze .  La  Domenica  delie  Palme  non  fu 
.pofllbile,  ciò  non  ottante,  il  ritenerlo  dall'andare  alla  chiefa,  dove  aven*^. 
«do  patito  gran  freddo,  come  egli  medefimo  confefsò ,  tornoiTene  a  cafa 
.travagliatiflimo •  11  Lunedì  ufcì  di  letto  con  volto,  braccia  e  gambe  al- 
jquanto  intumorite  e  gonfie,  ftrettezza  di  petto,  e  gran  palpitazione  di 
cuore.  In  tale  fiato  perfeverò  egli  per  fei  giorni  in  circa,  ogni  di  piùj 
fcapitando  di  forze  \  onde  convennegli  il  Sabato  Santo  darfi  per  vinto  al 
male  reftandofi  in  letto,  mentre  teneafi  da  ciafcuno  per  fermo,  ch'egli 
non  ie  ne  dovefle  maipiù  foUevare,  ficcome  avvenne.  Continuò  il  pe^- 
giQr^K^ento  fino  a  tutto  il  martedì  dopo  la  Domenica  in  Albis:  ed^in 
quefto  tempo  volle  due  volte  il  Sacramento  dell'  Eucariftia,  e  dipoi  la 
continova  aflifienza  del  Confefibre:  al  quale  molto  afliduamente  fi  aggiugne- 
vano  il  Padre  Angelico  Mazzocchini  Servita,  fuo  cognato,  ed  altri  Reli* 
jUgiofi  efemplari .  Aveva  già  &tto  fuo  teftamento ,  al  quale  volle  aggiugne*^ 
re  codicilli .  Finalmente  la  fera  del  Martedì,  nel  tempo  ftefib  che  ie  gli 
porgeva  dagli  adami  alquanto  di  refezione,  fu  fopraggiunto  da  una  così 
abbondante  pioggia  d'umore  dalla  teda,  .che  credendo  di  morire,  di  Cubi- 
to chiefe  e  ottenne  la  raccomandazione  dell'anima  e  l'efiremoSacn^men* 
to..  Uopo  averlo  ricevuto,  immediatamente  entrò  in  agonia  ;ed  alle  i^.  ore 
del  feguente  giorno,  cioè  a  dire  il  mercoledì  23.  d'Aprile  i68i«  fé  ne  an« 
dò ,  come  piamente  dobbiamo  credere,  al  godimento  degli  eterni  ripofi. 
Fu  con  nobil  pompa  e  con  accompagnatura  degli  Accademici  de|  Difegno  » 
condotto  il  fuo  cada  vero  alla  Chiefa  dì  San  Felice  in  Piazza,  dove  con  or-- 
dinario  dolore  di  tutta  la  città,  in  particolare  degli  amatori  dell*  arte,  gli 
fu  data  fepoltura  nel  luogo  appunto,  che  corrifponde  fotto  le  campane. 
Lafcìò  di  fé  e  di  Maddalena  Artimtni  fua  Conforte,  che  pur  vive  al 
prefente  in  giovcnile  età,  un  figliuolo,  il  cui  nome  è  Francefco  Maria, 

che 


MON su  GIUSTO  SUÈTÉRMANS.    189 

tòe  ìK>n  gtugne  a  compire  il  ^uattordicefimo  afino  i  giovanetto  d' otti* 
ma  indde  e  di  laggiaari  colhimi  »  di  cui  a  gran  ragione  fi  promettono 
gli  amia  di  quella  cafa  ogni  pììi  eceliente  rìuicita  :  una  femmina  chia-.. 
mata  Marglierita  Luiik>  che  follmente  per  Tetè  può  dirli  al  fratello  edere 
feconda  (^) .  Son  rettati  m  cafi  fua,  oltre  alla  prèziofa  tela>  dipinta  dal 
Ruben»,  ed  un  quadro  d*  una  femmina  del  Palmas  molti  quadri  di  mano 
di  lui»  e  di  gran  maeftri  Fiamminghi i  e  di  altre  nazioni  »  che  lungo  fiireb*.. 
be  il  deferivergU  in  quello  luogo .  Diedi  però  che  egli  abbia  di  tutti  la** 
iciatt  una  puntuale  defcrìzione  per  chiarezza  maggiore  de'fuoi  eredi. 


t$tmmtmm^mm 


MICHELAGNOLO  CERC^UOZZI 

PITTOR    ROMANO 

«  3 

DETTO  MICHELAGNOLO   DELLE  BATTAGLIE 

Difeepolo  di  Giacomo  it,Asè  Fiammingo^  nato  \6oo.  ^  1660, 

Acque  il  celebre  Pittore  Michelagnolo  »  detto  poi  per  ec-^ 
cellenza,  Michelagoolo  delle  Battaglie,  nella  città  di  Ro- 
ma», madre  ie^pre  feconda  d'uomjni  fingolariffimi.  Tanno 
di  noftra  fal^ti^  i6oo«r  II  padre  fuo  fu  Marcello  Cerquozzi» 
il  quale  col  fiire  eferctrar  mercatura  di  quoja  per  la  concia 
nella  ftrada  detta  della  Regola  »  fi  fece  ricco  di  fisicoltà  ;  alle . 
quali  »  per  particolar  grazia  del  cielo ,  ebbe  aggiunta  profperità  di  prole;, 
conciofliacofachè  egli  aveflTe  arutodiLuciaVaATalli,  pur  Romana,  Ciuacon* 
forte,  quattro  figliuoli ,  il  primo  de'  quali  gli  fu  in  ajuto  nelle  fatiche  di 

2uei  negozji  in  cui  Tempre  fì  trattenne:  il  fecondo  applicò  alla  computi*.- 
eria  :  il  terzo  datoti  agii  ftud)  delle  lettere»  e  facto  Dottore  in  Teolo* 
già  e  Sacerdote  »  meritò  d' efler  portato  al  pofto  di  Cappellano  e  Teologo 
della  Maeftà  dell'  Imperadore:  il  quarto  fa  quegli,  del  quale  ora  parliamo  ^ 
per  cui  farà  fempre  viva  nel  mondo  la  memoria  di  quella  cafa .  £bbe  an-« 
Cora  due  figliuole,  che  avendo  veftito  abito  Religiofo  nel  Monaflero  di 
Vitorchiano»  dopo  aver  dati  faggi  di  lor  bontà  e  prudenza  1  Ibftenncro 
ambedue  il  carico  d'  Abbadefle»  e  poi  fé  ne  paflarono  al  cielo. 

Venendo  ora  a  Michelagnolo  »  egli  ebbe  i  prìncipi  del  difegnoda  Già* 
comò  d' Asè  Fiammingo»  in  quei  tempi  pittore  di  qualche  nome:  e  poi 
il  pòfe  a  ftudiar  l'opere  di  Bambocci,  tA  inlieroe  con  Jacinto  Brandi  fuo 
amiciflimo,  teneva  nella  propria  cafa  un  natuiale  »  dal  qualp  ftudiava  egli 
'>er  le  figure  piccole ,  che  erano  il  fiiQ.prìncipal  talepi^»  ed  il  Brandi  per 
e  grandi  :  e  non  fu  gran  fiitto  »che  Michelagnolo  giovanetto»  in  età  di  non 
più  che  tredici  anni»  arriv^e  adìfegnare  eccellentemente  ;  mentrechè 
■■■  ^...-..-«     lo  aveva . 

(  a  )  FumogUedì  MaJpmiliémQ  SQldsni  BcnsJ^  celebri  Sfafuijla  Fiorentino . 


i 


190  DttemAìIJtiàfmS.  éÌS^.V.4aii6i9. al tC^o. 

Io  aveva  la  natura  dogato r  non  .folo  d'un-gufto  petfettiffima  in  conofceie 
il  più  bello  delle  cofe,  che  airpccbìo  noftro  &  vedere  la  natura^  mt  eaan« 
dìo  d' una  memoria  rariifima  •  a|^t«inc»  ad  una  ai  chiara  e  sì  force  faìica» 
ila,  che  con  grandiffima  facilità  ^iprimcva  in  pittura»  ciocch'é's'era  tto^ 
vato  a  vedere  anche  per  molti  9  molti  «uni  avanti  ;  anzi  era  u|e  Tìnger 
gno  Tuo  (cofa  invero  che  in  pochi  ^efperimenta)  chedal£blofentir  rac- 
contare o  da  legger  cali  feguiti  di  battaglie  cerreftri  e  marittime,  naufra* 
g^9  tempefte  e  umili  >  ra^^efentavAgti  fìibito  in  mttura»  conformandoli  a 
cuel  racconto  >  come  fé  c<^U  occhi  propr}  pli  avene  veduti  :  e  quello  AelTo 
taceva  dal  fentir  la  defcrizione  dell'  amenità,  o  fofle  orrore  d' un  (ito,  o. 
altra  aquefia  fimigliante  cola*  Incominciò  egli  dunque  a  fare ^diepet 
ognuno  li  parlaffe  del  fuo  pennello,  fin  dalla  Tua  età  di  quindici  anni  in 
eira,  nella  quale  dipinfouna  tekij^er  lo  Maggiordomo  dell*  Ambafciado- 
n  di  Spagna ,  allora  Relidente  alla  Corte  di  Roma  :  nella  qual  tela  fece  ve* 
dere  numero  grande  di  figure .  Ma  volle  il  cielo  in  quello  medelimo  tem- 
po far  conofcere  a  lui,  e  con  eflb  al  mondo,  quel  tanto  vero  ailioma ,  che 
non  fono  veramente  in  poter  dell'uomo  le  proprie  vici  ma  di  colui  che 
tutto  regge  e  governa;  onde  allora  e  non  prima,  tanto  e  non  più,  altri 
puote  a'difegnati  fini  pervenire,  quando  e  quanto  a  lui  folamente  phc^ 
oche  però  egli  con  unfagsio  refleflba  quella  mano,  onde  ogni  bene  fcà- 
turifce,  vengali  ad  abilitar  femprepiù  a  confeguir  la  pienezza  d'qgni  mag;*' 
gior  felicità.  Fa  dunque  egli  aflalìtó  da  u^a grave  Infermitii,  la  quale  in 
rompo  lo  ridulTe  :a .  fegno ,  non  folamente  d'  aver  confumato  tutte  le  prò* 
pne  foftanze,  ma  d'  avere  eziandio  quali  ogni  abilità  perduta  da  potere 
Q&fcìtare  fua  profeffione:  e  già  fi  dava  per  vhVto  a  quel  mialpre  §  ed  in- 
cominciava a  difperare  di  poter  phì  tomaia  a  dipignere^  quando  "Voile 
Iflfaiior'  cIm  tornane  di  Spagna  Domenico  VioFa  pittore  intendente;  e  che 
a:^q[uefii ,  dal  mentovato  uomo  dell' Ambafciadore  di  Spagna*  fofle'ratto^ 
vedere  il  l»I  quadro  :  e  che  egli  avendovi  ^tto  fopra  gran  reflelfione,  vt' 
mcoiofcefle  un.gulto  didipignere  cos)  folle  vato  e  nuovo,  che  nulla  più; 
che  però  facefle  grande  inllanza  al  medefiiDo  di  procurarne  un  altro  com- 
pagno del  primo ,  Ma  già  il  Majordomo  s' era  dimenticato  il  nome  del 
I littore,  né  fi  prometteva  di  pia  cbnòfcelrlo,  quando  egli  anche  fi  fòlle  in 
tti  abbattuto  ;  onde  pregò  lo  i^eflb  Viòla  a  far  diligènza  di  ritrovarlo: 
e  ritiovatolo,  gli  ordinalle  di  fare  il  nuovo  quadro .  Fece  il  Viola  le  fue . 
pratiche ,  finché  venne  in  piena  cognizione  del  giovane;  ma  con  eHb  co-.' 
nobbc ancora  le  miferie  di  lui,  e  'i  pellimo  (lato,  in  che  egli  a  cagion  del 
male  s'era  ridotto;  tantoché  vedendo  efleir  vano  ogni  tentativo,  ch'egli' 
avelie  potuto  fare  per  farlo  dipignere>  perchè  il  pòvero  giovane  già  aveva 
perfo  del  tutto  Tufo  delle  mani,  cominciò  ad  elortarlo  alla  pazienza,  ed' 
a  procurare  la  perduta  fanità  scollo  d'ogni  travaglio,  clie  i  neceiràrj  me- 
dicamenti gli  Ibllèro  ftati  per  apportare .  Qtlindi  '6tta  refleflìone  ,  che  il 
Marcbefe  Crefcenzf,  Còti  cui  il  Vk>Id'era'  tornato  d!aHa  Corte  di  Spagna , 
aveva  di  là  portato  un  certo  fegreto,  eh'  tfi  credette  poter  giovare  al  di 
lui  male;  gliele  proi^ofe^promertéhdd^i^ di  fatgntene  procaccio,  ficcome 
fece  :  e  fu^  penfiero  dello  fteflb  Vicia  il  fàrgiiele*mettere  in  efecuziòhé , 

••'•'* 'Con 


JMlCmLA:(SmiO  CE^QUOZZl.    »9i 


gnolof  venne  a  legar  con  e^o  uq  tal  nodo  d^aoticisiat  che  anipiù  non  6 
djUfciolfe  f  fé  non  ]>er  morte . 

Tornato  che  fu  il  noftro  pittore  a' (oliti  ftadj  »  fece  fibito  l' altfo  qm^ 
dro  al  Mas^iordomo»  che  ri^i  aìSai  più  bello  diel  pfimo:  e  medisme  gli 
ufici  del  Viola  »  ne  riportò  un  mqko  nc^il^.oAQftfio.  Subito  nella  Corte. 
deirAmbafciadore  venne  intanto  credito ^ che  felice  chiama vafi  GolmtChe 
aveflé  potuto  avere  qualche  opera  di  faa  «mìo  •  mche  a  gran  presso . 
Con  queflo  andò  appoco  appoco  allarg^odofi  la  fu«  fanui  per  tutta  Roma  & 
Egli  però  riBettenao,  che  per  mezzo  di^ueUa  Cotte  avevano  avuta  prin^ 
ci  pio  le  proprie  fortune  t  reuòper  podq  afieaionato  alla  nazione  Sjpagmio*' 
la,  che  ne  fu  Tempre  parzialiflimo,  dandone  anchecAstiormente  fegainel 
modo  del  Tuo  veftire»  (e  non  fempre  in  tutto  e  per  tutto  »  almeno,  in  pena^ 
Iitcomtnciò  ad  eiìere  adoperato  molto  pniveriaknente  ;  e  quantunque  tfAi 
per  r eccellenza,  con  che  le  coloriva t  fofle chiamato  poi  tempre  MichdA«» 
gnolo  delle  Battaglie  ;  fi  rtndè  però  Angolare  in  ogcii  foru  di  lavoro  di  figa» 
relè  grandi  e  giccole»  frutte i  Aprì»,  ^adi  (n«' quali  talvolta  fu  in  con« 
corrénz^còl  Rofa)  marine,  ed  in  ogni  altra  o^a,  di  che  fanno  indubitata 


oltre,  il  l|i)bgh9Lil.mlb  (Jetio^f^,  alcwie  (òl^nf^np»  delle  ^  ùngùi\ 
poiftèrò  i^n  (juelio  lubsa.  Incovakioer^  da  quella  bsUa  lunetta^  che  fi.ved* 
nei  cIiiofri:ò^dì  Sant'A(l4re^4^11eGro^eAÌ4praJap<uM^^^^  in 

cui  egli  dipinfe  al  naturale  ^an  Fi:^noefca4à  9^\wt  in  Jiftto  di  dtftrìi»ice 
le  èrère  l^nedette  :  e  vt  i  gran^quàntità  di  iold»tì  .^d  altre  figure»  che  per 
eflere ftata la primii opècà^ch'éf^i^^eÌAr^i^ndlStist ftt» ^tdventùi  è  de^ 

Sniflimà  draghi  lode  •  .Dìpinfe  ancfl^mà/òi^y^  furon  man- 

ate nelMfoIa  diSardigna ,  che*  Il  vedono  ui  quelle  chieCe*  Conferva  iti 
fila  Galleria  P  Etninentiuimo  G^igl  due  g^an  celja:  in. una  disile  quali  rap* 
prefentò  egli  la  fpedi^on  d' un  Corriero  da  un  Campa,  pon  divem  UfiziaU 
dijg^uerra,  è  gran  quantità  di  foldatefca*  nell' aUìFa  £»ce  vedere  unaipoglio 
de*  morti  dopo  la  battaglia,  opere  veramente^ degnarne,  Sonovi  ancnedoe 
aftre  grandi  tele;  in  una  delle  quali  è  una  nobile  profpetn va,  e  nclkf  altra 
un  bagno,  tutte  di  mano  di  Viviano  Códaoìray  mf  pQrò  ripiene»  tanto  la 
nrima  che  la. feconda,  di  gran,  numero  di  figMfe  del  noftro  Michek^nolo » 
NeUa Galleria  deU'Eccellenti(fiaiò.&irviati  fonÀx.i^  quattro  Stagioni t  rap^ 
prefentate  con  gran  quahtìtà^i  ^^t<;:  ed  una'i;e|a.CM  longhesasa  di  palali 
nove  in  circa,  ove  in  un  béUiffimo  pteie  ò.^ftUMto  Swi  Giovanni  pce^ 
dlcante  nel  defèrto' »  con  groppi^  di  ngure  tacito  {pìciiidftitlenfse  .fioriate  ^ 
che  è  proprio  una  maravigli^ ,  Per  lo  c^funto  Conte  CammiUo  Carandip* 
ni  dipinfe  una  tela  di  qua  ttròjpalrai|,i|i.qpi:f<$ce  vedere  il  luogo  e  lafon** 
tana  deir acqua  9cecofa».cph  grafi  ^ijf^ntfsà,  di  figure t  in  atto»  chi  di  pren«- 
derlà»  e  chi  di  renderla  >  con  noìu  curxpfi  a«ri4£9<ìft..  Per  lo  ftefito  fece  una 

batta- 


1 92  Dec€nn.IILMIa  ?m.t  dclSecV.  dal  1 6%  6.  at  1 6$  o^ 


battala  con  quattro  altri  quadri ,  con  ftoriè  di  S,  Giovanni  »  ed  una  manna  » 
ove  otìfe  una  feihi  fatta  in  mare  in  tempo  di  primavera  t  con  vaiceli  i  nobil- 
mente addobbati»  e  filuche»  e  gran  quantità  di  figure  con  divet^  inftru« 
nienti  da  fuono,  ed  altre  ville  in  lontananza»  in  atto  di  piantare  il  Mag- 
gio in  una  ifola  :  le  quali  tutte  b^lliflime  opere  pofliede  oggi  la  ConteSa 
vedova  del  detto  Conte  Cammillo  .  Oltre  a  molte  belle  mafcherate  ed 
iapparati  di  commedie  ed  altre  diverfe  inveneioni  fpiritoiiffime  »  che  fi 
trovano  apureflb  Monl^nor  Raggi»  é  '1  Marchefe  Lanci»  che  lungo  fa- 
rebbe il  detcrivere  ;  dirò  d*  una  veramente  maravigliofa»  che  fi  vede  nel 
Palazzo  del  Bali  Spada»  ciò  è  una  gran  tela,  in  cui  è  rappréfentata  la 

{liazzadel  mercato  di  Napoli:  ed  in  ella»  con  infinità  di  figure  »  la  Revo- 
uzionediquel  Popolo»  (otto  la  condotta  di  Mafo  Aniello.  Fece  conofce^ 
le  veramente  »  quanto  egli  abbondafiedi  tutti  quei  talenti,  che  a  principiò 
accennammo;  concioffiacoftchè »  colfi>lamente  fisntire  le  relazioni  di  chi 
vi  8^ era  trovato  prefente»  dipin&  quel  luogo»  e  tute!  gii  accidenti  ivi  ff 
guitis  e  quello  che  è  più  mirabile  fi  è  »  che  non  folo  rapprefentò  in  quelle 
fi|[ure  Parie  di  tefte»  ma  eziandio  di  atti  ftefli»  che  perlopiù  fon  propr) 
'di  quella  nazione  »  fenza  efibr  mai  fiato  a  Napoli  »  e  in  fola  forza  di  fanta<^ 
lia»  jer  quelli  che  altrove  aveva  veduto»  venuti  da  quella  spatria!  Confer- 
va m  più  fue  eceelientiifime  pitture  il  March^fe  Filippo  dèlMarchele 
BartolommeoCorfini»  di  mano  di  queft'artefice,  quattro  qttadVl  di  braccio 
in  circa»  cioè  uno  Spofaliziò  di  Villani,  una  moITa  di  Cjabòiatori^  un^ 
Mafcherata»  ed  un  Foraggio  di  foldati  in  contado»  tutti  beHifirmi .  '  Il  Mar- 
chefe  Pier  Antonio  Germi v  oggi,degmfiiittoLuogòtbnehte''p^^ 
mo  Granduca  nell'  Accademia  del  Difegno»  liW  prù/quadti  dèt'  m^édèfi-^ 
mo:  in  uno  de' quali  è'dipinta  hi  favola  di ^iinoiW»  e  le  tre  Fónlniihe 
in  atto  di  dormire .  Quefle  veramente  ftùpfèhéé  figure i  duand*  ufójrofio^t 
mano  dell' anefice,  eran  del  tdtto  €còpiprtèi'  màTrMilrèhefeCarli^»  F^é 
del  vivente  Matchefe;  volle  die /Io/ Wef^  Michéla^fic/lo  in  alcune  naV):i 
:lecopriflec  e  a  tal'  effetto' '|lr^ririfé]?tfò II ^uadrd'a  Róma»  dolide  alpol 
beli' e  coperte  con  modo  kg^ildriiiimai  gh  foròho  a  Firenze  rimandate. 
Ha  il  medefimo  due  altri  ^adrì  di  pf^effi  in  forma  bislunga,  ove  fono  alcu- 
ne piccole  figure»  congegnati  in  tarmodò  con  loro  ornamenti»  da  i  lati 
del  gabinetto  di  fuo  Palazzo  in  Via  del  Cocomero»'  che  mentre' fanno  or« 
namento  a  modo  degli  altri  quadri  a  quelle  pani  di  muro  »  fervono  anco, 
ra  per  coperta  d'alcuni  àritiàd)  fegreti ,  cavati  nella  ftefla  muraglia .  Ma  nef^ 
funo  farà  mai,  che  pofla  abbèftanza  lodare  un  maravigliofo quadro»  che  fra 
gli  altri  d'eccellenti  maéfiri  arricchifce  la  di  lui  Galleria,  nel  quale  fon 
-rapprefentare  le  nozze  d'alcuni  poverifiimi  contadini.  Quefto quadro, 
per  concetto,  compofizione,  colorito»  franchezza  e  diligenza  infieme,  per 
imitazione  del  vero»  e  per  ógni  altra  fuà  parte  è  tale  »  che  non  fon  man- 
cate perfone  di  ^iìi  che  mediocre  perizia  nelle  noftre  arti ,  che  hanno  fl;i- 
mato»  die '  nel  fuo*^ nere  non  fia  mai  ulcitò  di  hianò  di  pittore  cofapiù 
Isella.  Egli  e  di -larghezza  d'un  braccio  e  mezzo  in  dirca,  e  alto  a  pro- 
porzione .  Vedefi  primièramente  apparite  un  vaghiflimo  paefe»  di  bella 
macchia  ftupendamencd accordato.  Si  ravvila»  non  lungi  dalla  ca&  e  dal« 

Taja 


MICHPIAGNOLO  CERQUOZZI.    195 

V  aj4  d' lui  villano  »  £qtp  UM  tf^lk  pftitgoU  «  tppirtcchiata  la  tavoh  defl^ìiiact 
alle  nozze  :  ed  una.gÌQvane  contadina  m  posero,  arnefe»  che  vi  aocMno*» 
da  fopra  le  rozze  falvieccej  mentre  ud  viUanello.  giovauecco  mal  veftìtò 
al  ppmt>i]j?.  fé  le  accolù ,  per  porgerle  un^ran  piatxo  di  cavolo  fumante  k 
Circondano  la  tavola  più  fgabelli^con  uxta  vecchia  cifcranna  di  qviojo»  pN^ 
parata  per  laperfona  del  Curato  chiamato,  anch' eflb  alle  nozz^:  edieer^ 
a  quella  fon  polare  fui  (uolo  alla  rinfufa,  un  gran  catino  pieno  dì  ilovi« 
glie  f .  1^  granata  »  la  bar  lotta,  la  mezzina,  una  vecchia  e  rotta  feggiola-di 
£ila,  e  fmili  altre  ppvere  malTerizie .  Poco  lontano  è  il  Prete  Curato  del* 
}a  Villa,. rappreièntato  nella  perfona  d'un  vecchio  con  cera  bronzina^ 
foalyeftito  però,  e  poco  avvenente  e  graziofo dì  perfona,  che  iiu>ftra.efie« 
re  fcefo  appunto  da  un  bardellato  e  male  abbigliato  aiinello,  con  anche 
qualphe  guid^lefco^»  Tiene,  con  una  mano,,  po&taibpra  una  fpalla,  l'afta 
d' un  parafols  di  quojo  all'antica  ,  veocliio  e. confìimato .  Dietro  al  giiH 
loento  è  un  fante,  male  all'  ordine,  anch*  e^o  quanto  mai  dir  fi  pofla ,  che 
avendo  fcipìce  dal  giumento  (comie  pace  abbia  voluto  mofirare  il  pittoi^) 
due  ben  frutte  bifacce  di  quojo,  che  per  loro  antichiti  di  nere  che  f uro- 
XkChg  già  incominciano  a  pendere  in  xofio,  fa  moftra  di  voler  trarre  dalle 
medefime  alcuna  coferella  oer  regalare  gli  Spoii .  Dietro  al  Prete  è  on 
giovane  con  archibufo  in  (palla,  che  dicono  efier  la  guardia  de'bofchì , 
chiamato  àn^h'eflb  ad  onorare  con  fua  perfona  quelle  nobiliffime  no^ze . 
pifli,  qh'e'fi  dice  eflère  ftatu  fatta  quefta. figura  per  la  Guardia  de'bofchi; 
ma  io: dica afli(^' e' da  per  fé  fieflo,. perchè  io  non  veddi  mai  finofomìa  né 
veraniè^dipinot»  cha  più  e  me^io  r^iprefentafle  un  uomo  di  quel  taglio» 
di  quella  che  Michelagjnolo  fece  apparire  nella  faccia  di  coftui .  Ma  quello  é 
^he.QfdUqitadro  ^  fopraogAi  credere  maravi^iofo  e  ridicolofo  infieme,  (i  e 
^  l^^iapro  cpiQplimehto,  che  fanno  gli  Spofi  col  vecchio  Curato .  Per  la 
^ppU  è  figurata  una  fanciulla  di  groflblana  &ttezze ,  attempata  anziché  nò , 
yi^t»  ia  abito  di.  panno  rc^,  nuovo  sì,  mafemjplice  e  manofo  ;  e  quefta 
con  poco  aggradevoleiachinar  di  perfona  bacia  fa  mano  al  Pcete .  Dalla 
^iftra  parte  di  lei  è  il  giovanetto  Spofo,  veftito  di  verde,  con  una  mal  pet* 
tinata  zazzer/i,..CQa&cduurideate  si,  ma  nello  fteffo  tempo  timorofa;  in 
(U.i  a  caràotcri  molto  aperti  leggali  la  femplicità  contadinefca,  congiunta- 
ad  una  iftraordinaria  goifezza,*  mentre  ftandoii  ritto  e  intirizzato  come  i)n 
boto  o  upó  (loUo,  il  fa  vedere  in  quell'azione  il  più  impacciato  uomo  del 
mondo:  meni:reun  vecchio,  figurato  per  fuo  padre,  con  barba  lunga i fol- 
ta e  difprezzata^  veftito  d'un  Tuo  gabbano  rabberciato  con  toppe  di  più 
colori,  fiorte  firingendolo  pel  deftro  braccio,  lo  fpigne,  come  per  forza, 
a complire anooc* eub  colla  perfona  dei  Prete:  e  intanto  una  vecchierelia 
contadina,  dbe  allato  all'  amico  marito,  a' avvicina  a  cofioro  con  volto 
feftevole  e.  giulivo ,  ofierifce  per  regalo  alla  Spofa  una  piena  pezzuola  di 
|ion  forche  •  Pa  una  parte  vei^onfi  comparire  alcune  poveredonnicciuo- 
UsgidKàiiì  e  vecchie^  con  paniere  e  caneftri  di  polli  e  uova  v  fé  ne  vengon 
CQH  quefte  ì  viUani  lor  conforti,  fra' quali  è  fommainente  ridicolofo  un 
^i  loro,  che  con  cappellaccio  il  più  fordìdoe  fgraziato  che  immaginar  fi 
pofià^  rinvolto  a  mplmodo neLluo  lacero  mantello»  fe^  ne  vion  fonando 
..  '  N  una 


f  94  Deeentt.Ul Ma Paft.  l MSe^.V.  dàtiéio/at 1 6^0^ 


una  chitarra:  e  quelli  per  avventura  JBirà  colai  «che /dappoiché  per  lafo*^ 
lenne  mangiata  larà  pieno  pinzo  ogni  ftomaco  i  farà  rofizio  oi  mieftro 
del  ballo.  In  maggior  diftanza  Ibn  pure  akre  figure  d' uomini  e  donne  di 
campagna»  fopra  bardella  ti  «fineUi^che  (è  ne  vengono  ancora  effi  alla  fefli 
epMqr  regali.  Dalla  parte  deftra  del(|uadro»  poco  luii^i  dalia  tavola,  veg^ 
gonfi  cinjque  figure  di  villani,  altri  ntcS»  altri  a  federe  in  terra  e  fopra ^né 
difinefià  pancaccia.  Uno  v'è,  che  lafciandodi  fonar  la  chitarra  #  la^uitlò 
tiene  nella  finiftra  mano*  appicca  la  bocca  ad  un  fiafco;  mentre  uh  di4<Nrò 
il  più  rappezzato ,  il  più  cenciofo  eh'  io  vedeliì  mai  »  fuona  una  fua  cor« 
pamufa.  In  certa  mediocre  lontananza  li  fcorge  la  cafa  radicale»  <Yit  farà 
l'abitazione  degli  Spofi:  prefib  alla  quale  air  aperta  campagna  è  accefo  uri 

Sranfuoco,  coroiìato  da  più  bollenti  pignatte;  edeWi  un  contadino  »  che 
a  un  |ran  v«fo  cava  i  maccheroni»  tolti  pure  allora  dalle  fiamme»  e  glt 
divide. in  piatti  diverfi;  mencreuna  malveftitadonnuccia»prefone  ano»  fé 
pe  viene  alla  volta  della  tavola.  Annefla  alla  cala  è  una  capanna»  preflo- 
alja  quale  fon  legate  cavalle  e  ciuchi  »  con  lor  bafti  e  sborrate  bardelle  i 
ibnvi  appiccati  i  buoi  al  carro:  e  quello  carico  di  poveri  arnefi  e  gj^*'^'* 
i^engole  »  che  fono  per  avventuragli  arredi  e  comedi  della  Spofa .  Tufiii 
ridono»  tutù  giubbilano  »  e  fietti  per  dire  »  tutti  parlano  ;  e  finalmente 
fanno  vedere  in  loro  fiefli»  co'  lor  gefti»  co'ior  tratti»  ad  onaedreibà  po« 
▼erti»  cQi^giunta  una  veramente  fincera  ed  imperturbabile  allegrezza. 
Ed  è  da  notarfi  in  qufifio  luogo»  che  Michelagnolo  per  qualiivoglia  gran» 
de  opera»  ch'egli  prendere  a  fare»  non  malfaceva  fchizai  o  penfieri"»  co- 
inè é  coftume  quah di  ognialtro  pittore;  ma  poftafi  javànti  la  tela»  e  dato 
^i  piglio  alla  tavolozza  e  a'  pennelli»  in^ulbelprincipio»  c^  folo  colo« 
rire,,  facevavi  nafcer  fopra  tutto  ciò»  che  fi  vede  di  belici  nell' opere* fue»* 
onde  era  cofa  più  che  guftofii  lo  fitrlo  a  vedepediipignerev  Quefió  però  è 
ben  vero»  che  dopo»  eh' egli  aveva  meflo  infieme  i  gruppi  delle  ngure» 
vqleva  poi  con.  ogni  attenzione  il  tutto  rivedere  dal' naturale»  fino  ad 
ogni  minima  parte.  Quanto  poi  fofle  eccellente  Michelagnolo  nel  con-^ 
traffare  frutte  al  .naturale»  lo.dimofirano  due  gran  tele,  che  confervano 
i\el  lor  Palazzo  i  Xeodoli  in  Roma:  molto  più  quelle  che  fi  veggono  in 
gran  quantità  nelle  Reali  Gallerie  di  Francia  e  d' Inghilterra»  nelle  qualr 
ancora  efprefie  figure  in  varie  e  ipiritole  altitudini  »  per  accompagnatura  : 
e  ciò  che  diciamo  della  Francia  e  dell'  Inghilterra»  pofikmo  anche  affer» 
mare  d'ogni  altra  Provincia d'£uropa  »  non  folo  in  genere  di  frutte»  paefi. 
marine  e  limili»  ma  di  battaglie  ancora .  Ne  doverà  parere  meno  che  ve* 
rifimile»che  egli  avefie  potuto.in  un  corfo  dinonlunghilfima  viu  operar 
tanto»  e  tanto  bene»  con  una  maniera  ai  pulita»  e  ben  ricercata  e  finita  ; 
mentre  li  confidererà  non  folamente  la  gran  franchezza  di  pennello»  ch'egli 
ebbe  in  forte  dal  cielo  »  ma  la  di  lui  efirema  jBiffiduità  all'  operare:  e  che  fé 
egli  talora  a  tempo  e  luogo  di fpenfando  la  mano  dette  fatiche»,  poftavafi  a 
qualche  foUazzoi  quefto  facieva  in  compagnia  de' primi  artefici  de*  fuoi 
teinpi»  e  fempre  pafcendo  ta  fantafia  di  oggetti  appartenenti  all' arte  #  fo^ 
)ito  perlopiù»  tornato  a  cafa»  di  dipignere  le  conver&zioni  »  incui  a' era 
trovato.  &  fralle  pitture  iatte  in  fimàe  congiuaaira«  è  quella  canto rino- 

flUlU^ 


"  < 


MICHBLAGNQLO  CBRQUOZZL    I9J 


ntta»  che  ebbe  Giovanni  da  Ano viedo»  nelltquale»  in  undeliziofo  gitr^ 
dtno  Mparìicon  dipinii  al  viroiopki  pittori  fuoì  aoiici  :  e  lui  fleflb  intttoji 
pò  di  fiate  »  in  atto  dji  gioiciire.aUe  carte  :.e  vi  fi  vede  ancora  Vincenzio  Neri 
UÌQ  ^edKQ  ,^^tmicp  àpi^en|:ii6iiia .  Ma  non  folamente  fu  ùfìto  di  con<» 
fprvi^re  aìl'^^  jfua»  n^l'piodo  cb^4cttQ  ubiamo, ^uei  tempi  ftefii,  cb* é^ 
pacava  dì^^j^aveff^  ^^ie(ttna»\per  caufa  di  neceCTarìo  divertii 

irontoVmachi  Aoicpbene  il  conobbe  e  praticò ,  afferma  eh' egli  nohuifck 
mai  di  càikjpétr  Ak»  ànaVe ,  cfa,' ^  non  tornaflìe  colla  mente  tutta  piena  di 
6eUii9me  ofiervazìoaii ,  delle  quali  faceva  poi  la  fera  alcuni  fchiazi.  E  di 
qui,  p^nfp  io,,  che  fi  fQjrn¥tlTero  in  lui  le  grandi  idee  per  la  yafta  ìnvenzio^ 
ne»>h^  li  tìcoMktt  nelle  fue  o^e^re.  Ma  contuttoché poffiamo  dire,  che 
réftàfle  if/nondo  alquanto  abbellito  dalle  mól^^  che  partorì  il  lua 

peniiellq^  piò  ^olpd,  più  e  meglio  farebbe  (èguito  ,  ie  la  morte  invidiolai 
in  fu  '1  più  bpllo  del  fuo  operare,  cìo^  neir  età  fua  di  feflhht'  anni,  non 
avefle  recifo  il  filo  della  fua;  vita.  .Hod^tto  in  fu'l  bello  dell'oprar  fuo;  per-*' 
che,  quantunque  eglicorrefle  il  feifanteCmo  anno  di  fua  età,. e  già  per  uan« 
chèzza  di  vifta  fi  valefle  d^gli  occhiali  «  contuttociò  egli  confervo  fempro 
fpi^ti  sì  vivaci»  che  le  pp^rp  di  lui t  £|(te  negli  ultimi  tempi ,  Ce  non  foff 
le  più  belle,  almeno;  vanno  al  pari  delle  migliori  degli  altri  tempi ,  cofa; 
che  dì  pochi  altri  artefici  fi  racconta . 

Fu  Michelagndo  uomo  di  bello  afpetto,  ben  proporzionato  di  vi«^ 
ta ,  avvenente  ,  allegro  e  faceto  nelle  converlàzioni ,  e  veffi  lempre  ci-*^ 
vilmente.  .Alle  amabili. qualità  di  foa  peribna,  non  furon  punto difli- 
mili  quelle  dell'  animo  fuo  ;  concioflìacofachè  egli  fofle  di  onoratiffimi 
colhami,  e  fedeliifimo  in.ogni  fuo  affare  con  qualunque,  a  cuiaveJTe  im- 
pegnata fi;ia  parola;  onde  non  volle  mai  per  ordinario  pigliare  a  far  ope« 
ra  alcuna,  fé  prima  non  a;veva  dato  fine  a  quella,  che  aveva  f ralle  manif 
e  quando  riceveva  caparre  d'  alcun,  quadro,  ripone  vale  in  un  fuo  fcri- 
gno,^  di' dove  non  le:cav8va  mai»  fé  non  quando  aveva  finita  e  confò*»' 

?;nata  T  openi  :  e  ne' pressai  fu  modeftilumoi  dimodoché  perlopiù  non' 
u  folito  condurre  lavoro,  che  dopo  il  chiefto  onorario  non  gli  fotte  tìt^" 
compensato  con  argen^ti ,'  gioje,  ptlvoii  ed  altri  preziofi  doni .  Non  foKo' 
non  volle  garaco|i  altri  pitt^/ri,  co^e  fpefib  avviene  della  più  parte;  mf 
deriderò  che^  l^t%i  fi  avao^aflèro  in  yii;i9re  ilìma:  di;che  fu  a  me  iteffo  buon* 
tefiimonio  J§C9pp  ^rf e^>  :4^t%9  il  Borgognone  ^  poi  keligiofo  della  Com- 
pagnia di,G^ii,:'i);qualj$  inìraccontè» :6he. ttòvandotì  a  RoHia,  ebbe  va-' 
ghez^^di  sfocare. una  fua  pittoreCb^  vena  i)el;dipignere  alcune  battaglie:' 
cofa  che  fin' allora  aqn  era  (bta  fuajToliia^  dì  ohe  avendo  a viito  notizia  ir 
padr'e  del  giovane  Cardinale  Carpigna,  procurò  di  conbfcerlo:  ^e  avutolo 
a  fé,  fecegli  dipignere  una  battaglia:  e  mentre  eh*  e' la  faceva  ,  il  Conte 
portatofi  alla  fua  fianza  con  un  tal'  uomo  ,  che  dal  Cortefi  non  era  cono- 
leiuco,  volle  vederlo  dipignere.  L'uomo  (che  era  appunto  il  notìro  Mi- 
chehgnolo)  feppe  sì  bene  diportarfi  in  quella  vifica,  che  al  Cortefi  potè 

{)arere  ogni  altra  cofa  che  pittore.  Si  partì  finalmente  il  Conte  e  Miche- 
agnolo,  il  quale  lodò  sì  fattamente  quel  modo  di  fare,  che  non  folamen- 
te il  Carpigna,  a  riquifizione  di  lui  gnene  fece  dipignere  mok' altre,  con 
fua..^[»|i^e^y^cà,  ma  colle  lodi  che  dt  quelle  battaglie  andava  fpargendo 
'  *' .  ^  N  a  il  no- 


^9^  DuèuH.UUè^BdgjrMM^ 

il  tioftN>  «tetice  per  tiittc  Ikómà ,  tgìiyvihhé'li^  t»Aed  crei9ft^''/c^V'nott 
aM^iiHt  colà  gran  perfonai^^y  <ht^<^ilidnir6l^  cjttakhé  é^^ 
ntno:  e  cosi  col  moie'  operare  appiii)(kt^ndA#ej|liftmprepìd>  ^^  i} 
Borgognone  qoeUa  gran  ri ofei»  »  "Iche  tft  mon^  JT ndtfi  :  '^^cfècitti^  qtÉif 
Ikà  dQl  n^ro  artefice^  tgguaMie  «)r  av^AeriKi  d^ Tuo  ttSéiÒ  fitittèk.-é 
«IgCM  valom  nell?  aria  fila,  iM|er&é);  «IK  tìo^;i^ ,  fei  fHJ^^.^^zrffinH 
]6»;Pml0to  o  akro  Principe  in  |loi!»#  <$he  la^  fua^ft^iMa  nonHfìb^ét^t^ 
molto  alla  domeftica*  Uno  de*  quali  però  »  che  fu  ìblito  tr^vamj^t^^^ 
iigoi  altro»  tdaffimè  coli'  ocoEdiono  delle  molcè  bperó  che  gli  feeel^*tlèr 
li  propria  galleria  »  fu  il  Cardinale  Rapaceiuolfi  ii  qutile'  hkné[f^tSRy1iè 
Vttltvx  nelle  fue  caimecs  in; queii^ofe,  che  ai^anzd Vano  alfe ftiè  bé^t^^^'' 
Ut;  iiohefii  folko  di  £ire  anche  Motifignor  Salviati .  J^ciòche  ìcHcfriamo 
de'grAnperfona^gidiRama^  dobbialnb^iire  ancora  d'ogiM  iiféh3F»c^  ve^ 
niva .  in  quella  (Httè ,  o' Principi»  o  grandi  ineendentPnèH^iitìff^^^  krci; 
i tifali  godevano  non  folo  di  coiiofcerÌa»*fna'di  (krfi  con  lui  per  gran- 
d'Are;,  ed  ognuno  a  gara  procurava  di  avere -opere  di  foa:nianò..:<^ant:d 
poi  Ibifc  ddiderata  lafua  p^rfbna  da  i  Mti  Pòcèncati  Ùlrrannohtam  ed  ài* 
tri»  non  è  poffibite  adirlo:  e  fra< quelli  fu  il'Sevetìifiimo* di  Savoja»  che 
procurò  di  averlo  a  £e,  eoa  prouieita  eguale  tfl' inerito  di  fua  virtù;  ma 
non  potè  mai  rtufcirgli»  perchè  Michela^fiolo  non  vòlte  mai  abbandonare 
ìt  ci4fo  tti  Roma  e  gli  amici  •  che  fbron  molti  :  Mai^Mi'  Tuoi  confidentiifimt 
el>bQro  il  primo  luQgo  il  nominatola  principio  Domenico  «Viola»  Jacinto 
Brandi»  celebre  pittore »^  e  Rafiàello  Marchefif-gii  infigne  curiale  in  Roma  ; 
ReftaroQo  dopo  fua  morte  due  fuoi  difcepóli>  cioè'  Francelèd  Cotti»  the 
oggi  vive  in  Roma»  octimo  imitatore  4el  maeftro»  particolarmente  net  rt* 
tr^arce  fcucte  al  naturale:  e  BuonaventuraGiovàihìelN  »*  il  quale  con'apio-^ 
m  e  eoa  fatica  inefplicabile  nella  foa  infirmità  di-fei  mefi  'Coninovi  il-  fer-* 
vi  6c)o  alla  morte.  Quefii  avendo  per£>  il  care  lAaeftró  in  tempo»  ch'e\ 
non  aveva  ancora  £itco  incero  profitto  nelPafte»  fi  è  poi  afforza  dei  prd- 
«riet  io^gno  e  de'  grandi  itud)  ridotto  in  queUo  flhto  di  perfezione  »  che 
umno  Goaofcere  io  Roma  le  f^e  oitture»  L'  erediti  di  Mi6hèlagnoIb  (la 
quale.per  U  molta  continenza»  eh' egli  usò  in  fer/i  pagar  P  opere,  pon  f^ 
9^e  li  legno  d^  ottomila  feudi  in  ewté)  pervenne  per  {tx6-ééftati\en]5o  a' 
C^rlo  Marcello  Cerquozzi  fuo  nipote  i  detrati?àhb 'burnii  quahtPtà'  d*  ar- 
genteria» che  in^fegno  di  gratittidini^  volte  die  fedele!  VHHa;  eitbltent  a!-* 
enne  foe  infigni  pittore  »^  delie  mialiéce  legato^  éhf^ù  antié) .  Fu  ài  fuo^ 
cadaveco  data  fepoitura  nella  Chiefa  degli  Ordini,  alla  quale  ancora  egli 
ev^va»  a  titolo  ai  pietà/  fatto  qualeheconfideràbHe  legato'.- 


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PITTORI    DIVERSI 

CHE  FIORIRONO  IM  <ìUE$TO  TEMPO 

NE'  PAESI   BASSI. 


'H. 


I    • 


ADRIANO  VAN-UTRECHT  o  D'UTRECHT»  nacque  in  Anrerà 
a*i  1 .  di  Gennaio  del  1599.  Fu  fila  manieia  ftimatiffima  neir  imicasuiiie 
d'ojzni  forca  di  frotte  e  animali  morti  e  mi ,  e  particolarmente  di  Gallitte# 
GaUi  d' India  e  d'altri  limili .  Operò  per  V  Imptfadof e ,  per  lo  Re  di  S4>aKntt 
e  per  altri  gran  Principi  e  Signori';  e  U  fua  patria  arncch)  di  befiiwmo 
opere  fue  »  ficoome  aveva  £itto  nel  viaggiare/per  la  Francia.»  Provenat  edl 
Alemagna .  Fo  il  ritrattodiqnefto  AdrianocokiritodaGioyaniti  Meyflenat 
ed  intagliato  dal  Wanmana . 


GIO.  GUGLIELMO  BAVVR  di  Straabor^^  altrimenti  detta  Aigea^ 
tina  nell'Alfiiasia  »  feoe  cofe  lodatiffime  di  miniatura .  Venuto  ;a  Roma  ji 
fu  ricevuto  dal  Duca  di  Bracciano  «  Portacofi  a  Venesia  nell'anno  16%  fs 
vi  fece  conoicere  il  proprio  valore .  Finalmente  jMtftitofi^dla  volta  di  VìcAp» 
-aa  •  fu  arniovenco  ira' pittori  ddl' Impeiacbre»  in  <ui  ftrntio  diedeifiiM 
al  vivere  fooi'atino  14(40.  Awva  jdtpinixitil  pfoprioTÌtacco.di  fciM^ 
che  a'  è  veduto  poi  fiampato  da  Giovanni  Meyffeua  • 


\  t 


I9ICGOLA  CANUPFER  imparò  l'arte^deUajiittnniin  Lipfiada  Emanoelo 
Nyftn..  Pafsb  a  Magdemburgh  :  nel  itfjow*  fi  portò  «d  utfechc»  e  fi  ciaft- 
cenne  appreflb  ad.iAdb&amo  Blopiotert.»  dove  icondufle.  opere  belle  per  lo 
Re  di  Danimarca  e  per  quei  cittadini .  Si  vede  andare  per  le  ftampe  il  ri- 
rritto  di  coftui^  intagliate  da  Etem  de  |odè»  Ricavato  da  ({udlo  fteuof  ekb 
egli  medefimo  aveva  colorito  dai  natoraie  "^aUà  fua  propria  pecfona. 

JACOPO  DI  GIORDANO  o  GIACOMO  GIORDANS»  pittore  di  fi- 

f;ure  grandi ,  nato  in  Ànverla  V  anno  i594-  ^^^  >n^f^  di  Maggio:  imparò 
'arte  del  dipignere  dal  fuo  fuooero  Adamo  Van  Oort»  e  riufcì  eccellea* 
te»  non  pure  per  la  bella  manierai  eh'  egli  s*  era  eletta,  ma  eziandio  per 
r  ottima  invenzione  e  componimento  di  fiorie  facre  e  profane . 

BALDASSAR  GERBIER,  nato  in  Anverfa  Tanno  ijpi.  fu  ottimo  mi- 
niatore: ftudiò  ed  operò  in  Italia:  fu  pittore  del  Duca  di  Buchingam,  poi 
del  Re  d'Inghilterra,  che  in  premio  di  fua  virtù  lo  fece  Cavaliere»  e  lo 
provvedde  di  nobili  impieghi  a  Brufelles . 

LIONARDO  BRAMER,  nato  in  Delft  Tannoi^ptf.  fu  pittore  univer- 
iàlei  operò  in  grande  e  in  piccolo;  (tette  lungo  tempo  in  Italia  appreiTo 
al  Principe  Mario  Farnefe»  per  cui  molto  operò  •  Tornatofene  a  Delft  » 

N  3  dipinfe 


ipB  DecetmAtt.dellaPart.l.delSec.V.daliCio.al iS^o. 


dipinK  ^et  Kyfewyci  ^[JcIP^UczzadelPfìricipé  d'Orangc  Fledcrigo  En- 
rigo  »  per  lo  Conte  Maurizio  di  Nafikii,  ù  per  «leti  Pòcencati...    . 


ADRIANO  DE  BIE  fu  ^itto/e  di  figure. grandi .  Ebbe  fuoi  iiataH  nella 
città  di  Lira  l'anno  15^4-  ru  in  Italia  per  gran  tempo:  ebbe  un  figliuolo» 
che  fi  chiacnò  Cornelio  de  Ke»  che  fanno  1661.  diede  fuori  un  mo  libro 
in  lingua  Ohtndefe, intitolato  V Auree  Gabinetto  deUa  nobile  ArtedeUa  Pit^ 


%ur§ 


\  f  » 


ADRIANO  VANDER  VENNE,  nacque  in  Delft  T  anno  15^9.  ebbe  i 
|>rinctp>  dell'  arte  della  pittura  da  Simone  Vaich  di  Leida ,  e  pòi  da  Gi- 
rolamo Van  Dift  eccellente  pittore  a  chiaroTcuro  :  operò  per  lo  Re  di  Da^ 
ftimarca»  pel  Principe  d'Orange»  e  per  altri  Potenutt;  ma  parò  fi  loda  più 
iche  in*  akra  cofa  »  ne'  chiarifcurifu  buon  Poeta .  Tenne  fua  ftahza  all'  Hay  ir  » 
fece  il;  proprio  ritratto  di  fua  perfona»  che  fi  vede  ftampato  • 

•  •  •      • 

GHERALDO  HONTHORST»  nacque  in  Utrecht  Fanno  lypi.  appre- 
le  l'arte  dei  dipignere  da  Abramo  Blomaert»  fbbbónò  inventóre  e  ritrae- 
tifb»  operò  gran  tempo  in  Italia  per  più  Cardinali  ed  altri  Principi .  Paf- 
Jatofene  in  Inghilterra  »  fece  colè  belle  per  quel  Re,  ficcome  per  lo  Re  di 
Danimuca .  Ritiratofi  finalmente  alPHaya ,  operò  in  fervizio  del  Principe 
d'Orange  fino  ail^  annoi  66  K  nel  qual  tempo  ancora  viveva  «  Fece  il  ritrae^ 
co  di  fé  ft^bi  che  poi  61  dato  alle  fiaiùpe  »  con  intaglio  di  Pietro  de'Jefde, 


V  4 


I  • 


'   < .  < 


:.*. 


PIETRO  SNAYERS,  nato  in  Anverfa  1'  anno  1593.  fu  boniflimo  pittou 
fé  di  battaglie  è  dipaèfi-iin  ipicoob  e  ih  grande!;  fu  piiìtòrè  ^fi  Aréiduchi 
Alberto  e  Ifabella»:  e  altre^  domefticò  àìSm  Altezza  il  Principe  Cardinale 
Infìinte  in  Ifpagna»  e  di;  pia  alori>Perincìpt»  tenne  iìia  ftanza  a  BrufeHeS. 


t       * 


;    1 


JACOPO  yRAKCQAERT,fa  Ar6hicettt»dfell*.An:iduca  AH)erto;e  Iiw 
cemeie  ordiotrìo  di  BniièUes  ipei  iSenrizib  di  Sut  Maefiè . 


C  » 


»  « 


FRAN- 


'99 


FRANCESCO  LAURI 

PITTOR     ROMANO 

Difiepolo  d^ Andrea  Sacchi ^  na$o  i6io.  #  circa  al  iCi$. 


lA  abbiamo  factMi  menzione  nel  Decennale  dal  i(^oo.  al  itfioJ 

di  Baldadarre  Lauri  dAnverfa ,  pittore  di  paefi»  che  fu  uno 

de' migliori diCcepoli  di  Paol  Brilli:  il  quale  dopo  avere  opor 

rato  a  Milano /venuto  ad  abitare  in  Roma,  dove  poi  Tan* 

no  1641.  finì  di  vivere  »  vi  ebbe  due  figliuoli,  che  tutti  e 

cui  ora 

opera  con  ^ , . 

luo^o  fi  dirà .  Francefco  adunque  t  avendo  non  ordinaria  inclinazione  al 
^ipignere  figure,  fu  àA  padre  raccomandato  alla  cura  d' Andrea  Sacchi  » 
nella  cui  fcuola  tanto  fi  approfitcò»  che  d'afiai  giovenile  età  già  prometter 

{^ran  coSt  di  fé  fieflb;  tantoché  il  padre»  che  già  nel  minor  figliuolo  Fi« 
ippo  aveva  firorto  genio  non  punto  minore  alla  pittura  »  volle  che  Fran« 
ceico  foflè quelli f  che sriniegnafle  i  principi  dell'arte;  anziché  lo  fteffo 
Andrea  Sacchi»  che  anch' egli  lo  filmava  molto,  gli  fece  dipignere  un'ova- 
to grande  in  mezzo  alla  volta  della  fala  nel  Palazzo  de'  Creicenzj  >  dove 
tapprelencò  tre  deità»  cioè  Diana,  Cerere  e  la  Luna*  ^r  formar  le  tM 
Lune»  che  compongono  1  Arme  di  quella  Cafa.  Quefte  figure  adomò 
«gli  con  nobile  aggiunta  di  putti,  che  tenevano  in  mano  cole  appartencn* 
ti  a  ciafirheduna  di  loro:  e  tutto  fece  con  tanto  artifizio  e  con  tanu  va- 
ghezza ,  che  ne  acquiftò  gran  credito*  Ed  al  certo  farebbe  egli  in  tempo 
flato  impiegato  in  opere  di  grande  afiàre ,  fé  la  morte  in  fui  fiorire  oe- 
ffli  anni  fuoi  »  dico  in  età  di  venticinque  anni ,  con  efiremo  dolore  def 
tuoi  genitori,  non  aveflè  recifo  il  filo  di  fua  vita:  che  é  quanto  poffiamo 
dire  di  quello  artefice . 


N  4  FRAN« 


$09   Deeem ULdeSaTartJ. delSee. V,dali€%o.ah6io, 

FRANCESCO     RUSTICI 

PITTOR    SENESE 

D'^tefoh  del  Cavalieri  ftémfs^  Vdm,  nm  ....<.  -^  1 61$. 

L7  nella  cictà  di  Sirena  un  certo  CrUlo&no  Roftìà  pittore , 
il  quale  per  ordinario  dipinfe  afrefco.  e  oellc  gcoctefche 
riuicìcosl  bene,  che  nella  faa  pacrìs  ebbe  a  fare  infiniti  k. 
vorit  Dì  quefti  nacque  Francesco  Rufticì,  pittore  akresU 
che  ne*  primi  anni  dì.rue  gioventù  giunfo  a  gran  franchezzai 
di  penn^o:  e  coqì  belle  cofe  condufle  di  fua  aiano,  che  & 
Berte  non  Io  av«Qè  toUo  al  mondo  in  troppo  giovenile  ecà.  fi  ikrebboho 
fènza  dubbio  veduti  concorrere  verfo  la  p«u)na  di  luì  i  più  nobili  applaub 
e  Is  gletric»  che  nel  noftro  fecolo  hanno  goduu  i  più  rinomati  mawri  di 
^wft'arce.  La  virtù  di  coftuì  adunque  ben  prefto  conf^ciuta  da' Serenila 
ini  noflri  Prìncipit  come  da  ogni  alerò  in  To^na»  lece  sì ,  che  gli  faro* 
ilo  dati  a  fiu'e  molti  quadri:  fra' quali  (bno  foiwammodo  ledati  qviegli«(^ 
xt^  ciwfècva  U  Serenìfliino  Granduca  fra  altri  di  eccellcntiflìmi  artefici. 
.Tali  fono ,  una  Santa  Maria  Maddalena  penitente,  in  ìftato  di  fua  ultima 
^|onìa  aflìftiu  dagli  Angeli;  quadro,  di  cui  in  quel  genere  non  pare  (^  fi 
fuDÀ  veder  coTa  ne  più  bella  ne  più  vera.  Un  altro  quadro*  dove  m  ptùchc 
sDczM/igure  quanto.il  naturale,  fono  nppcef«nntek.l?itcurtcl^^rc)ur 
tetttu:a;  ed  un  altro  pure  d'un  Criftfl  appafiionato»  a  cutiftannó  apprelTft 
doemanigoldit  fi  confervano  nel  RmI  Palazzo  de' Pitti .  Airimperiale» 
Villa  poco  diftante  da  Firenze»  della  Sereaiflìma  Gvanduch^  Vittoria» 
è  una  Santa  Maria  Maddalena  nel  deferto,  ed  una  Noiulata  in  due  qua- 
dri, tutte  opere  bellìflìme .  Per  Io  Cardinale  de'Medici  dipinte  unqtu- 
dro  della  ftoria  di  Sofonia  e  Olindo.  Pel  Cardinale  Magalotti.un  Criftoi 
che  lavai  piedi  a'Difcepoli.  :NclJa  citclt  di  Roma  nel  Greco  colori  una 
tavola  d*  una  Pietà  .  Pollìede  ancora  la  fua  Patria  molte  opere  diXttt  mai- 
no ,  cioè  a  dire ,  nella  Chiefa  delle  Monache  del  Refugio  un  quadro  :  nel 
Duomo  nella  Cappella  di  San  Giovanni  tre  ftoiie  :  nella  Chiefa  delle  Mo- 
nache di  Vita  eterna  è  una  tavola. ed  un  altro  quadro,  a  cui  allora  fu  da- 
to luogo  fopra  la  porca  :  e  nella  Chiefiidì  Santo  Anfano ,  che  dal  volgo  cor. 
rotcameiuefi  dice  Santo-Sano,  fii  polla  una  fua  tavola,  ed  un  altro  quadro , 
che  pure  fu  collocato  Copra  la  porta  :  e  fu  anche  parto  di  luo  pennello  la 
tavola  di  Maria  Vergine  Annonziata  nella  Madonna  di  Provenzano .  In 
fomma  egli  ne'  pochi  anni  che  ville ,  non  fece  cofa ,  che  non  folle  degna 
di  lode:  e  mofirò  veramente  d'aver  avuto  per  eredità  il  genio  a  quell'ar* 
te,  mentre  tanto  il  padre,  quanto  l'avo  elzio  furono  tutti  pittori.  Seguì 
la  morte  di  queft' artefice  l'anno  i6i$. 

SNY- 


101 

S   N   Y   D   E   R   S 

PITTORE  D'ANVERSA 

Dìfiepoh  del  "Rubens^  nato  circa  al  1587*  '#  circa  al  16 ^f. 

Ntorno  ti  fine  del  paflàco  (ecolo  vifle  in  Anverfa  un  celebre 
pittore  d'animali  groflit  che  fi  chiamò  Snyders^  in  noftra 
pronunzia  Sinaiders  ^  il  quale  avendo  atteio  da  principio  a 
fiir  piccole  figure  >  credefi  pure  forco  la  difcipiiiia  acl  Ruoens 
fuo  maeftro';  finalmente  per  conlklio  del  medefimo  dato(i 
a  dipignere  al  naturale  animali  groui  >  cioè  a  dire ,  bracchi^ 
levrieri  »  maftini  ed  altri  fimili ,  vi  fi  fece  tanto  pratico  e  valente  »  che  6i 
confenfo  afiai  comune  di  maefiri  nelParte ,  fi  meritò  la  prerogativa  dei  pri« 
mo  mteftrotche  in  quel  genere  di  pittura  avefle  mai  uGtto  pennello;  con«* 
ciofoflecofachè  egli  avefle t  anche  a  parer  de*  pratici»  paflato  il  Caftiglioni 
ficflb:  cofa  che  di  ni  un  altro  fi  racconta*  Onde  in  un  corfo  di  circa  a 
Iettante  anni  che  vifle  >  fjparfe  in  ogni  parte  d*  Europa  fue  opere  »  le  quali 
non  è  pmito  neceflario  il  defi:rivere;  giacché  per  la  nobiltà  e  fingdaritè 
eh'  eir  hanno  in  fc»  dico  per  efler  riufcito  nuoviflimo  il  ccmcetto  di  far 
quadri»  che  folamente  contengono  fimi  I  forra  d'animali»  ognuno»  che 
vedrà  opere  di  tal  fatta*  e  d'  impareggiabile  eccellenza,  potrà  giudi* 
carie  di  mano  di  lui,  fenasa  pericolo  d'  errar  gran  fatto.  Ebbe  però  co« 
ilai  un  difcepolo»  che  fi  chiamò  Nicafio»  pure  d'  Anverfa»  che  molto 
r  imitò  in  cai  fona  di  lavoro  •  Fu  il  termine  della  yita  di  Snydera  circa 
all'anno  di  nofira  fidute  1657* 


GIOVAMBATISTA  VANNI 

PITTOR     FIORENTINO 

* 

Difcepolo  di  Cri flof atto  Allori  ^  nato  1599.  -6|8-  \66o. 

[ K  quegli  ultimi  tempi  del  pafiato  fecolo  »  ne'  quali  la  noftra 
^  città  di  Firenze»  quanto  in  altri  mai»  partorì  alle  noftre  arti 
uomini  d'alto  ^pere,  flava  godendofi  il  frutto  di  compiaci- 
isjiflRJiK  ^^^^^  ^  ^' onore»  che  le  opere  loro»  fparfe  in  ogni  luogo  di 
bSUh»  eflà»  e  per  tutta  Italia  e  fuori,  le  procacciavano  :  e  mante- 
nevafi  fempre  viva  altren  nella  profeilione  degli  Orefici,  Gioiellieri  ed 
Argentieri  I  una  ftraordinaria  applicazione  a  cole  appartenenti  al  diiegno; 


viveva 


a<>l    Decenn.lll deOaPan. LdelSec. V. dal  1620. al  1610. 

viveva  Orazio  di  ÒiovamWtiila  Vanni  GiojcUiere»  e  Benedetta  di  Jaco- 
po Torrfghtni  di  lui  conforte  t  Y  una  e  V  altra  ragguardevoli  fiimiglie ,  &• 
vorite  dal  cielo  di  numerofa  prole .  Di  quelli  due  congiunti  nacque  alli  xi. 
di  Febbiaja]599.   Giovamtntifta  Vanni»  dì  cui  io  prendo  ora  a  parlare. 
E  non  fu  gran  fatto  i  che  effendo  egli  natOi  allevato  e  nutrito  in  mezzo 
all'arte  del  dìfe^no  i  appena  toccati  gli  anni  del  conoicimento  »  delle 
ii'conofcere  in  (e  ileflo  un  genio  non  ordinario  a  cole  dì  pittura.  Que^^ 
fio  però  fuccedeva  non  fenza  qualche  avverfione  del  genitore  ,  il  quale 
^arte  conformandofi  al  quali  comune  umore  de'piii»  che  è  d'allontanare 
^1  poflibile  dal  proprio  mefiiere  i  figliuoli ,  ftante  T  averne  incamminati 
^er  lo  medefimo  altri  due,  e  parte  per  avere  fcorto  in  Giovambatifta  uno 
ingegno  acuti  Aimo  e  jperfpicace,  ad  ogni  altra  cofa  penfava,  che  a  quella 
^di  fatti  imparare  il  dilegno.  Ma  il  fanciullo»  il  quale  a  cagione  non  pure 
^'una  mirabile  vivacità  di  fpiriti»  ma  eziandio  d*  una  impareggiabile  bel* 
lezza  di  volto  e  di  perfona»  erafi  $  non  dico  guadagnato»  ma  obbligato 
ogni  volere  di  lui»  poco  o  nulla  ebbe  da  fare»  acciocché  egli  1* attendere 
la  tale  profeilione  gli  permetteflè:  ed  il  primo  artefice,  alla  cui  direzione 
égli  folle  raccomandato,  fu  Aurelio  Lomi»  appreflb  al  quale  fi  trattenne 
fintantoché  esli  fi  part>  di  qua  per  tornarcene  a  Fifa  fua  patria;  e  dopo 
la  partenza  del  Lomi  »ftette  alquanto  appreflb  a  Matteo  Roflellì,*  e  aven* 
dovi  fiitto  qualche  profitto  in  difegno»  (e  ne  partì .  In  quelli  tempi  fi  con« 
tava  in  Firenze»  fra  i  più  rinomati  pittori,  Jacopo  da  Empoli»  fiato  di» 
fcepolo  di  Tommafo  da  San  Friano ,  il  quale  avendo  ftudiate  molto  le  ope^ 
te  del  tanto  celebrato  Jacono  da  Pontormo  :  e  perciò  eflfendo  divenuto 
franchiflimo  e  fpedito»e  di  uraordinaria  intelligenza  in  difegno ,  ave  va  una 
tnolto  fiorita  fcuola  di  giovani  :  tantopiù»  perchè  allora  di  fiate  e  d*  inver« 
ho»  facevafi  in  cafa  fua  Accademia i  e  tenevafi  il  naturale;  fra  quefti  ^o^ 
vani  (  così  permettendo  il  Padre  )  ebbe  luogo  il  noftro  Giovambatifla. 
Or  qui  non  fi  può  dire  »  guanto  di  nuovo  apparifle  agli  altri  giovani 
Còl  giugnervi  di  coftui  »  dico  d'  un  giovanetto  di  ftraodinaria  bellez- 
za» e  di  cosi  attiva  e  focofa  vivacirà»  ia  quale  anche  avrebbe  avuta  ap« 
parenza  d'  una  quafi  indomabile  e  odiofa  ferocia ,  fé  non  fofle  fiata  una 
certa  grazia  e  leggiadria  naturale»  con  cui  esli  condiva  ogni  fuo  gefto. 
Divenne  fubito  quella  fianza  T  abitazione  dell'  allegrezza  e  del  rifo  »  per 
non  dire  de'traftulli  e  delle  baje.    Al  maefiro»  per  efler  uomo  piuttofto 
ruvido»  ed  in  età  affai  avanzato,  ciòpotea  poco  piacere?  tantopiù»  che 
a  lui  medefimo  talvolta,  fenza  faper  da  chi  la  cofa  fi  venifie»  toccava  a 
eflere  il  foggetto  delle  commedie»  che  fi  facevan  fra  loro»  e  *i  termine dkl- 
le  fpiritofe  burle,   che  dal  Vanni  ogni  dì  s'inventavano.  E  per  darne 
un  faggio,  fenza  pafiàre  a  molte  altre,  che  potrei  raccontare  »  affine  di 
non  tediare  il  mio  Lettore  »  due  fole  ne  accennerò  :  e  furon  quefte  • 
Aveva  l'Empoli  nelF  orto  di  fua  caia  una  beliiflima  pianta  di  fichi  brogiotti: 
e  comechè  eg/i  molto  fi  dilettafie  di  quel  frutto ,  la  fiimava  una  folenne 
delizia  ;  che  però  era  in  eflà  cafa»  e  tantopiù  nella  fcuola»  divieto  in- 
difpenfabìle  a  chi  fi  fofie,  d'accofiarfi  alla  medefiroa»  non  che  di  toccarla» 
o  punto  o  poco  alleggerirla.  Il  Vanni»  che  ficcome  aveva  affai  migliore 

fiomaco 


ftomftco  dèi  maeffaro ,  e  per  confegucnza  |riù  appetito»  così  malamente  fo& 
fnra  di  non  avere  a  godere  dì  quei  fichi»  come  fanno  i  buoi  al  monte  di 
Fiefole,  che  guardan  l'acqua  del  fiume  Mugnone ,  e  quanto  al  guftarne  té 
la  paflano  con  una  leccata  di  bocca  e  non  più;  andò  penfando  al  modo 
-di  sfamare  fé  flcflb  e  gli  altri  giovani  ;  e  una  mattina,  clie  eflendo  venuto 
un  poco' dì  pioggia,  era  la  terra  dell'orto  alquanto  tenera  e  molle»  aven^ 
do  priina  filtro  procaccio  di  un  par  di  fcarpe  di  un  villanello,  afpettò  che 
il  maeftro  fofiTe,  com*  era  folito  talvolta»  andato  fuori  di  cafa  a  fue  fac^ 
cende;  e  cambiate  le  fue  colle  fcarpe  del  villano,  fé  n'andò  alla  voludel 
fico  :  e  fra  quelli  eh' e' mangiò  egli  »,.  e  chediftribul  agli  altri  giovani»  mef» 
felo  quafi  in  giorno  affatto:  voglio  dire»  che  intorno  a* già  maturi  poc» 
fino  a  quel  dì  rimanea  da  fare  :  poi  rimpiattò  le  fcarpe  defcontadino»  e  le 
proprie  fi  calzò .  Fecefi  l'ora  del  definare  •  e  tornatotene  V  Empoli  a  cafa» chi 
aveva  Pincumbenza  d'apparecchiare  andò  per  prendere  i  fichi:  e  trovato 
^h'  egli  eran  già  ftaci  colti  tutti»  fecene  confapevole  il  padrone»  il  quale 
tutto  infuriato  fé  n'andò  neir  orto,  riconobbe  il  fatto»  e  oflervando  per 
lo  terreno»  vedde  imprefiè  nella  fanghiglia  le  pedate:  ed  immaginandofi 
ch'elle  foflero  deTuoi  giovani,  fubitofi  diede  a  credere  d'averli  arrivati. 
Or  mentre  efii  zitti  come  olio  fé  ne  (lavano  al  lorQ lavoro». egli incominr 
ciò  a  chiamarli  ad  uno  ad  uno»  fiicendo  a  ciafcheduno  cavar  le  fcarpe» 
le  quali  andava  fopra  V  orme  medefime  mifurando  :  e  trovandole  »  ficcotne 
lempre  le  trovava  o  più  lunghe  o  più  ftretce»  rendevaleal  giovane»  di* 
scendo»  vatti  con  Dio,  che  tu  non  Iciftato  tu.  Intanto  quei  ragazzi  fpet- 
tatori  del  bello  fcherzo,  crepavano  dalle  rifa.   Fatto  finalmente  che  lu  il 
rifcontro»  il  vecchio  reftò  capace  »  e  i  giovani  aflbluti»  mentre  egli  fi  die- 
de a  credere  »  che  quel  male  o  da'  vicini  o  da  ogni  altro  in  fomma  foflfe  (ta- 
to fatto»  fuori  che  da  loro.  Venendo  ora  all'aura  burla»  è  da  faperfi»  co- 
me l' Empoli  dilettavafi  oltremodo  di  efler  regalato ,  ficcome  nelle  notizie 
della  vita  di  Ini  accennammo;  a  fegno  tale»  che  nefluno  per  ordinaria 
poteva  dar  moto  a'  fuoi  pennelli»  ne  farlo  applicare  all'ordinato  lavoro» 
fé  non  a  forza  di  donativi ,  Riponeva  egli  le  cofe  donate  in  luogo  ficuro» 
deftinato  loro ,  valendofene  appoco  appoco  a  fuo  bifogno  :  e  una  volta 

n  bel  falficciotto»e  quello  manomefib»  Giovi 
mpo  che  il  maeftro  non  poteva  oflèrvarlo  »  e 
igliavane  di  buone  fette  ;  e  perchè  V  Empoli 
potefle  accorgerfene  così  di  fubito»  con  cenere  del  focolare  copriva  gen* 
tilmente  il  luogo  del  taglio.   L'  Empoli  »  che  fra  V  un  pafto  e  l'altro  lo 
vedeva  (cemare:  ed  all'incontro  oflervando  che  la  tagliatura  era  coperta» 
da  quella  eh' e' credeva  la  folita  fidamela»  non  fapeva  a  che  fi  penCare. 
Infine,  per  alquanto  chiarirfi,  cominciò  a  non  mangiarne;  mail  falamc 
contuttociò  fcortava  a  più  non  poffi>»  efempre  appariva  il  bianco  della 
falamoja»  ond'  egli»  per  cosi  dire»  ne  impazziva.  Durò  la  trelca  finché 
del  falficciotto  poco  altro  rimafe  che  la  culatta  e  la  legatura;  ed  egli  allora 
chiarito  affatto»  eh'  e' non  poteva  efleriène  andato  per  infenfibil  trafpira- 
zione;  finalmente  trovò  modo  d'  eflerc  informato  del  tutto ,  non  (^nza 
maiavjgliarii  in  &  fteflb  del  fegno  »  a  cui  giunge  ben  fpefib  l'afluzia  di  un 

ragazzo 


204  DecemMl  della  Pirt. L dtlSec,  V, dal  1  ^20. al 1 6^0. 

V 

ragfttzo  fpiricofo .  Né  io  vogU«  diie»  quanto  del  buono  riafcimento  delb 
burla  fi  godeflè  il  noftro  Giovambatifta  »  il  quale»  o  perchè  avendo  comin- 
ciato con  quefte  o  fimUi  cofe  a  troppo  fpefleggiare»  ne  foflc  via  mandato; 
o  perchè  avelie  tfTai  migliorato  il  gufto  del  colorire»  onde  volefle  cercare 
d'apprenderne  la  più  eccellente  maniera:  o  veramente  perchè  defideraffis 
di  trovar  luogo,  dove  il  romoreggiar  de* giovani»  e  le  loro  baje  non  fof* 
fero  ofTervate  cosi  per  la  minuta  ;  fi  partì  da  quella  fcuola»  ed  a  quella  fi 
portò  di  Crifto£ino  Allori  :  nella  quale»  come  dicemmo  nelle  notizie  della 
viu  di  lui»  i  piti  bizzarri»  i  più  fiiceci»  e  iton  fo  s*  io  mi  dica  q|uegli»  che 
fiipean  fìtrfi  fra  loro  piùinsegnofebiichenche»  facevano  lamiglior  figura; 
conciofoflécofachè  affai  più  fi  conformaflero  all'umor  del  maefiro»  allegro 
t  bajofo  al  polfibile.  Era  allora  GiovambatiiU  in  età  di  17.  ^nni  »  e  già 
dair  Empoli  aveva  apprcfo  affiti  bene  il  modo  di  manegeiare  i  colori»  ma 
pervenuto  nella  fcuola  di  Criftofano»  vi  fece  gran  profitto,  conformai* 
dofi  molto  ai  di  lui  modo  di  colorire  »  il  quale  fenza  dubbio  loaverebbe  porw 
tato  a*  primi  pofti  nelP  arte  fua»  fé  egli  TavelTe  feguitato  iempre  ^  il  che 
non  fece.  Lafciò  la  fcuola  diCriftofano  per  canfa  della  fua  morte»  fegui* 
ea  del  1621.  e  datofi  agli  fiudi  di  Archioectura  e  Profpettiva  nell' Accade- 
mia di  Giulio  Parigi»  fi  fece  affai  pràtico  in  tali  facoltà;  e  per  la  Compa» 
gnia  dell^  ArcanMio  Raffaello,  detta  la  Scala»  dipinfe  affai  profpettive»  e 
rdinò  più  macchine»  le  quali  nelle  commedie  »  che  erano  da  1  giovani  del 


ordinò  più  macchine»  le  quali  nelle  commedie  »  che  erano  da  1  giovani  della 
medefima  rapprefentate,  diedero  granfufto*  Aveva  egli  già  cominciato 
ftd  operare  nella  fua  propria  cafa  •  e  motti  quadri  aveva  fatti  di  buona  ma» 
tiiera»  quando  finalmente  uno  e  bellifiimo  ne  conduffTe,  cioè. a  dire»  uà 
San  Benedetto  »  allorachè  da  un  gran  faflo  »  deftinato  per  la  fabbrica  di  uà 
fuo  Monaftero»  difcacciò  il  Diavolo»  che  per  renderlo  immobile  aqual^ 
fifofle  naturale  violenza»  vi  fi  era  fopra  poiato.  Quefto  quadro  gli^or^ 
dinato  da  Niccolò  Vanni  fuo  fratello  »  affine  di  fervirfene  per  onorare  la 
Fetta  del  Santo  nelht  Compagnia  di  San  Benedetto  Bianco  k  la  quale  egH 
era  folito  frequentare  con  grande  affetto .  Moffo  tuttivia  piìi  dal  defide^ 
rio  di  avanzarfi  nell'arte»  fé  ne  andò  a  Roma»  dove  fu  ricevuto  in  cafii  Ac^ 
ciajttoli  :  e  fotto  la  protezione  di  quefii  e  di  Monfignore  Corfi  »  in  quella 
città  fece  molte  cote»  che  lo  fecero  conofcere  per  giovane  di  gran  valo^ 
re;  onde  lo  fteffo  Cardinale  Antonio  Barberini  volle  farfi  fuo  difcepolo 
neldifògno.  Gli  fece  dare  ftanza  a  San  Pietrore  volle  che  egli  dipigndfii 
g<i  Stendardi  e  altro  »  che  occorfe  per  la  Camonizazione  di  Sant'  Àndcct 
Corfini:  e  dì  più  vi  dipinfe  una  tavola  di  un  San  Lorenzo  in  gloria»  do- 
ve rapprefento  alcuni  Angelettì  belliffimi;  la  qual  tavola  per  alcun  tem<* 
pò  ftet^e  nella  Sagreftia  di  San  Pietro.  Pure  nella  città  di  Roma  fi  mefle 
a  copiare  un  Baccanale  di  Tiziano»  in  quadro  di  tre  braccia  e  mezzo  in  cir* 
ca  »  dove  fra  moire  figure  era  rapprefentata  una  femmina  nuda  che  dormc^ 
Quell* opera  gli  fu  pagata  dugento  feudi,  e  poi  donata  a  perfona  grande  ; 
0>munque  poi  s^andafle  il  fatto»  quefta  bella  copia»  tornato  ch'egli  fu  a 
Firenze»  venne  di  nuovo  in  fuo  potere»  e  tenacia  tempre  in  pregio;  at- 
cefo  maffime,che  l'originale  già  era  (lato  dal  Cardinale  Lodovifio  manda* 
to  in  dono  alla  Mi^^fià  del  Re  CettoUco*  il  quab  (come  fu. detto  allora) 

per 


GIOVAMI  ATI  STA    f^ANNL        lo^ 

t>er  tp^zzo  del  fup  Ambafciadore  ne  aveva  fatto  offerire  al  Cardinale  ven^^ 
timila  feudi  ;  ed  era  anche  Ilato  concetto  comune  in  quel  tempo,  che  il  vaf« 
fello  che  portava  ()u?fto  teforo ,  a  cacone  d' una  furiofa  tempefta)  faceffe 
nàufil'agip  nelle  còde,  d'  Olanda.  Qiiefta  bella  copia»  dopo  la  morte  .de| 
Vanni,  p^fsò  alle  mani  di  Bettm  Ftanccfco  Seminati:  di  che  avendo  avu- 
ta lioikia  là  gloriofa  memoria  del  Sèrentlfimo  Principe  Mattìas  dìTofca- 
lia,  domandplla  a!  medéfìmò  Ih  pagamento;  ma  perchè  eglirecusòdi  trat««' 
tqr  con  quei  Principe  cpn  termmi  d' interefle ,  egli  non  la  prefe  altrimen- 
ti, ma  volle  che  per. mano  d'eccellente  maeftro  fofTe  ricopiata.  £  queftò' 
è  /quanto  all'opere»  che  è  venuto  anoftra  nocizia,cheface(ìe  inRoma  tlno« 
Uro  artefice»  al  quale  veramente  pofliamo  dire»  che  tutto  il  contrario  ad^ 
diveniflè  di  quello  »  che  ad  ogni  altro  accader  fuolè  ;  conciollìacofachè  eglf 
fi'portafle  colà»  dotato  di  un' ottima  maniera  di  coloritore  poi  a  cagiona; 
non  fp  di  che»  fé  ne  tornafle  alla  patria  »  in  quella  parte  tutt*  altro  da 
^uel  ch'egli  erà>  di  che  fa  chiara  teftimonianza  la  tavola  del  San  Loreiìzo 
in  fuha  graticola,  che  egli  fece  in  quel  tempo  per  la  Chiefa  di  San  Simone. 
Córreva  già  T  anno  i62p.  e  dell'  età  del.noftro  artefice  il  trentefimot 
quàiido  egli  pef  defiderio  di  vedére  le  maraviglrofe  pitture  della  Cupola» 
ed  altre  di  pàano'dèl  Coreggio»  fi  portò  a  Parma;  e  perchè  il  padre/  dei 
graA  guadàbili  di  fua  profeflione ,  iacevagli  alla  giornata  buone  rimefTe» 
potè  a  fuò  Deli'  agio  trattenerli. colà»  e  sfogare  il  fuo  vlrtuofo  genio  ne* 
gli  iludj  dell'opete  di  quel  gran  maeftro.  Vedde  la  (lupenda  tavola,  fatta 
dal  nicdetìmo  per  la  Chiefa  di  Sant'Antonio:  e  tanto  fi  adoperò»  che  ot^ 
tenhé  di  poterla  copiare  a  tutta  (uà  comoditi  e  la  copia  riufcì  sì  bella» 
credetti  per  dire»  che  appena  T  occhio  ben  perito  e  intelligente»  vale  a 
diflinguerra  dall' originale.  Ed  è  quella  Ilefla(>  che  pòi  énitl  i  fuoi  ftudj  »  '^ 
egli  fi  porto  a  Firenze:  dove  in  proceffo  di  temtpo .  a  cagione  del  mòh;o 
(pendere  eh* e*  faceva  nel  buon  trattamento  di  fé  fteffo,  e  talof a  ne' trat^ 
tenimenti'del  giuoco»  veniva  in  non  mediocre  flr::ttezza  ;  e  una  volta 
impegnolla  per  dugento  feudi,  avuti  in  pr^f^o  da  nobile  perfpna.  Qùellp. 
quadro  poi, 4^  luì  recuperato  > rimafe  nella  fua  eredità;  e  finalmente  venne 
tra  alth'in  mano  di  Bettiri  Prancefcò  Seminati  negoziante»  nato  di  nbbi-* 
le  cittadino  della  città  di  Èergama  »  og^i  noithj  cittadino  Fiorentino* 
H^^iacchè  ^arliadiò  dèi  Sedjiinativ  non  lalcerb  di  dire;  còme  ilmedefimo» 
cbmè  qi^égii  che/ all' integrità  dfelfa  vira,^  gentilezza  di  maniere,  ha  con- 
giuntò  un*  grande  affetto  »  ed  tihanoh  mediocre  intelligenza  intorno  alle 
còfe  dell'arti  hoftre»  conferva  fra  altre  di  eccellenti  artefici,  non  foto  la 
bèlHfKtDti  còi^iàV^mà  eziandio  un^alà'a  di  maho'dét  Vanni  medelimo»  fatta 
a  maraviglia  bene  da  una  del  P^^rmigiano  :  ed  è  uns(  Vergine  col  fanciullo 
Gesù .  Maf  noniì  fermarono  gli  lludidi  Giòvambatifta  nella  fola  copia  della 
bella  tavola»  ed  aitile 'pitture  ^dl  gtati  maeftri  Lombardi»  come  detto  ab- 
biamo/ ma  "pptìofi  attorno  aUà  grand'- opera  della  Cupola  del  Coreggio, 
non  folamchte  ia^oifegnò^ttttiòii^'ma  pbi  a  fuo^tempo,  a  benefizio  univer- 
fale»  lahicagltò  all'acquaforte,  conche  refe  comunicabili  »  non  folo  alla 
patria";  ov7rir^ar(èr6*rc  aftetteflà  ifiSSéEma,^  le  ' 

mirabili  idee  di  quei  loblunii&ma  artefice.  Circa  a  quefti  tempi  ebbe  •' 

^   dipi* 


zoS  Decem,  ìli  della  Part  L  delSec.  V.  dal  1 6%p,  al  1 6x o. 


li 


dipigoere  per  lo  Sereniamo  Principe  Mtttias  di  Tofcant  una  gran  tela, 
qol  ritratto  di  lui  a  cavallo,  opera  lodata:  a  cui  da  queir  Altezza  fu  fatto 
dar  luogo  nella  fua  Real  Villa  di  Lappeggto.  Colori  anche  d'  alTai  buon 
uflo  un  quadro  di  mezze  figure  t  nel  quale  fece  vedere  il  ritratto  di  (e 
eflb  con  bizzarro  berrettone  in  capo  i  e  con  ricca  vede»  il  tutto  tocco  di 
fòrza:  evyi  anche  dipinta  una  vaga  donna  ed  unavviftaco  giovane,che  accor-. 
dà  uh  violino»  accoftandofelo  con  bella  grazia  air  orecchio  .*  la  quale  ope** 
ra  pure  poffìede  Bettin  Francefco  Seminati»  di  cui  fopra  facemmo  men* 
zione  (tf) .  Partì  poi  un'altra  volta  di  Firenze  $  è  ii  portò  a  Venezia  :  óve  trat- 
tenuto con  dimoftrazioni  di  grand*  amore  da' Signori  Corhari,  ebbe  occa* 
ilohe  di  copiare  le  migliori  pitture  di  quei  grani  màeRri:  fralte  quàli^fa 

Snella  delle  Nozze  di  Cana  di  Galilea  del  Veronefe  •  la  quale  poi  intagliò 
I'  acqua  forte»  come  fatto  aveva  la  Cupola  del  Coreggio.  Il  difegno 
della  medeiima  »  fatto  di  matita  nera»  condotto  con  grai{de  accuratezza  e. 
tócco  maeftrevòle  »  venne  poi  in  potere  della  glorioik  memoria  del  Cardi-' 
naje  Leopoldo  di  Tofcana;  e  le  carte  ftampate  (i  fparfero  in  Firenze  e  per^ 
altri  luoghi  d*  Italia  e  fuori .   Mentre  egli  fi  tratteneva  in  cala  i  Cqroari»'^ 
occorre» che  tòrnandofene  egli  un  giorno  da  fue faccende»  veddévi  <;ppQi-? 
pariré  un  cane  Corfodi  froifurata  grandezza ,  che  iiava  a  guardia  di^qucUa, 
cafa.  'Eraquefto  tutto  affannato» e  con  lingua  pendente  dalla  bocca»  còV 
me  è  lolito  di  quegli  animali»  quando  hanno  molto  camminato  o  combat*' 
turò  con  altre  fiere,  e  fianco  e  anelante  fi  pofe  mezzo  a  giacer^  in  àflai* 
praziòfa  attitudine  in  una  certa  loggia  «  il  Vanni  allora  i  che  aveva  prpntìj 
1  pénrielli,  tela  e  colori,  fi  mi  fé  a  ritrar  quella  befiia  al  naturale»' che  riufcl 
cofa  fatta  di  buon  gufio.  Di  qucfto  quadro  fi  fervi  poi  nella  ftorìa,  di  che 
apprefib  parleremo,  eh' e' fece  pe'  Frati  del  Carmine  :  e  oggi  fi  trova  lo 
ìttSo\  pure  apprefio  al  Seminati.  Tornàtofene  a  Firenze,  dlpinfe  più  ta- 
vole ber  diverte  chiefe»  non  folo  di  efia  città»  ma  di  Piftoja', . Livorno  ed 
altri  luoghi  dello  Stato,  delle  quali  non  facciamo  particolar  menzióne» 
sì  per  fuggir  lunghezza,  sì  ancora  perchè  in  efie  non  fece  comparir  graa. 
fatto  il  (uo  (àpere,  e  '1  frutto  delle  fatiche  durate  nelli  (lud)di  Roma  e ^ 
di  Lombardia ,  Fu  poi  chiamato  a  Ferfara  da  quei  di  cala  Rimbaldefi  »  nobili 
Fioientini,  pej  li  quali  fece  molte  òpere:  e  fra  quelle  una  grande  fioriai 
della  Pacefeguita  fra  i  Guelfi  e  Ghibellini  «alla  quale  fi  trovò  unp  di  quella 
famiglia:  ed  ancora  per  altri  Òentiluominì  cppdufie  altre, pitture:  è  neillo, 
fieflb^tempò  ebbe  ordine  di  Venezia/daf  nobile  Qio.  Giufeppe  Torha- 
quinci,  di  dipignere  un  quadro»  che  doveva  fervire  x)er  una  delle  parti  la*  ' 
terali  della  Cappella  di  quella  famiglia  in  San  Michèle  dagli  AatÌQorj.%; 
e  aveiidone  avute  di  Firenze  le  mifure»  conduCTe  il  quaiìro,  nel  quale  rap- 
preferito  il  miracolo  '  '  ""         --        •      ^-  ..  ^      ht      ì.     s^ 

lufcitare  un  morto.   ( 

luogo,  e  rimane  tuttavia  in  mano  degli  ere'd^^^..^  - — ^  ,  -,,-.^ 

mato  a  Ravenna  in  tempo  dqlla  Legazione  del  Cardinale  Spada»  che  gli 

,'  diede  *  - 


li  Firenze  le  mifure»  conduCTe  il  quailro,  nel  quale  rap- 
alo del  Beato  Eugenio,  Dicono  di  San  2anobi ,  di  ru 
.  Quefia ,  che  .rivfcì  belj^  opera ,  non  fu  ppljpofia  a  fuo 
ittavia  in  mano  degli  eredidello  fteflby anni.,  Fu  chia*^ 


■■■■'        ■  .      I   '.'  M  .   }    ".  '     ■         "n 


(a)  //  ritratto  di  Gio.^  Batifia  t^àfini^  fatto  di  lui  mtdtfim  in  ntez^a^fiff^ra  ^W- 
de  quanto 'il  naturale i  e  appreso  U  Dottore  Anton  Maria\Bifcioni . 


GÌOVAM^BoiTlSToi    VUNNL        207 

diede  ftin^e  nel  proprio  Palazzo  >  e  Io  fece  operare  molto  per  (e  e  per  di« 
verfi  Gentiluomini  di  quella  patria.  Ritornò  a.  Ferrara  »  e  di  W  ^  pan\  alla 
vòlta  di  Firenze t  con  avanzo  di  mille  zecchici,  co' quali  e' recuperò  la 
bella  tavola  della  copta  del  Còreggio ,  e  diede  {^(o  a  moke  coTe  fue  t  rU 
toafe  alquanto  difaftratet  per  la  molto  che  gli  eran  e;p(lati  gli  foàfli  conti^ 
novi  e  le  converfazioni .  In  quefto  tempo  dtpinfe  a  freico  il  Tabernaco* 
lo  die  fi  vede  a  pie  dell' ena  de' Cappuccini  di  Montai,  nel  quale  figurò 
Ctrfto  noftro  Signore  morto,  foftenuto  da  Angeli I  e  da  itati  San  FranceCco 
e  M  Beato  Felice  "Frate  di  queir  Ordine  :  nel  cartone  oella  quale  opera 
ebbe  qualche  affiftenza  di  Domenico Pieratti,  Scultore  e  ottimo  dìfegnato- 
re»  col  quale  egli  ebbe  non  ordinaria  domefiichezzi  •  Aneora|>er  la  Ghie- 
fa  de'medefimi  Padri  dipinfe  la  tavola  dello  fteflb  Beato  ,  pofta  nelPulci* 
ma  cappella  verfo  T  A  Itar  maggiore .  Per  le  Cafe  de*  Guicciardini  »  Gri- 
foni» dTel  Turco  e  altri  Gentiluomini  Fiorentini  fece  più  quadri  :  e  per  11 
Gattefchi  di  Piftoja  una  ftoria  di  Moisè»che  fii  fcaturir  l'acqua  dalla  pietra. 
Nel  Convento  de'  Frati  del  Carmine  di  Firenze,  in  tefta  al  loro  Refettorio» 
dipinfe  a  frefco  il  Convito  di  noftro  Signore  in  cafa  del  Fàrifeo.  Venuto 
V  anno  1651.  volendo  i  Frati  Predicatori  del  Conv( 


651.  volendo  i  Frati  Predicatori  del  Convènto  di  San  Marco 
dipignere  gli  fpaz)  laterali  d' alcune  lunette  nel  Chioftro  fopr^  certe  por- 
te »  nel  mezzo  delle  quali  lunette  veggonfi  fino  al  prefente  tempo  dipin- 
te fiicre  immagini  di  mano  del  Beato  Giò.  Angelico  Religìofo  di  loro  Or«^ 
dine;  ne  diedero  la  cura  al  Vanni:  il  quale  in  quella,  che  è  foprt  la  por- 
ta che  entra  in  elfo  chioftro  dalla  parte  delia  Sagreftia,  ed  ha  nel  mezzo 
r  immagine  di  San  Pietro  Martire,  dipinfe  da  i  lati  le  figure  della  Fede 
e  della  Speranza:  e  nel  primo  peduccio  della  volta  contiguo  nella  perdo- 
na di  Fra  Girolamo  Savierre,  ctnquanteiimó  fecondo  Generale  di  queU* 

V  Ordine,  fiato  CQnfeflTore  del  Re  Filippo  IV.  fatto  poi  Cardinale  T^n- 
061607.  da  Paolo  V.  dipinfe  T  efiigie  del  Padre  Maeftro  Fra  Francefco 
Maria  Campani,  detto  per  eccellenza  il  Padre  Campana:  il  quale  avendo 
in  età  di  doAci  anni  a*2tf.  di  Marzo  1592.  veftito  quell'abito  nello  fteflb 
Convento,  e  fatto  poi  gran  profitto  in  facre  lettere,  datofi  alla  predica- 
7ionei  e  avendo  predicato  prima  a  Colle,  poi  ad  Arezzo,  a  Grofieto, 
Siena,  Lucca,  Verona,  Cremona  «  Milano,  Palermo,  e  più  volte  a  Fi- 
renze, Ferrara,  Venezia,  Roma,  Napoli  »  Turino  ed  altre  città  d'Euro- 
pa, a  cagione  non  folo  del  naturale  talento,  ma  eziandio  d* altee  partico^ 
larifiime  qualità ,  che  egli  ebbe  in  queir  uficio,  che  però  n'  era  chiamato 
da  Paolo  V.  il  fecondo  Paolo  ;  fu  per  opera  di  Francefco  Cardinale  Barberi- 
no Arciprete  di  San  Pietro,  dichiarato  Predicatore  perpetuo  di  quella  Ba* 
filica.  Nelli  fpazj  lacerali  della  lunetta,  dalla  parte  oppofta  a  quefta,  la  qua- 
le ha  in  me/zo  una  immagine  di  Crifto  morto  »  di  mano  del  detto  Beato» 
dipinfe  la  figura  della  Carica  con  alcuni  putti ,  e  quella  della  Giuftizia» 
Sopra  alP  altra  porta,  che  è  dalla  parte  della  piazza,  nella  lunecta  ove  è 

V  immagine  di  San  Tommafo  d'  Aquino,  dipmfe  Sant'  Antonino  Arct^ 
vetcovo  di  Firenze,  e*l  miracolo  delta  chiave  ritrovata  nel  ventre  del 
pefce:  e  nel  peduccio deftro nella  perfonadi  FraMicheleMazzartni,Mae« 
Aro  del  Sacro  Palazzo  1  poi  da  Innoccnzio  X.  fatto  Arciv^covo  d' Aix ,  poi 

Cardi  • 


f©8   Decmi^ltt.dtUaPmA.dtlSu^^ 

Cardinale  dì  Sanu  CeciUd  *  ^  dal  Re  Criflianìffimo  dichiarato  Viceré  ^  Ca^ 
talogna»  morto  a'  31.  d'Agofio  1(548.  rìtralTe  l-ef^ie  del  Servo  di  Dio  il 
Padre  Maeftro  Fra  Ignazio  del  Nente»  Reli^iofo  pure  di  queir  Ordine^ 
che  mori  a'  27.  di  Marzo  dello  fielTo  anno,  il  quale  pe'  molti  devotiflimi 
libri  che  diede  alle  (lampe»  fece  conofcere  la  piropria  dottrina  e  religiolà 
bontà»  Fra  quelli  libri  è  la  Vita  del  Beato  Enrigo  Sufone,  e  della  nollr^ 
Venerabile  Suor  Domenica  del  Paradifo.  E  pef  vero  dire,  quefie  opere 
dipinte  dal  Vanni  in  quefto  chioftro,  coltone  alquanto  di  franchezza  di 
pennello,  non  hanno  in  fé  i>erfeziotie  che  ne  pv(nto  ne  poco  le  agguagli  a 
quelle  ch'egli  fece  ne' primi  tempi. 

Venuto  l' anno  1 660.  e  dell*  età  di  Giovambatifla  il  fefiantefimp  primo  ; 
venne  voglia  all'Abate  de' Monaci  Olivetani  di  Pifioja  di  fardipignere  i| 
firefco  un  Chiollro  del  loro  Monaftero,  ed  al  Vanni  ne  allogò  quel!' opera: 
il  quale  avendo  vifitato  il  luopo»  e  convenuto  il  prezi^o  cpfr  Abate ,  ne  fé* 
qi  in  Firenze  i  cartoni;  e  poi,  qualichè  avelTe  preveduto» che  quella  do« 
yeffe  eflere  l' ultima  dell*  opere  fuci  licenziò  ogni  altra  occafione».  dieclf 
accomodamento  a'  proprj  interefli ,  ed  infieme  con  Coiimo  Segoni  fuo  di* 
fcdpplo  fé  ne  andò  a  quella  Badia .  Trattennefi  occupato  in  iquel  lavoro 
alcuni  mefì:  e  finalmente  avendogli  con  fodisfazione  di  quei  Monaci  e 
deli*^ Abate  dato  fine,  deliberò  di  tornarfenea  Firenze.  Qge  Padn,  a  \ 
qiiali  molto  era  piaciuta  la  fua  converfazione,  non  gii  permefTero  per  aU 
lora  il  partire;  perchè  vollero  per  ogni  modo  che  egli  fi  xrovafle  allace^ 
Ba  che  dopo  una  lor  fella  dovevano  conforme  al  folito  fare  tutti  iniieme; 
a]  che  non  feppe  il  Vanni  contraddire.  Veline  il  giorno  della  fefta^.c  fa 
apprettata  la  cena ,  la  quale  a  cagione^  del  gran  caldo  dovea  farfi  aU'  aria 
aperta  (òtto  una  bella  pergola,  ove  era  un  rivoletto  d' acqua  cri(lallina,  la 
quale  cadendo  da  una  viciua  rupe  c(Ki  bel  mormorio  (correva  a  dcfUzh^ci 
quel  lupgo  •  Venuta  Poradeeermiiiata^  adagiaronfi  tutti  a  taf  ola:  con  iftra^ 
ordinaFia  allegrezi^a  e  giocondità;  ma  non  era  ancora  ammezzata  la  ceinaA 
che  il  Vanni  prefo  da  ecceflb.  di  calore  fi  tra0e  il  cappello,  e  appoco^ap-» 
poco  (ènuiiì  come  trafiggere  la  teda  da  una  atroce  puntura.  Mefiefi  di 
inibito  le  mani  al  capo,  ed  in  breve  Xvanì  il  dolore.  Seguitò  la  cena  «  do-t* 
pò  la  quale  al  folito  andò  a  fuo  ripofo,  con  animo  di  partir  la  mattina  alla 
volta  di  Firenze.  L'Abate,  che  molto  lo  amava,  fatto  gelofo  dall' occor- 
£a  n^yiià  del  Vanni,  la  mattina  per  tempo  andò  alla  fua  camera»  eirtro* 
vollpin  atto  di  veftirfi»  interrogatolo  come  fé  la  paflafie»  e*  n'ebbe  pw 
rifpofta ,  parergli  d'efler  alijuanta  sbattuto.:  e  toccatogli  il  polfo ,  fentì  che 
egli  aveva  la  febbre,  da  lui  però  non  punto  conofciuta,  come  quegli  che 
non  mai  in  tempo  di  fua  vita  l'aveva  provata.  ISon  volle  l'Abate  a  ve* 
XfìTì  patto  che  egli  ufciffe  di  lettor  ma  la  febbre  intanto  cosi  impetuofa-? 
mente  fi  accrebbe^  che  in  fette  giorni  Iq  condufTe  alla  morte,  che  feauì 
4lli  %f.  di  Luglio  dell'anno  1660,  II  fuo  corpo,  in  efecuzione  di  fua  ulti-» 
ma  volontà,  fu  portato  alla  Chiefa  di  Saft  Francefco  di  Paola,  poco  lun-t 
gi  dalle  mura  di  Firenze y  fra  la  Porta  Romana  e  San  Friano,  e  quivi  ono- 
revolmente fepolco .  Era  ftato  il  Vanni  uomo  di  tanta  robuftezza  t  che 
non  folamente,  come  poc'anzi  accennammo,  non  mai  aveva  provato  al- 
cuno 


GIOVA  MB  JiTlSTA  VANNI.       209 

cono  accideiiM'di  malattia;  ma  aveva  avuto  foncé  per  reiiflere  a  ogni  ék^ 
ftjio»  e  per  reggere»  per  così  diret  a  ogni  difocdine:  e  racoontafi  di  toi« 
che  egli  talvolta  ne*  tempi  di  gran  caldo  ftefTe  fino  al  numero  di  24.  ore 
neir  acqua  d'Amo  lenza  ufcirne  mai  «  Si  dilettò  molto  della  mufica;  e  fa 
di  ^enio  sk  allegro»  e  di  sì  gran  vivacità  di  fpirìti  dotato»  e  ne  i  detti  0 
ne  1  fatti ,  che  era  cof&  maravJgIìofa  »  e  come  quegli  »  che  non  degenerane 
do  dagli  antenati  I  ebbe  tratto  e  concetti  cìviliflimi»  con  cui  accompagnò 
fempre  ogni  fua  azione.  Non  fu folito  hx cok»  eziandio  in  quegli  ftefli 
trattenimenti»  che  fogUono  efler  propr)  di  coloro»  che  vogliono  per  ìmqì 
modo  darli  buon  tempo»  che  non  avefle  in  fé  fteflb  (fenza  «eruna  affec^ 
(azione  però  )  un  certo  che  dei  nobile  e  del  grande  ;  onde  era  per  ordina- 
rio  accettato  in  ogni  piùraaguardevoie  converfazione  »  e  fra  i  profeflbri 
comunemente  chiamato  itnctor  gentiluomo .  Fu  molto  aflfezzionato  aU 
l'arte  ina)  che  però  frequentò  fempre  l'Accademia,  difegnando  con  gli 
altri  il  naturale,  del  quale  perlopiù  egli  fteflo  accomodava  1'  attitudine» 
Queft' affezione  all'arte  non  ebbe  però  molta  forza  in  lui  di  farlo  amico 
degli  artefici»  a  cagione  di  un  mancamento  eh' egli  ebbe  fempre,  di  non  lo« 
dar  quali  mai,  anche  le  opere  de'  buoni  maeftri:  e  non  mancarono  cafi» 
ne^  quali  per  tale  fua  libertà  egli  ebbe  a  venire  co*  profeflbri  a  non  ordinar} 
cimenti.  Dife^nù  non  (bio  con  franchezza,  ma  con  pulitezza  e  leggta^ 
dria:  anzi  è  opinione  fra  gì*  intendenti ,  che  il  tanto  difegnar  eh' e*  fece  » 
particolarmente  con  matita  rofla  e  nera»  gli  togliefle  il  buon  gufto  eh*  égli 
aveva  avuto  dalia  natura j  e'I  profitto  che  con  tante  fue  faticne  egli  aveva 
£i€to  ne'  primi  tempi  nelL'  ottimo  colorito }  onde  gran  parte  delle  opere 
file»  fiatte  .da  certo  tempo  in  poi,  fono  fiate  prive  di  tale  perfezione  »  ed 
hanno  avuto  in  fe  alquanto  dell'  ammanierato.  E  vaglia  il  vero,  che  fé  fi 
c<mfiderano  gì*  infiniti  di&gni  »  che  fi  veddero  di  mano  di  lui  dopo  fua 
Morte»  fatti  per  i(hidio»  aggiunti  tanti  altri,  fiitti  per  puro  gufto  di  dife- 
gnare»  come  le  opere  della  Cupola»  ed  altre  di  Lombardia .  che  egli  poi  9 
come  (opra  dicemmo»  intagliò  in  rame  airaoaua  force  :  t  difegni,  che  egli 
ad  infianisa  di  Bartolommeo  Gondi  fece,  in  Firenze  di  tutte  le  pitture  di 
Andrea  del  Sario. nella  Compagnia  dello  Scalzo,  che  poi  furono  intaglia- 
tela Domenico Faicini»*  verremo  quafi  a  dire,  che  egli  più  difegnò,che 
e^nondipinfe.  E  giacché  parliamo  delle  pitture  dello  Scalzo ,  èdafaperfi, 
che  trovandofi.le medefime  inx|uel  tempo  abbacinate,  anzi  coperte  dalla 
polvere,  che  per  lo  lungo  cor(o  desìi  anni,  e  per  la  poca  curaeraviiì  fo« 
praafiodata,  il  Vanni,  prima  di  ditegnarle,  con  gentil  maniera  le. ripulì, 
e  fece  più  godibili,  fenza  punto  aggtugnere  o  levare  alia  pittura.  E  perchè 
tale  fua  faccenda,  che  bene  gli  riufcì,  per  Cbmpre  apparifie,  lafciò  nel 
pfimo  ({ito,  lenza  punto  toccarla»  una  particella  di  efle  dietro  ad  un  S  Gio* 
vanni  (opra  la  porta.  Vedefi  il  ritratto  di  queft' artefice  del  tempo  ch'egli 
era  giovanetto  di  17.  auni^  fatto  da  Jacopo  da  Empoli  allora  fuo  maefiro, 
nel  belliffimo  quadrò  vdel. Santo  Ivone  ,che  egli  coiofì  per  li  Signori  del 
Magiftcaco de' Pupilli,  ir ritractoiece  ivEmpoli  \^t  rapprefentaie  il  volto 
della  vedova,  che  fece  vedere  in  eflb,  in  atto  di  raccomandare  i  [nroprj 

figliuoli  alla  protezione  del  Santo  • 

^  O  Reftò 


^i o    DeeènàM.Ma Parti deiSecK M i iiò. alieno. 

■  ■  .  Redo  dopo  la  morte  d^  Vanni  un  fìio  diicepolo .  chiamato  Cofimo 
Segoni  da  Monte  V'archi ,  giovane  cofhunato  e  devoto ,  che  fii  eitede  del» 
ftud)  del  maeftro  ,  Quefti  elTendofi  eletta  una  maniera  dolce  e  ditette^ole 
jnolto,  sverebbe  fatto  gran  pxofìtto  nell' arte  »  Te  non  che  nd  dipignne 
£b*  e*  faceva  un  gi(ffno  una  gran  cela*  eperò  fìavifì  ritto  fopra  una  certk 
carola»  volle  tirarli  addietro  ^r  guardare  il  ftttoi  ed  efTcDdofl  perfòrA 
dell'applicazione  al  lavoro  ,.  dimenticato,  che  oltre  al  piano  della  ctvolt'» 
Ipazio  non  rimaneva  ove  po&re  il  piede,  cadde  all'indìecfo,  a*  Cagiont 
^la  qual  caduta»  in  capo  a  pochi  giorni,  con  gran  legni  perù  di-relr- 
poiàbonti,  fece  paflaggio  all'altra  vita.  (>.    .    ^ 


CESARE   D ANDINI  ; 

PITTOR     FIORENTINO 

Dìfcepolq  del  Cavalière  Curra^f  nato  sma  tf/1595.  •$•  \6$Z, 

>  Dandini  Fitcor  Fiorentino  »  nacqne  nelh  cicca  di  Ftren- 

:irca  all'annodi noUra  laluce  1^95.  e  porveaiKo  agli  ainii 

conofcimeato,  diede fègiii  d'arce  avuto  dalh  naturi Qn- 

vivacLe  fieri»  ma  non  panco  lontani»  a  tempo* ti  hiogo » 

{uella  docilità,  che  è  acceiTar»  2,  colorotchefino  dkVbei 

^iiiicipio  di^nane  d'ineamminarfi  per  la  vìa  doli*  vèrtù^< 

(Hide  avendo  neldodicefimo  anuo  di itia  «ce  mpftrata  gtande  inetìm^ìdn* 

^Ila  pittura  »  fu  forza  a  Piero  £iia  Padre  1*  applicarki  a  quelP  àree  :  e  diedelo 

alla  cura  del  Cavalìer  Curndì .  U  giovanetto ,  che  innamoratiffitno  «ra  di 

quello  Audio»  non  lafciava  fatica»  pergrandech'etlafofic,  per  prafncar»; 

ed  almaeftro,  il  quale  colla  fotìta  fua  carità  «lamftfe-glt  affifteW'  predava 

unta  obbedienza ,  e  con  tanto  oflequio  lo  aSieconcfaVa ,  eh*  era  proprio 

npo  flupore;  non  potendo  foffriredt  perderlo  di  vifta  anche  ne'gìo^nifè^ 

Itivi»  ne'quali  portavalì  alla  fua  «afa»  dove  con  grande  ofl^rVjmMj  perfiin 

lo  motivo  di  filiale  amoreT  l'ajucava  e  Cervira  :  al  qa(tle  corrHpbmtendo  \\ 

Curradi .  molto  bene  coltivo  quell'ingegno  »  talmencechè  in  breve  tempo 

conduflelq  a  contraffare  la  tua  propria  maniera, per  modo  che  le  opere  del 

maellro  a  gran  pena  da  quelle  dei  difcepolo  fi  diAìnguevano  >  di  che  £inna 

fede  due  quadri  condotti  da  lui  in  quella  tener»  età ,  ■  che  poi  reftaiiano  iq 

mano  de'  fuoi  eredi  :  in  uno  dipintovi  Sah  FranCefco  e  San  Domenico» 

in  atto  di  abbracciarli:  e  nell'altro  Santa  Ocerina  Veigine  «  Martire < 

In  quel  tempo  pure  dìpinfe  una  cefta  d'  nn&ce  Marna  ,  il  -quale  per^ 

nuto  poi  alliC  mani  del  celebre  pictiore  iMonsù  Giuftò  Subtéjìnans,  «W» 

luo^o  in  cafa  fua  fra  le  più  belle  pitture  d'otcimlnaeftri,  non  fapendo 

pero  egli  da  qual  mano  foiTe  ftato  dipinto  %  tantoché  .una  voha  potcandofi 

aquellft 


CESARE     BAND  INI.        ut 

t:  qoella  etfa  Filtro  da  Cortona  >  accorapagnacovi  da  Vinceheio  Dandini  \ 
fratello  di  Cefare»  e  difcepolo  dello  fleflb Cortona,  per  vifitar  Giudo,  ed 
infieme  per  vedere  le  cofelue,  diedegli  moke  lodi  eiàgerando  fua  bellezza i 
csentre  Vincenzio,  che  ben  fapeva  chi  aveva  fatto  il  quadro,  per  non  di- 
ninttire  il  concetto  air  opera,  o  pure  a  &  medefimo  la  fede  collo  fcoori^ 
re  il  nome  dell'Autore  ,  e  il  tempo  in  cui  fu  fotto,  attefe  ancor  euo  < 
lodarlo  fenz'  altro  più  dirne.  Era  Celare  Dandini  giovanetto  di  vago  afpet« 
to  •  e  di  belljffime  e  pittorefche  prooorzioni  di  volto  ;  onde  il  Curraai  fì| 
(olito  ritrarlo  nella  più  parte  delle  lue  opere,  particolarmente  ove  dovei 
rapprefentare  volti  di  femmine;  perchè,  come  quelli  che  tenea  vitaca^ 
fiimma,  rare  volte,  o  non  mai*  s'impacciava  con  eile,  anche  per  ciò  che 
alla  fua  profeffione  appartenea.  Uno  di  quefti  ritratti,  facto  al  naturale 
dalla  faccia  di  Cefiire ,  per  quanto  da  perfoiia  antica,  e  che  ben  conobbe 
e  praticò  in  quei  tempi  r  uno  e  l' altro ,  è  il  volto  di  quella  Vergine  con 
Gesù  Bambino ,  che  il  Curradi  dipinfe  nella  più  alta  parte  della  tavola  di' 
Santo  Ignazio  di  Lojola,  che  fl  vede  nella  Chiefa  de'  Padri  Gefuiti  di^ 
San  Giovanni  nella  prima  Cappella  dal  lato  dell*  Evangelio:  e  fimilmen- 
te  il  volto  di  alerà  Vergine  con  Gesù  in  un'altra  tavola  di  Santo  Ignazio g 
^che  confervano  quei  Padri  in  una  delle  fianze  di  lopra  del  Collegio  »  che 
al  preferite  ferve  per  Sagreftia  della  Congregazione  de'  nobili  e  degli  arti* 
(li .  E^anche  tratta  del  fuo  volto  T  effigie  d'  un  giovane,  che  lo  flefla 
Curradi  colorì  nella  tavola,  che  veggiamò  oggi  nella  Chiefa  della  Ma« 
donna  de*  Ricci  de'  Padri  delle  Scuole  Pie  ;  Creiceva  tuttavia  1*  affetta 
del  Curradi  verfo  la  molta  virtù  dello  fcolare,  intantochè  talvolta  pò-» 
nevafi  a  riipproverare  il  proprio  fratello',  che  ancora  egli  attendeva  all« 

Inctura»  la .  tua  diappocaggine ,  e  dice  vagli:  Guarda  qua  quefto  fitnciul**^ 
o^  che.  in  sì  poco  tempo  già  opera  meglio  di  te,  che  tanto  hai  profeC* 
ÙH  quell'arte:  ì  quali  rimproveri,  aggiunti  al  valerfi,  che  faceva  il  Cur«^^ 
radi  deli'  opera  di  Celare  per  aiuto  in  fuUe  proprie  tele,  non  lafctò  di 
partorir  qualche  invidia  nel  cuore  del  fratello:  ed  una  volta  che  la  glo** 
riofii  memoria  del  Sereniffimo  Granduca  Cofìmo  II.  fi  era  portato  alla 
ca£i  del  Curradi  per  vederlo  operare  (  onore  ftato  folito  di^  fare  quel  gran 
Principe  anche  ad  altri  buoni  artefici  del  fuo  tempo,  feguitato  poi  da^ 
fuoi,  gloriofi  fuccelTori  )  il  Curradi  gli  volle  moftrare  il  bel  quadro  della^ 
Santa  Caterina:  e  fattolo  per  gran  pezzo  cercare»  alla  fine  li  trovò  eflere 
fiato  nafcofo  in  luogo  da  non  poterli  quali  trovar  mai .  Altre  cofe  occor- 
Ibro  al  giovanetto  in  quella  fcuola;  talché  Pietro  fuo  padre  deliberò  le- 
varlo, ed  acconcioUo con Criftofano  Allori»  elTendo  egli  già  ftato  appreflb^ 
al  Curradi  per  Io  fpazio  di  tre  anni  interi .  Qui  fi  farebbe  aperto  un  lar-' 
go  campo  al  Dandini  di  farfi  grand'  uomo  coli'  imitazione  della  maniera 
di  quel  gran  maeftro;  ma  appena  egli  ebbe  fciolto  il  corfo  a*  propr)  pen* 
fieri,  per  applicargli  tutti  aa  ogni  più  faticofo  ftudio,  che  egli  fi  accorfe 
di  trovarfi  in  luogo,  ove  poco  o  nulla  poteva  profittare;  attefochè  (  fic* 
come  altrove  dicemmo  )  era  piena  quella  fcuola  di  siovani  fcorretti,  e 
non  punto  ftudiofi,  anzi  a  nulla  più  intenti,  che  a  rarfi  fra  di  loro  indi- 
fcreiiffime  burle;  onde  J&a  quèHo  e'I  nonvederfi  omai  il  maeftro  (che* 

O  2  diftrat- 


2 1 2  Decenft.  ìli  della  Parti  del  Bit  .V.  dal  1620.  alt  63  o. 


diftrtcto  era  da  mine  craftulii)  dipìgnere,  fé  non  a  ponti  di  lune»  el'ef^ 
feie  il  Dandini  gio? ane  rifentito  e  fiero»  e  poco  acconcio  a  quelli  fcfaerzi» 
deliberò  per  meglio  di  partirli  :  e  per  opera  pure  di  fuo  padre  »  fu  acco- 
fliodato  col  Cavaliere  Domenico  Padignani.  Quefti  avendo  ben  prefto  co- 
notbioca  1'  ottima  inclinazione  e  buona  maniera  di  lui»  fé  lo  conddflé  a 
Fifa,  inajuto  d'una  grande  opera  eh' e*  doveva  fare  nel  Duomo  :  e  fin  da 
quel  tempo  non  lafciòdi  valerfene»  fino  a  fargli  condurre  pitture  con 
proprio  dtlegno  di  tutto  punto .  Tornatofene  Cefare  a  Firenze  »  venne 
m  penfiero  al  padre  di  mandarlo  a  fludiare  a  Roma,  e  già  aveva  accorda^ 
te  le  condizioni  con  un  tale  Matteini  fuo  corrifpondente,  per  doverlo 
fpefare  in  cafa  propria;  quando  il  povero  vecchio  fu  coito  dalla  morte 
Tanno  itfiy.  lafciandofeifigliuolitde'qualiCerare  era  il  maggiore.  Madie 
difordine  non  può  ce  apportare  a*  giovanetti  figliuoli  la  mancanza  d' un  pa* 
dre«  congiunta  a'perniciofi  uficidi  gente  sfrenata?  Non  andò  molto  che 
Celare  vedutofi  in  libertà»  aflediato»  per  così  direi  da  gran  numero  di  falfi 
amici»  gente  oziofi  e  di  bel  tempo»  incominciò  a  dar  bando  agli  ftud)  » 
e  poco  meno  che  ai  dipìgnere»  ed  in  quella  vece  a  fpender  fuo  tempo  ne* 
paffatempi  e  nella  caccia  »  la/ciando  anche  »  a  fine  di  vivere  in  tutto  e 
per  tutto  a  fé  ftelfo»  la  paterna  cafa  e*  fratelli»  e  ritirandoli  appreflb  altri 
tuoi. parenti.  Fece  egli  nondimeno  in  quello  tempo  alcune  pitture»  nelle 
quali  non  mai  abbandonò  una  certa  fua  maiùera  diligence»  né  tampoco  il  na* 
turale .  Tati  furono  un  ritratto  mezza  figura  d*  un  fuo  zio  paterno»  che  riu- 
fci  aflai  fomigliante  :e  per  CammilloTerriefi  un  quadro  di  piccole  figure  del** 
le  nozze  di  Caaa  di  Galilea:  per  Giulio  Porcelini  un  San  Giuliano»  figura 
quanto  il  naturale ,  ed  altre  coferelle  di  non  tnolto  rilievo .  Trattennefi  an-* 
che  in  tal'  tempo»  con  qualche  utile»  a  fare:  piccolifTicni  ritratti  di  fèmmi« 
Defoprarame»  in  quel  modo  che  noi  dichiamo  alla  macchia»  e  talvòlta  dal 
naturale,  come  anche  fare  lì  coftuma  in  quelli noftri  tempi  da  alcuni»  per 
compiacere  a  certa  forta  di  perfone»  le  quali,  coiropporfi  poi  a  guifii  di 
fpecchio  concavo  al  raggio  delle  proprie  pupille  quel  debole  ed  ofifufca- 
€0  metallo»  procurano  di  mantener  vivo  in  ogni  luogo  ed  in  ogni  tem« 
po  n^l  petto  quel  fuoco»  o  pazzo  o  impudico»  che  del  continuo  abbru* 
da  loro  il  cuore.  Ma  fatta  poi  miglior  refleffione  a  fé  lleffo»  viebbetan* 
to  fcrupolo»  che  non  maipiù  volle  ingerirli  in  sì  fatti  lavori;  anziché  a 
cagiojìe  dell'  elTerfi  egli  già  fatto  coiiofcere  per  vaiorofo  in  quel  modo  di 
operare  »  elTendò  llato  quali  che  forzato  da  perlbna  di  conto  a  farne  uno 
di  bellilfima  e  nobil  Dama»  da  fé  pazzamente  amata»  a  portarli  alla  cala 
di  lei»  nel  tempo  che  ella  fatta  fpofa»  doveva  ricevere  T anello  matrimo* 
niale,  tirato  che  n'ebbe  con  lapis»  nafcofamente  ed  alla  sfuggita»  un  po« 
co  di  fchizzo»  portofl'elo  a  cafa;  poi  finfe  averlo  perduto»  e  feppe  così 
bene  colorire  la  cola»  che  chi  gliele  aveva  data  la  commìlfione»  ne  ri- 
mafe  appagato  .  Colorì  ancora  in  quefti  medelimi  tempi  per  Roderico» 
poi  Marchefe  »  figliuolo  del  Senatore  Niccolò  Ximenez  Aragona  »  il  fuo 
ritratto  pure  f opra  rame»  e  quello  di  Flavia  Mancini  fua  moglie»  per  una 
Angelica  e  Medoro»  opera  condotta  con  gran  dil-genza .  Ad  uno  di  cala 
Lenzi  di  verfo  la  Romagna»  allora  abitarne  ia  Firenze^  fece  una  tavola 

non 


CESARE     DANDINI.       aij 

Sion  molto  grande  »  nella  quale  toro  Maria  Vergine  ed  im  San  Michele 
col  Diavolo  (otto  i  piedi  »  e  San  Colombano»  il  quale  con  una  catena  tie^» 
ne  eflo  Demonio  legato  pel  collo .  Quefia  riufci  cofa  lodevole  aOai ,  tut- 
toché di  non  tanto  buon  difegno»  a  cagione  deir avere  egli»  già  da  tanto 
tetiipo  avanti  »  trafcurati  gli  (tudi .  Ma  finalmente  vedendoli  gii  pervenu* 
co  all'età  di  venticinque  anni:  ed  offiervando  air  incontro  tanti  fuoi  eoe* 
taneì,  e  ferie  ftati  poi  fuoi  condifcepoli,  aver  profittato  molto»  ^ià  eflèr 
▼enutt  in  buon  credito»  ed  avanzani  anche  neii'  avere»  incominciando  e 
penlar  bene  a*  cafi  fuoi»  deliberò  di  ripigliare  le  prime  applicazioni»  la« 
iciando  andare  i  trallulii  giovenili  »  i  fovercht  fvagamenti  e  gli  amici  »  me 
non  già  r  ^ercizio  della  caccia.  Accadde  però»  che  alcuna  volta»  il  con-» 
verfiire  con  gli  amici»  gli  ebbe  ad  efler  cagione  di  fua  rovina:  e  tra  V  al- 
tre pel  cafo»  che  gli  occorfe  circa  ^I  trentdimo  anno  di  fua  età  »  come  la 
fono  ora  per  dire  .  EraC  egli  al  fuo  folico  trattenuto  in  converfaziono 
fino  a  grand' ora  della  notte:  partitoli  finalmente»  volle  la  fua  difgrazia» 
o  pure  quella  d*  alcun  altro  »  eh'  e*  a'  incontralfe  in  non  io  qual  perfe-> 
aa«  che  aveva  vino  in  td(b»  la  quale  gli  fece  mabicreanza  A  (bienne»  cho 
ef  U»  che  per  natura»  come  dicemmo  e  principio»  era  uomo  rìfentito» 
^Mfta  mano  al  pugnale  »  lo  percofle  sa  fiittamente»  che  egli  indi  a  non  mal^ 
«o  fi  moit  ;  onde  a  Cefare  convemie  metterfi  in  luogo  ficuco  dalle  mani 
della  Giuftizìa  t  finctie  fatte  chiare  le  ctrcoiianze  fiivorevoU  al  cafo  fuo  * 
c^i  ficoftitnl  prigione»  donde  traflTelo  finalmente  la  protezione  di  perfo* 
alaggi  d' alto  amre»  colla  fola  pena  di  confinò 'ovunque  gli  folle  piacittto»* 
die  talora  fu  in  una  nobiliffima  Villa  preflb  a  Firenze  »  e  talora  dentro  al* 
k  mura  della  fteAi  città .  Ma  t>erc^  il  fHidct  del  defunto  era  vecchio  e  po^ 
arerò  »  il  Dandini  »  ohe  per  akro  4M:a  inclkifaté  alla  |(iu{lizia  ed  aUa  com«r 

S filone  >  non  laCdò  di  foaminiftrai^i  fempre  ajati  validi  per  pocerfi  Co- 
nere. 
Era  r^nno  léis*  quando  ad  un  difcendo  del  Cigoli»  chiamato  Gto» 
«tmbatifta  Lupicini»  uomo  afiai  filmato  itfel  ricavare  opere  di  gran  maeftri» 
fu  dato  ordine  d'amlare  a  Fifa»  per  quivi  copiare  molti  de'belltffimi  qua- 
dri di  quella  Cattedrale:  e  perchè  il  lavoro  era  lungo,  volle  Giovamba* 
tifia  condurre  qualcheduno  in  fuo  ajuto»  che  fapefle  operare  con  diligenza  « 
Aveva  coftui  vedute  alcune  cofe»  fatte  da  Cefare  al  naturale*  e  particolare 
mente  un  quadro  »  che  poi  dopo  la  morte  del  medefiuio  »  fu  venduto  per 
cofa  rara»  cioè  a  dire  :  una  vecchia  che  fila»  figurata  in  proporzione quan- 
co  il  vivo,  in  atto  di  federe»  così  bene  adattata  in  oìccola  tela»  chequafi 
^i  fi  vede  tutta  ;  onde  egli  fermò  V  animo  in  lui:  ed  avendo  con  eflb  ac- 
cordato uno  affai  decente  trattamento  »  con  feco  il  conduflè  •  Cefare 
portò  A  bene  le  parti  fue»  che  il  Lupidni  a  gran  legno  ne  fu  contento; 
ma  fopravvenuta  fa  fiate  »  tempo  nel  quale  i  non  avvezzi  air  arte  grofie  » 
non  cosi  bene  fi  adattano  a  fiate  in  quel  luogo:  e  perchè  in  queirannorvi 
fu  qualche  influenza  di  malattia;  egli  lafciatovi  il  Lupicini»  e  con  non 
poco  difgofto  di  lui  »  ft  ne  vernie  a  Fii^einze  »  per  non  tornarvi  più  »  feiizt 
nulla  volere  da  Giovambatilla  del  pattuito  onorario .  Aveva  egli  per  lun- 
ga confuetudine  contratta  amicizia  con  un  oeno  padre  Fra  Vangelifia 

O  )  Cantini 


1M 4   DeànuJll^deUa Tm. L del Sec. K Mi 620. ali 6 $o. 

Cantini  deirOrdinede'Servi  di  Marta  nel  Conventodella  Nonztata .  Ooe^ 
IH»  fatto  Sagreftano  »  ebbe  vaghezza  di  firn  una  Cappella  per  entro  uno  (pa^ 
ziOf  che  è  fra  la  Chiefa  e  la  Sagreftia.  e  condottala  a  fine,  volle  che  il 
.Dandini  ne  dipignefle  la  tavola  per  V  Altare .  Dìpinlè  egli  adunque ,  fé* 
guendo  in  ciò  la  volontà  del  Frate,,  un  Grido  morto,  Ibfienuto  da  due 
-Angeli»  ed  altri  Angeletti  che  tengono  i  mìfterj  delia  Pafiione,  con  dufc 
Beati  dello  fteflb  Ordine ,  genufleffi  »  in  atto  di  adorazione  del  Sadro  Corpo: 
e  nel  lembo  della  Sindone  del  Signore  fcrifle  il  proprio  nome  e  '1  tempo; 
nel  quale  la  diede  per  finita,  che  fu  lo  (ledo  anno  1^25.  Non  paflTaro^ 
no  poi  due  anni ,  che  il  buon  Padre  Cantini  finì  il  corfo  di  fua  vita ,  e 
ciò  fu  alli  5.  d'Agofto  i6%j,  lafciando  memoria  di  fé  ftefib,  non  pure  d'aver 
&tta  opera  che  tolTe  quel  luogo  adattato  al  Divino  culto.  Quanto  per  ave^ 
jre  cosi  bene  fecvita  quella  Chieià  con  fua  virtù,  eflendouato  mufico  ec- 
cellente. ^ 

Circa  a  quefti  medefimi  tempi»  per  lo  diletto  che  Celare  fin  da  fan^ 
.ciullo  s'  era  prefo  delle  ftampe di  Alberto  Duro»  fiate  fino  allora  per  tutta 
-Italia  in  eccedente  credito»  avevane  fatta  a  gran  coito  una  bella  rao^ 
.colta .-  e  ftimavale  tanto  »  eh'  e*  pareva  che  naufeafie  ogni  intaglio  dà 
-qualfìfofie  buono  artefice»  che  purè  fino* allora  molti  ne  aveVa  avuti  la  me^ 
,4efima  Italia»  che  avevano  operato*  con  buon  difegno  ed  crttimò  tocco  di 
bulino;  ma  rimafe  chiarito»  toftochè  tornato  dalle  parti. di  Germania  il 
Sereniffimo  Principe  Don  Lorenzo»  avendo,  fra  altre  belliflimecofe»  por* 
tata  gran  quantica  di  eOTe  (lampe  »  volle  che  Cefare  Dandini  ne  rìcopiaifie 
jalicune  in  pittura»  di  proporzione  quanto  il  naturale  »  .cioè  quella  del  Ca-* 
vadenti,  ed  un'alcra>  Meflevi  egL^  dupque  la  manose  per  iarle  più  gin* 
ifte»  tirovvi  fopra  la  rete>  ^boendo  la  quale,  fulla  fua  tela  le  difegnò;  ed 
in  ciò  fare  a'accariè  che  lei  ftanjpe  avevano  in  fé  notabiliifimi  errori»' che 
in  quella  piccola  proporzione  non  fi  lafciavano  vedere;  onde  gli  fu  necef* 
jrio  emendarle  nelle  copie,  le  quali  pervenute  poi  in  mano  del  Principe^ 
Juron  donate  "alia  Screnìfl^ima  Acciduchefia  d' Aufiria»  che  diede  loro  luo^ 
4;o  nella  fua  Villa  dell'  Imperiale.  Per  lo  fteflb  Principe  dipinfe  un  Saa 
Girolamo»  mezza  figura»  in  atto  di.ftudiare»  che  riufci  di  si  buon  gufto» 
.che  fu  d'ammirazione  a'  profeflòri  dell'arte;  onde  in  un  fubito  ne  ufci- 
jron  fuori  copie  infinite.  Trovafi  oggi  queil* opera  in  una  delle  antica- 
mere, del  Sereniflìmo  Granduca  neUa  Villa  della  Petraia.  Per  lo  Mar^- 
chefe  Bartolommeo  Corfini  dipinfe  due  quadri  di  mezze  figure ,  cioè  la 
J^ittura  e  la  Poefia;  ed  in  un'ovato»  per  accompagnatura  di  un  altro  lìmi* 
ie»  in  cui  Vincenzio  fuo  fratello  aveva  colorito  una  Baccante  belliflìmav 
dipinfe  un' Artemifia.  Per  Giovambatifta  Severi,  celebre  Mufico  »  dipinfe 
la  morte  di  Zerbino ,  in  .figura  quanto  il  naturale .  Al  medefimo  fece  una 
tavola  di  circa  nove  braccia  d'altezza»  larga  quattro  e  mezzo»  con  figure 
afiai  maggiori  del  naturale ,  nella  quale  fece  vedere  San  Carlo  Borromeo 
nella  ceiefte  Gloria,  con  Angeli  che  foftenevano  le  infegne  delle  varie  di- 
gnità  pofledute  dal  Santo  in  terra  :  e  nelja  più  bada  parte  erano  San  Gio* 
vambatifta»  San  Lorenzo»  San  Francefco  e  Santa  Barbera  :  opera  che  a* 
profeiTori  piacque  molto  >  ed  a  lui  medefimo  1  fielU  città  d'Ancona  dove 

fuflun- 


.       CESARE  /DANDTN!.       àts 

fu  mandata»  diede  gran  rinomansEa  e  faiia.  Per  lo  fieflb  Severi  finalmentt 
dipinfe  ana  Cena  del  Signore.  Qualche  travaglio ,  fpeià  e  penfierot^che 
aveva  foiFercoil  Dandini  a  cagione  dell'omicidio»  avevan  fatto  in  lui  que« 
Hi  effeuj p che  perlopiù  cagionar ibgliono  agli  uomini»  per  altro  giudiziofi» 
le  av  verlitadi  ;  ond'egli  già  alloncanatofi  dal  non  mai  fino  allora  abbandona- 
to efercizio  della  caccia»  erafi  dato  di  buon  propofito  alla  devozione ,  ed  atli 
iladj  dell'arte  ìua;  onde  da  quindi  innanzi  ven negli  fattoi!  condurre  opere 
più  lodate» che  per  Paddietro fatto  non  aveva. Tali  foroho  ia  gran  tavola  del 
San  Carlo»  dìcui  poc'anzi  abbiam  fatta  menzione  frale  opere  che  fece  pel 
Severi  ;  una  bella  tefta  di  giovane  con  un  berrettone  »  tagliere  incapo ,  trac« 
taal  vivo  da  Bartolommeo  Landinifanch'eflo  Mofìco  »  e  poi  Maeftro  di  Ca]>- 
pella  celebre  »  che  ultimamente  è  morto  in  carica  di  Curato  della  Chiefà 
ai  San  Martino  a  Mont'  Ughi .  Di  ouefta  furon  Atte  moltiflime  copie  # 
che  fi  veggono  in  diverfi  luoghi  fparie.  Al  già  nominato  Principe  Doa 
Lorenzo  dipinfe»  per  entro  un  clavicembalo»  in  piccole  figure,  quanda 
Euridice  è  mor&  dal  ferpe^  e  vi  rapprefentò  molte  femmine  in  vari  getti 
e  attitudini  beneefpreiTe»  e  con  fomma  diligenza  condotte.  Per  lo  Sere* 
niifimo  Principe,  poi  Cardinale  Gio.  Carlo»  ritraiFe  al  vivo  in  un'  ovato  » 
la  Checca  Cotta»  rinomata  canutrice  »  in  tempo  che  ella  era  fanciulla  •  Pei 
medefimo  dipiniè  uo  proprio  concetto  morale  di  due  figure  in  un  quadrar  r 
un  giovs^ne  in  atto  di  aifegnare»  e  una  femmina  che  importunamente  il  difto« 
glie  da  quello  ftu^io  »  volendo  moftrare  di  quanto  difturbo  iiano  a  tali  ap- 
plicazioni sì  fiitte  pratiche.  Di  quefie  invenzioni  alludenti  a  cofe.  morali  » 
ne  fece  egli  moltiffime:  e  come  quegli»  che  era  dotato  di  buono  ingegno^ 
cercava  di  Ij^ndere  nell'opere  fue  del  pròprio  giudizio .  Rapprefentò  tal- 
volta perb  qualche  Qoriaiacrao  profana»  e  qualche  favola,  conforme  alfar 
intenzione  di  coloro  ».Mpe*  quali  le  conduepa  •  Per  lo  Marchefe  Gab« 
briello  Riccardi  pel  fuQ.  giardino  di  Valfondai  fece  una  Arianna  abbati* 
donata  da  Tefeo,  ctte|u  ftioiata  aflài  bella.  Per  Micher Àgnolo  Ventu« 
ri  dipinfe  Moisp^quj^dofcaccia  i  Paftori,  cjie  molefiano  le  figliuole  di 
Jetro  Sacerdote,  che  volevano  abbeverare  il  proprio  gre^e:  e  lo  rappre* 
lento  in  atto  di  minacciare  e  gridare  coloro:  i  quali  affetti  però  in  quella 
figura  fi  veggono  aflai  bene  efprelE.  Per  la  SereniUimaArciducheira Claudi» 
dipinfe  una  tavola»  in  cui  figurò  rAuguttiflima Trinità  con  gran  copta 
d'Angeli;  e  quefta  fu  mandata  in  Ifpruch.  Per  la  città  di  Volterra  fece  al- 
tra tavola  bellifllma  della  Natività  di  Noftra  Signora  :  ficcome  altra  ta- 
vola fece  egli  per  la  ChieOi  de' Cappuccini  nel  contado  della  ttefia  città- 
di  Volterra  •  Per  Franceico  Milaneu  colorì  una  tela  di  figure  di  braccia  due 
e  mezzo  di  un  San  Paolo»  quando  fa  il  miracolo  dello  ftorpiato  da  nativir 
tà  I  e  per  Ottavio  Borgianni  un  Santo  Antonio  Abate  di  vaga  maniera  • 
Ne'  tempi» che  il  Dandini  già  fi  era  acquiftato  gran  credito» comparve  ìtt 
Firenze  Jacopo  Palli,  che  nella  città  di  Venezia  in  negoz)  di  terra  e  di  ma^ 
re  aveva  fatta  gran  roba .  A  quefti  venne  in  penfiero  di  edificare  a  fue  fpe« 
fé  nella  Chiefa  della  Nonziata  una  Cappelk  per  fua  devozione:  ed  a  ule 
effetto  ottenne  da'  Frati  di  quel  Convento  un  certo  fpazio  a  mano  fini- 
dira,  andando  verfo  T  Aitar  maggiore  fotto  V  organo»  e  rimpecto  all'altro 

O  4  organo 


ii6  Vecetttt.nrje1taPartJMStLlKMi€io.a^ 

CKftnd»  dove  era  un' antica  dippeUet ti  con  uti  Santo  Hocco  >  fcotplté  In  k« 
gntme  di  tutto  rilievo;  ond'egH  fece  dar  ouno  al  lavoro»  ornando  (^ 
nuova  Cappella  di  maroii  bianchi  ad  imitazione  dell'altra,  che  gli  dava 
oppofta^  in  cui  era  già  una  beila  taviila  di  mana  di  Fra  Bartolommeo  di 
San  Marco ^  la  quale  poi  fu  levata,  e  mefla  in  Tuo  luogo  una  bella  copia 
della  medefima,  fatta  per  mano»  comeii  dice  »  di  Jacopo  da  Empoli»  che  è 

Juella»  che  al  prefente  fi  vede  •  La  tavi>la  della  nuova  Cappella  fu  dal 
alli  dìata  a  fare  al  Dandini ,  che  vi  rapprefentò  la  Vergine  SamiffiAa  in 
Cielo  p  ed  alcuni  Angeletti  »  S.  Jacopo  Apoftolo  e  Santo  Rocco  ^enuflefli  • 
A  quefta  pittura  però,  che  per  altro  diede  fatis&zione  al  pubblico,  prò» 
nouicàrono  gli  artefici  aflai  corta  viu  :  né  diflero  cofa  contraria  a  ciò  che 
ha  dimofirato  il  £itto;  condofdfecofachè  egli  ftcefle  in  efla  quello, che 
talvolta  usò  di  fare  in  altre ,  cioè  a  dire  p  fi  lafciafie  portare  da  un  cerco  Tuo 
gufto  di  dipìgnore  di  fvelature,  dcon  poco  colore  di  corpo.  Per  lo  Se« 
rentffimo  Cardinale  Carlo  de' Medici  dipinfe  una  femmina,  maggiore  del 
naturale,  figurata  per  la  Carità,  con  tre  putti  appreflb,  viftadi  fotto  in  su» 
alla  quale  fu  dato  luogo  in  uno  fpazio  di  volta  di  una  fianza  terrena  nel 
foaOifino  di  San  Marco .  Pel  Principe  Don  Lorenzo  per  la  foa  Villa  del^ 
la  Petraja  color)  una  Gaiatea  nel  mare,  fopra  un  Carro  tirato  da  Delfi  ni  » 
con  altre  fismmine»  e  alcuni  Amoretti  appreflb ,  in  varie  e  belle  attitudini 
t^opriate  alle  qualità  loro.  Quefta  fi  conta,  fenz' alcun  dubbio,  fra  le 
più  belle  opere  eh*  egli  facefle .  Hanno  ancora  luogo  fra  t  più  betti  un 
quadro ,  fatto  per  Giovanni  Comparini ,  nel  quale  benché  non  ecceda 
la  giandezsa  di  due  braccia,  fece  vedere  gran  quantità  di  figure,  beniffi* 
me  difpofle  t*  rapprefentanti  h  fioria  dell'  orazione  di  Mbsè  ^  ftd  mon- 
te. Similmente  due  quadri,  fra  di  loro  nórf  molco  diverfi,  ne^ quali  fi- 
gurò la  Carità  con  alcuni  putti^  e  quefti  alla  fua  morte  redarono  imper- 
fetti. Il  (HTimo  finito  poi  da  Vincenzio  Dandini  fao^ 'minor  fratello,  fiato 
•nch'eflb  valente  pittort,  k>  ebbe  il  Dottore  Giotanibatifia  Stgni,  Medico' 
are:  e  T altro»  finito  pure  dal  medefimoVimceiiziDy  venne  in  mdno  di 


celebre  :  e  V  altro  »  finito  pure 
Aleflandro  del  Lapo.  Per  le  cafe  de' cittadini  fono  in  Firenze  moltifltme 
file  pitture  di  giovani  e  di  vecchj.*  e  altJre  di  devozione,  fitte  di  buon 
guAo  ed  zfkì  nudiate,  avendo  egli  in  quefta  cofa  delio  ftudiare  le  opere  » 
evuta  gran  premura .  Molt'anni  prima  eh*  egli  finiife  il  corfo  di  fua  vita» 
aveva  dato  principio  ad  un  gran  quadro  di  fette  braccia  per  lo  Marchefe 
Bartolommeo  Corfini,  in  cut  figurava  Moisè,  quando  fa  fcaturir  l'acqua 
dalta  pietra  per  conforto  dell'  afietato  popolo  ;  e  già  incominciava  quel- 
l'opera  a  dar  fegni  di  dover'eflere  la  più  bella,  che  fbile  mai  ufcita  dalle 
fue  mani  (a)»  quando  fopraggiunto da  terribile  accidente  d'alma ,  male , da 
cui  per  lo  fpaztodi  molf  anni  fu  folito  efler  travagliato»  in  termine  d'un  ora 
in  eirea,chiufegli  occhi  a  quefta  luce  il  giorno  8.  diFebbrajo  1558.  aven* 
do  avute  queir  affiftenae  e  di  Sagramenti  e  di  Sacerdoti,  che  in  quel  bre^ 

vidimo 

(  a  )  Qtfefio  Quadra ,  rtftatG  in  mano  d^fuoi  Eredi ,  fu  poi  dnlls  Grandtttbeffa  Vittoria  della 
Rovere  farto  terminare  da  Piaro  Dandini  fra  nipote ,  e  fu  eoUoeate  nel  Salone  delia  Ville 
del  foisjio  Imperiale  • 


/ 


CE&ARE    D  ANDINI.        217 

f  ifimo  tempo  le  fu  pofllbile  a?ere;  ma  q;li  già  per  molti  e  mdt*  anni  fi 
tra  dato  a  canta  riciracezsa  »  ed  aveva  menata  una  vita  si  criftiana  »  che  co* 


all'arte  fteffit;  cancioffiacofachè ,  a  paragone  delh  (Urna  che  ^i  ne£ftceva#: 
e  delPonorevoiezsa  con  cui  la  profeflava  »  fofle  anche  ;^antiffimo  protetto* 
re  di  eflk  e  degli  artefici»  i  quali  in  ogni  loro  occorrenza  trovavano  ap^ 
preflb  di  luì  afilo  ficuro.  Non  voleva  però  fentir  nulla  di  certi  tali,  chu 
gli  chiamava  indegni  del  nome  di  pittore»  i  quali  con  un  vivere  fcorretro 
e  plebeo  fannofi  conofcere  ad  ognuno  per  tutt' altro»  che  per  pofleflbra 
di  sì  bella  facoltà .  Chiamato  a  (limar  le  opere  de' buoni  maeflri,  fc^enevalo 
molto  {  e  ad  un  tale»  che  una  volta  trovandofi  in  fimile  faccenda  in  com-«. 
pagnia  di  lui ,  fi  era  pofto  e  fermato  ad  una  ftima,  di  gran  lunga  inf 
al  merito  della  pì<tura  e  del  pittore  »  difle  con  gran  rifentimento  : 

fnare  a  colui  imparar  prima  ad  operar  nella  forma  che  aveva  operato  qosl« 
artefice  »  e  poi  cìmentarfi  al  meftiero  dello  fiimar  pitture .  Moflo  altresì, 
dalla  (ieflTa  cagione  di  grande  ftima  dell'  arte;  »  fa  folito  tenere  in  credito 
anche  fé  fieflò»  e  mafiime  negli  anni  fuoi  più  verdi»  colla  liberti  ecoirar^* 
dire  a  lui  folito,  come  quegli,  a  cui  non  crocchiava  il  ferro»  di  ributtare 
ogni  trattamento  di  fua  perfona»  che  aveffe  avuto  del  fordidb  e  del  vile  • 
In  oropofico  dì  che  non  voglio  lafciar  di  notare»  come  una  tal  perfona  fi 
cceoette  una  volta  di  fargli  un  bel  dono»  in  ricompenla  de*  buoni  lervig)  ri- 
portati dal  fuo  pennello»  con  mandarcli  un  pajo  di  ben  piccole  calzette  di 
leta  »  accomodate  né  più  né  meno  a  calzare  »  non  lui  »  che  srande  era  di  per*  - 
fona  »  ma  un  quakhe  fanciullo .  Vedutele  egH  »  di  fubico  Te  reftitul  al  man» 
dato  »  dicendo  efler  quelle  appropofito  per  chi  a  vede  avuto  le  gambe  di  roa*' 
done  »come  colui  che  le  mandava  «Un' altra  volta  fu  regalato  da  nobile  per« 
Iona  d' una  gran  cofcia  di  cignale»  ma  ftantia  e  già  fetente  :  Va' »  difs'egli  a- 
colui  che  la  portava»  e  rendila  al  tuo  padrone»  con  dirgli  da  mia  parte ,  che 

Suefti  fon  recali  da  lioni .  Non  voleva»  che  in  fua  prefenza  fi  parlaffe  male 
elle  opere  altrui»  e  forte  fé  ne  rifentiva»  dicendo  efler  difficile  l'  opera- 
re  »  quanto  facile  il  biafimare .  Moftrava  anche  quefto  alto  concetto  del«^ 
Tarcei  nella  grande  applicazione  ch'egli  poneva  nell'  infegnare  e  bene  edu- 
care i  fuoi  giovani  »  da  i  quali  voleva  rifcuotere  una  più  che  efacta  oflTer* 
vanza  nelle  cofe  appartenenti»  non  meno  a*  loro  ftudji  che  al  decoro  di 
loro  perfone.  Ma  perchè  rare  volte  addiviene»  che  vogliano  i  fanciulli, 
aflc^getcarfi  con  quefto  a  rìgorofa  difciplina»  pochi  furono  quelli,  acuì 
baftatle  l'animo  di  camminare  al  paflbdi  fuo  zelo»  in  quella  parte  ferven- 
tiilimo.  Quei  pochi  però  T  ebbero  fempre  per  protettore  in  ogni  bifogno; 
perchè  veramente  in  quefta  cofii  nel  fovvenire  air  altrui  neceflità,  e  eoa 
danari  »ved  air  occorrenza  con  ricorfi  al  Sovrano  medefimo  »  egli  fu  tempre 
difpoftiflìmo:  e  rare  volte  occorreva»che  gli  fi  toglieiTe dattorno  alcuno  len- 
za porgergli  prima  defiderato  conforto  .  Impararono  V  arte  da  lui  Vincent- 
zio  pai)dìni  uo  minor  fratello»  che  efTendo  poi  ftato  appreflb  il  Cortona» 

nxÌQÌ  boniffiiLO  piicoiei  e  forfe  tanto  migliore  di  Cefare ,  quanto  perchè 

tenne 


2 1 8  Decenn.  Uh  della  Part.l  delSee.V.  d^l  lóio.alió^o. 

tenne  una  maniera  più  morbida  e  più  naturale  f  ma  di  eflb  parleremo  a  filo 
luogo.  Stefano  della  Bella,  di  cui  abbiamo  già  parlato:  Aleflfandro  Rofi: 
Antonio Giufti:  Gio.  Domenico  Ferrucci,  che  fi  portò  a  Lucca,  dove  fi 
accasò,  ed  operò  con  lode:  e  finalmente  Jicopo Giorgi,  dal' quale  fufe« 

J[uitato  ed  amato  femore;  onde  Cefare  venuto  a  morte,  volle  che  fofler 
ile  tutte  le  bellifiime  ftampe  e  medaglie  d*  oro  e  d'  argento  e  d*  altri  me- 
talli, delie  quali  in  vita  egli  aveva  fatta  affai  ragguardevole  raccolta.  Que- 
fio  Gio.  Domenico  però  non  fece  grandi  opere  di  fua  invenzione,  aven« 
do  confumato  gran  tempo  in  copiare  ;  ed  in  quatcheduna  eh'  e'  ne  conduflè  » 
fi  valfe  molto  de'difegni,  dell' invenzione,  e  perlopiù  delle  opere  ftefie  fia- 
te fatte  dal  maeftro>  togliendo  o  aggiugnendo ,  o  come  noi  iogliamo  di* 
ve,  le  medefime  rifriggendo.  Vedeta  una  uvola  di  mano  di  coftui ,  ove 
è  Maria  Vergine  con  gli  Apoftoli ,  adla  Chiefa  di  Sant'Andrea  a  Sovi- 
f  liana ,  poco  di  là  dalla  Terra  d' Empoli  in  fui  fiume  d' Arno . 

Eboe  Cefare  Dandini  una  maniera  vasa  ,  con  beli*  arie  di  tefte  t  e 
conduflè  le  fue  pitture  con  gran  diligenza  e  fiudio:  e  benché  talvolta  defle 
a  quelle  alcuni  vivi  refleffi  »  non  tolfe  loro  però  la  (bmiglianza  del  natura* 
le  I  loa  gli  diede  con  ciò  una  certa  graasia  e  vaghezza  particolare  •  Refta* 
rono  dopo  fua  morte  due  fuoi  fratelli  >  Vincenzio  il  loprannominato»  e 
Ottaviano  i  e  ouefti  fu  padre  di  Pietro  {a)  Dandini,  il  quale  avendo  in  fanciul* 
lezza  atteib  alla  pittura  appreflb  a  Vincenzio fuò  zio»  non  fu  orima  giunto 
airetà  di  diciotto  anni,  cne  meile  in  pubblico  opere  belle  di  iua  mano:  ed 
avendo  poi  fatti  grandi  fiudj  in  Roma,  in  Venezia •  e  per  la  Lombardia» 
ed  acquifiata  una  franchezza  di  pennello i  quafi  impareggiabile,  con  altee 
ottime  qutilità  dell'arte,  ha  dato  e  dà  tuttavia  sì  fl^ran  faggio  di  fuo  valore» 
che  a  noi  pollerà  ancora  a  fuo  tempo  aflai  materia  di  parlar  di  lui  e  dello 
belle  opere  f uè . 


wm^ 


(a)  Piero  Dandini  morì  F  anno  1712,  §  lafciò  Ottaviano  ,  eVinanzio^  oggi  Gtjuita^ 
Jhoi  figliuoli^  buoni  prò ft fori  ^mbcdnt  di  pittura. 


4:  ' 


FELICE 


219 

FELICE    FICHERELLI 

DETTO    FELICE    RIPOSO 

PITTOR    FIORENTINO 

Dtfcepoh  dì  Jacopo  da  Empoli y  nato  circa  al  i6o$,^  i56o. 

• 

{Eiice  Fìcherelli  nacque  in  SanGimignano,  antichiffima  Terra 
di  Valdelfa  »  di  parenti  molto  onorati  e  civili.  Fino  dalla, 
dìù  tenera  età  fi  con4uflè  a  Firenze»  quanto  privo  di  afli« 
itenza  e  d*  avere ,  altrettanto  provvido  di  genio  e  defiderior 
di  cofe  appartenenti  a  difegno:  e  voile  la  buona  fortuna  fuat 
che  egli,  non  fo  in  qual  maniera,  defle  alle  mani  d*unCa-* 
valiere,  che  in  quel  tempo  avea  luogo  fra*  più  degni  della  noftra  patria  t 
amiciffimo  delle  buone  arti.  Quefti  tu  Alberto  d*  Ottavio  de'  Bardi»  doT 
Conti  di  Vernio ,  che  allora  folleneva  la  carica  di  Cavallerizzo  Maggio* 
re  della  gloriola  memoria  del  Sereniffimo  Cardinale  Carlo  de'  Medici  % 
ed  anche  era  Tuo  gran  favorito:  il  quale  per  T  ottimo  gufto  e  per  la  grande 
intelligenza  che  «gli  aveva  in  cofe  di  pittura  e  icultura,  e  per  la  prore* 
jiioae  che  fu  folito  di  tener  fempre  di  quefte  arti  nobili01me>  fi  era  gua* 
dagnato  talmente  1'  affetto  de'profeflfori  delle  medefime,  che  fino  al  nu« 
mei^  di  diciotco  de'  più  eccellenti  pittori  fi  erano  uniti  infieme  in  uà 
ioÌQ  volere»  a  cui  anche  diedero  effetto:  e  fu  di  fargli  un  quadro  per  eia* 
fcuno*  per  ornamento  di  un'  Oratorio»  da  lui  fabbricato  ad  una  fua  villa  di 
V^aldagna  nel  Chianti  :  ed  aveva  anche  fortito  di  fare  una  preziofa  raccol- 
ta di  preziofe  pitture  e  fculture,  che  quantunque  poi  veniuero  in  qualche 
potere  dello  f!i^([o  Cardinale,  che  fervirono  per  lo  fuo  Palazzo  del  Cafina 
da  San  Marco  \  concuttociò  ne  rimafero  in  gran  numero  apprefib  aali  eredi  « 
Qoefto  Cavaliere  adunque  •  avendo  ben  conofciuto  lo  fpiriio  del  tanciuUo» 
e  fua  grande  inclinazione  al  difegno ,  diedegli  luogo  fra' tuoi  Camerieri  nella 
propria  cafa:  e  frattanto  volle,  che  egli  ne  incominciafie  gli  (lud)  fotto  la 
dìfciplina  di  Jacopo  da  Empoli,  rinomato  pittore  di  quel  tempo,  nella 
fcuola  del  quale,  ajutato  non  meno  da  natura ,  che  da  una  inóefefTa  ap-* 
plicazione,  fece  gran  profitto,  alfiftito  altresì  dalla  protezione  del  Conte» 
il  quale ,  fra  l'altre  cofe  volle  fargli  copiare  per  fé  tutte  le  opere  d' Andrea 
del  Sarto,  che  fono  nelChioftro  piccolo  della  Chiefa  della  Nonziata;  tan« 
tochè  indi  a  poco  incominciò  a  dar  fuori  opere  di  lua  mano,  che  merita- 
rono la  lode  de' profelfori:  con  che  sì  fattamente  s'avanzò  nella  grazia  del 
Conte,  per  Io  quale  molto  operò;  che  venuto  a  morte  »  lafciò'per  teda* 
mento  >  che  Felice  fofie  fpefato  nella  cafii  degli  eredi  per  tutto  il  tempo 
ch'egli  avefie  durato  a  vivere:  e  queflo,  non  con  altro  aggravio ^  che  di 
fare  a'mcdefimi  ogni  anno  un  quadro  a  propria  elezione.  Come  fu  difpo- 
fio  dal  Conte;  così  fu  da  lui  e  dagli  eredi  efeguito  per  lo  fpazio  di  molti 

anni  i 


il  o  Decenn.  Uh  della  Pari,  l  del  See.  V.  dal  1 61  a.  al  1 6^  o, 

tn:n ,  fino  a  che  tnoSb  egli  da  defiderio  di  trttctr  (e  ftelTo  con  alquanto  plik 
di  libertà»  di  qaelio  che  in  tal  laopo  gii  riofcivt  di  poter  fare,  fe.ne  partii 
e  prefe  ftanza  altrove.  Qui  incominciò  ad  avere  gran  quantica  di  commiC 
fioni  per  quadri  da  fala  e  da  camera  ;  concioffiacòfachè  egli  già  G  fofle  fatta 
una  maniera  vaga  e  di  gran  tenerezza ,  come  quegli  che  non  volle  mai  ope^» 
tare  fenza  il  naturale  »  e  che  fi  era  ancera  applicato  molto  a  ftudiare  aa  i 
colorici  del  Furino,  che  hanno  tal  qualità  molto  propria.   Dipinfe  dun* 
que  diverfi  quadri  di  femmine  in  mezza  figura,  capprefencanti alcune  Dei- 
tà ,  per  Giovanni  Federighi ,  Avvocato  del  Collegio  de'  Nobili ,  e  Senatore 
Fiorentino,  e  Auditore  del  Sereniflimo  Granduca  Cofimo  III.  fiato  Au« 
dìtóre  delle  Riformagioni  ;  il  quale,  dopo  avere  per  lo  fieflb  Sereniflimo» 
impiegata  la  vivezza  del  proprio  ingegno ,  prudenza  e  dottrina,  in  carica 
di  Prefidente  al  Governo  della  città  di  Siena ,  lafciò  la  perfente  vita  V  an« 
no  1669.  e  le  pitture  recarono  a  i  fuoi  figliuoli,  che  le  confervano  eoa 
iftima .  Era  nella  Chiefa  di  Santo  Spirito ,  air  Altare  della  Cappel  la  de'  Nafi  » 
tina  bellifliina  tavola  di  mano  di  Pietro  Perugino,  in  cui  fi  rapprefentava 
una  Apparizione  di  Maria  Verdine  a  San  Bernardo.  Eflendoll  i  padroni 
dell»  Cappella  rifoluti  di  torla  di  quel  luogo i  con  lafcìarvene  una  copiai 
di  efeguire  tale  loro  volontà  diedero  l'ordine  a  Felice,  il  quale  la  con» 
dufle  cosi  bene,  e  tanto  fi  conformò  a  quell'antica  maniera,  che  fietteiro 
poi  ì  padroni  in  dubbio ,  quale  dovefièro  pigliare ,  o  V  originale  o  la  oo^ 
pia ,  la  quale  oggi  fi  vede  a  queir  Altare ,  giudicata  da  ognuno  per  T  origt* 
naie  ftefib»  Con  cale  occafione  dipinfe  Felice  due  quadri,  in  uno  de*qmtt 
rappfefentò  San  Francefco  d'AfliG,  inatto  d'orazione:  e  nell'altro  Stn-^ 
tf  Antonio  da  Padova  col  Fanciullo  Gesù,*  i  quali  furon  pofti  da  i  lati  di 
efia  tavola  nella  già  nominata  Cappella;  Per  Tommafo  Fantacci  dipinfe 
iholtifllme  tele,  che  reftarono  a'fuoi  eredi.  Una  delle  più  belle  opere  <;ho 
ufcìfibro  dalla  mano  di  quefip  artefice,  fu  un  Giudizio  di  Paride,  in  figure 
quanto  il  naturale,  che  fu  Mandato  in  Inghilterra.  E^  di  fua  mano  la  ta- 
vola, che  veggiamo  fopra  l'Altare  della  prima  Cappella t  a  man  defira  en- 
trando in  Chiefa»  di  Santo  Egidio  dello  Spedale  di  Santa  Maria  Nuova» 
ove  è  rapprelèntata  Maria  Vergine,  con  Gesù,  San  Niccolò  e  Sant'^An* 
tonio  da  Padova  con  altre  figure .   Per  Gfovambatifia  Chellini  conduflb  un 
quadro,  nel  quale  fi  veggono,  in  proporzione  di  naturale,  Niobe  co'  fi- 
gliuoli, parte  fuggenti,  parte  morti,  parte  in  atto  d*efclamare,  mentre 
Apoflo  in  aria  ha  fcoccate  le  flette,  e  Diana  ftafli  coli' arco  tefo.  Per  lo 
fteflb  fece  un'  Andromeda  lesata  allo  fcoglio,  e'I  Mofiro  marino .  Più  ftorie 
di  fatti  di  Sanfone,  di  Jona Profeta,  del  Sammaritano,  di  S.  Benedetto,  di 
Santa  Appollonia,  di  S.  Giovambatifta  ed  altri ,  tutti  quadri  di  ottimo  gufto» 
i  quali  niròno  d'  un  molto  vago  e  ricco  ornaménto  alla  bella  fala  di  loro 
cala  in  via  de'Crefci,  coli'  occafione  delle  nozze  fattefi  da  AleflanUro  di 
Felice  Ferdinando  Chellini,  colla  nobil  donna  Caterina  Fuceini,  e  tutta- 
via ,  con  altri  quadri  di  mano  di  eccellenti  maefiri,  fi  confervano  apprefHi 
2  fuoi  figliuoli .  Per  lo  eruditismo  Dottore  Francefco  Redi  nobile  Are-- 
tino ,  Protomedico  del  Serenifiimo  Granduca  ,  che  mentre  io  qùefie  cofis 

ferivo  I  fofiiehe  il  caribo  d^ArciConfoladelf  Accademia  della  Crufca,  àU 

pinfe 


FELICE    flCHERELll.       lai 

pinfe  due  quadri  di  niexze  fgarc:  in  uno  de*  quali  npprefencò  Santa  Marie 
Maddalena»  nell'  altro  Sane'  Agata .  A  Urorno  mando  una  fua  beila^vo^ 
la»  alla  quale  fu  datò  luogo  nella  Chiefa  di  Santo  Agoftino  all' entrare  « 
man  finiftra:  vedefi  in  una  rapprtfentata  con  gentil  maniera  la  Santa  Mar» 
tire  Cecilia ,  in  atto  di  federe  »  e  colle  braccia  ftrette  al  petto  a  modo  di  ero* 
ce»  mentre  un  Angelo  gli  fta  ajppreffo  con  due  ghirlande  nelle  mani;  e 
nella  parte  più  alca  è  figurato  il  Paradifo  con  Angeli  »  e  alcuni  di  quefti 
in  atro  di  fonare  diverfi  muficali  finimenti.  Colorì  egli  quefla  tavola  circa 
Tanno  1 6$$.  per  un  talctché  aveva  navigato  fopra  le  Galere  del  Sereniffimo 
Granduca  in  carica  di  Scrivano:  e  tutto  fi  ha  da  Frant:efoo  Barbieri  pitto« 
re  Fiorentino» fiato  difceoolodi  Felice»  che  al  prefente  opera  in  Livorno. 
Fece  ancora  più  ritratti  iomigHantiflìmi»  fra  i  quali  è  quello  diPompeino» 
già  orgaiùtìa  della  Cattedrale  Fiorentina»  che  fu  anche  (ingolarifiimo  fo* 
fìatore  di  Kuto:  quello  dell'Abate  Capponi»  e  diFra  Bartolommeo  Ga<« 
lilei.  11  Dottore  l:^aolo  Minuccii  noto  per  la  fua  erudizione»  che  fu  fuo 
amiciffimo»  e  di  cui  abbiamo  altrove  parlato»  ha  di  fua  mano  un  ritratto 
al  naturale  d'  un  beliiffimo  giovane»  chiamato  Cammillo  Marini»  cittadino 
Fiorentino  »  che  poi  in  Napoli  fece  gran  fortuna:  e  rapprefenta  quefti  un 
David  colla  tefta  del  Golia.  Della  medefima  effigie  di  Cammillo  fi  trova 
eflcrfi  fervito  queft'  artefice  in  molte  fue  opere:  e  finalmente  fé  ne  yalfe  in 
un  quadro  in  ottangolo  pure  dì  un  David  colla  tefta  di  Golia,  che  oggi  èia 
potere  di  Antonio  di  Carlo  Corfini  Dottore  di  Legge  :  e  fi  dice  fofle  V  ultima 
opera  che  ufcifie  dalle  mani  di  Felice,  li  Cavaliere  Serzelli  ha  di  fua  ma- 
no più  quadri  di  ottimo  gufto»  fra'  quali  la  cacciata  de'primi  noftri  Padri 
dal  Paradtfo  Terreftre:  una  Santa  Prafledei  che  fpreme  il  Sangue  de'Mar* 
tiri ,  il  martirio  di  Sant'  Agata  »  ed  una  Erodiade  colla  tefta  di  San  Gio*' 
vambatifta.  E  per  FranceCco  Gabburrì»  Gentiluomo  Fiorentino,  fece  un 
Sacrificio  di  Abramo,  che  è  bellifiimo.  Quefte  opere,  con  altre  molte» 
che  io  per  brevità  tralafcio»  conduflle  il  noiìro  pittore:  e  finalmente  l'an« 
no  1660.  eifendo  egli  gii  pervenuto  all'età  di  55  anni  in  circa»  diede  fine 
alcorfode'giorniiuoi;  eandòlacofain  quefto  modo.  Erafi  egli  un  gior-^ 
no  del  mefe  di  Luglio  alquanto  rifcaldato:  e  per  prendere  frefco»  fi  pofe 
a^  pafleggiare  m  luogo  che  teneane  oltre  al  bifogno,  tantoché  in  un  punto 
fi  rjifrecklò;  a  cagione  di  che  fuafiàlito  da  una  acuta  febbre,  che  fi  aggiunte 
a  male  di  petto  o  pleuritide  sì  acura,  che  non  cedendo  a  rimedio  alcuno» 
dopo  tre  ioli  giorni  di  malattia  lo  condufle  a  morte  la  notte  del  Venerdì 
precedente  alla  Domenica ,  nella  quale  egli  mofio  da  devozione  avea  deter* 
minato  di  portarfi  infieme  con  Matteo  Novelli  fua  amico,  alla  vifita  della 
Santa  Cafa  di  Loreto:  e  ciò  fu  nella  Cafa  Priorale  di  Santa  Maria  fopr' Ar- 
no ,  Aveva  egli  ricevuto  i  Santiflimi  Sagramenti  »  quando  poche  ore  avanti 
al  fuo  fpirare»  fi  voltò  ad  una  dorma»  che  ferviva  in  quella  cafa,  ed  a  lui 
caritativamente  aflìfteva»  e  così  le  parlò;  Voi  avete  durato  gran  fatica  ;>er 
me .  e  vi  compàtìfco  ;  ma  railegiatevi,  perchè  io  ho  nome  Felice ,  e  mi  chia- 
mo per  foprannomeRipofo:  e  fpero  che  fra  poche  ore  mi  darà  il  mio  Dio 
felice  ripofo,  e  fi  tacque.  Fu  poi  il  fuo  corpo  portato  con  grande  accom- 
pagnatura alla Chiefa diS« •.t quivi  onorevolmente  fepotto . 

Fu 


%iì    DectttfiJlhdefla-Pifrfil^^^ 

Fu  opinione  che  egli  avcire,ngaiiato  .aflAl,l](uap  pepiflio;  ma  non  eflendofi 
alla  fAJia  morte  trovato  nelU' lìaiijKè  di  fu%;U;>lita abitazione  nefluij^o  danaro» 
^on  mancò  chi  dubìtafTe  di  ciòi  clic,  bexfe  fpe^lb  in  fimili  inafpfCtati  cail.» 
Si  chi  lìon  ha  più  che  tanto  cura  di  fé  e  delle  cofe  fue»  avvenir  fuole ... 
Non  è  ilata.cofa  infolita  a  colo^  che  Ijianno  Ccrlcto  d'uomini  diquàl«^ 
che  valore  in  alcuna  fcienza  p  arte»  il  di^re  contezza ^non  meno  delle  ope* 
re  loro  degne  di  lode»  che  de' lóro  corptoir^li  temperamenti  e  naturali  m- 
clioazioni,  e  di  quelle  eziandio  che  glixeferonel  colpetto  dell*  univerfa- 
Je  più  deboli»  e  talvolta  fpiacevoii  e  nojjofi:  e  quedo  per  mio  javvifo  fé* 
cero  eglino  »  perchè  fi  conolca  ben  chiaro»  non  eiTer  folita  la  natura.  »  jdi  dare 
o^ni  qofa  ad  un  folo  ;  e  cosi  non  fia ,  chi  favorito  per  altra  ed  aricQhJLto 
ài  bupni  talenti»  foverchiàmente  fé  fteflb awilifca ,  ogni  qualvolta  egli  fi 
xiconofca  a  qualche  naturale  debolezza  afiai  minore  di  fé  fleiTo;  ma  folo 
prenda  da  ciò  occafione  di  non  infuperbirfi»  e  di  quegli  compatirei  che 
egli  conofcerà. non  giungere  ih  ognlcofa  al  perfetto .  Ancora  »  perchè  dor 
vendo  efiere  principale  aiTuntp  d^ogni  uomo  in  quefta  mifera  vita  »  il  com« 
battere  polla  propria  natura»  che  fempre  inclina  al  peggiore,  polla  dal  ve-» 
dere  quanto  poco  altri  feppe  vificere»  pigliare  efempio»  e  farfi  animQfqf 
per  lo  confeguimento  di  quel^bene^che  ne  apporta  la  vittoria,  lo  dunque 
feguendo  V  ufo  di  tanti  buoni  fcrittori»  non  lafcerò  di  portare  in  quefta 
IjuogQ»  ficcome  parlando  d' altri ;ni  fovyiene  aver  fatto» alcune  d^Ile  qualir, 
cà  naturali  di  quefio  pittore  »  le  quali  (  fé  non  quanto  egli  medefimo»  co-^ 
me  è  folito  della  piii  parte  di  fimili  perfone»  viflè  contento  di  fé  ftefTo) 
farebbero  baflate  per  rendere  ogni  altro»  fuori  che  lui»  interamente  infe-^ 
lice .  Dico  dunque  »  che  quefto  artefice  fu  uomo  di  così  poche  parole  p  da 
non  poterfegli  forfè  in  qu^fk  parte  trovare  altro  eguale»  e  tanto  quieto 
^  amico  del  fuo  comodo»  che  fi  guadagnò  il  foprannome  di  Ripofo»  per 
Ip  quale  fu  fempre  intefo»  finché  vifre».e  intendefi  fino  al  prelente  tem* 
pQ .   Aveva  prefa  fua  flanza  nella  vj^  de'Baxd]  »  in  quel  luogo  appunto  ove 
fu  l'antica  Loggia  de' Bardi»  ridotta  poi  ad  ufo  d'abitazione:  e  fattone  due 
grandi  fianze  in  volta  al  piano  di  terreno»  fotto  le  quali  è  un  bel  fotterra- 
neo»  pofla  da  tramontana  in  fui  fiume  d'Arno:  in  quefta  fé  ne  ftava  Felice 
a  fuo  pare  re  felicemente  «iènza  alcunaperfonadifervizio.  Il  luogo  del  fuo 
ripofo  era  un  armario» che  flava  il  giorno  chiufoi  avendo  in  fé  quel  tanto^ 
che  bifognava  al  pittore i  per  adagiarti  la  notte  per  dormire.  Rare  volte  o 
non  mai  v'accendeva  fuoco»  perchè  coipe  quegli  »  che  faceva  un  pafto  folo^ 
e  quello  la  fera  alPofieriai  poco  bìfogno  gli  pareva  d' avere  di  fimile  co- 
modità: e  foleva  dire»  che  l'ora  che  altri  s'erano  eletti  per  definare»  era 
appunto  quella  che  dovea  darfi  al  lavoro:  ilravaganza  per  certo  diretta- 
mente contraria  a  quella  di  Giovanni  da  San  Giovanni  »  ch'era  folito  dire» 
e  anche  fcriffelo  una  volta  per  motto  fopra  un'orivolo  a  Sole»  cioè»  che 
la  dìù  bella  ora  del  giorno  era  (juella  del  definare.   Se  poi  a  Felice  taU 
voTta  »  o  per  poterfi  trovare  cogli  amici  all^  taverna,  o  per  qualche  ftraor- 
dinarió  bìfogno»  occorreva  il  cibarfi  alquanto  in  cafa»  fi  faceva  con  uova 
una  paiiatella,  ed  un  pennello  di  fetola. proporzionatamente  gròfTo»  gU 
ferviva  alle  occorrenze  dei  dibattete  o  der  meilare /  finché  ella  fofiTe  fla- 

gionata/ 


I    <k 


FÉ  LICE    f  7  CU  BRELIL        223 


1^\tìriiii\  TncéVa  égli  boniffimì  j^'fi^hi  hdll'^à  eotitùttocib  fé  rtt 

tindava  tanto  male  ii^  irneie  defk' jj^óim  i  che  era  cofa  da  non  ci^derfl*: 
e f«;^ talora' ibrì^ta  dagli  aÀiici  fi^rifòltrevai  cóme  noi  (bkliaihó  dire;  a  rirì- 
fìbnkitfi Uh tahtino •  lo 'fiicevado^  tanta iivìreriione del  tuo  naturale,  clie 
knbhe  fira'  migliori  panni  ficea  com|iaSrlrè  h'fua  fciactaggine  J  Stette  tal- 
Tolta  fino  a  feì  meli  lenza,  raderli  la  barba':  'eiion  è  chi  fappia»  che  in  molti 
e  molti  anni  che  egli  abitò  auélleftanzè»  fi  confumaflTe  maifopra  loro  pa« 
vimento  una  fcopa;  tantoché  aita  fuè  mortie^fi  trovò  eflere  la  pólvere  « 
la  te^ra,  per  lo  continuo  camminilré^éhefaédva'nb  fé  p^erfone  per  entrò  le 
med^me»  tosi:  alzata  eTodàrt  che  fé  he' cavò  un  numero  sì  grande  dr  fer- 
me, 'Chtf  io  non  ardisco  dirqul,*^er  tema  ^  non'efler  creduto  qualche  iper« 
bolieo  novellatore.  Per  Tuo  ordinario  poco  o  lion  mai  parlava:  e  fU'cofii 
Itraordiharia  in-  lui  è  màravigliofa  infieme  >  il  vedere  Come  egli ,  con  eiBsr 
tai^to^poco d'animo  del  parlare»  cohtuttocià  guftafie  taiito  della* con verfa- 
'stìònéi  là  quale  cercava  quanto  potevisi»  e  non  fapeà  pamrfené;;  .ma  Tetn« 
pre  però  con  quefta  condizione»  che  nbnrafveffe*àvucó'  a  parlar  mai  •  "Stette 
talvolti  una  notte  inceìra  a  v^déì:  ^idciWaRé'ix»hchtaceo  x-sbbragliho^^ 
Saliere èi  quei  giuochi «ficconle  desi! filtri  àncora  ^hè  pure  il  nome;'e  fen- 
za  mai  profferir  verbo .^  il  che  avefrido  bCervatò  ben  mitle  volte,  ìli  qiiella 
edm  altre  fimili  occa/Tóni ,  AntOtiib  Ruggieri  pittóre ,  uno  de*  )più'Tollaz- 
se  Voli,  mai  altresì  ftravagahte  umore  che  aveltero  qué'  Tuo'  tempi  >  e  fuo 
amiciflimo,  volte  una  vòlta  vedere  fin  dove  poteva  andare  a  finire  un  sì 
ftra vagante  filenzio ,  e  fé  gli  foffé  potuto  KtìRrire'il-fargli  dir  qualcofa  da 
le  ftéfib  fens^a  rAt^rrdgazibni  ]  E  ^dsVafndat&^bn  Itii  uha  Domenica  matti. 

na  a  definare  airoftèrTaV dopò 'ilVftó'»  chiéènatò  dti  |)a)te  febretàmente  il 
|>adrone ,  gli  diftè  che  quella  fefà'fi  farebbe  tbi^hatò.inGé'me  con  Felice  a 
cena;  avvertendolo  però  ,^*  die  j^tiirBhi  a  f^nòtt,  "dóvéfle  comandare  a^fuòi 
garzóni,  che  portaflero  tutto  il  bifoghevóje  per  la  tavola,  lenza  che  mai 
alcèn  di  loro  ardtiTe  di  fiatare:  e  tantomeno  di  &re ,  benché  minima  in<* 
terrògazione  né  a  Felice  né  a  lui',  quando  anche  e*  fodero  ftati  a  tavola  fi- 
ilo' illaf^fegó^nte^nattìna:' e  in  tarcafb,  qd§nd<y  nbn  dVeflero  avuto  altro 
ovAVtk,  av^'fleip  feri^tà  l'ofterrà j^  ialbiati^Ir  in  quel  itkbgo.  Con  i|[uèfto 
dim(^é  tP  R'uggieriTé  ne  %fcì  ^n  Felice  &t\h.  taverna,  e  lènza  mai  par* 
Uiiéò  pbbo  o  putito,  aìidàvà  Voltando^ affettatamente  ora  un  canto,  ora 
un  aitino,  otaii'  deftra,  óra  a  liniftra,  bene  ^fpello  per  iftrada,  altra  volta' 
epxxK  àHora  battuta ,  pallando',  finche  fiTece  bujó,  e  r  uno  e  l'altro  pre- 
fé' calumino  alla  volta  delia  folita  olleria,  (enza  efi*erfi  mai  in  tutto  quel 
di  fra  di  loro  profferita  parola.  Furono  di  fubito  apprettate  le  vivande  nel 
concertato  modo;  tierchè  r  ode  e  r  garzoni,  ben  conofcevanol' umore  del 
Ruggie)rf  ,'àfpettàndóli  di  vedere  qualche  nuòva  cola,  òfflbr'varono  1*of:dìnc 
i  i^untihor  con  fa^  brò  uficio  intorno  ftlla^ tavola,  ftahdòfi  cheti.  Cenato-^ 
no  F^eKcee'Iconìpagnofèiiza  mai^tare^  pagaron  1' offe  feAza  dir  trulla: 
POPl{i(!a^a(h'o  k  qùdto  ìratóla  cheti  e  itfmy  ^anto  due  pali ,.  finche  fohtite 


te  dhqtid  ore  délù  ìi^tév  .fi  fe^V  la  catot^W  del"  Bargello  :  ed  allora  Fe- 
iicte  i^òltàtófi  a  Ruggieri, 'difle;  Oh  abbiamo  noi  forie  a  morir  qui?  e* mi 


liete  i^òltàtófi  a  Ruggieri,  difle;  Oh  abbiamo  noi  forie  a  morir  qui 

pare 'ormài  tempo  d' andare  a  d^miie.  «O' the  ti  polla  venir  la  rabbia» 


124  DeeemtJlL  Ma  Parti  deiSee,  V.  M  i  dio.  al  1 6^  o. 


.4iire  il  Ruggieri  #  vedi  che  pure  uqa  ?«lta  tu  dteeftl  una  ptacoUx  e  aon  ien-- 
za  rifa  deir  ofte  è  de*  garzonit  fu  rotto  il  (ileimo:  e  l'uno  e  T altro  pittwe 
.fé  ne  tornò  a  cafa  fua.  Era  ih  quedo  tempo  in  Firenze  un  uomo»  cniama- 
^co  il  Nipitella»  uomo  a  cui  piacque  più  del  bisognò  e  del  doyese  #  lo  ftf^K 
allegro.  Quefti  teneva  raddotto.  di  giuoco  in  (uà  bottega  »  dove  frequea- 
temeote  fi  trovava  Felice  p  non  già  per  giucare,  ma  per  vedere  gli  amici; 
ed  una  fera  alParrivar  che  fece»  dille  uno  fra  di  loro,  che  di  profefiione 
era  Seniàle;  Chetiamoci  »  pacche  egli  è  giuntq  quefto  gran  ciccione»  che 
non  fa  chetarli  mai»  e  ogni  cofa  vuol  di,i:e  egli.  t|arve  a  Felice  di  eflere 
.colto  ove  gli  doleva:  e  cbco  bando  al  filenzio  ,  facendo  alcuna  di  quelle 
Jinorfie»  che  erano  folite  di  accompagnare  la  fua  collera»  rifiH>/je  in  s^  fatta 
maniera;  Ognuno debbe  valeru de' talentile  efcrcicare  gli ufìcj  che (bn  {uoi 
propri;  il  farro,  ha  da  cucire  ;  il  legnajuolo  ha  da  piallare;  il  pittore  de» 
Tedipignere  :  e  folamente  il  fenfale  è  quello  »  che  non  ha  da  fare  altro  che 
liicalare  »  come  fate  voi .  Poi  pofatofi  per  lo  fpazio  di  ouafi  un  quarto  d'onit 
e  dato  alquanto  le  fpefe  al  cervello  »  in  un  tratto  fi  al2;ò  »  e  andò  alla  volta 
del  Senfale  (  che  oramai  non  penfava  più  a  tal  cofa  )  come  uomo  che  ,vgU 
gìiz  altri  percuotere;  tantoché  credette  ognuno  che  e'fe  *1  volefle  man* 
jgiare  crudo  e  col  pelo»  ma  f^nl  il  grande  afTalto  in  quefte  fole  paroU: 
jOrdipignete  ,un  poco  una  teda  voi>  come  la  dipignerò  io;  e  ratpo  ratto^ 
mentre  che  ognuno  fi  rideva  di  quella  novità,  fi  partì  di  quel  luogo .  Non 
iofiante  tanta  fua  mutolezza,  fu»  come  dicemmo»  amiclfiimo  della  con  ver* 
fazione»  ed  afiai  frequentemente  fi  faceifanp  nel  fotter ranco  delle  4!ue  Aznt^ 
belle  ritrovate  a  deun^ri  e  c^;  e  £uo  era  il  penfiero del  cucinare^  perchè» 
quantunque  e'  fofie  folito  a  trattare  fé  fieflo»  quando  era  folo  i  groflbla* 
namente  e  alla  carlona»  in  tali  occafioniperò  il  faceva  delicati fiimamentet 
-ma  vi  voleva  gente  di  fuó  genio;  e  qinndo «feguiva  altrìmenti »  fé  n^  pi^ 
gliava  tanto  difgufto ,  che  fi  fcprdaya  de' condimenti  »  e  non  dava  in  nuua» 
«  talvolta  ancora  per  collera ,  diede  volta  alle  pignatte .  In  quello  però  lo* 
lamente  fi  conolceva  il  gufto  o  difgufio  dell'  animo  fuo;  perchè  per  altro 
p  contento  p  fcontentp  eh*  egli  fi  fofl^»^già  era  cofa  nota»  eh' e*  non  vAr 
leva  parlar  mai.  Aveva  un  firatello»  Canonico  in  San  Gimignano  t .  il  qiWr 
Jedopo  quattordici  anixi  chécorferp»  dacché  e' lo  perfedi  viib«  vei:^i^  g 
Firenze,  e  fi  portò  alla  fua  (tanza  in  tempQ  c^e  lavorava:  .dopo  il  primo 
ialutó  gli  difie :  Che  fate  voi  Felice?  e  Felice  a  lui:  Dipingo.  Vogliodiret 
replicò  il  Canonico ,  come  voi  ft^e  ?  <  Oh  in  tanta  maìoiray.aifle  ì^elice  »  non 
lo  vedete  ?  io  {lo  a  federe  co'  piedi  in  terra  e  colle  mani  per  gria.  Quelle 
furono  le  cerimonie»  e  qu) finirono  gì' inviti.  11  Cauopicp  però»  che benfi^ 
il  qdnpfceva^  reftò  feco  a  definarer  lenza  cavarne  altre  parA>le,  fc  non  for- 
zate e  tronche  9  e  di  niu^  conclufipne  f  perchè  egli  era  per  f^a  natura  tan- 
to afiratto»  che  da  quel  tempp  cj^'fs*  lafc^iò l^pati^  e  i  p^ei)ti.,  non  ne 
ricercò  mai»  nèm^ai  fé  ne  ricprdò^ne  poc<^  né  pui^p ;  ajafichp  trovandoti 
egli  una  volta  per  teftifnQnio  a^  una  fcri^tfa^  ed.e^ej(^Q|fìj^celfarJo/far  men** 

zione  del  nome  del  padre  fuo^  bifpgiiò  addimand^ri^  a^  ÒS^  altro»fhe  % 
lui,  dal  quale  non  fi  pot^  mai  cavare»  k  non^hip  glj  pareva  di  ricordarfi  • 
che  egli  aveife  nome  Ottaviano.  Neil'  lil^ma  fua  qial^ttia  domandato  dal 

Dottor 


mi  ICE    FÌCtìERELLl:     145 

Dottor  Paolo  Mlnucci  i  fé  fi  fofle  contentato,  che  gli  lafeltffe  un  (ao  firn* 
ce  per  affifterlo  in  fuoibifogni;  rffpofc:  Il  mio  bifogno  farebbe  di  guarire: 
fe  queib  voftro  lervicore  non  ha  facoltà  di  trarmi  da  dodo  quefto  maJe^  non 
lo  lafciate  altrimenti .  Ma  troppo  m'allungherei ,  fé  io  volefli  deicrivere  le 
molte  cofe  »  che  occorfero  di  quella  fatta  •  Delle  cofe  deli'  arte  fu  anche 
firavagàntemeiite innamorato;  piacquegli  il  buono»  ed  ebbe  una  ftrtna  av« 
verfione  al  cattivo.  Una  volta  tu  introdotto  alla  cafa  d'un  gran  peffonag«> 
gio  a  vedere  un  bel  quadro  di  Tisìano  :  veddelo  >  e  rimafe  per  maravialit 
quafi  eftatico.  OfTervoUo  quello  ajutante  o  altro  fervitore,  cbeg'i  moftfa* 
va  la  pittura:  ed  accennò  ad  un  altro  quadro  d'un  San  Girolamo,  che  èra 
flato  meflb  allato  a  quel  di  Tiziaiìa,  ftato  fatto  da  moderno  pittore,  il  quale 
con  una  certa  fua  vena  d*in ventare  e  mane^iare  colort,  fi  era  guadasnuto 
anche  appreflb  a' Grandi  qualche  nome,eglidHre  :  £  di  quello,  che  e  mi- 
no del  cale ,  non  dite  nulla  ?  non  vedete  come  egli  è  bèllo  ?  Felice  fino  ad 
lina  e  due  volte  fi  dette  cheto»  dando  fegnocon  alcune  delle  folite  fmòf- 
fie ,  che  tale  interrogazione  le  defle  affai  nel  nafo .  Ma  feguìtando  il  fervi- 
Tore  prohflamente  ad  interrogarlo,  egli  fenza  far  rifleflione  alla  dignità  del 
iuogo  ove  e' fi  trovava,  andò  alla  volta  di  colui  colle  pugna  ferrate,^  e  gif 
dHTe:  che  co(a  è  egli,  minchione,  quefto  quadro,  che  cofa  è  egli?  che 
vuoi  tu  che  ti  fi  dica?  e  fai  s'e'Pha  mefib  allato  a  quel  di  Tiziano,  quefto 
babbuafib  ?  non  per  altro ,  crèd'  io ,  che  per  farfi  befife  di  quel  grand'  uomo; 
Or  va' ,  e  di'al  tuo  padrone  ,  che  lo  faccia  levar  di  quivi»  e  eh' e' lo  afoii-^ 
làìf  fé  però  tu  ed  egli  non  avete  gufto  d'efler  la  burla  del  mondo.  Inter» 
rogato  una  volta  di  quel  che  gli  parefliè  dell'opere  di  un  tal  pittóre  di  mòK 
to  grido,  che  operava  in  fuo  tempo»  rifpofe  :  Io  non  faprei  che  me  ne  di- 
re, perchè  non  vidi  mai  nulla  di  fuor  giacche  il  dìpignere  fi^pra  i  cartò- 
hi  d'altri,  è  cofa  da  uomo  da  nulla:  ed  10  per  me,  per  dappoco  eh'  io  mi 
fia ,  non  dipignerei  fopra  quei  di  Tiziano .  Per  ordinario  però  non  volea 
dar  giudizio  dell'opere  altrui  ;  dicendo,  elTer  quefto  uno  impegno  da  rìoà 
fi  pigliare  »  fé  non  da  gente  di  poco  fenno:  e  forzato  una  volta  da  un  tal 
Pancacci  a  dire  ciò  che  gli  pareflè  dell' opere  del  Cerrini,  detto  il  Perugi- 
no; dopo  molte  e  molte  inilanze,  rifpofe  :  E' fa  beniflìmo ,  ma  non  ve  nt 
caricate;  come  quegli  che  forfè  fapea,  che  il  Fantacci  per  lo  foverchio 
concetto  ch'egli  aveva  formato  di  quel  pittore,  gii  aveva  ipela  gran  par- 
te di  fua  facoltà  in  opere  di  fua  mano,  delle  quali  aveva  piena  una  gran 
fala,  dopo  averle  anche  arricchite  di  nobili  ornamenti ,  fperando  foriè  di 
lafciare  con  efle  un  gran  teforo  in  cafa  fua;  ma  ha  poi  fatto  conofcere 
l'efperienza,  che  egli  s'ingannò  non  poco,  non  già  perchè  il  Perugino 
non  fofle  bravo  e  fu'edito  artefice  »  e  non  facefle  molte  opere  degne  di  gran 
lode;  ma  perchè  cni  vuol  far  sran  teforo,  bifogna  che  vada  in  cerca  di 
gemma  di  primo  pregio,  di  dobble  o  verghe  d'oro,  e  non  di  ogni  altro 
metallo ,  che  pure  abbia  in  fé  fteflb  qualche  durezza  o  fplendore  t  ed  in  ma- 
teria dì  pitture,  per  far  raccolta  che  vaglia»  non  bifogna  che  vada  dietro 
alle  grida;  ma  che  abbia  da  fé  fteflb  occhio  erudito ,  o  fi  governi  col  pare- 
re degP  intendenti  dell'  arte .  E  tanto  bafii  in  propofito  di  Felice . 

P  FILIPPO 


tt6     Deeem.UI.  della  Pan.  I.  delSei.  V.  JaliSio.  aliój  o. 

FILIPPO    UFFEMBACH 

PITTORE  DI   FRANCFOORT 

'Difiepok  dt  Adamo  Gr'mmery  nato -^  circa  al  1(^40. 

Acque  qucAo  artefice  d*  aflai  buoni  natali  in  Franc&oi^* 
città  dell'  alta  Germania;  fugrande  imitatore  della  mar 
niera  del  fuo  nueflro  Adamo  Grìmmer.  a  cui  fin  da  fanr 
ciuUo  era  llato  da'genicori  raccomandato.    Fra  le  oper^ 
Tue  più  eccellenci  fatte  inFrancfoort.  (i  conta  unatavol» 
della  Chielà  de'  Padri  Predicatori,  ove  fu  dal  fuo  pen- 
nello rappiefentatarAfcenGone  del  Signore.  Sono  anche 
fue  le  pitture  della  Torre>  al  ponce  della  fìeja  città  fabbricata.   Fu  molto 
dedito  alla  Chimica»  e  curiofo  degli  ftud]  di  Teolo2Ìa,e  molte  cofe  fcrifie. 
I^el  tempo  della  Ribellione  »  foUevata  da  V  incenzio  Fettmilch.  fornajo ,  con-: 
tra  il  Senato,  avendo  molto  perduto  di  quel  &vore,  che  gli  avea  la  fua 
virtù  procacciato  nella  fua  patria,  li  ridulfe  a  paflàr  fua  viu  nella  propria 
cafii  con  poche  comodità  :  e  finalmente  circa  r  anno  1(^40.  diede  fine  al 
viver  fuo  •    Fu  fuo  difcepolo  Adamo  Elsheimer  ■  Ebbe  in  grande  ftima 
gli  antichi  artefici  Tedefchi .  Fu  anche  verfato  nelle  regole  (li  Sìmetria  » 
Geometria^  Prospettiva  e  Anatomia:  e  quantunque  poca  ononmaiavefT 
fé  perduta  di  viua  la  patria;  per  la  molta  letteratufa,  e  per  aver  molto 
Jtentito  da' pratici  de' viaggi,  parlava  di  quegli  con  quel  fondamento,  che 
^Icrì  avrebbe  fatto  »  che  aveje  fua  vita  tutta  impiegata  in  camminare  il 
mondo . 


ORA- 


127 

ORAZIO    RIMINALDI 

PITTORE    PISANO 

\  Nato  1598.  ^  16^0. 

Acque  Orazio  Rioiinaldi  di  onorati  parenti  ndla  nobiKfli*» 
ma  città  di  Pila  1'  anno  dì  noftra  falute  I59ft.  edavcnd^ 
tutti  gli  anni  di  fua  fanciullezza  fervorofamente  irnpiegati 
negli  ftudj  del  difegno,  prima  apprefTo  Rinìeri  Alberahct* 
ti ,  poi  fotto  Aurelio  Lomi;  defiderofb  diperfeziorìarfe  nel» 
r  arte  della  pittura,  fé  n'  andò  a  Roma;  e  quivi  fotto  la 
fcorta  del  Genti lefchi  e  d'altri  de'  più  celebri  maeftrì  »  che 
in  quel  tempo  vi  operavano  »  dico  di  Domenichino  e  di  Bartolommeo 
Manfredi ,  avendo  fatte  gran  fatiche  intorno  all'opere  più  belle  de'fingo* 
lariffimi  artefici»  de'quali  fu  fempre  abbondante  quella  regia  patria,  diede 
tal  faggio  di  fé ,  che  ben  prefto  ne  corfe  il  grido  apparenti  e  agli  amici  ncU 
la  citcà  di  Pila;  onde  Curzio  Cedi  Operajo  del  Duomo  delk  ftefla  città» 
Gentiluomo  onorato»  di  ottime  qualitadi»  e  molto  amico  delle  belle  afti# 
feppe  così  bene  con  fuoi  uficj  con  lui  diportarfi  ,  che  gli  riufcì  il  farla 
rimpatriare.  Giunto  che  egli  fu  in  Pifa  gli  furondace  a  fare  molte  ope« 
re;  ma  particolarmente  le  due  tavole  pel  Coro  del  Duomo;  in  una  del- 
le quali  fece  vedere  il  Moisè,  in  atto  d^  inalberare  fopra  la  Croce  ilferpen* 
te  di  bronzo:  e  nell'altra  ilSanfone,  che  uccide  i  Filiftei:  le  quali  poftea^ 
loro  luoghi»  fra  l'altre  che  adornano  quella  parte  di  Chiefa»  tutte  di  ma- 
no di  maeftri  valorofi,  diedero  tanta  fatisfazione  alla  città  »  che  facii  cofa 
fu, che  a  lui  fofle  dato  a  fare  l'infigne  opera  della  Cupola»  nella  quale  rap. 
prefentò  1'  AiTunzione  di  Maria  Vergine  »  e  le  immagini  di  tutti  i  Santi 
Protettori  della  città  .   Dipinfe  pel  medefimo  Curzio  Ceoli  un  quadro  a 
olio  d' un  San  Baftiano,  in  atto  d' efler  curato  da  S.  Irene .  Per  la  Chiefa  di 
San  CriAofano  fece  la  tavola  di  San  Guglielmo»  mentre  dalle  Vergini  viene 
riftorato  :  e  per  la  Chiefa  di  San  Martino  delle  Monache  di  San  Francefco 
un'altra  tavola,  ove  rapprefentò  Santa  Bona,  Vergine  Pifana.  Si  vede  inefla 
la  Santa,  in  atto  di  prender  l'abito  Monacale:  evviii  Sacerdote  col  Piviale» 
flflifo  fopra  una  fedia,  col  Diacono  e  Suddiacono:  uno  di  quefti  da  man  de- 
fira  tiene  in  mano  un  libro  chiufo,  e  l'altro  da  man  fìniftra  porge  l* abito 
al  Sacerdote,  il  quale  ftende  la  mano  per  prenderlo,  e  colla  deftra  £1  P  atto 
di  benedire  Santa  Bona»  che  vedeO  inginocchiata  a'  fuoi  piedi  in  politura 
di  gran  reverenza,  e  con  ghirlanda  di  fiori  in  capo.   Dietro  a  quefia  è  fi« 
gurata  una  donna  inginocchioni,  inatto  umile  e  colle  mani  giunte:  e  die- 
tro a  quefta  fece  vedere  la  tefta  d' una  vecchia,  che  moffa'a  di  piagnere:  e 
vi  fono  ancora  altre  figure  Angeliche  ed  umane.  In  San  Michele  è  pure 
tina  tavola  dell'  Immaculata  Concezione  di  Maria  Vergine ,  fatta  con  fuo 
pennello I  ed  una  finalmente  hanno  in  loro  Chiefa  i  Padri  Domenicani  di 

P  2  Santa 


128  Decenn.ìlldella7artA.dalSec.VMli6%o.ali6io, 

Santa  Catefìna,  ove  è  rdppfefentatio  ì$.  martiri*  di  Santa  Cecilia ,  Era  gii 
tf  Rifflìnaldi  in  breregico  d'  &nnì  v^v^o  in  tanto  .credito.,  che  fì  h»  d^ 
una  lettera  de'fedici  d'  Ottobre  del  1652.  fcritta  dal  Dottor  Giovanni  Pa- 
ani  al  Decano  Berziahellì,  avere  egli  avuta  notìzia  da  Girolamo  Rìmitial- 
dir  come  dalla  Maelià  della  Regina  di  Francia, -mediante  due  fue  lettere, 
una  in  Franzefe,  e  1  altra  in  Italiano  idioma ,  ^)i  era  flato  rapprefentaco 
fno  defiderio ,  eh' egli  fi  portafle  colà  infuofervizio;  quando  venuto  l'an- 
no itfjo.  infaufto  alla  Tofcana  per  la  crudele  peflilenza,  Ìl  Riminaldi  in 
ftal  bei  flore  degK  anni ,  e  in  fui  più  bello  dell'  operare ,  tocco  da  ul  male» 
pervenne  all'  ultimo  de'  giorni  fuoì. 

Ebbe  anche  la  città  di  Fifa  ne' tempi  dìquefto  artefice  un  altro  RIMI- 
N  ALDI  per  nome  DOMENICO,  dì  cui  giulla  cofa  è ,  che  facciamo  in  queflo 
luogo  qualche  ricordanza,  efTendo  egli  flato  nell*  incagliare  in  legno  affai 
ingegnoCu  e  valente;  onde  meritò,  che  Curzio  CeoUOperajo  del  L^uomo, 
Ibprannominato  ,  gli  defle  a  &re  il  grado  dell*  Altare  Maggiore  i  in  cui  fe- 
ce vedere  J' ifloria  dell'  Incoronazione  della  gran  Madre  d' Iddio,  con  gran 
copta  d' Angioli ,  altri  in  atto  di  danzare ,  altri  di  regger*  felloni .  Son  di 
fua  nano  gli  ornamenti  dorati ,  contigui  a  i  pilaEtri ,  che  foflengono  la 
Cupola,  facci  per  contenere  alcuni  quadri  di  Benozzo,  d'Andrea  del  Sar- 
to e  del  Sogliano;  firailmente  il  Santuario  dorato  Copra  la  pOTta  dì  mez- 
zo: e  i  due  Angioli  maggiori  di  naturale,  che  fi  veggono  alle  tettate  di 
e0b.  Ville  quell'artefice  anni  quarantadue,  in  fine  de' quali  fece  da  quefta 
all'altra  viu  paiTaggio  l'anno  1637. 


ANDREA   CAMASSEI 

DA    BEVAGNA    PITTORE 

'Dtfcepolo  di  Domenico  Zampieriy  detto  Domemchino , 
nato  1602.  -ii^  1649. 

'  f  Ndrea  Camaflei  >  nato  dì  onefti  parenti  in  Beva^na  nell'  Um- 
'  brìa,  in  fua  gioventù  fi  porco  a  Roma:  e  quivi  nella  fcuola 
di  Domenichino  pittore  celebre .  attefe  per  modo  agli  {todj 
di  quell'arte,  che  in  breve  diede  fperanza  di  dover  divenire 
uno  de'  migliori  maeftri  che  aveflè  la  fua  età  ;  non  (blamente 
perchè  nefìun  giovane  in  quel  tempo  difegnò  meglio  le  co- 
lè di  Raffaello  >  maflìme  quelle  della  Lo^ia  de'  Ghìgi ,  di  quello  che  egli 
con  matita  roffa  e  nera  fi  fece;  ma  eziandio  perchè  nella  medefima  fcuo- 
It  egli  già  fi  era  facto  conofcere  per  uno  de' più  bravi  giovani  »  che  vi  ma- 
Tieggìaflero  iwnnello  Ma  di  gran  lunga  maggiore  incominciò  a  correre 
la  fiuna  di  luìi  non  dico  a  cagione  d*  um  Gupolm»*  clu  ia  molco  frefc* 


'      i,  r^N^kEA^^CA'MASS£L       n^ 


•  ^  '   -Ài' 


ekià  egli  ^Ì0Ù  in  Bét^gtta  ^nt  pft(rih^<  am  iill 
éiìtìé  QieAcIvoftli  in  di^ittitote  .k  Vòltt  4eUa 


Fàlazza  MÀzetmifo,  che  peVv«Ane  in  pMerè  dej  Due»  Mancini .  Rappre^ 
lento ^gll  iA^qiieiropéni  la  iigara^  Giovai  iiiactodirigionarecon  Amo- 
re  delie  fue  bozze  t  ieceontndo  verfo  quelb  di  Pliche»  che  poco  lungi  fi 
rtàt  ctfr  vafeUò  in  mano.  Appatiice da  unt  mrte Giunone*  lopra  le  miioft 
pei*  entro  il  file  carro  é*  ùtù ,  ^lafi  ricevendo  le  dolci  ì  Apreflioai  d<;110'  f pi- 
rare  éi  Zéffitoiy  taierircFe  in  figafa  di  dhtti  Aaioretfet  »  (piranti  pure  aure  iua» 
vi»  volano  per 'aria  alcuni  piccoli  vfenttcdli ,  e  le  Ninfe  vanno  fpargea^ 
do  odorati  nort;  In  altra  pane  è  la  ^Dea  Venere  nel  Carro  d' oro,  iopra 
le  nuvole  $  àìh^qniiè  fallilo  vaga  aoQdmpagnatura  le  Gra2ie  e  gli  Amori  ; 
i  due  de'qualif  che  gli  hanno  rapito' il  mantello,  fi  volta  Vulcano .  Cono» 
fciuta  fua  virtù  da  tutu, la  Catfa  Barberina,  n&' tempi  d'  Urbano*  ebbe  il 
Camaflei  ad  ^(Msrare  ifon  pooo  aTÌchtefia  iorot  e  oel  lor  Palazzo  alleQuof^ 
ero  Fontane  dipinlb  a  frefcò  le^  voice  drdve  ftaiKEe:  in  una  delle  qu<all 
fece  vedere  la  ftoritr  delia  creazione  degli  Angeli:  e  nell'  altra  il  Monte  di 
FarnaCb,  ove  è  Apollo  colle  M|ife»  t|itte  con  loro  fegni  e  diftintivi  »  ia 
vaghe  attitudini  :  e  fiinno*  tetla  ihoftra  le  Parche  addormbntate^  colle  qm^ 
li  lodatiflimi^  pitture,  «e  Cò4  nobil  erutto ,  che  era  proprio  di  queft' artefice  » 
s'acquiftò  tanta  grazia  appreflb  a  quei  Principi ,  e  tanto  ne  guadagnò  l'amou 
re,  che  non  feppe  defiderarda  Ipso,. per  proprio  avanzamento,  grazia,  che 
egli  non  confeguKTe,  come  fu  k^^oftodia  della  Cappella  del  Giudizio  éà 
Michekgnoto  nel  Palazzo  Apoftolico»^  folica  darfi  iolo  ad  eccellentifiimi 
profeiìbri?  càrica  nobile  e  di  rendita  allora  di  .dieci  feudi  il  mefe»  oltre 
a  quella*chehoi  diciamo  la  paree>  cheròfuaointero  pi^evvedimento  per  la 
propria  perfon^a  di  guanto  alvifto  ab^ifogràti.  Equefta  non  poco  contri* 
bui  al  vafntaggiofo  matrimonio,  che  egli  p<u  con  dote  di  feìmila  feudi  con« 
traife  con  Giovanna,  belliifima  fanciulla,  figliuola  di  Pietro  Spedizioniere 
della  Dateria.  Sotto  il  patrocinio  pure  di  Cafa  Barberina  ebbe  a  fare  altre 
opere,  ^che  gli  apportarono  applaufo:e  particolarmente  ha  la  Vaticana  Ba« 
fifieai  una  pittura  a  frefcp  ;  ove  è  San  Pietro,  in  atto  di  battezzare  due  fol* 
dati;  e  vi  fono  altre  figure  molco  fpiricofe;  e  condotte  di  ottimo  guAo .  In 
San  Giovanni  Lacerano  dipiniè  pure  a  frefoo  in  un  grande  fpazio  la  batta 
glia  di  Coftantino  con  Mafienzio,  che  fi  Vede  fommerfo  nel  Tevere.  li, 
quefta  veramente,  quanto  in  ogAi  altra  fua  opera ,  fece  egli  conofcere  iì 
fuo  bel  genio  pitcorefco^  non  tanto  per  la  grande  efpreffione  che  moftrano 
quelle  figure,  quanto  per  ogni  akra  loro  beHa  qualità*.  In  alerò  fpazio  di- 

J>infe  il  trionfo  dello  fteflb  Coftantiaot  che  fi  vede  maeftofamence  ra^  pre« 
encato  fopra  un  Cdrrtftirato  da  quattro  cavalli ,  a'  quali  altro  non  manca^ 
che  il  moto:  e  non<è  datacerfi,  cbequefii  animali  ricraXIe  egli  al  vivo  da 
quattro  creila  mttta>dol  gi^Eminéhtilfimo  Pallotta,  la  quale  in  quel  tempo 
evea  per  Roma  il  pi(!t<nobil  gridou  :L* accompagnatura  delle  figurò  è  foeU 
liffioHi ,  e  la  difpofiaione  eziandio  delle  medefime.  E*  di  fua  mano  in 
Sant'Andrea  della  Valle  de^Pàdri  Teatini»  h  gran  tela,  dove  è  dipinto  San 
Gaetano  genufileflb,  in  atto  di  (cri vere  le  Regole  di  fua  ReligiotiC  Vi  è 
un  Angelo  che  fettine  àiiiaicaaeUaycdiilniputco  che  tiene  il  calama/o:  hcU| 
•    '  P  3  parte 


ft|ò    De((miJJIJeff$  Pari J. dei Sec.y.^^^^^^ 

piTCepiìi tlta  è GasùiCriflo  nelljpr<u^«tor«t|  ohe  motr» Ai8i«rii»;ftl$inr 
to  effe  Regole .  ArrioChifconoqiMll»  partfif  ft  rf<idon{t  ^^  ^meOnra  n^. 
ti  Angeli  in  varie  e  belle  atci€u4ìn^  .rfVmn^/p^l  il(!HiUK>  aèiliM^9nf«zc^ 
sione  cH  quel  Santo;  ed  i  Padri  fecerpxifoon^IMrélil'fìtvoU  4\vnt  ghiihundii 
di  fiori»  nel  che  in  vero  foddisfecero  più  ajla  pcppiria  loro  deirgslcae,  che 
al  buon  gufto  deer intendenti  dell'arie.  £'  anco  di  mano  delGantaffeiv  in 
Santa  Maiia  in  via  lataf  al  Corfor  la,  jiitiiira  a  ffiefco (4eJUa  gtoctofriAfliiiv^ 
«ione  di  Mark  fempre.  Vergine»;  feryiiira  da  grai^ccip«a:d'ÀngQliU  lSb^t^^4 
coada  f»  polla  al.  primo  Altare  a;  man  finiftra  lai  (avpla  -a  olio  ctella-^Q^f 
ilkffii  di  Maria  Vergine  Afliinta»  can  Angeli  in?  varie  adicpiithi  1:^4  ah^iu^ 
putti  che  fpargon  refe  fopra -1  fttofepokiro...  Per:  U  Cbieé (j()i^*  Cap[pn(:«ix4 
dipinfe  la  tavola  della,  Pietà  t  nella  quale  in  ifcorcio  aKirltp  bene  |nce^  « 
craziofi>,»  fece  vedere  il  Corpo  di  nofiro  Signore  Geaù  Criftc»  nel  iena  della 
ina  Madre:  vi  fono  le  figure  di  San  .Giovanni  ^e  di  NiftcodraiOt  tutte  bea 
AifpoOe  e  colorite*  In  Santo  'Egidio  in  Tiafteveiie  .è  jl  iiiiftdra  deli^  Aitar 
Maggiore»  colla  figura  della  BesAa  Vergine. col  Q^aiàbin»  Gdsù'  in  itna  glor- 
ria»  con  moltiL Cherubini  ;  e  nella  parpe  fih  baflà«è  dn  pianto  dell'  Ondine 
CacBaeliunov  In  &^n  Sebaftiano»  paffiico  CampK>:yafiainoii  è  la.ta;aola  del 
Santo,  in  atto  d^efler  battuto  da  duoinaAig(rfdit  e  vifono  alcuni  beUii&« 
mi  putti  » 

A  chi  volefle  ridire  quante  opere. m  pittura  condufle  Andrea  in  pub-^ 
^ed  it>4yrivato,  e  particolaro^ente  per  idandare  in.FcancJaedinaltre 
Provincie  oltre  i  monti  »  bifognerebbe  un  gran  tempb»  onderà  noi  batteri 
quanto  fc>pra  abbiamo  accennatola:  Avvenne  pau  che*  nel  Pontì^cato  di 
Innocenzio  X.  futiato manoaiii  unanfocma  delle  fpefo.di.Pabttso^  ci&à 

2uelie  che  furon  tolte  via,  ebbe  luogo  far  pfovvi6one  eia  patte  eht  folea 
arfi  a  Itti  come  cufiode  della  Cappella  ;  onde  egli  fra  Io  difgufto  che  (ipre^ 
fe  di  tale  novità,  e  fra  l^efTere  ftato  chiamato  alla  patria  per  dipignervi  al- 
cune cofe*  e  particolarmente  per  dipignare  la  Cupola  della  Cattedrale  di 
Fuligno,  non  nurito  lungi  da  Mvagna»  che  poi  non  eflTettiJò  per  non  aver 
concordato  ne)  prezao  e  modo  del  pagamento  r  egli  lafciò  Roma»  e  ad  ti& 
fua  patria  fi  portò .  Vi  fi  trattenne  una  fiate  intera  »  net  qual  tempo  (non 
fi  fa  per  qml  cagione  )  egli  fece  ad  un  tale  dar  cene  buiie  ;  onde  avvenne 
•he  lornatofene  a  Roma  vi  fu  fobito  carcerato:  e  molto gU  valfe  la  fua 
virtù;  ma  mokiifimo  V  ufida  di  Donna  Olimpia  Panfilia  »  cq^nata  dello 
allora  Kegname  Pontefice  r  per  Io  fine  di  (campare  di  tal  briga  f  con  nulla 
altro  più»  che  con  una  breve  prigionia.  A  quella  Signora  dipinfe  il  Ca«* 
aiafléi  un  fregio  in  una  fiansa  del  ivop^zzo  di  Piazza  Navone»  che  allora 
appunta  era  in  fui  termtnarfi*  Si  andava  egli  intanto  feniprepiù  avanaan-» 
do  e  nel  vabre  e  nella  filma  apprefib  di  ogni  perfona»  quando  venuto 
r  anno  tó^g.  e  quaraotefimofectimo  deir  età  fua ,  egli  infieme  con  Gio- 
ìfanna  fua  moglie ,  fu  foprappreib  da  grave  infi^rmità  '.  la  quale  ndP  uno  e 
neiraltroforteaggravandonellofteflb  giorno,  urimaeflb  è  poi  la  mMlìe» 
privò  di  vita:  e  ciò  fu  (  per  quanto  ne  corieh  fama)  per  ecceflo  didilgufti 
ricevuti  da'fuoi .  Il  giorno  feguente  fu  il  cada  vero  di  Andrea  #  con  accom* 
pagnatura  di  tutti  i  Proftflòri  e  Accadeioaici  del  Difegnoi  portfeto  nelb 

Chieia 


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: I \      Oiil^'iS^^^        \  Ce» >MaA}&SS. L     ^31 


Glltefì4iStm^Afòffina\'  tafitme«on  c^^      delia  moglie,  a  col  prioM 

di'itibrìre  noR^à  tefoiicni  aow  il  ^aib  del  marito:  e  quivi  ebbe  fepoiciiai^i 

Rf^di'qanlM*VrÌkilk>iik^>uii|)itt  il  quale  in  tenera  .età  ouiot 

6ò  éi^^if/  tàmockè^'queto^viftiStffò,  toltone  le  belJc opere  dir fuo/pcat 

liellò'Miltrt:iUé«orìa^1MA^ftll|èfK  ^Fw 11  Gamai&L d"  al^a  flatùt^a  ^  inagcp^l 

per(bna,  di  carni  ulivaffret  di  pelo  nero,  ecchj  jpiccoliè  di tempéMuiefiiio 

iflM&ìoóhfCoi  àflfiii  bhttil^^^  p^dixfierì;  ma  in  quelli  ^dwialVja^tè 

tj^paMeherano^  (lava  syfdrmd,' ckeHnò  nell^  atidlifc  csmmMàndea  iUpoc^ 

to>  vi  fi  profòndam  :  e  qttaiuftque  bel^  concetto  partoriva  la  fua  fanta(iA# 

tion  avendo  prontir  la-eaMa  i  ditègnava  per  le  mwa.  Quefta. Tua  maltnco^ 

tAà  o  ifeflazionè  qUiifi-cdfttiilU<i>,  lK}|p^g(i  tbglievs  però  un  oerto  tcatio  no-i 

bitef'*ed  una"Mrta*c<^tinbxbtfic4'^  Toitti  di  perloha »  éi  paccicos 

brmente  colla  gìovèhtvH/^coale  Quegli  cto  molto  ^ufta va  di  quell*allegda» 

cìtth£éVtz^t6txi^^tk2Lt€ì\nt^^^  faceti  e cueiofi; 

lenza  jHiiiCb  eccedere  t  Viàuti  di  ^hà  intere  bodeftjai  anziché  da  quegli  che 

vivean  toggerti  alla  fua  cura,  -volevano  biìa  efatta  oflervahza ,  e  forte  pa«^ 

niva  ogni  loro  mancamento,  rn  còle  ehe  offe ndeflero  una  certa  civile  one(U<» 

Occorie  una  volta,  che  fino  al  nóm^o  di  di^ci  de*  fuoi  difcepoli,  fapen* 

do  che  ÀiìdfÈfai  benché-ttlantei  còme  6*^  ò-dettOi  del  decombe  della  civi^ 

te'pne(M}era  ^ejr'éltfo  \\t\  luò  fegi^étirsfqiianto  abbattuto  dall' afièuo  v»^ 

netto ^*  elidendo  fargli  eofa  gtata,  fecero  iin  difegno  per  uno  di  propria 

{nfVènzipneY^apprefeiitahdo  un  atco^tikodt>  loro,  appartenente  a  cosi 

ft|tce  matef  le*s  e  poi  lo  moffrarono  ài  maeftiftf  ^  e  ne  ftavano  afpettando  gli 

applaufi; quando  H-Càfbèffsi,cheera  appunto  in  attedi  piagnere , lafciat» 

la. tavolozza  è  \  peh'fìielli,  die  marf6ìid  un^roflb  legno,  e  fenza  gran  co£e 

direi  pili'  che  dar  loro  d^  infoienti,  màltr^aci  e  bricconi ,  tutti  gU  cadcia 

d^fuà  '(ctidlà,  nella  quale  reftarobo  foto  Gìt>:  GrifQftomo  Ciamborlani^da 

TerniV  Mònsù  Francefca  Franzefe,  e  Giovanni  Carboni  da  Tolentino  r 

t  quali  noli  aveVan  vplìitò  avei^ luogo  Iti  ^^l  brutto  lavóro.  Fu  (blico  Kxi^ 

drea  per  ordih^rid'poéo  diVmirficIalP^perìfre,  ed  al  più  ne' giorni  feftivi« 

e  la  iéra  in  fui  tardi  porcarfi  in  Strada  ^ice,  ove  non  è  poliibile  a  dira 

quanto  egli  fi  pigliafTe  gufto  in  veder  fare  a'fafli,  coftume  mofto  ulaio.iA 

3uel  tempo r<|ttafi  ogni  di  dà'  fanciùlU,  da' giovani,  ed  anche  da  uomini 
t  età  alquaìlto  avànzatià,^<era'quali  Uetie  fpeuo  appiccavanfi  tali  battegiiei^ 
che  poi  nnivanfi  coli' armi  alla  mano.  Qui  veramente  moftrò  Andrea  qual 
fofie  il  fuo  debole  ;  conciofiìacofachè  nuli' altro,  che  il  timore  di  fcapicare 
alquanto  in  quel  credito  e  fiima ,  che  egli  fi  era  colla  fua  virtù  e  colle  buone 
maniere  procacciato  per  tutta  Roma ,  il  riteneva  dal  metterfi  ancora  efTo  ia 
quello  ftrano  giuoco:  accoftavafi  però  quanto  più  poteva.  Fu  in  ciò  più 
volte  da'  fuoi  giovani,  e  particolarmente  da  Giovanni  Carboni  avvifato» 
ma  fempre  in  vano;  tantoché  una  volta  egli  rilevò  una  sì  fiera  faflata  nella 
fchiena,che  egli  cadde  in  terra:  donde  follevato  dal  Carboni  e  da  altri ,  e 
condotto  nel  palazzo  «che  era  abitazione  del  Marchcfe  Palombara ,  e  quin- 
di alla  propria  cafa,  ebbe  molto  da  patire,  prima  di  far  ritorno  airantiqa 
falute.  Ma  per  dire  alcuna  cofa  della  maniera  che  tenne  quefi:'artefice  nel-* 
l'operar  fuo,  non  lafcerò  di  notare,  come  egli  feguitò  tempra  quella  di  Do« 

P  4  meni- 


2^2    Dè£àik,Mh^éffaP^xlStlSe^,TiMjJ5^o.alt6$o. 

menichino  fuomaefiroi  Ifc  qti«le>ttfò  «acl  luiiccito  •gQflj^Xuo  pra]^io.^aii 
buon  difegnó  e  vago  colorico.f  che  fatono^A  pxiiai  pijegt  ^fiJciwo  pcrm^W 
lo:  di  che  parricolarmencie  faxttio  f<dAÌik^l»>VplA;cyjli\AÌr»nM  i)9l(a(  tBiooqt 
da,  le  iepictovein  S.  ?iktta,eithS^Qìf}mt»^ìjÌM9rM»QmSihfitAw 
piìiparte  degl* incendenti»  fonoitiiq«(»|e  mìlAwrÀ  Aperse  *  «lM(l(giÌ;<ijpOipiej^ 
ti  pubblico  nella  città  dì,  Roa».  .1  '. '4  ìfi  ,vt  ]  f  j  ^  rr-j .  »  .;  ^..  . 
FuróndifcepG(li  delCamaifei^  '^qi^egU  Ahe^fi^prStjlb^'»^ 
li  forfe  più  dr^igni  altro  fi  tvtnw  <alQVANMi;Ca(Wi!ti ,.  di  culgiu^la^ 
che  dichiamo  alcuna  cofa, giacché  €gli  per  avello  qUp  ha/6n  qui  q^t^OmìI^ 
per  le  TperaIlze^  che  fi  hanno  delle  funurè  ppei^^Cue  ,.  pe  ne  fomiQini^fii 
lufficiente  materia.  Quefiit  che  avQndo  CQoginnto/allA  «lyilcà  de'Jfpm 
natali  molte  dlqueUadotì»  che^fonò^tfc^iiilieUf  qwl^i^cà^^ 
altro  virtuofo  è  bùotio^  ed  wwdo^  à$f»  («ggìp.di  fua  abiliti  ìq-^ì^ 
belle  arti;  ne'  tempi  d*Ale(&adiKiyiL:fy  iiifieme  €<m. altri  pittori; cl^ia^ 
matO'  a  dipignere  la  Lo^^iaf  d^I  Palnusio  Apa(lpri«e(  4  San  Pietro  :  e  iFù  da*» 
co  principio,  ai  lavoro;  ma  poi  (checche  fé  ne  foìSe  la  cagione)  queK 
l'opera  xeftò  imperfetta.  In  età  di  trentatre  anni  (tanto  fu  il  concetto 
che  fi  aveva  di  lua  modefiia  )  fu  ammefli?  p«r  pi^.  i;a^fi  a  dipigne/e  dea* 
ero  al  Monaftero  delle  Monache  fn£ampO:M8|»io,,i4o;ire  colori  ìa  ftoria 
dellaCena  del  Signore  ^  più  Angeli  attorno  ad  uà  Crpgi^flo^  nn  S.  B«aedet;tQ 
in  ^lorsst,  ed  altre  opere»  colle  quali  foddisfi^e  noi%  pure  a)  gufto^e  alla  d^ 
vozione  di  quelle  Madri*  ma#KJaMdw>de'  loro  fupejHori.  £  quefto  fia  detto 
non  ottante  dò,  che  agli  «nm  ia^^dietro  fu  fcrittft.df  «Ieri,  :cl|«.foriè  per 
erróre  di  chi  gli  diede^tali  notiate»  in  ^nX^f>  per  a|tr<>;bjBlli(fimo ,  curiomfi-*' 
no  e  utiliffimo  libro  >  le^  atfrii^Vad  AltrQ.quiefirp  ;  jiocome  |a(ciò  di  i>otare 
due  grandiiffimì  quadri»  che  W  &e0b^Carboni  avea  dipinti  per  ,1%  Cbiefa ikf; 
S^nti  Apoftoli,  ove  è  la  floria.ds  Giufeppe  in  Egitto,  che  ricen^  i  fratelli  $ 
e  neir  altro  la  Ibmmerfione  di  Faraone  t^  Mai^  rq(ro>  Moaè  e'I  popol^ 
d' Isdrael ,  E' anche  opera  delle  fue  mani  ìK «i^rp^.^el .  San  Niccolò  da 
Tolentina  nella  Chiela  di  Ge^ù  Maria  degli  .4^^(Uniani  Scelsi  al  Corfp» 
il  quate  lo  fteflb  autore  attribuì  ad  un  tale  Bafijio  Franzefe  •  Nella  Chiefa 
di  Sant^Angeio  in  Borgo,  in  una  Cappella  a  mano  finiftra,fono  fatte  da  lui, 
le  pitture  attorno  a  un  piccol  quatdro  della  Madonna..  E  que(U> è  quanta 
è  potuto  fin  qui  del  Camaflei  e  de'  fuoi  diicepoli.  fenire  a  nqtiz^it  noftra^ 


.  » 


'  f 


MAKIO 


»33 


MARIO     B  AL  ASSI 

•      •      •      ■  '  f  0 

'      PITTORE    FIORENTINO 

Difiepolo  di  latteo  ^offelli^  nato  1^04.  ^ 

'Anno  di  noftra  faluce  1(^04.  nel  mefe  dlGennajo  nacque  hellt 
cicca  di  Firenze  Mario  d'Antonio  Balafli  »  di  onoraci  parenti  : 
ed  era  ancor  piccolo  giovanecco,  quando  avendo  moftraCg 
inclinazione  alla  pitcura»  fu  raccomandaco  alla  cura  di  Jacopo 
Ligozzi  »  boniflimo  pitcore,  fiato  difcepolo  del  canco  celebre 
Paolo  Veronefe;  maeflendonon  molto  dopo  feguita  là  mofcc 
del  Ligozzi,  fu  pollo  nella  fcuola  di  Matteo  Roflelli,  la  quale»  come  in  aU 
tra  luogo  dicemmo,  era  allora  una  delle  più  fiorite,  che  aveflc  la  noftra 
città,  non  tanto  per  la  pratica  t  difcretezza,  che  avea  quel  maeftro  nel 
comufucare  altrui  la  propria  virtù»  quanto  per  la  bontà  del  medefimo; 
onde  chi  a. lui  raccomandava  i  proprj  figliuoli»  fi  aflicurava  di  ciò,  che 
era  per  eHi  il  più  importante»  cioè  di  riavergli  civilmence  e  crìftianaoien- 
te  educati.  Stettefi  apprefib  il  Roflelli  fino  all' età  di  diciocco  anni»  qùan-* 
jdo  il  Paflij^nano»  al  quale  bifognava  un  giovane  di  bei  cofiumi  e  grande* 
mence.dilpofto  all'arce»  per  allevarfelo  in  fuoajuco,  fece  ricorfo  al  Ro(^ 
felli»  il  quale  fubico  gli  moftrò  i  difegni  e  le  prime  opere  di  cucci  i  fupi  :- 
eveducele»  fece  di, quelle  di  Mario»  ed  infieme  della  buona  indole  fua  si 
buon  concetto»  che  f ubito  lo  elefle  fra  tutti  gli  alcri,  e  nella  propria  fcuo- 
la il  condufle.  £  qui  non  è  da  tralafciare  di  dire  ciò»  che  il  Balaffi  fóleva 
poi  raccontare»  cioè»  chefubitoch*egli  cominciò  ad  aflaporare  il  modo  di 
decorrere  delle  cote  dell'  arte  di  quel  gran  maefiro»  e  gli  fquifici  prececci» 
fu  prefo  da  cale  maraviglia»  che  pareagli  d'eflèr  rinato  in  un  nuovo  mon- 
do .  Aveva  egli  fino  a  quell*  età  ancor  cenerà  apprefib  il  RoflfelU  facco  sì 
gran  proficco,  chequafi  di  fubico  cominciò  a  dare  ajuco  al  nuovo  maeftro 
nell'opere;  onde  elfo  gli  aiìegnò  ftipendio  di  dieci  feudi  il  mefe;  e  tanto  - 
fi  foddisfaceva  di  lui ,  che  per  ordinario  di  qualfifofle  grand'  opera  facevsl 
di  fua  mano  un  difegno»  cavalo  al  Balafii;  ed  efib  riporca  vaio  in  grande 
fopta  la  tela ,  bozzandolo  di  fua  mano ,  e  talvolca  conducevalo  a  legno  » 
che  al  Paflignano  reftava  poco  altro  più  da  fare»  che  il  ripaflarvi  fopra  con 
gli  ultimi  colpi .  Né  io  {tarò  qui  a  ridire  quante  bellifilme  tavole,  fatte  da 
lui  in  Firenze  e  per  lo  Stato»  furon  bozzate  dal  Baladi»  perchè  di  ciò  ba* 
(lan^emence  abbiam  parlaco  nelle  nocizie  della  vica  dello  fléfib  Pafiignano* 
Baiti  folo.  che  avendo  queir  arcefice»  per  alerò  fingolarìfilmo  »  ufanza  di 
pofare  il  colore  in  fulle  tele  in  poca  quantità»  e  quafi  velando,  e  alla  pri- 
ma, ogni  fua. bell'opera,  ftetti  per  dire,  eccetto  quelle  che  furon  bozzate 
da  Mario  o  da  Occavio  Vannini  alerò  fuo  difce{>oIo  »  fi  è  quali  del  tutto 
perduta  Occorie  intanto  la  chiamata  del  Pallignano  a  Ronfia  nel  Pontifi- 
caco  d' Urbano;  ondalo  volle  in  fua  compagnia  in  quella  cicca.  Il  Balafli 

ebbe 


li  3  4     P^centh  111.  della  Part.  I.  delSecV.  dal  1 6io.  al  1 6$  o. 

ebbe  a  fare  per  Don  Taddeo  Barberini  una  oopia  del^  ftaptnda  tavob  di  Raf* 
faello  da  Urbino  in  San  Pietro  in  Moncorio,  che  ebbapenfieradi  collocare 
in  Sant'Andrea  delia  Valle  de*  Padri  Teatini  nella  Cappella  Barberina  :  e 
fi  portò  sì  bene  »  che  efTendo  poi  da  Don  Taddeo  fiata  tatta  vedere  al  Paffi* 

Snano  alla  prefenza  di  G  uido  Reni  »  fii  cónclafo  fra  quei  grand*  uomini  •  e  fu 
etto»  che  Mario  non  l'aveva  copiata»  ma i)accata.dal quadro  fte(ìo  di  Raf- 
faello» e  pofata  fopra  il  fuo  quadro .  Partendofi  poi  il  Paffignano  da  quella 
città  t  lo  ebbe  a  lafciare  a  quel  Principe»  il  quale  lo  fermò  a'fuoi  feryigj  nel 
jproprio  Palazzo ,  con  provviOohe  di  25  ;  (cudi  il  mefe  •  Seguitava  egli  intatito 
ad  operare  per  Don  Taddeo ,  quando  eflfendo  piaciute  le  opere  fue  al  Duca 
Ottavio  Piccolomini»  che  in  quei  tempi  fi  trovò  in  Roma:  e  riconofciutolo 
iper  Fiorentino  •  offerfegli  i  proprj  uficj  per  fargli  confeguire  la  Croce  di  Ca<* 
vallere;  ma  il  prudente  giovane  ringraziando  quel  Signore  »  fé  he  fcusò  eoa 
dire»  non  parergli  convenevol  cofa  »  che  peribna ,  che  non  aveva  entrate 
badanti  a  farfi  fervire  »  almeno  nella  necemt-^  di  provvederfi  il  bifognevoló 
per  cibarfit  dovefle  pigliare  un  tale  impegno ,  per  metcerfi  poi  da  le  fteflb» 
col  fegno  di  cavaliere  indofib  »  nell*  efercizio  di  ogni  più  ordinaria  faccen- 
da.  Ma  il  Ficcolomini»  che  defideràvaf  pui'e  di  giovargli)  trovò  mòdo  di 
poterfelo  condurre  in  Germania,  dove  ebbe  a  fare  i  ntriacti»  non  purè  dei 
Piccolomini  e  d'altri  gran  perfonaggì»  ma  dello  fteflòimperadoré  allora 
regnante  :  da  cui  »  oltre  a  moki  nobili  trattamenti  »  riportò  un  regalo 
di  mille  ungheri .  Dovea  anche  fare  per  la  Cattedrale  di  Vienna  una  gran 
tavola  della  Crocififiìone  del  Signore;  e  già  avevane  fatto,  il  inodeìlo,  che 
èra  riufcito  di  gufto  della  Maeftà  dell'  Imperadore;  quando  per  le  grandi 
aderenze»  che  aveva  allora  in  quella  Corte  un  certo  Jacopo  Sàndrac,  che 
dicevano  di  Religione  Calvinifta»  affai  buon  pittore,  a  luì, fu  data  a  fare  la 
tavola»  con  tortene  la  commitfione  al  Balalh:  il  quale. fra  le  ragioni  che 
apportava  In  proprio  favore,  per  non  fottometterfi  a  quel  torto,  e  non 
perdere  gli  applaufi  eh' e'  penfava  dover  guadagnare  per  quell'opera,  dice** 
va  non  parergli  cofa  decente»  che  un  fatto  sì  Ucro,  dovefie  rapprefentaHi 
da  pennello  infedele:  né  fanere  come  fofie  mai  potuto  feguire,  che  una  si 
fatta  rapprefentazione»  avelie  potuto  avere  in  (e  fteflTa  devozione  alcuna» 
mentre  veniva  fatta  per  mano  di  chi  n'era  fenzi  affatto;  efoprsitutta 
appoggia vafi  al  patrocinio  del  Duca,  al  quale  non  potè  venir  fatto  di ope? 
rare  per  modo,  che  il  Balaflì  ritornafle  in  fui  fuo;  onde eg}i  fdpgnato  per 
tal  fucceflb»  dille  al  Piccolomini,  che  in  liiogo,  dove  non  gli  era  potuta 
giovare  la  protezione  ftefladiuno  Imperadore,  non  poteva  fperare  avvan* 
raggi  per  le  proprie  fortune:  e  con  mille  ringraziamenti  da  lui  licenzia* 
tofi»  le  ne  parti  alla  volta  d' Italia .  Toccò  la  Schiavonia ,  dove  avendo 
ammirato  molte  belle  pitture  dello  Schiàvone,  affai  ne  diregnò:  e  tanto  in 
quelle  parti,  che  in  Venezia,  ed  in  altre  città  per  dove  pafsò»  ricercando 
ienipre  dèlie  pitture  de' gran  maeftri»  vi  acquifto  gran  pmtica  nel  conofire» 
re  le, maniere  di  tutti  loro,  la  quale  gli  fu  di  non  poco  fplendore  fra  quei 
dell'arte,  tornato  aJla  patria.  In  Venezia»  dove  ebbe  pccafione  di  opera*» 
ra,  ilavafi  con  gran  contento  dell' animo  fuo;  quando  avendo  di  qua  avuta 
nuQva  della  morte  feguita  di  due  fuoi  fratelli  e  di  un  cognato  »  nativo  di 

Ancona» 


:  MARIO     CALASSI.  155    . 

Anóòna ,  che  in  fervizio  ddlt  CaTa  Sereniffidia'lavorava  dì  armi  bianche V 
gli  fu  fona  di  tornarfene  alla  patria:  ove  fi  ritirò  in  caia  delia  vedova  faafo- 
relia,  nella  quale  anche  volle  >  che  veni(&  a  (late  una  poferiifitna  fanciulla  jr 
a  cui  era  Mancaco  ogni  ajuto:  e  queAo  fece. foto»  perchè  avendola  e^li  te- 
nuca  a  Batteftma»  aveva  fcrinpolo  di  làfciarla  abbandonata,  con  perieold 
di  fiia  onéftà  :  e  rennela  poi  tempre  a  fuerpefe,  finche  non  gli  venne  fatto 
il  metterla  in  luogo  ficuro.  Ih  quefto  tempo  pofe  mano  alia  belliflima  tt* 
vola  per  la  Chiefa  de' Frati  di  Sant'AgóAino  di  Prato»  nella  quale  rappre*** 
fentò  il  miracolo  di  SanNiccolada  Tolentino»  che  rifufcica  alcune  {tarne;; 
la  quale  opera. non  folamentft  riufcì  la  plib  bella  ch'e'fiiceire  mai  o  innanzi 
o.dopo»  ma  fu  cofa  iingolariffima:  ed  io  per  me  la  (limo  per  una  dell« 
più  pregiate  pitture ,  che  abbia  auella  cittì  ;  perchè  nel  catto  ed  in  ciafche  ^ 
duna  parte  non  faprei  defiderarla  né  più  curiofa  né  più  maeftofa  di  quello, 
che  ella  fia .  Per  la  (leda  città  di  Prùco  dipinfe  alcre  tavole»  cioè  una  Tri-: 
nici,  una  Sanca  Converiazione  di  Gesù»  òiuleppe  e  Maria:  ed  una  tavola 
perla  Madonna  della  Pietà  fuori  delle  mura,  dove  è  da  nocarfi  cofa  curiofa* 
cfeir  avere  egli  figurati  tre  Angeli  in  atto  di  foftenere  il  quadro  della  facra 
Immagine»  temani  de' quali  »rapprefentate  in  atto  di  pigliare  la  cornice»  vi 
fono  cosi  bene  adattate fopta  ih  pittura^  chepajonodi  tutto  rilievo .  Mefle^ 
anche  mano  pel  Duomo  ad  una  tavola  di  un  San  Lorenzo»  che  poi  non 
tinìf  come  piU  avanci  diremo.  Un'altra  tavola  fece  d*  un  San  Francefco 
che  riceve  le  (limate  »  che  in  Firenze  fu  pofta  nella  Compagnia  delle  Stimate 
fotco  le  volte  di  San  Lorenzo.  Gli  fu  poi  data  a  fare  mia  gran  tavola  per 
la  Cappella  degli  Ardinghelli  in. San  Michele  dagli  Antinori»  in  cui  rap^ 
prefentò  la  gioriofa  Aflunzione  di  Maria  Vergine:  ^  fi  portò  tanto  bene»^ 
che  pili  non  fi  può  dire.  Ma  peich'egli  è  veriflinio»  che  gli  uomini  nel-^ 
Pavanzarfi  coli'  età»  mutano  perlopiù  gufto  e  penfieri;  il  Balafli»  che  in 
quefiaquafi  comune  infermità  non  fu  punto  fra  gli  altri  privilegiato^  col« 
r  avvicinarfi  alla  vecchiezza»  comincio  altresì  a  concepire  nuovo  gufto» 
e  nuove  idee  nel' colorito  :  e  procurò  »  ovunque  gli  fu  poffibile  >  di  ritirar 
le-pitture  fatte  dà  fé  ne*  tempi  più  verdi:  e  quante  ne  potè  avere,  tante 
ne  ritoccò  e  riduflè  a  quel  fuo  nuovo  modo»  che  fu  quanto  dire»  che  fé: 
non  tutte  le  guaftò»  almeno  almeno  mplro  le  peggioro;  e, fra  quefte  poco 
avventurate  pitture  da  lui  rifatte,  pofliamo  affermare  che  folfe  ia  tavola 
deir  Aflunca  »  di  cui  pur  ora  abbiamo  £icca  menzione:  dalia  quale  però  nel 
grado  che  fi  trova» può  chiccheilia  trarre fufficiente  materia»  per  vèntre  in 
cognizione  della  bontà  dell'  operar  fuo  negli  antecedenti  tempi,  perchè 
ella  non  lafcia  però  di  edere  una  beila  opera.  Ma  per  tornare  onde  par* 
ttmmo»  volle  il  Serenifliimo  Principe  Cardinale  Carlo  de' Medici  regalare 
due  quadri  alla  MaeAà  dejl'  Imperaaore  :  e  fecegli  fiure  al  Balaili  »  che  al  fuo 
foiijco  fi  portò  beniflimo.  Ih  uno  figurò  Sanca  Victoria»  con  una  palma  in: 
mano»  ritratta  al  vivo  dalla* SerentSma  Grand uchefla  Vittoria  diXofcana» 
cingendo  la  palma»  tenuta  dalla  Santa»  d^ona  ftrifcia  finta  di  carta»  neHa 
quale  icrifle  le  paròle  del  fecondo  de'  Re  e.  i  a.  Nomine  meo  udfcribatur  ViOo'^ 
ria,  belliffimo  penfiero  della  gioconda  memoria  di  Francefco  Rondinelli» 
nòbile  Fiorentino»  Bibliotecario  del  Granduca.  Neir altro  quadro  era  il 

ritratto 


.    1  ^6  DeceìtnJlL  della  PatU.  delSec.  Vi  dati  (Jio.  ai  1 6$  o. 

• 

ritratto  pare, fatto  al  vivò^ dello  fiefloGrandoàiFerdtnatvloIL  Ckmibrcft 
di  dia  Sereniffimat  e  rapprefimtava  la  f^ura  di  San  Giorgio  ;  e  perdiè  il 
Bblafli,  che  veraoiente  aveva  £ieca  gran  pratica  nel  conofcere  le  maniere 
degli  ecceiientt  pittori  »  li  credette  andie  troppo  di  faperle  tutte  imitare 
(cofa  che  efaminata  da  altri  occhj  fuori  de' funi  proprj ,  non  riufcìira  fem» 
prè  tera)  in  queflo  quadro  del  San  Giorgio  pretefe  d'imitare  il  modo  di 
finire  di  Alberto  Doro.  Non  debbo  pera  lalciare  di  dire»  che  in  quefto 
dell'imitare  le  maniere  degli  antichi  buoni  maeftri,  egli  talvolta  fi  port6 
bene»  come  feguì  in  uo  ritratto  di  unk  vecchia ^  la  quale  con  una  mancr 
teneva  un  libro»  e  coli' altra  un  fazzoletto  »  fatta  ad  imitazione*  della  ma- 
niera di  un'ottimo  artefice  antico .  Quefio  ritratto  procuro  egli  che  veniflé 
fotte  l'occhio  del  foprannominato  Cardinale  de'  Medici,  il  quale  col  pa« 
rere  de' più  intendenti^  lo  giudicò  veramente  di  mano  dell'  antico  mae- 
ftro,  e  ne  offerie  fino  a  dugento  feudi.   Ma  il  pittore»  a  cui  badò  fola« 
mente  il  gufto  di  avere  ingannato  i  profeflori  dell'arte»  fcoperfe  la  cofa» 
e  ritirò  il  1  uo  quadro .  Tornando  ora  all'altre  opere  fue ,  pel  Barone  Àlaman* 
ni  ebbe  a  fare  un  quadro  per  rapprefentare  la  Pittura;  ma  a  quefti  toceò 
peggior  forte  di  quegli»  di  cui  fopra  parlammo»  perchè  dopo  molti  anni 
richieftolo  al  padrone  per  ritoccarlo  di  quel  fuo  nuovo. gùfto»  tutto  io  can» 
celiò;  ma  non  aveva  ancora  finita  la  nuova  bozza»  che  ejgli  diede  fine  al 
dipignere  ed  al  vivere  infieme;  ficchè  queir  opera  così  bozzata  fi  rimafe. 
Ad  infianza  di  chi  ora  quelle  cofe  feri  ve»  per  lo  Dottore  Medico  Loren- 
zo Neri  di  Empoli»  uomo  per  certo  di  nobili  e  oortefiiGme  maniere ,  che 
permeiti  anni  leggendo  nella  celebre  Untverfità  di  Padova,  diede  faggio 
del  foo  fpirito»  dipinfe  il  Balafli  una  tavola  di  Maria  Veirgine  Aflunta  in 
Cielo:  e  v'è  San  Òio.  Gualberto»  San  Lorenzo»  San  Niccola  da  Toleott-- 
no» e  San  Filippo  Neri»  quafi  in  atto  di  meditare  quel  mifterio»-  che  per6 
ftannofi  intorno  al  Sepolcro  di  e(&  Vergine;  per  le  due  figure  princi^ 
pali  fece  San  Lorenzo  e  San  Filippo»  per  alludere  al  nome»  ed  al  cafato 
che  avea  fimile  a  quello  di  San  Filippo»  chi  la  faceva  fare,  che  gli  diede 
luogo  in  una  Cappella  della  Chiefadi  Sant'Agoftino  di  detta  Terra  d'£m* 
2)oli .  In  quell'opera  molto  fi  afiàticò  l'artefice, per  ben  foddisfiire  afe  fteilb;: 
e  noi  iappiamo,  che  per  ttgnere  la  pianeta  di  San  Filippo  d'un  colore,  ohe 
bene  accordaflè  col  rimanente  della  tavola  »  egli  in  una  fola  mattina  dipifw 
fela  verde,  bianca»  rofla»  gialla»  e  finalmente  fi  fermò  in  un  certo  colete 
OiKne  di  rofa.   Avea  quefto  pittore,  nel  migliore  fuo  tempo,  colorita  una 
tavola  per  Ferdinando Brandani»  già  negoziante  in  Roma:  ed  in  efla  avea 
rapprcfentato  San  Giovanni  Evangelifta  nella  caldaia  di  olio  bollente:  ed 
era occorfo,  che  Ferdinando  avea  queft' opera ,  che  belliflima  era , dopo  al** 
contempo  portata  in  Caftiglia,  dove  polla  a. paragone  delle  più  belle,  che 
avefie  la  città  ov'ella  fu  fituata,  fu  giudicata  di  tanto  maggbr  bontà  fopra 
tutte  r  altre ,  che  eflendo  Hate  ofiervato  il  nome  del  pittore ,  che  egli  aveva. 
fcritto  in  un  pezzo  di  legno  finto  ardere  liel  fuoco,  giacché  il  mercante 
era  morto,  o  pure  non  vi  era  chi  di  tal  nome  fi  ricord^e,  fu  fcritto  aFi-^ 
renze,  affinchè  clTendo  più  vivo  il  pittore,  fi  procurafle  di  mandarlo  colà> 
ove  i'afpettavano  nobili  occalioni  di  operare,  e  ricche  ricompenfe:  «dici 

man» 


MA  È  IO    BtALASSL  237 

VMncattza  di  lui,  fi  mandafle  qualche  foo  eccelknte  dtfcepolo;  ma  cai  pra^ 
cica  reftò  feiiza  efFecco;  accefochè  egli  era  già  vecchio:  e  eie'  fuoi  allievi  al«* 


tri  non  vi  era  ,  che  un  cale  Gamolli,  che  riufcì  mediocre  pittore.  Molte 
in  lomma  furono  le  opere  del  Balafli,  e  parcicolarmente  quadri  di  mezze 
figure  per  ornamento  di  Tale»  camere  e  gabinetti;  e  certo  che  fé  egli  non 
fi  fofle  tanto  innamorato  del  proprio  modo  di  .fiire  (vizio  che  ha  tolto  il 
pregio  alia  maggior  parte  de'  buoni  pittori  )  le  fue  pitture  farebbero  fem-. 

J>re  Hate  nel  gran  credito  che  egli  in  vita  le  tenne»  facendole  pagare  for-» 
è  più  di  ogni  altro;  laddove  per  aver  poi  dato  molto  neir ammanieraco  r 
alcune  di  elle  dopo  fua  morte  fcemarono  alquanto  di  prezzo  ;  ma  quelle 
ddla  fua  buona  maniera  >  fono  e  faranno  (empre  (limate  aflaiflimo .  Non 
è  per  quefto  che  egli  mancaflè  d*  intelligenza  de*  buoni  precetti  dell'  ar« 
ce;  che  però  era  bene  fpeflb  chiamato  a  dar  giudizio  della  qualità  e  bon* 
tè  delle  pitture  ;  a  propolito  di  che  non  voglio  lafciar  di  dire  quanto  gli 
occoriè  una  volta  in  Firenze  con  ceni  Frati.  Avevano  quefti  £itta  dipi* 
gnere  una  grande  ftoria  a  frefco  in  lor  Refettorio»  a  pittore  fiato  per  al* . 
tro  valoroib^  ma  che  in  queli'  opera  non  fi  era  portato  bene  ;  onde  quei 
Padri  annojati  dello  mn  dire  che  fi  faceva  fira' Profeflori  dell'  arte,  intorno 
alla  debolezza  di  queir  opera,  pregarono  il  Balaffi  che  T  andafle  a  vedere» 
Andatovi  finalmente,  cominciò  un  di  loro  a  dire:  Diteci,  Signor  Mario  » 
quel  che  vi  pare  di  quefia  pittura,  la  quale  a  noi  appare  s)  wUat  e pure« 
ogni  altro  che  la  vede,  ne  grida  al  lupo .  Stette  alquanto  il  pittore  topra 
di  le:  e  poi  che  T ebbe. ben  bene  confiderà ta,  per  non  turbar  la  mente  di;^ 
que*  Religiofi  più  di  quello  che  ella  fi  fofie,  in  cola  ove  non  era  più  ri- 
medio, gettoifi  al  partito  dei  fingere,  e  difle:  Oh  hanno  bene  il  torco  co^ 
loro  che  la  biafimano,  perch'ella  mi  pare  una  bella  cofa.  Oh  fiate  voi  pee 
mille  volte  benedetto,  difiéro  i  Fiati,  che  ci  avete  pur  confolato,  e  non 
fittoci  tanto  cafi:are  le  braccia»  come  fin  qui  hanno  fatto  unti  altri,  a  fé- 
gno  tale»  che  noi  avevamo  facto  penfiero  di  fare  alla  fianza  certe  fpalliere, 
e  coprirne  dappiedi  parecchi  dita.  Soggi  un  fé  allora  il  pittore;  Orsù,  giac- 
ché io  vi  veggo  sì  ben  difpofii  a  coprirla,  fate  a  mio  fenno». copritene  più 
che  voi  potece,  perchè  quanta  meno  fé  ne  vedrà,  farà  meglio .  Oh  voi  ài^ 
cevatech'ellaera  sì  bella, diflero  i  Frati:  e  che  volevate  voi  che  io  diceffi, 
ffifpofe  il  Balaffi»  che  io  deffi  di  nero  a  un  cratto?  la  ho  retto  quanto  In 
potuto»  per  non  vi  fcorare  come  altri  ha  fatto»  ma  quando  io  vi  ho  vifti 
sì  rifoluti  a  far  bene,  vi  ho  dato  quel  configlio,  che  io  mi  farei  prefo  per 
me  fteflb .  Giunfe  finalmence  quefto  artefice  al  termine  de'  fuoi  giorni  : 
e  nella  Chiefa  di  Santa  Maria  Novella*,  nella  comune  fepoltura  cks'  Fra- 
telli della  Compagnia  del  Santiffimo  Rofario,  afpetta  il  fuocadavero  T  ul- 
timo grorno.  Reitarono  alla  fua  morte  moltiffime  fue  opere  non  finite , 
e  fra  quelle  una  tavola  di  un  San  Lorenzo  in  fuUa  graticola,  che  egli  fa- 
ceva ad  inftanza  del  Padre  Lorenzo  Calvi  della  Congregazione  dell'  Ora- 
torio ,  fuo  Confeflbre»  la  quale  poi  fu  finita  da  Carlo  Dolci* 

Fu  Mario  Balaffi  uomo  di  delicata  cofcienza ,  e  più  che  ordinariamen- 
te amico  de'  poveri  9  a' quali  non  pareva  eh' e*  lapeffe  negare  il  chiefto  fov« 

veni- 


13[8     Deceniì.lll.dellaPartA.delSec,V,dal\6to,alì6'^Q, 

renimento  :  e  più  e  più  rt^te  (i  trovò  «I  eflère  ingannato  da  alcuni  inde- 
gni verameme  della  fua  carità*  ì  quali  fotto  apparente,  ma  h\Ìo  bìfogno, 
gli  cavavano  dì  mano  quanto  loro  piaceva.  Sicché  giunco  ali'  ultima  in- 
fermità ,  quantunque  egli  avefle  in  cafa  gran  quantità  dì  opere ,  lì  trovò  sì 
fcarfo  di  danaro,  eh' e'  fu  necelTario.che  Jacopo  Lippii  gentiluomo,  che 
molto  fi  era  valuto  dì  luì ,  il  fovvenìITe  di  buona  fomma  :  ai  che  perù  il  B«- 
la(H  repugnò,  dicendo  non  poter  rìceyerla  ,  perchè  trovandofi  in  calò  di 
morte,  non  avrebbe  potuto  foddisbre  il  debito^  ma  la  cortelia  del  Lìppì 
vinfè  le  di  lui  repugnanze ,  con  dire  ,  che  avendolo  egli  ben  fervito 
in  TÌta,  -meritava  il  fovvenimento  in  morte  di  quel  danaro,  che  egli  non 
gli  preliaTa .  ma  gli  donava .  E^  anche  da  notarli  un  otto  folieo  delta  bontà 
ai  quefto  uomo,  ed  è:  chete  prime  parole,  ch'e'diccva  a' fuoi  giovani  net 
pigliargli  in  fcuola  Tua,  erano:  che  eglino  fi  fìguralTero  d'eflervi  fiati  rice- 
vuti principalmente,  per  eflere  educati  nel  vìvere Crifijano,  e  poi  imparar 
r  arte .  Diremo  finalmente ,  che  non  è  in  noftra  cognizione .  che  egU  pei 
ordinarlo  imbrattaflefuopennetloiconfarglirapprefentare  cole  lafcive:  e 
fé  pure  alcuna  ne  £ece ,  fappìamo ,  che  venendo  a  morte,  egli  ordinò  efpre& 
fiimente  a'fuoi  eredi,  che  le  abbrucìaflèro,  ficcome  alcune  Veneri  un  poco 
troppo  {coperte ,  ed  ogni  difegno  di  fua  mano  che  (ì  fofle  trovato  dì  tal  ntta . 
DiceHperò,  che  cale  fuo  precetto,  checché  fé  ne  fofTe  la  cagione*  non  fìi 
poi  efeguito  ;  e  tanto  baftì  del  fiaUili . 


CORNELIO  BLOEMAERT 

INTAGLIATORE    IN    RAME 
DELLA   CITTA  D'  UTRECHT 

^ifsefiìio  d*  fAbramo  Bloemaerty  nato  KJoj.  vive  net  i6Z6, 

r  ON  e  gran  tempo,  che  mancò  a  quefta  luce  nella  cittì 
,  d'  Utrecht,  in  età  dì  94,  anni.  Abramo  Bloemaen,  na* 
tivo  di  Gorckom ,  uomo,  che  oltre  all'efler  giunto  a  gran 
^  fègno  nell'arte  della  pittura,  tanto  fi  fegnalò  nell'  amore 
?  della  Cattolica  Religione ,  in  cui  forti  d' avere  avuto  i  fuoi 
r  natali,  che  tenendo  fua  flanzi  in  una  città ,  quale  è  Utre- 
cht, la  più  tenace  della  (ba  falfa  religione  di  Calvino  che 
abbiano  quelle  Provinoìe  ;  non  folo  feppefi  confervare  buon  Cattolico ,  ma 


fu,  fin  ch*ei  vifle,  gran  difenfore  de  ì  Cattolici:  e  tenendo  fegrera  Cor- 
rifpondenza  co*  Padri  della  Compagnia  di  Gesù,  e  facendo  ogni  di,  a  co- 
modo degli  ftcfiì  Catcolici  celebrare  la  Santa  Mefla  ;  acculato  perciò  al 
Magiftrato.  che  fatte  romper  le  pene,  avca  trovati  i  Sacerdoti  in  atto  di 
celebrare,  e  i  fedeli  in  orazione,  fu  condennato  in  grofle  pene  pecuniarie; 

e  molto 


CORNELIO    BLOEMAERT.      239 

t  molto  giravi  perrecusioni  da  li  in  |>ol  convennegli  fopportaret  fino  ad 
eflfere  fiato  dagli  Eretici,,  co' quali  bene  fpefTo  ebbe  difpuce  di  Religione» 
fcricco  un  volume  a  fuodifpregio.  Quelli  dunque  fino  al  numero  di  quat* 
cordici  figliuoli  ebbe  di  fuo  matrimonio»  alcuno  de' quali  fotto  la  propria 
direzione  applicò  al  pennello ,  ed  ultri  al  bulino .  Uno  di  quefti  fu  Fede^ 
rigo,  ìì  quale  alletcaco  da  deiiderio  di  quiete,  e  dalle  buot\e  facoltà,  che 
egli  ancora  fi  gode  nella  fqa  patria,  fiategii  lafciate  dal  padre  ,  ha  quali  del 
tutto  abbandonata  la  profefiione,  folito  dire  folamente  per  ifcherzo,  efie- 
re ella  fiata  inventata  dal  Diavolo,  per  fare  altrui  perdere  la  pazienza  ,. 
11  fecondo  fu  il  nofiro  Cornelio,  il  quale,  mentre  io  quefte  cole  ferivo^ 
carico  d'anni  e  di  gloria  perle  belle  opere  che  ha  partorite  la  fua  mano» 
fé  ne  vive  in  Roma,  da  ognuno  riconofciuto  in  tutto  e  pertutco  degnifli* 
mo  erede  delle  umane  e  criftiane  paterne  virtù;  ond'  à,  che  prima  di  par^ 
lar  di  luit  deLquale  molto  potrebbe  dirli,  conviene  che  io  mi  dichiari^ 
che  per  lo  baflb  concetto  e  ftima  che  egli  ha  di  le  fiefib,  pochiflime  noti- 
zie ne  ho  potute  ricavare  :  e  quelle^poche,  dettate  più  dalla  reverenza  ad  , 
un  Cavaliere,  tale  quale  è  T  Abate  Francefco  Marucelli,  che  con  moko  * 
replicate  inftanze  ne  lo  ha  pregato,  che  dal  proprio  fuo  genio  o  volontà, 
la  quale  egli  ha  fempre  tenuta  faldiflima  in  non  voler  permettere  non 
pure  che  fi  parli  di  lui  con  lode,  ma  eziandio,  che  fia  fatta  memoria  di 
fua  perfona,  volendo  pure  che  fi  creda  da  ognuno,  non  efiere  egli  tale,  .- 
che  meriti  che  alcuna  ricordanza  ne  retti  alla  pofterità.  E  per  cominciare 
a  dir  quel  poco,  che  di  quefio  virtuofo  artefice  fi  è  potuto  con  gran  fati^ 
ca  ricavare,  dico  i  come  avendo  egli  fotto  la  difciplina  del  padre  fatto 
gran  profitto  in  difègno,  fu  dalmedefimo  applicato  all'  intaglio  appreflb 
Crifpiano  Vandepas  nella  fiefià  città  d'  Utrecht,  uomo  di  non  gran  rino- 
manza $  ma  contuttociò  valle  tanto  e'I  buon  genio  di  Cornelio  e  la  fua 
grande  applicazione,  col  feguìtar  tuttavìa  a  perfezionarfi  in  difegnó  ap« 

Srefioal  padre,  e  nello  ftefio  tempo  a  far  pratica  nel  bulino,  che  gli  riu- 
a  V  intagliar  molte  opere  del  meddimo  fuo  padre,  non  fenza  univerlale 
applaufo.  Pervenuto  che  fu  air  età  di  ventotto  anni ,  fé  ne  andò  a  Pari« 
gì  j  dove  fi  accomodò  appreflb  al  Configgere  del  Parlamento,  Jacopo  Fa« 
vereou,  per  cui  intagliò  un  libro,  di  quafi  cento  carte,  di  poetici  capricci 
fecondo  i  difegni  di  diverfi  maeftri  Franzefi,  e  di  Abraham  Diepersbeeelz  ^ 
difcepolodel  Rubena»  la  quale  opera  nello  fpazio  di  tre  anni  diede  finita. 
Se  ne  venne  poi  a  Roma,  chiamato  dal  Marchefe Giuftiniano ,  famofo  Me^ 
cenate  de'  virtuofi,  per  intagliare,  come  fece,  le  fue  molte  e  belliffimé 
fiatue  antiche,deUe  quali,  dopo  il  coifb  di  altri  tre  anni ,  aveva  fatte  vede- 
re intagliate  circa  al  numero  di  quaranta ,  quando  occorfe  il  cafo  della 
morte  del  Marchefc.  Ma  perche  non  mancarono  mai  perfone  di  alto  affa- 
re, che  ad  uomini  di  tal  fatta  non  offeriflero  grandi  occafioni  di  &r  mo« 
fira  di  loro  virtudi  ;  lo  accolfe  il  Caidiuale  Montalto  nella  fua  celebre 
Villa,  dove  ebbe  da  inragliare  il  propriq  ritratto  di  iui,  e  ^iù  fuoi  ìnfi-^ 
gnifiimi  quadri ,  fra'  quali  la  belhffima  Madonna  di  Annibale  Caracci .  Que* 
fio  luogo  però  fu  al  nofiro  Cornelio  oocafione  di  certa  malattia,  a  cagiona 

del  diletto  eh»,  egii  er»  (olito  pr«ndeifii  di  «ndaw  la  notte  a  frugnolo  per 

quei 


240    DecennJlLdelbPanJ/deìSec.V.daiióio.aì iC^O'^ 

quei  bofchetti;  onde  egli.deliberò  di  toglierfi  da  tale  occafione:  ed  aperfe 
cafa  da  per  fé  fieflò  vicino  a  San  Giufeppe  a  capo  le  cafe ,  ove  egli  poi  per 
lofpazio  di  quarant'anni  ha  abitato,  operando  per  diverfi Signori  •  e  con- 
ducendo rami  belliflimi .  Ma  noi  di  alcuni  pochi  folamence  faremo  meo- 
sione;  giacche  il  volergli  defcriver  tutti»  troppo  lunga  cofa  farebbe:  ed 
air  incontro»  vero  è  »*  che  le  belliffime  ftampe»  che  in  ogni  tempo  in  nu- 
mero quali  infinito»  hannogettateifuoi  incagli,  fono  ftate  e  faranno  fem-* 
-pre  a  lù  ftefle  una  molto  chiara  e  nobile  iftoria;  onde  poco  abbifogneran- 
noloro  noftre defcrizioni .  Intagliò  ^i  adunque  per  lo  Abate»  oggi  Emi- 
nentiflimo  Cardinale  Sacchetti»  con  difegno  di  Pietro  da  Cortoiia  »  una 
belliffima  Conclufione»  ove  rapprefencù  mti  del  Grande  ÀlelTandro:  un 
Santo  Antonio  da  Padova  »  in  una  gran  carta»  con  difegno  di  Ciro  Ferri  : 
il  miracolo  di  San  Pietro  del  rifucicare  una  morta ,  tratto  dalla  bell'opera 
di  mano  del  Quercino  da  Cento»  la  anale  pode^ono  quei  di  Cafa  Colon» 
,»a:.  il  froncefpizio  e  altre  carte  del  bel  libro  in  foglio»  intitolaco  V Efpt^ 
ride  del  Padre  Ferrari  ^cm  difegni  delTAUéno  »  Romanelli  9  e  Postfin.  Simit-^ 
mente  intagliò  fette  pezzi  in  foglio»  tratti  da  fette  quadri  del  nominato 
Alarchefe  Giuftiniani»  fatti  da  famofi  pittori»  ed  in  particolare  il  tanto 
rinomato  dello  Spofalizio  di  Santa  Caterina,  di  Raffaello:  una  Natività 
del  Signore»  con  difegno  del  Cortona:  fette  pezzi  in  foglio  grande  in 
mezzi  tondi»  delle  opere  dallo  fteflb  Cortona  fatte  nelle  Regie  Camere  del 
JSereniffimo  Granduca  a*  Pitti  :  due  ftorie  della  Sala  Barberina  »  pure  del 
Cortona  »  in  una  delle  quali  fono  favole  di  Bacco  e  Venere»  neir altra  di 
Vulcano  e  del  Furore»  con  alcuni  ritratti  di  perfone  di  cafa  Barberini t 
i  quali  tutti  intagli  vanno  congiunti  al  bel  libro  in  foglio»  intitolato  Mdei 
Baréerimex  e  gU  quattro  ritratti  fece  egli  con  difegni  di  Andrea  Sacchi» 
iihe  rapprefentano  gU  uomini  illuftri di  quella  Cafa,  il  Sig.  Onofrio»  i  Car- 
dinali Francefco  e  Antonio»  e  Don  Taddeo  Generale  di  Santa  Chtefa .  li 
firontefpizio  delle  Prediche  del  Padre  PaoloSegneri  della  Compagnia  di  Ge- 
sù» con  difqgno  di  Ciro  Ferri  :  la  Refurrezione  »  e  la  venuta  dello  Spirito  San* 
co  »  invenzione  pure  di  Ciro  :  una  Natività  del  Signore  »  credei!  da  pittura 
di  Raffaello  :  una  Madonna  col  Bambino  Gesù  e  San  Giufeppe  »  di  Anibale 
Caracci  :  più  figure  del  famofo  Breviario  in  foglio  »  fatto  (himpare  da  Aleflan* 
dro  VIL  le  quali  figure  condufle  con  difegni  del  Mola»  di  Ciro  Ferri  » 
del  Romanelli  »  e  del  Maratta .  Si  vede  ancora  di  fuo  intaglio  una  Santa 
Martina»  con  invenzione  del  Cortona:  ed  un  frontelpizio  di  un  libro  di 
Conclufioni  per  TAbate  Spinola» con  difegno  del  Romanelli >  ove  rappre<» 
fentò  Giafone  col  vello  di  oro .  Con  difegno  del  Miele»  intagliò  i\  fron* 
cefpizio  del  libro  in  foglio  del  Padre  Bartoli»  intitolato  V  Afiax  e  quello 
della  Cina  con  San  Francefco  Saverio.  Un  frontefpizio  altresì  vergiamo 
intagliato  da  lui»  con  invenzione  di  Raffael  Vanni,  pel  libro  intitolato 
Cbronicon  CaJJinenfe .  Uria  ConcluGone»  fatta  con  difegno  del  Romanelli  ^ 
per  Monfi^.  Raggi  »  nella  quale  rapprefentò  Enea  »  che  piglia  il  ramo  di  oro  9 
di  cui  abbiamo  in  Vergilio  uhq  avuìfo.  non  deficit  alter .  Intagliò jpoi  la 
belliflima  ifforia  della  Crocìfiflione  del  Signore  »  dipinta  da  Anibal  (Jarac* 
ci»  nella  quale  fra  le  altre  figure  fi  vede  la  Madonna  Santifiima  a  pie  della 

Croce. 


CORNELIÙ    BLOEMAERT.        241 

Croce ,  qoaft  facendo  cramprtiti ..  Qotllo»  che  fu  uno  de^  più  beli'  intt- 
gli» 'che^rcorilie  il  bulino  di  quefto  trtefice,  famandMoin  Franciaj  « 
cagione  di  non  aver  mai  voluto  il  Maeftro  del  Sacro  Palazzo  >  darne  ij  ?tf« 
Uiceiur^  con  dire,  eidere  quefto  con  tra  la  Chièfa,  che  dice)  Stabat  •  non 
jacebat  Méter  dohrofé.  Dico  finalmente  »  che  egli  (che  da  gran  tempo  in 
qua  aggravato  •  non  pure  dagli  anni >  ma  dalle  molte  cadute  £itte  in  ftra- 
na  maniera  più  volte  »  ed  una  particolarmente,  non  ha  molto,  ibpia  il 
fuoco,  che  gli  arfe  in  più  luoghi,  di  una  gamba  e  delle  mani ,  la  carne  fi- 
noall'oflb)  a  gran  pena  può  maneggiare  il  bulino,*  contuttòciò  fi  è  n)effo 
^  incagliare  per  fuo  divertimento  un  bel  rame,  ove  egli  capprefenca  San 
Giovambatifta ,  inatto  di  accennare  il  venuto  IVfeffia.  Unode'pregjdi  que^ 
fto  artefice  è  ft^ta  una  tale  dolcezza  ed  egualiiÀ della  taglia,  da  non  tro-' 
^arfele  parì^  «d  inoltre  un  fapew  a  maraviglia  imitare ,  ed  efprimere  la  nui« 
fiiera  di  quel  pittore,  di  cui  egli  ha  intagliate ie  opere  e  difegni:  e  fu  que- 
lla k  cagione,  per  la  quale  il  Cortona,  fciolta  Tua  pratica  con  Ftancefco 
Spief  re ,  anche  egli  intagliatore  rinomatifiimo ,  fi  accoAò  al  noftro  Cor- 
nelio, per  fargli  intagliare  Tue  belliffime  pitture,  come  nella  vita  di  dffo 
Spierre  più  difiufamente  racconteremo.   Egli  è  ben  vero,  che  quaiitoll 
Cortona  defiderava  JMoemaert  per  lo  intagliare  delio  opere  fue,  altrettanto 
il  Bloemaeit  in  certo  modo  aborriva  il  fervirlo,  a  cagione,  non  fo  fé  dob» 
biamo  dire  del  gran  buon  gufto  dì  quel  pittore,  o  pure  della  di  lui  mdta 
fttftidiofaggine  t  perchè  non  mai  fi  trovava  pienamente  contento  della  Xua 
Mglia r  per  altro  maraviglioft,  %  talvolta! de'  dintorni,  t  quali  volea  veder 
Are  in  tua  propria  preftna:  efp^e  voke  fiiceva  rimutare  dopo  che  erano 
fat^;  e  non  ha  dubbio,  che  fé  ciò  Aon  fofie  occotfo,  aflai  più  opere  vtet 
iremmo  del  Cortona  intagliate  per  mano  di  quefto  artefice ,  che  non  veà^ 
giamo.  Conduce  egli  al  prefente  foa  vita,  che  può  dirfi  molto  religioU, 
piuttofto  air  eremitica ,  che  altrimenti ,  per  entro  una  camera  oiodefiamen^ 
te  abbigliata ,  ma  ricca  benA  per  lo  nobiliffimo  arredo  di  fua  perfbnaè 
adorna  di  tutte  quelle  virtù,  che  fi  ricercano  in  un. buono  e  devoto  Cri» 
ftiano,  fo/ferendo  con  indicitnle  allegrezza  il  pefo  dell'  età  e  de  i  tanti  mà« 
lori,  di  cui  poc*  anzi  parlammo:  fi  contenu  di  uno  fcarfo  fòvvenimen* 
to  di  fei  feudi  il  mefe,  che  gli  mandano  dalla  patria  i  fuoi  congiunti,  go# 
ftantiflimo  in  recufare  ogni  altro  ajuto  «  che  bene  fpeflo  hanno  defider 
rato  di  offerirgli  perfone  dell'  arte  fuoi  amiciffimi,  e  che  lo  hanno  in 
gran  venerazione:  né  è  balbto  loro  per  confeguire  il  proprio  intento,,  il 
procurare  in  varj  pretti^»  d'ingannarlo.  Tanto  è  lontano  da  ogni  appetito 
di  applaufi  di  mondo,  che  non  ha  mai  permefib ,  tuttoché  con  vive  in<< 
ftanze  ricercato,  e  qUafi forzato,  che  fia  fatto  il  ritratto  di  fua  perfona# 
ièmprecircofpetto  e  guardii^o  nel  proferir  cofa ,  che  in  quali  fia  manie«» 
ra  pofla  punto  contriUiire  al  confeguimento  di  quella  glpria ,  che  per  altro 
fi  è  meritata  la  fuaf  virtù  ^ 


»      « 


Q^  STEFA. 


841    Deceiiii.  III.  MaPart.  I.  JelSte.V.  dali6ìo.ali6jo. 

STEFANO  DELLA  BELLA 

•  INTAGLIATORE  IN  RAME 

t.  .  ■   I  ....... 

■        Difiepolo  di  Cefare  Daudini,  nato  i(Jio.  ■$■  x66^, 

\.  colora  »  che  verfb  la  fine  del  paflato  fecole  *  nella  cele> 
re  Aanza  di  Gio,  Bologna  da  Dovai,  accefero  alla  fevlcura. 
lutando  al  medefimo»  e  lècondo  la  maggiore  o  minoie  «bi- 
ca di  ciafcuno  (come  ne  giova  il  credere)  erano  ancbe  da 
jì  falariati,  furono  li  due  fratelli  Francefco  e  Guafparri  di 
Jirolamo  della  Bella .  Francelco,  il  primo  di  queftir  accaia- 
(tofi  colla  molto  onefta  donzella  Dìanora  dì  FrancofcoBuonaj^uti.  ne  ebbe 
più  figliuoli ,  i  quali  tutti  effendo  nati  in  feno  a  quelle  belle  arti ,  atcefe- 
to  al  difegno.  Il  maggiore,  che  fu  Girolamo,,  fi  diede  alla  pittura»  L^>- 
davìco  ^ce  la  profelEone  dell'  Orefice ,  e  '1  Doftro  Stefano  fu  poi  quel  tan^ 
<o  celebre  difegnatore  e  intagliatore  y  che  al  mondo  è  noto.  Nacque  egU 
«dunque  in  Firenze  la  fera  de'  17.  Maggio  i($io.  ed  in  San  Giovanni  «baie 
ilBattelìmo.  efitindogli  compare  il  valente  fcXiltore  Pietro  di  Jacopo  Tacca, 
ibtco  ancora  egli  appreflo  a  Gio.  Bologna;  «nxi  quello,  che  fu  a  lui  fra'fuoi 
difcepoliilpiùcaro,  e  chefemi>reìl  Ceguicò,  ed  il  quale  ancora  a  gran  ra- 
gione fi  conta  fra' più  eccellenti  artefici,  che:  partoriHè  quella  G:uolaJ  e 
fu  a|ipena  gionco  Stefano  all'età  di  .trenta  inefi,  che  il  padre  tuo  mancò 
^i  TJta,  onde  egli  cogli  ftltrì  fratelli  .fi  rimafe,  in  iftato  aUai  difaftrofo  ;  ma 
il  fanciullo,  non  oftante  i  colpi  di  conccafibrtuna,  fin  dagli  anni  più  te- 
neri incominciò  a  dar  fuori  qualche  fegno  della  forte  inclinazione  «  che 
ancora  egli  aveva  alla  virtù  del  di&gpo  e  allp  Audio  ;  onde  ì  fuoi  mi^giorì 
non  tardarono  punto  a  iècondare  I'  ottima  indole  lua  con  provvederlo 
d'impiego,  in  cui  egli  potefiè  efercìtarfi;  e  queOo  fìi  pure  l'efercizìo 
dell'  orefice  nella  bottega  di  un  certo  Giovambatifia,  forfè  uomo  in  tal  pro- 
feffione  dì  non  molto  talento,  tantoché  iu  d*uopo  il  toglierlo  a  tal  mae- 
Aro .  Trattenevafi  in  quel  tempo  al  fervizìo  della  Cafa  Serenifiima  Gafpa- 
ro  Mda  ,  improntatore  rinonwcifiìroo ,  che  operava  nella  Re«l  Galleria: 
e  parve  buona  fortuna  di  Ste&no  1*  eficre  ftato  da'  faot  con  effo  allogato  ; 
ma  non  fu  così,  perchè  il  Mola  tutto  intento  a* fuoi  lavori,  niun  penfic- 
10  fi  prefe  del  Maciullo ,  e  nulla  mai  gì'  infi^gnòi  imde  affiìcca  di  ciò  la  ma^ 
dre  e  i  fratelli .  procimirono  di  trovargU  altro  impiego  :  e  queflo  fu  nella 
,  bottega  di  Orazio  Vanni,  il  quale  oltre  alla  gran  piaiica,  che  tanto  egli, 
guanto  ì  figliuoli  Jacopo  e  .Niccolò,  ebbero  in  ogni  cofa  appartenente  a 
ouell'  arte  ■  feguitato  poi  fino  al  prefente  dagli  altri  di  loro  ca&  ,  furono 
angolari  in  dar  giudizio  di  ogni  forta  di  gioje.  ed  in  legarle  egregiamente. 
Non  era  appena  Ste&no  (  che  per  ìa  fua  tenera  età  di  circa  tredici  anni, 
e  per  l'avvenenza  del  fuo  trattare,  vi  era  per  vezzi  chiamato  col  nome  di 
Scefanìno  )  dimorato  in  quella  vinuofa  fcuola  otto  giorni»  che  t«Io  fua 

grande 


r' 


STEJPANO   DELLA  BELLA.       ^43 

I 

grinde  inclintrione  al  difegno  fu  a  tutti  fatta  paleie  ;  conciofoiTecofà» 
che»  eflendogli  fiato  dato  per  prima  octapa^ione  il  difegnare  quella  forca 
di  boti»  che  fi  fanno  alla  groua  t  con  dozzinale  dintorno»  di  fotcilìffima 
piaftra  di  argento»  Stefano  gli  conduceva  con  tanta  grazia,  che  a  tutti  era 
d*  ammirazione.  Ma  non  fi  fermavano  qui  i  primi  fagpi  del  Tuo  bel  genio  ; 
perchè  aveva  ancora  tanta  fiicilità  in  copiare  le  belliUime  carte  >  pure  allo«» 
ra  ufcite  fuori  »  di  Jacopo  Callot  (delle  quali  difégnava  quante  mai  ne  pò* 
te  va  avere)  che  era  cofii  da  Ihipire:  ed  in  quel  tempo  medefimo»  no  t  fi 
&ceva  in  Firenze  pubblica  fefta  o  trattenimento»  o  fone  di  gioftre  o  di  i&r* 
nei  o  di  corfi  de^  oarberi  al  palio  »  che  egli  prima  non  fi  porcafle  curioib  a 
vederle  ed  ofiervarne  ogni  più  minuto  particolare»  e  poi  tornatofène  a  bòt^ 
tega»  noi  difegnafle;  con  che  tirava  a  fé  gli  occhi  e  l'affetto  »  non  pure  àcf . 
giovanetti  fuoi  coetanei  e  compagni,  ma  (come  a  me  ha  raccontato  chi 
fu  uno  di  effi)  eziandio  de^  maeftri  medefimi  e  di  ogni  altro,  che  qutlla 
bottega  frequentava .  Ma  era  cofa  fommamente  graziofa»  il  vedere»  con^ 
egli  nel  cominciare  le  fue  piccole  ed  innumerabHì  figurine»  fi  faceva  fem^ 
pre  dappiedi»  Seguitando  fino  alla  tefta:  ne  fu  mai  alcuno»  non  folo,  che 
ne  potefie  penetrare  la  ragione ,  ma  che  né  meno  poteflelo  mai  dift  gliere  da 
quel  modo  di  fare .  Non  voglio  già  io  maravigliarmi  di  ciò  »  ne  pofib  dare 

2uefta  cofa  per  nuova»  perchè  vivono  nella  mia  patria  due  cavalieri ,  di 
tmiglia  che  fi  conta  frale  pih  nobili  d'Italia»  che  da  me  furon  ben  conò^ 
fciuti  e  praticati  in  loro  frefca  età  »  che  ornati  da  natura  di  bella  inclina- 
zione al  difegno»  con  quella  fola  e  fenza  maeftro»  copiavano  ogni  forta  di 
ftampe  del  Callotti  o  dello  fteflb  Stefiino  della  Bella  e  d'altri»  in  modo  df 
poterti»  fietti  per  dire,  cambiate  la  copia  coli' originale  »  fempreiiicomin^ 
ciando  loro  figure  dal  piede .  Difii,  non  volermi  maravigliare  di  ciò»  noti 
perchè  io  (  al  quale  non  è  noto  il  fisgreto  della  natura  in  dare  un  fimil  gè* 
nio  d' incominciare  le  figure  dal'  piede,  e  fenza  prima  metterne  infieme 
l'intero,  andar  feguitando all' insù  tutte  le  parti ,  e  condurle  a  buona  pro« 
porzione)  poflTa  darne  alcuna  ragione;  ma  perchè,  come  io  difii,  queftoca* 
io  a  me  non  è  nuovo .  Furono  oflervate  altresì  le  amabili  maniere  di  Stefa«» 
no,  del  quale  non  vide  quell'età  il  più  quieto  ed  il  più  applicato,  daireru^ 
dito  Michelagnolo  Buonarruoti  il  giovane,  amico  ai  quei  virtuoG  artefidt 
cdaGiovambatlftaVanni  pittore,  altro  figliuolo  di  Orazio foprannomina^ 
to  »e  tanto  V  uno  che  l'altro  »  fi  dolfero  comparenti  di  lui ,  che  ad  un  gìova^ 
netto  di  s\  alta  afpettazione  in  cofe  di  difegno,  facefiero  focterrare  il  prò» 
prio  talento,  e  confumare  gli  anni  migliori  di  fua  età  in  un'arte,  nella 
quale,  tuttoché  un  buon  difegno  ih  neceflariflimo,  concuttociò  »  in  quan- 
to alle  opere  appartiene»  ella  ha  un  campo  afiai  limitato  ed  angufto;  efi^n* 
dendofi  al  più  al  dover  far  bene  le  poche  cofe,  che  fono  proprie  fue;  lad-- 
dove  deirarte  della  pittura  fono  oggetto  d*  imitazione  tutte  le  opere  della 
natura  fl:eira;  ondetecer  per  modo»  che  Stefano  dà  lì  in  poi  incominciaflb 
a  frequentare  la  fianzadi  tìiovambatifta  »  dove  (  comecché  egli  era  braviffi^ 
ipodifegnatore)  diede  principio  ad  iftruirlo  ne'  buoni  precetti,  facendo* 
gli  di  fua  mano  gli  efemptari  »  fecondo  l'ordine  che  fi  tiene  co'  principian-* 

ti»  giacché  Stefano  fino  aUora  aveva  opcrato-fei^a  regola»  efolamente  io 

(^a  forza 


j!>44  T^ccettnJH Ma Part. l ddSèe.V. dai  1620. al  161  a. 

49x»kòi  naturale  mplinazipne  :  ed  al  pili  con  qualche  «ffiflensa  #  Rmigio 
CancagaUina*  Ingegnere  valorofo  f  al  quale  egli  di  quando  in  quando  %t}k 
Aato  tolito.oìollrare  le  cole  &e .  .Cooptali  maeftri  pioltofi  apprpfìctò*  fU 
fwi  non  (b  p|er  q«al  cagione  egli  fi  partì  dal  Vanni  ,e  conCefare  Dapdint  fi 
^fccomod^i  il  quale»  come  altrove  abbiamo  detto  «  eipa  pittore  di  aliai  y%^ 
^a invenzione,  di  buono  abbigliamento,  ed  aveva  un  colorito»  cbe  dava 
x^W  occhio  alquanto  più,  che  quello  del  Vaniii  non  faceva,  onde  iì  era 
^ella  città  acquiftaco  non  pocQ  applaufo.  Con  queflo  leguiiò  Stefano  ad 
jmpafar  l'arte  della  pittura  •  ma  come  quegli >  che  fin  dal  tempo,  che  egli 
/taya  all'orefice,  daj  vedere  e  copiare  le  belle  opere  del  Callotti  fi  era  £bt« 
te  invaghito  dell*  intaglio^  e  già  aveva  incominciato  lo  ftudiodel  mai)e^« 
giare  il  bulino  1  nel  modo  però  folico  di  quegli  che  vogliono  darfi  all'  ori* 
pceria»  che  è  d'intagliare  prima  lettere,  e  poi  rabeichi;  pofla  da  par^.  k 
pittura,  fi  diede  tucto  ali* intaglio:  eleggendo  però  la  pratica  di  efib  in  »cqua 
forte,  atteCochè  quello  modo,  non  Iblamente  affatichi  manco  la  conv» 
plelfione,  ma  afiai  piùii  adatti  al  rapprefcntare  in  piccala  carta  numero 
infinito 4i  piceplilume  figure,  genio  proprio  dell' infigne  Callot.,  eredita* 
^  pgi  dal.  noftro  Stefano .  \ji  prima  opera,  che  ulcifie  dalla  fùa  ancor  te? 
Iier^  mano,  fu  un  Santo  Antonino  Arcivefcovo  di  Firenze,  che  dalla  fila 
|>«ata  gloria  UK^ftra  di  proteggere  coli'  orazione  la  Tua  cafa  citcà^,  ^he  ve* 
d^fi  figurata  in  lontananza  «  Nel  mille  feicento  ventifect^,  e  dec^mofettima 
di  fuii  età»  intagliò  una  carta  bifiui^^  rapprefenia^^ce  una  lauta  cena ,  cha 
i^e  una  fera  in  Firenze  una  delle  due  ranco  rinomate  Compagnie  de^ Cac- 
ciatori, dette  de'  Piacevoli  e  de' Piattelli  »  cioè  quella  de^Piacevoli»  e  iade« 
dico  al  Sereniamo  PnncipeGio.CarUHiiToicirna,  poi  Cardinale .  Inque* 
i}a earca,  nella  quale  fi  fcorge  tutta  quella  povertà  di  difegnp  e  di  tocco» 
che  doveva  efière  in  un  giovanetto  di  tenera  età  i  e  che  aveva  conCumata 
ì\  Tuo  primo  tempo  in  mefiiero  diveribi-  non  è  che  non  fi  veg^a  un  gran<» 
diffimo  genio  all'inventare  con  gran  copia  di  penfieric  ficcome  in  altre  car-» 
te  ancora»  che  e|;li  andò  poi  intagliando  nel  corfadi  alcuni  m^fi ,  eh' e'  fi 
trattenne  in  patria ,  delle  quali,  non  fa  di  meftierofar  menzione.  Rifplen« 
deva  in  quei  tempi  nella  città  di  Firenze,  eper  |[rande  amore  di  virtù,  e 
per  Regia  liberalità  la  gloriofa  memoria  del  Serenifiimo  Principe  Don  Lo» 
rjenzo*  fratello  del  già  Granduca  Cofimo  IL    C^efti  avendo  avuta  noti* 
2Ìa  del  giovanetto,  e  da.  più  Cegni  coiKiiciuta  la  riuscita,  che  prometteva  il 
di  lui  ingegno,  lo  accolfe  fotto  la  propria  protezione;  e  con  aflegnamemo 
d^  fei  fifudi  il  mefe,  ìenz'  altro  obbligo  o  penfiero ,  che  di  fiudiare ,  l' in-* 
viù  a  Rogna ,  facendogli  avere  fimza  nel  Palazzo  del  Sereniamo  Granduca 
in  Piazza  Madama.  Vi  fi  trattenne  per  lo  fpazio  di  tre  anni,  nel  qual  tem* 
pò  tutte  le  cofe  più  aggrade voli  difeanò;  onde  non  fu  gran  facto,  che  nei 
fervore  di  quei  grandi  iludj , gli  riufcifle  1*  inventare  ed  intagliare  la bellifiìma 
cavalcata  de  11'  x\mbalciadore  Poi  lacco  nella  fua  entrata  in  Roma  l'anna  1633* 
la  quale  dedicò  al  Principe  fuo  Signore.  IntagUò  ancora  otto  pezzi  di  ya«* 
dute  di  Campo  Vaccino,  e  otto  Marittime  »  e  quella  del  Ponte  e  Caftello 
di  Sant'Ai^elo.   Ma,  o  fofle  perchè  non  parefie  a  Stefano  di  poter  fare  in 
Roma  quella  fortuna»  che  era  dovuta  al  graa  talento  fuo.i  o  perchè  gli 

parefife 


N. 


STEFANO  DELLA  BELLA.  ^      445 

parefleftcicft  1' «fpetcarla^o  perchè  fofle  per  avvencurt  ftimolato  dal  grido^ 
che  univerfalmente  fi  fentiva  degli  applaufitche  erano  ftaci  fatci  al  già  de* 
funto  Calice ,  e  fi  facevano  tuttam  alle  opere  di  lai.;  rifolvè  di  lifctar 
Roma ,  ed  a  Parigi  fi  portò»  valendofi  della  Gongiuncur.a  dell'effèr  colà  fta<* 
co  mandato Àmbafciaaore  il  Barone  Aleflàndro  del  Nero,  Cavaliere  lblen« 
didifiimo»  che  lo  volle  fra*fuoi  in  quel  viaggiot  e  gli  diede  ajuci  di  ^nari 
eziandìo  fommiiìiftracigli  dal  Sereniflìino  Granduca .  Vi  dette  molci  anni^ 
f  v'intagliò  pofe  troppo flupende  :  e  fra  quefie  la  fegnalata  carta  deiraflcdio 
di  AraSf  mandato  prima  in  quel  luogo  appofta»  con  nobile  cratcamencp^ 
i3al  Cardinale  di  Richilieui  acciò  il  tutto  potefle  bene  oflervare  e  dife-^ 
gnare.  Ma  perchè!'  opere,  che  Stefano  intagliò,  non  folamente  in  Fran< 


Che  dopo  una  efatta  ricerca  fstttane,  fon  potute  venire  a  noftra  cognizici* 
ixe.  Diremo  folo>  che  egli  a  cagione  delle  medefime  ,  non  folo  in  Parigi» 
e  per  tutta  la  Francia,  ma  eziandio  per  la  Fiandra  »  per  T Olanda  ed  in  Am- 
fierdam  (dove  egli,  negli  undici  anni  che  egli  flette  fuori  di  patria,  fi  por* 
tò)  giitnie  a  tanto  credito,  e  tanta  (lima  era  fatta  di  lui ,  e  da'Grandi  e  dalla 
minuta-  gente  >  die  il  profferire  il  fuo  nome  nell'  anticamere  e  nelle  ppjl*» 
vate  converfazioni,  folo  ballava  per  aprir  la  ftrada  alle  lodi  >ed  agli  eneo* 
mj  dj  fua  virtùa  ftftta  ornai  fuperiore  ad  ogni  invidia.  Teflimonio  di  cA 
fone  quame  i^  ora  fon  per  dire^  fecondo  quello  che  egli  medefimo  era  fo<» 
lìto  e  raccontare .  Inveivano  in  quel  fuo  tempo  nella  città  di  Parigi  le  folle^ 
vaBiom  de' popoli. e  i  tumulti, che  ogni  dì  fi  tacevano  da  i  contrarj  di  Mas* 
^larrinacontra  gP Italiani:  edoccorie  queftocafo.  Fu  egli  un  giorno  afia- 
lito  da  una  truppa  di  fnfiofa  gente ,  non  ad  altro  fine  ,  che  di  levargli  fat 
vitaj>  per  quefto  fojo  $  che  d' efier  egli  di  tal  nazione^  Ciò  feguì  in  luogo, 
QVe;«raiio  certe  donile  t^  le  quali  bene  il  oonofcevano,  ficcome  la  più  par- 
te, nelle  peifone  e  nobili  e  plebee:  e  una  ve  ne  fu,  che  forte  gridò:  ^^ 
ffiies vmu ?  Ccjimie  èmime  tf  eS  pés  halitns  mais  il eff  Piortmin .  Chela*- 
te  voi  ?  quefto  giovane  non  è  Italiano»  egli  e  Fiorentino .  A  quefta  voce 

{(li  ftggtenori,  non  fo  fé  per  non  faper  coai  in  un  fubito  dar  giudizio  del« 
a  fpropofitata  difi:fa>  panjita  da  quella  femmina,  o  perchè  cosi  a  primo 
afpetto  foflèr  trattenuti  da  quelle  grida,  riftertero  tanto,  che  Stefano  ebbe 
tempo  di  dite  a  gran  voce;  lo  fono  Stefano  delta  Bella:  etantci  badò  e 
non  pili»  non. folo  per  ritener  l' impeto  di  quella  gente  dalla  uccìG&ne  di 
fua  peribna;  ma  per  lafciarlo  in  lH>ertà,  anche  con  fegni  di  riverenza. 
Apparirebbeinciedibiie  ciò,  che  io  volefli  dire  della  (lima,  che  era  fatta  di 
Steano  in  Parigi,  anche  da  i  Grandi ,  ed  in  particolare  dall' Eminentifitmp 
Maszarrino;  ma  folo  mi  bafterà  affermare,  che  a  quefta  corrifpondevano 
effetti'cli  onori ,  quali  fi  fiurebbero  fatti  a  gran  Principi  :  e  più  volte  fu  egli 
flimohto  a  fermatfi  al  Kegio  fervizio,  jper  efler  maeftro  nel  Difegno  della 
Maeftà deJl' c^gi  Regnante  Re.  Fu  peniato  ancora  di  fargli  intagliare  cutte 
le  Imprefe,  fatte  dalla  Maeftà  del  Re  Lodovico  XIII  Ma  tale  era  in  lut 
l'amore  de'  fuo»  ftudj  %  tale  T  «vverfione  alla  Corte #  e.  tale  altresì  la  noia  » 

Qj  che 


246    Decènti  Jll  della  Pari.  1.  delSec.  V.  dal  1 620.  al  1 6$  o. 


die  gii  gli  cominciavano  ad  apportare  quelle  civili  difcordie  $  a  cagione 
Aìaffime  dell'  efierfi  trovato  à^  pericoli  chefopra  dicemmo»  che  non  foia 
fteiisò»  ma  deliberò  di  cornarlene  in  Italia:  a  che  Io  dimoiava  un  certo 
defideriot  che  egli  aveva  Tempre  covato  nel  cuore,  di  menare  e  finire  fiia 
rita  nella  cittj^di  Roma  (  come  egli  dirfbleva  )  fra' quei  da  sé  tanto  amati 
ftffii  antichità  e  rovine  licite  un  tempo  care  delizie  dell*  animo  fuo,  edelte 
quali  egli  aveva  difegnata  si  gran  copia;  ma  vano  gli  riufci  tal  penfieror 
perchè  cornato  alla  patria  t  dove  V  afpettavano  le  grazie  de' Sovrani,*  e 
fili  applaufi  de'fuoi  concittadini»  come  uomo  che  già  fi  era  guadagnata. la^ 
nma  del  maggior  maeftro  del  mondò  in  fua  profeffione ,  fu  fermato  in  at- 
tuale fervizio  della  gtof  iofa  memoria  del  Sereniffimo  Principe  Mattias,  che, 
fu  Tempre  ,  ficcome  ogni  altro  di  fua  Sereniffima  Cafa ,  parzialiffimo  di 
ógni  amatore  di  virtù  •  Vitifero  allora  nel  noftro  Stefano  fue  antiche  re-: 

Jmgnanze  alla  corte,  la  riverenza  di  fuddito,  e'I  deGderio  di  guadagnarfr 
*  amore  di  un  Principe  sì  magnanimo;  ma  non  fu  già,  che  egli  lafciafle  di 
nutrire  in  fé  un  gran  defiderio  di  rivedere  la  città  di  Roma;  talché  non  tf% 
ancora  un  anno  paffato ,  dacché  eali  fi  era  dedicato  fervitore  attuale  del 
Prìncipe,  che  gli  chiefe  in  graziai' incamminarli  a  quella  volta  per  certa 
determinato  tempo.  Era  giunto  alla  corte  di  ouel  Serenifiimo  uno  fpiri^ 
cofo  giovanetto ,  che  oggi  fi  conta  fra'  più  celeDri  pittori  dell*  era  t^i^t^p 
dico  Livio  Meus  diOudenard,  cittadella  provincia  di  Fiandra t  il  quale 
per  la  bravura  della  fua  mano  in  far  piccole  figurine  colla  penna ,  ad  kni«* 
tazione  del  celebre  Callot  e  dello  ftetTo  Stefano  ^  e  fenza  avere  ancora  toc*  : 
co  pennello ,  così  bene  difegnava,  ed  eranfi  vedute  di  Aio  tali  invenzionf  ^' 
che  (tate  portate  in  Francia,  nel  tempo  che  ancom  Stefano,  vi  ditoorainir 
e  venute  fotto  l'occhio  di  lui,  fenza  faoere  tla  qual  bano  fbflTero  ftate* 
condotte ,  le  aveva  giudicate  di  gran  maeuro:  tornato  poit  ed  avut»  eo*i 

r iasione 4i  Livio  (tanta  era  la  bontà  e  carità  fua)<  in  vece  d'invidiar^ 
fua  virtù,  gli.fi  era  a  gran  fegno  afiezi<mato .  •  Coli' oocafiofìe  adunqde 
della  benigna  concefiione  di  portarti  a  Roma,  vo4Id  quel  Sereniflhno  con--' 
fognare  a^  Stefano  quel  giovanetto  Livio,  e  raccomandarlo  alla^fua  cura, . 
togliendolo  da  Pietro  (fo  Cortona,  da  cui  pure  in  Firenze ,  mentre  A  di-- 
pfgnevano  le  ^egie  camere  del  Palazzo,  fi  ei^a  trattetiuto  due  mefi,  fotaer- 
rando  il  proprio  talento  i  conciofoiTecofachè  Pietro  o  per  ooca  inclina*  ^ 
anione  che  egii  avelie  ad  infegnarli  l'arte,  o perchè  egli avew  (Rena  la  fantt* 
Ha  di  akri  penfieri ,  lo  aveva  trattenuto  in  non  altro  fare  >  che^  in  difegnare- 
dai  geilb,  cofa  direttamente  contraria  airinclinazione.  del  fanciullo,  che 
era  air  inventare .  Il  noftro  Stefano  adunque  fé  lo  conduflc  a  Roma»  e  per  due. 
mefi  Io  tenne  appreflb  di  fé:  nel  qual  tempo  gli  fece  condurre  molte  bel)e. 
invenzioni  in  fulla  propria  maniera,  le  quali  poi  mandate  al  Principe»  • 
Jton  lafciarono  di  guadagnare  a  Livio  accrefcimcnto  di  grazia  e  di  &vove  •  ^ 
Soleva  bene  fpeflb  Stefano  molto  dolerfì  con  Livio,  di  avere ,  come  ^H 
diceva,  fatte  tante  fatiche  e  fkudj  in  difegno»  ed  eiferfi  poi  fermato  in 
quelle  carte ,  mentre  con  quegli  fiudj  fi  trovava  aver  fiitto  tanto  capitalCf 
quanto  farebbe  abbifognato  per  farfi  un. gran  pittore:  e  quefto  diceva  con 
tale  energia I  e  ne  moftrava  tal  fentimento^  che  fu  .cagione ,  c^4Uivio^^ 

;  meglio 


*. ..  V 


STEFANO  DELLA  BELLA.       H7 

meglio  fri  fé  fteflb  penfiindo»  fi  defle  di  propofito  alU  pittura;  ficchè  allt^ 
memoria  di  Stefiino  della  Bella  deefi  dalla  noftra  città  attribuire  il  benefi- 
cio di  aver  fatto  acqaifto  di  sì  valorofo  pennello,  quale  è  quello  di  tal 
maeflro ,  le  cui  opere  daranno  materia  a  noi  di  più  parlarne  • 

Tornò  Stefiino  dalla  città  di  Roma  a  quefta  Tua  patria  »  in  tempo  ap« 
oanto»  che  ilSereniffimo  Principe  di  Tofcana»  Cofimo  »  oggi  felicemente 
Regnante»  era  all'  età  pervenuto,  nella  quale  poteva  aggiugnere  agli  altri 
fiudji  con  cui  andava  adornando  il  resto  animo  fuo,  anche  quello  del  di- 
legno;  onde,  il  Sereniamo  Principe  Mattias,  a  lui  Io  confiegnò  per  mae« 
ftro.  Né  io  voglio  qui  raccontare,  quanto  il  noftro  Stefano  fi  andafie  ogni 
di  avanzando  nella  fervitù  e  grazia  appreflb  a  quel  gran  Principe,  tanto 
amico  (ficcome  d'ogni  altra)  di  qaefte  virtù  »  quanto  hanno  dimoftratoo 
dimoffrano  tuttavia  i  grandi  uomini,  che  nella  fculcura  e  pittura  ha  c^li  in 
fonra  di  foa  protezione  ed  a  proprie  fpefe,  guadagnati  alia  noftra  città,  e 
quegli  eziandio,  che  tuttavia,  con  inceflknte  cura  e  plaufibile  liberalità' 
alla  medefima  ne  promette.  Erafi  Stefano  provvifto  in  Firenze  di  una  be^ 
ne  a^ta  abitazione  in  Via  di  Mezzo  «  non  lungi  dalla  piazza  di  SanrAm-^ 
bro^io»  dalla  parte  di  San  Pier  Maggiore,  nella  quale  profegucndo  i  fuoi 
ftud; ,  era  bene  fpeflb  vifitato  da*  primi  virtuofi  del  fuo  tempo  :  fra'  quali 
ih  Dionigi  Guerrini,  foldato  di  gran  valore,  e  pratichiflimo  in  difegno  € 
in  architettura  militare  e  civile,  tornato  pure  allora  di  Spagna  >  dove  aveva 
lafciato  gran  nome,  e  defiderio  di  fé  fteubt  per  le  varie  cariche  ragguar-* 
deVoli,  e  particolarmente  di  Aiutante  del  Quartier  maftro  Generale,  che 
egli  vi  aveva  con  gran  lode  fofienute:  ed  in  compuignia  di  Ste&no  trac*^ 
tenev«i(i,  per  fuo  divertimento»  in  difegnare  belle  invenzioni.  Dure  an«» 
ch'effe  in  fui  gufto  di  lui ,  finché  dal  Serenifiìmo  Granduca  fu  eletto  fuo 
Quartiermaftro  Generale,  e  poi  Maeftro  di  Campo  del  Quarto  di  Prato w 
Vi  fi  portava  ancora  il  fi>prannominato  Livio  Meus ,  appunto  tornato  di 

naro 

fof  • 

te  Porto 

roCamente 

effo  Stefano  e  Livio  intagliarono  alP  acqua 

primo  rapprefentò  P attacco  di  Lungone:  ed  il  fecondo  il  pofto  e  città  di 
Piombino;  mentre  il  Guerrini,  a  cui  enn  continuamente  mandate  di  colà 
da*  fuoi  amici  del  Campo  ^pagnuolo  •  accuratiffime  vedute ,  piante  e  dtfe* 
gni ,  gli  fomminiftrava  loro,  acciocché  tanto  V uno,  quanto  l'altro,  poteflè 
riportare  onore  di  fila  fiittca .  Stefano  dedicò  V  òpera  tua  al  Conte  d*  Ognat» 
che  molto  la  gradì  :  e  Livio  al  Conte  di  Converfiino»  che  al  gradimento 
aggtunle  un  regalo  di  cinquanta-  ptaftre  Fiorentine .  Non  fu  però,  che  per 
la  moka  applicazione,  die  aveva  Stefano  a'fuoì  belHflimi  intagli,  non  vo*- 
lefle  talora  divertirfi  alquanto  negli  ftudj  doUa  pittura,  nella  quale,  ben- 
ché poco  operafief,  tenne  una  maniera  di  buon  gufto:  e  vedefi  di  fua  ma* 
lel  Palazzo  de^Pitti;  il  ritrattò  quanto  il  naturate  del  Sereniflimo  Prtn-» 


no  nel  Palazzo  dè^Pittr,  il  ritrattò  quanto 

cipe  Cofimo ,  oggi  Granduca ftlicemente  Regnante,  figurato fopra un  bel. 

Cavallo.  0^4  Cosi 


4»    Decenn.  ìli  MaTm.  l  del  Seù.V.  dal  1 6io.  aii6$  ©• 


ùandavafi  fempreaimnEandd  il  noftro  S€«fiino,e  nella  gfa2|t  del  («» 
Padrone»  e  nella  benevolenza  e  dima  degli  amici  delle  buone  arcit  ffcendo 
Vedere  molte  belle  cofe  di  fua  manoi  quando  àfiàlico  da  fiera  e  lunghini- 
ma  infermità  (che  oltre  ad  ogni  altro firano  accidence >  cagionato  nel  fuo 
corpo  aggravato  dalle  molte  tatichef  gli  aveva  guaCto  tutto  11  capo)  per- 
venne finalmiente  alt  ultimo  de' Cuoi  giorni:  e^iò  feguì  inc^mpoappun- 
toV  che^gli  aveVa  inventate  iei  carte  di  capricci,  in  fortnaovaje»  come* 
nenti  (cheletri»  a  vogliamo  dire»  la  morte  ftefla >  figurata  in  diverfe  azioni» 
cioè  in  atto  dì  rapire  fanciulli,  giovani»  vecchj»  e  mafchi  e  feoomine,!  cofo 
veramente  bizEarrilfima  »  quando  non  mai  per  altro»  per  le  Arane  apparen* 
ze  date  travolti  della  morte  in  quegli  atti  tutte  ipaventofe  e  terribili  ^  Fm 
quefte  una  Ve  Ae  era  in  atto  di  cacciare  in  fepoltura  un  cadavero  d*  un  uo« 
ano»  pure  allora  tolto  alla  vitat  e  già  voleva  darle  compimento»  quando  a 
lui  medefimo  convenne  divenire  preda  alla  morte  ;  e  co^  fu  quel  pezza 
dipoi  finito  dft  Giovambatifta  Galelìruzzi»  e  va  ftampato  infieme  cogli  aJU 
CTK  Pianfe  la  perdita  di  tant'uomo  la  città  noftra  e  V  Europa  tutta»  men* 
tre  nella  pcrfontt  di  lui  mancò  Tarte  nedefima  ;  non  già  che  altri  non  ne 
rimaneffero  DrofclTori  »  ma  perchè  non  tali  j,  che  di  gmn  lunga  valeflero  per 
agguagliare  il  gran  faper  (uo.  Alle  comuni  dpglianze  fi  aggiunfera quello 
della  Ca&  Sereniflima  »  alla.  qualQ  mancò* un  rerviìti;>re*virtu0fo  »  di  %\ 
alto  grido»  ma  grande  oltre  ogni  credere  fu  il  fentiffiento  del  Sereniifimo 
Principe  Cofirao,  che  Io  aveva  avuto  per  maellro  nel  difegno.  Quefti  pe<» 
rò  gli  fu  di  non  piccola  confolazione  nella  lunga  infermità,  non  pure  col* 
le  viiite  di  ogni  di»  che  gì*  inviava»  £itce  a  fuo  proprio  nome»  ma  co* 
continui  a)uti  eziandio»  con  che  (provvedeva  alle  fue  neceflità.  FualfuQ 
cadavero  data  fepoltura  nella  Chie£»  Ai  SanV  Ambrogio  alli  i}.  di  Lu- 
gliaf  tf($4«  Vuole  ogni  dovere»  che  alcuna  c^fa  fi  dica  delle  ottime  quali* 
ti  perfonali  di  quedo  grande  artefice»  acciocché tantopiìi  bella comparifca 
agli  occhi  degli  uomini  fua  rara  virtù»  quanto  ella  veniva  accompagnata  da 
altre  belle  doti  dell'animo  fuo,  e  così  fua  memoria  ne  rimanga  più  glorio- 
fa  né'  fecolt  che  verranno .  \ 

Primieramente  egli  fin  da  giovanetto  portò  fempre  un  riverente  amo* 
realtà  vedova  madre»  a  fegnotalet  che  non  prima  ebbe  dal Sereniflimo 
Principe  Don  Lorenzo  l'auégnamento  da'fei  feudi  il  mefe  per  portarti  alli 
fiud]  di  Roma» come  fopra  accennammo,  che  egli  operò»  eh* e'  fodero 
aflegnatie  voltati  in  ibvvenimento  di  lei;  e  giunto  a  Roma  vi  fi  manten^ 
ne  come  potè  il  meglio  «-  Fu  umanismo  e  gittfi:o»  nò  mai  fece  torto  a  per« 
fona:  e  fu  dotata  di  tanu  modeftia»  che  pora  a  paragone»  ftetti  per  dire  che 
ne  avrebbe  perduto  quella  di  qualfifolTe  ftata  bene  educata  donzella.  Ebbe 
sì  gran  defidetio  di  giovare  a  tutti  »  che  non  fu  mai  ricercato  da  alcuno  di 
fervizio»  che  (è  uotk  m  tutto  f  almeno  per  quanto  era  in  fuo  potere»  non 
giiel  Sàc^tki  onde  nefliino  vi  fu  mail  che  da  lai  non  fi  Mniitc  in  qualche 
modo  contento.  La  (uà  cafa  »  dopo  il  fuo  ritorno  di  r^rigi»  fu  temide 
ilfefugio  e  l'albergo  di  quanti  Tuoi  conofceoti  venivano  da  quelle  parti, 
a'^uali  fomminiftrava  largamente  aiuto  di  danari»  togliendogli  alle  prò. 
plrie  neccffitadii  onde  non  fu  gran  maraviglia ,  che  un  vittaofo ,  che  a'  giorni 

faoi 


&TEFANQ  DELl^  ISELLA.       249 


fiioi  aveva  fatti  sì  grandi  gxiadagniyd  Yidiioèfle  m  moctre  m  tllato  di  medio-* 
cri  facoltà . 

