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NOTIZIE
DE PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMABUE IN dUA
Secolo V. dal 1610. al 1670.
Diftinto" in Decennali
OPERA POSTUMA
DI FILIPPO BALDINUCCI FIORENTINO
ACCAPEMICO DEI,LA CRUSCA.
IN FIRENZIK^-MDCCXXVIII.
Nella Stamperia di S. A.R. Per li Tartini, e Franchi.
Cm Utiliza Je'Suferitrì.
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^
oédi 1 1. Seìiembre 1727.
NOI appiè fottofcritti Cenfori e Deputati ^ riveduta
a forma della legge , prefcricta dalla generale adu«-
nanza dell' anno 1705. la feguente opera del Luftrato
noftro Accademico , non abbiamo in efla oflervati errori
di lingua •
V InnominMtQ Actmkmico tAnton Aùfis ì
) Cenfori àel^ tjieciiemié
U Divagato in luogo delF Innominata ) dcOa Crufca
Sig. Dott. Giufeppe Aver ani }
V Innominato Canonico Marco emonio di Mozzi ) ^ .
r laminata Canonico Salvino Salvini ) ^CP^^'^^
L'Innominato Andrea Prancefibi Arciconfolo
V Innominato Pandolfo Pandolfini Vice Segretario
Attefd la fopraddetta relazione > fi dà facoltà agli Stampatori
dell' Opera del Luftrato Filippo Baldinucci di nominarlo
nella pubblicazione della otedefima Accademico della Crufca .
/
r »
DELLE
NO T I Z I E
DE PROFESSORI
DEL DISEGNO ^j
DA GIMABUE IN QUA .
DECENNALE IL
DELIBA PARTE I. DEL SECOLO V.
'DAL JHDCX. JL MDCXX.
GIOVANNI DA & GIOVANNI
PITTORE
Difiepelo di latteo 'Rop/Ii, nato 1590. #1(^3^* .
ON è così infelice il mondo, che non poflà in-
olili tempo contar fra'fuoi gran numero d' uo-
mini, che innamorati d'alcuna virtù, con gran-
de Audio ed applicazione di guadagnarla pro-
cacciano. Quelli però trovand fòvente fra dì
loro aflat differenti d'umore; concioffiacofachè*
alcuni faccianlo, e per amor della virtù fieiTa,
e per lo fine di ripiortame quei pregj , con che
ella dipoi ben polTeducst gli animi e le perfone
_ , de'propi) feguoci fuole adornare; ed altri porta.
ti più da una tale quale fmoderaca paflìone o capriccio * più per isfogo
delnitdelìiOfrtGhe per altro i«gionevol fine: ne vanno ia caccia: equeftt
A foglio.
a Decenti» IL della Part, l^delSec, FI dali6i o. al i ^20.
«
fogUono ^^ talora carti cervelli » ahrettaoto sforniti di giudizio»
quanto^rovviAi d'ingagnoi ondp macavigUa nane» cl^giuaiti eh' enfia-
no al pM^iU> di quella facukà» ek' e'cerpafono 4^ ae^uSare, in grave
danno àg^ftoh^ui (iella taedf^iiiia e di loco ^eCi fe^ iw alnifido, e la
ftrapazifSEUi. 4^i& ptir voluto ta bmoiM feirte ^1 ceiùà> del quale ora
fiamo pèi^ farfara, dieà del noftf^ nitore Già* da S» Giovanni > che non
fra quefti ultimi, ma fra quei primi gli aveflimo potuto dar luogo; che
al certo (àrebbeci convenuto parlare^ di lui, come d' uno de' più nobili
Arteficiii^ che calcaflero ma? I bei feriitier] , che conducono al più perfetto
naU^Arti noftre. Ma perchè camfltìna aflai eencraria la bifogna, toceberà
fttndi^ a mofl|rarlo , in ciò che alÉp medeiinii Arti appartiene, qu^odo
i«(MDore a ÌMlti grai^ laueflri del Tuo tempa» e quando di gran hit\^
la fua patria e fra' fuoi cittadini, di che dovelTe rimanere più viva la
memt^ia, o 'de! valóté , cV egli l*ane fpefb motftrò ^ue^l' arte fua , 0
d^le firavaganate elc^ereeze» colle qi>ali egU accofnpagnq fempró il
fuo vivere.
Ma prima d'incominciare adefcrivcre i fatti di qucfto valentuomo,
qualunque egli fi flano per apparire , or molto or poco degni d' appro-
vazione e di lode, conviene, eh' io mi dichiara col tn io lettore, che nel
tefler ch'io feci , e fon per fare le vite di quei delle noftre arti, io mi
prefifE alcune mai&me, che a me patveta inconxraliabili : e tali furono
ivimieramente, efiere (lato fln da'piik aàtichi teoapi coftume d* ógni Sto*
rico, il tramandare a' poderi le notizie di queli' azioni, o buone o ree
ch'elle fi fuflero, che al mancare di chi ne fu T autore, già venute in poter
della faiiia , eran rlmafe per eredità al difcorfo degli umani intelletti 9
onde non n'era luogo oramai, o al più efaltarle , fe< buone, o al redi-
merne la vergogna o*l danno, fé btaumevoli o cattive. E ciò per mio
ftWifo ufarono di fare gli Storici , per la grande utilità , che procacciafi
con sì htxff notizie ali' umaiia converfa^one; ffli^tfe ne infegna i' efpe-
rienza , che per uno, che ne venga a ragione biaflmato» cento ne ven«
gono corretti: e perchè confideravano altresì, che la lode o '1 biafimo,
chea chi operò, fufle da' loro fcritti per reful tare, potea chiamarfi un
bel premio» o pure un proporzionato ^aiUgamento de' fuoi vizj o virtù:
^ ih ciò: non penfb punto d' effermi ingannato • Per quello i>oi , che
apparsene allo ferivere talora de' noiki Artefici , cofe, che abbiano del
fcivalo 6 del Leggieri, anzi che nò» £uuio cokuro, che atcefero allaftudio
degli antichifiimi libri , ove leggong fioàti notizie , ci» quefta qualità
di. ftoria godefi con pacifico nolkub il nome d' una lettura amena, face-
ta e piacevole, adattata mirabiimente al foUevamento degli animi,, «oche
de' più ftvfi e dt'piià ftudiofi:^ ed eccoos la ragiofio • Sb dft quel noftco
gttnd'
GWVAKNi 'DÀ S. aiOVANNL $
^nnd'^ uomo {») fa chìaimta la Poefia una Pittura loquace » poffi
tUt^ air inèontro $ «ho fia la Pittomiina Poefia muta , onde con fii&ftQjaoi»
%i«o gli antichi Poeti tennero quefte dtte beli* Arti, per così dire p pdr
una cofit fteffii rè neceffiirio confeflare, che colui, che kldevolmc^te J«
pittura dèrcita ^ Ha dotato di poetico ingegno . Qr & quefto tale è pecw
fona ingegnofa molto, è fonsa altresì, che i fuoi fatti e i fuoi^ detti mi»
ingegnofi ed arguti qualunque pure fi fiano più o meno foftenuti è grarit
al che fe aggiungeremo, cne ognuno di quefii fatti o detti raMlrafi iii^
corno a cofa, che per fé ftefla ai&i diletta, che è la pittura fletta ;(Conie
non vorremo noi dire, che a iimile lettura tale attributo d^amenità o
piacevolezza non fi convenga.* e che allo fcrittore, che ha per fìne^il di»
vertire le menti , e dilettare gli animi di chi Jegge, non fia lecito» li^accomi!»
pagnare i fuoi fciitti colla narraaione di fatti,, die nella loro baffeMa^»
a forza deH' ingegno di chi he fu V autore , inlèparabilmente congiunai
alla matwia fteUa, che puretnolto diietta, non lafcianod'^ere^e'4iIèc*
tevoli ed ingegnofi in un tempo fleflo? Ma io non vorrei, che dal fen^
tirmi metter fuori in fui bel principio della vita del noftro Giovanni un
ai grande apparato di protette, «Itri fi defie a credere, ch'io voleffi pcidar
di lui, come d'uomo affatto fcoflumato e cattivo; onde oonviene , che
io di nuovo mi protetti^ che nel conofcere ch'io feci |e anioni di coftui»
cali quali io fono ora per notare, non ne formai altro concetto» ié noa
come d'uno di coloro, ne^cjuali accompagnò naturai con uno fpirito
pronto e yivace, una tale invincibile ignoranza in ciò, che ad una de*
coro& gentilezza nel converfare appartiene: che feguendo nell' operar
loro fenza la dovuta moderazione il naturale iftinco, nulla dì qunato ei
dicono e fanno, par loro, che reprenfibile fia . Eda tne viene fcuf^toGio^
vanni, non perchè molti fuoi fatti e detti per loro ftefli fel mi^rttinos
ma perchè oltre a qutnto difli , io Io confiderò tanto provvifto a princi*
pio d' uno ftravagante naturale» quanto fprovvìfto ne' primi anni del^
Teducazione de'proprj genitori; giacché egli, come vedremo, per lo in^
cellante, anzi firabocchevole defio d* apprender l'arte, non folamente dtt
medefimi affatto fi allontanò , ma eziandio a guifa d* uomo fiilvatico , fug*
gì le converfazioni d* ogn' altra ragionevole perfona. Nel refto, che ri^
guarda fuo valore nella Pittura per l'opere fue piìi belle, à egli app0
di me, e doverà eflbre, e farà a* defcenaentl fuoi, ed alla mia patria 4
gran ragione femore in concetto d* un uomo grande »
Fu dunque il natale di Giovanni nella Terra di S. Giovanni di Val-
damo, nell'anno di noftra falute 1590. nel giorno del Venerdì Santo*
Il Padre fuo fi chiamò Gio: Battfta Mannozzi» uomo affai onorato e ca-
vile, che dicefi fuflè fratello di Francefcò d' Agnolo Mannozzi [^], Saceri-
A a dote^ *
[a] Commendatore Fra Lodovico Cardi Cigoli Pittore celeberrimo . [ b] Kntìp , conìe
quejlo Francéfco d^ Agnolo fi trova defcritto alla Decima della Pieve' di S. Giovanni -
dal i^^. fino al tóoo. FranCtfco d'Agnolo Minazzi^ e non Mannozzi ^ iperhvert^f
fecondo Hteftmwior di più antiche r pH provanti fcrittare ^tbc il Vff0iicafat9 di
Qi9Pmmifu dé'Mamiozzi e non de^Minozzi.
4 DecittnJl.deUé^aff:lJelSec.V:Mt^iìi.ùh
&te» chepei; le belle doti, cheornaroao l'animo foo neM'unMne Ittfcret
e nette Ecclefiaftiche difcipline, allq quali agdunfe il bello orn^OIOUCO
^ella Mufica» arrivò ad eOere Piovano di quilla Terra; onde gran ft((o
lion fu» che tanto queftt» che lo fteifo Padrie di Giovapni T a|i^Ueafle
iino negli anni fufoi più teneri allo ftjidio delle buone firti » coA.tQC^n*-
4uoné m^condurlo a pofto d' eccellenza nella profeflìone del Notariato
€ delle Leggi . Il (anciullo però aqdavaiì trattenendo in quella prima età 9
-nella quale il debole degli anni non gli permetteva il far più vive lìefolu*
«ioni>ineU*attendere a sì fatti ftudj , anche cpn grau proiittOi n)a per
«nera forza*; e dava la maggior parte del tempo» anzi quali tutto quanto
n'aver» fensa alcuna guida o maeftrc, a quelli del difegno; di che accor-
^ndofi ì fuoi maggiori » forte il riprendevano» ed il più delle volte ufa-
.Vttnolpon.e0b altro che parole. Ma il cervello di Giovanni era sì fermo
jiella deliberazionq di non voler profeflàre eferciz; letterari , e si fiflb nel
difegno» che non punto curando il vivere una vita arrabbiata fra i rim-
proveri e le percoUe de' parenti » confumava l'intere giornate (chicche-
rando con carbone» or qua or là, le mura della Pieve, tanto che oramai
«poco era il luogo, che non fuflfe rimafb imbrattato de' fuoi fantòcci.
A chi animandolo, con ifperanza d'ottima riufcita nel Dottorato, il ri*
prendeva, faceva apparire chiara f uà firavaganza t e poca ragionevolezza,
col dire, che coloro , che tal meftiero profeflàvano , eran gentaccia , e
che non voleva egli con tutti, o colla più parte di loro andarfene a cafa
del Diavolo . Quefte sì mal fondate rifpolte ebber forz^ di far credere
"ft' parenti» che da efib per folo fine, com'è iblito dirli, di non voler £ar
bene, né in (juello né in altro meftiero, fufTer portate. Ma per non darli
affatto per vinti, incominciò il Padre, la Madre, e'I Piovano {ledb con
ibuone parole a perfuaderloa pigliar l'abito di Prete, aflicurandolo que*
fti, che quando ei G fufie ridotto in iftato d'abilità» egli gli averebbe ri*
ilun2iata la Pieve, e intanto averebbe egli in qualità di cherico potuto
icrvirealla Chiefa. A quefte parole più per impazienza» che per altro
'egli fi refe, e prefe l'abito, eflendo egli allora in età di fedici anni. Ve*
nivaa . Tore del fervire le Meflei de' Divini Ufiz) , e delle facre funzioni:
e Giovanni in ogni altro luogo trovavali , fuorché in Chiefa o in Sa-
grefùa . £d una volta accadde il non trovarlo» né h né altrove ; perché
eflendogU venuta alle mani una bella ftampa d' un' opera di Raffaello da
IJrbinoi egli empiutati la tafca di pane, erafi rinchiufo in una ftanza, fer-
iirit9'per pollajo di quella Pieve, dove era fiato due interi giorni, rica-
vando con carbone quell'opera in grande, con che aveva piena un inte*
ra facciita: né fono molt*anni, che ancora ella fi trovava intatta. E non
ha dubbio, che quefto fatto fece conofcere a' parenti e ad ogni altro»
cl)e il giovanetto aveva un maravigliofo genio a queir Arte : e che a
ciaìcheduno farla potuto ciò baftare » per levarlo dalla applicazione ad
ogiu alerà facoltà, ed a quella fola indirizzarlo; ma i fuoi, che per poca
intelligenza, o per poco genio in verun modo non lo volevano Pittore»
in vece di inanimii Io» diedergli per onorario di quella fua prima fiiiica
liuona quantità di buft!ei fioche fra quìsfto» « 1 ;VeaerU egli oramai dive-
nuto
--VV
-CiaVANNI DAS.G10VANNL\ J
jMKo^eibib^i» tvkdi fn l^dìlé^idc? fuòi cotMtiei» del c^ppeUiao^^Jnc»
deUtxplùibiira Aervleù; s'^^iAdò a nifcondece Ibpr» un palco di 4|ielia ciù[
0V«£r0nìfer«iiva il fimt^ ed atrendo poroata con fMo un.fu^ ookeilai^
Mfe <e ibta» quif i per più ^òmi U tttiCFeahe , cfbandpfi al fi^aibliio pQu^
co e diale» iiii tanto elici gìiSiWt veauco fatcii ddla Aia tc%a:e 4et Cdé>
lungo mancdlo wi ìabico fecolàrefcos e incanto ì iuoi pacenci in ogni
luogo 'lo lacerano cefcare. Finica che egli «ebbe ed faccenda» di noce»
tempo 9 fesiz» quattrini » e fenxa Capere^ove dovéfle pojfare, fé ne^ venne»
per la prima molta alla qitià di Fk'enzei Ma per-chè 4gli è pcoprio d^tta*
nec^cà il ht V uomo behe ttw^dutK»» rovvennegti e(fòr ki firenze u»
Canonico deUa Famiglia del Miglìoire, amiciffiBio del PÌFdvbiKiifao Zio^'
da (b anche molto ben conófciuto^ ))er etbtA egli pia voice^in occàfione[
di viaggio feema«o<incafa lo HtSò Piovano i e tioiratolo fihalmetite , tut^
le proprie Cciaguregli narrò» concludendo efier già rifciliiciflìaìò di jyM
tornarfene più ^S« Giovanni» e di volere per ogni mòdo* ftt r ei^ce dell
Pittore, pregandolo infieme a:jtrovar^ieae il maeftro. Frar T aHie €e&»)
ch'aveva dette ([Giovanni al CanoMèo, unii fdi coinè* egli era dilato duo
giorni lènza aiangmrevonde fui! dilni {>rimo penderò» di a*iftorark> bene'
di cibo r fermandolo in propria oaAl fino a che gli veiiifle facto il trovar r
per bii qualche pactito : Avvi^ poi 4a fui gante di nòQ'<fevate dare eoa'
penfiero del giovane» perchè egli era in Firenae, e in ^fa fua ì QM ch'ef
non s'afpettaflero gii di rìaverlo^in patria» finch'e* noi> ù luffe bene los^
pofleflàto della pittura» alla quale Giovanni aveva già ^abilito di voler»-'
per i^ni modo attendere : che peiìfier fuo farebbe (teto il trovargilmae»
Oro: e- che dovefie efl^re il lóro» l'accompagnarlo con «n mòdeUoprov**
vedimpmo per vivete: e chéfleflfero pur certi, che altro modo non v'eM
oramai da poter difporite di lui . Era allora in Firenze Matteo Roflelii in-
creato di oucm pittore» e molto più d'uomo da be<ìe, pratico e eacìii*^
tativo neirinfegnar l'arte Tua, ond'era fioritifiima di giovani la fualcuolaf
il perchò il* buon Canonico trovò- modo di mettervi anche Giovanni^
al quale da' primi precetti dei maeftro, e ne' primi giorni traflè talprofìt-
ta, che quei eh' e'copiava da^ difegni di 'Matteo, fariafi potuto cambiare;
cMli originali^ e non era egli ancora ftàtocón eflb féi mefi, che già erafi
lalciato indietro di gran lunga quéi condiicepol!» che per anni avanti vi
ave vano perfeveraco ; tantoché il RoffèlH bene fpefla rimproverava loro-
le beffe, che nell'entrare , che Giovanni aveVa fatto in fcuela, s' era
cifilcheduno di loro ingegnato- di fargli, par averlo veduto metterQ' in età
di tS. anni ad imparar le prime regole, che d^nofi a' piccoli fanciulli .
Vivevali allora il giovane a guifa d* uomo fatvatico nella propria cafa del
Roflellt,. in una piccola ftanz^tta fotto una fcala , giacche tanto > e non-
piitavejiragii:il maefiro potuto aflègnare : ed andava cambiando fùa vita
oon.quebpoi», anzi pochifflmo ^ . che ttli veniva mandato da calà.^
B qui «eiiaaencer» fé timore d|. troppo allungarmi non mei viétaife , fa*
rebbe kib|^ adir moltot della ftrasragànza del fuo vivere > a cagione della;
per condire» lìno^eratiiBma' fua^ applicaìsione allo ftudio del diiagno,'
adi^uale:j|» quel.ctemfo volle aggiugQer quello* dell' Archjtettura ^
A3 Profpec^
^ DecemlL Mta?m,t MSfy. ^'MfSió. eh 610.
pb£o ogoi strtedo dt cucina, deUft qoti9/rn.òi>; mai fufà^yÀ il cwkiiRtfiQjitt
D^o^è il direi, che. né c«vola^ tìè paj»;a,t fìLè.fga^ljlo^:fi;t]30vtj:oft flMiipreri
Zemioil £10. palio ; perche per lo. pm^ QP^^cat^fi tn ca^tio^t fedevaS 3 q^M
4>uariÌ!MidUQ9i.vinor t quniì eoa uà c<i9^idi,garie> «gUr.cjpolleiL&fitfiiJf
ifili3ì«rfòdi6£tieeva al gatto ed alU fame. JÌ'curafi^ il barile colk coda
d':una :adÌG0 » : .che .egli ufava jiv ca«n1^ 4^ zipolo j ^cd^ il rienpicre Hi me*
delimo con. acqua pura> acciò non ifyanàìre , fu iiip co fiume ordinario, per
uaperao; fittoli^ in^egn4glll^e^p0fiel)3U; ph.e ,pG^.mai|i;$nere loripici*
co al vino;, lil mefcplarlo coli* acqua non e«« rifi«($a molto lodabile*
^afera noie ridotcqfi nel (Uo piccolo leccicciaaloi dopo airere attaccata ad.
ima delie colonne una caodeiecca acc€^,.iAeccevaG a leggere buoni libit.
ìfioricv^ ppecicij de' q^aii fu Tempre anjicp e curiofo ;. finche vinco dal
ibnnó JalciavafegU cader dalle mani» mentre V accefa candeletta feguitaa-
do j&^&ur. tuttavia il fatto fuo» o confupiata.Aporz^vafii o in terra cadeva:
Q rnLoite^furan; quelle .volte, che perjcalcagiione fu per ardeK il letto» la
eameca^Jis ù C^fa »:,com' era folitp raccontar? il Rovèlli» ie il fuflaoo
Uarfiii» noi) avente predo dati fcignt 4^11' imminente j^t»QÌQ ^ chi a
2iiellailan«» abitava vicino, pai rnodo.^ ch'egli teneva in. trattai: fe'ftef*
»:xiel cibarfi» e nel pigliar ripefo, argivnenti o^nunok quale fiifl^:qlie^
lOy.dilegUufavàiiel Vfftire» che fu sìaiCafo^ che più non farebbe dato
& i panni gli fuiier fiati, gettati, addoflb dalle fìne(ire.;.e talora occorfe»
che trovato per idrada da'fuoi conofccpci co^pgl^piu slacciaci e fciolti»
cdM. calate,. e* Ccarpe u pianella i. colla parte di dietro del coliate pen*
dente fui pet(9» e. con altr^ (tmile addobbo della petfonai ÉutTcl- a viva
finrza tirato in. una qualche bottega per raffazzonarlo alquanto» e toglier-
loiaUo fcherno de' rfigaui dellarpubblica via. Il XofTcUi peco da quefla
filo vivere attratto piglia va. ogni; ài maggiore fper;3nza di fua avanzaoien-
tprnell'arte ,e fìrequentemente dicevagli t Giovanni , tu vuoi ettère un gran
igilentuomo^.iinQhè giunfela coià a fegno, ch'egli (i dichiarava ai>erca-
mente con ognuno» di non faper più né che regole ne che precetti dar*,
gli« Facevagli difegnare naturali ignudi, yelUti» ed ogni akracofa» che
oibbifognaVa alle proprie opere : e de' difegni in cHTe fervi vali • Le medeliaae
fikfeva a lui tirare molto avanti» e quafi con fuo pennello. condurre fini*
te: il che faceva Giovanni con tanta applica^^ione di totci ifenfi» che
Don mai fentivafi profferire parola» fé nonfufie però venuta occafione di
dar la.qmdraa qualcuno : delle quali occaGoni» perchè egli aveva un' in-
gegno arguto e pronto» ed era a ciò molto inclinato» neflVuìa lafciavatt
Scappare: il perchè da*fuoi compagni e da ogni altro» il metterli a parlar
molto con luì. o. dove era egli, ttimavafi lìè più né .meno un voler, tirar la
Qoda al cane» o ttuzzicare un vefpajo. Fuori però tli tali occafioni » . era
neceflario , per fargli protterir parola » il trargliela di bocca « come dir fi fuo«
lé» colla tanaglia. Ed una volta.. occorfe quefto cafo* AveM. iL.RoflaIIi
comandata a' fuoi giovani # che. ogni qualvolta futter venute^ perimie alle
i^ ttanze». in tempo ^ che egli futte fuor dicafa^ pigliattero r imbafcia*
tef.xon farfi.4are il iiQiQe de) portatore. Coanf arvfiro un giotnoaUa
^ caia
GIOVA Nm DA S.GÌOP'Aisfm. :^\ f
ofii del RbflTelU tre giovani » coxi 4efiderk> Ai parlate còti offa fGìorainil
lu <piegtf » che ipeita loro la porta» diflè>che ilmaéftto non era'inctafiri
e fen» pìù'parlai« la chiufa. Tornato il Rovèlli, ù fehtìco, che vi {affa>
To fiati I tre giovani; a' quali avefle apeno Giovanni , domandò egli al
iuo iblito, chi elfi faflbro; ma Giovanni con un fempHce non lo loi
diede per faldato il cónto. Allora il Roflelli vedendo 9 che Giovanni dó«
pò avera trafgredito fuo ordine , fé la patTavi con sì beila difin^otturai
diede in efcandefcenze troppo grandi . E Giovanni a lui : bcci altro tnaMi
che il non avere io domandato chi f ufler coloro» che batterò larpdrta)
e prefo il matitatoio t rttiratoii in difpartè, con pochi maefireVoli fe'i(ni
formò l'effigie di tutti e tre» e xliedeia al maeuro;. il quale avendogli
tutti beniffimo rtconofciutì , ne ptefe tanto gufto ed ammirazione infiìef
me. che diede luogo a quel difi^no fra le Cofe più care, jiè^ volle maii^^
che gli ufctlTe di mano fin eh* ei vifle; e da quel tempo cercò ogni dì piìl
d' introdurlo in occafioni d'operare* particolarmente a freico» in che H
giovane moftrava una ftraordinaria difpofi^ione . La prima opera » che^H
toccafle a fare in pubblico (opra di se > fu la Storia b frefco del Martirio
di Salito Stefano» che ogei vergiamo» però alquanto guada dal leiìipoi
nella piìi alta parte della focciata della Chtela dei Santo de* Frati- A2ofti<^
lìianj al Ponte Vecchio. Era V anno 16^. quando egli ebbe a Colorire é
frefco un. bel Tabernacolo d' una Vedine con più Santi iti Via Nuovtt
da S. Armonio. Circa a quefti tempi il Gran Duca Cofimo IL avendo
formato di lui gran concetto, volle, ch'egli efequillè un fuo nobile pen«
fiero» che fu di dipignere a freCco la facciata deiJa cafa» che per entra
la citcà fa termine alle cafe fra le due vie rimpetto alla Porta a S. Cier&
in Gattolino» o vogliamo dire Porta Romana. A quelEI:" opera s'. applicò
Giovanni con gran premura » facendo apparire in eUa una fua belk ldea#
rappttfentando dal deftro lato <li una fineftra, che è nel mezzo, h.Qn
gura di Marte» di Pallade , e di Mercurio» in belle attitudini,. e Je Gran
zie che al fuon della lira d'Apollo (tanno leggiadramente danzando t
e dal finiftro, la Città di Firenze in fi^ra d' una maeftofa Regina fedente
in trono» veftita dell'abito della Sacra Religione di S. Stefano Papa
e Martire, olla quale fbggono a. delira e (iniftca due vaghe fc moline, am«
fuantate pure alla reale, che rapprefentano » quella a delira» ia. Città
di Siena » o quella a fmiilra , la Città di Pifì: alle quali tutte, accorrono in
atto reverente Flora, colle quattro Stagioni dell'Anno, ciafcbedunaprov-^
vifta di fue delizie per fargliene offerta, mentre varj amoretti ȎprincipaU
mente due, che uno mafchio e l'altra femmina i fcherzando neil' aria, ap*
plaudiicono a quell' azione. Sopra Y jrrchitrave della fineftra poiàleggia*
draqiente, quau giacente, il Fiume d'Arno, figurato in un vecchio nudo»
difegnato mara?i^liofamente: (opra di cui fi vede V Arme della CafaSere^
nifltma de'Medici» in mezzo a due vaghe femisiioe» del tutto e vagamente ver
(Kte, che una rapprefenta una Vergine Vedale , con la face accelà in mano, fi»
gnificante la Vigilanza : e l'altra , eh' è colla fpada alla mano , va usurando 1$,
Giuttiflcia. Sotto queft'opera in certi fodi figurò a chiarofcuro giallo quattro
cro£:j#allttdenti ali' Arti liberali» alla Militare» all'Agricoltura» edallaSo*
' : -ì A4 vranità ►
t DecmMÀfHi^fm. tiMìèt. V. 'M\ St4M 1 610.