Mi  giugne  ora  un  coto  fentimento  di  credere  »  che  il  mio  lettore  da|< 


ì^  di  Stefano  deUa  Bella  »  fiati  fatco  curiofo  di  iapere  perchè  io  abbia  dato 
tanto  airone,  quanto  all' altre i  attributo  di  fingolarità,  mentre  £corg[efi 
£ra  efle  tanta  diverfità  di  maniera.  Io  però»  affine  di  fodis&re  a  tale  vir* 
tuofa  curiofità»  dirò  qui  alcuna  co(à  del  parer  mio»  e  di  quello  che  io  no 
fenta,  dopo  avere  affai  bene.confiderate  le  opere  dell'  uno  e  dell'altro»  ed 
averne  tenuti  iènfati  difcorfi  con  uomini  di  aflai  miglior  gufto  »  e  di  più 
alto  làpere  di  quello^  che  io  mi  fia;  lafciando  a  ciafcheduno  il  formarxiei 
poi  quel  giudizio»  che  a  lui  più  e  meglio  piacerà.  Dico  adunque»  cbq 
tanto  le  opere  del  Callot>  quanto  quelle  di  Stefano»  fono  appreflb  di  me 
nel  più  aito  grido  di.  (lima  »  che  io  penfi  poterli  ai  prefente  da  chiccheffia 
immaginare:  e  che  tanto  l'uno»  quanto  1  altro  »  nell' arte  loro  particolare; 
e. propria»  che  fu  d' inventare  ed  intagliare  piccoliflime  figure»  debbono 
averfi per  uomini  fegnalatiflimi»  e  fin  qui  fenza  eguale;  e  benché  varie  fia-« 
no  fiate  in  lo: 9  le  perfezioni;,  non  è  però,  che  ciafcbedima  in  fé  ftelTa 
non  apparìfca  tale»  che  non  fi  meriti  fa  più  alta  lode:  ficcome  noi  veggia^ 
mo  aadivenire  in  moki  amdaaJif  ne'  frycu>  ne^fiori.ed  in  ogni  altro  bel 

Iiarto  della  natura  »  i  quili  col  p^flad^e  ognuno  in  fefieflb  variate  le  qua-» 
iradi»  non  per  ouefio  Iafi:fano  di  averle  in  fuo  genere  tanto  perfette  t  che 
refii  luogo  al  ^euderarle  migliori;  e  fetalorainquallifiadi  loro»  alcuna  vO^ 
he  ha  meno  eccellente;  avvene  alcresV  alcun'  altra.  cKe  fupplendo  al  di- 
fetto di  quella ,  ajuta  mirabilmente  a  compprre  un  tutto  degno  di  aóimi^ 
razione^.  Al  Callot  dunque  deefi  la  gloria  d'  eflEere  fiato  il  primo»  che  in 
tal  maniera  abbia  eccellentemente  operato*  La  fua  taglia  fu  impareggiabi-^ 
le  :  egli  ebbe  fiupenda  invenzione:  accordò  egregiamente  il  vicino  e  '1 
lontano,  e  tanto ^  che  più  non  può  defiderarfi:  e  pofiedè  in  grado  emi*. 
nence  le  ottime  regole  della  profpettiva  e  del  difegno.  Stefano  poi  verfa- 
tìflioio  e  neir invenzione» e  nel  difegno»  e  nella. profjpetti va,  non  ebbe  una 
taglia  cosi  pulita»  quanto,  quella  del  Callot»  ma  alquanto  più  confufetta  ;  e 
ne  1  lontani  piccolifiimi  non  fu  così  copiofo  e  chiaro  ;  ma  dov'egli  mancò  in 
qneOa  parte»  fijppl)  con  un  cetto  gufto  pKi  pittorefi:o  di  quello  del  Callot  » 
che  fu  fuo  proprio  fin  da' tempi  della  fua  gioventù»  come  apertameme  di« 
moftrano  molte  delle  cofc  fue»  ma  particolarmente  la  bella  carta  dell' en« 
trata  in  Roma  l'anno  idr3»  dell' Ambafciedor  Pollacco;  ond*^»  che  ifuoi 
d^legni»  de'  quali  re&rono  moki  alla  fua.  morte  in  cafii  fua»  furono  con 

?  rande  filma  ricercati  da  gran  Principi.»  e  dagli  amatori  di  quefi'arte»  e 
urono  poi  confervati  e  tenuti  in  gran  pregio.  Si  conferva  un  ritratto  di 
Stefano,  facto  per  mano  di  pittore  Frawete»  di  cui  fin  qui  non  è  venuta 
notizia  del  nomci  nel  Palazzo  Sereniflimo»  tefta  con  parte  del  bufto  lòia-* 
mente. 

»  >  -     >  .       • 

SUno 


250   DecemulìLdtllaP4rt.ì.delSte.V^ 

Siamo  al  fine  della  narraxionè  di  cib»  che  qi  è  riufcito  ritrovare»  ap« 
parcencnce  alla  vita  di  aaeft'  artefice;  onde  fi  &  luogo  a  noi  di  aggiugner 
qui  la  promefla  nota  delle  carte»  che  fi  fon  Vedute  andare  attorno  di  fuo 
incaglio;  e  fiuÀ  quella  che  fcjgue. 

Il  Ritrovamento  della  miracolofii  Immagine  di  Maria  Vergine  dell*  Im« 
prtineca»  intagliata  del  1633. 

Galileo  Galilei,  in  atto  di  moftrare  le  Stelle  Medicee  a  tre  donzelle t 
figurate  per  tre  Scienze  • 

. .  La  |ià  mentovata  carta  dell*  entrata  in  Roma  dell' Ambafcìador  Pollaci 
coi  dedicatt  al  Sereniamo  Principe  Don  Lorenzo  di  Tofcana. 

Otto  carte  di  porti  e  galere,  intagliate  del  1634. 

Il  Molo  di  Livorno,  co*belcolom  di  bronzo  di  Pietro  Taceat  inta- 
gliata del  1635.  e  dedicata  al  Sereniffimo  Principe  di  Tofcana»  ed  altri 
pezzi  di  vedute  di  quel  porto  e  mare. 

Diverfi  ornamenti  di  cartelle  per  apparati  funerali* 

Prontefpizio  all'Orazione  di  Piero  Strozzi»  recitata  in  San  Lorenza 
per  rEfequie  di  Ferdinando  IL  Imperatore*  il  dì  due  d'Aprile  i<^37. 
t      Apparali  di  Efequte,  fattefi  indetta  Chiefa  in  morte  de'  Serei\iffimi^ 
Principi  di  Cafa  Medici . 

Le  Fonti  e  vedute  de'  viali  della  Real  Villa  di  Pratolino  del  SeMniffi^ 
mo  Granduca .  '- 

:      La  Battagliagli  Sant^  Omer,  intagliata  del  1638. 

Le  Profpettive  di  una  commedia  reale  fiittafi  in  Parigi  Panno  1641. 

Una  carta  di  brutti  :  vi  è  figurata  una  feggiota  veduta  dalla  par«^ 
te.di  dietro  della  fpalliera,  dalla  quale  pende  un  panno»  ove  è  fcritto: 

Miatis  /ii£  {i.  e  vi  fi  vede  un  uomo  con  cappel  nero  vifto  dalla  parte 
delle  reni,  ed  in  fronte  è  fcritcot  LesOewres  df  Starr $n  A  ^Mri9  Cètz 
T^MJJainSs  ^inet  au  Palais,  uvee  Priviiége du  Royi649. 

Il  Prontefpizio  dei  libro  intitolato  ilCo/mo,  orveroliaii0  Trionfante. 


.11  Tedefi:bino9  che  fu  Buffone  di  Palazzo,  figurato  a  cavallo:  é  Tef* 
fi£(te  è  fomigliantiflima  »  intagliata  V  anno  165%. 

Quattro  carte  di paefini  e  dì  marine  bislunghe; 

Una  carta ,  ove  fi  fa  moftra  delle  operazioni,  che  fanno  i  (bldatt  per 
addeftrarfi  nell'ordinanze  di  guerra . . 

Infinite  carte  di  rabefchi  e  di  tefte  di  ottimo  gufto,  difegoate  in  picco^ 
Io,  di  gcottefiJie  bizzarriffime»  con  animali  divedi  e mofiri  marini,  tocchi 
si. bene,  che  pajono  coloriti. 
.    Molte  carte  di  vafi  di  belliflime  e  noviffime  forme  • 

Dodici  carte  di  feudi  per  armi  ed  impreCè,  con  ornamenti  di  putti» 
ficene ,  fcheletri ,  centauri ,  ed  animali  bruti . 

Quaranta  cartine  in  fiorma  di  carte  da  gtucare«. . 

Ventitre  carte  di  capricci  diverfi,  fcrittovi:  Stef.  d.  B€U.f«tt ^  Marietti 
exc»dit^ 


nbel 


STEFANO  DELLA  BELLA.       251 

Il  bel  Ponte  di  Parigi. 

L*  A  (Tedio  di  A  ras. 

Moitiffiine  piccole  cartine  »  in  frontefpikio  dice  t  tteeuiil  de  £verfti 
fieces  tresneceffasres  a/a  fortificatimi  a  Monfiigneur  Armane  de  la  Porte.   ' 

Quattro  carte  di  paefi  in  quarto  di  foglio . 

Dodici  carte  di  {>aefi  »  ove  è  fcritto  :  $•  2'  Bf  iavemfecit  P.  Manette  ex^ 

Sette  Paefi  tondi  con  figure  di  verle. 

La  ProceiGone  del  Corpus  Domini  nella  città  di  Parigi ,  - 

Dodici  carte  di  ornamenti  di  fciidi  d'  armi •  di  maggior  gfandeza 
delle  prime^  il  rame  è  quanto  quarto  di  foglio  t  e  fotto  è  fcritto:  S.  d.^  B.é 
Jnven.  ftcit  •  F.  L.  D.  Ciartrct  excttd,  eum  Pri^l  Regit  Cèrif. 

Una  carta  bislunga  di  una  cartella  ornata  tutta  di  cani  groflli,  in  atto 
di  afferrare  un  cervio»  che  pofa  la  tcfta  fopra  la  cartella  »  nel  bel  meno  è 
fcritto  S.  d.^  B.^  In.fecit  P.  L  D.  Ciartrot  excttdit. 

Più  carte  di  cartelle  bislunghe . 

Dodici  carte  belliflime  di  tette  con  bufto  dimafchi  e  femmine ,  vtfiiw 
te  in  abiti  Ungarefchi»  Turchcfchi  e  Armeni:  il  frontefpizio  è  un  giova* 
ne»  che  tiene  in  mano  una  carta»  dove  è  fcritto  :  Plufiears  teffes  toiffifes  #* 
Ì0  PerfieBne  fiit. pùttr  ES.  D.  Bella. 

Una  gran  cana»  ove  è  una  moftra»  £Kta(i  nella  Piazza  di  Vienna  alla 
prefenza  deli'  Imperadore . 

Una  carta  di  una  moftra  di  Cavalcata  in  tempo  di  notte  a  lume  di  torce* 

Otto  carte  di  belle  fcaramucce  coli*  asme  corta»  e  addeftramento  di 
«avalli  »  in  belle  figure  di  balio  a  cavallo . 

Una  Feda  Teatrale»  fattafi  davanti  alla  Maeftà  dell' Imperadore,  grande 
per  akezsa  di  foglio  imperiale  • 

^  D^e  ^arte»  per  altezzadi  foglio  mezzano»  di  giuochi  della  Contadina  ; 
in  tempo  di  notte  a  lume  di  torce . 

Diverfe  carte»  tolte  da  antichi  baffirilievi. 

Sette  cane  di  Aquile  i  difegnate  in  pofiture  diverfe . 

Una  teda  di  Cervio  col  collo»  ed  altre  di  beUiflimi  Cavalli. 

Più  carte  di  grandezze  diverfe»  figuratavi  Maria  Vergine  con  Gesù 
Bambino  nell'andare  in  Egitto;  e  con  Gesù  e  San  GiovambKitifla. 

Una  Battaglia  e  aflalto  di  una  città  liberata  da  San  Profpero. 

Otto  pezzi  di  Cacce  del  Cervio  #  del  Cignale  »  dello  Struz/olo  e  d'altri 
graffi  animali- 
Tredici  carte  di  capricci  diverfi»  fcrittovi  :  S.  d.  B.fe.  ^ariette  exe^ 

Venticinque  carte  de*  principi  del  Difegno»  occhj»  orecchj  >  tede* 
mani»  piedi»  ecc. 

Undici  carte  di  Mori  e  Perfiani  fopra  cavalli»  con  belle  vedute  di  paefi  • 

Cinquantadue  cartine  di  Femmine»  figurate  per  diverfe  Provincie»  e 
Inedite  al  modo  delle  medefime,  con  una  breve  mfcrizione  in  ciafcuna, 
in  4ingua  Franzcfe . 


Più 


j  5*    DecennJll  dèUa  P4r.h  del  Scc.  V.  dal  i  Ci  o.  al  i  ^3  o. 

Più  carte  di  fiiriile  grandezza»  ove  fono  figurate  altre  Femmine ,  rap- 
prefencate  per  altre  Provincie  o  Città  »  al  modo  delle  fopraddette  •  ^ 

Due  carte  per  ornamento  di  ventaruole,  fcrittivi  alcuni  verfi,  parte 
con  carattere  9  e  parte  con  figuret  e  cofe  diverfet  efprimenti  tutto  o  parto 
d'alcune  parole  m  cambio  di  effe  lettere»  come  a. modo  d'indovinelli. 

La  cart4  d^l  t^elU^iuoVafo  di  marmo  dell'Orto  Mediceo,  con  cinque 
carte  maggiori  di  foglio  comune  »  figuratevi  antichità  Romane  »  £ibbriche 
e  paefi . 

Una  belliflima  cartft  bislunga  del  Trionfo  della  Morte . 

Sei  tondi,  contenenti  diverfifiitìri  e  animali,  una  cervia  feguitatada' 
cftni  »  un  cignale  e  un  caprio. 

<      Una  Carta  in  figura  quadra,  orbata  di  cartelle  e  fedoni  »  con  due  cavalli, 
alcuni  fiovani  e  una  femmina  1  che  tien  legato  un  toro. 

Un'altra ,  ove  è  una  femmina,  che  dà  l' andare  ad  un  can  maftino  • 

Arme  per  frontefpizio  per  V  Efe^uiè  di  Ferdinando  II.  Imperadore» 
iittefi  in  Firenae  dal  Granduca  Ferdinando  li,  i'  anno  1637. 

Facciata  della  Chiefii  di  San  Lorenzo  »  e  Catafiiico  fiitcofi  in  efla  Chie^ 
&  per  dette  Efequic. 

Dodici  carte  delle  Profpettive  di  Commedia  e  Balletto  a  cavallo  t  £ittofi 
per  k  feliciflime  notwi  del  Granduca  Ferdinando  IL  colla  Serentflima 
Granduchefla  Vittoria  della  Rovere , 

Rittatto  al  naturale  di  Margherita-  Coda . 

Ritratto  di  Ferdinando  ILlm[>eradore. 

Ritratto  del  Serenifiimo  Principe  Francefco,  fratello  del  Sereniflimoi 
Granduca  Ferdinando  IL 

Due  piccoli  ritratti  in  tondo  del  Sereniflimo  Principe  Cofimo  dì  To« 
fbaaaji  oggi  Regnante»  è  della  Sercniifima  Granduchefla  Margherita  d  Or* 
leans  f uà  Spofa . 


•      • 


GIOVANNI 


GIOVANNI  GONNELLI 

SCULTORE 

DETTO  IL  CIECO  DA  OAMBASSl 

•  .  -         .  ... 

Dìfiepolo  di  'Pietro  Tacca  ^  nato #  * .  i .  « . 

Uale  e  quanu  fia  la  poflanza  talora  dell'*uaiana  fantvfiaf  co<? 
nDbbc»  nonfenza  ammirazione  #  in  quedi  tempi  la  noftm 
Italia,  nella perfona  di  Giovanni Gonnf^Uì ,  dettoil  Cit* 
co  da  Gambàffi,  infigne  pJafikioacore  ritratòftvs  quegli  di- 
co »  che  privo  in  tutto  e  pertutta  della  luce  degli  occhj  • 
in  fola  forza  della  faiualia ilefla ,  congiunta  ad  una  efquifita 
perfezione  avuta  da  natura  nel  fenfo  del  toccarei  fece  ve- 
dette uell'operar  tuo  in  un  tempo  CkeflTo  due  meraviglie, dico  l'opeiare  fenza 
luce»  e  '1  condurre  ccdla  mano  eofe  d^ne  di  molta  lode  come  è  noto. 
Nacque  adunque  quefio  virtuoTo  nel  Cafiellodì  Gambaifi  ^^  nel  territorio  di 
Volterra,  di  un  naie  Dionigi  Gonndli,  uOmo  aflài  benoftantet  di  profeffioi^ 
ne  biccbierajo ,  arte  allora  molto  olàta  in  quei  contorni  i  non  pure  per 
antica  confuetudine,  ma  eziandio  per  la  comodità  «  che  apportano  allo 
fornaci  le  molte  bofcaglie»  che  occupano  quella  campagna:  e  perchè  e^ii 
fin  da-  primi  anni  di  fua  &nciuUezzai  fra  gli  altri  &atolU  fpiccà  mirabile 
mente  Det  un  bel  genio  a  cofe  apparcenemi  alla  (btuam^  fu  forza  al  padre 
il  mandarlo  a  Firenze,  oveallora,  ficcome  in  ogni  tempo  era  ocoorfo»  la 
efercitaVano  uomini  di  alto  aome»  per  irgliele  apprendere.:  Il  prime 
maeftrof  eoa  cui  fi  accomodò  il  giovanetto,  fii  Chiariifimo  Fancelli;  ma 
o  fofle  jperchè  il  biion  gUfto  fuo  in  tal  facoltà ,  tuttavia  ftudiando  e  opa<- 
randoffi  fiiceflfe  migliore:  o  pure  perchè  a  ciòrinvicafle  il  grido,  che  dapv 
penutto  correva  di  Pietro  Tacca  »  fiato  degno  difcepolo  di  Gio.  Bologna 
da  Do  vai ,  lafciato  il  primo  maeftro,  con  quefio  fi  acconciò,  e  vi  fece  tal 
profitto f  che  a  tutti  ne  fu  di  ammirazione.  Mentre  ei  fi  trovava  in  talo 
fcuola,  porte  il  cafo,  non  (p  per  f uà  ventura t  o  per  fin  fvcn tura ,  dheCar*^ 
lo  Gonzaga  Duca  di  MUntovave  di  Nivers^  ritrovandofi  nella  città  di  Fi^ 
renze,  fi  portafle  un  di  nelle  fianze  del  Tacca:  ed  avendo  veduto  il  gio-^ 
vanetto  Giovanni  e  le  opece  eziandio  della  fua  mano  $  ed  avendo  altresì 
riconolctttto  nella  perfona  di  lui  bella  avvenenza  di  tratto,  e  neir  operar 
fuo  rpirito  e  vaghezza;  Corte  s\  invogliò  di  averlo  ^  proprj  fervigi .  Ondo 
rapprefentatogli  tale  fuo  penfiero,  facil  cofagU  fu  Toctenerlo;  ma  non  ter-^ 
minò  Qxà  fua  voglia ,>  perchè  avendo  veduto  pure  itdle  fianze  del  Tacca  uà 
altro  tuo  vaiente  fcobre,  chiamaco  Tommafo  Redi,  anche  quefio  daefib' 


afiedio. 


j25.4  J^^cenn.llL della Part,  1.  delSecV.  dal  1 620.  al  i 6$o. 

afledio  *  nella  forprefa  e  nel  faccheggiamento  dellatictà .  Mi  lafciando  ora  da 
parte  il  Redi ,  ch^^^opp  avere  operato  in  Mmtova  «.  tomacofene  a  Firena^e» 
e  poi  a  Siena  fua  patria»  molte  cole  vi  gettò  di  metalli  :  e  feguitando  a 
parlare  di  Giovanni,  diremo,  che  in  tjael  tempo,  non  |b  fé  a  cagione 
dell'  umidità»  che  in  quella  cictà,  fituata  in  mezzo  ad  un  gran  lago»  ap- 
portano le  frequenti  nebbie  della  mattina  :  o  pure  per  li  grandi  patimenti 
ntti,  e  grandi  dtfagj  patiti  »parcibolarmente  per  efliergli  convenuto  nell'oc- 
caiìone  de' ripari  fattifi  a' podi»  il  portare  in  corbelli  e  fafli  e  terra»  e fo* 
ftenere  il  travaglio  continuo  di  una  totmentofa  fame  :  o  pure  per  altra 

SualfifolTe  cagione»  il  povero  giovane  «che  fino  allora  fiera  goduto  il  brio 
ella  fua  frèfca  edt»  di  anni  venti  e  non  più^  reftò  del  tutto  privo  dèlta 
Juce:degliocchj.  Quale  egli  fi  rimanere  allóra  per  sì  fatto  accidente,  tro- 
vandofi  di  aver  perauto  il  più  gradito  di  tutti  i  corporali  fentimenti ,  e 
per  confegoèma  il  tanto deuderato  ufo  dell'  arte  fua»  con  aagiunta  di 
quel  pili,  che  di  male  apporta  una  incera  cecità,  non  è  pofiibile  ad  efpli* 
caffi.  Vero  però  fu»  che  il  far  ritorno  alla  patria  nel  miglior  modo  a  fé 
polfibile»  fu  fuo primo  penderò:  e  lo  mefle  in  efecuzione,  conducendo 
con  feco»  o  pure  vogliamo  dire,  facendofi  condurre  al  fuo  compagno  Tom* 
mafo  Redi.  Giunto  in  patria»  attefe  per  diecianni  continovi  a  far  nulla 
'più»  che  vivere  in  quella  fua  miferia;  come  quegh,  che  non  avrebbe  mai 
laputo  perfuadere  a  ie  lle(fi>  di  dover  così  cieco,  ancora  ancora  hx  vede- 
re maraviglie  delle,  fue  mani,  ficcome  dopo  i  dieci  anni  già  detti,  egli  fi 
accoriè  di  poter  fare:  e  andò  la  cofa  in  quefto  modo .  Aveva  egli  da  sio* 
iranetto  fatta  di  terra  una  tefta  con  bufto ,  ritratto  al  vivo  del  Granduca 
Cofimo  IL  e  comechè  fofiè  a  quefto  ftato  dato  luogo  in  una  parte  dell» 
cafa»  dove  nel  tempo  della  pioggia  ^rana  folite  cadere  alcune  gocciole 
d' acqua  piovana,  la  figura  in  più  di  un  luogo  era  rimafa  guafta;  feppelo 
Giovanni:  .e  mofiro».non  fo  feda  curiofità  o  da  amore  di  quella  fua  ami. 
ca  fattura»  fattofi  portare  della  creta ,  così  fenza  luce ,  e  iole  in  forza  di 
fantafia  »  e- del  fcnfiitiffimo  tocco  delle  fue  mani,  la  nffettò  sì  bene,  che 
non  pareva  che  ella  avefle  avuto  mai  difetto  alcuno  «  Cofii  parve  quefta 
a'  fuoi  congiunti»  maravigliojia  aflai:  ed  è  probabile,  ch'eglino  incomin* 
ciailèro  a  renderlo  animofo  a  cofe  maggiori  ;  giacché  dopo  miefta  egli  ù 
mefie  a  fare  una  figura  di  un  Bacco  co'  grappoli  dell'uva,  che  dopo  fua 
morte  fi  confervò  per  un  poco  nel  terreno  della  fua  cafa  a  Gambaffi. 
Dipoi  fi  applicò  a  far  ritratti  al  vivo,  fé mpre facendo  che  Tufizio  dell* oc- 
chio faceuero  le  mani:  e  poffo  io  dirlo  per  efperienza  »  giacché  nella  mia 
età  di  anni  quindici  in  circa»  trovandomi  in  luogo,  ov'  egb  ritraeva  un 
gran  Cavaliere»  volle  adattarle  alla  mia  faccia  nel  fuo  folitomodo:  e  Ciot- 
tolo» fi  mefite  a  defcrivere  le  mie  fattezze  appunto^  efprimendok  anche 
in  parte  con  certi  verfi  piacevoli,  ch'egli  allora  in  tal  propofito  recitò. 
Diuì,  eh' egli  adattò  le  fue  mani  nel  fuo  (olito  modo:  e  quale  ei  fofle  cer^. 
oberò  ora  io  nella  miglior  maniera  poffibile  di  >  cappreièntare  ;  bendié  io 
penfi»  che  da  chi  non.vide^  difficil  Co(ami<filràl^eflereinteia.  Accomc 
dava  ^li  primieramente  la  foa  maf&  di  terra >  formandone  con  mano  così 
alla  grofta  »  un  bullo  colla  celli  d*  avanti  a  fé  fopra  defcbetto  a  tavola  .- 

e  dato 


GIOVANNI    GONNELLl.       2SS 

• 

^«  ddto  luogo  op^òHamente  i\ri  vicnio  a  ehi  ddv6Va'éiIère  ritratto,  in  mp^ 
-do  di  potttio  toccare  a  ftia  conxodicà,  accofliava  infieme  aperte  le  tnanìt 
piegandole  gentilmente,  canto  quanto  avelie  potuto  formarne  come  una 
aalchtTa  t  la  quale  egli  prefentava  al  vifo  del  fuò  naturale  :  con  che  dì  pri«* 
mò  cretto  concepiva ,  a  mio  parere,  una  cognizione  univerfàle  dell  ùl« 
tezza  e  larghezza  di  quella  faccia ,  e  delle  parti  poco  o  molto  rilevate . 
Difgiungeva  poi  efle  fae  mani  appoco  appoco,  mentre  le  due  dita  ^roflè> 
una  verfo  una  parte,  una  verfo  l'altra,  andavano  ricercando  e  gentilmen* 
te  toccando  le  fuperficie  delle  labbra  e  d-  altre  parti  da  i  lati  dei  volto  ri- 
levate  o  cupe,  in  cui  incomravafi.  Dopo  ognuno  di  quefti  moti  o  ricerca- 
menti  tanto  uni  verraJi,  quanto  particolari,  egli  applicavaiG  alla  fua  (tatua, 
l^onei^o^c  ' levando  terra,  e  poi  coprendo  colla  medefima  mafchera  fatta 
deile  Tue  mani,  poi  colle  dita  grofle  e  cogli  due  indici  tornando  a  ricer-ca» 
re,  finché  fi  accòrgeva,  e  che  vedevano  anche  gli  aftanti,  che  nella  fqa 
creu  iacominciava  ad  apparir  la  forma  deUa  penibnà  ritratta  :  alla  quale 
dava  tuttavia  pei<lézioiie  col  nuovo  tatto  e  ricercamento ,  fempr^e  colle  due 
mani  intente  all'  operazione ,  una^dall*  una ,  ed  una  dali*  altra  parte  del  vifa; 
€  quello,  ctod^io,  per  mantenére  nell*  egualità  delle  due  dette  parti,  e 
nel  tutto, -oltre  a}la  fomiglianara,  anche.il  buon  difegno.  Soleva  finalmenk 
te  perfezionate  la  fiia  figura ,  legnando  negli  occh  j  le  luci  ;  ma  perchè  tal 
fegno  èfottfliffimo,  e  confeguentemente  non  è  feniibile  alla  mano,  aveva 
accomodata  una  <ieffta  cannuccia ,  colla  quale  le  improntava  a*  luoghi  loro. 
£^  anche  da  faperfi,  che^i  ebbe  per  ufanza  di  condurre  i  fuoi  ritratti, 
ed  anche  V  altre  Tue  figure ,  nella  interior  parte  voti ,  non  Tappiamo  già 
a  qùai  fine';  e  ciò  faceva  con  mettere  dentro  la  terra  certi  panni  (tracci» 
i  quali  pòi  tirava  fuori  dopo  aver  data  forma  e  (labilità  alla  fua  figura. 
Per  ultima  fu  fua  ufanza  il  dare  (opra  i  fuoi  ritratti  \in  certo  colore  ver- 
diccio, come  fogliono  vederfi  alcune  fiatue  di  antico  metallo,  ma  luftrante 
alquanto,  e  fimile  a  quello  che  da' pittori  è  detto  purpurina .  Fra  gli  altri 
ritratti  dunque  che  egli  fece  in  fua  patria  >  fu  quello  di  un  gran  Cavaliere 
Volterrano,  morto  lubitaneamenté,  in  atto  di  caccia:  e  quefto  ritratto  fi 
conferva  oggi  appreflo  a  Lifabetta  fua  moglie,  infieme  con  una  tefta.  fatta 
da  lui  di  un  Sant'  Antonio  da  Padova  ,  di  proporzione  mezzo  naturale  . 
Spar(efi  intanto  la  fama  di  quello  non  più  udito  modo  di  fcolpire  i  onde* 
gli  fii  duopo  venirfene  a  Firenze,  forfè  chiamatovi  dal  Sereniffimo  Gran- 
duca Ferdinando  IL  e  quivi  ebbe  a  far  ritratti  dello  ùcdCo  Sereniflimo,  e 
di  tutti  gli  altri  della  Sereniflima  Cafa ,  i  quali  fecero  (bttoporre  alle  mani 
dell'artefice  fliatue  di  marmo ,  ritratte  al  vivo  da'propr)  volti:  fotto  le  qua*** 
li  e  non  fopra  il  naturale  (  così  richiedendo  il  dovuto  contegno  di  una* 
maeflà  reale)  egli  condulle  le  opere  fue:  di  che,  oltre  a  dimofiraziont  di 
(lima  e  di  amore,  gran  prem}  riportò.  Molti  furono  i  Cavalieri  Fiorenti- 
ni, che  da  lui  vollero  tStt  ritratti,  e  fra  quefti  Lorenzo  Ufimbardi,  al  qua* 
le  anche  altre  cofe  fece,  oltre  al  proprio  ritratto.  Ma  non  fi  fermò  T ope- 
rare di  Giovanni ,  mentre  egli  fi  trattenne  in  Firenze,  nella  pura  operazio- 
^e  de'  ritratti;  ma  quel  che  fu  di  ammirazione  fi  fu,  che  egli  fece  anche* 
più  figure»  e  fra  quefte  quella  del  Santo  Stefaao  Protomartire,  che  oggi- 


ìOlfk!» 


^.^^   Demn.  Jll  déff0 P^t.  l  (fe/^fi.  K  daii  620.  al  163 o. 

v^|{gia;iqo  in  unt  nìQcfiin  p^r  «m^o  iji  Coro  4ft'  Frati  Agoftiniiuii  imIU 
jCAii^b  del  Santo  preflb  «lipop»  vec9hio>  ftacadipinjca  poi  con  colori.  Qge» 
^a  i\gurain  ^emporim^fe  guafta  in  una  «lanot.  chp^li  fu  rifatta  di  legnane 
da  Pier  Francefco  Ciard'^  -Pocc^tti  $  fiato cpn6d«ntìffioìo  del  nofiro  «rtefictu 
che  a(I$rifc9  aver  veduta  di  f«a  mano  pure  una  figura  di  unCii0»  inorco, 
lìon  porrò  interamente  iinita^  Finalgicince  paflàto  il  grido  di  sì  bella  novi* 
|;à  alla  ciui^di  Roma»  egli  fuchiamatp  ne' tsm]^)  di  Url^nc^  VJlL  e  fecevi 
molt^  opf^re^^er  quei  Prelati  a  Prin^ipi^  «d  il  ritratto  d^Ho  ftc^o  Eoaitefi^ 
e» Urbano.  Fra  T altre  perlboe  di  ponto»  che  egli  ritrafle  in  Rotnap  f« 
Gio«  FraiicefcQ  di  Giufiiniano  Genovefir»  ohe  per.quanro  «  noi  è  fiate 
r*ppr«&ntato»  feceglicrarta  dipromefla  di  uà  vigco  onorario  per  4opo 
norte  di  Andrea  Giuftkiiano,  Marchefe  di  BaSanó»  fuo  fratello  ;  ma  quel*- 
la  di  Giovanni  prevenne  .il  tempo  e  'I  cafo  dell*  adempimento  di  cale  pro« 
ae(&i  •  Ocoorfe  poi  •  che  trovandoli  egli  un  giorno  appreflb  al  Cardi» 
naie  Pallotia»  facendo  fòo  ritratto»  venni^  con  buona  .ocaaitone  di  difcorfo 
•  dar  ftiori,  come  fin  da'  tempi  del  filo  v^dere'egliera  innamoirato<  Senti» 
to  ciò  il  Cardinale,  gli  domandò  Co  gU.  foflè  bafiato  l'animo  di  effigiare  la 
dama  Aia:  e  fentito  che  sì  ,  voUexbe  egliii  accingeflè aUVopor»i:  ed  in* 
'  tanto  Tp^di  un  fuo  pittore  aGambafli  afiire  un  ritratto  della  fanciulla  i  che 
fatto»  e  pofto  a  fronte  col  rilievo  del  Cieco»  io  fecQ  comparire  tanto  fo^ 
migliantet  che  il  Cardinale  diede  luogo  alla  ftatua»  come  cola:  memorabi^ 
liiumai  per  entro  la  propria  Galleria»  coU'appreffojnotto.:. 

Giovén  >  cb'  i  cieco  »  e  Lifiib€it§  amà^ 

La /colpì  nelP  Idea  che  ^morformh . 

Nei  tempo»  ch'ei  fi  trattenne  a  Roma,  cioè  dell'  anno  MS} 7.  :la  nobiliffi^ 

ma  città  di  Volterra,  che  non  è  molto  lungi  dal  Caftelio.  che  fu  fua  pa-« 

cria ,  ambiziofii  del  nome  fuo  •  fatto  ragunare  il  generai  Configlio  »  lo 

fece  defcrivere  nel  numero  de'  fuoi  cittadini  :  e  ve  n'  è  patente  in  idate 

de'  17;  di  Luglio  di  detto  anno,  foforìcta  da  Girolamo  Bofi  Dottore,  Can-^ 

celliere  della  citti  medefima.  Ma  noii  è  da.  trabfeìarfi,  come  mentre  egli 

ìfl  Rx>ma  faceva  vedere  di  (uà  mano  i,  bei  ritratti,  vi  fu  perfona  di  alto 

affare»  che  non  potendo  perfuaderfi»  che  Giovanni  oper^  privo  affaptco 

del  vedere  ,  tantopiù  che  l'occhia  fuo  per. altro  da  gran  tempo  cieco r 

quafi  nvUa  aveva  perduto  di  fua  antica  bellezza 7  volle  farne  efpNerienzà»coa 

farlo  operare  in  uiia  fianza  interamente  fcura,  dica  fieaiza  minimo  bagliore 

di  luce  o  chiara  o  fbfca  ;  ma  prefio  rimafe  chiarita  fua  curiofità  »  conciofofle- 

colkchè  Giovanni  vi  conducefle  un  ritratto  tanto  pulito»  e  tanto  al  vivo»* 

che  meritò  la  lode  del  più  bello  che  fofiTe  dalle  Tue  mani  uficita  nmi  fino  a 

quel  di.  Né  io  penCb»  che  farà  cofa  del  tutto  fpiacevokr  raggiungere  in 

tal  propofito,  ciò  che  foleva raccontare  Ferdinando>di  Pietro  Tacca,  fiato 

fuo  condifcepdo  nella  fi:uoIa  del  padre  »  ed  è  3  che  trovandofi  Giavanrd 

pure  ih  Renna,  in  atto  di  ritrarre  un  Cardinale,  a  cui  era  venuco  alcun 

dubbio»  fopra  il  vedere  o  non  vedere  delP  artefice»  volle  anch' efib  £ftrne 

efperìenza:  ed  appofiaca  congiuntura  di  fua  maggiore  fifia;^ione  al  lavoro  « 

alzatofi  chetamente  dalla  fedia»  vi  fece  federe  un  fuo  uomo,  che  avea  &€• 

te^ze»  fé  non  fimili  a  fé ,  ahneno  non.  coal  diver^ ,.  che^a  fuo.paaere.  non 

poteflero 


GIOVANNI    GONNEILL         157 

^Qteftro  dar  é%  fere  td  un  cioeo  per  dUUogiierlie»  quando  tcco»  che  Gio» 
trannt  coma  al  fuo  tafto.  In  fuUa  bella  prima  egli  riftetce  alquanto;  poi 
toccatala  vede  incorno  al  collo,  ch'era  un  abito  domeftico>fimile  a  quello 
del  Cardinale;  in  un  tracco  li  tlzò  del  fuo  fgabelletco,  e  d;fcoftando  ìk 
deibo  braccio,  e  ibringendo  force  il  pugno  :  Al  corpo  di  me»  diflè  egii^ 
che  Te  io  foffi  certo»  cne  cu  non  foffi  un  altro  Cardinale»  ficcome  tu  po« 
creili  eflère,  io  c'avventerei  un  di  quelli  alla  volta  delle  mafcella,  per  mo^ 
do  tade,  che  tu  poteffi  imparare  per  un'  altra  volta  a  dar  la  burla  «'galani 
tuomini;  ma  il  Cardinale  con  dolci  ed  amorevoli  parole  tirando  la  cofa  a 
fcherzo  piacevole,  fattolo  chiaro  del  fuo  dubbio»  interamente  il  placb» 
Dopo  avere  dunque  Giovanni  condotti  alTat  ritratti  nella  città  di  Ro^ 
ma,  fé  ne  volle  tornare  alla  patria,  ove  loafpeccava  la  Lilabetta  Sedi,  (la* 
ta  fua  amante  fin  da'  primi  anni  dell'  adolefcenza ,  per  divenirgli  confor«< 
te,  ficcome  feguh  Nel  tempo  ,  ch'ei  fi  trattenne  in  Firenze  ( tanto ert 
l'amore  eh*  esportava  all' arte  fua)  cosi  come  era  privo  di  luce,  non  po« 
tea  contenerfi  di  non  andare  la  fera  alia  pubblica  Accademia  del  Difc^nor 
e  nel  tempo  che  fi  direnava  il  naturale,  fi  tratteneva  con  quei  profalòii 
in  bei  difcorfi  delle  cofe  occorfegli  nella  città  di  Roma:  e  talora  colle  pro- 
prie mani  voleva  riconofcere  T attitudine»  che  faceva  il  /nodello:  e  quello 
ricercava  parte  per  parte  »  e  poi  dava  giudizio  dei  mancamento  o  perfe»^ 
zione  di  ciafcheduna  parte .  Nel  tempo  pure  eh'  egli  dette  in  Firenze ,  che 
furono  più  anni»  ebbe  egli  della  Lifabetta  fua  conforte  cinque  figliuoli ,  fra 
inafichi  e  femmine,  de'qiiali  fino  a  quattro  ebbero  cortiflima  vita:  e  Cate- 
rinangiola  fu  dopo  la  morte  di  lui  congiunta  in  matrimonio  con  Lorenza 
Barluzzi,  che  ferviva  in  Corte  dd  Sereniamo  Principe  Francefco  Maria» 
oggi  Cardinale  di  Tófcana:  e  di  Lorenzo,  che  ora  più  non  vive»  nacque^ 
ro  dieci  ficliuoli  •  de'quali»  mentre  10  quelle  cofe  ferivo t  fon  rimafi  Am« 
brogfo»  (Juafparre,  uiovanni,  Bernardo»  e  Marta  Rofa  :  e  rell;]  anpore 
al  mondo  la  vecchia  Lifabetta  loro  ix>nna  »  che  fu  moglie  del  noftro  artefice. 
Stato  che  fu  Giovanni  per  quakàe  anno,  come  dicemmo,  nella  città  dì 
Firenze ,  fi»  ne  tornò  a  Roma,  pure  nel  Pontificato  di  Urbano  V  II  L  è  dopo 
avervi  alquanto  operaco,  regnaatte  ancora  quel  Pontefice»  vi  firti  fuà  vita  e 
uè  mancò  chi  afiennaie,  che  (bgiiiflè  fua  morte  jer  cauià  di  veleno;  ma  fé 
Brande  fo  il  cafo  di  fua  morte,  grande  altresì  fu  quello,  che  occorfe  alla 
tua  ca£a  dì  Gamfaaffi  ^  laqwile»  pochi  mefi  dopa  che  egli  fu  daquefia  all'aU 
tra  vita  pa&oo^  dì  cepente  rovinò  ;  e  di  fue  opere  »  che  in  eua  fi  confer* 
Yavano,  e  di  tea  fupellettile.,  altro  non  ifcampo  dalle  rovine ,  che  un  fuo 
ritratto  dipinto  a  olio,  tefta  conbuftoj»con  un  parodi  f^fie  in  mano»  lo  quale 
avevano  fatto  face  in  Roma  i  fuoi  amici  in  tempo  di  fuainfermità^eqùcftot 
che  poco  fa  fi  coalérvava  appreflb  la  gii  nominata  fua  coriforte ,  è  ogpi  » 
per  dono  fiurtosliele  da  lei  medefima,  in  potere  di  chi  quelle  cofe  feriva» 
che  gfi  ha  dato  luogo  fra  altrirdi  uomini,  nelle  fcienze  e  neirartivilluftri  >  iti; 
unfao  Mttfiso.  Fo  quefto  artefice  uomo  di  bello  e  gioviale  afpetto,  di  co«* 
fiumi  amorevoli  »  e  di  grata  e  (bllazssevole  convér(àKÌone  :  vefiì  nobilmeméi 
€  per  la  città  andò  fempre  appoggiato  al  braccio  di  un  fuo  aliai  civile  Ter*' 
Tiforo.  Deiki^re  fuc  non  chiefe  mai  prezzo;  ma  le  iacevii  per  aggradirò 

R  a  chi 


/ 


Ì58  Decenn.IIL deSaPartJ. delSec.V, dal 1 610. al 1 6$o, 

a  chi  glìMedomandava;  febbenè  era  poi  corrtfpofta  tale  foa  coitela  cimi 
ricchi  oBorarj  >  onde  egli  pocè  fempre  trattar  fé  Aeflb  e  ìfuoì,  coaonore» 
y  olezza  e  con  decoro.  Ebbe  però  il  fuo  debole  nell'eflèrcosleccedenteme»- 
te  inclinaco,  all'  amore ,  che  pria»  di  àccafarfi ,  gli  baAava  fòle  il  fentìr 
parlare  grazìofa  fanciulla,  per  renderlo  innamorato:  equi  talora  foggéttò 
fé  Aedo  al  dileggio  di  molti  ;  conciofoflTecofachè  egli  volclle  portarfi  co<- 
gli  altri  giovani  alle  pubbliche  veglie ,  dove  fonava  Tua  chitarra ,  cantava, 
e  non  poche  volte  volle,  così  cieco,  anche  ballare  colle  amate;  ma  infer* 
ma  è  noftra  natura ,  e  difficile  riefce  l' abbandonar  del  tutto  quelle  palEo- 
m,  dalle  quali  chiccheflìa  infinda'piU  verdi  anni  li  lafciò  poitedere  ;  àn^ 
al  comparir  che  £t  la  privazione  deh'  amato  coftùme  *  reggiamo  quefii  fàrfi 
bene  fpefTo  maggiori  >  e  poco  meno  che  io  non  difiì,  del'cutro  infapcrabilu 
Scriflè  di  Giovanni  Gonnelli>  còme  dì  un  miracolo  del  noftro  fecolo. 
Bernardo  Otdoìm  Genovefe,  nel  fuo  Riftretto  dell'  Iftorie  del  Mondo  dal 
1^35.  al  ii$4o.  fcritte  da  Orazio  Torfeltini  della  Compagnia  di  Gesù  :  e 
umilmente  Pietro  Seritio  ,  flato  fuo  Medico  ,  nel  fuo  Libro  intitolato  : 
^fertMtio  de  Unguento  Armario  ,  five  de  Ssturje  cArtifque  OiiratuHs. 
Rome  Typis  Dom.  MertUni  1641. 


FRANCESCO    FURINI 

PITTORE    FIORENTINO 

'Difiepfflo  di  Matteo  Rojfeìll ,  nato,  dna  ài  i5oo.  4^  1^49* 

Olivera  in  Firenze  verib  U  fine  del  pafiàco  fecolo,  in  caatexio 
i  di  ragionevole  pittore  di  ritratti  al  naturate,  un  cerco  Fi«' 
i  lippo  Furini,  uomo  di  buono  ingegno,  e  nelle  conver&zio* 
\  m  follazzevole  molto;  benché  nel  trattamento  dì  fé  fteffb  & 

8  la  paflàffè  cosV  a  cafo,  che  non  Filippo  Furim  .ma  Pippo 
Sciamerone  era  chiamato  da  ognuno,  e  per  tale  >  da  chi  fi 
foflè  ,  iiitefo  e  conofciuco  :  uomo ,  in  fomma  >  onorato  e  dabbene  ;  ma 
fuori  di  evi-,  tutto  il  contrario  di  un  fuo  fratello,  chiamato  Michele,  che 
^ccp  di  devozione  e  dì  bontà,  eferckò  per  più  anni  il  caricodì  Governatore 
della  Venerabile  Compagnia  di  San  Giovanni  Evangelifta  in  ria  dell'Acqua  ; 
.  -firequentò  afliduamence  quella  dì  San  Benedetto  Bianco:  e  fu  quegli,  che 
.  valendofi  dell'  amicizia  grande ,  che  pafTava  fra  Pippo  fuo  fì^tello  e  'i  cele- 
bre pittore  Criflofano  Allori»  operò,  che  lo  fleffo  Criftofano  faceilè  per 
.  e(ra  Compagnia  le  bellìflime  fìgure  del  San  Benedetto  e  del  San  Giuliano* 
che  poi  furon  polle  per  adornamento  degli  fpazj  lacerali  dell'  Altare  della 
medesima.  Di  quello  Filippo,  o  Tìppo  che  vogliamo  chiamarlo,  nacque 
Franccfco  Furìni  circa  all'  anno  i5oo.  e  noii  fu  gran  iacco  >  che  egli,  fin 

4»* 


FRANCESCO    FURINt.        259 

da*  primi  anni  iiicUnafle  al  dilèffno  ed  alla  pittura  i  giacché  fu  allevato  da 

gidre  pittore:  il  quale  anche  yoUe  per  quell'arte  incamminarlo»  prima  nella 
«ola  del  Pailignanoi  pm  del  Bilivert  :  e  finalmente  di  Matteo  Roflelli  «, 
Oiunto  eh' e' fu  in  ecà  con&cevole  co' buoni  ftudj ,  fu  dal  padre  mandato  « 
Roma  •  e  con  fufficience  provvedimento  di  danari,  quivi  per  più  anni  trat* 
cenuro:  e  fu  anche  fua  fortuna,  che  egli  colà  ritrovale  Giovanni  da  San 
Giovanni»  fiato  fuo  condiscepolo  col  Roffelli,  perchè  ftudiando  a  fecondi 
del  buon  gufto  di  lui»  potè  ritrarne  maggior  profitto»  che  fatto  non  avreb- 
be fenn  (uà  ailiflenza.  Ben' è  vero»  che  nella  ftefTa  pratica»  che  egli  usò 
tempre  con  Giovanni»  che  era  un  umore  bizzarro»  ftravagante»  e  alfai  de* 
dito  alle  baje  »  gli  convenne  .trovarfi  con  eifo  in  tutti  o  nella  più  parte  di 
quei  cafi,  che  ad  eflb  frequentemente  partoriva  il  fuo  modo  di  vivere», 
come  dir  fi  luole»  air  impazzata:  di  che  molto  a  lungo  abbiam  parlato  nelle 
notizie  dì  fua  vita;  onde  non.fa  di  meftiero  il  più  dirne  in  quello  luogo. 
Tomatolene  il  Furino  a  Firenze»  fece  la  fua  prima  opera  a  olio»  che  fu 
una  piccola  tavola»  che  fu  mandata  a  Vicchio  di  Mugello;  la  qual  tavola 
conduflc  ad  inftanzadel  Molto  Retr.  Prete  Giovanni  Niccolai  Priore  di  San 
Simone  :  ed  una  a  frefco.  che  pure  fu  la  fua.  prima,  cioè  un* architettu* 
ra  di  una  Cappella  finta»  nella  Parrocchiale  di  San  Frocolo,  alla  liniftra  ma^ 
no  allato  all'Altare  del  Santiflimo .  Poi  gli  fu  dato  a  fare  da  Giovambaci* 
fta  Baccelli  negoziante  Fiorentiiu)  un  quadro,  dove  rapprefencò  la  morte 
di  Adone  con  più  figure  al  naturale:  opera»  chediedegliaì  gran  credito^ 
ohe  fubko  incominciò  ad  eflere  adoperato .  Aveva  il  Furino  in  quel  tem« 
pò  una  lorella»  che  pure  era.  pittrice,  ed  aveva  imparata  Tarte  da  Grido-. 
Sano  Allori  :  donna  di  non  ordinaria  vivezza  e  fpinto»  e  perciò  fiimatiffi« 
ma:  ed  una  altresì  chiamata  Angelica,  vedova  di  Domenico  Belli»  tino* 
maro  maelttro  di  mufica:  e  quefta  pure  era  mufica  di  profeffione»  e  per  la 
fuaonefitf  e  valore  in  tali>eua  fiicold»  fi  trovava  non  poco  favorita  nello 
cafe  delle  principali  Dame  e  Cavalieri  Fiorentini  ;  onde  Francefco  il  fra« 
tcllo,  tornato  a  ftare  con  efla»  ebbe  occafione  difarfi  tuttavia  più  conofce« 
re:  e  particolarmente  in  cafa  il  Marchefe  Giulio  Vitelli»  Capitano  delta 
Guardia  a  piedi  del  Granduca;  che  però  fparfafi  in  breve  la  fama  di  fi|o 
Iiennello»  ornai  incominciava  a  mancargli  il  tempo  per  contentare  i  moU 
ti»  che  volevano  fue  pitture:  etantopiù»  perche  col  grand' ufo  del  naca- 
rale  egli  fi  era  fatta  una  maniera  di  colorire  teneriifima  e  vaga  ;  e  fiami  le- 
cito a  dire  ciò»  che  non  potrà  contenutegli  animi  de' più  prudenti»  e 
de'  più  cadi ,  perchè  egli  avea  fermato  il  fuo  per  altro  ottimo  gufto  in  rap- 
prelentare  la  nudità  delle  femmine  ;  co&  »  che  colpa  di  noftra  malizia  »  è 
tanto  dalia  più  parte  applaudita»  quanto  è  pernicioOi»  per  lo  molto  ch4 
ne  patjfcono  i  buoni  coftumi .  AUai  ouadri  dunque  eboe  egli  a  fare  per 
diverC  Gentiluomini;  fra' quali  troppo  bello  e  troppo  vero  riufcl  un  qua- 
dro da  fata  per  Agno!  Galli»  ove  egh  rapprefentò  il  giovanetto  Ha  e  '1  ba- 
gno  delle  Ninfe  »  tutte  quanto  il  naturale  »  in  vane  attitudini:  e  quello 
eziandio  dell'Adamo  ed  Eva»  che  oggi  vedefi  nel  Palazzo  del  Marchefe 
Pier' Antonio  Gerinì,  che  altri  in  buon  numero  ne  pofliede  in  mezze  fi- 
gure di  femmine f  pure  di  mano,  di  lui.  Era  in  ^uel  tempo  nella  città  di; 

R  2  '        ^  Venezia 


a6o  Deeenn.lll della PartX delSu.V.MiS^ù.  al 1 6^ o. 


Venezia  un  yomo  molto  ricco  «ptofamiere  di  profiiffione,  e ^die  ftcev» 
guanti  di  ambra .  QMfti  fi  dilectava  oUremodo  ai  wat  quadri  et  piìi  ee^* 
celienti  maeftrìred  avendo  fentita  lacuna  che  già  coneva  in  qadla  fUr 
latria  del  pennello  del  Furino»  lo  mandò  a  pregare  a  porcarfi  coltb»  ad 
effetto  di  colorir  per  lui  un  quadro  di  una  Teti»  che  dovefle  ferfire  per 
eecompamarnc  un  altro  di  una  Europa  ^  che  egli  avea  di  mano  di  Gwdo 
R^ni}  offerendoti  a  fare  eflb  medeGmo  tutta  la  fpefe  di  fue  gita»  flmza  e 
ritorno  >  oltre  allo  sborfo  per  un  molto  degno  onorario .  Il  Furino»  che 
ftNTte  bramavadi  vedere  le  ftupende  pitture»  che  fi  ammirano  in  quella 
cittì»  accettò  r  invito:  edinfieme  con Diacinto  Bocd  e  con Daftokmuneo 
Pegni  Tuoi  difcepoli  »  fi  pani  a  quella  volta  »  portando  con.  £eco  in  te^- 
uonio  de)  Aio  operare»  un  belUffimo  quadro  di  un  Adamo  ed  Eva»  che 
egli  aveva  fatto  per  Bernardo  Giunchi  noftro  cittadino  »  abitante  alkura- 
in  Venezia»  amiciffimo dell'arti  nofire,  che  poi  al  fuo  rimpuriare»  graa 

Soantitàdi  pitture  Venete  e  Lombarde»  portò  in  quefta  fua  patria.  SKtte 
Furino  in  Venezia  circa  a  fjbi  meS»  nel  qual  tempo  fece  al  Profumie^ 
te  il  bel  quadro»  e  molto  piìi  vi  averebbe  operato»  iè  da  unoeceeflivo  do* 
Ine  di  denti»  che  noA  lo  lafiEtò  aver  bene»^  non  fotte  ftatail  più  del  tea»* 
pò  trafireo;  ma  per  fupplire  a  tal  difetto»  e  per  defiderio  dì  rendete  per« 
fetta  r  opera  che  egli  aveva  prefa  a  fare  ,  non  volle  dare  moka  copia  di&p 
ricufando  le  vifite  ed  ogni  altro  tsattenmento  »  che  da  cale  aflotico  e  dal 
godere  le  belle  picture  Veneziane»  1*  avvero  potuto  divertice .  Tofnato* 
fene  poi  alla  patria»  con  maggior  credko»  aoraggiore  anche  fa  il  nometo 
deHe  opeie  »  che  gli  fia^ona  ordinate  da^  noftri  cittadini:  delle  quali  tutte 
infiememente  feremo  aacnaione  più  avanci  ^  fenaa  oflenctcc  L*  ordine  del 
tempo»  che  a  noi  non  è  bea  noto;  e  fra  qaefte  una  Andromeda  per  la* 
Ideila  dell^  Imperatore»  à^ììtt  quale  rimafe  «aa  buona  couia  ia  ca£i  il  Mac^ 
chefe  Piero  Capponi»  fatta  per  mano  di  uno  de'  figliuoli  del  Colonnella 
^ro  Capponi ,  dico  dell*  Abate  Ferdinando  Capponi ,  il  quale  col  diletta 
che  fi  preie  della  bella  acte  della  pittura»  molto  aggitinfe  di  p^JMio  air  al*- 
tire  doti  deiranimo  fuo^  ed  all'arte  medefima.  Per  TEccellentiuimoDucsL 
^copo  Salvìati  fece  un  quftdro»  entrovi  uà  iflforia  di  cofa Medici. 

Venuto  V  anno  i6f6.  occorfé  il  cafo  della  morte  di  Giovanni  da  San 
Giovanni  ;  il  perchè  fu  neceflacio  »  che  da'  Sereio^iffimi  »  altri  pittori  fiekg«^ 
^siTero  per  dae  fine  alle  pitture  a  frefco  della  fata  terrena  del  Palazzo  def 
pitti  ^  dedicata  alle  glorie  di  Lorenao  d^  Medici  il  Magnifico.  Furono* 
quefli  Ottavio  Vannini,  a  cui  toccarono  a  fare  quelle  dalla  parte  della  piaz* 
20  :  Francefeo  Montelatici»  detto  Cecco  Bravo  »  che  colorì  le  due  lunette 
dalla  parte  della  porta  principale  di  efib  Palazzo^  e  l'altre  due  »  cioè  quelle  # 
che  fono  dalla  banda  delle  regie  camere  terrene  ^appunto  rimpecto  a  quefte« 
Furono  per  opera  del  foprannominato  gran  protettore  del  Furino  »  il  Mar^^ 
chefe  Giulio  Vitelli .  date  a  fare  al  noftro  pittore  ;  il  quale,  quantunque 
fi  pottailè  benìflimo  nell'  invenzione  e  nella  difpofizione  delle  figure»  nel 
colorito  però  non  giunfe  gran  fatto  ad  afibmigliarfi  a  le  fiefib  i  per  efler 
quella  fiata  quafi  la  prima  volta  che  egli  fi  metteflè  ad  operare  a  frefco  e 
nel  che  fare  è  forza  cne  e^ll  miglioraflè  molto  il  guftoj,  giacché  fi  vede  di 

fua 


FRANCESCO    FURÌNL       zdt 

Ala  mano  un  bai  c^maeolo  in  fiiUa  cantoiuti  del  maro  daMa  Pocafteflit 
del  Galluzzo^  ove  ia  va^he  acciciidtni  a  veggpno  San  Filippo  Neri  e  San 
Cai  lo  Borromeo  6  e  quafli»  mentre  in  atro  reverente  e  devoto  incontratofi 
col  Santot  a  lui  fi  prefenta:  opera  che  fece  il  Furino  ad  infianza  di  Frai»» 
cefco  Rondinelli,  Bibliotecario  del  Granduca;  Tornando  ora  alle  pinvri 
del  Palazzo  de' Fitti  «  dipinfe  il  Furino  nella  prima  lunetta  dalla  parte  dal* 
la  piazza»  la  tanto  celebre  Accademia  de*  Letterati  del  Magnifico  Lorenzo^ 
Cenata  nella  fua  Villa  diCareggi  :  vi  è  Marfilio  Ficino»  il  Picof  il  Piilizia* 
no  ;  vi  è  1*  Ara  colla  ftatua  di  Platone ,  nella  quale  è  fcritto  ;  V/ai$mcm 
iamdéiiurus  éy  file  %  ^  mìnre .  Sopra  la  bafe  della  medefima  •  ov*  t  una 
bella  femmina  »  fono  molti  libri  »  ed  in  uno  6  leggono  quefie  parole; 
P/oiinuf,  Proclus  ,  ChakidÌMj:  ed  in  un  altro  è  fcritto  Pkit§.  Nel  bafap 
mento  fono  gli  appreflb  verfi  ; 

{Mira  qui  fi  Careggi  mi f  àure  amene  ^ 

tMaf^filh  r  7  P/ra,  e  centù  egregj/piriii 

£iÙ\  /e  aWomkre  degli  Btis)  mini. 

Tanti  ff  ehhtf  giammai  lete  od  Aiene . 
Termina  it  bel  lavoro  della  fala  la  feconda  ed  ultima  lunetta  del  Furino^ 
alludente  al  cafo  della  morte  di  Lorenzo  »  nella  quale  (i  veggono  le  Par* 
che,  una  delle  quali  Cede  fopra  un  faflb  ,  in  cui  è  fcritto;  Vi  Pauam  iem^ 
jfari  Parca:  Vi  è  il  fiume  di  Lete,  appreflb  al  quale  è  un  caiulido  Cignot 
che  tiene  appefa  al  roftro  una  medaglia,  nella  quale  è  effigiata  la  perfona 
del  Magnifico  Lorenzo ,  e  fcritto  il  fuo  nome  i  e  moftra  il  Cigno  di  cavarla 
da  queir  onda  nemica  •  La  Piace  e  Aftrea  fé  ne  tornano  piangenti  in  cie^ 
Io,  donde  fpìccandofi  M^rte,  ie  ne  ritorna  baldanzofo  ad  abitare  la  terra • 
iAccoflipagna  al  (olito  il  concetto  di  quefta  lunetta  la  feguente  iiUcriziooea 

Mmre%  et  al  fuo  morir  la  Pace  e  tAftreé 

Tornea  dolenti  ol  deh  ma  il  nome  e  i  vanti 

Cigni  Fehei ,  ^  alta  wrtude  amanti^ 


To/fero  aW  inimica  onda  Letea. 
fu  III 


Pervenuto  che  fu  ti  noftro  artefice  air  età  di  circa  qoarant*  anni»  non  (• 
fé  per  fuo  meglio  o  per  fuo  peggio,  venne  vx  penfiero  di  farfi  Prece:  e  fa* 
cil  cofa  gli  ftt  il  confeguire  la  Cura  di  Santo  Sano  in  Mugello*  predo  al 
Borgo  a  San  Lorenzo,  Chiela  dr  aflai  buona  rendita .  Dilli  •  non  fo  fia 
perluo  meglio  o  per  fuo  peggio,  perchè»  quantunque  vera  cofii  fi  fia» 
che  egli  f  tale  (tato  volefle ,  come  e*  diceva ,  applicarfi,  per  potere  in  una 
quafi  foltudine  maggiormente  attendere  agli  ftudj  dell*  arte  fua»  e  molto 
iù  per  illontanarli  dalle  occafioni  del  mondo,  e  particolarmente  da  queU 
»  chedi  veniva  tuttavia  prelèntata  dalla  confuetudine  di  tenere  natura* 
li  divcrn  per  colorire  le  fue  nude  figure;  non  fappiamo  però»  che  da  indi 
in  pa  a'  buoni  precetti,  che  egli  era  (olito  dure  aTuoi  jpennelli  nelle  cofe 
delrarte»  aggiugnefle  quelb  della  modeftia ,  proibendo  loro  Finterà  o quafi 


i 


candore  che  in  qaet  di  ciiè  dato  fi  ricerca ,  1*  ufo  dcUì  manu  e  della  mano 

IL  )  in  quelle 


26*    DecMH.  IIL àeSa  PartJM Seù Ktk/ t6to.  ai  1670. 

ih  quelle  cdfe  »  che  anche  ne*  fecohridrte&ci.iì  rendono»  p^r. comune  fen^^ 
tifnencode*  più  prudenti*  biafimevoli »  anzi  che  nò.  Abbiamo  noi  però 
affai  cerei  rifcóncri,  che  il  Furii>o»  in  ciò  che. appartenne  alla  fua  eccle&ar 
fttca  cura,  fa  Tempre  molto  sfatto;  concioilìachèKnon  iblamente  non  fé  ne 
partiva»  che  per  neceilltà  :  «d  allora  altri  abiliflimi  Sacerdoti  Ialc|ava  ii> 
fuò  luogo  ;  e  che  de'  Tuoi  gran  guadagni  e  delle  rendite .  dell^  Chinai  mer 
defima»  fu»  co' fuoi  popolani  poveri  »  liberale»  fòvvenendosli  »  non, pure* 
nelle  iòro  ordinarie  nèceflità»  ma  eziandio  dotando  loro.  le  fSgliuolej  e  f^r 
cendo  loro  altri  sì  fatti  caritativi  fervig) .  Col  trattenerli  eh*  e'  fepe  alla 
Chiefa,  conduce  molte  belle  opere»  che  fi  veggono  Cparfe  per  divcrfiCa- 
fielli  e  Chiefe  della  Valle  del  Mugello.,  Fra  quelle  ha  la.  Compagnia  nella  . 
Pieve  di  Falcona  una  tavola  di  fua  mano»  ov'  è  Maria  Vergine  Annunzia^ 
ira»  opera»  che  dicéfi  di  gran  pregio;  fatta  però  dal  Furino»  per  quanto 
fi  dice ,  per  poco  o  nulla .  Nella  Chiefa  del  Convento  de'  Francefcani 
fuori  del  Borgo  a  San  Lorenzo  è  di  fua  mai>o  la  tavola  del  San  Giufeppe 
e  San  Buonaventura  »  che  dicefi  gli  fofle  fatta  fare  dalla  famiglia  degli  Uli- 
vi: la  tavola  deli'Immaculata  Concezione  di  Maria  Vergine,  e  quella  >  ci 
H^ìen  detto  »  che  fia  della  fua  più  perfetta  maniera  :  ed  all'  Altare  Maggio- 
re è  di  fua  mano  pure  la  figura  dell'  Eterno  Padre.  Nella  Compagnia  del- 
le Stimate  in  detto  Caftello  delQorgo  a  San  Lorenzo  è  ancora  una^  tavola 
di  un  San  Francefco,  in  atto  di  ricevere  le  (limatei  che  pure  dicono  che 
£a  opera  eoGellentiflima ,  fatta  dal  Furino  agli  uomini  della  Compagnia  pei^ 
£oli  feudi  60.  che  fi  flima  valere  ogni  prezzo:  e  fuol  raccontare  perfona» 
che  bene  conobbe  e  praticò  il  pittore  »  che  un  tal  Frate»  a  cui  era  ilata 
idata  r  incumbenza  di  affrettare  la  terminazione  di  queir  opera»  con  non 

Jìoca  importunità  il  foUecitafle;  a  cui  finalmente  diife  il  Fucino»  che  g^ 
o  aveva  fervito .  Il  perchè  portatofi  con  preftezzail  Frate  alla  fua  danza; 
«  veduto»  che  k  tavola»  in  eui  doveva  farfi  la  pittura»  era  ancora  quella 
ileffa»  che  ella  era  ufcita  dal  medicatore»  tenendoli  beffato  t  con  eflb  forte 
£  dolfe  ;  ma  il  Furino  »  che  con  altro  occhio  confjdetiya  la  fua  operazio- 
}ìe>.4a  quello  che  il  Frate  attendeva»  menatolo  in  a^ra  ftanza»  gli  fece 
vedere  tutti  i  difegni  e  (lud)»  che  egli  aveva  fatti  per  h  medefima  tavola 
Copra  carte»  tanto  che  altro  non  mancava»  che  porgli  in  opera»  e  sigli 
dine.:  Sappi^ite,  padre  mìo,  che  allora  io  dico  di  aver  fin«e  le  opere, 
quando  io  ho  finiti  quefli  :  e  lo  vedrete  colp  effetto .  Siccomt  promeffe  » 
così  effettuò;  perchè  dopo  brevi  giorni  gli  diede  1*  opera  finita  •  Nel  teio-  ' 
pò»  che  il  Furino  il  trattenne  allaChiela»  fece  ancora  alcuni  bei  ritratti  » 
e.fr^  quelli  quello  di  Bartolo  Galde^ti»  uomo  comodo»  e  padrone  allora 
della  Torre  che  è  rimpetto  a  Sant'Andrea  a  Gricìgliano  :  il  qual  ritratto 
riufbi  fomigliantiilimo  .  Lo  vedde  non  molto  dopo»  e  lo  comprò  t  gran 
prezzo.  V  Abate  Niccolò  di  Tommafo  Strozzi»  Configliere  di  Stato  della 
%AzeQà  di  Luigi  X(V.  Re  di  Francia»  e  per  lui  Refidente  alla  Coite  di 
Tòfcans;  quegli»  .1^  cui  memoria  farà  fempre  durevole,  npn  pure  psr  lo 

Srido  che  ancora  in  quelli  tempi  rimbomba  nella  patria  nóftra,  traaan- 
àtsoci  già  dair  Accademia  de*Fantaftici  ih  Roma»  è  degli  Alterati»  e  della 

Crufea  in  finale ,  nelle  quali  egli  fi  fece  fnolto  fenure»  ma  eziandio  per 


FRANCESCO    FU  R  INI.  z6$ 

Pàttefiàtodfie  fanno  di  Cua  letteratura^  e  del  fuo  bel  genio  di  poefial' ornai 
tiflime  Orazioni  funerali ,  fatte  per  TEIequie  del  Principe  di  GianviUe  nel 
1 640.  e  di  Luigi  XI  II.  nel  1 643 .  eli  Epitalami  nelle  nozze  di  D.Taddeo  Bar^ 
berini  e  del  Duca  Francefco  di  Modana  :  la  ParafraG  delle  Lamentazioni  di 
Geremia  in  verfiTofcanì  ed  altre  belle  opere,  die  vanno  per  le  ftampe  ,fenasa 
i  due  volumi  di  altre  belle  poefie,rimafi  alla  Tua  morte»  non  ancora  date  in  iu^ 
Ce .  Trovafi  oggi  il  bel  ritratto  delGaldenti  ,fra  altre  pitture  di  buoni  mattili  h 
appreflb  all'Arcidiacono  di  quella  Cattedrale,  Luigi ,  ed  Àleflandro  Senatore 
Fiorentino»  figliuoli  del  Senatore  Carlo,  ìl'celebre  Padre  dell*  Antichità , 
che  fu  del  foprannominato  Abate  Niccolò  fratello.  Infegnòpoì  V  efperien«» 
2a  al  noftro  artefice ,  che  quella  Tperanza^che  egli  aveva  concepita  di  potere 
Coi  ritirarli  alla  fua  Cura,  come  in  luogo  di  folicudine  e  lontano  da' rumori» 
maggiormente  attendere  agii  (ludi  dell' arte,  era  ftato  un  vero  errore  d'in« 
gannata  fantafìa,  conciofliachè  vedendoli  del  continuo  in  Firenze  le  ope* 
re  eh' e'  mandava  di  colà,  ora  a  quefto  ora  a  quell'altro,  più  perfette,  gli 
fu  duopo  l' aflentàrlene  per  più  mefì  dell'  anno ,  lalciando  in  fuo  luogo  f  um- 
dente  Sacerdote,  che  quella dovelfe  governare:  e  ciò  fu  panicolarmente, 
quando  dal  Principe  Don  Lorenzo  diXofcana  fu  con  dolce  violenza  obbli- 
gato a  ftarfene  (eco  nella  Villa  della  Petraja ,  ove  per  quell'Altezza  cond  uflfe  i 
due  belliflimi quadri,  l'uno  del  Parto  di  Racchelle,  l'altro  delle  tre  Grazie» 
che  furono  poi  regalo  degno  della  regia  liberalità  di  un  tanto  Principe,  fat- 
to al  Marchefe  Ferdinando  Ridolfi,  dopo  la  cui  morte  vennero  in  pote- 
te de'fuòi  eredi.  Ebbe  anche  a  fere  per  lo  Granduca  Ferdinando  1'  ifto- 
riadiLot  colle  figliuole,  la  quale  da  queir  Altezza  fu  donata  alla  Maeflà  del- 
r  Imperadore .  Pel  Lorenzi  Dottore  medico  conduiTe  il  quadro  dello  Spo- 
falizio  di  Maria  Vergine,  per  accompagnatura  del  tanto  rinomato  quadro 
della  Maddalena  in  cafa  il  Farifeo,  di  mano  di  Carlo  Dolci;  ed  è  f  ma, 
che  allo  fieflb  Lorenzi,  daperfona  di  alto  affare,  fofle  il  ouadro  del  Furi- 
no chiedo  in  vendita,  con  offerta  di  ottocento  ducati  :  e  cne  egli ,  per  non 
ifcompagnare  l'altro  del  Dolci,  ne  ricufalTe  il  partito.  Per  lo  Marchefe 
dai  Monte  dipinte  un  Àbramo,  che  facrifica  Ifach»  ed  altri  quadri  di  mezze 
figure;  e  pel  detto  Marchefe  Ferdinando  Ridolfi  una  illoria  di  Lot:  pel 
Senatore  Lutozzo  Nafi»  che  poi  fatto  Sacerdote  vedi  abito  delh  Compagnia 
di  Gesù»  dipinfe  un  quadro  da  camera  di  una  Sammaritana  :  e  per  Miche* 
lagnolo  Buonarruoti  il  giovane  una  Vergine  con  Gesù  Bambino,  che  nato, 
dolcemente  ripofa.  Ma  fra  quanti  mai  e  Principi  e  Titolati  ebbero  dalle 
mani  del  Furino  quadri  di  eccedente  bellezza ,  uno  fu  meritamente  il  fua 
infigne  benefattore  il  Marchefe  Vitelli  :  ed  i  medefimi  quadri  fono  oggi 
tuttavia  nel  fuo  Palazzo  in  fui  RenajOirim petto  alle  Mulina,  e  predò  alla 
Chiefa  di  San  Niccolò  Oltrarno,  tenuti  fra  altri  di  fìngolariflimi  maeftri, 
in  gran  pregio  dal  Marchefe  Pier  Francelco  fuo  figliuolo.  Capitanò  dcila 
Guardia  a  piedi  del  Sereniflimo  Granduca»  che  per  elfere  molti  in  numero, 
baderà  a  noi  dare  di  ciafcheduno  un  breve  cenno.  Ha  egli  dunque  uà 
altro  quadro  del  Parto  di  Racchelle;  una  juditta,  che  taglia  la  tefta  adOlò^ 
ferne  :  una  Vergine  colla  Luna  fotto  i  piedi:  un  San  Tommafo  e  un  Sad 
Giovanni ,  più  che  mezze  figure  ;  un  San  Baftiano,  figura  intera  i  Santa  Maria 

R  4  Madda- 


i54  Deceart. HL  dtHn  Part.  LdelSec.  V. dali  dio.  al 1 6^ 0. 

Mtddalena, che  fi  fpoglU cte'giondani  ornamenci:  un  SanBtftiwor piùcho 
flKzzì  figura»  riduco  ia  profilo  OQn  ce(U  alzata»  colorito  dal  Furino  ad  ioù-, 
fazione  della  Lombarda  maniera;  un  tondo ^  (Spintovi  un  David  colla  tede 
di  Golia  ;  il  modello  dell'  Ila  »  quadro  fatto»  cQmè  dicemmo  »  per  cafa  Galli  s 
un  altro  David  colla  teda  di  Golia  in  quadf o  i  una  Cleopatra  col  ferpe  % 
quattro  femmine  »  rapprefentanti  quattro  delle  Mnfe»  e  quefte  fono  in  tor- 
ma ovata:  due  quaclretti  da  tefie  in  un  folo  oniamento»  cioè  Maria  Ver- 
fine  Annunziata  dall'  Angelo»  una  Baccante  col  bicchiere  in  mano:  un 
aride  col  pomo:  un  San  GiovamliatiSa»  teftà  fola»  coir£c^^  Ag^sDtii 
un  Sant'Andrea  A poftolo:  un  San  Giovanni^  una  Santa  Martire Crocifìila 
ad  una  antenna»  piccola  figura:  una  fimil  figura»  cioè  Santa  Maria  Mad-» 
dalena  nel  defèrto:  un  San  Pietro  :  un  San  Simone;  una  tefia  di  femmin 
na»che  guardali  cielo;  il  modello  del  quadro  delle  tre  Grazie»  piccole  fi^ 
gure  :  una  Femmina»  fatta  per  la  Pazienza:  un  quadro  della  Natività  del  Si- 
gnore» una  Clorinda  morta  e  Tancredi  »  opera  >  che  cominciata  dal  Gale-» 
firuzzì»  difcepolodel  Furino»  da  lut  fu  poi  rifatta  e, finita.  Vièfinalmen* 
Ite  il  ritratto  al  naturale  del  Marchefe  Giulio  Vitelli  p  belliffimo  «  veiìico 
in  abito  nero  con  una  mano  al  petto.  A  Francefco Cordini» grande  amico 
fuo»e  deirarte  medefima  »  fece  più  quadri  ;  e  quegli  che  quefte  cofe  feri- 
ve»  ha  un  fuo  quadro  in  iforma  ovata  di  un  SanBaBiaho»  te(k  con  bullo» 
braccia  e  mani. 

Cosi  andavafela  paflando  il  noflro  pittore»  quali  del  continuo  in  Firen«^ 
ze  impiegato  nelle  opere  dell'  arte  Tua»  con  poco  o  niun  rìoofb;  quando 
venuto  Iranno  1647.  l'altre  volte  nominato  Duca  Jacopo Safviati»  che  al- 
lora fi  trovava  pur  anch'  efib  in  Firenze  »  ebbe  volontà  di  avere  due  altri 
quadri  di  fua  mano  »  cioè  a  dire  la  Cacciata  dal  Paradifo  Terreftre  de*  prl» 
mi  nofirì  Padri»  ed  un  ifiorìa  di  Lot»  di  figure  quanto  il  naturale»  per 
portarfegli  a  Roma  fra  l' altre  eccellentifiime  pitture  del  fiio  Palazzo  di 
ftrada  Giulia  :  ed  avendone  il  Furino  prefo  1'  aiiunto»  vi  pofe  anco  la  ma* 
210  con  non  ordinaria  applicazione»  per  lo  defio  che  egli  a  ve  va  di  foddisfa* 
re  ad  un  Signore  di  sì  ottimogufto  in  limili  materie,  come  in  ogni  altra  bel* 
lifilma  facoltà.  Ma  avendogli  condotti  ad  un  certo  fegno»  fu  rorza  al  Duca 
di  tornarfene  a  Romar  e  per  a(ficurarfi,che  l'operazione  del  Furino  fopra 
le  defiderate  pitture ,  non  gli  foflè  da  altri  ritaraaca  »  deliberò  di  cóndurii 
^n  feco  e  le  opere  così  bozzate  e'I  maefiro.  Parti  il  Furino  a  quella  volta  »  in« 
fieme  con  Anibale  Niccolai ,  pittore  oggi  degniflimo  »e  Provveditore  di  noftra 
Accademia  del  Difegno  »  allora  fuo  difcepolo  »  cosi  richiedo  dal  giovane  »  per 
i  fuoiftudi .  Mette  mano  all'opera:  e  già  avea  confumati  in  Roma  otto 


interi  mefi ,  quando  eiTendó  per  avanti  morti  al  Furino  tutti  i  fuoi  »  dico 
^  padre» e  Michele  fuo  zio»  ebbe  nuova delP imminente pericplo  di  morte» 
in  cui  trovavafi  ifi  propria  madre;  onde  gli  abbifognò  lafciar  di  nuovo  Ro- 
ma» e  toriurfene  colle  incominciate  opere  alla  città  di  Firenze»  lafciando 
a'fuoi  flud)  il  giovane  Niccolai.  Tornato  in  patria»  affiilè alla  malattia  e 
morte  della  madre;  poi  fi  diede  ad  opuare  fopra  i  quadri  del  Duca»  il  qua* 
le»  acciò  più  préfto  e  meglio  gli  venifle  fatto  lo  sbrigarfene»  gli  conceflb 
f  er  abitazioae  una  fua  villectai  non  lungi  dal  fuo  bellifiimo  Palazzo  del 

Ponte 


FRANCESCO     FU  RI  NI.        26$ 

Fonte  alla' Badia •  preflb  un  miglio  e  messo  di  Fimnse  (nella  quale  avev»^ 
anche  a  tale  effetto  facci  lafciare  i  due  quadri)  e  perchè  volle»  che  la  me^ 
defima  poceflè  fervire  al  pittore  per  diporto»  dopo  le  £itiche .  Accettò  egli 
ben  volentieri  T offerta»  paflando  in  eflk  il  tempo  che  gli  i 


tempo  che  gli  avanzava  a'; 
affari  della  città  t  dove  aveva  prefa  a  pigione  una  cafa  ia  via  delie  Ruòte  m 
Ma  perchè  già  era  venuta  l'ora,  nella  qual^  il  povero  tirtefice  dovea  dar  fi* 
ne  air  operare  ed  al  vivere  »  occorfe ,  cne  coli'  andare  eh*  e'  faceva  frequen* 
temente  da  Firenze  alla  villa»  egli  un  dì  foffe  aflalito  da  male  di  pleuritide 
con  febbre»  onde  fu  neceflario  ricondurlo  alla  Tua  cafa  in  città»  dove  an-* 
che  furono  riportati  i  due  quadri  del  Duca .  E  perchè  era  allora  quel  mi* 
ferabil  tempo  »  dico  fra  il  1648.  e  itf 4^  quando  non  pure  Firenze»  ma 
eziandio  la  Tofcana  tutta ,  ardeva  per  la  popolare  influenza  delle  febbri 
acute  con  petecchie»  che  né  più  né  meno»  come  fé  fofle  Hata  mna  pefti* 
lenza  »  infinito  numero  di  perfone  in  città  e  per  Io  contado  uccife  ;  poco 
vi  volle»  acciocché  il  male  del  Furino»  che  rorfe  a  principio  non  fu  ^ 
che  tanto  pericolofo»  degenerafle  in  una  acutiffima  febbre,  coir  aggiunta 
del  folito  accidente  delle  petecchie»  la  quale  in  quattordici  giorni  lo  pri* 
vò  di  vita.  Ed  è  fama»  che  egli  nell'  awicinarfi  a  quel  tremendo  pauo* 
non  cefiafle  mai  di  pregare  gli  amici  e  congiunti  a  operare»  die  le  pitture 
fue»  pet  quanto  fbfie  flato  poflìbile»  fofler  date  in  preda  al  fuoco  :  e  con 
tal  dìijpoGzione  venne  in  potere  della  morte»  dopo  aver  ricevuti  tatti  i 
Santiilimi  Sacramenti  di  Santa  Chielà»  nell'  anno  1^49.  e  nell' Ambrofiana 
Bafilica  fu  al  fuo  cadavero  affai  poveramente  data  fepoltura . 

Reftarono  i  due  quadri  del  Duca  »  non  del  tutto  finiti»  ma  bensì  a 
buoniffimo  fegno  condotti;  ed  inoltre  rimafe  un  gran  quadro  da  fala»  ap* 
punto  abbozzato»  ove  egli  avea  cominciata  a  rapprefentare  Y  ifforia  delle 
Vergini  prudenti  e  ftolte  »  che  venuto  in  mano  del  Marchefe  Folco  Ri« 
nuccini»  Cavaliere  di  ottimo  gufto»  edamicimmo»  quanto  altri  mai  »  deU 
le  buone  arti»  fu  poi  fatto  finire»  o  per  dir  meglio»  fatto  del  tutto  fare 
(  (tante  P  effère  sì  poco  avanti  )  da  Antonio  Franchi  pittore  Lucchefe  :  ed 
ora  ferve  in  parte  di  ornamento  della  (ala  di  fuo  Palazzo  nel  Fondaccio  di 
Santo  Spirito . 

Fu  il  Furino»  uomo»  come  noi,(bgliamo  dire  »  di  buona  pafta  ^  e  ami«> 
co  dell'amico;  malinconico  anziché  nò;  ma  che  volentieri  fi  adattava  alle 
converfazioni  foUazzevoli  efefiofe»  nelle  quali  molto  fi  rallegrava:  ebbe 
genio  di  poeCa  berncfca  »  nel  cui  ftile  fece  compofizioni  aflai  lodevoli . 
Non  fu  punto  intereffato  »  anzi  pochiffìmo  o  nulla  (limava  il  danaro:  e 
non  parve»  che  fofle  poflibile»  eh'  e'  poteffe  mai  tenere  in  fuo  potere  un 
quattrino;  perchè  dall' averlo  allo  fpenderlo»  non  fi  frammettea  momento 
di  tempo .  Edi  aveva  però  un  certo  fuo  fcrigno  nella  nappa  del  pennello  # 
che  non  gliele  lafciava  mancar  mai»  conctotoffecofachè  quando  e'  ne  re- 
cava fenza  afifatto»  fi  metteva  a  finire  una  tefta  (delle  quali  avea  fempre 
molte  abbozzate)  e  mandavala  a'fuoi  amici»  che  fubito  gliele  pagavano»  e 
molto  anche  il  ringraziavano.  Graa  fatto  dunque  non  fu»  che  de'  gran 
guadagni»  eh'  e*  fece»  e  di  quegli  anche»  che  esli  averla  potuti  fare  col 
chiedere  gran  prezzi  dell'  opere  fue»  quando  egu  aveflfe  voluto >  non  iblo 

non 


ilSó  1)e(mJìh  della  Part.  L  delSec.  V.  dal  \6io.  ali  6$  o. 

non  lafciafTe  roba,  ma  che  rimaileflè  foa  eredità  gravata  di  qualche  debito. 
Fu  anche  di  ciò  gran  cagione  il  lungo  faticare,  eh' e' faceva  in  fulle  pit* 
ture;  la  gran  quantità  di  azzurro  oltramarinoi  che  egli  usò  feinpre  nelle 
ned^fime ,  dico  nelle  carni ,  e  fino  nelle  ftefle  bozze  »  e  le  intollerabili 
fpefe,  eh'  e'  fece  fempre  né*  naturali  delie  femmine;  talmentechè,  come 
egli  dilTe  a  perfona,  che  a  me  l'ha  raccontato,  bene  Tpeflo  una  teda  con 
butto»  che  a  lui  era  per  ordinario  pagata  dieci  doble ,  gli  cotto  attai  più; 
convenendogli  tener  naturali  a  dieci  e  fino  a  quattordici  lire  il  giorno, 
perchè  non  folaroente  premeva  in  aver  naturali  di  ottime  parti  e  p.^opor- 
zioni,  ma  per  ordinario  tenne  fempre  fanciulle:  ed  a  chi  talora  con  bel 
modo  il  riprendeva  dell'  efporre  fé  fteflb  a  tanto  pericolo  di  anima,  nei 
trattenertt,  che  faceva  del  continovo  nella  fitta  imitazione  di  (imtli  oggetp 
ti  V*  rifpondeva  con  una  certa  ragione,  che  a  me  non  finifcedi  foddisfare, 
benché  in  etto ,  e  nel  temperamento  fuo  potette  aver  fufliftenza,  ed  era 
quefta.  Se  e'  conofceflero,  diceva  egli,  quefti  fcrupolofi  la  gran  faticai 
«nzi  la  mortale  agonia ,  che  prova  l'artefice,  nel  voler  foddisfare  a  fé  ttef- 
io  nel  dar  verità  alla  fua  fattura;  conofcerebbero altresì,  quanto  ìmpotti* 
bil  cofa  fia  ,  che  a  chi  tanto  pena  e  fatica ,  pottano  in  un  tempo  fteflb 
ettère  importuni  altri  penfìeri.  Io  però,  come  ditti,  non  Ikpreì  finirla  di 
approvare;  ai^zt  pigliando  il  fatto  dall'intera  caufa,  la  ftimerei  un  vero  in- 
ganno; perchè,  fé  tale  ella  non  fotte,  knche  potrebbe  dirO ,  etter  degno  di 
Icufa,  chi  nel  compor  verii  ofceni  o  maledici,  fuo  ingegno  affatica,  noA 
già  per  lo  piacere,  che  egli  provi  nel  fargli,  ma  per  lo  dannofo  effetto» 
che  tCR  all' umana  converlazione  producono,  poco  rilevando,  che  il  pit« 
tore  neir operar  fuo,  e'I  poeta  nel  fuo  comporre  lafcivamente,  a  cagione 
del  faticare  che  fa,  non  provi  ftimoli  meno  che  onetti;  ogni  qualvolta 
egli  applica  ogni  iua  induilria  in  condurre  cofa,  che  in  mancanza  de* veri 
oggetti ,  potta  fervire  a  chi  con  etto  nonfi  aflfaticò,  né  dopo  di  ^ffo  fi  affa- 
ticherà mai.  per  ettère  abbattuto ,  e  cadere;  in  quella guifa appunto»  che 
chi  fcarica  le  bombarde  e  i  cannoni,  chi  accende  le  bombe,  e  dà  il  fuoco 
alle  mine,  potrà  ben*  ettère.  che  lo  faccia  con  cautela  di  fé  medefimo» 
ma  non  già,  che  noi  faccia  a  rovina  ed  efterminio  di  ognuno,  che  non  fi« 
eSTo .  E  tanto  batti  fopra  di  ciò ,  mentre  io  mi  dichiaro,  che  non  è  mia  in« 
tenzioneintal  cofa  di  giudicare  il  Furino,  né  l'interno  fuo,  ma  di  parlari 
dell'azione  ttettli. 

Lafciò  il  noftro  pittore  alcuni  difcepoli  :  e  tali  furono ,  IJonarJo 
Ferroni,  detto  il  Bigino,  nome,  che  gir  venne  per  ettère  ftato  anche  ap- 
pretto a  Giovambatiita  Baccelli ,  che  fu  detto  il  Bigio,  a  cagione  dell'  an- 
dare, ch'e'fece  fempre  vett:ito  di  tal  colore,  Quefto  Ferroni  feguitò  'èm* 
pre  la  maniera  del  Furino,  e'I  fuo  modo  di  dipigiiere  la  nudità  delle  fem* 
mine.  Fu  anche  fuo  allievo  Baftiano  Pegni  ,che  gli  fece  gr<inde  onore»  ed 
attai  più  gliele  avrebbe  fatto,  fé  morte  nel  più  bel  fiore  degli  anni  fuoi 
non  lo  avettè  tolto  al  mondo.  Vi'^cenzio  Vannozzi^eDiacintoBotti,  fiati 
fuoi  condifcepoli  nella  (cuoia  del  Pattlgnano,  diventarono  pure  fuoi  fcola- 
ri.  infieme  con  Giovambatifta  Naidini ,  che  oggi  vive;  il  Mannozzi  flette 
alquanto  più  nella  fua  maniera.  Simone  Pignoni»  pure  quett'anno  itfpo. 

viven-^ 


%       t»       • 


ERANCESCO     rURINI.        261 


vivente,  in  età  di  preflTo  a  octant*  anni  r  più  valororo  che  jmai  nel  maneg- 
giare il  pennello ,  (ludiò  le  opere  fuevC  fempre.  ha  feguitato  il  fuo  modo. 
Finalmente  fu  il  Furino  »  come  ho  detto  grande  amico  degli  amici  •  e  da 

Sueftìfu  riamato  non  poco:  e  fra  gli  altri  molti,  che  più  frequentarono Cua 
anza,  fu  il  celebre  Poeta  noftro  Andrea  Salvador!,  che  lo  a)utò  molto  nelle 
poetiche  invenzioni  :  Baccio  del  Bianco,  Pittore  ed  Ingegnere  del  Grandu» 
ca,  epoi  della  Maeftà  del  Re  Cattolico  :  e  Francefco  Cordini ,  al  quale ,  dopo 
Tua  morte,  rim^fe  la  maggior  parte  do'  Tuoi  difegni,  donatigli  da  Niccolò 
Furini  fuo  fratello  >  che  per  gran  tenipo  negoziò  a  Venezia  t  e  diiTe  la  Ra^ 
gione  in  Furini  e  Menegoni ,  e  quivi  finalmente  terminò  fua  vita .  De'  mer 
defimi  difegni  »  gran  parte  e  de'  migliori»  donò  il  Cordini  al  molto  nobtr 
le  ed  erudito  nollro  Gentiluomo,  Andrea  Cavalcanti  dì  gioconda  memor 
ria.  JB  quefto  è  quanto  pofliamo dire  di  quefto  Artefice.  « 


mm 


GIROLAMO     CURTI 

DETTO     DENTO NE 

PITTORE      BOLOGNESE 


Dtfcepolo  di  Ce  fare  "Baglioni ,  nato # 


llrolamo  Curti.,  nato  di  padre  originario  di  Reggio»  ebbe  i 
^  fuòi  natali  nella  città  di  Bologna,  in  iftato  di  tanta  povertà* 

che  non  avendo  il  padre  modo  di  alimentarlo,  lo  pofe  ne^ .' 

primi  anni  di  fua  fanciullezza  all'  arte  di  filatojajo  .    Nella. 

viltà  di  tal  mefiiero,  ed  in  converfazione  di  coloro,  che  in . 

fua  bottega,  ed  in  fua  compagnia  V  efercitavano,  (lettefi  Gi«> 
ròlamo  fino  all'età  di  vent'anni;  dopo  i  quali  accoftatofi  a  Lionello  S|^<« 
da,  giovane  allora  non  meno  neceflìtoib  di  lui  »  usò  di  feguitarlo  alla  Chie« 
la  di  San  Martino ,  aiutandolo  a  fonar  le  campane  per  invito  alla  predica  . 
nel  tempo  quarefimale,  per  procacciarli  non  più  che  il  vitto  per  un  fol 
giorno .  Ma  avendo  egli  oflervato  il  genio  del  compagno,  che  era  di  farfi 
pittore,  incominciò  ancora  elfo  a  volger  T animo  yerfo  il  difegno:  e  «per* 
che  ne  Tuno  né  V  altro  avea  comodità  di  pagare  le  folite  taife  per  portarli 
a  (ludiare  il  naturale  alla  pubblica  Accademia  ;  incominciò  Qirolamo  allo  . 
^pada>  e  To  Spada  ad  eflb»  a  fervir  di  modello:  e  cosi  il  Curii,  parte  di^ 
fegnaudo  »  parte  le  campane  fonando»  e  parte  comprando  quantità. di 
ftarnpe  devote  ,  ma  però  a  danari  rìprefi.,  come  quegli ,  che  non  (i  trovava 
capitale,  ed  effe  (lampe  coprendo  d)  colore,  per  dar  loro  fra  la  minuta 
geme  migliore  fpaccio,  anaava  campando  miferamente  fua  vita.  Diedeii 

poi  da  per  fé  Sì^ì![q  6  iQaza  m^^lQ  agU  Aud)  di  profpetpiva  Copra  un  certo 

•  '      •  '  '  ^  libro, 


368  Decenn.  Uh  della  Part.  LdélSec.V.  dal  1 6to.  al  1 6$  o. 

libro,  che  gli  ert  dato  Me  mani  t  fenani  però  Diti  abbandonare  il  Aftgno 
e  la  pitturai  nella  quale  fino  allora  fi  era  portato  poco  oltre  il  fegno  di 
dipigner  croci  fopra  le  munit  o  qualche  altra  cofa  mólto  facile,  e  quelle 
tolta  di  pefo  dalle  fue  ftampe.  Quefte  cofe  però  non  facea  sì  male»  che 
elle  non  ifcopriflero  in  lui»  oltre  ad  un  gran defiderio di  operare»  una  buo- 
na dìipofizione;  tantoché  il  padre  lo  pofe  ali*  arte  con  Celare  Bagliune» 
appretto  al  quale  in  pochi  meli  fece  tal  profitto  nella  quadratura ,  che  non 
andò  molto,  che  egli  incominciò  ad  operare  da  fé  fteflb.  Lungo  farebbe 
il  defcrivere  le  molte  cofe  t  eh* e*  dipinte  neMuoi  princìp)»  ed  anche  per 
Io  cor(b  di  più  anni,  in  diverfe  chie(è,  per  ornamento  di  cappelle»  ed 
inche  in  cne  di  privati  cittadini:  né  farebbe  per  lo  noftro  aflunto,  con» 
fiftendo  tutte  in  colorir  fregi,  armi»  fotfitti  e  fimili  altre  cofe;  che  però 
daremo  notizia folamente  di  alcune  delle  più  principali»  eh*  e* fece,  poi« 
eh' e' fu  montato  in  credito  appreflb  le  ricche  e  nobili  perfone»  dalle  quali 
fu  adoperato  molto»  ed  in  lavori  onorevolifiimi,  ficcome  da' primi  anefici 
del  fuo  tempo  in  loro  ajuto  ne  11*  architetture  e  profpettive .*  e  parttcolar* 
mente  dal  Brizio,  dal^  Mafiar),  da  Lionello  Spada,  e  poi  dal  Colonna* 
In  compagnia  di  quefii  dipinfe  molte  danze  del  Palazzo  di  San  Martino 
de' Marchefi  Paleotti  :  nelCafino,  non  lungi  da  quello •  di  Pirro  Zannt:ttis 
ed  una  foffitta  nel  palayzetto  del  Trebbio  di  cala  Malvagia  ^  Fu  poi  dopo 
]*  efaltazione  del  Ordinale  Lodovifio  alla  fuorema  digniri,  chiamato  t 
Roma»  ove  per  li  nipoti  di  lui  dioinfe  più  uanze  nel  Palazzo  de*  Santi 
Apoftoli;  e  quivi  fi  portò  sì  bene»  che  aflài  ne  perfè  la  rinumanza  dell*Al«* 
beni,  che  per  avanti  avea  dipinta  U  Sala  Clementina.  Tornato  a  Bolo^ 
gna  dipinie  la  volta  della  maggior  cappella  pe*  Frati  Predicatori:  poi  It 
bella  pro(pettiva  a  San  Michele  in  Bofco:  e  la  facciata  del  nuovo  Palazzo 
di  ftrada  Felice  »  de*  Grimaldi  •  Portatofi  e  Ravenna  »  per  U>  Cardinale 
Capponi,  allora  Arcivescovo»  nel  Palazzo  Archiepifcopale  affai  dtjpinfe. 
Chiamato  a  Parma  in  tempo  che  Ferdinando  II.  Granduca  di  Tolcana» 
dì  ritorno  dal  viaggio  di  (iermania  »  dovea  quivi  da  quéi  Principi  cflèrò 
alloggiato ,  molto  infieme  col  Colonna  operò:  ne  prima  fé  ne  parti ,  che 
non  fi  fofiero  sia  incominciati  a  fcoprire  i  primi  fofperti  della  pefiilenze 
del  i6ìo.  ed  allora  fé  ne  tornò  in  patria,  nella  quale»  a  tal  cagione  con« 
▼enne  a  lui  ed  accompagni  entrare»  non  come  viandanti,  ma  come  abi« 
tanti  in  città»  cioè  a  aire»  lafctate  già  le  cavalcature  e  i  panni  da  viaggio t 
ed  in  luogo  difiante  da  quelle  mura ,  rivediti  di  abito  civile ,  ed  in  bran« 
oo»  ])er  colà  direi  di  altri  cittadini  ideiti  poc'anzi  a  toro  diporto  per  bre« 
ve  via  per  quei  contorni»  Nel  tempo  che  durò  quella  comune  miferia» 
dioinfe  ti  Cuni»  infieme  col  còmpagnot  in  una  fala  del  pian  di  fopra  nel 
Palazzo  del  Cardinale  Spada  »  allora  Legato,  ed  altre  cofefi^ce ,  che  io  non 
tftò  qui  a  raccontare  «  Poi  dipinfe  in  Modana  per  lo  Principe  Niccolò 
d*Efte:  e  poi  in  compagnia  pure  del  Colonna»  per  lo  Duca,  la  bella  GaU 
lerta.  Pofe  mano  a  dipignere  in  efla  città  V  Oratorio  di  San  Carlo  ;.  ma 
non  prima  gli  ebbe  dato  principio,  che  una  fera  nel  tornarfene  a  cafa  gli 
occorfe  il  cadere  »  battendo  un  ginocchio  fopra  un  piccolo  (aflblino,  che  à 
principio  fece  in  eflò  una  piccola  apertura  :  dipoi  »  poco  o  non  punto 

curata 


GIROLAMO     CURTL 


2^9 


cutftti»  degénifò  ili  utiaftitUi  che  trirciutafeinpre»  e  non  medicata»  in 
b^eve  condufle  il  povero  afcefice  al  paflb  della  morte  •  Quello  pittore  >  che 
nella  quadratura  riufcì  ralorofii,  ebbe  per  aggiunta  gran  bontà  di  coftu-» 
mif  e  in  ciò,  che  appartiene  SÌl'interefle,  tu  oltremodo  delicato;  e  potè 
colla  fua  foprab]:)ond^te  moder^aKione  »  efiere  di  non  poco  efempio  a  i 
troppo  ingordi»  iblìto  a  dire  $  che  non  voleva  rendere  cohto  di  roba  altrui: 
e  per  afiicurarfi di  ciò  (  in  quefto  non  Tempre  imitabile)  dava  in  eccedi. 
Primieramente  non  volle  mai  di  tao  lavoro  domandare  colà  alcuna;,  ma 
quello  folamente  prendea»  che  la  difcretezza  di  chi  Io  faceva  operare  gli 
donava  :  e  coi  Colonna  e  ci^i  altri  Tuoi  compagni  >  non  ebbe  mai  altri 
centraci»  fé  non  per  parergli»  che  tanto  efli»  quanto  egli  medefimO,  nel- 
le opere  eh'  e'  facevano  inueme  »  fofièr  troppo  largamente  pagati  :  ed  in 
quello ,  che  a  fé  meddiimo  apparteneva ,  u&va  dire ,  parergli^ina  gran  co*« 
itif  che  ad  un  povero  iìlatòjajo  (  alludendo  al  fuaftato  ne'  primi  tempi) 
che  altro  non  era  aweazo  a  guadagnare»  che  cinque  bolognini  a  giorno r 
fefle  pagato  per  una  giornata  un  teftone»  e  talora  mezzo  feudo  ;  rìcom-r 
penia,  per  vero  dire»  non  baftevole  a  gran  fegno  per  un  valent'  uomo  t 
quale  era  egli  ;  onde  efièndo  pìeiH>  di  tal  concetto  di  (e  i  gran  fatto  non  fu» 
che  interrogato  di  fua  pretenfione»  p#r  opere  anco  grandiffime^  fi  offeriiTe 
a  farle  per  prezzi  del-  tutto  vili.  Tak  ft»  ififintereflatenza ,  fu  a)  fattàmen-^ 
te  conofciuta  e  (limata  nel  fuo  tempo  dagli  oomini  granai  e  da  ogni  ttlcrot 
che  jie  lu  avuto  in  venerazione:  ed  Ma  voice  ineontrandofi  in  lui  in  Bo^ 
legna  il  Cafdinal  Cappone  ^  e  1  Cardiiiale  Obdl^i  Le|ató»  per  le  feale  dd 
Falazflo,  fet modi  ii  Cardiflele:  e  pofta  le  mano  fopra  la  fpalla del  pittore» 
voltaiofi  al  Legato  y  cùA  gli  parlò:  Signor  Cardhiaiei  è  quefto  un  de' gran 
vìrtiiofi ,  che  abbia  il  nofti^o»  £ècolo;  m*  quei  che  è  pi4k»  egU  poffiede  tra 
cpialiciidi  in  eminenu  gtada^  die  fare  volte^  onon  p^annotrovarfi  uni*» 
te  in  altrrfuoi  ptri .  Egli  è  uoaao  dabbene ,  -Àfintefoffato  i  e  non  punto  co* 
nofcee  ftima  fua  propria  virtù.  Erivolto  a  lui  ieguit^adircrComfandatecU- 
Signor  Girolamo»  perchè  voi  ogni  bene  meritate.  O»^  fatto  onore  ri^ 
cevè  anche  in  Parma  dal  Cardinale  Lodo  vi  fi  ^  ellMaehè  trovoindofi  miei  Dìlrsr 
ce  a  vederlo  operare^  il  Cardinale  gli  diede  lode  di  uno  de'  maggiori  uo« 
mini  »  che  avefle  T  Italia  nel  chìaroicnM  e  nel  firefco  t  perehè  »  diceva  e^ll  •* 
tele  era  il  concetto^  che  aveafi  dì  lui  in  RottMr,  Ma  pi&  i>ifplen4eva  iti 
quefto.  artefice  la  bella  dote  della  finceriti  e  disila  dabbenaggine»  diche 
noUo  potrebbe  dirfi .  Lafcib  il  Curtl  alcuni  -  difce^noli ,  che  furono  fuot  * 
imitatori  ;  fra*  quali  Gio.  Padente  »  Andre»  Sighez^i ,  Tpgnone  Àfinaro , 
Reimondo  Cornetti ,  Giovambatifta  de'  Veechf  »  Pier  Francefòo  Batifielli , 
&Gio.  Andrea  Caftelli, che  molto  operanma in  quadiftitura »  tento  in  vita» 
quanto  dòpo  la  morte  di  ini. 


CAVA^ 


2^7 o  Decenn, Ili ifelfa Part L delSèe. F. dai  1620. alt 6$ o. 

CAVALIERE   GIO.  FRANCESCO 
BA  RBIERI 

PITTORE    DA    CENTO 

DETTO    IL    GU  ERG  INO    DA.    CENTO 

Difiepoio  di  'B^edetfo  Gennari^  nato  1 590.  -^  ..... . 

t  L  celebre  pittore  Gìo-  Francefco  Barbieri ,  ebbe  i  fuoi  ntttU 
h  nella  città  di  Cento,  l'anno  della  Olute  iioArii  155^.  nej  fe- 
t  condo  giorno  di  Febbrajo.  Andrea  Barbieri  fu  il  padre  fuo 
w  eia  madie  EÌena  Ghitèllini.  Era  e^li  ancora  tenero  bambi- 

!no  a  cura  delta  nutrice,  quando  gli  occorfe  ciò.  che  benft 
rpeflb  accader  fuole  «  coloro ,  che  ha  deftinati  il  cielo  ad- 
operar CQfè  grandi,  cioè  l'ellierei  quafi.diffi,  pria  che  alla  luce  erpofli  «gli 
infoTtonj  ed  alle  difgrazie:  e  grandiUìina  per  certo  fu  per  eflere  b  fua» 
iDentre  poco  ne  mancò,  che  per  efTa  fin  da  quei  primi  Tuoj  giorni  egli 
réftalTe  impotente  a  farfì  quel  grand'  uomo  nelle  noflre  arti  >  che  poi  ha  co- 
nolciuto  il  mondo  edere  egli  riufcìto-  Occoiiè  dunque,  che  per  puca  cura 
della  nutrice  flefla  >  ftandoh  egli  un  giorno  addormentato .  vi  fu  chi  pn^Ob. 
a  lui  proruppe  d'ìmprovvifo  in  un  grido  il  ilto  e  si  CegolatOi  che  l' in* 
Ante  pien  di  Ipavento  fvegliacofi  daffonno,  diedelì  a  Oralmtare  gli  c-ccl^ 
in  sVntca  guiit  or  qui  or  là,  che  la  pupilla  dì  uno  dì  eflì»  e  fu  l'occhio 
deliro»  fìn  da  quel  punto  rimafe  ferma  e  fida  nella  parte  angolare  di  eOb, 
e  quivi /ì  fermò  j>er  Tempre;  onde  egli  poi  in  età  crefciuto  ne  acqutflò  il 
nome  del  Guercino  da  Cento.  Pervenuto  eh' e'  fu  all'ufo  di  ragione,  be> 
tie  allevato  nella  crilliana  pieti,  fu  applicata  alle  prime  Ietterei  ma  ìcor* 
tofi  poi  in  lui  un  mirabil  genio  alla  pittura  >  per  avere  egli  in  etl  di  otto 
anni, col  folo  Audio  dì  pochi  meli  facto  da  per  (è  (ledo,  colorita  nella  fac-. 
ciata  di  fut  cjfa  una  Immagine  della  Madonna  dì  Reggio ,  che  poi  vi  fi  à 
veduta  fino  a' di  noftrii  fu  dato  a  cura  di  un  pittore,  però  alquanto  or- 
dinario, che  giuda  fui  puflà,  iiove0e  ìnAruirlo  nell'arte,-  ma  non  avendo 
egli  potuto  in  più  mefi  da  quello,  altro  imparare ,  che  a  conofrere  i  co- 
lori, lafciatoii primo maeflro.  pafsò  alla  fcuoladiBenedeitoGennari, altro 
pittore  da  Cento,  it  quale  a  capo  dì  un  anno  conobbelì  iiiferìore  al  diico>.' 
polo,  tantoché  non  folofervivafeneinajuto,  .ma  per  correttore  delle  pro- 
prie fue  opere,  delle  quali  molte  diede  fuori  in  quella  terra,  e  nel  Tuo 
territorio.  Era  Gìo. Francefco  gii  all'età  pervenuto  di  dicidnno?e  inni» 
quando,  fparfofììl  grido  della  tua  bella  maniera  dì  dipignere,  da' più  cele- 
bri  pittori  di  Bologna,  portatofi  colà  a  polla,  era  vifitato:  ed  i  medefimi 
volevano  vedere  le  opere ,  che  egli  aveva  fatte  in  quella  patria  in  buon 
nutiiero ,  a  frefco  e  a  olio  *  in  pubblici  e  piìvaù  luoghi . 

Venuto 


CJV.  GIÙ.  FRANCESCO  BA'R'BIE^Ì.    271 

Venuto  Panno  1^15^.  fa  un  fuo  bel  quaiirò  di  un  San  Matteo,  per 
opera  del  Padre  Mirandola  »  mandato  a  Bologna»  che  in  congiunrara  di 
una  proceflione  efpofto  al  pubblico,  fu  creduto t  da  più  di  un  profeflbre, 
opera  degli  fteflì  Carracci .  Non  andò  molto ,  che  egli  diede  principio  a 
ricevere  in  fua  danza  giovani  ad  imparare,  «  benefizio  de'  quali,  oltre  a 
l'uà  caritativa  alllftenza  neir  inftruirgli,  aperfe  un'Accademia  a  pofta  per 
difegnare  l'ignudo  (  e  già  tal  grido  gu  avevano  procacciato  le  (parfe  bp^e 
fue,  che  non  folo  di  Bologna^  di  Ferrara,  di  Modana  e  di  Reggio,  ma 
eziandio  di  Francia  comparvero  giovani  per  fottoporfi  alla  fua  difctpUna . 
Chiamato  a- Bologna  P  anno  itfi8.  vi  dipinfe  a  frelco  la  figura  di  S*ntò 
Rocco  nella  Compagnia  di  elfo  Santo  :  e  nel  Palazzo  del  Marchefe  Tanari 
un  Ercole,  che  da  Lodovico  Carracci  fu  giudicato  fuperiore  ad  ogni  fti* 
ma .  Al  Cardinale  Lodovifio ,  allora  Arcivefcovo  di  quella  città  ;  poi  Gre^ 
gorio  XV.  più  quadri  dipinCe ,  e  fra  quelli  un  miracolò  di  San  {^ietro^ 
opera  >  che  veddefi  poi  intagliata  dall'  eccellente  bulino  del  Bloemàcrt  \ 
Tornatofene  in  patria ,  fece  ad  infianza  del  Padre  Antonio  Mirandola  • 
con  penna,  il  bello  eiemplare  di  tutte  le  parti  minute,  e  più  principalt 
del  corpo  umano,  per  ammaeftramento  de'  principianti»  che  poi  intaglia*^ 
to  da  Oliviero  Gatti,  fu  dedicato  a  Ferdinando  Duca  di  Mantova .  Per  Mar« 
cello  Provenzale,  celebre  profefibre  dimufaici,  colorì  la  tavola  diXancre^* 
di,  trovato  ferito  da  Erminia  dopo  il  combattimento  con  Argante:  di* 
pinfe  quella  di  Madia ,  Corticato  <h  Apollo.  In  Ferrara  ebbea  fare  jpiù 
opere»  finché  nel  itfzo.  richiamato  a  Bologna  fece  la  bella  tavola  in  dan 
GregOriÀairaltarede' Lucarelli,  pittura,  di  cui  tanto  fi  parla,  L'annoKSzi. 
tflunto  alla  dignità  di  Sommo  Pontefice  Gregorio  XV.  volle,  che  il  Bar-: 
bieri  fofle  chiamato  a  Roma  per  dipipnervi  la  Loggia  della  Benedizione» , 
con  promefla  per  fuo  onorario  di  ventiduemila  feudi  ;  ma  la  morte  troppo 
predo  accaduta  di  quel  Pontefice,  fece  sì ,  che' lo  (labilito  negozio  non 
forti  fuo  effetto .  Dipinfe  ben'  egli  molte  cofe  a  frefco  alla  vigna  Lodo- 
vifia>  fece  il  ritratto  del  Pontefice  fteffo,  è  colorì  la  bella  tavola  della  Santa 
Petronilla  in  San  T 
Papa .  Come  quegli 

bene /del  profiimo,  donò  in  Roma,  a- Padri  Cappui  .  . 

Miifioni  fi  portavano  all'  Indie ,  gran  quantità  d' immagini  della  Beata  Ver- 
gine, che  è  famafoflero  le  prime,  che  vi  fofiero  portate,  e  che  le  mede- 
fime  in  molti  luoghi  fparfe,  fifianomoftratefempremiracolofe.  Nel  tempo 
eh*  eì  fi  trattenne  m  Roma ,  feppe  far  così  bene  fpiccarc ,  oltre  al  fuo  talentò 
neirarte^  la  fua  rara  modeftia,  che  non  vi  fu  proteiTore ,  che  nonloamafi[e 
cordial  mente  :  e  bafti  a  dire ,  che  tra  quefii  vi  fu  fino  lo  fteifo  Michelagnolo  d^ 
Caravaggio»  quello  ftrano  cervello ,  che  a  tutti  è  noto,  che  con  sì  pochi- 
lego  •  e  quafi  con  tutti  la  ruppe.  Sarebbe  lun^a  cofa  il  raosontare,  quan-^ 
toegli  poi  operaflb  tornato  in  patria  «  a  Reggio  e  per  la  città  di  Bologna  v^ 
fino  al  Idia 7.  nel <|ml  tempo  ^li  fu  chiamato  a  Piacenza  per  dipignervi^' 
la  Cupola,  incominciata  dal  Morazzonè  pittor  Milanefe,  che  per  morte. 
'  iion  potè  farvi  altro  che  due  Profeti;  e  quell'opera  diede  finita  il  Guerci* 
no  dal  Luglio  fino  al  Dicembre  dello  fteflb  anno«  Nel  feguehte  anno  poi  vi 

dipmCe 


^7  a  Decenn.Ul  della Fétt.l  delSee.K  dal  1 6%o.  al  1 6$ o. 

dipinfe  l€  dtiQ grandi  ftorU  iKtrèti*  ed  pnt  avoU  da  giure»  del  mircirio 
Uell'Apoftolo  S.  Jacopo  per  U  Fermi  di  Reggio;  ed  teiere  opere  nella  città 
ft^flà  colori  pervarj  perfpnaggi  ftrani^ri»  che  poi  furon  maiulat»  aMuoghi 
Joro.  Popò  il  1631.  dipinCc  il  ftmofo  quadro  delU  morte  di  Qidone  pet 
la  Regjnt  di  Francia»  ^kt  efpoflo  in  pubici  ieo  nella  città  di  Bologna»  ebbe 
ixNira?igÌioro  concorfo»  Poi  ad  iftanea  dal  Cardinale  Spada  fu  di  queft'ope- 
<ira  fatta  una  copia,  per  dover  rimanere  in  Italia  »  tu^ta  ritocca  dal  proprio 
pennello  del  Guercinot  cbe  poi  fu  polla  n«Ila  Galleria  Spada,  rincontro 
al  bel  quadro  daU*  Elena, dipìnto  da  Guido ,  Nel  1^3  ì  fu  chtaoiato  a  Mo>- 
dana*  per  farvi  ritratti  di  quali'Àltezaié  :  e  conduce  con  feco  i  due  fuoi  bra- 
nfi  difcepoU*  Bartolocnineo  Gennari  da  Rimini,  e  Matteo  Lovea.  Oltre  e 
quante  altre  tavole  e  quadri  i  che  egli  fece  dopo  quello  teippo  per  le  città 
ìQ  luoghi  foprannotati,  neconduire  anche  moUiper  diverfimncipi  di  Ea*' 
ropai  e  p«r  Cardinali»  ma  il  far  di  tutti  menzione ,  co(k  troppo  lunga  nu- 
fcirebbe,  onde  a  noi  baftera  far  nota  di  alcuni  pochi.  Trovali  avere  egli 
iino  del  i6}6.  dipinta  per  la  città  di  Siena  la  bella  tavola  del  martirio  di 
San  Bartolommeo,  che  tu  polla  nella  Chiefa  di  San  Martino  >  alla  qoal  pit- 
tura però  ved^fi  avere  alquanto  nociuto  il  tempo.  Per  1q  Cardinale  Barbe^ 
fino  color)  il  gran  quadro  delVAbigaille-tlèl  1(^39.  e  per  Io  Spedale  m^iggio* 
TC  di  Milano  la  bella  tavola  della  Santiflima Natività.  Ì4ì  queftj  anni  mede^ 
fimi  fu  chiamato  dal  Re  di  Francia»  con  pnomefla  d»  trattamento»  quale 
potea  offerirti  ad  un  fuo  pari  da  un  tanto  Re  ;  ma  egli  per  varie  cagioni 
ricusò  l' invito  »  ma  particolarmente  per  avere  egli  per  avanti  fatto  io  fteflb 
col  Re  dMnghilterra  $  che  con  |raa  p  emura  il  richiedeva  per  luì.  Operò 
poi  per  li  Cardinali  Sant'Onofrio,  Sacchetti,  e  Spada,  e  per  Don  Taddeo: 
e  per  la  Maefià  dell'Imperatore  fece  uà  San  Giovanni  nel  deferto,  che  gli 
fii^  mandato  a  V ienna  • 

Venuto  r  anno  1642.  in&ofto  ali'  Italia  per  lo  drepitò  della  guerra  « 
convenne  al  noftro  arcefìce  il  ritirar G  a  fiol^na ,  ove  fu  accolto  e  tenuto 
alla  grande»  ia  propria  cafa,  dal  Conte  Aldovrandi»  e  molto  vi  fi  trattco* 
ne.  Fecegli  il  ritratto  del  Conte  Ercole  fuo  figliuolo  in  età  di  tre  annfi 
per  altri  Cavalieri  di  quella  patria  molto  operò,  e  per  divetfè  chìefe ,  e  per 
pubbli  e  privati  luoghi.  Una  tavola  di  San  Filippo  Neri  anche  vi  dt« 
ptnfe  per  la  Chiefa  Nuova  di  Roma*  Era  l'arino  1649.  auando  per  morte 
di  Paolo  Antonio  Barbieri,  fratello  4i  Gio,  Franoefco»  fopra  di  cui  (  cot 
mechè  foflè  uomo  di  ottima  vita ,  pieao  di  Jamore  e  di  carità  verfo  t  prò* 
prj  congiunti  )  reggeafl  tutto  il  pefo  del  governo  della  cafa  •  refianm  ai 
pittore  quello  folamente  del  puro  esercizio  di  fua  Yirtù  ;  egli  rimafe  im«r 
merlo  in  tanta  fatica  e  peniiero  per  le  cofe  domeftiche,  che  caduco  in  gran 
malinconia,  poco  mancò»  che  egli  non  diveniffi^^  tanto  inconfolabile,  che 
poco  ornai  gii  reftalTé  di  abilità  per  fare  godere  al  mondo  il  frutto  di  fuo 
nobili  fatiche;  ma  a  quefto  teppe  bene  riparare  la  bontà  del  Duca  Fran* 
cefco  di  Modana ,  die  avutane  contezza ,  lo  fece  là  condurre  in  campai 

{^nia  del  Colonna»  del  Metelii,  di  Giufeppe  Maria  Calepini  e  di  Berto- 
ommeo  Gennari,  fratello  di  fuo  cognato.:  e  quivi  fra  le  carezze  e  gli 
Onorio  fiati  fard  a  lui  ed  alia  foa  conveitfaàioae»  ed  un  jjcchiffima»  regalo^ 

con 


CAr.  GIO.  FRANCESCX)  BARBlEm.     ^71 

•  / 

eon  coi  £11  fatto  accompagnare  nel  ritorno  a  Bologna,  riprefé  egli  canto 
enimo ,  che  deppfti  gP  importuni  e  fofchi  pmfieri ,  e  recuperata  fu»  antir 
ca  allegrezza  e  jpace  del  cuore  »  feguicò  a  tare  opere  belle  :  e  tanjco  più'» 
■yino&eole  uennari  pittore»  fuo  difcepolo  e  cognato  >  fottoponendo  iik 
fieffo  ai  carico  dèi  defunto  fratello»  forte  contribuì  allo  fcemameoto^  %vvN^.^t«  .^ 
file  nojo£b  cure.  Io  tralafcio  di  £ir  nota  precifa  di  moke  belle  cofe»  cho 
da  quel  tempo  fecero  vedere  i  fuoi  pennelli .  Dirò  folo ,  che  fu  quafi 
r  ultima  fua  pittura  una  tavola  »  ov'  ei  rapprefentò  Santa  Terefia  »  mcntrt 
da  Maria  Vergine  riceve  T abito:  e  vi  è  San  Giufeppe»  Santo  Albeito  e 
San  Giovanni:  e  veggonfi  molti  Angioli  in  atto  di  applaudire  a  quelJ'  azio^ 
ne .  Fu  queft'  opera  mandata  alla  città  di  Meflina»  e  collocata  fopra  FAltaro 
m^giore  nella  Chiefa  delle  Monache  dieffii  Santa  Tanno  1666.  nel  quale  aiih 
no  agli  11.  di  Dicembre  in  Sabato»  fu  quefto  pittore  aflalito  da  gravifli* 
ma  infermità»  la  quale  nel  corlb  di  undici  giorni»  cioè  alli  aa.  delio  ftcflb 
raefe  lo  privò  di  vita  in  età  di  anni  ^6.  meli  io»  e  giorni  i6.  Reftaro^ 
no  delle  fue  ricchiilìme  fuftanze  eredi  i  due  nipoti  Benedetto  e  Cefaro 
Gennari.  Fu  Gio.  Francefco  Barbieri  in  tanta  fttma  nelle  cote  delTar^ 
te  ,  appreiTo  di  ognuno  >  e  particolarmente  de'  grandi  »  quanto  in  parto 
può  ricavarli  anche  dal  poco»  che  di  lui  abbiamo  infinqu)  notato:  e  Cri^ 
itina  Regina  di  Svezia  nel  fuo  paflaggio  per  Bologna»  non  folo  onorò  la 
cafa  fua»  vificandolo  in  perfona  propria;  ma  volle  toccargli  quella  manot 
che  ella  difle  operatrice  di  maraviglie.  Fu  anche  in  alto  concetto  appref«» 
fo  a*  primi  letterati  de' fuoi  tempi  :  e  trovali  avere  egli  dal  CaValier  Marino 
ricevute  lettere  eruditiflime  »  icritte  a  caratteri  di  oro  •  Non  meno  che 
dal  Marino  »  fu  onorato  con  fuoi  elogj  dal  celebre  Raffaello  Du  Frefnet 
nelle  cui  mani»  per  prezzo  di  cento  doble  »  e  con  promefladi  farlo  in« 
tagliare  in  Parigi  per  mano  di  uno  de' più  celebri  ma^ftri  di  bulino,  per» 
venne  il  famofo  rame  »  parto  pure  della  mano  di  lui  »  ove  egli  avea  figura* 
ta  la  Prefenuzione  di  Maria  fempre  Vergine  :  e  dopo  avere  quel  letterato 
dato  alle  (lampe  il  bel  libro  del  Tranato  di  Pinura  di  Liénardo  da  Vim^ 
a  lui  ne  mandò  un  efemplare  col  feguente  Elogio: 

Quifl'  opera 
ly  un  de^  più  celebri  Pittai  della  pajfata  età 

manda 

Al  pia  famofo  Pittore  delt  eia  m/Ira 

Gio.  Fraticefco  Barbieri  da  Cento 

Raffaella  Du  Frefne 

Per  fegno  e  del  fuo  affetto 

e  della  fua  memoria 

Cb*  egli  tiene  della  fua  virtù  e  gentilezza . 

Fu  lodato  dal  Cavaliere  StigUani  nel  fuo  Canzoniere  »  da  Gio.  Francefco 
Maja  nelle  fue  rime»  dal  Paoli»  dal  Galifoni  »  da  Scipione  Glareano»  e  da 
quanti  altri  nel  fuo  tempo  fcriiTero  di  pittura.  Non  è  da  tacerli  ancora» 
che  quantunque  moHriao  iie  opere  fue  grand' amore  ed  oflervan^a  del  vero; 

S  contùc-  * 


^74    DecinttJlLdelta Vart.  1,  delSec»  V.  dal  1 620. al  1 6^ e. 

contuttociò  elle  fomn  condotte  con  una  bravata  »  che  mai  non  può  dirfi 
4a  maggiore  ;  onde  ne  fu  lodato  ed  ammirato  da' migliori  profeflbri  del  fuo 
tempo.  E  fra  le  altre  cofe»  che  intorno  alla  (jpeditezza  del  fuo  pennello 
io  n  degne  di  memoria  »  è  quella  »  che  occorfe  nella  tavola  d^llAGmmBé&tm^ 
(^^c^H0€gk^fu^  àcì  Signore,  che  egli  fece  per  le  Monache  di  Gesù  Maria  in  Bologna,  cioè 2 

che  eiTendo  venuta  la  vigilia  di  quel  giorno  ,<che  1'  ojpera  per  caufii  deUa 
feda  di  quella  Chiefa  dovea  eflere  a  fuo  luogo  con  ogni  tuo  anneflb  :  je  man- 
cando la  figura  del  Padre  Eterno ,  che  dovea  eiler  fopra;  il  Guercino  la 
dipinfe  in  una  notte,  ed  al  lume  di  torcia,  tantoché  alludendo  a  quefta 
fua  velocità  nell' operare ,11  Tiarino  gli  ebbe  adire  quefte  parole;  Signor 
Gio.  Franceico,  gli  altri  pittori  fiinno  quanto  poflbno;  ma  voi  fate  quan- 
to volete .  Diceli ,  che  le  opere  da  lui  condocce  giungono  al  numero  di 
centofei  tavele  da  altare;  centoquarantaquattro  quadri  a  Sommi  Ponte  fi* 
ci.  Re,  Regine,  Cardinali  e  Principi,  oltre  a  quegli»  eh' e' fece  per  par- 
ticolari perfone  a  ed  oltre  a  i  rimali  in  fua  cafa  in  tempo  di  fua  morte  agli 
credi,  con  dieci  libri  di  difegni  di  matita  rofla  e  nera,  e  fatti  a  penna  r  e 
belliffime  vedute,  da  elfo  difegnate  dal  naturale.  Fu  folico  operare  poco 
più  che  alla  prima,  cioè  abbozzando,  ed  immediatamente  terminando. 
Ebbe  grandiflima  intelligenza  nelle  maniere  di  tutti  i  maeftrì,  tanto  in  di- 
fegni,»  che  in  pittura.  Ma  giacche  abbiamo  detto  di  lui  in  ciò  che  appar-^ 
tiene  all'arte;  è  giuda  cofa,  che  alquanto  di  tempo  fpendiamo  in  dar  ììo* 
tizia  di  quel  che  in  lui  andò  di  pari#  anzi  molto  avanzò  le  perfezioni  del* 
l'arte  medefìma:  e  ciò  furono  i  fuoi  lodevoliffimi  cerumi,  degni.al  certo 
4eil'  iiuicazione  di  chi  fi  fìa,  ma  particolarmente  de' profeflori  delle  buone 
arti,  fenza  i  quali  gran  fatto  fara,  che  elle  poflTano  mai  in  e(E  interamen*- 
te  rffplendere«  E  per  ciò  fare ,  bafterik  il  portare  in  quello  luogo,  quanto 
fi'  ha  detto  il  Conte  Carlo  Cefare  Malvafia  nella  parte  quarca  della  fua  Fel- 
fina,  laddove  così  r^iona.  Fi$  di  fiatura  comp€$ent emente  alta  ,  gracile  % 
tarne  bianca  e  roffa ,  con  fuiàominio  4IÌ  bile ,  temperamento  buono ,  tirante  al 
fanguigno^  Natura  piacevole  f  allegra^  e  di  converfazione  gufiofijjima  ^  di  ap^ 
plicazione  inde  fé  (fa ,  finceriffimo ,  inimico  detia  bugia ,  eortefijfimo ,  temile  $  com^ 
pajjione^le^  religiofof  cafio.  frequentatore  de'  Sacramenti  t  amator  de*  pove^ 
ri,  che  fempremai  aveva  intorno  quando  ujciva  dì  cafa  ;  mie  pareva  il  padre 
di  effi:  e  fi  prendeva  guSo  difcorrere  con  loro.  Rifpettofo  a'  Religiofif  pieghe-^ 
vote  a  tutti ,  curiofo  di  vedere  e  fentire  tutte  le  novitadi  :  di  una  memoria 
grandìjfima ,  raccontando  fempre  con  gli  amici  e  fcolari  ifucceffiprefemif  tan- 
to fuoi  f  quanto  di  altri  pittori  fuoi  amici.  Con  tanta  grazia,  che  incantava 
chi  f  udiva  ^  Diceva  ben  di  tutti  :  Uvea  molta  buona  cognizione  d'Ufo  rie  e  di 
favole  •  terfettiijima  intelligenza  nel  difcernere  le  diverfe  maniere  de"  pittori. 
Non  vile  mai  pittura  di  altri,  che  non  gli  daffe  lode,  e  fé  non  V aveffe  meri- 
tata, ne  parlava  con  moderazione  e  con  ri  [petto.  Fu  amicìffimo  de'  pittori  del 
fuo  tempo ,  non  f cavalcò  mai  alcuno  da  ver  un  lavoriero  :  e  godeva ,  che  ognttno 
f  ingegnale  e  faceffe  bène .  SoUevè  dalle  mifetie  molti  amici,  che  fé  gli  racca- 


r    . 


CAV.  GlO.  FRANCESCO  BARBIERI.    %^s 


^àgfkitff  Merate  ed  e/pìttie  in  firn  €afa  a  fhmmo/egno .  ifoujf  $£  mai  mof^ 
morézione  contro  Fimegrità  di  fua  ftr/tma •  Fufiimato  verginea  e  pttrea  m-^ 
/e»  éU^afpem  florido  ed  afla  potìT^ia  delia  fué  vita .  EHe  poci>i(^me  malanie: 
e  0uefiefol9  nel  pne  degli  anniJi$oi,  Fu  ben  vol/ìtio  da*  Principi  fupremit  a 
filmato  da  tutti.  Non  ebbe  mat  lite  con  alcuno  nel  civile 9  e  nel  criminale  ^ 
Guadagnò  te  fari  colle  fue  fatiche:  £li  fpefe  generojamente  »  e  la  maggior  parte 
in  fiUievo  degli  altri .  Acquifiò  col  danaro  una  gran  cafa  in  Bologna  •  Acqui^ 
fio  luoghi  in  campagna  :  mobili  il  tutto  alla  nobile .  Lafciò  in  cafa  addobbi  p 
pitture^  ed  argenti  f  gioje,  danari  e  crediti.  Erefie  ceppeOe,  altari:  gli  fornì 
cS  tutti  gli  arredi  necejfarj  :  le  perpetuò  con  legati  pii .  Viffe  onoratamente  con 
gran  prudenza  >  con  gran  timore  di  Dìo  ;  onde  mof*ì  ancora  come  un  fante  »  ri-* 
eevendo  il  colpo  con  allegrezza  di  animo  indicibile  %  fenza  punto  lamentar/I . 
Fece  un  tefiamento,  degno  di  ejèr  veduto  da  tutto  il  mondo  f  con  ricordi,  ve^ 
r amente  efpreffi  da  un  animo  di  paradifo .  La/ciò  eredi  li  due  nipoti.  Signori 
Benedetto  e  Ce/ire ,  delle  fue  fortune  t  e  molto  più  godette  di  averli  laf ciato  té 
virtù:  e  que0i  furono  i  motivi,  che  gli  fecero  accettar  la  morte  con  allegrez-^ 
ta,  per  godere  in  cielo  il  premio  dello  Jue  virtuofe  fatiche .  Morì,  pianto  dà 
tutti  :  fu  fepolto  in  San  Salvatore  con  onorevoliffime  efequie  %  veftito  da  Cap^ 
puccino .   Fin  qui  il  Malvagia  • 

Recarono  molctflitnì  de'fiioi  difcepoli,  oltre  a  ì  Gennari:  e  fra  qae* 
iti  Fulgenzio  Mondini»  Criftofano  Serra  da  Cefena  >  Criftofano  Salrounf; 
Lui^i  Scaramuccia,  e  S^aftiano  Bombelli  Veneziano >  celebre  ritratcifla* 
Diro  Finalmente f  come  un  belliflimo  ritratto  del  Guercino  da  Cento,  di 
fua  propria  mano,  fi  vede  nella  altre  volte  nominata  Aanza  de*  Ritratti 
di  proprie  mani  degFtnfigni  Pittori,  nella  Reale  Galleria  del  Sereniflimtf 
Granduca, 


S  %  AKGIOL 


276    Dtcennlll  Ma  Parti,  deìSee,K  MiUxo,  «/ 1 5^o. 

ANGIOL   MICHELE  COLONNA 

PITTORE    BOLOGNESE 
Dìfiepelo  di nato # 

\  Erits  veramente  fra'  nobiliflìtnì  profeflort  delle  noRre  arti 
\  eterna  memoria  Angiol  Michele  Colonna ,  il  quale  dQpD 
k  enèrrufotcoladifciplinadipiùordìnariinmt  pittori, mof- 
S  to  e  molto afiatìcaco  in  ogiii  forta  di  lavoco.  dentro  alla 
9  fua  patria  Bologna»  in  compagnia  di  diverfi  firefcanu; 
\  finalmente  pervenuto  in  etì  di  ventiféi  anni ,  avendo  fat- 
'  co  col  proprio  pennello  il  belliffìmo  ornato  achiarofca* 
ri> deli' Aitar  grande  della  Mntiuima  Vergine  de*  Padri  Scalzi,  fuori  della 
porta  di  Stra  maggiore ,  ne  acquiflò  tanto  credito  «  che  fin  da  quel  tempo 
incominciarono  1  fuoi  pennelli  ad  alzare  quel  grido  di  unico  maeRro  dt 
■rchitetture  e  profpettive  »  che  poi  l' accompagnò  per  lo  tempo ,  eh'  e'  vif- 
I^r  e  che  andie  dopo  fua  morte  dura  :  opera,  di  cui  parlando  Io  Qe0b  Me- 
teUì  ebbe  a  dire,  nonelTerfi  itno  a  quel  teinpo  veduta  m  quel  genere,  colà 
niigitoret  avervi  egli  fatta  gran  confiderazione,  e  trattone  gran  profitto . 
Allora  il  Colonna  fatto  animofo  e  dal  profpero  rìufcimento  di  quell'ope- 
ra e  dagl'intendenti  amici,  che  ne  lo  conforcarono,  incooiinciòaderporli 
S[Ii  occhj  del  mondo,  col  portarli  alla  corte  di  Parma  :  dove  ad  iflànza 
ella  Sorella  del  Duca  Ranuccio,  che  fé  ne  ftava  nel  Convento  delle  Mo- 
nache di  Sant'Alellandra ,  dipinfe  nella  loro  Chiefa  una  Cappella  a  fretco'. 
Tornacofene  in  patria,  trovò,  che  Girolamo  Curii,  anch'  eflb  carico  di 
lodi  e  di  onore ,  erafene  tornato  di  Roma ,  dove  fotto  la  protezione  de'  Lo- 
dovìgi  aveva  fatte  belle  prove  di  fuo  pennello;  ma  efiendo  pervenuto  « 
notizia  del  Curri,  non  purel'onore,  che  erafi  fatto  in  patria  ed  in  Har. 
ma  il  Colonna,  ma  eziandio  l'impareggiabile  avanzamento , che  egli  ave- 
va  fatto  in  quell'irte*  forte  temendo  di  non  trovare  per  l'avvenire  nella 
per  fona  di  luì,  non  dico  un  competitore,  ma  un  nemico;  procurò  con 
faggio  avvedimento  di  accrefcere  con  eflb  1'  amica  >  benché  per  alcuno 
accidente  alquanto  turbata  amicizia  ;  e  quel  che  è  più ,  di  averlo  per  com- 
pagno in  ogni  fua  opera  t  e  al  bene  gli  venne  fatto  il  tornarne  a  ftrìngere 
il  nodo,  che  non  maipiù,  finch*  e'  vìffe*  lo  vide  fciolto  .  La  prima  opera. 
nella  quale  in  compagnia  del  Curti  poneflè  mano  il  Colonna,  f u  U  pit- 
tura della  volta  della  Cappella  maggiore  di  San  Domenico  per  li  Grimaldi. 
Qtiindi  avvenne  poi,  cne  da  quefli  due  fi  condulTero  le  bellillime  opere, 
dico  della  prorpettiva  in  Capo  dello  Gradone  di  San  Michele  in  Bofco:  la 
Sala  di  VefpuOano  Grimaldi  :  e  la  Galleria  del  Monaflero  degli  Olivetani. 
Furono  poi  dal  Cardinale  Capponi  chiamati  a  Ravenna,  perdipignere  oel- 
fA  rei  velco  vado  :  a  Parma,  a  dipìgnere  due  fale  del  Palazzo  e  del  giardino  : 
e  fiaalfflente  a  Modana.  per  tare  altri  lavori;  donde,  a  cagione  di  grave 

inftf- 


•  y 


UNGJOL   MICHELE  COLONNA.    277 


infymìfS,  che  qotfi  itòomluflero  al  termine  deTuoi  giorni ,  tofto  gli  con-- 
venne  partire;  ma  o  folfe  ftato  il  furor 'del  male,  q  altra  cagione,  egli  ri« 
maCe  così  malinconico  e  prelb  da  tanta  ipocondria,  che  per  lo  foazio  di 
ben  dodici  anni  egli  fi  ftecce  né  fano  né  infermo:  e  rifpetco  a  quanto  egli 
avrebbe  potuto  operare,  pochiflimo  fece  nell'arte  Tua;  finche  per  con(i« 
gito  di  dtfcreto  medico,  che  in  queftp  la  fece  più  da  vero  amico»  che  da 
medico,  lafciati  gì'  impiaftri  e  le  medicine  »  col  folo  parchifltmo  cibarli^ 
col  tenere  follevatò  l'animo,  e  M  corpo  in  moto,  non  folo  fece  ritorno 
alla  prima  fanità ,  ma  divenne  in  tutto  e  per  tutto  per  ròbuftezza  e  per 
altre  corporali  facultadi,  altr'  uomo  da  quello,  che  per  tanto  tempo 
e  fino  allora  égli  era  flato.  Più  volte  por  egli  ebbe  a  portarti  a  Moda- 
na,  dove  in- occalidne  di  varie  fefte  fattefi  da  quel  Sereniifimo,  ed  in  (er- 
vizio  di  Tua  Galleria  molto  operò;  fervendo  anche  di  direttore  di  più 
altri  pittori ,  che  nello  ftefTo  affare  trovò:  impiegati ,  de'  quali  fu  foli- 
to  emendare  le  mancanze  con  obbliganti  maniere,  ed  in  modo,  che  il  fat- 
to G  riducefTe  a  ben'  eflere ,  e  ad  elH  medefimi  rimanefle  V  onore  di  aver 
benfatto  Quivi  p^r  morte  foprawenuta  al  Curci,  toccò  a  lui  a  continua- 
re il  lavoro  della  volta  dell'Oratorio  di  San  Carlo,  che  appena  aveva  avd- 
to  principio:  e  gii  dopo  la- fine  di  eflb  eflendofene  tornato  alla  patria  vo- 
leva por  mano  a  dipignere  la  (ala  di  Giovanni  Locadellì,  quando  il  Car« 
dinaie  Santacroce»  allora  Legato ,  volle  eh' e'  dipignelTe  V  appartamento  » 
di  fotto  a  quello, fatto  già  dipignere  dal  Cardinale  Spada  fuo'  anteccfTore: 
nel  qual  lavoro  èlefTe  per  compagno  Agoftino  Metelli ,  col  quale  poi  pa- 
re che  egli  facefTe  affai  più  (tretra  compagnia  di  quella,  che  per  avanti  col 
Dentone  fatta  aveva;  conciofliacofachè  da  quelto  tempo,  finché  durò  fua 
vita,  non  mai  neir operar  fuo  fé  lo  tolfe  d* attorno.  Fu  poi  per  opera  di 
Francefco  Albani  chiamato  a  Firenze  dal  Serenitfimo  Granduca  Ferdinan* 
do,  per  ornare  uno  fpazio  nella  Villa  di  Mezzomonte,  oggi  de'  Marchefi 
Codini ,  in  cui  lo  flefTo  Albani  avea  dipinto  un  Giove  con  Ganimede  • 
Moltiflime  poi  furono  le  opere,  che  gli  abbifognò  condurre  per  entro  la 
città  di  Bologna,  finché  feguita  in  Firenze  l'anno  16^6.  la  moite  del  no- 
firo  pittore  Giovanni  da  San  Giovanni,  a  cui  erano  (tate,  date  a  dipignere 
le  ftanze  dell'ala  deftradel  Palazzo,*  abitazione  del  Granduca  ,  a' Pitti,  fèn- 
za  avere  lo  ftéfib  pittore  potuto  condùrvi  altro  più,  che  la  ^olta  con  tre 
fpazj  della  fata  ;  fu  per  mezzo  del  Cardinal  Sacchetti,  allora  Legato  di  Bo- 
togndf  mandato «thiamare  dalGranduca  il  Colohna,  per  dipignere  lo  ri- 
manente d^lle  ftanzé;  Diede  egli  principio  e  fine  atta  prima,  lafciando 
aperta  la  parte  fuperiore  delia  volta,  ove  in  uno  fpazioib*  campo  dovea- 
no  efTere  da  altro  pittore  dipinte  le-  fìg^ire  ;  ma  avendo  queir  Altezza  fat- 
ta vedere  1'  opera  del  Colonna  a  Andrea  Comodi  :  e  confultato  con  efTo 
il  modo  di  trovar  pittore,  che  effe  figuiiedipigtìédè;  ne  ebbe  in  rìfpofta^ 
che  non  ad  altri,  che  alColom^a  (i dovefìero quelle' aHogìire,. giacché  egli 
aveva  non  pure  nelle  mioabili  profpective  ,  dì  che  egli  aveva  piena  quella 
danza,  ma  (eziandio  nelle  molto  graziola  figure ,  vagamente  fra  quelle  acco^ 
modate»  àztàtìon  poca  fperanzadi  doverfi  anche  m  quelle  portare  egre*- 
gbcdence.'GoAe  coilfij^iò  ìt  Comodi'^  cosifu  efòguko:  tantupiìi^  ehe  il 
.    *  .;  S  j  Cava- 


A 


178   Di^cem,  III  della  PartJ.éiSec,V.Mi6A0^ 

Cavaliere  Guidoni  »  Gentiluomo  di  gran  godo ,  e  ansi  buoi»  profisfibre 
che  dìletcante  in  cofe  di  difegno»  che  poco  avanti  erafene  tor^iaco  da  Ba« 
Idgna  a  Firenze  a  quefia  Corte  »  molto  aveva  approvato  il  parere  del  Co^ 
liiodi.  Era  Tanno  1(^38.  e  ^1  Colonna  con  qualche  breve  intermiflione  di 
tempo»  che  egli  confumò  in  patria  a  dipignere  la  (ala  del  celebre  MecUcot 
Cucchi  in  fua  cafa  in  via  del  Prad^llo,  (^  applicò  infieme  col  Metelli  alle 
ìdue  altre  camere,  che  feguono  alla  (oprammentovata  iiello  (leflTo  Palazzo 
de'  Pitti  i  né  fi  partirono  mai  dal  fervizio  delia  Sereniffima  Cafa  fino  al  1644^ 
dopo  il  qual  tempo  molte  altre  belle  cofe  cpnduflèro»  finché  del  1(^49.  ^ 
1650.  chiamati  di  nuovo  a  Firenze  dal  Cardinal^  Gio.  Carlo  di  Tofcana« 
dipiniero  nel  fuo  Palazzo  de|  Giardino  di  via  della  Scala,  e  nel  Pahnoi 

£ure  de'  Pitti  colorirono  un  beir  ornato  preffo  ad  un  gabinetto,  per  io 
[archeiè  Niccolini  altre  belle  profpettive  fecero  nel  Palazzo  di  Tuo  Mar* 
cheiato  a  Camugliano  »  ed  in  quello  di  Firenze  in  via  de^Servi  :  né  deb- 
bo io  lafciar  di  dire  ciò  che  iblea  raccontare  in  fua  patria  il  MetelU,  ^to^ 
compagno  del  Colonna  nell*  accennate  opere,  che  nel  venirfene  alla  citte 
di  Firenze,  aveva  egli  portato  con  Ceco  un  sran  òicco  di  terre  diverfe  da 
colorire:  e  che  al  tomarfene  che  fece  a  Bologna,  aveval  riportato  pieno 
di  piaftre  f  onde  diceva  egli  di  aver  trovata  1*  invenzione  ol  convertir  la 
terra  in  argento .  Furon  poi  chiamati  a  Modaaa,  ove  fecero  cofe  affili. 
Ayeva  già  la  nuova  e  bella  maniera  de*  due  pittori  fatta  sì  beila  moftra ,  o 
partorito  $ì  gran  defiderio  di  fé  per  V  Italia  tutta,  che  fin  da  quei  tempi 
più  altri  profelTori  vi  fi  applicarono  di  gran  propofito ,  e  tali  furono  in 
Bologna  l' Ambrogi,  il  Sìghezzi,  il  Bianchi,  il  Padema,  il  Santi  ed  altri 
pittori  a  frefco  ;  ed  in  Firenze  Bartolpmmeo  Neri»  detto  comunemente 
j1. poeta  Piedi  f  per  lo  talento,  che  egli  ebbe  di  comporre  in  ottava  rima 
cantando  alPimprovvifo .  Quefto  Bartolommeo  iiì  cofe  operò  molto  teatro* 
li  :  per  cafe  di  privati  fece  fregiature  e  fbprapporti ,  e  di  fua  mano  foni' ar« 
^hitetture ,  che  adornano  la  frónte  interiore  della  Chiefade'  Padri  Bernabiti 
al  canto  alla  Cuculia.  Jacopo  Chiavillelli  Fiorentino ,  fiato  difcepolo  nel  di. 
fegnoe  pittura  di  Fabbrizio  Bofcbi,e  in  quanto  appartiene  all' arte,  che  fa 
propria  del  Colonna,  del  Metelli  e  d'altri  da  loro  derivati ,  fece  tal  profitto, 
che  ha  ripiene,  per  così  dire,  dì  fue  belle  opere  nella  noftra  città  e  fuori^ 
e  chiefe  e  palazzi  ed  altri  luoghi  pubblici  e  privati ,  fino  a  auefio  anno  1691 . 
che  io  queflecofe  ferivo,  nel  quale  vìve  egli  ancora,  moftrand>femprepiù 
L'abilità  della  fua  mano  maeftra,  dopo  avere  nelPane  medelima  fatti  più 
allievi,  i  quali  con  molta  lode  di  lor  pennello  operano  tuttavia. 

Era  Tanno  1^50.  quando  il  Colonna  alle  preghiere  del  Senatore  Mar- 
cheie  Cofpi,  e  molto  più  a  quelle  del  Cardinale  Gio.  Carlo  di  Tofcana, 
(  ri/olvetre  ad  accettare  la  chiamata,  che  gli  veniva  fatta  per  parte  di  So» 
]4aeftà  Cattolica  al  fvo  fervizio  jn  Madrid:  e  quefto  per  la  terza  volta; 
giacché  alla  prima,  avuta  per  mezzo  deIMai?chele  Virgilio  Malvezzi,  e  alla. 
Kconda,  avuta  mediante  la  petfonadi  Monfign^re,  poi  Cardinale  Buon^ 
compsgni^  non  aveva  egli  voluto  piegarfi.  Colà  dunque  inviatofi  col  fuo 
£edele  compagno  Agoftino  Metelli,  provvido  di  gran  danaraper  lo  viag» 

ÌÌo>».6d  allieva^  d^uattamsBtimolto^npfaci»  dipiiidCe  le  b^Ue  cdfi^r  deU» 

quaU 


.ANGIOL  MICHELE  COLÓNNA.    179 

àtiftii  abbitmo  parlato  nelle  notizie  dello  fiedb  Metelli  :  e  fra  l^  tAirt  volle 
ìsL  Maeftà  del  Re  FiUptìo  IV.  che  foflè  di  lor  m^no  dipìiuo  un  fyìottQ 
ottangolflco,  nel  ^aale  (ubiro dipinto»  drede  pubblica auaienza  all'Amba*^ 
fciadore  delCriftianiflimo,  il  Dnca  di  Lione  ^  che  a  nome  del  Tuo  Re  do^ 
toandava  T Infanta:  e  noi  abbiamo  fedele  atteftato,  che  i> Re Filipuo  più 
6  più  volte  fra  fetcimana  portavafi  in  fnl  palco  (  diceva  egli  )  de^  rittorl 
Italiani:  e  quivi  inameni difcorfi  trattenea/i  con  effi i  per vederdi  dipime* 
re*  Al  Buonritiro  dipinfero  una  Loggia  da  imo  a  fommo  delia  favola  di 
Cefalo  e  delP  Aurora  t  e  negli  ornati  Satiri  e  Putti ,  termini»  feftonl 
ed  altri  vaghiffimi  ornamienti  inventati  dal  Metelli;  al  quale  non  molto 
dopo  foprav  venne  la  morte  »  ed  al  noftro  artefice  toccò  a  far  ritorno  alle 
patria»  con  perdita  del  caro  amico»  benché  con  guadagno  di  danaro  e  di 
gloria.  Moke  furon  le  opere»  che  egli  condufle  nella  iua  patria  Bologna^ 
dopo  il  Tuo  ritorno;  Era  Tanno  1671.  quando  il  noftro  artefice  alle  pre« 
ghiere  del  Conte  Girolamo  Caprara  »  rifolvè  di  accettar  la  chiamata  d2 
Monfieur  di  Lione  a  Parigi,  per  operare  in  fervizio  del  Re  Criftianiflimo 
nel  Palazzo  di  Verfaglia  •  Fu  fa  partenza  di  lui  a  quella  volta  a*  ì^.  di  Mar* 
to  dello  ftelfo anno .  Trattennevifi  piìi  di  due  anni»  Tempre  facendovi» 
dere  a  quella  Corte  opere  egregie  del  fuo  pennello^  e  finalmente  veden. 
dofi  egli  omai  in  etì  di  73.  anni  »  fpinto  da  defiderio  di  rimpatriare ,  fé 
tic  piarti;  e  nel  giorno  de'  20.  di  Maggio  del  167$  fu  in  Bologna»  do  Ve 
molte  co(e  fece  >  che  lungo  farebbe  il  raccontare  $  finche  in  età  decrepita 
aggravato  dagli  anni  e  da  infirmità ,  diede  fine  aTuoi  giorni  agli  1 1«  di  Mar- 
Co  1687.  e  tu  il  fuo  cadavero  fepolto  nella  Chiefa  di  San  Bartolommeo  di 
Porta  de' Padri  Teatini  •  tn  unDepofito»  da  lui  medefìmo  fatto  fare  in  vita: 
né  rìmafe  di  lui  che  un  figliuolo  del  defunto  fuo  figliuolo»  il  quale  »  men» 
tre  io  quefte  cofe  ferivo»  vive  godendo  con  ifplendida  civiltà  le  fufiansé 
dell' Avolo  fuo  • 


riraM^«MiMMWÉiiMBMMÌ^i«H^iMHHM«aa«llMHH««MiHl^ll«MM|«MHBaHa*Ì«MHÌMMMaM 


ANTONIO     VANDICH 

PITTORE    D'  ANVERSA 

*  •  • 

Difeepoh  di  Tietro  Paoh  ^uhns^  nan  1 599.  #  1^41. 

V  ■  • 

A  citta  d' Anverfa  nella  Provincia  di  Fiandra  »  die  fino  dopo 
il  riforger  che  fece  a  nuòva  Vita  la  beir  arte  della  Pitturai 
incominciò  a  provvedere  il  mondo  in  A  fatta  facoltà  di  uo* 
mini  di  chiara  fieima  ;  avendo  verfo  il  fine  del  paflato  fi^iold 

latti  ièntire  gli  applaufi  del  foo  celebre  pittore  Pietro  Paole 

Rubens,  Un  altro  nel  tempo  fteflo  ne  andò  preparando,  per  cui  non  fola^ 
niente  poteafi  a ^an  ragione  «fpeccare  1-  Europa  tutta  un  dbgno  fucceflbr* 

S  4  a  ttOJBO 


À 


»8o    *DecettnJIl  della  Part.L  del  Sic  V.  daii  6i«.  al  1 6^  o. 

9 

a'tiomo  s)  grande»  per  qvando  mài  ioffe  piaciuto  al  cielo  di  toglierlo  a 

Suefta  luce;  ma  eziandio  di  vedere  per  gran  cempo  rifplendere  nel  fecon* 
o  le  perfezioni  del  primo,  anche  con  qualche  aggiunto;  fé  forte  nemica» 
centra  ogni  afpettazione»  non  avefle fatto  sì,  che  tanti  pochi  loefi  dopo 
al  primo,  che  nel  1577.  aveva  avuti  i  fuoi  natali,  perifle  il  fecondo,  che 
non  prima  del  1599.  era  (lato  partorito:  e  quefti  fu  il  celebre  Antonio 
Vandich,  il  quale  ebbe  per  padre  un  mercante  delle  finiflime  tele  di  Fian<- 
dra»  e  avendo  avuta  per  madre  una  donna  valorofa  ner formar  coir  ago 
bellìflìmi  paeli  di  punto,  potè  egli  fvegliare  il  proprio  fpitito  a  valerti  di 
tale  efemplo,  e  di  quello  poi  fervlrfi  a  migliore  ufo  nelle  belle  opere  di 
pittura  •  11  fanciullo  adunque  poftofi  prima  da  fé  ftelTo  agli  ftud)  del  4ife* 
gno ,  non  con  altra  fcorta,  che  con  quella  della  madre,  fi  accoftò  poi  »  così 
percuettendo  il  genitore,  a  Pietro  Paolo  Rubens:  e  non  andò  molto,  che 
egli  colla  bontà  de'coftumi,  e  colla  grazia  del  converfar  fuo,  ed  aflàipid 
per  Io  maravigliofo  profittare  eh*  e'  iSceva,  venne  in  pofièflb  di  tanto  a& 
letto  del  maeftro ,  che  ornai  facevagli  difegnare,  ogni  fua  bella  invenzio-* 
2ie ,  per  quella  poi  dare  alle  pubbliche  ftampe:  e  fra  quelle  da  eflb  dife* 
guaie,  contali  la  belllilima  bavaglia  deJile  Auus^zoni .  .Servivafi  anche  di 
Antonio  per  abbozzare  fuoi  quadri,  e  talora  per  condurre  a  buon  legno 
in  pittura  i  propri  Ichizzi:  e  andò  la  cofa  tant' oltre ,  che  fu  avuto  per  co» 
Itante,  che  il  Rubens,  col  grande  e  fpedico  abbozzare  e  condurre  del 
Vandick»  guadagnalTe  in  quel  tempo  fino  a  100,  feudi  il  giorno;  il  che 
Xioii  farà  dinicile  a  credere  achi.confidererà,  che  alla^ morte  di. Ini  reftaile 
ad  Alberto  Rubens  il  figliuolo,  il  riccKiflirao  patrimonio,  che  a  tutti  è 
noto  )  non  ottante  il  tractami^nto  nobile,  con  cheègli  era  (iato  folito  di 
inantenere  ia  propria  cala  e  perfona .  Fece  il  Vandick  i  cartoni  per  le 
fapezzerie  delle  ftorie  diDecio ,  e  altri  ancora.  Non  potè  però  il  grande 
a) (ito,  che  traeva  il  Rubens  dal  Vandick ,  far  sì ,  che  egli  non  potefie  giù» 
fiamente  temere  di  fcapitare  nel  più  :  cioè  a  dire,  che  col  pubblicarii  il 
molto  ..che  nelle  fue  cofe  operava  il  dlicepolo,  non  veniflè  attribuito 
ad  eifo  medefimo  anche  quel  poco,  che  vi  facevano!  pennelli  del  maeftro; 
onde  forte  ingelofìto,  incominciò  a  divertirlo  da  i  componimenti,  col 
lodare  al  maggior  fegno  alcuni  volti,  fatti  al  naturale,  proponendo  fua  per- 
Zona  in  proprio  luogo  in  ognuna  delle  infinite  occafioni,  che  fé  gli  pre« 
fentavano  di  far  ritratti:  la  qual  cofa  ben  conofciuta  dal  Vandick,  fu  ca- 
gione, che  egli  fi  afTentafle  da  quella  fcuola,  e  fi jionelTe  a  operare  da  fé 
lolo  Dicono,  che  la  prima  pittura,  ch'e'facefle  fuori  della  fcuola  del 
Rubens  ^  foiTe  la  bella  fioria  del  Crifto  portante  la  Croce ,  per  la  Chiefa  di 
San  Domenico,  che  vedefi  condotta  di  tutta  maniera  del  maeftro  fuo.  Poi 
ad  efeniplo  di  quello  fi  portò  a  Venezia,  ove  grandi  ftud)  fece  fopra  le 
iopere  di  Tiziano  e  di  Paolo,  e  gran  fama  vi  lafciò  di  fé  fteflb,  in  quanto 
a'iitratti  appartiene.  C^indi  portatoti  a  Genova,  ove  altri  molti  ne  co* 
Jori,  tanto  VI  fi  accreditò,  che  guadagnato  in  eminente  grado  Tarnore  di 
quei  cittadini,  volle  quafi  eleggere  quella  città  per  fua  patria;  conciofiia* 
eofachè,  per  molto  che  egli  poi  andafi[è  vagando  per  T Italia,  era  fempre 

Genora  il  fuo  riparo  e  1  fuo  npofo,  Andatolune  a  RQma^  ove  fu  ricevuto 

da 


.ANTONIO      VANDICH.      28.< 

dal  Cardinale  Bend?ogIi  »  fece  del  medefimo  il  maraviglìofo  ritratto,  che 
poi  venne  in  potere  del  noftro  Sereniffimo  Granduca  »  e  oggi  ha  luogo 
nella  danza»  detta  Ja  Tribuna  nella  fua  Reale  Galleria.  Per  lo  taedelimo. 
Cardinale  fece  un  bel  Crocifilio  fpirante .  Occorfe  poi ,  che  parendo  a'  prò- 
felTori  dell'arte  in  quella  città»  che  la  bella  luce  del  colorito  portatovi  dà 
quefto  artefice»  pofta  a  confrqnto  dell' opere  loro  »faceflele  parere  alquanto 
ofcure,  ìnibrgefle  contro  al  Vandick  una  sì  fatta  perfecuzione  per  opera  di 
alcuno  de'medefimi»  che  egli,  che  continente  e  prudentiffimo  era»  aveffe 
per  bene  il  laiciar  Roma,  ed  a  Genova  tornarfene*  Quivi  con  gran  prò- 
vecci  fé  la  pafsò*  facendo  infiniti  ritratti  di  ^uei' nobili  e  de*  perfonaggi 


periti  neir  arte  »  che  egli,  più 
che  non  fece  il  Rubens  fuo  maeftro.  Dipinfevi  anche  belliflimi  quadri^ 
oltre  a  i  ritratti;  e  tali  furono  per  Mondo  RoHb»  terra  della  Riviera»  uà 
Crocitìflb»  San  Francefco  »  il  Beato  Salvadore»  e  la  perfona  del  padrone 
del  quadro,  che  ivi  vien  rapprcfencata  inginocchipni .  Da  Genova  il  porr 
tò  in  Sicilia  «  mentre  il  Principe  Filiberto  di  Savoja  eravi  Viceré.  Fecene 
il  ritratto,  ed  eflendo  poco  dopo  feguica  la  morcc  di  quel  Signore,  egli 
da  Palermo  fi  partì  di  ritorno  a  Genova»  portando  con  fecouna  fua  belr 
ja  cavoladi  Maria  Vergine  del  Rofario»  con  S.  Domenico  e  con  cinque  San- 
te Vergini  Palermitane,  opera  che  era  fiata  dcfiinata  per  P Oratorio  della 
Compagnia  del  Rofario  di  quella  città .  Seguirò  a  dare  opera  a'fuoi  ritrat<- 
ti;  finche  venuto  m  dcfiUerio  di  riveder  fua  patria  e  i  propr)  parenti^  fé* 
ce  ritorno  ad  Anverfa;  ove  puie  afiaì  bellifiimi  ritratti»  tavole  e  quadri  di 
varie  invenzioni  colorì,  de' quali  molti  furono  (parfi  per  la  Fiandra  e  per 
altre  Provincie,  e  oggi  veggonfene  alcuni  andare  per  le  pubbliche  fianze^ 
Fra  quegli»  che  furon  ritratti  da  lui ,  furon  quali  tutti  i  Principi  »  che  al 
fuo  tempo  captarono  in  Fiandra»  che  lunga  cofa  farebbe  V  annoverate» 
.Diremo  folo»  che  fra  quefii  furono  la  Regina  Madre  e  V  Infante»  il  Duca 
di  Orleans»  il  Cardinale  Infante »e'l  Principe  Tommafo  di  Savoja  .  Stabi- 
lito che  ebbe  il  Vandick  in  quelle  Provincie  il  tuo  gran  nome»  deliberò 
di  paflare  a  Londra,  chiamatovi  d^l  Re  Carlo:  nella  grazia  di  cui  forti  al 
fuo  (olito  di  trovar  luogo  non  inferiore  a  quello  »  che  vi  aveva  acquiftato 
il  Rubens  fuo  maeftro»  che  già  fé  n*  era  partito  ;  e  quel  che  dicefi  del  fa- 
vore del  Re»  d  cefi  eziandio  de'  guadagni  del  fuo  pennello.  Fecevi  il  ri« 
trattpdelRe»  della  Regina»  e  de*  figliuoli  del  Generale  Gofino,  del  Con* 
te  Mit  yrort»  gran  Mallro  dell'  Artiglieria,  in  atto  di  comandare  a  certi 
ufìziali  di  guerra,  del  Conte  di  Arondcl  e  della  fua  Conforte  la  Duchefllà  di 
Buchingam  colle  figliuole»  e  di  quelladi  Sudamptgn:  ed  altri  molti  ritratti 
fece  e  quìdridiv  rfi  di  varie  invenzioni;  e  fra  quefti  un  bellifiìmo  quadro 
della  Lri;cififiìoi;e  del  Signore  ,  l' Immagine  di  Gtsà  Crifto  e  (}e'  dodici 
Apofioli  in  mezze  figure»  che  vedefi  nello  lluclio  delle  bellifllme  pittu- 
re di  Monsignor  Carlo  Bofch  Velcovo  di  Gante  »  fiati  poi  dati  alla  fiampe. 
Moki  furono  i  regali  e  le  onore volezze »  che  il  Vaudick  ricevè  da  quel 
Monarca»  partìcQlarioente  delPi;fierne  llato  creato  Cavaiiexe  del  Bagna, 


^S2     Detettrt.  ÌILdélla  Parf.  LdelSet.  V.daliCio.  oli6^o. 

Dopa  tutte  quefie  cofe  già  trovavàfi.qiMfto  artefice  travagliato  da  diver(« 
indifpofizfoni  »  U  quali  ornai  IkcevangH  conofcere  efler  troppa  si  unta  aU 
ie  indefelTe  (loe  applicazioni  ali' arte»  la  fatica  e  gì' incomodi  della  Co  tei 
onde  per  aificuraru  di  poterfene  dillogUere  alquanto»  ed  inficine  di  fod« 
disfare  ad  un  fuo  defiderio>  che  en  di  lafciare  dopo  di  fé  qualche  grande 
opera»  avea  per  mezzo  del  Cavaliere  Digby»  procurato  di  avere  Tincum* 
behza  di  fare  le  invenzioni  per  le  tappezzerie  della  gran  Sala  della  Regia 
Corte  di  Ubitehal  in  Londra,  con  iftorie  dtir  Elezione  de'  Re,  dell' In* 
fiitUzione  dell' Ordine  della  Giarrettiera  •  cominciata  da  Odoardo  IH  deh 
la  proceflione  de'  Cavalieri  ne'  loro  abiti ,  e  delle  cerimonie  civili  e  mtli^ 
tari»  coir  altre  Regie  funzioni  ;  e  quefto  per  fare  una  nobile  accompagna- 
tura alla  più  ricca  tapjiezzeria  del  gran  Raffaello»  cogli  atti  degli  Apofto* 
li»  e  co  i  cartoni  originali  ;  ma  quefta  cofa  non  ebbe  effetto»  perchò  ta- 
le già  era  giunca  nell'  anefice  la  ftima  di  fé  fteflb  »  che  egli  non  dubitò  di 
chiedere  di  quella  opera  fino  a  trecentomila  feudi  i  prezzo  però»  che  non  ìm^ 
pauri  tanto  la  magnanimità  del  Re,  ch'e*non  avefle  anche  dato  modo  di 
aggiuftamento»  che  a  fé  fteflb  e  al  Vandick  fofle  potuto  piacere;  Te  la  mor- 
te fuccefia  al  povero  artefice  »  non  avefle  troncato  il  filo  a  si  fatta  nego* 
jeiazione.  Ma  a  quanto  ogni  altra  mai  degniffima  opera,  afpirava  il  Van- 
dick a  quella  della  gran  Galleria  del  Lovre  in  FraiKia:  e  conciofofi*eco- 
fachèe'fi  fòfiè  portato  colla  moglie*  in  Fiandra;  nel  ritornar  eh' e'  fecct 
]^reie  volta  a  Parigi,  ove  già  era  giunco  Niccolò  Fulfino:  e  quivi  due  mei 
li  trattenne»  con  ifperanza  di  adempimento  de'fiioi  penfieri;  ma  cono^» 
Iciutane  rimpoflibitità,  rifbivèdi  aboandonar  Parigi,  e  in  Inghilterra  torw 
itarfene  •  In  Londra  qualche  poco  fì  trattenne»  finché  afialito  da  grave  in^ 
firmità»  non  fenza  quelle  dimoftrazioni»  che  fon  proprie  di  un  buon  cat^ 
eolico  »  vide  il  fine  de'  fuoi  giorni  »  correndo  1*  anno  1641.  e  fu  al  fuo  corpo 
dato  ripofo  nella  Chiefa  di  San  Paolo.  A  chi  confiderete  Pimmenfità  dè^ 
guadagni»  che  al  Vandick  procacciò  la  fua  virtù»  parrà  forlè  difficile  o 
credere  t  che  egli  al  fuo  morire  lafciafie  poche  ricchezze  ;  ma  cefierà  la 
maraviglia»  fé  u  fari  refleflione  al  trattamento,  che  fece  quefio  pittore» 
non  pure  di  fé  fiefiò  »  ma  eziandio  degli  amici  »  Cavalieri  e  Dame  di  ogni 
più  alta  condizione  »  che  venivano  alla  fua  cafa  per  eflere  ritratti»  i  quali 
tutti  omai ,  per  legge  indifpenfabile  »  venivano  obbligati  a  reftarfi  eoa 
elfo»  trattati  alla  grande,  ad  un  lautiifimo  definare .  Ma  poco  era  quefto» 
rifpetto  a  quello,  che  egh  fu  folito  fare  coli' occafione  della  gran  quantità 
de'  gran  Perfonaggi  e  Dame,  che  mofil  dairefemplo  del  Re,'  folamentò 
per  vederlo  dipignere,  porta vanfi  da  lui:  i  quali  pure  fu  (olito  banchetta* 
re»  facendogli  trattenere  da' fuoi  mufici,  fonatori  e  bufibni»  e  talora  cor*- 
teggiare  da*  fuoi  fervttori  e  cavalli:  e  per  ordinario  non  paflava  giorno» 
che  andane  voto  ifi  ai  farti  ritrovati  e  allegrie.  Fu  folito  tenere  alle  fue 


fpefe  uomini  e  donne»  che  doveflèi^K  fsrvire  per  modelli,  facendocli  fta< 
re  al  naturale ,  per  dar  fine  a'  ritratti  di  Cavalieri  e  Dame»  dopo  che  da* 
volti  delle  medtfime  aveva  egli  ricavata  l'effigie . 

Dirò  finalmente,  che  in  ciò  che  all'arce  appartiene,  fu  il  Vandick 
fingolariICmo  ne'  ritratti j  e  Ricevagli  con  canta  oravora»  che.bene  fpeflb 
^  '  ^  due 


ANTONIO     VANDICH.  aSj 

doe  in  un  ibi  giorno  ne  eonducSsva  fino  t  qubl  fegno,  che  tlcronon  latnk 
eaflèioro»  che  qualche  uictmo  ricocco .  Ne' componimenti»  per  vero  di*^ 
te»  non  giunfe  unt*  oltre»  ma  Tempre  fegaicò  le  regote  del  Rubens  fuo 
maeftro  »  moftrando  una  cerca  delicatezza  alquanto  n^giore  nelle  carni  da 
quella  moftrarono  le  opere  di  lot»  ma  però  con  alouanto  minore  feliciti 
nel  difegno.  Fu  bdlo  di  corpo,  e  benché  piccolo  ai  Altura»  fu  di  aninw 
grande  »  generofo  e  nobile  »  ed  in  ogni  fuo  affare  grazioCb  ;  onde  ben  pu»* 
te  affermarfi,  che  fra  tante  e  belliflime  fue  doti  >  fcnifib  glorioCkmente  ac» 
compagnata  in  lui  »  e  giufta  fuo  merito  »  la  bella  e  nobiliffima  ano  ddle 
pittura. 


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FRANCESCO  DI  QUESNOY 

SCULTORE     FIAMMINGO 

Difiefolo dì ,..^.....  nato  1 594.  ^  1 6/^^. 

^Uanto  pofla  fovente  un  ingegno  fublimiflimo»  applictto 
con  tutto  amore  agli  ftud)  delle  buone  arti,  ha  ntco  ve- 
dere al  mondo  in  quefti  noftri  tempi  il  tanto  rinomato 
Scultore  Francefco  di Quefnoy  Fiammingo.  Coftui»  cho 
avendo  avuta  oripine  dalla  terra  di  Quefnoy  de*  Valloni» 
che  gli  diede  anche  il  cognome, d'onde  Girolamo  fuopa^- 
dre  erafi  partito  per  portarli  a  Brurelles»  per  eferciui^vi  l'ar- 
tt  dell*  intaglio  e  della  Scultura;  venne  a  quella  luce  in  ella  città  di  Bru* 
fellea  Tanno  delia  noftra  falute  1594.  e  giunto  a  competente  età»  pieno  da 

Senio  a  quell*  arte,  avendone  avuti  dal  padre  ì  primi  precetti;  ed  eflèn« 
oli  affaticato  molto  in  modellare  e  lavorare  in  avorio  »  ed  in  una  certa 
fotta  di  marmo  tenero t  che  trovali  in  quelle  partii  atto  a  ricevere  un*o€« 
cimo  pulimento;  è  fama»  che  vi  faceflè  di  fua  mano  una  Statua  della  Giu« 
fiizia^  che  fu  collocata  Copra  la  porta  grande  della  nuova  fabbrica  della 
Cancelleria  ;  ficcome  ancora  due  Angeli  nel  frontefpizio  della  Chiefa  del 
Gesù»  e  la  figura  della Giuftizia  e  della  Verità  per  la  cafa  pubblica  di  Hai: 
k  quali  opere  gli  guadagnaron  tanto  credito»  che  per  TÀrciduca  Alberto  eb* 
be  a  fare  un  San  Giovanni  per  lo  Caftello  di  Tor  Veerten  :  e  poi  fu  dal  me« 
defimo  mandato*  con  accompagnatura  di  buone  lettere  e  con  provvedimen- 
to di  danaro  »  a  far  fuoi  ftuaj  nella  città  di  Roma»  effendo  allora  il  giovane 
in  etù  di  venticinque  anni.  Giunfe  a  quella  nobilitfima  patria  con  otti- 
me fperanze  di  buoni  progreffi  fotto  tale  protezione;  ma  la  morte  ieguita 
non  molto  dopo  dtir  Arciduca,  fece  rì,  cn'e'fofle  forzato  a  darli  a  far  la-* 
voci  di  avorio  e  di  legno^  appreffo'P  intagliatore  Claudio  Lorenefe.  In 
quella  fl^iisa  trauehneii  in  £ix  te  Aedi  Santi  per  Reliquie  1  finche  da  Pietra 

Pefca-  . 


aB  4  Decem  III  dilla  Part.  I.delScc.  V.  dal  a  Si  o.  al  1 6^  o. 

?ercatore>.mércahce  Fiamminga,  gli  fu  data  a  fare  una  ftacua'^di  marmo» 
é  fu  una  Venere  fedente,  figura  quanto  il  naturale,  in  atto  di  allattare 
Amore  ,  la  quale  anco  adornò  di  alcuni  baflirilievi .  Occorfe  poi,  che 
èfféndo  venuti  fotto  i'  occhio  del  Contcftabile  Filippo  Colonna,  alcuni 
fuoi  bei  lavori  di  avorio,  egli  rifolvè  di.  pigliare  protezione  dell  artefice» 
e  molte  oofe  fecegli  fare  in  proprio  fervizio,  e  fra  quefte  un  bel  Croci- 
fifib  di  avorio  di  circa  a  tre  palmi,  del  quale  il  Conteftabile  fece  dóno  t 
Urbano  Vili.  Aveva  quefìo  virtuofo  acqùiffata  grande  amicizia  con  Nic- 
colèr  Poffino,  col  quale  anche  abitava,  onde  gran  fatto  non  fu,  che  nella 
firetta  pratica  di  uomo  tanto  fingola  e,  egli  facede  un'ottimo  gufto  fopra 
le  ^iù  belle  antìchiffime  ftatue,  modellandole  del  continuo  ;  e  perchè  egli 
ebbe  un  geiuo  particolarifllmo alle  figure  de' putti ,  grandì^ftud)  fi  mefie  t 
fare  fopra  quegli  dipinti  da  Tiziano,  infieme  collo  At((o  Poilino,  ridu- 
cendogli da  pittura  a  mezzo  rilevo  di  terra  ;  e  da  tate  fludio  traflè  egli 
quella  maravigliofa  maniera,  che  a  tutti  è  nota.  Moltiffimi  poi  furono  i 
putti,  che  egli  fcolpì,  de' quali  faremo  un  breve  racconto,  rimettendo  il 
noftro  lettore  a  quanto  con  maggiore  eftenfìoue  e  numero  di  circoftanze 
accuratamente  fendè  il  Bellori.  Intagliò  l'Amore  Divino,  che  abbatte 
l'Amor  Profano,  con  un  altro  putto,  che  fofticne  una  laurea  corona. 
Fece  un  Baccanale  con  putti  che  tirano  per  le  corna  una  capra  :  Sile<- 
no  con  altri  putti  attorno,  in  vaghe  operazioni  con  altre  figure;  onde 

Ì;li  fu  data  incumbenra  di  modellarne  altri  per  le  colonne  di  bronzo  fopra 
*  Altare  degli  Apoftoli  in  Vaticano.  Da' putti  pafsò  alle  fiatue  di  maggio- 
ri fitjure,  e  per  l'Aitar  grande  della  Confraternita  de' Pomari  nella  loro 
Chtefa  della  Madonna  di  Loreto  alla  Colonna  Trajana,  ufando  per  ifcorta 
la  maravigliofa  (tatua  dell'Urania  di  Campidoglio,  fece  là  bella  figura  della 
$anta  Sufanna  poco  maggiore  del  naturale»  che  ebbe  luogo  nella  prima 
nicchia  finilira;  edècoftante  opinione,  che  egli  in  quell'opera,  in  ciò  che 
appartiene  al  panneggiare,  agguagliafle  il  più  perfètto  degli  antichi;  onde 
venne  a  lui  tanta  fama ,  chejper  ordine  di  Urbano  Vili,  gli  fu  dato  a  fcol- 
pire  uno  de'  quattro  Colofli ,  per  uno  de'nicchioni  de'  pilaftri,  che  reg- 
gon  la  Cupola  di  San  Pietro,  e  ui  il  Santo  Andrea  tanto  rinomato»  che  poi 
dopo  cinque  anni  fu  mefib  a  fuo  luogo,  e  fcoperto  il  giorno  di  Venerdì 
primo  di  Marzo  1640.  e  fu  fuo  grande  infortunio  1'  eflergli  fiata  collocata 
8Ì  bell'opera,  non  già  nella  nicchia  finifira  in  faccia,  ov'  è  oggi  la  Santa 
Blena,  per  io  qual  pofto  era  fiata  lavorata;  ma  nell'altra  nicchia  obliqua- 
mente oppofia,  con  che  venne  a  mutarfi  al  bel  lavoro  lume  e  veduta:  e 
ciò  feguH  a  cagione  di  avere  ia  Congregazione  de' Riti  avuto  perbene,  che 
il  Volto  Santo  colla  flatua  della  Veronica  dovefle  tenere  il  primo  UiogOt 
nel  fecondo  fofie  la  Croce  colla  Santa  Elena  ,  nel  terzo  la  Lancia  co)  Lon- 
gino, e  in  uitiiDo  la  tefia  di  Santo  Andrest  colla  fua  figura.  Ma  non  fu 
quella  r ultima  delie  fventure  accadute  a  Fi'ancèfco  in  queft'opeia;  con* 
ciofliacofachè  egli  di  cos). nobile  fua  fatica  venifiè  poi  tanto  male  ricom- 
pcnfato,  che  appena  avefle  egli  potuto  rinfrancar  le  fitfib  de' gran  disborii 
patiti,  a  cagione  degli^uoiri^nr  tenuti  In  effaa  fue.fpefe  ;  e  qtieflo,  oltre  a 
quel  più,  che  importò  ^  lui  J' avere  applicato  in  efla  tutto  ie  fteilò  per 

tanto 


FRANCESCO  Di  QUESNOV.       285 

tantb  tempo»  lafciando  i  gnin  gutdogni»  che  egli  tvrelri>e  potuto  fiu» 
col  Tuo  fcarpello  in  altre  cofe.  Fece  poi  il  Fiaanningo  per  lo  Cardinale 
Filomarino  Arcivefcovó  di  Napoli  un  baflToriiievo  di  aicom  Aogeletti,  ia 
atto  di  cantare»  che  ebbe  luogo  nella  Tua  Cappella  fopra  1!  Altare  nelUi 
Chiefa  de'  Santi  Apoftoli  in  effa  città ,  Per  la  Óhiefa  dell' Aiiima  in  Roma 
diede  fine  aili  due  depofiti  deMue  piltfftri»  uno  jdi  Ferdinando  Wanden 
di  Anver^:  e  l'altro  di  Adriano  della  famiglia  Urìburgens  di  Alcmarìa* 
F.u  anche  in  carte  opera  delle  foe  mani  il  depofito  di  Giovanni  Afe  nel- 
la Chiefa  di  uia  nazione  in  Camposanto  »  onde  poi  fu  tolto  dopo  qualche 
tempo.    Ultimamente  (colpì  per  Toinmafo  Baccherà^ Cavaliere  Inglefe 


la  bella  figura  dell*  amoretto  ignudo  «  in  aktodifaltare.  Erafi  già  quella 
grand*  uomo  condotto  al  quarantefimotttavo  anno  dell' età  fua;  ma  in  ù 
cattivo  flato  di  fanità  e  di  avere,  che  ornai  pocoH^  niun  contento  vole» 
vali  in  fé  fteflb  pe'  gloriofi  applaufi ,  che  tuttavia  venivano  fatti  alla  fua 
virtù»  anzi  tutto  dolente  e  malinconico,  fenza  poter  punto  operare»  fia« 
vali  patendo  i  difagj  e  gli  ftenti»  Che  avevangU  fruttato  le  Cue  malricom- 
penlate  fatiche  e  tormentofi  affanni,  che  tuttavia  cagionavangli  le  pcrfe- 
cuzioni  di  un  fuo  crudel  fratello ,  anch'  eflTo  fcultore ,  che  per  quanto  ne 
cor(e  la  fama,  fu  quegli,  che  gli  preparò  la  morte  col  veleno;  quando  fu 
con  replicati  (limoli,  ^er  parte  di  Luigi  XIII.  Re  di  Francia,  indotto  ^ 
confentire  di  ^portarfi  in  qualità  di  fuo  fcùlcore  a  Parigi,  ove  due  anni 
avanti  era  andato  il  celebre  Niccolò  Poflino,  che  poi  tornato  a  Roma  » 
dovea  con  e(Tò  di  nuovo  tornare  a  Parigi ,  e  condur  con  feco  dodici  aio- 
yani,  che  f^tto  i  di  lui  precetti ,.  do velf^o  in  quella  città  gettare  i  ton* 
damenti  di  una  perfetta  fcuola  di  Scultura:  ciò  che  anche  dovea  feguire 
di  altri  per  quella  della  Fittuni,  colla  condotta  del  Poflino:  e  già  erano 
(late  da' Regi  Miniftri  ftabtlitele  provvifioni  e  i  trattamenti  per  quefl;i  e  per 
quegli,  e  depofifato  il  bifognevole  per  lor  viì^^o:.,ed  avea  Francefco  già 

Eartedel  d«pQ(icato  via^cipo  pej:  fé  atyuta  in  contanti;  quando  glis'accreb* 
ero  sì  fattamente  i  malori,  che  diede  in  un  delirio,  che  per  alcun  tom* 
pò  obbligoljp:  al  letto,  cpn  neceflità  di  grande  afliftenza,  mentre  egli  a  ca« 

{[ione  di  tale  nuovo  accidente  fu  forzato  a  dare  di  fé  fteflb  un  molto  mi« 
iprabile  fpettacoto .  Djpoì  riavutofi  alquanto  •  neutre  egli  per  coniiglio 
de'  medici ,  con  difegno  dì  portarfi  all'  aria  nativa ,  g^  partito  di  Roma 
erafi  condotto  a  Livorno,  da  repentino  male  aflalito,  diede  fine  a' giorni 
fttoi,  il  gioroo  dell}  la.  Luglio  ló^ì.  e  della  fua  età  49.  Tale  fu  il  fine 
del  povero  virtuofo»  al  corpo  di  cui  nella  Chiefa  de'  Fra^i  Francefcani  fti 
data  fepokura .  Ma  checché  fi  foflè  della  morte,  che  fi  difle  datagli  dal 
fratello;  egli  è  certo,  che  quafli,  per  quanto  ne  fcrifle  il  Bellori,  page 
ben  prefl:o  il  fio  del  crudele  fraticidio;  conctofoflecofaehè  tòrnatofene  ia 
Fiandra,  e  caduto  per  fuoi  gravi  misfatti  in  mano  della  giufl:ìzia,  rico- 
noiciuto  reo  di  altre  Tue  nefande  colpe,  dopo  avere ,  quafiin  atto  di  fup- 
plizio,  confeflato  T  altro  delitto  della  morte  data  a  Francefco,  in  pubbli- 
ca piazza  di  Gante,  confumato  dalle  fiamme,  lafciò  fua  vita.  Tornando 
ora  a  Francefco,  egli  fu  per  certaun  artefice  fingolariflimo,  in  quanto 
appartiene  pasticolarnente  «Uà  bella  ideat che  egli  fi  formò  neireiprimere 

le  forme 


j 


386    Decem.  111.  della  PaK.I.  dtlSet.  V.  dali6zo,  al  1 6%  a. 

le  forme  de'  putii ,  per  b  gnnde  ftudio  £ins  de  qoei  &  Tiziino  e  dil  U' 
turale  neflò,  ricercando  i  più  teneri  .fino  nelle  ìakmì  offervando  minuta- 
mente elTa.cenereaM.  non  pure  nelle  forme  loro»  ma  eziandio  negli  atti* 
ne' moti  e  nelle  attitudini,  non  punto  ammanierati .  non  troppo  gonfi  o 
e&nuati  (  villa,  nel  quale  hanno  dato  bene  Tpeflo,  tanto  in  pittura  quan- 
to  in  rilievo,  inuggiori  uomini,  cbeabbiano  avuti  quelle  belle  arti)  tan. 
tochè  poHa  dirfi  di  lui ,  che  egL  Ca  flato  capo  e  maettro  di  una  nuova  a 
perfiittiRìma  icuola  a  tutto  il  mondo  .  Altre  molte  opere ,  oltre  a  quan- 
te lì  Tono  foprsonotate,  fece  il  Fiamminga  alla  iplecialata .'  Ilccome  più  e 
diverlì  modelli  di  belliffimi  putti,  che  furon  poi  formati  e  dati  fuora  per 
iftudìo  de' profeflori  1  le  quali  tutte  cofe  fi  fono  per  breviii  tralatciate. 


AGOSTINO   METELLI 

PITTORE     BOLOGNESE 

Dijcepolo é Girotam  Curùjem Dentotte ^nato  1609.  -^  1660. 


^Goflino  Mecelli,  che  forti  da  natura  una  delle  più  ferventi 
S  inclinazioni  alla  pittura ,  che  di  altro  mai  uomo  di  quell'arte 
[j  fi  racconci,  incontrò  ne'  primi  anni  di  fua  fanciullezza  tan- 
u  ta  contrtdizttone  al  pocervifi  applicare,  che  ad  ogni  altra* 
E  che  alla,  pw  così  dire,  oftitìica  mente  dì  lui  faria  potuto  ba- 
ftare  per  diftorlo  in  rutto  e  per  tmto  da  si  fatto  penfiero .  on- 
de non  avelTepol  potuto  vedere  il  mondo  le  canee  maraviglie ,  che  all'oc- 
chio fuo  efpole  il  fuo  pennello  :  e  tutto  ciò  eziandio .  che  egli  ad  efempio 
del  Colonna  feppe  a^iungcre  del  proprio  alla  bella  acuità  del  dipignere 
architetture  e  profpettive.  a  cui  per  avanti  tanto  avevan  contribuito  di 
migiioraaienio  i  due  fratelli  Giovanni  e  Cherubino  daJ  Borgo  in  Roma» 
iSandrini  in  Brefcia.  il  Bruni  lor  dìfcepolo  in  Venezia,  e  finalmente  pri- 
ma il  Baglìoni,  e  poi  Girolamo  Curci  nella  fua  patria  Bologna;  onde  po- 
tere innamorare  di  fuo  nuovo  e  belliffimo  modo  di  tali  cole  coloiire  ogni 
perfona  di  alto  affare  *  ed  ogni  amatore  di  quefte  belle  arci ,  fioche  toccafle 
ad  elTo,  ed  al  fuo  fempre  fido  compagno  Angiel  Michele  Colonna,  ad 
abbellire  dì  loro  curlofillìme  pitture  e  chiefe  e  palazzi,  dilatando  tale  lo- 
ronuova  fcuola  per  modo,  che  ogjg}  non  è  luogo  in  Europa,  ov'ella,  o 
per  mano  di  loro  fteffi  o  de'Ioro  dilcepoli  e  imitatóri ,  non  fia  fiata  porta- 
ta, e  con  univerfale  applaufo  mefla  in]  ufo.   Ma  comechè  moko  angufia 
£a  la  ftrada,  per  cui  fi  giunge  a  fublìme  virtù,  anche  ad  Agoftino  ne*  pri- 
mi anni  de'fuoi  flud)  toccò  a  paffare  fua  vita  in  molta  miferia,  affai  &tican- 
doefoffrendo,  finché  in  forza  di  ciò,  e  moko  più  di  continenza ,  fommef- 
fioatti  ed  umiltà  verfb  ogni  profeflbie.  da  cui  avelie  egli  potuto  afpettare 


AGOSTINO     METELLL        287 

IncamtDinamencb  nell'arte  e  nell'occafioni  di  operare»  talché  finalmente 
vinto  ogni  difagio  >  e  faperata  ogni  dtfficultà  »  fi  trovò  a  propria  e  comu* 
tu  utilità  in  pwèflb  di  ciò,  che  egli  con  sì  grande  amore  «  e  per  tanto 
jcempo  area  di  ritrovare  procacciato  .  Era  egli  dunque  all'  età  pervenuto 
di  fe<lici  anni ,  quanilo  gli  toccò  la  forte  di  eflfer  fatto  paflare  alla  danza  di 
Girolamo  Curri i  detto  DenAone;  il  quale  tenutolo  per  qualche  tempo» 
ed  oflervato  il  mirabile  genio  di  lui  air  arte,  che  era  fna  propria  di  dipi^* 
gnere  a  frefco  di  quadrature  ;  e  poi  il  profitto  ,  che  egli  in  breve  tempo 
dveva  fatto,  (i  rifolvèdi  proporlo  ad  Àngiol  Michele  Colonna  in  ajuto^ 
coU'occafione  appunto,  eh' e' di  pigne  va  in  cafa  Rizzardi ,  e  nella  profpet^ 
€iva  di  San  Michele  in  Bofco     Diede  Agoftino  molto  aiuto  al  Colonna  nel 

j:_! 1^   r_i_    j-i   i-« 1-     _f^  o ^- ^  n^   J» -11 ^  :^^ «L^^:.««^^ 


opei 

f>ignendo  ognun  di  loro  ne'  lavori  grandi  e  piccoli  fopra  una  determinata 
porzione  di  fpazio ,  né  punto  né  poco  dipoi  diftinguevafi  l' una  dair  altra 
manifattura»  comparendo,  aglioccnj  anche  de' periti;  il  tutto  parto  di  un 
folo  pennello  .  Non  è  anche  da  tacerfi ,  che  fu  concetto  de*  più  intelli* 
genti,  che  dalla  compagnia  d'  arte  ftrettafì  fra  quefti  due,  naCcefle  al  Co- 
lonna fteflb  non  poco  miglioramento  nei!' operare:  e  quantunque  nel  di-^ 
pignere  figure,  il  Colonna  di  gran  lunga  avanzafTe  Agoftino;  non  è  però, 
che  in  quanto  appartiene  agli  ornati  ^  egli  non  riufciCTe  ad  Agoftino  al» 
quanto  inferiore,  per  la  molta  grazia  e  vaftità  di  concetti  e  d'invenzione, 
che  femprefiì  fua  propria;  ma  perché  infiniti  furono  i  lavori,  e  tutti  bel- 

ì  patria  e  tuo- 
meazionct  ab* 


tornarne  a  par- 
lare in'quefto  luogo  .  Dirò  folo,  che  porratofi  V  anno  1658.  Agoftino  col 
compagno  in  lipagna  aTervig)  del  Re  Cattolico;  ricevuti  che  furono  nel 
Regio  i^alazzo,  fu  dato  loro  a  dipignere  per  faggio  due  profpettive  nel 
Palazzo  del  Buonriciro:  poi  le  volte  del  Quarto  Reale  in  città  ,  e  la  gran 
Sala  contigua  a  quelle:  altre  nobilifiime  opere  »  e  con  promefla  d*  alte  ri- 
compente  furon  fatte  colà  intraprendere  a' due  pittori;  quando  il  povero 
Agoftino  ferace  infermò;  e  tale  fu  la  violenza  del  male,  che  in  breve  lo 
condufle  al  palio  della  morte,  e  ciò  fu  alita.  Agofto  del  1660.  dopo  venti- 
quattro anni,  da  che  egli  fiera  poftoin  compagnia  del  Colonna,  e  nella  fua 
età  di  anni  cinquantuno,  lafciando  di  fé  quella  degna  memoria,  che  fino 
al  prefente  dura,  e  femore  durerà  in  quelle  parti.  Devefi  a  ouefto  artefi-* 
ce  il  pregio  di  aver  migliorata  Tarte  fua  fino  a  quel  fegno,  cne  poc'anzi 
accennammo;  di  aver  dato  alle  fue  pitture  un  mirabile  rilievo:  ed  in  ciò. 


befchi,  carcelle,termini,edinaltre  cofe  sì  fatte  :  nel  ridurre  in  piano  con 

modo  particolare  qualfifofte  fefto  di  volta  p  arco ,  e  per  lo  contrario  il  piano' 

in  arco  o  in  vol^a;  pnde  per  ordinario  fu  ^ arte  fua  il  «oncepire  ^  di&gnare 

*  i  pen* 


^8.8  Decenn.Ul  della  Part.I.  ddSec.V.  dal  1 610.  al  1 6^  o. 

flipcnfieri  dell*  archicectwe  e  prorpecdve»  a  feconda  di  Tue  mirabili  idee  : 
ed  ti  Colonna  il  tutto  poi  infieme  colle  figure  diiponeva  a'  proprj  luoghi  : 
e  quel  che  era  più  maravìgliofo  /i  fu ,  il  mantenerli  per  tanti  anni  una  copi 
pia  di  virtuoii»  della  quale  non  vide  mai  più  bella  il  mondo»  fenz*  alcuna 
competenza  o  gelofia;  dividendofifra  di  loro  egualmente  i  gran  guadagni. 
non  dico  dell'  oro»  ma  quel  che  per  lo  tutto  vale»  della  gloria  fieflk. 
Fu  quefto  artefice  di  acuto  e  ben  coltivato  ingcjgno*  amico  delle  buone 
lettere»  e  molto  dedito  alla  poefia;  tanto  ben  fondato  nelle  dottrine  di 
Suclido  e  di  Vjtruvio»  che  non  mancarono  a  fuo  tempo  di  conl^liarfi 
con  eflo  i  primi  e  più  efperti  profeflbri  delle  mattematiche  e  dell*  archi- 
cettaniche  difcipline.   Fu  folico  dire,  che  due  cofe  fiicevano  un  perfetto 
pittore:  Toccauone  di  Qperare  in  pubblico»  e  la  gara.   Lodava  molto  le 
Accademie  »  aflerendo  eUèr  quelle  nelle  buone  arti  tanti  giardini  »  no* 
quali  coglieanfi  vaghi  fiori  e  faporitiflimi  frutti  in  ogni  tempo.  Benché 
r  afpetto  fuo  tenoefle  alquanto  al  malinconico»  fu  però  di  allegriffima 
converfozione»  la  quale  fu  folito  di  condire  con  acuti  e  facetifiimi  deiUi 
che  però  ebbe  e  mantenne  fempre  grande  amicizia  con  Giovanni  Paderna 
buon  pittore»  e  foprammodo  faceto  e  bizzarro;  e  con  Flaminio  della  Tor- 
re eziandio  »  che  tu  maefiro  di  un  fuo  proprio  figliuolo  nella  pittura. 
Veggonfi  di  mano  del  Metelli  più  quadri  di  bellimme  profpettive  nella 
città  di  Bologna  »  per  entro  le  cafe  di  diverfì  Gentiluomini»  che  gli  con^ 
fervano  come  vere  gioje  •*  d'alcuni  de* quali  /ono  fiate  per  ifludio»tte  co^ 
pie  infinite»  e  molti  eziandio  furon  mandati  in  Francia  ed  in  altre  Pro- 
vincie oltre  i  monti.  Ebbe  particolare  inclinazione  all'  intaglio:  e  veg« 
gonfi  andar  per  le  ftampe  ventiquattro  pezzi  di  bellifiimi  Icudi  d'  armi» 
cartelle  e  rabefchi  da  lui  intagliati  alPacaua  forte  Panno  1636.  e  dedicati 
a  Francefco  Maria  Zambeccari  nobile  di  lua  patria:  ficcome  Quarant*  otto 
pezzi  di  fregi  e  fogliami»  cavati  dalle  colonne  bafle»  ornate  dal  Formigine 
nel  portico  Gozzadini  in  Porta  »  i  quali  intitolò  Fregi  delF  Ar€bheinir09 
e  dedicò  al  Conte  Ettore  Ghifilieri:  le  quali  fue  belle  fatiche  non  lalcia- 
fono»  né  lafciano  tuttavia  di  apportare  comodo  e  facilità  a'  profeflbri  di 
quell'arte .  Difegnò  di  Architettura  ottimamente  »*  onde  potè  eflère  utile  non 
meno  agli  Architetti  del  fuo  tempo  nella  cofiruziono  de^  lor  modelli»  che 
a'  Pittori  di  figure  nell'  invenzione  e  difpofizione  delle  profpettive  nelle 
loro  iftorie.  Fu  amico  delle  fcene»  le  quali  volle  fempre  abbellire  difuoi 
bellifiimi  lavori»  non  meno  che  co'  proprj  recitamenti»  rendere  plau* 
fibiii  e  grate .  Dicefi  efier'  egli  fiato  il  primo  inventore  di  quelle  protpet^ 
ti  ve»  alle  quali  diede  egli  il  nome  di  Vedute  non  Tegolaie  da  un  fol  puma. 
Non  fu  punto  avido  del  danaro  e  del  molto  pofi'edere:  e  quando  egli  al- 
Ijeftivafi  per  la  gita  di  Spasna  col  Colonna»  a  perfona  che  avvifollo  di  non 
dover  portar  con  feco  molta  fuppellettile  »  a  cagione  di  pericoli  »  che  s'in* 
contravano  per  terra  e  per  mare  in  quel  viaggio»  rifpoie:  A  me  poco  im«* 
porta  »  che  mi  fia  tolta  ia  roba  »  purché  noU  mi  fian  tolte  le  due  dita  della 
mano,  colla  quale  tengo  i  pennèlli.  Egli  è  però  vero»  che  tanto  adeflb» 
quanto  al  Colonna  eran  l'opere  pagate  almeno  per  li  primi  anni»  che  fu- 
rono anche  molti»  prezzi 'grav^ffimii.  onde,  ebbe  a. dir  e  jun  titolato»  fuo 

paefano» 


JIGOSTINO    METELL  l.      28^ 

paeiàno I  «he  per«vét  iDpMredi  quoftidiie,  ftcevt  »ltreiì  di  mefiieri  il  imi* 
dere  1^  meglio  poflfeffioive  di  caui  fai  »  Soler«  dir  talieolu  »  che  fra'  piccot» 
fiicertn  grandiffimi  guadagni  fojamence  i  buoni  buoni  r  c4i  cattivi  cattivi  « 
E  noi  abbiamo  per  notizia  molto  jScura»  ohe  la  tua  gita  per  operare  infici 
toe  col  compagno  a  Venezia,  redo  lenza  effetto  a  cagione  di  prezei;  per- 
chè parve  fatica  a  quei  Nobili 9  l'avere  a  sborfiir  più  danafro  a  quefti  due» 
di  quello»  eh'  e*  trovavano  ne*  loro  antichi  libri  eflere  dato  pagato  a  Gior-» 
fione,  al  Veronefe,  al  Tintoretto  e  ad  altri  sì  fatti  artefici:  cofa,  che  • 
chi  ben  avelie  confiderata  la  mutazione  del  valore  della  moneta  t  e  quelli 
de* tempi  e  degli  ufi  altreaU  non  avria  dovuto  cagionar  maraviglia. 

Diremo  per  ultimo  »  che  reftarono  molti  fuoi  difcepoli  $  oltre  a  quan-^ 
ti  fenza  eflere  flati  in  fua  ftanza,  per  avere  imitata  Tua  maniera  t  e  da  quel- 
la ricavata  ogni  loro  perfezione  »  tali  potrebbero  chiamare  ;  cioè  a  idir  e 
TAmbrogi»  i  Cervi,  il  Palerna,  il  Borbone,  i  Gentili^  e  '1  Ssghizzi;  ma 
fra'  fuoi  veri  difcepoli  fi  contano  BaldalTar  Bianchini,  Domenico  Santi ^ 
Andrea  Monticelli,  Gio.  Giacomo  Monti,  Giacomino  Frianif  Frofpero 
Mangiai,  Giacomo  Alborefi,  Fulgenzio  Mondini,  Antonio  e  Giulcppe 
Rolì ,  i  quali  tutti ,  ad  imitazione  del  maeftro ,  hanno  fatte  vedere  operi» 
belle*  Reftò  ancora  un  Itio  figliuolo,  che  attelè  air  intaglio;  e  per  T  Al- 
tezze Serenifiime  di  Tofcana,  per  lo  Duca  di  Modana  »  e  ^er  quello  di 
Mantova  intagliò  alcune  cofe  in  occafione  di  commadie*  Operò  incito 
molto  in  pittura  :  e  tanto  balli  del  Metellf , 


«i# 


ARTEFICI 

CHE  FIORIRONO  IN  QUESTO  TEMPO 

NELLA    CITTAVDI   VENEZIA 

E   PER    QUELLO   STATO. 

T  TUole  ogni  dovere»  che  dovendofi  parlare  degli  Artefici,  che  fiorirono 
V  nella  toprannominata  patria  ne!  préfente  tempo  ;  il  primo  e  più  de» 
gno  luogo  dhifi  a  colui,  dico  al  CAVA  LIER  CARLO  RIDOLFI, 
che  tanto  di  quella  beir  arte  amico ,  non  folo  a  quella»  fino  da'  primi  anni' 
di  fua  i^nciullczza»  fi  dedicò»  ed  in  efia»  con  gloria  de'  fuoi  pennelli,  pev 
lungo  corlò  fi  e&rcitò»  ma  con  grande  Audio  e  fatica  avendo  raccolte  bel* 
Jiflime  e  fincere  notizie  de'  fatti  e  delle  opere  altresì  degli  eccellentiffimi 
pittori  >  che  la  città  di  Venezia  e  fuo  Stato  aveva  a  gran  benefizio  del 


290    Decenn.UL  détta  Part.  I.  delSic,  V.  dal  1 6io.  #/i  55  o. 

bèi 
che 
per 

a'medeiiini  artefici  guadagnarono  le  ftupende  opere  lóro  :  ed  a  me  ha  an- 
che portato  il  comodo  di  poter  rendere  i  miei  racconti  più  univerfali  e 
più  ricchi»  mentre  nel  far  menzione  de' Veneti  Pittori  mi  è  potuto  riu« 
fcire  il  ?alermi  delle  notizie  lafciate  da  quefto  virtuofo»  quelle  compen-^ 
Piando  folamente,  e  a  più  firetto  trauato  riducendo,  lafciando  luogo  al 
lettore  di  ufare  perla  cognizione  di  quel  più,  che  io  tralafciai»  la  lettura 
de'  racconti  di  quello  Autore»  che  avranno  vita»  a  mio,  credere»  fino  a 
che  il  mondo  fteflb  durerà. 

Dirò  dunque  >  come  il  Cavalier  Carlo  Ridolfi  ebbe  i  fuoi  natali  poco, 
dopo  il  1570.  di  un  tal  Marco  Ridolfi»  famiglia»  che  per  quanto  eflo  Car* 
lo  ne  fcrifle,  fpiccatafi  circa  all'  anno  1500.  di  Germania»  coir  occaflone 
delle  guerre  di  Lombardia»  poi  per  alquanto  tempo  flanziata  in  Vicenza» 
finalmente  fi  fiabiU  in  Lonico»  Terra  di  quel  Cpmune,  e  dalla  medefima 
città  di  Vicenza  poco  lontana;  e  non  era  egli  ancora  pervenuto  alla  mag* 

1[iore  età»  che  rimafe  privo  deUproprio  genitore ,  e  con  poche  (oHanzet 
e  quali  pure  da  uno  ftrecto  parente,  a  cui  era  reflbata  la  cura  della  madre 
foa  e  di  un  piocolo  fratello,  furongli  tutte  difTipate;  onde  ad  effetto,  di 
Qiantenpr  quel  poco,  che  alla  pìccola  famiglia  era  rimafo  de* beni  pacerni» 
fu  luogo  alla  madre  di  prender  nuovo  coniòrte»  ed  a  quello  la  cuuodia  di 
fé  e  de'  figliuoli  raccomandare  •  ÌSeppe  quefti  sì  bene  corrifpondere  alle  con- 
fidenze deiramoroià  donna»  che  di  tutto  intrapreiè  il  governo;  e  né  più 
i$h  meno  Tempre  operò  »  che  fé  vero  padre  fofle  (tato  di  tutti  loro ,  in- 
camminando 1  fanciulli  per  un  vivere  ci  vile ,  timorato  di  Dio»  ed  amico 
de'  buoni  coftumi.  Furono  le  lettere  la  prima  occupazione  del  noftro 
Carlo»  il  quale  tiraco  dal  grande  amore  datogli  da  natura  a  cofe  di  difegno» 
r  applicazione  a'  libri  bene  fpeflb  tialafciando  »  ed  agli  ftudj  di  quello» 
fotto  la  fcorta  di  un  pittore  Alemanno  attendendo  »  a  tale  fi  ridufle ,  che 
potè  muovere  il  patrigno  a  levarlo  dalle  lettere  •  e  in  tutto  e  per  tutto  alla 
|>ittura  dedicarlo:  e  ciò  fu  nella  città  di  Venezia,  ove  condufTeJo  appoìta 
apf^eiToal?  Alienfe,  pittore,  che  in  quel  tempo  faceva  in  eiTa  citta  non 
piccola  figura.  Con  eiTa  dimorò  egli  cinque  anni  continui  fempre  ftudian- 
doi  dopo  i  quali,  forte  pcrfeguitato  da  un  fuo  condilcepolo »  deliberò  di 
tornare  alla  patria;  e  poco  dipoi  a  Venezia  fece  ritorno,  ove  in  iftato  affai 


penofo  condufTe  per  alcun  tempo  fua  vita»  di  e  notte  ftudiando  dalle  ope- 
re de' migliori  maeftri ,  e  da' rilievi.  Ma  prefo  da  nuovo  defio  di  adorna- 
re r animo  fuo  di  quella  bella  letteratura,  la  quale  aveva  egli  abbandona- 
la per  darli  al  difegno,  attefe  alla  Rettorica»  Logica  e  FiloTofia  :  e  final* 
mente  ilabiil  fuo  diletto  fra  gli  fiud)  della  Morale,  non  lafciando  la  lettura 
di  buone  llorie,  e  l'efercizio  di  vaga  poefia  ,  Attefe  ali* Architettura,  e  an- 
che alla  tVoCpettiva»  co' quali  tutti  vaghi  ornamenti ,  facendo  moftra  di  (e 
per  le  pubbliche  e  private  Accademie»  fece  ben  conofcefe  i  propr)  talenti.; 
e  tutto  quefto  feiìza  mai  abbandonare  la  pittura,  nella  quale  era  già  per- 
venuto a  fegavi^lìe  gli  furono  da' Fadri  de  Uà  Congregazione  H  S,&orgio 

m  Alga 


CAV.   CARLO    ^lÙOLFI.        s^ 

m 

in  AlgiidiSanFermoeRuilieodiLanica,  tHogace  due  grandi  cele  »  neK' 
le  quali  dovevano  eflere  dipinti  facci  del  Beaco  Lorenso  Giufiiniano,  fi-: 
giiuolo  di  quella  Religione .  Air  età  pervenuco  di  crenc'  anni  aveva  egli 

g'à  dato  cai  fagsio  di  fé  >  che  erangli  dace  a  fare  opere  aflai  a  olio  e  a  ftt^ 
o  per  le  cafe  de' privati  a  Venezia,  e  calerà  in  Vicenza  (t\a  patria,  Chia^ 
mato  a  Verona  l' anno  1 62  8.  a  richieda  di  perfona  di  alto  affare  i  ebbe  « 
ricavare  il  gran  quadro,  dipinto  in  San  Nazzaro  da  Paolo  Veronefe;  qua«^ 
dro,  dico»  che  egli  era  folico  di  chiamare  il  Giardino  della  piccura»  co» 
mecche  trovinfi  ineflb  tutte  quelle  vaghezze  maggiori,  che  fervir  poflonb 
M  render  perfetto  1*  operare  di  chiunque  defidera  di  far  bene  in  queft'arce. 
Sopravvenuta  incarno  la  crudele  peftilenza  del  1630.  molto  ebbe  egli,  cha 
aflai  piecofo  era,  da  patire  in  quella  città ,  per  (bla  rimembranza  delle  mi- 
ferie,  che  è  folico  di  piovere  Copra  ogni  condizion  di  perfone  sì  fatto  iba*-* 
lore,  benché  egli  ne  campaflè  :  a  cagione  di  che,  più  che  per  tema  di  fuai 
irica,  fi  {lortò  a  Spineda,  Villaggio  del  Trevigiano;  ma  quivi  pure  fra^ 
medefimi  e  forfè  più  crudeli  fpettacoli  fi  ritrovò,  fenza  però  che  mai 
1^  comune  miferia  alla  perfona  di  lui  punto  o  poco  fi  tccoftaffè .  Per 
Ja  Chie&  di  Spineda  dipinfe  alcune  cofe ,  cioè  a  dire  una  tavola  coit: 
Maria  Vergine  e  più  Santi,  a  contemplazione  di  Andrea  d'Oria:  ed  un'al«* 
tra  tavola  per  Murano.  Venuco  V  anno  1631.  e  ceflaco  il  male  fé  ne  cornòr' 
a  Venezia,  dove  varie  fue  poetiche  invenzioni  dipinfe:  e  di  nuovo  fé  titf 
tornò  a  Verona,  portando  colà  una  fua  copia  della  gran  tavola  della  falica  al 
Cielo  d^Ila  gtan  Madre  di  Dio,  dipinta  da  Tiziano,  che  fa  pofta  nel  Duo- 
mo fopra  un  Altare  di  cafa  Àrzalino  a  Rovere .  Tornato  a  Venezia ,  vi  ft^ 
ce  la  tavola  di  Maria  Vergine  nel  viaggio  all'Egitto,  per  un  Altare  di  càia 
Fafqualigo  in  San  Maffeo  di  Murano;  e  per  San  Giovanni  decollato,  un 

Suadrodi  San  Filippo  Neri,  dopo  avere  celebrata  la  Mefla:  ed  in  figura 
i  un  £tneiuIlo  col  Meflale  in  mano  ,  fece  il  ricracto  al  vivo  di  Ottavio 
Bandini,  che  fo  poi  il  Cardinale .  Dipinfe  in  un  foifitto  della  Scuola  de^ 
Legnaiuoli  la  SantifCmaNonziata.  Per  li  Riformaci  di  Padova  unSanFran* 
cefco  col  bambino  Gesù  in  collo;  e  vi  è  Maria  Vergine  con  alcri  Sancì» 
Per  San  Giovanni  Elemofinario  fece  la  tavola  dell'Adorazione  de'  Magi , 
e  più  altre  per  Venezia,  e  per  altre  città  dello  Stato.  Ma  troppo  lunga? 
faccenda  farebbe  il  deicrivere  tutte  le  tavole ,  quadri  e  ritratti ,  che  veg« 
gonfi  di  fua  mano  in  Venezia ,  la  quale  egli  già  da  gran  tempo  erafi  elet- 
ta per  patria;  che  però  rimecco  il  mio  leccore  alla  notizia ,  che  diedene  la 
propria  penna  di  lui  nell'  ultime  carte  delle  fue  belliffime  Vite  de'  Pittori 
veneti,  che  diede  alle  (lampe  T  anno  1649,  dedicandole  alii  due  fratelli 
Reinfl:  il  Cavalier  Giovanni  Stgn  di  Niel ,  Commiflario  appreffo  alla  Maeftà 
Criftianiflima per  gli  Stati  delie  Provincie  unite,  e  a  Gherardo  Governa- 
tore di  Amfterdam .  Dirò folo, che  per  là  molta  fua  virtù  ebbe  egli  in  for* 
te  r  anno  1645.  con  Breve  della  Santa  Memoria  di  Papa  Innocenzio  X» 
di  confi^uire  la  qualità  di  Cavaliere  Aurato  Pontificio:  e  che  per  mano 
di  Monf^nor  Quirino  Arcivefirovo  diCandia,  gliele  furono  foiennemen* 
te  conferite  le  nobili  infegnej  Mdltè  poterono  al  certo  eflPer  l'altre  opere  » 
che  condili  il  pennello  di  quelt'  artefice  nella  città  di  Venezia  e  per  la 

T  z  Stato  f 


219*^  DecenfiMl  detfa^art.  t  detSee.  V.  dal  1 6zo.  al  1 6$  o. 

Stato»  oltre  a  quante  abbiamo  fopra  nqtate;  ma  oomecchè  iM^n  fia  rìttlal^ 
to.a  noift  per  dili^nza  che  alziamo  fatta  {Nsr  lettere  con  amici  di  quella 
città»  di  rintracciare  di  efTe  una  ficura  notizia  (eflendo  noftra  coftanté  va« 
Ioatà  di  alvei  poco  dire  »  che  molto  e  nu:n  cerco)  le  palleremo  lotto filenzta^ 
Ebbe  finalmente  fuo  termine  il  vivere  di  quefto  virtuoCo»  a  cxiàV  arte^  gli 
artefici  tanto  devono»  1^  annoidóa»  dopo  aver  compito  il  feitantapovelìt 
mo  anno dlfua  età»  con  più  mejOi  cinque»  e  giorni 


MARCANTONIO  BASSETTI  VERONESE»  ebbe  in  fua  patria  i  pre- 
cetti dell'  arte  da  Felice  Brugia  Sorcio  poi  a  Venezia  fi  portò ^  ove  diedefi 
dio  ftudio  delle  belle  pitture  »  particolarmente  di  quelle  del  Tintoretto  » 
difegnandoie  con  più  elattezza  di  quella  di  ogni  altro  giovane  del  fuo  tem* 
pò  i  ufando  per  ordinario  farle  (òpra  carte  »  tocche  di  biacca  e  nero  »  a  olio  » 
de^quali  (uoi  difegnt  molti  fi  fon  veduti  a^4ar  per  mano  de'dilettanti  del- 
l'arte del  preferite  fecolo.  Desiderando  poi  ftudio  più  vario  >  fé  neandì>  a 
Roma»  ove  potè  ben  (bddisfare  al  fuo  waRov  tantoché  tornatofene  alla 
f»thf  ebbe  a  ilipignetvì  piolte  cofe»  e  fra  quefte  la  tavola  di  San  Pietrp 
«oa  altri  Santi  per  la  Chrefa  di  SanTommaib:  la  Coronazione  dt  M»ria 
Vergine  per  r  Altare  della  Cappella  del  Rpi^io  in  ^anca  Anaftafia:  a  dì- 
Terie  private  perfone  diede  fue  opere,  e  molte  anche  ne  conÀifie  per 
famdare  in  Germania  »  ove  {kflfai  buone  corrifpondenze  4  guadagnò  col- 
V  occafione  di  una  fua  caritativa  ofpitalità  verfo  ogni  amico  a  pro£efIore 
del^arte^  che  compariva  a  Verona  ^  nel  riceverlo  ch^e^  faceva  in  propria 
caiacon*  trattamento  cortefe;  eftendendo  ancora  tale  buono  animo,  fuo 
V(i)ol  paefant»  col  frequentare  eh'  e'  fece  fempre^ueMuoghi  r  ove  opere  H 
facevano  di  caritài  e  particolaroiente  quegli  desinati  alla  cura  degli  orfanelli  ; 
«nde  foprav venuta  la  peftilenza  del  1630*  eflTendo  egli  (lato  deputi^ta  per 
capo  dejja  contrada  f  contrattane  la  maligiu  infezione»  in  età  <ìi  quarantadue 
anni,  cambiò»  come  piamente  dobbiamo  credere»  colla  felice  e4  eterna» 
la  prefente  mortale  e  penofifiima  vita* 

TOMMASO  SANDRINO  BRESCIAItO  Pittore  e  Architetta,  feccfi 
onore  in  quefti  tempi  nel  dipignere  foffitti,  i  quali  i^  folito  adornare  con 
a0ai.<lilectevoli  invenzioni,  cio^  con  archi,  colpnne ,  ritorte  »  rifalti,  tri- 
bune, pergolati ,  e  con  altre  a  quefile  fomiglianti  cofe  ^  Fra  le  molte  opeie 
fue  lodevoli,  ebber  luogo  le  pitture  fatte  nel  Refettorio  de' Monaci  di 
Rodengo,  conGSenti  in  belle  profpettive,  ed  altri  ameni  capricci  :  ficco- 
tne  quelle  del  Palazzo  del  Broletto r.  di  quello  del  Poteftà»  e  del  Capitano 
^i  Brefcia»'  gli  ornati  ^  che  e'  fec^  in  varie  facciata;  di  cale  alle  figure  di* 
pintevf  dal  Zi^oi  »  ed  altre  molte.  Chiamato  9II&  Mirandola»  dipiiife  a 
quel  Duca  varie  cofe  :  altre,  nella  eittà  di  Milano:  e  a  Ferrara  per  lo  Mar* 
chefe.  EfìztO'  BencìVpgU  #.  ed  in  altre  citt^  di  Lombardia .  Giunto  fina}* 
mcMe  air  età  di  cinquantafei  anni  nel  i6it.  tempo  della  peftilenza  più  fie- 
raffini  fua  vita.  Rimafe  uofuo  difoepolo  chiamato  DOMENICO  BRUNI 
da  Brefcta,  che  imitando  la  maniera  del^maeflro  fuo»  dipinfe  in  Venezia  la 
Tribuna  della  Chiefa  ufi.*  Tolentino  1  in  comp^gpia  di  Jacomo  Pedralli» 


TOMMASO    SANDRINQ.         a^g 

pure  fkéCàuìoi  ed  il  fofficio  dallt  nuova  Salt  ad  Doge:  ed  altre  molfift 
cofe  in  f II  quelU  mtmera^  iti  Tif)  luoghi  eoloih 

PIERO  DAMINI  DA  CASTEL  FRANCO»  nato  di  Damino  Damini 
cittaditiodi  quella,  terra  yìàanoiS9t.  feaz^  altro  ajuto»  che  del  naturale 
iftinto  9  pofefi  da  fiinciullo  a  fare  ilud;  ^andi  in  ditegno  dalle  fole  ftam|fe( 
e  nello  fteflo  tempo  attefé  alle  mattematiche ,  fenn  Jalciare  intanto  la  W 
tura  de'buoni  poeti  e  dell' iftoriè  •  Voi  accodatoli  a  Giorambatifta  NoveU 
li^  altro  Cittadino  di  foa  patria^  e  difcepolo  del  Falmat  apprefe  il  buon 
modo  di  maneggiare  i  colorì  ;  onde  potè  poi  con  miglior  guflo  applicaci 
a  fiodiar  V  opere  colorite  in  quelle  parti  da*  migliori  maeflri  {  tantoché 
giunto  al  ventefimo  anno  di  fua  età,  eflendo  già  da  gran  tempo  reftato 
privo  del  genitore  «  fi  portò  con  fua  famiglia  nella  città  di  Padova ,  ove 
fece  una  tavola»  che  molto  piacque:  e  fu  quella  del  San  Girolamo  »  pon- 
ila allora  nel  Duomo  air  Altare  del  Cavaliere  Salvatico.  Colorì  poi  per  la 
Chiefa  di  San  Giovanni  della  Morte  la  figura  del  Santo»  in  atto  di  fcrive* 
re  rApocali(Iè»e  quella  della  Decollazione  di  San  Giovambatifta .  A  Vicen* 
za  dipinfe  tutto  il  Refettorio  de'  Padri  Zoocolanti  di  San  Biagio  :  e  nel 
Chioftro  de' Servici  la  vita  di  San  Filippo  Benissj ,  ed  altre  molte  onere  fe« 
cévt  per  religtofi  e  fecoiari.  Tornato  a  Padova  dipinfe  in  San  Ciemence 
ilCrifto,  che  dà  le  chiavi  a  San  Pietro;  hei  Santo  il  Signore  in  Croce,  e 
appriiTo»  ia  Vergine  e  San  Giovanni;  per  li  Teatini  il  San  Carlo  edi  fuoi 
iniràcoJit  teltnartirio  dè^  Santi  Simone  e  Giuda.  In  San  Francefco  gran^ 
de»  aniunfe  alla  tela  dì  Paolo  Veronefet  che  era  fiata  tagliata»  le  bgure 
degli  Jbpofioii:,  ^^  atxo  di  guardare  il  Signore  »  che  &le  al  Cielo «^  Chiama- 
tò  A  .C3r<inoha  dtpinfeiper  alcune  C3hiefe  e  Conventi.  Altre  opere  fece  in 
Badóva:  operò  per  Ttevigi ,  per  Morano^  per  Vicenza»  e  per  Cremona. 
Ma  giunto  ìmI  ailai  felice  fiato ,  mercè  delle  fue  lodevoli  fktiche ,  tocco  dalla 
peftileàsa  del  163:1;  in  età  di  p^.  anni»  in  fh^A  più  bello  del  fuo  fare,  fu 
colto  ilalk  morteli  Hanno  le  pitture  di  quefto  artefice  una  certa  varietà 
e  vaghezza  di  colori  »  nelle tpani  "égli  »  per  dilettare  rocchio  della  molti* 
tudine»  s*  ingegnò  femprìe' di  particolanzzarfi  da  ogni  altro}  ma  non  fono 
per  avventurali  ne  huìfio  in  le:gìfan  pafiofità  e  morbidezza:  e  quefto  per 
colpa  de'  fnoi  primi  fiudj  »  che:  elFendo  fiati  t  come  dicemmo  »  intorno  alle 
flampe  »  ftcer  si  »  die  e|^i  non  potefie  mai  fungere  a  pofiedere  inceramene 
te  ai  fatte  perfezioni .  . 

■ 

FILIPPO  ZANIBERTI»  nacque  in  Brefcia  l'anno  t  $85.  e  venuto  in  età 
di  quattordici  anni»  fu  dai  Padre  accomodato  nella  fcuola  di  Santi  Pieran« 
da  nella  città  di  Venezia»  doVe  fino  al  ventefimoqaarto  anno  di  foa  età 
ft odiando  le  opere  del  maeftro»  fecefi  buon  pittore»  e  nelle  piccole  figure 
acquifiò  anche  pofto  di  qualche  fingolarità.  Cominciò  poi  a  operare  coi 
fuo  condifcepolo  Matteo  ronzone;  e  finalmente  fi  ritirò  a  fsire  da  fé  fteflb. 
Nella  nominata  città  ih  Sinta  Giuftina  dipinfe  la  Vifita  fatta  dall' Angelo 
nella  prigione  alla  Sanea  Vergine.  Nella  Badia  del  Polefine  colorì  a  frefco 
la  ftoria  deil^Nozxe  di  Cana  di  Galilea^  ed  altre  de' fatti  di  Maria  fempre 

T  3  Vergine. 


994   ^^^^^« in.ééBaVoft. l  MStt. V.dal i^io. alt6$o. 

Verone.  Fece  vedere  iaetìeUe  pitture  a  fctfco  nel  foffieto^^lt  iiiicmfIl 
Salt  del  Doge»  e  ne'  iati  delti  meidefimafalft  belle  Iftorìe  de'i^ctidd  Do» 
jp  Corneo.  In  cafa  Loredano  dipinfe  un  bel  fregio  di  favole,  di  Adone 
e  di  Amore,  cavate  dal  Matìkiò»  piene  di  vari  penfieii  e  di  beltà  irivenai» 
jie.  AXonfraci  di  Santa  Maria  Nuova  fece  il  gran  quadro  della  Manna^ 
pceotBi^  ad  altri  moke  altre. cofe,  che  furono  alTai  iodate.  Perfe  coftm 
gran  tempo  nel  tormentofo  trattenimemo  delle. liti  civili  ,:che  quan^ 
tunqiK  porta&rloa)  con&guimento  *  della  vittoria  ,  molto  gU  conhiaia^ 
rono  dell'  acauifltato  capitale,  e  de'  buoni  guadagni»  cbe  promette  vagli 
fua  virtù:  e  nnaimente  quando  tempo  fu  di  goderli  in  pace  le  aoquìftate 
Coftanze,  fu  fatto  preda  della  morte,  correndo  Tanno  1(36.     .       . .     .- 

« 

• 

il  AÌTTEÓ  INGOLl  RAVENNATE,  fu  difcepolo  di  Luigi  Ben^ 
fetta:  e  fu  quegli  al  quale  toccarono,  dopo  la  morte  di  lui,  a  finire  piU 
fue  opere  rimafe  imperfette .  Sono  fatture  de'  pennelli  di  qoefio  artefice 

Sella  Chiefa  della  Fiorentina  nazione,  e  nelle  Convertite'  Per  kt  Chiefa 
i  Cafale  fece.  la. tavola  del.mahirio  di  Santa  Caterina,  e  «n* altra  tavola 
per; li  Padri  Franoefcani .  Eflendogli  l' anno  i6zi.  fkta  data  la  foprainten. 
Senza  e'I  lavoro,  per  io  funerale  «  fattoli  dalla  nazione  Fiorentina  per*  h 
morte  di  Coiinio  li.  Granduca  di  Tofeana ,  fece  cofè  oiolto  lodate;  aven^ 
dOp  oltre  alle  belle  architetture ,  con  che  adornò  l' ingreflo  ddla  Cbiefa  de^ 
Santi  Giovanni  e  Paolo,  ripartiti  gli  fpaz;  con  beliiffime  pitture  di  fatti 
d^  quel  Pf  incipea  alle  quali. mtte  cofe  asgiunfero  applaufo  non  poco  i  bella 
£k)g>,  le  utgegQofe  infcrizìoni  e  li&preie,  parto  della  vaga  mente  di  €3is* 
lio  Strozzi ^  e  fu  tutto  queffo  apparata,  a. perpetua  meiÀoria,  datoaUe 
A^tnpe»  Moke  altre  cofe  dipinfe  Matteo  in  Venezia  #  dico  in  Sanu  Mar« 
ta  nella  nuova  Sala  dell'' appartamento  Duca  lei  in^n  Geremia,  in  San 
Giovanni  e  Paolo;  e^nella  Madonna  di  MeQ:res  e  quivi irapprefentò  Talto 
miracolo  di  Maria  Vergine,  opcaratorìn  un^  viga  dai)teUa;d6Vota  del  Sati^ 
tiffimoRofàrio,  che  in  modo  crudele,  da  inemieilananoqirivata'di  vita/  e 
gettata  fua  teda  in  un  pozz&^  tanto  vi  fi  confdrvòimatta,  finehr  alle  pre^ 
ghiere,  del  Patriarca  San  Dometiico^  paflato  pcrsufuo  affaae^daqttel  luo» 
gò,  avuta  di  lutto  revelazione  dal  Stgnore#.fu  éflà  tefia  per  mano  degli 
Angeli  portata  full'  orlo  del  pozzo,  ove  le  fu  porto  il  Santiffimo  Sacra» 
mento  dell'  Eucariflia,  ed  efia  immediatamente  rendè  l' anitiia  al  (ilo  Crea* 
tore.  Venuto  1'  anno  i6i^.  ebbe  Matteo  a  fare ,  pure  ad  infianza  delia 
nazione  Fiorentina  1  nella  Ghiefa  di  Santa  Lucia  il  fùlenne  apparato  per  la 
Crea^rion e  di  Urbano  Vili,  cofa,  ciie  riufci  maravigìiofa ,  conciofofiecofa*- 
che  elTo  in  ciò,  che  ad  architetture  e  profpettivé  appartiene ,  foflTe  mot* 
to  fii^olare ,  Finalmente  ancor  efib  tocco  aal  eontagiofo  morbo  dell' an» 
no  ioji.  vid0  l'ultimo  de*  fuoi  giorni  «      .         >  1    < 

FRANCESCO   2UGNI  fiRESCtANO  .  cke  allevato  nelU  fcuola  del 
Palma  t>vVc\  grande  imitatore  della  maniera  di  lui»  -delicatamente  e  con 
aflai  vaghezza  molte. coiè  ilipinfe  a  frefèo  in  i\ia  pàtria i  e  fra^ueAe  la  Tri- 
buna 


FRANCESCO    ZU€NL  ajj 

boiit  dtnansi  •!  Sécramento  del  Duomo»  con  atij^eli  è  putti»  e  conirà]f| 
orntinenci  di ftatue  finte  di  bronzo.  Color)  la  ftociaca  della  eafa  dì  Gafpa* 
ro  Lana^  e  molte  immagini  di  Maria  Vergine ,  e  altre  co(è  dipihfe  per  là 
città .  In  San  Loremso  nelle  Gmie  fece  una  tavola  della  Circohcifionè 
dei  Signore:  e  ntf  altn  in  San  Niecolò»  ove  fece  vedere  diverfi  S*rtd; 
Mei  Palazzo  del  Retaore  dipinfe  i  Santi  della  città,  in  atto  di  prefencaré 
le  chiavi  e  la  bacchecu  a  Fantino  Dandoli»  primo  Poteftà  di  Brefcia  jpec 
la  Veneta  RepobUicax  e  la  volta  della  fata  oel  Capitano  adornò  di  belle 
invenzioni .  Portatoli  a  Murano  molto  dipinfe  a  frefco  nella  cafa  del  Mer» 
canto  Guarino:  e  finalmente  in  età  di  anni  feffiintadue  nel  i6}6.  pa^ò  II 
comune  debito  della  natura* 

GIOVAMBATISTA  BRISONB  PADOVANO»  ebbe  i  primi  precètti 
dell'arte  da  Francefco  ApoUodoro»  detto  il  Porcia,  buon  pittore  Pado« 
vano  in  ritratti»  il  quale  in  quelfa  città  ritraflb  per  ordinario i  non  Tolo 


ilGapovaeciOf  P  Acquapendente  «  Jacop 
Pellegrini ,  Jacopo  Galla,  1^  Octelio,  il  Savonio »  il  Cavaliere  Servatico» 
Francelco  Piccoiomini-  od  altri .  Volendo  poi  Giovambatifta  ferfi  pia 
«ntverfale  »  fé  ne  pafBÒ  alla  ftann  di  Dario  Varotari,  ove  nell' ih  ventare 
molto  fi  approfittò,  tantoché  comincio' ad  éflère  impiegato  in  lavóri  ono-^ 
revoliffimi.  Nel  Santo  dipinfe  f».ù  tavole,  afra  cfle  quella  del  San  Buò* 
navenauu'.  Operò  moleo  nel  Cannine  co' nello  Spirito  Santo  rapprefento 
ife  Saivacore  f  che  mandb  gli  Apoftoli  ad  annunziare  nel  mondo  la  divinit 
pafoii:/e  finatmertce^'nelta  Chiefa  de*  Padri  di  Monte  Ortone  fece  vedere 
di  itia  manb  un- bel  quadro ,  ìAlmoftrante  la  pacefattafi  fra  la  Repubblica  di 
Vene^b  e  Lodovico  Sforva  Dueà  di  Milano  >  per  opera  di  Fra  Simone 
da^Caoierino^  Queft*  artefiéefitto  già  vecchio,  eflendofi  innamorato  di 


gtìft< 

mo  il  rimanente  di  fua  vita,  la  quale  nella  fua  età  di  feflanta  anni  nel 
ì6}6.  gli  venne  finalmente  a  mancare. 

TIBERIO  TINELLI,  nato  in  Veneaia  net  i;8d.  fotro  la  difciDlina  del 
Cavaliere  Contarino,  apprefe  i  principi  tiel  colorire  :  poi  molto  n  affaticò' 
nel  fiir  ricratti  incorno  alia' maniera  aeTXlàvaliere  Banano;  non  lafciando 
però  ogni  altro  ftudiòr  che  ei  giudicò  eflèrgli  necéflario  per  condùrfi ,  giù-' 
ilo  il  proprio  deSdcrio,  a  grado  di  ecctelteriza ,  in  ogni  altra  più  bella  fa- 
ooltà«  che  pofledere  poffinno  i  maeftri,  che  nell'arce  della  pictura  voglio* 
noeflereuniverfali .  Ne'  ritratti  però  fi  portò  si  bene,  che  molti  de'fuói 
piglianfi  fovente  per  di  mano  del  Beffano  fieflb .  Accafatofi  con  vaga  don* 
SBella ,  che  pure  lodevolmente  efercieava  la  pittura ,  foftenne  poi  il  TineHl 
trattamenti  al  fatti»  che  baftarono  per  renderlo  per  lungo  tempo  doppia- 
mente infelice:  e  po^ continovi  rancori,  c$fie  t  geloliei  e  per  non  potere 

T  4  a  cagio* 


f96  T^emnM:46UPartJMSéc.VMli6io.éli6io. 

•  €«^ne  de^raedcimi  due  il  neceffiurioteamoiill'ictefiiaj  eiì(Mafegaen«» 
tornente  x  doTUCi  fof  venimenci  alle  doAefttclie  fue  neeefficadi  %  mena  mm 
vice  affai  ccitxilita;  le  quali  tutie  co&  ponaronfifinftlaiemea  finii»  tti  ilnt 
fiiga  delladonna dalla  caladi  lQÌ>dt.un  proptki  fatelk>iiiftigaca.^^pec£icittr£l 
ia  quella  dd  padre  »  col  difcicgliixielita  tecipròcabwnte  volontario  de'^due 
coniugati  >  «vendo  k  giovane  lltto  cofiare  al  Prelato,  di  eflcifi  ella  co»*' 
éoxx^  a  quelle  noste,.  non  oftante  un  voto  di  perpetua  éafticài.  càe  ella,  in 
sftato  libero  aveva  fatto»  ai  caaione  di  avere  impradenteibenté  creduto  i; 
certo  indovino I.  che  le  avea  <ktto ,  che  eleggendo  ella  fiata  matrimoniar 
ICf  farebbeii  morta  ia  unpàrtD.  Aviita  fine  dunque  la  miièrìa  deLTineUir^; 
feceC  luogo  a  lui  di  darli  novamente»  e  con  più  fervore  che  mai  #  a^kelei»r> 
ciei  delt  arte  fua  :  e  molti  ritratti  fece  di  più  rinomati  uomini  »  in  arti  « 
in  ifcienzci  che  allori»  vivevano»  Partale  uia  ^Wvùl  in  fìir 'ritratti,,  fudcr* 
fiderà tOr  e  con  predanti  inftanzeridueOo  a  paliarfenc  in  Francia  a' fervi* 
|i  di  quel  Re  Luigi  XIIL  ma  rametto  verfo  \%  propria  mgdce»  per  allora 
Il  ritjenne  dal  portarli  colà  ;. non  perciò  fu»  che  ia  Maeftà  4i  quel  Re  »<  a. 
cui  erano  Hate  fatte  vedere  opere  Dèlie  di  foppenm^lo»  non  fi;<SfpQnefie: 
t  £irgli  grazie»  fino  a  veftirlo  deìr  abito'  di  Cavaliere  c^U^  QffdtHè  di  San. 
Michele:  il  che  fp »  malgrado .^t^ fuoi  uMridiofr^neiiiiei  p«irfecùtQci^  nel 
Palaz?Q.  di  cafa  Gnmanif,  u^  maad^diXaHo  DiH:a  dlOrequ^^K  Àmbafcia- 
dorè  Straordinario  di  qoeJUa  Ma^ftàaltaRepì^blica»  col  cingerli  lo  Scocco 
dorato^  dato  in  dono  ai  pittore  ttalDuóaéi'Gundele^  che  a  tate  atto  volle, 
trovarli  prefente.  Sarebbe  materia  troppo  lungaì'jl  deferi  vere  la  quantità 
de*  ritratti  »  eh'  ^  fece  il  l^ineUi  di  uomini'  dìbgoi  più  aito  a^ate;,^:e  diz 
nobili0ime  Dame  <  e  molti  de' qeali  ritratti  xeò»  &r.rapptefeotate  bene/ 
ijpeflb  alcufìconoetto  o  fignificansa»  oltre:  alla  puhi'efpreflione.  della  fiìouUi 
^lanza .  Fecene  anche  con  pennae;coft.mtcita.iEel&  e  Aera  alcuni  fisìhi^' 

SliantiOimi^  che  dieder  materia  ft  Niccoli  Ckaflo»  celebre  Juteoonfiilto  » 
i  comporre  in  li>de  de'  medefimi  belliffiniverfi.  Portatoli  a  MaoftmKan^ 
no  1 63 1.  vi  fece  i  ritratti  di  quel  Duca  e  di  Madama  la  Duche0a  fua  madre . 
TornarpnQ  poi  a  farfi'più  fiequfriti  e  più  vive  le:  inlbutize  del Re.pac  aver* 
lo  oramai  a  Parigi ,  ov'egli  aveva prodellb  di  portarfi  dopo  licevuco  1- oae»- 
K  del  Cavalierato  :  e  mentile  ^che  egli  andava  dando  line  a  due  faelilffimi 
quadri,  in  uno  de' quali  aveva  figurata  la  Beata  Vergine  »  in  atto  di  còm* 

Erire  ad  un  Beato  della  Religione  Agolliniana  :  e  neiraltro  Sanu  Maria 
addalena  nello  fpogliaffi ide  ijoìonc^ni  adornamenti r  i  quali  quadri  ave- 
va egli  incominciaci»  non  fo  a' ÌQjdica per  indugiare. alquanto  più»  e  met« 
cere  tempo  in  mezzo  ai  fuo. parlile «ppr, la  VifiS%  cagione. di  affecM  alla  ma« 
dre,  o  pure  per  preparare  cpn*  e#;i]n  bai  dono  da  ofièrirfi  a  quella  Mae'» 
flà;  colto  da  grave  malore,  ohe  non  fu  conofciuto  da^  aectieii  nella  fna 
età  di  anni  cinquantadue»  in  fui  più  bello  dell' opemr  fuo  •  .fini  la  vita  Fan- 
no 1(^38.  Fu  il  fuo  cadavero,  così  difponendo'l'  Ambafciadote  Franzefe» 
accompagnato  da  tutta  la  propria  Corte  veftit4..a  Imtuhoj  coli' onore  dovu- 
to alla  dignità  di  Cavaliere  di-quel  nobiliflimo  Ordine,  portato  alla  Chiep^ 
la  di  San  Canziano,  ove  ebbe  lèpoltura.  Fo  il  Tinelli  nell'arte  fua  ab- 
bondante di  bei  concetti  e  capricci  >  di  buona  iaTmzioae  e  componi* 
r/  imento^ 


TIBERIO     TINELLI. 


^97 


mento:  folico  a  fpeiidcr  gnui  tempo  neldUBoftmfU io  cart« y  ma  ikrefki 
tanto  nemico  del  porttrgli  in  pitranij  che  pocbe  furono  je  opere»  che 
in  sì  fatte  materie  feoeio  vedere  i  fuoi  pennelli*  nelle  quali  peto  non: 
lalbia  di  fcorgerfi  una  certa  nobiltà  di  fiintaiia.  Fra  le  oper»  ai  foa  ma* 
no  farono  in  San  Giovanni  Elemòfinario  di  Rialto  un  San  Marco  ed  una 
figura  del  Suddiacono  di  quella  Chielà»  ooU'  arme  del  Doge  Coriiaro^ 
Per  lo  Princi{>e  Don  Locenso  di  Tofoana  di  gloriola  memoria,  fece  un 
bel  ritratto  di  una  Dama  Veneta,  ed  una  mexza  figura,  che  rappce£ex)L«; 
te  la  Vigilanza .  Diede  anche  principio  a  dipignere  più  tele  di  buon» 
grandezza  per  diverfe  Ghiefe,  alle  quali  poi  non  diede  fine,  Fadifia» 
tura  ftudiofo,e  però  malinconico,  e  allo  fiarfi  folo  indinatiflimo  *  Co'  pit- 
tori volle  fempre  avere  poca  o  ninna  pratica  t  e  tanto  fu  dedito  all'amo* 
re,  quanf  altro  mai,  a  cagione  di  che  e  della  fcarfezza  di  fuo  avere,  c.a«, 

{[ionatagli  dall'  eflere  ftata  per  ordinario  ricooipenfata  Tua  virtù,  più  con 
odi,  con  rime.,  con  vifite  e  onorevcdezze ,  cne  eoa  argento  e  con  ofOt , 
vifle  fempre  una  vita  tormentata  e  ftenutif&ma .  ^    l 


m^0mmmm^mmWiȎtmmmqtm^^ 


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NICCOLO   POSSINO 


t.-. 


PITTORE  DI   ANDfiLY 


Dìfiepblo  di 


,  »/iw  1594.  ^166$,  • 


ALLA  nobile  famiglia  de*  Poffini  in  Plccardlanel  Contado  di 
Soiflbn,  trafle  fua  origine  Giovanni  Pofiini  .•  ^efti  partitp/i 
dalla,  patria  ne*  tempi  delle  civili  difcordie,  (ì  pofe  a'fetvigj 
del  Re  di  Navarra ,  che  poi  fu  Enrigo  IW.  K^  di  Francia; 
e  tro<randofi  in  Andely  di  Normandia,  no]>  molto  l^ngi  .da 
Parisi,  quivi  fi  accasò:  e  Tanna  15 94.  ebbe  di  fuo  matrimoQio 
un  figliuolo,  che  fu  il  tanto  celebre  Niccolò  PoAino,  di  cui  oraÌ)amo.per 

Sarlare:  il  qnab  in  età  crefciuto,  quantunque  fi  fentifle  forte  inclinato  al 
i&gno,  per  eièguire  il  paterno  volere,  diedefi  agli  ftud)  dellp  lettere,  non 
fenza  contrailo  deir animo  fuo,  che  ad  altro  oggetto  il  chiamava ;^  ma  per« 
venuto  air  età  di  diciono  anni  ^infe  finalmente  in  liu  il  defiderio  di  farQ 
pittore ,  e  ne  trovò  ben  pronta  la  congiuntura  nel  venirgli  fatto  di  acco^ 
ftarfi  a  Quintino  Varino ,  che  in  quella  città  tal  profie(no))q  «on  molta  Io« 
de  efercicava ,  e  che  di  fuo  pennello,  opere  «ffai  aveva  JFatte  vedere  in 
Amiens  e  in  Parigi .  Con  efib  alquanto  u  trattenne^  finché  defiderofo  di 
più  alti  ftud),  lalciata  occultamente  la  paterna  cafa it  a  Parigi  fi  portò;  do-» 
ve  a  cagione  di  fuo  bello  fpirito,  accolto  da  un  nobile  di  Poitù,  che  fe- 
condo X  ufi)  di  quei  gentiuiominif  era  venuto  •  iJwvir^  a. quella  CortCji 

ben 


Ì0  Decenn. UldeffaPdrt. tdetSet. V:Mì6iù. allòro. 

beri  crittato  heUa  perlbnt»  e  fovFenuto  di  dantri,  a  più  di  un  maeflro  fi 
accoflò,  uno  de*  quali  fu  Ferdinando  Fiammingo  buon  ricrattifta .  Ma  non 
tiotò  in  alcuno  (bddiafacco  iV  iuo  genio  e  1  fuo  buon  gufio  ; 


foSc  allora  il  modo  del  dipignere  in  iftato  poco  lodevole,  non  pure  ia 
quelle  parti,  ma  eziandio  in  molti  luoghi  d' Icalia  :  dove  appena  in  Boio*^ 

fna  e  in  Roma,  mediante  la  nuova  e  bclliffima  maniera  de'Caracci,  in 
iitnze  per  quella  del  eelebre  Lodovico  CisoU  e  del  Palpano  »  ed  la 
Venezia  per  quello  che  avanzava  di  lodevob  de'  fuoi  poc'  anzi  defanti 
àaeftri ,  vedeanC  opere  di  bontà  (ingoiare .  Pur  tuttavia  avendovi  il  Poffi-- 
nò  trovato  aClo  appreflb  il  Regio  Mattematico  nella  Galleria  del  Lovre^. 
die  aveva  £itta  raccolta  delle  più  rare  &unpe  dell'  c^re  di  Rafimello  e. 
di  Giulio  Romano  f  potè  egli  darfi  allo  ftudio  delle  medefime  in  tal  modo» 
che  fin  dà  quel  tempo  venne  a  ftabìlire  in  fé  le  più  principali  mafiime» 
iti  quanto  al  difegno,  alla  compofizione,  ed  aU'efpreifiaiie.degli  affetti 
appartiene,  tantoché  con  unto  faticare  eh'  ei  fece,  in  un  tempo fleflb  in* 
tomo  al  modo  di  maneggiare  i  colori,  fi  ridufle  a  tale ,  die  venuto  il  tein». 
pò  del  partire  del  Cavaliere  dalla  Corte,  volle  averlo  con  feco,  con  ani- 
mo di  fargli  dipignere  la  propria  cafa:  e  averebbelo  fatto,  fé  a  tale  fua 
deliberazione  non  fi  foifero  oppefti  i  propr)  parenti  ;  onde  fu  d'  uopo-iil- 
Poffino,  per  non  aver  modo  di  viaggiare,  per  circa  a  cento  i^he  di  ritor- 
no a  Parigi  I  il  trattenérfi  per  quelle  parti ,  facendo  or  qua  or^li  alcltna  co- 
fa  in  pittura,  finché  a  gran  cotto  di  patimenti  gli  riufcì  il  condurvifii  ma 
giuntovi  finalmente,  egli  per  foverchio  di  ftanchezza  infermò,  e  a  ca-^ 
gione  ditale  fua  infermità,  fu  coftretto  a  far  ritorno  alla  patria,  (^ivi 
crattennefi  per  un  anno  »  intento  folo  al  recuperare  della  fiinità  e  delle 
Ibrze ,  e  poi  fé  ne  tornò  a  Parigi ,  ove  per  qualche  tempo  operò  •  Tirato 
poi  dardefio  di,  vedere  le  belle  cofe  di  Romia,  a' inviò  a  quella  volta; 
nha  checché  fé  ne  fofl^  la  cagione»  vera  colà  fu ,  che  giunco  a  Firenze,  fis- 
ce  punto  a  quel  viaggio,,  e  di  nuovo  fé  ne  tornò  in  Francia .  Stettefi  ope- 
rando per  qualche  tempo  colàs  e  poi  di  nuovo  fé  ne  oartì  alia  volta  di 
Roma:  e  pure  a  cagione  di  altro  accidente  non  gli  forti  il  condurvifi. 

Venuto  finalmente  1'  anno  1(^23 •  nel  qual  tempo  i  Padri  della  Com«- 
pagnia  di  Gesù  celebravano  la  Canonizazìone  dei  loro  Patriarca  Santo 
Ignazio,  e  di  San  Francefco  Saverio^  vollero  gli  Scolari  Parigini  dar  fegni 
di  lor  contento,  col  fare  efporre  in  un  pubblico  apparato,  dipinti  a  guaz- , 
zo;  i  miracoli  de'  due  Santi .  Furono  date  a  fiire  al  Pofiino  lei  ftorie  deT 
medefimi»  deUe quali,  il  fuo  già  fatto bravilfimo  pennello,  in  bre^i  gior^ 
ni  fi  fpedi,  fiicendofi  conc^cere  fuperiote  ad  ogni  altro,  a  cui  erano  fiati' 
commefli  altri  fimili  lavori  ;  tantoché  vetrato  perciò  a  notizia  del  Cava*  * 
liere  Giovambatifta  Marino,  che  trova va(ì  allora  a  Quella  Corte  >  ne  gua« 
dagnò  tanto  l'amore,  che  volle  egli  medefimo  accoglierlo  in  i^ropria  cafii. 
Stavafi  il  Marino  in  quel  tempo  per  fue  indifpofizioni  perkipiù  obUigato 
al  tetto,  e  gran  piacere  prendeafi  di  averlo  a  fé,  facendogli  rapprefentatc 
in  difegno  poetiche  invenzioni  del  fuo  Adone .  E  fiypiafi,  che  io  non  in« 
tendo  gii  croi  racéonto  di  quefto  fatto ,  di  punto  lodare  1^  empietà  di  colui  ^' 
che  quantunque  GriftianoéCactolicofoflef  non  contento  di  evere  aggiont» 

alla 


NICCOLO    POSSINO.        299 

t!it  fila  Madre  Chicfa  Santt»  e  •  i  Rettori  dì  quella  t  un  gravofo  penfier: 
ro,  che  fu  di  tenere  a  tutta  lor  pofia^  finche  durerà  il  Mondo,  lontana 
dall'  orecchie  de'proprj  figliuoli  <iuanto  et  troppo  lafcivamente  cantò  iti 
quel  fuo  Poema;  volle  anche  ( Tervendofi  dello  ftile^.e  forfè  anche  de? 
pennelli  di  un  artefice  rinomato  )  farne  comparire  amabile  la  defcMrmiti 
anche  al  fenfo  degli  occh)  più  cadi.  Dico  folamente^  che  al  Poflìno^un 


ingegno  »  de'  più  Dei  precetti 
poetiche  facultadi:  cofe  tutte»  che  bene  apprefe  dal  molto  luciilo  inieir 
Ietto  di  lui»  e  confervatepoi  fempre»  gli  accrebbero  unto  luftro  iopra.  taor 
ti  pittori  fuoi  coetanei» che  nulla  più.  Àvrebbelo  il  Marino»  di  ritorno  n 
Roma  »  voluto  condurre  in  fua  compagnia  :  a  che  però  non  potè  il  pitto*? 
re  per  proprj  impedimenti»  allora  confentire*»  ma  non  andò  molto»  cho 
«gli  ancora  vi  fi  portò»  e  ciò  fu  nella  primavera  del  1624.  Non  riufd.giè 
al  Marino  il  goderfi  1*  amico;  perchè  indi  a  poco  toroato&ne  a  Napoli» 
diede  fine  a' fuoi  giorni.  Lafciollo  però  in  Roma  affai  raccomandato  a  Mar-»' 
cello  Sacchetti»  Cavaliere  nniciffimo.di  ogni  arte  più  nobile»  ilouale  lot 
diede  alla  protezione  del  Cardinale  Barberino» nipote  di  Urbano»  allora  Rer 
gnante  Pontefice  ;  ma  quefti  partì  per  le  ftie  Legazioni  delia  Pace:  e*l  Poffino 
rìmafofenz'appoggi  e  fenza  avventori»  fi  riduue  in  ifta^o  di  tanto  bifcg^po  »- 
che  avendo  (come  egli  medefimo  fu  folito  di  raccontare)  condotteci  fua 
mano  due  battaglie  in  tele  di  quattro  palmi»  venne  a  termine  di  darle  per 
fette  Romani  feudi:  tanto  è  vero»  che  del  tutto  malagevoli  fono  i  fentieri» 
per  cui  conviene  che  fi  porti  chi  brama  di  giugnere  ^l  termine  di  veragloria  «.  ^ 
Troviavafi  allora  il  pittore  in  ctk  di  trentanni:  e  come  in  altro  luosodin 
cemmo,  vivevafi  in  compagnia  col  celebre  Scultore  Francefco  di  Qaempvy'  ^^ 
Fiammingo;  onde  bella  occafióne  ebb'egli  di  applicarti  con  efib«  ficcooK;^ 
fece»  agli  ftudj  dell' antichifiime  fculture»  or  difegnando  or  modellando; 
e  ciò  particolarmente  fopra  la  fiatua  del l^Antinoo»  e  fopra  le  pitture  di 
Tiziano»  fpecialmente  Copra  il  giuoco  degli  Amori  nel  Giardino  de'Lodo-^. 
vifi»  pittura»  che  fu  poi  mandata  inlfpa^na:  e  non  contento  dlJKu^i^* 
tt  sì  belle  opere  col  pennello»  volle  eziandio  modellarle»  facendole  veder 
re  in  rilievo»  dal  quale  ftudio  tolfe  egli  la. bella  e  teneriflima  maniera  di 
formare  i  fuoi  putti»  de' quali  molti  a  olio  e  a  fìrefco  fèjce  in  quel  tempo  di 
fua  mano  .  Diedefi  ancora  alla  Geometria  e  alla  Profpettiva»  ovyeroÒtti-i 
ca:  €  riprefe  lo  ftudio  dell' Anatomia»  a.cui  aveva  già  bene  attefo.in  Pa-. 
rigi»  non  lafeiando  intanto  di  frequentare  V  Acca&mia  di  Domenichino 
per  lo. ftudio  del  naturale.  Avevano  allora. occupato  tutto  il  cgmpò^de' 
Romani  applaufi  i  foli  pennelli  di  Guida  Reni  »  le  opere  de)  quale  erano, 
avidamente  ricercate  per  iftudio  de' giovani  pittori»  tanto  d'Italia»  ctie- 
d'oltre i  monti;  ma  il  Poffino  volle  difegnare  e  Studiare  Y  opera  di  Do* 
menichinot  oppofta  a  quella»  che  nella  Chi^a  di  S.Gregorio  ayea  dìpintti. 
lofteflb  Guido:e  fu  cagione»  che  altri  molti  allo  ftudio  della  medcfima  fi 
volgeflero ,  comecché  da  quanto  aveva  egli,  in  ella  faputo  riconofc^re  di 
raro  è  di  profondo  »  veniffsro.elfi  ben  peEfuafi.eiTcr.qufifta  ^  ìi^  paragone  dif 

quella 


3Ò0   DecennJIL Ma Par.L del Sec.V. 4al i6io. ai i^^o. 

quella  di  Guido  »  più  apprezzabile.  Comparve  intanto  in  Roma»  rpedito 
de'  luci  affari,  il  Cardinale  Barberino:  e  Albico  fi  applicò  il  pletore  a  co« 
lorire  il  tanto  celebre  quadro  della  morte  di  Germanico,  e  la  prefa  di<x«- 
rufalemme  ;  e  V  una  è  V  altra  opera  a  quel  Prelato  donò  ;  onde  avvennot 
che  dal  medefimo  gli  veniflè  ordinato  il  dipignerne  un  altro  delio  fteflo 
fbggetto,  infiemecol  flaeello della  gente  Ebrea, e  Tito  trionfante.  Qpe. 
ft*  opera  fu  al  ceno  una  «Ile  più  belle,  che  ufciflèro  dalla  mano  di  fuetto 
artefice  :  e  fervi  al  Cardinale  per  fame  un  degnò  regalo  al  Principe  di 
Echeiben,  Ambafciadore  di  obbedienza  dell'  Imperadore  al  Pape.  Correva 
in  quello  tempo  per  Roma  e  dappertutto  la  lima  della  virtù  e  bontà  del 
Cavaliere  Caiiiano  del  Pozzo»  come  di  un  vero  Mecenate  de' virtuofi,  il 
quale  eflendo  venuto  in  cognizione  del  valore  di  Niccolò ,  e  moltopiii 
del  fuo  pellegrino  ingegno»  incominciò  a  dargli  occafioni  di  operare  »  ac* 
tirefcenaogli  anche  non  poco  (come  quegli,  che  in  Corte  de!  Cardinale 
faceva  gran  figura)  il  concetto  e  l' amore:  e  fu  cagione,  che  a  lui  folTc 
allogata  una  delie  tre  tavole  minori  »  nella  tribuna  iiniftra  della  Vaticana 
Bafilica:  e  fu  quella  del  martirio  di  Santo  Erafino.  Né  io  ftarò  qui  a  raC« 
contare  quale  riufcilTe  quella  pittura:  e  mi  atterrò  eziandio  dal  far  deferi* 
zione ,  s\  di  quefta«  come  di  ogni  abra  degnilTima  opera ,  che  fece  il  Pofll* 
no  nel  rimanente  del  fuo  vivere  i  perchè  tuttociò  fi  potrà  trovare  apprefRi 
all'erudito  Bellori;  badandomi  folamente,  per  foddisriire  al  mio  lettore,  il 
fare  di  quelle  una  breve  memoria  in  numero  »  e  nelle  loro  geneirali  quali- 
cadi*  Circa  quefto  teinpo  conduflTe  il  Poffino  una  tavola  della  Afedonoa  del 
Pilo  di  Valenziena  dr  Fiandra,  ove  fece  vedere  Maria  Vergine  Ailunta  in 
Cielo:  e  fece  ancora  la  ftoria  de'  FiUftei,  quando  dal  Signore  per  lo  n^i*- 
sfatto  di  aver  tolta  al  (uo  popolo  TArca  di  Dio ,  e  portatala  in  Azoto ,  fur0n 
flagellati  con  quello  (lomacofo  malore  nelle  deretane  parti  :  ed  in  qi^e» 
fi' opera  videfi  forte  imitato  il  fare  di  Raffaello.  Ouefto  (hipendo  quadro 
nelle  mani  dellUrtefice  non  forti  altra  fortuna,  che  di  unafcarfa  rìcompen* 
&  di  feflanta  feudi ,-  ma  in  quelle  di  altri ,  per  le  cjuali  paisò  dòpo  alcuni 
anni»  fi  accrebbe  il  fuo  valore  fino  alla  fomma  di  mille  »  che  per  tanti 
fu  venduto  al  Duca  diRichelieu»  che  lo  volte  in  Parigi,  dove  poi  fu  pollo 
per  adornamento  delle  Regie  Camere  •  Erafi  il  pittore  in  quelle  figure  con- 
tenuto in  una  piccola  proporzione  »  fra  gli  due  e  ^li  tre  palmi:  conche 
diede  tanto  gufto,  che  ipariafene  la  fama»  incominciarono  ad  accrefcerfe- 
gli  a  gran  legno  V  occafioni  di  farne  per  gabinetti ,  non  folo  per  la  Fran- 
cia, ma  eziandio  per  altre  Provincie  •  E  in  tal  tempo  fec^fi  luogo  al  Po(fi*< 
no  di  condurre  i  tanto  rinomati  quadri  in  figure  di  due  palmi ,  per  lo  fuo 
gran  protettore»  il  Commendatore  Calfiano  dal  Pozzo,  ne' quali  rappre* 
fentò  i  fette  Sacramenti:  opere,  chefuron  poi  una  nobile  aggiunta  alraU 
tre  maraviglie,  per  cui  fu  e  (empre  farà  famofo  il  preziofo  mufeo  di  quel 
degniflimo  Cavaliere  •   Fece  anche  per  lo  medefimo  un  altro  bel  quadro  di 
San  Giovambatifta,  in  atto  di  battezzare;  e  al  MarctmfeDon  Amadeo  dal 
Pozzo  colorì  le  due  fiorie  del  Paffaggio  del  mar  roflb  del  Popolo  d' Iddio  » 
colla  fommerfione  di  Faraone  ;  E  V  iftoria  eziandio  deirAdorazione  del  Vi- 
tello» le  quali  ebber  luogo  nel  fuo  Palazzo  a  Turino.  Per  Giacomo  Stella 

pittore» 


NICCOLO     FOSSIMO.        goi 

]»kcore ,  fup  ctro  amico ,.  color\  un  qi^dro  4el  miracolo  dell'Acqua  nel  de^ 
ikno  ;  un'  altra  ilmile  floriaf  ma  di  diverla  inversione  dìpinfe  per  Monsù 
Cilliè,  Al  Cardinale  di  Richelleu  colorì  quattro  Baccanali  col  trionfo  di 
Bacco»  e  quello  di  Nettunno  in  mezzo  al  mare  »  fopra  il  carro  tirato  da  ca« 
valli  marini ,  corteggiato  da  Tritoni  e  da  Nereidi  »  opere  tutte ,  che  gli  frutta- 
rono tanta  fama,  che  poi  per  mezzo  di  Monfignore  di  Noyers,  Segretario 
e  Miniftro  di  Stato #  e  Sopraintendente  delle  Regie  Fabbriche,  ad  ìnftan*- 
ze  dello  fteflb  Re  e  dsl  Cardinale  (  che  volevano  ricondurre  in  Francia  Iq 
buone  arti,  abbellire  il  Real  Palazzo  del  Loirre  e  di  Fontanablò  ed  altri, 
e  adornare  la  Regia  Galleria,  col  fare  ragunata  di  uomini  fegnalati  in  pit- 
tura e  fcultura  )  fu  il  Poflino  chiamato,  per  occupare  fra  efli  il  primo  e 
princìpal  luogo  :  e  ciò  fu  al  principio  dell'anno  1639.  E'ben  vero,  che  ben 
due  anni  indugiò  il  pittore  a  portarli  colà:  e  quefto,  a  cagione  di  doverq 
accomodare  fuoi  a£Fari  in  Italia  ;  onde  non  prima  che  verfo  il  fine  del  i  ^40^ 
£1  il  fuo  arrivo  a  Parigi,  ove  gli  fu  dato  luogo  a  Fontanablò/  Furongli 
dalla  Maeftà  del  Re  ordinaci  due  gran  quadri  per  le  Cappelle  di  Fontana- 
blò  e  di  San  Germano  ;  e  furongli  fubito  donati  duemila  iTcudi  per  dat- 
orincipip  all'opere;  mille  per  V incomodo  del  fatto  viaggio,  nel  quale  ct^ 
fiato  pure  interamente  fpefatoj  e  mille  altri  furongli  aflegnati  per  ordina- 
rla provvifione  di  ogni  anno,  oltre  al  pagamento  da  farfegli  di  tutte  le  ope- 
re. Dicdegli  in  dono  quel  Re  per  fua  abitazione  un  palazzetto  nel  pia  bel** 
pollo  del  Giardino  delle  Tuil]eri€s,che  poi  per  caufa  di  nuova  fabbrica  fuT- 
mandato  a  terra-  Lo  dichiarò  fuo  primo  pittore  ordinario:  diedegli  la  fo* 
printendenza  di  tutte  le  opere  di  pittura  ,  e  reftaurazioni  di  Regi  Palazzi 
con  particolare  provvifione  di  jcremila  lire  :  ed  altre  dimoftrazioni  di  amo4 
re  e  di  ftima^Iifece,  che.  leggonfi  in  una  lettera,  che  il  medefimo  pQflina 
icrifle  al  Commendatore  del  Pozzo,  in  data  de' 6.  di  Gennajo  del  1641^ 
Doveva  il  ]>ittore,  fra  T altre  cofe,  far  dipignere  con  proprio  difesno  nelU 
gran  Galleria  del.Lovre  qtto  iftoriedel  vecchio Teflamento, e  altre  norie  pet 
Arazzi  deUe  Regie  Camere,  ad  imitazióne  degli  altri  del  gran  RalTael  16,  pori 

J^ermiifione  di  valerH  per  quelle  delle  invenzioni  di  altre  Umili  iftorie  da 
Ili  dipinte.  In  quello  tempo  colorì  per  lo  Cardinale  l' iftoria  di  Moisè  nel 
Roveto,  che  dovea  eflfer  pofia  fopra  il  cammino  del  Gabinetto  di  fuo  Pa- 
lazzo !  e  pei  palco  di  qudla  ftanza ,  in  figure  maggiori  del  naturate  1 
dipinfe  la  Verità,  fofienuta  dal  Tempo  contra  V  Invidia  e  la  Maledicenza. 
Per  San  Germano  colorì  la  tavola  dell'  Iniìituzione  del  Santiflìmo  Sacra^ 
mento  :  pe*  Padri  Gefuiti  fece  la  tavola  del  miracolo  di  San  FrancelcQ 
Saverio  nella  refurrezione  della  donna  Giappone  fé .  Difegnò  tutti  i  fron- 
tefpizzi  per, la  riftampa  fattafi  allora  nella  Regia  Stamperia  di  Parigi  delle 
Poefie  di  Vereilio  e  di  Orazio.  £ra  già  qùafi  terminato  l'anno  1642.. 
quando  il  Pollino,  vieden^ofi  immerfonel  gran  pelaj^odi  tanti  impieghi  e 
kvpri,  rifolyette  di  condurre  a  Parigi  la  propria  contorte  :  e  a  tale  effetto, 
con  permiflione  del  Re,  e  con  promeflTa  di  predo  ritorno,  viaggiò  a  Ro-. 
ma,  portando  però  con.feco  P  obbligo  di  loddisfare  anche  da  lontano  a'^* 
bìfogni  delle  incomìiKiate  faccende  pelLovre;  e  giunto  colà  con  allegrez- 
za degli  amiciy  li  pofe  a  feguitare  l'opera  de*  cartoni  per  )a  Galleria .  Oc- 

corfe 


3<>2  DecennAlL  della Part,  L  deiSecV.  dai  1 620,  ai  i  ^3 o. 

* 

Qorie  intanto  in  Francia  il  cafo  della  morte  di  Monsù  di  Noyers  fuo  gran 
protettore  a  qwlla  Corte;  e  poi  quella  eziandio  dello  (teflb  Re;  ondeH 
fece  luogo  al  Pofiino  a  non  penfar  più  al  ricorno  a  Parigi,  ma  a  fermarfi 
nel r  applicazione  alle  fue  belle  invenzioni  di  favole  e  di  (ìorie»  come  per 
avanti  era  fiato  folito  di  fare:  ed  in  si  fatta  quiete  perfeverò  per  ben  ven« 
titre  anni*  che  acconipagnaron  poi  il  viver  fuo.  Per  lo  Signor  di  Chate^ 
loa  fece  di  nuovo  i  fette  Sacramenti ,  tenendoli  in  prte  lontano  dalla 
prima  invenzione  »  elettaG  per  quegli,  ch'egli  aveva  dipinti  per  lo  Com- 
mendatore del  Pozzo 9  ed  altre  molte  cofe  i  tutte  degne  di  ammirazione,  fé* 
ce  vedere  e  per  Roma  e  per  varie  Provincie  >  ov'  elle  furon  trafoortate  • 
Perfeverò,  come  dicemmo,  il  Poffino  in  quefti  fuoi  ftud)  per  lo  (pazio  di 
ventitré  anni»  fempre  caro  ad  ognuno,  non  tanto  di  quella  nobilifliaia 
città»  quanto  d'oggi  altra;  ond'  è,  che  a  Roma  non.comparivano  perfo* 
iie»o  di  alto  lignaggio  o  gran  virtuoG,  che  non  voleflèro  vederlo  e  cono-* 
fcerlo:  e  lo  fteilo  Ke  Luigi  XIV.  gli  confermò  il  paterno  brevetto  col  ti« 
tolo  di  fuo  primo  pittore  »  e  volle  che  gli  foflero  pagate  le  trafcorfe  prov* 
vìfioni.  Ma  perchè  egli  è  folito  deir  umana  mtferia  il  non  fentir  godimen* 
Co  fenza  miftura  di  dolore;  incominciarono  appoco  appoco  ad  affliggere  ii 
noftro  artefice  varie  indifpofizioni  :  e  particolarmente  fu  aflalko  da  un  si 
fatto  tremore  di  mani  e  ai  polii,  che  a  fegno  il  conduffe  dì  non  poter 
più  ne^  fuoi  difegni  far  vedere  i  maeftrevoli  tratti,  che  per  avanti  erano 
itati  proprj  del  fuo  ftile:  e  coW  accrefcerfi  di  tale  accidente,  anche  al  di« 
pìgnere  provava  egli  ^ran  difficultài  finché  forte  indebolita  la  foftanza  del 
corpo  fuo ,  prima  fi  ridufTe  quafi  del  tutto  inabile  al  camminare  :  poi  >  col* 
Paggiugnerfi  a'  fuoi  mali  una  gran  poftema,  giunfe  a  non  poterfi  difobbli» 
gare  dal  letto»  finché  gli  fu  forza  il  vedere  V  ultima  ora  del  viver  fuo:' 
e  ciò  fu  agli  19.  di  Novembre  del  166$^  e  della  faa  età  il  fettantefimeprima 
con  più  cinque  mefi  :  e  quefto ,  dopo  avere  egli  dati  aperti  fegni  di  quella 
pietà  9  colla  quale  veramente  in  fu  gli  occhj  di  Roma  e  di  tutto  il  mondo 
egli  era  fiato  folito  di  menare  fua  vita»  Gnindiflimi  furono  gli  onori» 
che  da  quegli  Accademici  di  Santo  Luca,  e  da  tutti  gli  altri  artefici  furon 
£itti  al  fuo  cadavero,  al  quale  finalmente  nella  Chiefa  Parrocchiale  di  San 
Lorenzo  in  Lucina  fu  data  onorevole  fepoltura . 

Ebbe  il  Poflino  moglie,  ma  non' figliuoli:  ed  il  fuo  capitale  •  in  tempo 
di  fua  morte  »  non  trafcefe  al  valore  di  quindicimila  feudi .  Reftò  un  fUo 
ritratto  fatto  di  fua  propria  mano  Panno  1(^50.  e  mandato  da  lui  mede* 
fimo  in  Francia  al  Signor  di  Chatelou.  Fu  il  Pofiino  d'ingegno  vivace 
molto:  ed  a  forza  di  gran  lettura,  e  colla  pratica  de'  gran  letterati  poflia* 
mo  anche  dire,  che  egli  fi  {offe  fiitto  fumcientemente  dotto,  almeno  in 
quanto  appartiene  al  fapere  ingegnofamente  e  nobilmente  inventare  :  cofa , 
che  veddefi  particolarmente  nelle  figure ,  che  egli  difegnò  nel  trattato 
della  Pittura  di  Lionardo  da  Vinci ,  ftampato  in  Parigi  Panno  1(^51.  e  fa 
folitoa  dire, che  il  pittore  doveada  per  Ct  fteffo  Icegliere  il  fuggetto  abile  a 
rapprefentarfi ,  Nel  modellare  di  cera  e  di  terra  non  fu  inferiore  ad  alcu- 
no del  fuo  tempo,  anche  profeflbre  di  {cultura:  e  fu  fuo  detto  ordinario» 
che  la  Pittura  e  la  Scultura  erano  un* arte  fola,  d'imitazione  dependentc 

dal  di- 


NICCOLO      POSSINO.        joj 

dtl  difegno  t  non  in  altro  difparif  cho  nel  modo;  benché  k  prima  per  U 
finca  apparenza  foflè  pm  artinciofì  • .  Ebbe  penfiero  di  dar  fuori  un  fuo 
Trattato  diOflervazioni  e  Ricordi  diverfi  fopra  la  Pittura  :  e  alle  originali 
fatiche»  a  tale  oggetto  fatte  da  lui»  fu  dato  luogo  nella  Libreria  dell'Emi-- 
nentiifimo  Cardinale  Cammillo  de'  Maflimi ,  comunicate  ancora  da  eflb  a 
Pietro  le  Maire ,  fiato  fuo  amici  (fimo  :  ficcome  caro  non  poco  gli  fu  Gafpa*» 
ro  Dushet»  fuo  diicepolo  e  cognatp»  il  quale  nell'ottima  maniera  e  nelh 
fjuna  di  condur  bene  arie  «  paefi»  pofiiamo  affermare»  che  rimaneflfe  fuo 
degno  erede  • 

Diciamo  per  ultimo  »  che  chi  bramafle  alcune  belle  ofTervazioni  del 
Poifino  intorno  alla  pittura ,  ed  anche  una  fua  bella  fatica  intorno  alle  mi* 
fure  della  maravigliofa  (latua  dell'  Aminoo ,  potrà  nell'  altre  volte  citata 
opera  del  Bellori  render  pago  fuo  defiderio . 


PITTORI 

CHE    FIORIRONO    IN    QUESTO    TÈMPO 

NELLA  LIGURIA  O  GENOVESATO.    "  V 

GIOVANNI  CARLONE,  figliuolo  di  Taddeo  Carlone  Scultore , 
ebbe  fua  fcuola  appreflb  a  Pietro  Soni  pittore  Sanefe,  nel  tempo  ap« 
punto»  che  egli  fi  trovava  in  Genova,  nel  1595*  per  fare  pili  opere  per 
quelle  chiefe:  e  nel  tempo  ancora,  che  nella  medefima  fcuola  ftudiava 
Bernardo  Strozzi  »  detto  comunemente  il  Cappuccino  Genovefe  :  e  riufci 
ne'  fuoi  principi  ad  ogni  altro  fuo  condifcepolo  (uperiore;  ma  partitofi 
da  quella  città  il  Sorri,  né  trovandovifi  allora  pittori  di  valore,  con  cui 
poteiTe  egli  dar  compimento  a' fuoi  ftud),  fu  dal  padre  mandato  a  Roma, 
ove  alcuni  anni  (i  trattenne  :  e  poi  portatofi  a* Firenze,  fi  fermò  appreflb  il 
celebre  pittore  Domenico  PaiIignam,dovegIi  forti  di  farli  gran  pratico  nel 
colorire  a  olio  e  a  frefco;  tantoché  tornatofene  a  Genova,  vi  fu  da  quei 
cittadini  in  lavori  onore voliflimi  impiegato.  Accafatofi  con  una  figliuola 
di  Bernardo  Caflello ,  fatto  già  abbondante  di  occafioni  di  operare,  potè 
bene  appagare  il  fuo  genio  e  l'amore,  che  egli  aveva  all'  arte  fua.  Nella 
SantiilìmaNonziata  di  Port'Oria  fece  più  pitture  a  olio  e  a  frefco:  nella 
Chiefa  dei  Gesù  per  ii  Loniellini  dipinfe  la  navata  di  mezzo:  nella  Chiefa 
della  Santiflima  Nonziata  del  Guaftato,  e  nella  cafa  di  Anton  Maria  So* 
prani,  che  poi  fu  di  Carlo Cafella ,  colori  molte  iftorie  a  frefco  ..  Ch'urna* 
to  finalmente  a  Milano ,  vi  diede  principio  ad  una  grande  opera  nella  Chie- 
fa di  Santo  Àncoiùo  ;  ma  non  era  egli  appena  alla  metà  pervenuto  di  fuo 
lavoroi  che  fu  colpito  dalla  morte  V  anno  16^0,  Furono  quelle  pitture 

terminate 


3  04    Decenn.  ìli  detta  7art.  I.  del  Set.  F.dal  1 620.  ali6$  o. 

terminate  da  GIOVA  MB  ATI  STA  CARLO  NE  Tao  fratello:  e  ti 
cada  vero  di  luifunelja  ftcfltCbiefai  poflTedaa  da' Padri  Teatini,  dacaoao* 

revolc  fcpoltura. 

GIOVACCHINO  AXERETOiche  venne  a  queftaluce  nell'anno  1600. 
fin  da  piccolo  fanciullo  actefe  al  difegno  appreflb  Luciano  Bozzone  t  e 
fotto  la  fcorca  di  lui  prima  fecefi  valorofo  nel  difegnare  di  penna,  poi  fi 
approfittò  nella  pittura  fino  al  iegno  di  potere  di  fua  invenzione  operare  : 
e  £ra  le  prime  cofe,  che  conduflero  i  fuoi  pennelli ,  fu  un  Cenacolo  per 
quei  dell'Oratorio  e  Compagnia  di  Sant'Antonio  in Sarzano  .  Accodatoli 
poi  a  Gio.  Andrea  Anfaldo,  eflbndo  egli  ancora  iu  aflai  tenera  età,  fece 
pe'  Fratelli  dello  fteflb  Oratorio  un'opera  di  ftraordinaria  grandezza,  in 
cui  con  qualche  ajuto  del  maellro  rapprefentò  le  tentazioni  di  S.  Antonio  « 
Una  tavola  pure  dipinfe  a'medefimi»  nella  quale  fece  vedere  il  Santo  in 
atto  di  fare  icaturire  acqua  dalle  pietre.  Operò  per  liDifcìplinantidiSan* 
ta  Maria,  e  per  l'Oratorio  di  Santa  Croce .  Nella  Nonziata  del  Guadato, 
aiella  Cappejla  di  noftra  Signora  della  Cintura ,  fece  opere  belle  a  frefco  e 
a  olio .    rer  Gip.  FranCefco  Granello  dipinie  un  falotto  ,  e  un  altro  per 
Agoftino  Arpoli  :  per  le  Monache  di  Santa  Brigida  operò  fimilmente:  e 
più  quadri  colorì  per  pubblici  e  privati  luoghi  di  quella  Cittì  e  della  Ri- 
viera, e  molti  ancora,  che  furono  mandati  in  Ifpagna.  L'anno  i<^39.  por- 
tatofi  a  Romai  vifitò  tutte  le  danze  de' pittori,  ofTervando  le  maniere  di 
ciafcheduno ,  fenza  mai  però  darfi  a  conpfcere  per  pittore  :  né  volle  ope-^ 
rarvi  alcuna  cofa;  benché,  com'et  difie  poi  al  tuo  ritorno,  ei  non  avefle 
fra  quei  maeftri  veduto  tanto ,  che  avefiegli  tolta  1'  apprenfione  di  fapere 
anch' eflb  tanto  o  quanto  maneggiare  i  pennelli .  Finalmente  venuto  Yzn^ 
x\o  1649.  ^^I  quale  occorfe  la  terribile  influenza  delle  febbri  acute  ,  che 
tanti  e  tanti  privarono  di  vita,  toccò  anche  ad  eflb  fra  i  molti  la  ftefia  mU 
fera  forte.  Fu  quefto  artefice  in  apparenza  malinconico,  ma  allegro  e  fa- 
ceto nel  converfare;  e  ftando  folofapea  anche  di  ver  tirfi ,  traftullandofi  col 
fuono  e  col  canto  all'improvvifo,  e  fino  col  cane  e  colla  gatta.  Dilettofli 
in  eftremo  della  pefca,  tantoché  fé  egli  avveniva ,  eh'  e'  vi  fofle  chiamato 
da* compagni  in  tempo,  che  egli  avene  fopra  alla  frefca  calcina  abbozzata 9 
e  anche  a  buon  termuie  ridotta  alcun'opera ,  pofava  i  pennelli,  lafciando 
il  lavoro  nello  flato  eh'  e'  fi  trovava  ;  onde  gli  era  duopo  il  feguente  gior« 
no  gettare  il  tutto  a  terra,  dar  nuovo  intonaco,  e  ricommciaire  da  capo  le 


Genovefe,  che  molte  opere  copiò  del  maeftro  a  maravigjift  bene;  e  finì  fua 
vita  r  anno  1656,  Fu  anche  difcepolo  di  Gio  vacchino ,  Giovambatifla  Ta- 
nara  nobile  Genovefe»  ehe  dipinie  per  fé  ftelTo;  e  pe'  propr)  parenti  e 
amici . 


NOTI- 


3  OS 


D       B       L       L       E 

N   O   TI   Z   I  E 

DE*   PROFESSORI 

DEL      DISEGNO 

DA  CIMABUE  IN  QUA 

DECENNALE   IV- 

DELLA  PARTE  l  DEL  SECOLO  V- 

DAL   OiDCXXX.    AL  MDCXXXX. 

DON  ANGIOL  MARIA  COLOMBONI 

DA   GUBBIO   MINIATORE 

Mnaco  UfivetoM, 

|U  il  natale  di  quella  ircefice  l' anno  i6o%.  il  i»dre  Tuo 
1  fu  FUmminioColombonicJctftdino  dì  Gubbio.  VeAl 
fin  da  giovanetto  T  abito  della  Congregazione  Olive* 
,  tana:  ed  in  quella  (ì  intero  fìn  dal  Del  principio  ap- 
prezzabile ,  non  meno  pe*  buoni  coflumi ,  che  pef 
le  inclinazioni  alle  lettere  e  ad  altre  facottadi,  nelle 
quili  col  tempo  riufcì  dì  non  oidinaria  eccellenza» 
e  particolarmente  nelle  mattematiche.  Stampò  inBo^. 
logna  l'anno  1669.  un  libro  intitolato  'Pràtica  Gnomo» 
tùeé  »  ovvero  Tavole t  colh  qutli  ciafcum  agevolmente  puòjar  ^  fé  gli  omlogi 
do  Sole  -  e  un  altro  fìmil  volume  ha  lafciat;o  in  penna .  Ma  non  meno  lì  è' 
egli  fegnalato ,  per  l'abilità  avuu  in  difegni  e  ricami ,  e  per  trarre  dal  ns- 
tjurtle  (»ni  fof  et  dì  iìori ,  facendo  da  fé  medeOmo  Iq  tinte  di  fughi  d'erbe . 
■    ■        V   ■  '    "         Fu     " 


^ò4  DegetmJl^. della Part.L dei Sec.y, dal  16^0, al  16^0, 

Fu  eccollence  in  lavorar  dr  minro .  e  ritrarre  al  vivo  ogni  Qualità  dì  uccdll» 
i  quali  lavorava  con'cant'arte,  cheeracófaftraordinaria,  paiohè olcre  alla 
pofìcura»  il  geflo  e  la  naturaleiza,  fi  difcerneva  in  loro  la  più  minuta  piu- 
ma delle  penne,  col  variar  d&lP«dìI»ei  iuezzetince  e  lumi;  onde  è  fitoia, 
clw  il  celebre  pittore  Gio.  Francefco  Barbièri*  detto  ìt  Guèrcino  ^a  Cen* 
to.  fol4  jrólitò  di  cl^UDar«  quefto  Padre  iiì  fìmil  pro&iIi<H>e>  il  Raffaello 
de'  noftri  tèmpi:  e  Frahcefco  Allegrim  pittore  dt  Gubbio  Io  paragonava 
a  Giovanni  da  Udina,  che  in  rìtrarre,al  naturale  gli  uccelli  fu  lìngoIarilH- 
mo.  In  due  libri  di  quefti  animali,  che  egli  ha  lafcìaro  dì  fua  mano,  fi 
vede  ad  ogni«arta  figurato  con  mirabile  fquijicezza  un  uccello  >  in  quell^^tt^ 
eppunto ,  cha  ad  eflo  è  più  connacut^te  ;  oilèrvàzione  e  fatica  >  degna  in^)e- 
ro  èf  uno  fqtiifico  ingegno  ,  coaijd^^  quello^  di  queflo  artefice  .  Sc^teC 
egltper  qualche  tempo  in  Bologna,  onorato  del  titolo  di  Abate,  fotte  il 
Generalato  déIl'AEute.Peppolj:  poi  toiiiatofràé  alla  patria' a  continuare  i 
fuoi  fiudj ,  alTalico  da  gr^e  infermità ,  fini  il  corfo  de'  giorni  fuei  l'anno  1671. 


C  O  S  I  M  O       L  O  T  T  I 

pittore  e  architetto 
fior:entino 


'Difiepolo  di  'Bernardino  'Pocceni,nato 


ION  v'ha  dubbio  alcuno, che  a  p^rfona,  che  BJutata  dal  gènio 
voglia  far  profitto  in  qualche  bell'arte,  non  fia  neceflarìo 
aver  per  primo  e  principal  penfiero  ìl  fare  fcelta  per  fé  di  un. 
ottimo  maetlro;  ma  egli  è  vero  altresì ,  che  fé  tal  maeftro  non 
avrà  congiunto  all'abilità  nel  fuo  meftiero,  l'amore  e  la  dili- 
genza neli*  iftruire  i.difcepoli,  non  farà  Tempre  buona  tale 
elezione.  Colimó  Lotti  Fiorentino',  uno  de"  più  bizzarri  ingegni  del  fuo 
tempo,  avendo  grande  incUhaZtone  alle  cofe  del  difegno,  fin  da'fuoi  pri- 
mi anni  fi  acconciò  co!  celebre  jfittòre  Bernardino  Poccetti.  Ma  per  eflè. 
re  quegli ,  per  altro  valente  e  infaticabile  artefice ,  come  abbiamo  fatto  ve- 
dere nelle  notizie  della  vita  di  lui,  perfona  bisbetica  e  capricciofa ,  e  tut- 
to dedito  agli  fvagamenti  e  all'  allegrie  delle  tavole,  dì  pochi  o  dì  nìur>o 
de'fuot  fcoiaricì  /on  mai  venuti  a  notizia  grandi  progrem  nell'arte^  onde 
non  è  gran  maraviglia  «  che  il  giovane,  dopo  avere  aiutato  per  qualche 
tempo  al  maenro  ncU'  opere  fue,  fi  delle  tutto  alle  cofe  di  Architettura, 
efèrcitandofi  particolarmente  in  quelle,  che  ad  uh  nobile  e  bizzarro  inge- 
gnere appartengono,  nelle  quali  rhifci  poi  (Ingoiare.  Onde  effendo  (lata 
conofeiuta  .dal  SereitilUmo  Granduca  W  fua  grande  abilità  netl'  inventare 
t'(Ì9»duWe«fifteVòft  Ciwofc'c  nuore»  toUe  ch'c'-tefiaWfiiR  tu^ce  le  fonti 

L.  ...       ■     -■_j^^      -         .-  jj^ji. 


QOSIMQ    lÓTTI.  307 

jdellt  Keal  VilkdiPratoIino;  mi  parucokcin^ce  tutte  I0  figure»  che  inof 
pendoli  a  forza  d'acqua>fanno  diverfì  loro  uficj ,  che  Pajon  veramente  anU 
mate .  Ebbe  ancora  per  volontà  dei  medefimo  a  rettaurare  le  fonti  della 
Villa  di  Caftello,  dove  conduiTe  can  fua  invenzione  la  belliflima  fonte» 
che  fi  chiama  la  Grotta,  con  ungran  cancello  di  ferro,  che  da  per  fé 
•fteflb  a  forza  d'  acqua  chiudendofi,  ferra  il  mal  pratico  foreftiere  oentro 
alla  medefima»  mentre  da  tutte  le  parti  piovono  acque  in  grande  abbon- 
danza :  e  fimilmente  fu  fuo  concetto  e  artifizio  il  gran  mafcherone,  che  jlji 
Vede  ibpra  il  frontefpizie  di  eòa  .grotta»  il  quale  al  toccar  che  fi  fa  col 
piede  una  lapida»  che  ènei  pavimento  poco  avanti  all'entrare,  aprenda 
moftruofamente  la  bocca  e  (Iralunando  gli  occhj ,  vomita  addo(fo  a  chi  è 
di  fotto  trentatre  fìafchi  d'  acqua  in  un  momento,;  e.  fece  anche  due  cigni 
per  un'altra  fonte  di  quella  Villa,  che  a  vicenda  fi  muovono,  tuffando  il 
capo  per  bere,  poi  vanno  fpruzzando  l'acqua  all'intorno  verfo  ì  riguar«> 
danti*  Quivi  pure ,  nella  fonte  detta  la  Quercia  ,fece  una  tavola ,  che  getta 
l'acqua  con  bellifiimi  fcherzi:  ndle  quali  tutte  cofe  fi  fervi  per  la  mani- 
polazione» di  un  tal  maeftrodi  (l^gni ,  chiamato  per  foprannome.  il  Trito» 
che  in  que' tempi  era  molto  filmato  in  maneggiar  ìe  materie  neceflarie  $ 
tali invenzioni>^  e  perfona  in  tuttfls{)Qr  tutto ^fimile  a  lui,  perchè  era  ui| 
uomo  piacevoliflimo .  Fu  egli  in  quefto  tempo  grande  amico  del  vinw)C^ 
Giovambatifia  Strozzi ,  chelo  tenne  con  provviftone  di  cinque  feudi  il  me- 
fé:  e  fecegli  fare  piìi  difegni  per  la  facciata  della  fua  cala  da  Santa  Trinità» 
doV  è  il  terrazzino;  benché  poi  fi  valeile  del  modello  di  Gherardo  Silvani^ 
faceiìdo  fare  però  con  difegno  del  Lotti  i  trofei ,  che  fi  vedono  fotto  la 
cornice  della  fiefifa  facciata  .    Era  paflata  al  cielo  la  gloriofa  memoria  del 
Granduca  Cofimo  II.  -  felice- pec  la  bQllaiucQeifione  lafciata  di  quattro  Prin* 
cipi  e  tre  PrincipeflTe  fuoi  figliuoli ,  la  maggior  parte  in  puerile  età ,  «e  di 
quello  fpirito»  che  i  medefimi,  fatti  maggiori,  nanno  poi  dato  a  conofce- 
xeal  mondo;  quando,  per  avere  egli^  come  fi  è  detto,  avuta  mano  no' 
foprammentovati  lavori,  fi  eragià  fatto a0ai  conofcere  a  quella  Corte;  on- 
de e' nofì  andò  molto  ^  che  egli  incomihciòa  riceverne  trattamenti  di 
grande  amorevolezza  e  familiarità;  ed  efiènda  fiata  conofciuta  la  fua  gran 
piacevolezza,  facevanlo  quelle  Altezze  frequentare  il  palazzo  e  le  camere 
de  ì  Principi  fanciulli,  a  i  quali  colle  fue  beile  invenzioni,  in  cert'ore 
determinate,  era  di  un  gioconditlimo  trattenimento.  Per  quefti  fece  nel 
viva)o  de'  Pitti  moltifiimi  fcherzi  d'acqua  tanto  belli,  nuovi  e  capricciofi, 
che  pi  ù  non  fi  poteva  defiderare .  Fra  gli  altri  fece  una  piccola  barchetta ,  nella 
quale  eran  due  barcaruoÌj\  che  per  fòrza  di  contrappefi  fi  vedevano  va* 
gare,  mentre  la  barca,  che  era  di  un  braccio  o  poco  più,  andava  cam- 
minando. Accomodò  ancora  nello  (ttffo  vivajo  due  figurine  armate,  che 
non  eccedevano  l'altezza  di  un  palmo.  Quefie  pofavano  fopra  un  piano  di 
afie,  coperto  di  lamiera  di  rame,  e  quefta  fopra  un  puntello,  che  in  fon« 
do  aveva  uno  zoccolo  pefante,  sì  bene  contrappefato,  che  la  teneva  fer- 
ma appunto  al  piano  delj'  acqua,  mentre  le  due  figurine,  mediante  alcuni 
artificiofi  ordinght,che  eran  fotto^  incontrandofi  inileme,e  più  yolte  arre^ 
trandofi,  s' invefiivano  con  lancia.   Chi  vide  molte  di  quefie  invenzioiu 

V  a  dice, 


^  o8    Decenn.  W.  Ma  p4rt.  t.  deliec.  V.  àal  i  ^3  o.  al  1 6/^0. 

tdice,  che  il  Lotti  per  faf  tate  apf^arenza  fi  valeflb  di  certe  caflette  d^  acqua 
riferrata  f  che  al  toccar  di  una  chiave  pigUatrano  un  moto  violento  «eoa 
cui  fi  vedevano  operare  quelle  figure,  e  anche  la  barchetta.  Se  poi  occer- 
fevano  o  pel  Palazzo  o  per  le  cale  de  i  Cavalieri  fuoi,  nozze  o  oanchetti  » 
ficeva  egli  per  le  tav<rfe  beUiffini  lavori  di  zuccheri  «  fonti  e  altri  fcherzi 
non  più  veduti.  Venuto  Tanno  ifizft.  la  Maeftà  di  Filippo  IV.  Re  delle 
Spagne  incominciò  la  fabbrica  del  gran  Palazzo  del  Buonritiro  alle  mura 
di  Madrid,  dove  difegnòfare  un  teatro  per  le  commedie:  e  per  tale  effet- 
to chiefe  al  Granduca  Ferdinando  alcun  buono  artefice  e  ingegnere,  che 
Sion  iòlo  potefle  dar  diiègno  per  lo  teatro ,  ma  anche  inventare  e  promuo- 
vere 1'  ufo  delle  macchine  per  le  ftefie  commedie.  Il  Granduca  ebbe  di- 
Icorfo  di  ciò  con  Giulio  Parigi,  che  in  tal  meftìere  faceva  allora  la  prima 
figura  in  Firenze  i  al  quale  parve  ,  che  fofie  giunta  una  bella  congiunta- 
xa  di  eonfigliar  bene  il  Tuo  Signore,  far  cofa  utile  al  Re»  e  liberar  le  fieflb 
danna  torxoentofagelofia,  che  travagliava  il  fuo  cuore  neli' ofiervare  le  fpi«> 
ricofe  operazioni,  che  dava  fuori  ogni  di  l' ingegno  di  cofiuii  onde  fenza 
punto  penfarvi  fopra,  diCTe  al  Granduca ,  non  poterfi  mandare  in  Ifpagna 
m^lior  foggetto  che  lui .  E  perchè  il  Lotti  aveva  già  in  tali  belle  facoltadi 
dato  gran  faggio  di  fé:  e  perchè  e-  voleva  quel  ^reniffimo  &titfare  pie» 
tiamente  al  gufto  di  quella  Maeftà;  comandò  a  lui  il  mettedi  all'ordine  per 
portarfi  a  quel  fervizio.  Cofimo  accettò  volentieri  così  bella  occafione  di 
ftrfi  onore:  e  fulnto  fi  applicò  a  preparare  belliffime invenzioni ,  per  farle 
vedere  al  Re  al  fuo  arrivo ,  affine  di  acquifiarne  appreOTo  la  defiderata  be- 
fievdenza  e  ftima  di  fuo  (apere  :  ed  acciocché  gli  folle  concefl^o  di  poter  colà 
porre  ad  effetto  un  fuo  bellifiimo  penfiero  in  materia  di  artifiziofe  i^ppa* 
renze,  che  io  racconterò  più  abbalTo,  Stava  egli  in  quefto  tempo  in  Fi* 
irertìse  nella  propria  cafa  di  Mattio  Fiordivilla  luo  nipote,  uomo  dt  tanta 
integrici  e  di  tanto  retto  giudìzio  ,  quanto  altri  mais  e  quelli  fi  trovò  a 
vedere  rutti  i  modelli ,  e  preparamenti  delle  cofe,che  io  fono  ora  per  rac- 
contare ,  ficcome  egli  a  me  T  ha  raccontate*  Primieramente  compofe  di  di» 
verlè  materie  proporzionate  alle  azioni  una  teda  maggior  del  naturale , 
la  quale,  nel  toccarfi  un  bilico,  apriva  la  bocca  in  modo  fpaventofo,  in<- 
crefpava  il  nafo  e  le  narici,  arcava  le  ciglia,  fliraya  le  gote  e  ftralunava  gli 
occhj:  inoltre  rizzava  i  capelli,  e  prorompeva  in  un  urlo  orribile,  Que* 
fta  portò  egli  poi  con  feco  in  Ilpagna ,  la  donò  al  Re ,  e  fervi  per  un  bello 
fpattb  della  Corte,  particolarmente  della  Regina:  la  quale  fattala  vedere  ad 
alcune  femplici  fue  damigelle,  le  meile  in  apprenfione,  che  ella  foffe  cofa 
fopraiinaturale ,  e  che  ella  avefle  vlnù  di  fpiare  le  azioni  de^  Cortigiani  per 
rirari/le  alla  Maellà  Sua;  cofa  che  le  coftitui  in  tanto  timore,  che  non  fi 
arrifchiavano  a  parlare,  per  non  eflfere  udite  da  quella  teQ:a«  Ma  perchè 
non  creda  alcuno,  che  l'affetto  del  Fiordivilla  alla  virtii e  perfona  del  zio 
rabbia  fatto  in  quello  racconto  alquanto  amplificare,  eccone  un  tefiimo* 
Ilio  di  un  gran  vinuofo  delle  Spagne  •  Quelli  è  Vincenzio  Carducci ,  Re- 
no pittore,  il  quale  nel  fuo  Dialogo  della  pittura,  fcritto  in  <)uella  lingua, 
fa  mi  cai  racconto i  che  recato  in  noftro  Italiano  idioma,  dice  così; 


COSIMO      lOTTL  SQf 

Déìt^trn  hmJU  titomnHéUe  finente  dtttf  whft  tppsnamimo  i§  8§t$ 

fiì  £jpofto  e  ùtémio  di  isvole  un  teatn  potatile  »  per  far  commedie  di  méccbi^ 

ne.  come  queUe  ebe  #  quefli  giorni  fi  fin  fatte  ^  neUe  quali  Cofima  Lotti  ffamo-^ 

Jò  ingegnere  Fiorentina  t  mandato  dal  Granduca  di  Tofcanf  al  fervizio  di  Snéf 

Maefià ,  ba  impiegate  con  tfiupore  di  tutti  lefue  ammirabili  e  fhaoaganti  tra^ 

sformazìoni.  Per  faggio  e  per  mofira  del  fuo  ingegno  (  quando  venne  )  fect 

qfueBa  te/la  di  Satiro  di  wtlente  fculiufa  9  cbe  con  movimento  feroce  muove  gH 

accb) ,  gli  oreccbj  e  i  capelli  ^  e  la  bocca  apre  con  tanta  forza  9  e  con  uno  fir/do 

eie  ypavema  e  impaurifce  cbiunque  non  iSà  fulFavvifo  ;  ficcome  in  mia  prefen^ 

^u  feguì  d^  un  uomo ,  cbe  flrafecolanào  per  queOo  non  penfato  rumore  %  diede 

turbato  e  quafi  fuor  di  fé  ufcito^  un  balzo  iU  pia  di  quattro  poffi.   Nonfifit 

fé  quella  cbe  formò  Alberto  Magno  9  cbe  fecondo  dicono  le  fior ie%  fave IJ ava ^ 

uvanzajfe  quefia .  Una  rapprefentazione  fece  in  Palazzo  dove  fi  vedeva  un  ma^ 

re  con  tal  movimento  e  proprietà t  cbe  coloro  cbe  la  miravano,  uf vivano  (olla 

fiomaco  alterato^  come  fé  'veramente  faffèro  fiati  nel  mare  ^  ficcome  vedd^lt  ito 

piti  d  una  Dama  di  quelle  9  cbe  fi  trovarono  a  queffa  fefta .   Fin  qu)  il  Car» 

ducei. 

Diifi  di  fopra ,  che  il  Lotti  preparò  in  Firenze  U  bella  inirenzione  di 
quella  fpaventofitcefta  per  acquiftar  credito  appre(£bal  Re  rdcciocchè  gli  fo& 
K  credMa  unta  fede  9  che  bafl:a(!e|ier  condurlo  all' adempimento  di  iia  fuo 
bei  penfiero.  Diquefto»  fubitocliè  egli  fu  eletto  Ingegnere  di  Sua  Matftà  ^ 
egli  aveva  fatto  i  difegni  d' acquerello  colorito:  e  anche  aveva  terminaci 
i  modelli  in  Firenze,  nella  cafa  e  a  vifta  del  nominato  Fiordivtlla  fuo  nl^ 
poce:  ne*  quali  modellici  era  fatto  ajutare  a  un  tale, Pier  Francefco  Can« 
dolfi  9  detto 'il  Maeftrino  legnaiuolo  »  uomo  di  grande  ingegno  «  che  efleq» 
do  flato  a  Roma  qualche  tempo ,  aveva  difegnate  e  colorite  tutte  le  piik 
beHe  fontane  di  quella  città .  Il  penfiero  dunque  del  Lx>tti  fu  quefto.  Ave* 
va  egli  determinato  di  fare  un  Giardino  a  quel  Re»  con  tutte  le  amenità  « 
delizie,  che  fon  proprie  di  un  tal  luogo .  Alla  porta  di  quefto  Giardino  vo* 
leva  ehe  col  toccarli  di  un  bilico  comparifle  una  fìnta  bellifiima  femmina» 
pompofamente  veftita,  ad  incontrare  il  foreftiero,  e  con  bella  grazia  gli 
porgefle  la  mano  ;  quindi  accomp^ignandclojper  alcuni  palli  »  lo  doveflé  con* 
durre  in  luogo,dove  dovevano  edere  altre  ngure,  che  da  per  fé  fteffca  va« 
rie  azioni  fi  moveffero.  Vedutoli  pai  dal  foreftiero  il  più  bello  del  giardi»* 
no,  doveva  egli  pervenire  in  un  luogo,  dove  fofle  un^alrra  finta  femmina, 
Ja  quale  con  bel  gefto  T  invitafle  a  bere  dell'  acque  di  una  fontina,  quivi 
vicina,  accomodata  con  tale  anifìzio,  che  fubito,  che  egli  vi  avefle  ap- 
predate  le  labbra,  cetTaflTe  di  gettare  acqua,  e  in  quel  cambio  mai)dafl*e  fuo« 
ri  preziofifllmo  vino:  e  fubito  fpiccata  la  bocca  dalla  fonte  tornafle  a  darò 
acquar  etutDOciò  dovea  farli  fenzafenfibileintermìifione  di  tempo,  etan«» 
to  iftantemente,  che  non  potendoli  accorgere  alcuno  del  celTar  deir acqua 
e  del  vino,  pareflc  proprio  che  l'acqua  in  vino  e  'I  vino  in  acqua  li  trafmu* 
rade .  Quella  bella  idea  non  li  crede  che  fede  portata  a  fuo  fine  ;  petcbò 
giunto  che  fa  il  Lotti  in  Madrid  infiemè  col  Candolfì  »  il  quale  condude 
per  fuo  ajuto  nelle  macchine,  con  due  altri  uomini,  giardinieri  del  Giardino 

V  3  di  Bo- 


j io   Vecenn.U^.MaPart.hdelSèc.V.dàl tó^o.al  16^0. 

ilBòboli  (a)  I  fa  Cubico  dal  Re  impiegato  nel  teatro  $  il  quale  fece  egli  con-^ 
cigoo  al  Real  Palazzo»  in  tal  politura,  che  dal  piano  dell' appartamento  Re- 
gio» godendofi  tutta  la  fcena  »  pocevanfi  altresì  vedere  e  (entir  benifllmo  le 
commedie:  e  perchè  il  didietro  di  efia  fcena  rifpondeva  in  campagna  aper- 
ti/potè  r artefice  farvi  comodamente  i  pozzi  eie  tagliate,  per  maneggiar 
le  macchine,  che  riufcirono  maravigliofe  e  di  tanto  artifizio,  che  egli  »  a£« 
finché  fàpeiTero  quelli, che  erano  per  venire  do]>odi  lui,  maneggiarle,  ne 
blciò  im  libro  ben  difegnato  ,con  tutte  le  memorie  e  note ,  che  al  loro  go% 
verno  giudicò  eiier  neceflàrie.  Ave  vagli  il  Re  fatto  aflegnare  una  molto 
onorata  provvifione,  e  gli  aveva  fatto  dar  le  danze  unite  al  Regio  Palazzo 
fbpra  la  caia  del  teforo,  donde  era  folita  paflare  la  Maeftà  Sua,  per  di  quivi 
tirare  al  Volo;  perchè  avendo  conofciuta  la  molta  piacevolezza  di  lui»  gu- 
flava  grandemente  di  averlo  attorno .  Fecefi  intanto  la  rinomata  comme** 
dia,  di  che  fopra  abbiam  fatto  menzione;  la  quale  finita,  il  Re  fece  dono 
al  Lotti  di  tutta  la  macchina  e  del  materiale  di  efla  con  gli  abiti  ed  ogni 
akra  cofa .  Con  quello  arredo  fece  egli  a  fue  fpeiè  recitare  più  altre  com* 
medie  con  $ì  mirabili  profpettive,  mutazioni  e  trasformazioni,  che  non 
mancarono  molti  fra  la  minuta  gente»  che  fi  fecero  i  credere,  che  le  ope« 
razioni  di  coftui  noh  foffe  fenza  ajuto  d'arte  magica  e  negromanzia.  Fece 
•l^i  pagare  un  tanto  per  perfona  a  chi  le  volle  vedere ,  con  che  avanzò 
fopra  duemila  feudi .  Aveva  egli  lafciato  a  Firenze  due  fue  figliuole  fan* 
ciolle  alla  cura  della  moglie,  la  quale  non  moki  roefi  dopo  la  partenza  del 
marito,  fentendo  fin  di  qua  nuove  di  lui,  altre  digufto,  altre  di  poca  fue 
Ibddisfazione,  attefi)chè  egli  forfè  attendefle  troppo  a  darli  buon  tempo , 
fuitrò  in  tanta  furia,  che  infieme  colle  fieliuole  prefe  la  via  di  Spagna: 
ed  egli ,  quando  meno  il  penlava  ^  non  to  già  con  quanto  fuo  piacere  ) 
fi  vide  tutta  la  Tua  fami^ia  m  Madrid  «  Ma  la  moglie  non  fu  appena  fiata 
colà  alcuni  mefi ,  che  niì)  il  corfo  di  fua  vita  :  una  delle  figliuole  fu  mari- 
tata aflài  civilmente  ad  un  Capitano  di  cavalli:  l'altra  eflendo  folita  in  Fi- 
renze lavarli  fpeflb  la  tetta ,  e  poi  metterfi  al  Sole  i  volendo  feguicar  fuo 
coftume  in  quei  clima  caldiflimo,  fu  fopraggiunta  da  tale  accidente  diapo* 
pleffia ,  che  avendole  contratte  tutte  le  parti  del  corpo ,  e  fattala  divenir 
come  una  palla,  la  tenne ,  per  pia  anni  eh*  ella  fopravvifle,  in  continuo 
tormento ,  e  finalmente  ancor  ella  morì .  Continuò  a ueft'  artefice  molt*  anni 
in  carica  d' Ingegnere  del  Re ,  con  fua  grandiflima  latisfazione  e  lode ,  e  in 
iftato  di  molta  grazia;  e  finalmente  aflalito  da  grave  infermiti  ,  pafsò  da 
quefla  ali*  altra  vita  • 

Noa  folamente  fu  quello  virtuofo,  come  abbiamo  detto,  uomo  aflai 
Aceto  e  piacevole  nella  converlazione,  ma  nella  poefia  burlefca  ebbe  buon 
talento,  e  molto  più  nei  rapprefentare  in  commedia  parti  rìdicolote.  Era 
la  fua  ordinaria  parte  il  contraffare  quegli  uomini  fordidi  e  plebei  »  che 
Aoi  diciamo  Battinni  i  ed  in  quelU  era  tanto  (ingoiare  »  che  fin  nel  tempo 

ch'egli 


m^'^'mmmm^mmmmmm^tm^tém^^iémé^^ltàitam^mméélÉB 


(  a  )  Bobolì ,  Giardino  dil  Palazzo  dfl  Granduca  di  Tofcana ,  ebe  anticamenti  diceafi  il 
*  Poggio  ài  Bogotf,,    Già.  Vittanit  MS.  anfÌ€o  éppre£ò  il  Sig,  Dmort  Aafon  Marim 
Sakim ,  cbiarijpmo  di  greca  Unnsfura  in  Firem  t  fum  • 


COSIMO     LOTTI.  311 

ditegli  ert  in  Tofinma^  e  lavorava  nella  Villa  di  Caftella»  dova  fi  trovsBvi 
per  diporto  il  Serenifiimo  Granduca  Coflmoi  e  però  facevanfi  molte  com^ 
medie  co*  (oggetti  di  Jacopo  Cicognini»  detto  il  Cicognin  vecchio;  egli  o 
Pippo  Sciamerone»  che  tu  padre  del  celebre  pittore  Francefco  Furini^ 
che  pure  anch*  eflb  faceva  mirabilmente  la  medefima  parte  >  fu  il  condii 
mento  di  tucte  ;  ed  era  cbfa  veramente  guftofa  il  vedere  comparire  in  fui 

gilco  quelli  duet  nelF  abito  e  nel  gefto  canto  fimili  alle  perfooe  r«ppre« 
mate»  che  folamente  in  vedergli  ognuno  lì  moveva  a  rìfo:  al  che  ag«^ 
giunte  poi  le  parole  e  i  concetti  »  non  è  polTiUle  a  dire  quanto  diletto 
arrecavano.  Quefta  parte  fecero  anche  i  due  pittori  in  altri  luoghi  fuor  di 
commedia»  fingendoli  tali  per  pigliarli  burla  di  alcuno t  in  che  feguirona 
oofe  aliai  curiofe,  che  io  lalcio  di  dire  per  brevità. 


per 
Poche  pitture  fi  trovano  cono^iute  per  di  fua  mano  :  e  quelle  in  ca^ 
fé  di  particolari  •  AJla  morte  del  già  nominato  Fiordivilla  Tuo  nipote  r ima** 
fé  in  cafa,  che  fu  fua  1  il  ritratto  di  lui  »  fatto  allo  fpeochio  fin  nel  tempoé 
eh' egli  era  in  Firenze»  e  quefio  apparilce  tocco  con  buona  francheasat 
e  per  Cammilio  Pinadori  fl  fa  aver  fatto  una  tavola  del  Rofario»  che  t^ 
mandò  in  una  fua  villa  •  Potè  anche  aver  fatti  aliai  difegni  di  £ibbri^ei 
ma  a  noi  non  è  noto  altro»  che  la  facciata  del  Cieco  Strozzi ,  della  quale 
fi  è  fatu  menaione»  e  una  loggetta  nel  Palazzo  de*  Pitti  »  che  pure  fu  fiitia 
con  fuo  tQodello, 

BACCIO   DEL  BIANCO 

PITTORE    E  ARCHITETTO  FIORENTINO 

'Dìfcepolo  di  Giovanni  Biìiverty  nato  1604.  ^  16 $6. 