tjf
moda cho detto abbiamo ; avcirdà dipiata ccÀ dtviift 4nY e gii
«yènddhi dfpoifai aik y tfta d'ognuoa» avcsnrioe ripof tata grtfi iod^ ; quiid»
irimóffi £u i ponti » e di nuovo ferr^tofiattorno^ a quel iniiro» maodòf a.cem
tutto il IÌMito;«antre ìLpopolo la^^prìdàva a tefta>; itiacglifirpondetar s'dla
|iiacè*miìi€lU& non piace amè: etìDlia&opfircbelfcépoila nuova pittu#^
ara» dkcte àconofecre quanto^!refifafia.il giudizio édl'occiao di pertco maa^
Uro , di <|iialIo del popolo >GÌie per lo più (enra raziocinio^ iatorno a' {vecetci
ikll^ arca vaol giudicare; coociófouecofàcliè egli la eoralucelle di canto
gufté » iche noa folo ella eccede ia bontà ìi primo Iav<n»; a» ae guada»*
giiò maggixMTi applaufi della patria fid» e d' ogni vadoiroib artefice fhuT
luerò ». eji& entrando per quella porta sneUa noflxa Città» s'incontrava in
oflb» tantoché prefto volo la J&atià di loo penuelb aoeàe a' più iootanit
egraa peecato^ per cosi dire, fu del tesipo» e di dti poi quella cafa abi-»
eòi l^aoèrla d malaoiente coa&rvata / a per meglio dire •. in tanti modi
fanti de' Frati dell' Ofiervanza* nella quale rappretieneògit Angelici Cotfi
con quantità dtbelliffimlangpletti itgurati in aria danmiido^éonsi belli
fcortiidl (otcoim fiir che pajono veramente in apxà ìa ty (tao per totto
ftìecàti dal itiQiio . Ne"^ peducci della volta dipinfe alcune figure belilffik
me di Serafini , alludenti ali" Qcdine ed al Santo Fondatore t e vr (L veg^
rio ancora di fiia mano altre figure condotte di btiona maniera » Q^cua
però per Giovanni una ilnna faccenda ^ a cagione di una grande umi«^
àìtàfr cii'eglr attraffè, (landò per più tempo fenau> inquel laogo» per alv
tr6 ftngdfto; fttt le &eiche calcine > nella quale tanto a'^ aggravò, che i»
divenne pàaszo r e dicefi» che la fua pm recuperata fan ita hconofcede egli
AU^oranonì di quei Retigiofi» che per compaffione a chi aveva sì nobile
mente ornai» la Chiefa loro^ n^eran rimati molto affiitti ; anzi non ebbe
«gfi appena riavuto il fenno e le forze» che i medelimi operarono» che
lufiero fatte dipignere a lui cinque lunette del primo Chioftro» le quali
«qnduffr cjgti in diverfi tempi fra il i6i6i e'I idip^. Vedefi; in una il Mi«
racolo di S. Francefco nel refucitare il fanciullo morta, nella calda ja boi*
lefite:-'ed è<k notarfi » che nella perfbna d* una femmina, figurata per la
madre* dtel fanciullo^ veftita diroflb, che accorre alla cafia» in cui il mor-»
co bambino era ftato ripofto , fece il ritratto al naturale di Margherita
di Cammilio Marzichi uia conforte. Nell'altra rapprefentò il raffrenare
die fece S. Francefco con fae orazioni le mortali nimicizie , e civili difcor-
die della città d'Arezzo, facendo vedere Tatto d^una orrida queftione
con più feriti e morti > opera veramente bella « In un'altra vedefi il mi*
racolo del liberare un efleiTa, e qudlo delle formiche» In una è quello
d€l)la fanaaione d' una donna deca. E nelTuIcima finalmente è la Sanu(fi«
ina Vergine, in atto di porgere a San Francefco il fuo Bambino Gesù.
In quello medefimo tempo, dico circa al 1616. trovati efllre fiato dato
princìpio in Firenze alla firuttura d* un nuovo Tabernacolo in full^ an-
golo appunto del muro delie Stifichei dalia parte di verfo Badia» per ac«
€ompa*
k -
GlOFANNl mi S. HJOVANNl. o
\
^AiuiipigMttrA 'd«lPthto anckHiOiiK)» «he rifiéde Mir angolo della altra
yarte Yehb la Via Ghibellina : e dovendoli fare per entro i medefimi la
fàtìtàt^ a firefco» ne fu a Giovacvni da S. Giovanni data V ioctimbenaa:
dqoÈÌc nel primo ri^prefencò la ferrata d'ima carcere» ed un venerando
'vtochio» vedilo in abito ienacorioi in accodi porge? liioofacia a* carcera-
ti» mentre Gasii Crifio noftro Signore» che v' è fi^^ritto prefence glo-
rìofi^^ colia venerabile foa mano benedice quella limofina. In aria vefih
gonfi alcuni Anpelerct» che oflervano quella pia uione: e nella parce di
qoefia bella fiona» die à più vicina tir occhio» vedali un uomo in piedi»
civilmente veftico » io poficura grave , e in acco di guardare chi lo mira »
e quefto è il ritcactatl naturale e beliiffimo dello fteflb pittore. Nelle
bande di fuori del Tabernacolo fono due figure di Sance . rer inteUigen»
zm di quello, che Giovanni dipinfe nelFalcrb Tabernacolo, è da (aperfi^
-com' è antica ufanza del Magiftrato de' Buonuomini delle Stinche» nelle
Soleiinità del Natale, della Refurrezione, e di S; Gio: Batifta» il liberare
molti prigioni: per debito FifcaJe» e d'altri Ufiz) e Magiilrati » e tanto de^
loro prigioni p quanto di quegli de' Buonuomini di S» Buouaventura: e
ovegli unire nella ftedb luogo delle Stinche» e quindi mandargli a of*
nrta» con rami d'ulivo inmano» alla Chiefk di S.Giovanni. Quegli poi»
/ che tal benefizio confèguifcono nella Palqua della Refurrezione » da San
Giovanni tornan&ne al Palazzo del Bargello » e da' Buonuomini di San
Boonaventura fono pure procefiìonalmente accomj3agnati alla Chiefa di
Santa Croce > ove con danari, che danno loro per carità» fon lafciaci li«
beri e fpediti . Avendo dunque Giovanni fatto vedere nel primo Taber-»
nacolo r ateo di carica del vifìtare e fovvenire i miferi nel luogo di lor
miièrie, voile rapprefenttir nel feccHido l'ultimo termine delk carità ftefl
&, che è il torgli affatto da cale infelicità. Quefi' opera» che è beUi(fima#
coaiincia oramai» colpa degli anni e de' venti» che quivi molto poflo^
no» ad eflèr ouaG ridotta a fuo fine. Nel tempo eh' e' dipingeva que-
fto Tabernacolo , nel paflàre che fece di quivi vicino uh certo nobile
nomo, aperfe un tal poco il ferraglio di tende» con che il Pittore erafi
rscchiufo in fui palco: ed afiaociatofi per quella feflura» e vedutolo ve^
ftito al fuo folito ali* impazzata, e male all^ ordine della perfona, per pi-
gliarli gufto» e farii beffe di lui , gli domandò ove fofle il maeftro. Ma Gio*
vanni» che non teneva barbazzale • con due fole parole» che effondo inge«
[nofe molro» potrebber far conofcer fempre più di che tempra fuffe la
uà arguzia e prontezza » lo mandò via fvergognato e conJFuib ; ma io
per non offender le facre leggi della modeftia» non iftò qui a dir quaii
furono le parole. Dirò folo» che anche a chi fentefi ben fornito di zan-
ne» non è fempre cofa ficura il metterli a morder chi ha denti. Brain
quei tempi in ìilato d' un de' primi Miniftri della Cafa Serenilliaia Niccolo
dell' Antella Senatore, che fu anche Luogotenente pe *i Granduca neU
l'Accademia del Difegno. Quefti avendo deliberato di far dipignere la
facciata di fua cafa in fulla Piazza di Santa Croce» come amico eh* egli
era dell' arti noftre » e molto più ^lla gloria e avanzamento de' noltri
virtuoiiFioreacini» che molti pure ve ne avevain qucU'ccà» chiamati a fé
Dome-
y
1 o Deeenn. IL della Part. l ìidSèc. V. dal i6io.al 1610.
Domenico . Paffigilani , Matteo Rofielli» Ottavio Vannini , Giovanni ida
S. : Giovanni» Fabbcìzio Bofchi » Michelagnolo CinganeUi , Niccodetno
Ferrucci» Andrea del Bello» difcepolo epa^fiino di Giovanni» Michele
Buffini» Ton Guerrini» Filippo Tarchiani» Coiimo Milanefi» e Stefan
da Quinto» fece loro dar. principio, con Difegno di Giulio Parigi » al bel
lavoro : e quel eh' è degno di refleffione » fi è » che con edere le pitture qiùii
tutte belle » e tanto ben lavorate , fino al prefente tempo, dico dopo più
di 60. anni» ell'apparifcono, come fé pur ora fuflero fiate dipinte . Tutte
furon fatte in tempo di gioriii 20. cioè quelle » che occupano io fpazìo
del primo ordine delle fineftre di quella cafa> in giorni quindici » dentro U
mefe di Maggio ì6i^. e q uèlle , che al ]>iano del Terrazzino occupano f altro
fpazio delle inferiori fìneftre» in foli giorni cinque, dentro al Maggio i6^o.
Ma quantunque fra' Pittori da me nominati , e maeftri vecchj fufièro uomi-
i\i di gran nome; con tuttociò le pitture di Giovanni daS. Giovanni ripor-
tarono la lode maggiore, e meflerlo intanto credito» che non fi fece poi
opera grande e degniiTima a frefco in Firenze, che non fufle raccoman.
data al fuo pennello. Ma perchè quella £icciata contiene in le non fola^
mente il preziofo di molte belle pitture» ma il curiofo e dilettevole altiedt
de i concetti, co* quali vi furono efprefle varie Virtù e Deitadi: ed
anche perchè defideriamo di dar qualche lume delle maniere a frefco di
più maeftri» che v* operarono» abbiamo per bene il fare di quafi tutte un
breve racconto; proteftandoci però» che rifpetto a i nomi delle dette
Virtù e Deitadi» polliamo in più d* una aver prcfo qualche sbaglio, per
non avergli trovati fcricti né preflo alle figure»' né in alcuna nota o ri«-
cordo, onde ci è bifogno il cavargli da* (imboli, ch'elle hanno appreÌlo«
Incominciano le pitture da uno fpazio» che è fopra una delle porte della
cafa, ove vedefi TArme della famiglia dell' Antella con treputtini attore
no in varie attitudini, opera del noftro Giovanni» e bcUimma. Venen»
do ora a defcrivere il primo ordine di pittura» che nel più badò occupa
i parapetti delie prime fineftre, e facendomi dalla parte della Chiefa» ve-
deli la. figura della Fortezza, con fpada in mano ed una fiamma appreffo»
alludente forfc al fatto di Muzio Scevola : e quella apparifcc opera del Van-
nino. Segue la Religione» che vedefi genufiefla, ed in mano tiene una
candela accefa. AppreiTo è la Dovizia, appoggiata ibpra un faftelletto di
pomi, ed ha un falcio di fpighe: nèfappiamo noi quale de* foprannomi*
xiati maeftri ne fufle l'artefice» e non è delle migliori. Seguita poi la ftu-*
penda figura dell'Amorino, che dorme prelTo ad un cigno: equefta fe-
ce Giovanni da S. Giovanni , il quale non ebbe difBcukà di copiarlo da
fimil figura, che oggi é nel Palazzo Serenifllmo » fatta ner mano del Ca-
ravaggio: e non v'è chi dubiti, che data la parità dell' eflere quello di
Giovanni a frefco» e quel del Caravaggio a olio» non fia migliore quello
di quefto . La figura della Dilezione fi fa vedere appreflb, ed ha in collo
il pellicano : opera è quella del Rofiellt . Vien poi rappre^ntato un Gio^
vane con un ramo di quercia ghiandifera : e fecelo il Paflignano pe '1
Secolo d' oro . V è poi lo. fpazio, ov' è fituata la ftatua di marmo del
Granduca Cofimo IL da i iati della quale è figurata in pitturai a finiftra»
una
.>:G10VANm DA S. GIOVANNI, u
ma hwuÙLÌtk^ chfei nppréfdiita k; deca di'Sidna, orperd del^ni^pUo del
RcàTeiii ,; ili ^quale dovendole fare iF^ccompàgnatu» della Lupi» per 'efière
in. dipignere': animati poco felice » {)regò Giovanni, che gKelo Ikceflc:
€d egli in uhì oliano d'ora* e nòà phì^ dipinfola bella teda di detta Lo-
pat la qualcotà^ofTervàca d;^ Paifignanoi che a riian delira della ftacua di'^
pìofe Li figura per la città ài Firenze, volle che lo fteflo Giovanni dipi-
gnefle anche per lui il Lione, armo. di i]uefla Città w Fecelo egli, e tanto
beiie, chefembra fatto dal naturale. Dopo è la Fedeltà» figurata in una
ftimmina, con un cane in colloi tutta fattura di Giovanni. Segue una
ya^'jdonha, con ifcectro ed una chiame d' oro in mano» fatta da incer-
to pittore» per la Ricchezza» Apprefio è la Sincerità » che nella deftra
ha un cuore, e nella finiftra una candida colomba: il tutto fatto da Otta-
vio Vannini. Allato a quella vcdefi un giovane» che tiene imbrigliato un
leone» ed.ha nella deftra un pugnale: e. fu opera di Filippo Napoletano ,
che in (quegli ultimi anni della vita di Cofimo» ne' quali per mala fanità
egltvific per lo piii. obbligato al letto o alla camera» fi tratteneva ap«^
preflb a queir Altezza per tuo virtuofo follazzo» dipignendole tuttavia di
que'fùoipaefi, con piccole belUiìime figurine. V'è poi un'altra maravi-
giiiofii figura »fiitta da Giovanni, che è Cupido abbattuto: e dopo quefta fe*^
^oe il terrazzino o pergamo' che dir vogliamo» reftando. finito nella par**
tt bada imprimo ordine delle pitture. E notili» che nel bafamento, fra
Tona e 1- altra delle figure» che dette abbiamo» fon certi putti di chia*
rofcuro» uno de' quali tiene una lunga carta» in cui fono Icritti i nomi
de' pittori, che in detto anno idi 9. vi operarono» che fono i dà noi fo*
pra notati; Evvene anche un'altro» dopo la virtù della Sincerità » che in
altra carta tiene fcritto» che Io reftante della facciata fu cominciato da'
medefimi pittori agli ii. e fi finì a' i8* di Maggio 1620. Segue il fecondo
ordine delle pitture» e primo delle fineflre : e frali' una e l'altra fìneftra
iòn tutte figure quanto il naturale a chiarofcuro . Vcdefi la Pietà colle
man giunte» opera del Vannino: la Scienza colla penna d'oro» che fopra
una carta (crivé, ed è fattura d'incerto: ficcome quella della Sapienza
figurati ili una Pallade» colla lancia e collo feudo; auella della Fede» col
CaIice.:e:i:olla Croce: e quella della Temperanza» che ha nelle mani un
freno diicaivaJlo'. Segue la Religione» che con una mano fofiiene un tem-
pio:^* e coli' altra tietie.una chiave d'oro» che fu dipinta dal Roflelli.
Seorgefi poi la tanto fiimofa figura» fatta dal noftro Giovanni 1 che rap*
prefema la Giiiftizia» con elmo» fpada» e bilancia» alla quale» per eflere
viva»(non.manca fé non la voce. La Femmina» che fi fpecchia» che tiene
in mano una freccia» ed a. lato un cervio, fu fatta pure da Gióvaiuii.
Quella» .che fegue dopo qnefta» rappreièntante il Configlio» figura con
due faccie» xma di giovane» ed una. di vecchio» inghirlandate di fpighe^
ed ha nella deftra un timone» e chiavi d'oro nella finiftra » fu dipinta dal
Rodèlii v DelJa Femmina con libro in mano» ed altro libro a' piedi fopra
un' oriuolo a polvere» ed apprefiò una gabbia dentrovi un uccello» che
fu opera del medefimo» non oppiamo il fignificato« Appreflb è un'altra
FeqnninaiColktefta alata 1 a cavallo a una Oria qì» lecca i fuoi parti:
è bella
1 1 Deeam* IL àeìla Pari, LMSé£, V, del iSi Òiàli6i o.
è belili j^ififiur» di Gtownnl. Il Giov» co* fulmini,^ e V Ercqkfinxuk |nip
re coloriti dal iMdcfimo» Nei terzo ordine di ptctotae ; .xiei< panpeMò
delle feoond^ fineftrev incominciandofi daUa parte del Terramnb > ' Aa
%ure colorite. La prima » che è di Giovanni » n^pprefenta Jt Pittai
r». Segoe dopo quella l' Aftrouomia » che apptrifce fafckta dallo 2kif-
diaco: e fecela il Remili • V è poi la Contemplazione» figurata in une
femmina giacente 9 inatto di aprirli il petto» e moftrtre il cuore; ma di
^ue(hi non lappiamo chi fufle P artefice. Un Giovane armato» ed alato
in tefta, con arco tefo> è. fattura di Filippo Napoletano* Ha la figura» cìm
fegoe in atto di ledere, che è la Meditazione, una candela acceda
• leg^ in un libro • e quella è di mano di Giovanni. Una Femmina, eoa
una terpe nella, finiftra , e nella delira una sferza i fi giudica d' Andrea del
Bello . Altra Femmina fedente fopra nuvole, con ftettro e corona , ed
un'Aquik apprelTo, fu fatta dai Roflelli, per rappiefeacare la Maeftà «
L'altra giacente, che colla delira dringe una guglia, è d' incerto Pittore i
ed è forfè la più debole co fa che fia in quell'opera. Vedefi anpreflo la
figura d' uo Vecchio ignudo , fedente fopra V iride , con fede nella finiftrag
archipenzoh) é fouadra nella deftra ! fi dice facto per lo Tempo , né fap^^
E^amo da quale oe' nominaci Pittori . Segue dopo quello una F^ura coni
lancie nella delira, ed un cornucopia nella finiftra, forfè di mano del
Tarchiani . Nel Giovane armato , e con elmo fiorico, volle il Rofielii
rapprcfentare il Ripofo. V è finalmente la figura della Prudenza^ in atta
di federe: nella dettra ha le fefte, e nella finillra una vergai con apprefib
laGrU« Venendo al fecondo ordine de^ chìarifcuri , e quarto delle pittuse
fraile feconde fineftre, e facendofi dalla parte della Chiefiié vedefi ima
Femmina con lucerna» a' piedi la Gru col fafla, nella quale fij^uròil
Roflèlli la Vigilan2a . Il medeiimo fece quella che fegue» con palma in ma«i
no, un mappamondo a' piedi , e fopra la tefia un Sole: ficcome onoota
r-alcra, che ciene una lucerna ed un libro. La Femmina alata, coli' afta
pura [a} nella deftra » e nella finiftra una laurea dorata ^ che rapjpce*
femala Gloria, fece pure il Roflèlli. Dipinfe Giovanni quella, che è
dopo quella, col pecco, da una parte ignudo» con uno fcojattolo in ma*^
no • V* è la Fama , con due trombe d' oro , una pefidente dalla finillni
mano, ed una dalla bocca in acto di fonare, che tu pure opera di Giov
vanni • La Carità co' tre.pucti , fece il Tarchiani. Vedefi appceflb una
Femmina» con manto flellato , attorno ad una ara coi fuoco accelb » ed.
evvi una Tigre, che fa opera del pennello del noftro Giovanni . Seguono
poi tre belle figure , chediconfi di mano di Fabbrizio Bolidi : ciò fona» una
donna, con ramod*ulivo.nella deftra mano, ed uno feudo QeHafinìftca,efa
fatta per la Pace : un' altra donna , con orinolo nella deftra, ed ha imai^fcia
o diadema reale; ed un giovane alato, con fiamcoa nel perto, e pr^flb ar
lui un cervio alato, che fi crede rapprcfentare lo Zeb.. Evvi una donna
colorita per mano del Rofiielli » che tiene una croce d' oro,, ed appreflo.
^ ha un
£ a ] Afta pura , . m$ Afia m» arftwa.iiftrm^ e dikra ùm'^^fMMé^.ci^ jùauifi /tfr .
prftnifii . dfoldati ptr alcuna loro gloriofa azione •
GlOrFANNl DA. S. GIOVANNL 13
Im «n pexzo:di macia » con élLera attorno; Dopa qnefta ftwpw un* al-
.tra. coronata »f£Eitta da^Giovanni^. che tiene a* piedi lina Pianea à!:^ì^
JàQÌo .. Sopra auefto quarto ordine di pittare legue il quinto , . che fa
compimento, allac bella facciata * dove m figure colorite » veggonfi ràp*
prefentate diverfe altre Virtù e Deitadi in numerp di credici., che per
fuggir lunghezza non fi defcrivonp. Diremo però folamente, che nel bèi
niez2so avvi un venerando Vecchio » fedente in abito Senatorio, ed appref*
fo un uccello notturno, fimbolo della Prudenza, e perciò dedicato a Pai-
ladex erapprefemala figura, che è beliifnma,e di mano di Giovanni, la
:per(ona di Donato deirAntelh, Senator Fiorentino,. Padre di Niccolò»
.che quella beli* opera, con grande fpelà, fece eJTporre al pubblico diletto
dé*fuoi concittadini: e per ornamento eziandio di quella grande e nobi*
liffima Piazza, nella quale per ordinario, oltre al bel giuoco del Calcio»
le pubbliche e più infigni felle foglionfj rapprefentare.. Ed eccoci a ri-
pigliare il filo del noftro racconto» TralP altre amenif&me Ville della Se**
reniffima Cafa, pofte dentro a. tre miglia preflodi Firenze, in vaghe col-
linette dalla parte del Monte Morello , o vodiamo dire da Tramontana »
era quella, detu la Quiete , che poi a' dì noftri fu da Ferdinando II. con-
ceduta alla pia memoria della Serva di Dio Leonora Montai vi, nobil Da-
ma Fiorentina, per abitazione delie Vergini di fuo Inftitvto. Quella ViN
la dunque, per la ftima che faceva il Granduca Colimo IL della virtù del
noftro Pittore,, volle egli che fufle abbellita con fue opere,, che furono
una molto bella figura, rapprefentance la Quiete, e quattro facciate con
gran quantità di belliflimi putti; nelle quali pitture dicono eh' egli fu-
peraffe fé (ttffo; onde crefcendo ogni dì più in pofto ài molto concetto
appreffo a (quell'Altezza, ne godè nn ch'ei vifle la protezione» con fegni
m non ordinario amore: ed una volta frali* altre ebbe a dirgli quefte pa-
role.* Giovanni, noi vi vogliamo bene, e vi faremo fer vizio volentieri;
ma voi nulla mai ci chiedete. Ed egli al Granduca: fé Voftra Altezza
defidera di &rmi grazie, una glie ne chiederò, ed è quefta . Io ebbi fin da
bambino gran piacere deir andare colla civetta » e tale quale io fon ora»
quando dò ripofo a' perinei li, e che il tempo il concede, non lafcio di
andare or quù or là; ma le gite fon lunghe: e le prede fono fcarfe: vor-
rei però ,.che V. A. me ne concedere la licenza per le bandite delle Cafci*
ne. Molto poco chiedete, diffe il Granduca : e non ebbe egli appena par-
Iato, che furon dati gli. ordini per tale facoltà; e Giovanni non prima
r ebbe avuta, che incominciò a valerfene. Accaddegli una mattina V etm
fervi trovato da una fquadra di birri » che me(folo in mezzo ( folita ufanza
df quella g[ente ) gli dimandarono chi il faceva andare a civetta in quel luo**^
go « Le mie gambe , rifpofe , e il fapere che qui fono più pettiroffi che altro-
ve. Ma fapete voi, diuèr coloro, che qui è bandita? Io non fo tante cofe»
ripreCe Giovanni, e penfo, che il Mondo fia fatto per tutti. Or fappia-
te, diflero i birri, che quefto è tm di quei luoghi del mondo > che non è
per tutti ; però venitevene con eflb noi. Lo prefero , lo legarono, e poi
per la Porta a S. Piergattolini» corteggiati da gran comitiva di ragazzi
e d'ogni fotta di peflone^ che bene U cono&cYauo» per aver egU operato
preffo
^m^W^^t 9 I p m^ -.'"W ■-■ ^ *
1 4 JD^tfAM. J7. «I(fi7ii fa^t. 1. MSeci V. dal 1 6 lo.^l 1 620.
preflb a quella fwrta/e anche per aveie fua abitazione in queila eoaw
troda^ amduOBVttnlo allecarcen del Bargello* Gianfe in mercato nao*
vo» nelP ora appunto dello foaflèggiare che fannovi i negosdanti e ca*
valieri ; onde alcuni di lorot (voi conofixnci ed amici > lafciati i ncgoz^»
s' accoftarono a lui » e con gran pena domandarongli di quel fucoeflb .
Kifpofe imdi coloro» che per averlo trovato a civettare nelle Calcine len<-
za licenza. Come fenza licenaa? replicò Giovanni; la licenza io l'ho
beila e buona s e meflbfi, com'ei potè il meglio , la mano alla tafea, fé-
cela loro vedere. O perchè non ce la moftnifte voi* quando noi vi pi»
gliammo ? difièro i birri . Oh % ve lo dirò io , difie Giovanni a voce alta :
perchè % a' io ve l' avefii mofirata allora, voi non avrefte avuta la fifchiata
in Mercato ni^vo» che v* avrete adeflb. E tanto badò» come noi dir
fogliamo» per dar Je mode a' tremoti ; perchè in un Cubito e dalle logge ^
Mercato nuovo ^ e dalle botteghe e da tutta la ilrada fi Tenti un rumore
di fìfchiate contro le perfone de' birri> che mai il maggiore : e Giovanni
pofto in libertà fé n'andò a goderli la £itta burla fotto le logce con quei
gentiluomini > mentre i birri fvergognatie confufi dieder volta addietro «
Ed io non faprei altro dirci fé non che altro non vi voleva» che il cerveU
Io di Giovanni » che per cavarfi il capriccio di fare un fimile fcherzo
a quei malnati» fi volefie ibggettare alla» per così dire, grandiflima
icopatura di farfi vedere per tanta gran parte della dttà» nelle vie piA
frequentate » a tanto gran cotto della propria dima e decoro « Ma tem-
po è oramai di ìFar menzione d* alcune delle molte opere , che al no^
fico Pittore» circa a quefti medelimt tempi (chiamatovi a pofia) con*
dufle a frafix> e a olio nella Terra di S. Giovanni di Valdarno, fua patria^
Primieramente a capo allaftrada» detta di Santa Lucia» è un Tabernacolo
di braccia due d'altezza» ove vedefi Maria Vergine con Gesù in braccio:
evvi lì filo Spofo S.Giufeppe» figurato in un venerando Vecchio» ritratto
al vivo da un uomo di quella terra i e v' è anche il fanciullo S. Giovanni «
Sopra la porta d* un orto del già Girolamo Puccerelli Fiorentino » ^i
delle Monache del Latte di Montevarchi, dipìnfein altro Tabernacolo Ma*
ria Vergine» a' cui piedi è S^ Giovanni. Un fimile Tabernacolo vedefi di
fua mano fuor della Porta Fiorentina» in luogo» detto il Tabernacolo di
Bartoloromeo Roffi; e v' è pure la Madonna, ritratto naturale della ma*
dre del Rofiii e Gesù con S. Giovanni» ne'pilaftri in proporzione quan-
to il naturale è S. Antonio» S. Francefco, e S. Bartolommeo; e nel ro*
vefcio è rapprefentato il Signore» apparfo alla Maddalena in fembianza di
ortolano: opera bellifiimay fé non quanto il pittore» per eflerfi forte
corrucciato oer caufa di prezzo col padre del Rofii» che gliela fece fare#
feguendo il aettame di fua folitaftravaganza» disfece una di quelle figure,
e rifece la a bello ftudio deca e ftroppiata : ed è da notarfi » che quefia non
fo con quanto merito d'approvazione e di lode, foriè i)er pafcere b c\x^
riofità de' riguardanti» fu allora» ed è fiata poi per moltiflimi anni lafcia*
ta» e forfè fino al prefente dura, così detmrpata e guada. Veggonfi pure
di fua mano a frefco due lunette a capo alle due fcale dell' Oratorio
della Madonna per ^ntro la Terra: in una lo Spofalizio di Maria Vergine
con
GIOVANNI DA S. GIOVANNI. 1$
con S. Giufeppe: openi che fir> per quanto riferivano i vwch) di quel
luogo» dal pittore affii ftrapazzata, a cagione delF ettevfllì fiato negato lo
ftare al naturale per la tefta della Vergine, per ecceflodi modeftìa» d^ una
ftnctttUa divago e maeftofo afpetto; neir altra è rappreientato il Mifierio
dell' Annunziaztone di Maria . QQefia pittura, obi dtpono e0afe befliffi^
ma» pt»oque tanto a yranoefco Rovai , noftro GentUuoieQ , noliile poeta
di noftra patri:) , e che a guij& dell' antico Pacuvio , Pittore infieme e Poe*
li, [a] oaolto diletfio0i dell' arte della Pittura» che coir oceafione di tro-»
varfi iuquel luogo per più fettimane T anno 1633. ^^ ^^^0 clie Faolo
Antoiuo fuo padre vi ttfodeva Vicario t non folo feeeoe di tua mano una
copia», ma in lodo della medefima compofe alcune molto ingegnofe riiae «
Sono anche nelte Terra di San Giovanni opere dello fteflo Pittore fat-
te a oUoi ma bellilBma è la Tavola dplh Pecollaaione di S.Qio: Battila,
^e fi «o^erva nella Compagnia * (òtto T invocazione di detto Santo» nel
recinto delia Parrocduele di S. Lorenzo , dipinta da lui nel i<^o. Rap«
frefentafi nella Tav^ uoa ofcura career e ; in terre v^^fi caduto il la*
<iro corpo del Pceeorfoc^ fra'l propaio fangae dopo il fiero colpo: da
una parco è Erodi^de* pronta a ricevere la reciià tefta del Santo, e dall' al-
tra il carnefice, eh» £iiela prefenta: e in veduta alquanto vicina fa bella
ecuriofà nioilr« una i^rfiata di carcere, alla ^uale s' affacciano atterriti e
dolenti, alcuni prigioni» per vedere la terribile tragedia • % qui è da no«
Qurfi» che mentre il aoftro Pittore conduceva quefta bell'opera per entro
la medefima Compagnia, un certo tate» uomo bruttiamo d' afpetto» 0
di ìmJ^ condizione , moffo da curiofità» e con modo troppo importuno $
lafciavafi vedere ia quel luogo, con che era di non foca nftidio al fólto*
r<t; maque(U, ch<e non aveva a mendicar P invenauoni pev torfelo una
vote^ d'intorno». oflervatoJio ben bene » ritraifelo al vivo nella tavola per la
IH^opiia perfona del bo)a » dei che il pover* uomo» per lo tempo che viflo
poi» fu fempre feontento. Un'altra fua Tavda pure a olio è nel foprad-
demo; Oratorio della Madonna» sella quale con molto artifizio dipinfe
SaaGluTeppe inatto di federe; con una mano tiene un. libro» e neiral*
txiiil.fiortio battone, e fralle fue ginocchia è il fanciuUino Gesù» che di*
Qono Mtratcoi al vivo di Giovanni Grazia» Tuo allora piccolo figliuolo.
Qpefie 6m l'opere, che egli mefle in pubblico neUa fua -patria : e molto
dolgoiift al prelence qui^' iuoi pae(àni, eh' e* non avefl^ effetto un tratta-'^
to» che §\x maSà ia quei tempi , di fargli dipignere tmta la Sagreftia del '
detto Oratorio , con Ifiorie di Miracoli delta tanto rinomata Immagine
di Maria Vergine, che ia efib fi riverifce e a' adora s e quello mercè la len«
tezaa , e forfè avarizia degli antenati loro .
Stavafii dunque in queftji tempi il pittore nella Terra di S. Giovanni»
parte dipignendo V opere che dette abbiamo» e parte godendofi i pochi
oeni ch^eglt aveva quivi di fuo patrimonio; ma perchè Giovanni» andaf-
fe o fiefle pure dove fi voleffe» fempre portava con &co il luo senio» bia«
zarro si» ma fiitirico» mordace» e beffante ogni perfona» occorfe cola» che
ora
i
m^^^mmmliimmmmmmmmmmmmmmmmmmmm
[a3 ila/af GìUìms Noffis Attitd,
1 6 Decimi. Il delta Pah. t delSec. V. dali6t o. ai 1 610.
óra Gamo per riccontftire. Era il mele^d'Agofto, quando in quella Tefra
concorre oa ogni banda- gran quantità di popoli alla devozione del Pèr«
dono; quando venne a lui un certo merlotto, poderajo fìflb in quel luo-
go d' una tale Comunità di perfone » delle quali per reverenza non £i di
nieftiere altro dire: e gli parlò in sì fatta guifa . Giovanni mio» s' avvi-'
Cina la feda del Perdono » ed. io vorrei pur trovar modo d'cGtare circa di
ottanta barili di vino » che m' è avanzato in cantina ; cofa » che fé io non
fo in quefta occaiione, oramai non farò più» perchè la mercanzia, fianto
i gran caldi, non può più afpettare, e corro pericolo» coli* andare in là»
di mandare alla malora e1 vino e i vali in un tempo fteflo; però altro
non ci vuole, per torgliermi da penfiero, che l' ajuto dell'ingegno vo-
ftro . Or ben ùpete, dtfle Giovanni, fé voi non volete altro che votar
k voftre bòtti , e dare efito al vino, V invenzione è bella e trovata . Voi
fapete , che nelF occafione di quella fefta non v' è chi abbia divieto dal £ire
oueria. Sapete ancora, che nella tale ftrada è una piccola caletta fpigiona*
ta; onde io ho penfato che facciamo così . Qui potrete voi Gir comurre
a volito bell'agio più quantità che potrete deTvofiro vino: e con quello
e con quello, che voi farete portare a' voftri villani, a mano a mano
eh' e' S'andrà in quel giórno efìtando, e con pane, paftumi e carne, che
io procurerò di provvedere, fi farà o(ìeria« Q^efta cofa non mi torna»
dille il poderajo; e che direbbero i miei maggiori, fé fapelFero ch'io avefii
fatto r ode ? E poi , dov' è la quantità delle lloviglie da tavola e cucina »
e la biancheria? giacché quanto al provvedere e pane e carne, ed ogni
altro companatico, voi mi dite di non volere che io abbia un penfiero
al mondo. Statevene a uieto,dil]e Giovanni, eh' io ho penfato a tutte le
cofe: e che ciò venga all' orecchio de' voftri maggiori, non temete punto;
jlerchè oltre al veftirvi che làrete fuori del voftro ufo t io fo penfiero , che
Voi ve ne lliate fempre in cucina, che appunto è fotterra,e in luogo ove'
nefluno potrà penetrare altri che voi; e l'afliftere alle tavolate» T ammet-
tere e licenziare i foreftieri, farà tutto penfier mio. Ma e' converrà pu«
re, dille ri poderajo, che qualcuno vi porga la vivanda: ed io non lo pò*
trò fare fenza elfer vitto e conofciuto. No, no» rifpofe Giovanni , co*
dello non leguirà ; perchè io medefimo verrò a riceverla fino a mezza la
ita letta» e voi ve ne tornerete alla voftra buca t fenza eflere punto ofllèrva*
^to : e quanto alla biancheria ed alle ftovigUe , latciatene il penfiero a
me ; che quaodo e^ fé n' avefllè a rompere o fmarrire qualcuna» tante ne
ho io in quella mia cafa» che me n'avanzeranno: e po' poi» chi vuol
fare altrui fervizio, e'- fi vuole fcomodarfi un poco. O via, come la cofa
ha da andare cosi, difle quel fem^liciotto, io ne Ibn ben contento: e mi
pare ognora milPanni» che arrivi quel giorno. Giovanni allora diedeC
a provvedere pane e robe da mangiare, in ^rand' abbondanza» e fpefevi
tutti i quattrini che egli avea guadagnati ne' tabernacoli e altre pitture
fatte in quella Terra : fornì la cafa dell' arredo necellàrio ; e '1 poderajo
mandò il vino che potè allora : diede gli ordini a' fuoi contadini che por-
tafifer l'altro a fuo tempo» giufta il concertato: e un dì innanzi la fella»
fi ferrò in quella cafa elR> e Giovanni» per preparare il neceffario. La
mattina
s
Efesini ^FiiÌr&(f|«lil>rti9f«Màiftv ^ died« ptintipib tlli bèlla ém^
om»p fth« ik ifiAcOà^ fncomin^fsrbno a tanire le perfone • quella cala t
a^Qitf«tHnU<«wieiakle gemiliÀentfe a iatola# cranceneTale in birislìciteé
0 ftcdira IdmtfMltlfD al matigiitcab^rft. Vanita poi il tempo di far cbii^
narVC^amai all« prHfi« parolt rCJk' e' fenciva. dirtene da iteiiri di loiOà
iifp«nd*fà:'chèfcMiJtf 0 ntfncontcf? voi non aoii óonofcetebtfne: or fa-^
pece Vòf i Jbif io foho Giovanni dà San Giovanni Pittore, e non ùti
eatemìèrtf^f SMio allertco in quella Terra iti grembo alla lAaggior civiltàfa
ci ho d^ fr podeH» o mi de le ^efe il pennello» ed ho biibgno di falrmi
degli amici» rifoii d'airyUirmi in al farce fordidetiM; però andatevene #
che v' accompagni il oieló: e fé voi ci avete o parenti o compagni di
viagMiOimàifì^acetìi Olire; cditt fintamó che d rimarrà nuU* » tucto fari
per loro 0 per VoT. Ic^ tioh vi vò dire à(tetfb n i^ome andafle- la bifogna 1
éIoè« thtfnti4Ìuiml(h di geiìc»^ r avviai ih hr«v^ ora ìa queir o^a,/
' oper'dirinèglioeqBeUacacci^na. Intanto qMl ftmpliòisino dd podeu
rajo, fénteildò arAèfliare perla eafii «anta fMte atte tavolate, e veden4
do, che fi Mvà vii teista toba» e tinto vinoi per lo contento e fperan^
2e del gran guadagno affogava nel brodetto: e per poter riparare ai bifo-*
gnof , jarróftirafi f>er h cucina e intorno al fuoco, fudando goccioloni co*
me pUkKte. Finita chef» la feda, il poderajo, che non vedeva l'ora di
metter le bréoche in fu'qnattrini del vino , chiefe a Giovanni conto del
ritrattò. B Giovanni a itiii: uomo mio, io ho ^ran paura, che voi non
Ve ne fiate beiito tanto da voi ùtffOf che v* abbia facto craiecolaret oncte
Aon vi rliìordiate più de* patti che fon fra noi. Vói mi pregafte, eh' idi
vi faceflt elitate i] vofiro^ino : ecco che io v'ho ferviCó , e v' ho ferviti
predò: e |)erftrvirvi mèglio, ho fpefo in eofe mangiative il mio guadi»
gnodfi ^u iflefi: che Voletri voi cavare da tm mio papi? Credette il po«i
derapo in fMla bella prima « che il Pittore volefle feco là burla; ma ac«
cortofi j^oi dalle repliche di Giovanni^ eh' e' diceva pur troppo daddove«>
irò, ilòti &poò dire, inchefmaniee'diede^ é farebbefeiio fatta bella li
piazza , fò. la paura, che il fatto non andafle all'orecchio de' fuperiori #
non avefl'elò rftehoto. Ma quello però non ftrv) al fuo bisogno; perchè
o f ulie il ciuacchierar di Giovanni , òhe con gran baldanza faceab belìo
della fatta burià , benché con tanto Tuo difpetidib, o il cicalar de'conta^
dini, o altro che fé ne fuflè la òégione, il tatto fi fcoperfe : e fegu) tal
cofa (che io ora qui non racconto) per etti il poderifo fa per capitarno
male: eGiovantii bene afciuttO di danari, fé ne cornò a Firenze, dov0
attendevab il Principe Don Lorenzo, per fargli £ire per la fua Villa di
Cafiello alcuni quadri a olio, i qtiali acciò riufciiTero di ratta bellezza^
voUcchVdipigaeflTedtfuo intero capriccio. Rapprefentò-egli ih uno
una Venere, in atto di pettinare il fuo figliuoli no Amore» ed a chi forte
il r^refe dell^ avere netta fua opera rapprefentata tofa troppo vile e forw
dìda , anzi che nò , diede al fuo folito una argutifiima rifpofta , ma noh tale
daipoterfi fenza c^e(a d'una decoiofa civiltà raccontare,. Ne D'altro quodroi
che è largo circa a Tei braccia , detto comunemente òggi II Quadro déU
la Spofii, effNrefle un foo nuovo concetto^ pieno delle fue Colite baje*
B ' Quello
f8 l>ecèiin.It,déSàPàrtJMSec\Kdaiì6H:ali62o.
(^fto^àndò» dopo kfDOtte'diqii«lPlrlndpetMrv«iwCQÌO f^^
Granduca Ferdinamo IL fcceli dw luogo in Palazzo: ed al prefante yth:
4efi nel Regio appartamento del Sereniffirao Ferdinando. Frinpipet di>
Tofcana , Circa quefti medefimi tempi > tvendo egli grande amicizia pon,
Baftiano Guidi, giojeiliere rinomato » che fallava Tua botc^ a n^ffa;
coTcia del Ponte Vecchio , dalla deftra mano andando verfo jl:P4lftZso ^e--
Pitti t tutta egiiek dipinfe infieme colla, volta > in quella parte 9 che rUppn-t
de fui fiume d'Arno» in molto piccole figure;, rupprefen^ndo la pefiba
daJle.perle e de' coralli, ed altri umili bei conpetti .. Era il vecchio Spe**.
daledi Santa Maria Nuova t dico quello, in cui raccettanfi le donne» dalla.
erte oppofta allaChiefit di Shinto Egidio^ e contiguo al Convento delie
ònacne; e faceva» poco più là che a mezM» ypaf volta» attrayerfando».
9i«diante ' uno fpavioib cavalcavia» la ficada detta delle Paf^» fino ad.
occupare, tutto quel fito» che oggi .fi godono i FrateUi deJi^ Co«ipagnia
di Santa Maria de' Raccomandati » altrimenti detta della Crocetta » in iuor
so dell'altro fito che e' godevano» fiato demolito per accrefcervi la piazza w
Voleva lo Spedalingo di quel tempo adornare le. due purti laterali della,
foprannominata ftrada (otto il cavalcavia; e ordinò a Nlatteo Rovelli, che
sm bel mezzo dello i^a^io da Levante facefle a frefco un immagine di
Maria Vergine ^on Gesù% Feccia il Pittore: e riufcì opera. bella t ed è
q\iella fleflà , che pure ogftì fi vede » adornata con fegni di compartite gra«
9ie a'fuoi devoti. Al nouro Giovanni fece ordinare, che in ^iccompagna-^
aura di quella» rimpetto appunto^ dipipneffe pure a frefco» per alludere
agli efercizj dello Spedale» una Oirità • il qual lavoro , tantoptù volentieri
9glì accettò» quanto che vedeva dì poter nella fua pittura pofta in para-s
pone di quella del maeftro fuo » lar conoicere quanto egu già. avevaù>
liiperator e condufie t opera» che fi vedde con ammirazione d^ ognuno»
Kon pacarono fe non pochi giorni , che trovandofi una mattina in . nii
certo luogo » che per lo migUorc fi tace , Gio: Batilla e Domenico Pie*
latti Scultori Fiorentini, infieme con un altro virtuofo, il quale pure
lion vogliamo nominare , andavano fra di loro difirorrendo fopra alcuna
putti, che nel luogo fieflb erano fiati dipinti a frefco da un certo pitto*
se, il cui nome conviene pur che fi taccia. E portò il cafo, che m fui
più belio del difi:orfi> comparifle quivi il pittore fteflb , che i putti avea
Coloriti; e dopoi convenienti faluti , quel virtuofo voltatofi a liu^così gii
parlò t Voi avete fatti quefti puttini di molto buon gufi:o: noi fiavamo
appunto parlando di lor bontà ; e credetemi» eh' e'(on unto belli, che
^pajòno di mano di Giovanni da & Giovanni • Rifpofe il pittore tutto
gonfio d* alterigia » fé T opere mie non mcritafiero altra lode r che it
gran lode ; e fenz' altro ag^ugnere , infieme co* compagni
caci di tanu audacia » gli voltò le IpalTe» e- fi partì : ed il giorno dipoi fi
frovò ,che la detta pittura della Carità di Giovanni era ftau in più luo^
sfregiata: e chi a. noi tal notizia diede » diceva afleTerantemente effetti,
trovati buoniifimi xifconm» non altri aver copuneifo tale attentato» ci»
l»pro-
CiOVANHl M S. GtOVANNL:\ ^
perchè con qiiefte batta ft me Inanimo di fame dell* altre, e più belle. É
ceno che qiKft' opera fauna bella cpfiiv e tale i che eflendo dopo isipic^
anni flato condotto a vederla Pietro; da Cortona, da Vincenzio Dandìai
noftro celebre Pittore , ebbe adire; coftui ftudìava, perch' e' non gli pa^
reva di iàpere; ma e* fapeva, e fapeva aflai. Tornando or», onde eoa
troppo lunga digceflione partimmo ; dopo' poNchi giorni, che Giovanni
ebbe finita quefta pittura, lo Spedalingo gl'invio perfona apoda, per in^
tendere ciò eh* e'aomandafle della fua fatica ; ma perchè il Pittore fi di*
moftrò reftio al domandare , e quali metcevala in complimento ,. il man^
dato died^ie conto aiio Spedalingo , per ordine del quale tornato a lui^
si gii d^flè: Signor Giovanni^ giacché a vm non piace il domandare pttz^
zo determinato dell' opf ra voftra, noi abbiamo penfiito di darvi quella
ftefib, che abbiam daio della fua al maeftro voftro; e pofegli in mana
Suindici belle ptaftre . Allora Giovanni, per moftrare , come fu creduto, cha
ebbonfi l'opere de' gran Maeftri ricompenfare in ri^ione di loro eccel*
lenza, e del nome. e della perìbna che le fece: ed infieme per afiìbttara
con una ii^egnofa ironia mi^gioranza fopn *1 maeftro Ae(Gb , contato il
danaro difie: O fé voi avete dati quipdici feudi al Roflelli mio maeftro r
vuole ogni giuftizia , che a me, che fono fuo fcolare, fé ne diano fola^
mente quattórdici: e prefa una delle piaftre , refela al mandato dello ^e«^
dalingo« Ora per non lafcìar notizia, che appartenga a queft' opera, che,
al certo merita luogo fralle migliori del nomro Pittore , non laveremo di
dire , che efiendofi dal Granduca Ferdinando I L rifoluto di fare un nuo«:
Yo Spedale per le donne, dalla parte di quello degli uomini, per far sì ^i
che quello e quefto » e laChiefa tornaftero in un fol ceppo, non pure^
per rendere più maravigliofa 5 più<u>moda e più capace la gran Fabbrica^
con accreiamento ancora della bella Loggia , e della bella Piazza : fu ad.
eftb dato principio il d)ip« d'Aprile 1557. ed agli io« di Giugno dell'anna
fiefib in Domenica, fu con gran (blennità, alla prefenza del Granduca.
Ferdinando, e de' Seroniflimi Fratelli, da Monfignor Ruberto Strozzi #»
pronta del Granduca, e arme dello Spedale: ed eflendo finalmente a' 7.
di Maggio i66qJ terminata la fabbrica, fecefi luogo a ridurre il vecchio
Spedale ad altro ufo, e a demolire il cavalcavia, che nello ùcffò giorno,
fu incominciato a mandare a terra . Ora tale fu la ftima, che fu fatta del*
la figura della Carità dipinta da Giovanni , che con non ordinaria fpe(a
fu reciia dalla muraglia , fu bene incaflata, e con graq cautela [lortaca nel
CUoCtro già d«tto deiroflav che è allato alla Chiela di Sant' Egidio a mar
^eù» , e nel muro laterale eCbriore di d. Chiefa , con gran diligenza aflifla .