I  Cofimo  di  Raffaello  del  Bianco,  che  nella  città  di  Firenie 
eferciava  T  arte  del  Merciajo»  uomo  di  efeurolariffima  bonti« 
alli  4.  del mefe  d'Ottobre  1604.  nacque  queuo  Baccio:  e  per« 
venuto  al  reta  di  otto  anni  e  non  più,  già  aveva  dato  (aggio 
di  fuo  bello  fpirito»  e  tanto  inclinato  alle  cofe  del  difegno» 
che  fu  configliato  il  padre  »  in  cambio  d' incamminarlo  nel  pro« 
priomeftieret  di  eferciurlo  nella  pittura  »  ficcome  (ecep  accomodandolo 
nella  firuola  di  Giovanni  Bilivert»  che  allora  aveva  Ama  in  Firenze  e  fuo« 
li  di  ottimo  artefice.  Con  quello  fi  trattenne  il  figliuolo»  profittando  aflai^ 
fino  air  età  di  anni  (edici.  Occorfe  un  giorno»  che  trovandofi  in  quella 
feuola  il  Dottor  Giovanni  Pieroni»  celebre  Mattematico»  buon  Filofofo» 
Architetto  e  Ingegnere  t  che  doveva  portarfi  al  fer vizio  della  MaeftàdeU 
¥  Imperatele  a  Praga #  vide  il  giovanetto;  e  oflervando  le  qualità  di  fua 
perfona  e  del  fuo  ingegno  >  e  V  allegriffima  fua  nac|in  •  congiunte  al  bel 

V  4  modo 


312  DecennW.  deUa  ParfJ.  delSec.  V.  dal  1 63  o.  al  i  ^40. 

modo  e  alla  bella  facilità, che  tgli  av^etranel  difegnatet  pregò  ilpadie  che  gFie^ 
le  volefle  concedere  per  condurlo  con  (èco .  Non  difpiacque  a  Cofimo  H 
propofizioffe  del  Pieroni;  onde  rivefticolo  di  tutto  punto  aflai  civiliBente> 
perchè  era  uomo  affai  comodo,  gliele  confegnò .  Andoflene  il  giovanetto 
con  gran  fua  foddisfazione  feguendo  il  Pieroni  t  col  quale  (lette  impiega- 
re tre  anni  continovi  in  far  difegnii  fecondo  gii  ordini ,  che  alla  giorna^ 
ta  ne  teneva  da  lui ,  fenza  però  abbandonare  mai  Tefercizio  della  pittura; 
ma  paflato  qoefto  tempo  %  vedendo  egli  edere  troppo  lontane  le  fortune 
e  gli  avanzamenti,  che  gii  erano  (lati  promeffi  dai  nuovo  maefiro,  fermò 
fuó  propofico  in  volerfene  tornare  a  Firenze . 

Mentre  egli  fé  ne  ftava  in  quelli  penfieri ,  occorfegli  V  eflere  propo« 
fio  ad  Alberto  Waldeftain»  Duca  di  Fritland,  Generaliffimo  di  Sua  Mae-* 
Ai  Cefarea ,  per  dipignerli  nella  ftefla  città/di  Fraga  fua  patria ,  alcune 
fian^e  in  un  (bo  palazzo,  che  egli  novamente  faceva  fabbricare:  e  Baccio 
TI  C  applicò  di  buona  voglia.  Scava  egli  un  giorno  operando  (opra  un 
certo  palco»  quando  comparve  il  Waldeftain:  e  tutto  pieno  di  collera 
(  perthè  pafeagli,  che  il  giovane  facefle  adagio ,  e  già  più  volte  avevanelo 
affrettato  )  dine:  Eie  pitcore  fiorentino ^  quando  diavolo  finirai  tu  quefto 
lavoro  ?  In  quale  fpavento  o  timore  cadefle  il  povero  giovane  nel  vedere 
fdegnìito  contro  di  le  quel  terrìbile  uomo»  ben  conoTceremo  dal  fapere» 
che  eran  già  noci  a  Baccio  due  ftravagantiflimi  rigori ,  che  pure  allora  ave* 
va  ufati  Quel  foldato  ,  i  quali  però  (limo  io  bene  di  accennare  •  11  primo 
iti  della  fubita  morte  di  forca,  comandata darfi  a  quel  miiero  fuo  Ajttcante 
di  camera,  che  per  folo  fine  di  far  meglio,  all'arrivo  di  uno  fpedito  con 
lettere  di  Sua  Maeftà  Cefarea  avevalo  {vegliato  dai  fonho  •  II  fecondo  fe- 
g«)  in  quefto  modo  •  Erafi  accoftato  un  giorno  a  quella  cafa  med^fi» 
ma ,  mentre  il  Waldeftain  ftava  vedendo  una  fua  fabbrica  •  e  gli  ope- 
rane! •  un  Ufiziale,  per  fargli  una  non  fo  quale  ambafciata  da  parcc  di  un 
Comandante  del  fuo  reggimento .  Il  Waldeftain  fenza  far  motto ,  sfodera- 
ta la  fpada,  la  dirizzò  alla  vita  dell'innocente  mandato.  Quefti  feanaò  il 
colpo  colla  fuga  per  le  ftanze  del  palazzo?  e1  Generale  fempre  il  feguitò 
colla  fpada  alla  mano,  finché  il  ridufte  in  una  ftanza  non  ancora  del  tutto 
impalcata ,  nella  fummità  della  quale  eran  folamente  ftate  fermate  a  loro 
luogo  alcune  travi;  onde  1*  Ufiziale  non  potendo  pia  oltre  fuggire  con 
un  bravo  falco  fi  flanciò,  e  con  fermezza  di  piede  e  dì  perfona  fi  ftabitt 
ibpra  Uiia  di  efie  travi:  «  come  quegli,  che  già  fi  vedeva  morto t  voltò  la 
faccia,  mefie  mano  al  ferro ,  e  pofefi  in  parata  conerà  il  Waldeftain  ftcfib; 
ma  quefta  volta,  o  fofle  per  lo  concetto,  che  formò  il  Generale  dell'ani- 
ttoficà  del  foldato >  o  fofle  per  falvare  fé  ftefib  dalla  nota  di  efierfi  iafciato 
perdere  U  rispetto  da  un  foldatello,  tettò  vinta  la  lua  fierezza,  e  difife^ 
Quefta  è  una  brava  beftia:  e  ripofta  l'arme  al  fuo  luogo,  diede  ordine,  che 
al  foldato  foflefo  donati  cento  Tal  lari ,  con  farlo  però  calTare  dal  fuo  regr 
gimento,  e  defcrivere  in  altro.  Tutte  queftexroie  dunque,  fcguite  pure 
di  fre(co,  con  altre  fimili  fapeva  il  paverp  Baccio,  quando  fisnci  infiiriarfi 
eoAtrodi  fé  il  Waldeftain,  come  abbiamo  detto  di  fopra;  ficchè  incomin- 
eiando  a  iremafe  da  capo  a  piedi,  csdde  di  fubico  da  quel  paloo  ov'  egU 
i-  ftava 


TACCIO    DEI   BIANCO.        315 

ftiva  dtpignendo  t  fopri  un  altro  palco,  cbe  gli  ftava  poco  di  (btto  »  a  vifit 
del  Generale»  che  la  vece  di  cooipaffionarlo,  di&>:  Diavolo»  chequettìa 
bèftia  vuol  rompere  ii  collo  prima  di  finire  la  mia 'pittura;  febbene  poeo 
di  poi  col  dargli  alquanto  di  animo»  fece  s)  »  che  il  pittore  iè  ne  cornò  al 
Tuo  lavoro I  che  gli  lìnl'cì  profperamrénte»  ic  con  ioddbfazione  del  Generale. 
Non  fini  già  di  piacere  a  Baccio  V  avere  trovalo  ad  nn  ^  fatto  male  un 
rimedio  cosi  arrabbiato»  che  ^erò  da  quel  punto  determinò  di  fiiire- altro 
di; fé;  ma  in  nupva  fimile congiuntura»  come  più  abbafib  diremo ^  fi  tro¥& 
prevenuto  colla  licenza  •  Allora  egli»  che  eca: giovane  molto  rifbluto  »  fi 
accordò  con  un  compagno  «  forfè  di  età  fimile  alla  fua ,  comprò  con  eflTa 
a  mezzo  un  Cavallo»  e  prefi  con  fé  molti  fuoi  fiu^j  e  difegni  di  varie  pit- 
ture e  fortificazioni^  s'  avviarono  infieme  alla  volta  d' Italia.  Cammina* 
rono  alquanto  unitamente  i  due  giovani  ;  ma  avendo  una  fera  prefo  allog* 
gio  ad  un  ofteria»  mentre  che  Baccio  fianco  dal  viaggio  dormiva  a  più  non 
pofib»  il  fuo  buon  compagno  levatofi  di  letto»  accomodò  il  cavallo  e  par- 
cifii»  e  non  fi  vide  maipìù;  tantoché  il  povero  Baccio  fvegliatofi  la  matti- 
na» fi  trovò  fenza  compagno»  fsnza  cavailot  con  pochi  danari»  e  col  carico 
di  un  baule  con  tutti,  i  fvoi  difegni  e  con  altre  (uè  robe .  Può  ognuno  im* 
tnaginarfi»  quale  ei  fi  reftafle  allora:  pure»  come  perfona  coraggiofa »  prefo 
il  baule  dietro  allefpalle^^  e  così  carico  e  a  piedi  fi  mefite  a.feguitare  il* 
viaggio  verfo  Italia»  in  te^ipo  appunto»  che  tutta  la  campagna^  era  copef*. 
tj^.di  neve.  Gr  infegnò  poi  P  efperienza»  che- il  met^rfi  a.quella  fatica, 
n^ii  era  &to  cimento,  pier  luii»  perchè  quantunque  foflè.  di  buona  e.robn^. 
da'  compleifione*  egU  era  però  uato  allevato  con  bvone  cooiodità.»  e  affai. 
oiyilH[ienj:es  il  perdile»  iprfe  Q>ir|it«  d^  C^if^^  9^ vcjk'^aiier  consodi bi>^-. 
unafi^^tilù  fcrmmiaxuttvi  diCegniaJpbr^uciòre  «o^imaf^i carico  folamen^ 
te  di  })och)fllm^^£uoip«flr)i,.^JPifii^^90,  iorie  i0Ì^(ihd^  Pm>  >  perchè  Upo» 
Xei^'l^ipvaiie  non  i(»mminò  po)  molto»  cì^'ie''*^  jF^ta> oPr^ione^  daU«  foU 
cia4iefc)ie.  A  cjie  ^ranp  Xp^fe  in  qM$(I|>e  pafti*  ^  Ragione  delle' guejrre  di  T«i« 


neaiica>  .Jo  ntjQimero  pes. 

cinque  giorni  róntiniu^  ed  $gJi  medéfiioo' poi  friji  falito  dire  co&  credi* 
biliffima,  cioè»  cbeleper  fi^adifgraaiaì  fol^gli4V^ÌM^ 
i^dilegniniJle  piante  e  fortificazioni»  fenj^a^^bio  avereblionlo fiitto  mo*^ 
rire  o  di  forca  o  di  aiQfchettate ,  Rimalo  finalmente  libeiro,  e  f  iprefo. il  viag« 
gjo ,  giunte  a  Milano  ;  ma  tanto  oiale  in  arn^^  4^Ua  p^rlbna  »  ^  con.  ai  pò- . 
chi  danari  per  fi^uitarc  il  cammino  a  Firenze ,  che  gU  fu  neo^afio;na*«;^ 
eh'  e'  giungefle  la  rifpofla  del  padre  alle  fue  lettex^v  cofi  che  1'  aveva  pce-  ' 
gato  a  fargli  qualche  ri^^eiTav  il  fermarfi  quivi  e  accoftarfi  ad  un  pitcorcf 
epereflb,  affine  di  campar  fua  vita  »  lavorare  41  giornata  ^  Cof^pacvera  fi«p^ 
naj mente  le  lettera,  e  i  dM^rii^fpiid'  egli  riyefiuofi  de^encejpente»  fé  ne 
tornò  a  Firenze  •  ,T  »•• '\.      ^  , 

Quanto  abbiamo  fcntto  iìn  qui»  «ve^mo  perlof^ìu  f^er  ,ncCK4i9 dataci, 
da  Àgofiino  MeJlifi  »  .«che  fu  ^cq^nato  dellp  4^i^ò  Bac(;ìq;  ma ^«nd^i  poi 
venuta  alle  mani  una  lettera  originale  d^l  mede^mo Baccio 9  fcritta  nei  i<l54-  - 
di  Madrid  ai  fuo  grande  amico  Biagio  Marmi»  Qo9]pd9ifolt)ft  Meffiiore  del 

'  '  palazzo 


% 1 4  Decenti. IV. della Part.  1. delSec. V.dali6$o.alt ^40. 

Palazzo  de' Pitti,  nfelltf  qmlc  graziofamente  volle  darli  conto  e  per  la  mi- 
nuta di  più  cofe  fuccedutegh  nel  corfo  di  fua  vita  fino  a  quel  tempo:  o 
perchè  ella  contiene  piti  particolari  e  più  curiofì  delii  defcritti  fin  qui. 
Toccanti  i  oiedefimi  tempi» e  a  quefti»che  fèntimmo  dal  Meliffi ,  non  con- 
ctttddicentiv  ma  in  aggiunta  de'mcdefimi;  ho  filmato»  che  non  fia  per  di- 
piacere  al  mio  lettore  ,  che  io  ne  ricopj  in  quefto  luogo  per  ora  tutta 
qtielfat  parte,  che  conduce  ai  tempo  del fiio  ritorno  alla  patria ,  per  far  poi 
I0  ftdTo  del  rimanente  della  medefima  in  quei  luoghi  del  prefente  raccon- 
to» ove  ci  tornerà  più  in  acconcio;  Pice  e^Ii  adunque  colà; 


Racconto  della  Vita  di  Baccio  del  Bianco  fcritta  da  fé 
mede  fimo  al  fuo  cariffimo  amico  fopra  ogni  altro 

Signor  Biagio  Marmi . 

CO^m  del  Biéncù  Mercìgjo  in  Csliméré  fi  chiamò  mio  padre  f  Caterina  Par* 
tigi&nifu  mia  madre,  lui  del  bel  Cerreto  Guidi  aveva  il  padre .  ebe  eru 
difcejò  alta  bella  Fiorenza  :  fi  cbiamò  Raffaello  del  Vianca ,  che  al  tempo  dei 
Grondila  Fraincefco  era  lafsà  come  Fattore,  e  per  alcuni  romori  s*  incittadò  il 
mv^Of  appena  Cffio  mi  ricordo  quando  morì ,  perchè  dovevo  averjèi  anni  in  cir^ 
ea.  &  egli  ne  aveva  84.  finiti  %  tutti  cadenti ,  e  aveva  un  porro  grande  nel  labbro  9 
ed  era  tutto  canuto  •  Cofimo  in  Firenze  fi  affaticò  tanto  »  cbe  Dio  lo  fece  wtma^ 
firo  S  una  Bottega  principale  di  CaKmarai  e  fé  quello  fu  Uomo  da  bene  %  lodi^ 
amto  quanti  lo  conobbero.  Ftf$  eén  tutto  h  dica  io  ^  di  efirema  bontì  ;  fervivé 
le  principali  cajè  di  Firenze ,  perchè  quante  gale  e  galanterie  fi  facevano  per  fa 
città;  le  fue  mani  le  fkevano  :  aUora  Hifta  filava  a  tre  ¥ocche . 

Fu  malto  conofciuto  dadi  Serenìffimì  ladroni ,  peìrcbè  non  fificeftfia; 
commedia  0  barriera  %  che  gU  abiti  e  pennécchi  ere  noè  pafifferó  per  fua  mam: 
t>i  lui  ancora  la  bottéga  ritiene  il  nomerò  memoria  t  p&cbè  fbpìra  vi  è  fetitta 
quefia  cifra  t  la  quale  ha  trefi^nificati.  Dice  Bàccìo'Comi:  dice  Etomenico 
Comi:  e  per  il  contrario  Cofimo  del  Bianco;  e  ciò  ^perchè  il  fuoco  di  Cati^ 
mora  grandi  %  già  canti  anni  fono\  incenerì  pia- quella  di  mio  padre  ^  che  altra 
wfoffè%  Baccio  e  Domenico  Comi  Signori  ricchi  t  di  lor  carità  %  ejponte,  ri^ 
wtefiro  a  bottega  mio  padre  f  come  avanti  P  incendio  ;  Joccorfo  fatto  a  tempo  9 
ohe  del  refio  la  tafca  e  7  bordane  (  diceva  egli  alle  volte  )  non  ci  mancava  :  ^ 
fet  la  memoria  di  tanto  benefizio  fece  la  detta  cifra  &c.  j^eS*  azione  de'  Comi 
fin  tefiimonio  detta  bontà  del  mio  buon  genitore .  L^Anno  160^  a  Di  4.  d  Ottobre 
Madonna  Caterina  Portigiam  nel  Bianco  diede  al  mondo  quefio  facco  £  difdet^ 
te$  che  era  meglio  fac effe  vento.  Crefcevo^  andai  alla  f cuoia  a  leggere ^  aUo 
Jtrivere  e  tXt  atbaco  t  forfè  per  tirarmi  innanzi^  come  gli  aftri  frateOi  %  per  la 
bottega,  che  allora  fioriva;  ma  io  con  la  mia  inclinazione  tutto  il  dì  0  con  bra^ 
ce  o  con  matita  0  con  penna ,  la  tavola  p  il  falterio.  il  librictino  empievo  difan-- 
cocci:  e  non  fu  muro  in  eafut  che  da  me  non  foffè  trovato  adorno  £  belle  figu^ 
re  9  e  brutte  fiorict  del  che  ùik  volte  riportai  dè^  tientammente  9  che  coti  cbié^ 
mava  ìi  fcbiaffi  il  buon  vecchia.         -  -  i-^  ;  .     .  . 

Praticétva 


BACCIO   DEL    BIANCO.         315 

F$'0ticava  §1  t$ìà§m  in  httega  del  Akrci0J0  al/hlii0  ctQCcbio  una  mam 
di  Signori,  fra'  qmdi  Filippo  Ricci  Comip  queUo^  che  aveva  redaio  Baccio  Cq^ 
mi  fopraddeiio  »  che  poi  falù  per  un  Inghilefc  mer cerne  &c. 

Cominciarono  a  cf onore  mio  padre  »  che  mi  faceffe  pittore  »  e  qaamo  pfi-\ 
ma  mene  menejje  allo  fiuàa .  Finaimeme  mi  Sede  a  Giovanni  Biliverii  ùilioret 
celebre  in  Galleria  $  allora  Jiipendiato  dal  Sereniamo  Granduca  Cofimo  ai  gior^ 
memoria 9  e  queSofu  /"annoióiz.  che  venivo  ad  avere  aito  annit  brutto  e  po^ 
vero  9  con  tutto  non  mi  mancale  niente;  madico  difpirito .  Sanivi  fatto  si  buona 
difciplina  pafiai  dalli  occbj  allejSguref  e  cominciavo  a  me  Bar  colori  ;  ma  come 
ftmprct  male  o  male .  1  tempii  cbe  non  ero  veduto ,  non  facevo  altrop  cbe  in^ 
tagliar  legni  9  e  commettere  pietre .  Ume%  coltelli  efegbe  erano  le  mio  àvote: 
e  feci  carri  trionfali  f  Qttarantore  in  cafa^  dimmele  e  trasparenze  di  luml^  Ca^ 
pannuccie^  artiglierie  e  fuocbi  lavorati  ^  le  qumi  co  fé  ridondavano  infruftata 
fenza  fine ,  anzi  fenza  mi/èricordia  t  efermoni  fenza  mifura .  Il  mio  maefira 
Biliverti  mi  diede  {^vedendo  la  mia  inclinazione  aUefefte  e  al  regolo)  fopra  al* 
eunifiudj  di  Lodovico  Cigoli  fuo  maeSrOf  e  di  architettura  e  diùro/hettivap 
imomo  a' quali  io  mi  Semperavoper  interpretarli .  Fui  in  ciòfoccorfb  daUa  buan»^ 
memoria  di  Vincenzo  Boccacci  $  allora  tornato  tli  Roma  per  la  morte  del  Cigoli  r 
uno  degli  migliai  allievi  di  quel  gran  pittore  e  frofpettivo  e  architetto  ;  e  aU 
cuna  volta  quando  mio  padre  lavorava  in  Guardaroba  nel  moSrare  f  miei  dife*^ 
gni  al  Signor  Giulio  Parigi  p  daeffomi  furon  date  alcune  lezioni  »  e  tirai  iunant» 
fino  air  anno  lóio. 

La  felice  memoria  della  Serentj^ma  Arciducbeffìt  inviò  aW  Imperatore  fuo 

fratello^  Giovanni  Pieroni  per  Jf^egnere  di  guerra .  Giovanni  Pieroni,  cbejla* 

va  in  Par  ione  nella  cafa  del  SereniJJimo  Principe  D.  I^renzpf  Mattematico  $ 

Filo/òfOf  Dottore  9  c/l/trologo»  Algebrifia,  e  in  fomma  fingolar  virtuofo .  Cer^ 

eava  quefi^  uomo  unop  che  difegna^Ct  tir  affi  linee  %  efépeffe  quanti  punti  era  la 


linea 9  e  quante  cantonate  aveva  il  triangolo^ e  dirizzando  un  cerchio  quanta 
era  lungo:  e  infomrnafapejfe  levar  le  piante  ^  non  deW  orto  né  del  giardino  ^ 
ma  delle  muraglie  in  fu'  fogli.  Venne  agli  oreccbj  del  mio  maefiro  Biliverti 
quefia  cofa  :  e  come  era  fuo  patente  da  canto  di  donne  »  con  reverenza  megli 
dette  i  il  quale  viftomi  innanzi  con  le  pratiche  t  mi  ritirò  alle  teoriche  $  dicbia-^ 
randomi  Euclide,  cbe  je  fudavo  %  fé  sbavigliawt  Dio  lo  dicat  contrario  tanta 
aUa  mia  natura  quello  Sudio,  cbe  con  tutto  fenti/fi  li  6.  libri  ben  tre  volte ,  fem^, 
pre  quando  potevo  (  non  conofcendo  potermi  fervire  a  nulla  )  con  pratiche  mi 
efer citavo.  Andammo  in  Alemagnà Tanno  lóxo.a^  1$.  Aprile:  qui lafcio  Utnar» 
ratina  fuperflua .  Arrivati  a  Vienna  »  fummo  ricevuti  con  apploufo  grande ,  mzì 
grandi ffimo.  Aveva  il Pieroni  ter  provvifione zoo.  feudi  ilmefe^  eavallo  efer^ 
vo»  cafa  e  ciò  cbe  faceva  di  bifogno:  baSa  dire^  cbe  era  Sol  naf cento  »  aUa  tardi 
vi  voglio.  SubitOf  fenza  intervallo  di  tempo  $  fu  fedito  in  Ungheria  9  prima  a 
Altemburgbe,  a  Èaemburojhj  a  Bre/purgb,  cioè  Pojffonia  >  Cbiavorino  e  Comor . 
Di  tutte  queSe  Piazze  jeci  le  mante  :  &  egli  vi  fece  le  fortificazioni .  Di  Pof-^ 
fonia  (  perchè  ha  una  corona  di  monti  $  che  un^  domina  r  altro ,  e  nel  primo  è 
il  Camello  che  domina  la  città  con  gli  borghi)  feci  modellq  di  cjtra  »  dipiMo  con 
tutta  accuratezza^  Tornammo  alla  corte  di  Vtenna:  Sua  Maejlà  Cefirea  vedda 
confommo  guSo  idifegni:  regalò  il  Pietoni  di  looo.  pezze  0  rait  tallari,  e  lo 

fpedl 


fpeH  à  Firéfgé .  £d  mefimém  él  modeffé  t  e  h  <9nghifi  in  M*ci  mefi.  In  fueffa 
mentri  Ui  tnètUna  àimtti  i  SMth  iiifèiict  memoria  ^  .Jf  mé0  mano  a  dtfefe  e 
fir  mezze  lune ,  att^  trineiertp  ferrar  péfjfiper  i^èndtrfi  dà  Beneìem  Gahi^ 
(  non  fuiSà  liettn  Capannuceié  )  e  fi  àifà  ^nntui^  mefi  n  fatiche  dì  dì  e  de  nane . 
Fu  cbiammo  a  Ratishnait  Pkreni,  il  quate  rifolvetie  di  (fuihdi  arrivare  per  la 
jàmìgiia  é  Firenze  (pef^fìrop  chejh  la  mia  efaa  ro'trìna  )  •  Andò^  pon^  fico  il 
modèlh  è  dijfgni  f  e  me  laf ah  per  affettarla  .  Alfuoriioma  eHeiooo.rait 
téOéuri  di  regale  pet  lafodhfaZUme  dati  »  e  deléifigno  grande  e  modeBa  di  quella 
gran  ciitadaccia.  Stetti  dieci  mefi  appte£a  il  Pandotfiniy  quel  commettitore  di 
flette  i  padre  deUe  tante  fanciulle  /òpra  la  Zecca,,  una -delle  quali  t)a  per  moglie 
a  tóou  Pier  Aitfitti  &c. 

Tlstni  in  cape  a  queffo  tempé  >  e  venne  a  propofito  ;  perchè  il  Principe  di 
Beleftain^  Duca  di  Fridhnt,  meffè  "mano  a  fortificare  Praga  per  molte  parti p 
fentpre  col  f o/petto  ieUe  fcwrcrìe  del  Gaèor.  %Jiia  prima  conAtffb  feco  la  di-- 
letta  fua  tonforte^  una  forelbtdi  20.  anni  {fina}  cbiamata  margherita ^  una 
hamèina^  due  ragazzi ,  tarlo  e  Prancefco  ,  figli  fita^  una  ferva  Romagnola  p 
(detta  Giovanna,  ttn  fervitore  cbiàmata  Criftofano  Tedefco>  e  la  fua  pronai 
e  quel  che  vale  e  tiene  ^  condufiè  Vincenzfo  Bvccatci^  qaeBo^  che  morì  per  la 
guerra  Barberina  al  Borgo  a  S^  'Sepolcro^  Sorbente  Magpmr per  S.  A.  S/ira'^ 
ca,  valenti  e  ^ir  tuo/a  faldato  ;  J^uì  cifaftbbé  dà  fare  un  difcoffot,  ibefdréite 
ama  commedia;  pure  toccberb  i  toBi  principali  fotamthte.  UPiereni  era  reSaià 
a  Vienna  malato ,  e  a  Praga  mi  aveva  inviata  tutta  la  progenie^  e  generazione  p 
tome  fé  io  fuffi.il  ìe foriero .  là  mi  trovava  quello  che  VS-  fentirdk  dodici  piat^ 
teOini  diflàgno  Jl  ìngbilterra  »  e  do£ci  di  tetra folamente  fenza  tingbil,  una 
guaina  con  aodici  e  dódici  coltelli  efòrcbettefatttin  ^Umagnàp  aWufb^  e  due 
€uccbiait  e  due  dofio,  che  eran  quattro .  Il  mio  tétto  a  nolo  >  che  fi  pagava  al* 
€un  reale  il  me  fé  i  da  federe  vi  era  due  panche  attaccate  al  muro  aWufa  dvlàz 
il  quartiere  era  tutto famofh^  perchè  era  la  cafa  del  Segretario  maggiore  f  eie 
ftanze  della  fegreteria^  le  quali  riufcivano  fu  là  piazza  del  CafieDo,  che  ave^ 
Vano  una  linda  i>eduta  :  fei  tovagliolini  ^  due  tovaglie  i  e  fra  pentole  e  tegami 
forfè  altrettanti  t  e  non  altro,  ^uamh  là  Signora  Caterina  9  che  così  fi  cbia^ 


9^tava  t  capeut  tn  cmpo^  10  ero  n  aerja^no  uc*  futjoz  m  me jt  faceva  ra^v  in  ognf 

cofa;  io  bufcavo  il  vitto '^  ia  provveddi  il  da  dormire  al  [olito  nolo:  tutte  ri^ 
correvano  a  me%  e  fu  tanta  t ira  y  che  prefero  queUe  benedette  fignorcp  che  nove 
mefi  interi  mai  non. vollero  for tir  di  cafa^  ni  meno  a  Mefia . 

finalmente  arrivi  il  Pieronif  come  ho  detto  f  tutto  rovinato  di  finite  e.  di 
èorfa,  chefifentivan  lamentazioni  al  pari  della  /étti mana  santa  i  la  mia  per^ 
fona  era  condotta  cotmedefimo  veIfìto\  che  avevo  condotto  {U  Firenze p  talmen^- 
te  rotto  e  aperto  per  tutte  le  parti ,  che  cht  mi  vedeva ,  poneva  mano  alla  limofi- 
na .  //  Mafotti  di  Gallerìa  l^igo  del  tutto  ••  che  pia  ?  io  mi  ero  condotto  qttafi 
tfuafi  difperato  t  a  non  voler  ufcir  di  cafa\  a  fine  di  non  far  moHra  al  popolo  t 
di  ciòcche  io  tenevo  Jcopeirto  quanto  il  vif0$  4bfi  pure  obbliga  la  vergogna  afa^ 
re  9  che  non  fi  vegga. 

•  .        -  • 

Si  fegui' 


ISACaO    DEL    "BIANCO.         317 

iS#  /iguìuvéHù  Ufaftijkézimi  é  mtB  ffijiié.  h  tfiSevo  ài  Mam*  di  S. 
LÈfcmuì  p  il  BécCMcio  alla  Vigm^  e  il  Picroni  §r  f^  ùt  là  inforno  le  mura^ 
a  iovcfifacevan  ridotH  e  mnze  lane  epaUfiaiie  &c.  E  perchè  aveva  mak^  h 
penavano  infcggiola  ;  e  ciòtperchifirfpettava  m  facce  daUa  Cavalleria  del  Ge^ 
kor  »  come  /òpra  ho  àeuo . 

Già  cejsò  la  fertificezione  %  e  tanto  fi  fa  guanto  hìfogna  a  deve  vi  ì  poeti  i 
a  più  fi  fa  ad  terrorem  %  che  per  chi  ferva  quello  »  ebe  pfaa  cofa  alcuna  :  SUlà 
rinforzarono  le  mie  m^erie  i  perchè  tornati  all' ozio»  perfo  il  divertimento  %  mi 
ara  forza  fiere  il  dì  tutto  quanto  a  hSemmiaref  fungere  e  fofpirare  per  con^ 
ver/azione .  Ob  che  commina  era  quella  !  ob  quant'  obbligo  baii  Signor  Biagio  at 
queir  accidente  di  mezza  notte  »  che  per  aver  dato  la  parola  del  sì  $  li  venne, 
ebf  f abito  levato  l^  ordine  fu  fono  e  libero,  &  io  peggio  dell*  Afino ,  che  da  tanti 
efempj  ero  avvertito 9  cafcare  nel  medefimo  pantano i  cbe  fé  non  fujfe  male, 
•r  ora  con  una  corda  mi  vorrei  ingiudare:  e  pur  fi  danne  queSe  cofe$  e  pre- 
iender  poi  titolo  i  Ingegnere,  fé  nonP  bo  faputo  adoperere »  né  tenuto  per  me 
medefimo .  Ma  laftiamo  le  dtgreffionì  »  perchè  in  quefia  rimembrami j e  arrir' 
ve(fi  a  ricordarmi  della  feconda ,  farei /pedi to  &c^ 

In  un  Jemplice  parlare  del  Boccacci  il  Pieroni  lo  accomodò  col  lacere 
Lietftaim  Li  dava  40.  raiftoUerì  il  me  fé,  cafa .  letto  t  tavola,  e  del  bene  va 
n'era;  io  più  cbe  mai  abbandonato  e  fole  %  non  potendo  f offrire  più  quella  vita, 
fuiprovvsjfo  dalla  fortuna. 

Il  Principe  di  Bolefiain,  cbe  fu  poi  Duca  di  Fridland,  e  Generalifiimo , 
cbe  fu  morto  per  Ribello:  quell'uomo,  cbe  a"  fuoi  giorni  fece  impiccare  più  uo^ 
mini  di  quel  che  non  ne  fufiero  nati  in  cent'anni  :  quello,  cbe  faceva  tremare  i . 
campanili,  non  cbe  le  perfine  i  quello,  cbe  per  benemerito  dovere  rotto  lo  Soe-- 
eo,  morto  il  Re,  e  mefio  in  pace  P  Impero:  quello,  cbe  nelfervizio  di  tenti  an^^ 
ni,  con  tanta  fede  ha  s*  era  acqui  fiato  nome  di  Generali/fimo ,  di  povero  Signore 
e  private  faldato  cb'  egli  era  i  fu  miferamente  morto  da\fua  ùià  interni  amici 
(  cosi  vanno  le  grandezze  del  mondo  )  e  quel  cbe  è  peggio  t  col  nome  di  libello. 
Ma  cbe  cicalo  ì  in  cbe  laberìnto  fona  entrato?  V  affetto  è  tale  ver  fi  sì  gran  Si^ 
gnor  e ,  cbe  mi  fa  ufcire  del  proùofito  ère. 

S^ueHo  Principe  adunque  faceva  fabbricare  una  cafa  per  fé  %  e  teneva  gran 
quantità  di  muratori,  fiuccatori,  legnaiuoli,  e  a  tutta  briglia  fi  tirava  innanzi. 
Vennegli  penfiero  di  far  di  pittura  :e  dato  bordine  alfao  Architetto ,  fui  trova-- 
$0  e  rkbieflo  :  accettai  il  partito  :  mi  dava  venti  pezze  il  mefe ,  cafa  »  piatto ,  e 
pagato  ognifpefa  per  l(pitture$  e  mille promeffe  buone.  Se  quefia  cofafufen^ 
tita  dal  Pieroni,  VS  to  può  crederei  e  fra  P  altre  cofe  diffe  :  lo,  cbebo  la  filato  in 
eafa  tua  tma  mia  figliuola  alla  cura  di  tua  madre ,  pegno  così  caro  della  perfi^ 
na  mia ,  orafi  abbia  ajapere,  che  tu  fia  fuori  di  cafa  mia  !  Non  farebbero  man^ 
eate  occafioni  da  tirarfi innanzi  {fé  aveffi tenuta  oazienza  )  e  delle  buone ,  buo^ 
nifiime,  fenza  precipitar  fi  così  &c.  In  fimma  fi  dolfe  in  efiremo .  lo  dipinfi  la 
Cappella  9  lafianza  delt  Audienza ,  la  quale  poi  fi  rovinò  per  farla  in  altra  par^ 
te, e  quivi  fecero  non  fo  cbe  altro  acconcime .  Era  già  finita  la  fila  principale  f 
colla  fiffitta  tutta  adorna  difiutcbii  vi  era  unofpazio,  filvo  il  vero,  27.  brac^ 
eia,  e  16.  largo.  Mi  commeffe  Sua  Eccellenza ,  ebe  doveffi  penjaie  a  quel  cofa. 

Gii  ilfalaae  era  adama  di  arme  e  trofei  di  guerrap  finti  di  fiacco .  Il  Pieroni 

propofif 


3 1 8   Deeemu  ÌV.  della  Part.  L  delSec.  V.  dal  1 6^  o.  al  1 6/^o. 

propoftf  chefifacefie  dentro  il  Carro  di  Morte.  Nefeei'ildifegnof  epUeqtte^ 
in  buom  forma  \  quonda  il  Sig.  Principe  $  che  gli  fi  era  levontado  f*  appetito  ^  mi 
eommejp:  poneffi  mano  a  qucBo.  Non  mi  cofcò  le  braccia  9  percbè  /lavano  attac^ 
caie  bene  1  e  rifpofit  che  averci  mcffo  mano  aOi  fiudj  9  e  che  era  èi/ogno  almeno 
due  mefi  avanti  comincio(/i  ;  non  ebbi  finito  a  pena  di  dire  due  mefi^  cbe  voltomà 
il  calo  dijfc  :  Due  mefi  ?  lech  inich»  VMfe.  Non  tardò  un  ora  9  cbe  venne  lo 
Spezza  9  cbe  così  era  il  cafato  dell'  Architetto  f  e  mi  dette  buona  e  pacifica  li-' 
tenza .  Fui  io  il  primo  »  cbe  licenziato  9  non  Uva  fi  9  carcere  »  oando  9  ar-^ 
refto9  0  baronate M  cbe  era  il  meno  9  tanto  mi  amava*,  e  veramente 9  cbe  i favo* 
ri  9  cbe  mi  fece  furono  grandiffimi  9  come  farebbe  y  il  voler  cbe  io  gli  deffi  da  be^ 
re  ben  due  volte:  il  farmi  un  dì  federe  mentre  lavoravo:  il  dirmi  cbe  ero  un 
grand"  uomo:  un  poco  di  male  cbe  ebbi  mandarmi  a  vedere  due  volte  il  giorno ,  e- 
fimili  corteficy  cbe  non  a  tutti  lejaceva. 

Ecco  Baccio  fuori  di  cafa  il  Principe  $  fenza  un  quattrino  >  fuori  di  cafa 
il  Pieronip  lontano  dalla  propria  800.  miglia  9  e  chiama /è  puoi.  Mi  diedi  « 
dipignere.  Un  Fra  Luca  delli  Calzati  di  S.  Fr  ance  fio  9  mi  diede  a  dipignere  al^ 
cune  Lunette  per  un  Claufiroy  della  vita  di  S-  Fr  ance  fio  :  Betti  così  alt  appoggio^ 
ne  circa  tanno ,  fuggendo  fempre  la  vi  Sa  del  Principe  t  acciò  non  mi  aoeffi  a  pi^ 
gliare  a  urto .  Rifolvei  di  arrivare  a  Vienna  »  e  far  capo  alla  fortuna  •  //  Signo-- 
re  Aitovi  tip  cbe  allora  era  Re  fidente  perS.  tA.  S.  e  Imbafciadorcp  mi  rifpo/e^ 
cbe  mentre  non  tornavo  col  Pi  croni  »  non  voleva  f opere  nuUa  del  fatto  mio .  Dio 
ve  io  remuneri  fimpre .  Jl  Conte  Ernefio  MontecuccoU  ilfimile:  il  Capitano  Pietro 
bagolo  Fior  ioni  9  cbe  allora  Jaceva  nuova  fortificazione  di  Vienna  9  ilmedefimo: 
ficcbè  erano  tutti  congiurati  ^  cbe  torna ffi  col  Pieroni;  ma  io  pia  toSo  averci  eletta 
di  falir  la  fiala  deUe  forche  9  cbe  far  tal  rifoluzime .  Tornai  a  Vraga^  e  coni- 
favori  delli  Signori  Mìfferoni  e  Pandoìfini  mi  andavo  trattenendo  ;  quando  ti 
Settembre  una  mono  di  Milane  fi.  Muratori^  Stuccatori,  Spazzacammini  9  Cuo^ 
obi  9  e  in  fomma  fimil  genia  del  Lago  Major  fi  erano  pò fii  al^  ordine  per  andare 
a  cafa  in  Italia  i  e  configliato  dalli  amici  mi  rifolvetti  ondare  a  Milano  9  e  qui-- 
vi  vedcì-e  fi  fotta  il  Duca  di  Feria  potevo  bufcar  fortuna\  e  per  arrivare  a  quefio 
fine  i  Miproni  giojeUief^i  di  SuaMaeftà,  cbe  lavoravano  va  fi  di  diafpri  e  gioje  ^ 
mi  diedero  un  orivolo,  cbe  andava  al  detto  Duca:  raccomandand9mi  in  Milana 
al  Signor  Gafpero  Mijfèroni  9  loro  parente  fir etto ,  Mi  accompagnai  con  gli  detti  $ 
ed  il  viaggio  filo  la  farebbe  Supire ,  ridere  e  piangere  9  di  vedere  un  povero 
Baccio  da  tante  parti  maltrattato  dalla  fortuna ,  e  pò  fio  fitto  la  fua  maladetta 
ruota  9  afigno  che  poco  mancò t  cbe  tutti  in  converfazione  non  fuffimo  mart  iriz^ 
zati  :  altra  volta  voglio  inviargli  la  relazione . 

Arrivai  a  MìImo  in  capo  a  40.  anni  9  anzi  giorni ,  tutto  maltrattato  9  e  do'^ 
pò  molti  accidenti  poco  mancò ,  cbe  non  mi  morijfi  di  fame .  Detti  f  orivolo  al 
D oca  9  0  ne  ebbi  un  bel  ringrazio .  Ffpofi  in  memoriale  il  mio  concetto  »  andarne 
tuo  d"  oggi  in  domani  r  egli  marciò  in  campagna  »  (^  io  rima  fi  con  quei  cofi  in 
mano .  Mi  diedi  a  conofiere  atti  Procaccini  9  Giulio  Ce  fari  e  Cammillo  Pittori  > 
a  un  tal  David  »  al  Morahzone  ;  e  tutti  mi  diedero  a  Prancefio  Calvi ,  uomo 
facultofo  e  pittore  9  quale  teneva  dozzina  di  giovani  i  e  quivi  ftampavo  quadri 
a  diflefa9  per  fpazio  di  dieci  mefi.  Ecco  F  altra  traverfia9  che  quando  fta%>o  be^ 
m  90  viv€f2o  con  fomma  libertà  9  godendo  i  dì  mieipià.giovanÌ9duo  Preti  Teatini  9^ 

Focofi^ 


BACCIO    DET  BIANCO.       519 


FéCoJSf  Bocthìnerlf  mi  ajfalirom  n^Jlambif  e  fu  forza  ohedirgU^  tornare  a  ^^ 
renze  alla  cafa ,  al  peniolsBù  »  al  babba  e  mamma .  Tomai  $  aperfifiafnay  in/ègna^  « 
va  fonificazione  y  profpemva,  architettura  f  dìfegn»e%  dipignere^  e  iiravo  in^ 
manti  alia  migliore  »  ^  ebbi  qualche  [colare  di  confider azione  »  che  poi  bann» 
fitto  riufcita  al  Sereni ffimo  fervizio  ^  cbtper  ejfere  cofefeguite  coftò  le  tralafcio^ 

Giunco  adunque  alla  patria,  come  accenno  egli  medefimo  in  detct 
fua  lettera  f  aperfe  pubblica  fcuola  di  profpectiva»  e  di  civile  e  militare 
architettura.  Vincenzio  Viviani»  il  celebre  Matematico,  ultimo  e  favo* 
riciilimo  difcepolo  del  Galileo ,  volle  da  eflfo  fentire  Profpettiva;  il  cho 
fecero  pure  il  Dottore  Giovambatifta  Cini,  il  Cavaliere  da  Verrazzano^ 
che  poi  fu  Soprintendente  delia  Religione  di  Santo  Stefano ,  Jacopo  Chit« 
viUelH,  Agnolo  Gori,  il  Furino  e  Andrea  Siceri  pittori  :  e  neiP  Architet- 
tura il  Pieratti  fcultore,  il  Maftro  di  Campo  Dionigi  Guerrini  e  altri  mol- 
ti •  Non  lafciava  per  quello  di  attendere  alla  pittura^  dipignendo  a  frefco 
e  a  olio,  quantunque  fuo  valore  non  rifplendefle  principalmente  in  tal 
facoltà,  ma  egli  giovane  di  alca  e  compleflTa  ftatura,  affabile,  maniero-* 
fo  e  faceto  ;  che  però  tucta  la  Nobiltà  Fiorentina  faceva  a  gara  per  farla 
qualcofa  operare ,  ciafcheduno  in  propria  cafa  •  Dipinfe  in  cafa  i  Marcheii 
Guadagni  dietro  alla  Nonziata,  in  una  Villa  del  Marchefe  Cori!,  in  cadi 
Michelagnolo  Buonarruoti  il  giovane,  in  cafa  Pucci»  Galli,  Gianni  e  al* 
tri  molci^.  Per  laChiefa  di  Badia  colori  a  olio  la  figura  del  San  Giovanni» 
che  è  apprefTo  all'Organo,  dove  dalla  ^rte  oppofta  fece  il  Furino  il  Saa 
Michele  Arcangelo.  Si  valfero  di  lui  i  Sereniilimi  Principi  Gio.  Carlo» 
poi  Cardinale,  Mattìas  e  Leopoldo,  da' quali  tutti  ebbe  onorate  provvi- 
iioni .  Per  Io  Principe  Gio.  Carlo  operò  nella  Villa  di  Mezzomonte ,  in- 
fieme  con  Giovanni  da  San  Giovanni:  per  la  ftefla  Screnillima  cafa  fece  di^ 
fegni  per  argenterie,  flipi ,  criftalli,  e  per  belliffimi  Reliquiar},  che  da 
quelle  Altezze  fi  mandavano  a  donar  fuori .  Ordinò  i  mufalci ,  che  ii  fece^ 
IO  nella  grotta  del  Palazzo  de'  Pitti  dov'  è  la  fonte:  e  in  divedi  tempi  fe« 
ce  afiai  cartoni  per  le  tappezerie  del  Serenifiimo  Gninduca  Ferdinando» 
Circa  all'anno  1642.  volle  lo-fiefTo  Sereniffimo  far  ritrarre  al  naturale,  col* 
Tajuto  di  un  grande  e  perfetto  occhiale  del  Galileo,  il  gran  Pianeta  detta 
Luna;  e  diedene  l' incumbenza  ad  alcuni  fpiritofi  pittori;  e  non  dovea  l' uno 
vedere  l'operazione  dell*  altro:  non  fo  io  per  qual  fine  dell'alto  intelletto 
di  quel  gran  Principe  ;  fé  non  fofle  ftato  in  parte  per  vedere ,  come  ciafche- 
duno di  loro  in  proporzione  grande  aveflemtefe  quelle  maravigliofemac* 
chic,  per  mag'^iore  ili&ftrazione  fe  con&rma  delle  veritadi,  fcoperte  per  . 
mezzo  di  quel  nobile  ftrumento.  Uno  di  coftoro  fu  Baccio  del  Bianco» 
che  ii  portò  bene;  ed  io  mi  abbattei  alcuna  volta  in  compagnia  di  amici  a 
vedervclo  fopra  operare .  Valfe  ancora  alTaiflimoe  fu  molto  adoperato  nel* 
l'ordinare  apparati  di  (^arantore  e  di  Fede.  Neil' inventare  abiti  capric* 
cio/i  per  commedie»  baltetti,  gioftre  e  barriere,  come  anche  in  ogni  torta 
di  macchine  e  profpetcive .*  le  quali  invenzioni  difegnava  di  pennate  acque- 
relli coloriti,  con  gran  facilità  e  bìezarria^* E  benché  tali  difegni  fiano,  co- 
me noi  fogliamo  dire»  aggrottefcati  e  ammanierati  molto»  non  iafciano 

concucr 


/ 


320  Btcem.  1f^.deltà?arÈ.ldelSe4.V.dah6io.dli6^o. 

cofatttctociò  di  far  bellt  mottrt  *  per  U  vi^iciti  e  [pirico  d6llo  figvre»  •  per 
k  varietà  e  novità  de'  concetti  di  abiti t  di  berrette,  di  calzari»  di  accon- 
ciature ,  armature  e  (imilt  »  che  è  in  fuftansa  tutto  quello»  che  fi  ricerca  ne' 
dtfegni, fatti  folamente  per  quel  fine;  vedendofene  luoltilfimi fatti  dall'in* 
i^ne  pittore  Lodovico  Cigoli»  che  toltane  una  certa  maggior  franchezza 
di  tocco,  vanno  ancora  em  per  la  medefima  ftrada.  Quello  però»  in  cho 
Baccio  del  Bianco  fu  eccellente  »  e  forfè  anche  (ingoiare»  iti  materia  di  fi* 
gure»  fu  l'inventare  e  toccar  di  penna  ftoriecte  piacevoli»  caramogi  e  ri- 
tratti di  perfone  con  difegno  caricato ,  in  genere  di  che  gli  fov^venivano 
cofe  da  fare  altrui  morir  dalle  rifa.  Si  trovò  più  volte  in  cafa  di  Cavalieri 
fiioi  amici  in  occafione  di  conviti»  ove  bencfpeflb  era  chiamato  a  cagiono 
del  fuo  bello  e  piacevoIiiTimo  fpirito,  a  rapprefentare  in  caru  il  convito  e 
k  perfone»  caricando i  volti  di  ciafcuno de' Cavalieri  e  delie  Dame  in  mo* 
doi  che  tutti  fi  rendevano  ridicolofi  quanto  mai  dir  fi  poteflè»  e  contuu 
cociò  fi  riconofcevano  per  quei  ch'egli  erano .   Le  ftorie  de' caramogi  fece* 
egli  io  atti  e  getti  sì  nuovi  e  sì  bizzarri»  che  non  è  chi  abbia  veduto  an* 
Cora  cofa  fimile.  Aveva  familiarità  con  un  Gentiluomo  Fiorentino»  Ca- 
nonico della  Cattedrale»  Quefti  volle  un  invenzione  di  fua  mano;  e  per- 
chè era  il  Canonico  di  flatura  grande  e  (bverchiamcnte  afciutto;  e  ali' in- 
contro Baccio  era  alto  e  compieflb»  volle  fcherzare  fopra  la  propria  perfooa 
e  dell'  amico,  e  fecegli  la  battaglia  de'Graflì  e  de' Magri,  tocca  di  penna 
con  gran  vivezza  e  fpirito»  con  bizzarrie  e  capricci»  arie  di  tede •  azioni» 
e  caricature  tanto  giufie»  che  non  è  poUibile  il  formarne  concetto  a  chi 
non  le  vede .  Stette  gran  tempo  col  Sereniffimo  Principe  Don  Lorenzo 
nella  fua  Villa  di  Cafiello:  fecevi  cofe  belle  e  curiofe  in  tal  genere»  e  col- 
la fua  dolce  converfazione  fu  1'  allegrezza  di  quella  corte .   Il  Marchefe 
Pier  Francefco  Vitelli, Capitano  della  Guardia  a  piede  de'  Tedefchi  del  Se- 
reniflimo  Granduca»  ha  di  fua  mano  dife^ni,  in  quefto  ftile  ridicolofo,  bel« 
liflimi»  tutti  a  penna  :  e  chi  quette  cofe  (crive»  conferva  due  quadretti  a 
olio  ,  coloriti  ai  gran  forza»  dove  fono  due  ftorie  di  Caramogi;  e  alcuni 
che  intorno  ad  una  fornace  da  bicchieri  »  in  rìdicolofe  proporzioni  e  atti- 
tudini, formano  diverfi  vafi;  ed  altri  in  atto  di  tagliare  e  cucire  fcarpe» 
tutti  fatti  di  gran  gufto.  In  altre  occafioni  poi  del  converfare  eh'  e'  ^ce 
Tempre  colla  prima  nobiltà»  diiegnò  eritrafiie  con  quei  fuoi  colpi  caricati» 
e  Cavalieri  e  Dame»  con  che  fu  il  foilazzo  delle  converfazioni  del  fuo  tem- 
po .  Ma  per  migliore  intelligenza  del  lettore ,  mi  piace  ora  di  dire  in  que- 
llo luogo  alcuna  cofa  di  quello  •  che  fignifìchi  quefto  caricare»  e  che  fiano 
quefti  colpi  caricati .-  invenzione  bizzjrriffima»  che  dicono  i  Boi ognefi  tro- 
vata da  Annibale  Caracci;  febbene  io  fo  che  ufofli  talora  in  Firenze  fino 
del  1480.  tornatafi  poi  a  praticare  dal  Caracci  e  da  quei  di  fua  fcuola  e  da 
altri  pittori .  Caricare  e  {caricare,  iiccome  io  ho  accennato  nel  aiio  Voca- 
bolario del  Difegno»  dicefi  ad  un  modo  di  far  ritratti,  quanto  fipuòfomi- 
gliantt  al  tutto  della  perfona  ritratta  »  ma  però  (  afia  per  giuoco  o  per 
ifcherno)  talora  aggravando  o  crefcendo  i  difetti  delle  parti  imitate  fpro- 
porzionatamenre;  talmentechè  nei  tutto  apparifcano  efiere  efli  »  e  nelle 
parti fiano  alquanto  variati.  Sopra  di  che  i  necefiTario  far  refleffione^  che 

ogni 


BACCIO   DEL    BIANCO.        321 

•gni  atfiHr]itdahttiiriefluttfiro|«it,.o^ 

gveda^ognidno:  ecniclicaiino  Jia  nel  Toko  ie  fiefle  pvcj  in  nuaiera, 
nome  e  qualità»  oui  le  ha  altresì  in  qualclie  parte  diverte  da  quelle  di  ogni 
altro .  Imoltre  è  da  làpece»  che  fiafi  pure  una  faccia  bella  qnanto  ella  fi  vqn 
glia»  e  ben  proporzionata  ai  poiEbile ,  gran  fatto  farà  »  che  «ila  in  alcuna 
pane  (  fé  non  è  difettofa  }  almeno  non  inclini  a  qualche  difetto  o  di  fcai:« 
tb  o  di  troppo  :  e  dato  anche  che  ella  fia  in  ogni  (uà  parte  fenaa  difetto  , 
ella  avrà  iempre  in  fé  alcuna  cofii,  che  farà  T effetto  contrario  a  quel  dio 
farebbe  la  deformità  o  fproporzione  delle  medefime  parti  ;  cioè  dove  quella 
farà  efprefla  cagione  di  rozzezza  d'afpetto»queft a  il  farà  di  gentilezaa:  do** 
ve  quella  di  malinconia*  quella  d' ilarità,  eakre  a  quelle  fimiglianti  cofe  i 
Entra  qui  ora  lo  fpiritofo  pittore»  al  cui  perfpicace  intelletto  ubbidifea 
perfettamente  la  mano:  e  in  primo  luogo  conofce  nonfolo  quali  fianoi 
difetti  di  quel  volto  >  e  la  igraziataggine  di  ogni  parte;  ma  anche  ne  i  pnk 
bei  volti  j  quale  è  quel  difetto»  al  quale  pare  che  inclini  qualche  parte  del 
propofto  volto  I  per  renderlo  tanto  o  quantodeforme  e  rìdicolofo  :  e  quel 
che  è  più»  confiderà  e  conofce  ancora  he  i  belliffimi  volti,  quali  fon  quelle 
^arti ,  che  in  effi  fon  propria  cagione  di  grazia  o  di  bellezza  :  e  coir  aggravarvi 
ibprà  la  mano  net  fuo  difegno,  fenza  difcoftarfi  in  uni vet(àle  dall' imitazio* 
ne  di  quel  eh* e' vede  »  ma  lèguitando  fèmpre  l' intenzione  della  natura»  o 
dan^Ot  per  così  dire ,  adempimento  e  perfezione  air  intento  di  effa  »  fa  sì» 
che  il  brutto  nella  fua  propria  bruttezza  diventi  fenza  paragone  più  brut* 
to  :  e  'i  bello  e  graziofo^  con  efler  troppo,  diventi  brutto  e  fsraziato;  mt 
per  ^  fempre  tanto  fimile  al  vero»  che  nei  tutto  apparifca  Tefiigie  della  perfona 
ritratta:  e  per confeguenza non  fiano anche  interamente diffimili  le  parti: 
ope^a  in  vero»  che  è  propria  di  cervelli  tagliati  a  tal  mifura  folamente»  t 
nonrdi  tutti;  perchè  uafi  pur  un  artefice  pratico  quanto  può,  non  arrive* 
rà  m  ai  a  fare  in  quello  genere  cofe  ingegnofe,  e  che  muovano  a  rifo ,  ie  non 
ha  da  natura  un  tale  fpirito:  e  veramente  Baccio  in  quello  fu  Angolare  ; 
Difesnù  ancora  paefi  di  penna  eccellentiflimamente  :  e  già  maeftro,  noli 
ricuuva  di  andare  la  mattina  a  buon  óra,  fuor  delle  porte  di  Firenze»  e 
difegnare  fopra  un  fuo  piccolo  librettino,  vedute  al  naturale:  ed  io  in  mia 
fanciullezza  ebbi  fortuna  di  trovarmi  con  eflb ,  infieme  con  un  nobile  o 
molto  virtuòfo  giovanetto  (a)^  che  oggi  più  non  vive ,  in  fimili  diverti« 
menti,  e  di  efercitarmi  alla  tua  prefenza  in  tale  Audio.  Ebbe  anche  quefto 
artefìce,  in  aggiunta  alle  fue  molte  abilitadi»  un  ottima  voce  per  la  parte 
di  cantare  da  tenore»*  onde  aveva  fatto  buona  pratica  nella  muficai  nel 
contrappunto,  nel  fonar  di  tafli,  e  llrumenti  di  fiato. 

Quando  1^  anno  1637.  fi  fece  nel  Palazzo  de'  Pitti  la  gran  commedia 
delle  Nozze  dell!  Dei,  compofizione  dell'Abate  Coppola,  per  celebrare  lo 
feliciflime  Nozze  del  Sereniamo  Granduca  Ferdinando  IL  colla  Serenifli» 
&)a  Granduchefla  Vittoria  della  Rovere,  non  folo  fu  egli  adoperato  infie- 
nie  con  Alfonfo  Parigi  nelP  inventare  e  ordinare  le  profpettive  e  macchi- 
ne, con  che  furoh  rapprefentati  voli  maravfgliofi,  ed  altre  belle  apparen- 

X  ze; 


rtM 


(  a  )  Sigeor  Ciovambafifta  del  Signor  Cofimo  lavi 


fi/z.  Decenti.  JK  Ma  P art,  h  delSec.  V.  ddi^i  ©•  al  1 540; 

ze }  ma  volle  anche  il  Granduca  •.  che  egli  vi  recitaffeia  Tua/pwttt  t  ìà 
tutto  diede  canta  foddisfazione ,  cheiinite  quelle  Fieile»  correndo  ancoralo 
fleflb  a  nno  163  7  ebbe  una  molto  onorata  prò vvilione»  colla  carica  d'Ingegnere 
del  Magiftrato  della  Parte .  Ma  giacché  della  Commedia  fattali  per  le  Nozze  ci 
fiamo  portati  a  parlare ,  è  da  notarli  «  che  prima  dell'anno  \6i6*  quando 
fé  ne  incominciarono  a  tenere  i  tratcati»  fovvenne  al  noftro  Baccio  un  cpn« 
^tto  di  poterfi  ordinare  le  profpettive  e  macchine  della  medelima»  per  mo*- 
dOt  che  al  comparir  della  gente  nel  gcan  Cortile  de'  Pitti,  ov'ella  doyea 
rapprefentarfì,  non  appari(fe  altro  aflegnamento  di  fcena,  che  di  ^une 
poche  abetelle  o  fiìli  che  dir  vogliamo,  fermi  per  lo  ritto,  a  cui  quelle  rac-. 
comandar  fi  doveflero ,  per  tirar  poi  una  gran  tenda ,  e  far  sì ,  che  in  breva 
ora  e  palco  e  fcena,  ed  ogni  altra  gran  macchina  fi  vedefle  quafi  non  po- 
lla, ma  nata  al  luogo  fuo,  con  eftremo  ftupore  de*circo(tantì .  Al  che  fìtre^ 
avealo  reia  animofo  un*  apertura  (  ch'era  allora  ih  faccia  di  eflb  cortile  ^ 
ove  oggi  è  la  fonte  )  atta  a  maneggiarvi^  un  mazzacavallo ,  col  quale ,  e  eoa 
poco  più  faceva  penfiero  di  portar  l'opera  al  fine.  Fece  di  tutto  un  dili- 
gente modello;  e  poi  per  meglio  aflicurarft  fi  portò  dall*  infignilTimo  Gali-- 
leo  Galilei ,  (lato  ino  maeftro ,  e  tale  fuo  penuero  gli  conferi .  11  Galileo  » 
che  era  uomo  faceto,  ad  avea  con  eflb  grande  autorità >  ridendoti  del  pen- 
fiero  difle:  Baccio,  quella  farà  una  belk  cofa;  ma  io  mi  perfuado,  che  ti» 
dU)ia  già  alleftito  qualche  ftregone ,  che  la  conduca  come  ta  vorrefti .  Bac- 
cio gh  foggiunfe  averne  fatto  un  modello,  fopra^l  quale  egli  averebbe 
difcorfo»  mentre  ei  fé  ne  fofle  contentato .  Accettò  il  Galileo,  e  fopra  cer^ 
te  operazioni  degli  ordinghi  e  inftrumenti  fece  a  Baccio  alcune  interroga^ 
zìoni  ed  oppofizioni  per  meglio  capirne  il  vero;  e  finalmente  fi rettafi  colla 
deflra  mano  la  barba  (atto  lolico  uio  quand*  e' voleva  pronunziar  qualche 
fuo  concetto  in  converfazione  piacevole  e  familiare)  in  tal  guifa  parlò; 
Baccio,  tu  ai  fatta  una  bella  cofa,  e  l'ai  ridotta  a  tal  facilità,  e  con  sì  po-^ 
co,  che  fé  la  mia  fante  vi  avefle  penfato,  come  Vai  penfato  tu»  io  credo 
ch'ella  l'avrebbe  fatta  anche  lei  ;  ma  tu  vi  ai  penfato  r  e  lei  nò.  Or  perchè 

ià  eranfi  per  queil'  all'are  dati  molti  ordini»  e  fatti  gran  preparamenti,  il 

el  concetto  del  noftro  artefice  non  ebbe  effetto. 

Dicemmo  di  fopra,  che  Baccio  fu  in  eminente  grado  manierofo ,  afia* 
l)ile  e  faceto  :  ed  in  vero  a  chi  voleflef  cri  vere  le  graziofe  fue  burle,  e  detti  acuti 
e  piacevoli,  anzi  ridicolofìifimi  concetti ,  che  dava  fuori  airoccafione,bifo' 
gnerebbe  mctterfia  farne  un  libro  intero  ;  onde  io  trak£cio  di  trattare  a  lungo 
si  latta  maceria:  e  folamente  porterò  in  quello  luogo  alcuni  fuoi  detti  (cher- 
zofi ,  che  fanno  a  proposto  dell'opere  di  fua  profelllone,  con  poco  altro  più  • 
Aveva  egli,  a  concorrenza  di  molti  valentuomini  architetti,  ftati avanti  a  lui 
€  ne'fuoi  tempi,  fatto  un  modello  per  la  facciata,  che  dovea  rifarii  aliano* 
Ara  Cattedrale:  eavevalo  mandato  a  Palazzo,  ove  fimilmeute  erano  gli  altri , 
alle  danze  del  Granduca  :  ed  occorfe ,  che  queirAltezza  un  giorno  fecelo  chia* 
mare ,  e  tutti  infieme  i  modelli  volle  confiderare  alla  prefenza  di  luì;  poi 
.volto  a  Eaccio  gli  domandò,  quale  di  tutti  più  gli  piacene  .  À  quefto  rifpo^ 
fc  Baccio,  fenza  punto  penfare:  Il  mio,  SerenilCmo,  mi  piace  più  di  tutti: 

«  non  creda  V.  À..  che  fé  non  mi  fofle  piaciuto  il  mio  concetto  più  di 

quello 


I 


«««#•»«• 


9 ACCIO    "DEL    BIANCO.        ìif 

quello  degli  altri,  io  Pavefli  fatto  a  quel  modo;  coi)  che  grasiofamento 
finffendo  dt  efaltar  Te  fteflb,  volle  moftrare,  quanto  fia  grande  la  cecità  di 
noflro  intelletto  in  dar  giudizio  delle  proprie  operazioni .  Soleva  dire  »  cho 
quel^QTohitetto  f  a  cui  chiudendo  gli  occhj  »  e  dando  alauanto  fopra  di  fé»  ' 
non:  badava  V  animo  di  fare  una  fabbrica  nel  fuo  cervello  con  tutte  le  fua- 
nec^arie* qualitadi  »  e  di  proporzioni  e  di  lumi,  e  di  falite  e  di  ornati,  ed 
cgni  altra,  non  occorreva  che  fi  cimentale  a  far  difegni  e  modelli,  perchè' 
averebbegll  infegnato  l'efperienza  di  dover  fare  e  disfare,  e  poi  di  dar  loro 
fine,  come  fi  poteva  il  meglio  »  ma  non  già  bene .  Perciò  quegli ,  che  nel«» 
le  converfazioni  e  ne  i  divertimenti  era  il  più  allegro,  il  più  difinvolto 
e*l  piìi  vivace  di  ogni  altro;  neir  applicare  poi  a  cofe  di  quefi'arte  era 
fifib  a  gran  fegno:  e  molto  difpiacevagli  il  fentire  cicalamenti  e  rumori  ;^ 
e  fra  li  molti  cafi,  peraltro  bizzarri  e  ridicolofi,  che  avvennero,  i  quali; 
io  taccio  per  lo  migliore,  fu  il  fegaente.  Stava  egli  un  giorno  di  fiate, 
nell'ora  appunto  del  ripofo  dopo  il  definare ,  attentamente  applicato  a  non- 
io quale  luo  (ludio ,  mentre  più  giovani  titolati  cavalieri ,  che  abitavano 
50C0  lungi  da  cafa  fua  nella  flefla  contrada ,  avéan  dato  principio  con  gran, 
e  firepico  al  giuoco  della  palla.  Con  quefti  aveva  egli  per  altro  gran  fa^ 
miliarità,  ficcomecol  rimanente  della  più  fiorita  nobiltà  Fiorentina,  a  ca» 
gione  delia  fua  virtù,  e  della  bella  e  tanto  converfabile  fua  maniera. 
Sopportato  ch'egli  ebbe  per  un  poco  quel  gran  rumore»  vedendo  final"* 
mente  di  non  poter  per  caufa  di  quello  tirare  avanti  il  fuo  lavoro,  afiac-» 
ciofii  alla  fineftra,  e  cheto  cheto  ftava  afpettando,  che  alcun  di  loro  guar^ 
dalle  in  fu;  quando  egli  avvenne,  eh*  e*  fu  veduto  da  uno  di  loro,  che 
con  vifo  giulivo  ^li  domandò  quel  che  facefle  a  oueirora  alla  finefira.  Io 
flava  a  vedere ,  rifpofe  Baccio ,  fé  il  Diavolo  fi  fofiTe  rlfi)luto  una  volta  a 
portarvi  via  quanti  voi  fiete:  eche  vorrefti  voi  mai,  che  vorrefti?  e  tutta^^ 
via  replicava  quejQta  parola  ,  che  vorrefti  voi  ?  Vi  dirò  quel  che  io  vorrei» 
jrifpote  il  Cavaliere:  io  vorrei  mandar  quefta  palla  tanto  in  giù,  che  ella 
paUaflè  la  guadagnata ,  eh'  è  prefiTo  a  quella  fogna ,  che  voi  colaggiù  veden- 
te.. E  quei  dalla  parte  di  fotto,  che  vorrebbero  eglino?  difle  Baccio .  Quei 
di  (otto,  f<^giunfe  il  Cavaliere  «vorrebbero  fpignere  la  medefima  palla 
santo  in  fu^  ch'ella  paflafie  quefta  panca,  che  è  qui  poco  dopo  al  pallacoja 
o  tetto  che  dir  vogliamo .  O  che  venga  la  rabbia  a  voi  e  a  loro,  difle  Bac- 
cio: e  perchè  non  pigliate  voi  una  palla  per  uno,  e  quei  di  laggiù  la 
mandino  dopo  la  panca,  e  voi  di  quafsù  palTatà  la  fogna,  e  così  ^reto 
tutti  a  voftro  modo ,  e  vi  leverete  di  qui,  in  tanta  malora,  dal  fracaifarmi 
il  cervello,. come,  voi  fate  nel  tempo  appunto ,  che  cento  cervelli  mi  ab- 
bìfognerebbero  per  badare  a  i  fatti  miei .  Fu  anche  inventore  di  alcuni 
fclierzettii ridicolofi,  de'qiiali  (i  valeva  in  converfazione  di  giovanetti  e  di 
femplioi  femminelle,  e  talvolta  ancora, di  perfone  provette,  la  fera  a  ver- 
gili o.  nèlP  ore  dijricreazioiie .  Tali  furono  certi  ch\ei  chiamava  indovinelli , 
^hedifficilcò&è^a.defcrivergli.  Pigliava*  penna  e  carta,  edifegnava  alcu- 
ne coferelle,  come  farebbe  a  dire,  una  gamba  alzata  di  un  uomo  cammi- 
xiantei  col  refto  della  perfona  tìnta  coperta  ed'occupata da  una  muraglia; 
talvolta  una  mano  r  in  atto  di  operare  non  fo  che»  di  perfona  che  fta  dopo 

X  a  un  can* 


324.  I^ff^ff^^  i^-  ^^^  ParìldeiSec.V*  M 1 65  o.  ai  1 640. 

un  canto,  né  fi  vede  di  lui  tlcro  the  il  braccio  e  la  nano  operante  »  e  ctn^ 
to  altre  cofe  sì  fatte:  e  voleva  che  altri  indovinafle  che  fofl^ro»  e  checo* 
fa  fkceflero  quelle  figure .  E  perchè  non  era  poflibile  »  che  ft^uno/dede  nel 
fegno»  effo  poi  ne  fiiceva  la  dichiarazione»  applic^hdol»  talvolta  e i^eu*. 
Tolémente  a  qucfta  o  a  queiraltra  perfona  ;  e  facevavi  fii  ttnto  com^o  ,:6 
ai  graziofe  cole  diceva  e  così  varie  »  che  faceva  altrui  dar  nelle^  rifii  a  gran 
fegno.  Anche  inventò  certi  traQulli»  de' quali  toltad  P  in  venutone  da 
certi  FranSBcfi  >  fé  ne  fecero  poi  infiniti  :  e  pongati  in  Italia  ed  in  Firenze  gU 
faòevano  pagare  a  eran  prezzi .  Ciò  fu  un  cerco  ritrattino  fopra  talco,  di 
forma  ovata  o  quadra  »rapprefentantef  perefempio,  una  vaga  £ainciuUetta». 
teda  con  bufto  »  che  poi  fa  vedere  veflita  a  tutte  le  foggie  >  e  accomodata 
di  tefta  a  tutte  Tufanze»  talora  in  abito  di  femmina,  talora  di  mafcbio: 
or  civile,  or  plebeo:  or  (ecolare,  or  rtligiofo:  ora  abbigliata  »  or  pura, 
fecondo  i  diverti  altri  ritratti»  pure  in  talco,  che  fi  pobn  fopra  il  primo 
ritrattino»  tutti  però  fenza  volto,  e  con  tanta  apertura  in  quella  parfe, 
quanta  abbifogna,  acciò  poflii  per  efla  apparire  il  primo  volto.  Invenzio^ 
iie  ordinaria,  è  vero  ;  ma  noi  veggiamo  per  efperìenza,  che  ogni  viliffima 
vivanda  piace  a  Tuo  luogo  e  tempo  ;  ed  avuto  riguardo  alle  perfone  per 
cui  deve  fervire  ,  è  utile,  e  talvolta  anche  neceflària;  ie  1'  eflcrne  Baccio 
ftato  primo  inventore,  non  dee  rimanere  in  lui  lènza  lode.  Inventò  an* 
Cora  una  certa  piegatura  di  lettera,  nella  quale  potea  altri  fcrivere ogni 
fuo  più  cupofegreto,  e  poi  mandarla  per  le  mani  di  ognuno  aperta ,  |>er«> 
ohe  non  erajpombile  il  raccapezzarne  un  periodo  intero ,  fé  non  a  chi  la 
piegatura  (leda  era  nota,  mediante  la  quale  Tuno  coli* altro  periodo  accop* 
piandofi  >  venivaii  a  legger  tutta.    Invenzione,  che  quafi  corrifpottde  a 

Juanto  fi  ha  da  Gellio  [a]  nelle  Veglie  Attiche,  intorno  alla  Scitale  de^ 
«acedemoni ,  che  era  una  certa  mazza ,  che  con  alcune  piegature  intomo 
di  quojo  avvolto ,  faceva  1*  ufizio  di  lettera  fegreta  :  e  ciò  facevano  in  que- 
fio  modo.  Ne  davano  una  al  Capitano,  che  andava  alla  guerra  <  un'altra 
in  tutto  fimile  fi  ferbavano  per  loro,  e  poi  fé  alcuna co(a  di  fegreto  occor* 
reva,  fcrivevano  ciò  che  pareva  loro  in  fottìi  quojo,  adattandolo  alla  maz- 
M ,  e  quello  tagliato  in  pezzi  minutiffimi ,  mandavano  al  Capitano^  ^qua- 
le avvoltolo  alla  fua  mazza,  venendo  le  lettere  ad  unirfi,  veniva  altresì  for* 
nata  l'epiftola,  la  quafe  bene  poteva  leggere  a  fuo  talento. 

Tornando  ora  al  filo  dell'  ifioria,  diremo:  come  era  venuto  l'.an« 
no  1(41.  quando  occoriero  le  turbolenze  della  guerra  in  Tofcana  ;  onde 
a  Baccio  »  riconofciuto  per  quel  grand'  uomo  eh'  egli  era  in  coièd'ing^no 
in  iìmili  occafioni,  furon  date  incumbenze  grandi,  nelle  quali  ciòx^egli 
òccorfe  di  fare,  meglio  fari,  chefentiamo  da  lui  medefimo  •  laddove  in  il* 
ira  parte  della  lettera  fcritta  ai  Marmi  cosi  ragiona.  Ma  andiMtm  mninzl 
tti  iornare  àddiaro  due  anni  e  mezzo .  I9  mi  trovai  a  Edemiargb  quamìkft^ 
ponò  F  Impef^itice ,  chi  era  DMbéJfa  di  Mantova,  Refina  d^  ihigberia  ,  dna 
còncoffe  itiitù  iJ  mondo  $  e  di  Saldasi  e  di  Cavalieri^'  dico  fnefio  permfirare\ 
€be  bò  veduti  pia  di  vtmicinqaemila  tavalU:  e  at  fieurof  diceva  circa  afefiw-- 

-'     ^amita^ 


M     ■■  fu  ■■  iicwi    ^mmmtmmmm        \     w    '  \      I        'il 


[  a  ]  Aat  Ladu  iib.  1 7.  cap.  ^. 


BACCIO  DEL  BIANCO.         $2s 

tÉmltèpirjint;  perchè  oUrtMU^B/ertit^  Imperiale,  era»  emer fi  tutti  i  Gremii^ 
Tornmm  era  elmÌQ  Mfierfi . 

MadMté  Serenifima  aif.  m.  prepafio  délSig.  Jacopo  Giraidi  ^m^  inviéve  4 
Livorno 9  per  alfiere  a  ^ueUa  fabbrica  come,  ingegnere ^  cbeaìhre  non  c'era  cba 
il  Camoffiliina .  Mi  cbiejePA.  S.  che  gli  moSra^  qualche  difegno  ;  lafapplicÀ 
mi  comandaffe  %  che  faeejffS  alcuna  cofax  e  in  fimma  mi  efibii  a  fare  un  anno  di 
novizinto  per  acquiSarla  fervitià ,  e  acquifiarmi  il  pane .  Ma  la  perder  fa  ma 
fortuna  fece  tornare  £  Alemagna  il  il  quale  coma 

aveva  paglia  in  éecco  »  mi  ricusò  per  inabile ,  Bante  P  eJler  giovane .  come  fé  ne  $ 
peli  bianchi fieffe  lofpiritoi  folito  d^  HiniSroni.  il  non  ammettere  qucUo,  che 
oion  dipende  da  loro  i  jSccbèJiiorrei  i  bracchi.  Il  Cambia  fu  a  mio  gufi  o  9  perchè 
fra  pochi  mefi  venne  il  CantagaUinà  »  che  Dio  tenga  nel  cielo,  e  fu  pofto  meri-^ 
tameme  alla/anta  carica^,  al  quale  io  prrfefio  Qfbligbi  particolari:  e  la  Sima^ 
§be  facevo  di  lui  eragran£ffima^  perchè  certo  era  gran  foggeno  ;  uomo^  che  con 
poche  parole  efplicava  il /ho  concetto:  Sfegnava  benct  e  con  intelligenza  9  udor-^ 
mando /èmpre  gU  fuoi  dimorfi  e  ragioni  ^  con  lafuu  Soria$  .0  morale  0  cors^fex  Lat.  #r- 
infomma  uomo,  che  era  fatto  con  muchos  anos-»  e  Sudio  maggiore.  Dio  Ptlh  bmam  ^ 
bia  nel  Cielo  »  e  lo  remuneri  dette  f uè  fatiche.  QSf^  pafsòf  Sìg.  Biagio  %  creda  icpidam. 
fiijfe  tanno  26. 9  2  7.  fglvo  il  vero .  Aia  andiamo  alla  guerra . 

Chi  piti  di  iM  nella  guerra  Papalina  ^  0  Barberino  Ji  affaticò,  rifià  la  pelle  ^ 
e  da  gran  tempo,  conilMarchefeS.  Angelo  di felicijfima  memoria .  atta  vi  figa  di 
Prato  e  Piflojai  là  dove  ordinai  r  a  firmili  ^  parapetti  e  altre  difefe;  che  per  nom 
potere  afi fiere  per  tutto  %  lajciavo  chi  di  mio  ordine  affifievav  e  a  Ti0oja  ilSig^ 
Murche/à  Capponi  vi  tenne  il  Verdoni^  ajuto  di  Camera  del  Sereniamo  Prin^ 
€ipe  Leopoldo .  Però ,  dopo  avere  io  ordinato  e  pò  So  i  raffretti  9  e  ordinata  altra 
co  fé»  atto  Montagna  io  fola  tutta  la  fcorfi,  e  ordinai  difefe  »  e  quanto  era  necef^ 
fàrioiM  quale  fu  tutto  approvato  dal  Sereniamo  Padrone  dei  March.  S.  Angelo 
che  fé  fi  faceva  quanto  io  wevo  propofio  »  non  dubito  9  che  fuffe  paffato  nò  Vom 
lenze  9  9^  il  mede^mo  Demonio . 

Di  quivi  girai  fino  atti  pefii  del  MugoQo,  come  Cafiettif  Vingone,  Scar^ 
perla,  a  dove  poi  Bette  il  Garg lotti,  il paffodi  Patazzuolo p  di  Ronta  e  di  Mar? 
radit  rivedendo  tutti  quel  fcofcefi  balzi  «  paffi  a  uno  a  una  :  e  da  Marradlfina 
ai  tonfino.  ModlgHanafu  da  me  fortificata  e  refa aQòi ficura  da  [correrle i  Ca^ 
Jlrocaro  lljhnilet  Goleata,  Duadola,  la  Rocca  %  S.Piero, "Bagno  9  fino  atta  Pieve 
m  S.  Stefano:  e  prima  tutte  le  vie  del  ^fio-di  SréonCf  Sefiino  &c.  Andai  a 
€hreft7^la  %  e  la  reflaaral  ;  che  poi  vi  lafciai  il  Cam  ano  Laudi  f  al  tempo  che 
vi  era  Commifiario  il  Cavaliere  Br^mdolini .  Di  qc(ivi  pafial  per  li  fentleri  a 
Brade  incognite  ^  fine  att' Alpe  al  pajfo  di  Palazzuolo^  come  ho  detto /opra.  Da 
Bagno  poi  arrii>ai,  come  ho  detto,  atta  Pieve  :  e  di  quivi  a  Cortona  e  Cafiiglia^ 
nei  e  per  tutto  ordinai  t  e  fscl  relazioni.  Al  Borgo  di  S.  Sepolcro  fietti  buon 
pezzo  a  quella  fortificatone  :  e  quanto  propofir  fu  approvato  dal  Sereniamo  Pof^ 
érone  per  buono  ;  e  affifiel  fino  alla  venuta  del  Cantagmlma  •  Alle  Chiane  f  a  Puh 
fono  ordinai  ripari  e  refkrcimenti  e  difefe .  A  Angbiari  ordinai  ri  pori  e  re  farcir 
menti  di  mura  %  fino  che  il  Gantagallina  meffe  pol^mano  a  un  ha  filone  nttovo ,  che 
ferra  il  Cafletto .  A  Momercbi  ordlnol  quanto  fi  fece ,  che  vi  fu  Capitano  il  Me^ 
legar i  Gemvefiy  che  poi  lo  mo/chettarono  in  Atezzo^-  Diogfi  peroni .  £da 

X  j  Monter- 


^26    Decenn.W.  della  Parf.  LJelSecK  dali6$o.  ali6^o. 

àbmercki  tutta  la  Valle  del  VingaWf  o  come  Jlcbiémat  firn  al  Palaz;^  del  Pam 
ra^  con  aver  fatto  di/ègni  di  tutte  le  Brade,  vie  e  luoghi  da  farfi forti  p  che  vi 
frano,  fino  a  Caftiglitmt .  E  non  filo  feci  tutte  quefie  giravolte ,  ma  le  rifeci  ne* 
maggiori  pericoli,  che  finoildìaeUa  paffata  a  Pifioja del  Sorgente  Generale  Ot' 
taviano  Rica/òli ,  andai  alla  vifita  delle  Montagne  di  Pifiojai  che  con  effofu  an^ 
tara  il  Capitano, Guerrini:  efempre  che  fi  trattò  de  miei  Rapporti  e  Relazioni  f 
autti  furono  approvati  per  buoni,  teftimonj  tanti,  che  fi  trovarono  &c.  Alla  ri^ 
prefa  della  Sambuca,  rimatovi  a  guardia  il  Capitano  Conti,  andai  a  afikuroT' 
ia,  mandato  i  e  quanto  propofi  fi  fece  in  parte  i  ficcome  una  terre  allafirada  di 
Praccbia,  che  guarda  li  due  Rii,  cbe  fi  congiungono  %  il  Reno  e  la  che 

refijtrono  impetfette ,  perchè  ne  venne  la  pace  t  e  buona  motte . 

Al  pajjo  delFAlpe  di  Cutigliano ,  a  dove  confina  colBolognefe  lo  Stato  delSe^ 
reniffimo ,  feci  un  fme  di  faffi.  Ugni  e  terra  »  e  meffi  le  guardie  &c.  E  che  può  far, 
pia  un  Ingegnere  di  guerra^  Mi  Ara  chi  non  ha  caro  del  mio  bene^  cheia  non  fon 
/agnato  ^ una  ferita  nel  capo,  una  mojcbettata  tn  un  braccio,  una  gamba  meno, 
€  certe  delizie  fimili  di  guerra  ì  ma  quefio  deriva ,  che  t  occafione  ha  voluto  così , 
r  ne  remh grazie  a  S.  D.  M*  femore  eternamente.  E  chi  mi  teneva ,  fé  a  quella 
Barberina  guerra  aveffit  in  quelle  faccende ,  fupplieatola  di  un  tiiolo  di  Capita- 
no 9  che  non  P  aveffi  ottenuto  ì  O  Dio  !  che  fino  i  tintori ,  con  le  mani  e  unghia 
etere,  veMfventolare Bandiere,  e  porti  titolo  di. Capitano  taluna  9  che  non  aveva^ 
veduto,  che  cofa  fuffè  picea .  Ni  furono  i  danari  tampoco  caufa  di  ciò;  parchi  vi 
€rano  di  quelli,  cbe  avevano  l*  augufta  non  fenza  la  fame.  Mi  trovai  a  Citernu 
atlPaffcdiOf  dove  era  il  Bazzicalugbe  il  vecchio:  mi  trovai  alla  prefa  di  S.Giu^ 
fimo,  di  Celle,  e  fé  non  fi  ebbe  a  finire  ^  fortuna  ì  Perchè  Dio  nonvolfe ,  e  fi 
pofe  dimezzo  :  e  come  gli  altri  mi  ritrovai  come  un  Paladino:  e  pure  il  Co^ 
auandante  Strozzi  i  quel  faldato  cbe  fi  fa  ;  ma  Signor  Biagio  »  quando  non  fi 
fa  e  fi  cerca  di  fare  »  ifegno ,  che  chi  è  di  [opra  e  governa  il  mondo ,  non  vuole  • 
Signor  Biagio ,  iofono  Satofempre  corto  [dicon  quìi  i  Casigliani  ]  cioi  cheto  ^ 
taciturno,  e  mifom  dato  a  intendere,  che  ^io  m^ abbia  a  inviare  il  corboi  mg 
tome  non  fon  S.  Paolo ,  ni  ho  40.  anni  di  di f erto,  mi  muojo  di  fame .  Ora  non 
Srà  cosìf  percbi  mi  par  con  queSa  predica  aver  fatto  una  Rofacciata  0  cantami 
bancata  firaor dinar ia .  ^iUtopo  mi  morrei  Sfarne  in  una  gerla  di  pane,  cbe  di^ 
re:  ignare,  iofono  il  tale,  quello  feci ,  queir  altro  di0i.  Senta  quefta .  J^uan^ 
ido  cofià  avevafianza,  dove  aspignevo  a  tutto  paSo^  ebbi  occafionix  e  le  maggia^ 
ri  le  difpenfai  a  quanti  amici  avevo.  Fra  t  altre  in  cafa  il  QaÙi%  fé  nìolevo, 
potevo  aver  quadri  e  da  loMf&re  20.  anni ,  che  per  fua  cortefia  fo  che  me  gli 
sverebbe  dati;  contunocib  lo  dichino  $  medefimi  vivi,  cbe  a  tutti  ne  difpenfai , 
£  COSÌ  degli  altri.  Bafia  io  fon  qui,  ni  devo  dolermi  deUafartunB',  percbi  ha 
fiùf  che  non  merito;  ma  fé  per  ripofo  il  Sereni ffinio  Granduca,  giacchi  mi  fa 
4anta  mercede,  e  mi  ha  fatto  fempre ,  mi  iUffi  tal  carica ,'  morrei  contento .  Ha 
or alaf ciato,  che  il  fervizio  della  Parte  è  fiato  feguitato  da  me  molt'  anni  com 
quella  fodisf azione  ^c.  benebi  ne  abbia  avuto  quei  difguffi,  che  fi  fanno:  e 
brutto  il  percbi  non  fi  fa  •  ni  mai  nelle  liti  mi  affacciai  a  cofa  alcuna  sporchi  non 
wi  pareva  dover  difendermi  di  quello  non  avevo  cammeffo  * 

Accomodate  poi  che  furono  le  cp/e ,  fé  ne  tornò  a'  Tuoi  ufizj  della  città. 

-Aveva  egli  j&ao  «Uor»  foftfiauco  il  omw  4i  lAi\9i%  (U  Pr9^ectiva  nella 


BACCIO    DEI  BIANCO.        jiy    ' 

tralibficft  Aoeademia  del  Diregno  »  con  onorevole  provrilione  ;  ma  perchè 
il  Prior  Donato  deirAntelIa»  Luogotenente  per  Sua  Altezza  Sereniffima  ia 
c^  Accademia ,  ricusò  di  ftrli  buone  le  paghe  per  Ib  tempo  che  era  fiattf 
fuori»  fdegnato  fi  licenziò»  e  fu  sieflb  in  fuo  luogo  il  virtuoliffimo  Vin« 
cenzio  Viviani.  Era  Tanno  1650.  quando  la  Maeftà  del  Re  Cattolico  Fi« 
lippo  IV.  volendo  fiir  rapprefentare  in  Madrid  una  beliiffima  commedia 
cu  altre  cofe  fare  »  che  per  fua  Reale  magnificenza  bene  adattate  comparilBlè^ 
ro,  eflendofi  trovato  si  ben  fervito  dall'  ingegno  di  Cofimo  Lotti ,  pii-» 
re  Fiorentino  »  di  cui  io  ho  poco  avanti  parlato  »  il  quale  già  da  qualche 
tempo  era  morto  »  fenz*  aver  colà  potuto  fare  un  allievo  ;  chiefe  al  Gran» 
duca  Ferdinando  un  uomo  di  fimil  taglio:  e  volendo  quel  Sereniamo  in«» 
contrar  di  tutto  punto  il  gufto  del  Re»  comandò  a  Baccio  il  portarfi  z 
quella  fèrvitù ,  con  accertarlo ,  che  anche  dando  fuora  in  tale  impiego  g 
non  farebbero  mancate  qui  alla  fua  famiglia  le  folìte  provviiioni  dei  Ma« 
giftrato  della  Parte  e  delia  Corte»  che  in  ruttò  afcenaevano  a  ventiquac«« 
tro  feudi  il  mefe:  e  iiccomc  gli  fu  promeflb»  gli  fu  anche  oifervato;  per« 
che >  finch'  e'  vifle  >  gli  furon  quelle  fempre  pagate .  Partifli  di  Firenze  alli  8. 
di  Dicembre  dello  ÙtBo  anno  1^50.  con  cinquecento  pezze  da  otto,  avute 
per  lo  viaggio .  Arrivato  a  Genova»  fu  ricevuto  in  caia  de' Signori  Spinoli» 
dove  gli  convenne  dare  un  mefe»per  afpettar  tempo  appropolito  per  Tim^ 
barco.  In  quella  cafa  fu  egli  non  folamente  tratuto  alla  grande»  ma  allt 
partenza  furongli  fiitti  nobiliflimi  regali  di  velluti  e  altri  drappi  per  abiti f 
ed  egli  per  gratitudine  fece  a  quei  Signori  »  con  penna  in  figure  alte  un  paN 
mo,  fopra  cartapecora»  un  Bagno  di  Sufiinna  co'  Vecchj»  tocco  di  tratti  al  fua 
folito  eccellentemente .  Venuto  finalmente  il  buon  tempo  »  imbarcatofi 
navigò  fino  ad  Alicante  in  otto  foli  giorni  «  Quindi  feguitando  il  viaggio 
fbpra  tm  carro*  come  ufano  in  quelle  parti ,  in  altri  dodici  fu  a  Madrid 
Non  furono  appena  paflati  tre  giorni»  ch'egli  ebbe  udienza  dal  Re:  il 
quale  con  benigne  dimoftrazioni  accòltolp  »  fecegli  dare  fianze  nel  Palazzo 
del  Ritiro  in  fondo  al  giardino  .-e  volle  che  gli  folle  aflegnata  una  provvi^r 
fione  di  cento  feudi  di  piatta  per  cidTchedun  mefe .  Diedefi  egli  allora  al» 
l'ordinazione  delle  prolpettive  e  macchine  per  la  Regia  commedia.  Ma 
prima ,  che  io  racconti  alcuna  cofa  piacevole ,  che  in  tale  ordinazione  an« 
dò  feguendo,  fa  di  meftìere  il  iaperfi,  come  avanti  che  Cofimo  Lotti  di 
fopra  nominato  fi  portaflfe  colà  in  fervizio  del  Re,  qutlle  parti  della  Spa» 
gna  tanto  ben  provvide  di  uomini  di  grande  ingegno  in  materia  di  lette, 
re»  ed  in  quella  forta  di  poefia,  che  alla  commedia  appartiene;  in  ciò  che 
alla  rapprelentazione  di  teatrali  apparenze  abbifognava»  era  tanto  infelice^ 
quanto  mai  altri  immaginar  (I  polla .  Avrefte  veduto»  per  efempio  in  quel  prt» 
mo  tempo  calar  dal  finto  cielo  una  nuvola,  per  foftenere  qualche  deità  o  co« 
ro  muficale  per  pofiir  fui  palco  »  o  per  rimanerli  a  mezz*  aria:  e  quefta  pen- 
dere da  due  o  più  nobiliuìme  funi  >  che  a  vifta  del  popolo  tutto  la  fofteL 
nevano .  Graziofa  cofa  vi  farla  fiato  il  veder  paflare  fopra  il  palco  un  carro  ^ 
fintamente  tirato  da  quadrupedi  o  volatili;  e  tanto  quello»  che  quefti 
cifer  per  via  pure  di  funi  e  d'uòmini  vifibilmente  fatti  operare;  e  non  fa* 
cevaft  mai  mutazione  di  profpettive»  che  prim^  non  fi  Q^Uflela  tj^dit 

X  4  negan- 


I 

I 


^%%   Decm.  If^deJHf  Pan,  L  delSec.  V,  dal  i6i  o.  al  i  ^40. 

negandofi  agli  rpcttatori  là  vifta  dellt  (cena,  ^ntamochè  non  fbflè  11  tut» 
to  ridotto  in  acconcio»  e  mutato  in  altro .  Vera  eofii  fu»  ch«  il  Lotti  to- 


gtiendo  quefte  anciche  debolezze  »  aveva  nella  gran  commedia  »  recicacafi  colè 
circa  air  anno  \6%o.  fatte  vedere  cofe  nuove  e  belle  $  ma  per  non  avervi 
egli  >  come  fopn  accennammo  ,  fatti  alHevì  »  era  la  cofa  »  dopo  il  cor** 
ib  di  più  e  più  anni  »  tornata  ad  infalvatichire:  ed  a  pochi  rendeafi  facile 
il  crectere»  che  fi  avelie  a  trovar  piii  altro  ingegnere,  della  fatta  die  egli  vi  fi 
era  fatto  conofcere  in  materia  di  macchine  per  commedie:  e  che  fojSe  per 
operar  con  maggior  prefiezza  e  facilità  di  quello»  che  già. fi  era  tornato  ad 
operare .  Fra  gli  altri  fu  il  poeta ,  a  cui  dal  Re  era  fiata  data  T  incumbenza 
di  comporre  la  nuova  commedia.  Quefti^  che  dottiflìmo  era*  avendo  già 
£itta  la  bellifiima  compofizione»  *f ecela  vedere  a  Baccio,  affinchè  il  medefi« 
mo  le  adattaflè  le  necefiarie  macchine .  Baccio  andava  difponendo  il  tutto  ;» 
e  qualunque  coia  gli  veniva  tirata  a  fine,  faceva  vedere  al  poeta,  fignifican^ 
doli  le  diverfe  e maravigliofe  operazioni ,  che  intendeva  di  far  per  quella*. 
II  poeta  guardava  tutto,  e  lodava ,  ma  vedendo  le  novità,  non  più  da  fé,  nb 
fèrfe  da  altri  vedute,  che  egli  intendeva  di  ^^  operare  alle  macchine ,  fra 


aura  altra  fpecie  in  capo  del  modo  del  man^giarle  •  che  quello  dell'  ufo 
antico  di  Spagna ,  già  era  venuto  in  parere,  che  quella  commedia ,  con  quel 
grande  apparato  di  apparenza  e  di  mutazioni,  non  aveflè  a  poterfi  recita* 
Mf  che  in  tempo  di  quindici  giorni  almeno:  e  tie  fece  con  eflo  qualche 
dichiarazione.  Gran  longanimità  hanno  bene  fpeflo  coloro ,  che  fi  pigliano 
gulU)  di  far  alcuna  burla  ad  altrui  rgiacchè»  purché  ella  da  ultimo  venga  loro 
ben  fatta  »  nulla  curano  il  fitrfi  per  lungo  tempo  credere  nel  cofj^too  di 
ognuno  efij  medefimi  i  femplici  e  i  minchioni .  Baccio  ^dunque  un  gior-* 
ZIO,  che  egli  aveva  da  fé  il  poeta,  per  viepiù  fiflarlo  nel  fuo  timore t  fece 
pigliare  a  gran  quantità  di  uomini  un  pezzo  di  fcena  o  macchina  eh*  ella 
fi  tofie ,  ordinando  loro  il  fituarla  in  un  tal  pofio  ;  e  mentre  che  quella 
gente ifenza  faper  quello  che  fifaceflfe,  operava,  voltandoficon  modofde* 
gnatoe  minacciofo,  ora  ali* uno,  ora  all'altro:  tira  in  qua,  diceva,  aln 
quella  parte:  e  tu  che  fai  ?  non  vedi  che  ella  cafca:  dirizzala  eh*  ella  pen« 
de,  animale  che  tu  fei:  difcoftatevi  Signori,  diceva  al  poeta,  che  quefie 
befiie  ce  la  fanno  cadere  addofib;  e  fimili  cofe  diceva ,  finché  finalmente 
la  fcena  fu  al  fuo  luogo  .  La&ia  or  penfare  al  poeta,  il  quale  poco  dipoi 
difiè  al  Re  che  gli  domandava,  che  cofa  facefie  1*  Ingegner  Fiorentino  « 
Che  r  Ingegnere  faceva  cofe  maravigliofe  a  vederfi,  ma  tenea  per  certo» 
che  quando  la  Maeftà  Sua  avelie  voluta  vedere  la  commedia,  gli  fitria  fiato 
di  bÌK>gno  il  far  portare  al  Teatro  e  letto  e  vivanda ,  almeno  per  otto  giorni 
continovi ,  con  quel  più,  che  difcorrendo  a  feconda  di  fuo  intendimento 
pa reali  di  aver  ticonoiciuco;  tantoché  il  Re  medeiimo  venuto  in  qualche 
apprenfione ,  diede  f uora  tanto ,  che  in  breve  già  daopercutto  fi  credeva , 
che  non  fi  avdfe  a  concluder  cofa  buona.  Inoltre  fu  fatto  intendere  a  Bac- 
cio I  chQ  fua  Maeftà  voleva  un  giorno  portarfi  al  hiogo,  per  vedere  alcuna  cofii 

del&tto* 


\ 


BACCIO    DEI    BIANCO.  3^9 

de  fiitto,  Baccio,  c|i«  già  trovavi^  «iroidine ,  &tt  rirpondere  jft  Su»  MiiBt 
fijiiche  ad  ogni  fua  volontà  farebbe  flato  pronto  *  moftrargli  qualcofa»  con* 
dotta  per  allora  alquanto  imperfet(ain^te;  e  fané  di  fubito  intonare  le 
iMCchjne e  profpettìye»  fiddeftrati  gli  uomini»  ftan  afpettando  la  veou» 
tadel  Re  co*  Grandi  della  Corte»  Giunfero  finalmente  :  e  Baccio  fatta  tirai; 
la  tenda»  fece  lorp  vedere  la  prima  app^ren^a  d«lla  fcena  »  ai  bella»  nuova 
e  graziola  »  che  il  Re  fino  a  tre  volte  replicò  »«j  Umh  »  fnuy  Jindo  lifge- 

.  Poi.  domandò  r  Ingegnere»  fé  comandava  Sua  Maeftà  ch« 


gner  Fiorenting 

fi  faceflè  mutaaione:  e  rifpoflo  di  alt  non  Cenza  1'  af^ttazione  di  veder 
cofa  poco  gx&oùki  Baccio  cavatoli  ditafca  un  fuo  fifchio»  diede  il  cenno; 
ed  in  un  momento  fu  veduta  mvtarfi  in  altra  ;  e  da  una  in  uà' altra  muta-, 
zione  inftantanemcnte  trapaflandofi  »  fi  venne  al  movimento  delle  maravi-» 
gliofe  iQacchine,  colla  ftempreftezza»  efenza  vederfene  ombra  d' artifizio  i 
perlochè  furon  si  fattamente  prefi  gli  animi  di  quella  nobìl  gente,  che  a 
gran  pena  fu  creduu  cofa  naturale  ed  umana  ;  ne  il  Re  fi  partì  di  luogo 
prima  di  aver  lafciata  in  mano  dell'Ingegnere  una  carta  >  colla  quale  ve- 
niva comandato»  che  gli  fecero  pasate  mille  pezze  da  otto  reali  :  il  che 

reAb  involto  ne'fuoi  impégni»  non  fe.n-!> 


fu  efeguito  ;  ed  il  poeta  fi  refiò  involto  ne'fuoi  impègi 
za  piacere  de' fuoi  contrarj .  £d  io  dico»  per  notìzia  avuta  da  un  noftrp  ti« 
telato  »  c2ie  fi  trovò  prefente ,  e  tutto  vide^  che  Baccio  imitò  quanto  di  ma^ 
savigliofo  vediamo  fiire  alla  natura  in  terjra»  in  aria»  ed  in  acqua»  con. voli 
firaorduiarj  »  che  facevano  Aulire  e  fpaventare  chi  gli  mirava:  |n  che  ebbe 
gran  facilità  >  si  perchè  le  donne  comiche»  che  tai  voli  dovean  fare»  non  ri- 
cufavano  riiico  alcuno;  anzi  per  quanto  egli  mcdeCmo  ferifle  qua  ad  uà 
altro  gran  Cavaliere»  da  cui  io  ho  tal  notizia.»  dico  al  Marchefe  rier  Fran- 
cefco  Vitelli»  Capitano  della  Guardia  a  piede  del  Sereniflìmo  Granduca» 
egli  nel  rapprefentarli  la  commedia»  perlopiù  fi  valfe  per  Io  movimento 
delle  medefime  de'  primi  Cavalieri  della  Corte»  che  fecero  a  gara  chi  più 
potefie  ».e  col  comando  e  coU'opera  eziandio  della  propria  perfona  »  a  tale  beU 
liifima  azione  contribuire;  onde  fu  recitata  la  commedia  con  tanta  fod« 
disfiizione  di  Sua  Maeftà  e  d' ognuno  »  che  fu  neceflàrio  il  tornare  a  re» 
citarla  fino  a  trentafei  volte;  attefochè  fparfafene  dappertutto  la  fama»  ve<^ 
nivano  perfonaggi  d' ogni  gran  condizione  fino  da  dugenco  miglia  lon-. 
tano  a  tentirla  :  e  finita  che  ella  fu  »  il  Re  di  fua  propria  mano  donò  a 
Baccio  mille  ducati  in  tanto  oro.  Occorfe  poi  il  terribil  cafo  dell' incen-^ 
dio  nel  Regio  Palazzo  dt  Madrid  ;  nella  quale  occafione  Baccio  fi  portò  valo^ 
rofilfimamente  colle  pronte  e  appropriate  rifoluzioni»ch'e'prefe  per  tagliar 
la  firada  all'impeto  del  fuoco;  tantoché  fu  collante  opinione»  che  fé  non 
era  il  valore  e  1  coraggio  di  quefto  ingegnofo  Artefice  »  farebbe  andato  il 
tutto  a  fuoco  e  fiamma  ;  e  non  è  facil  cola  il  ridire  quanti  e  quatnto  no-? 
bili  arredi  ed  altre  cofe  di  prezzo  fi  Alvarono  dalle  fiamme  per  fua  indù* 
firia  .  Volle  poi  Sua  Maeftà  ridurre  il  tutto  a  ben'  eflere;  e  domandò  a 
Baccio  in  quanto  tempo  gli  fiirebbe .baftato  l'animo  di  ciò  fare;  e  Baccio 
aflicurò  Sua  Maeftà,  che  in  fei  mefi  e  noa  più«  mentre  gli  fofiero  Hate 
fbmminiftrateatempo  le  cofe  necefiàrie .  Si  maravigliò  il  Reaqueftarifi>o* 

^»  parcadogU  fcatfilfiffio  il  tempo  a  sì  gran  lavoro  ;  pure  ^  dati  gli  ordini 

neceflàrj  » 


) 3 0    Decenn.lf^.dèllaParU. delSécV. dal  i6$o. al 1 540. 

neceflarj  »  fa  al  tutto  dato  fine  tiè  più  né  meno  come  Bacdo  aveva  pro« 
meffo  •  Fece  inoltre  per  quel  Monarca  alcuni  ameniffimi  Giardini  ali*  ulan* 
za  della  citta  di  Firenze:  Apparati  di  Quarantore  nobiliffimi,  ed  altre  co« 
le  beMe,  fecondo  i  varj  talenti,  eh*  egli  aveva  avuto  dalla  natura:  per 
le  quali  cofe,  e  per  le  belle  ed  allegre  fue  maniere  fi  andava  avanzando 
ogni  giorno  più  nella  grafia  di  quel  Sovrano  e  di  tutti  i  Cortigiani  ;  uU 
mentechè»  tanto  que(b  quanto  quelli t  defideravano  fempre  di  averlo  at« 
torno  :  e  il  Re  particolarmente  moftrava  di  trattar  volentieri  con  lui  ;  a 
non  gli  fece  mai  far  opera  di  momento»  eh*  e'  non  lo  ricompenfafle  con 
donativi»  degni  della  fuareal  magnificenza:  e  perchè  Baccio  ebbe  alcune 
malattie»  face  vaio  fpefib  vìfitare  in  fuo  nome;  (ìccom^e  era  anche  Vifitato 
da  Don  Luigi  de  Haro  »  primo  favorito  di  Sua  Maeftà  »  dall' Ambafciadore  del 
Granduca»  e  da  altri  perfonaggi  qualificati.  Era  egli  finalmente  arrivato 
t  fegno  di  tal  familiarità  col  medefiiQo  Re»  e  con  sì  belle  e  piacevoli  ma- 
niere fiicevafi  lecito  portare  avariti  a  lui  i  propr j  interefii  »  che  non  folo 
ne  cavava  ogni  giuda  grazia ,  ma  lempre  fi  andava  guadagnando  nuovo  amo- 
re. Una  volta»  per  colpa  de*  Miniftri,  era  egli  flato  diciotto  mefi  fenza 
che  mai^per  4iiigenza  che  et  facefl[è»gU  fofle  potuto  riufcire  tirar  la  folita 
pFovvifione  di  cento  feudi  il  mefe;  onde  egli  un  giorno  non  fapendo  più 
che  partito  piglìarfi  j  fi  veftl  tutto  da  campagna»  e  con  fpada  e  ftivali  e 
guanto  bif€>gna  a  chi  è  per  far  viaggio  »  (e  n'  andò  in  Corte .  Molti  de'  Cor«- 


damento  di  Sua  Maeflè  o  per  altra  cagione  a  lui  ignota»  ne  fece  parola  col 
Re:  il  quale  fiitcolo  chiamare t  gli  domandò  perch'egli  era  in  quel  1* abito ^ 
e  dove  andaflè;  al  che  rifpofe  Baccio;  Sacra Maeflà  io  me  ne  vo  in  Italia 
per  ritornarmene  a  Firenze .  O  come^difle  il  Re»  ci  lafciate  voi  (enza  no- 
fira  fiiputa»  e  vi  partite  fenza ordine  noflro?  Come»  Sacra  Maeftà?  rifpo- 
fe Baccio  :  io  non  commetterei  mai  fimil  mancamento;  ma  io  chefo»  che 
in  Firenze  mìa  patria  è  un  ufanza»  che  quando  fi  arriva  a  tenere  un  fervi** 
tore  un  certo  tempo  fenza  farli  pagare  il  falario»  quello  è  fegno  di  averla 
licenziato;  vedendo»  che  fon  già  pa fiati  diciotto  mefi»  che  a  me  non  èfta- 
ta  contata  la  provvifione»  già  mi  credeva  »  che  Voftra  Maeftà  mi  avefle  dz^ 
co  l'ambio.  Allora  il  Re»  prorompendo  in  un  piacevol  rifo»  ordinò  a  Don 
Luigi»  che  fubito  lo  focene  pagare  di  tutto  il  decorfo:  e  da  lì  innanzi  non 
gli  furon  maipiù  ritardate  le  fue  paghe . 

Continuò  Baccio  nel  fervizio  del  Re  per  lo  fpazio  di  fei  anni  »  o  poco 
più»  nel  ^ual  tempo  conduflè  molti  quadri  a  elio  perdiverfeperfone:  or^ 
dinò  molti  Apparati  di  Quarantore  in  diverfe  chiefe»  come  ho  già  detto» 
ed  altre  cofe  fece  :  e  finalmente  dovendo  un  giorno  por  mano  a  non  fo 
quale  ordinazione»  o  fofiTe  in  un  giardino  del  Re»  o  m  altro  luogo  apec« 
co»  allaprefenza  di  Sua  Maeflà,  gli  convenne  fiare  alcun  tempo  a  capo  fco* 
perto  focto  la  sferza  di  un  cocentiflimo  Sole  ;  onde  (è  gì'  infiammò  taU 
'  mente  il  capo»  che  il  giorno  dipoi  fu  afialico  da  una  febbre  efìmera  »  che 
gli  durò  per  io  fpazio  di  40.  ore:  è  giudicarono  i  medici  efler  neceflàrìo 

venire 


v^ 


BACCIO    DEL    BIANCO.         3^1 

venire  air  emiffione  del  fangue»  il  che  fittoii»  la  febbre  fi  partì;  ma  paflà* 
ti  otto  giorni*  non  fo  già  per  qual  cagione»  fu  ftimato  bene  aprirgli  la 
vena  dell'  altro  braccio»  e  così  fo  fatto.   Dopo  tale  operazione  uava«- 
fene  Baccio  al  fuo  tavolino  facendo  certi  difegnii  quando  a  un  tratta  fi 
fentì  doler  fortemente  quel  braccio  •  Chiamò  uno  de'  Tuoi  fer vitori ,  e  fat* 
te  levar  le  fafcie,  trovò  che  il  braccio  era  grandemente  enfiato  e  nero» 
Predo  fece  far  diligenza  di  trovar  quel  Cerutìco»  che  aveva  fatta  1*  opera- 
alone,  il  quale  non  fi  vide  più:  il  che  forfè  fu  cagione,  che  fi  fpargefilb 
lina  voce»  che  corfe  fino  a  Firenze»  che  a  Baccio,  per  invidia,  fofle  artifi- 
ciofamente  fiato  cavato  {angue  col  ferro  avvelenato  affine  di  farlo  morire , 
Trovoflt  poi,  che  il  mal  perito  maeftro  gli  aveva  sfondata  la  vena,  onde 
fopravvenendo  la  febbre,  lo  ridufle  in  grado,  che  non  fu  più  rimedio  per 
lui  ;  ed  avendo  ricevuto  tutti  i  Sagramenti  della  Chiefa ,  ed  eflerfi  eletta 
nella  Chiefa  di  San  Girolamo  la  feppltura,  fini  i  giorni  fuoi .  Aveva  egli 
un  figliuolo  in  età  di  quattordici  anni,  avuto  della  lua  prima  moglie  Lx£> 
fandra  di  Paolo  Stiatteiì,  giovanetto  fpiricofo,  e  di  vaghiilimo  afpetto:  e 
già  per  alcuni  mefi  avanti  gli  aveva  ordinato  il  venirfene  a  goder  delle  pro- 
prie fortune  a  Madrid ,  avendo  anche  difpofte  tutte  le  cofe  bifognevolt 
pe*l  di  lui  viaggio  e  accompagnatura  :  ed  aveva  il  giovanetto  fatto  quafi 
tutto  il  cammino,  quando  leguHlcafo  della  morte  di  Baccio;  ondegiun- 
to  a  Madrid,  fentì  che  al  padre  era  fiata  daca  fepoltura  di  tre  di  avanti  il 
fuo  arrivo  •  Quale  fi  rimaneflè  il  povero  figliuolo  neir  udir  tal  nuova ,  non 
è  poflìbile  a  dirlo .    Era  egli  fiato  ricevuto  in  cafa  il  Prior  Lodovico  In- 
contri, Kefidente  del  Sereniffimo  Granduca»  il  quale  dopo  alcuni  giorni 
gli  ottenne  udienza  dal  Re»  che  benignamente  l'accolfe;  e  fra  P altre  cofi^« 
che  gli  dìfle ,  una  fu ,  che  il  fuo  padre  era  morto  per  cavarfi  fangue .  Or-» 
dinò,  che  gli  fofiero  pagate  tutte  le  fue  provvifioni  decorfe»  ed  inoltre  fa. 
cògli  un  bel  regalo.  Raffaello» che  cos)  domanda vafi  il  figliuolo,  fi  tratten# 
ne  in  Madrid  diciotto  mefi ,  fempre  ben  vifio  ed  accarezzato  in  quella  Cor* 
te:  e  finalmente  fé  ne  tornò  alla  fua  patria  Firenze,  dove  attele  alle  Mat« 
tematiche  appreflo  Vincenzio  Viviani  ;  e  fece  moki  ftudj  d'  architettura 
con  più  maeftri ,  con  animo  di  feguitare  la  profeflione  del  padre  :  e  già 
avendo  con  fuo  difegno  ed  invenzione  ordinate  V  Efequie  della  gloriofa 
memoria  del  Sereniflìmo  Ferdinando  \U  nelle  quali  diede  buon  faggio  di 
le»  cominciava  ad  eflere  adoperato  in  molte  cofe;  quando  aflàlito  da  gra* 
viifima  infermità  »  dopo  cinque  mefi  di  gran  travaglio ,  refe  ancor  eflb 
r  anima  a  Dio  alli  29.  Aprile  in  età  di  anni  37.  mefi  tre  e  giorni  diciotto; 
giovane  veramente,  quanto  vago  d' afpetto  ,  altrettanto  coftumato ;  che 
oltre  a  quello  che  fu  di  fua  profefiione,  ebbe  varj  ornamenti  :  cantò  di  mu^^ 
fica»  fonò  ben  di  tafti»  ed  aveva  anche  fatta  ragione  voi  pratica  nel  toccar 
di  penna;  e  fé  non  che  morte  vi  s' interpofe,  avrebbe  ancor  egli  pes  cer« 
to  &tto  in  quefte  arti  un  ottima  palcita« 


ti 


ALFONSO 


3  j  1    DMiin.  W.  della  Part.  1.  delSec.  F.  <fe/ 1  «j  o.  «/ 1  «40. 

ALFONSO     PARIGI 

ARCHITETTO    E    INGEGNERE 
FIORENTIN  O 

FigRu$l$  €  difiepolo  tii  Giulio  Parigi j  nato ^  1^55. 

Il  A  Gialìo  di  Alfonfo  Parigi,  cittadino  Fiorentino,  traOè  i 
I  natali  Alfonfo  Parigi,  di  cui  ora  pirliamo;  e  fjccome  fa 
grande  il  padre  fuo  in  ogni  cofa  appartenente  al  difegno» 
ma  particqlarmente  in  Architettura  civile  e  militare,  ed 
in  quanto  fi  ricerca  per  un  ottimo  ingegnere,  come  dicem- 
mo nelle  notizie  della  vita  di  luì  ;  così  potè  comunicare 
I  al  figliuolo,  che  al  pari  d'ogni  altro  de'fuoi  molti  fratelli 
fu  dotato  d'ingegno,  tanto  dì  fuo  Capere,  eh*  e'  potefie  poi  riufcire  in 
tutte  elTe  facnltadi  (timatiflimo  profeflbre .  E  perchè  allora  può  dJrd  un  uo- 
mo veramente  perfetto  in  alcuna  arte  o  fcienza,  quand'egli  alla  teorica» 
ed  alle  ragioni  intellettuali  e  fpeculative  aggiugne  la  pratica ,  volle  Giulio 
Che  il  figliuolo  appena  finiti  gli  fhidj  del  tavolino,  ed  ancor  giovanetto»  fi 
portaflè  alle  guerre  dì  Germania,  animato  a  ciò  Are  dalla  gran  comitiva 
«'Cavalieri  Oltramontani,  e  particolarmente Tedefchi,  che  addottrinati 
nella  fua  fcuola  ne'militarj  efercizj.  le  ne  tornarono,  in  compagnia  di  al- 
tri di  noflra  città ,  alle  patrie  loro .  Partì  dunque  Alfonfo  a  quella  volta  in- 
fieme  con  cofloro:  e  giunto  in  quelle  parti,  fubito  vi  fu  nobilmente  ìm- 
|)Ìegato  in  fervizìo  del  Cannone.  Ma  dipoi  crefcendoGiulio  tuo  padre  in 
età,  e  confeguen  te  mente  in  bifogno  di  ajuto  nelle  fue  molte  fatiche,  fu 
forza  ad  Alfonfo,  dopo  qualche  anno,  il  tornarfene  alla  patria:  dove  fa 
di  non  poco  a)Uto  alto  Re^o  Giulio  in  o^ni  faccenda,  ma  particolarmente 
nella  gran  &bbrica  della  Villa ,  detta  poi  dell'Imperiale ,  prefib  di  Firenze 
circa  ad  un  miglio ,  fuori  della  porca  a  San  Piero  Gattolirii ,  qnafi  di  nuovo 
allora  fabbricacafi  per  la  SerenilHma  Arciducheffa  Maria  Maddalena  d'Au- 
ftria,  moglie  del  Granduca CoGmo  IL  di  glorìofa  memoria:  e  fra  altre  co- 
fé  che  egli  vi  fece  di  fua  propria  invenzione,  fu  il  ponte  levatojo,  che  a 
principio  dello  ftradone  veggiamo  fopra  te  due  vafchedeli' acqua .  Occorfis 
iiuanco  il  maritaggio  di  Margherita,  figliuola  dello  fieiro  Granduca,  con 
Odoardo  Duca  di  Parma  e  Piacenza,  nella  quale  occafione  fi  recitò  nello 
iStanzone ,  detto  dì  Bernardo  delle  Girandole ,  la  tanto  rinomata  comme- 
dia della  Flora ,  opera  del  celebre  poeta  Fiorentino  Andrea  Salvadori:  e  ad 
Alfonfo  (  eflèndo  già  morto  il  padre  >  al  quale  egli  era  fucceduto  in  tutte  le 
cariche  del  Palazzo)  fu  data  incumbenzadi  ordinare  le  profpective  e  le  belle 
macchine  con  quanto  di  più  occorfe  di  confacevole  al  fuo  talento .  Fece  an- 
che l'apparato  per  lefolennì  Gfequie  fàttefi  nell'Ambrofiana^OlicadìSan 
Lorenzo  per  la  morte  dell'lmperadore  Ferdinando  III.  Aveva  qualche  tempo 

avanti 


.    •'      .ALFONSO     TARIGJ.  533 

avanti  deliteraita  il  GtaA4wa  di  face  queiP  «ocrtTciaieiito  al  Fabizzo  de 
Pitti  »  che  Q^ì  veggiara»  dalla  i^rti  lateraiit  »  £ict<me  £are  il  dìfegno  a 
Giulio  Padgi  »  padre  del  noAro  Alfonfo  #.  il  q^iuJe  già  aveva  fatte  buttare 
a  terca  quaiM^cafe  per  li,  parte  del  Palawo»  e  lungo  la  via  de'  Guicciar- 
dilli ,  tomavanp  rimpetto  al  fita  delte  nuova  fabbrica  da  fatii  •  che  molte 
furono»^  e  fir«ftendevano  da  dettavk de' Guicciardini  verfo  Santa Feliata^ 
e  per  dì  <dLétrQriióo  alla  dirittura  delk  :fiBicciata  dt  eflb  Pahtzo»  Ce  non  quan- 
to venivano  crame»ate  da.una  viaXeoza  iiuCcita>  che  da  detta  via  de*  uuic*- 
ciardini  s' inoltrava  pure  «erfo  il  Paiaxso»  che  la  via  della  Cava  era  ciùa* 
mata  »  forfè  perchè  dia  tendeva  direttamente  verfo  le  cave  di  pietra  forte  » 
di. che  è  ricco  ii  ^rdÌAO  di  Boboli;  e  bi  cafe  in  quel  luogo  (che  esano 
mottohaile»  e chiamavanfi  le i:ovinate)  contenevano  tn^fe  tutto  ilTervi-* 
zio  della  Difpenfii  della  .CaCaSerenifl^ma^  ed  avevano  certe  riufcite  nella 
via  della  Cava.  C^efte  dunquetiel  corfo  di  più  anni»  e  méntre  dal  noftro. 
Alfonfo»  per  ordine  de}  padre,,  fi  alzai»  la  gran  fabbrica  dell'ala  deftra  per 
a([giunta  al  Paiaeso»  furono». coitie^acoanaammo»  tutte  demolitele  fattane 
piarzai  fo  non  quanto  occupa  lo  Staiizonet  detto  delle  legna»  che  pure 
in  quei  tempi  era  ftato  fabbricato  da  Giulio  t  E  fé  alcuno  mi  domanderà  a 
che  ufo  felle  deftinata  una  fabbrica,  che  poi  fino  a'  dì  noftri  non  ha  avuta 
fuafinef  dirò,  che  molti  molte  cofe  dicono,  (ènza  dar  tedi monio»  che  va* 
glia  di  loro  parere;  e  lafciando  la  veri  ti  al  luogo  fuo,  foggiugneròi  che 

{{rande  potè  eflere  allora  il  concetto  del  Sereniilimo,  giacché  grande  fa 
'editìcio,  afpettando,  che  moilrt  il  tempo  ciò  che  a  me  ne  è,  ne  dee  per 
verun  titolo  efler  noto.  La  verità  però  fi  è,. che  i  dotti  ingegni,  che  in 
var)  tempi  fi  fon  pofti  a  far  modelli  per  l' accrefcimento  e  fine  totale  di  quel 
Regio  Palazzo  •  Iiuinno  moftrato  ne'  loro  difegni  di  fiir  gran  capitale ,  chi 
in  uamodo,  chi  in  altro,  di  tal  fabbrica,  a  comodo  deMor  concetti  e  pen- 
fiìeri  ;  Credefi  ancora,  che  Alfonfo  avefiè  per  qualche  tempo  alutato  al  jpa^ 
dre  neir edificazione  dell'ala  finiftra,  ficcome  avevalo  fatto  in  molte  altre 
fue  operazioni  •  Era  circa  all'anno  1640.  quando  fu  oflèrvato,  che  la  flraa 
fircciau  dello. fteiTo  Palazzo  de'  Pitti,  nella  parte  antica  dal  principio  del  fe-< 
condo  piano  in  fu ,  incominciava  a  pendere  vejrfb  ia  piazza;  anzi  etafi  tan<» 
to  avanzato  il  male ,  che  fino  a  quell'ora  elicerà  ufcim  fik>ri  del  fuo  piom* 
bo  un  terzo  del  noUro  braccio  t  il  quale  accidente  avrebbe  daf;o.  molto  da 
tèirierei  fé  l'.iingegno ,  la  perizia  e'LgrandraQÌmo:di  Alfimib  non  fi  feife 
off«rxoiadarr:ai  tutto,  con  faólità  .e  ^prèi&Kza ,  opportuno  ed  efficace  ri- 
medio* ii  che  bene  effettuò,  col  ri  tirare  .quella  fmilurau  muraglia ,  tutta  in<^ 
crollata  digrofliffime  bozze»  al  Tuo  antico  pofto,  fermandola  anche  in  tal 
modo»  che  non  maipiù  ella  avefle  a  dar  di  fé  un  sì  fatto  fpaventofo  fpet- 
tacolo,  e  fecelo  in  quefto  modo.  Forò  primieramente  il  muro  della  Ce- 
ciata in  tanti  luoghi,  quanti  abbifognarono  per  adattarvi  certe  groififlime 
catene,  fatte  fabbricare  a  Piero Zaballi»  allora  fingolar  maeftro  di  ferro*  e 
quefto  catene  dalla  parte  della  facciata  inteftòco'foliti  ma  bengrofli  paletti, 
che  poi  rimafero  fotto  le  medeiime  bozze  •  Fece  paflare  le  catene  fotto  il 
pavimento  e  piano  de'  ricetti  e  danze  di  detto  piano  di  fopra»  ed  al  termi- 
ne delie  medefi^ne  catene  ^  per  la  parte  di  diatro  1  aireva  aaattati  i  bellilfimi 
->:'  r-..  :a  Orumcmi 


33 4  "2)^^ ^»». /K delta  Pan.  1. delSec. Vidahó^o.afi €$0. 

frumenti  a  vice  da  lui  compofti,  co'  quali,  a' fòrza  di  ceree  leve,  quando 
una,  quando  un'  altra  veniva  ftretca  e  tirata,  acciocché  qudta  force  vìo« 
lenza  venifle  fatta  appoco  appoco,  e  fempre  egualmente  :  e  così,  con  modo 
quafi  infenfibile,  e  colla  fatica  di  poca  gente»  quei  gran  muro  fe  ne  tornò 
al  pofto  fuo  ;  e  per  eterno  aflìcuramento  da  nuovo  pericolo  >  furon  ferma* 
ce  anche  per  la  parte  del  cortile  le  catene.  Ma  il  Parigi  per-iniaggìor  pia- 
cere  de'  Serenifiimi,  che  furono  fpetcatori  di  sii  bella  provar,  ficcome  di 
chiunque  altro  vi  fi  trovò  prefeme,-^ molto  più  affine  eh'  e'  non  fi  avefle 
mai  a  dubitare  dell'operazione»  ci  andava  facendo  i  fuoi  ftrumenti*  Aveva 
accomodati  a  traverio  il  cortile,  e  fermi  nel  mura  della  foccia^  due  fili  dl^ 
.nme,  che  in  mezzo  avevano  un  perpendicolo  di  rame  altresì,  alla  cui  eftte»^ . 
mira  per  di  forco  pendeva  un  pioidbq^fopra  onoipecchio  giacente  in  fui 
I^iano,  e  quello  in  tanta  diftanaa  del  piombo^  quanto  aplpunco  doveva  èfler 
tirata  addietro  la  facciata  per  tornare  al  fuo  ietto ,  cioè  in  diftairza  di  mi  - 
terzo  di  braccio;  e  così  mentre  operavano  le  macchine  e  move  vada  fac-^ 
data,  calavano  i  piombi ,' finché  finito  il  beLlavoro,  furono  effi  piombi 
per  appunto  in  fui  piano  dello  fpecchio.  Fu  anche  bella  invenzione  di  AU 
tonfo  il  ricecto,  che  pende  tutto  in  fklfo,  e  che  in  certo  modo  poffiamo 
dire  per  aria  affatto  fopra  la  picciola  corte  di  efio  Palazzo  de' Pitti,  detta  » 
la  corte  del  Tinello,  il  quale  ricetto  fa  bella  moftra  rincontro  alla  quarta 
&ala  da  man  deftra  ;  opera  al  certo  ,  che  per  comodo ,  vaghezza  e  novità 
d'invenzione  apparve  maravigliofa .  Occorfe  poi ,  che  il  fiume  d*  Arno  a  ca-» 
gione  d' inceflà  nti  pioggie  in  quella  parte ,  che  di  vedo  levante  chiamafi  Var- 
lungo ,  cioè  Guado  lungo ,  circa  d' un  miglio  vicino  a  Firenze ,  non  ottante 
ogni  riparo,  incominciafie  ad  ufcir  cosìfpeflb  del  fuo  letto ,  che  infiniti  dan-^ 
ni  cagionava  a  quelle  campagne .  A  quefto  pure  s'offerfe  il  Parigi  a  porgerò 
rimedio ,  con  fare  un  argine  imifurato ,  poco  dittante  dall'  Ofteria  di  Rovez-» 
mno:  e  quefto  di  fola  ghia)a}  e  diede  di  fuo  penfiero  tali  ragioni,  die  da^ 
Miniftri  acciò  deputati,  ne  riportò  approvazione.  Furono  inabiliti  patti 
ibpra  la  pretefa. durata  del  lavoro,  e  fermatone  a  fuo  fiivore  l' onorario i 
end' egli  meda  mano.all' opera,  a  fegno  lodévole  la  condufle.  Egli  è  però 
vero ,  che  a  cagione  di  quefta  egli  incontrò  poi  sì  fatti  dilpiaceri ,  che  ca* 
duro  in  profondifiima  mtalincohia^  al  là  quale  Toprav  venne  una  febbre  oo^ 
eulta ,  che  per  più  mefi  atcefe  a  coiifumdrlo,  ^li  fu  forza  il  dar  fine  al  firn 

operare,  ed  ancora  al  fuo  vivetla::^  aia  f ù  j ^ 

feguente  giorno  delH  18.  nella  Chie&  di :SaA 
iuoi  antenati ,.  ebbe  il  fuo  cadavbro  (epolturi . 


'j'"  .'     •  '  -j .» 


s^         ^      •   ^ 


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ALESSAN- 


i 

I 


'     .       ..'.•-  :  335 

ALESSANDRO    ALGARDI 

SCULTORE  E  ARCHITETTO 

BO  LOGNESE 

Difiepolo  di  Lodovico  Carracciy  nato  1602.  ^  16$^. 

NO  de' più  applauditi  fcarpelli»  che  abbia  avuto  queftònoftro 
preferite  fecolo»  quello  è  nato  al  certo  di  ÀleflTandro  Àlgardt  « 
Quefii  nato  di  Giuieppe  Algardiitnolto  onorata  famiglia  della 
j^^  città  dì  Bologna  ,  dopo  avere  ne*  primi  anni  fuoi  attefo  alle 
'^i^  lettere  «  tirato  dal  gemo  alla  Statuaria»  diedefi  »  nella  fcuola^  è 
1^^  nell'  Accademia  di  Lodovico  Carracci,  a  far  grandi  ftudj  in 
difegno  ;  quindi  d^  Giulio  Celare  Conventi  fcultore»  fatto  animofo»  in- 
cominciò a  far  modelli  di  fua  mano^  non  fenza  gran  lode  di  chi  vedeagti 
sì  ben  condotti.  Poi  all'età  di  venti  anni  pervenuto >  fé  ne  ]^a£sb  a  Man* 
tova  con  Gabbriello  Bertazzoli,  Architetto  di  quel  Duca  Ferdinando  t  ap«| 
preflb  al  quale  s'impiegò  in  lavori  di  beile  figure  d' avorio t  e  bei  modelli 
fece  per  figure,  che  doveanfi  da  quel  Principe  far  gettare  in  argento  ;  ma 
frattanto  non  lafciò  mai  di  (ludiare  in  difegno  le  opere  di  Giulio  Romano 
Del  Palazzo  del  Te ,  Lavorò  fopra  gemme  cammei  e  medaglie,  marmi  e 
metalli,  che  pofTedeva  quella  cafa  avanti  al  itfjo.  che  fegui  il  cafo  del  Sacco. 
Da  Mantova  li  trasferì  per  la  via.di  Venezia  a  Roma  :  e  quivi  fotto  la  protezio- 
ne del  Cardinale  Lodovifioi  nipote  di  Gregorio  XV.  procacciatagli  daUo 
fieflo  Duca  di  Mantova,  altri  (ludi  fece.  Per  lo  Cardinale  ftefTo  reftaurò 
molte  (latue  degli  antichi  Orti  Salulliani  in  fui  Monte  Pìncio.  Si  accodò 
al  celebre  pittore  Domenico  Zampierit  ilato  fuo  condifcepolo  apprefTo  al 
Carrocci;  e  da  quello  ricevè  sì  buoni  precetti  neirarte  fua,  che  potè  poi 
efler  propoflo  dal  medeficpo  per  far  le  tlatue  in  Sun  Silvcfiro  fui  Quirina- 
le nelle  nicchie  della  Cappella  de'  Bandini,  dal  quale  lavorò  poiliamo  dire, 
che  avefle  principio  la  fua  gran  rinomanza  in  Roma;  per  lo  che  in  difetto 
di  occaiioni  di  fare  ftatue  di  marmo ,  era  tuttavia  adoperato  in  reftaurare 
r antiche;  e  in  far  modelli  per  argentieri,  e  piccole  figure  di  crocififfi,  e 
alcre  a  quefte  (Imiglìanti  cofe,  nelle  quali  più  e  più  anni  confumò.  Per 
Mario  Frangipani  fece  di  marmo  i  tre  ritratti»  che  fono  nella  fuaCapjpella 
di  San  Marcdlo  a  man  finidra,  rimpetto  ad  altri  tre  di  perTonedi  fua  fami- 
glia i  tantoché  accrefcendofi  tuttavia  il  nome  fuo  i  ebbe  a  fare  per  Pietro 
Buonco.mpagni  la  ftatuadél  San  Filippo  Neri»  da  pforfi  nella  Sagreftia  de' 
Padri  dell'Oratorio,  che  diede  finita  ranno  1^40.  e  per  la  medefìma  Sagre, 
dia  il  ritratto  di  metallo  di  Gregorio  XV.  e  per  lo  Cardinale  Bernardino 
Spada  il  gruppo  della  Decollazione  di  San  Paolo  per  la  Chiefa  de*  Bernabìti 
di  Bologna.  Fecevi  anche  un  medaglione,  entroviun  San  Paolo  decapita- 
to ^  e  le  forgeuti  fontane,  che  ebbe  luogo  per  entro  il  paliotto  di  marmo  « 

A' Padri 


i 


^    33^    Dtinn.1VJeBatàrtA.délSee.V.déd  1630. al  16^0. 


A*  Padri  di  Santo IgnnÉio  fece  il  bel  CroctfnTo  di  Bronzo,  Beg|iorf  del 
neturale:  e  un  al^-o  fimile  per  Agoftino  Franzom,  che  lo  mimdò  e  Ge- 
nova. Si  lavorava  tuttavia  in  Roma»  con  difegno  di  Pietro  da  Conona» 
attorno  alla  Chiefa  di  Santo  Luca  x  di  Santa  àkrtina ,  quando  il  noftro  Ar- 
tefice per  puro  motivo  di  pietà»  fece  perla  medefima  il  modeHo  del  grup- 
po delle  tre  figure  de*  Santi  Martiri,  le  cui  Reliquie,  infieme  con  quelle 
della  Santa  erano  ftate  trovate .  Conduflè  di  bronzo  la  figura  del  Salvatore 
di  mezzo  rilievo  per  lo  nuovo  Molo  di  Malta»  fattovi  dal  Buonamici  Ar- 
chitetto e  Ingegnere  Lucchefe.^  Ad  inftanza  di  Fra  Domenico  Marini 
dell'  Ordine  de' Predicatori ,  gettò  di  metallo  la  bella  ftatua,  che  dorata 
d>be  luogo  lopra  urna  di  porfido  nella  Chiefa  della  Maddalena  nella  città 
diS.  Mafiimino  in  Provenza  «etiella  Spelonca  di  SanBuoma»  tre  leghe  lon- 
tana da  detta  cittì ,  in  quella  montagna  »  ove  efla  Santa  Maria  Maddalena 
fece  per  quarant' anni  penitenza!  fu  collocata  una  fua' tavola  di  marmo» 
ove  Uce  vedere  la  ftefia  Santa»  che  accompagnata  da  gran  comitiva  d'An- 
geli» in  atto  di  cantare  e  di  fonare  frumenti  di  verfi,fe  ne  va  al  cielo    E  dice 
Gio.  Pietro  Bellori  cofa  notabile  »  cioè»  che  ben  parve,  che  a  si  nobile  e 
pia  opera  fofie  quel  Religiofo  in(pirato dalla  Santa,-  concioffìacofachè,  poi 
ratto  ArcivefcoYo  d' Avignone  #  aopo- venticinque  anni  dacché  vi  ere  palF- 
fato  Compagno  del  Generale  »  fuccedefle  la  Traslazione  del  Santo  Corpo» 
che  intatto  e  miracolofo  fi  conferva;  e  toccade  in  forte  a  lui  di  collocarlo 
nell'Urna  medeiima  di  porfido»  che  egli  già  aveva  fatta  fare.  Si  diede  poi 
TAlgardi  ad  applicare  alle  due  grandi  e  maravigliofe  opere  di  marmo» 
cioè  del  Sepolcro  di  Leone  XI.  da  collocarfi  nella  Vaticana  Baiìlica:  e 
della  tavola  di  San  Leone  Papa  in  quindici  pezzi  »  trentadue  palmi  alta» 
e  dìcìotto  larga,  ove  efprefle  ooi  la  fuga  d'Attila,- per  dover'  èfferc  collo* 
Cara  Ibpra  uno  de* maggiori  Altari  d^lla  medefima;  avendone  prima  fatto 
vn  bel  modello  di  ftucco  grande  quanto  t'opera»  il  quale  poi  fii  affiflb  in 
Capo  alla  fcala  della  cafa^' Preti  della  Congregazione  dell' Oratorio .  Né 
ftarò  qui  a  defcrivere  opera  sì  degna,  efiendo  ciò  ftato  fatto  da  altri  ;  foto 
dirò  che  quella  a  gran  ragione  fi  (limava  più  bel  parto,  che  fìa  ufcito  da'mo- 
derni  fcarpelli  »  e  tale  che  io  crederei  di  poter  fenza  iperbole  affermare  • 
che  chiunque  anche  da  paefe  lontano  fi  partiffe  »  e  a  Roma  fi  portafle ,  fo^ 
lamente 


tempo  e 

funto  della  fabbrica  della  fua  bella  Villa  di  Belrefpii 
co'  belliflimi  ornamenti  di  fonti  ed  altro  ;  valendofi  però  d^  una  pianta 
del  Palladio:  e  nelli  fiucchidel  pian  terreno  fecefi  conofcere  maraviglio*- 
fo»  eflendofi  per  avanti  portato  a  tale  effetto  appoftaa  Tivoli,  per  dìfe-- 
gnarvi  qualche  reliquia  delle  cofe-<]eir  Adriana  Villa*  Con  fuo  modella 
fi  fece  la  fonte  del  cortile  del  Palazzo  ritrovata  da  San  Damafo:  ed  eflb  pu« 
re  vi  fece  i  bafllrìlievi,  e  quegli  ancora  dell'arco  di  mezzo  coir  arme  del 
Papa  in  fulla  loggia  «  B^  fua  fattura  la  bella  flatua  di  metallo  d' Innocenzio , 
nella  fala  del  Palazzo  de  i  Confèrvadori .  Ad  inftanza  pure  di  Don  Cammil- 
Io  Panfilio  adornò  con  fuo  difegno  e  con  fuoi  modelli  V  Altare  di  mezzo 
della  Chie&  di  San  Niccola  da  Tolentino»  di  diverfe  fiatue»  fatte  lavorare 

da'  fuoi 


^LE^SANDRO     ALGARDL       tìl 

di^fuoi  ttomini  e  diCcepoIi  »  écon  ritocco  di  faofcarpellot  e  qvefti  furo^ 
no  Brftolt  Ferrtu  »  DMienico  Quidi  t  a  Franceicd  Bafitia  •  Doifeva  tnclit 
fare  di  fua  mino  una  gran  tavola  di  marmo  per  la  nuova  Ghiera  di  Santa 
Agnefii  in  Piazza  Navona»  e  gii  avevano  fttto  più  di  un  modello;  quando 
aflalito  da  maligna  febbre  t  pervenne  in  pochigtorni  al  termine  del  vi  ver  Tuo 
mortale  a'  io>  del  mefe  di  Giugno  nel  165/^  Fu  egli  uomo  veramente  di  co«, 
ilumi  pio  »e  integerrimo , e  nell'arte  fua  Angolare  ;  onde  egualmente  ne  pian^ 
fero  i  pietofi  e  de  voci  uomini  »  e  i  profeflbri  delle  bel  le  arci .  1 1  f 00  cada  vero  , 
con  accompagnatura  degli  Acclamici  e  de'  fuoi  più  cari  amici  $  fo  porta» 
fo  jijla  Chiefa  di  San  Gio.  de*Bologne6,  dóve  ^bbe  (epoJtura, 

Altre  molte  opere  ficee  V  Algatdi  e  grandi  e  ptccolcf  che  io  per  bre-i 
Tità  ho  tralafciatoi  particolarmente  quelle  di  modelli  e  difegni  di  fabbri* 
thtt  e  molti  belli(fimi  ritratti  da  Ini  (colpiti»  de^  quali  però  non  voglio 
mancare  di  fare  in  parte  alcuna  memoria»  dico  di  alcuni  delle  più  coTpi- 
cue  perfone.  Ritraffe  Innocenzio  X.  opera  bella»  che  fu  poOa  nella  Lotf« 
|ia  d(l  PalazjEo  maggiore  del  Gonfaloniere  in  Bologna .  Fece  di  metallo 
il  ritratto  dello  (leQo  Pontefice  per  lo  Spedale  della  Trinità  de'pelleflrini^ 
ed  altri  in  marmo  e  in  bronzo»  cheirimafero  in  cala  Panfili»  con  fucilo  di 
Benedecto  fratello  4el  Papa  »e  di  Dot)|ìA  Olìmpia  fua  cognau*  Ritraflfèal* 
trea)  il  Cardinale  Antonio  ^nta  Croce»  e  1  Cardinale  pacchia  Rondini* 
no»  e  la  Duchefli  di  Poli  ;  e  auefto  ritratto  fu  mandato  a  Parma •  Nel  Po» 
polo  i^  di  fua  mano  il  depojuto  di  marmo  1  nella  Cappella  de'Mellim»  di 
Gio.  Qrazi»  Cardinale  di  quella  eafa.  In  San  Giovanni  de*  Fiorentini  è  il 
ritratto  di  Monfignore  Corfini  Arcivercovo;  e  in  Santa  Maria  Maggioro 
fon  quelli  di  Monignore  Odoardo  Santerelli  »  e  ^i  Confianzo  Patrizj  r 
altri  finalmente  n«  condulTe  d' Immagini  di  $anci  per  diverte  chiefe  i  ed 
altre  cofe  fece»  che  pure  per  brevicà  fi  tralafciano»  che  oggi  da' profeflbri 
delle  arti  medefime  fon  tenuce  in  $)  gran  concole  delle  quali  ranco  fi  parla 
ki  pubblico  e  in  privato»  che  fen^a  che  alcri  ne  faccia  flienzion«  (opm 
)«  Cftrt^i  vivcranno  fem]^«  nella  memoria  degli  uomini. 


PELLB< 


jjS  Deeeim.lV.Mdfart.lJilSec.VJal i6jo.ali6^o. 

PELLEGRINO   PIOLA 

PITTORE     GENOVESE 

'Dtfeepolo  dì  Gio.  Dmenki  Capellino ,  nato  1 617.  .<^  1(^40.^ 

■  BBE  coQtti  i  Tuoi  natali  in  Genova  l' anno  di  noflra  Talttce 

Ìi  (Si  7.  Applicatoli  alla  piccuta  in  ccà  di  dodici  anni  appre0o  % 
Gio.  Domenico  Capellino  i  non  ebbe  prima  compito  il  diciaf- 
fenefimo  annodi  fua  età»  che  li  fece  cont^cere  ben  pratico 
J  indifegno»  e  ne' man^gi  de' colorì  altresì:  e  benché  foyer-, 
K  chiamente  avido  di  far  da  {è  »  troppo  pretto  fi  partiflè  dal 
naeflro,  onde  non  poche  diffìcultà  incontrò  poi  nel  conponimenta 
dell'iflorie;  contuicociò  in  forza  de' molti  ftudj,  eh' e' fece  Copra  leopere 
de*  più  rinoiBati  maedrì»  prefe  affai  buona  maniera  »  e  dipoi  diede  tìion 
fàccare  di  fao pennello  per  pubblici  lacchi  dì  fua  patria .  Fra  quefte  iu  un 
Criflo  Crocifìm}  e  più  S«iti  fopra  pietra  di  Lavagna,  preffo  alla  l'iazza  di 
iwftra  Signora  delle  Vigne,  dietro  alla  cala  de'  Semini .  Copiò  il  bel  Cena- 
colo di  Luca  Camluoto  nel  Refettorio  de'  Padri  Bemabiti  di  San  Batto- 
lommeo  degli  Attaeni.  A'  Fratelli  della dmpagnia  del  Santiflia>o  Ron- 
fio colorii  un  bello  Stmdardo;  e  f u  cofa  eurìou  a  ye^e ,  come. il  PioJa,. 
lènza  ulcir:nè  punto  né  poco  del  dintorno  della  pittura  di  una  delle  fac- 
«e  della  tela  di  elTo  Stendardo,  e  dietro  ella  medefima,  dipinte  attitudini 
^iverCe.  Fece^unt  tavola  ddla  Conv«^Gonedi  San^  Paolo,  che  fu  manda- 
ea  ali*  If^a  di  Lipari .  A  Parigi  mandò  un  fuo  quadro  di  una  Lucrezia  Ro- 
Viam.:  ih  ateo  di  darli  k  mone  alla  prelienza.de*  fuoì  congiunti .  A  Mils> 
no,  a  queìdt  ca£t  Facchinetti  1  mandò,  una  iftorJa,  dì  Laban,  ed  altre  opere 
coridufle  fino  all'  anno  1540.  nel  quale  in  una  certa  briga,  prefa  di  notte 
tempo  con  alcuni  giovani  pittori^  gravemente  ferito,  in  età  certo  trop- 
]K>  immacora,  ebbero  fine  i  fuoi giorni,  lafciando  un  fratello,  che  fu  Do- 
menico Piola»  fiato  anche  fuodifi:epGlo,  che  pure  anch' eflò  attcfe  ftlV  ai- 
te deUt  pittura . 


ANTONIO 


S39 

ANTONIO   NOVELLI 

SCULTORE 

t 

.  Difiepolo  di  Gherardo  Silvani^  nato  i6oq.^  1661. 

|RA'  buoni  artefici  del  Tuo  tempo»  non  meriti  T ultimo  luogo 
Antonio  Novelli  Scultore  »  il  quale  non  (blamente  fu  dalla 
natura  dotato  di  un*  ottima  difpofizione»  ia  quanto  ad  un 
piacevole  e  grato  conver&re  cogli  altri  uomini  appartenevi  ; 
ma  eziandio  all' eièrcizio  di  ogni  arce  più  nobile  ;  e  non  pu« 
re  a  quella,,  che  è  (uà  principale»  cioè  a  dire  la  fcul turai  mt 
ad  altre  molte .  Ebbe  il  Novelli  i  lùoi  natali  in  Caftel  Franco  di  fottOt 
Terra  nel  Fiorentino  in  fui  fiume  d'Arno»  di  padre  a(&i  civile  e  faculto* 
lo,  l'annodellanoftra fatate  1600.  Ctueflti»concioffiaco&cbè  tanto  poiTedeflo 
4el  fuo»  che  non  gli  fode  neceflàrio  il  foggettare  il  proprio  figliuolo  ad 
efercizio»  onde  poteflè  coai  di  fubito  entrare  in  guadagno»  V  incamminò, 
per  lo  Audio  delle  umane  lettere»  alle  quali  volle»  che  egli  aggiugnelTc  per. 
ornamento  quello  della  mufica*  Aveva  coftui  un  fratello  Piovano»  il  qua% 
]e  avendo  adocchiato  in  quel  fanciullo  un  buon  genio  al  difegno»  tanto 
operò  con  fuo  padre»  che  egli  fi  rifolvè  toglierlo  allo  Audio  delle  lettere» 
e  porlo  air  efercizio  del  pittore.  Ma  vedendo»  chea  lui  piaceva  più  la 
fcultura»  giunto  eh' e' fu  all' età  di  quindici  anni»  locondufiero  a  Firenze^ 


giovanet* 

to  :  diedegli  luogo  in  fua  cafa»  e  tennelo  alle  fue  fpe(e  nel  modo  che  col 
padre  accordò.  Erano  allora  e  fin  da  più  anni  avanti  in  quella,  fcuola 
molti  giovani:  efraqueftiun  tale  Salvini  »  che  poi  andò  a  (lare  con  Pietro 
Tacca  :  e  quel  Bartolouimeo  »  che  poi  fu  detto  Meo  de' Cani  »  il  quale  eoa 
molta  fatica  poco  profitto  (èppe  ricavare .  Così  non  ocoorfe  al  Novelli  » 
il  quale  in  breve  tempo  divenne  a  tutti  gli  altri  molto  fuperiore .  A  vven-» 
ne  poi 9  che»  o  fofle  perche  il  Silvani  avefTe  già  cominciato  ad  abbandona- 
re quella  profeflione»  o  per  altra»  che  fé  ne  fofle  lacaufa»  correndo  Anto^ 
nio  il  ventidnefimodi  fua  età,  egli  fi  liiìcenziò  da  lui  :  e  fi  portò  nella  fcuola 
d'Agoftino  Ubaldiniy  difcepolo  di  Giovanni  Caccini»  col  quale  pofliamo 
dire»  che  egli  fiefle  più  per  ajuto»  che  per  difcepolo»  avendo  poco  dipoi 
meflfo  mano  quafi  in  tutte  le  fue  ftatue»  e  tirato  da  lui  provvifione .  Nello 
fie(ro  tempo  fece  alcune  cofe  fopra  di  fé»  e  fra  l'altre  per  la  gloriofa.me-* 
moria  del  Granduca  Cofimo  II.  (colpì  quel  putto  di  marmo,  grande  quan* 
to  il  naturale,  che  fi  vede  in  atto  di  notare  nell'ifoladel  Giardino  di  Bo« 
boli .  Diedefi  intanto  il  cafo  della  morte  dell'  Ubaldini ,  ed  alcune  fue  ope- 
re rimafero  imperfette .  A  quelle  diede  fine  il  Novelli  »  e  furono  le  due 
femmine  di. mezzo  rilievo»  che  fono  al  fepolcro  di  Arcangela  Palladina  »ce« 

Y  2  Icbrc 


We  Mafioa  delb  SefnulSiiia  Atciduchcfla  moglie  deHo  OefcK^talatil , 
nelk  Chifiia  di  Santa  Feticìfa.  Fpi  meiTc  mano  ad  una  graq  figura  per  la 
Real  Villa  del  Poggio  Imperiale  »  che  rapprelènta  un  Vento  »  c^  moftradi 
tracciare  una  vela:  e  ciò  fu  cicca  all' anno  1^30^  Ad  inftanza  del  Cavalie- 
ré  DooHiùco  Pallignani^  celebre  Pi ttor  Fiorentino»  fcolpi  in  macigno  una 
Lucrezia  Romana  :  e  fece  ancora  un  ritratto  al  naturale  dello  fteno  Pafli- 
gifajìi.  Un  limile  ritratto  conduflè  per  lo fepolcro  d'Alfonfo  Altoviti»  mor- 
to circa  Panno  1(^30.  della  propria  perfonaailui.convar)  intagli  e  impcefe» 
c^edTo  iepólcroadomaaot  neilaChiefiide'Padd  Minori  Oflervanti al  Vivaio 
in  fuìla  via  f  che  porn  aSan Giovarmi  di  Valdarno  ;  le  quali  opere  condurle 
»d  infianza  di  Guglielmo  Akoviti»  poi  SoEiatoce  FioreiiCtno.  Per  la  fami-* 
glia  de*  Pa^uali,  pei  lor  Palaazo  da  San  Michelino  dagli  Antinori»  fecedt 
■larmo  bianco  il  ritratto  di  Andrea  Paiquali  loro  avolo»  che  fu  pofto  fo« 
ora  la  porta  nella  parte  interiore  dell' antiporco .  Un^  altra  tefia  con  buflo 
ta»  al  naturale  di  Cofimo  Paiquàli>  Gentiluomo  di  quella  ca(a:  ed  un  6- 
nile  di  Bernardo  Salverei  fuo  parente .  E"  anche  di  fua  mano  V  Arme  iM 
mettKf  che  fi  vede  nella  cantonata  di  efio  Palazzo»  In  quello  tempo  volle 
fi  Novelli  attendere  al  getto  ,  e  fece  due  ftoriecte  di  fMccde  figure  di 
bronzo:  in  una  delle  quali  rappce&ntò  la  Flagellazione»  nell'altra  la  Co- 
ronazione di  fpine  del  Signore  ;  e  condufle  pure  di  bronzo  un-CrìAo  Cro- 
cififlb  di  due  terzi  di  braccio»  e  due  Angeli  di  limite  grandezza.  Facevafi 
aUoca  quella  (bhza  nel  Palaz»  de' Pitti»  detta  la  Stufa»  dove  poi  Pietro  da 
Cortona  dipiniè  le  tanto  nominate  ilorie  a  frefco:  ed  eflendo  flatcallega-» 
te  le  pitture  4ella  volu  a  Matteo  Hoflelli»  fu  data  al  noftro  artefice  lacu« 
sa  degli  ftocchi  »  de'quali  lavorò  moki  a  figure  e  grottefche .  Scolpì  in  pie- 
tra le  due  ftatue  di  giovanetti»  che  fono  affiffe  da  i  lati  nella  facciata  di 
[una  nuova  cafa  degli  StroKzl.  * 

Avem  Michelagnolo  Buonarruoti  il  gk>vane  »  Gentiluomo  letteratiffi^ 
ino  e  vago  poeta,  condotte  a  fine  nella  fua  cafa  di  via  Ghibellina  nel  prò* 
prio  fico»  dove  fu  già  V  abitazione  del  Divino  Michelagnolo  fuo  antenato 
e  de'  Genitori  di  lui  »  le  Quattro  belliffime  fianze  in  forma  di  Galleria» 
e  fra  quelle  Ja  prima  e  più  bella»  la  quale  egli  aveva  dedicata  alla  glorioik 
qiemoria  dello  fteflb  Buonarruoto;  ed  in  efla»  come  in  altro  luc^o  dire- 
mo» aveva  fatta  collocare  una  bozza  di  pittura  in  tavola  di  una  grande  Bo- 
ria »  ed  il  tanto  celebre  baiTorilievo  di  marmo  della  battaglia  d^ £rcide  co' 
Centauri»  opere  tutte  di  siano  delio  ileflb  Buonarruoti:  ed  aveva  adorna* 
to  il  rimanente  della  ftanza  e  la  foffitta  di. quadri  a  olio  di  eccellenti  mae- 
ilrì»  rapprefentanti  i  fatti  di  ouel  grand' uomo;  ed  avoido  lafdato  fra  due 
jfinefire  lo  fpazio  per  una  nicchia  per  la  (tatua  di  lui»  volle»  che  il  Novelli 
Ja  faceiTè  di  fua  mano  i  ficcome  fece  »  figurandolo  in  atto  di  federe .  In  que- 
fta  però  egli  lì  fece  conofcere  alquanto  diverfo  da  fé  medefimo  ;  perchè  te- 
nendo 4)uel  virtuofo  padrone  della  cafa  flretu  amicizia  con  Fabbrizto 
jtofchi  eccellente  pittore  Fiorentino»  ficcome  tenevala  anche  con  tutti  i 
'profefibrì  di  quelle  belle  atti»  ebbe  per  bene»  che  il  Bofchi  aAfieflè  allo 
icultore  in  tal  faccenda;  alla  qual  cófa»  con  poca  foddisfazione  il  Novelli 

cfafi  accomodato  i  per  efierfi  veduta  con  ciò  obbligato  ad  efercitar  luo  me? 

fiiere 


ANTOmO     NOVELLI.        141 

iHèfert  p&ù  di  «Uri:  e  tintopift  »  perèbi  il  Solchi  eA  doiaio  ^  mtm* 
&attfticp  e  fevero,  e  poco  fi  oonfìiceft  colle  pcrlbne .  Una  ctl  previa 
deim  duiM^ue  del  Booiumioti  fece  Péffecto  tutto  oontMrto  al  fine  imi 
che  era ,  che  l' opera  del  Novelli ,  affiaita  dal  Bòictu ,  rmfci&  delle  pih  lo* 
date»  cheavieflè  condotto  il  fuo  fcarpello:  dal  che  chiirafiriconóloe»  cho 
bene  fpeflb  1*  artefice  ingegnolb  e  pratico»  non  Ju  più  ìtt^fj^néta  diiettou 
re»  che  quello»  che  al  proprio  intelletto  depam  ed  afltena  la  libertà  del 
fno  genio .  Reftaurò  poi  per  lo  Marchefe  Giovanni  Cdru  »  e  per  altri  Qm^ 
Talieri  Fiorentini  molte  fiatue  ,  Pe'  Frati  de'  Servi  fèolol  un  bene  ar^ 
chitettato  Cartellone  di  marmo  »  che  doveva  efler  collocato  fotìto  \% 
Loggia  della  lor  Chiefa  •  il  die  poi  non  feguì.  Ad  tnftana  dell' Abate 
Fabbroni  fisce  per  la  Miefii  delia  Regina  Maria  de'  Medici  Frindpefià  di 
Tofeana»  moglie  di  Arrigo  IV.  Re  di  Francia»  due  ftacoe  di  quattro brac^ 
eia»  che  rappreientavano  due  mefi  delF  anno:  e  per  Agnol  Galli  fcolpl 
una  Venere  quanto  il  naturale .  Fu  opera  della  Tua  mano  la  grande  ftatua» 
che  rappitfenta  la  Legge  »  che  fu  polla  nelb  grotta»  che  è  in  teda  al  Cor- 
tile  del  Pala2to  dèi  Granduca  af  Pitti  t  e  pel  Bali  Giovambatifta  Martelli 
una  fiatila  di  pietra,  £itta  per  la  Dovisìa»  che  ég  lui  fu  pofta  in  teflà  al 

{ ^tardino  della  allora  Tua  Villa  di  Scandicci .  Per  Andrea  del  Roflb»  In  une 
ila  Cappella  domeftica»  fece  piìi  intagli»  ed  una  immagine  di'  Maria  Ver* 
gihe»  tefta  con  bullo.  Scolpì  un  ritratto»  teda  pure  con  butto  del  Mar^ 
dieft  Filippo  KiccoKni  9  un  altro  del  Sereniilimo  Granduca  Ferdinando  Iff. 
di  glotiófii  idemoria  per 'Giovanni  Nardi  celebre  Medico  »  il  quale  lo  col-, 
locò  fopfa  la  porta  di  fua  cafa  in  via  dell' Allorp:  e  in  quefto  ritratto  è  da 
notarli  una  bella  avvertenza  dell'  artefice»  ef  fu»  che  eundo  lituata  quelhi 
cafa  in  una  via  molto  ftretca»  onde  poco  godibile  rendeafi  la  figura  a  chi 
per  efla  camfia}nava»  volte  che  il  bel  torio  con- una  voltata  di  collo  alquan« 
to  rirentita  »  faceffe  apparire ,  che  la  t^a  guardafle  verfo  lo  sbocco  cne  fia 
la  medefima  via  in  una  bella  e  nobile  eemtrada  »  deta  da'  Gaddi  ;  ed  un 
^tro  dello  fteilb  Sereniamo  po'  Mimaci  di  S^.  Jacopo  fopr*  Arno  »  che  fa 
fituaft^of  nella  facciata  di  lor  Monaftero  alla  cofeie  del  Ponte  a  S.  Trinità  « 
VehUt^o  ranno  1644:  pltcqu*  alla  Santità  d*  Innocenzio  X.  SomoMi 
Pontefice  di  aforivere  at  nuiAera  de*  Cardinali  il  Sereniffimo  Principe  Gio. 
Carlo  di  Tofcana .  t^fti  »  cKe  fempre  avetà  fiicta  <Uma  dell*  opere  e  del- 
l' inségno  dd  Novelli»  volle»  ftelV  andare  a  Roma  a  pigliare  il  Cappello^ 
condurlo  con  feco  In  carattere  di  fcukore .  Quivi  feceglì  fare  il  proprio 
ritratto»  che  riufafe  nel  Palazzo  della Sereniffiuia  Ca&  de' Medici  in  Piatem 
Madama  •  In  quella  nobiliflima  cittì  ebbe  il  noftro  artefice  occafione  di 


appagare  il  fóo  boon  gu(|Oi|  ammirando  i  preziofi  avanzi  dell* 
ftulcdre  ;  e  perchè  fu  quella  la  prinia  volta  eh'  e'  vedefle  Roma  »  ebbe  a  di*^ 
re  a  Jacopo  Maria  Foggi  ni»  fiato  fao  diletto  difcepolo»  il  quale  aveva  tro- 
vato colà  impiegico  mlli  (hidj  dell*  arte  »  quafi  in  fé  ftefib  coiìfbndéndofi» 
quefte  parole  :  O  Fogdnt  o  Foggini  »  bifognava  per  me  efierci  venuta 
prima.  Tornato  poi  a  Firenze  fece  per  Arrarea  del  Roflb  le  due  ftatuo 
degli  Apoftoli  Simone  e  Andrea',  che  fi  veggono  in  San  Michele  Btartekìi 
dagli  Antiiiori^  nelle  ni«dhie  chjs  fono  hKe^  aU'  arpo  di  lòro^Cal^pella  i 

Y  1  e  per 


X 


34^    DecmA,Ur. della PartJ, étSecVMliCio.aliG/^ò. 

e  per  quella  di  Loien»)  Francelbìi»  nobile  e  piiflimo  Cavaliere  Fiorenti'* 
Ito»  r  altre  due  di  San  Matteo  e  San  GiovansuÈvangeUftì  •  MeOe  poi  nat- 
ilo alla  ftatua.di  marmo  del  Criflo  rirufcitato ,  per  Agnolo  Ganucci,  che  fa 
pofia  nel  ricetto  avanti  la  Sagreftia  di  San  Marco  de'  Frati  Predicatori  di 

tuefta  città»  che  riafcì  opera  dqgna  di  molta  lode»  ma  fìi»  non  fo  fé  io 
ebba  dire  difgrazia  dell'artefice  o  del  luogo  fteflo»  Teflerfi. fiata  non  molto 
bene  accompagnata;  concioffiaco(ac)iè  poco»  anzi  non  punto  piacellero  i 
4ae  baflirilievi  di  bronzo  »  che  le  furon  pofti  allato»  di  modello  e  getto  di 
un  tal  Francefco  Conti»  che  fece  quel  che  ei  feppe  e  non  più.  Ne  io  vo- 
glio lafciare  di  portare  in  quello  luogo  il  racconto  di  una  piacevole  cofa  »> 
che  occorfe  in  tal  propoli to>  al  certo  degna  di  refle0ione>  mentre  da  efla 
il  ravvifa  quanti  djveru  effetti  cagioni  agli  uomini  la  propria  apprenfione  » 
«  quanto  qoefta  talvolta  più  che  il  male  fleiTo  gli  danneggi  e  confonda  ; 
Oirae  pare»  che  pofTa  dirfi  fovente»  che  tanto  e  non  più^/ipatifce  >  quan- 
to il  patimento  fi  apprende.  Era  il  Conti  uomo  molto  dabbene,  e  cosi  pò-*. 
co  ambìziofo  •  che  fole  va  da  per  fé  fteflb  raccontare  per  iacezta  qoefto  ca* 
lo  ;.  e  una  volc^  fra  V altre  con  gran  gufilo  raocontoUo  a  Jacopo  Maria  Fog- 

r'  li  poco  fa  nominato  »  ti  quale  gli  dava  il  buon  prò  deir  eflere  fiati  efpofti 
pubblico  i  detti  fuoi  bauirili^vi.  Foggiiù  ^  difle  ^li»  io  vi  vo  raccon* 
tare  una  bella  cofa;  Io  me  ne  ftava  l'altro  èk  lavorando  nella  mia  danza» 
dove  trattenevafi  discorrendo  con  me  un  tale  [  e  diflegli  il  nome  }  »  Quefti  » 
dopo  di verfi  ragionamenti  »  mi  parlò  in  quefta  forma:  Contila  iofonqueiift 
mattina  ftato  a  San  Marco  i  le  nel  paflar  dalla  Chiela  alla  Sagreftia  pel. 
luogo  ove  fu  ultimamente  pofta  la  bella  (tatua  del  Signore  rifufcitato,  fatta, 
per  mano  del  Novelli»  ho  veduto  cofa»  che  io  non  avrei  voluto  vedero 
per  tutto  Toro  del  mondo.  E  che  vedette  voi  mai»  di&'io:  fapoi»  rifpofe 
Tamico  »  che  io  ho  veduto  eflere  fiati  pofti  allato  a  quella  bella  ftatua  certi 
baflirilievi  di  bronzo  al  mal  fatti  »  che  io  non  vidi  mai  in  tal  genere  di  fcul-^ 
fura  cofa  più  trifta:  di  grazia  vavyi  anche  tu»  guardagli  bene»  e  poi  Cippi- 
mi  dire  le  io  dico  il  vero:  e  chi  fu  mai  colui»  che  tal  cola  fi  arrificò  a 
lìlettere  in  pubblico?  e  qui  caricò  molto  il  difcorfo»  ardendo,  per  co^  di- 
re^ di  filegno»  e  contra  lo  (cultore»  e  contra  colui»  che  tal  cola  quivi  fe- 
lpe collocare  •  Io  allora  »  feguitò  a  dire  il  Conti»  colla  mia  folica  flemma» 
lenza  muovermi  punto»  gli  difti»  che  lo  fcultore  era  fiato  io»  e  nulla  più . 
Se  voi  avefte  veduto ,  o  Foggini  »  quel  pover  uomo  come  reftò  tinto  e  con* 
fiifo»  per  eflerfi  ignorantemente  tanto  impegnato  in  biafimo  di  mia  per- 
mana »  voi  vi  fiirefte  vergognato  per  lui  »  il  quale  con  altre  parole  tergi ver- 
fando  al  megl/o  eh' e' potè»  fé  n'andò  via  chiotto  chiotto .  Or  che  ne  dite» 
Foggini»  non  fu  esli  un  bel  lazzo  quefto?  Bello  per  certo»  difs'egli»  non 
Ibnza  riderfi  fra  fé fteflo  della  fmifurata  bontà  di  quell'uomo .  Ed  io  torno 
a  dire»  che  l' apprenfione  nelle  menti  noftre  nata  da  quelle  cofe»  che  fono 
i^ori  di  noi»  è  la  maggior  parte  delie  miferie  noftre:  e  canto  bafti  incor-> 
no  a' baflirilievi . 

Fu  poi'  dato  a  fare  al  Novelli  dalla  famiglia  de*  Pucci  una  ftatua  di  mar- 
mo bianco»  figurata  per  la  Gloria»  ed  un'  altra  pel  Martirio:  l'una  e  T  al- 
tra delle  quali  furon  pofte  nella  loro  Cappella  di  S.  Baftiano,  contigua  alla 
-     .  Chicfi 


ANTONIO     NOVELLI.       34J 

C&iéfa  delU  Santtffidit  NunrìaM:  òvelk  però  del  Martirio  iriufcl  còfa  or«^ 
dinaria;  ma  belUffima  f u  un* altra  ftacua»  pare  di  marmo  bianco,  grand» 
quanta  il  naturale,  rappre&ntante  ta  Peiutente  Santa  Maria  MaddaTena,. 
Quefta  volle  egli  fare  per  iè  proprio,  e  pdevi  tutto  lo  ftudio  dall' A;rte  fua^ 
acci^  C  conofcefie  fin  dove  arrivava  il  luofiipere;  cofa,  che  per  avvaitu- 
ra  non  aveva  egli  potuto  moftrare  in  ogni  altra  opera  di  fna  mano  £itta  fi» 
no  allora,  per  eflerii  perfua  fventura  trovato  in  un  tempo,  che  pochi  era- 
no coloro  m  Firenze ,  che  aveflero  occafiohe  o  voglia  di  far  fan  ftatue  à 
onde  P  arte  e*  1*  open  eziandio  degli,  artefici  non  erano  in  gran  pregio  « 
Teneva  egli  quefta  ina  bella  fiittura  nella  fua  danza ,  dove  ibvente  eran, 
condotti  perfonaggi  OUramontahi  per  fi^la  loro  vedere  per  una  bella  col^  i» 
com- elicerà.  Un  di  quefti  vi  fu  di  quella  forta,  che  avendo  avuto  daUir 
satura  più  abbondanza  di  beni  di  fortuna',  che  di  giudizio,  vanno  a*  tali 
cofe,  perchè  vi  fon  condotti,  nèfper  altro  più:  il  quale,  dopo  aver  bea 
guardata  e  riguardata  la  Aatua ,  mentre  il  maeQro  afpettava  che  il  foreftie^ 
re  defle  fuori  qualche  bella  reflcillone,  one  diceilè  alcuna  parola  di  lode» 
uercotendola  gentilmente  colle  nocca,  quafi  che  voieflè  fencire  il  rim-»* 
Dombo,  domandò  all'artefice  s'ell'era  vota;  onde  per  gli  adami  vifu  d« 
fare  per  contener  quelle  rifa,  nelle  quali' aflbiutamente  avrebbero  dato  a 
piene  ganafce^  (e  non  fofle  fiato  il  dovuto  rifpetto  a  quei  Signore .  Occorfe 
poi  la  venuta  in  Firenze  di  un  Miniftro  della  Real  MaefU  della  Regina  di 
Svezia,  intelli^entiffimo  di  queft'arti,  affine  di  cercar  per  efla  cofe  bellcs^ 
e  avuta  cognizione  della  fiatua ,  e  conofciutane  la  bontà ,  non  folo  ne  fa 
compratore;  àia  tentò  ogni  via  per  condur  con  efla  in  quelle  patti  per  fer^ 
iigio  di  quella  gran  Signora  anche  il  Novelli  medefimo,  il  quale  al  prin-< 
eipione  fiette  in  forfe;  aia  prevalendo  agi'  irapulli,  che  facevano  al  fuo 
coorer  aggiunte  all'ottimo  gufto  delle  beli' arti,  fa  grandezza  e  regia  lìbera^ 
lità  delia  Regina,  T amore  della  propria  patria,  deliberò  direftarlene  in  ¥im 
fenze*  Altre  molte  opere  di  marmo  conduife  il  Novèlli,  che  lungo fareb-^ 
be  il  racccmtare ,  come  ritratti  di  diverfi  Gentiluomini ,  e  tette  con  bufto 
per  Gallerie^  ftatue  e  grottefche  di  ftucchi,  pozzolana  e  fpugne  per  diver-* 
le  fontane ,  e  particolarmente  per  queUa  della  grotta  de'  Pitti . 
*     Avevail  SereniffimoCardinaleGianCarloincominciato  a  ornareil  bel  Pai» 
lazzo  e  Giardino  di  via  della  Scala ,  che  poi  fu  del  Marchefe  Ferdinando  Ri-» 
dolfi  >  e  oggi  de'fuoi  eredi  :  ed  avendovi  £itto  condurre  fin  da*  Pitti  per  via^ 
Maggio  perla  fpondafiniftra  dei  Ponte  a  Santa  Trinità,  buona  copia  d'acqua  t 
volle,  che  il  Novelli  vi  facefle  diverfe  belle  fontane .  Vi  s'applicò  egli  con 
tutte  le  forze  fue,  e  dalla  parte  di  mezzogiorno  fìnfe  una  montagna  naturale 
di  pietra  forte,  accomodando  gran  quantità  diqiTa  pietra  a  filari  efìlarettt 
ricorrenti  verfo  terra  da  alto  abauo»  in  quella  guifa  appunto,  che  noi 
vediamo  eflere  fiate  adattate  le  cave  di  quella  forta  di  pietre  dalla  natura  « 
talmentechè  ella  pare  propriamente  una  vera  e  naturale  montagna.  In  fac*« 
eia  a  quefia  al  piano  del  terreno,  fcorgefi  un  voto  o  vogliamo  dire  una  Ca^^ 
verna,  che  ferve  di  porta,  circofcritta  inegualmente,  quali  che  «fatta  '  (ia 
a  cafo:  e  nella  parte  più  alta  vcggonfi  inatto  di  cadere  alcuni  ladroni  della 
fiefla  Pietra,  fé  non  quanto  vengon  foftenuti  da  alcuni  finti  tronchi  di 

Y  4  quercia. 


144  DecMJV. tettaTm.  l dHSèì.  V. dati S^o. al  16^0. 


iiaercit»  Atti  pure ^piiJtré).««dloffiti: pei  «1  nctuitlevL^apertma  ki^ 
«odcice  io  una.grotfft  tutta  incroilica  dtipugiMi  diyifii  ili  U^  grandi  (par 
Z)  ».  iti  ciifchediino  de* quali  ^uoagnn  figura  dijiiMn>.rilieiror«otnpofta  4s 
ftogne;  e  1è  grotta  ò  figurata  par  rAacto  <li  PolifiBmo»  Jai  cuiifignra  fi  vt^ 
do*  coose  dtrcggM  appciOb»  VHxè  di  lungi.  DaJk.pasti  iatfti»li  fifa  paf? 
iBi^o  ad  ftoa  balla  Scufa  e  ad  oòVatera  bdla  fianca^  oè  dèi  cytto  fcuM  t ;  oè 
dd  tutoo  ioiirifuifa»  finta  appofia  per  b  tiatténimcaico  del  ^uoeo  oe*  teopi 
deUa:flaa^  Soprala  grotta. poi  accomodò  Fartefiièa  la  coìiìarTt  dell'acque 
per  le  fidati .  Ifel  bel  tnesao  del  gran  Prato  fieee  una  beila.  Mtfisa  per  iréc»^ 
«ente  dell'acque»  e  per  la  deliaia  de'pe&i:  in  tneazo  alia  quale  è.ua ifon 
Mt  (bora  étti  il  Novali  fabbricò  kgraride  fiatua  del  Pòlifemo^  io  acfio  di 
bMe^all'otce»  Vedefi  dunque  un  gran  Gigante  ignudo  alco  feittci  braccia > 
msof  in  atto  di  pofiire  con  una  gaodba  iniìa||2i  ed  una  indietro  per  foflo? 
imreii  rìmandsfite  del  corpo»  che  alzando  le  braccia  con  beli' attitudine  fi>^ 
pra  la  tefta»  fi  verfa  in  bocca  Facqua»  die  in  vece  del  irìno  «cadeva)  Potrei 
ooCa  veramente  manvigliofii  a  ccedeffi*  per  la  fiicilità  ebeUadeficezKa»  colla 
quale  1*  artefice)  rofieniie  in  fulie  gambe  ai  gran  colobo  »  fabbricato  dimat« 
«mi  e  fiucchi ,  e  con  ai  gran  puliDaento^  che  fembra  di  niumo ,  e  di  un  libi 
penso .  Queft* opera  lendefi  maravìgltoCa^tantopiiu quanto  che  al  NoveUl 
convenne caiainciarJa  a  firi>bricare  dappiedi»  andando  fi:mpre  allo  'n  fu 4 
fino  al  termine  delia  figura;  la  quale  è  armata  per  entro  digroffifiimifi^rri^ 
cba  fermi  in  terra,  pafiando  per  le  gambe  e  coCciet  fi  dilatano  poi  e  fi  di^ 
nmano  al  fi>ftentamento  di  divedi  cerchi»  piegati  ai. hifbgno».per  formar 
m^fiàtura*  del  corfo»  dentro  al  quak  èim  granxecipience.éi  some  per  ti^ 
oaver  l'acqua ,  che  in  efli»  cade  mediante  T  inteme  parti  della  gaoiba  étè 
g^nte^  elltfiributria,alle  canne»  per  ciui  ella  devefi  efitare  femore  c«)per? 
<a^  per  ^pottarfi  alla  vafca .  E  perchè  fìuria  fiato  al  tutto  impofiibile»  che 
ima  co^  pelante  mole  avefie  p<M»to  reggerti  in  Tulle  gambe  «^  quando,  aache 
ftèfti  per  dire»  elle  foifero  fiate  di  tutto  fitrrot  ienza  oulece dalF.uno  de' 
Jatii»  Itance  mafiìme  il  grande  aggravarfi,  che  fa  la  figura  fuor  del  piombo 
del  proprio  bianco,  per  fid*  l'attioidine  del  votarfi  Tocre  in  bocca;  il  No« 
velli  finfe  »  che  in  quell'atto  difagiofo  cadefiè  al  G/gante  da^ fianchi  na 
gran  palino»  il  quale»  mentre  gli  cuopre  le  parti ,  toccando  terra»  dàino* 
go  in  fii  ileflb  ad  un  gran  ferro»  che  fa  opera  di  puntello  .dalla  parte  dettca. 
Servifii  ancora  della  fiefiu  comoditi  delle  membra  del  Gigante»  per  fingerlo 
appoggiato  al  fuo  grofibbaftone;  e  co^  reggerfi  la  gran  figura  in  quattro, 
lenza  punto  far  mofira  del  come.  Per  condurre  quell'opera  »  convenne 
ai  noflro artefice fiiticare  molti  mefi  fopra  palchi»  ed  a  cielo  aperto»  iàlvo 
qaanco  potevano  ripararlo  dalle  varie  perturbazioni  dell' aria  in  diverièfia* 
gioni,  aloane  tende»  e  fra  queflo»  e  r  eflergli  convenuto  anche  ne^  caldi 
più  eccedivi  I  V  operaie  fopra  la  vafca  piena  d' acqua  (lagnante  ,  il  povet 
uomo  attralfe  tanta  umidità»  e  redo  cosi  male  in  eflère  della  perfona»  che 
avendo  anche  perfo  quafi  affatto  Tufo  delle  mani»,  non  gli  fu  più  po^biie 
l' operare  %  Qtiando  il  povero  virtuofo  li  vide  a  tal  partito»  come  prudenw 
te  eh'  egli  era«  licenziatofi  dal  Sereniamo  Granduca»  dal  quale  fu  con  una 

.     decente 


'ANTONIO    NOVELLI.        34J 

iecetice  prowtfioné  a  ria  rimmemco»  ipendè  catto  qnel  ittobUe,  elic  ntta 
fca  cosi  £u:ile  a  pjortaf  odo  fcoo«  e  fi  ritirò  a  Caftel  Franco  fua  patria»  con 
penficro  di  qoiiri  finire  fila  vita.  Bra  egli  già  diiooraco  in  Caftel  Fran* 
coper  io (pazio  di  dodici  anni  eoa)  rattrattOr  quando  porco  il  ca(b»  ch*é* 
ione  Tìficato  dal  Marcliefii  Niccolinoi,  il  quale  compalTionando  al  fuo  male 
ed  alla  fua  povertà  «  (ovvcnnelo  di  danari  s  ed  inoltre  lo  configliò  a  poriarfi 
nel  filo  Marchelato  del  Ponfiicco,  non  aekO'  iaogi  da  qaeHa  Ter»  nel 

Intano  di  Pifii»  ove  diffe  efier  certe  forgenti  di  acque  ialubrlper  lo  fuo  taà^ 
e»  allegandogli  Fe(jperìenza  filtrane  da  un  fuo  lavoratore,  che  trovaiv» 
dofi  già  in  peggiorjè^radodi  iui»  coli'  ufo-di  quell' acque  era  in  poche  ort 
tornato  alla  prima  (alute:  e  per  renderlo  più  animofo  alla  prova,  dtedegU 
lo.  ftefio  contadino  per  ajuta  e  per  guida .  Quelli  provviftolo  di  uoa  bi»* 
na  cavalla ,  fiornita  de*poveri  arredi,  che  enm  fervici  a  luì  fteflb,  da  poter* 
vi  fopra  adattare  ^nni  e  firapunti,  ove  agiaiamence  potefle  pofitre  r  arte* 
fice:  il  conduiTe  a  quei  bagni^  che  altro  non  fono,  che  certe  lagnnetvt 
fparfe  per  uiifaofiro,  ne  p&,  nò uiicno  grandi  (coQse^era  folito  diraccont 
tare  lo  fteflo  Novelli)  di  quello,  che  lon  talora  le  poazanghere delle  pub-^ 
Uiche  vie  ;  onde  per  trovarle  era  d*  uopo  il  oarcarje:  e  ritrovatane^  una» 
fuhito  il  villana  fciolte  ie  faice»  con  die  era  il  MoveUi  legato  fopra  la  be^ 
fila,  e  fnogliatolo ,  fixelo^iacere  in  quella  poata ,  che  non  avendo  ttfita 
acqua  che  gli  coprifle  interamente  un  pìedef  non  giungeva  a  polargli  in 
fui  petto,  e  tantomeno  in  fulle  oinoocma  e  braccia  rattrdtte;  ma  il  buon 
contadino ,  eoo  »n  yafi>  a  ttde «netto  pofceto#  andavigli  bagnando,-  o  co^ 
lie  noi  fegliamo  dre».  doitciaodoi)ueiie  paixi^  finché  in  ifpa:tlodi  tre  ore 
e  non  più,  ìncoimociarono  a^dificioglieiiegHi  nervi  intirizzati,  fino  al  ie* 

Snodi  pocew difiender fi  tutto  neir acqua:.  Bòi  inooflainciò  a fentirfi  co^ 
eoe  da  potere,  da  per  fé  Aeffi>  tomarlène  a  niedi%  egià  voleva  rivefiirfii 
quando  il  contadino  glidifleeflerneceflarLo  il  tràttevìervifi  ancora  altre  tro 
ore»  perchè  quel!',  acqua  di  tre  cMre  in  tre  ore  faceva  fuo  eifetto,  lècondo 
età  ctie  egli  medefima  aveva  e^rimencato  •  11  Novali  obbedì  al  fuo  aa^ 
ftro  Grillo;  e  pafltte  Taltre  tre  ore ,  volle  flarvene  altre  tre  ;  dopo  le  quali 
alzacofi  fisnz'ajutOf  fc  ne  tornò  a  piedi  elbraito  lial  villano,  col  quale  per 
iftrada  venne  giocando  a  piaftrdle,  e  mangiando  con  gran  ^ufto,  ciò  tho 
nei  fuo  kingo  male  non  aveva  mai  fatto ,  ceoo  pane  datogli  da  cokil,  pro«>' 

?rio.pia  da  perfona  che  arrabbi  per  la  fame,  che  di  ehi  abbia  flomacuaao  • 
ìiie  dunque  fu  la  cofa  del  mislsoraoiento del  'Vovelli,  che  fe  non  venifio 
dal  fuo  propria  racconto,  mi  fi  renderebbeal  certo  incredibile .  Reftaron» 
gli  però  certi  tumorecti  fopra  i  nervi  deUe  mani  •  che  gf  impedivano  Far-» 
ticolazione  delle  dita ,  né  potea  flringer  la  mano^  onde  ebbe  per  bene  cor* 
narlènea  Firenze  per  far  qualche  medicamento «ffiale,  con  animo  ancora^ 
di  portarli  a*  Bagni  ài  San  Cafciano  ;  e  comecché  egli  era  gramliffimo  ami*» 
co  ,  ed  anche  un  poco  parente  del  Dottore^  Paolo  Miùucci,  foggetto  ve«- 
ramente  di  vera  letteratura.  Segretaria  dei  Sereniamo  Prìncipe  Mattias  di 
Tofcana ,  a  lui  fece  rìcorfo,  acciocché  di  quell'  Altezza  gì*  impetrafle  a/uto 
ed  ftffiftenza  :  e  non  fu  in  vano^  perchè  (etitite  che  ebbe  il  Principe  le  ne'- 
ccffitàdel  Novelli,  dopo  un- atto  di  gran  maravigliai  ch^e  quel  virtuofo, 

di  cui 


3 4<^    Dccenn.  IV.  della  Vàrt.  l  ielSec.  KdaliS^  o.  al  i  ^40. 

di  CUI  avea  udite  raccontare  le  varie  malattie,  fofie  ancor  vivo»  coa'^par- 
Jò;  Non  più  bagni, non  più  bagni,  voglio  che  fi  medichi  qui,  e  mio  farà 
il  peniiero della  cura  di  fua  perfona.  Ma,  to^iunfe  il  'Minucci,  quefti  non 
ha  qua  né  cafa,  né  roba,  né  danari .  O  che  infelicità  !  foggiunfe  quel]'  Al- 
tezza, lacrimando:  un  virtuofo  di  quella  filtra  doveri  dunque  morirli  di 
£tme?  e  pofto  mano  a  certi  dobloni»  per  mezzo  dello  fteflb  Minucci,  con 
mille  offerte  di  fua  protezione,  cliele  mandò;  aggiungendo  ancora  di  vo^ 
Jer  parlare  con  lui,  e  che  a  tale  effetto  avrebbelo  mandato  a  levare  con 
carrozza .  Al  comparir  del  Minucci  coli'  oro  e  coir  imbafciata  cortefe  del 
Princioe,  pianfe  il  Novelli  per  tenerezza  :  e  dopo  un  breve  deimare,  così 
a  piedi  fi  conduffe  alle  danze.  Era  appunto  ii.rrincipe  per  andare  a  fuo 
ripofo,  quando  avendo  intelaia  venuta  del  Novelli,  tecelo  introdurre ,  e 
fattogli  apprettare  una  feegiola  rullante,  volle  che  egli  quivi  fi  adagiaffi^ 
per  ogni  modo,  e  dopo  due  ore.di  ragioramento,  con  promefla  di  quali* 
to  per  l' innanzi  gli  fbue  bìfognato  per  vivere ,  il  licenziò  :  e  dipoi  non  cefsò 
di  fovveriirlo,'  Anche  rjavueofi  alquanto,  fé  ne  tornò  a  Caftel Franco. 
Ma  effendo  poi  l'anno  ì66t:  feguitoil  matrimonio  del  SerenilCmo  Prin« 


cipe  diTofcana,  oggi  CofimoIII.  Regnante,  colla Serenifiima  Margherita 
Lui&d^OrlearSr  e  dovendofifefteggiare  le  Reali  Nozze,  con  grande  appara- 
to econ  pubblici  fpettacoli  -,  il  Novelli  chiamato  dal  Granduca,  fé  ne  venne, 
cosi  male  in  ordine  di  fua  perfona  com'egli  era,  alla  città  di  Firenze ,  do* 
Ve  9  più  colla  voce  che  colle  mani ,  operò  che  fbfle  condotta  la  fmifuratà 
flatua  deir  Atlante.,  in  atto  di  fofieoere  il  cielo;  la  quale  flatua,  fopra  un 
artificiofi)  carro  fecefi  vedere  nel  gran  Teatro  del  Palazzo  de*  Pitti ,  nella 
Fella  a  cavallo  rapprefentacafi  la  fera  del  primo  di  Luglio  dello  ftefs' anno, 
che  poi  lafciatà  la  primiera  fembianza: dell*  Atlante,  in  un  momento  préfc 
]a  forma  del  Monte  Santo  famofiifimo  nell'Affrica,  fopra  il  quale  compar* 
vero  quattro  belliflime  femmine,  che  le  quattro  Farci,  nelle  quali  i  più 
de'Cofmografi  dividono  la  terra,  rapprefentavano.  Giungea  la  fola  figura, 
fanza  il  globo,  a  quaranta  braccia  d'altezza;  ed  era  cosi  bene  divifata  di 
membra  e  di  mufcoli,  che  il  vederla  folamente,  fenz*  altro  più,  la  rendeva 
maravigUofa  .Ma  affai  maggiore  ammirazione  cagionò  la  di  lei  già  accenna- 
ta trasformazione .    E  giacché  ne  ha  portato  il  filo  del  racconto  a  far 
menzione  della  grande  ttatua  delt  Atlante;  non  voglio  kfciare  di  portare 
in-quefio  luogo  una  piacevol  cofa,  che  occorfe  in  quel  tempo  nel  Ciardi* 
QodiBoboIi ,  dove  ella  fi  fabbricava:  la  quale  méntre  fervirà  al  Lettore  per 
follevare  alquanto  la  mente,  forfè  aggravata  dalla  lunga  narrazione,  fari 
infieme  conofcere  a  qual  cimento  ed  a  qual  rifchio  efpone  la  propria  di- 
ma e  fé  fteffo  colui  i  che  fi  mette  a  fopraftare  a  checchelGa,  e  comandare 
non  fa.  Era  il  nominato  .Giardino  occupato  da  gran  copia  d'artefici  di 
ogni  (brta,  tutti  intenti  a'  neceflàrj  lavori  per  lo  nobile  fpettacolo,  e  par- 
ticolarmente pei  carro  e  per  la  ftatua,  della  quale  da  alcuni  di  loro  fi  for- 
mava con  geffo  la  manodeftra  fopra  il  modello  del  Novelli;  quando  una  per- 
fona di  rilpetto,  di  cui  non. mi  è  nòto  il  nome  (alla  quale  era  ftata  data 
incumbenza  di  foprantendere,  non  più  che  alla  fpedizione  del  lavoro, 
perch!  e*  rimiineffe  finito  a  tempo  )  portatati  una  mattina  al  luogo»  domandò 
.   ,  .r         "  che 


ANTONIO     NOVELLI.       347 

die  C0&  coloro  iaceflero  con  qUelIà*  gran  quantità  di  géflb .  Rifpofero  gli 
artefici  f  eh'  e'  s*  andara. formando  la  deftra  mano  del  Gigante»  della  qual 
fiiopenda  f pedici  eh' e' fi  fodero,  avrebbero  applicato  f abito  a  far  la  jforma 
deir  altra  mano.  Sono  delle  noftre  folite  eofe,  rìlpofe  il  So pran tendente 
alla  prefenza  di  quel  gran  numero  di  artefiei  e  del  maeftro  ftefTo:  e  per* 
che  ijnr  nuova  fornw  Ì  con  perdita  di  tempo  e  dì  fpefa  per  V  altra  mano  ? 
e  non  può  quefta  foia  forma  baftare  per  la  formazione  di  cento  mani ,  non 
che  di  due?  Rifpofta  in  vero  altrettanto  ignorante,  quanto  zelante;  la 
quale  fece  sì,  che  alcuni ,  che  fra  quella  brigata  erano  di  poca  levatura» 
volendo  per  lo  rifpetto  e  per  paura  di  fé  ftefli  pur  ritener  quelle  rifa,, 
nelle  quali  avrebbero  dato  a  piena  bocca,  furono,  ftetti  per  dire,  per. 
ilcoppiare:  e  1  poco  efperto  fopra(lante,.accortofi  poi  dell* errore,  non  fi 
(a  con  quanta  mortificazione  fi  rimanefle.  Non  era  folaroente  ineumben»- 
za  dei  Novelli  il  fabbricare  il  colofib,  ma  eziandio  Taffiftere  all'altre  mac- 
chine,- onde  convennegli  anche  operar  molto  per  ridurre  a  ben' edere  il 
carro,  che  per  poca  avvertenza  dell' Ingegnere,  male  fi  adattava  alladeftir 
nata  operazione  ;  e  perciò  portavafi  talvolta  allo  Stanzone  detto  delle  Legne , 

}>refib  al  Palazzo  dove  il  carro  fi  fabbricava .  Comparvevi  un  giorno  in  per« 
ona  il  Granduca,  e  vedutovi  il  Novelli,  eoa)  gli  parlò;  e  che  fa  il  voftro. 
Soprantendente  ?  moftra,  didè  lofi:ttltore,  una  gran  premura  del  buon  fer^ 
vizio  di  Vofl:ra  Altezza,  e  non  perdona  a  fatica;  né  jo  per  me  credo,  che 
fe  ne  podà  mai  trovare  un  altro  tale.  Ma,  replicò  il  Granduca,  e'  fuole. 
talvolta  piuttofto  dare  nel  troppo,  e  padàre  alquanto  più  oltre  la  propria, 
intelligenza:  che  diremo,  che  diremo  di  quelle  mani  ?  e  intanto  ponevafi. 
graziolamente  la  mano  deftra  al  luogo  della  finiftra  ;  tantoché  conofeendOi 
il  Novelli,  che  quel  Grande  volea  pigUarfi  un  poco  di  fptdp,  e  lentire  il 
giudizio,  che  egli  avrebbe  dato  di  quel  tale ,  foggi unfe  :  Si  compiaccia  l'Al- 
tezza VoOira,  che  io  gli  racconti  una  breve  novelletta..  Venne  una  volt», 
voglia  a  Giove  di  venire  in  tèrra  a  fuo  rigiro  ;  e'I  primo  volo  eh* e' diede» 
fu  alla  volta  di  un  campo  t  ove  era  un  villano  che  arava  :  ed  odervò,  che 
fopra  le  corna  de'  buoi  pofavano  due  mofche  :  domandò  loro  ciò  eh'  elle 
&cedero  in  quel  luogo  tanto  improprio  per  lor  foraggio  :  e  le  mofche  fu* 
itiitamente  rifpofero  :  Noi  ariamo  ;  al  che  con  un  piacevol  rifo  applaudì 
U  Granduca,  e  con  un  cortefe  addio  fi  partì .  Finite  le  Fette ,  e  licenziata 
0  Novelli  con  buon  regalo,  dopo  efifere  dato  trattenuto  in  queir  opera  con 
buona  provvifione,  gli  fu  dallo  ftedb  Granduca  agunlentata  provvifione  di 
quaranta  lire  il  mefe,  in  una  carica  per  avanti  non  più  conferita  ad  alcu- 
no, cioè  di  Soprantendente  alle  ftatue  della  Real  Gallerìa:  e  ciò  oltre  al  pa^ 
gamento  dell'opere  eh' e' faceva:  in  che  gli  valferoi  fudragi  di  Ferdinando 
Donnini,  caro  a  quel  Principe;  onde  efiendo  egli  già  rimafto  del  tutto  11^ 
bero  da'  fuoi  tumori  delle  mani,  fece  vi  non  pochi  guadagni  :  e  fra  quefto» 
e  r  edere  egli  avvezzo  a  converfare  nella  città ,  forfè  fi  era  annoiato  qi  quel 
vivere  oziolb  e  lontano  dagli  amici,  che  prometter  poteagli  la  propria  patria  ; 
onde  fi  riiiblvè  di  non  tornarvi  almeno  per  allora.  E  perchè  fi  trovava  aver 
venduta. e  mandata  a  cafa  la  maggior  pane  de' fuoi  mobili,  prefe  partito  di 

accomodarfi  in  caia  Pi^ro  e  AntonÌ9i  figlinoli  diFr^ncefco  Safini^  già  bor 

niflimo 


54^    DecéunMMàPaiftAM%e(yMli6^o.ali6^o. 


nt^niD  gettacora  eli  metalli  :  «  éi  coAro  inoitoftucsBcem«C6  ne'  poidiki  iac§ 
cb^  e'  foprav vifle .  Avvenne  poi  »che  cflendo  fgU  indico  pii'  fùo  dicxmo  « 
Sìgni  in  villi  del  Bindi  foo  imiciflroloc  e  qutvi  coli'  oocifioite  deUi  con» 
verfasione»  eflehdofi  ilqninto  più  caricico  dÌi  cìbor  di  quello  che  li  fui  già 
tératidCR  compleflione  potei  fi^poft^rre;  tornitoeh'e'fa  i  Firemse,  fu  i& 
fiKto  di^  febbre ,  che  per  motel  gjofm  Tintivò,  fenzi  che  fi  vedeflo  pe* 
fé  in  lui  alcun  (ègmo  d' imminente  perteofo  di  morte.  Una  (èri»  mentre 
egitfifiaviìntal^  grado*  portèfil  càfà,  op«r  «legiiii  direi  ordinò  la  Divini 
Provvidenza  »  tht  vehifle  a  vifitarler  unf  foo  amico  Rdigiofo  Sioerdore  Ago* 
flinianO.  Quelli  <  dopo  aver  u&to  con  eflo  le  amiclievolì  convenienK» 
compatendo  il  fuo  male ,  venne  in  penfiero  d' ìnterrogiflo  s'e^n  fi  era  an- 
cor eonfefiitt4>r  é  fentito  che  nò»  lo  efortò  i  firlo:  e  dipiù  gli  òflferfe  ueff 
mio  clietco  il  Frate  fuo  eomjtagnOf  che  ftivi  in  altri  ftinzi .  Antonio t 
che  eri  uomo  timorato  e  dabbene  »  fubitò  piegò  V  animò  all'  inchieda  del 
Padre:  e  latto  ehiambre  V  altro  Frite ,  eon  lui  fi  confefsò:  e  Tunoe  TaP 
ero  Rcligiofo  fé  ne  tornÀ  al  Convento  »  reftando  il  Novelli  tuttivii  itel 
primiero  ilato  »  cioè  fend*  ikrun  fegno  moftrire  in  fe  ft^>,  onde  pocefitf 
Ibfpettarfi  ciò  che  fegul  e  fu  :  ehe  la  notte  ftguinte  venne  per  lui  TultiAà 
ora»  né  fi  fi  il  come;  onde  ~^  da^  quei  di  cafa»  cfce  ogni  al  era  co&  6*éfpet^ 
tavanoi  la  fufieguente  mattini  trovato  nel  ietto  morto.*  ed  io  per  me  ftt- 
0o«  che  Taveresli  il  giorno  avanti»  oltre  ogni  fui  afpettazione,  incontra» 
ti  consiuntura  di  ricevere  qtfel  Sacramento,  &;fle  indizio  affai  chiaro  delle 
cura  fCheebbedilui  là  Divini  Bont^>  come  diquegli,  che  fempre  v^  bene; 
Seguì  la  morte  del  Novelli  la  notte  delli  itf.  di  Settembre  deH'iitnoitfdi. 
ed  il  giorno  feguente  fu  nella  Chiefa  di  S.  Jfaeopo  fopr'  Amò  dico  il  futf 
didivero  fepoltura . 

Fa  il  Novelli  uomo  di  vivacifiimo  indégno  e  di  micurb  giudikioi 
laonde  non  gli  venne  mai  volontà  di  far  couv»  che  i  quella  non  obbediSb^ 
k  mano.  Nella  fua  principale  profelitone,  che  fu  la  fcultura,  fece  quanto 
detto  abbiamo , ed  altro  incora,  di  che  nwx  fi  è  potuto  avere  prectfii  noti* 
sia.  Lavorò  di  terra  e  cera  egregìattien^e  \  e  perciò  fu  molto  adoperato  in 
far  modelii  per  Orefici  e  Argentieri  i  e  furono  opera  delle  fiié  mani  quegK 


egli 

Granduca  Ferdinando  11.  che  lo  tenne  in  grahde  ftimi.  Vetinegli  voglia  di 
trovare  il  modo  di  far  le  figure  di  terra  cotta ,  verniciate  a  fomiglianza  di  quelte 
degli  antichi  noftri  maeftri  delle  famigliti  della  Robbia  :  e  per  li  primi  volti 
eh' e'  vi  fi  meflle ,  ritrovò  tanto  #  che  gli  ba;ftò  per  feme  una  fiorii  di  figu- 
re di  meno  che  mezzo  naturale,  in  cui  ripprefentò  la  Vificazione  fatte 
di  Maria  Vergine  a  Santa  Eltfabetta  :  e  fu  queft' opera  pofta  non  mohofun* 
|i  dalia  ftoria  di  marmo  della  Sintrlfima  Nuni^iata  i  fatta  per  mano  di  Sìmonr 
Qòli,  cioè  in  uno  degli  fpizj,  che  fonò  fri  V  uno  e  l'altro  modiglione 
deMa  facciata  verfo  Arno  della  cefi  di  Lorenzo  Ufimbàrdi  »  la  quale  oggi  è 
degli  Acciajuoli }  e  fu  intensione  di! quel  Gentiluomo  il  farne  fiir  tan^ii 
it,  che  empieiTero  ^cti  gli  ipazj  »  con  iftorie  delli  vici  di  i^iifto  e  di  Mirit 
•      *  Vergine. 


«p   >*>  \J     »      » 


ANTONIO    NOVRlLi.       J49 


VttgiM.  Qo^«  Tm  4»|Mfii  90A  «wftrò  alni  idiftfeceiiKt  di  quelle  priae^ 
che  <li  im  certd  f udicio  nel  lMino9  e  neltiurclunot  onde  ti  Novelli  velino 
penfiero  di  ridurre  i\wàV  erte  a  |>erle2ÌQfi9.r  na  avendovi  omìTo  mano  di 
pcopofifio  g  non  volle  poi  più  idtre  af»niwr(i»  dicendo  di  avere  per  efperien-^ 
2a  riconofcfucof  che  dovendoti  face  apere  grandi»  jnetceva  più  il  conca  ik 
farle  di  marmo  >  perchè  pritna  conveniva  fame  il  modello  grande  e  finito  •: 
come  dee  eflèc  ropeia»  per  poterlo  formare;  ooi  tagUarlo  in  pEzidiveriL 
per  nafconder  le  cote  mettiture:  formare  ciaichedun.  peazo  di  per  fé  cot 
geflb  :  imprimervi  terra  finiflima  da  far  vali  deUa  più  perfetta  die  £  trovi  » 
o  fierra  di  MajoUca  o  Savona  potendole  avere»  come  quelle,  che  meglio^ 
di  ogni  altra  pigiano  la  vernice .  Lvagliiflima  cofa  è  poi  il  fecctrgU  »  tar«*: 
gli  cuocere  »  e  dar  loro  il  colore  :  e  ciò  fatto  deonfi  rimettere  un'altra» 
voka  in  fuoco*  fot  dar  loro  la  vernice  o  vetro ,  e  di  nuovo  coonfegna^ir 
alla  fornace  »  ed  il  comporre  qnslla  vernicecon  ifti^no»  tèrra  ghetta»  an-c 
timonio  ed  altri  minerali  cotti  sai  fuoco  di  una  fornace  fatta  appella  »  di-^^ 
tieva  iefler  cofa  difficile  e  lunga  «  ficchè  egli  abbandonò  del  tutto  l'tntraprer> 
ia  af^pUcasziiooe  •  La  nominau  ftoria  ^Tla  Vìfitazione»  che  fu  la  prima  e;> 
if  iildma»  che  facefle  il  Novelli, fu  dal  Senator  Donato  Acciaiuoli  tolta  di« 
luogo»  e  mandata  alla  fua  nobiliffima  Villa  di  Monte  Gufoni»  doveinuna> 
parte  di  moro  fuori  del  Palaezo»  che  fcende  alia  volta  della  firada  Volter»; 
rana»  fu  alla  reverenaa  de' pafleggieri  efpofta.  Non  fi  fermò  quefl*  artefice 
nelle  fole  coTe  di  fcuUura;  ma  volle  eziandio  farli  pratico  in  tutto  ciò»  che 
ad  iui'.ottimo  ingegnere  appartiene  ;  onde  fu  adoperato  nelle  belUffime 
macchine  deik  commedie,  che  li  facevano  da^ giovani  Nobili  per  diporto, 
della  gloriola  memoria  del  Sereniflimo  Principe  Carlo  de' Medici»  Cardina*^ 
iePecano»  nel  Tuo  Palazzo,  detto  il  Calino  a  San  Marco.  Fece  di  fua  ma-- 
nò  compalfi ,  righe  ed  altri  diverli  iuftrumentt  di  ottone  da  tirar  linee  »ac* 
comodati  air  ufo  dell* architettura  e  profpettiva  •  Lavorò  bene  alla  fuctna^ 
guardie  di  fpade:  e  nel  fare  cannocchiali  fu  creduto  che  egli  avefle  in  fuo* 
tempo  pochi  fuperiori  in  Firenze.  E  giacche  parliamo  del  fuo  valore  in 
lavorare  occhiali,  è  da  laperfi»  cooie  egli  ebbe  ftretta  amicizia  col  Dottore 
Evangelifta  Torricelli  di  Modigli»ìat  quell'  infigne  Matcematico  »  di  cui 
molto  appropolito  un  grande  ingegno  Icherzando  anagrammaticamente  (b- 

?ra  il  fuo  nome  e  cafacodifie  En  virefcù  GuliUus  ^litr:  e  comecché  unto  ik 
Torricelli,  quanto  il  Novelli  diletcavanfene  mQko,econducevangli  egregia* 
mente,  li  trovavano  fpelTo  nella  ftanza  del  Novelli»  che  era  rincontro  a'  Pa»^ 
i^uali,  al  principio  della  Piazzadi  San  Michele  Berteldi»  conferendo  inlie«^ 
me  intorno  a  tale  bella  facoltà  i  proprj  penfieri .  11  Gianduca  Ferdinando» 
che  molto  di  tale  inl^umento  li  dilettava»  £ice  vane  far  molti  al  Torricelli,  e» 
poi  con  jbde  e  premi  da  fuo  pari  il  ricompenfava;  onde  egli  vedendoli  così/ 
regalato  da  quel  Grande  »  e  riflettendo  all'  incontro  al  follievo,  che  egli 
avrebbe  potuto  arrecare  alla  povertà  del  noA re  artefice»  con  £ir  conofce-: 
re  Tuo  gran  talento  in  limile  materia  a  Sua  Altezza;  un  giorno  gliveniie* 
a  dire  eflere  in  Firenze  perfona  ,cbe  operava  meglio  di  lui:  e  che  quelli  era 
Antonio  Novelli  :  e  ne  riportò  per  rilpofta  di  dovergli  far  vedere  qualcofa 
ili  ftio ,  U  TorriceUi  »  in  quello  m  vero  poco  avveduto»  per  troppo  delio  di 

morire 


i^ó    Decénn.  W.  Ma  farìJ.  ielSee.  V.  dal  iófo.^i  i  6^q. 

^TOrìre  l'àiaico ,  piefe  un'occhiale  fatto  da  fé  (telK>,  che  fi  eftèndevk  pét 
diodici  braccia  in  arca»  e  moftrolio  un  giorno  al  Granduca,  il  quale  ere* 
dendolo  del  Novelli,  difie  egli  è  un  boniflimo  occhiaie,  ma  e'  non  ha  che 
fare  punto  co'  voftri .  Dopo  pochi  giorni  il  Torricelli  prefene  uno 
del  Novelli  de*  migliori ,  eoortatdo  allo  Ùcffo  Serenìffimo,  gli  diflè  aver 
fatto ^uefto  vetro,  nel  quale  avendo  molto  foddisfatto  a  fé  fteflb,  defìde» 
rava  che  Sua  Altezza  fel  confervaflè  per  fé  in  fua  memoria .  Prefdo  il  Gran-- 
duca,  e  fatti  venire  altri  vetri  di  mano  del  Torricelli,  e  con  quello  para- 
gonatigli, difl'e:  veramente  quefio  è  meglio  di  tutti  gli  altri  voftri;  Sic^ 
6hè» replicò  il  Torricelli,  il  Novelli  è  miglior  maeftrodi  me,  perchè  que. 
fio  vetro  è  fatto  dalle  iue  mani,  non  dalie  mie.  Quell* accortiiGmo  Prin« 
cipe,  in  primo  moto,  diede  alcun  fegno,  e  con  ragione,  che  poco  le ibffe 
piaciuto  quel  modo  di  portar  negozj  di  un  fuddito  al  fvo  Sovrario;  ma 
vincendo  in  lui  il  grande  amcttre  eh' e* portava  al  Matematico,  e'J  2eIo  » 


che  egU  conobbe  in eifo,  diajutarTamico,  rivoltò  galantemente  il  fatto,  ed 
al  Torricelli  ordinò, che  mettefTe egli  il  pi^izo  ali' occhiale.  11  Torricelli 
efeguì  I  e  '1  Novelli  ne  fu  nobilmente  ricompenfato  •  Fu  anche  il  noftro  ar- 
tefice dotato  di  un  bello  fpirito  di  poeGa  burUfca  :  ed  oltre  ad  alcuni  cartoli , 
die  egli  compofe  in  lode  dello  Zufolo ,  dello  Scoiattolo ,  la  Difpttta della  Pit* 
cura  e  Scultura,  tutti  in  iftile  Bernefco;  diede  fuora  gran  copia  di  Sonetti/ 
ed  in  gioventù  portò  in  commedia  le  parti  gravi  eccellentemente  •  Non 
abbandonò  mai  la  muiica,  e  fonò  bene  molti  ftrumenti,  ed  in  particolare 
H  violino I  il  flauto,  ed  un  alerò  ftrumento  di  fiato  da  fé  medefimo  inven» 
tato,  che  egli  il  chiamava  la  Sordellina,  che  faceva  cinquantaquattro  voci  » 
a  cui  fi  dà  iifiato  con  un  manticetto,che  fi  accomoda  fotto'l  deftro  brac-- 
cio:  firumento  forfè  alquanto  corrifpondente  a  quella  forra  di  flauto,  che 
pigliava  il  fiato  dall'otre,  chiamato  da*  Greci  ucrKovXbc,  afcatfAs,  al  quale 
allufe  Virgilio,  fecondò  lo  Scaligero  nelle  Annotazioni  agli  An&letti  (ir) 
del  medefimo,  in  quei  verfi  dell' Of^efla  Sirifca  : 
y  Ebria  famofa  féihat  lafciva  téfhrnaf 

tyid  Cttiitum  raucos  excuiìens  calamos . 
Aveva  egli  inventato  e  lavorato  di  fua  mano  tale  inffrumento  in  fiia  gio* 
ventìi;  ma  poi  aggravato^alle cure ,  che  porta  confeco  l'età,  avevalo  pò- 
fio  in  un  canto I  onde  quello  che  era  compofto  di  corno  di  bufalo,  era  uà* 
to  al  tutto  guado  dalle  tarme .  Il  Tuo  caro  amico  Minucci  con  difgufto  ciò 
fopportava  :  e  fecegli  più  volte  indanza  di  portargliele  a  cafa  per  farlo  ac- 
comodare, acciocché  un  così  bel  lavoro  non  andaflein  fafcio.  Repugnava 
aquefto  il  Novelli,  dicendo  non  potere  altri  che  eflb  medefimo  ciò  fare r 
e  che  quando  fofle  ritornato  all'  antico  ufo  delle  dita,  averebbelo  racco- 
modato al  certo .  In  quello  fteflb  tempo  era  in  Firenze  il  Canonico  Man- 
fredo Settala ,  celebre  in  Milano  fua  patria,  e  per  Y  Europa  tutta,  per  lo 
fuo  maravigliofo  Muièo,  e  per  le  fue  virtù  altresì:  ed  era  trattenuto  dal 
Minucci,^  il  quale  pafl^èggiando  con  eflb  pel  corfo  de'  barberi  in  occafione 
di  un  palio,  fi  abbattè  nel  Novelli ,  e  con  dimofirazione  di  gran  riverenza 

il  fa- 

(a)  Analecti,  voce  Greca  %  vuol  dire  propriamente  avanzumi. 


^NTOin-iO  :  H^rs:i  L  l.  '■:  jjt 


iffalutò.  Il  SectaU  ve^aco  fare  un  fa  luto  sì  riverente  td  uomo  i  che  all' ahi-'? 
i;p  fembra  vagli  ordinaria  perdona»,  diflìe  al  Minucci^  Io  mi  fo  a  credere  ri 
^he  quegli,  che  voi  avete  pur,  pja  falutato»  fia  qualche  virtuofo  grandet - 
giacche  per  altro  V  afpettp  luo  e  i  panni  non  mi  par  che  il  meritino .  Non 
s' inganna  Vs.  difTe  allora  il  Dottore.  Quefti  è  il  tale ,  dotato  delle  tali . 
qualità,  e  fra  l'akrecpfe  egli  è  ftato  inventore  di  un  inftrumento  di  fiato» 
e  defcriffegli  appuntino  la  qualità  dellp  ftrumpnto .  Piano ,  piano,  dilTe  il  « 
gettala,  come  inventore?  rinvèntore  ne  fono  (latp  io,  e  ve  ne  pofTo  far, 
vedere  V  atteflato  del  proprio  inflrumento  compofto-da  me,  fin  tanto  tem»." 
PO  fa,  che  io  cpnfervo  nel  mio  Mufeo;  però  bifogna  che  io  parli  a  que* 
Vi'  uomo  per  ogni  modo.  Poco  faticherà  VS.  a  venire  in  chiaro  di  ciò,  cbci 
a  tale  fuo  inftrumenco  appartiene,  perchè  io  Tho  appunto  in  cafa  mia;, 
e  iènz'aJcro  dire  fi  avviarono  l'uno  e  l'altro  a  quella  volta.   Veduto  la! 
(Irumento ,  difie  ij  Settala  ;  £^  verifQmo  che  cpftui  ha  queftp  ftrumento  in*, 
ternato  da  fé,  perchè  ci  mancano  alcune  perfezioni,  che  fon  nel  mio,, 
che  vi  fare^berq ,  fé  ne  avefie  veduti  altri  ^  ma  quellp  però  è  un  bel  lavoro,, 
ed  io  con  un  mio  ^Mccoda  olTb  il  raccomoderò;  ma  voglio  parlargli  in  ogni 
maniera.  Ed  il  Minucci  a  lui:  Quello  fi  farà  domani,  perchè  io  raCpetto. 
a  definare .  Venne  il  Novelli ,  efentito  che  vi  era  chi  gli  avrebbe  racco- 
modato il  fuo  (Irumento,  difie  ciò  non  poter*  eflere .  E  come  non  può  egli 
edere,  fé  vi  è  taluno,  dlfiè  il  Minucci,  che  ne  ha  fatti  altri  di  tutto  pur^to? 
E  chi  ha  fatto  di  queila  forta  firumenti?  difie  il  Novelli;.  Io  non  fo  che  vi 


2Ulpole  u  Isovelli:  orsù  la  volerà  Sordellina  tara  allettata,  perche  e  vivOf. 
ed  oggi  vuol  parlare  con  yoi.    In  quefto  ragioi^gre  eccoti  il  Settala,  che) 
fi' abboccò  col  Novelli,  l'avvertì  di  alcun  difetto  dello  frumento,  chebeno: 
difleanch'eflbaver conofciuto;  cheperò  avevane  voluto  fare  un  aJ[tro  d'avo*,! 
rio  fen2;a  tale  errore .  Ma  ouellp,  che  veramente  nel  cafp  ndfirò  è  notabile  « 
fi  è,  che. parlando  jl  Novelli  e  '1  Settala,  vennero  jfra  di  Joro  a.  capacitarfiji' 
chetanti  anni  addietro,  nel  medefimo  anno  e  mefé  di  Maggio, '^ra  venuto^ 
:|d  ambedue  il  penfiero  di  fofr  ule  Alzamento  :  e  fecerio  efiettivamente  uno  in' 
filano, e  l'altro  in  Firenze,  i^nza  che  T uno  alcuna  cofa  dell' altro fapefle. 
.     .   pjbbe  il  Novelli  poco  genio  alla  Corte  ;  conciofoflecofachè  aliai  gli* 
dilpiacefiè  V  adulazione ,  Dolevafi  della  fua  poca  fortuna  ;  ma  non  p^r  que- 
i^^o  ad,  alcuno  volle  mai  chieder  cofa,  che  foflfe.   Rare  volte  biafimava  le. 
opere  ajltrui ,  folito  a  dire*,  eh' e'  bifpgnava  operare  al  meglio  che  fi  poteva,: 
e  ^parlare  il  meno  che  fofiìe  poffibile;  e  fé  talora  eran  bi^fimate.  le  òpere  fue, 
diceva:  E'  parla  bene  colui,  che  coaì  ragiona  dell  -  0|>ere  mie,*  ma  conten«^ 
tifi  di  dare  talvolta  anche  un'occhiata  alle  tue:  ed  ih  tal  mòdo  fé  la  pa(Ia« 
va    Gli  fu  una  volta  riferito ,  come  Ciovambatifta  Pieratti ,  buono  fcultore 
de'fuoi  tempi,  col  quale  ^liebbe  Tempre  qualche  rivalità,  aveva  detto» 
parlando  di  lui  •  che  s'  egli  avefie  badato  ad  un'  arte  fola,  avrebbe  fatto 
qualcofa;  al  che  iifpofe,  che  il  bue  (blamente  era  nato  per  fare  un'arte 
fola  p  Contenne^  però  fempre  con  lui  con  moderazione  e  prudenza ,  e 

chiamato 


m 

cKiamgtoA  aiiaaM  fé  (uè  opefc»  per  ii]||girc  ógni  occsfiom»  £  cénvefr*. 
ton^rer  recusò .  In  fqinmir funi  NovelH  uomo  degUo  di  mòl»  Iode«  td  il 
nasnctre  di  fut  p^rfona,  fu  non  foto  a*  fupi  aroict  e  conofcenti,  m»  Uh 
mfla  Cina  nofira  di  non  poco  difpiaccre  é  danno .  Non  la^id  fucceflltne 
ftlcuna  t  ti^vendo  dvuto  moglie  >  ma  non  figliuoli , 

^«ftò  vnlùo  aUieVo  neirarte  dellJi  (cuUurt,  che  fu  il  gii  nomina^ 
5«  JACOPO  MARIA  FOGOlNI/il  quale  ayendd  facto  più cofc 
in  marmo»  dacofi  ad  intagliare  inì^gM>»  ha  condótto  opere  todatiQimet 

r(r cittadini;  e  fra  T altre  belliflimft  è  una  im 


che  fono  in  6afe  di  di  ve  rff  cittadini;  e  fra  l'altre  belliflimft  è  una  imma* 


dtielfo.  che  ora  quefte  cofe  fcrive,  che  la  conferva  in  una  fua  cappella 
comeftica  con  grande  flima ,  ai  per  la  perfezione  dell'  opert»  ai  anchOf 


]terchè  avendolo  fino  in  quei  tempi  fatto  colorire  per  mano  4i  Baldaflar 
re  Volterrano  •  fplfi  tanta  devoisionei  che  fpefliOiffle  volte  fra  V  tnntf 
Kti  è  convenuto  nno  al  prefente  tempo  mandarlo  in  diverfe  Chicle  <r 
Conventi  di  Religìofi»  dove  è  flato  efpofte  a  loro  de vozigne  i  ede^pppoli* 
Ancora  ha  condotto  il  Foggini  di  fua  mano  molte  immagini  di  noftro  Si^ 
gnore  CrocifilTo  »  minori  e  maggiori  del  naturale:  e  fra  quedi  il  molto  bello 
per  la  nuova  Chiefa  de'Riformati  di  San  Pietro  d'Alcantar»  alla  Real  Vilhi 
delPAmbrogiàn^:  la  qual  Chiefa^  Convento  è  ftata  ultimamente  dal  Se* 
reni(9mo  Granduca  Cofitno  IH.  con  di^gn<^  di  Pier  Maria  Baldi  da  f  foh« 
damehti  eretta ,  Intagliò  angora  per  f  Abate  Bildacdiini  un  Crifto  vivo  in 
Croce» per  mandarlo  a  Cortona.  Fece  un  altro  Crifto  appaflionaio  gènu** 
flefTo  I  per  tin  Convento  di  Monache  fuori  di Firenjie  :  ed  ingjjoventà  avo- 
▼a  al&i  lavorato  attorno  ali*  opere  del  m«e(lro,  e  &tte  più  figure  di  ^tm 
bigia  •  Quefto  Foggini  è  fiato  uomo  pratichiflimo  iv^ììexoa  ddr^rti  iiq# 
ftre»  particolarmente  nella  Scultura  ^  ArcKtettura  :  di  gnn  giudiit9»  ^ 
amèno  nel  difcorret'e  e  trattar  feco:  e  quel  chèè  più  vero»  uòmp  dabbene: 
e  finalmente  nel  Gennajo  di  queft' anno  1(^83 •  con  una  efempltriùima 
morte»  ha  terminato  il  corfo  de  1  j^iorni  fuói  ^  lafeiunda un  nipote  per  no- 
me Qiovambati(la«  fiato  a  principio  fuo  difcepolo  »  che jpoi  ha  fatto  ftudj 
grandilfimi  in  Firenze  e  in  Roma  :  ed  è  quelK  ,che  nella  Cappeiia  di  Santo 
Andrea  Corfini  nella  Chiefa  de*  Padri  del  Carmine»  ha  fcolpifo  in  mar- 
mo il  beiliflìmo  fepolcro  colla  figura  del  Sento  ;  è  ora  ita  per  le  mani  il  la- 
voro delle  gran  tavole  laterali  deità  medefitua^di  mezzo  rilievo  t  ed  è  qiiegff 
in  fomma,  che  per  T  eccellenasa  deir  opere  »  dht  efeono  tuttavia  di  fua  umi- 
lio» darà  non  meno  da  fcrivere  alle  penne  ^  qtiefio  tèmpo»  thc4a  aiani^ 
lare  a  coloro»  che  le  goderanno  ntf  " 


\.i  ' 


CLAUDIO 


tSì 


GLAUDIO    GELLEE 

LO  RE N£ se 
PITTORE    DI    PAESI 

Di/céfùh  é  *Àg9Bm  Téff99  mu^  1600.  0  i6St. 


t  Qiwwinl  di  «Il  alifoOtoftnfii  Gdl«t,  e  di  Aami  Héa^ 
ft  »  ilMqtM  in  Clltaitfpit  Ctftcllo  di  Lorant ,  ndl*  Dio^ 
«elidi  To«I>  mli'ftfuio  di  naArt  fiiluct  itfoo,  l' jNMlldm» 
pitc«c«  dir  pMlif  ftoipMtiv  «Mfine  »  Claudio  G«IIm,  • 
Al  il  ceno  de  i  einq««  $tg\iat^  marcili  di  Giovanni .  dtf 
^ali  il  priaM  fi  oÌMmh  ««re  Giovanni  t  Domenioo  il  A* 
condo«  biortifio  il  quarto  t  ed  H  quinto  Micliele.  Noti 
Al  appena  il  giovanetto  Claudio  al  dodkdino  aiinp  di  fuaecà  pervenuto; 
che  piacque  al  cielo»  «iiV  rlnencfiè  privo  de* fii^  gwitcorl.  Coftiroito  in 
cale  fiato  I  perchè  mU  aveva  gran  genio  ai  difitgno  •  tcttiemiefi  eon  Gio^ 
vanni  Aio  maggioc  Rateilo»  ^e  nella  tìi*A  di  Vriènipo  ndr  Alftsia  li  ei* 
|ià  facto  valtftle  iotagUtcore  in  legnov  •  GmmU  (Snedileiplina  per  un  enne 
MI  circa  «'impiegò  in  diftgnare  raticfeiii^  Ibdiaaù.  Volle  la  fui  boonè 
lortnna  »  clhe  nn  f«o  patente  mereance  di  meaecti-  deveflè  in  qnel  c«np9 
appiifito  viMBace  a  KOAa*  onde  ftell  cola  ^i  H  V  ineamminacfi  endvl 
mfy  fotte  k  «ttftodia  di  Ini  a  qn^la  volta.-  Pervemito  ch*ei  la  in  qoelle 
Regia  d'ogni  arte  più  fublirae»  pr^  Clio  allÓMÌanento  non  iongi  dall4 
Rotonda;  p  èo i  foU prineij^j  di  diftjnio,  avuti  dàf  fcaeallo»  andava  ftudian- 
do  Ad  mlàlias  modo  pofflMe  da  fé  M^:  e  dd  foie  eafrfcale  di  quel  doc# 
danaror  «me  gli  veniva  lioBcabdalta  patria»  valevafi  fwr  «no  fcarfo aiimer 
xo  di  fua  perfona;  ma  non  andò  molto»  che  incominciandoli  in  q^udlé 
lontane  ^irti  le  cnidetifllme  goene  delti  Svenjeffi  »  maneacono  al  poveip 
giovane»  non  Ma  i  fMici  ftMrvenimenti»  ma  la  fpefunM  atoeaì  di  poterli 
mai]^  coi^Mg«ire>  In  jtd  éafe  vpfS^  rifi>l«xjoné  di  porcarfi  col  poco  de* 
nero  clie  gli  era  fiaMf9>  alta  deal  di-  papali  »  dove  allora  ^i^eva  famedi 
So  il  molto  lodato  pennello  di  Goffiredo  pittere  di  paefi»  lontananze  e  wo^ 
fteccive.  Con  oMCÌIp  i^  acconciò  it  n<Afé  Claudio»  ed  in  due  anni  cn'  ei 
n  «mccenne  appreflb  di  lui  ;  ftee  qnaldie  profitto  In  architettura  è  proùf 
^tcfva,  e  anelie  n^l  oolmrir  paefi;  ond'e^  ebbe  per  bene  di  tornarfbna 
a  Roma,  deve  appunto  opportunamente  era  cempatib  il  degniflimo  difeé^ 
poto  ^  Paol  Brilli  Agtfftin  Taffo.  ftimKiffino  nel  dipigner  paeft,  archi* 
testure  e  figure  piccole ,  che  era  appunto  tutto  quello,  a  che  il  ncftro  Qa«* 
dio  H  fentiva  folte  inclinato  »  ed  in  che  egli  finp  a  quella  fua  etik'di  venti* 
einq  uè  anm  erafi  pf ^o^che  ragionevol  mente  iàftraftto  ;  donde  non  gli  fu  di& 
ficile  il  trovar  luògo  apprettò  di  lui  -,■  Acooncioffi  egli  dunque  con  quei  pic^ 
core»  il  quale»  olUii  al  jeomunieaflfi  i  migKori  precetti  deU'&rte»  dava^ 
-    "  Z  anche 


? 


3  54  Decettn.IF.  della  Part.  L  delSecV.  dal  1 63  0.  al  1 6^0. 

ariicliéle  fp^fe  Ui;car|Tu3 .7  inLVencfefiyakemié?co|l  èfTp  ino  ^Kfli^ 


Venezia ,  poi  per  la  Baviera,  finché  giunfe  alia  patria:  e  dopo  aver  quin 
dato  qualche  (efto  alle  cofe  fue%  fé  j^ne^^nd^  a  Nar\sL  Era  allora  in  quella 
città  un  fuo  parente,  il  quale  accoltolo  con  amorevoli  dimolìrazioni,  io 
fece  abboccare  con  un,  talCario^pervenry  pure  IjoreneCei  ipittore  di  quel 
Duca,  e  Cavaliere  di  F'orcdgallò.  Quefti  lo  fermò  ap^préflcf  di  fé  con  prò* 
nielTa  di  efercitarlo  nelle  figure;  m^  non  fu  appena  paflato  un  anno,  che 
al  pictoft'f à  Drdtkiato  ilBtptgnet  h  voIiavdelk'^iè£i  de^Caanelita'iii  ;  on« 
de  la  principale  occupazione  di  Clauììio  bifognò  che  foflepoì  per  un  an- 
no'ff!  più.,it  dipjgiiere  in  queU'.Qpeni  tutte  ririchitottort.  Ma  il  cielot 
che  aveva  desinato  il  nofiro  artefice  a  godere  %  fra  gli  altri  pittori  del  fuo 
genio rpofto  di  molca  fingolaritàr  coirocoafipnecdi  uno -ftrano  accidente r 
pqre  allora  fcguito  A^el  t irar fi  avanti  qu€)i '.opera  f  folftraflelo  a  quello  da  lui 
POCO:  gradito  :.  c;  andò  la  cqfa  in  qv^o  modo .  Impi^gàvofi  in jipn  io  qual 
faccenda  di  fuqtQQftiere  neU^operani0deiun&iun.dQ<ai:ore.vil  quale  nel  fa- 
rei un  certo  mo(or>  di  repente  cudde  dal  palco^j  e:  far ebbeA  di  fobito  preét^ 
pitttOi  fé  kt  forte  iwn.gli  aveife  fatto  in  queii-  ìtiftance  dar  f ralle  oMni  uit: 
^r^Ote,  il  qu)Ie  ncU'ufcirdel  fuo  luogo  doveva  accofiUM^narlo  «1  preici-% 

S|zio ,  mettendo  però,  tanto  tempo  in  mezzo ,  iquanto  baftò  aì.noiiro  ClftUr. 
ip»  quivi.pfefente,  con  momentanea,  ma  iaduftriofà- avvedutezza,  per 
p9!!gerQ 9  q^eA^i^iXerp,  in  tal  fraogenoe .  queU' ìì^XOì  cliefe^p^li  inipi- 
r^rela  «stura  e  la  coippleffiotte  p  (r^&lvargli  Javita,  ficcome  kgnV.  QiieA^ 
«n^pecjCAto  icafo  ^dur^que  fu  quello i  che  ìf^t  sì»  che  ilnQftrp  pittore  di*; 
(^iùcQ  aifactOida  quella  fona  di  lavori:  e  d^  lì  in  poi  ehb« graiureiùten»: 
In  ftf^ee^ttare  oecafioni  di  opere,  per  cui  gUfo^c^. con  venuto  lo  ilare  fopnt 
plichi^  Nnchè  talvolta  poi  faUiflè  in.luiquefta Tegola;  atteibchè  tornata 
in  Roma ,  gli  cc^nvenne.operare  nel  Palazzo  del  Cardinal  Crefcenzioui  piazza 
»Ua  R0cond0;  injqu^llp  de'Mitfijn  piaz^rde'Stnti  AfroClioli:,  abitato  oggi 
dair  EmtnentilfiwP  Lojdovifio'  : .  ed  in. un  ca£bn».alkti Trinità  de'^qnci  per. 

,  ::  Tornando  or»  a  ripigliare.il .filo  del  a^rp  rtccpQtO'»  attfdlatoil Ciaur 
^io^di^lla  ffccend^^  eh' e*  faceva,  in  Nansì^  co(  maefiroi  rifoiyè  Ro(iiir£ene 
in>Italia:.  Pi^efe  fuo  viaggio  per  Lione  e  per  Mar(ìU<l*  dove  V  incontrò  in 
pif  Io  Erard ,  con  fuo  padre  e  fratello ,}  l^ad  pittoH  dellf  Ma^Criftianiffir; 
Ipa^  che  fé  ne  venivano  a  Roma.. Ir^ehae. con. elfi ie^ui(òf^^  cammina; 
f^iii^alate^te  dopo  avere  mojte  ^'  gru^vi,  t^Hipefip;  41  biliare,  q  io^romedì:!» 
qt^llvngo  viaggio  fuperaci»  nel  giorno  appMOtPi  dfilla  fdUvjità  ài  Saiito 
J^UcaiileU'annpKJxy.  fu  di  nuovpin^Rpipa^t  .-Apiif^yi  caia»ve.diede.[)r»is^ 
c^pjo.a/ar  conofcer  fuo  valore  ne'  molti,  quadri»  ch^f^ce  per  diverii  t^vr 
Ipri  deli'  ar^e  di  quella  ci^tà  ,  e  foreftieri  ancora i.£/ich^ per  ordi^.dei 
Cardinale  Bencivogli  ebbe  a  fare  .due  paeliy.che^gli  guadagnarono  ,ta9tp 
pretto/  non  fqlo  appref^  a  quel  gran  Prelibo,  ^eziandio  alla  insita  dd 
Ponte^ce  Urbano  y m.eh^gìi  vid^i^ico |nitÌMch«>:|ìtt  da^^q^pl. tempo 
jf^wmjnciarpnoii^frfiqiiepfftF  :1>  fua^ftaiii;^^  prin|a.d)riCu|tAjl.CaÌKiii»ute  9ftA- 
fiyògliò,. poi  altri x;9(^^dinali(,»  fìaa)f9ente« Pci|ici|>i  ^i  qgni  cciadizioo]::: 
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t:ljÌUDi:0    .^TllEE.         ìfi 


c TdiiQiitttVora ipeìr  £empi0:ieft&:  oHmfk i»  ftràdiL  ptt> ]ioKirfi  d  ciaiftgiii* 
iiuo»ài  Ale  pinuce  «drognaiib  »  «he  iiDn:£ifIè:fitci>  ò  gR(à  Prìnci^  o  gviti 
Pcettsp»:  o  duifcr  kiifz;pà4ÌlAlcittn:dt>qiicfii»  ^  cofto^xli  gran  jdanari^  «imi 
gli  jiictfflè  Q.con^Ddttftrtt'C  Inngàtptsiaica^^^ir^nifuii.  Of  peidiè  Iropeto 
4f:  ^efta  gcahdf kioriio  ibocififiono  Sfineiia jafelir/iiiuirne  »  pcoipetti ve  jbA  al*^ 
cne  a  qiieite  Ìifl)jgÌiaou  cofe:^  .ondciton:  fi  ùtlvtogo  a  me  aliar  di  cocce  tuia 
parcicòlac4efcciaioiie,.aii  fi.  conceda^che  in  lui  bel  principiò  io  alciui 
notizia  dia.  a  cbà  non  mal  ne:  ay  efle^  vedoce;»  di  loro  eco&Ueiua  in  genera-^ 
Ici>r.pacyeBÌr.p0laiar menaionéidelie  piik  riAomatcfolttmdiite»  o  per  me« 
gKo;ditt^di  qttd^Ie »: die  dalboctimagiwo  di  quefl' artefice  intono  fiimaca 
OÌgfiQri  ;;.  che  dkqvafieaimùatof  e.iióird'a^rè^parare.bene  a  GinieppeGelieé 
filli  tiipofie  (giolume  còttuotatiitoo  ^  ed' d  ptefente  applicato  a  ;ftudj!  di 
'Dilogia  io  Rotea  ),  fiucmitpenrenirep  là  cógniàene .  ^  E'  dunqx^  da:  fitperfi) 
che  ilforte  di  q^uefto  Artence  »  fu  una  maravigliolà  e  non  malpiù  cosi  be« 
ne  praticata  zmicàzibnQ  del  naturale  rhe'  diverfi  .accidenti»  che  cagionano 
le  vedute  del  Soie  ff  particofetottnce  neil^abijXka.deroQybìre  e;de'iiliiDÌ'»'neU 
la  l|evatavefnell!oc(lifo«ied*ila  ciò'^.cheia  qoeA&>apparaène»  Véggònfi«caA 
diioantfidi  iuiw  che:srt|ttflaù(ìo  ogn'  iminagiqaatQne»  non  filpoffi)|io  (keit 
verun  modo  defcrivere..  A  qaeftioi  iifgiQnfiauuh  i&appc^iére  itantaivigo  é 
et iHixomponiittento  di  piani  ».  monti  y  cafiiAemi  \  ed^)\  nbhìli  »  porti  # 
architetture  e  altre  fimllixofe  tanto  bene  accordato,  che  mèglio  nonpaò 
defidfmcfii.^  All'acque. faiàrittime.diede  un  colore  naturaliflimo:  e  quella»iiK 
eh*  iotpano.aUe  medefime<maggiarmence.rHoilé  bfua  inteUigenaa,  bao^ 
ao'Ieyatieimutaaioni.dellatite^  colore;  a  feconda  delle  viarie  e  ibeUiffimo 
oiTeryaeiont»  che  egli  fatte  avevanel  vero»*  nei  mtitaril  e  varìaifi  V^xìt  e:4a 
Iticen.  cole  :tÌ9iitce».  die  rapifcono.  gli  .aiiipii  di  chi  le  mira .  Adornò  i  fooa 
plcG  adn  figure^fattc  con  canta^diligenaa»  che  nulla  più;  mapendiè  io  qtie-* 
(le  egli  non  potè;  maìcortcggece un  fuo  hiolto evidente  mancamento  di ;£ar« 
le  troppo  fvelte  i  era  (olito  dire»  che  vendcirà.il  pae(e».  e  le  figure  ledo« 
navaci  anzliper. una  certa.'foa  naturai  bontà  exontinenza»  non  aveva  alo«ii 
difpiacere»  chexhi  gli  fadeva  dipignerc  i  paefi^  o  marine  »  fitceflcvi  aggiongeft 
le«n^qreper-4}tra>manOf  ciocché*  per  ordinario  faceva  Filippo  Lauri  cele*^ 
tke  miloma.ia fioule  facoltà.  £ecevi^  come.fi  dille  poa'  anzi»,  prófpet-^ 
tive  mirabili»  e  particokf  mente  templi  tondi ,  ne? anali  ebbe  un  talento  6ti^ 
^larilBmo»)  avendo  ecceUentémente: tirato  le  bafte  i  capicelU  con.  cerxs 
mt  regola»  e  noa  a.  occhio»  come  haiino.fiicco  molti  paefanti  :  errore  »  ch0 
adaldifdice^  echemoitoiìfaconofpef  e  a. ohi  ha  occhio  erudito.  Ed  ha  anche 
fitto^vederQ»  che  quefti ^templi  tondi^  molco  abbeltifcono  il  paefe,  quaii** 
do  fis  ne  «fatino  ptgljaK  le  miftiee  le  diftawe  proporeionate  al»  rimanenn 
delia  tela.  Lelontananase  poi  <U' A^oi^paefiiemiarinefon  vece  afikto:  |^a 
animale: qu^udriipedirparticolarniente  bovini v caprini  efimiliv  fono  imitati 
iMAr» e  anitii cori )grand' amore»  onde  «ara vsìglia  iìon  è\  che^i  fubi  quadri 
in  quefio  noftro  fcscoto  fifiano  venduti  a  preazi^in  lor  genere  quafi  non  più 
fintiti»  e  fiano  (latice  fiano  fino  al  prefente  uà  degno  pregio  ed  ornamene 
co  delle  più  tioomaci  Gallerie  e^Gabinetti  de'  maggiori PriacijH  e^Monar'^ 
chi  del  f£oadOf  i  ^«  il  ,%  i>.;  *«4«<.oy  [vlu  ;  iu  'v,  .*.*..  'a^Mi,.  ;  i..:»'\ 
uì:  L  J  }  Za  Per  tot- 


^5^   l>eem.W.dadf»UMSiey^Maio.§ti6i^o. 

.  Vft  tomtf»  MTi  dia  (brts>  4tt^Ìfeo  il jtanfa6til9ciMnc  «0lw  ftdtti' 
fdM  quadri ,  £itd  p«t  toCtfiUAtkBntiifvgfao  »j«ftttflM«WMÉ  ^1^ 
ciMi;  enoncoRMntcMttatecgiifeiattiaiiiMa  kéilai»>tridiairfditttt'sntfiMi 
•d  avutolo  tk,  dopo  jhi  «Md»  amiPMoU  tfitCMÉetaOr  9)^  omMiidè  dt 
tenraltrlosictro  oca  la  patteia  ivi  frapria .  Cbodio  Albico  ootl  tmct 
l'aoitto  vi  a  applico  «  e  condoflé  per  affo  una  marina  «on  mth  ttuoitró  di 
-vaftalli*  ed  alcttoe  fabbriehapftDò.alli  oiadafiiiift  di  noinfifiata  aiolikw* 
«m.  In  on  alt«0«  teanmiàó  la  volontà  dolio  ftefib  Poocefiet,  fyù^  vado^ 
M  il  Porto  di  MarifiaHa  kt  AiUa  fpiaggiiJUnMna»  dove  a  mio  9§étt»mpf 
«afta  fi  «ondofla  s  diiàgoarne  fa  vedata*  In  aii  aitco  rappfofèmdoit  Mk 
Io  t  neii'  ultiaM»  fin^nMote  coft  paftocdi.  Ero  intinto  «à  veina  la  iktai^ 
éA  tèa  ptancUo  por  cotta  l'EorOpa»  oirfopoi  ocdine  della  Maaftàdfl  Ró 
Coctoflco  ebbe  a  lif»  otco  altri  foadrii  nr  primi i|oatttode'4«aIieipi«A 
fiotìe  dd  Teftamanco  Vacohioa  ncglt  altri  del  Tóilamerito  Noovo .  rtf  I» 
Catdtnalede' Medici  tino  ne  condirne,  Ad  qoalé  diptfiA»ilf  alaasodaUrSt* 
saniffina  Cala  dia  Trinità  à^  Monti  ^  e  sua  bdliffi«a  Marini .  Pd  Ctr« 
Aad  Giori  fece  firn  d  nwtao  di  Atee:  tiel  Dtaeadi  JBraactono  onoi  Od 
frinoipe  di  Leanoour  d«e»  par  io  Catdìnal  Melliao  ttiiquat  pd  Priiicipo 
Panfilio-  ritri  cin^iiv»  pel  Coca,  di  BogUone  iftioi  pai  Cardinale  Rofpi-i' 
gfioi»^  poi  Ciomamo  IX^iii  ftnia  meaaoria.  tret  par  la  linitd  di  Paao 
AlaOtndro  Vlk  due,  e  ciò  fono  una  Europa  ool  Totot  od  «na  Battagli 
iDpm  no  ponce  ;  e  perchè  quefio  Fontefioe»  non  fdo  ebbe  lA  gran  con-* 
ootKi  la  virili  foa,  aia  gli  poct6  anche  gnndo  afibdoaOf  abbono  a  fico  al* 
tri  anoora  per  It  eafii  Ghtgi .  Otco  tio  dRpiìifà  per  lo  Centaflibile  Go« 
lonno^  fta'qadi «né  U  ne  cNNica di «ftMOM  bdletaa,  4ov*  ^\  aveva  di^ 

Rota  Pfieho  dia  riva  dd  asare  t  e  qncAo  venaie  poi  in  potete  éil  Maiobail 
illodaino,  Monsù  di  Bourtetaiona  ebbene. ctfK|oei  quattro  Fado^^l» 
conien».  Gavdiere  non  lòono  per  la  gloria  d^{ti  amenacl  »  die  per  la  pe- 
fisia  odia  ictenze  e  adirarti*  e  unr  omiÌco  cMaao  fpleiadore  Ira  la  aobiicè' 
KoMncioa.  Quactfo  no  colori  per  MonfigmKoVaidaAd»,  due  dar  quali' 

foona  allora  fi  diOit)  dovevano  ièrdao  pei  la  Maeftà  dell' fuiperatóre* 
er  lo  Principe  Don  Gafparo  duo<  ed  akrmanri  pel  Gif  Aidf^^dpida . 
Vno  finalmen» ,  e  bellifitnio»  dipinié  por  fé  iuedaliino  dai  hacurda  »  alla 
Vigno  Madama  vtctno  a  Roma»  del  quale  la  Snititè  di  CfetOioncO  IX.  fi* 
oegit  olirli  tante  dobie,  quante  fitfebbero  bafiate  a  eotftlrto  tutto»  ma  il 
cavargliele  detle  ntint  non  fu  mai  poAtnle»  perchè  o* Aoeva  r' ocMki'ara  in 
ferità  r  che  ogni  giórno  fa  ne  fervira  per  vedeio  la  varietà  dagli  aHMi 
*  dalie  foglie.  Ma  troppo  mi  eftendcvei  fé  io  voleffi  ad  orto  per  «no  kt 
menzione  d^perfbni^»  ehe  vdlero  fiio pitture;  e  pene  oioaAerà  fino 
oca  on  raccmno  tli*  tngroflb  delle  città ,  ove  ne  furono^  mandate  per  or** 
Jmmcmo  de'maggiori  Palazzi  e  Gdlerie.  A  Parigi  ne  andafono  trentatrè: 
cinque  a  Hapdi  :  dueaVeneaia;  due  in  Ammrdam  i  doc  in  Anverfii: 
dot  in  Avknone  :  a  Lione  dee:  altrettanti  a  Monpdieri»  in  ttnode'qoali 
ofUrapprefentata  la  Regina  £fter,  in  atto  di  fuppikare  il  Re  Adatterò  pel 
"Popolo  Bbcco .  Nà  dee  alcuho  mararigfiacfi ,  che  io  t#a  tanri-  fuoi  quadri 
^wcia  partìodar  menzione  di  quefto  ì  perche  mi  è  nolo ,  che  lo  ftdTo 

Claiidìo 


CLAUDIO     e  E  LI  E  E.         is7 

Cfamdio  fo  toìito  din  ^  rete  e^i  «rt  il  più  lielio^  che  fofle  mn  nfcato  delle 
file  mini  s  e. Càie  \f a  unciiè  il  concetto . cine  ebbeso  dello  fieflb  i  yerj  i Ateo-i 
denci  dell'arte»  non  tutto  per  la  vagheagea  del  paefet  qtianto  per  akim» 
mmmgiiO&^cbtteeciMe»  cael'adocasvariDi  Molt*  altre  foronole  opm 
di  Claiidio,  dellequali  non  fi  è  ootista.*yere .cognizione;  ne  tampoca-oellei 
qak  notate  farebbemi  riulcito  oare  tanta  notizia  $.  fé  non  fofle  ftaco  l' ajoto 
di  un  libro  di  fue  invenziom  $  che  reftò  di  fua  mano  »  £itto  da  lui.per  ri* 
medio  di  un  grande  infonunio ,  che  fin  da  i  tempi  »  che  edi  ftce  i  primi 


I  a  dare  qualche  fiorma» 
_aOp  non  iolo  gliele  jQi 
fobata  r  invenzione»  ma^^eziandio  iqaìlta^  la^mank; a  9  e  ne  furon  vendu- 
te per  Roma  le  Copie  per  Originali  ài  fup  penBello;  con  che  venivano 
fcredicato  il  maeftro»  mal  fervito  il  perfoaaggio»  per  cui  fi  fiicevano  i  qua^ 
dri,  e  defraudati  i  compratori.»  a'qualifidavano  le  copie  per  originali.  Ma 
ì\  non  finì  la  cofa»  perchè  a  quanti  egli  ne  faceva»  accadeva  poi  lo  fieflòj» 
Il  povero  Claudio t  uomo  per  altro  dVinnocenti  coftunii^  non  (àpendoda 
chi  doverfi  guardare  de*  moki,  che  frequentavano  la  fua  ftanza,  he  a  che 
partito  pigliarfi,  in  vedere,  che  ogni  dì  gli  erano  portati  a  <;afii  fioili  quar 
drì»  acciò  riconoToefie  fé  |o0ero  di  fua  mano;  deliberò  di  formare  un  li- 
bro, il  quale  io  con  molto.guftoe  ammiraa^ione  vidi,  moftratoml  da  lui 
medefimo  nella  propria  fua  cafa  in  Roma;  ed  in  quefto  libro  cominciò  • 
copiare  r  invenzioni  di  tutte  le  opere  »  che  dava  fuori  »  efprimendo  in  efl» 
con  cocco  veramente  maeftrevc>le,  ogni  particolarità  più  minuta  del  auar 
dro  fteilb ,  notandovi  eziandio  il  nome  del  perfonaggio,  per.  cui  era  ftata 
fatto  f  e  fé  male  non  mi  ricordo  t  l'onoraria  che  ne  aveva  riportato;  al  qua| 
libro  di^e.  egli  nooie.di  Lilfro  d  invenuoni$  »wen  Libro  di  Vèriìi  :  e  da 
quel  tempo  in  poi»  ogni  qualvolta  gli  erano  portati  a  vedere  quadri  fuo| 
o  non  fuoiy  lènza  siiultiplicar  parole #  faceva  vedere  il  libro  »  dicendo  :  Io 
non  àgnmf^iovi  opera»;  che  oopo  averla  interamente fini^ ,  io  non  la  co* 
p)  di  inia  fBMX^o  in  quéftp  libro .  Voglio  ora ,  che  voi  medefimi  ne  fiate 
giudici  nel  dubbio  ppftrp;  però  guardate  q^uà  fé  voi  riconofcete  il  vofiro 
quadro;  e  così»  comecché  chi  quella  invenzione  avea  rubata,  non  aveva 
a  gran  legno  pq^uto  49r  net  punto ^appar,! va  fubito  agli  occhj  di  ognunp 
ladifferenza»  e-venivafi  in  cognizióne  deirioganno:  e  fé  talora intimorìu 
dalla  fama»  che  già  correa  ^  che  vi  foflero  mafcal^poni  in  Roma,  che  le  op^ 
tede'  fuqi  paefi  deflero  fuori  per  originali ,  quel  medefimi,  che  gliaveyao 
<^mprati,  e  che  npn  intendevano  più  che  tanto  le  cofe  dell*  arce,  gU^Ij» 
facevaii  vedere:,  ed  egli  colla  vi^a  del  libro»  oltre  al  proprio  attefiato»  far 
ceva  sì»  eh'  e*  toccauer  con  mano  efler  quegli  veramente  fupi  origiriali^ 
Qpefto  libro»  dppo  la  mone  di  Claudio  e  refiato  in  .mano  de' fuol  eredi^ 
che  ne  fanna  quella  Itifna ,  che  merita  una  memoria  sì  degna  di  tant'  ^qfj 
mo  :  il  quale  finalmente  aggravato  fempre  più  da  una  tormentofa  podagra» 
foppor tata  per Iq  ipavipdlquàran taccile  anni,  e  dal  pefo  dell'età,  che  gi^ 

ayevalQ  ricjgtcq.fi  fcgno.di J^ft  B^l^m^^^t  2^^,  che  pcr^^ue^o^trc  ocf 

Z  j  li  giorno 


%  >  ^  é 


358   Decetin.  U^Ma  PartJ.  ilei  Sec.  V.  dal  i  ^3  o.  ài  1 640. 


ti  giorno  *  ani  ii.  <à\  Novembre  i53t<  occantefimofecòndo  di  fao 
▼itale»  chiufe  gli  occhj  a  qoefta  luce.^  e  nella  Chiefa della  Santàffima 
hità  de' Monti  de' Frati  Minori,  avanci  alla  Cappella  della  Sancifllma  I — , 
siau ,  fu  data  al  fuo  cadavero  fepoltura  :  e  fopra  di  eflk  fa  «ollocàto  «n 
"-= marino  colla  feguemè  ifcrisione .  >  . 


« , 


D.       O.       M. 


J. 


GeUee  Loiòaringo 

Ex  loco  de  Camagne  orso 

PiSori  eximh 

Qui  ipfos  Oritmis  &  Occidentis 

Solis  radios  in  campeftribits 

Miri  foce  pingèndis  effinxit 

Hic  in  Urie  ubi  artem  coluii 

Summatn  laudem  inter  magnates 

Confecuius  eft 

Ohitt  IX*  I^lend.  Decembris  \6%%. 

JEttètisfiià  ann.  LXXXlh 

^oan.  ily  ^oftphus  GelJee 

Patruo  CbartJJimo  Monumentum  hoc 

Sibi  PoBerifque  fuis 

poni  cursrum. 


Fu  qiiefio  artefice,  quanto  valente  nell'arte  fua,  tanto  amico  de* buoni  co- 
ftutni  ;  Non  imbrattò  mai  il  fuo  pennello  con  alcuna  lafdvà  o  in  alerò 
mckio  ffconyenevble  rapprefentazionc;  e  fe  talvolta  gli  bifognòdipigner 
còfe  fdVplole ,  in  cui  tali  figure  dovefiero  intervenire ,  coprivate  nel  miglior 
àiodo  poflibile .  Fu  amico  dì  ognuno,  e  defiderofo  di  aver  pace  con  qual- 
fifofle;  e  laddove  a  tal  fuò  deliderio  alcun  danno  apportar  fi  potefle,  diede' 
fempré  bindo  ad  ogni  fuo  più  rilevante  interelTe  •  Intorno  a  che  occorre 
Cola  cfegna  di  memoriaV  e  fu  queftà .  Aveva  egli  fin  ne'  tem^pi ,  che  gli  toccò' 
à  operare  per  Orbano  Vili,  prefo  in  cala  fua,  quafi  in  qualità  di  fervito-!^ 
i*e,  ma  particolarmente  per  macinare  i  colori^  nettare  i  penne  IH  ed  altre 
bbfe fare,  che  abbifoj^navanoad  un  comodo  efercitamiento  dell'arte  fiià ,  un 
certo  giovane  d' afiai  umile  condizione ,  chiamato  Gio.  Domenico  Roma- 
no .  Aquefto»  che  era  anche  mezzo  ftorpiato  della  perfona>,  aveva  égli  fat-* 
to  infegnare  a  proprie  fpefe  a  fonare  lo  fn'umento  di  tatti  ed  altri  ftrumen* 
ti:,  ediplùi:ivevdglicòn  grande  amore  infegnato  adtpigtieréi  quando s' in- 
cominciò a  vociferar  per  Roma,  che  Claudio  faceva  fare  i  quadri  a  lui: 
cofa,  che  di  bocca  in  DoccapafTando»  ficonduffe  finalmente  all' orecchiò' 
tiel  giovane  ;  il  quale  tanto  (e  ne  in  vani,  che  dopo  di  eflere  fiato  con  lui 
yencicln'que  anni;  ed  averli  anche  dati  ufiaì  difgufti  in  varie  occafioni,  fi 
{>artì  di  fua  cafa  :  e  già  meditava  di  farlo  chiamare  in  giudizio  ,  per  farfi  pa* 
gare  il  fatarlo  di  tutto  il  temoo  ch*egii  era  fiato  apprelFo  di  lui,  con  tratta* 
inenti  più  da  figliuolo»  che  da  fervitore  a  difcepolo •  Avuta  di  ciò  con^- 
'     ^  ^  ^  cezzs 


\ 


CLAUDIO     GELLEE.        3551 

tezza  il  buono  arte6ce  t  lo  i^olie  avere  a  ^  ;  e  condottolo  ti  banco  4^ 
Salico  Spirico ^  dqv'  èi  cenema ^ran  danaro,  fecegli  concare  tanca  fomma^ 
appunto  quanto  importava  \%  (uà  precenfione .  Ma  non  pafsò  poi  gran 
tempo,  che  Gio.  Dotnenicó  fint  di  vivere:  e  Claudio  da  quell'ora  in  poi 
non  volle  più  fare  allievi  nell'arce  fua;  ma  quancunque  egli  ftefTe  Tempre 
faldo  in  tale  rifoluzione,  non  è  per  quello,  che  egli  non  fofle  liberalis- 
mo de'fuòi  confidi  e  precetti  a  chiunque  gliele  avefle  domandati  ^  e  par- 
ticolarmente nella  profpecciva,  della  quale  fu  olcremodo  incendence  e 
pratico,  e  coaiunicolla  fra  gli  alcri  al  viviani  delle  Profpetcive.  E  giac« 
che  parliamo  di  proTpettiva,  non  voglio  lafciar  di  notare  alcune  cofe ,  in* 
corno  al  modo  che  egli  teneva  per  dtfporla  ne'  fuoi  paefi .  Metteva  egli 
Inocchio  ove  gH  pareva;  ma  era  lolico  dividere  l'altezza  del  quadro  in  cin- 
que parti,  delle  quali  dava  le  due  inferiori  alla  linea  Orizontale,  o  vo* 
gliamo  dire  affé  <le' raggi  vifuali:  poi  mettdido  l'occhio. in  efla  linea,  pi- 
gliava un  filo,  e  ponendo  un  capo  nell*  occhio  i  ginavalo  in  tondo  fopra  il 
quadro ,  comprendendo  in  edb  tondo  tutto  il  m^efimo  quadro  :  poi  met» 
teva  fua  diftanza  in  quel  luo^o ,  ove  la  fua  linea  attraverfava  il  tondo  :  e 
lo  fteflb  mòdo  teneva  nel  dilegnar  le  vedute  al  naturale ,  la  qual  linea  in 
tale  occafione  oflfenrava  tanto ,  che  da'  Fiamminghi  per  foprannome  era 
chiamato  Orizzonte .  Dì  quefli  difegni  di  vedute  al  naturale  fon  reftati  agli 
eredi  cinque  o  fei  gran  libri ,  ed  alcuni  faici  di  carte  fciolte»  ficcome  oli- 
ere al  fop»nnominato,  altri  quadri  da  efib  coloriti  al  naturale .  Dirò  per 
ultimo,  che  queft'  artefice,  dico  per  quanto  n'  è  corfa  la  &ma,  tuttoché 
in  un  lungo  tratto  di  vita  avendo  aUaiffimo  guadagnato ,  avefle  potuto 
accumulare  gran  tefori,  contuttociò  a  cagione  dell'  amore,  eh' e' portò 
fempre  a'propr)  congiunti,  a' quali  diede  in  ogni  tempo  ajuti  validiflimi, 
non  ha  la(ciato  maggiori  foftanze  di  ouello,  che  giunga  al  valore  di  "  ' 
fluia.  fendi  :  e  tanto  batti  aver  detto  di  tal  maefiro . 


;/     - .; 


Z  4  PIETRO 


•    N 


3fio 

PIETRO     RICCHI 

PITTORE     L  U  ce  H  fi  SE 
Difeepoh  di  Gmio  Raity  nato  1606.  ^  1675. 

y  Antonio  Ricchi  e  di  Martorici  Paladùri .  cictadtnii'wure 
[l'altra  dellanobihfliniacittà'di  Lucca,  nacque  1'  annoitìotf* 
I  Pietro  Ricchi»  il  quale  non  pctma  ebbe  di  fna  età  pa&to  il 
■  primo  luftco,  che  dando  concnOegm  molto  chiari  di  p^'f 
[  dere.buoncapicaled'ìi^egno  edi  abilità  in  ognicoGr,  fu  dal 
°  padre  «pplioato  allo  ftodio  delle  lettere  fotco  la  di&ìptina  di 
Buonaventura  Guifparfìnì»  uoaioreligioSffiaioe  di  nui  carità,  e  coma 
ale  in  qaella  città  •flai  riverito  e  ftìmato .  Ma  perchè  altri  bene  fpeOb 
ibno  i  penfieri  de*  genitori  intorno  airiadiriaaEo  de'  loro.fìglìuoli  y  altri  i 
deraeti  della  Divina  ProvTidenxfc  nel.  preparare  i  fentierì,  pe'  quali  deb« 
bono  eflì  camminare,  appena  ebbe  il  nnciuUo imparato  a!lameieejfcri« 
vere ,  che  fece  conofcere  in  ie  un  così  accefo  genio  alt  arte  d»  Difegno  , 
che  al  padre  fu  forza  levarlo  dalle  prime  applicazioni,  ed  a  quelle,  ore 
porcaralo  l' incliiuKione  applicarlo,  il  primo  maeQro  dì  Pietro  fu  un  pie- 
torello  di  poco  nome  »  col  quale  radendo  il  padre  ùh>^  che  egli  pecen 
pooo  avrantag gistfi ,  gliele  fece  laCcìare,  eleKmidogli  in  loogo  di  lui-  un 
tale  Ipolito  Sani,  del  quale  non  aveva  in  ^uel  tempo qttdlacin^  Um^lfc>) 
re.  Era  allora  in  Lucca  un  mercante, chiamatoGirolamo Macaoni,  amÌ-< 
cìffimo  non  meno  delle  arti  hoAre,  che  del  Sartii  e  trorandofi  bene  Cp^ 
con  elTu  lui ,  ebbe  occaSone  di  conofcere  le  buone  maniere  del  gioranecn> 
Ricchi)  r  ottima  indole  fut,  ed  il  molto  che  prometteva  di  fé  fte(R>  ptf 
Io  buon  gulloìn  colè  di  difegno:  al  che  0  aggiungevano  i  difcorfi  di  loctet 
che  del  continovo  gli  faceva  dt  lui  il  Sani  ì  che  però  il  mercante  gli  pofè 
grande  amore,  e  fin  da  quel  tempo  defiderò  di  ajntarlo:  e  ceno,  che  gli 
renne  ben  fatto,  perchè  indi  a  poco  lo  mandò  a  Firenze*  e  nella  fcuola 
del  celebre  pittore  Domenico  Faflìgnani  operò  che  folTe  ricevuto,  dorè 
perteverò  più  anni .  Avvenne  poi  i  che  efiendogli  pervenuto  all'orecchie, 
cooie  nella  città  di  Bologna  correva  ftraordinarìo  grido  dell'  opere  di  Gui- 
do  Reni,  defiderofo  di  approfittarli  femptepih.  trovò  modo,  col  mezzo 
dello  Aeflb  Maccioni,  di  portarli  colà;  ma  prima  di  metterfi  in  cammino 
volle  riveder  la  patria,  nella  quale  fu  dal  medefimo  per  qualche  tempo 
trattenuto. ad  oggetto  dì  fargli  &re,  lìccomefece.  le  fegaentiopete.  TiU 
furono:  tre  ftorie  a  frefco  ne'Chioftride'Fratì  Francefcanì:  una  quando 
il  Santo  comanda  ad  una  Lupa,  che  non  più  danneggi  una  campagna: 
un'  altra*  quando  lo  fteflb  Santo  (ì  fa  ftrafcinare  per  lo  Convento  da  un 
frate  ;  l' ultima  quando  egli  rende  la  vita  ad  un  fanciullo  defuntoi  le  quaU 
tutte  fece  in  età  di  diciotif  anni  e  non  più:  e  dipcù  accompagnato  da  calo- 
rofe  raccomandazioni  a  quel  pittore  ecceU«atìfllinoi  fé  ne  andò  a  Bologna ,  - 

dove 


TIETRO      RICCHI.  361 

dovè  iflrendò'  Guido  conùfeiotcpìire  widi^'ttLb  lèimone  inaniere  del  gio- 
vane »  molto  J'accarezstvt.  'Pròwedevtlo  il  Mercante  di  quattro  feudi  ir 
méfe»  concile  doveflè  egli  in  xìafchedun  mefe  mantkirgli  i  difegni eh' e* 
faceva  all' Accadeuua^  cdrar  peeao  drqùtdfoa  modo  fuo.  Inoltre  gli 
mandò  a  Bologna  un  altro  giovane ,  che  per  macinar  colori ,  medicar  te- 
le ^  ed  altro  fare»  che  occorrerle  a  fuo  bifogno.  Io  dovefle  fervire  •  e  in- 
canto cercaflTe  ancor  ^ffo  dì  apptthcfere  queir  arte;  ma  il  Ricchi,  a  cdi  la 
poca  provvifione  non  baftava  a  gran  fegno  per  lo  mantenimento  di  (e  e 
del  conqiagnov  in  vece  di  manderei  ouadri  al  mcccanoe,  face  vane  ritrae-* 
co,  e  con  eflb  fiippiiVaalla  fpela  perle  proprie  neceffixà.  Quefta  per  aV 
tra  ragionevole  |nancaQzadeLRicchi»incommoiata  a  Eaire  dopo  quattri iin«^. 
ni  i  fece  forcé.fdegnare  il  Mafceioni^  onde  idi  fubito  UCciò^ì  provvedbrio  / 
Pietco  viftofi  privo  di  quel  foccorfo»  ed  avendo  giàfacti  grandi  ftud}  pep 
apprendere  il  bel  modo  di  colorire  jLombofdo;  prima  licenaiò  il  giovamo 
compa|(no^  e>poi fé  n*andò  a  Roma,  dove  per  due  in  tre  anni  anmentòi 
io  ftcflocon  quanto  andava  dìpignendopèr  la  bottega  delquadmro;  ^gvd^ 
intanto  la  morte  di  Antonio. Ricchi  fuo  padre ^  e  retto  dicloi  un  altro  pic^ 
eolo  figUoliho  in  età  di  nove  anni ,  cofa  >  che  a  Piintt>.porob:  neceflicà  di 
miolvo.rìtomo:  alla  patria^  In  qilefta  fu  ricevuto,,  còme  fi  potè  il  meglio  y 
io  ca£i  del  fuo  già  compagno  avuta  in  Bologna,  col  quale; andava  la vo«^ 
nodo,  feoondochè  fi  porgevano  loro  le  occasioni:  e  uri  giorno  nel  dt«<^ 
Correre  di'e'£ficevano  infieme  nel  dìpignere  ,  nacque  fra  loro  dilcorfo  <fi 
lafciare  la  patria,  e  portarA  iti  $pagha>oia  Fraruciaf^  ove  fixi  e  meglio 
erodevano  trovar  fortuna .  E  perche  egli  ò  proprio  della  veaeta  e  forte  giò^ 
ventù  r  aver  talvolta  leggiero  il  eorQO;t|uantail  penfiero,Tenzaftariamcd« 
to  a  fiudiare»<  tutti  e  due  infomeeoi  piccolo>figl]Dtirax,  fi  meffipro  in  via^^ 
gid.alla  volta  di  Genova:  quivis'imbarcarono  per  Portò  Maurizio:  diti 
fi  portarono  a.Nizza  di  Provena,  e  dipoi  a  Fregtus,  dove  i|n  anno  fitnt* 
tennero,  dopo  il  quale  fé  ne  andarono  ad  Aix.  In  queftò  hiogo  trova* 
tono  molto  da  operare ,  panicolarmente  a  firefco ,  in  una  Cappella ,  fatta 
nei  fito,  ove  fi  dice,  die  fpirafle  Tanima  là  Penitente  Santa  Maria  Madda* 
kna^  portatavi  dagli  Angeli,  acciocché  San  Maflimino  Arcivofcovo  ledefiSi 
il  Viatico .  Fecero  altre  opere  in  un  giardino  A  Monlsù  di  Ulubet;  finite  le 
quah  opere  fi  portarono  ad  Arli ,  dóve  per  rAn:ivelcovo4i  quella  cittjl  di'^ 
pinfero  a  frelco  una  Galleria ,  ed  altre  cofe  fecero  per  diverfi  cittadini* 
Intanto  le  Monache  Carmelitane  di  Aix,  per  mezzo  deLprimo  Prefidente 
del  Parlamento ,  fbcero  fcrivere  ali*  Arci vefcovo  di  Arli ,  acciocché  operàflc  ^ 
che  i  pittori  tornaflerd  ad  Aix,  ficcome  feguV:  e  per  le  nominate  Mona-' 
diedipinfero  la  lóro  Chiefetttdi  Santa Terefia  j  Mentre  le  cofeftavano  in 


auefii  termini,  fopraggiunfe  il  Contagio,  ed  a  Pieitro  convenne  fepararO 
al  compagno,  rimanendofi  infieme  c^  piccolo  fratello  appreflb  alle  ÌA(U 
nache  >  cioè  in  cafa  del  lor  fervente  o  fattore  ;  mentre  r  altro  andò  a  (lare 
in  caia  dèi  foprannominato  Ulubet;  Portò  il  cafo,  che  il  primo  ad  avere 
in  caia  quel  contagiofo  male,  foffe  il  Ricdu;  ma  volle  però  la  buona  for- 
tuna fua»  che  d  compagno  riiifcifle  il  trarlo  da  quel  luogo  infieme  col  fra-^ 
tellOf  t  condiufeto  aello  flefoMlauod' Ulubet,  dove  ebbe  comoderà  di 

hs 


3  62    Decenni  IV.  della  Vart.  1.  tklSee.  V.  dal  1 63  o.  «/ 1 6^0. 

Ar  qttaranteha  fcnza  pdruiolòde'domeltìci;  oerck^ 
tir  che  egli  aveva  fatto  avàiìd per ;pòrcarfi  ìli  Bariaioeato, 'rivendo  racco* 
m^dai^o  q^lla  fua  cafa^ad  amica»? a»  più  teQQvàtawprowdfta.ditmao  il  bi« 
fogoe Vola  per  ognuno»  facendolo'.poaar^  dff/lilogQ  iion  Corpétto:,  finché 
ti>avafle  inodo»  come  fegitì»*  disfare  ufciin&ftiita  la:  famiglia  d'^^      e  con* 
durla  inpaefe  non  oifelò  dalla  pefle.  Paffiica  quella  influenza»  i  due  pittori 
furono  coii  grandi  iftanze  richiamati i dall'  Arci vefcovo  d' Arli  >  per  fiir  £are 
loro  altre; opere»  e  finire ìle-.giàatìcaminGtate;  {i^3cfleiido  giunto  quel  ma* 
le  ad  infettat  Marfilia  »  non  potéiid^lècmércansièaveppiiatica^fipiifuper 
allora  codofciuco  modo jdi  procaoipiar  xaa}orl  |ier iquel  lirooo  i  tantoché  effi 
fi.fiifolverono  di  faro  un  viaggio  iuiio.lLionei,  *  non  tanto  peifqiirov vederne; 
quanto  per  vìiitare.ilcuni  parénti  di  uno  di  loro  »  che  cpU  abitavano  i  iic« 
coméancora  certi  pittori  di  gran  nome»  e  fraquefti  Monsù  Blanch  di  na* 
ttone^Lucohefe;   In  queft)  città  ebbe  il  noftro  artefice  con  fuo  compa* 
gno.QCicanòne  di  fare  a&i  opere  i  che  da  lono  furono  di  buona  veglia  ac^ 
Cettate  il  affihe  foliaihente  di  confomar  tarOto  tempo  »  che  giongeflero  htio* 
ve  cwte^  deil'  inteira  «finità  di  Pmvenza.  Fra  qùefte  furono  afcune  piotura 
à^frefèo  di  ua:pa|azaso  fiiarl«ltella  città»  non  molto  lungi  dalla. Madonna 
ijellVLTolàfinltiogo'tietto  a  ivxxÌEed^od  altre  in  un  caftpllo»  nominato  Fle-* 
£c?icra»lontam)  da  Lione  unargibi^atà  ^  nelle  quali  un  anno  intero  confo-^ 
idirono:  e  poi  dipinfero  inaino  palarzo  4etro  Labargio.  ìxk  quello  aem^ 
pò  edendoli  già  divulgata  la  fama  tièl  noftro  pittore»  comparve  un  manda-» 
to  di  Parigi  ida  Imprimo  P^didentedel  gran  Parlamento,  per  condurlo  a  fìi* 
realcunetapere»  in  ciA  doveva  impiegate  cinque  in  &i  anni,  fopra  di  che 
aveìido  tenuto,  difcorib  coi  compagno,  redo  conciufoéch& Pietro  fi  por* 
caffè,  a.dar  principio  a  queir  opere»  ed  il  compagno  in  Italia  fi  ritorna(fe, 
perdarieft0agl*interem  di  lorocafci^  iaà}uto  delle  madri  dell*  imo  e  de^ 
r  altro ,  che.^à  da  tanto  tèmpo  fé  ne  davano  in  Lucca  »  bifognofe  di 
Configlio  e  dTaJQto .  Siccome  fu  parlamentato,  cos)  fu  efeqtiito,  parten* 
dofi  io  un  tempo  fteflb,  uno  per  Italia»  l' altro  per  Parigi ,   Già  aveva  il 
Rfcchì Jncomincìato  per  lo  Prefidence  il  fuo  gran  lavoro,  quando,  menf* 
cre.egli  uoa mattina  flava  operando*  entrò  a  calo  in  queflla  camera  un  gen« 
tiluòmo  di  quegli ,  che  èrano  foliti  di  cortegghure  il  Pr^idehte ,  e  fenza 


e  che  non  meno  fapea  maneggiar  la  fpada,  che  i  pennelli ,  vedendofi  ia 
tal  guifa  ftrapazzato»  gli  rifpoiè  alle  rime  ,  e.  l' altro  a  lui  :  e  b  cofa  ebbe 
fuo  fine  collo  sfidarfi  fuori  del  palazzo ,  dove  dopo  vn'  afpra  battaglia»  il 
gentiluomo  rimafe  malamente  ferito.  Quefto  altrettanto  ftrano,  quanto 
inafpectaco  accidente ,  coftrihfe  il  mttore  ad  ahda^fene  in  fretta,  lafciando 
il  lavoro  e  la  citta  in  un  tempo  fteub,  ed  a  Tours  rifuggtrfi .  Quivi  veddefi 
BialCcuro»  onde  fé  n'  andò  a  Lione;  ma  avendo  avuto  intefa ,  che  anche 
per  quel  luogo  fi  fpedivano  ordini  per  fua  carcerazione,  deliberò  dinfcir-^ 
ne  affatto  di  Francia ,  e  per  lungo  viaggio  fi  portò  a  Milano.  Giunto  in 
quella  città ,  dipinfe  di  quella  fua  bellifftaia  maniera  un  bel  quadre ,  il  quale 

inoc« 


PIETRO     RICCHI.  3.<Jj; 

• 

ìA  occafioTie  della  procefiione  del  Corpu^^msw  §  fece. efporre  al  pubbli* 
ob:  e  Veditcovdàl  Cardinale  Inlàbce,  fecefelé  portare  a  Falazapi.  volle  poi. 
conofcere  il  pittore»  e  trattollo  da  gran  virtuofo  com'egli  era.  Mentre 
che  egli  fi  tratteneva  in  Milano,  non  fo  come  .eg|r  fi  jtrivò  allacciato  di 
forte  amore  verfo  una  tale  femmina,  la  quale  egli  poi  licohdufle  a  Brefcia» 
e  di  lei  ebbe  un  figliuolo;  ma  volle  Iddio,  che  una  tale  difgrazia  ^U inr 
tervenifle,  che  ebbe  forza  di  richiamarlo  a  conofeimento  del  proprjo  0a«^ 
to;  e  votatoti  di  fpofaria»  T effettuò  •  Mentre  che  egli  dimorava  in  quella 
città,  furongU  dì  Lucca  ordinati  due  quadri,  che  fatti  da  lui  e  mandati  # 
accrebbero  non  poco  il  Tuo  nome  :  tali  furono  una  Madonna,  ed  una  fto» 
ria  di  Lot.  Quello  delia  Madonna  venne  in  potere  d'Ipotito  de' Nobili •. 
Inoltre  fece  ad  inftanza  di  uno  della  &migltia  de' Martini,  per  una  fuaCap^ 
pella  in:  San  Francefco,  altro  quadro,  in  cui Tapprefentò  il  miracolo  di 
Sànt^  Antonio  da  Padova,  in  atto  di  rappiccare  il  piede  a  quel  giovane t^ 
che  per  ecceilb  di  pentimento  di  aver  con  eflb  percofla  la  propria  madre» 
ei^feìo  dilla  gamba  recifo  ;  per  la  qoal  Chiefa  di  S^n  Francefco  aveva  an- 
co fatto  dtic  altre  tavole i  cioè  1*  ÀlTunzione  di  Maria  fempre  Verginei 
e  San  Franeremo  chericeve  le  {limate:  ficcome  pier  quella  di  San  Òirola-' 
mo  aveva  dipinta  altra  tavola  di  una  Apparizione  di  Gesù  Crtfto  a  yn  San-- 
IO .  A  Gib.  Paolo  Lipparèiii  mandò  im  quadro  di  «in  Archimede  tìccifo»* 
mentre  difegneva  fopra  la  rena,  per  liberar  Stracufa  dairafledio:  e  mand^ 
altresì  un  San  Pietro  e  San  Paolo.  Era  il  noftro  artefice  già  pervenuto  iti 
tale  ftato  di  abilità  nell'arte  fua  »  che  non  dubitò  punto  di  portarti  con  fua-' 
famiglìfa  ^d  abitare  nella  città  di  Venezia,  dove  molte  opere  condufle  di 
fùa  mano  :  e  particolarmente  per  la  Chiedi  delle  Religiole  di  Santa  Cate- 
rina in  Canal  regio,  dove  fono  opere  dèi  Veron^fe»  del  Tintoretto,e  del 
Palma I  dipinfe  la  tavola  dell'Altare  di  SanGirAiamo,  in  cui  rapprefèntò 
lo  fteflb  Santo ,  Maria  Vergine ,  e  noflro.  Signore  Fanciullo  ;  ed  inCaftello 
colorì  un  quadro  di  quindici  braccia.  A  Trento  mandò  una  tavola  del- 
l'ÀiTùnta  di' Maria  Verginea  e  ad  altre  città  eprodnctealtretavolee  qua^» 
dri,  che  gli  fecero  grand' onore.  Stato,  eh'  e'  fu  qualche  tempo  a  Venezia 
fe  ne  pafsb  a  Padova;  e  finalmente  fu  chiamatela  Udine,  dove  aflalico  da^ 
graviffima  infermità,  agli  quindici  d^  Agoftoió?^.  finì  il  corfo  di  Tua' vita 
mortale.  Fu  dettoRiccht  uomodibelk  prefenea»  dinobiUractOieneirar- 
te  fua  aflai  rifoiu;o .  Nel  colorito  fi  tenne  (èmpre  alla  maniera  Lombarda^ 
ben'  è  vero  »  che  nell'ultimo  tempo  intervenne  a  lui  ciò  i  che  accader  fuole 
anche  alla  più  parte  de'  buoni  maeftri/  i  quali  innamorandofi  a  lungo  an- 
dare alquanto  più  del  lor  proprio  modo  di  dipignere,  cadono  nell'amma* 
nierato,  abbandonando  bene  fpefib  l'obbedienza  al  naturiale  ed  il  perfetto 
difegnare.  Le  opere  diqueft*  uomòfuroho  per  lopiàmokobelle;  ma-  taluna 
ve  n'ebbe,  che  non  giunfe  ai  fegno  per  la  ragione  fopmete^nnata ;  ed  an^- 
ehe  perchè  ancor  egli,  forfè  ad  efèmpio  del  noftro  jpev  altro celebratiffimò  : 
pittore  Santi  di  Tito,  ufava  quel  modo  di  dire^  e  il  praticava,  cioè  di 
aver  pennelli  da  ogni  prezzo  ;  e  tanto  balli  di  quefto  artefice  • 


PIETRO 


F 1  E  T  R  O     P A:0 lini 

PITTOR     LUCCHESE 

DìfitppU  étAngkk  Carppffi^matt»  i  naf» . . , .  ^  dna  al  1 682. 


ftA.  dctàdìLnéct,  che  Gecome  tbtriMM  tlcrore  fitto  vedere -. 
I  )  lift  dato  utcorclTa.  alle  beU'arti  uomifti  dì  vaten.  una  circa 

|r  aquefti  tempi  iw.pwMrì.aqudladelU  pitcurtj.degitopee 
[  ceno,  che  fé  ne  ficcia  qudl»  memocU  fra  buoni  pittori  i  che 
i  meritmo  le  opere  fue.  QJx&À  fìi  f  ietto  Paolinu  il  qwl« 
'  S  con  ottima  inclinasione»  enirfe  con  ragionevole  incammi- 

f^meniio  negli  ftndj  del  di&gno  l' anno  i6xì.  fi  portò  a  Roma  t  e  quvi 
fo^:?  la  direzione  d' Antfelo  Carofellì  pitcor  Roauno ,  frequentando  Y  Ac- 
CjuÌé(mecì.luoghi,oveTeopere  migliorÌde*|ranmae&riintìchiemaderù 
fijtmmìtano.  ^ttb  quelle  buone  radici  d*  lotolligenza.  che  egli  poipec 
Idiwo  corfo  di  anni,  con  tanta  lode  fece  conotccve .  E  già  eran  pauiti 
IJfCCiUuiU  dacché  c^Ii  fiera  colà  crasltrito.  cheeOendooccorfo  il  cafo  delle 
fvorce  del  padre  fuo ,  gli  fu  necelQu-io  tonurfene  «Ila  mtria .  dove  non  fa 
Uppene  ^nco.  àut  occorfe  il  fiero  accidente,  delk  Peftilenxa  del  itfjo. 
ti  cagione  della  quale  egli  rimafe  privo  anche  della  madre  i  onde  fu  cofirecto 
il  povero  giovane  dì  araandonare  ogni  fperanza  di  più  rivedexe  la  città  di 
Roma ,  ed  ìn  quella  veceJ^rmarfi  per  1!  affatto  in  Lucca,  per  addoÌ&rli  U 
venK^  eredità*  e'igrave  peto  di  dieci  fratelli  fra  malchi  e  femmine,  pec 
qover  ellère  loro  colle  propru  fuciche  e  co*  fuderi  del  volto,  e  padre  e 
nadre  e  fratello  iofiemef  laonde  Ara  fcmpredi  non  poca  gl<»Ìa  di  quefto 
TÌrtttofo  Tarere  elèrcìtato  le  fue  parti  veiibde''medeliinir  ano  al  fegno  di 
aver  tutti  loro  allevati  e  cuftodici ,  e  fìnalmeate  condotti  a  competente 
aiccomodamentoi  e  quello,  che  è  più.  di  avere  «  cale  Offgetto  privatQ Te 
Qeflb  di  motte  onoracimme  condotte ,  che  alla  giorniu  pli  andava  procac- 
ciando la Tua  buona  &ma  nell'arte»  appredb  a^nPrìncipi.che  per  averlo 
a'  propri  fèrvigj  gliele  offerivano,  rt  venire  (xt  a  far  menxtone  deU'ope- 
r^  Tue.  dicoi  che  molcìflìmeellefurono  in  numero.  Frale  pubbliche  iì-veg- 
gX>no  più  tavole  nelle  Chiefe  di  Lucca,  e  particolarmente  in  San  MìcheTo 
quella  del  Martirio  di  Sant'Andrea  Apoftolo .  la  quale  in  quelU  parte ,  che  è 
v^rtb  ilcornodelI'Evangelio.èbeltimma.  Nella  Santiffima  Trinità  è  quella 
^  Santa  Caterina  conajfcuniSjtmì;  ed  altcove  nfc  fono  altre  incoia,  che 
J^r  non  giungere  alla  perfezione  dell' altee  fii  cralafciano.  In  cale  di  par-, 
tìcolari  gentiluomini  fono  naoUc  fue  opere  degne  di  lodct  Ha  Niccolò) 
Provenzali  un  rìtcatto  di  un  Capitano  di  Ala  famiglia  a  cavallo:  e  yi  è  1& 
Fama  in  atto  di  piangere  fbpra  un  fepolcro.  con  belle  invenzioni  d'artni* 
prigioni  ed  altte^cole  alludeoct.al.yal0re  di  quel  lbldat«^  ^ontfjsrva  figli 
ancora  tre  quadri,  che  in  uno  è  rapprefentata  una  femmina. che  dipigne» 
e  certe  tefte  finte  di  juarmoi  che  pajqnorere*  In  nttco  è  iisumezzafi^urA 
i      .    .    ■  ignuda . 


PIETRO      TAO  UNÌ.       ì^s 

l04»i&ttf«  <BMlÌ  Glufllffalt  >»  MI  Mitra  è  £§Ìttt!0YQ\ÒKMikhtfÙlbtk9^ 

«rottttiti*  UtiUiki  édli  gttfl  tifoHwiOfie ,  In  olk -FcthceCiM  Mtniì  fono  in 
•Itti  auM  S  ùMm  ddt  PidifokidtHr  MMii  quidffl  toti  flftirt  atnMunle^  in 
«ftd  ÀbtittH)  «In  (àiedla  AfU  ««  ft  n|Ue<  mtl'  «tero  T«  beUft  RaadMie  il 
f^xto^Ctftt  Aiòlte  flidfte  ed  tnifllilL  m  Lilio  OrAcciftoe  tee  qudfh  in 
«IK» dn'^tfili riluto d«l  V«Uld0«in t  vedona In tfib méUk «fizitli di iiiMAe*.. 
i(d«ntl  ft  rivoli  I  mencce  ibiunggiiinmHio  i  cof^ucni  4IU  Aiorce  m  i«lc 
ed  iktHit,  éfa«  in  ffni  oiw  Mtti|Ui  rinutgeno  «ftitct^  o^iiiivém, 
èlio  liiMtt  ili  dttbbft»  €fiì  li  flIiMfdi»  fi  dfbM'dir  twfg»  In  2t  Mb  illf  • 
iii«»fi|lii«  •  élÌ»Q»«VMto.  Ntiir  ftlt^  qnidiiO  vediA  loitifl^ViIddhis,- 
dltt  il  fttbiótt  di  quel  &cio  d'iftti  li  ib^a  dil  ittt«4  d  dop««illirefltcf: 
gMMn  é  f«niklà]^rKid«iiniG»friaito,è'«<m'iìri  ciilpft  di«igi|lift  otfrfBH. 
«t  «  ttìiKé.  ìMttnwb  fefw  lUuiiè  ftiMblMi  tHé  fMAaiu»  alctuii  ikrv»:' 
•MHti/  «d  Itti  puctitto  «Tprefl» ttwlt»  il  rif»{  in  terfa  gUct  una  fifluli- 
H|ti«dlt»ippiiflinttta  pir  rOai«f  «lM!tiin«  in  nsÈhb  un  vafo  d*oro  piena 
A  «ofiifiiftif*^  «olle  ^tifU  dMrifi»  Wù  ^4M .  9et  Rti^ÌMo  Orfectl  tap-  ^ 
freiènco  un  convito  del  ricco  Epulone  e  Lasiero  ntAdwa  fedenw  in  Ut'^ 
-fa fra' cani»  opera  condotta  con  ^ndeftudio.  Per  lo  Ae^  fece  una  fto« 
fitdi  CkopiMa  e-Majfoanionio  «  -Pec-Gregorio  BarfeWi  egìof^<Mi  qiMMte»- 

Kande  del  convito  del  Farifeo,  e  vi  è  la  Penitente  Maddalena.  Ma  forfè 
ila  lópr'oithi  iltra  è  la  ptiCufaf 'cheli  vede  di  fto4  flMno  ntfl  Fllatzo di 
#n<Uft  Kepubt»(ica  fop^  la  ^ofta  d€l  Satont*  cioè  1*  immagine  di  Mari» 
tempre  Veimne»  con  San  Domenico  e  Sanu  Caterina.  BelTiflimi  ancora 
fon  due  quadri*  l:hè  egli  f4«e  p|kr  lo  MonaReto  dvSan  Poniliano,  a'  quali 
fu  dato  luogo  nel  Refettorio:  in  uno  è  la  fioria  dei  Martìrio  di  S«n  mr- 
tolommeo»  con  quantità  di  fatelliri,  in  atto  di  levargli  la  pellet,  nell'altro 
è  quando  il  Prefidente  h  dvar  la  lli^(ua  i  San  Pòt\ztano .  Védefi  nel  Re- 
fettorio di  San  Fridiatio  la  l>elk  ftérlà  del  OoAVitodl  San  Gregorio  Maglio 
a*  poveri  Pellegrini ,  dove  fi  ravvila  il  Sonore  fotto  la  forma  dt  uno  di  elfi . 
Stender  qtteft*  opera  in  largheaza  di  ftanoi  brac^  <  e  l'attezea  hi  b^ne  pro^ 
ftìnktnlùàt  le  £^;ur«  fon  maggiori  del  natunU*  ed  in  gran  numero:  rair* 
Mdo  pr^raco  per  quell'aBione  £  Vafi  d'oto  e  d'argemo ,  è  nobiliffiibo: 
balte  te  profp«tivCi  «  vago  il  eoriiponìmenco  ed  H  cònéertot  che  le  figu- 
re t  gii  anidialif  ed  ogni  akra  oofr  fiano  fra  di  loi^i  onde  non  mandlro- 
HO  beli'ififeani,  che  in  lode  di  quella  pitttirii  1  ficcome  d'altre  di  fuetto 
artefice,  diewro  Alon  eroditi  còmponimem! *  Molto  avrei  da  fcriif «re*  fi» 
io  voleÀ  ad  una  pettina  ftr  memÙMie  di  tane  le  opere  di  Pietro  P«»lini  t 
il  quale  finilmeniieeaticodrarthi  ed'onoMper  te  mone  lode  voi  ifue  litiche» 
diede  fiM  ti  córlbdeliuo  molrad  viro»  cute  dFalmo  \6Si*  FuilPaolini: 
fktott  di  gran  bietarria  «  e  di  noMle  iAveisiene  1  conduflè  le  fue  pittore 
eongfin  paadeniae  ftodio»  è  le  adomò  di  vt^iilffiinè  profpetttve,  ad  imi* 
laaione  del  Venmefei  ÌM>beno  nel  r«Ao  del  Am^  fare  par  che  feguitaflé  It 
uianlera  del  Pordenone .  Dilde  gmn  (aoM  «ila  foe  figure ,  vaiendofi;  di 
fbwi  profondi .  11  genio  fuo  pnrtieolarè  fu  di  iu  veder  cofe  »  che  «venero 

del  mgtco  e  del  ctMki  e  fire  queir  beiUffiuN  liuono  i  due  quadri,  cbe 

egli 


j6$    Dec^i>ùlV.ìlellaVJl!t. LMSilVSdtMìo.  titolo. 

«gli coleri  .rtiaoabfttt  di^  ^r  i;l|i|Ml«luiinUlD«R«lU  VAl4eAùn> 
foprai.quiiif  rancali»  di.Eaggìoiig»tilin*i»  di  4iiclt>imiru,c9f«fafciia. 
iagcgnorò.  SoitoKOj:  fFedSibent  .gt  ignuji  iibmchè  nV»lM>«^|Jc-  figMa. 
(icjl«  OmiBiier.  pei  Koln  nopiK^in£grair.l«.i*lnii«rib .  do^wAs  K^awM:-. 
l>ipinftiii:iiaiavigli><»rù'capncci  ed  ìiurcnzifitii  .di  irUIvù,  rf;hÀ^a9«r 
OQ  piffen  !  «d  uUnti^azìoni  ««tadincrchlSi'  «on  iigare  ed  ati» di  k8« 
propcHffim&J.  No&:dApinfe:niaiftfre(cQ.;:ini.nelle  piuurefftttpa^ctliQ^QM^' 
ùu  inibln  lode ■  '  ^àncun<)ue  yieff^aCpot  alcvnt  >>  A»Ug  quali' egU  noniftt 
IÌanlK«it£e8b^i;Tik'Uonia  diasiìinare)>uS(tBjs«rn«le,  csqlAfFiadKjaiia 
■unaduvifimeir.  oadenon  Àiii)anyi^ia>  «jtMCKli  in  que^e  pin<ins:&P«l^ 
swEKe  ùnofccrB  illiuviilareijeellequ!di,t:qi«:fiw«bTid):Sc*g^(i)>clin»^. 
pieftmavanp ...  Q^eOa <  fiiaM)UUetl.«  lirtmei  !Pa», Ali  toUt,  pfcà  tina: ^m 
gcaiiaine'liKniliaii  d)l£qtfi>  ad  i]Bjgqt|il«iPfi««devt«ccai«pgBsi|icadfi  ^«^ 
Kiza  dlingecnp  e  di  fiTpgllei-eryiiTe.  ciie.^Offiasw  dirC)  Rbc  egU  iwf  W>)i 
lafciati  in  diiablo .  dei  cpine  poflànp  cpil bene. «nirC  iiv  uno  ttegafcgMItffx 
leggiadria  di  tratto  ayvenentìlEnaijiiiuietwa.iiipuiiggiiibile  o^c  <oì»4cV-. 
l'-aric ,  .e  fpinto di  grande  QftiJUI:«  f^fSt^u.VIti muU  XOl»  Dveigli,  diS' 
illiiragnalarichiedsffe;.  .j..n.j  j  ^  •.,  .^ìlj    o.  i  in.  .    i.ji  ■■  .j.-..:...-- 


Il  UIJl.   u   tj   ili  . 


-'^'^  •'•■■PITTORE-  FIAMMINGO.^  :*:\.    :ì 

......        r      .  1;  ...  ;-.:li  t:       :...■',     .::■.!...■         ;   ,   ii  <  .      ,.  <■;       j. , 


JrcaaU'inno i$99. comparve  a.queftaiuce Giovanm  MttU fi- 

■gliuolodi  nn  alcroGiaranai,  nacì«odi(JIaeia^eFea  neti>£Ìafw 

ara.  orìeacale,  dtUa  nobttilBnu  città  d'  AaverGt.flon  più  di 

lèi  miglia  diftanteceicrcrciuto  iitccà o>[Dpecemet  fa  tppli- 

:  caco  agli  fliidj.deJ'difo|<no  fimala,^tkiplina  di  Gerardo  Zi- 

ghers  della  medefima  oUcà  d' AimnTa ,:  projellbu  di  ipìccutt* 

perùifLiìgure  grandi  al  naturale,  U  quale  rincainmiu6,lÀconao.la  propoa 

rami<ra4:nia  il  giovane,  che:  ecaidonoftdi'Un  gèmo.jniolto  nniverlàle,  e- 

dcliderolo  al  polfibile-dlsederu^uNiso  Ui;beUah«.  l'Itali*.,  in  colè  tppat-j 

tcnentiallenoftr'aiitii  lafcUteii.pttcrn*  deIo,.{iejie:pa&òaAom»..  Qui-* 

■vidied9fù)i.ftbdiareile^apare  più.  fii)gòlai>i:  degli  .antichi  cmodarni  nUKi 

ftri/ onde, canto  fopta.'  fè^ilèSb:  kjavahzòi  die  iniirevefeceficoiiofcaiieperv 

baonpictore,  tancochòftijiuicoopcrue.in  pubblicò  fin  privato..  .La  pri** 

ma  opera ,  che  .ufcitTe  da*  ludi  ^nnelU  an^udla  :gran.  città ,  £ii  :u<uxiy.ola  di 

figure-grandi  al  naiurale.  a>.cui'fu.dato.bj0go  infondo  alla. ClUfira.di £«4' 

M8rcinade;.Montì'j.incilaiqiuliuniia.l«c>TedecftJ»ilow«deU3«tie6qio» 

.  -  di  Co- 


e AV,    GIOVANNA    MÌEI.     ^6f 


A^^ikntino  pcà^'qwlR^oj^^  diifi^gmtcr-tó;  ftib  dì  Carlo 

xoiefe:.  Diplnfe :pot:iieUa  ulitefii  ddl'Aniipt /.entrimdo  d^Ha  porca  gran*^ 
4éa  «ano  fihifl:ra>:)a  CafìpellareGupblfiCta  con  .iftorié.  a  ireCcQ  della  yita-* 
dif  San  Lamberto r  ed  in  Jiiogo  apputico > ove  avea  per.avanti  dipinto  Pietro 
Téftaiuna  Nonziata;('la  qual  pitcora  eca  (lata  gettata. a  terra)  tornò  a  dir^ 
pigncre  un'  altra  immagine  pure  Ai  Mana  Vergine  Annunziata. ■  Per  lo^ 
Pontefice  Aleflandro  ViL  nella  Gallerìa' di  Motìceca vallo  dipinfe  la  ftaria^ 
dì  Molise»  quando  £i  icatuHr  V  aoqua  dalla  pietra.  Circa  a  quei  fneddimi, 
teitapi  il  cefebre  pKCore  Andrea  Sacchi,  avendo  avuto  notizia  delliruffi^ 
ciensa.di  qiieft' actefice»  non  purè  in  cicche,  apparteneva  al  fare  ^figure, 
grandi,:  ma  eziandio  a  dipigner  capricci  e  bambocciate ,  così  dette  per  eitert 
£itte  Ali  gttflo  del  pittore  Pietro  Vvander ,  detto  il  Bamboccio»  in  che  aye-t 
Ta. Giovanni  più  che  ordinaria  difpofizione,  ftrinfe  con  fecoamici/ia:  ie< 
Dion  folo  volevalo  del  continovi  a  diregnare  delU  proprja  Accademia  »  ma^ 
dovendo /egH  colorire  in  un  gran  quadro  la  moftra  che.fa  la  cavfLlQa^o,  Pori^ 
tificiav  lo  volle  in  ajutOé  e  condirne  h  grati  tela,  che  vedefi  òggi  nell'  ap^; 

SrxamentQ  terreno  del  Palazzo  Baiibexino  ;  ma  non  andò  molto,  che ,  0* 
Te  perufisdo  di  maligna  perfona ,  o  per  altra  aualfifofle.cagioiìe,  Andrea 
forte  fi  dÀfguftò  con  euò,  e  venuto  in.colieca  gli  difie >  che  egli  fé  ne  an^. 
dafle  a  dipignere  ie  fue  bambocciate  »  Allora  Giovanni ,  vedendofi  con  tali 
parole  punto  lìel  vivo,  fi  rimefleiCon  gran  fervore  a.  fare  iludio  fopra  le 
grandi  h|ure:  e  configiiato  dal  BerninOit  ccjp  cui  aveva  pure  contra,ita  noti 
poca  aniiftà,^  deliberò  di  fare  mX  viaggio  per.  la;  Ijon>fatardia,  come  quegli 
ancora,  che  non  prezzando  più; ohe  tanto  la  propri^grandinim^  abilità  nel 
far  piccole  e  tixezzane  figure  di.^apricci  e  b^^ìbocciai^e,  ardeva  didefiderip 
di.cft&durre  agli. ultimi- fegni  di  perfezione  la  propria  maniera>nell'inven-r 
tare  e  colorire  in  figure  grandi ..  Pofefi  egli  dunque  in  viaggio»  e  giunto, 
nella  città  di  Bologna,  copiò  molte  delle  più  fingolari  opere  de*  Caracci:. 
le  copie  delle  quali  a  maravigli^  condotte i  vennero  do.po  fua  morte  in! 
potere  di  Agoftino  Franzonifoo erede,:  e  oggi  fono  nellacittà  di.  Genqva.- 
Copiò  in  Parma  la  fiupenda  Cupola  deLCov^ggjo,  e  quivi  ed  altroyc^p^ 
quacbri  'deilo  ùtffò  di  mi^ior  grido.  .Tprnato  di  Lombardia  a  Roma.di^ 
ptnfe  per  una:  Cappella  di  San  Lorenzo  in  Lucina  il  miracolo  diSant'Ai)--. 
tonto  da  Padova ,  della  refiirrezione  del  figliupio  morto  ;e  V  inginocchiarfi. 


cappella  vicino  alla  camera  ddi  Pape,  alcune- fiorie  a  frefcor^e  cjrpa  U  p^^r 
definK>  tempo  color)  più  quadri  .con  figui?&>grandi  i  che  -furon.  mandati  in 
più  luoghi  del  Pi^inonte.  Ma  perchè  >^oiime  abbiamo,  detto  ^  egliebb^una. 
maniera  in  fare  invenzjlpm  di 'bambocciate ,  .bella,  fuor  di  ordinario»;  con- 
Ten negli  hti^  niolt^  ,^  dalle  .qmdi  r^r^  gi^n»  non^e  in^fjy^.  Torta  di  opere •. 
Per  Jo  Marcbefe. Raggi  fecene  due  in  quadri  lunghi .  in  vno  de*  quali  fece  ' 
▼édere  con  U^llo  artifizio  ìlc^tfc^e^ le  .m^fgherate  de\  Car/ievale  re  per  lo 
Jaoovjicci,  nobile  RomangfVdipìnfe^granqaia^vciiàdijpjccQle  fìgp^e  inun 
paefe,  che.gli  (^v^va^cnloriMvjQafpaco  PjJghecò  e  .quèfta  pittura  fi  trova 


358  Demntfr^MaPmJ.MSèeJ^.M^ 

oggi  nel  Palazzo  de^  ftiéi  «ÌMdi  t  9»  U»9m.  ftmrvfdL  GimrÉmii  foiw 

obDligaco  coli'  Emin6mÌffiiB»f  fmieòiit»  è  colCtraliMB  fuo  fipceUot  mt 
mille  ricevuti  benefisj }  onde  fiuM  Iqw  non  (blfmente  bdliffiiai  qMdci» 
ma  venuto  %  morto  (coi^s  poi  diremo^  voUo»  che  efli  foflero  gli  Medi  de 
(tao  avere.  P»r  Io  Duce  GiulUno  Stlviftct  fpcc  incline  opere,  dm  riofcir. 
tono  rodatiflimei  pecdiè  veramoace  le  cofo  f|M  non  ebbero  in  Roma  mU 
i|ore  applaufo  di  quello,  die' le  lo  aMflbio  quello  di  Micholagnolordiìle 
BetMgiief  e  ijinco  fi  ac^ofiuro»»  elle  uipniert  di  fitmboooio»  ime  £e  non 
fbfle  dito  quelcfae  vol€<t  un  cerea  ohe  di  pia  cigliente  t  farebbero  aflpluii 
ciQeme  ftate  credute  di  mana  delio  Aeflb  Itambpcoìo .  Ebbe  ifi  oine  nel 
Ilio  inventare  un  talento»  ehequafi  poffiamo  dire •  che  fofiè  ppo^riauMn^ 
te  fu9s  e  fu  di  rapprefentare  el  vivo  brigate  di  cialtroni,  monelli t  biiAo- 
ni  ed  filtri  a  quefti  fomigliaiiti ,  con  fifonomie,  gefti,  modi  di  veflife,  e 
eroeg  appropriati,  fiecpme  i  loro  ri|X)6o  rialti  dia  campagne;  concetto» 
che  in  quel  Fuq  tempo  ftce  tanto  fcoppio ,  che  in  un  fubito  di  .tali  inven-^ 
zionij!  volterò  provvedere  tutti  i  Qtbmetti  più  nobili  di  Roma,  di  Ftreii« 
ae  e  dUItrove  :  Frt  gli  altri,  bello  t  meraviglie  è  un  quaibo,  che  fina  moki 
di^  eecell«ntifl!mi  artefici  confèrva  in  fuo  Pelazzo  in  Barione  il  Mavcliefe  Ft« 
Kmo  Cerimi ,-  dove  vedeG  un  barone,  che  in  atto  di  federe,  attre^enitofi 
èlle  ginocchia  un  piccolo  fencltallo,  con  un  certo  fuo  ftracdo  gli  togUe 
l' immondezza  dalla  deretana  parte  •  Bd  ie  non  voglio  qui  darftntenM  !«•« 
tomo  al  fentimento  di  quei  tanti  «  che  diflero  e^r  la  pitture  un'arte  ^ 
desn^ ,  che  gr^n  torto  le  fiinno  c^oEp,  che  la  forzano  e  rapprefentare  in 
tulle  tele  9  non  pure  atti  9  4gure  lafcive  e  dif<mtfte,  che  pur  ftpi|Éimo 
elTere  centra  gli  ottimi  coftumi  criftiani  1  ma  eziandio  ogni  altra  cela  che 
tenga  iii  fé  del  fordido  ed  incivile,  che  (ali  appunto  pdSbno  dlifi  ateuni 
de'  capricci  di  coftui.  Dico  bene,  che  tanta  è  la  forza  dell' Imitazione , 
l^ropno  fine  delia  pittura»  che  in  e(tb  fi  revvifa ,  e  tale  e  tanta  è  Vappa. 
j^enì^a  di  verità  die  refulta  dalle  medefime,  che  non  è  chi  in  vedergli  non 
iréfti  prefo  da  maraviglia .  Ora  per  tornare  al  filo  deirifkorie ,  corfa  intana 
fp  la  fama  diqueftofuo  modo  d'inventare  e  colorire,  ebbe  egli  commino* 
ni  dtverfe  per  ondine  del  Sereniflimo  Carlo  Bmmanuel  Duca  di  Savofa , 
nelle  quali  avendo  incontrato  a  gran  (ègptio  il  genio  di  quel  Prinetpe ,  fu 
dal  medefìmo  con  replicate  inftanze  richiefio  di  portarfi ,  per  qualehe  ^- 
zio  di  tèmpo  almeno,  a  Turino  a'  fuoi  fervigi  1  e  cos)  l' anno  KS59.  il  lu 


tèmpo  almeno,  a  Turino  a'  fùoi  fervigi  1  e  cos)  l' anno  KS59.  il  Mfee 
Giovanni,  in  compagnia  di  Moiìf.  Lachefis»  lafcià  l«  cicti  di  Roma,  ed 
mcàmminofli  a  quella  volta .  Giunto  finalèiente  a  Turino,  fu  ricevuto  dal 
t>uca  con  tratti  di  benignità  ed*  amore,  egmli  al  defiderio  che  egli  avevo 
dvuto  per  lungo  tempo  di  godere  da  vicino  i  frutti  di  Aia  virtù.  Con« 
dufievi  moke  opere  per  quell'Altezza,  e  grandi  e  piccole  :  fra  le  grandi  1 
fatte  parte  a  frefco  e  parte  a  olio  •  fono  undici  florìc.  rapjirefi^ntanti  in  £• 
gure  quanto  il  naturale,  favole  delle  deit4  antiche  r  Fecevi  un  quadro  con 
lin  numero  infinito  di  piccole  figure,  acuidannotitolod*ÀfiembIea,cfie  in 
foftànza  rapprefenta  il  CQnvito  o  rinfreftp  de^ Cacciatoti .  Un  altro  fimile 
chiamato  la  Curea ,  ove  fi  vede  la  partenza  de' tCacc latori,  colla  canatteria 
ed  ogni  qualità  di  perfone  e  aeredc^  pec  (ervizio  iMIa  caccia .  Fecene  du^ 

altri 


,  CAV,   <fiOV4NNl    MIPI,        369 

{itti  M^U4>ta  i^piftori  con  pop^^4irf  ;  yoio  chi^i^atalo  ^n^ane  ai  BoffiOi 
laltro  il  Lafci^  cprrere,  ove  .veded  nab^lliUimo  paefe,  nel  quale  fi>no 
limola  lev^eri  in  »tco^  di  correr  diec;^p  ad  un  /cj^rvip .  Altri  Tei  ppr^^  ne  cqr^ 
^nHe  di  piccole  figurine,  rappréCencanti  cacce  d'aai|nali,4iver(i,  fra  bQfclu 
ed  aperte  cami)agne  .\  e  quefti  concanli  fra;  più  belli  ;  Queft*  ppere  «fc^ero 
tanta  approvazione  in  quelle  parti,  ch^  tu^te  tarono  intagliate,  e  le  carte 
rapportate  nel  libro  intitolato  Vfnem^  diftgm$9  e  ieffrittQ  dèi  Co^tc  Ama* 
deoéU  CaSellammonte .  Grandiflime  jFurono  le  rìcompenfe  »  eh'  e'  riportò  dal- 
la generofità  di  quel  Signore ,  il  quak  JGipenda.  che  non  poflejggoao  l  Mo« 
narchi  più  apprezzabil  tefbro,  con  cui  po{rano  degnamente  ricompenfare 
k  virtuofe  miche  de' grand'  uomini ,  J'arvicchìdel  ^adq  dì^  Cavaliere  :  é^ 
oltre  a  gran  quantità  di  danari,  dono^li  una  Croce  adorna  di  diamanti; 
ori  voli  di  gran  valuta,  ed  altri  nobilitimi  onorar]  gli  diede,  come  refetì 
Criftofano  Orlandi  fuo  difcepolo  •    .       '  ' 

Trattennefi  il  noftro  pittore  nel  ferVizio  del  Diica  per  lo  fpazio  di 
cincone  anni  in  circa»  trattato  alla  nobile;  ma  chi  avrebbe  mai  potuto  im- 
maginare, che  uh  benigno  gradimento  di  un  grande,  coìr  incontrarli  in 
un  affetto  riverente  è  lincerò  di  un  virtuofo  »  avefle  potuto  a  quefti  e(Ric 
elione  della  morte ,  e  cosi  fi)  «  Aveva  queft' artefice,  fin  da  qualche  tem^ 
pò  avanti,  incominciato  ad  anriojarii  di  Tua  lontanansia  dalla  bella,  e  da  fo 
tanto  amat^  città  di  Roma  ;  onde  ad  altjri  penfieri  .ormai  non  dava  luóg9 
tieli' animo  ftto^  che  di  tornarla  a  godere.  A  t^lei oggetto  aveva  &tta  piit 


VoltQ  ifìfifiXiV^:  al  Duca  della  licenza  di  partirli  t  quella  parte  :  ed  avevano 
&>Rp¥e.  rip^nttQ  inteoKÌoni  adattate  a  (ìio  detiKlerìo,  ma  non  mai  T  ultimo 
$ìi  contfiofpfle^PM^hè  il  Duca,  che  molto  amava  ed  eflb  e  It  virtù  fua^ 
non  trovaffe  .modo  diporcarfia  tale  refoluzioae.  Giovanni  moltiplicava 
le  fuppliche;  e  'i  Duca  aggiungeva  dimoftrazìoni  di  gradimento, e  didefi** 
dcrip ,.  che  c^i  aveya  di  lui  con.noovl donì,«d  altri  tratti  di cortefia,  &«* 
cendogli  intanto  introdur  nella  ftanza.  nuoye  tel^  con  nuove  coinmilfioni 
per  opQcare,  .ppometc^ndofi  per,  avveiitura.  quel  gran  Principe  con  calo 
amoroso  artifizio,  di  cogliet;gli  appoco  appoco  quel  defiderio  di  partire. 
Cornbfittftvano  a  tal  cagione  in  Uiovanm  dtie  afetti  :  uno ,  che  force  il 
premea ,  che  ef  a  di  veder  Roma.,  Ja  quale  ormai  egli  fi  era  eletta  per  fua  pa* 
triaj  parendogli  mill'anni  ogni  momento  d'indugio  :  V  altro  il  dolore 
ch*^'  provava  per  Ip  carico,  che  facevano  alla  gentilezza  dèli'  animo  fuo 
le  replicate  amorevolezze  di  quel  Signore,  al  quale  non  potevano  tali  in« 
cerni  fuoi  fen.t;imenti  efiier  noti  :  e  conia  cagione  de  L replicati  colpi  dd^ 
r.unae  dell'  altra  pafitone»  egli  cadde  in  si  graà  per^lelfiti,  e  di  tanta! 
appcenfione  fedo  carico,  che  perduta  del  £uo  cuore  ogni  allegrezza,  £enza 
di  cui  gran  fiicto  fi  è  che  V  uomo  viva ,  appena  fi  trovò  analito  da.  poca 
fisbbre ,  cagionata  da  accidente  di  mal  di  colla ,  che  non  potendo  a  quella 
ìaftta  canto  agglravaia  natura  ht  lefiftenza,  non  ojdahte  la  cura,  e  i  graii 
rimod)  tppreftaugli  jda  ^quel  Grande,  gli.fn  forza  venire  in  potere  della 
morte  s  il  che  fu  del  mèle  di  Aprile  1664.  dopò  ^^^^^  ^^^  ^^8^i  ^^  ^^'^ 

So.  Cuftiaino  ricevuti  i  Sancifilim  Sagcamentt  «  Aflifterono  al  fuo  tranfito» 
ozaiakuiLriiì^^cnÙGLdt  Jot.pérfone./..(^V4liorì  Corte^.il  Mar* 

• .  :.     I  *  "     A  a  chtfo 


370  Dectm,  IK  della  Part.  L  del See,  V.  dal  1 5 j  o .  */ 1  ^40. 

ch«fe  Hi  San  Getmano.  GoVéi^natbr«  (della  cini»  e^fl  IfepranhóraitiaM» 
Criftofano  Orlandi  fuo  diletto  difcepofo.  Furono  in  efècuzione  dtiUo 
tedamencot  Atto  già  in  Róma,  fatti  inrencarìare  per  órdine  ^el  Duci^ 
cocci  ifuoi  effetti .  culi' ttfliftenza  del  nominato  MarcheièdìSan Germano, 
e  per  mezzo,  come  fi  dice,  del  Marchefe  Pianezza,  inviati  «Genova  al 
fuo  erede  Agoftino  Franzonì;  ed  «I  fuo  corpo  in  San  Giovanni.  Ghiefà 
principaledelia  città,  fu  data  onor»ti(iìa)afepoltUra.  - 


CAV.   FRANCESCO    BORROMINO 

SCULTORE   E   ARCHÌtETTÓ 

Difitpùlo  del  Cav^  Bertùno,  nat9  1 599.  ■$i'  i66'/. 

■:  -    .    ,  .  -  ,  .    ;  i      ■        . 

RàiKefeoBorromtno, figliuolo  diGio.  DomenìcaCa^Ili  Bor- 
nxnincr,  che  fi  efercttò  in  cofe  d'  Archicecturz  per  la  nobil 
famiglia  de' Vifcqntit  ebbe  ifuoi- natali  nella  Terra  di  Biffo^ 
ne  aiL^odi  Lugano  nella  Dioceft  di  Como:  e'ooraecchè  egli 
avefle  CcKCito  dal  cielo  un  c«tnpcramemo  gàglìsrdo,  ed  una 
compleffione-R^ufta,  appena  cbbe«ompiti  inove  anni,  che 
hx  dal  padre  mandato  a  Milano,  e  quivi  accotnodaco  ad  ìiopaTaf  l*  acce  dì 
intagliatore  in  pietra-  nella  qual  profeflìone  fi  efèreitò  pertofpa^io  di 
fect^anm.mcirca,  cioè  a  dire,  fino  al  fedicefimo  anno  di-fuaetàr  nel  qual 
tempo  fi^  trovava  egli  già  tanto  invaghito,  non  pure  dì  quel  maftiere,  ma 
Hi  ogni  altra  cofa  appartenente  a  difegno,  che  prefb  da  defìderiodi  vedere 
e  ftudiave  le  ftupende  amichicài  di  R«tai ,  rifolvè  di  coli  porcarfi  :  il  per- 
chè intefofi  conatcuni  giovani  della  t\ia  età,  e  forfè  della  flefT* profeffio- 
lie.'fimefTe  in  viaggio  a  quella  volta,  fen»  però  Èrhé  alcton  motto  co*  ge- 
nitori ;anzichèì  it  puree  vero  dò  che  a  noi  fu  da  un  fao  confidente  «ap^ 
prefentato,  egli  affine  di  poter  comodamente  condarvifi',  andò  «  trovare 
un  tal' uomo  della  fteila  città  dì  Milano,  debitore  del  padre  fuo  di  certa 
Ibmiqa  di  danaro  a  Genio,  ed  in  nome  di  lui  tutto  il  decorfo  de' frutti  fino  a 
quél  giorno  rifcoffe,  e  con  tale  aflègnamentofè  ne  partì     Gionto  a  Roma 
jiTeie  fuaftann  nel  vicolo  dell'Agnèllo,  prefloa  San  GievannVde' Fioren- 
tini, in  un  appartamentadi  una  cafa  della  Compagniaiddla  Ftetà  de'Fio- 
reniìnì»  tenuto  allora  a  pigione  da  Lione  Gai'ogo  tuo  paeCanu  e  parente, 
che  faceva  figura  di  capo  maeftro  di  Icarpellini  ■    l^a  queftì  in  ben  prefto 
incrodotco  nella  fabbrica  di  San  Pietro,  per  quivi  attendere  con  gii  altri 
d]  tal'profelBone  ad  intagliar  pietre: .  e  ilettevi^^ocoupaM  moltp^  tèmpo: 
«irfierenziandofi  però  in  quello  folo  dagli  altri  >  cioè ,  che  dove  queftì  nel 
fcmpoaflcghato  alla  merenda  andavano  a  mangiare  o  a  ginocare  apiaflreUe , 
agli  entrando  in4ueUa!£ca^<$gfilica^  quivi  jipoiKc  «  dj^gnar  fi^on*  % 
I.  ;  mtforar 


/ 


nifivtf  pp(c{ d^l^cellitBKiin ,  «d  a(cri  (hn||  Aa»^i  qqeli»  fipvta^  «Iknqv^l^ 
d4jtu|^9,c|ft,i:ìhedìÀu9en40  fi  foof^gonec  «Affo  U  oiedi?fiin»r^r«  iOTiMr 
(pil  jrw|>9)  jisnio* .  £4  qual  OQfa^ avendo,  «oot  Ò^?à  gvfio  ed^apiffLira^QDi* 
odl^rjr^i il pekbfi^  ÀfchicejDto  Cario  Maderno  ^^anch\.eflb  fqo.  parente»  iai 
cqiiiH^ip a  dMgti  p^^^  tirai;  jin«e».9  mectere:  al.  pui^ 
lW>><  pr^^j  peniierì .  Seguì  i^tiGanto  Ja  mocce  di  Qre^octQ^V;  e  fu  agUa*^ 
to  al  Poncincaca  Urbano  Vili,  il  quale  ordina  al  Mad«rn*o  il  condur  di-^ 
lè|^i  diverfi  e  modelli»  non  pure  per  la  ftefla  Chiefa  dlSan  Piietroi  mt 
esEnndiO)  per, un  .Palazzp  per  Io  Prin(;ipe  Barberino»  fratello  di  Urbano; 
«  tgntp  inqyelii»  quanto  in  qq^fti,  volle  il  Maderoo,»  che  già^ii  troryayi^ 
sni^o. a^if a vaf odagli  aum»  ctie  il  Bprromino  fi  adoperafiié.»  cantocjiè  gli  i^ 
neced[ari9  abbandonar  del  tutto  V  an^  dello  (intagliar  pietre  »  ed  aU#  k^Xi 
Tarte  deiràrchitettura  interamente. de4ì?4rfi».  meti^re  U.Maderno:fi.'r<r^v;vA 
dì  un  tale  Bcecciuoìi  per  mifurare.  Or.^ul  fa  di  meAifiro»  por  ieguitare  il 
filo  della. (loria ,  il  portare  qualcofa  di  ciò  che  dicefi»  che  facelTe  il  Borro- 
mino  in  quei  primi  anni  del  Pontificato  d*  Urbano .  Primieramente  furo- 
no opera  di  fuo  fcarpello,  fra  gli  altri, lavori  fatti  in  San  Piqtpf)  »  quei  Che- 
-^  -     ^M  fi 

iibin 

topi       ___     .  -^-   , .  — . 

la  Cancellata  di  ferro  davanti  alia  Cappella,  del  Saatillìinq  :  o  molto  anch^ 
£  adoperò  intorno  a'difi5gni»e  modelli  per  Io  Palazzo  Barberino .  Seguì  poi 
la  morte  del  Maderno»  e  fu  dato  il  fuo  luogo  al  Cayalier  Bernino;  taa« 
toché  al  Borrominp.;  c^ome. a. quegli»  che  già  era  aflai  bene  incamminato 
nelV  arte  e  nella  cognizione  di  quei  lavori,»  che  in  fervizio  di  efla  Chiefa 
aveva  avuti  fra  mano  il  Maderno»  non  jfu  difficile  Tacpoflarfi  allo  fiefib 
Bernino»  «  non  folo  riceverne  buoni  precetti.per  Parte»  ma  efi^re  ancora 
adoperato  molto  in  cofe  appartenenti  alta  carica  »  eh'  ei  fofteneva .  Incomin* 
piarono  poi  »  checché  fe  ne  folle  la  cagione»  a  pafiàre  fra  *1  Bernino»  e'I  Bor« 
romino»  tante  male  foddisfiizioni  »  che  feparatifi  V  uno  dall'altro  »  non  mai«> 
più  tornarono  ali*  antica  confidenza  ;  anziché  eflèndo  riforta  in  tempo  d' In- 
nocenzio  la  vociferazione»  incominciaufi  fino  negli  ultimi  anni d' urbano ^ 
intorno  alle  crepature  vedutefi  nella  fàcdatardi  San  Pietro»  fattefi»  corno 
allora  fu  per  ognuno  detto  e  creduto»  non  fo  con  quale  fondamento  di 
verità»  dagli  due. campanili  eretti  dal  Bernino:  ed  eflendofi  a  tal' effetto 
iragunatè  congregazioni  d'Architetti  davanti  al  Papa»  e  d' alcuni  fra  di  al- 
tri flati  dircepoli  dello  fleflb  Bernino»  e  fra  oueftì  il  Borromino»  egli  più 
forte  di  a«(ni  altro  »  inveì  contro  il  Bernino  lui  fieiTo  prefente .  Ma  quar 
lunque  fi  ^fie  la  verità  del  fatto»  e  'i  merito  di  ouella  caufa^  intorno  alla 
quale •  a  difefa  del  Bernino»  abbiamo  noi  diffiuamente  fcritto  nella  fua 
yita»  dedicata  alla  Sacra  e  Reale  Maeflà  diCriftina  la  gran  Regina  di  Svi^* 
zia»  egli  è  certo»  che  quello  artéfice  fu  di  cótal  trattamento  col  maeftrp, 
certamente  non  troppo  convenevole»  poco  Iodato.  Tornando  ora  airone^ 
razioni  fue,  egli  nel  Pontificato  di  Urbano  cavò  le  fondamenta»  ed  ^zò 
la  Chiefii  della  Sapienza»  la. quale  continovò  in  tempo  d'Innocenzio,  e 
finì  fotto  il  governo  di  Aleflandro  VII«  Regnante  pure  Urbano  erafi  fatt* 

A  a  X  con 


174  DecetMM4etl^P'drt.tdd^^^ 

con  fdomodMIo  e  «ffiftenkfr  IiChièfiitfCdnYetièffi^tiiftOrloidlè^^^ 
crd  fóftchMb  eoUafac^Uc^ iMt»  iiie|i«fiiMGhìèA  e  nel  Mitt|^'d'itinttwihi 
ano  i*  grifi  fìbbrica^  che  é  fiieé  di  n««WneHk  B«tó(^^dl'Sib  Oiévànni 
Lbierano,  la  qtfdft  irittfetdigi^A  ibdi^fa^oiiè dèi  Papa, '^^ 
«ia|iikrcmza  e  vagké^tà ,  dia  per  eiftvdMi?eiiiito  tl^Bòtfrdfaliino  il^Hj^ué 
ili  «^ gfk AdifTtmè  difficòkà  | onde  quei  Pbhce^ce^Io  Volliè  phore«Qlft<^iiié ri* 
coiii|fènft)i'e .  Ordinò  pertanto» che  oUce  ad  un'ofistodiCanGelletia^tlonaf 
togli  quando  diede  prtncipia  alla  fabbrica»  fpfle  diftefo  per  luiùnChirógn- 
fDdi  tremila  feudi;  il  che  feguì  nelPahiZEO  diMontecavàlIo  alifip;  di  Di^ 
èembre  del^ Kf^iL  ed  tnohre  comandò  a  VirgrKcySpada  fua  Cameeièfèi  èi 
Eiemofihire  fegreco,  che  gli  £icefle  fpedire  uh  Oreve  per  lo  dohaiijro  ètìlté 
Croci  e  abito  di  Cavaliere  »folicodartt  a  così  fòtti  virtnofi •  Non  ^dè  tnó!^ 
to»  ohe  lo  flelto  'Pontefice*  con  buona  oteafiòne  dom^n^^o  ìspida  .'(p 
il  Borpomino- foflb  uncòra  fiata  data  la  croce:  e  Tenti  to  che  nò,  di'fuKro 
fé  lo  fece»  per  mezzo  dello  (leflb>  condurre  a  i  piedi,  e  di  fua  propria  ma^ 
no  alla  prefenza  di  lai  glipoTe  al  collo  una' bel  fa  collana  d*  oro,  dalla  qua- 
le elTa  croce  péndea  »  accòmod^ande^  T  azione  con  parole  tiitte  piene  di  gra- 
dimento e  di^  lode  di  Aie  virtù  e  %  co^  il  Borrommo  in  tal  modo  onorato 
da  quel  Pontefice  •  cd'lirricéhito'  di  prègio  di  Cavaliere ,  con  eiTa  Collana 
e  Croce  (é  n'ufci  dàlie  {lan^e  avifta  di  tutta  la  Coree  il  giorno  delH  %6. 
di  Luglio  i6st:  fefiività  di  Sant' AnnsT,  Dalfó  (tefla  Papa  gli  fu  ordinato 
ancora  il  fare  il  difegno  per  la  Chie&  di  Sam' Agnefa  in  piazza  Navonav 
Quefta  però,  a  cagione  di  rottura  feguita  fra  eflb  e*l  Prìncipe  Pan jfH io»  do» 
pò  la  morte  del  Papa  non  èbbefìne'per  manofutf^  eilànd^ftata  la  Ceciata ^ 
dal  cornicione  del' prtmoordine  in  Tói  fótta  con  dtfegno  di  altro  maeftro. 
La  parte  interiore  della  Chiefà  tutta  fu  dì  fua  invenziofte;  ma  gli  ftucchi 
Jton  gtà^,  né  tafnpoco  il,  làftterttiito.  Ridufle  ahella!  fimetria  il  Pàlafzo^ 
Talconieri»  per  li  quali  fabbrico  la  bella  Cappella,  che  è  la  maggiore  èi 


jiisTio:  e  ja  la^onca  aeuc  nuove  aDuazioni  oe  raari  aena  Wiongregazronc 
deir Oratorio  di  San  Filippo*  Neri;  e  1^  Orologio:  ficdome  ancora que4la 
del  Collegio  de  Tropagondà  Fide%  còlla  Chiefa  e  fìtccìbta.  Similmente  la 
Croce,  Tribuna.  Cupola  e  Cafl!ipar(ilè  di' Sant'Andrea deite  Fratte»  per 

auelìi  del  Bufalo ,  chereftò  imperfetta,  ma  però  confervafene  tino  a  que- 
i  tempi  il  modello.  Per  la  Duchtfla  Latera  fece  la  Chiefa  e  Monaftero 
delle  Monache  della  Madonna de'fette. Dolori,  fòtto  San  Pietro  in  Monto* 
rio.»  infieme  colla  facciata,  la  quale  pure  non  è  condotta  al  fuo  fine»  ma 
Ve  ne  reda  il  modello.  In  San  Girolamo  della  Carità  fu  fktta  con  fuo  di* 
(^no  h  Cappella  per  lo* Cardinale  Spada,  nel  Palazzo  di  cui  fece  ancora 
la  bella  profpertiva.  Al  Cardinale  Fiioroarino  conduile  un  bel  difegno, 
che  fervi  per  fabbricare  ili  Na^li  una  dia  Cappelli  fotto  l'invocazione 
delia  Saììtiilima  Nunziata  ,  che  fu  detta  la  Cappella'  del  Teforò ,  in  una 
chiefetta-  di  cflà  città .  Per  lo  Palazzo  del  Cardinde  Carpigna  alla  fontana 
di  Trevi  fece  la  bella  ficaia  lumaca  r  e  gettò  le  fondamenta  del  recinto  dei 
'    '  medefimo 


^  ^      CAV.  ERANC.    BORROMINO.       375 

ioedeflmoF^daaao:  ed  altri  nokìffimi  difegni»  e  modelli  di  nuove  fabbriche 
e' redauruiimi  fece  »  che  io  non  iflò  a  raccontare,  jier  fuggir  lunghezza» 
inftandoffli  l'aver  dato  cenno  delle  più  fingolari,  e  rinomate  »  perchè  ve»- 
jnnMTOté  egH  è  fiato  un  molto  valorofo  art«&cei  pieno  dr  concetti ,  e  d' iiiu 
.Tensione  :  e  certo  dìe^fe  egli  talvolta  i  per  defiderio  difisir  cofe  »che  avelie^ 
ni  del  nuovo*  non  avefie  voluto  ufcir  troppo  di  regola»  potremmo  afferma- 
te  f  ch^e'  non  avrebbe  mài  fiitta  opera,  che  non  fede  fiata  degna^  non  pu^^ 
re  di  lode,  ma  eziandio  d^  ammirazione.  Trovavafi  quefio  virtuoio  negli 
ultimi  fuoi  oempi  di  aver  fatto  raccolu  di  tanti,  e  sì  diverfi  difegni,  e  pen«. 
fieri  xla  fé  inventati ,  e  ridotti  ai  pulito  in  varie  occafioni,  e  per  diverfi 
perfonaggi,  e  talvolta  ancont  per  proprio  gufto,  fecondochè  gli  s'  erano 
rapprefentate  allàfansafiak  beile  idee*  dico  di  Templi,  di  Palazzi,  e  di  al- 
tre nobili  fabbriche;  onde  affinchè  tante  fue  fatiche  colia  fua  morte  non 
rìmanefièro  (epolte 'in  danno  dell' uni veriàle:  ed  ancora  perchè  reftafle  pili 
noto  al  mondo  il  fuo  lapere,  determinò  fame  un  libro,  perdoverfi  inca** 
gliare  infame  :  e  però  tatto  chiamare  a  fé  il  Barriera  intagliatore ,  diede^ 
gli  in  prr£EU>  luc^  i  difegni  della  Sapienra ,  e  fecegli  intagliare  la  pianta, 
ralzata  interiore,  e  deretana  parte  «  Fecevi  anche  incagliare  la  facciata  del- 
POcatoriodi  San  Filippo  Neii  coir  Orologio,  il  tutto  con  ifpefa  di  quattro- 
cento feudi  ;  ma  averulo  la  morte  troncato  il  filo  alia  totale  efecuzionedél 
1^1  penfiero»  reftarono  intagliati  folamente  i  pezzi  r  che  detti  abbiamo» 
de  i  quali  vennero  i  rami  in  potere  del  nipote.  Ilcafo  della  morte  di  que« 
fio  valorofo  nomo,  come  fu  detto ,  e  iiecome  ancora  ne  corre  la  fama ,  oc- 
corie  nel  feguente  modo .  Era  egli  fiato  folito  di  patir  molto  d'umore  ma^ 
itncomco,  o  come  dicevano  alcuni  de' fuoi  medefimi,  d'ipocondria,  aca^ 

nelle 
e  fìifo 
in  «n  continovo  penfàre,  che  fuggiva  al  pofilbile  la  co'nverfazione  degli 
nomini,  fiahdofène  folo  in  caia,  in  nuir altro  occupato,  che  nel  continuò 
giro  de' torbidi  penfieri,  che  alla  fua  mente  fomminiftrava  del  continovo 
quel  nero  umore  :  ed  erafi  ormai  ridotto  a  tale ,  che  il  mirarlo  folamente 
età  una  compaflione,  e  per  Io  firalunar  d'occh) ,  e  ^1  guardar ,  eh'  e' faceva ,  lan- 
ciando di  óunto  in  punto  occhiate  fpaventofe ,  che  mettevano  altrui  gran 
terrore,  fi  P^re  Orazio  Gallerà ,  fuo  Parrocchiano  e  Confeflbre,  non  la«> 
fieiava  di  fiir  le  fue  parti ,  opponendofi  alla  forza  di  quelle  fue  tenaciifime 
apprenfioni  con  varj  conforti,  i  quali  erano  dal  Borromino  ricevuti  con 
gufto,efbmmiffione;  ma  perchè  alladenfiffima  ipocondria, ed  apprenfione 
depravata  dall'umor  malinconico*,  aggiungevafi  in  lui  un  grande  afianna» 
che  pareva  procedere  da  alterazione  dello  ftomaco ,  egli  talvolta  veniva 
in  gmndi  fmanie.  Stando  dunque  le  cofe  in  quefii  termini,  un  giorno, 
che  fu  il  primo  d'Agofto  dell'anno  16Ò7.  andò  per  vifitarlo  il  fuo  nipote» 
che  fii  cortefemente  accolto  :  e  perchè  quel  malore ,  per  grande  eh'  e'  fi 
fofie,  non  lo  teneva  fermo  in  letto,  partito  che  fu  il  nipote,  egli  fen'an^ 


gìone  delia  quale  infermità ,  congiunta  alla  continua  fpeculazione 
cofe  dell*  arte  fua#  in  proceffo  di  tempo  egli  fi  trovò  sì  profondato 


A  a  3  lafcialTe 


374   Demn. lV.déUa?ar$A.delSec.V.dali6io:>ali6i^o. 

kfciafle  dormire»  per  eflereìl  fonno  anice  rimedio  al  foo  tnale.  Tornò 
Francefco  a  far  diverfe  voice  la  medefinu  iattanza  ;  e '1  fervicore  collo  fiefl» 
motivo  femore  fé  ne  fcusò.  Allora  il  mifero  uomot  aflalico  da  nuovo  im** 
pultb  di  malinconia»  proruppe  in  quefte  parole.  Io  non  poflb  dormire* 
non  fon  fencito»  non  mi  voglion  dar  lume^  non  poflo  fcrivere:  e  dato  di 
piglio  ad  uno  Ipadino»  eh'  e'  teneva  a  capo  il  lecco  f ralle  candele  benedetie» 
con  eflb  fi  crapafsò  il  corpo  air  in  fu  verfo  la  fchiena»  e  così  ftranamenn 
ferito»  e  trapafsaro  da  quel  ferro»  cadde  dal  lecco  in  piana  cerra.  Coi^» 
benché  cardi»  al  rumore  della  gran  caduca»  il  fervente  colla  lucerna ,  e  ve* 
duco  il  miferando  fpectacolo»  s*  affrectò  in  chiamare  il  cerufico  »  coU*  a)utO 
del  quale  pofelo  a  lecco.  Francefco  allora  rifvegliaco»  erodalo,  e  facco  la- 
vio  dal  cerror  della  morte  «  ch'egli  già  vedeva  preftnce,  diede  mano  air ac* 
comodamento  delle  cofe  f uè .  Fece  teflamenco  »  eleggendo  per  fua  fepolcu* 
ra  quella  flelTa  »  ov  'era  ftaco  pofto  il  corpo  di  Carlo  Maderno  »  in  S,  Giovanni 
de'riorentint:  lafciòlalua  eredicà  al  nipoce.  Del  Cardinal  Carpigna  volle, 
che  fofse  cucca  la  fua  argenceria  con  due  collane  d' oro  »  e  duemila  Icudi 
in  concanci:  ed  a  colui»  che  per  puro  zelo  di  fua  falute  tvevagli  negaco 
iliume,  lalciò  cinquecento  feudi .  Ricompensò  cucca  la  fuafervitù>ed  altri 
legati  fece  •  Eran  già  pafsace  venciquactr*  ore  in  circa  »  dopo  il  luo  ferimen- 
to» quando  fopraggiunco  da  fubico  accidence»  come  fi  crede»  di  fopcab* 
bondanza  di  (àngue  ftravenaco  »  egli  diede  fine  al  fuo  vivere  il  giorno  deK 
li  a.  d'Agofto  1^67. 

Fu  Francefco  Borcomino  uomo  di  grande  e  belPaf{>e€to»  digroflè  o 
robufle  membra,  di  force  animo,  e  d'alci  e  nobili  concetti.  Fufonrio  nel 
cibarfi.»  e  vide  caflbmente  .  Scimò  molto  T  arce  fua»  per  amor  della  quale 
non  perdonò  a  facica*»  anaichè  affinchè  i  fuoi  modelli  riuiciirero  d^inte^ 
ira  pulitezza»  &cevaglt  di  cera^  e  talvolta  di  terra  »  colle  proprie  mani» 
All'amore  dell'arte  ebbe  congiunto  ancora  non  poco  fentimento,  e  aelot 
in  ciò,  che  alla  propria  (lima  e  repucazione  appaicene  va;  onde  non  rollo 
per  ordinario  por  mano  ad  opere»  che  non  avefiero  aflai  del  grande,  co^ 
me  Templi,  Palazzi  e  iimili.  Non  foctofcriCTe  mai  mifure  fitcce  per  mano 
di  fuui  giovani,  dicendo  non  convenirii  air  archicecco  alerò  fare  »  che  di* 
legnare  e  ordinare,  e  procurar  che  il  cucco  fofiè  bene  dfeguito.  Moflfo  dallo 
fteifo  fencimento  »  non  volle  mai  ingerirfi  in  traccad»  o  incereffi  di  Capimaé* 
Ari  èco'  padroni  delle  fabbriche.  Non  fu  mai  Doffibile.il  farlo  diiegnare 
a  concorrenza  di  aicun'alcroarcefice;  ed  una  volta  diede  una  coftame  ne« 
gaciva  ad  un  Cardinale  di  gran  merito,  che  il  per(uadeva  a  farlo  in  cofa» 
che  dovea  fervire  per  le  fabbriche  del  Lovre  in  Francia;  foggivngendo » 
che  i  difegni  erano  i  fuoi  propr)  figliuoli:  e  non  volere  »  che  ^ino  an* 
daifer  mendicando  la  lode  per  lo  mondo,  con  pericolo  di  non  averla,  co-» 
me  talora  vedeva  a  quei  ds^gli  altri  addivenire.  Pochi  giorni  avanti  alla 
fua  morte  diede  alle  fiamme  cucci  quei  difegni»  che  egli  aveva  deftinaci 
all'intaglio  »  e  non  avevalo  potuto  effettuare  ;  e  ciò  fece  per  timore»  che 
imedeiioiì  non  veniflero  in  mano  de'  fuoi  concrar)»  i  quali  o  gli  deffe- 
ro  fuori  per  lor  proprj  »  o  gli  mutaflero.  .  Non  fu.  punto  fignore^tato 
dal  defiderio  di  roba»  il  quale  cenne  fempre  foggetto  a  quello  della  glo« 

ria; 


CAK  JPRANC.  1S0RR0MIN0.        17J 

rii;  onde  per  lo  pìii  delii  rw^i  difegni»  piodelli  ed  affillenze»  fé  non  fòt 
leroflftci Pontefici f  non  Yolet  pigliar  danarot  affine,  com'ei  dicea,  di  pò. 
ter  operare  a  modo  fuo;  anzi  dagli  fleffi  Pontefici  prefe  (blo  quello  »  che 
gli  ftt  dato»  fenza  domandar  eoa* alcuna .  In  fomma  fu  il  Cavaliere  Horror 
mino  uomo  degno  di  gran  lode:  ed  a  lui  dee  molto  la  beir.arte  dell' Ar^* 
chicetturat  come  a  quegli,  che  non  folo  fé  ne  valfe  con  vario  e  bello  fti-» 
le  in  egregie  fabbriche  •  dentro  e  fuori  della  nobiliflima  città  di  Roma  $ 
ma  eziandio  Tefercitò  quanto  altri  mai  con  nobiltà  e  decoro . 


PITTORI     DIVERSI 

CHE    FIORIRONO    IN    <l.UESTO    TEMPO 

NE'    PAESI     BASSI. 

Jr ACOPO  BACKER ,  che  nacque  nella  città  d' Haerlinga  V  anno  j6o9. 
I  fu  buono  inventore»  ed  ebbe  buoniflimo  colorito:  intefebene  l^iffnti* 
Of  e  ne* ritratti  fu  molto  lodato.  Abitò  qualche  tempo  in  Amfterdam# 
Vedefi  il  fuo  ritratto»  fiitto  con  fuo  difegno>ed  inugliato  da  Pietro Balliù  « 

GIOVANNI  VAN-HOECK»  Pittore  d'Anverfa»  arendo  apprefa  r  arto 
dbi  Pietro  Paolo  Rubens,  venne  in  Italia,  dove  fu  reputato  molto»  parti-» 
colarmente  nella  corte  di  Roma»  ficcome  in  quella  deirimperadore:o^« 
rò  per  digerii  Principi»  e  Signori;  e  finalmente  finì  il  corlb  di  fua  vita 
Tanno  1650. 

ADRIANO  VAN*NIEULAHT»  nativo  d'Anverfii,  attefe  all'arte  della 
pittura  in  Amfterdam  appreilb  Pietro  Ifacx»  ed  aipprefib  Francefco  Badena» 
e  riufd  valente  in  piccole  figure  e  paefi,  e  conduflè  molte  ftorie  del  Tefta^ 
mento  Vecchio.  Stette  gran  teinpo  in  Amfterdam  >  ove  viveva  Tanno  itftfi*' 
in  età  di  cinquantanove  anni.  Fece  fuo  ritratto  Cornelio  Janfiens»  che  fu 
poi  intagliato  da  C»  Waumans . 

PIERO  FRANCESCO  o  FRANCHOYS»  natoinMalinesdiuntalLuca 
Francefco  di  Malines»  fu  buon  pittore.  Vedefi  alle  (lampe  il  fuo  ritratto ^ 
intagliato  dal  Wamnans,  Falsò  da  queft'  all'altra  vita  Tanno  1654* 

GIOVANNI  BOT»  che  abitò  molto  in  Utrecht  fua  patria ,  fece  beno 
paefi  con  dolce  maniera»  buona  macchia»  e  bene  accordati;  gli  adornò  di 
figure  e  di  animali  con  buongullo.  Vedefi  il  fuo  ritratto  in  iuampa,  inta« 
gliato  dal  Waumans  da  originale  dipinto  per  mano  di  Abramo  W illaens. 

Aa4  DAVID 


}7  ^  Decotti. IV.  deth  Part.  IdélSéc.  V.M  1650; al  1 6\o. 

DAVID  BECKt  Piccare  e  Valletto  di  Cttm«rà  della  Mabftàdellr  Re- 
gina di  Svezia»  Ai  mandato  per  dipignere  perfione  illoftri  delia  Ctìftianità: 
fu  nativo  della  città  di  Delft.  Fece  il  ritratto  di  fé  flefib»  che  fi  è  poi  ve^ 
duto  andare  in  iftaìnpa  9  intagliato  da  AntoEA>  Coget . 

TEODORO  ROMBOUTS,  fo  anche  egli  buon  pittore.  Nacque  inÀa* 
veria  V  anno  1597.  e  pafsò  all'  altra  vita  Tanno  i6n. 

TOMMASO  WILLEBORTS  BOSSAERT ,  nacque  a  Berga  fopra  il 
Zoom  r  anno  i<Si  3.  Fu  Tuo  maeftro  nell'arte  Gherardo  Segers .  Operò moU 
co  in  figure  grandi  e  ritratti  al  naturale.  Fu  molto  adoperato  dall' Altezza 
del  Principe  d' Orangeat  Arrigo  Federigo»  e  da  fuo  ngliuolo  il  Principe 
Guglielmo >  liccome  da  altri  gran  Principi  e  Signori.  Viveva  inAnverfa 
l'anno  \66i.  Fece  il  proprio  ritratto  in  pittura»  che  fu  poi  dato  fuori  in^ 
tagliato  cb  Currado  Waumana . 

BUONAVENTURA  DI  PIERO,  che  in  Anverfa  Panno  1514.  fu  buo- 
niffimo  pittore  di  mari,  calme  e  temoefte»  fece  bene  ogni  fona  di  navil;» 
galere  e  battaglie  di  mare  ;  conobbe  V  Orizonte  :  fu  dolce  nelle  fue  lon- 
tananze, e  fu  buono  imitatore, di  ogni  forta  di  edific) ,  città  e  caftelli ,  Fo 
dipinto  il  fuo  ritratto  da  Giovanni  Meyfiens,  e  ftampato  da  Vincislau 
Hoilar. 

FRANCESCO  WOUTERS,  nacque  a  Lira  Tanno  1^14.  e  allevato  neU 
la  fcuola  di  Pietro  Paolo  Rubens,  fece  tal  profìtto,  che  fu  chiamato  da* 
Ferdinando  II.  Imperadore»  per  eflfere  fuo  pittore ^  ma  eflendofene  anda- 
to col  fuo  Ambafciadore  in  Inghilterra,  giuntovi  appena  1'  anno  1637.  vi 
ebbe  la  nuova  della  morte  di  quel  Monarca;  onde  poi  fi  pofe  al  fervizio 
del  Principe  di  Galles;  e  dopo  efier  dimorato  qualche  tempo  a  Londra , 
fé  ne  tornò  inAnverfa,  dove  viveva  l'anno  i(ftfi.  in  molta  ftima  degli  ama- 
tori dell'arte  « 


ANDRIESENS,  chiamato  Mancke a  Heyn  d* Anverfa»  fa 
buon  pittore,  e  finì  il  corfo  di  fua  vita  nell'anno  1655* 

D  AVI  D  TENIERS  il  giovane,  fu  pittore  eccellente  in  piccole  figure ,  e 
paefi  in  Anverfa  fua  patria,  ove  nacque  Tanno  \6io.t  dove  ftudiò  apprefib 
si  proprio  fuo  padre.  Condufie  opere  belle,  tanto  pel  Re  di  Spagna,  che 
per  altri  Re:  ficcome  ancora  per  V  Arciduca  Leopoldo  Guglielmo,  per  lo 
Vefcovo  di  Gant»  per  Io  Principe  Guglielmo  di  Grange  ,  e  per^^iù  altri 
Principi  e  Signori,  ed  amatori  dell'arte.  Fece  da  pei^fe  ftefib  il  propriori* 
tratto,  che  fu  poi  intagliato  da  Pietro  de  Jode . 

Fu  anche  in  fimile  facoltà  di  far  piccole  figura  ftimatifliiiio  RUBERTO 
VAN'HOECK  Soprincendente  delle  fortificazioni  per  fervizio  di  Sua 
Maeftà  in  diandra.  Nac^ae  anch' effo  nella  città  d'Anvcrà  :  e  dell'opere 

fue 


^  RUBERTO.    VAN'HOBCK.       fjf 

file  «ccefe'grftn'jdefidetia  ne.  i.Grthdi  desi  fgp  tMBp^;,  ^non  pule  ^  VUtfi 
odleoza Jorai  quanta  psilU  fuiitàdelle  medv&iil» ,  Fn  dipioroa)  nacutete 
(kGonCkio  Coques;  ed  il  iitr«|D9  ffkpdi  dato  iJle  ftimp^coninctgls^  del 
Caukercken.  -  '    .»  .      ,  ,       .       :>  ,  ..^^;  ,,;,,:/a 

GIO.  BATISTA  VAN-HEIL  ,M»cq«e  inBruCblIes  Tanno  xtfop.e  rìofcl' 
buon  pittore  e  invencorej:  cinto  incofe  di  devozione»  quanto  in  altre  4 
ritrafle  bene  al  naturale,  e  di  fuoi  ritatti  abbellì  faa  jpiatrta.  Fu  fratello 41 
Daniele  e  Leone  Van-Heil|  i  quali  tutti  erano  vivi  l'anno  i6tfi. 


Ebbe  anche  la  città  di  Brufelles  PIETRO  MEERT  buon  pittoiftt  il  «ut 
ritratto  vedefi  intagliato  dal  Caukercken. 


GIOVANNI  VANDEN*HECKC>  veone  inlttlja/eibttecigitii  tem»^ 
pOt  ove  fu  pittore  del  Duca  di  Bracciano;  poi  fi  fermò  in  Anverui*  Aveva 
avuti  i  natali  in  Quaremondar:  e  fatti  granai  ftud)  in  pittura  >  diede  a  ve^ 
deré  opere  lodatiffime  in  grande  e  in  plccolor»  di.ft^.cte»  fiorir  ed  animali  v 
Fece  anche  il  ritratto  di  ina  perfona»  che  fii  iiHagltato  per  m^^  di  Cbc* 
rado  Waumana;  operò  ancofa  bene  in  pittura»  in  lAorie  ^  <ritraMi  LUCA 
FRANCO  nativo  di  MalineSiche  viveva  l'anno  idtfi.  fece  il  ritratfio  di  £b 
fleflb,  che  poi  da  Currado  Woumana  fu  intagliato  » 

CARLO  da  SAVOJA,  fior)  nelle  parti  d'Olanda»  avendo  avuto  fuoi  na» 
cali  in  Ah  verfa  :  e  riufd  bravo  pittore  in  piccole  figurine  ignude  »  Si  diletiSp 
d'intagliare  in  acqua  forte»  eira  altre  c^e  eh'  e'  f^ce,  fu  il  proprio  rittacto* 

GIOVANNI  MEYSSENS»  nacque  in  Brufelles  alli  1 7.  di  Maggio  del  1 61 2. 
tenne  fuaftanzain  Anverla»  ove  aictefe  a  fare  ritratti  al  naturale.  Sidilet* 
tò  olcremodo  di  ciò ,  che  appartiene  alla  c<^nizione  delle  ottime  ftampet 
delle  quali  fece  particolare  profeffione  •  RitrafTe  fé  ftefib  1  e  '1  ritratto  fu  poi 
intagliato  da  Cornelio  MayfiTens. 

Fu  in  Italia  per  gran  tempo  GASPARO  de  WIT  »  il  quale  in  grandi  e 
in  piccoli  paefi  e  in  rovine»  a  olio  e  a  tempera,  diede  gran  fegni  di  fuo 

«lorc,  con  che  -^""-*^  '  ^^—^  ^-  --'-^   «-^-^^^t  ^  n: :  .  ^^:  r.  ^^ 

pa&ò  in  Francia 

no  i66z.  Fu  ritratto  al  naturale  da  Antonio  Góebou 

Riccardo  Collino  intagliato . 

PAOLO  del  PONTE  »  nato  in  Anverla  l' anno  1 60) .  fece  fuoi  fiud)  prelTo 
Luca  Voftermansi  ed  anche  appreflb  al  Rubens:  e  con  fuo  intaglio  dolce 
diede  a  vedere  bei  parti  di  foe  fatiche.  Intagliò  ancora  opere  del  Vandich» 
e  fra quefte  il  ritratto,  che  egli  aveva  fatto  di  fé  fieffo .  Quefto  Paolo  fu  ri- 
tratto al  naturale I  ed  il  ritratto  fu  da  Jode  intagliato .   * 

PIETRO 


i»lore,  con  che  abbellì  i  Gabinetti  di  molti*  Prindpi  e  Signori  T  poi  fé  ne 

ia,  e  finalmente  in  Anverfafua  patria,  dove  viveva  V  an- 


37^    DeumAVJeVA'PartldelSec. V.M  16^0. ai 1 6/^0. 

HBTRO  et  JODE  il  giovaiM»  fipliiiolodftlP  altro  Pietro  de  Jode,  nacque 
in  Anverit  l'anno  i6o6.  alli  xs.  di  Novembre.  Imparò  preflb  fuo  padre» 
col'  quale  Aette  qualche  tempo  a  Ihrigi  per  intagliare  alcuni  pezzi  pec 
Monsù  Bonefimtt  e  Monsù  T  Imago . 

LEONE  VAN-HEIL,  nato  in  Bmfelles l'anno  1605.  fìi  buon  miniatole: 
fi  diiettò  di  fitr  fiori»  e  mofche»  ec^altri  animalucci  al  naturale  :  e  molto 
bene  s' intefe  d' architettura  *  e  profpetdva . 


i  fu  PIETRO  VERBRUGGHEN,  ehe  in  AnverCi  fua  patria  ebbe&mt 
di  ottimo  fcultore  d' Immagini . 

SIMONE  BOSBOON,  nato  in  Emdein  1*  anno  1614*  riufci  buono  fcul- 
•ore  e  archicecco;e  fu  im^egato  in  lèrvizio  del  Principe  Elettore  di  firan* 
demburgo* 

VINCISLAO  ROLLAR  »  nato  di  nobili  premi  a  Pram  V  anno  1^07. 
fu  buon  miniatore.  L'anno  1517.  partiflSi  di  Praga»  fcorte  divedi  luoghi 
dell'  Alemagna ,  attefe  all'  intaglio  in  acqua  forte  •  Da  Colonia  col  Conte 
di  Arondello  viaggiò  verfo Vienna 9  di  là  a  Praga p  poi  verfo  l'Inghilterra: 
Ove  eflendo  fiato  lervitore  doroeftlco  del  Duca  di  Jiorck  >  fi  ritirò  a  cagion 
della  guerra  ad  Anverfa»  ove  viveva  l'anno  1661. 

ARTO  CHELLINIf  nato  in  San  Truyen  nel  paefe  di  Liegie  »  fu  archi^ 
cetto  e  fcultore  in  pietra  e  in  legno  aflai  ftimato»  e  fu  ftatuario  della  città 
d^Amfierdam: 

GERALDO  SEGIERS  >  {ti  buon  pittore,  e  molto  raife  in  rapprefen- 
tare  colè  derote.  Stette  grtn  tempo  in  Italia;  poi  fé  ne  paisò  in  ^»gna 
aTervigi  della  Maeftì  del  Re,  da  cui  fu  onorato  del  carattere  di  fenritore 
della  RealCafa.  Ricondottofi  poi  in  Anverfii  fua  patria,  l'abbelJ)  di  fue 
opere.  Viveva  ancora  Tanno  i66i.  Fece  il  ritratto  di  fefteflb,  che  da  Pie- 
tro de  Jode  fu  poi  intagliato . 

GIOVANNI  BYLORT,  nativo  d'Utrecht,  in  quefli  tempi  valfe  molto 
nel  dipignere  fue  invenzioni  in  figure  mezzanamente  grandi ,  e  con  affai 
dolce  maniera ,  viveva  in  Anver^  i*  anno  i66i .  fece  il  proprio  ritratto* 
che  fu  intagliato  da  Pietro  Balleu . 

« 

CORNELIO  POULENBOURGH,  nativo  d'Utrecht,!!  guadagnò  gran  fama 
in  dipignere  piccole  figure  »  putti  ignudi,  e  animali  :  dipinte  ruine»paefi  e  lon* 
cananze:  (lette  gran  tempo  in  Italia  :  chiamato  poi  1*  anno  1637.  a  Lon- 
dra, fece  più  opere  per  la  Maefià  di  quel  Re  :  poi  fé  ne  ritornò  a  Utrecht  • 

ERASMO  CHELLINO»  nato  in  Anverfaa'ip.  di  Novembre  1^07.  dopo 
avere  (Indiato  le  fetenze  »  accoftatoli  al  Rubens  »  divenne  buoniflimo  pittore 

di  figure 


ERASMO    CHBLLINÓ.        379 

di  figure  grandi ,  e  piocole  con  buon  dilègno  :  ìntefe  bene  di  pr^Tpectin'» 
e  fu  buono  architetto . 

GIOVANNI  CORSIERSt  nato  in  Anver(a  V  aonp  1603.  imparò  la  ptt^ 
tura  appreflb  Co^neHo  de  Vta  ;  e  divenuto  eccellente ,  ebbe  molto  da 
operare  per  lo  Re  di  Spagna»  per  lo  Principe  Cardinale»  per  V  Arciduca 
Leopoldo  Guglielmo»  e  per  altri  potentati • 

DAVID  SALLY  f  originario  di  Leida»  fìi  ottimo  tittattifia  »  e  difeso 
bene  in  penna.: 

ERASMO  SAFTLEVEN ,  nativo  di  Rotterdam  nel!'  Olanda  »  che  venne 
a  quefta  luce  T  anno  ì<So9.,fu  biiQfVpicuMrA di: pu(i».i. Quali  àbbelliv&  coq 
invenzioni  di  cofe  contadinelchè  •  Tenne  foa  uansa  io  Otrecht  »  ove  vive^» 
va  Panno  i55i. 

GlOVKSm  VAN  BRQNCHORSTt  nato  in  Utieclìt  Tanno  i^oj. 
avendo  avuto  i  fuoi  prioci^j  da  pitsori  in  vetta»  uomini  di  poco  nome» 
per  fua  fòladìligensa  eappUoakioiieairarte,  divenne  buon  diiegnatorc»  e 
loditiflinio  pittore  »  di  cne  fiinno  fede  Xù  belle  ppate  ^  càe  egli  conduffe 
in  quelle  fue  parti  •  '  : 


/   '  t 


ABRAMO  VAN-DIEPENBECCK  »  nacque  a  Bofcoduca  :  quivi  efercitò 
per  lungo  tratto  Tarte  del  dipigoerc  in  vetro  »  nella  quale  fi  fece  Tuperioro 
ad  ogni  altro  del  fuo  tempo:  datofi.jpoi  a  dipigneredi  ogni  cola  univerlal«> 
mefite  fottola  fcorta  del  Rubens»,  fi  fece  grandronore  coU' opere  fue»  tenenr 
do  foa  ftanaain  Anveifa»  ove  viveva  Tanno  itftfi. 


V   • 


Fu  anche  buon  pittore  di  ritratti  PIETRO  D ANCKERSE  D£  RY ,  nato 
in  Amfterdam  Tanno  1605.  delT opera  del  quale  molto  fi  fervi  la  Maeftàdi 
Ladislao  IV,  Re  di  PoUonia. 

DANIELLO  VAN-HEIL»  nacque  in  Brufeiles  Tanno  1604.  riufi:)  buon 
pittore  di  paefi,  con  genio  particolare  1  a  dipigncre  >  con  grande  imitazio- 
ne del  vero  »  incend)  di  citta  e  altri  edific) . 

CORNELIO  JANSSENS»  celebre  nel  far  ritratti ,  e  belle  invenzioni»  in 
grande  e  in  pìccolo»  operò  gran  tempo  per  lo  Re  d'Inghilterra,  e  per  aU 
tri  gran  Signori:  e  finalmente  fi  fermò  in  Amfterdam»  ove  fino  alT an- 
no idtfi.  faceva  opere  cfegne  di  ammirazione. 

JACOPO  DI  ARTESE,  nato  in  Brufeiles  Tanno  1613,  fece  bene  i  paefi 
ed  in  grande  e  in  piccolo»  onde  a  gran  ragione  ebbero  le  opere  fue  lode 
delle  migliori  in  qwì  fao  tempo  di  quelle  parti  dì  Fiandra . 

JACOPO 


j  8  o     D(cim.M  JeSà  Pah.  t  dil-Sie.  V.  dal  1 63  o.  a/ 1540. 

JACOPO  VVAN  CAMPEN 

;;  ^  ARCHITETTO    E  :PJttORE 
*I>ìfcepolo  di  Pietro  TaoìoAìthensi  *f*« . .  w .  hS^  w^f ji  al  1 660. 

OKV  in  qwQ»  tempo  ^JtcopoWan  Cimpoiu  il  quale  èflèn- 
do  in  fua  gioventù  pafTato  a  Roma  »  vi  fece  gnndi  Aoà'f  dal- 
f  antiche  teniture  e  fabbriche ,  tantoché  rlcornacofene  alla  pa. 
crìa,  ebbe  lòde  dt  avbni  tn  OUnda  ricondotto  r  detimo'  gu^ 
fto  dell'  àrchìEetcina^.  -¥t»  gH  edifici  »  «tic  '^S'^  <=^  ^uo  dife- 
jEAo'oonduSèi  s'annovera  i^paFazzod'Amflerdam*  mu  del- 
le pid  nobili  ^bbriche  di  quella  provincia .  Valfe  ancora  aliai  nella  pittu- 
ra )  nell'efercizio  della  quale  volle  Tempre  il  naturale  davanti .  Il  fuo  con- 
sorzio fu  in  fai  iàrv  del  Rubeiutfuò  inauro:*  beadiè  nel  Èolotico  non  giua- 
geffè  più  oltrci  dio  «rececM  mediocre' fegiio*  .e  perlopiù  nppre&iuò  ne' 
filai  qoulri' figure  ianude^  Come  du^ixlre  èra  nobumence  nato,  ebbe 
•Itcftaà  animo  nt^iU  «  generòfb ,  «blitora  dit-cj  che  ^oelk  beli'  ane  non 
dovea  ferii  a  prezzo  di  danaro,  ma  in  dono  :  e  come  incendeva  dorerà  fa- 
re, così  fiiceva;  perchè  perlopiù  ogni  fua  pittura  donava  «Tuoi  amici* 
Cavalieri  e  perfonaggi  d'alto  m^xe .  Unb  di  quefti  fa  il  Principe  d'Ol'ai^est 
e  pochiffimefiie  opere  fi  crovavan»,  che  «gli  fi  fblTe  &tco  pagaie.  Segu\  If 
mdrce  di  quello  artefice  circa  J' anno  i4tft>.  nell#  città  d' Ameisfori:  nella 
provincia  d' Utrccbc,  Fufuodifcepolo  untale  Mattea  Vvlthoosv  che  va- 
le quanto  dire  in  noflra  Tofcana  favella  Matteo  Cabecoebìaache  »  il  qoab 
infegnò  ì  principi  dell'  arte  a  Gafparo  Vvitell  d'Amersfort ,  dì  cui  a  fuò 
tempo  ragioneicoo.' 


DELLE 


3»? 


NO   T  I    Z   I   B 

DE'   PROFESSORI 

DEL      DISEGNO 

DA  CIMABUE  IN  QUA 

DECENNALE    V 

DELLA  PARTE  L  DEL  SECOLO  V, 

DAL    ^DCXXXX,     AL    MDCL. 

BALDASSARRE   FRANCESCHINI 

VOLTE R  R ANO 

Difeepok  di  3fatt€0  Rofaili,  nato  i6ii»  #  1^89. 

•^  quella  parte  di  Tofcana  1  che  non  lungi  dal  mire 

Mediterraneo  è  bagnata  da  due  fiumi,  della  Cecina, 

e  dell'  Era.  fopra  un'  altìflima  montagna»  è  pofla  la 

città  di  Volterra ,  una  delle  più  nobili ,  e  antiche  città 

dell'Etruria.  che  viene  annoverata  dagli  fcrìttorì  fra 

quelle  dodici, che  infiemecollegace  renderono  celebre 

e  formidabile ,  ne' tempi  antichi,  il  nome  Etrufco.' 

Quefta»  fra  gli  altri  fuoi  prein  fi  gloria,  fecondo  il 

Maffei,  nobile  fcrittore  ^  twk.  A'  avere  avuto  Tuo. 

principio  prima  della  guerra  dì  Troja ,  quafi  cento  anni ,  dell'edificazione  di 

Roma  500  e  avanti  al  Natale  del  Signore  circa  1200.  E^fondata  in  luogo. 

i  cui  concerni  fono  abbondanti  di  tutti  quei  doni  della  natura,  i  quali  ella 

appena  fra  molti  patii  e  provincie  è  folita  fcarfàmence  difpenftre:  tali 

fono;  ' 


5  8  »    1)ecem,  K  JeBa  Part,  1.  del  Set.  V.  dal  i  (J4«.  al  1 6$o. 

fono  «ria  falubre»  fertilità  dr  urreno»  «MMndtnza  d'acque  $  di  fonti  e 
di  bagni»  per  cai  fi  tolgono  molte  inifi^micà»  òòpiofecave  di  minerali,  e 
A'c^ni  forra  di  pietre  dure,  agate,  calcedoni,  e  altre  gemme,  parte  delle 
quali  fi  cavano  dal  feno  della  terra»  e  parte  fono  dalia  corrente  di  piccoli 
rufcelli  fcoperte  e  traportate;  ed  oltre  a  qiiefie  9-.  alabaftri  bianchiflimi» 
colori  di  qualunque  forta,  alla  bell'arte  della  pittura  neceflar). 

Daquefta  città  adunque,  tanto  favorita  dal  cielo,  trafie  i  fuoi  natali 
nel  fecolo  paflato  Daniello  Ricciarelli  valorofo  pittore  e  fculcore  ed  archi* 
tetto,  di  cui  per  Roma  e  per  V  Italia,  ùnte  e  sa  belle  opere  fi  vedono  :  e  da 
^uefta  eflendo  forto  a'  dì  noftri  BaMafiarre  Franceichinì  »  anch'  egli  infignc 
e  famofo  pittore,  chiamato  per  eccellenza  ir  Volterrana  T  iàe  mentre  io 
fcriji^o  quefte  cofe,  vive  operando  egregiamente,  dà  largo  caqipo  di  ammi* 
atre  la  fublifnità  degli  ingegni  di  quella  città.  Ma  io,  che  a  cagione  deHt 
modeftia  di  queft'artc^e  non  ho  potuto  ricavar  quelle  ^otiaie»  che  per 
cefleme  la  vita  mi  abbifognavàno }  lio  procurato,  giufta  mia  pofia,  di  da* 
re  alcuna  cognizione  di  una  parte  delle  molte  fue  pitture,  con  poco  altro 
di  più  ;  ficuro  »  che  quéfte ,  meglio  della  mia  penna ,  faranno  conolcere, 
come  è  mio  defiderio*  a  chiccheflia,  che  procurèià  di  vederlo,  l'abilità 
di  quefto  foggetto.  L'anna  dunque  della  falutifera  Incarnazione  del  Fi. 
gliuolo  di  Dio  1611.  nacque  BaidalTarre  inefia  città  di  Volterra  ;  il  padre 
£10 iti  Guafparri  France^hini,  di  cui,  benché  iqSk  ordinaria  proièffione 
lo  (colpire  piccole  figure,  fiacuette  e  gruppi  d'alabaftro;  non  però,  che 
altre  cofe  non  conducefle  di  fua  manoi  cioè  a  dire,  più  imagini  in  legno 
di  Crifto  Crocififlb,  ed  alcune  (ktuedi  una  certa  pietra  detta  Tufo,  che 
ii  cava  in  quel  territorio,  di  colore  fra  il  bianco  e'I  giallo,  leggieri  e  te- 
nerifiima,  onde  beniflimo  fi  lavora  con  martellina  e  con  rafpa  da  légno» 
ma  efpofla  all'aria  fortemente  ìndurifce;  e  A:olpita  di  quefta  pietra  vedefi 
di  mano  di  Guafparri  nelfa  Chiefa  di  San  Francefco  di  quella  città,  den« 
trouna  nicchia,  unafiatua  comodamente  grande  dello  fl:effi> Santo.  Gua- 
fparri adunque,  dopo  avere  al  figliuolo,  già  venuto  in  fanciullefi:a  età» 
fatto  imparare  le  prime  lettere ,  Iberando  da  lui  (che  fpiritofiffimo  era ,  e 
al  dif^o  molto  inclinato)  qualche  ajuto  neirarte  propria,  Io  pofe  ad 
apprendere  i  principi  del  difegno  con  un  pittore  Fiorentino,  allora  abi- 
tante) in  Volterra^  chijnpato  Cofiipo  Daddi:  e  poi  Iqfi  tirò  incafa,ed  al 
proprio  fuo  mediero  Raccomodò  .  Quefto  però  fece  egli  non  fenza  difpia-* 
ocre  grande  del  fanciullo,  al  quale  molto  più  piaceva  Tane  della  pittura. 
Stavafene  l'obbediente  f^inciulto*  in  tale  efercizio;  m^  non  lafciava  perdo 
di  attendere  con  ogni  applicazione  a  quello  del  difegno  ;  ed  in  breve  giun- 
fe  tìOt'oltre,  che  gli  venne  fatto  condurre  alcune  figure  tocche  di  penna, 
con  tal  proporzione  e  diligenza,  che  vedute  da  Curzio  Inghirami,  e  Lo- 
dovico Guarnacci,  l'uno  e  l'altro  Gentiluomini  di  qvella  città,  gli  guada-^ 
gn^ono  appreflò  di  loro  non  poco  concetto . 

.Venuto  r  anno  i6xj.  il  fedicefimo  anno  deli*  età  di  Baldafiarre,  come 
piacque. al  cielo  (che  bene  fpefib  per  iftrade  al  tutto  lontane  dal  nofiro 
penfamenco,  conduce  gli  uomini  a' defiinati  lor  fini)  occorfe,  che  tro- 
Vfindofi  eflb  Curzio  Inghirami  in  Firenze»  s' incontrò  un  giorno  in  un 

fratello: 


""X 


BALDASSARRE  FRANCESCHim.        385 

ffAtelIo  di  Baldaffarre»  chitmaco  Salvadorerin  abito  dì  Prete  i  oggi  Pio- 
vano d' Orciatico,  uomo  di  vagM;stteratiita«'  e  ricordandojGl  di  x^uànto  area 
veduto  in  Volterra,  fatto  di  xFfànó^^éi giovane,  domandò  a  Salvadore  > co«» 
tee  egli  fé  la  paflalfe,  equeich'  ei  facefTe.  Al  che  rifpofe:  che  e*  lavorava 
col  ^adre  d' alabaftri ,  ma  che  viveva  con  gran  delklerto  di  efièr  pittore  • 
c^^*:ì. ftoP  Inghiràmi,  gli  domandò,  fca  f^ ''  ^^^^  -*'^^' — -*  ^-' 

(lare  a  Firenze  per  imparare  queir 

Inghirami  fuo  catello  »  allora  Segi 
Ina  Criftina  di  Lorena,  flato  anche  Generale  delle  Pofte,  il  quale  molto 


Tribuna  delia  Real  Galleria  di  quelle  Altezze,  fu  poi  mandato  a  Modana« 
Poco  vi  volle,  acciocché  reftatTe  fubito  ftàbtiito  quanto  Y  Inghirami  avea 
propofto;  onde  Tanno  feguente  alti  15.  del  mefe  di  Maggio,  BalddfTarri fu 
dal  j>adre  condotto  a  Firenze  nella  cala  di  Giulio .  Quefti  fubito  il  prov-? 
Tidcle  di  maeftro,  che  fu  Matteo Roflelli  Fiorentino,  jptttore  (limato,  no» 
tanto  per  lo  valore  nell?  arte,  quanto  pel  modo  facile  e  caritativo»  ch'egli 
aveva  neir  infegnare,  congiunto  ad  una  vita  efemplarifiima .  Studiò  ap- 
pre(ro  al  Ro(relli  un  anno,  dopo  il  quale  gli  convenne  tornare  alla  patria» 
dove  da*  Monaci  della  Badia  di  Sandiofto,  amici  del  paclre  fòo,  gli  fu  da- 
to a  dipìgaere  a  frefcodi  fottoin  fu,  nella forefteria  dei  loro Monaftero  ia 
ùnofpazio  ovato,  ornato  di  (lucchi,  un  Elia  in  atto  di  dormire  fotto'i  giaeprOf 
colla  figura  dell'Angelo  col  vafo  e  pane  fuccinerizio,  del  quale  avendo  latti 
gli  (ludj,  condufTe  con  molta  diligenza  il  cartone s  e  prima  di  por  manc^ 
air  opera,  lo  portò  a  Firenze,  e  fecelo  vedette  al  maeftro,  il  quale  reftò* 
forte  maravigliato,  non  gli  parendo  po(fibiIe,  che  '1  giovanetto  in  coal  jpo-* 
co  tempo  folle  potuto  e(feré  arrivato  tant' oltre  nell*  arte.  Il  perchè  Bai- 
da(rarre  fatto  più  animofo,  fé  ne  tornò  a  Volterra ,  e  diede  fine  alla  pic«. 
tura  con  tanta  facilità,  che  i  medefimi  Monaci  gli. fecero  dioignete  a  fre-i^ 
fco  nella  volta  della  loro  Chieià  un  grande  fpazio,  in  cui  eobe  a  figurare 
il  noftro  Salvatore  nella  fua  gloria  ,  co*  Santi  Giiifto  e  Clemente,  Pro* 
tettori  di  quella  città,  ed  al^cuni  Angeli:  ed  accanto  all'organo  due  Santi 
Benedetto  e  Romualdo,  maggiori  del  naturale;  e  fopra  il  mede(imo  orga-^ 
no  una  gran  nicchia  con  altri  ornamenti . 

Venuto  1'  anno  1630.  nel  quale  fu  la  Tofcana  travagliata  dalla  pefte» 
gli  fu  data  a  fare  una  tavola  a  oHo  per  la  Chieìa  di  Sant'  Agoftino  dellar 
ftefTa'  città  di  Volterra,  dove  rapprefentò  la  Purificazione  della  Vergine: 
e  per  la  medeflma  Chiefa  un  quadro  pure  a  dio,  dove  efpreffe  l'immagina 
ó\  Santo  Rocco.  Pa(rato  quel  calamitofo  tempo  fé  ne  tornò  a  Firenze  « 
ove  per  più  meli  fi  trattenne.  Sentendo  poi,  che  Giovarmi  da  San  Gio« 
vanni,  celebre  pittore»  anch' egli  (lato  dilcepolodi  Matteo  RolTcUi^  col- 
f  occafioncdell^  avvicinarli  il  tempo  y  ohc'ddveanfo  Celebrarfi  le  Reali  Nozze 
^el  Granduca  Ferdinando  li.  collii Sereniflima  Vitto ta  della  Rovere»  ave-r 
va  per  ordine  di  queir  Altezza  dato  principio  a  dipignere  il  Salone  terre* 
no  de)  h^az;BO  de*  ntti  )  Saldaiiiitrti  al  quale  moko  piaceva  la  maniera  del 

colorire 


384    Deceun.  V.  della  Hm  1.  dtlStc.  V.  dal  1 640.  al  i6$o. 

colorire  a  frefco  di  Qiorannt ,  fecelo  da  amici  pregaie  t  cke  vokflfi  con^ 
tencarfi  di  dargli  luogo  ia  Quell'opera»  acciocché  potefleiiuella  bella  ma- 
niera apprendere,  e  ne  fu  lubifo  compiaciuto ,  e  fra  l'altre  cole  per  on>a-' 
iiientQ  della  volta  i  gli  fece  dipignere  in  una  cantonata  preffo  ad  un  morio- 
ne»  dal  quale  efcono  lauri,  palme,  uliro,  e  peniucch};  ma  non  furono 
appena  paflati  cinque  mefit  che  Giovanni ,  dopo  aver  fatte  dipignere  a 
BaldafTarre  alcune  altre  cofe,  vedendo  i  progreui  del  giovane,  m  brevità 
di  tempo  troppo  più  oltre  avanzarti  di  ({uello,  eh*  egli  per  avventura  s*era 
immaginato,  temendo  di  non  diventargli  fecondo,  prefa  dt  lui  gran  gelo- 
fia,  finalmente  fé  lo  tolfe  d'attorno;  ed  andò  la  cofa  nella  feguente  ma- 
niera. Era  Giovanni  in  quel  tempo  forte  travagliato  dalia  gotta  v  la  quale 
vna  mattina  appunto,  che  già  era  dato  i' intonaco  ad  una  parte  di  muro» 
lacuale  egli  in  quel  giorno  doveva  dipignere,  gli  diede  tale  aflalto ,  che  non 
gli  fu  pofnbile  ufcir  di  cafa  per  portarfi  al  luogo  del  lavoro,  ove  Baldaflar- 
fé  co'  muratori  V  attendeva  :  tantoché  facendoli  l'ora  tarda»  andò  il  Vol- 
terrano a  cafa  Giovanni,  e  fentita  fua  impotenza,  gli  difle  Signor  Gio- 
vanni, giacché  ella  è  in  quefto  grado,  s'ella  fi  contenta»  per  oggi  tirerò 
avanti  io  medefimo,  giacché  l' intonaco  non  può  più  afpettare,  e  conver* 
rebbe  levarlp  via;  ma  non  tema  che  io  non  fia  per  far  cofa  che  non  abbia 
ad  eflere  di  ^ua  foddis&zione .  Furono  quelle  parole  a  Giovanni  una  feri- 
ta nel  più  vivo  del  cuore;  onde  fatta  gran  forza  a  fé  fteflfo,  tutto  colle- 
]^  contro  il  Volterrano,  fi  fece  portare  a  Palazzo,  e  con  gran  fatica 
montato  in  fui  palco  colle  proprie  numi  gettò  a  terra  Y  intonaco,  ed  a 
Baldafiàrre  diede  una  bella  licenza  •  Quefta  ìmprovvifa  feparazione  di 
Baklafiàrre  da  Giovanni,  fu  fenza  fallo  il  principio  d^  ogni  tua  fortuna; 
oondofiiacofachè  trovandofi  egli  per  allora  in  caia  il  nominato  Giulio 

laghirami  sfaccendato  »  dipinfe  pe^  eflb  a  frefco  un  proprio  penfiero  iti 
-.^^  ^^/i.  _  — • :i^  ^L^  — I! ^1.- 1_     ^t.^  gu  diede 

predo  di- 

..  , _^^ ^ .primenti 

fuoi  attributi ,  alla  quale  dalla  Fede  Cattolica  eran  condotti  il  Marche 
Jacpmo  Inghirami,  Generale  delle  Galere  del  Sereniamo  Granduca,  e 
Tommafo  Fedria  della  ftefla  famiglia ,  Bibliotecario  della  Vaticana,  e  Se* 
gretario  di  Giulio  IL  («)  che  per  efière  fiato  Cherico  e  poeta ,  veniva 
condotto  e  dalla  Chìefa  Cattolica  e  dalla  Poefia.  Vedevafi  appreflb  figura* 
ta  il  Teitopo ,  il  quale  con  torva  fronte,  mentre  la  Morte  u  fpennava  le 
ali,  e  fi  flrappara  i  capelli,  fpezzavale  l' orivolo.  Piacque  tanto  all'  Itxgltà^ 
lami,  e  l'opera,  ^'1  concetto,  che  moftrolla  a  tutti  i  SereniiTimi ,  i  quali 
per  alcuni  giorni  la  tennero  in  Palazzo:  e  fra  quefti  il  Secenifiimo  Princi-v 
pe  Don  Lorenz^  di  gloriofa  memoria,  la  vide  con  ammirazione  e  gufto 
non  ordinario.  Uccorfe  frattanto,  che  e^o  Principe  Don  Lorenzo  Tene 
andò  a  diporto  alla  foa  deliziofa  Villa  della  JPetraja,  dove  un  giorno, che 
lìi  firaniflimo  temporale,  venne  un  vep{o  cosi  imp^tuoCot  che  in  pochifli- 
mi  momenti  gettò  a  terra  una  buona  quantità  di  quadri  a  qlio,  con  orna«^ 

meato 


[  a  J.  Ùjui  Vii.  de  Piti.  ^  r.  1 34. 


BALDASSARRE  FRANCESCHI  NI.      385 

mento  ÀàbiliBi  de'  quali  le  loggte  del  conile  di  quel  Pelano  ertno  edor« 
nate;  onde  e  quel  Sereaiflkno  venne  in  peDfiero»  acciocché  non  miipe< 
r  evrenife  pocefle  occorrere  un  fimik  difordine»  di  far  dìpignere  eflb  cor« 
tifc  a  frefcoi  e  confermando  cuccavta  nella  faa  mente  11  gufto  della  bell% 
opera  moftf acagli  dair  Inghiramit  f ubico  mandò  per  Baldaflarref  il  quale 
appunto  aveva  pei  lo  me^kfimo  Cavalier  Giulio  finita  una  tavola  a  oliog^ 
dove  era  dipinto  San  Paolo  rapito  al  terzo  CielOt  che  doveva  tnandarfi  ^ 
Livorno  per  una  Cappella  edificata  dal  Capitano  Tommafo  J^ghirami  fuq 
fratello»  nella  Chieia  delia  Madonna:  ed  il  giorno  appuacoj  che  la  tayQ-» 
la  fu  efpofta  in  Firenze  nella  Chiefa  di  Santa  Maria  Novella,  B^Idaflàrre 
che  era  allora  in  età  di  anni  venticinque,  fi  portò  alla  Petraja  da  quel.Prvu-r 
cipe,  il  quale  dopo  averlo  benignamente  ricevuto,  accennandogli  uno  fpa^ 
zio  della  loggia,  che  già  aveva  fatto  fcalcinare  ,  difie:  là  voglio  far  dipit 

8 nere  per  voftra  mano,  a  cui  il  giovane  con  riverente  ardimento ,  n^to  nel 
la  cuore  per  gli  amorevoli  trattamenti  di  quel  Sereniffimo,  quantunque 
non  dei  tutto  affidato  nella  propria  abilità,  rifpofe  eflTer  pronto  a'  fuoi  cen^ 
ni  :  e  tornatofene  a  Firenze  da  Matteo  Roflielli  foo  maeftro ,  da  cui  fempro 
ebbe  ajuto  e  configlio,  ne  fu  inanimito  per  modo,  che  pieno  di  fiducia  fé 
ne  tornò  alla  Petraja  per  dar  principio  all'  opera.  Aveva  quel  i  rincipe 
qualche  concetto  dì  far  dipignere  le  logge  di  quel  cortile,  non  d'  altro^ 
eoe  di^proipettive,  parendogli,  che  un  tale  ornamento  foflfe  per  fitrcom* 

ferire  quel  luogo  di  gran  lunga  più  fpazìofo;.ma  dal  Cavaliere  Lodovica 
noontri»  allora  fuo  Gentiluomo,  fu  difluafoda  tal  penfiero:  ed  in  quella 
vece  con&iiato  a  farvi  rapprefentare  alcune  delle  più  gloriofe  azioni  def 
Princìpi  di  quella  fua  Sereniffima  Caia  :  il  qual  configlio  eflendo  molta 

f  taciuto,  fu  fubito  a  Baldafiarre  ordinato»  «h'  e*  mettefie  mano  all'opera 
ccome  ficee,  e  nella  ieguente  maniera  U  divife. 

Nelle  (quattro  maggiori  larghezze  delle  muraglie  colorì  quattro  ftorie 
di  quattordici  braccia  per  ciafcuna,  nelle  quali,  d'  afiai  nobile  maniera  » 
npprefentò  fatti  di  quattro  Granduchi  di  Tofcana,  cioè:  Nella  prima  la 
folenne  entrata  di  Cofimo  L  il  Grande  nella  città  di  Siena,  dopo  la  con^ 
quitta  fatta  di  ouello  Stato:  eflb  Copra  un  carro  trionfale ,  e  i  Senatori  di 
quella  città,  che  gli  portano  le  chiavi.  Nella  feconda  fece  vedere  ritratta 
dal  vero  il  bel  colofifo  di  Ferdinando  L  colle  figure  di  quattro  fchiavi  lega-» 
ci  attorno  a  quello ,  che  di  mano  di  Pietro  Tacca  fi  veggono  nel  Porto 
di  Livorno ,  ove  nnfe  la  Monarchia  di  Tofcana ,  che  conduce  Pifa  e  Li- 
vorno a  render  grazie  ad  e/To  Pedinando ,  per  la  loro  mirabile  reftaurazio** 
ne:  e  nella  bafe  di  ({uel  coloflb  fcrifie  i  fi^uenti  verfi .  compofii  da  Pies 
Francefco  Rinuccini ,  altro  erudito  Gentiluomo  del  Principe  : 

Cpima  di  geU  il  cor ,  iPorror  té  fronte , 
tAffrics  stigoiiiMf  ty^a^  tremarne  9 
OMfHBt  a  gf(m  FerAmndu^  Me  t»e  pìsntt^ 
hieaufmo  il  Silj  fervo  r  Orante . 
Nella  tersa  dipinte  ouando  Cofimo  I.  accomunò  con  Francefco  fito  fi- 
gliuolo il  governo  dello  Stato.  Nella  quarta,  veramente  bcllifltma ,  quan- 
do folto  gU  aaJTpicj  4>  Cofimo  II.  vivente  ancora  il  primo  Ferdinando  fuo 

B  b  padre  ^ 


385     Decenn.  V.  della  Part.  L  delSec.  V.  dal  1 640.  al  1 6^0. 

J^adre  i  fu  dalle  Tofcane  Galere  fatca  1«  grande  imprefìi  della  ckrà  di  Bont. 
m  Birberia:  in  quefta  figurò  laperfona  di  efib  Coumo  IL  in  abito  di  gran 
Msieftro  della  Religione  deXavalieri  di  Santo  Stefiinot  che  dando  in  j^ie* 
di  avanci  la  porta  maggiore  della  Chiefa  di  efla  Religione  de^Cavaiieri  in 
Pifàt  riceve  Silvio  Piccolotninif  e  rAinmiraglio  Inghiramif  col  Marche* 
fe  Fabrizio  Coloreto,  (tati  Comandanti  di  queir  Armata,  nel  ritornar  che 
fanno  dall' impreb.  Vedefi  in  quefta  bella  ftoria  figurata  la  piaza»  de-Ca* 
valieri,  colle  vaghiffime  fabbriche , che  la  circondano»  con  gran  quantità 
di  figure,  di  fchiavi,  mafchi  e  femmine,  e  moltitudine  di  altre  perfone, 
é  di  fpoglte  nemiche ,  quali  appunto  il  poetico  fpirito  dell'  artefice  pò* 
teva  immaginarfi  per  rapprefentare  al  vivo  un  fatto  sì  gloriofo»  e  di  tanta 
allegrezEa  :  e  la  gloria  fteUa  vedefi  apparire  in  aria ,  in  atto  di  fpiegare  i  con 
£iflo  e  giubbilo  infieme,  la  bandiera  collaCroce  della  medefima  Religione. 
Ricorre  focto  quefte  fiorie  un  belliflimo  bafamento»  nel  mezzo  éù  quale 
finfe  una  fontana  d' acqua  «  che  efce  da  cene  mafchere^  ed  arpie,  col  vafa 
che  la  riceve,  e  fopra  la  fontana  Tarme  di  Ca(a  Medici .  DaMati  di  quefte 
fealet  parte  a  chiocciola  e  parte  dìftefe ,  gli  fcalini  delle  quali  fonno  un 
pianerottolo  in  mezzo  ad  efib  imbafamento,  tutto  il  rimanente  è  finto  di 
marmi  e  bronzi ,  con  baffirilievi  di  putti  e  felloni ,  con  alcuna  ftorietta 
di  finto  bafibrilievo,  il  tutto  alludente  alle  azioni  rappreiientate  nelle  fto- 
rie  :  fra  Tuna  e  P  altra  fono  gli  fpaz>  di  due  lunette  »  l' una  rimpetto  air  al- 
tra fopra  due  porte,  che  in  due  gran  fale  del  palazzo  conducono.  In  una 
di  quefte  diplnfe  Caterina  figliuola  di  Lorenzo  Duca  d'Urbino  Regina  di 
Francia ,  in  atto  di  federe  appreflb  Arrigo  IIL  Re  di  Francia  e  di  Pollonta. 
Francefco  li.  e  Carlo  IX.  tutti  fuoi  figliuoli,  coli' alerò  figliuolo  fuo  il  Duca 
di  Alanfont  Ifabella  Regina  di  Spagna,  Margherita  Regina  di  Navarca,  e 
la  Duchefla  Claudia  di  Lorena»  pure  di  efia  Caterina  figliuola .  Nell'altra 
dipinfe  Maria  figlinola  del  Granduca  Francefco  Regina  di  Francia  co' fuoi 
£cliuoli  Lodovico  XIII.'  Don  Gaftone»  Giovambatifta ,  la  Regina  d'  In- 
ghilterra ^e  la  Duchefla  di  Savoja,  Ornò  quefte  pone  con  alcune  cartelle: 
m  una  delle  quali,  cioè  in  quella  do?*  è  la  figura  della  Regina  Caterina,  fi 
leggono  i  leguenti  verfi,  uiciti  dall'erudita  penna  del  nominalo  Pier  Fran- 
celcoRinuccini: 

ì^ùfct  fiali'  Arno  $  e  iiei  Meiamro  aW  mdu$ 

Viftutt  a  maggior  vut  P  ali  te  imptnm 

Di  Regine  e  di  Re  {Madre  feconda  9 

Regnante  F adorar  Rodano  e  Senna, 
Dalle  cartelle  fece  uteire  certi  feftoni  tatti  di  ftucco  di  propria  fua  mano  # 
e  da'  lati  delle  porte  dipinfe  due  gran  termini  di  femmine  »  finte  di  fiucco  $ 
in  atto  di  reggere  i  feftoni ,  e  certo  pannot  che  ferve  per  campo,  chefcen« 
de  quafi  fino  al  pavimento  Nelle  tettate  di  eflè  logge,  fopra  quattro  por« 
ce  fece  quattri  ftorier  in  una  delle  quali  rapprefentò  quando  Leon  X.  ri« 
cevè  in  Bologna  Francefco  I.  Re  di  Francia;  e  il  Gran  Cancelliere  di  efib 
Re  fa  l'Orazione.  Vedefi' quefta  ftoria  arricchita  di  moke  belle  figure  di 
Cardinali  e  d' altri  peribnaggi  di  quelle  Corti.  Né  debbo  lafciar  di  dire  in 
quefto  luogo  cola  curiofai  che  fU|  che  il  Volterrano  per  uno  de' Cardinali 

quivi 


BALDASSARRE    F^^NCESCHINI.      357 

Aaivi  dipinci»  efpréflfe  al  vivo  i'  effigie  di  Luca  Citerni  $  Cappellano  del* 
Principe»  fenza  averlo  innanzi»  e  intanto  tempo»  quanto  in  Itili' ora  del 
definareegli  confumò  nel  por  cadi  a  benedir  la  tavola  del  padrone,  e  tor- 
nò i  in  lontananza  fece  architetture  e  profpetcivei  e  dall'uno  e  dall'  altro 
lato  della  porta  a  tale  ftoria  corrifpondente  alcune  fcale,  e  fbpra  effe  altre 
figure  in  ateo  di  rimirar  queir  azione ,  Sopra  la  porta  un  cartellone  di 
flucco  col  feguente  quadernario  »  fatto  pure  dal  Rinuccini  : 

Se  Rèma  opfreJla  al  fecoh  vttafio 
.    Detta  geme  Franeefca  aderò  Pira; 
Del  Decimo  Leone  a^  pie  rimira 


^Sul  picciol  ^eno  oggi  il  Prancefio  AuguBo. 
NelP  altra  ftoria  è  Clemente  VII.  che  pure  nella  città  di  Bologna  ricevè 
Carb  V.  Sonovi  i  Cardinali  Ipolito  de' Medici,  e  Ridolfi,  con  accompa-* 
gnatura  di  figure»  che  rapprelencano  perfone  di  lor  Coree;  e  fra  T altro 
molto  bella  è  quella,  che  ii  vede  fopra  le  fcale  finte  da'  lati  della  porta,  in 
cui  rapprefentò  unTedefco  della  guardia»  il  quale  con  faccia  piena  d' i^a» 
e  con  impetuofità  di  perfona  violentemente  (caccia  colla  Lbarda  alcuni» 
che  troppo  s*  accodano  a  quel  luogo;  ficcome  ben  comparifce  quella  d'un 


Generale  de*  Fiorentini,  e  Giuliano  Cavaliere  della  Giartiera»  accompa*. 
guati  da  ^an  comitiva  di  Comandanti  e  d*  altre  perfone ,  nelle  quali  ri- 
traile al  vivo  diverfi  fuoi  amici  e  uomini  di  quella  Corte. 

.  Tra'ritratti,  belliflimo  è  quello  diTommafoTrafredi  gobbon  buffone 
di  quel  Principe,  buon  fonatore  di  violino»  perfona  molto  faceta»  di  fpi^ 
rito  vivaciflimo, ed  acuto,  di  lingua  fatirica  e  mordace,  il  quale  or  quello 
or  quello  »  fenz* alcun  riguardo,  motteggiando  e  dileggiando,  edoraeflen- 
do  da  tutti  con  fpiritofiffimi  fcherzi  e  burle  fino  al  vivo  trapaflato,  face- 
va  di  fé  fteflo  un  continuo  e  troppo  graziofo  fpettacolo  al  padrone  e  a  tutti 
i  cortigiani .  Ma  giacche  ha  portato  il  cafo  a  dare  alcun  cenno  della  per- 
fona del  gobbo»  mi  fi  concecfa,  che  per  ifiremare  alquanto  il  tedio»  che 
la  continua  defcrizione  delle  pitture  della  loggia  potrebbe  recare  a  chi 
legge»  io  racconti  in  quefto  luogo  una  delle  folenniffime  burle»  che  ap- 

Jmnto  in  quei  medefimi  tempi,  che  queir  opere  fi  conducevano,  furono 
atte  a  coftui»  fra  l'altre  molte;  e  poi  torneremo  a  ripigliare  il  filo  del 
noftro  racconto .  Tornavafene  un  giorno  il  Volterrano  dalla  città  di  San 
Miniato  al  Tedefco,  venti  miglia  lontano  da  Firenze,  dove  fi  era  porta- 
to per  occafione  di  (entire  una  commedia  delle  Sante  Attinia  e  Greciniana» 
Vergini  e  Martiri  Volterrane,  opera  di  Prete  Salvadore  fuo  fratello ,  altra 
volta  nominato:  e  prefe  la  materna  fuo  ripofo  a  Montelupo,  Callello  po- 
llo fopra  il  fiume  Arno,  fra  Empoli  e  la  Laftra  :  e  perchè  faceva  gran  cal- 
do, pensò  di  fermarvifi  per  un  poco.»  e  frattanto  di  efiTettuare  un  penfie- 
ro  venutogli  per  iftrada  »  che  fu  »  coir  occafione  de*  vafi  di  terrà  »  che  fi 
fabbricano  in  quel  luogo»  di  ordire  una  bella  burla  al  Trafredt »  da  metterfi. 
in  efecuzione  a  fuo  tempo.  Che  però  accoftatofi  a  perfona  di  quel  irefiiere» 

Bb  a  domandò 


.  i $8     Detetift,  V.  Ma  Pari,  l  MSec V. dati6^c. al 1 6^0. 

doinatidò ,  fé  a  forte  vi  foflb  alctin  boccttt ,  tdmente  dif(K>(b  di  ffiàni6tMra  » 
ehe  altro  non  gli  mancalTe»  che  l'efTer  dipìnta)  e  fentko  che  sU  fobico 
dato  di  piglio  ad  uno  di  efli»  vi  fece  il  ritratto  al  vivo  del  Trafredi/  coi 
Tuo  gobbo  s  e  comuttoch'e'riufcifiè  tanto  fiinileal  vero,  per  averlo  il  Voi* 
terreno  dipinto  di  frefco  alia  Petraja,  onde  neffono  averèbbelo  potuto  cam- 
biare, a  lettere  molto  aperte  vi  fcrifle  il  nome  di  liii>  coli' aggiunte  de' fé* 

guenti  verfi: 

Se  7  Càva/ier  dipinto  mi  Beccale, 

Bruno  e  goffo  app^rifie  ^  anzi  cbi  Mo  $ 

Non  i'  ncccufi  V  pinmUo  t 

P orchi  U  colpa  è  dell*  originale  • 
Quindi  avuto  a  fé  il  fornaciaio»  con  molta  premura  gli  raccomandò  quel 
lavoro:  e  feppe  sì  bene  ordinar  la  cofa,  che*l  boccale  colla  manior  iègre- 
tezze  del  mondo,  dopo  eflere  fiata  in  brevi  giorni  ben  cotto  e  fttgioneto  « 
gli  fu  postato  a  Caftello .  Fin  de  queft*  ora  andavaii  dal  Volterrano  penfan» 
do  al  modo  di  fare  operare  al  boccale»  a  morttficasione  delTra&edì,  I*  ef« 
fetto  fuo.  Era  il  primo  d*  Agofto,  giorno  feftevole  in  quella  Corte  per  la 
ricordanza  del  natale  del  Principe ,  quando,  conforme  il  (olito,  doveafi 
fare  da'Cortigiani  una  fontuoik  cena,  eh' e' chiamavano  il  Siinpofio,  della 
^uale  il  gobbo  era  fiato  fatto  foprintendente  e  governatore .  Fu  giudicata 
quefta  »  belliflima  occafione  por  tar  la  burla  al  Trafredi ,  e  però  non  doverfi 
cratafciare:  tantopiù,  che  eran  comparii  quel  giorno  a  Caftello  due  famU 
tiari  di  alcuni  di  loro,  cioè  il  Dottore  Gio.  Francefco  Cafiagnola  di  ritor- 
no da  Fifa  »  e  'l  Dottore  altresì  Jacinto  Andrea  Cicognini ,  i  più  vivaci 
è  più  follazzevoli  uomini ,  ftetti  per  dire,  che  aveffe  quel  tempo.  Con 
quefti  dunque  fu  concertato  il  tutto:  ed  al  Cafti^nola,  che  oltre  alUefle* 
te  un  beir  umore,  aftuto  e  ben  parlante,  aveva  anche  una  qualità  diporttre 
ì  fuoi  detti ,  e  fue  facea^ie  con  gran  naturalezza  «  e  con  un  vUb  fermo  e  len- 
ita rìdere,  fu  data  ¥  incumbenza  di  gufdar  lo  fcherzo,  il  quale  ebbe  foo 
principio  in  quello  modo.  Venuta  Torà  della  cena,  e  condottai  tutta 
quella  allegra  convcrfazione  al  deftinato  luogo,  che  era  una  grande  ftanza 
preflb  al  cortile  del  palazzo,  acconcioifi  ognuno  comodameme  a  tevola  • 
Gufiate  che  furano  le  prime  vivande  con  alquanto  di  ilensiof  conf  è  fo* 
ìko,  ifuron  porcate  attorno  giare  e  caraffini  tutti  pieni  di  bifi>n  vino  dite* 
ciato»  e  qui  incominciaronfi  a  fare  da  ognuno  diverfi  brindiii  alla  fan  ita  del 
gobbo  Trafredi,  degniflìmo  provveditore  del  Simpofio,  i  quali  tanti  furo* 
no  in  numero,  che  il  gobbo  fra  1*  efier  di  natura  di  ciarlar  ftmpre  fempre 
fenza  mai  cefiare  »  e  per  gli  applaufi  ch'e*fì  dava  «d  intendere,  e  ne  veniflet 
fatti  a  fua  perfona  con  quei  brindifi ,  per  qualche  breve  fpasio  della  cena 
fu»  come  n  fuol  dire»  il  padron  della  veglia*  Così  méntre  quefii  ben  rin- 
galluzzito» con  una  voce  fquiilante  e  in  quilio,  tutti  afiordava  col  fuò 
gran  cinguettare»  e  volevala  con  ognuno»  parve  (  Aera  fiata  ben  guidata 
la  bifogna  )  che  a  cafo  al  Cafiagnola  fi  facefle  luogo  a  parlare  in  queAo  vMh 
do.  Faccian  grazia ,  Signori,^ di  dirmr  chi  è qoeAo  Signor  Cavaliere ,  c6e 
con  tanta  giocondità  accompagna  la  noftra  allegria.  Signore,  rifpe^  uno 
di  loro»  e^i  ò  un  gentUuomo  di  tratteiuoiento  del  SerenifikDO  Pt^incipé 

nofiro 


-  :        BALDASSARRE  IR^NCESCHWl.       389 

itollro  Padrone.  II  Caflagnola  fentito  queflo»  di«de  kgnùch»  tal  rUp<^ 
aveflegli  la  mente  alcjuanto  aggravata;  e  come  ucmio»  che  con  (e  ftefloi  r»n 
gìonai  cominciò  a  biafciarfi  fra'  denti  quelle  parole:  Trapeli  »  Trapiedit 
TrafredÌ4  ^oi  mefle  gli  occhj  addoflìo  al  Trafredit  guatandolo  beri  ben^ 
ài  capo  a  Dièi  moftrando  oiii  che  in  ogni  alerà  cofa  di  fiil^rfi  nel  Una  gohr 
bo;  e  finalmente  con  getto  molto  grave  e  rifoluto»  di^:  Tant*è»  io 
non  crederò  mai ,  che  un  dirpregio  tale  fia  ftato  fatto  da  chiccheflia  «d  un 
icrvitore  d'un  tanto  Principe.  Allora  chi  aveva  la  cura  di  tenere  jl  lazzo» 
domandò  al  Caftagnola  ciò  che  ei  voleflè  dire  con  quelle  parole .  Al  che 

S>re  il  Dottore;  Sappiate,  Signori i  che  jeri  nel  venirmene  da  Fifa» 
ndo  da  Montelupo,  io  a  caio  mi  fermai  pre0b  a  una  di  quelle  tante 
^he  di  ftovigliai»  dove  io  veddi  coùt  veramente  ridicolofàf  cioè  a  àu 
re»  più  di  cento  boccali  di  buona  tenuta*»  inciafcheduno  de'qQ'4li  io  non 
folo  ravvifai  ritratta  al  vivo  V  effigie  di  quefto  voftro*  amico  Trafredi  »  ma 
di  più  ne  leffi  anche  il  nome  (cioè  Tommafo»  fé  non  erro)  e  quel  cafato 
fieno  9  che  io  fento  ora  che  fia  il  fuo:  ed  avendo  ben  fatta  rifleflione 
all'  uomo  e  ad  ogni  altra  qualiti  »  che  adorna  la  perfona  di  lui  »  dico ,  che 
e^non  può  eflfere  fé  Aon  eflb  quello»  eh' io  ho  veduto  dipinto  in  queli'  in- 
finito numero  di  boccali;  e  forte  mi  duole  di  vedermi  in  un  fecolo»  nel 
quale  con  sì  gran  licenza  fiano  i  virtuofi  vilipefi  e  burlati.  Or  lafcia  dir 
qxà  al  povero  gobbo»  il  quale  però  nel  veder  porre  in  tavola  un  cosi  agro 
ragionamento  tanto  inafpettato»  contuttoché  a  principio  molto  fi  turbafle» 
pur  tiittavia  non  fi  abbandonò  :  e  come  quegli»  che  in  fimili  congiunture 
non  cedeva  mai»  edavane  infino  addenti  a  chi  fofle»  fènz'aver  riguardo 
a  perfona»  attaccò  col  Dottore  una  gran  miftìa»e  in  fuUa  bella  prima  ven- 
ne alle  préfe  con  male  parole»  col  calor  delle  quali  davafi  intanto  non  po*^ 
co  fomenta  alle  grandi  rifii  de' convitati  e  di  coloro,  che  alla  tavola  aflille** 
vaAo  :  le  quali  altiffime  rifa  »  tanto  rumore  facevano  »  che  i  tuoni  non  fi 
fariano  potuti  udire .  Il  Caftagnola  »  moftrandofi  piccato  dalla  mordacità  di 
quella  lìngua  (#)tabana»foggiunfe  ;  E  che  diretti  tu»  fé  io  nel  rornarme« 
ne  a  Pifafacem  procaccio  di  una  dozzina  di  quei  boccali  »  e  qua  te  gli  f*» 
ceffi  portare?  Il  Trafredi  fin' allora  con  tutto  il  fuo  dibatterfi  e  con  tra* 
ilare»  fi  et%  dato  a  credere  »  che  ouelia  fofle  un  invenzione»  che  non  avefie 
a  paflar  più  là  che  le  parole  ;  onde  con  maggior  rigoglio  che  mai  »  riipoic: 
Io  t' ho  per  un  gran  becco  cornuto,  fé  cu  non  trovi  il  modo,  che  mi  fieit 
portati  queftt  boccali  »  Se  tu  mi  dai  troppo  troppo  a  ftuzzicare  »  ripigliò  il 
bottore,  io  fon  uomo  da  metter  mano  a  certi  miei  (ègreti,  e  fartene  com* 
parir  qua  uno  adeflb  adefib .  Parve  al  gobbo  »  che  il  Caftagnola  fi  foflè  con 
quelle  parole  impegnato  sì  forte,  che  non  potendo  poi  venirgli  fatto  ciò 
eh' e'  prometteva»  avefie  egli  a  rimanere  a  cavallo»  ed  a  farfi  beffe  di  lui? 
che  però  infultandolo  fempre  più,  il  perfuadeva  a  far  più  preflio  quella 
prova.  Giacché  tu  mi  tenti»  difle  il  Dottore,  ecco  che  io  mi  accingo 
aU' open  :  elevàtofi  da  tavola»  cavandofi  di  taica  una  gran carcapecorà,  che 

Bb  3  non 


■    Il  ■        ■     11— »i* 


(a)  Wotifm  f  firfe  isl pungiglhre  del  Tsfano,  La$$noT Aànum,  o  forfè  dal 
'    lat.  tabum  :  lìngua  fradicia  »  come  il  Berni  a  Pietro  Aretino . 


j ^0    "Dàmi.V.Ma Purf.l  iielSec.  V. ddi^4^. al  1 6$o. 

MMI  {|  fa  duef  ch*dli  fi  fo^,  é  fc^rfe  era  lì  fuo  privilegio:  dato  èì  pigliò 
•d  ttiì  battone»  fc  n'andò  nel  vicino  cortile t  e  quivi  a  vifta  di  molti  di 
fuelli  della  tavola  $  al  Ione  di  certi  candellieri  i  che  faceafi  tenere  da*  fer- 
vitori»  cominciò  a  fare  alcuni  circoli  nelle  mtura  e  per  lo  terreno;  pro« 
nunsBiando  ilrane  ed  inuCtate  parole  a  modo  di  negromante  »  con  volto 
ferioegrave»  anzi  malinconico  e  timoro(b  :  e  dopo  che  ^li  ebbe  molte 
di  quefte  cole  fatte,  feceficon  deftrezsadachi  ne  aveva  avuta  la  commiffio^ 
ne  porgere  il  boccaljs,  e  con  vifo  mefto  a  guiia  di  uomo  che  venga  da  trat- 
tar co'  moftri  d*  Inferno  »  e  con  mano  vadllante  »  quello  prefontò  agli  amici 
in  pubblica  tavola.  Averefte  veduto  in  un.fubico  il  povero  Trafiredi»  che 
fino  allora  fi  era  mdirato  %ì  franco  »  allibbire  e  perdere  la  parola  per  modo» 
che  troppo  è  difficile  a  ridirlo»  tantoché  le  gran  rifa, che  fi  alzarono  allo* 
fa  tra  quella  brigata  e  di  tavola  e  di  fuori  di  tavola ,  al  certo  al  certo  ave* 
nbbero  dovuto  ceder  luogo  alla  compaffione .  Riconobbefi  da  c^nono  la 
fomigliantiflima  immagine  del  Trafredi:  fi  leflero  i  verfi,  il  nomee 'I  ca^ 
&to  di  lui  fcricto  nel  boccale»  e  fubito  fu  pieno  di  ottimo  e  fre&hiffimo 
vino»  del  quale  bevvero  tutti  alla  fiinità  del  Trafredi .  Intanto  il  Caftagno- 
la»  permeglio  colorire  la  burla»  cominciò  a  dar  fegni  di  un  grande  afian» 
no»  e  varie  fmorfie  fi  mefle  a  fare,  finché  nelle  braccia  di  Luca  Citernt» 
iUora  Cappellano  del  Prìncipe #  che  gli  era  allato  a  tavola  »  finfe  di  cade* 
ffe  fvenuto .  11  Volterrano  volle  ancor  eflb  fare  le  f uè  parti  col  ricorrer  fu* 
biro  all'aceto  delPinfalata ,  col  quale  fingeva  di  andar  fpruzaando  di  Dot- 
tore il  vifo  e  le  tempie;  altri  fi  alzarono  da  tavola  r  quali  accorrendo  a  quel 
bifogno':  ed  in  fomma  coloriron  la  cofa  ai  bène»  che  il  Trafredi»  fra  la 
fibbia  e  la  vergogna»  e  Io  fgomento  per  quei  nuovi  accidenti»  cominciò 
i|uali'a  venirli  meno  per  davvero,  e  vi  fu  da  fare  a  rimetterlo  in  gambe; 
sgli  poi,  al  meglio  che  gli  fu  potfibile ,  levatoti  da  tavda  fenza  fiir  motto» 
irullo  grullo  e  fenz'  altra  cena,  fé  ne  andò  a  cercale  del  fuo  covacciolo  » 
per  dormire  quella  notte.  Dio  fa  quanto;  mentre  i  compagni  per  lo  re- 
Itante  della  cena,  a  cagion  delle  gran  rifa»  meflero  il  mangiare,  come  fi 
foci  dire,  ira  la  camicia  e  la  gonnella.  Ma  pd  povero  Trafredi  non  ri* 
male  ii-finisa  la  trefca  ;  perchè  il  giorno  dipoi  avendo  ti  Principe  rifoluto 
di  condttrfi  a  diporto,  colla  fua  corte  d' aito  e  baffo  forvino,  per  quelle 
fue  campagne:  e  avendo  dcfUnati  diverfi  ripofi  per  breve: fpazìo  preffo  alle 
ca(e  di  quei  lavoratori,  fu  operato  per  modo»  che  in  ogni  luo^Or  ove  le 
pofate  far  doveanfi»  era  da  quei  villani  offerto  da  bere  alla  Simiglia  baffi» 
e  davafi  il  vino  collo  fteflb  boccale,  il  quale  con  ben  concertato  aitifiaio 
dall'una  all' altra  cafa  fegretamente  pafiàndo,  fece  credere  al  gobbo  t  come 
era  fiato  detto  la  precedente  fera ,  che  non  in  un  iblo  boccale  fofle  fiata 
dipinta  la  fua  figura,  e  quello  foflè  fliaco  dal  Caftagnola  fatto  comparire»* 
ma  che  gli  fiovigliai  e  fornaciai  dì  Montelupo  ne  aveflero  per  io  conada 
fpacciaii  a  fome.  Fu  poi  lo  fieflb  vafo  mandato  tU'ofieria  di  Caftello,qui-> 


Vi  vicina,  e  dal  Trafredi  del  continuo  frequentata,  per  efifer'egli  forte  in» 
mmorato  della  figliuola  dell' oftc»  il  quale  avendone  avuta  l'intefa»  ogni 
volta  che  il  gobbo  vi  fi  lafciava  vedere  r  portava  in  quel  boccale  il  vino 
Uk  tavolate.  Veniva  talvolta  il  Travedi  a  Firenze  in  aia  il  Barone  Alef- 

6ndro 


BALDASSMRE  TRANCESCHm.       i^t 


itndfo  del  Nero»  fi»  «ittico  padrone»  e  '1  beccale  anche  quivi  al  folico  kr 
preveniva;  tantoché  il  povero  omicciuolo  n*  era difperato  affatto.  A  ct^ 
gtonedonquedi  quefle  ed  altre  bizzarre  invenzioni  t&tteli  da  coloro  intorno 
•Uo  fieffo  ibmetto  >  iempre  più  nuove,  più  capriocioiè  e  più  pungenti,  oOk 
nobbe  il  Tnilredi  a  fuo  gran  collo»  ciocché  a'  foverchiamente  iinsuacciutt 
bene  fpeffo  accader  foole»  cioè  a  dire»  di  trovar  ulora  rofe  a  lor  naCo^ 
e  chi  fappia  rendere  pane  per  focaccia»  e  dare  a  ciafcuno  fuo  dovere  fino 
al  finocchio;  onde  per  ravveniìre  egli  non  folo  £e  fteflb  correflfe»  ina  quel 
che  èpiùi  per  qualche  tempo»  non  che  altri  burlare  e  dilettare •  per  cosi 
dire»  s'amfchiò  più  a  formar  parola;  e  tanto  badi  in  propouco  della  burla  « 
Torniamo  ora  a  feguir  la  traccia  del  noftro  racconto .  L' ultima  fio* 
ria  contiene  la  perfonad'Aleflandro»  primo  Duca  di  Firenze,  armato,  ia 
atto  di  federe»  mentre  la  Fiorentina  Repubblica  gli  fa prefentare  la  vefle 
Ducale,  la  Corona  e  lo  Scettro:  da  uno  de*  lati  veggonu  alcuni  putti»  dio 
fopra  1'  arme  de*  Medici  accomodano  la  Ducal  corona  :  e  dalP  altra  parte 
fono  i  ritratti  di  alcuni  aulici  del  pittore,  ed  il  proprio  ritratto  iuo  in  fi* 
gura  d'  un  giovane  veftito  di  color  verde,  che  guarda  verfo  gli  fpcctatori 
della  ftoria,  la  quale  per  aver  (otto  di  fé  V  ingreflo  alla  Icala,  non  ha  ìm^ 
bafàmento.  Non  fece  però  Baldaflarri  tutte  quefte  opere  di  feguìto,  ma 
con  interrompimento  ;  attefochè  ne'  tempi  d'inverno  il  rigor  del  freddo  » 
che  in  quella  loggia  fi  rende  infopportabile ,  noi  permettefiè  ;  che  però  dalla 
benignità  di  quel  Principe,  gli  fu  conceduto  di  talora  defiftere  ed  operare  %U 
trovein  luoghi  più  comodi .  U  primo  annodipinfe  nella  Compagnia  di  Ca« 
fiellol»  poco  lontano  dalla  Petraja»  un  San  Michele  Arcangelo  a  frefco»  vi« 
fto  di  (otto  in  fu»  in  atto  di  cacciare  Lucifero  dal  Cielo .  In  Firenze  poi 
nella  Compagnia  del  Servo  di  Dio  Ipolito  Galantini,  colorì  pure  a  frefco 
in  uno  degli  fpaz)  della  foffitta»  un  San  Giovambattfta  »  San  Giovanni 
Evangelifta,  e  due  Angeli»  che  tengono  uno  T agnello»  l'altro  il  calice i  e 
vie  un'aquila»  che  tiene  una  cartella,  dove  è  fcritto  il  Vanoelo  di  Saii 
Giovanni.  Pel  Dottor  Lattanzio  Magtotti  fuo  medico,  dipinte  a  olio  in 
un  ovato  un  San  Giovambatifta  fanciullo  »  mezza  figura  ;  per  Francelco 
Cordini  il  ritratto  del  Padre  Fra  Buonaventura  Cavallo  Francefcano ,  della 
nobil  fiimiglia  della  Mantra  in  Calabria,  celebre  Predicatore,  poi  Vefco» 
vo:  quello  fteflb»  a  cui  con  una  fua  elegamiflima  lettera,  il  rinomato  Gio« 
vammtUbi  Ricciardi ,  inviò  e  dedicò  la  fua  dotta  Canzone ,  che  dicefi  i 
li  Dio .  Allo  fteflb  Cordini  fece  un  bel  ritratto  d'un  Romito»  d*un  Biante, 
e  un  DÌM[ene ,  In  queflo  tempo  aveva  egli  già  cominciato  ad  acquiftar 
tanto  credito  per  le  belle  opere ,  che  alla  giornau  ulci vano  dai  fuo  pen« 
nello»  che  non  eflendo  da  tutti,  i  fuoi  coetanei  conofciuto  il  proprio  fua 
nome,  lo  chiamavano  per  eccellenza  il  Volterrano:  e  cosi  è  flato  poi  chiar 
mato  fempre»  e  a' intende  per  la  piìi  parte  fino  al  preiente  tempo.  Aven* 
do  rifoluto  Francefco  Orlandini  »  Senatore  Fiorentino ,  ricchiuimo  Gen» 
tiluomo»  di  adomare  di  pitture  a  firefix>  ia  Cappella  di  fua  famiglia  neUbi 
Chiefa  di  Santa  Maria  Maggiore  def  Frati  Carmelitani  della  Congregazione 
di  Mantova:  ed  avendo  i^ntito  il  grido  di  queflo  artefice,  volle  che  egli 
di  fua  mano  la  dipigneflTe:  nel  che  £are  fi  portò  tanto  bene#  che  non  £ 

Bb  4  può 


59»      Décéttn:V:itUaFdrf.  LUelSee.K  ^1640.  ali6so. 

può  dir  più:  Vedefi  nella  vdIm:  di  focco  in  fu,  foprt  nn^  carradi  fuoco  tu 
rito  da  due  cavalli  »  a'  quali  non  manca  fé.  non  il  moto ,  un  veoerabil  vec* 
chio»  figuracoper  lo  Profeta  Elia  »  in  atto  di  gettare  il  mantello  ad  Eiife6> 
il  quale  fi  vede  con  un  piede  pofato  in  terra  e  l'altro  alzato»  <omre  fu^ 
cknamente  per  aflècondare  il  moto  veloce  del  carro»  e  con  braccia  alzate 
per  ricevere  il  mantello;  figura  cosi  bella  e  con  s)  bene  adatiatco  fcorto 
acconcia  in  proTpetciva  »  die  non  vi  è  veduta,  dalla  qu^le  ella  non  fi  veg* 
ga  operare  .  £Iegli  angoli  dipinte  alcuni  Angeli,  con  cartelle  volanti  in 
m^no  con  certi  motti»  tutti  figure  di  gran  rilievo.  Ne'  due  lati»  che  ten-» 
gono  in  messo  le  fineftre»  dipinfe  due  femmine  »  figurate  l' una  per  la  Leg** 
gè  vecchia^  colle  tavole  fcritte jn  Ebraico  carattere» e  colla  fpada  :  e  l'altra 
per  la  nuova  Legge»  con  vafb  verfante  acqua»  e  libro  degli  Evangelj»  e  fo^ 
pra  la  tetta  di  lei  è  lo  Spirito  Santo  in  figura  di  Colomba  rapprefentato. 
rece  ancora  nella  navata  di  mezzo»  fopra  l'arco  di  efTa  Cappella,  due  fi* 
gure  di  femmine»  che  ra{>prefentano»  una  l'Umiltà  editata  da  alcuni  An«^ 

6 eli  »  e  r  altra  la  Verginità  col  folito  fegno  dell'  Unicorno»  le  quali  pec 
L nobiltà  e  forza  del  colorito»  vaghezza  d'arie  di  tette  »  di  attitudme» 
o  del  veftire  »  fon  degne  di  molta  lode  z  e  fece  anco  di  iua  mano  i  difegni 
delli.  flucchi  della  tteua  Cappella.  Non  aveva  ancora  finito  le  ftorie  della 
Petra ja»  quando  Giovanni  Grazzi»  uomo  vecchio»  che  in  fua gioventù  Iti 
occellente  mtrflco»  e  fingolatiflimo  fonatore  di  ogni  forta  dì  ftrumenti  di 
fiato  e  di  corde  »  determinò  di  far  dipignere  una  tua  Cappella  nella  Chiefii 
della  Santifiima  Nonziata  »  e  al  Volterrano  diede  V  incumbenza .  Como 
ogU  fi  porta fle  in  quefia  opera»  non  è  così  facile  a  dire»  elTendo  ella  Tem- 
pre ttata  reputata  dagr  intendenti  una  delle  piìi  belle  cofè  che  abbia  fatto 
quefto  pittore»  e  pofia  farfi  in  quel  genere.  Vedefi  nella  volta  di  Cotto  in 
fiiia  Santa  Vergine  Cecilia»  la  quale  con  maravigtiofa  grazia  ed  ailegcezza 
preflb  ad  un'  organo  tta  rimirando  il  Cielo  t  mentre  in  vaghe' attitudini 
Sanno  cantando  e  fonando  gli  Angeli  delia  gloria.  Circonmi  <{uefia  ftoria 
un'  ornamento  di  finto  ftucco  tocco  d'oro»  e  nelle  tre  lunette»  che  fono 
nelle  pareti  fotto  la  volta»  veggonfi  alcuni  Af^eli:  ed  è  cofa  di  maraviglia 
il  vedere»  come Baidafiarre  accomodandofi  al  lume  di  quefla  Cappella»  che 
viene  da  una  fola  finettra»  che  è  tre  braccia  più  baflà  delle  lunette»  lumeg* 
giaife  le  fue  figure  di  fotto  in  fu  con  gran  forza»  e  intera  fomiglianza  dei 
Wfo«  Ha  quefta  Cappella  un'antica  tavola,  dove  (bn  dipinti  i  Santi  Mar* 
tiri  Ignazio»  Biagio  ed  Erafmo;  onde  per  finir  d'abbelhr  l'opera»  eallu« 
dere  a  quelle  immagini,  dipinfe  nel  frontefpizio  di  efla  tavola»  in  or. 
namento  di  marmo»  un  Angelo»  che  tiene  in  mano  alcune  palme»  in  atee 
di  voler  quelle  prefentare  al  li  tre  Martiri.  In  quefto  tempo  ancora  colori 
afrefco  al  Marchelè  Aleflandro  dal.  Borro»  Generale  delle  Armi  di  Tofca* 
Ba^  nella  facciata  del  cortile  di  fua  cafii  in  Borgo  degli  Albizi»  un  trofeo ^ 
con  alcune  targhe»  colFarmi  de'  Serenifiimi  ed  imprefe»  con  alcuni  putti 
belliflimi»  ed  ogni  forta  dì  ftrumenti  militari:  e  vi  è  una  manopola»  che 
imbraccia  Io  feudo  dell'arme  del  Generale  »  e  tiene  una  carta  col  motto  : 
CON  QUESTE  PER  ^WESTE.  Volle  poi  il  Sereniilìmo  Principe 
Don  Lorenzo»  che  egli  andane  ad  operare  nel!'  altra  fua  Villa  di  Caftello  « 

dove 


•  %> 


BALDASSARRE  FRJNCESCHIM.        393 


dove  ^li  crt  folito  più  firequeiìcemente  villcf  giare .  la  efla  dipinfe  in  tré 
ftaozCf  fregi  e  fp^rapport»  i  ipo a  impreTe  e  lincei  :  e  nelk.ftann  delia  guar- 
dai degli  Scaffieri.  in  uno  fpaziad^lla  volca#  m  veduta  di  fotto  in  fu  •.  colori 
t.frefco  un  Tuo  bel  concettosi  cioè  laVigilansa  e  '1  Som»»»  rìfvegliatoper 
ordine  di  quella»  da  alcuni. fanciulli #  ì  quali  con  papaveri  accefi  ad  unt» 
lucerna»  gli  afiumano,  le  carici.  Per  Gcnttlttomini  di  quella  Corte  £eoai« 
molti  quadri  a  olio  di  bella  invenzione;  fra  quelli  un  Amorino»  che  doc*' 
me»  per  Anibale  Do  vara;  per  loMarcheib  Ferdinando  Ridoiii»una  Veno». 
re ,  che  accarezza  Amore  :  una  Peicatrioe  coir  amo  j6^  con  unpefce»  figu^^ 
rata,  per  la  fraudè:  un  Perfeo  collo  feudo»  colla  cefla  di  Meduià»  e  una^ 
Cleopatra  »  in  atto  di  morire  •  Fra  le  ottime  qualità  di  quefto  pittore  »  non 
ha  r  ultimo  luogo  r intatta  pudicizia  del  fuo  pennello;  che  però  non  è  mai 
chi  abbia  veduta  di  fua  mano  pittura  lafciva;  «mde  dovendo»  mentre 
egli  in  quelle  opere  fi  tratteneva,  djpignere  per  lomedelìmo  Marchefe  Ri« 
dolfi»  in  una  tela  di  cinque  braccia»  la  favola  d'Orfeo  con  Euridice»  coor. 
tentofii»  com* egli  era  fotito  di  affermare»  difpenfare  alquanto  dall' antico- 
divieto  i  funi  pennelli  ;  e  figurò  quella  femmina  parte  veftita  e  parte  nuda; 
perchè  e' fi  prometteva  »  che  le  orrende  forme  de'  Demonj  »  che  nel  me^ 
defimo  quadro  doveva  rapprefentare»  col  rif vegliare  altrui  le  fpecie  degli 
eterni  fupplicj  »  doveflero  eflergli  ancora  correttivo  falutare  di  ogni  mena, 
che  onefto  penfiero:  concetto»  che  quando  non  fi  (limi  d' infallibile  .ritt« 
ijbita  »  non  lafcia  però  d'atteftare »  qual  foflè  ne'  tempi  della  più  fiorita  gio* 
ventù  di  quefto  artefice  »  la  xuindidezza  de'  fuoi  fentimenti .  Pece  gn^ 
Cora  per  lo  ftefiiò  Marchefe  due  paefi  a  olio  di  due  braccia  per  ciafcheduno 
con  piccole  figure:  che  uno  di  proprio  capriccio:  e  T altro  dal  naturale.. 
Per  Cofimo  Citerni  dipinfe  a  olio  in  un'  ovato  un  Ila  col  vafo:  per  Fran* 
cefco  Parrocchiani  figurò  in  un  quadro  a  olio  oo  Ila  colla  tazza  e  col  vaio. 
d'oro:  e  per  quefto  fi  fervi  dell' effigie  al  naturale  del  Marchefe  Alveròtti». 
ctì^  allora  dello  fieflo  Principe  era  Paggio  di  Valigia»  ftimato  uno  de*  più 
le;ggi$dri  giovani»  che  vedeiie  queir  età»  onde  io  dirò  ciò»  che  in  altro* 
cafo  diife  il  Caro»  che»  e  per  eccellenza  dell'opera»  e  per  la  bellezza*  del 
rapprelèntato  »  fcorge  »  chi  guarda  quella  pittura  »  due  maraviglie  in  un 
tempo fteflb.  AI  medefimo  Parrocchiani  colori  a  temperati  bizzarril&mo: 
quadro  della  tanto  rinomata  burla  della  botte  ȣitta  dal  Piovanq  Arlotto  ad* 
vna  fefta».  per  confonder  Taftuzia  del  padrone  di  quella  cafa  e  de' fuoi  com* 
pagni  di  tavola»  che  vollero  pigliarfi  fcherzo  di  lui»  con  fiirgli  a  bello iftu« 
dio  toccar  la  forte  di  abbandonar  la  menfa»  per  andare  a  pigliar  vi  o  in 
cantina;  e  fu  quefto  quadro  unto  applaudita) >  che  in  procefibdi  tempo 
ae  fono  ufcite  tuori  copie  infinite  •  Color)  a  olio  un'  ovato  per  lo  nomina* 
IO  Principe  fuo  padrone»  in  cui  figurò  un  Zoffiro  alato  colla  tromba  ap-- 
pefa  alle  fpalle»  e  con  un  flauto  in  mano.  Troppa  lunga  cofa  farebbe  il 
dcfcrivere  tutte  le  belle  opere»  che  egli  fece  in  quefti  tempi  »  a  olio  e  a 
frefco  perdiverfeperfone  •  Egli  aveva  già  dato  fineatreftorie  alla  Villa  della 
Petraja»  quando  volle  il  Principe  Don  Lorenzo  prevenire  i  Tuoi  difegni» 
con  fargli  vedere  le  opere  degHeccellentiffimi  pittori  di  Lombardia  ;  on-« 
de  colà  a  fue  fpefe»  e  con  lettere  di  favore  per  ogni  luogo i  l'inviò <  Par« 

tì  egli 


^94     Deeem.V.deiiaPartJ.defSe£.V.dali6^éiÌi6so. 

tà  egli  di  Firenze  alli^.  d*  Aprile  i<$40.  in  ootnpagnis  di  Anibale  Dovtit» 
e  di  Vitale  de' Buoi  t  V  uno  e  l'ticro  Gencilttomini  CaTalieri  e  granSef* 
nidori  della  Sereniffima  Cafadr'  Ntodici .  Fu  in  Bologna  trattenuto  in  cafii 
Ù^cdefimo  Vitale:  in  Ferrara  fu  ricevuto  dal  Marcheiè  Ruberto  Obiz^^ 
o  in  Venezia  in  cala  Paolo  del  Sera»  poi  Senatore  Fiorentino .  Stette  an- 
cora a  Firma .  In  ogni  lui^o  difegaò  molte  cofe  »  e  particolarmente  in 
Parma  tutta  la  cupola  del  O>reggio  •  Lafciò  in  Venezia  ed  altre  città  al- 
cuna opera  di  fua  mano;  e  finalmente  dopo  tre  mefi  e  mezzo»  cioè  agli  i$. 
d^. Aspio  dello  fteflbanno  fu  di  ritorno  a  Firenze^.  S' apolicò  fubito  con 
i3bppio  gufto  alle  belle  opere  della  Petraja»  le  quali  ebbero  Ìor  fine  del  1648. 
ttportandone  egli  e  dal  Padrone  Seitnimmo  e  da  ogni  altro  quegli  applau» 
li»  che  a  così  bella  fttica  fi  convenivano.  Gli  fu  poi  Pannò  16 $0.  dato  a 
dipignere  nella  medefima  Chieia  della  Santiffima  Nonziata  la  Cappella  di 
Santa  Lucia  per  gli  Eredi  del  Marchefe  Fabrizio  Coloreto  :  nella  volta  della 
quale  rapprefentò  il  Padre  Eterno»  col  Divino  Spirito»  Crifto  noftroSi* 
gnore  colla  croce  in  braccio»  moftrandola  ad  eflii  Vergine  Santa  Lucìa , 
che  in  atto  d' efiere  a  ferro  e  a  fuoco  martirizzata»  fi  vede  efpreflb  per  nu- 
no  di  Jacopo  Vignali  nella  tavola  della  ftefia  Cappella .  Fecevi  ancora  la 
Regina  del  Cielo»  Sant'Andrea  ed  alcune  Sante  Vergini,  che  Tafoettano 
allji  gloria»  dopo  il  conflitto  della  morte.  Ne*  quattro  peducci  della  volta 
dipinfe  la  Fede»  la  Carità»  la  Verginità  e  la  Fortezza»  quattro  principali 
▼irtù  di  quella  Santa .  Nton  voglio  lafciar  di  raccontare  in  quefio  luogo 
«Aa  piacevol  cofa  »che  occorfe  a  Baldaflarre  fiel  dar  principio  a  quefla  opew 
M.  Aveva  egli  già  fatta  la  fua  tìnta  per  un  grande  fplendore,  che  nella 
parte  più  alta  della  tribuna  doveva  eflere  il  primo  lavoro  de*  fuoi  pennelli  z 
e  già  u  muratore  ne  aveva  fisitto  T  intonaco  ;  quando  la  mattina  aflai  cardi 
«omparve  fui  palco  il  Volterrano»  e  con  quella  tinta  cominciò  lo  ff^ert-* 
dorè  •  Il  muratore  oflèrvando  quel  tignere  per  tutto»  fecondo  che  a  lui 
parevi^»  d'un  color  medefimo»  diflè  al  pittore:  Dite  un  poco»  ci  avete  voi 
dà  fare  altro?  Al  che  rifoofe  il  Volterrano:  Io  adeflb  non  ho  a  fare  in  aU 
aro  modo  di  quel  che  fy ,  Replicò  allora  il  muratore:  Dio  vel  perdoni  t 
che  fe  voi  me  ne  avefie  detta  qualche  cofa  »  io  (bno  ftato  qui  binto  aibet- 
candovi  fenza  far  nulla  »  a  queft'  ora  e'  poteva  eiTer  fatto .  Baldaflarre  allora 
con  bel  garbo  lo  guardò  in  vifo  »  e  si  gli  difle  :  Di  quefto  io  non  ne  dubi- 
to; ma  GÌ  grazia  non  vi  veniflfe  voglia  mai  di  niettervi  le  mani  fino  a  tanto 
che  io  non  ve  lo  dico  ;  rifpofta  veramente  molto  adattata  al  cefo,  perchè 
con  pli  uomini  di  groflb  legname»  al  tutto  vana  cofa  è  l' affaticare  con  ra- 
gioni.  Dipinfe  poi  il  Volterrano  agli  eredi  del  Conte  e  Senatore  Ugo  de* 
Conti  della  Gherardelba»  fitmiglia  delle  più  nobili  d'Italia»  in  unotòazio 
di  una  camera  nel  lor  Palazzo  vicino  alla  porta  a  Pinti ,  che  fu  già  del  cotto 
uomo  Bartolommeo  Scala»  un  fuo  proprio penfiero •  cioè  la  Cecità  della 
niente  umana  illuminata  dalla  Verità  •  Vedefl  figurata  di  fotto  in  fu  una  beU 
la  donna»  quali  giacente  in  un  letticciuolo  »  con  occh}  bendati  »  andar  colle 
mani  brancolando  fra  una  quantità  di  fcettrì»  corone»  gemme  «  danari; 
quando  comparifce  un'altra  vaga  donna  rappre&ntara  per  la  Verità»  laqua^ 
le  mentre  con  una  mano  toghe  alla  Cecità  dagli  occh}  la  benda»  coll^  al- 
tra» 


\ 


BALDASSARRE    ERANCESCHINI.       S9S 

* 

Q^t  imIU*  quale  tiene  ur  libro  tperta,  gli  tdditt  uh  grande  rplendow» 
die  fi  rpicca  dal  cielo  «  figuraco  per  f  eterna  rìpofo,  dove  folopoffii  ellt 
ficaramente  fermare  i  fuoi  penfieri .  Adorna  quefta  bella  pittura  una  cor^ 
Bice  di  finto  Aucco»  con  due  cartelle»  in  cui  tono  fktittì  i  fluenti  motti  f 

Mois  cacs  in  ieneèris  jaets  » 

Dum  gazis  inhi^s.  fieptré^m  iepms. 
En  vittés  tiH  Veriiéfs, 

Solv0  >  indtjkiens  fui  éfikiéi  jut^r. 
Per  sii  eredi  del  Senatore  Tommafo Guadagni»  nel  j^rimo  ricetto  tersano 
del  Tor  Palazzo  dietro  alla  Santifiima  Nonztata»  dipinfe  a  firelco  di  fotto 
in  fil,  la  ftorìa  di  San  Martino»  che  dona  il  mantello  al  mendico»  con  afe» 
cuni  Angeletti ,  che  portano  quel  dono  a  Geaù  Crifto»  il  quale  con  bract 
eia  aperte  l'afpetta  m  Cielo:  opera  belliffima»  e  coloritt  di  grafi  forvu 
In  alcune  cartelle  l'una  fotto  e  1- altra  fopra  V  ornamento  finto  di  ftucco» 
fi  leggono  quefti  verfi  »  parto  dell*  eruditiifimo  ingegno  del  Padre  Vinrài^ 
sio  ularia  della  Compagnia  di  Gesti .  Nella  prima  cartella  di  fottoi       \ 

Sls^inque  fccMt  Ccsiam  zm£,s  quém  coUigit  Alcs         / 

Mvtini  cblémyjitìmif€itiafu$ufé  voléf^ 
Nella  faconda  cartella  di  iopra;:    :  ;     . 

;  «;  :  /        Dift^ÌMcrum  cbhmydis,.  DivifatifetMr  e$^^ 
^'    :  :    I  :  i  ' Indivi/a  7)e»m  vejfii  obnqmg  p9lum . 

Ad  iftaflu  de'medjsfimi  Signori  dipinfe  una  bella  tavola,  che  fiipófib  nel 
Pnomi»  di  £ie63le^ :  Pe*  inominati  Conti.deUa  Gherardefca  fece  quattro 
quadri  a  ol^o^.che.iiieritanrluo^oira  le  più  belle  opere»  che  mai  u£eiilerò 
di  Tua  manpv  rapprerentò.  in  due  di  quefti,  di  circa  braccia  due  e  mezza 
r  Arcangelo  San  Michele  e  Y  Angelo  Cuftode  i  e  in  due  altri  alquaiito^  mi^ 
nori,  le  immagini  di  due  de  i  Re  Magi,  che  tengono  in  mano  alcuni  vafi 
o  fcrìgnetti^  in  cui  figurò  ii  pittore  contenerfi  i  doni  per  lo  nato  Meffia  « 
Nel  Palazzo  del  Marche(e  Filippo  Niccolini  in  via  de^  Servi  dipinfe  a  fire» 
ico  e  di  fotto  in  fu,  due  ioaz)  in  due  camere;  in  uno  efprefle  la  Virtù»  che 
fcaccia  rOzio,  che  fi  vede  giacere  fonnacchipfo  foprà  un  letto»  mentre  \m 
Virtù  con  un'  afta  il  percuote.  »  e  vi  è  un  Amoretto,  che  ipezza  V  areo# 
con  quello  d*  Ovidio  :  Otia  fi  ioUés  »  periere  CupiSnis  mats . 
e  con  cartelle  e  motti  adattati  é  concetto.  Nell'altra  fece  la  Bellezza» la- 
cerata dal  Tempo .  Apparìfce  un  irfuto  Vecchio  con  fronte  robufta  jpifr* 
na  di  fdegno»  che  moitra  aver  fatto  preda  di  una  vaghifiima  Donna»  ngo* 
rata  per  la  Bellezjsa,  la  qualecon volto, fpirantecompaffione»  quali imio- 
cente  colomba,  fra  gli  arcigU  deìr  avvoltojo»  con  geftd  imbelle  »  va  fe  ftefia 
agitando»  mentre  1*  indomabil  tiamno  a  viva  foraa  glifveHeil  crine* 
Da  una  parte  fi  fcorge  rovinato  e  guaito  un  arco  trionfale ,  e  fpezaafa  una 
ftatua  d*  Elena  rapita  ;  dall'  altra  una  pianta  di  Rofe  »  che  fi  afiorano  • 
Un  putto,  che  fidamente  rimira  quanta  polvere  refta  in  un'orivolo»  un 
firacciato»  ed  altre  belle  poetiche  invenzioni»  con  quefii  verfi; 
,  tiìimnù  il  Teptpo  ia^Beìln^  ^«/r » 

E  iutH  111  fin  quaggiù  kctru  e  teglie  :  i 

Sùfff  appagar  non  può  f  edaci  veglie 

ìfeB§fim0  immr$0l  i  nem  mertalf.  Ancora 


y 


396     Duenm  V.dtTU^m.  1.  delSn.V.dali64ò.  allóra. 

Ancora  dipinfe  neHo  fleflb  Patuzo  4  firefco  fopn  una  portt ,  ch«  emrt in 
Itb,  r  arme  de'  Niccolini  e  Corfint,  CQn  bella  ftccompagnatiira  di  foci 
fiucchie  di  putti  « 

Correva  gii  Panno  1652.  e  deiret)  diBaldaflarre  il  auarantefimo annoi 
quando  lo  flbfl^o  Marchefe  Filippo  Niccolini  determino  di  far  dipignere 
la  Cupola  della  rinomata  Cappella  di  Tua  famiglia  nella  Chiefa  di  Santa 
Croce:  e  perchè  ben  conofceva  la  virtù  di  quell'artefice»  voUe  che  a  lui 
fofle  data  la  gloria  di  un.  ùóét^  fi  ratfgùardevòle  ;  ma  prima  fi  rifolvè  a  far 

Lombardia  a  rivedere 

non  aveva  mai  veduta 

Roma  «  a  proprie  fpele 


lo  mandò,  atto  degno  veramente  della  generofità  di  quel  gran  cavaliere» 
con  àiv  iafciò  efem^io  a  qualàVii^ue  voglia  confegnare  aireternità  opere 
fingolàriffime,  dinonconOgiiarfieol  rifparmio,  Trattennefi  il  Volterrano 
in  Roma  circa  dufe  mefi  e  mezzo  /nel  quàl  tempo  in  cafa  il  Marchefe  Pao« 


re  alcune  nuvole»  fpalancano  le  porte  al'Scrf6f-accioc(ibè  fé  nie  vèrfga  ad 
illuminare  il  mondo»  menateegli  tìer  ìè  ntedefirae  aperture  comincia  a  tra* 
mandarci  primi  albori;  Pdf  Jà  ngara  delta  Rugiada  ritrafle  al  naturale 
alta  bellifBma  femmina  r  e  dello  fitidio  delia  medeOitfa  >  il  q^altf  tfond^  feob 
ft  FiiCQsei  fece  in  un  quadro  a  olio  l' imaoiagine  di  ISanta  Mar la wddalena  ^ 
che  poi  capitò  alle  mani  del  Mftrc:heftf  Vieri  Guadagni,  ^r 4^  Mariihefd 
Senatore  Vincenzio  Capponi ,  eruditìffioió  e  Angolare  amico  delle  buone 
arci»c  che  mentre  io  quefte  cofe  ferivo  1  è  In  carica  di  '  Ltiogotenente  per 
S' A.  S.  della  virtuofa  Accademia  del  Difegnor  dipinfe  in  uno  fpaziodi 
unidelle danze  terrene  del  fuo  Palazzo,  di  fotto  in  fu,  una  Flora  col 
pretabo  pien  di  fiori»  che  guarda  verfoillfViò  Zeffiro»  che  fi  vede  in  aria 
in  atto  ai  volare^efalando  aure  feconde.  Abbellifce  queftà  opera  un  molto 
rago^ornamento  di  finti  (tucchi  dorati,  con  due  cartelle»  in  cui  fi  leggono 
due:fyLritofi  motrii  concetto  della  Vaga  meAte  dello  fteflb  Marchefe.  Nel 
primqdiforto,  aHudente  àFìóra,  èfcritto:  D/f^/r//^  DlVAi  nel 
fecondo  di  fopra,  per  lo  Seffiro:  SIC  VITA.  Andava  il  Volterrano  fa- 
cendo quéfte  ed  altre  belle  opere»  quando  venuto  il  tempo  di  por  mano 
all^'Cupola  della  Cappella  di  Santacroce»  egli  di  proposto  fi  melfeaquel 
lavorò»  dove  rapprefentò  Maria.  Vergine  noftra  Signora»  in  atto  di  eifere 
daiUa^antiffinia  Trinità  IncQiro«ìata  ih  Ciélò»  nel  quale  fece  Vedere  gran 
copia  d'Angeli,  Spiriti  di  maravilliòfii:  bellezza»  in  and  di  applaudire  col 
fuonà  di  diverfi  frumenti  »  e  con  altre  belle-azioni  »  alla  dignità  di  un  Mi* 
fiero  cosi  gloriofo ;  mentre  i  Patriarchi  e  Profeti»  San  Giufeppe  Spofo  di 
efla  Vergine»  gli  Santi  Anna  e  Gioyacchino  »*  San  Giovambatifta  »  S.Ja- 
copo mag^ore»  'Nicodemoi  it  buon  Ladrone»  Giufeppe  d^Arimatla.'  e 
tutti  quelli  in  fomma,  che  tanto  del  Vecchio»  che  del  Nuovo  Teftamen- 
to,  fi  ha  o  notato  nelle  Sacre  Carte»  o  dettò  da  gravifiimi  Autori,  che 
folTerp  allora  in  Cielo»  i  quali  tutti  dalla  chiaria  di  quella  gloria  aflbrti, 

moftrano 


.e 


BAf^DJiSSùiRÈF  FR^ANCESCHINL        JsT? 


«wSi^mo  quanta  fitkt  gloria  ilcToilbiil  ita»  »rCMd^  id^reiftàf  di  fit  cttrM 
«Ila  faikia»  che  unlveriàl mente  corre,  tf  pét  kiToCrana  eipev  V  Italia  dì  qoe-i 
fi*  opera  nobiliffima^  fé  io  vOieifi  torre. cda  parole: a  ceIlfrrarJi:.e  però 
ùroio  ìac>ra  di  fiarlare  della  rtrletà  dell' infenzione^  ddlà  vàghezatadeK 
Virie  dèlie  tcfte*  della  maaftì  delie  figuro  à  e  delia  propfièca  e  viveszil  del'' 
k  acticudini  :  e  dico  foio»che  dtr«Add  i|(U  vdlutó  figurare  ufi  Pi^adiTor  hi; 
£siputo  accordare  infieme  una  cbiaiifliiBalute  e  (piendèri^f  dalle  qoalladt^ 
M  queir  opera  viene  mirabilakente  ti&nhiu*  g  noe  (al  iòtea  e  nltàmiiel 
colorito  di  tutti  que*  celeffi  fpirlti  #  che  a*  me  nòft  pare  che  fi  pofla  defbri* 
vere,  né  eziandio  eoliamente  concejnre  da  chi  quella  non  vede .  A{[aiim» 
gafit  clie  per  effer  la  volta  alta  e  ftretta;»  convenne  al  Voiterrano  il  farq 
in  alcun  luogo  tefte  eccefEvamente  ftrette  e  lunghe,  con  altre  eppdienti 
fproporzioni  aravaganctffime  a  chi  veder  le  potefle»  fioconie  io  pin^e  pfii 
voice  le  vidi  dal  piano  del  palco  dov^  egli  (lecce  alaivocare^le  quitti  Mi 
vedute  da  baflb»  fanno  da  ogni  banda  mindnlmenoe  F  éfietta  loro.  Ne  i 

Suattro  angoli  di  fbcio  a  eifii  Cupola  i  Ibnòpur^f  fua  mano  quacteé  ^gtatl 
gure  di  femmine,  fatte  per  Sibiuci.  con  certe  tavole  io  mano  «  dove  umò 
feritte  loff  predizioni  apparteisenti  alla  Vergine:  e  furono  ancora  con  fuo 
difeso  fatti  gli  ftucchi ,  modinature  di  cornici  e  rabbonì  •  che  fi  veggo- 
no nel  fregio  tra  le  fineftre.  Circa  quefli  tempi  fece  mohiilime  altre  bello 
opere;  ritrafie  al  naturale  il  Cavaliere  Giovanni  Giraldi,  e  la  GoAanz» 
del  Marchefe  Ruberto  Capponi  fuaconfbrte.  Per  la  Sereniflima  Granda- 
chefTa  Vitrtoria  di  Tofcana»  dipinfe  un  quadro  di  quattro  braccia  ^  delltf 
Spofalizio  di  Santa  Caterina  »  ddn  alcuni  putti  in  aria,  che  fpai^ono  fiorir 
ed  uno  che  tiene  in  mano  una  ghirlanda  per  incoronare  quella  Vergine  « 
Per  lo  Sereniffioìo  Cardinale  Gian  Carlo,  in  una  fua  camera  del  Palazza 
de*  Pitti,  dipinfe  in  uno  fpazio»  di  fotto  in  fu,  la  Fama,  quafi  in  atto  dì 
pubblicare  le  glcnie  di  quel  rriiwipe,  efprefie  da  alcuni  putti,  altri  in  atto 
dì  regger  V  arme  di  Cafa  Medici,  altri  il  bafto«ie  dì  Generale ,  altri  il  Cap^ 
pello  Cardinaliiio .   Per  la  fteÀ  SereniiTima  Granduchefia.  Vittoria  nel  me^ 
defimo  Palaz2o ,  colori  tutta  la  volta  di  una  Sanza  ornata  di  ftucchi ,  i  quali 
formano  cinque  fpaZ).  In  quel  di  mezzo  vedefi  la  Victoria  con  alcuno 
palme  nelle  mani,  ed  una  ghirlanda  d'allòro.  Vi  è  anche  la  Fort^ixf^ 
che  ha  in  mano  una  Rovere ;'fopra  la  quale  pafTa  tuia  fafcia  dove  è  fcritto; 
A   ROSO  RE    VICTORIA.  Sono  fotto  quefia  figura  molte  armi  da 
|uerfa,  e  vi  è  la  Fama  in  atto  di  fonar  la  fua  tromba  «   Nel  fecondo  fptoid 
la  Pace,  che  di  fuoco  ad  alcune  armi  miliuri ,  tenendo  nella  finiftra  ma- 
no un  ramo  d'  olivo*  Sta  quefta figura  in  atto  di  conculcare  una  Furia # 
la  ^ale  con  una  fiee  fjpenca  le  giace  fotto  le  piante:  in  lontananzi  vedefi 
chiuio  il  Tempio  di  Giano.  Nel  terzo  fpazio'è  la  Sapienza,  collo  Cnado 
colia  tefla  di  Medufa ,  a  vifta  della  quale  refta  V  Ignoranza  impietrita.  Nel 
quarto  ia  Pudicizia,  che  fpenna  V  ali  ad  Amore  lafcivo.  Nel  quinto  la 
Verità  »  che  toglie  le  mafchera  dal  volto  alla  Bugia,  che  quivi  fi  vede  ric^ 
eaménte  veAita,  ma  con  dna  gnabadi  kg^no.  Adornano  quella  voUa  i  no* 
Oiinui  fbxCchi  doriti  >  eoa  cartelle  e  au>tu  accomodati  a  qijeUe  invenzioni. 

Kella 


jja    DecennxVMlàPMll deìSe^Sr.daliC^o.alieso. 

Nella Rcal  Villa dU Po^io  InnerialèdlpiDie  per' h mèdefiou SereniffinM 
ia  uno  fpazio  tondo  di  un  fu J  Gaibìnetto ,  una  Santa  Maria  Maddalena» 
a  tempera»  vifta  di  fotto  in  fd,  in  ateo  di  andarfene  accompagnata  da 
Angelici  fpiriti  al  poflelb  dell'  eterna  gloria:  e  un  Angelo»  che  moftra 
varj  ftrumenti  di  penitenza,  con  un  motto  di  FranceCco  Rondinelli»  che 
dicez  SBMINAyjT  IN  LACRIMIS.  Finita  ch'eli  ebbe  quella , e 
la  bella  opera  della  Cupola  in  Santa  Croce  k  dall'Abate  Luigi  delia  nobi- 
liliima  famiglia  degli  Stroazi  »  Configliere  e  Gentiluomo  per  gli  affari  alla 
Corte  di  Tofcana»  della  Maeflà  del  Re  di  Fmncia  Luigi  XiV.  ogai  glorio* 
lamente  Regnante  t  gli  fu  ordinato  di  £ireuha  pittura  di  proprio  uio  gufto» 
per  lomedelmo  Re  s  ed  t^M  poQa  mano  all'opera  •  rapprefentò  in  un  qua- 
dro di  circa  quattro  braccia,  un  fuo  bel  ccmcetto,  cioè  a  dire:  la  Fama, 
che  £critto  in  una  gran  carta  a  lettere  d'oro,  porta  al  Tempio  dell*  Im- 
inortalitù  il  nome  di  eflb  Re  >.  accompagnata  da  alcuni  putti  o  genj  »  ca« 
richi  dì  palme  e  d'allori.  Vedefele  vicino  il  Tempo  •  il  quale  con  occhio 
fivoroib  e  mano  ardita,  tenta  di  lacerare  eflb  nome,  ficcome  fi  fcorge  aver 
fatto  quelli  del  grande  Aleflandro,  Ciro,  Xerle  ed  altri  de*  maggiori  Mo^* 
narchi  :  i  quali  nomi  in  Greco  e  Latino  idioma  fcritti,  fi  veggono  in  terra 
(tracciati  f  ma  da  alcuni  putti  è  impedito,  di randclo altri  per  le  ali,  ed  al* 
tri  fpingendolo  indietro  »  quafi  che  contro  quel  Monarca  rimanga  eftinto 


chele  armato.  Per  l'altre  volte  nominato  Marchefe  Vieri  Guadagni,  fece 
ancora  11  ritratto  di  lui ,  che  riufcì  belliflimot  fimilmente  allo  mflb  una 
Santa  Maria  Maddalena  a  olio;  e  in  un  quadro  della  medefima  nroporzio- 
ne,  una  Santa  Agnefe,  e  quefto  fu  dal  medefimo  donato  al  Rebdente  dei 
Re  d*  Inghilterra,  che  fi:  lo  portò  in  auelle  parti .  11  ritratto  di  quello  Gen- 
tiluomo fu  veduto  con  tanto  ffufto  dalla  gloriofii  memoria  del  Sereniffimo 
Cardinale  Gian  Carlo  di  Toteana,  che  fubito  ordinò  a  Baldaflarre,  che 
gli  faceife  il  proprio  in  abito  Cardinalizio ,  come  fece:  e  dopo  la  morte  di 
quel  Signore,  gli  fu  dato  luogo  nella  Real  Galleria  del  Granduca ,  fra  quelli 
degli  altri  Principi  della  Serenifiima  Cafa.  Non  aveva  il  Volterrano  nnita 
la  mentovata  Cupola  de*  Niccolini,  che  a  Vincenzio  Giraldi  per  lo  fucr 
Palazzo  di  via  de'Ginori,  fece  il  difegno  d*  una  fiUnza,  da  fervire  a  ufo  di 
Galleria,  di  virandola  in  modo  con  architetture  da.  potervi  affigere  alcuni 
belii(fimi  quadri  di  Lodovico  Cigoli,  e  d' altri  maeftri  antichi  e  moderni, 
che  fra  altre  opere  di  buoni  pittori,  conferva  nella  fua  cafa  quel  Gentiluo- 
mo :  ed  avendo  fatto  dipignere  con  fuo  difegno  a  Pier  Maria  Baldi  ed  a 
Cofimo  Ulivelllf  Tuno  e  1*  altro  fuoi  dilcepoli,  varj  ornamenti  di  figure, 
architetture  e  medaglioni  •  epli  di  fua  propria  mano  dipinfe  nello  fpazio 
dei  mezzo,  di  fotto  in  fu  >  il  Real  Profeta,  in  atto  d*  orazione,  al  quale 
pare  che  fi  apra  il  Cielo,  tramandando  un  molto  luminofo  fplendore. 
Tiene  quelli  nelle  mani  un  cartellone,  dove  è  fcritto;  SlUID  ENIM 
MlHl  EST  IN  COELO  ET  ^  TE  SÌJJID  VOmi  SUPER 
TER  RAM.  Appreflo  fonovi  vafi  finti  d'argento,  ftatue,  hori,  frutti» 

fontane» 


"^        < 


^M.DJ4SS^RRE   FRANCESCHINI .      3:^9 


fontane »'tt  non  molto  <|t  Jungt  ve^oi^  due  vaghe  femminecte 
Adornano  i  lati  due  canelle»  neiJa  prima  delle  quali  fi  lèggono  quéfte  pa« 
noie  »  cavate  da  Ermanno.  Ugone  della  Compagnia  di  Gesù  : 

Tu  mibijerra  Deus,  mbi  iu  man,  fu-miin  Cwium. 
£  nella  feconda: 

Denique  cunSa  miei  es  :  *^fi^  cunSa  nibit .  ' 
Al  medefimo  fece  il  ^ifegno  di  un'altra  ftanza  cdnt^ua  aliar  fuddetta:  o 
nella  volta  di  eflà  fece  dipignere  al  nominato  Pier  Maria  Baldi  fuo  difce« 
polo,  uno  fpazio»  dove  voile  moftrare,che  la  Quiete  non  fi  trova  altrove ,; 
che  in  Dio:  e  però  dipinfevi  il  Baldi  eflà  Quiete,  che  fra  le  braccia,  e  nel 
feno  del  Padre  Eterno  placidamente  ripofa;  e  intorno  a  qua ft' opera  fi  l^*v 
gono  i  feguenti  verfi/ufciti  dalia  dotta  penna  di  Giovàmbatifta  Ricciardi;. 

Soh  in  grembo  a  colui  t  che  $  Re  faetta 
Ha  la  pura  J^ieìe  ozj  hati; 
Che  r  fjleffo  fragor  de  tuoni  irati 
Le  pupille  de'  gtufii  al  fonno  alletta . 
Dunque  tUf  che  defii  pace  e  quiete  ^ 
Spiega  fovra  le  Jlelle  il  volo  intento  : 
£  neW  acque  lafsà  del  Firmamento 
Troverai  per  gli  affanni  il  vero  Lete . 
Venne  intanto  a  Firenze  1*  anno  i66z  la  gloriqfa  memoria  del  Sereniffi^ 
mo  Arciduca  Ferdinando  Carlo  d' Auftria,  a  cagione  delle  Nozze  disi  Se*. 
reni(fimo  Principe  Cofimo  diTo(cana:  e  trattenutovifi  per  qualche  mefe, 
volle  alla  fua  partenza  condurre  feco  il  Volterrano»  per  valerfene  nella 
compra  di  alcuni  quadri,  che  aveva  penfiero  di  fare  in  varie  città  delia- 
Lombardia;  al  che  egli  fi  moftrò  prontifiimo:  e  prima  di  partire,  donò  a 
quel  Principe  un  quadro,  ove  di  fua  mano  dipinfe  a  olio  un  Biante  con^ 
un  libro  in  mano;  e  a  quefti  con  fuo  difegno  aveva  fatto  fiire  un  belliflimo' 
ornamento  tutto  intagliato  e  dorato.  Servillo  in  quel  viaggio  circa  a  due 
mefi  e  mezzo,  dopo  il  qual  tempo  laiciacolo  in  Verona»  fé  ne  tornò k  Fi-^ 
renze»  pafiando  per  Venezia^  dopo  aver  riportato  dalla  magnificenza  di: 
quel  Principe  ricchiffimi  doni  d'  oro  e  di  gioje .  Colorì  poi  ad  iftanza  di* 
Monfignor  Lodovico  Incontri  Spedalingo  di  Santa  Maria  Nuova»  la  ta«^ 
vola  di  San  Lodovico  Re  di  Francia,  per  la  Chiefa  di  quello  Spedale, 
Non  relkva  frattanto  il  nominato  Cardinale  di  Tofcana  di  fargli  fare  ope« 
re  per  fé:  e  perlopiù suftava  di  trovarti  egli  medefimo  prefente  al  di  lui 
operare;  che  però  fé  lo  faceva  venire  a  Palazzo  e  nella  propria  camera.  : 
Quivi  colox)  in  due  quadretti  due  tette  di  fauciullette ,  una  che  tiene  in 
mano  una  colomba s  eTalcra  ha  fopra  la  tetta  un  fazzoletto:  e  fimilmente 
un  quadro  d'  un  Vecchio  veftito  d'una  pelliccia,  che  veduto  dal  Marchcfe* 
Cufpi  Bolognefe,  fé  ne  moftrò  si  vogliolofo,  che  quel  benigno  Principe 
inclinava  a  donargliele,-  ma  fattane  parola  con  Baldaflarre,  egli  fi  offerfe 
di  fargli  in  quel  cambio  alcun'  altra  cofa  di  fuo  genio  :  e  feceii  un  Socrate  > 
con  un  fuo  difce polo  accanto,  il  quale,  conforme  al  coftume  fuo,  lo  per» 
fuade  a  guardarfi  allo  fpccchio ,  ciie  quivi  fi  vede.  Piacque  molto  il  qua«  * 
dro  a  quella  Altezza»  che  ne  fece  un  regalo  al  jiominato  Cavaliere  i  ma 

né  volle 


4oa     Dettnn.VJdta'BartA.del^cyMliS/^Q.aliSso. 

ne  volle  pur  di  mano  déHe  fltflb  pictoie  imi  copft  per  ft .  DijfHnie  anco^ 
rf  silo  fteflo  Sereniffiino  in  camera  faa  «n  auadro  di  due  fanraccia  e  mezio  » 
per  un'Omero  colla  lira»  ritratto  al  nacoraledi  Paolino» cieco  noco»  tioaa 
allegro  e  vivace  »  famofo  iti  Firenw  fra  fli  altri  cicchi»  ai  per  lo  novero 
grande  delle  fue  poefie,  compofte  fuUo  ftile,  che  diceO  da  Ciechi»  come 
per  Io  fpaccio  che  nefeee»  cantando  e  fonando»  e  facendo  ballar  cani»  fi-^ 
no  a  novanta  e  più  anni  eh'  egli  vifle.  Aveva  fatto  per  lo  medefimo  uà 
ritnrtto  del  Sereniffimo  Principe  Cofimo»  oggi  Granduca  di  Tofcana  Re* 
gntore»  e  d' Aleffiindro  Vii.  Sommo  Pontefice»  la  cui  eflSigie  trafle  egli 
daundifegno  delCavalier  Bernino:  dipoi  gli  rapprefentò  in  un  quadro 
uti  giovanetto  ftaffiere  di  fua  Corte»  con  Giovannino  fuo  moro»  che  fu 
«flai  buon  mufico»  in  atto  di  cantare.  Trovai!  oggi  quello  quadro  inuma- 
no di  Girolamo  Gerini  Senatore  Fiorentino .  Era  ftato  veduto  a  quella 
Corte  il  bizzarriflimo  auadro  della  burla  della  botte  fatta  dal  Piovano  Ar« 
lotto»  colorito  da  Baldaiflàrre  per  Francefco  Parrocchiani  ;  onde  volle  il 
medefimo  Principe»  che  in  certe  óre»  che  per  propria  indifpofizione  non 
poteva  applicare  a  negoz)  »  il  Volterrano  gli  dipignelTe  in  fua  prefenza 
due  altri  fimili  quadri  «  Fece  egli  dunque  vedere  nel  primo  il  Piovano  Ar« 
lotto ,  quando  giunto  una  fera  in  Cafentino  all'Ofteria  della  Confuma ,  tut- 
to bagnato  dalla  pioggia  e  agghiacciato  dal  freddo»  non  potendo»  aca<* 
gione  di  una  turba  di  Villani  indifcreti, che  avevano  occupato  il  focolare» 
né  punto  nò  poco  a  quello  aocoftarfi»  con  una  bella  invenzione  fece  sì» 
che  tutti  coloro  fé  ne  andarono,  ed  egli  vi  rimafe  folo.  Vedefi  il  Piovano 
tutto  crucciofo»  in  atto  di  difcorrer  coirofte»  mofirandogli  un  certo  fac- 
chetto  bucato  »  donde  finfe  che  poco  lontano  da  quel  luogo  fra  ^  bujo 
della  notte  gli  fofle  ufcita  da  quello  una  gran  quanctt*^  di  danari:  al  qual 
racconto  ftati  bene  attenci  t  villani,  cominciarono»  quando  uno  e  quando 
im  altro»  ebeti  cheti  adufcirfl  deirolleria  con  paglie  accefe  »  per  andare  in 
bufca  di  quelle  monete  :  e  cosi  lalbiarono  al  Piovano  il  luogo  libero  per 
pjoterfi  fcatdare  e  rafciugare  a  fua  comodici.  Neil'  altro  quadro  rapprelen* 
tò  quando  un  Prete  del  paeiè del  Piovano»  chiamato  ser  Ventura»  treman- 
do pel  freddo  della  febbre  »  dopo  eflère  fiato  coperto  con  quanti  panni 
erano  in  quella  cafa»  finocolla  gonnella  della  ferva»  dolendoli  afpramen* 
te»  ch'e'iuoi  adami  lo  lafciavano  morire  di  freddo»  domanda  nuova co« 
perta:  e  'i  Piovano  Arlotto»  coll'ajuto  di  certi  contadini ,  gli  pone  addoflb 
un  gran  ladrone.  In  quefta  doria»  che  veramente  è  beUittima»  è  curiofo 
il  concetto  del  pittore»  nell'avere  con  molta  naturalezza  abbigliata  una 
camera  di  un  povero  Prete  di  villa»  e  accompasnata  Fazione  delle  figo- 
re  con  tanta  proprietà  »  che  più  non  fi  può  defiderare .  Pervennero  poi 
queilt  due  quadri  »  dopo  la  morte  di  quell'Altezza»  nelle  mani  di  Loren- 
zo Lanf redini  Gentiluomo  Fiorentino .  Non  voglio  lafciac  di  portare 
in  quello  luogo  un  detto  piacevole  del  Volterrano»  con  coi  mentre  in 
camera  del  Cardinale  dipigneva  i  detti  quadri  »  rifpofe  al  medico  di  quella 
Alte/za^  e  fuo  amiciflimo»  che  graziofamente  co»)  gli  parlò  i  Signor  Bai* 
daiiarre»  io  vorrei  pure  una  volta»  che  voi  fiicefte  un  qualche  bei  quadro 
anche  a  me  »  che  fapete  che  fon.  tutto  voftro .  Io  ve  lo  fkth  al  certo  $ 

difle 


.^ 


B^WASSjmE:.  7Rv^CESCHlNl .       401 


difle  il  Volkutànùz  mH  mtéJa»  ttlui  i  nit  avterdce  •  di»  io  incendo  ]Mgliajr«- 
]•  a  fooncare  a  maktcie .  Dottor  miof  diflè  BaldiflarKt  jo  panfo»  che  p^ff 
q[uefta  volta  non  fa  ne  fiiràiJero.  O  perdiè?.  diffe  il  Dottore  •  Io  vai  dirò^ 
rifpofe  il  Volterrano:  perchè  fé  noi  fiicefliaio  a  fcontare  a  malattìe  j  voi 
Carette  troppo  il  buon  uomo  »  fé  non  vogliamo  dire  un  bel  goflfp»  fé  «Uà 
prima  maiaaìai  per  liberarvi  da  quell'impegno,  voi  jion  mi  mandafli  al 
ceffone  «  Di  che  rife  il  medicp  e  '1  Principe  infieme  • 

Cominciò  ancora  pel  medefimo  Cardinale<2ian  Carlo»  9  alla  di  lui  pceienp 
sa  nella  Villa  di  Cafielio  »un  quadro  di  figure  quanto  il  naturale  »  in  cui  eiprefle 
Maria  Vergine  nel  viaggio  d' Egitto ,  fermaufi  a  federe  col  Bambino  Geaù ,  ai 
quale»  con  devota  allegrezsat  regge  le  mani»  mentre  alcuni  Angioletti  gli 
prefentano  frutti  e  fiori  :  San  Giufeppe  ancor  eflb  in  ateo  di  federe ,  leggendo 
un  libro.  Quello  quadro  finito  dal  Volterrano»  dopo  qualche  tempo  venne 
in  mano  del  Marchefe  Carlo  Cerini  i  al  quale  >  per  accompagnatura  •  fece  un 
altro  quadro  di  fimile  grandezza  »  dove  figurò  il  portar  delia  Croce  del  Si* 
gnore  al  Calvario  »  e  V  incontro  di  Maria  Vergine  coir  altre  Doime  da 
Gerufalemme  .*  e  in  lontananza  la  comitiva  de'  Minifiri  »  che  accompgne^ 
no  il  Signore»  ei  due  ladroni^iO  ouefta  ancora  riufc)  opera  bellifiima» 
Ebbe  il  pittore  concetto  nel  far  queiti  due  quadri  di  efprimere  un  fuode» 
¥oto  peniiero,  cioè:  quando  al  Signore»  per  maggior  noftra  faiutcì  con? 
venne  fuggire  la  mone:  e  (Quando  il  medefimo,  per  lo  tteflb  fine»  Pandè 
ed  incontrare  «  I  Serenifiimt  Principi  Cardirul  Leopoldo  e  Mattias  di  To^ 
icana  diedero  ancora  elfi  non  pochi  (ègni  di  dima  del  fuo  valore  •  Al  primo 
dipinfe  molti  quadri»  e  particolarmente  la  tavola  del  San  Filippo  Benizi* 
che  oggi  fi  vede  all'Aitare  di  eflò  Santo  nella  Chiefa  de'  Servi  di  Maria  • 
fattavi  collocare  da  quel  Principe»  in  luogo  dell' antico  quadro»  che  vi  era 
di  mano  di  Pierri  Cofimo:  eiopra  efla  tavola»  in  mezzo  al  frontefpizio ^ 
fece  ancora  un  quadro  di  mezza  figura  di  un  San  Giovanni  Evangelifta  « 
E  avendo  l'Altezza  di  quel  Cardinal  Leopoldo  deftinate  alcune  danze  de* 
fiioi  appartamenti  ad  una  raccolta  di  gran  numero  di  ritratti  de'  più  infi^^ 
gni  pittori  I  filtri  di  propria  mano  di  ciafcheduno  di  loro  »  affine  di  far 
vedere  in  un  tempo  ftelTof  col  loro  modo  di  operare  in  pittura,  anche  effi 
medefimi  »  concetto  in  vero  degno  di  quella  vaga  e  nobilifitma  mente  ; 
▼olle»  che  il  Volterrana  gii  facefiè  il  fuo .  Fecelo  egli  molto  al  vivoi  U% 
fembianzadi  perfona  avvolta  nel  ferra) uoloi  ^nza  che  del  coilare  fi  vedeflfo 
eltro»  che  una piccolillima  parte  •  cioè  quanto  cinge  il  collo  o  poco  più» 
<perchècoaì  diceva  egli  eflerfi  fatto  il  coUace  a  tutte  l'ufanze,  mercechèt 
quando  quelli  «fimo  piccoli  »  il  collare  non  fi  potè  va  dir  grande  ;  e  nel  cafo 
contrario»  venendo  coperto  dai  fi5cra)uolo»  non  fi  poteva  dire  che  fofle 
piccolo:  e  al  quadro  non  ne  veniva  quella  Aìfgnzìz  che  è  folica  perlopiù 
di  apportare  a' ritratti  la  mtttazione  dell'  ufiinza  del  veftire*  Inoltre  fece 
egli  altri  quadri»  i  quali  zSo  Signor  Cardinale  alla  fua  morte»  che  fegui 
aflì  IO.  di  Novembre  1^75.  ordinò  •  che  foflcro  donati  a  diverfi  Cardinali 
t(  Principi  »  cioè  :  la  gran  tela ,  dove  aveva  dipinta  la  ftoxia  della  Regina  Eller  » 
all' Emi nentiffiau)  tlardinat  Ghifi:  ona  di  Santa  Maria  Maddalena  de'P»z« 
xi»  all' Eminentiflimo  Rofpigliofi:  un  Gesù  Bambino  giacente  fui  fìeno» 
v  ,  Ce  air  Emi- 


air Emlnehtiflimd  G*«rdinà1e Nini  t  uri  quwàxó  di  Simeoncicot  fincìjillo 
Gesù  nelle  braceiii  f -air  Eminentilfiino  Cardinal  Pio  «Al  Seceniinmo  Pria* 
cipe  Maccias,  nella  Tua!  Real  Villa  di  Lappeggto#  dipinfe  imofpaziojdidrs- 
ca  quattro  braccia  per  ogni  lato,  dove  rapprefencò  le  Victoria ^  alla  qualt 
tin'putco  prefènta  palme  ed  allori,  la  Fama  volante*  :  per  .r  arjaibniindo 
la  tfom1>a:  in  fóndo  veggoiiii  molte  armi  da  guerra,  e  in  lontananza  è  un 
arco  trionfale^  il  tutto  per  alludere  all'  imprefe  fatte  daqi^&o  Principe 
in^xermania  e  iii  Tofcàna»  le  quali  per  mano  dell' eccelienttflimo  pittore 
di  Battaglie ,  detto  il  Borgognone,  in  divedi  gran  quadri,  in  quella  ftanza 
iStuati  »  erano  Àatè  egregiamente  rapiprefentate.  Colorì  alla  prefenza  di  que* 
fto  Principe  un  bel  ritratto  d*  Orazio  Piccolomini  Scnefe,  foo  Paggio  di 
valigia.  Avendo  poi  la  molta  pietà  di  quel  Signore,  applicato  l'animo 
air  abbellimento  della  Chiefà  della  Samiffima  Nunziau ,  volle ,  che  oltre 
alrimodernatfi  tutte  le  fineftre,  fi  facefle' ancora  la  fofficta  :  e  dopo  eilerne 
fiati  fatti  da  diverfi  più  difegni,  piacque  quello  del  Volterrano,  il  quale 
la  divisò  in  modo  da  potervuì  collocare  tre  quadri  di  più  di  dodici  braccia 
per  éiifcuno ,  da  fadi  da  tre  principaliflimi  pittori ,  cioè  :  una  da  Ciro  Ferri , 
difcepolo  di  Pietro  da  Cortona:  uno  da  Livio  Meus,  fcdare  dell' ifteflo; 
ed  uno  da  dipignerfida  fé  medefimo .  Doveafi  in  quefti  rapprefentare  ;  in  uno 
la  ftoria  della  turificazione  di  Maria  Vergine,  deftinata  a  Livio  v  in  altro 
quella  dell'  andare  in  Egitto  con  Gesù  e  San  Giufeppe,.  fermata  pel  VoU 
terrano,  per  lo  fpazto  di  mezzo  ?  e  nell'altra  quello  dell'  Aflunta  di  efla 
Vergine^  che  doveva  fare  Ciro  Ferri  ;  ma  qualunque  fé  no  fofle  la  cagione, 
reftò  finalmente  deliberato,  che  un  fol  quadro  vi  fi  fiiceffe  per  la  fpazio 
del  mezzo  I  che  fu  dato  al  noftroBaldaffarre.  In  quefto  drpinfe  a  olio  »  in 
Veduta  di  fotto  in  fu,  la  Beatiffima  Vergine. Aflunta  in  Cielo,  per  eiTer 
quéfto  mifterb  la  Fetta  più  antica  e  più  folenne  di  Maria  S^ntiffima,  che  fi 
celebri  dalla  Santa  Chiefa  •  Il  modello  di  quefi' opera  ia  tela  di  circa  due 
braccia,  infieme  con  altro  modello,  che  aveva  fatto  il  Voìteirrano  per  l'al- 
tro quadro,  che  vi  fi  doveva  fare  del  Viaggio  d' Egitto,  venne  in  mano 
éella  felice  memoria  dell' Eccellentifiimo  Conte  Giulio  Ce&re  di  Novella* 
ra,  Maeftro  di  Campo  e  Generale  del  Cannone  del  Screnifiìmo  Granduca. 
Ma  troppo  lunga  co  fa  farebbe  il  deferi  vere  ad  una  ad  una  tutte  le  opere 
che  ha  fatte  quello  artefice  a  diverfi  Cavalieri  e  ad  altre  perfone  alla  ipic-^ 
ciolata  f  fino  a  quefio  tempo  ;  che  però  ci  contenteremo  di  nominarne  al* 
cune  delle  molte  .  -Ha  di  fua  mano  Amerigo  Gondi  in  un'avaconn  Crifto 
mezza  figura,  in  ateo  d' aprirfi  la  piaga,  alquanto  diverfo  dall'altro  detto 
di  fopra.  Il  Marcbefe  Salviati  ha  un*  Artcmifia  :  nel  Convento  delle  Mo« 
nache  di  Santa  Terefa  è  una  fioria  a  frefco  di  braccia  dodici  in  circa,  Catta 
fare  a  fpefe  della  Sereniflima  Granduchefia  Vittoria  di  To&ana  ,  dove  è  il 
Signore  nel  Defeno,  dopo  il  digiuno  de'  quaranta  giorni  e  quaranta  notti  p 
fervito  dagli  Angeli.  Di  quella  fforiaha  il  diiegno  originale  lo  fcrtttore 
delle  prefenti  notizie:  ed  ancora  ha  di  fua  mano  un  Santo  Ifidoro  agricol- 
core ,  e  un  bel  ritratto  a  olio  d' uomo  vecchio ,  che  fu  perfona  molto  pia- 
cevole e  familiare  di  fua  cafa ,  il  quale  in  una  <uu:fiella  che  tiene  in  mano  $ 
porca  fcritti  i  fegsenti  varfif 


N 


S4l'BASS.MRK .  :FJMNCESCH1NJ.  \    405 


V  «  «  •    -«/, 


E  pia  da  Pfigio  arguta  t^^ 
Onae  ini  fece  muut  ^  ^    _ 

Fercb'h  noi  mosseggiàfif  il  Volterrano . 
Ha  fimìlmente  di  fua  ulano  due  ritracci  di  pafielli  t  e  alai  diTegni.  Frange 
cefco  Maiccci  ha  un  Diogene  colla  Lanterna  «  Jacopo  del  Tuko  ebbe  vq 
]la  con  vafo  ftorìato  »  che  poi  fu  del  Marchefe  Carlo  Gerini .  Monfignoc 
Niccolini  una  Vedale:  Lorenzo  Lanfredini  una  Didone.»  che  accarezza 
Amore,  creduto  Alcamo,  figliuolo  d'Enea,  ed  H  proprio  fuoricratco.:; 
un  Dottor  Senefe  aveva  un  quadro  della  Vi&one  di  San  Girolamo,  che  poi 
comprò  il  Marchefe  Luca  degli  Albìzi,  Ajo  del  Sereniffimo  Principe  Fer* 
dinandodiTofeana,  per  condurlo  a  Roma.  Il  medefimo  Marchefe  ha  uam 
Madonna  col  Bambino  Gesù  in  collo,  e  un  San  Giovanni  fanciullo,  cho 
gli  conduce  un  agnellino  1  mezza  figura,  la  qual  Madonìna  cavò  da  uììm 
fatta  a  frefco  fopra  ima  ^ran  paniera  »  che  ebbe  e  portò  a  RocAa  Monfignot 
Niccolini.  Ha  ancora  il  medefimo  un  Bambino  Gesù  giacente  fui, fieno; 
fimil&ed  un  altro,  che  ne  fece  il  Volterrano,  da*  quali  poi  fono  fiate  ca«» 
Vate  infinite  copie.  Marc' Antonio  Altoviti  ebbe  una  femmima  >  ohe  tie^ 
ne  in  mano  una  morte,  che  così  chiamiamo  noi  un  tefchio  di  morto rcr 
un  putto:  e  vi  è  un'orivolo  e  un  vafo  di  fiorì,  il  tutto fiitto per  rapprelèataoftì 
la  caducità  dell'  umane  cofe .  Un  fimil  quadro  originale  ha  il  Senatore  Aok 
conio  Michelozzi,  ed  ancora  il  ritratto  delCavalier  Francefco  fuo  unicO' 
figliuolo,  rapprefentato  per  uno  di  coloro  1  che  correvano,  il  palio  alLai 
prefenza  d'Enea.  Il  nommatò  Lorenzo  Lanfredini  ha  un  ritratto  al  na« 
curale  d'un  Chiaus d' Albania,  che  venne  fchiavo  a  Livorno:  ed  ha  an^ 
Cora  in  uno  fpazio  d*  otto  braccia  in  circa,  rapprefentato  di  fua  mano  A 
frefco,  il  Tempo,  che  fpenna  le  ali  alla  Fama,  aggiuntevi  diverfe  poeth 
che  invenzioni.   In  cafa  Aleflandro Guadagni  un.Biante  filofofo  e  Dio^ 
gene ,  fatti  per  la  buona  memoria  di  Carlo  fuo  frateljq.   Il  Seiiator  Carla 
Terrigiani  na  un  quadro  di  circa  a  braccia  tre  e  mezzo,  con  un  Bacco  a 
alcuni  putti  in  diverte  belle  azioni  appropriate  all'  invenzione  •  Valentin 
no  Parinola,  Auditore  del  Serenifiimo  Granduca  1  ha  un  quadro»  dove  è 
figurata  la  Speranza,  che  nutrifce  Amore,  fimile  ad  un  altro,  che  fece 
Baldaflarre  aa  un  Nobile  Veneziano  •  Il  Senatore  Ferrante  Capponi ,  Au^ 
ditore  di  S.  A,  S.  e  della  Sacra  Religione  di  Santo  Stefano ,  ha  un  quadro 
rappreìèntante  una  femmina,  con  un  Moro>  pbe  tiene  in  mano  un  parruc-^ 
chetto.  L'altre  volte  nominato  Marchefe  Donato  Maria  Guadagni ,  ht 
una  tetta  con  un  bùfto  e  parte  delle  braccia  d'  un  Grido  fuUa  Crocea  in 
atto  di  pregare  per  li  crocififibrì ,  con  una  cartella ,  in  cui  fono  fcricte  le 
parole:  "PATER  IGNOSCE  ILLIS  &c.  Fecene due  altri  fimìli;  uno 
per  Vieri  Guadagni ,  fratello  del  medefimo  :  e  l' altro  per  Francefco  Scar-« 

Eelli.   Nella  Villa  di  Girolamo  Alberghetti  Bergamafco,  luogo  detto  alla 
oggia  de' Bianchi,  fuori  della  porta  al  Prato,  uno  fpazio  a  fiefco  di  circa 
lèi  braccia,  dove  finfe  ftatue  di  marmo,  una  in  atto  di  dormire,  e  T  altra 
con  unatazzain  mano,xappre(èntate  per  due  Baccanti .  11  Marchefe  Fran- 
cefco Riccardi ,  Cavallerizzo  Maggiorje  de.l  Serenifiimo  Gc4i|duc(^ ,  ha  nel  fuo 
& ..  Ce  2  Giardino 


Giardino  di  Gualfonda ,  dipinta  di  fua  mano  laVolta  éf  lUMvCappellt ,  con 
alcuni  putti,  che  tengono  la  Croce* dti;S|giiDr&;'  edividfe  architetture ,  e 
accanto  all'Altare  due  Profeti»  finti  4i  raarmO.  NeUa  Chiefk delle  Mona- 
che di  Santa  Chiara  in  Volterra  è  di  fua  mano  la.  tftVolC  dell'  Aitar  maggio- 
H"^  dovè  è  figurata  Macia  Vd^gine  coA  Gesù  ÌQ)QQlk>».  Suk  ErancofcQ  ch^ 
1^  bada  un*  piedei  Santa  Maria  Maddalena  ,.Sa^  Chwitt:eiSani  Patito  & 
k;  figline  principali  fono  San  Loreii^o  e  San  Giovanni  £vangelifia  ^  che  è 
y  Ticdo  di  quella  Chiefa.  Fece  egli  qdeiU  tavola  ad  iftama  di  Suor  Marr 
aia  Ii^hiratni^  f^^i^i^  ^^^  Cavalier  Giulio^  e  nipote  del  Maishefc.  Jacc^o 
Inghiraou  »  Ammiraglio  delle  Galere  di  S.  A.  S  li  Marchefe  Mactiaa  jMr 
f  ia  Aanolomtiret  ha  un  quadro  dello*  Spafalizio  di  Sanca  Catarina  da  Sic* 
uà.  Vtncensto  Vetcari>  Cavaliere  Gerofolimitano,  ha  un  beUiffimo  ri* 
fnitto  di  fé  medefimo»  fatto  dal  Vx>lterrano »  alla  prelènaa  dei  mentovate 
^ard&xtte  Gian  Carlo»  in  tempo  che  efib  Vettori  era  fuo  Paggio  di  valigia . 
Ha  Atto  ultimamente  una  tavola»  ad  ìfiansta  di  Pier  Lorenzo  Torriaoi  di 
l^efcia»  per  la-Chie(a  de'Bernabicì»  dove  ha  (furato  San  Carlo  in  atto  di 
eomatiicare  gli  appettati:  e  ad  iftaAza  dell' Auditor  Cttr;pia  Poli  »  e  delCa^ 
valier  Polcrt,  per  le  eredità  delle  figliuole  del  già  Senatore  Andrea  Cioli. 
primo  Segretario  di  Stato  del  Granduca»  ha  ntra  la  tavola  dell' Affiima 
éi  Maria  Vergine»  e  le  due  iigure  di  Santa  Caterina  e  della  Beata  Marghe- 
rita da  Cortona,  in  atto  di  meditare  ^uel  Mifiero:  laqnal  tavola  fu  per 
orbine  4e' ib{>rannonwuti  »  polla  fi>pr3  1*^  Altare  della  Cappella  de'  Cioli 
lA  Santa  Felicita . 

Dor^ndofi  poi  r  in  elecuzione  de'  legati  £ucti  dal  Sènator  Donata  deU 
KAnrélla,  Priore  della  Religione  di  Sanno  Stefano,  fpender  gran  foa»m9 
4i  danaro  per  far  dipignere  la  Cupola  della  Chìefii  della  Santiffima  ISonaia* 
aa  (opra  il  Coro ,  furono  dal  Sereniffioào  Granduèa  Cofimu  III.  oggi  Re? 
gnantat^depuiBtt  4]Uattro  Cavalieri  de'  modefimi  Opeaai  dii^ioella  Chie&f 
cioè  il  Séfiatofc  Ball  CJgo  della  Stufa,  il  Senatore  Carla  Torrigiam,  Paolo 
Saiconiert  prii«K>  Gentiiaomodi  Camerali  queir  Alcezaa,  e  Filippo  Fcan* 
cérchi»  i  quàiir  con  Volontà  dei  medefimò  (^cdhduca,  diedero  al  VòheCr. 
tkno  la  òommjflione tii  quella  grand-opera .  Poco  dopo»  cioè  la  Un  dST  12^ 
di  Gennaio  i6j6.  cominciò  egli  a  me  il  prima  difegno^e  invennone; 
e  giacche  aveva  egli  per^rvami  dipinco,  come  abbiamo,  detto  1  il  gran 
i^uadro  della  fo6Fìtta  delia  ftefla  Chtefa,  dove  avea  figomta  Maria  VccginCf 
matto  di  Volarfene  al  Cielo  ;  nella  pittura  di  quefta  cupola  "pensò  di  far 
federe  la  Santiflima  Trinità  nella  fua  gloria  ^  ih  atta  di  ricevere  elTa  Ver^ 
ginè  Santi  (lima,  per  coronarla  Regina  i  e  dò  gif.  piaique  di  fare,  non 
tanto  per  feguitar  h  (loria,  quanto  per  non  cader  nello  ilefTo  concetto  p 
da  fé  mederimo  gii  efpreflb  nella  Cupola  de' Signori  Niccolini  nella  Chie« 
fa  di  Santa  Croce  ,  in  cui  fece  vedere  la  Santifiima  Veigine  Incoronata. 
Intanto  s'incominciarono  t^  ìnveftigare  maniere  da  potere  alzare  i  palchi 
o  ponti ,  che  a  tale  operazione  doveano  férvire  «  rrefontavafi  a  primo 
afpetto  la  gran  difficoltà  del  non  poterfi  raccomandare  loro  fermezza  alle 
parti  laterali  per  entro  la  cupola  o  tamburo  di  eifii:  non  dentro  la  cupolaj 
per  non  rompere  le  legature  de'  matCMii  :  non  desitio  il  umburo  »  t>er  eflet 

egli 


B ALÒ ASS ARRE    FRANCESCHINl.       405 

egli  {otto  il  corhiciotiei  e  per  don&gtieim  tflOii  più  bdlb  del  pofiireddU 
volcs»  al  ptri  del  quale  effi>  palco  o  ponte  dovea  camminare  déntro  un  va* 
no  di  ben  quaranta  braccia  di  diametro  ;  ficchè  faceva  di  meftieri  appog« 
giare  tutto  il  pefo  e  la  ficorezza  di  ai  gran  macchina  al  piano  di  terra  ia 
profondità  di  trenta  braccia  e  un  terzo.  Eravi  poi  la  difficoltà  maggiore» 
cioè  :  che  alzandoli  da  etto  piano  del  palco  il  colmo  delia  cupola  ventifette 
braccia  »  biibgnava  provveoere  al  modo  di  fitaar  palchi  fopra  jpalchi  >  a  ft* 
conda  del  voltare  e  riftrignere  che  andava  facendo  la  cupola,  nnoal  punco 
di  mezzo  della  parte  più  alta  ;  e  quello  per  io  medeiimo  fine  di  poterla  di» 
pignere  tutta .  Nafceva  finahnente  la  terza  difficolti ,  di  doverli  operar 
per  modo,  che  il  pittore  (al  quale  non s' apprettava  altro  lume)  potefle 
valerli  di  quello,  che  di  fotto  in  fu  portavano  le  fineftre  del  tamburo,  't 
ch'e'poteffe  altresì  difcofiarfi  dalle  figure,  girando  attorno  per  oflervarn» 
le  proporzioni,  ed  altro  fare,  che  l'arte  fua  richieddTe.  Molte  furono  le 
propo£zioni ,  che  da  dtverfi  maeftrì  di  legname  >  in  lor  meftiere  pratichiflimi» 
furon  fatte  :  e  molti  altres)  i  modelli,  che  ne  furon  dati  a  vedere  agiiOpc* 
rai  ed  al  pittore  medefimo,  ne' varj  congreffi  $  che  a  tale  effetto  fi  fecero; 
Concludeafi  finalmente,  che  il  palco  dovefle  reggerfi  a  forza  d^  abetelle  ia 
buon  numero,  da  fermarfi  nel  pian  di  terra;  con  che  veramente  nonfi>to 
grandiilimo  impaccio  Sfarebbe  apportato  e  al  Coro  e  al  girare  attorno  fra 
efio  e  le  Cappelle,  che  in  numero  di  nove  occupano  la  circonferenza  det 
teatro,  che  regge  efla  capola;  ma  per  quanto  ha  moftrato  poi  l'efoerienzat 
per  non  eficrvifi  in  tal  calo  potuto  far  girar  fopra  il  caftello,  di  che  ap« 
preflb  fi  farà  menzione,  farebbe  (lato  quafi  del  tutto  impoflibiie  il  poterla 
comodamente  dipignere .  Quando  per  particolare  affiftenza  (  come  è  fiato 
creduto  da'  più  )  della  gran  Madre  di  Dio,  la  ploriofa  figure  della  Quale 
dovea  rapprefentarfi  in  quel  luogo,  un  tale  Biagio  Veftri,legnajuolodÌ 
profeflione,  fenz'eflerne  da  veruno  ricercato,  fi  meflè  a  fare  un  modello 
di  nuova  invenzione,  che  meflo  poi  in  opera,  avendo  tolte  le  difiicolrl» 
fervi  mirabilmente  al  bifogno  in  ogni  cola:  ed  io  mi  perfuado»  che  non 
farà  per  difoiacere»  che  io  ne  dica  in  quefio  luogo  alcun  più  minuto  par* 
ticolare.  Volle  adunque  il  Vefiri,  che  fenza  l'ajuto  delle  tante  abetelle 
tutto  il  gran  palco,  e  con  efib  ogni  altra  macchina  o  pefo ,  fopre  un  folo 
foftegno  fermato  in  terra  fi  reggefie  :  ed  operò  nel  feguente  modo .  Prefo 
«gli  due  ben  grofle  travi  d'  abeto,  e  quelle  con  una  nuova  invenzione 
d' incaftrature  V  una  all'  altre  per  ritto  collegò  A  forte,  che  fu  opinione» 
ch^elle  non  foflero  in  quella  parte  della  commettitura  meno  ftabiu,  che  in 
o^ni  altra  Ipr  parte  :  e  quefta  trave  per  di  fotto  ficcò  ritta  per  qualche  brec« 
ciò  nel  pian  di  terra  nel  bel  mezzo  del  Coro»  che  toma  appunto  nel  cen« 
tro  corrifpondente  a  tutto  piombo  al  mezzo  d'ella  più  alta  parte  della  cu- 
pola •  Cingevano  l' eftremita  di  eflà  treve ,  a  corda  del  piano  del  cornicio^ 
ne,  venti  pianoni  dello  fteflb  legname,  i  quali  fpiccanaofia  guifa  di  rag« 
gi  dalla  circonferenza  della  cupola,  dóve  erano  nel  muro,  con  diflan- 
ze  egpali  bene  incaftrati  e  murati ,  riftringendofi  egualmente  a  propor- 
zione, urtando  in  efla  trave,  forte  la  ferravano  nel  fuo  piombo t  eflènoo  in 
quella  parte  del  congiungeriS  colla  trave,  ajutati  e  retti  da  alcuni  pezzi  di 

C  e  3      "  piano 


4oeJ     Decehn.V.  dèìlà?art.lil^((f.  VJati^^Q,  al  i6so. 

piane  a  guifà  di  merifole  in  eflli  fbrcemtnte  coiificti  ;  e  perchè  qpefti  pin^ 
noni,  ibpra  i  quali  fi  dovea  impalcarci  ftpndendou  fopra  un  vanqi  di  venti 
braccia  per  ciafcuno  in  circa»  non  avcrebbero  potuto  redftere  al  gran  pe- 
fo  fenza  fiaccarfi ,  il  Veftri  avendoli  fparciti  in  tre  fpa2) ,  raddoppiò  gli  fpa- 
%]  di  mezzo  con  altrettanti  limili  pianoni  i  alle  tede  di  ciafcheduno  de' qua- 
li da  i  due  lati»  cioè  a  dire  dal  tamburo  della  cupola»  e  dalla  trave  di  mez- 
iK0  punta  vano  due  correntoni»  uno  di  circa  braccia  dodici»  che  fi  fpiccava 
di  (opra  il  primo  cornicione  in  fondo  al  tamburo  ;  e  l'altro»  che  a  foggia 
delle  afticciuole  corte  del  Parafole ,  fì  partiva  da  dieci  braccia  di  fotto  dal  fu* 
fio  della  medefima  trave  di  mezzo»  la  quale  in  c^uel  luogo  era  cima  da  un 
forte  baftone»  o  vogliamo  dire  ghirlanda  o  cornice  dello  ftelTo  legno  »  con* 
fi  tta  fone ,  acciocché  potefle  puntarvi  fopra  con  maggior  ile  urezza .  E  quefta 
fiil'ofiatura  del  belli0^imo  «e  ialdiflìmo  palco  o  ponte,  la  quale  laiciando  tut- 
to il  piano  della  Chiefa  libero»  altro  impaccio  non  apportò  al  Coro  di  quei- 
Jo  che  potè  fare  la  grQflè;2iza  di  una  fola  trave  ;  e  fu  atta  a  foftenere  la  gran 
quantità  di  legname»  che  le  fervi  di  coperta»  e  'J  gran  caftcUo  movibile 
iopraccennato  »  del  quale  ora  faremo  particolare  defcrizione.  E""-  però  da 
avvertire,  che  tale  olTatura  non  fi  coperlè  mai  più  che.  mezza  per  voltar 
cioè  da  quella  parte »dove  s'andava  dal  pittore  operando;  e  quello  a  bello 
ftudio  fi  fece»  affinchè  dall'altra  parte  non  coperta  potefie  averfi  il  lume 
di  fotto  in  fu»  come  dicemmo  ;  e  perchè  egli  medefìmo  così  volendo»  pò* 
tefle  taivoka  dal  piano  della  Chiefa  vedere  il  proprio  operato  t  coprendo 
per  qualche  parte  con  tende  ed  altre  tele»  acciocché  per  di  ibtto  non  pò* 
ceflè  effer  veduto  né  l'artefice  nell'atto  del  dipignere  »  né  tampoco  T  ope- 
ira  medefima  »  fino  a  che  non  fofic  interamente  compiuta .  Per  afcendere 
-•I  palco»  il  Veftri  fece  una  fcala  a  cafietta,  che  per  entro  il  tamburo  della 
cupola»  lungo  il  muro  »  fopra  il  più  baffo  cornicione  fi  alzava  in  braccia  do- 
«dici  »  con  fuo  appoggiatolo  o  fpalletta  dalla  parte  di  verfo  il  coro»  per  fi- 
cure^za  e  comodità  di  chi  dovea  ialiie.  E  tanto  bafti»  Quanto  al  palco» 
111  quale  facendo  piano  folamente  a  corda  del  pòfare  dcUa  cupola  fopra  \ 
xrornicione»  avea  bifogno  poi  d'altri  palchi» per  potervi  iopraftare  a  dipii- 
^nére  per  le  ventifette  braccia  di  fpazio  a  piombo.,  che  da  eflb.  piano  fii)a 
4il  fuo  colmo  s'alza  la  parte  interiore  della  cupola.  Per  taie  effetto  à  fé* 
•dono  nuovi  congrefB»  coli'  alTifienza  principalmente  dell' ottimo  ingegno 
del  Falconieri  foprannominato»  uno  degli  Operai;  finalmente  fu  dallo  ftefib 
Volterrano  inventato  e  (labili to  il  penfiero  della  feguente  bellifiima  mac^ 
^hina,  da  loro  nominata  caftello:  la  quale  con  occupare  per  altezza  rutta 
Jo  fpazro  delle  ventifette  braccia  foprannotate^  ^er  lunghezza  venti»  per 
larghezza  dalla  parte  del  centro  quattro  »  e  dodici  di  verfo  la  circonferen- 
za della  cupola  »  venifie  ad  efler  compofta  d'  una  immenlà  quamita  di  le' 
gname  :  e  contuttociò  fi  poteva  »  fecondo  il  bifogno  del  pittore»  facilmeu« 
te  movere  in  giro  con  una  femplice  leva  da  una  >o  al  più  al  più»  da  due  fo^ 
le  perfone;  e  quefto  fece  nel  ièguente  modo  •  In  cima  alla  gran  trave  »  che 
detta  abbiamo  »  fituò  un  toppo  dello  fteifo  legno,  nel  quale  fecero  ferma* 
ce  forte  un  dado  d'acciajo  per  la  larghezza  di  un  quarto  di  braccio  in  circa; 
.ed  in  qvefto  era  un'apertura  incavata  a  meszo  cerchio i  nella  quale  un 


'    BALDASSARRE  ^  FRANCESCHim:       407 

groflTo  pilo  di  ferrojfl  bilico  s' introduceva i  che  diramandofi  per  di  fiipra  in 
alcune  groflè  ftrifcie  o  fpranghe,  con  efle  veniva  ad  abbracciare  e  force-^ 
mente  Itrienere»  mediante  le  gagliarde  conficcature  »  una  trave  »alla  quale  era 
raccomandata  tutta  la  macchina  dalia  deretana  parte .  Quefta  trave  nella 
iua  eftremità  aveva  congiunto  un  altro  groflbpalodi  ferroi  che  entrando 
in  lunghezza  di  circa  un  braccio  e  mezzo  in  una  piccola  apertura  •  che  è 
nel  punto  di  mezzo  del  colmo  della  cupola ,  poteva  girare  per  ogni  verfii» 
colla  medefima  trave  *  con  cui  anche  dovea  girare  tutto  '1  caftello  ad  eflia 
anneflb:  il  qual  cafteIJo»  come  fi  diflè»  in  larghezza  di  braccia  quattro  dalla. 
parte  centrale ,  e  dodici  da  quella  verfo  la  cupola,  era  ordito  dì  ceni  piano*' 
ni  p  che  facevan  telajo  per  lo  largo  e  per  lo  ritto  ,  da'  quali  altri  pia- 
noni  fi  partivano  alla  volta  della  circonferenza ,  tanto  da  ballo ,   che  nei 
mezzo  ed  a  fommo,  diminuendo  in  lunghezza  a  proporzione  del  voltaro 
e  ftrignere  ,che  andava  facendo  la  cupola ,  e  per  entro  i  medefimi  telai  eraa 
fatti  tanti  palchi,  quanti  ne  abbifognavano  al  pittore  dall'infimo  fino  al 
fupremo  grado  di  fua  pittura  .  All'uno  ed  all'altro  palco  a'afcendeva  pec 
alcune  fcale  a  cafletta,  formate  dentro  allo  fteflo  caftello»  con  loro  fpaliet-* 
te»  appoggiatoi  eripofi  comodifitmi  e  ficuri,  a  fomiglianzadi  quelli  degli 
edifìcj  domeftici.    L'armatura  poi  del  cailello,  compofta»  come  fi  ditte» 
di  pianoniedi  tavole,  era  cofa  maravigliofa  a  vederfi .  E  perchè  la  macchi*»; 
na ,  che  dalla  parte  centrale  fi  reggeva  affifla  alla  trave ,  e  girava  con  efla» 
alzata  però  alquanto  dal  pian  del  palcd^»  potefle  nella  parte  verfo  la  cupo* 
la  larga  braccia  dodici ,  comodamente  camminare  in  piano  i  mediante  due 
grofli  rotoni  di  legno  di  un  fol  pezzo  quivi  impernati  in  una  piana,  fece 
circondar  la  cupola  fopra  il  cornicione,  e  fopra  i  raggi  o  pianoni  o  ofiiitu- 
ra  del  palco  con  alcuni  panconi,  lunghi  dodici  braccia  per  cìalcuno  p  larghi 
cinque  e  grofli  un  quarto,  augnati  e  confìtti  ftabilifiimamente  l'uno  col* 
l'altro:  e  quelli  non  folo  fervirono  al  Volterrano  per  lo  rigirare  del  cs* 
dello, ma  ancora  per  comodamente  camminare  attorno  alla  cupola,  perdi* 
fcoftar  l'occhio  dall'operato,  nel  tempo  che  il  palco,  a  cagione  del  neceida* 
rio  lume,  ftava  aperto  per  la  metà  folamente.  Opere  in  fomma  furono 
quefte  da  ogni  perfona  lodatiflime;  che  però  io  ho  creduto  non  efler  cofa 
del  tutto  impropria  il  fare  di  efle  in  quefto  luogo  qualche  memoria,  al^ 
meno  in  oflfequìodi  coloro,  che  ne  furono  inventori,  fra' quali  il  Veftri 
erettore  del  palco  o  ponte,  non  prima  ebbe  dato  a  fua  bella  fatica  com- 
pimento» che  aflalito  da  grave  infermiti,  e  divenuto  preda  Ideila  mor- 
te, dobbiamo  credere,  che  ne  andafle  a  godere  gli  applaufi  in  Cielo. 
Dato  che  fu  compimento  al  tutto  ,    il  Volterrano  diede  principio  a 
porre  in  opera  il  fuo  bel  concetto ,  il  quale  efprefle  prima  in  tanti  carro* 
ni  azzurri,  difègnati  e  tocchi  a  chiarofcuro  con  brace  e  geflò;  e  quegli 
rapportò  attorno  attorno  alla  fuperficie  della  cupola,  per  foddisfarfi  bene» 
ancne  dal  piano  di  terra,  dell*  effetto  che  facevano  le  parti;  e  con  efle  il 
tutto  :  e  fu  quefto  un  lavoro  di  molti  mefi . 

Diede  principio  alla  fua  pittura  agli  19.  di  Settembre  dell'anno  i68r» 
Cominciando  l'operazione,  com'è  folito,  dalla  pij4  alta  parte,  nella qua-^ 
le  in  un  chiaro  (plendore »  rapprefentame  l'inacceifibil  lume,  io  cui,  con 

Ce  4  modo 


4oS      Djécm.V.  della  ?àfh  l  detSef.KdaM^'ò.  al  1 6^0 


tooào  più  jparcicolare.tbità  ntW  Empifeo  il  grand^Iddio^  Egitto  il  Tròno 
delU  SantiminaTrìnicà .  Ved«ii  V  Eterno  Padre  fedente»  eolio  firectro  nella 
deftn  niano  »  e  dall'altra  parte  ha  il  globo»  figurato  pel  Mondo  ;  il  Fi* 
gliuolo  alla  fua  deftra,  in  atto  di  federe  ed  in  parte  genufleflbr  il  quale 
mentre  lo  Spirico  Santo»  figurate  nella  colomba»  oomparifce  per  entro  una 
ditara  luce»  mpftra  eolie  tuaccia  aperte»  in  legno  di  grande  amore  ^  di  ac- 
cogliere la  fua^  puriffima  Madre  Maria  fempre  Vergine  itninacplara  »  che 
pure  genufiefia  »  in  atto  umile  »  fopra  una  gran  nugola  foilenuta  da  A  ngeli  # 
con  volto  devoto  e  gto^ofo  infieme ,  afpetca  di  ricevere  la  Corona  di  eter* 
Ila  gloria»  come  defthiata  Regina  del  Cielo  e  della  Terra  :  e  la  corona  daU 
la  paite  fintftra  del  Figliuoloda  un  Angelo»  in  atto  riverente»  vien  fofteno* 
ta  ed  appreftau»  Nel  rimanente  della  pittura  ha  avuto  eoncecto  il  Vol- 
terrano di  rapprefentare»  oltre  alla  gran  copia  di  Spiriti  Angelici»  tutte 
le  anime  de^  Santi  Padri»  ed  altri  nominati  nelle  Sacre  carte,  che  fijio  a 
<)uel  tempo  della  glorio£a  AfRinzione  di  Maria  Vergine  fi  trovavano  al  pof^ 
ÙS6  éeireterna  falvesza .  Terininò  dunque  lo  fplendore  per  di  fotto»  con 
certe  nuvolette  chiare^  quali  per  campo  delle  nominate  figuo^:  e  &pra  di 
efle  nuvole  fece  vedere  i  Santi  Innocenti  con  loro  palme  in  mano»  tocchi 
di  una  macchia  piacevole»  che  gli  fa  comparire  lontani»  ed  infieme  man- 
da mirabilmente  in  alto  la  volta.  Segue  dopo  quefti  un'altr^ordine  di  nu*^ 
vole  chiare»  benché  più  evrctenti  delle  prime  r  che  girano  come  V  altre 
dette  di  fopra»  cotta  ia  cupola  p  tapsg  le  quali  fi  vede  gran  nomefo  d'  An« 
geli,  in  varie  e  nobili  attitudini»  con  belli(fime  arie  di  te({e  e  moti  leggia*^ 
ori  t  come  di  giovanetti  di  dodici  anni  incirca  r  beitiiftmo  coloriti .  Altra 
anche  fon  finti  per  aria ,  che  efiTendo  cocchi  con  alquanto  più  di  forza  de-* 
gli  altri»  in  quei  campi  chiari^  pajono  fiaccati  da  tutto  *!  rimanente  delia 
pittura  ,  e  fembrano  veramente  volare  per  lo  vano  della  volta .  Del  g^n 
numero  di  Angeli»  altri  fanno  applaulo  alla  gran  Regina»  altri  l'ammira- 
no. Sesue  un^ ordine  di  figure  più  evidenti  delle  prime  e  feconde»  dico 
in  quella  parte»  che  corrifponde  iotto  il  Trono  della  Santiflima  Trinità i 
cioè  A  bel  colle  ipt^ie  del  grano»  e  Set  fuo  fratello:  apprcfio  alle  quali 
fono  alcune  mezze  figure,  rapprefentanti  ( ficcome  altre  che  fi  veggono 
fparfe  per  l'opera)  altre  anime  (alve  del  Vecchio  e  Nuovo  TeftatnentOt 
m  quelle  dico»  delle  quali  nelle  Sacre  fcrittore  non  fi  fa  parttcolar  menzio* 
ne.  Volgetelo  rocchio  in  giro  dalla  parte  deir  Epiftola»  fi  vede  S.  Jacopo 
Apoftolo  col  bordone  »  e  San  Giovambatifta  inginocchioni ,  e  in  fondo  fot-» 
to  tal  figura  è  un  Angelo  con  un  agnello  in  braccio»  che  allude  al  Santo 
medefimo.  In  una  certa  mediocre  difianza  fono  t  noftri  primi  Padri  Ada« 
mo  ed  Eva,  e  Santo  Stefano  Protomartire»  colla  pietra  in  mano  e  colla  pal- 
ma» fegni  del  fuo  martìrio:  e  (otto  a  quefti  nella  più  bafla  parte»  i  tre  Santi 
Magi  co*  vafi  de' tributi  »  figure  molto  maeftofe-  Non  molto  lungi  dal  San* 
to  Stefano  fono  Giacob  ed  altre  figure  di  vecch),  per  efprimere»  come  fi 
difife»  altre  anime  (al ve.  Sotto  quelle  è  Gedeone  col  vello.  Nell'ordine 


e  cestello  t 


/  BALDASSiATtTtE    FRANCESCHINl.       40$ 

e  coltello»  fi  ravrifano,  da  colle  braoeta  ftretteal  pecco  in  fofmft  dt  croce; 
con  occbj  baffi  e  genufleflbiniegnodeireroicaobDedienza.diinoftratafino 
•  confentire  alla  morte,  per  far  di  fé  fteflo  facrifizio  ti  grande  Iddio:  e  (oc-r 
€o  tali  figure  è  un  Angelo,  in  atto  di  volare, con  una  £iicia  in  mano,  chA 
fvolazza.  Sarra,  madre  d*Ifac,  gli  Ha  vicino  con  faccia  ridente,  con  che^ 
fi  allude  al  rifo  delia  medefitna  nell'annunzio  fatto  ad  Àbramo  del  nafd** 
curo  figliuolo  e  del  partorirlo  già  vecchia  (4  ) .  Segue  poi  la  figura  del  Ro 
Profeta  coli' arpe  «  Noè  coiraltare^e  coir  Ulivo,  moftra  ragionare  dell*  aU 
co  Misero  con  Giacobbe.  Sotto  a  quefti,  nella  partfiLbafla,  vien  rapprefen^ 
tatoGiolefibi  che  accoglie  Beniamino  fup  minor  fratello;  evvi  il  facco 
e  la  coppa  d' oro .   In  poca  lontananza  dalle  perfone  di  Noè  e  Gi 


coppa  d'oro.   In  poca  lontananza  dalle  perfone  di  Noè  e  Giacob^ 
veggonfi  le  figure  di  Tobia  il  vecchio,  e  Ifaia;  e  quefto  colla  fega  in  ma^ 
no  ed  un  libro .   Fra  le  immagini  di  Tobia  e  di  David,  t  Tobia  il  giova* 
ne,  che  ha  per  fuo  diftintivo  fegno  il pefce.  Scorgefi  {>oi  una  figura, tocca 
di  ^ran  forza,  rapprefentata  per  Santone,  che  ftando  in  piedi  in  bizzarra 
attitudine,  alza»  col  vigore  del  fuo  braccio,  le  porte  del  Tempio.  Sotta 
(quella  figura  è  Daniele  col  fegno  de  due  leoni;  e  fopra  in  poca  lontananza 
il  Capitano  Giofue,  colla  fpada  e  collo  feudo,  ed  i  Maccabei  armati .  Con* 
cinova  quell'ordine  la  figura  di  Jael  col  chiodo  e  '1  marcello:  e  vifono  due 
altre  femmine,  delle  quali  una  con  panno  in  capo.  Quivi  vicina  è  la  RC'^ 
gina  Efter,  la  quale  colla  mano  accenna  il  Trono  della  Santifiima  Trinità  » 
e  con  altra  mano  foftiene  Io  icettro»  che  le  diede  Afluero  fuo  conforce  : 
e  più  baffo  è  un  Angelo,  che  moftra  il  Decreto  ftracciato  per  fitlvezza del 
popolo  Ebreo ,  per  opera  della  medefima  Regina .  Segue  Debora  Profe* 
cena:  e  prelTo  a  quefta,  per  di  fotto,  è  una  femmina  colle  man  giunte^ 
e  poco  dopo  Rut  colle  ipighe  del  grano.  Sopra  quefta  è  rapprefentata 
Melchifedech ,  Re  e  Sacerdote,  col  pane  e  col  vino.  Nella  parte  di  fotta 
fi  vede  Elifeocol  mantello,  lafciatogli  da  Elia  fuo  maeftro.   Fra  le  princi- 
pali figure  feguita  Moisè  colle  tavole  della  Legge,  e  Aron  fuo  fratello  col 
terribile  in  mano  e  veftito  da  fomno  Sacerdote:  e  fotto  la  figura  del  Moisè 
fi  vede  un  Angelo  colla  verga ,  ed  un  altro  appreffo  sbattimentato  •  Accanto 
a  Moisè  ed  Aron  è  Simeone  Sacerdote  •   In  veduta  alquanto  più  lontana  #. 
comparìfce  Amos  Profeta  col  chiodo  in  mano;  ed  accanto  a  lui  è  Geremia 
colle  pietre ,  legni  di  lor  martirio.  Sotto  fi  vede  Efdra,col  libro  della  Legge 
alzato,  in  guifa  di  volerfi  parar  con  elfo  lo  fplendore»  che  da  alto  procede , 
Scorgefi  una  mezza  figura  di  una  vaga  donzella  con  un  vafo  in  mano,  e 
una  alquanto  più  matura,  che  rapprefenta  Anna  Profetefia.  Segue  Juditta 
Colla  tefta  d'  Oloferne  :  e  più  lontano  la  madre  de*  Maccabei  ;  queftì  con 
lor  palme  in  mano,  ed  efla  col  più  piccolo  di  loro  pendente  al  feno .  Si  vede 
inatto  dcivotoSanGiufeppeSpofodi  Maria  colla  verga  fiorita:  e  nella  parte 
più  baflfa  fono  due  Angeli,  che  uno  ha  il  giglio  in  manoi  per  rapprefenta- 
re  la  di  lui  Virginità:  gh  ftanno  vicini  San  Giovacchino  e  Sant*Aniia^ 
padre  e  madre  della  Vergine.  In  certa  diftanza  è  Giufcppe  d' Arimatia,  col 
vafo  degli  unguenti  ed  il  lenzuolo.  La  mezza  figura  con  tanaglie  in  manot 

è  fatta 

(a)  Cren.  r.  18. 


4  !  6    Demu.  VJellàPartX  delSec,  V,  dal  1 640.  al  i  ^50. 

ciàtta  per  Niccodémo»  e  queHa  di  un  vecchio  nudo  colla  croce  pel  buon 
Ladrone.  Per  ultimo  ha  il  noftro  pittore  rapprefentato  in  mediocre  lon* 
tahanza  i  tre  fanciulli  della  fornace  Babilonele»  uno  de' quali  è  in  atto  di 
calcar  col  piede  la  tefta  di  Nabuc  Donofor  Re .  Tutte  quelle  figure  ha 
fatto  vedere  fopra  nuvole  •  le  quali ,  fecondo  la  grandezza  delle  medefime 
e  vicinanza  air  occhio,  fon  tocche  di  maggior  forza,  per  fare  alzare  viepiù 
i  figurati  fpaz)  di  quell'aperto  cielo.  Ed  e  da  notarfi,  che  il  Volterrano, 
in  ciò  che  tocca  alle  nuvole  •  con  particolare  artifizio  ha  procurato  di  farle 
vedere  di  fotto  in  fu»  e  col  rompere  le  medeGme  irregolarmente  o  pitto-* 
refcamente ,  e  di  gran  maniera ,  ha  pretefo  di  sfuggire  in  queft'  opera  un 
certo quafi  comune  errore  di  altri  pittori,  cioè  di  lituarle  e  ordinarie  per 
modo  y  che  a  guifa  di  tanti  palchi  e  palchetti ,  a  tal'  effetto  nel  muro  con- 
fitti, doveflcro  le  loro  figure  foftenere,  Aqucfta  grand-opera  diede  fine 
Baldaflarre  del  mefe  d' Agofto  dell'  anno  1683.  e  poco  di  poi  fi  portò  alla 
Real  Villa  di  Pratolino»  dove  per  lo  Séreniflìmo  Principe  Ferdinando  re- 
fiaurò  alcuni  quadri.  Né  fé  n*era  ancora  partito ,  quanaoal  primo  di  Set* 
tembre  fufleguente,  piacque  al  Sereniflimo Granduca,  che  la  pittura  fifco- 
priffe,'  onde  alli  quattro  dello  fteflb  mefe,  in  cui  feguì  il  fuo  ritorno  alla 
città,  trovò  che  gii  eli' era  (tata  pubblicamente  veduta i  onde  a  lui  di  fu- 
bito  ne  vennero  gli  applaufi  degli  amici  e  degl'  intendenti .  Ma  comecché 
fia  folito  addivenire,  che  allora  fiano  a  noi  più  vicini  e  più  pronti  gli  avve- 
nimenti doloroti ,  quando  ne  (ta  più  lieto  il  cuore ,  venuta  la  notte  de' fette 
dello  fteflb  mefe,  fu  il  noftro  pittore  fopraggiunto  da  grave  accidente  di 
Apoplefliaiche  avendogli  forte  impeditoxuu)  della  lingua,  recò  a  lui  e  ad 
ogni  altro  non  poco  timore ,  che  quejlo  dovefle  eflere  per  efiTo  1'  ultimo 
male:  la  prontezza  però  di  ogni  opportuno  rimedio,  e  T ottima  cura,  che 
fu  avuta  di  lui  »  riparò  air  imminente  pericolo;  tantoché  egli  dopo  non 
lunga  convalefcenza  ritornò  al  fuo  primo  operare.  Non  è  però  da  tacere, 
che  quella  lingua  ftefla ,  che  tocca  dalla  forza  di  quel  pertinace  mafore,  fi  era 
quafi  del  tutto  rimafa  inabile  alprcficrire  delle  parole  negli  ordinar]  difcorfi  ; 
o  fofle  per  lo  buon  ufo  fiitto  in  recitare  bene  fpeflb  per  fua  devozione  la 
Salve  Regina t  o  pure  grazia  fpeciale  della  gran  Madre  di  Dio»  le  cui  glorie 
egli  aveva  poc'anzi  nelfuo  Sacro  Tempio  fatte  con  fuo  pennello  apparire , 
la  proferiva  ciò  non  ottante  sì  francamente,  che  fi  farebbe  quafi  potuto  da 
altri  credere,  ch'e'non  aveflTe  in  efla  a  cagion  di  tal  male  alcun  nocumen* 
to  ricevuto.  Datofi  dunque  di  nuovo  il  Volterrano  ad  operare  in  pittura» 
più  cofe  conduflè;  ma  non  già  colla  fteflà  felicità  e  facilità  di  pennello, 
che  per  avanti  fu  fua  propria .  Al  Marchefe  Loca  degli  Albizzi ,  Maeftro 
di  Camera  del  Sereniflimo  Principe  Ferdinando,  fece  un  Gesù  Bambino: 
e  ultimamente  una  mezza  figura  di  un  San  Benedetto  nel  deferto .  Finì 
una  mano  di  tede,  che  gli  erano  fervite  per  iftud)  di  fue  opere,  facendo 
a  chi  una,  ed  a  chi  ambe  le  mani  con  poco  butto;  e  quefte  pervennero 
per  Io  pi'b  in  cafa  i  Signori  fratelli  Marchefi  Guadagni .  Diede  fine  ad  una 
gran  tela,  dov' egli  giù  aveva  condotto  a  gran  fegno  un  Santo  Luca,  in  atto 
di  ritrarre  al  naturale  la  gloriofa  Vergine  Maria  col  figliuolo  in  collo,  com» 
pirfa  al  Santo  in  afpetto  maeftofo  e  benigno  infieme,  mentre  gran  numero 

•    d' Angeli 


BALDASSARRE  FRANCESCHINI .        41 1 

d'Angeli  danno  prefenti  a  quell'azione  :  e  qiiefto  quadro  volle  la  Sereniffimt 
Granduchefla  Victoria  di  Tofcana,  dòpo  1'  onore  facto  al  Volterrano  di 
portarfi  in  propria  perfona,  infieme  colla  Serenidloia  Principefsa  Annai 
alla  propria  (lanca  ael  pittore»  ciò  che  pure  qualche  anno  avanti  avevt 
fatto  Io  AefTo  SerenKiìmo  Granduca  Cofimo  III.  fuo  figliuolo,  e  poi  il  Se« 
rcniffìmo  Principe  Pcrdinando.  Diede  fìne  ancora  alla  gran  tavola  di  Ma- 
ria Vergine  Aflunta  in  Cielo  ,  che  pure  venne  in  mano  dell'  Altezza  Se- 
ireniflima  del  Principe  Ferdinando,  iniieme  con  tutti  i  difegni  della  Cupot 
ia  di  Parma ,  fatti  per  iftudio  dello  fteflb  Volterrano .   Mefle  poi  mano  a 
due  mezze  figure  quanto  il  naturale»  in  due  quadri;  in  uno  rapprefentò 
noftro  Signore  addolorato»  con  corona  di  fpine,  ed  in  mano  la  canna»  o 
come  noi  fogliamo  dire  un  Ecce  Homoi  e  nell'altro  fece  una  Vergine  pian-; 
gente  la  pailiune  del  Figliuolo»  che  riufcirono  fommamente  devote .  Inco«* 
minciò  a  fare  un  ritratto  di  fé  fteflò  fopra  tela  da  mezza  figura,  e  ne  con- 
dufic  fulamentè  la  teda»  e  quefta  è  rimafa»  con  più  altre  tette  ^  bozze  e 
difegni»  a'fuoi  eredi .  Si  mede  poi  a  finire  una  gran  tavola»  dove  egli  ave^ 
va  fatta  vedere  la  Vergine  Saacillima»  in  atto  di  volarfene  al  Cielo»  e  gli 
Apoftoli  appreflfo  al  fepolcro;  opera»  che  a  principio  fu  desinata  per  la 
città  di  Venezia  »  ma  per  morte  »  come  fi  dice ,  di  chi  Taveva  ordinata  i  fi^ 
era  rimafa  appreflb  P artefice»  che  ebbe  penfiero  di  mandarla  a  Volterra 
fua  patria;  ma  efTendo  piaciuta  al  Sereniflimo  Principe  Ferdinando»  ìnfie- 
me  colli  due  quadri  dell'  Ecce  Homo,  eS  delia  Vergine  addolorata»  di  che 
abbiamo  pur  ora  parlato»  volle»  che  tanto  1*  una»  che  gli  altri»  veniflero 
in  poter  luo  ;  liccome  una  piccola  tavola»  che  il  Volterrano  avea  condotta 
per  Palazzuolo di  Romagna»  dov'egli  aveva  figurate  Santa  Lucia»  Sant'Ap-* 
poUonia  e  Sant'Agata»  ma  per  non  avere  accordato  nel  prezzo  con  cni 
gliePavevi  ordinata  »  era  pure  rimafa  nella  fua  danza  »  e  fu  quefta  l'ultima 
opera  delle  fue  mani;  conciofofiecofachè  egli  poi  s'aggravane  tanto  nellQ 
fue  indifpofizioni»  eh'  e'  rimanelle  quafi  in  tutto  e  per  tutto  inabile  a  fac 
cofa  di  alcun  valore  nell'arte  fua  :  e  andò  la  cofa  in  quello  modo.  Aveva 
egli,  come  dicemmo»  patito  il  fiero  accidente  d' Apoplefiia »  male  di  tal 
natura»  che  è  detto  comune  de'  noflri  medici»  che  a  coloro»  a  cui  egli 
accade»  non  fa  duopo  il  ricercare  di  qual  morte  e'  debban  morire»  (e  gran 
fatto  none  ;  e  quello  a  cagione  del  gran  replicare» eh' e' fa  le  fue  percofle» 
fintantoché  e*  non  lafcia  Puomo  morto .   Lo  Aeflb  dunque  avvenne  al  po- 
vero Baldaflàrre  dopo  quattr'anni  in  circa»  dico  dell'  anno  i(587.  cioèT^f* 
fere  aflalito  dal  nuovo  accidente  »  il  quale  avendolo  trovato  in  affai  ragioni 
nevoli  forze»  non  giunfe  a  privarlo  di  vita»  e  diede  luogo  a  nuova  cura, 
Ala  vero  riefce  fempre  un  bel  detto  di  un  ingegnofo»  che  l' uomo  vecchio 
col  gravemente  infermarfi»  fcende  bensì  dieci  o  più  fcaglioni  della  fcala; 
ma  gran  fatto  farà»  che  dipoi  guarito»  gli  ricfcail  rifalirne  fei:  ed  allora 
fi  guardi  dal  non  cadere»  perchè  caduto  ch^e'fia»  non  gli  farà  gran  cofa  fa- 
cile il  rifalirne  due  »  fintantoché  una  caduta  ne  venga  »  che  gli  tolga  in 
tutto  e  per  tutto  anche  P  alzare  il  piede .  Baldaflàrre  adunque  dopo  la  cu* 
ra  del  fecondo  male»  rimafe  cosi  fianco  e  abbattuto  di  forze»  e  s\  maltrat^ 

KACo  in  ogni  corporale  £icokà,  che  più  aifai  eran  que'  giorni»  eh' e*  pafiava 

nel 


4 1 1    Dectnn.  V,  della  Part.  t  delSec.  V.  dal  i  ^40.  al  1^50. 

nel  Ietto  I  tra?agIiato  dt  fèbbre»  che  quelli  della  con  vatefcenzt;  e  quello» 
che  più  accrefceva  il  fuo  male  (come  oomo  /  ch*e'f\i  di  gran  giudizio» 
e  fortemente  appreniivo)  era  il  conofoere  il  male  e  rimminente  pericolo» 
ìxi  cui  fi  troYara  di  potere  ad  ognora  morire .  Tali  meftiflime  e  tormentolè 
apprenfioni  fi  accrefcevano  e  u  condenfavan  nella  fua  fantafia  nel  tempo 
della  notte  viepiù:  e  privandolo  affatto  del  ri  {toro  del  fonno»  erano  in  Ivit 
in  un  tempo  {teflTo  e  caufa  ed  effetto  di  nuovo  male»  ed  in  corfo  di  più 
mefi  vi  ebbero  poche  notti  »  nelle  quali  a'  poveri  afbnti»  a  cui  pure  con- 
veniva  fempre  vegliare  per  foddisfare  alla  fua  forte  apprenlione  diefler 
giunto  aireitremo,  nonconveniflfe  il  portarfi  a  chiamare  e  Confeflbri  e  Cu- 
rati» e  Medici  e  Speziali»  che  venendo  e  trovandolo  noi  tn  quello  fiato» 
tvevano  anch'  effi  di  male  notti .  Aveva  però  neU' intermo  la  fua  radice» 

2uefta  che  apparve  fempre  una  fmifurata  Itravaganza  »  in  un  fervente  de- 
0»  ch'egli  aveva  di  non  morirli  fenza Sacramento  dell' Eftrema  Unzione; 
la  quale  finalmente  ricevuta,  dopoché  il  male  difle  da  dovero»  eh' e' fu  al- 
quanti giorni  dopo  il  Viatico»  egli  reftò  per  modo  quieto,  che  fu  pro« 
prio  una  maraviglia.  In  quello  tempo  fu  veduto  l'infermo  piangere  con 
gran  tenerezza ,  mentre  un  fuo  vecchio  e  caro  amico  »  che  è  quegli  appunto 
che  ouelte  cofe  fcrivci  vedendolo  tanto  fifTo  nella  Sacra  Immagine  di  Gesù 
appauionato»  da  lui  medefimo  dipinto»  di  che  appreflb  faremo  menzione» 
gli  fuggerì»  che  cofiituito  in  tal  grado»  dovelTe  render  grazie  al  Signore  » 
e  rallegrare  infieme  per  Io  favore  fattogli  dalla*  Maeftà  Sua  di  eleggerlo 
per  predicatore  delle  fu^  glorie  e  della  Tua  Santiflima  Madre  »  nelle  taa>* 
te  Sacre  Immagini»  che  u  era  compiaciuto»  che  partoriflTero  t  fuoi  pen* 
lìelli  i  giacché  tale  e  tanta  è  fua  mifericordia»  che  quantunque  potelle 
effere  fiata  l'opera  fua  nel  di  lui  divino  cofpetto»  piena  di  mancamenti; 
egli ,  ciò  non  ottante, era  folito  ricompenfare  ogni  minima  operazione»  che 
abbia  in  fé  qualcofa  del  buono  »  e  maflimamente  per  edificazione  de'  jprolii. 
mi  »  averebbe  anch'  efTo  largamente  ricompenfato .  E  furono  quelle  lue  la- 
crime» per  mio  avvifo»  d'affai  maggior  confolazione  al  fuo  cuore»  che 
già  dava  fegni  di  avere  abbandonato  ogni  peniiero  del  mondo  >  che  la 
ricordanza  I  eh' egli  avefle  potuto  avere  della  lama  acquiflatali  col  fuo  pen- 
nello nell'arte  lua.  E  ciò  fia  detto  a  confufione  di  quegli  artefici»  i  quali 
ridotti  air  ora  fatale,  fi  trovano  avere»  con  tanto  aggravio  dell' anime  loro^ 
colle  loro  fporche  pitture»  lafcìato  ed  a'  congiunti  ed  agli  ftranieri  per  ere-» 
dita  fideicommifliària  »4l  peccato .  Intanto  aggravando  fempre  più  la  febbre» 
e  con  effa  un  nuovo  tocco  d' Àpopleflia ,  che  di  fubito  lo  privò  dell*  ufo  di 
tutta  la  finiflra  parte  ,e  quafi  del  rimanente  del  Corpo  dal  mezzo  in  giù;  egli 
per  più  ore  di  tre  giorni  ch'e'fopravvifTcperdevaldparola»  ritornando  poi 
a'fuòi  fenfi  :  ed  allora  non  fi  faziava , benché  angufliato  da  mortale  affanno,  di 

firofferire  jaculatorie  al  Signore  ed  alia  Madre  fua  Santiflima .  Teneva  volta 
a  teda  e  fifligli  occhj  nell'Immagine  del  Salvator  noflro  coronato  di  fpine» 
che  fa  moflrad' aprirà  la  piaga  al  coflato»  da  lui  medelimo  in  fua  gioventù 
più  volte  dipinta,  e  poi  con  qualche  mutazione  all'acqua  forte  intagliata» 
Giacente  fopra  il  letto  pure  da  quella  parte  teneva  il  Crocififfo,  nèlafcia- 
va  pafTar  refpiro  »  fenza  qualche  affetto  devoto  profferire»  quando  dopo 

tre  i^ior- 


BALDASSARRE    FRANCESCHINI .       413 

tra  giorai  di  si  fatta  agonia f  venjott  la  dnodeciiba  ora  della  notte  prece»; 
dente  al  Venerdì  6.  di  Gennajo  i(f89w  Feftività  deir  Epi&nia  »  egli  T  ciocche 
non  aveva  per  più  ore  fatto  avanti)  rivoltata  la  faccia  a  man  dettra,  ove 
dava  il  Sacerdote  adiftcnte  al  Tuo  tranfito^^uafi  voleifii  nelle  fue  Cicrate 
mani  pnefentare  V  anima  Tua»  profferendo  il  Santiffimo  home  di  Geaù» 
ultima  iua  parola  e  neir  ultimo  fuorefptrOi  chittCb  gjiiocch]  a  quefta  luce,  > 
Recarono  eredi  i  fooi  fratelli»  i  quali  conofcendo  il  merito  del  defunto*^ 
vollero f  che  fofle  accompagnato  il  fuo  corpo  la  vegnente  fera»  con  C^ 

Jjuito  degli  Accademici  del  Diiègno»  e  con  gran  copia  di  lumi ,  alla  Chfe« 
a  di  Santa  Maria  Novella»  e  quindi  alla  Compagnia  di  San  Benedetto  bian« 
co,  nella  quale ,  come  uno  de'  Fratelli  a  quella  affezionatiflimo ,  aveva  per 
fuo  teftamento  comandato  di  efler  fepolto.  E^  fiato  il  Volterrano  uomo  di 
molta  prudenza,  ed  in  ogni  fuo  aitare  decorofo  e  civile:  qualitadi»  che 
aggi  unte  ad  altre  belle  doti ,  che  renderono  chiara  fua  perCbna  •  fecero  si,  che  \ 
la  città  di  Volterra  fua  patria,  nell'anno  appunto  i<S88,  penultimo  al fuO 
vivere,  fponcaneamente  la  fcrivefle  al  Ruolo  de'fuoi  cittadini.  Molto  e 
molto  dovrei  fcrivere ,  le  io  voleffi  far  menzione  dell*  arguzia  e  della  piacevo-* 
Iczza  de'  fuol  motti  e  delle  fue  invenzioni,  con  che  rendè  il  converfar  fuo  affai 
piacevole,  particolarmente  nella  fua  più  frefca  età  ,  oltre  a  quanti  mi  è 
occorfo  raccontare  nel  profeguire  quefia  narrativa;  non  lafcerò  nondime- 
no di  dirne  alcuni,  per  foUevare  alquanto  l'animo  del  mio  Lettore.  Era  egli 
nella  Villa  di  Caftello  in  tempo  di  Carnovale,  nel  folito  fervizio  del  Sere* 
tiiflimo  Principe  Don  Lorenzo,  quando  s'accorfe,  che  da  uno  de' primi  di 
quella  Corte  gli  era  fiata  fatta  una  tale  bifchenca,che  teneva  alquanto  del 
poco  ritpettofo,  per  non  dire  dell'infoiente;  la  quale  anche  non  potèan** 
dare  sì  occulta»  che  ella  non  capitafie  agli  orecchj  di  quei  Cortigiani. 
Penso  di  fubito  il  Volterranodi  dare  a  conofcere  a  quel  tale  «eh*  e' l'aveva» 
4Vuta  in  conto  di  una  fcortefia:  e  cosi  una  fera,  che  in  quel  Palazzo  fi  facea 
dal  Principe  una  pubblica  veglia,  in  fui  più  bello,  comparve  egli  imma*- 
fcheratocon  una  gran  tefta  d'afinoj  con  orecchie  e  occhj  di  più  che  or^ 
dinarìa  mifura,  beuiflìmo  modellata  e  formata  di  fua  propria  mano,  ed  in 
fronte  all'  animale  erano  fcritte  quelle  parole  :  lo  veggo  e  femo  pia  che 
stiri  wmfipcnfs;  ma  io  non  pojo  parlare ^  la  quale  invenzione  applicaca^ 
•Ila  perfona  del  fuo  contrario,  fece  sì,  che  eflb  e  non  BaldafTarre  ii  rima- 
nere il  più  burlato .  Camminava  egli  un  giorno  per  Firenze  a  fue  taccen- 
de  con  Romualdo  Baldi,  fratello  di  Pier  Maria  fuo  difcepolo,  in  tempo» 
che  era  venuta  pioggia  di  frefco;  e  paflàva  appunto  lungo  la  cafa  di  una 
pubblica  meretrice,  quando  egli  fdrucciolando  diede  un  buon  colpo  in  terra. 
Era  quella  sfacciateita  appunto  alla  fineftra:  e  vedendolo  caduto,  diede  in 
un  bel  crqfcio  di  rifa .  11  Volterrano  alzatoti ,  e  vedendola  ridere ,  difiie  : 
di  che  ridete  voi  ?  ed  ella  a  lui  ;  io  rido,  perchè  voi  iiate  cafcato .  Voi  non 
dovete  ridere  di  me,  difle  il  Volterrano,  perchè  fé  io  fon  cafcato  non  mi 
ù>n  fatto  male;  ma  v'avete  ben  voi  rotto  il  collo.  Raccontogli  una  volta 
un  fuo  amico  un  certo  fatto  di  non  (b chi,  e  poi  s'ajutava  a  dire:  Signor 
baldadarre ,  io  vi  ho  detta  qucfta  cofa  ;  ma  di  grazia  non  vi  venilTe  fatto 

li  dirne  parola  a  iMtFttnot  Mi  maravigdiQ  di  voi»  difle  Baldaflarre  (per  pi- 
gliare " 


4 1 4    T^ecenrii  V.  della  Part.I.  detSéc.  V.  dal  i  ^40.  al  1 550. 

gltarfi  un  poco  di  gufto)  io  la  voglio  dire ,  e  la  voglio  dire,  e  la  voglio  ^-^ 
re.  Non  la  dice»  rifpofe  l'amico,  per  vita  voftra,  perchè  troppo  mi  preme, 
che  non  Ga  faputa  •  A  cui  il  pittore  :  oh  fé  voi  non  Tavete  potuta  tener  voi , 
a  cui  tanto  ne  premeva  la  fegretezza;  come  volete  voi  pretendere ,  che  io 
r  ab)>ia  a  tener  io?  Quefte  ed  altre  molte  fae  piacevolezze  fecer  ben  co- 
nofcere  l'acutezza  e  prontezza  del  Tuo  fpirito,  e  lo  renderono  caro  agli  amici . 
Ma  quello»  che  in  lui  eccedè  ogni  merito  di  lode,  fu  la  pudicizia  de'fuoi 
pennelli ,  non  trovandoli  difua  mano  cofa  lafciva:  e  quanto  egli  fu  riguar- 
dato e  modello  nel  dipignere  le  nudità»  e  nel  rapprefentare  pro£ine  cofe; 
fu  egli  altrettanto  pio  neirefprimere  affetti  devoti  di  Sacre  Immagini»  co* 
me  bene  moftrano  molti  quadri  di  fua  mano  di  fimile  fatta;  ma  particolar- 
mente il  Crifto,  che  li  apre  il  Coftato,  di  cui  fopra  parlammo,  inventa- 

ipie ,  e  copie 
ppartiene  al- 
mio  giudizio 

farà  lodariflimo  in  ogni  tempo,  per  lo  fuo  difegnare  le  figure ,  che  debbo- 
no vederfi  di  lotto  in  fu,  dando  a  quelle  fveltezze  e  proporzioni,  e  facen- 
dole loro  fare  alla  villa  deir occhio  quell'effetto  che  far  debbono  :  (econ- 
dariamente,  fé  conlideriamo  ciò  che  foleva  dire  il  gran  Michelagnolo  Buo- 
narruoti,  cioè,  che  il  dipignere  a  olio,  era  me&iere  da  poltroni,  in  com- 
parazione del  dipignere  a  frefco,  per  la  gran  fatica  che  apporta  al  pittore, 
per  bene  operare,  il  variare,  de*  colori  nel  feccarfi,  e  della  preftezza  con 
cui  fa  di  bilogno  condurre  le  pitture;  apparirà  tanto  maggiore  l'eccellenza 
dell' artefice ,  maflimamente  m  riguardo  del  gran  numero  dell'opere,  che 
egli  ha  in  tal  modo  dipinte,  con  accordamento,  forza  e  vaghezza  di  colo- 
rito si  grande,  che  bene  fi  può  dire»  che  j  pennelli  e  i  colori  abbiano  ad 
elio  fervito»  e  non  ellb  a* pennelli  ed  a' colori. 

Ha  avuti  in  ogni  tempo  difcepoli  nell'arte,  e  fra  quelli  COSIMO 
OLIVELLI,  pittore  umverfale»  di  buona  invenzione,  ed  affai  Ipedito; 
che  però  ha  operato  ed  opera  molto  a  frefco  e  ad  olio  per  ogni  torta  di 
perfone,  e  luoghi  pubblici  e  privati.  ANTONIO  FRANCHI 
LUCCHESE,  il  quale  avendo  poi  fatti  grandi  ffud]  fopra  le  opere  di 
Guido  Reni  e  d'altri  celebratiffimi  maeftri  a  Roma  ed  altrove,  è  nufcito 
valorolb  molto;  ma  di  lui  converrà  parlare  altrove  lungamente  a  fuo  luo« 
go  e  tempo .  Similmente  fu  fuo  difcepolo  il  PALLONI ,  che  fattofi  pratico 
nelr  arti,  chiamato  in  Pollonia  circa  deli*  anno  1674.  i^^n  lalcia  fino  al 

Srefente  tempo»  con  fua  grande  utilità,  di  farvi  conofcere  fuo  valore .  Que- 
i  fu  quegli»  che  poco  avanti  di  fua  partenza  di  qua,  fece  la  fiupenda  co- 
pia della  ftoria  del  Trionfo  di  Furio  Cammillo»  già  dipinta  a  frefco  dal 
celebre  pittore  Cecchin  Salviati»  con  altre,  nella  Sala  di  Palazzo  Vecchio: 
la  qual  copia»  che  non  punto  differifce  dair originale»  ebbe  tanto  applaa-' 
fo,  che  mericò  d'aver  luogo  fopra  una  parete  del  murò  di  efla  Sala  prello 
all'originale  ,  dove  fi  vede  con  ammirazione  ogni  anno  nel  giorno  di  San 
Bernardo  »  che  con  folenne  apparato  fi  celebra  nella  Cappella  contigua  ad 
effa  Sala.  In  ultimo  fi  ftava  appreflb  il  Volterrano  FILIPPO  di  Marco 
RICCI,  giovane,  che  nella  fua  tenera  età  di  anni  diciotto ,  fi  portava 

si  bene 


BALDASURRE    FRANCESCHINÌ ,       415 

$i  bene  in  difegno  e  noli'  ufo  de' pennelli»  che  dava  di  fé  fteflo  non  piccola* 
afpeccazione  »  per  quando  egli  avvenifle,  che  fi  riducefle  in  iftaco  di  quella 
Canicà»  che  allora  aveva  egli  in  gran  parte  perduta,  a  cagione  degli  incef- 
lanti  difagi  della  noctei  fofferti  per  molti  mefi  in  ajucò  del  caro  fuo  maa* 
atro  9  nella  graviflimaed  ultima  fua  infermità:  la  quale  avendo  finalmente 
recuperata)  anzi  non  poco  accrefciuta»  fi  trova»  mentre  io  quefte  cofò 
ferivo,  in  ifiato  di  tal  miglioramento  neirarte,  che  non  lafcia  dubitare 
di  dovere  un  giorno  far  mollra  di  fé  d'  uno  de*  migliori  difcepoli  dèi  mae- 
(Irò  fuo.  Fu  parimente  difcepolo  fuo  diletto  un  tal  LUZ  Tedefco^ilqua*- 
le  ancor  vive ,  ed  ha  operato  con  gloria  in  padelli . 


^pMiiHiriMa«HHMMHk«M«^MMiBMHBMHBMMÌM^ 


PITTORI    DIVERSI 

CHE  FIORIRONO  IN  QUESTI  TEMPI 

NE'      PAESI      BASSI. 

DANIEL  SEGIERS»  Laico  della  Compagnia  di  Gesù,  fu  uno  de' 
primi  uomini ,  che  avefle  il  fuo  fecolo  nel  dipignerc  fiori  al  natura- 
le. Fu  difcepolo  di  Giovanni  Breugel.  Arricchì  di  uie  opere  i  Palazzi  e  le 
Gallerie  di  gran  Principi  e  Signori .  Molti  ne  conduflTe  per  V  Imperadore  » 
per  TArciduca  Leopolao Guglielmo,  e  per  Io  Principe  d'Oranges  Arrigo 
Federigo  colorì  più  tele,  e  ne  riportò  onorar)  eguali  alla  magnanimità  di 
quell'Altezza .  Fu  ritratto  al  naturale  da  Giovanni  Li  vena ,  che  poi  fu  ftam- 
peto  da  Giovanni  Meyfiens .  Viveva  quefto  artefice  nella  città  di  Anverfe 
nella  Cafa  Profefla  di  fua  Religione  Tanno  i66i. 

JACOPO  VAN  £S  ,  color)  eccellentemente  frutte,  pefci  e  fiori  al 
naturale.  Viveva  in  Anverfafua  patria  l'anno  i66i.  Vtdefi  in  ftampa»trat> 
to  da  originale,  di  mano  di  Giovanni  Meyflena. 

PIETRO  VAN  LINT,  nato  Tanno  1609.  operò  In  grande  e  in  pic- 
colo: fece  ritratti  e  ftorie  fpirituali  e  profane.  Dlpinfe  per  lo  Cardinale 
Gevafio ,  Decano  e  Vefcovo  d'Oftit»  per  lo  fpazio  di  lett'  anni«  colod 
molto  a  tempra,  e  particolarmente  in  una  Cappella  nella  Chiefa della  Ma* 
donna  del  Popolo  in  Roma  •  Sono  di  fua  mano  a  Oftia  tre  tavole .  Final- 
mente per  lo  Re  di  Danimarca  fece  più  quadri  fino  ali*  anno  1 66u  nel  qual 
tempo  ancora  viveva  in  Anverfa  fua  patria.  Vedefi  un  fuo  ritratto  inta- 
gliato da  Pietro  de  Jode ,  ricavato  da  originale  dello  fteflTo  Pietro  Vait 
Une. 


DAVID 


4 1 6    Deànn.  K  della  Pah.  I.  delSee.  V.dal  i ^40. al i ^50. 

DAVID  RYCKAERT,b  vogliamo  dire  RICCARDO,  cbbcfuo 
mCcioiento  in  Anverfa  l'anno  itfi}.  Imparò  l'arte  nella  fcuola  di  fuo  pa- 
dre; operò  benìlllmo  in  piccole  figure,  principalmente  in  ifialle  e  forai- 
glianti  edificj ,  ed  in  compofizioni  vUlerecce  ;  talché  1*  Altezza  Imperiale 
deir  Arciduca  Leopoldo  voUe  adornare  di  Tue  opere  il  fuo  Regio  Gantnet- 
to ,  ciò  che  fecero  ancora  altri  Potentati .  Quefto  pittore  è  fiato  valente, 
com*io  dilli,  in  piccole  figure»  ma  particolarmente  in  figure  vide  a  lume 
di  candela.  Fecefida  fé  fleffo  il  ritratto,  che  poi  andò  fuori  intagliato  per 
mano  di  Federigo  Bouctars  • 

GONSALO  COQUES,  nato  in  Anverfa  Tanno  itfi 8,  apprefe  Parte 
èk  David  Kyckaert ,  che  fu  fuo  fùocero ,  e  feppe  così  bene  imitare  il  Tuo 
modo,  che  il  Re  d' Inghilterra  molto  fi  valfe  deir opera  fga^  elofteirofe. 
ce  il  Duca  di  Brandemburgo,  Il  Prìncipe  d*Oranges  molto  lo  apprezzò» 
perchè  fu  veramente  lodabilifikno  nelle  fue  compofizioni, 'ma  ne*  pìccoli 
ritratcini  maravigliofo .  Ritrafib  fé  fteflb  :  ed  il  ritratto  fu  poi  intagliato  da 
Paolo  du  Pont ,  o  del  Ponte , 

KICCOLA  de  HELT  STOCADE,  nacaue a Nimega Tanno  1^14. 
Stette  qualche  tempo  a  Roma  e  a  Venezia,  e  poi  andò  a  ftare  in  Francia, 
oVe  egli  fece  si  belle  opere  ,  eh'  egli  fu  (limato  degno  d' edere  ricevu- 
to Pittore  di  Sua  Maeftà .  Qpefto  Niccola  de  Helt  Stocade  fi  dipinfe  da 
fé  medefimo,  e  Pietro  de  Jode  lo  intagliò. 

Partorì  la  città  d' Anverfa  Panno  1620.  GIOVA  MB  ATIST  A  VAN  DEY- 
14UM,  che  colori  eccellentemente  piccoliflimi  ritrattini,  paefied  altre  fi« 
gure' di  minio.  Fu  in  fua  patria  Capitano  di  una  Compagnia  di  Borghefi, 
o  vogliam  dire  di  cittadini .  Se  medefimo  dipinfe  al  naturale  nel  1^5 1.  e  fa 
il  ritratto  intagliato  da  CurradoAVaumans . 

Similmente  ebbe  i  fuoi  natali  in  Anverfa  Tanno  \6%x.  GIORGIO  VA  N 
SON»  che  con  gran  naturalezza  dipinfe  frutti  e  fiori.  Tenne  fuaftanza  in 
patria,  ove  viveva  l'anno  1661.  Fu  dipinto  al  naturale  da  Erafmo  CheUi- 
no,  ed  il  ritratto  fu  intagliato  da  Currado  Lauwers , 

Vifuanche  GIOVANNI  VAN  CK  ESS  E  LLES,  nato  Tanno  1622. 
che  fu  molto  rinomato  per  la  bella  facoltà  di  dipisnere  fiorì  e  piccoli  ani- 
mali. Vedefi  fuo  ritratto,  fatto  per  mano  di  Eraimo  Chellino,  intagliato 
poi  da  Aleflandro  Voet  il  giovane. 

ERRICO  BERCKMANSt  nato  nella  piccola  città dlCIunder.fitua- 
ta  preflTo  di  Willemftar,  o  vogliam  direGuglielmopoH.  Fu  difcepolo  Óx 
Filippo  Woverman,  Pittore  eccellente  in  battaglie  nella  città  di  Haerlem. 
Pofcia  (ludiò  nelle  pofture,  ovvero  figure  prefio  Tommafo  Wilieborts  e 
Jacopo  JordaenSt  ovvero  Giordani  in  Anverfa.  Furono  fue  opere  molto 
filmate,  particolarmente  i  ritratti.  Aveva  Tanno  \66i.  fua  fianza  a  Mid« 

delburg 


J 


é     * 


ER^tC^    91S.ÈCKEMAN.         417 

4cI&Mg  Ih  Sdandi .  Vedefi  Ivo  ricrittó  incagliato  da  C«mdò  Wanmai», 
tratte  tk  qniello  fleffi>  *  che  ew>  Enrieò  areva  fiuto  di  fin  pcifona  » 

GIAN  FILIPPO  VAN  THIELÈNì  Sigtiorè 4iConii^enfoerck, 
mcque  à  Malinèt  l' anno  i<$i8.  Imparò  l'aite  delia  fttcwa  da  Danielle  Se- 
oters  delia  Compagnia^  di  Gesù»  cdebre  p^ìccore  di  fiori,  ki  eòi  «naniela 
i^ipe  cosi  bene  apprendere*  ehe  fi  refe  ecceiiente  neU'  iòptrair  fuo . 

GIOVANNI  PETERS*  o  vogliamo  dire  PIETRI,  odi  Pi«K>.  nato 
in  Anverfii  1*  anno  itfx4«  fu  ottimo  pittore  di  mari ,  bonacce  e  tempefte» 
battadie  marittime ,  galere  ,  citti  e  cafielti .  In  moke  patti  d'  Encflfi*  ht 
ma Amite  iae  opere  »  tenendo  fm  ftansa  nelia  pa^ia . 

m 

PADRE  JACOPO  CORTESI 

DELLA   GOMPAONIA   DI    GESÙ 

•      •  • 

«  ♦ 

DETTO  IL   BORGOGNONE 

»  '  .  •.  \     t 

i    •    »      .      .  -  •  •  .. 

PITTORE    DI  BATTAGLIB 

Gk  ebbe  precetti  da  Gmde  'kem^nate  eir€amt6zt,.J^  i6f6» 


'  I 


^EgHè  verof,  tome  i^riflìait  cofìi  %  »  'die  qàtnjlo^' immbi)  per 
ki  Tarn  e  tndhB  cogniadoite  dicdfet  o  per  àlcanr  eoeelhna 
éi  nobilercév  m  vece  di  itlcMii  muovere  di  malnati  penfieri 
d' ingorda  ambisione»^  sidocefi  «Ila  mente  It  fot  grandezsat 
h  foa  fflorìe  g  i  .ferii  ^cdori  éffinr  Mpofti  {blamente  nel  cielo  » 
li,  pubKraiamienor  di  l«l  credere^  die  e*  fit  giunco  a  cjiiella 
ibpn/ne  wtùfrla^qiibley'^treml'dingerietJbmiife  de'fiioi immortali ^ifcm* 
pceiVei^deggiaTiti  allora»  concedevasicova.  *a  clMJkte  il  féo  monee^  Imfyru* 
denzn  del^terpente»  li  lemptictcà  detta^'colomba^  h  vittofìé  dt  feoedefi- 
lilof  còflM  nof^  fi^t>otrà  Ma  credere  lo  Ae({b  del  Padffe  Jieopo  Corte'fi» 
il  quale  potendo  ti  ptari  di  qualIivogKa  altro  più  delebie  pitterei  non  fo- 
latneme.  come'  xpi  altro  Orione  hrH  arro^Me,  ma  CEtandio^  come  T  avido 
Mide»  convtìpiwe  kk  mq  ed  fuo  prwligiofoi  petineilo'ttttta  ciòch'ei  vo- 
kfle^vlnditizMto  in  queftitteae  natta  .pieeà  e  dalxdto  di*  Dio>a  chieder 
l*ab%ò  deNa  Compagnia  di  C^nì*^  ie-^fottopòtfradHniaoobbedientea  ri^drc^ 
£b,  iècfteflo  abhiilando  »  t  la  propria  virtù  ì^glt  bochi  degli  uomiaiv  pdr 
quanto  fu  da  fé,  nafcondéndOt  m  iiÌÉ[»«to.  fare  acqmtto  ^i*  dtfppia^  gloriar. 
Mk  non  debbo  ia  mecteitti  a  teflcr  \panegiriei  ^  meinw  U  ultce  foiameiute 

D  d  alcune 


* 


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i 


«|.i«    DecMi  VJiliaFm:  l  ifelS€c:F.m  Ì640.  di  t  €$0. 


tlcunehdcifie. della  viu  dS  luii  è  il  miapròpònimeaib.  Perciò  lafiiiaco 
ogni  encomio  più  propria  di  quefto  non  meno  oc^kno  Religbfo  che  per- 
fetto pittore,  dico»  come  correndo  Tanno  della  nofira  falute  circa  al  1621, 
jftlla  città  di  Sant  Ipolito  in  Borgogna  della  Franca  Contea/  liacqQC  il  no- 
ftro  Jacopo:  ii  padre fuo  fi  chiamò. Giovanni Corcefi»  di  profeffione  pit* 
rCore«*  e  pofliamo  credere  •  che  egli  fofle  perfonà  d*  ottimi  coftuoH  ;  con^ 
cioffiaco&chè  la  fui  continua  occupazione  foflè  il  dipignere  iacre  immagi, 
ni»  nelle  quali  fu  molto  ftimato.  Stette  il  fanciullo  fotto  la  cura  del  pa- 
^^  fino  all'  età  di  quindici  aiuit»  e  da  lui  apprcle  i  prinéìp)  del  dìCegno 
e  della  pittura.  £•  cofa  molto  ordinaria  di  quelli  di  tal  nazione»  appena 
.ufciti  della  puerizia»  il  lafciar  le  cafe  loro»  e  in  varie  ^arti  del  mondo 

5ortarfi,  per  apprendere  arti  diverfe.»  che  però  non  è  da  manvigliaf fi  •  fé 
acopo  »  fubito  che  ebbe  compiuto  il  quindicefimo  anno  di  Tua  età  »  fi  met* 
.tei&a^fare  lofteflb,  che  gli  altri  di  fuaxondizione  erano  foiiti.- Quindi  i»  cìk^ 
egli  lafciflta  la  paterna  cafa»  fenz*  alcun  riguardo  avere  alla  fua  tenera  età» 
tUa  debotezza  nelle  fae  forze^  fprovveduco  di  ogtii  cqfa»  fuori;  che  di  co- 
jaggio  e  di  defiderio  di  glortai.fi  SAefle  in  ben  luogo  viaggio  »  finché  egli 
giunfe  alla  gran  città  di  Milano.  Era  per  buona  forte  allora  in  quella 
città  il  Baron  Vattavill  Borgognone  »  Maeftro  di  Campo  del  Re  Cacto* 
lieo»  che  avuto  a  (e  il  giovane  fuo  paefano,  fubito  gli  diede  luogo  in  ca- 
&  fua.  O  £ofiero  le  carezze»  che^gli  faceva*  quel  Signore* .0  T  elefopio* 
degli  altri»:  o  la  curioficà  dd  giovane,  noa. indo  m(Hco^  che  egli  inco* 
minciò  a  divenire  alquanto  dall'  applicazione  della  pittura  e  del  dife- 
gno:  e  in  ouel  cambio  ali*  arce  militare  fi  «pplicò.  -S^uìcò  per  tre  ao- 
ni  continui  fatami  tizia;  ma  ne' temni^he  gfi  avanzavano»  fempre  di« 
fegnava  qualche  cofa  »  o  faceva  qualcne  invenzione  »  con  che  era  al  qi^*- 
/c^e  fpallo  a  xtitsì  di  quella  cafa  *  Aveva  col  Maeftro  di.Campo  graa  lamilM'' 
rità  un  certo  fcultore»  il  quale  coli' occafione  di  trovarfi  in  cafa  di  lui. 
jyedeiido  la  Iptrìto^  che  Jacopo  davi  a*  &ot 'fchùszi»  luin  ceflava  .mai  di 
jefortaofai  ar pcolègiulf e  ali  ftud)  dell'. arte.:  e.tàlora»  per  più  efficacemente 
iperfQadcrk>>  fervivau  «gU  ufic) dello  fidEfo  padrone»  il  quale  per  yiepiìà 
«inanimirlo  a  ieguitare  il  fuo  genio  »  gli  iiece  dipignere  di verfi  paefi»  in  cai 
«irolle»  che  rapt^refenufie  alcuni  proprj  fatti  di  guerra.  In  oltre  avendo 
'^i in  cafa > più  rrtratri-di  Damee d'alcuni  fiwi  parenti ^ilìon  del  tatto 
-fini££!»:&mper  mand,di  un  tal  pinore  Sfiagnuolo^. chiamata  Diego -Vcia- 
*fcD^  ^e.poi  nel  Pontificato  d' Innoceazio  fo. a^ma^t  uomo  «ahH^J>en^ 
-tolutD  daHa  Maefiàdel  Rei  chegodeiira^il  privilegiò  (klfat^hia^eV  enon 
«ghiera  teouta  portiera  ;  volle  »  che  Jacopo  vi  met^flè  la  mano  per  finvglit 
-£cQoiae  .fece  ;  Quefto  fu  cagione»  che  \\  giovane  orefe  grana' anitno  :  'e 
rkrfciato  ogni  penfiero.della  miliziat  folo  allo  ftudiadella  pittiiKa.^tjdei  di- 
-fegno  fi  .diede  >.r*  Coite  va  aliom/a  cotto  volo  ptt  ogni  partetliB^Lomhardb 
'ìà  falba- di i due.  pisteri  Bobgnefi»  :Giiido.JRenl  e  T  Albano;  el pervenuta 
«all'oreoclrid deiCortefii  tanto  haftòfenon^piur'toer  farai»  £he egli lafi:iata 

le  caia  del  /Vattavill  e  laitittàdi  Milano  ^  a  Bologna  fi.poriaire*.;Gninto 
.MI  quella  città»  fi<mife  a  fiare  in  ctfii  di  «h  ul  Girolamo  pittor  Lorene^ 
*Jkk  dovealmtgUach'^^'iK^cevai andava  continttandatittoiftod    Occorlb, 

;-•..  ...  ,     j  dopo 


.        *    ^.JACOPO    €07tTISl.\    419 

4opo  non  nkoìtì  ^omi»  che  tTendo  Jteopo  dipinto  di  fuo  ctpriccto  im 
paefe  con  alcuni  corrieri  in  atto  di  viaggio;  il  Lorenefe»  forfè  per  fame 
ritratto  •  affine  di  poter  CiMiniiniftrare  al  QMrtefi  alcuno  ajuto  per  pocerfi 
alimentare»  lo  aveva  efpofto  fuori  di  bottega  a  vifla  della  gente.  Era  fo- 
lito  Guido  Reni  la  fera,  dopo  aver  datoripofo^a*  pennelli,  andare  per  (io 
eliporto  a  camminare  colta  comitiva  di  tota  i  fuoi  giovani  fcolari:  e  porte 
il  caio»  die  nna  fera  egli  a'  abbatcefle  a  paflare  dalla  bottega  di  Girolamo t 
C  perchè  a  chi  ha  buono  odorato  ferve  il  poco  per  coaofcere.  anche  da  ìoum 


e' fi  trattenne  in  Bolocna,  tennelo  lempre  appreAb  di  fé»  dandogli  molti 
precetti  neir  arte  »  e  ftcendodo  operare .  Donde  cavo  io  fonda  tDciito  di 
affermare  »  che  quantunque  il  Borgognone»  fino  a  tutto  il  tempo  eh'  egli 
flette  in  JBolognat  noci  avefle  ancora  fcoperta  né  menoa  &  Ùmo  la.  mtca*» 
bile  ioelinaaione  a  dipigner  batterie i  il  che  fegoì  dipoi»  come  vedremo; 
«vefle  però  fatto  cosi  gran  profitto  nel  maneggiare  il  colore»  ed  in  o;^ 
idtra  qualità  fpeCtante  alla  pittua»  e  tanto  ù£dM  mutato  da  quel  di  prima  » 
che  fi  pofla  dire  »  che  derivaSSTe  interamente  dalla  fcuoladlGuiclo  :  tantopiù^ 
che  da  quanto  il  medefimo Cortdi in  varj^fcorfi  a  me  rapprcicbtò».noa 
Ceppi  io  mai  conolbere»  de  egli  avefle  mai  concetto  punto  divcrfo  &  e  ciò 
naidima mente  per  lo  gmnde  efaseiar  che  fiiceva  il  molto  »  che  eglt  avevm 
tratto  da  quella  fcoola .  là  quel  tempo  m^efimo  frequentava  ancora  al* 
cuna  volta  la  cala  dell' Albano»  dal  quale  altresì  diceva  aver  cavati  alcuni 
belli  infegnamenti  ;  e  fra  quefti»  efler  neceflkrio  al  pittore»  ogni  qualvolta 
voglia  metterfi  a  fare  alcuna  opera»  immaginarfi  avanti  in  oud  particolare 
mleuna  cola  veduta  dal  aamraie^ipreòetto  »  che  io  non  dubito  punto  che 
Qon  rimanefle  impreffo  in  quella  fua  bella  mente»  perchè  non  foio  fi  vidwa 
poi  le  fue  maravigliofe  battafllie  efier  vere  e  non  finte;  ma  fovvìemmi^ 
che- la  prima  volta»  ch^ei  ^9£&  per  Firenze»  in  abito  Reliaioib»  nel  con«. 
durlo  che  io  feceva  alk  mia  cafa»  per  rivedere  alcune  belle  oattaglie  di  fua 
mano»  che  io  aveva  alcuni  anni  avanti  comperate  a  gran  coQo  ;  rinterrò* 
gai»  com'  egli  avefle  mai  potuto  dare  alte  fue  battaglie  tanu  verità  »  con 


dimoftrasioni  ali  proprie»  in  gran  varietà  di  accidenti:  al  che  egli  rifp<^er 
che  dipigneva  tuttocib»  ditegli  aveva  vedutoin fatto.  Ma  perchè  a  buono 
e  chiaro  intelletto  non.mai  crebbe  la  icienza  »  che  al  pari  diquella  non  ere* 
fcefle  la  cognizione  de*  propr)  difetti  >  p  '1  defiderio  di  più  fapei 


^  'te  non  fi 
aamentaflel  parendo  af  giovane  la  città  di  Bologna  dreuo'campo  alla 
iìnifarata  voglia  »  che  ^i  aveva  di  iàre  ftudj  grandi  •  delibero  porurfi  alla 
dttà  di  Roma:  e  a  tale  eSkttafk  ne  venne  a  Firenze  »  dove  avendo  trOi* 
vato  Giovanni  Azzolino»  detto  Crabat.  Olaiidefe  »  eccellente  pittore  di 
bei  capricci  e  battaglie:  e  Monsù  Montagna  Olandefe  (fi  crede  detta  città 
di  Utrech  )  infigne  in  dinigner  marine  e  navilii»  ttmto  dalla  vinùdt  co«; 
Opro  •  trattennefi  con  efii  alcune  fetrimane  »  con  firn  non  oidtnario  profitto  s 
e  inqueflio  tempo  »*nonavendOi<«li  ancora prefii  la  gmn  maniera  di  far  bat* 
ta^ie  »  dipinfe  alcuni  paefi  pec  fuo  diporto  «  Dipoi  fi  pofe.  inaaaggio  pet 

Dda  Róma; 


429^     Dekmf:VJeJhBmJ:MSiè.Kd(^i6^6.  ati6so. 

Roma  :  e  g\m\fm  iSiem  fi  tlihiHìi  ^  tf  omum  AftélfQ  Iktmiì  piItcBrttMfk  r 
difo^polo  <li  Fraaeifioo Vanni  #  cl|t  pai  ^^  in  Roma.  Da  <}ua(to  fu  agl^ 
oorretcmoi^e  rìpevoco»  e  nella  pronria  rarnsa  &»  liìpinfo  aleimi  cappiocì 
^  qualche  paefe  »  Da  Siena  fe  lui  panò  a  Roma  p  4q?a  «pa  appuoce  un  car- 
ffo  Don  ilarione  Milani^ftì,  Affilo  CiflafoianllK  afiiìc4  4l)0.  QoaAi»  cko 
bàn  concòbà  la  viFtù  del  gtovaat  »  fecola. alkii^ìare  nel  ItooaflM^  di' 
qoall^ Ordine  a  ^aata  Crooe  in  Gfrofiileoinie;  O;  di  più  feoegli  «augnare 
una  provwfione  drdodicl£i)Qdì  il  Éàe&,  c4tM  agli  alioieàci  di  fba perfeaia; 
orcUnandoflU  il  fare  un  gran  quadro  pel  Eefotcorio  .^  in  cui  dovefe  «appK* 
feaure  il  Miracolo  del  faaiar  deUe  Turbe»*  ehefa  daini  oondòtto  a  nnef 
iofieme  con  altre  ptcture  pe*  medefioii  Padri»  in  Un  anno;  e  «tò  fu  nel 
Voncificate  d'  Urbano»  avanti  alla  guerra.  Bra  in  quel  oeeipo  in  Roana  il 
oelehre  pittore  Btiuhoccio»  còsi  detta  per  eflèr!  egli  uomamòicobrotco; 
oon  queflo^  e  con  altri  valenti  pitfofu  proaurà^  Corseli  fòre^iniseizia» 
o  con  loro  a'  introdofie  a.  ftudiare  fune  le  heUe  bofe  di  Rocnai  non  kfdan- 
dofitattancodiaflègnanail'tenipo»  che  Afevadibifqg|i6,  ali*  ouea e  de*  Mo« 
naci^  In  quell'aiioo  Teppe  cosi  aggiaftaneaeiite  valere  de^  fttolgos(dagni, 
ohegU  vtenn^  hiw  mettere  in  avanzo  boom  fioos^  drdaiiari,  con  che 
partjtofida'Monaei<»  poièoomodamente  aprir: cefinda  per  fé,  e  mantenerli 
per  quakiie  Kinppo  JM*. foli  ftudj  ddle  più  belle 'ixifeidr  quella  nolnlilfiiiia 
citaàM.  Avelia  egli  tlcjuna  voka  in  quefti'  giqfai v  eo^  poratoda  una  cena 
pitcpfefqa  vttùa  p  dipinte  di  fuo  canniccio  aloanò  bavaglie ,  fensa  penfiera 
di  fermarli  in  tal  fofta  di  pimire,  ma  per  foddis£ireal  propria  paMì^io  .■ 
DI  quaftenon  fi  ft  in  qua!  moda  era  venuta  j^tiéia  al  Omm  €arpigna, 
Vadre  dati'  EmineAtiffin^o  Cardinal  Carplgna  il  giovane  i  ^  piaeiuio^i  c^uel 
nodo  d* apecarOr  volle  conofbei^  ii  pfttooe:  e  eveado  paoeuratù  d^  afiie^lo 
sp^eflò'd^  fé  gli  ordinò.  U  ÌareiURadi:efieliaaii^UeI>  Mentre  ìK^Mtefi 
leiàipigneM;  venne  un:g;t>0nD il  Conaa atti fuf^ftansa^^pfrifedcare^oel die 
egli  ftceir0»^^ceoiiwì(i|^  da  un.  fflde'^uùma>  che  il  Cotftìi  non  conobbe  ^ 
Era  c^eefti  il  famoio  pittore  Msehehignalq  ckllq  faatiaglie»  il  <fo$i^  f^^pp^ 
ooA  ben  peirt;afn  iii  qudla  vifice» -ipiié  a  je^opo-oon^  v%ni»  «lè  ^wc  minimo 
penfiero»  cb*egli  fbfle  pieiote,  Aurtìtofi  il  Conte»  e  con  lui  Miekelagno- 
lo»  comineiò  queftr  eftremàmenee  a  lodare  quella  maniere»  efortan^  al 
pofiihiloquel  Cavaliere»  che  non  fi oonwntam  di  uM  f^b'tMteglia  di  ma- 
no del  Correfi  »  ma  gnenè^ifaecdb^fere  aflarir.peeohè.avatebbe  mqilap  ben 
francata  la fpefa.  Ecfiqkii»  eome efiómadefihia à meapeoomnèr  ebbe  priti-^ 
oipio  il  coficètió;  in  che  fiùrdnb  poi  avute  Ip  pperé -Aie:;^  pMcb*  tà  esèm- 
pio di  quel  Cavaliere  »  i^unta  il  gran  parler^  ohe^r  laqeHfia  Miebala- 
gnolo,  andò  le  còfa  a  iegno»  che  non  eiìa  in'Rìomi  perfonaggio^;  qoaden- 
que  fi^fofiè»  che  non  volefiet qualche  opeaandi  :^  mano.  Ne  fece  molic 
per  Cardinali  e  altri  Prelati  e  Frihcipi»  che  iariigMéima  co(à  fiiiebbe  ilde- 
letiverne  la  minima' paicte  re  moltf  ancora»  ohe  furoii  utandaee  in  diverfe 
cìtcà.  Perlo  Kiiarchefei  Ferdinando  RidoKv^ntttuonvo  ^oreéitno»  di- 
pinfe un beHiffinio quaérodi battaglia» peraMompagnaorne ttna fimile »  che 
plieveva  fattoi  Salvator  ^òfa»  che  per  non^bfier  convenuto  nelpreezo, 
}1  Rofik  ÌÈ  voiidè  al ^iceolomini  »  Duce  df  Am»ifi>  CapieatM  della  Guardia 

de' Tra. 


/ 


9.    JACOPO     CORTESI.       4*t 

de"  TnbiAti  del  Sereniffimo  di  Tor4tna.  A  Monatìtio  Monànni»  Gutfr- 
^robt  àtì  Palano  di  eflò  Sereniffimo  in  Piazza  Madama,  fece  molti  qua* 
dri.per  fertizio  dei  Maichefe  Carlo  Gerinit  che  poi  gli  furono  mandaci 
a  Firenze»^  per  altre  p«r(bne .  Intantochè  avendo  egli  già  fpefipìù  ai  hi 
in  Roua^  a  aoquiftato  nome-di  pittore t  in  quel  genere,  iingolarifllmot  ed 
aTOido  ancora  qoakiie  danaro' meiSb  in  avanzo,  deliberò  di  accafarC:  t  , 

e6^\  prefft  per  moglie  una  beliiffima  e  ttiolto  onefta  fanciulla ,  cbiatnata  Ma^ 
lia,  figKuoIa  d'  un  tal  Vajanl  pittor^lPloréntino ,  che  ha* operato  in  Roma 
nel  Vaticano  f  e  di  Madre  Mihnefe*  Sttttte  con  efia  fette- araiiT#Aàa  mal 
aver  figtiuoU:  e  finalmente  in  tempo,  che  ancora  Regnava  Innocenztoi 
ella  fé n'andòaiP altra  vita.  Gli  o^^mini  di  fdbtime  virtù,  fono  perle  pre* 
zìolei;  anzi  v<  come  altri  fcrifrcfono  eglino  U  Vera  ricchezza  del  fm>^Tdo! 
iìè  vi  ha ichi«pofla. meglio  pefearle#  che-i' gran' Principi  e  Signori;  con« 
ciofliaoofa^ilè  efii^bbiano  reti  d'oro  é  di  porpora,  pbr  arricchirle-e  àdót^ 
xiare  il  loro  merito:  e*  non  abbia  il  mondò  maggiori  tèfori  per  Veramente 
accrefoer  le^xiéchezze  di  un  Grande,  di  quel  che  (k  un  virtuofo  fingèla^ 
riffimta.  Ciò  cosioicendo  la  ^toriofa  memoria  del  Sere rtifliAio  PrinjbipA 
Mattias'di  "Xi^ea^a  h  ohe. Tempra ,  e  ad  ognt  gfàn  prezzo,  fe<^e^  ^robacetc^ 
di  uomini  fcfnalaci  in  ^ogni  arte  (  di  che  in  più  laoghi  èi  converrà  parlare  jf 
fentioa  Ja  fama,  e  quel  che  è  più ,  vedete  le  opere  di  ^jueftò  artefice ,  Idi 
volle  appreflbdife  in* Firenze  ed  a  Siena.  Gli  aflegnò  provvifìone  di  veti «^  Principe 
cicinque  feudi  il  mefe,  con  pagargli  le  pittare ,  che  gli  faceva  fare  per  ab^;  Mattìu 
belUmeato  de'  fuoi  appartamenti  e  delle  fue  ville,  e  particolarmente  delia  ^^^^T 
Real  Villa  di  Cappeggio  :  e  s\  largaoàente  e  nobilmente  lo  regalava  bene  Siena» 
fpeflo,  che  il  medefimo  Borgognone  con  gran  fentimento  ebbe  a  dire  più 
volte,  non  fovvenirgli  alcuno  de'  gran  Potentati,  pe' quali  s'era  trovato 
ad  operare ,  di  cui  poaefle  pi^à  celebrare  la  liberalità ,  di  quello  che  e'  pò* 
teva  fare  di  quel  Signore  • 

In  quefto  tempo  venne  voglia  al  Cortei!  di  fare  un  viaggio  alla  patria ,  net 
quale  gli  convenne  impiegar  tre  anni ,  a  cagione  de' divertimenti  edellediffiX 
colta ,  che  in  elio  incontrò ,  come  ora  damo  per  dire .  Arrivato  in  Friburgo 
degli  Svizzeri,  dove  nel  Convento  delle  Monache  di  Sant'Orfola  aveva  due 
forelle,  fu  da  quelle  corretto  a  £ire  una  tavola  per  V  Aitar  maggiore  di  lor 
Chiefa,  nella  quale  figurò  la  Santa  colle  Vergmi  Compagne.  Tirato  poi 
avanti!]  viaggio,  giunto  alla  patria,  e  trattenutovifi  alquanto,  fu  di  ritornò 
per  la  parte  di  Venezia ,  chiamatovi  dal  Sagtedo,  che  fu  poi  Doge;  quando 
per  caufa  deireflerfi  fcoperta  la  Pefte  a  Roma ,  gli  fu  impedito  il  palTare  avan« 
ci;  onde  gli  fu necelTario  il  trattenervili  un  anno*  Inquefto  tempo  dtpinfe 
a  quel  Nobile  una  Galleria  con  iftorie  del  Teftamento  vecchio,  di  auellé 
particolarmente  dove  intervengono  battaglie;  le  quali  tutte  fece  a  olio  in 
figure  di  braccio,  perchè  quel  Signore  gli  aveva  moftrate  alcune  fimili  ftorie 
di  mano  di  Paolo  Veronefe  fopra  cuoi  d' oro  belUfiime  »con  dcfiderio  ehe  egli 
f^cefle  le  fue  a  quella  fomiglianza»  e  per  altri  Nobili  di  quella  città  fec< 
ancora  molti  altri  quadri.  Tornoflene  poi  a  Firen^^cnon  fenza  ftraordi-* 
rio  contento  di  tutti  que^Sereniffimi,  ed  in  particolare  del  fuo  Principe» 
per  lo  quale  Cece  molte  opere  ftupende:  e  particolarmente  quattro  gran 

,         Od.3  paefi 


421     Deteitti:KMiP»rL  IM^LP^Ml  t  (^40.  al  1 6$o. 

OMfi  con  bifttglw  •  wi  ««i>!  fa|tf>rèfipAl6  quattro  Alle  frift  etoidw  m^nSk 
da  quello  faci»  in  GtffiMDM  «ii|i  TofcaMà  le  ^lult  df  fdbiiftntft  a&  icii^ii, 
ebe  ognuno  ne  ftupì  t  tnuclià  k>  fteffi»  Pnofiue;  unto^  le  ftMi&,  cbe  ad 
(iZè  feor  affi^jiMure  una  (lansa  «(li^^Aa  Mila  Viut  ^i  Lappegfki.s  e:  vi»le, 
fsàe  le  fiMdwiBa  Io0e»  MHi  PfieM  «  fr^^ 
j^entii  dipina  p«rfiiai)o<iftBiidfArMsVelitnafto»cbfue» 
yJM  ^i  Itti  al>l)iaflM^  ffeflivf»  «.  Infiiwì  quadri  di  pucfi  e  dibuctagf ie  feeo  F°^ 
4iv€ffi  Geoiiluomìnì  Fioiruiitinit  lakÀb  pfr  n«Q  eccedere  tu  toi^Bbenav 
noA  fi  &  menflU(H)e.«  che  di  alciine  poche»  fa  le  i;iuaii  non  aHCÌiaiMi  ìifi^ 
pò  luogo  due  »  cbe  ne  ha  Giovanni  Cantg^ani  Geodiuomo,  cte  eli"  iiue» 
grità  de*  coftutui  ha  congiunca  une  ftraorduiaria  perizia  ntlk  buoue  ani. 
Q^aciro  belliffiiue  bac(i^lie  dì  fve  mauo  ))a  U  gentiliffiaderecmolcoicndice 
CaV'aliQcei  il  Marcbe£^  Macciaa  Maria,  darcolomiùei»  imigttaiOeig^àxa  di 
Sta  Seyertnó»  ^  del  (angue  de*  Signori  di  quel  luogo»  la  quale>  ìono  più 
fli  dog^mciocinquam'  aani  »  che  per  le  iayiciai  iiue(Uae  di  qudia  pacrit , 
Vl^oae  ad  abitare  nfl  Òominio  FtoreAcino;  e  tu  breve  ttcupo  fu  anuueflà 
g!  Pfjmì^onqri.  delia  cit^  di  ^'mm^$  ^onf^nue  e' ceftueù  di  quel  fibroio  r 
d«U»aiM  HobiliMpi^i^*  il  Dotceqe  AntouieiCipcttnìii  pefieififlioénrogm 
Ìmk^  di  ahcicKifià»  ha  dillefo  ua.uioIio  erudito  RMcatìE>»  da  ttcì  ima  fianaa 
gran  guflo  fé  ameat razione  veditfo  e  letto.  P«re#  ibe  della  miwaje.  uief 
(^vigUofa  «maniera  di  quello  pintore f  alcunecoiaillr  fidovefie;  ma  pecche 
'  le  ppere  fue»  per  r^umero  infìnicei  e  per  ecci^lleara  0ngplarjtttte,  da  per 
loFO  ftiKtS;^  ftbbailan^  parlano^  ogni  altra  eo£^  iralafòandto,  dirà  foto,  pò* 
ferAB^e(«aredi  Ittilaftefibf  che  a  gran  lode  di  Àpelle  fu  dette  (ji);  cioè^ 
d^^MCiT  ^U  dipiiU»,  noa  foto  le  coie  che  dipigufea  IGL  potevano»  ma  quella 
aacor«,  che  non  (i  potevano  dipign^rcà  taU  C^i.  cuontt  lampi»  àecref 
Ittmi^  f»9c^t  aria»  n^Una  ed  alfre  a  quelle  fimili;  oea  ape  folo  cali  coie^ 
che  pure  all'occliioli  prefentano,  dipinfe  il  Borgognone 'manvigliofameR*' 
fci  ma  quct  «he  e  p» t  le  fue  finte  baciaglie,  fimno  in  un  certo  aa^do ,  fé 
pon  femirf  fU'  or^chio»  rapprefentiare  con  cetforeal  peofiarO:tl  gridar 
d<2VAil4«ci  n^le  a[M0e »  lo ftri4ei:e  de' feriti»  ilkaeiHafederou>ribondi.  lo 
ftrqjuiajr  della  boQ»b;>rde»  lo  fcueter  delle  mine»  per  eoslk  dire,  come  Te 
ver^  f^ifero  e  non  Ànce .  Aggiungerò  colà,  che  ha  laóteo  dei  fingobre  : 
e  fu  •  che  egli  in  cominciar  le  opere  fue  non  fu  fi^o  »  come  quafi  ogni  al* 
|io  pittore»,  di  foroaarie  mvenaieni  con  fcbiant  odi&^u»  bofineette  o  akra 
9pi%jf  fp4  pre(ii  ù'telpf  la  tavoloza  e  pennelii»  coU'a0a  di  dE  inquanto 
•^PjBW^iatat  sfregando  leggiermente  efia  tela»  vi  faceva  apparire  ddineati 
i  luoi  gcuppi  i  e  poi  co'  colori  di  primo  e  forte  colpo»  il  tutto  ruiuceva  a 
perfeziofie . 

Dalia  ferie  della  vita  di  quefto  grand' uomo  »  per  quello  che  fi  è  potu- 
to dimoftrare  fin  qMì»  avrà  conofciuco  U  I^ftQfe»  effere  egli  fiato  non  or«< 
diniifiaoiente  cuAodito  d^l  cielo .  Coociolfiacofachè  nella  più  tenera  etè» 
nìgin  da  altro  provvedimento  ae^ompagnato  »  che  dalla  fola  inclii^zione  alle 
belle  arti»  il  trafle  dalla  pcopria  patria»  ed  a  Milano»  per  lungo  e  perico^ 

lafi> 


^^•••^'^•'^f^^mmm 


(a)  PUn.lih:  35.  tap.xo,  PinxU  ^  fMr  pingi  mn  poffimi. 


A    fÀCOVO    CORTESI.       4S| 

Idb  vitggio  »  fieuro  il  oondalfe .  DUrercko  dt  tà€c  aott  pmpk  »  f^jifels^ 
a'prìnt  penfierì;  conwrcendoi^  lo  fvagtmeiito  medefitto  delie  «ere  jMwu 
glie  cempeU  io  uaaeoceUentedìfpofeione»  e  quelle  p^iiaaraTì^^ 
r«ff>fefeacare  io  pictea.  Non  mi  ^i  nitncò  d^efiiftcosa  e  d\miuiua4 
provvedendolo  dt  chi  io  ogni  luogo  ed  in  ogni  cemfo^  e  di  lui  e  deTuol 
tviozeoienci  nell'arte  ^  il  peniiero  fi  peeadeff^  ;  .finciiè  a  qod^  fegno  il  eom^ 
dnflb^  cJuB al  bomìo  è  noco.  Me  poco  (ecebbe  fleoo  tmoeiò ,  Ce  e  4«^ 
furori  io  fpecaaliflkno  non  ^i  avefle  tggianco^  di  cdiianario  fiaalaience  ria 
Itiogo^  ove  e'  potefle  non  pare  i  prepf)  calend  a  oemm  iwiefieio  ^confer» 
vando^  e  b  propria  glom  accreComdOt  gli  sm  e  T altra»  comeitQfe  moru 
tali  e  cidnche,  aUMod^ntPe ;  ma  con  ^ueUe  «neon  £b  HttCh,  pel  eoidÌB^ 
foinento  degli  eremi  beni  faorifieare/  Continua^sa  egli  adunque  il  fkai^ 
zio  del  SereniiCmo  Principe  Mactiat  nella  città  di  Siena  (.ció<  fii  circa  nU 
l'anno  i6fi.  )  e  come  qiftegli»  che  vii^va  una  molto  aggiuAati  irica^  «e 
incora  affidalo  alla  frequenza  de'  SacramemiÌ4  «ande  in  prooeiTò  di  tempo 
avendo  cpminciaco  a  guilare  le  cofe  delb  4evoaone,  (ìantiffi  idfpiracQ  « 
iaficiare  il  Secolo  »  e  renderfiReligio£>dcUaCompgmiadi  Gesà .  Ma  oomec* 
cfaà  egli  già  aveva  indelicati  i  funi  takntj  a  cocco  11  oioo^af  »  jtemeodo  fair# 
te  d*  incontrare  alcun  giia«e  Mapedimenco  noK*  efbgnire  ii  ino  p«ifiero«  te» 
neva  ad  ogni  perfona  occadca  ul  voeasione  ^  £ra  il  Padre  Gtrobmo  teici 
Saaefe  »  allora  Rettore  del  Coliegio  di  quella  cietà  :  a  qneflo  Notamente 
dopo  lungo  ipenfare  fi  rifoUè  di  manifiAftace  k  fita  cjiiamata .  Il  Padre^  che 
cl^riaQieMtttifimo  era-  od  conafioare  e  indirìnare  fimfli  «oeaaiooi  «  fentip 
ta la  prapofta &  e confidevando  mn  giovane  llboco,  arwero allacolo •  ior 
fiolfiito  negli  appiaiifi4dleGorti ,  e  nelle  eaMMe^de'X^candi^  in  .imoo  pò» 
no4tWm,Ycvt^  e  da  ogmino  defideraco  »  volle  in  dii»erfi  modi  .provarlo^ 
moScandogli  di  non  ammecoar e  cieià  <éi  Mmo  per :ficMa  tale  fita  xeroluMOi» 
j»«  Proponeteti  la  dtferenua  in  due^ati»  liheno  e.fi>ggcttQf:  il'  ohhligo 
ddlaperlèveranza:  «e kiireieogna«'4  pcviofftoiéel  comaceindii^ao;  ma.** 
nahnetnte  euUiCciaKa  kfaldecaa^deUo  ^nrito,  do  anoniagi  all' «fiettuamo» 
ne  del  buon  pMpofito.  JLo  ifieflo  P^acipe^  ieo  Padfoóe^  «he  awuca  tal 
noova» con  ammirazione^  ^con  dolore  lo  perdeva,  iroUe  pmirarlo  an^ 
cora  eflb,  con  offerir^ÌMl  lue  favore  apprdb  a  pie  (Generali  id'  altre  Reli# 
giooi,  inaicunadelle^oàli  pMfefiìmdo,eirf*aveflè|>ocii€Oarpirirea  gadi 
piùch^  menam.  A  che  «ifpondev^  il  Coeufi^  fenturfi  da  DiOtohiamare  s 
qudla ,  non  ad  akre  Rel^ioni .    f  in^m^nae  ficofnofiDiuta  qndl'  Aitcaaa 
r ottima  intenzione  óì  lui ,  gli  perm^e  il  itiraM  a  fine  1  fttoi  penfieri . 
>       Si  licenaiodal  Principe  circa  4 'anno  PÓf^.  efe  n^andòa  Roma:  chiefi» 
l'Abito,  e  fa  ricevuto  nella  Compagnia,  «n  figura,  cooae  dir  fogliono^ 
di  FmttUo  coadiutore,  «che  t  quanto dieeidi  i^ucn o  fi^r venite,  dal  Padre 
GioMlim  Rho^  ProvincìatedeUa  Provincia 'Romana»  fotto  il  Gcocralaxo 
del  Padre  Giofaino  taighe!  •   Non  permefleco  però  que*  Religiofi ,  che  il 
mondo  rimaneili  privo,  anche  per  poeo^  di  quanto  potCM  egli  éifre  a  con 
mun  beneficio;  onde  nel  primo  anno  del  jRio  Nov iaìato ,  con  gran  morti^^ 
fiicazione  di  lui,  vollero,  che  e' defle  qaaldie  tempo  a  dipigner  cofe  devo* 
te.;  9  fra  Taltte  gli  feooFo4ipigiiere  per  .Io  Prefepio  la  StDige  degl'Inno* 

Dd  4  centi. 


424     DeUnn.V.lIéUdVm.  li  del Sec.  V.Jal  i  ^40.  al  1 6$o. 

ceriti .  Appéna  ebbe  egli  finito  il  primo  delU  due  foUti  anni  del  Kotriziato# 
che  per  lo  fteiTo  fine  fu  dirpenfato  dal  fecondo»  e  mandato  al  Collegio 
Romano.  Quivi  (tette  un  anno»  e  vi  dipinfe  a  olio  la  Congregazione  pri- 
maria» con  iilorie.  delle  donne  illuflri  del  Teftàmento  Vecchio»  fino  a  Ma* 
sia  Vergine  ;  Injquefto  tempo,  per  Io  Sereniffimo  Cardinal  Carlo  de'Me«» 
dici-,  fece  un  quadro»  in  cui  figurò  il  paflaggio  del  Popolo  Ebreo  f>el  Mar 
Roflo»  colia  fommerfione*  di  Faraone.  Dai  Collegio  Romano  fo  poi  man- 
dato al  Gesù»  dove  nel  corridojo  della  Cappella  di  Sant'Ignazio»  dipinfe 
a  guazeo  la  vita^del  Santo .  Aveva  il  Duca.  Carlo  di  Mantova  veduto  a 
Venezia  le  belle  opere»  che  il  Cortefi  aveva  dipinto  alSagredo;  il  perchè 
procurò»  e  ottenne  ».  che  il  nominato  Generale  gli  iacefie  far  per  fé  due 
quadri  «  Intanto  al  Padre  Nigphel  fuccedè  per  Vicario  Generale  il  Padre 
Gio.  Paolo  Oliva»  per  ordine  di  cui  fece  molte  belliffime  opere  •  che  an* 
daroQo  in  mano  de'  Cardinali  'Antonio  Barberino  e  Carpigna  vecchio»  e 
quali*  di  tutti  gli  altri  Cardinali  e  Principi  di  Roma,  delle  quali  lareM^e 
impoffibile  il  raccontare  le  qualità»  e  '1  numero.  Fra  laltìre  opere»  che 
fece»  con  volontà  del  Padre  Oliva»  una  fa  la  bellifllma  tavola >  con  figure 
di  due  palmi»  nella  quale  rapprelentò  la  morte»  e U  lìaufragio  de* quaranta. 
Padri  delia  Compagnia  «  feguito  fotto  il  governo  di  San  Franceico  Borgia  r 
erfotto  la  condotta  del  Padre  Ignazio  Aezevedo  »  per  la  Miffione  dcirindie* 
^   Maio-non  debbo  tanto  allungarmi  nel  parlare  dell'opere  del  Cotteli,  ben- 
ché fiano  quelle  il  mio  principale  a^unto ,  che  io  divercifca  affatto  da  quel- 
lo» che  poifiamo  dire^che^in  lui  fu  prtncipalifliOio  :  dico  delle  f uè  religio- 
ie  virtù» nelle  cuali  veramente  fi  andava.egli  delcontinovo  avanzando  qqX^ 
l'aggiugnere  alia  carità  vcf fo  i proffiml  la  devozione:  alle  quali  virai  arri* 
io  talvolta  il  cielo»  con  fègni  aflai  fen&bili  di  gradimento  i  e  fiane  cefti* 
aóniò  il  cafio  raccontato  id^L'erAdiciffimo  Padre  Daniello  Bartolt  nella  Vi- 
ta del  Venerabile  Pad»  Niccolo  Zucebi  della  Compagnia  di  Gesu^  Era 
qmedh»  dopo  un  corfo  di  otiantaqtiattro  anut  di  efemplariffima  vita»  già 
a  quel  tempt>  pervemito»  nel  quale  dovea  gtugnere  a  poffedere  il  premio 
idi  fue  lodevoli  fatichie»  quando  la  ootce  delti  io.  di  Maggio  del  l'anno  i6io. 
che  precede  al  giorno  »  che  fu  V  ultimo  dclk  vita  del  t'adre  ^  toccò  in  (ot- 
te di  rimanerfi  alia  di  lui  fervila  infieme  col  Padre  Claudio  Damey  »  al  no* 
Uro  Padre  Cortefi»* il  quale  in  quella  caritativa  funzione >£[  fiava  eoa  forte 
defiderio  di.  procacciar  fi  qualche  reliquia  di  quel  fanto  noma:  e  quando 
non  mai  àltvq  defideitava  che  qoefta  fola  memoria,  di  lui  »  cioè  »  che  egli  baciai 
fé  la  medaglia  della  corona»  oh' e' recitava»  taceva  con  la  bocca,  mentre 
nel  petto  gli  parlava  il  cuore;  quando  il  Padre  Zucchi»  al  quale  già  era 
mancata  la  parola»  npcrfe  gli  occh)  »  gli  fifaò  in  quella  medaglia»  grande 
non  'pi  VI  di  on  m«zzo  grofib Romano»  e  allungaMto  le  labbra  verfo  di  quel* 
bv  fece  dhiaramenfce  cofiofcàsr4»  ch!,ei  defiderav4t  di  baciarla»  volgendo 
anche  il  capo  verib  quella  parte.  Gliele  porfe  il  Cortefi»  bacioUa  il  Pa- 
dre, e  doì  diede  fegno  di  richiederc'ancbe  T-iltra  parte»  la  quale  devota* 
mente  baciata  »  tornò  a  chiudere  gli  occhi  »  ei  rimafe  nello  ftato  della  fua 
agonia:  ed  to  confe({b  di  non  aver  tal  cola  letto»  fens'alto  concetto  for«- 
mare  »  non  mena  della  fantità  del  primo  »  che  della  devozione  del  fecondo  • 

Tornando 


.'      y.    JACOPO     CORTESI.        41$ 

Tornando  ora  alle  opere  di  pittura,  è  da  faperfii  come  avevano  i  Padri 
della  Compagnia  rifoluco  di  far  dipìgnere  a  frefco  \sl  tribuna  delia  Cbiefi^ 
del  Gesù  :  e  fi  davano  a  credere  »  che  ciò  foÓTe  per  rìufcire  al  noftro  pictorepv 
onde  dierongli  ordine  di  andarti  preparando  a  quell'  opera.  Ma  qui  e  d* 
Cipere,  come  per  le  grandi  facicne  deli*  arte.!  congiunte  a  quelle  della  re* 
ligiofa  oflervahza»  egli  s'  era  ornai  ridotta  la  tefta  in  cajttiviflimo  ftato» 
partìcdarmente  in  quello»  che  egU  a  me  medefimo  confe£5ò«  cioè 9  pec 
eflèrfi  affaticato  eflremamente  nella  fua  gioventù»  in  iftare  all'  aria  aperta 
a  dipigncir  paefi  e  vedute  al  naturale;  onde  poi  neir  avanzarti  dell'età  ne 
era  venuto  più  del  folitodifettofot  che  però  i  Superiori ,  mentre  egli  ftaW 
va  facendo  1  difegni  e  modelli  della  tribuna,  per  Ibllevarlo  alquanto  >  voU 
lero  &rgli  fare  mi  viaggio  :  e  cos)  lo  mandarono  per  Compagno  del  Pad^^ 
Giulio  Tarugi»  che  dovea  predicare  a  Fifa  la  Quarefima  del  1675-  Finita 
la  Quaretima  io  tennero  per  alcune  lettimane  nella  villa  del  Collegio  dir 
San  .Giovannino  di  Firenze  a  Monte  Fofcolit  antico  Caficiìo  nelle  colli^. 
ne  di  Pila;  donde  poi  tornato,  ebbi  io  comodità  di  più  volte  abboccarmi 
con  eflb»  e  ritrar  dalla  viva  voce  di  lui  (che  tanto  gli  fu  da'fuoi  (uperio* 
ri  ordinato)  tutte  le  notizie  »  che  fin  qui  ho  fcritto.  Defìderava.  intanto 
il  Sereniflimo  Graii^duca  Còtimo  III.  che  nel  preziofo  Mufeo  de'  ritratti 
de' più  rinomati  pittori,  che  fatti  di  propria  mano  di  piafcunodiefli^ 
raccolfe  la  felice  memoria  del  Sereniifimo  Principe  Cardinale  Lfsopoldo 
di  Toicana»  dipoi  fcguitatOi  e  tantp  acci'efciuto  da  elio  SerenidimoGran» 
duca,  fofle  ancora  i4  ritratto  del  Cortefi,*  onde  ne  fece  patiar  paì(ola  cóar 
effo,  il  quale  con  Comma  confolazione  (ficcome  allora  mi  fu  ri^e^tp)- 
accettò  tal  favore.  Il  Granduca^  acciocché  e'potede  farlo  con  ogni  fud 
comodo,  godendo  intanto  l'amenità  e  falubrità  di  un'aria  perfettivi  ma; 
mandoUo  alla  fua  Keal  Villa  di  Caflello,  due  miglia  lontano  da  Firenze» 
dove  Io  fece  afliftere  co/Ttrattamento  eguale ,  non  meno  al  merito  della 
yirtù  di  lui»  che  alla  propria  generofità.  Quivi  fi  trattenne^  per  lo  fpazio 
dì  alcune  iettimane,  nel  qual  tempo  fece  efiò  ritratto»  veftito  dell* Àbito 
della  Compagnia,  colle  mani  frappofte  neUe  maniche;  et|ì  lor^cananza . 
fece  vedere  una  battaglia  in  piccolitiTime  figure ,  con  tanta  franchezza  t 
e  con  sì  vago  accordamento  »  che  più  non  fi  può  dire.  Tornatofene  ^ 
Firenze,  dove  fu  dalla  magnificenza  de!  GranoMca  nobiliffimamente  re* 
galato,  e  prefa  da  efib  licenza,  le  ne  tornò  a  Roma.  Subito  fi  diede,  con 
ogni  applicazione,  all'opera  ìmpoftagli  dal  Generate,  di  dipìgnere  nella 
tribuna  del  Gesù  la  ftoria  di  Gtofuè  quando  fermò  il  Sole;  e  in  effetto  da 
molti  (chiz/i,  invenzioni  e  modelli,  aveva  finalmente  formato  e  coforito 
un  difegno,  che  al  prefente  fi  trova  nelle  mani  di  Guglielmo  fuo  fratello" 
pitterei  che  unitamente  con  lui  doveva  dipignere  nella  ftefTa  tribuna. 
E  perche  dopo  il  ritorno  da  Firenze  il  Cortefì  era  fiato  moleftato  da  indi- 
fpofizione  per  molti  giorni,  il  Padre  Generale,  per  rimetterlo  in  fanità 
e  in  forze,  Ceco  ilcondufiie  a  god.ere;deir amenità  della  Villa  diCaftel  Gan* 
dolfo,  dove  fi.  trattenne  poco  più  di  un  mefe,  nel  qual  tempo ,  per  fuo 
diporto,  fece  fui  muro  col  carbone  alcuni  difegni  dì  (acre  fìorie  ,,che  fon 
poi  rimafe  imperfette  •  li  giorno  de'  $».  di  Novembre  fé  ne  tornò  a  Rouhi 

in  ca- 


42$    Deferjf>J^.dehPart.liieìS9c,y,dMliS^o.glt6só. 

in  «àleflb  infieme  con  un  «Icro  Fadie,  t  c«n  qiieftì  due  &  n«  veiùvx  3 
Comi»cno  deJ  Pftdrb  Gcnenle .  ?rìna  <di  fitignere  alla  parct  di  San  C^ 
Tanni  Latertno  >  il  Padre  Jftcopo ,  per  non  fo  tpnl  bHbg no .  «(bì  del  a- 
leflb,  ma  Tolènòo  ritornarvi ,  dtffe  di  fentirìì  mancare;  onde  qac'  fuìn 
gli  applicarono  i(  balfatno  apoplecico ,  dalla  coi  forza  rinvigoTito,  pocè  n- 
£ilire,  e  pro(èg»ire  H  viaggio.  Kon  erano  ancora  gioncì  a  San  Giovanni 
Lacerano ,  qumdo  da  «n  ceno  paffira,  che  il  fadre  Jacopp  £ioe>ra,  cce- 
dccteiICoinpa^t>,'chec''dornrì&;  na  nelT accttftarfi  «  Samm  Mata  Mig- 
gfore ,  per  ceni  sbattimeRti  e  tretnorì  CbpraQtvnriglt ,  venuti  i  Padri  in 
gran  tàrtiorc ,  arreftaroRo  il  eammìne  :  é  dal  potfo  Tennero  in  oognmoi» 
efìerglì  calcata  li  ^cciola;  anzi  per  la  veemenza  delle  convvUoni,  oflère 
a  igne^la  cbngiuncl  -efietn  d'  epìlefiia.  In  qeeAo  frangente  non  potendt^ 
are  dtro,  ihiniTono  oieg^,  perlagione  della  vicinanza,  il  condarlo  al 
Koviciaco  di  Sanf  Andrea,  dorè  arrivati ,  colla  maggior  quiete  poffibite 
a  levarono  dal  cakflu,  e  per  meno  agicarb  lo  meffero  in  un  JettodeUeca» 
fheren  terreno,  Svtmo  comparvero  medici  eeenil)ci,da'qurii  furono  ubai 
tutti  i  rìmed]  poflìbili  per  Ario  tornare  in  fé  j  ma  però  il  tutto  fu  «ns: 
e  coA  con  tale  aetiden»;  d'apoplellìa  ed'epileflìa.  come  gli  fleffi  medici 
^fifcmurono.hi'fMnHiH'detSrisatoi  ^diNovetabre  iS;^.  aorc  iremczzo, 
ft  "ne  pafso  a  vita  mfgtiore .  £d  i  da  nottrfi,  che  «gii  molti  giorni  arantii 
«  iretfc  ifteflb  dì  dell'  acddence.  diflè  di  aver  male ,  e  d' afpettarli  qualche 
grave  infermiti;  ansi  -da  cib  indotto.  (ì  era  egli  rìfuluto  di  tomarléne  i 
Koma,  liirCdme  aiìctf ra  -(come  egfi  medefìmo  aveva  detto)  per  cetefanre 
più  derotatmenve^  Ftifta  del  Beato  Stanislao  Kofllca  della  medefima  Cora- 
«agnh:  e  aerati  ramne  crediamo  ora,  che  «gli  per  le  fée  retigtofe  v^rtà 
fortiflb  di  ottenere  mi -più  vantaggrofamenre  I*  intento ,  con  eflere  amnefiò 
aQa  conrerKtzione  tn  clcto,  di  chi  egH  -dedderb  ^onorare  in  tern.. 


ALFONSO     BOSCHI 

PITTORE    FIORENTINO 
DifeepoliTé Matteo Ra/kB,  nm^ircd  al  i6\ 5.  •$-  11^49. 

ITccome  verHIìma-còfa  è»  die  pub  Tuomo  col  fuo  libero  arbi- 
trio, volere  e  non  volere,  eleggere  o  riprovare  alcuna  cefi, 
ficcome  ancora  ricercare  per  quanto  è  da  fé  ,  t  «lexeì  pi^ 
I  proporzionati  per  lo  contegùtmento  de'fuoÌ'6ni,  qualunque 
^  egli  fi  fiano.  o  buoni  o  rei  ;  così  per  lo  toontrarìo  è  mailiina 
d  indubitabii  verità,  non  eflère  l'evento  e  la  rìufcita  delk 
cojfe  in  potere  dell'  uomo  ;  ma  tutto  dipendere  dagi'  infallibili  contigli  delM 
Divina  FrovvJdcnza;  onde  non  è  nurarifflia»  che  moki  uomini  fi  veggono 

ful&l 


ALFONSO     BOSCHI,  427 

tàà  bt\  ffimifim  degli  ttni  iom«  «on  folaaram^  iacUitati  ad  alcun»  no^ 
Jbtk  ajrui  ma  eoa  h.  Yalomà  lamo^  voki  a  ftffi  fon  ogni  mea^o  poifibile  ìa 
qiieUa  pi^fettu  che  QgfVi  peffona.  quantunque  di  nedìoue  giudizio»  di- 
«ebbe  «I  corto  cflkr  qvcili  j^ftinaii  w  cislo  9«r  divcotiur  eoi  tempo  fog* 
ge^ci  éi  rnUimiffiiM  ¥iccvi .  B  mire  ve^ianao  iaaa!i ja  ^ddivwiic  »  non  avcc 
ofi  ApptRa  meflo  «ani»  a'  ior  fatMofi  ftii4i>  Qii«  iwevMttti  d^iia  coorcfl  »  fw> 
ftofiiK  aif  Riparare.  U&ia^o(kl«ifo  l'wnanp  confetto  a  e  T  univarfate  efpet^ 
Ca»ooe . .  Tmio  quaflo»  pare  a  me»  cbfi  accaieife  neUa  paclona  d*  Alfonfo 
BoCciii,  ciccadino  Fìoraocino»  il  qualo  noi^ebba  appena  dati  i  primi  iiegni 
do'  fiioi  figuri  avan2|a«»cnti  naU'arte  della  {Htturat  elio  in  gioyenilo  età  fa 
ccdmcQ  dalla  mojrtc.  Na0)w  adunqua  quefto  noftjro  artefice  nella  città 
di  l^irenale  circa  ali'  anno  di  no^ra  Talocc  r^if,  l\  padre  fuo  fìaGiov^osir 
bacifta.di  Francefco  BoTchi  >  prpfellore  4' OriAcerÙL.  in  quella  GMcadji 
lavoro»  cli/e  dicono  di  filo»  nel)^  qu^le  fu  Ae'.fuoi  teaatpi  aflTai  (epvtatOt 
iLa  laadra  fu  Margherita  d'Àlfonio  Roiselli»  forella  di  Maiteo  Rolseltì  pit:^ 
rore:  e  fu  fratello  del  molto  pio  Sacerdote  Francafco  Bofchi,  ancora  efaq 
pittore^  del  quale.e  delle  cui  criftiana  virtù  abbiamo  parlato  molto  di  pro<» 
polito. nelk  notiate  delia  vita  di  lui.  Viveva^Q  poco  mieoo  che  in  una 
total  comunione  i  due  congionti  e  loro  faaigliai  colto  Aafao  Matteo  Rof-r 
felli  in  una  medefima  cafa;  onde  maraviglia  non  è  »  che  eflendo  i  loro  fi- 
gliuoli nati»  come  fi  fuol  dire»  fra* colori  e  fra* pennelli,  riufciflero  poi 
canta  inclinati  Gl'arte  del  difegno  e  delia  pittura.  U  noltra  Àlfoiifo  »  fra 
gli  altri,  fotto  la  difciplina  del  zio,  fece  in  breve  tempo  tanto  profitto» 
che  gii  furon  dati  a  fare  molti  quadri  per  diverii  oittadini,  de'  ouali  rmor^ 
fò  noolta  lode.  Delle  prime  •pefe,  che  egli  efponefle  al  pubblico»  niro« 
no  molti  ritratti  d'uomini  illuitri  della  Serafica  Religione  di  San  Francefco» 
lavorati  a  frefco  ne*  pedMCci. delie  yol^  oel  CH{QAiro'd*^0|nt{ranti ,  col  ri- 
tratto del  medefimo  Santo»  che  fi  Vede  fopra  Tarco,  che  attraverfa  eflo 
Chioftro  dalla  parte  di  Chiefa»  nella  facciata  »  che  guarda  verfo  la  porta 
del  martello:  e  un  Sant^  Antonio  da  Padova,  iafieioe  coti  buon  numero 
di  altri  ritratti  »  pure  d' uomini  fegnalatt  di  quella  Religione .  Fece  in  eflb 
aróo  dair  altra  banda  i  pedocci  delle  volte  l?rf{e  Franopfco  fuo  fratdlo» 
coaae  abbtam  detto  a  luogo  fuo;  Per  la  inolio  pi^  mteioria  di  Lorenzo 
A^minort ,  Sacerdote  di  molto  esempio  »  &ce  Àlfnnfo  intorno  all^anno  1 640. 
a xroncorrenza  di  Francefco  fuo  fratello^  unqv^d^ada  («Ut  nelqualodi- 
ptBfe  il  Figli uob  Prodigo»  in  aito  di  ritoruaipe.  al  pydri^i  che  riufc)  opera 
affiti  iodata .  Fece  ancora  circa  a  queflo  tempo  due  tolili  quadri ,  dove  rap- 
prefeniò  due  dazioni  dell'  anno»  cioè  V  U^verno  o  U  ^ate».  che  in  quei 
Arai  primi  tempi  gli  diedero  non  poco  credito  ft  fàxm.^  Incanto  coU'  oc^^ 
cafione  del  trovai u  in  Firenaa  U  ^paofo  Fiet^^o  d«  Qqi tona ,  occupato  in 
dipjgnere  pel  Sereniffimo di  Toìcana  la  ragio caqMf e d^l  PaUzaod^'  Pitti, 
e  pel  frequentare  che  faceva  foveute  quefto  gran  virmofo  la  ftana^  e  cafa. 
del  Roflelli  ;  il  giovane  Aifonfo  s'affcaionò  non  poco  alia  bella  maniera 
di  luh  Audio  molto  l'opere  fim;  oda  indi  in  poi  Mfnpfc^s* ingegnò  d^mi- 
tarlo.  Gii  fu  poi  data  a  fare  la  tavola  dell'  Annunciazione  di  Maria  Ver- 
gine per  la  Cbieia  delle  Donne  dalla  Serva  di  D4o  L^ooora  di  Monca! vo» 

nella 


/ 


I 


428    Decenn.VJelhParfJ.detSec.V.dd  tó^o.ai  itfjo. 

neUa  via  dell'Amore,  dove  fi  vede  alprerente.  Per  gli  uomini  ddla  Com- 
pagnia de'  Portatori  da  Norcia ,  che  noi  diciamo  Facchini ,  in  via  di  San 

Gallo,  colorì  una  bella  tavola,  nella  quale  fece  vedere  la  Decollazione  di 
San  Gìovambatifta,  eTurefla  con  grande  «rtifizio.  Ha  di  nuno  di  quefto 
•rtefìce  il  Marchefe  Filippo  Codini  un  quadro  in  mesa  figura  dì  un  San 
Girolamo  >  chein  mano  ha  ana  tetta  di  morto,  molto  ben  condotto .  Molti 
altri  quadri  fece  il  Bofchi  per  diverfi  Gentiluomini.  Dipoi  defideroKi  di 
maggior  pr{^tto,  fe  ne  andò  a  Renna:  dove  eflÌBodofi  trattenuto  alcuni 
men,  impiegandofi  del  continuo  nelli  ftudj  dell'  arte,  mandò  a  Firenze, 
per  fa^io  de'  Cuoi  progredì ,  più  tefte  di  vecch) ,  coloriti  dal  naturale  con 
grande  fpirito  e  forza ,  colle  quali  >  al  Rofiellì  fuo  zio,  diede  gran  conten- 
to; ma  (K}co  gli  durò  ul  confolazione;  eàendochè,  non  andò  molto,  che 
.  il  giovane  Alfonfb,  nella  fteflà  città  di  Romai  fu  afTalito  da  ardente  febbre, 
]a  qnale  in  pochi  giorni  lo  condufle  al  termine  del  viver  fuo  l'anno  f64p. 
e  della  fua  età  trentacinquefimo  in  ch'est  reftando  folo  a*  genitori,  dopo 
tanta  perdita,  il  conforto  delt'eflèreegli  palTato all'altra  vita  con  fegnidi 
ottimo  Criftiano':  e  non  punto  lontani  da  quello. che  fi  donvafperare  in 
perìbna ,  che  «  fomiglianza  di  tutti  gli  altri  di  quella  cafa ,  aveva  Csmpce 
tenuta  una  vita  efèmplarìffimamente  innocente . 


PRETE    FRANCESCO    BOSCHI 
PITTOR     FIORENTINO 

D'tfiepàÌ9  di  Mattea  RojjelRy  nato  1619.  -^  nSy  j. 

Ella  è  r  arte  della  pittura  in  fé  flefla  per  le  vaghe  qualitadi  * 
che  tale  la  rendono  ;  ma  affai  più  bella ,  a  mio  credne ,  deve 
ella  reputarfì  ;  concìonìacofachè ,  a  guifa  dell'oro,  il  quale, 
aggiunto  a  qualfifìa  nobile  lavorio,  non  foto  non  mai  l'av- 
,  vilifce ,  ma  Io  migliora  :  così  ella,  qualunque  volta  a  fogget- 
to  ragguardevole  s'  accompagna,  non  che  punto  diminuìiì|a 
il  fuo  valore;  anzi  per  Io  contrario  1*  accrcfce .    Adornò  queft*  arte  nobì- 
liilìma  la  grandezza  de'  Fabii ,  abbellì  la  fapienza  de*  Metrodorj,  aumen- 
tò il  ù&o  degli  Adriani  e  de'  Neroni:  e  in  fomma  niuno  vi  fu,  nell'  an- 
tica e  nella  moderna  età,  per  grande  e  nobile  e  virtuofo  ch'ei  fofle ,  la 
cui  grandezza,  nobiltà,  e  virtù,  in  compagnia  di  così  bella  facoltà,  viepiìi 
non  rilucenèro,  e  fin  coloro»  che  arricchiti  della  più  bella  gloria,  che 
trovar  fi  poflà,  e  che  tutte  le  altre  fopravanza,  dico  del  predio  della  cn-' 
{liana  pietà,  e  religione,  parve,  che  nel  cofpetto  degli  uomini,  coU* ab- 
bellimento di  quella,  lì  gnadagnaflèro  un  non  Co  che  di  più  cofpicuo. 

Cosi 


T ^ 


.^  ;  P'MKTB   MJtAMeBS CQ    BOSCHI.       4^9 

Coslveggtana,  ntlhiìitii(hitàunLiiipaEvinigelMii  he*  più  doderns  tetfpi 
tta  Moaaao  deU*lfaÌAd*tiiro»  w^'SUtroCavaliiDtt  un  Gio.  Angelico,  uà 
Lippo.  DalsBAli,  una  Caterina  db*' Vìgfi  »  dccca  da  Bologna,  ed  aitri  molti. 
QueAo  fteffb  kfinno  veduto  i  neiri^api  fivverarfi  neiia  peribna  di  Fran* 
cefcQ  Boibhir  Sacerdote  Fioientino  >  il  %Qaba  outte  applicato  aMXivifia' 
fervizio»  imptegandofi  tuttavìa  nell'  opere  di  carità»  Teppe  così  beM  a&^ 
ooppiare  la  reliatoftcà  dalla  vita  cotta  belP- arce  del  dii^^nei^  >  chetn  urv 
tempo  fteflb  gpde  preflbi devoti  il  pregra  àji  parcicolar  bontà»  o  prefto' 
ogni  ahro  la  fama  ai  non  ordiiurio  pittore. 