Circa a quefti tempi medefimi, dopo aver dipinu a fréfco, per entri
U Cortile de'Canigiani da Santa Lucia alle. Rovinate i e perli0{fiozo PfiiA .
Bi bardi
/•
io DecÉnnJldettaPmJédd^tMdilUi^^^
bardlm fàem delIaTuft caft Tank' amo; alcubli^ e»à lOiltel jpaii.
ilo a opera tocco- d^ oro » per adornamento d^on cerM bafo rÌlMiN>»
ebbe a dipigne^re ne'pedocct diarie volte ile'Cfaioftri della Salicifliiiii Non*
zi^té, ritn^etcò alla celebre pittura é^Andteadefl Sarco» detyaatMidoB^
tia dèi Sacco* i Ritratti di due Gèriertli di ouellà R€tigiiMM[> d^ Strti»'
eiò^.a dire di Fra Lótterm^p ideila Sofia ,; e « Fra Antoni» Mantìiieci^.
l>i ^ràfieia ebbe còmtoiffiohe di hi dodici- quadri don favole daHe Meta-
ihoffoli dj OVidi6 , alle quali diedre egli bello ej fjpedito fifte , pkrcihdsgfi
nilPànni di por ia mano addoflb al iiiòbité onorario t che glie ne eraltàto
procheflb ; come quegli» che eflendofi fino allora dilettato di Tpenèero
quanto guadagnftTa, (enea mai avamare un foldot aveva cominciato %
dire a*iuói amici: }ò ho avuto un^figlìudei u mi ibn femore dato a
ored^te eh* c^^fia per^ morire; tua ora ch'io veggo; ^'e* vuoi caoipare »
bifogna» c1ì4o penii a lafdar|Ii qualcoià» E'Come gli fu promeflb» coilsH
fb anche mantenuto; perchè è &ma» che egli per oueile pitture avele
gran quanti ti di d&han. E fu cofa mirabile in qoefto artefice» che egli
tvefletma fantafia si forte, che in cotto quello» che egli (i poneva a faro
a olio 0 a frefco» non pareva che egli avelie fatto ftufl; d' alcuna forte i
^ondofltacofachè , come egli aveva ^ota una cofe » ed una fot volta di-
^ghata» reftavagK talmente imprefla» che provvifto folamente de' ftioi
fentafim, portavafi in fui luogo del lavoro» e fenù nulla d'avanti» epe*
xava franchiffimamente : come particolarmente fece vedere ne' molti chÌA«
tffc^ri» che fino ne'fuoi princim ebbe a fiirc per Tfifequie della Regina
di Francia » ndla Chiefa di San t^orenzo» a concorrenza del fuo maemo ^
molti dt'qu^li» fino a*nofl:ri tempi, per entro la medefima fi veggono
appefi. Pianfe intanto a gran lacrime la città di Firenze» \^g\ la motte
del Grarnduca Cofimo 1 1. di G. M. e fra gli altri funerali apparati» che
óltre a i foliti della Medicea Baiilica» volleio fargli i particolari cittadini^
in ie^o di gratitudine e d'amore» fu quello» e ocHiffimo» detta Compa*
pagniadbir Arcangelo RafFaelio» detto la Scala ^ A quefto fu chiamato
Giovanni» non come giovane in ajuto di Matteo Roflelli fuo maeftro}
sua nella fieflTa riga di lui, d'Ottavio Vannini, di Gifmondo Coocapam»
d^ Aftafio Fomebuoni» e di quattro de' migliori Statuarj, che operaHèro
flfllora in Firenze . Fra quefii furon dtftribuitt i lavori di pitture e di fia*
(uè » I foprtntendenti» anzi quelli» col cui danaro r4>pera tutta dovea
condurfi» erano il Cav. Agnolo Darfi, Agnolo Galli» Filippo del Nero»
Filippo Magalotti» Gio: Batìfta Strozzi, Gio: Battila Quaratefi» Luigi
Bàrtoli» Lorenzo Bonfi»e PieroMartellini: e l'inventore del bel concetto
dell' Efequie» fu Simon Carlo Rondtnelli. E perchè doveva il tutto rima-
Aere finito in termine di cinque foli giorni» ^onfidecarono i prudènti
Gentihiomrni, efler bene dividerfi fra di loro rincumben%a» e pactico*
larmente vollero , che dovefle ciafchedonio (bllecitarc it iuo artefice »
Toccò a Giovanni a dipendere da Filippo del Nero » GeAttiuocio^di^ ómI
Ibavi maniere» che forft ncm ebbe queli* età in Firenaa un altìro tale;
• B- quivi
^. ^ __> ■
[ aj d" 28« Ftbbrajo i6io<
0 1 '^iOVAtim DA S. QlOKàNNl. ai
SmÉMOiè^bflibifotiiira, i che feglM d'tnipiftfa fi cidofle li rMfct»»
n è AftfAgrai diiSiofaimi^ BsOi il (Aptra^ cht tn gA ^aflàco il cers»
fìMMip .^ìttido.iU coceir pemiallA noas'ers di luiincort né pur rw-
m% #41 chi y«iiuft fl toiledcula t cifai cbe non era più quella ed
^Jk^ fiQlcMìdtn dilla finefin» che fe akreda Isi non fi domandava»
^l«veiéblie4lnini quando gli alcci* EcoBifuTOhunencei perchè pofio-
VI le.flfeiftir «Mi quella hraTy sa» ch'egli giàs'era gnadagnau nel faiv» coiai*
daft iMd cerinine preCbricto Topcn al fuo fine» e no riportò la oridia lo*
da. Qoello> cbe toccò a fave a lui» fu una figura» che capprelencava la
Religione di Santo Stefimo» onmu di diverfi crofiu o kgM di riportate
«itiorie «ontto la ea& Ottomanna : ed un* altra figura • in cui veniTa efpre&
& la rtn é pirAnte Vircù: e quella em. in. frawlania d'un* Aiuaszoneé
che Còlla finlftti -mano iaalMacdava uno feudo ciraondato d* eke » ed in
mefeft) ufevè una pelmur e colla, daftni teneva una Clava d'Alcide» at^
torniact <|0n rafie Miuce. En qudkaleinuiina ooronata d'alloro e d* uti»
va» é coM^t le (uè fpaUe utia pelfe di leonei che follevavafi alquanto
dal fho ooilb, per lo violente movimenttf» eh'eUa moftrava di Ceire nel
calcar col finiftro piede un' Idra i nelle cui fette tette eran figurate le £or<»
me» del Seif pente» del Becco» dello Sti^uteo, del Lupo» dellfOrfo, dd
Pavone» e del Gtumeilto: le quali figUKi Giovanni a maraviglia conduC^
ft. E non è da tacerti in queito luogo^ come montò li ipe&delle nobili
Efeqoierftttc in breve ||iro di nMirat ed in cinque foli giorni» a nove^
ttntù feudi r e che terminate che elle forano # efreiidofi da i già nominati
Qetttikloffiiiti gettate le forti» per dtviderfi fra di loro 1 quadri e le fU^
tntf quelli del noftro Giovanni tocourono» la figura deila Virtù al Darfi^
e qMtia delk Rctt|^one al Magalotti .
. Fìnd é qoefto tempo , benché avelie il noftro Pittore prefa edk da fi »
contuttociò non aveva lafciau la ibuòladet^Roffelli » e di tanto o quanto^
qniv^iopMwe; ma diceli» che avendo- Mtduto, che le foe pitture fatte alle
Scali»- e-Alelle fatte a S. Lorenzo, corfore-anpreffo diremo» avean nortato
H vuntadl tutte l'altre» egli moncifle instai concetto di fé ftefib, che non
folamente non la frequentai poi più» ma che ad un mandato dello fteflb
Roflelli. f fedito a vedèf ciò che fuflè di lui» e'i perchè non fi Ufciaflk^
più riVedtfe» deflè per rifpofta» di non aver più bifogno del maeftro : à
v'aggiungono ancora (che io non poffo appena finir di credere) eh* ei di-^
efiffe allo fteflb mandato # che non ere oià luogo alni a ftare col Roflelli^
mentre onimai era- giunto in gnklo^ neirarte, aie il Roflelli fieflb (ariapo*
curo venire a ftìtr con (eco : e dicono» che tale fufle il modo » conche Gfo*
vanni fi licenaiòdal maeftro» dal quale anche poc* anzi era fiato propofto
a Giulio Parigi» per fiir parte degli fcheletri, per le reali Efequie fatttfi in
S. Lorenzo, nelle quali pureera^» come fi^pra accenmmmo» a(&i mesi i a
portato ér agtìf altro artefice • E iè quello fn vero, ficcome dicefi che raC»
ulta parte» tutta la Cappella de'Calderini in Santa Croce» con luoriede*
fictldidr Andrea Àpoiolot la quale opera » benché abbia in le alcune parti
B } aOai
2z DecemiJlde1laBart:l.ÌelSef.K4aUStò.Bli6io.
«flai lodevolif cpntuttociò non ^ugne a fegno di poter'eflère molno lo-
4Jata ; onde eflendo fiata; veduta dopo il 1^40. dalF ficceilente Pittore Pier
trb da Cortona » diedegli cagione di dire le feguenti ]>aroIe : I0 mi perfug^
do. cbe ^uefie pitiure facefe Ghvmnidé S. Ciavémnif in quiliunf^ 0fpum$
€i'egii aveva incominciato a cono/cere et ej^e un vaicnt'nomo. Detto dego^Tr
iimo d' un fuo pari» e bene appropriato al fatto, con cui volle dare a co*
Qo&ere» che quando altri, in aualfiiia bella Acuità, incomincia a.par^
grande a fé fiefib, incomincia alcresl a farfi di fé fieflb minore • Fece poi
a olio per Lionardo di Lodovico Buonarruoti il |iovane, in una delle
ghirlande
to a operare in più luoghi dello Stato . Per Franceico di Giovanni Lu-
cardefi FaoUknti a S« Cafciano, dipinfe la Cupola d'una f uà Captila nel-
la Propofitura, oggi Collesiata. A Poggibonii, per Ercole Muzj, colork
pure a frefco la Cupola deU' Oratorio della Madonna del Piano-' la quale
opera non eflendo riufcita d'intero gufio del pittore, coiroccaftone del
tornarfeoe jpoi di Roma» s^ofierfe a mandarla a terra e rifarla: cola , che
al padrone larebbe pure piaciuu ; ma temendo di fua incoftanaa, nongUet
concttk , e Topera redo nel moda eh' eUa fu latta da principio • Per quei
delia V'acclùa dipinfe pure una piccola Cappella a Vico di Vald'Elfa. Per
lo padrone, che fu della Villa di Santa Margherita a Montici , poileduta
oggi dagli eredi di Gio:Bacifta Benedetti, dipinfe pure un'altra Cappella,
In Firenze poi , per lo Senatore Agnolo Niccolira, nella fua ca(a di via
de' Bardi, dipinfe a frefco una ftanza con iftorie del Vecchio Teftamento >
Msindò a Montepulciano una fua Tavola a olio , del Martirio di S. Biagio»
che. fu pofia in una Cappella di Cafa Nardi «
Era Tanno i<{2i. quando, ftante la morte de] Granduca Cofimo, fe»
5 Ulta alcuni meli avanti, fu £aicto porre in acconcio un bel palazzo e ^ar*
ino, fra il Monaftero della Crocetta e la via della Colonna, che dove*
fervire, ficcome fervi, per abitazione, [a} prima della SercAift. Maria Mad-^
dalena. Figliuola del Granduca Ferdinando I. e di Madafna Criftiiia da
Lorena, e per abitazione ancora delle SerenHTime Principeffe Margherita
e Anna, forelie dello allora Principe Ferdinando^ ed appreflb della Sere*»
nilfima Vittoria della Rovere, piccda bambina > deftinata allorarcche
poi fu Conforte del medefimo^ e Granduchefla di Tofcana, neir edere
quelle Principe^ confegnate all'affifienza e cura (in aggiunga delle prò-*
j>rie Corti ) delle Monache di eflb Convento . E già era fiato fabbricato
si bel corridore , che da quel palazzo porta alla Chiefa della Santiflima
Konziata, ed anche a fine» che tanto poteflèro le Princlpelfe portarfi ai
Monafteriot quanto le Monache al Palazzo. Già erano ftati fatti due mlTa**
via , uno per mezzo d' un arco fopra la ftrada , chiamata d$ quel Monaftero»
lavia^
m
Kmm
[a] LaSerenifs. Primpèfa Maria MéMakna 0ntrò inMatuffiirior^ Z^d^AUfgfi^
i6%ujn €$è i'aani %q. of9$ morì i:ij. 4i Dicembre 1(33»
GÌOrANNl DA 'S. GIOVANNI. 13
It vU Ideila .Craéecta :. e T alerò fotcdmoiéo; quando fu coniklento efféc
bene r ornare la bella Cap{)ellecca,£ibbricaca in cefta al Giardino^ che do«
vea Ibrvire cilora alle Principefle medefime^ ed a quelle de voce Madri » di
falìgiora ricreazione t con picture di qualche facra iftoria, la quale fu or*
dinaca f come poco appreso diremo» a Giovanni. Ma prima, per cogliee
eonfuficme al letcoret convìendirct che partiteli le Principelle, furon ie-^
vati anche i due paflkvié, con cheti Palazzo comunicava col MonalletOi^
oioè quello fopra terra» del mefed'Otcobre itf37. e di quello vedenfi i ù^
gnali m due pietre « ove batteva Timpoftatura dell'arco di qua e di là ali»
Itnula » poco diftanci dalla porta della Chiefa da levante : e *1 focterra»
f.
neo fa levato » mediante un muro diviforio • £itto (ervire a corno*
do e del Convento e del Palazzo. Giovanni dunque avendo intelb» choi
dovea allegarli la pittura di quella Cappella» dicefi, che fenza nulla £uri
Capere al aiaeftro» procurafled* averta per fé : e che pure fenza fua fiiputa»
vi mètteflè mano» e traeflelaa fine; che il Rolfelh faputo. il vero d'un
tal* atto » che a lui parve di troppa diffidenza » forte fi corrucciaflTe ; ma-
comecché egli era un uomo di ftraodinaria bontà » non la&iò per quello
d' andare a vedere la pittum» fatta eh' ella fu ; e veduula » d' ammirarla a-
{ran fegno ; conciofiiflecofachè ellafufle riufclta cola tale da potere avet^
uogo f ralle più degne, opere» che o prima o poi partori0e il pennello di
quefto artefice . Rapprefentò egli in tronte della Cappella» che da tre htt^
è aperta » la Beatillima Vergine nel viaggio d' Egitto ; e difcollandofi dal^
modo tenuto quafi da ogni altro pittore» figuroila in atto di fermarfi n^
prendere ripofo ad unpoveriflimo albergo alla campagna» efpretTo mirabil*^;
menie da Giovanni in una mendica cafuoccia nimicale • compolla parta
d' una icommefla muraglia » e parte d' antico « fdrucito legname. Vedeìi*
la. Madre Santifiiqia in atto appunto di fcendere dal giuménto, fi tiene ii*
fuo piccolo bambino Gesù colla deftra mano » mentre il fuo Spofo San
Qiuieppe» figurato in perfona d' un molto venerando vecchio» le porge .
il deliro braccio» fui quale aggravandoli» va ella » con ammirabile compo* >
liaione di perfona» apofare ilpiede fopra un povero defchetto, tenuto
fermo al iiiolo dalla finifira mano dello ueiTo S.Giufeppe» per quindi poi
giuogectaterra. PrelTo alla piccola porticella dell'albergo è figurato
quegu che n' e il ladrone: e quefti con una mano tiene la corda » con.
cui il giumento è legato » e coir altra ftringe un' arme in afta . In una fac-
cia della piccola cafa fatta di tutto legno » è una fineftrella» alla quale ap* .
poggiata una sraziofa femmina veftita in poveri panni» tiene in braccio
un piccolo figuuolino» e con grazia veraoiente maravigUofa» con allegrez* :
zae «uriofità infieme» fta guardando i foreftieri giunti all' albergo . In lon*
tananaa finalmente fece vedere Giovanni un villano» che avendo colto
un fiifcetto d'erba» moftra. venirtene verfb quella cala • Noi abbiamo vo*
lut^ defbrjvere quella pittura per appunto ^cola che non intendiamo di
voler £ire d' ch'altra di iua mano ) parche veramente ella apparifce un
open molto d^na» e per invenzione e per colorito» e per altre, fue qua-
litadi» e tanto più in confideraaionet eh', ella fu quafi delle prime cofe»
conducete Giovanni ancora giovane. Da quella trafle egli tanto credi tot
B4 ^^^
»4 Decènti. n.delUBéùttJ.MS€c.V^M
éh*M pròfeflToriydf èkti noirfi^tritvi'f ciift'dilm .: McIm finahò I^òmJ
re » che egli ebtSe a ùtt |Msr pameokuri ; ohi efiepcb ieguito» come fi dJOe »
il cafo della morte del GxiAOuca Cofimo/ del^Ia quale ocoafione & cekbM
Iacopo Callot intagliatore in nme^ il pran laa^ftrodi coiitiGaffaNi^io^
U^ Filippo Napoletano, e 1* eccellenciffimo Mufiop Fmfeo^akli^ effand»
rsisafi privi di quelli (Upendtt con cui la liberalifà di quel gma Esiacipo
era iblìca éi tratccuergtA , cooits^iò ancke Gieiranni a ponoftere h^sgom
perdita, cheera toccata a.iàik e kiifteilo, dico degli onoiail iìnpicglti , che»
fii andava tuttavia piovvedende qi^pllT Akeaaa^e jfra quetoeU forte ua^:
Iiullb,oheglie nediede un ceito Banedetto^Kcciuoli , pittore digrot^efiduv
iio garzone, rifilivi di portarfi a Roma , per vedere le belle cok idi^^uelU
Cit^à : e molto più per p^iA^^ìalclie meie in buon tempo, con oento»
feu^, che contro ogni Tuo fbikpf e coàtr^ ogni fuo genio eiuUrìvfei.^'
co il mettere inavanaof exoncenMaltri» cheificavi^' averne iirio^
Tanto pensò , e tamo pofe .in eflecta; Gionci che furono a Roma i due
compagni, Censa fiirfi conofcere peir quei che egli erano, né meno per
pittori, di^ronii a vedere le coft beUeì fenza però lafciar punto la vre^
ouenaa dèlie uveffne . E sì fattamente andò la biCbgna, che in breve sirò
cU Cettimane i cento feudi di Giovanni, che furono i primi a venir tuo»
la , rimafer finiti» e fecefi luogo alio fpendere i fuoi ai' Picduoli. Ma
quèfti dicefi, cheawr neceflità, ch'egli a vefle di cornariènea Firenze pe(
«roi affan, o perchè fi trovafie gii ben foditf4|to di Roma, veduta oj|o«
dutaairaltrui fpelè, fé ne parti a qucfta volta» lafciamlo Giovanni in Sa.
to di tanto bifogno^ cbeie volle vivere, gli fu necefiario, per alcuni gior«
sii, il vendere certe poche giammengoii, ch'egli aveva coli portate per
ufo di fua perfona . Volle però la fua buona force, eh' ^ti s*abbattefle a
trovare in Roma FraocefcoFurini, tenutovi da Filippo tuo padre, detm
Filippo Sciamerone» con aflèffnamemo di iei feudi il meft» periftuditfi^
T-arte della piitora: ed eflendo lo fieflb Francefco fiato 'C^imfcepolo df
Giovanni appreflb il Roflìdii s e per effere quelli un umore non j^uari
lontano dal Tuo, lece camemta con eflb , vivendo l' uno e T altro in fe
quel poco d'aflegnamento, fe non guanto fufie talvolta loro fiulcita il
vendere a' quadrar) qualcofa fatta di mano di Giovanni; ma ciò ièguivo,
di rado , e per pochi Quattrini, tantoché e' giunfero taloni a cale efirèmo di
Deceflitàf che fu lor forza il campare la vita di folopane, aggiuntovi il be*
nefìzio della fonte : ed una volta occorfe quanto io fono ora per dire . Ave*
vi il noftro Pittore condotta una vaga fiorietta a oliò $ e'I Furino avénc^t*
in più luoghi cimentata alla vendita , non ne ave vatrovata altra offerta ,
che dì dieci miferabili giulj» prezzo poco fuperiore a «quello ddla femjdi-
ce tela: ed erane tornato alla povera ftanza con efia, m fulPoce appunto
del ddinarè . Qò fentko Gtotànni , con ifmanie più ci» ofcfinarìé/ dì(fe
al Furino, va, « porta il quadro a cui ti fece r offerta de* dieci ììuIIy
perch'io mi morrei di dolore • fé io avttffi a kfeiare quefto cattivo efemp
pio di me» d^Aver.pafflna la Oòm^nica^di^ Carnovale («he tale ajq^cmtQ
era quel ftorao ) fenza mangiar cafticf^ Fu venduto Al qigidro» e fisnza
puito pehfitfo al domani i neftì fpefi» it titntto in ool» m«ngtative , per
— : ^ foUazza-
• t
GiùVANBl BA S. GIOVANNL %$
firitoiUtywl éU -t foleva poi difo il Ftirìifd, d^fio nì^k'^iini. a ehi t
■B' diede tal notiaia» (he il quadro età rìoicito oofii é beltà, che s^c^
aveflè |RM!uco raoeapenate dove ei fi fuflè capkàco, farc^^dèfie «idato t
I, .|io|ta'per ricooi'pitf la ad ogni pie/ao . Ma perchè 6aahMnfiequcl
li «hm», a kingo «adare noa peeey» dioico^ oìeeeipe nei alFtoin^
ionraiuair^d aUMiiooiicro, non voleva «gii ftiueoiiofeete. ttèifitt'*
iiHDbcfi>a MelBbno pef ave^ da (ari in pubblio», t'eepb^<id ondi^iM»}
iin.eec4vqiiadr<. .
che :vai me diate, une -ce& con deVolorì : ed^ ìé eroMr^^ 1^ albana Cofkiàl
fiafefiiàdifirediatia invenzione: e av^tafaV meStUt^opptttff: f^oKCbbé
e^ eppwttM. dscQ pvineìpio 4 lavoro, che 'i padróne veduti compatir: netta
tele i bei peniien, e i prtnai colpi della docia ,• eh^egl^^cendeva d» fap^
•ceftMaire, tatico frencni e ficon, ài addogando qii&AVo>eglt avefle vo»
loco il giorno, per tratcenerfi a dipignere nelle fuC'^ntet al che rif^eCh
Giovanni^ che il lafisiafle prima finire- il qoadrò, e peifarebbefi difeorfQ
del pagaioencoi; il quale anche «gli averebbe' ^'oleflò aik Ctià difcrisiKmev
Conduié hi |io« più di fei giorni , anidoViadèllaN^^asia^di S.PtetKp*»
«reflèi ah^ anciUé;, con un gruppo di Ibtditti ,' fSuei di'tanW |iiao.e diel
buona ^gnieray Che il inMvan.té ^i ebbe -a dfiire ; Giovsinnt imo» voi Aont
(ècìB, coett dite, perforìa che vadh cercando Tea forcè^» inatti) |ran v*«
lem* iioeiiò': e per vì«a vedrà dieetn», chi v<^ ficee; nia quantunque' re>
MCK{«iel'6i«va)iai<(a S.Óiovanoi, che in Fireéee aveva fatta l'opera %
neiòo «idipiat(«Palla Porta d« S. Fiero Gattolinf;, la quale già aveva piener
RòdMtdtl «lottie Afe .. Non è poffibtie e dire , con qual^conteato e diflào^
flcnibnél dt diina ciò afcolcaflè il qU8draro,il*'qualc.da indt a poi te-
ne^iélo in 'cs6- occulto, p^r tema di non perd«-lo; ed incanto cavavaM
ofMMs^ affiti , ohe in Roma ed in Francia fructareogli ^n danari . hbe
QUsvÈMt&f'ióo^ non molte fettitaanct' innoiatofi-di qoel-'modo dtiVivt.
réioggéito, àv^do anche meflh-da parte qualche dofoia; prèfà oCJcifiotie
d* avere! iiMcib. che t» quel tempo appunto il Càrdinidé'Guido Bentivo»*
gU- fiwikava ad abbeltrrè il fuò Palaeio a MontecaVaffci, qàellò, che fii
poi «wMà^sarrini , in cui aveva fatto diptgnerea fìefco« Guido Réaì
il bei> Cirro dell' Aurora ; deliberò di lafciire il quadrerò . per £irli oonot*
fceie in'Romà per quel di'^egii era: e àtto^nirao a^ iè fteflo^ fi portò dt
quel Gardiiiaie, edinftaRtembiiterlj^regò, <$he fivolé(TeconteAtflrèièlM
egh nella pajrtè oppoft» all'opera di Guido potefle dipignere il Orfo detta-
la Ì9oÓ!6. Sorrife il CurcKnale a quefta domanda , òhe a l^i parve dettai^'
più kla giovanile «'ditecEa, Cheda prudente conC^Ho-: eguardatoh) dain»
S»^ alle piante, gli domandò, ^e'fapeva,che quell'opera, ch'egliikitéftA'
va d'iGConpagnaie » eia di mano di Guido . lo lo fo* diflé Giovanni;
l'ho
i
V ho vedttu, e bon* oiervata/ e dieoi cV éì:^ ttle«qiiftl« è ogn'altni ò|^
» 4i quel gran pucore; ma concuttociò io la fujpplico ad allogariiii pev
POCO cempp qudU parte di luuragUa^.cpn calcina a con un muracore»
lenza alcuna mercede per la fatica mia> perchèio altro nondefidpro» ote
d'efTerisiefperiuieptato. i« rifpoAedeì Cardinale furon fémpre le medhM
iìjBie; ma crebbe can^o 1^. iatpoccunità di GiQvanni* awiilnca a qualche
|>pono ufiziotch'egli iivcV^ tatto fare per fe ^preflb m iui^ch'eglt alto
fine il compiacquf ; non Cc^nfsa però j)eruiaderii, che roperadi .Giovanni,'
:&rta ch'ella fune, fufle per cqrnarfene d'onde ella venne» cioè in polve^
se e calcinacci* Allora il Pittore Atto un bene ftuditto cartone, preib
In fuQ ajuto il Furino, diede principia alla pittura; finì la prima gioma«
%9f^ nel tempo c^lla quale ^^li riufcito il condurre una figura^ che rap^
prefentava la (^un? * Tornatotene acafaegli ed il compagno, e la matti^
|ia dipoi tornad|i.iil,lavpro;>i trovarono cV egli aveva (coperte^aflai bsìàU*
ture , ed era ibrdidapiente ip^i^to , }n quel modp che fuol £ire l'inconaco
fr^fcamente dipinto i ed ann«^ato coir orina; tantoché Giovanni ebbelo
a. mandare a |erra » e metterli di nuovo a far la figura* Pafsò il fecondo
gtprnoie poi il terzo e 'I quarto ed il quinto ancora, e andò fempre la bi-
iQgfìP^.per lo qiedeiimo ver^Q,. tantoché ufe) la voce per queUa cort», che
ìI/n|t^Qr,FÌQreiitino non faceva altro che fieire e disfare: il peitebènefii
fupf^a sputatala nopzb ^1 Cardinale , che avutolo a fé • gli aomandòi ch«
cpfae^Mndauefa^ndoi. Il quale pf cui cUconfufipne^ raccontaiffgli iltuc«»;
to^ difle av;iQ^gran dqbbio che la .<»lcina o la pozzolana, fuOTe qodla ^e
faccine tali (Ira vaganze, ma che aveya già quali trovato il rimedio re or«
dinò al .Furino il portarli a $• Pietro » e 'T procacciare certa quartticè di de-
cina, a, ufo. di qufUa della città di Fir^nze^ e della m«ikfima flferv),
mentre al Carylinale parve berne pei?, quella volta il.dilBmvbre. Mail
tQ 9 nuUa^e prefodaldegra), il chiamò t diceadc^li aver vedutt fua bnoN
aa volontà e '1 fuo grand' animo, e tanto baftargli <per allora: dovefòpe*
rò .metterli a fiudiare, peirchè cpi.fayorq di queUoji; egli gUaugprava pm^
fi(;^^r9nde.;Àllpra Giovanni» qvffiigeouAeirp, fupplicòJi iPrelato» cfao
afvcora per unfalcjra volta e non piUf gli: ^velT^ 'Opnoeduto il oeiterC ad
QP^re,;; il cj|ie,n/»n fenz^ qualche diiicwltÀ, ottenne: e partitoli, diflb
af j^yrino: Cecco mio» quello » x:hai mi fìt queljbp bifchenohe» è bene akro
che pozzolana e calcina: e fattaG condurre in fui palco una maieraflà con
poco da nutrirli per quella fera , qui inlieme con elfo volle allogffiiire.
Stav^fene 1'. uno e r altro così allo fcuro , e zitti .cpme, V olio ; quando ve*
nuta la mezz^ notte, ecc;pti a^pr^fi ^entilaM^hi^eM' porta di quella ftansa»
ecpin^rire due perifone con ui^';pf(yx>lpj; lunucina ed un bigonciuolo ,
ehtrovi una ceru materia liquida ; e prefa la vìa 4'. una Ical? a piiiolirjche
portajfa in fui palco^* (alida a bi|onpalfi : e poco oramai mancava loro per
montarvi fopra, quando Giovanni meilà n^nóa.d t^na fciaboIa,r gridò a4
alta voce: ecco quei bricconi;, ed insieme col Furino» prefo il capo della
fcala
w^
\GiorANmBA s. arovANNi . 27
ibdtt» h rovefi^rono all' indietro # tantoché uno degli aggreflbri, per fa
.gran caduca t rottafi una cofcia» e l'altro un braccio» abatniti e malconci
nella perfona » reftarono quivi interra» quaii del tutto tramortiti» mentre
quei di fopra accomMgnataino i loro lamenti con ìftrani rimproveri è
arrabbiate parole . Il Furino rimafe anch' egli alquanto sbalordito» né fa--
pevache farfi; perchè fiocome quegli » già ftroppiati della perlbna» non
potevano piùfaiire» così a lui ancora ed a C^iovanni» a cagione della
lunga fcala» diftefa in terra» era proibitolo fcendere: quando Giovanni
il confortò con dire: vien qua 9 vien qua» Furino» e tornati con me ft
diacere in fulla.materafla» perchè quedi oramai fono a^iuftati in modo»
eh' e' ci potranno af pettate ben bene» infìno a domattma: ed lo non hoi
le noo per cofa aflai verifimile» che Giovanni » con^ran quiete » il ^efto
di quella notte fi dorinifie tutto il fuo fonno * Venuti i primi albori del<-
r altro dV» il muratore e manovale Ce ne vennero al lor lavoro ; e troverò»
no» che i due fgidmali » ch'eran due jpittori FranzeG » che teneva quelCar*
dinaie in palazzo a dipignere grotteiche per entro il giardino » fé ne sia»
oevano ancora in terra mezzi sbalorditi» gridando e piangendo per debo-
lezza e per dolore ; e (entitane da.Gio vannf e dal Furino la cagione » rimefla
la fcala al fuo luogo , con efli feguitarono loro faccende . Intanto fu di tutto
avvifato il Cardinale» che dati gli ordini convenienti intorno a' due flrop^
piati » per loro ammenda a fuo tempo » e per loro fovvenimento cantati-^
yo nel. prefentaneo accidente » furono efii » con una bella licenza dal fer-
vizio» mandati a curare in uno fpedalè ; e auel degno Prelato compa«
tendo molto al noftro Giovanni» l'afficurò» che avendo fcoperto l'aflam-
naiuento » già più non temeva» che l'opera fua non fufiè per rìuicir tale
quale egli ing^navafidi condurla. Quale ella poi gli riufcifle» fi cont-
prenderà dagli applaufi» ch'egli ne riportò da' primi della Romana corte t
e molto più dal Cardinale detto» che donategli loo. doble di regalo» ùì^
chiacttolo {Lio virtuofo » lo volle fempre poi onorare di luogo in fua pro-
pria carrozza : e fu cagione quell'opera » che molto poi gli toccafle a ope-
rare in Roma. E primieramente nel luògo » che ftato in antico tempà
alleggio de'foldati diMifeno» fu poi Monaftero deli' Orfanelle» governate
dalle Mimache di S« Benedetto » dimnfe per lo Cardinale » Garzia Mellino »
Vicario d'UrbaiK>VIIL tutta la Tribuna^ in cui rapprefentò la Gloria
à^ Beati > e fqtto la. cornice» ifiorie de' Santi Martiri » i cui corpi ripofiino
ia quella Chieda « Nella Madonna de' Monti » a man deftra» dipinfe tutta
la. Cappella di $v Carlo Borromeo » toltane la tavola » e fece l'ittorìe dèlbr
vita dieu Santo : e di fopra» per di fuori» la chiamata di S. Pietro e di
Sant' Andrea ali Apofiolato. Nella Chiefa del Popolo» è fua pittura»
quanto fi vede. Nella Cappella de' Mellini» è la tavola della medefima »
e U S^Niccolò da Tofentino a dìo; e finalmente in S. Grìi
/
Xrio in,Tra«
».»treAr«
cangf U , Michele. G^bbriello e t^&é[lo^\iAtntn.t^ìiì cracceneva operan-
daneUacribanade'SantìQuaccrQperloCardioale Mellino; la Sisreniifiinft
Àrciducheflà Maria Maddalcoa d' Auftrk , Mc^te del defunto Granduca
Cofimo II..aY«ado QDJidoma.gEtiiiefao k bettiffiaia Fabbrica dell' Im.
perialc»
V
xB Dee0imJJMIà:Pm.Ldeitìtt.P^^
enne ftifiBe, fW coriliplntttila Giiili6 Farigi, che n'eraflaco rArthic«n»>
A wkrfi deE'onendiGiCNPantti'tii cfoile egU ftimva il tm^^Kore di qfiiaiici
a qud fiempo oipigneflero a fteSm )ond?egli lAi fdbko ehiaii|aca« -ed 19^
cettò r in vttot confortato aiìche Jieiafan dallo fiéflb Cardinale MtfAlAo^
;Ma ip»xù& di ciò la Tocepor Roina, Goqiinciaconogl'ififidioà etnaltvoli
«:dftr fuori ualufiacroé cha fiia fubìca (parcitav ahro non era» che vnjgm^
teflo^ prefo dal pittore per Aiggur i^ ianp^gno di oiielP opera , alla qotLÌt egli
non oonoCbefaii faaAanta& di che preia egli « tue apprenfione» die Tenaa
punt» penlare« e colla faa Cblita ftcititi e difiavoltura» mandò qua ietterà
di fcula dal già aocettaco lavoro dell' Imperiale : d: che diede l' Acddo^
cheflk fègni di giuflo fdegnor e di .volerne fiire rilemiaienti proprf dT uA
tMtto mancamento» tantoché il povero Giovanni fi trovò in grandi itu
^t^ie . Ma finalmente avendo fiitto collare dell' infamia» che proctifivftn'é
ai Inome fuo le calunnie de' maldicenti » quand' egli aveflè abbandonai
fj^óglL'operg; ne fu daUa clcmenxa di quella gran Signora compatito >«
potè dar line al tutto ; mafratcanto le pitture dell' Impernia furonoadaU
ttiallogate. Finitecheegli ebbe r opere per loCardinafeMellino» diedegli
il medefimo l' elezione» iè egli zvdBb voluto per onorario » oltre aHo fttu
b|Iiaó pagamento» 100. doble , o pure unXavalierato d'onore; ma Gio-
vanni con gran nrefteaza por£s la mano al he 100. doble» anaichè la per»
fona all'onore del Cavaliemto; febbene ncm lafciò il Cardinale» da tt in poi »
d' onorarlo molto » nel mo4a eh' aveka ftrto il Bentivogli • con dargli tao*
go in propria carrozza» fra' più degni perfonaggi di Roma» che frequen^
temente il corteggiavano . Qui i^rèboe cofa aflài |raziofa: il raccontare»
quanto Giovanni» uomo per altro tanto a caio e difprezzato di fua per-'
iona • trovaflefi imbrogliato dai penfi^ro e <kiir accenzione nel raffazzonarli
ia modo da potere occupare quel kiogo^^fonza vergogna fua e del Cardine*'
le^ madefideriodi fuggir hRwhezaaL» non mi dà campo dì più dirne.
Spedito» eh' egli li fodamoktè di Roma» e tornatofénea Firenze^
nqn trovandoli per allora mcrfto affaccendato» e perchè egli aveva già da«^
to pciiìcipio a patir di podagra» meflefi a fare» per trattenimento, nella
poapria cala» alcune ikoriette a frefeo fopt a paniera » o vogliamo dire fiuojò
di vtfudce » le qualipiacquero tanao» e per lanof ita dell- invenzione epe^
k Uza^ia» colla quale kivoravale» che ne cavò gran dahari . E non è dt
araJafciare» come egli obbligato^da quel male» a non ufdre di caftì tene-
vi ih £Qacompa|aìa Gio: Barifta Foccetti » fratello del eeìebte Bctnardi«
no: dico quel Gioì Batìfta » die lavorava eccellentemente CrocifilG di le«
gno» d^l quale altrove abbiamo^ parlato. Quefli pure pativa delld fteflb
male di Giovanni: ecosl.ftavafi apprefio di lui intagliando le fue figura «^
• .ponendo intanto^coneifoia vicenda le mani» ora al pennello» oratUo^
lcacpello»edoniae0rtifiardìidi:boeii vino» che pure facevan loro còn«:
veriazione» a dtfpéttodelld gdtte* Ma guanto (la ti noftro pittoro.sik
nat ai dite nelle fud folite ftravaganZe? Dironne una» che^
eornato di Roma t ai dite nelle fud folite (tra vaganZe?
mflfermaii per Qualcuno -povelft occorrere circa a qùefti tempi» la eguale
conciofliacolàcbè non pota raccontare iiwiga accompagnatimi d* im giuAo
biafimo
• « «% <.'
I GiOVAUm JM iSi aWVAITKL . 99
ImAtaò :fiio:» non è:pAr fuefiof:, bk« iL àda ìiiotà^ nabf o^b molto: déntri*
h^acc A\&r ben cofipfcoe lo flitfanem e Facuteosn infiemei del cerrello
di ooftoi . Fu eg4i ricereeto da ima comunità di periboej» ipr mni^tolo
«enidoibilii di voler pteir Joro dfpignem pnjajfflidtio» in cai veniue rappresi
liehiitta.la Carata .; ^U acoeccòiì jMiicauppiéaofRRb^ dìMÙ à porre ^ni
filo ^odìoper fu'colavoJie riuTcifl^ dunofa. JSf àppUcòifl^opef a y^ied o^
qvalvolta» ;ehi ne ayjew l'incumbeosai veniva a foUepcarla» fifpoodevt^
ebcf flsavm. operando «e che bea pnft^ ;evrd)bek lóro . Anmidau a c^ ìjeUa
efiniM; fische. accendtnrafi fempro più.' in lox^ il defidecio di pofledeiia^
Ftnaljneme fìnko il quadro» e mandato al luogp {liit^ fu » non fenza.gcaa
baldanza •• fcoperco alla presenza di niolci;: e fi nsovòi che Qìovanniàire^
va dipinci neUa fiia tela due Afini , tucci'effacoendaci in gcai:tarfi l' un l'al-
tro, la rogna .. ▲ tal vifta, non è «da poterfi dire quanto fcalnore» a^can
fagiane» facèti in quei luogo; tantoché fatte paflarè di ciò le dogliente
a^i ^Hrcodiide' fuperiori, fu'prowìAo all'indennità degli offeii, corrert
to ti pittore é ed al quadro fu daoo.ìoogo» eoa ìsboria di cento feudi •
in oiano del medeficno , appreifG» a perfona d*^co affare \ Ben' è vero» che
dopo quello fatto nacque in Firenze, nel volerfi parlare di certe caritadi».
o noce o intéreflate» che fonnofi talvolta daalcqni» il proverbio che dicec
ella £irà la parità di Giovanni da S« Giovanni .
Guftava grsndemetue del f uo biszaiiro e capricciofo umore il Gran-
duca Ferdinando : e coli' occafione del vill^giare eh' e^faceva qualche vol«
t|a Pratoiino, ve Io faceva venire. Per fuo ordine ebbe a dipignere nel
ialone di quella Real Villa, un iftoria di Diana . nell'andare o tornare da
caccia • Nidi' ora poi di fuo divertimento , ammettevalb a piacevole cpn*^
verCazione c<^i altri fuoi cortigiani : nel qual tempo , per ifpaflb di quei
gran Principe» Giovanni diceane delle belle e delle buone. Cn giorno
em capicaco quivi un fer tale , che io noi nomino per dovuto rifpetco ;
uno di coloro» che pieni di vanità e d*iambizìone» iubito ch^e'fóno ftatì
fin tal poco » o ben vifli o ben ricevuti nella corte d' un Grande, dannofi
a credcEe Tefler diventati T amore» anzi il cucco d'ogni perfona» dalla più
grande alla più piccola: e vedutolo Giovanni» difie al Granduca: Sere-
nifllimo, io io quello che Vollra Altezza fogna la notte; e '1 Granduca
a lui : Se cu fai quello » io ti (limo un grand' uomo . Io lo fo per certo»
dide Giovanni, s' egli è vero quel che dicono i filofbfi, che quel che fi
vede ogni di ed ognora, (i fogna poi U notte. Io non venni mai a que-
lli Corte, o in Firenze o in Villa» ch^io rwm ci vedefli incanta malora
comparir coftui; ora non è dunque pofitbile» che V. A. polTa fognare al*
tro che lui. Un' altro dì {lavali egli in quella medeGma converfazione»ÌA*
torno ad un cerco ori volo a Sole; e fu moflfo difcorfo» di qual.fufle fra
tutte Ja pia beli' ora del giorno . Altri diflero quella dell'Aurora» altri
della levata del Sole» altri del Meriggio» ed altri del tramontare, Gio<>
vanniydopo aver fencico tutti ^ difTe arditamente: Voi potete dire
quanto voi volete; perchè a. me feinpre è paruto» che la più bell'ora dd
giorno» fia quella del definir^. ' ^
L*anno
\
3^ Deeem^n.de!knrhI?Je!Sec.VM
di f iefolei la tettata del. Rete ttor io > nella quale nappreftiuò il Signore i
a cui», dopo la tentazione nel deferto e- llungo digiuno» miniftrano le
celefti Gerarchie. In qoeft'oDera» oltre ad altre leggerezze» co&inalcoi^
fìcevoii colla Sacra Iftoria» aelle quali non intendo di parlare» fsce nella
fi|^a del Demonio» ciheatt abito di falfo pellegrino» con ali di pipiftreU
lot piedid' avvoltojo» e coma in tetta» vinto e confufo» (prezzato dasli
Angeli» ìnottra di foggirfi» il titractoEliYÌFo d' un fervente di quella Ca«
ia» che nel tempo èhé il ^iuore vi £ trattenne» avevate- malamente trat«
tato • In quello, che alla pittura appartiene» dico» che fonovi molte parti
belle: altre poi ftrajpazzate a gran fegno » e fra quefie la figura del Demonio •
In quefio tempo tu chiamato da Gio: Francefco Grazini» Gentiluomo
molto ricco r^e di quett^arti amiciflipia» n dipignere a frefco tutto il cor»
tile della fua bèlla villa di Gaiìclloi ed a lui fteiTo lafciò Tincumbenza di
penfaré a i concetti della pittura » i quali» ficcome dov^n fervire per or«
namento d' un palazzo in campagna » tutto accompagnato d' amenitadi^
iroUe Giovanni che futtèr tutti piacevoli e fiiceti » anzi » affinchè e' com*
parifler tali» diede loro in teftimonio buona quantità di vtrC » dafecom*
pofti a bello ftudio nel più baffo ttiJe» che fapefle gettare la fua penna <
avvezza per altro a comporre cofe affai lodevoli. Sarebbe poi cola del
tunò impoflibile il raccontare le bizzarrie» le burle, le ftravaganzè e le
bilcheiiche , che wa nelle belle converfitzioni^ che tenevanfi bene fpeflb
dal padrpne della villa » .nel tempo ch'egli operava, ora a i fattori e fer*^
venti di quella cafa» e. ora a' villani face vanii» delle quali vive ancora;
dopofeffanta anni»frefca la memoria; però tacendole » leguiteremo a diro
alcuna cola delle pitture» le quali troviamo reQaffero finite nel 1630.
A man « fiAittra » entrando ». dipinfe la favola del Guarino » quando il
Satiro rimane colle treccie in mano di Corifea. Vedefiil Satiro» nello ftrap*
ìparfi delle tteccie» caderfi a terra in tal getto e politura, che ben fa vedere
lua. confufione e difgufto» mentre Corifea firugge : ed in una cartella^
che è lotto» fcriffe i feguemi verfi, ne' quali fa parlare il Satiro:
Ogni cor iarrojjijca
tApguir queffo nome
Della fai fa C$rifca .
i : Eccovi t amanti t
. e ' Ecca qui t^ auree chiome^ e mi dileggia $
) * . l'^^fienderò ben' io con alsr* inganni
Menit^ella lava i panni •
-Ed in un baffo rilievo , finto con chiarofcuro» è fatto il Satiro e Mirtillo »
che fé n' entranonell' antro. Per alludere a quefta fiorietta fece vedere
nello fpartimento di fopra quattro Ninfe» che lavano i panni» due delle
quafi maftran volerfi fuggire» nel fopraggiungere che fanno quattro Sati.
n per rapirle^ V* è un'ovato fopra lapona» ov'è rapprefentato Apollo»
in atto'di ifedere^ In altro fpazio» che termina, quella facciau» fece lo
fletto Apollo, che fcortica Marfia» nel quale» in ridicoloia attitudine» hf
fatto vedere il Satiro» legato per le zampe » pendente per aria da un tronco
. . .4 non
»»*••.
^WVAMmm:S. GiOVÀItm^ r jr
ium molca Ipncano da^cenra^eve pofa; eolle real rincarando h tefta eU'
dorib in ilTcoreio : le cofcie ha egli del picco fcoccicai^ej eia osan finiftra
cien leg^ca con una corda ad un cavicchio in:^cerra ficcp;. La carcella chPi
^ fo^co» conciene gli apprejTo verfi^^ne'qvali.^/if^ P^^l^i^e • Apoljkirf : Y
Se mei9 di mrAéfveif$ fiiMjii $n \ }M ; -i.- ^ùi.r'ìt}.}
i /',< ' Qe a4^r^JMneij$ti4effiinfredar^ . . ». , u — f v i
. Mif forche mi ffogfi^fif \ .:,t . i.
£ifam M'i^ lìr/ tuo vile albergo ^ ^ . ^
Prr ^irf/^ Spoglio a te di pelle il tergo, . /.i
Socco qoefta cai carcellav dico nell'iiui^a^àmenco « dipinfe a chiarofcurof
Mìda, giudice della concefafra ApoUòciMarfia. Ia uno octangolobislun*
go nell'ordine di fopra» ha dipinco lo (b&b Macfia , che veflicofi de' pan-
ni di Ennone » valTene alla fua grocca» e da altri faciri, fra' quali uno tie-
ne alcri panni della Ninfe i è rapito. Rimpecto alla princioal porca/
un'alcra ne ril'pon^et che mette nel giardino, fopra la quale e una teda
di maripp» axui fanno ornamento due belle figure a frefco di Giovanni »-
la Pirimavjerà e l' Eftate» che eflehdo (bitb fatte dal naturale, eccedono in
bellezza r altre: fatte dal, pittore in quel luogo: ,e nell'ordine ruperio^re»
finfe un ragazzo contadinoi colla fua vanga in fpalla, tenuto in mezzo da
alcune zinganct una delle quali gli fa la ventura, e 1' altra intanto» per
di dietro, gU cava dalia tafca i qiiàttrpl« Nella principale facciata ha di^
ci conche marine: in aria diverfi'Àmoi;ètti/ che vibrapo faetce; e fotto
leggonfl le leguenti parole :
, Deb cacciator prendete .
^^^(/^'^» cbeH mio Aci fpìnfe è Lettp
Ed io farò ^ cV Amore
D' altro cV a feguir Jler $ V' accenda il cuore .
tn un balTo rilievo a chiarofcuro è Polifemo e Galatea che fugge. Nella
niù alta parte dìpinfe un iTrionfo d'una compagnia di cacciatori < SotcOi
M fìneftrt fopraccennaCa, finfe una ferrata d' una cantina, alla quale ac-
co(bmdo£ per di dentro una Fante dovane e di bello afpètto, moftra
di voler ^gere a chiccheflia, nafcoiamence # un fiafco d'olio: e poi^en^
dofi un dito alla bócca, fa cenno al ricevente» che ftiafi zitto. Sopra una
porta, che conduce alle cucine fotterranee, fece vedere un Maeftro di
Cappella, in atto d'infepnar cantare a' fuoi fcolari; in luogo del leggio^
fopra cui reggefi il gran libro delia mufica » ferve un Caramogio con cer-
cine e corda a guifa di facchino» e con altri buifonefchi abbigliamenti di.
perCbna.' C^Iii che cantano a cappella» fotco la battuta del maeftro» £0-»
no altri ferCaramogi, a'^uali ha lo (ìeiro Maefl;ro di Cappella infiiato.
con lucchetto, il labbro di fotto; e da quello pende una corda» e collo
ftringere che fa tutte le corde infieme e tirarle , moftra infegnar loro a far
re il trillo. £*" molto capricciolEo un altro pei^ero» eh* ci dipinfe poco
lungi
\
32 DecmUMitnrìJ^^^
^ kingl dftU* accennatù di ib^ai bdè^itn gi^iippò di h« giònhi àóiìhé, cKè
farU^ arrafbbiafie fra éì lerói &nB6 a t cìfipeillu fiiéhtre a quél rumore ac-
'corre una vecchi«'<ion ifeia; tr«i)iEit% wlk mét^^ in atto di dìvid^rl^.
ve ip*niip?nti; nel primo • in cur- IJ twe ^*f p«*d di mare, ha finto
l' Afin d'oro ch^ ragka^ - itghlriifniktb di rèi^v t lino alle deretane parti
orna^Q de' m^defimi fiori, ;t€^i$ ì» (^i^^ck^ Ath'ik^ che affettuofamen-
te s* avventa a Pfiche : ed in «1$ «art^Har ch^ k f(in&ì fihge che parli f Afin
d' prQ in q^cll^ vcrfi ;
ci* è^rém^'tim mecd in CÉtirar méggitt,
ÈfcTficbt 9' Cupide
Net giudicar H} farejir barbogt^
Rtmehirenlà gtià he* Caramogi . '
Nel? ifiSbafamento è fihta in baffo rilievo da uni patte Pfichè ^ eh* con
lucerna in mano, ciiriofa 4 potta a viedere Amòre che dò^me: ef dalraN
tra è P Afin d* oro. N^lla fuperior parte vedeC un viandante acaVaUo»
che £nf<» ai'reftato da una fouadFa di fanciulle m^gS^^ruoIe , che dopo aver
cantato I in atti affai gracion,, imp^dffCoticK il partire, prima d'aver da-'
t^^ loro la mancia/ Nello ipariot' che termina colla log^a, è Olimpia
{>iangencè f per efTere fiata lalciata da Birreno: ed è figura bdlillima , fótta
a quale l*ggonfi i feguenti verfi: • , / • /
' 0 cùfh acf^-h e dtftoì *
^" ' ' yn perfido V ir réni t tkàladttiò • ''
Sola mi lafcìò in htto, • . ^ '•
Per andare à ftgtUVWpifck it/ maro .