Neil'  anno  dunque  di  noftra  falute  lóip.  alli  14.  di  Gennajo  »  gìoriMP 
dedicata  alla  memoria  di  San  Felice  Prete,  nacque  in  Firenze  il  noftra. 
FranceCco!  e  nd  Tempio  di  San  Giowinni,  il  med^fisno  mefe ,  fo  battea-^ 
Mto.  11  padre  fuo  fi  chiamò  Giovambatifta  di  Fi^ncefiAo  BofcM»  cbe^ 
nella  profeffion  dell'  Orefice ,  in  (|ueUa  fonia  di  hv^ÀOf  che  dicono  iA  filt>,«* 
fu  »  fq  t)on  il  primo*  non  fecondo  ad  s|lcuho  del  fuo-Moapo:  e  fu  frzjtèìlcf 
di  quel  Fabbrmio  Bofchi  pitcoire»  di  cui  in  akro  kiogo  al/jiam  parlato. 
Lamadre,  laqaale,  mentre  io  quefte  cofe  ferivo»  ancor  vive  metà  di  8^^ 
anni,  fu  figliuola  d*  Alfon<b  RoHeMi,  e  fof  dia  di  Matteo  Roflfelli,  ancoc^ 
cfio  pittore,  di  cui  pure  a* è  data  notata.  Di  quefto  Giovambatifia  e  Marr' 
gherit<è>  l'attuo  e  1*^  altra  molto  cimoraiidiDìo»  nacquero  cinque  figliuoli» 
due  de' quali,  cioè  Filippo  e  E^omenico  fi  motiiono  di  oenera  età%  dopa 
unaiVtta  innoceneiffima»  eoa  fegni  di  molta  devozione)  o«ide  io  che  baile 
gli. conobbi,  penfo  potere  aìSevmare^,  che  avondo  efli  nel  morire  preve** 
nuti i  Mremi  loro ,  gh  andafftr^  a  preparare  un  da^nd  luogo  ne)  catto.* 
Alfoiiio,  il  mi^0iore  di  tutti,  infieme  col noAro Fn«lcefco ,  n^kca&^pa« 
term»  Dotto  la  difciplina  dei  mentovato  Matteo  RofPbUi,  cot-  quale  viveva 
queft^  virtuosi  famiglie  quali  in  una  totftl  eomunioiW.,  aetefi»  alU  ohinifia  : 
e  facevi  tanto  prc^tto,  che  pteftb  diede  ftfivi  dover  rìufci rè  ecce mmifli. 
mo  neii*  avte;  ma  ih  eoa  pur  rroppo  immatura,  in  ancor  egli  colpito  dalla* 
morte.  Fececcmfuttociò  alcune  beir opere  in  pubblico  e  in  ptivatOi  del-^ 
le  quali  perlaio  abbiamo  abbaftansa  nelle  nocizie*  deNja  vh;a  di  l^ui .   V  altro 
fi-atfeliodi  Prancefco  fu  Discinto  ,cheacteieeo(i  Aon  ocdinam  lode  alla  P^* 
fefiiòne  del  padre  ;  difegnò  bene  t  e  intagliò  in  rame  coo.m}alGhe  franohez*  ^ 
za:  e  poi,  come  quegh,  eh* era  giovanecM  d^ ottimi  ecmumi»  di  natura- 
allegamo  e  giojale,  e  in  feiMaa  una  4^  quell'anime  nàte  al  taondò  pè^^ 
aiuGodeir  altre,  de(ìderofi>  dì  fiato  perfetto,  deliberò  di  ferfi  religtofodi 
akruma  religione  mofa}\>ffervMi0e t  e  ptvdià  meglio  gK  poceiTe  riufctre t  ih« 
temo,  fi  diede -occultamente  ad  imparare  la  gramatìea,  tei  quale,  dopoché 
ebbe  bene  apprefa ,  e  fi  fu  abiKiata  con  gli  fi^udjf  maggiori  »  ftote  con  de- 

ukate  a'  ti 

iremo  di  ft 

Religione 

e  di  San  Filippo Bònizi  Fiorentino;  luogo,  che  fu  ed  è  ftato  Cempre  un 
vero  feminario  di  Santi:  e  ricevuto  V  abito,  hCciò  il  nome  di  Dìac'into ,  e 
Frate  Itarìaie  fi  fece  chiamare.  Quivi  fi  è  égli  molto  approfittato  in  o^ni 
forte  di  criftiana  virtù»  e  di  rtllgioia  prudenza;  il  perchè»  oltre  aireflere 

fiato 


43 a    Decttttt. V. delta Part. t del Sec. V. dal i ^40. èli 6$o. 

ftato  fempre  da  qòeiTeligioG  amato  e  rirerìtOf  egli  è  fiato  molte  vdte  dr 
fluito  al  governo  di  qoeU*^Eremo  :  ed  al  prefente  ferve  Ja  foa  Religione 
come  Superiore  in  quello  della  Tolfa»  non  molto  dittante  dalla  città  di 
Roma  •  Tornando,  ora  al  noftro  principale  incento»  die  è  di  parlar  di  'Fran- 
cesco; diro  per  certa  fcienza»  per  la  pratici  contirma»  che  infin  da  i  pri- 
mi anni  io  tenni  con  eflo»  una  cofa  di  lui»  che  io  non  veddi  in  alcun  altro 
di  quanti  io  conobbi  in  quella  eti»  nel  frequentare  che  feci  le  fcuole  e  la 
cala  del  Roflelli  fuo  aio»  a  cagione  del  divertimento  nel  difq^no»  ed  è  qoe« 
fio:  elle  i  coftumi  e  le  devozioni  del  giovanetto»  congiunti  ad  un  afpetto 
angelico»  erano  tali»  che  fpiravano  fantità,  e  non  folo  perfuadevano  a*  ri* 

Suardami  coropofizione  e  decoro»  ma  quafi  compunzione.  £ra  egli  infin 
airinfiinziat  flato  dal  padre  meflb  iniieme  co*  fratelli  Alfònlb  e  Diacin- 
C9»  e  gli  altri  due  minori  nella  Venerabile  Congregazione  di  Sanf  Igna- 
zip  del  Collegio  de*  Padri  Gefuiti  di  San  Giovannino .  Di  quefta  fu  ^li 
nella  fua  tenera  età»  e  dipoi  fempre  »  lo  fpecchio  e  Tefemplare»  tal- 
mentechè  nimio  vi  fu»  o  grande  o  piccolo  ch'ei  foflèi  che  non  lo  avei^ 
fé  in  gran  venerazione .  Non  vi  era  .alcuno»  che  alla  prelenza  di  lui  ar- 
difle  di  fare-  atto  fcompofio»  o  dir  parola»  che  punto  fapefle  di  pocomo- 
defto:  ed  io  mi  ricordo»  fin  dalla  mia  età  di  nove  anni,  e  delia  fua  circa 
a.  quattordici,  che  io  lo  ammirava  come  un  prodigio;  e  dagl'infegnamenti 
che  mi  dava  »  riconoico  ora  più  che  allora»  quanta  fofle  la  bellezza  dell'ani- 
ma Cua;  conciofliacofachè  il  fuo  dire  e  4  fuo  cerare  canvninaflero  fèmpno 
di  un  medeiimo  P^«  Ma  per  non  difcoftarmi  in  tutto  dal  fine  mio  pna- 
cjpale,  che  è  di  feri  vere  alcune  cofe  de'  pittori,  per  venir  poi  a' pertico* 
lari  più  minuti  delle  fue  criftiane  virtù»  dico,  che  grandi  furono  i  prin* 
cjpj  di  Francefco  nell'arte  fua,  perchè  oltre, al  colorito  »  che  egli  ebbe 
mig/jore  dì  quello  d' Alfonfo  fuo  fratello,  difegnò  ancora  molto  bene;  on- 
de gli  furono  da' cittadini  dati  a  fare  molti  quadri.  Per  Loieraso  Ant  inori  » 
(gentiluomo  Fiorentino,  fece»  a  concorrenza  del  fratello»  un  quadro  da 
fala,  in  cui  figurò  le  Vergini  prudenti  ricevute  dallo  Spofo  alle  nozze:  e 
le  (tolte  dillo  fleflb  rigettate;  nella  qnal' opera  fi  portò  eccellentemente  » 
avuto  riguardo  a  quella  fua  prim^^età.  Dtpinfe  pure  a  concorrenza  del 
fratello,  due  altri  quadri  da  fala,  dentro  de' quali  figurò  due  ftagioni,cioè 
la.  Primavera  e  l' Autunno»  dove  fece,  al  naturale  molte  cofe  apqpactenenti 


alla  cofa  rapprefentata,  e  alcuni  patti  colociti  di  «ottimo  gnfto»  Dipinle 
anqóra  una  tavola  di  noftro  Signore  portante  la  croce  cor>  molte  f^ure» 
che  fu  mandata  a  Pietrafanta ,  e  rii]ìc)  molto  belh  e  devota.  Pel  Duomo 


di  Fiefole  dipfnfe  una  molto  bella  tavola»,  dove  figurò  la  Santiffima  Ver- 
gine,  con  Santa  Maria  Maddalena  de'  Pazzi,  San  Pietro  d*  Alcantara» 
e  Sant'  Antonio  Abate  •  Fra,  le  prime  opere ,  che  facefle  a  frefco ,  furono 
molti  ritratti  di«.uomini  Illoftri  della  Religione  Francefcana ,  i  quali  fece 
nel  tempo  fteflo ,  che  dipi^neva  Alfonfo  ne'  Chioftri  del  Convento  d' Ognif- 
fantif  ed  è  di  fua  mano  il  Sant'Antonio  dà  Padova  fopra  l'arco  dalla  par- 
te di  verfo  tramoQtanarS  e  il  ritratto  ddi  Patriarca  San  Franceico  ,  cne  è 
dall'altra  parte ,  fu  dipinto  da  Alfonfo.  Per. la Oppella  de^i  Ardinghelli 
in  San  Michele  dagli  Antinori»  fece  gli  Angeli,,  che  in  atto  reycretite 

adorano 


%  ^ 


PINETE  FRANCESCO  ^OSCHL      431 


adorino  l' antida  rrnmaj^ne  di  Maria  Vètginè  »  cilé'in  éfla  Cappella  è  ii« 
mata»  verfo  TAhar  maggiore  j  rincontro  ad  altro  quadro  della  Prefèntatio-. 
ne  ai  Tempio  di  mano  del  medefimo  x\lfonfo  •  Venuto  Tanno  1550.  Mat- 
teo RoiTeUi  fuo  zio  e  maeftro/  grandemente  afflitto  per  la  perdita  di  due 
cari  nipoti^  Àifonfo  e  Diadnto,  morti  l'unoalM  vita  temporale, «l'altro 
al  mondo,  mediante ilpaflaggio alia Religibiie^ &tà isincor c^li i giorni fuoi: 
e  retto  Francefco,  col  padre  di  età  cadente,  il  quale  pòi  dell' anno  1653 i; 
molto  crifttanamehte  pure  fi  morì .  Allora  Francelco  rifohjto  di  rinunzia**^ 
re  a  tutcociò;che  non  fofle  Dio ,  accrebbe  talmente  i  fuoi  fervori,  e  fi  die- 
de a  tanto  fpirjto ,  che  fi  può  dire ,  che  fin  d' allora  e'  facefie  punto  fer- 
mo a'  progrefii  dell'arte;  e  quantunque  ne'  ventiquattro  anni  »  che  dipoi  è 
vifiuto,  abbia  fatte  alcune  cofe  lòdevoitllime,  e  £ra.quefte  alcuneitefte  di 
irecch) ,  tocche  di  manièra  gagliarda  e  ipedita  1,  due  delle  quali  nin  bdlé 
tonferva  in  cafa  fua  il  Cavaliere.  Aleflafìdrò  Valori ,  altre  Ale(fanilro  Gua^r 
dagni.  Gentiluomini  Fioi^ntim^  a]euiie:gli  Eredi  del  medefimo  France* 
feo,  ed  altee;  chs  dal  già  Paiolo  del  Sera,  Senator  Fiorentino,  e  pratica 
neir irte  delta  pittura,  gli  furon  fatte  vendere  in  Venezia  a  gran  prezzo; 
contuttociò  può  dirfi,  parlando  generalmente,  che  egli  abbia  piuttofto 
peggiorato,  che  megliorato.  Fece  ultimamente  per  le  nobili  Monache  di 
SaaSilveftro  in  Pinti  una  tavola,  dovè  figurò  quel  Santo,  in  atto  d'^do^ 
rare  una  Vergine  col  Bambino  Gesù ,  Diede  nne  di  fua^  mano  ad  un'  aì-^: 
tra  tavola  di  figure  quanto  il  naturate,  in  cute  rapprefentato  ilporur 
.della  Croce  di  Crifto  Signoc  npftro,  cominciata  dal  RofiTelli  fuo  zio,  k 
quale. venne  in  potere  di  Marco  Neri  Fiorentino,  ed  pggifi  vede  nella 
Cappella  del  Palazzo  antico  del  Potefià,.che  il  volgo  comunemente  lo 
chiama  il  Palazzo  del  Bstrgello»  nella  quale  Cappella  fi  confoitano>t 
{Condannati  alla  morte  *  Nel  tempo  della  Canonizazione  '  delli  .Beat9 
Maria  Maddalena  de'  Pazzi  •  fepe  alle  Monache  Carmelitane  di  Santa.  Ma« 
ria  degli  Angeli  in  Pinti  1'  effigie  della  Santa,  miniata  in  drappo^  coni 
gran  pazienza,  la  quale  ornata  da  ònelle  Madri  di  preziofi  e  betlifiìmi  ri-^ 
caini,  fu  dalle  medefime  donata  alla  Santità  del  Papa.  Per  la  Congrega-* 
ziooe  di  SanTommafo  d'Aquino^  ove  fi  ricevono  i  Pellegrini  d'  oltre  i 
9^ontir  dininfe  in  due  quadri  lunghi»  in  figure  di  meno  che  mezzo  natu-**: 
rak  rdue;ftorie  t  nelle  qiMli  figurò  l' ultima^  Cena  del  Signore,  ed  il  lavaro 
96^* piedi  agli  Apolloli«  Ha  fa(to  at)che  infiniti  quadri  /dì  devozione  per 
particolari,  molti  de'^uali  fi  trovano  appreflo  di  chi  quatte  cofe  fcrivc  :  e. 
fra  quefli  una  fìgiira.di  San  Pietro  d'Alcantara,  la  cui  effigie  fece  egK  coU 
V  ajutodel  naturate,  ad  imitazióne  di  una  bella  immagine  in  ìftampa,  che 
£bi»,  :di  quante  n'  abbia  vedute  mai,  conferva  lo  ftefib  fcrivente  apprefib 
di  fé:  e  fi  dice  efler  quella ftefla,  che  fu  mandata  fuori  fubito,'0  poco  do- 
pa feguitala  morte  del  Santo»  Una  fimile,  tratta  dalla  medesima  l\ampa  per 
d^no  di  Francefco,  hanno  i  Padri  Riformati  nella  lor  Chfefa  di  Santa  Lu-» 
cì^)ìn  Rimaggio  fopra  la  ftrada  Pifana  •  Fece  una  tavola  per  una  Chiefa  a- 
Colonnata,  poc(t>  lontana  da  Firenze,  ed  altfi  quadri  a  tempera ,  in  occa* 
fione  degli  apparati  per  la  Santificazione  di  Santa  Maria  Msiddalena  de' 
l^azzi,  «  de' Beati  Francefco  Borgia  e  Filippo  Beni?!:  e  pel  Noviziato 

Je*  Pa- 


\ 


4e'P94i!l ^etoitl  in  Pmb».dnèfi&£(ribAt6Kite  IK  Sinto^^^  eiii  Sia 
^i^tmcefcò Saverio .  Copiò  il.ritrattn»  diQ  delh  Beata  Uminstraide'Ceicin 
fece  Giotto  >  c^ftènce  neir  Oràtorfo  domeflico  dè^  Cerchi^  %  pie  liél  Ponte 
yecchio,  nelF antica  Torre  de' Raffi?  ne  fece  più  copie,  nnfc  delle  quali 
ebbe  Moafigam*  Febei  «r  Maeftra  ddk  Cirioioiiìe  di  Sea  Sandci^  ^d  Arci» 
yercoVodi  Tai^:  im?  ài  tra. ri  Seilatttiré  ie  Cavaliere  AJeflàhdf ode*  Cercfai» 
Segretario  della  Sereniffima  Grandiichéffli  Madre  >  Gentiluomo»  cte  per 
prudenza»  dottrina  ed ^eniplarìtà  di  còftmni»  ipetttalBogo  fra' più  csr 
gtii  Cavalieri  del  nofiro  tempo  :  tuia  fimile  copia  fece  eflb  Francefco  per 
le  medefimo,  che  è  reftata  appreflbagK  eredi.  Fece  d'  invenzione efi 
Beata  Umiliana.  mpprefentandoia  quando  leapparfb  il  Signore  gloraofo» 
in  atto  di  ibenedirla  :  e  ella  proftrata  ^  backi  Santi  piedi .  Trov«À  que^^* 
fio  Quadro  I  a pprefTo  la  Signora  lìegalé  d^  Cerchi  ne'Suarés:  t  veduto 
un  gicurno  dalla  Si^ora  Lai^ihia  Onami»  moglie  di  Silveftro  Arnoifini 
Ambafciadorte  di  Lucca,  Signòra:dioueUof|iìrito  e  di  quella  letterati^a » 
che  è  nota:  e  riconofciuta  lainano  del  Bofchi  »  lodollo  molto  per  lade^ 
vozioQe,chefì>irà  quell*  opera»  ikrcome  tutte  le  figure  de*Santt ,  che  fi  vèg« 


còno  da  luì  dipinte.  Sicché  avendo  invernata  ^  Signóra  Regale  a  faifli 
fire, altre  opere»  ella  Cubito  gli  ordinò  otto  peni  di  quadri^  ne'qmti  do* 
vette  flipigneite'iMiftén  defla  i?^(fionè  del  Signore  #  con  queftp  pròprio 
ientimento»  di  a  velali  di  lìiaàiano»  .non  folo  come  iinmagibi  ^fyteBk  uon 
devozione  V  tua  dncheper  tenerfe  »  ^er  dir  còsi  »  come  relìquie  di  on  fer<^ 
vo  di  Dio ,  Di  quelli  otto  quadri  ne  fece  folamente  cinque»  i  quali  fotiófe 
Lavanda»  la  Cena  i  l'Orazione  neir  Orto»  la  Flagellezione  ece^  UuttiAu 
pittura  »  che  ei  face^  a  firefco  »  v  jfu  una  immagine  di  Gtifto  Sigi\or  noftro 
ìn<tefta  air  Orto  del  Cqnvenco  delle  Stabilite  »  dette  aitrimemi  di  Set  Vet- 
«orio^  Si  dilettò  attehe  (fhaflime  netti  fua  gioventù)  di  lavorar*  dimltiio, 
efbco  molte  faens  immagidi  affiti  ftim^ett^  rancò  badi  èwr  détto-  in  |pro* 
polito  detratte  fua  4  Io  ho  tbriamento  pdn&«o  fra  tue  fteflb»  fò  eolie  iloti- 
aie,  che  ho  date  dell* opere  <6  qu^*aVtefice^  io  aveffi  dovuto  andie  cOn- 
git^ere  il  molto:  più  cKe  pirò  dirfi  idi  lui»  «ppartehente  ilh  bontà  della 
vita,  oonofcendo^olco  chiaro »e(fer  ciò *ftatt>  in  eflb4a  maggiore  e  I^MTk 
ma  parrte:  ed  ho  temuto  non  pipcò^  òit  «io  facendo»  non  fia  "per  efiermi 
anribùito  a  manc^naai  qoafmhèMo  voglia  impegnar  la  iMia  penHii  in  oofa^ 
die  a;!  imo  aiTuntov  ch^^  è  di'd»  ii|$orlaia  de*  profeitbti  delle  noftri^  krtt» 
forfè  nuUa  rìiievi  »  ma  ftnàlntómb  il  parlare  aH&i  di  pròpofito  delle  ìteècri^ 
diane  virtù  t  ho  giudicato  conveni^A  me  per  più  ragioni»  ohe  io  fono  ore 
per  raccontare .  Primieramente  io  non  fò  vedere»  conte  trattandoGdi  dar 
notizia  d'un  vircuofo»'(;:dd>ba  da  chiè^fhéflkt  de  due  gran  préf)  »  che  in 
eSa  unitamente  concorierOr  feparate  il  mijgfìore»  e  ohe  pi6  degno  e  pìau-* 
iibite  fecelo  ap^^arire  agli  occhj  degli  W<ivlni':  e^  ^Ubflo^  fedamente tdgliec 
via  da'  proprj  ferirti  ;  méntre  io  leggo  ih  nfille  volumi  \  che  T^ttè  dtlift  ^t-^ 
tura .  per  elTerein  fé  ftefla  nobiliffima»  in  coloro  fdlamente  fa  vedere  tiny 
to  il  fuo  bello,  i  quali  con  un  viver  ben  coAumMO,  Cogliono  accompa- 
gnarla: laddove  aflTai  chiaro  apparifce»  che  ognf  qtial Volta  danòitfini  ma* 
ie  avvezzi  /la  profellatat  fé  ella  affatto  non  perde,  almeno  iiv^ran  pMto 

diminuifce 


■^ 


PRETE   BRANCESCO    BOSCHI.      4^ 

ditttimifteiirao  fpleadorc.  f^  qwnào  tlcrì  non  mai»  m*  iptniinifoe  t  cH^ 
&re  il  canto  celebre  concetto  del  gnui  Ptolo  Vcronefe  »  il  quale ,  coaeo^ 
cJi^  uomo  religiofii&mo  foflèf  utkvz  dire»  cfae avendo  quefie  arti,  ptr  iUo 
principaUfliao  fine»  Il mpjprefentare fin  iM^Ue  (acre  immagini»  dove« 
va  eU«  folamcnte  eflcre  eieicitata  da  uomini  di  gran  {detà .  Qr  dicQ  io  a 
le  il  cielo  ne'  miei  tempi  ha  voluto  sì  ben  congiugnere  nel  aoftro  artefice* 
e  la  bontà  dalla  vita»  ed  il  pìii  che  mediocre  veloce  nell'arte  della  pJKtt^ 
fa;  perchè dove&ò  io  dividere  quelle  due  belle  qualità»  per  darne  la  mU 
gUore  eli'  oblivione  ?  tantopiii ,  che  eflendomt  io  in  quelle  povere  fatici^ 
propofio  il  Cqìq  fine  della  comune  utilità;  come  potrà  efler  mai  vero»  che 
IO  lafci  d' andare  in  traccia  di  quella»  che  più  rileva»  e  rende  anche  più 
tppre3;;Babile  il  mio  alTunto»  che  è  di  far  memoria  delle  prerogative  di 
quell'arte  e  degli  artefici?  Majper  ogni  altra  più  valevole  autorità  ^  baftiK 
mi  l' approvatone  dell'  eruditimmo  Dottore  Pier'  Andrea  Forzoni  »  degna 
Accedemieo  della  Crufca»  al  quale  eflendo  venuto  a  notisela  quanto  io  ho 
notato  intorno  alla  bontà  di  queft'  uomo»  volle»  mediante  una  fua  dotte 
lettera  •  comunicarne  varie  particolaritadi  al  fuo  virtuofo  aiotco  Francefc* 
Sini  »  come  fi  pub  vedere  dalla  medefima  lettera  »  che  sì  per  la  nobiltà  delle 
materia»  come  per  l'eccellenza  dello  llile»  fu  meritamente  e  ben  predo 
data  alle  (lampe  ^  Dico  finalmente  »  che  fib  poi  quefii  da  me  creduti  giuni  mo. 
ti  vi  »  non  piaceranno  a  quelcheduno;  fi  compiccia  egli  di  perdonar  queft'erir 
rojce  alla  mia  ignoranza»  ed  all'affetto»  che  io  portai  feoipre  alla  virtù  di 
colui»  di  cui  ora  Ibno  per  parlare  ;  e  dd  motoo  »  £bc  io  fono  per  ifcrive«^ 
re»  quello  folamente  fi  ponga  a  leggere»  die  più  e  meglio  gli  aggradirai 
mentre  io  lalciando  interamente  da  parte»  quanto  appartiene  a  difcgno^ 
e  bello  Audio  mi  metto  a  dire  altre  cote  di  ouel  meftiero»  nel  quale  il  Bot 
fchi  fìi  veramente  flimabiliflimo»  che  Ai  quello  del  ben  vivere* 

Ei0endo  adunque  Franceico  Bofchi»  dopo  la  morte  del  padre»  rimafia 
colla  madre  fola»  non  fi  può  dire  a  quali  iervorofi  penfieri  defle  luogo  il 
fuo  cuore.  In  quel  tempo  dicendogli  io»  con  buona  occafionedidìicorlfo» 
che  e  lui  farebbe  toccato  a  tirare  avanti  la  cafa;  rifpofe  ^li  »  che  non 
voleva  altramente  appltcarfi  a  flato  matrimoniale»  (>erdiè  gu  pareva  óitRr 
Cile  lo  ftare  e  tavola»  e  non  mangiare  (  e  volle  inferire»  choper  Anto»  che 
fia  quello  fiato»  non.iftimava  egli  poterfi  in  efTo  tanto  facilmente  alionta^ 
Ilare  dal  mondo  »  quanto  miravano  i  fuoi  defider)  )  aver  però  rifoluto  di 
&rfi  Prete.  A  tale  effetto  poAofi  a  fludiare»  quanto  gU  faceffe  di  bifogno* 
per  potere  arrivare  a  quello  (kto»  ed  applicaru  all'ajuto  dell'anime»  fi  fece 
Sacerdote .  Non  ebbe  appena  ricevuto  il  facro  ordine»  che  la  Divina  Prov^ 
videnza»  che  lo  aveva  conofouto  frtfceratamente  affezionato  all'  opere  di 
mifericordia »  gli  aperfe  un  UrghifCmo  campo»  per  poter  quelle  etercica*. 
re»  come  ora  (on  per  dire .  Fra' luoghi  di  molta  pietà»  di  che  abbonda  la 
città  di  Firenze  »  uno  è  la  Venerabile  Compagnia  di  San  Tommafo  d' Aqui^ 
no  in  via  della  Pergola»  dove»  fra  i  varj  eferciz)  di  devozione,  fi  ricevono 
per  carità  i  Pellegrini  Oltramontani»  e  fi  fanno  altre  opere  di  mifericca> 
dia  corporali .  Queilo  iofiitneo  »  quanto  agli  fpiritii&li  elcxciz}»  ebbe  fuo 
principio  nel  Converso  ^i  SanliAaroo»  circa  ali'anna  1567%  fiicta  b  dicop 

E  e  zione 


n 


434    T)ecenn:V^dc1laPm.'tdelSe6. V.dal i6^i.dIt6so. 

tiow  delÌÀ  pia  memòrìa  dèi  Padre  Fra  ^nti  Cini  Fior(;ntinoi  deltoidi* 
ne  de*  Predicatori  dello  fteffo  Convann>»  Religiofodi  mola  dottrina ,  e 
Predicatore  di  fpirito  Àpoftplibo  •  Dipoi ,  per  potcrfi  ricevere  i  Peltegtitù, 
fu  a'  13.  di  Luglio  1568.  cominciata  la  fiibbrica  con  impofizìone  della  j^ ri- 
ma pietra  9  in  luogo,  che  fodi  Francefco  e  di  Lionardo,  poi  Canonico  Fio- 
rentino» figlinoli  di  Girolamo  Paoli,  Fratelli  ddla  medefim'a  Congrc^a-^ 
zione,  da  loro  a  quella  donato;  e  fi  fiibbricò  TOratoriò  e T abitazióne, ch^ 
ti  prefente  fi  vede .  E^  Iblitò  tenerii  in  quefta  pia  caia  u ita  perfona  civile, 
in  carica  dicuftòde«  che  anche  aififte  alle  prowìfioni  di  quanto  le  birognas 
ed  un  Cappellano  per  celebrar  la  Mefla,  ammtniftrare  i  Sacramenti  a'  rra<- 
telli»  ed  itigerirfi  in  tutto  ciò,  che  agli  ecclefiaftici  e  fpirituali  efercit| 
appartiene .  Occorre  dell'anno  1654.  ^^  vacanza  di  efia  carica  di  cuftòde 9 
onde  riconofciurafi  da' Fratelli  la  bontà  del  Bofchi,  a  iva  fu' conferita . 
Seguita  poi  Tanno  1655.  la  morte  dei  Reverendo  Prete  Lorenzo  Dandini 
Cappellano,  fu  al  medefimo  Boichi  a*  31.  del  mefe  d' Ottobre  dello  fteflb 
tnnot  conceduta  quella  ancora  di  Cappellano.  A  bhi  non  ha  conofciutolui 
ed  il  fuó  fpirito,  è  difficile  il  perfuadere  quanto  e  come  operafle  la  ftia  ca- 
riti in  quefto  fpaziofo  campo  nel  corfo  di  vencun'anno»  da  che  e'prefe  « 
coltivarlo;  fino  alla  morte.  L'indefefla  afliduità  a  tutti  gli,eferctz>  del  fuo 
miniftero  ,  la  carità  ver fo  i  PeUegrinì ,  il  fervóre  con  che  faceva  tutte  le 
tltre  opere  di  milèricordia,  e  quei  che  è  più,  là  devozione,  colia  quale  le 
accompagnava,  praticando  in  fé,  oltre  all'opere  dell' Inftìcuto,  Vzltrc  mot- 
te ,  che  appreflo  fi  noteranno .  Ma  perchè  quefte  »  che  furono  molte  in  nn- 
nero,  e  con  atti  frequentiffimi  eièrcitate ,  non  ammettono  racconto  cos)  ge- 
nerale ,  ho  ftimato  neceflkrio  il  parlare  d' alcune  delle  più  principali  dìftinta- 
mente  1  valendomi  delle  poche  notizie  ^  che.la  moka  umilti  di  iiii  permefle , 
che  fé  ne  vedeflèro  al  di  fuori  ;  e  di  quelle  principalcnente ,  delle  quali  io  pof« 
ib  dairmiperteflimonio  di  veduta I  lafciando  luo^  adakri,che^iùravefle, 
mallimamente^  negli  ultimi  tempi ,  praticato  »  di  farne  più  dififuio  racconto . 
.    .    Frale  virtù,  che  più  rendono  un'anima  grata  a  Dio,  non  hadubtno 
alcuno  efler  princioalilfima  quella  dell'  amore  verfo  il  medefimo  Dio  • 
Queftó  fu  co»  grande  in  Francefco,  che  fi  può  dire  con  verità,  che  fi  fa- 
celle  molto  apt^rtamente  conoìcere  in  ogni  fua  azione:  e  perchè  quegli 
Ila  pili  amor  di  Dio,  che  più  fi  conforma  al  voler  di  lui ,  anzi  ha  con  eub 
.  nn  fol  volere  e  non  volere;  pòffiamo  affermare,  che  grande  fu  in  Fran* 
cefco  queft'  amore,  perchè  grandifllma  fu  femprc  in  lot  in  ogni  cofa  la 
conformità  col  volere  di  Dio.  Io,  quarantanni  il  praticai:  e  par  mi  pò* 
ter  dire  con  ogni  verità»  di  non  avergli  mai  fentita  ufi:ir  di  bocca  parola, 
che  importafle  defiderio  d' alcuna  cola  »  fé  non  fofie  dato  di  qualche  opera 
di  carità  in  alcun  grave  bifogno  de'profiimi,  o  per  maggior  culto  del  Si- 
gnore Iddìo  nella  fua  Chieia:  ne' quali  defiderj  era  anche  moderatiflimò , 
dicendo  ciò,  che  poteva  dal  canto  fuo,  e  rimettendo  T  adempimento  ài 
elfi  al  divino  beneplacito,  lènza  veruna turbaziooe  del  fuo  cuore  negli  even« 
ti  concnir) .   Era  cofa  molto  graziofa  il  vedere  la  maraviglia ,  che  egli  feria- 
mente,  e  di  tutto  ienno  fi  faceva,  per  non  intendere  come  poteflfe  darfi  ca- 
(b  »  che  tlciiao  avefle  fentito  difguAo  de'  travagli  #  per  grandiÌ9imi  che  foflèro 

fiati» 


e;     PRETE   FRANCESCO  BOSCHI.    4^5; 

ftiti;  tosi  come  fòlTe  poffibile  t  che  ogni  uomo  non  aveflb  un  defiderip  vi*, 
viffimo  d' eflere  ftmpazxato»  taguftiato  e  morcot  Cobmence  col  fapere»  die 
ciò  piaceffe  a  Dio:  e  fi  vedeva  in  lui  eflcr  così  ferìo  e  connaturale  que--: 
ilo  fencimento  >  che  e' non  avrebbe  mti  potuto  credere  altramente  per  gran 
forza»  che  fé  gli  {Q(k  fatta .  Vifitandolo  una  ?oIta  io  fino  nel  tempo  del-* 
laftta  gioventù»  conoccafione  di  una  Tua  grave  e  pericolofa  malattia»  volli 
alla  prima  ufare  parole  di  condoglienza  del  fuo  male  ;  ma  io  vedendola 
canto  allegro»  e  niènte  mutato  dal  fuo  folito  flato  di  contentezza»  conob«. 
bi  non  aver  detta  cofa  approjpofito»  e  ne  attendeva  la  rifpofta,  la  quale  fa 
quefta.  Veraflience  io  non  lo  conolcere»  che  cola  poiTa  defiderar  di  piiì 
una  creatura  in  quefta  vita  ^  che  di  fare  la  volontà  di  Dio .  Ma  per  aver 
qualche  f^no  più  efpreflivo  di  qual  fofTe  T  in,t(^rno  fuo  »  e  di  quello»  che 
egii  fentifle  in  quello  particolare»  leggiamo  le  feguentt  parole»  come  le 
fcrifle  di  fua  mano  l'anno  1666.  in  un  libretto»  dove  eflb  |per  alcun  tem«> 
po  feguitò  a  notare  il  frutto  della  fua  orazione  di  ogni  dì  :  ti  qual  libretto 
è  poi  dopo  fua  morte  pervenuto  in  mia  mano.  Dice  egli  adunque  così: 

tjéé  1 8.  di  M4tzo  net  mediure  I0  Sémiffiwa  Pm^ne  1  fenfunio  e^me  i( 
Signore,  in  iuito  il  cerfo  itila  fua  vita  »  fiette  [empre  penfando  con  gran  de^ 
fiderie  t  cbe  venifc  quel  giorno  ;  così  avendomi  S>  7).  M.  fatto  intendere  »  come 
mifia  apparecchiata  una  croce  fpinofa  p  mi  fono  immaginato  gli  Srapazzi  ^  /*m^ 
cufefalfèp  i  mali  trattamemi.  cbe  mi /araìtno  fatti  :  e  per  mifericordia  di  7)ia 
ci  60  fonti to  contento  »  fapendo  >  che  quanto  più  mi  ajfomiglieri  al  noBro  Signor 
GetU  CriSof  tnmo  maggiore  firè  f  amore  b  che  Dio  mi, porta,  e  il  premio  net^ 
P.  altra  vi$a. 

Io  non  fo  (e  quefta  ed  altre  feguenti  intelligenze»  intorno  a  ciò  »  che  do*^ 
veva a(GcaderffU  in  materia  di  travagli»  egli»  .0  le  avefle  immediatamente 
dal  Signore  Mdio»  o  per  mezzo  di  Angeli  o  d*  Anime  illuminate:  e  cer* 
to  è  »  che  tanto  fende  egli  bergli  flato  tatto  intendere»  e  tanto  dipoi  è  fé» 
'•"ito;  e  quel  che  è  più»  tanto  pr**"^^**^'^^*"^'  •  ninni»iiii  fiia  nra^fAn^^ 

canto  effettuò  ;  perchè  tutto  ci 

patire  »  non  è  pofiibile  ad  efpli 
per  non  offendere  al  vivo»  chi  ne  poteffeeffere  flato  la  cagione»  ai  anche 
perchè  effendogli  la  più  parte  delle  fue  perf^cuzioni  »  difpregj  >  confuiio-* 
ni  e  feorai  accaduti  per  coiè  toccanti  il  fervizio  di  Dio»  e  per  mezzo  di 
perfone  fpiritqali»  voglio»  e  ctebbo  credere»  che  chi  in  quelle  ebbe  alcu« 
na  parte»  o  per  aver  troppo  fatto  o  troppo  creduto»  o  per  diverfità  di  ge^^ 
nio,  o  per  camminare  per  iflrade  o  con  maflime  diverte»  non  da  altro 
foffe  moffo»  che  da  zebi  della  ma^or  gloria  di  Dio  e  falute  de'proifimi» 
maflimamente  noneffendo cpfa nuova  tra'Criftiani»  che  un'anima  anche 
i)el  tutto  (anta»  abbia  alcuna  volta  da  altra  fimile»  con  merito  fcambievole 
e  reciproco»  molto  da  tollerare.  Sqgue  egli  poi  le  fue  note  in  quefta  forma. 
Adì  19,  Meditando  P  accufe  falfe  f  fatte  a  nofiro  Signore  ^  lajua  moàefiim 
nel  rifponéere  9  e  poi  il/lenzio;  propongo  p  coli*  ajuto  del  mede  fimo  »  di  volerla 
imitare,  quando  mi  trovaffi  in  fintili  occaBonii  e  prego  la  Divina  Bontà,  cbe  mi 
conceda  quel  puro  amore ,  cioè  di  non  gunrdttrt  al  premio ,  cbe  me  ne  dare  S^  D.  ià. 
inParndifo,  mn  per  dirle  gallo . 

'  Ec  a  vl^iao. 


Mèo,  H^ewàiùiMUa  mtiita%i0ie itfiini^ftln  mi/bnfomskpepie^ 

Hf  ;  foécàè in  quelh  maniere /i^ pàà /hniìi  éimjlro  SiMére  QÌ4fà€rifé.  Cè^ 
nofté  iène,  ebe  damUwn  poffii  /irà  ffffiU  ^«  àk.  F.  ad étfi00*m  c§n pmr^ 
ti€0lm' gratis  éf^e. 

Aditi.  Marzo  C§n/lderÈfidè  i  difym/ai,  cba  fiatanfuti  «  néfira  Signora 
gif  Etodt  i  a  da  Èntta  la  fan  Cor*e  *  tràttandoio  dapazM ,  èo  domandan  gratin 
di  ronofiere  qnefin  vtriiè,  ckonom  è  ^^^iore  onori  p  cbe  effor  difptennaia  par 
i^t^  di  Dipi  dnde  vi  prego ^  tnio  amati^mo  Gieeif  eòo  mi  nogaaee  w/iire  S 
^nejh  veSh  Hanca  di  una  gran  parità  di  co/tien%ai  e  poi  di  ql^oUa  épgU  Brm^ 
f^ztit  e  difmori  per  amor  ^o8ro.  Ho  eonofcin$o  aver  numeata  Uè  moba  cefi 
di  quelita  ibe  mi  ba  fatto  intendere  il  mio  Santo  Ang^/a  Ca/iodé:  a  la  eagiom  è 
fiaia,per  non  aver  riletto ^  eomt  avevo  propoBot  gli  avvifidatimii  amie  glia 
ne  domando  perdono  9  e  propùngo  di  nuovo  voler  iorri/pondere  alltfie  infpira» 
ziitni. 

Aditi.  Ho  medi  tato  9  quando  il  noBro  Signore  GiesU  Otijh  flt  m^  in 
tfiimpettnza  coli*  infume  Barabba:  ne  bo  eavoto^  ebefefimil  eofa  mi  oceorrt^ 
di  efier  me§o  in  aompagnia  di  gente  infame ,  eebea  queOi  (i  trovale  Mgli  di^ 
fendere  è  èèutaffe%  ed  io  foffi  ^iéàfo  il  pili  fceUerato  f  lenza  avere  aitano  eba 
per  me  parla§e\  quefia  fareUe  una  grazia  fingotare  >  ève  mi  farebbe  S.  D.  ài* 
dftiò  in  qaaìcbe  oarte  lo  poteffl  imitare  ^  mi  fono  ffàto^  trattenendo  9  gttfhnik  M 

fuei  difpregj ,  aotnandando  affito  per  riceverti  con  atl^rezUè ,  eenfidanio  mUa- 
onte  dèi  Signóre  p  cte  aBora  mi  abbia  a  concèdère  Uj[bo  am$to,  Ka  qui  egli. 
E^  proprio  del  vero  amore  V  tyer  grtn  defiderto  d^tkpMfeiiMdelI'og^ 

Fecco  ornato .  Del  noftro  Francefco  pplTo  io ,  infieme  con  ratti  ifoelli  ,che 
htÀnò  conofchito,  affermare  elTere  (kto  tale  to  lAi  quello  d^eric»  cIm 
Éoltòhè  <Tiie'  tempi  f  c^ie  egli  impietrò  in  fèr^rizio  dal  oroflitno»  tie^mnli 
ttire  fu  Tempre  con  Dio,  tDltonè  il  poco  tempadvl  (onno,  nel  pighar# 
il  ne^effiirio  foilencamento;  dello  fcsna  dtpignere,  ch'e'faeevat  per  fov* 
venir  coir  arte  ftia  le  proprie,  e  l'altnil  necefficiy  ftiQpre  fc  neflara  nefit 
^fii  di  Dio:  e  q«Mdo  ne]le  opere  eftefiori  gH«a  pernieflTo,  io  dtfcorrev* 
è'  alcuna  coft  derota,  o  (lava  fentendó  lezioni  fyirituali.  Se  era  iitcon* 
irato  per  iftrada  (  cofa  ^  che  eon  eflb  meco  più  irolte  arveiine  >  o  foggivt 
con  bei  modo  l'abboccarfi  »  o  fi  fpedivt  con  poche  pardle  3  e  tntfo  ciò  »et 
tion  divertirli  punto  dalla  continua  unione  della  foameme  con  XÀo. 
Circa  a  trem'  anni  ha  epli  dorato  a  trovarfi  le  DomtmtelMr  dopo  fi  foltM 
Vefpro  della  Congregasionè  di  San  Tomiuafo  d^  Aoviito»  ella  devozione 
Isella  Buona  Morte,  nella  CKiefa  di  San  Gio^nnmo  de' Padri  Gefoiti^ 
d'  avanti  al  Santifijmò  Sacramento,  che  quivi  tf  afpono:  dove  veflito  ài 
cotta,  (i  poneva  injtnocchioni  d'avanti  all^Àlttrtco^ Padri  ed  aliri^Clkeri* 
ci  fenza  mai  ptirtirn  di  luogo  con  non  mai  intw'rotta  perfoveianBa,  fii  non 
fbflc  ftato  per  caufa  di  malattia ,  od  aflenaa  dalla  cita ,  il  chr  p<>cè  acca* 
tjere  rarilfiaie  volte ,  fé  pure  accadde .  Tutti  i  pochi  avanai  del  ino  tempo 
foendeVa  pure  in  orazione  davanti  al  Santt(Bmo  naila  fieflSi  Chitfii  dell* 
Congregazione ,  e  Tempre  genuAuflb .  Io  ho  fentiro  ptìi  volte  rtcconttre 
et  alcuni,  per  altro  di  naturamòlto  cheti  e  galofi  de* loro  interni  penfieri^ 
di  avere  etti  in  tempo  del  fonno,  o  di  ebrietà  parlMo  a. llii^  de' propri- 
affetti» 


v  «     *^. 


•  V- 


BRETE   FRANCESCO  TOSCHI,    ^n 


tlRtti  »  é  rivelato  ancori  i  propr j  dditti  •  Shnili  accidenti  occorrono  be« 
ne  fpefla  a  colmo»  i  qyali  tocchi  da  febbri  acute i  danno  in  delir)  .•  e  fono 
accadttti  r  canto  in  bene  oiianto  io  male»  firantfliini  cafi  d*agonip  e  di  9àor«* 
ci  :  alcuni  male  abituati  hanno  con  gran  veemenza  parlato  d' amori ,  di 
od)  e  di  vendette;  altri  foUci  di  ben  iHvere^  hanno  dette  cofe  molto  diverfej 
aff^i  ha  iniegnato  refperienza  efier  quello  il  tèmpo  i  nel  quale  la  natura» 

{)erttirbaKioned'inteltetto»  non  avvenendo  il  danno,  la  vergogna,  opec 
'oppoflOft  1- utile  e  la  gloria»  che  gite  ne  pofla  rifultare»  dà  fuori  candì-* 
damente  tutta  fé  fteflà .  E  per  lafciaie  gli  i(paventofi  cafi  Ceguiti  in  uomì^nl 
avvezzi  al  male  j  che  molti  raccontar  fé  ne  potrebbono,  abbiamo  deir  A  pò»! 
ftoio  deirindie  San  Francéfco  Xaveciq,  che  nella  fua  ultima  infermitela 
mokbtda  fimiU  deliri  fu  travagliato:  e  che  in  quefti  altro  non  diiìe»  n^ 
operò,  che  apparteneiìte  all' A  mordi  Dia,  alla  converfion  degl'  infedeli, e 
allo  zelo  della  faluce  de'proffimi  i  or  mcffbrando  il  Crocififrò»  ora  efàgeranik» 
eantro  i  peccatori,  or  facendo  coUoqu)  con  Dio;  in  fomma  più  fi  fece 
egli  conotbere  per  quel  eh*  ei  fofle  di  dentro  coH'occalione  de'fuoi  deli- 
ru  di  quel  che  hi^rfe  gli  avercbbe  permeiTo  la  fua»  grande  upiltà^  di 
fiire  in.  quegli  eAremi  momenti ,  fé  foile  fiato  di  mente  al  tutto  fana» 
Il  noftro  Francéfco  nella  fua  ultima  infermità,  pati  ancóra  eflb  delir),  a 

3[Qafi  deiirj,  per  infiammazione  di  fpiriti,  cagionata  da  male  acuto,  parlan<» 
b  molto  |>iii  del  folito,  e  bene  fpeflb  non  a  proposto  •  L*  ordinario  te^ 
ma  d^'fuoi  deliranti  dìfcorfi,  confifteva  tutto  in  affetti  d'Amor  di  Dìot 
«a  rallegrala  d' a  ver  a  andare  in  Paradifo ,  il  quale  chiamava  cafa  fua  :  ingran- 
"**     a  gran  legno  la  felicità  di  chi  muore  per  unirfi  al  fuo  principio,  e  U, 


miferiaT^di  chi  vive  in  quella  valle  di  lacrime;  ed  efprimere  defider)  di  coA« 
vertice  anime  al  Signore  ;  e  diceva  alcuna  volta  :  S'egli  avviene»  ch'iogua» 
sifca.di  quello  male;  oh  quanto  voglio  io  andar  predicando  l'Amor  di 
l)io  !  io-  vaglio  oorrer  per  la  città ,  e  fino  per  le  taverne  »  e  ppr  ogni  altrui 
liiogo  pubblico  e  privato  •  fblo  predicando  quanto  fia  grande  quello  Amore^ 
In  tal  prQf>ofitQ  voglio  io  raccontare  ciò  ^  ohe  ^li  rifpote  al  Molto  Reye«^ 
sendo  Padre  Giovamii  Angelo  de  Benedifti9«  Religiofo  della  Compagnia 
di  Gesù,  difingolare  oflèrvanza,  e  di  gran  letteratura,  che  per  molto  tem» 
pò  fu  fuo  contefibre.  Quefti^  un  giorno  avanti  la  di  lui  morte  T  andò  a 
yificare:  e  dopo  avergli  iattt  i.foliti  difcorfi  di  carità,  fent),  che  il  Bofchi 
in  auefla  guilà  cominciò  a  parlare;  Oh  Padre  y  io  fa  penfiero,  morto  i;he 
ip  uà;  di  chieder  quefta  grazia  al  Signore,  che  conceda  air  anima  mia  di 
poter  comparire  a  molti  peccatori ,  affinchè  io  polla  per  tal  modo  cbm^ 
vertirgU  a  Dio.  Il  Padre,  contuttoché  molto  ben  conceffe  non  efier  aue« 
fii  penfieri  regolati  da  intero  difcorfo,  contuttocio  volle  rìfpondergli,  C| 
con  azoica  prudenza  cosagli  difie  ;  Signor  Francéfco  »  non  penfate  che  Que<! 
fio  tal  mezzo  o  femo  fofle  bafiante  per  convertir  quei  peccatori  >  cheiem-^ 
pie  refiftono  alla'Divtna  grazia ,  né  che fortifle  l'anima  voftra  di  giungere  9 
far  ciò,  che  non  fece  r attuai  prefenza  del  Salvatore  a  molti  di  coloro,  cba 
per  loro  oftinazione  e  malvagità  fé  ne  vollero  rimanere  ne'  loro  peccati  : 
Mojf^  béiintf  t^  Pr0Pbc$as:  al  che  l'umile  Francéfco  f ubi to s'acquietò . 
Venghiamo  ora  a  dire  deU'  amor  di  lui  verfo  i  proflimj  • 

E'e  3  II  gran 


4}^    Ditóni. V.  della PàftJ.  dél5ec.V. dd  i  S^à.  àft  6^0. 

Il  gran  Servo  di  Dio  ed  Aj^oftolico  Predkiton  «<il  Btdre  Màtllro  Gm^ 
tinnì  ^A  vila  ^  in  un  Tuo  Trattato  dell'Amore  ^che  Crifto  porta  a^li  uomini  ^ 
dopo  aver  narrate  le  mirtbiii  firerojpttve,  che  da  tutta  fa  Santiffime  Tn^ 
Aiti  furon  concedute  tlP  umanità  dt  Crifto  nell'inflaote  della  fua  ooncario*- 
He»  dice  eoa);  Dimmi ^  qwfi^ M^imé fimé im  quel fiUee pmu0 $  ck€fm  ritvM»^ 
^^gH  octbf^  e  fitide  fàtCf  e  t^hHe  dà  tèe  msm  gti  era  ^emue*miQ  Arar ^ 
timmijè  è  pqfitiie  tjbfimeìx^  e^  che  amare  mm^je  qutBe  tale  muma  f^Oe  « 
eh  con  r  ir^rvur  glorificata  t  cam  tbe  anfiefitè  defiderajgef  the  fi  la  ^eri§e  aeea^ 
featf  con  cai  p^iiffèfar  tefa  grata  e  fitvire  a  ealdottateret  aggiagm£pii^ 
che  a  quefto  sì  grendcfidtrio  fu  dettai  che  la  valente  di  Dia  ars  di  velar  falva^ 
te  il  genere  umane  •  cèe  era  perduto  per  h  peccata  de^uema^  a  che  di  db  fa  wa 
Érendefe  tajfìtnto  il  benedetto  Figliuelé ,  per  enere  e  uUIMemza  ver/o  il  Padre  « 
£  poi  foggiugne  :  Con  che  forte  tamorefi  rivolta  agliuomim  per  arnaraU,  ed 
abSracciargli  f  per  ubUdire  al  Padre!  leggiamo 9  eie  quando  tm  tiri  tFArti^ 
glieria  batta  una  palla  con  gran  forza  ^  e  /apatia  ribatte  euUietra  di  dove  era 
dirizzata  p  con  tanto  maggior  impeto  ribatte ,  con  quanta  maggior  forza  era 
tirata.  Or  fé  quella  amore  delT  anima  di  Crifto  verfo  il  Padre  s^  inviava  con  sì 
fùirabil  forza  ipofciaebè  la  moderazione  della  grazia  p  ebe  lofpittgeva  era  inpni^ 
ta;  quonto  dopo  d'effer  andato  érettameme  a  ferire  il  cuore  del  Padre ,  fi  ri^ 
balze  ali*  amore  degli  uomini!  con  quanta  forza  e  veemenza  fi  rivoltbfbpra  tB 
loro  9  per  amargli  e  ri ff orargli  !  non  vie  Irrigua»  né  virtù  creata,  ebe  paga  eie 
fignificare.  Fin  qùV  il  Padre  Maeftro  Avìla.  Da  tutto  qoefto  fi  cava,  che 
iiccome  in  Crifto  I*  artiere  del  fuo  Eterno,  Padre  fu  la  forgente  delTamore 
die  egli  portò  agli  uomini  i  cos)  negli  uomini  dall'Amor  di  Dìo  &  e  a  prò* 
^porzione  di  quello  nafcé  l'amor  del  proftimo .  Se  l' umiltà  del  noAro  Fran* 
Cèico  ayefle  lafciati  vedere  molti  fegreti  del  fuo  cuore  »  e  gli  affetti,  che 
iprodacevà  in  lui  queìft*  amor  del  proffimo ,  averci  molto  da  fcrtveie  ;  ran 
contuttoeiò  non  lafcerò  di  Iraccontar  quel  poco ,  eh*  io  in  parte  ho  veduta, 
e  di  che  in  parte  ho  potuto  da  altri ,  che  con  lui  domefticaflBente  tratte» 
rorto^  aver  notizia .  Effetto  principale  di  quefto  amore  fu  11  aeto  ùoVol  fa* 
Iute  delP  ànime  i  che  in  lui  era  tale ,  che  gli  faceva  parere  di  poter  molto 
piii^di  cròi  che  lé  fue  forze  permettevano.  Con  una  fanta  i ndifete eezza , 
tt  così  è  lecito  a  dire,  avreNie  voluto,  che  ognuno  iacaSSa  \o  ftdTe ,  che 
ftceva  egli;  ne  mai  fi  furiava  di  perfuadere  a  far  bene.  Quefto  io  perfmfe 
a  farfi  Sacerdote,  ed  applìcarfi  alle  confeffiofti,  cercando fempre di  ^r- 
citare  cue)  miniftero  in  que^  luoghi,  ove  egli  peribne  più  biiogiioie  d'aiuti 
fborgeRe.  Fu  uno  dei  Fratelli  della  VenerabilCompaghta  della  Mifericor* 
dia,  detta  volgarmente  de'  Neri,  che  fi  efercicano  in  constare  ed  ajfota* 
re  coloro,  che  per  loro  delitti  fon  condannati  alla  morte  «  In  quefto  luo* 
go  fu  egli  di  grande  edificazione.  Faceva  colloqu)  a  quei  miferi,  pe* 
quali  eflt  forfè  fi  compungevano:  ed  alcuno  ve  ne  lii  •  che  da  quel  punto, 
èh'ei  ricevè  la  terrìbtl  novella,  fino  all'ultimo  fpirar  d&lP anima,  doman* 
dò  e  volle  averlo  lempre  appreffò  di  fé.  Gli  Spedali  di  Santa  Maria  Nuo- 
va^ e  gli  Incumbili,  lé  carceri  del  Bargello  e  delle  Stinche  erano  i  luoghi 
di  fuo  ordinario  divertimento.  Quivi  \i  racchiudeva  per  giornate  intera  a 
gran  caldi  e  a'  gran  freddi:  e  fra  quegli  afflitti  trovava  le  fue  vere deliaie « 

Lacaufa 


PRETS   P:R4N€BSC<»    90SCHÌ.    43^ 

Ea  càMÙi  più^  pcoSfM  del  Ibo  tUdmo  màk  »  fàottt^  per  euefiaKioof  <fe' 
flMdiet»  cbe  la  vificatooo»  fa  V  effnrfi  riferuto  nelle  carceri  del  Bargellqi 
cacce/le  fette  del  Santo  Natale  dell' amia  i67S.  P^^  inftruiree  coQfeffartt 
i  caràeratif  doire  per  caufii  del  mal' odore  e  lAfeasione  dell'  aria»  il  Tuo  i^or-. 
pò  g^  molto  ftauco  dalle  fatiche  e  et  travili»  che  in  qnefti  ulcimi:  antu 
gli  eran  iimrairvenott ,  ed  ancora  dalle  peniteiue»  non  avendo  più  forca  di 
refifiere»  li  refe  alla  maUgmtà  di  ora  febbre  acata»  che  in  poelii  giorni  Ì9 
prirò'di  triu  >  come  a  fuo  luogo  fi  dirà  •  Per  quefto  zelo  tro?ofli  piM  volm 
e  ricever  rim^overi  e  minaccie«  e  dtcefi  ancora  qualche  percoflà;  ma  x^ 
fi  offi^rivar  a  riceverle  con  tanta  prontezza  ».  e  con  A  imperturbàbil  ferente 
tà,  e  con  tal  vivezza  di  fpirito  rifpondeva  agli  offenforì»  che  qvegli  re* 
fiando  edificaci,  defiftevano  da  offesidarlo.  Elercitava  molto  quella  cariti 
e  zelo  verfo  fl  proffimo»  colla  correzion  fraterna;  e  niuno  vi  fo  di  quelli ^ 
che  con  lui  trattavano,  cheandaflè  libero  dalla  crifliana  libertà»  colla  ijualo 
con  buon  modo  diceva  il  fuo  parere  nell'  occorrenze»  fofle  pure  chi  e'  fi 
volefle:  e  alcuna  volta  per  una  fua  ceru  fenta  femplicità  in  rìijpoiidere# 
tanto  in  voce»  che  in  ifcritto»  osò  parole  tali  (quali  gli  dettava  lofpirito^ 
e  la  qualità  delle  azioni)  che  da  ognuno  1  che  non  avefle  conofeiuta  la  fui 
fincericà»  Drebbero  ftate  ricevute  uniftramente.  Occorfe  una  volta,  che 
per  una  limil  parola  t  detta  a  buon  fine  ad  un  Gentiluomo  »  egli  poco  dtpoi 
lenti  fame  tanto  (chiamazzo  »  che  ebbe  jper  bene  di  mandare  un  fuo  con» 
fidente  amico  a  paflàr  con  eflb  nfizj  di  uncerazibne  •  ed  umiliazione  infie» 
me;  da  quegli  ne  riportò  per  rifpofta»  che  l' indifcreto  gentiluomo»  il 
quale  non  molto  dopo  fin)  di  vivere,  volea  foddiafarfi  col  Ufione«  Il  Bo« 
fehi  allora  non  punto  turbandofi»  pregò  l'amico»  che  volefle  rifpondero 
al  gentiluomo»  che  farete  egli  separato  a  ricevere  volentieri  le  percofi 
ad  ogni  piacimento  di  lui»  purché  cm  fi  fofle  fettoin  luogo»  dove  alcuna 
non  fi  pòteffe  fcandalizzare  di  vedere  un  laico  percuotere  un  Sacerdote  # 
ma  l'amico»  che  prildentiflimo  era»  recusb  di  portare  al  fatto  negoziato! 
e  fi^pe  in  altro  modo  eoa)  ben  diportarfi  con  quel  cervello»  che  la  cofe 
ebbe  fuo  fine,  fenz' altro  rumore.  Per  tornare  ora  donde  eramo  partiti» 
conofeeva  egli  eflèr  gran^  il  frutto»  che  fi  racooslie  nell' anime  p  quando 
alla  carità  fpurituale  la  corporale  fi  congiugne;  onde  non  è  chi  poitt  dire» 
con  quanto  ftudio  egli  s'afiàticafie  per  lov venire  ogni  forra  di  oorporal 
necemtà.  Fo  mirabile  la  fua  compaffione  ed  il  filo  zelo  verfo  le  povero 
donne  convertile»  «Uè  quali  diede  grandi  ajuti .  Aveva  molti  Si^ori  o 
altre  perfone  caritative»  a  cui  per  tareffetto  ricorreva  per  limofine  ;  e  co- 
me qu^li  »  che  era  diftaceariflimo  dalla  roba»  e  credeva  »  che  ognuno  in 
ciò  fofle  fimile  a  fé  fleflb  in  occafioiie  di  gravi  bifogni ,  non  aveva  minime 
difficoltà  a  dire  ad  alcuno  anche  mediocremente  ricco  :  B  che  farebbe  a  voi 
to  fpendere  mille  o  doeaula  -  fi:udi  net  la  tal'  opera  di  feryizio  di  Dio; 

Sriochè»  da  chi  non  conofeeva  la  Ma  gran  virtù  era  tenuto  per  troppp 
nplice.  Ma  con  tal  fua»  da  alcuno  cceduta  fimplicità»  fi  vedeva  poi» 
che  egli  non  lafciava  di  far  col  fuo  tutto  ciò  che  aslt  altri  perfuadeva  di 
fere  »  fpendendo  in  onor  di  Dio  »  e  dando  per  carità  fenza  termine  o  mi* 
fera,  privando  fé  lleflb  delle  cofe  più  neceflarie.  Una  volta  »  per  fenrireid 

E  e  4  un  feLfo 


440    Decenn,  V,  deUa  Fari,  L  delSèc.  V7dal  i  S\o:jiti  6  jto. 

uh  falfo  bifogno  di  un  carctraco  foreiicmi  che'cbn  inganno  gli  4ftn-fpef 
nnza  di  cqùl  di  feryizio  di  Dio  i  acoomodollo  di  cenoo  icudi»  e  ne  rima* 
fé  gabbato  con  perdita  di  quella  gran  fomina  di  damra»  ja  elione  dì  che 
fiecce  egli  poi  Tempre  in  molca  neGeffiù..Offerenddregliporiftradaitn  meii-^ 
dico  tremante  di  freddo  per  eflèc  quafi  ignudo,  non  avendo,  che  dargli t 
riciracoG  da  una  parte  della  Arada^  iì  fpogliò  i  propr) calzoni •  e  a  liii^.per 
Iddio  gli  donò:  tornandofene  acafacoUa  (olita  fottana.s  edèfamaancora» 
che  quello  ^tffo  gli  accadeflèpiù  yolce .  E^:  opinione  di  chi&  quafi  del  con^ 
tinuo  con  luì  »  che  egli  non  mai  iiegafle  limofina  ad  alcimo»  o  quando  non 
tvéva  danari,  di  quello  dava,  che  gli  veniva  alle  mani.  Neil'  inverno 
^el  1674.  ti  fa  aver  egli  dato  il  proprio  ferrai  uolo»  e  la  coptfta  delfuo 
letto,  e  fi  era  ridotto  a  dar  le  proprie  camice i  che  però,  era  neoeflario» 
che  tavecchia  fua  madre  gliele  tenefle  nafcofe  •  Quando  aveva  poco»  da* 
Ta  quel  poco  :  e  quando  aveva  molto,  quello  donava  (>er  amor  di  Dio» 
còme  fé  folle  fiato  poco»  Alla  nominata  Congregazione  di  San  Tommafo 
d' Aquino,  dove  fi  ricevono,  come  fi  è  detto,  i  Pellegrini  Oltramontani» 

.  vengono  bene  fpeflb  di  quelli  »  provvifti  si  bene  di  ftancbez^  e  neceflitàt 
ma  non  di  quei  requifiti  di  .Patenti  de'  loro  Vefcovit  o  d*  altro  che  fi  ri- 
cerca, per  potervi  eflere  .ammefli  alla  carità  della  cena  e  dell'  alleggio  ; 
che  però,  fecondo  i  buoni  ordini  di  quel  luogo»  fon  Jìcenziati.  Quando 
toccava  a  lui  per  uficio  a  far  quefta  parte  di  ricevere  e  licenziare»  facevala 
con  gran  commozione  del  tuo  cuore,  per  non  tralgredir^e  a' precetti  di 
queir  inilituto;  ma  nel  licenziarli  feoipre  gli  accompagnava  con  qualche 
carità  deLfuo  {iropsiò.  fece  alla  medefima  Compagnia  benefizi  grandi,  re» 
ftaurandóta  e  riducendola,  fenz' alcun  rifparmio,  a  fiato  di  più  decoro  col 
fuo  proprio,  e  con  limofine  de'fuoi  devoti:  ed  è  opinione  de*  piìt,  che  la 
fyefa  fatta  da  lui,  comprefi  alcuni  quadri  di  devozione  ad  efia  donati r 
afcenda  al  valore  di  circa  mille  feudi .  In  Comma  fii  cosi  grtfìde  in  Frat^ 
..cefco  il  difprezzQ  deiravereV  e  *idefiderio  del  dare  par  Amor  di  Dio,  che 
le  non  Jbflè  .flato  il  dovuto  rifpetto  alla  madre  di  cadente  età^  farebbe  egli 
fenza  dubbio  rimaCo  fenza  nulla  affatto..  Aveva  imparato  nejila  fcuola  di 

^  una  continua  orazione ,  ouanto  fia  vero  il  detto  di  un  moderoo  autore.,  che 
a  chi  è  p^llègrinQ,  non  tob  bafta  il  poco»  ma  nuoce  il  molto:  che  moka 
Ila  chi  nulla  defidera :  e  che  chi  molto defidera^  non  foloè  kfìZ9L godimen- 
to (Hxutco  ciò  ch'ei  poffiede  ;  ;  ma  deve  chiamarti  altrettanto  povero  »  quan-* 
lo  è  quello,  che  manca  Alfuoi  defider);  e  finalmpnte^  ph^.fglp  può.dirfi. 
«eco  chi  per  Crifto  impoverifcc*  Che  diremo  ora  della  fua  virginal  puri- 
tà? Io' per  me  non  fo  dirne  tanto  #  <;he  fia  tanto  i  e  però  chiamerò  tutti 
coloro»  che  in  un  corfo  di  molti  luftrì  il  coiK>bberoe  oraticaronoi  affin-»^ 
che  dicano,  fé  mai  feptirono  ufcire  da  quella  bocca  parola»  che  anche  per 
ombra  iàpefTei  non  dico  di  lafcivo,  non  di  poco  oneftOf.mir  di  fordida 
o  incivile,  o  poco  compoftos  e  perchè  fappiama,  che  nm  può  a  lungo 
andare  la  lingua,  interpetre  degP  intimi  fecreti  del  cuore,  non  dat  fuori 
alcuna  cofa  di  ciò,  che  anche  nel  più  cupo  naicondiglio  di  quello  Q  raggi* 
ra  ipofliamo  affermare, grandiflimafenzatalloeirerefiau  in  lui  quella  purità* 
Diffemi  egli  circa  all'uino.  165^^  con  buoniffima  occafionci  compii  Signore 

permet^ 


PRETE  FRJNCESCf)  SOSCHl.      441 

perfnettcva ,  che  eglifo^e/frfiqiient(HBeìitt*tràf«gittCodaqa^^  perca(&i 
etiche  parla  r  A  poftdò  nella  2;  a'Gorinttt  cao.  12^  e  chelubitOj  che.  ciò 
gli  Avveniva»  ufava  per. rimedio  il  ritìrarfi  in  alciin  luoga  fegreco;  e  quin 
epa  una  difciplina,  che  tenevaprepajraca  aqueft'effetcci»  finattanro.fi  per* 
euoteva»  che»  fofle  paflaca  quella  centa7ione  «  ;Or  perchè  ha  infegnato  unt 
lunga,  efperienza»  che  pocoVagUoho  le  g^randt  operazioni  a  coloro^'cho 
haimo  cooiinciaco  a  correr  Ja  ftrada-  delia  perfeuonet  per  T  effetto  di  arri- 
irare  mi  defideraco  fine  »  fé  quelle  non  vanno  congiunte  colia  virtù  del- 
l'umiltà»  fiildiffimo  ibAegno  di>  tutte  le  alrr»  virtù;  è  neceflario»  che 
veggiamo  adefTo»  quaieo  quanta  fofle  in- Francefoo Quelle  virtù..  Duefu*^ 
rono-m  lui  i  fondamenti  ».  da' quali  poteva  l' inimico  dell'  uman  gerbere» 
trarre  i  più.pfiacipaii  motivi  per  tendergli  infidie  contro  a  tll  virtù.  La 
prima  fu  Pabtlttè»  che  egli  ebbe  nella  profeflion  fila»  nella  quale,  benché 
egli»  maifimamente  negli  ultimi  anni»  non  fofle  in  altiflima  riga»  non  é 
perof»  eh"  e!  noni  poteiTe  chiamirfi  fuperiore  a  molti  del  fuo  .cempo j  e  non 
foffe  potutoefler  più,  fé  più  avefle  egli' voluto  t^degnaff  di  tempo  allt 

{ùttura»  con  toglierlo  all'  orazione  e  air  opere  di  carità.  La  fecónda  fu  » 
'innocenza,  della  fua  vitaé  Raggiunta  alle  hfi  buone  operazioni  «  E  quanta 
aJ  primo  »  dice  S^rt^AgoAino  il»  officina faSri  non-Mdtas  r€j^ehcndere  fUrumi 
ma  nella  danza»  dove  Francefco  dipignéva»  per  fua  grande  uittil ti»  anda* 
và  tutto  al  contrario .  Ad^nuno^  anco  non  pratico^  dclP  aTte,  era  lecito 
il  dire  il  fuo  parere:  ed  e({V>«  o  ne  faceva  fobico  capitale  »  raflettando  il 
fatcòc  o ib  iLpacere  non  folle  ftati^ji»  propeso»,  accufando  fé  flellb»  mo-; 
ftrava  con^  beila  maniera  di  non  dif^pprovaf  lo  %,  Dovendfo  negli  ultimi  temr 
pi  fare  >alcmìa  .tavola  o  qliadpp  di  detoaionei,  non  [aveva  a  vergogna  i*at« 
tenderno  i  precetti  »  e  bene  ff^eflb  i  difegrù  di  ^ld$flarre  Voi  tarano  t  odi 
altroTuo  huoAo  allieva»  i  quali  metteva  ii¥opeca:a  ^iftàdi  tutti»  con  <iuel 
gran  concetto  e  flimadieffi»  che  ne averebbe avuto  un  fanciullo,  che  pu« 
re  allova  £»t{è  venuto  alla  profe(Iìone#^  Facevailegli  alcune  volte  pagare  le 
•pere  a.  caro  prezzo»  e  maflimamente  le  mi.oitture  »  come  quelle»  che  moU 
to  gU .colavano  di  tempo  e  di  fatica;  ma  cìh  non  addiveniva  per  iftimar 
(he  esli  ne  faceflèi  quali  foflero  mkliori  di  quelle  degli  altri;  ma  per  la 
gran  fets ,  che  ^11  aveva  di  poter  lupplire  al  fovveaiin^nto  delle  molte 
Oiip^rie  de'  pro/fimi  »  che  gli  venivan  dei  co&tinupip^r  le  mani .  Qual  fofle 
poi  i(  concetto ,  cheegK  aveva  di  fé  medefitfto»  in  ordine  alle  buone  opere  « 
Ipmoftrà  pur :trctppo>  chiaro  la  fua  umiliffioia  conver fazione  ;  e  fi  conobbe 
'dal defidei  10 »  che  egfi  ebbefemprcdi  ubbidire  a  tutti,  e  di  non  fovra$are 
amun6«  Diceva  alcuna  volta»  con  urandeafiettQv.  qne  Ile  parole:  zAmm 
ntfàrìy  ^  prò  nibih  rtptéiénri  .-ed  oltre  a  qudJOt'^che  poflb  aneftarne  19 
ttedofimp»  tengo  per  indubitato»  che  ninno  di  qi^nti  lo  conobbero  e  pra<- 
cicarono  1  pofla  affermare  di  averlo  mai  fentìto  parkn  di  fé  fieflTo ,  né  in  be<» 
ne  né  in  male;  virtù  delle  maggiori,  che  4i  efercitino  nel  viver  enfiano» 
ma  pococonofciuta.  Era  chiamato  a  far  fermoni  in  più  luoghi,  ed  anche 
nella  Compagnia  di  San  Benedetto  bianco.  Itiquefti  camminava  egli  con 
ognifemplicitàd  e  benché»  per  non  avet  molte  letcjere»  non  potefle  fare 
éifeoriiOf  nati/.conittiiociò  bicvit  io  quefta  parte  ferie  menp  di  quel  che^  e* 

poteva. 


441    Decétttt.  K  Ma  VWlMSi£:K  dal  1 5:40. 4/ 1  ^50. 

{MÌtaTat  cercando  il'^olcadelPiiitnMt  «BoaUt'propdt  ftiou»  comeque* 
gli»  che  fu  tempre  mmiciffiino  delle  lodi  uttine^  ed  a  qo^o  pr<^fiio  £« 
rò  quanto  avvenne  une  volta»  che  egli  conferva  in  un  Monafteco  di  Mo« 
nache .  Una  di  effe  »  the  aveva  in  gran  venerazione  la  fot  bontà  »  gli  diflo 
fempticemente  quelle  parole:  Moki  d^ilni dovece  far  voi;  o  Padre»  giac^ 
che  io  veggio  la  voftra  taccia  cosi  edenuaca .  A  quefto  egli  »  con  aselo  e  rof« 
fere  rifpofe  t  Se  voi  tenefte  eli  occh)  bafli  t  voi  non  vedrefte  quefte  cote . 
Da  quella  uaaile  (lima  e  ooAolciflienco  di  fe  nedefimo  nacque  in  lui  la  gran 
docilità  o pieghe volezea 9  colla  quale  fin  dall* in£m«a  conversa  con  tutti» 
non  tanto  co^leperiori  r  quanto  oon  gli  egwlt  e  inferiori  »  non  altramente  che 
lèfoftfiatoun  piccolo  &nciuUo  davanti  al  padre  e  alla  madie .  Non  fape* 
iPt  contraddite»  ed  era  tanto  gelofodel  conformarfifempre  ad  c^ni  dettoe 
ad  ogni  penfiero  degli  altri  »  cné  eccedeva  ogni  limite.  Per  mezzo  di  quo* 
Éa  »  che  era  in  lui  gran  virtù»  mollrb  a  Iddio  in  più  occafioni»  non  eflèe 
vocazione  di  elfo  l'impiegarli  in  quella  foru di  governi»  che  oltre  albcri- 
ftiana  prudenza  neir  indirizzare  le  cofe  fpirìtuali  (  che  in  lui  non  mancava) 
hanno  bifomo  di  una  tale  quale  fiddezza  di  volontà  e  fortezza  di  petto» 
affine  di  refifter  con  quelle  air  oppofizione  de'  meno  difcrett.  Se  poi  gli 
avveniva»  o  per  caufa  d'opere  di  carità»  o  di  perfecuzioni ^  o  d'altro^  il 
ricever  qualche  gran  repulu  (  i^  che  molte  volte  gli  fuceedè  )  o  fi  prdbravt 
in  terra  chiedendo-  perdono  o  baciando  i  piedi  a  chi  lo  affiiggeve  %  o  ri* 
Ò>^ndevà  con  parole  tanto  piacevoli >  che  farebbero  fiate  battenti  ad  aoqoie- 
wp  ogni  animo  piti  furiofo  e  più  fnperbo.  Si  trovò  più  volte  alia  prefeQ«» 
za  di  gran  numero  di  perfone  ad  effer  rimproverato  di  mancamenti  •  eh*  e' 
Aon  comméfiè  giammai  »  né  pensò»*  fenza  che  pur  uno  fi  trovafle»  che  per 
Itti  ardifie  formar  parola;  e  in  fomigliinti  cote  fi  fiece  vedere  lèmpce  piik 
maravigliofa  la  fua  ma^nfiietudine .  Fu  talvolta  udito  rìipondere  a  taluno  à 
che  furio&mente  e  fenz*  alcuno  rirparmio  di  parole  lo  confondeva  :  Boco 
éhe  io  mi  getto  in  terra  :  calpeftatemi  »  fate  di  me  quello  che  volete^ 
Atto ,  che  quando  mai  foflè  ufi:ito  dal  petto  di  un^  pefiimo  uomo  verfi>  uà 
ilio  nemico f  doveva  effer  potente  ad  intenerirlo:  e  pure  per  fiulofimile  t 
ft  flefib  »  permefle  il  Signore  »  che  ciò  nulla  operaflfe  :  e  che  alcuni  di  queiii  » 
che  gli  contraddicevano  »  reftando  ne*  medeumi  fentimenti  »  fé  ne  tornai 
fero  a  quel  di  prima»*  tanto  può  e  £t  la  Divina  Provvidenza»  eflbr  per  coA 
dire»  pietofamente  crudele' verfo  coloeo,  che  datifi  una  voka  a  Dio»  vo* 
gliono  daddovero  in  tutto  e  pertutto  confofmarfi  alCrocififib  •  Ma  che  è 
più»  fé  fino  agli  animali  fieffi  privi  di  ragione»  fi  moftrava  il  Solchi  man*» 
luetoe  benigno?  Una  volta»  in  tempodi.foa  e  mia  giovennk»  mi  portò 
il  calo  a  difcorrer  con  eflfo  delle  zAnzare»  le  quali  con  ficurtà  al  certo  trop* 
pò  impertinente»  fenz'e^r  ne  allettate  liè  chiamate»  fi  fanno  lecito  ^ 
penetrare  ogni  noftra  ilanza  »  e  portarli  a'  più  ripofti  gabinetti  i,  e  fino  ne* 
padiglioni  de'  noftri  letti;  di  fvegltarci  dal  (bnrio»  di  pungerci:  e  final» 
mente  di  pafcerfi  del  fòngue  noftro;  onde  »  dicevo  io»  e  tempo  e  penfie^ 
ro  e  fatica  mi  coftava  T  ucciderle»  o  '1  proibir  loro  l'arrivo  a  mia  perfona*. 
Rifpòfemi  Francelco»  non  eflergli  mat  piaciuto  il  dar  la  morte  a  quefti 
animali»  conciofoflecolachè gli  paiev^i^  cheda  tale  ano aoa endafle lungi 

per  av- 


M#rB  FRANCESCO  SOS  CHI,     445 


jper  twentbn  un  cerco  (pinco  di  tendeta:  e  die  qutmnnque  non  eireifa 
per  illecita  un*  tele  tsioMf  pneti  e  loi«  ciie  eUe  (èpefle  lui  io  che  di  trop- 
po iiiiore  a  fe  fteflo* 

Della  fot  orazione  e  del  fiio  fpirtcìo  di  peniceiint  direaio  poco».ba«« 
ftandofoto  il  detto  finqiA,  per  fere  intendere,  die  la  vita  di  fui  fo  oflA 
eontiniia  oraaiene,  ed  una  continua  penkcnsai  e  eoi  folb  eonfiderare  iS 
moéù9  come  egli  dtftrtbuive  il  tempo»  del  quale  era  gelofiffimo,  conofce». 
remo  ciò  molto  cKiaramente.  Si  levare  wni  materna  appena  apparilo  it 
giorno:  e  fatta  per  grande  ora  la  fua  oraaione  mentale  ordinaria»  .fi  por#' 
cara  al  Noviaiato  de*  iF^adri  Gefuiti  a  Pinti  :  e  quivi  al  molto  Reveienda 
Padre  Emilio  Sàvignani  fuo  Confeflotet  Religtofo  di  quella  rirtù  e  dot* 
trina  ohe  è  notav  ficonfedkva:  e  ciò  faceva  ogni  giorno  fenaa  ineBrmi&^ 
fione  aldina.  Quindi  «ornato  a  San  Tomniafot  o  andatofene  a  Sant^  Ap*' 
polloniftt  dove  egli  ufiasiava,  diceva  la  Mefla»  d^m  la  quale  il  cherico  6 
partiva ^^  lo  lafciava  airoraaione  per  buono  fpaàio di  tempo*  Dipoi  anda^ 
vafene  alla  Santiflima  Nonatata,  alle  Quarantoreg  a  Santa  Maria  Nuova» 
o  a  eonfefllarei  e  quefti  eferciz)  però,  toltone  Foraaione,  la confefiione» 
e  la  fflefla  $  faceva  egli  in  que' tempi  fdamente ,  ne^  quali  egli  non  aveva 
obblighi  dì  conftflère  a'MonaAerj»  come  appreflb  libremo^.  Piìt  volte  fa 
incontrato  per  la  citrà  tutto  affannato  e  coperto  di  fudore  pel  foverchio 

camminarci  portato  dal  fervore  dello  fpirito  e  dalla  moltitudine  degli  efer^» 
eiai  ^'      •-      '    -■*  '  -■'  ••  ^  *       1- /--ì    ^.  ^t  ^ 

adi 
dj 

cièj^di  oraaione»  afliAevu  a  uiiegli  che  fono  propri  della  Congregazione 
di  San  Tommofo»  confeiTanoo  i  Fmelii» dicendo  loro  la  Meffa,  eamm»- 
niftrando  il  Sacramento  dell' Eucariftia:  nel  quel  temOo  faceva  alcuni  bel* 
Kffimi  colloqui  »  appropriati  air  oraaione  > .  molto  fempìici  e  veri  t  ma 
con*  parole  ed  affetti  tanto  (inceri  detutegli  dal  cuore  t  cne  avevano  forza^ 
dì  compugnere  ed  accendere  ogni  mente  piià  diftratta .  Neirote  poi  del 
ricevere  in  San  Tommafo  i  Pellegrini  »  fé  ne  (Uva  tutto  intemo  aquanto 
biTognava  per  efli.  Si  trovava  a  tutte  le  tornate  della  (era»  poi  a  benedire 
le  menfe»^  e  a  fervire  gli  fteffi  Pellegrini  a  tavola .  Perlopiù  procurava  egli 
d'efler  quello,  che  e(ercita(re  i)  folito  uficìo  di  lavar  loro  i  piedi:  ed  in 
Cut  ti  quefti  ani  moftrava  tanta  devozione^  che  que' buoni  e  devoti  uomi- 
ni grandemente  (i  compungevano.  Finite  le  funsioni,  e  riftoratoit cor- 
po con  una  breve  cena^  ^tte  le  tue  devozioni,  ferravafi  in  camera ,  e  le 
ivi  faceile  altri  eierciz}  e  orazioni ,  non  ci  è  noto  «  Quefto  è  ben  vero  $ 
ehe  una  molto  antica  donna,  che  ferviva  eflb  e  la  madre  in  caia,  lo  tro- 
vava bene  rpeflb,nel  maggior  profondo  della  notte ,  in  Chiefa ,  da  vanti  al 
Santtffimo  Sacramento,  in  atto  di  orazione  e  di  difciplinarfi  con  gran  fer« 
Vere:  e  fra  dì  noi  Fratelli  di  quella  Compagnia  (i  ebbe  collante  opinione  » 
ehe  egli  (i  levefle  a  tali  efercìz)  ogni  notte ,  non  ottante  che  fi  reneiTe  afiico* 
ra  {>er  fermo ,  che  egU  ogni  ftra  alla  Tornata  facefle  la  difcìplina  con  gU 
altri  Fratelli  in  Congregazione.  Quando  fi  avvicinavano  le  folennitè,  fé 

neandava  per  più  giorni  avanti  alle  carceri  ;  e  fattofi  quivir  chiudere  in 

compagnia 


ciStepagnia  di  qtidr  miferabili ,  per  jttfttit  la  mitciilt  e fer  tetto  il^ofoo  ^i 
riftortva  neUVaaima  confami  amqiacflxafiieati,  .alcoiranda  k  lorp  confct- 
fioni .  Nel  coroo  ancora  con  diverfi  a)iiti  e  riftori  gli  (occorreva  e  arafo^ 
laj^a>  !privaadou,  per  ireflìce  la  locò  iittdiiìif  fino  delle  pfoprie  camice» 
delle  ijuvAi , .  ficcomci  antora  di  altri  panni  i  era  Ormai  rimafi>  quafi  fproT* 
veduto  affatto,  Eca  foUce  tener  Capra  «Uà  carne  una  cintut a  con  pi)nte  di 
ferro  »  larga,  tre.  dita  •  Viveva  .colia,  madre  già  ridotta  in  età  cadeQte  :  e 
però  gli  conveniva  acocimodadi  ad  una  vita  non  aufter iflima  r  ma  propria 
di  un  povero  cittadino  {  contnttociò  nel!'  ufar  quel  poco  fu  par^iffimo  : 
e  quel  che  è  più,  fena' alcuno  affetto  di  gola:  ed.io  jpenfp  di  poter  afferà 
mare  eoa  giuramento  »'di  non  aver  mai  in  un  corto  di; tan^ì-  anni»  che 
Io  conobbi  e  lo  praticali  fé  mica  ufcir  daUaiua  bocca  parola  tpccanfe  fimil 
maceria»  fegno  evidentiffimo  di  una  fubJime  continenza  ^mortificazione. 
Diflè  Tempre  V  Ufiacio  inginocchioni  cofa  «  ..che  fola  dir  alcuni  fervi  di  Dio« 
li  racconta:  e  per  ordinario  non  mutò  le.ore.eonfuete»  (e  qualche  mag- 
giore intereife  del  Signore  Iddio  non  avefiè  ciò  ricercato.  EWero»  che 
egli  non  fu  molto  travagliato  da  infermitadi  gravi  »  jpa  fu  jTolito  patire 
grandiflimo  dolore  di  tetta  •  Mi  foleva  dire  bene  fpefla»  che  non  mai 
aveva  avuto  croci;  molte  però  ne  ebbe»  che  dalla  fua  gra»:. conformata 
nella  volontà  di  Dio»  fervore  edefiderio  di  patire,  fion*  gii. erano  lafcjace 
conofcer  per  tali.  Una  gli  fi  rendè  altrettanto  fenfibile  »  quantp  gli  fu  più 
domenica  e  familiare:  e  fu  V  aver  con  fuo  gran  difaftro  a  Cbmmìniftrare 

frandie  continui  aiuti  ad  alcuni  funi  parenti  mendici;  donde  il  povero 
Tancefco»  non  foto  non  ritraeva  il  defiderato  frutto  per  T  anima  e  pel 
corpo  in  alcuni  di  loro»,  ma  ne  aveva  corrifpondenza  di  poco  frutto  e  gta- 
titudine:  il  che  eragli  bene  fpeflò  rimproverato  dalla  fua  per  al^o  buona 
madre  »  quafi  che  egli  s' affanna^  in  vano  »  togliendo  a  4e  fteflo  il  neec^- 
rip:  al  che  egli  era  folito  rifpondere:  Or  qx^  fta  il  merito  i  in  beneficaci 
chi  noi  conofte.  .    >  .    .  -.    * 

Non  è  da  paflarfi  con  filenzio  una  virtù  del  nofiro  Francefco»  nella^ 
quale  egli  veramente  fu  fingolaiiflimo.i  e  fu  la  Suncerità  e  Lealtà  »  non  me-^ 
no  nel!' intenzione I  che  nel  parlarle  trattare.  Primieramente  non  è  chi 
fappia»  che  egli  dicefle  mai  bugiai  anzi  egli  medefimo  infegnava  una  re* 
gola»  ch'e'diceva  avere  imparata  da  Sant'  Ignazio  di  Lojohr  che  quando 
ad. alcuno  per  inavvertenza  o  trafcorib  di  linguai  accade  il  dire  alcuna  cola 
non  vera»  dee  egli  prontamente  ridirli  :  e-  quefto  .non  folo  per  dar  luogo 
alla  verità»  ma  per  afluefarfi  a  non  dir  mai  il  fallò.  Era  in  lui  queffa  virtù 
della  Sincerità  »  ficcome  ancora  alcune  deli'  altre  dette  di  fopra»  quafi  ec- 
cefliva:  e  nafceva  tale  ecceflTo  da  una  certa  fama  e  eri^na  impliciti» 
colla  quale  egli»  per  cosV  dire»  fi  avventava  e  fi  lancbva  a  tuttociò»  che 
làpeflè  di  virtù  »  e  m^fiimamente  fé  ridondava  in  propria  umiliazione . 
Occorfe  yn  tempo  fa  quello  fatto  fra  molti  »  che  fimiil  a  quefto  fi  potreb* 
ber^  raccontare .  Era  egli  da  Monfignor  Vefcovodi  Fiefble  Ruberto  Stroezi 
efiiminato  per  pafìàre  air  Ordine  del  Sacerdozio.  Gli  fu  aperto  il  Cate- 
chifmo»  ficcome  è  folito  a  cafo  per  farlo  dichiarare  alcun  luogo  di  efib:  e 
volle  Iddio»  che  glie  ne  toccafle  a  dichiarare  appm^tauno»  il  quale»  prima 

d'andare 


FRETB  FRANCESCO  BOSCHI.     445 

d^tnitté  All^cfiiiie  «rafi  egB  molta  e  molcoftiMiiattf  cmm  qucfli,  cbi 
aTondo  in  poco  tetnuo  di  Audio  di  gifamnittica  fino  allora  potuto  nt  poco 
pfofiito»  poco  caiandìo  fi  pronetceva  di  fis  medefiao^  Dichiarò  egli  adun* 
que,  e  fi  portò  sì  bene,  onde  il  Vefeoro  diedelo  per  approvato ,  Allora  il 
Botchi  voltatofi  a  lui  cosi  gli  parie  r  Monfignore  IllttftriiliiAo ,  io  vorrei 
dire  una  coCa  liberamente  »  acciocché  dU«  per  akiin  tempo  non  avefle  ad 
avere  ferupolo .  Sappia,  che  il  luogo»  che  eUa  mi  ha  fitto  dichiarale  è; 
quello  appunto ,  che  io  aveva  affiu  fiodiato  prima  di  vanirà  alP  efame»  e 
però  lo  (piegarlo  mi  e  riufcito  %\  bene,  che  le  VSL  Illtiftfiffima  mi  farà  cro"* 
vare  altri  capitoli,  che  k>  non  abhia  premedicati,  conofcerà  chiacameato 
la  differenza»  e  potrà  con  più  ficurena  fbonar  di  me  il  fuo  giubato  « 
Da  quella  così  inafpettau  propofiaione  reftb  unco  edificato  il  VefeovOt* 
ohe  per  altro  oonofireva k  fua  bontà,  che  fiibito  jrifpQfe  in  quatta  formai 
Orsiii  fappiate,  che  non  tanto  per  aver  voi  ben  dichiarato,  quanto  pttt 
Queibfiettb  atto,  che  fate  con  noi  di  tanta  fincerità,  noi  vi  giudiefaMmo- 
cbgho  del  Sacerdozio  ;  però  andatevene  colla  benaditione  del  Sjq^re . 
Non  lofciò  per  quefto  V  applicazione  a  quelii  ftud),  che  credecte  poi  efler 
Mceffiir)  per  abilitarfi  diaggiormente  a  quello  ftato ,  e  particolarmente  alio 
con£èflion]»  e  per  lungo  tempo .  Oltre  alle  esplicazioni  cai  congrefli  privati  » 
frequentò  la  Iceione  de' Cab  nella  Chiefii  di  San  Giovannino  do^  Padri  Gt^ 
filiti  •  Così  belle  virrù  dei  noftroFrancefco  il  renderottafempremai  venera^ 
bile  ad  ogni  forte  di'  perfone;  e  quello,  che  è  puY  da  ftima»,  a*  Superio^ 
li  Eocle&flici  ;  ènde  quali  del  continuo  fu  dato  per  confeflbro  e  ftraordi-* 
mrio  a  diverfi  Monafter}  di  Rei  igiofe,  dove  per  lo  fuo  grande  zelo  fece  non 
poco  frutto;  e  come  colui,  che  era  mortìncatiffimo t  e  con  fé  fteflb  rigo- 
roTo ,  eccitava»  e  talvolta  forfè  troppo  vivamente  »  l'anime  a  lui  commwTe* 
a  far  quel  tanto»  che  egli  in  fe  medefimo  praticava .  E  perchè  fi  trovanOr 
molti  buoni,  e  pochi  perfetti,  né  poflon  tutti  per  una  ftrada  madefiom 
camminare;  pochi  ancora  erano  quelli»  a  cui  baftafle  l'animo  di  fecondato 
interamente  il  fuo  volo;  onde  Cu  neceflario»  che  la  felice  memoria  del^ 
P  Bminentiflimo  Cardinal  Nerli  il  vecchio»  allora  Arcive&ovo  di  Fireneor 
par  mezzo  di  Monfìgnore  Soldani  Vicario,  operaife  »  che  egli  rimectefio 
alquanto  i  fuoi  fervori ,  moftrando  in  un  tempo  ftefib  con  fue  lettere  V  ot^ 
timo  concetto  e  la  grande  ftima ,  in  che  egli  aveva  la  di  lui  virtù ,  della  qua^» 
le  lo  Aeflb  Arcivefcovo  più  volte  fi  valfe  per  accalorar  lo  fpirito  e  la  devo^ 
zione  in  alcuni  monaft^rj,  che  n'ebbero  per  akon  tempo  qualche  bifò^ 
gno ,  e  confervarlo  in  altri  più  fervorofi;  In  occafione»  che  egli  eferdcava 
quefta  carica  di confeflbre ai  Monache oecotfero  varie cofe di  edificazione; 
Aia  noi  ne  racconteremo  folameme  alcune  poche  per  fuggir  lunghozra  • 
Nel  Monaftero  di  San  Franceico  trovò  egli  una  Rcligiofa  già  da  gran  tem* 
inferma»  che  flava  di  Continuo  a  letto ,  chiamata  per  nome  Suor  Aiona^ 
ria  Zuccherini .  Quefia  creatura  ftava  in  mez^o  a  tante  afflizioni  rafle^ 
gnatiflTima  in  Dio,  e  fi>pportava  con  gran  pazienza  la  propria  infermità* 
Giunffc  ella  finalmente  al  fine  di  ilia  viu  in  tempo  del  Bofchi  »  il  qualo 
efortandola  a  fare  una  buona  preparazione  a  cos)  tremendo  paflaggio  f 
quale  e  quello  della  mortai  (bppe  da  lai  medelima>  che  altro  non  aveva 

ella 


S.\ 


446      Decenti.  V.  Ma  Parh  l.  delSec.  V.  dai  16^0.  ali6$o. 

dia  fatto  dal  jprìfflo  dV»  che  elle  r  iiifeniiò  9  che  nel  principio  del  fpomi^ 
figurarti  dover  quello  efièr  1*  ulcimo  di  £iia  vita»  fiicendo  la  separazione, 
per  la  morte,  con  raiTegnarfi  in  tutto  e  pertucto  nel  divino  Denepkdtoi 
e  accettandola  volentieri  ^  e  (èntendot  clie  della  virtù  deUa  mortificazio* 
ne,  appena  ella  faueva  il  nome»  gli  perfuafe,  che  per  preparazione  ali^ 
morte  fiicefle  queita»  cioè;  che  nel  ricevere  il  Saatiffimo  Viatico  »  il  che 
sa  quel  Monaftero  fogliono  fare  ia  prefenza  di  tutte  leMonachct  tenefie. 
una  fune  al  collo ,  ed  efiìi  lo  fece  volentieri;  e  di  più  promeflet  morendo» 
che  fé  fofle  piaciuto  al  Signore  Iddio«  gli  avrebbe  tatto  ùpett  fé  era  in  loo- 

Sdì falute  :  e  poco  dopo  fé  ne  morì.  Paifate alcune  ièttimane »  il  .Bo£chi 
mandato  Confeflbro  ftraordinario  a  San  Matteo  in  Àrcetri,  ad  iftanza 
del  Confeflbro  ordinario t  acciocché,  come  uomo  di  fpirito  mortificato» 
fiicefie  prova  della  bontà  di  una  Monaca»  chiamata  Suor  Maria  Angiola 
Gini  da  Loro»  Caftelio  del  Valdarno  di  lopra ,  delle  virtù  della  quale  iit 
quel  tempo  molto  fi  parlava:  ed  infervorane  ancora  le  altre  alla  perfetta 
oflervanza  dell'  inftituto  religiofo .  Rltrovandofi  pertanto  egli  un  giorno- 
a  difcorrere  con  quella  ferva  di  Dio  »  feppe  da  lei  »  che  un  buon  SacerckH 
te  »  Dottor  Teologo,  datole  da^  Superiori  per  fuo  fptritual  Direttore,  le 
avea  fcritta  una  lettera,  nella  quale  (1  ralle^va  con  efla,  che  il  fuo  Mona- 
fiero  avelie  avuto  per  Confeflbre  ftraordinario  il  Bofchi ,  attiflimo  e  ]iratico 
ne^bifogni  fpiritoali  dell'anima;  efortandola  a  trattar  fecacon  ogni  mag«- 
gioir  confidenza  e  comunicazione  del  fuo  interno ,  ed  a  chiedergli  per  fuo 
profitto  fpirituale  qualche  mortificazione,  proponendole  beni  grandi»  che: 
per  Tefercizio  di  quefta  virtù  fono  riferbati  in  cielo.  Quella  lettera  diede, 
ella  fiefia  a  vedere  al  Bofchi»  il  quale  alla  prelènza  di  lei  la  leggeva  forte: 
ed  arrivato  a  nominare  il  Paradifo,  Suor  Maria  Angela  andò  in  efiafi»  co« 
me  era  fuo  folito  ogni  volta  »  che  di  fimili  cofe»  con  chi  fi  iùEk  »  difi:oneva  à 
K  Bofi:hi  fin)  di  leggere  la  lettera,  e  vedendola  ftare  alienata  da' fenfi  »  ia 
atto  di  guardare  in  fy  »  le  domandò»  che  cofa  vedeva .  A  quefia  domanda 
di  ubbidienza»  ella  pure  ftando  in  ratto»  rifpofe:  Il  Paradifo.  E  di  lì  a 
poco  fogpiunie»  di  vedervi  una  Monaca  del  fuo  Ordine»  tutta  gloriofii  e 
bella .  Ricordofil  fubito  il  Bofchi  della  promefia  fattagli  da  Suor  Anna  Ma* 
ria  Zuccherini»  nominata  di  (opra»  ediffe:  E' ella  la  tale?  E  Suor  Maria 
Angela»  rifpofe:  Ella  china  il  capo»  e  dice  di  sì;  e  foggiunfe  »  come  ella 
aveva  al  collo  una  bdliflima  catena  di  diamanti.  Di  qua  preft  il  Bofchi 
occafione  di  raccontarle  la  mortificazione»  che  le  aveva  fatta  fiure  nel  pi* 
gliare  il  Santifiìmo  Viatico»  e  fo^iunfe:  Così  ricca  catena  è  in  premio  di 
queRa  mortificizione  :  e  che  pero  vedendo  come  Iddio  le  rimunera  »  .fi 
reparafiè  ancor  ella  a  far  quefla  ed  altre  fimili»  che  le  avdSe  ordinato  di 
ite  in  pubblico .  Suor  Maria  Angela  moftr6  a  ciò  gran  repugnanza  »  pa* 
rendole»  che  fimili  atti  efercitati  in  pubblico»  ed  m  luogo»  oove  non  era 
k  pratica  di  tali  cofe  ».  aveflèro  molto  di  fingolare  :  che  piuttofto»  per  quan* 
to  fofle  fiato  ad  e(&,  averebbe  eletto  di  fiir  privatamente  difciplme  a  fan- 
gue»  e  di  ritornare  eziandio  a  patire  i  foliti  tormenti  dal  comune  inìiqi-* 
00»  che  per  lo  fpazio  di  tanti  anni  avea  patito  (combattimento  fimile  a 
quello  di  Santa  Maria  Maddalena  de'  Pazzi  faa  fpeciale  ^Avvocata  ».  e  per 

grazia 


g 


TRETE   FìtAN^GESCO   BOSCHI.      447 

.^akift* dèlia  quale  èUa  fùpófta  nella^ftrtda  dcUar  perfezìoue  )  mt  perohè  il 
Bofehi  perfeverò  nel  fuò  parere  ^  ella  la  pregò  a  raccomandarla  a  Dio  »  che 
le  deffe  cuore  per  fare  T  ubbidienza..  Quindi  è  »  che  egli  non  folo  eferci* 
tò  lei  •  «  le  fece  aver  vittòria  di  quell'umano  riCpecto»  infervorandola  in 
quel  fanto  efercizìo  ;  ma  ancora  efercicò  molto  bene  tutte  l' altre .  Intanto 
•V venne,  che  avendo  il  Bofthia  lungo  andare  bene  fcoperto  la  gran  fo**^ 
dena^  di  virtù  di  quella  ferva  di  Dio  »  e  i  grandi  favori  »  che  il  Signore  le  ft^ 
ceva ,  cominciò  ne'diicorfi  famigliari  »  che  egU  aveva  co'  Fratelli  della  Com« 
pagniadi  S.TommaCb  d'Aquino»  a  celebrar  la  fua  bontà:  ciocche  per  li  Ma» 
nafterj ,  per  eccit4r  l'akre  air  imitazione  di  lei  »  fece  talvolta  Monfig.  Solda» 
ni,  allora  Vicario  di  Firenke;  e  ouando  avvenne ,$Iie per  tutta  la  città,  an- 
zi per  tutta  la  Tofcana  fi  fparfe  la£ima  di  tanta  virtù,  ficchè  in  breycf  av<» 
vìandofi  a  quei  Monaftero  gran  concorib.di  perfoncj  tirate  da  defid^iodi 
raccomandarfi  alle  di  lei  orazioni»  funeceCTarioj  che  elU  procurafle  appref«» 
io  i  Superiori  l'obbedienza  di  ftarfene  ritirata ,  e  di  non  parlare  ad  alcuno  i 
£Bcero  poi  i  Frelaci  ogni  sforzo  per  impedire  tal  concorlb  •  ed  efla  efercitaro 
con  mortifieazioni  »  lalciando,  che  Htparg^iTe  voce  fra  la  gente  volgare  > 
eh* e'  non  foffeciò,  che  li  diceva»  anziché  ella  fqiTe  innocentemente  il- 
lufa .  Cosi  fu  foddisfatto  da'  Superiori  Ecclefiafiicit  alle  parti  di  una  intera 

{prudenza,  fenza  perder  punto»  dentro  loro  fie(B,  dell'alto  concetto  in  che 
'  ebbero  fempremai:  e  quando  ella  fece  da  quella  ajl*  altra  vita  pafiaggio , 
che  fu  a'  zi.  di  Aprile  1664.  coi\corfe  a  vederla  infinito  popolo  per  devo* 
zione  ; .  Oltre  a  quanto  detto,  abbiamo ,  introduce  il  Bofchi  in  quello  Con- 
vento l'oraziori  mentale  in  comune,  fietceiidone  fare,  ogni  fera  mezz'  ora 
fopra  gli  eferciz)  di  Sant' Ignazio,  proponendo  lorp  i  punti,  facendo  il 
colloquio»  e  cavandagli  affetti,  con  terminar  T orazione  colla  pratica  di 
qualche  mortificazione  nella  perfona  di  Suor  Maria  Angela  e  d'  alcre ,  che 
moftravano  più  rpirito  cdefideiio  di  far  profitto.  Un  giorno,  che  ella  .era 
in  eftafi  »  in  ateo  molto  divoto»  la  rìcrafle  in  fembianza  di  Santa  Caterina 
da  Siena:  e  quefio  ritratto  ebbe  poi  Suor  Maria  Diomira  Vita,  che  quivi 
per  configlio  del  Bofchi  »  fotto  la  difciplina  di  Suor  Maria  Angela  veftì  ahi* 
to  reUgiolb.  Ma  perchè  alcune  Monache,  che  per  maggiore  efercìzìo  di 
quella  buona  madre  aveva  permeflb  Iddio»  che  fi  rimaneflero  nel  lor  pe^ 
rere  di  poca  approvazione  del  luo  fpirito  »  ,non  avellerò  a  crederei  cho 
Suor  Maria  Diomira ,  fotto  quella  apparenza  di  Sanca  Caterina,  volede  da« 
re  qualche  culto  ali*  immagine  di  Suor  Maria  Angela,  elU  ne  fecealqmn* 
to. aiterare  l'effigie.  Fece  poi  il  Bofchi  un. altro  ritratto  della  medefima» 
ièguita  la  fua  morte ,  dal  fuo  cadavero,  alia  prefenza  di  chi  quefte  cofe  fcri«^ 
ve,  che  vi  fu  condotto  da  lui  medefimo,connon  pocp  godimento  dell'ani- 
mo fuo  ;  attefochè  avefle  la  forte  di  poter  colle  proprie  mani  accomodare  il 
venerabil  corpo  nell'  attitudine  necelTaria»  acciocché  dal  Bofchi  ne  fofle 
fatta  il  ritratto»  e  di  farne  ancora  elfo  ouivi  un  aitro  ritratto  per  propria 
devozione .  Fu  ancora  il  Bofchi  ConfeUbre  ordinario  in  un  altro  oKilto 
Venerabile  Monaftero  di  Vergini  lìobili»  dove  molto  trovò  da  patiie;  per* 
che  promovendo  e  favorendo  egli  il  concetto  di  quelle  Madri,  che  deude« 

cavano  d' introdurvi  il  vivere  in  comune»  tanto. profittevole  alle  colè 

religiole  > 


44B     Dietim.  V.  Ma  TarL  l  dà  Sic.  F.  dal  i  ^40. 4/1^50. 

religiofet  le  contrarie  Aserio  CiiiM  tuoMie,  dm  i  Ptthti*  per  ovviare  • 
taaggieci  difturbt»  ftimarono  bene  é$r  loro  foddiafttione  con  riaoonsrla 
da  tale  ufizio .  B  v^uco  il  tempo  H  pigiitr  da  quelle  Madri  quelle  inteea.* 

Edi  va  ed  ultima  licenza  t  difle  loro  il  noftno  Sacerdote  pubblicamente: 
cenofco,  che  voi  mi  avete  fttto  rimuovere»  perchè  non  vedete  xiailo- 
mere  la  Comunitjk  ;  ma  fiippiate,  die  |d  o^ni  modo  non  palleranno  ere  anni 
che  voi  r  avrete  e  fiire;  e  co^  è  tvvenuco,  perchè  effisndo  loro  ConfieOb* 
re  un  altro  venerabile  uomo  »  nel  fermine  eceennato  dal  Becchi ,  né  più 
né  ipeno»  con  grande  edificazione  di  tutta  la  cittàt  fi  ridulTe  quel  Mona* 
ftero  alla  perfetta  comunità  religiofa .  Ma  tempo  è  ormai  di  dar  fine  e  que<- 
fia  narrazione,  e  venire  a  parlare  di  quali'  attOt  che  facendcrft  una  ibi  voi* 
ta  bène»  fi  guadagna  una  eternità  dì  benei  e  facendoti  una  fol  volea  male» 
fi  cade  in  una  eternità  di  mei^»  fenze  mefcolanza  di  alcun  bene . 

Arrivato  finalmente»  che  fu  il  noftro  Francefco  alla  fua  età  di  anni 
ain^uantafei  »  volendo  il  Signore  Iddio  por  fine  a'  fuoi  molti  travagli  > 
e  dargli  luogo  di  refrigerio»  determinò  di  diiamarlo  a  fe»  Era  già  venuta 
k  Pafi}ua  del  Santo  Natale  dell' anno  1675.  quando  Francefico  andatofene 
alfe  carceri  del  Bargello»  come  era  fuo  coftome  il  £are  per  le  principali  Som 
iennicà  :  fotterratofi  fra  quei  mefchini  per  inflruirgli  nelle  coTe  necefiario 
della  Fede  »  ed  aggiuftare  le  cofoienze  loro»  acciocché  poteflero  degnamene 
te  accoftarfi  al  Sacramento  deir  Eucariftia  »  fteaevi  alcuni  giorni  quafi  in- 
teri ,  perche  per  ordinario  non  ufciva  mai  »  fa  non  per  quanto  gli  bifogna^ 
va  per  la  neceflària  refezione  della  fera  e  ripofo  della  notte*  Fin  da  que^ 
fio  tempo  y  come  fi  è  altrove  accennato  »  acaaione  del  mal' odwe di  quello 
ftanze  »  e  delie  fiitiche  e  de'difagi  ^uivi  patiti»  uccome  a  m^  riferì  Luzio  Pie-» 
fucci  ftato  fuo  medico»  comincio  a  corromperfegli  il  (angue» ed eflb  a  dee 
fegni  di  non  iftar  bene .  per  la  fefta  dell*  Epifania  fu  invitato  a  fiu^e  un 
fermone  a'  Fratelli  della  Compagnia  delle  Stimate»  e  fra  V  eeceffivo  calore» 
che  rendeva  la  moltitudine  della  gente  in  quel  luogo»  che  è  fiitterraneo» 
e  di  poca  difianza  dalla  terra  al  paleo»  e  Teflbrfi  riscaldato  afiai  in  fermo» 
neggiare;  tornatof^iea  cafii  fii  (oprapprefo  da  una  gran  fabbro.  Fecafi 
fubito  chiamare  il  foprannominato  medico»  e  con  eflb  poi  il  Dottor  Car* 
Io  dèi  Braccio»  Tuno  e  l' altro  de'  primi  di  noftra  città»  i  quali  gU  appli- 
carono ogni  ^flibil  rimedio;  il  tutto  però  fempre  in  vano«  e  lenza  cho 
mai  li  malignità  di  quel  male  né  punto  ne  poco  cedefiè»  finche  lo  ridufle 
air  ultimo  del  fuo  vivere .  Ne?  pochi  giorni»  clva  precederono la  fua  mof' 


Francefco  fé  ne  ftava  tutto  raflegnaco  nel  Signore»  e  quafi  del  continuo 
sfogava  il  cuore  fuo  con  quegli  attctti  di  Auk»  di  Dio  e  zelo  dell'  anime  » 
che  fopra  abbiamo  accennato;  quantunque  per  lo  gran  calore  della  feU>re» 
iion  fempre  con  mente  del  tutto  fana.  La  mattina»  che  andò  innan»  al 
giorno  della  fua  agonia»  nel  paflar  che  faceva  io  davanti  la  porta  della  fua 
camera  »  che  quafi  io  non  ardiva  entrar  dentro  »  ecli  mi  vidde»  e  quafi  eoa 
fretta  mi  chiamò»  mi  prefc  per  la  mano»  e  aai  dt^  9  che  ^  gli.auevaiu» 

intimata 


•  *    ' 


iNtETjS\^nAUCES^<^  CSMCMl.     44J. 


kttlÌMìH'  1^  morcev  e;|teir  vefibidèMq  fono  l»  mttWiim^^W..    Poi  con 
utiA  otfrta  allegrerà',  ^salc  poema  .ino(fartiii  da  un<jni!oribpn4Q,  inifciifle^ 
€hQ,fi  Gonfolai^a  alquanto,  pec  non  faper  iUavpr  facto  inai  peccato  mor^ 
cale-:  e  che  «filanto  a' remali  fatti  appofta»  non  avrebl^a  Apuco  gosì  bene 
rij(blrtrii  a^  dire ^  fé  ne  avelie  commefli  o  qà.  :Io  la.perfuau  co^  bravi  pi*, 
role  a  rendei  di  ciiò  grazie  al  Signore;  .ma  che  per  quello. <:l)e  toccava  9: 
lui,  procuridè di  efercìtarfi  in  accidi  umiliazipne  a'  Dìo»  ci)n)g  grap  ;pec'r 
catore,  afficurandofi  efler  ouetto  ii  meno  più  certo»  coi.  quale  s'incontra 
il  cuore  di lùt  oon  quello :deiruomp. nel  bauo  della  pace,.  L'umik  France^ 
ico  fubico  congiunle  le  mani  in  modoibmmamente  devpto,  e  inchinai  dot 
la  cefta^  già  moftrò  di  eflferfi  conformato  in  tutto  e  partucto  a  quel  (èotim^n^s 
to.  Di&  poi  ai  Reverendo  Prete  Filippo  Franci  >  uno  de' Fratelli  delle 
Congregazione,  cheiròlte  voltenelfuo  male  lo  vifitò,  che  nell'atto  di  rir 
cevereji Santo. Viatico,  arerebbe  volentieri  fatta  un  efortaaionc*  ma  fti« 
mandofi  da' medici  e  dagli  aftanti  cofa  pericolofa,  e  da  affaticarlo  notabile 
mente  con  accelerazione  della  morte,  il  Reverendo  Prete  Paolo  tilippa 
Baldisiani  Fratello  di  Congregazione,  che  poi  fu  in  fuo  luogo  Cappellano 
e  Cuflode della  medefima,  ii  quale  con  gran  cantagli  afliftè  fempre  nella 
malattia  e  nel  morire, gli  ordinò  il  non  farlo .  £gli  collo  (leflo  atto  di  umii» 
liazione  e  devozione  fopraccennata ,  fubito  moftrò  di  accettare  tale  ubbi*» 
dienza:  e  venuta  l'ora  dei  comunicarii,  ricevè  il  Santo  Viatico,  confcgni 


Dipoi  entrò  in  agonia ,  in  cui  circa  un  giorno  e  mezzo  fi  trattenne ,  dan« 
do  fempre  fegni  di  criftiani  affetti ,  di  gran  pazienza  e  di  unione  col  fuo 
Dio .  Finalmente  circa  alle  ore  iedici  e  mezzo  del  giorno  i6.  di  Gennaja 
dell*  anno  4^75.  in  età  di  anni  cinquantaièl  9  giorni  due,  nella  prima  ca« 
mera  del  Dormentorio  a  man  delire*  rene»do  dalia  parte  del  Coro  di  efla 
Compagnia  di  .San  Tommalb  d'  Aquino ,  renaè  lo  fpirito  al  Sienore^ 
La 'filma  ^  in  che  lo  averano  molti  luoi  partioolari  amici ,  oltre  al  con* 
eetto  unirorfale^  che  correrà  per  tutto  di  fua  kcaiti^ ,  fece  a),  che  foflìa 
prmsirato,cbe  rimanefie  alcona  memoria  di  lui ,  per  ifpiritual  confolazio^ 
ne  ed  efemplo  de*  pofteri . .  Onde  voftito  il  fuo  corpo,  fu  fubito  fatto  il 
fuo  ritratto  per  mano  di  Michele  Arcanfelodi  Cofimoralloni  da  Campi  »  (^i) 
d^no  difoèpolodi  Baldaflkrre  Voltecranpt  il  quale  oggi  fi  trova  in  Litua^ 
nia,  dove  difngne  nel  Monte  Pads  una  Chiefa  fatta  fabbricare  dal  Grati 
Cincelliere  di  quella  Provincia  Loreaso  de' Paspzi  nobil  famiglia  Fiorenti*^ 
na:  e  fu  ancora  formato  il  fuo  voko  per  farne  poi  più  getti,  ficcome  q 
feguito .  Tutto  il  giorno  de'  i  tf«  fi  tenne  efpofto  il  fuo  co&do  nella  Chiefa 
di  Conaregazione  f  e  perchè  egli  aveva  ordinato  d'efler  fepoito  nella  Chiefi^ 
de'  Padri  Oefi^ìti  in  San  Giovannino  t  fu  la  fera  medefima  a  quella  portato* 
Dietro  e  quel  cedevero  ii>  cadmiò  oudca  gente  di  ogni  M»fib  e  condizione ,  I4 

F.f  qua/e 

(a)  J^Jlo  FéìUmi  CQpA^grigimmv^e  m  G$0r4fir$b$M  irionfi  di  CgmmiU^ 
difim^kéfrefco  d§  Cecchin  Salviati»  U  qual  cofi^i  Qggi  vi  fi  vede. 


450     t>èà'kAP^ìi^fdi!t.r:dèlSà,Kdaii^o\:éi6so. 

^lute  con  ditaoanzioiM^mefìh^iV  1ò  volte  jicooòiFiignue&uk  ftdft-CIti46.^ 
«  molci  non  potevano  faziarlì  di  celebrare  li  bohtàs  .virtù  dì  cale  ooibd  . 
XjS  notte  feguente  fu  ferrato  quel  corpo  in  alcune  flaaae  del  Collegio* 
finché  gmgne0'e  l'ora  di  poterai! dar  fejpoitùra,  lìccome  fi  fece  U  miccina 
del  di  17  volle  eferciur  qnem».  pio  ufizìo  il  Commendatore  Fra.  Ferdi^ 
nando  BuonaccorG  Cavaliere  GierofoUmitano*  il  qaale  lo  collocò  nella  ie- 
poltura,  che  è  fotta  l'Altare  di  Sant*  Ignazio  della  medefima  Chicfa.  di 
San  Giovannino.  Dipoi  fon*  occorlè  molte  cole. di  grand' edificazione > 
che  hanno  confermato  il  buon  concetto,  che  ù  ha  di  quelito  fervo  di  Dio . 
Ma  bacandomi  l'aver  raccontato  per  comuaeefempio  le  virtù,  colle  quali 
egli  conversò  fra  di  noi;  lafcerò  il  rimanente  focto  i'  infallibile  e  fapien- 
timtno  governo  della  Divina  Provvidenza»  di  cui  è  parte  Ìl  far  palefi  o  no 
gì'  impenetrabili  fuoì  fegreci,  fecondo  ciò»  che  appartiene  alla  maggior 
tua  gloria  »  e  islute  noftra . 


LORENZO     LIPPI 

PITTORE    FIORENTINO 

*Diftepotù  di  Matteo  RojfeWt,  nato  i6o6,  ^  1664, 

IAcqne  Lorenzo  Ltppìi  Pittore  e  Cittadino  Fiorentino»  L'an- 
no 1 6a6.  Il  padre  luo  fu  Giovanni  Lappi  »  e  la  madre  Maria 
Banolìni .  Atcefe  ne'  primi  anni  delk,  tancìullezza  alle  lette- 
re umane  ì  ma  pei  ftìmolatu  da  an«  molco  fecvcnse  uicUnaR 
zionc ,  che  egh  aveva  avutodalh  Natara,  «Ile  cofedeldtfegno# 
deliberò,  fenza  lafciar  del  tutto  ie  Isncre .  di  darfi  a  qttello 
ftudio  :  e  per  ciò  fare  fi  accomodò  appreflo  a  Matteo  Rovelli  »  pittore  non 
folo  di  buon  nome,  ma  altrettanto  pratico  nel  fno  meftierc,  e  cactiacivo 
nel  comunicare  a'gioVani  h  propria  virtù,  edinfiemccon  eflàogni  buofk 
coftume  civile  e  crìHìano .  Era  in  qocflo  tempo  il  giovanetto  Lorenzo  d» 
fpirìto  sì  vivace  e  focofo ,  che  con  eilcr'  egH  applicato  s  vK}  divertiaKiv- 
ti,  tatti  però  viriuofi  e  propri  ^ì  quell'età,  cioè  di  fcherma»  faharc  aca^ 
^Ilo  e  ballare,  ed  anche  alla  frequenza  dell'Accademie  di  lettere;  Sep- 
pe comuttocìò  dar  tanto  di  tempo  ai  principale  intemo  foo ,  che  fu  il 
dlfegno  e  Is  pittura,  che  in  breve  k(ciatìfì  indietro  tutti  gli  altri  fuoi  oon- 
difcepoli ,  arrìvòa  difegnar  t\  bene  al  naturale,  che  i  difesi  ufcici  di  fu» 
mano  in  quella  età»  fianno  al  paragone  di  molti  de' principali  naefiri  di 
quel  tempo I  ed  io  non  ho  dubitato  di  dar  luogo  ad  un  dìfcgno  di  matita 
roflae  nera»  fòtto  da  lui  in  que' primi  tempi,  fra  gli  altri  difegni  pure  di 
fila  manoi  ne'  libri  del  Eereniflìmo  Granduca ,  che  concengoucr  la  maravi- 
gliofa  raccolta,  fatUnc  dalla  gbriob  memoiia  del  Scieiùffimo  Cardinale 

Leopoldo. 


b    |ò£ ÙREKEO\  l IPFL  4^i- 


Leopolda,  fri  foinnui  difegfiaya  qgli.ttnco  bone  »  che  fe  e*  non  fofle  Atta) 
in  lui  jin  amor  fìflb»  che  egliebbe  femprc  intorno  alla  fecapiìce  imicazio-» 
ne  del  naturale»  poco  o  nulia  cercando  quel  più»  che  anche  fehza  fcoftari^ 
dd  vero*  *può Tingegnolb  actefioe  tggiugner  di  bello  air  opera  fua»  imi», 
tahdofolamenteil.pm  perfetto»  con  vaghezza  dì  abbigliamenti  ^  varietà 
e  bizzarria  d' invenzione»  avrd>be  egli  lenza  fallo  avuta  la  gloria  del  pri- 
mo lartefice,.  che  aveiTe  avuto  ne'fuoi  tempi  quella  patria  »  ficcome  fu  fii**^ 
mata  il  migliore  nel  difegnare  dal  naturale.  A  cagione  dunque  di  tal  Xua 
genio  alia  pura  imitazione  del  vero»  non  volle  mai  fare  ftudip  fopra  le  epe» 
re  di  molti  gran  maeftriv  ftati  avanti  di  lui , che  aveflèro  tenuta  maniera  di- 
verfa;  ma  un  folo  ne  elefle»  in  tutto  e  pertuttp  conforme  al  fuo  cuore:, 
equello  fu^Santi  di  Tito»  celebre  pittor  Fiorentino»  difegnatore  mata  vi- . 
glio{b»e  bravo  inventore;  ma  per  ordinario  tutto  fermo  ancora  elio  nella 
loia  imitazione  del  vero  .    Delle  opere  e  difegni  di  cpftui,  fu  il  Lippi 
coA  innamorato  r  che  fino  nell*  ultima  fua  età  fi  metteva  a  copiarne  quan- 
ti ne  poteva  avere  de'più  belli;  ed  io  il  io»  che  più  volte  gli  prtft  i  pci^. 
ule effetto  certi  bellilumi  putti  t  alcuno  de' quali  (così  buon  maeftroco-: 
me  egli  era)  non  ebbe  difficoltà  di  porre  in  .opera  qvafi  interamente  feq-^ 
za  punto  fiutarli .  Ammirava  il  RoìTem  fuo  macftro  q\i«fto  fuo  gran  di(^«. 
gno»  accompagnato  anche  da  un  piacevole, qolorino;  e  frequentemente' 
glidìceva  alla. prefenzadi  altri;  Lorenzo»  tu  difegni  meglio  di  me.  Glifa^j 
ceva,xonfua  iiìvenzione*  difegnare»  cominciare»  ^  talvolta  finire  anatra 
to  di  colorire  alcune  delle  molte  opere»  che  gli  erano  tuttavia  or4inate:^ 
o  fra  queile»  che  ttfcironp  fuori  per  fatte  dal  Roirelii,  che  furono  quaC^ 
interamente  .di  m^no  di vkii »  cen^folainvenziona  del  maeftro;  fi  annove;- 
tano  i  due  quadrb»  che  fono  snella  parte  più  alta'  di  quella  Capjpella  dt^: 
Bonfi  diS;  Micheledagli  Antinoiri«  per  la  quale  aveva  fatto  il  Rofielli  U  bel* 
Ifflima.taYola  della  Natività  del  Signore;  e  rapprefentano  uno  il  mifìero, 
della  Vifitaziòne  diìSanta  Ltfabetta»  e  V  altro  l' Annunziazione  di  jM^ria.. 
Ma  petohè  una  pittura  ottimamente  difegnata  e  più  che  ragionevolmente 
colOTita»  tuttoché  manchevole  di  alcuna  dell'altre  balle  qualità  »  fu  fem« 
premai  iniftima  apprelFo  agi*  intendenti;  scquiflò  il  Lippi  tanto  credito» 
che  gli  furono  date  a  fare  molte  opere»  che  u  veggono  per  le  cafe  di  di-^ 
verfi  Gentiluomini  e  Cittadini*  Fm  le  altre  una  grai^  tavola  di  una  Dalida 
eSanfonè per  Agnolo  GalU;  pel  Cavaliere  Dragomanni»  a  concorrenza  di, 
Giovanni iBilivert  >  di  Ottavio  Vannini  e  di  Fabbrizio  Bofchi  ^  tutti  celebri 
pittori  e. allora  maeftri  vecchi  t  fece  un  bel  quadro  da  fa(a-_Mno  pel  Màr^' 
ehefe 

celimi  jSpéziale  dipinfeja  favola  d* Adone»  uccifo  dal  Porco  cignale 
anche  altri  ;quadri  di  Aori^«^di  mez^e  figure  »  che  lunga  colà  farebbe  il 
deferi veire.  Partitofi  poi;d^  ma^Qrp  »  crebbe  femprepiù  il  buon  con« 
certo  di  lui»,  onde  non  tati  gli  ma^cp  d%  operare .  Per  uno»  che  faceva  ar*. 
tedi  lana»'  &oe  un  Erodiade  alla  tavola  (di  Erode»  che  fu  (limata  opera  fio. 
golare:  e  Iranno  1639.  per  JU  Cappella  degli  Efchini  colorì  la  bella  tavola 
del  Sant'  Andrea  in.SaA  Frigno;  e  filari  ipoTti  quadri  e  anche  ritratti  al  na* 
..  ,  Ffx  -         turale. 


4fi    DeceHfflVlMa  P4rt.  l  del  Sèi.  W.  Mi  640,  él  1 6$o. 

ttlràle«  Era  égli  gii  pervcfìutd  tlt^iMà  di  qasntàk^nmia^ 
fi  hfdf  è  di  acctfam  cotta  mo^tcò  <mcfta  e  ciVile  fsnoirila  Eii£ifas€ta ,  ^Uuo« 
làdtGio.  Fràncefco  Sufini»  valent*  teoltiore  e  getiMon  di  «iMcalK,  éilce*' 
Tiolo  del  Skifini  vecchio  :  d  ik  LiiOfMÌS  MiriÉoi >  cdgira  dì  Alfoofo  di  Gi«« 
Ho  Parigi  >  Arehitefcto  e  Ingegnef  e  del  SeroiùffimoOranduca  Ferdioandar:  IL 
Non  era  ancor  pallàco  mk  tnwo  doj^er  H  fiio  ^fidizsor  che  fti  aonunato 
Allonfo  Parigi  fuo  nttovopareflfe^fìriiiltìfta  commiffione  c^Ifpraciid^ 
It  glortoiai  tneniorfa  della  SereniifcfnaArcsduelicSaGfaiidk^  diai«ì<liKco» 
]à  alfer  vizio  di  ^ittU' Altezza  un  buon  pretore  f  onde  a  Parigi  cpnoicciido 
li  valore  di  Lorer^^o,  diede  a  lui  tale  occafione.  Si  pofee^i  ìa  vk^gior 
e  pervenutovi  finalmente»  ^  j^cefvoto  con  ììkmffxt  dinofir^tiom  da  qiKils 
amorévole  Priiìcipefl^,  G  mife  ad  «pcware  ìrì  tuaco  ciò  cNe  gli  ftx  .tìtéktnto  : 
efecevt  molti  ifciaftf  di  Yrìvmi^ìf  Dame  cr  Cavalieri  di  qunHa  Corte, 
fi  altre  pieture»  E  perclbè  Ldttnzd  non  fi)faaieace  per  una  certa  fin  acii« 
rezza  ne^motct  e  per  dfeàné  parole 'piacevoli»  che  fònza  nò  poma  né  pocs 
dar  regno  di  rifo,  con  qiiel  fuo  volto,  per  altro  in  apparenza  ftfia  e  aia«^ 
Imcomcd»  profferiva  Niie  fpefliy  «irodcalionev  rvncfevaaim»flhsieef  dft<» 
lidftif  àbile  b  convei^faéiòn  ftia  ;  e  aitéha  (tefdbè  c^  siveva  già  data  ptìad* 
piò  èlle  coàtpuflzióne  della  bizea^r*  lèggpbndar  d» cut :eppiiefojpt»kemmo » 
ìhciiiQlaftdofa  £tf  NovéUàièOe  dMeJff'glitf,  àke  pcÀrida^  ad  m]pefo.po€3Da» 
CtìH  tég^erhf  éVei  faceva  nel^òre  del  diirertimemo^a  qiis|la  Altezza^  e 
éon  cercò  ptaecvofée  infictnìa  rìfpeacefo  daa^  fu0'poafpcio'ad>coDver£are 
c&  gf armii ,  feppe  gt^dagnarfi  a  grait  fegno  la  graaia  dì  oifcHa:  ftiricqkfla, 
atia  quale»  còs)  volendo  alta  medeiuli»,  Itf'dadidò,  cidila^lectévareiieei  po^ 
^  a  printipro  di  iik,  éhe  toùiincUt^té^^gii^ri^  dir  Crejli\  Dioiorò^  ii 
Ùppi  in  <(t]elte  psrti  cifTca  fei  meliyio  funi  dìciotibr  cobie  énAtcnSki. 
AareilSfidd  ir>  qBe»  medefióai  tempi  fdgtpttf  ia  morte  #.^ptrd^ 
^li  ffih  iaióvì%&  é  riéómpeAfaPtor  Te  n»  ttthFrdàiNa  petiia;  dolco  uoa  li^^ 
Ktattdè^  tHìt  di  fare  òpttt  bello  in  piccuM/  féppe  dare  ilifuo  làogo.o'Ffi» 
rem^o  éìÌx  comin«fazion^  dd  feo  ^oemit ,  Lai  ptioia  ci^ionerdr  queSko  af« 
ibnt<>  fùo  fu  ouell^,  che  ora  io  Cono  pef  dire,  pernoaizia  avuta  da  lai  ìkéc^ 
ÓQÙmd  Aveva  ilLip^if,  ftno  tfà)la^nciullezza  f  avata  rn ^no  dilla. Natura, 
tìn^  éfì^^Ti  ;  ma-  ptvò  ótìeth  yfìv^tìtk^^  bittzmia ,  con  xn\à  fingolan  agilità  di 
c^oijpt^',  derivdt^'hi  Itiinà^iifòIo^a^ncweSererovérchfatmhiieicavnolé^tt» 
d^fifféth  ilìdeféilarheVKte  éreVc^ttotoper  mòffitrìr^neti^lliti'e^  fdmrtni^y 
rteflc  ^iorrì  coihrche,'^ €ó  iti  ogM  fttfra  crpeVazìone f ^epfìiGi cfò  tino  fprritc^ 
rutto  fooco,  com^  erst  iffuò»  ma  nért  lalciava  pei^  qiidb>  idi  qaiaado  iit 
^ttarndfo  di  efercitare  ftto  ingegrro  nella  ^OMn dolisi ond  dir  alcun,  bei  fbfiena 
€  canzmie  rniftile  piacevole.-  CoIP  a  v^r<:tar»  in  ìói  Ketà  tf  acére(ìief&  Le  liaK 
tichfe\dèF  pemndio  rriiiemo  col  périftevb  delta  cefa  ,  fi  aodareno  aiicfacr  di* 
iftlntiendò  Mcylto  li  tempo  e  1"  ab^^l'itàt  kg4i:ei^rci^^W|^orali¥tn8  coféeflardi 
guèlfi  fi ax>da,va {e[nprefi|iii aegument^mó  ifvlMi la  cnriòfità dé^penfieri, tni^ 
ri  inrténtì  al  rittòvamemo  dr  on  noòv&è  bìtllò'  Aite  di  Vaj^  poefiil  'Aveva 
e^,  corbe  fi  è  acccmiatoi  non  iòhttitfvtè  qUaicl^pdtreMeli»  me  ancore 
grande  amicizia  le  pratica  col  nominavo  Atfónio  Pqfrigf»  ehe  pofl&devaiin» 
Villa  in^  fili*  Poggio  di  SaiHo  Romolo  i  fette  miglia  tostano  di' Faenze  fi»* 


LORENZO     LI?  PI'  455 

pra  la  {Inda  Pifana ,  in  loc^o  detto  la  Mazzetta!  ]>a(redQta  og^i  da  Bernar« 
dino  degli  Albizzi»  Gentiluomo  dotato  di  ottimi  talenti  e  di  graziofi  co* 
(lumi:  la  qual  Villa  è  non  piii  di  un  miglio  lontana  da  quel  Caftcllo  di 
Malmantile  »  che  oggi  per  euere  in  tutto  e  pertutto  voto  di  abitatori  e  di 
abitazioni»  benché  confervi  intatte  le  antiche  mura»  non  ha  però  di  Ca« 
dello  altro  che  il  nome.  Andava  bene  fjpeiTo  il  Lippi  in  Villa  del  Parigi:' 
e  nel  paflare  un  giorno  >  andando  a  fpaub»  da  quel  caftello»  vennegli  ca- 
priccio t  com'egli  era  folito  a  dirmi  »  di  comporre  una  piccola  leggenda  in 
iìile  burleico ,  la  quale  dov^  eHere»  come  togliamo  dir  noi ,  tutto  il  ro- 
^cùào  della  roedajlia  della  Gerufalemme  Liberata^  belliflimo  Poema  de! 
Ta£R>r  e  dove  il  Taflb  elettoii  un  alto  e  nobiliflìmo  fbggetto  per  Io  Tuo 
Poema*  cercò  di  abbellirlo  co' più  follevati  concetti  e  nobili  parole,  che 
gli  potè  fuggerire  l'eruditiflima  mente  fua-«  il  Lippi  deliberò  di  metterà 
in  rima  certe  No  velie»  di  quelle»  che  le  femplici  donnicciuole  hanno  pet 
ufo  di  raccontare  a  i  ragazzi;  ed  avendo  fatta  raccolta  delle  più  bafle  (Imi* 
litudini»  e  de'  più  volgari  proverbi  e  idiotifroi  Fiorentini;  di  effi  tefaè' 
tutta  r opera  fua,  fuggendo  al  poflìbile  quelle  voci,  le  ^uali  altri»  a  guifa 
di  quel  rettoricoatticJ(la»riprefo  da  Luciano  ne'fuoi  piacevoliflimi  dialo^ 
ghi ,  affettando  ad  ogni  propofiio  Tantichità  della  Tofcana  favella  ;  va  neTuoi 
ragionamene!  fenza  (celta  inferenilo.  Fu  fua  particolare  intenzione  il  far 
^Mnofcere  ia  facilità  del  parlare  noftro:  e  che  ancora  ad  uno»  che  non  ave- 
va (come  eflo)  altra  eloquenza  t  chequellat  che  gli  dettò  la  Natura»  noa^ 
era  iffluoflibile  il  parlar  bene.  Ora»  perchè  fpelTa  accade»  che  anche  te 
grandimme  cofe*  da  baflb  e  talvolta  minutiflimo  cominciamento»  traggo- 
no i  loro  principi;  egli^  che  da  prima  non  avendo  altro  fine,  che  dare 
alquanto  di  sfogo  al  fuo  poetico  capriccio»  e  paflar  con  gufto  le  ore  della 
veglia  t  aveva  avuta  intenzione  cT  imbrattar  pochi  fogli»  de^quali  anche  già 
fi  era  condotto  quali  al  desinato  fegno,  fu  neceflitato  partire  per  Germa- 
ma»al  (ervizio»  come  abbiam  detto, della  Sereni (fima  Arciduchefla:  e  con 
tale  fua  gita  venne  a4  incontrare  congiuntura  più  adeguata  per  dilatare  al- 
quanto V  opera  fpa;  perchè  e0endo  egli  colà  foreftiero  e  fenza  l'ufo  di 
3uella  lingua»  e  perciò  non  avendo  con  chi  converfare»  talvolta  o  (tanco 
al  dipignere,  o attediato  dalla  lunghezza  de'giorni  o  delle  veglie,  fi  ferra- 
va nella  fua  danza,  e  fi  applicava  alla  leggenda,  finché  la  condufTe  a  quel 
fegno»  che  gli  pareva  abbifognare,  per  dedicarla  alla  Sereniflima  tua  Si* 
gnora,  ficcome  fece  colla  citata  lettera,  Tornatofene  noi  alla  patria^,  ed 
avendo  facto  afiapora re  agli  amici  il  fuo  bel  concetto,  gli  furono  tutti  ad- 
doflb  con  veementi  e  vive  perfuafioni,  acciocché  egli  dovefie  darle  fine^i 
non  di  una  breve  leggenda,  com*  ei  fi  era  propofto,  ma  di  uno  intero  e 
bene  ordinato  Poema.  Uno  di  coloro,  che  a  ciò  fare  forte  lo  ftrinfero»  fu 
il  mólto  vircuofo  Franccfco  Rovai ,  a  perfuafìone  del  quale  vi  aggiunfe  U 
ipofira  dell'armata  di  Buldòne.  Agli  unzj  eflicacifiimi  del  Rovai ,  ii  aggiun^ 
fero  quelli  di  altri  amici,  e  particolarmente  di  Antonio  Malatedi,  Aurore 
della  sfinge  e  de^  bei  Sonetti ,  che  poi  dopo  fua  mòrte  fono  fiati  dati  allo 
AampcincicpUti  Brindi f  dc^Cichpi.  Grandifiimi  furono  ancora  gli  ftimo<» 
li  I  cne  egli  ebbe  a  ciò  fare  •  da  Salvator  Rofi,  non  meno  rinomato  pittore» 

Ff  j  che  in- 


454    Decenti .  V,  deSa  Part.  L  del  Sec»  V,  dal  i  ^40.  id  16  $0. 

é 

*  •  ***** 

che  ingegnofo  poeta .  Da  quello  ebbe  il  Lippi  il  libro  intitolato  Z0  Cunta 
de  li  CuntCf  ovvero  Trattenemiento  de  li  Ticcerille ,  compofto  al  modo  di  par* 
lare  Napolitano  »  dal  quale  trafle  alcune  belliffime  novelle .  e  meflele  inrtma . 
ne  adornò  vagamente  il  fuo  poema .  Chi  queQe  cofe  fcrifle»  il  quale  tbh^ 
con  lui  intrinfeca  domeflichezza,  e  in  cafa  c}el  quale  il  Lippi  lede  più  vol- 
te in  converlàzione  d'amici»  quanto  aveva  di  nnitòt  a  gran  fegno  V  im- 
portunò dello  ftelTo  :  ed  ebbe  con  lui  fopra  le  materie»  che  e*  deftinava  di 
tggiugnervi»  molti  e  lunghi  ragionamenti;  tantoché  egli  finalmente  fi  ri- 
folvè  di  applicarviti  per  davvero.  Ciò  faceva  la  fera  a  veglia  con  fuo  gran- 
didimo  diletto,  folito  a  dire  al  nominato  (crittore,  ch«  in  tale.occadone 
bene  fpcflo  toccava  a  lui  a  far  la  parte  di  chi  compone»  e  quella  di  chi 
legge  ;  perchè  nel  fovvenirgli  i  concetti»  e  nell' adattare  ai  vero  i  prover- 
bj  »  non  poteva  tener  le  rifa .  £  veramente  è  degno  il  Lippi  dì  molta  lode, 
ih  quello  particolarmente»  di  aver  iaputo»  per  dir  così,  anneftare  a*  fuoi 
verfi  i  prover()j  e  gridiotifmi  piùfcuri;  e  Quelli  adattare  a  fiitti  si  nropr), 
che  puòchicheflia»  ancorché  non  pratico  delle  proprietà  della  noftra  lin- 
gua» dal  facto' medefimo,  e  dal  modo  e  dalla  occafione  in  che  fono  portati  ^ 
intender  chiaramente  il  vero  fignificato  di  molti  di  loro.  E  ciò  lia  detta, 
oltr*  a  quanto  fi  potrebbe  dire  in  fua  lode  e  de'fuot  componimenti  ^  Per  uq 
nocondiffìmo  divertimento  e  ricreazione!  nell'ordinazione  di  cui  non  ifchi- 
To  i  concetti  pure  di  chi  tali  cofe  fcrive»  a^gimifevi  molti  EpiCbd)  »  col 
canto  deirinferno  (41)  :  e  finalmente  in  dodici  cantar)  terminò  il  bel  Poema 
delMalmaritileRacquillato,  al  quale  volle  fare  gli  argomenti  perenni  can-^ 
titre  il  già  nominato  Antonio  Malatefti*  L'allegoria  del  fuo  Poema  fu,  che 
Malmantile  vuol  fignificare  in  noftra  lingua  Tofcana,  una  cattiva  tovs- 

f;lia  da  tavola  :  e  che  chi  la  fua  vita  mena  fra  1'  allegrìa  de* conviti,  {ier« 
opiii  fi  conduce  a  morire  fra  gli  (lenti.  Né  è  vero  ciò ,  che  da  altri  fa 
detto^  che  egli  per  beffa  anagrammaticamente  vi  nominklTe  molti  gen- 
tiluomini ed  altri  fuoi  confidenti*,  perchè  ciò  fece  egli  per  merapiace^ 
yolezza»  con  non  ordinario  gufto  di  tutti  laro»  i  quali  con  non  poca 
avidità  afcoltando  dall'«»organo  di  lui  le  proprie  rime,  oltremoda  gode- 
rono di  fentirfi  leggiadramente  percuotere  da^  graziofi  colpi  dell'  inge- 
gno fuo  •  Chi  vorrafapere  aln  t  accidenti,  occorfi  net  tempo,  che  il  Lippi 
conduceva  queft' opera,  legga  quanto  ha  fcricto  il  Dottor  Paolo  Minucci 
Delie  fue  eruditifiìme  Note ,  fatte  alio  fteflo  Poema, per  le  quali  viene  egli, 
quanto  altri  immaginar  fi  poiTa,  illuilrato  ed  abbellito.  Non  voglio  però 
la(ciar  di  dire  in  quello  luogo,  come  un  folo  originale  di  queft*  opera  ufcì 
dalla  penna  del  Lippi  meflb  al  pulito,  che  dopo  fua  morte  reftò  apprefiò 
de' fuoi  eredi:  ed  una  accuratiuìma  copia  del  medefimo,  rifcontrata  coit 
ogni  cfattezza  da  elio  originale»  fu  appreubdeiCavalieréAIeffandro  Valori r 
Gentiluomo  di  quelle  grandi  qualità  e  doti,  diche  altrove  fi  è  fatta  men*» 
zìone .  Quello  Cavaliere  era  folito  alcune  volte  fra  l'annodi  ftariene  per  più 
giorni  in  alcuna  delle  fue  ville  d'Empoli  vecchio,  della  Laìlra  o  altra,  in 

compagnia 


w« 


(a)  V Inferno  del  Lippi  arcbitcttaio  daUo  Scrittore  di  qnefit  Vite 9  €be  megli 
diede  e  invenzione  • 


M  -  ^ 


LORENZO     LIPPI. 


455 


eompagnU  &  Altri  nobiUi&mi  Gentiluomini  e  del  f  irtuofo  Cavaliere  Bac- 
cio IQO  fratello»  dove  (bleva  anche  frequentemente  comparire  Lionardo 
Giraldi  Predilo  di  Empoli,  che  all'  integrità  de'  coftumi  e  affabilità  nel 
converfarci  ebbe  fino  da'  primi  anni  congiunto  un  vivaciflimo  fjpiriio  di  poe< 
fia  piacevole»  in  ftileBernefco»  come  mofirano  le  molte  e  belliflimc  fue  com« 
pofisioni  :  ed  a  cofioro  fece  fempre  provare  il  Valori»  oltre  il  god^men* 
co  di  fua  gioconda  con verfazione,  efietri  di  non  ordinaria  liberalità»  con 
un  molto  nobile  trattamento  di  ogni  cofa^  con  cui  po0i  e  voglia  un  ani^ 
monobilee  generolb onorare  chicheflia  nella  propria  cara.  Con  queftì  era 
bene  fpeflb  chiamato  il  Lippi»  è  non  poche  volte  ancora  lo  fciittore  dello 
prefenti  notizie  »  che  in  tale  occafione  volle  Tempre  eflere  Tuo  camerata ,  Ve- 
niva Lorenzo  ben  provvido  colla  fola  bizzarria  del  fuo  ingegno  e  col  Tuo 
Doema;  con  quella  condiva  il  guftodel  camminare  a  diporto  »  ilgiuocoe  J*jìI- 
legria  delta  tavola  »  mediante  i  fuoi  acuciifimi  motti:  e  con  aueflo  faceva 

Sflàreil  tempo  della  vegghiacon  tanto ^uflot  che  molti»  che  fonò  fiati 
liti  dì  godere  di  tale  conveif azione»  ed  io  non  meno  diedi,  non  dubito 
di  affermare  dì  non  aver  giammai  per  alcun  tempo  veduti  giorni  piiì  belli; 
Ma  tornando  al  Poema,  ne  fono  poi  a  lungo  andare  ufcite  fuori  altre  mol* 
ti0ime  copie  di  quefia  bell'opera  >  tutte  piene  di  errori  ;  laonde  il  già  nominato 
Dottor  Paolo  Minucci  Volterrano  >foggerto  di  ouella  erudizione ,  che  è  no* 
ta»e  che  ci  ha  dato  faggio  di  e0ere  uno  de' più  leggiadri  ingegni  del  noflro 
tempo»  avendo  trovato  modo  di  averla»  tale  quale  ufcì  dalla  penna  deli'Au- 
tore».hapoi£itto^  che  noi  l'abbiamo  finalmente  veduta  data  alla  luce»  o 
dedicata  al  Sercniflimo  Cardinale  Francefco  Maria  di  Tofcana  »  coli'  ag- 
giunta deir  eruditiffime  note  »  che  egli  vi  ha  fatte  per  commiflìone  della 
gloriola  memoriadelSereniflimo  Carni  naie  Leopoldo»  acciocché  meglio  li 
intendano  fuori  di  Tofcana  alcune  parole ,  detti  »  frafi  e  proverb)  »  che  fi  tro- 
vano inefla,  poco  intefi  altrove»  che  in  Firenze.  Non  voglio  per  ultima 
lafciar  di  notare  quanto  fu  folito  raccontare  l'Abate  Canonico  Lorenzo  Pan- 
ciatlchi»  Cavaliere  di  quella  erudizione»  che  a  tutti  è  nota;  e  fu»  che  con 
occafione  di  zver  con  altri  Cavalieri  viaggiato  a  Parigi»  fu  ad  inchinarfi  alla 
Maeftàdel  Re»  il  ouale  lo  ricevè  con  auefte  formali  parole:  Signor  Abate» 
io  flavo  leggendo  il  voftro  graziofo  Maimantile:  e  raccontava  pure  T  Abate 
fleflb ,  che  la  Maeftà  del  Re  d' Inghilterra  fu  un  giorno  trovato  con  una  ma- 
no Isolata  fopra  una  copia  di  quello  libro»cheera  fopra  una  tavola:  e  tut- 
to ciò  fegulimolti  anni  prima  »  eh'  e'  foflie  dal  Minucci  dato  alle  (lampe .  (a) 
Tornando  ora  al  propofito  noflro»  che  è  di  parlare  di  pitture»  molte 
furono  le  opere»  che  fece  U  Lippi  »  chefi  veggono  in  diverfe  cale  di  partico- 
lari perfone.  Al  Maeflro  di  Campo  Alefiandro  Pafierìni  fece  un  bel  quadro  • 
Ali'  altre  volte,  nominato  Diacinto  Marmi  copiò  il  belliflimo  Ecce  Homo  » 
di  più  che  mezze  figure  quanto  il  naturale»  che  ha  il  Sereniflimo  Gran- 
duca di  mano  del  Cigoli.;  e  ne  imitò  così  bene  il  colorito»  i  colpi  »  i  ri- 
tocchi ed  ogni  altra  cofa»  che  air  occhio  degl'intendenti  apparifce  T  ori* 
ginale»  più  antico  sì»  ma  non  più  bello.  llMarchefe  Mattias  Maria  Bar* 

F  f  4  tolommei 


k:« 


(a)  C^  da  farne  una  nuQva  edizione  con  altre  annotazioni. 


45^     Decenn.  V,  dclU  Part,  h  delSec,  V,  dal  i  ^40.  ali6$o. 

tolòmrnei  ha  di  fua  mano  dae  quadjfi  da  Già  di  favole  dell'  Ariófto«  unt* 
Senniracnide;  e  un  San  Francefco  quando  gli  comparirce  l'Angelo  colla  ca« 
raiTa  defl' acqua .  Per  elfere  il  Lippt  uno  de*  Fracelligrandemente  affezio* 
nato  della  Venerabile  Compagnia  deirArcangelo  Raffaello,  detta  la  Scala, 
deliberò  l'anno  i^^l?.  di  fare  aquclla  un  nobililfimo  regalo:  e  fu  una  gmn^ 
de  e  beiiiflima  tavola  di  fua  mano,  in  cui  figurò  ndftro  Signore  Crooififlu, 
la  Vergine ,  San  Giovanni  e  Santa  Maria  Maddalena  al  pie  della  Croce, 
alfa  quale  opera  dx que'  Fratelli  fu  dato  luogo  (opra  l'Altare  di  una  delle 
Cappelle  nello  Stanzone  o  Ricetto  della  medefima  Compagnia:  fcriflevi  il 
fuo  nome,  V  anno  che  la  dtpinfe  e  nulla  più  (  ma  volendogli  fteffi  Fratelli 
della  Compagnia  tkr  noto  un  atto  di  tanta  generofità»  fecero  per  mano  di 
altro  artefice  «  aggiugnere  alle  notare  parole  del  nome  e  anno*  la  parola 
donévit .  E'  ancora  in  efla  Compagnia  di  mano  del  Lippi  un  Crocinflb  in 
tavola  portatile»  dintornato,  che  ferve  per  le  devozioni  de*  giorni  di  paf- 
fione  ;  e  quello  pure  fa  dal  mede  imo  dato  in  dono  :  e  tanto  T  una  che 
l'altra  opera  è  (limata  a  gran  fegno  da'prófeflbri  detrarre.  Il  Senator  Lo- 
renzo M^ria  Frefcobildi  e  fratelli,  hanno  di  mano  del  Lippi  molti  ritratti 
grandi  di  uomini  illuftri  per  dignitydi  e  per  valore  »  dati  di  loro  nobile 
famiglia  ne'pafldti  fecoli.  Fece  ancora  il  Lippi  con  grande  Audio  una 
tavola  di  un  San  Baftiano,  in  atto  di  efler  battuto  da  due  manigoldi  con 
Verghe  di  ferro.  Vedefi  la  figura  del  Santo  Martire,  in  atto  di  cadere  fe^ 
mivivò  verfo  la  terra  t  e  colla  gravezza  del  proprio  corpo  £ir  violenza 
alle  braccia  ed  a*  pohi»  ch'egli  ha  (Irettamente  legati  ad  un  ceppo .  L'attitu. 
dine  non  può  eflere  meglio,  ne  ptù  evidentemente  efprefla.  Nella  parte 
più  alta  del  quadro  fono  alcuni  Angeletti»  preparati  a  coronare  la  iti  lui 
forte  coft.iDza»  i  quali  fi  dicono  finiti  per  altra  mano.  Quefta  tavola» 
venne  in  potere  di  Andrea  Salvint^  un«>  de*  Magonieri  del  SerenifEmo 
Granduca  di  Tofcana ,  padre  dell*  eruditiffimo  Abate  Anton  Maria  Sai- 
vini  ,  Accademico  della  Crufca ,  Lettor  pubblica  di  Lettere  Greche 
nello  Studio  di  Firenze,  di  cuìi  per  non  far  torco  alla  gran  fama  che 
gii  ne  corre  per  ogni  luogo ,  óve  han  loro  (titusa  le  buone  lettere  »  ci  ba- 
tterà per  ogni  lode  più  fingolare  avere  acceniìato  il  nome  11  Senatore 
Alamanno  Arrighi ,  Segretario  delle  Tratte  del  Sereniflimo  Granda* 
ca,  ha  di  fua  mano  un  San  Francefco  Saverio»  genufleflo  intorno  aJ  ma- 
re» mentre  il  granchio  marino  gli  riporta  il  miracolofo  fuo  Croce  fido,  get« 
tato  in  mare  per  placar  le  tempefte;  ed  appre(fi>  al  Santo  è  la  figura  dt 
un  mercjtance,  che  dimoQra  flupirfidi  sì  gran  fatto.  Dipoi  il  ibpraimo* 
minato  Agnolo  Galli»  volle  far  fare  un  quadro  dafala»  dove  fofleradt- 
Dinti  al  naturale  diciaflette  Tuoi  figliuoli,  avuti  di  Maddalena  di  Giov<<in^ 
DitiftaCariiefecchi  fua  conforte,  fra  mafchi  e  femmine;  e  al  Lippi  nedie-^ 
de  la  commilFione .  Rapprefentò  egli  in  qucfto  quadro  il  cnoiitodi  David» 
che  ritorna  colla  teda  di  Golia  dalla  battagliai  e  per  la  perfona  di  David 
fece  il  ritratto  di  Lorenzo  Antonio  il  maggiore  <k*  mafchi»  il  quale  con 
una  m'ino  foftiene  la  gran  teda  del  Gigante,  e  coli'  altra  la  fpada.  Vicino 
a  David,  dalla  parte  di  dietro  fi  vede  il  ritratto  di  Matteo  il  figliuolo  mex* 
aano,  del  quale  altro  non  moftra  la  pitturai  ^}ie  il  volto  con  un  poco  di 

butto; 


/ 


:  :      LORENZO     LIPPI.  457 

buflò;  Gjavamkiuibiil  terzo  ed  idciino  de*  mifchi  t  è  iigbr«to  in  an  gio« 
vaaecco  mafico»  che  canea  ìiiGèiDe  eoa  alcune  piccole  faiiciulltne  colte  sf 
notar^dc  dalle  fninori  fìslìuole  di  Acnòlo.Si  fa  incontraaUrionfaute  Ifdrae* 
liu  uà  coro  di  legjijJre  vergintllc^  in  aito  di  fonare»  cantare  e  ballare». 
fatre  pure  al  naturale  dxir altre  iimglrcTi  figliuole  del  onedeGmo.  Per  una» 
che  fuona  la  ceterai  figurò  la  Cornelia»  moglie  poi  del  Gavalier  Bernardo 
da  Cadialione ;  per  l'altra,  che  fuona  il  cc!mboio>t  fa  ritratta  Ehfabéctaf 
fpofa  del  dotto  ed  crjudito  Carlo  Dati  ; .  una  cbe'fi  vede  dietro  a  quefifc  j 
attenta  alle  note»  in  atto  di  dolcemente  cantare»  è  fatta  per  Giulia  con^ 
forte  di  Amerigo  Goadi:  ed  una  maeftofa  donna »ehe  fi  Visde  in.niezzi 
figura,  poco  lontano  dal  giovanetto  David»  che  ha  in  braccio  una  piccola 
bambkia»  h  li  nomir^ta  Maddaiona^Carnelècchi  moglie  di  Agnolo:  e  la- 
bambina  è  pure  ritratta  al  vivo  da  un'altra  Tua  fìgitolina.  Vdle  anche, 
chcroJtre  a'didaflette  figliuoli,  fi  vedeflero  due  aborti  deila  medefimar 
e  quefii  il  pittore  ingegnolaoiente  intefi:  di  rapprefemare,  con  far  vedere 
di  loro  #  dietro  a  tutte,  quelle  ligure  ^  fellamente  una  pìccola  por  te  della  froa* 
te«  AlIafUfibGeniiiuocx^odipinfe.ihLippi  oaSaa Filippo  Neri»  in  at- 
to di  oftacica;Qraeiòne.  :  e  uo  Santa  Amohino  Arcivefcovò  di  Firenae» 
quando  fa  vedere  il  miracolo  del  DIO  V  EL  MERITI  :  e  di  più  feoeli  i  ritratti 
al  naturale  in  quattco  quadri  delle .4>rime.quattro'fiincfulle'fue' figliuole» 
che:vefiirono  abito  religiofo;  e  di  due  delie  prime  maritate»  e  quelle  foiìoin 
piccoli  quadri.  Per  ia  Chiefii  della  Madonna  della  Toffa,  fuori  di  porta  a* 
San  GallOf.dc^  Padri  Eremitani O^rvami  di Sant' A goftino»  colorì  la  tavo- 
U'.delSan  Niccola  da  Toletitino>dui^e  figurò  il  Santo,  in  atto  dt  cén« 
QUlcare  le  mondane  vanità:  e  vedoofi  a'fàoi  spiedi  due  figure  ben  colori*  * 
te»  una  per  io  Demonio  »  e  T  aUra  per  la  Canìft  •*  l'unae  l*aUradeUequa«' 
li*  con  getto  vivace»  infultano  come  al  Santo,  che  le  ha  giorìofamente 
vince:  nella  paneCuperio^e  vedefi  a  peno  Jl  Cielo,  e  Maria  V'ergine  ed  ir 


Santo  Vefcovo  Agoflino,  che  lo  corona.  Fece  anche  nell i  Compagnia 
detta  del  Nicchio  in  Firenze»  la  bella  tavola  per  l'Altare,  del  Martirio  di. 
Santo  Jacopo,  maravigliofamente  efpreflb,  con  quello  ancora  del  Carnefi*' 
ce ,  che  al  vedere  T  invitta  pazienza  del  Martire  »  confefso  anch'  efib  la 
vera  Fede  di  Crifto.  e  con  lalciar  la  propria  vita  fotto  lafteflfa  mannaia  la 
conf^^rmò.  Sopra  quella  ancora  vi  è  la  lunetta  dell'ornato  di  detta  tavola» 
rapprelen tante  P  Aflfunzione  di  Maria  Vergine,  anch' efla  di  fua  mano, 
/yioltilfime  altre  op^re  fece  il  Lippi»  il  quaie  finalmente  pervenuto  alPetà 
di  cinquant'otto  anni,  per  Pindefeflb  camminar,  eh'  e*  fece  un  giorno» 
com'era  fuo  ordinario  cofiume  ,  anche  nelPore  più  calde  e  Cotto  la  più 
rigorofa  cferza  del  Sole  ,  parendcgli  una  tal  cofa  bifognevole  alla  fua  fa- 
niù,  avendo  anche  quella  mattina  prelb  un  certo  medicjmenco,  aflalito 
da  pleuritide  con  veemente  febbre,  con  ftraordinario  dolore  degli  amici , 
e  con  (èg.  i  di  ottimo  Criftiano,  com'egli  era  fiato  in  vita,  fini  il  corfò  de* 
giorni  fuoi:  e  fu  il  fjo  corpo  fepolto  nella  Chiefadi  Santa  Maria  Novella 
nella  fepoKura  di  fua  famiglia.  Lafciò  due  figliuoli  mifcbi  e  tre  femmine^ 
il  primo  de'  mafchi  fi  chiamò  Giovan  Francefco»  che  vedi  P  abito  della 
Keligionc  Vallombrofana  »  e  Antonino.»  che  vive  al  prcfcnte  in  giove- 

\  'ndectà. 


i^  58l     Decettv.  V.  delkPart.  IddSecVMl  1 649.  ùli6$o. 

mie  età  (  41  )  i  Delle^fcmdiSne  »  lar  (ir ima  hH  ptofei&to  nel  Convento  di  S«  Qe^ 
mente  di  Firenze  i  la  feconda  voli  Tahito  ReligioCb  nel  Monte  a  San  SavU 
no:  e  Palerà  fii  naritatt  a  Gio.  GiaoiiKo  Paoli  cittadino  Fiorentino»  di«^ 
premorì  al  marito  fenza  figliuoli , 

.  Fu  il  Lippi  perfona  di  ottimi xòftmni ,  amoi'etolè  e  caritativo;  per» 
lochèiOiericp  01  efleredeicritto  nella  Venerabile  Compagnia  della  Mileri* 
cordiai  detta.volgarmence  d6' Neri,  che  ha  per  inftitutojl  confolare  e  ajtt* 
ti^  i  condannsti  idlamprtcì:  ed  in  éflà  fu  molto  farvorolb ..  Non  fu  avi* 
dq,^i  rpba^p  iniereflat«;<  ma  fé  ne.vifie  alla  giomìita  col  frutto  delle  fue 
etiche  f .  e  di  quel  oocq  che  gli  eri  reftato  di  patrimonio .  Ma  perchè  tale  è 
r umana  miferia»  ene  a  gran  pena  fi  trova  alcuno»  per  altro  virtuofo»  che 
9lla  propria  virtù. non  coi^ung»  óuaiche> difetto,  poffiemo  dire ,  che  il 
Lippi  più  per  una  certa  fua  naturai  veemenza  d'inclinazione,  che  per  al* 
tror^  in  qu€fto  fi) lo  mancaffe^  e  fadeflè  ariche  danno  a  iefle0b,  in  eiaer« 
troppa  tenace  d^l  proprio  parere,  in  ciò  che  fpctta  ali*  arte,  doè  d'averne 
collocata  la  perfezione  ncUa  pura  «  femplìce  imitazione  del  vero/  fenza 
puntQ  cercar  quelle  cofe^che  fqnza  togliere  alle  pitture  il  buono  e  *1  vero» 
accrefcono  loco,  vaghezza^  e^obiltà;  la^qualcolii  molOD  glrtoifedi  aiiel  oran 
nome  e  delle  ricchezze;  the  c^li  avrebbe  pdtMo  acquiftare»  fé  egli  fi^^ 
r^ndttto  incucila  parte  alquanto;  jùù  pif  ghevoiCiaJJUltrtti  opiniontV  In  prova 
di  che ,  oltre  a  quanto  io  ne  fo  per  certa  fcienza ,  per  altri  cafi  occorfi  >  rac- 
contommi  un  Gentiluomo  di  mia  patria  #  che  avendo  avuto  una  volta  di 
oltre  i  monti,  commilHone  di  ht  me  quattro  tavole  da  Altare  a  quattro 
de*  più  rinomati  pittori  d'Italia;  egli  una  ne  allogò,  fé  bene  ho  a  mente  i 
al  FalGgnano,  una  al  Gwrciru»  da  Cento  #  e  una  ad  altro  celebre  pittore 
di  Lombardia,  che  bene  non  mi  fi  ricorda^  eiona  fiindmente  al  Lippi;  ed 
a  quelli  la  diede  con  patto»  che  egli  fi  dovefie  contentare  di  dipignerlafe- 
cpndo  quella  invenzione  »  che  egli  gli  averebbe  fatto  fare  da  ultro  valorofb 
artefice,  sì  quanto  al  numero  e  all' attitudine  delle  figure,  quanto  al  caoi^ 
poniiqento,  abbigliamentot  architetture  é  fimiliredifiemidipiùilGend« 
luomp,  che  fatta  che  fu  V  invenzione  in  piccolo  difcgno,  il  Lippi  fi  jpofe 
a  operare»  e  a  quella  in  tutto  e  per  tutto  fi  conformò  con  gli  fiud]  delle  fi« 
gpre:  e  finciltìpiente  candufie  un  opera ,  che  riufci,  a  parere  di  ognuno,  la 

IHÙ  bella  di  tutte  le  altre.  Potè  tanto  in  Lorenzo  queft'  apprenfione  di  vo- 
er  poco  abbigliare  le  fue  invenzioni ,  che  non  diede  mai  orecchio  ad  al* 
cuno,  che  foffe  fiato  di  diverfo  parere  :  e  al  Dottore  Giovambatifia  Sxgni , 
celebre  Medico,  che  avendogli  tatto  fare  una  Juditta,  colla  tetta  di  Qlo. 
fernc,  fi  doleva  «  ch'eTravefle  veftita  poveramente,  e  poco  l'  avefle  abbi* 
giiata;  rifpofe,  doverfi  lui  contentare  ogni  qualvolta  egli  per  far  quella  fi* 
gura  più  ricca,  le  aveva  meflx)  in  mezzo  al  petto  un  giojello  disi  grofli  dia* 
alanti,  che  farebbero  potuti  valere  trentamila  feudi:  ed  efier queir  altro 

adorna- 


««r 


-  -   -  -  .  -  \ 

(  ^  )  //  quale  pai  imente  morìforprejo  da  accidente,  fubitanet^  né"  4.  Onahrc  1 714. 

Jinza  far  testamento^  onde  ne  fu^'om  eredi  $  ab  inteSatù  »  1/  Cavaliere  An^ 

.fon  Fr ance  fio  Marmi,  £  ii  Cawliet  lascerà  Maria  Marmi  $  Comandante  e 

CqfieììaiM jaella  Banda  e  Fortezza  di  Tifa . 


LORtNZO     LÌPPL  459 


/^ 


tdoMamèhto\  Tolo^^dl  (iócKi  £%ncrej di  (juAtro  fvòlmi .  Dirò  più,  che 
quefto  fuo  gufto  tanto  teriho  nella. pura  imitazione,  fece  sì,  che  poco  gli 
piaca'uero  le  pittóre  dì  ógni  altro  maeftrd ,  che  avefle  di verfamente  operato  » 
fuifeu  pure  dato' quanto  fi  vòlefle  eccellente  :  e  fi  racconta  di  lui  cola,  che 
pare  aUolutamence  iììcredibile,"flia  però  altrettanto  vera:  e  fu»  che  egli 
paflando  di  Parma  al  fuo  ritorno  d'Iipruch,  ne  meno  fi  curò  di  punto  fer* 
marfi  per  vedere  la  maravigtiofa  Cupola  e  le  altre  diverfidime  pitture» 
che  fono  in  quella  città,  di  mano  del  Coreggio.  E  fia  ciò  detto,  ^er  mo- 


giudizJo  univerfale  de' più  penti,  già 
poirefibdi  eccellenza  (opra  di  ogni  altro  artefice. 

Laddove  nel  prefènteTacconto  della  vita  del  Lippi  fi  parlò  del  Cafliello 
di  Malmancile,  pare,  che  farebbe  flato  molto  in  acconcio  il  dare  del  me« 
defimo  alcuna  maggior  notizia ,  giacche  in  quanto  fcrifiero  gli  dòrici  di 
noftre  antichità,  non  ho  fin  qui  làputo  trovare,  che  ne  fia  ftata  fatta  al* 
cuna  menzione:  ed  all'incontro  non  era  a  me  punto  difficile  cofa  il  farlo; 
ma  ciò  non  fegul ,  perchè  'non  volli  divertire  dal  corfo  della  ftoria,  riier- 
vandomi  alla  fine.  Porterò  adunque  ita  quello  luogo,  copiata  ad  verbum,* 
la  feguente  memoria,  che  non  ha  molto-,  mi  ha  datò  alle  mani»  copiata- 
dal  proprio  antico  originale. 

Viti  noti  Ics  &  pradentés , 

DBcem  Provi fotes  Chitaiis  Pifarum  ,  Prfloriit  Vuherrarum  &  aRorum 
lùcorum  ftorum  officio  commfiorum ,  in  Jttfjiciemibus  ntfmeriscongrcMii, 
prò  eoram  officio  extrcendo  in  Palatio  Pvpuli  Fiorentini  ^  in  loco  eorumjoiità' 
Refidemiéef  ut  moris  eSi  adver sente s  J^odCaSrum  oiialmamilis  jamdiu  in^ 
ceptum  fìiit ,  &  nondum  babuit  perféSionem  ;  Et  confiderames  locum ,  ita  non 
per^eSuntf  effe  poti tts  ad  ojffenfam  quam  ad  defenfotn  Communi s  &  circumad-- 
fiàmium  d.  locot  &  quod  in  tpjo  Cafiro  non  poteft  per/tSi  adipfutn  defendendum^ 
refpeSu  òeccatèUorum  f  metlium  ^  turrium  non  fi S.  Et  Volentes,  periculis 
inminentibus  procèdere  ^  prò  utilitate  &bonore  Communi sfecuritateq;  loci  préC-^ 
ditìli;  babiiafiiper  bis  proSica Jolemni  cum  Magnifici  s  Domi  ni s^  Dominis  Prio^ 
ribus  Anium  ^  Veximfero  fuifUtidf  ^  ab  eis  refponfb  accepto ,  quod  cum 
omnifoOicitudinecurarentt  dìBum  laborerium  tomplerijacere ,  (Sr  quod  prò  eo'- 
rum  dominatione  providerctur  per  primum  Confiliumjlendum;  Unde  denarii 
exiraéerentur  prò  di3o  luborerio  compiendo  { provideruntf  ordinaverunt  &  de^. 
iiberaverunt  •  quod  di&um  laborerium  onmino  complpatur  ^  ad  perfcSionem 
reducatur:  ^  babitis  pluribus  magifiris  exfufficij^tibus  bujus  Civitatis,  ^ 
eifdem  expo/ito^  qualiter  prafatumluborerium  locare  volunt cuicumque  volenti^ 
eum  perficere  prò  pauciori  pretto.  Et  demum  ab  eis  ^  quolibet  eorum  rece-^ 
ptis  fcripturis  figillatit  %  et  ipfis  leSh  :  &  reperto  inter  omnes  prò  minori  pretio 
facere  velie ,  infrafcriptum  Ambrofium  &  Pierumfocios  :  Mifo  ^fiBo  &  celebrato 
inter  eos  folemni  ^fecretofcruptineop  &  demum  obtento  partito  adfabas  ni- 

jjras  & 


45o      Decerm.  V.  della  P art.  L  delSec.  V.  dal  16^0,  al  1 6$o. 

gras  &  albas  »  jicunimm  ùr^némcma  H&i  Cmmuhìs  $  iiSum  Marerìnm  hca^ 
veruni  &  in  hcaiionem  conceJPerunt  ififràjcripto  Amh^ifio  &  Tiero  fociis  >  &^ 
fnodo  &  fórma  i  ^prùui  ^  ficut  in  [cripta^  nipriu  propria  fubfiripté  HQì  Am^ 
brcfii  ^  mei  Balaefis  infraf cripti  4y$trAntwi%ìnfrafcripù^  utinyàptìa^ 
cujuyqmAem  Script^  &fubfcripiÌQnum  ten^r  iéiìs^f  vidciica. 

jU  nome  di  Dio  Amen  • 

F430  éà  ifi.  ài  Smembra  aiCCCCXXJK 

SIA monìfefio  a  qùalunqw perfena  vedrà  k  prefenu  Scripta 9  come  gli  ìnfra^ 
f<ritti  ttiaefii  /,  trattali  fi  fifcrivcranno  qui  da  pie  di  loro  mam .  cioè  Pie^ 
ro  di  Carradino  &  Amprógìo  di  Uomardo  maefiri  da  Fi 9  enze  »  oggi  quefio  éì  tot^ 
gono  in  allogazione  da  i  nobi/i  nomini  ^iea  Proveditori  della  Città  di  Pifa  e 
poltri  luoghi p  a  toro  governo  commeffit  a  compiere  interamente  é  ciò  bifognm 
ilCaftello  e  luogo  di  Malmant  il f  ^  cogli  inf r  afcr  itti  patii  tjalofj  e  modi$  come  di 
jhttofi  farà  menzione ,  e  pfima  i  E  fipr adetti  maefiri  promettono  al  d.  officia  Jb^ 
Dieci  ricevente  per  lo  Comttne  di  Firenze  9  lavorate  e  compiere  il  detio  Cadetta 
di  quell'altezza  &  in  quella  forma  f  che  per  lo  detto  Ufficio  0  loro  Proveditorejs^ 
rà  deliberato  e  ordinato;  il  quale  lavorio  promettono  fare  e  compiere  Inter amen^ 
te  a  nfo  di  buon  maefiro  »  di  murUf  beccatelli  t  voltiecinolf  $  tot  ri  t  volte  e/cuJe 
e  ognijpefa  de^ detti  maefiri  di  mattoni f  pietre  $  e  ciafcuni  conci  vi  bifognafia* 
oto  nel  d.  lavorìo,  di  qualunqtte  eagione  »  e  ancora  rena 9  n  dare  compiuto  ili.  Co* 
BeUfB^  nel  qual lavorìo  i  detti  Dieci  nittna  eofa  anno. a  mettere 9  fé  nane  foh 
ctdcinap  A»  il  piombo  vi  bifognafiè.  ^^  ogni  ferramento  fyfie  dfbifogna  mm^ 
rare  nel  detto  lavorìo.  E  detti  maefiri  debono  avere. per  loro  premio  éald.  Vffi^ 


pu/uranao  vano  per  pteno^  lotat  atea  /.  p.  e  dove  fni/e  meno  eoe  aracao^. 
forando  in  faccia»  fon  che  le  poSe  de' beccategli .  non  fi  dando  altro  difegno.  «' 
tendano  pigUorfi  in  qtteUa  forma  fono  qsfelle  del  CafieVo  della  LaSra  .  Ancora 
àPuogano  i  detti  Dteci  aUowadetti  maefiri  il  fofii  del  detto  CafteUo  m  f  nella 
forma  9  che  fu  allogata  net  libro  di  Melman$ile  int.  zqÌ.  a  Taccio  di  Giovanni 
rnaeftro» 

lo  Ambruùgio  di  Lìonordo  maeffro  fono  contento  alla  fopira  detta  Scripta 
anno  e  me  fé  e  di  detto  difopra ,  E  perebè  il  detto  Piero  non  fomfcrivere  »  vuole 
ip  prometta  per  lui^  e  coti  vuol  efiere  obriga^o  fame  io 9  inprefenza  deUo^nfra^ 
if ritto  ter  Antonio ,   .  . 

la  Antonio  di  Puccìno  di  ter  Andrea  not.  Fior^  fui  prefento  alla  foprad^ 
Sn'iptat  e  di  volontà  de  fopr adetti  Piero  eAmbruogio^  i  quali  cunftfiorno  effhr^ 
Contenti  9  come  wUafpradetta  Scripta  fi  contiene  9  mi  fono  fofcripto  di  mia  pra^ 
pria  mano  9  Anno,  me  fé  e  dì Japr aferi pti. 

tgo  Baldefe  Ambrtfii  not.  floreminui  ntordato  di^otum  Decem  fttbfcr^ 


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RÓBErvTO 


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F  R  A  N'Z  E  S  B 

'■.     .    '■':.     «'■',1!,    jV.n   .-i  .o'-hoviA 

Nati  -^ctrcah:  éi  Jtét  9i]  >A5 1 67  8. 

O  Sion  ebbi  iliat  diibbkyalciinD^  cheèhfrfi  poiW  tf'fó^        ^ 


nkini  deilr  perToint ,  ilctferfeyòìe  tob'rttiró^sldiéf\ti  aeffi  fdidi 
peraci,  dflieoBlaniiie  dcg»»iiàiìdìoli;ccil1eqfiiti  vèilhid  (Siiifii^ 
involte  te  imi^ìiMi  càR  niòderni.)  nìòìi  fl  éTi^bhg^  à^)>èrico<^ 
I0  eviddtìtifliiRo  di  gusidagn«ffi  fadeiapùtefib  a  ikìaivci;^blÉ(iAa  è  derìflòM 
apf  reilb  a  cucii.  Ma  pet  la  oontratio  lo  io  ancora  f  chb  ficcome  è  ìnafllmt 
di  uomo  goffo»  che  créder  fi  ddsba  indtffisrentécpente  ogni  cofa  tè  dpil 
mlrfona  ;  cosi  è  principio  indubicioo  di  pr^denza^/  in  ifuefté  gran  flulTd  er^^ 
^uflb  d^'^niondaniaTirenimemi,  étbte  infìriici  <|uef(C»fi^  tife*  <1^^R  è  necéP 
&tià  la  fede .  Perche  iion  doverò  io  edimm»  ><  e  ct^dtré  e  icriyère  c\bt 
Qhci  tei;  è>(la€o  riferito  .dt  Roberca {fante Wl^;ineiifav  ìol^ liò ^«i^perfotia-i 
ohA  itotti  *fiòIo  per  leacìWc  Tue  qualità  è  degtvùrbpjirea^érftiè  ié^  ógtti  ci^ 
d^nedi  ma  che.pdr'  due:  anni  ioterln  eonnet/loo  più  linatti  éAttepùìù^  hi 


mVha.détto.§  Cbototaecià^  tnanite  id  fiyetapòngA  tjQeftà  notiiià 


a^ji  occfiidi  culto. ^1  mondo  ,:3defide»iir  dibìaUri  pv^ihk  d«  yidhd  b  Mie^ 
^id.  informato  ^iqiial  dui  iorini  fia;  ne  ioiga^b  iggiuAga  ^uimo  gK  ^à'^ 
leffe  o  ndn  vero  o  più  dcrco;  baftai^emi  pvr<Ofk  di  àverfatisfaitó  aibuoil 
ddfideric^ mio*,'  thcfie  diioòoperar.colbiniìl.penna  sii  pofRbilc  all'  accrefci^ 
sndnw  della  iasoa  di  un  geio  oraeftrà nelle  npUre  arti;  ed  alle  gloriò  di  uii 
pMì  '  e»  4^Ua  <sui  protezione  0' dal  gfahd'amt)i«^di  virtù  rieomi^^ 
laquefto  noilra  fecoloja  feiìcità  di  avw  fatMr  itcfùifto  di  un  tate  uotno  f 
i]  Sarppiiii adUnqHe^oaiepreflb  alla  aiccà  di  ftleitfs  M^ecfopolt  deflaÒaMpà^ 
gna»  abitò im'canponki  (lìe  upmd  delhi  cafim. di  Narttevil .  CoihiI  giuntò 
obTtf'  fuad  Urta  cerira.età  »  fopravvenendo  le  guerre ,  che  circa  Patino  ìS9S* 
crUdeioienteoccupatonox  craviiaHarono  c|utlte  parti;  d;ilia  Guarnigione 
Spagt»u»lai  in(feaie.coUatino^ie»ia£attomiieraiiiente  morire atfcgato in  uri 
pMOb  :  né  alrrì  rimiife<dì  Tuo  parentado»  ciai  ^ad  (uò  fratello  f  che  nella  riomi^ 
nata  Citte  di  Rema  fé  nie  viveva  in  iftato  ciafdftrale  della  Religione  de''Car«- 
meKiani  &:tlat:  cAnn^piccoky  fanciulld,  fìgbocA^eVlue  defunti ,  che  èra  ai- 
torà  in  età  di  quattro  sntvi,  che  fu  iìpaora  del  noftro  artefice .  Q^ieffi  per 
yimprovviiai  mmreede'geQicori  p&  rtmaie  in  ìftico  di  t-anto  abbandonamento, 

che  non 


46 1     Ùècenn.  V.  della  Partì.  delSec.  V.  dal  i  ^40.  al  x  6$o. 

«j]|o|  nV^izla  del  Rellgiéfo?.rbo  «io.  (che  pms^ivifcbbe^MÙkodtrdiqmW 
che  ajuto  )  che  il  fanciullo  fofle  comparfo  a  quella  luce;  tantoché  £ii  for- 
za al  mifero  il  paflare  gli  anni  (^  fùfj  p^rÌ2Jà^foti{>  P|ndifcreca  cunodia  di 
certi  luci  vicini:  i  quali  dopo  avergu  in  poco  tempo  confumato  il  povero 
fuo  patrimoiija  »  ^onfiftenjCii  jn  alcHini  jppcbt4M>btlh\i)Pfi^  avendo  alcuna 
cofa  del  ioréf  ie4to'*nda^nò  alla^^ité:^  al  fòitcrollorfo  non  volle  ri- 
manere del  tutto  fprov veduto  t  fu  necefiàrio  quelli  feguitare.  Pervenuto 
poi  a  fufiiciente  e(^,  ;  «riCOtta>gIf  pbfe  Aldm  e:fi  £èoe.Ìbldato.  Vennero 
intanto  le  nuove  al  Frate  del miferabile  infortunio,  fucceduto  al  fratello  e 
l4Ufdi  Ju,i  mpgjie-»  ed^bbslanco  e virifio^,  eroine  dì  iqUd  inaxtf ihronio  era  ri- 

lp^^9^iPf>;FÌ<l^a|ìg^  vie,  URe^ 

iigÌ9fP:>Soi(ìf>  u  pietà  di  hsf^  tul>itD4  modbTin  viaggio  mt  Quelle  parti. 
C^ilfiiq^  i^h*  it[  /ti,  ali  paefe  ed  -  àlh  éM  del  giàmortò  tratdk>  ^  in  tele  $  come 
j^rairnari  ii^figlUiplo»  lafciatoqùél  hego;  fi  edt;in  compagnia  di  ^altri  poruto 
ajM^fra:  n^per  diligeràawchfe^iiìkccifif  potè  mai  rintracctarne  altra 
giEtgnazÌ9iie  f  tantochdè  difperatb^dt  riti!o«arlo;,  defitte  ancora  dalla  ciir» 
di  pjù  cercarlo  «e  fé  ne:  tornò  a  Remsf«;Sfettcfi  fempre  il  giovane  in  quel 
misere  d^lU  milizi;^.inbaffiffima  fortuna;^  ioa  perà»  riiifcT  un  coraggiofo 
f^^a^ai  a  fegnp,  che  aiTalito  un 'giorno. dà  quactcp  fiioi  nemici;  che  io 
cercavano  a  morte,  dopo  tma  brava  dilefii ,£itra  1  rompenddfegli  4a  fpada , 
fròfì  ui>a/fcalai  die  per  forte  trovò  difte&  ia  quella  contrada ,  non  fiolo 
jS;li(jeròd«4'fìjei|sici>^  n^conteira  menMdo.ad  tin  di  toro  un  col|^a  net  bel 
tnezsEo  dello  llpmaoQ^  lo  lafeiò  quivi  mc^o.  Vòmito  a. notizia  del  foa 
Capidaho  qo^fto  fatto,  confideraia  la  Ixravura  ddfoldato  e  la  *  gemerofit 
^fefiif  ch'egli  aveva  &tta tiella  propria  jrica.,  ocMi  vxxUe,xhb^deU)  ùinA^ 
cjdìq  fi  fàceQe  alcun  conto$  pno/cpi  r€A&:Jibero'd8.oghi^fivòlètiti«'Mv 
|Mirchè4iqueÒe^fimil^cofe<i^e^^  cagione')  allatgiomiiw 

gliene  accadevainp  molte';  fu  egli  flnalmeoiie.neci^atai  tefciar^ilmeAieo 
ddle/armi:  e  così .^iberatoSi dal  foldOi^  fevne,vem)eaReitia,ie{reniib  eglia!- 
iofa  in  età  di  trent*anni .  Non  Capeva  egli  qval  foffed  proprio- fusme  né  il 
pafató,.  e  tanto  menò  il  (apévano  quelli  dejlavcittà;  onde  vi  fu  fempre 
chiamato  Burberone,  nome ,  che  per  eflerejeglidi  grande  ftamiore  di  effi- 
gie torbida  e  fé  vera,  fi  era  acquiftatotal  campo,  e  ccd*  quale  era  fempce  fts- 
to  chiamato  fino  a  quel! tempo,  Quefto ;povero  giovane"! col jia «de*  fudl 
primi  infortunìi  e  della  maJa:edacazidi)e,  chei  egli  avevau avuta  nel:  me-^ 
Itiere  dell^  ^mi)  o  rare  volte  o  non  mìai:fi  erjictrovata  ^a  £ire  alcuno  di 
quegji  atti  di  pietà  e  di  religione.,  thA  fiwrpro^  de' Cattolici i  com'  era 
egìiV  ma  non  fu  perciò,  ch'ei  non  tvefie  im  naturale ,i. per  àhrd  afiai  pie** 
ghevolea  quelle  pie  azioni,  Qgniqual  irolia  et  né  a veflè; avuto  qualche  in* 
centivo.  Una  mattina  moflo  dai  non  fo;  quale  infpttazione,  le  nefando  co* 
dui  al  Convento  de'  Frati  Carmelitani ,  con  anìtbo  di»confèiIiMrfii  forle 
per  la  priipa  o  per  la  fecondar  volta,  in  tutto  flttempo.di  fua  vita:  e  fi 
abbattè  in  un  Frate  molto  anjtico.  Davanti  a  ^efti  fi  accomodò  al  cofifcf* 
fionariOf  e  cominciò  la  fua  donfeffiooe.  Gli  domanda  il  Frate  «  quanto 
tempo  era,  eh' e'  non  fi  era  «c;CoÌlaco  a  quel  Sacramentai  al  ohe  rifpofe  iL 

penitente. 


I  s 


jRQBSH TO. :NANTEVIL .   : .    45j. 


p^fiii^eiice  I  «ffinrpi^difeittiaiùii^fiif^ungéndod^  dal  te  quali  con 

iK^be  il  Sacerdote»  che  egli  dal  iaj>erc  di  eder  nato  ds'Criftiano  e  Cacto* 
lieo»  e  ctredece  di  eflere  battezzato  in  poi  »  poclie  akte  cofe  aveva  in  ca^ 

S9  9  di  i|ueliei  cjie  a  tal  profellione  appartengano  *  Il  Rel^giofo  gli  domane 
.  9  dolile  e'/oOe»  e  chi  foflero'  i  fuoi  pareatì  ;  ^al  <à»  tirpo&  il  penitente  é 
jpflere  di  Và\  paefee  di  tal  provìncia  »  «iainon  faperechifoflero  iteti  i  Cuoi 
parenti  »  per  eflèr  quelli  (tati  affogati  dalla Ibldatefca  Spi^ool»  in  un  ^i^ 
zoi  in  tempo»  che  egli  era  in  età  di  quattro  anni:  «  altri  tali  contrafleM 
g ni  gli  diede»  da  i  q[uali  comprefe  il  CpnfeiTore»  che  egli  fofle,  ficcome 
egli  era  veramente  »  j1  fuo  proprio  nipote»,  e  quegli,  che  egli  già  tanto  e 
così  inutilmente  aveva  cercato .  Non  fece  egli  jallora^i  ciò  alcuna  dimo^ 
llrazione^,  ma  difle,  ch'eTeguitafie  la  confeffione^  dopo  la  quale  volendofi 
il  giovane  partire  t  fu  dal  padre  arreftato»'  il  quaie  cordialittimamente  ab^i 
braccìandojot  gli  difle»  che  egli  era.quel  fiio  canto  caro  e  defiderato  nipo*^ 
te»  che  egli  aveva  con  tanta  fatica»  dopo,  gì'  infonun)  de'  fuoi  genitori, 
cotanto  cercato  :  che  il  fuo  nome  era  Ànfelmo  Nantevil ,  e  quel  del  padre 
Roberto.  Si  trattenne  lungamente  con  efio:  e  poi  io  pecfuafe  a  fare  una 
generale  confeflione ,  e  fé  lo  fece  venire  del  coatinovo  in  cella» ed  avendola 
trovato  al  bujo  affatto  nelle  cofe  della  Sanu  Fede  Cattolica,  d'infegnò  \% 
Dottrina  Criffiana;  poi  lo  fece  applicare  al  meftiero  di  trafficar  corami^ 
nel  quale  egli  coir  ajuto  dell*  aderenze  e  amicizie  del  Frate ,  fi  condufle  ifi 
ifiato  di, tanto  guadagno,  eh' e' potè  pigliar  moglie..  Ebbe  del  fao  màtri*^' 
amonio  quattro  figliuole  e  due  malchi»  all'  uno  de'quaU,  per  memoria  del 
defuntp  padre»  pofe  nome  Roberto  »  che  fu  quel  grande  e  non  mai  abbaftan«4 
za  lodato  artefice,  del  quale  ora  fiamo  per  parlare,  avendo  voluto  prima* 
dar  cosi  alla  sfuggita  alcuna  notizia  del  di  lui  principio.   Giunto  che  fa 
Roberto  a  una  certa  età  »  il  padre  incominciò  a  fargli  infegnare  grammati* 
ca  ;  ma  portato  dal  proprio,  naturale»  efercicava  con  eflb  atti  di  molta  feve* 
rità ,  volendo ,  eh*  e'  badaffe  alla  icuola  ed  alla:  caia  infieme ,  per  quanto  V  età 
fua  comportava  :  e  fra  V  altre  cofe  aveva  dato.per  legge  al  fanciullo  di  do* 
vere  ogni  mattina»  prima  di  andare  alla  icuola,  condurre  lungo  le  mura 
di  quella  citta,  a  paicokre  alcuni  fuoi  immondi  animali  t  cofa,  che  il  gio* 
yanetto  faceva  cpn  fuo  effr^mo  roflbre»  in  riguardo  de* compagni»  i  quali 
a  cagione  di  tal  faccenda  molto  fi  burlavano  di  lui .  Soleva  egli  medefima 
óltre  a  quanto  abbiamo  detto  di  fopfa,  racooiKare.  a  chi  mi  ha  date  que- 
lle notizie,  che  fcappatogii  un  giorno  la  pazienza»  non  gli  volle altrimen* 
ti  condufie»  ma  fé  ne  andò  addirittura  alla  fcuola:  lo  lèppe  il  padre»  e 
lenza  altro  dire  condufle  da  fé  medefimo  qu^le  beftie  nella  fcuola  del  fi* 
gliuolo  :  ed  al  maeflro ,  che  forte  maravigliato  e  mortificato  infieme  di 
quell'azione  di  tanto  difprezzo»  domandava  ad  Anfelmo quelch*  e'  facefle» 
rifpofe;  che  dove  ar^dava  u^  ibmaro,  che  tale  appunto  diceva  effere  il  fuo 
figliuolo ,  potevano  anche  andare  quegli  animali  «e  bìfognò ,  che  Rober*. 
fo,  lafciata  ja  icuola,  alla  prefenza  di  tutti  i  fuoi  condifcepoli  fi  metteflè 
attorno  a  quelle  beftie,  e  a  cafa  le  riconduceffe.  Quefta  così  ftrana  corre- 
zione, che  egli  ebbe  dal  padre,  fu  in  parte  cagione  »  che  egli  IncominciaiFe 
a  volur  l'animo  alle  cofe  del  difegno;  perchè  prefo  da  grancoliera,  andava 

poi  di* 


njqiielxiuiibià.fiflMtteva niu  figwrule  «d  «t^re fimili cótt.  Anfeimo» 
i  era  iomantffimD  (Ìa  qufftp  gcuiip  »  fcdiprc  ne  {a  riprendeva»  mettendo* 


poiMftfoctùraii  e.dieetti  chèi|iìt|oei  perlaptù  fi  morivano  ^i^fime;  pe« 
lò. non  :éinbr  quello:  mefiseto  porrvi  n  o  ^nili^tllape  cofet  feoi^ndo^udlo» 
che  pg^  ncend0ffv.  C^Atiucòciè  iempre  faceva  qualche  cofii  di 

aafiuifo»  ienaa  peto  abbandonai  i^iliidid^etto-lìectere  «óiane,  nelle  quali 
fiBoei»akì,pnKfio  (^  prDfirto>t  die^pafaò  alta  ^iofoiia  iti  unafcuoki  delCoL 
Itgin  d^' Padri  Gioiti.  TendefOrpiù  che  ad. ogni  iUro  il  fuo  genie  pie- 
%mtt£óBi$  al  rkraiule  perlbne^l  naoui^ot  che  peròr  mentre  di*  e' fi  craceen* 
iielinjqiieUiLf<;ttola.|i:fix:ei  ritcaetì  di  fcatci  i^^ixrondìfeepolii  e  tuttavia 
fova  iihimemzeandoi  (bpf à  ^1 1^  egli  ave^- potuto  tenere,  per  im- 

par^  a  maoeg^'areilMino.^^Procupiva  ej^U  pi4  ocoùltameate  eh'  e*  po*^ 
tòTe,  di  piro(^cciam:a  aleeffieipwbuiiAÌ^  taoat,  per  andarfi ofetckando  da 
per  fk  iiefl'o  nei  miglior  ouhìo  poiCbiie  >  neUempi  eh*  e'  non  era  obbligato 
aJla  fcuoiaì  ma  noQ  ora  egli  fempto  tanto  accorto,  che  que^  poveri  arne* 
laccio  dtt' squali xt  .fi  'andava  provvedendo r  non  venKfero  talvolta  fotto 
V DOCCIO  dai  pjidrét^  il  ^oaie^li  toglieva'  quanto  tit>vava  (  untoehè  il  pò- 
Vero^vanettoit/  privo  ai  ogm  altro  ftrvmento  >  (ì  riduffè  talora  ad  arruo* 
«are  il  bulino  in  fulie  pietre  delle  {pubbliche  vie .  Era  in  quel  tenipo  in 
oucUa  cinà  ;un  cale  Regna^bn  intagliatola  ifn  rame,  che  aveva  uha  (orelhi 
nnciiilfai  di  belli(fiaio  afpetto  »  alla  quale  Roberto  portava  grande  affezio- 
ne »  o  la  defidecttva  per  ntigii^;  onde  portato  da  due  amori ,  uno  della 
donzQibu  e  uno  dell'arte»  anelava  quafi  ogni  giorno  a  cafadel  Regnaflbn  : 
ftavm.:b{rorvandb  attentamente  il  di  lui  modo  di  operare  >  e  no  rieovevt 
anche  molti  precetti;  laiche  t' cominciò  a  intagliare  aflai  comodamente. 
Per  quefto  ^non  lafciava  lo  lludiodeHa  filofoAé;  e  avvenne»  che  per  avere 
egli  una  volta  riCpofto  ad  imdldué'-Padrii  ecMi  ardire-alquantoeceedente; 
e  anche*  per  cagione  di  qualche  invidia  »  eh^  gii  aveva  procacciato  l^avan-' 
aarfi  eh*. e^ faceva  Copra  gli  altri  fcolari  ne) r« apprendere»  fu  mandato  fuor 
di  fcuolai  il  perchè  fi  era  Anfelmo  ibo  padi%  offerto  a  far  ^ili^nza  di  fiir- 
velo  ritornare  ;  ma  HobefforecaOiudo  gli'Ulktdel  p^re  { lafctato  ouello» 
ie  ne  pafeò  a  ftudiare  in  altro  Godleglo .  Qui  fr  ^ec#.luogd^  al  Vl#tuofò  giovane 
dladempbre  un  gran  dcfiderlo  »^K'  egli  avevar  atutO'flnda  qiMfl  tehipo ,  che 
e' fi. mei&a lavorare  a  bòlinO;,chefa<i^intag}iÉve  dàftONfohftaeonclufionei 
in  pccafione  de*  proprj  ftud);:  perche  ^fféndpgti  flattf^ckta^^a  foftehere  una 
oeru  Dtfputa  in  materia  di  filoTofia»  fi  fece  fare  un  difegno  d^  un  pitto<» 
US  di  quella  città»  da  per  fé  fieflb  lo  intshgUò:  e  colle  proprie  mani,  prima 
di  e^orfi  alk  vir (uofa  battaglia,  l'andò  dupenftndo  in  quella  feuola  donde 
fi  era  partito»  noli  lènza  corifufiolie  di  co1btK>»  cheerano  Aati cagione  che 
o'&  nefoffe  allootanaco  :  Prevalendo  finalm^iftè  in  lui  ogni  gidrno  a  quel- 
lo del  te  fcieiize,  i'  amore  dell'  intaglio^  fpendèva  ookar  il  più  del  fuo  tempo 
in  cafa  il  Regnaflon .  Sentiva  ciò  il  padre  con  grsn  diìgufto»  ebencf^eflbf 
trovandolo  a  operare,  s'4nfurìava  contro  dì  lui.  Un  giorno  gli  cprfe  die* 
tao  con  anitto  dì  p^rcuotorlo;  ma  il  figliuolo  falito  in  oima  di  un  albero^ 

fi  cavò 


••  •  ' 


•     1  «*>        <0^ 


«OMi^ra  -  UANiEmL.      4^5. 


ff  €ft9^ di  fiCba  ettitltacojo  "e  «ina ,  qsM  «I  «eglib  iéfai'  e"  potette  fi  tteoiif 
d^  1  difegtiaìre  M  :trifta^)^aér«  >  éheyoeo  dopo  fé  m  ptrti  con  poco  gitilo^ 
Pa  qtie0o  tempo  ib  p^  Roberccr  noa  lc£btò  iMt  di  in()itt«ir  la  boctegt 
del  Reenifttfon>  nétta  AfUtle^fi  eTereiisva  ìnht  piccoli  tic>atd  coli'  ÌBchlor 
ftro  ddtaCliihff .  S«rmgtfi^lo  «utM^a forte  l'amore  vcrib  it  fofdk  del  oa^ 
ftfo;  ondeitnpaiijefìcédi  tnag^idre  indugio»  deliberò  di fpoGi(k.  Il  pafiroé 
che  a  cagione  éA  qtteftofoobiiiino  fi  chiamava  aflti  dilf  imaco  di  lui»  non 
lafeiò  d^  far  le  foe  ^artlperimpedif  quelisatrinaonio»  ma fioahnejit»  vin«^ 
fé  la  eoAanisa  del  giovanetto»  e'I  genio,  che  teneva  con  effo  il  Regiiaffòn; 
il  quale  fé  4o  tirò  incafa,  e  fli  diade  la  forella  per  ii^ofii .  Trovando^  aK 
lori  Roberto  »  tnedi alnte  tafe  accaiamento^  coli*  animo  quieto  »  fton  fi)  pub 
dire  con  quanto  #:rvor<e  egli  fi  dtfle  ag4i  ft«id)  deirar«efua>  nella  qiudà: 
ogni  di  faceva  maggiori  jMrogreffi  :  e  arri^rò  la  cofii  a  fegnot  che  il  cognac^ 
che  gli  aveva  promefli* grandi kj ori,  )»ce<b  da  gelofia,  fi  dichiarò  cooceflò^ 
che  per  T  avvenire  non  gli  avrebbe  più  dato  oomodìtà  alcuna»  per  ndn 
ridurfi  in  grado  di  dover  andare  egli  a  imparar  da  lui ,  tanto  era  il  profit^ 
tò,  che  egli  aveva  fatto  in  quel  poco  di  «empo .  Vedutofi  il  Naoteuìl  m 
tale  affandone f-  ajìdava  pènfando  al  modo  di  aiutarli,-  quando  avendo  in^ 
tefp  daHo  jlteiTo  fuo  cognato»  che  nella  gran  città  di  pangi»  dove  aiicorn 
egli  era  ftato  àlcon^tetopo»  fotto  il  felice  regnare  di  Luigi  XIII.  aveaoè 
trovatsifoa  Aanea  legarti  più  ragguaudevoli  o  i  più  celebraci  maeftrii  feoB 
penfiero  d^invsarfi  colà:  eottenofeo  certo  poco  danaro  dai  padre»  infiemo 
colla f  onforte  a' invJ9  a  quella  volta.  Viaggiava  Roberto^  o  la  moglie  con 
gran  malinconia  »  non  tanto  per  la  poca  provvifione  di  danaro»  che  espor- 
tava con  (eco  »  quanto  tier  andarfene  in  un  pteCe  »  dove  non  avendo  alciH 
na  corrirponden2a  o  rficohtro»  temeva  di  dover  farla  male;  pure  al  me» 
gtio  eh*  é'  poteva  proccurava  d  i  fare  actimo  a  fé  ftefio .  Mon  era  egli  appene 
gii3nto  a  meno  il  cammino,  ch'e*fi  abbaccè  in  alcnnit  in  apparenza  pA 
leggieri  a  cavallo  »  che  in  foflanza  eran  benditi'  e  afl^fllnt^  con  quefti  gli 
fu  forza  ii  camminare  fino  a  Farigi  ;  ma  egli  incominciò  a  di&onrer  eoa 
loro  con  al  bel  modo»  e  con  ai  b^  racconci  e  paix>le  gli  trattenne»  cho 
non  gli  fecero  alcun  danno .  Giunto  a  Parigi  fi  accofiò  a  Monsù  Sciam« 
psigna  pittore»  e  a  Monsà  Antonio Bd&è  profefibre  d' intaglio j>  e  maeibo 
dell'Accademia  di  Parigi  in  prófpettiva  »  co'quaJi  fi  andava  trattenendo  ia 
far  de*  fuor  foliti  ritratti  colF  Inehioftro  della  China,  ne  i  quali  avevt 
ornai  prefa  al  bella  maniera»  che  non  andò  molto»  che  fparfaiene  la  va» 
ce,  moltifiimi  erano  coloro,  che  volevano  efler  da  lui  ki  quel  modo  di^ 
pinti»  tantoché  egli  appena  poteva  rcfiftère.  Pafiò  alcun  tempo  in  qoefio 
efercizio:  e  finalmente  fatto  animoio,  fperando  di  dover  confluire  noa 
minor  gloria  dal  botino,  che  dal  pennello,  fi  rifolvèa  fare  alcuna  cofa  d'in^ 
taglio .  La  prima  opera ,  eh'  e^facefle  »  fu  una  copta  di  un  ritratto  di  Mon-* 
sii  Sciampagna  ,la  qtialefino  a  tre  volte  cafsò  prima  oh'e'fi  foffe  interamea» 

nome  del 
perchè  il 

principaf  fondamento  di  tutti  i  modi  -di  operare  in  queft'artì  »  ò  il  difegoo;» 
'"'  Gg  non  la- 


non  lafeiava  perciò  ii  fuo  iodetole;)CQfl»qii|p  4i|f»;  i^icc^Ié  rictst»  coli' iai* 
chioftrodella  Chinai  ne' quali  fpeiK^e^ft  la  tiaggUtf^fitrcf  ««e -beiiie fpe^ 
l' ìmerà  notte, e  '1  giorno  «Ktandexa^diincfigiiar^?  fy^  l)ifciava  dj  ^ndar  tat-^ 
Tolta  avifìtare  idùe  maeftri  Sciainpqp[te*ft^G^si^;t.«L^^^^  c^jgtfeflfvVegU 

di  orrer  mólto  apt^reib  •  .  Aveva!  ilNaot^JWJ.:^  Ìn:.<Hà:  a<Mft  P^Pi;?  <^^ì?5li^^^e 
dal  patire  )  un  rivaciffiiDa  genio '9^UUrit^toiÌi|a^^  -,<  "994%  j|j|eoda  fogravVe* 
nuca  la  guernacivile  di  Parigi,  più  e  piU  v;oUe4^1$ej:iji$^y^e^e  colle  eruppe 
aroiam  di  mofchetco^e  miccia  accisfa,  e  con  vna  l(frba'pp(liccia»  in  (ìmi- 
litudine  di  certi  Svizzeri,  che  egli  aveva  veduto  accampati  fuor  di  Parigi 
col  Ducadi  Lorena:  éarrivòafegno  queft^fua  inclinaaione,  fecondociò» 
che  egli  medefimo  fole  va. racco  ncarct  che.  nel  trovairft  ui|«  vo(^  in  atto  di 
ritrarre  una  ^an  Dama,  eiènteiido  batter  la  caflia  per  ^ag)anare  il  popolo 
éi  Parigi»*  N^idama  (difle)  e' non  è  pìjà  tempo  di  ritrarre»  ma  di  andare 
ft  foccorrere  la  citcà,,come  fanno  gli  ailtri  ;  .e.  prefa la  fua  fpada»  la  barba 
e  '1  mofchetto ,  fi  andò  a  mefcolar  tra'  foldati ,  non  fen^a  rifa  della  Dama. 
in  veder  quella  veramente  ridicolofa  barba,  ed  eflo  con  queir  arme  in  ifpalk . 
Seguitò  egli  la  milizia,  finche  durò  quella  turboleiua,  e  poi  tornò  ad  ap* 
plicarfi  al  lavoro  con  tanto  fervore»  e  così  poetata  dal  genioj^  dal  go&o  e 
dagli  apphofi,  che  tuttavia  gli  eran  fatti  maggioirir»  ^che  crefcef^do  le  occa- 
fioni ,  alle  quali  cominciarono  ad  aggiungerfi  le  vifire^d^  uomini  di  ogniaiTa- 
wc,  fu  neceiliratQ  d' abbandonare  la  propria  piccala  cafa»  e  pigliarne  una  affai 
grande  e  onorevole ,  e  trattar  fé  fieiTo  cc^  modo  àflài  più  (plendido  di  quel 
ch'egli  aveva  fatto  fino  allora» 

In  quello  tempo  fu  al  Nanteuil  mandau  fin  dal  Mogor»  da  un  Padre 
éella  Compignia  di  Geaù ,  una  lettera  col  ritratto ,  fatto  per  mano  dello  fteflb 
Sadre ,  della  perfona  di  quel  Re ,  per  parte  del  quale  »  in  latino  idioma  » 
anenhra.  egli  commendado  per  la  famfi»  che  fmq  in  quelle  parti,  do^*  e/ano 
cbopparfi  alcuni  de'  iuoi  ritratti,  correva  4i  fui^  perfona:  e  fi  aggiu^eva» 
èfler  volontà  dello  fiefio  Re»  che  aflai  ijti«iaya  la  di  lui  virtù,  che  a  lui 
fòfiè  ^uel  ftto> proprio  fitto  vedere,  fòrfe»  perchè  e'  defideraflè  di  riaverla 
poi  di  fua  mano .  11  Nanteuil  riipofe  al  padre  i  ma  o  per  la  lunghezza  del 
tempo,  che  richieggono  i  trafporti deUe  lettere  per  quelle  lontane  partilo 
per  infortuni  del  viaggio  medefimo ,  o  per  altra  qua!  fi  fafle  cagione  ,  che 
la  lettera  mal  capitafle  ;  egli  è  certo,  che  ne  di  quella  né  del  Padre  fi  Cep- 
pe pni:cofa^  albana.  Criefceva  intanto  il  credito  dell'artefice»  e  con  eUo 
le  grandi  occafioni  ;  onde  egli  non  potendo  refiftere ,  trovò  modo  di  fare 
i  dilegni  de' ritratti  non  più  d'iiKhioftro,  ma  di  lapis,  con  che  gli  con« 
duceva  alTai  piìi  pretto  ;  e  da  U  innanzi  cominciò  adi  intagliar  di  uol  pro- 
pria mano  folameme  le  tette,  facendo  fare ilrimanente  a  uomini,  che  e' 
teneva  in  fuo  ajuto  injalcune  ttanze  appanate  da  quella  del  fuo  lavora  »  nel- 
la quale ,  mentr'egli  operava,  non  fu  mai  lecito,  ad  alcuno  di  porre  il  pie- 
de. A  coftoro  dava  ii  Nanteuil  il  difegno  e  la  direzione  per  q[uello,  che 
e'  dovevan  fare  ;  onde  per  tale  comodità  ne  gli  venivan  fatti  molti  per 
anno,  de' quali  non  fé  ne  vedono  di  tutta  fua  mano,  (e  non  tre  de'  più 
piccoli»  che  veramente  fono  de' ^iu  belli.  Uno  è  di  Monkù  Bellevre , 
Prefidente  della. Corte:  l'altro  è  di  una  Donna  Yeccj|xiai  cheliaun  collar 

,       ^  puro  di- 


•     *       •    ii 


TtùBE  RTO    NJNTE  UM .    .    ^^ 


parò'diftdb  fopn  te  fpalle»  £bcc>n4a  V  ufo-di  quei  tempi:  il  terzo  tui 
Vècchio^  vefiico  di  una  toba  di  camora  %  ^e  foprt  le  maniche  fono  alcune 
legaciire  di  naftro»  il  volto  è  pien  di  grinze»  e  tutto  è  tirato  di  un  gufto 
8)  perfetto»  che  è  tenuto  il  pm  bel  lavoro»  ch-e'face0e  in  queU*età»  che 
era  allora  di  q!ua£ant*anni.  viveva;  tuttavia  Aofelmo  fuo  padre  in  Rema, 
ik  quale*  «dita  li  grida»  che  ornai  corretra  del  figlinolo  per  tutta  V  Europa 
efuorì^  gli  (brifle  una  lettera  »  fn  cui  C0n  fenipHce  ma  affèttuofb  modo  gli 
éfpreflè  quanto  ei  godeva  di  fentire  »  .che  la  fua  virtù  fofle  così  gradita  » 
e  tanto  e&itata:  è  gli  ricordava  il  riconofoere  il  tutto»  non  dal  proprio 
merito  I  ma  dalla  bontà  dell* Altiflimo  Iddio.  Diceva  fenctr  difpiacere  pU 
trefaiodo  grande  »  ogni  qual  volta  e' fi  ricordava  di  averlo  tanto  diftolto  d^ 
-queil'  applicazione  »  con  cui  in  fanciullezza  egli  a'  andava  preparando  sì 
gran  fortuna!  né  eflbr  ciò  derivato  da  altro  principio  »  che  dal  defiderio  » 
che  egli  aves  del  fuo  avanzamento»  il  quale  in  ogni  altra  facoltà  avreb^ 
he  ^lifperato  poter  fuccedere»  fuorché  in  quella  del  difegno.  Conchiu* 


Rifpofe  il  figliuolo  condimoilrazione  di  pari  benevolenza»  pregarudp  in-» 
Aintemente  il  padre  a  lafciar  la  città  di  Rems»  e  venirfene  a  Parigi»  dove 
«gii  lo  afpettava»  per  d^moitrargli  in  qualche  modo  il  fuo  amore,  e  che 
fenza  più  egli  medefimo  lo  avrebbe  mandato  a  levare  »  ficcome  £e^ , 
Ricevutolo  finalmente  in  propria  ca(à»  gli  fece  godere  »  finch' eì  yiiref  gior* 
ni  felici.  Coti  vediamo»  non  poche  volte  accadere,  che  a  miferabili  prin* 
cipì  »  vien  preparato  dal  cielo  un*  ottimo  fine  •  Efiendo  finalmente  Ro^ 
berrò  giunco  »  come  noi  fogliamo  dire  »  al  non  plus  ultra  nella  perfezior 
ne  del  fuo  operare»  allori  gli  fi  fece  luogo  ad  impiegare  più  degnamente 
la  mano:  e  ciò  {u  in  formare  il  ritratto  del  gran  Re  Luigi  XIV.  fuo  Si« 
gnore»  cosi  comandando  quella  Maeftà*  Lo  ^e  adunque:  e  mentre  egli 
operava»  non  ifilegnò  qnel  Monarca  d' introdurlo  in  familiari  difcorfi  ;  e 
volle  aver  ^cognizione  deir  efier  fuo  e  de*  parenti  e  di  ogni  altra  pili  minu^ 
ca  atteaenza  di  fua  perfonà .  Incagliato t  che  fu  quello  ritratto»  fu  (limar 
ca  la  più  beli'  opera ,  che  Nanteuil  avefle  fatta  fino  a  quel  tempo .  Andava 
egli  intantoj intagliando  altri  ricratti  di  uojtnini  infignit  fra*  quali  fu  aueU 
lo  di  Claudio  de  Saiunaife>  detto  il  Salmafio»  fopra  il  quale  fcherzanao  lo 
erudita  ingegno  dell'  Abate  £gidio  Menagio  »  compofe  il  feguente  Diftico 
Greco,  in  cpivoiki inferire t che  avendo  in  penfiero  il  Nanteuil  di  ritrarre 
la  varia  letteratura»  gli  badò  ritrarre  il  letterato  Salmafio** 

Uvife  TM/Ac/f^aftJ  ypci4^aT0  iM^i^m . 
£n  hU  S^lmafium  pinmt  ìiantolius  ipfum 
DoSrinam  variam  pingere  fiUuitus . 
di  wttìxic  poi  voglia  di  provare  come  gli  fofie  riufcito  il  lavorarne  alcuiTO 
di  padelli.*  ed  uno  he  f<ce  al  naturale  dalla  propria  perfona  del  Re,  dalla 
quale  per  avanti  ne  aveva  fatto  un  altro  in  piccola  proporzione»  tocco  di 
lapis.  Quefto  bel  ritratto  di  pafielli,  che  rìufc)  tanto  ben  colorito  e  fo» 

Gg  z  "  migliante, 


4ÌS    Decnd.  t^.Md^m.  l  del S^.  V.Mi  ^40,  §1 1 550. 

jnigfiàme,  che  ftt  ^to^txó  utÀ  tiì^tw\%\ìt ^  ditde  alle  nutid  d^HK  Miett 
dcm  Regina  Madre ,  la  qtiàlfr  tiflianèiid0  dnonita ,  ehiabatii  i  fe  lAR^gink 
SptSfà I  si  gli  diflfè  :  Venifè ,  o Rtfgtna ,  «  vedere  il  Toaro  Spofo  in  i^iiéb^tc- 
tvttà  i  che  parli .  Gradì  óltre  Aodd  il  Re  còsi  beUi  fttica  lactld9VNsM»«ìt> 
e  gli  fece  donare  eeitco  doble*,  i&éntffi  furono  appenii?piftd)tfefioTW^  da 
Roberto  (  tanta  fi  fempre  fui  difiMftteCIkteua)  fpefe  ratto:  t^iial  danafè 
3fi  ilrt  lauto  convito,  eh'  e'fèct  a^Ftàtrdi  Sani' AgoÉinò ,  e  ili  v^iadi» 
ittoflrai&roni  di  allegre:&i^a  par  tuficn  quella  Parrooe&ia  »  accMCc&è  fofiefs 
earttate  Iodi  dal  Re  Ltìfgi  XI V«  per  la  Nafcica  dd  Delfìivi.  Noaftrm 

?uì  h  virtuo&  ctirk)fità  di  Nanteuil»  ptrdtè  ivòndo  condotca  in  gramk 
Qól  bel  ritratcor  di  padelli ,  deliberò  d^  inraglinle  delU  ftefit  gtandn* 
^a ,  cofa ,  che  per  r  addietro  non  avea  fatto  mai  né  egli  ni  ateri  ;  e  tun- 
dolo  condotto  a  fine,  fé  gli  accrebbero  tanto  le  Iodi  e '1  concetto  di 
Cgriuno,  che  qnindi  innansi  tutti  volevano  efier  ritratti  ii^  quella  prapor* 
imne  ;  onde  ebbe  a  fare  il  riti^tto  della  Regina  Madre #  dei  Tttùranif  è 
di  tutti  t  Principi  dell»  Frandia;  Gfuiife  circa  0  quel  tempo  in  ¥zvpk 
in  occafion  di  viaggio ,  il  Seranifiinfeo  Principe  di  Toicona  Co&bo  t  oggi 
Granduca  Regnante:  é  avendo  più  volte  per  K  addiacro  r  cson  qoal  ge- 
nio ed  amore  di  ógni  ifìrtar  che  è  f«o  proprio,  ofiervate  le  opere  del 
Nanteuil,  volle  valerfì  delPoeM&ane  :  e  comandò  a  duefiaoiCavalieni  che 
infiemecon  Pier  Maria  Baldi»  Pittore  e  Architetto,  ehe-M^  ierreqaeK 
la  Altezza  in  carica  di  SopriAfendeMe  delle  Fabbfìabe  e  foneiàeéìÌ> 
Torno  è  di  Fifa  ,  fi  portaffero^  alle  fian^  del  NanteuiU  per  vedete  ic  Ira  Ife 
Opere  ftte  foffe  alcmra  ài  fidovo  e  di  (»rriofo  r  e  procttrafibra  di  aftilà  té 
ogni  pezzo  .  Ed  in  vero»  che  il  BaMI  fece  ben  la  pacteis»;^  perchè  dato  di 
Occhiò  ad  un  ritrattò  di  mano  di  Roberto,  tefta  ecM  btiAo  qnantosinatme 
le ,  ricavato  con  paAellt  alfòFi^celii^^  detta  pn^prta^eÉgie  àt  hn&tSk^^fm 
Varamente  fingolairi fli ma  ;  di  quello  ffBtpnecaeeitfpéliìiorPadroiiflaftebe  ti  rtf 
tornò  a  Firenze  k>  donò  alhi  gléri<>fa  fneolorRi  del  OfAìiwl  Leopoldo  foo 
2io  :  ed  è  quello  fteffo,  che  dà  queBa  AtteasEè  fit  collocato  ùeìhi  taoie  valtt 
da  me  nominata  è  da  ognund  celebrata  Galteria  daf  Rittactldt  pro^ 
biano  de*  più  ìlluftri  artefici,  dd'' quali  egti  fecea^belllb^aeaoitier  dote  eoa» 
fervafi  tuttavia,  coperta  di  lucido  criftallo ,  B  cetto^  che  nattèAì  vtdea* 
éo  quefta  opera,  non  ammiri  il  gufio  di  quel  grande  oomo^;  perchè  oltre 
alla  gran  (bmigliatìxa,  fi  fbòrgono  mei  dffegno,  nelle  propw»MÌ#  nel  (* 
borito ,  nella  morbidezza  e  nello  fpkito  tutte  quelle  perit3Ì0nr>  che  osi 
poflbn  deCderarfi  di  un  iMeikdèhte  dell'atte  in  fittile  faiirvro^ 

Da  quanto  10  fonti  ora  pè^  fbggiugnere,  affiAd  éà  ctmtamePi  eoàY(x- 
dine  della  ftoria ,  fi  può  rateogliere,  cke  i(  Nentenikr  ^Mk  per  cagione  del 
Tuo  naturale,  ibverchìwnMte  ceriofe,  o  per  bag Ikint  d' inteUkttò ,  cagio* 
natogli  dalle  grandi  prefpefM  e  dagli  imiveriali  apj^Ieiiir  fi  trattenne  per 
alcun  tempo,  vagando  troppo  lungr  de  quegli  eferciz}»  che  fon  propr)  di 
tin^uomo  Cattolico  e  timorato  di  Dio-,  perehè  fé  Voglieno  creadere  a  lui 
ftcflo  «  dopo  eifer  dipoi  venuto  in  cognizione  del  fu)D  errore,  compofe  al- 
cuni verfi  ;  ne*  quali  con  non  minor  contrizione,  che  fpirito,  dopo  afer 
refo  infinite  grazie  e  Dioi  per  avergli  aperti  g^occh)  alt'  infelice  fiato» 

net  quale, 


.1 


ROBERTO    NANTEUIL.         4^9 


iWlqtiflIef  ooiii'  egU  4ice  »  lo  arey«a  pofto  t.Gioi|Bcciitt»  dopd.svftr  de- 
plorata  la  pn^i'ta  inglraticoduie/f  erìb  Dio»  fi  duole  d^  aver  baae  ^0(19  Ur 
ieiata  la  Santa  ChicCa  fuaSpofii»  per  andare  a  yifitai».  quelle  degli  alieni  da 
^1  ;  Amplifica  le  opere  della  Divina  Bontà  t  ohe  non  gli  mandò  la  morte 
In  quello  fiatoi  a^eon  mille  affi9Cti>  e  fentimemi»  che  fi  veggon  nati  da  uq 
cuore  veramente  contr>tOr  prorompe  in  cali  e  cosi-  £brvQro(i  propAnime]»* 
tìS  riuova  vita  > 'che  {loflbno  intenenire  chiunque  gli  alcolca  »  Soleva  egli 
anello  rapc0nt»fe  a  chi  di  quefte  cofe  mi  ha  data  notizia»  la  caufa  diiua 
conveiHóiiei  éfuquefia.  Era  la  Feda  del  Santiffimo  Sagramenco  »  e  fi  fa* 
covano  le  folenni  Proceffioni  del  Corpo  di  Crifio .  Occorfe  #  eh'  egli  s'afa^» 
battè  a  trovarti  fra  quella  moltitudine  di  devociCsctolici»  che  lo  accompar 
gnavano;  quando  voltando  l'occhio,  videfiaccanco  una  giovane  »  la  quar 
le  tocca  da  fpirito  di  devoaione»  diiottameme  piangeva .  Fifsò  e^U  l' oc* 
<hio  in  quel  volto,  nel  quale  poi  affermava  aver  letto  a  caratteri  di  affetto 
e  di  lagrime  miracolofi  fegni  della  Divina  Grazia;  e  datale  rimembranza» 
in  ui>  iftante  sì  rìmafe  force  compunto ,  che  non  potè  ancora  egli  tener  le 
lagrime,  le  quali  avendo  lor  fondamento,  non  età  in  una  jpuerile  o  don* 
nefca  tenerezza,  ma  in  uiìo  interno  amore  verto  Iddio,  eh'  e'  fi  fent)  in* 
fondere  in  queir  atto ,  fecero  sì ,  che  egli  riconofcendo  fé  fieflb  »  fi  defle 
ad  un  nuòvo  modo  di  vivere;  e  foleva  dire  quella  eflere  fiata  la  fua  61 
converfione.  Venuto  l'anno  1^71  •  Te  gii  porfe  occafione  di  fare  un  altro  tu 
trattodel  Re,  di  grandula  quanto  il  naturale  1  per  contentarne  la  voglia . di 
un  figliuolo  di  Monsìi  Colbert ,  primo  Miniftradel  Re.  Pre&  egli  perde 
congmntura  appropofieo,  e  fupplieò  quella  Maefià  a  contcncariène:  e  far* 
mato  il  tempo,  cominciò  il  ritratto  a>n  pafidli.  Imanto  aveva  il  Re  avit«- 
ta  notizia  de^  foprammentovati  verfi ,  compofti  da  Rf^berto  con  cama  vi- 
vezza edivozione  nel  tempo  de)  Tuo  fervore;  contuttoché  egli  non  mai  aveffie 
data  copia  fuori ,  di  qa^i ,  né  tampoco  dt  altre  (uè  compofiziool,  che  poi 
fi  trovarono  dopo  fua  mone;  ondcvdiede  fegno  didefideriodi  fentirglide 
recitare  ^  ti  Nanteuil  $r  principio  con  una  riverente  repi^anza  procurò 
di  aftenerfi  da  tal  recftamento;  ma  conofciuto  efler  volontà  di  quel  Gran« 
de,  che  egli  puro  gli  lee^eflèy  obbedì:  e  tale  fu  l'energia,  con  cui  ne  ac«* 
compagno  gli  affetcì  e  i  tentimentì  di  voti,  che  il  Re  diede  fegni  non  poco 
apparenti  di  compunzione . 

Intuglio  poi  il  grande  e  bel  ritratto,  nel  quale  veramente  pofliamodire» 
ch^e'fuperaife  fo  fteflb;  ed  e  quello,  che  ha  per  ornamento  una  Spoglia  di 
Leone  ,  e  abbaffodue  Medaglie,  fatto  tale  ornamento  con  invenzione  di 
Monsù  Bruno  primo  Pittore  del  Re .  Ne  fece  dipoi  un  altro  pur  grande ,  ap«. 

freflb  al  quale fcrifle  alcuni  verfi»  Intagliò  i  ritratti  de'quattro  Miniftri  di 
rancia,  iqualitucti  andarono  a  trovarlo  a  cara  fua,  ficcome  anche  il  gran 
CanceRiere.  Gli  venne  poi  occafione  di  fare  un  altro  ritratto  del  Re  :  e  prefa 
comoda  congiuntura,  fé  ne  andò  alia  Corte .  Lo  fece  prima  dì  pafteili  ;  e  fu 
r  ultimo  ri  tratto,  che  egUdipm  intagliafie  di  quella  Maeftà,  alla  quale  con  tale 
occafione  recitò  alcuni  altri  verfi  ,che  egli  aveva  compolti  e  dati  alle  ftampe  • 
parve,  chequel  Monarca  in  quello  inftante  foflè  fatto  prefiigo  di  ciò,  che  fra 
pochi  mefi  dovea  fuccedare  di  queflo  grand'  uoitfb,  dico  della  morte  di  lui  i 

G  g  3  perchè 


41 0     Deeeéo:  V.MdB^rì.  l  MSéi.V'Mll  640.  al  i  €$0. 

forche  »el  Uoenxiarto  chVfiecei  dopO'tmtemj;aoi|^Mfdt»;  qiitfli  volt^^^C 
propria  bocca  dargli  il  beii  femco»  prorUppeiniqtteftefQrinali  j^arplet  Aiuia«^ 
te  vene  contento»  Monsù  di  Nanteoil  \  perchè  io  di.f  oi  ion  concciiciillaio . 
Con  quefto  nuovo  conforto 'fi  pare)  Tturteficc  dallr  Corte  i  flià  non  fu  apr 
pena  alla  propria  abitazione  f«rvemi£0:i,  eh'  e!  fu  dfiaHto  da 'gran  febbre, 
fa  quale,  le  per  allora  non  glìlevùia  vira,  n^olcagli  toUe.  d^U' anti^o^  vir 
gore«  Ebbene  notizia  il  Re:»,  il  quale  .fobico  Io  mandò  ^>^CMre  con  uà 
regalo  di  dugento  doble;  Ce&ò  ia  inalactìa:  ed  egliebbo<€afnpQ:di  uxtìÈi^ 
re  alla  Corte  per  ringraziare  Sua  Maeftà .  Eraii  già  quefto:  valentuomo 
colla  fua  virtù  guadagnata  la  gloria  del  primo»  che  ne'fuoi  tempi,  e  forte 
anche  fino  allora,  in  materia  di  ritratti  avefle  mane^ato  bt^liho  «  onde  il 
Sereniflimo  Granduca  di  Tofcana  Cofimo  III.. ora  Regnante ,  gli  mandò 
colà  un  alTai  ftudìoiò  giovane ,  chiamato  per  nome  Domeoica  Tempefli  i 
nativo  di  Fiefole,  che  nella  fcuola  del  Volterrano  aveva  dato  (à^gio  ài 
un*  ottima  difpofizione  a  quefte  arti,  acciocché  egli  gli  Gomunica0e  la  fua 
Tirtu*  11  Nanteuils  in  grazia  di  quel  gran  Poteutato»  prontamente  il  ri* 
cevette  fotto  la  fua  difciplina  (cola,  che  ad  altra  perfona  nel  corfodifua 
vita  egli  non  aveva  fatto  giammai  )  ed  in  oltre  volle  alimentarlo  in  fua 
propria  cala .  Incominciò  ad  inftruìrlo,  e  gli  pofe  amore*  e  per  due  anni, 
eh' e^  fopravvifie ,  lo  ebbe  fempre  appreflb.di  le.  In  quelli  ultimi  ce m* 
pi  intagliò  Roberto  i  belliffimi  ritratti  del  Delfino,  del  Cardinal  ^oti^ 
fi,  e  del  Gran  Cancelliere  Tellier .  Fu  in  ultima  ricercato  d»  altri 
Perfonaggi  di  far  di  tutta  fua  mano  un  altro  gran  ritratta  del  Re ,  ch« 
doveva  etTere  contenuto  da  un*  ornamento ,.  pieno  di  fpoglie  miliur} , 
Per  tale  effetto  fi  portò  alta  Corte  :  domandò  in  grazia  a  Sua  Maeltà  da 
poterla  di  nuovo  ritrarre  al  naturale*  Gli  tifpofe  il  Rer  E  non  vi  fervo- 
no quelli,  che  avete  fatto  finora?  Vollra  Maeftà,  dilTe  allora  ilNanceuiU 
ha  poi  mutato  in  qualche  cofa^e  comecché  io  teng^o  gran  defiderio  di  for- 
mare un  ritratto  di  tutta  fomiglianza,  non  pofib  klciar  di  chiederle  que* 
fta  nuova  grazia;  ma  non  fu  modo  per  allora  di  ottenere  l'intento.  Com^ 
pofe  poi  akri  verfi,  che  vanno  attorno  ftampati  in  un  di  quei  libri  ^  che  i 
Franzefi  chiamano  Mireurj  Guitti .  PalTato  qualche  tempo,  elTendo  la 
Corte  a  Ver&glies,  fi  compiacque  il  Re  »  che  egli  di  nuovo  jo  ritraefie^ma 
nell'ora  però»  che  e'  fi  levava  del  lettole  veftivafi,  nel  qual  tempo  anche  volle 
fentire  dalla  fua  bocca  recitare  le  fopraccennatc  nuove  compofizioni  ^  Ma 
perchè  gli  era  fiato  cohceflfo  un  fot  quarto  d' ora  alla  volta;  e  poi  gir  fa 
lacco  intendere,  che  il  ritratto  fi  fiirebbe  finito  a  San  Germano,  dove  in 
breve  tempo  dovea  paflar  ia  Corte,*  gli  convenne  finirne  unor  che  $ià  egli 
avea  copiato  da  quello  ultimamente  fatto;  e  qoefto  fu  dopo  la  morte  del 
Nanceuil ,  intagliato  da  un  tale  Edelinck.  Quefte  furono  le  ultime  audien- 
ze>  eh' e' potette  avere  dal  Re;  perchè  fopiaggiunto  da  gran  febbre,  gli 
iu  neceflario  metterli  in  viaggio  per  tornariene  a  Parigi  sk  ne  veniva  celi 
dunoue  infieme  col  fuo  caro  difcepolo  Domenico  Tempefti:  e  ancorché 
egli  ftefle  bene  agiato  in  carrozza,  contuttociò  per  elTere  afiàì  corpolento 
e  aggravato  dal  male,  non  lafciò  di  patir  molto;  tantoché  giunto  a  Parigi 
aveva  già  la  febbre  prefa  ai  gran  forza,  che,^li  aveva  toko  Tufo  dell'  in- 
telletto . 


^  /  y    :  -.vi 


no  BERTO     NANTEUll.  47  y 


celtetto i -  Kicormndo'poi  alquanta  in  fc>  ooote  quegli,  che; putrivi  tmta-^ 
via  né!  cuore  penfierì  del  bene  eterno  »  domandò  il  Viatico»  che  gli  fu  prò* 
metCo  per  la  feguente  mattina;  fi  fece  poi  portare  da  feri  vere»  con  deiide* 
rio  <li  ractfomandate  alla  Maefià  del  Re  là  liia  povera  moglie*  ma. aggrava* 
to  dal  male»  non  potè  farlo  per  verun  modo.   Fecefi  allora  portare  dal 
TempeOi  1*: iDcominciato  ritratto  del  Re»  e  datogli  una  guardata»  diflé; 
Veramente  quefto  ritratto  fomiglia»  ma  egli  è  fiato  qaufii  delia  mia  morce« 
Comparve  intanto  il  Medico»  col  quale  fi  dolfe  di  non  aver  potuto  feri  vere  aji 
Re  :  e  gii  diede  anche  alcun  (egno  dì  dolore ,  per  dovere ,  com'  e^  diceva  »  cosi 
preil<>  lafciare  Domenico  Tempefii  fuo  amato  difcepolo .  Paflata  quella  notte  » 
à  venuto  il  tèmpo  »  ch'e'dovea  comunicarli»  occorfecofadegnadirefleflio* 
fie:  e  fu,  che  nell'appreflarfi  queir  ora ,  eì  diede  fegni  di  afiai  maggior  TO'-, 
buftexsae  divcorpo  e  di  mente,  di  quei  che  egli  avea  dato  ne'  precedenti 
giornit  né  fi  può  dire  abbaflanza,  con  quanto  affetto  e  con  quanta  fede 
egli  vi  fi  preparò;  parlava  con  tale  abbondanza  del  cuore,  che  il  Sacer« 
dorè  ,  per  timore  ,  che  quella  gran  commozione  di  affetti  non  gli  to« 
gliefiTe  di  nuovo  il  difcorfa»  lo  perfuafe>a  tacere;  .ma  fu  quanto  il  gi&ttare^ 
poche  i^nciHe^di  aequa  nel  fuoco»  che  non  l'opprimono»  malo  riiuorzaf 
no  ;  perire  egli  pigliandola  quelle  parole  nuova  lena,  diQe  •  E  come  va^ 
lète  voi»  che  io. non  parii^  neir  ultimo  di  mia  vita»  al  mio  Dìo,  avendo 
fpefo  tanto  tempio,  in  parlar  col  mondo?  equi  parve»  eh' e'  volefiefare» 
in  aperto  modo»  una  general  confetlione  in  pubblico»  perchè  ognuno  ik4 
peife^uanMr  male  gli  pareva  di  avere  fpefo  il  tempo  datogli  dal  luo  fatto«^ 
re»  per  l'aoquifto  del  CielQ;  tantoché  non  fi  trovo  alcuno  a  quefio  devota 
i^ettacolò»  che.  non  fi.mpvefie  a  lacrime*  Ricevuto  che  egli  ebbe  ir  gran 
Sacramento»  e  raccoltofi alquanto ,  chiamò  il  Tempefl;i»e  l'avvertVd'aflai 
eofe  nocefliurier  per  avanzarli  neU*  arte  fua»  e  per  buon  governo  di  fefieflo* 
Quindi  a^ravandofi  il  male»  fu  neceflàrio  munirlo  coir  Eftrema  Unzione; 
poi  fi  venne  alla  raccomandazione  dell' Ànima:  e  finalmente  correndo  il 
giorno  de'  p.  di  Dicembre  1678.  a  ore  9.  della  fera  e  al  nofiro  orologio 
circa  a  ore  tre  e  mezzo  di  notte»  in  età  di  fefianta  anni»  fé  ne  pafsò»  co- 
me piamente  fi  crede»  a  vita. migliore  »  reftando  la  moglie  e  '1  fuodifcepo** 
lo»  e  i  molti  amici  e  Sacerdoti»  che  gli  aflìllevano»  in  queir anguftia  ed  a£« 
ftnno  di  cuore»  che  ognun  puote  immaginarfi  :  e  refiò  il  noftro  feco- 
lo  privo  di  un  uomo  di  così  rare  parti»  che  ne'fuoi  tempi»  quanto  mai 
tfltri  ne*  loro  »  è  ftato  di  ammirazione  al  mondo.    Fu  il  fùo  corpo  onor 
rato  coli*  accompagnatura  di  tutti  i  profeflòri  dell'  arte  »  e  degh  amici  » 
e  con  ^ran  pompa  gii  fu  data  (epoltura  nella  Chiefa  di  Sant'Andrea  del^ 
1*  Arti  Tua  Parrocchia.  Sentirono  vivamente  il  duro  cafo  di  £ua  mancan- 
za» noti  £blò  quel  magnanimo  Re  e  la  Regina  fua  conforte»  il  Delfino,  e 
tutti  i  Grandi  di  quella  Corte»  ma  tutti  gli  altri  Potentati  dell'Europa»  e 
fra  qnefii  il.Sereniffimo  Granduca»  che  al  pari  d'ogni  altro  V  amava,  e  ftif- 
mava  la  fiia  virtù  •  Eflèndogliper  avanti  morta  una  fuà  unica  figliuola  »  fo* 
lamento  rimafe  Giovanna  Renfon  fua  moglie:  e  perchè  e'  fi  era iempre 
trattato  fplendidamente »  quel  poco  che  di  fuo  avere  avanzò»  volle  che  a 
lei  rimanefie .  Quella  »  i«tte  iQ^fi  dopp  la. morte  del  caro  marito»  ancor  efiT^ 

'      *    Gg  4  pafeò 


•  •    i  ,   ,.  •  w 


I 

pftBòairfiltM  Tittttiochè  tlnAnJe  pMfceiUtaste  ed  oiUMpitf  éfeilMMdtt^ 
fitna  f  che  viveva  iti  ftiatrioMiuo  coi  ibpcinnomratco  fideUadcj:0«Utoc 
intagfiàeore  d6'  tempi  noftri  • 

Ftt  il  Nanteoil divago  e  nobififfimo  aTpCMSé  aflai  mm^fffia jcti  perfo^ 
Ita  »  e  di  sì  bel  tracco»  che  lo  &olR>  Re  f  ode?a  di  fetitiffla  ragionare»  e  la 
Regina  Madre  arafblita  a  dire,  coooiba»  ia  Fraiicia  duo. padEbftt  <d^  cnii 
garbOt  A  Nanteuil^  '1  Varino,  tht  fa  quel  gxao  iiiadiro  di Cofir<b»tta  Zac* 
ca  principale  del  Re,  che  al  mondo  è  noto^  Fu  in  oltre  il  rtrtttofio  Nan* 
ttuil  da  ogni  fert*  di  ptffone  di  alto  affare  onorato .  FreqoentaTaiio  la 
fua  cafa  Princìpi,  CardìiMli  e  gran  Prelati,  non  tanto  per  vadttio  tipcra- 
re ,  quanto  per  lo  gufto  »  che  ancora  effi  avevano  de'  £aoi  ftaCatl  difeorfi  e 
delia  Tua  dolciffima  convetfiusione;  ed  in  fommaei^i  fu  un  Oomo  aoko 
llngolare,  e  da  potére  aver  leogo  fra  i  più  degni  partii  che  abbia  dato  at 
inotido  la  berrenca  proteeione  e  naie  magnifiecMa  di  ^«el  pMtk  Rie.  Fa** 
re ,  che  dovrebbe  dirfi  alcuna  cofa  delie  quaticà  partioelri  de^  (nei  eia- 
ravigiiefi  intagli^  ma  io  non  fo  farlo  né  più  né  negtio,  che  col  recare  in 
quefto  luogo  ^ie  parole  ,  che  ne  dite  il  tioftra  erudito  Carlo  Dati  nella 
vita  di  Zeufi,  che  (bno  appunto  leieguenaii  J^!^  ptnrdeJ* ^dfip^M^im 
mifitèiafhanoatamemphre,  mmftmu^ft»p§9^  PAt$^idàJkUcJttmfc\e  dtgt^im^ 
UgH  fmdemi ,  ne*  attutì  Mnta  ^m  fi  rMvif4$  k  mmerim  it  P^pei^  ék*  r^iK 
mmi ,  Htohre  deÙt  cumagiimi,  àt^  »mz<w  ^édkb»hem  rTfmtiéinàtm^ 
ft$m9pfìflvtrtt  idber^TM  iaipeOié  Miafimdiafi/fmtget  t  ^uelcbefièèmfor^ 
Ut  fftà,  i'wria  e  ìafimigiHmzm  wei^iM  éklk  perfmtr  Mmmtàèmkro^wm  w 
fiktte  ilnero  deirimèhflr&  réléiMt4  4kU9  €m»ar  i  f^  mnfiomé^o£ 
t9im  »  ma  di  chiari  t  difcwit  tuiH  q^itfh  faprm  m$i  aim9  /uimàrs  wé'ifik 
Uffimi  ritratti  dtlf  infigne  Namettèl^ 

*  Non  lafcerò  ancora  dirapptefeneireper  MmunediqaefiananwiiQae^  co» 
teeOomenicoTempefti,ilcarodircepotodel  Nameuiùqueplf^  ^olqMiIeid 
feppi  quainto  ho  fcrittodi  lui>  altrecranto  metto  per  la  f^endica  deijiBeaftro» 
guanto  dove  vacffère  contento  per  lo  profitta ,  cheegli  gtàft  trovavi  aver  j»&* 
ioin  una  tale  fcuola,  non  mdto  dopofeceritomoa  quetta  fuapatcia^oiveec^ 
colto  dalia  già  da  lui  tanto  efperìoientata  clemenea  del  SeRnina»oGraiideca 
Coiimo  III.  og^  felicemente  Regnante  t  fu  fobìto  impiegaiaia  &ropcce  ap 
partenenti  all'arce  fua .  Volle  quel  Seraiììffiaae ,  che  iljpriisopanDJticuoobia» 
lino  fofle  li  rìcratcotleireruditifimo  Dottore  Francelco  tUdt  »  nobile  Jbneti* 
ho  i  f uo  Protomedico  ,dei  q  uafe  ci  è  occoffo  (^  in  phltlooghi  de'nii(ÌEÌf criifii 
Inen^ione,  che  mentre  io  qiiefteooCe  feriva,  èonfuagbrtaegtenbenefiaio 
della  Fiorentina  Letteratura»  degniflimamentelbftiene  il  carico  di  Arobon^ 
folo  de!l*IÌIu(lri(Iima  Virtuofiffitna  Accademìadella  Crufca  Ha  poi  fioco,  po- 
tè di  comandamento  della  medefima  A.S.  il  rttrattodi Oefbooe  de^  Manchcfi 
dal  Monte  a  Santa  Maria,  Cavalteredi  quel  valore  che  è  noto,  lì»  Macflro 
di  Camera:  e  quelìty^ltrts)  di  Vincenzio  VÌTtani,  il  celebre  MatteouiCf  co  : 
1  quali  tutti  ritratti  ha condotticon gran  perfainorie e  fineasa,  ficòomefadi 
ogni  altra  fua  opera  »  non  pure  d' intaglio ,  ma  eziandio  dipdleiltad  imitazio* 
nedeigiàfuomaeftro;  nella  qual  facoltà  giunge  omaia  Cai  légno Cua  virtù,  che 
darà  a  fuo  tempo  lunga  maceria  a  noi  di  più  parlarne. 

GASPARO 


I 


..:;oi"-       ./i.    . .  \  ."«-'^  »': ',  •.-.  47?^ 


GASPARO 


♦  -  A 


PITTORE      ROMANO 


DETTO    GÀSrAR.O  POJtJS.S 


•»  ì    '  .    •  • I '        <* 


rTT»  •   • 


'D/fiefoló  t^ Niccolò  PouSk^  ^m  i^r|.  ;$•  id; J.  '' 

)N  quefti  wnpi  mitra  la  ^i|cà4i,IU«i|t  i|p  MMlletilecPktoiti 
che  in  colprir  pae6.fi  fegR»J^  A^in  p#c«  &a.^ii  tltci  di  otilaw 
nome ìa  tati  facSQki;; 4f qili^i^cM actsiboe  4elb Inllt ma-' 
mera»  che  egli  fi  fece  fm9X0lBm$  e  <h^llb  jgnn  veiockà/tche 
egli  ebbe  nel  man^giare^  il  p^neeUo,  fio^  non  foto  abbeW 
lire  coir  opere  (ìie  le  pib  rinomate  Galterie  di  Roma  edeU 
ricalia»  ma^9iandio  della  Francia^  Al^magaa.  ¥  mièta  ^  Olanda  e  Inghii- 
t^cra.  FuHÌtiefti  Gafpara  Doghete  figlinolo  di  J«qc)(W>  Di^hec  di  Pacigi» 
B^  V9fìt^  a  qn^ajii^del  me&  di  M9ggio4cl  itfi).  in  tempo»  che  il  pa^ 
dee  fuoabìGavp.  in  Roma  in  Pia9M;di  ftMgpa»  neUa  £aroocehi»  di  San  Lo^ 
KMO  in  Lucina.  L'indole  fpirìco£i  Kkl  £inci«llo  j. fino  all' ecàdi  fisi  anni* 
diede  a'  fuoi  genitori  gtnfto  nMciro  dii  applù;vio  alloAudiodettaGramma^ 


^ica ,  per  quindi  forcarlo  a  lavello  dell'  uopane  lette»  ;  ma  fece  loro  pel 
f!9i|a(cere  reff«rieft»bJQlieinen  era  queftarapplicaaBÌoìie«  acni  lodeftina- 
t»;M  PcovYideoaa;  coQcioffiiMwiaGliè  il  ògHvfQì^é  teoiTa  ogni  altra  felledU 
(Odine»  janiagfior  partied^l riempo  imle0^  Mapiegareincofe  appaisenenti 
a.^ifcgnp'^  ArrìiCe  iaforcnna  ai*:dMdeiri  del  ^pvanettns  pcfdocchè  avendo 
Si<^  padre /l^ca  iamogUealfiiftomatopififQie  Micelio  Fonffin  onafuafigliBo^ 
ìskg  largo  Càmpfk  fi  aperiè  a  Ini. di  adectarfi  a  quello  ftudio  «pprefflo  ainuor 
vo  parente  «  Si  aocomodò  egli  aduMue  col  Pot^ffino,  il  quale  fin  dal  pri^ 
mo  oprare  del  giovanetto.»  rioonobbe»  che  »  o  fòfle  per  T  eccedente  in« 
«linaaione  i  che  egli  awra  alla.caoeia  dellc^  fiere^o  per  altra  qualunque  ca«* 
pBmf  k»  portava  più  ìlgeAioaldipìgiiN^f^^efi»  che  le  umane  figure;  on<- 
ia  folle I  ehi)  egli»  fema  afabandonaoe  adatto  lo  ftiidio  di  quatte»  per  potec 
poi  eopB  eife:  adornaf  e  A  tuoi  óaefi  »  fi  eferuicaflè  per  ordinario  in  difegnap 
vedute  al  AKurale.  Jlimafe  il  giovane  a)  perfuafo  da  tal  cocifiglio»  chepea 
tre  amuepiù»che  egli Aeoe  apprefl^  al  Poufiin,  non  applicò  mai  ad  aitròi 
interrotto  però  bciM  tpufb  da  caodeli  malattie  cagiooategli  di  quando  in 
quando  dalle  finoderate  fittìche»  che  egli  era  (bUto  imprendere  a  cagione 
f  della  caccia.  Era  gii  egli  perVeùoto  al  didoctefimo  anno  di  fiia  età  «  quan* 


fU>  delidecofo  di  ^oderfi la  vita  egU.amicifenza  fuggezione*  abbandonata 
I  h  fciiqla  del  oognatOi  incominciò  ad  operar  da  fé  Aeffi»-.  e  del  poco  dana« 

i  ro  di  fuo  guadagno»  che  non  gli  veniva  fpefia  nelle  converfaztoni »  fi  fer« 

viva  par  tenere  unia  cafa  a  TìYoli ,  Ivogo.  che  fi  era  eletto  per  poter  dipi* 
gner  halle  vedute  aliiatunlB;  e  £Me  nel  dipigner  paefi  i  fuoi  principali  ftudj* 

Nello 


j^l^    Decenti.  F.  della  Pari.  I.  delSec.  V.  dal  i  ^40.  al  i^jo, 

NeUqf  ftegbrtamf o  V  ^^rpdtefljkrarre  ftfdci€<itoeAe  €  Miiiofc ,  tina  ne 
aveva 'prefa  a  Prtfqiti.  e  due^ltre  in  luoghi  eoìmeatiidtiuro  k  éxÀHx 
Roma  •  Non  avea  il  noftro  pittore  ancora  compiuto  il  ventefimo  anno 
dell'età  Tua,  cj^e;^à  fi  po^caiy>  ^osìbene,  cf^|l;l7ttca  dej^a^lCornia  volle 
condurlo  aCaltiglion'dcl  Lago»  con  nobile  onoràVio  di  venti  feudi  il  mefe, 
QÌtre:all'abimioni^-4p  9VmaiiMn\ner«(o^  Tua^peFfi^na;  ava%^  ^uegf i ,  a  coi 
^ca$ei!Rip#knJoidibggettài:fi  a!pjù  ftrètti  e  iffeuenatì  pajrbnti ,  don  poco 
a  lungo  andare  eiTér  grata  la  fuggezione  della  Corte,  che  però  dopo  qual- 
che mefe  Tq  ne  cornq  ^  Rgma.^K  .Quiyi  pure  fu  conotciuta'laf uà  abilità  da 
Francefdo .  Ariti  nobile' Milanefe,  diie  pUte  allora  era  tlato  fatto  Governa- 
core  di  Atino  in  Regno,  il  quale  volle  per  ogni  modo  averlo  in  fua  com* 
pagniai  liei  luògo  di* quel* Govertiot  «  per  ottèlféraé  l' intentò  ,  gU  prò* 
iBiure  tmttaiuento  òbenavokP/  Poco^fr^tte^itiiviii^ioftra'Garpato»  per- 
chè poco  gli  guAò  quel  paefè,  e  fe^  he  tornò  a  Róma.  Era-  s^Ior^  Amba* 
fciadore.al  Fapa^per  la  Maèftà  del  Re  Cattolico,  itMarchefedl  Càftel  Ro* 
drigOr  al  quale  effendo  venuto  z  hotixia  il  modo  dell'  operar  fuo.  gli  or<r 
41  nò  :due  paefi  di  quindici  palmi  >  che  furon-da  lui  condotti  con  gran  di* 
ligenza»  e  ne  fu  largamente  ricompenfato .  Contale  oecafionegtt  conven* 
ne  poi  fiirne  altri  molti  per  Cavalieri  Spa^nuoli»  ch^  lungo- farebbe  il  ri- 
dire «.  Viaggiò  a  Napoli ,  a  Perugia»  a  FireAae:  e  per  tutttf  lafciò  opere 
di  fua  mano .  In  FireniGEÌe  fu  egli  nel  teiApa»  che  l'eccellente' pittóre  né^ 
tro  daCoìrtona  dipieneva  le  ftanze  del  kegiaPàlazzo  dètGfaiiducaa*  Pitti' 
eadinftanasa  dello  uelJo  Pietro  fece  un  paefe  di  cinque  palmi,  per  lo  qua- 
le gli  fece  dare  cento  feudi .  Tornado  a  Rtfva»  d^ve  avendo  fkttó  moltcf 
ftudib  fottogi'infegnamentì  di  Claudio  GelleeLocene{e,.infigne  pittoréd) 
paefi  nel  colorirgli  a  frefco»  gli  fu  òrdinato'41;dipigtiere^  nella  Cftiefa  de[ 
Carmelitani  di  &n  Martino  de*  Montir  alcuttiipaefiia  frefco  con  ^gere.dt 
due  palmi  in  circa  »  ne  1  quali  4iéde  tal  foddiifazìone^a' Padri  di  qiaél  Coti*- 
Vento  t  che  non  fola  ne  fu4illora  dai  e0i  ben^pigiitov  ma  finoti^  e^viflene 
fu  riconofciurp  e  regalato. -Si  accrebbe  tanto  più  kfamadelnbftroGafpa- 
ro  Pouflin,  che  peir  tal  fopranhome  eraintefoper  ognuno,  per  eiTere da- 
to .cognato  e  dìfcepolo  di  Niccolò  Bouffin^  onde  non  è  niara viglia,  che 
poi  il  Contefiabile  Colonna  |li  ordinale didipignere  pure  a  ftefco  alcune 
ftanze  del  fuo  Palazzo,  cdn^ più &e|^  e  Coprapporti  r  ed  anchti  iilcuni  quadn 
a.olio,  che  furono  lodatiflimi^  Agli-ordini  del  Conteftabile  fiéggìunferd 
quegli  del  Principe  Borghefé,  dicoloftr  paefi;a  fìrefca  e  a  ofió:  ed  il  Prin* 
cipe  Panfilio ,  neliafua  Vigna  ^oori  di  Pòrta  a  San  Pancrazio ,  ne  volle  altresì . 
Ma  per  ben  qualifrcare  il  valore,  che  in  fifi^ili  facsoltà  aveva  già  acquiftt* 
to  il  Pouflin ,  bafta  fol  dire ,  che  l'eccetlentilÓbio  Scpltore^  il  Cavalier  Gio. 
Lorenzo  Bernino,  volle  anch'  eflb  aver  f uè  opere,  e  {li  fece  colorire  nelle 
fue  proprie  (lanze  più  fregi  a  frefcor  che  fi. annoverano  fra  le  opere  di  lui 

Jpiù  belle.  Nel  Palazzo  delia  Signora  Diamante  Muei  fotto  il  Campidoglio, 
ece  pure  opere  (Imili .  Per  molti  Eminentillimi  Cardinali  qpndufle  bei  paefi 
a  olio.  Ma  fra  coloro,  che  hanno  fatto  grande  ftima  delle  pitture  del  PoufHno, 
uno  ve  ne  ha  nella  città  di  Roma,  che  mentre  io  ferivo  quefta  notizia, 
abita  nella  ftrada  del  Corfo  «  Quelli  è  Anconio  Moretti  Argentiere,  il -quale 

.fi  trova 


^ I \-  e, GiK^ P AR:0\    D^U'G  he  T.  \     47 5 


t^M)^  vi|b«^Il(rcH'<fnqfuaf(trpezz^dr^ra^  Si  luì f  fra'  grab£ 

f  {APi^a ,  e  ne  f4  quella  (tioi^t  che  ii^Xx  pitture  fi  conviene •  Le  o^rej 
che  quefto  arcefice  condufl'e  nello  fpàzio  ai  quarantacinque^  anni  in  circa  » 
che  egti  attefe  airartis;foa  tanié  iii  Qiiiilfixb,che'a  gran  taticaiipuò  di  una 
minima  parte  aver  cognizione;  bafti  folo  ridire  ciò,  che  fopra  accennam- 
mo» che  rie  and^rónd  [^r  tutti  l*£Urbpa  iii  gràh  quiiììtiti.'^  L^ttitimafuo 
quadro  fece  egli  pél  Cardinale  di  Lorena:  ^everanp^te.  fu  quello»  che  fe- 
conda la  fama,  che  ne  corfe»  potè  fervire  per  corona  dell'altre  opere  fue« 
Rapprefentava  quefto  una  Burrafca  fopra  terra:  fi  efprinjevano  al  vivo  in 
quella  teJa  ^r  eflettì  vioTentr  di  un.  torbido  temporale ,  come  alberi  fvelti 
dal  vento,  nuvoli  ofcurì ,  il  cadere  d'un  fulmine,  il  foUevarfi  della  pol- 
vere ,  traportata^aila  forza  deli*  aria  cominòflhr  ed  altre  cofe  a  qùeftè  tb* 
faigliantii  maraviglioiamencé  imitato •  E^benvóro,  cl^  Quell'opera,  aca^ 
gione  di  non  fo  quaLdifparere;  che  naàque  fra  di  loro  »  non  fu  pòialtri^ 
puiiiti  del  Lorena,  ma  la  diede  il  PoùfTin  per  trecento  feudi  al  Conte  Berk« 
che  fe  la  porco  in  Alemagna.  Fu  Gafparo*  come  dicemmo^;  Tempre  amico 
di  libertà,  e  perciò  non  volle  accafarure  le  inceflfanti  fatiche,  che  eglift 
prendea  nella  caccia,  V  umidità  contratta  nei  continovo  efóréizio  dejlàf 
piedefima»  e  '1  dipigaer,  ch^jc'  ftce  ipefloin  luoghi  poco  afciotti ,  fece  ài 
che  egli  finalmente  per  lo  fpaziodi  due  anni  interi ,«  che  furcmò  gli  uUidai 
del  fuo  vivere,  travagliafie  in  una  penofa  iniermiti,  e  che  móko  le  gli 
enfiaflTero  le  gambe,  delle  quali  poi  rottafi  la  pelle ,  fi  ftce  il  male  tanto 
Peggiore,  che  in  breve  egli  giunfe  alPoccafo  de' giorni  fuoi .    Mori  agli  25. 
di  Maggio  dell' Anno  Santo  1675;  alle<0rei2.  dopo  aver  data  opert  a  qiielli 
efercizj,  e  fatte  quelle  dimoftraziani,  che  da  buon  Criftiano  fi  richic 
in  tale  occafione  «  Ebbe  Gbifparo  Pouifin  ?una  maniera  di  fac  paefi ,  che 
gradita^,  non  per  la  macchia,  nella  quide  .troppo  fi  tenne  a  un  fòl  colore  » 
cioè  al  verde,  ma  per  la  compofizione  de*  fiti  de'  medefimi  paefi ,  nella  quale 
molto  fi  particolarizzò  fra  gli  altti.  .Ebbe  àncora  un  dono  dalla  Natura» 
p.pur  vogliamo  dire,  dai  grande  operar  eh*  e!  fece:  e  fu  di  maneggiare  il 
penn€jllp  con  tanta  preftezza,  che  in  un  fol  giorno  poteva  dar  principio 
p  fine, ai  dipignere  una  tela  :  di  cinque  palmi  con  varie  figure:  e  ficcome 
^gji  poilèdè  un  tal  talento,  e  delF opere  fue  fu  ben  ricompenfaco,  cosi  an« 
fhe  fe(;$)r$)  gcandi  guadagni,  eh'  e'  fu  parere  molto  coftante  di  chi  ebbe 
tutta  la  cognizione  degli  affari  di  lui,  che  egli  avefiTe  potuto  lafciare  alla 
i^a  morte  venticinque  migliaja  di  feudi  almeno;  ma  tale  fu  altresì  il  fuo 
gen^o  all'allegria  del  converCire  con  gli  amici,  e  tanto  il  prurito  della 
caccia  (  per  lo  diletto  della  quale  mantenne  fempre  molti  cani  )  che  rare 
volte  o  non  mai,  il  danaro  del  primo  guadagno  giunfe  a  mefcolarfi  con 
quello  del  fecondo  :  e  fé  pure  alcuna  fuppeliettile  gli  era  rimafa  in  cafii, 
quella  gli  confumarono  gli  due  anni  dell*  ultima  fua  malattia;  talché  alla  fua 
morte ,  a'  parenti  ed  agli  amici»  altra  facwnda  o  penfiero  non  rimafe  ^che  di 
procurare ,  eh' e'  fofie  dato  al  fuoxadavero  (epoliura,  ficcome  fepuì  nella  Ghie- 
ladelje  Monache  di  S.  Sufanna,  vicino  a  Termini.  Lafciò  alcuni  difcepoli 
nell'arte  fua,  e  fra quefti  Jacopo  de  Roofter  di  Malines  in  Brabanza  in  molta 
reputazione:  e  un  tal  Vincenzio  dello  Stato  Ecclefiaftico,  che  ha  operato 
con  molta  lode»  e  particolarmente  pelConteftabile  Colonna. 


47$     D(ctu».V,^»fiirt.l:detSit.V:MtLiS^<i.ali6$a. 

REIMBROND   VAINREIN 

;        CIOÈ'     RE^MB&ANTB      DEL     RENO 

PITTORE    E  INTAGLIATORE 
IN;  AKiSTERDAM 

D'tfiep»ls4& nato  t6o6.  #  «670. 

Ìleo*  all'  tnna  i£40^.nreva  ed  operava  in  Aflafterdim  Reìm> 
brond  Vùnreia  >  che  in  noflix  lingua  dicnuno  Rembnnte 
de{  Reao,  nsto  in  Leyda*  pittore  in  vero  di  aff»  più  cre- 
dito. qhjS  valore.  Cofiui  avendo  diptnaiuiu^an  cela.riU 
I  qinJe  fu  duo  lut^o  neU' alloggio  de'Caraiieri  foreiheri,  in 
V  cui  avev»  rappre£éataca  un  orainanza  di  una  di  quelle  Ccui- 

pagnÌQ  di  Cittadini  ;  li  procacciò  sì  gran  nome .  che  poco  migUore  1*  acqui. 
ft9gÌ4inQi4Ì  vitro  artefice  di  qaellepartl.  La  cagione  di  ciò  fu  più  ohe  c^i 
tkn,  pexcbà  egU  fra  l'altre  ligure  aveva  fatto  vedere  nel  quadro  lut  Ci* 
pitano*  cqn  un  piede  alaato  in  anodi  marciare,  e  con  una  panigianain 
nano  00^  ben  eirau  in  profpcctiva ,  che  nm  eflendo  più  lunga  in  pit* 
tnsi.  di.  QKEZO  braccio,  ferabrava  da  ogni  raduta  di  tutta  fua  lan^wzzi; 
il  rimanente  però  riufcì  appiaSrato  e  confiifb  in  moòo,  che  poco  Rdi* 
fiin|uevano  Taltre figure  fra  dì  loro,  tuttocJiò  fìtte  foSfero  con  grande 
ftodiQ  dal  naturale .  Di  qneft' opera.  ckHa  quale  per  ventura  dì  lui  gridi 
quAir.eti,  ebbe  «gli  qufttcromila  Ibudi  di  qwUa  moneta,  che  giungono  1 
coatpiere  il  uumero  di  otfca  a  tremila  iinqi|iccento  de*  noAri  Tofctm. 
Jìì  cafft  un.  Mercante  del  Magìflrato  ccuiduffe  motce  opere  a  olio  Copra  mu* 
no.  rapprefencancifavoledi  Ovidio.  In  lealia,  per  quello  folamente, che 
è  venute  a  nodracogninone,  fono  due  quadri  di  fucinano*  cioè:  inRor 
nta  nella  Galleria  del  Prìnciiie  Pamfilio,  urta  tefla  dì  uomo  dì  poca  birbt 
OHI  \ui  turbante  in  capo:  e  in  Fìrense  nella  Rcal  Galleria  nella ftan» de* 
Ritratti  de'  Pittori  >  il  proprio  ritratto  ftu»..  X^Qo  artefioe  proficflavt  in 
quel  tempo  la  Religione  oe'  Menì(li>  la  quale  tnttqchè.fìilià  ancor  ella,  è 
peròcontrariaaquelladi  Calvino,  cheiioiiulknobattezzsrfi,  cheditren* 
t'aoni.  Non  eleggono  freditanci  letterati,  ma  ti  vagliono  a  tale  officio 
^M  uomini  di  vile  condizione,  parche  da  loro  &ao  filmati .  come  noi  dj- 
;'emmo>  galantuomini  e  gìnfli;  e  nel  rofto  vivono  a  lor  capriccio.  Qne- 
^lo  pittore,  ficcarne  fu  motto  diveifo  di  cervella  dagli  altri  oomìm  nel 
governo  di  fé  QclTu ,  così  fu  anclu:  flravagaiitiilìtto  nel  modo  del  dipignt- 
re,  e  fi  fece  una  maniera,  che  fi  può  dire  che^o^e  interamente  fua,  feo- 
za  dintorno  bensì  o  circonfcrizione  di  linee  interiori  né  elteriorì.  tutn 
fatta  di  colpi  ftrapazzati  e  replicati,  con  gran  for2adi  fcuri  a  fuo  modo. 
ma  fenzi  fcuro  prefondo.  E  quel  che  Ù  rende  quafi  impo^ibitea  capirti 
£  è  i  come  pocelTe  elTere*  che  egli  col  far  di  colpi .  operalTe  si  adagio  e  con 

tanta 


HEIMMROND     VAWREIN.        477 

cannrtonghtKir  e  fdtiM  bdhdilctlWle  coA  fttt;  tfavhu  néi&a  akro  mai; 
A verebbé  egli  potiKo  fare  gran  quantica  di  i icKMci  *  pel  wiwn  credito  »  che 
fi  «ra  procacciato  in  ^«éU#  parti  il  fuo  colorito  #  al  giuuis  però  poco  cor^ 
rifpofMeva  \\  difagno;  àia  l'efGidì  già  fatta  voce  conund»  che  a  chi  vole<» 
ira  eflRir  rifiuto  da  ìthi  coiiìreniva  lo  fiere  i  bei  dee  e  tre  ONafi  al  na€iiralc# 
ftcevà  aìi  ehjB  poehi  ft  cntteftiafano.   La  cagione  di  tanta  agiatezza  era» 
perchè  {ohfìsoi  ehe  il.  primo  lavoro  era  pcofctegato ,  tornava  ibpra  a  darvi 
lìuovi  colpi  e  colpetti»  finché  talvolta  alzava  fopra  tal  luogo  il  eobre  pocé 
meno  d'i  tetzzo  dito;  onde  fi  può  dir  di  lui»  ch'e'&ticafle  iempre  lenKa 
iripbfoi  molto  dipigneiTei  e  pochiflinie  opere  condocefie;  contattodò  fi 
mantenne  egli  fampre  in  tanta  filma  «  che  un  fuo  difegno»  nel  quale  poco 
6  nulla  fi:fcorgeva,  come  racconta  Bernardo  Keillh  di  Danimarca,  pitto% 
fé  lodatiflimo  »  che  oggi  opera  in  Roma,  dato  otto  anni  nella  fm  feoolei 
fu  venduto  air  incanto  per  trenta  fondi.  Con  quefta  fua  ftravaganaa  di 
maniei»!  andava  interamente  del  pari  nel  Rembramci  quelki  deLfii^vi^ 
irere,  perchd  egli  era  umorifta  di  prirba  clafle  i  e  tutti  difpretaaira  •  Lo 
fcomparire,  che  faceva  in  lui  una  faccia  brutta  e  plebea ,  era  accompagnato 
da  uÉi  velVìr^  abbietto  e  fudido ,  eflèndo  fuo  ooftunSe  nel  kivocnre  $  ti  net* 
tarfi  i  pennelli  addoflb/ed  ahre  cofe  fare,  tagliate  a  quefta  diifìita.  Qoaiido 
operava ,  non  avrebbe  data  udienza  al  primo  monarca  del  mondo,  a  cui  fa- 
rebbe bifognato  il  tornare  e  ricornare, finche  lo  avefle  trovato  fuori  di  quella 
iacoendar  Vificava^  ipefio  i  luoghi  de'  pubblici  incanti  ò^  equivi  £Me¥#  pio» 
caccio  di  abiti  di  ufanze  vecchie  e  dirmefie ,  purché  gli  foflero  paruri  bizzarri 
e  pittoitfchi;  e  quegli  pòi,  ttxtochè  talvolta  feflero  fiati  pieni  d*  tmmon* 
dezza*  appiccala  ilie  miira  net  fuo  fiudìd»  fra  le  belle  galanterie»  chepu<^ 
re  fi  dileicava  di  pofledere:  come  farebbe  a  dire,  ogni  forta  di  armi  anti. 
tiche  e  moderne f-eotne  firecde,  alabarde,  daghe»  feiaBle,  coltelli  e  fimilis 
quantità  in  numeràbile  di  fquifiti  difegni,  di  Ikmpe  e  medaglie,  ed  ogni 
altra  cofa,  eh'  e'  credeva  poter  giammai  bifognare  ad  un  pittore.  Merita 
^li  però  gran  Ipdc  per  una  certa  Tua  i  benché  fira  vagante  bontà,  doè,  che 
per  la  ftima  grande  eh' e' faceva  dell'arte  fua,  quando  fi  fubaftavano  cofe 
ippanéneilti  alla  meddim^:  e  particoiarmante  pittore  e  dìregrtl  di  grandi 
uomini  di  quelle  parti»  egli  tilt  prima  offeru  ne  alzava  tanto  il  pregiò,  che 
noil  mai  fi  trovava  il  fecondo  OfiTdreme:  e  diceva  far  quefttf ,  per  mettere 
in  credito  la  profieffiono.  Bra  aiiohe  aflài  liberale  nelP  impreltare  quelle 
fue  mifcee  ad  ogni  pittore^  a  tui  pei  far  qualche  lavoro  follerò  abbìfogna* 
te«  QteHot  in  che  verameme  valfe  qneflo  artefice,  fo  una  bizzarriffima 
Aianiera,  che  egli  €  inventò»  d' intagliare  in>rame  all'  acqua  forte,  ancor 
quefla  fua  propria ,  né  più  ufata  da  akri  né  più  veduta ,  con  certi  freghi  e 
freghetti,  e  tratti  irregolari  e  fenza  dintorno»  facendo  però  rifultare  dal 
tutto  un  chiaroCsuro  profiffido  e  di  gran  forza .  E  vaglia  la  verità ,  il  Rem* 
brame  in  quefto  particdare  dell' intarlo,  fu  da'profeflbri  dell'  arte  aflai 
piùftimato»  che  nella  pittura,  nella  quale  pare,  che  egli  avefle  piuttofto 
fingolarità  di  fortuna»  che  di  eccellenza.   Ne'  fuoi  intagli  usò  perlopiù  di 
notare  con  mal  compofte,  informi  e  firapazzate  lettere,  la  parola  Rem* 
brandt  •  Con  quefti  looi  intagli  egli  giunfe  a  pofleder  gran  ricchezza ,  a 

proporzion 


47  8     Decenn.  V,  delia  Part.  L  deiSec.  V.  dal  i  ^40.  al  1 6$o. 

proporzion  delU  quale  fi  fece  sì  grtnde  in  Iiii  rfllcerìgia  e'I  gntn  concecco 
dì  te  [tefTo.  che  ptrendogli  poi,  che  le  fae  carte  non  fi  rmdeflei  più  il 
prezzo  >  che  elle  meriuvano ,  pensò  di  trovar  modo  di  accrefcerne  nnìf  er- 
falmence  ti  defiderio  :  e  con  intollerabile  fpcfa  ne  fece  ricomperare  per  tue* 
ti  Europa  quante  ne  potè  iDai  trorfcre  ad  ogni  prezzo  :  e  ira  le  altre  una 
ne  comprò  in  Amfterdam  allo  'ncanto  per  feudi  cinquanta  :  ed  era  quefta  una 
TefurrezionediLazzero,efecelo»  in  tempo»  che  egli medeftmo ne  p<^devi 
il  rame  intagliato  di  fua  mano .  Finalmente  con  tal  bella  invenzione  <liaii> 
nul  tanto  il  fuo  avere»  che  fi  ridufleall'eftremo-*  ed  occorfe  a  luì  cofa.che 
rare  volte  lì  racconta  di  altri  pittori»  che  diede  in  fallico;  onde  partitoG 
di  Amfterdam  ,  fi  portò  a'  fervigj  del  Re  di  Svezia,  dove  circa  all'  an> 
no  1670.  infelicemente  fi  mori.  Quefio  è  quanto' abbiam  potuto  fìn  qui 
rintracciare  di  notizia  di  quefio  artefice  da  chi  in  qnel  tempo  il  conobbe 
e  fiimiliarmente  il  praticò.  Se  poi  egli  perfeverafle  in  quella  fua  falià  Re- 
ligione ,  non  è  venuto  a  notizia  noltra.  Reftarono  alcuni,  che  erano  fiati 
fuoi  difcepoli,  cioè  il  fopran nominato  Bernardo  Keillh  di  Danimarca,  t 
Guobert  rlynk  di  Amfierdam:  equefiì  nel  colorito  l'eguitò  la  manieradel 
maefiro ,  ma  afiiit  meglio  dintorno  le  proprie  figure  ;  e  fìnalmente  reflò  fra* 
fuoi  difcepolì  il  pittore  Gerardo  Dou  di  Leyoa. 


N    I    C    A    S    I    U   S 

P I T  T  O  R  E      D'    A  N  VERSA 
Dìfeepolo  di  Sayders ,  nato  ..,.,..  -^ 

BLLA  fcuola  di  Snyders  d'Anverfà»  pìttor  fingolarìffimo  di 

animali  grolfi,  ofcì  il  buon  pittore  Nicalìus,  pure  d'AnverCi. 

Quefiit  avendo  bene  apprefa  l'arte  dal  nominato  fuomaeftro» 

fé  ne  venne  in  Italia,  dove  col  vedere  ecoll' operare. perfezionò 

tanto  la  Tua  maniera,  che  fu  di  dipigner  can  levrieri  e  can 

maftìni.  cignali  ed  altri  fimili  grom  animali,  che  paflàto  in 

Francia ,  meritò  di  efier  tatto  Pittore  della  Maeftà  di  quel  Re  :  e  di  più 

eOère  ammefib  In  quella  nobilifiìma  Accademia  del  Difegno.  Ebbe  alcuni 

difcepolì  :  e  fra  quefti  David  de  Coninche  d*  Anverfa  ,  che  fece  in  quella 

fona  di  pittura  gran  riufcita:  e  mentre  io  quefie  cofe  ferivo,  fa  conofcere 

il  fuo  vaiore  in  Roma ,-  ma  di  quefii  fi  parlexi  a  fuo  luogo  particolarmente. 


PIETRO 


—  e 


•      •    •» 


479 


» .  » 


PIETRO     TESTA 


••  •     ■»       •  J 
*  1  .  : 


PITTORE      LUCCHESE 


Dìfièpolo  di  'Pietro  da  Cortona^  nato  \6ii,  ^\6$t. 

» 

NO  de'  più  eccellenti  e  più  infaticabili  difegnacori ,  che  aveflb 
mai  r  età  noQra ,  fu  Pietro  Teda  pittore  »  il  quale  nacque 
nella  città  di  Lucca  Tanno  della  noftra  falute  i^ii.  Furono 
i  Tuoi  genitori  onorati  cittadini  di  quella  patria,  benché  pò* 
co  abbondanti ,  anzi  foverchiamente  fcarfi  di  beni  di  fortuna; 
Si  diede  egli  nella  fua  fanciullezza  agli  lludj  del  difegno  con 
qualche  profitto  ;  ma  non  è  gii  a  noftra  notizia  fotto  la  difciplinadi  cui:  o 
fatto  perciò  animofot  fé  ne  pafsò  a  Roma;  dove  avendo  oflervato »  che 
molti  |iovani  di  fua  età  Q>endevano  gran  tempo  in  difegnare  baffi  rilievi 
antichi»  volle  ancora  elTo  fare  il  medeiimo:  e  molto  fi  applicò  a  quegli» 
che  fi  vedono  dell'ottima  maniera»  fra  altri»  neir  Arco  di  Coftantino,  che 
fatti  furono  ne  i  tempj  di  Trajano.  Avendo  poi  trovato  modo  di  farfi  co- 
QoCcere a  Domenico ZampieriBolognefct  detto  Domenichino,  pittore;  da 
lui  t  ficcarne  da  ogni  altro»  allora ftimatifiimo  in  Roma»  col  moftrargli quei 
fuoi  difegni»  forti  di  efiere  ammeflb  nella  fua  fcuola.  Quivi  fi  trattenne 

Sualche  tempo  ;  e  finalmente  forte  s' invaghì  del  modo  di  colorire  di  Pietro 
a  Cortona;  onde  lafciata  la  prima  fcuola»  con  eflb  fi  accomodò:  e  tanto  vi 
fi  trattenne  »  che  ne  prefe  interamente  la  maniera .  Ma  perchè  il  Tefta  aveva» 
ad  una  (Iraordinaria  grandezza  di  corpo»  con  afiài  nobile  afpetto»  congiunto 
un  certo  compiacimento  di  fé  fteflb  in  ogni  cola  propria»  che  talvolta  lo 
portava  a  non  far  quella  (lima  dell'  opere  di  quel  gran  pittore»  dico  del 
Cortona  foo  maefiro»  che  farebbe  data  dovuta;  non  aadò  molto»  che  in- 
cominciando egli  a  dar  di  ciò  alcun  fegi\o  al  di  fuori»  non  potè  la  cofa 
andar  così  coperta»  che  Pietro  nor^  fé  ne  accorgefie:  e  cosi  un  giorno» 
prefa  non  fo  qual  congiuntura  »  voltandofi  al  Telia  così  gli  parlò  :  Pietro, 
mìo  »  io  ben  conofco*  che  il  mio  operar  non  vi  aggrada  »  perchè  non  giun- 
ge a  quel  fegno,  che  potrebbe bafi:are  per  infegnar  l'arte  ad  un  voftro  pari 
di  così  alto  gufto;  però  fia  bene»  che  voi  d'altro  maeftro  vi  procacciate» 
che  fia  miglior  di  me»  e  più  adattato  al  bifo^no  voftro:  ficchè  andatevene 
^ure  a  cercar  voflra  ventura  appreflb  ad  altri.  Il  giovane»  che  ben  cono- 
iceva  la  natura  del  maeftro»  non  afpettò  il  fecondo  avvìfo;  e  con  quella 
confusone»  che  ognuno  puote  immaginarfi»  fé  ne  ufcì  da  quella  fcuola  « 
Viveva  allora  in  Roma»  in  molta  grazia  della  Corte,  il  Commendato* 
re  Cafiìano  dal  Pozzo»  la  cui  memoria  farà  fempre  gloriofa»  non  folamen- 
te  per  le  molte  virtù»  che  adornavano  l'animo  fuo»  e  per  l'amore  e  gran« 
de  intelligenza»  che  egli  aveva  diquefta  e  d*  altre  arti  più  nobili;  ma  per- 
chè avendo  fatta  particolar  profelfione  di  accogliere  e  favorire  quegl'  in- 
gegni» 


4^0     Decettn.  V.  della  Part.  I.  delSec.  V.  dal  i  ^40.  ali6$o. 

gegnì,  i  quali ,  quanto  erano  più  itti  a  cofe  grandi^»  tiinto  fi  trovjiTano  in 
Rooì^  menprovvifti  di  ajuto  e  di  fortvnat  fi  ert  acqujftau  lode  di  un  vero 
Mecenate  de' Virtuofi( II)  •  Quefti  avendo  avuta  cognizione  delTefta»  lo 
prefe  fotto  la  Tua  prote2tone»  volendolo  affai  frequentemente  in  cafa»  U 
quale  egli  aveva  aboellita  e  nobilitata  con  qu^  maravlgliòto  Mpfeo  e  Galle- 
ria, di  cui  parlando  il  celebre  pittore  Niccolò  Pouflin,  iolevadire  di  eflere 
allievQ  peirartc  fu3  ddla  cafìt  e  del  muii:»detCavalierida& Pozzo  :  e>m  dire 
ilpotea;  concfofllacofachè  fi  ravviraflero  in  efib.  in  quel  genere  t  tante  ma* 
ravjgliei  che  ben  potevan  icrvire  per  condurre  a  gran  fesno  di  virtù  ogni 
ftudK>fo.  Quefto umanitliaio  e  virttiofo Cavaliere,  avenoo  riconoficìttco  il 
giovane  franco  e  fipuro  nel  difegno ,  e  d^  uno  ftraordinarip  j^enlo  aU'  antico» 
mcofqifieiò  a  mandarìo  a  dìfegr\are  tutte  le  più  belle  antichità  di  Homa  ; 
ed  è  parere  mdto  coftante  di  chi  bene  il  conobbe  a  praticò»  eh' e* non 
reftafle  vecphia  architettura»  bafibrillevo»  ftatua  o  frammento»  che  egli 
non  difegnafle  :  dal  quale  fiudio  trafie  sì  gran  profitto,  che  potè  poi  inven* 
tare  le  tanto  belle  carte»  e  in  slgran  numero»  che  egli,  comejpiù* avanti 
dirèmo»  diede  fuori  di  fuo  intaglio  in  acqua  forte.  Intanto  ellendo  fpal- 
leggittoda  Monfignor  Girolamo  Buonvifi ,  che  poi  fu  Cardinale»  glifuron 
date  varie  commilitoni  di  lavori ^per  Lucca  fua  patria.-  ed  in  Roma  ancora 
ékht  a  fiireper  ia  Chìefa  della  nazione  Lucchefe  una  tavola  della  Pr^efen* 
razione  al  Tempio»  ed  alcuni  chiarofcori,  rapprefentanti  (torie  del  Volto 
Sante  «  i  quali  furono  (limati  sì  belli,  che  molti  giovani,  particolarmente 
Oltramontani ,  in  quei  tempi  vS  concorrevano  »  per  quelli  difegnare. 
Nella  Chiefa  dell*  Anima  dipinfe  alcune  cofis  a  frefco  alla  Cappella  di  San 
Lamberto  Vefcovo,  per  accompagnatura  della  tavola  del  Santo,  fatu  da 
Carlo  Venezìfino,  dove  poi  dipinlè  Giovanni  Mieles.  Coloil  ancora  molti 
quadri  per  particolari  pcrfone»  che  furono  tenuti  in  pregio,  t^el  giardi- 
no di  Monfignor  Muti  dipinte  a  frefco;  e  nella  Chiefa  di  San  Martino  de' 
Monti  fece  la  tavola  di  Sant'Angelo  Carmelitano»  con  molt^  figure  e  putti; 
é  perchè  egli  fi  dilettò  affai  di  far  ritratti  al  naturale,  molti  ne  conoufle  a 
olio,  con  paftelli,  e  con  penna .  In  S.  Paolino  di  Lucca  è  una  fua  belliffimt 
tavola  del  martirio  di  un  Santo  Vefcovo»  finto  di  notte,  Rimata  una  delle 


cagione,  che  egli  poi  volgefle 
tavola  di  cui  ora  parliamo»  anche  in  ciò,  che  appartiene  alcolorito»  egli 
fuperò  fé  ficfio.  Nella  Chiefa  di  San  Romano  è  altresì  una  fua  tavola»  che 
contiene  un  vano  in  mezzo,  ove  è  l'immagine  di  San  Domenico.  Quella 
tavola  è  bella  sì  »  ma  colorita  ia  modo,  che  quafi  par  fatta  a  frefco .  Sopra 
la  porta  di  dietro  del  Cortile  della  Signoria  è  una  fua  opera  a  frefco»  nella 
quale  rapprefentò  la  Libertà  »  in  atto  di  comando,  ed  a'  uioi  piedi  il  Tempo 
incatenato.  Ma  giuda  cofa  è,  che  ornai  incominciamo  a  far  menzione 
delle  nobili  Alme  ntiche  fattefi  da  quefi'  artefice  pel  nominato  Cavaliere 

dal  Pozzo  t 

(a)  in>anegirìco  diqucSo  Cavaliere  dal  Pozzof  fatto  da  Carlo  Dati^  fi t^£g^ 
fiumpat^ . 


9IETR0     TESTA.  479 

dtl  FoSQtot  e  tili ,  che  poffiadio  a  gran  n^one  tffm&are  »  thè  ptr  aiodli 
non  fdamtnte  pre^o  e  bellezM  fi  aggiunga  al  fuobel  Mufiro  e  OaUem» 
ma  ftecti  per  din  »  a  Roma  fieflà  »  mentrechè  in  effe  fi  veggono^  in  ima. 
occhiata  ratte  quelle  ptii  curiofe  menorie  di  antichità  di  ouella  comune 
{hitria,  per  le  quali  redere  e  comorenderci  concorrono  colà  m  catte  le  par* 
ti  del  mondo  gringcgni  più  fubfìmi . 

Egli  dunque  condufie  di  foa  mano  cinque  gran  libri  %  il  primo de'^uali 
è  tutto  piena  di  difegnt»  fatti  di  baffi  rilievi  e  anriche  ftatue  di  Roma^ 
ne' quali  tutte  quelle  coTe  fi  comprendono»  che  alla  fal&  opinione  apf^r^ 
tengono  I  canto  di  Deità  t  quanto  di  Sacrifica  nel  fecondo  efprefie  indifcM 
gno»  tratto  pure  dagli  antichi  marmi»  riti  nu:fiiali,  abiti  confolari  e  di  ma^ 
trone,  infcriasioni »  abiti  di  artefici»  materie  lugubri»  fpettacoli  »  cofc  mw 
fttcali ,  bagni  e  triclini  :  nel  ter^o  fi  veggono  con  grande  artifizio  dtfe» 
cnatì ,  i  baffirilievi  ^  che  fi  vedono  negli  archi  trionfali  r  ftorie  Ro» 
mane  e  farole  ;  contiene  il  quarto ,  vafi  »  ftatue ,  utenfili  diverfi  anti# 
chi  ed  altre  cofe  curiofe  agli  eruditi:  nel  quinto  finalmente  fi  ^^ff^ 
no  le  figure  del  VtrgHio  antico  e  del  Terenzio  della  Vaticana  ,  il  Mìi^ 
ffiico  del  Tempio  della  Fortuna  di  Prenefie»  o^i  Paleftrinà»  fiittodaSSIai 
ed  altre  cofe  colorite .  Io  non  fohmente  vidi  con  ammiraaione  qnefttt 

J>reziofegioje»  fra  le  altre  di  fommo  pregio  »  net  Pataaao  e  dentro  al  M«^ 
todi  quefta  nobiliffima  cafa,  mofiratomi  dal  nobile  Cavalìare  Cari' Anto* 
nio  dal  Po»oi  ma  ne  ebbi  eziandio  per  lettera  notizia  infiemecon  altra 
appartenenti  al  Tefta,  che  poffiamo  mre,  che  fofle  tutta  lor  creacvaa,  né 
pia  né  meno  di  quello»  che  fu  il  celebre  Foufiin,  col  quale  il  noftio  mi^ 
cefice ,  con  tale  oecafione,  concrafTe  e  mantenne  non  poca  amicizia  e  coa^ 
fidenza.  Si  diede  finalmente  Pietro»  come  poc^  anzi  accennammo,  ad  in« 
tagliare  in  acqua  forte;  mandò  fiiori  le  tanto  belle  carte>  die  fon  n^te^ 
Aon  folamente  in  hai ia .  ma  net  tutta  la  Francia,  donde  fìttono  chiefte  A 


^iate  quefle  noflre  parti  ;  anzi  a  cagiotte  maffimameme  deli' «fiere  fiati  ia 
]Francia  tutti  i  rami,  che  a  quei  nazfionatf  fdn  potuti  <kire  alle  manì4  • 
pei*  le  nntite  e  continole  rìchrefte,  che  venivano  fatte  di  cela  di  fuecar^ 
ce ,  fono  flati  dopo  fur  morte  intagliati  e  Ami  pati  tutti  i  fuoi  (chini  •  Noi» 
ad  effetto  di  non^rivare  gH  amatori  di  qndà'  arti  di  s)  bella  notizia,  e  |lì 
eruditi  e  profeilbn  di  amichiti  di-  ftudio  À  utile  al  genio  loro,  abbiamo 
deliberato  di  porre  hk  fine  della  prefente  narrazione  una  parttcolar  aoM 
di  tutti  gP  intani  dr  fua  mano»  di  quelli  però»  che  fon  potuti  venire  a 
noftra  cognizione»  dopo  arerne  fatta  grtmde  e  diligente  ricerca . 

Fin  qxà  ci  ha  trattenuto  nel  difcorfo  delie  belle  fatiche  di  quefto  in* 
gegm>fa artefice»  Tamtir  dell* arte  e *1  defiderìodel  comune  benefizio;  ma 
nei.  dar  fine  eli' opera  ci  accompagna  l'orrore»  mentre  dobbiamo  raccom* 
tare  il  termine  dell:^  vita,  di  lui ,  tanto  infelice  »  quanto  altri  mai  imm^^ 
rtarfi  pofiadi  un.virtuofo  fuo  pari»  che  mi  giova  il  credere,  per  meno  fuo 
filale ,  che  feguiife  rn  quello  modo.  Era  egli  di  temperamento  malinconia 
co,  anziché  no.*  a  cagione  di  che  ebbe  fempre  un  genio  particolare  alle 
cofeantichiflimci  e  ad  immitare  nelle  fue  pitture  tempi  notturni  e:  varie 

H  h  mutazioni 


i 


48  o    Decenny.  ddla  Parf.  L  dfl  Sec.  V.  dal  i  ^40^  al  1 6so. 


flltitastoni  d*àrlft  e  di  ^ielo  :  e  pec^iò  ftre ,  come  ben  moftran9j' oliere  Tue» 
dovette  ftudiar  molcodal  vero,  finche  gli  occorfe  un  giorno  quefiofune- 
ftìffimo  ca£ò.  Scavati  esli  preflb  all'  acque  del  Tevere  »  difi^naodo  ed  oC- 
fervando  alcuni  refleffi  »  che  in  efle  faceva  V  Iride  \  quando  ^  non  fo  pec 
qudie  accidente ,  o  di  moto  di  perfona,  o  di  moUore  e  lubricità  di  terre- 
no» o  per  altra  qual  fi  fofl'e  cagionct  egli  cadde  nel  fiume:  e  non  fi  poten* 
do  da  per  fé  fteflb  ajutare  »  né  altri  trovandoti  in  quel  punto ^  che  occor* 
rer  i'apefle  o  potefi^  al  fuo  fcampo,  egli  miferamente  annegò  *  correndo 
appunto  l'Animo  Santo  del  i6So.  non  avendo  forfè  egli  ancora  compiuto, 
il  quarantefimo  anno  di  Tua  età.  Ho  detto  di  credere»  per  minor  male, 
che  tale  appunto  foflè  il  cafo  della  fua  morte;  egli  è  però  vero,  che  altri, 
che  in  quei  tempi  ftefli  dimorò  in  Roma,  e  lui  medetimo  praticò,  dice» 
che  andaflfe  il  facto  nella  feguente  maniera. ,  Aveva  il  Teila»  dice  egli,  in 
fua  più  giovenile  età  •  applicato  molto  all'  acqulftò  delle  fcienze  meteoro- 
logiche; e  grandemente  fi  era  dilettato  della  fìlofo^a  di.  Platone;  ed  ia 
Ibmma  fra  il  poifeflo,  che  egìi^yeva  cU  varia  letteratura,  fra^^Io  valore  neU 
l'arte  deldtfegno»  e  di  altre  a  quefte  iomiglianticpfè,  ti  era  in  lui  talmen- 
te accrefciiito.  l'antico  gran  concetto  di  fei  ftcflbr»  ohe  non  gU  jmeva,*  che 
da  niuno  ali  veniflero  facci  quegli  applauti,  e  che  di  lui  e  delle  cofe  fue 
ix>n  fofle  tetta  quella  (lima,  che  gli  pareva  di  meritare;  al  che  aggiunta  la 
penuria  del  danaro  »  in  che  lo  tenevano  feoipre  i  fuoi  ilud}  e  '1  fuo  intaglia- 
re, fi  era  ornai  fifiato  molto  in  malinconia.  Occorfe  una  volta,  che  egli 
llre^o  da  bifi>gno,  fé  ne  andò  alla  cala  di  una  onorata  è  ^omoda  per  Iona» 
che  era  folita  a  fovvenirlo  fenza  dargli  mai  ncguciva:  e  volle  la  rea  fortuna 
fua,  che  da  chi  ferviva,  ^li  fofie  rifpofio  non  eflere  il  padrone  in  cala. 
Pensò  egli ,  che  quella  fofie  una  fcufadkl  padrone,  preia  per  levarfelo  d'at- 
torno: e  diede  in  ifipdnienon  ordinarie;  fecene. doglianza  co'fuoì  cono» 
fcenti,  e  diceva;  E  pure  anche  a  quello  fegnofon  condotte  le  cofe  mie»  di 
non  trovare  al  moivlo  un  uomo  per  me,  e  che  in  unmip  bifogno  mi  foc* 
corra.  E.dice»  che  aggravato  d^  tale  ma^linconia,  fé  ne  andò  a  cala,  dove 
laiciò  detto 9  che» per  quella  mattina  non  farebbe  tòrnaioa.detlnire;  cofa 
però  a  lui  non  nuova,  perchè  aveva  ufato  di  far  Io  il'eflb/ quando  per  fuo 

Eirticolare  tiudio  era  necefiitato  di  valerti  di  quel  tempo  per  altro  affare  « 
a  verità  però  fi  fu,  che  la  fera  fteifa,  o  '1  giorno  dipoi  il  miiéro  uomo» 
così  vedi to  de'  fuoi  panni»  fu  trovato  morto  nell'acque  del  Tevere^ 
Chi  voletiTe,  pigliando  l'ottima  parte,  conciliare  i  due  tefii,  potrebbe  di» 
xe,  che  egli  a  quel  fegno  travagliato  e  malinconico,  lafciando  il  definare,. 
come  altre  volte  faceva  per  mero  divertimento  di  quel  trifto  umore,  fi 
fofle  portato  a  difcgnare  in  fui  Tevere,  come  fopra  ti  difle:  e  quivi  gh  folTe 
caufalmence  occorlò  il  terribile  infortunio  della  caduta,  non  giù,  che  egli 
avèfie  a  quella  data  caufa  per  eccedo  di  malinconici  penfieri,  o  per  difpe* 
razione,  come  altri  potrebbe  immaginarti.  , 

Tale  dunque  fu  la  fiiie  del  povero  Pietro  Teda,  al  cui  cadavero,  con 
vniverfal  dolore  de' fuoi  amici  e  de'  profeflori  dell* aite,  fu  data  (èpoltura 
nella  Chiefii  di  San  Biagio  alla  Pagnotta  in  firada  Giulia  .    Fu  il  Tefta, 
come  dicemmo 9  grande  e  franchiamo  difegnatore  »  e  imitatore  deli*  an- 
tico » 


^'    '  •]     ;•    i*  * 


PIETRO      TSiTA.  481 


%ioòf  còl  quale  nobificò  le  opere  fue:  e  le  cohdùfle  con  grande  fpìtitép 
yJvttciiÀ  ^  pratiéa  dell' igmida.'- Seguitò  la  maniera  del  Cortona,  laa.coik 
un  senio- rao  particolare  intorno  alla  nobiiti  e  fierezza .  Per  qualche  ti^inpa 
diede  un  poco  troppo  nello  fveltov  il  cheiifcorge  anche  in  molti  de' Tuoi 
intagli;  ma  poi  fi  correflTe.  Fu  tieir  inventare  affai  grazìofo»  e:  molto  più 
nelle  attitudini  de*  putti  ;  ma  in  quefti  pure  .per  alcun  tempo  diede  nel 

npb  golifidl}  ma.  avendo  eònòrcmto  ì)  fuo  difetto  ^  fi  mefle  a  difcgnare 
r^  if^olte^la sfigura  di  Filippo  Ghilardi  »  allora  bambino^  poi  pittore  o 
difccpolo  dello  fteflb  Pietro  aa Cortona;  ed  illuminato  da  tale  Audio,  d.ie«. 
^  pei  loro  più  vaghezza  e  verità .  Fu  amìciflimo^del  buon  pittore  Fran<» 
cefco  Mola ,  e  grande  ammiratore  delle  belle  idee  del  Poulfin  (lato  fw» 
coetaneo  I  dal  quale  è  fiima,  che  cfaéfle  ottimi  precetti  perJ*  arce  fua  i  on- 
de egli  poceflk  poi  rifolverfi  ad  impiegare  tutta  (e  fteflb  nelle  belle  inven-, 
dioni,  chi^^li  intagliò;  e  ciò  fi  ravvifa,  particolarmente  nella  belliflìma 


taglio  odi  pittura,  che  egli  prima  noni' a veiTe  veduta  dal  naturale, a  confun 
fion  di  coloro,  che  operando  Tempre  a  capriccìot  fi  danno  ad  intenderò 
dì  poter  fi^mpré  far  bene . 

Appreflo  daremo  la  promefla  notizia  delle  carte ,  ftampate  con  inven^r 
zione  di  Pietro  Tefta,  la  maggiorparte  da  lui  medefimo  intagliate  in  acqua 
forte:  e  notifi,  che  in  molte  di  eflefi  ravvila  in  ({ualche  modo  efprefla  Tar- 
me de'  Buonvifi  >  ciò  che  egli  fece  a  bello  ftudio,  in  fegno  della  prata  memo- 
ria, che  egli  confervò  ièmpre  de'benefizj  avuti  dal  Cardinale  di  quella  cafa, 

IN  FOGLIO  PAPALE  PER  TRAVERSO, 

i 

UN  Baccanale,  o  vogliamo  dire  un  Trionfo  di  Bacco,  con  varj  fcherzi 
di  Satiri  :  e  in  cielo  la  Notte  colle  Ore  t  ed  altre  figure  di  Pianeti  fenza 
cifira  o  nome  alcuno .  Si  rapprefenta  un  Bacco  e  Arianna  fui  carro,  forfè  per 
mofirare  quando  torna  dall'India  trionfante,  vedendovifi  Tigri,  Elefanti  ecc« 
e  puòeflere/  che  egli  per  quefta  carta  avefle  volontà  di  figurar  l'Autunno . 

Trionfo  della  Pittura ,  portata  in  Parnafo  t  a  Monfig.  Girolamo  Buonvifi  « 

Il  liceo  della  Pittura  ,  allo  fteflb  Prelato.  Vi  fono  varie  figure  »  fatte 
per  rapprefentare  gli  ftudi  della  ftefla  arte  della  Pittura . 

La  Predizione  della  Vittoria  di  Tito  contra  gli  Ebrei ,  la  cui  pittura 
originale  dello  fteflb  Pietro  fi  conferva  in  San  Martino  de' Monti  in  Roma. 

Una  Stagione ,  dove  fi  vedono  i  Venti  e  le  Nuvole ,  che  forbifcooQ 
Tacque  da* fiumi.  Vi  è  il  Tempo»  o  pure  fia  il  Vecchio  Titone»  Flora  ecc. 

Un'altra  Stagione ,  fi  crede  la  State. 

IN  FOGLIO  REALE  PER  LARGHEZZA. 
L^na  carta  óve  è  rappreientato  il  Giovane  amante.della  Virtù  »  con  uno 
feudo  in  mano ,  dove  è  fcritto  : 

c/thro  dilato,  cbc  imparar  $  non  trovo. 

Hhz  Vièil 


•«— 


48 1     Decenti:  Vi  àHà  ^rt.  %MlStc.  V.  dui  1 540.  si  16  $6. 

Vi  è  il  fimultqrò  dt  PàUide^  nlTt  FtilHiiifis  (fi  ctùàtVi/MkyiniL)  «te 
r  tncìM  :  «d  appreflb  «  l' AoMfe  dell»  Viftu  :  dttt'  tltn  pgn»  il  Piwwe  Vi^- 
»ofo,  e  i  feguaci  del  Visio  ^<ifae  procunnocifMloft  lor  fef^fln» 

Una  Venere»  the  indenta  lo  fdudo«d  EaM^ 

La  Vinti»  Elogio  dì  Pape  Uwocttftno.X.   r  :  ,  ^ 

Il  Sagrifttio  d' Ifigenia .  ^ 

Giove  fcoperto  da  Giunone  in  adalcerk>  con  Io  »  ie  ^de  cgU  «Mi' 
tertìi  in  Vacca .  Vi  follo  akuni  Amoretti  p  che  nei  moàce  coli'  Aqo^  fi 
traftullano . 

Il  Sacrifiteio  di  Canne  nel  Tempio  di  Diint»»  Signofìdc  vocifo,  e  por* 
tato  da'feivi  per  metterlo  nel  carro* 

Una  carta  »  dove  fm  altre  belle  figlve  ed  inventiani*  fi  vede  iocate- 
MtoilTem^o^  Mnvidiat  Tlgnoraniet  la  Crapole»FUbriecliee8e»edakn 
Tlt|  nemici  detta  Virtù ^  abbattuti  e  confiifi:  e  qoefte  è deétoace  «  Fra  Già 
TommafoRondaninor  CavaBere Gei ofblioattaiio ;  e  pare»  cbereppiefen* 
ti  b  via  della  Virtù»  corcmata  dalla  Ftma . 

U  Cactiatofe  Adone»  inntmortto  di  Venere^  dedioata  al  Sig»  Scba* 
fteno  Antinori . 

La  Mone  di  Didone . 

Il  Giardino  di  Venere»  con  bellifliimt  fcherai  e  vc^fae  atticodini  di 
putti  f  ed  e(ra  giacente  in  terra  in  mezao  a*  fuoì  Amoretti  • 

Una  Circa»  ove  fi  vede  Maria  fempre  Vergine»  geneflefla  fra  quui- 
tic!  di  Angeli»  ed  il  BamUno  Geaù»  in  quella  età  appunto.»  dbe  gli  eoo- 
venne  portaiii  in  Egkto  »  per  faggtr  l' ira  di  Erode  ;  qnafiche  ili  qoel^ 
y  infiince  medafimo  incomtnciafle  ad  a^t^cciar  la  Croce  »  deftinatali  ab 
eterno dll  Padre»  che  fi  vede  in  gloria  tra  la  molticodtne  degli  Angdt ,  al- 
cuni de*  quali  moUnno  ài  Bambino  gli  ftrumeiiu  della  Paffioner  ed  è 
dedicata  quefta  carta  al  Cavaliere  Cafliatio  dal  Pozzo . 

L' Adorazione  de'  Mi^i  »  dedioata  a  Monfignor  Girolamo  BiioBVifi  Che* 
fioo  di  GMiera  • 

I)  Ratto  di  Proferpina  air  Inferno .  dove  ha  voluto  moArare  con  varj 
poetici  concetti»  che  P Amore  fu  cagione  di  quel  ratto. 

Una  Vergine  con  nofiro  Signore  Fanciullo  a  Sfen  Giufeppe ,  ed  aU 
coni  Angtiti»  che  le  porgon  da  bere:  e  potrebbe dirfi  ila  Hipofo  di  Maria 
VergNve  pel  veggio  di  Egitto.  In  quefta  carta»  coma  in  iicce  molte  »  li 
icorge  l'Arme  de' Bttonvifi. 

Le  Morte  di  Catone  »  pianto  da  i  letterati  Tuoi  fitmiliari , 

Una  carta»  nella  ^uale  è  un  Piediftallo  con  una  Cartella ^  ^ve  fona 
tkttnì  verfi,  che  cominciano  t  AtF afp&tir  Mt  tuièt9  Vti^hre . 

Utm  Tavole  »  ove  diverfi  virtuotì  difeorrono  di  ^fe  appartenenti  a 
Vinù,  e  vi  è  figurata  la  Sapienza  »  con  un  asocto  ì 

Vina  »  dapcs  ontrMfH ,  énimos  fkòientié  nutrit . 

La  Morte  di  Ettore  ftrafcinato  da  Achille  al  Tuo  caito. 

La  Piccura  co'fuoi  Tcguaciy  imitanti  la  Natura  :  vi  è  la  Fama;  e  'I  Tem- 
po abbattuto. 

Achille 


TIETRO     TESTA.  48^ 


AcMUf  tiifilto  nel  tMfno  incnvito»  foi  CfnfigMC*  t  CU(in«  Ct n* 

can». 

Un*  ftoria»  ove  è  figurato  San  Pietro  con  gli  altri  Apoftoli*  tutti  in 
atto  di  dolofiB»  dofo  la  morOB  di  Crifto*  il  qmte  fi  ^ecte  in  lontananza  ri- 
follare  da  morte .  Quella  cana  non  è  finita  •  anzi  poco  più  che  dintoc* 
nata. 

CARTE  DI  FOGLIO  REALE. 

<  • 

Il  Saerifiai»  di  Abtwmo . 
San  Girelioio  nel  cteftrto . 

I  ftftori  imitftt  «1  Natale  del  SiìgnoM . 

II  Maidri»  di  Santo  Ecafaso  «  dedicato  a  Staluio  Garbieri . 

Un  CriÌonH>rtn«plè della  Croce,  «en^guie  di  Angeli,  ed  in  qod* 
che  dìflanca  Maria  V«rginfc  e  San  Giotanni. 


Un  Immagine  di  Maria  Vergine  ool  f  tnoi«Ho 
oenònloa  I*  antico  Secpence ,  intafli«o  da  Gio.  i 


CARTE    PICCOLE. 

Un  Santo  inatto  di  oraatone,  afflSico  da^  Angeli , 

Una  %«a  di.vn  gbvane  «  che  favofko  datlt  Fortma,  vien  fipfto  A 
mano  al  Tempo  ed  all'  Invidia .  e  porcaio  al  Tempio  deli*  EcernMk  :  ed  è 
colk  notabile,  die  tocco  moftra  l*nrtefiee  che  fi  laooiaoal  porgedi  la  Fo^> 
tuna  mi  ft)  dito . 

Una  carta,  4ove  fi  rappiefienta  la  Feic«  «d  deuni  Sand  VeTc^  ià 
atto  di  OTflRtiione  a  Maria  Vergine ,  per  V  cfiirpenione  di  «ffii  * 

Alcune  carte  di  Vircydi ,  con  diveifi  Patti ,  per  angoli  di  volte,  dift* 
p!i»te  dal  Tefta,  -e  inta^iafe  da  CeTare,  4Àm  fi  dice  Aio  nipote. 
'      Un  Santo  Cardinate,  in  atao^i  oranoM*  ira  alotai  Angeli. 

SCHIZZI. 

Aktfiì  felli»!  ^^  ftoi<tette»  doè  4«e4rfl«  vUici  de'  PiflMi  il  Vitibfto 
di  diveda  itiveoziono.  Ls  Scolcurt .  Vn  Siti  Gio.  GriMiùmm  intm9 .  Im 
motte  di  Dìdone  :  credonffi  imtgiitte  dopo  fai  «ore* . 

Uno  fchizio  di  uni  bizzarra  caric«CiMp  clie  rappM(«ittft.«n  attìnte  ^th» 
per  fola  cupidigia  di  onore  »  avendo  in  Roma  confuinace  le  fue  foftanze  • 
male  in  arnefe»  e  fopra  una  male  corredata  mula»  voltando  )e  fpalle  al 
Vaticano ,  fé  ne  coma  a  cafa  provvido  non  d' altro  più  •  che  di  vergogna 
e  di  danno. 


* 


» .  * 


H  h  3  GOOBERT 


484 

GUOBERT     FLYNK 

■  PITTORE     IV    AMSTERDAM 

Difiepoh  di  Remkraatf  nato  àrea  al  i6i6.  ^  16 $6. 

Iforì  in  quello  tempo  in  Amflerdim  Guobert  F^ynk  (diceE 
dì  Religione  Calvinifta)  dìfccpplp  dì  Reipbrant  d<l  Reno, 
Cofluit  benché  molto  afpii'Afle  a  fegna.larlì  nell' arte*  non 
volle  mai  perù  venire  in  Italia»  ma  fi  contentò  folatoeDie 
dì  Audiar  le  opere  di  quei  nueAn  Oltramontani,  e  partico- 
larmente quelle  Uel.macftro  t'uot  €.f6céù  una  mianiQra  in 
tutto  e  per  tutto  limile  a  quella  di  lui.  quanto  al  colorito;  ma  perb  nel 
dintorno  affai  migliore  »  come  quegli,  che  grandilTimt  Audj  aveva  fitto  in 
difegno,  molto  avendo  peregrinato  per  laFìandratC  molto  faticatoincorno 
alle  pitture  di  valenti  uomini  di  quella  provincia  >  e  particolarmente  d*  An- 
verta.  Fece  una  tavola, nella  quale  rappretenfò h chiamata  de'  PaftorialPre- 
fepio ,  con  gran  numero  di  figure  de'medcììmi ,  altri  in  atto  di  fvegliarfi 
tlk  voce  del  cele^  Araldù ,  ed. altri  di  dormire.  In  queit'  opera  Ce«e  an- 
che vedere  rlcracca  al  vivo,  gran  quanticà.di  animali,  con  che  fu  di  am^ 
jnicazione  agi'  intendenti  del  fuo  tempai>  Quefto  pi^tpre»  per  Tua  buoni 
ibrte^  aveva  in  fila  gioventù  dato  all<Bn)anJ  di. un  ceno  mercanEe,  il  qua* 
le  facendolo  force  in  danari,  lo  teneva  quali  del  conrinoVn.  occtqiato  ta 
operar  per  fé  (ìeffo,  f^xondophè  a  lui  dettava  il  proprio  capriccio:  ed  ave* 
va  anche  prefa  per  fé,  a  biion  cofti)>  la  tavola  Bell'Apparizione  de'  Palio, 
xt  di  fopra  mentovata;  npa  in  procello di  cempo.ìl  Qu^bert.coqunciò  ad 
acquiltar  tanto  credito»  chf  avendo  ornai  guadagnata,  i^  èioia del  miglior 
pittore  <U  Amlterdsm,  non  operava  più  pel  mercante»  ma  per  Ce  meded- 
mo;  e  vendeva  ugni  quadro,  di  lunghezza  non  più  dì  quattro  palmi ,  fe(^ 
fanta  feudi  ;  onde,  e  per  lo  defìderio.che  egli  aveva  di  fare,  e  per  la  gran 
.  ricompenfa,  eh' e' riportava  dì  Tue  lodevoli  utìche,  gli  venne  fatto  il  con- 
durre molti  quadri  per  diverfi  amatori  dell*  arte  e  delh  virtù  fua;  e  molto 
più  e  meglio  avrebbe  facto .  fé  1^  morte  invìdiofa,  in  fui  più  bello  del 

■  fuo  operaie,  in  età  appunto  dì  quarant'anni^  nonio  avcAe  tolto  a  ^uefU 
luc9f  U  chic  legul  pire' air  anno  i6s6. 


CAVALIER 


4^5 

CAV    CARLO    RAINALDI 

ACHITETTO     ROMANO 

Dìfapoh  di  Girotam9  Rainaìdif  nato  i6iii  vive  1(^85. 

ON  fàf  a  mio  patere  t  fé  non  effetto  di  faggio  avvedi- 
mento»  quello  ai  coloro,  che  fra  le  arci ,  che  hanno  per 
padre  il  Difqgno»  a  quella  dell'Architettura  diede  il  pri- 
mo pregio  di  maggioranza  :  e  queflo  non  pure  per  cagio^ 
ne  del  più  nobil  fine,  al  quale  ella  è  ordinata,  che  è  una 
gran  pane  delia  confervazione  di  noftro  individuo  (che 
però  Natura  la  infognò  fino  a  i  bruti  animali)  quanto  per 
lo  diletto,  comodo  e  vaghezza»  che  ella  è  folita  apportare  all'umana  con« 
verfazione:  e  per  efler  quella,  la  quale  allo  eternar  le  glorie  de*  grandi ,  ò 
foNu  a  mirabilmente  contribuire;  imperciocché,  fé  daremq  una  occhiata 
all'andche  e  moderne  (torie,  ed  a  quello  eziandio  j  che  ogni  dì  veggiamo 
accadere  ne' tempi  noftri  >  affai  chiaro  he  apparirà ,  e  da  i  fatti  de*  Cefari 
e  de  i  Trajani^  e  poi  di  tant' altri  Monarchi,  non  aver  fapato  efli,  né  fa- 
pere  altro  modo  trovare,  per  fare  (èmpre  vivi  negli  anni  futuri  i  nomi  lo- 
ro ,  che  quello  delie  egregie  fabbriche  e  de'  fontuofi  edificj  •  E^  anche  attri- 
^iffo  molto  apprezzabile  di  quell'arte  nobiliflima,  reflerfi  moQrata  in  ogni 
tempo  madre  benigna  de'fuoi  artefici,  col  fargli  ricchi  dì  facoltà  e  di  ono- 
ri: mtomo  a  che  è  da  notarfi,  quanto  ci  lafciarono  fcritto  Cicerone*  Vi« 
travio  e  Catone,  cioè  di  effere  ftata  legse  appreffo  agli  Efefii»  che  i  prò* 
fefibri  di  quella  foflero  con  cariche  pubbliche  onorati;  onde  non  mi  ca- 
giona ammirazione  il  fapere  (  tanta  è  la  dignità  di  un  buono  architetto  ) 
che  il  £imofo  Dinocrate,  per  portarli  al  cofpetto  del  grande  Aleifandro» 
sprezzato  ogni  mezzo  ó  favore ,  e  folo  provvido  del  proprio  meritò  e  vir* 
tu,  da  per  fé  fleflb  s' introduceflè  a  lui ,  e  da  eflb  non  toìo  fofle  cortefe* 
mente  ricevuto ,  ma  che  anche  ne  guadagnafle  l'amore .  Tale  in  fomma  è 
fiata  la  dima,  in  che  fono  itati  avuti  i  grand' uomini  in  tal  mefitere;  che  in 
ogni  eti  (toltone  quelle  infelici,  nelle  quali  la  mifera  Italiai,  colpa  della 
barbara  crudeltà  delle  ftraniere  nazioni,  vedova  fi  rimafe  di  ogni  fcienra 
ed  arte  più  ragguardevole)  fé  ne  trovarono  degli  ecceilenciflimi,  finché 
alle  mani  del  gran  Michelagnolo  ella  giunfe  a  quel  termine ,  oltre  al  quale» 

{>er  mio  avvifo,elia  forfè  formontare  non  può  «  Moki  perciò  fono  flati  co« 
oro,  che  tirati  da  sì  belle  prerogative,  dopo  quel  divino  artefice  han  pro« 
curato  a  tutto  lor  potere *di  apprenderla:  e  feguendo  le  pedate  di  lui,  o 
accuratamente  inveftigando  ed  imitando  il  più  bello  antico,  fi  fon  pro- 
cacciaci gran  nome  in  Italia,  e  particolarmente  in  Roma;  de  i  quali, 
fé  [ddi0^he  concederà  tempo  e  vita,  ci  toccherà  a  ragionare.  Ma  fra  que- 
fti  io  non  dubito  punto  di  dar  degno  luogo  a  Carlo  Rainaldi»  il  quale  in 
ciò  pili  fortunato  degli  altri  >  perchè  allevato  e  nutrito  in  feno  a  quefta 

Hh  4  beirarte, 


4Sd    Dectuft.y.  della  Part.  t.  del  Set.  V.  dal  i  ^40.  al  i  ^50^ 

fièlTfrce»  hi»  dita  tA  ii  pidknce  dì  Oitttfis  a  coniffbHre»  qxmmo  in  tSk 
foia  apence  tlco  inxdlcxw^  per  acccefect  Ìe«fNrc  piìi  il  culro  •  Di»  odia 
corruzione  de'  Tempi  >  ^  ^^^  ^^^^  ^^  nobiliflimi  edìficjt  il  comodo  a  i 
corpi ,  il  dtlecfo  iOT  occUo^  t  li  fiimf  1 1  grandi . 

Venendo  ora  a  dar  principio  al  mio  racconto r  dfco^  come  circa  agli. 
anni  4i  noftra  falute  1555.  efercitò  i*  arte  delta  Pi(tucae  dell' Ardtiitctturi 
inficme»  Adriano  Kainaldi  Rmmqd^  éM  ^«ale  èflMiaari*^  «lie  ^Bpi^icfle 
a  frefco  nel  Coro  di  San  Luigi  de'  Franzefi  le  pitture  e  architetture  delle 
parti  iatcnlf  #  e  ciit  foS»  him  tea  fvodtftgnolf  Akar  mstgàon  éMtt  ae* 
ilefima  Càie&.  Qocib  Adritao  fu  pro&efato  dal  ciala  dì  tn  fivIhMii, 
che  &roQo  ToloflKo»  Gkblaai»»  nato  odìjfa^  •  Qiai»  Saeiftì^  «^  timi 
nuic  trofto  pto&flfari  di  architettura.  Totoeaeo  »  che  &  dice  Mk  Agno  par* 
co  della  £cuola  di  Mlcbelagnolo»  fu  aachiaat»  cirile#  miUcafe  a  pffrfpea» 
tifai  efaha  ii  Oocsdfato»  efu  anche  aceelknia  Filalofo.  Si  accasò  ia Mi- 
lana; a  ^ét  featt  buam  iiggi  éift»  Ydace»  efaa  maritè i^ uficio  A  Ateht« 
seiaodetta&agtaCaflMcaaakcUaForciftcaaioak.  Ebbe  quatti  tf  fiaa  aaauW 
nonio  duefigMuoU»  Damine  il  pdaa^»  Gtevanko  il  Snomà»,  ì%mk 
fi^uicanmo  Tane  appac fio  il  p^a»  a  qmCi  ae  enditafOfiarièìioma«  can* 
cioflìacofadiè  fuOerò  (èo^Mre  diiamasi  i  Totomciia.  a  lai  faMedenioo  netta 
cariche:  fecero  pm  fiibbdche  efoctease  in  efli; Città  a  paf  laScatn»  e  naif 
la ValteBiiia.  Qiov»mbati(bi»  akro figtrool0  di  AéiAanio,.  otcfiraUTÉrcbiBat» 
fttca^  piofcisò  anche  kPitaaia»  Fu  Archtca€to4eliaCof^régunQi»  D€  la» 
mngimfmi  emaiìditQaFefgaraafi»ycg<»iaqfrtbfamfinaihMWt  ^pàù^ 
éi  airopeia 4at  Ftece Felicer  A  Barghetto^  a  a  VcHaeri  pea  hi Fomam  a 
aondonora  dell*  a«qiie  del  pubblico;  a  face  anche  più  fabbriche  ialtoaBi» 
Bfindofi  anch* aatì  accataca»  ebbe  un  6gHooUaè  che  ftchnoò  Dnaamcot 
ahapufa  ha  acidb  Mia  pittura  ed^acehiteuura.  Fa  dìficepolo  neDa  pinart» 
winia  dal  Cavacela  Gaufeppa  d- Arpimr»  poi  del  Cor^iaia.  Ha  i&pisscoa 
frefiro.  I^i  Ahtri  d&  uua  moft  laterale  é^ìlm  Cbidk  ài  San  Loiaoao  Cuori 
daUft. mura:  ed  inS.  Loraaa»ÌA  Lucina  aaUa  Cappetiads'  liardicfi  Nuguea 
wi'  avuto  aolia •  entrotri  Maria  Vcrgiua  a  Sar^  Giaiappa .  NelF  acchitciaii- 
lu  ha  oparasa  uwlto  ed  opera  tutuata  par  beala  Or  fina.  Ginata^i^^  il  va- 
ao  figliaDÌ0  di  Adriana  i  fu  difaapola  nett^  architettura  di  Doumesmcq  Poo^ 
aattd^  rerateoae  deli^Obeitfca  inVaticafia  ne' tempi  diSlifta»  dal^uaie  ao^ 
cor  gioTanetta  éu  unodatao  a  edifìace  la  Chiefii  di  hlafKalfia.  Servi  poi 
Fupa  ClèBienta  Ottaro:  e  dal  medefima  e  dal  popob  Rouiaiia  fu  cuunda- 
to  a  fifitar  le  Chiane ,  dopo  T  tnondaaùofie  de)  ts99.  Ruanda  fi  a^uftaro* 
no  le  diffeyenie  coir  Granduca  éi  Tofcaaia.  Fu&tto  Archifetwr  ed  Sciiaaa 
éi  RooM  2  e  fondò  in  Campidoglia il  portico»  rÌB{»tto  al  gii  £rtihricata  da 
Mtcheiaguolo  t  ii  i^lcsao  de'  PanfìI)  nella  piazza»  già  detta  in  Agone  r  o^ 
Navòna  ;  ed  efiendo  Ihro  fatto  Architetta  di  Paolo  V.  fu  acfeperaao  tu 
occafione  della  coftruzione  del  Porco  Borghefe  ncUa  cittì  di  Fano:  ficco- 
ne  ancora  quando  fi  fece  il  diiegnodeU*  Altare  della  Ci^pella  Paolina  ndb 
Bafilica  di  Sema  Marra  M^^iore:  e  per  la  Cananiuziooa  ^i  San  Carlo 
Borromeo,  dittai  il  dì  primo  di  NoWaubre  i6io«  ad<Mrnà  con  fuo  difegno 
la  facciata  di  San  Pietro  »  e  fece  lo  ftupendo  apparato  della  parte  di  dentro 

^i  quella 


CAK  CARLO    RAINJLDI.       4S7 


di  4Btik  gnuBiilietr  «mmo  deirmt  cbe:dtB'  «krft  fu*  beinflinM 
M»  &  vMgoQoteaftttgg»  4iia|r»ncarceÌBtJgt»€e  pweFcnnaitfio.  dA 
litftm  uteocer  »  n  jncMlive  ia  ^i  tempi  &imztt&oo^  Operi^  per  It  ^ 
SumiMmu  Ce&  Earaefe  la  LoaNntia»  e  iKlla  citià  di  FaMu  al  Fakszo 
mMn»  noo  ftAtoo .  .Focoiio  fin  fiimst  1*  alvcniofie  4c?  Pidn  Ge(fHis  deltt 
Cab  fn£tSk:  e  it  Chtefa  dt  Seau  Lucie. def  iDedbfinì  io  Belogne  «  dove 
ettMfii  &Beelcrefiri)bcìche^.e  C4>rardé  k. beile CUefii de*  PkdxBScebit 
s  FcefcMt  il  Palenode*  fiM^efit.  detto  ViUe  Teeenia.  Ser?i  pme  Ad» 
lìcads  Afchtietta  le  Seattcà  df  Innocgimo  Su  del  qwle  dopa  eli'iono  Btf4tf. 
fadt.nnQvo  oienAeo elle  Cltteae  con  Moii%aoe  Comdo,  ppiCeiJdtOjU 
Ir  ;  e  ioelaieiìee  giuiKa  ati'  età  dt  o€teiuacifU|iie  enotr  eoa  non  osàmuM 
«oda  di  Ilio  valore  e  boncà»  diede  fine  a  i  giosni  imoi:  e  iiella  Cimla  41 
Saftco  i.nce  io  Stirai  Mei tine,.  fu  Cepotoo.  A  oaeft*  eaefice  per  oereo  è  M 
aoftro  iccoio  naoko  obbligitaF  noa  etneo  per  le  bette  opcw,  che  cfSi  hh 
ce  ecriere  .di  Coo^  modello»  quanto  per  afet  dato  aliane  ed  ti  monda  an 
figttiiolo  da  ingoiar  veloce»  cbe  è  flaco  UCavalicr  CadoRtinaldi»  di  c«  ora 
perlkao. 

Fa  il  natale  di  Carlo  Tenao  idi  i.  e  pervenuto  a  cooveaicnte  età  aven» 
do^  ^Pprefi  del  padre  i  priim  pceoetci  »  dilatò,  le  fue  applicazioni  a  cucn 
mtìn  ftiid|  »  tkt  potenn  condarre  V  iottUecco  fuo  ad  un  ben  IbadtM^  e 
ioeptifioo  poffi^  dett'trchioeaura;^  calehè  non  amKè^  oioUc»»  cke  egli»  n-^ 
venite: tiDconi  H  ptdre»  iuétt  ImiocenoaX.  kapkgaco  ia  ptoprio  fènrizia» 
coQM  appcsffi)^  direniD.  £  priiaieraflKace  coàT  occafioae  àcVk  fiibbrica  del 
TiMMio'dl  Sncf  Agacfe  in  f  ite»  Navone ,  ebbe  t^H  a  fané  ITinvenaone  e 
il  dtftmo»  ne  jgettò  le  foiadasBCiica  ».  e  con  la  proprie  a(£ftema  lo  coaduflk 
fino  mi  cornicione .  Vi  mcSk  poi  le  mani  il  Bòrcoatinor  cbe  ne  fabbricò  il 
JeAame eolie ce]Mda;  ma  ailenuitoli  dalla  £dibnce  it  l^rincipe  Panfilio,  tot'* 
<a4-qtfeU'  opera  in  mano  del  Rainaldi»  il  qoale  con. fua  afiflenza  e  aioMlo 
conoiiffft  il  lanternina  delia  medefioia  Cvpoke»  He  teaiipi  di  quefto  P^on^ 
(efice  tomi»  a  drlatarfi  per  Roma,  oontre  il  Cantiere  Gio.  Lorenzo  Berni- 
not  il  fiero  fiifiicro  f  incomindatofifino  negli  aitimi  anni  di  (Jsbano  Vili, 
ficcomee  noi  nella  vita  dello  ileffi>  fiernino  abbiamo  ditfbfiiaiente  aoinrata, 
laddove  ftceotmo  edcneione  àc*  due  Campanili ,  che  per  ordine  del  medcfi- 
jao  Urbano  aveva  egb  Q»Sò  creali  da'  lati  della  fiicciata  di  San  f  iecra:  e 
•fu»  die  aveva  portata  il  cefo, che  la  facciata  àk  mezzo  »  fra  t  due  campanili, 
in  elcaae  parti  li  fofle  alquanta  rifentita  »  ael  luogo  ap|>unto  >  ove  apMrivar 
n»  atcune  ccepcure,  fiiuefiGna  al  tempo,  che  lotto  il  Pontificato  ai  Pto* 
la  V.  fi  fabbricava  la  volta  dell*  Atrio  avanti  alla  Chie&  :  e  quefte  fi  {co- 
privano neli'  ornato  di  ftucco  dorato  fotto  b  Ùefi^  volu  t  e  per  la  gran 
yocìlbrazìoi)e>che  ne  correva  dappertutto  f^  già  fi  credeva  per  ognuno,  che 
il  campai^ile  dalla  parte  deftra  aveffe  filtro  moaimencot  i;  che  dit  quefto 
fuflTero  procedute  le  crepature  della  volta,  eperconlcguenza  anche  im  qual-* 
che  pam  quelle  della  facciau  perdi  £uori:  e  perciò aggiugnqvafi  da  i  pm, 
edere  ftato  Urbano  e  *1  Bere  ino  infieme  di  grave  danno  a  quella  nobilifl[i«> 
ma  ftccttta,  coUa  nuova  fiibbrica  de*  campanili,  mentre  uno  di  eflfi  quafi 
finito  ,  pel  gran  pefo  gii  la  coaduceva  ad  kievitabile  rovina .  Perveaue 

il  tutco 


^ 


488     Decenn.  V,  Ma  ^art,  L  MSu,  V,  dal  1 640.  ali6$o . 

il  tutto  air  orecchie  del  Papa,'  il  quale  volle  per  ogni  modo,  che  il  Ber^ 
nino  defie  ragione  di  fuo  operato  ;  il  che  egli  prontanttnce  fece»  adduceo» 
do  gran  cofe  per  fé;  ed  in  oltre  £  afferfe  a^fitme  dttecnyfti,  e  Tiefiettiiò. 
Ma  ciò  non  ottante  [  tanta  èra  ftata  l'anprenitone ,.  che  il  Papa  aveva  eoo* 
ceputia  a  perTuafione  de' contrari  di  queir  artefice)  che  volle  deputare  fopxa 
cale  emergente  una  Congregazione  a  pofta  de*^iù  eiperimenrati  architetti 
di  Roma»  da  ragunarfi  davanti  a  (è^  e  fra  quefit  ebbe  luogo  il  nollro  Rai-- 
naidi ,  il  quale  fi  trovò  fempre  coa^ii*arltri»  e  coXardtoaU  deputati  fbprt 
la  fabbrica  di  San  Pietro ,  in  ogni  congreflb  %  ed  è  da  notarti ,  che  quantan« 
qùe  fofle  la  fcntenza  di  uomini  dì  gran  valore  »  che  il  campanile  per  verun 
iQodo  non  poteva  aver  ceduto,  ma  efl'ere  il  male  da  altra  cagione  fiato 
partorito,  vi  ebbe  però  fempre  taluno,  che  fifib  nebproprio  fentimen^» 
tenne  la  contraria  opinione  ;  onde  il  Papa  ebbe  per  bene  l'ordinare  a  eia* 
fchedano  degli  architetti  il  fare  un  difegno,  con  cut  potefiTe  confeguirfi  il 
fine  del  totale  abbellimento  della  facciata ,  e  laficurezza  della  fabbrica. 
Jl  Rainaldi  fece  il  fuo,  ordinando  i  pròprj  penfieri  a/due  oggetti:  il  mi* 
mo,  di  far  nalcerè  il  Campanile  fopra  i  pilaftronì  principali  della  medeuma 
facciata:  il  fecondo,  che  per  alleggerimento  di  pefo  ed  unione  della  fac* 
ciata,  foffe  tolto  di  mezzo  un  ordine  antico  iattoyi  dal  Beioino  (al  che 
fare  niun  altro  avea  penfato)  con  che  pretefe  aggiitgnei^  ^gentileaa  airor*» 
natp,  grande  accordamento  colle  cupole  latecali:,  edujia  ttocaip  oorriipon*» 
dénza  e  concerto^coUa  gran  cupola  di. meazo,  i&ofirand0  9ltre^,:dieopc* 
randofi  a  feconda  di  quel  fuo  peniiero,  con  poco  fi  fiirebbe  oncte  «dattt^ 
to  il  fondamento  a  potere  il  tutto  reggere  faldiffiiiyamentie  /  GoaqneAo 
difegno  il  Rainaldi  molto  fi  avanzo  in  concetto  apprefibil  Pontefice  tnoo* 
cenzio  X.  fucceflqre  di  Urbano,  il.  quale  fubito  ordinò  di  fiimeulio  pel 
Teatro,  da  ereggerfi  fopra  la  piazza  idi  &n  Pietro;  ma  ne  fece  egU.  fine  a 
quattro  modelletti  di  rilievo  «  tutti  di  diverfa  fórma.  Jl  pcimaih  qiaidr6 
perfètto,  il  fecondo  interamente  circolare ,  ovaie  il  terzo  per  lo  lungo , 
ed  eflagono  il  quarto;  tutti  però  nella  elevazióne  dell'  ornato,  uniformi: 
eibpra  il  porticàv  cherifi  .raggirava  dintorno.»  fiicevà  abitazioni^  le  quali 
dalla  parte  verfo  il  Palazzo  Papale  potevano  fèrvire  per  lo  Conclave:  da 
quella  oppofia,  per  la  fervitù  ael  Palazzo,  afTegnando  quella  da  piede  alle 
cuardie  Pontificie  r  e  avendo  nel  luogo  appunto ,  ove  oggi  pure  fi  vigono, 
datoluogo  alle  due  fontane.  Avrebbe  per  avventura  alcuno  di  eflifuoidife- 
gf*ì  riportata  la  gloria  dell'  efecuzione,  le  la  morte,  col  recidere  il  filo  della 
vita  dei  Papa  >  non  avelie  altresì  troncato  quello  de'  trattati  e  delle  pratiche . 
1  fopraddctti  roodelll  furon  chielH  al  Rainaldi  da  AleiTandro  VII.  iucceflbre 
d' Innocenzio  X.  e  poi  per  parte  del  Papa,  da  Don  Agodi  no  Ghìgi ,  allo  fteflb 
refiituiti  ;  ed  oggi  recano  non  minore  abbellimento  allo  fiudio  di  lui,  che  di- 
letto ad  ogni  amatore  di  queft'arte^cheii  porta  a  vedergli .  In  quefto  tempo  per 
laChiefadiS.  Maria  inCampatelli  de' Padri  della  Madre  di  Dio  (così  eletta  dal 
nome  di  Campateli!  o  di  Campidoglio,  che  fecondo  .ciò,  che  ne  lalcìarjno 
icritto  gravi  Autori ,  fu  una  di  quelle  Bafiliche ,  chiSida  i  Romani  antichi  era- 
no avute  in  gran  devozione  ;  e  benché,  più  v^te  fofie  fiata  a  miglior  forma 
ridotta  ^confuttociònon  giugneva.alfe^o,clié  oggifi  vedeefi^r  pervenuta  # 

per  opera 


« . ,  •  i 


CAV.    CARLO  TtAlNALDI,       489 


fcit  Opera  plire'di  Aléfiàndco^VIL  il  quale  di  nuovo  la  fece  fabbricare ,  e 
volle»  che  fofTff  collocata  in  eifit  la  miracolofa  immagine  di  Sanca  Maria  in 
Poetico  ;  .onide  dipoi  fi  ^:^decta  Santa  Maria  in  Pprcico  in  Campateli!) 
per  quefta  grand'  opera  dunque»  e  per  la  bel  li  (fima  facciata,  ;che  il  Papa  fe« 
ce  fare  chi  Sanato,  fi. fervi  dell' ingegno  del  noftro  artefice,  il  quale  in  efià  » 
quanto  in  ogni  altra  fua  belliilìsna  fabbrica ,  fece  conofceìre  fuo  valore. 
Ma  noa  minor  reputazione  arrecò  al  Rainaldi  la  coli ruzione  della  bellilH- 
ma  facciala  di  Sant^  Andrea  della  Valle  >    Chiefa  de'  Cherici  Regolari 
Teatini,  cominciatala  edifìcarfi  da^l  .Cardinal <3!eruildo,  in  luogo  ove  fu 
già  un  nobii  Palazzo  dtcafa  Piccolomini,  profeguica  poi  da  Mont'Alto» 
e  dopo  quefti  dal  Cardinal  Fra ncefcoPerettìMont' A  Ito  di  lui  Nipore»  con 
Qtodelit,  prima  di  Paolo  Olivieri,  poi  di  Carlo  Maderno/  il  eguale  anche 
aveva  Jafciato  condotto  di  fua  mano  un  bel  difegno ,  che  fu  poi  intagliato 
in  rame.;  ma  il  Rainaldi,  fempre  fimile  a  fé  medefima,  la  nobilitò  per  mo- 
do, che  eli'  ha  il  grido  di  tutta  Roma^  T arricchì  di  llatue,  fra  le  quali  veg- 
gonfi  far  bella  mollra  il  Sant'Andrea  Apoftolo,  e'I  Beato  Andrea  Avèlli, 
no ,  fatte  da  Ercole  Ferrata:  ed  un  San  Gaetano  e  San  Sebaftiano,  opere 
dello  fcarpello  di  Domenico  Guidi .  Vi  è  una  Fama^  o  fia  un  Angelo ,  co* 
me  altri  fcrifie,  e  due  ftatue  fopra  la  porta ,  lavorate  da  Antonio  Fancelli . 
In  oltre  fu  il  Rainaldi  adoperato  dallo  fieflb  Papa  neir  ultima  azione  della 
fiibbrica  del  .Campidoglio;  e  finalmente  in  fare  il  difegnoc  modello  de' due 
beUilIìmi.lietnpi'in  fulh  Piazza  del  Popolo»  uno  de' quali,  cioè  quello  di 
Santa;MarRt}ef  Miratoli,  egli  medefimo  conduflecon  propria  afiiftenzafino 
da'fdndamonci,  t:ome  fi  raccoglie  da'  difegni,  che  vanno  in  ìftampas:  fra.i 
quali  uno  ve  n' è  intugliato  per  mano  di  Giovambatiila  Falda,  e  come  fi 
vide  allpra  nelle  memorie  «   che  furono  imprefle  nelle  medaglie  gettate 
pelle  fondamenta.  Quefti  vagbiflìmi  Temp)  fono  edificati  Tuno  focco  la 
in  vocazione  .della  Madonna  di  Mpnte  Santo.,  a  fpe&  dell'  Eminentiifimo  Gà- 
(laidi,  e confe|(nato  a'  Padri  Carodelitani  di  Sicilia*:  e  T altro  della  Madon- 
na de'  Miracoli,  che  ad  iftanza  del  Cardinale. Barberino  era  già  ilato  dato 
a'  Riibimati  del  Terz'  Ordiqb  di  San  Francefco  della  Congregazione  di 
Francia.    Dal  medéfimo  Pontefice  Aleflandro  fu  mandato  al  luogo  delle 
Chiane  conMonfignor  Carpcgna,  oggi  Cardii>ale  Vicario,  quando  dal  Se*- 
reniilimo  di  Tuicana  vi  fu  fpedito  il  Senatore  Antonio  Michelozzi,  per 
le  dififerenzc  verteu^ti  incorno  ad  efle ,  nelU  quale  occafione  il  Rainaldi  fe- 
ce ua  bel  librotcoutenente  tut(iidifegni>  livelli,  fnante  ed  ogni  altra  co- 
fa,  che  occorre^  in  queir  affare;  il  quul  libro  fi  dice  reftafie  in  mano  del'^ 
l'Emiftentilfimo  Ghiglir  non  è  da  tacere,  coma  lo  fteifo  artefice  già  fi  era 
Trovato  m  eflo  iuogo  delle  Chiane  con  Girolamo  fuo  padre,  quando  vi  fu 
mantdàii$>:.da  Innqcenzio  l' anno  i6^.  come  fopra  accennammo . 

^  o  Mancato  A)eliandro,:e  dopo  quedi  .il  fuo  fuccefibre  Clemente  IX.  toc* 
co  al  jl^inaldi  ad  impiegarfi. in  ferviziodi  Clemente  X.  non  folamcnte  per 
far  pecfeziune  alla  fabbrica  del  Temp;o  di  Santa  Maria  in  Portico  inCam- 
patetli  j  «ma  a  qu^u  eziandio  della  parte  citeriore  della  tribuna  della  Baiili* 
ca  dlSarùt^  Maria  Maggiore*  che  veggiamo  riccamente  ornata  con  fuo  di- 
f'^iW  f  e  fujanche  cimi  invenzione  e  modello  di  lui  fatto  il  Sepolcro  di 
:  Clemente 


490    Deetim.  K  MaPart.  l  ddSét.V.  dai  1 6^0.  al  1 650. 

GlejBehce  IX.  per  entfo  la  ilèflkChfeft»  1b|^railqttik  fi  rede  li  imi  dei 
Poraefiòe  fedente  «  open  di  Domenico  Gwdi;  e  nelle  ptrd  lecendt  h  fi^ 
gun  ddk  Carità •  fcolpata  da  Ercole  Ferrata:  e  ^tieB*  delia  Fede  daCofi- 
tao  FancéUi .  Parto  dell'erudito  incegno  del  nottro  Carlo  fo  il  belUffimo 
Tempio,  eretto  per  lo  BrioctpdBoi^ieie#  in  Mocne  Porzio  foo  caflello»po» 
co  lontano  da  Roma:  nei  qual  taogo  poto  nel  Pafaeoso  dello  fteflo  Prind« 
pe,  fu  arclutetto  del  nuovo  apparumento  terreno»  diertufdsli)ello«  che 
dì  Cubito  ne  coife  la  fama  •  che  è  noca  al  mondo.  Mokiflime  poi  tono  fla« 
te  le  fiibbrìche  di  Chtefe  »  Cappelle  »  Altari  ed  akre»erettefi  da  Im ,  dia 
troppo  lunga  cofa  farebbe  il  defcri^erle  ;  ma  in  qnante  mai  rtfpluidono 
per  eoceUenxa  di  difègiiOt  fu  qpgejita  ddP  Aitar  ma^iore  neSa  OifeTa  di 
Gesù  e  Maria  al  Corfo»  de'  Padri  Eremitani  Rijonnati  dì  Sant'Agoftino» 
fiera  £n«  da  Monfignor  BoJognetti  »  con  dìfegno  di  Ctflo  Milanetet  ndia 
quale»  per  quelio  felo^  die  importò  lo  abodb  del  danaro  effettivo,  gionfe 
la  fpela  ella  fomma  di  più  di  quarantamila  feudi .  Ha  in  oltre  egli  medefi* 
ao  abbellita  fotta  qoeBa  Chieia  con  d^pofiti  ed  altri  nd^  ornameoci»  9 
étiUf  foeliiAiuo  compimento  lAla  facciata .  Non  è  ftaca  dunque  mata vi^ia^ 
che  il  ftainaldi»  ii  quale  per  tante  e  così  belle  opere  efpofie  al  ptAMwov 
£  è  fatto  cddire,  fcue  impiegato  molto  ne*  fervig)  di  Carlo  Emanuel  Duaa 
di  Savofas  ed  in  oltre  aveffa  in  forte  agli  anni  aiUietn»»  di  conooRerefitf 

Scimi  profisflbri  dd  noftro  fecolo  »  dico  del  Cavaltere  Bernino  e  di  Pietro 
a  Cortona»  in  fare  anch'  mIì  un  difegno  per  lo  Pafazzo del  Lotve»  che 
poi  dalla  Mad&  del  Re  Criitianiilimo  »  in  fegno  dì  cadimento  »  egli  fefii 
con  rt^  liberalità  regalato  del  proprio  Ritratto  gioiellato»  onore ibliio 
difpenlarfidaquelMoiuiica  fusamente  ad  Uomini  di  fublxme  vitt»;  e  inaU 
mente  non  cagiona  maraviclia  il  fapere  »  che  t^i  al  prefeme  fi  trova  in 
pofleffi)  dell*  onore  éi  Gavafiere  de'  5^anà  Mauriato  e  LasMro»  conferito^ 
gli  dall' Altea»  Sereniffima  dello  IkiTo  Girlo  Duca  di  Savoia  *  per  mmo 
del  Cardinal  Maurizio,  per  guiderdcvie  4aUe  fervirà  prdbtegK  nel  cempOi 
eh*  e'  fu  alla  Cinte  di  Roma . 

Molte  in  fomma  fonò  le  piorc^ative  ^  die  okre  a  quella  dclP  «ite  fiia» 
adotnano  f  aninw  di  qtidfto  artefice  fra  le  quali  rivede  in  srado  mdto 
eminente  k  bontà  od  integrità  de^  Godutili»  eccomp^Mta  da^  un  tratto 
corteiee  gentilìfllmo^  «  moite  tndinato  all'offe  di  pieci:  in  tcMmonio 
di  che  Oli  b^erà  il  dire»  che  egli  delk  prenoiè<  f  iofu ,  die  ornavano  il 
rkcatto donatogli,  come  (opra  accemiMmOf'ddla  Moeftàdel  Redi  fnn^ 
cia^  con  altre  molte  aggiuntevi  a  proprio  cofto,  egK  ne  ha«idm«to  un 
bdlìflhno  Oftenforìo  deiSamiiimo  Sacramento,  pM  f  infigne  Confiimr* 
nitadelle  Stimate  t  da  elb»  cerne  unode^  FrotelK,  frequenterà.  Si^diietta 
più  che  ordinariamente  della 'mfufica:  ^  per  Mo  firn  direnianento  ha  fe* 
nato  per  eccellenza  1*  Arpe  doppia ,  e  la  Lifav'  E  tamopiù  rifplondono  in 
quello  foggetto  tali  quanta  »  quanto  che  csh  v  loneuno  però  da  ogni  often* 
tazione»  non  lafcia  di  fi^Oenere  il  pollo imvuoo  alla  Mfdta »  all^  afte»  al- 
i*  oroamento  di  Cavaliere  »  ed  alla  copia  delle  fiicotoà  »  che  ifili  poffiede» 
ttiando  carrozaa ,  fervitù  ed  ogni  altro  di  qud  tractam6nti  'di  fin  perlb- 
na»  che  fcrvir  poiibno  al  comodo  ed  air  onorevolenn  di  «»  CkntihiomD . 

Moka 


CAK    CARLO    ftAINALDl.       491 


Malto  "jpià  ÉHMM  dnotiao  in  fu*  lode;  b  1  tàmon  di  non  fiur  cofi» 
che  alk  fldodeftìt  di  lui ,  che  ancor  vive»  potefie  eflcr  menot  die  grati» 
non  ci  licepcfle  ;  perdo'  ci  btftbrà  il  deteo  fin  qui  » 


Hit!  ^1  mu\   f  \m  < HI     II     iri^«^«»»<»^i^|M>wwi<w>i»i»>*<»ii»rt»»»<^i^>»w^^a«^»wp»»i»» 


^tàm$t^itÈaméàmm 


C  A  RLO 


DOLCI 


PITTORE     FIORENTINO 

•  •  .  • 

Difiepolo  di  Jacvpo  VìgnaU^  notò  i5id.  •$*  i6%$. 

iOfui  fempK  folieodìdim,cbe  debbi  Tuoino  ÌAquiili&i  medie- 
^  re  a  coi.  s'mp^li»  epplicare  ogni  firn  ìIikIìo  per  Cicfi  piioM  és^ 
ligentt  e  noi  pnitico  ;  e  ciò  percbè  io  ccedeccU  cbe  k  praci- 
ca  fb^  finiaoia  della  diljganaa  ;  non  abbi  però  omì  per  iode- 
voie  quella  diligeittai  cbe  mantenandofi  ratum  in  {eawdaft» 
ina<  non  mai  dà  fuori  il  bei  parto  delia  pracka;  e  para  a  ine  »  die  caie  mio 
feneimenco  abbia  luogo*  qnanco  in  ogni  akra  corat  nella  beiP  acce  della 
Victiira  •  Mi  conferma  in  qt«Aa  opinioae  il  £ipere ,  che  Apalk»  miracolo 
di  queftf  ane«  avesido  vedMo  il  •GialUb  di  Promgene  «  in  cui  avafa  egU 
odnfjimati  fecm  anni»  nfctco  qiiafi  di  fe  fteflb«  per  io  fiopore  àk  vedece 
opera  così  diligaite»  proruppe  priatui  in  parole  di  gtan  lode«  a  pm  difie: 
Pnaigtne  in  ogni  cofa  mi  aggmgiia,  e  lorfe  mi  è  fapariores  ma  a*  ami 
fa  mai  levar  le  mani  dal  tm  lavoro  •  Ma^  dico  io  adeim»  fe  vale  la  dili- 
gena  a  condurre  opere  bcHe;  perchè  canto  fi  biafima  T  impiegar  gran^tm»» 
pò  in  condurre  dpere  diligentemente  fatte  ?  lo  per  me  non  fiiptet  Ibio- 
glierquefto  enimmat  fenaa  fare  ima- diftiactone ,  qmtuaque  ella  fi  fia 
per  parere  a'  più  laputi^  o  bene  o  male»  adaccaca  al  mvo ;  ed  è  qoafta. 
lo  coniklero  una  cerca  fixu  di  diligenza»  la  <)iiale  io  chiamo  diligenza  prak 
cica,  ovvero  pratica  pasiente  :  e  qoefta  è  propria  degli  uomini  «  anche  di 
{Mcima  olafle  in  ^gni  meftieie:  ed  un'altra»  aie  a  me  pare»  che  merki  il 
nome  di  dil%enza  ìnefpertaé  die  alerò  in  effisfto  non  vuol  dire,  fecondo 
me,  che  una  vera  dappoci^ine  »  la  quale ,  per  mio  avvifo»  ha  fua  radice 
neli' tgnoranaa.  e  quena  è  propria  de*  principianti  «  e  di  coloro»  che  poco 
da  nacura  •  dal  genio  ajntatis  non  Aai  ceffano  nelle  loro  arti  di  efifer  tali 
quali  furono  a  princifMO.  La  prima  a  me  pace»  chedd>ba  cfaiamarfi.diii- 
genm  pratica»  o  pratica  paziente,  o  che  toltole  l'uno  e  l' altro  di  quefti 
nomi  tqueliofolo  debba  attribuirfale  di  vera  paaienaa  »  nel  tirare  a  perfeaioit 
ne  intera  e  con  ottimo  gufto  quelle  cofe»  che  mi  pazienza  ricercano»  adi* 
fiinztone  di  molte,  le  quali , con  più  preAezza  e  meno  fatica»  polTono  a  Io* 
devol  fine  porcarG.  L'ontco  artefice  Michelagnolo,  pare»  che  apertamene 
te  fi  dìclmrafle  di  efler  di  un  fioail  parere,  mencm  lodava  a  gran  ftgno 

Donatello 


49*      ^^cetìu.  V.  dilla  Vàri.hdel^eLV.  M  164,0.  ali6$o. 

Donatello»  Scultore  ecceneiitiffimo,  nócandolo  foffmente  di  qudfto,  che 
egli  non  aveiTe  pazienza  in  ripulire  le  opere  fue»  *di  forte  che  riufcendo 
mirabili  a  viQa  lontanai  d'appreflo  peraèrano  di  reputazione  »  Conofoc.» 
va  egli  molto  bene*  che  altra  pazienza  deve  avere  l'artefice,  anche  pra* 
tichiflimoi  ogni  qualvolta  ei  voglia o  dipignere  o fcolpire  cofe grandi,  che 
debbon  vederli  da  lontano:*  ed  altra  ancora»  chi  con  nìrabile  artifizio  in* 
tenda  rapprefentare  le  cofe  più  minute,  per  quel  che  elle  fono  o  moftra* 
no  di  èflcre  potte  •  fotto  V  occhio  npftro  ;  non  dico  il  tutto  di  una  tetta , 
di.  un  panno,  di  una  corona  reale  e  limili,  che  con  pochi  e  maeflrevoli 
colpi ,  Dcne  fpeflb  i  grandi  artefici  a  villa  lontana  fanno  parer  vere ,  mi 
ogni  minima  rugd»  ogpi  voltar  di  caccilo,  e^le  più  minute  legature  delle 
gemme,  con  dare  a  ciafcuna  il  fuo  cofòre  ed  il  fuo  rilievo  tanto  artifizio- 
io,  che  la  mano  fteflra[del  riguardante  debba  air  occhio  fervireper  tefti- 
monio  veridico,  che  elle  fiano  dipinte  e  noU  vere , affinchè  egli  non  rimanga 
ingannato  •  E  fé  alcuno  mi  dirà,  che  quefta  per  verun  medio  non  puòchia- 
marfi  pràtica  ;  io  gli  rifpondo,  fenza  timor  d' ingannarmi,  efier  quefta  in 
genere  d'imitazione  una  pratica,  non  folo  grandifiima ,  ma  fingulare ;  e  tan- 
to fingulare,  che  pochi  uomini  ha  avuto  il  monda  fino  aquefti  tempit 
a' quali  fia badato  Tanimo  di  farfi  pratichi  in  condurre  le  opere  ad  una  così 
efquifita  perfezione.    E  goffo  ftìmo  il  penfiero.di  coloro,  a  cui  non  par 
poflìbile,  che  ne' lavori,  che  per  loro  propria  natura  ricercano  gran  tem^ 
pò  a  condurli»  non  pofla  aver  luogo  il  belliifimo  attributo  della  pratica. 
AI  parere  di  coftoro  ,  potrebbe  uno  ignorantiffimo  tagliapietre ,  riquadra- 
si e  pulire  in  un  fubito  un  bel  piccolo  diamante,  purché  egli  foflé  prati- 
co e  fpedito  in  dirozzare  un  maffe;  ne  meno,  credo  io,  vorrebber  quefti 
tali»  che  fi  cbiamafie  pràtico  l' Anatomifta^  mentre  egli  con  eftrema  dili* 
genza,  e  appoco  appoco  va  feparandò  le  tuniche  più  fottili  delPocdiio; 
ma  folamente  quando  in  un  fol  colpo  e'  divide  o  gambe  o  braccia  di  un 
corpo.   Or  per  quello,  che  alla  pittura  appartiene^  io  non  dubito  di  af- 
fermare» che  quando  fi  trova  chi  ad  una  etlrema  imitazione,  come  io  di* 
.ce va , . operando  con  grari  pazienza,  abbia  faputo  congiugnere  un  variar  di 
tinte ,  una  frcfchezza  di  colorito ,  un  buon  rilievo ,  una  morbidezza  nel  tutto  » 
ed  inciafcheduna parte,  con  altre  belle  qualitadi ,  che  in  una  preziofa  pittu- 
M  fi  richieggono ,  e  fempre  fimile  a  fé  ftefib  i  non  in  una ,  ma  m  ciafchedunt 
dell'  opere  fue  fi  pofià  dire  efier'  egli  arrivato  a  farfi  pratico  di  una  delle  più 
difficili  maefirle,  che  in  quefio  gènere  ritrovarfipofiai  pratico,  dico,  anzi 
pratichifiimo ,  in  quel  genere  di  pratica,  eh*  io  chiamo  paziente,  anzilapa* 
zieqza  e  la  pratica  ftefia  fi  avrà  tutto  ciò ,  che  fi  poflà  defiderare .  Tale  appunto, 
pare  a  me,  di  poter  chiamare  il  noftro  Carlo  Dolci,  ilqttaleeflendoh,come 
vedremo  fino  da'fuoi  primi  ftudj^  fatto  conofceremaravigliofo  in  fimile  pa- 
zientifiima  pratica  di  operare  in  pittura;,  ha  dipoi  fatto  vedere  a  tutta  Italia 
efuori,opere  rarifiime  del  fuo  pennello.  Sappiafi  adunque,  come  nel  prin- 
cipio del  prefente  fecolo  vilfe  in  Firenze  un  molto  onorato  uomo ^  fiirto  di 
profeflione,  chiamato  Andrea  Dolci,  congiunto  in  matrimonio  con  Agne- 
fa,^figiiupla  di  Piero,. e  forella  di  Bar tplommeo  Marinari ,  tutti  e  tre  pie* 
tori,  tanto  1'  uno,  che  T  altro  de'  due  maritati;  e  per  bontà  di  coftumi  ^ 

e  per 


CARLO     DOLCi.  493 

e  per  àtrilità  nelle  cofe  attenenti  al  proprio  (lato ,  condizione  eineftiero, 
diedero  tal  faggio  di  fé  in  quefla  noura  ciità  >  che  non  poco  amore  fi  gua- 
dagnarono appreilb  a  molti  cittadini  »  di  che  io  lleiTo  puffo  darmi  per  te« 
(limonio  di  cerca  fcienza.  Non  fu  gran  facto  dunque,  che  di  tale  matri- 
monio» oltre  ad  alcri  quattro  figliuoli  fra  mafchi  e  femmine,  cheriufci- 
rono  devote  ^d  efemplari  perfone,  nafcefie  il  noftro  Cario»  il  quale»,  pri- 
ma dal  cielo  lavorato  a  difegno  di  un  uomo*  che  dovefle  efler  pieno  di 
criftiana  pietà:  poi  allevato  e  nutrito  in  grembo  alla  devozione  e  all'amore 
di  yirtùf  dopo  un  corfo  di  vica  di  fetcanta  e  più  anni»  ci  abbia  lafciato  in 
dubbio  di  quello»  in  che  egli fia  (lato  più  eccellente,  o  nell'arce  della  pit- 
tura» nella  quale»  fecondo  la  maniera»  che  ei  fi  elefle,  fu  fingolarilGmo» 
o  in  quella  del  ben  vivere.   Fu  il  natale  di  Carlo  nel  i6i6.  in  giorno  di; 
Giovedì  25.  di  Maggio»  dedicaco  alla  memoria  di  San  Zanobi  e  di  Santa 
Maria  Maddalena  de' Pazzi»  e  full' ora  appunto  del  mezzo  dì.    Giunto»' 
che  ei  fu  all'età  di  quattro  anni ,  reftò  fenza  padre»  e  confegucntemente 
obbligato  co;i  fua  fracellanza  a  vivere  in  iftato  di  molca  necelfità»  perchè, 
de' foli  e  poveri  aflègnamenci  »  che  potea  loro  procacciare  l'induftria»  per 
altro  molco  accurata  e  foUecica»  di  Agnefa  loro  madre»  co'  quali  patendo  e. 
foffrendo»  fenza  punto  fcapitare  della  natia  onorcvolezza  e  civiltà»  in  una 
fama  pace  fi  mantenne  per  gran  tempo  quella  povera  famigliuola  •  E  vaglia 
il  vero»  che  quella  è  una,  da  mille  fegni  riconofciuca. ufanza  della  Divma 
Provvidenza  »  poco  confacevole  colia  vanicà  degli  umani  difcorfi»  cioè  a 
dire»  il  coglier  bene  fpefib  nell'età  più  tenera,  ed  aflai  per  tempo»  a  colo«* 
ro»  che  ella  elefie  per  fuoi,  i  paterni  foccorfi,  e  con  effi  per  confeguenr 
te  ogni  più  defiderabile  comodila,  afiìne,  credo  io,  di  far  loro  perdere 
con  quefte,  una  certa  immaginata  ficurezza ,  in  cui  fermamente  affidandoli»  > 
né  mai  perciò  agli  ajuti  del  cielo  ricorrendo ,  de*  quali  non  par  loro  di  aver . 
punto  bifogno,  iògliono»  appena  nati»  darfi  in  predai  mal  configliati  fan**, 
ciulli,  ad  ogni  vizio  più  deteftabile.  Crefceva  il  giovanetto  Carlo  in  ecà» 
devozione  ed  obbedienza  aJIa  madre,  sì  grande,  che  non  è  poflibile  a  rac- 
concarfi;  e  non  concento  di  yiver  bene  da  fé  fteQoi  faceva  buoni  gli  altri 
fanciulli»  co' quali  avea  famigliarità:  e  nelTandar  con  loro  a  fpafib»  vole- 
va» che  (eco  recicafiero  il  Rofarioed  altre  devozioni»  che  egli  camminan- 
do era  folito  di  recitare .  Giunto  all'  ccà  di  nove  anni  »  e  dando  fegni  di  gè* 
nio  alla  pictuva»  alla  quale  aveva  actefo»  non  pure  il  fuo  nonno  paterno» 
ma  eziandio  il  fuo  maggior  fratello  $  poi  in  afiai  giovenile  ecà»  fu  dalla 
madre  raccomandato  alla  cura  di  Jacopo  Vignali,  fiaco  dtfcepolodi  Matteo . 
RofTelli ,  uomo,  che  per  avere  in  quel  tempo  date  grandi  fperanze  di  fé  »  per 
una  afiài  buona  maniera,  eh' e' moftrava  di  volere  avere. nell'arce  fua,  e  per 
un  cerco  fuo  molco  aggradevole  con  ver  fare»  aggiunco  alla  ci  vi  Ica  e  bomà 
di  cofiumi»  fi  era  procacciata  grande  apercura  fra'  noftri  citcadini»  che  pe- 
rò era  la  fua  danza  (dico  quella  ftefla»  che  già  f«  di  Andrea  del  Sarto»  e 
che  ne'  nofiri  cempi  ha  lervito  a  BaldaflUrre  Volcerrano,  polla  a  principio 
della  via  della  Croccerà)  molto  frequentata  ;  onde  il  noftro  Carlo  »  che  già 
fi  faceva  conofcere  per  un  fanciullo  tucco  bontà»  quieto  e  modello»  per 

mudo»  che  e'  non  pareva,  che  fi  arrifdiiaire  a  proJOfèrir  verbo,  e  che  nella 

diligenza 


494     Decem.V:delikPàP$.l.  diiSecF,dàli6^o,ali6^o, 

diligenza  d<l  fno  dife«)a<««  upptriTi  vn  vivo  ricmco  di  fé  fteflTo,  ^non 
piccolo  ctmDo  di  fam  anche  aiMniraffe»  e  ptfcliè  in  quefta  co&deUa  pit« 
tura ,  come  in  ogni  altra  bella  facohàr  chi  ttoico  eppfica,  preAo  intende? 
e  chi  molto  fa,  prefto fi  ht  appone  pafiìirono  quadrienni,  elisegli  ^èè*« 
ptgneva,  e  tanao  bene,  e  eon  tal^  Aligero»,  erre  già  f>taceTano  le  opere 
Aie  f  e  non  mancava  chi  le  proccnrafle»  quando  non  mai  per  altro,  perchè 
elle  erano  cofe  fue,  cioè  mrraeoK  dtwt  iMno  di  mi  ;>tceolo  fiuKittHo. 
Efa  V  anno  Santo  1615.  e  delPecè  di  Carlo  ^  oadcciano ,  qeandoegli 
fi  èra  pofto  a  dioignero  per  h  prima  volta  une  cefte  di  Gesù  fancieHe;  e 
poi  un' alerà  dello  ftefib  coronato  di  fpkiei  ed  un  San  Gicnrannino,  figen 
iMerat  dopo  il  quakriopra  carré  mefticate ,  ritraile  Agnefe  fue  madrcrtin- 
to  et.  vivo  e  di  sì  buona  maniera ,  che  la  portò  a  vedere  neHa  ftmzi  dei 
maeftra,  ove  fra  altri  gentiluomini  fi  tratteneva  berte  fpeffo  Fiere  dè^M^ 
dici,  amicìflimo  deirarte,  e  cheoperave  in  pittura  f  onde  gli  fece  venir  vogli* 
difarfifkre  da  Carlino,  ohe  toà  per  ve«i  era  da  tutti  chiamato,  il  propria 
ritratto:  e  quello  altres)  di  Antonio  Lendini,  mufieo^ celebre,  efaeifflì^ 
ciffimo.  Queft]  ritratti,  fniSeme  col  pittore  fieOb,  furono  da  Piero  de' M^ 
dici  fatti  vedere  alla  ^oriofe  memoria  del  Duca  di  Gbtfa,  che  tHonli 
trovava  nel  Pklea^o Sereniffimo ,  che  i  1  tutto  oOervè^on giiflo  econ  mumu 
gKa  rnfieme:  poi^conquelh  fiberalitè  e  bontà»  che  fu  fua  ibltla»  fienile  di 
tafea  tre  belle  doble,  e  le  donò  al  ^kriuUor  e  non  comento  éH  quefteila 
conduffe  dal  Sor eniflimo  Granduca ,  che  volle  fubito  vederlo  abbonsre  dae 
tafterclo  ruaendòeonun  regalo  dìdieei  piaftre nuove,  A  cagione  danese 
di  cosi  fatte  cofe  crefceva  ognidì  più  a  Carlino  incuora ,  ed  al  pari  dS  qaeiloi 
la  diligenza  e  raj^plicae^ione  neiroperare:  ed  ornai  &ttt  venuto  in  tanto  cr^ 
dito,  che  incominciava  ad  aver  careflb  de  tempo  pM  foddiefare  aRe  con- 
tinue  richiefte .  Per  Fra  InoKb  de'  Bardi ,  nobil  Cavaliere  Fiorentino ,  ebbe 
e  fare  il  ritratto  quanto  il  naturale  fino  al  ginocchio,  in  abito  di  cacciti 
in  campo  diarie,  e  quello  di  Giovanni  de*  Bardi  fue  nipote.  Rlmfletn* 
core  Ra^Mlto  Ximenes>  Gentiluomo  #  che  pure  appreffo  al  Vignaliipef 
proprio  divertimento  operò  in  pittura .  Fece  poi  alcuni  quadri  di  frSt» 
e  ftori  al  r>atursle,  in  uno  de'  quali,  fatto  a  poAi  pel  Ononica  Ctrj^ 
fuo  ConfeAbre,  figure  una  tefta  di  morftK,  co)  motao  fihs  éfgri;  madTeft- 
do  pòi  a  Carlino  venuto  il  cafe  di  maritare  une  ioreHa,  volle  il  Carpimi  1 
ch'e'  fi  ripìgliaflè  il  fuo  quadro,  e  lo  donafiò  aHa  glorio(a  memoria  del  S^ 
reniffimo  Principe  Don  Lorenzot  ed  intanto  efponeflTe  le  fue  neceflidf 
ficcome  fece:  e  ne  riportò  foccorfi  eguali  allafpemnm;  ma  non  pure  diluii 
ma  dal  già  nominato  Duca  di  Ghifa ,  e  da  tutti  gii  Principi  della  Sereniffioi 
Cafa  r  Desiderando  in  q ud  tempo  il  Serenifs.  Principe  Leopoldo ,  poi  Cardi- 
nale, alcuna  operadi  tua  mallo;  Carlino,  a  curerà  noto  r  ottimo  fuo  gufto 
ed  amore  all'arte ,  fi  pole  con  grande  ftucKo a  condurre  in  un  quadretto  rAdo» 
razione  de*  Magi  :  ed  interrogato  delh  mercede  ,  che  S  doveva  alP  open 
fua,  venticinque  feudi  e  non  più  ne  dimandò;  ma  alla  fua  modeftia  lop- 
pll  ladilcretezra  di  quello  Signore  ,  facendogliele,  con  dimoftrazione  di 
gradimento,  contare  fino  a  quaranta.  Dà  quefto  Audio  fece  altro  qm- 
ika  MI  tela ,  alto  alquanto  più  di  due  braccia  »  per  Tommafu  Generottii 

che  gliele 


•    «. 


e  ARIO     DOLCI.  45^7 


eht  gliele  diede  fefiknta  :  e  dopo  la  morte  di  quello  e  del  fratello  *  fii  il 
quadro  da  Girolamo  Gerini ,  poi  Senatore  Fiorentino!  comprato  per  da- 
^nt'occanta  feudi ,  ficcoma  da  Giovambatifta  Galli  nofiro  Gentiluomo» 

quattro  Evaii* 

non  più  di 

_  i  ridufle  iti 

iftatb  di  ftflat  maggior  bellezza . 

Àvea  il  Dolci  fin  da  fanciullo  tolta  a  frequentare  la  Compatta  di  San 
Benedetto  f  nella  quale  crefcendo  ogni  dì  più  nella  devozione,  aveva  fatto 
un  molto  fermo  proponimento  di  non  mai  in  vita  Tua  voler  altro  dipt*' 
gnere  che  Sacre  Immagini,  o  Sacre  iftorie,  talmente  rapprefencate,  che 
poteflèro  partorir  frutti  di  Criftiana  pietà  in  chi  le  mirava;  onde  io  non 
punto  mi  maraviglio,  che  in  quello  aveflero  i  fuoi  pennelli  un  particolar 
dono,  che  ben  fi  fcorge  in  tutte  le  fue  pitture,  a  diftinzione  di  quelle  di. 
altri,  anche  celebri  artefici.  Accettò  egli  però  talvolta,  così  volendo  chi 
guidava  V  anima  fua,  di  dipignere  coie  morali  o  indifferenti,  cioè  a  diro 

aualche  Virtù o  Arte,  le  quali  però  figurava  canto  modeftamenteacconcer 
le  era  cofa  fingolare  a  vederfi*  Usò  fempre  rettificare  fua  intenzione  in 
ogni  opera,  ch'e'  fi  metteva  a  fare,  jnotando  dietro  al  quadro  il  fuo  intero 
fentimento  col  giorno,  nel  quale  le  dava  principio,  e  col  nome  dì  quel 
Santo,  di  cui  in  tal  d)  fi  celebrava  la  memoria:  e  nella  fettimana  Santa  non 
volle  mai  dipignere  fé  non  cofe  appartenenti  alla  Pafliane  del  Signore:  ed 
io  ho  voluto  Gare  quefta  notizia,  che  mi  pare»  che  quanto  altra  cofa  mai  ci 
rapprefenii  al  vìvo  la  religiofità  di  quefto  uomo.  Venendo  ora  ali*  altre 
fue  opere ,  dico ,  che  egli  fece  per  Gio.  Francefco  Grazzini ,  ricco  Genti-* 
luomo,  e  molto  amatore  di  queft'arte,  una  Madonna  con  Gesù  e  San  Gio« 
vanni,  fopra  legno,  di  figura  tonda,  della  quale  opera  gridò  auel  fuo 
tempo ,  ed  egli  ne  acquiftò  tanto  credito,  che  dove  per  avanti  fi  defideraw 
reno  le  opere  fue  da  molti,  poi  n'  era  richiedo  da  tanti,  che  ornai  gli 
mancava  il  tempo  per  foddisfare  alla  minima  parte.  Ne  io  voglio  lafciaro 
di  dire,  come  coll'occafione  della  pratica ,  che  egli  aveva  in  mia  ca(à,  ove 
fi  portava  ogni  dì  per  darmi  i  primi  precetti  del  difegno,  volle  dal  volto 
di  Maria  Maddalena  quia  forella  ,  allora  in  età  di  dodici  anni,  ricavar  l'efr 
figie  della  detta  Vergine .  Aveva  egli  condotta  quefta  bella  pittura,  quan- 
do efièndofi  nella  fcudla  del  Vignali  incominciati  a  moltiplicare  in  gran 
numero  i  giovani,  che  tutti  ornai  colorivano  »  onde  veniva  occupata  da 
molti  leggìi,  a'  quali  aggiunte  le  molte  tele  per  tavole,  che  allo  fteflb. 
Vignali  erano  date  a  fare,  non  poteva  più  Carlino  (  a'  cui  dìligemiflimi 
coloriti  era  neceifario  luogo  e  lume  lioero)  comodamente  adattarvifi; 
onde  egli  prefe  efpediente,  con  grazia  del  maeftro,  di  ritìrarfi  in  ctfa 
propria,  contigua  alla  Compagnia  de'  Barbieri,  ove  poi  è  ftato  fino  alla 
morte  •  Quivi  poi  dipinfe  per  Piero  di  Amerigo  Strozzi,  con  non  più  ve* 
duta  diligenza,  il  bel  quadro  del  San  Paolo  primo  Eremita,  veftito  di  una 
vette  tefiuta  di  palma,  condotta  con  tanto  amore  e  con  tal  fimiglianza  del 
vero,  che  fu  cofa  di  maraviglia.  Fer  Agnolo  di  Antonio  Teri,  nobil  óit- 
tadino  di  noftra  cittàf  uomo  di  molta  bontà i  colorì  due  quadri  di  mezzo 

I  i  figure» 


49^    Trecenti.  V.  thltu  Pm.l  delStc.  V.  ad  i  ^40.  al  1 6$o. 

igure,  cioè  un  Sin  GtraUin*»  in  atto  di  feri  vere  t  ed  Hai  8limli,:Mirài 

Misldikiu  Penitente»  veftiCi  di  ciiiiio»  itt  itco  di  ptegneic  i  f«oi  pecoti 
pranoo:  e  quefti  quadri #  dopo  le  morte  ilei  Terir  peri^ennero  in  meno 
di  Pier  Frinceico  Zarierdi  della  cicià  di  Venesii»  e  ne  fono  apprefio  él 
ttoi  le  copie  •  Colorì  ancori  iMn  Imoiaftne  di  Crifto»  in  atto  di  benedirò 
il  pane;  ed  un  San  l^ilippo  Nefi»  rafia  Ibla;  ed  in  un ouadro di  alcezsa 
dì  braccìv  e  mezzo»  San  Francefco  e  San  Giorgio t  più  che  inezie  figure» 
ed  in  culo  la  Vergine  con  G^sù»  ie  guali  infieme  con  altre  »  di  efae  più 
evinti  iaremo  iMnsione  >  fono  in  noCtro  potere .  Per  Valentino  Farmole 
di  Cordcai  in  quei  tempi  Auditore  di  quefti  RooU  Ftorenttna»  dipinle 
una  femmina»  teda  con  bufto»  con  bibnce  e  fpada  in  mano»  figurata  pei 
la  Giuftizia:  ed  al  Marchefe  Bbrtoloaiiieo  Corfini  altri  quadri  di  fioùle 
grandezza»  ed  altri  ovati  :  ciò  fono  &u)U  Maria  Maddafena*.  in  aito  di  leg^ 
gere  :  le  figure  della  Sperana*»  delia  Plizienzat  della  Poefia  e  delta  Pittura» 
Era  T  anno  1648.  e  del^  età  di  Carlo  il  treniaduefimo  »  quando 
offendo  già  nota  e  tutti  i  proleffori  T  eccellenza  del  fuo  tipenrer  fu  eglt 
con  grajide  ap^iufo  afcritco  al  numero  degli  Aoeademici  del  Diiègnor 
ed  avendo  (entità  la  lodevole  ^nza  di  fiarii  da  ogni  novizio  alcune  opere 
di  fua  mano»  o  ritratto  di  antico  pittore  »  o  altra  qutlfifofle;  e  quella  do* 
nare  alla  medefiaa  »  fubito  gli  cadde  in  mente  un  penfiero  di  fare  il  rkrati^ 
co  del  Beato  Giovanni  Angelico  ria  Fìefole  dell' Ordine  de'  Predicaiorfi 
6  fi  (lava  con  cale  ferma  deliberazione  »  quando  diCbiolco  il  congrego ,  e» 

KrtitiTt  gran  par  te  degli  Accademici»  reftarono  io  lamenta  il  Cavaiier  Riei* 
^ti  Provveoitore  r  il  Vignali ,  con  Matteo  Roflelli  fuocaiefiror  e*f  no- 
Oro  Carlo  refi  ftivano  fra  di  loro  ragionando  £bpra  l  ricracci  de'^  Piccorìy 
cfae  adomavano  quella  danza  t  e  parve  veramente  Tpeciaie provvidenza  del 
eieto;;  perchè  avendo  »  (enza  efirne  punto  folleciaatt»  fiittarrefleffione».  cho 
fira  tanti  ritratti  di  pittori  antichi  »  queUofoIo  mancava  del  Beato  Angelico^ 
nulla  fapendo  della  già  (iuta  deliberazione  di  Catrlo»  convennero  tutti  e  tm 
in  un  parere  r  che  egli  fohunente  e  non  altri doveflefoppltre  a  quell»  mauK 
canza  ;  e  fattane  con  fui  parolar  Io  riempìtrono  di  allegirezzar  come  egH^ 
siedefimo  ne  lafciò^  fcritto  di  fua  nanor  come  quegli r  a  cui  parve  il  w^ 
defiderio  approvato  da  quello  di  ftììiMMt  in  quel  luogo  venerabili  »  e  con^ 
iéguentemente  conferme  al  Divnio  voterei  per  gloria  maggiore  A  quel 
Santo  Religiofo .  Fece  adunque  CarlinOr  con  gran  dili^ssiza»  il  ritraitOr 
evendane  a  quefto effetto  &tta  venir  di  Rome  P effigie  in  digito»  lalo 
qoafe  fi  potè  ricavare  daU^'antioo  baflbcilievo»  che  nella  Minerva»  preflToal 
loo  fepolcro  tuttavia  fi  conferva .  Tornando  ora*  alf^opcre  fue  ;  aveva  egli 
più  volte  oi&rvaca  eoo  gran  gofto  una  ftaaipa  fie«agliaca  da  Cornelio  GaUor 
di  una  nobiie  iJivenzione  dai  CotsmendaeoK  Fro  Lodovico  C^oK^  cioè 
Crifto  Signor  nottroalla  men(aidel  Fariieor  e  la  Pentica  Maddrieoirio  etcc^ 
di  ugT.ere  i  htm  piedi  f  diUo  fltefio  Csgcdi  (taso  meflt  in  ofcr*  pei  cekbr» 
Girokoio  Mercuriale  da  FoflK  Leitoff  primarie  nello  Sinidio  Pifiino;  * 
fra  il  parere  a  Caakx»  fiotoaaeè  beliilfima  eiia  in«esaiane»  ofi»  Pofibraef^ 
di  mente  aiTai  lontano  da  ogni  aheiigift»  anzi  unùliffianedi  cuofle»  volle  dt 
quella  valerfi»  per  fiurne  uà  quadro  or  figure  \»vk  gisaad» .  Lo  fece  dunqui;» 

fludianoo 


#    •» 


CARIO      DOLCI.  4991 


itodIkndD  4èl  ntcnnil*  ogni  eoft  •  Aiiza  ptrrirfi  dal  emoetto  4el  Cigoli  i 
e  riuki  opera  di  tanto  grido,  che  non  andò  molte,  6he  al  Dottare  Anto-* 
nipLorenxi  fuo  medico»  che  ne  fu  compratore  per  prezzo  di  centofeflan^ 
ta  feudi  »  dal  Marchefe  Filippo  Niccolini  ne  furono  ofierti  tino  a  mille 
di^nto  ;  ma,  comecché  V  nomo  coi  lango  pofledere  di  alcuna  cofa,  che 
mentce  non  fu  ina,  mofcole  piacque y  fiicilmenae  fé  ne  venga  ad  annoda-* 
re,  dando  luogo  in  fe  fteflb  a  defider)  nuoYi  1  il  Loreiui,  dopo  molti  anni 

g^fititofi  di  aver  recufato  il  gran  partito  offi^rtoglt  dal  Marchefe ,  fece  o{^ 
rire  il  quadro  a  lui ,  e  mentre  egli  afpettava  la  medetimn  offerta,  ebbe 
per  rìfpoila,  aver  quel  Cavaliere  avuto  penflero  in  que' tempi  d'impiegar 
quel  danaro  in  queir  opera,  per  deCderto ,  che  egli  aveva  di  goderfeJa  per 
molti  anni ,  ma  die  eflendo  cjuegli  ^ìt  paflati ,  ed  euo  venuto  in  vecchiezza , 
già  era  ceffiita  in  lui  ogni  cagione  di  piti  defiderarki:  proccuraflè  perciò  il 
Dottore  di  fame  altro  contratto,  il  che  allora  non  tiufch  t  dice  però, 
mentre  io  quelle  cofe  ferivo ,  che  dagli  eredi  4el  Lorenzi  fi  fia  in  alTiai 
ftretto  trattato  di  vendere  il  bel ouadro  per  mille  feudi,  per  fervizio  della 
Maeftì  dell*  Imperatore  Leopoldo ,  felicemente  Regnante .  Avtvano  le 
Monache  di  Santa  Terefa  della  città  di  Vienna  ,  per  metto  de'  Padri  Car« 
melitani  Scalzi  di  San  Piola  di  FirenM,  ottenuto,  che  fi  potefle  fare  une 
copia  accuiMtffima  dal  vero  originale  della Santiifìma  Nunziata  di  detta  città 
e  deUa  Del!»  grandezza  appunto:  e  che  di  fate  eilk  copia  lolle  dato  ordine 
al  Dolci.  Polliamo  ora  dire,  che  egli,  che  n^era devotiflSmo,  foiTe  tnvi« 
tato  al  fuo  giuoco^  Vi  pofe  la^  mano,  e  dopo  averne  fatri  più  difejgni  coti 
efirema  diligenzi^i  uno  de^quali  è  appreflb  di  noi ,  e  ricavatone  il  Sacro 
volto  nel  fuo  quadro ,  e  quello  altresì  dtiV  Angela  Anminziante,  non  pri^ 
ma ,  che  dopo  otta  ami  in  ctrc»,  h  lafdò  finita .  In^uefta  ftupenda  pit<« 
ruta'  fi  ameainva  fra  le  altre  coTe ,  la*  gran  tMtfona  di  oro  fodo ,  contenente 
in  belle  forme d'inca&rature,  gran  numero  di  |^0)e  di  eccedente  grandezze 
e  preazo ,  e  fi  due  ricchiflimi  gio)eUi ,  che  adornano  la  finiilra  fpal  la ,  ed  il  cafta 
ed  amorofo  petto  della  gran  Madre  di  Miferieordie  :  k  quali  cofe  erano  imt-^ 
tace  con  mcKio  ^ì  ftupendo.  che  per  molto  che  fi^oecaue  e  ritoccafle  la  tela» 
per  afficurarfi  che  eHe  foflfer  cttptmei  pareva  tucttfvia  ,che  rocchio  ne  rima-* 
nefle  in  dubbio^;  ma  forzato  filialmente  ad  approvare  il  giudìzio  della  ma- 
no ,  vergognofodel  proprio  inganite»  abbandonando  il  guardare,  ii  gettava 
agli  atei  della  maraviglia  e  délb  flupore .  Avtt  Carlo  ,  come  dicemmo  9 
già  finita  questa  opera,  quando  compacverain  Firenze  alcuni  Principi  PoN 
lacchi,  i quali  doi)o  aver  veduto  iìrpìit  bello  della  città,  ed  in  particolare 
k  Real  Cappella  di  San  Lorenzo^  coiròecafione  de  Ha  vicinanza  della  cafa  ài 
Carlina ,  furono  condótti  alla  ftia  (fenica  r  ed  avendo  dato  d'  occhio  e 
quella  nobilifCma opera,  forte  fe  ne  invaghirono .  Fecero  poi  sran  diligen- 
22,  per  venire  in  cognizione  di  quanto,  era  ftato  trrttato  e  dalle.  Monache 
di  Santa  Terefa  e  da'  padri  Scalzi ,  e  dello  ftato  prefcnte  delle  cofe;  il  che 
ritrovato,  tanto  fi  adoperarono  per  me^zo  de'noflri  Gentiluomini»  e  col** 
1-  une  e  cogli  altri,  chela  pittura  non  fu  più  delle  Monache  di  Vienna» 
ma  di  loro  medefimi ,  e  per  lo  fola  prezza  di  centofeflanta  feudi,  ordifna^* 
rifiimo  in  quel  tempo  ^a  quegli,  cheeran  foliti  darli  agli  altri  fuoi  quadri. 
.        ^  1  i  2  Dalla 


\ 


500     Decenn.  V.  Ma  Vàrt.  l  del^ec.  V.  ìbI  1 6^0.  $1 1 6^0. 

Dilla  ftefla  iua  puettm  nb  ficjivàtun*  altra  di  m^asana'gran^c^tefl,  pel4ihr« 
chefe  Scipione  elei  S^iacor  PUrp  Capponi  »  la  ouale,  dopo  Jua  mofte,  per? 
venne  in  mano  del  Sereniffimo.  Granduca  Cc^oo  IlL  che  gli  diede  luogo 
in  fua  camera  « 

li)  quel  tempo  ifteflb»  che  il  noftro  Carlo  conduceva  opere  grandi 
quanto  il  natttr4e>  volle  anche  Qiercicare  il  foo  bel  genio  in  dipigneit 
pìccole  figure  di  braccio,  e  minori  ancora,  nelle  quali  egli  ebbe  una  ma* 
niera- ringoiare;  conciolliacofachè  la  gran  diligenza»  la  frefchezza  èva* 
ghwzza  del  colorito,  e '1  finire  maraviglioTo,  nfplende  in  effe  taato  più, 
quanto  che  la  picciolezza  loro  obbligò  la  mano  a  più  efactia  oflèrvazione, 
e  a  tocco  più  minuto.  Di  quede  ne  conduflè  paoltiffime  in  rame  e  in  te* 
la,  che  gli  furon  pagate  gran  danari:  e  fra  elle  un  Crifto  orante  neirOr^ 
tOichef pira  gran  devozione,  l'ebbe  Francefco  Quaratefi,. nobile  Fioren* 
.tino ,  ed  oggi  è  appreflb  i  fuoi  eredi .  Una  (lorietta  .del  Martirio  di  Santo 
Andrea  Apoflolo  ebbe  Paolo  del  Sera»  poi  Senatore  Fiorentino,  che  fé  la 

Sorto  a  Venezia:  e  fu  una  delle  prime  cole,  che  in  quella  città  furoDOve- 
uce  di  fua  mano,  e  gli  diede  cola  si  gran  credito,  che  da  IV  in  poia{^na 
vi  fu  cafa  di  Nobile,  p  Galleria,  per  entro  la  quale  non  li  iofft  voluto  dar 
luogo  a  qualche  opera  di  fua  mano  •   e  ne  procacciavano  ad  ogni  graa 
prezzo  •  valendofi  i>eiie  fpeflb  degli  ufìc)  del  medciimo   Paolo  del  Sera» 
Un'altra  Cimile  iftoria  condulTè  pel  Marchefe  Carlo  Gecini;  edunaezian- 
4io  per  Carlo Corbinelli,  poflèduta  oggi  da  Andrea  del  fLolTo r  G^n^luo» 
mo,  che  per  lo  amore,  che  egli  ha  portato  fempre  alla  pittura^  è  ftato  al* 
treaì  da'  pro&ilbri  di  primo  grido  amato  e  riverito  a)ol^u  ;  e  tutta  e  tre^ 
Tiftorie  tono  della  deUa  invenzione,  benché  digraa^ezata'  diverfe:  e  nella 
erfoiui  di  un  foldaxo  armato  ritraile  al  vivo  l'altra  volta  nominato  Raf- 
icjlo  Xim^nes .  Uo  fleflo  Andrea  del  Rpflo  ha  pare  di  Iua  mano  un  qu^' 
dretco  di  una  Vergine  r  che  va  in  Egitto,  tcdcuic  in  graziofa  maiaera,  col 
j^a;>c|ullo  Gesù  nelle  braccia,   iopra  uh  gipm;:n^>;  ed  uìì'  altra  limile  Ho- 
pietra,  ma  di  diverfo  componimento,  ebbe  da  CarlOr  la  quale  poi  manda 
in  Inghilterra  al  Conte  di  Xeter  •    U  Cavaliere  AlelTandro  del  Cavalier  Fi* 
lappo  Valori,  di  cui  ci  è  occorlo  far  più  voke  menzione  ne'  nolUri  fcritci»^ 
I)a  di  fua  majio  un  quadretto,  ove  è  rapprefentaco  rAiìge;Jo  Cuftode,  i^ 
atto  di  additare  la  via  del  Ciclo  all'Anima  criftiana,  figurativi  in  una  gtar 
asiofa  faiiciuUina  in  bianca  vede .  Altre  ftor tette  e  Sacre  Immagini  di  piccola 
proporzione  ha  fatto  Carlo,  che  lunga  cofa  farebbe  il  deferi  vere.  Dipii^^^ 
in  due  ovati  due  tede  quanto  il  naturale,  dico  Sant' Anconiivo  Arciyetco* 
vo  di  Firenze ,  Mitrato  e  in  Piviale,  nella  quale  figurar  olci e  alla  belììlfiii^^ 
teda,  che  par  viva,  fi  ravvila  per  bottone  del  Piviale  un  maraYÌgliof<> 
gioiello  iii  perle  e  gemme,  che  noa  cede  punto  ìa  bellezza  agli  aitri,  ài 
che  fopra  parlammo:   V  alerà  teda  rappretenca  un  San  Filippo  Neri,  colo- 
rito di  gran  forza.   L*uno  e  l'altro  quadro,  infieme  con  un  San  Giovan* 
nino,  mezza  figura,  ed  una  di  Santa  Lucia  riguardante  il  cielo,  poffiedc 
pure  quegli ,.  che  quefte  cofe  fcrive.  Ma  bella  oltre  ogni  credere,  e  f^naa 
«Icun  dubbio,  delle  più  degne  opere  •  che  ufciHero  dal  pennello  del  Dolci r 
è  una  mezza  figura  di  grandezza  quanto  il  naturale^  rapprelcntante  la  Pace, 

•cheegli 


g 


e  AR  LO    DOLCI.  501 

die  egli  il  flwdefinio  dipinfe»  ritratto  ti  vhro  di  Caterina  delli  Scohri  fo» 
C^nibrte.  Softiene  ella  con  ambe  le  mani  una  ftrìfcia  di  carta,  per  entro 
la  quale  fi  leggono  le  feguenci  parole  :  Confregh  mrcum  (^  fcutum ,  gUdium 
^  heMm^  ed  in  oltre  ha  nella  mano  deftra  un  piccolo  ramicello  di  ulivo. 
In  quefia  figura  fi  fcorse  una  certa  fxefchezza  di  tinte ,  con  un  modo  di 
£nire  più  maeftrevole  del  fuo  folico;  tantoché  coir  afibmigUarfi ,  che  ella 
fa  alla  più  ^dita  maniera  degli  altri  ottimi  coloritori,  non  lafcia  di  farli 
conoicereper  di  foa  mano,  e  di  avere  in  fi:  la  dili^nza,  in  che  egli  fu 
Angolare .  Può  anche  aver  luogo  fra  le  pitture  Tue  più  belle  un  Santo  An- 
drea Àjpoftolo.  in  atto  di  abbracciar  la  croce,  fatto  pel  Marchefé  Matéias 
Maria  Bartolommei,  virtuofifiimo  Cavaliere,  che  lo  conferva  come  cariiE-» 
ma  gioia,  infieme  con  un*  ottangolo,  rapprefentatovi,  in  più  che  mezze  fi- 
gare^  fa  Carità,  belliffima  donna,  in  atto  di  federe,  allattando  un  tenero 
bambino,  che  già  fittco  preda  del  fonno»  graziofamente  le  pende  dal  feno; 
mentre  ella  in  Della  attitudine  foftenendo  colla  deflra  mano  un  cuore  ac* 
cefo  di  fiamme,  quafi  in  atto  di  offerta  del  medefimo,  fiflà  gli  occhj  nel 
cielo .  Pofliede  ancora  di  fua  mano  Andrea  del  Rollo  foprannominato  ^  in 
figure  maggiori  di  braccio,  la  fioria  di  Agar  e  d' Ifmaele . 

Venuto  r  anno  1650.  feguì  la  morte  di  Matteo  Roflelli.  Quelli,  nel 
tempo  di  fiia  malattia ,  come  affezionatiflimo ,  che  egli  era  alla  Compa^ 
gnia  di  San  Benedetto,  in  occafione  di  efler  vifitato  da  alcuni  de'  Fratelli 
più  provetti,  avea  detto  efier  bene,  che  dovendoli  fare  H  viaggio  a  Roma 
per  l'anno  Santo,  fi  dipknefle  un  nobile  Stendardo  coir  immagine  del  San- 
IO ,  e  che  di  tal  lavoro  fi delfe  T incumbenza  a  Carlino:  ed  el^ndo  piaciu- 
to il  configlio,  fubito  gli  fu  data  efecuzione.  Dipinfe  egli  San  Benedetto 
ibpra  una^  nuvoletta  in  campo  azzurro  :  e  non  ildegnò  la  folita  modeftia  di 
Carlo,  di  copiare  per  quefta  tutta  la  figura  per  appunto  dello  ftupendo 
quadro,  che  fi  conferva  nella  detta  Compagnia  di  mano  di  Crifiofano  Al* 

lori,  e  Giovanni  Nani  doratore  con  fuoi  compagni,  adornarono  i  drappel- 
la^!        A  _J  ^t_  \     ^"^  •        ••    •«  •*•••      *•      r»        ••         t*  _        ••** 

)o  Beniz),  di  propria  inven-> 
del  Santo  %  opera ,  che  a  que- 
ffendardo;  laridulleroinìbr- 


Varchi,  colorì  una  tavola  di  un  San  Domenico.    Al  Marchefé  Carlo  Ge- 


rini  di]^infe  una  bella  Vergine  con  un  giglio  in  mano,  col  fanciullo  Ge- 
sù, e  vi  è  una  paniera  di  fiori  al  naturale.  Un*  altra  Umile  ne  fece  per 
MonlignòreAlbizzi:  una  pel  DucaSalviati:  e  una  per  altra  perfona ,  fioche 
di  quello  bellilCmo  quadro  fi  veggono,  per  quanto  Ila  venuto  a  mia  cogni- 
zione ,  fino  a  quattro  originali  di  fua  mano . 

Era  l'anno  1(^54.  quando  egli  in  ragionevoli  circofl:anze,fu  configliato 
ad  accafarfi .  Stabilì  fuo  matrimonio  con  Tèrefa  di  Giovanni  Bucherelli  ? 
e  fu  allora  aliai  graziola  coJQi  il  vedere  il  noltro' pittore  far  le  parti  di  Spofo» 
dico  il  vederlo  con  un'  arcimodefia  gravità ,  lindamente  addobbato  nella 
perfona»  allegro  e  giubbilante  si ,  ma  tutto  andarfcne  in  femimenti  e  in 

li  }  parole 


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50i    Deum.V.àetaPafUJtltecy.iùli6^^^ 


grole  di  devozione  e  di  rpitltd:  e  ci  baiti  Iblo  i!  dire»  ehe  venutale  niaN 
la,  che  doveft  dar  lineilo  alla  Spofa ,  fi  èrano  aUe;ftite  «lece  le  cofep 
adunati  hel  desinato  luogo  i  parenti  e  la  Spofa  flefla,  ficchè  éltm  non 
ntanca va  »  fò  non  lo  Spofo  >  che  pure  in  tal  congiuntura  poffiimo  dire  >  ete 
Inancalìè  qual  cofa .  Si  cerca  è  fi  Ricerca  Carlino  ed  alla  Compagnia  ed  aito 
caia,  e  per  diverfe  cliiefe»  e  Carlino  non  fi  rroVa:  e  iinalmeiitb  eflendft 
Vicinifiima  1*  ora  del  definare ,  chi  con  pòca  fperanza  di  pili  tifarle,  l 
cercava»  nella  Chieta  della  Sàntiflima  Nunziata  lo  ritrovò  nella Cappelh 
del  CrocifiOo  de'uìOrti»  ben  rincantucciato»  in  atto  di  orazione  :  e  dopo 
aver  latta  con  efib  qualche  doglianza  •  eh*  e'  li  fofle fatto  tanto  afpettare»  lo 
condufie  alia  Spofa.  Non  molto  dopo  fuo  accafamento  »  ebbe  a  fireperDia- 
tincoGanucci»  ih  una  fua Cappella  domeftica»  una  piccola  tavoh;  e  con 
tale  occafione.  pregato  dal  medefimo,  fi  mefie  per  la  prima  volta»  in  ed 
di  quarantunoanno,  a  dipignere  a  frefco  in  una  cupoletta  >  la  figura  dd 
Dio.  Padre»  delio  Spiritò  santo,  e  di  quattro  Arcangeli»  facendo  condtI^ 
te  altri  Àngelettì  ^à  Onorio  Marinari  fuo  diTCepolo  e  cugino»  Per  ffitn* 
dait  a  Venezia  fece  fra  l'altre  cofe  una  Sant' Àgata  r  mezza  figura  >  una  itn- 

"--  -"  *"     Giovanhs  Evan^elifta  divaria  inven?'— '    —  ^- — *^~ '"^ 

bianchi  gìgli  ».  m  <:ui  volle  rapprefei 
riportare  minore  onorario  di  quadri 
cento  de^noftri  feudi  Fiorentinf^  Dugento  però*  gliele  furono  dati  pel 
tzeaùr  figurato  in  eri  di  fei  anni  in  circa»,  iti  atto  di  ledere»  (opraF  ingrefla 
dell^orto».  che  fi  ha  ne  I  Sacri  Cantici  •  e  coii  una  ghirlandar  di  belUffni 
l^ori  ìx\  mano»  quaft  invitando  Inanima  ad  iughirlandarfi  di  crìftiane  virtù; 
S  queQa  figura  pure  fu  mandata  a  Venezia.  Da  queflo  ne  ricava  un  altro 
finite»  che  poi  Iranno  id7c^  lo  ebbe  laMaeftà  del r  Imperatrice  Gaodii 
Felice,  figliuola  del  Sereninimo  Arciduca  Ferdinando  Carlov  e  della  S^ 
reniffimà  Arciduchefla  Anna  de*  Medici  ^  al  qual  quadro  fu  dato  luogo 
iiella  propria  camera  dell'Imperatrice*-  ed  t  Carlo  furono  donati  titccnt» 
Tendi  »  Ne  trafle  anche  altri  efemplari  foprs  fegno  »  che  vennero  Iti  po^ 
cere  de^li  amatori  dell'^arte«.  Dipinie  la  beila  figura  quanto  il'  naturale  del 
San  Giovanni  Evangeiifta^  in  atto  di  vedere  la  mifferioi»  vi&nedeiU 
Donna  veftita  di  Sole,  che  conculca  il  Dragone:  e  quefio  quadro  ebbe  per 
tttcento  feudi  il  Maréhel^  Pier  Francefco  Rinuccinr.  kk  A  Attìnia  U- 
fcnzi  filo  medico,  oltre  a  quanto  dicemimo  di  (opra  r  "dipinfe  ut>  San  Gi- 
rolamo »  un  Santo  Luca  Evangelia  r  un^  altro  San  GihiTamOr  ìnr  atto  di 
ÌMxterfi  H  petto  còl  faflfor  ed  un  San  Benedetto»  tutte  mezze  ^gure  qaatt- 
tp  il  naturale:  ed  un  altro  San  Girolamo^  limile  al  (opraddetto,  mandi  a 
Venesna .  A  Carlo  di  Raffaello  Corlini  colorì  la  beffimma  firara  del  Santa 
Antonio,  colla  teda  di  morto  in  mano,  che  oggi  conferva  tra  altri  qt^dri 
di  celebri  maeftrì  Antonio  Corfini  fuo  figliuolo.  Dottore  dclKuntr  e  del* 
r  altra  Legge ,  Ma  bellilìimo ,  quanto  altri  mai ,  fu  il  quadro  del  San  Fie^ 
tro,  figura  incera  quanto  il  naturalat  in  atto  di  piagnere  la  fua  cofptr 
fatto  per  Carlo  Corbinelli,  oggi  in  potere  di  Eiifabectar  una  delle  fae  fi- 
gliuole» che  lo  conferva  come  cola  rariffima ,  Per  la  Compagnia  dello 

Scalzo  1  colori  la  figura  del  Padre  Eterno»  che  è  fopra  ^  Aitar  maggiore* 

piacque 


CARIO      DQICJ.  503 

JSkctiJ^  in  FirenM,  al  pirì  di  ogni  alcn  ofen  fi^i,  V  Crodiad«  più  dn^ 
m^^g  figiint  quanto  il  naturate»  oolla  tefta  di  San  Qiovainbatifta»  fattf 
pd  Marchefe  Rinuqcini»  coli' accpmpagn^tUTja  di  altro  quadro  di  Davida 
col  tct^o  capo  del  G%ante  FiliAao.  Dell'  jBrodiadi  (eoe  pur«  la  feconda 
e  poi  la  terza  ••  la  feconda  fo  dì  Giovanni  F^icbio  Relident^  in  Firenze 
Mr  la  Maeftà  dal  Re  d*  Inghilterra  »  al  quale  eflb  Relidente  la  donò,  e  gli 
fu  dato  luogo  nella  propria  camera  del  Re .  Allo  fteffo  Finchio  aveya  iatto 
f  urOf  per  accompagnatura,  il  David  coll^  tefta  del  Gigante,  ed  una  Sanqi 
Maria  Madidalena  #  che  jegli  diede  in  dono  alla  Regina .  Qli  fece  di  più  9 
ftto  sitrano:  e  quellQ  altreaì  dd  Dottpr  Fav^  fuo  confidentiiBoio  Genti» 
JuQQio,  che  riufcirooo  cosi  bene,  phe  pofliamo  dire,  fenza  iperbole,  che 
$' fodero  la inaravì^ia de'fuoi  pennelli:  e  veduti  in  Inghilterra  fecero  si^ 


che  trovandoli  qua  di  paflaggio  più  Cavalieri  di  quella  nazione  #  vollero 
poi  efler  ritratti  di  foa  nuoo ,  ùrqvi^  di  uno  abbiamo  notizia  del  nome, 
cioè  il  Signor  Giovanni  Broghim .  D^'  due  ritratti  fatti  al  Refidente,  ebbe 
drlipp ,  oltre  alli  ducati  cento  domandati ,  un  regalo  di  venticinque  do- 
hip  di  ^pfigna  •  Aveva  egli  colorito  con  gi:an  d^igenza  in  due  tele  di  fi- 
gura pttangolare, jpelSere(U((5mo  Cardinal  Carlo,  un  San  Carlo  Borromeo^ 
San  Nlccola  da  Tolentino ,  che  poi  vennero  in  mano  del  Sereniffioif> 
Granduca  Cofimo  HI. 

Venuto  poi  V  a^no  1 670*  per  ordine  dello  Htttò  Sereniamo,  ebbe  a 
&re  altri  due  fimili  quadri  ài  San  i^iovanni  ^vangelifla j  e  ^i  San  Cafimiro 
ite  di  Poijk>iiif ,  un  Crocififfi>  con  altee  %ure,  per  V  inginocchiatojd  di 
i]ueir  Altf^a,  la  qqale  w>9lìp  anche  compa:are  il  Del  quadro  della  Santiffi* 
4na  Nunziata,  rimafò  neir  eredità  del  defunto  Marchefe  Scipione  Capponi  • 
.Gli  fece.^ncora  dipigncTie  un^jnadfo  4i  Santa  Cecilia»  ih  atto  di  fonare 
rorgaao;!  c.h^  fi  ^ice,  che  ^li  dona^Te  poial  Teforieredel  Re  di  PoIlonia'« 
Xia  S&^m^vm  GiEVidijchipfla  Vittoria  gU  diede  a  fare  am  quadro,  poco  mag-* 
<gii»ro  éibf»CifìOp  ia  cui^if^nCc  il  Signfitce  CxjQpìfiffbg  ed  a  piò  della  Croce 
M  Vfc^e  e;San  CriQvaoni^  «d  una  Santa  VìFtorìa^  Si  trattava  matrìmo- 
^0  fra  la  SMecMiHma  Claudia  Felice,  ibgUuola  di  Ferdinando  Carlo  Arci* 
duca  d'Auftda»  €Àì  Anna  de' Medici  PrincipeiTa  di  Tofcana,  dall'  Impé- 
xadore  Lfitipoldot,  .qggi  j^a^^ante ,  quando  lii  chiedo  d*  Jnfprueh  un  pitto- 
re di  alta  nga»  per  ttrnp  il  ritratto:  e  perchè  Giufto  Sùbtermans ,  pitto- 
Te  unico  in  tale  fiicoltè  »  e  che  più  volte  il  era  portato  in  quelle  parti  a 
xlixanro  ìsuffiT»oti  p  Fjrioppi  di  loro  Auguftiflima  Cala,  fi  trovava  ornai 
•canto  avanzato  negli  anni,  che  per  vef  un  modo  non  fi  potea  di  lui  far  capitale 
per  sì  luogo  viaggio^  fu  eletto  il  Dolci,  pgli  al  fentire  di  quella  inafpet* 
xata  novità^  come  umile  ^  e  per  fua  natura  timido  che  égli  era,  per  una 
parte  temendo  forte  di  Tua  abilità,  e  dalP altra  atterrito  dal  fentire  di  do- 
•VjQT  batter  lunga  via,  uomot  che  non  mai  aveva  perdute  di  villa  le  mura 
idi  Firenze j  per  non  dir  I9  cupola  e  '1  campanile,  che  fi  fcoprono  affai  da 
lontano»  fu  per  incenerire,  e  fi  ajutava  colle  negative  ;  onde  fu  necefla- 
rio  pigliar  con  lui  quella  ftrada,  che  già  fi  fapea  efler  la  ficura  per  ottener 
qualfitofle  cofa:  cioè  di  far  sì»  che  il  Padre  Fra  Cefario  Larioni,  nobile 
Fiorentino  »  CaroKlitano  Scalzo,  Religiofo  noto  per  bontà  e  dottrina^ 

I  i  4  e  fuo 


504    Decenti»  F.  della  Part,  L  delSec,  V,  dal  i  ^40.  al  i  C$q. 

e  Tuo  antico  confeflbre»  gliele  cbmandafle .  Lo  fece  egli  t  eCartoìibbidi; 
e  così  raccomandato  »  come  fé  fofle  ftato  un  femplice  fenciùlUno  »  alla  ca«* 
fiodia di  un  buon  fervitore  della Cafa  Serenifiima»  in  lettiga  di  Corte»  bea 

J>rovvi(lo,  fece  fua  partenza  dia  volta  d'Inf^ch  il  giorno  de*  5.  d- Apri- 
e»  dedicato  alla  memoria  dì  San  Vincenzo  ferrerò»  come  edt  medeiune 
notò;  ed  il  Sabato  Santo  comparve  in  quella  cittii •  Sid^ito  ni  introdótto 
air  Arciduchefla  ed  alla  Spofa  bgliutfla ,  te  quali  conofcendo  bene  il  fog- 
getto,  non  prima  r*  ebber  con  benigne  dimollranze  accolto»  che  rincro<^ 
duflero  in  dilcorfo  di  cofe  devoto  ;  poi  gli  fecero  aflegnar  luogo  e  fervi- 
tii»  ordinando»  che  fófle  trattato  con  modi  adattati  alla  regia  magnilicen* 
sa  lóro .  PaflTate  le  Fette  della  Pafqua  »  diede  principio  al  primo  ritrattò 
dell^  Serenifllma  Claudia  Felice.  Ho  detto  il  primo  ritratto»  perchè  ebbe 
t»oi  a  fare  il  fecondo  in  politura  diverbi  pel  Sereniffimo  Granduca.  Ricoc^ 
co  poi  di  fua  mano  per  quelle  Sefenìffime  più  quadri  d' immagini  devote, 
fatte  da  valentuomini,  le  quali  ti  tempo  aveva  mal  conce.  All'Abate  Vi-^ 
viàui  »  Gentiluomo  della  Sereniffifma  Arciduchefla  Anna  »  alla  cura  del  qua* 
le  era  ftata  confeghata  la  di  lui  perfona  »  e  col  quale  fece  fempre  tavob» 
Colorì  una  bella  tetta  di  un  San  tiHppo  Neri  in  fegno  di  gratitudine  ^  ma 
fb  dal  medefictfo  nobilmente  ricompenfato .  Dalle  Sereniifime  ricevè  oì* 
tre  a  buona  quantità  di  doble ,  gioje  di  gran  valore r  e  finalmente  con  di« 
inoftraiioni  di  gradimento  e  di  ttima  il  giorno  delH  25.  di  Agofto  lafciato 
partire»  fu  a  Firenze  agli  8.  di  Settembre»  Natale  di  Maria  Vergine»  co- 
me egli  pure  notò .  Il  fuo  primo  (cendere  dalla  lettiga,  fu allaGhìefa  della 
Santiflhna  Nunziata t  ed  it  morno  ftettb  fi  portò  a  Palazzo»  congegnò  le 
;httere  di  quei  Principi»  moftrò  il  ritratto  fatta  pel  Sereniamo  Granduca» 
che  gli  comandò  i^  unirlo  in  tal  modo»  che  dovette  rapprefencare  Santa 
Galla  Placida  Augufta  Imperatrice  >  di  cui  quell*  Altezza  è  molto  devota. 


In  qaefto  tempo  tece  Carlo  con  eftrema  diligenza  per  la  Serentttioia  Gra»- 
duchetta  Vittoria»  per  la  fua  Real  Villa  del? Imperiale ,  in  piccola  ovatì^ 
^o  per  larghezza,  un  San  Giovannino  addormentato»  e  vi  è  San  Zaceherìa 
e  Santa  Li&betta .  Non  aveva  ancor  finita  queflia  opera»  né  tampoco  ^im^ 
magine  di  Santa  Galla»  quando  al  povero  Carlo  s' incominciarono  tante 
^fciagure,  che  piti  non  può  dirfi:  e  quefto  a  capone  di  un  per&nacìffimo 
umore  malinconico,  cheattefa  la  futa  natura  puiiHanime^  refleffif^  e  €Ìmo«- 
rofa ,  fé  lo  era  in  tutto  e  per  tutto  guadagnato  in  modo»  clf  e'  non  era 
pili  poffibile  Taver  da  lui,  non  che  un  difcorfo,  ui^a  fola  parola  ;  ma  tutto 
le  ne  andava  in  fofpiri:  ett^etto»  per  quanto  fi  vedeva,  di  una  mortale  aiv- 
guftia  net  cuore.  Si  affaticavano  1  fuoi  pìb  teneri  amici  di  ritirarlo  da  quei 
penfieri»  che  perfuadevanlo  a  credere  di  avere  ornai  perduta  t^ni  abilitarne 
\  «fler  più  buono  da  nulla  :  e  quefto  gli  era  di  tanto  maggiore  affanno  »  quanto 
che  egli  fi  vedeva  già  carico  di  fette  figliuole  fanciulle:  né  poca  gravezn  ap* 
portava  alla  fua  tormentata  fantafia»  il  vedere  la  fua  moglie  per  la  fatica,  a 
cui  r  obbligava  la  cura  di  fua  perfona  di  dì  e  di  notte  in  quel  frangente^  ri« 
dotta  a  pefiimo  (lato  di  fanità,  fino  a  partorirgli  un  figliuolo  mdchio  fuori 
di  tempo»  Colui ,  che  quefte  cofe  fcrive ,  e  che  eflendo  ftato  fuo  amico  fino 
dalla  fanciullezza  »  forte  più  di  ogni  altro  fi  perfuad^va  di  pofledere  fua  vo- 
lontà 


CARIO      DOLCI.  505 

Idntà,  per  trarlo  alquanto  da  quella  fi(&zione,  lo  cavava  talvolta  quali  e 
viva  forza  di  cafa  »  e  lo  conduceva  fuori  della  città  :  e  lo  fteffo  prefèro  a 
&re  altri  a  vicenda;  ma  aflai  più  operò  Domenico  Baldiiiotti  nouro  Gen» 
tiiuomo ,  al  quale  egli  pure  aveva  infegnato  a  difcgnare.  Quefti  eflendofe- 
la  intefa  col  Padre  Ilarìone  Tuo  Confoflbre  »  fi  portò  un  giorno  infieme 
con  eflb  alla  fua  cafa  e  il  Baldinotti  diede  di  mano  a  una  tavolozza,  vi  ac- 
comodò fopra  i  colori»  mefle  ali*  ordine  bacchetta  e  pennelli»  e  poi  fece 
dar  fuoco  al  pezzo  groflb:  e  quefto  fu»  che  il  Religiofo  fi  mefTe  in  poftoi» 
gli  comandò  per  obbedienza  il  metterfi  a  finire  un  velo  ad  una  delle  due 
Immagini  di  Maria  Vergine  gloriofiffima»  che  egli  arevagiàcondocte»  una 
per  la  Sereniffima  Granduehefla  Vittoria»  e  1* altra  per  Filippo  Francefchì» 
riòco  Cavaliere  Fiorentino.  Obbedì  il  pittore;  ed  il  lavoro  riufcì  sì  benct 
che  in  un  fubito  fi  dileguò  in  lui  la  forte  apprenfione  di  aver  perduta  ogni 
abiliti  neirarte  »  e  fvanirono  quegli  ofcuri  fantafmi  :  e  Cosi  dopo  un  anndi 
di  vita»  menata  in  unamefttzia»  detti  per  dire*  d'inferno»  grave  agli  aitanti  # 
ed  a  fé  Aellb  odiofo»  fi  ridufle  appoco  appoco  alla  primiera  faluce»  correa* 
do  l'anno  itf75.  cinquantefimonono  della  fua  età  • 

Riprefo  il  primo  fpirico»  diede  fine  al  quadro  della  Santa  Galla  »  e 
ad  una  tavola»  ove  egli  aveva  tolto  a  rapprefenure  T  Angelo  Cuftode  per 
laCatcedrale  di  Prato»  condottavi  poi  agli  io«  di  Occobre  di  quell'anno. 
Con  tale  occaiione  fu  dal  Canonico  Bocchineri»  di  età  allora  di  otcantadue 
anni»  pregato  di  accettare  il  carico  di  dipignere  peir  un  Altare  di  fua  fa- 
miglia nella  Chiefa  di  SanFrancelco»  una  tavola»  ove  voleva»  che  foiTe 
effigiata  Maria  Vergine  col  Bambino  Gesù»  e  la  Beata  Solomea»  in  atto  di 
comparire  a  San  Lodovico  Vefcovo  di  Tolofa»  dell'Ordine  de^  Minori  • 
In  quefto  medefimo  tempo  T  Imperatrice  Claudia  Felice»  ordinò  a  Carli- 
no  di  dipignere  una  gran  tela  pel  fuo  Imperiale  Palazzo  »  la  quale  opera 
avrebbe  per  certo  tolto  al  pittore  il  poter  far  la  tavola  pel  Canonico  Boc«- 
chineri  1  ma  eflèndo  poi  feguito  Tanno  1676*  negli  otto  d'Aprile  il  lagrime- 
vole  cefo  della  morte  di  quella  Maeftà  »  del  fopraddetto  quadro  non  fé  ne  fer 
ce  più  altro;  ed  egli  potè  appiicarfi  alla  tavola  del  San  Lodovico»  la  quale 
condotta  quafi  all'  ultimo  termine»  rimafe  nella  fua  ftanza»  qvando  egli  fi* 
4i\di  vivere»  eflendo  già  di  più  anni  avanti  morto  il  Canonico.   Fer  la 
ilefia.  Cattedrale  di  Prato  condufie  una  foelliffima  tavola  del  Martirio  di  San 
iLoienzo  fopra  alla  praticola  »  fopra  una  bozza  del  già  defunto  pittore  Ma-* 
-rio  Balaffi»  quella  nducendo  alla  fua  maniera»  ficcome  fece  altre  volte  ia 
.varie  occafioni  ;  perchè  in  quefta  cofa  del  far  comjpofizioni  d' iftorie  »  egli 
.fi  conobbe  fempre,  (iccome  fu»  molto  inferiore  a  te  fteflb.  Neirifteflb  an* 
no  l6^C  color)  pel  SerenilTimo  Granduca  una  molto  devota  immagine  di 
-San  Francefco  d' Aflifi  :  e  volle  fua  Altezza»  che  a  tale  effetto  gli  foiTe  fatta 
vedere  la  propria  vede  del  Santo»  che  fi  conferva  in  Ogniflànti»  Chiefa 
de'  Frati  aeir  Oflervanza .  A  quefta  diede  luogo  il  Granduca  in  propria 
camera .   Dipinie  poi  per  Venezia  due  mezze  figure  guanto  il  naturale  » 
cioè  a  dire  unCriflo»  ed  una  femmina,  figurata  per  la  Sincerità.  Del  Crifto 
fon  fuori  più  originali:  ficcome  di  una  mezza  figura  del  medefimo  t  in  atto 
di  benedire  il  pane:  e  di  ha  beUiffimo  Esce  H$m^9  tefia  con  parte  del  butto 

folamente» 


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$o6    Demtt.  K  iella  Psrt.  l  tklSee.  V^dal  i  ^40.  ài  i  ^50. 

ibUimente ,  con  fone  al  collo  ed  onsctiina  Mm  fi»  qii#(U  b^UUSmo  è  qiMli« 
lo»  che  pofiìede  Francefco  Seminaci  nofiro  cittadino  »  e  di  queft'atte  ami* 
ciflimo*  Meritcrebbexo  al  certo  le  opere  di  Orlo  Dolci  i  che  fi  fiuaeffe  da 
tutte  memoria  in  panicolire  p  cono  quelle»  die  per  ona  loro  proprie  dote» 
e<difttnzione  di  quelle  di  èf  ni  altro  imieftro«  pieoeranno  ienpre  in  eftremo 
ti  dotti  ed  agli  idioti;  non  già  perchè  elle  nano  fiate»  generalmente  par# 
landò t  più  perfette  di  q}i^lle  di  tanti  e  tanti  primi  lumi  dell*  arte»  che  ha 
partorito  l'Italia  nel  panato  e  nei  prefeote  ièoolo»  ma  per  la  fingotarità» 
che  elle  hanno  in  fé»  di  efler  tanto diUfenti e  finite t  (enzt  mancare»  come 
dicemmo  altrove,  di  altre  belUCCme  doti  e  qiialitadi  :  tintochè  errlolico 
f  dirmi  M«teo  Roflelli  »  che  in  maceria  di  pm«ra  men  beilo  fiirebbe  fiato 
per  i'.  avvenire  U  mondo»  fé  non  aveflb  arato  un  folo  Carlino  in  ogni  te^ 
colo:  e  vaglia  la  verità»  cbehamoRrato  Tefperienza»  che  le  opere  uie  ta^ 
no  (tate  comprate  a  più  alti  prezjd  di  quanti  mai  ne  fixero  i  pittori  di  fo* 
blimiifìma  ri|a  •  Meriterebt^ro  ancora  le  fiie opere»  che  fé  ne  ftoeflEe  par* 
cicoUuriQenKione,  come  iiuelle»  che  pel  gran  lavovarcj  che  vi  fiioeva  Su* 
pra,  faranno,  per  cosi  dire»  eternamente  dure vofì .  Vi  ha  p^sò  in  tal  pac^ 
tiqplare  qualche  eccezione ,  perchè  quelle  tde»  neU'imprimitiim  delle  qua- 
li fu  adoperato  il  ve lenofo  colore  della  terra  d'ombra^  e  quelle  eziamfie 
che  i^i  non  meflicù  da  fé  Sedo  >  come  fu  folito  hxp  quafi  (empre  »  hanae 
col  coupo  fcqperto  qualche  difetto  ;  ma  perchè  troppa  lung^  cole  iarebbe 
il  nominarle  tmte»  lafceremo  di  farlo  •  Né  paja  firaaa  cofa  il  ièattre»  che 
Mli, abbia  condotto  tant*  opere,  avendo  facto  tanto  adagio i  o  per  mo^ 
aire»  evendo  meflb  temjM  sì  Jungo  nel  condurle»  che  talvolta  in  un  iole 
piede  confumò  delle  fettimane}  perchè  tale  fu  la  fermezza,  die  egjli  diibe 
el  lavoro»  per  J' amore  air  arte»  e  per  la  (tima»  che  cnoie  uomo  cimocato  cU 
Dio»  egli  fece  fempre  del  tempo^  e  pel  bifqgno  di  condurre  f»a  fiunigtta^ 
che^pomamo  dire  •  che  la  Cua  vita  »  toltine  fjU;^ituaIÌ  elereie) ,  e  ^p§mo  gli 
fiiceva  bìfogno  per  la  corpemle  confiErraaionei»  folle  uncontiMio  diftigna^ 
re  e  dipìgnere  •  Ma  tempo  è  lomai  di  eccofiarfi  al  fine  di  quefta  oanraaio^ 
ne  j  con  dar  notizia  della  fua  ultima  ànfermkà  e  aorte, 

E^  dunque  da  faperfi  *  come  1'  anno  16%%^  comparve miqMfln  ànk  di 
Firenze  Luca  Giordano,  pittore  celdboe»  chiamatovi  da  Napoli  fua  paccm 
da*  Marchefi  Corfxni»  per  dtpignere  a  freico  la  tribuna  della  ipro  Cappella^ 
ove  rìpofa  il  Corpo  di  Santo  Andrea  C^fioi  nel  Carm'me .  Quelli  non  & 
ftt^ima  qua  comparfo ,  che.fi  portò  a'  luoghi  jpiùvCofoicBi ,  pnU^lici  e  fMnra- 
«ti ,  per  vedere  le  belle  opere  degli  antichi  e  moderni  madlri  di  pitmia» 
icultura  e  architettura.  Vide  il  Palazzo  Serenifiimo»  con  ripianto  vi  ha  di 
maravigliofo,  e  particokrmente  lafiaoz4de*ricraftide*pitCQri,fatti  di  mo- 
prie  mani  loro,  che  poi  furon  traportati  nella  Real  Galleria;  eravvi£m- 
do  fra  quefti  quello  di  Carlino,  e  con  attenzione  più  che  ordinaria  ofler- 
vandone  ogni  fua  parte,  lo  lodò  molto .  Carlo  air  incontro,  pieno  di  sJ- 
to  concetto  dei  valore  di  Giordano,  di  cui  airea  £bnttto  parlare  con  gcan 
lode,  fé  ne  andò  appella  alla  cafa  di  Andrea  del  Roflo,  nella  quale  era 
alloggiato  il  pittore,  con  trattamenti  eguali  al  merito  di  fua  virtù:  ed  al 
primo  incontro»  in  fegno^i  riverenza  e  di  ftima^gU  baciòk  mano»  vi.fi 

trattenne 


CARtO      DOLCI.  SOI 

•Idatnco  eonieflblttiìntfifòorfi  dell'arte,  e  fi  parti.  Volle  potGiordaiiò 
▼intere  le  itanze  de*  più  rinomati  oìtcori»  e  fra  <^Qe(le  »  per  débito  di  gra* 
ntudine»  mielladel  noftro  Carlo.  Lo  accolfe  egli  con  fegni  di  fincerimmo 
ambre  ^  e;^i  fece  vedere  ogni  fua  opera .  Offervò  Giordano  con  gran  giH 
fto  ovttl  filo  marafigliofi  modo  di  nnìtt  fenza  feccheria  o  apparente  ften^ 
to#  lo  iMiòr  molto ,  ed  antbe  il  regalò  4&  alcuni  colori  di  lacche»  forfè  dt 
Carlo  non- marprovace uè  vedute:  poicoii  qatlla  fua  maniera  dìfin volta 
e  (bllazasevole,  in  fuo  graziofb  modo  di  parlare  Napolitano  »  così  cooninciè 
a  dire:  Tutto  mi  piace  «  o  Carlos  male  tu  feguiti  a  far  co»),  dico ,  fé  ta 
impieghi  tanto  tempo  a  condurre  tue  opere  ,  tanto  è  lontano  »  che  io 
prenfi  »  che  co  fia  per  mettere  infieme  ì  cencinquantamila  feudi  i  èhe  he 
procaociati  a  me  il  mio  pennello»  che  io  credo  al  certo»  che  tu  ti  morrai 
wizmti  Que^  parole  dette  per  ifcberzo»  furon  tainte  vere  ferite  al  cmf- 
te  del  imlero  Carlo*  e  fin  d'allora  aflalito  da  gran  turba  di  mefti  penfierit 


-^   opera _ 

delia  Sereniffima  Granduchefla  Vittoria»  alla  quale  era  eftremamente  pia« 
«iuffo»  quando  egli  fu  daUa  ftefla  Sereniflima  mandato  a  chiamare:  e  al  fuo 
«i(rivo  fece  Sua  Altezza  portare  il  bel  quadro:  e  dopo  averlo  alla  ^fense 
delpictore  affai  lodato  «  lo  fece  riporre  a  fuo  luoffo.  Poi  fu  per  ordme  della 
Aefla  Sereniflima  portata  un*  opera»  che  pure  allora  aveva  ratta  Giordano» 
«  difle  la  Sereniflima:  Che  vi  pare»  o  Cario»  di  quello  quadro  ?  credete  voi 
inai,  che  foflb  ftato  fatto»  6ocome  fu  veramente»  in  tempo  di  breviffimi 
fottìi  ?  Carlino  allora  »  la  cui  fantaiia  già  era  piena  di  torbidi  penfie* 
ri»  cominciò  a  fate  ftrane  cambiazioni:  e  con  una  fàlfa  cognizione  di  le 
-fleflb  «  propria  degli  eftremamente  malinconici»  fi  fi(sò  in  un  concetto» 
-che  non  fo(fe  al  mondo  uomo  profeilore  più  melenfb  »  e  più  dappoco  di 
^hii  :  e  come  quelli  altresì,  che  fi  trovava  in  <}uel  tempo  altrettanto  aggra- 
vato deir  etè»  e  dal  pefo  della  numerofa  famiglia»  <iuanto  leggiero  di  affé* 
gnamenti»  non  bene  dilcernendo  il  modo  tenuto  dalla  Sereniflima»  chef» 
ài  lodare  nell'uno  e  nell'altro  artefice»  ciocche  in  ciafcheduno  di  loro  età 
il  vjhìi  force»  cioè  a  diret  in  Carlo  l'impareggiabile  diligenza:  ed  in  Gior- 
«^»no  la  maravigliofa  fpedi rezza  del  pennello;  fermo  nelle  fue  combina- 
zioni •  di  fubito  allìbbi  »  e  tornatotene  a  cafa ,  cohf  r*  al  fuo  foK to  »  c«nf uGIfi- 
mo»  fu  di  non  poca  ammirazione  e  dolore  a' Cuoi.  Da  quell* ora  cambiò 
egli  ì  ^cnSeti  dclT  arte  in  ftrani  ondeggiamenti  di  ofcuri  fòncafini  »  i  quali 
or  qua  or  là  richiamando»  o  per  meglio  dire  lenza  alcuna  fermezza  ribut- 
nindo  eftrafcinando  fue  interne  potenze  »  lo  fecero  traboccare  in  profon 
^--"^  fiiltèione ^       ^'       "     ^^    "••  -''--  -^^^ 


ero  provata  »  quanto  che  per  la  fopravvejnente  età  fi  erano  ornai  le  cor- 
porali fucultadi  fatte  men  vigorofe.  Ouefto  |^r6  è  da  notare,  che  aven- 
do queilo  buon  virtuofo  per  lungo  cono  di  vita  radicati  e  ftabiliti  nel  fuo 
interno  abiti  si  buoni  di  pazienza  e  di  umiltà;  quella  eccedente  triftezza» 
che  fecondo  il  detto  de'  Filofofi  »  lungamente  fofFerra,  fuol'  efler  madre 
dell* impazienza  e  dell'ira»  in  luì  fixe  effetto  anzi  dr  maggior  triftczza  e 
.  .  fifiazione 


5o8    Decènn.  V,  détta  Pdrt.1  deiSecVé  M 1 640. 0I  i  ^50. 

finizione  nei  cono&inrenco  della  fot  miferia;  ttntodièfeflendo  proprio  di 
quello  fpirtto  ildifecctrl'oflk,  noti  che  la  carne  e  la  pelle,  il  povero  Car- 
lo in  brevi  giorni  fi  riduflTe  fmunco  e  macilente  fino  ali'  ultimo  ;fegnot  e 
Don  folamente  non  profferiva  mai  parola»  ma  nèumpocofe  j^i  potea  £ate 
^rir  bocca  per  porgergli  il  neceflarip  alimento*  A  qòeno  però.aieàe  rìmedib 
la  fbllecita  provvidenza  del  GrandQoa,con&tgli  Mfiftete  delooaiiinuo  per 
più  mefi  da  uno  degli  alianti  del  maggiore  Spedale ,  fA»  parte  con  quelU  de« 
rarezza ,  che  è  propria  loro  in  maneggiare  si  fatte  peifone  :  e  parte  col  ys* 
ierfi  del  precetto  del  Padron  Serenimmo  (  il  cui-nome  anche  in  quello  fta* 
to|fo  Tempre  a  Carlo  nella  dovuta  reverenza)  giunfe  a  ridurlo  all'  ufo  del 
cibarfi;  ma  quanto  maggiore  (Iretta  provafle  il  fuo  cuor^^  per  rinafpetcaa 
morte,  occorfale  in  tal  tempo  della  fua. cara  confoj^e,  che  egli  aveva  più 
che  gli  occhi  proprj  amata,  il  dica  chi  può  e  chi  il  fa.  Non  mancarono 
in  sì  gran  frangente  gli  amici  delle  folite  induftrie ,  per  ccmfolarloe  ravvi- 
varlo, fempre  però  lenza  profìtto .  Ma  perchè  fi  conofceva  da  più  legni  « 
che  il  fondo  dì  si  gran  tnfiezza  era  il  perfuaderfi  al  fuo  folito  di  non  effe- 
re  neir  arte  fua  phi  buono  a  nulla ,  volle  il  fuo  Confeflbro  poc  mano  di 
nuovo  agli  altre  volte  ufati  rimed):  e  così  a  forza  di  fcongiuri,  a  titolo 
di  ubbidienza f  gli  meffe  in  mano  e  colori  e  tavolozza:  e  volle,  che  con- 


duceffe  la  vefte  di  Frate  minore  della  figlerà  del  San  Lodovico  nella  tavola 
del  Bocchineri .  Carlo  al  fuo  folito  obbedì,  e  Y  opera  riufcì  sì  bene,  cóme 
fé  egliavefleavutomai  male  alcuno  •  MatantoerafiomaicrefciutainluiP  ap- 
prenfione ,  che  a  nulla  potè  feryire  il  prudente  provvedimento  :  ed  egli  facen- 
dofi  un  dì  più,  che  T  altro,  debole  ed  efleauato,  fi  fermò  nel  letto  y  finché 
perduta  già  ogni  naturale  virtìi ,  giunfe  air  ultimo  de*  fuoi  giorni  :  edopoaver 
ricevuti  tutti  iSacramenti  di  S.  Chiela,  dopo  una  vita  crifiianamente  menata, 
e  dopoaver ,  come  piamente  crediamo,  calla  gran  piena  di  travagli ,  per  tanti 
anni  pazientemente  fofferti  »  ben  purgata  l'anima  fua ,  la  refe  al  Creatore  la 
fera  del  Venerdì  1 7.  di  Gen.  del  1 686.  e  fu  il  fuo  cadavero  nella  Chiefa  delta 
Santiflima  Nunziata,  nella  fepoltura  di  fua  fitmiglia»  onorevolmente  fepolto. 
Di  fua  figliolanza  rimale  folamente  Andrea,  Sacerdòte  di  ottimi  co- 
ftumi,efette  figliuole ,  fra  maritate,  monache  e  fanciulle.  Refiarono  alia 
fua  morte  molti  quadri  di  fua  mano^  interamente  finiti ,  ed  altri  non  del 
tutto  terminaci  :  e  fra  quelli  una  gran  tavok  deir  Adorazione  de*  Magi, 
che  fu  già  una  bozza  di  mano  del  buon  pittore  Ottavio  Vannini,  che  vo- 
nuta  nelle  mani  di  Carlo,  e  piaciutagli  molto  V  invenzione,  fi  poiè  a  fi* 
nirla,  o  per  dir  meglio,  a  riforla  del  tutto,  (ludiando  ogni  coÀ  dal  natu- 
rale, e  riducendola  alla  propria  maniera.  Di  queftareftò  finita  la  bellifiima 

rap- 

prefentare  tutto  '1  parentado  di  Crifio  Signor  noftro .  Si  vede  nel  bel  mez- 
zo fedente  Jo  fieflb  Signore^  e  da  ì  lati  Maria  Vergine  >  San  Giufeppe  fuo 
S|)ofo,  San  Giovanni  Evangelifta,  S.  Jacopo  minore,  le  due  Marie,  San 
Gìovambatifia,  ed  altre  figure,  delle  quali  non  apparifcono  fé  non  i  volti. 
Re(lò  ancora  una  piccola  tavola  di  una  Pietà  ;  un  tojido  in  tela,  ove  è  fi- 
gurata la  Carità t  rapprefentata  in  bella  dopna,  ritratto  al  naturale»  con 

tre  firn- 


e  ARIO     DOLCI.  509 

tre  fanciulle;  un  quadro»  ove  è  il  miracolo  di  San  Niccolò  del  rifarci  tare 
gli  uomini  »  dati  uccifi  dall*  empio. ofpite  loro;  ed  altre  molciflime  tele  iu 
quadro  e  in  ottangolo ,  grandi  e  piccole . 

Fra  le  opere  interamente  finite  fi  contano;  una  bella  Vergine  col 
Bambino»  fienile  a  quella  fatta  pel  Marchefe  Cerini:  la  Vergine  tiene  in 
mano  uà  giglio,  ed  avvi  una  caneftrella  piena  di  vaghifiimi  &>ri  :  un  San« 
to  Antonio  da  Padova  col  Bambino  Gesù  in  forma  ovata;  un'altra  copiar 
della  Sancilfìma  Nunziata  mezza  figura  in  tutto  e  per  tutto  fimile  di  prò* 

}>orzione  a  quella,  che  bella  intera  dicemmo  edere  (lata  mandata  in  Poi* 
onia:  in  altro  quadro  è  anche  l'Angelo,  ma  non  interamente  finito: 
un  San  Marco  Evangelica  più  che  mezza  figura  quanto  il  naturale,  opera 
allo  (leflo  pittore  tanto  gradita,  che  agli  eredi  fu  da  lui  con  non  ordinaria 
premura  raccomandata.  Altre  molte  fuc  pitture  reftarono  in  fuacafai  che 
lunga  cofa  farebbe  il  far  di  tutte  particolare  menzione. 

Furono  fuoi  Dìfcepolt»  in  primo  luogo  Onorio  Marinari,  fuo  ftretto 
parente,  pittore  diligcntiffimo  e  di  tanto  buon  guftoi  che  avendo  fatte 
opere  belliilime,  e  facendone  tuttavia,  darù  a  fuo  tempo  gran  materia  a 
noi  o  ad  altri,  di  parlare  di  lui.  Agnefa  fua  figliuola,  maritata  a  Stefana 
di  Carlo  Baci  Setajuolo,  la  quale  imitando  la  maniera  del  padrct  e  con- 
ducendo del  continuo  opere  belle,  fi  è  guadagnati  fin  qui  non  poco  nome  • 
AleflaiKlro  Lomi  e  Bartolommeo  Mancini  fono  fiati  ancora  efli  difcepoli  di 
Carlo:  e  tanto  i*uno,  che  T  altro,  colla  diligenza,  con  cui  cercano  di  afife- 
condare  il  guilodelmaeftro,  danno  non  poca  fperanzadi  ottima  riufcita. 
Fu  Cai  lo  Dolci»  come  altrove  dicemmo,  ungolariflimo  nel  fuo  pro« 
prio  modo  di  dipignere  «  come  ben  moftrano  le  opere  ,fue  fparfe  per  tutta 
Europa,  per  li  Gabinetti  e  Gallerie  de* primi  Monarchi  del  mondo,  oltrè^ 
a  tante  e  tante,  che  ne  pofieggono  private  perfone.  Suo  principale  lavo- 
ro per  ordinario  furoiio  mezze  o  poco  più  cne  mezze  figure  quanto  il  na- 
turale, o  fl'oriette  di  figure  minori  del  iioilro  braccio  •  Non  fu  primo  pre^ 
gio  delle  opere  fue  l'invenzione;  e  come  quegli,  che  ben  conobbe  in  quo* 
ila  parte  il  fuo  debole,  non  rccusò  di  valerfi  talvolta  dell' idee  di  altri  in- 
figni  mieftri,  come  altrove  abbiamo  accennato  per  quefta  flefTa  cagione. 
E  perchè  a' pittori,  che  noi  diciamo  naturalifti,  cioè,  che  tutto  veggono 
dal  naturale,  fono  di  non  poca  fpefa  le  opere  loro,  dovendo  fempre  te* 
nere  uomini  a  gran  cotto;  fu  folito  Carlino,  dopo  aver  fatta  una  pittura, 
rifarne  altre  delia  ft^flu  invenzione  appunto:  le  quali  però  fece  fempre 
co(i .tanta  diligenza,  imitazione  e  buon  gufto,cheu  debbono  tutte  tenere 
in  conto  di  originali,  e  non  di  copie.  Hanno  alcuni  ufato  di  bijfiaiare  il 
Dolci  nel  difegno»  quali  che  a  lui  pofla  bene  adaitarfi  quello  di  Orazio: 
(d)    jEmiltym  arca Jadum  fabtr  imus^  ^  migaes 

Exptimett  ^  moUes  imitébitur  arte  capiUosy 
Injelix  opetis  Jummà  $  quia  ponere  $oium 
Nc/ctet. 
Quèfto  però  non  debbo  io  paiTarc  così  di  leggieri,  si  perchè  diflìciliflima 
cola  è,  che  chìgiugne  ad  una  perfezione  nell*  imitazione  del  vero»  quan* 
■*  '  •    ■     ■         ■   .    ■  to  egli 

(  a  )  Z)r  dH,  Poft.  inprinf. 


y  I  o    Decerne  VJefaPm^  l  diÌ$e^,.K  tU  i  ^40.  alluso. 

tQ  ^eli  giunfc .  non  V  socom^agni  ancora  colla  qualkà  del  buon  difegno: 
sì  anche  perchè  paHa  di  ciò  il  fatto  medefimo,  mentre  fi  vedono  di  tita 
mano  figure  intere,  tefle,  mani  e  piedi,  dìfegnate  a  (oaraviglia,  colTti- 
giunta  di  tinta  grazia,  e  nel  tutto  e  nelle  parti,  che  poco  più  vi  fi  può 
^fid^r^re  (  p  ^  ulvolta  alcuna  cofa  fi  è  veduta  di  (ita  mano  non  cqiÌ  bene 
difègnata ,  fi  ficcu  reflc0ìone  a  ciò .  che  hanno  fatta  toolci  maeQri  dì  pri- 
910  gridoi  9  fi  vedUi  che  chi  molto  fa,  in  qualche  colà  erra  itlon. 

Reiterebt>c  por  nlciniD  da  aggìugaeie  alcuna  cofi  inionw  a  ciò,  cfai 
rendè  queQo  artefice  più  che  in  c^ni  altra  facoltà  plauCbile .  dtcodelk  fM 
crìftii^ne  virtù  i  mi  per  oon  efler  quefio  il  mio  a0tuico ,  me  la  paSerii^ 
fcrevemeptet  riferendomi  al  già  accennato.  Dirò  foJo.  che  &i  dt' primi 
fooi  anni  egli  vìfle  con  canta  purità ,  con  sì  gran  feniimento  di  Dm.  cba 
ogni  fffficivUo,  che  trattava  con  tSo,  Cerniva  accenderò  di  devozione.-  e 
talvolta  a  defideriodi  fiato  Religiofo.  Poi  nell'avansarfi  in  età,  quanta 
vedeva,  quanto  femiva,  quanto  ojperava,  tutto  rtduceva  a  fpiriio.  ordi- 
nandolo a  Diot  talmentecnè.  nonfolo  ogni  fua  pittura,  ma  moltiffiiiu <1^ 
fuoi  dìfegni  fòpra  carte  fi  trovano  accompagnati  colla  cifra  del  Santo  No- 
Qie  di  Gesù,  e  con  fpirìtuali  fencimentl  o  fentcnze  della  Sacra  Scritinn, 
a  (ècondxlegli  affetti ,  che  tempo  per  tempo,  nel  far  le  opere,  moTcvano 
il  fuopMote,  o  indìrizì^vaito  fua  intensione.  Dirò  pw  ultimo,  e  cudef^ 
di  aver  detto  tutto,  che  chi  per  grandi  anni  maneggiò  fua  cofcieoza.  eii 
foUto  a  i^ìre»  ch^  (hi  voleva  vedere  la  cofcienza  dì  Carlino»  quiiuo  deli* 
cara,,  quanto  accu^ca ,  quanto  diligente,  guardafle. le  opere  <n'iùoÌ  peo* 
nelli.  È,  taoto  bafii  dì  qu<:fio  artefìice . 


EBERHART     KEILHAU 

(KAILO)    DI    HELSINGOR 
IN     DANIMARCA 

PITTORE  detto  fra  noi  MONSU  BERNARDO 
"Diftepolo  di  Rtmhrant  Vtta  Rei»,  watt  \6i/^.  ^  l6i^• 


wu»,  Ji  Kroncmborgh  r.w.  uu..m  -  >•  »•».«.  i»»  •-  --  ■.. 

.    roKeilhau.TedefcodflIaTerrtdiLilfelt  nel  paefe  di  Meil- 

'4  fen,  i)  quale  elTendoG  quivi  portato  di  Germania ,  fi  era  ^' 

carato  con  donna  Fiamminga,  e  vi  aveva «fercitaia  la  cari* 

ca  di  Guardaroba  della  flelTa  Fortezza  pel  Re  di  Danimarca  Crìiliano  tv. 

]I  noflro  Eberhart  altrettanto  fvencurato  ne'fuoipfìHcipjr^ii*"^'^ 

nel  fi» 


SBBRHAÈT    KEÌLHAU.         511 

Tìt\  fi»  fiii«f  fa  i)t'fi£inM  di  ^tiel  ^ttlV  ftlfét^ta  e  nitrito  nt'faiO  dogmi 
ddllft  LotertM  Sttti.  Giunto  «iretà  di  dodki  i^i>ni»  dcrpo  treife  lliidiaco 
!•  firifiie  tectera^  dando  fegno  di  genio  a!U  piccttfa»  fu  podo  da)  padre 
ntlla  fcttoti  df  ntì  certo  Murttno  Steffivinckell  »  fanifofo  pittare  di  ^ùetb 
ptftir  quello  fieffOf  che  in  tela  a  olio  iVfva  dipinci  I  tanto  nóraiirìati  fetta, 
^arièti ^  che  ertinò  ftati  adattati  fttfa  ftìflkta  deik  Regina»  fiaccati  poi»  ò 
portati  via  ctogli  Stetefi  ih  eongiuntufà  di  avere  efpiignata  la  Fotiifzzi  di 
Cf oncmborgk .  Si  trattenne  con  tal  pittore  firki  alP  t^\  di  diciotto  ftnn}  ^ 
quando  il  padre  Tuo,  defiderofo  di  avanzarlo  anche  pia  in  queir  aitèi  Itf 
mandò  in  Amfterdaoi  :  doVe  (otto  la  protezione  di  alcuni  parenti  della  ma- 
dre, ebbe  luogo  nella  (cuoia  di  Rembrant  Van  Rein,  che  in  quel  tempo 
fi  era  per  quella  provincia  guadagnata  gran  fiiria.  Stette  con  elfo  due  timi 
concinni  I  dopo  i  quali  trovandofi  bene  «ppròfitcato,  ei>Crò  nella  laiAoit 
Accadeiiiia  de  Eeolemborg .  Era  quefti  Ufià  Virtuófa  peribna»  che  tfVeAdd 
fatta  gfan  ratceolta  di  pitture  de'pm  (efnaltti  maeftfidi  Euró|pft,  davi  ìbS* 
go  in  ca&fiia  «  gran  numero  di  gióvani  pittori»  a^qaafli  le  faceva  cxtpi^té 
per  Khiéio  toro»  non  meno  che  per  propflo  avvantaggio,  per  lo  btforio  ti* 
ti^ttQ,  che  faceva  poi  di  quelle  copie.  Tre  ftnAt  fi  trattenne  in  quella  Aé^ 
cademia,  non  tralncfando  però  del  ratto  la  féuola  di  Rembrant,  eoncmi 
tenne  fempre  molto  buona  corrirpondenasà  ;  e  linaltfienfe  fra  il  parergli 
ornai  di  potere  operare  da  fé  fteflb»  e  'I  defide  rare  qtieffà  (rbeftà  »  cm  tanttf 
cerca  la  gtoventùf,  apei  fé  cafa  e  (cuoia  :  e  tncocbincìò  fion  foboiente  a  di* 
ptgnere  a  dìverfe  perfone,  ma  a  tenere  appreflb  di  (e  giovani  fcòlati.  Me 
crefcendo  in  lui  tutravta  ti  buon  gufto  netParte,  venne  in  defiderio  di  ve- 
dere le  belle  cofe  d'  Italia,  ne  chiefe  per  lettere  licenza  dal  padre ,  che 
![liele  negò,  dicendo,  che  (e  a  lui  più  non  piaceva  lo  ftare  in  Amfterchim» 
e  ne  turnaflTe  alla  patria.  Ma  il  cielo,  che  non  fola  mente  gli  aveva  prépa* 
rate  buone  fortune  in  Italia  ;  ma  eziandio  dedmava  qufando  Che  fofle  di 
toglierlo  a  quella  falfa  Religione,  e  farlo  un'ottimo  Cattolico,  gft  fommi«* 
niftrò  eante  forare»  Che  ba(tarono  per  refiftere  aglMmpuIfi  del  paterno  af- 
fetto, con  breve  sì,  ma  con  rifoluta  rifpofta,  é  fu;  éne  dappoiché  (itro* 
vava  fuori  ài  patria,  voleva  pur  vedere  M  bella  Italia;  poi  quando  foffe  é 
I>ia  piaciuto ,  avercbbe  fatto  ritorno  alle  paterne  abitazioni  ;  e  fena» 
affettare  altra  Kcenaa,  I'  anno  1^51.  (i  parti  di  Amrfterdam  aHa  vohadt 
Gcfimnia:  giunfe  a  Colonia,  donde  partì  dopo  un  mefe  per  Mogonaa: 
^ivt  per  tre  mefi  continovi  òperb:  e  condufle  in  un  quadro,  alto  qua" 
tordici  piedi  e  dieci  largo,  l'ifforia  deH' A^naione  di  Maria  Vergine  e 
dodici  Apoftoli ,  per  T  Aitar  grande  ée*  Cappuccini .  Fafsò  dipCH  a 
Francfort ,  ad  Aogufta ,  pef  TircHo,  e  la  Vigilia  di  tutti  i  Santi  dello  Ae(^ 
fo  anno  \6$ì.  fu  in  Venezia.  Volle  la  buona  (brte  del  pittore,  c&è  egli- 
(i  abbatrefle  ad  alloggiare  in  una  Locanda,  ove  più  Cavalieri  Tedefcht  pure 
erano  alloggiati  -  i  quali  #tconofciutolo  per  giovane  rpiritofo,  e  per  pit-td^. 
re,  volfero  di  fua  mano  efièf  ritratti ,  tbl  che  venne  a!  Tuo  pervnello  ndrn 
poca  reputasnone .  NI  trattare  poi  che  foce  con  un  negoziante  fuo  amico  f 
confidente  attresìdi  Gio  Carlo Savorgnani  nobile  Cavaliere»  fé  gli  apcrfe 
congiuntura  di  aver  luogo  in  fua  caia  :  e  fa  deftma^o  a  condurre  molta 

opere 


« 


/ 


5  f  1     Deaehn.  V,  della  Pm»  l  del  Sec,  Vi  dai  1 640.  a!  i  tf  50. 

opere  in  pittura  per  entro  il  fao  palazzo»  che  egli  aveva  pnre  allora  edifi- 
cato in  canal  Regio.  Vi  pofe  di  Cubico  la  mano»  ma  non  furono  quindi» 
ci  giorni  appena  paflati  »  che  egli  cadde  in  tale  infermità  #  che  lo  tenne 
due  interi  meli  obolìgato  al  letto  »  afliftito  bensì ,  ed  accarezzato  a  gran  fe* 
gno  dalla  generofìtà  di  quel  Signore «^  Era  già  V  anno  1(^54.  quando  il  Sa- 
yorgnani»  eflendo  fiato  dichiarato  Poteftà  di  Bergamo  »  vollCi  che  Bernal- 
do  li  portafTe  a*fuoi  fervig)  in  quella  città.  Ho  dato  all'artefice  il  nome  di 
Bernardo ,  contuttoché  veramente  Eberhart,  che  in  nofira  lingua  vuol  dire 
Averardo,  fofl'e  il  fuo  vero  nome»  e  non  quello  di  Bernarcu):  e  quefto» 
perchè  mi  è  noto  t  che  egli  nel  trattenerli  in  quella  cafa  »  da*  non  jnteo* 
denti  della  lingua  a  lui  nativa»  per  quefto  nome  di  Bernardo  era  chiama- 
to» comecché  u  credeflero»  che  tale  veramente  folFe  il  Tuono  della  voce 
Eberhart;  tantoché  egli  per  non  avere  ogni  volta»  che  era  chiamato»  e 
da  grandi  e  da  piccoli  »  <i  conte(kre  una  lite  fopra  il  proprio  nome  »  deli- 
berò di  lafciar  camminare  la  cola  a  fuo  viaggio  »  accettando  il  nomedi  Ber- 
nardo t  in  luogo  del  proprio  fuo:  e  così  è  dipoi  fiato  chiamato  fino  alla 


morte.  E  perchè  ne'noftri  tempi  è  fiata  ed  è  cofa  molto  iiftta  in  molte 
città  d'Italia»  al  nome  di  coloro»  che  qua  vengono  d*  oltre  i  monti»  aig- 
giugnere  per  ordinario  la  parola  Monsù»  parola  rifpondente  alla  noftraf 
Signore»*  egli  da  quel  tempo  in  qua  è  fiato  Tempre  chiamato  Monsù  Ber- 
nardo. Si  trattenne  col  Savorgnani  in  Bergamo  per  lo  fpaziodi  due  anni» 
quando  avvicinandofi  la  fcfia  di  San  Carlo  »  ebbe  vaghezza  di  portarfi  a 
Milano  9  e  lo  fece  con  licenza  di  quel  Signore .  In  (quella  città  guftò  le 
opere  de'  gran  maeftri»  unico  fine  di  quel  fuo  viaggio  »  e  fé  ne  tornò  a 
Bergamo.  Quivi  ritraile  il  Poteftà  in  abito  Senatorio,  e  fece  anche  i  ri* 
tratti  della  mcglie  di  lui»  e  d'Antonio  loro  figliuolo,  che  gli  diedero  tan- 
to credito»  che  molti  Cavalieri  di  Bergamo  vollero  efiere  per  fua  mano  ri* 
tratti  •  Fra  cofioro  fu  il  Marchefe  Martinengo:  e  queftiavea  un  piede  mo* 
firuofamente  corto;  onde  dovendolo  il  pittore  figurare  in  tutta  perfona 
intera,  fi  trovò  in  penfiero»  temendo  ai  non  offendere,  il  Marchefe»  o 
con  una  molta  aperta  adulazione,  facendolo  diverfo  da  quel  che  egli  erat 
o  con  un  apparente  rimprovero  di  quel  fuo  naturai  mancamento,  effigtan*- 
dolo  come  il  vedeva .  A  quefio  feppe  provveilere  Y  induttria  di  Bernardo  t 
perchè  avendo  vifto  afolare  intorno  al  Marchefe  un  fuo  cane,  a  cui  volea 

f;ran  bene»  gliele  dipinfe  appreflb  ivì  tale  attitudine  e  politura»  che  non 
òlo  copriva  quel  difetto»  ma  apportava  in  un  tempo  fiefib  varietà  e  va» 
ghezza  all'  opera  fua.  In  ouefii  tempi  il  Poteftà,  che  era  uomo  aliai  in- 
clinato alla  devozione,  e  che  molto  amava  il  pittore,  non  lalcìava  con 
acuti  fiimoli  di  perfuaderlo  a  renderfi  Cattolico;  ma  il  tutto  fu  vano. 
Intanto  ardendo  egli  di  un  vivo  defìderio  di  veder  Roma»  deliberò,  con 
buona  grazia  del  fuo  padrone»  di  portarfi  a  quella  gran  città:  e  così  do- 
po eflere  fiato  da  lui  ben  regalato»  prefe  la  via  di  Venezia,  dove  per  tre 
mefiattele  a  dar  fine  ad  alcune  opere»  che  egli  vi  aveva  lafciate  imperfi^cce 
prima  di  partirfi  per  Bergamo.  Non  potè  già  per  allora  effettuare  il  fuo 
defiderìo  di  portarfi  a  Roma;  perchè  efiendo  comparfe  lettere  allo  Agente 
del  Cardinale  Acquaviva ,  allora  Legato  di  RavennaiCon  ordine  di  mandar 

colà  à* 


fallo  pcrefe  viaggio  perifiercmorow  «re  allocaflaiiztavail  Cardinale:  ilrquate* 
aécevucefaìiooKisfeioemé,  fi^feod  di^<idbit05-&gtaii,pro^rto  rionttcai^  edipoi-r 
dsfi|;nniqluadriideiJa  Ìiihrola.dì/Aribida.e  di.ftuiatda4  iPoi  fi.pard  per  Ra« 
t6ii|U;ih,ttmf0/apptoiixA»:Ohc:iaMacftadt.iE^^  dì  Sv^iacooK. 

paria  ìtt  lidia  #  *^cìi  viaggia  alia  volta 'di  Roiaft ,  dóvea  paflàce  .pel  territorio 
di  Rooiigiìait  ieiòè  per  Eurlì  eHiouni;:  àndèal  i.ardinalè^  pai* maggiorsneii* : 
le  onottirla  r  vciaic  iti  defidario  dr  avete liì.  (Quo  miat co,  )per  collocarlo 
ibcto  il  Baklaocbmo  deliUppoìrcamencòdoftinatole/^e  fobica  fpedì  Bemar-: 
do  air  Eménpacifiìfno.PiaAA'civalcova di  Ferrara»  acniocchàpaotale  Q&tco 
Ipiiicroducefle  a  quella  Maeftà;  eneconieguìCuoamenco;  ma  perchè  avvi. 
Cinandoiì  il  paflaggio  delta  Rjegina»  vi  era^ ittiolo»  che  il  guad.o  pronta, 
mente  coin)wrifle;  e  per  efler  frefeò»  noo.p..tea*8vvolgeifi  »  fu  pcnjfato 
per  io  migliore»  di  farto  portare  da:Fercaraa  ForD  fempre  in  iDanfo:;efó:« 
vi  molto  accpociamente  al  bifognd  dd  "Cardinale,  .infioo  a  quello  tempo 
aoii  li  era  Bernardo  lafciato.conofcere  ini|uella  corte  per:Ecetico  Luterai' 
no;  ma  venuto  il  Santo  Natale,  nella  cui  fefti  vita  »/co^coanaiìdandotlfia« 
drone  »  tutti  i  fwri  tamigliari  fi  eonfeflkvoM^Yrfidicono  la  fuajMefla,  e  per.  fìia^ 
mano  riceverono  il  Divino  Sacramento  9  il  pittore  a  iiefluna  diqueftecòfefi 
ritrovò;  onde  ne  fu  dal  Cardinale  fortemente  ripm£b;  ma  lifpofe  Bernardo  » 
poter  bene  immaginarfi  Sua  Eminenza  r  che  netpaefc  a  lui  nativo  non  fi- 
vfayano  tali  cofò,. proprie  folo  della  Cattolica. Religione:,  e  nbu  averior 
ritolto  chi  far  quello  ^.manoanz»  dì  affettò  aliai  pìoà  »  alla. quale  era  dato 
Compre. inclinato»*  ma  l'aver  creduto  di  comm;etter.SUctilegio'»  a  contor^^ 
marfi  aeriti  di  Religione  »  non  fua.  Si  turbò  ajq\iìsfte  parale  quel  Prelato» 
e  gli  dille  non  pccereegH',' èdnftitatto  in  ijue Ila  dignità  #  eon  •buonaco*' 
Ibtena,  tenere  in  fua  corte perfbna»  xhe  non i^flir  Catcedica >  e  però,  che 
egli  abjùrafle  V  Ecefia »  otfi^dilfjbnefle  alla  partelwa  ;  ; majBcanarde  lem prepiù 
ftnnane'fuoi  errori, lappjgliatofi.  al  fecondò  parinOD^  abbandonò  la  Corte 
dei  Cardinale.  Trattenneli  però  io .  Raiaenna  mooiia  qiinidche  imeiè  cop  Pa* 
dal:fienedettimy«:pe'  QuaLlfifece  ma  tavola 'da -Abitare  per :la  Joro  Chielk 
di  San  Vitale»,  in: cai  ng4irb^n*ei(ht&di  SjaniBeciedetto:.  e  finalmeme  t^oU 
timogiorjid  di  Marzo  id5&  fq  in  Romav  CJluivi  pensò  trattenerli  per  al- 
curii  meli,'  per  poi  pigliar  viaggiò  per  Francia  «  eujuindi  pactire  alla  volta 
della jpatria:,CQtQetrovavarr aver promaflb  con  foe  lettere  al  padre;  ma  il 
Signore  iddio,  che  lo.avea  deftinato.  (^cotes  piamente  credi«»DO  )  al  cielo» 
fecq  sì,  chèi  altrimenti; andaffis  la  bifogna,.da  quei  che  egli  fi  era  figiirato; 
e:l^uì  la  cola  nel  feguemie  moda.  Si  era  firòpeao  in  quel  tempo.appun- 
co  il  male  con tagiofo;. .onde  a  lui  non  eraomai  pia  poffibileiifcircdiRoma» 
Il  vedere  poi  la  gran  quantità  di  coiof^o .  che  mori  vano. di  quel  male ,  ca^ 
^onò  nella  fua  mente  en*molto  :ìfflttto«penÉiero#  che  aveva  fua  radice  nel 
timor  di  Dio,  e  nel  genio  alla  pietà;  ma  per^in  quel  modo,  e  nnu  a  quei 
fegno  folamente,  che  poteva  concepir  fi  da  uomo,  che  non  avea  lume,  di 
vera  Fede:  e  diceva  cosi:  E  che  . larà onai . di  me,  le  io  muoiO  in  quello 
tempo,  mentre  io  veggio ,  che. fon  già  paflTari. tanti  annidine' quali»  quan^ 
doa  cagiorie  di  viaggi»  qumdò  per  crovacoù  in  cala  di  Cattolici  »  non  ho 

Kk  quali 


qOflfiiiiliti.éffiqAki'f  interni  «1^  arii|iwi<gg«iii>hil?aitoft 

que^^  che  per  provvedere  e  me  Aeffot  i»  mi  teooftì  ft  :qink|ie  k^adìte  SmciJ 
totkn  e  danéotiii  e re^ttre ,'  cfc^iaogfcìr  wfc  ìmoto  :Reiyimi^ Crteotigbv  fcoM; 
prioiff. cavarlo de^  Tuoi  errori^  loffie  por^dargliiriiiitdiD  per  te  dalsicfvdiitd 
trafgreifiani  a  i  perora  dtceiUbìkv precetti  idi  fiieiaiGEi  4>cfB0r'ÌDfiè  poìr 
per  lafiùado  vivere  ndU  ftia<iiet)a  Rbligionet.fe  vi  esid^da  uà>Peiuceci* 
aicre  •  Aeligiofo  della  Compagnie  dì  Gsaù^  ùk  aaLofie  Tedcfcocr  A  ii«^» 
apedèK  librato  delle  prepeiecofeiecisai»  eJien  pifefto  ne  Mnèfiet  «Mo  ik 
]umfnato;che  abiurata  eoa  grande  alligjMiai'&refia^non  fot»  6  ie&dèCct- 
tolicat.  m4.  caiìto.devòto  ed  ti&nraam^tieUa  Saom  Religionef  quanto,  be 
poi  potuto  coiiofcere  Rooia  tette»  dove  4etermifì&  di  menne  fin  mta, 
loogi  ooioi  da  ogni  peiifiero  di  rimpatriare  i»  di  ^iù  rivedere  ifÌBeieongtoat]. 
Inouefta città  adenquehafacaemolceopere^e  fttiefie  uit quadro  di  otm 
pttlmi  dt  uà  Angelo  Cuftode  »  ed  um  Madonna  in  etto  dì  povgar  Kabitoed 
un  Santo  Carmelitano.-  eìqiiefte»  ^Im^  fiet&tce*par.  VcaiaEm^  per  non  eflè* 
re  flato  convenuto  oeipteexDr  reftò  m<Rome.e*  Eadri.di  qe^dl'Ordina  aiVe 
Teaijpontina  :  poi  fondai  loro  Generale  meadeta  in  altra  Chiefe  feori. 
Btr  fati^uerva  colori  b  tavoiafdalla  Cappebe  diSea  Ooaaenico,  ove  figo* 
rè  r  immagiiìedei  medcfieio»  (bAenuta^ctt  due  Saaii.  Ber  la  Chiefa  di  Sui* 
ta^CaterinadaSiena»  una  tavola  di  S^Oomenicos  cper.leCtiiclaporedel  me- 
defimo  Santo  colocà  eno^ceridacdo  per  V  aoaiDSaiitQ?  ed  tinio  alansì»  eoo 
Santo£gidio:Abace  e  San  Biagio»  per  Pelombara.  Ver  iaComenitèdi  Le« 
furignano  dtpitiie  itn'  akne  Scenderdo»  in  cut  da  une  parte  è  l^Arfouwne 
delkiVfiergiue»  e  dsli^ritra^n  Michele  Aacangeto.*  in  ettó<tt  (caccmrcdat 
«ieto  gli  q>rritt  ribelli.  A'  Padri  delle  Compagnie  di  Geaò  di^nfe  dod» 
quadri  d^*  dodici  .ApofteU  r  per  mandare  ail^indtènOnemaii^    . 

Corrcrv»  l*:emao*i657.  quandacrovendoii  {^gii  di  aver  iennaeD  l^esitem 
•  liei  ^iver  Cetcaii6or  e:  Mmk  volpi  iper  Ine  dante  Home,  vi  ìr^iKoKe  éncte 
accalare .  Dipoi  ve  he  of^aatofempre  affidfimo;:  perchè  qmmtun^oe  egli  fi 
fbfleefettami  moda<|i dipigeere»  MmpreòbUigaca»etiiaiiimIer^6ontetcodò 
poiaveil  colore  ailapnme  edatfoe  luogo^  onde  aioa  avendo  e  ritoccar 
moicci  lelue  pètture*  iedavecon|irefteBaefeciiitefiMOe:  cofé,tebe  motto 
piace  e  chi  ha  da  fpendere  in  quadti;  che  però  £ra  qucfio  e  t^ever  endo 
d  fua  modo  di  dipignerè  un  certochè  dai  vago  C'coimcevoleooir  occhio t 
ed  li  fuo  modo  d^nventare  alquanto  dei  nuovor  nonimmdòmei  ippMdro 
fiiorì,  che  non  gli  procacmaflc  oommiffione  per  altri  molti  r  ontodiè  omo* 
favagU  il  tempo  e  ie  £irze  per  foddisfare  afia  mmor  parca  «  MandA^a&i  pit- 
ture in  Fxenoa:  molte  altrea)  tn  Ifpafna,  eperaiootarmeme  due  gran  qua» 
dri  d' un  San  Paolo  primo  £reniita  »e  d  unrSen  Girolamo ,  Avta  condoota  un 

Suacfrodi  otto  palmi,  ov'era  rapprefimtau  unafcuole,con  buona  quentict 
i  figure  al  mt  orale  t  fai  qualevedotaefpofia  adunatiti  al  popolo*  friooquO 
tanto  univerlalmctue,  ma  in  particolare  al  Cardinal  Savelliv  ch^*  voUe  avtf» 
kptfie,  ediedeleluosoin  una  fua  Galleria .  Bbhtro  delle  fne  onere  Mon* 


Francefico  Marecelli*  Pel  Cardinale  Albini  condufie  diverte  pktttre^  che 
egli  manda  e  Cafane;  e  fra  qùefte  une  taveU  celli  dodica  Apoftoli  e  colla 

Vergioe 


.Olì:  1 1^  .ji.^R£j^MAft>r. . .«2t ffii^5llfciv/ :   ji 5 

conlim.Séfi^Bmiccfà^xiruite»  che  cgltr.oiandòicbihia'rifli  AbàutLtBduk 
di  Oiftelio  Per  Giovani^  Barg  Cavtitote  Tede&a.facé  un  qoaidra.  .tìtà^ 
Teduto  da  ir  Imperadoret  gli  piacque  tanto,  che  lo  fieffo  Livaliere  glielo 
ordinò  poi  un  altro  di  dodici  ffalmik  p^.  darlo  in  dono  a  Sua  Maeftì. 
Ha  quefto  pittore  avuto  un  genio  Tuo  particolare  dMnventare  compoiu* 
menti  curioG  e  di  gran  elètto  alPoiechki  ..e  peB  (tarlar  così  »  alcune  Tue  in** 
veiaiòtuf.aiftoc3ii(Biiiaio¥enztone.f  mi  di  iDakiO  beila  iuVónziòte'&m^re» 
in  grandezza  di  naturale  in  figure,  initere »'  e.  ifi  poco  più»  che  mezza  6« 
gura,  come  (arebbe  a  dire,  qualchebrigaca  di  birbanti,  mafchi  e  femmine» 
giovani  e  vecch)  e  fanciulle,  in  atto  di  xipofare  àya'cmp(gnal  £ati€iull9 
e  fanciullini  paftorelli  :  e  tutti  in  varie  attitudini  e  gefti,  proporzionati  allo 

Serfone  ed  all'occorrenze  loro  in  tali  co  igiunture:  una  fante,  in  atto 
i-ba  tare  il  fuoco*  oii'^ra  neir  accender  dbe  fa  uua  caiuMa,  ^  di  4iMM« 
re  o  lavar  Tinfaiata»  o  col  fuoco  nel  laveggio fcaldarfi  le  manii  la  fanciul>« 
lina  cbe  vaaNa  fcuola  :  it  villano  che  bevea  meztina,  e  mot  teak  re  a  que* 
ile  fomigUànci,  alle  quali  ha  data  tmta  vanotàv  (ji^ecchl  &  or  dicano  poi 
i  pittori)  che  ne  ha  veduti  in  un  corfo  di  vita  non  lunga,  pieni  i  falotti» 
non  fulmoi.nte  de' primi  Signori  di  Roma.»  ma.eae;iaiìdÌQdiftàkatuttaedoltre 
i  monti  «  A  Firenze  mia  patria  ne  ha  mandati  aflai ,  che  fi  veggono  con 
non  pocogufto  di  ognuno  nelle  ftanze  db* ni^drì. cittadini .  Carlo  Lorenzo 
del  Senatore  Alamanno  Ughi  ne  poffiede  adai  pezzi  di  una  fola»  e  di  più 
figure  infieme.  Similmente  il  Marchefe  Folco.  Rmuccini  t  «d  il  Cavaliero 
Aieflàndro  deJCav.  Filippo  Valori ,  edaltri  molti  rche  io  taecio^per  brevità  a 
Doveva  egli  ultimamente  di  volontà  di  alcuni  di  quelli  Sereniflimi 
Principi  di  Tofcans*  eflèr  condotto  quàa  loro  lervigio:  e  già  n'  erano  ftafi 
dati  ordini  a  un  Cavaliere  ticobcoi  quandoaifiilito  il  aoAro  pittore  da  fiero, 
male  di  pleurkide ,  con  aggiuatadi  una  &bbre  putrida , che  per  nove  conti*^ 
noi  giorni  lo  travaglia  d^o  avere,.con  quelfakdevozione  e  con  quello  fpiritat 
col  qiMle  era  fempre  viflutofindal  punto  della  fua  convef fione,  i  Sagramenti 
di  SantaChida  ricevuti  ,(ttede  fine  al  viver  fuomorale  a^i  3 .  di  Febbra jo ,  al 
modoRomano  4687.  uomof  alparer  diogrmno^che  oltre  airaltrefue.viccù 
per  lo  Ipazìo  di  treni! anni  in  circa»  che  ne  corfero  dalla  fua  abjurazione» 
fino  alla  fua  morte,  non  lafciò  mai  fcnza  legittimo  impedimento  di  trot» 
vai  fi  prefente.ogniferaairOratoriodiSan  Francefi:o  Saverio»  e  di  Sagrai 
mentarfii^ni  giorno  di  Domenica:  uomo  non  punto  affiatato;  continen«* 
te  e  difcreta,  adi  poco  concetto  di  fé  Hetlo:  e  di  quello  pofib  io  medefi« 
moeffisr  bttoQjteftimomo»  quando  coli' ooeafioue  di  trovarmi  in  Roma  aj^li 
anni  paffi^ti  ìù  fua  ftanza#  mentre  egli  dava  fine. a  certi  quadri  >  che  poi  io 
meglicondofli.a  Firenie,  loveddi  piUe  più  volte. ritoccare  e  mutare  eoa 
pazienza  e  allegrezza  infieme ,  cofii ,  eoe  alla  mia  imperizia  e  a  1  mio  debole  ta<» 
lento  t  allora  potè  parere  da  motarfi.  Isè  fiacchi  in  ciò  fentire»  (cerni  pua« 
to  il  concetto»  che  avea formato  in  fcftefibdi  fuo  fapefe»  perchè  »  io  noa 
pure^  che  poco  intendo»  ma  con  me  altresì perfooe  di  gran  (ènno,  ttn^ 
f^on  ferma  opinione,  chenon  coluiyChe  tutto  crede  al  proprio  siudizto/fia 
il  vero  dotto  in  ogni  msùia»  n  sùLcbi.  bene  fpcifo  £a  confbrmarfi  all'  altrui  v 

Kk  1  FuU 


£1^     VtttimmVakVàt.  r£ff  fc2^Mi3[40.  «;i«;«. 

Fu  il  corpódi  quefl» arfiefee^w^roi ifUa flFiinfpohtfflt^dwie UtifaimieDlfr 
nefe-  iu  'Ji  .C&piKlIavdedicatli  %'San  Qftnafo  Re  dtldMÌitaaìroKr  ic^iepolmn 
della  mziene,  ooll>.ragueDtéilnlótiiiane:     :  j' - 

a.'  o,  ÓH,     ~ 

W  ORBE  PmàsVB  SOMMA  OBEUNTIBUS  OlOSUMBltnUil 
Ed  in  quella  afp«cct  l' ttlcimo  giorno . 


ERCOLE    FERRATA 

DA    PEL&OTTO    »EJLUO   STATO    DI    MILANO 

S  C  U  L  T  OR  E 

Dtfieptlo  éà  Tcmmafi  OrfoHao,  nato  àrsa  al  i6t^  ^  t6Ìy 

IE  fn  coloro»  che  per  alcun  tempo  àvercnno  It  pttieau& 
leggere  quanto  io  mi  poG  a  fcrirere^  incorno  aHe  opere  de' 
gran  tn^ieftri  delle  noftie  ani ,  alcuno  6  trotiffe  per  avven- 
tura t  che  fèrmandofi  nella  rimembnnza  de  i  godimenti  e  del 
nobile  fplendorc  .  che  l'aote  per  ordinario  loro  irrecare  un 
virtù  bene  acquiflata ,  poflcduta  ed  efercicafti^d  ati'incon- 
CIO,  o  non  fapefle  o  non  ponderale  o  non  oxdefle,  quanto  di  Sento  e  di 
Attica,  prima  di  confeguirla,  a  quei  cali  abbifo{[nò  di  lopportare-,  tonon 
dubito  punto ,  che  dal  vedere  quel  tanto,  che  io  fon  per  dire  del  celebre 
Scultore  Ercole'  Ferrata,  comt  cofa,  dalla  riva  voce  di  lai  rcnciiaibeQ 
chiaro  il  conolcerà»  e  ne  rimarrà  perfuafo.  L'  dun^que  da  fapcrfi.  come 
nel  principio  del  pre&nte  fecolo  viveva  accafato  nella  terra  di  Pdtotco 
nello  Stato  di  Milano.  Velcovado  di  Como»  laugo. detto  V^lentello,  un 
certo  Gio.  Pietro  Ferrata,  uomo  di  aifai  civile  parentado .  QuelH,  circi 
all'anno  1614.  ebbe  un  figliuolo,  che  full  iioftrvErcole,-che  ne' pi<D>' 
anni  di  Tua  fanciullezza  (taiìto  era  lofpirico  di  che  avealo  ilotsto  li  n!' 
tura)  dava  fegni  di  ottima  riulcìta  dover  ùtc  in  ciafcuna  di  quelle  coie> 
in  cui  Cofle  itato  applicato;  fé  non  guanto debofexza  di  compU0ioiie,  che 
^niollrava  di  avere  in  quella  età,  non  permetteva  a* parenti  il  promctie™ 
tanto  di  lui;  onde  fu  oa'  medelimi  avuto  per  bene  ittoglierlo  allo  ftt»"> 
delle  pcime  lettere,  a  cui  attendeva:  il dw  anooiafÌBCcro  dì  buoi»  v^'|*' 
.i  pe«M 


'      .* 


E RCOLB  '  FERRATA.        517 


fidili: codi  purvt  Ioio:di  più  siBcartrlo  in  fmriti»  il  ohe  (opra  ogni  alcr* 
cofa  defideravano  per  ajutadi.  loi  o  'già  avanxaca  età*  quancanque  poi  iucca 
al  coocrafjo  andafle  la«bifi9gna .  Il  perchè  «  eflendo^pur  neceflàrio  t  che  tgli 
ed  alcupa.coCi  actendefie:  :ed  avendo,  già  dati  légni  di  grande  inclinaaione 
acofe  di  difegnoi  mt\  parerne  del  padre»  cognato  di  Tommafo Orfbhno 
Scultore» che  allora  abitava  i|)  Geiiova»  doiDaiidòal£inciulio».fe  égli  avello 
Toluto  tale,  arce  imparaDe:  e  trovatolo  difpofto»  cantbfi  adoperò»  chefir 
valsente  Giovan  Pietro  il  padre  predò  fuo  con&nfo»  e  M  fanciullo  iaiìe» 
ne  con  lui;  anai  volle  il  padre  fteflu«confegnarlo  al  nuieftro;  e  però  pe« 
fe  con,  lui.  viaggio  alla  volta  di  Genova.  Ma  prtoia  dt  più  inoicrarli  in 
parlare  del  Fisrrata«  ci: fa  di  mefiieri  il  dire  aJcuna  cofa  del  .maeftio»  rac^t 
contataci  pure  da  Ercole  medeùmoi  giacché  probabil  cola  è  »  che  non  iia« 
mo  fili  oer  incontrarne  a)  comoda^occafione  e  cosi  a  propoGto .     . 

£^  dunque  da  laperfi,  coinè  queflo  Tommafo  Orlolino  »  che.  fu  allieva 
di  Gioyambatifta  Orfolino  fuo  aùoi  pure  anch' eflò  Icukore»  fu  un' uomo 
ai  fpedito  e  ai  francoineiropevarfuo»  che  fu  coAance  opinione  fra  gli  ar« 
tefici^  che  egli  aveflea'fuoi  di  fatte  più  ftatue,  che  mai  facefle  altro  tale; 
]^er  la  Certola  di  Pavia  ne  conduiie  nno  al  numero  di  diciotto  »  n^\  corfo 
lolamente  di  fette  anni  »  che.ftetce  con  lui  il  Ferrata  ;  avendone  pure  coiì«* 
dotte  in  gran  numetQ  per  Francia»  per  Kpagna  e  per  Pie  monte..  Seguitò  nel 
modo  del  panneggiare  la  maniera  di  Prof  perù  Brefciano  •  Diede  alle  fue  Sh. 
gure  buon.pofare»  cola  ditficiliifima  in  quefta  arte:  e  meflèlé  bene  inrie<*. 
me»  licchè  con  quelle  ed  altre  qualitadi  poteronG  dire  le  fue  ^ai  buono 
ftacue .  Nella  danza  dunque  e  caladi  coftui  reftò  il  giovanetto  Ercole,  con 
allegrezza  e  con. contento  nel  bel  principio  ;  ma  quello, che  gli  toccò  a  fen- 
tire  dipoi,  fu  per  lui  altro  fuono  che  di  campaiie»  mercè  ctelle  belle,  ulauzet 
che  ei  trovò  in  quella  fcuola.  Primieramente  aflegnavanfi  a*  giovai  i»  per 
legge  indifpenlàbtle ,  due  ore  del  giorno  per  difegRare»  .ed  il  rimanente 
dwl  tempo  doyeafi^da  loro  fpendere  in  fervire  alla  danza  ed  al  maeflro  in 
«gai  più  f^ticofa  faccenda»  con  patir  di  ogni  colà  appartenente  al  proprio 
comodo,  e  fpden tame nto »>  e.  per  qualche  tempo;  e  ftarulo  a  quella  vita» 
doveafi  anche  da'  medefimi  pagare  la  dozzina.  Per  ogni  leggìer  mancanza 
aveali.  a  toccar  tante  botte  $  quante  bene  fpeflb  ballavano  per  tener  chi  fi 
fotTe  di  loro»  i  bei  cinque  e  Cei  giorni  obbligato  al  letto.  Quefta  facoltà 
e  balli  di  baftonare  a  man  faUa  »  e  biftrattare  in  parole  i  poveri  giovani  » 
9ra  conceflà*  fecondo  gli fgraziati Capitoli  di.quel  luogo»  a  quello  de*  gio^ 
vani»  che  giorno,  per  giorno  .era  il  primo  a  verure  alla-flanza»  fé  abiuvano 
calje  proprie»  oaxalare  abbaflTo  (è  esano  di  dozzina;  tautochè  toccando* 
quando  aM!uo9  e  quando  all'  altro  a  fpolverare  le  reni  a'  com  pegni  »  pò* 
co  yi  è  » jier  mio  àvvifo.  da  dubitare»  fé  per /nolti  fi  paffàva  alcun  giorno 
^nza  bufle  ;  e  feieKli  fi  rendefler  fra  di  loro  il  cambio  coir  ufura  :  In  qufik. 
60  luogP'»  in  quella  converfazione*  e  conìquefti  trattameiui  «dette»  xome 
accennummo^.ìl  giovMiet,  per  io  (pazio. di  fecte  anni#  ne'quall  cercò  al 
pofiibile.  d'imparare. a  modellare»  levare  e .  pulire  ;  Fu  il  fuomaggiore  ftn« 
dio»  ogni  volta  eh' e' .vedeva. fare  al  maeAro  una  figura  »  imprendere  un 
fezzo  di  marno  I  e  .coodujcne  una.  in  piiccolt  proporuone^i  e  qaefle.pm 

Kit  j  avendo 


»      •! 


y 


^t%     Decém:KM(tFért  l  dèlSe(f:Vjd0li6^o.  al  r  650 

ivendò  hnro  fptceiò  plér,Fjrtiic|are  Sp^aa»  «in  d^ajototl  giovane  per  pi 
gate  la  dozsina.  Avendo  poi^oditò  dire  ^  che  nella  città  dì  Napoli  delìde 
ravtnfi  uomini  »  per  lavorare. cerei  capitelli  *per  la  Cllieie  delle  Sapienza 
Ercole  lalciò  U  cali  del  maeftrOyecolà  a*inviòie  fiibito  vi  fu  impiegato  ii 
quel  lavoro;  ma  diecchè  fé  ne  fòfle  la  «cagione,  o  i  patimeoti  lò^rti  ìi 
càfalOriblinOt  o  il  di&gio  del  viaggio»  non  ebbe  appena  ofieieto  fett 
giorni I  che  <gli  cadde  in  una  infermità  r  che  per  tre  mefl  interi  ^il  trava 
gliò.  Riavucofi  poi  alqiumco  dal  male  i  e  meqtre  cali  fi  trovava  ìt\  iftat< 
di  convalefcenad»  occoxfe»  che  nel  cavalli  cèrti  foffi  nel  nuovo  Caftello 
fu  ritrovato  un  pezso  di  marmo  ,  in  cui  vedeafi  afobozsata  una  Immagìn 
di  Macia  Vergine  non  molto  grande  9 -la  quale  av^endo  dato  alle  mani  d< 
Maeftro  di  Cappella  del  Vice  Rè  »  fu  dal  medefimo  fatta  confegnare  t 
Ferrata»  acciocché  le  deflc  compimento,  ficcome  fecCr  con  Tua  lode:  e 
alP  Immàgme  fu  dato  luogo  per  entro  uQa  Cappella  della  Chiefa  \  che 
aello  fteuorCaftello»  ove  trovavafifino  pochi  anni  addietro»  e  pen(b,  ch< 
pure  oggi  ancora  fi  trovi .  Seguitò  pure  per  un  anno  intero  a  lavorare  d' in 
taglio  fopra  i  Feftom  »  Putti  e  Cherubini»  ed  altre  fimili  cufe;  col  qua)  U 
voro  (giacché  dal  pidre  non  potea  ricevere  aiuti  )  convennegli  manteau 
i€  fua  vita  adki  poveramente.  Intanto  avendo  incominciato  a  dar  buo 
Aggio  di  fé»  da  un  maeftro  di  fabbriche»  a  cui  era  flato  allogato  il  lave 
IO  dell'Aitar  maggiore  per  la  Chiefa  di  San  Domenico  di  Soriano,  gli  fi 
ronei  dati  e  fare  due  putti  in  pietra  »  che  furon  polli  attorno  ad  eflb  Altan 
Ad  inftanza  d'uno  di  quei  Baroni  del  Regno ^  ^rondude  pure  due putt 
che  ferviron  per  la  Compagnia,  di  Gesù:  e  pel  Marchcfe  Taragufa  fece 
flatua  di  tuo  figliuolo»  morto  poco  avanti  glorioiamente  alle  pOtte 
BarzeUona:  la  quale  opera  piacque  tanru,  che  efiendo  ftata  deflinata  p 
altro  luogo,  non  fu  poi  pollibile  ,  eh' e'  volcffeso  cavarla  di  Napoli^  P 
Tommafo  d  Aquino  padre  di  Monfjgnor  d'Aquino  Auditore  della  C 
Ben  ,  per  la  loro  Cappella  conduUè  ancora  due  ftatue  »  una  di  Sant'  Ai 
drea,  e  l'altra  di  San  Tommafo  d'Aquino»  con  fei  putti  e  due  ritratt 
Ai  Duca  di  San  Giorgio  fcolpì  una  Venere»  canr  altre  ftatue,  per  giardi 
e  fontane»  alcune  delie  quali  dair  Almiiante  di  Caftiglia  furon  portate 
Spagna.  Per  Santa  Maria  di  Capua,  Territoi  io  del  Marchefe  Corfini,  i 
ce  un'Orfeo  col  monte  e  molti  animali»  che  furon  fituati  in  un  fuo  gii 
dino .  Aveva  il  Ferrata  in  quefto  tempo  condotto  a  giornata  un  certo  1 
k  maeftro  di  fcarpellot  uomo  di  meno  che  ordinaria  Condizione»  di  e 
fervtvafi  per  levare  e  pulire  Quefti»  mentre  moftrava  di  ft^rfene  chet 
avea  faputo  con  bella  grazia  tanto  fare,  che  ogni  perfbna  di  fiiuri  di  i 
fianza  ii  defle  a  credere,  che  égli»  e  non  il  Ferrata»  mTeque^i»  che  le  op 
M  fiusede:  e  molto  vi  voile»  allorché Br cole  it  aCirurledeU* inganno»  p 
farsi»  eh*  e' folle  creduto  il  contrariò  ;  ma  perchè  la  bugia  ha  corte  le  gai 
be»  fton  andò  molto,  che  il  Ferrata  partVdi  Napoli»  e  retto  in  fuo  luoj 
r aftuconr2oiie »  che  in  toeve  ora  diode  a  vedere  pur  troppo»  da  chi  ^ 
tq  ftafic  fitte  le  opere .  Altro  molte  ne  condofle  il  noftro  artefice  in  que 
città:  e  particolarmente  una  Venere  fedenteoon  unputto,  perloCan 
naie  Savelli  Arcivefcoyo  d>  Salerno i  che  poi  fu  ponaco  a  Roma  all'  ale 

Cardinale 


-*.-• 


^I^S^^^perCtrdinclle  Suvellt ..  JVTeva  un  certo  FébbnsiaColmtòhiOt  inéresmé  del<» 

^<uNipoliàji  l'Aquila»  f  ìfoluto  di  adornare  di  fculcure  una  Oppcila  nella  Chiefa  di 
^^"^^pa Santa  Marta  de  Roes^  dove  eflendo  (beo  chiainiatoùl  Ferrata,  fubira  diedi» 
^t  n  ìaptqjn  juano  ad  una  ftatua  di  Santo  Rocco  »  e  non  le  ebbe  appena  data  fiiiei  fen<^ 
ciDMlfìÉm  mai  aver  prefo.a  conto  di  fiia  fiitìcatun  foldo,  benché  fùflègii  duooi^ 
^^  ^f^i  ferto  più.  volte  danaro  in  buona  quantità  $  che  il  mercante  mancò;  per  io 
fliifltenilQi  che  fu  forzato  a  tratteaerd coli  un^anno  intero t  per  attendere  gli  aggiu^ 
■trovmJAi  ftamenti  »  che:  non  mai  fegHicono;  onde  -'egUi  po^  altro  più  potè -del* 
I  flwvoCiU  y  optf ar  fua  lìicavare ,  che  la  fatica  e'I  perdiminto  de!  campo;  Fece  poi  di 
^mktf  pietra  doke»  ad  infianza  di  un  Cavaliere  GerofoUmittno,ujm  figura  di  San«^ 
^àm  to  AntonW da ftdoyttvj^nde «quando  ]l>mturttle:^  Alenine  fl'Càvaliere 
^(fi^iimi  (che  devotiifimo.era  del  Santo  )  fiicta  rapprefentare  un'altra  in  pitturar«.pet 
oi6(tthi:ti  mano  di  tun  tale Francefco  fiddefchinò  in-  una  fai  ca&  vicino  al' Duomo ^ 
iQé,ài  per  la  quale  Immagine  non  andò  molto ^  che  operò  Iddio*  tanti  e.aì  graià« 
^t^,c^  di  miracoli»  che  parte  della  càfs  fuiconv^ercita  in  una  Chiefa,  fopra  Aà 
i\Rmìh  porta  delia  quale. fu  poi  dato  Jaopo  alla  flatua  feolpita  dal*  Ferrata  ^ 
\k\ti^\  ..  •  Inqueflo  tempo,  per  defi<Ieriodi  rivedere  la  citta  di  Roma^  volle  in-^ 
Qttsbatfltt  camminarli  a  quella  volta:  e  dopo  eflerfi  trattenuto  alquanti  mefii  veden*^ 
jitoidtilii  dp  e  ftudiando  le  opere  de^grail  maeftri,  fé  be  tornò  all'  Aquila,  per  finir 
é^'ù  di  dar  fefio  alle  .cofe  fue,  e  poi  a  Roma  tornarfeiM .  Mentre  egli  colà  fi 
te.  fl^i  tratteneva , >  gli  occorfe  un  giorno  di  trovarli  con  ceRi  Icar pellini ,  ì  qùaB 
oiiéh  avendo  buona  cognizione  dell' operar  fuo,  e  fapendo  altre^,  che  difegna<^ 
poi^dsejiK  va  di  tornarfene  a  Roma  contrari  loro  defiderio»  come  <)tiegli , che  aVrèb^ 
[tfj^ìiitf  ber  pur  voluto,  che  egli  avefle  (colpite  rdcune  teAe  di  Cherubini  fepnl 
it  ilic  |*t  ^^^^^  ^^^^  lavori ,  &cero«aftutaroente  comparire  in  converfii»one  un  cérco 
addlina!  Notajo,  da  loro  per  avanti  bene  inflruito  di  ciò  che  dovefle  rilpondere  e 
di  Napoli  i  certe  toro  interrogaiiionri  e  domandategli  nuove  di  Roma,  rifpoie  tener 
(licore tó  lettere  ben  ficure,  che  avviCàvano  un  non  fo  qual  fofpett^  di  mal  contai 
iiudiW  6^^^^  *  ^  4^1  nuova  fé ntita. e  creduta  dal  Ferratai  fecelo  trattenére  neù 
^é»ta  i\«^quila  ai^uanti mefi  di.pin,  facendo  imatìto,  quàntoagli  fcarpellini  ab» 
je.pefii^  birdgnava,txji|alt  poi  fi  ri{ero(telIa:fua  credulità .  Fu  poi  il  fuo  ritornoa  Ko« 
M0  ^^'^  accompagnato  con  lettere  dì  grSsin  favore  d' un^  Padre  della  Congrega^ 
.  ^;  2Ìohe  dell'Oratòrio  di&a  Filippo  Neri,  dirette  a  Mon^nore  Spada,  Sa-^ 
^ntfilfi  cetdotcì della* ftc0a  Congccgaxione  r  ^  fratello  dèi  Cardinale ,  uomo  erem« 
^  piare»  x:he  l'anno,  poi  della  vera  e  non  finta  peftilenza ,  ogni  fuo  potere 
'^.,  adoprò. perefoorfi aL Lazzeretto  alla  cura  de' tocchi  da  tal  male .  Ouefti  il 
f  Jj  raccomandò  iu  Cavalier  Bernino,  che  immantinente  gli  ordiuò  il  lare  un 
J7^,  modello  per  uno  di  quei  putti,  che  fi  veggono  ne*  piladri  di  San  Pietra t 
fX  ^^^  a  quattro,  due  colla  medaglia,  e  due  colle  Chiavi:  e  riufcirono  di 
^M  '^^^^  S^^  ^^^  Cavaliere #  che  di  fiibico  gli  coniegnò  i  marmi,  acciocché 
'^  a  lor  fine  ne  conducete  le  opere,  chefuron  le  prime ,  che  il  Ferrata,  fot« 
f  co  la  condòtta  del  Bernino,  facefie  vedere  in  Roma  di  fuo  fcarpeljo .  Or^ 
^^  dinogli  poi  la  medaglia  »  che  fu  mefla  nella  Chiefa  di  Santa  Francefca  Ro* 
>'  oana  fottoT  Altare,  ove  figurò  la  Santa  con  un  Angelo,  in  atto  di  feg« 

(^         gerle  il  libro .   Eflendo. poi  fiata  aflà potata  fua  virtù  da'  profeiTori  dell'arce» 
f        iìon  gli  fadifficileJii£aru.amÌGoamolttdi  loro  :  e  ciò  feguì  particdlirmento 

f^  .         :  Kk4  ctfdifce- 

(fi 


5^0     Decentk  KìdèHi^arKl.  MSe^V.dàli  ^40.  al  1 6^0. 


co^^tfcepoli  dell' A-lgardi  l'titNòcSiè  gUia  d«o  ingfefl[<>  mH*  fiiaTeublcV 
e  per  eflo'fede  un  modello  inirgctude  e:iri»Diceo}adi  <|uena  Libecalìià»  cól 
CQrQjVcupia  veffliutei)ro  «^oUne»  ia  quale  oggi  vediamo- nel  deimlko  di 
Leone  Al.  Poi  ne'  larorò  il  marmo ^«exondufle fai  figura  del  &n  Pietro  ntd- 
la  bdiiiima  cavola  dell' Attila^t  con  modello  però  delto^  fteflb^Ai^rdi. 
Dalla  flatìza  di  queftti  fr  {»>aò)ìalla  Chie4ii  Noova,  oife  per  ordine  di 
f  ietro  da  Cortona  atccfe  a  hf(t  di.  ftuochidnrerfi^pucci  educf^cuer  una 
delle  quali  per  lo  I>ì^rez7«ò.delr  monda.  Tornò  poi  daié'Aigardr»  e  con 
f^Q  modeJib  feoe  U-  Sao  Miccola  daiToicncinò  per  la  Ciiiefi^del  Santo 
a  capo  alle  Caie;  e  lo^Iddio  Padre  colli  due  putti,  il  tutto  ad  ilbmn  del 
Principe  PànfiHo:  ed  è  'pure>op«rardel^fuo^fearpeiio^  etikm  dt  qoeNo  del 
Raggi  f  come  altri difle  «  in  eflà  Chie&  ja^cua  di  marmo  del  San  Gìufeppe • 
non  già.  Quella  del  San  Gtovambatiftitciie  Je  è  rifiooAcré,che  fa  opera  di 
cflp  Raggi  >  e  non  dèi  Ferrata ,  <!ome  i^kx»-  fu  detto  •  ^£  quello  abbiaoio  avu* 
co  dalU  viva  tace  di  &f;co(e  ftefib:  li  quale  ptire  fece  la  medaglia,  che  fì 
vede  fotco  il  cupoUno^  nella  qinate  è  San  [Filippo  Neri  con  due  punti 
avendone  intagliata  .un'  altea  limile  di  un  Saa  Carlo  il  ibprannominato 
Antonio  Raggi  (lato  diicepolo.deir  AJgardi*  Dipoi  «'  applicò  ilnoftro  ar- 
tefice alla,  grande  opera  per  latZiiicla  di  Sam "^  Agnefa  in  piazza  Navotia. 
cioè  alla. &nca  Agata  ioginocchioni,  in  atto  di  martìrio,  co'  due  Angeli 
e  i  t^ei  piKtifChe  reggono  una  cartella;  e  fece  ancora  la  tavola  di  baffarilie* 
Tod^lIaiS^fna  Emerei3ziana,«omnolte  figure,  tutte  manpori  del  naturale. 
BiTenido  poi  oecorfo  il  Ctìlo delta  morte  dell' Allodi,  il  Ferrata  iu  chiamato 
dal  (^a|valiìi(rB<rnino,.e/)Ql  principjod^l  Pontificato cKAleflandroi  fu  in  iuo 
|t)U^  ifir£ire  i  làodelli^r  le  ftaiue  della  Cattedra  e  per  gli  Angeb:  e  con 
}fl5(}(Bpza  dèlio  9usSto  Betnino  fiece  di  Tua  mano  i  modelli  de'dùe  puui,  che 
fengpno  W  chiavi  (opra  effa  Cattedra.  Conduflè  con  fuo  (b^rpello  ti  ri- 
tiratto  delibardinal  Pinieotelìi,  al  quale  fu  dato  luogo  ^  nella  Minerva,  ah 
P entrar  della; pòrta  che  vien  (lai  Collegio:  ed  è  mire  di  fua  mano  in 
Queiia  Chipfa  il  dcpofico  del  Cardinale  BòDéDt,  è  la.  figura,  che  rappce^ 
i^nta  Ificèruité*  di  qoafi  tuttorilievo,  col^puator  che  reggfe  la  mté^h^è 
e'I  ritratto  di  broiiso.  del  medeiimo.  Sonò  opera  delteiue  mani^'ieftatue 
che  fi  veggono  nella  facciata  della  Ghiefa  di  Santo  Andrea'  d^llaVaUct 
alte  circa  dodici  palmi,  dico  quelle  dtSaato.^«idi?ea  Apoàèloedel  Beato 
Andrea  di  Avellino <  e  la  figura  della  Fama^  che  pure  fi  vede  per  teatro  la 
ilefla  facciata,  è  fua  bella  fatica.  Fu  anche^faa  fiittuia  lat  ft^tda,  dta  circa 
tredici  palmi  e  mezzo,  di  queirAngelo,  che  cien  la  cróce 'fui  Pome  San- 
to Angelo  ;  ficcorae  ancora  la  figuia  del  Dio  Padre  co  due  Ai^geli*  ciie 
veggiamo  in  Santo  Agoftino  iòpra  il  frontefpizio  nella  CappéHa  del  Prói- 
cipe  Panfilio:  ed  evvi  ancora  la  figura  del  San  Tomm;?fo  da  V  illa  Nuova 
per  una  volta  e  mezzo  il  naturala  che  fu  cominciata  con  modello  di  Mèi* 
chior.Cafà  fuo  difcepolo,e  da  Ercole  finita.  Davaiiti  al  Sanfoèrapprefi^n* 
tata  una  figura»  in  atto  di  chiedci gli  limofina»  tenendo  tri  bi accio  un  pottoi 
mentre. un  altro  pure  gli  pofa  apprefio.  Fu  opera  del  fuo  fcarpcllo  V  Eie* 
fante  di  marmo»  che  è  in  fulla  iriazza  della  Minèiva  :  il  ritratto,  tefla  con 
bufto»  del  Principe  Giuftiniano  »  in  cafa  del  mcdefimo  i  il  ritratto  della 

moglie 


''ii 


ERCOLE     FERRATA.         511 


noglie  deÌi;Ptravicmo  Dogli  due  piKtì»  fopra  il  Tuo  depòfico  in  San  Fran« 
ccfcoa  Ripa&  e  laftacua  ai  Pon  Xornmafo  Rofpigliou»  alta  dieci  palmit 
che  per  onorare  la  di  lui  oiemoria  >  fu  dal  popolo  Romano  polla  in  Cam* 
pidoglio .  In  San  Giovanni  de'  Fiorentini  è  il  fepolcro  di  Ottaviano  Ac* 
ciajuTl  col  fuo  ritratto»  fiotto  pur^  dal  Ferrata:  e  n^lla  fteilà  Chiefa  la  fla«* 
tua  fedente  col  putto»  che  regge  la  medaglia»  ov'  è  il  ritratto  del  Cardi* 
lUl. Falconieri  al  fuo  fepolcro.  £^  ancora  di  fuo  intaglio»  in  San  Girolama 
defila  Carità»  nella  Cappella  di  cala  Spiida»  la  figura  giacente  in  abito  Sc« 
n^ript  che  rapprefenta  uomo  di  quella  ca(a:  e  la  medaglia  co'  due  ri« 
cratti.  All'  Anima»  Cbiefii  della  nazione  Tedefca»  rimpetto  al  luoffo»  ove 
è  un  ritratto  di  mano  dell*  Algardi»  è  altresì»di  mano  del  Ferrata  il  ritrac* 
co  di  MonfigMor  Gualtieri .  A|la  Pace  fi  veggono  di  fua  ottura  (juattro  put« 
tii  che  due  fopra  i  frontefpizj  della  Cappella»  ove  fono  le  Sibille  di  Raf^ 
faello»  cogli  altri  due»  che^i  qua  e  di  la  alla  medelìma  fono  di  baiToriUevo» 
Scolpì  ancor^  la  figura  della  Carità  »  che  è  lopra  il  depofito  di  Clemente  IX» 
in  $anta  Maria  Maggiore .  Per  la  città  di  Siena  fcolpì  la  ftatua  di  Papa  Àle(« 
fiindro  III  che  è  nel  Duomo:  e  quella  di  Santa  Caterina  da  Siena  per  1» 
Cappella  di  Papa  Aleflandco  VII.  tutte  maggiori  del  naturale.  Per  Porto? 
gallo  conduffe  un  Nettunno  con  quattro  Tritoni»  con  più  delfini  e  altri 
tc£cì»  per  dover  fervire  per.una  fontana  :  ed  il  Nettunno  è  alto. dieci  palipi  * 
Incagljò  una  figura  di  Gesù  Crifto  Noflro,  Signore,  mez»  figurai  in  att<| 
di  dare  la  banediz<one»  la  qual  figura  mandò  iti  Sicilia:  e  a  Ncpi  mandò  uà 
fuo  badorilievo»  rapprcfei)i:atovi  un  San  Romano»  con  Angeli  ed  una  San» 
ca  Sabina»  o  fofle  altra  Santa  •        .  .    ; 

Correva  V  anno  1677.  quando  il  Sereniflìmo  (granduca  di  Tofcana 
Cofimo  III  vedendo  a  quanto  pericolo  d' infiliti  davano  dentro  il  fuo  Pa? 
lazzo  della  Trinità  de*  Munti  in  Roma  le  tre  fue  iingolai  iiTime  ftatue  »  diC9 
de*due  Lottatori»  del  VillaiK)  o  vogliamo  dire  dell'  Arrotino,  e  della  Ve^ 
nerina»  a  cagione  dell' infinito  numero  di  giovani  ftudiofi  dell*  arti  noflre', 
che,  e  di  quella  patria  e  foreftieri»  delcontinovo  vi  concorreva  per  dilè^ 
gnarle»  modellarle»  e  più  di  ogni  altra  la  Venere»  la  cui  rara  bellezza efpo<» 
fta  quivi  benignamence  ad  uiilica  de'profeflori»  era  bene  fpefib  con  parola 
e  con  getti»  da' più  fcorretti  abuiata»  deliberò  di  torla  via  da  quel  luogo^ 
ed  a  Firenze  infieme  coli'  altre  farla  portare:  e  di  tutto  efequire  fu  data 
(ncumbenza  a  Paolo  Falconieri»  fuo  primo  Gentiluomo  della  .Camera»  che 
ini^el  tempo  appunto  trovayafi  in  Roma.  Diedefi  il  cafo,  che  il  noftro 
artefice»  che  per  lungo  fpazio  fé  n'  era  fiato  lontano  dalla  patriai  defideraflè  di 
portai  fi  un  poco  a  rivederla:  la  qual  cofa  avendo  ìntefa  il  Falconieri»  fi  vai» 
fé  dell' occafione^  ed  avendone  prima  tenuto  negozio  col  Granduca»  per* 
fuafe  il  Ferrata  a  pafiar  per  Firenze t e  quivi  fermarli»  per  trovarfi  prefente 
alla  fcafiatura  delle  mcdefime  »  già  fiate  inviate  per  mare  a  Livorno:  ed 
ancora  pei  raccomodarle  con  alcuni  piccolifiimi  pezzetti ,  che  loro  mali- 
ca vano.  Pervennero  a  Livorno  le  ftatue  :  e  da  Livorno  per  lo  fiume  d' Ar^ 
no  furono  a  Fi»enze  trafportate,  ove  ^ià  era  giunto  lo  fcultore»  a  cui  era 
fiata  afiègnata  per  ailosgio»  a  fpefe  del  Granduca  1  una  cafa  in  via  Maggio^ 
accanto  a  quella»  ch^  la  di  Moaaù  Giufio  Subtermans»  dalla  parte  di  verfo 

al  ponte  • 


512     Decemt.  V.  deUa  ParL  I.  dei  Sic.  V.  dal  i  ^40.  al  1 6^9« 

ti  ponte.  Quivi  fìiròno  fqifitce  te  ftiiiie  $  ed  a  oigiotit  deirtccmtoesai 
del  Falconieri ,  trovate  ben  cuftodite;  on^  il  Ferrata  potè  fobito  appli-^ 
card  alla  loro  reftaur azione .  Alla  Venerina  rifece  alcune  dita  delle  manit 
al  Villano  certi  piccoli  pezzetti  di  panno»  che  gli  mancavano  dietro  alle 
ioalle:  ed  «'Lottatori  accomodò  qualche  piccolo  peno.  In  quefta  opera- 
zione fi  Valfe  alquanto  di  Giovambatìfta  Foggini  »  di  Carlo  MarcelUni,  e  di 
un  reftauratore ,  che  egli  aveva  (eco  condotto  di  Roma .  Ma  la  cofa  non 
jfinì  qui  ;  perchè  lo  fieflb  Falconieri  perfuafe  il  Granduca  a  valerli  della 
congiuntura  »  per  far  reftaurare  molte  antichifiime  ftatue  di  Galleria  •  cho 
nel  paflato  fecolo  »  e  poco  dopo,  erano  fiate  acconce  di  cattiva  maniera; 
onde  fu  neceflàrio,  che  ad  Ercole,  fatto  partire  di  via  Maggio»  fofleroda* 
te  lUnze  in  Palazzo  Vecchio»  affine  di  potere  per  lo  cavalcavia»  che  da  cflb 
Palazzo  porca  in  Galleria,  condurli  ad  ogni  ora  al  luogo  del  lavoro  :  lo  che 
fatto»  potè  il  Ferrata  applicarfi  di  tutto  propofito:  e  cosi  molte  di  efle  Aa- 
tue  reiiaurò  •  Avvenne  un  giorno,  che  egli  poneflTe  mano  a  raccomodare 
una  certa  Venere»  alquanto  maggiore  del  naturale»  che  per  quanto  teneva 
dell'antico»  che  era  tutta  la  figura  meno  la  teda»  le  braccia  ed  i  piedi  col 
cominciamento  delle  gambe,  fi  faceva  conofcere  per  ut. a  delle  più  fquì6te 
figure  »  che  fi  veggono  oggi  fra  sii  avanzi  dì  quegli  antichiflTimi  tempi  ;  ma 
ai  male  raccomodata»  che  non  ui  maraviglia,  che  chi  per  un  corfi>  di  più 
di  fettant' anni  aveva  pafleggiata  la  Caloria,  dopo  che  qui  ne  fu  fatto 
atfquifto ,  aveflè  dato  d'occhio  a  quello  per  altro  fingolariflimb  teforo .  Era 
la  moderna  teda  poco  nobilmente  arieggiata,  con  lungo  collo»  e  cnale  ia« 
fieme:  le  braccia  e  i  piedi  mal  proporzionati»  ed  appiccati  per  modo  »  che 
occupavano  la  parte  più  bella  deir  antico  »  onde  allorché  ella  rìmafe  fen* 
za  quelle  principaliuime  parti  mal  fatte  •  comparve  più  vaga  air  occhio 
dell'artefice.*  il  quale  volendo  accomodare  alcuni  panni»  incominciò  a 
penfar  fra  fé  fiefiò»  fé  a  forte  e(H  rifcontraflero»  ficcome  gli  pareva,  con 
Un  geflb»  che  egli  fi  ricordava  di  aver  fra  gli  altri  nella  fua  danza  di  Roma» 
il  quale  dicevafi  fofle  formato  fopra  V  amica  ftatua  della  belliflima  Venere 
di  Belvedere:  e  parendogli  pure»  che  ah  prefe  efpédiente  di  ordinare  ai 
fboi  di  Roma»  che  dello  fieUb  geflb»  che  non  moftravapiù^  che  un  pan- 
no» é  certa  poca  parte  del  corpo»  gli  fofle  mandato  un  difegno»/mcui 
fofle efattiflimamenterapprefentata ogni  minima  piegai  e  tanto  fuefegui-> 
to»  ed  avendolo  trovato  rifcontrare  appunto  air  antico  marmo,  una  mat- 
tina coU*  <)ccafione  che  il  Granduca  pel  corridore  fi  era  al  fuo  foUto  por* 
tato  in  Galleria»  per  vedere  operare  queimae{tri,diedeglii  primi  fentori  di 
qoeiia  jioyità .  Subito  fu  ordinato»  che  da  Roma  fofle  portato  a  Firenze  il 
geflb  m'edefimo;  e  fu  fatto»  e  fi  riconobbe  eflièr  veramente  il  géflò,  flato  ca- 
vato dalia  forma  *  fatta  fopra  la  medefima  ftatua  :  e  fu  conclufo,  quella  effe- 
re  veramente r  ficcome  in^ verità  era»  la  famofa  ftatua  della  Venere,  efetta 
di  Belvedere  :  ed  efler  quel  pezzo  (lato  formato  dalla  medefima ,  ficcome 
atteftava  Io  fteflb  Ferrata»  per  teftimonianza  avuta  da  alcuni  vecchj,  che 
«flèrmavano  eflere  il  geflb  quello  fteflb ,  che  già  trovavafi  in  Belvedere  nel 
tempo,  ch'e' v'era  pure  la  Venere»  e  che  fopra  quella  foflTe flato  formato. 
A  quefta  iingoleriflima  figura  dunque  il  Aoflro  artefice»  tolte  le  vecchie 

reftaura- 


ERCOLE     FERRATA.        sn 

feft*|iniioni»  rifece  la  tefia  »  le  breccia  intere»  ed  i  piedi  col  comincia^ 
meato  della  |(amba  col  peiio  di  fHiiiiio»  che  mancava,  il  quale  fece  gra« 
ziofamence  rigirare  iopra  le  braccia-»  In  quello  lavoro  fi  fervi  di  Giovami 
bacilla  Foggini»  che  parcicolarmence  operò  fopra  i  capelli  della  ceda,  e  '1 
rimanente  conduce  da  fé  medesimo.  I^on  ebbe  già  effetto  lo  ftabiliménto 
dello  fcultore  in  Firenze,  per  accomodare  l'altre  ftatue;  perchè  lafciatofi; 
portare  dalla  (ollecitudine  di  dar  line  in  Roma  alle  figure  per  la  Fontane 
di  Portogallo»  quando  altri  meno  fèlpenfava,  chiefe  licenza,  e  T ottenne: 
e  coaì  ricompeniàto  dal  Granduca,  fraeflo  e  i  fuoi,  con  ibmma  di  danaro  t 
che  giunfe  in  tutto  a  novecento  ducati  »  fi  parti  alla  volta  di  Roma.  Non 
faprei  io  già  dire  .quanto  e*  fi  trovafle  dipoi  contento  dell' eflerfi  coaì  d*  im« 
provvilb  partito  da  Firenze,  lafciando  il  già  intraprefo  lavoro  della  reftau*< 
razione;  perchè  ripaflando  poi  dopo  un  anno,  di  viaggio  verfo  la  patria»: 
fece  intendere,  che  volentieri  avrebbe  al  fuo  ritorno  prefa  a  finire  rinco- 
minciata &tica:  e  la  rìfpofta,  che  fu  data  per  mezzo  del  Foggini,  fi  fa? 
che  e^li  andafle  pure  a  fuo  viaggio,  perchè  al  fuò  ritorno  fareUiefi  jpeiifa- 
to  a  ciò  che  fofTe  piaciuto  di  fare,  il  Penata  non  fi  acquietò,  ma  lece  di 
nuovo,  per  mezzo  del  Foggiai ,  penetrare  fuo  defiderio  di  definitiva  rifpo» 
Ila,  perchè  in  cafo,  eh' e' non  doveflfe  impiegarfi  qua,  difegnava  nel  ritor* 
no  pigliar  la  itrada  della  Santa  Cafa  ;  ma  a  tale  nuova  propofizione  non  fu  da- 
ta rifpofta,  fé  non  che,  partito  eh* e* fu  di  Firenze»  fu  ordinato  al  Foggini 
lo  fcrivergli,  che  oua  non  fi  voleva  efler  d'  impedimento  alle  fue  delibe* 
berazioni^  che  pero  feguitafle  pure  fuo  viaggio  di  Loreto,  o  altro,  che  gli 
fo/fe  più  aggrado:  e  qui  ebbe  fine  il  negozio  della  reftaurazione • 

Aveva  il  noftro  aitefice  avuto  ordine  di  Roma  di  fare  la  grande  ftatua^ 
d'Innocenzio  X   che  dovea  (ituarfi  fopra  il  fuo  fepolcro  in  Santa  \A^nefa: 
e  già  avevane  fatto  un  bel  modello;  quando  il  Principe  Panfilio  venne  in 
parere p  che  per  eflere  Ercole  ornai  in  età  molto  avanzato,  non  fofle  per* 
condurla  a  fine,  che  però  non  volle,  ch^e'poneflè  mano  ai  marmo;  di  che 
egli  fi  rimafe  con  gran  difgufto.  che  fé  gli  converta  poi  in  allegrezza,  quan- 
do eflendogli  ftaca  data  a  fare  la  (tatua  di  Clemente  X.  egli,  mercè  della  in«» 
defelVa  applicazione  al  lavoro,  che  fu  fempre  fua  folita,  tuttoché  carico  di 
più  di  fi:ttant'  anni ,  diedéfa  in  pochiffimt  mefi  finita  ;  mentre  il  marmo 
per  la  llatua  d^  Innocenzio ,  infieme  col  bel  modello,  fi  rimafe  nella  lua  danza» 
non  fenza  diipiacere  del  Principe >  a  cui  parve  di  avere  temuto,  ove  timor 
non  era ,  e  con  ciò  aver  perduta  i'  occafione  di  aver  queir  opera  di  fua  mano  • 

I  Ma  non  folamente  la  mano  del  Ferrata  valfc  fopra  T età , che  detta  abbiamo» 

t  condurre  la  ftatua  di  Clemente^  ma  altre  molte  ne  intagliò  poi  ne' pochi' 

1  anni,  chee'fopravvifle.  Tali  furono,  in  un  medaglione  retto  da  due  Aia^: 
geli,  il  ritratto,  di  uno  della  famiglia  del  Corno,  che  per  ornamento  del 
tuo  (epolcro ,  fu  pofto  nel  Gesù  Maria ,  a  man  finiftra  entrando  :  vi  è  la  fi-  : 
gura  del  Tempo,  e  da  i  lati  alcuni  Angeletti,  11  Tempo  e '1  Ritratto  fono- 
di  tu  ta  fua  mano;  ed  il  rimanente  condulTe  coli*  ajuto  di  un  tal  Francè** 
£co  Lombado,  giovane  tanto  ftudiofo  dell*  arie,  che  per  foverchio  fa^. 
ticare»  per  giugnere^  al  più  perfetto,  di  male  di  tifico,  dopo  pochi  me& 
^iede  fiiiC  ai  viver  luo,  lafciando  imperfetta  una  pella  itocua  di  Santa  Ana^ 

ftafia» 


^24    Decehn.  V.  della  Part.  l  de!  See.  V.  dal  i  ^40.  «/ 1 650. 


fiafia^  alla  quale  poi  Ercole  diede  oottipniiento  di  Taa  mano:  e  vedeGDm 
Recare  in  bella  atcitudine  fotco  V  Aktr  maggiore  della  Chieia  della  mt 
banca .  Scolpi  in  oltre  la  ftacua  di  un  Santo  Antonio  Abate»  figura  qmn* 
tb  il  naturale,  che  fu  mandata  a  Marino  e  una  Santa  Elifabecta  Regiradi 
Ungheria t  finu  fopra  nutrole»  e  vi  fono  molti  putti,  in  atto  di  tener  le 
boife  del  danaro,  il  pane  ed  altro  per  rapprefentare  la  fua  carità  verfoi 
poveri,  vi  fon  tefte  di  Cherubini,  e  due  Angeli  grandi .  E  tutte  quelle 
^ure  condotte  dui  Ferrata,  con  tutta  diligeva  trasportate  in  Vratisltvii, 
forano  accomodate  per  entro  una  nobile  Cappella  dei  Cai  dinaie  Langnv». 
Dì  più  fece  in  quefta  età  un  bel  putto,  cioè  un  Ercolino,  fedente  in  cuibiìo 
atto  di  ftrappare  un  ferpence;  e  jqueftofu  portato  a  Venesta .  Una  Lotta  di 
due  putti  fece  pure  per  Venezia,  che  alla  fua  morte  rimafe  del  tutto  finiti 
nella  iua  (lan28  :  iìccome  ancora  un  bel  ritratto  del  Cardinale  Aldenno 
Cybò^  il  quale  egli  fi  era  applicato  a  condurre  con  grand*  amore f  a»  ri- 
mafe {blamente  uibbiato . 

Era  finalmente  giunto  V  anno  1685.  quando  nella  cittì  di  Roma,  ^ 
jOgm  profeflbre  di  fcultura,  incominciarono  a  Icemare  a  gran  fcgno  ^che 
che  fé  ne  fofi&  la  cagione  )  le  occafioni  de' lavori  :  e'i  Ferrata,  come  qu^ 
gli ,  che  avvezzo  era  ad  operar  da  mattina  fino  a  notte ,  e  coiue  noi  dir 
fogliamo,  ad  affogare  fempre  nelle  opere  grandi ,  erafi  ridotto  a  non  tv^ 
rem  fua  fianza  altro  marmo»  che  quello  del  ritratto  del  CaidtntlCybò, 
di  cui  poc'anzi  facemmo  menzione  ;  onde  egli  cadde  in  una  tale  malinconia, 
cong  unta  ad  uno  intenfo  dolore,  che  fempre  lo  premeva  di  avere  perp 
ca  confiderazione  perduta  la  fervitù  col  Qianduca  ;  che  cominciò  appoco 
appoco  a  fcapitare  di  forze  e  di  fanità:  le  quali  cofe  accompagnate  dal  pe- 
fo  degli  anni,  fecero  per  modo,  che  egli  aflaiito  da  febbre,  in  quindici 
gìortii  opoco  più,  diede  fine  a'  fuoi  giorni,  accompagnato  da  i  Santiffiot 
Sacramenti,  afliftitoda  ì  Padri  della  Congregazione  dell' Oratorio,  e  tutto 
xafl'egnato  in  Dio,  il  quale  egli  in  tutto  il  corfo  di  fua  vita  aveaconfflo* 
do  particolare  fempre  temuto:  e  nella  Chiefa  di  fua  nazione  di  San  Drlo 
ai  Corfo  ebbe  onorata  fepoltura,  fotto  una  lapida  di  marmo,  col  nmct 
memoria  di  lui.  Reliarono  alla  fua  morte,  per  quanto  fu  comune  fenten- 


un 

delli 

che  fi  trovavalìo  appreflb  di  lui  alla  fua  morte  »  e  parte  dell*  Accademia  di 
Santo  Luca,  perche  doveflèro  fervire  per  ajuto  de'  giovani  (ludenti,  Uo 
beliiffimo  modello  di  terra  corta  di  mano  dell' A  Igardi,  rapprefentaate  on 
Santo'della  Religione  Francefcana,  ebbe  il  Granduca:  un  putto  di  mariDO 
dello  fteflb  Algardi,  pure  di  terracotta,  in  atto  di  volare,  di  proporzio- 
ne aflài  grande ,  ebbe  Ciro  Ferri  ;  e  Carlo  Matatta  un  ritratto  di  un  Ctr- 
diiiale,£sit co  della  (leflà  materia  e  dal  medefimo  Algardi.  Un  belliflimo  ma* 
cidlo#  in  «piccola  proporzione,  di  terra  cottaravev^fiittoil  Ferrata  dalla 
maraviglìofa  tavola  dclF  Attila  di  San  Pietro ,  il  quale  eébndo  fiato  forma- 
to, fu  gettato  iiì  argento»  per  mandarfi  fuori  d' Italia;  e  veggohfenean- 
dare.attorno  getti  di  cera  1  pec  ìiUidio  de* pf ofafiori  deir  arte .  Ma-per  dire 
«  :  .  alcuna 


E  ItCOSE^  ^ E£Rll  STA.  :.     ^25 


•kvna  C0&,  generalmence  di  qncSb ^ftefice  t  vogliamo  che  ita  noiOf  che 
quaiKuo^iie  «gli  av«(&,aiolfio  operaco  prima  di  porca rfi  a  Roma;  comuc« 
tQciò  npn  può  dirfi,  che  egli  avefle  pwTafo  il  fegno  di  uomo  di  ordinarki  , 
valore;  ma  avendo  dato  alle  mani  dbir  Algardi  in  tempo  apputuo,  che 
egli  operarva,  fopra  la  tavola  dell'Actila*  che  eflendofi  meUb  tardi  a  lavorai 
;e  il  marmo,  «come  ognun  la*  coaiamente  fi  accomoda  va.  a  quella  fatica:  e 
{lel  f^rlo  alquanto  llentava»  fattofi-allo  fieflb  Algardi  conofcere  per  gran 
Ieratico  dello  fcarpelIo«  ed  ancora  per  un  buono  imitatore  de' modelli  t  ne 
Ricavò. tanco  di  affezione  e  d' impieghi,  che  egli  poi  divenne  quel  buono 
trtence ,  che  ha  veduto  l'età  noftra .  Fra  le  cofe  condotte  da  lui ,  fi  Ai-* 
mano  perfectilTime  (fra  V  altre  che  di  Còpra  abbiamo  nominate)  la  ftatua 
delta  Fede  in  San  Giovanni  de' Fiorentini:  la  Santa  Caterina  da  Siena  nella 
Cappella  de' Ghigi  nel  Duomo  di  Siena.*  il  Santo  Andrea  d*  Avellino  nella 
facciata  di  Santo  Andrea  della  Valle,  fiitii  di  Trevertino  ;  il  Putto  nella  culla  j 
cheftrappa  il  ferpe*  che  fu  mandato  a  Venezia  ;  un  Putto,  in  atto  di  fve« 
gliarfi  dal  fonno,  con  una  mano  agli  occhj  »  e  l'altra  pofa  Copra  una  coCcia  » 
fatto  per  Don  Agoftino  Ghigi;  e  quafi  tutti  i  Ritratti,  che  fece  mai,  aven« 
^o  avuto  in  quelli  genio  e  talento  partìcolariffimo .  Fu  unico  nel  reilaura« 
re,  e  gran  pratica  ebbe  nel  lavorare  il  marmo .  Neil* invenzione  non  ebbe 
gran  felicità;  maconoCcendo  egli  inqueftoii  Cuo debole,  proccurò di  f up» 
plire  a  tal  difetto,  con  far  fare  per  apertura  della  propria  mente  a' Cuoi  gio  ^ 
vani  per  ogni  opera  invenzioni  diverCe,  alle  quali  egli  poi  togliendoli  dt-^ 
fettofo  o  cattivo,  e  l'ottimo  aggi ugnendo, dava  compimento  di  tuo  gufto  i 
Non  ebbe  forfè  nei  Cuo  tempo  altro  eguale  in  dar  giudizio  dell*  antiche 
ftatpe,  enon  Colo  neir  intenderle,  ma  eziandio  nell' imitarne  il  meglio: 
e  quantuncjue  egli  non  avelie  avuta  da  natura  gran  ielicità  nello  Cpiegare 
colla  voce  1  propri  concetti;  nondimeno,  quando  entra  va  a  parlare  delle 
fuerefleifioni  Copra  particolare  eccellenza  riconolbiuta  in  alcuna  di  efie» 
profferiva,!  Cuoi  Cenucon  tanca  chiarezza,  e  Ccoprìva  sì  bei  precetti,  che 
era  di  grande  ammaedramento  a*  Cuoi  diCcepoli .  Fu  allegro  nella  coiiver* 
ia/ìone;  ma  talvolta  poco  grato;  conciofliacoCachè  ,  egli  non  avefle  gran 
ielicità  in  accomodarli  cogli  altri  a  Copportare  qual  fi  fode  minimo  difagio: 
e  talora  fi  ficefie  conoCcere  per  troppo  permaloCo ,  laCciandofi  per  piccole 
cagione  pigliare  da  collera,  la  quale  però  in  breve  tempo  fi  acquetava. 
Il  defiderio  del  guadagno .  che  in  lui  fu  non  poco ,  talvolta  alquanto  gli 
nocque  air  acquilo  di  maggiori  occafioni  di  operare,  e  talvolta  molto  ii 
divertì  ad  applicare  a  coCe  non  proprie  di  Ino  meftiero,  come  fu  ad  inte-^ 
reflarfi  in  una  (èmenta  in  campagna  di  Roma  Copra  gran  tenuu  di  terre* 
ho,  nella  quale  impreCa  non  poco  capitale  difiipò,  ingannato  da  certe  vi«\ 
lifiitne  perCone,  che  parte  colla  Cperanza  del  guadagno,  e  parte  col  donoi* 
fattogli  di  un  belo  archibulb  per  uCo  della  caccia,  alla  quale  egli  fu  Cem«* 
preCoprammodo affezionato,  dopo  avergli  cavato  di  mano,  a  titolo dMm» 
predo»  /lon  poco  danaro»  fu  da'  medefimi,  con  molto  Cuo  danno,  in  tal 
faccenda  introdotto.  Ebbe  moki  diCcepoli  nell'arte  .  Il  primo  fu  Melchior 
Cai4  MalteCe  »  ciie  riufcì  ìnfigne  modellatore:  ed  oltre  ali*  avere  aiutato  al* 

maefiro#    ^ 


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5i€     DecmH.  V.  della  Péri,  l  ddSèc.  V.  dal  i  (^40.  al  1 6^0. 

tmcùxo^  condnfle  molte  opefeJcdttl0fiiti  TM  foprofic:  Om  6inttCi« 
urina  da  Siena»  con  timo  rilievo» jptf  1f  Chiefii  d»  Santa Caterini  di  Moa« 
ce  Magnanapolì:  la  ftatot  di  San  Tommafodi  Villanuóva»  ckà  è  inSanto 
Sgottino  •  U  quale  alla  morte  dell^artcAca  rtmaCe  imperfetta  »  e  dal  Femu  h 
finirai,  il  Samo  Buftachio»  co' figliuoli  dati  in  preda  a' leoni  »  perUChielì 
diS»  Agneia»  finiti  pure  dai  maafiro»  avendo  il  CaAfiitti  tutti  i  iDodeHi,« 
terminata  di  tutto  punto  la  ftatoa  del  Santo  ;  ma  pili  che  ogni  alorabellafui 
opera  fu  (limata  la  ftatua  delia  Santa *Rofa»  che  fa  mandata  nella  città  di  Li* 
ma  ntl  Perù .  patria  della  Sanca .  Viaggiò  a  Malta ,  chiamato  dal  paflatoGna 
Maeftco»  per  ricever  gii  ordini  per  £irc  il  Battefimo  di  Gevìi  Criflo,  dJ09 
la  figuia  del  Signore  e  di  San  Giovambatifta »  di  tutto  rilievo»  per  poifir 
r opere  in  Roma;  ma  dopo  averne  condotti  i  modelli  in  piccolo  ed  io 

f rande»  fini  di  vivere:  e  fino  a  queifanno  veggoufi  gi'iftelfi  modelli  ncili 
ondei  ia  di  San  Pietro .  Reilò  ancora  alla  fua  morte  un  bel  modello  dd 
ritratto  di  Alefiandro  VII.  che  era  fervito  per  getto  di  metallo ,  cte  ri* 
mafe  in  cafa  Ghigi»  del  qoal  modello  dicefi  eiferne  dipoi  formati  e  gstts- 
ti  altri  molti:  e  veramente  r  fé  morte  in  età  troppo  immatura  ^^p)o 
toglieva  al  mondo»  gran  cofe  averebbe  egli  fatte  vedere  con  fui  vinti; 
conciofoflècofachè  foUè  coftatite  opinione  d«gli  ottimi  profeflbri»  che  egli 
modellafie  al  pari  dell^Algardi,  ed  in  alcune  colè  forie  meglio.  Fu  nel- 
rinyenure  e  difegnaie  braviffimo;  ma  nel  lavorare  il  marmo  ebbetiN* 
ta  bifogno  dell*afliitenza  del  maeftro»  perchè  pel  grande  fpirito,  col  qutk 
operava»  avrebbe  voluto  il  tutto  finire  in  un  lol  colpo»  ondeavea  bifogno 
di  qualche  ritegno  per  non  errare .  Seguì  la  morce  di  quefto  valente  gio« 
vane  nella  lua  età  di  trent'anni  in  circa.  Fu  anche  difcepolodel  Ferrici 
Filippo  Carcani  Romano»  che  avendo  fatti  i  primi  ftudj  del dif  gno  iip* 
preilb  Fabio.  Criftofani  Pittore,  che  anche  operava  in  San  Pietro  di  mu' 
laico;  pervenuto  in  età  di  quindici  anni  fi  portò  alla  ftanza  del  ftoAroiT' 
tefice;  ha  operato  molto  di  ^ucco  e  di  marmo  nella  città  di  Romi,  o^a 
viveal  prefenie  accafato .  Fece  la  (tatua  della  Carità  »  che  è  helltMiner- 
tra»  compagna  della  Fede»  fcolpita  da  Michel  Maglia  fopra  il  (tfcktodcl 
Cardinal  Bonelli  :  dove  anche  fi^vede  una  figura»  rapprelentante  rEtern  ci 
di  roano  del  Ferrata;  ed  una  medaglia  col  ritratto  di  bronzo  delCirdni- 
le,  fatto  pure  con  fuo  modello;  Monsù  Michele  Maglia  foprannoffiinito, 
che  avendo  per  qualche  tempo  attefo  ad  intagliare  piccole  figure  d'avonoi 
per  mezzo  di  un  tuo  paefitno  amico  dell'Algardi  »  ottenne  d'eflere  dal  medefi- 
mo  pofto  apprefib  di  Ercole  :  e  molto  ha  ancora  egli  operato  di  (lacchi  e  <ii 
marmo:  ha  condotta  con  fuo  fcarpello  la  foprannotata  ftatua  delia  ^ede: 
un  San  Pietro  in  Araceli  »  con  al  uni  Angeli  :  un  depofico  nel  Gesù  Min^i 
ed  altre  figure  ha. fatto  ibmmamente  lodate:  e  nella  fontana  per  Portogli* 
lo  ha  operato  molto t  eflèndo  egli  veramente  uomo  di  ottimo  goffo  nel- 
Tarte  fua-  Giufeppe  Mazzuoli,  figliuolo  del  Capo  maeftrodi  Siena,  efieji'* 
do^li  fiato  raccomandato  da  Monlignor  de*  Vccch) ,  fece  appreflb  di  <u| 
molto  profitto:  poi  accomodato  col  Bernino,  gli  lo  in  a|uto  Ibpra  uni  ài 
quelle  ftatue  del  Depofito  di  Papa  Aleflandro  VII.  Carlo  MarceliiB|  Fio- 
rentino »  che  al  prefente  opera  in  patria  »  con  si  buona  difpoiizione  ali'D  tei 

che 


>  .'-. 


ERCOLE     f  ERRATA.  $ii 


die^mitACO  tvoIcì  unto  h\  ma  di  lui  parfervmo  in  altro  Ittoga.  GitiMid» 
bactfta Foggiai»  pure  Fiorencino»  trovandoG  aflai  bene  inftructo  in  tutto 
cib.  ctie  a  dife^no  appartiene  »  fotto  la  direzione  di  Jacopo  Maria  Foggiai 
filo  9Ìo#  intf^liacore  ingegnofo»  in  iegqo  e  in  marmo»  avendo  fatte  ptii* 
opere  ^on  Ìuo  fcarpelio,  died^  s)  gran  faggi  dt  f^  e;  di  fuo  futuro  avanti*' 
meato  neir  arre»  che  il  Sereniamo  Granduca  promettendoti  di  lui^uellm 
graji  riufcita»  che  egli  ha  fatto  »  poi  mandatolo  a  Roma»  ove  per  atranta 
i^vca  mandaro  ancheii  Marceilini»  volte»  che  nella  danza»  e  fotto  Iji  dine* 
zidne  del  Ferrata  fi  cratteneflef  ficcpme  fece  per  lo  fpaziodi  ben  tre  anni. 
Nèè  qu)  luogo  adire,  quali  e  quanti  furono  gii  ftud)  »  che  egli»  fpdàto  dat 
Granduca  »  fece  nellacictà  di  Roma  »  in  Difcgno  »  Scultura  ed  Architettiira; 
mentre  k  opere  »  che  egli  ha  fatte  poi  tornato  alla  patria  »  e  che  fa  tutCavia  » 
aflai  chiarameace  lo  dimoftrai  *o;  e  daranno  gran  materia  a  noi  di  parbrne  ft; 
iuo  luogo  con  modo  particolare.  Dir6  folo,  che  eflèndofi  egli ,  fino  aque^ 
fto  prelence  cempo ,  guadagnalo  appreflb  il  Padron  Sereniffimo  non  pòco 
favore»  già  ha  confegutta,  per  ifpecule  grazia  di  :Sua  Altezza»  Tabitazionc 
della  cafa  pofta  in  Plinti»  {olita  concederfi  al  primo  Scultore  della  Sere ai0i* 
ma  Cafa»  aflegnau  già  al  celebre  Gio.  Bologna  da  Oovai  »  e  poi  a  Pietro 
Tacca»  che  gli  fuccedc  in  quel  pofto*  Francefco  Ciaminghi  Fiorentino» 
ebbe  per  dodici  anni  la  fcuola  dal  Ferrata.  Fra  le  altre  Jue  opere»  è  una. 
bella  flatua  di  marmo»  dgurata  per  Ja  Clemenza»  la  quale  nel  più  bello  de'; 
fuoi  (ludj  mandò  di  Roir.a  a  Firenze  al  Granduca»  e  doverà  aver  luogo  nel 
Real  Palazzo.  Vive  oggi  in  patria,  operando  bravamente  di  figure  d^at* 
gento.  Giufcppe  Piamoncini  Fiorentino»  che  dopo  avere  ftudiato  in  Fi-' 
r^n^e  dal  Foggiai  •  è  flato  cinque  anni  collo  UefloFerrau.^  Quefti  avendo 
nel  fuo  primo  anno  fatto  un  modello  a  concorrenza  degli  altri  giovani  a* 
Santo  Luca-»  ne  riportò  il  primo  premio*  Venuto  poi  a  Firenze  richiama* 
to  dal  Granduca,  che  a  proprie  Ipetcficco^ie  tutti  gli  altri  ibpraiuiomi* 
nati  giovani  Fiorentini ,  lo  teneva  colà  a  Qudiare»e  dal  medefimo  provviOo- 
nato  t  ha  condotte  molte  beile  cofe  »  e  fra  V  altre  la  figura  di  un  Crifto  mor* 
to»  intagliata  in  alabaftro»  alla  quale  ha  Sua  Altezza  fatto  dar  luogo  fotto 
r  Altare  di  fua  privata  Cappella.  Ha  fatta  la  (tatua  di  marmo,  maggiore  det 
naturale»  che  rapprcfenta  la  figura  del  San  Giovambatifla  predicante»  che 
è  (lata  fituau  nel  Tempio  di  San  Giovanni  fopra  il  Battifterio»(lato  ultima- 
mente  tramutato  dal  luogo» ove  era  ftatoper  cent* anni  in  circa,  dico  lino 
dal  tempo,  che  egli  fu  tolto  via  dal  mezzo  di  elfo  Tempio,  ftatovi  per  pi^' 
lecoli  »  tramutato»  dico,  dal  luogo  poco  dittante  alla  porta  di  mezzo  »  a  mano 
iinidra  entrando,  e  pofto  pure  da  man  linidra»  entrando  dalla  porta  late* 
rale»  che  rifponde  rimpetto  al  Bigallo;  eflendofi  a  tale  effetto  levata  la  bella 
(tatua  della  Santa  Maria  Maddalena  Penitente»  lavorata  in  legno  dal  celebre  ' 
Donatello,  ed  in  altro  luogo  dell*  Opera  di  detto  Tempio  fituaca»  Ha  in 
oltre  il  Piamontini  fatti  pel  Sereniilimo  Principe  Ferdinando  di  Tofcina 
quattro  bellillimi  bu(ìi  di  femmine»  vagamente  ornate  d*  acconciature  6' 
panoìcelli  graziofilRmi     Ha  reftaurate  più  ftatue;  ed  ha  in  Roma  di  fua; 
mano  un  gran  modello  di  un  Giove  fopra  un'Aquila  $  in  atto  di  comandare  • 

Ma  del 


5^8     DgcMn.Kdeffa  Vàtt.  ì.  del'Sei,  V,  iati  S40.  */ 1  (Jyo. 

.  Ma  def-Pìamoncini  ancora  'diremo  poco  »  rifervandboì  «  dltne'qndto  t  fìn» 
luogo  e  tempo.  Anton  Francelco  Andreozzi  Fiorentino,  che  dupo  ave- 
re ftudiato  dal  Ferrata  il  lavorare  ih  marmo.  G  è  applicato  agli  (lacchi, e  al 
prefence  fla  appreflb  al  Foggiai .  Son'open  di  fua  mano  Ì  putti  della  Gal- 
leria del  Marchefe  Ricoirai,  dipinta  da  Giordano:  e  quegli  eziandio.'  chtt 
•domano  un  portone  della  loggia  terrena  nelPalazzo  delk>  ftefTo  Marchete: 
ed  ail'  occorrenzii  opera  di  marmo  e  di  ftucchì  >  con  lode  degl'  <ntt-ndenti 
dell'arte.  Gio.  GatnmilloCateni,  d^po  avere  tre  anni  ftudiato  djlbfteflb 
maeftro .  poftolì  a  ftare  col  Foggìni  lavora  di  marmo  e  modella  con  baona 
fi'anchezza,  dando  aperti  frgm  di  dover  fare  in  queA'  arte  bonilfiaia  rni- 
Icìta.  Gìuleppe  uiman  Milanefe  riufcl  sì  bravo  nel  modellare,  che  ir 
pochi  med  modellò  tutte  le  opere  delmaeftro,  fpaife  per  la  città  di  Roma, 
non  purequefte.  ma  eziandio  tutte  le  bozzette  e  tnodelii  de)  Tuo  flodio; 
e  oggi  nella  Icultura  h  figura  di  gran  maeftru  nella  città  di  Milano .  Opera 
ancora  aliai  bene  in  Roma  un'  altro  difcepolo  del  Ferrata,  dico  Lorenzo 
Loitone,  detto  Lorenzone.  Similmente  Pietro  Bslefìri  Sanefe,  detto  Pie- 
tniccìuiche  eflèndofi  prima  alquanto  trattenuto  col  Berniiio,  dette  poi  con 
Ercole  :  ed  ha  operato  sì  bene,  che  ha  meritato  di  eller  meflo  »'  fervigi 
della  Maefià  della  Regina  di  Svezia.  Vive  finalmente  in  Roma,  ^ìovanec* 
to  di  poca  età,  Pompeo  Moroni  Romano,  che  ne' Tuoi  principi  ha  mo- 
i!rato  tanu  bravura  neiro}>erare.  che  molto  promette  dì  fé  ftenb,  perve* 
nuto  che  egli  fia  in  età  pìu  matura . 


PIERFR  ANCESCO  SILVANI 

ARCHITETTO      FIORENTINO 

Difeepito  di  Gherardo  Silvani^  nato  1620.  •$•  1685. 

Ilerfrancefco  Silvani  Architetto  Fiorentino,  fu  figliuolo 
^  di  Gherardo  della  famiglia  de'Silv;)ni,  che  negli  antichi 
^  Catafti  di  noftra  Decima  trovati  delcritta  all'  ordinanza 
^  deVnobili  cittadini  di  quefia città,  abili  agli  onori  della 
I    Repubblica ,  defcendente  da  un  Silvauo  Notajo ,  ailìUente 
'    a' D(.cieti  della  Signorìa  nel  1468    canea,  che  pur  an- 
)  che  foltenne  iwl  1516.  Ser  Giovanni  di  lui  figliuolo  , 
^   e  che  poi  in  divertì  tempi  vedelì  congiunta  con  più  no- 
bili cafate  :  tali  fono  Ridolfì  ,  del  Giocondo,  Ciai,  Argenti  e  Salvetti  ; 
benché   nella  perfona  di  Francefco,  Avo  di  Fierfrancefco,  fitrcvafle, 
acagione  di  qualche  linìftro  incontro,  di  beni  di  foituna  alquanto  Iprov- 
vcduta .  Fu  adunque  il  natale  di  queflo  anetìce  neJl'aiUiu  i6io.  id  in  età 

crefci  uto , 


TJÉSVRAN€£3€0   SÙVAm.       J29 


tràTcfdtbt  éo^  tvtir^e  9ppre^  le  prftoe  lietcere»  fi  diede  a^i  ftó^  diarcHi^ 
tectQri, Sfotto  la  difciphnt  del  padre  1  c(ieper  efler»  come  diceaiaio  nello 
^otizte  d^Ila  Vita  di  lui  i  «dopenLtiffimo  nelU  noftrt  citxk  in  ógni  fotifi 
ai  nòbili filbbrìche,  f(otè  mhrttt  cohdoflò  a  datò  di  tantji  pratica , che  ^ 
ftafle  per  ricever  daif  opera  furtiofi  poòM^jilcr.  Ciò  fegid  plirticolaraien^ 
te  Snella  facciata  di  San  Mìchete  dagli  Antiiìori«  I4  cui  fronte  editata  poi 
ftdorhata^  colla  beli' Arme  del  già  SerenKliaro  Cardinal  Carter  d^.  MedixH^ 
tit>b)lmeAte  condotta  dagli  fcarp^iì  di  Cailò  Mar/cellihi.  Fu  àftresVin^ju^ 
to  del  padre  nella  carica  di  Architetto  dell*  Opera  di  Santa  Majia  del  Fip^ 
irer^ietrbpólttana  Fiorentina  ,'còntinttatafi  dopò  la  morte  dì  Ini  nello  ft^ 
forierfirancefcofuofiglmolo»  il  qualefra^Ie  altre  belle  fatiche /.fatte  in  mt^' 
Itti  tii;quella  Chìefi»  fi  aimoverir  ÌUve^ripaVaifo  àì^^ìt  pericolo,  in  chc^ 
Ù  trovava  la  lanterna  della  dippla  ;  dfi  aprirn»'  a'cagibne,  dèi  térribil  fulmi*^ 
tie  drdutovi  agli  anni  paffiiti  :  Jl  che'ftsce  coi  dgnarle!4^ èftrémità  della  tlie^ 
defitta  con  una  forte  catena:  e  fu< cagione»  trhe  effendovi  dopo  un  aiiniqr 
caduta  altra  faetta»  che  lo  ftefib  luogo  percolTe,  ove  per  avanti  la  prìms 
aveva  battuto  »  ella  del  tutto  non  ròvinafle  ;  ficcooie  al  cerco  faria  potuta 
feguire  fònza  tale  provvedimento  «  giacché  À  £itta  |u  la  forza*  del  feconda 
éòlpò;  che  j>oco  mancò ,-  che  la  catena  ftefla ,  poftavi  dal  Silvani  $  non  Ut 
fpezzafle  afiatto;  eflèndoii' però  rotta  per  mòdo,  che  a  pochidimo attenew 
Vali.-'  A  queflo  male  ppre  rimediò  l'ingegno  dèlP architetto,  col  ridurr^ 
€òri  grande -artifizio  per  via  di  ponti  la  catena  al  fuo  primo  vigore .  *  Jy^é^ 
Tanoi  Reverendi  Preti  della  Congregazione  dell'Oratorio' di  San  Filippa 
Nerit  fin  da  i  tempi  »  che  fu  a  Firenze  il  Cortona»  per  dipignere  le  regie! 


rrifpondente  magntfi* 
Cenza»  a  quella  annéflb»  per  lo  comodo  de'  loro  fpirituali  efercizj:  e  eia 
avevano  ^tto  fare  a  quel  rinomato  artefice  il  modello ,  ne  avevano  ancho 
getttta  la  prima  pietra  »  e  fattavi  alcuna  cofa  di  più  :  ed  in  oltre  avevana 
cominciato  a  far  cavare  ne*  monti  di  Fiefole  alcune  delle  fmiUirate  colon* 
ne»  che  dovevano  fervire  a  quella  gran  fabbricai  quando  venendo  in  co- 
gnizione, che  l'effettuare  il  difegno  del  Cortona»  e  per  lo  tempo  e  per  la 
fpefa  farebbe  giunto  a  legno  »  oltre  ogni  credere  ecciedentiflimo ,  delibera- 
rono di  deporne  il  jpenfiero.  Quindi  efiendo  Aati  .per  qualche  tempo  in' 
noti'  poca  perpleflita  »  Ce  fofie  luogo  o  nò  a  dar  principio  almeno  alla  fab« 
brica  dell^Oratorio;  finalmente  vivente  ancora  il  Reverendo  Padre  Fran-»' 
éèlco  Cerretani  nobll  Fiorentino,  che  iniii^me  colla  pia  memoria  del  Padre 
Pietro  Bini»  s'era  trovato  a  fondare  in  Firenze  eflà  Congregazione,  fotto 
gli  aufpicj  del  Sereniffimo  Granduca  Ferdinando  II.  fu  deliberato,  che  sì. 
Fallato  poi»  che  ffi  a  vita  migliore  11  -  Padre  Cerretani,  fu  mefTa  mano  aU 
r  opera  del  nuovo  Giratòrio  :  e  dei  n^ftro  Pieifirancefco  Silvani  fu  il  pen- 
fiero  di  farne  il  difegno  e  modellof  <  poi  di  efequirio'  nella  forma,  che 
oggi  fi  vede,  nondtj  t^tco  finito;  ma  eflendo  grande  affai,  non  lafcia 
però.il  fatto  fin  qui  di  fervire  a'  tadrit  e  per  Oratorio  e  per  Chìefa:  e  ve- 
donfi  dalla  fuO»  difuòri^edo  San  Fir«nzr  gli  attacchi  di  pilaltri  ed  altrot 

LI  •  '  -      *  '•  -   '•  chcdebh' 


t4  abuare  il  Monau^^^  fhe  fu  q«'  fnfp^ix>>  ?w^4f  <ìliedi^p<^4 191  n  pelo 
Jclla.puQVafal^^^^^^^         ^^?if.^ip^.qÌm  PfiFWlW  ^ 

Co^^Q,  c^alk  bandai|^^Btti?^,d:4xnp;^^  XP,^te '^8  «1  W?\X 

ootta  a  ragiopef 
pietra  fcanaìati 
>  parve  a*  Mqnaci  ^o^  euerp  ito^  ben  ppajau  «If  Wmziong;  Q^qfcffftn 
lao^ence  deh^r§roiaq  di  i)pp  pi^  cpnuf^^varl^  ^  oui.di  ^iliruggere  ^I  gi^ 

^  C(ò»  ed  ir^  quel  cambio  mipominciarj^  4^f^^>^  gf ìeiu  ^ìfl^iza  9^  gi^V  luo« 
go  9  la  qi:|ale  »  «encre  io  quelle  cpfe  tpriyp  »  9  T^f^Qn^^  4^Ì  ^ilegno  4el  Ce* 
ajfucit  e  qoli*  alBftpnza  di  ÀntóiiiqTèrri»  c^lìg^i^te  Archi(;ectp,  èrgiàfilM* 
U  e  cfii^erca,;  a  rifervxdei)a  CpppU»  che  non  e  fingor^  cpmwipia»  (i)t 
9  cpU'  aimlenfa  di  emonio  Ferri,  iefts^ndp  (pio  ^  &r^  i  larari^ dìu  mifia* 
ti  aell'  in€eric)r  parte  della  Cbiefa  gi^  terminata  (r)  ;  l^u  anpge  fli^eSqo  di 
l^ierfrapcefpo,  e  da.  lui flefloefeguicb,  quello  àc\\^ Cappella. di IS.  Ajidrea 
(ilpriiqi  nel  (Ji|nntpe«  Pél  l4archefe  Bartplpqaiyièo  della  tteJTa  nol^ililpma  fa« 
9)ìglia  c|e'  Corfini»  fece  con  proprio  mcMdello  ed  affiftenz^i»  }a  beUì0ifna  fcala 
f  chiocciola  liei  fuo  Filano  di  rarione.  RimodprjQo,  abballi  ed  accrebbe 
U  Falaazo  del  Conte;  Bernardo  Pecori,  appiè  del  ponte  alla  Carraia  •  verfo 
Mezzogiorno;.  L'Arme  di  quella  famiglia»  che  fi  vc^e  nella  capponata  del 
Iral^zzo,  (ìx  i$^]iIpita  con  4iK^no  di  Jacopo  Mar^^ogsìni>  fci^Uore  in  mar- 
mo  e  ii|  1^1)9»  diifcepolo  4i  Antonio  I4òyelfi»  dà  Gioyàmbati  Fogjiìni 
ilio  nipote  in  tenera  età,  prima  di  portgriì  a.&pm^:  e  fu  primo  ^^ió  del* 
Tottiipa  riufcita  $  che  egli  ha  fatta  poi  neir  arte  della  {cultura  •  Sicmliqente 
igibbricò  il  Silvani  la  gii)nta»  pef  più  che  il  doppio,  4fl  Palazzo  di  vii  ^élU 
Scala  del  già  Marchete  Ridolfi.  Con  l(ua  afl^ftenza  fji  efeqoitd  il  iiiodella 
4i  Ciro  Ferri  i  ideila  Cappella  di  Santa  Maria^Nladdal^  de'  Fa^  in  rvi\^: 
__.  egqnprdp 

fai)  Fa  itrmim9  P  v»m  1715.  '  <^mi>m  Bnmi,  $F«/rff#  «.  Arebisatt 

.  mUt  T9ikit90  KH  magnigc^  P9hfmt9  uijt  Aittif  fWgi'^.f-*  f  nelle l9fmeue  àr 

iwr«  dtlhfitci9^  inttmre*.  vtvméè  #^«^«i«  M$nmfi  mwìifi .:. 
(b:)  la  CupoU ptemmiAtA nd itf^^  49  A^tfmaBsm  Arclnt*^  Pfffentì' 
99*  il  fHaU  kffcUf  a  difeguti  dei  Qenttu  k  iiféf  t/^e  ^fPFÌi*  Mh^-  ^*' 
fnprJo  difegm .  „        .,    . 

diSt  Dàwumié  i9  Aibis . 


*  •  ..  ,  •.  ; 


«  èòh  "pròprio  éffeghò  dìlHéHhbtefcb  fùhìtó  il  ^iri«iémo\|{  éleCM  tm 
bili»  U  Cupola  dèlU  riiedefirtaj  fcd  U  Lanternino.  A'Fmi  Pftdicatori  tld 
CofnVénto  di  San  Marcò.  Hmodtmò  (ijiieHapine  di  CMefii,  <:iie  contiene 
il  Coro  t  M  maggiore  Altare,  eccómodaildo  in  fronte  le  Ikie  ^andi  co^ 
fbnne  di  pietra»  rateo,  con  tutto  remato,  die  oggi  v4  fi  vede;  effendi 
thè  per  avanti  niàìk  piè^iividcini  P  Aitate  e  1  Core,  dd  rimàfìente  delBi 
Chijefa,  che  ttn  lem  pace  tramezzo  di  muro»  con  uiì'apeiturà  o  porta ,  clib 
chiamate  la  vo^Iitmó,  ne)  bel  mez^ò:  in  fronte  dei  qua)  muro,  uno  a  é^ 
fira  ed  un  altro  a  finiftra,  ^rano  due  Altari,  il  pHmó dedicato  a  Santa  Diit^ 
cinta  PoIIacca ,  Santa  di  loro  Ordine,  coHa  fuà  Immagine  in  tavola,  in  atta 
di  orazione  dàrantbe  Maria  Vergine,  dipinta  ^r  ibano  di  Jacopo  Ligoczit 
ed  lifKM  San  Marco  Evangeliftà,  con  quella  dél^Santo,  matavìgliefamentb 
condotta  daH^  inGgne  pennello  rdjìtfofb  di  qufel  GohTehto»  detto  il  ttt- 
te,  altrimenti  Fra  Bartfolommeo  di  san  Marco»*  ed  alle  dlae  tavole  nuò^ 
vamente  adorhàfe,  è ,  ttott  ha  molto,  ftato  dato  luogo  daHe  pmi  latefaft 
idd  Coìto»  in  tefta  del  quale  fu  anche  Fatto  coh  dUegno  dd  Silvam  tutto 
ì'  ornato  dell*  Organo  •  rJel  Territorio  Fiorentina  e  nel  Pifano ,  ha  limo** 
tìernati  più  Palazzi  e  ViWte:  tacèomòd;^i 'e  tifetti  pRi  Pònti  ;  te  viftrnb^ 
fuo  airh  più  difegtii  e  thfodeHi  ingran  txumero,  fatti  in  Firenze  pi:r  faUbt?* 
the  di  hdttVi  cittadini  X^)  •  '  Pinhlftirtite  trendb  il  Sereniti/GranducaCGi» 
"fiihòin.  oggi  regnante,  deliberaro di  a'Bbefl irte iritepià^daccrercere  inliémb 
la  bella  fabbrica  della  Conventuale  Chftefa  dte'Cavalieri  di  S.Stefano  Papa 
e  Martire»  convenne  al  Silvani  portarli  a  Pifa;  quivi  applicatofi  con  gran 
faticaltTPeflfettuazione  dtftrtngtunto  edatb  architettato  lavoro,  accrebbt 
primieramente  alla  Chiefa  come dup. ali,  che  per  lunghezza  pigliano  quafi 
tutti  i  fianmi  di  e(i4,  con  avlnzaruaiìche  die(;ro  al  Coro.  Gli  fpazj  inte^ 
riori  di  qu^e  vengono  diftrìbuiti  ih  diverfe-ftanze  ,  ad  ufi  Viverli  adat- 
tate, e.taQto  neir  una»  che  netP altra  parte.  Incominciando  di yerfo  il 
Coro,  te^i  né  tavò  una  grande  Shgiteftia,  chte  veggiamo  t>g|i  tierìninata» 
e  con  vaghillimi  marmi  arricchita:  in  tetta  alla^uale  apparifce  una  vaga 
Cappefletta  z  ufcendofi  da  quèilà,  trovafi  un  ricettò  con  fue  porte,  adorne 
Ili  mifchio  di  Saravezza,  le  quali  comunicano,  una  colla  Chiefa,  1*  altra» 
che  gli  è  incontro,  colla  (brada:  e  quella^  che  è  incontro  a  quella  Sa|^e- 
flia.  Inette  in  uii  bèlifflìtno  ftiifìisòffè,  che  mentre  io  quéllft  cofeicnvoi» 
dico  nel  idsp.  non  è  ancor  terminato,  per  dt>ver  fervire  per  ifpogliatojb 
de' Cavalieri.  Daqtiefto  fi  jìafTa  in  altro  fpazio,  da  unirfi  con  un  grande 
arco  alla  Chiefa^  e  (^ateftoTpaziofetVirJi  di 'Cappella.  Da  quella  Cappella  i 
pafla  ad  tln  altro  grande 'ftan%one, da  fervire  pure  anch'eflbper  ifpogliatojo': 
te  quello  averà  lua  porta  dojrrifpondente  alla  piazza,  rimanendo  la  facciata 

L  1  1  di  quella 

(a)  Fu  incomincia fo  con  difegnodi  qu^flo  Silvani  la  refiauraaone deUa  Cafa 
ìJaldinifùl  canto  di  via  1^  Servi  dal  Duomo ,  con  aver  fatta  una  bcUa  fiate 

^  e  alcune  inaeftofe  finefire  %  ma  poco  fi  avanzò  allora  la  detta  fabbrica  %  che  i 
fiata  terminata  t^  anno  1 72^.   e  notabilmente  amùliata  con  affifienza  e  di^ 

'  fcgno  di  Pici'  Giannozzi  Architetto  fiorentino ,  il  quale  con  buon  gufto  tè 
molte  cofe  tetMinaie  e  rtdntcitd  ufofià  moderno  e  più  mbite. 


ài  qoeftft  fàbbrìqt  tlqMiKo  indietro  alU  fiipGUci:dell»Chi.efi%  UAaiiaiiiA 
divtfione  fece  dall'altra  parte»  nia  di  alcune  itanze  faranno  divcrìi  gli  ufi  s 
^nciofliacofac he  nella  parte  »  ov'èlaSagreftiafarà  una  Guardaroba  s  ed  uno 
4egii  fpogliacoi  verrà  deftinatoper  folo  fervizio  ^el  Granduca .  Feceancbe 
jl  Silvani  il  modello  dell'Aitar  maggiore»  fatto  al  prefence  di  iegnatne»  delle 
iprandezza  appunto>che  doverà eiTere  di  marmidi coloridiverfi  (a).  Ben'c 
vero  (  che  quefta  fu  Y  ultima  fua  fieitica  ;  attefochè  eflendo  fiata  paflati  el- 


jcnni  mali  ynz j  contro  i  Capimaefiri  di  quella  fabbrica  »  appreflb  a  miniftra 
jd' autorità»  che  foprintenfleva »  de* quali  fu  £ittp  gran  capitale»  conven- 
ne al  Silvani»  ne' più  focofi  calori  del  mefe  d' Agofto»  portarli  fbpra  la  £ib- 
brica»  e  tutto  £ir  rimifurare:  tantoché  fianco  dalle  fatiche,  e  .pel  gran 
jiatire,  che  e'  fece  i n. tal  faccenda t  non  propria  del  fuo  uiizio»^  e  male  lù 
.eilère  di  fanità»  partitofi  di  ritorno  a1?irenze,  fu  ibpraggiunto  per  ifirads 
da  terribile  accidente  di  afma,  del  qual  male  era  fiato  fbUto  di  ptire  i 
e  coti»  come  fi  trovava  in  caleflTo»  con  folo jpochi  edafiànnofi  refpiri,  rer 
jàh  (bffbgato  e  morto  agli  za.  giorni  dello  fieno  mefe  d*Agofio  l'anno  ì6&5., 
jettantefimoquinto  di  fua  età  »  onde  fu  neceflarìo,  che  nella  Chìeia  Dia 
ìucina  al  luogo  del  feguito  accidente  »  detta  la .  Badiuzza  delle  Cipolle» 

Suattro  miglia  in  circa  dittante  da  PiÈi  »  fofie  portato  il  fuo  cadavero» 
ove  anche  gli  fu  data  fepoltura .  Reftò  la  fua  tconiblata  mMlie  Versi- 
.nia  Boldrini  »  con  Gherardo  »  Gìovangualbqrto»  e  Gofianza  »  luoi  e  di  Tu 
figliuoli»  e  quefti  in  età  poco  meno  che  infantiU. 


mmmmmmmmmmmmmmmmmmmémmmmmmmmmmmmmmmmnmmmmmmmmmmammtmmm 


P   ITT   OR   I 

CHE    FIORIRONO     IN     QUÉSTI     TEMPI 

NELLA    CITTA    DI    GENOVA. 

ipR  ANCESCO  MERANO»  detto  il  PAGGIO»  nato  di  omir^ 
^  ma  onorati  natali  ;  dopo  la  morte  del  padre  rimafo  alla  cura  di  madre 
poverifTima»  fu  neceflìtato  accomodarfi  in  ca(a  i  Pavé'G  in  qualità  di  paggio. 
C^ivi  per  afiècondare  la  fua  naturale  incliqazioiìe t  fi  applicò»  per  quanto 
}1  fervigio  di  fua  carica  fopportar  poteva^  a^li  ftud;  del  di^guo»  nel  ouale 
incominciò  a  portarli  tanto  bene»  che  crefciuto  in  molta  grazia  appreub  al 

Sadronci  £u  dal  medefìmo  raccomandato  a  Domenico  Fiafella  buon  pittore» 
..  etto  il  Sarzanu ,  appreflb  a  cui  tanto  s'inoltrò  nella  perfezione  dell'arte» 


che  in 


(a  )  QucBo  Aliare,  dopo  la  fò tenne  Traslazione  della  Cattedra  di  Santo  Stefana 
Papa  e  Martire ,  feguita  f  anno  1 700.  fu  fatto  di  porfido  %  e  d*  altre  ùietrc 
dure,  Con  cornici,  capitelli,  e  altri  membri i arcbitettura  di  bronzo  dorati^ 
colla  direzione  di  Gtovambatifi^  Foggini  Scultort  «  Architetto  Fiorentina. 


.  z  ;^o  leiaKAM^BATlSTA   BAJARDOV  l    f^j 

clie  in  breve  ebbe.«  (kre  molte  opere  pet  qiieik  fot  pttria:;  fm  le  qu^li; 
lu  un  quadro  delia  Dea  Pace»  in  atto  di  abbactere  Marte  furibondo.  NeUft> 
Chiefadi^^nt*  AQfil£«.pofia  una  ta^oTadi  lùanana  d«i  Martirio  dìrai^uni: 
Santi;  e  altee  an^qn .  t^  fecero  vedere  ifuoi  pennelli  ..che  |ier  ::breviftàr 
lafcìiyoo  di  racepAtarci;  portando  il  nofiro  difirorfo  ih  quella  vece  a-  dire  di 
una  virtù, che  fu  in  eflb  in  eminente  grado-  Quefta  fu  la  modefiia  e  il  bado 
fOf^ttp{di'fe  (kflb,  i|9«K.tà  ben  nra  firai  dòisati  di  (IriotttrnarfQ  latenib . 
A  .cagiona  di  quatta  dunque  non  mai  s'invaia  per  queile  lòdi,  che  meritai^ 
mente  fi  davano  da  ogouno  allafua  virtù  :  e  ocborfe  una  yokatcbe  avendoì 
egli  mandata,  unii  f uà  op^a  a  perfona  i  fier  cui  1^  «vea  condotta  »  fu .  ella  io* 
av^edu^ameose  imbr^fiam,  in  cerca  parte  e  onde  fut  duopp  ai  padtone  il  m 
mandarla  %lla  fianca  .d(?L  pittore  »  acoiocbhè  ^imediMire  a  jEaldirordino;'nax 
petchf  collii  cb<f  iacjwpcp;  n9n  diede  rkgione! del  'perchè'  fofle  ftatò  ih 
quadro:  rimandaco  cosi^ malconcio»  Qàiptìfi  a  crpd^re  il  pittore»  che  non 
eflerido  piaciuto  al  padrona  t  egli  avefle  ciò  fatto  ti^r  puro  dif pregio  dei> 
l'opera  ftefla  e  di  lui;  ma  invece  di  fdegnàrfi ,  b  di  fare  dimoltrazioni  di 
alterigia  »  fi  diede  a  q^terAÌnfiemeii(  denaro  del  prezzo  riqevui;one  :  e  già 
penfava  di  reftituirlo  ;  quando  egli  venne  in  cognizione  non  efler  cosi 
pafTata  la  bifogna,  come  la  poca  fiima,  eh*  e*  faceva  di  ie  medefimo  giiave« 
YfL  ^<^  ijj^qaginare .  Mottp^pili  e. ipqft))>  aiterebbe  operato  il  giovane  p1t« 
%otf^.^  (e  giprte  invidfofa,  nel  più  >eÙo  di  fiia  età  e  dell'  operajr  ino» 
^on  r  av^  tolto  al  moo^  :  e  ciò  fu  nella  crudele  peftilenaa  dell'ani 


CI  ÒtM  AiM  S  ATI  S  T  A  B  A  J  A^R  D  O  operò  molto  in  Genova  pec 
pubbUi;ici^;pr]intì'  (VQflhi»  Fra.  le  cofe  fue  più  principali  feeet  vedere  nel 
CJÌ^oftxo'di.Sanjt';^oftino^  più  iftorie  aifrefeo./Nella  Cbiefii  del  Geaù  di 
drmftrolq  ^^ Mmm  laifoifitta  della  Cappella  delle  Relteuie<  e  nella 
Chiefad;  Santa  Ch^^ra  |aiavpii:del  maggiore  Altare,  ove  e  la> figura  di 
cita  ]Sahta:eCrifto  Signor. noftro.  Pe' Padri  Miniftrì  degl'Infermi  feccia 
tavola  del  R^UrQvanieiiro  della  Croce  Te  a*  padri  Gefùitif  nella  tavola 
^el  maggiore  A'^^i^^  di  loro  Chie(a»/dipinre  San  Girolamo  e  San  Francefco 
Saverio.  N9ir:Orat9r)o  cj^'  Di(ciplina.ti  4i Santb  Stefano  foron  pofte  due 
(uè  gran  tavole,  una  dellarfepplcura  derSan(o  Protomardre ,  «duna  di  un 
miracolo  dei medefimfl 7  :]^ra^qyeflp  artefice  in  età  aiTai  immatura,  quan« 
do  Xopravyenendo  in  quella  ciciàlaeontagiolà  influenza  nel  1657-  toccò 
a  efió  pure,  ciocché  a  moki  altri  di  (uà  profefiione  addivenne»  dico  il  ve« 
defe  il  fine  de'  proprj  gioi'ni . 

GÌ O  VA  M  B  AT I S T A   MAINERÒ ,  Pittore  dì  ritratti  dal  vivo  e  dal 

epa  vircùf 
jramtnentovata  o^or« 
gÌQvenile  età  •  fece  punto 

'  GIOVÀMPàOLQ   ODERICQ,  , nobile QWyere>apDreflb  a  Do- 
ménico  .FialeÙa  s'era  portato  a  oper^ra.ìn  pHcura.c99Vl94fiT<n«>«iXt«,  «ho 
-.    f(..f    ,a      '  LI  3  ^  inbrevo 


5^^    Di&itìLr.ilSfM^t}£^Sììc:P:4ài't^l^i6so. 

ìtìbnyt  fa^dopenta  moltCFr  Af  9àdd etile  Settòte^Ple<eée  U  Uidk  p^ 
ii«tggiot«  Ak)irei;di  loro  Ghitfìi^  iit  cui  rtpprefttncò  1*  Angéto  Cùfii^ 
cbn  piìi  Àogèii  :  mòbia  operò  j^ér  dtftrfi  ^ncittiomihi  A  Cut  oatrn  j  Dt« 
ttÀ'a  iacAcntti»  tiafcà  ;a(foi  Jòdrvok  <  «  -  ficMloMnf  tt^ln  fMfcft  età  i  ii^ 
tieiiipojoneiiooocafiom»  cbeéitceditriaàiadifepft^c^rnnriò  i'fiioi^rfri» 

.A  Silvestro  chissà  è chwambatista  uóvtrii  èfot 

pktori  di  rkcacti,  ficchine  aikom  t  OR  AZIO  dtf  VOLT  RI  tonittilk^ 

le  «ccorev ^(ipb àirer  daco  &e9^ ^  '^  «lento 4ti  patria^  ocoocfe pere  fo 
fteu'o  infortunù»».  «Ive «detto abbianoder ftipcaiuìècmiìatU -onde  gran  di»- 
uox  ^oatida  non  tifid per  tltM rie  yesme  «Uai  oiédefittA »  come^nfi {Hi^ 
asMUgmare  V  pér«it«r  ella  In  poi^  oefi  per^oti^ttoòiihìi ,  i»  «i^  H  pefemno*^ 
nàrfi  Jn  beiicfczio  ^  ^i  neilftwi^  i»roM  ^era«i  céftvA  ttk>l^  inni  e  gran  &picA  J 
Colpir  fon.  qvefti  in  irerov^  rari  ut  moL  kttìbiVt  4A\^\tua>ìlk  <:ktà  per  jprètx 
tempo^  meacre  n^e  frequenti  occafoni»  die  toro  fipre(em^iAòCMio^ 
gvre  UBinini  nelle  bette  arci ,  coi  rimaner  pr  tir  e  de**  propri  cictaAm»<k  lorc» 
di  mtteftìeriv  coti  inco^nodo^-  fpefa»  eltuiglii  itiià^f^ ,  ricórrere  a^iaaeftrl 


ì 


-GIO.  EENBD«TrO  CASTIGI^iO^lKr  »i«o^rftGeridi*« 

•Mariti  jpttfrnil  >  fai  i^^  faFiùitiH^ft  ap^>ficfitò^-alle  fettetef  mà'^rerraJeÀdo 
iaeflb^tl  g*ritór  dle^é;^  chkrMlehte*  icoperfeìM*  iffkV  éenefa  letà  verfó  1s 
ptctura».  accomodata  con  Giovaiobfatifta  raggr^  por  con  Gio^  Andrea  db' 
ferrati ,  incominciò  a  dar  fegni  dr  gran  profitto»  e  ben  predo  moltrò  di 
bec|e mmtdenè  il  mffnmore  dk^  tohtii  ti  tàc^éi  kllécA\i^^  m« 
^mtai%;  perfaqMl  co(amolti(&meca(netààdvedé  ^^ 

glie4f]édef  éiA  paitm  corori^f^ii:^titntitàdi'qudd»e«ai^Ic^^^ 
Sanv^  Luca;,  in  Sin  Giiiftppe,.  nélia  Ckiefadl  hofitir  9fgtó)radi*ta^1(^^ 
MUaCafa  de'Dffeiplinatiti  ;.  r  itvàfire€hilafe  eltic^^  E  perchft 

lu  agii  di  fpiriTi  vivaci^  rilbluw  e  inétigabilev*  rMm  meno ,  che  di  animo 
cwiolb  di  fisder  te  opere  de'^raficft  ma^Oti ,  fi  porid  a'  Rotila»  a  Venezfa, 
9  Naf>oli>  a  Parmar  tr  Modana  e  altrove^  e  ptv  t^rto  bfciò  onorate  me- 
inorile  di  {bofw^va  perifielfor  ìnrogm ibrcadi  pkturer  onde  non  poca  fK«< 
ila  riporcò^da  f  fprandi .  C^dkr  por,  in*  ch^  i\r  qtieffo  aftefiét  UMlto  fingo- 
b#e,  è  dQ[  trovarftgll  pochi:  parr,  fu  il  coittrire  al  vftFO  o^iquafeti  dt  ani- 
fiMtj»  i  qiRrii  coifdufi^ con  ineftim<ibile  flTaneheeiiaf  tantochEe  non Ttii  per 
€&ti  dìrt  r  a  fua  tempo  >  Iftincipe  grtiide  i  clie  di  A  fatte  fue  opere  non 
volefle  far  ricco  Tuo  Palazzo  o  Galleria.  Uno  Veramente  maravi^hoCò  Tee- 
dine  io  medefimo  l^^anna  i6f4.  fatto  per  la  groriofa  memori^  (U,  Carlo  L 
iHlc^di^Mantòvar  cke^fabekiiogor  Aell'antitamefa  deHa  Sefeniil^ifefMla 
Oatad'^AUflrm  »  di  4ut  Conforte;  da  hi  mtdefitna  a  me  fatto  YtSctt  ^  Fé 
picMrt  ad  effii  piià  caire.  Ebbe  il  Cdt^tione  gran  va^èna  dt  ft&tfme  ia 
efla  città  di  Mantova  a'  fervigi  df  queU^Attezzà^  e  quivi' fra'' ben i^  trat* 
tamenti  del  medefimor  volle»  che  foflero  per  ordinario  i  Cupi  ripofi^  in- 
ctorrolti  peràfovente  da  varie  fldflionf .  che  affai  frequèntemente  il  nralfrat- 
Cavaat  »  feaiai  pere  che  «gli  in  tempo  tli  t»lt  accidenti  (tanta  era  fa  pratica 

^  e  francbeas^a» 


.e c^    v:  ;    AMERIO     CASTELLO^  '       5:3^ 


#fri|lB>Mrt>  jciitt  9f%àm»  m\  Wfégitof  dbl  yiHWfWd)  ftcdRr  «tiéenl 
iwll*  •pcstr  fao  Alcuào  (fionooio  «bbaksat .  Compì  fin^mence  il-  buMior  «ri* 
l«loe  il  a0rfo:<kl  ivn  YÌvttpB,  c«o  frani  di  vero  OfftìMio ,  in  cfls  eìtci-^ 
Hamtakitéofrc  i^caiòtim  figiiuDla  emaoiMo  Francefeo»  di«  «ppf  eflb  ttto 
ftiflbCMcérjànefejiU'tfismlfar  pitcor»,  fi^ssAde  Iti  ohMìmp»  <fe(  ]»Béfer: 
cuMbikfésnoonipAr.  anos  Solfacore»  diftiMll'^iftcffii  «ice ,»  t  fe^uelé  dei* 
fa  ^nóisrtt.  momufcfi  efefcotwi. 


ANTON  MARIA.  VASSALLO,  dopo  poclif  itirti «  4[{mlÌerÉ!<yrfé 
•Uerlettose  in  tenera  età,  fi.  applicò  atdifegno,  fétte  k  fcorm  dr  Vincedzó 
Idalò  pittore  Fiammingo,  che  allora  operava  in  Genova:  e  fi  acquiftòiif 
grazìofii  maniera,  fimtle  in  tutto  e  pertutto  a  quella  del  maeftro  fuo^  Sifel 
^jèactt Quadrupedi»  Émcte, .^ni*  paelr, >e  nd'fiir  tUhvtì  «1  naturala  fa 
aMi  lodato  t.  onde  mdti  pùbb)i<tì:e  pcfvacikfogMdi<«enóv»iedeHoSiatò^ 
seftaronB  adomi  di  file  iMtCttre. 


•^  j 


VALERIO  CASTELLO,  figUiMkrdi BefìlérdtfCisiM»  flflfli  rìno-^ 
meo  pìtùotc »  ficee  in «jfwfti  tempi  rìofcitt di bvu)neécìefkt-.[  Qj^i. ilfimafo/ 
fówo  ad  caro  pad»  m  puerile  età,  toa  non  già ^Na  ttsiii^  tMìmxkantì^ 
alle  noftre  arci  $  col  folo  fiudiare  i  difegni  di  luti  molto  àvatiA  fi  pdrtòr  ni 
ai  fatta  qualità.  Diedefi  poi  allo  iladio del r opere  di  Pierino  del  Yftga  »  che 
fi  veggono  e  Fcflblo ,  Villa  del  Principe  Dona  :  e  finalmente fincconctò  con 
Doihàiiccr  Fi^fclUf  afpnpeUo  a  cw  apprefe  il  rnckkì  def  còlofifre  m  fùlla  ma^ 
mera  del  Vaga;  e  in  èrevcf  sempo  u  conduUb  té  avei^  affai  da  operare  liir 
patria  V  tanto  a  olio,  guanto  a  fre|bo.  Portitofi  a^Mibnò^  per  ddio  ài  tre^ 
dera  le^belì»  jpittoce  di  4|iiiilla  città,  fi  applicò  alle  Audio  di  quelle  del  Pr<t«: 
caceiiioC  ViaggSèL  potalla  Tolta  di  BarniAi  ove  iatortio  a  quelle  del  Co^ 
jftMia  a  del  JPafmigiano  oiolto  fi  ctfatieò.  Tornato  a  Gehrivaj  dminf^ 
cele  aiflt  jefm  qome  UrtavotadelteCòncdaién^in  iio(lr*Sìgnorédei  Ùit^ 
biilo»  dc^  Padri  trociftì»  Mimikri  deg^ Infermi,  colli  d ile  quadri^  laterali K 
«no  de' ovali:,. o^^d  fapprefehcb  la* Priletatazione  del  Sonore  nel  Tempro, 
eficndb  alla  faa  .mofte  rimalo  jtnperfottoi  fii  finito  da  Bernardo  Carbone  i 
e  fecevi  anche  la  tardla  di  Santa  Rolalea .  Dtpinfe  anche  a  freico  nel  fof* 
fìctodal  Cofo  JMnooponaaidne  diefla^  Veirptne.  «Nel  (effirto  pure  del  Co^ 
n»ddlb  Moiiaólk»  di  Santa  Matta  cokffl4'Annumiattone  di  Maria  fempre 
Vergine.  Più  fue  tavole  furon  pofte  nelle  Chiefe  delle  Monache  di  SaK' 
Franceico,  e  di  Santa  Sabina*  Per  Francefco  Maria  Balbi  dipinfe  una  Gal* 
Jeriae  'JXóifflÉtadèllaptiiaa  fak  .di  fào  '^PélaKio:  alla  qual  piittura^aggiunfe 
Ygghémm^/càn  Cnai  belli  canati  dì  protp^oVa  e  finti  ikucchi,  Andrea  Se^ 
gheaai  pitéotéiBologfieCs:  oo&^  che  lece  pure  il  Segheari  a  dtie  faiotti  e  ad' 
altre  due  fténce,  cke.neà  Fiiaxzo  medefioio  dipinre  poi  il  CaAello.  Dopo 
quello  ^bbeXncòn  Idaìia  a  dtpignere  tm  falotto  di  un  palazzo  in  iftrada 
Balbi ,  rimpetto  aUa  Chiefii  di  Sap  Car]b^eiù  fua  pittura  ornata  da  Gio. 
ManaMarìam.  Molto  opcaòìnfiemo  con  altr^  rinómatt  pittore  nel  Cafino» 
nuoTamence  fabbricato  da  GiovannbaciAa  Nafcio  fuori  di  città,  é  contiguo 
iUe'potie  dell'Arco  :  e  F)iok>  Brozzi ,  pittose  Bolqgnefè»  con  profpettivr^ 

L  1  4  medaglie  t 


51^     DeefmVn  diXdcParì.  l  ddS^:ViMk  ^40.  al  1  €$0. 

neiladie^,  Umetapemierie,!  elatere kggkddCiiiie^iì^t^  adamipir pi» 
€^r^&6flè.  Ma  lungo  fariebbell  racco]fttBtt  cucoc  rlopcre^  i:he tftnw;^ cdrot 
quanCQ  a  frefcp  condufiero  L  p^nneUi  di  qaefto  artefice»  caùtOL  iti  cioiàl 
jqtianto  fuori»  avejndo  avuta  nel  maneggiare  cte' medefimi^  gsan  felicioàk 
ficcome  anche  nell'  inventare,:  Jpi'lidciiiia  (ba  opera  unà.facciMi^  drcttt 


intelimoc^uarco  di 

(uaetàjvl^eftarono  alcuni  fuoì  dJfce|>oU:  e  tali  furono  Gió<  FkóIaOer-- 
vetto^  Stefano  Magnafco»  Bartolommeo  Bifcaino*  e  Giovambatifta  Me* 

^ano>  ••....•  r'    • 

;  VGlUtlO  BEiNSQ  dalla  PicTe  di  Teoo,  difcepoio  di  GiovamlMEtifla  Pac» 

fi  f  finì  anch*e(Ia  intorno  a  ^liefti  tempi  t  fuoì  giórni  in  Genova  ^  '  Quefti 
vendo  fatti  grandi  ftudj  in  difegno  e  in  architectora»  fa  adoperato  mai* 
€0  in  fua  patria:  e  fra  le  pitture  che  veggonG  in  e0a  di  fua  mano  fono  la 
tavola  del CrociMo»  con  più  Samti»  nella Chiefa  di  Santa  Fede,  e  Quella 
di  S^an  Domenico  di  Soriano .  Il  Battefimo  .di  Santo  Agoftino  nella  dagre* 
0ia  delU  Chtefa  dello  ftcflb  Santo»  e  la  foffitta  a  frefco  è  pure  di  mano  di 
Giulio.'  Peci  Difciplifi^nti  di  Santo  Antonio  fece  un  gran  quadro»  ove 
iivun  bel  paefe  rappre(encò  il  Santo  con  più  figure  d' Angeli .  In  Savona 
^ho' pure. -opere  difuo  peimcUo»  e  nella  Pieve  diTeco  fuapatrta.  Clùa* 
inato  laFraiicia,  fece4>el  S^ore  del  luogo  di  Cagna;»  nel  Eilazao  éi  lui, 
i|i. frefco»  tiiùe;  le  jH%^^  di  una  iala .  Manda  più^e  opere  in  Aleòiagna  t 
eipoi  in  patria. per  la  cafa  JuromelUna  dipìnfe  a  fr^dconella  Nunziata  del 
Guafiatq7afoditci|:^  una  grande  iftori  nel  Coro  dietro  al  maggiore  Altare. 
Vìa  Salica  «$^fì^0fiii#f.f$ofr;V(KlcreifuQÌ  pennelli  .una; delle  grandi  iflorie. 
latj^aii»  alla  quate  però  per  morte:  non  diede  compimento»  ilcbe  fece 
£ol  :^ovaixU>atift4  Orione,  clie  tutta  la  mutò«  Fu  quefto  pittore  moto 

{iratlqo  d^  maff^ie  Architettoniche  »  e>nell'  opdre.  di  pìuiira  \miver&- 
Iflimo^.^ Fece  una  nobile  raccolta  di  difegoì  de*  più  edcelleAti  pittori^ 
e  d'infirumenti  adattati  alia  prqfpectiva»  di  parte  de' quali  egli  fteflo  era 
flato  inventore.  Terminò  finalmente  il  corfo  di  fua  vita  ranno  a 66t. ali» 
Piey:e  di/Teco  fua  patria»  dopo  av^e»  fin  da  gran  tentjpo/  dato  baudo  al 
4ÌP<'8nere>  a  cagione  di  fue  indifpofiaioni .  Rimaiè  frrtìaoi  ditee|K>kGio» 
vambadfta  Merano.  :  "i  i 

}ANl?^NrÒ  ANTONIO  da  SE.STRI»  diede 

ancora  in  queftì  temi>i  buoniaggio  di  le.  Studiò  r  alrtè  còflui  appreflb  ai- 
Cappuccino  Genovele;  e  venuto  in  buon  credito»  fece  in  Sanu  Cateti* 
na»  piccola  chiefetta  di  fua  pbtriat  il  quadro  dello  Spofalizto  della  Sanea , . 
Eflendo'ppi  l'-^njio  itf}o«  comparfo  in  Genova  Goffredo  Wals  pittore^ 
Fiammingo j{  che  fi  ft^naiò  in  cala  il  Cappuccino»  dóve  attefe  a  fare  i  fooi 
belliffimi  piccoli .^^nif  VQlìe  Antonio iuignér  con eflb  tale  anùcizià»  che 
^i  fruttò, il  diventargli  fecondo»  fé  dir  Aon  vogliamo egualifiimo  in  ouelJa 
pellai  Ricolta  j  mentfe  fap piamo  ancora^  che  incucilo  gli  fu  anche  lupe* 


'-^  1 


fJERCy.JtNnRE^A   TORRE.        $11 


rìar«  >  do^  a  f dire  fiel  fiif^ér  lappre&ntare  ne^  foot'  paefi  beltiffimi  havilj  r 
co&f  cheil  Wàls  non  face?a:  e  moltìffimi  furono  i  pe^fonaggi»  che  vol- 
lero fare  acquifto  dell'opere  dì  lui.  Per  quei  delia  caia  Gemile  e  di  Ami^ 
€Qt  j(i  certe  lor  viUe^  fìcee  opere. bel liffime,  e  in  gran  numero.  Fu  coTa 
QHfavigliofa  il  vedere  con  quanta  fpedicezza  di  pennello  egli  conducefle 
i  &0Ì  paefi f  aggiunta  aitale iicuresza  di  colpi»  che  rare  volte  o  non  aiai 
fi  trovbf  a  ritoccare  alcuna  cofii  »  che  fatta  avelie  »  Fu  anche  dotato  d' una 
si  tenace  fancafia,  che  col  £blo  vedere»  e  un  tal  poco  oilervare  in  campa-»- 
gna»  o  mónti»  ò  piani  »  o  ponti»  o  fiumi,  o  malli»  o  altra  cofa  ù  fatu» 
cornato  a  cafa  »  quelli  rapprefentava  ne'  Cuoi  quadri,  come  fé  dal  naturale, 
foflero; fiati  ritratti.  Fu  egli  però  molto  firavagance  di  umore;  ónde  bene 
foeiSGo'lp^r  Jeggieriflimi  traftuUi  di  cicalare,  e  talora  di  fonare  certi  fuoi: 
vrwoencit  lafciava  per  gntn  tempo  del  giorno  di  elerckare  fuo  talento  ia 
pittura,  e,  ipendendo  i  preziofi  acquiftidi  fua  virtù  cosi  prodigamentet 
chealM  fua  fporte,  che  in  età  di  cinquantacinque  anni  nel  td68.  lo  colfe» 
d:  uno  afl'ai  moderato,  anzi  fcarfo  capitale  lafciò  provvidi  1  propr)  fìgliuo* 
lì  :  aggiunto  maflisike  i'  avere  egli  a  cagione  dell*  eflerfi  per  più  anni  dato 

Iji  preda  ad  una  tetra  malinconia»  dato  bando  al  dipignere  e  al  converfara» 

» 

PIE  RO   ANDREA   TORRE  Scultore  »  che  fa]  difcepolo  di}.Gio« 


più  Crpcifilfi»  graodi  e  piccoli,  in  legno,  e  talora  in  avorio.  Fatta  lega 
con  Giovambatifta Santa  Croce  >  detto  Pitto»  conduSe  varj  ornamenti  per 
la  R^le  Galera  di  Spagna  ».  e  pel  I>Qge  di  Genova:.  Operò  nella  Tribuna 
nella  Chiefa  del  Gesù  »  e  altre  cofe-  fece  fino  all'  anno  i(S<58.  nel  quale  £e« 
ce  punto  al. fuo  vivere. 


DOMENICO  FI  ASELLA  DA  SARZANA»  nato  nel.  i 
fin  dair  età  di  fette  anni  fu  dal  padre  »  che  valorofiffimo  era  nell'arte  del- 
l'argentiere»  e  ben  pratico  in  difegno,  applicato  a  tale  faculcà,  e  fino  dal 
quel  tempo  inpomjnciò.a  dare.aperti  fegni  dalla  futura  fua  ottima  riufci^ 
ta ronde  non  fu  gran  fatiro,  che  egli  potefle  molto  approfittarli»  nello 
fiiidiare  chee'fecefopraja  bellifiima  tavola  di  Andrea- del  Sarto,  che  in. 
fua  patria  ne^la  Chiefa  di  San  Domenico  fi  conferva  •  Quindi  è,  che  inva*- 
ghito  di  più  larghi  ftudj  »  fotto.la  protezione  del  VefcovoGiovambatiftaSaU 
vago»  fu  mandato  a  Genova»  dov:e  prima  appreifo  di  Aurelio  Lomi  Pifano 
pittore,  e  poi  di  Giovambatifta  P^ggi  fi  trattenne,  finché  a  Roma  fi  ponoi^ 
dove  ricevuto  e  onprevolmente  fpe&tq  dal  Duca  Conti»  molto  ftudiò.  dai# 
l'opere  degli  antichi  e  mpderni  maeftri,  noii  lafciando  frattanto  di  fre« 
quentare  le  più  rinomate  Accademie  di  quella  città,  &nichè  gli  venne  fac- 
to il  dar  fine  ad. una  fua  tavola  della  Natività  del  Signore»  che  eCpoftada 
lui  in  occai^one  di  certa  fetta  nella, Chielà  della  Scala,  ne  guadagnò  gli  ap« 

Slaufi,  non  pure  di  ogni  gente^concoifa  a  quel  luogo»  ma  eziandio  dello 
efifo  Guido  R«ni*  $  Ai&Ìuda  indi  iaipol»  q,ua)i  per  eccdlenasa  t  chiamato 

"    .  il  pittore 


5;a     Dcccm.V.MaEiMJÌMSu.ì(iMiS^^^ 

il  pittore  Genovefe  »  li  Oirtliem  GioGipptt  A  Aipiii»  r  é  H  >  fMBgntiM, 
Mìcomìnciarono  a  valerft  dIUti  in  opere  di  gran  omioo:  ed  i  Genòluomini 
fuoi  paefaiìigtiordinaroaopìù  quadri  tCha  poi  OKiidaei  a  Genova  gli  ftccro 
oon  poco  onore.  Al  Pontefke  PmIo  V.  ùl  ppafoncatO'  un  fiio  quadro,  o^ 
era  dipinta  una  Vergine  nei  vi^gio  àCEvtMoi  e  molte  atere  opere  &ce  n^ 
diaci  anni» che  ivi  fi. trattenne*  fianiM'e raKando /Tovnatofisiìe  eUa  ptcrie 
io  età  di  vent'  otcoanm»  eUie  a  dipignere  per 'più  mafia  irefeo  nel  9mw»2i9 
ài  Jacopo  Lomellini .  Per  A|alMto  Contar  ione  colui  i^  <|dadn  9  dieo  une 
Venere  »  in  atto  di  piangere  il  fuo  Adone  :  e  Volcaiio,  irvattodi  offervaf* 
MerceriOf  che  colla  rete  coglie  il  Dio  Marta  ter  grembo  a  Venere.  Co»*' 
éufie  tavole  per  le  Chiefe  di  Sanm  Marra  ,■  di  Sante  AgoAne  r  d» Santa  Me^^^ 
rie  Maddalena  t  di  San  Siflo,.  di  San  Fcancefto  1  e  pé"  Paéri  del«;MeM0 
fiece  l'ìfloria  dell' Aiiimzionc  dì  Mesa  fempce  Vergine .  Ber  ìé  Ri? itaa  di 
Genova»  per  Mafia  di  Carrara»  per  Miratola,  per  Mefitria^  pei?  Napoli» 

Eerlfpagna,  eper  altre  città  iprovincie»  e  luofbi  molte  cofe  ^ee.  Oper^ 
ene  in  ritratti  »  in  die  fìi  adoperato  da  Princìpi  e  grafn  Signori  :  eniiaU 
mente  circa  all'annodi  nofire  faiote  166^.  dopo  avere  qiialche  tem]^  emn« 
ci  perduta  la  luce  degli  occh>  »  àifolito  da  acute  AiUke,  dMe  cempimeiito» 
con  fegni  di  ottimo  Criftiano»  a  quefta  mortai  vita,  il  giorno  de'  19.  di 
Ottobre .  Furon  difcepoli  di  qoefto  artefirce David  Cortei  Agliuoio  di  Ce* 
fare  Luca  Saltarello»  E rancefco  Merano»  Gio.  Paolo  Oderìco ,  e  Fraticefcò 
Capuro  •  Ebbero  anche  da  effb  i  princìpi  dètr  arte ,  Bernardo  Bernardi  » 
Giovambatifta  Cafoni»  Francdco  figliuolo  di  OrarJo  Gentitelchi  »  Gio.' 
Vincenzio  Zerbi ,  Gio«  Stefano  Verdura »tGfovacxlbatifta  Fiiifeiki'  fbo  nr» 
potè»  Lazzaro  ViUanuova»  Carle  &e£sMìo  »  Do»  Angiola  Veronica  Airòle 
Caaonichefla  Regolare  in  San  Bertotoianeo  deli'  OtiveUa  »  ehe  pef  to  fue» 
Monaftero  molte  cofe  degne  di  lode  fece  in  plttiirar  fra  le  quali  una  tavo« 
la  di  San  Giovambaùfta  »  che  fu  pofta  nella  Chiefa  del  Gesù«Ma«ia  èéffé^ 
dri  di  San  Francefco  di  Paola:  e  finalmente  Giufeppe  Porta»  con  altri 
molti . 

GIO.  A  N  D  R  E  A  de'  F  E  R  R  A  R I  »  riguardevole  ftfm^iglfa  »  avendo 
ftudiata  V  arte  apprellb  Berivardo  Cafteiii»  e  poi  fotte  Bernardo  Strozzi^ 
detto  il  Cappuccino  Genove^»  non  evea  ancora  fiitca  partenza  dalia  ita  a* 
za  della  fcuola  del  medefimo,  die  eflèndo  venuto  in  concetto^  di  huon 
pittore»,  incotnincib  ad  eflere  adoperato  in  fea  patria r  e  iiì  opere  aìono* 
revcif»  tantoché  gli  con  venne  ritirarli  da  per  fé»  e  da  indi  in  pm  poche 
rimafeio  qqelle  chiefe»  ove  alcuna  coii  non  fi  vedefiè  di  fìia  niaho.  Due 
tavole  hanno  i  Padri  deUa  Compagnia  di  Gesù»  i  Frati  Domenicani  la 
tavola  di  Saiit'  Antonino  àa  Firenze»  una  dal  Tranfiro  di  San  Giufeppe  » 
e  una  finalnvence  della  ^Natività  del  Signore.  Fir  Id  Mofiache  di  Santa 
Chiara  di  Carignano  fece  il  quadra  detr  Affunzione  di  Maria  Vergine. 
Be'  Padti  di  Santa  Maria  delia  Pace  dipinfe  la  tavola  dì  Sant*  Antonio  de 
Padova^:  e  per  altre  Chieie  e  Conventi  conduiTe  tant*  opere  nel  corfo  di 
fettanta  e  più  anni  ;  che  gli  ebbe  di  vite,  che  fu  cofa  non  ordinaria. 
Fu  pittore  umverfalifiimi>»  e  nel  ^ipignere  paefi  ebbe  particola^  gufto» 

ficcome 


^9éomàot^  ftrtft  ifli  «fiMfli**  4i  ifrimit  ;  ónde  ntem^igUt  itoti  fiì  »  che 
èillt  faa  fcueki  ìif«flb  il  tanno  otlebre  Gio.  Senofdecto  Caftiglione ,  di 
cui  aUr^ve  tbbiaino  ptriaM .  Cbbt  in  forte  di  eflcre  dell*  opere  fae  ter- 
gamente  remunerato  ;  mt  ci6  tMti  dAanct  tale  fa  T  inclemensa  del  male 
della  podagra  e  chiragra»  che  quafi  per  tutto  il  tempo  di  fua  vita  Io  ten« 
ne  impacciato,  che  non  potè  fare  quei  guadagni»  che  gli  averebbe  frut*"^ 
fMe  4a  propria  virrà  i-  nonoflantechè  a  dtfpetto  del  male  egli  maifem** 
pre  operaflfe;  e  finalmente  aggravatoli  forte  in  quel  male,  era  giunto  a  fé- 
gtbo  di  tale  inabilità,  che  dopo  avere»  per  mantenerfi in  vita»  confubatà 
ifuanco  aveva  »  gh  fu  forza  ritinrfi  nello  Spedale  degl*  Incurabili  »  dove 
nella  cariti  di  quei  Miniftri  »  per  amore  di  fua  gran  virtù  »  trovò  e  patria 
e  cafa  e  parenti  ed  ogni  più  dtfiderabile  oeoMdiftà»  non  pure  in  ciò»  che 
alla  cultura  dello  fpirìro»  ma  eziandio  alle  corporali  bifogne  apparteneva; 
lolito  di  eflere.in  quel  luogo  vifita^o  dagli  amici  dell'  arte  »  e  da  ogni  al« 
tro  filo  conolbente  amatore  dell'ottime  difcipline  *  Qipivi  linalmeiue  Van« 
no  i66^.  terminò  il  corfo  de* giorni  fuoi.  Studiarono  appreflb  il  Ferrari, 
ekoe  al  CaaìgUon^»  Valerio  Caftelle  »  Gio.  Mark  Olia»  Raffaellino  Bo- 
talfo,  GìevMUiftCifta  Tanara,  Bernardo  Carbone  »  Giovambatifta  Merano» 
GibvMrtmiAa  Sanca  Croce',  Ambn>gio  Samengo  »  Sebaftiano  Cerveresi; 

od'ilcri,  che 4ungo fiuebbe  il  raccontare* 

■  .         '        ■• 

FkAKCESfCO  CAFUROt  4i(£epo)o  del  FtaféHa»  dopo  gli  a)utt  avuti 
4«1  «meftro  fi  portò  a  Robm  »  dove  ftudiò  le  opere  degli  eccellenti  pittori  .- 
TocMto  a  Genova  fi  applicò  allo  ftudto  deH'  opere  dello  Spagnoléctó^ 
Aie4ia  di  cui  nMffvieaa  tflài  h  compiacqfie .  Dipìnfe  per  quel  Duca  cofé  «fibi 
foddvoU*  Rimpatriato  poi»  fece  per  pubblici  e  privafCi  luogfìi  molte  tavole» 
le» lei] Udii  fu  la  tavola  di  Santa  Rota  in  San  Domenico»  eqtrelia  di  San 
Btrtiardino con  altri  Saliti,  nella  Chiefa  Nuova:  elitre  molte  fé  ne  v^^ 
gMM  di  fua  afflanti  per  quella  Riviera . 

STEFANO  MAGNA  SCO»  difcepolo  di  Valerio  Cafiello.  diedi 
(aggio  di  buona  abilità  in  molte  avole,  fatte  in  Genova  fua  patria»  dico 
ili  'quella  di  Santo  Ugo»  ove  è  rapprefentato  il  miracolo  del  Santo  nel  fiiro 
ibaturife  T  acqua  :  in  4|uelia  dello  Spedale  maggiore  »  ove  è  il  Tranfito  di 
Sa«i  Gioiepp«  :  ed  in  altra  nell'Oratorio  del  Rofario»  ed  in  altrie.  Avven^ 
iMgU  finalmente  Teflere  aflalito  da  grave  malore,  che  dopo  avere  coitfu^ 
naio  il  di  lui  corpo  a  gran  fegno,  conduflèlo  air  critima  ora  ;  nel  i|ual  tem« 
pò,  avendo  gii  ricevuti  ratti  iSagramenti  di  Cbiela  Santa»  chieda  co(| 
grande  infta»za  all'afflitta  conforcc  l' Immagine  di  Gesù  Crocìfiiro»  for« 
lemfente  abbcacciatala,  in  finiti  col loqu)  fpirò« 


Giovan^tiila  Paggi  ;  merita  anch*  eiTo ,  che  fi  faccia  di  lui  alcuna  menzìo* 
ne",  snccNtHtiiè^on'foflè  fuci  aflilnto  lo f^acciarfi  per  pittore;  impercioc^ 
che  egli  in  for7.a  di  ottimo guflo  dìfegnò  molto  acconciamente;  e  nel  le* 
vare  di  pianta  ebbe  non  ordinario  talento .  Colori  paefi  »  lavorò  di  cere 

colorate» 


540    lìeceim.F. MnPiafl. IdtlStCV.^l 1 6\». tliS$o. 

coIorMce  crifialli  per  jicthiili  di  vidiu  alftauM  vXh.  Ditafi  tiiiiflii- 
dip  delle  Leggi,  fu  infua  pur»  molco  idopento  in  prerni  e  manegé  di 
ogm  importanza,  Fiiulmeiite  nel  luogo  di .MoncobbiOf  dove  per  pid>bUci 
«S'ari  ere  ftito  mandato  nel  1671.  finii  (mi  g>«roi.. 