A* quali y^jrff volendo àllliai!rè, «cpottìe/àrieo^a alla • favola, buffonefca-
mente al jfuo fpiito^ rapprefentò il ^ttòi^e una ftrada civile , in fuir an-
gola, della quale vedenappeio uncartéflb, di quelli che hanno in fe U
pròi.bizrpne di far bruttura in fimili vie V i^effp al quale , dopo aver pò-
• ftfiiHh tèrra una fua fporta pierii di frtfrtè, icct)ffà(l un villahoper orina-
rjf ; é méntre eh* e' fi fta in fitnìlé fàécehda /dompàrifcé h ftmiglia del
Bargello^ e uno de' birri abbtàhtata ài contadino fa fdrra de' calzoni, lo
fa prigione. Nello fpazio di mezzo fi,nalmehté, che forfè riufci di pcg-
gior gujfto. Giovanni finfe una marina, ed in arh fece vedere la Pittura
fopra nuvole. Dalla deltra parte avvi un'Amoretto > che regge un» tavo-
la, ov' ella di pigne: da fin idra è un altro limile in atto di difegnare: e
dietro un altro Amorino che macina i colori , mentre il quarto moftra
d'ammirare il bd parto del pennello deiriftcfla Pittura. Ncfuquefto
concetto di Giovanni ( ch^'è I* ultimo ih quel cortile) men fortunato
dè]^li altri, ncir accompagnatura de' i\iói, a bello (hidio compófli , fdoc-
chiffimì Verfi; anzi fulbpratutri gli altri ptìvileglato, mentre nella Parte
che gli fta fotto, leggonìì ifegdenti , più fciocchi degli altri: e quel che
è più» avendo Yohto , che in effi parli Irmedefima Pittura:
• ^ Mojiro
GlùVANNì DA S. GJOVANNL ^^
M»8r$ in ^itejh fieeitté
0/impia iiJ^atM*
AjMft t PJMe lieiit
S GébUié tré lieti,
li Satiro htrlatt»
E Marfià fiortieatts
B le fterie dipinte fit *l S fepré*
A eejh fatte, e poi tra quefie iit efr§*
Coti piaefne gi attore
Per fin utitare*
S^éie è Poeta ancora;
Peri ai ba delle baiee getti fmra, ^ ^ ^
Ma giacché abbiam fiitta menzione dell' opere a freuo ntte da Giovili-
ni per la villa del Grazzini , diremo ancora > come nella medefima con«
fervafi una Tua pittura a olio: ed è la canto riGiputa burla, fótta dal Pio*
▼ano Arlotto a quei cacciatori , che avevangli lafciati in ferbo i loro le-
vrieri: pittura veramente belliffima, e che ha in fé un efpreffionedi con-
cetto tanto naturale * che più non può dirli : e non Tappiamo, che altri
prima di lui , fi metteflb a rappreientare in pittura le facezie del Pio*
vano: con che diede occafione a l^daflar Volterrano, di fòr poco'do|>9
ì belliffimi quadri che fece , rapprefentanti tali materie, come fral/e noti*
»e di lui faremo vedere . Diciamo finalmente, che la burla dipinta, co-
me fopra , da Giovanni, fu colorita in Roma, e dicefi appofta per lo Car-
dinale Barberino; ma a cagione di non fb quale incontro , ch'ebbe il pit-
tore col Cardinale fteflb, egli fé la portò in Firenze, ed al Grazzini no
léce un dono. Reftò terminata l'opera del Grazzini, come accennammo
di fbpra, Tanno itfjo. nel qual tempo, alto incendio di guerra, con pe-
fie e fame, arfe quelle parti della Lombardia, che bene fon note; ma la
crudele careftia e '1 male contagiofo invafero ancora altre molte città
dell'Italia: ed era già mezzo il mefe d* Agofto dello fteflb anno, quando
la pelle , che pure aflai da vicino alla noftra città avea fatto fentire fuo
orrendo {ìetore, non perciò eravi penetrata : cola, che feguì poi dopo bre-
vi giorni, e fecevi grandi ftragi: e volle la buona fortuna del noftro Pie
tore, che in fui bel principio, o poco avanti la gran dilatazione di tal
malore, CofimoBargeUinljgentiluomOyamiciflifflo dell' arti noftre , quan-
to d' ogni altro cavallerefoo ornamento , deliberafle di far dipipnere «
frefco circa a venti lunette delia loggia della Santiflima Vergine di Mon-
fommano, Chiefa cosi detta per efler fituata alte radici dell' antichifiiino
caftelio di quello nome, nella Valle di Nievole, territorio di Piftoja.
Or quello, avendo fatto capo a Giovanni, conduflèlo a Montevetturini ,
altro antico caftelio in quella parte, ove ilBargellini poflèdeva molta difua
ricchezza. Quivi dipinfe alcune cofe a frefco; poi applicatou all' opera
delle lunette, neMe quali rapprefentò più grazie e miracoli , operati da Dio
per mezzo dell' Immagine di Maria Vergine , che in quella Chiela fi con-
ferva, diede loro fine con lode. Da quel luogo chiamato appofta, fi por-
tò a Piftoja; e per quei della ftmiglia de' Rofpigliofi (Upinfe in u^ Ipc
* /- - k
14 Deatm,U.dM'f^f^VdetSecJ/,ìhit4tA,iiii6io.
m
Palazzo, una Cappella, ove i«p|»r«ftnf6 f»cti di ^Suita Caterina Vergi-
ne e Marcire : e dicefi , che nella medisi&auk rkrafib al y ivo tutte le perfo»
ne di quella cafa . Con tale occafioM fu ricctvvt^^ki, cafa propria da Ja-
topo Jacopi nobil Fiorentino, al lortl^v^t^w per )9 Serenimi
duca in quella Città : e per lui dipinCeriqolti fcefcbi^ con diverfi capricci
di fuo gufto tbpra paniere, o vogliaaip diré ftuoje di vetrice, ficcome
aveva ui'ato di fare in Firen^ft^ Q>i| andò giovarmi fiiov di Patria confu-
mando quel tempo, n«i qvdjk «tU eia dalla peftileaze fcurte travagliata.
Tornato finalmente , ebbe a di|iifM»re» neìia QaufQra per le Monache
d'Aanalena, tutto il Coro* con iftpfi« di Maria Vergine : e perchè eragU
pervenuto air orecchio ciò che fu decta.nel|ie0ipQehr egli operava, cioè ,
che avendo avuto a dipignoM^ioi luog/^ ^icciiUp r ad |^m intendente dei»
l^tfcer» àvrebti'egU fimn debbio operato s ino4a foo^ o per «MV^^^^^t
coTì^ iOrepez^o; qrotndo a' ebbe e venire elf onmnrio» non yoUf ogl> KU^i
domandw cófa tleonet finchi ooo fu fua ojpora ricono&iiiie da cbi y^^
aci dare ficwo gìndisio dr fee bo»tè* 'é che mto»aiH:lie fi«onc«9«òd'ei&
Cere a ge&i di quelle Madri rkoe^^enfato . Fo foi chìeotato 9I MaaafU^
É» dclte Conveniaei, dove ccdeA a fiefi^e pivi il^ie daU^ Vita da &« Agp^
fttno. (^imdrfiittó endere dal S«ieidffiiooC<rdffiak»Gi5r ^ìo aUia^Jw
Vilia di Menoaiooef ^ ogg^ deli MUnslie^ CodrlkHt^ vi dipiafe due (p^f
di volce.econcorrera» d-atcrei dipioKvi daJP^ikìaiio; aia piii^a dpr daf
principio aB' opera, diflèglt il Friiwipe: Giovanni^ noi vi met^'wnf» a4
operare in loogfo, ove hadipiaicf l'Albano; però iogeg;nac«vt di |a|ei
onore . B Giovanna a ìm : Sere^iifliiiio , fé e FirensQ non fa V Albano» e^,
ci fai abaeno del Mofeadello bMoivo . Io ma sfoi?zc9Òf e ie ^' non eu ri^fisi^
id reflua qudb, alraeiki pfocliireyòd*ie(!er quefto» .
: ^ .Venuto V aiiaoi^Jj:):. il Padre Don Diaa^anae Rofli, Abafe de' Mok
mò VaUombao&ni in Santa Trinila, voUe fa^ dioignere, di.^àcte iftok*
lie^ tette te lunette del Refettofio terreno di quel MoiAafl:ero : ed affina
che a i Monaci, ndFatto di dare col cibo riftoro ^1 corpo, non mancaf-*
frcò oggetti atti a onio vere in loro devoti penfieri ir appropriati e <}eeW
Vnìotìc necef&ria alla coniervazione della vita^ detereviiiòi che in ciatcho-»
duna delle aiedefime lunette fuflèro r^ipprefemati fatti del Signor noftro
Gesù Crifto. Fu chiamato a tal'opera i^ noftro Giovanni» il quale pri<*
mieramente fece nello fpaaiio di meno della volta la Baata Vergine, in
etto d'andarfene al Cielo: fecela vedere fedente fopraune nuvola r fo«
fienuta da tre vaghiffiim Angeletti, il tutto vìfto di fottoin fu, opera
belliiTima, che vedutah il celebre pittore Ciro Ferri, ebbe a dire, di non
avere oflervata figura, eheCcortalie ai bene (guanto quella. Delle molte
Junette , Ìblo quattro ne diptiife , a cagione di non e(fer riuscito a^ Mona-*
ci averlo per tempo %i lungo. Vedeft in una, rioftro Signoa G^auCrifto
% nenfa in cafa di Mart9 e Maddalena, dopo la refurreaione di LaasKM»
H quale pure vedefi a tavola collo ftefio abiti», con cui etcì dal fepelcro»
V' k fa Maddalena genufleiià evanci il Signore , mentre la (ónìHot ve mi-
nitlrando. L'altre figure, ebe veggoofi iiv quella eavok , furon fatte per
sipprefentaM alcuni fafiÌei|.vemKi a vedete Laxaeio; a fot(oè notato i|
luogo
GIOVANNI DA S.GIOVANNL ||
iMge dì Cén Gìotohiiì ìI XIL Hmptafnr ^fia» témmm, fii m léwm^
rmm ^kki^em . B quatta 9ffn fiece.fim r Abaco Don hYWttdo Nt«coluiit
•liondt V«iloabro(k» ^Generai» dell'Ordino. 13 «n'alerà, clie torr
fit fiwM il piilpico » è il Sàgnore » clbi> càì^e da i>erd «J it Sammari cant . In
altri è lo oWTo St|0Ofe» pure in cafa di Mane e Maddalena « e queAa fk^
dente a- Ami piedi» mentre la Sorella par che fi dol^ con eflb » di non
effi^r da ideila afiNata nel poepanae U co& nei^flarie alla menfa: e r' Ib
notato il luogo di Santo Luca al X. Opthnampmnem ilegit fièi M^ié t &c^
In altra finalmente 9 dipinfe Criflo noftro Signore dofMi la Refurresione»
die fi abbaffit per arrolbve fopra la braci il pefiaa; e redoG fopra un fiiflo
«n pane, ed in lontananza la pescagione 4egli Apolloli; e v'è notato il
luogo di S. Giovanni al XXI. Videtcam ànma$ fyk^s^ & pìfctm fnfirfù^
JhMm^{yp§mm. Né gran £u(» fu «che a' Monaci T aver Gio ranni al propcio
ftnrìgto, f^r maggior tsoipo di quello afahiaBio dotto di fopra» non riUT
fciflé^'conciofttdboofachè, nonfob gltabbondaflerp Tocfiafipi^i per la citia|
ma luffe tuttavia foliecitato d' andare a far opere fuori t e mentre fapevau
in Roma » eh* e' fi tratte^ieve in Firenae , non era nìai » per ca$à dire , fectì«^
jnana^ ehe di là non gli aiugneflero lettere piene di tafi inipvlfi; e *i Car^
dinaie Spada, piùd^ogn^altro, ilringevaio a porcarfi colà . per dipigaergli
il Salone del fuo Palazzo , giufta la proroefia àk facta|jiteiie da lui peff
mezzo di Belifìirìo Guerrini; e già ne aveva urti i di^gni; ma perchè
non mai fi i/enne all' ultimo del partire di Fireoae » la promefià rimafo
lènza affetcp; e fegoita poi la morte di Giovanni*, dicefi, che da Giovan**
ni Grafia fuo figliuolo h^er donati tutti i detti difegni alja gloiiofa me*
morìa di Leopoldo, poi Cardinale di Tofcana.
Circaa quefti tnedefimi tempi, per Agnol Galli nofiro ricco GentiloQ*
mo , dìpinfe a frefco nella fua cafa di Firenze # uno fpaztodi volta d' una ca«»
mera, ove rapprefentò la figura di Pftche , efisipra alcune porte della fala aU
cuni putti, cheriufcironoopera^beliiflima. Chiaaiato dal Marchefe Gab^
brielloRiecardi nei fuo Cafinodi Valfonda , colorì jpure a £refco in una volta
a mezza feala , una beli' arme , in veduta di foeto in n , in al bello fcorto , cho
né più nò meglio, in quel genere , fi può vedere. Dopo t«ete quelle cofe^
incominciò Giovanni ad efièr forte travagliato dalb gotta 1 e cosi fpeflb»
che convenivagliquafi il più del tempo fiarfene in cafa- e perchè foleva eH»
ière il fuo operare per lo più fnori della medefima , òoy^ ammano arnma*»
no occorrevagli dipignere a frefco # egli incominciò a trovarfi bene fpeflo
del tutto oziofo, o con poco da fare. Ma perchè il fuo cervello, cho
non mai lafctava di raggirarfi intorno a<:oiè bizzarre, e per lo più appar-^
tenenti a materie fatinche e mordaci , eifendofi dato alla lettura de' Rag-t
guagli di Parnafo di Trajano Boccalini^ che non molto avanti eran com*
parli alla luce, s'incapriccl s\ fattamente di que;l modo di comporre, cho
difapplicando quafi affatto dal dipignere, diedefi a comporre anch' efio
in quello fiiie Un libro , in cui, con affili ingegno^ invenzioni ù% ma
indifcretiffime, motteggiò e fchemì a mal modo tutti, i profelTori deUuo
femp^,- e cos'i col guac^gnarfi che fifcé jcon sa filtro lavorio t gli appéaufli
dtf più imprudenti od inditeti uomini ^ fi piecMciò e^utooio. sì graik
C a ^ numero
1 6 Decekn, U, della Fart, t delSéc. V.daii6i oM 1 610.
Aumero di nemid, che nòaen imt onmai chi |Mte0e'c<m boon OMfe
fencir pronunziare il fuo nome. Aveva fempre la cafa piena di quei talii
che dove fi beva p sì ciarli, e fenza alcun nrpecto. altri fi dileggi» ufano
di confumare Tore migliori del giorno. Con cale con verrasione delizianr
dofiegli» dato a otta otta di mano al fuo libro » leggevano loro quand' una e
qnand' un' altra parte: e con effi a vicenda faoevavi quella parafrafi i che
• derifione de* fuggetti in eflb nominati, tornava .meglio in acconcio,
A quello libro» come diremo a fuo luogo» fu, dopo la morte di lui» data
quella fine, che meritava un tal fuo prefo affumo; onde poche delle in*
venzioni ivi contenute fi)n rimale nella memoria de' vecchj , che ùg%\ vi-:
irono I e noi ne fappiamo alcune; ma perchè il raccontarle col nominare
coloro, fopra i quali elle furon fatte » farebbe cola indegna i ed il portarle
lènza tale notizia , fnerverebbe i per altro iogegnofi concetti \ farà parte
noftra il tacerle affatto; qualcheduna però accennandone di quelle, che
Donate con tale nominatone » non poflbno offendere ; e fenza la mede-
urna, contuttociò non lafciano di fervire ad uno innocente trattenimen-
to del Lettore, ed alla notizia del modo» eh* e' tenne Giovanni in quet
foo capricciofo componimento • Ed incominciando, diremo» come ave*^
va in quel tempo un nofeo pittore, per altro di buona pratica in difegno»
dipinte alcune lunette con «ftorie della Vita d'un Santo, in un chioftro
di noftri ReUgiofi : e nel colorirle erafi portato sì male , che tutta la città
ne gridava. Finfe dunque Giovanni, che un cerco Marmalo, detto il
Gradino, che facea fua bottega di medicar tele, e vendere ogni forta di
colore in Bor^o San Lorenzo» comparifle ungiamo in Parnafo» e da*
vanti ad Apollo ponefle un calorofo richiamo contro quel pittore» per
-«vere egli, ficcome ci diflfe, levati da fua bottega tutti i colori, de* quali
crafi poi fervito per condurre le pitture del chioftro , e negavagllene il
pagamento. La povertà deirinftante, e la premura, con che e' portò le
proprie ragioni contro il pittore , fece si che Apollo fubito faceflelo coni*
Eanre alla propria prefenza, per dar conto di ie. Comparfo il pittore, e
ittofi il confronto de' litiganti , il Graffino, con parole aflai tervorole »
zeplicò fue iflanze; ma il pittore conftantemente negò d* aver mai ricevu*
to da lui colori di forte alcuna: e poi con gran Iena, voltatoli ad Apollo»
eos) parlò Sire, (guanto è vero, che le bugie han corte le sambe! 11 eie-
io, eh' è amico di verità, ha fatto sì, che queft' uomo fi fia imbrogliato
adire, che i colorì, che fon ferviti a me per dipignere le lunette del
chioftro, io abbia prefi da fua bottega: e così non le ne accorgendo, a me
ha apena la ftrada per una giufta difi^fa . Poi voltofi al Marmajo , gli do-
mandò» che forta di colori diceva egli d' avei^li dati a credenza Pel
Marftajo a lui: Voi molto ben lo fapete; io vi diedi terra roda, cinabro»
minio» orpimento, lacca, terra gialla, tèrra verde e nera. Or ringrazia-
to fia il cielo, diflè il pittore: io fo inftanza, o Sire, che fi mandi a ri^*
eonofcere il mio lavoro: e fi vedrà, che io non adoprai in eflb giammai
altro colore, ch^^ brace, calcinaccio» e mattonpefto. Subito di commif*
fioTO di quel (òvrano furono eletti i periti per riconolcere T opera, come
ti pittore aveva chiefto: i quali portatifiai luogo i e riconofciato il tutto-.
.* « • »
GlOrjNm DÀ 5. GìÙVÀNNh |f
tìfaìeoiKitqttdkaMftà^ eIie.leipkHntiiDftrM»iiojd«vi4«n}l»* 4ÌIMMI
dSm Aatt mia con tloro^ che omi quella forco di eolocU (^e U piccQH
•VM« dccio,. cioè eoa brace, cakanaccHii o mattoo pafto i onte actefi
aale deooixiOM » fa tt povoro Mar majo caodannaco nelle rpef«: # od U pifiit
core eibloco # f$iitis.. Voile anche Giovarmi dertdore il proprio Ahi
fliaeflro MAeao Roffalli: e prefene P ocoafione dell* avere oflervato» dM
egli fu Ibltfo d' ornare » qoafi femore, la gamba eU piede di f«e ^use^
con carri calari traferarì; che pero finfe» ohe efiò Matteo awiainandidt
aUa veccàiàja, temendo di non dover condnrii, a cagione della medefi^
ma» in iftato di non poter così fitcifanente e tanto bene man^giara ^
pennello» rioonreflèadf Apollo» e domandaflegli q[iialche impilo» input
urna eppHeaaìonee fatica non fi riehiadefle: e ohe parendo ad Apollo
Jlioda la dimanda »^ fobito ordini^» che al RoflblU rafie dato T t]^Ua
e'caiceitl» il quale e^ di buona voglia aecetcafle» per einerlo poi fem^
pre Am alia morte; e ohe per fiiro di finale àameanaia buono fpaccip^
ufiiflc di provvederne oant fua figura • Erari un altm nofiro buon pittov
re » che tra altfo fue abniadi, aveva quella del rapprefentare maravi^iov
fiunente in pittura i drappi d^oro: e come <|oegli» die ben conolceva ia
quefta parte fuo talento» ere iblito reftire dt quegli e femmine e mafcfai»
ch'ei rapprafencava ne' fuoi quadri. Finfe dunque Giovennì» che al me-i
defimo tuiSeda un certo poeta ordinato un gran quadro» per adornarne une
ifiiaflanEa«a Ptmafos che dipinto che fu il ooadro» il pittore ne feoeflo
nn niotda» e ben l^ato e coperto l' inviane al padrone; ma nell'en^
tee» fuflè fermato da' gabellieri il pormtore» per fentir dà hu
parce aei quaaro» ov'era un de' tonti amppi d'oro» rappreienuto ai oe^
ne» che i gabellieri credetterlo vero : e menolo in frodo» fubito corfe chi
lo portava » e chiamare il fattore: il ^uale comparvo» e aparta ia pran tct
la» difl'e» ch'ella non conteneva altrimenti in fé pezze di drappi d'oro^
come tntn dati a credere i gabellieri» ma %ure dipinte . Di tutto fa
avvifiico Apollo» il quale volle» che fi elaminafile il depofto del pktore; o
filtro ben neonofcere il quadro da' periti, fent)» che veramente q^od drap*»
pi» benché. pare(iÌMO veci» orano finti; ma doverti ciò non oftaiace coaf»*
dannare il pittore nella pena del frodo, per avere egli detto» che il quadro
conteneva m fé figure» quando veramenfe altro non vedeafi in efiò le ncm
fiintoeci . Per un* altra Umile cenfura» eh' egli inventò contr^un altro pftt«
core, conchidente in fi^nze » che le figuM fue non eran di carne, ma di
Tetro, fu Giovanni per capitarne male» fé non che il fuo fpirito binofo
ne io caf8ipò,ooiò fu : perchè eflendo il cenfurato uomo piuttdfto da urCi
che da dire» trovatolo un giorno per iftrada, e fu lung'Arno, dopo averlo
al latore: oc giaccne voi volete sar 4
poiché egli è tanco^ ordir che n'findaflimo prima-a definarei.((d è puro
Ci ancbo
jSt Deutttt. Il della Part.l detSecV. dati 6 io. ai 1 620.
'/
anche dovere» che avendo io l' intonaco d' lin mio lavoro» cke fi fécói»
che voi mi diate tempo di poterlo finire. Or raggrefibrè» che dopo
aver dato fuora il fuo veleno» ogn' altra rifpofta afpettavaO» che quella #
mezzo tentato a ridere» con poco altro più dire lo lafciò» ^It cofa fini
in parole. Ebbe anche luogo fra' burlati da coftui» Ottavio Vannini,
in quefto modo. Finfe Giovanni eflèr venuta notizia di Parnafo» come
efla Ottavio fu& (lato un giorno vtfitato da certi pittori» acquali avreb»
be egli pure voluto. &r cortefia d'un poco di rinfrefco; ma eiIendoftatQ
colto air improvvifo» jpoc' altro aveva melTo loro in tavola» che un bel
pezzo dimagro di bue treddo» avanzatoli aldefinare della mattina: e cli^
a quello avventaronii i pittori, come a vivanda loro condicevole» e di
tanto lor gufto ; la qual c<^a veduta dal Vanmno » per defio di dar loro
J»ù neii^ umore, tolto di tavola quanto era rimaib di. quella carne» ri-
nvia in padella , e tornò a porla loro dinanzi; e che tanto baftò per far
Af che i pittori di/ubito.abbandonaiftro il mangiare, con dice» piacer lo*
ro le cofe come vengono alia prima cottura » e non rifritte ; con che ave*
va voluto moftrar Giovanni il poco concetto» eh' egli aveva degli altri
pittori: e che il tanto ritoccare» che faceva il Vannino 1' opere fue » le
peggiorava non poco. Fin qu) il concetto di Giovanni^, ma è da fàperfit
che effendo ciò venuto air orecchio del Vannino, con tutta flemma ftet-
tefi quieto, e poi rifpofe; Veramente ha facto bene Giovanni a metterfi
sn quell'ultimo a comporre alia Boccalina» perchè cos\ farà egli in ogni
€o& fimile a fé fteflb» mentre vede ogni uom' eh' ha ingegner ch'egli da
qualche temoo in qua anche h:i cominciato a dipignere alla Boccalina : e
volle dire, cae Giovanni aveva cominGiaco ad ufar quel modo di diviene*
le» di cui fervofìfi coloro, che a Montelupo ed altrove dipingono i doc«
caK; onde fece apparir femprepiù vero il proverbio» che dice; Chi
ia fa l'afpetti. E quello è quanto eie paruco poter notare intorno a
quanto è venuto a noftra cognizione di quello libro, tacendo ogni altra
cofa, che per diverfi titoli dee tacerfi ,
Era l'anno 1635. quando Baldaflarre Francefchini Volterrano, fiato
difcepolo del Roflelli» giovane di ventiquattro anni in circa , innamorato
dell'arte» quanto altri mai, coli' occafione dell'avvicinarfi il tempo» che
doveanficelebrare le Reali Nozze del Sereniffimo Granduca Ferdinando II*
colla SerenifTima Principefla d'Urbino» Vittoria della Rovere, avea per
ordine di quel Serenìflimo il noflro Giovanni dato principio a dipi*
gnere il Salone terreno del Palazzo de* Fitti » avendo e(tò Baldaflarre in
grande ftima il di lui modo di colorire a frelco, fecelo pregare da amici
dhe volefle dargli luogo in quel lavoro» acciocché potefle quella bella ma*
niera apprendere : e ne fu iubito compiaciuto da Giovanni» il quale fra
1* altre cofe» per ornamento della volta» di che appreflò faremo mena^io-
ne» fecegli dipignere in una cantonata fopra.un cimiero» alcuni fpea«
xiacchi. Ma non furono appena paflati i cinque mefi» da che égli inco-
minciò a valerfi di lui , e nella Sala e nella Tavola del Parigi in & Felice »
di che a fuo luogo (iamo per ragionare, che vedendo i progrefli. del gio*
vane troppo più oltre avanzarfi» di quello di' egli per avventura erafi
imma-
, GW VANNI DÀ S, G 1 OVA NNI . 59
immt|nitto» temeodò di noi) diventigli fecóndo» fé lo tolTe d'aceomog;
e andò la cola nella fegaence maniera . Era in quel tempo Giovanni for«
pier portarfi al luogo del lavoro» ove Baldaflarre co' muratori l'attendeva i
tantoché &cendofi l/ora tarda, andò il Volterrano a cafa Giovanni» o
fentita fua impotenza » gli difle : Signor Giovanni » giacché io la vedo ift
quello grado» s'ella fi compiace» per oggi tirerò avanti io medefimo» per«
die rintonaco non può più afyettare» e converrebbe levarlo via: e noa
tema» die operando fopra i fuoi difegni» io fia per far cofa» che non
abbia a riuCcire di fua fodiafazione. Furono, quelle parole a Giovanni*
una ferita nel più vivo del cuore; onde fatta gran furza a fé fteflb» pica
di fdegno contro il Volterrano » fecefi portare a Palazzo : con gran fatici^
e dolore , montò fui palco» colle fue proprie mani buttò a terra l'into^
meo: ed a Baldaflare diede una bella licenza dal fuo fervizio • £ anche è
da laperfi » che pochi mefi avanti trovandofi Giulio Parigi » Architetto^deL
Granduca» flato maeftro del noftrò pittore d' Architettura e Prof petti va ^
d'aver già data fine all' ornato d' un Altare d' una fua Cappella ndla Chie<%
fa di San Felice in Piazza, per lo concetto» eh' egli aveva di lui» volle»*
che di mano fua fufle dipinta a frefco la Tavola; e ben diede a cono-»
icere il pittore in quel lavoro» quanto gli premefle il dar gufto'al Parigi»
avendo condotta un opera veramente beiliffima» e fu» quando San Felice
fpreme in bocca a San Maffimino ( che vedefi giacere quivi tramortito,
fopra le nevi) il miracolofo grappolo dell'uva: ed è da notarfi» che fo«-
pra la figura d' un' Angelo» che tiene una vite venuta dal cielo» lavoròi
alquanto il Volterrano^ ficcome noi fentimmo da lui medefimo. Vedefi
oggi quefta bella pittura» tanto ben confervata» quanto fé pur ora fufiè^
ftata colorita , Ma ^empo è oramai di dar notizia delle pitture della Regia
Sala terrena di Palazzo» fopra accennata » la quale» e per la propria flrut*
tura» e per la nobiltà del concetto» che elefle Giovanni» per adornarla,
di fuo lavoro» merita, che fé ne faccia particolar menzione da ogni pen»
na.
volta
ognuna delle facciate» per lunghezza» pofa fopra due pedu
intero» e fopra uno nelle due per Jarehezza. Ha due gran fineftre rifpon«-»
denti infulla piazza» nell'ordine dell'altre inginocchiate del Palazzo : ed
evvi anche una fineftra nel mezzo più alta delie due. Ha quattro porte ,
una che viene dal ricetto terreno» contiguo alla gran loggia del cortile :
due che conducono alle regie camere terrene da due lati ; ed una finale
mente » che vien daUa loggia fegreta di quello appartamento . Doveafi
dunque ella dipignere tutta» da imoafommo» con iftorie alludenti a' gran
£itti di quello» che nel fecolo del 1400. fu l'eroe maffimo dell' Auguftiffi*
ma Cala de' Medici» dico di Lorenzo di Piero de' Medici il Magnifico.
E' vi fu a tar effetto chiamato Giovanni ; mentre a Francefco Rondinelli»
nobile ed èruditlflimo Gentiluomo » Bibliotecario defGranduca i fu 'dau
C 4 l'i«-
VbÈomknm di pealam tdm v^«MMefit»ffer MficBHn. itfanò^
pwefi da Gdanem^ come qiMgii » che flwlio yMflKCiMfi del tei
^»» cmoko tacKe fom piMigicwii'i di ùm^tuàuiom^ nifiaeni
etnei» die ttiievaiwdd aoetÌGO« per ia^wi Ikìiim de* ImooS tte&t »
ohe encbe» ifep^ «noe aHMUidenm> lo «Mia delle feicuae, jaerderidl
dde^w^^oMi ratetmiefiDMBitaoD; Ibrcefidoifii o»l iLaoecfinoili» oi»
dovondD cgK cenducee > fiooome eonduflie ^ dà tueiD faAo^ «m eà
^nd' #pèm odi feonetto, «Mm dorefife fididi ^1' ii«egao foo tadlie it
oonceeMi o «m ttk oocufiooe camomci^ i|oeii€o iuorop a oò ama
feuGMo^j^^taMofiaiMpieo^ aad
■rinmto la teUa tika^ eìteiiol Granduca dot^rfi^per ^gnt oaodo hTcnr di
eneo él peftfioio «I pinoae» poottAando# cter«cfiìaioguftoildi'Aleèan
SeM faioMe ^iaaaCben coro o per tua» appagato s le (enaa pie daed^
dol «loAiD jpiaoae fttiACÌpio «ir opera ^el éq^aonae modo. £ aacocnio»*
eìandò « -defcrineda idalia paà jmA parte della >oolaa^ per pocctrci oocGa
il fuBwoiH dioiaaao: che oppanfamo ae* pa^ed^ •adioaauaeme ficoate.»
le «pyMGCta ScagioQi finte d' oro» con thie de' kir msA éati 4i otaoDo^ o
fiacio4e aaadctioieibiioalccinìpiiaic CeAiofkt ^nti di àuposo .^ laciafishe-»
donadeUe doe iiaodc » por iolongo» opparffceflui elevo. padiicoao» ore^ve^
defiam eaaCM, nel^iaate di bafiMiliom fimo alpnat ipmcu ck§ MIaodo
lbhaioaoo^'4c ^li'taii de'niadcfiaiì pedaicd » ^foiio due wn aodi . Sopra o^
Sae^Sloiie écm figurate piooole fioriettedi bafl'orilievo^ ilnie di tecmao» ia
«ne» cioè ÌA«odla eoe è dall* Inverno • vedtfi Boto Re do* Ventai; immo
di ibaodiaie ji^i «kit Veoai^ per -etifer quegli <sbe doaahia meda Scagiaiìe^
Ibpra la tecione delia Pctmavera Ibno alari pMti^ ohe ibfaeraaiio ooa
fioris fo^ u State Ibao akime Kmfe donaanti; e l'opra T Aoniiiiìo im
M4o di finir] • Nel bel meuD delle vokiceUe» cliefonnanoi due pe«
éoeci di aezao<ddle due parti longke » fimo dico» dalk parte del-
k platOB , ibpra la imeftra olta , la figura dello Notte • pure di finto bafib-
ri)icvo4i hmMo: ed ia quella che gli è rimpetto* la figura deliSiorno.
19e^ 4U%9oli della fiila» ve^oafi i TtoEd fopracoennaci^ e Xonovi ako»
ni cimieri^ 4da^4|oa}i fi partono allori» palme, ulivi «e pennacchi: e pò-
ftiM i^ioiori .ft>pm una delle palb deiranoe Medicea» rcua da una Sire»
3M' . 'Smovi omme certi putti, che reggono la Reale Corona, per la qua*
IfepaffimO'le paloe^ gli allori ed almi che detto abtnarao? le quali tutte
cbie, couie «ogmm vede» fidano encomio e qualificauo le varie e nobiliifi-
ne virtù de'grandi di quefta Ca£i . Negli fpigoìi di mezoo a' due peduc*
ci delle parti luMhe» fono due tondi, ove di hafibrilievo di finto bron-
co » fon figurate la Notte e '1 Giorno. • Cola è quefla tanto bella e cosà
bene adattata a' fuoi pofii» aggiuntovi V efiere il tutto riooaaaeiite lu-
meggialo d'oro» che potrebbe per te Aeffit, quando non mai ahro , te-
iere, p« un nobUiffimo adornamenao^dla fala • Termina finalmenaecutco
quatto primo ornato del lenimento della voltata in ;un liei tecraaoina ba^
lariftrato* ^e fiDriana il grande fpaaio'iiel mezao ideila medefima» da i lata
dcil quale» per Innghean^ Ibao due flnriette colorite » ^ù parncokr^
nec
VIùVAdfm "DA S. GIOVA NNL 41
neate alhideiici tfi* ReaI(f«Mte . Imma él figari oviit» Giovanni fin*
fé Anoca.dhe condiice ft Lione ( itt «ut vienlguato il fojxHo fioren*»
tifx> ) t Afe d9bq«io a Matte , fiiito éff poeti k> Dio éi à km ammelii
od ki quello rien fignificata ia feai ferfima dì fierdioando . Métl'alcraddài
inalerò kto » è flora in MaeAà » in abito reale» ootle |ilinlb dell' AarnOt
eiie le i^argono Ibpra fiorì e j^rtande : e Tedevif il Dio ftne» ia eoi
aooo il Mondo figwafi , che 4ta in atto d'aoNOiiOfe le l^eUene di f iMAfla»
Nei grande fpazio di mezzo» ha il pictore facce vedetele Parclie» le4iio
che filano lo dame di noftra vita» e l^aMaaa ilaia » per 4i«ioftrare ftia ve«
iocicà nel portaifi a icciderlo. & ^[oefta in atoo di cagliaf con eflo anche
un albero di quercia, Arme detla SerooiUtfoa Cafa delia Rovere» menerò
cerei vaghi Ai^ofecti Ae pcendono alcuni nonoftcM < ne^^uali volle darò
a còfioioera Giovanni » eflere fòlamente la SetenilBiM S^fa riaaafa. di
quella ^nrt Fioùglia) ef[iì portano ad iimeAiM ed uno (eodo d'tfmev
aooomodato in pollo fubtime» eva^^uetta della SeMAÌfffifàa Caia Medi«^
ci» tenuta in crono 4a Veneie Dea itogli amofi. V^èandie Giunone^
detta da* Latini Prm$0ki, da' Greci Gsmtlis, ovvero Dea delie Nobm,
e Regina delf Aria : e quella vedefi in ateo di coiuendace il tutto . A car»
pò a Venere fono le tre Grazie» folite corteggio di queMa Dea» figomo
igoude con iiVolaazante 4Eek>{ e tutte m veduta di fotaa in fiiv-fopr» «««
vofe 9 danno villa di (e eqa) ^at^raìe» di'4 piopifio una maravi^ta^ «A
oltre al bello e ouriofo 4f«dere, clie hiMo le mvole ftcH^» la cui e(be«^'
buca per di iocto, pemmmdo V apertura del graodd fpaMO o afendatOf
ohe dir vogliamo , pare ffhe occupi il vano^dalla Ala medefima» £ioondo
ncTodi delT canato e del fintò eerrani no ^Ènm Ibetcimenc o 4i cnbcaiia^
turale e Vera, onde fèmbi-ano ^reggerli in €t Aefie» 4iMaa eoocarno' donno
pane . Fiftfft il pittore pofaie la voke fopra- alcuni pikÉrom di beliiffiao
acchicetcura ir nei fedo de^quali apparifcono i «MMraftgliofi^finei'baffirilieva
dimanao» de* quali parlare moepprdlb. Ma «tea fa 4i aneMeri» chofi
attmirino4e quattro colonne» cSk^egli-pure liftCeiiétteoaACOtiace deUa fafai«
Ma e^i , a forze di fcurì e di lumi» cavata da ^Uno efondato un rifidto di
tutto rilievo, cioè a dire daM^ arsolo e canto vivo »<he fanno le quattro
■Mra <lie foratiano la fala> una colonna toitda per ciafciiedua canto. «
talmente tonda» che finattanto eh' ella non fi tocchi eotta mano» lampao
apparifce di tutto rilievo. &i<oooeia dofctiyere le petaure 4elle lunec»
te, delle pani laterali, e delle teilate d<tlai«la« Metta prima lunetta (b«
pra la porta, che vien dalla foggia legreta » incoaninoia 11 fuo nobile pen«
fiero, per alludere alle glorie dd gran Loiasnuo i V<dafi4l Tempo » che in
atto di federe fopra la medefima porta» va di^kifendo col Cuo fiero dea»
te, e colli mano va laceran^do buona quantità 41 libri » chegU porgono
diTerfi fatki, mentre aicri làttri, armati di fadi ocèefe» aMftrano inviai^
alla roha di Parnaib» che vien rapprefenmto tieHa lunetta di mee^; ed
uno fi dima per raccogliere alcune carte dal Tempo ftmeciote. Traili
fcritti lacerati dal Tempo»- cade fra quei'Citirt uno Kraccio d* un IHiro^ové
è notato nAPM^IòOT imi OTEIKfiN» ehe vale adite^9iraMOÌif délb
I!jj6#; ed una Satirefla alza certe corone i in fogno di baklaazofa vtttM'ia.
Sul
. ^
42 Decenti. IL delia Pari. hdelS(t.V.dali6to.ali6io.
Sul piano medeiiQio, ove Cede il Tempore dopole fue fpalle, vedefi reciik
ilal bufto la teda d* un coloflo di bronzo , che è il ritratto del gran Ma-
cedone. Nella più alta parte^ Maometto, che con un piede foimt un De*
monio, figurato in una arpìa, ftringendo colla deftra una fcimitarra, mo*
fira di correre a gran paifi alia diftruzione delle virtù: e fopra quello è ufi
ultra arpia, che feguitahdolo, tiene in mano un libro aperto, ove è rcrit*^
€o Algoran: e nel bafamentodi quefta prima lunetta è una cartella colla
leguente infcrizione :
V 0eree vief9pta Demonio alato
Corte Maooaetto, e V a-udel traodo bs in mano:
£ di granitica orribilmenìe infano
^Minaccia Europa , e V del beSemmia e ' / fato .
Segue la lunetta di mezzo: e qui veggonfi in mediocre diftanza i Satiri»
^hegii pervenuti al Parnalb, ne sbarcano e fcofcendono gli allori *. altri
colla forza del braccio, altri con accetta, altri legandogli intorno al mezzo
con funi, e tirando : ed altri finalment&neir aggrapparli che fanno fopra
imedeiìmi, per iftrapparne anche gli (frumenti muficali, che vi pendevano
appefi. Altri fatiti veggonfi poi, i quali con falli e verghe ne fcaccianoda
una parte i Poeti, mentre l'Arpie dall'altra Parte con faci accelè ne mettono
in, fuga le Male» Vedefi dalla parte del tergo un Filofofo caduto a fede*
re » e^ colle roani fi foAiene • Ariftotile jper terra con altri filofoli e poeti ,
che moftran fuggire verfo una porta, figurata per una della città di Fi-
renze, per rcfugiarfi appreflb al Magninco Lorenzo» vero Mecenate de'
Letterati. Fra quedi è labelliflima figura d'Omero laureato , il quale, per
efler cieco, fé ne va come ufiando col piede, e coli' una e coir altra ma-
no» e moftra inirodurfi il primo di tutti nella città . E^ anche fra loro
S4^o poetelTa: e quella apparilce firagellata da una Furia vecchia^ dietro
4 cui è Dante in abito rodo t in ifconcia maniera rotolato dal Monte
Paoiafo. Dalla parte deftra di quella ftoria, è il belliflimo cavallo Pega»
(eq, che moftra force nitrire, per vederfi afiàlito dall' Arpie, che fono in
atto di divorarlo col dente in varie parti del corpo . Dietro a Pegafo è
«ria fonte finu di bron;co, alla diftruzione della quale s* avventa un Sati*
ro; ed io aria fon vaghi Amoretti, in atto di fuggirfene. Nel bafamento
leggpnfi quefti verfi : . ;
Le Am/èp il Pegafeo , Dirceo Ippocrene^
Ludibrio sì di barbaro Tiranno,
Comr* all'empio furor fcbermo non anno ,
E Jfbn di fere alberghi Argo e Micene .
Dopo quefta ha il pittore nella terza lunetta, in quella parte di fpazioch' è
fopra la porta, che dicemmo venire dil ricetto, fatta vedere accanto alla
figura della Munificenza, una bellilfima femmina, che è la Tofcana, che
ha dappreOb il fuo Lione , Arme della città di Firenze , con cornucopie
efimili: e quefta porge la mano alla Virtù, figurata in altra bella donna,
la quale moftra ^ che avendo avuta l' intefa da Pallade, che quivi fi vede
in aria , di dover ricovrarfi in eftà città , addita alla Tofcana gran quan-
tità di letterati, dolenti e raminghi per lo mondo :^ e quella a lei infegna
ove
GIOVANNI DA S: GIOVANNI. 43
•ve tnttienfi il Magnifico Locenzo . Fra gli afliicrifiimi lectetad » fatti ro»
dere dalia Virtù aUa Tofcana» fa curiofa moftradi fé Empedocle Filofofo
e Poeta, che in atto di federe, amaramente piange la perdita delle l>elle
opere fue: una delie quali ha fatta vedere il pittore qaafi del tutto lace-^
ra e (tracciata, leggendo vili folamente il titolo EMIIEAOKAEOTS TA IIEpl
APXflN » cioè t dire: JUiri dc^principii dette co/e . V infcrizione» eh* èibtta
a quefta iftoriaȏ la feguence:
Z)* un genere/o etee la fame e H gride ,
Cari fon t eatre angnfie e mare e terra •
^Virtà^ che fi najconde efule ^ erra%
Chiama in Etruria a farfi eterne ihnìdo •
I belliflimi fimi pilaftri, che dividono l' una dall'altra lunetta, foncofa.
di maraviglia; ma aflai più i quattro tanto rinomati baffirilievi, finti d^
bianco marmo, che nel bel mezzo de*medefimi pilaftri pare che fiano in-*
caftrati; i quali, acciocché appariflero veramente di rilievo, furondipin*
ti da Giovanni in un moda, non più , dacché incominciarono a maneg^
giarii 1 pennelli, fovvenuco ad alcun pittore: e con tale fuo nuovo mo*
do, fecegli comparir tanto veri , che non è chi poflà accertarfi del*^
Teflere eglino veramente dipinti, fé non che il teftimonio della ma-
no: e poco ne mancò, che il Paffignano fteflb, chiamato a vedec
quell'opera finita» non defie.di piglio ad ima canna, che era allora ca-
lualmente in quella ftanza, per chiarirfi, col cocco della medefima, fé gli*
primieramente
foriiievo, accomodandoli a'fuoi lumi, con tutta quella maeftria, eh* è
{propria d' un uomo grande in queft' arte: e poi avendo oflTervato, che
òpra i veri baflirilievi, bene fpelTo cadendo la polvere , ella fi ferma fo-
pra le lor parti fuperiori, ov'elle fon più atte a riceverla e confervarla »
egli imitando queAo naturale e molto folito accidente , fecegli vedere poi»
veroll, dando alla fìnta polvere un color tanto vero, che non è facue a
concepire a chi non gli vede: e fra quefto, e fra gli fcuri gagliardi dati
dal pittore ne fottofquadri, ed il lume vivo , che vien loro quafi di fotto
in lu dalle fìneftre, formali in efii un compofto di fimiglianze al vero tan-
to maravtgliofo I che è forza ad ogni occhio, non informato di tale arti-
ficiofo lavoro, il rimanere i ngannato . E ciò tégue tanto maggiormente ne*
due, che fono dalla parte delle medefime fineftre, i quali ricevono* il
lume per reflefib dalla parte contraria , che certo fono i più maravigliofi.
Ed è tradizione , molto accettata f ra' profeflbri , che uno di quelli coforifle
Giovanni in tanto tempo folamente , quanto confumò il Granduca una
mattina neJl' ordinario fuodefinare. Ecerto,xhe fé Giovanni non avei&
facto altro mai,- che fcoprire agli artefici una ^ bella novità, meriterebbe*
egli di rimanere nella memoria d'ognuno, per un grand' uomo. Quì*ter«
minano l' opere della fala dipinte di mano di Giovanni . E noi a fine di
fer .
£>] Simone Pignoni ^ fiato df ce poto dello fiejfoPaJpgnano
wmmmmmmmmmm
n
44. Decetm Al Malati. Idèi Set. V.déltSioMìeio.
fior.conòfcère nd il ^Am l^teticiite doll'kifeRao fao/él finirò IbnAu
mento foprt fiMiffiatenidisfecie^ ^^'^ umbro nell' àccominisnarle co*
fttoi poetici pOìficri» tblmiB ponfiuo eflcr bene prona di procedere avan«
tì> il porre inqnefto luogo» in forma di noce» alcune refleflioni fatte de
Airi fbpra i medefimi» che fon le fwuenci. Primieramente ha egli introN
dotte le Parche filanti , damanti a uiunone Pronuba ed a Venwe^ forfè
ricordevole dell' genciliflimo Poeta Latino Ocullo $ che nel fuo Poemet»
to fopra le nozze di Peleoe.Tetide» imroduoe le medefime Earche fìlan«
do e cantando infieme » per augurio, di feliciffima vita a' novelli Spofi ,
Non fenza grande avvenenza ha Àteo divorare al Tempo i libri derJet*
cerati; offendo notilfime le ptfdite » che per fua cagione ha £itte di que-
gli la Letteratura: ed il ftrgli porgere al dente del medefimo per mano
Qtì Satiri » fu > perchè in efli volte intendere i popoli barbari» e gu uomini
de'^^fecoli (alvatichi ed ignoranti. Con molto giudizio ha £itto vedere
Maometto! e. fopra un uemonio in forma d' Arpia» perchè la ma^ior
perdita de' libri antichi s* è fotta dall' Imperio de' Turchi in qua : e ve n' è
evidente riprova» fapendofìi che Fosio P^riarcadi Coftantinopoli» che
ficdA circa al novecento» fece un libro intitolato Uhreriét dove notò tutti
f libri ch'egli avea letti» de* quali» molti non fon venuti a' nofiri giorni»
ed anche ve^ikfi » che i Turchi non iftimano altro» che VAk^rMOi in
queOo divertì da i Sacacini o Arabi» i quali» tuttoché Maoaaettani» oltre
a q^la degli ftudj di lor falfii Religione» attendevano air altra letteratura :
e V' è di più » che efleado ne' tempi del Magnifico Lorenzo de' Medici
fcguitadi firefcó la prefa diCo(kntinopoU, tutti i Letterati Greci» infie*
me edle lettere loro e co'1ìIm:ì» rifiigiarono» come in ficuro afilo» in fe«
ao a Firenze » fotto la protezione di quel gran Mecenate delle lettere.
Sonra '1 concetto di far Satire femmine » fi noti 9 come nella Libreria
di San Lorenzo in un Libro fcritto a penna » Cemento delle Satire di
Giovcnide. di Domizio Calderino Veronale » dedicato al medefimo Lo-
TMam de^ Medici » fi trova nel fironteiphdo wì ywgo baccanale di Satiri e
Satire » Icherzanti fra loro colle palle dell'Arme della Cafii Medicea . Une
ibmigiiante bizzarria venne in capo a quell'antico pittore » come fi leggo
mmo Luciano io uno de' fuoi faoetiflimi Dialoghi» che f>er ufcire dew
lirida bauuta dagli akri pittori» fece un Centauro femmina: il che per
avventura diede materia ne moderni tempi di farfi da' pittori fimili Cen*
tlurefiè : ed ewene mi arazzo nella Guardarcèa del Sereniamo Grandu-
ca » Atto ndpaflàto feooio» nei modo chft detto abbiamo « Dante ha egli-
v^fttto di roflo» efiendo eofit nota» ch'egli nfiedè de' Priori della già fte«
pubblica Fiorentina* Voile figurare» che (teerofufleil primo fra' lette*
ati a entrare nella porta di Firenze; forfè alludendo ali* eflère fiatai* ope*
n fim le prime fra ^i Autori Greci» che in quei tempi appunto» che fi
era trovata la ikmpa» fiicoRo ftampate in Firenze** il che Ugni 9 fé altri-
noi fa{>efre» per opem ed a fpefe di duenobiliffimi Gemiliaomini» Nerli
ed Acciainoli: ed evvene l' attefiato in uno.eien^arefiaaipato incarta*
pecora , che vedefi nella Libreria di San Lorenzo . Finalmente profon«
do» a mio parerà» fu il concetto di Gìovaanij nel xapprefentare £mpe«
docle
\Ql(miNm DA S: GlOf^ANNL 45
4ocIe FiloCpffo 6 Poeta, litdTo della città d' Annencot oggi detta Ger^
genti in Sicilia, in ateo, di piangere la perdita de? tuoi libri, che fii vede«^
re quivi guadi edìsiàttt»* perchè Verità fu ed è,. che quelli non fi trova-
no, fé non in pezzi» citati da Ariftotile e da altri filc^ofi: la quale ve*
rità ièppe il pittore fare efprimere chiaramente al fuo pennello , in quel
libro (tracciato, ove altro non fi fcorge, che ia prima intitolazione, ed
il redo lacero in modo, che quafi nuUa vi fi difttngoe. Or qui farebbe»
luogo a raccontare alcune delie ftrane bizzarrie^ ulcite dal cervello di
Giovanni , in varie occafioni., mentre esli conduceva quefli' c^erà ; ma;
per interrompere il filo della prefente deterizione , e moko più (icrchè ciò»
non permette la ferietà del prefente racconto, convien tacerle, per ri*
fervarle a luogo più proprio* Diremo dunque, che doveva egli medeii-%
mo anche dipìgnere tutto il rimanente della &la , e già aveva dato princLj
pio alle due lunette, che feguono d<^o le fue tre fopra defcritte, iegtkK
tendo fuo bel concetto intorno a i fatti del Magnifico Lorenzo; quando»
per la cagione che a fuo luogo diremo, egli fu colto dalla morte; onde
fu di meftiero il raccomandarne ii reitance a tre altri pittori, che furono.'