GIO  FRANC  ROMANELLI 

PITTORE      VITERBÉSE 

Diftepoh  di  Pietro  da  Cortona ^  nato  1^17..  -^^  tóSu 

<  BBE  Gio.  Frtncefco  Romanelli  i  fuoi  natali  ndla  cirà  di 
9  Viterbo  a*  14.  di  Maggio  1617.  di  fisrcolammeo  RomaaeW 
I  li>  e  di  Laura  de  Angelis  ,  V  una  £  V  altra  onoratifiine  £^- 
K  roiglie  dì  quelli  città.  FurttnR  i  primi  anni  del  fanciullo* 
^  appena  comptuu  V  ii^nzia»  accompagnaci  da  un  si  Citto 
f  genio  al  dX<^Do,  che  fu  forza  tt  i  genìtorì  1'  appUc*ri4  & 
on  tal  profìtcoi  che  nel  decimo  anno  dì  Tua  «ti*  poterono 
nfolverfl  di  mandsrlo  a  Roma:  dove  fpcco  la  cura  di  Gafparo  de  Angelis 
loro  parente»  poteano  fperare  fuo  intero  avanzameiuo  i  na  vano  ne  aii^dl 
lordifegno;  concìofoueco&$:het  mancato  per  morte  dopo  ere  o.quaur<> 
anni  il  parente»  fu  neceflitato  il  fanciulUi  a  tornarfene  a  Viterbo,   (^ivi 
con  gran  fervore  volle  l'eguicare  non  pure  il  gii  incominciato  e  ben  pro- 
fèguito  Audio  della  pittura,  ma  eziandio  vplle  darli  a  qu«llo  delle  le{tef:o 
appreflb  i  Padri  della  Compagnia  di  Gesù,  a'  quali  poco  ^rvantì  aveva  da- 
to luogo  quella  città .  Non  andò  molto,  che  volendo  il  ma^ftro  fuo  far 
dipignerc  un  quadro  per  1*  Altare  della  Congregazione  degli  Scolari ,  ad 
elK>  dtedene  la  cura;  Kon  aveva  egli  ancora  compiuto  ilDuattordicefimo 
annodi  Itcì età,  quando  accintoli  all'  opera  collo  Audio  del  naturale,  la 
condufle  in  modo,  che  non  Iblo  a  quei  Padri,  mi  a' profeflbri ancora  die- 
de non  poco  guAo.    Dipinfa  egli  in  efTo  il  miftero  della  VìGtazione  della 
Bea  cillìma, Vergi  ne  notlra  Signora  a  Sanca  Elirabecca:  e  fi  dice  ,  che  per  la 

f^raziofa  maniera,  e  diligenza  uiàca  dal  gtovanetto,  redi  lino  al  prefente  ta- 
e  fattura  in  molto  pregio  appreflb  di  ognuno .  Ctefceva  in  eflo  il  delide- 
rio  di  piùfaperej  cne  però  non  oflante  V  ^Szi  mediocre  fortuna*  in  che 
Ritrovava  lafua  cafa  in  quel  tempo, ottennedal  padre  di  ritornare  aRoma, 
dovo  gli  s'aperfe  il  tanto  bramata  campp  di  flndiace  lejop^e.de'  gran  mac- 
Ari  col  rifparmiare,  eh' e' fece  al  proprio  fe^fo,  an?ì;a.;l)e  i^^etTarie  cofoo* 
dita, e  a  i  dovuti  ripofì,  mentre  contento. di  una  iQfjlfa TofiEZJonf^  portsca. 
da  lui  in  t afe;!  al  luogode'fuoiftudj.  fela  panaxafina^ltlBlJBra:.e  p^chè-nc 
meno  poteano  talora  li  Icatfi  provvedimenti  del  padre. ^i,ugnere  a  tanto. 

erafoc- 


^   \    GK),    FRANCESCO    TtQMANELLL       541 

cn  forzato  a  venderle  i  propr} diiegni g  per  f^ror vedere  e  c^ùanto  gli  manct- 
yz  per  la  pura  e  fola  confervazione  della  vita.  Volte  hnaloience  la  fut 
buòna  forte,  o  per  meglio  direi  la  Divina  Provvidenza,  che  un  gìornot 
.in  tempo  appunto,  che  al  povero  giovane  era  giunta  nuovx  della  mortt 
dell'  uno  e  dell'altro  de'fuoi  genitori ^  mentre  egli  fi  tratteneva  difegnan«» 
do  in  una  fianza  del  Vaticano»  lo  vedelTe  un  nipote  del  Cardinale  Maga«» 
lotti,  che  fi  tratteneva  allora»  come  fuo  parente,  appreflb  al  fuo  nuovo 
Pontefice  Urbano  Vili.  Quefti  forte  invaghito,  della  virtù,  modeftia»e  ci- 
vilifiimo  tratto  del  giovane  ;  e  fentita  V  incomodità  del  fuo  vivere  e  ftu^ 
diare,  volle  aggiugnere  alle  molte  lodi»  date  allora  a* fuoi  difegni»  anche 
uno  affai  onorevole  fovvenimento  di  danaro  •  Ma  non  fi  fermò  qui  la  caritè 
del  Cavaliere,  perchè  volle  anche  farlo  conofcere  al  Cardinale  fuo  zio» 
che  fubito  la  propria  protezione  gli  ofiTerfe  ;  e  da  1)  in  poi  osò  £irlo  be^ 
ne  fpefib  difegnare  cofe  di  proprio  gufto  :  e  talora  anche  dipignere  pet 
proprio  fcrvizio  e  d*  amici  «  Avendo  poi  tenuto  difcorfo  di  lui  col  Cardia- 
naie  Francefco  Barberini»  fece  sì,  che  egli  Volefle  averlo  a  fé  con  alcune 
delle  fue  opere  e  difegni  ;  e  fenza  più ,  afiegnoglì  nei  proprio  Palazzo  vit^ 
Co  e  abitazione,  tale  quale  fidavaa'fuoi  Gentiluomini ,fi:nz' altro  voler  ri^^ 
fcuotere  dai  giovane  %  che  V  afiidua  attenzione  a  farfi  un  uomo  grande  nel» 
l'arte  della  pittura:  e  tal  grazia  gli  mantenne  pòi  quei  Porporato  finch'ei 
vifie.  In  oltre  lo  pofe  nella  fcuola  di  Pietro  da  Cortona,  al  quale  pocci 
avanti  fiera  accodato  un  altro  giovanetto,  chiamato  Raffaellino  Bottelli^ 
che  pure  prometteva  di  fé  non  mediocre  riufcita;  onde  fra  quefti  due»  che 
furono  i  primi  giovani ,  che  tenefle  in  fua  ftanza  il  Cortona»  e  che  fempre 
amici  converfavano  infieme»  entrò  una  virtuofa  competenza,  che  allora 
folamente  ebbe  fine»  quando  dopo  alcun  tempo»  contra  T  afpettazione 
di  ognuno»  fuccedè  ilcafo  della  morte  del  povero  Raffaellino»  che  molto 
doUe  al  Romanelli:  a  cui  fu  di  tanta  premura  il  refleflo  a  i  benigni  trac* 
camenti  del  Cardinale  Barberino»  che  forte  accefo  di  fargli  il  meritato 
onore»  tanto  fi  profondò  poi  ne'  fuoi  ftudj»  che  ne  cadde  infermo  di  feb« 
bre,  la  (}uale  facendofi  ogni  di  più  importuna  e  più  &rma,  già  fiera  con^ 
vercita  in  etica.  E  certo,»  che  farebbe  il  giovane, che  a  poco  a  pocos'an* 
dava  confumando,  reftato  ancora  efib  preda  della  morte»  fé  la  clemenza 
del  Cardinale ,  dopo  ogni  forte  di  efperimentOf  fatto  fare  da' primi  medici 
di  Roma  per  lo  fcampo  di  lui  »  non  lo  aveflè  inviato  a  Napoli  con  calo^ 
tofe  raccomandazioni  appreflb  al  Cardinale  Filomarino»  che  allora  vi  fo« 
fteneva  le  parti  di  Nunzio  Apoftolico.  Né  è  poifibile  a  raccontare,  quali 
foflero  le  carezze  ricevute  dal  giovanetto  infermo  in  cafa  quel  Prelato  pet 
più  mefi,  finché  tornato  alla  prima  falute  »  fé  ne  venne  a  Roma  >  folito  poi 
a  dire  di  aver  trovato  in  effo  un  nuovo  e  amantifiimo  padre  •  Aveva  in« 
tanto  il  Cardinal  Barberino  quafi  terminata  la  fabbrica  del  fuo  gran  Palazzo 
alle  quattro  Fontane:  e  data  cpmmifiione  al  Cortona  di  dipignere  la  dipoi 
tanto  celebrata  volta  della  gran  fala:  e  già  avevane  il  pittore  fatti  gli  fiu** 
dì  e  i  cartoni  »  e  anche  aveva  dato  principio  al  lavoro;  quando  per  affi» 
curare  al  fuo  pennello  ogni  migUorerìulcita  in  opera  si  vafta,  u  rifolvt 
di  portarfi  a  Firenze i  e  poi  viaggiare  per  Lombardia  »  per  vedere  le  pitturtf 

de'  pili 


54^    Didtm,  V.  M»  f4rh  l  dèìSéà  P^i  ial  i  ^40.  ai  1 6s<y. 

de'pih  rinomiti  niaeftri!  ed  è  em»i  dtté  égli  tréppè  itBdàtò  !h Tdlli  fih» 
deità  de' due  dilbepòIU  dicd  del K^klitieUb  e  di  RaiEiellinó,  Puha  è  Vii- 


tro  iafciafie  a  tirare  avanti  alcohe  dctfe  di  qwì  gran  Javói'o  :  e  èhé  rìihUiik^ 
do  poi  mojto  a  far  ritorno  a  RdtHft  ^  tpìtio  ifilantò  fitti  ìaniiiitìfi  j^r  trop- 
po^ e  tròppo  altresì  affittirltl  Mi  ^fàn  iéoiicdtttt  di  lòrtì  fapèré,  teht«derò 
per  Ogni  vih  e  col  tnes^o  del  Prìhieipé  d!  ftléllKhX ,  dì  occupare  il  liidgò 
di  Pietro  in  quella  nobile  faceertdi  ;  fìdtt  afiérìèndòfi  frattanto  né  ptomò 
né  poco  di  ptlefiire  éì  fatti  fóto  (6nt1ai«n(Ì  t  pilitfcAé}  khchk  còllii  pm  Vilt 
marniagiiai  che  rérViva  lord  di  ttÀriòVale ,  te  còh  intelai Ht  gtnié  ètletitìiià 
non  puire^  che  in  aiiel  lubgo  fi  porèaVa  »àldi^  per  tdéfiò  di  vèdéiré  la  bibita 
ftbbri<à  e  l'opera  dbi  faloné  gli  principiitts ^  qtlkh'dó  tih«klfh\entb  ft|til  i)  ri^ 
tomo  dfel  Cortona,  che  avendo  aVùto  hotikfa  di  ttìttd,  lenza  fì^ticiinettètt 
indugiò;  l'uno  e  l'altro  de' gióvani  fi  tolfè  dattdrhd.  E  dà  lì  iù  'pbl.  tan- 
to Raffaelliho,  che  il  Romanelli ,  ibbandòtfahdó  in  pàite  la  ménièrà  adi 


immaginato 

BernìhOf  che  in  quel  tempo ,  f  ccoiìie  pòi  fempte  fi  trbVava  ih  iftató  ^\^t^n 
favore  appreflb  al  Pomenee  Urbano;  e  fra  di  cui  e^l  Còtcoiia  èra  ìblito 
{)afIftrepoco  bvoila  corri fpondenza,  trovò  in  eflb  ogni  buona  difpoiizìone» 
f)er  adcreditàrio  femprepiù  per  Roma»  e  colla  perfonà  del  Papà.  Comin* 
ciò  pertanto  ilBeriiino  a  dite  tali  cofe  dét- Romanelli»  the  alia  è^fiìiie  né 
fpiccò  per  eflb  una  chiamata  a  Palàziio»  neMa  quale  fécféèglì  A  t&ttaiiientà 
camp^giàre  il  proprio  fpiritoi  e  avvenente  t  Hj^efto  gràziofò,  &U  ^lizii 
re'  più  bei  precìetti  neir  arte  fìtt,  che  al  Cardinale  Barberino  furón  dad 
otdini  per  l'impiego  di  fui  n%lla  prima  óccafióne.che  fi  pteféntàfft  ;  è  c^lie^ 
ilo  incominciò  a  (ortire  fuo  effetto»  quando  volendo  il  CàrBimAé  iregatate 
Giacomo  d'Inghilterra  Duca  di  Jórch^  fratello  delio  allóra  ire^ifahte  Re  ; 
e  lo  Re  ifteflb  ;  ordinò  a  Gio.  Francefeo  due  quadri  di  grandezza  tanto 
eccedènte  »  che  fu  neceiTariò  aflègnire  -  al  bittore  due  ^grandi  ^zntt  deitt 
Canceilexla,  abitazione  allibra  del  Ckrdinile»  come  Datàrio»  le  quali  pòi 
il  Romanelli,  finché  viiTe»  non  mai  làfctò.  tn  uno  de' quali  rapprefentò 
il  Contrito  degli  Dei:  e  nell'altro  un  Bàccai^le  »  ^i  nobile  e  curiótt  mVen* 
sione'»  con  gVan  numero  di  figtftè.  Quefti  quadri^  la  cui  lundfezza  gta« 
gnevaa  trenta  palmi,  con  quindici  in  altezza;  poi  a  tdgiòhi  délfe  grtfndi 
perfecQzioniiche  tornarono  a  pullulare  in  quel  tempo  in  Inghilterra,  con- 
tro la  Cattolica  Fede ,  non  f ilì-ófiVo  akrimenti  còl%  mandàVi,  ma  fi  rim^erò 
in  cafa  Bàr1)èrrna  infieme  con  un  bel  qu&dìfo^di  una  Pietà»  chb  égli  ebbe 
a  fare  pure  allora  per  lo  Pontefice  Orbano,  {blamente  pel  tliietfò»che  fi  era 
prefo  delle  due  beli'  opere»  che  dette  abbicamo.  Non  ancfò  mólto  però» 
che  lo  fieflb  Cardinale  Barberino ,  Volendo  tuttavia  per  zèlo  catróKco  fo- 
mentare benevolenza  verlb  di  fé  appreflo  a  qftella  Maeftà,  fecfe  fare  attre 
opere  al  Romanelli,  le  quali  dì  tempo  in  tèmpo  le  andava  tnandando  colà» 
e  '1  ritorno  dc'portaori  veniva  fempre  accompagnato  con  arredati  sì  nobili  » 
0  con  ai  fatti  ringraziamenti,  che  ben  facevanconofcere  quanto  e  fi  dono 
fieflo^  e  la  aanlen^dei  pittore  giugnevano  cari  e  griditi  :  ciocché  piti 

chiaramente 


^hiuiq^pEi.  Ccf^B  f o^qr«er«  U  ii|a{kX9 1  ^che  da.  ^ud  Re  furo»  fatte  al  G«r«< 
dicale.  4^ii  ayexe.  Quel  fi^^i^fo.  i*  groprj  fervìgi;  fé  non  c{ie  var)  tioiorì» 


Qcca<» 
aver- 


qàcciaré  gloria  a  fé  fteflp,*^  c|iè  il  gofleflo  delù  grazia 'dei  Bap^  >  cl)|e  ei  ben 
'^ijieva  eiier4  già  a  gVàn  fegno  guadagnaci .  '  Volle  poi  lo  fteffo  Pepa  »  dio 
JriQ.  ^rancefqo  dipigoefle  |e  danze  coiitigue  alla  (ala  Clementina  nel  Va« 
ncanot  ^eìje  qu^ìi  u  porto  sì  bene  ^  che  venuto  già  \a  cofìjoetto  ancho 
m^pjii  intendenti»  di  ottimo  pittore it  taeevftno  %  gara  i  giovani  ((udiofi 
dell'arce^  per  chi  avefle  potato  aver  luogo  nella  fua  ft^ns^t  ;  onde  gli  fu  duo* 
DO  ^Pii^irè  UYv'  ÀC9^4emia  »  dovè  pqi  gra^  nymero  ne  conporfe  •  EcercQ,  chef 
¥^  ^W0a  fcuola  farebbero  ufciti  aliai  (uggetti  4t  primo  grido  »  ciocché  poi 
non  leguì»  ie  egli  nel  breve  giro  degli  annùebe  preferine  il  cieb  al  vivere 
l^uo,  fotte  fiato  Tempre  fermo  in  komaj  e  non  gli  foile  convenuto  il  poc« 
tifi!  be^e  fi>eflQ  a  Viterbo»  ed  il  fsire,  cqme  fece»  due  Viaggi  in  Francia # 
Qveplìianfìi  gli  vennero  confi^tnati  in  molte  occupazioni  dell'erte  fua;. 
,    [  Seguitando  ora  il  filo  dell-  il^ort^»  dirò»  cqnie  egli  in  qoefti  tempi  ebbft 
a  diplgnere  a  frefcp  pel  Dupa  Lanti  U  volta  di  una  gran  fala  del  fuo  Palaa^ 
zo  verio  la  Sapienza»  con  i(ÌorÌe  de'fjficti  degli  antichi  Romani;  ciiufcìf 
guaita  una  delle  più  belle  opere»  che  egli  aveiTe  £itte  fino  a  quel  temno» 
e  per  la  gran  aopia  delle  figure»  per  le  belle  azipni  delle  mèdefime»  e  lo^ 
xo  ah};>i^liamenti»  e  per  le  poetiche  invenzioni!  eoli  aggiunta  de*. vaghi* 
ornà]^r\tidi  chiarifcuri  »  di  fiucchi»  e  dorature»  cofe  tutte  »  che  fanno  una^ 
dxc^to  {y>mpofa  moftra  ;  opde  maraviglia  non  fu»  che  ingegìiofo  poea^  fo« 
grÀ  tjale  op^ra  fi  afiaticafle  in  comporre  un  ben  lungo  poema»  che  fi  dice' 
fqiTe  anche  dato  allo  pubbliche  ftampe.  N(hì  aveva  egli  ancora  data  fine 
a  queir  ppexa ,  gvando  in  tempo  di  Carnevale  volle  portarti  a  Viterbo  : 
écomeccW  era  egli  di  genio  allegro  econverfevole»  e  molto  tncKnato 
ili' amóre;  ne*  trattenimenti j  eh^  fuole  offerire  quel  tempo»  dico digiuo** 
c^  Vài  danze»  gii  venne  fattp.d*  inYaghiirfi  di  nobile  fanciulla  »  per  no- 
ni^ ^Hrice  »  di  cafi^  Signorini .  Applaudi  il  Cardinale  Barberino  agli  one«. 
^df  fi^^t]  del  giovane  »  che  furono  w dPmandarla  per  moglie»  e  colla  pro*^ 
t^zione  dello  flefib  Cardinale  leftò  effettuato  il  matrimonio.  Quindi  par* 
cito  alia  volta  di  Roma,  mentre  l' opera  del  Lanti  fi  ftava  tuttavia  impera* 
fetta»  ebbe  egli  a  dipignere  pel  Duca  Altemps  Una  (hinza  nel  foo  Palazzo: 
gip  ÀppplJinare»  dove  a  fre(co  rapprefentò  tavole  di  Venere»  di  Giove  »^ 
dì  Polifemo»  e  dell*  Aurora»  che  riufcì  opera  Icdatiflima»  maflimaaiente 
intorno  a  cip»  che  alle  belle  avvertenze  avutefi  dal  pittore  nel  componi-^ 
mento  dellj^  medefime  appartiene;  e  per  eflere  fiata  condotta  con  tate  de« 
licate^xa  »  che  non  a  fretco»  ma  a  olio  pareva  colorita»  e  gti  accrebbe  tan<r 
to  credito»  che  rtcereato  ogni  dì  il  fuo  pennello  per  nuove  e  grandi  oc-^ 
cfiofii  di  cofe  »  f tt  necefficaco  a  ehiama»  da  Viterbo  la  conforce  »  ove  ave^ 

vaia  la- 


rahiàlciata  f  eltenziirfì'ìnRòMt .  QtBivl  per  gran  pesso  fi  trattenne  ,troit- 
ducendo  molte  pitture  a  olio  e  a  frefcò  per  amici  e  perfone  d'alto  tflPare» 
che  lungo  farebbe  il  notar  qui;  onde  ci  batterà  accennarne  akune  poche  • 
Per  la  Santità  di  Urbano  VIIL  dipinfe  una  Pieri  :  pel  Cardinale  Barberi-^ 
no  fece  altre  pitture  :  pei  Cardinale  Coftàguti  le  quattro  Stagioni  :  pet 
Loren:tof  poi  Marchefe  Ghigi^  quattro  quadri  da  fala  della  Dea  Venere» 
di  Polifena*  di  UltfTe»  e  di  Clecmàtra.  Per  quei  di  Cafa  Albani  ;  nobtK 
Pefaréfi»  più  quadri:  per  la  Chieladi  San  Carlo  de* Carenar j,  il  quadro  def 
quattro  Martiri  Perfiiini,  Mario,  Marta»  Audiface,  e  Abacuh:  pel  Semina^ 
rio  Romano I  un  quadro  dì  Maria  Vergine  e  Gesù:  e  fi  dice»  che  egli  pd 
Principe  di  Paìefirina  copiaflè  il  belliffltno  ritratto»  che  pofliede  quelfai 
cafa,  dico  il  ritratto  della  Dama  di  Raffaello  di  propria  mano  di  lui  ;  A?e* 
va  intanto  il  Cortona  dato  fine  ali*  infigne  pittura  del  faione  Barberino; 
onde  difegnando  il  Cardinale  di  far  fare  le  tappeatzerte  per  ornamento  del- 
le muraglie  laterali  »  ordinò  al  Romanelli  di  farne  i  difegni  ih  piccolo  e  Ift 
grande  :  e  l'afliftere ,  come  fece  poi»  a  Paolo  Spagna  fuo  difcepolo  »  a  oii  fu 
data  incumbenza  di  colorirne  i  cartoni,  co' quali  fi  fecero  poi  ibelliffimi 
parati»  che  fon  nòti.  Contengono  quefli  lefacre  iftorie  de* più  principali 
Miller j  della  Vita»  Paflione  e  Morte  del  Salvatore:  concetto  degno  in  ve- 
so  delia  pia  mente  di  un  tanto  Prelato.  Ne  debbo  io  lafciar  di  notare,  co- 
tte ad  effetto»  che  riufcifle  più  plauiibile  il  bel  lavoro»  fece  il  Cardinale 
venire  appofta  di  Fiandra  uomini  grandi  di  tal  meftiero»  i  quali  poi  anche 
per  più  anni»  dopo  finita  l'opera  »  trattenne  in  Roma»  facendone  far  lo- 
so altri  mólti  per  abbellimento  pure  del  Palazzo  medefimo.^  I)ipin(e  poi 
il  Romanelli  jper  lo  ftelTo  Cardinale  alcune^  iftorie  del  Vecchio  Teftamen* 
tx>:  e  quelle  (opra  cinque  tele  di  fondo  d'oro»  larghe  venti  palmi ^  e  alte 
quindici:  e  al  Cavaliere Bernino  fece  colorirne  un'altra:  e  tanto -quefla. 


qua  or  là»  fecondo  che  i  lumi  o  V  ombre  di  fua  pittura 
slcune  fila  d'oro»  le  quali  poi  andava  ritoccando  col  pennello  in  moào^ 
che  fenza  perdere  né  punto  né  poco  il  bello  del  colorito  pittorefco»  contiti 
cerco  fcherzo  d-ago  e  di  pennello»  ingannò  Cocchio  di  chittiìaue  levid- 
de»  col  farle  parere»  non  fo  fé  io  diea  di  tutta  tefiicura ,  o  col  lafciarè  in 
dubbio s'elle fodero  veramente  tefiute  o  dipinte:  e  fu  cagione ì che  il  ^ìn* 
cjpe  Panfili»  per  quanto  a  me  fn  rapprefentato  »  altre  fedici  ne  faceife  fare 
in  quel  modo  •  con  iflorie  di  fatti  di  San  Francefco  Borgia  «  le  quali  poi  do^ 
nò  a' Padri  della  Compagnia  della  Chiefa  del  Gesù%-  e  riufcirono  opera  d 
ouriola»che  efpofte  al  pubblico»  ebbero  fòrza  d^ attrarre  da  loro  fleffe  gli 
Qcch)  di  tutcaRoma.  Occorfe  intanto  la  morte  di  Ui'bano  Vili,  e  la  Crea* 
ztone  del  nuovo  Pontefice  Innocenzio  X.  'e  con  quefta  pare,  che  pofla 
dtrfi  la  partila  di  Roma  per  Francia  di  tutta  la  Cafa  Barberina ,  la  quaìe' 
3*era  già  bene  infinuata  in  quella  Regìa  Coree  j  quando  difcorrehdo  urìgior* 
no  il  Cardinal  Francefco  con  Mazzarrintf  delle- cole  di  Roma,  molto  difiè 
della  virtù  del  Romanelli:  il  che  di  fubito  pafsò  air  orecchio  del  Re,  il 
quale  nella  proffima  prima  occafione»  che  fé  gli  porft  d'avere  &ib  il*  Barbe- 
rino. 


k 


.  :  .     mo:  TkANCESco  "romànèuu     ns 

irìno»  1^  pilesb  il  concetto,  che  in  fui  depofto  di  MazzarrSno  ,  formate» 
avdtdel  noftro  pittore:  foggiugnendoglì  efler  fuo defiderìo,  non  pare  di 
conofcere  on  tal  vilrtooro»  ma  eziandio  di  averlo  per  aualche  tempo  a'pro« 
pr}  fervigi  :  e  fubito  fece  fcrivere  a  Elpidio  Benedetti  fuo  agente  in  Ro« 
ma»  che  tremila  feudi  fomminiftrafle  al  Romanelli,  a  folo  titolo  di  lìpefo 
pel  viaggio;  mentre  lo  ftelib  Cardinal  Francefco»  con  prelTantjflimà.let- 
tera,  gii  ordinò  il  partir  fobito  alla  volta  di  Parigi:  cofa,  che  pure  nello 
ficÌS(^  tempo  fece  da  parte  del  Re  lo  (teflb  Cardinale  Mazzarrino .  Non  ha 
dobbio,  che  una  così  inafpettata  novità  diede  ai  pittoregrande  appreniione« 
In  riguardo  maffimedell*  amore  t  ch^e*  portava  alla  moglie  e  a  i  ngliucU»  t 
quali  per  approfittarfidrcodl alta  chiamata ,  gli  convenne  di  fubito»  benché 
a  teitipo,  aoiMindanare»  per  non  interrompere  coirindugio  il  corfo  di  fua 
^rtuna  nel  piiibel  fiore  di  fua  età»  che  il  numero  di  3o«  anni  non  eccedeva; 
e  coai  aflegnati  a  fe  fteilb  alcuni  pochr  giorni»  per  torre  congedo  dagli  amici 
e  parenti  in  Roma  e  in  Viterbo»  e  anche  da'  Cardinali  e  Principi»  co'qualt 
aveva  già  contratta  fervitu;  fra  le  lagrime  della  conforte  e  de'  congiunti 
non  meno  che  fra  i  morfi  deir  invidia  de*  profeflbri  fuoi  contrari  »  fece 
partenza  da  Viterbo;  e  dopo  avere fuperati  nel  viaggio  affai  pericoli»  che 
iuogacoik  irebbe  il  raccontare»,  per  lo  fpazio  di  due  mefi»  dal  di  de'rice* 
vuti  ordini»  fu  in  Parigi .  Subito  fi  portò  ad  appreftare  atti  di  gratitudine 
è  di  ringraziamento  al  Cardinale  e  agli  altri  Principi  di  Cafa  Barberina: 
quindi  isil  Cardinal  Mazzarrino»  che  lo  condufle  alia  prefcnza  del  Re  »  il 

3oale  dopo  un  amorevole  colloquio»  non  fenza  dimofirazione  d'amore  e 
i  filma»  volle,  che  egli  fi  portwTc  dalla  Maeftà  della  Regina  Madre,  che 
con  atti  di  non  minore  clenienza  T  accolfe  e  trattò,  non  pure  per  allora  » 
ina  poi  per  tutto  il  tempo  di  fua  permanenza  colà:  e  fece  tanta  ftìma  del- 
l' opere  di  lui,  che  pare»  che  pofla  dirfi»  che  il  dipignere  per  eflà  fofie 
i][uafi  r  ordinaria  "occupazione  di  lui;  toltone  il  tempo»  che  gli  fu  necefla* 
no  impiegare  per  adempiere  i  comandi  del  Re»  e'I  condurre  belle  inven* 
«ioni  per  Dame  e  Cavalieri  favoriti  di  quella  Corte .  Non  tardarono  pe* 
rò  molto  a  vederli  quegli  effetti  della  premura»  con  che  l'aveva  il  Re  fiitto 
venire  a  Parigi;  conciofoflecofiuzhè»  avendo  Mazzarrino  fatto  fabbricare 

IìxdSo  al  proprio  Palazzo  un  Portico  fontuofi)  »  che  comunicava  col  Pa- 
azzo  del  Re»  per  farfi  più  facile  il  paflaggio  alle  fianze  di  Sua  Maeftà» 
volle  lo  fieflb  Re ,  che  foflè  parte  del  Romanelli  il  dipignerlo  tutto  a  fre« 
fco.  Allegro  il  pittore  dei  nuovo  nobiliflimo  impiego  fiato  dato  al  fuo 
pennello  •  fi  portò  a  dame  parte  al  Cardinal  Barberino ,  che  con  vive 
efprefiioni  ammollo  ad  ufare  ogni  arte»  per  far  si,  che  non  menoappreflb 
al  Re»  che  a  tutta  quella  nazione  rimanefle  ftabilito  il  concetto,  in  che  lo. 
tvevan  pofio  a  principio  le  foe  raccomandazioni.  Si  applicò  poi  il  noftro 
pittore  a  penfare  a  ciò  ,  eh'  ei  dovea  rapprefentare  nelP  opera  :  e  final* 
nente  ele&  le  Metamorfofi  di  Ovidio:  ne  formò  i  penfieri  e  le  invcnzio«> 
ni ,  che  approvate  e  lodate  dal  Cardinal  Franceico,  le  fece  vedere  al  Re^ 
Tiiattennelo  egli  bea  due  ore,  prefente  lo  flefio  Cardinale:  e  molte  inte^^ 
vogozioni  gli  fece  fopra  a  <^ni  più  minuto  particolare  de  i  conceputipen- 
fieri  :  e  ricevutOBe  buon  conto  >  con  parole  di  tutto  gradimento  fecelo 

Mm  animofo 


«umoTo  a  |K>r  mann  allT  optef»»  ofdlnaAdoicQli^r^^riA  cfr^ioti.  fa»  %  vir<f 
miniftrifdirervire  l'artefice»  non  pured' uomini  di  hi(K>kvi)rQ»  òdi  tttc- 
ta  il  materiale  necefl^riot  itttt«PÌ4ndio  d'aflUbnsa  pffjr  uctp  cìPt  che  tilt 
giornea  gli  foiTe  aticiaco  occorrendo»  e  per  r ctf>erad8  per  fé  fiefib ;  «vdove 
per  davanti  erail  il  pittore  trattenuto  iiicaj^  del  Cardinale  Barbetino#  voi* 
le»  che  t)er  maggiore  comodità  di  lui  gli  foflisro  date  le  flanze nei  Regio  Pa^ 
lazzo.  Fatti  i  cartoni,  e  incooiisictatéJe  pitture^  ebber  princjj^o  aitici 
le  frequenti  viiita  di  Barberino»  di  Miazzarrino ,  e  fixK> dello  fteflb  Re^e 
della  Regina^  quali' per  lo  piacere»  cb'ei  fi  pcendevano  in  vederlo  c^cr 
rare»  e  del  piacevole  e  fpiritofo  dilcorfo  bipy  cratteùevaufi  bene  foefiboioi* 
to  tempo  :  e  perchè  talora  egli  per  attO;ditiver«iifeà  verfo  quelle  Maeftà» 
diede  fegno  di  a ftenerfi  alquanto  dalragioaare».edal  dar  fuori  i  Cuoirfioljti 
vi  vacillimi  concetti  »  ne  t«  rtprefo#  onde  gli  fu- forza  da  lì  ionaiusi  di 
viàre  quella  ficurtà  e  familiarità,  che  in  tal  congiuntura  ricercavati  da  cflo 

3uei  perfonaggi.  E  in  vero»  troppo  miferi  farebbero  i  Grandi»  e  in  ciò 
elle  più  vili  perfone  aflai  più  infelici»  fé  volefler  fempre >  e  con  ognano 
foftenere.  quel  pofto  di  Maeftà»  e  ftarfi  in  fiil  rifquotere  da'minori  qwi  fib* 
gni  d' ofiequiofifiima  reverenza  »  che  debbonfi  per  altro  »  e  con  ragione^ 
allo  fiata  e  grandezza.  loro.  Ma  non  folo  i  perfonaggi  >  che  detti  abbia- 
mo»  eia  Resina»  fi.portavanofoVentea  vederlo  operare»  ma  gran  nume- 
io  eziandio  di  Cavalieri  e  Dame:  frale  quali  una  ne  fu»  che.al  RoOtanelIi 
iembrò di  si  rara  beUezza  »  che  ofièrvatala con  grande  attenzione»  la  ritrafle 
poi  al  vivo  per  una  diquefle  femmine»  eh' e' doveva  rapprefentare  neirope* 
ra|:  il  che.  rifaputoCc;  dall' altre»  appena  una  ve  ne  fu»  che  oon  VQlefle  per 
mano  di  lui  euer  fatta  v^ere  in  quelle  pitture i  e  H  buonoi  artefice  t  iapen^f 
do  quanto  podTano  le  parole  e  gii  ufìzj»  o  buoni  o  rei»  di  donna  contenta 
o  (degnata,  di  fubito  foddisfaceva  a. tate  loro -defiderio ;  e  conquefto  ven* 
ne  a  guadagnare  loro  aifeeto  per  modo*  che  oltre  al  gran  parlare»,  ch'elle 
£rcevano  di  luo  valore  e  garbatezza»  vollero  anche  d^rlo.a  conpfcere  in 
quefto»  cioè  :  che  efiendo  egli  (tato  poi  per  più  fieittimane  obbligato  al  Ice- 
fo«  a  cagione  di  una  caduta  da  un  palco»  mentre  dipigneva  nella  loggia  « 
vsollerocQn  regali  e  con  vilhe  non  mai  intermeiTe  (ciò  che  anche  facevano  i 
Sovrani  e  i  più  nobili  delia  Corte)  che  ei  godeiTe »  £:a  i  .travagli  del  male« 
giorni  felici^  tantoché  fu  egli  poi  folito  a  dire  »  che  nou  niai  »  andie  nel 
tempo  Ui  fua  più  perfetta  (alute»  erafi  trovato  a  fiat  s^  qohtento»  <(uanto 
in  quel  noco»  che  egli  in  Parigi  erafi  trattenuto  ammalato ..  Tornando  ora 
t^  dire  dell'  opere  delia  loggia»  oflervò  il  Romanelli,  nelPoccafione  di  tal 
pittura»  che  era  tanto  piaciuto  in  Parigi»  un  certo  fuoi  modo,  di  .colorire 
delicato  a  forte  in  un  tempo  ileiro,  che  datofi  tutto  a  quel  modo,  di  £tre» 
diverti  non  poco  dall'antica  fua  maniera»  tolta  dal  Cortona;  onde,  a  chi 
vide  poi  le  fne  pitture  fatte  in  Italia  »  dopo  il  ritorno  da  Parigi  •  compar- 
ve afiai  chiaro»  efferfi  egli  fatta  una  nuova  tnaiiterà  da  fé  ileflb.»  a0ài  diverlk 


quindicimila  feudi .  Gli  donò  la  Regina  un'  orivolò  tutto  giojella* 
co,  di  gran  valore;  el  Cardinal  Mazzarrino  un  anello  eoa  nn  molto  pre« 

zioiò 


•0^^^ il,  ::CJfO.  FRMC3SSC0  ROMANELLI.       547 


*tf bfò  infante  #  1  kmU  ,  che  c^li  riportò  à^  Oiv^lieri  e  Dame  della  Cot^ 
te 9  furono  ancora  cui  In  gran  numero.  Seguirono  incanto  gli  aggiufta» 
^^enti della  càfa  Barberina  col  Pontefice  Innocenzio  X.  e  *\  Cardinal  Fran- 
-Mfca  ^fà  aVvifato  di  fuo  Ocnro  ritorno  a  Roma ,  ottenne  dalla  Maeftà  del 
IleHPildbhaiHMf  eóneflbfeco  ilRò^  importunato  da' Tuoi, 

^f  art kÌòlai^étA:e  dalla  oonfo^  ,  gii  non  pòtea  più  far  refiftenza  dlle  con* 
•tih6vé  ìl'prèflHntiflime  lord  cliiamaté:  è  quantunque  moftra^  il  Redi  a?er 
ctifooftadel  p^ittoAre,  nofn  lafcfò  di  compirete  al  Cardinale;  ma  primi 
volle  (ài  pròpria  mano  di' lui  eìTer  ritratto  al  vivo»  feguitato  in  ciò  anche 
dalla  Regina:  ed  \  famaì  che  Gio«  Francefco  in  quefti  ritratti ,  iiccome  in 
altri»  che  égli  aveva  fatti  in  Parigi»  fi  portafTe  lodevoliifimamente  al  fiio 
fblIto«  Seguì  dunque  laHùa  partenza  kìfieme  con  quei  dicafa  Barberina» 
tna  con  4 vere- egli  prima  avuta  a  fare  f>h)meflli  al  Re  di  ritornarvi  ad  ogni 
cehho  di  )ui%  donodhè  egli  atefle  confòlati  i  Cuoi  »  e  alquanto  accomò;' 
dati  gli'  àiFari  della  propria  cafa.  Giuntò,  a  Bologna»  la  quMe  già  trovò 
piena  de P proprio- nome .  ^er  defrderio  di  vedere,  ficcome  vide  »  le  (dipen- 
de pitture,  che  in  pubblico  e  ih  privato  fono  in  quella  città;  con^buoii 
modo  li  licenziò  da  quei  Principi  i  e  quivi  per  alquanti  giorni  fi  trattenne t 
o^fofeva  poi  dire  fovente,  che  quella  oreve  paflata  per  quella  città  era  da- 
ta per  eno  una  grande  (cuoia .  Parti  finalmente  alla  volta  di  Firenze  carico 
di  onori  e  di  ordini  di  fare  opere  per  quei  gentiluomini»  a  i  quali  fod^ 
disfece  poi  tornato  in  patria .  Ma  comechè  non  lungi  dali*  umane  profpó- 
riradi  i  tbgliono  per  ordinario  eflère  le  difgrazie  e  i  dolori  ;  non  erali  egK 
rincora  inolto  fco(hto  dalla  città  di  Bologna  i  per*  la  vìa  della  tnontagna; 
quando  egli  con  uh  fuo  molto  fedele  fervitorei  chiamato  Ambrogio»  di 
cui  fervivafi  per  macinar  colori  e  altro  fare  per  comodo  dell*  arte  Tua ,  fu 


poco  male  »  al  che  anche  contribuì  i^on  poco  »  refferu  egli  »  prima 
di  porli  in* viaggio  »  fpogliato  del  danaro  e  di  ogni  buono  arnefe»  con- 
tento di  tanto  veftito»  con  quanto  avede  appena  potuto  coprirfi :  e  l'ave* 
rè  inviate,  ^  lettere,  e  Scritture  »>  tenari,  e  gioje»  e  la  nobile  fuppellet^ 
tile  acqulQàta  in  Francia,  t:ol  bagaglio  del  Cardinale.  Siccome  di  non  po^ 


co  giovamento  fu  al  padrone  è  al  fervitofre»  Paver  fatto  acquifto  della  lin^ 
g^a  Francefb;  che  utata  in  queHo  ftrano  accidente»  fenza  mai  revelare  i 
pfppri  nomi  e  prefeflioni»  fecergli  tenere  per  tali  %  quali  fi  &cevanoi  \o^ 
véri  Ffancdfii  che  portavanfi  à  Roma  »  per  quivi  attendere  al  meftiero  del 
ricamare;  onde  furon  poi  da'  mafnadteri  fielli  fciolti  e  ricondotti  in  fuUa^ 
pubblica  via.  Giunto  a  Firenze  ,  e  fattofi  conofcere  per  quello  che  egli 
etti»  fu  dalla  glorièfa  memoria  di  Ferdinando  II.  Granduca,  ricevuto  e  trat-' 
tato  coir  fegni' di  non  ord*^naria  cortefia.  Condottoti  finalmente  a  Viterbo 
fuit  amata  patria;  fubicò  vi  ebbe  a  dipignere»  ad  iftanza  del  Cardinal  Fran^ 
cefco  Maria  BranCacci  Velcova  di  quella  città,  una  tavola  pel  maggiore 
Altare  di  quelU Cattedrale  di  San  Lorenzo»  nella  quale  in  tela  di  venti 

Mm  2  palmi 


54?      Dècèik.  V.  della  PM^ldelSèf.V,  1/4/1240.  aiiSso. 

palmi  rapprefentò  il  Santo  medelimo  co»  b^lit  inveazionie  t  rdrdipfnfir  «Al- 
che una  tavola  per  la  Compagniia  di  Santo  Rocco* 

Era  1*  anno  i6s6.  quando  eccocfa  la  contagìofa  influenza  xiellgx^tà^i 
Napoli  •  e  poi  di  lì  Donatali  a  Roma»  toccò  anche  la  città  di  Viterbo,  ove 
fiavafi  il  noftro  artefice  con  fette pipcoH  figiiooU-e  la  coivfoi^ci^/.oyQlldk  |e 
bontà  dei  Signore»  che  né  etto  ne  altri  della  cafa  di  lui  M/S^titteto  no- 
cumento alcuno;  onde  potè  tornarfene  con  pace  a'fuoi  virtuofi  lavori» 
finché  venuto  Panno  1659.  fu  dal  Granduca  chìarmato  a  Firenze»  ove  gU 
fece  fare  più  quadri .  Tornoflene  poi  a  Viterbo  »  donde  (  avendo  dato 
buono  accomodamento  alle  cofe  (uè  )   fi  partì  alla  volta  di  Roma»  ove 
fu  ricevuto  con  quegli  applaufi»  che  meritava  la  fama,  che  già  fin  da  Pa» 
rigi  avevalo  precorfo  »  per  le  beli'  opere  fatte  colà .  Non .  andò  molto» 
che  gli  fu  dato  a  dipignere  lo  fpazio  della  volta  neir  Oratorio  della  Chic» 
la  Nuova  »  in  cui  figurò  P  Incoronazione  di  Maria  fèmpre  Vergine  i  e 
|>iù  quadri  dipinle  in  quel  tempo  per  Principi  e  Cavalieri  di  quella  eie- 
tà.    Pece  poi  a  frefco  nella  Vaticana  Bafilica  il  San  Pietro»  che  Ubera 
r  Indemoniata  »  che  fu  poi  con  ifpefa  di  gran  danaro  dal   Cardinale 
Barberino»  fatto  togliere  di  luogo»  e  fituare  fopra  la  porta  della  Sagre» 
&k:  ed  è  da  notarli  un  atto  di  gran  gentilezza  di  quel  Prelato»  e  fu» 
die  avendo  la  pittura  nel  portarti  da  luogo  a  luogo  alquanto  patito»  e 
dovendofi  in  alcuna  parte  rellaurare»  non  volle»  giacché  in  tal  tempo 
al  Romanelli  non  era  più  fra'  vivi  »  fé  non  Urbano  figliuolo  di  lui  » 
del  quale  pure  più  avanti  daremo  alcuna  notizia.  Per  la  feconda  Cap- 
pella della  fteflTa  Chiefa,  air  entrare  dalla  finiftra  mano»  dipi|ife  a  olio  iT 
Miftero  delia  Prefentazjone  al  Tempio.   Mefle  poi  mano  alla  pittuia  della 
Tribuna  nella  Chiefa  di  San  Marco;  e  quindi  ad  iilanza  della  Tedefca  na* 
sione  fi  portò  a  diipignere  nella  loro  Chiefà  di  Santa  Maria  dell'Anima, 
la  volta  della  Sagreilia»  ove  figurò  rAiTunzione  della  gran^Madre  d'Iddio. 
Per  la  Chiefa  di  San  Giacomo  alle  Scalette  $illa  Lungara»  fece  il  quadro  del 
Santo  Apoftolo:  per  quella  di  Santo  Eligio  deli'  Univeriità  degli  Orefici  9 
al  primo  Altare  a  man  deftra,  la  uvola  dell'Adorazione  de'  Magi»  e  le  Si* 
bilie f  a  frefco»  che  adornano  di  fiori  quella  Cappella.  Scavafi  tuttavia  il 
Romanelli  operando  in  Roma;  quando  tornarono  a  venire  di  Francia  le 
chiamate  del  Re  Luigi  XIV»  oggi  regnante»  per  mezzo  di  fuo  An^^afcia*» 
dorè  tche  volea  valerfi  di  lui  in  opere  degne  della  propria  fnagnificenza» 
e  con  eflè  ordini  al  Benedetti  in  Roma»  di  fomminiftrar  da^a^o  pel  viag- 
gio; e  così  il  Romanelli»  dopo  alcune  fettimane »  da  Viter^  Tua  patria» 
dpv^  a  tale  effetto  da  Roma  fi  era  partito  colla  famiglia  »  p^i;ti  aUa  volta 
di  Parìai:  dove  giunto  finalmente»  con  dimoftrazioni  di  fitida  fu  accolto 
da  quel  Re.   Aveva  quefii  fatte  fabbricare  alcune  ftanspe»  che  £oripano  un 
lungo  rifcontro,  che  chiamano  Gabinetti;  e  il  riempierle  di pNtiire»  nel 
modo»  che  fu  fatto  nel  Portico  di  Mazzarpno»  volle»  che  ic^  incum* 
benza  del  nollro  artefice»  il  quale  avendone  ben  «confideraio  il  fito»  la  di« 
feozione  e  i  lumi»  diedefi  a  formarne  l'invenzione,  che  tolfe  dall'Eneide 
di  Virgilio,  de'  piii  illuftri  fatti  di  Enea»  volendo  con  elfi  alludere  alle 
ationi  gloriofe  del  gran  Luigi  e  della.  Regina  toiCbnforte.  Fecene  in 

breve 


GK).  FRANCESCO  "kOM ANELLI.       549 

fireve  tempo  i  cartoni;  e  finalmente  diede  oiana  a  dipignerne  la  prima 
danza;  ma  non  avevala  ancora  del  tutto  finita»  quando  egli  incominciò 
ad  aflàporare  i frutti  amari  del  giocondo  e  foUazzevole  vivere»  a  che  fi  era 
dato,  coU'occafione  della  libertà,  che  ei  fi  godeva  in  quella  città»  lungi 
^lla  conforte,  e  del  continovo  trattare,  e domelUcamente  converfare  co^ 
donne,  e  colpa  ancora  di  fuo  focofo  temperamento,  agli  amoroO  tralìull^ 
molto  inclinato.   Imperciocché  fu  egli  aflàlito  dal  torme  utofo  malore  » 
che  è  fplito  di  accompagnaire  i  medefimi ,  e  quefto  per  tal  modo»  che  in 
brevi  giorni  veddefi  quau  condotto  in  punto  di  morte.  Vinfe  perp  la  ro« 
buftezza  di  Tua  natura  quel  fiero  male;  ma  per  tempo  non  poco  gli  conven* 
neftare  obbligato»  quando. al  letto  e  quando  alla  camera:  e  finalmente  ii> 
forza  di  gagliardiflimi  rimedj,  tornò  alla  prima  falute,  e  riprefe  il  filo  di 
fuo  bello  lavoro.  £d  è  da  notarfi»  che  in  quefto  occorfegli  quello  appun« 
to,  che  nel  portico  gli  era  addivenuto ,  cioè,  cheefie.ndofi  eglifervico  del-. 
Tefiìgie  di  belliflima  Dama,  per  lo  volto  di  una  femmina  delle  fue  iftorie* 
fé  gliele  affollarono  attorni»  come  dicemmo,  altre  moUiifime,  per  folQ 
defio  di  efiervi  vedute  di  piace;  maquefta  feconda  volta  occorfe  alcuna  cofa 
di  più»  che  nel  portico  ;  perchè  laddove  il  pittore  nella  prima  opera  nel  con^ 
tentare  ciafcbeduna  del  proprio  ritratto  operava  con  libertà»  or  quéfla  or 
quella  tralcegliendo  e  ritraendo  nell'opera  a  fuo  bifogno,foddisfacenc)o  ad 
eiie,  a  fé  medefiemo  e  all'aroe;  in  quefta  tanto  era  il  remore  e  laconcefa; 
chi^  bene  fpefibinforgeva  fra  quelle  femminelle»  per  quale  dovefle  elferela 
|irima  a  comparirvi  dipinta,  che  il  povero  artefice»  con  poco  uiile  delibar* 
te»  non  potea  foddisfare,  né  ad  elle,  né  a  fé  roedefimo:  e  con  veni  vagli 
talora  valerli  di  quei  volti,  che  non  bene  adattati  al  bifogno  dell'  opera  » 
fé  gli  offerivano  davanti  i  primi.  Confumò  il  Romanelli  in  queir  opera 
diciotto iinefi»  ne'  quali  pure  colorì  lùolti  quadri  pel  Re,  e  per  molti  Ca« 
valieirl e  Principi  delia  Corte;  e  più  avrebbe  anche  operato,  fé  non  foP 
fé  ffaata:  disotto  dal  lavorare  prima  dall'infermità,  che  detta  abbi  amo  » 
e  poi  da'  divertimenti ,  che  in  buono  flato  di  fanità  andayagli  procac* 
ciando  il  Re  ftefib  a  Fontanablò,  e  ad  altri  luoghi  di  onefta  letizia»  pel 
defiderio ,  che  dicefi  aveffe  la  Maeftà  Sua  di  fermarlo  in  Francia  colla 
famiglia  tutta,  e  che  di  ciò  deflegii  talora  qualche  cenno  da  per  fé  flef* 
fa  per  mezzo  della  Regina,,  da'quali»  oltre  alle  nobili  ricompenfe»  che 
dicefi  giugneflero  al  valore  di  dodicimila  feudi ,  oltre  a  i  regali  di  pre« 
2Ìofe  giojcf  riportò  T  onore  di  Cavaliere  di  San  Michele.    Erano  già 
terminati  due  anni  dal  fuo  arrivo  in  Parigi  »  quando  egli  finalmente  fé 
ne  parti  alla  volta  della  patria:    ove  eflendo  giunto  ,    fu  richiamato  t 
Roma;  e  quivi  per  lo  Marchefe  Coftaguti ,  hel  fuo  Palazzo  di  Piazza 
Mattei,  dipinfe  a  frefco  una  volta;  Aveva  in  quel  tempo  }' Eniinentifllmo 
Cardinal  Q:rro  fatta  fabbricare  nella  Chiefa  del  Gesù  una  mag^iifica  Cap- 
pella» che  è  la  feconda  dalla  finiftra  parte  entrando;  e  volendola  adorna* 
re. di  una  bella  tavola  con  due  quadri  da  i  lati ,  volle»  che  il  Romanelli 
lìe  fbfie  il  .pittore.  Quefli  dunque  colorì  la  bella  figura  del  San  Carlo  Bor- 
romeo» che  vi  fi  vede  .genufleflb  in  atto  di  adorazione  della  gran  Madre 
di  Dio»  la  quale  nella  piìi  alca  parte  fi  vede  federe  fopra  le  nuvole .  In  uno 
...  14  m  3  de'  quadri 


fi 


150    DetìmJ^.ieHà?mJ.ddSec.Kdalì^^^^ 

de'quadrì  iaterali  foee  vedette  il  Miftero  (iella  Natività  del  Sidone:  e  ne/* 
r  altro  r  Adorazione  de'  Magi .  Erafi  intanto  da  più  anni  avanti  »  e  p^ 
quadri»  che  egli  avea  mandati  nella  citta  di  Veneaùa»  e  pe*  molti  di  fua 
mano  puret  cne  da' profeflbri  di  quella  città  erano  (lati  veduti  in  Roma^ 
aflài  divulgato  per  lo  Stato  Veneto  il  nome  del  noftro  pittore^  quando 
per  mezzo  dell' Ambafcìadore  di  quella  Repubblica  ebbe  a  nome  della  me<i* 
defima  aflai  preflante  infianza  di  portarli  cola»  per  dìpìgnervi  alcune  fianze 
del  Ducale  Palazzo;  ma  trovandoti  egli  in  iftato  di  aver  dau  poc'anzi  una 
coftante  negativa  ad  una  limile  inchieda,  fiatagli  £itta  fare  dal  Re  di  Poi* 
Ionia  ;  e  a  cagione  ancora  delle  molte  opere ,  che  reftavangli  da  finire  in 
Roma»  fu  forzato  a  recufare  si  nobile  invito.  Aveva  intanto  D.  Anna 
Colonna,  moglie  del  Principe  D.  Taddeo  Barberini»  fatto  fabbricare  per 
proprio  ritiramento»  con  difegno  di  Francefco  Contini»  alia  Lvngarag 
al  Monaftero»  detto  Regitia  Cmli^  edovendovifi  far  la  tavola  per  T  Aitar 
maggiore»  ne  fu  dato  r ordine  al  Romanelli»  che  in  efia  dipinfe  il  miAc* 
ro  della  Prefentazione  al  Tempio  di  Maria  Vergine  :  e  due  altri  quadri 
vi  coIor>»  in  uno  de'quali  fece  vedere  San  Giovanni  Bvangelifias  che  co« 
munica  la  gran  Madre  di  Dio:  e  nell'altro  Santa  Terefit»  fotto  le  cut  Re« 
gole  reggeu  quel  luogo.  Pe'  Padri  Agofiiniani  dipinfe  il  quadro  di  San 
Tommalo  da  Villa  Nuova»  in  atto  di  far  limofina.  Sono  fue  opere  le 
Immagini  di  San  Mauro  e  San  Buono  »  in  San  Lorenzo  in  Damalo  • 
In  Sant'Ambrogio  della  Maflima  »  Chieia  pofia  preflb  a  Piazza  Mattei»  è 
di  fua  mano  la  Depolizione  del  Signore  dalla  Croce;  e  una  meaza  figura 
fopra  l'Altare  »  che  rapprefenta  V  Eterno  Padre .  Nella  Chiefa  di  San  Car- 
lino  »  alle  quattro  Fontane  »  è  nella  Cappella  fabbricata  dal  Cardinal 
Barberino  una  fua  tavola  con  Gesù»  la  Vergine»  e  alcuni  Angeli  :  e  final* 
mente  hanno  di  fua  mano  le  Monache  di  San  Domenico  e  Siftouoa  tavo* 
la  di  Maria  Vergine  con  Gesù»  San  Domenico  e  Santa  Caterina  da  Siena: 
e  quefta  dicono  efler  forfè  una  delle  migliori  opere  »  che  deffero  alla  luce  i 
fuoi  pennelli. 

Venuto  Tanno  i66z.  aveva  il  nofiro  artefice»  alle  replicate  in&nze, 
fattegli  fare  dal  Re  di  Francia  per  mezzo  del  fuo  Ambafiuadore  »  già  con* 
fentito  di  portarfi  colà  ;  non  nero  con  tutta  la  famiglia»  come  farebbe  fia- 
to il  defidcrio  di  quella  Maefta»  ma  con  due  de'  fuoi  figliuòli  folamente» 
cioè  Bartolommeo  e  Antonio;  e  giù  licenziatofi  da  tutti  gli  amici  di  Ro- 
ma »  erafene  venuto  a  Viterbo»  nel  cui  territorio  aveva  comperau  una  gran 
tenuta»  e  dato  principio  alla  fabbrica  di  una  villa  preflb  alia  medefima  » 
con  animo»  che  dovefle  fervire  di  ripofo  di  fua  veccbiaja^;  quando  a  ca- 
gione del  troppo  afiaticarfi»  eh' e' fece  intorno  alla  medeimia  «  egli  grave* 
mente  infermò .  Si  aggiunfe  alla  nuova  infermità  V  antico  fuo  male  della 
gotta»  la  quale  con  non  più  provata  difgrazia  fi  eftefe  alle  parti  del  petto; 
tantoché  e  t'ammalarfi»  e  l'eflèr  per  lui  dtfperato  il  cafo  di  poter  più  vive« 
re,  fu  una  cofa  ilefla.  Affaticaronfi  molto»  concini  forta  di  rimed),  tqt^ 
ti  ì  medici  della  città»  e  non  mancò  il  Cardinal  Francefco  di  farlo  ai&ftere 
dal  proprio,  Francefco  Maria  Cardinale  Brancacci  il  Vefcovo  >ifitavaIo 
Ogni  giorno^  mentre  tutta  la  nobiltà  di  quella  fua  patria»  dava  aperti  fegiù 

diellrcmo 


.*     "■ 


GÌO.  ERANCESCQ  ROMANELLI.       sst 


di  eftretno. dolore;  qamdo  eflb  firitlmente  abbandonato  ogni  penfiero  ài 
quei  ripoii»  ch'egli  in  finiti  érafi  andato  promettendo  fra  le  acquiflate  fa-% 
Cttludi»  fi  applicò  di  propofito  a  qu^li  aflicurare»  che  fempre  durano;  <^ 
dòpo  aver  facta  generale  confeffione  de^  Tuoi  falli,  e  dopa  avere  ricevuti 
tutti  t  Santi  Sagramenti  della  Chiefa»  voile  avere  a  fé»  in  lungo  colloquio^ 
la  cara  conlorce,  poi  il  fratello,  e  dopo  a  qoefto  i  figliuoli  :  e  data  loro 
l'ultima  beoedinone,  e  licenziata  ogni  perfona»  in  mano  folamente  fi  la^» 
fciòde'devoti  Reiigbfi,  de'quali*  per  cosìdire»  era  piena  Ja  camera  e  Ja  ca(a» 
mentre  il  Cardinal 4 Vefcovo,  datagli  la  Pontificale  benedizione,  volle  ri^ 
manergli  apprefTo  fino  all'ultimo  iptrare  dell'anima ,  che  feguìil  giorno  8» 
di  Novembre  1661.  Fu  il  Cqo  cadavero,  con  lugubre  apparato,  e  pom« 
pofo funerale ,  eipofto  nella  Chieià  de' Carmelitani  Scalzi,  in  cui  egli  gii 
aveva  dato  principio  a  fabbricare  una  Cappella»  per  entro  la  quale  gli  fu 
datoiepoltura. 

Fu  il  Romanelli,  come  altrove  dicemmo,  di  genio  allegro,  fpiritofb 
é  piacevole  ,  ne  i  motti  arguto,  con  un  trattare  coflumato,  nobile  e  at* 
trattivo,  con  che  guadagnava!!  l'amore  di  ogni  perfona*  ftailte  maiTime  il 
non  edere  legli  pofleduto  da  intereiTe  di  danaro .    Nel  tempo  del  fuo  dipi*-* 
gnere .  ebbe  fempre  comrerftaìone  di  Cavalieri ,  e  taiara  di  Dame ,  che  eoa 
duplicato  concento,  dico  con  quello,  che  traevano  dal  vederlo  operare^ 
e  dal  fuo  parlare»  tutto  pieno  di  bei  detti  e  dì  fpiritofi  racconti,  paflavano 
ore  e  giorni  felici.   Non  fi  fa,  che  £icefle  mai  fuo  pennello  pittura  ofce» 
na,  fempre  nemico  di  efporre  al  pubblico,  per  quanto  gli  era  poflìbilet 
ogni  forca  di  nuditi.    Fu  nel  domandare  ricompenfe  di  opere  fue  parco 
non  poco,  e  per  ordinario,  fenza  alcuna  cofa  chiedere,  quello  pigliava» 
che  altri  gli  voleva  dare.  Non  folo  fece  egli  le  molciflime  opere,  che  det* 
te  abbiamo,  con  altre,  che  per  brevicà  paflàmmo  focto  filenzio;  ma  aflai 
invenzioni  fi  veggono  andar  per  le  (lampe,  che  furon  parto  dell'ingegno 
fuo,  particolarmente  per Conclufioni  di  ftudenti.  Lalcio  alla  fua  morte  fei 
figliuoli  mafchi,  uno  de' quali  fu  Urbano  il  primogenito,  tenuto  al  Sacro 
fonte  dal  Cardinal  Barberino.  Quefti  fotto  la  protezione  del  Cardinale 
fu  dalia  madre  mandato  al  Seminario  Romano,  ove  volle  anche  quel  Pre- 
lato, che  egli  attendefle  al  difegno:  nel  quale  fece  ai  aran  profitto,  che 
dopo  quattro  anni,  tolto  dal  Seminario,  dove  fece  dar  luogo  a  Bartolom- 
meo  fratello  di  lui»  queir  iftefie  fianze  gli  aflfegnò  nel  fuo  Palazzo  della 
Cancelleria,  che  già  date  aveva  al  padre  fuo:  poi  provvedutolo  della  par* 
te,  che  egli  era  folito  dare  a  i  proprj  Cortigiani  e  Gentiluomini ,  confe« 
gnoUo  a  Ciro  Ferri,  acciocché  V  inftruifle  nei  maneggiarci  colori;  mentre 
il  giovanetto  tutto  intento  a  farfi  perfetto  in  quella  bella  facoltà ,  volle 
lludiare  le  opere  più  rinomate  de'  gran  maeftri,  e  copiare  i  più  preziofi 
quadri  della  Caiamrberina  $  tantoché  fra  le  varie  belliflìme  maniere  da  efib 
con  fom ma  diligenza  oflèrvate  e  ftudiate»  venne  ad  aprirfiun  largo  campo 
di  eleggerne  una  per  fé  di  molto  gufto.  La  prima  opera,  che  egli  facefie 
di  fua  invenzione,  fu  un  Tizio  legato  al  mafib,  e  rAvvoltojof  chegli  ro« 
de  il  cuore;  e  dopo  quella  altre  ne  conduflè  per  Cavalieri  Romani.  Man* 
dato  poi  dal  Cardinale  a  Velletri  fuo  Vefcovado,  dipinfe  nella  Cappella  del 
;  Mm  4  Sautiflimo 


j^$ì     Decemy.dtVa  Partii.  delSec.  V.dal  i  ^o.  al  1 6$o. 


Santii&mo  Sagramenco  di  qùellaXatf édrale .  Tornato  a  Roina<»  pel 
cipe  di  Paleftrina  ornò  di  lue  pittori  nel  Palazio  di  lui  aicune<  volte  delle 
fafe  terrene  alle  quattro  Fontane  ;  Fece  poi  a  chiarofcuro  i  cartoni  per  doe 
arazsi,  che  dolman  fervirel  per  aditmf&  a  due  pilaftri  per  la  Cappella  del 
Cardinale  in  Santo  Andrea  della  VaHe»  per  V  Efpofizioae  del  iSandffhno  » 
die  vi  fi  fa  il  Lunedì  per  l'Anime  d^  Defunti.  Sicché  avendo  già  dato 
buon  %gio  di  fé»  e  acquiftato  buon  credito ,  fu  dall'  Eminemaflinio  Bran- 
cacci,  Vefeovo  di  fua  patria»  chìacntfo  a  dìpignere  la  volta  della  navata 
del  mezzo  della  Cattedrale»  che  già  avcv-a  il  Prelato  con  gran  difpendio 
abbellita»  e  ridotta  al  moderno.  Rapprefentò  Urbano,  con  fua  pittura» 
£itti  del  glofiofo  San  Lorenzo  Martire»  titolaiae  di  quella  Chiefa:  e  dipoi 
per  Gentiluomini  di  quella  città»  più  tele'  colori»  che  gU  procacciarono 
gran  lode.  M^  troppo  breve  f^  il  termine  degli  avanzamenti  del  vktuofa 

f  levane  ;  conciofliacofachè ,  venuto  in  penfiero  al  Cardinal  Brahcacd  »  per 
amore»  ch^e'  portò  Tempre  al  padre  di  lui  »  di:aocafarlo»  diede  anche  ef« 
ietto  a  fuo  difegno  »  ma  non  fu  appena  il  giovane  (tato  due  giorni  colla 
cara  Ipofa  »  che  foprapprefo  da  inaipettato  accidente  »  divenne  preda  dcU 
la  morte:  e  con  universi  dolore  de*  parenti»,  amici  e  dilettanti  dell' arte» 
fo  al  di  lui  corpo»  con  nobile  accompagnatura»  datò  ripofo  per  entro  U 
Cappella  di  f^  cafa  nella  Cbie&  de'  Carmelitani  Scalzi  ^ 


SALVATOR 


*     :  sss 

SALVATOR     ROSA 

PITTORE     NAPOLETANO 

Dificpo/o  dello,  Spagnolctto^  nato  1615.  -^  1672. 

ELLAl  bella  città  di  Napoli  ebbe  i  Tuoi  natali  Salvator  Rofii 
r  anno  di  noftra  faluce  1615.  allt  io.  di  Giugno.  Fu  fuo 
padre  un  certo  Vito  Antonio  de  Rofa  di  profelfione  Agri* 
menfore  o  Tabulano  ;  e  Tua  madre  fi  chiamò  Giulia  Greca» 
figliuola  di  Vito  Greco  pittore,  e  fu  battezzato  nella  Par<^ 
rocchiale  Chiefa  della  Benella.  Poi  bea  cullodito  da'  geni* 
tori»  era  già  pervenuto  in  età»  in  cui  potevafi  applicare  a  qualche  ftudio 
di  arte  o  di  fcicnza;  quando  fu  dal  padre  mefib  in  un  Collegio  de'  Padri 
Somafchi»  ad  oggetto  di  farlo  attendere  alle  lettere;  conciofoiTecofachò 
Avefle  la  natura  del  piccolo  fanciullo  già  incominciati  a  fcoprire  t  primi 
lampi  di  quell'indole  fpiritofa,  di  che  avevalo  dotato  con  larga  mano:  q 
ciò  con  non  ordinario  ftupóre  di  chiunque  teneva  pratica  in  quella  fui 
cafa;  e  non  oftantechè  ben  potefTe  dirC,  che  gli  (lud)  del  difegno  oramai 
fi  fodero  fatti  proprj  di  tutto  quel  parentado  t  perchè  tanto  1'  avo  e'I  go- 
nitore,  quanto  lo  zio  materno»  con  altri  Tuoi  antenati»  erano  (lati  pittori; 
ricufava  egli  di  applicarvi  il  figliuolo  :  e  in  quella  vece  volevalo  intento  a 
quegli  della  letteratura»  ne'quali  promettevafi»  eh'  e'  fofle  per  riulbire  il 
miracolo  del  fuo  tempo;  ma  sì  vafta  era  la  capacità  del  fanciullo»  che  fti» 
mando  egli  un  bene  fcarfo  pafcoio  del  proprio  intelletto  il  folo  trattenere 
GC^  libri»  coir  occafione  maflìme  dell'avere  un  fuo  cognato  pittore  »  ben- 
ché ordinario  >  incominciò  a  dare  opera  al  difegno»  portandoli  per  \\  con* 
torni  di  Napoli  e  fuo  Porto»  a  difegnare  vedute»  terreftri  e  marittime: 
a*  quali  tutti  ftudj  in  un  tempo  fteuo  aggiunfe  quello  deli'  architettura  » 
della  muiìca  e  della  poefia .  Al  difegno  però  fentivafi  tirato  per  modo  »  che 
non  era  muraglia  di  quella  cafa  o  di  altra»  o?'  egli  avefle  potuta  mettere 
la  mano»  che  con  certi  piccoli  carboncelli,  non  ricoprifTe  con  fue  inven- 
zioni di  jpiccole  figure  e  paefetti»  condotti  però  fino  a  quel  fegno»che  fa- 
re poteau  da  efTo  lenza  maeftro»  ed  in  aflai  tenera  età:  e  una  volta  avcn* 
do  di  quefli  fuoi  dilègni  coperta  parte  della  muraglia  di  un  chioOro  »  af- 
iki  percofle  ne  riporto .  Fatto  poi  di  fé  fteflb  fcolare  e  maeftro  »  gran 
parte  del  fuo  tempo  incominciò  ad  impiegare  in  difegnare  con  grande  ac- 
coratezza fuori  di  Napoli»  vedute  di  quelle  colline.  Portò  il  cafo  »  che 
egli  intanto  rimaneflè  per  morte  privo  del  caro  padre  »  e  perciò  in  iftato 
di  molta  povertà»  onde  ciò»  che  per  avanti  faceva  egli  per  diletto»  omai 
convennegli  fare  per  bifogno:  e  cos\  andava  mettendo  con  eftrema  dili- 
genza al  pulito  fopra  carte  i  fuoipaelètti  e  vedute»  p^er  fargli  poi  per  mano 
di  diveru  rivenduglioli  vendere  »  non  potendo  altrimenti»  ad  ogni  prez- 
zo più  vile,  Trovavafi  in  quel  tempo  in  Napoli  il  celebre  pittore»  detto  il 

LanfrancOf 


554     Decenti.  V.  detta  Tart.  7.  delSec.  V.dal  1 640.  allòro. 

Lanfranco ,  mandatovi  dal  Generale  Vkellefchi ,  a  ^pignere  la  cnpob 
della  Chiefa  del  Gesù ,  come  noi  nelle  notizie  di  tal  maefiro  abbiamo  nar* 
raco;  e  abbattejìdofi  Un  giorno  a  vedere  efpofii  alla  vendiu  alcani  dì  que« 
ili  paefetti»  tanto  gufto  ne  prefe,  che. dopo  averli  molto  lodati,  volle  eC- 
fere  compratore ,  non  folo  di  quegli ,  ma  di  altri  molti,  che  fece  poi  il 
Rofa.  Quefto  felice  incontro  t  luccedutoalle  prime  opere  del  giovanetto» 
aggiunto  all' elVer' egli  per  fua  natura  oltremodo  boriofo  ed  avido  di  ono- 
re e  di  ftima,  fece  sì,  che  egli  da  quel  punto,  anche  a  cofto  di  qualche 
patimento,  che  bifogna vagli  foftenere  per  mancamento  di  foftanze  ,  alzò 
notabilmente  i  prezzi  a*luoi  paei'etti,  amando  anzi  di  patir  molto  nel  trat- 
tamento di  fé  fteflo,  che  di  vender  le  fue  fatiche  per  poco  «  Così  anda- 
yafela  paflTando  il  Rofa  in  Napoli  fua  patria,  affai  ftudiando,  e  molto  tol* 
lerando;  quando  per  meglio  apprendere  T  arte  del  colorire,  li  accoflò  ad 
ad  un  tale  Francelco  Francanzano ,  pittore  di  buon  nome ,  marito  di  uim 
fua  forella:  poi  a  Daniel  Falcone,  e  finalmente  allo  Spagnoletto;  finchÀ 
al  ventiduefimo  anno  di  fua  età  pervenuto,  per  defiderio,  che  egli  aveva^ 
prima  divedere  e  ftudiare  le  ftupende opere  de*maeftrì,  degli  antichi  e  de' 
moderni  tempi,  e  poi  di  fare  alquanto  conufcere  il  proprio  talento;  a' 
conforti,  anzi  coli' accompagnatura  della  propria  periona  di  Girolamo 
Mercurio»  giovane  di  ottimo  gufto  in  queft'arti,  cne  fu  poi  Maeftco  di 
Cafa  del  Cardinale  Flavio  Ghigi,  e  benefiziato  di  San  Giovanni  La teranOi^ 
fi  portò  a  Roma;  ma  non  ebbe  appena  meflb  il  piede  in  quella  citta»  che 
esli  fu  aflàlìto  da  al  fatta  malattia,  che  convennegli  per  fei  mefi  ilarfeoe 
obbligato  al  letto;  e  finalmente  gli  fu  forza  per  isbrigarfene  affatto  il  fiir 
ritorno  all'aria  di  Napoli,  ove  circa  a  due  anni  trattennefi,  con  faldopro^ 
ponimento  di  tornare  a  ftanziarfi  a  Roma  per  non  maipiù  vedere  la  patria^ 
Comepropofci  così  in  parte  eiFettuò.  Vennefeaie  a  Roma,  eflendo  già  ia 
età  di  ventiquattro  anni  io  circa,  ricevutovi  in  propria  ^fa  dal  fuogran* 
de  amico  Girolamo  Mercurio ,  che  dicefi,  che  lerviiTe  allora  in  qualità  di 
Maeftro  di  Ca(à  il  Cardinale  Brancaccio  Vefcovo  di  Viterbo  :  col  quale  poi 
(i  portò  a  quella  città,  ed  a  fua  inftanza  alcune  cofe  dipìnfe  in  pubblici 
luoghi,  a  olio  e  a  frefco,  le  quali  oggi  a  gran  fatica  per  fue  fi  riconofcono, 
per  efier  fatte  di  fua  prima  maniera,  non  ancora  molto  perfetta.  Tornò 
poi  a  Roma,  e  quivi  con  aftuzia  altrettanto  curiofa,  quanto  ftravagante, 
volle  appagare  il  gran  defio,  ch'egH^ebbe  feropre,  che  da  per  tutto  di  ini 
fi  parlalle  :  e  trovò  modo  di  ottener  fuo  fine  pur  troppo ,  e  di  efiere  in* 
fiemementepiù  che  mai  adoperato  nell*  arte  fua;  e  fu,  che  nel  primo  (è« 
guente. Carnevale»  avendo  fatta  lega  con  alcuni  giovani  fuoi  amici  e  con» 
fidenti,  andava  conefii  fre(|uentemente  in  mafchera.  e  tutti  infieme  rap- 
preièntavano  una  Compagnia  di  Montambanchi ,  mentre  egli,  come  capo 
di  tutti ,  e  piii  fpiritofo ,  e  ben  parlante,  faceva  la  parte  del  Coviello  col 
nome  di  Formica.  Avrefie  veduti  cofloroa  otta  a  otta  fermarfi,  quando 
in  quello,  quando  in  quell'altro  luogo  di  quelle  contrade,  e  con  bei  ghi- 
ribizzile lazzi  fpiritofi,  tirare  a  fé,  per  così  dire,  mezza  Roma,-  aggiu- 
gnend.o  a  ciò  lo  fpacciare,  eh'  e'  facevano,  alcune  molto  ridicolofe  ricette 
per  divcrfc  malattie,  fciocche  non  gi^i  ma  t^te  piene  di  graziofì  fati, 

adattati 


\ 


SALVATOR     ^OSA.  SSS 

adattati  a*  loro  concetti .    Erafi  egli  già  t  mercè  di  quefti  ftrani  ricro^ 
vamendf  fatto  conofcere  per  modo»  eh** era  ornai  piena  del  nome  fuo 
tutta  la  città;  quando  egli»  non  contento  di  quefto,  nella  vegnente  ftate 
diedefi  co'fuoi  compagni  a' comici  trattenimenti»  facendo  commedie  aU 
r  improvvifo ,  nella  vigna  de' Mignanellì ,  poco  fuori  della  porta  del  Po- 
polo ;  rapprefentando  tuttavia  la  folìta  fua  parte  di  Formica  :  e  in  una  di 
quelle  commedie*  toccando  ad  eflb  a  fare  il  prologo»  tacciò  argutamente 
alcune  cofe  di  quelle  >  che  nello  fteflb  teoipo  faceva  fare  il  E^rnirio  in 
Tratte  vere:  cofa,  che  a  i  comici  dello  fleflo  Bernino  tanto  difpiacque» 
che  alcuni  ve  ne  furono  »  che  in  una  tale  loro  rapprefentazione  ufarono 
motti  e  parole  così  ingiuriofe  e  mordaci  contra  il  Formica  »  che  non 
mancarono  più  e  più  virtuofe  e  fa  vie  perfone»  che  ftomacate  a  gran  fe-< 
gno»  a  mezza  commedia  fé  ne  partirono.  £ra  intanto  riufcito  al  Ro(a,  col 
dar  tanta  copia  di  fé  in  quelli  fpaffofi  trattenimenti»  il  trovare  aflai  occa<» 
fioni  di  efercitar  Tarte  fua:  e  già  co'fuoi  guadagni  erafi  melTo  molto  bene 
in  arnefe  ;  quando  gli  venne  penfiero»  il  quale  anche  effettuò»  di  tornar* 
iene  alla  patria  »  ad  oggetto  folamente  di  farfi  vedere  sì  ben  rifatto  o 
mutato  da  quel  di  prima .  Stetccvi  qualche  poco  di  tempo  »  faicendo  qua* 
dri  per  mandare  a  Roma»  dove  già  eran  venuti  in  tanta  ftima»  che  il  Ro«* 
fa  ebbe  per  bene  il  iafciar  di  nuovo  la  patria»  e  colà  ritornarfene •  Era  aK 
lora  graziofa  cofa  il  vedere  il  pittore  patteggiar  le  ftrade  di  Roma  in  pofto 
di  gravità»  con  un  bene  addobbato  iervitore  per  accompagnatura  di  fua 
perfona:  ed  etto  con  ifpada  alttanco,con  guardia  di  fodo  argento»  e  con  zU 
tre  sì  fatte  boriofe  dimottranze ,  che  tuct' altro  facevanlo  parere  da  quel 
eh* egli  eravi  flato  conofciuto  per  avanti.    Prefe  cafa  fopra  di  fé»  e  ftt 
quella  appunto  del  Cantone  »  ove  è  la  ftatua  dei  Babbuino  .  Quivi  diedd 
mano  a  condurre  quattro  bei  quadri  per  foprapporti;  in  uno  de' quali  di* 
pinfe  una  t^ttaglia,  che  venne  in  potere  del  Conte  Carpigna»  comprata 
da  lui  nel  tempo  fteflb»  che  egli  era  già  diventato  cieco  :  e  qucfto  fece  fo* 
pra  il  foìo  tettimonio  della  haìz%  che  già  da  f>er  tutto  correva  deli*  opere 
di  Salvatore»  e  fopra  quello  degl'intelligenti  amici;  e  oggi»  per  quanto      , 
a  me  vien  rapprefentato»  trovali  etto  quadro  in  caia  l'Eminentiflimo  Car- 
pigna» figliuolo  di  lui  :  ed  è  cofa  notabile  »  che  tal  pittura»  prima  che  giu^ 
gneflealle  roani  del  Carpigua»  flette  qualche  tempo  appretto  Jacopo  Cor* 
cefi»  detto  il  Borgognone»  che  per  quanto  egli  poi  di  fua  propria  bocca 
confettava»  fondò  fopra  di  etto  quei  grandi  principj  dell'ottimo  guflo»  che 
e' fi  formò  nel  dipigner  battaglie ,  nelle  quali  fecefi  poi  conofcere  per  quel 
grand'  uomo ,  che  a  tutti  è  noto .  Che  poi  il  Borgognone  fi  approfittattè 
in  fuir  opere  del  Rofa»  Tabbiamo»  non  folo  da  detta  confettlone»  ma  da 
alcune  delle  fue  battaglie»  che  non  folamente  fcuoprono di  quella  manie** 
taf  ma  hanno  in  fé  ftette  eziandio  alcune  figure»  tolte  di  pefo  da  quelle  di 
Salvacore.  Due  de*  quattro  nominati  quadri»  pervennero  in  cafa  ì  Teo- 
doli: e  contengono  paeli»  con  piccole  figure  e  animali  »  e  vie  un  arfenale 
con  una  veduta  marittima.  L'ultimo  finalmente  ebbe  Carlo  Rotti  »  cittadi«> 
no  Romano ,  negoziante  rinomato  »  di  cui  più  volte  ci  converrà  parlare  »  co- 
me di  perfona  ftaca  al  Rofa»  finche  vi^»  cordialittimo  amico.  Vedefi  nel 

quadro 


^$6    T)eceim.V.deUa?art.hdelSec. P^. dal  16^0. ali 6 $o. 

quadro  rapprefentato  un  luogo»  ove  fi  fa  calcina»  e  contiene^  Aolce  /pi- 
yitofifliixie  hgwe,  per  eccellenza  difpofte  e  colorate.  Non  lafciava  il  pie* 


ri;  e  talora  bizzarre  e  faciriche  invenzioni;  a  cagione  di  che  ftavafene  pei 
lo  più  ritirato,  e  né  poco  né  molto  converfiiva  con  perfone  dell'  arte; 
onde  avvenne,  che  alcune  ài  quefte»  immaginando  tate  fua  ritintezza 
procedere  da  fuperbia,  incominciarono  a  dire  ogni  male  di  lui  e  dell' ope« 
re  Tue:  ed  accrebberli  fino  all'ultimo  fegno  tali  maledicenze,  a  cagione  di 
ciò,  che  io  fono  ora  per  raccontare .  Aveva  egli  fatto  efporre  nel  chioftro 
della  Chiefa  di  San  Giovanni  Decollato,  nel  giorno  della  Feda  del  Santo» 
fra  altre  bellifllme  pitture  »  un  quadro ,  fatto  da  uno^ii  profelfìone  cerufico» 
ina  che  per  fuo  diletto  anche  dipigneva.  Era  lo  ftcflo  Salvatore  in  quel  luo« 
go,  ove  molti  pittori  eran  concorfi »  i  quaU avendo  aflai  lodato  il  quadro» 
domandarono  al  Rota  chi  Tavefle  dipinto.  Quefto»  per  voftro  avvifo, 
rifpofe  Salvatore,  è  un  quadro  fatto  .da  un  pittore,  che  i  Signori  Accade* 
riìici  della  Chiefa  di  Santo  Luca  non.  hanno  voluto  ammettere  nella  loro 
Accademia:  e  ciò»  perchè  l'ordinaria  profeffione  di  lui  è  la  chirurgia:  e  a 
ine  pare,  che  abbian  fatto  male  afTai;  mentre  fo  refleflTione,  che  coH'am- 
metterlo,  avrebbero  avuta  fra  loro  perfona,  a  cui  farla  fiata  facii  cofa, 
il  raflettare  le  loro  ftroppiature .  Penfi  ora  ognuno,  quali  fi  rimaneflero 
quei  pittori  in  afcoltare  quel  detto  tanto  mordace.  Il  fatto  fi  fu,  che  fu* 
)>ito  fu  portato  quel  motto  agli  orecchi  di  tutti  i  pittori  di  Rtuna»  e  da 
quel  punco  congiuratafegli  contro  la  più  parte,  incominciò  a  dire  della 
perfona  fua  e  dell'  opere  fue  tanti  vitupet)  e  tanto  male,  che  il  RoQ  ebbe 
poi  a  dire:  Già  il  campo  è  rotto;  chi  fi  può  falvar  fi  fai  vi:  e  trapafiindo 
poi  quello,  veleno  da  quei  pittori»  che  allora  operavano  in  Roflia  »  a  quei  » 
che  loro  fucceflero  in  vita  del.Rofa,  yennefi  a  confervare  fempre  vivo  un 
tal  livore ,  che  fece  sì  »  che  ad  efib  per  ordinario  non  poteiiè  mai  venir 
fatto  di  eHerc  impiegato  in  opere  pubbliche  •  Seppe  però  egli  tanto  avan* 
^rfi  Ibpra  ogni  altro  nel  fuo  bel  genio  di  operare,  che  ciò  non  ottante , 
erano  le  fue  battaglie  i  i  fiuoi  paehi  marine  »  capricci,  e  anche  altre  fue 
cofe  in  grande,  ricercate  da  perfone  di  ogni  più  alto  affare,  e  a  qualfi^ 
foffe  gran  prezzo  pagate .  À  tale  oggetto  non  laiciò  poi  egli  mai  di  efpor^ 
re  nel  già  nominato  luogo  di  San  Giovanni  Decollato,  nel  portico  delia 
Rotonda,  e  nel  cortile  di  San  Bartolpmtpeò  de'Ber^gumafchi,  efiè  fue  epe* 
re ,  con  univer(àle  applaufo  ;  ondeavveniva  fempre ,  che  appena  fé  le  foiTe 
egli  riportate  a  cafa,  che  eli' erano  chiefte  e  bea  ricompeufate .  De' qua- 
dri, di  che  ori  parliamo,  e  d'altri  fatti  ne'medefinii  quei  tempi»  molti  fii* 
ron  mandati  a  Venezia»  in  Francia,  in  Inghilterra  e  altrove;  e  altri  fi  fpar« 
fero  pei  Roma  |3e' palazzi  di  diverti  Prelati  e  titolate  perfone .  E.  tali  furo^ 
no  uno  di  palmi  dodici,  dipintovi  Democrito,  in  atto  di  contemplare  gran 
quantità  di  fcheletri  ed  altre  cofe  confùmate  dal  tempo.  Un  altro»  evo 
fcorgeafi  Diogene  con  più  filofofi  »  in.  atto  di  guardare  il  fanciullo,  che 
coir  ufo  della  propria  mano  fi  dijO^eta  alla  fontaiu»  mentre  lo  fiefio  Diogene 

getta  via 


-  '    :  iSìAX VATOR      R OS! A.  $51 

getti  via  la  fùa' tazza:  edìquefte  pittare,  che  poi  in  Venezia  vennero  in 

gicere  de  i  Sagredi ,  veggonfi  andare  per  le  uampe  le  carte  dallo  fteflo 
ofa  incagliate  •  Un  quadro  di  iimile  grandezza,  contenente  la  iloria  di 
Giona  predicante  al  Re  di  Ninive  e  al  popolo  tutto  »  in  abito  di  peniten- 
za,  fu  compero  pel  Re  di  Danimarca  «  Per  lofteflo  Re  di  Danimarca  fu 
comprato  un'altro  quadro >  ov'era  figurato  Cadmo,  in  abito  reale  e  colla 
fpada  sfoderaca ,  mentre  in  terra  giaceva  morto  un  ferpente ,  i  cui  dend 
fparfi  per  lo  terrodOé  produce  vano  gli  uomini  armati.  In  fimile  tela  ave« 
va  colorita  la  PitoneiTa  Maga  davanti  al  Re  Saul ,  facendo  varie  macche 
azioni ,  per  deludere  quel  Re  colla  falfit  apparenza  della  Refurrezione  di  Sa« 
muele  :  e  fu  oueft*  opera  mandata  in  Francia,  con  altra  t  ov'egli  aveva  di- 
pinta la  Giuuizia,  che  dopo  elTerli  ricovra ta  interra  in  cafa  d'innocenti 
pallori,  fé  ne  torna  al  cielo.  In  Sicilia  fu  mandato  un  fuo  quadro t  ove 
jC^i  aveva  fatto  ved<^re  Pittagora,  cheufcendo  da  luogo  (btterraneo  a  viAa 
de'  fuoì  difcepolif  fa  loro  vedere  di  eflere  ftato  air  Inferno .  A  Agoftino 
Co^gio  fu  fatta  pervenire  una  fua  tela  ,  in  cui  vedevafi  figurato  San 
.Giorgio  armato,  in  atto  di  calcare  il  morto  Dragone.  Dipinfe  ancora  in 
im  quadro  di  circa  otto  palmi  in  mezze  figure ,  la  Congiura  di  Catilina  e 
i  Congiurati ,  che  dannofi  fra  di  loro  la  fede«  collo  ftrigni mento  delle 
mani,  e  col  pegno  del  proprio  fanguet  ne' volti  de' quali  liaiTaticò  il  pit« 
core  di  ^re  aprarire  la  deteftabile  fellonia  decloro  cuori,  onde  gran plaufo 
ne, guadagnò .  Qneft'opera ,  che  fu  comprata  in  Roma  dall'  Abate Criftofano 
daCaftislione,  nobile  Fiorentino»  venne  poi  dopo  fua  morte  in  Firenze  in 
potere  oegli  eredi  del  Senatore  Marco  Martelli ,  che  la  confervano  con  grande 
filma  •  11  Principe  D.  AgoftinoGhigl  ebbe  un  quadrodifua  mano  di  un  Pin* 
darò,  al  quale,  mentre  ih  poetando  nella (elva,  comparifce  il  Dio  Pane,  il 
quale  fu  creduto  cantare  i  verii  del  medefimo  Poeta,  volle  Monflgnore  Cd» 
fiaguti  per  la  fua  Galleria  un  quadro  dell'  Eunuco  della  Regina  Candace ,  che 
riceve  il  Battefimo:  ed  un  altro  fimile  in  grandez/a,  oveè  S^Giovambatiftat 
in  atto  di  predicare  nel  deferto  •  Una  tela  bifl unga  ,  ove  egli  aveva  dipinta 
r  illoria  del  miracolo  di  Elifeo,  del  moltiplicare  Tolio  nella  cafa  della  vedova  t 
fu  comprata  da  Paolo  Antonio  Campione.  Il  Ritrovamento  di  CrìftoSisnor 
noftro  nel  Tempio,  in  età  di  dodicianni,  difputante  fra'  Dottori,  ebbe  il 
Principe  di  Sonnino:  ed  un  altrodel  Figliuol  Prodigo  ebbe  pure  Agoftino 
Coreggio.  il  Portar  della  Croce  al  Calvario,  quadro  biflungo,  comprò  il 
Cardinale  Altieri  per  la  Galleria  del  fuo  Palazzo  nuovo  alla  piazza  del  Gesb  • 
per  una  Chiefa.della città  di  Milano,  ad  inftanza  del  Cardinale  Omodei,  fece 
una  tavola  da  altare ,  entrovi  la  Vergine  Aflunu .  Ebbe  1*  Eminentifs.  Ghigi 
un  Tuo  quadro  maggiore  d'otto  palmi,  ove  è  figurata  l'umana  Fragilità,  belu 
donzella  >  inghirlandata  di  rofe ,  e  fedente  fopra  un  globo  di  vetro ,  e  fopra  le 
ginocchia  tiene  un  putto  a  federe .  Vie  la  Morte  con 'ali  fpennacchiate,  che 
al  putto  fa  fcrivere  la  coftituzione  della  vita  umana,  cioè  le  parole  :  Nafcipa* 
na  9  vita  leior ,  necejfe  mori  i  concetto  efpreflb  dal  fuo  grande  amico  Giovam- 
botiftaRicciardi  in  una  Canzona  morale,al  medefimo  indirizzata,  inquei  verfix 

Vofé,  il  najcere  è  pena  9 
Il  vivere  èfaticé,  ' 

td  il  mgrir  neteffità fat^it %  Appiedi 


5  5.8     Decènti.  V.  detta  Part.l  detSéà.  V.  M.  1 640.  al  1 6$o. 

A' piedi  della  donzella  vedcfi  una.  ciiHft>  oàve  (oùOcdM^ttìi  uno  in  ateo 
di  foUevarfi»  Palerò  alla  fponda  della  culla  appoggiata;  e  quefti foCEando 


finalmepi 

de  con  diverfi  geroglìfici»  una  Jole.»  un  razzo  o  fiaiblgareff  con  altri  fim<^ 
boli,  cucci  alludenti  all'  umana  fragìlici. 

Moltiffime  poi  furono  le  opere»  che  ebbe  di*  Tua. mano  »  il  fùo  ca- 
ro aouco  Cario  de*  Rolli»  fra  le  quali  in  cela  di  più  di  dieci  palmi  uà 
Prometeo  incatenato  allo  fcoglio  »  e  l'avvoltoio»  che  gli  lacera  il  pec« 
CO:  un'altra  di  un  Giove  fanciullo»  allatcacodalla  capra.di  Amalcea»  e 
diverfe  femmine  e  pafibri .  In  altea  cela  è  un  Sootace  con  oiù  fuoi  di- 
fcepoU«  e  quello  in  acto  di  bercia  cicuca*  Eppure  in  un  quaoro  biilungo 
l' Iftorìa  d'Attilio  Regolo»  fatto  morire  da' Carcaginefi  dentro  la  botte: 
quefto  contiene  belliflimi  gruppi  di  varie  figure»  e  vedefi  con  intaglia  del* 
lo  ftefib  Ro&  andare  per  le  .(lampe  •  Ebbe  anche  un  fuo  quadro  di  un 
Loch  imbriacaco  dalle  figliuole.  Farono  moltiffime  T  altre  ptccure ,  che 
vennero  in  mano  del  Rom  »  dico  di  paefi»  marine  >  battaglie  »  iftorie  »  poe- 
tiche fantafie  e  capricci»  che  troppo  lunga  coÌk  farebbe  il  raoconure»  ma 
fopra  ogni  altro  bizzarriffimo  quadro»  che  toccò  a  poflèdere  al  Rofii»  fa 
lenza  dubbio  quello»  che  dicefi  della  Fortuna.  Rappreièncò  Salvatore» 
nella  più  alca  parte  diella  tela»  la  figura  di  efià  Fortuna  t  con  un  cornucopia 
nelle  mani  »  pieno  de' più  ricchi  teiori»  cheappreEzi  il  mondo?  nella  parm 
più  baila  veggonfi  diverfi  bruti ,  e  tali  fono»  il  giumento»  il  porco»  il  bue» 
il  lupo  »  la  volpe»  il  bufalo»  il  caftrone»  un  uccello  rapace»  e  un  allocco  « 
Verfa  k  Fortuna  dal  luo  cornucopia  le  fue  ricchezze  »  e  più  belli  addobbi» 
de'^uiJi  alcuni  indifTerencemence  vanno  a  cadere  fopra  qualfifia. di  quelle 
4>eftie»  e  alcri  (cendono  a  ricoprire  il  fuolo;  e  cosl< vedefi- il  giuoienco  cal« 
peftare  ghirlande  d'  allori»  libri,  pefineliie  cavolozzeda  pittori»  il  porco 
tenere  fra  le  fordide  zampe  ammaflace  le  roie»  e  pafcerfi  di  gran  quamiti 
di  perle  »  che  veggonfi  fparfe  fotto  il  fuo  grugno  :  e  altre  sì  fatte  dimofiran- 
ze  di  una  verità»  che  il  pittore  intefe  di  far  conofi:ere »  cioè;  che  è  proprio 
della  Fortuna  il  difpenfare  fuoi  beni  a  chi  meno  gli  meritò.  Ma  que(ia 
Fortuna  fu  per  eflere  la  mala  fortuna  perSalvatoref  conciofiiacofachè  »  dal 
fendure»  che  e'  fece  le  niolte  lodi»  che  davanfia  tale  fiio  bel  eapriccio»  e 
alla  pittura  ftefla  »  egli  pigliatTe  tant'anioào.che  fi  rifolvefiea  far  cola  »  che 
molto  gli  nocque;  e  andò  iLfiitto  nella  feguenice  maniera.  Era  cola  aflài 
ordinaria»  che  fofiè  la  fua  calia  fpeflb  frequentata  da.gran pérfi>naggì»  tan« 
co  fecolari  che  ecclefiaftici»  moffi  dadefio»  non  pure  di  vedere  fue  belle 
pitture»  ma  di  godere  eziandio  della  lettura»  che  egli  faceva  col  proprio 
organo  fuo»  delle  Citire »sdi cui  a  fuo  iuogo faremo  menzione:  e  occorfe 
un  giorno»  che  avenda  daca;fine.àl  ibpraddetco quadro»  gìunfero  alla  fua 
fianza  due  Prelati  »  ?  uilò  b  l' altro  deVquali  pòi  arrivarono  alla  Cardi*» 
oalizia  dignità;  e  tali  furono.  Monfignor  fiandinelUre  Monfignor  Rafponi  : 
e  già  dopo  aver  goduto  del  virtuofo  trattenimento»  ufcici  della  cafa  dei  pit- 
tore» fé  ne  tornavano  a'  loro  affari  »  .quando  avendo  appena  fatti  pochi 

pzffi» 


*•         «  VA  •     *         •  • 


•     N 


SAIVATOM     ROSA.  559 


pt(B«  s' iàcoQtrarònb  *^ia  D«  Mario  Ghigi»  fimtUo  dello  allora  recanti 
Pontdice  ÀléflTandro  ViL  il  quale  fatta  tetmare  la  carrozza  »  e  avuti  a  fé  i 
frelaci ,  douaandò  loro  da  qual  bel  trattenimento  fé  ne  venìilero  in  quel- 
l'ora. Al  quale  unódi  effi t  SappigiVoftra  Eccellenza»  che  noi  venghiamo 
dalla  cafa  di  Salvator  Rofa/óvé  noi  abbiamo  vedute»  e  abbiamo  fentittt 
certe  Satire.  Infìno  a  che»  diik  D.'Màrio>  abbiano. le  Signorie  loro  icntict 
le  Satire»  io  ben  Piatendo  r  ma  non  fo  già  adattarmi  a  capire»  come  V  ab^ 
fadano  anche  vedute .  Beneftà»  rifpofero  i  Prelati  »  quanto  dicemmo;  per* 
che  dopo  aver  fentita  leggere  una  bella  Satira»  un'altra  ne  abbiamo  Teaiita 
in  un  bel  quadro  di  una  Fortuna»  che  fopra  divedi  bruti  fpande  fuoi  do« 
ni:  e  tutto  il  contenuto  nel  quadro  gli  defcriflèro  puntualmente:  e  dopo 
avere  tutti,  inlieme  con  fumato  qualche  tempo  in  grandiffime  lodi  del  bel 
concetto  dei  pittore ^  fi  f partirono»  Non  andò  molto»  che  il  gran  loda« 
re»  fcheiacevano  quei  Signori  per  Roma  quel  quadro»  venne  all'orecchie 
del  Roik»  il  quale  fé  ne  pavoneggiò  tanto  »  che  rifohrè  di  efporlo  alla  pub- 
blica villa ,  nella  allora  prolBma  iella  di  San  Giovanni  Decollato:  ed  eccoci 
al  punto»  cioè:  che  per  quella  rabbia  inteftina»  che  fin  da  lunga  mano 
avma  concepita  contro  di  lui  motei *  profeflbri  »  fenza  mai  (attefo  il  foo 
gran  jcredito)  poterlo  attaccare  in  cofa  che  valeflè  »  in  un  fubito  dieder 
fttorft  alci  reclami^  e  yollerov  che  fapefie  tutta  Roma^  come  il  Rofà,«  fotto 
r  apparenza  di  quel  quadro»  aveva  voluto  sfrontatamente  dar  fuori  una 
foienniffima  Pafquinata:  ;e.giunfe  la  cofa  a  fegno»  che  già  doveva  ilpittore 
«flèr  fatto  render  conto  in  carcere  del  fignificato  della  pittura;  le  i  due 
Prelati  e'I  Prìncipe  D.  Mario»  già  fatticonfapevoli  dell'intenzione  di  Sal- 
vatore» non  aveflero  abbracciata  la  fua  diftefa»  k  quale  febbene.feguì  fenz» 
incomodo  della  perfona  di  lui»  non  fu  però»  che  non  neceilitafie  eflb  e 
gli  amici  a  difcolparfi  nel  miglior  modo;  e  io  confervo  appreflb  di  me  una 
molto  dotta  Apologia,  fiata  fatta  a  fua  difefa  in  quel  tempo,  pervenutami 
£:a  molte  fi:ritturè  originali  e  altre»  rimafe  alla  morte  di  Salvatore»  e  a  me 
fiate  donate  per  ajuto  di  notizia  per  quello  »  che  io  vo  ora  fcrivendo^. 
UdicaG  già  per  qualche  tempo  avanti  la  fama  de' fuoi  pennelli  da'  Sere« 
niflimi  di  Tofcana:  e  trovandofi  allora  in  Roma  di  ritorno  a  Firenze  il  Se* 
senillimo  Prìncipe»  poi  Cardinale»  Gian  Carlo»  fotto  l' occhio  di  cui  eran 
capitate  più  opere  del  Rota»  volle  al  fuo  partire  di  colà  condiirlo  con  feco:" 
Q^  quegli  »  che  in  nulla  più  premeva  »  che  in  fisir  procaccio  di  gloria»  eflen- 
4o  già  (bto  quattro  anni  in  Roma»  ebbe  per  bene  il  renderli  a  cos\  nobile 
invito»  anche  col  lafciare  qdeila  bella  città.  Giunto  a  Firenze»  ove  moI« 
to  fu  da  quel  magnanimo  Principe  accarezzato»  e  di  molto  onorevole  trat* 
cenimento  provvido»  incominciò  a  fare  per  eflo  opere  Angolari,  trovando 
tuttavia  in  quell'Altezza  corrifpondenze  di  fiimae  di  ricompenfe»  adat^ 
tate  al  proprio  merito  •  Fra  i  nofiri  cittadini  eziandio  conobbe  tanto  gra-» 
dimento  di  fua  perfona»  che  badò  per  fargli  pigiare  un  tale  affetto  a  Firenze  t 
che  poi»  per  io  fpaziodiquafi  nove  anni  interi»  volle  che  ella  foflè  fua  prò* 
pria  fianza.  Il  primo  quadro  grande»  che  egli  faceile  in  Firenze»  fu  una 
beila  Battaglia»  in  tela  di  circa  cinque  braccia»  che  oggi  ha  fra' fuoi  qua* 
dri  beiliflimi  il  Serenifiimo  Gian  l^iincipe  Ferdinando  di  Tofcana:  e  ve« 

dcfi 


$6o     Dectkn.  V. detta  Partii  detSec.  V.M  1 6^0.  al  i  €$0. 

defi  in  efla»  dalla  (inìftra  parte,  li  proprio  ritratto  del  pittore.  Unofecene 

J>oi  pel  Marchefe  Ferdinando  Ridolfi ,  che  venne  in  potere  del  Dnca  Picce»- 
omini»  e  volealo  donare  allaMaeftà  dell' Imperatore,  il  che  poi  nonfegoì* 
PelSagredodi  Venezia  colorì  due  granptefi  :  an  unode'qoali  figurò  un  De* 
mocrito:  ncir  altro  Diogene ,  che  vedendo  il  giovanetto»  che  per  porger 
Tacque  alla  bocca  per  bere  fi  vele  della  mano»  getta  via  la  ciotola:  e  quefti 
due  furono  poi  di  Tua  mano  intagliati  all' acqua iorte.  Dipinfedue  gran 
paefi  per  lo  fteflb  Cardinale  di  Tofcana  »  ove  mpprefisitò  porti  di  mare  »  na- 
itìl]  »  e  bellifiime  vedute  di  montuofe  campwne  :  e  quelli  pure  conferva  il 
Serenifiimo  Gran  Principe  di  Tofcana  »  inheme  con  altri  due  paefi  di  tre 
braccia  e  mezzo  :  in  uno  de*  quali  in  figure  di  palmo  in  circa  »  vedefi  h 
Giuftizia»  che  fcefa  dal  cielo  va  a  refugiarfi  fra  i  contadini;  ndP altro  la 
Face»  che  arde  arnefi  guerrieri;  alhto  alla  quale  vedefi  il  lione  e  P  agnel- 
lo infieme»  ed  efia  è  coronata  di  ulivo.  Fanno  anche  bella  moflrain  altra 
ftanza  dì  queir  Altezza  due  altri  quadri  del  Rofa  »  che  in  uno  è  un  Santo 
Antonio  nel  deferto  »  a  cui  comparifcono  alcuni  moftri  d*  Inferno  ;  e  ac« 
compagna  quella  pittura  un  altro  quadro  del  medefimo,  ove  vedefi  un  fi* 
lofofo»  più  che  mezza  figura  quanto  il  naturale»  che  moftra  ad  altra  per* 
fona  una  mafchera.  Altre  opere  finalmente  in  gran  numero  andò  condu» 
cendo  per  Io  ftefib  Cardinale  Gian  Carlo ,  e jpcr  privati  Gentiluomini* 
Crefceva  intanto  ogni  dlpiù  in  Salvatore  Pa£Fetto  alla  noftra  città;  con- 
tribuendo molto  a  ciò  P efiere  egli  per  natura  amiciflimc  d'ingegni  foblimi» 
e  di  perfone  di  gran  lettere  »  colle  quali  volle  egli  fempre  ufare  ogni  fua 
più  Oretta  confuetudine  ;  e  di  quefti  tali  trovò  moltiflimi  in  quel  cempot 
t  quali  innamoratifi  delP opere  de'fuoi  pennelli»  e  della  nuova  vaghiffima 
maniera  di  hi  paefi  e  marine»  non  più  per  certo  vedutafi  fino  allora  per 
V  Italia:  dello  ipiritofo  modo  del  fuo  converfare»  della  vivacità  e  dolcezza 
infieme  de'  fuoi  ragionamenti  »  non  così  fiicilì  ad  efpUcarfi  »  fé  non  da  chi 
il  conobbe,  fé  gli  affollavano  attorno^  fiimandofi  più  fisrtunato  colui  »  a 
cui  toccava  aver  qualche  luogo  fra' fuoi  confidenti;  e  non  poche  volte  oc- 
correvagli  P eflèr  vifitato  in  cafa  da  Cardinali  e  da  Principi»  defiderofi  di 
vederlo  operare»  e  di  fenttre  fuoi  ragionamenti .  In  quefto  tempo  venne 
da  Roma  a  Firenze  Ugo  Mafiei»  nobile  Volterrano»  famiglia,  che  già  fopra 
a  dugento  anni  pafiati  »  diede  al  mondo  il  tanto  celebre  Raffaello  fcrittore 
de'  dottiifimi  Comentar)  :  e  comechè  aveffe  quefii  già  contratta  in  Roma 
firettiffima  amicizia  col  Rofa,  non  è  poffibile  a  dire  quanto  e*  godefle  di 
ritrovarlo  in  quefta  città  :  e  diedene  aperti  fegni  col  voler'  eflere  quafi 
fempre  con  eflb.  Comparfeci  poco  dipoi  da  Volterra  Giulio  M affei  »frarel- 
Jo  di  Ugo  :  e  fi  aggiunlè  pure  per  amico  al  pittore;  anziché  nel  partir  che 
e*fecer  poi  da  Firenze  (tanto  era  nato  fra  loro  il  vicendevole  amore)  yen» 
jne  loro  fatto  il  condurfelo  con  efifo  feco  pure  a  Volterra»  ove  fra  nolnli 
irattenimenti  de*  cari  amici  »  egli  per  più  fettimane  fi  trattenne  ;  ma  più 
lunga  e  più  gioconda  fu  la  dimora»  che  egli  fece  un'altra  volta  in  quelle 
parti,  condottovi  pure  dagli  ftefli  gentiluomini»  come  a  fuo  luogo  dire- 
mo ;  giacche  oltre  alla  grata  con  venazione  »  trovavavi  egli  il  più  degno  pa* 
fedo  del  fuo  bel  genio  pittorelco  »  eh*  e'  vedeflè  mai  i  dico  di  vecfute ,  di 

dirupi» 


•  V  ."  ..J  ^    ^ 


SA ZVATO R  "  « 05 A.     .     5^1 


dtMpi^  digitili  e  mohttt  &  acfue  e  torrehtì»  dì  nuffit  cH  piante»  e:tfi 
ogni  altra  coia  (  {ler  ufar  quefto  cermine)  che  pittorelbamente  beli»  dir  fi 
fiofla»  fra  quante  in  altre  parti  fuol :&r  vedere  la  natuoa:  e  dove  potérli 
caBiaiìdio iàziaré il  fuo  filolofico  umore  nellefpeciiiazioiu,chefervir  poK« 
vano  »  e  (erviron  poi  a^fiioi  poetici  componimenti. 

Ma;q^che  cofa  fa  ora  di  meftieri  didiredegl*  imp^ghi  »  xbe  tornato 
M,  Firenze  volte  egli;  che  foflèr  propr)  dì  quel  tempo  »  nel  quale  egli  daira 
ripofo  %\  oennelli  »  chfei  pure  era  molto .   &ippongafi  jiunque  per  vero 
quanto  abbiamo  detto  di  fopca,  cioè  i  che  egli  in  fui  bel  princìpio  del  fuo 
converfare  ia  Firenze,  fi  facefie  tanta  apertura  fra  gli  ucymini'  letterati^  e: di 
'.primo  ingegno  t  che  la  cafa,  che  egli  aveva  prefa  a  pigione  dal  canto  de* 
Cini,  prefiò  alla  Croce  al  Trebbio,  quella  ftefià,  che  oggi  ridotta  a  mag>^ 
gior.  forma,  poffiede  Filippo  Buontalentt  nobile  Fiorentino,  era  in  brevi 
giorni  divenuta  un'accademia  delle  più  belle  facultadi,  T  abitazione  della 
giocondità,  e'I  mercato  dell'allegrezza.  Quivi  tagunavanfi  per  ordinario 
a  virtuofe  conferenze,  di  materie  ameniiTime,  il  Dottore  £vange lifta  Tor« 
ricelli,  infigne  Maaematico :  il  letteratìflimo  Carlo  Dati,  Giovambatifla 
Ricciardi^  Valerio  Chimentelli,  profeflbre  celebre  di  Umanità  nello  Stu^^ 
dio  di  Pifa>  il  molto  erudito  Andrea  Cavalcanti;  il  Dottor  Berni:  Paolo 
Vendramini»  che  pel  Pubblico  di  Venezia  fu  Segretario  in  tempo  della 
gtierm  del^  1641.  tenuto  da  Bertuz2o  VaKero,  apprefiò  al  Granduca  Fer- 
dinando; Gio.  Filippo  Appolloni  Aretino,  infigne  Poeta  drammatico  per 
SDufica:  Volunnio  Bandinelli,  poi  Cardinale:  Piero  Salvetti,  rinomato 
per  la  vivezza  di  fuo  injgegno  e  letteratura,  non  meno  che  pe' poetici  comi^^ 
pomm^tt,  che  manofericti  vanno,  per  le  mani  appreflo  agli  eruditi:  il 
JDouor.Paolo  Minucci,  quegli,  che  dopo  aver  ièrvito  in  qualità  di  Se-^ 
grei^o  il  Senniffieio  Principe  Mattia^  di  Tofcaha ,  e  dati  in  ogni  tempo* 
Ibgnidifuaperfpicaciaede'fuoibuoniftudj,  ha  fatto  ultimamente  il  molto 
erudito  Comento  alMdmantiieRacquiftato,  Poema  di  Lorenzo   Lippii 
Francefco  Rovai ,  celebre  per  Te  l^ue  Rime:  Francefco  Cordini,  ^vanet* 
to  allora  di  gentìlilfime  maniere,  amico  delle  buone  arti,  e  ben  parlan-^ 
te;  e  altri  moip  a  quefti  foo^litoti,  che  troppo  lunga  cofir  farebbe  il 
torre  a  deferi  vere  ;  tantoché  in  breve  tempo  '-  radicatafi  in  quel  luosò  te 
bella  conver£izione ,  fu  dklibei;ato  di  darle  forma  di  Accademia ,  fotta 
nome  de  i  Pwcofii.   Avvenne  poi>  che  defiderando  gli  Accademici  di  far 
godere  anche  al  pubblico  qualche  refledb  de'  loro  privati  trattenimenti  » 
deliberarono  di  fare  in  certi  mefi  delPanno*  alcune  belli ffime  e  bizzarriifi- 
jne  Commedie  all'  Iiriprovvifo,  per  entro  il  Pdazzo.  abitazione  del  Seve'» 
Dtffimo  Principe  Carenate  di<T<'fcana,  detto  il  Caiano  da  San  MarcOt 
fotco  la  ProteBÌooè;det  Séceqìffimxi»  Principe  Cardinale  Gian  Carlo.  Rap^ 
prefentairìanfi  in  eflèCoriilmedieefuggetti  nobili  e  gravi  ^  fenza  V  aggiunte 
di  p^^^  ridicole,  che!  riufcivano  sì  ben  portate*  che  era  cola  da.flìupire^ 
Le. più  ferie,  .erano  degli  altra  vckà  nominati  Piero  Salvetti,  di  Agnolo 
popoiefqhi,  di  Carlo  Dati^  e  di  Giovambatifta  Ricciardi.  Il  Dottore  Vi- 
viani»    fratello  di  Vincenzio^  chiariflimo  nelle  Mattematìche,  faceva  la 
parte   di  Paft[uella;  ;  delia ^qqal  parte,  fi  ha  ,per  .ooftante  eitoe  (beo  egU 

N  n  medeiimo 


I 
•^ 


iaejcfiwo  pdìóo  uÉfQntòre\2  itfi]gcR»i(Mft»pÌiaià  invracéet  delb  por»  ^ 
Schttirsu^  efadè  di  un  Comadina  §dSoi  cìm  fiukaieate»  fbosa  tSmummi^ 
à  caridcurs ,  e  eoa  gfefto  nsUK»liffitto  ngioari,  éeoMÙ  iene»  con  iibipo^ 
CAb.  takhè  fa  il  micacdi»  de  fMk  fcrae.  VnwScfoaiCoriìw  dìade,  umi. 
poco  gufto  in  figura  di  ina  SÙPtiaùtmhbìAum  o  Apotrilt:,  QoéIw  pn  al 
Kofii  r  noit  è<  cftt  pofia  nud  .die  taoto  qnanco  baib  ^  dica  ddtta.  ptrte  rh'  e* 
foce  di  Pafcafiello;.  e  Franoefiso^Maria  Agli  ^  «negoadance  Bokgmfe»  in  età 
di  fieflSmta  janui  »  partirà  ft  otaira viglia  queUaddb  Doctox  Gmtaaa:  e  dori 
pef  più  anfti  a  venire  appoAa  (k.  Bologna  a  Fircàiae^  lafciaadii  i  •egMf» 

grtrb  mefi  interim  fofameate  pel  fine.dirtnnrarfi  »  recìtace  col  ReSa;  e 
3eva  QDn  efib&eiie  tali  ».  ci»  k  rifa  »  ebe  akawnfi  irft  fii  aftdaaatti  9^  fema 
isceanifiÌMie  .o<  cipero >  e  per  Jungo  ipakio  imponevano  filcaaziot  tadoci 
ali' uno»  ctaliaraiaU^  altro*  ed  io«.cbe  in  quei  tempi  lai  trwrak  taoi  Ra£i» 
e:  a&cdnii  alctme  di  qudJe  eommedie»  fo  »  che  veaiifime  cofii  fu»,  che  noa 
fliano&  taluno»  che  peir  fiasrerchio  dì  vioiecim  deUeAedefime  rifa»  fo  a  pe« 
ficolo  di  crepare»  o  df  jnconcrare  alcm  sa  &f  co  accideoae .  li  Docror  Fier 
JFilippa  Toounafo  Laiagnini»  giovane  d*  akoit^gm  >  e  Gio.  Filippo 
MaruceUi ,  poi  Abate  ,  e  Refideme  al  Re  OiftiMiiflMito  pel  Seirenoa» 
GcanducSt  cs  finaknente  dellA  medeficaa  Alteeza  Segrecaaio  di  Staca^  io- 
ftsnnero  le:  parti  delle  DoiuieUe .  h\  fomaa»  piacquero  tanto  s  ogoiioo  1 
parti  dcquefto  nòbile  coogrefiò»  cbe  Luigi  ék  Gralio'^Jaovici^  ebe  nar  avc^ 
10  avuaoi  U  carico  di  Proivvedbkore»  a  gracafatic^pQfeftdifenéttrft  ddfe  te»- 
te  e  eadanrofiSiine  inftanze,  che  venivangli  fante  del  conrtmowo  de' Cavolìe- 
si.  e  ftudioii  di  quefla  città  »  per  .efière  in'  efib<  rioty  wi..  Reggevefi  l^Ac 
eadeaaiei  colle  contribuaièni.  aegli  Accademici  ft^>  colle  quidi  piim>  e 
co"' lacgkiiimi  disborli  cfaal  Re£i  aedefiako»  fiieewiifi  ai&i  freqocéteaaeme 
Muimreii  fimpQSj^  nefqualkfralf  eilquifiieafee  ^bUeiywaftde».  nm  fi>biMttte 
nodeafi  trionfine  i*^  aUegteaMw  dfar  «soiaodiiaf  riifpkn^ieco  tar  tdatù  ^  menfire 
ifìi  un  tempo  SUSo  afccdtavaÉi  quanto  di  belio  e  dà  appiezaabikr  Bd&  con* 
tcibutro a4  un  bel  cokifatoi  ìmelietto»  un'* adtmeaaa: di  tasd eWanffint 
ingegni;  a^  quali  anche  eviceudia  era  data  ineuaibenea  di  iuc6  (bndee  co' 
loracomponinenci  in Terfo ein  proia»  de' quali  ( dico  di qiMgli ieiaieeii^ 
te*  chcL  ioR  intnuai  in  mio  potere  )*  fititebbefi  .un  voluate  •  Ece  qxKgibdàeiagr 
gioie  applaufa».  fu  l'Encomio  del  Secolti^oM»  patto  deUe docekfiaaa»  panf-^ 
naidci  Ì3parameMttcoyato  Evanselifie  Torrieeiii  :  il  Kagguaglfio  della.  E^ce  , 
dipinta  da  Salvatore»  coaapaoo  da  Valei'iaChimeaecili»  dedecseo  poi  e- 
LodbTÌ6)o  def  Veccbji:  il  ISatale  delia  Rofiii.  eocnpou tacita  del  nedeiwo» 
daiefiò  recitato  nd  giorno  natale  di  Safctatcuae  ;  *e  la^  Bcturev  Satina  dèUo^ 
fiaffia  R4if a^^  detta  dalr  Dottoc  Berni .  bk;pbÌ!.aQ&  biataatriffisae.  ii  oerfeee^ 
l^ocdlnazifluedèqudlhe  menfe.  nelie  ieee^dcf.idnpo^i:  fKhrciiè:  m  oai  aVtefe. 
veduto  cDfèpapDa  ogni  vivancEa  in  paAÌQQt>%fiaurF^iida(aBoftQffiirifeuti^ak^ 
ti:^t;tìtdiaB0oaÌL  iaaltaa  tutee  mieefteei.  ;in(aAara tutti  Adfiitir/  imaltra^iinal- 
nutnee^ucoe. polpette t  ed  era  maaanriglioié ii^tedore le  beìiee  binauru  inr 
veiiaioniit.  colle  quali»  fensa'  variare  vivanda^»  t>giii.&re  era  fotta  appaoiot  r 
etguftarem^iioitudiQe  e  varietà  di  iàpori»  ohet  tutti  eppbgeva .  A  fecond» 
di  taltimlbawiìliiKinnij»,  ftcofi»  per  legge  indifpenfabile  »  uidbbettt  omzione. 
;     j^  :  Francefco 


^laftciicéf  MìiiC  AgUt^oiie  per  tOgn^ik  «lfrM«9iifri{>^  tfmtnti  0H 

^d:  cempotifBli'  ijìVMno  fiiceaafi  le  coaYVÙmoni  niriie  ft«ii«e  idi  lopita  ^  beo# 
«bbiglitce  e  firofuaiacet  e^Mlle  più*  calde  flagionii  nelle  Itaiue  ceffeoe>  14 

Suali  vedeaiui  in  ogni  parte  piccorefcamence  veftif  e  di  dwerfe  verzure ,  e 
no  la  terra  fteffa»*  talAescediè  t  e  ohi  entrava  t  pareva  eiìti^ire  in  una  ve-* 
n  e  non  finca  bofcagUa»  la  quale»  cdtfe.aUbiwmhiffinM  viAa,  che  dava  di 
fé,  portava  ancbe.«ia» mole». grate  fintfcwa  alle  pecCòne  quivi  in  gran  nu- 
'nera ng una» •   o  .''   •,    '  .,  .    /  *; 

Diia  poc'anzi  é  cherleJautifluàecene^'che  facevjinfi  dagli  Aocadeeiiei 
snGeinecon  altri  della  più  fiorita  nobiltà  t  eran  fatte  alle  cofauni  fp^fe  dft^ 
inedefimi  Aocadeaiici ,  x.eoU' abbondante  danaro»  cbe  del  fuo  proprio 
rommintficaYa  Salvatoraa  jttidiiliifaene».  e  Tcfietto  U  dimoftròju  meiure  fap^ 
piamo»,  per  un  compuiib  ;' cbf  egji.medefiina  ne  fece  in  quei  tempi >  e.pef 
quantd  e/To  fipre  di  fu^^bocca  confeiJsò  ai  fbpninjOiOiDinaco  J>ottore  Lwa^ 
gnini»  che  fu  fiunpreiuo. confide rittfiuioytjke  eflViulofi  egli  trovato  a  gua.» 
delire  col  pennello. in  Ficeaze,  obre  ^le  provvifionl  di  Palazzo,  in 
lempo  di  nove  anni  ch'egli  vi  fi  trattenne»  fino  alla  fooima  di  noveoiila 
firudi;  iicenziatofi  pai  dal  Cervtzio»  folo  trecento  ne  poetò  Ceco  a  Roma» 
avendo  ti  riottneate,  coltone  il  poco,  che  pel  trattarne AQo  di  (ut  perfonà 
era  aUnfognaco  »  «otto  fpefo  in  idr visìo  àcìH-  Accademia  >  ne'  virtuofi  e  al*> 
fegrifiimi  ritrovamenti^  che  detti  abbiamo #  e. a  gufto  econiblaziofie  degU 
emict  »  de'  quali  in  ogni  tempo  e  luogo  £eee.talelii0ia  »  e  fu  ai  grande, amAf» 
t6ie»cfae  pareva  non  potercene  allontanare  »  anche  per  breve  (pavio 4  Ed  io 
ho  per  4iotÌ2ia  di  Carlo  de'  Roffi ,  che  dopo  e&rfi  il  Ro&  trattenuto  in  Fi** 
xeaze  per  pochi  mefi  »  concile  belle  converlàzìoni  già  notate  $  fatto  impa-^ 
zìente  di  n vedere  almeno  per  un  poco  gli  amici»,  die  ea\i  aveva  lafciati  ia 
Horna  (uno  de'quali>eior£e  il  più  intimo»  era  ilmedefimo  Roffi)  oaontò 
fulbe  pofte  a  quella  vi^a:  e  giuncovit  inviò  a  quanti  ereao  un  viglietto» 
con  cui»  dopo  l'avviib  dì  Tuo  arrivo»  intimava  loro  il  doverfi  ponare  la 
legneote  mattina  al  giaidino  della  Navicella.»  con  penfiero  di  rimanerfi 
eoa  feco;  a' quali»  comparii  al  deAinato  luogo  in  numero  di  diciatto  »  fe«» 
ee  godere  un  lautiflimo  definare  :  e  lioenziacofi  da'  medefimi  »  e  di  ntto« 
vo  fermate  le  poOe  1  il  giorno  dipoi  dìPtde  volta  verfo  Firenze . 

Sarebbe  a  me  riufcfta  colà  al  tutto  impoffihile  il  rintracciare  eoa  or^ 
dine  di  tempo  la  qualità  e  la  quantità  di  tutte  le  opere»  che  fece  il  Jlofii 
in  quefta  nofira  città  negli  nove  anni  »  ch'.eixi  fi  trattenne  |  avanti  l' ultima 
iua  partenza  per  Roma;  che. però  ho  debbecaiso  di  dar  notizia  così  alla  rin^ 
fufa  di  quelle»  delle  quali  io  no  avuta  contezza:  e  che  da  me  »  fé  non  tut« 
te  »  almeno  la  più  parte  furono  con  gli  occh)  proprj  vedute  e  riconoicjiu* 
te  »  talora  nelle  mani»  o  nelle  cafe,  die  furono  di  quegli  Aeffi»  per  cui  fu-* 
rono  dipinte:  e  talora  in  mano  dialtri»  a  quali  in  oe«iipo  hanno  effe  pM 
fatto  pafiaggio.  E  incorni  nciandonùdaUe  ;più  antiche^'  dirò:  che  a  Fran* 
cefco  Cordini^  che  fu  (uo  amicifiimo»  dipiufe  in  dono»  «in.  tela  di  circa  di 
quattro  braccia  alta»  un  Filolbfo  fedente»  in; atto  di  au>ftraise,ad  unafem- 
mina ,  fatta  per  la  Morale  Filofofia^  mi  grande  fpecchio  i  dice&  per  lignificare  » 

>I  n  2  che  tale 


/%     Decm.V:^i&a  PàhùT:mSec.ì^^Mi6^o.  al  1 6  so. 


libri  di'FilofoÌBà  ^  ^  è  da  fà{>ere,'  iStmie  fopra  tale^  opaca  cotnpofeffiGìDàlSì» 
kiitiffimo  Dttcà  Jacopo  Salviati  un^-Odei»  il  cui  principio ii  à :     >.  > 

^-  '      Quei geiidù  fìémiB-y  '    ^^^  -  '^  ìi       ^>'  .  «*-•  * 

n        Che  a  kiCeìkmfM  0^4  r^^ifevif  »  ^  ;     J        .   .    : 

V,  li  .V  Ih  mW  degli  ^Svi'-^l hd  finiiffi»  0f€0KÌè ^  *  -^ 
e  Io  fiefTo  Duca  dedicoUa  a  Salvator  Rofa ,  chiamandolo  faouyfo  pittore  <K 
c^e  mófati.^  Almbdefioio  1?hLnce&»£k»:dinicolod  'la  'figuraci  un. Ado- 
ne» di  gràTide»a  quanto  it  naturale»,  in  atco-di. federe. fopra  un  delfino: e 
in  un  tondo  dì  mezze  figure  quanto  il  naturale». un  Eraclito  e  Democri- 
to; ancora  pel  medefimo  due  paéfi  con/ veduti <ii  maarines  e  finalmente  al- 
tri cinque  quadri  pìccoli,  patte  .di  paefi,  e  pàcte^'CcAe,  fatte  ad  imica- 
»one  di  manière  di  pittori  antichi  ;  le  qoati  totteiopere»  dopo  aiFerle  moi* 
ti  anni  goduta»  venendo  chiefte  alio  fiefio  Cordini?  daihi> 'glorio^  memoria 
del  Sereniamo  Arciduca  Ferdinando  Carlo  df  Auftria,  furono  dal  medefi- 
mo concedute  in  vendita  a  quella  Aheaza  per  prezzo  di  ottocento  fcudi»  che 
tanto  furono  da  Monsù  Giudo  Subtermans  e  da  .Mario  Balaffi  (limate.  Al 
Priore  Francefco Maria  Covoni,  poi  Senatore Fiorcati oso,  cofcui  il  nofiro 
pittore  due  giran  quadri  da  faU»  di  campagne  e  vedute  jmacittimet  ejiin  al» 
ero r  non  cosi  grande  r  al  Priore  Celare  Magalotti*  A  Girolamo  Stgnoretti 
noAro  cittadino»  fece  un  bellilTimo  paele  bislungo.;  e  ancoca donogli  un 
^ritratto  di  fé  fteiTo/veftico  in  abito  di  Pofcariello,  con  guanti  ftiàccian, 
quadro,  che  pafsò  poi  alle  mani  del  Seceniflimo  Cardinale  Leopoldo  di 
Tofcana.  Per  Ferrante  Capponi»  poi  Senatore  e  Auditore  ».  dtpinfe  tre 
quadri  di  paefi  di  braccia  due  e  mezao  in  circa,  opere  di  tutta  belleaa; 
uno  de'quali  è  bello»  che  poffiede  oggi,  fra  altre  bell'opere  di  gran  maefiri» 
Luigi  di  Lionardodel  Riccio  nobile  Jiorentino»  amiciffimo  di  quelle  arti  : 
gii  altri  duefcmò  àppreflb  il  Senatore  Cammillo  Capponi^  Pel  Marcbefe 
Carlo  Gerini,  colorì  i  bellifiimi  quadri r  che  oggi  conierva  nella  (uà  nobile 
Galleria  il  Marcbefe  Pierantonio  fuo  figliuolo,  cioè:  un  paefe  circa  di 
braccia  quattro,  opera  veramente  rariffima,  ove  è  rapprefentato  un  Fi\o« 
fofo>  in  atto  di  gettare  in  mare  i  propr>  danari  ^  mentre  molte  perfone  , 
figurate  della  più  abbietta  marinarefca»  fi  affollano  per  profondarfi  in  quel* 
l'acque  per  ritrovargli  ;  e  un  altro  pure  di  fimilegrandezaa  con  gran  quan* 
tità  di  alberi,  all'ombra  de'  quali  ftannofene  più  perfone  in  compagnia  de) 
Filofofo  Diogene,  che  nel  vedere  il  giovanetto  bere  al  fiume  >  fena'  aiuto 
di  vafo»  getta  via  h  fua  tazza*  Ma  giacche. fiamo  nel  Palazzo. del  fuddetto 
Marchefe,  diremo  ancora»  che  egli  pofiiede  pure  di  mano  di  Salvatore  un 

Suadro  da  fala ,  alto  circa  di  braccia  cinque,  ove  {opra  un  globo  vedefi  fé* 
ente  la  Fortuna,  che  col  deftro  braccio  fi  chiude,  gli  occh) ,  e  col  finilìro 
fparge  fuoi  doni  ;  fonovi  alcuni  putti  »  uno  de'  quali  con  gefto  puerile  fi 
sferza. di  ftringerle  al  feno  una  groifa  anguilla,  mentre  ella  a  cagione  di 
fua  lubricità»  moftra  m  pochi  rivolgimenti  di  fuo  tergo,  fuggirgli  dalle 
mani ,   Ma  belli  fono»  oltre  ogni  credere,  due  altri  gran  quadri  di  anti* 

caglie  y 


v^ 


salvator:  rosa 


caglie  f  A  mono  di<3io.  GrHblfi  f  pieiu  d*  infimce  figure ,  fittte.da  StLvaeof 
Rofik;  oadi  auefti  fiiceiix>  dcro ve  mlenzione .  Al  Mircbefe  BantoloiUfiieo 
Corfint  ^dipinte  un  bel  quadro  d' Incantefimi  e  Stregonerìe  >  poSbduto  oggi 
dal  'Macehefe  iPiljppo  uso  figluiolo  ;  ed  è  nelk  Galleria  idi  Jiia  Paltteaso  di 
Parionei  Per  Ji  Marcfaeii  Guadagni  ket  duep^efi  circa  di  bnaccié  quattro 
e  mez^oc».  ne'qiiaH»  in  qmnto  appartiene  a  moitci  belle  .qnalitadli  che  fu4 
font  proprie  del  colorire  di  Salvatore  »;  particolartnenfc  «nella  nacurakkze 
de' piani,  dellefcappe,  e  de' tronchi  »' pare»  che  .egli  fttperaflè  feileffo: 
e  quefto»  oltre  alla  vaghezza  delle  figura»  che  fi  veggono  in  eile  rappre* 
Tentate ,  che  formano  due  ^orie,  della  Predicazione  di  San  GiòvaoibatilU 
nei  deferto  f  e  del  Battefimo  del  Signore  nel  Giordano  «  Poffiede  .oggi  que* 
fiebetropeiì^»  coiraltre»(che  f<^uono -apprefib^»  itiMarcheft  UoA^to.Màr 
ria  lino  di  èffi. :Foffiede ,  jdicó »  anche  di  maàó ddli  Ròfa» «duci altri <paeÌJ  A 
graridezi»  per  la  metà  incirca  dè'fbprannomtnati;  ma  non  punto  a  queSa 
inferiori  in  bontà,  infiomecon  altri  quattro  paetisttl  circa  di  braccio»  &t«f 
ti  pure  con  grande  amore.  *  Ma  fra  quefii  bei  paefi  di  mano  del  Rofa»  che 
veggOnfì  in  (juefti  tempi,  ha  luogo  al  certo  quello,  che  egli  fece  poi  a 
Paolo  Falconieri,  prinu;)  Gentiluomo  della  Camera  del  Sereniflitmo  Gran» 
ducar,idicui  è  ococtfibi&re  altrove  i  più  volte  menzione;  ^  lo  conieivain 
Roàsa  (ove£  trovaci  prefente)  con  quella  (Hma,  che  merita  tale  opera  « 
Per  quei  delk  fiimiglia  del  Roflb  colori  il  Rota  un  quadro  di  figure  al  na- 
turale, il  Ritorno  al  Padre  del  Figliuolo  Prodigo. 

.  Or  prima.,  che  noi  pafliamo  al  racconto  d'altre  opere  di  Salvatore» 
fatte  per  noftri  cittadini,  è  da  fa  perii,  che  fra  i  profeflbri  di  pittura  »  co'- 
quaU  egli  ftrinfe  amicìzia  in  Firenze,  il  primo  e  principaliflimo  fu  Lorena 
zo  Lippi,*  di  cui  abbiamo  altrove  lungamente  parlato:  e  ciò  fegul«  non 
ti^ìtoper  U  dima,  ch'e'fiiceva  di  lui  nell'arte,  preferendolo  ad  ogni  altro 
Fiorentino  piuore ,  per  r  ottimo  fuo  difegnare ,  e  per  T  impatto  de*  colori  » 
che.empieva  fuo  gufto;  ma  eziandio  per  aver  trovato  nella  perfona  di  tale 
artefice,  un  genio  del  tutto  limile  al  fuo,  dico  fpirstofo  ne  i  motti,  biz* 
zarro  nelle  re(bluzioni,nelconverfare  fiero  e  vivace ,  e  fopra  tutto  indi** 
nato  alla  poefia  quanto  altri  mai:  il  che  fece  egli  poi  conofcere  iiel  dar 
fineairihconunciato  fuo  piacevolidimo  Poema  del  Malmantile  Racquiftato  » 
Con  quefto  dunque  la  fera  iaful  tvdi,  dopo  aver  di  pinto  un  pezzo,  trova* 
vafi.molto  fpeflb  da  folo  a  folo  nella  fua  flanzain  fuila  piazza  di  Santa  EU-, 
làbetta:  e  poi  con  eflb  pure  pomavafi  i^ri  della  Porta  a  San  Gallo  a  vede* 
re  gli  Antipodi:  invenzione  ridicoloia  del  Lippi,  e  da  eflb  talvolta  ufata 
cogli  amici;  dico  di  condurgli  in  fui  Mugnone»  colà  vcrfo  il  luogo  detto 
alle  Cure,  ove  fòVrafta  aH'acqne.del  .fiume^  un  grand' àrgine  murato»  fopra 
di  cui  è  la  piòblica  (bada:  e  poi. col  Lìppi  e  fuoi  compagni  adagiatiti  in. 
fili  terreno  dalla  parte  oppofta»  dier  ouri^afpettaviano  di  vedere  quel  mi-, 
racolo,  accennava  nell'acqu^  le  icnffi^iniide'paireggijQri  della  via,  cammi- 
nanti a  capo  all'  ingiù:  equefie»:  dicéivà  egli;  efler  le  perfone  degli  Anti-. 
podi»  Traevane  una  rifata,  e  rimaneva  finita  la  ba)a,  afpettando  ad  altra 
occafione  nuovi  merlotti  »  che  fi  calafiero  a  vedere  con  eflb  quella  bella 
novità.  Creilo  però  è  nn-meroefi0tto:deirOtticaral|cetianto  mirabile, 

\      :  Nn  3  quanto 


^^    Deceà».  V.  ìkOit  ?m:tJ6l$e(.  y:  Mi  6^0.  di  6^0. 

oimnco  "Attunlé»  e  cpdiunèiiencè  óffiirvatfo^  dé]^iiddiite ^aHt  Meffiont 
de*,  raggi  lumìnofi»  che  portandoli  dalP  oggtcco»  e  tadendo  eoiK  fepn 
i^cchio,  fanno  apparire  degli  oggeni  medefiaii  k  paice  fuperiocei  coiojb 
inferirne.'  Occor(e  dunque  tin  giorno #  e  fu.dellUnnorjrdfz»  cheCalTécòtc 
giunfetlla  ttanza  del  Lippìt  in  tempo ,  ictf»  jBglittava  ^ìgniendo  una  belli 
cairoladi  Maria  Ve^intr  éhr  va  in  £gnto  •  nitagUlaredft<SòfiiDoSa&ttf> 
nobile  Fiorentino ,  per  mandarfoori  tlrxitfàs  edoveodo  fitrvì  il  picfe,  uè 
rìulcendbgli  porno,  .per  dTer  cqfa,  iftuiri  di  fua  incilinaaisine >  giien  io 
punto  di  gettar  via  i  f»ennelU  e  la  uvolosaai  onde  Salvato»  diffe  a  lui: 
Che  fai ,  Lurento  Lippi  ?  Ìo  m' inquietò ,  e  mi  arrabbio  t  rìfpofe  il  pitcotOi 
perche  io  debbo  fare  "un  paefe,  e  nontrtfvo  la  via  di  fkr  né  aatoo  una  Fo* 
glia .  E  URofit  a  luii  Hk  qui  latavolcaaa  :  e  il  Lippi  gliela  pocfe*  Ma do« 
ve  fono  f  toìoti,  dlfl[èj^Rofe^Nohgli  vàii^.foggiuofòìlLip(À•  Mt  qae* 
ftinonfon  calori  per  fare  il  paefe  s  di  quà^  dàquà  le  catinelle  «  dieiici^ 
vero  ben* io  d' impacèio»  dife  Salvatore: :e  coltivtà.i  primi  oelori  » eca« 
perta  la  tavolozza  di  altri  in  gran  quantica  »  fi  pofo  a  fare  tutto  quel  pie« 
tei  e  lo  dette  finito  in  podi'ore^  e  riuCcì  cofa  ai  bella^  che  corlano  )a£i* 
ma  per  la  città ,  fiportarono  alla  fianza  del  Lip|>i  fin  gentiluomini  dikt- 
tanti  di  pittura»  per  vederlo»  ecopiarkii  fra'qualifoFcancefeo  Roniil 
poeta .  Óoptaronlo  ancora  molti  valenti  giovani  #  pró&ffori  delfacte ,  dico 
rrartcefcoBótchli.poi  Prete»  e  un  tale  Lorenzo  Martelli.  Fra  gii  alirì  fe^ 
cene  una  bella  copia  Taddeo  Baldini»  difcepòlo  deIKoffelU»  il  qèalec^gf 
fra  Taltre  abilicadi  univerfali»  eh' et  poifiede  nella  pittura  »  ha  quella  (pc^ 
ùfare  tal  modo  di  parlare)  di  rifufcitare  i  morti»  e  di  iàggiamence  ingan- 
nare i  vivi  ;  eoncioifiachè »  a' egli  addiviene»  che  alcuno  ie  ne  pllfi  aM'attra 
vita»  fenza  cfie  di  foa  pcrfona  fia  rimafo  il  ritratto^  che  pure  venga  da- 
l^i  eredi  defiilerato-»  egli  con  folo  aver  conofciuao.  in  vita  il  deftinto»  il  h 
in  pittura  tanto  fomigtiame».  quanto  mai  pofla  dèfrdsrarii.  Hq  datocché 
egli  ha  modo  di  faoere  ingannare  i  vi  vii  attefochè  fappia  egli  ancora  con 
poche  occhiate;  nate  a  chi»  o  per  modeftia  o  per  zoticheha  »  o  per  filtri 
qualiìiìa  cagione  non  voglia  efler  ritratto  -»  quando  vengane  con  grufto  e 
onefto  fine  ricercato»  farlo  comparir  vivo  e  parlante  in  fulfa  teb:  eque- 
fio»  dico»  con  doppiò  e  graziofo  inganno»  e  di  colui»  che  non  ^informa- 
to  fé  ne  vive  quieto  in  fua  ftrmezsDadi  volontà  di  non  voler  efler  dipinto: 
e  di  chi  riguarda  la  pittura  meddima;  come  cofa  vóra  e  ncm  finca.  Tor- 
nando ora  onde  partimmo;  quello  gaìantifiimo  fiittodel  Rofa  incorno  ai 
quadro  del  Lippi  »  partorì  un'altro  piacevole  accidente»  e  fu  :  che  dopo 
pcchiflimi  giorni  erafi  egK  di  nuovo  portato  allafianza  del  Lippi»  ove  erd- 
2»  Alfonfo  Parigi  Architetto  del  Granduca^»,  Antonio  Malatefii  ?  ^^^ 
dalla  Sfinge ,  il  Dottore  Lodovico  Serenai^  Audiofifiimo  di  materie  d'Aftro^ 
nomia^  quando  il  Lippi»  accpmbdàiwufiafgabeHc^a  biioafume  ptefioal 
leffg^»  con  graziofo  modo»  in %ngii9^ Iv^oTccana»  diffe  a  ioi;  Sal^adore 
affettate  a  loco .  Ciò  fece  Salvatore  fi^amènce?  x  il  Lrppi  in  breve  ceni; 
pò  formò  di  iiii  fopra  tela  un  ritratto  tanto  belio  e  fomigliante»  che  poi 
ne  furono  fatte  aflài  copie  ;  ima  delle  quali  io  confermo  apprefib  di  me 
per  meuioria  del-Rc^a .  V  originate  ritratta  pervenne  poi  iii  ipino  dello 

fteflb 


i 


SAl^FATOR     ROSA.         ^ 

ùtBklMcmoo  Sdtentt i  e  tappftfetus  il pittfve t  te(b  con  bulb»  vefiieo di 

oa  bei  drBjipo  con  maniciie  wecoiw»  collar  piccolo  air  ufanasa  di  quei  cem- 

ni^  ed  eflb  in  accodi  guardare  chi  il  mira*  Pocrenuno  qui  dire»  che.  Salvator 

I  Kob  fece  anche  «na  caTolat  a  cui  fu  daco  luogo  per  entro  1«  Chiefa  di  Saa 

I  Felice  io  Piazza;  ma  perchè  puoffi  a&raare»  cne  qe^ftsfofle  veramente 

[  runico  aborto  de*fuoi  pennelli  $  non  £i  di  mefiiere  $  che  altro  le  né  feriva  ; 

Goal  il  noftro  artefice  t  amato  da  i  pro&drori  deir  arte ,  caro  agii  amici^ 
e  a  tutti  utiliffimo»  per  nove  anni  quau  continovi  tratteimefi  nella  noftra 
città  di  Firenze  f  moftrando  fieuqNre  fegni  maggiori  di  fuo  vivaciffimo  fpir 
j  rito  ;  quando  deiiderofo  di  vivere  alquanto  più  a  fé  fteflo  e  a'propr)  (ludi  » 

I  dbrìgatofi  affatto  d'impegno  con  quefta  Gorte^  fi  portò  di  nuovo  jaUa  città 

di  Volterra:  ovot  non  è  poflSbile  a  dire,  con  qualicontento  foflè  accolto 
da'  fuoi  amatiflimi  Ugo  e  Giulio  Maffei^  Fu  il  filo  arrivo  in  quella  città 
in  tempo  di  fiate t  e  nel  feguente  mefe  d' Ottobre  fu  condotto  da' medefimi 
a  Barba)ano  loto  Villa t  a  godere  il  dolce  divertimento!  dell'  uccellatura. 
Volle  egli  però»  che  fofle  tuo  cofimne  ordinario  il  confumare  un'ora  fola 
della  mattina  al  bofchetto:  tornatofene  poi  alia  villa ,  ove  fino  all'  ora  del 
definare  attendeva  alla  lettura  e  allo  fiudio  de' buoni  libri  »v  benché  appar 
(ecchiaca  la  menfa»  alla  quale  bene  fpeflb  trova  vali  Giovambatifia  Riccaar» 
di  con  altre  letterate  perfone,  fatte  ofpiti  anche  effe  di  quei  Gentiluo» 
mini»  con  mirabile  giocondità  omfumavali  il  tempo  della  tavola  ;  e  dopo 
un  breve  rìpofo  Salvatore  ritornava  a'  fuoi  fiudj .  Alle  aa.  ore  portavafi 
co*  compagni  a  prendere  aria  per  quei  contomi»  finché  già  era  fatta  T  ora 
della  cena:  dopo  la  quale  proponeva  egli  alcun  bel  problema,  o  introduip 
ceva  qualche  difcorfo»  Cecondp  l'occafione»  che  avevagliene  data  la  lettu» 
ra  della  mattina .  Tecmtnato  il  tempo  deli'  uccellatura ,  tornavafene  la 
bella  converlàzione.  a  Volterra  :  p  quivi  daVafi*  principio  a'  recitamenat 
delle  commedie  »  che  fempre  varie  fra  di  lorot  ogni  fera  facevanfi  all*ìm* 
provviib,  particolarmente  in  tempo  di  Carnevale .  Faceva  il  Rofa  la  par- 
te di  Patacca  fervitore  aftuto,  e  ngiratore  del  concetto  della  Commedia  e 
il  Ricciardi,  con  più  Gentiluomini  Volterrani,  &fteneva  le  parti  gravi: 
Mariotto  Ufci»  nobile  di  quella  città.,  facevafi  fentire  ia  figura  cU  una 
Serva.  £ra  fca  di  loto  Luigi  Ceccherelli  CesruCco,  poi  Dottore  Medico, 
il  quale  nelb  parte  bnffonefca,  col  nome  di  Parafacco,  e  talora  ponanda 
quella  di.un  cieco  biante ,.  cantando Jn  Cui  liuto  certe  fue  tidicolofe  canzo* 
ni,  (acevaC  (emire con  gufio  e  maraviglia.  Paflato  poi  il  tempo  del  Carne* 
vale, li  trasferiva  il  Ro(a  co' MaffeiaMontenifoU,  altra  loro  villa,  celebre  per 
la  gran  quantità  de' Calcedoni  e  dell'  altre  pietre  vaghe  e  duri  (lime ,  che  fi 
trovano  ne*  foci  contorni;  nella qual  villa r  compofe  egli  la  più  parte 
delle  fue  Satire,  con  diverie  altrb  beUe  rime:  e^uefti  furono  i  tratteni. 
menti  di  un  anno.  Durò  quella  geaerofa  ofpitalità ,  fatta  da'  M^ffei  alla 
beila  oonveirlaziofie,  ipiando  piu«  quando  meno  numerofa ,  per  lo  Tpazìo 
di  tre  annii  e  tempo  per  tempo,  e  luogo  per  luogo  fempre  fecerli  riftefle 
eefe;  non  lafcìando  però  il  Rofa  di  dare  aliai  tempo  a  ciò,  che  apparce- 
nieva  all' arte  della  pittura:  e  come  altre  volte  abbiamo  accennato»  dai 
bei  pacfi  e  vedute»  e  da  quanto  fa  vedere  di  bello  ia  natura  in  quelle  parti, 

.    .     Nn  4  :  .     .ftadiò. 


5^    ^eetm.  VSdeìh  Pa¥h  H  dèiSèii  1K  Mi  6^0.  al  1 6^9. 

Audio  moke}  can€(K^è'de'f6li  disegni t  fatti  i^^ 

groflb  volume.  In  pittura  condufle  una  batfdgliar  la  quafe  infieme  con 
efli  dìfegiù ,  fi  portò  con  fecoa  Roma.  Per  li  Maffeì  fece  di  fua  mano.aa 
ricracto  di  (e  ftefioj  che  poi  jda'  medefimi  fu  donato  alla  Cafii  Seieniffima  . 
Colorì  ale  mie  mafeherate  in  piccoli  quadretti':  fece  loro  un  quadro  del 
Sacrifizio  dì  Àbelle:  unodelia:Regin8<E{ler.con  altriinolti^*  e  avendo.tin 

Siorno  data  manoa  fonare  un  gravicitnbalo»  che  per  efier  fatto  da  fDoeftro 
i  poco  valezEo»  dava  di  Ce  fteflo  un  molto  fcarfo  ^godimento  di  armonia  f 
difle  t  Quello  Aramento  non  vai  nulla;  ma  voglio  io  accomodarlo  per  mo- 
do ,  eh'  e'  vaglia  non  meno  di  cento  feudi  :  e  meflbfi  a  dipignere  la  caiTa 
del  medefimo,  fecevi  cofe  degne  di  fuo  pennello,  e  fra  r altre  una  tefiadi 
morto  «che  fu  flimata  oofa  rara«  Nella  villa  di  Barbaìano,  per  entro  di- 
verfe  ilanze»  difégnò  ailat  ftoriette  e  figure  fbpra  le  munti  finsendot  che 
Joflero  in  quadri  appiccati  a  certi  chi«lir  il  tutto  pero  col  lolo  carbone 
lumeggiato  con-  biacca  o  geffo.  In  qualfiiòffe  di  quei  luoghi ,  ove  egli  £ 

J>ortava  colla  converiazione,  era  vificato  dagli  amici  di  nottra  cittj^ ,:  e  ta- 
orada  i  forefUeri,  che  di  pafTaggio  venivano  od  eila  ;  finché  finalmente 
deliberò  di  lafciare  quelle  parti  »  e  metterfi  in  viaggio  per  Roma.  La  par- 
tita del  noftro  pittore  da  quefta  patria, ^  non  potè  fiat  si,  che  ne'fooi  con* 
fidenti  di  qua»  tutte ^perfone  nelle  buone  arti  di  chiara  fama,  non. rima- 
aiefie  di-liii  molto  .viva  la  ricordanza;  òndefa,  che  del  contino  vo  fodergii 
JcrittCilettere.  da' medefimi»  con  dimoft  razioni  d'affetto  e  di  ftima,  tanto 
maggiori,  quanto  che  erarìmafo  in  eifi  vivifllmo  il  defiderio  di  rivederlo, 
almeno  nelì'  operò  fue ,  non  potendofi  nella  converfazione  :  e  talora  fu* 
|rono  accompagnate  efle  lettere  con'  varie  poetiche  compofizioni .  Potrei 
io  .qui  copiarne  molte  da'propr;  originali  ^.  che  io  conlcrvo  ap{M:eflb  di 
ine\^.cofa,.che  per  fuggir  lunghezza  io  nonfi>»  baftandomi  faloil  dare 
Wia  bix:  ve  notizia  di  alcuni  di  coloro ,  che  fcrivevano»  dico  di  Evangelifia 
Torricelli,  di  Carlo  Dati,  di  Francefco  Rovai»  di  Andrea  Cavalcanti, 
di  Giovambatifta  Ricciardi,  di  Pier  Salvetti ,  di  Defiderio  Montemagni, 
diVoIunnio  Bandinelli,  poi  Cardinale,  di  Bado  Veldramini»  di  Già. 
Filippo  Appolloni  (  ir ) ,  di  Fra  Riginaldo  Scambati ,  del  Dottore  Lafagnini  » 
di  Antonio  Abati  (^),  e  d'altri  si  fatti.  E  giaccfièparliamo  di  materia  di 
lettere,  fcritte  al  Rofa  da^li  amici  di  Firenze  e  dello  Stato;  dirò  ancora» 
che  altre  molte  lettere  originali  confervo  pure  io  medefimò»  fcrittegli  da 
altri  le Eterati,  e  perfone  di  alto  affare,  da  altre  parti  a  Roma^  e  della  ftefla 
città  di  Roma  in  Roma:  fra  le  quali  evvene  del  Cardinale  Brancaccio,  di 
Niccolò  Sagredò,  del  Conte  Ermes  Stampa»  del  Conte  Carlo  BemivogU, 


Leporio,  con  altri .  Venendo  ora  alle  pitture 
Roma:,  che  furono  fenza  numero;  onde  non  potrebberfi  notare  fenza  ec* 

cedente 


*i*i 


(a)  Filippa  ApoUoni  d"  Arezzo ^  concertavét  le  fut  poefie  ébramutiche  col  Cefti 

delta  meiefima  città  yfamofo  m^efiro  di  Cappella . 
(h)  tAntmo  Abati  (t  Agabbio^  étut^rcdellc  rrafcberic. 


^     ::l  SAtVATJOR     ROSA.  569 

cedente  tedio  del  noftro  lèttoni  diremo»  ootn'e  negli  nltitni  anni  di  fiit 
Tita  fece  il  noflro  pittore  pei  Marchefe  Filippo  Nerli  la  bella  tavola ,  di 
cui  più  avanti  ci  converrà  parlare»  dico  quella  de  i  Santi  Cofimo  e  Da* 
i  miano»  condannati  alle  fiamme  »  alla  quale  fu  da  eflb  Nerli  dato  luogo  nella 

Tua  Cappella  in  San  Giovanni  de' fiorentini  :  opera  «  che  a  parere  degli  in* 
tendenti ,  forte  fu  la  migliore  »  che  in  materia di^ figure  grandi  egli  faceta  mai. 
I  Era  r  anno  1671.  qua(I<uUiaK>  della  vita  di  Salvatore»  quando  Marco 

I  Antonio  Venerofi»  Òperajo  del  Duomo  di  Fifa»  mediarne  gli  ufizj  fatti 
a  per  lettere  da  Giovambatifta  Ricciardi  »  ottenne  ch'ei  faceffe  per  quella 
ti  Cattedrale  una  pittura  di  fua  mano»  per  la  quale  furongli  pagati  cento  fcu* 
i  di  Romani  :  e  fu  una  figura  di  San  Turpe»  che  poi  fu  collocata  in  fiiccia 
i  del  piliftro  d^lla  navata  di  mezzo  alla  deftra  mano»  a  fronte  di  un  fimil 

^  quadro  di  SantVAgnela»  opera  de' pennelli  d'Andrea  del  Sarco»  ove  òggi 
^  fi.  vede.  E^  il  Santo  dipinto  in  forma  di  Soldato»  con  armatura  di  ferro» 
appò^iato  ad  un  pilaftro  finto  di  marmo:  e  in  maiK).  tiene  la  crocei^  in*» 
legna  delia  città.  Vede  con  gran  diletto  ogni  pcrlbni»  che  da  quelle  no^ 
[  fire  partì  (è  ne  va  alla  città  di  Roma»  nell'entrare  che  fa  perla  Porta  Flam-^ 
minia  o  del  Popolo»  i  due  bei  Tempietti  »  che  appunto  in  faccia  della  me« 
de/ima  furono  per  ordine  d*  Alefiandro  VII.  edificati  :  de* quali  aveva  fatti 
il  Cavaliere  Carlo  Rainaldi  duebelliflimì  modelli»  e  anche  i  difegni»  che 
veggonfi  andare  per  le  ftampe  »  uno  de*  quali  fu  intagliato  da  Giovamba-;» 
tifta  Falda.  Or  lappiafi»  che  avanti»  che  venifie  in  mente  di, quel  Ponte-' 
fice  un  così  fanto  penfiero»  che  anche  si  bene  contribuì  al  decoro  e  va* 
ghezza  di  quel  pofto  »  a  Salvator  Rofa  erane  venuto  un  altro»  ordinato  pu« 
ramente  al  comodo  de*  foreftieri»  e  fu  :  che  gettare  a  terra  alcune  amiche 
e  male  ordinate  cafuccie»  vi  ii  doveffero  fabbricare  due  ofterie»  affinchè  in 
prinaa  giunta  poceflè  il  pafleggiero  »  fenz*avere  ad  aggirarli  per  Roma  pec 
trovare  i.  pubblici  alloggi»  ove  ricoverare  fua  perfona»  e  pofar  lue  robe v 
fermarfi »  per  fubito  dar  principio  a  vedere  la  bella  città  tP  i  fanci^  luoghi» 
Non  erano  ancora  a  gran  fegno  finite  le  fabbriche»  che  nel  Pontificato  di 
Clemente  X.  il  Rofa  per  defiderio  di  mettere  fue  opere  in  pubblico*  pre^ 
gò  il  fuo  grande  amico  Carlo  de'Rofli»  che  volefie  a  fuo  tempo  comprare 
in  uno  di  elfi  una  Cappella»  obbligandoli  a  dipignergliele  per  niente; 


penso 

dono  delle  Cappelle  a  diverfi  fuoi  amici  negozianti  :  e  cosi  diedene  una  a* 
Jacopo  Monthione,  una  a  Marco  Vivaldo;  una  ad  altro»  di  cui  none*  è 
noto  il  nome:  e  una  finalmente  allo  fieiTo  Carlo  de'  Rofli»  cioè  quella  de* 
dicataal  SantiifimoCrocififlu.  Quegli  per  deliderto  di.  ornarla  •fecondo  I^ 
brame  del  già  defunto  amico  «collocò  in  eflà  Cappella  cinque  pitture»  fatte 
di  propria  mano  del  medefimo»  cioè  Daniele  nel  Lago  de- leoni  t  Geremie 
tirato  fuori  della  Foda*  la  Refurrezione  di  Lazzaro»  1*  Iftoria  di  Tubbia» 
quando  l'Angelo  partendo  dalla  caGi  di  lui»  fé  ne  va  al  Citalo»  e  una  fi*, 
gura  di  Crifto  Rifurgeme  :  e  volle»  che  in  efla  Cappella»  a  perpetua  me* 

noria  dell*  amico  fuo»  fodero  fcritte  lefeguenti  parole: 

Càrdias 


570     Dec(mt.Kée/aPaftJ.MSéc.KMi64o.aii6sos 

PiciHif  éf*  Mmkèiiét  meuMT 
Plurimh  e  téàuHs  a  àdfMmtt 

SMfa  depiais 

Sln§s  iiu  imtr  imefiicas  bMimf 

H§s  Cbrifii  fétieuiis  fifWMs 

Privaiis  oè  mmhis 

PMic0m  in  I&ctm 

ExpofmU. 
tj4nno  ^mini  lójj. 

A  chi  roleife  poi  dar  notizia  deli*  alare  moltiifiaie  pitture  t  fittce  dtl  Rofii 
ti  Roifi  $  troppo  difficil  coft  farebbe  ;  giacché  quelle  folamemc  »  che 
io  vidi  r  anno  1681.  nella  fua  cafa  in  Roma  »  dico  figure  grandi*  bacca- 
glie»  paeG,  marine,  capricci»  incantefimi  e  fimili  »  empievano  una  ben% 
fpaxiofa  pileria  con  altre  fianzette  :  ficcome  è  flato  dei  tutto  impoffibile 
a  noi  il  rintracciare  »  quante  furono  quelle  più,  che  egli ,  dopo  il  fuo  rìtoc* 
no  a  Roma ,  fece  a  dìverli  altri  fuoi  amici  e  perfone  di  ogni  più  alio  ftatOi 
fino  air  ultima  fua  malattia  e  mone  ;  la  quale  occorfe  finalmente  in  efi 
città  di  Roma»  e  in  circofianze  s)  bene  adattate  alla  fperanza  di  fua  £aiute« 
che  abbiamo  fiimaco  noftro  debito  il  proccurare  di  rinvenirne  ogni  più 
minuto  particolare ,  per  dargli  luogo  a  pubblica  edificazione  in  quefiono* 
firo  racconto .  A  tale  effetto  dunque  ricorreremo  al  Dottor  Francefco 
Baldovini ,  Sacerdote  zelantiffimo ,  chiaro  per  dottrina  non  meno ,  che 
pel  talento  di  eroica  poefia,  oggi  degniamo  Piovano  d^  Actiminot  fiato 
amiciffimo  del  Roia:  a  quello  meo,  alla  cui  carità  e  cordiale  amore  verfo 
r amico,  pare,  che  polTa  dicfi,  che  fofie  dalla  Divina  Clemenza  raqccuDan* 
data  la  redenzione  all'  ovile  di  quella  per  gran  tempo  errante^  (è.  xum  vo« 
leflEmo  dire  del  tutto  (barrita  pecorella.  x4ò  fu  a  noi  inutile  tale  ricwfo; 
conciofoflecofachè  il  Baldovini  appena  fentito.  il  noftro  defiderìo,  dopo 
averci  raccontato  tutto  il  fuccefib,  volle  anche,  cosi. da  noi  rìchiefto,  e£cr* 
citare  fua  bontà  nel  diftendercelo  di  propria  mano,  ed  inviarcelo  in  unsi 
fuft  lettera,  che  è  quella  appuntò,  che  di  parola  in  parola  copieremoap« 
preffb»  ficuri  di  dover  recare  con  efTo  doppio  godimento  al  noftro  lettore, 
dico  in  quanto  tocca  all'  amenità  dell*  iftorìa ,  e  alla  graziola  maniera  con 
che  ci  ha  egli  nella  medefima  ietterà  portata  tale  notizia .  Dice  i^li  dun* 
que  cosi  ,* 

LA  hmà f  cbe  VS.  fi  è  compiaciuM  t  mere  in  perfnaderfi^  cbe  dn  me  le 
pofià  ejfer  dato  ragguaglio  delle panicolariià,  cèe  accompagnarono  F al* 
iinia  malattia  e  la  morte  di  Salvator  Rojfa ,  a  cni  mi  tro^oai  airefmie ,  mi  oé^ 
bliga  ad  impiegarmi  in  fervirla  nella  ptù /incera  e  accurata  forma .  cbe  potrà 
derivare  dalla  mia  fcarja  e  tenue  abilitò .  Lafcerò  da  parte  H principio  deifami- 
cizia ,  contratta  da  me  col  me dx  fimo  in  Firenze ,  e  poi  prpftgttita  con  più  Jlret- 
iezza  neir avere  io  fatto  pajfaggio  a  Rama:  e  mi  farò  a  Mite^  come  dòpo  aver 

fatta 


-iSAZ^ATOR      ROSA.  571 


JèttMdim9^éAf^rib  fitti fi^h/^o  a/hfmiiH,  eaidi  in  utté indiJittf/S- 

nièwtp  séti  airi  fMofi  s/griMtef  tfttnàMiom  e  (nnfitmanitmi  a  poc^  0  fioco  $ 

e  rendindtmi  inétiU  ad  ogni/ètica ,  ti  Ì  imelUtiù ,  come  di  corpo .  Fatta  pfr« 

rìd  prova  di  malti  medici,  mi  eonfegnai  in  ttUimo  alla  cura  i  un  tal  Signor 

Dojttor  france/io  T^tmm  Bùtignefet  cbcgiadicd  it  mia  male  prittcifìo  d'idea^ 

fifiaf  originatoda  molte  caàfeé  ma  partieolarmeéieda  altani  copìofi e fteqaen^ 

ti  getti  é  Jkngae>f  ptf  jaali  m  fi  erana  in  gran  parte  ripiene  le  itene  tacqui  t 

ande  applica  tofi  a  medicarmi .  in  ir  ève  'tempo  mi  fece  ejptrimentare  itjrutta 

ebljho  valore^  iidncendomi  in  iftato  di  non  ordinario  miglioramento.  Si  era  in 

$al  eempo  ammalato  di  febbre  Salvator  Rofa  9  edann  pittore  Brance/ejko  ami^ 

€0  {per  qàanio  allora  mi  venne  riferito  )  era  fiatò  cotognata  e  inatto  a  beve^ 

re  acqua  in  gran  quantità  ,  affine  di  eft ingner e  f  or  dot  febbrile  r  il  cbe  Vera^ 

mente  gli  forti  »  ma  terminata  la  febbre,  di  tì  a  non  molti  giorni  cominciò  ié 

apparirgli  it  ventre  gonfio  fuor  di  mifnra .  Cominciavo  io  $  rràvtiiO  alquanto  di 

farne  ft  a  fin'  qualche  poco  di  viaggio ,  mediarne  il  quale  condottomi  alla  cafa  dèi 

^efa,  e  racconta io  il  mio  male%  e  la  cara  del  meéUCo^  eglit  cbe  ne  uvea  cono^ 

Jj^enza  #  i'  invogliò  di  fentire  fiipra  di  fé  il  di  lai  parere  :  lo  fé  chiamare  :  ^ 

ittHfo  daOe  prime  parole  del  medefimo,  di  efieré  indaHiàtamente  idropico  %  gli 

damando,  fi  gli  farebbe  dato  il  cuore  di  rifanarlo.  ^f^ofè  il  Penna,  che  sì^ 

fuanA  il  male  non  f offe  fiato  compUcaiOn  ma  fola  e  fempUee  idropìfia.  Rimef^ 

fifi  perciò  il  Rofa  nelle  fue  mani,  fi  diede  principio  al  medicamento  *  Confifievà 

Ouefio  infei  vafetti,  il  contenuto  'de"  quali  diceva  ùrenderfi  in  fei  mattine  daU 

f  infermo .   la  prima  mattina  diede  tal  medicina  al  Rofa  qùélcbe  do/ore;  lafb^ 

canda  gliela  accrebbe  grandemente  i  la  tèrza  f  apportò  eccefiivò  ed  infòpporti» 

èiie,  dà  che  perdntofi  S  animo  il  Penna,  diffe  agli  amici  del  Rofa  &  a  mes . 

cbe  i  tentativi  dati  in  quei  medicamento ,  mdfiravano ,  (he  vi  èra  una  durezza 

afiimttiffima,  cbe  rendeva  impoffibiiejlrefiituìre  al  Rofà  la  fa  Ime:  e  cbe  egli, 

come  monto  onorata,  ncm  imendeva  iufingarloy  ma  dirgli  ta  verità»  e  abbondo^ 

tiare  la  cura .   Intanto  gli  orditi^  di  non  profeguire ,  e  cbiefe  tempo  dì  penfare 

età  altro  rimedio .  Tornò  poi  per  due  giorni  a  riveder  lo ,  fenta  parlare  di  medi-* 

camenti:  di  che  fi  maravigliò,  e  fi  mofirò  grandemente  alterato  il  Rofa.  S^ain^ 

di  è^  ebe  perfìiafo  dal  medefimo  a  procurare  di  divertirfi^  &  à  non  0arfene  sì 

dnngamente  in  cafki  rìfpofe:  Mi  dici ,  eh*  io  Vada  fuori  f  non  vedi  cbe  te  sbri^ 

gogna  i  Da  quefio  preje  ae/iramente  motivo  il  Pentta  di  dichiarar  fi,  cbe  non 

^deva  luogo  a  poterlo  curare  far iuna temente  9  cbe  il  male  da  lui  fi  credeva  in^ 

fteptr abile  i  e  perciò  gli  concede  fé  il  de  fi  fiere  dal  medicar  lo  %  per  non  ingannar '^ , 

io;  cbe  fapeva  Iddio  quale  era  per  quèfio  il  fu^  rammarico;  perocché  aver  ebbe 

éromté  cara  la  gloria  di  render  la  falute  a  lui.  quanto  alla  perfona  deWifie/fo 

Vanteflce :  e  con  sì  fatte  parale  fi  licenziò.  Rimafe  eSremamente  attonito  e 

affiitto  per  tal  nuova  il  Rofk,  e  come  fé  in  quel  punto  gli  fofje  Hata  intimata 

veramente  la  morte,  per  due  giorni  interi  e  più  non  parla  con  alcuno .   Diede 

f9i  in  Jamenti  ed  in  efager  azioni ,  afegno  che  i  f noi  amici  fé  ne  Supirono. 

Io ,  cbe  avevo  acquiffata  fico  gran  confidenza  »  un  giorno  ritrovandomi  fole  con 

luì,  e  cominciando  egli  a  lamentarfi,  pigliai  f  occafione  di  dirgli,  cbe  era  ca^ 

giane  di  gran  maraviglia  a  ciafcbeduno  9  ilfentire,  che  un  uomot  il  quale  fi  era 

Je/njpre  aoMrato  ttelle  fue  meffme  f^ezzasare  deU  fortuna  e  della  vita  >  riafcifie 

in  pratica 


572     Decèftn.  VJdla  Vm.h  delSèà^.  K  Hall  6j^o.ali6^o. 

in  préiksppi  me  alno  H  ^nHIò,  cbe  fuori  éel  ikÉeMu/enfiÉCchm*  A  eie 
fi^to  alqeianio  il  RofaFefre^  eli  fi  $  rifpoftf  mezzo  ètu  nofs  ed  imfoziemAx  fi 
een' altro  Sahatarcj  che  queSofi  vo^Ootere»  tmoztoper  mofirurt^  éefmtn 
affili  to  di  [peréto  il  fuo  mttlef  fi  pigliò  ttltro  medico:  e  fu  un  tak  d^Cmm,  k 
nte  per  avanti  nen  conofciuto.  Qu^o  gli  oreM^  per  rimedio^  ilkre  #;» 
enattina  fei  o  oti  once  f  ebejf  ^ero  »;  di  orina  Jt  uomo  fiiOita:  e  g&  applìcì 
alle  reni  qttatahà  di  ranocchie  divi  fé  in  mezzo  ^  trattentiudo  l'infirmo  mH 
fordìdo  ejìomacofo  medicaménto  •  Vi  fi  accomodò  U  Rofai  ma  in  vece  di  aki» 
gerirfeii  il  mala^  fi  aggravò  di  maniera  >  che  dove  tgli  fé  ne  ftavaper  co/ù^fk 
di  meftierot  in  rignardo  della  debolezza  Alle  forM  e  della  gravezza  del  ventn^ 
porfi  nel  letto  .  CU  amici  frattanto  cominciatiano  a  cénf altare  il  modo  difmt 
cbe  egli  Jpofa£e  una  donna  Fiorentina ,  per  marne  Lucrezia  9  da  lui  per  dtcm 
ifanni  tenuta  in  Ittogo  di  moglie  9  e  di  xki  aveva  avuti  due  figliuoli  ^  ano  im 
Rofalvo  9  cbe  mandato  a  Napoli ,  morì  ivi  di  pefiet  e  f  altro  nominato  Augufit, 
eie  allora  era  in  età  di  f edici  in  diciaJJ'ette  anni-  ed  in  maniera  diedero  cuki 
all'opera,  cbe  riufcì  toro  fare,  che  una  fera,  chiamato  il  ParroccHeno  ^  ift 
aOa  donna  il  Rofa  fanello  matrimoniale .  A  ciò  venne  indotto  il  Rofa ,  non  ttn* 
co  dalle  perfutìfiye  efficaci  de' fuoiciHifidenti,^ guanto  da  un  partieolar  dcfièm 
di  falvare  T  anima  fua  f  di  cbe  molte  fettimane  avanti  aveva  comincioto  e  m- 
JSfrare  premura ,  e  ne  tenne  t^l  coi  fi  deUafua  infermiti  molte  volte  meco  ré- 
gionamentoi  anzi  un  giorno  fi  avanzò  a  ditmi,  cbe  temeva  affai  di  dovtrpcr 
derfip  perchè  era  Boto  più  peccatore  di  quel  cbe  altri  pò  te ffè  immaginarfi:  eftfiì 
ad  interrogarmi  t  cbe  prono  ffico  averci  fatto  di  lui.  Rifpofit  cbe  mi  parevo,  ck 
e^U  poteffif  fperare  datta  Divina  Mifericordia  ogni  piti  profpero  fuctejo  %  nem 
fi  vedeva  »  che  la  medefima^  con  quella  lunga  malattia ,  era  intenta  a  difiacctrh 
dall'amore  di  quefia  vita,  ^  a  purgarlo  %  e  prepararle  pel  godimenti  id- 
C  eternai  cbe  quella  era  la  verga  ^  colla  quale  per  lo  più  il  Divitto  9tfitrf 
riduceva  al  fio  ovile  le  pecoreUe  più  contumaci:  e  cbe  anevo  letto  ^  i^ffi' 
da  perfine Jpirituali  .cbe  il pajfaggio  aW altro  mondo  di  molte  anime i  ItVfà 
Iddto  aveva  voluto  fahare ^  era  fiato  preceduto  quajida  lungbiffimi  e  ^wpffimt 
mali .  ^affondo  poi  a  qualche  maniera  di  meno  feria  confolazione  ^  fi^^^^ 
cbe  egli  Sefji  pur  di  buon*  animo ,  perchè  il  fio  nome  medefimo  era  una  cpttfttr* 
ta  caparra  delia  fia  filute;  cbe  Salvatore  e  Dannato  non  facevano  èmna  t^fh 
cordanza  :  e  cbe  non  averci  mai  filmato  pofiihile^  che  il  Signore  Iddio  evefeper-^ 
mefj'o  al  Demonio  di  firapazzare  nell* Inferno  ttno  che  poftaj/i  tal  nome»  tif 
poter  dirgli  nel  percuoterlo  e  maltrattarlo  :  Piglia  Salvatore .  Sorrifi  e  dì  H 
JRofif  e  mi  difie:  Quefia  tua  reflejjìone  mi  piace  ^  e  mi  è  Hata  d*un  ^renf^l' 
levamento .  Si  andava  in  quefio  mentre  sfigurando  fimpre  più  lafuaficcit^it 
accrefcendo  il  tumore  del  ventre  i  onde  tra  gli  amici  $  gelofi  della  fio  filvezztt 
fi  cominciò  a  trattare  di  configliarlo  a  ricevere  la  Santi ffima  Comuniont  f  eftnc 
intraduffè  con  buona  opportunità  fico  ildifcorfo  »  Non  fi  moffrò  egli  repagnentv* 
folameme  dijje%  che  aver  ebbe  voluto  farlo  %  non  in  cafi^  nta  aSa  ChiefOf  d^^ 
tra  fìon  molto  tempo  confidava  di  poter  trasferirfij  parendogli  di  migliorare  qutU 
cbe  poco  :  e  che  non  gli  era  aggrado  quel  tumulto  efiufurrìo^  cbe  farebbe  Sati 
nella  contrada  e  nella  vicinanza^  nelfarfi  pei'  la  fua  perfino  tal  funzione  Sì 
vollero  addurre  ragioni  per  fuperare  un  sì  fatto  o/laCMo  ;  ma  p»cbò  fi  conobit^ 

ebecili 


\ 


A      •»•  •-  f      ♦ 


:::iS4:LF:dT0R     rosa.  $73 


t^e  tjgU  pia  Ufié'f^  neJpfi§kf4w%fi.pafsòjf.fè9eSar  J^uhrQ%  rififhMdo/mU 
p0riicòkrc  a  più  ade^H4ta,  co^ÌHUtura .  Avvcmte  intamo ,  che  upcendo  io  dt 
vi^i^rUp  m' inamirai  appunto  #  in  chiuder  t0  porta ,  nel  Canonico  da  Scorno  (a)^» 
uomo  9  a  e  fai  veniva  eouceduia  di  poier  parlare  di  chiunque  fi f offe  con  ogni/òr^ 
U  di  iibertù.^  S^uefti  in  vedermi;  Che  fa  Salvatore  i  mi  dijfe:  Sa  male  eb\ 
^  quefieffre  mi  trovai  ad  ima  gran  difputa  ttelf  anticamera  di  un  Prelato^ 
&  ilj>unto  era  :  fé  egli  farebbe ^ato  per  morire  Scif malico  >  Ugonotto  >  Calvini^ 
3ao  Luterano.  Miorira^  rifpofi^  quando  a  Oiopiauia%  miglior  Cattolico  d' 
fucili  t  che  in  tal  marnerà  ne  par  imo:  e  me  ne.  andai  per  la  mia  Srada.  Tor 
nato  il  dìfeguente  a  vederlo ,  e  venutomi  il  taglio^  non  potei  refiller  e  ad  unofii^ 
molo  interno^  che  mi  cofirinfe  a  riferirgli /velatamente  e  fenza ambiguità p, 
quanto  mi  aveva  detto  il  Canonica.  ìlA  che  egli  non  folamente  non  fi  alterò  i, 
ma  Sringeniofi  nelle /palle  y  con  un  profondo  fo/hìro  rivoltò  gli  occhi  al  cielo  •  a, 
di/fe  ;  Meritano  afiai  peggio  i  miei  peccati^  Inai  Sato  alquanto  infilenzio»  con 
voce  placida  mi  foggiunfe\  Quando  fi  rifolve  di  darmi  la  Santa  Comunione  ì 
E  perchè^  io  rifpofi,  che  in  queihfi  attendeva  la  fua  comodità  &  ilfuo  cenno  ; 
rijpofe,  che  era  difpo/iìfftmo  a  riceverla  ^  anche  t  fé  f offe  fiato  poffihile  >  in  quel_ 
punto .  Fecifapere  una  talrifpofia  a  chi  bifognava  :  e  la  mattina  /eguente  affai 
per  tempo  ^  per  quanto  mi  venne  fignificato  $  non  avendo  io  potuto  per  la  miti 
poco  buona  d//pofizione  effervi  pre/ente  %  fu  ammtnifiratQaW infermo  il  Santifii\ 
-mo  Viatico  ^  e  ricevuto  dal  medefiptoeon  ^mcfirazionì  di  riverenza  e  di  divor 
T^ane  più  che  ordinaria  •  Tarve ,.  che  queSa  medicina  di  P aradi fo ,  non  fola-^ 
Piente  re  caffè  nel  Rofa  giovamento  all'  anima  ^  ma  lo  portale  infieme  al  corpo  t, 
diminuendo  quella  noja  e  quella  inquietudine  »  che  per  avanti  non  reflava  d  af^^ 
fiiggcrlo;  onde  è ,  che  per  quel  poco  di  tempo$  che  fopravvifpf  y  riufcì%  così  a^do^^ 
me/liei,  come  agli  amici ^, difcreto  fommamente  e  trattabile,  fucilo ^  ^^^  gli, 
recava  qualche  amarezza  >  era  ti  non  avere  più  riveduto  il  Penna  »  dal  giorno  » 
che  egli  da  lui  fi  era  licenziato.  Quefii  intanto  per  gittftìficare  di  aver  bene 
operato  in  non  feguitare  a  curarlo 9  aveva  formato  un  breve  Confulto$  dove  af^. 
feriva,  che  il  Rofa  farebbe  morto  intorno  al  Plenilunio  di  quel  me  fé  0  delfit-- 
turo:  che  ne  farebbe  fiato  cagione  un  trabocco  di  fangue*  e  che  fi  fi  fife  aper^ 
to  gli  fi  farebbe  trovata  nella  milza  0  nel  fegato  quella  durezza  %  ette  non  la^ 
fciava  campa  di  rifanarlo  ad  altro  y  che  ad  un  miracolo.  Neil'  ej/er'  egli  venuto 
a  vifitarmi  t  come  bene  fpefio  faceva ,  ^  avermi  letto  il  contenuto  dì  tale  ferita 
tura  9  mi  introdujfiio  a  dcfcrivergli  l'afflizióne  delRofUf  per  veder  fi  da  mi  to^. 
talmente  abbandonato',  e  lo  pregai  caldamente  a  voler  vifitarlo  almanco  una  voi* 
ia  ^fe  non  co  ne  medico  »  almeno  come  amico  \  afficurandolot  che  ciò  farebbe  fiato 
ricevuto  ptr  favore  infieme  e  per  carità .  tAccon/entì  egli  ;  e  quella  fera  an^ 
dammo  di  conferva  alla  cafi  di  Salvatore  9  che /enti  da  una  tal  vi/la  inefplicabi* 
le  cortfolazione .  Era  folita  di  veder  fi fempre  neW  orine  deW  infermo  una  refiien^ 
za  di  materie  di  negrezza  9  uguale  alla  pece^  in  fondo  del  vafo  >  io^e  fi  racco^ 
glievano .  Snelle  però  di  quel  giorno  non  furono  di  tal  condizione ,  anzi  chiare 
/opra  modo  »  efinza  deporre  né  anche  piccola  parte  di  quella  nerafeparazìone; 

fiche 


(  a  )  Sopra  qtteffo  Canonico  fece  una  mano  di  Sonetti  Mò.  il  Conte  da  Monte 
vecchio  . 


574    ^^^^»»-  ^  ^^^  ^^'^-  ^  ^l^f^  ^  «W I  ^40,  al  1 6$o . 


^  riférìtofi  al  "Penna  per  femirèiàrnà  4pi»iéHe  •  fif^de  lui  iSvìertìi^  éda/^ 
€9 fé  U  difcorfo .  Giififn  marno  •  dopo  tgere  ufeiti  ii  enfi  f  imerregemdofn 
/j0Mlfafe  in  ardine  n  ul  cefa  ilfno  femimeneo .  ttifpafe,  cbe  fnelh  ernftgnn 
di  vicipiffitna  marte  :  e  replica  pia  vokff  SntvnMt  è  morto  $  Solvotore  è  infe^ 
fdinra;  di  ibe  reS^ivwio  imiti  mol  fodisfotti  %  ferendoci  queUo  non  un  htdizfo 
4Ìi  dijcapiio  •  ma  di  migtioramento  >  é^  avendolo  anche  giudieato  tale  il  meduo 
cbiontaìo  dopo  H  Penna.  La  mattina  dipoi  %  ohe  fn  aìli  t5.  di  (Morto  1672. 
giorno  nel  quale  {fecondo  cbe  atiora  Jl  di£o)  cadeva  il  Plenilunio,  mi  portai  di 
buon'  ora  aSa  Cbiefa  Nuova.  Attefà  la  debolezza  t  di  teffa  e  di  forze,  in  cbe 
mi  ccfiituiva  ìa  mia  indijpofizione  j  mi  aveva  P  Emiwntiffimo  Nini ,  a  cui  fer* 
vivo  di  Segretario,  efensaio  dallo  ferivere  lettere:  &  io  mi dtfpenfuw  daWam* 
ticameraf  andaud9  ogni  mattina  alla /addetta  Cbiefa  ^  dove  m^  impiegavo  ìnfer^ 
viro  a/cune  mejfe  alT  A/tat  e  di  San  Filippo  Neri  »  ^erfo  di  cui  profeffavo  parti* 
color  divozione.  Nel  tempo  di  ciafcuno  facrifizio ,  fin  da  queW ota^  ebefi  di-^ 
cbidrò  infinhjbile  ti  male  dclRofa^  porgevo  al  Santo  calde  e  vive  preghiere  ^  afffn^ 
ehi  m'impe trofie  dal  Signore  {quando  avejjè  dovuto  perire  il  Rofa  di  quella  f«- 
fermità  )  di  effèr  prefente  alpafiaggio^  per  fowenirlo  nel  mighor  modo ,  cbe  mi 
foffe  flato  pofibilc  con  qualcvo  ufficio  caritativo  e  criSiano ,  in  quel  tempo  £ 
efiremo  bi fogno .  In  quella  mattina  »  fervi ta  la  prima  CMtffii ,  e  replicati  gli  ftefi 
prrgbi  »  cominciai  a  jemire  in  me  un'  occulta  violenza^  ibe  mi  aSringevm  #  Mr- 
tbrmi  '"  e  per  cofa  cb'  io  tentaffi  per  vincerla  9  non  mi  riufcìfuperorla  ;  onae  ai 
uno  di  quei  Padri  t  cbe  mi  diceva  f  cbe  già  tra  in  punto  la  Mefia  per  P  Altare 
di  San  tilippo^  rifpofi:  Per  quefia  mattina  non  poffo  trattenermi  fii4:  è  forza 
cbe  io  ine  ne  vada  ;  fé  potrò  t  tornerò  pie  al  tordi .  Vfcìto  frettolofamcnte  ^  cbie^ 
fa*  m*  incammini  verfo  il  palazzo  9  nel  quale  avevo  la  mia  abitazione ,  dove  ap- 
pena  giunto  fentii  uno  interno  impulfo  di  trosferirmi^aUa  co  fa  del  Rofa ,  bencbi 
non  juffi  mai  fiato  f olito  é  por  tarmivi  la  mattina  ^  ma  di  vifitarlo  femprt  verfi 
la  fera:  e  tale  fu  lofiimolo^  cbe  ancorcbè  il  Coppiere  di  Sua  Eminenza  mi  Ji^ 
ceffi  f  cbe  io  non  mi  partii  in  maniera  akuna,  perchè  era  necefiario  fervire  i  l 
Padrone  neU*  incontro,  cbe  fi  doveva  fare  a  due  Cardinali  ^  cbe  erano  in  quella 
mattina  da  lui  convitati;  rifpofi^  cbe  farei  ritornato  prontamente  »  ma  cbe  il 
non  andare  non  era  pofftbilex  e  mi  ppfi  f pedi  temerne  in  cammino  •  Giunto  alla 
cafa  del  Tlofa  »  mi  }m  aperta  la  porta  da  AuguSo  fuo  figliuolo,  con  dirmi ^  che 
vi  erano  buone  nuove  >  efiendofi  atfno  Signor  padre  rotta  la  pofiema,  cbe  fecon^ 
do  il  detto  del  medito  aveva  fui  petto  ;  di  cbe  era  indizio  qualche  tintura  di 
fangue ,  cbe  da  effb  unita  allo  fputo ,  veniva  frequentemente  mandata  fuori . 
Mi  tìirbai  a  tale  anpifo:  e  f alito  prontofuentc  aUa  camera ,  ritrovai  il  Rofa ,  cbe 
fi  andava  inquietamente  agitando  pel  letto  ,  e  domandando  al  Signore  ajuto 
efòccorfò.  Lo  ricbieft^  come  fi  fèvtiffe .  Male*  mi  rifpofi:  ho  tale  anguffia  nel 
petto f  cbe  mi  pare  difentirmi  Srin^ere  dalla  mano  detta  morte.  Animo ,  animo 
{glidiffi)  non  bifogna  lafciarfi  vincere  dall'  apprenfione  •  Eb  cV  io  mi  vedo  mor* 
to  (  replicò  egli)  ma  faccia  pure  il  Signore  Iddio  di  me  ciò  cbe  vuo!e,  perchè 
non  allontani  da  me  la  /uà  Mifericordia .   Comparve  in  quello  il  medico  Catania 


il  quale  uUa  non  afpettata  novità  rimafe  quafi  cbe  immobile.  Mentre  egli  così 
fé  ne  fi  uva  ofjtrvando  il  Ttofo^  cbe  non  potendo  più  fture  netta  pofitura.  in  cbe 
era  prima,  fi  era  recato  a  fedei  e  fulìa  fponda  del  Ictto.fqfienuto  dalla  confcrte 

a  da  al* 


\ 


SALVATOR     ROSA.  $75 

f  da  •kt/i  iemté  iUcs/k.  la  mlfi  dà  qmUé  ptrpkfità^  cmbiceniolo  catwfi 
deUé  md$0ri09€befyuimmfinfsfm$^mléog0  dm^imaperi0>  egli  éiffix  Signwt 
DaiivrCf  §siefio  è  /angue  vivo:  the  aa/k  ne  dieeì  Non  negindkherei  male 9  mi 
rijpafe  iu^ia  cm/afai.  ma  ^kke:fineapit  cbt  Vaecampagna%  mi  fa  temere.  Me 
n'  a^i  aBera  sd  Mo/a^  e  gii  ^t  cbefaeegè  agni  sforza  per  meindarfifori  fnel 
cba  aueva  nel  pei  fa  i  ma  egli  mi  moSrò  di  m^m  aver  4fmafi  più  forza  per  rtfpi^ 
rare.  VqÙì  rivolgermi  al  medie»;  ma  qièejli^fowza  dir  eofa  (Ocana /foBeciuh 
mente  fi  era  partito .  Vedtètom  in  tal  cafo^cbiamai  il  figliuola  del  Rofa^  egfimé 
pofi  di  andare  a  vola  pel  Parracebiana.  con  P  OHo  Sana»:  Mi  ritornato  off  iwh 
forma  %  ette  perduta  la  favella,  e  abiandonatofi  falle  braccia  di  cbi  lo  reggeva^ 
davafeguo  »  cbe  poco  gli  avanzava  di  vita%  non  mancai  ^  nella  migliar  forma 
che  feppiy  di  fimmint/lrargii  fuei  ricordi,  cbe/ono pia proporT^onati  a  tale  opi 
portmUtà.  Venuto  il  Sacerdote  con  P  Efirema  Unzione ,  lo  pregai  >  cbefiaffref^ 
tajlpt,  come  fece  p  in  tal  mini fterto:  per  tmta  la  durata  del  quale  tenni  umcau^ 
dei^tt^ a^cefa pegola  bocca  del Rafa ,  per  vedere  quando  gU mancava tataimem* 
teUrefpiroi  e  parva  cbe  quafi  aduna  fie^o  temuo  mieffero  termine  la  vitata 
Salvatore  e  Ut  Santa  funzione.  Subito  fogni ta  tu  morte  %  fi  avvisò  il  Penmt, 
ti  quale  venne  ad  aprire  il  cadeveroi  &  aperta  mi  medefima  tempo  ilfuo  Con* 
fulto  »  mofitb  y  cbe  non  fi  era  ingauama  nel  tempo,  nelP  accidente  del  f angue  t 
a  neUa  durezza^  cbefuppmevur  ht  quak  era  nelfegato^  di  tal  forte  i  cbe  i  ra^ 
fair  cbe  adoperarono^'  dividerlo^  vi perderona if  taglia .  Ajggiu^to poi  e  ve^ 
Mito  il  cadaverOf  fu  portato  di  noate  tempo  in  Santa  ftMaria  degU  Angeli  i  dova 
fiera  di  già  Scboarato  ilfbfa  di  ttolere  cffer  fepoko  :  <$•  efp^o  la  otafiina  [e^ 
gttente  in  quella  Cbrefa,  cepertadun  lugubre  e  maefiofo  apparato  t  dopala  ce* 
iebrazione  di.  ben  numerofi  SacrijSzj  ^  gli  fu  data  fepoltura .  Eccole  fuaafo  mi  è 
riufcito  di  raccogliere  dalla  mia  debole  e  fiacca  memoria  t  d^pa  lo/path  di  amai 
ventuno  r  eòe  tanti  appunto  ne  fan  ir af cor  fi  fin  quif  dal  giorno  deU^noarta 
dei  A^fa .  U  opera  non  è:  d  akunpregio'z  fpere  con  tmto  c/d»>  cif  eOa  fia  per 
gradirla 9  ahnena  come  parto  deSanda  obbedienza  ef  fuor  cenai  ^  e  per  af'gomon^ 
fare  qtmf  vigore  fieno  per  aver  quoBi  approfior  di  me  nette  occafioni  ài  fervire 
al  fuor  mer  ite*  tutte  le  volte  ^  cbe  il  talento  di  fior h  rì^f^^da  4W  ambizione  ^  che 
ne  profeta  •  Erefiu  intanto  vivamente  rajjegnandomi 

t^timina  %.  ArpiU  itf  513 . 

Dévotiffima  Servidore 
Prancefcff  Bakkvini . 

Tale  duTiqae  £a  ti  tehsine  delia  vita  del  noftro  artefice,  il  Còrfo  della 
quale  f  co'  più  principali  acicidsmi  degli  ftati  e  delle  fortune  foe,  ci  fiamo 
ingegnaci  di  portar  tùt\  oaaftcr  noftco  racconto .   Convierte  óra»  che  aku-^ 


nel  fuo  convertire  appartiene  Ne  ii  maravigli  il  mio  leceore ,  fé  io  nel 
portar,  che  farò  fuoi  detti  e  fatti ,  affine  di  accoftarmi  più  al  vero,  e  cosi 
di  rencf^ergh  più  aggradevolì  »  mi  fervirò  talora  di  quelle  voci  e  di  quei 
modi  di  pronunziare  »  -che  nel  famigliar  difcotfo  furon  p^'oprj  fuoi  nella 

lua  ma- 


157^    Decenti.  V.  della? art.  L  delSec,  V.  dal  1 540.  al  1 6$o. 

f uà  materna  lingua  Napoletana;  confiderando  efler  quèfto  flato  coiftame^ 
ufato  dagli  antichi  ottimi  mteftri  di  noftra  favella  (^r  ),  in  quei  luoghi  par- 
ticolarmente» ove  cofe  amene  e  piacevoli  ei  tolfero  a  rapprefentare .  E  prU 
mieramente  non  pare,  che  redi  in  dubbiò  fra  g)' intendenti,  che  Salvato- 
re fia  (lato  veramente,  di  quanti  abbiano  fin  qui  operato ,  il  più  fingolare  in 
materia  di  paefi:.  e  quando  non  fe  gli  potefle  attribuire  altro  pregio  di  fin- 

Jplarità  f.  varrebbe  queflio  per  molti,  d'eflere  egli  ftato  il  primo,  che abbit 
aputo  ritrovare  le  tinte ,  per  far  vedere  in  pittura  rapprefentate  le  varie 
apparenze  di  colore,  che  fa  T  acqua,  tocca  da  qualiifia  difjpoCzione  dì  lu- 
ce, o  in  mare,  o  corrente  ne'  fiumi,  o  da  alto  cadente,  o  ftagnante  oe*  la* 
ghi  e  luoghi  paludofi,  efpofta  e  fcoperta.o  pure  abatti mencata  per  frappo- 
fizione  di  corpi  folidi,  dico  di  fabbriche,  di  mafli,  d'alberi  e  d*  erbe,  o 
safcofa  e  incavernata,  fra  dirupi  o  voragini,  con  tale  naturalezza  e  veri* 
tal  che  è  proprio  uno  ftupore.  Né  minor  gloria  di  lui  fi  è  Teflere  flato, 
ad  efemplo  del  gran  Tiziano,  il  tignere  de*(uoi  paefi,  condotto  con  una 
macchia  tutta  dolcezza'»  a  fomiglianza  del  vero,  neli*  univerfale  dell*  arie» 
maflime  ne' lontani,  i  quali  con  mirabile  artifizio  di  un  vaghifiimo  impa^^ 
fio  e  accordamento ,  e  con  certe  velature ,  ieppe  far  comparire  per  mo* 
do,  che  pare,  ch'elle  fcuoprano,  non  pure  coli'  ajuto  degli  sbactimend 
maggiori o  minori,  che  fanno  i  fi)Iidi,  ma  collo  fiefib  lor  colorito,  Tore 
più  principali  del  giorno;  fiano  dell'aurora,  o  dalla  levata,  o  del  mer^^fo, 
o  pure  da  fera ,  cofe  tutte ,  che  furono  veramente  proprie  fue,  più  che  di 
ogni  altro.  Se  poi  fi  riguardano  le  fue  marine,  ì  fuoi  navili,  con  gì'  infini- 
ti nautici  arneti,  il  modo  d'imitare  piani ,-  monti,  fcogli,  tronchi,  albe- 
ri, e  frappe,  vicine  e  lontane, e  la  vagaé  ingegnofà  maniera,  colla  quale 
egli  fu  Iblico  accompagnare  le  piccole  figure  in  azioni  e  getti,  accomodati 
a  quel  eh*  ei  volle,  che  rapprefentafie.il  quadro  ,  non  pare ,  che  poÀ 
più  dcfìdcrarfi  da  qualfiGa  pennello  «  Non  iàpiei  già,  che  dirmi,  men- 
tre io  mi  volcafli  a  parlare  delle  fae  iflorie  e  figure  grandi,  nelle  quali 
volle  egli  ,  che  fi  credefie  per  ognuno ,  che  condftefi'e  il  più  forte  del 
fuo  pennello;  t&lmentechè  facendo,  per  cosi  dire  ,  granxorto  al  cielo ^ 
che  avevalo  fatto  tanto  fingolare  nel  diptgnere  l'altre  cofe,  che  dette  ab- 
biamo  pure  ora;  osò  bei)e  fpefib  affermare  efler  quefio,  dico,  il  fate  le 
grandi  figure  il  fuo  mefiiero,  e  non  quello,  replico,  eh'  io  non  faprei, 
che  dirmi  di  elTe  fue  grandi  figure:  le  quali,  concioffiacofachè  fcuoprano 
in  loro  fteflè  bella  e  poetica  invenzione,  rapprefentazioni  bizzarre,  gran 
franchezza  di  tocco,  colorito  frefco,  arie  di  tefie  giudiziofamente  fcelte 
per  adattarle  a  i  fuggetti  rapprefentati,  con  altre  apprezzabili  qualitadi, 
e  quantunque  fianfi  vendute  a  prezzi  ^Itifiimi ,  contuttociò  non  giunfero 

a  parere 

(a)  G/V.  Vili.  neUa  morte  di  Carlo  l  ^  Angiò  f  f rateilo  di  San  Luigia  cbefu  Re 
dì  Napoli  e  di  Sicilia  t  ove  in  materna  lingua  Jo  fa  ricorrere  a  Dio .  Simile 
vieme  in  CaSruccio^  che  fa  parlare  in  lingua  Luccbefe .  Gh.  Bocc.  in  più 
luoghi  nelle  Novelle ,  ufando  voci  Veneziane  ,  e  talora  in  gergo  Fioren- 
tino, 0  Battilanefco^  e  anche  Contadinefcbe ,  nella  Novella  della  Btlfiore  efi-^ 
miji. 


SALVATOR     «OS^.  577 

• 

ft  pÈttHb  degP  intendenti ,  a  quel  fegno  di  bontà  »  che  egli  fi  diede  a  cre- 
dere s  né  punto  accordaronfi  nel  colorito»  col  fare  de' gran  mae(ki ,  ftatt  net 
p^to  e  nel  prefente  fecolo  nella  noftra  Italia.  Eflb  però,  come  quegli» 
che  fenza  nulla»  o  con  poco  vedere  il  naturale»  facevate  in  forza  della 
gran  pratica»  ch'egli  s'era  acquiftata  nel  maneggiare  il  pennello»  fiifece 
una  maniera  propria  »  bizzarra  sì  »  ma  non  vera .  Egli ,  ciò  non  ottante  $  gìun« 
fé  a  tale  in  quefto  concetto  di  fé  fteflb  >  che  foefle  vdte  fece  opere  grandi 
e  faticofiffime  per  alcuni»  fol  perchè  gliele  chiedevano  con  anfieci»  mo* 
Arando  quali  di  darfi  a  credere»  che  in  efie  folamente  confifteflè  il  valore 
dì  lui.  Teftimonio  è  di  quello  V  altre  volte  nominato  Francefco  Cordi- 
ni 9  al  quale»  non  tanto  a  titolo  di  Oretta  amicizia  »  quanto  in  cònGdenK 
zio  ne  di  unafimile  fua  chieda,  fece  il  gran  quadro  del  FìlofofOf  con  tutti 
gli  altri  che  detti  abbiamo .  Né  debbo  io  in  tal  propofito  tralafciare  di  di«^ 
re»  come  fi  trovava  in  Roma  il  Priore  Francelco  Xmenes  Fiorentino» 
Signore  di  Saturnia,  giovane»  il  quale  in  quella  frefca  età  già  aveva  dato 
luogo  nell'animo  fuo  all'amore»  ed  alla  pratica  eziandio  di  ogni  Cavaliere- 
fca  difciplina»  e  non  folamente  fi  era  fatto  grande  amico  dell'arte  della  pic^ 
tura,  ma  per  proprio  divertimento»  anche  operava  di  paefi .  Quefti  cfefi* 
derofo  di  vedere  il  nofiro  pittore ,  e  le  belle  opere  Tue  »  fi  portò  un  giorno 
alla  fuacafk»  conducendo  con  eflb  feco  Onorio  Marinari  Fiorentino  »  oggi 
chiaro  pittore,  fenza  però  per  tale  palefarlo .  Il  Rofa  molto  gradì  la  vuta 
del  dilettante  amico;  ma  in  vece  di  appagare  ftro  defiderio  nella  villa  dcf 


fuoi  paefi,  gli  fece  vedere  gran  numero  di  quadri  di  gran  fipure»  e  al  Pirio*- 
re»  che  pure  faceva  inflanza  divedere  paefi»  rifpofes  Sappiate»  ch'io  non 
fo  far  paefi  ;  fb  ben  fare  le  figure  »  le  quali  io  procuro  »  che  fian  vedute  da^ 
gli  fludiofi  dell'  arte»  e  da  perfonedi  ottimo  gufto,  come  voi  fete,  per  cà^ 
vare  una  volta  del  capo  alla  gente  quefto  fantaftico  umore ,  che  io  uà  pit«- 
core  da  paefi»  non  da  figure .  Tanto  è  vero,  dico  io  »  finalmente  »  che  ogm 
nomo  nel  proprio  ienfo  talora  sì  fattamente  abbonda»  che  non  poche  voK 
te»  a  fuo  gran  danno,  fé  ftefiTo  inganna. 

Per  io  fleflb  fine  d'acquiftar  concetto  in  fimile  qualità  di  pittura»  Il 
pofe  ad  intagliare  all'iicqua  forte  più  quadri  da  fé  dipinti,  dandogli  fuori 
con  ahre  Tue  invenzioni  per  ifiorie  grandi»  in  numero  di  carte i  le  quaK 
veramente  pel  ber  tocco»  e  per  l'accompagnatura,  ch'eli' hanno  in  fé»  di 
alberi  e  tronchi  maravigliofi,  fono  fiate  di  grande  utilità  a'profeflbri.  Né 
io  (lo  qui  a  far  di  efie  nota  particolare,  per  non  tagliare  il  filo  del  mio  rac* 
conto:  cofa»  che  io  non  lafcerò  di  &rò,  terminato  ch'egli  fia. 

Ma  prima  di  partirci  dalla  materia»  che  al  difcorrere  dell'arte  di  Salva^ 
core  appartiene,  ta  di  meftieri  alcune  cofe  dire.  Primieramente  ebbe  egli 
non  ordinaria  facilità  nel  difegnare»  tanto  con  matita  le  fue  invenzioni  di 
florie  e  figure»  quanto  con  penna  ogni  fotta  di  vedute,  di  campagne  e  di 
paefi  •  per  ;prova  di  che  badano  i  difegni ,  che  legati  in  un  volume  in  nu* 
mero  di  ottanta,  conferva  in  fua  Galleria  l'altre  volte  nominato  Marche- 
fé  Donato  Maria  Guadagni  «  tnfieme  con  altri  dieci  difcgni  in  quadretti» 
contenenti  alcuni  de' fatti  degli  antichi  filofofi,  che  fi  veggono  di  mano  del 
pittore  medcfinio  intugliati,  è  più  alberi  e  paefi  veramente  btUifiimì,  .oltre 

O  o  a  più  tette 


\ 


578    Decerm,  V.  della  Pari.  I.  delSec^  K  dah6/^o.  ah  6$q. 

n  più  celie  futte  di  caricatura»  o  come  noi  fogliamo  dire f  di  colpi ctrica- 
ti:  nella  quale  bizzarrìflìma  facoltà  fu  per  cerco  il  Roraipiria>fiinnu):eQut&L, 
jnfieme  con  alcri  difegni  di  lui»  tiene  lo  fteflb Marche(e nel  Pala^zodelfuo 
giardino  da  Santo  Ambrogio.  Usò  talora  il  Rofa  di  vaLcrii  di  fuo  meftieie, 
non  unto  coir efercizio  delle  caricature»  quanto  collaj>itcura{le{ra,  (e  non 
vogliamo  dire  9  per  altrui  dileggiare  (  mettendo  in  fatira  la  pittura)  affine 
di  mortificare  taluno»  che  a  luo  parere  per  troppa  petulanza  fel  foflfecl^ 
ritato  ;  fcoprendo  per  tal  modo»  che  può  dirli  poco  difcreto  e  caritativo 
Terrore  di  (uo  intelletto.  In  tal  propodco  molto  potrebbe  dlrfi;  mn 
me  bada  alcuna  cola  folamence  accennarne.  Era  in  quei  tempi  in  Firen* 
ze  un' albergatricc I  chiamata  AnnaCiaetana»  che  facev^a  albergo  dalle  Fari- 
ne :  donna  di  leflint'anni  in  circa»  altrettanto  brutta  di  volto»  quanto fpi- 
xitofa»  vivace»  e  taconda  ne' fuoi  difcorfi ;  tantoché  coli' occafione  di  vifiu 
di  Cavalieri  Oltramontani ,  che  fi  fermavano  in  quel  fuo  albergo,  moki 
.Gentiluomini  Fiorentini  fi  trattenevano  con  efla  in  ragionamenti  ameni  e 
curioli.  Fra  gli  altri»  a'quaìi  occorfe  il  trovarvifi  più  volte  infialili  con- 
giunture, fu  Salvatore,  il  quale (1  vedde  cosi  fpeHTo  importunato  da coil« 
di  fare  il  fuo  ritratto  al  naturale,  che  finalmente  fi  dichiarò  di  volerla coo- 
.tentarc;  e  andò  così  la  bifogna.  CondulTe  egli  un  giorno  all'albergo  m 
tela  da  Imperatore  ,  con  quanto  occorreva  per  la  pittura:  poi  dmealli 
donna:  Orsù,  io  ho  dcliberatoldi  fervirvi  'ìì\  quanto  defiderate  dame;  eoa 
^uefto  patto  però,  che  io,  per  nondiftrarre  la  mia  mente  dal  lavoro,  vo- 
glio» che  voi  diate  qui  a  federe  fenza  punto  muovervi  di  luogo»  intanto 
ch'io  abbia  finita  l'opera  mia;  e  fé  voi  lafcerete  di  ciò  fare»  lafceròiodi 
dipignere  .  Ma  quanto  llarete  voi,  difle  la  donna?  Benfapete,  che  treors 
iltme>>o,  rifpofe  il  Rofa;  di  che  la  donna  fu  ben  contenta,  Allora  acco- 
modata» eh'  egli  ebbe  al  poAo  1'  aibergatrice  »  alquanto  dietro  a  ^^^ 
della  tela,  cominciò, la  fua  pittura»  la  quale  io  tre  ore  appunto  lafcioP^ 
^nica.  S^  alzò  la  donna  tutta  defiofa  di  vedere  il  fuo  bel  vifo;evidde 
nel  quadro  V  effigie  di  un  pellegrino  biante  vecchio ,  e  con  quafi  un  brac- 
cio di  barba»  dico  un  volto  il  piti  irfuto»  il  più  brutto,  che  veder  iìFj 
tede  mài .  La  femmina  a  quella  vifta  diede  nelle  più  alte  efcandefcenzedel 
mondo:  e  con  quel  fuo  linguacciuto  ardire  difle  contra  il  Rofacofettop- 
po.curiofe  Egh  allora  voltatoti  alla  donna»  cosi  parlò;  Orsù,  voi  ti  do* 
Jetedi  me ,  quafi  che  io  v'abbia  fatto  un  brutto  viu)»  ma  fi  chiami  agiudj- 
zio  ognuno»  chi  ben  vi  conofccj  e  fé  alcuno  fi  trova  cosi  privo  dicervel- 
lo, che  non  dica»  che  quefto,  che  a  voi  pare  s\  brutto  moltaccio»  à^i^^} 
Junga  più  belio  del  voftro  non  fia»  io  dirò,  che  v*  avete  ragione  a  dolervi. 
M  donna  tanto  più  confufa  fi  rimafe»  ma  perchè  il  quadro  in  fua  apparen* 
te  bruttezza  ivon  lafciava  di  efiere  un  opera  molto  bella,  ella  ebbe  p*^ 
bene  di  mettere  la  co  fa  in  i(cherzo»  e  pigliarfi  il  quadro,  e  molto  carol^ 
tenne»  finch*ella  vifié:  e  dopo  fua  morte  fu  il  medefimo  da' fuoi  credi 
fenduto  a  gran  prezzo.  Aveva  il  Rofa  dato  luogo  nella  fua  aiuiciziat^ 
anche  nella  bslla  conveiiazione  di  qua,  ad  unaaiui  civile  perlbni«  p^^'^ 
comodo,  che  canto  efib,  quanto  la  converfazione  medefima  ne  ritrdvvai 
nel  provvedere  eh'  ci  faceva  a  i  fimpofii  e  agli  altri  bei  tratteiiimenu» 

concioliw- 


n 


SALVATORTtOSA.  579 

concioflTflCofachè  quefto  tale  fofle  uri  molto  amorofo  e  ferviziàto  ooìno:. 
e  anche  perchè»  portandoii egli  in  ogni  fuo affare  molto  alla  femplicei  fa-% 
cilmente  fi  lafciava  indurre  a  credere  affai  cofe  »  dette  talora  per  mero  fchef'ì- 
zo:  di  che  il  pittore  fi  prehdea  qualche  fpaflb:  ama  vaio  egli  però  molto 
per  la  Tua  bontà  >  e  talora  gli  faceva  regali  di  fue  pitture,  che  valevano  noA 
poco.  Seguita,  che  fu  la  partenza  del  Rofa  da  a uefte  i>arci ,  quel  buon  uo* 
mo  con  fua  lettera  inviatagli  a  Roma,  dopo  le  lolite  cirimonie,  il  pregò» 
a  volergli  fate  fino  al  numero  di  quattro  quadri»  equa  mandarglieli  per  me« 
moria  di  fé .  Salvadore  al  fencire,  che  fece  una  tale  propofizione ,  fé  ne  rife: 
e  poi  rifpofe  all'amico,  che  prontamente  averebbelo  fervìto^  anziché  gli 
ftce  intendere,  che  in  tale  determirrato  giorno,  efli  quadri,  belli  e  fìuitit 
per  mezzo  del  procaccio  farebbero  (lati  a  fua  difpofizione  in  quefta  doga- 
na; e  fubito  con  altre  fue  fcritte  al  Dati,  al  Cavalcanti,  e  ad  altri  genti-^ 
luomini  fuoiconfìdentiffimi,  diede  conto  del  feguico,  cioè  della  poco  pru- 
dente inchieftadi  quél  tale,  ch'eì  credeva  procedere  non  da  altro,  fé  noa 
dal  penfare,  ch'ei  faceflei  fuoi  ouadri  colla  (lampa,  e  per  dargli  via  a  doz-* 
zine  o  a  ferque,  come  fi  fa  dell'  uova  o  delle  pere-,  doveflero  però  tutti 
procurare  di  trovarli  con  quefto  tale  nel  prefcritto  giorno  in  dogana,  fìn« 
gendo  altro  affare,  perchè  averebber  veduta  cofa  curiofa.  L'amico  ìntan» 
to  avuta  la  promeffa  del  Rofa,  andava  con  giubbilo  più  che  ordinario,  mo« 
ftrando  la  lettera  di  lui  a  tuttti  quei  della  converfazione  :  e  |li  pareva  ogno- 
ra mill'anni,  che  giugneflè  quel  giorno ,  nel  quale  i  quadri  do veano  com- 
parire; e  frattanto  faceva  invito  in  fua  bottega  per  quel  dì,  a  vedere  fcaf^ 
lare  efii  quadri.  Fallarono  i  tempi  prefi  dal  Rofa  per  l'effettuazione  della 
promefià:  e  nel  giorno  dptej^mìnato  fu  la  cafla  in  quefta  dogana.  Coli  (i 
portò  l'amico,  dove  per  deiio  di  vederla  aprire  già  erano  arrivati  i  genti* 
juomini;  ma  non  fu  loro  poffibile  V  ottenere  V  intento,  perchè  egli  dopo 
averne  pagata  la  gabella,  come  d' opere  del  Rofa,  che  però  non  fu  piccola^ 
volle,  che  fi  portaffe  la  caffa  in  bottega  fua,  ove  egli  aveva  fatto  l'invito  » 
Inviaronfi  dunque  tutti  a  quella  volta:  fi  trailer  fuori  i  quadri:  e  con  in« 
finita  confiifione  di  quel  pò  ver' uomo,  fi  trovò,  che  il  Rofa,  in  quattro 
belle  tele,  aveva  fatti  dipigaere  quattro  fantocci ,  da  quattro  Fiorentini 
Gentiluomini,  che  allora  abitavano  in  Roma,  e  frequentavano  fua  ftanza, 
i  quali  non  avevan  mai  difegnato,  né  tocchi  i  pennelli,  ne  calori  ;  fioche 
non  altro  ave van  fatto  comparire  di  lor  fattura,  fé  non  alcune  informiffi* 
me  macchiacce»  e  al  più  quanto  potea  far  conofcere  «  edere  fiata  loro  in-* 
tenzjone  di  rapprefentare  uomini ,  e  non  beftie .  Fatto  in  vero  bizzarro  sìt 
ma,  come  io  diffi  a  principio,  non  punto  dìfci^to. 

Dì  pochi,odiniunode'  pittori,  che  furono  avanti,  e  dopo  di  lui,  o  ne* 
Tuoi  tempi, io  ritrovo, che poffadirfi,  cheavéffero  tenuta  in  credito  l'arte» 
quanto  egli  fece,  particolarmente ,  dopo  che  egli  ebbefentito  il  grido,  che 
correva  de'l'uoi  pennelii ,  che  fu  ben  pretto .  E  primieramente  non  volle  mai. 
pigliar  caparra  d'alcuna  forta  per  fue  opere:  e  quello  non  pure  per  ferbarfi  la 
libertà  di  difporre  de' fuoi  quadri ,  9  mifura  del  trattamento ,  eh*  ei  ne  fofle 
per  ricavare  più  o  meno  onorevole;  ma  eziandio  per  non  rendere  fchiava 
h  iua  volontà  e  virtù  nel  dar  fine  prima  ad  uno,  che  ad  un  altro  fuo  bel 

O  o  a  penfiero. 


f  8o    Decettn.  V.  dtliq  Pan.  L  delSec.  V.  iah  640.  di6^o. 

penCero,  col  timore  di  noa  mancar^  a*  food  doveri.  Niuno  f u  m&i , che 
pocelTe  con  eflb  accordarne  prezzo  decerminaco  »  prima  che  facci  foflbto  :  e 
dava  di  ciò  una  molco  ingegnofa  ragione;  cioè  di  non  pòcere  egli  comaih 
dare  al  Tuo  pennello»  che  facefle  opere^  che  non  valenèro  fé  non  canto  ick 
però,  quando  le  a,vejQefactej  avrebbe  data  loro  quella ftinia» che  dlefime- 
ritalTero:  e  poi  avrebbe  rilnefib  all'arbicrio  dell'amico  il  pigliarle  o  lafcìar- 
le .  Egli  però,  in  ciò  fare  giocava  ficuro»  perchè  avendo  (trecca  la  grande 
amicizia»  che  decca  abbiamo  »  con  Carlo  de*.  Rolli t  parzialiffimo  delle  cole 
fue  »  quando  a  vea  facci  i  quadri  »  dava  loro  il  prezzo  :  e  non  trovando  chi  pec 
tanco.gll  voleflcf  alla  per  fine  gli  dava  ad  eiTo;  e  così  folteneva  egli  igraa 
prezzi;  onde  avveniva»  che  a  chi  volea  Tuoi  quadri t  bifognava  pagargli 
quel  ch^e'  voleva;  eflèndo  folico  a  dire,  parcicolarmente  nell'ulcimo  tem- 
po »  che  ornai  ricactar  fi  yoleva  di  quei  canci,  ch'egli  aveva  facii  in  più 
gtovenile  ecà*  i  quali  a  gran  facica  gli  erano  ftaci  pagaci  tre  e  quattro  dobie 
per  ciafcuno»  che  poco  dipoi  avea  veduti  vendere  vencicinque  e  trenu. 
£  una  volita,  in  cai  propolico,  force  rìprefe  Gio.  Grifolfi  da  Milano  amico 
fuo»  piccore,  che  riufcì  mirabile  indipignereprofpeccive  con  piccole  figu« 
re  »  pel  poco  prezzo  a  che  le  dava;  dicendogli;  Ricordaci,  Giovannii 
che  in  quello  genere  di  pttcura,  cu  fei  in  Roma  e  fuor  di  Roma  il  jprimOf 
tantoché  egli  (ubico  ne  raddoppiò  il  prezzo .  Non  ebbe  però, il  Flou  f<^^* 
pre  queda  aeceflità  d'imporre  egli  fteiTo  alle  proprie  pitture  i  gninftezzi 
accennati-,  conciofliacofachè  a  abbaccelTe  egli  talora  in  perfone  di  alcoif' 
fare,  e  generofe  moico»  che  prevennero  lafua  dima,  con  dargli  ""^  ^' 
neamence  più  di  quello ,  ch'egli  avelie  faputo  domandare^  e  ciò  fé 
tìcplarjnente, quando  ilConteftabile  Colonna,  defideoofo d^avecdue  _ 
di  paeii:  e  figure,  che  egli  aveva  appunto  finiti,  gliele  tnandb  a  cbiederer 
qonfegnando  al  mandato  un'ordine  di  propria  mano  fcritto,  e  fottofcrit- 
to  pel  Molate  di  Pietà ,  colla  fomma  però  in  bianco,  facendo  ordinare  a  lof, 
che  il.  riemi>ìeffe  a  fuo  modo .  Il  Rofa  allora  allora  mandò  a  quel  Principe 
i  due  quadri  iniieme  coU' ordine  »  con  dire  non  efler  parte  fua  il  porre  la 
mano,  onde  T avea  levata  Sua  Eccellenza:  figodefTeperò  i  quadri r^P^^ 
qnorario  gli  mandafie  quanto  ad  efib  fofie  paruto  e  piaciuto.  Il  Principe 
ciò  udito,  e  dato  che  egli  ebbe  onorevole  luogo  alfe  pitture,  mantlòftl 
%qÙl  un  regalo  di  dugento  doble .  Non  men  degno  di  memoria  fi  è,  ^^^' 
io  gli  occorfe  col  Marchefc  Filippo  Nerli,  ad  infianza  di  cui  aveva  egli 
dipinta  la  tavola  foprannotata  per  T  Altare  di  San  Gioranrà  de' Fiorenti- 
ni ;  e  fu ,  che  gli  mandò  quel  magnanimo  Cavaliere  per  onorario  mille  do^ 
caci:  a  cui  il  Rofa  rimandò  indiecro  cenco  doble,  mail  Marchefe  fubico 
le  rendè  aJ  mandaco,  con  ordinargli  di  riporcarle  onde  vennero,  e  dire  al 
Rofa ,  che  in  quefto  corcefe  contrailo  voleva  egli  rimanere  vincitore. 
Quefio  però  non  gli  pocè  riufcire,  perchè  il  piccore  per  allora  cede  il  caoj; 
pò,  e  pre  fé  le  doble;  ma  dopo  alcun  cempo  mandò  a  donare  al  Marchete 
due  de'fuoi  quadri  in  cela  da  Imperadore.  Fu  ufo  ordinario  di  Salvatore» 
il  non  richiedere  prezzo  decerminaco  de'  quadri  piccoli  \  ma  fé  fi  vedet 
craccato  bene  ,  l'amico  pocea  un'  alerà  volta  comare  alla  fua  danza;  al^' 
menci ,  rimaneva  per  cifo  la  fperanza  d*  averne  altii  finita  per  fempre. 

Àvca  pero 


SALVATOR    ROSA.  581 

AvM  ptrò  egli  poco  t  grtdoi  che  perfoue  gnndi  e  éi  ftnboeelievQle  tkr 
chezle»  «vendo  veduti  i  ftioi  quadri ,  de*  quali  aveva  icmpre  piem  itfianr 
aa,  fi  gectaflero  a  i  quadri  piccoli»  lafciaiulo  i  grandi  re  una  vòka  aveià- 
doli  inoftraii  tutti  ad  un  ricotiiffioio  Porporato  »  fenteftdofi  mter rogare  ia- 
pra  il  valore  di  alcuni  paefetti»  nuli^  altro  rifpoie  fk  non:  Sempre  voglio^ 
no  li  paefi  piccoli,  fempre  fempre  li  paefi  piccoli;  onde  il perfonaggio 
domandogli  cjual  doveflc  eflere  il  prezzo  di  un  altro  molto  grandt  ;  e 
ilRofa  a  lui  rirpofe  :  Di  chifib  ne  i^lio  no  n^glione:  e  qm  ebbe  fine 
la  vifta  de' quadri,  e  la  vifita  di  quel  Prelato.  Fu  anche  folito  il  Ro(a  di 
fiir  fiire  ad  ogni  fua  pittura  1*  adornamento,  cofa  rare  volte  udita  da  me» 
I  d'altri  pittori,  né  volle,  che  alcuna  mai  ne  fiofiè  ienz'efib  veduta»  ricor- 
^  devote  torfe  del  verfo  dell'  Arìoflo,  che  <)ice  :  - 
i  Che  molto  crcfie  una  beltà  un  tei  nutnt^. 

E'  però  vero,  che  nel  vendere  i  quadri  era  il  primo  patto,  che  Padorna* 
I         mento  doveflfe  rimanere  nella  fua  ftanza.  In  tal  propofito  era  folito  dire» 
che  r  adornamento  era  alle  pitture  un  gran  ruffiano,  Guardafle  poi  il 
t         cielo  colui,  mafliime  fé  fofie  ftato  danarofo  affai ,  che  aveffe  voluto  con 
I         tKo^  Come  noi  fogliamo  dire,  ftiracchiare;  perchè  ofTendendofene  egH 
I         molto,  gli  dava  rifpofie  tafi,  quali  appunto  gU  fuggeriva  lo  fdegno,  fen- 
I         %a  aver  riguardo  a  fiato  o  a  qualità  di  perfona  :  e  fra  i  molti  cau  ,  che  in 
I         tal  propodto  potrei  addurre,  racconterò  il  feguente,  non  già  perchè  io 
treda ,  che  egli  fia  né  punto  né  poco  plaufibtle  o  imitabile  da  chi  fi  fia  ot- 
timo virtuofo,  ma  folo  per  fare  noto  il  fatto  del  noifaro  pittore.  Venne 
un  giorno  a  vedere  fua  ftanza  un  Cavaliere,  che  per- quanto  egli  fteflò» 
in  occafione  di  familiare  difcorfo,  difiè  al  Rofa  »  non  avea  careftta  di  quat- 
tordicimila feudi  d'  entrata:  e  averido  adocchiato  un  grande  e  belliflìiao 
paefe»  dopo  averlo  lodato  a  gran  fegno,  volle  fapere  quanto  gli  fofie  Ita* 
to  per cofiare  »  quando  egli  ii  foflfe  rifolutodi  efllerne  compratore.  Rifpofe 
il  Kofa»  che  non  meno  Ui  dugento  feudi.  Oimè,  difle  il  Cavaliere,  que- 
llo è  troppo  gran  prezzo;  ma  noi  averemo  campo  di  rivederci,  e  foche 
Voi  me  lo  lafcerete  per  meno  affai .  Salvatore  per  allora  nulla  diffe  ;  ma  eflen- 
dofi  dopo  brevi  giorni  di  nuovo  portatoli  gentiluomo  alla  fua  fianza,  tor- 
nò a  domandargli  del  prezzo  di  quell'opera*:  a  cui  rifpofe  Salvatore»  che 
trecento  feudi ,  e  non  meno  .  Vo*  Signoria  vuol  meco  fcherzare ,  diffe 
quel  tale;  ma  io  penfo  bene  »  che  poi  faremo  i^ accordo;  e.fi  mefle  al  fuo 
folito  in  fulie  Iodi  del  qoadro,-  quindi  per  la  tersa  volta  il  richiefe  del 
prezzo.  Allora  il  pittore  accomodatofi  in  certo  pofto  affai  foftenuto ,  difle: 
Quattrocento  feudi  fono  il  fuo  prea^DO;  anzi  fappi^te,  che  ad  ogni  inter- 
rogazione che  me  ne  farete,  crefceiù  il  valore  dell  opera  mia  cento  feudi  di 
più;  ma  per  levarvi  di  penilero  di  avermene  più  a  domandare,  e  per  farvi 
conofcere  voftra  ftringatezza ,  voglio  ora  »  che  veggìate  »  che  con  tutti  i  voftri 
quattordicimila  feudi  d^entrata,  voi  non  fete  abile  a  comprare  uno  dermici 
quadri  :  edifcoffatofi  alquanto  dtlla  tela,  con  impetuoia  maniera,  fi  aliati* 
ciò  contro  alla  medefima  col  capo,  colle  ginocchia  •  e  colte  mani»  e  tutta 
la  sfondò.    Penfi  qui  ognuno  quale  rimafe  allora  colui .  Ben  poteva  quefto 
artetice  diftruggere  talora  qualche  fua  beHa  fatica;  imperciocché  egli  fu  sì 

Oo  3  veloce 


58  a     Deceek  V,  2elh  ?àìft:i  del  Sii.  V.  Mi  540.  aii  6 so. 


\ 


Yèloco  nel  ffianeggiareil  penneHof  che  nel  tempo  di  un  (bl  giorno  & 
irò  beiie  fpefiò  a  dar  xnrìncipio  e  fine  adi  un  quaoro  di  non  ittediocre  gran* 
•dezsa  ;  onde  quantunque  egli  foile  fcliito  di. non. toccar  colori,  fé  non  ne 
i  tre  mefi  della  ftagione  più  calda»  ne'  quali  veniva  egli  quali  f^izaM  a  ftai- 
iene  incafa;  contmctociòcondulTe,  come  ognun  fa,  opere»  percoli  dire  t 
infinite.  Movcvaìo  anche  a  riferbare  fua  applicazione  a  dipignere.fola* 
mente  a  quei  tempi»  non  tanto  il  gcan  prurito»  che  egli  ebbe  Tempre  ne- 

SU  flud)  di  poefia»  alla  quale  dedicava  quali  tutto  fé  ùfiffoj  quanto  il  deft^. 
erio,  che  egli  aveva  di  veder  fermo  il  fuo  penfieix>  in  fuUe  tele  knu 
fluel  divertimento  o  didraKÌoiie  ».  che  fuol  cagionare  al  pittore  lo  fpc^o 
levar  la  mano  dall'opera»  con  debito  di  ritornarvi  poi  fopra»  dopo  qual* 
che  tempo.  Ma  giacché  parliamo  del  fuo  dipignere»  è  anche  da  notarfi» 
che  per  molto»  che  egli  lleffe  fermo  al  lavoro»  nefluno  vi  fu  mai  de'  prò- 
feflbri  di  pittura»  toltone  Bartolommeo  f uo  difcepolo »  che  potefle  vannrfi 
dì  averlo  veduto  dipignere»  o  che  a  tale  effetto  avelTe  ardito  d'inoUrarfi, 
/ove  egli  era  folito  di  operare^  Negli  «lUimi  anni  non  difegnava  mai  alcu- 
na co£i  dal  naturale;  mi  folamente  ollèrvava  afiài »  e  coniervando  il  ve» 
.duto  nella  fua  tenacifiimafantafia^  lo  metteva  in  opera  felicemente.  Te- 
neva egli  però  per  encro  la  fua  ben  ehiufa  (lanza.un  chiariiCmo  fpecchio» 
di  grandezza  di  pili  che  mezz'uomo»  davanti  a  cui  fi  metteva  a  formare  at- 
titudini colia  propria  perfona»  e  talora  a  comporre  o  fcomporrela  propria 
faccia  >  per  quivi  interamente  cavare ,  o  pofiture»  o  aaionl»o  affetti»  fecon- 
.do  ciò  »  che  richiedjeva  fuo  bifogno . 

Venendo  ora  a  parlijre  del  coflume  di  Salvatore»  in  quello^  che  al- 
l'Invenzione  appartiene  »  pofiiamp  dìr^».  ch'egli  ne  fo  copiofiflimo»  tanto 
in  paei^»  battaglie  »  porti»  e  marine,  incant^umi»  arie  notturne  ,  e  fimilì 
altri  capricci;  quanto  nelle  figure  grandi  e  piccole»  le  quali  fempredìfpa- 
fé  a  feconda  del  fuo  bel  genio  poetico»  per  la  lunga  lettura»  ch'egli  ave- 
va fatta  de'  buoni  libri  i  e  (èguendo  l' inftinto  del  luo  naturale  vivaciffimo 
spirito:  e  guai  a  colui,  che  foffé  mai  Qato  ardito  di  volergli  Comininiftra- 
re  penfieri»  o  preferi  vere  mqdi  di  ordinare  fue  invenzioni.  In  finiili  caii 
foleva  dire»  che  folo  il  Bottajo  e  '1  Fomacia)o  facevano  i  loro  lavori  del- 
la tenuta  e  della  mifura»  eh'  era  fiata  loro  prefcritta:  non  già  i  pìuoti  : 
e  una  volta  occorfe  quello  cafo .  Stavafi  egli  una  mattina  in  camera  di  un 
gran  Principe»  che  trovandofi  in  letto  alquanto  indifpofto,  lo  aveva  chia- 
mato a  operare  preflb  a  fé  per  proprio  divertimento;  quando  comparve  il 
:niedico,  che  era  un  venerando  vecchio»  valorolb  nell'arce  fua,  e  uomo 
eziandio  di  varia  letteratura.  Vifitò  l'infermo:  e  poi  data  ,un  occhiata  ai 
quadro  del  Rolà»  difie  a  quel  Principe;  Signore»  io  defiderai  femore  di 
aver  qualche  bell'opera  de* pennelli  del  Signor  Salvatore  :  e  fpero»  che  per 
mezzo  dell'Altezza  Voftra»  riufcirammi  l'eiTernc  da  elfo  favorito.  A  cui 
il  Principe:  Io  non  dubito  punto»  che  il  Rofa  non  iia  per  contentarvi» 
eilcndo  egli  pertona  garbata  e  cortefe;  e  Salvatore  con  gefto  amorevole 
applauditile  parole  del  Prìncipe.  Allora  foggiun  fé  il  medico»  voltatofi 
al  pittore  ;  Io  molto  la  ringrazio  ;  la  prego  però  a  non  cominciare  a  ope* 
rare  per  me  »   fintantoché  io  non  aobia  fomminiftrato  il  penfiero  e  '1 

concetto 


SAI  VA  TOR     TtOSA.  58  j 

concettò  della  pttcura/ che  io  deiSdero  dalei.  Salvatore  0  tacque:  e'ime. 
dico  chiefe  dà  fcrivere  la  fua  ricetta,  e  s'acconcia  al  cavplino;  quando  il 
RoCi  con  getto  fpiritofo  e  vivace  al  Tuo  fòlico,  posò  in  terra  ia  tavolozza; 
ci  pennelli,  fi  aitò  dallo  igabelto»  eaccoftatòfi almedico,  dìfle:  Signor 
Dottore»  fermate»  e  non  ifcrivete,  fintantoché  io  non  vi  fu^erìfco  co*» 
me  vada  fatta  qUefta  voftra  ricetta .  Il  medico,  che  non  ancora  aveva  in- 
cefo  il  gergo,  logghijgnò,  qiiafi  facendoli  beffe  dr  lui,  e  poi  difle:  Signor 
Salvatore,  quefta  è  faccènda,  che  The  da  faper  fare  io,  non  voi.  Allo- 
ra il  pittore  vohatofi  a  lui,  così  parlò:  Or  fappiate,  che  meglio  e  moltO' 
meglio  faprò  io  fuggeriré  le  ricette  a  voi»  die  Tappiate  voi  lomminiftrare 
ì  ^lifieri  per  le  mie  pittare  a  cde  ;  perchè'  aflai  più  fono  io  pittore,  che 
voi  medico:  e  fenz' altro  dire ,  fé  ne  tornò  a  fuo lavoro.  A  cuefto  parlare 
applaudì  il  Principe  con ^ifo:  refiò  il  Dottore  mortificato!  e*l  negozio  del 
quadro  fi  morì  fui  proprio  letto .  Nel  dar  giudizio  poi  delle  pitture  e  de-' 
gli  artefici;  fu  Salvatore  al  fuo  (olito  molto  acuto.  Trovofii  egli  un  dì  a 
vedere  un  bel  quadro,  moftratogli  da  perfona^che  non  era  dell'arte,  ma- 
però  iodavalo  molto.  Il  Rofa  per  non  defraudare  quell'opera,  che  vera^ 
mente  era  belliflima  »  dèlia  dovuta  lode;  ed  infieme  per  moftrare  a  quel 
tale  il  poco  concetto,  ch^  ei  lìe  formava  per  le  lodi  di  lui;  rifpofe:  Tu^ 
iodi  molto  quèfto  quadro  ;  o  penta  quello ,  che  tu  averefU  fatto ,  fé  tu 
l'avefii'  guardato  cogli  occhj  di  Salvator  Rofa .  Un'altra  volta»  eflendoglt 
faitta  vedere 'un'  iftorìa  abbondante  di  afiai  confufe  figure,  da  perfona  di 
poco  buon  gufio»  a  cui  però  molto  piaceva,  difie,  noneflere  egli  perfona 
atta  a  darne  giudizio,  ene  però  meglio  farebbe  flato  il  farla  vedere  a  qual« 
che  pafticciere  •  Difcorrendo  un  dì  con  un  dilettante ,  che  affermava ,  che 
tutta  la  perfezione  di  una  pittura  confifteva  nel  buon  difègno,  difie:  la 
veggo  vendetfi  bene  fpeflb  ne'  pubblici  mercati  i  ritratti  di  Santi  di  Tito 
per  una  pezza  da  otto»  ne'  quali  io  non  fjprei  conofcer  difetto  in  materia 
di  difegnoi  ouefto  però  io  non  viddi  mai  accadere  a  quei  del  Tintoretto» 
e  d'altri  maeftri  Lombardi;  benché  talòtain  cofa  appartenente  al  difegno 
io  abbia  potuto  fcorgere  qualche  errore:  cofa  ,  che  mi  £i  aflai  chiaro  co- 
nofcero»  che  più  fi  dee  filmare  in  una  pittura  un  eccellente  maniera  di  ti«. 
goere,  che  un'ottimo  dintorna.  Fiii  qui  il  Rofa.  Io  però  fenza  dar  Cbnten* 
za  fopra  tale  parere ,  rimetto  il  mio  lettore  a  quello  di  ogni  altro»  ch'egli 
^iudicaflè  potere  meglio  accertare .  Fu  folito  a  forte  biaCmare  le  licenze, 
che  talora  fi  pigliano  i  pittori,  come  di  far  diadema  fopra  la  tefia  di  Santo 
cipofto  a  martirio,  del  quale  egli  non  morì ,  benché  poco  dipoi  con  altra 
moriflè  ;  perchè  con  tale  fegno  diceva  egli  fi  confondeva  il  vero  dell'  ifi:o- 
ria  •  Il  far  vedere  il  Santo  Precorfore  con  croce  di  canna  in  mano ,  erro- 
re, in  che  fon  caduti  anche  rinomati  maefliri;  e  altri  fimiglianti  errori, 
che  io  per  brevità  tralafcio,  detefiava  molto. 

Mi  fi  fa  luogo  adeflb  a  parlare  di  quello,  in  che  egli,  quafi  più  che 
in  altra  cofa  fiftudiò  di  efler  tenuto  per  molto  eccellente:  e  ciò  fu  la  Poe-* 
fia,  mafiimenel  Satirico  flile.  E  primieramente,  non  ha  dubbio  alcuno, 
che  in  tale  bella  facoltà  ,  egli  fu  portato  tant*  óltre  dal  genio ,  e  dal  fuo 
perfpicace  ingegno  e  bizzarriflimo  fpirito,  che  &  a  que&i  e  alla,  femplice 

Oo  4  lettura. 


584     Decen».  K  dtH  Part.  L  detSec.K  d»l  1 540. 4/ 1  dja. 


leeeuri .  arefie  egli  «vuco  \ù  fotrfe  AefU  «nnt  fapi  più  ?^r4f  »  di  pouie  ag. 
giiignere  una  alquanto  maniocfi  robuftwM  n«'  fon<}Mietiti  reali  deW^tce 
poetica,  e  lo  ftudio  eziandio  disUe  fcienze,  e  degli  amicln  Poeti  Gtedo 
Latini  »  larebbene  giunto  ad  altiffimi  fegni;  non  e  pere,  che  egli  non  d 
portafle  a  tanto,  che  i  fuot  contrarli  non  dico  valoroii  uonini ,  ma  alquan* 
co  infarinati»  non  giugncndo  a  faper  criticare  i  fuoi  componiioenu ,  e  ia 
particolare  le  fue  Satire,  in  cofa ,  ohe  valeffe,  fi  diedero  a  negarle  per  (uè: 
e  giònfe  a  tale  queftd  maledscenza ,  che  ornai  fi  fpacciava  francamente  an* 
che  fra  gli  uomini  più  aflènnati  e  dotti»  che  non  egli ,  ma  qoalfivoglia  al- 
tro  irirtuofo  [  il  quale  però  nonfi  feppe  mai  riny^iccj  ne  foffc  ftato  il  coro* 
politore;  tantoché  una  perfbna  degnifiimai  già  del  iuo  nome  affai  devoui 
poi  per  privati  difgufti  a  lui  contrarifiìma  >  fpargeva  per  Roma  quella  pro- 
pofizione:  che  quando  gli  foiTe  fiato  fatto  toccar  con  mano»  che  il  Rora 
tveife  faputo  fpicgare  in  nofira  lingua  Italiana  il  Te  Deumt  alloia  averebbe 
egli  concèduto  per  vero,  che  elfo  e  non  altri»  avefle  compofte  le  Satire. 
Furon  però  altri  moltiffimi.  aiTat  confiderati,  che  non  punto  mai  dubita- 
rono  ch'elle  non  foffero  veramente  fue;  ma  perchè  di  quefta  vociferoìp- 
ne»  fino  a'  prefenti  tempi  »  dico  fopra  venti  anni  dopo  la  morte  del  Rota» 
rimane  tanto  pieno  il  volgo  ignorante»  e  fra'  letterati  eziandio  ne  corre 

Gualche  fufurro»  anribuendolc  altri  a  Giovambatifta  Ricciardi»  altri  al  Pa- 
re Fra  Rcginaldo  Scambati  dell'  Ordine  de'  Predicatori  »  l' uno  e  T  aluo 
flati  di  lui  confidentiiBmi;  abbiamo  noi  (limato  bene  notare  in  quefio  luo- 
go» a  dffei^  del  Rofa»  quanto  intorno  ali*  eflete  ftate  le  Satire  lua  compo; 
&ione»  e  non  d'altri»  noifappiamo  di  certo,  anzi  indubitato.  Vigli^^^ 
in  primo  luogo  il  portarne  Patteftato  del  Cavalier Francefco  ìAtStit^^^y 
Teditorè  della  città  di  Volterra  >  il  quale  fra  altre  notizie  datemi  inifcrit* 
ta»  méntre  io  fio  operando»  mi  atticura»  come  di  cofa  faputa per  certi 
Icienza  »  che  egli  ne  compofe  la  più  parte  nel  tempo  de' tre  anni  fopraocen* 
nati»  che  egli  fi  trattenne»  a  fuo  ftudio  e  a  fuo  diporto»  nelle  ville  di  Bar- 
bajano  e  di  Monterufoli.  Potrebbe  edere  oppofio»  che  fode  (kco  moto 
bene  poflibìle»  che  il  Ricciardi  aveiTè  avuto  in  efle»  fé  non  tutta i  ^^ 
la  maggior  parte;  mentre  noi  ftefli  abbiamo  detto  altrove  %  checai^^^ 
Ricciardi»  quanto  il  pittore»  per  teìn pò  ai  lungo»  quafi dei contìnovo tol* 
fero  ofpiti  de'Maffei  in  effe  ville;  ma  tale  propofizione  contradlcon  diret- 
tamente molte  verìtadi.  E  prima  fappiamo»  che  un  tale  ipirito  faciritom. 
ogni  detto  e  fatto»  tanto  fu  proprio»  e  quafi  omogeneo  del  Rofa,  qv>^* 
to  improprio  del  genio  poetico  del  Ricciaidi»  il  quale»  toltone  qualche 
compofizione  piacevole»  fatta  per  giuoco»  non  fete  mai  (entire  altre  lue 
rime»  ciie  in  itile  eroico»  trattando  in  efle  feientificamente  materie  ti» e 
/  fubiimiqime»  come  ad  ognuno  èbeh  noto:  e  anche  veriflima  coCa  èi  che 


alcune  di  efle  Satire  compofe  il  Rofa  in  Roma»  óve  non  ifiavail  Ricciardi. 
A  quefto  poffiamo  poi  aggiugnere»  che  in  più  difcorfi»  avuti  da  noi  col 
Ricciardi:  medefimo  fopra  ogni  fatto  e  detto  del  oictore  (e  ciò  dopoinol^^ 
anni»  che  era  feguita  la  morte  di  lui)  non  mai  Upemmo  raccapeaziire  pi- 
rola  i  che  importale  una  si  fatta  afferzione,  cioè  <ti  avere  eflb  avuta  alca; 
na  parte  m  tati  componimenti.  Poffiamo  bene  affèrmarey  che  il  Ricciardi» 

^  (tetto 


SALVATOR     ROSA.  585 

(Iretco  tint  voka  a  granft||nq  da  fao  e  mio  confidentiffimo  amico  »  •  fco- 
prìre  il  vero  fopra  cale  panicoliire  t  prima  pronunziò  i  ieguenci  verfi  d'an* 
cico  ingegnofo  poeta  ;      . 

^m-amf  ^  fpcSf  ^  rura  frequens  donmi  umifis 
Qui  vetit  ingemo  ctdere  rgrus  erit . 
E  poi  così  parlò  «  Molti  troverete»  Signor  mio,  per  avventura»  che  vi 
daranno  roba  e  danari;  ma  la  gloria  ognuno  la  vuole  per  fé  :  e  in  pochi, 
v'incontrerete,  che  donare  ve  la  vogliano.  Penferefte  voi  mai,  che  fé  io 
aveffi  fatte  le  Satire ,  io  ne  volefli  dar  T  onore  ad  un  alerò?  \*  inpannatp 
ié  ciò  credete.  Dello  Scambati  poi  fa  di  meftiere  il  dire,  ch^  egh  fu  uo*. 
mo,  è  vero»  di  buona  letteratura,  Predicator  celebre,  e  del  Ro£i  famiglia- 
riflimo  amico:  ma  fappiamo,  ch'egli  non  fu  poeta:  e  quantunque  ragio*. 
nevol  cofa  fia  il  dire,  che  quando  il  Frate  avefFe  avuta  in  quelle  compo(i«*, 
sioni  qualche  parte»  non  averebbe  egli  neir infinite  lettere,  fcrittegli  da 
diverfe  citte  e  provincie ,  dove  egli  ih  più  tempi  dell*  anno  fi  portava  a  pre* 
dicare,  fìdito  ad  una  c^irta  volante  il  fecreto  dell'amico  in  tale  materia; 
contutCQciò  non  farà  del  tutto  improprio,  9he  io  affermi,  che  avendo 
fcorfe  moUiflìme  di  eflc  fue  lettere  originali,  Tho  trovate  ripiene  d*  eneo- 
mj  del  pennello  di  Salvatore,  non  fenza  mefcolamento  amichevole  di  gra* 
ziofi  fcherzi,  fetiza  che  mai  mai  abbia  fcorta  in  effe  minima  parola,  che 
punto  o  poco  appartenga  a  cofe  poetiche ,  non  che  in  indivìduo  alle  &• 
tire  Aeflè.  Ma  che  è  piii,  l' eruditillimo  Francefco  Redi,  per  atteftato  di 
cui  io  ul  cofa  ferivo,  nel  trovarfi  eh' e' iece  più  volte  in  Roma,  ad  afcol- 
tare  le  Satire  da  folo  a  folo  d^li'  organo  proprio  dì  Salvatore  i^  osò  talora 
[  cosi  contentandofi  egli  ]  di  avvertirlo  di  alcuno  sbaglio  in  cofa  appar^ 
tenente  alla  Tofcana  hngua;  e  in  ciò  fare  oflèrvò  in  eflb  una  s)  fatta  faci- 
lità e  prontezza  nel  ritrovare  altre  voci,  e  nel!' accomodarle  graziofamea- 
te  a'  luoghi  loro  »  che  faceva  bene  conofcere  non  poterfi  da  neflun'  altro 
appettare ,  fé  non  da  colui,  che  aveva  fatta  la  compofiztone  intera  •  Ter- 
mmi  finatmente  il  difcioglimcnto  di  quefto  dubbio  il  faperfi,  che  io  mQ* 
defimo  confervo  appreflb  di  me  un  quadernetto  lungo,  nel  quale  di  mano 
propria  del  Rofa  apparifcono>  notate  fenz'  alcun*  ordine  o  regola,  e  eoa 
quel  modo  frettoloio  e  informe,  che  è  proprio  delia  mano  di  chi  com* 
pone»  affine  di  potere  aflecondare  la  velociflima  dettatura  dell'intelletto, 
molte  e  molte  terzine»  molti  fcioki  verfi,  e  concetti  mutati  e  rimutati,  e 
talora  del  tutto  cancellati,  cofe  tutte  appartenenti  alle  Satire.  Io  dunque, 
attefe  tante  riprove,  che  ho  di  quetla  verità,  non  faprei  giammai  acco- 
modarmi al  contrario  parere»  che  fu,  che  ogni  altro  che  eflo  L*  avelie  com- 
pofte  s  €  quando  me  ae  fodero  portate  in  fcritto  mille  teftimonianze  ^  io 
non  prefterei  loro  fede  alcuna ,  fé  non  riconolceffi  fra  effe  quella  di  pro- 
pria mano  del  Rofa.  Ma  prima  di  abbandonare  il  trattato  dì  quelle  Sati- 
re, mi  fi  conceda  alcuna  cofii  dire  del  concetto»  che  fra' veri  letterati cor«* 
(è,  e  corre  oggi  intorno  a  loro  bontà;  dilli  fra'  veri  letterati»  perchè  a  me 
che  tale  non  fono»  iària  di  gran  vergogna  il  mettermi  a  dar  di  elle  alcun 
giudizio,  o  buono  o  reo.  E  primieramente,  non  ha  dubbio  alcuno,  che 
il  Rofiit  in  tale  fua  compofizione  »  fece  in  verfi  ^  non  fé  n'  accorgendo ,  uà 

vero 


$%6    Decenti.  KMaParf. l.ddStc.  V. dali6^ù. 4/1650. 

V^ro  t  fomigliantifliino  ritratto  di  fé  fteflb  ;  onde  per  quello  capo  Tola* 
mefite»  quando  non  mai  per  altro  >  ii  debbe  fiiinare.  per  fiu.  E  per  dichia- 
rarmi in  poche  parole  »  dico»  che  la  materia  che  egli  elefle»  cale  m[c\i 
quale  era  la  fua  natura  $  fatirica ,  anzi  che  nò  :  e  chi  noi  crede  »  legga  le 
poche  notizie»  che  abbiamo  prefo  a  fcrivere  dalla  vita  di  lui.  Le  vitez* 
ae>  i  fall,  gli  acuciflìmi  detti  apparifcono  fatti  a  mifura  de'  fuoi  comici 
recitamenti,  del  fuo  fcrivere  familiari  lettere  agli  amici,  e  de' pellegrini 
concetti,  che  furon  propr)  de'  tuoi  ragionamenti:  colle  quali  coiefeppc 
egli  cattivare  gli  animi  de' primi  ingegni  del  fuo  tempo,  in  Firenze,  in 
Koma,  e  ovunque  ei  portò  fua  perfona;  onde  gran  fatto  non  fu,  che  egli 
a  quefle  compofizioni  ben  peniate  e  affai  ((udiate ,  guadagnale  i  grandi 
applaufi»  che  (on  notirattelò  maflime  il  brio  proprio  di  fua  nazione,  col 
quale  le  recitava,  e  le  graziole  paufe ,  con  cui  fu  lolico  preparare  Tatten- 
2Ìone  degli  afcol  tanti.  Egli  è  però  vero,  che  concioifiacofachè  elle  non 
poteflero  guftarfi  mai  da  niuno  nel  tempot  che  durò  fua  vita,  fé  non  da 
elTo  medelimo  recitate,  non  fucofa  facile  a  tutti  il  notarvi  difetto,*  ffiaha 
£itto  poi  conofcere  il  tempo,  col  fottoporle  ali*  occhio  di  molti,  eh* elle 
Cadono  alquanto,  da  quella  fublimità  di  lega,  eh'  elle  apparvero  allora; 
imperciocché  era  egli  d'ingegno  fervido  ed  abbondevoliflimo;  ma  che  in- 
vaghito  delle  ricchezze  di  fua  naturai  facondia  ,  difprezzava  T  arte  e  la 
cultura»  come  mefchinità  di  genio,  e  fcrvitù  del  talento  ;  vizio  comune i 
molti  altri  ingegni,  i  quali  portati  dall'impeto  di  loro  vivacità ^  malvoien* 
rieri  s'accordano  a  foggettarfi  alle  pur  troppo  neceflarie  leggi  della  noflra 
favella;  che  mentre  fuggono  il  vizio,  in  che  incorrono  alcuni,  che  penf<« 
210,  tutto  coniiftere  il  forte  della  lingua  nelle  minute  ofiervazioni  grammi 
ticali,  e  però  non  iftendono  mai  libero  iJ  volo  di  loro  ingegno,  dentan- 
do in  quelle  tutta  la  vita,  incorrono  nell'altro  eftremo,  non  menobiafi- 
mevole,  di  difprezzare  ogni  ftudio  della  lingua:  e  talvolta  fi  ftudianodi 
fcreditarlo,  col  fare  di  quefio  poco  ragionevole  difprezzo  per  loro  fiefli, 
apprclfo  il  volgo ,  una  boriofa  vaniti  •  E  pare  ancora,  che  poflTa  attribuire  alte 
Satire  del  Rofa  (  per  ufare  tale  fimilitudine )  quella  nota ,  (a)  che  daMar- 
co  Anneo  Seneca  il  Rettorico,  fu  data  a  un  tale  Montano  Rettorico,  quan- 
do volle  afibmfgliarlo  nel  comporre  a  Ovidio,  col  dire,  che  egli  usò  talora 
col  fecondo  concetto  guadare  il  primo;  dico»  perchè  fcorge  affai  bene  chi 
ha  fenno,  che  il  Rofa,  a  cagione  della  già  detta  grande  abbondevolezza  di 
fuo  ingegno,  raggirandofi  troppo  fopra  un  ifteflà  cofa,  coli'  ufare  infinite 
maniere  d'argomenti ,  dopo  aver  detto  un  concetto  felicemente,  altri  ag- 
giugncvane  a  quello,  talora  non  così  làporiti»  quanto  il  primo;  onde  av- 
veniva, che  il  componimento  mancava  di  una  certa  leggiadria  e  varietà) 
che  quafi  a  pari  di  ogni  altra  cofa  fi  ricerca  in  un*  ottima  compofizione. 
£  quantunque  non  manchino  molti  letterati  di  prima  riga,  che  mi  fanno 
aderire  a  tale  fenti mento»  non  voglio  iolafcìare  di  notare  »  quanto  ho  per 

notizia 

{a)  Fa  dato  anche  Seneca  Padre,  perete  fu  il  padre  di  Lucio  Amteo  Seneci 
il  Morate  o  ilFiiofofo.  In,  Sin.  Pad.  niUe  Comrover.  Priorcm  fentcntiam 
pofteriore  corrumpebat. 


SALVATOR     ROSA.  587 

Botizia  di  propria  mano  di  grande  e  Jetteratiffimo  Cavaliere  «  in  quel  lo  t 
che  appartiene  al  giudizio  t  che  diedene  ui>  di  il  celebre  Cardinale  Palla- 
vicino: e  fon  quelle  le  proprie  parole  della  noti2ia. 

7/  celeberrimo  Sig.  Cardina/e  Sforza  Pallavicino ,  femendole  tamo  lodare , 
s' invegliò  di  /fmirlefC  lo  fece  dire  a  Sdvadort  ;  //  qaale  rifpofe%  che  awebh 
fcrviio  Sua  Eminenza^  ma  con  due  condizioni:  la  prima  f  ch'egli  era  rifoia^ 
tijfimo  di  non  le  leggere  fuori  Idi  cafafua%  e  però  non  parergli  dovere  ^  cbe  Sua 
eminenza  fi  prendeffè  ionto  incomodo:  e  la  feconda  ^  cbe  in  dette  Satire  erana 
molte  parole,  e  co  fé  proprie^  ed  efpre^ve^  cbe  averebbero  per  avventura  pò* 
tato  offendere  i  purgati  fimi  orecchi  di  Sua  eminenza  :  e  che  però  fi  proiefia^ 
va  di  non  le  potere  tralafciare  >  fenza  togliere  t  energia ,  e  H  più  bel  de 
fuoi  verfi .  Al  che  rifpofe  il  Signor  Cardinale icbe  accettava  le  due  condizioni  ì 
perche  quanto  aOa  prima,  non  aver  ebbe  mai  f degnato  d*  andare  a  e  afa  Jtun  vir- 
tuofopar  fuo:  e  quanto  aJlafecohda,averebbefaputo  prefcindere  quelcb*  efoffè 
hifognato dair animo 9  &c.  V  andò  dunque,  e  le  f enti:  e  dopo  alcuni  giorni, 
a  unvirtuofo  mio  amico,  cbe  pregò  ftrettamente  Sua  Eminenza  a  dirgli  libe'^ 
rumente  quello,  cbe  glie  ne  fo^e  parato  %  rifpofe:  cfie  a  pezzo  a  pezzo  v'  erano 
di  belli ffimi  fquarci  i  venendo  con  ciò  a  conjefitre  f  cbe  il  tutto  non  era  uguale  ;  e 
credo  f  cbe  in  effetto  quèfio  giudizio  datone  fòjfè  vero .  Fin  q^x\  la  notizia  • 
Tornando  ora  alle  Satire  :  ebbene  il  Rofa  un  tale  compiacimento,  e  tan* 
to  fé  ne  pavoneggiò .  che  nel  farle  fencire  agli  amici  letterati ,  ed  a  perfo- 
ne  di  ogni  più  aito  affare,  non  lafciò  di  fardconofcere  affai  minore  di  (e 
fteffo:  e  quello  a  cagione  de' grandi  e  troppo  fenfibili  apparati,  eh'  egli 
era  folito  di  fare  alle  proprie  lodi  «  Introduceva  egli  dunque  qual  fi  folle 

Jierfonaggio  in  una  danza ,  il  cui  addobbo  era  folamencc  di  alcune  feggio- 
e  di  fala  e  di  qualche  panca,  Ibpru  i  quali  conveniva  aclagiarfi  ad  effo  ed 
a  coloro 9  che  dovevano  afcoltarc.  Incominciava  egli  tale  faccenda»  col 
fard  prima  pregare  un  pezzo:  e  poi  vi  dava  dentro ,  accompagnando  la 
lettura  co*  più  bei  lazzi  e  colle  più  ridicolofe  fmorfìe  al  fuo  modo  Napo* 
letano,  che  immaginar  fi  poteffero:  colle  quali,  non  è  dubbio,  che  face- 
va apparire  tai  componimenti  in  ogni  parte  graziofi .  Accomodava  a'  luo- 
ghi loro  alcune  paufe:  e  a'primi  fegni  di  gradimento,  che  egli  andava  ia 
taluno  fcoprendo,  fial?ava  in  piedi ,  e  vokandofi  a  colui»  diceva  con  gran- 
de energia:  Siente  chiffo  ve,  alza  gli  uoccl:  e  feguitava  a  dire.  Era  poi 
cofa  già  rifaputa*  chq  Salvatore  in  fine,  nel  rifcuoterne  gli  applaufi»  non 
fi  contentava  ne  del  poco  né  del  molco;  e  cosi  nel  faceto  e  nel  ridicolo 
s'aveva,  per  cos)  dire ,  a  crepare  per  le  gran  rifa;  nell'arguto,  bifognava 
altrui ,  per  foverchio d'ammirazione,  dare  in  ifmanie ,  s'aveva  a  dire ,  e  poffar 
qua,  poffar  là,  ecc.  e  quella  non  è  iperbolica  efagerazione  :  fi  doveva  get-* 
tare  il  cappello  in  terra,  equafi  fletti  per  dire,  fopra  la  medefima  voltolarfi 
*come  i  giumenti,  e  anche  battere  il  capo  per  le  mura:  e  quando  quefti 
o  fimili  accidenti  non  accadevano  »  partita  ppi  che  era  la  brigata,  quafite- 
nendofi  ftrapazzato,  forte  fi  dolea  col  dire;  Aggio  io  bene  fpelb  lo  riempo 
mio  in  leggere  le  fatiche  mie  alli  fomari,  e  a  jente,  che  nulla  intiende» 
avvezza  folamiente  a  Sentire  non  autro,  che  la  canzona  delio  ceco .  Tanto 
può  talora  >  anche  in  un -animo  beo  coltivato,  un  foverchio  appetito  di 

gloria  f 


• 


f  88     Decenti.  K  della  Pare.  L  dtlSec.  V.  dal  1 640.  ti  i  ^50. 

gìorli»  e  un  eee«dtnc«  amore  itld  pfopfift  ftitnrt;  Th  tato  flio  fotercMo 

titiore  >  e  «ppetitd  di  glaria  tt%  ancori  nato  in  lui  ftn  da  gran  campo  un 
fervente  deCo  d'apparire  in  ogni  fuo  fdtto  e  dettò  quali  un  vero  fìlofofo; 
t  pare»  che  il  pafleggiart  pef  ^li  fpMiofi  portici  d' Atene  in  compagnia 
degli  antichi  Stoici»  fo(te  còntinoVa  occupazione  dc'fuoi  penfieri;  con^ 
cioifiacofàchè  non  fi  vegga  fra  l' infinite  opere  fue,  o  fiano  in  verfoi  o  lit* 
tio  in  pittura»  fletti  per  dire,  cofa ,  che  non  abbia  in  fé  invenzione  o com* 
ponitnentó,  die  qualche  bella  moralità  non  efprima»  o  che  alcuni  di  quei 
tanto  rinomati  uomini  in  loro  più. memorabili  azioni  al  vivo  non  rappre« 
fenti .  Motti  e  molti  fecene  vedere  in  pittura,  e  molti  in  cafte  di  (uo  in* 
taglio  :  e  che  egli  in  ciò  fare  affecondaUe  pienamente  il  proprio  genio,  lo 
tnoftrano  l'opere  ftefie,  le  quali  apparifcon  fatte  di  tutto  quel  gufto,  che 
dal  £qo  modo  di  dipignere  fi  potea  mai  defiderarc.  Né  fi  fermò  qui  il  fuo 
filofofico  umore;  perchè foleva  anche  darne  altri  fegni  al  di  fuori.  Fri- 
mieramentcì  dopo  che  egli,  quantunque  ben  veduto,  ben  trattato  e  ono- 
rato molto,  fi  trovò  fciolto  d'impegno  con  quelli  Serenifiimi,  che  fu  cir- 
ca  dell'anno) 649.  non  volle  maipiu  foggettare  la  libertà  dell'animo  foo» 
per  pr<^vvi(jone  di  qual  fi  fofle  potentato  del  mondo,  bencliè  con  preflan* 
ciflìmc  iflanzenefoflefollcciìato;  anzi  era  Punico  vanto  fuo  di  cflcrficon* 
dòtto  un  dì  a  vivere  a  fé  (leflb  jc  a*  propr)  fiudj ,  fenza  alcuna  di  ouelle 
noje,  che  altrui  ibgliono  recare  le  dorate  catene  della  Corte.  Per  lungo 
tempo,  dico  »  per  li  nove  anni,  che  egli  fi  trattenne  in  Firenze,  e  per 
molti  altri  di  poi,  non  volle  mai  accumulare  danari,*  ma  tutti  i  fuoi ricchi 
[uadagni  fece  comuni  agli  amici.*  e  a  taluno,  che  il  perfuadeva  a  far  pecu- 
iot  con  filofofica  libenà,  e  anche  con  rifentimento  rifpondeva:  Voi  vo- 
lete farmi  avido  di  danari  :  ed  io  vi  dico ,  che  fo  e  farò  tutto  quello,  che 
io  pòflb,  per  diflruggere  in  me  medefimo  ogni  primo  moto  dt  defiderio, 
che  me  ne  venga.  E  ben  vero,  che  egli  non  fcmpre  fi  mantenne  in 
a)  fatto  fentimento;  anzi  dopo  il  tempo,  che  detto  abbiamo,  in  un  mo- 
mento mutò  penfiere ,  e  applicoili  tutto  al  contrario  parere:  e  benché 
io  tèma  di  divertirmi  troppo  dalla  materia,  non  voglio  lafctare  di  rac- 
contare! come  e  quando  fi  fece  in  lui  una  tale  e  cosi  fubita  mutazio- 
ne. 

Era  Tanno  itftfi,  e  delTetà  del  Rofa  il  quarancefimoquafto,  quando 
il  Serenifilmo  Arciduca  Ferdinando  Carlo  d*  Auftria  fé  xtt  venne  a  Firen- 
ze, colla  Sereniflim^  ArciducheHh  Anna  de' Medici  fua  conforte,  pertro- 
varfi  alle  Nozze  del  Gran  Principe  Cofimo  di  Tòfcana ,  og^i  il  Granduci 
Cofimo  III.  noftro  Signore,  con  Margherita  Luifa  d'Orleans:  e  giunto- 
vi, volle,  che  alle  fotenni(Time  fette,  fatte  fare  dal  Granduca  Peirdinando 
il  cognato,  s* aggi ugnefie  una  beHìHìma Commedia,  chiamata  la  Dori,  che 
egli  fece  recitare  a*  fuoi  e  ad  altri  de'  più  celebri  Mufici  di  quel  tempo*. 
e  avendo  intefò,  che  il  Rofa  fiera  pure  da  Roma  qua  portato,  perappl^U' 
dire  alle  comuni  allègreyze  de'Sereniflimi:  e  che  egli  fi  trovava  a  Strozw- 
golpe,  villa  di  Jacopo  Ricciardi,  vèrfo  Poggibonfi,  iifieme  colfiiocor- 
dialiiBmo  amico  Giovambacilla  Ricciardi;  ordinò  all'Abate  Cefti,  roufico 
di  primo  nome,  che  con  Tua  lettera  l*invitafle  a  fentire  ella  commedia: 

e  ciò  fece 


,\    :      $ALl^ATOR     ROSA.  580 

*  *  .  -  ■ 

t  ciò  feqe  ancora  j-ncm  fefun  qualche  (peransc*  di  poterlo  poi  di  ricorno  iii 
Ifpruch  condurre  con  feco,  e  fermarlo  appropri  lervig]:  cofa  che  fino  al- 
lora non  gUera  venuta  fatta»  non  oftanto  le  replicate  lettere  «fattegli  fcri« 
vere  da  Gio.  Filippo  Appoilpni;  e  ciò  per  le  ragioni»  che  dette  abbiamo. 
All'arrivo  della  lettera  del  Cedi»  fubito  il  Rola  el  Ricciardi  fé  ne  venne- 
ro a  Forense,  e  furono  ricevuti  in  propria  cafa  dall'altre  volte  nominato 
Paolo  Minucci:  e  fra  |li  accoglimenti  corteii  di  canti  Principi»  e. negli 
onorati  luoghi, che  q^li  ebbe  fempre  prelTo  a*  medefimit  e  nel  trovarfiia 
giocondiffimtcongreffi  cogli  antichi  amici I  per  Io  poco  tempo  che  e'fitrat- 
tenne  qua,  godè  egli  giorni  feliciffimì  »  Aggiugnevafi  a  quello  l'efièr  tratta- 
to in  cafa  il  Minucci  con  modi  cordiali  t  lontani  da  fuggezione;  perchè 
era  lecito  a  ciafchedunó  ad  ogni  ora  ufctre  di  cafa  e  tornarci  il  portarfi  a 
limpciio  ad  altre  conyerfazioni  «  e  altri  amici  eondurre  a  cafa  il  Minucci  :> 
e  quivi  »  o  vi  foje  o  non  vi  foiTe  il  padrone,  tenergli  a  definare  e  cena^* 
Aveva  il  Dottore  (  e  ci  avviciniamo  al  punto)  un  fervicore,  villano  di  na- 
fcita ,  pratico  oltreoiodo,  non  tpeno  del  cucinare,  che  degli  ufi  di  cafa  fua» 
mai  però  uomo  di  grofla  palla  e  di  rozzo  legname;  tantoché  quando  egli 
avveniva,  che  Salvatore,  rimaneflfe  (olo  in  cafa,  era  tutto  il  fuo  gufto  il 
'metterfi  a  ragionare  con  coftui,  per  fentire  i  folennilfimi  fpropofiti,  che 
ei  dava  fuori  ne'fuoi  difcorfi:  e  per  porgergliene  larga  materia»  lo  tratte- 
neva bene  fpedb  in  afcoltare  precetti  deiladottrina  ftoica ,  delle  leggi  d'amia 
cizia,  del  difprezzo  delle  ricchezze,  e  d'altre  fimili  virtù  morafi.  Chiama- 
vaio  per  foprannome  Io  Filolbfonìgro:  e  una  volta  s^itnpegnò  a  cUre:  Sai, 
Filofofonigro,  che  mi  faccio  guadagnare ,  fé  voggio,  elenco  feudi  all' ora? 
A  cui  il  fervitore:  Sete  dunque  voi  un  gran  goffo»  a  non  vi  mettere  a  la- 
vorare cinque  o  fei  ore  del  giorno,  e  durare  fei  mefi,  mettere  inficme  di 
buone  mìglia)a  di  feudi ,  e  poi  cercare  di  vedere  quanto  fa  vivere  un  poi* 
trone.  E  '1  Rofa  a  lui  ;  E  che  vuoi  far  degli  dinari?  è  cofa  vile  lo  lavorare 
per  dinari .  Io  non  fo  s'ella  fia  vile  o  non  vile, e  non  lo  cerco,  difle  il  fisr* 
vitore:  io  fo  ben  qucfio,  che  co'  quattrini  fi  poflTon  fare  dimolte  cofé; 
io  fento,  che  voi  fpefio  vi  dolete  di  non  aver  danari  :  or  fé  voi  ftroppia- 
de,  or  fé  voi  acciecafTe,  addio  Salvatore,  a  rivederci  col  botfolo  e  col 
battone,  con  tutte  quefte  vofire  bindolate,  e  con  tytta  quefta  voftra  dot- 
trina ,  che  io  per  me  non  punto  intendo .  A  quefte  parole,  parve, che  SaU 
vatote  diventafle  ftupido!  poi  volto  a  lui,  così  parlò:  Ai  ragione»  Filofo* 
fo  nigro,  ai  ragione.  Tornò  intanto  il  Minucci:  e'I  Rofa,  andatogli  in- 
contro, non  fenza  fentimento,  difiegU;  Minucci t  tu  non  fai,  lo  Filofofo 
nigro»  con  certe  parole,  che  mi  ha  dette,  m'ha  Ccuonvuolto  lo  cerviello» 
Voi  fapete,  rifpolè  A  Dottore,  che  conto  dee  farfidi  coftui,  eh'  è  un  vii* 
lano  fpropofitato;  però  u^te  voftra  folita  prudenza,  non  guardando  a  quel 
ch'ei  dice.  Mi  maraviglio  di  te,  difle  il  Rofa  <  e  fé  mi  ftroppio,  e  fé  mi 
acceco ,  a  rivederci  collo  boflblo  e  collo  battone  ;  e'  non  m^  ha  ditta  coùl  , 
ch'io  non  fapiefii;  ma  non  vi  aggio,  penfatomai,  come  faccio  ora:  e  t^affè-* 
Curo ,  che  ne  vederai  prieSo  Ip  ligno .  Tanto  dìflè .  e  tanto  effettuò  ;  perchè 
tornatofene  a  Roma,  e  meflofi  a  tener  conto  de'iuoi  guadagni ,  ne  i  pochi 
anni,  eh'  ci  ville ^  tanti  ne  accumulò,  che  per  quanto  io  ho  da  .perfona, 

che  al 


590     Decenti.  V.  deBa  Part.  1.  del  Sei.  V.  dal  1 640.  ali6$o. 

che  al  tempo  delk*  roorte  di  lui  praticava  in  fua  cafii,  reftarono  circa  di 
dodici  mila  feudi,  e  gran  numero  d^opere  finite  e  non  finite. 

Esperò  da  faperli,  che  quantunque  il  Rofa,  moifo  dal  timore»  che 
detto  abbiamo,  fi  tofle  poi  applicato  a  far  danari  ;  non  fu  peròt  che  egU 
sbaiidiffe  dal  fuo  cuore  il  deUo  di  comparire  filofofo ,  col  moftrarfi  (empre 
poco  onon  punto  curante  di  quelle  norie,  che  l'umana  alterigia,  quali 
più  di  ogni  altra  co&,  fuole  apprezzare.  Dilettavafi  egli  di  dar  provvifto  di 
beJli  e  lindilHmi  arnefi;  ma  quefti  teneva  più  a  comodo  de'  fuoi ,  che  di 
fé  fteflb;  e  ne'  (èrvig),  ne' quali  avean  luogo  cofe  letterariciflavafene,  co- 
me fi  fuol  dire,  alla  fìlofofica  affatto;  cofa ,  che  cjuando  non  mai  altro, fa« 
ceva  conofcere  la  fianza,  ove  fi  recitavano  le  Satire ,  ornata  de'  viliffimi  ar- 
redi,  che  poc'anzi  dicemmo.  Mi  perdoni  il  Lettore t  fé  io,  come  troppo 
conface voie ,  con  tal  propofito  racconterò  cofà,  che  ha  del  baflo  pure  auai: 
ella  però  fu  a  me  raccontata  da  Giovambatifia  Ricciardi ,  come  a  fe  medefi- 
mo  intervenuta.  Trovavafi  egli  un  giorno  a  difcorfb  con  Salvatore  nella 
fua  cafa  in  Roma  »  fi  die  cafo ,  che  egli  veniflè  inafpettatamence  for« 
zato  a  far  punto  al  ragionamento  per  portarfi  ,  ove  naturale  neceffità  il 
chiamava;  onde  quefto  Giov^mbatifta  licenziatofi  graziofamente ,  fi  por*' 
tò  ai  piccolo  danzino  per  foddisfare  a  fé  ftefio:  e  giuntovi»  trovò  il  luogo  a 
tal' effetto  deffinato,  coperto  con  un  gran  bacile  d'  argento,  di  valore  di 
cento  ducati ,  (laco  donato  al  pittore  poc'  anzi  da  un  Barone  Romano. 
Il  Ricciardi  »  che  bene  conofceva  lo  fpirito  di  Salvatore,  non  fenza  rifa  le 
ne  tornò  a  lui;  e  folca  poi  raccontare  il  fatto  agli  amici,  ficcome  il  rac 
contò,  in  prova  del  gran  prurito,  che  fu  proprio  di  lui,  d'eflièr  tenuto 
per  vero  erede  del  genio  e  de'  coftumi  de  i  fapienti  antichi .  A  tale  og« 
getto  ancora  voltò  egli  fempre  fuo  amore  verfo  uomini  d' alto  (spere  e  di 
elevato  ingegno  :'*e  volle  efl^r  fempre  il  primo  a  fowenirgU  ne'  loro  bifo- 
gni  colle  proprie  fuffanze:  in  quefto  però  sì  poco  fortunato,  che  fi  trovò 
bene  fpeflò  d'  avere  impiegati  gli  atti  della  propria  beneficenza  a  prò  di 
perfone,  che  fcordatefidel  benefizio,  occuparono  poi  luogo  di  maggioran* 
za  fra  i  di  lui  più  giurati  nemici  e  perfecutori  :  e  furono  quegli  fielfi,  die 
più  di  ogni  altro  prefero  a  biafimare  le  beli'  opere  fue,  tanto  in  pittura, 
che  in  poefia.  Si  dilettò  oltremodo  della  mutica,  e  fonò  bene  ilUuto*. 
egli  però  feppc  unire  con  tale  proprio  compiacimento  una  grande  awer- 
fione  verfo  i  mufici  ffefli,  i  quali  era  folito  talora  affbmigliarc  a'  ciarlatani; 
affermando  trovarfi  fovente  fra  eli  loro  uomini  facili  a  traboccare  in  ogni 
vizio .  Quando  poi  alcuno  di  eHl  fé  gli  prefentava  avanti  in  qualità  di  per* 
fona  virtuofa  e  modefta,  poteva  in  un  fubito  prometterG  dì  farfi  padro» 
ne  del  fuo  affetto ,  anzi  del  fuo  cuore .  Leggafi  fopra  tale  materia  la  fua  Sa- 
tira intitolata  La  Muficai  e  fi  riconofireranno ,  fenza  che  io  altro  dica, 
quali  furono  in  ciò  i  fentimenti  di  lui . 

Ma  per  non  lafciare  cofa,  appartenente  a  quefto  pittore ,  della  quale 
ci  fia  pervenuta  certa  notizia,  diremo»  come  egli  fu  parchiffimo  nell'ufo 
di  ogni  cibo;  ne  i  frutti,  e  particolarmente  nel  fico,  ebbe  non  ordinario 
fenfo,  folito  a  dire,  che  in  quefto,  coleo  che  fia  in  fua  perfezione,  non 
fi  trova  da  deliderare  più  dal  gufto  noftro,  cofa,  che  non  fegue  di  ogni  altro 

più  prc- 


'     SAIVATOM     RQ  SA.  591 

più  pregiato .  A  tal  fegno  giunfe  egli  inquefio  appetito»  che  ficusò  gt'in^ 
viti  di  ^ù  tette  coronate  »  .^a  curveiiRero  offerti  non  ordinar)  trattamene 
€i ,  affine  di  godere  di  Tue  virtù  ne'proprj  fiati,  per  quefto  l'olamente,  per-* 
che  in  efli  non  fi  trovavano  i  fichi  :  e  non  poche  volte  fece  regali  di  fuoi 
belliffimi  quadri  ad  alcuni  »fol  perchè  gli  ave  vano  donato  qualche  piatto  di 
belli  e  ftagionacifliml  Schi. 

Di  Salvator  Rofa  non  rimafe  altro  allievo,  che  un  tale  Bartolommeo » 
-che  fu  detto  Bartolommeo  del  Hoià»  il  quale  molto  operò  in  quadri 
<)i  due  in  (re  braccia  al  più:  i  quali  anche  da  qualche  intelligente  del« 
l'arce,  furono  talora  creduti  di  mano  del  maeftro  fuo.  Egli  è  però  vero, 
che  Bartolommeo  non  feppe  far  le  figure  :  e  fi  ferviv:^  per  ornare  di  effe  i 
fuoi  paefi,  di  un  tale  Antonio  de  Wael  Fiammitigòi  pittore  univerfafe, 
che  poi  in  Roma  fìnì  fua  vita ,  percoQb  da  un  fuififiine  nel  proprio  lette. 
Pare  però,  c^e  potremmo  affermare,  che  anche  Giovanni  Grifolfi  Mi-» 
lanefe»  altre  volte  nominato ,  potefle  chiamare  (uodilcepolo;' coaciofo& 
Xècolachc  egli  da  per  Te  fteifo  fi  fofle  fatto  Angolare  nel  dipignere  antica* 

f;lie,  rovine, e  architetture  rotte.  Egli  per  gran  tempo  fu  ignorante  nel** 
'  ornarle  di  figure;  onde  fuppliva  al  difetto  di  lui  mirabilmente  lo  (leflb 
Rofa;  finche  avendo  Giovanni  £at8i  ftud]  grandi  fopra  alcuni  modelli  di 
Salvatore  ,  incominciò  a  farle  da  per  fé  ftefib.  Quefto  Giovanui  Grifolfi, 
non  era  ancora  giunto  alla  vecchiaia,  quando  egU  fu  aifalito  da  tale  ma« 
Jore  negli  occhj,  che  ne  perde  il  vedere,  fé  noii: quanto  porca  camminare 
fenza  guida.  Partitofi  poi  da  Roma.,  e  condottofi  a  Milano  fua  patria^ 
con  quello,  che  gli  aveva  fruttata  fua  virtù  in  fanitàt  e  da  fé  ben  con* 
fcrvato,  potè  comodamente  vivere.  Di  mano  di  coftui  ha  un  bellifiimo 


Roma,  incominciarono  ad  ufcire  fuori  infinite  copie,  ricavate  da  fue  in-^ 
venzioni:  e  dopo  fono  (lati  molti,  che  ad  efemplo  di  lui  fi  fono  applicati 
a  tal  forta  di  lavoro,  ed  hanno  fatte  vedere  di  loro  mano  cofe  degne  di 
lode* 

E  qui  porremo  termine  «  quefto  racconto ,  nel  quale  vogliamo ,  che 
fappia  il  noftro  Lettore ,  aver  noi  avuto  un  fine  particolarismo ,  oltre  a 
guello  del  profeguire  l'intraprefo  afiunto  di  dar  notizia  dc'profeftbri  delle 
arti  noQre;  e  fu,  di  far  conofcere  al  mondo,  che  tanto  ammirabili  furono 
gli  acci  delta  Divina  Bontà,  nel  chiamare,  che  ella  fece  a  vera  penitenza 
Tanima  del  Rofa,  ftaca  per  sì  lunga  ferie  d'  anni  in  tante  e  sì  fatte  ma- 
niere impacciata  e  legata  col  mondo  e  colle  di  lui  vanitadi ,  che  ben  pof- 
iìamo  noi  affermare,  che  riufcifle  veriflimo  per  efla  il  concetto  di  chi  in 
alcro.ptopofito  fcrifte,  cioè;  che  talora  per  incomprenfibile  giudizio  di 
pio,  ove  il  fallo  abbondò,  la  grazia  abbonda .  Ottimo  però  e  ficuro  con- 
iglio fi  è,  per  chicchefiìa,  ijproccurare  di  vivere  per  modo,  e  in  tal  ma* 
niera  condurre  fuo  lavoro ,  che  pofta  riportarne  lode  e  premio  in  ogni 
tempo  e  ad  ogni  ora  ,  che  vogha  il  célefte  padre  di  famiglia,  portarli  a 
domandargliele  il  conto* 

TEODORO 


59*      Decertn.KMa  ParfJ.deiSec.V.dal  t6^o.sii6$Q, 

TEODORO    HELMBRECKER 

PITTORE      D*    AERLEM. 

^ALE.  non  ha  dubbios  e  ài  tants  virtì)  è  per  fefleOb.  eoi; 
I  eziandio  pel  benefizio  e  comodo»  che  egli  porca  all'onani 
St  converfazione  ,  un  intero  uofiedimento  in  chiccheilìa ,  di 
vi  alcuna  nobile  arte  o  difciptinai  che  ben  puoi  per  quinto 
^  noftra  inferma  condizione  tmmetcer  fa .  rendere  li  perfon 
V  e  la  pofterìti  dì  quello ,  felice ,  anzi  beata  :  e  quel  che  è  più, 
molto  vale  per  tramandare  alcun  raggio  dì  luce,  anche  a  i  paiTati;  con- 
cioffitcofachè  non  pofiàin  tal  cafo  k  ricordanza  dì  coftoro  portarli  alUII]^ 
morfa  de  ì  viri ,  fenza  il  pregio  di  elTere  ftati  eglino ,  che  con  aver  pariorid 
al  mondo  s\  fatti  fpirìti,  lo  abbiano  reniduto  e  più  ricco  e  più  vago.  Male 
egli  talvolta  addiviene,  che  un  s)  nobile  capittle  fortifca  di  cadere  in  fo^ 
getti  dotati  di  apprezKabiId  civiltà,  e  che  ben  poflano  cattare fn i loro 
altri  uomini  di  alto  valore ,  o  nelle  fcienze  o  nelle  arci  ;  e  nati  e  notrìci 
in  feno della  criftiana  pietà;  non  è  podìbìle  a  dire  ,  qusl  bella  moflnii^ 
eia  egli  di  fé  AeCTo.  e  quanto  egli  aggiunga  ,  a  chi  in  fé  il  tiene,  e  din* 
ghezzt  e  di  fpiendore.  Quanto  io  ora,  fenza  applicare  a  perfona ,  bo ge- 
neralmente accennato,  pare  a  me,  che  lia  accaduto,  e  polTa  bene  ricono* 
icerìi  a'  di  noftri .  nella  perfona  di  Teodoro  Helmbrecker  :  uè  dubitopon- 
tOt  che  tanto  angora  non  fìa  per  parere  al  mìo  lettore .  fempre  che  anca* 
ramente  conllderi,  quanto  a  perpetua  memoria  di  lui,  s  confolazione d^ 
gli  amatori  di  virtù,  e  ad  univerfale  benefìzio»  fono  io  per  portare  in  guc* 
tìo  mio  breve  racconto. 

E*  dunque  da  faperfi ,  cotne  dopo  l'anno  i  tfoo.  nella  città  di  Aerieiii. 
in.  Olanda  (provincia  (tata  in  quelli  utcitni  feeoli  tanto  chiara  il  mon- 
do, per  aver  dato  alle  noftre  arci  gran  numero  di  foggetti  d'  aluHiinai 
quanto  ofcura  perla  felfa  Religione,  che  elle  in  fé  ftéfft  nucrifce)  Ttvtvi 
congiunto  in  matrimonio  con  onefta  donna  Cornelio  Helmbrecker,  diB 
fuòna  in  nollra  lingua  Elmi-fpezza,  o  Spezza-mortont.  che  eramofico  ifi 

£rofeflìone,  organiJla  celebre >  e  maeftro  di  Cappella,  ftimatiffimo:ilqi«' 
non  folo  fu  membro  della  Cattolica  Religione,  e  buon  Cattolico;  pu 
eiò,  che  più  ftimar  fi  dee,  fu  favorito  dal  Cielo  dello  fpeciale  prìviIeg'>o> 
di  non  potere  fra  le  memorie  degli  nfcendenci,  ficenofcere  perfona,  che 
fblTe  mai  fiata  macchiata  nell'Eretica  pravità,  od' altrafal^  credenza,  qu^' 
le  anche  fcorrendo  per  tempo  ìmmemorabìliffimo:  e  quefti  fu  II  padre  del  , 
noflro  Teodoro,  venuto  a  quelVa  luce  l'anno  itfn*  Quali  fofTero le prioie  i 
applicazioni  del  giovanetto,  a  conveniente  età  pervenuto .  è  ficii  cofi  w  j 
itnmaginare;  co  nei  odiaci)  fachè  rare  volte  foglia  accadere,  che  padre  in- 
namorato dì  alcuna  dell'art)  o  di  alerò  plaufibile  impiego  i  d' ìndirizxsre 
per  elTo  alcuno  de'  proprj  fìgliuuli»  con  ogni  ardore  non  procacci,  (diver- 
tendolo 


TEODORO   HELMBRE€KER.    59J 

tendolo  ^ncho  talora  al  poffibil»  da  ogni  altro  »  a  cut  la  naturale  inclinaci 
2Ìon9  dal  figliuolo  vcgm  nSkt  toIu.  Foron  dunque  i  primi  panfiari  di 
Cornelio t  (corto  che  ebbe  lo  f irrito  viractffimo  di  Teodoro»  e  sii  beno 
da  natora  adattato  a  ricevete  in  fé  ogni  più  bella  e  più  nobile  impraffio« 
ne  »r  incamminarlo!  neli'e&rciado  della  mufica;  Ma  comechè  male  £1  adatti 
camminare  coi  nuoto  contr'  acqua  chiccheffia  t  che  venga  fofDinto  da  im« 
petuofa  corrente;  cosìi  non  fu  poifibile  al  padre  fuo  il  guidarlo  pe' propri 
tentieri  •  conciofliachè  egli  da  naturai  genio,  forzato  »  avìeva  volto  ogni  fuo 
penfiero  airarte  dcil  difegno  e  dalla  pittura  »  fino  al  termine»  che  toglìeh** 
do  il  neceflàrio  ttmpo  ^  ftud)  della  mufica»  quello  tutto  inq>iegava  in 
far  piccole  figurine  di  creta»  e  bene  fipcflo  in  difegno  col  carbone  foprt 
le  mura  di  fua  cab  ;  onde  non  fu  granutto»  che  ia  madre  di  lui  t  che  be^ 
ne  ofiervò  fin  dove  giugneva  T inclinazione  del  fanciullo» fi  faoefle  col  coiv» 


fòrte  tanto  impcMroina»  quanto  baftà finalmente  per  fiir  sì»  che  egli  il  to* 

?[liefle  aM'eiercizio  della  mufica»  e  a  quello  del  difegno  lo  applicane .  Ciò 
b  in  tern^po  appunto»  che  Teodoro  trovavafi  in  età  di  quattordici  anni  » 
e  Gxto  la  difciplina  di  Pietro  Grebber  »  pittore  ftimatiffimo  di  figure  iftl 
Haarlem .  Con  quello  ftecce  Teodoro  un  anno  intero  :  e  poi  fece  ritorno 
alla  cafii  del  padre»   non  tralafciando  però  di  frequentare  la  fianza  del 
Grebber  fin  eh'  ei  vifle>  che  furono  due  anni  »  e  non  più .  Quefta  inafpet^ 
tata  morte  del  pittore»  non  lafciù  di  cagionare  nelr animo  di  Cornelttf 
gran  turbazione;  poiché  per  l'amore»  ch'esportava  al  figliuolo»  trovoffi 
anche  prefo  da  gran  tema»  che  egli  fotto  gli  occhj  dì  altro  maeftro»  non 
fbffe  per  divertire  da  auei  penfiert»  ch'eran  proprj  di  un  animo  ben  coin« 
pofto»  quale  in  quella  rrelca  età  era  qutUo  di  Teodoro  ;  onde  Jafeiato  ogni 
altro  rifpetto»  cielìberò  di  efleme  eflo  medefimo  il  cufiode»  e  non  acco« 
modarlo  con  altri  maeftri .  Ma  che  non  £i  »  e  dove  non  giugne  uno  fpirito 
bene  inclinato?    Non  perchè  fi  inde  il  giovanetto  nelle  cofe  del  fuo  bel 
genio  rimalo  del  tutto  fenza  guida,  lateiò  egli  l'ambe  e  *\  defiderio  di 
farrifi  perfetto  ;  anzi  fatto  animo  a  fé  fleflb,  deliberò  di  portarfi  al  brama« 
co  fine»  anche  fotto  il  peCb  di  una  inceflance  fatica .   Diedefi  prima  a  co« 
piare  quadri  di  ottimi  maeftrì;  ad  inventare»  fampre  colla  fcorta  del  na« 
turale  »  iftorie  e  capricci  diverfi  in  piccole  figure  »  che  era  quel  modb  di 
pittura  »  al  quale  egli  era  più  porato  dalla  propria  inclinazione  ;  e  ciò  fe« 
ce  per  lo  fpazìo  di  tre.  anni  ;  ficchè  ben  fi  può  dire ,  che  il  noftro  Teodo^' 
to  fi  fia  fegnalato  neii'  arte  fua  fenza  maeftro  %  e  che  egli  folamente ,  in  for- 
za della  accurata  ofièrvazione  del  vero  »  fiar  (lato  maeftro  a  fé  fteflb,  ONccor* 
iegli  intanto  il  cafo  della  morte  del  padre  #  onde  egli  vedutofi  in  iftato  di 
maggior  libertà»  febbene  molto  afflitto  per  tanta  perdita  »  per  defiderio  di 
farli  viepib  perfetto  nell'arte,  viaggiòalla  volta  d'Italia:  efermatofi  a  Ve^ 
jiezia  (  dove  fu  cortefemente  ricevuto  in  caia  il  nobile  Loredano  »  che  per 
quattro  mefi  Io  tenne  a  proprie  fpefe^  volando»  eh' egli operafle  un  mefe* 
a.  proprio  comodo  »  ed  un  mefe  a  benefizio  di  fé  fleflb)  veaute  le  cofepiii 
belle  di  quella  citta,  (e  ne  partì  alla  volta  di  Roma.  Quivi  in  cafa  di  Car- 
lo» Cavallerizzo  del  Sereniflimo  Oirdinal  Carlo  de' Medici»  nel  Palazzo 
della  Trinità  de'  Monti  :  e  a  proprie  (pefe  di  lui ,  con  onorato  ftipehdio 

Fp  ftettefi 


594    Dècenn.KMaParf.r/delSec.F.dalt6^o.tlt6$o. 

iettèfi  per  altri  qnactro  inefi^  fempre  operando  per  T  ofpite  fao.  Unitofi 

£n  in  iftretca  amicizia  con^GioTaimi  Vilcz»  altro  pittore  Tuo  pae&rno,  e 
tea  con  eflb  feco  camerata»  pel  folico  defio  di  veder  paafit  G portò lUo- 
ne  di  Francia .  In  <|uella  città  £  trattenne  per  due  anni  inceri»  nel  qui 
tempo»  a  cagione  di  varie  infermitadi»  per  lo  fpaziodi  on  anno  in  circtf 
quftu  Tempre  in  pericolo  della  vita»  fifietce  obbligato  al  letto :efimlmen- 
te  tornato I  per  £sivore  del  cielo»  allapriftina  falute»  viaggiò  verfoU]a« 
cria»  dove  giunto  felicemente»  per  otto  mefr  continovi  »  per  quei  Cavalì^ 
fi»  efercicò  il  fuo  pennello  in  quadri  di  piccole  figure»  e  caprìcci  diverfi. 
Freiè  poi  nuovo  viaggio  verfo  Italia  »  toccò  Venezia  »  e  dojx)  pochi  meli 
di  nuovo  fi  pprtò  a  Roma  :  dove  per  mezsEO  di  un  Religiofo  della  Compa- 
gnia di  Gesù»  Ottenne  fua  fianza  nella  cafa  della  medefima  Compagnii, 
contigua  air  Oratorio  di  San  Francefco  Xaverio.  Quivi  pe*  padri  della 
fuddetta  Compagnia  fece  pure  più  quadri  di  devozione»  ì  quali  mentre  io 
quefte  cofe  ferivo»  fi  trovano  tuttavia  nel  Portico  dello  fteflb  Oratorio. 
fra  quefti  fu  un  jpaefe  di  dieci  palmi»  ove  egli  rappre(entò  ii  Signore  tcn^ 
meo  dal  Demonio  nel  deferto .  Diede  il  noftro  artefice  in  quel  tempo  e 
in  quei  luogo  sì  apprezzabili  faggi  di  fuo  valore  nell'ane»  e  sì  fece  rifplen* 
dere  le  belle  doti  dell'  animo  fuo ,  che  iavogliatofi  i  Padri  di  averlo  fri  > 
loro»  avrebbe  egli  al  certo  (giacche  nulla  mancava  in  efib  di  veroaffeno 
Itila Crifijana  piec^ )  veilito  quell'abito»  fé  avefle  cono(ciuto  diefercbit; 
lùato  int&rnamente  a  fiato  rtligiofo;  anziché  a  quello  di  fecolare,  in  cui 
f^vefie  egli  pure  religiofameme  vivere»  il  proprio  talento  eferciuodoi 
^pmune  benefizio,  come  egli  poi  fempre  ha  fatto;  mentre  fa ppìamoefo 
f^rta  cpfa»  che  po({bao  gloriarfi  i  fuoi  pennelli  di  non  aver  mai  condocn 
pittura.» ^ che  pofià  dìrfi  meno  che  oneftiflima.  Ma  non  pertanto  li(cjò 
¥gli  per;due  anni  e  mezzo  di  ftarfi  preflb  a  quei  Reiigiofi  ,  finché  fiimobco 
4à  quel  <^liderio»  che  non  meno  conforma vafi  alla  di  lui  inclinazione^  A 
qiiello  che  egli  contribuifie  al  renderlo  fempre  più  perfetto  nell' arte  bu 
che  era  di  vedere  paefi  diverfi  »  con  che  rendei^  anche  Tempre  più  chiari 
la  fama  del  fuo  pennello»  lafciaca  Roma»  fi  portò  a  Napoli.  In  quellaiio- 
1)ile  ^ittà  accoftatofi  pure  a'  Padri  della. Compagnia»  in  ifpazio  difeiiBei 
condufie  per  elfi  tre  quadri  grandi  di  figure  al  naturale,  che  ebbet  luogo 
nel  Refettorio  di  loro  Noviziato .  Nel  primo  rapprefentò  il  Signore  oratv- 
Gq  nell'orto»  e  l'Angelo»  che  lo  conforta;  nel  fecondo  il  penar éelli 
croce  al  Calvario,  fra  la  turba  de'  miniftri  della  Giuftizìa,  e  la  Beata  Ver* 
pine  colle  devote  Donne  :  nel  terzo  finalmente  fece  vedere  eflb  Signor 
irocififilb  fra  due  Ladronit  e  preflb  la  croce  V  addolorata  fua  Madre  con 
Jan  Giovapni  Evangelica»  la  Maddalena»  con  alcune  figure  di  foldan* 
"Toimatofene  poi  a  Roma  »  vi  fu  ricevuto  al  folito  nella  cafa  de'  Padri  del» 
Compagnia  »  ove  actefe  a  dipignere  a  fuo  talento  per  chi  a  lui  piac;u^t^ 
talora  pe'medefimi  Padri;  e  ciò  particolarmente  avvenne  nelle  occationid^ 
pli  apparaci  per  le  Quarancore.  Non  molto  fi  trattenne  per  qutlia  volo 
in  Roma»  quafi  prefago  della  vicina  morte  della  cara  fua  madre»  la  quil^ 
voile  tornare  a  vedere  in  patria  i  e  dopo  che  ella  fu  da  queAa  all'altra  vi* 

ta  pai&tai  fece  di  nuovo  ritorno  a  Roma  ;  dove  aperta  cafa  propria,  atteie 

air  opera 


.     TEODORO    ELMBRECK.ER.     S9S 

•U'òpert  deir  ttte  £u%,  fecondo  \e  oeeafem,  che  pofgevtnfe^i  aAi  fro- 
queliti,  di  condurle  b^e  invmxioni  in- piccole.  %ure,  nelle  qaaU  tettl-^ 
colarmemefi eca già  guadagnacei gran  fitma.  Paflaei diciotco  mefi  yoMe  di 
nuovo  far  ricorno  alla  patria»  e  poi  «Roma  ^r  la  via  di  Franda  ejpdr 
Parigi»  ove  otto  mefi  fi  trattenne»  e  oodti  quadri  vi  dipinfis .  Pafsò  per  To- 
rino» e, per  quel  Duca  fece  due  quadri  di  quattro  palmi;  in  uno  rappr»- 
Cento  la  perlona  di  un  Frate  d'amto  bianco»  che  diftriboirce  a  di?erfi  pò» 
.  veri  gli  avansi  del  Refettorio  »  che  risfd  opera  bella  e  curiofii  »  per  aver» 
egli  in  offi  rappre&mati al  vivo  molti. bisarri  avvenimenti;  che  fuoi  par- 
Corke  «E4one  cotale  fra  le  calche  di  gente  plebea:  in  un  altro  figurò  un  ciaiv 
Jatatloi  che  avidfo  di  fpacciare  fuoi  iftipiaftri,  fi  fa  vedere  in  acto  di  fpaiv 
d«r  chia<:chiere  fra  quegli  fcioperati  e  perdigiorni  »  che  lo  fianno  alcoU 
tando.  Tornatocene  poi  a  Roma  defideratifilraio ,  incominciò  ad  eflervì  sk 
fattamente  adoperato  daperibne  di  alto  afiàre,  che  delle  opere»  che  vi  fis« 
ce  »  lunghifCnia  cofa  farebbe  ftata  ad  eflb  medefimo  il  confervarne  memo^. 
ria*  Fra  gli  alta,  che  ebbero  fue^  pitture,  furono  i  Cardinali  Ghigi»  e 
Gaiparo  Carpigna »  il  Conte  Angiolofa^  principalilfimo  Cavaliere  Parmi- 
giano» dilettante  intendentiflimo  deli'  arce,  che^  fino  del  i68x.  contava 
nella  fua  raccolta  di  eccellenti  pittori»  fino  al  numero  di  venticinque  ope^ 
re  di  mano  del  noftro  artefice .  £bbe  poi  vaghezza  di  portarfi  in  quefta  no. 
fira  cpftà.di  Firenze;  e  qui  fii  ricevuto  ed  accarezzato  con  tratcamenci 
eguali  al  fuo  merito»  da  Orlo  Lorenzo  del  Senatore  Alamanno  della  nou 
bil  famiglia  degli  l%hi»  ilouale.non  pure  per  nroprio  diletto»  come  Qtie» 
gli»  che  molto gufta  di  pofiedere  pitture  eccellenti»  ma  eziandio»  e  toriè 
principalmente»  per  defiderio'di  dare  a  i  due  figliuoli  »  che  gli  ha  fra  gli  al 


tri»  cioè  a  Scipione  e  a  Piero  Cavaliere»  coiwerfazione  di  tutto  genio ^ 
giacché  tanto  Tuno»  quanto  P  altro»  per  proprio  diporto,  lodevoliflima» 
mente  operano  in  pittura»  ha  voluto  in  diverfi  tempi  più  volte  averlo  t 
fé  »  e  in  propria  cala .  Per  quefto  dunque  ha  Teodoro  coloriti  diverfi  qua^ 
dri«  Ne'  primi  quattro,  per  larghezza  di  fei  palmi  romani  »  che  è  quella 
appunto  »  che  dicono:  in  Roma  tela  dell*  Imperadore  »  figurò  eccellentUéi 
mente  al  fuo  folito  le  quattro  Aagioni:  in  altri  due  .di  diverCa  grandezza 
la  Natività  del  Signore,  e  TAdorazione  de*  Magi  :  in  altri  quattro»  diverfi 
capricci»  di  zingari,  fonatori»  bevitori»  e  giocatojri  plebei:  in  altri  fiicre 
jftorie»  alcune  Sbille»  e  altri  capricci.   II  Marchefe  Folco  Rinucdni  ha 
fra' fuoi  belliffimi  quadri  fei  pezzi  di  mano  di  ^eòdoro,  di  braccio  in  cir« 
ca  »  bellìifimi .   Rapprefentau  in  uno  la  Vergine  Santiffima  con  Geaù  e 
San  Giu(èpi)e»  che  viaggiano  alla  volta  d'Egitto:  e  in  altro  vedefi  la  AcfU 
lanca  ;  corniti  va  neir  atto  del  ritorno'  alla  patria .  Penfiero  fu  quefio  di  chi 
quelle  cofe  fcriye;  e  oltre  à  quanto  ha  in  quefti  rapprefentato  il  pittore 
di  dilettevole  e  di  VBgo»  fi  vedono  bene ,  e  con  buona  e  aggiuftata  dif- 
ferenza efpreflfe  le  etadi  e  del  fiinciullo  e  del  liio  putativo  padre»  nel  tem- 
po dell' andare  e  del  ritornare,  a  proporzione  di  quel  corfo  d'anni»  che 
credefi  per  la  pm  parte  »  che  il  noftro  Redentore,  infiemecon  Maria  e  con 
Giufeppe,  colà  fi  trattenefle.  In  altro  quadro  fi  veggono  rapprefi^ntate  le 
operazioni»  che  in  umpordi  Primavera  fi  .&niio  in  un  giasdiào  di  pomi 

,  Pp  z  efiori» 


JùAoa^fKtnoQ  4i!kpiftd\tmit/m  dk  Varie  fentiDiiièLle i  dbe  ajmbla  in 
.^mUa  oolcurfts  in  «IcrotiiKto  per  lo  tt»po.d«lk  Sntf»  feno  focDMde 
jCoiiMcHn«(che«  intOEna  ti.  facooglieoe  i  ^nmi  e  biade  »  Uao  ite  ut  lu>  o?€ 
'£  fa. vedere  ^uamo  occorre  fi»  1  villani  niella  vendemuat  e  a&o  A  «i 
-carroLyfopra  il  quale  aflai  péribne»  nomini  e  donne»  in  varia atocudiiiign- 
-ùofet.fiinnofi  vedere  tmoiaicherace»  fonando  diverfi  iftmmemu  mentre 
4tltre.a  piecU»  pure  in  abick  diveril  di  niafchera  »  con  getti  buffonefcbi,  a^ 
uQCMnpagnano quell'aUegi ìa .  Neil' nltimo  finaloiente è figtttaco  TlnvcrnOi 
4:on  vfti  )  capricci  di  uomini  e  donne*  che  fi  icakfano  ai  fuoco  &  un  bra* 
•ciacajoft  il  tutto  efpreflb  con  tanta  verità  e  nacHraleza,  qoanto  maidefidi- 
-nre  tt  poffii.  il  Marchefe  Mattìaa  Maria  Bartoiommei»  Cavaliere  docito 
4i  ogni  virtù  ^  e  atnicjfftma  delle  buone  arti ,  ha  pwe  di  mano  di  Teodo- 
iVo  quattro  quadri  di  braccio»  i  quali»  per  loKo  bizzarria  e  ntturtkzui 
-^non  poffi>no  dirli  men  belU  di  quel  che  batter  ooffa  per  appegsre  ippie* 
no»,  non  pure  l'ottimo  gatto  del  Marchefe  fteflo»  ma  ouallo  eziandio  di 
ogni  altro»  che  a  pari  di  lui  prendafi  diletto  di  oofe  si  ntte  :  nel  primo  è 
•npprefentato  un  luogo  ameno»  ofia  giardino»  dove  fotfo  una  gran  voltii 
parte  fiitta  dalla  natura»  e  parte fiibbricata con  mano»  attorno  ad  Qnbdlo 
lecipiente  di  acqua»  che  cade  da  una  fontana  »  fiinno  corona  quaccio  vigk 
^ii^ellc»  che  in  varie  e  belliflime  attitudini»  appropriate  al  conoctio» 
Aanno  lava^ndo  il  bucato»  mentre  in  mediocre  (flinanza  una  giovanci  eoa 
.ganoincello  aififtono  ad  una  gran  ccaldaja»  queUa  con  votarvi  ranmtiiC 
fuetto  con  attizzare  il  fuoco i  che  iì  vede  fotto  e  quel  vafo  natocaliffin^: 
'.e  (bnovi  alcune  figure  di  villani  a  maraviglia,  belle.  In  un  akro  vedefi  in 
«varie  figure  dì  genti,  campagnuole»  un  ciambellaio  giocarti  alla  oori  eoo 
vn  villano  le  fue  ciambelle»  delle  quaU  egli  ha  piena  una  zana«*  eineatre 
^li  tutto  attento  al  giuoco»  con  una  mano  che  fegna»  e  coli* altri  che 
fcuopre  »  gtiarda  fifo  il  giocatore  compagno;  un  ragazzo  triftoi  ditoni 
piglio  ad  una  grolla  ciambella»  che  fra  l'altre  fia  appefii  alki  zanai  tenti  di 
portarfela  via;  che  però  con  aft eco  avvedimento  »  e  con  atto  natoralìffi^ 
accenna  ad  un  altro  ragazzo #  che  ftia  zitto»  e  non  faccia  motto*  Apf^ 
«quatti due»  U  un  bel  vadere  un  cane^  che  fiffando  l'occhio  vttblt^^' 
no»  che  ruba»  moftra  di  alpettare  con  impazienza»  che  fuo  fiapetelfcfc 
^uel  boccone.  In  tffl  altro  quadro,  che  io  penfo,  che  né  più  nètneguo 
ooflan  condurre  i  pennelli  di  chi  fi  fia  in  fimile  forte  di  pittura,  è  una  tri- 
éacca»  figurata  perunofteria^  alla  campagna  aperta:  e  la  perfona  dell' otte . 
il  quale  con  un  certo  fuo  garbato  rifo»  oolla  foglietta  in  manoi  affitte^ 
w^  bevitore:  e  vi  fono  altre  figure  dietadi  diverfe  »  cioè  di  donne  e ^ 
fanciulli ,  che  con  gufto,  pare  che  oflervino  quell'  azione .  Neil'  u\ii^^ 
Vede,  in  atto  di  federe ,  una  vaghiffime  femmina  contadina  con  m  bamt'}' 


na ,  per  maggiormente  invogliamelo ,  oiicomnaoiegii  aiqmmo ,  ^^y*  * *: 
«ta:  un  altro  fanciullo  di  maggiore  età  gli  fiede  appreflb»  rideodoft  di  q^^^' 
1'  atto:  vi  à  la  figura  di  un  giovane  e  di  un  vecchio  »  e  una  bella  ht^^ 
latta  ^  tutti  contadini  I  e  quettainattodidardiufeeJ^oednntozzodip^f 


TEODORO     BIMBRPCKER.        597 

ftè  £  |>ii^  tbbaftmza  lodgftt  It  perfiyn^  di  un  bntturo  o  cipomandrlt;, 
veftito  di  Qnt  rozza  pelliccia  »  e  quaflo  io  atto  dì  cavalcare  un  fomaroi» 
e  farlo  (teré  ad  »n  fonte.  Vojgefi  ^coftai  verfo  I9  dette  figure:  e  in  tifi 
^iSo  yj^aneiEì^e  %r%ziacoi  muove  un  rìfo  allegro  e  rpiritoCo»  i^uantQ  m^i 
defidcfar  fi  ppfla  in  cofii  vera  t  e  non  finta.  Chi  que(le<:or<;  fcnve  .qonCbr* 
va ,  come  prezipfa  gioja ,  un  quadro  di  Teodoro  (  regalo  ^atto  a  ie  dall'  Aba* 
.te  Franceico  Adarucelli  Fiorentino^  Cavaliere  di  quel  valore  e  fkna,  che 
h  nodffiina  )  d' una  mezza  figura  di  proporzione  filquanto  maggiore  deilis 
foprànnominate  ;  e rappreCènta  un  bevitore»  col  fiafco  in  mano  e  '1  bicchie- 
re pieno:  fta  egli  in  piftdt,  e  apppggiatoad  un  defco  di  bella  pietra,  fin- 
gnendo  sì  fatti  arnefi^  con  occhj  giulivi  e  brillanti  e  vermiglie  gote»  guar- 
dando verfo  la  perfona  di  un  giovincello»  che  in  attitudine  graziofa  fé  U 
ride  con  eflo  teco .  Il  colorito  del  quadro  è  bellifiimo:  e  benché  appprifc;^ 
aflai  terminato,  9  delicatamente  condotto;  conjtuttociò  fcuopre  in  ufi 
tempo  medelimo  in  fé  fiefib  tanu  maeftria  di  pennello  e  frefchezza  di  tin- 
te, quanto  inai  dir  fi  pofla.  Ma  fé  io  mi  fon  ipeflo  alla  per  altro  a  me 
cara  fatica  di  defcrivere  tanice  opere  del  noftro  pitpre ,  che  io  yeddi  quj^ 
in  Firenze,  belliflim;  s),  ma  di  minore  grandezza,  e  meno  copiofe  fii  fi- 
gure ,*  non  voglio  10  tralafciare  di  fare  lo  fteflb  di  altre ,  non  meno  Angolari  » 
che  fra  i  quadri  di  ottimi  maeftri ,  pofliede  pure  di  mano  di  Teodoro  nel 
fuo  Palazzo  di  piazza  Spagna  nella  città  di  Roma,  il  già  nominato  Abate 
Francefco  Marucelli;  le  qujili  con  efiere  di  quelk,  che.fi  contano  fra  le 

fnò  eccellenti,  e  più  piene  di  bizzarriipine  invenzioni,  hanno  anche  la  q^a- 
i  '  ■        "  -  -     - 


[ita  deli':efirer  moltfs  in  numero:  e  quefto,  per^chè  l'amore- di  Teodoro 

Xo  il  fnerito  di  quel  Cavaliere,  e  la  filma,  che  quefii  fece  fempre  delia 

vìrt9  di  Teodoro,  incontrandjifi  infieme,  hanno  latto  per  modo»  che  m> 

.non  fo  ft,  aicri  fiji»  che  vant(ir  fi  pc^at  fuori  d^U' Ab^te,  di  avete  avu(i 

tanti  parti  di  tal  pennello j  quanto  ^gli  ha  fatto-  Diremo  dunquie,  CQmfi 

avepcibo  quefto  Cavaliere,  vago  pfr  nobile  fup  jenio  dixofe  di  pittura»  fi 

parziaiiiuiqo  de*  profefliKi  di  affa  »  vedu^  fino  dell' annp  i/58o.  alcune  op^ 

re  di  .quefto  grand' uomo:  fi  ammirata  non  niepo  la  fquifitezza  di  efl^e,  c^ 

la  fincerità  e  bontà  dell'  artefice,  ftrin^  qpa  ^fip  una  cordiale  amicizia:  e 

trovò M  pronta  icorrifppnd^n^'i f  che  puòdirfi  con  verità,. che  egli  per  neC- 

funp alpino maij^ràflècanpiii di ligisBzaecQ   piùac^orei ^cchè in  pochian^t 

pot^  l'Abate  firrioshire  la  lua  Galleria  di  fedici  quadri  di  mano  di.  tale  v|r- 

tuo(o>  tutti  aminirs^ti  a  gran  fegno .  .Conaanfi  fra  queOi  fino  al  numero  4t 

quattro  di  ftraprdinaria  grandezza,  noti  più  fino  allora  dal  pittore  fifata» 

iicioè  dpa  in  «In  da  Imperatore  >  e4|iedixy>ve  palmi  H^mani,  che  cont^^vonp 

-figure  dijpRlfiioHl^qirea;  in  uno  Ce  9^  osarono  ci^arama  in  prime  vedete» 

ove  rappuafe^tafi  uà  ballo  .tondo  djfftifm  maCchi  ^  femminei  e  altri  isi  w- 

voIaapi^tfQchj^a,  in  atto  di  merendare.  FraTonatori  a  ballo  è  Teodoro 

4leflb»  ritTiapto.  al  yivo>  mpotre  Cuona  il  buon^cordo;  m^fira  tale  figuia 

:«fiertiisiQi  per  ìfit  veft^,  e. mentre  fi  volta  in  dietro  per  vedere  phi  fia  colici 

.che? il  tira,  vede  cofi  fuo  fti|p«Ke,jefl«:r  la  M9rte accpmp^goata  dal  Tempo» 

.a  eufTwi vicinid«ejpaq(Qletti»  che  $on acqua infaponata foirmano,  fofiiaii- 

.do»  q|if:Ue49Sid«  pflfej ^a  bpUp  criftalline»  phe.ii»  un  mpv^nto  per  arj^ 

Pp  3  fvaniféonoi 


5  9^    Hicentt.  V.  della  Pari,  ì,  delSek  V.  dal  1 640.  d  1 550. 

fvanifcono;  volendo  il  prudente  trcence  fignificare  con  ciò  Ubteviii 
e  fragilità  di  noftra  mifera  vita.   Sopra  il  gruppo  de'fonatori^  incitsudi 
una  Icalinaca  e  falita,  è  piantata  una  croce,  preflballa  quale,  in  atto&t* 
voto,  è  la  Crifiiana  Virtù ,  coperta  di  bianca  vefte,  che  in  atto  amorevo» 
le  invita  alcuni  giovani,  che  à  mezzo  il  poggio  ftanno  fermi,  a  rompeit 
ogni  indugio,  ed  a  finire  il  viaggio  intraprcfo;  mentre  vaga  e  vanimini 
donna,  latcivamente  addobbata»  con  i^fìicciato  modo  addica  loro  lefog- 
giacenti  allegrie ,  per  rirrargli  dair  intraprefo  e  travagliofo  cammino:  e 
per  molto,  che  Óudifi  la  più  parte*  di  loro  di  muovere  il  paflfo  perquelh 
erta  via;  non  è  per  quefto,  che  uno  di  efli  fermatoli  a  federe,  non  moltrii 
Guafi  inrrifoluto,  e  fra  il  si  e'I  nò.    Più  indietro  forge  un'  amicagliadi 
zabbr]ca,lòmigliante  il  famofo  Arco  di  Coftantino.  Fra  vaghtffimi alberi, 
e  in  lontananza ,  vedefi  un^circolo  digiocatori  alle  carte .  Fra  le  eofe  ingegno* 
fifliine»  e  a  maraviglia  immitate »  che godonfi  nel  quadro,  èfracoloro,  eh 
ballano,  la  figura  di  un  contadino,  che  col  fuo  goffo  e  fmoderato ftltarc» 
fa»  non  fenza  rifo  di  chi  il  mira,  ben  palefe  fua  rufticana  imperizia.  Ewì 
anche  fìguraro  un  accattone,  condotto  di  al  buon  gufto,  die  il  celebre 
Carlo  Maratta  vedendolo,  ebbe  a  dire,  che  fé  quella  figura  fo^  ftacafok 
in  un  quadretto,  averebbela  fenza  dubbio  creduta  opera  dò!  pennello deir 
lo  (leflfo  Tiziano.   Dirò  per  ukimo,  che  è  ammirabile  in  quefto  quadroil 
bello  accordamento,  e  l'armonia  di  tutte  le  parti  inCeme,  che  è  una  del- 
le più  belle  doti,  che  abbia  \z  }}lctura,  mamme  inci^,  che  appartiene > 
iftoria:  e  quella  akresV,  in  cui  il  noftro  Teodoro  da  molti  anni  in  qui» 
a  cagione  del  molto  e  molto  operare,  fi  è  fegnalato  non  poco,  ti  confi* 
gno  del  defcricto  quadro,  ricco  dì  trentacinque  figure  ,  rapprefenu  b(i> 
parte  dì  Campo  Vaccino  di  Roma,  con  buona  quantica  di aniinaK  peco* 
rini,  vaccini,  e  bovini,  che  beono  alla  fontana  ;  ove  bee  altre^ilpauore» 
che  in  beila  attitudine  piegandofi,  per  accodar  la  bocca  alla  doccia  del- 
¥  acqua ,  fa  ben  conofcere  Y  ottimo  difègno  dell^ artefice .    Uno  de*pni>* 
cipali  foggetti  o  capricci  è  quello  di  una  giovane  e  graziofa  feamn^"^' 
che  sbracciata  e  loUecita  cerca  di  far  bollire  >  e  va  krhiumandd  vni? /uà 
calda ja  di  maccheroni,  intorno  a  cui,  in  abiti  e  in  atti  aflai  ridicolofii  ^^ 
no  affollati  molti  baroni,  al'pettando  anfiofi,  che fia  ftagionata  queAig^^^ 
folana  vivanda.  Vero  e  ardente  apparifce  il  fuocar  piti  che  vero  il ^^ 
re  e  la  fchiuma:  e  fopra  ogni  credere  >  vera  apparìfce  una  mezzina  di  rv 
me ,  che  sì  pel  fuo  tondeggìamento  i  »)  pel  colorito,  gabba  gli  occb)^ 
riguardanti.  Dietro  a  quella  gruppo,  in  kiogo  alquanto  rSevato,  i^ 
ciarlatano,  che  fdpra  'I  luo  palco  cava  un  dente  a  un  bifolco,  che  l^(c^^ 
dal  dolore  fi  vede  piagnere,  mentre  un  pulcinella,  compagno  4el  c'nriatf- 
no,  fa  confuoi  lazzi,  che  ridano  molti  villani,  chelaftannoadafcoltat^' 
Dalla  deftra  mano  forgono  più  calè  rufticali,  maravigliqlàmence  colorita;  ^ 
fine  delle  quali  è  un  terrazzo  pergolato  di  viti»  che  colle  verdeggianti^ 
glie  fanno  ombra  a  più  perfoue,  che  fonando  ftannovi  (otto  a  diporto' 
ed  è  quefta  una  delle  parti  fra  le  altre  più  (limati  e  lodata  da'  pit^^'^' 
Dair  altra  banda ,  fotto  una  tenda  giace  quàfi  diftefo  ih  ónafedia  un*oa)i^ 
Clone  graffo  a  difmifuia^  e  come  pel  caldo  andante  »  elle  con  un  boccak 

in  mano 


I 


TEODORO    ELMBRECKSR.      S99 

« 

in  Qiiao  iiM^ra  voleìr  poigerè  da  bere  •  uM  donntt  che  ridendogli  (k  ti^ 
Cina:  .e  quivi  predo  (&  ricco  in  fu  due  piedi  un  pellegrino  »  che  (èmbra 
di  Napolecana  nazione t  di  lunga  e  magra  perfona,  che  cenendo  in  mano 
una  icodella  di  maccheroni ,  muove  un  gefto  sì  nacurale  p  che  forza  a  ri. 
dere .  Diecro  a  quello  veggonG  due  vezzofecte  femminellet  che  in  acci  tt* 
nari  »  e  galanciflima  ;  moftrano  di  accarezzare  i  loro  bambini .  Nel  riraanencs 
le  alcre  moke  belle  cofe^  dicofìgurinCf  veducein  loncananza^  Poccimo  co* 
lorico  deir  axià,  rocca  con  maeftrìa  da  una  difordinaca  variecà  di  ni^ole ,  e 
la  maniera  nel  cucco  fopra  ogni  credere ,  force»  rifencica»  e  inlieme  vaga  e^ 
vera ,  aggiungono  ranco  di  bellezza  a  quefte  due  opere  »  che  non  è  chi  non  le 
giudichi  veramence  perfecce.  Vien  figuraca  nel  cerzo  quadro ,  e  primo  de'due 
maggiori,  una  gran  Fiera,  ove  fiano  concorfe  varie  genci  e  in  gran  numer 
IO»  chi  a  vendere,  chi  a  comprare,  e  chi  a  vedere:  e  veggo nu  fparfeper 
una  fpaziofa  campagna,  che  a  poco  a  poco  degradando  (pregio  non  picr 
colo  de' pennelli  di  Teodoro)  moftra  una  loncananza  di  moke  miglia  • 
porcandou  a  cermtnare  in  alcune  piacevoli  coUinecte,  ornare  di  ville  e  di 
belle  verdure.  Vef gonfi  in  acco  di  cavalcare  a  craverfo  al  gran  mercaco» 
fc  in  feconda  diftanza  alcune  eruppe  di  birri  con  un  prigione  legaco,  pure 
I  anch' eflb  a  cavallo,  il  quale  in  arco  metto  accenna  al  caporale,  che  gli 
i  faccia  raccogliere  il  cappello  in  cerra  caducogli  :  e  in  cale  capriccio ,  quan- 
I  co  apparifcono  belli  e  ben  colorici  i  cavalli ,  canco  appanfcono  brucci  e 
!  fpavencofi  i  birri  neli'  accicudini»  nell'  accompagnamenco  di  lor  perfoneg 
(  e  fopraccucco  neMoro  ceffi,  che  veramence,  fenz' alerò  più,  gli  fanno  ben 
i  conofcere  per  quegli ,  che  volle  Tarcefice  rapprefèncare .  Innanzi  a  quelli 
I  ti  vede  un  carro,  ciraco  da  due  buoi,  col guidacore  de'medefimi»  in  acco  di' 
1  far  forza  nel  muovergli  col  pungolo  ;  fopra  il  carro  fon  diverfi  arnefi  di  ^ 
I  poveri  villani,  cioè  una  boccicella ,  e  fino  una  piccola  vicellina,  le  quali 
;  colè  due  giovani  concadini  moflrano  di  voler  dar  principio  a  fcaricare  :  ed 
I  ha  quello  gruppo  >  dagli  arcefici  occenuco  il  pregio  e  la  ftima  di  eflTeff 
facto  con  si  buon  rilievo  e  colorico,  che  paja  veramence,  che  le  figure 
,  e  gli  animali,  e  ogni  alerà  cofa  rapprefencaca  in  eflb,  efcano  del  quadro. 
Si  vede  da  uno  de' lati  un*  barbiere  ridicolofb,  che  forco  unacrabacca  ra^ 
de  la  barba  a  un  vecchio  villano;  menere  un  alerò  fedendo,  moftra  afpec- 
tare  per  lo  ftefTo'fine,  che  refti  colui  fpedico.  In  mediocre  diftanza  un 
xherciajo,  avendo  aperce  fue  fcaeole,  fa  moftra  di  crine  e  merlerei  a  due 
vaghe  donzelle,  che  riccamente  ve ftice.  accompagnare  da  un  Cavaliere  e 
cja  buon  numero  di  fcrvicori,  nell'aria  nobiliflima  de  i  volei  loro,  mo- 
firano  di  efter  Dame  di  gran  conto .  Nel  mezzo  del  quadro  »  e  nel  luogo 
piU  vicino  all'occhio,  fono  donne  fruccajuolet  in  accodi  vendere  a  due 
Fraci  bianchi  alcune  zucche:  e  qui  è  desno  di  refleflione  un  acro  relìgio- 
fo,  facco  neir efprimere  ^uefto  penfiero  dal  noftro  pittore,  cioè;  che  aven«^ 
do  egli  da  primo  bonariamente  fatto,  che  quei  Fraci  compraflero  polli ^ 
dubitando,  che  altri  creder  poceffe  avere  eflb  voluco  quei  clauftrali  cacciar 
di  gola,  fece  quei  capponi  divencare  zucche.  Alcre  belle  cofe  e  figure,  a 
maraviglia  dìfpofle  e  digradate,  fi  oftervano  nella  terza  e  quarca  diftanza» 
le  quali  folamente  accenneremo»  per  recar  menofaftidio  al  noftro  leccore: 

Pp4  eealifono. 


600     Desenn.  VJtHa  Vàrù  LdelSec\  V.  dal  iC^o.  ti  16^0. 

etili  (ano,  iimctri^aufdiigcm  ft<èfi  caValK  bui  (aitanti^  én(It)V\IMi6é 
e  C^viìtcìì:  cklefli  eofi  ahri  vioggiimi:'  ta  grappa  di  iif>g^r« /dette (\\nK 
8ientr<  uni  tiene  accento  un  vec£lt(60olir«ditio  Mia  ventura,  Vtltniilnit^ 
defimo  ruba  la  boria .  D'^ avanci  a  una  tftrema  fi  vede  6m  fpanntoft  qui- 
ftiùriei  vecctiraU  con  fotne;'  tfabaéChe,'  fotco  le  qi^Ali  fieddftcì  genti  a  tàvo* 
la;  e  altre  figure  fciolcei  e  raj^ptefentanti  varie  e  curiòfe  azioni .  E'ir^ 
ricchictd  ilqoadto,  per  termine  lacerale»  di  élbeii  e  àìitìcagliek  nonfena 
i^  accolli  pagnàtura  di  figiire  e  di  aftitùali»  in  atto  di  pafeolàre^  Oientre  11 
guardiano  in  be4le  e  nafuraiiilliDa  attitudine  fi  gfaee  in  certa  addormenu- 
to.  Nel  quarto  quadro»  e  fecondo  de'due  maggiori  »  hft  veramente  Teo« 
doro»  quanto  mai  in  altr'opera,  fatta  còno rcere  la  fecondità  della  ftit io- 
ventricè  minièra;  mentre  avendo  in  eflb  «fprefla  una  feconda  Fiera i  con 
circa  à  (effiihta  figurs  >  V  ha  tutte  condotte  in  variati  modi  di  penfien  e 
caprieci  di  attkudihi  e  di  volti  t  6ioechè  noti  foto  pàò  dirli  di  quei  quadri, 
che  per  ora  fi  deferi vonO»  ma  eKiartdio  di  tutti  e  ledici  t  pezzi»  pofledo- 
ti  da  quello  Cavaliere  >  ne*  quali  pure  fi  contano  prefib  a  quattrocento 
figure.  In  quello  dunque  alla  man  de^a  di  chi  guarda #  forge  una  gtio 
Cafa  di  villerecéia  architettura  »  così  ben  tinta,  che  mollrando  doe  f&ccet 
ton  una  pare,  che  efca  tanto  della  tela*  che  fembradi  rilievo,  e  non  di- 

Sima.  Pòchi  paflH  fuciri  della  villa  fi  vede  ufcito  un  garzone  air  incontro 
ella  fua  novella  fpofa  »  la  quale,  giuda  1'  ufanea  di  Olanda,  fi  pomi 
trovare  il  marito»  accompagnata  da  comitiva  di  femmine^  parenti  e  tini* 
the:  fira  le  quali  è  maravigliofa  la  figura  di  una  vecchia,  che  con  ifgutrdo 
euriofo^it^hinandolli  guata  fifo  fifo il  giovane  fpofo,  a  cui»  come  villano» 
tlquantò  ti  vilmente  rattazzonato,  parche  cafchi  di  dofib  il  mantello,  meo- 
tfe  il  collare,  più  da  una  che  da  uh* altra  parte  gli  pende  dal  collo:  erfe^ii 
in  bèirattò  porge  la  mano  alla  fpofa»  che  tinta  di  vergogiioibroiroreifs 
édefib  il  fimigliaitte.  Veggonfi  fopra  uri  balcone  dell' ifteflkcafa, direte  ti- 
Vote  figurato,  affacciata  uita  donna  fpenaolandofi ,  come  dir  fifuoie.pct 
vedere  li  funziortei  e  quattro  fonatori  intanto  eòn  loro  ftrumenti  di  fit- 
to, accompagnano  queli* allegrezza*  Non  mai\da  predo  alla  perfonaffe"<) 
fpofo  eomiciva  di  parenti  e  di  amici:  altri  preflb  ad  eflb»  altri  fuon'i  l'tn 
dentro,  e  in  fulla  porta  medefima  della  caia:  e  tutti  fanno  cònofcere\o- 
^0  cotitente^fea .  In  poca  difiauaca  fono  altre  beltiifime  figure  di  pcHone» 
èhe  Cangiano  e  btvòfio,  efiigUano  tabacco  in  fumo  ;  altre  moAranoiS||* 
ficerfi  tieirinfilzare  i  picciónìriello  fpiede:  e  fanno  bel  vedere  le  figure  di 
dse  Frati  Zoccolanti ,  tutti  intenti  nel^  caricare  dì^  accattate  legne  un  loto 
fomarello .  In  faccia  alla  calk  verfo  il  uesszo,  in  terte  diflanza,  fi  tede an 
branco  di  dieci  puledri,  difordinatàmènte  al  loro  ufo  in  varie  veduce inbe- 
tte fioretti,  e  nondimeno  così  bene  Vhùo  dagli  altri  dtftinto,  che  (\^^\ 
tunque  manrellati  fiano  di  chiart  colori  e  diverfi»  ciafcheiluno  ben  fi  p^^ 
leparè temente  difcernere  e  numerare.  In  vicinanza  di  quelli  animala' 
VéggoAò  ,  in  atto  di  guardargli  e  di  oflervargh ,  due  Cavalieri ,  tìi  ^' 
to  vefiitif  e  uno  in  abito  di  campagna.  Rapprefentano  quelli  YS^^ 
Mérucelli  fteflb ,  Con  due  fuoi  nipoti,  uno  de'quah  il  maggiore  accenna  >' 
isld)  quello  I  efae  fm  quegli  animali  più  fi  conA  al  fua  guHo  e  é^(^àt\o* 


:  :     TSOJyORO    ELMBRECKER.      6ot 

Meir/iftoflb  piano  ì  prdb  a  nnt  oapnsni'^floMle ,  (bno  pili  figure  di  pi« 
ftor»^  atcorn»  ad  una  loro  tuandria  dì  taocfae*  natucalmeiue  colorito  e  ae^ 
teggiace:  ed  una  paflorelb,  ^he  in  arciradine  fpiricofa  e  vivace  te  lougne» 
Termina  da  quefta  banda  il  quadro  in  una  vaga  marina  dall' Orizome ,  vt« 
duca  in  loncaransa,  a  cui  ha  Tartifisiofo  pittore  tre  archi  oppofti  di  antu 
co  acsqiùdotto  •  che  Torve  mirabilmente  a  mt^  parere  più  lontano  quel  ma-^ 
rei  di  qitt  da  cui  neirantcriòre  campagna*  è  un  pailbrello  fedente»  che  a 
chi  il  mira  volge  iafchiena,  coperta  di  pellicciai  guardando  le  fue  pecorel-4 
le  t  cosi  lanute ,  e  in  tutto  fimili  aUe  vere,  e  colla  varietà  de'  colori  ai  ben 
digradate»  che  ben  può  dirfi  col  noftro  Poeta: 

NùB  vidi  me*  di  me  r  cbi  vide  il  vere . 
Ciò»  che  dir  fi  puote  eziandio  di  due  figure  di  Levantinii  che  pofate  in 
terra  loro  merci»  fedendoli  a  ripofo»pare,  che  fra  di  loro  ragionino .  £fprefle 
fon  quefte  con  tal  vivezza»  ehc  alerò  non  manca  a  chi  le  oflerva  ^  che 
udirne  le  vooii  e  potrebbe  dirli  ancora: 

Né  manca  ^ue0e  encer  fé  agli  eecbf  credi . 
Per  ultimo  •  è  maravigliofo  un  gruppo  di  due  donzelle  e  di  un  contadi^ 
no  venditore  di  frutte  I  il  quale  piepandoli  con  attenaione  a  rimirare  ife» 
gni  della  piena  e  pefante  ftadera»  gli  fii  vedere  ad  una  di  effe:  la  quale  non 
meno  anuofa  di  lui  glifta  riguardando»  e  intanto  con  ambe  le  mani  tiene 
aperto  un  facchetto»  ove  elle  debbono  efler  votate.  Non  lungi  dal  lido 
della  defcritca  mariruii  ha  Teodoro  dipinta  (benché  dipinta  non  paia  ma 
vera)  uh*ofieria  con  molte  genti  ali*  intorno»^ in  operazioni  varie  e  natu» 
ralillimeé  Dopo  quefla  ii  vanno  a  poco  a  poco  innalzando  vaghiffimi  colli» 
con  ville  e  verdure»  da'quah  con  digradazione  ftopenda»  forgono  di 
mano  in  mano  più  altre  montagne »che  lontaaiffime  appariicono.  Seguo* 
ho  poi  gli  altri  dodici  pezai  di  quadri  di  tre  e  di  quattro  palmi,  ne'qualì 
fono  altre  invenzioni  di  non  minore  «  anzi  forfe  in  qualche  parte  di  mag- 
giore bellezza»  che  il  volerle  minutamente  deferi  vere»  troppo  lunga  cofa 
fiirebbe.  Di  uno  d^  efli  però  fa  di  meftieriil  non  tacere  afiatto  i  concioffia^ 
cofachi  egli  fia  un  pezzo  di  quadro»  che  ha  dato  molto,  e  dà  tuttavia  per 
(tia  b«:lleaza  da  parlare  •  e  da  ammirare  infleme  agi'  intendenti  dell'arti. 
Rapprefentafi  iVi  quefto  unafcuola  di  nove  fanciulli  »  per  entro  una  carne-» 
ra,  a  cui  dà  lume  una  nneftra»  con  al  bello  artifizio  colorito»  che  pare  in 
vero»  che  il  Sole  fteflo  vi  penetri  ad  illuftrairne  quafi  ogni  parte.  Vedefi 
il  Pedagogo»  il  quale  in  pofto  vivace»  e  autorevole  infieme»  mc^ra  di 
(gridare  uno  degli  fcolari»  innanzi  a  fé  genufleflo  e  piangente,  e  coUa^ab- 
bia,  che  moftra  nel  volto,  colla  rabbuffata  e  pedantefca  bart:^»  e  con  al- 
tre infe^ne  di  fua  magiftrale  perfena,  è  veramente  oggetto»  a  chi  lo  mira» 
di  ammirazione' infie ine»  e  di  alte  rifa%  Ma  perchè  non  fi  abbia  a  dire»  che 
Teodoro»  com'egli  fieifo  per  facezia»  e  per  modeftia  talora  fi  chiama,  fia 
pittore  folamente  di  bambocciate»  conviene  anche  accennare  qualcofa  di 
alcuni  altri  de*  dodici  pezzi  foprannominati .  Evvi  dunque  un  quadro  »  in 
cui  di  ottimo  gufio  ha  egli  rapprefentata  la  Natività  del  Signore;  un  altro, 
ove  vedefi  la  raga  di  Maria  Vergine  in  Egitto  :  e  uno  eziandio  ve  n'  è  del 
Tranfito  di  San  Fraacefco  Xaverio:  e  in  tutti  quelli»  particolarmente 

nelle  telle 


6oì     Deceuk  V.  Ma  Turt.  L  del  Set  JVi dal  1(^40.  ili6^9. 

nelle  tefte  di  Maria  Vergihe  e'^ide'Sintt  *  che  tutte  l^irtno  decozione,  con 
una  certa  tale  quale  imitazione  del  modo  di  Guido.  Reni,  ba  egli  [u|^ii« 
fo  fé  fteflò,  Nè£bno  quefie  le  prime  iiicre  rapprefeotazioni ,  fiate  condot- 
te dal  piiflimo  pennello  di  Teodoro;  giacché. oltre  a  quante  ne  accennata- 
sAo  di  fopra»  anche  ad  altri  né  ha  facce  mólte  •  e  in.  particolaie  all' Eccel- 
lentiflimo  Duca  Sforza  Cedrini»  fino  al  numero  di  dodici:  e  menueio 
quefte  cofe  ferivo,  cioè  nel  169/^  ha  egli  dipinta,  una  tavola  da  alare  per 
k  nuova  Sagreftia  della  Chie£i  di  Santa  Maria  della  Pace  in  Roma  def  Ci* 
nonici  Regolari»  ad  iflanzai  e  per  devoto  dono  del  Conte  Anguifciola» 
degniflimo  Cavaliere  •  e  di  quefte  belle  arti  amantiflimo»  il  quale  porem 
una  Tua  raccolcai  da  fé  fatta  in  gran  parte,  di  opere  rarìflimei  conca  più 
di  venti  pezzi  di  quadri  di  mano  del  noftro  pittore  .   Contiene  T accenna* 
ta  tavola»  in  figure  quanto  il  naturale,  quella  di  Maria  Verdine,  maeftofa- 
mente  fedente,  con  occh)  (bcchiufi  e  bafli,  quali  in  atto  di  contemplare  e 
adorare  il  fuo  Divino  pargoletto  Figliuolo,  che  full'  uno  de' ginocdù  di 
effa  pofando,  volgoli  con  ainorofo  fguardo  vèrfo  la  Madre,  a  cui  prefenta 
un  ramofcello  d'ulivo;  mentre  San  Giufeppe^  Spofo  di  Maria,  con  umilci 
il  tutto  mira  e  ammira:  e  alcuni  Cherubini,  lieti  e  riverenti  1  lofleflb 
fanno.  In  quello  medefimo  tempo  ha  Teodoro  condotti  due  quadri  pel 
Serenillimo  di  Savoja,  in  tela  di  quattro  P^lmi,  per  accompagnarne  due 
altri  limili  f  che  fece  più  anni  foiK>  nel  panare  per  Turino  per  quella  Al* 
^         tozza,  la  quale  con  benigni  è  generofiflimi  inviti  1'  ha  fatto  più  volte  fot. 
Jecitare  a  portarli  in  quella  città  .  Ha  egli  pure  in  quello  tempo  incomia; 
ciato,  terminato  e  meflb  in  opra,  un  altro  quadro  da  altare»  ad  illanzadi 
Niccolò  Aringh  d'Ipri  in  Fiandra,  fuo  grande  amico,  il  quale  per  fua de- 
vozione e  generolita,  e  con  ifpela  di  circa  ottocento  Icudi,  avendo  ador- 
nato di  fìniilimi  marmi  di  colori  diverfi  V  Aitar  ma^iore  della  Chie&  di 
San  Giuliano  della  nazione  Fiamminga  in  Roma;  fa  pure  a  proprie fpeu 
il  quadro  per  quivi  collocarlo .  Vedeli  in  elio  San  Giuliano,  in  abito  an- 
cora di  Cavaliere  focolare,  che  genufleflb  fta  orando,  e  piangendo  il  foo 
grave  errore,  di  avere  di  notte  tempo  ammazzato  il  Padre  e  la  Madre fefl^ 
zaconofcerli,  per  vano  fofpetto,  che  folfe  la  propria  moglie  con  uno<^' 
tero,  come  neirilloria  fiella  vita  di  lui  li  le^e.  In  lontananza  è  )i^^ 
del  Santo  ftelTo  in  abito  di  Romito,  che  fulle  proprie  fpa  Ile  porta  on  pel* 
'     kgrino ,  .guadando  un  torrente  vicino  al  fuo  romitorio,  che  fu  una  delle 
opere  pie,  che  egli  prefe  a  fare  per  tutto  il  corfo  di  fua  vita,  in  peDiteo* 
za  doXiuo  gran  fallo .  Nella  più  alta  parte  della  tavola  s'apre  unvagofpkn* 
dorè,  ove  fono  bellillimi  angelctti.    In  altra  parte  della  medelimsi  èvn 
putto  con  uno  fparviero  in  mano,  folita  infogna  del  Santo ,  a  lignificare, 
cred'io,  che  da  giovane  egli  molto  li  dilettò  della  caccia*  Ha  il  pittore 
melTa  mano  ultimamente  a  due  quadri  di  folice  piccole  figure  per  uà  Ca- 
valiere Piacentino,  e  a  due  altreaì  per  inviare  a  Parigi  :  e  pel  Principe 
I^ieQeftein  Tedelco,  fratello  del  già  Ambafciadore  Cefareo»  è  per  faredoe 
limili  quadri  in  tela  da  Imperadori .    E  quello  è  quanto  è  potuto  fin  qui 
venire  a  mia  notizia,  della  perfona  e  delle  opere  di  quello  degnilGmo  ar- 
tefice .  Hanno  le  opere  di  quefto  pittore  una  qualità  »  ch«  è  tutta  propria 


TEf^DORO    ELMBRECI^ER,       603 

loro:  ed  è,  di  aBkfciharé»  per  dir  così ,  in  un  tempo  fieflo»  gli  occh)  de- 
gr  incendenti  e  de' non  intendenti  dell'arte»  per  modo  •  che  non  vi  k  alcuno  » 
'  per  imperito  che  fia^  che  fubito  vedutele»  non  refli  prefo  da  gran  diletto  e 

I  maraviglia .  La  ragione  di  ciò  fi  è  »  a  mio  credere ,  perchè  in  quella  guifa  che 
'  tanto  l'avveduto,  loftodiofo,  il  civile,  quanto  il  goffo ,  I* ignorante  eU 
'  plebeo,  per  puro  lume  naturale,  ben  conolce  e  prendefi  diletto  della  co- 
^  fa  vera ,  che  bella  e  curiofa  iia  ;  così  £icil  cofa  fi  è ,  che  tanto  gli  uni ,  che 
^!  gli  altri»  e  conofcano  fubito,  e  fi  dilettino  di  ciò ,  che  all'occhio ,  ancorché 
f  fenza  il  giudizio  della  mano  e  deli'  orecchio  ,  fembra  elìer  vero  e  non 
^!  finto  :  qu^cà  >  dico ,  che  non  fi  trovano,  le  non  nell^opere  d'altiffima  riga  ;  né 
^  all'artefice  bafta  per  poflederle,  i'  avere  ragionevole  colorito  »  bella  inveri* 
^  zione,  con  aggiunta  di  belle  arie  di  tede,  un  tocco  bizzarro,  e  fimili,*  ma 
1  egli  è  necefiario,  che  nei  tutto  fi  fcorga  un  gran  rilievo^  uno  fpirito  vi* 
s  vace,  e  un  mirabile  accordamento;  che  fiano  i  campi  bene  adattati  alle 
p  figure:  e  finalmente,  che  non  punto  fi  fcuopra  in  cfle  la  maniera  del  pit« 
tore,  fiafi  pare  qualunque  fi  voglia;  ma  ai  bene  veggafi  in  ogni  iua  parte 
quella  varietà  e  verità,  che  fa  vedere  il  naciirale  fteao;  tutte  lodi,  a  mio 
b)  parere,  delle  pitture  del  noflro  Teodoro.  E  quantunque  mi  fi  pofla  dire, 
$  che  nelle  opere  di  lui  tanto  fi  fcorga  di  fua  maniera ,  quanto  abbifogfia  per 
k  farle  ben  conofcere  di  fua  mano,  a  diftinziono,  di  quelle  di  ogni  àltto  maq- 
f  uro;  egli  è  però  vero,  che  vedefi  iielle  mèdefime  (anta  naturalezza ,  e  tan- 
ta varietà  di  concetti,  e  di  ogni  altra  cofa  da  efib  rapprefentata »  che  facU 
cofa  è  ali'  occhio  il  non  farne  Cafo,  e  il  iafciarfi  ingannare.  Or  qui  mi  li 
conceda  Io  sfogare  alquanto. la  mia  collera  contro  ad  un  modo  di  parlare, 
^  fatto  oggi  aifai  comune  tra' profellbri :  jed  è,  di  chiamare  l'invenzioni»  ca- 
^  pricci ,  e  quadri  in  piccole  figure,  fatte  da  diverfi  valentupmini ,  ftati  parti*- 
.(j  colarmenre  nel  prefente  ìIìcoIq»  Col  nome  di  bambocciate  :  e  i  pittori ,  che 
\  le  fanno t  pittori  di  bambocciate ^  e  non  volere,  che  peraltro  nome  fiano. 
1^  ìntefi  e  conofciùti.  E  dirò  in  primo  ìluogo,  che  io  penfo,  che  tali  nomi 
^  riconofcaiu)  loro  cominciamcnto»  fé  non  da  qualche  livorofii  lingua  di  prò* 
?  felìore  invidiofo,  che  forzato  ad  ammirare  la  bizzaria  e'i  diletto,  di  che 
^         àpparifcono  piene  efle  invenzioni, .capricci»  e  piccole  figure,  polle  a  con- 


'4 

3 


lì 


»«         1 

^         à 

^^         ranocchie 


^'         ranocchie ,  che  noa^vendp  né  ingegno  né  forza  per  difendere  loro  ftefle 
^^         da  chi  le  voglia  predare»  gettanti  al  partito  d*  incorbidare  V  acqua  chiara  . 


Io  non  nego,  che  parlando  in  univerfale»  il  far  piccole  figure  e  capricci» 
^  non  debba  non  averfi  e  tcnerfi  in  conto  dell'  ultimo  e  più  alto  fine 
dell'arte  della  pictura;  ina  penfo  bene»  che  egli  non  fia  punto  inferiore 
airaItro»che  è  di  fare  le  grandi;  perché  ficcome  infiniti  fono  i  luoghi  »che 
per  comodo»  vaghezza»  e  ornamento  ricercano  figure  grandi  e  godibili 
da  lontano,  cosi  infiniti  (bn  quelli»  per  cui  fi  ricercano  le  piccole:  fé  noi 
non  voleflimo  dire  ,  che  i  luoghi  piccoli  dove(&ro  per  neccfiìtà  fiarfi 
fenza  il  bello  adornamento,  che  fare  foglìono  i  pennelli.  Né  meno  fono 
io  per  negare»  che  qaefl'arte  nobiliffimai  allora  non  faccia l' ultime  prove 
f  '  '  di  fé 


ti 


i 


:6o4    Deetnuy.della?art.LdélSet.Vidàh6^o.di6$(i. 

di  fc  flefla  f  qtnndo  elk  alP  oéchio  noftro  azkmi  nobili  »  e  ittlme  a 
irittovere  i  oiigUorUffetci  noflriyjci  rapprefiràsEa;  ma  ne^lio  ficflo cemMfo^ 
lìQ  anche  di  pturecCi  che  ficcòme  irtfijDke  ibno  le  azioni  nobili  làtm  uo« 
minit  che  vogibnfi  e  dQhboiifi  daiUi  pittura  rapptafeiitere,  per  e(em|k, 
. o  per  un  lode,vQlè  diletto;  asA  ìnfintce  fiano  le  azioni». die ,  a  per  eieo»- 
olo  o  t>er  lodevole  diletto  «  debbonfi  rappve&ntare»  figurando  molte  del- 
le  azioni  della  adì  nota  gente ,  purché  jelie  fiatio  decenti  »  e  nonpuncoibc- 
dide .  E  chf^  ficcome  lo  lempre  coliume  ^de'  booni  poeti  il  rtrartfeQtare 
talom  azioni  baiTe  di  upn\iw  vili ,  purché  q«eUe  fi  acoonodiflero  al  fine 
Joro»  che  f«  di  apportale  utile  e  diletto;  perchè  non  debbe  £irlp  anche 
la  pittura»  che  è  una  poefia  muta?  Rìcordifi  chi  tal  colà  vuol condinnaie, 
cfa^  il  bello  della  pittura  confifte  nell'imitazione  del  vero,  e  nella  quali- 
tà della  cofa  dipinta}  altrimenti  converrebbe  dire,  che  pazza  foflefiatt 
i'  antichità ,  a  dare  le  fiefle  iodi  di  eccellenza  a  Nicia ,  celebre  pittore  di  quei 
tempi  pel  dipignere,  che  ei  fece  s  maraviglia  i  cani,  di  quelle,  che  clk 
diode  alle  graziofe  femmine,  igii  niu  e  gii  ahri  vaghi  parti  del  pennello  di 
queU* artefice.  £  fé  quefti  tali  vorranno  pure  andar  cercando^juanto  abbila 
mo  dall'antichità  medefima;  troveranno,  ^he  fin  dall'ora  dipigneFanfi  dt 
quei  pittori  le  barberte,  e  limili  altri  capriccio  ed  è  cofa  nota  ad  ognanot 
per  teftimonio'  d'infinite  pitture,  che  ancor  vivono,  «cflere  fiato cofiume 
di  dipignerfi  da*  nofiri  i>iìi  eccellenti  pittori  capricci  diverti  4n  piccole  &> 
gurine,  anche  neil^  antichità  moderaa,  cioè  fin  da  quei  fecoli#  ae'quah 
Jr  arte  della  pitturai  per.mano  de*  medefimi  riconobbe  il  fuo  riibigiiaeaco; 
ficchè  non  è  quefto  fiato  irizio  delle  raoderniflime  fcuole,  ma  nnfaggu) 
avvedimento  de'  profefTorì  d' ogni  età  »  e  di  ogni  tempo.  Dire  per  ulnoiot 
che  io  veggio  empierildi  slfiute  pitture  le  Gallerie  e  i  Gabinetti  de' Gran- 
di: e  da' medefimi  onorarti  e  arricchiffi  quegli  uomini  »  che  in  fimil  mo- 
do di  operare  an  renduci  più  iìunafi  4  loro  pennelli;  onde  nonfoaccomo- 
tfarmi  a  credere  ^  che  debba  trovarfi  ohi  dica  »  che:fimil  forca  di  picwe 
merjtinfi  il  nome  fprezzevqle  di  òamboociate;  e  colovat  che  le.conda- 
cono  a  al  gran  perfiszione ,  qoeUo  di  f pittori  di  bambocciate .  Crederò  bc* 
-ne»  e  fempre  dirò^  Che  elle  medefime,  benché  piccole  fiano,  e  azioni mi- 
;nute  rapprefentino  talora»  pel  pregio  di  loro  perfectifiima  imitazione  del 
vero,  debbano  fiimarfi  ed  ammirarfi  da  chiunque  abbia  ottimo  gufionel- 
l'artiinoftre;  e  che  il  nome  e  la  lode  di  cOomini  di  altailima,  convengi 
darfi  agii  artefici  delle  medefime  da  ciunnqoe  a*^ia  vaghezza  di  rendere  al 
.  merito  il  dover  fuo  « 


DELLE 


60$ 


NOTIZIE 

DE*   PROFESSORI 

DEL      DISEGNO 

DA  CIMABUE  IN  QUA 

DECENNALE   VI 

E  PARTE  II.     DEL  SECOLO  VL 

'DAL  JUDCL.     Al    MDCLX. 

LIVIO       M  E  H  US 

PITTORE    D'UDENARDB 

'Difitpth  dt  Tietro  da  Cortona  j  nato  1^30.  vive  alprefente* 

R  A  i  più  flrant  avrepìmentì ,  che  d  rappre&nu 

ogni  dì  queftt  grande  fcena  del  mondo,  parvemi 

fempre  degno  di  idkinirazione  quello,  che  fi  re- 

de accadere  a  uluni»  i  quali  nati,  per  così  dire*- 

in  grembo  alla  felicicà ,  atfiftici  da  i  parenti,  e 

;  duTi  amici,  accurati  e  guardinghi  in  ogni  loto 

I  a^re,  cercan  icmpre  d*  avanzarli  all'aci^uifto  dellt 

I  glfMfia:  econtuttociò  .  colpa  de' liniftri  incoocri, 

che  loro  attraverfano  ogni  induftria  ed  (^ni  dife- 

I  gno,  non  folo  non  con&guifcoiio  il  hne  defidera* 

to  di  fiarfi  in  alcuna  t'acoltà  punto  fupenori  agli  altri  uomini;  ma  tuttavia 

declinando  dal  privo  itatOf  dopo  on  Tivcie  affimooiò,  conduconri  fìnal- 

luenie 


.6o6     Decenn.Vl.  e  ?artAldelSeLt^.dali6$o.al  1660. 

mente  ad  un  fine  infelice:  e  per  lo  contrtrio  vedonG  altri  in  gran  nome- 
rò, al  cui  natale  par  che  fimofirafle  nemicala  forte,  abbandonati  in  pue- 
rizia al  governo  (felli  ftranien ,  e  quel  eh' è  peggio,  alla  guida  di  loro  fedi» 
metterfi  a  camminare  ftrade  sì  pericolofe,  e  contrarie  a'proprj  defidet)  e 
finii  che  non  pare»  che  di  loro  fi  pofla  promettere,  che precipiz)  e  rovi- 
ne; econtuttociò  fi  vede  riufcirloro  (camminandopereftrani  tragetti) 
il  condurfi,  per  così  dire,  nella  gran  via  maeftra,^  che  gli  porta  all'acqui- 
fio  della  tanto  defiderata  ,  benché  mal  cercata  felicità.  Fatti  fon  queftì  in 
fomma  di  queir  alta  Provvidenza,  la  quale,  come  ben  diife  un  erudito» 
meglio  di  ogni  giocatore  di  fcacchii,  dopo  un  ben  lungo  ed  occulto  mo* 
do  di  rigirar  di  pezzi,  fa  col  folo  muovere  di  una  tavola ,  confondere  ogni 
bene  ordinato,  ed  anche  con  un  fol  colpo  ridurre  a  ben  efiere  ogni  più 
fcompigliaco  giuoco.  Qtsefio,  pare  a  me,  che  fi  fia  avverato  quanto  mai 
in  altra  perfona,  nel  valorofo  artefice  Livio  Mehus:  il  che,  fenasa  che  io 
fiia  qui  a  fare  applicazione»  penfo,  che  bene  conofcerà  chi  andrà  leggen- 
do quél  poco,  che  io  fono  ora  per  notare  intorno  a  i  fuccefC  della  vita 

^i  lui-  •  ,      /  .  . 

Nacque  qqeQo  nobile  ingegno  circa  Fanno  ^ì  noftra  falute  16^0.  ia 

Udenard,  città  della . provincia  dì  Fiandra,  dh  un  molto  onorato  uomo, 
chiamato  Luigi  Mehiis  ;  e  non  fu  egli  appena  pervenuto  agli  anni  del  co* 
nòfcimento,  che  per  lo  incrudelirò» che  facevaiìp  le  guerre  in  i^oelJe  par* 
ti,  il  padre  e  h  madre  fiiaai)bandonandoJ;queUa. citila,  viaggiarono  alfa 
volta  a' Italia,  e  prefero  fua  fianza  in  Milano,  lafci^ndo  il  fanciullo  in  cu- 
fiodia  di  alcuni  loro  parenti,  per  tanto,  che  col  crefcerc  egli  alquanto  in 
età,  e  coir  aflicurare  loro  ftanza  in  Milano,  venifle  loro  più  comodameli* 
te  fatto  di  mandar  per  lui  :  penfiero ,  che  poi  ebbe  f  00  effetto  in  tempo  » 
che  il  £incittÌlo  correva  circa  il  decimo  anno  di  fua  età.  Avutolo  il  padre 
in  Milano,  cominciò  a  fargli  apprendere  i  principj  della  grammatica;  ma 
quegli,  che  fi  fentiva  inclinato  alle  cofe  appartenenti  alle  belle  e  nobiliflime 
artididife^no  e  di  pittura,  malamente  accomodaiìdofi  a  tale  impiego ,  ot- 
tenne da  1  parenti,  che  levandolo  da  fimili  ftud),  a  quelli  V  applicaflero» 
ove  tendeva  il  fuo  genio.  II  padre,  che  defiderava  di  compiacerlo ,  lo  pofe 
apprefib  di  un  tale  Carlo  Fiammingo,  pittore  di  Battaglie,  degli  Stati  di 
Olanda ,  e  da  duelli  ebbe  egli  i  primi  principj .  Coir  avanzarfi  degli  anni 
cresceva  altresì  nel  fanciullo  1'  amore  air  arte,  e  '1  dèfiderio  di  giugnere 
alla  perfezione;  onde  avvenne,  che  arrivato,  eh' e' fu  all'età  di  quattor* 
dici  o  quindici  anni,  con  avere  alquanto  profittato,  fentendo  fin  da  quel- 
le parti  correre  la  fama  de'  pittori  di  Roma,  fi  accefe  di  tanta  voglia  di 
vedere  le  opere  loro,  ed  apprenderne  &  miglior  maniera,  che  (ènza  alcu- 
no aflegna mento  di  oocafione.di  operette,  efenza  aver  colà  corrifponden- 
aa  di  forra  alcuna  ,  con  che  potefiè  fperare  di  procacciarvifi  albergo  o 
trattenimento,  fenza  far  «motto  a  i  parenti,  fimefle  in  via  per  a  quella 
volta.  Camminava  il  giovanetto  a  piedi,  fenz' altra  guida  o  compagnia, 
che  di  fé  fleflb,  e  del  dèfiderio,  che  fone  lo  portava  all'acquifio  della  vir- 
tù e  della  gloria;  e  finalmente  dopo. un  lungo  eirare,  or  di  qua  or  di 
là  per  fentieri  a.lyidei  tuttoiconolciuti,  edppoun  penpfiffimo  viaggio, 
.        *  V  'fi  trovò 


Livio     MEHÙS.  (Joy 

fi  trovò  nella  eitti  di  Pìftoja .  Ma  quantiln^ue  foflè  cieco  il  fanciullo  al 
governo  di  fé  fteflb»  aveva  però  fopra-di  lui  cent'occh)  il  cielo  »  che  qui. 
Ti>  finché  fi  facefle  luogo  per  eflb  a  migliori  fuccefii»  ben  preflo  il  provvi- 
de di  ricetto  in  cafa  di  un  uoino  dabbene  #  del  meftiere  di  far  huti  ed 
altri  ftrumenti  di  corde,  in  cui  per  force  fi  abbattè.  Mentre,  che  Livio 
fi  tratteneva  in  quella  cafa,  come  quegli,  che  ad  altro  mai  nonpenfavat 
che  airacquifto  della  virtù  defiderata,  fi  mede  ad  inventare,  e  fare  in  di* 
fegno  alcuni  paefetti,  e  battaglie  a  penna,  che  erano  appunto  quelle  co* 
fé  p  dove  pib  che  ad  ogni  altra  tendeva  la  fua  inclinazione  •  Quefte  piacque- 
ro  molto  al  padron  della  cajb ,  e  a  chiunque  le  vide  •  Un  di  coloro ,  a*  qua- 
li paffaron  fotto  l'occhio  quefti  difegni ,  fu  il  géntiliflìmó  Forteguerri  no- 
bile Piftojefe,  Capitano  delle  Corazze  del  Sereniamo  Granduca»  di  Roc- 
cailrada  nel  Senefe,  che  a  force  s'abbattè  a  vederlo  in  bottega  di  quello' 
ftrumentajo.  Quello  Gentiluomo  non  ebbe  appetta  riconolbtuca  la  bella 
indole  del  giovane,  e  da  quelle  fpiritofe  operette  la  vivacità  del  fuo  in- 
gegno, che  &  lo  condufTe  a  cafa,  e  dtedeglì  non  folo  vitto  e  abitazione, 
majlifece  trattamenti  non  punto  minori  di  quello,  che  egli  averebbe 
fatto  ad  un  proprio  ed  amatiffimo  figliuolo.  Ma  non  fermò  qu)  la  bontà 
del  coitele  fóldato,  perchè  dovendo  poi  tornarfene  alla  càrica,  fé  lo  con- 
dole feco  a  Siena:  e  porcatofi  alP  audienza  della  gloriofa  memoria  del  Se^ 


proprio  di  quel 

virtuufi,  Jo  facefle  efercitare  fotio  la  fua  protezione.  Quel  magnanimo 
Prii^cipe,  fentitone  dir  tanto  bene,  volle,  che  fubito  fofle  portato  ivi' 
carta  e  tavohno,  e  con  dimollrazioni  di  ottima  volontà,  comandò  al  fi- 
gliuolo, che  alcuna  cofa  dtfegnafle  di  fuo  capriccio  •  Aveva  egli  nel  tem- 
po »  eh'  e' s'era  trattenuto  in  Piftoja,  udito  raccontare  l'attacco,  che  fecero 
di  notte  sii  eferciti  della  Chiefaalla  fteifa  città:  ekbravifllma  difefa,  che 
fecero  i  loldati  del  Granduca ,  con  quei  fedeliflimi  cittadini  ;  e  V  offefa 
fatta  alla  parte  nemica:  e  parendogli  colà  molto  a  propolito  per  farli  ono- 
re ,  difegnò  queirattacco  e  quel  fatto  d' arme ,  con  tanto  (pirito  ^  con  s) 
bejlé  avvertenze,  invenzioni,  e  bizzarrie,  che  quel  Sereniihmo  ne  rimafe 
maravigliato  a  gran  (egno  ,  e  fin  da  quell*  ora  lo  prefé  in  fua  protezione, 
e  gii  pofe  grande  amore.  Era  allora  in  Siena  un  tal  Giuliano  Periccioli, 
diusgnatorea  pennaeccellentiffimo,  nipote  di  Francefco  Pericciolì  •  chea 
Tuo  tempo  ebbe  fama  di  unb  de^  migliori  fcrittori  in  ogni  fotta  di  carat* 
tere^  che  avefle  Titalia  Con  quello  dunque  1*  accomodò  quel  Principe: 
ed  egli  vi  fi  trattenne ,  fintanto  che  apprelfandofi  la  folennìtà  di  San  Gio- 
vanni,  fé  ne  venne  Sua  Altezza,  com'era  folito,  a  Firenze,  dove  quella 
Fefta,  come  principaliffima  della  città,  fi  celebra  con  gran  magnificenza • 
In  eHa  città  di  Firenze  ù  prefentò  a  Livio  un*  altra  buona  congiuntura, 
e  fu,  che  appunto  in  quel  teiapo  il  gran  pittore  Pietro  da  Cortona  dipigne- 
va  pel  Sereniliimo  Granduca  le  regie  camere  del  Palazzo  de*  Pitti ,  e  avendo 
finito  quella  ^\ì  Giove,  aveva  meflb  mano  a  quella  di  Marte  ;  onde  facil 
cofa  fu  al  fuo  PadroiiC  il  nccomandare  il  giovane  alla  cura  ed  ammae*» 

0ramento 


6oi    Decenn. VI.  e  Par.  IL  delSec.Vl.  ial  1650.  afiSóo^ 

ftramenco  di  quel  nobile  arc^fiee .  Fccelo  egli  danque  con  grtnde  ^ffica* 
eia:  e  frattanto  ordinò  ad  un' onorato  uomop  ch«  lo  t^nefle  in  cafa  fuaalle 
(pefe.  Andò  égUdunc^ue  per  più  mefi  dal  Cortona»  ed  appreflb  a  tantf  uo- 
mo» e  in  occauone  di  vedergli  far  sì  belle  opere»  ebbe  campo  di  appren* 
^ere  ottimi  precetti  neirar^e,  e  (atisfare  interamente  a  fé  fteflb  ne'conti« 
novi  ftud).  Andava  egli  ajpprof^ttandofi  tanto»  che  un  dì  più  che  V  altro 
^refceva  il  concetto»  che  u aveva^  d^  lui»  e  Ta^tt^zione»  eh'  e'  fofle  per 
diventare  un  gran  Qiaeftra.  Ma  perchè  la  vera  virtù  non  fu  mai  lontana 
da  i  morfi  deir  invidia  ;  quella»  eia  molta  grazia»  in  che  egli  era  arrivato 
tppreflb  al  Principe,  commoflero  talmente  gli  animi  di  coloro»  che  mal 
apportavano  di  vederlo  in  quel  pofto»  che  furono  ordite  contra  di  lai 
varie  perfecuzioni  »  le  quali  giunfero  a  fegno ,  che  il  giovane  »  che  fpiritoCiC- 
no  era»  e  affai  ri(oluto  (in  quello  veramente  troppo  incauto)  fenza  pi- 
gliar configlio  da  alcuno»  come  avrebbe  potuto  fare  »  deliberò  partirti»  ien« 
za  far  motto»  da  Firenze»  con  penfiero  di  tornarfene  a. Milano.  Fu  la  fui 
partenza  dalla  città  una  fera  alle  ventiquattro  ore»  in  tempo  ch'era  ve- 
nuta  sì  gran  pioggia  in  Firenze  e  nel  Valdarmo  di  fopra  r  cne  traboccan- 
do il  fiume  a  Arno  per  le  fponde  nella  città  »  per  tutta  quella  parte  di 
eflà»  che  fi  dice  Borgo  Ognifiànti»  s'  andava  per  navicello;  e  in  quella 
notte  appunto»  non  Capendo  egli  efietvi  altra  ftrada  più  corta  per  andare 
a  Milano»  prefe  fva  gita  verfo  Pifioja.  Camminò  tutta  cjuella  notte  fra  h 
più  folte  tenebre  »  che  poteflTero  efiere  »  fempre  in  pericola  della  vita  »  a. 
cagione  della  grand' acqua»  che  aveva  coperto»  non  iblo  le  ftrade»  ma  in 
parte  anche  quelb  fpaziofa  pianura  »  tantoché  non  fi  difcernevan  punto  le  vio 
dalle  gran  fofle»  che  (bn  loro  attorno»  che  le  dividono  da  i  campi:  e  fé 
non  Tavefle  provvido  la  forte  della  fcorta  di  certi  muli  carichi  di  mercan- 
zia» farebbefi  il  mifero  giovane  fenza  fallo  annegato.  Giunfe  finalmente 
fli  l?ifioja»  ma  come  quelli»  che  fiipeva  di  efiere  jn  quella  città  ben  cono- 
fciuto»  ebbe  timore»  che  entrando  non  fofle  fcoperta  lafua  partita»  e  man* 
datone  a  Firen7e  Tavvifot  e  però  non  ottante  il  trovarfi  allora  non  mena 
aggravati  i  panni  dall'acqua»  che  afomite  le  membra  di  forze»  e  che  an<- 
cora  contino vafle  il  bu)o  della  notte  ;  contuttociò  i  dopo  aver  prefo  un  bre« 
ve  ripofe  per  afciugarfi  alquanto»  in  uno  albergo  fuori  delle  mura»  per  U 
llrada  di  Lucca  riprefe  fuo  viaggio  per  alla  volta  di  Genova.  Giunco  che 
ci  fu  nel  Genovefato»  cominciò  ad  cfler  prefo  da  un  timore  di  non  in- 
contrar qualche  repdfa  da*  propri  parenti  >  quand*  e*  fi  folTe  portato  a  Mi- 
lano» com'era  fiato  il  fuo  difegno;  onde  vinto  da  tale  apprenfione»  colla 
llefilb  animo  e  colla  iìefla  rifbluzione»  colla  quale  fi  era  partito  da  Firenze» 
prefo  volta  per  la  Riviera  yerfo  Savona  •  con  gran  fiittca»  e  difagio  fi  condoflb 
in  Piamonte  •  Non  fi  può  abbflAanza  rapprefentare  »  quanto  gli  convenifle 
quivi  patire»  per  non  avervi  cognizione  di  perCbna»-  pur  tuttavia  »  perchè 
i\on  mai  fi  trovò  ^li  fprovviftodi  fortezza  d'animo  e  di  geoerofiiÀ  di  cuore» 
fi  andava  trattenendo  al  m^lio  che  e*  poteva»  con  procacciarfi  il  bi(bgne- 
vole»  per  confervar  la  vita  con  qualciie  operetta  di  fua  mano.  Quei  me- 
defimi  fpiriti  »  che  a  cimenti  di  tanto  perìcolo  l'avevano  fino  allora  renduto 
sì  animofo»  eccitarono  in  lui  un  defidtrio;  di  vedecepna  batxaglia* campale  : 

e  cosi 


^. 


LIVIO     \^EHVS.  <fd9 

e  co  A  datò  per  un  poco'  ripÒfò  agii  fludj  ìlei  difegnb»  fàttal  ai&icizia  coiri' 
altri  giovani  di  Tua  età»  con  efii  volontario»  e  fopra  la  propria  borft  fi  unV 
colle  truppe  di^  Madama  di  Savoja,  porrandofi  alle  guerre  fra  fó  dato  di- 
Milano  ci  Piemonte»  contro  la  Monarchia  di  Spagna.   In  tale  t>Ècft0pne 
diede  gran  faggio  del  fuo  ardire»  il  quale  agg'iunto  alla  cognizione»  che 
s'ebbe  quivi  dei  fuo  bel  talento  nelle  cofe  del  difegno»  fece  sì»  the  quaff 
nel  primo  ingreflb  gli  foife  offerta  una  Bandiera  d' Infanteria  ;  ma  tonten^ 
to  egli  di  aver  foddisfatco  aJlt  propria  curiofità»  ricusò  »  e  in  quella  véce 
elefle  di  tornarfene  a  Milano:  il  fece  finalmente»  avendo  coniumati  bèli 
ere  anni  di  una  quafi  continua  e  ftentatiffima  pellegrinazione.    Allora»  é^ 
non  prima»  feppero  i Tuoi»  e  lofteflb  Principe  Mattìas,  che  Li^io  era  an«^; 
cera  tra  i  vivi  »  di  che  s'  era  e  da  quelli  e  da  quello  forte  temuto  ;  anzr 
dirò  cofa  a  tal  propofito»  dalla  quale  fi  potrà  facilmente  comprendere  ;  quan- 
to fi  foife  radicato  neh'  animo  di  ogni  fuo  conofcente  il  fofpetto  .^  che 
egli  non  aveflfe  fatto  qualche  fine  in^lice;  e  da  quefto  fi  conofcerà  infie» 
me»  Qual  fofTe  verfo  di  lui  la  bontà  di  queir iavtctiffimo  Principe.  NelU^ 
città  di  Siena»  nel  tempo,  che  Livio  era  aiTehtè»  furbn  trovate  in  una  can- 
tina alcune  tefte  di  perfone»  che  moftravano  ndn  molto  avanti  eflerè  Aa- 
ce  uccife,  fenza  fsperfi  nulla  di  ior  condizione»  o  di  chi  fbflero  ìftaci  fili- 
uccifori;  cofa»  che  in  quella  città  cagionò  grande  ammirazione:  e  perchè 
l'eflerfi  perduto  il  giovane  così  d'improvvito>  fenz'eflere  (tato  mai  veduto* 
né  in  città  né  per  iftrada  da  alcuno»  avea  dato»  ficcome  io  accennai»  ca*^ 
gfon  di  temere»  che  la  malvagità  degt'  invidiofi  non  avéffe  trovato  modo* 
di  corfelo  d'  attorno;  volle  quel  benignifllmo  Principe»  che  quello  fleflo»* 
che  l'aveva  tenuto  in  cafa  in  Firenze»  fi  portafle  a  Sienst»  e  vedeflTe  le  te« 
Ile  degli  uccifi»  ad  effetto  di  riconofcere»  fé  per  qualche  legno  fi  fofle  po^ 
cuto  dubitare»  che  fra  effe  fofie  ftata  anche  quella  di  lui.   Saputofi  final* 
mente»  che  egli  era  vivo  »  e  che  fi  trovava  a  Milano»  iubito  queir  Altezza 
fece  ordinare  al  Marchefe  Lunati»  Cavaliere  Milanefe» che  avutolo  a  fé»  in*» 
cendefTe»  8*e'  foffe  (lata  faa  volontà  il  tornarfene  a  Firenze  ;  e  trovandolo  in 
tal  propofito»  fubito;»  ben  fornito  di  tutto  il  ^leceflario  per  la  partenaia 
e  pel  viaggio»  ve  lo  inviaiiè»  ficcome  fegtà.  Giunto  a  Firenze»  fi  nltfle  in 
viaggio  per  Siena,  dove  fu  da  Sua  Altezza  benignamente  ricevuta»  e  fer-* 
mato  in  attuale  fervizio.  E  da  quefto  tempo  pofiiamo  dire»  che  incorni n* 
ciaiTero  i  fervorofi  ftadj  di  Livio»  fatti  da  lui  pel  paflfato  con  tanti  intérrom* 

Sementi  e  diftrazioni.  Intanto  terno  di  Parigi  il  celebre  intagliatore  Sto- 
no  della  Bella  »  il  quale  veduti  i  fuoi  difegni»  e  riconofciuto  il  fuo  gran 
talento»  gli  accitbbe  con  file  lodi  tanto  di  concetto  apprefib  al  Padrone* 
che  venuto  l^Anna  Santo  del  itf|o.  volle  che  lofteflo  Stefano  lo  menade 
leco  a  Roma.  Giunto  in  quella  città»  la  prima  cofa  eh' e* incede i  fu  V  an- 
dare a  vifitare  il  fm  maeftro  Pietro  da  Cortona»  il  quale  lo  ricevè  con  di- 
moftnizioni  di  jpaterna  benevolenza:  poi  con  quel  zelo  e  carità ,  che  era 
jiropria  di  quel  grand? uomo»  con  un  amorevole  correzione  gli  fececono« 
Icere  il  fuo  errore»  di  aver  tanto  tempo»  lontano  dalli 'ftudj  dell'arte,  intt« 
tiJmente  vagato  pel  mondo»  in  graveoaimo  delle  fue  naturali  abilità.  Trat* 
cennefi  in  Roma  col  nominalo  Stefano  alcuni  ft^»  dojpo  i-quali  richiamato 

Qjl  dairaflfetto 


éf 0    Decenn.Vt.  I  FnHdl  tfetSet.PÌ.  dal  1650. al  1660. 


all'affitelo  ik  «namolco  otteftg;  e  bli^l  iirictttHt;clie  egliarevrfvifcèréitffi^ 
iQftpi«nte  amato»  mentte  ett  in  Firence»  fé  ne  .ircdlc  tornare i  epodo  do* 
po  fegniiQ  il  fuo  ritorno  la  prefibpo;  ifffofat  e  fo  qudk»  Otta?ii  CéH^ 
loretla  di  Doipenico  Calvi  Sacerdote  re  lUata:  degniffimo  Curata  delU 
CiiieOi  di  San  Firenze . .  Daito  effetto  al  tanta  defideratò  matrimonio»  ero- 
fandofi  Uvio  coU' animo  quieta,  la&iata  ogni  per  altro  onefta  convec&« 
ziono  e  pratiqa  degli  amici»  fi  diede  tutto  a'penueri  della  òifa#  ed  agii  Ha* 
d)  dell^arte  fua»  Vedeva  il  Sereniffimo  fuo  Padrone  i  prògròffi,  ch'egli  an* 
data  £icendo  ogni  di  r  e  defiderando  tùtoivia  ^t  farlo  afcendere  a  gradi 
iSag|iori»  prefa  occafione  del  pàOaggiOf  che  fece  per  Firenze  Raffael  Van* 
ni  picfiore  SeneCi»  che  viaggiava  alla  volta  di  Lombardia»  per  vedere  le 
lielie  opere  di  9U4*  mieÀri  antichi  e  moderni ,  lo  ccmfcghò  a  Im»  accioc- 
chò  feco  lo  conuttceiTe»  accompagnandolo  1  per  coak  dire»  egli  ftcdb  oea 
gli  effetti  deUa  fua  foltta  libeoralità  •  In  compagnia  di  quefto  pittore  tedde 
ri  noftro  Livio  Veneaia*  e  tutta  h  Lombardia:  e  avemlo  molto  ibidiam» 
0  formato  grandi  ide0  nelle  cofe  del|^  arte  >  di  nuovo  fu  di  rkof ilo  a  PW 
renze  •  Conobbe  il  Prindpe  i  (boi  progrefli  #  e  tanto  pUk  s' inro^io  di 
£icH>  fiudifre.  Finalmeuce  tegumi  cito  furano  le  Reati  Nozaè  del  Sereniffi* 
m«^  Qcundu^a.  Co^o  ILI.  colb  Sereuiifima  AtìnaLutù  d^  Orleans»  effe 
l^rincijpe  giudici^  efpedience  l'i^olvrcrlodair  attuai  fervizio  di  Alicante  di 
oafQeeta»  «  aflirgiiargli  una  prowilionia  di  otto  feudi  il  mefe:  g$t  diede  li* 
hmk  ^%nÀmt  a  far  fuoi  ftudf  ovunque  gli  foie  piaciuto  t  Tema  priwio 
p^rò'^on^^aì^  delia  (edita  etìtraiura»  clte  godevano  m  Patsom  tutai  ]^i 
ajtift  »  che  iafvi«aAo  fMtuMo^nte  nelk  mtdefima  carica  eincstata  da  Im. 
LÌK^toallof%  viflboft  ia  libejfià»  lafcìata  la  mogKe  aUa  cuftodia  ideila  madre 
ejdt'£i^e«lK  ^  fé  ne  eofctè^a  Roma  :  0  quivi -per  un'  anno  xntero*  geémdo 
tiHM^i)  detfoit]tiinfa;di4«2)lPQe  e  de' precetti  del Cóctoi»!  ft  diede anfiuìga» 
bUoMn^e a lUMMrl  Aedj.  Pochiifimecofe  volle  dipignerci  e  quelle  ascnnr 
pw  per  fuo  diletto»  che  per  altro  fine,  cnntetitd  d' tm^piesaru  ógni  foa 
«bduftnii  in  d^fegoara  qwf^ì»  di  tmmirabàk  &  vede  in  qi&elr  %ìmsL  citte . 
SfltShe.ie«nò)dipeia  Ficen^er  e  datavi  ctutlcbà  tempo,  vpurtk  de  miovo 
per  9ttk  volta  di  Ven^aia.  Traittennev»{i  dilaoijbo  inefi ,,  fempre  ftudiandar 
nt  ^acuj»,.  e  eopiando  le  gmnid'cwere  di  Tiziano,  PaoL  Veronefe^  Tin- 
tqMHo»  4  ^^W};  e  vi  foralo  qut^la  bella  mar&ra  <K  ci^cttr,  die  (t  ri* 
CQfMfernfetl'tipeare  Ci^t  Nèv<^glio  lafiebi*  di  dire,  cómia  ba  quefta  taimfior 
pSKtQ^  «ffiUi  dmiiefticauienre  coD^cITo'»  e  feco  condir)  i  foot  ftm^  fàAaap 
mmapittoc  MUatoefem  allora  movanieato,  che  oggi' nella  fua  pmirta.  opera 
CfM  gni9  lode .  Tot n«oiÌ«iH  niitliiMMe  H  noiìo<piatoce  a  fiaeiiBe,.  4w« 
^lfwo9  dlmrefim  mc^  opere  ,r  {tartiooteméiite' te  fiittamfje  fioefeedel* 
la  Ce^a  .ocriift  Madonna  deiU  Paco;  futeC  deBa  Portàm  Sail  Piem  iu  Gac- 
tcAiiW/  hucffk  «Afa  farebbe  il  defiorivcse.  qua;  li  gitii  cofik  dicipnirì  »*  die 
ogb  iMf  dipiijMK  da  q^  temporin  quài  eoe  poco  aé  piaer  aciieimarns  al- 
cuno de i  pmicìffìàL^ )??». gli  tltci. è  maranrigliofia  q^mteratam Hi fife|^ 
q^uelloiL  cèe)  ban|e«  di  fau  m«io  gli  eredi  dei  Maiebafia  Carlo^ertni,  Ad* 
fia  ctin  figuri  di  circa  a  nrnviomtmà^w  ior  ctu  e^i  eappeefefiiè  tt  Ripelb 
diatecd  con  ikria4nf^^59/^Oihi  k  colicwreimtdiCirffFeiif  >eekMepiciote 

e  difcepolo 


-.    ^- 


LIVIO    ME  BUS.  6ii 


t  éife«|M4Q  rnijoh^egU  detto  fleflb  Cortdnt  ;  open»  cba  veduta  de  vn  grtn« 
deercweè,  che  vìve  ia  qaefto  cempot  ebbe  lode  dì  non  efler  gran  Ittoo 
infexioift  a,  quelle  dello  mSSjf^Tmmio.  Per  Fnneefco  Camenti  Set«)aio# 
lece  moliti  MUiifiini  quadri ^  e  fin  gli  alcrì  la  baccaglia  d'Achille  fìiribondo 
fotco.  le  mura  di  Troia:  il  bel  qiiadro  del  Trionfo  dell'  IgnoransEa  t  che 

Et  invenzione  i  per  colorirò  e  fièr  bizzarria»  non  fi  può  veder  cofii  più 
lla&  e  per  lo  ileifo  Jece  anche  il  proprio  ricracco*  ed  alcre  molce  opere  « 
A.Praco  mandò  ere  cavolà.,  jua  nella  QuafaCaccedraley  ove  è  dipincoSan 
Fìecro  d'Alcantara^  in  ecco  di  comunicare  Sanu  Terefa:  l' altra  neJk 
Chiedi,  di  Sali  Silveftro  »  detta  U  Madonna  del  Giglio»  dov'  è  figuraca  le 
Ver^ecoLGeaù  Bambino  »  San  Giovàmbatifta  fanciulle»  San  Giufep^ 
pei  e. San  Giovanni  Evangeliftas  e  la  cerza  nella  Chiefii  di  San  Marco» 
ovo'  niMiefentò  lo  Spofalizio  di  Sanca  Cacerina.  Per  la  gloriofa  memo^ 
ria.  del  Semnifiimo  Cardioel  Leopoldo  di  Tofcana  dipinfe  un  quadro» 
che. dovevi  fervire  per  coprire  une  cavoia»  fatta  con  bello  fparcimea^ 
to^  dove  .devono  tmt  itocace  tutte  le  pitture  della. fot  Resil  GaUcrla; 
In  queflo  &ce  vedeiir  qutft'  4utefice  Giorgio  Vafari ,  in  atto  dt  Icrtver  le 
Vite.de'  Pittori»  e  wm  nqpa  e  fpirio^  fettimiiiè^  che  gli  aflifte con  bette 
grazia,  con.  i^iunca.  di  varie  cofe  per  fpiega^ne  del  coitoecco»  tocche 
maravigiiofamente.  Per  Carlo  Guadagni  Gentiluomo  Fiorentino,  fece# 
e  perimfione  di  ckd  ora  quefte  cofie  fi:rive#  on  quadro»  con  figure  di  due 
ceczi  di  braccio  iaciioa^»  in  cui  fece  vedera^iL  miftero  di  Crifto»  adora« 
toidevMagi  neltaCepaona  di  Betlem^  dove»  okreaUebelliifime  figure» 
fono  .ekoni. animali,  xhe  j^ajon  veramente  di  mano  del  Badano .  In  eaft 
ilSanetoi  Gìtoììmbo  Germi  foaopore  due  bei  quadri  di  ^ure  di  fimlle 
grandema^  in  uno.  il  Rov^o  di .  Moiaè  .<*  e  nel!'  al«fo  Agacc  Ifmaete  nel 
deterrò^  II  Senatore  Antonio  Mìchet^zai  anch'  edb  ha  due  quadri  con  fi* 
garcdi  fiottlgraadezza..  IL  Senatore  Aicanio  Samminiati  ed  altri  molcifli^ 
mi  lia|>no  fiie opere»  che  lunga  co&iarebbe  il  defcriverle  •  L'anno  \6t/L 
fece  un  cjuadro  ad  Aldhndro  del  Venator  .Carlo  Strozzi,  alce  due  braccia^ 
elacga  otcea  tre»  nel  ouela,  ooo  figure  di  miBzzo  braccior  rapprefentò 
il.£ic8D  iuifacolafi)  dk  Mmsò;  quando 4il  popolo  affamatanel  deferto  fa  pki*^ 
ver  Je  manne  ikt  deb..  F^^^  in  efib  on^  aria  mazza  nuvoldfar  e  mezza, 
ierem»  od  uà  leiMortco  eoa!  muortde  e.  propri,  cho  ben  vi  ft  vede  e(fo«e 
imitau  il  vero..  Rapprefimta  la  pictuia  uniitOf  ripieno  di  fcogli  o  maffi# 
fopra  uno  de'quah  in  mema  diftaraa  vi  fono  in  piede  Moisc  ed  Amn  :  ed 
ti .  primo  in  atto  maellofb  od  impermibr  esercita  la  podeffà,  che  Dio  di 
he  dato»  diftendendo  un. braccio  ODO  la  verga,  nel  medefimo  tempo,  cho 
Acca  pare»,  che  fi  efitichi  di  pariate  al  popolo  r  che  numerofo  e  félto^ 
da  pretto  e,. da  lontano  2^ quivi  attendato  in  varie  pofiture  e  attitudini» 
di  ipua»  chi. lieto  del  fip^Eialaco  benefizio»  pare  che  ne  ringrazi  Iddio»  ehi 
attende  bramoso  la  vqpidnte  làporofii^  manna  »  chi  a'  affatica  in  racco^ 
gliersp  in  diver^  vafi  la  ^  <pHÌeoee  dal  cielo,  chi  carico  di  efla  fé  ne  par^ 
tOf  chi  con  Amxolcib  pefib  conia  a  prenderne  deli'  altra  •  Fra  gli  altri  fi 
vede,  avanti  a.  cueti  oh  gruppo  di  msrev/ghoia  bellezza  di  due  donne  od 
wi  ragaeno^  dtexontitt^ndo.i"  un'  acrinvline  coU*altrair  hanno  in  fé 

Qj)  1  una  tal 


é  I  a     DeceuH.  f^I^é^VarMl  dSl^cM.M  tóso.aii  660. 

una  tal  ioUt-c  Vetiaì  ^  .ete  fion  fi  imd  (deaerare  fli  %)ìù.  Il  {^otuié  è 
cbiaato  »  ed  empie  «alòum  vafi  di  i;aiiie  t  -  mentre'  una  delle ^dnne  gli  pàilt 
con  un  braccio  fopca  le  teiU  #  .diftdbpartè.per  maraviglia;;  o  pone  fek 
prendere  della  manna  >  che  cade /Oltre  dhqaéfttìi  vi  è  un  alm>  ^p{)0 
di.  una  donna  t  che  iiède  macflofa^f  e  adociia  di  panneggiamenti  vaghi, 
liobili  e  bi2zari:i  »  tiene  in  collo  un  bambino  lattante  #  che  fi  traimlla 
con  un  jcembolo;  ed  alle  di  lei  ginocchia  è  appoggiato  un  itagtieeo  mezzo 
nudò»  di  maggiore  età  dei  primo >  e  vicino  appiedine  fimo^  a  federe 
due.alcdff  Cioè  una-  fanciulletta».  che  guarda  un  vàfo  d* argento,'  tenore 
in  mano  dali*  altro ,  che  è  un  giovanetto:  ed  appreflo  ad  effi  vi  è  dille* 
fo  in  terra  un  cane»  che  è  con  fomma  forza  toccato.  In  quefto  gruppo  è 
ritratta  al  naturale  tutta  la  figliolanza  dd  medefimo  Aleflandro  Strozzi ,  e 
nella  donna  è  il  ritratto  di  Tere£i  Bartoloismei  fua  moglie»  che  molto  per 
f  empp  Idà'io  la  tolfe  di  vita  •  Né  fi  può  dice  quanto  abbia  acceruto»  noa 
folo  nella  diftribu^one  delle  ^gure^  nel  colorito^  e  neldifegho»  ma  nella 
ibmi^lianza  ancora»  con  iftupore  è  maraviglia  di  chi  gli  vedb  e  cono£be; 
ónde  quell'opera ,  p^r  quelle  e  per  mille  altre  qualitadi^  e  veramente  mae- 
ftrevoli  avvertenze  e  induilrioli  artifici»  può  andare  fra  le  più  perfette» 
ch^  fino  a  quello  tempo  fiano  ufcite dal fuo  pennello.'  Il  Cavaliere  Ambra 
)ia  di  fua  manoj  fra  V  altre,  due  bellifiìme  tele  di  braccio  e  mezzo  in  circa» 
Delle  quali  volle  egli  rapprefentare  il  genio  della  Scultura,  e  qoeUo  della 
Pittura  ;  in  quella  della  Scultura  ebbe  intenzione  di  far  vedere  f  amore» 
ph'ei  portò  Tempre  all'iuitiche  bellifiime  fculturct  e  quanto  edt  volen* 
fieri  nel,  tempo»  cà'e'fi  trattenne  in  Roma»  ledifegno;  e  fiommente  in 
gueilo  della  Pittura  »  V  affetto  »  con  che  nelP  efléce  a  Venezia  fece  ì  fuoi  ftudf 
intorno  alle  mirabili  pitture  del  fecolo  di  Tiziano  «  In  quello  della  pittu- 
ra «Tprefle  il  proprio  ritratto  »  in  pofitura  di  accennare  verfo  U  ftnpenda 
tavola  deJ  San  Pier  Martire  •  mentre  il  genio  della  Pittura  in  figura  di  un 
t>ellifiimo  fanciullo»  in  atto  di  federe  fopra  una  povera  fe^iola  di  pagliai 
guafi  coiTrTumata  dal  tempo»  la  fia  con  grande  attenzione  ricavando •  Ave* 
Fa  il  pittore ,.  avanti  che  quefia  opera  ucifiè  di  fua  mano*  in  un  bene  adat- 
tato Juogo  fcritte  quefte  parole,  alludenti  a  tè  fleflb  ;  Bel  gemo  in  ftnerm 
fe^\  ma  dubitando»  che  tal  concetto  non  fc^  da  taluno  (limato  tioppo 
ambiziofo  »  le  cancellò .  In  quello  della  Scultura  fi  vede  pure  il  ritratto  di 
fua  periona  fra  le  più  rinomate  e  a  lui  più  care  fculture  di  quella  gran 
città  :  e  fra  le  quali  fu  la  colonna  Trajana»  e  il  fuo  genio  in  atto  di  miè« 
gnare;  volendo  inferire  con  quefti,  due  penfieri»  che  a  Roma  fi  difi^na»e 
a  Venezia  fi  dipigne  •  Ha  di  fin  mano  ancora  lo  fteflb  Cavaliere  due  paefii 
^ella  ftefla  grandezza  de'  foprannominati  quadri  »  entrovi  alcune  piccole 
$gure.in  atto  di  bagnarfi»  e  altre  di  peicare;  o  due  altri  ne  ha  condotti 

e^r  lo  (lefib»  dove  ha  rapprefentata  la  Mqrte  di  Adone,  eU  Ratto  di  Pro* 
rpina .  Paolo  Falconieri ,  Cavaliere  di  quel  valore  e  pratica  in  tutte  qoe- 
fie  bellifiime  arti»  eh' è  nota»  volendo  accompagnare  un. quadro  lungo  di 
un  paefe»  che  fé  non  è  il  più  bello»  ha  luogo tta  i  oelfiffimi»  chejpartorì 
la  dotta  mano  di  Salvator  Rofii»  fecene  &re  uno  a  Livia  della  ftefla  gnn* 
dezza»  nel  qiule  fra  il  più  vago  del  Rofai  el  pia  vaco  del  Boigo^nonCi 
,  .  fi  vede 


(4)  Fece  Mco  uuTélli^M^uair»  p^  Marde/e  Frantefio  Ricctrdit  in€»l 
vienr»pprefintat»ifitìuk9hàitfSigmn,id^Ul^titmM^'fì^.  fm  esvato  it 
SMme  pel  Vrevùnó  grattde  Rampato  'neoé  Stampena  di  5.Vf.  R.  as  i  citi  toT" 
ehi  efc9n  k  frefemi  netizie  aUapuUlieM  Utce ,  Qt^fio  Tittvre  pafsh  a  migliai 
vitsiìé^i.Jg^ \S9i.tf»JepQÌÌo^  nelh-Cbiefé  à»  S.'J*eóp9  fr» fiffi\- 


•^^mtm^rx^m^mmmmi^mrmmmm^^^^timm»^  t     \  J       mmmmmmii^miil^mtmmt''**''*»^ 


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♦  ►  •  • 


[NTO    BRANDI 

F I  d  fe  B  N 1 1 N  O     P 1 T  T  Ò  k  E 


.7    'U's'-'x 


pifiepk  deK^AIgardt  ^  j?  del  Sè^menti(l  ti^ìò]  1 6  y  i,  -^ .'  .\  ;  - 

,^         ,'       i;  «,4.4      -/,>  ^'.  >..    .     .,1    .rJ«  -v  .    ■      ....     ..'••-    -       •>    .  * 

J  in  Firenze!  nel  pafTata.  iòcot^ ii  QOr (GK2e>Vuioetìnk>'J^ 
il  quale  av^do  a  volito-,  di  ftioc  macrivQiiio  un  figliuolo  aflai 
fpiritpfo^e  molto  ii)^linaco  aMiftgna  »*  c]iiaaiacò.Gioyahiii#.. 
Iq  ùpìfp  cp^ì  ben$  inc^iqaaijnKQ  pejr  qUe.tt' arceì:  che  portB^ò& 
.Biblla  cictà  di)Rom9B  vi  j^aeBrQve.d^aoQMedKltecftejieU'iattf. 
,      ^       ,  ., ,  dpiriny^rMre^edifegAarè^gUa^^ 
di  rtc^mi^/  (]^efU^ii  ilp^tdre^di  Dìrc^'qco  sBraodi  i  d^  t:[uiyci 'fiim  md&  €: 
parlare'.^  ^^^^  i^  di -ji^i  aajtflis  npli^»I>l^>I<S3:fyl|e«J  iit^fofle:  forza. di nattifi} 
rale^.ioclu)^c!Ì^j^  p.pqre^^  ipadcsrftefibi  .e*  il  {(nò  con.Teritilp 

^/fermare\J{n^  C£l^;I^f  <^^^  dii«»  fin  dalle  faìcie»  ne  flporcaffe  tanto  ge^- 
nio  aljaJFfittura»  'quanto  bailo  per  <far  slj  .<:he^  appena  fttti  i  primi  ftodjt 
cheTò^jpirpprj.  4^11a  faii^ultez^Eac inorgaifH^ifflp.A darfiiorifOperiBilQgnar 
di  lode<  m.  cqii^«chè ^roggiaflTerQ  taplvo n4*&nqiu}J9»  otece. uPU.galiuui 
teria'nel  maneggiare  lo  fiiie  e  1  pennello»  uno  Ipirita  TiTikce»  cOiflbella) 
fimetriadi^perfoiui  e  ^  yolfio  »  ;  aCf:pfDpflCiu(C%  eia  i^opceinra  di  coftumif 
non  fu  gran  ifatrq»  ch'egli  fqflie  r|c«y«t9  i)el|a ffcuoùf  ^^1  famofó-.feaftQt»; 
Àleflandró  A^gardi,  il  aualjB  jfu  (olito  valerfene  per  efenpbre  nelle  teflie» 
deg)i  Angeli  Bel  modellare»  eh' e*  faceva  in-terra' q  cera i  anzi  avendo «i^. 
ben  còiioiciuta  V  abilità  di  piaciftto»  mentre  non  aveva  ancor  compita  il 
^uodecfimoanild  jdi  Ìfx%  età»^  ai;(e.di  deiidcirio»  per  cioaì'  dtfOt  .dl!EÌBKiDadèt 
neir  arte  4eIIa  Icujtnra  ;  ma  tutto  fu  in  vano ,.  peirohè  il  giovanetto  fem^ 
pre  contrario  al  coniglio  j^el  qutftro»  lìette  fempce  faldo  oel  propoflto  di 
volere  ^fercitt^ire  la  pittura  i  ;della  qual^ ^veva  avuti  i  principi  »  pure  daUo 
{cultore  medefimo;  tantoché  fu  neoelfitato  il  padre  fuo  a  toglierìo  alli* 
flanzadelPAlgardi»  e  Por)o  inquel^^^i  Gioì.  QiapoiqOiSeniciuà  Bologne-»* 
fé»  in  quel  tempo  molto  appku^u  per.  le  Qpei'e  di  talmaeftroi^  conoptce 
a  graà  pf  rf^zione  in  fuUa  maniera  delfamofo  "^  ~^-  ^  — * 


<ijl   3  FRANCESCO 


i.iL 


Ka 


(B^     DecemrM.  é^Mltl.  JUM  tni! dal  1650.  tli66<». 

FRANCESCO    ALLEGRINÌ 

PITTORE   DI    GUBBIO 

(«ettini  tli  Gubbio t'cicci  «ntict  e  rìgiisrderole  dell^ai- 

irit»  hanno  avuto  piuctofto  inclinatone  all'  anni*  che  ad 

iltcè  profeffionl:  di  Che  &nnft  fede»  pareicotsmicnte »  jkt 

non  'andar  ricercando  nafì'  aiiticor  fcOantà  rta  C«{Àani  e 

oolonnelli,  ed  altri  Ufiztalit  tutti  di  quella  patria,  che  fi 

trovarono  al  la  famofa  guern .  e  vitcoria  navale  del^anno  1 5  71 . 

Non  vi  fon  però  mancati  altri,  che  hanno  dato  faggio  di  fé  in  lettere  ed 

«ni»  de  i  quali,  per  non  c^re  fiata  data  puntuale  nocixia  dffgU  fcriicori, 

poccr  fi  può  parlare:  in  che  fu  al  certo  più  fon nnatò  di  loro  l' antico  Ode- 

rigi»  che  per  la  fua  eccellenza  nell'arte  del  mintare»  ebbe  in  force  d'efler 

chkaacb-aal  noftro  tyivlrto  Poeta  : 

L'omrir4gt4Ho,  fi omr^ aite/Péne. 
Sappiano  poi  per  tndiaionè.  e  per  qualche  meihdtit  redita»  die  nel  fxo* 
io  pubcq vi iuMAo in  buon  cónocno  nella  pitture,  diverfi;  eira  gli attri 
Avuucinoda  Gvibbi».  che  dipinfe  pikquAdri.  che  in  quella 'cictà Tt  con- 
fen«noHi>cafe  di  pinicolari;  e  unArcangioloGiibMel^.afrefconeU'or- 
móMmo  dsll^Afor  ffiaggtote  detta  Chicfa  di  Santa  MaHa  d{  VcKorìna, 
doett  &jFr«n<«t4o  ìta*  lo  ftupendo  miracolo  di  render  manfiera  la  Lupa, 
Abétmco  infi^va  quella  cìtti ,  Vi  fu  ano>ra  ttn Felice'  Danmnti  del  quale 
mi  y'w»  detto  vedeiìlì  tt'oke  opere  degne  di  lode,  in  verie  Chkfe,  par- 
tìcohrinenict  la  Nafìviei  di  CriAo  all' Altare  d^  Bcnvedvti  ìn^Stn  ut»- 
acnicoi  h  «avola  di  San  Pietrty  litértirfl  nella  medelima  Chiefà.  aR' Ala- 
re de^i  AndEcoH:  ed  il  Battefiioo'di  Stht* Agoftino  nelle  CUefs  ddl  San- 
»,airAttare  dc^Damiani. 

NicqOT  poi  r  anno  ióif.  dì  un  tale  Fltnmiinio  Allcgrlni  de  Caniii- 
nor  Tem  nobile,  edtficaceioa  i  Gubbìnt,  e  •  foro  fo^cta,  qveSo  Pran- 
ccfco,  del  quale  ora  parliamo.  Il  padre  feo  flamminìo ,  ehe  abicava  fa 
noninoa  Terra  dì  Caniiano,  fu  dlprofeffione  pittore  -.  e  ollbnrando,  che 
•  FnhcefeoeoI  crdcere dell'età •  andava  anche  crefcendoilgeniof  cheedi 
ebbe  fin  da  fanciolto  all'cfèrcìzio  del  difi^no  ;  dtliber&  di  tai«tterlo  1  quet- 
l*ltrte,  fólto  la  dìCciptina  del  Cavaliere  Giufepptd'Arpìno:  appreflb  al  qua- 
le fi  avanxò  canto,  che  divenne  btion  pittore.  Ha  egli  operato  molto  in 
Roma  r  dove  nelk  fala  del  Palazzo  dei  Santo  IJfizio ,  ìu  tnpìnto  la  batra* 
glia,  che  fegiiì  fi-a  1  Conce  di  Montfert ,  e  1  Re  d'Aragona ,  Protetcor* 
dagli-AltMoenfi^fn-w^  altra  Aanza^l  martirio  di  San  Pier  Mantre;  ed  in 
altra  San  Tomoiafo  d' Aquino  i  in  atto  dì  fulminate  co  i  raggi  della  fin 
penna  gli  Erecitii  r  che  fi  veggono  percoffi,  mentre  P  Erefia  le  ne  giace 
quafi  conculcau  dal  Santo.  Nel  Palazzo  Panfilio  a  Navona,  vicino  alla 

Gailena 


■^^ 


.11 


MdmBSim   AU£(^miil 


Gallech»  ht  egH  dipinco  uni  fiansa/gmi4r»  #ofi  |if 'iigiirR|i  Udrlb  64I 

doairtcì  Jibro  f  jV^gin^.  Qi^la  parcé^y^E^l^iHnVnJlà  ftkflb  hfiA 

Kin  dipìnte  di  ina  mano  ottd'fianze»  in  ciaicttna  delle  quali  fon  cinque 

ftorie  dejHa  Stara  j^crìminw  cx^tci  da:i  libri  ds'Rf  •  jIirQenpvtaiia  dipinto 

la  fala  dlf  Carfo  BmiM'niiel  Duranco.  Molte  bpere  tnando  m  Francia  ^1 

Cardinal  tdazzarrino  in  piccole  figure,  ^he  in.  quelle  parti  gli  procaccia* 

rono  gran  nome.  E^  tutta  foa  fiittura  U dipinto  delIaXupola  è  Cappella» 

eretta  nella  ChicCi  Cattedrale  di  Gubbio  da  Monfignore  Soerelli ,  VefcO- 

vo  di  ella  città,  in  onorpdcflSaiKifliQio^gramfOtOf  e  deUa  Beata  Vctah- 

ne  di  Loreto.  Similmente  1»  Cupola  della  Chiefa,  detta  la  Madonna  de* 

Bianchi,  ove  fi  vede  in  un  intreccio  d'Angioli,  che  verfan  fiori,  une 

mnd'arte;  ficcoQue  ancpra  in  alcune  ^lle£gure^  nppiipfentand  SibiihB# 

&j6«  per  «mamenjo  del  quadro  dftlV  Atart  mitggion^idi'mano  del  tinob 

rinomato  Federigo  Baroecio*  .  Nella  Chiefa  di  San  Fmicelco  è  pure  di 

fua  mano  il  quadro,  e  le  figure  a.&ef4ao  della. Cappelk  di  Santo  Antonio 

da  Padova:  quello  della. Nwumtt ^ fletti Oraeorio  della  Mifericordiai  etl 

SantGofl;an^  Bari! ,  Vefcoro  o  MafRire.,  rtfalfaX]appéllè  dtf  Batli  nellaChtQ» 

£1  de*  Padri  dell'  Or^corio;  calice  oeUaC^icikddlaairacoloGitMadiVMft 

del  Prato»  (bravi, edificata «oderrnmenif^  ili  («LmodcibidiSat^^ 

Roma.  Si  è  trovalo  anche .^utftprìpicM|ro a. dspìf nere  naUelogyed^Vaicb 

mno  f  focto  AlelTandro  VII.  mfieaie  tiHkQiova»  ite)>k>V^  iletto^  A  Tedefiscte 

vaJorolfo  in  profpetti v;a&  :e4 1»  fatte  make.baenglie  in  piccole  figure i>  al^H 

lodate,  oltre  a  molti.^iadrt,  clm  nella  «otti di  jGi]bhÌ0>  Aiata  per  oedinaK 

riotfua  abitasEÌone ».  ft>i^)IÌP»^  pm  diieeile.c;a&;di paiooolari.  Mmttrea 

niti  f9adaceqyeft«  n9tiaie,:vivO'iìQAc)nÉiisiia^  iòìrella,«hiafflata  per.nok 

ide  Anne  Angelica,  acwredìfaeajidl^iafte'iiélmiaM 

prefk  coUa  famigliarità  è  coofmfiMioiia  ili  Maddalma  Goìrvini ,  mèibaioa 

«cofUenie ,  e  di  PlautiUa  firicQi«  rinoaiisà  fdk  valorb  aallf  arte  di  picnuìa 

earchirectura.  . 


•      •       •  •     « 


»     » 


Qa  4  OTTAVIAKa 


^  DpfCBìna'.ofiai^ri&pttta.  neUs  (£uoló  ds'  f^iltifofì ..  in  due 
:  manine  intenderfia'efUiredatlt'coft.  La  pr'rtfla  ò-di  ^aet- 
lo.ichc'-élfichìaffiBantf&frercptJcensUle':  e  f«  {ìeconda  e  di 
quell'  elTere,  al  ^ale  dtBflèFc  re»le:<lanno  ìt  nome .   Ed  è 
notifSmot  .che  rfeflèr>pGA:etuJbt«'-idi  «kvna  cbfi  >  quatunqac 
Jeliiifi.fiij»;eJ^éllb.,:^iIiip^»nAii'i^cara  i  pervenuto  at-- 
»ficne£Btcaiyia:in:a]m.xx)fir)  icosiTMMegno,  ne)  macignoé 
nd'mn^iuyri^  MirièctjojiiiKll'ivgtaKr  «  n«tt'«M  ved  altre  a  quefte  foai- 
^Kaiiti-oodl^t  fltTtiran0Ìnpcfcfaisafs4XQn(»^  tPflrK^i;  shioiaH  e  «omiitìr  fio- 
che .fl.pèiìtA'At^fice'  X^«ie\flii>4ift^l  Divino  Michela^n^  Buonarni- 
«])  colla jnai^Vv^qhc  sbfaai^er&ll' iiuKltecto ,  qaeUi  £i  vmìre  aiPicco* 
^2pefto  effèreijii  fùtcntà-^  iiando'però  n«i  pari  starami  deUa  FMofofit  e 
lùtitxBSÀnt^i  ^Hìkffaf^\ù%\t:Ss8ieui\s€ik€\  a(«er<iK<M  nort-ferebbe Tafente, 
4Kila'j9i>ctran'M>u<Vofis^  inèASi(iìfiftrklD4i«  ntfffoiM^cdfli/  fé  qddh  prima 
•flMiv^ttMltoun  poF«vizft:a  iatfinflidèv'icfc&fave  Aon'fi 

a^'daIl9tp«cé''dsIPi^ule.è'po<GbUe''ttt'p»conxa  attira',  è  anche  pofTibile 
«n  po^eMEà-falIlaa!  daU&DKdf  dal-tutactt0.  Dal  che  fi  4X>rJd0lTe  a  icmKrla- 
dere  un  Filofofo»  non  fare  alt»  parte  un  agente,  fé  nnn  cìrai'e  all'  ano 
quel  csDto,  che  già  fu  in  potenza,  cavandolo  dall'  EHere  potenziale,  e 
noriandoki  alla  reale  Eilenzaì  e  cosi  non  dare  egli  all'  opera  fua  mokito- 
dine»  ma  perfezione.  Faccenda  in  vero,  che  ^  dire,  par  molta  poca, 
ed  ÌHat>parenza  ordinariilìma»  ma  in  effetto  è  tanta  e  così  difficile,  qaan- 
to  mai  dir  fi  poffa.  Intorno  a  che ,  lafciando  io  per  ora  di  efemplìncare 
neir  infinite  cufe,  te  quali  con  arte  mgegnofa  pvò  ruomo  dalla  potenza 
ridurre  all'atto:  cdiquelle,  che  al  mio  particolare  alTunto  appartengono! 
dilcorrendo,  dico  aver  moftrato  t'efpenenza  nell'arte  della  Scultura,  che 
è  fiato  così  difficile  alta  mano  degli  artefici  il  cavar  da*  marmi  e  dall'altre 
macerie,  a  vìftj  anche  del  naturale  e  del  vero, che  purlemprebelloìì  man- 
tenne t  i  bei  concetti ,  i  qua  li ,  nìuno  fradi  loro  fu  ,che  concepire  nella  mente 
potefle,  e  immaginarli  nella  fantafia  nonfapc0e,  che  hanno  moftrato  cir- 
ca a  dieci  fecoh  fcorfì  da  qnegi*  infìstici  tempi,  ne*  quali  la  crudeltà  del- 
le turbare  nazioni,  quefla  con  altre  belle  arti  difperfc,  fino  a  che  Dona- 
tello, e  dopo  dì  luì,  aliai  più  vantaggiofamente,  dnomii.ato  Michetagno- 
lo ,  artefice  veramente  divino,  a  quel  fe^no  la  riconduflero.  oltre  il  qua- 
I&^Ua  foriè  più  ftoo  poteva  avanzacii,  efleriì  queft'  arte  nel  milerabile  mta 
'"""'"  ^  •-.'  mtntenua* 


OTTAVIANO     JANNELLA.       6it 


mantenuta r  che  altrove  afaJbiahiQ  accennato»'  e  però  non  &  d*  tiopo  il  re« 
pltcarlo,  fenza  che  mai  fi  vedeflè  in  eflà  alcun  miglioramento»  o  molto  poco« 
Tanca  è  tale  è  la  differenza ,  che  prova  ogni  uomo  dall*  intendere  all'  ope^ 
rare:  e  dal  concepire  coU' inteiletta 9  a  mettere  in  pratica  colla  mano» 
Giunfe  finalmente  quefia  »  ne'  tempi  di  cjae'  nobili  artefici  »  a  mofirare 
ì  fuoi  miracoli,  fcoprendo,  ed  a  vifta  degli  uomini  efponendo  i  gran  co* 
ioffi»  e  le  tanto  maravigliofe  figure  »  chp  per  parlare  collo  fleflb  Michela* 
gnolo  circonfcrifiero  in  fé  i  m^eiimi  marmi .  Ma  non  è  sì  fcarfa  la  nattt^ 
•ra ,  che  non  fappia  in  ogni  tempo  produrre  uomini  di  qualità  pellegrine  • 
e  colle  Angolari  abiliti  ai  quefii»  tare  al  móndo  vedere  maravi^ie.  Una 
al  certo  ne  ha  veduta  il  prefente  fecolo ,  non  più  nò  veduta  né  letta  da 
cfakchelfia,  ma  quaifi  del  tutto  incredibile,  e  pure  tanto  vera»  quanto  di? 
moftrano  lejoferedi  un  dògniifimo  artefice,  del  quale  ora  fon  per  dare 
alcuna  bieve  notizia.  Seppe  quello  grande  intelletto  concepire  in  fé  fteflb 
It  helie  Jdee,  che  egli  poi  efprefie  colia  mano,  la  quale  gli  fu  così  ubbU 
diente»  che  giun£b  ad  effere,  per  così  dire»  onnipotente;  facendo  vedere 
fi^ie  opeire  fue»  che  racconteremo»  non  gìk  in  mi  aita  mole  di  marmi  o 
di.  macigno viiiAà  in. un  pkcoloi;  e  quafi  invifibiie  pezaeuo  ài  boflblo*  un 
«lerci co  d'innumerabili  figure j  je  disanimali  di  tutto  rilievo»  in  beUe  e  va^ 
eie  attitudini»  tanca  ben  ricercate  j  e  fra  di  loro  dipìnte,  quanto»  che  fé 
grandi  f^fleso  al  Datucale»  e  cali  in  fomma:da*  fare ftuptce  la  maraviglia  aaet 
deiima., 

.Quefti  fu  Ottaviano  Jannellà  nobile  Afcolano  >  il  .quale  venne  a  que« 
Aa  luce  a',  zj.  di  Dicembre.  nelF  anno  di  noftra  falute.  1^35.  .  U  padre  fuo 
•fu  JinitìcUa^  e  la  madre .  fi  chiami»  I polita  Tuz2i»  li  una«  T  altra  delle*  più 
-nobili  iamtalie  d'  Afi:oli  loro  patria  #  Diede  il  fanciullo  *  fin  da'  primi  anni» 
jBl chiari  incuz)  di  non  ordinario  ingegiK>  e  difpofizione  air  acquifto  di  c^ni 
^irtù»:  che  i  parenti  di  lui»  promettendofene  gran  riuicita» agli  (ludi  ^^il^ 
Jetcere,  Ibtco  la  difcipUna  (be' Padri  Gefuui  di  quella  citti  »  vollero»  che 
folle  applicato.  Ma  il  giovanetto  non  potendo  occultare  la  mirabile  in* 
cJiouzifltfìe »  di  che  avevalo  dotato  la  natura»  verfò  le  cofe  appartenenti  al 
difegno»  afiai  tempo  in  eflfg  .occupava»  fenza  però  divertite  dagli  fiud)  del- 
ja  grammacica  ;  «inzi  con  beilo  accoppiamento  degli  uni  e  degli  altri»  non 
lafciavadi^ apportare  a' genitore  ed  u'  maeftri  ammirazione  e  gufto  non  or- 
dinario i  concioffiacofachc  i^gli  and^ile  di  belle  fantafie  colla  penna,  adoc- 
4ìaiàdò  tulli  quelii  fpazi»  che  recavano  bianchi»  o  neMibri  de' fuoi  fcritti» 
41  iieJle. carte  delle  iue  compofiasioni .  A  quefii  fanciuUefchi  ftudj»  e  primi 
eforzi  della  nacura^iOggiugneva.d  ricavare  con  gran  diligenza  alcuni  affai 
^lliidifegni  ai  {ienna  di  m»n9  diri  Signor  Giovanni  Bennati,  ancora  efib 
4aentiIuomo  di.quèHar<iuà*.  ,cHe  a  uJeefiF^tto  glieli  predava:  ed  alcuna 
VoJca  .coli,  un  piccolo  coltellino  in  alcuni  pezzetti  di  legno  andava  inta- 
gliando'piccole  figurine»  &  non  in  tutto  perfette  »  almeno  affai  fpiritofct 
«he  y^QCJida  oflervace.dagl':inre«)dencU  gli  guadagnarono  canto  applaufo 
•verfo  tuuir»  che  preib  grand'aiù^no^* cominciò  a  feguicar  quel  genio:  e  da 
indi  innanzi  fi  diede»  fci>«a  punto  flanearfi»  allo  ftud^o  dtU'  intaglio  di 

«oylefiìinttuiroue.  di.  ibctcì  .cmì  non  erano  appena,  paliati  ^ocbi  mefi  »  da 

che  e'  fi 


6 1 8      Deeetm.n  e'Bar:UMStc.Vl.Mal\Sfo, idi66o. 

che  e*  fi  pofe  in  cale  ocoiptzioiief  die  oomindMirano  t  vedèxfi^  fua  mm^ 
no  opere  ftopende,  nelle  qwli  fi  fece  oggetto^  manvigtia  a  toni  qwHi 
dcija  fua  patria.  Ma  perché  è  proprio  de' grand*  ingegni t  poco  a  fé  Aefii 
piacendo  •  fempie  afpirare  a  perfeaioo  niiig|iore >  credecce  il  giovane  »  e  nou 
a'  incannò,  di  poter  moko  vantaggiaffi  in  tutto  ciò  »  che  al  diiègno»  e 
perfetta  proporaione  delle  figare  apparteneta»  quando  che  gli  fotte  po^ 
tuto  riuftire  il  trasferirfi  alla  cioà  di. Roma s  onde  colà  deliberò  di  por^ 
tarli.  Quivi  fu  dai  Cavatier  GiuJio  Mncciarellit  anche  egli  nobile  Afco* 
lano^  fuo  confidentiffioio^  introdotto ,  e  raccomandato  al  Cavalter  Lo-^ 
renzo  Berrvinii  architetto  e  fiatuerio  di  quei  valore  t  che  è  notOt  coii 
fargli  anche  vedere  akunemaravigliofe  operine  di' Ottaviano.  Videle  il 
Bernino  con  guflo  e  ftupore  infieme  .ed  àn^vò  al  giovanetto»  che  non 
aveva  ancora  compita  T età  di  diciaflecte  anni»  una  non  or^iaria  riiifcka 
in  quel  meftiere .  Ma  per  quello  »  che  fpettava  alT  a jutarlo  a  confegeire 
la  perfezione  dell'arte»  fi  icusò,  allegando  la  differenza  de' mattelli  e  fcar- 
pelli,  che  fi  adoperano  nelk  fcultura  de*  marmi  «  a.  quegli  (Imaenti  »  di 
che  Ottaviano  ne'fuoipiocohlliai»  equafi  inviiUsili  labori  fi  vaiev^i  Taor 
tafu  neceflario,  che  fisruifleY  acciocché»  ad  efempiodel  Jannellt»  cmia* 
Icefle  il  mondo  non  ener  fempre  vero  il  concetto  di  cdooo,  ohe  fifiinn» 
a  credere»  diere  al  tutto  ìmpofifaUe»'  fenta  •  la  continm  affiileraa  di  gran 
mtefirp  »  a  gran  legno  pervenire  in  alcuna  arte  o  profeilione  t  moArando 
Tefperienza  alcuna  volta  il  contrario»  e  malfimamente  laddove  uno  ar-* 


dente  defio  di  fapere»  ad  ottimo  giucKsio  condotto»  £k  nefimna»  che 
niuna  di  quelle  cok  ammetta  di  tralafekre»  che  hanno  fiora  di  aenden 
UA  uomo  fcienztaco :  tali  fimo»  un*  a(Xdua  ricerca  e  ferupolofii  efame  dd^ 
le  colè  migliori  :  uno  aforao  di  imitazione»  ed  un  frequente  communica^ 
re  de^»ropr)  diibb}  con  chi  abbia  già  camminate  le  firade  delle  maggiori 
difficuità  deir  arte*  Queflo  appunto  fi  diede  a  fare  Ottaviano»  il  quale 
col r ottimo  gufto  fuo»  ìhi  le  cofe  più  belle  di  quella  gran  città»  Cbemien* 
do  le  più  perfette»  e  facendo  procaccio  ad  ogni  gran  collo  di  modelli  del 
gran  Michelagnolo  e  d'akrieccellentiffimi  mamri»  quelli  fisca  oggetto  deYeoi 
flod j  \  ì  quali  andava  regolando  colla  fi^orta  e  direzione  di  uomini  eceel* 
lenti  neirarte»vintantochè  in  breve  cempo  agginnfe  tal  perfiszione  al  fu» 
intendere  ed  operare»  quale  hanno  fiitto  vraere  i  bei  lavori  »  chefeet 
dipoi .  Non  erano  nel  nobile  giovanetto  unte  fiiciche  ad  altro  .fine  ordi- 
nate» che  à  quello  della  gloria;  che  però  non  lafi:iò»  mentre  ftecce  in  Ro* 
ma»  di  procacciarfi  impieghi  t  che  alla  digidtà  de* Tuoi  natali  fi  confiioeie- 
ro»  e  ne'  quali  più  riguardevole  poteflb  ancora  apparire  tn  fuo  coal  bello 
e  ben  fondato  ornamento.  Onde  fi  pofe  al  ftr vizio  dell'  Eminentiflimo 
C  ardinale  Ottobuoni»  dal  quale  fu  ricevuto  a  principio  in  carica  di  Coppie* 
re»  con  trattamenti  eguali  alle  fue  virtù  ed  amabilifiimi  coftomi.  Fu  uh 
che  defiderato  in  trattenimenti  maggiori;  ma  il  giovane  »  per  non  tonfe- 
rò il  tempo  a'  fuoi  belli  ftudj  ed  opere»  reeuaò.   In  ^efto  tempo  lavorò 


occhio  t 


OTTAVIANO   JAN  NEIL  4.       619 

McMovdié  lènift  raHRW'dd  MÈèù  KrUMntordél  micrcCoopio«  dìfc*riM« 
n  le  pófft  •  Vedefi  nei  primo  pesato  rapprefentata  in  un  piccolo  ovtto  » 
cb  «ne  parve-  h  FlagellttioM ,  da  vtV  altra  la  Coronazicriie  di  Gesù  Ctifto 
SignìDr  nòftfo,  con  molce  figofé  tutte  cavate  di  qvi^ì  pezzo ,  fenza  alcun 
altro  rapportamento .  in  altro  fineill  penetto»  ona  tal  foraaa  di  pino,  e 
tutta  k  (uperficìe  ricoperta  da  infinita  di  figure  belliflime  e  trarte,  fra  un 


e  vi  è  ancora  gran  copia  di  animali  ^  Alla  bócca  di  quell*  apenura 
fcolpite  alcune  Furie  »  con  una  ammirabile  canna  incatenate  i  ì  cai  annellet« 
ti  fon  traforati , e  cosi  ben  diftintì  i  che  al  folo4iKtar  dell*  uomo  traballano. 
In  altro  legno  fi  vede  gran  quantità  di  cacciatori ,  cavalli  e  bofcbi  •  e  fopra 
alcuni  alberecti  tefa  una  rete  da  uccelli»  il  cui  lavoro  in  focttgliezza  noti 
oede alle  tele  de* ragni,  ed  alle  fila  de'bad^i  della  feta*  Ertale  in  fomma» 
ohe  altri,  che  chi  la  vede  fatta,  non  la  può  credere  fattibile;  e  fé  non 
vemflè  coperta  quell'opera  da  un  puriffimo  criftatlo,  iton  farebbe  gran' 
fatto,  che  ella  o  da  qualche  gagliardo  refpiro,  o  dal  favellar  medefimo  di 
chi  là  guarda,  non  venifle  guafta.  Dopo  tutto  ciò,  raentrechè  il  no- 
ftro  Ottaviano  force  rincontrato  dalle  lodi  »  che  gii  da  ognuno  eran  dato 
alb  fua  virtìi,  andava  difegnando  di  condurre  altre  belle  opere,  da  lui  de-* 
flinate  in  dono  ad  un potentiflimo  Monarca i  fu,  a  cagione  di  un  molto  rU 
gorofo  inverno,  aflalito  da  una  fluffione,  che  lo  pofe  In  pericolo  della  vi» 
ta;  onde  fu  neceOitato  partirti  di  Brefcia,  dttà  Vefcovale  del  Cardinale 
Cuo  Mdrone,  chekfeco  lUveva  condotto,  e  ritornarfene  a  Roma.  Pafsò 
per  Firenze  »  accompagnato  con  lettere  dello  fteflo  Cardinale ,  a  perfone 
di  grand*  eflere  indirizzate/  Quivi  vide  la  fiaaaofa  Galleria  del  Granduca^ 
od  eltre  cofe  ftupende  di  quella  Altezza  ,  che  allora  non  era  in  città;^ 
onde  folamente  il  Sereniffimo  Principe  Mattiaa  di  Tofcana  di  lui  fratello , 
Tide  le  fingolariffime  manifatture  di  Ottaviano ,  il  quale  fu  da  quel  gené^ 
rofo  Principe  molto  onorato;  Giunto  finalmente  a  Roma,  e  della  fua 
indKpofizione  prefo  alcun  miglioramento,  tn  fpazio  di  due  teefi  intagliò 
da  uua  parte  di  un  piceni  noccioletto  di  ciliegia ,  le  valorofe  azioni  di 
Orazio,  fiuta  contro  le  genti  di  Tofcana,  in  riva  atTevere\  ed  al  capo 
del  pónte  Subbi  icio.  Ma  volle  la  fin  idra  fortuna,  che  un  cagnolo  a  cafo 
£iceue  quel  mirabil  lavoro  cadere  da  un  tavolino,  e  che  in  più  parti  fi 
fpezzafie .  Quefto  ftrano  accidente  afflifle  non  poco  il  giovane  ;  onde  per 
tranre  in  tutto  e  in  parte  V  animo  a  fé ,  e  dal  n<^ofo  penfiero  rimoverlo 
almeno,  per  alcuno  fpazio  41  tempo  abbandonato  T intaglio,  fi  pofe  a  mi* 
niare  :  arte  »  nella  quale  Con  non  ordinaria  difpofizione ,  col  configUo  ed 
affiftenza  della  Signora  Giovanna  Garzoni  Afcolana  ,  conofciuta  in  que« 
flo  fecolo  di  gran  talento ,  in  fimile  facoltà  aveva  egli  per  avanti  molto  &« 
ticatot  ed  in  quefto»  che  a  lui  pareva  goftofo  divertimento,  fi  fifsò  tan- 
to, che  di  nuovo  infermò,  in  tempo  appuntò»  quando  egli  ftaya  alleften* 
do  una  belliffima  miniatura,  per  donare  alla  Santità  di  Alefiàndro  VII* 


che  già  deftinava  di  averlo  a  fé,  per  conofcere  di  prefenea  un  fuggettOi 
da  €01  aveva  daU*  Eoiaentifiiaio  Cacdinaie  Ghìgi  fuo  Nipote  e  da  altri 


fentite 


\ 
\ 


6iQ     Dmnn. VI  ePar.ff.del$ef.PJ.  Mi€$o.dt66o. 

fencite  4ire  gran  colè.  Ndn  fQfCAO^Mhtlifjl  kfliKMfe  indi^finoi)i  <t  xi* 
muovere  Ottaviano  dair  ailiduità  del  fuo  ftttdipi  anauchè  avendo  ^gii. 
finita  la  miniatura^  che  era  unia  Pietà»  cavata  da  un  bellifliiDo  quadro  ceL 
Tintoretto  >  quella  data  a  rivedere  ^lU  nominata  Signoria  Giovanna  Garaeonii^ 
die^  o  fofle  perchè  ornai  i  come  att^npata  che  era  »  non  le  obbedifle  la  mano» ! 
o  pure  per  motivo  4'  invidia  »  come  altri  dubitarono  »  in  alcune  parti  glie- 
la peggiorò;  firimefle  il  giovane»  con  indicibil  fiui<:a»  a  lavorarne  una  di 
nuovo,  con  tanta  maggiore afOduicài  a.quanu  la  necdSiiàed  il  (biiecito  pen*. 
(ièro,  che  aveva  »  che.eliU  venifie  fatta  a  tempo ,  lo  coftiignevano  «onde.fati» 
cando  giornc  e,  notte  i  taoto  peggiorò  del  fuo  male»  che  per  ordine  dp'  me« 
•dici  iti  necelK^tato  a  tornar£bne  in  Alcoli  »  per  fare  eCperìensEa»  fé  If  aria 
nativ^a  ayeflea  quella  malattia»  renduca già  quafi incurabile t alcun  migliora- 
mento apportato;  ma  tutto  fu  in  vano»  perchè  non  andò  guari»  che  ig-. 
gravandoli  il  male»  egli  fi  conduflTe  ali  eftremo  del  fuo  vivere.  In  queto. 
tempo,  oltre  a  moki  fegni  di  criftiana  pietà ,  che  moftrò  l'innocente  gio- 
vane, fu  più  voice  fentico  dolerfi  co' £uoi  famigliari,  di  non  aver  potuto 
adempire  un  defiderio,  che^veva  avuto  di  alcun  tempo  avanti,  di  fcol* 
pire  in  un  piccol  pezzetto  di  boflolo  la  venuta  della  Santa  CaEa  del  Lo^< 
reco,  per  quello  poi  mandarci  in  fegno  di  tributo»;  a  quel  reverico  San- 
tuario. E  parve,  che  la  gran  Madre  di  Dio  gradile,  tuttoché  iènaa  ef* 
fetto,  queua  fua  brama  ;  perchè  avanzandoti  tuttavia  il  male,  arrivato  quel 
giorno  appunto»  che  fu  il  di  io.  di  Dicea)bre  \66\.  e qi^l'ora  fludefi- 
ma»  nella  quale  tutta  laprovioqta  delta  Marca»  e  particolarmente. ÀfcoU 
fua  patria»  Con  fuochi  e  &lve  ,  folennizza  la  memoria  della  miracolola 
comparfa  di  efla Santa  Caia,-  il  noftro  Ottaviano ,  in  età  di  anni  ventipm* 
que  m  circa»  fé  ne  oafsò  al  delo^  Rlmafero.r.operef  di  ch^.  (opra  a' è  At- 
ta menzione , appreifò  il  Signore  Emidio  Jannella,  di  lui  fratello  ed  erede» 
che  le  conferva  con  quella  accuratezza,  che  merita  un  fimil  teforoi.e  (ic-. 
come  fono  fiate  (bmpre  vedute  con  ammirazione  da  gran  Priotipi  e  Signo- 
ri ,  a'  quali  egli  all'  occaiSone  graziofameote  le  mofira  »  cosà  &raiuio  tutta* 
via  oggetto  di  maraviglia  a  tutto  il  mondo.  Gli  firumenti»  de' quali  Ot- 
taviano fi  fervi  in  quelle  opere,  furono  alcuni  aghi  fottiliflìipi  da  Cam- 
braja,  con  certi  manichetti  fatti  di  (lecchi  a  fomiglianza  di  lefine»  colle 
punte  fotti liflìme ,  aguzze,  e  adattate  al  bilògno»  le  quali  però  non  gUavreb- 
Bono  potuto  giovare,  fela.maqof  come  io  diceva  al  principio,  non  ave(re 
fenduta  al  fuo  intelletto  un  ubbidienza  ne  più  vifta  né  più  intefa.  Era  poi 
tale  r  applicazione,  colla  quale  6gli  operaya»che  lavorando  più  voice  in  pre- 
fenza  di  molti,  e  talora  del. Cardinale  fuo  SigtK>re,  per  lungo  fpazio  di 
tenu)ò,  diede  fegni  molto  chiari  di  non  accorgerfi ,  che  quivi  alcono  fofl'e 
pretente .  Fu  il  Jannella  di  alta  fiatura»  di  membra  ben  formate,  di  bello 
e  grazicfo  afpecto,  benché  di  colore  alquanto .ujivallro.  Scorgevafi  in  lui 
una  vereconda  modefiia»  accompagnata  da  coftumt  cosi  onorati,  rifpettofi» 
edinfieme  piacevoli,  che  legava  gli  animi  di  chiunque  con  lui  ;  craccava  » 
e  rifplcndeva  in  effo  tanta  religione  e  criftiana  pietà,  da  pòterfi  ad  altri 
proporre  per  cfcmplo.^  In  fomma  fuegli  in  ogni  fua  parte  ammirabile:, 
ne  io  racconto  tutto  piò,  che  jo  patemi  taccontare  delie  ottime. qualità  di 

lui  i  ba- 


OTTAVIANO,    JANNELIA.       621 


MJ'i! 


neuzift 


loi  ;  ba&mdorai  foto  il  fttcot  ptl  Odb  file»  che  \  »  di  dtre  di 
degli  uomini  fegnalati  in  qndEParce»  pofiéndofiih  un  racconto  eruditamen- 
te difleto,  e  dato  in  luce  dell'anno  l6^6.  nella  medefima città  di  Àfcolif 
dal  Dottore  Giovambatifla  Tnzù  »  leggero  quel  più»  che  io  non  dico . 


%       V 


DBLLS 


fn 


DELLE 

NOTIZIE 

DE'   PROFESSORI 

DEL      DISEGNO 

DA   CIMABUE  IN  QUA 

DECENNALE    VII 

E  PARTE  IL     DEL  SECOLO  VII. 

'DAL  3fDCLX.    AL   MDCLXX. 

MATTEO    VVITHOOS 

D'AMARSFORt    PITTORE 

Dìftepoh  di  Jactpt  Van  Campetto  nato vive  /ie/i6Zi. 

ELLA  fcnola  di  Jacopo  Van  Campen,  che  fa  dUcepo- 
Io  di  Piecro  Rubens  «  ufci  circa  a  quefii  tempi  Matteo 
'  Withoos  pittore  d'AmaiafbrCt  il  quale  attefeafarpaefi. 
frutte  e  fiori  di  vaga  maniera;  ma  quello»  in  che  è  flats 
fèmpre  la  fua  fìngolat  virtù  da  tutti  ammirata ,  è  flato 
il  concrafiàre  in  quadri  grandi  e  piccoli»  animali  velenoli 
di  ogni  fona»  appreflb  o  fotto  ad  alcune  erbe  dì  qua- 
lità diverlè .  con  tanca  verità  t  che  non  è  chi  non  fi  acterrìfca  {blamente  io 
vederali,  mailimaraente  fé  fono  ferpenii,  o  altri  a  quefii  firoigliami  fpa- 
ventou  animali .  Si  veggono  poi  ridotti  a  finimento  tale,  che  il  molto  io 
cofiarfi ,  che  faccia  1'  occhio,  non  ne  &  rinvenire  i  colpi:  il  qual  finimen- 
to però  tv>n  toglie  loto  l' eccellenza  di  una  ftraordinacia  forza  e  rilievo* 

che  tm 


■      MATTEO      WITUOOS.       ffsj 

che  tra  p«t<}ii6(loi  épetiKflfer  tfiimìSittt  é1  vìro\  non  ofa  la  mano,  per 
così  dire,  di  tòccai^i,  Mr  fbrsa  d«irftpprenfi€me»che  eoncepirce  la  fallita* 
lift  per  Ift  rimettibrafiM  di  iSéGl  terfH)ile  ,■  e  che  apparile  non  fintai  ma  re» 
ra:  e  veramente  può  dirG,  col  patine  de' jpid  j^rìti  ne(rarfe«  éhecóftui 
in  fittile  facoltà  r  abbia  di  ^fari  tuAj^  titipiHatd  o^Ai  altro  llaco  avanci  a  lui  • 


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KtlMkMbitfaÉ* 


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DAVID     CONINCHE 

D'    A  N  V  E  R  S  A 

Difsif»k di  Mqhsu  Nkafius ,  nato  •«•.««  -$-  ..,.é. 


it^LLA  città  d^  AnTcrfa ,  ftsrta  ki  ogni  teanpo  madre  di  Giì^go^ 
hrtlSmi  anefici»  ebbe  t  nateK  David  Goninche,  figliuolo  di 
un  tale  Giovambatiffa  Gontnche  f  che  eiercìtava  la  profeffio** 
ne  dì  argentiere»  e  di  Dofginaniecart  Aadenarden.  Nttdrl 
eóùmin  fua  fìtneinHazza  «n  be)  genio  é  Céft  sppoftetiettit  a 
diftfno  ;  onde  aventfO'  avoca  cognctione  del  eetebre  ^K6tc 
M0nflkfNic«fiii9»  li  c«A  talento  li  fiieetaeonofeere  fing€4a#inence  in  dTifrigflé- 
xm  0flà  fon*  cfif  «tiiinafi  groffi/  cioè  a  dite  bracchi,  h^fierì^  KMtftifH»  ci* 
gftah  e  fimili,  che  per^  gìwìfé  éà  efler  dichiarato  pittéM  del  R^  d)  POrti» 
cici»  ed  ebbe  luogo  netta  famoft  Adcademia^Piari^f^  fi  pefe  nella  fo^fciKH 
la  :  e  dopo  la  raoirte  éftMUM  ^b^sè^tqwtìh  dì  Méhtfà  Pietro Bòòì»  cffie 
pure  fu  anch' eflò  pittore  di  quella  Maeftà»  ed  a  fimielianza  di  Nicafiusdi- 
pinfe  eccellentemente  grofli  animali;  ficchè  David  ebbe  campo  di  bene  af- 

iit»ufaiu  m  quella  luiia  crr  piiiuiB  •  ifx«  ucuuui «ujiki  ut  pencncjnvrir  aiidic 

più»  deliberò  di  venirfcne  a  Roma:  e  ciò  fu  l'anno  lòtfp.  Pafaò  per  Bavie- 
ra »  dove  fomofciuta  da  virfÙ  da  quella  DuchéiH^  fu  per  ordcie  della  me- 
deiima»  con  molto- lirre vote  trfttamenlo»  fermalo  per  tlb  meli  a^  dipignere 
un  fuo  GabinetcOf  con  offerta  dì  buona  prò vvifìone,  ogni  qual  volta  egli 
li  fofle  còntaAcato  di  fermare  4^ivi  if  fuo  Uhhio^  mi^tétticcìtìs  l' amore 
deir  arte,  che  aflài  più  avea  potuto  in  lui ,  che  quello  della  patria,  con 
ncuci  fitmoli  lo  rpingeva  ^  Rcfdia,  dóve  fpetavacdidurfi  a  pivi  alto  fegno 
d'  intelligenzd  in  ciò  the  faceva  pel  genio  fuo,  egli  coftantememe  ricuun- 
do  quelle  offerte,  ieguitò  fuo  viaggio.   Pafsò  per  Vienna,  dove  effendo 
giàr  pitn^smt%  notixTa  di  fua^  abifitftV  gli  fu  fors^  tratcenerfi  alcune  f(ftfima- 
ne ,  operando  per  diverfe  perlbne  di  grande  affare:  ed  il  Gente  dr  Nadaftl 
molco  l'importunò,  allettandolo  con  buone  promefle  al  fervirào  di  q^uella 
Owae-;  ma  Uy  ftiflo  motivo ,  che  gli  aveva  poc^anzi  fatto  recufire  gl'invi 
ti  di^Vk  DeeAef&di  Baviera,  ebbe  foraaai>i«oni d'inanimirlo  al  rifiuto  àeU 
le  nobili  efibizioni,  che  gli  venivan  fatte  in  Vienna;  donde  particofi,  final* 
anence  prefe  diritto  cammino  per  alla  volta  di  Roma«  In  quella  nobiliffima 

città 


6:^4    Decetm.  VÌI  e  Par.  H.  delSfic.  VII  dal  t  $60.  alt  670: 

città  fi  diede  a  far  buoni  ftud)»  tantoché  in  breve  tempo  ir  ftcqoiftè  chiara 
nonne .  Moke  tono  date  le  opere,  fatte  da  lui  fino  a  quell'anno  1684.  nel 
quale  io  tali  cofe  ferivo,  d'alcune  delle  quali  fin  qui  venute  a  mia  notila» 
fra  le  più  lodate,  io  farò  breve  menzione. 

Nel  i<S79«  conduflTe  due  quadri  lunghi  ii.  palmi  e  larghi  otto ,  per  la 
Maeftà  del  Re  Cattolico .  Altri  ne  ha  dipinti  poi  per  la  Galleria  dei  Re 
Crifiianilfimo j  e  pel  Duca  di  Savoia .  Quattr*  altri  ne  ha  coloriti  pel  Re  di 
Portogallo:  e  per  T Inghilterra ,  non  folamente  ne  ha  fatti  moltìflimi,  ma 
del  contioovo  glie  ne  vengono  commiifioni.  Non  è  forfè  gallerìa  in  Ro» 
ma,  che  non  fia  abbellita  di  fue  citture;  ed  il  Conteftabil  Colonna,  con 
ricompenfe  eguali  alla  grandezza  dell' animo  fuo,  molte  glie  ne  ha  fatte  fa- 
re in  diverti  tempi  per  ornamento  de'  fuoi  palazzi.  Ha  quello  artefice 
congiunto  al  fuo  valore  nelrartCt  un  animo  molto  nobile:  e  tale  appun* 
to,  quale  fi  conviene  a  perfona»  che  quella  efercita,  trattando  fé  tteffo 
•in  ogni  cofa  con  iftraordinaria  civikàt  non  ammettendo  per  lo  piùcon« 
verfazione,  che  di  perfone , nobili ,  o  di  eccellenti  profeflbri  di  pittura, 
a  j  quali  ha  fempre  fatte  ogni  onore .  Per  le  molte  opere  ^  che  alia  gtor« 
nata  gii  fono  ordinate,  eli  occorfe  bene  fpelTo  ricevere  anche  molte  ca« 
parre,  nel  che  fare  è  riulcito  fempre  efatto  e  fedele;  a  legno  che  nefluno 
mai  gli  diede  danaro  per  operare,  che  non  mettefle  altresì  in  penfiero  non 
ordinario  di  prontamente  ièrvirlo.  Virtù  nobiliflima  efercitata  dal  gran 
pittore  Guido  Reni,  del  quale  fi  racconta ,  eh' e' non  volle  mai  figliar  da* 
naro  per  pitture  da  fiirfi,  che  egli  almeno,  tanto  aveiTe  volato  immedia* 
tamente  operare  nel  quadro  incaparrato ,  che  valefle  pel  denaro  ricevuto 
a  buon  conto .  Vive  o^i  David  Coninche  in  efla  città  di  Roma  in  molta 
ftima,  la  quale  dobbiamo  credere»  che  a  proporzione  del  moltiplicare  le 
opere  fuc  fia  per  fiirfi  tuttavia  maggiore  a  comune  benefizio  « 


t^mmmmtmm» 


P 


PITTORI 

CHE    FIORIRONO     IN     QUESTI     TEMPI 

NE'    PAESI    BASSI. 

TETRO    BOEL  d'Anverfa.  nato  r«nnoi625.  ha  dipinto  bene 

fiori  e  frotte . 


PIETRO  VAN  BREDAEL.  natoinAnverfarannoiÒso.  èOt. 
to  pittore  aflai  filmato:  ha  operato  in  diverfe  Provincie, e partìcolannente 
nella  Spagna . 

FRANCESCO 


«2j 

FRANCESCO   SPIERRE 

DI     N  A  N  S  r 

PITTORE   E    INTAGLIATORE    IN    RAME 
Difi epolo  di  Francefco  Poilly ,  nato  1 643 .  #  1 6  8  u 

ELLA  città  di  Nansì,  nella  Diogefi  di  Tul,  patria  del 
fingolarìflimo  Callot  •  T  anno  1643.  venne  a  quella  luce 
Francefco  Spierre .  Il  padre  fuo  fu  Claudio  Pierre,  citta* 
dino  di  onorati  coftumi,  eia  madre  fi  chiamò  Margherita 
Voinier.  Come  poi  Francefco  il  figliuolo»  ed  inliemeroen* 
te  Claudio  fuò  fratello,  aggi ugnendo  la  lettera  S  al  loro 
cafato,  col  cognome  di  Spierre  fi  faceilèro  chiamare»  e  con 

tale  appunto  fi  fottofcriveffero  alle  fcritture,  e  negl'intagli»  non  èpoiuto 

fin  qui  venire  a  notizia  noftra. 

Viveva  in  quel  tempo  •  anzi  ogni  dì  più  fi  accrefceva  per  V  Europa  tutta 

la  £ima ,  e  il  nobrl  grido  del  già  defunto  Callot  »  il  quale  avendo  avuto,  come 

dicemmo,  da  quella  città  i  natali;  e  da  Firenze^  nell'Accademia  del  Parigi 
gi  vecchio  t   la  beli*  arte  d' intagliare  in  acqua  force  piccolifiime  'figure  ; 
aveva  poi.  fotto  il  patrocinio  de' due  Granduchi  Cofimo  II.  e  Ferdi- 
nando li.  fatte  quelle  grandi  prove,  ed  efpofte  alla  vifta  del  mondo  le  mi« 
rabili  opere,  che  ognuno  fa,  ficcome  noi  afiài  minutamente  abbiamo  di- 
moftrato  nelle  notìzie  della  vita  di  lui .  Onde  per  mio  avvifoi  gran  fatto  non 
fu»  che  lo  Spierre,  il  quale  aveva  già  da  natura  avuta  grande  inclinazione 
al  difegno  edalla  pittura»  fatto  animofo  da  sìbell'efemplo,  impaziente  di 
maggiore  indugio,  prima  fi  ponefie  ad  imparare  a  difegnare,  ed  incaglia- 
re da  fé  ftefio,  e  fenza  indirizzo  di  alcun  maeftro,  fé  non  quando  talvolta 
portandofi  alla  cafa  del  Signor  Callot,  fratello  del  celebre  Jacopo,  ed  alla 
danza  eziandio  di  Dervez,  famofo  pittore  di  Nana)»  ritrovava  appreflo  di 
]ui,  infieme  con  qualche  buono  avvertimento,  comodità  di  (ludiare    e  poi 
in  età  ancora  adai  tenera,  dico  di  quindici  anni,  abbandonato  quel  ciclo 
e  i  parenti,  fi  portaflè  a  Parigi,  ove  tali  belle  facoltà  già  in  eminente  grado 
fi  profeflfavano .   Quivi ,  o  fofie j>er  raccomandazioni ,  che  ne  avefle  avute 
dalla  patria ,  o  perchè  egli  avefie  fàputo  dare  qualche  faggio  di  fua  buona 
difpofizione  a  queft'arti,  gli  riufcì  metterfi  nella  fcuoladi  Simon  Vovet» 
pletore  della  Maeftà  del  Re  »  appreflb  al  quale  avendo  alTai  profittato ,  fi 
pofe  a  (ludiare  le  opere  di  Monsù  Champagna»  non  ad  altro  oggetto, che 
di  diventare  buon  pittore  •  EraiiUora  in  Parigi  il  celebre  intagliatore  Monsù 
Francefco  Póilly,  di  cui fopra  fabemmo  menzione,  la  ftanzadel  quale,  in 
Iftrada  S*  Jacopo,  era  firequentata  da  perfone  di  ogni  più  alto  affare,  a  ca« 

gione  delle  belli^Qune  carte  1  che  ogni  giorno  fi  vedeano  ufcir  fuori  di  fua 

Rr  intaglio. 


626   Decenti.  Vt.  della  Par. II.  delSec.  Vi.  dal  1 660.  al 1 6jo. 

incàglio  %   A  cofttti  fi  accodò  Io  Splèrre'per  apprendere  ^udla  pro&fflonet 
neila  quale  u\  breve  tanto  ìi  tvanzòi  che  potè  itlcominciare  a  dare  ajuto  ti 
maeftro.  Quindi  è^  che  accrefcendofi  ogni  dì  più  fuo  fiipere >  ilPoilly  cotv» 
tinuò  a  valerfi  deli^  opera  fua:  e  finalmente  giunfe  a  tanto  in  quella  fcuo* 
la»  che  egli  ebbe  mano  fopta  ipid  bel  rami»  che  di  tal  maeftro  u(ciflero 
poi  alla  luce .  Ma  perchè  il  fare  infegna  fare»  ed  il  gufto  di  chi  bene  in- 
tende ciò  t  ch'ei  fa  %  ogni  di  più  (I  raffina  ,  cominciò  Io  Spierre  ad  an- 
no ja'rfi  di  un  certo  punteggiare ,  proprio  del  maellrofuos  e  gli  pareva»  ufan- 
do  tal  modo»  di  perder  <^uel  tempo»  che  fecondo  i^ idee  della  fua  mente 
egli  avrebbe  potuto  impiegare  in  procacciare  maggior  maniera  ;  deliberò 
di  lafciare  il  Poilly»  e  partird  alla  volta  di  Roma,  chiamatovi  forte  ancora 
dalla  chiara  fama  di  Pietra  da  Cortona»  le  cui  nobili  invenzioni»  «  ram 
pitture  già  godeanogU  applaufi  anche  de' maeftri  più  rinomati.  Giuntovi 
Analmente»  fu  fua  primo  e  principal  penfiero  il  proccurare  d'accodarli  al- 
lo fteiTo  Pietro  »  il  quale  »  conofciute  le  fue  buone  abilità  t  tanto  alta  pittu- 
ra» quanta  all'intaglio»  gli  diede  e  per  l'uno  e  per  If  altra  ottimi  precetti: 
e  di  più  volle  ancora»  che  egli  intagliafle  fue  pitture,  ed  invenzioni.  Fra 
quefte  fu  il  bel  quadra  della  Santa  Martina,  genufiefla  avanti  a  Maria  Vergi- 
ne »  che  tiene  la  grembo  il  Bambino  Gesù  :  ed  unf  altra  Immagine  delia 
fte{Ia  Santa»  L' una  in  intero»  e  l'altra  in  mezzo  foglia  reale .  Intagliò  an-* 
Cora.,  col  difegnodi  Pietro»  una  bella  ConcluGone  per  una fipagnuo/o » 
sa  cui  fi  rapprcfentava  la  (tatua di Àleflàndro  figurata  fui  monte:»  e  pel  Pa* 
dre  Giovambatifta  Lancellotti  della  Compagnia  del  Gesù  il  be\  itox\tef^i* 
sio  del  fuo  libro  intitolato'  Annali  Marhnr,  ove  fi  (corge  la  figura  di  Maria 
Vergine  coperta  di  un  panno»  che  tutta  la  vede  dal  capa  a  piedi»  di  tanta 
graziofa e  pittorefca  maniera»  quanto  feppe  mai  inventare  l' ottimo  gufta 
di  qtiel  gran  pittore;  e  quefta  è  in  atto  di  ricevere  fo  fieflo  libro  per  mano 
di  una  belladonna»  figurata  per  la  Devozione»  a  lei  introdotta  dalla  Re* 
ligìone  Cattolica.   Intaglia  ancora  due  delle  belliffime  iilorie»  che  Pietra 
dipinfe  nel  ReaL  Pabzzo  del  Granduca  a'  Pitti  nella  fiianza  di  Venere  i  e  due 
rami  del  Mefiale  di  Aleflandra  VII.  cioè  il  frontefpizio  e  la  Concezione; 
gfiicchè  il  terzo»  ovefurapprefentata  la  Crocififlione  del  Signore»  intagliò 
pure  lo  fteffa  Spierre»  mt  con  difegno  di  Ciro  Ferri.  Ocoorfe  poi»  che  il 
Cortona»  per  quanto  allora  fi  difie ,  comìncio  a  venire  in  parere»  che  la 
Spierre»  a  per  un  certo  fuo  genio  e  bizzarria  pittorefca»  o  per  altra  che 
fé  ne  fofie  la  cagione  »  non  vo4efl^  foggettarfi  nell'  intagliar  le  opere  ed  in- 
venzioni fue  aHa  fua  maniera, quanto  egli  avrebbe  vdutor  onde  incomin- 
ciò  a  non  valerE  più  di  lui  »  ma  in  quel  cambio  le  dava  ad  intagliare  a  Cornelio 
5Ioemart»  allora  lo  Spierre  fi  congionfe  a  quegli  dei  partito  del  Cavaliere 
Bermno»dat  quale  »  ficcome  fu  aflai  Himato»  cosi  ricevè  ordini  di  fiire  molti 
lavori ,  i  quali  poi  fu  Iblito  condurre  per  lo  più  ad  una  taglia  fola»  fecondo 
lo  itile  di  Monsu  Melano  di  Parigi .  Tra  le  cofe ,  eh*  e'  fece  pel  Bernino,  e 
con  difegno  di  lui,  furono  due  fforie»  che  fervirona  pel  libro  in  foglio 
delle  prediche  del  Padre  Oliva»  poi  Generale  della  Compagnia  dì  Gesù» 
cioè  le  Turbe  faziate  col  miracola  de'  cinaue  nani»  e  San  Giovambatifia» 
che  predica  nel  defeìrto»  Un  Crocifi0b  m  toglia  itale  ^  dal  cai  coipo 

piovendo 


FRANCESCO     SPIERRE.        621 

piovendo  fangve  »  C  forma  conie  im  mare  :  e  quefio  fecondo  una  ìlluftra^ 
zione  avtttafir  come  ù  dice»  da  Sanca  Maria  Maddalena  de' Pazzi,  nobile 
Fiorentina  dell'Ordine  Carmelitano:  ed  una  Immagine  di  Maria  Vergine 
in  piccolo  ovato.  Ancora  iniaglib  l'Altare  della  Cattedra  di  San  Pietra» 
che  fi  vede  in  quella Bafilìca»  opera  infigne  dello  fteiloBerninOi  il  quale  eb^ 
be  si  gran  concetto  dello  Spierre*  che  fu  udito  dire  da  qualificato  Cavdìere^ 
non  ^averne  quel  fuo  tempo  un  altro  eguale .  Con  difegno  noi  di  Ciro  Fct^ 
ri  p  gran  pittore  dei  noftro  tempoi  Aato  degno  difcepolo  oel  Cortona  •  ha 
intagliate  cofe  aflài:  e  fra  quefte  la  b^lla  conclufione  dell'Abate  Giovanni 
Rimbaìdefif  ov^  fi  vede  in  cielo  Giove  co  i  ouattro  Pianeti  ritroyati  dal 
Galileo»  ^  quefti  figurati  ne*  cinque  Granduchi  di  Tofcana»  cioè  a  dire 

fer Giove  Ferdinanda II.  «per  li  quattro  Pianeti,  CofimoL  eFiancefco^ 
^erdinando  L  eCofimo  II.  e  nella  parte  più  bafia  fi  vedeCofimo  III  ogr 
.gi  felicemente  regnante  t  figliuolo  del  predetto  Ferdinando  IL  che  è  io 
mezzo  di  quattro  belliffime  Deità ,  fatte  per  le  quattro  principali  virtjà> 
iji^te  più  proprie  di  quella  Sereniffima  Cala  Medici,  la  Giuftizia,  la  fru«- 
denzai  la  Foltezza,  e  la  Temperanza.  Occorfe  poi»  che  Paol  Francefco 
Falconieri ,  Cavaliere,  che  (per  la  nobiltà  del  fangue ,  e  per  le  ricchezze* 
,per  l'egregio  jTuo  palazzo  pieno  di  efquifite pitture ,  e  per  la  famofa  Villa 
^i  Frafcati,  la.  cui  Galleria  è  dipinta  dai  celebre  pittore  Carlo  Maratta  ) 
è  da  per  tUQto  rinominatifiimo  il  deliberò  di  far  tener  Conclufione  di  filof- 
ibfia,  il  che  poi  non  fegvà  ,ad  uno  deTuoi  figliuoli  ;  onde  a  Ciro  ordinò  il  farè- 
j^e  un  fa^eUittHiio  fc^do  %  1»  1q  f«c0»  e.  dal  noftro  Francefco  volle  i  che  foife 
^intagliato,  E^lo  Icudo  alto  palmi  quattro  e  trequarti  Romani,  e  cinque  e 
mezzo  lai^o  ;  contiene  in  fé  una  uoria  di  Augufto,  che  facrifica  agli  Dei 
.nel  ferrale  il  Tempio  di  G^ano,  dopo  aver  foggiogata  T  Affrica  e  T  Egitto» 
e  già  (labilità  la  pace .  Vedcfi^  rappr^fentata  una  aobil  fiicciata  o  fia  teatro 
fatta  avanti  al.Tempio  ;  per  mezzo  del  quale  fi  ravvifii  tutta  T interior  parte 
dello  ftefib  Tempio,  ed  ivi  AuguAo,  che  accomoda  nell'accefo  Trìpode 
r  incenfo  da  una  parte,  e  un  Sacerdote  iche  incomincia  a  chiuder  la  por« 
ta:  e  dall'altra  {pnodiverfiquadru^di,  vittime  deftinateaquel  facrifìcio. 
Sopra  gli  architravi  della  gran  facciata,  tono  in  atto  di  giacere,  La  Reli* 
gione  ,e  la  Pace:  e  nelle  due  eftremità ,  due  tondi  medaglioni ,  in  uno  de* 
quali  (lede  mefta  la  mifera  Affrica,  appoggiata  ad  un  albero  di  palma  predo 
ad  uno  Elefante,  col  motto  tAffrica  dcèeUata:  nelP  altro  alcune  figure  » 
cioè  Augnilo  che  porge  la  mano  alla  Pace ,  col  mptto  Paxjincifa:  da' due 
iati ,  Je  quattro  Stagioni  ad  ufo  di  termini  >  due  per  parte,  che  fervono  co- 
jTìe  à\  quattro  pilafironi:  nella  parte  più  ba(ra  è  un  altro  medaglione,  colla 
figura  ci  un  giovane  fedente  fopra  un  Coccodrillo  pre(Tò  ad  una  palma , 
e  con  mani  di  dietro  legate,  col  motto  JRpptus  capta,  pali*  una  e  dall'  aU 
.tra  banda  d$l  medaglione  fojno  du?  gran  ^ure  giacenti,  una  pel  Tevere» 
e  l'altra  fenza  alcun  fegno,  perchè  tale  doyea  effere,  quale  fofie  alatane- 
cefiaria  per  denotare  quel  Principato,  al  cui  Signore  fi  dovea  la  Conclufio- 
ne dedicare.  Gli  ornamenti  poi  del  Tempio,  delle  bafi,  de' medaglioni  » 
edi  ogni  altra cpfa,. fono  infiniti,  ed  a  maraviglia  belli;  ma  il  gran  grup^ 
pò  della  floria  principale»  fi  fopra  ogni  creflere  ricco»  maefiolo,  e  bene 

Rr  »  iniefo. 


6i8    Decennyi.dellaParJLdelSec.  VI  dsÌi66o.aÌi6^<y. 

intefo.  Sonovi  fino  a  venti  figure»  ed  alcune  in  lontananza  con  architetta^ 
ra  nobiliGima;  e  qtiefio  è  quanto  all'  invenzione  di  Ciro.  Per  quello  poi  » 
che  tocca  airintaglio»  fi  può  ienza  dubbio  affermare»  che  quefta  e  una  delie 
più  belle  opere,  che  ufciflero  dalla  ina  mano,  e  nella  eguale  ecli  veramen- 
te con  gran  lunghezza  di  tempo  impiegò  tutto  fé  (leflo;  onde  meritò  di 
ricevere  in  guiderdone  da  quel  magnanimo  Signore  feudi  novecento.  Que- 
fto  rame  nobiliffimo,  a  cagione  di  non  aver  avuto  effetto  la  DHputa»  non 
fu  renduto  pubblico  colla  ftampa;  onde  fino  a  queft*ora  filetta  nel  Palazzo 
del  Falconieri .    Intagliò  ancora  •  con  difvgno  di  Ciro  »  in  acqua  forte 
un'  altra  conclufione  pel  Conte  2^nobio  Veneziano»  ove  figurò  un  car- 
ro trionfale  tirato  da  due  leoni.  Pel  Falconierr  pure  intagliò;  con  dife- 
gno  dello  ftefib,  un*  altra  Conclufione»  ove  è  rapprefencata  la  caccia  del 
&lcone.  Fu  quefto  1'  ultimo  intaglio  fatto  dallo  Spierre,  con  difegno  di 
Ciro  »  quantunque  per  brevità  non  fi  faccia  di  tutti  ricordanza .  Di  fua 
propria  invenzione  intagliò  lo  Spierre  moki  rami:  e  fra  qaeftt  uno  per 
foglio  reale,  de' cinque  Santi,  Ifidoro,    Ignazio»  Frsncèfco  Saverio»  Fi- 
lippo Neri»  eXerefa:  due  Crocififli  colla  Vergine  »  e  San  Giovanni  in  pie* 
cola  proporzione,  e  quefti  per  TEminentiflimo  Cardinal  Crefcenzio:  il  ra- 
me, ove  fono  figurati  i  Padri  della  Compagnia  del  Gesù,  ftati  morti  m  odio 
della  Cattolica  Fede,  fotto  la  condotta  del  Padre  Azze  vedo  »  de' quali  ebbe 
la  tanto  celebre  rivelazione  la  Santa  Madre  Terefa  di  Gesù,  Vergine  Car* 
melitana,  raccontata  dal  Padre  Giufeppe  Fozio  della  fteifa  Compagnia» 
lìeir  informaaioBe  ftampata  in  Roma  1'  anno  i6ft4.   Bvvi  ancora  una  pic- 
cola Conclufione  in  foglio  reale  per  tra verfo,  fatta  per  Monfignore  Spine///, 
fratello  del  Piincipedi  Cariati:  ed  un  rame  colla  lloriadel  Re  Salomone, 
intagliata  per  un  Padre  della  ftefia  Compagnia  ^  Veggonfi  di  fso  intaglio 
moltiflìmi  ritratti,  fra' quali,  a  mio  parere»  tiene  il  primo  luogo  di  eccel- 
lenza ,  quel  tanto  celebrato  del  Serenifiimo  Granduca  Ferdinando  IL  che 
fervi  al  dottifiimo  libro  intitolato  Saggi  di  Naturaci  E/perienzCf  fatte  nel^ 
f  Accademia  del  CintentOf  fotto  U  protezione  del  Sereniffimo  Prìncipe  Leopoldo  di 
lofcanaf  che  furondefcritte  dall' eloque  mi tfima  penna  di  Lorenzo  M^aJotei 
Accademico  dellaCrufca,allora  Segretario  della  fteflti  Accademia  dei  Cimento, 
flampoto  inFirenze  V anno  1666.  Trafle  lo  Spierre  Y invenzione  di  quel  bel 
ritratto  da  uno  dipinto  per  mano  di  Monsù  Giufio  Subtermans,  che  paffa 
fra  i  più  belli»  che  ufciflero  mai  dal  fuo  pennello,  e  fi  trova  oggi  nella  Real 
Galleria.  E' però  da  notare, che  Glufio  il  dipinfecon  un  maeftofo  cappeU 
loin  tefta,  ornato  di  pennacchiera,  e  tale  appunto,  quale  moftra  lo  inta- 
glio delio  Spierre;  ma  iSftefib,  a  perfuafione  di  Minifirodi  autorità»  can*« 
celiò  il  cappello,  e  riduflfe  il  ritratto  con  teda  del  tutto  fcoperta,  e  come 
^li  ora  fi  vede.   Il  bélliffimo  rame  di  tal  ritratto  fi  conferva  oggi  nella 
Guardaroba  del  Serenifiimo  Granduca,  fra  gli  altri  in  gran  numero  del  Cai* 
lot,  di  Stefano  della  Bella»  e  d'altri  famofi  artefici.   Fu  intaglio  dello 
Spierre  il  bel  ritratto  in  foglio  di  Papa  A  lefTandro  V II  e  di  Papa  Innocen.  XL 
ili  quarto,  fiati  dipìnti  da Gio.  Maria  Morandi  Fiorentino»  oggi  pittore  ìk 
chiara  fama  nella  città  di  Roma  :  uno  in  foglio  reale  di^  Melchior  Tetta  no- 
bile Dalmatino;  del  Padre  Oliva  fopranaooiiiato;  f^^H]»  del  Contedi 

Marf ciano  ^ 


FRANCESCO     SPIÈRRE.         619 

Marfciano»  che  va  nel  principio  della  iloria  fiampata  della  nobii  fantìgiia 
de'  Conti  di  Marfciano  >  opera  in  foglio  del  Paore  Ferdinando  Ughelli  ^ 
il  ricracco  del  Cardinale  Nini»  e  dell'  Eminenciffimo  ed  Brudictfliino  Azzo« 
lino:  quello  eziandio  di  Antonio  Caraccio  Barone  di  Corano»  che  fu  po« 
fio  avanti  al  Poema  Ermco»  V  Imperio  Vendécaio^  opera  del  medefiinò  An* 
conio  Caraccio  :  ove  è  da  notare  (  tanto  fu  il  prurito,  che  ebbe  loSpierre^ 
come  appreflb  diremo ,  di  operare  di  propria  invenzione  )  che  eflendo- 
gliele  ftato  pollo  avanti  per  fare  tal  ritratto  uno  dipinto  da  eccellente  pit- 
tore» ricusò  di  porvi  mano»  dicendo  voler  far  tutto  o  nulla;  e  cosi  fi  vede 
il  ritratto  del  Caraccio  di  tutto  fuo  incaglio  e  difegno  •  Di  fua  invenzione 
pure  ed  intaglio  fono  due  floriette»  fatte  pel  Seminario  dementino:  ed^nt 
m  foglio  real  ^ande  di  una  Madonna  del  Coreggio»  quella  AefTa»  che  pof- 
fedeva  già  il  Signor  Muzio  Orfini»  che.  la  vendè  ali'  Eceellentiifirao  Marche- 
fè  del  Carpio»  poi  Vice  Re  di  Naooli»  per  ottocento  feudi.  Abbiamo  an- 
che il  ritrano  cella  pia  memoria  del  Padre  Pietro  Bini  nobile  Fiorentinot 
che  fondò  in  Firenze  la  Congregazione  dell'  Oratorio  di  San  Filippo  Neri  ; 
e  volle  in  fua  Compagnia  a  tal'  effetto  il  Padre  Francefco  Cerretani ,  pari^ 
mente  nobile  Fi  orentnio  »  Sacerdote  di  gran  bontà:  il  qual  ritratto»  dopo 
l'andata  al  cielo  del  Padre  Bini»  intagliò  lo  Spierrè  ad  inftanzia  delVAbato 
Francefco  Marucelli»  Gentiluomo  di  quelle  qualitià»  che  in  altro  luogo  ne* 
noftri  fcritti  abbiamo  accennate»  che  lo  chiefe  pel  molto  Reverendo  e 
nobile  Padre  Zanobi  Gherardi  »  efemphiriffimo  Sacerdote  della  fteffa  Con-' 
pregazione  deir  Oratorie  •  Lo  ft«flb  Marucelli  feee  intagliare  ^llo  Spierre 
m  pìccolo  ovato  il  ritratto  della. Santa  Maria  Maddalena  de' Pazzi/  a  per* 
fuabone  della  buona  memoria  di  Àleffandro  Strozzi»  in  quel  tempo  Av« 
vocato  del  Collegio  de' Nobili»  poi  Vcfcovo  d'Arezzo  »  per  far  eofa  grata 
alla  Madre  Suor  Maria  Minima  Strozzi»  di  pia  ricordanza  »  Priora  del  Mo<^ 
naftero  di  Santa  Maria  degli  Angeli»  allorachè  eflà  Beata  Madre  Maria  Mad* 
dalena  fu  da  Papa  Clemente  X.  afcritta  al  Catalogo  de'  Santi  1*  anno  \66^: 
Kè  voglio  lafciar  di  fare  menzione  di  un  bel  rame»  che  egli  intagliò»  in  pro- 
porzione di  mezzo  foglio  reale»  di  una  Santa  Cecilia  da  una  pittura  di  Do- 
menichino.  Ma  fra  quante  mai  opere  da  lui  dilegnate  e  intagliate  fi  veg- 
gono» fono»  al  parere  degl'intendenti»  (ingolariUime  tutte  quelle»  che  fi 
contengononelbelliilimo Breviario  in  due  tomi  in  quarto»  le  quali  l'Ernia 
nentiffimo Cardinale  Francefco  Nerltjaniore,  gli  fece  intagliare»  e  poi  in« 
£eme  collo deiTo  Breviario  fece  (lampare  in  Parigi  nobilifsimamente  l' va^ 
no  i66i.  ad  ufo  del  Clero  dell'  infigne  Bafilicadi  San  Pietro  in  Vaticano  » 
^.cui  l'alta  generofità  di  queir Eminentifsimo  Principe  le  donò  in  numero 
di  fecento  corpi»  ohefuron  tutti  quegli  appunto»  che  egli  aveva  £itto 
ilampare  nel  tempo»  che  e^fi  trovava  in  efla  città  in  qualità  di  Nunzio  Apo« 
ftolico  »  eflèndo  ancora  Arcivefcovo  di  Firenze .  Parto  fu  quefio  non  pu** 
re  della fingolare  beneficenza»  che  è  nota  al  mondo»  di  quel  gran  Prelato i 
ma  eziandio  della  pietc^  divozione»  che  egli  confervò  tempre  verfo  quella 
Sacrolanta  Baiilica»  fin  da  quel  tempo»  che  egli  ne  fu  Canonico  :  e  I^  oc- 
cafione  di  dar  mano  a  sì  grand*  opMa  »  fu  queUa»  che  ora  diremo»  per  ve- 
nire poi  ali»  defcciaiMwde'belliiaimi  intagli  dello  Spierre»  con  cui  ella 

.  Rr  J  viene 


630  Trecenti ^J^ldf Sa  Bar. Il  del Sec.  Vi  dal  1660.  ai  1 6 jo. 


viene  adornata .  E^  dunque  da  fiiperìi,  che  il  Clero  della  Vatieaaa  Ba&Uca^ 
coli  perpQLifsione  del  Beato  Pio  V.  [a]  ritiene  tiKtavia  V  antichifsinM  foa,  e 
perà  fiimabUifsima  edizione  de' Salmi  ed  Inni»Xatina»  o  Italiana,  t;oiae 
paxe  che  la  chiami  Santo  Anodino  nel  libro  fecondo  de  DoSrina  Cbriftiémm 
aiCap.  xv^  da  cui  li  cavano,  iiluilri  teftimpQianze  »iii  confermazioite  della 
noftra  Santa  Fede  Cattolica  :  e  perchè  tali  Salter)  »  fino  da  ottanta  ^nni  in-> 
dietro  ftaci  (lampatt  »  eran  qi^afi  del  tutto  venuti  meno^  al  che  s'agglugne* 
va  l'aver  quel  Clero»  dalla  .Sacra  Congregazione  de'  Riti»  ottenuta  nuovi 
e  particolari  Ufiz)  di  Santi»  de' quali  ivi  &  venerano  le  Sacre  Reliquie; 
parve  dunque»  che  folle  duppo  lo  ftampace  un  Etreviarìo  coli*  antico  Sal- 
terio» e  che  infieme  coateneUea  i  fuoi  luoghi  i  prefati  Ufiz):  al  che  tutta 
volle  dare  effetto  queir ^minentiffimo»  e  di  più  o^are,  che  fino  al  nu^ 
meio  di  feflknta  San» »  con  gran  frutto»  e  reltgiofa diletto  de*  Fedeli»  fof-- 
fero  fatte  lezioni  proprie i  ove  per  davanti  per  fare  di  loro  le  debite  com* 
memorazioni  era  neceflario  prenderle  dal  Comune.  Onde  è^  che  ficcofue 
fu  e  farà  fempre  viva  la  quel  devotifliao  Clero  la  memoria  di  sV  alto  be« 
nefizio»  C9SÌ  non  Iffcìòinè  Ufcietà  mai  di  renderne  al  fuo  benefattore  le 
dovùc^  grazie.  Vepghiam^  ora  a  dar  notizia  de'  bellìffimi  intagli.»  i  ^uali 
npn fu graji. fattoi  che  al  nodroarcefice  procacciaOero  lodaiaftiiica;  men* 
tre  cen^qq^il:  perfetto. gujfto»  che  era  proprio  fuo»  gli  ebbe  a.^tegnare  ed 
intagliare  a  (econda  de'  vaghi  penileri  »  e  delle  nobili  idee  del  Cardinale 
iftedo .    Vedefì  dunque  a  prin<;ipio  del  Salterio  nella  prima  parte»  che 
eoa  voce  latina  dicono  ^emaU^  »   rapprefencata  i'  i^ltima  p«iXti&  \tvtest\a 
del  faii^ofo  Tempio  Vaticano  coli'  Altare  maggipce»  ove  quello  virtua* 
fo  efprefle  maravigliofamente  didimi  in  quattro,  ordini  i  Canonici  »  £d^ 
ineggiantl  avanti  alla  celebre  Confeflione  ^i  San  Pietro  »  ficcome  fono 
foiitl  di  fare  in  alqune  fede  deiranno  «    In  lontananza  fece  vedere  i  pt« 
ladri  della  cupola»  le  nicchie»  e  fino  la. Cattedra  ftefla  di  San   Pietro» 
che  è  la  fine  del  Tempio;  e;  nel  mezzo  del  finto  Coro  un  libro  apèr- 
to »  in  cui.  li  leggono  le  tanto  ingegnofamente  quivi  appropriate  paro* 
le^  CopJ^ubor  tiki  7)omme  in.Ec€lepa  magna:  in  pQpuh  ^f^vi  kmdabo  u^ 
Co(\ti^ne  il  fecondo  intaglio  la  ftoria  dell*  Adorazione  de'  Magi  nella  fefta 
dell'Epifania»  ove  ne' volti  e  nelle  attitudini  di  quei  pikdìmi  Re»  fi  fborge 
l'amore^  la  rivereu:^aie  il  filiale  timore»  con  che  adorano  il  nato  Meimt» 
e'I  benigno  gradimento  eìciandio  del  fanciullo  Geaù^  e. della  fua  SantilC- 
ma  Madre.  Nel  terzo  fi  figura  il  Signore  ivella  fua  gloriola  ùJàxz  al  Cielo» 
pel  giorno  di  quella  fefta»  Maria  Vergine  co^  SaiKt  A poftoU »  e  tutti  in 
diverfe  actitudini  efprimoao  al  vivo»  accompagnai;a:  da  gitti4>ilante  tdle^ 
grezza  »  lor  divozione  »  e .  (lupo  re  infieme  i    All'  Ufizioj  propcio  de'  Santi  » 
pve  è  il  quarto  intagUo»  fanno  beUa  malica  aIc\iittiuitichiCcÌfiian]»  con 
accefi  doppieri  in  mano»  ed  altri  in  atto  di  portare  di¥0tameli)te  fuile  fpal* 
le  due  feretri»  coperti  con  quella  facra  coltrCi  ci»,  tuttavia  fi  confisrira  alk 
venerazione  de' Fedeli  nello  fteflb  Tempio;  col  quale i bel  penderò  voile 


^^mÈmtifmf»^>*mmmmmm»mmmatimmtma»mimmmmmmm0^i0a^^mit^m^mé^ 


mente  XJ,  dopa  che  lo  Scrimirt  irà  paffato  «ff  altra  vita . 


FRANCESCO      SPIERRE.         631 

r. Eminentiffinio  ed  erttdkifliinó  Prelato»  far  rappni^nttre  s(Ht>Sptecfe  il 
gran  numero  de*  Santi  Martiri,  che  in  tal  forma  furon  portati  a  fc^pelli* 
re  nelle  facre  Vaticane  grotte.  Vengono  accompagnati  i. feretri  da  mol^ 
ticudine  di  devoti  CriilUani,  che  feguono  quad  in  proceflione  i  Sacrofaiui 
cadaveri  :  ed  in  Jontananzci  firapprefenta  il  Monte  Vaticano, e  la  fieflaJBa* 
£lica  di  San  Pietro .  Nella  feconda  parte  Efliva  del  Breviario  fi  vede  la 
quinta  caru  a  principio  delFUiizìo  de  Tempore 9  ove  fi  figurano  le  Tre  Di- 
vine Perfone  della  Saiifiiflima  Trinità  :  maeftofa  è  quella  deli'  Ecerno  Pa^ 
dre  nella  fua  gloria  td'  inacce0it>il^  luce  fra  i  Serafini  :,e  quafi  nel  feno  del 
Padre  giace  T immanità ^Sacrofanta  di  Gfi^n  Criftp,. che  veramente  e  per  di- 
legno»  e  pel  tanto  beoe  €f|>re(ro4j}biindQna9>ento  diquelk  fue  morte  mem- 
bra» non  può  eflere  nè^iù;  divptabt*nè  ipiù  niar^yigliora.  '  Vi  tonò  anche 
due  Angeli»  che  riverenti  .in  osto  di  adorazione,  reggono  in  un  tempo 
fteflb  il  Sacro  Corpo:  e; finalmente  nella  più 4)a0a  parte  da  due  graziofifiimi 
Angeli  foftenuta  è  la  Santa  Croce.«  Rappreienra  il.f<;fto  difegno  la  Ponti*» 
fiode  Proceffione  del  Csrpns  IHtmhi x  e. fi  vede.  la.  Santità  di  Papa  Clemen* 
«e  X«  col  Santìfiimo  Sacfamentp  in  jmano  »  dar  glnocciiiom  e  coperto  fo« 
pra  un  palco ,  abbellito  da  oobile  a^d.dobbo  «  e  portato  da  dieci  perfonè  fo- 
prale  proprie  fpalle.  palla  parte: davanti  fono,  molte  fig^ure,  in  atto  di 
adorazione  :  e  per  di  dietro  fi  fcorge  in  lontananza  forco  i  portici  il  beU 
l' ordine  delle  procefiioni»  Ma  non  concorfero  all' ornamento  di  sì  nobile 
Breviario  folamente  le  foprannotate  bellillime  carte  dello  Spierre  ;  con* 

ciofitacofach^  aUr^  in  gran  mnncro  pAld^eUilTero  tutte  di  eccellente  bulino . 
Tali  furono  il  Fronteipizio »  ove  fi  vede  il  Temf^io  di  San  Pietro,  colla 
gran  Piazza  e  Portici:  da  i  lati  le  ftatue  de  i  Santi  Pietro  e. Paolo  ,  ed  un 
finto  drappo  r^tto  da  due  Angeli,  le  due  Chiavi  e 4  Triregno,  infegn a 
di  quella  Bafilica .  Fino  al  numero  di  otto  carte,  di  quefta  non  men  beile  ^ 
vi  fono,  cioè  a  dire  P  Annunziazione  di  Maria  fempre  Vergine,  con  una 
Gloria ,  e  molti  Angeletti  in  vaghe  attitudini  :  il  Signor  noftro  Gesù  Cri* 
fio  nato  nel  Prefepio ,  tenuto  in  braccio  dalla  Madre  ;  vi  è  il  fuo  Spofo 
San  Giufeppe ,  e  Copra  V  Eterno  Padre  ;  in  un  altro  fi  vede  la  gloriofa  Re. 
furrezione  di  Criftot  il  ouale  con  raggi  di  ferventiflìma  luce  ferifce  le 
pupille  de'  mifcredenti  cuftodj  del  Sepolcro  :  la  venuta  dello  Spirito  San« 
co  a  Maria  Vergine  e  agli  ApoQoli  ;  i  Santi  Apoftoli  Pietro  e  Paolo,  folle- 
niiti  da  belle  nuvolette  ;  V  ÀfTunzione  al  Cielo  della  gran  Madre  di  Dio  $ 
con  mirabìl  corteggio  di  celefti  Spiriti,  alla  prefenza  degli  Apoftoli  giub- 
bilanti^ Serve  al  pofto,  ove  è  la  Commemorazione  di  tutti  Santi,  una^ 
bella  cartai  in  cui  fi  fcorge  una  infinita  moltitudine  di  Beati  di  ogni  fiato» 
in  atto  di  godere  della  vifione  beatifica  deli'  Auguftiflima  Trinità ,  e  di 

a  nella  della  Santa  Madre  di  Dio  »  E  finalmente  al  principio  del  Comune 
e' Santi  fi  vede  efprefifa  Y  ifieff»,  e  forfè  maggior  moltitudine  di  Santi  in 
belle  attitudini  rapprefentati  ^  E  tutto  quefto»  oltre  ad  altri  belliflimi  in- 
tagli ,  cioè  di  trenta  piccoli  fregj  »  e  frontefpiz)  a  tutti  i  mefi  e  fette  dell*  an^ 
no,  con  figurine»  paefi  ed  ornamenti»  tutti  con  eftrema  diligenza.  Così 
ne  fofie  potuto  fervir  P  anime  t  proccurar  di  ricavare  da  quel!'  Eminen-* 
tifiimo  Principe  ilfegreco  folo«  Iw  noto  del  gran  cofio  di  opera  sì  nobile; 

R  r  4  onde 


6$%   DeceuttJ^.dellaParJl4ÌeISec.VI.dali66o.ali6jo. 

ond«  non  mi  foflè  dùopo  ora  ìi  calermi  dei  fole  eeftimomo  delb  pubblica 
fama  (  che  pure  il  predica  oltre  non  poco  a  fei  migliaja  di  feudi  )  che  po- 
trei aisicurarmi»  col  portare  in  quefto  luogo  quel  più,  che  io  credo,  che 
fia  ftmco  il  fuo  vero  »  di  rendere  più  ammirainle  al  mio  Lettore  »  non  dico 
Colo  la  generoficà ,  che  al  mondo  è  ben  nota  »  ma  la  fingolar  pietà ,  e 
l' ecclef^ftico  zelo  di  un  tanto  Prelato.  E  quefto  bafii  dell^  opere  dMnta- 
glio  fatte  dallo  Spterre»  le  quali  furono  tante  in  numero»  che  il  Tolerle 
tutte  deferi  vere»  temerei,  che  ai  mio  Lettore  riufeifTecoft  ^diofa,  ansi 
che  nò.  Dirò  folo,  che  queft'  artefice  pel  tanto  leticare  con  quella  pie- 
gatura e  di  ftomaco  e  di  torace,  che  a  ^ran  danno  della  faniti  è  necefia- 
ria  a  chi  vuol  lavorare  d' intaglio,  fi  ridufle  a  tale ,  ohe  egli  roedefimo 
confefi^  ad  un  Cavaliere,  che  poi  a  me  ha  datìi  tal  notizia»  di  vedere  ornai 
chiaramente ,  che  col  feguitare  quelP  arce  diventava  tifico  ;  eflTere  però  di 

Senfiero  di  andarfene  a  Venezia,  e  quivi  col  capitale  del  buon  difegno, 
arfi  tutto  alla  pittura.  E  così  fra  quefto  timore»  e  fra  quel  che  fi  dice 
da^profeflbri,  che  il  conobbero,  che  fofle  in  lui  I9  parte  più  debole ,  e  come 
volgarmente  noi  ufiamo  di  dire,  il  fuo  tènero,  che  fu  uno  tcoeCb  defi- 
derio  d'inventare,  anziché  di feguitare  1*  altrui  invenzione,  così  fece  co- 
m'  ei  difle ,  perchè  portatofi  a  Venezia  ,  vi  (ludiò  molto  fu  quelle  pit* 
ture.  Tal  viaggio  fece  più  e  più  volte  ,  andando  a  Venezia  e  ritornando 
n  Roma,  richiamato folamente  da  qualche  importante  affare:  e  confuman- 
do nello  (ludiare  in  Venezia  col  pennello  gran  parte  de  i  ricchi  avanzi, 
che  gli  venivan  £itci  in  Roma  col  buiino .  Condufle  più  opere  ih  pittut^, 
fempre  feguitando  la  maniera  del  Cortona .  Ej^li  è  però  vero,  che  ficcome 
Don  fempre,  anzi  molto  di  rado,  camminano  in  noi  del  medefimo  pafia  le 
proprie  voglie  o  capricci,  che  più  propriamente  chiamar  gli  vogliamo,  col 
talento,  che  ne  dono  la  natura  ;  egli ,  in  quanto  al  dipignere  apparteneva , 
e  come  pittore,  riufciva  affai  minore  di  fefteflb,  come  intagliatore;  onde 
noi  veggiamo,  che  e^li,  che  nell'intaglio  venne  ad  occupare  i  primi  pofti 
d'eccellenza,  nella  pittura  non  foni  di  pafiare  il  fegno  di  una  cote  tale 
mediocrità . 

Era  già  Tanno  1681.  quando  al  noftro  Francefco  gtunfe  nuova  di efle- 
xt  morto  in  Lione  Claudio  fuo  fratelb  affai  buon  pittore ,  per  accidente  di 
caduta  da  un  palco,  mentre  nella  Chiefa  di  San  Nazzario  dipigne  va,  come 
fu  detto,  una  grande  fioria  del  Giudizio  Univerfale:  e  perchè  l'eredità  di 
quello  a  lui  s'afpettava,  volle  partire  di  Roma,  per  incamminarfi  per  lun- 
go viaggio,  là  dove  il  chiamava,  non  pure  il  grave  interefle dell'  eredità, 
ina  ir defiderio  eziandio ,  che  egli  aveva,  che  tocca/Te  a  lui  a  dnir  quella 
grande  opera .  Tal  partenza  dunque  fece  egli  in  tempo  di  poco  buona 
ds/pofizione  di  fanità ,  e  piuttofto  infermiccio:  e  quafichè  fofle  prefago 
di  A>a  vicina  morte,  fece  prima  Teftamento ,  -  il  quale  ben  pretto  ven- 
ne alla  luce;  concioffiacofachè ,  giunto  che  fu  a  Mariilia,  aggravando  la  fua 
indifpofizione ,  gli  fu  forza  fermarfi  in  uno  albeifo^  ove  in  breve,  con 
fegni  però  di  ottimo  Criftiano,  come  necorfe,  col  tefiimoniodi  ficurifli- 
me  lettere  $  la  £ima  per  Roma,  egli  finì  il  «orib' de' giorni  fooi  allì  6.  del 

mefe  di  Agofto  ddlo  fleOo  anno  i€9i.   N6n  fi  tick  ancora  %arlJK  la  nuova 

di  fua 


FRANCESCO     SPISELE.        6^) 

di  fisa  morte»  che  Baftiano  di  Àmbrino  fuo  paefano,  vèntagliaro  in  Roma, 
che  doveva  efler  fuo  erede»  ancora  eflb  mori  ;  ficchè  tale  eredità  (confi- 
Sente  in  danari»  e  amefi,  in  molti  belliflimi  rami»  più  quadri  di  Tua  nìa«* 
no»  e  di  quella  forta  libri»  e  ftudj»  che  fon  proprj  de^i>ittori»  con  gli 
obblighi  di  molti  legisti,  che  egli  aveva  fìtti»  a  titolo  di  cariti,  a  benefizia 
di  povere  fanciulle»  come  aJKora  di  Niccolò  Pierre  della  Compagnia  di 
Gesh»  filo  maggior  fratello ,  e  di  un  altro  pure  fuo  fratello  deir  Ordina 
Premonftatenfe  e  d*  altri  )  retto  a'  figliuoli  di  Balliano»  che  è  quanto  ài  no- 
tizia abbiamo  di  queiV  artefiee . 


CAV  FRA  MATTIO  PRETI 

DETTO    IL    PITTOR     CALAVRESB 

Nato  K  6 1 9«  vive  nel  1 694. 


ALLA  Terra  di  Taverna  nella  Calabria  ebbe  i  Tuoi  natali  cir* 

ca  al  1619.  H  Cav.  Fra  Mattia  Preti:  e  applicatofi  in  tSki  gio- 
venile  età  all'  arte  del  dipignere»  vi  fece  tal  profitto»  ch^ 
formato  un  buon  guito»  e  venuto  già  in  chiara  cogniziane 
di  quanto  abbifogni  ad  uno  ftudente,  per  giugnere  in  efla  al 
più  perfetto,  che  è  in  futtanza»  oltre  alla  fcorta  del  naturale 
e  del  vero ,  un  largo  ftudio  delle  opere  de' gran  maeftri»  fi  portò  in  Lombar- 
dia: dove  particolarmente  nella  città  di  Parma  e  di  Modana  gran  teov 
pò  fi  trattenne»  ftudiando  le  flupende  pitture  delCoreggio  e  di  altri  valen* 
cuomìni  :  e  poi  fi  portò  a  Roma»  dove  avendo  fatto  conofcere  le  proprie 
abilitadi  »  fu  adoperato  in  opere  pubbliche  e  private  •  Avendo  poi  t  Emi-^ 
nentiflìmo  Gran  Maeftro  di  Malta  Cotoner»  deliberato  di  abbellire  con 
intagli»  dorature  e  pitture  la  Chiefa  Maggiore^  di  San  Giovanni  »  volle 
averlo  al  fuo  fervizio  in  tale  lavoro .  Pofe  egli  dunque  mano  alla  grande 
opera  »  che  ripartì  nella  volta  in  diverfi  fpazj  »  per  entro  i  quali  rappre* 
fcntò  iKorie  della  Vita»  Morte»  e  Miracoli  del  Precurfore  San  Giovamba- 
tifici  Padrone  di  quella  Sacra  Religione  ;  la  quale  opera  riufcì  di  tanta 
foddiafazione  del  Gran  Maeftro,  e  del  fuo  Venerando  Configlio»  e  della 
città  tutta»  che  oltre  all'averlo  provvifto  di  tante  annue  penfioni»  che 
giunfero  alla  fommadi  ieicento  feudi»  da  cavarfi  da  quel  teforo;  vollero 
anche  infignirlo  dell*  onore  apprezzabiliflimo  dell'  Abito  loro ,  in  grado  di 
Cavaliere  di  grazia  nella  lingua  d' Italia;  e  ciò  fu  nell'anno  i66i.  quara(ì« 
cefimofecondo  dell'età  di  lui:  e  poi  in  tempo  hanno  anche  voluto  favo- 
rirlo di  una  Commenda  di  Grazia»  con  che  nobilmente  trattando  fé  ftefiib , 

ha  P0CUC9  mU  htc  onore  alla  virtù  im.  Ha  iì  Cavaliere  iatte  opere  mol 

tiflime, 


654   J^^i^nn.  VI.  della  Par. IL  del  Sec.VI.  dal  i66o.alt6jo. 


tifliine»  non  pure  per  quella  città,  ma  perrdiverfe  altre  d'  Italia,  ove  è 
giunta  la  fama  dell'operar  fuo,  che  dicono  riTpIendere  per  1* aggiullatezza 
dei  difegno  t  per  la  varietà  e  ricchezza  dell'  invenzione ,  per  la  forza  del 
colorito  f  e  per  altre  gualitadi ,  che  fi  ricercano  nell'ottimo  artefice  •  Vive  e^ 
mentre  ioquefte  cote  ferivo»  dico  nel  iCg^.  in  età  di  anni  fettantacinque ? 
età  grave  per  vero  dire  ;  ma  non  tale  però ,  che  abbia ,  per  quanto  mi  vien 
rapprefentato ,  incominciato  ancora  a  diminuire  il  credito ,  e  la  ftima  do^ 

f ttoi  pennelli , 


IL    FINE. 


INDICE 


«Jj 


I 


N 


D 


I 


C 


E 


DELLE     COSE 

PIÙ     NOTABILI. 


*m 


A 


A 


"Bramo  Van^Jiepenhcck  479. 

Accademia  del  Difegno^efuo  lodevol 
coftume  praticato  in  tffk  dagli  Acca- 
demici nelfuo  noviziaio  498. 

Accademia  di  Tiituta  in  tAmfterdam 
di  un  iole  Eeu/emiorg  uomo  di  gran 
virtù  51 1« 

Adamo  WtUacris  d*  Anvcrfm  lao. 

Adriana  Van-Utrecbi.  0  £  Utrecht  197. 

Adriano  de  "Bie  198. 

Adriano  Vander  Venne  198. 

Adriano  Van-Nieutabt  pittore  375* 

Agoflin  Meliffi,  difcepolo  del  Biliverte  1 
ajutaa  dipignere  al  d.  Biliverte  ^^. 
Sue  opere  78. 

Agofiino  Bugiardini  /cultore  f  efua  vi- 
ta Zy.  Fu  chiamato  Agoflino  Uialdi- 
ni  83 .  Fu  difcepolo  di  Giovanni  Cac- 
ani  8  3 .  Operò  incolto  per  la  famiglia 
Cerretani  8  3  •  x^iorte  mi fer abile  del 
jBug/ardit:o  cagionatagli  da  una  bur- 
la 84. 

AgoSino  (MeteUi  e  vita  iZ6.  Ode^o 
/otto  la  fquola  di  Demone  $  e  poi  fu 
ajuto  del  Colonna  187.  Va  in  Spagna 
e  fa  molt'  opere  2  87.  Morte  di  Ago- 
Sino  in  Spagna  287,  Unione  mara- 
viglio/a  tra  il  Meteìli  e  7  Colonna 
fenza  alcuna  gelofia  2  88 .  Fu  Poeta 
e  Ma t tematico  eccellente  288.    Fu 

ambe  intaglia$9rt  in  Barn  »88. 


Aleffandro  A/gardì  Scultore  e  Archi tet^ 
/^  3  3 5.  Sue  opere  in  Mantova  e  al^ 
nove  335.  Fa  le  Batue  e  P  urna  per 
il  corpo  di  Santa  Maria  \Maddal  na 
Penitente  in  Provenza  3  3  <S'  Ta  jola 
di  marmo  fatta  nella  Vaticana  Bafilica 
di  fmi furata  grandezza  Zì6. 

Czy.  Aleffandro  Valori  Gentiluomo  Fio^ 
rentino,  e  fue  nobili  converfazioni 

454. 
Alfonfo  Parigi  Architetto  332,   Rttt* 

ra  la  facciata  de^  Pitti  %  che  cominciò 

a  gonfiar  e  infuori  con  pericolo  di  ra- 

vina  333'   Morte  i*  Alfonjà  334. 

Aifonfi  Bofchi  ^6.  E^ fratello  del  Pre- 
te Francefio  Bofcbi  427.  Studiò  e 
imitò  fitta  Pietro  da  Cortona  quan-- 
da  flette  a  Spègnere  le  regie  Bonze 
dei  Palazzo  d^  Pitti  4^j.  Fa  la  ta- 
vola delT  Annunziamone  di  Maria 

'  Vergine  per  la  Chic  fa  delle  MontaU 
ve  42  7«  Fece  altri  quadri  per  altre 
perfine  427.  Va  a  *Roma  per  fiu- 
diare,  e  ivi  muore  427. 

Andrea  Cammaj^èi  pittore  228.  Dipi^ 
gne  molto  in  Roma  1 19*  Dipigne 
la  battaglia  di  Coflantino  in  S.  Già. 
Lat erano  229.  Muore  in  Roma  lo 
Beffo  giorno  $  che  morì  la  fua  moglie 
230.  Caccia  via  di  fua  f cuoia  molti 
de'fuoi  fcolari  per  caufa  di  dìfigni 
ofieni  fatti  da'  medefimi  231. 

Andrick  Andriefens  375. 

AngiolMitMe  Colonna  efiavita  276 

Fu 


6s6 


Fafempré  amico  t  Compiano  di 
ro/amoCurfiijó.  Gitarifie  da  gran- 
de ipocondria  per  cura  di  un  dijcreto 
nedico  277.  Dipigne  in  Firenze 
fé*  Serenìjitmi  Principi  e  altri  27  8; 
Signori  in  più  luoghi  178.  Ctiamato 
dal  Re  di  Spagna  fi  paria  a  Madrid 
^  7%.  Si  persa  a  Parigi  chiamato  dal 
Re  179. 

Don  Aàgiol  Maria  Colombini  miniaro- 

te  305. 
Anna  Angelica  AUegrini  miniatrice 

615. 
Antonio  Novelli  e  fia  patria  3  39.  Gbe- 
rardo  Silvani  f no  maefiro  nella  f cui- 
tura  339.  Lafciò  il  Silvani  e  andò 
fitto  Ago  fimo  Ubaldiui  difcepoh  del 
Caccini  339.  Pano  al  naturale  nel- 
rifola  del  giardino  di  Boboli  in  atto 
di  notare»  opera  del  medefimo  No- 
velli 339.  Termina  molte  opere  im- 
perfette del  Caccini  3  39.  Sue  opere 
per  diverfi  140,  Attenda  a  goitur  di 
bronzo  $  e  fece  più  co/è  340*  Piece  la 
fiatua  dal  gran  Micbelagnolo  nella 
galleria  di  ca/a  Buonarruoti  340. 
E"  condotto  a  Roma  dal  Cardinale  Gio. 
Carlo  de' Medici  i  41.  Fa  il  ritrat- 
to del  medefimo  Cardinale  341  •  Fa 
due  fiatue  per  San  OUcbel  Bertelli 
per  la  cafa  Francejcbi,  e  due  altre 
per  Andrea  del  Rogo  i^%.  Fa  la  fia- 
tua del  Salvadore  refufcitato  pel  ri- 
cetto ieUa  SagreBia  diS.  Marco  342. 
Lazzo  feguìto  allo  fcultareebe  fece 
certi  ba^rilievi  allato  a  detta  fiatua 
342^-  Fa  due  Satue per  la  cafa  Pucci . 
che  furono  mefie  nella  Cappella  di  San 
Baftiano  allato  a  quella  della  Santi ft- 
ma  Nunziata  i^l.  Statua  beUiffima 
di  Santa  Marta.  Maddalena  Peniten- 
te  9  e  lazzo  feguito  afuo  conto  343 
O/fera  belli ffima fatta  dal  Novelli  pel 
giardino  di  via  deBa  Scala,  oggi  de' 
RidolJìi4j,  Si  rende  inabile  a  lavo- 
rare a  cagione  di  dette  epere,  eper- 


ctè%4^.  SiritiraaCaBefframofua 
patria  9  e  poi  a  Ponjacco  345.  Me- 
dicamento ufato  dal  Novelli  per  guo- 
rire  dell'  apprenfione  da  cui  era  af 
fiitto  345-  Liberalità  del  "Principe 

Mattia!  col  povero  Novelliceli'  Ope- 
re  fatte  dal  Novelli  per  le  Nozze  del 
SerenifimoGranduca Cafimo  IIL  345. 
Interrogazione  fatta  da  un  ignorante 
Signore  foprimendente  aUa spedizio- 
ne di  dd.  opere  347.  Morte  inefpet* 
tata  del  Novelli  3  48  Ritrooè  il  m* 
do  di  fare  le  terre  cotte  aff  ufanza 
di  quelli  della  Robbia  »  e  qttalfiaque- 
So  modo  348.  Fu  Ingegnere ,  e  fa 
adoperato  in  far  macchine  per  coni' 
medie  e  altro  349.  Fabbricava  he- 
niffimo  i  Canmccbiali  9  e  fu  cbiemeto 
con  anagramnta  un  altro  Galileo  349. 
Concorre  nella  fattura  di  fuegli  oc^ 
cbìali  col  gran  Mattematico  Torri^ 
celli ,  e  lazzi  fogniti  a  queSo  conto 

349. 
Abate  Antan  Maria  Sèlvint  Lettereto 

in/Igne  ^$6. 

Anton  Maria  VaJfaUo  53 5 • 

Antonio  Thavit  detto  Antonio  da  SeSfi 

53<J. 
Arcangiolo  GabbrieUo  da  Gubbio  (^14. 

Fra  Arfenio  Mafcagni  pittore  efua  vi* 
taj9.  Fu  difcepolo  M  Jacopo  Ugoz^ 
zi  79'  Si  vefiì  Religio/o  deir  Ordine 
de' Servi  in  Monte  Senario  Zou  Pefit 
alla  vita  comune  del  Convento  deUo 
Santi fima  Nunziata  di  Firenze  80. 
Alimenta  con  ìfuoi  guadagni  i  pro^ 
prj  nipoti  mi fer abili  80.  Sue  opere 
in  Pirenze  80  Stte  opere  in  Vdter-- 
ra  %Oi  E"  chiamato  a  Roma  a  far 
molte  opere  %^.  E^cbiamato  dal  Pria* 
cipe  di  Salisburg  dove  dipinfe  pia  co^ 
fé  il.  Si  trattiene  in  Firenze  a  ca- 
gione del  mal  contagio  %i.  Marce  del 
medefimo  9i. 

Artù  Cbellini  3  78- 

AfiafioFomebuane  pittore^.    Fu  S- 

fcepolo 


fcfp9h  del  Péfffignéno  Ù.   Dipinfe 
in  Firenze  in  San  Giovannino  de*  Pa- 

*  dri  Gefuiii  86.    Si  portò  a  Rema  e 
ifipinfi  m^to  per  divarfi  Zt .  Dipin^ 

fé  in  Firenze  in  più  Inegbi  perfer^ 
vizio  de*  Sereniffimi  Tt incipit  e  al- 
erove  per  particolari  88. 
Jifiùlfo  Petrazzi piuore  85.  Stette  alla 
fitèàia  di  tre  pittori  »  e  in  parficùia* 
re  del  CaVé  Franctfca  Vanni  8  5  •  Sue 
apere  in  dìverfi  luoghi  85.  Operò  in 
Roma  85.  Fu  molto  caritativo  imter» 
fo  i  giovani  poveri  applicati  aUa  pit^ 
tura  85.  Ajutò  molto  a  Jacopo  Cor- 
tefi^  detto  il  Borgognone  85*    Sua 

•  morte  86. 

Awtnzino  da  Gubbio  pit torà  614. 


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,  - 

BAccio^del  Bianco  pitterà  a  ingegne- 
re^ l  II*  Va  a  Praga  3 1 1  •  Aove- 
nimemi  ftrani  fegui tigli  312.^313. 
Serve  il  General  Valdefiain  con  gtan 
timore  della  fua  crudeltà  i  1 2.^  Atti 
di  crudeltà  del  Valdefiain  312,  'Vi^ 
ta  del  medcfimo  Baccio  ferina  •da 
luimedejimoii^  S' impiega  in  le* 
var  piante  e  far  fortificazioni  315. 
Avvenimenti  firani  feguiti  aVaccio 
3  ;  6.  Discepoli  ir  Baccio  319.  Ope^ 
re  fatte  in  diverfe  e  afe  di  Firenze 
3  2p.  Valfe  molto  in  invenzioni  di 
macchine  1  fcenCf  e  altre  curiofe  in- 
venzioni 319.  FufingAare  neUe  ca- 
ricature de^  volti  altrui  320..  Fu  So* 
pr intendente  alla  famofa  commedia 
fatta  in  Firenze  per  le  nozze  del 
Granduca  Ferdinando  IL  321*  Fu 
Hfcepoh  del  Galileo  312.  Thafiulli 

invmtti  ^  Baccio  9  f^irnbm  dd 


i 


Frames  324.  Fu  ingegnere  fteUu 
guerra  Papalina  in  Tbjtana^  325; .  Fu 
ingegnere  maggiore  deU^  Vfite&^'^d^ 
Fiumi  I  detto  della  TarteXlue^  726^ 
e.ìif.  Fu  Lettore  di  Vrofpettivu 
nell'Accademia  del  Difegno  in  Fi^ 
renze  327.  Si  licenzia  da  detta  Ac^ 
cademia^edìfofiituito  Vincenùo  Vi- 
viani  3x7.  È^  chiamato  a  mandato 
in  ifpagna  J27.  Sì  ferma  a  Genovét 
dove  fu  regalato  nobilmente  3x7- 
Moda  che  ufèoa  ptr  minchionare  la 
femplicitàdi  chi  non  credeva  che  le 
macchine  propofie  da  Baccio  potejfiro 
riufcire  328.  Mofira  lefue  macchi- 

'  ne  al  Re  9  a  jue  riporta  pel  primo  re- 
galo unatadda  di  mille  pezze  da  otto 

\  reali  329.  Eftingue  con  grande  ap- 
pkufo  il  grande  incendio  del  Palaz- 
zo Manie  329.  Riporta  dal  Re,  fat- 
ta la  Commedia  »  altri  ducati  miUe 

.  in  taht^  oro  3  29.  Invenzione  prati- 
4aaéB  di,  9^fu^  poiT  rifiuottre  la  p'ov^ 

•  '  vifione  in  Madrid ^  che  non  gli  era 

'  pugata"^is:i.  Anfefmitò  e  mòrte  di 

.  Baccio/iip,  .S^aliiè  e  mòrte  del 
figlittolo  di  "Baccio  331/'' 

Bagni  di  Ponfacco  con  cui  guarì  ma- 
ravigUifumente  il  Ideili  345* 

Saldaffir  Cerkier  1 97.  ^ 

Bald^arrc  Francejchini ,  ditto  il  Vol^ 
terrano  381.  Sua  nafcitu  e  parenti 
381.  Suo  padre fcult  ore  in  pie  tra  382. 
Venuta  fua  a  Firenze  3  83 .  Studiò 
apprefio  Matteo  RoffiVi  383.  Opere 
fatte  ne  Ila  fua  giovanezza  3  83  •  An- 
dò con  Giovanni  da  San  Giovanni  9  e 
dipin/è  con  ej/i  lui  alcune  co  fé  3  84. 
i?^  licenziato  con  collera  da  Gìo^  da 
San  Giovanni^  eincbe  modos^.  E^ 
chiamato  alla  patria  per  dipignere  a 
frefco  una  parte  della  Loggia  384. 
Defcrizione  delta  detta  pittura  3  85  • 
Tarla  piacevole  fatta  da  Balda  far  re 
al  Gobbo  Trafedi  aUa  Petra ja  388. 
Miotti  fitttnre  fatf  e  peir  diverfi  391- 

Pittu- 


<53« 

VttWfé  éjtifc^,  ^  ZU$  w$pn(hpra 
ilcÉtr^  S  fuoco  nfUa  Cappclki  dtgli 
QtUndini  i^x.  Vqìu  mia  Cabila 
de^Grazzi  beUiJfùaa  dipinta  da  ditto 
392.   Va  ed  opermn  nella  Vì^  di 
CaSeìlo  mandato  dal  Principe  Don 
Lorenzo  191.  Fn  fcmprt  owtSiffimo 
il /ito  pennello  9  e  ctò^be  feee  per 
eooneSnre  nna  femmina  »  che  trop- 
po nnda  ette  a  fare  193 .  Va  in  Lom- 
bardia #  Snmare  a  fpefe  del  desto 
Principe  Don  Lorenzo  393-  Lt^iò 
in  Venezia  aktme  fue  opere  ^  e  per 
ogni  luogo  fu  molto  Morato  394. 1 
Torna  a  Firenze  e  fa  pia  opere  9  e 
finifce  lefinriede^Petrofa  confom- 
ma  lode  e  appUnfo  di  tMti  39^  Di- 
pigne la  Cupole  tea  della  Cappaih^  di 
Santa  lucia  del  Còlkredà.neHa  Stin- 
tiffima  Nunziata  \9^^  Laztafegui- 
to  a  Baldafiarre  nei  dipignerela  detta 
cupoletta  494.  Dipigne  mohorper  i  I 
Con»  iella  Gberard^fèa^^/^  Dipi-  I 
gne  per  cafa  Guadagni  393.  Riior» 
na  m  Lombardia  /.  e  poi  a  Rama  a 
fpefe  del  Marche  fé  Filippo  Niccolini , 
per  dipignere  aifno  ^rifonalf  Cupo* 
la  della  fua  Cappella  in  Soma  Cro^ 
ce  196.   Dipigne  a  Roma  in  roda  il 
{Mmcbefe  del  Bufalo  un  b^mfimo 
fono  in  fu  tfprimendavi  un*  Aurora 
accompagnata  da  molte  altre  figure 
ìq6.  Dipmfe  una  Flòra  fu  la  fiefo 
Bile  in  Firenze  pel  %Marebefi  Vieri 
Guadagni  nel fuo  palazzo 'Ì96.  Atet-^ 
te  mano  alla  Cupola  di  detta  Cap- 
polla  di  Santa  Croce  »  e  la  termina 
maravigliofamente  f    e  defcrizione 
della  medefima -i  96.  Fece  molttjfimì 
quadri  per  Signori  grandi  ^  e  po'  Se» 
reniffimi  di  Cafa  Medici  una  beOa 
flanza  afrefco  397.    Dìpinfe  nella 
lutila  del  Poggio  Imperiale  t  imma» 
gine  di  Santa  Maria  Maddalena  Pe-  -. 
nitente  a  tempera  398.    Dipigne  e\ 

étrcbi tetta  la  Galleria  de'  Qìraldi  di  I 


fotuinfk^facwdadipdgntrailre^ 
Jlante  dalPWiwlU  e  da  Pier  CMaria 
Saldif  e  fece  altri  difegni  399.  Va 
colf  Arciduca  d' Anfiria  per  la  lam- 
bar  dia  399*  Burla  del  Piovano  Ar- 
lotto rapprefemate  dal  Vokarram 
in  pia  quadri  ^9'  Squadro  faito  pel 
Re  di  Francia  Luigi  XlHt  di  w- 
gbiffima  invenzione  398.     Diahgo 
filiti  tra  un  kMc^Rco  di  Corte  e  il 
Voltarrapo  400.  Opera  ntolfopel Cor- 
dM  Leopoldo  de' Medici  401 .  Fa  il 
fuo  proprio  ritratto  per  la  Galleria 
de'  Ritratti  de'  pittori  40 1 .  .  Quéktro 
beUiJftmoper  lafoffitta  della  Samifi- 
ma  Nunziata  402.  Ahfi  maltifim 
quadri  fatti  per  diverfi  403 .  Capo- 
la  della  Santiffima  Nunziata  data  é 
dipignere  al  Volterrano  405.  Canti 
futi  àa§f'^U  pittura  didoitaXit^ola  .e 

loro  difficolta  e  defcrizione  40S.  De- 
fcrizione del  CaSello  fatto  fopra  ii 
palco  per  girarfiattorno  4^ .  Muo* 
re  BiagioVefiri  inventore  del  palco 
e  caBello  407.  Defcrizione  di  ietta 
pittura  409.   Fu  forprefo^  d0  acci* 
dense  d'  Apapkffia  410.  .  Perdette 
tutto  Pufo  della  lingua ,  recandogli 
falò  libfro  ^ufo  S  recitate  e.  pn^e- 
rire /a  Salve  Rfgina  41Q.    Riforfe 
da  iktto  wtalore^a  ricominciìha  la»o* 
rare  410.  Fu  vifitato  nella  prtprie 
<afa  da?  SerenilJimi  Principi  e  Pria- 
cipeffe  41 1.    Fu  di  nuovo  forprefo 
dalt  Apopkffia  41  a  .    "Defidarh  fem- 
fre  avanti  di  morire  d'avere  i  Santi 
Sacramenti  41 2.   Cran  conforto  gli 
dava  lofcrittore  delle  prejimi  noti^ 
^*  fùo  grmtdiifimo  amicoi  com  le 
/ite  parole  ,  a  €ome  411.    Sempre 
meli'  ultimo  fuo  mède  proferì  Jaeula^ 
tjorie  al  Signore  t  alla  fua  Santiffimt 
Madre  4 1  i .   Muora  fantamente  to- 
me fempre  vijfe  4I3.   Fa  il  Valter- 
rfno  pio  >  prudente  ^  arguta  e  faceto 

4XK  Mo$fa  dato  da efi  aduna 

retrice 


rtirke^tZ.  Di/cep^/i  dei  Vèiter^ 
r4M4t4.  Fu  mgdeftiffmo  nei  vivC'^ 
re  e  nel  dipignere  414. 

SartQlammeù  Fontebmni  della  Campa* 
gnia  di  Gesà  96.  Fu  difiepoh  nello 
Jfpifho  i  Ipolitù  Galàntini  f  donde  ne 
ricavò  la  vocazione  di  farfi  Gefuita 
88.  Fu  fpedito  dalla  Compagnia  perì 
Mijfionario  .  all'  Indie  Orientali  88. 1 
-Vipinfe  mollo  nelle  dette  Indie  88%  | 
Lettera  del Jnede/ktio  a  Gio.  Baldi- 
nucci  padre  del  noSro  autore ,  e  uo- 
mo di  ottima  vita  89.  Ricordo  di 
Gio.  Baldinucci  intorno  alla  vit^  e 
morte  di  detto  ?.  Bartolommeo  90. 

Bartokmmeo  Sahì^rini  pittore  e  al- 
lievo  del  Bilivert  74, 

bartolommeo  del  Rofa  tuono  fcolare  di 
Salvator  Rofa  $91. 

Saffirìlievi  di  homo  dei  ricetto  della 
Sugrefiia  di  San  Marco  %  e  loro  arte- 
fice 354. 

Safiiano  Biantbi  Cuftode  dèlia  QaUe- 
ria  Serenila  75.  Altro  Bacia- 
no letterato  »  e  celebre  Antiqua-^ 
rio  7d. 

Battaglia  di  Cojlantino  dipinta  in  San 
Giovanni  Laterano  in  Roma  1 29. 

Bernardo  Vuontalenti  »  detto  delle  Gi^ 
r andate  »  infignt  architetto  94. 

Vernar dù  Strozzi  pittore  genavefe  1 5  7- 
Difcepolo  di  Pietro  Serri  157.  Di 
anni  1 7.  f  ecefi  Cappuccino  157-  Ufcì 
dalla  Religione  a  cagione  della  po- 
vertà della  madre  157*  Opera  mal'- 
to  in  Genova  158.  Per  morte  della 
madre  vien  ricèiamato  alla  Religio^ 
ne  da'  Cappuccini  158.  Vien  fatto 
prigione  ad  infianza  de^  Cappuccini 
158.  Pasifce  più  me  fi  Una  ftret- 
ta  prigionia  158.  Per  lièerarfi  dà 
mano  aOe finzioni»  le  quali  non  poco 
giovarono  al  fuo  intento  iSÒ,  Muo- 
re in  Venezia  158. 

yUmvn  Bernardo  pittare  ^  Vedi  i*^ 


639 

Biagio  Vtfiri  legnajolo  inventore  del 
ponte  per  ^pignere  la  Cupola  della 
Santìffimu  Nunziata  407. 

Il  Borgognone.  Vedi  £>•  Jacopo  Cor^ 
tefi^iy. 

Buonaventura  di  Piero  pittore  37^« 


mm 


C 

"  K^Alairefe pittore  633. 

Cam^nile  di  S.  Jacopo  fopr'  Arno  1 07. 

Capaccio  9  foprannome  di  un  tal  pitto- 
re  fem^ice  ed  ignorante  i^i.  "Bur- 
k  fatte  a  Capaccio  141.  Lazzi  fa^ 
ceti  e  belli  fegui ti  a  detto  Capaccio 

144* 
Cappella  dì  S.  Ivo  nella  Santijfiuta  ììun- 

ziata  95* 
Cappella  grande  di  San  Pier  Maggiore 
4fr  Ximenes  96. 

Cappella  de*  Salviati  in  Santa  Croce  97. 

Il  Cappuccin Genavefe.  Vedi  Gio.  Car^^ 
Ione  303. 

QM^Xarh  RidolfizSg. 

Carlo  da  Savoja  3  77. 

Cav.  Carlo  Rainaldi  architetta  487. 
tMoltifuoi  antenati  furono  e  pi i  tori 
e  arcbitetti  vahrofi /ifi% .  Furono  im^ 
piegati  negli  aggiuBamenti  tra  il  Pa- 
pa e  ^Granduca  di  Tofcana  per  cau- 

,  fa  delle  Chiane  d^ Arezzo  4^^.  Fu 
impiegato  da  Papa  Innocenzio  X.  in 
più  fabbriche  489  Fece  pia  modelli 
per  P  Atrio  di  San  Pietro  9  e  pel  ri-^ 
farcimento  9  che  fi  pretendeva  fare 
della  Facciata  e  Campanile  >  e  in  al- 
tre molte  co  fé  da  innocenzio  X.  e  da 
Aleffandro  vlL  490.  Campidoglio  e 
Cbtefa  di  Santa  Maria  terminata  e 
abbellita  dal  Rainaldi  491 .  Chicfe 
e  Tempi  fatti  da  lui  491.  Si  dilettò 
di  muftca  e fuonò  perfettamente  PAr- 

pe  dap^a  a  h  Ltra  ^9^^   Fu  moka 

impie^ 


6^Q 


imfiegatópetJerviziódiCéf/o  Emd- 
-    mei  Duca  di  Savoja  >  e  fece  un  nobil 
modello  per  lo  palazzo  del  Lovre  pel 
Re  di  Francia ,  e  fu  regalato  di  un  1 
beUiffimo  ritratto  del  Re  ornato  di  no- 1 
Ulij^mi  diamanti ,  e  fatto  Cavatiere  I 
492.  Regalò  la  Compagnia  delle  Sti^ 
mate  di  Roma,  di  cui  era  fratello , 
di  un  riccbiffimo  Ofienforio  ornato  di 
belliffimi  diamanti  492. 
Carlo  Dolci  pittore  493 .    Introduzio- 
ne alla  di  fui  vita  494.    Re/fà  fenza 
padre  9  e  in  tajfa  fortuna  f  di  età  di 
fuattr^anni  495.    fu  devoto  t  e  co^» 
manicò  lafua  devoTuone  ad  altri  fan- 
ciulli della  f uà  età  495.   Va  f otto  la 
fcuola  di  Jacopo  Vignali  495.    Njn 
aveva  compiti  undici  anni^  che  ben 
dipigneva ,  ed  erano  le  fue  opere  ri- 
cercate $66.    Cbiamavafi  per  vezzo^ 
e  per  lafua  piccolezza  col  nome  di 
Carlino  49(5.    Fece  molti  ritratti  e 
quadri  per  Principi  e  altri  Signori 
4P<J.  7  fuoi  quadri  crehhero  fempre  1 
di  pretto  497.  fece  nella  f uà  prima  I 
gioventù  quattro  ottangoli  co*  quàt-  \ 
tro  Vangeli fti  per  cinque  feudi  tuno , 
e  fubìto  furono  rivenduti  per  feudi 
.  centoventi  4.^7.   fece  fui  bel  princi^ 
pio  forte  proponimento  di  non  dipi- 
gnere  in  vi  taf  uà  che  cofe  facre  497. 
Intenzione  fama  ^  che  fempre  ebbe 
nelfuo  dipignerct  e  mai  nella  fetth 
vmna  Santa  non  volle  dipignere , 
che  cofe  appartenenti  alla  Paffione  del 
Signore  497.  Madonna  fatta  per  Gio. 
Frane  e  fio   Gr  azzini  ^    che  die  de  gli 
grandiffima  fama  497.  la/eia  il  Vi- 
gnali ,  e  torna  a  dipignere  in  cafa 
propria  497.    Z'  effigie  della  detta 
Vergine  ricavò  al  naturale  daOa  Ma* 
ria  Maddaleiia  forella  dell*  Autore , 
cb*  era  in  età  di  dodici  anni  497, 
Ogni  giorno  veniva  a  cafa  f  Autore 
fopraddetto  per  darli  i  precetti  del 

ien  difegnare  497.    BcUiffimafno 


quadro  fatto  per  Piero  Strozzi  tap-' 
prefintante  San  Paolo  primo  Eremi-^ 
ta  497.    fMolti  quadri  fatti  per  di- 
verfi,  e  per  f  autore /òpraddetio  40& 
fece  un  gran  quadro ,  col  concetto 
epenfiero  del  Cigoli  %  maravigliofo ^ 
pel  prezzo  di  \6o.  feudi ^  e  fuétto  ne 
fu  oferto  feudi  mille  àugenaOf  che 
poi  fu  venduto  per firviztodtLeopol" 
do  Imperatore  498     Copta  maravi^ 
gliofUf  che  ebbe  a  fare  per  Vienna  t 
4eUa' ^u  immagine  della  Santiffima 
Nunziata  di  Firenze  ^  e  quanto  tem» 
pò  '  vi  mette  fé  a  terminarla  499. 
J^uefio  quadro  non  andò  però  a  Vien- 
na, ma  in  l^oUoniaf  e  come  aniò  il 
fatto  ^^g.  Stòrie  in  piccolo  fatte  per 
diverjtt  belliffime*  che  una  pel  Mor^ 
che  fé  Carlo  Cerini  499.  Quadri  /«!• 
ti  per  t  autóre  di  tana  perfezione% 
e  fra  gli  dhri  una  Pace  ritraiio  dì 
Cajerina  degli  Scolarifua  maglie  500. 
Squadri  fatti  petxMarcbefe  Mattiti 
Bartolommei  soò'.  Prende  moglie  soi. 
fu  co  fa  curiofa  e  efemplare  il  vede* 
re  Carlino  ve  fitto  »  e  complimentare 
da  fpofo  501.   Lazzo  feguito  la  maf 
t ina  dell'anello  502.  Prima  volta  che 
dipinja  a  frefco  502.    Quadri  fatti 
per  l'Imperatore  502.  figura  di  ". 
Antonio  per  Carlo  di  Raffaello  Corfi^ 
ni  gol.    Altre  molte  opere  fue  per 
diverfi  $01.  Quadri  fatti  per  la  Ca- 
fa Ser eterna  503 .   fece  pia  origi^ 
nuli  della  ffeffa  invenzione  502.  fa 
due  beinomi  ritratti  503.  fu  mau^ 
dato  in  Sprucb  perfora  il  ritratto  del- 
la figliuola  dell'  Amduca  Carla  ìTAm- 
ftria ,  e  come  feguì  503     ^^  afialito 
alfuo  ritorno  da  um  malinconia  fir a- 
ordinaria  e  fuoi  e f etti  504,  Vaetto- 
re  amicijfhiofuofecefeinpre  quanto 
potè  per  diftorlo  da  tah  fiffazi4mef  e 
molto  gli  giovò  504.  Modo  che  tenne 
4LBatdinucci  per  farlo  ritornare  in^ 
fé,  a  farlo  lavorare  505    fa  dipoi 

molte 


1 


molte  sltre  opere  $0$,  Prert^ative 
parikoiari  deif  opere  di  Corto  $06. 
Desto  di  Matteo  RoffeUi  »  lode  di 
Carlino  $06.  Stima  fempre  avuta 
ieT  opere  diCarlo^fuptrior e  a  quel- 
le i*  ogm  graudijflmo  pittore  $06. 
Giordano  9  pittor  rinomato  f  .vede  il 
ritratto  é^Car  lino  neUa  ReatSaUeria 
de^  Pittori,  e  loda  molto.  Carlino 
vWta  Giordana  i  e  al  primo  incamro 
gli  bacia  la  mano  507.  Giordana  vi* 
fita  Carlina  f  t  molto  fi  eampiaee  del- 
iafua  rara  maniera  »  e  poi  qua  fi  per 
celia  gU  dice  cofacbefit  P  ultima  fua 
rovina  $07.  J^uadro detta  Vifitazio- 
ne  de^Magi  »  ultima  opera  di  Carlino , 
lo  termina  e  la  manda  a  Palazzo,  e 
Ju.dieSrema/òdisfaziane  $07.  Re- 
Ba  cmfufo  alte  parole  della  Sereniffi- 
.ma  Vittoria p  CK  gli  mofita  un  qua- 
dro di  Giordana  fatto  in  pochi  gior- 
mi,  e  diviene  fiolida  e  fuori  di  fé  f  07. 
A  forza  t  ubbidienza  i  induce  a  dt- 
pigmre  SJQj.  Suéi^^trmitd  e  mor- 
te 5o7«  Sua  fepoliura  netta  Cbiefa 
detta  Santifima  Nunziata .  Lafda  un 
foto  mafcbìo  e  Jette  femmine  tra  ac- 
comodate e  fanciulle  508.  Tavole 
lafciate,  e  non  finite  So9.  Difcepo^ 


fuefono  fparfe  per  tutte  le  Gallerie 
e  Gabinetti  di  Re ,  Principi  e  Imae^x 
ratori  509.  Fece  molte  tavole  riaat- 
te  alla  fua  perfetta,  manietfa  fapra 
bozzi  dr  altri  eccellenti  maefiri  $  va-^ 


lenàofi  in  ciò  della  pura  invenziani 

5op:  Da  alcuni  fu  detta  note  aver 

perfetto  difegno  il  Dolci ,  ma  non  fi 

approva  daW autore  Sog.   VirtH  cri- 

Siane  di  Carlino  $10. 
Casetta  di  Malmontile  r  e  altre  memO" 

rie  al  mede  fimo  attenenti  4f  cn 
Cmfa  della  famèglia  dall' AntéUaftfliu 

piazza  ai  Santa  Croce  9.     .    ' 
Ca/a  di  Gìovambatifi0  SfroMi  di  Sath.  I    Silvani  53 1 . 

ta7rlnit»99*  •    :•    I 

Ss 


641 

Cafa  de*  Capponi  iH  via  Larga  ^^ 
Cafa  de'  Caftetti,  oggi  de'  Marat  etti  di 
via  San  Gallo  xoo. 

Cafa  e  Giardino  delMarcbeJe  Riccar^ 
di  in  Gualfonda  i  o  i . 

Cafino  da  San  Marco  9%. 

Ce  far  e  Dandini  pittar  Fiorentino  2 1  o« 
Difcepolo  del  Cavaliere  Curr  a  di  no. 
Laf ciato  ilCurradi  va  nella  /cuoia  di 
Crifiofano  Moti  1.1 1.  Lancia  Cri-^ 
fiofano,evacolPaJl(gkano%ì2.  Am- 
mazza uno,  che  gli  fa  malacreanza 
213.  Fece  la  tavola  della  Cappellina 
tra  la  Sagrèfiia  e  la  Zappetta  di  S.  Fi^ 
lippa  Benizzi,  eontenen/'e  un\Cri(h 
morto  netta  Cbie/adeOa  ^unziaia  %  14. 
£a  moke  tavole  e  quadri  por  Jivof  fi 

i  X14.  Morta  jdi, Ce/ir  e  z  16.  Fufem-^ 
pre  nimico  degli  uotiùnifcorretti  1 1 7. 
Fu  fem^e  dedito  atta  eompafione^e 

.atta  carità  zi  7.,      •    >       -.    ^ 

Ql^iariffimo  df  Antonia.  ¥àneéttifiultoe$ 
e  file,  nozze  JiC'x^  ;  \t.   ...  .:  .- ^ 

Qèi^adi^SanSimù»^0biMita-9j.,K 

Cbiefa.  de'  Tèatipi^^San  Mkbele  agli 
AntinoH  5>8.' .    .  :  \    .*•:-  :  t 

Cbiefa  dtjSam  Ciièfio  in  JUieerra ,  /^. 

.  briùùa  dopo  Mranatd(V altra' ^%7. 

CbiéfaA^JOiìWar^  %  fba  dovevano  fmfi 

.  pei.'PadriJk  San  ^H^. Nari,  detta 

Sàa^iKtttze^S^^    /^7;v\f.> 

Cbfefa  di  CeHello  4f\PadriCi0ercienfi 
fatta  qmtfi  del  tutto  eòn  grandiffimà 

^^fpffih,Mk  netkjerv^mata^fu  fatta 
rovinare  da^  fohdamenfl:.per  fakhe 
un^éfllrai'ioi:difign9yol  .Germìiar^ 
ebitetto ,  t  fu  m<lphpoisin,i/éiuzio^ 
tte  da  Antonio  Ferri,  aftbitetto  £iom 
remino  s  30.  ,        .,  . 

Cbiefa  di  San  ^arco  refiaurata  e  ar^ 
nata,  co»  dtfegno,  difPìer  Franeefia 
Silvani  Sii.  '       r 

Cbiefa  deXavuUfrJi  di  Pifd  ingrandititi 
e  fattevi  pia  ^giunte  di  comodi  dai 


♦•t" 


Ciiefa 


.# 


64^ 

Cbiefa  Ìfi$w4  £  KtfjsM  t  pittura  ielk 
fua  volta  548. 

Ciiefa  di  San  Michele  Bertelli,  detta 
degli  Miinerit  e  fuù  architetti  98. 

Chieja  delh  Soùienza  di  R^m§p  archi- 
tettura del  Éorr omino  371: 

Cbiefa  di  San  Carlo  alle  quattro  Fon- 
tune,  architettura  dal  Borr omino 

37*- 
Chie/a  e  Bafilica  di  San  Ciouanni  La- 
cerano 9  architettura  dei  medejSmo 

37*» 
lìaecodaGamhafi.    Vedi  Gonnelli . 

e/àudio  Geilee  Pittor  Lorenefe  353- 
Stette  ne^  primi  anni  fitto  iafcuolu 
di  un  fio  fratello  intagliatore.  Si 
forte  evéta  Roma  >  ovejludia  mal- 
io  nel  ricavare  SJegni  353.  Va  a 
Hupoli  fitto  la  fimoUt  di  Goffredo 
pittor  di  paefi  353.  Torna  a  ^0. 
ma  fitto  AgofHn  Taffi  353-    Tema 

sulla  patria^  e-  ritoma  a  Romu  354. 
c4ttende  alla  pittura  d'arcbitettu* 
te  1S4.    Fk  eccellenie  i&  dipignere 

\"  grofpèttive  é^ogni  firte%  e  paefi  e 
marine  35<$.   Fece  molti fime  opere 

-  'per  Jhetfi Principi  •  Pontefici  e  Car- 
,\dinati\is6,  lÀhr^  del  mèdefim  %  in 
\  cui '  copiava  tutti  i  quadrDche  fica- 
ii\vi^  àpakch^  fsj.' Sua. marce Jn^^o/d 

decrepita  )SB.    StfU' prarttm  mi^ fir 
•  le  prùfièttive  isp. 
Commedia  npptantlitain  Madrid' p«r  le 

fipericMaecItine  fitte  daBaUtadel 

"t  Bianco  yi9<    ' 

€ompagmà\  V  OfphsSa  di  Smt  Tomma* 

-  fi  ìtjfqnin^di^Firenze  43  i. 
Convemo  delle  Cronache  di  Santa  Ma- 
fia Maddalena  de^  Pazzi  in  Pinti  88. 

Convento  tà  Vahmhrofi  adornato  103. 
Convento^  e  Clic  fi  deUa  Pernia  rcfiau- 

rati  103. 
Contagio  del  \ts6  #548. 
Caro  di  Santo  Spirito  di  Pireme  ^4. 
Cornelio  di  Paulemhourg  37JB. 
Cornelio  ^anifins  3  79* 


Cornelio  Blaemaert  intagliatare  in  ri- 

me  d'Utrecht  138.  Fu  gran  pnatt^ 
tare  de'  Cattolici  tra  gli  Eretici  di 
fita  patria  238,  Umiltà  grande  di 
Cornelio  xi^.  Studia  e  opera  in Pa^ 
rigi  tì9'  Si  parta  a  ^oma^  dove  fi 
moltij^ani  intagli  239. 

Cofimo  ^ì^gni  pittore,  e  allievo  di  Go^ 
vamhatifta  Venni  210^ 

Offimo  Lotti  %o6^  Scherzi  facci  dd 
Lotti  di  fita  inventane  ncBa  grotta 
de' Pitti  10$.  E^ chiamato  in  Spagna 
per  ifigegnere$  deve  fi  cefi  mniiìi 
di  macchine  308;  Sue  morte  310. 
Aiace  Bine  p  come  fi  faceffero  n^  teo- 
tri  •  avanti  P  arrivo  del  Lotti  328. 

Cupola  dèlia  Cappella  di  Smeta  Lucia 
nella  Cbiefa  deUa  Smuijfima  Nun- 
ziata 35Kf . 

Cupola  della  Cappella  di  SiccoMni  in 
Santa  Oaccij^. 

Cupola  dèlia  Cbi^a  deUa  Pace  finti  di 
Firenze  Uto.  '     ^ 

Cupola  della  CHefait  Ognifanti  8. 


mi^mm 


D 


D 


JaìeSo  Véifàetl  ijfh 
Tìiaiùel  Segiars  GefitiM  fimr  it  fm 
-t  fruttt  41  s. 

Dmiid  Ttmtrr  375. 
D<09ÌdB*Hy  379. 
Dawd'Bycéteri,  9  SieeÉrd»  4^6. 
David  CmincU  6tì.  'Rkmfé  più  'm- 

I     pieghi  per  tmdare  a  Romaózì.    Sm 
«pere  fatte  a  Roma  614: 
Dem  di  ?aU  Vemufe  moke  pi»  $33* 
Diécima  BrttkHpiuve  613. 
Domemeo  Hiihinéid^ni^Méttrt  h  /r- 

gH»t  Pi/imi<xt. 
Domemct  TtiàpefH  Tmtmim  470-  * 

471» 

Dmm- 


^Sp 


D^menicA  fisfiUé  ^3  7* 

D^néulU  lùdtto  moUo  dà  Micheìéffio- 

Ì9  >  »  rijarv§  éi  •»  fd  numeumemo 

rieMofriuto  in  ìms  ^94$ 


«■1 


E 


ESerhart  Keilbéu  pittare  510. 
uefamoi^  fato  ia  fimìa  dì  Rem- 
èrma  im  c/imffardMm  511.  La/dò 
qu^  €  entri  in  une  mhile  Actnde- 
^  mia  di  Pisturs  511.  7)eiermnà  di 
fìenire  in  Italia^  ma  il p^dre gH  ne- 
g0  il  fm'lo  51 1 .  Farti  peri  »  e  cm 
lunga  viaggia  giunfe  in  Maganza  > 
dove  feee  una  gran  tavola  9  a  di  qui 
in  Venezia  Su*  Pece  quivi  molti 
ritratti  it  alcuni  Tedejcbi  fuoi  com- 

menfaU  51 1 .  K"  àbiattuto  da  gran- 
de infermità  511.  Si  iaftid  etiamnrc 

per  name  Bernardo  ^  benché  il  fuo 
nome  fife  Averardo^  fignificgto  del 
notne  di  fua  patria  511.  Ripiego  che 
trevo  nel  nafconiere  un  mancamento 
naturale  che  aveva  un  Signore  che 
ritrajje  in  Bergama  yit^  Fa  il  ri^ 
tratio  della  Regina  di  Soezia  per 
mezzo  del  Cardinal  Pio  4rcivefcovo 
di  Ferrara  513.  Come  fi  Jtoprijfe 
Luterano  di  Religione  Si}^  Lafcia 
la  Corte  del  Cardinale  a  va  a  Rama 
513.  Aijura  e  fifa  Cattolico  -,  e  co^ 

'  me  s^4.    P^in  Roma  molta  opere 

'  5i4«  Dipin/è  mattiamo  per  fuori 
51$.  Cómpommenti éizzarri  ne'/itoi 
quadri  StS>  Morie  del  medefimo  SII. 
V autore  trattò  in  Roma  coneffiSiS* 

•   Sepoltura  del medefimo  Si6. 

Errico  Vander  Borett  Iti.     . 

lErafmo  CbelUfio  378.       ^ 

Mrajmo  Softleven  3  79. 

ercole  Ferrata  fi  ultore  <i<^.  ^ìàMitl 

'   tu  tmta  t^\  Ercole  neua  fùè  àdole- 


Hi 

fiemtép  ma  debole  eamfdeffione  fi6. 
Prima  maeSro  (t  Ercole  nella  fiul^ 
turUf  emufiro  iudifcretiffima  e  cru^ 
dele  verfo  ifuoifiolari  $  \j.  Stette 
Ercole  fotte  queffo  fets' anni  e  coma 
517    lafcia  il  tnaeSro  e  fi  porta  a 
napoli ,  dove  fi  affalita  da  granie 
infermità  51 8.    Termina  onorevole 
mente  una  ftatua  abbozzata  e  titro^ 
vatajoito  terra  $1%^  Campa  con  pò- 
cbiffimo  a£ègnamentOf  che  ritraeva 
ddfuoi  jtuaj  5 1 8.  Molte  opere  con^ 
duce  con  lode  $\%.  Inganno  fCteJpurr 
geva  ttno  fiarpeUino  contro  il  Ferra^ 
ia  518.  ra  unaflattta  per  un  mjtr^ 
.  caute  9  per  cui  non  fu  remunerato,  e 
perdi  5:19.   Immagine  miracolo  fa  di 
S.  Automa  di  Padova  ^ip.  Defidera 
andare  a  Roma  •  ma  fu  impedito  da 
akuni  a/btti  fiarpeVinif  cbe  voleva^ 
no  valetfi  della  fua  opera  n  9.    // 
Bernina  glt  fi  fire  akune  opere  5  ip. 
Fe^  umlatnia  con  i^ffiepeii  dell'Ai^ 
gardi  f  cbe  gli  fecero  far  più  opere  5 19. 
Fa  poi  molte  altre  grand"  opere  »  e 
quali  yip.  Morto  f  Algardi  è  cbia* 
mato  in  ajuto  dal  Cav.  Vernino  aer 
lefiatue  della  Cattedra  519.    Ele- 
fante di  marmo  di  Tiazza  Minerva 
di  mano  del  Ferrata  f  e  molte  opera 
fatte  in  Roma  520.  Statue  della  Ve^ 
nerina ,  della  Trinità  de"  Monti  con 
dotte  a  Firenze  per  mezzo  di  Paola 
Falconieri  cbe  ne  ebbe  fincumbenza^ 
f eaffate  è  reftaurate  dai  Ferrata  in 
Firente  512.  ReUaura  la  betjfima 
Veuere  di  Galleria  filmata  la  fimo  fa 
di  Belvedere  $11.  Si  parte  S  Firen^ 
ze  improvvifamente ,  e  incontra  F  in-- 
dignazione  del  Granduca,  e  volendo 
ritornare  a  fare  la  promefa  refiuw 
ratioÉe,  queUa  gli  fife  rtfpofio  523. 
Feeb^  k  Sartia  ai  Clemente  X.  523, 
Opere  fatte  /•  etì  di  70.  ^nni  524. 
Se  trova  la  Sanza  vota  di  lavori  per 
laftarfieè  dcWoccafioni,  e  perduta  la 
Ss  %  grazia 


644 

grazia  del  Grandaea  dì  Tafianaper 
foca  convenienza  f  diede  in  ima  te-- 
tra  malineoniaf  e  in  pochi  giorni /e 
ne  morì  5  24.  Sepoltura  in  San  Carlo 
al  cor/o  f  2  4.  La/eia  erede  unfuo  ni- 
pote 5*4.  Ifaoi  Sudj  e  ntodeUi  fu- 
rono divi/i  tra  molti  fiudiofi  524. 
Divenne  grande  alle  mani  dell'  AÌ^ 
gardi  s  24 .  Opere  più  fingo  lari  fatte 
da  Ercok  525.  Modo  adoperato  da 
ejfo  per  bene  inventare ,  «/  che  non 
aveva  gran  difpofizione  515.  Fu 
dejiderofo  troppo  dei  guadagno  »  pel 
quale  era  fovente  da  geme  vile  in- 
gannato con  gran  danno  S^^.  Fufuo 
/colare  tra  gU  altri  un  tal  Melchior 
Cala  Màltefe^  eccellente  525. 

Errico  Berckmans  pittore  4id. 

Errore  di  mifure  nelle  fineUrr  deWag-^ 
giunte  aìie  del  Tulazzad^Pittè  ri- 

:'  corretto  96.  -    ^ 


i»lllM>i 


«—«» 


I       * 


F 


FAcciata  del  Duomo  di  Firettze  co- 
mefo^e  anticamente  lo^. 
Facciata  ael  Palazzo  de'  Pitti  minac- 
- .  (ia  rovina  9  e  da  chi  refiaurata  333. 
JFeUce  FicbereUi,  detta  Felice  Riprfo, 
s  piifi0r  Fiorentino  ZI 9,  Dipigne  per 
, .  cafa  Fedenti  più  quadri  >  ficcarne 
.  per  e  afa  ChcUini  molt*  altri  di  mag- 
gior gr^nde^,%\o.   Fa  moit'uUre 
opere  per  diverfi  fìttadhi  e  signari 
tiqrentinì  221.  Morte  A  Felice  221. 
jP^//e>  argùtf^,  e  devoto  di  Felice  in 
i'    P^.Hf^di  martelli.,  R^e§one mo- 
.    ralc  dei' autora  2%2.  PufemMe^de' 
.  :fu<À  comodi,,  e  perciò  jSiguatkgnk  il 
^  fopràmomejf  T^ipafa.à^T^,  ìfptKtc^ 
j    neva  alcun  dijuoferviziq ,  ana^a- 
1'   vafimprefolo ,  e  il  luogo  MfMvri- 
\   p(fi  era.  un^armadi9^  .2,2»^ .  DaftA  di 


^    C'^ 


Felice  ff  contrario  ai  un  altro  H  fSSa^ 
vanni  da  San  Giovanni  222»  Sifer^ 
vf  di  un  pennello  ben  grofio  per  me* 
ftare  uova  0  altra  intingolo  mangia^ 
tivo  222.  Si  cibava  foto  la  fera  »  e 
>  all'  offlaria  fempre  2x2.  Lazza  fate^ 
da  Antonio  Ruggieri  pittore  t  e  uomo 
di  bel  tempo  t  a  Felice  »  per  cavarli 
una  parola  di  bocca  223.  Guftava 
moltifjimo  della  converfazione  et  uo^ 
mini  ameni  e  allégri  »  e  ntaiproffe^ 
riva  parola  ZZI .  Pufudiciffimo  di 
per  fona  e  di  cafa.  223- 

Felice  Damiani  itAgubbio  614^     . 

FeJla  ètlla  guerra  d'  Amore  fiuta  in 
Firenze.  411. 

Filippo  Tommafini  intagliatore  in  ra- 
me 109,     . 

Filippo  Uffembacb  pittore  di  Francfort 

22tf:- 

Filippo  Zaitìbertì:29t^      . 

Filippo  Carcani  fiéUtre  i  Etcate  Fer^ 

rata  525.        * 
Filippo  BaUinucci  Autore  nien  condor^ 

to  daOa  Regina  di  Svezia  in  fua  gaì^ 

kria  61. 

Flétminio  Allegrm:^i^ 

Fonte  di,  PfatoUna  reSaurate  307. 

Franceffo  di  Giovanni  Bianchi  Cufiode 
della  Galleria  Seréni fima  74.  Fu 
pittore  efue  opere  75» 

Francefco^  Snyders  pittore  120. 

France/co^lauri  pit ter  Romano  199* 

Franefco  "Rufiici  Senefe  »POw 

Francefio  Turini  e  fua  wta  25  8.     Fi^ 

.  lipp^  Turini fletta  Pippa  Sciarne- 

^  rone^Paé'^^  di  Francefco  258.   Fu 

d/Jcepolo  di  tre   maefiri  259*     Sue 

.  opere  259,  e  163.  'Eraconfuetu  Su- 

.  e  diare^  fulmm^l^  :  4^M  donne  Z59. 
É^cbififlf^to,4:J^^C9fiiBJf^^6^..  iJt'vora 
nella faU^'iPiUKidkp* Giovanni  da 
San  Giovanni  j?gìcx  .;  Si^fa^  T^a^  ^ 
Curato  in  J^/^^w^^/Ht-  ì^eniiafi^ 

\\Wi»P  M>^m'l\^ff4{^4ipiVf^ra 

^  dml 


dal  Farina  iHu  Eférciiò  hne  t  ut* 
èligo  dclCur0t9t  f»  Umt^ìero  eea^ 
riiàtivoU  co*  Popoiéni  2  6% .  Piisare 

•  fo$$e  in  ^MugiUo  x6%.  Si  MommM 
della fué  Cura  pia  mtfideWanm  26  3 . 

.  Mone  del  Parino  i6s.  Comcri/pon- 

.  deffe  a  chi  lo  correggeva  nel  tenere 
al  naturale fimpf  e fanciiiUex66.  Si* 
militudine  data  dalt  Autore  ùer  re* 
plica  aia  fepraddetta  rifpofta  z66. 
AUievi  del  turino  266. 

Fr ance  fio  di  Quèfiioy  e  fua  vita  283. 

Va  a  Roma  284»  Sue  ooere  2  84.  Per- 

figuitato  da  un  fuo  fratello ,  che  poi 

>  lo  awelinò  285.  Mortr  di  Fraute-' 
fio  in  Livorno  285.  Morte  del  fra- 
tello ftatricida  in  Gante  per  mano 
della  Giufiizia  ahbruciaio  285* 

Francefco  Zugni  294. 

CzY.Franc^co  ^orromino  fiuUore  e 
arcbitettOfdifiepolo  del  Bettino  370. 
Rifiuote  ttn  credito  di  fuo  padre  di 

foppiattOf  efimza  dir^mUro  va  0:  Ro- 
ma 3  70^  Rifolve  lafciare  il  lavorare 
di  pietra  ^  e  va  con  Carlo  ^Moderno 
architetto  3  71 .    ^Urto  il  Moda-nò 
va  dal 'Semino  371.    Fa  contro  con 
violenTUt  al  Semino  prefinte  negli 
affari  della  facciata  di  San  dietro 
.  con  biafimo  univerfole  371.    E^  ar- 
chi  tetto  di  più  e  tic  fi  e  palazzi  in 
Roma.    Vedi  Céiefi  i 7%.    E^ fatto 
Cavaliere  da  Urtano  Vili  e  retmtne- 
rato  generofimente  372.    fece  ima- 
-  gli^T^  in  rame  dal  Barriera  un  lìkro 
di  difegni  di  fabbriche,  fitti,  da  tjjv 
3  73-   E^forprefo  da  una  malinconia 
.  foriiifimai  la  quale  finalmente  lo  con- 
dtifje  a  morte  373.    Si  ammazzò  da 
fé  con  una  fpada^ ,  e  per  qual  cagio^ 
ne  374.    Pcc€  però  te/lamento  ,  nel 
quale  la  filò  ad  un  fuo  fervi  t  or  e  >  che 
..  per  ubbidire  a'  medici  nonvoH^farT 
gli  ciò  che  chiedeva  %  fi.  500.  a%^^ 
Non  volle  mai  fare  alcun  difigUo  a 
concórren^zfl  d'altri  artefici  3,74. 


645 

Francefco  ì^wurs  3  7*. 

Francefco  Bofcbi  42  8.  In  fua  fonditi^ 
Uzza  fu  fempre  e  per  la  pietà  e  per 
la  modella  grande  efemplare  430. 
Colorì  meglio  et  Alfonfi  fuo  fratello 

430.  Face  molti  qaadri  per  diverfe 
perfine  43  o.  A  frefco  molti  ritratti 
detta  Religione  Francefcana  nel  Còlo* 
firo  d  Ognifantij^i  o.  In  Cbiefa  fece 
altre  cofe  430.  Pece  la  tavola  della 
Cappella  9  dove  fi  confirtano  i  con^ 
dannati  p  nel  palazzo  del  Vergàio 

431.  Tutte  le  immagini  fante  di 
mano  di  Francefco  fpirano  una  de^ 
vozione  particolare  4^2.  Si  dilettò 
di  miniare  432.  Detto  di  gran  pie^ 
tà  di  Francefco  43  3 #  *Sifa  Sacerda- 
te  I  non  volendo  aecafirfi ^i'i .  E\ 
fatto  faperiore  dèlio  Compagnia  di 
San  Tommafo  d' Aquino  434.  Era 
ripieno  d  Amor  di  Dio  434.  ^  Fu 

fempre  conformiffimo  alla  volontà  del 
\Signore  4Ì4^  Defiderò  fimpr e  fonor 
di  Dio  f  e  mai  alcuna  cofa  mondana  » 
e  fempre  defidetava  travagli  > .  e  ciò 
che  a  queflo  propofito  diceva  434. 
Meditazioni  fpiritttali  di  Francefco 

435.  e  43^.  Godeva  in  tutt*  i  tempi 
la  prefinza  d  Iddio  43  6  •  Devozione 
della  buona  morte  non  lafciata  mai 

436.  Deliri. grandi  e  fanti  della  fua 
agonia  t  e  quello  dice ffe  ^'^  7.  Grandi 
eferciz],  ai  cariti  verfa  il  proffimo 
43  8.  Stava  giorni  e  notti  intere  net^ 
le  carceri  del  Bargello  \  confortando  » 
conf effondo  »  ed  iSruendo  i  poveri 
prigioni f  dà*  quali  più  volte  ricevi 
minacce  »  ingiurie  e  penojfe  1  e  que^ 
Sa  fu  la  princìpal  caufa  di  fua  mor^ 
/f  439.  ^444*  Strapazzo  ricevuto 
da  un  gentiluomo  che  egli  con  effe  • 
e  che  poco  dopo  finì  di  vivere  ^^y. 

\  Rifpoffa  del  Bpfibi  à  detto  gentiluo- 

ino  piena  d^  umiltà  e  Jantità  43  9. 

Modo  femptke  di  chiedere  limofine 

ad.  altri ,  per  fovvenire  /*  aljj'ui  ne- 

Ss  3  cejfità 


^4^ 


itjjità  439.   Dna  tiatù  il  fmo  per 
limo/ina ,  e  come  da  un  cor  ceraio  f of- 
fe fi  aio  confalfiiàiradìioj^y^.  Sitan- 
do non  aveva  danaro  dava  di  mano  a* 
tetti  »  aferrajoH  »  a  camice  »  e  a  inno 
ciò  che  aveva  per  darti  a*  poveri,  ri- 
ducendo/i in  efirema  mijeria ,   e  Jl 
trovò  più  volte  a  cavarp  i  proprj  cal- 
zoni nella  Srada  per  coprire  taluno 
ignuda  440.    Altri  atti  di  carità  , 
che  faceva  nella  Congregazione  440. 
Purità  e  modejiia  nel  parlare  440. 
Rimedio  ufato  da  Erancefco  nelle  ten- 
tazioni impure  44 1 .  Umiltà  di  Fran- 
cefco  in  tutte  le  cofe  441 .    E^  cbia^ 
maio  a  far  Sertboni  in  Compagnie  e 
altri  luoghi  ,  e  facevagli  con  Jomma 
femplicità  441.  Non  parlava  tnai  di 
fé  Beffo  9  né  in  tene  né  in  male  441. 
Ri f pò  fi  a  data  da  lui  a  una  Monaca 
fuu  penitente  »  cbe  gli  fece  un  inter- 
rogazione imprudente  441.     Nelle 
repulfè  >  cbe  bene  fpè fio  aveva  da  gen- 
te indi/creta  f  come  fi  portaffe  di^^, 
Manfiie t Udine  di  Erancefco  ^^*  Era 
pietofo  fino  colle  zanzare ,  e  difcorfo 
fitto  fra  V autore  H  quefie  notizie  » 
e  deito  Franeefco ,  a  queffo  propofi- 
to  442.  DeW  orazione  folita  far  fi  da 
Erancefco  443.    Si  confefiava  ogni 
mattiua  443 .  Colloquj ,  cbe  era  fo- 
li to  fare  nelle  Comunioni  »  efficactffi- 
mi  443  «    Sta  tutte  le  notti  in  Cbie- 
fa  a  orare  ^  e  facendofi  lunga  difci^ 
flina^'}.   Cintura  di  ferro  con  pun- 
te  »  cbe  portava  futta  propria  carne 
444.   Di  Se  fempre  l' Vfizio  inginoc  - 
cbioni  444.  Eu fempre  moleBato  da^ 
parenti   mendici  444/   Sincerità  e 
lealtà  di  Erancefco  444.    Non  difie 
mai  bugie  444.    Fatto  fegutto  neU 
r  efame  cbe  gli  fu  fatta  pel  paffìtg' 
gto  al  Sacerdozio  445.    Cafi  feguiti 
a  Erancefco  in  conventi  di  Monache  » 
à  cui  affiSeva  per  Confe/foro  445. 
E  fendo  in  fine  cbiama  il  nofiro  au- 


tore Filippo  Batdìnu^ijka  canfiUn* 
eiffimo  antico  e  coi^Uof^^  e  éfudh 
gli  di  fé  •  e  rifpofia  del  detto  Filippo 
449.  U£  \6.  Gennajo  lójS'  *w* 
rf449.  Sua  fepaliura  ^S^^ 

Erancefco  Lombardo  fcuùof e  nmore  in 
etàgiovtnile  pel  troppa  oMrm*t  5%$. 

Erancefco  Merano  adatta  il  Poggio  532. 

Erancefco  Capar 0  5  3  8  • 

Erancefco  Allegrini  piuore  614.  Et 
Jcolare  del  Cav.  Giufeppe  éf  Arpino 
614.   Sue  opere  614. 

Erancefco  Spierre  pittore  6z$.  E"  fko- 
lare  di  Erancefco  PuyUi  in  Parigi  6z6. 
Lafcia  il  Puylli  e  va  a  Roma  fotf 
la  fcuola  di^Tietro  da  Cartona  6i6. 
huagtia  moke  pitture  di  Pietro  e  di 
altri  valerti  ttomini  6x6.  Intaglia 
molto  pel  Bernina  6%  6.  Intaglio  bel^ 
Sffimo  dove  fi  rapprefentano  i  Sovra* 
ni  di  cafa  Medici  617.  Altro  inta- 
glio per  ^aoi  Franeefco  Falconieri 
6%T.  Ritratto  di  f  eniinanda  I  (. 
Granduca  di  Tofcana  nel  libro  deU 
P  EJ^ienze  del  Cimento  éz'i.  Ri- 
tratti di  molti  grand'  uomini  ima* 
gitati  dallo  Spierre  628.  Defcrizio* 
ne  de*  rami  dei  Breviario  della  Vati* 
cana  Bafilica  dato  alla  luce  dal  Car- 
tonai Nerli  6^0.  Determina  di  U- 
fciar  f  intaglio ,  e  por  tot  fi  a  Vene  - 
zia  per  attendere  aOa  pittura  632. 
Fu  mediocre  nella  piuma  632.  Tor* 
na  a  Roma  e  poi  fi  parte  per  andare 
a  Lione  in  Francia  ^  e  in  Marfiliafi 
muore  632. 


i«Mi 


mm 


G 

GAUtfìM  dei  Paitzx»  Mazzérrimé 
AUmtcàwilh ,  e  /kt  pitture  axp. 
Gajharg  ClesyeF  pittore  ^Anverfé  \vi, 

Gajù»r»  Oitiftet  finore.4fì.. 

Gaffi- 


Gafparo  de  Vit  377. 

Gherardo  Segkrs  3  78* 

Qb€r§rdo  Silvani /editare  e  Archi wn 
93.  Defidera  di  ftàre fìtto  hfcmla 
di  Gh.  Bologna  %  ma  gli  viene  im- 
pedito per  invidia  da  Pietro  Tatca 
92.  S*  accomoda  fìtto  la  fittola  di 
Gio.  Caccini  92.  ùfvora  molto  ali 
Coro  di  Santa  Spirito  d^  ordine  del 
Caccini  94.  Si  parte  dal  Caccini  e 
fi  ritira  netta  propria  cafì  95  «  Si 
forta  a  Roma  >  dove  fi  mette  aUófl^* 
dìo  deO^  architettura  95  •  Modello 
dell'  accrefaimento  del  Palazzo  de* 
Pitti  fatto  da  Gherardo  a  concorrine 

*  TUt  di  qtteUo  di  Giulio  Parigi  96.  E 
cacciaio  detta  cafì  che  Ohitava  t  dal 
padrone  di  effkf  con fììnmo  fua  difì- 

'  fi^i  97*  Compra  il  céppo  delle  cafì 
detta  piazza  dette  pattottote  dirim- 
petto a  Santa  Maria  in  Campa  e  pia 
Buja^j.  PrenOe  per  moglie  Gofian- 
za  Solvetti  >  che  ai  lei  ehbe  fuattor- 
dici  figli  noli  97.  Vien  chiamato  a  Vol^ 
'  terra  f  ed  ivi  fa  pia  opere  9^*  Va  a 
Piftoja  I  ed  ivi  re  Sauro  e  accreèhe  il 
Palatzo  detta  Sapienza  pT.  Ternato 
a  Firenze^  fa  e  r eS àura  più  fahiri- 
che^i.  Cbiefì  di  San  Michela  degli 
Aminori  fatta  da  Gherardo  98.  É" 
dichiarato  Architetto  dett*  Opera  del- 
la Cottedrale  idi.  Refiaura  detta 
Cattedrale  9  e  la  difende  da  un  gtan 
difìrdine  j  01 .  Fa  il  modettó  della 
Cattedrale  loz  Ville  e  Palazzi f ab- 
hricati  e  tefiaurati  da  Gherardo  106. 
Infirmi tìt  ultima  di  Gberar^  i  oS.  Si 
elegge  per  fuo  ajuto  nelfìlirlefia* 
le  della  cupola  e  campanile  »  efiendo 
di  età  di  93*  anni^  un  compagno  mu- 
ratore di  età  di  cento  anni  in  circa 

^  ic8.  Muore  di  anni  ^.  dando fìgnì 
di  grand*  uomo  dabene  \o%. 

Gigante  del  giardino  dèi  Vtdo^,  è 

•  ne  opere heìlifflme  544* 


^47 

Gio.AadreaAn/ifdoìsà. 

Gio.  Andrea  de*  Ferrari  syZ. 

Gio.  Baldinucci  padri  dett*  anfore  89. 

Gio.  BatiSa  Vajar4o  pittore  Qenovtfi 

Sii' 
Gio.  BatiBa  grifone  to;. 

Gio.  Batifia  Capellino  pittor  Oenov^e 
i<Si.  fu  allevate  dal  Paggi  t6\.  Ft$ 

firavagantiffimo  nel  fuggire  ogUifir^ 
ta  di  .fìirdidezza  neUa  propria  perfì-^ 
na  9  e  fudiciffimo  nella  propria  carne» 
ratói. 

Gio.  BatiSa  Faggini  Scultore  ^52. 

Già,  BatiSa  Foggini  ajuta  Ercole  fer-* 
rata  a  rejhurare  le  ffatue  di  Galleria 
5  2  3  >    StaM fìtto  d.  Ercole  tre  anni 

5»7- 
Gio.  Batì0a  Mahters  533. 

Gio.  Bati0a  Monti  Sii* 

Già,  BatiSa  Scorza  Genovefì  miniato^ 

re  155* 

Fra  Gio.  BatiSa  Stafanefcbi  miniatore 
1 61 .  Studiò  fìmpre  colla  direzione 
di  Andrea  Cominodi  1 54.  Lefue  mi  * 
mature  più  eccellenti  fono  nella  Real 
Galleria  de*  Sereni  fimi  di  Tofiana 
16 S*  Ritratto  di  fi  med^ fimo  fatto 
difua  mano  nella  Galleria  me  de  firn  a 
1 66.  Fece  anche  del f  opere  non  poche 
a  pitèióS^  Aiiendaìo  a  Venezia  rivi 
morir  e  fu  fepoko  nella  Chic  fa  de' 
Serviti  di  détta  città  i66. 

Gi&.  BatiSa  Vanni  pittore  Fiorentino 

'  20Ì.' Fu  giovane  fcherzofo  e  éur/o^ 
ne  losi  Burle  fatte  dal  medefimo  al 
proprio  ^mdefiro  203.  Sta  da  ragaz* 
zo  con  Jacopo  da  Empoli  202 .  Si  para- 
te da  d  Jacopo  f  e  va  ne  Ila  f cuoia  di 
Crifiofdno  Allori  to^  Studia  archi- 
tettura fìtto  Giulio  Varigt  lo/^.  Si 
portò  a  Roma,  dove  operò  molto  204. 
Copia  fatta  da  Gio  Vatifta  di  unqua-^ 
dro  di  Tiziano  rinomata  204.  Va  a 
Farina ,  e  fiudia  le  opere  del  Corego  * 
gio  \  è  alcune  le  copta  205.   Va  a  Ve^ 

•  nezia-^  e  fiudia  le  opere  più  hetle  206. 
S  s  4  D/pigne 


64S 

Dipigne  nel  cbiùfirò  di  Sàw  Marco  di 
Firenze  a  07.  Dipigne  in  Pifioja  208. 
Oione  diGie.  Satifia  208.  Gio.  Va^ 
tifia  noma  roiufiiffimo  209.  Fu /olito 
in  tempo  d' efiate  di  (lare  lofpauo  di 
24.  ore  continove  nel f  acqua  S  arno 

*  ^  Jtn%à  alcun  nocumento  2  09.  Sluali- 

*  jà  onorate  e  civili  di  Gio.  Batifla 
a  09. 

Gio.  BatiHa  Vander^beckc  377. 

Gh.  Battila  Van-heil  ìtj. 

Ciò.  Batiffa  Van-deynun  pittore  4i<$* 

Gio.  Benedetto  Cafttglione  534. 

Giò.  Bilivert  68.  Smi  natali  6^.  Sua 
pròpria  profej^one  63.  Sta  fitto  la 
f cuoia  del  Cigoli  68*  Si  porta  col  Ci- 
goli a  Roma,  dove  dipinje  pia  cofe  69. 
Termina  piiè  opere  lafciate  iùtper» 
fette  dal  Cigoli  69.  E  impiegato  in 
Galleria  70,  La/eia  la  Galleria  70, 
Fa  molte  opere  in  firvizia  de*  SarC'- 
niffimi  Principi  e  altri  71,  .  Infer- 
mità e  mone  del  "Bilivert  73*  Di- 
pinfe  fempre  fenza  bacchetta  >  e  con 
un  filo  oeeòiate  74*  Fu  fimpre  affli  /* 
to  da  pia  infermità  74.    Allievi  del 

bilivert  74. 

Ciò.  Bpt  375L. 

Gio.  Bylort  378. 

Gio^  Gattoni  difiepo/o  . del  Cammafieo 
232*    Fu  giovane  modefiiffipto  2  32  • 

Ciò.  Carlone /cultore  loi. 

Cro^  Coccapani  ^cbitetto  %  ^liattema- 
ticn  e  Legifia  Fiorentino  123.  £m 
naf e  ita  izy.  Fu  figliuolo  del  famofo 
Regolo  Franco  Coccapani  ix$.  Atten- 
de agii  fiudj  di  mot  tematica  e  archi- 
tettura, ufi  mette  a  leggere  l"  ttna 
€  H  altra  pt^b Ut  amente  125.  Suoi 
fiolari  12^5.  Regalo  fattoli  da  gran 
perfonaggio  nel  partir  della  f uà /cuo- 
ia 1 26.  Ha  l'  incumbenza  di  ornare 
il  T>alazzo  del  Poggio  Imperiale  a 
concorrenza  di  molti  grand"  uomini 
1 26.  Si  mette  in  viaggio  e  riceve 
onori  da  più  perfonaggi  117.    Fa  il 


modello  della Cbie/a  mtooa di SGut^^ 
So  in  Volterra  127,  Fu  eletto  per 
pubilico  lettore  di  mattematica  nello 
Studio  Fiorentino  128  In/egnaé  co- 
modo puUlicomolte  altre  arti  e/Uen^ 
ze  129.  Morte  di  Giovanni  1 3  o.  ^m- 
lità  e  virtù  ed  e/ercizj  varj  di  Gio. 
130. 

Gio.  Cor  fiere  37i>. 

Gio.  Filippo  Van  Tbieken  4^7* 

Cav.  Gio.  Fr ance  fio  VarHeri^  pittore 
2  70.  Sua  na/cita ,  e  di/grazia  occor-- 
fagli  in  efia  2  70.  Di  pigne  di  otto  anni 
di  età  270.  benedetto  Gennari  /ao 
Ataefiro  270.  Sue  opere  271.  Di- 
pigne il  fimo/o  quadro  deÙa  morte 
di  Bidone  per  k  Regina  di  Francia 
272.  £^  chiamato  dal  Re  di  Francia 
cèti  Re  /f  Inghilterra^  0  rictt/aijt. 
Altre  opere  del  medefimo  17%.  Siri' 
tira  in  Bologna  per  cau/a  di  guer- 
raiji.  Morte  del  Barbièri  273. 
Criflin^  *^Regina  di  Svezia  x\fita  in 
per/ona  il  "Barbieri  173  •  Elogio  /at- 
to da  Monfn  du  Fre/ttc  mandato  al 
Barbieri  con  regala  27  i.  Fufiima* 
to  da  molti  letterati  2  73 .  Numero 
grandijl^  deOe  fue  opere  274.  Slua- 
litadi  civili  a  crifiiane  delGuercino^ 
e/uamorte^TS. 

Gio.  France/co  Romanelli  540.   Di  14. 

'  anni  fa  il  primo  quadro  540.  Va  a 
Romt  per  fiudiare ,  efientadi  tutto 
74  E .  17»  nipóte  del  Carenai  Maga- 
lotti lo  /ovviene^  neBe  /U/  neceffiti 
54  i«  Il  Cardinal  Barberino  io  prende 
in  protezione  f  e  lo/ovvienedi  tutta 

541.  ^ntraneUa /cuoia  di  Pietro  dtt 
Cortona  541  -  S'infirma  per  troppa 
fiudio  e  fatica  541.  Per  ultimo  ri^ 
acdio  del/uo  male  i  mandato  a  Na* 
poli,  dove  fi  ri/labili  in /unità  941. 
Viene  accreditato  il  Romanelli  del 
Bernina  apprefio  il  Papa  e  Cardintli 

542.  Fa  due  gran  quadri  pel  Re  d  In- 
ghilterra e  pei  Duca  fitofrutello  S4Z. 

Volta 


/^ 


649 


Ì^Ué  delle  Saia  del  Duca  lami  di- 
pinta dal  Romanelli  $  fccome  una 
grande  Sanza  del  Duca  Akemps , 
opere  Muffirne  543 .  Prende  moglie 
a  Viterho  fua  patria  543 .  Si  Sanzìa 
in  Roma  544.  Molte  altre  opere  I 
fatte  in  Roma  544  ^^i  difegni  per  1 
Arazzi  di  cafa  Barberina  544.  In^ 
venzione  per  fare  apparire  teffitto 
ciò  che  era  dipìnto  >  del  Romanelli 

544.  Parte  per  Francia fpeditamen- 
te  chiamato  dal  Re  per  mezzo  del 
Cardinal  'Barberino  e  Mazzarrino 

545 .  E^  ricevuto  dal  Re  con  grande 
onore  545.  Dipinfe  il  portico  del  pa- 
lazzo del  Cardinal  Mazzarrino  (ter- 
dine  del  Re  54J .  Vien  lavorando  af 
fiffito  dalle  per  fona  Reali  ,  e  altri 
gran  Signoria  che  molto  fi  compiace- 
vano del  f  nodi  fc  or  fos^^.  Fece  nella 
detta  pittura  del  portico  molti  ri- 
tratti di  molte  Dame,  che  fempregli 
Savana  attorno  545.  Cade  da  un  pat^ 
co ,  e  re/ia  obbligato  a  ffare  più  gior- 
ni in  letto  9  e  viene  continovamente 
vijitato  e  regalato  dalle  Dame,  che 
aveva  ritratto  S46.     Vien  vifitato 

.  anfbe  dalle  perfine  Reali  $46,  Con- 
fé  fio  ejfo  d'  epre  Rato  pia  allegra- 
mente f  dopo  la  caduta ,  in  letto  che 
avanti  f ani ffìmo  dipignenio  546.  Per 
detta  pittura  ottiene  un^  onorario  di 
quindicimila  feudi  %  e  Con  molti  re- 
gali preziofi  fattigli  dagli  altri  545. 
Fa  il  Ritratto  del  Re  $^6.  Ritorna 
a  Rama^  e  pajfa  per  HolognUf  dove 
fi  trattiene,  e  poi  per  Firenze,  do- 
ve ebbe  molte  incumbenze  di  pittu- 
re  547.  Uelle  momagne  di  Bologna 
viene  a f alito  da  i  banditi,  e  carne  fi 
liberò  547.  É  ricevuto  in  Firenze 
dal  Granduca  Ferdinando  II  con  moh 
fa  cortefia  547.  Tavola  fatta  in  Vi- 
terbo  547.  Torna  di  nuovo  a  Firen^ 
ze  chiamato  dal  Granduca ,  e  fa  mol- 
//  quadri  548.    Altre  pitture  fatte  1 


in  Roma  548.  l^igi  Xlllh  Rt  di 
Francia  di  nuovo  lo  ricbiama  a  Pa^ 
rigò  S 4^.  La  liberti  di  Parigi  h  fa 
traviare  dalla  buona  Srada  del  vi^ 
veret  e  i*  inferma  in  letto  con  dolori 
che  io  condujfèro  vicino  alla  morte 
545^  Guarì  dopo  lunga  infermità ,  e 
tornò  dfuoi  lavori  5  49.  Ri tr offe  qui- 
vi una  belli ffima  femmina  t  faqttale 
fu  caufa  I  cbe  moltìfftme  altre  voUero 
ejfer  dipinte  anch'  ejfe ,  e  vi  furano 
contefe  tra  loro  chi  dovejfè  prima  ef 
fer  dipinta  549    Hello  fpazio  dì  18. 

-  mefi  compì  nonfolo  il  detto  lavoro  de  * 

,  gabinetti,  ma  fec4  molti  altri  qut- 
dri  pel  Re ,  ed  altri  549,  Fu  fuitJ 
Cavaliere  di  San  Michele  5  49  •  T^r  • 
nato  alla  patria  p  e  poi  a  Roma^  fece 
molti  quadri,  e  di  nuovo  vien  chi  a* 
mata  in  Francia  549.  S*  inferma  di 
nuovo  in  Viterbo  550.  ^Morte  del 
Romanelli  e  fua  fepolt ara  $S\.  Ot- 
time quali tadi  del  medefimo  551. 
Urbano  fu^  figliuolo  fi  mette  fatto 
Ciro  Ferri,  e  divenne  buon  pittore 
55^'  Il  povero  Urbano  piglia  moglie 
e  due  giorni  dopo  muore  552. 

Giovanna  Garzoni  mi  matrice  6ig. 

Giovanni  da  San  Giovanni  e  fua  vita  2. 
Trotefia  dell'Autore  a  detta  vita  2. 
Natali  e  patria  di  Giovanni  3 .  Fan- 
ciuUezza  firavagante  di  Giovanni  4. 
Prima  fua  applicazione  4.  Mattea 
RoJJeUi  ntaeflro  di  Giovanni  $•  Tri" 
ma  pittura  a  frefco  fatta  da  Gio.  7, 
Pittura  a  frefco  cbrimpetto  la  Porta 
a  San  Piero  Gattolini  in  Firenze  7» 
Defcrizione  della  Pittura  7.  Cupùla 
deUa  Cbiefa  d' Ogni fianti  fatta  da  Gio. 
8.  Gio.  impazzato  per  infermiti  8. 
Tabernacoli  a  frefco  8.  e  9.  Pittura 
della  facciata  della  cafa  dell' Antelh, 
e  fua  defcrizione  9.  Gio. p  dilettava 
di  andare  a  civetta»  e  burla  fatta  per 
tal  conto  1 1 .  Altre  pitture  del  me  - 
defimo  14-  Genio  di  Gio  fatirico^  e 

mordace 


6$o 

mordace  1$.   Bérla  imB/creta  fétta 
da  Gio.  ad  un  laico  d  alcuni  Retigiop 
di  San  Giovanni  di  Valdarn^  1 6,  Ve- 
lacità  net  dipignere  di  Giovanni  %  i . 
Vhture fatte  aU^Efequìe  di  Ccfimo  IL 
11,    Cappella  de  Calder  ini  in  Èanta 
ÙP9ce  dipinta  da  Giovanni ,  e  pittu- 
ra iiajìmata  da  fi  et  roda  Cortona  ti. 
Cappella  d^  ^aolfanti  dipinta  nella 
Propofitura  di  San  Cafciano  22 .   2)/- 
pigne  in  più  Terre  e  Cafielli  1 2 .   ©/- 
pigne  nel  Convento  delia  Crocetta  ii. 
Dipigne  la  Cappella  del  giardino  del 
palazzo  che  fu  unito  al  Convento  del- 
ia Crocetta  t  opera  infigne  ij*  Va  a 
Roma  24.   Si  riduce  mi ferahile  24. 
fa  camerata  con  Francefco  Purini 
flato  fuo  conéìjcepolo  col  RoJfeUi  14. 
Per  mangiar  carne  la  Domenica  del 
Carnovale ,  vende  un  fuo  quadro  a 
vilìffsmo  prezzo  24.    Defidera  farfi 
conofcete  in  Roma ,  e  chiede  et  opera* 
re  nel  palazzo  del  Cardinal  Venti- 
vogti  a  concorrenza  di  Guida  Reni  %6. 
Angheria  fatta  da  alcuni  pittori  aUe 
pitture  di  Gio.  e  f coperta  dal  mede- 
fimo  con  danno  de*  malfattori  27. 
Onori  ùcevnti  da  Giovanni  in  Roma 
a  cagione  di  fua  virtù  27.    Opere 
fatte  in  Roma  da  Gio.  27.   Giovanni 
per  alcuni  Religio fi  dipigne  la  Carità 
ràpprefintata  in  due  Giumenti  29. 
Detto  graziofo  di  Giovanni  29.  Pit- 
tura in  aratoli  fio  di  Gio.  2  9.    Cena- 
colo  dipinto  da  Gio.  neÙa  stadia  di 
Fiefole  Con  molte  pazzie  30.     Villa 
di  Caflello  de*  Signori  Grazinidipin 
ta  da  Giovanni  30.     Opere  diverfe 
fatte  in  diverfi luoghi  da  Giovanni  3  4. 
Dipìgne  in  Santa  Trinità  $  in  Anna- 
iena  ,  '  a  Mezzomonte ,  VìUa  allora 
del  Sereni  (fimo  Cardinal  Gio~  Carlo  t 
^ggi  de*  Corfmi  54.  Pittura  in  cafa 
de'  Galli  3  5.   Gio.  a  cagione  di  gotta 
fi  dh  alt  ozio  ed  alla  Jatira  e  male- 
dicenza%  e  diviene  o/iofoa  tutti  3<5. 


Giovanni  ^  procaccia  une  fonverfa- 
zione  di  tutta  gente  mài  co/fumata 
efaiiricajó.  Compone  un  Uèrofu/^ 
t  ejempio  del  SoccalinOf  in  derilione 
e  fcberno  di  molti  $  5.  Defcrizione 
d*  alcune  bizzarrie  di  detto  libro  j6. 
Giovanni  dipigne  il  Salone  terreno 
de'  Pitti  38.  Si  fa  ajutare  de  Bai- 
dajfarre  Francefcbìni  ^  detto  il  Vol^ 
terrano  3  8*  Lo  licenza  bruttamente 
39.  Dipigne  in  San  Felice  39.  De* 
Jcrizione  della  pittura  fuUaf ala  de* 
Pitti  4J.  e  45.  E" configliato  il  fo- 
renijjimo  Granduca  buttare  a  tetra 
le  pitture  di  Giovanni ,  ma  rifolve 
il  contrario  46 ^  R/fpofie  fatiricbe . 
che  diede  Gio:  a  due  gran  Cortigia- 
ni 49.  e  50.  Reflejjione  morale  fatta 
dall'  autore  fopra  detta  rìf^ofta  49. 
Giovanni  diùigne  in  caja  Pucci  de 
San  Michel  Vi f domini  5  a.  Caufa 
della  morte  di  Giovanni  yj.  flotte 
pemfiffima  di  Giovanni  54. 

Giovanni  Gonnellifctiltore  253.  Di  àn-^ 
ni  22.  rejlh  privo  della  vtfla  in  Man» 
tova  254.  Col  tatto  fuppliva  alla 
mancanza  della  vìfia  254.  Come  ope* 
rajfe  nelle  fne  opere  colle  mani  254. 
l*  Autore  atteBa  di  vifia  254.  Viene 
dopo  dieci  anni  a  Firenze  155.  Ope* 
re  fatte  da  eJfozs6.  Opera  in  Roma 
25<5.  Trova  fatta  al  GonneUi per  co- 
no f  cere  fé  veramente  vedeva  256. 
Morte  del  Gonnelli  in  Roma  257, 
Rovina  la  tua  cafa  in  Gambaffiz4T. 
Ritratto  del  medefimo  rimane  in  ma» 
no  del f  Autoredi  quefle  notizie  257* 
Era  faciliffsmo  a  tnnamorarfi^S^* 

Giovanni  Grifolfi  f colare  rinomato  dì 
Salvador  Rofa  591. 

Giovanni  Lainftanco  pittore  151.  tn 
fua  fanciullezza  fi  mette  nella  ftuoìa 
di  Ago  firn  Caracci  152.  Studia  U 
cupòk  del  Careggio  152.  D*  anni  i  o . 
fi  mette  fatto  la  f cuoia  i  Anibale 
Caracci  152.  Sue  opere  1 5 1.  Siportm 

uNa- 


^ 


é  Napoli  $  àMcfdpiù  opere  i  Sì.  Sita 

mone  154- 
Gio.  Lorenzo  Vernino  e  fua  vita  $4> 
Si /f  rive  dall' Autore  la/sta  vita  ppr 
ordine  di  CriSina  Regina  di  Svezia 
54.  V  Autore  fi  porta  a  Roma  a  i 
piedi  di  Sua  MaeJÙ  55.  Gio.  Loren- 
zo figliuolo  di  Pietro  Vernini  Fip^ 
remino  ss.  %Madre  di  Gio.  ^Laren- 

zosS'  Natoj.  Picen)h.iS9^^  a  SS^ 
Gio.  Lorenzo  torna  col  padre  a  Ro- 

Pia  SS*  Primi  progreffi  neB*  arte  di 
Gio.  Lorenzo  $6.  Prima  opera  gran- 
de in  marmo  diefio'  Gio.  Lorenzo  57. 
Gio.  Lorenzo  fatto  Cavaliere  f  ed  ar- 
ricchito ifi  piti  penfiotti  57,  Ùifiicù 
del  Cardinal  Barberino  57..  Diflico 
di  l^apa  Urbano ,  già  Cardinal  Bar- 
berino 5  8.  Gio.  Lorenzo  piglia  mo* 
glie  58.  Sepolcro  di  Papa  Urbano  * 
verfi  alludenti  al  mtdefitfto  58.  E 
chiamato  a  Parigi  dal  Rf  ,i  ricafa 
F  inmito  S9'  Ri/pofia  arguta  data 
dal  Bernina  fa  f>ra  ilfipolcra  di  Urba- 
no 59.  Fonte  di  Piazza  Navona  59. 
Portico  di  San  Pietro  do.  Cattedra 
di  San  Tietro  60.  Sepolcro  di  Papa 
Aleffandro  VI  L6t  D' ordine  della 
Santità  d  Inmccnzìo  XI  copredi  bi^on- 
zo  una  fiat  uà  di  d.fepolcro  6ì .  VAu* 
tore  condotto  dalla  Regina  di  Svezia 
a  vedere  lefue  gallerie ,  e  in  ifpecie 
una  ftataa  dd  Vernino  63 .  Morte 
del  Bernino  (J4.  Sue  ricchezza  la-" 
fciate  64.    Nota  di  /uè  opere  Ó4. 

Gto.  Maria  Botallapittor  Genove/è  tS9. 

Gio.  Meyjfens  xjj. 

Cav.  Gio,  Miei  pi  iter  Fiammingo  3^. 
Va  a  Roma  per  iSudiare.e  opera  mola- 
to 166.  Difigne  non folojlgure gran- 
di t  ma  anche  piccole  in  bambocciate 
3  ^7 ,  W/V/à  in  un  opera  grande  An*^ 
drea  Sacchi  fuo  grande  amico  3^7. 
Fece  molte  òpere  in  Roma 'i6^\  yf»- 
dò  in  Lombardia  »  efecevi  gnndi  flu^ 
^'j<^7-  Fajingolart  velfapprefin- 


6$} 

$art  al  vivo  le  azioni  $  modi  ^^tjfjp^ 
nomie  de*  monelli t  birboni  p.  è  cial- 
troni d' ogni  forte  3  68.  Ha  un  éc/- 
liffimo  quadro  di  bombocciate  il  Mar- 
chef  e  Filippo  Corfini  368.  Fu  chia- 
mato da  Carlo  Emanuel  Duca  dì  Sa^ 
voja^  per  cui  fece  molte  opera  ^6^ 
Muore  d^  affli ùoHe  %  e  perchè' ^6^. 
fu  fuo  eredf  Agofiino  Fronzoni  G^* 
nove/e  3  70. 

Gio^  Paolo  OJericù  5  3 .3 . 

Gio^  Peter s  ;  0  Pietri  pittor  di  mari'' 
ne  4»  7. 

GiOf  Stefano  Marucelli  pittor  Fioren^ 
tino  122. ,  Qperi^  molto  in  Fifa  122- 
Attefe aV Architettura  iti. 

Gio.  Van  Broftcborfi  3  79.  ^ 

Gio.  Van  Ckeffellet  pittore  416. 

Gio.Van  Hoeckns. 

Giorgio  Vanfon.  pittar  di  fiorì  41 6. 

Girolamo  Qarti^f  detto  Dentane  167. 
Sua  gran  povertà  ,  Jlto  mejiierefiko 

:  oìlPttAdi  anni  21.  fi  dà  al  difegn^ 
con  un  compagno  26  y.  Studia  apprej- 
fo  Ce  fare  Baglione  2(J8.  Attefefem  - 
pre  0lta  Profpcttiva ,  e  fece  moltij^- 
me  opere  t6^.  Lodi  ricevute  per  Ij 
fua  difintereffatezza  e  dabbenaggine 
269.  Sua  morte  269.  Suoi  fcolari 
269. 

Giulio  Benfo  536. 

Giulio  Partgi»  celebre  Architetto ,  rice- 
ve  ne  Ha  J  uà  f cuoia  ti  Callott  109. 

Giufeppe  Piamontinifcultoì  e  Fiorenti* 
no  f  fcolare  del  Ferrata ,  è  reputato 
eccellema  come  mofiruno  Papere  fua 
efpofle  al  pubblico  S^7. 

Monsù  Gin  fio  Suhtermans  167.  Proe» 
mio  dell'  tyiutorè  atta  di  lui  vita 
167.  liatali  di  Gìuflo  169.  Va  a 
Tarigi  1(59.  Viene  a  Firenze  16 f^.. 
Defcrizione  del  gran  quadro  fat-^ 
to  da .  Giufto  deir  Incoronazione  tU 
Ferdinanao  //•  1 71.  £'  mandato  a 
Venezia  a  fare .  //  ritratto  delf  /»- 

per  udore  Mirdimtndo  IL  e  deli*  Un- 

pera^ 


6$% 

fgréurice  iji.  Fa  il  ritréttùdi  Pe- 
pa WrbMO  173.  Gli  è  offerta  la  Cro- 
ce di  Malta  per  equivoco  1 74.  Bre- 
ve ^  Uréano  Vili,  per  la  Croce  di 
Malia  f  e  mohe  lettere  dé'Serenìffi' 
mi  di  To/cana  concernenti  la  Jhffa 
caufa  1 74*  Carlo  fuo  figlittola  vive 
fantamente  in  ìftato  di  Sacerdote  fc^ 
*  colare  f  e  muore  in  tModona  i  ^6.  Fa 
il  ritratto  del  Galileo  per  un  Lette* 
rato  Francefe  p  il  quale  lo  regala  al 
Granduca  9  e  lo  mette  in  Galleria  177. 
%Monsù  Gìufflo  manda  il  pròprio  ri- 
tratto  difua  mano  al  Vandicbflimo- 
lato  dal  medefimo  i%o.  Va  a  Parma 
ricbìeflo  dal  Duca  1 80.  Infermità  ài 
Giufto  181.  E^ condotto  a  Tioma  181. 
Si  porta  di  nuovo  in  Germania  182. 
Fa  il  ritratto  di  Vincenzio  Viviani 
Ma t tematico  183.  Ritratti  del  Redi 
fatti  da  Gìufio  184.  Ritratti  di  tutti 
i  Principi  di  Tofìana  1 85.  Giuflo , 
/ingoiare  e  unico  nel  far  i  ritratti , 
e  perchè  i%6.  Prende  moglie  la  ter- 
za volta  »  da  cui  ba  figliuoli  187.  Mo-^ 
deftia  di  Giuflo  nel  negare  le  notizie 
deUafuavitaaW Autore  xilò.  Infer- 
mità e  morte  di  Ciuffo  1 88. 

Confalo,  Coques  pittore  416. 

Il  Cu  creino  da  Cento»  Vedi  Gio^  Fran* 
cefco  Barbieri  • 

Guoéert  Flynk  pittore  48(J,  Fu  pittore 
ftìmato  affai  486.  Sua  morte  imma- 
tura 486. 


<^mmm 


l 


Fad.  iacinto  Francefcbi  d^Ha  Compa- 

nìa  di  Gesù  89, 
Jacopo  Gìacbes  Fiammingo  6&,  v 
Jacopo  CaUott  Lorenefe  intagliatore  in 
raine  109.   Sua  patria  109.  Lafcìa 
;  Roma  dwefi  er^  portauh  e  viene  in 


I'  Firenze  fotta  ^  Gittlia  Parigi  109. 
Si  dà  aUofiudio  di  Trofpettiva  e  Ar- 
chitettura ne.  Dejcrizione  della 
IFefta ,  detta  la  Guerra  d^  Amore  ^f ac- 
ca in  Firenze^  e  poi  intagliata  in  ra^ 
me  dal  Catto  tt  1 1 1 .  Carte  di  piùfor^ 
te  difefle  e  altro  ^  intagliate  dal  dec^ 
to  Ila.  F privato  della  provvifione 
per  la  morte  del  Granduca  $  e  fé  ne 
va  in  Francia  1 14.  jQjfìfa  ielli^^ 
me  carte  di  pia  forte  1 14.  Libretta 
d"  intagli  rapprefentamti  la  vita  del 
faldato  116.  tAltre  molte  carte  in- 
tagliate da  efoi  17.  Muore  in  Nansì 
fna  patria  1 1 8, 

Jacopo  EfneSo  Tboman  de  tìangelHeiu 
pittore  9  e  fua  vita  i  z  i . 

Jacopo  di  Giordano ,  0  Giacomo  Gior^ 
dam  197. 

Jacopo  Vrancquert  1 98 . 

Jacopo  Maria  Foggini  aUievo  d  Anton 
NoveBi .  Fu  f cultore  prims  in  mar- 
mo 9  e  poi  in  legno  is^.  Fece  un 
bellij^mo  Ecce  Homo  di  Tiglio  gran^ 
de  ptà  del  naturale  per  P  Autore  di 
quefie  notizie  351.  Fece  un  gran 
Crocifijfo  per  la  Cbiefa  e  Commento 
nuovo  de'  Padri  di  San  Pietro  dal 
Cantar  a  deW  Ambrogiana  352.  pece 
un  altro  Croci  fi ffb  per  Cortona  352* 

Sua  morte  ìs^' 

Jacopo  Backer  3  75 . 

Jacopo  di  Arte  fé  3  79. 

Jacopo  Wan-Campen  3  80.  jQueffo  ri* 
duffe  in  Olanda  il  barn  gufio  de  ff  Ar- 
chitettura 38à  Dipinfe  ancbe  mot- 
to  bene  9  efempre  tenne  il  naturale 
S  avanti  380-  Dipigneva  fenza 
prezzo  9  dicendo  la  beli'  arte  della 
Pittnr^n  non  dovtrfi  fare  con  ime* 

'     rejfci^o. 

Jacopo  Van  es  pittore  di  fiorì  e  frutte , 

.  e  uccelli  \4ìS. 

Pad  Jacopo  Cortefi  Gefuita  pìttor  di 
Battaglie  417.  Fu  figliuolo  di  Gh^- 
^Mipni  j  ancb'  «J^  pittare  $  e  quale' la 

fua  pa- 


yW  patria  417.  Giavanem  léfcia 
la  cafa  e  vìa  Milano  418.  S"  appli- 
ca affarte  militare ,  e  lafcia  la  pit- 
tara  418.  Ef or  tato  da  un  pittore , 
e  dal  padrone  della  cafa  dove  Bava , 
fi  rimette  per  ifpajfù  a  far  paeficon 
qualche  fatto  di  guerra  418  Finìfce 
pia  ritratti  avviati  dal  Valafco  418. 
Lafcia  la  milizia $efi dì  tutto  alla 
pittura  41 8.  Va  a  -^Bologna  incitato 
dalla  fama  di  Guido  Reni  e  deW  Al- 
iano 419.    Guido  lo  riceve  in  cafa  I 

419.  Va  a  "Roma  per  far  nuovi  fi u- 
dj  9  p affando  per  Firenzie  419.  E" 
fermo  dall'  Abate  de\t{fiertienfi  x  e 
provveduto  di  prowifiiine  e  alimenti 

420.  Fece  a'  me  defimi  donaci  una 
gran  pittura  rapprefentante  le  Tur- 
be faziate  da  Gesù  Crifto^  e  altre 
pitture  410.     Per  opera  del  Conte 
Carpegna  prefefama  nelle  fue  bat- 
taglie ^  e  come  420.  Fece  vltre  égli 
altri  molfi  quadri  fer  Signori^Pia- 
rem  ini  42 1 .    Delibera  d  ^cc^axfi^ 
e  fa  le  fue  diligenze  »  e  piglia  una 
bella  giovane  Fiar emina  ^ii*  Mao 
re  detta  femmina  fenz*  aver  fatto  fi- 
gliuoli 42 1 .  //  Principe  Mattias  de* 
Medici  lo  piglia  appreffo  di  fé  in 
Siena  e  in  Firenze  con  provvifione 
42 1    Liberalità  di  d.  Principe  42 1 . 
Fa  più  opere  nel  viaggio ,  che  non  fé- 
ce  alla  patria  ^j.  Quattro  quadri 
fiupenai  di  Battaglie  fatte  per  detto 
Principe  Mattias ^iz^  Batt^liepel 
Marche  fé  Bartolommeiy  e  altri  Fio^ 
remi  ni  422     ,V  allude  al  ^orgogno 
ne  ciò  che  da  Plinio  fu  detto  dì  Ape  t- 
le  412.    Particolarità  del  P.Cortefi 
nel  difegnare  le  opere  fue  422.    Si 

\  fedite  ifpirato  a  ve3ir  T alito  della 
Compagnia  di  Gesù  4^'i.^  Si  vé^le 
con  perjnijjiùne  del  Principe  Màtuas 
423 .;  7.  Padri  gli  fecero  fare  alcuìie 

•  9t^*'^  ^^^^^^  4^3-    Oipigne  pel  Car^ 
r  aìnal  Carlo  de'  Medici  la  fommcrfio^ 


6  ss 

ne  di  Faraone  424  Ùipinfe  IR  pia 
fior ie  fiacre  la  Congregazione  mag^ 
giore  del  Collegio  Romano  4144  Fece 
molte  opere  per  molti  Cardinali  e  Si- 
gnori  424.  Morte  del  P«  Zecchi^  a 
cui  affifth  il  P.  Jacopo  »  e  coja  nota* 
aie  della  devozione  delPuno  edel- 
raltr$>  424.  Le  prefenti  notizie  ebbe 
V  autore  dalla  propria  bocca  del  bor- 
gognone» e  in  che  modo  415-  Fa  il 
juo  ritratto  pel  Serenifs.  Cofimo  IIL 
Granduca  di  Tofcana  per  metterlo 
nel  Mufeo  de' Ritratti  de*  Pittori 
^1$.  Torna  a  Roma  425*  Morte 
mafpettata  del  Padre  Jacopo  4  25. 

Imperatori  >  cbe  hanno  efercitato  la 
pittura  428. 

Inondazione  d"  Arno  fcguita  in  Flren^ 
ze  6o8. 

Ipt^lito  Galantini  gran  ferva  di  Dio 
.88;r8p* 


L 


LAvatoi  delle  cafe  nuove  delle  Sete 
e  Lane  9   àonde  abbiami  V  acqua 
104. 
Leone  Van  beil^jS. 
Lettera  del  P^dre  Bartoìommo  Fome^ 
buoni  a  Gio.  Baldinucci ,  padre  del 
nofiro  auìore  89. 
UonarJo  "Bramer  197. 
Livio  Meusptttor  Fiàinmingo ,  6os» 
,  E*  condotto  a  Milano  606.    -Ancor 
.giovanetto  ìajcìa  Milano  e  il  padre, 
e  /  incamtìui^  a  Rqma  606,    Dopo 
un  lungo  e  penofo  viaggio  fi, trova  a 
fPifio'iu  <Jq6.  V£'  ricevuto  dal  Trin- 
clp/e  Mìittjjs  in  [uà  protezione  (J07. 
E"  raicomandato  a  dietro  da  Corto- 
na y  che  ìm  Firenze  ^dipigneva  le  Re- 
gìe  camere  del  Palazzo  de'  Pitti  6.07, 
.  Si  parie .  ì?/  flotte  tnìprovvifamente  di 

tircnze 


'  i . 


\. 


^54 

Firenze  in  temfo  p^ofiffimo  perm- 

dirfene  a  MilaM.  papanie  di  Pifier 

.J4  ^  #  fw  periedofo  viaggia  697^ 

Viaggia  per  Milano ,  e,  /Tireva  in 

Pianante  608.   Si  dà  aljòldato  mi- 

hgt^ra  di  Piamome  009.    Torna 

a  Milano  9  dopo  efferefiaia  lo  fpazio 

di  tre  anni  creduto  già  morto^óo^. 

Vìen  ricAiamato  a  Firenze  6op.   Va 

a  storna  con  Stefano  deOa  Bella  609. 

S*  abbocca  con  Pietro  da  Cortona  tfop. 

lama  a  Firenze  per  /'  amore  $  che 

aveva  molto  prima  coneeputo^  a  nna 

fanciulla  »  che  poi  prefe  per  moglie 

610.   Va  in  Lombardia  CM  Raffaello 

Vanni  pittor  Sene/e  6 1  o.   Lafiia  la 

moglie  e  va  a  Homa%  poi.  torna  a  Fi- 

.  renze  tf  io.  Fé  la  Cupola 4eUa  Cbie- 

fa  della  Tace  (5 io.  Fa  molti  Quadri 

>  per  diverfi  Signori  61 1  •  Fa  tre  ta^ 
vole  da  Altare  per  Trato  61 1  -  J^ùa- 
dro  fatto  pel  Cardinal  Leopoldo  61 1. 
Suo  Sfornirò  Mirilo  pel  Senatóre 
Carlo  Strozzi  Cu.  Sua  morte  (f  13. 

Fra  Lodovico  Cigoli  $  cbiamato  dal  Bi- 
livert  il  Coreggia  de*fuoi  tempi  74. 

Lodovico  Incontri f  cbeju  Spedalingo  di 
Santa  Maria  Nuova  1  findia  apprejji 
Giulio  Parigi*  i  IO.''     .       -      ^ 

Logge  della  Chiefa  deUa  Madonna  del- 
l' Impraneta  pp. 

Lorenztt  L'ippi  pittore  450,  Nella  fua 
fanciullezza  fi  eletto ,  ed  attefe  alle 
belle  lettere i  e  a,  tutte  k  arri  ca- 
vaOerefcbe  450.  I/ùoi  difigni  fatti 
neBa  fua  fanciuOezTut  i  Hanno  al  pa^ 

^  resone  de*  maefhi  pii  rinomati  450. 
Jijutò  benefì>e£o  a  far  tavole  a  Mat- 
teo RoJfeUiJuo  maeBro^si.  Quadri 
Juoi  in  dìverfe  cafe  e  cbiefe  45 1 . 
Piglia  per  moglie  Enea  figliuola  dì 
Gio.  France/co  Sufini  452.  Lorenzo 

è  mandato  in  Ifprucb  4S^'  Fragra- 
tiffimo  nelle  conver/azioni  4$!.  Fece 
ifHfprucb  molte  opere  ^52.  Fece  il 
beViffimo  7ocmé  del  Malmantile  p  e  I 

•  •  •  M 


come  ìncomincib^s^.  ViBadeSa  Maa^^ 
zetta  453.  KMalmantHe  di/abitata 
453.  Principio  e  motivo  del/uo  Poe- 
ma  453.  ÉfortazietH  S  amici  »  e 
anali  fatte  dal  Uppit  acciò  riductjfe 
f  opera  fua  a  Toema  formato  453. 
NeUa  converfazione  e  veglia  £  Pi-- 
lippa  Baldinucci  autore  di  queBe  m- 
/i2s#e>  molto  ^  accrebbe  ^oeBo  Poe^ 
ma  454.  f  455.  Convrrfazioni  ama-- 
niffime  del  Lippi  9  quali  9  e  dove  fi 
facejjèro  455.  Copie  di  detto  Poema 
fparfe  per  tutt*  Bttrapa  ananti  Ut  fua 
Bampa  »  e  qucBa  raccontava  il  Cane* 
nico  Lorenza  Vanciaticbi  ^  a  quefia 
propofito^^S.  Quadri  fatti  dal  Lip^ 
pif  molto  filmati  %  a  più  e  diverfe 
ptrfme  45 5 «  Tavola  col  Crocififfò  % 
Vergine  9  e  San  Giovanni ,  fatta  per 
la  Compagnia  deUa  Scala  f  ai  cui  ara^ 
fratello  tbeUiffima.efimaìijfima  456. 
Altra  immagine  del  Crocimk  in  ta-- 
^ola  dimarnata  $  ad  ufo  deUefunziit- 
ni  deUa  Jèttimana  Santa ,  fatta  dot 
Lippi  4S6.  Quadro  fatto  per  Agna^ 
lo  Galli  I  in  cui  f arotto  dipinti  alna^ 
turale  diciaffettef noi  figliuoli  ^  di  bel^ 
lifflma  invenzione  45  7.  Altri  quadri 
fatti  pel  mede  fimo  Aguale  457-  Ta^ 
vola  deBa  Compagnia  del  Nicchio  keh 
Mffima  457.  Morte  del  lappi  f  quale 
e  auando  fia  Jeguìta  4$  7.  Quanta 
egli  fu  facefo  e  Jpiritofo .  altrettan^ 
to  fa  pio  e  reltgiojò  con  Dio  45  8. 
Fu  fempre  ofiinato  nel  di^gnera  al 
furò  naturale ,  fenza  mai  aver  va-» 
luto  Uìricchire  le  fue  opere  di  quelli 
ornamenti  e  vaghezza  pittorefca  »  cha 
hanno  ujato  di  praticare  i  grand^  uo^ 
mini ,  il  che  molto  gli  pregiudicò  45  8« 
Fatto ,  nelcuifiinoffra  al  vivo  auota^ 
to  piÀ/arebbe fiato fiimato ,  fé  iiver^ 
f ameni  e  aveffe  operato  458.  Per 
mantenere  queS^ufo  di  mai  trapaffà 
re  il  vero  nel  tRprgftere  >  ebh  /i 
pre  inpMt  Sima  ttttf  i  Pittwi  per 

ccceBem^ 


teceUemìffimi  de  fiffiro  4sp.     In 

faffimb  per  Parma  a  taP  efitta , 

mo»  volle  vedere  le  beUèffime  apere 

it?  maefiri  Lombardi  %  né  tampoeo 

k  fame/a  Capala  del  Coreggia  459. 

Luciano  di  Stive Sro  Bolzone  1 59.  Sta 

nella  fenolo  di  Valerio  Corte  1 59.   fn 

buon  Ritrattila  lÓQ.   Fu  eccellente 

nel  conojcere  le  maniere  de*  Fittoti 

1 60.   Muore  tt  una  caduta  da  una 

fiala  197. 


i*M«» 


M 

MAecbine,  carne  fi faeefiero  in  If pu- 
gna 9  avanti  che  vi  ondajèro  Ar^ 

.  abieetti  fiorentini  ÌZ7. 

Maddalena  Corvini  miniatrice  61$. 

Marca  Antonio  Barfctti  290. 

Mario  Bolaffi  pittor  Fiorentino  13  j. 
Sue  opere  in  Firenze  efuoriiì^. 
.  Parere  dato  da  Mario/opra  la  fua- 
lite  di  una  pittura  fatta  da  valen  * 
f  '  itomo  23  7'  Fu  uomo  caritativo  e 
piò  z  3  7.  Atto  di  genercfo  fivngni- 
mento  »  fatto,  da  un  Gemiluomo  al 
Mslaffif  in  tempo  difua  morte  138. 
Fu  fempre  mode  fio  neOe  fue  pitture 
a  3  8.  Primo  documento ,  che  dava  a^ 

fuoifcolori  neWingreffo  difuufcuo- 

la%i^. 
Matteo  Nigeiti  Architetto  70, 
Matteo  Vitboot  pittore  61  z. 
Cav.  Fra  Mattia  Preti  »  detto  il  Cala^ 

brefeó^ì. 
Matfteo  Ingoli  194% 
Melcbior  Cala  Malte  fé  Scultore  $  fbo^ 

lare  d^  Ercole  Ferrata  $%$• 
Micbelagnolo  Buonarruoti  céiantgto  da 

Solimano  aOa  eofir unione  i  un  pan* 

ieji. 
Micbelagnolo  Cerguozzi  pittor  Roma- 

.mi^^  Fudimtmaria^KoiifimiaMpp. 


Infermità  lunga  e  grave  tR  Wcbe^ 
lagnolo  190.  Guari/ce  per  mezzo  di 
Domenico  Viola  con  un  fegreto  di 
Spègna  190.  Fu  pittore  umverfale 
191.  Quadrio  queSo^  beHiffimi^ 
in  cafa  Gerinif  e  Cmfinè  191.  D;« 
fcrizione  maravigliofa  i  uno  die/R 
qnaàri  193 .  Morte  immatura  di  Mi^ 
cbelagnolo  19$.  De  fcrizione  delle 
buone  qualità  di  Mcbelagnolo  195. 

Modem  di  più  maeBri  deUaficciata  del 
Duomo  di  Firenze  1 02. 

Monofiero  di  CeSeBo  99. 

Mouse  Nicafius  623. 

Morte  del  Carenai  Leopoldo  de'  kMc- 
dici  401.  Legati  lafciati  a  ^ver-i 
Principi  e  Cardinali  da  detto  Cardi  - 
noi  Leopoldo  401. 


N, 


N 


kaj^us  ftùttrc  i  émauti  478. 

Niceelé  CMWtpberi^T. 

Ntteok  Derbeù  Sttc^de  ^twe  41 6. 

liict^  Piffim  »97.  f  «  grMiT  muco 
iti  Pma  Màm»  298  .<  Ette  i  dife- 
fftidetttftmUdcìPMtittt  nn  inul- 
to tnfittù  298 .  Si  ridt/ee  m  gran 
èifigii»  199.  Si  diUitò  di  nuttiema- 
iicé  t  fr9fi<iìiva  .i9^.  StudikfA' 
ti0toma  299.  Oure  fingoltri  del 
FÉ$n9  }oo.  //  P(^S^  è  ebianut» 
in  Prtutia  dai  Re  301.  Afegnft' 
memcftm  «/  PoJJlm  »lfu9  arrivo 
301.  Olmo  d*  im  .Palazzo  fatto  dal 
Re  al  Pofiao  301.  Fece  i  fette  ÓO' 
craatem}  dae  volta  di  dtverftt  inoeih 
ziove  301.  Morta  del  Pt^^  iox. 

Abtie  Niccolò  StroaM  letterato  fama* 
fo  i<S&. 

Nigetti  Jldatno7<i. 

Oderigi 


6s6 


o 


O 


Derigi  iP  AguUh  miniature 6\é^ 

Orazio  Fidari  pitiore  »  di/cep9h  del 
Bilivertf  uomo  vehcijjim^  nel  ioz-^ 
zare  76.  Sue  opere  77. 

Orauo  Moclù  Stulicr  Fiorentino  137. 

Orazio  Riminaldi  Pittor  tifano  227. 
Dipigne  la  Cupola^ e  molte  altre  ta 

.  vaie .  nel  7)  uomo  di  Fifa ,  e  molte  aU 
tre  opere  in  detta  città  227. 

Orazio  da  Vóltri  pittore  534. 

Or/ola  Fontebuoni^  foreUa  del  Padre 
Bartolommeo  FonteHuoni  89. 

Ottavio  donneila  Scultore  616.  Fu  mi- 
rabile neU'  intagliare  in  piccoli  le- 
inetti  figurine  quafi  inviabili  <Sf  8. 
Va  a  Roma/otto  lafcuolà  del  Ver- 
nino $  il  ^uale  non  lo  voOe  ricevere 
6iZ.  S"  impiega  alfervizio  del  Car- 
dinale Ottobono  6iS.  Intagli  mira- 
bili del  mede  fimo  d  1 8,  Paj^  per  Fi- 
renze »  e  fa  vedere  lefue  mirabili  colè 
al  Principe  Màttias  6ip.  Intagliò 
una  battaglia  in  un  nocciolo  di  Cile- 
già  $  cÉe  cadendo  andò  mole  61^. 
Lajtia  f  intaglio  9  e  fi  dà  al  mìma- 
rtóift.  Sua  infirmiti  e  marte  6\g^. 

Strumento  di  cuififerviva  pe^/Uoi 

intagli  61  g^ 

Ottavio  Vanni  Tittor  Fiorentino  141. 

Non  avendo  genio  .atte  lettere^  alle 

quali  fu  fatto  applicare,  fi  mette  al 

.  difegno  1 41 .   Va  per  di f cepole  nel  di- 

-  fegno  appreso  un  tale  Mecatti,  det- 

'   to  Capaccio  1 4.1.   Laf eia  il  detto  Ca- 

V  paccio,  e  fi  porta  a  Roma»  efifer^ 

*  mt^  nella  fcuola  di  ABafio  Fontebuo- 

i  M  144.   Torno  a  Firenze»  èricbie- 

fU  dal  Piagnano ,  fi  ferma  neUafua 

'fi^ola  144.     Abbozzò  molte  tavole 

al  detto  Pajfignano»  le  quali  hanno 

avuto  lunga  vita  1 45»  Lajtia  il  Paf- 

fignano  i  e  prende  Bonze  da  fé  in  Sor* 

go  OgniJJanti  145*  Ecce  molte  opere 


per  Andrea  del  Rofio  Gentiluomo  Via- 
remino  i4S*  Nefece  molte  altre  per 
altre  perfone  f  e  paefix^.  Dipinfi 
nel  f alone  terreno»  incominciato  de 
Giovanni  da  San  Giovanni»  de'  Pitti 
I4t. 


«tt 


p 


PAkxz9  de*  Pitti  tecref ciato  con  le 
due  étct  che  prefentemtnte  fi  vt' 
dono,  da  A/fon/o  Parigi  i^ì.  Re- 
fiaurazioae  di  detto  Palazzo,  che  mi- 
nacciava rovina  per  di  faorì  333< 
Ricetto  della  quarta  fiala  if  'Pitti, 
Opera  dfAlfenfo  Parigi  334* 

Palazzo  della  Villa  del  Poggio  Imperier 
le  ornato  i  %6. 

Palazzo .  Vedi  Ca/i' 

PaoUno  deca ,  uomo  fiagoUre  tri  ctt- 
chi  in  Firenze  400. 

Paolo  Braneucci'  Pittore  iMcbefe  »  e 
fua  vita  82.  £*  di/cepolo  di  Guid» 
*Reni  82.  Si/e  opere  in  Lucca  Ss. 
Sua  morte  82. 

Paolo  Hubeni  regala  a  Monsk  Gia^ 
un  beUiffimo  quadro ,  che  poi  audk  in 
Galleria  del  Sereniamo  Principe  & 
Ttfcana  1 77.  Lettera  di  Paolo  * 
•  Monta  Ciuffo,,  /piagarne  la  Morie 
del  quadro  1 78. 

Paolo  de  Ponte  3  77. 

Dor.  Paolo  Minucci  Vklterrana-Comen- 
tatòre  del  *Poema  dei  CHalmantile 
del  LippÌ44S. 

Pellegrino  *Piola  3  ^8. 

Piero  Andrea  Ttrre  ìSJ. 

Piero  Danùnit93. 

PieH  Franca  fio ,  0  Ftanchoys  37$. 

Pier  Frakcefio  Silvani  Arebi tetto  $ti. 
Famiglia  di  Repuiilica  molta  et/pi- 

Iena  518;  Si  fa  molto  'préiieofotto  lo 
fittela  é /ito  padre  1 4t  cm  dà  aiolti 
ajuti 


6sl 


sjati  $19^  Rifunr^  alP  irnmineme  r(h 
vina  deOé  Léimerna  deJk  Cupo/a  due 
volse  percùfia  da  fulmini  539.  Fé 
ti  moiiUo  deW  Oratorio  di  Sm  Fi- 
lippo Neri  in  FirenTfe  #  e  ne  compie 
quefi  effètto  là  fabbrica  5  29.  Fa  la 
Cbiefa  di  CeBeUo  de  Padri  Cifier- 
cienfif  la  quale  quefi  terminata%fu 
dal  nuovo  Abate  disfitta  da*  fonda- 
menti» per  farne  un*  altra  cberiefèe 
inferiore  530.  Fu  Architetto  deìla 
Cappella  di  S.  Andrea  Corfini  nel  Car- 
mine SI  o.  Efequì  il  difegno  dì  Ciro 
Ferri  della  Cappella  di  Santa  Maria 
Maddalena  de'  Pazzi  530.  La  Cu- 
pola però»  il  pavimento  f  e  il  Lanter- 
nino  furono  tutto  difegno  del  Silva^ 
ni  531.  Reftaura  la  Cbiefa  di  San 
fSI/larco  531*  ReBaura  più  Talazzi 
t  Ville  di  Signori  531.  Morte  im^ 
pronvìfa  di  Pier  Francefco  per  la 
ftrada  di  Tifa  532. 

^ier  Maria  Groppa  Ito  539. 

Pietro  Paolo  Jacometti  Scultore ,  efua 
vis  a  81.  Sue  opere  di  Bronzo  81. 
Assefe  anche  alla  Pis tura  fitto  Cri- 
fiofano  Roncalli  »  e  lo  ajutò  in  pia 
opere  82.  Sua  morte  82. 

Pietro  Sne^ert  198. 

.Pietro  Riccbi  Tittor  Luccbefe  3^0. 
Studiò  molt^  anni  fitto  il  Pa/fignano 
in  Firenze  >  e  dipoi  fosso  Guido  Re- 
ni ^61.  Si  porta  con  un  fuo  fraseìlo 
piccolo  M  improvvifo  tn  Spagna  » 
porandoji però  per  vìagpo  in  più  luo^ 
gli ,  efermatofiin  Aiz»  fece  molte 
a^e^Ói.  Va  in  Francia»  e  fi  mol- 
tt  lavori  362.  Incontro  cattivo  che 
ebbe  per  F  impertinenza  di  Un  Gen^ 
tilttomo  Fr ance  fi  362.  Viene  a  bat- 
terfi  con  detto  Gemiluomo»  e.  lo  fe^ 
fifce  malamente  »  e  fi  ne  fugge  di 
Parigi»  a  pattando  per  più  luòghi  fi 
ritira  a  Milano  362.  i*  innamora 
di  una  femmina  »  e  la  conduce  a  Vre- 
Jtia,  dava  ebbe  un  Jiglittoh»  e  poi  la 


m 

piglia  per  moglie  161.  Fece  in  dsjs- 
ta  cìttò  molte  opere  »  e  per  frtora 
via  302.  Si  porta  con  fua  famìglia^ 
a  Venezia  dove  fa  molte  opere  361  r 
Si  porta  a  Padova  »  e  poi  a  Udine  3  62  4 
Morte  del  medefimo  in  Udine  351* 

Pietro  TaoUni  Vistor  luccbefe  364. 
Si  porta  a  Romut  e  poi  fa  ritorna 
alla  patria  per  morte  di  fio  padre  e 
mature  »  per  l*  occorfo  Contagio  del 
1630.  a  3<^4-  Rimane  cuftode  di  die-^ 
ci  frateUi  fuoi  »  tutti  picco  lini  ^  gli 
cuflodifce  »  e  gli  conduce  tutti  con 
molta  caritè  aid  un*  onefio  provvedi^ 
mento  3^4.  Sue  opere  'i6s.  Era  H 
fuo  talento  di  rapprefintarecofe  tra» 
glebe  e  crudeli ,  tra  le  quali  fece  la 
morte  del  Valdeftain  3  66.  Fu  bra^ 
viffimo  coUa  fpada  atta  mano  3  66. 
Sua  morte  3<^5* 

Pietro  Meert  3  77. 

Pietro  de  Jode  3  78- 

Pietro  Verbruggben  ?  78. 

Pietro  ^anckerfe  "De  Rj  3  79. 

Pietro  Van^Unt  Vittore  415. 

Pktro  Tefia  Pittore  479-  "P^-^fi  /« 
maniera  di  Pietro  da  Cortona  479. 
Per  la  fua  alterigia  fu  bruttamente 
cacciato  da  Pietro  da  Cortona  della 
fua  fcuola  479*  E" protetto  dal  Com* 
mendatore  Ca(fiano  dal  Pozzo  480. 
Difegno  quanto  t  antico  fi  ritrova'*, 
va  in  Romania.  Opere  diverfe  fit» 
te  in  Roma  >  e  altrove  480.  Fece 
cinque  gran  libri  di  dìfegni  di  ami* 
cbitàdiRoma»  tutti  veduti  dall'au^ 
tore  di  fueBe  notizie  48 1 .  Morte 
infelice  del  Tefia  »  e  varia  opinione 
diefa^%i.  Era  molto  letterato ^  e 
pratico  nella  Filofifiadi  Platone  482. 
Nota  dette  carte  intagliate  dal  TeSa 

483. 
Pietro  Tloel  Pittore  di  fiori,  e  frutte 

Pietro  Van  Tredael  Pittore  614. 
Pittura  afrefco  di  un  Elia  netta  Cbiefa 
Tt  dì  Santa 


6sB 

di  Santa  Morìe  Màg fiore  neUà  vwU 

tadeUaCéppeOa  degli  Ortandini  jpa. 
Piuma  a  frefcò  dirìmpcìto  aBa  Paria 

di  San  T>ier  Canalini  % 
pittura  afre/co  nella  inolia  deBm  Càp 

pella  della  famiglia  del  Grazia  nella 

Santiffima  Nunùata  i^t. 
Pittura  della  Cappeliina  nel  Giaréno 

del  Palazzo  di  Via  deOa  Celonua  delia 

Cafa  Sereni^ma  i }. 
Pitiure  in  cafa  Bn^narrnoti  di  Aftafio 

Fonteàuénif  e  akre  in  San  Giovan- 
nino de'  Gè  fai  ti  87. 
Pitture  del  S.  UJlzio  di  Roma  614» 
Pitture  del  Palazzo  Panfilio  a  Nuva- 

na  614. 
Pitture  della  Villa  della  Tetraja  384. 
Pittori  dtverfi^  t  loro  notizie  120. 
Pittori  dtverfine*  Paefi  Vaffi  1 97. 
Pittori  f  e  Scultori  della  Città  e  Stato 

Veneziano  2S9 
Pittori  dello  Stato  di  Genova  }0}» 
Vittori  diver/i  de*  Paefi  Ba^  3  75* 
Pittori  Genovefi  53 2. 
P  li  ioti  de*  Paefi  Bi^/fi  624. 
PlauiilU  B ricci  rhtomuta  nella  ^ittU' 

ra  e  Architettura  6i5- 
Ponte  di  Tifa  •  Jua  rovina  »  e  fna  ri* 

facimenta  104* 
Profpettiva  •  e  modo  Sttfarla  nel  épi- 

gnere  3  59 
Fatto ^  ebe  nota  nella  Vafea  delti/ola 

del  Giardino  di  Botoli .  Vedi  Anton 

Novelli  3  39* 


idMH 


R 


R 


AffaeWno  Botalla  Pittore  I5pw 
Raffaello  Carradi  Scultore  1 3  8.  Fece 
molte  opere  1 39.  EHe  il /egreto  di 
lavorare  il  Porfido  139»  Sifo  Cap* 
faccino  f  e  vivendo  ton  p'andefpiri- 
to  e  fantità  140,  ^Muore  rteèCon- 
vento  di  Volterra  140. 


Uagola  Ftamtfti^  Gaaeé/tamfa^  rmégfi- 

nero  fa  Rm^a  ad  mo  paoara  petìc* 
grina  1 24 

Reimirond  Vainrein,  akrìmemii  detto 
BambranH  dei  Reno  Pittore  e  Im^ * 
gHatgre  476*  £Ut  móka  eredita  ^  e 
poea  fapefe  "nel  fuo  me/liete  476. 
Feee  ilfua  proprio  rientia  pei  Mu^ 
feù  fàmofo  de^  Pittori  de*  Seeaiiffmi 
di  Tofcoma  ^j6.  Sua  maniera  net 
dipignere  Bravaganta  4rj&^  Eralun* 
gbijfimc  mi  dipignere  4ìTT^  Sra 
ir  uno  di  faccia  %  efitdicifitmo  S  «f- 
BitOt,  eperekèAT?.  Ai^efmejlra^ 
vaganze^T7^  Eu  Intagliatore  ito  rs^ 
mtvalorefosefiravagante^Tj.  Sii-- 
maoa  le  Jue  cane  mohijfimo  47S. 
Morì  in  Svezia  47S.. 

Ripari  del  fiume  Arno  a  Varlttngp  ^Af^ 
fonfo  Parigi  3 14- 

Ritratti  dT  Uomini  iBufiti  deHefmmiglie 
ufati  appreffo  gfi  antichi  io&  Rf 
fieffione  fatta  duA"  Amaro  eirsa  €  aiu^ 
fo  de^  dotti  ritratti  \  d^. 

Ritratto  ai  naturale  del  Padre  Jacimo 
Framefcbi  della  Comp^gjtia  di  Ceti 
apprego  il  mSro  autore  ^t. 

Ritratto  delfamofo  Pmlin  Ciec^  fatto 
al  net  arale  per  art*  Omero  dai  Valeer^ 
rana  po' Cerini  i3J- 

Roierto  Nantevil  IntagUatore  im  rame 

Franzefe  461»    %Mone  miferàhle 

deW  avolo  paterno  p  e  avm  moterm  di 

Roierto  461 .    Padre  di  Rokerto  ri* 

.  dotto  mi/eratik  va  atttt  guerra  j^i^ 

UnfuotioRfligioJirCarmaiitanoj/eat' 
M»  nom  fa  tèi  egli  fio  u/mmio  p  ma 
avutone  eogmmone ,  'w  dove  crede 
poter' effère  H  nipote,  per  ritrovario, 
ma  non  lo  trovo  »  e  éBfpermo  fé  ne 
ritorna  a  RMm46%.  SuW etèdi  |o. 
anni  fi  rifot^eanthre  a  Xems  ti  per- 
duto nipotetmo  confuto  dd^  aJemto: 
gli  viene  ifpirazione  em  jgiotmo  di 
andare  a  eonfe^fiper  éaprimuiefe^ 
tonda  volta  nelh/na  wta  :  pa  alla 

Cbiefa 


fii9  zi9  Rdighfi  f  femca  tke  i'mno 
€anofca  1 4kfo  »  jf/i  /hmsmléi  H  con- 
fefireMfia  »  e  Mila  rifpùfia  che  gli 
jdaf  vieme  in  agnizione  efere  ilfuo 
mifQii  •  €be  mw^  anni  prime  Jtwva 
€€f€4iiQ^  non  fipé/efé  ti  Reìigiifo, 
e  fegue  4^  confifarlo  ^%^  Termina- 
fa  taCmfa^net  fmanijtSa  ^erfuo 
'  zio  9  jdice  il  nome  del  padre  e  nonno  $ 
finSrmfie  ne!"  dogmi  detta  fede  %  ne' 
^uati  sutii  ara  al  hujo .  Lo  face  di- 
poi 4ippticare  al  traffico  d^  corami . 
Piglia  moglie  f  thie  ^uat^'o  femmi- 
ne con  mafcbio  »  a  e  ai  fece  por  nome 
Roberto  4(53 .    Qaefio  Roberto  fi  è 
^neOó  di  cui  fi  ferivo  463.  Giumo , 
cbefu  alFjetà  conveniente  ^  U  meffe 
^  i/ padre  alle  fcuole  deUa  grammati- 
ca 463 .  Lo  trattò  con  fomma  rigore 
'  a  indifcratezxa  ali  ufat^zà  de"  falda- 
si^ì.  Tra  P  altra  indì/crttezze  fa- 
ceva ti  avanti  la  fcuoia  paSurara  lun- 
go te  mora  alcmtìfuoi  porci  $  con  vi^ 
tuperio  dclfanciuUo  9  e  della  cafa  463. 
Faito  firavagame  del  padre  a  cagio- 
na di  tali  animali  463.  Domondato- 
gli  che  cofajaceficf  diede  rifpoftafi- 
mite  al  fatto  ^  e  fegn'uò  il  fato  dife- 
gno^ó}.  Roberto  fi  fiatica  dello  fin- 
dia  delle  lettere  ^  efi  dèa  qaeìh  del 
difegno  cantra  la  volontà  del  padre 
4^4,  Ufuogeniatbembèfofeinfar 
ritratti ,  defiderana  perìk  d*  intaglia 
re  in  rame'^^.  S"  innamora  di  ana 
foreUa  di  an  valente  intagliatore,  e 
nafcondtndo  /*  amore  deUa  donna  al 
y  padre  9  Jiava  del  continovo  in  ca/a  di 
'  detto  intagliatore  a  vederlo  lavora^ 
«   re  464.  Attende  e  s^ approfitta  mol- 
'   to  nelin  Fìlofofia ,  fenta  lafciere  P  in- 
taglio 464^  Aftitzia  di  Roberto  per 
-  f aggira  il  padre ,  ebe  a  cagione  di  di- 
segno lo  voleva  per  e  intere  afiS.  Si 
.  dichiara  di  voler  per  moglie  la  detta 
.  foreUa  dell\  imagliatore  ^  il  padre 


I 


<^59 

eemwtaU^  ed  e£o  celante  la  prende 
per  maglie  9  e  torna  in  cafa  di  defto 
intagliatore  46$'  Si  trova  preJloRo' 
Serto  fnari  di  cafa  per  gelsfia  delfino 
gran  profitto  $  ffn^  ^nno  afegna* 
mento,  e  fi  metta  in  viaggio  con  la 
moglie  per  Tarigi ,  dove  fa  accom- 
pagnato da  alcuni  affa  fini  %  i  quali 
g^ndo  del  face  f9  parlare  di  Robert 
tOt  niemei*  offendono  46 S.  Arrivato 
a  Parigi  fi  tnette  nella  fanola  di  Àion^ 
sa  Borse  intagliatore,  e  di  Monsà 
Sciampagna ,  e  fi  trattiene  in  far  ri- 
tratti coir  inciiofiro  deUa  China  •  co* 
quali  s^acquifiò  gran  credito  »  e  mola- 
te occafioni  di  lavorare  4(^5  Si  dà 
aUa  milizia  t  e  cafafagnito  a  ^nefio 
conto  466.  Fu  riciieSo  dal  Re  del 
Gran  Mogol  a  voler  fate  il  fua  ri^ 
eratto  per  mezza  di  ttn  Gefuita  466. 
Scrive  il  padre  a  Roberto  una  lettera 
piena  d'affetto  e  di  pittò  $  con  molti 
configli criSianif  cH figliuolo  gli  ri* 
fpofule  con  altrettanta  modefiia  e  ri-' 
verenza.  e  finalmente  gli  fa  lafciare 
RemSf  e  lo  conduce  a  tutte  fue  fpefe 
a  Parigi  in  fua  cafa  467.  Fa  Uri-- 
tratto  é&  Luigi  XIV.  Re  di  Francia 
con  intaglio  9  e  di  pafieìli  al  nata* 
rate  J^^•  Generqfità  di  Roberto  in 
Parigi  4<58.  Fa  i  Ritratti  di  tutte 
le  Trincipefic  del  Sangue  •  quello  del 
TurrenUf  e  d*  altri  4^8-  Ritratto 
di  Te  medefimo  a  pa  Selli  del  Nante^ 
vii  comprato  in  Parigi  da  Cofimo  III^ 
Granduca  di  Tofcana  468.  Compun* 
zione  e  converfione  fatta  da  Roberto , 
e  defcritta  in  alcuni  fuoi  ver  fi  469. 
Fu  forzato  a  recitare  detti  ver  fi  alla 
prefenza  del  Re  di  Francia  >  al  fen-- 
tir  de"  quali  fi  compnnfe  molto  Sua 
Maeftà  469.  Fece  altri  ritratti  t 
del  Re  e  d'altri  Signori ^9.  E"  af* 
faUto  da  gran  febbre  t  princìpio  di 
una  gran  malattia  470.  Hd  ritorno 
da  San  Germano  a  Parigi  fu  di  nuovo 
Tt  1  afiétlito 


66o 


nelT  imelitipa»  e  dipoi  io  comtajfe  a  | 
mone  «.  e  con  qùal  cotnpmnzhne  e  f 
preparazione  471.  Sua/ejpoitur04ju  " 

Roberto  Vanboeck  J7&. 

Rotando  Saver j  Fiammingo  \zt^ 

Rovine  della  noéii  Clne/a  di  San  GiBfio 
di  Voherra  117. 

Ratilio^  KManeiù  Pèttor  Senefi  91» 


s 


s 


Aia  terteim  ie^  Pitti  3*. 

Salvador  Roja  pittore .  Sidàai^Jegm^ 
arcbitettnfaimafica.i  poefia.  Vende 
Sfegnt  di  paefi ,  de  faceva  in  carta , 
per  campare .  Vende  a  caro  prezto^  i 
fuoi  paefi  con  iutto  il  Ufogno  553*  U 
Lanfranco  comprai  paefi  in  carta  aon 

'  i/lima,  Pr  uva  molte /ernie  f  e  poi  va 

'  dallo  Spagnahtìo .  Va  a  Rom^per  iftu  - 
diate  554.  Con  altri  giovani  infiitui 
/ce  una  compagnia  di  Saltimbancbi  in 
majibera^  fingendo^  vendere  rime  di 

^  div^rfi.  Pa commedie aU'improvv^o , 
a  taccia  molti .  Torna  alla  patriari- 

^  9eftit0 .  Sfarzo  ^  Salvador  e  in  Roma . 
Il  Borgognone  s"  avanza  collo  timUare 
le  battaglie  di  Sa/vadore.  Biafimofua 
da'  prufeffòri  di  Roma  $$5^   Motteg- 

•  gtamento  fattrieo  fatto  da  Salvadore 

.  contro  f  Accademia  di  Santo  Luca  •  e 
quadri  molti  fatti  da  ejffos$6.  Un  fita- 

.  dro  rapprefenta  la  Por  tana  %fpargen- 
io  rìchezza  e  dignità  1  cbe  cadono/opra 
'ammali  dì  più  forte .  Qutfio  ft$  un 
grande  incontro ,  cbe  ebbe  a  patir  Sai- 
vadore ,  e  quale  5  5  8.  Viene  a  Firenze 
colCardinulGio  Carlo,  e  vi  fio  nove 
anni ,  operando  motto .  'Bella  Batta* 
glia  nella  Galleria  del  Granduca  ss^. 
E"" condotto  a  Volterra^  e  lìfifazibael- 
le  vedute ^pelfuo  geniopittorefco  5  <Jo. 


Cafa  in  Firenze  di  SaMkre  i  aita- 
mànzadivirtuofis6i.  ComttttdiehU 
lifflme  all'  improwifo  ^  fatte  da  qat* 
fia  conver [azione  nel  Cafino  da  San 
xMerco  56 1  •    Frimo  invetttore  deBa 
parte deOaFafpteUa^i^  Frimo itt- 
ventare  della  pana  deUo  Scbititzi  » 
cbe  chiama  il  Veca  Contadino  $61 . 
Recitanti  in  dette  commedie  S^U 
Simpofi  e  cenefolite  fitrfi  daUa  detta 
converfazione  d!  invenzioni  Brano* 
ganti  5^2.  Va  Salvador  e  per  tepo^^ 
fie  a  Rjomaper  fare  un  definara  dfuti 
amici  p  e^l  giorno  dipoi  torna  fimi- 
meme  per  le  pofie  a  Firenze  S^ì* 
Opera  fatte  per  var/  Signori  5^4- 
Fittme  in  tafa  Gerirti  5<S4.   Fa  il 
paefe  in  ttn  qnadro  fatto  dal  Lippa 
alla  ftta  prefem^  S<5&,    Ritratto  £ 
Saivadore  fatta  dal  Lippi  sS6.  To' 
Vola  malfatta  da  Salvante  s6t^  L^ 
fila  Firenze  t  e  fi  porta  a  Valter rtt 
dove  confaave  converfizione  attefe 
ti  fnoifiud}  e  lavori  567.    Dipigi»r 
variamente  ttn  Cimbalo  568*.    La/eia 
finalmente  Volterra  e  Firenze  »  e  fi 
porta  a  Roma  5tf&.    f:Molte  pittare 
cbe  fa  a  Soma  569.    Nf  vede  molte 
in  "Roma  fAntore  570  Difiinta  $e^ 
lazione  fatta  dai  Priàr  Baldaoin$ 
deW  infermità  e  morte  di  Salvador 
re  sjo.    Frefanzione  di  Saivadore 
iefier  gran  pittore  in^figttre  grandi , 
ed  ifiorie  t  contro  P  opinione  £  tatti 
57^.  Fa  però  in/igaijfimo  9  e  ttnica 
nei  paefi;  marine  r  acqtte,  aria,  e 
tttttociò  cbe  appartiene  dOa  campa^ 
gna  5  7^.    Fatto  fegierto  in  queflo 
propofito  in  Roma  al  ^rior  Franco^ 
.  fio  Ximcnest  cbe  conferma  qaeffirtm 
ganno  dì  Saivadore  STJ.     Intaglia 
molte  fae  pittttre  a  acquaforte  $77  • 
Libro  di  difegni  di  più  forte  in  prug- 
na Ài  mano  di  Saivadore  apprefio  il 
Marcbefe  Donato  Maria  Gttadagni 

577*  rtt  maltQ  fatirico  in  pittura  e 

in 


66t 


wd  una  dfma  ^be  volle  tjler  tittuitB 
da  lui$i^.  Burla  f$Ha  ^  una  per* 
fona  amica ,  che  $roj>po  confidò  in  t» 
SJ9.  Tenne  moiio  in  credi  io  lafua 
profeJJSone  579.   Vonprefe  mai  ca- 
parra di  fot  t^  alcuna  %  ni  fece  mai  il 
prezzo  avanti  580.  Atti  di  genero^ 
fità  9  e  di  giuHizia  ancora^ /ani  da 
Salvador  e  in  conto  SprezTM  diqua^ 
dri  s8o.  A  tutte  le  fue  pitture  fa^ 
teva  fare  P  ornamento ,  e  quella  che  ' 
et  quefto  profofito  foleva  dire  581. 
Salvadore  sfonda  e  lacera  unfuo  bel- 
Itffitno  quadro  $  che  voleva  comprare 
un  ricco  fignore  e  avaro,  per  confon- 
derlo 581.   Non  fi  fece  mai  veder  f 
dipigncre  582.  Non  volle  mai  che  gli 
foffe  fuggertto  il  penfiero  nelle  fue 
pitture  f  e  belli  fimo  incontro  cbe  ebbe 
€on  un  medico  »  cbe  volle  darli  V  in- 
venzione ùer  unfuo  quadro  5  8  3  •  Èra 
buon  di/cernitore  delle  maniere  ^  e 
bontà  de*  quadri  ,   e  come  confimdeffi 
alcune  perfone  $  cbe  fé  ne  facevano 
giudici  583.  Motto  fatifico  dato  da\ 
per  fona  degna ,  contra  le  fatìre  di 
Salvadore  584.     Era  in  dubbio  »  fé 
le  fatire  di  Salvador  e  fodero  fue\ 
0  d  altro  compofitùre  584.    Si  mo- 
fira  dall' Autore  9  cbe  le  dette  fatire 
fono  Bate  in  verità  compofte  dal  Ro- 
fa  s^^.  AtteffatodelvirtuofoPran^ 
cefcQ  Redi  >  amico  del  Rofa  <  fopra 
t autor  delle  fatii^  58S-    Cbi  fen- 
tiva  recitare  le  fatirt  dal.  Rofa  » 
bi fognava  cbeapplaudiffe  con  ifmaie  > 
altrimenti  fi  difgufiava  %  t  lafciava 
di  leggerle  587.    Venne  a  Firenze 
per  le  nozze  diCofimo  ///.  588.  Fu 
fempre  fpenditore  di  tutto  il  fuo^  ma 
poi  a' configli  di  un  fervi tore  fi  mo- 
dera ^  e  incominciò  ad  accumulare 
5  89.  Affettò  fempre  lo  fioicìfmo , 


fttditJa  ebe  imer^me  a  Gh.Batiflaf, 
Ricciardi  in  cafa  del  ^ofa  a  quefia 
propofita  590.  Piacevanli  molto  i  fi^ 
cbi,  e  per  non  perderli ,  ricusò  pia 
volte  d'andare  di  là  da\monti  afer^ 
vir  moki  gran  Principi  e  Signori  591, 

Sepolcro  di  Clemente  X  efuo  invento^ 
re  491. 

Sepolcro  in  Sanea  Felicita  dArcmtgio^ 
la  Paìladina  del  Bugiar dini  »  e  In-^ 
fcrizione  d Andrea  Salvadori  %i. 

Sìgif mondo  Coccapani pittore  e  arcbitet* 

to  efua  vita  13^-  Lafciato  lo  ftudia 

delle  lettere  fi  applica  alla  pistura 

fitto  la  fcuola  del  Cigoli  is^.   Di^ 

pinfi  in  Roma 9  in  Lucca,  inFireu'* 

ze,  e  in  Siena  ii%.    Sua  morte  >  e 

tbefeguì  1 3  !•    Ha  fcritto  d  Arcbi^ 

tettura  133.    Pece  un  Trattato  del 

modo  a  mettere  Arno  in  canale  133* 

Fece  un  modello  della  facciata  del  Dua^^ 

mo  Hi.    Tt'attato  del  modo  cbe  da^ 

vrebbe  ufarfi  in  tempo  di  peSe  133* 

f^len  cbiammo  ii  maeSro  del  difegno  > 

e  percbè  1 34.   Lettera  del  Cardinal 

Barberino  feri  tea  aSigìfmonda  135. 

SmSihefiro  Cbi  e  fa  534. 

Sinoone  Vosboon  3  78. 

Sinibaldù  Scorza  pittore  Genovefe  154. 
Siudia/ottQ  Giovambatifia  Paggi  154. 

Snyden  ptetore  d  tAnverfa  %o\. 

Stanza  ufata  da  Andrea  del  Sarta  495: 

Sianzone  delle  legne  da' Pitti  333* 

Stittua  della  Fede  nel  CbioSro  de"  Padri 

.  della  Santi ffima  Nunziata  »  opera,  ai 
AgoSin  Bugiar  dini  83. 

Statua  della  Religione  del  fecondo  Cbia^ 
Sro  di  detto  Convento  95. 

Statua  della  Carità  nella  grotta  del  Cor^- 
tile  de  Pitti  del  Bugiar  dini  83. 

Statua  del  gran  Miche lagnolo  in  cafa  del 
Senator  Filippo  Buonar ruoti  341. 

Statua  del  Salvatore  nel  Ricetto  della 
Sagreftia  di  San  Marco  3  41. 
volle  effer  creduto  filofofo  difprezza-  I  Statua  di  Santa  Maria  Maddalena  Pe* 

tore  dtlk  cofg  terrene  S90.   Cafo  t    nitenfe  dei  Hovtlli  333. 

I  Statua 


6S^ 


St0tuM  ielle  Vtmre  H  Btlviiart  Ht  in\    €^  VigMH  394. 

Gallerà  1  e  dimojlnzione  sliciò  s^^.ì  Tawa  della  CéfpeHa  dm  fi  €9nfirt4no 
Smu€  del  Tempo  del  iSistdmo  di  Bo^  1     #  CiuftizUti ,  di  tUfia  mmo  43 1. 

Mi  96,  I  Teed^n  ^miettes  37^. 

SutMe  di  San  Peeen  a  San  Toph  d^   Teeiere  Helwehec^er  fitiere.  Snapa^ 

pilaSroni  della  Santi fs.  Nnnzèaea  95-       /^^  59^*    Andò  fitta  la  /cuoia  del 

Statne  t  medagUè  e  marmi  intagliati  fi  \     Gretòer  5  93 .  Afreeafa  in  Rema  594 . 

trovano  fitto  terra  ne' fondamenti  di\     Va  a  Parigi  e  vi  fa  molti  quadri  595. 

Quadri  in  Ruma  apprefoT Aiate  Ma-- 
rucelliS9T.   S^tiadri  facri  ieili^i 
(^02.   Qualità  S  Teodoro  nella  /r>- 
eura  603, 
Tièerio  Tinelli  19$. 
TommafoOrfoiinoJiukare.  V«di  Er^ 

Colt  Ferrata  517. 
Tommafo  Sandrino  Vrrfdam  292. 
Tommafo  Willeèorts  37^. 


San  Mietale  agli  Attimrit  epiàofia 
di  morti  98* 

Statue  di  fémmine .  Vedi  Anton  No- 
velli 339* 

Statue  amiche  della  Venerina^  Arroti- 
no  >  a  iMtatari  del  Talazzo  deOa 
TV  ini  tè  da' Monti  fi  fanno  portare  a 
Firenze ,  e  coviefeguìjfe  s%i.e$2i. 

Statue  e  Urna  pel  Corpo  di  Santa  Maria 
Maddal^  Penitente  in  Provenza  3  3(^* 

Statue  in  Som  Michele  Ver  tei  di  342. 

Statue  della  Cappella  di  San  Bafiiana  di 
eafa  Pucci  neOa  Nunziata  343. 

Stefano  della  Beliate  f uà  nafci tu  142. 
Fece  prima  l' Orefice  243 .  Fu  Di/ce- 
polo  ai  Gio.  BatiSa  Vanni ,  e  di  Cefare 
^andini  243 .  e  244.  E^  protatto  dal 
Principe  D.  Lorenzo  Aledici  9  e  va  a 
Roma  uftudiara  244.  Di  Roma  va  a 
Parigi  9a  pericolo  oecor/ò  a  lui,  afidi- 
ber  a  col  fola  f ito  storne  $  e  tot^a  n  Pi- 
ranzet^^S.  Pittura  e  Ritratto  di  Co^ 
fimo  111.  a  cavallo  fatto  da  Stefano  nei 
Palazzo  de'  Titti  247.  Infermità . 
e  morte  di  Stefano .  tu  uomo  giugo, 
.  modtjlo ,  liberale  >  e  eatriiativtrxÉ^. 
Paragone  di  Stefano  col  Callotti  a.49, 
Uota  deÙ!  Opere  di  Stefano z$o. 

Stefano  Magnqfco  539« 


'^•' 


V 

\l  Alarla  CaMello  slZ. 
Vitta  di  Caftello  da'  Grazzini  30. 
Villa  del  Poggio  Imperiula  $6. 
Villa  delle  Falla  de'  Guadagni  97^ 
Villa  degli  UgaUniu  S.  Martina  a  Stra^ 

da  106^ 
Villa  de'  Guiceiardimi  in  Valdipefa  1 06. 
Vèlia  dell^  Imperiale  di  Firenze  ^  afcbi-^ 

utturaM  Giulio  Parigi  332. 
Vincenzio  Viviani%  JUattematiao^  ri* 

tratto.' da  Monta  Giufio%  è  molto  lo* 

dato  183.   Lo  fieffo  Eaccio  dei  Bian  - 

co  nella  Profpettiva  3 19. 
Vinci fiao  Holiar  378. 
Il  Volterrano .  Vedi  Haldaffar  Frante^ 

cefcbini  381. 


T 

TAiernacaU  di  Vie  Nuova  7.  DeJ/lt 
Stincbet  e  del  Palazzo  del  Bar- 
gel/o  8.  e  9.  Del  Oaltuzza  z6i . 


Mi 

A  P  P  R  O  VA  ZIO  N  l. 

IL  Mo^o  Reverendo  Sig.  Dotxore  Luca  Giu&ppe  Cerracchini  ji  cDm« 
piacerà  coìk  folic»  fva  attenauone  di  leggere  il  prdènce  TSomo  delte 
I  Vrce  de*  Pittori  deCcrictÉ  dall'  erudiciflimo  Sig*  Filippo  Balc&nuq&i  »  e 

rtierifca  fe  in  eflb  ¥i  &9  cofa  akana^  benché  mimala ,  che*  poffii  fm^ 
dire  lo  Ihmparfi. 

Dato  dìiU' Arcivereovado  dif  Firenze  il  dì  27.  Settembre  ftti^ 
Oraziù  Mézza  Vkéotia  GemPalc. 

.  IttuSrsffimù  9^  e  ReverencDilSSm^  Motifig.  Vicarhi  Generale .  v 

Ho  obbedito  a  flimatiflimi  comandi  S^  VS.  Illuflriig.  è  Reverènd!iffima  in 
rivedendo  il^  pite&nK  Tomo  delle  Vite  de' Pittori»  nel  quale  cpn  tutta 
foddisfazionei  dell'  aoimo  mio  ho  ammirato  la  pró£ic»qda  erud^ùonr  dèi 
chiariflimo  fuo  Autore»  aeeompagnata  da  infinite  notizie  ^  ^H^  ndbiti 
Profeflioni  della  Pittura»  della  Scultara  e  dell'Architettura  appartenenti; 
onde  pel  pubblico  bene»  e  per  ornamento  degli  uomini  eruditi»  lo  giù* 
dico  degno  delle  ftampe.  Di  Cafa  li  la.  Novembre  1725. 
Di  VS.  lUuftrifs.  e  Reverendifs. 
;  Umili/s.  Devotifs.  Servio 

.  Luca  Giufeppe  Cerracchini 
D.  di  S.T.neir  Univ.  Fior. 

Stante  la  fopradd.  relazione  fi  (lampi 
Orazio  Mazzei  Vie.  Getier. 

D'Ordine  e  Commiflione  del  Reverendifs.  P.  M.  Conti  da  Bergamo  In* 
quirit.Gen.delS.  Ufizio  di  Firenze,  fi  compiacerà  il  M.  R.Sig.D.  A^nt. 
Maria  Bifcioni  leggere  il  prefente  libro  della  Vita  de' Pittori  del  Sig.  Bai* 
diuucci»  e  riferire  fé  poflfa  permetterti  alle  (lampe . 

Dal  S.  Ufizio  li  16   Novembre  1725. 
Maejiro  Fra  Giufeppe  ^aria  Pefentida  Vergamo  Vie.  Gen^delS.  Ufizio . 

Heverendiffimo  Padre  Inquìfitore^ 

Nel  prefente  Tomo  delle  Vite  de'  Pittori ,  defcritte  dal  già  Sig.  Filippo  Baldi- 
nucci  (uomo,  che  ad  una  fingolar  dottrina  accompagnò  fempre  la  vera 
pietà  Criftiana  »  come  fanno  piena  teftimonianza  tutte  Taltre  Opere  fue» 
fino  al  prefente  ftampate  )  non  ho  trovato  cofa  veruna  contraria  ne  alla 
Santa  Cattolica  Fede«  né  a' buoni  coftumi;  che  però  lo  (limo  degniamo 
della  (lampa.  Ed  a  V.  P.  Reverendtffima  fo  umilidima  riverenza  . 
Di  V*  P.  Reverendifs.         Dalla  Libreria  di  San  Lorenzo  22.  Novemb.  1 725. 

Umili fs*  Devotifs.  Servi fo^'c 
Anton  Maria  Bifcioni. 
Attefa  la  fopraddetta  relazione  fi  (lampi 

Maeffro  Fra  Giufeppe  Maria  Te f enei  Vie.  Gen.  delS.  UJizio  di  Firen. 

Filippo  Buonarroti  Senat.  Audit.  di  S«  A.  R» 


5(^4 


errori; 

I  14  CT     U 

a  tx  N»  étti 

tt  fó  lent# 

10»  r^v  abecie 

zófit  I»  timilèro 
17Ì    19  aflècond^re 

a  71  II  f  cortfsgio 
a  85      9  dìf[€fuan 

%zo|  *i  ftah>  tu 

9itt  as  affccondaft 

AXi  ftx  del 

s4>  19  concraffitfCttiìi 

95f  V  fu 

959  17  tènnaco 

1*70  44  portatoli 

spi  44  Alt  Olio 

30X  x|  d' oggi 

gai  aj  ritrotta 

pp«   '  atf  op«aa 

9lt  8  in 

«I  »i  compicci* 


correzioni; 

ora 

V«a    . 
lenta 
vhtntuf  • 

facondare 
a  corteggiarlo 
Ja  differenM . 
'  l!ato 
fecondavi 
dai 

contraria  fiottali» 
|i& 

normato 
urtatili 

ZOlWTO 

d'Ogni 
titrat» 
opera 

COIPpMCCM 


fiRRORt;        CORREZUMa; 


4)7  1%  conceiTe 
439      9  minaccie 

4f9  II  ricredendo  il 

509  aa.  aflecondaie 
518      s  parimoti 

^1%  atf  affiecondare 

J4I  I?  o«^      , 

S4%  44  poicaori 

J4I      7  i'  inchiede 

•••  45  cfioni 

SA$  4$  IntenofRizioni 

S^S  S4  aflecondare 

58t  II  ailècondilb 

000  la  minieia 

^»0  1^  Jnniorc 

5}o  4a  Feretri 

tffl  I  fccomp^gaati  i 

feretri 

«^  18  addobbo 

^%t  19  ttakrv) 


conofceiiè 
ninacce 

ricredendoli  dd 
Iccoodaro 

panmenti 

fecondare 

naò 

portatori 

k  rìchicae 

cafioni 

interrogazioni 

lecondare 

Iccondade 

maniera 

il  giovane 

bare 

accompi^gnare  le 
bare 

addobbamento 
«a  luogo 


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