Ottavio Vannini, Franceico Furini, e Francefco Montelatici, detta
Cecco bravo, a cui toccarono le due lunette, che feguono dopoquellet
di Giovanni, e da lui cominciate. Mail Montelatici, come uomo,ehedi
gran lunga più prefumea di fé fteiTo, di quel, che veramente le proprie
abilitadi permettere gli poteano , mandato a terra il fattovi da Giovanni »
volle il tutto condurre a fuo intero capriccio: e fu ciò, che pur ora fia-
mo per raccontare ; perchè non ottante » che delle pitture £ittevi da^'
tre Ibprannominaci maeftri fia per parlarfi nelle Notizie della Vita di
ciafchedun di loro , intendiamo di replicarle qui , affinchè al noftro
, . . opere
modi artifiziofi e prefianti infieme , provaronfi i fuoi malevoli ( de' quali
colpa di fua mordace lingua , egli . 4' era pi^ocacciaci in gran nutnero)
V perfuadere al Granduca, non eflèr bene, che quella nobiliflima fbnze
fufle dipinta di più maniere : ne efler quella di Giovanni di tanto pregio^
che non potefle francare il conto e la ^efa, il farla buttare a terra, e ad
altro pittore di maggior grido dar Y incumbenza di tutto il lavoro infietAe;
come fé l'opere di Giovanni, le più belle eh' e' facefie mai, non fi fufler
già guadagnata T ammirazipne d" ogni intendente) e come fé quegli ap»
paflionati uomini avefier già ottenuto daHa morte un ben lungo iàlvocon*
dotto per quel nuovo pittore,., a cui dqyeafii fecondo loco, qeeU'operA
allogare, acciò non maipiù dovefle fegui're un tal difordine, di non tarla:
condurre da un folo pennello. E tanta fu appreifo al Grai^uca loro im*
portunità, che alla fine, per torfegli d'attorno, con qualche ben fbnda<«
ta ragione, egli fece chiamare a fé Jacopo da Empoli > il. più vecchio»
e forfe^ il più fondato in di&gno,. eh' avefle allora la città, ed in tal gui-
fa parlò. Jacopo, io v' ho fatto venir qu) , per fentire voftro narere, ìa*^
quanto io &}i\Q ora per dirvi v e ^Qza più condu|felo in quella ftanza;
, fccegli
ì
4^ Deitm.lUéllà¥èrt21. ìMSeiKWm a^^/ i ^20. '
iiaeegli ineden io pidsn 1 <li in^cmth IqiiMiàfiKiiU» , è dkdegU t«m^
a jpeiiftf e« rii^OM LTfia^lìitllan^^iM^dò in «ni oochlaca fetmi^
toil do9ìiMXQnc9V^odia(kWji^ $«renìÌ8Ì8io. io noAhobU
iogno di cwipo ft riifOndere » e qiiiAo è il «io Murera . Dict VoOra AW
ttasa» che chi bitrima Eacda. Dtfic alton ipìii fipientUiuno PnincipOis
Jwopo^ io v' ho bello « inteib ^ audace , perdiè tamo batterà per le aie
deliberazioni.! e "reflaxido intatte le* beile opere di GwvmnAi , fubko fu Um-
so al cJuainarfi i ^ nopunaci altri tretmaéfiri^ jier dar line alfe pitture
della lala^ le quali ^om fiaa0f)erdeferifircres e^itiierat^ ci a fanno
iiedere ie 41K iunetae^ dipinte da Cecco Br^ro niella tetata di focto. Nelin
pcima baegli rapprefemato (a feconda dei poetico concèctodi Giovtnni 9
iiocoa» fbiQsro. anche gli altri due pittori ) il Magnifico Lorenzo In abi«^
co coffe (qiieMo appunto, che ufa^alìdi veftire in que'fnoi tfinpi dalGon-^
£dopiere« allora prima dignità dello Stato Fierencìno) d'aitanti al quale
fi rappoefemano la Virtù eia Fama, che cocidueono Apoflo Colie Mufer
col aorceggio dell'altre V^ircù, dal medefimo Apollo chiamate dal cielo}
meotce Lorenzot in atto cortefe e benigno , ftende la deftra mano , per dar
loro adito a & fteilb ed al proprio patrocinio: e nel bafamemo leggonfi
iH^puenci verfi;
EJ ec€0 aWomira del pia vago lanr^ ,
CVthbt f Ihere 0 le Gangeticbe onde%
Lieta ricovra 9 e deUa facra ftonie
Adomo il erin . pia che di geimna e iauro .
Nella feconda , è lo ftefie Loreneo in piedi ì in tale attitudine» che pare»'
ciie lo rappnefeati negli atti difuo prudente magnanimo governo* V* è-
una vaga femmina, figurata per U Italia, che fi Cpoglia gli abiti guerrieri ,-
iftMtre dal cielo fé ne viene la Pace» per coronarla d'una bella ghirl^n*
da d' ulivo . Vedefi la figura della Prudenza > \\ carro di Marte nel fao
Cielo, ed in lontananza fi fcorge chiufo il Tempio di Giano : e nella più
bafia parte h quella infcrizione : : *
DifrmdewzM t fardi^^^nvaga ef empio t
Lava la/^da a Afyrìf^, t F empia face
Sfegne d t^htto • e per lai f aurea face
Setra di Giano il farmidabìt Tempio ,
Nel primo degli tre iQmsj» dalla banda delle fìneftre » dipin{è Ottavio Van«
ninilaFede,che a LoMnzo-addita il cielo, onde un nggto di luce fi fpic-
ca: ed 4M Angelo, cK'è-quIviap^reflo, tiene il libro della Sacra Scrittura;.
ed in aria fono AngelettivoleAftiv che* tengono ininano Regie ed Imperiali
corone e tkre 9 alkidentl alla gloriofii fua Fofteritià; e i^el bafamento è
fjriteo; ,
Sacre ufoti inalzò con regia mano >
Qmndifiil erin di due' Regine r Gigli'
Fiorir di Senna^ e quai nipoti e figii
Regnar ^rkfifìifiàf ^mo e in Vaticano.
In altro foazio è Loi'èhzd, che^ fopra nobil fedfa, nel fuo Cafino da San ,
Adarco, è-btrcoUdató de igeaki "numero^ di gióvani , tenutivi a fbe fpefe
air
• .Nt
gi9V4 am- iW, .1..' G.iAf^4mh :. w
tU'«6qnUb f)fli^ UU' «riAé «Ici}m; dcv ^ml^ . t^^igcm^ in ai«iK» modelli di
xilieva.. «Itddi: ^bbricW*. tiitn fùa^e e oifegQi ». rat ittre il ^vttistto
MK:l)^LpSa^j»l,$i^on^rruoti,i^ 8Uo.Q«flb liOtiftì^ vedere to; fu» >l>dlUt«»
. ^ , '. . «Afr^ff ♦•rf^" s^mmrér mw e Jnfrm^,»
* - • Jt'ffCoU vicini ed ai nmoii i
Ili aJci^<) ip^io ni^la»^i9c f«f« vedere la, bella. F]U»r»« cock «n putto t^preC?
to^ «4 (9^'ioi^ di frugai;» 6qti . Acciatft/ki^^é^^ h ftittf» d<:M4 Fra»
denz4: OjelU ffip^ripr parte Con9 4tte.9^ccÌ4<^:'|iiC(i!lr4glH«iuiàdeiiti«|l*jliM
veazÌ9Qfr;^e Cocca è. ferino ; , ., ^ -, : ; ;, i: ;.-.
^$ilìm.9*ikt binubi afmf fig*^' '
. Sc^ ^ tornar l' 0ivint»rif 4 fMdf , !
popq l« dtfcriue oof^e del VtMìmn9M.feg«9nale:du.eJtpjpc%cedeir «Iti*
ma. ceda». i^^%()e};pfnaeU»4l PraQ^|G99(i^urinoK t| (|U4le neUaiprìm»
di vfffò U ptazsa, rti^preièntò h taPi^hfieleJb^ejÀc<yi(^AÌa;de' Letterati
de} MagnifWo iiorenzo * ts.nut% iitella, Ant'-V^U^ Aia.itpffi^ . •}/' è- Marlilio
Pici Qo • il tico« il Poliziano» vi è;- V i^% 9«)i^> ftatoa ^\ Platone > per entro
la quale è (crttco 4 Ptoionem hudt^^rMi^^f/e ^ mirar». Sopi^ laWcdeltt
medefima» ov* è u)>a bella fen»mktWi».i^,n iQohi. libri » in uno de* quali leg»
oiì le^ parole ^^TiKt» , pR0ci.t»ìQÌiAi4^Vf • «4 lA fitt Akcoleggeft i?MV«4
el bvCni^t^O Cono quatti Vttrrif:)r:«> ;• ■• >j ;. ; . •••
y- Mira, fftìifi C^areg^iif IJ^imtmAf^r •'..-• ''-^ '-
.M9rfìli»e/l.fii9^Aimii>n'^Wfp^ti\.i.\.
Edi:, i «il «m^e degH Elifii mini ^
Tanti n'ekien giammai. Tete «dÀiem,.
Termina finalmente col bel lavoro della f^tturft e 'del concetto * l*ulti<«
X» limette.^ alludente al cA(q d^U%i9orce a$} MMnificot- W fannofi ve-t
dc^e lè;^arcW' HO» 4ell»r>q^»i» We fop»4 mi6ffo* ìÀ pui è fcrktot
VtMTi^ jemfiPFf p^<f.i- iV' ^ 'il fi^foef'.di |i#eto jrapprelTo ti qv^le V»»
deu un candido Cigno» clw;.i;if^ pend^BC«c|*l):^OfiQ Dna medaglia, nellft
quale i effi^ata la perlon^ dèlio fteiio t^enzp > ^ Cvo notae : e mofti4
il Cigno dt cavarla da qaeil' qnda neaica. Ùf Ptice e Aftrea fé ne tor*
nano piangenti in cielo, d'qnde fBìccaQdod MafK» tutto baldanzofo , di
nu^vo-Cen viene ad M>itat If'l.fvi^ > Acf^on^gnaiì^ al fi>lito il penfitfo»
efprelTo ili que^' ultimi l^kf^ì^^»» g^:<IPpfeir9 Ve<^fif
^4^f€ t eà al f'**'''^^'*^ i* ^^t atJÌÌ$Hik i
Ttrnan doUm't ai.^fh 9A H wmt fi-^SMUi '
Cig»i Ftbel ifainia virti^de, amatftip
Ttlfer9 aW inimi^ onda Lfte0*
Q^ finifce il beiliffi.-no concetto, fovvenutp 4 Giovanni* per ornamefiM»
ddia ~
l
Regia Sala, e per efpre^oe degli egrog) latti dsl gran Lorenzo de*
Medici .
%S DemkU.MéPm:t.ielSecMdali6to,4d i6%o.
Meìdici • Fsr quello poi • che appartiene all'opere eondotte dal {ao pennello »
cónciofliacpfachè anche quelle degli altri pittori non lafcino di meritar
Molta' lode » dicot che ib rCccpme dii riuTcì Petòlicare lor fignificato e i Ppe<«
tìci ^enfieri dell* Artefice ^ mi fìiife ftató po0ÌDiIe ii far conofcete Io ^iii^
to e vivezza» con che egli con eflb gii accompagnò» h frefcheztà del
colorito» che le fa parére» dopo cinquanta e più iEiTini» come fé pur' era
fuflero fiate dipinte; crederei» che la mia penna av^ operato qualcofa*
Ma perchè il aar retto giudizio di sì fatte qualitadi » puèfiir folamente
colui» che con occhio erudito le yiddè e confiderò» non chi folamente
^e fent) ragionare; però a quello interamente mi rimetto. Ma io non^
vorrei » che per efTermi per -tanto tempo trattenuto in defcriVère quefl^'
beir Òpera , portando il difcòrfò in (^ofe tanto nobili e tanto Cerié» fenzaì^
^ggiugnere alcuna di quelle baflezze o firavaganze d'umore; conche il
lìoflro artefice fu fempre folito di méfcolare ogni fuo fatto e detto, fufle
per parere al mio lettore d*aver perfo di vifia afi^tto Giovanni» e poter-
le reftare in dubbio s' io parlai d'altri o pur di luì» giuda al mio a(Iunto«
Fero per ovviare a tal difordine » mi convien ponar dui una po(:a par-
tè delle molte cofe» degne di rlfo e di compaffione.» che feguirono nei
tempo ch'egli quefta beli' opera conduceva : le quali» cònciofliacofacfaè
per fé ftefie non fi meritinq^ l'approvazione de' (aggi e prudenei; non è
però che non po(&n giovare »-pér ben faper come cohtenerfi; a chi mai fi
porgeiTecongiunturaditrattare»ò poco o punto» con uomini di tal fatta.
E prima è da faperfi » come era folita la clemenza e molta bontà del Se*
reniflimo Granduca Ferdinando» benefpeflb nell'ore di fuo ripofo dalle
alte cwe del governo » il pòrtarfi per proprio divertimento al luogo » ove
Giovanni dipigneva; e per pigliarfi guftò della prontézza delXuo fpiiftto
e bizzarria del fuo cervello» ìimmettev^alo a parlamento di ^e^alche familia-
rità» per dargli materià'di dite: ed untf Volta gli domandò »come i canti-
nieri di Coree» nel fomminiftràrgli la folita parte » tratcavanlo bene a vino .
Sereniflìmo Signore» rifpofe Giovanni» uno di loro ve n'è/che mi tratta
Gualche volta bene \ O come qualcKe volta » e non fempre? difle ti Serenif*
mo . E che ne poflTo Capere lo? rifppfe Giovanni : fecondo che la cócco^
la gira • E1 Gr&nd4]ta i laU eh ^i^ ìquatlt'^ io credo» voi nbn avrete còn^
lui'préfoil verfò: ^'vuoPèfieré di quando ih quando fargli un ritrattino a
6 qualche altra <:ofa dì fitnil fatta . Seremflimo» rifpofe Giovanni» s'ia
ho mai ^ fare il ritratto di quello cantiniere » i' lo vo' far co' ricciolini «
Come farebbe a dire? diflfc il Granduca. Voftr* Altezza or ora lo vedrà •
E fopra un pezzo d'intonacò» in quel punto» fece il ritratto del cantime-
le tanto Umile» che pareva egU ftéfto: é fopta la fua teda (lampo un bel
par di corna: con che diede ax^uel Prìitcipe, per buoiio fpa zio /matterìa
da ammirare e da ridere in un medefimo tempo. Era folito fpeifillime
volte un Cavaliere de' primi della Córte SerentlTima» nell* andarfene allo
camere, pafiando per quella falà» fermarfi per un poco» aprir la tenda»
e voltato a Giovanni > foleva dire: buon sioitioMefò. Giovanni; che fa-
te Mefs. Giovanni? e intanto dava d'occhio al fuo lavoro : il che per al*
tro a lui non farla difpiaciuto»v ma la cofa di quel tueifere» che allora dal
■•••• ♦ volgo
I
GIOVANNI DA $..GÌ0VANN1. 49
tolgo ignorante era prefo in conto d'un titolò plebeo , non gli andtva
punto per lafantofia. Avrebbe egli pure voluto potere ancor mof cóme
egli era folito fare con ogn' altro», adoprar le zanne contro al cavaliere;
ma il rifpetto dovuto alia dignità di fua carica» mette vagli la mufoliera:
e (blamente dicea fra fé Aeflb, pian piano borbottando: Meflere è l'afino^
meflfere è Tafino: e defiderava congiuntura di poterfi in qualche modo sto^
gare. Portò il cafo una mattina p mentre e' lavorava in lui Parnafo» e di«
pigneva a un Demonio» in forma d'arpia volante per aria» le parti bafle^
che comparve quivi l' amico : e falutatolo » al fuo (olito gli difle : E fta«
mattina che & di bello mefler Giovanni? E Giovanni a lui: Quel eh' io fot
Signore» ben lo vede VS. io dipingo una coppia di Cortigiani . A que*
fia inafpettata parola quell'uomo allibbi, chiulè la tenda» e (è n' andò;
ma perchè tali parole (uron ben (èntite e da' muratori e da' manovali
e da' fervjtori del cavaliere» e forfè da altre perfone, n'andò fubito la
voce ai Granduca » il quale non (àppìamo ne cerchiamo di (àpere ciò.
eh' e' dicefle . Egli è ben vero» che o tuflefi per mantenere la dovuta one*
fià a quel luogo» o perchè coir occafione di vederci quella figura » non
8'aveife per tempre a mettere in rifo la perfona di quello, per altro de-
gniamo Gentiluomo; Giovanni ebb' ordme di mutarla in altro» iiccome
fece; ma non fu per queffo, che per lungo fpazio di tempo la Corte
tutta non ne ridtfle . Perdoni il mio lettore alla mia penna » 1' aver con«*
tro il fuo (olito raccontato quello fatto, anziché nòt fcorretto e fpiace«
▼ole» cavandone quello frutto i cioè: che il voler talvolta il nobile tan*
to panicolarizzare e difiinguere fé (leflb co' gran virtuoii » negando lo-
ro, a folo titolo di maggioranza di naicita» quei cortei! trattamenti » eh' e^
fon foliti ricevere dalla più parte» oltre all'odio eh' e' ne procaccia» corre
anche pericolo di fcapitarne nel dovuto rifpetto. Aveva poi Giovanni
incominciato ad affezionare tanto ad un gran lavoro» che gli era dato éU
logato da un principal Gentiluòmo della città» come appreiio racconte-
remo » eh' egli appoco appoco andava trafcurando quello del Palazsoa
in che però , nel bel principio » dalla clemenza del Granduca » che anche
gli voleva bene» era compatito. Occorfe una mattina in fui tardi» in
tempo 9 che un gran cortigiano » di profefliohe legale » fiandofi preflb
all'Altezza Sua in fui ballatoio del Palazzo» vedde Giovanni» checol*
la maggior quiete del mondo fé ne veniva al fuo lavoro » e voltoli al
Granduca» glidilTe: Vegga Voftra Altezza a che bell'ora viene irpit-*
tore a dipignere: fé la cola cammina di quello pafTo» creda pur T A* V*
che la pittura non li lìniri mai; bifognerebbe pure una volta parlargli in
modo eh' egli intendefle : e quando V. A. così fi compiaccia » diane la
cura a me » e ne vedrà l'effetto . Che volete voi fare » diffe il SerenilEmo?
queft* è un valent' uomo» e cagionevole di fua perfona ; e' li vuole tal volta, da
quefti tali fopportar qualcoia. Dice bene V. A. replicò il Cortigiano; ma
egli è tanto oramai eh' e' vi lavora» che egli arebbe dipinto tutto il Palaz-
zo: e feguitò con tanta importunità a domandare dì fare a Giovanni la
bravata» che finalmente il Granduca Io lalciò in fua libertà» circa al farla
o non farla. Di^ allora quel tale: lo non poflb ciò fare prima che ora^
D tanto
ctKt&più ^iic:ì2LÙuL CMrdnaftdiftwiaittiQft nie a» Bofg» b MogmuMit
featkà poi T Altez» Vofis» $^ 10 ni iarò^ valete. E dito umo^rw ck& il
pittore H £u£b Mcomodatoi ai dìfii^Miie „ i www zil» votea àcm Uhtt . U .
Gisaadaca incanto^ chft fpprava; d'fti^es a vdtece qualche bel^laflcM > .di «ic»
«]». %ie¥d £uie Gioraiuai^ aml&iadicor aflè pes an fegrete- rigk» d^ ^ckb
ikiwn con. certi looi CQSttg^^ .efleq»fidop0>wia'pQita ^àtàaoàlkwììm^
oadfepoca&.»fimzf cfliet. .wi^vot ^bea fenaire; ogni eola». Eil accod Ui Coittr
gsoBUif che aecoflafiofii aJilai tiaub^» diilo; cont iMce bcft ftfi£iiUt : Olir olà «
AUbca CxiAKairai». dia la conobbe heae odia yma:^ flSao&efi zitfio» edifleal
seaaouiale^ehe ncoi fiacafle. Replicò U comgiaiie*: 01à> olà> (èc&vai pec
eweatottra. mcti fardi ? do¥' è il pk^aiae^. chesnon* fi» sial neU«? Alloca
Giòiranitt accenneadoal manovale,, gsìdh kt nncb che fr faasUetfeodcd
dalle piaaza: Va » e vedlchir è quello fciman^». che chiaeia cmet q^Uar
bella gcasìai. Andò il manovale.», e. veduto il Geaiiluomoff e sicenofisìii*
telo». nQn.rei»zeqAsalìehe timoref. paefibo st^Ca ai Giovanoi: Egli è quello»
oliei ìok ciiiaoiana il $gnor tale » che eeccai di voi», e vi «oole paelve .
UUb allom^GiovamilciM' voce pittala che mai: Omà r v^ ,, edi* ai Signoa
taie, eh/ efm' elicci in ièrai^v ecoali uà- altra voltai qoaadore'mivocc»» e'
ima» acà a calcare di me. Qual fufl& allora la; can&ifione dai} GeatUuoino »
noac cDsifiaeiie addire:, meo ssicto.* & u' andò aUe ftanzot e: voiam ree*
ooncare: ih fèguico*; qnaado ìhOrsanduca^» che ^ ara gimiìDO' pcime^ di lui.
Ieaae< la&iarlo comiaciaise at dice » non feaBa» ìHm fiisc e de< vicini corti^
^ani, CQÀ gli pjirJàr: Qraù^ dbct&r mio, pes qual^vola Waftefleavutau
al voficoi conCQ> infina al* finocchio : or' impamte: par un' a}a?a voice a^^ fae
le beavate a' pittori!. E cantar oL baitla^ aver dcfiCo>mtamo alle folice inezie,
iilkte dakBiocQce» ancheneltwnpo del condurrei là bell'opera^ che delcritsai
abbiano . Ma la« licenza, di Giovanm^i in ciò aiie fpetcava ali* operve iia^
Falamov amiinmè ad efier poi tale e: tanoi, per la caufii già detta », del*-*
Vefibflfi mùt che ordinariamente^ affezionata ad altro; luogo» Ct ad altro la^^
vofa» cne quello per cui doveva ^ivfiabilir fuaioBtttnaf per ftropre » metcè:
il guadagno dell'ite pmtezione^ del Granduca:, fu. poi l'unica cagione,;
ohe dopo gran rimproveri avutine, perfane finalmente la grazia», pec ec-
ceffa didoion egli^fe ne.morifle. Ma prima di dirne i {articolari; piùi
minutì • è nece(&rio eh' io. mi« diffonda^alquanto nella narrativa d* uniatro ,
il quale nel tempo fteflo: che fiervirÀ per bafe al difcorfoi di* tal materia<t
i^erràtancocaperdkr notizia d*^alcxeopexe.di Giovanni^ degniflime d'ogni-
lode.
Viveva aJIon in Ficenze Aleflandoo Bucci ». nobiliflimo Gentiluo*»
ao» e nej^ùmte molto ricco » d' animo^ ^ generofo, e tanto ami»
-CO. delle: beli* arti » mianto moilrano 1' egregie fabbriche, fatte da luii
£r entra la^ città e Iuqiì^ Qsefli» volendo abbellire itfuo palazzo da^
n Michele Vìfdomini» preifo^ alla cantonata di via de' So^ri» loo|(a
appunto r ove in^ ftacTco tempo». £uQri delle vecchie mura della citità%
erano le caie della: famiglia^ de* B^agi^ dico quella gran {Mfte di eflb w^
lazao » che. edificatai da^ Aleflandra» e (bea. poi ne' prefenti tempi* notabilr
mente arcicGliìei di nuova, iecotata eaocQicione ai modt>« Romano, con
dilegno
VWi^4Nm DA S. QÌÙVANNL $t
idBiSKnD 4i fUolb Ppieonieri; lirtMfiffitto tkmfieis^ ydiao GentBQmd»
4eM Caaen 4d SemiSflK) Gandsca » dt <^: Lnoeiizo Bned £&-
potè néel oiecMN&o Aieflifìdfo. Vofando* éì^, egfi abbeUbdb coa|itRip-
senobili; b^ui^BMoA delta bdb oMiueca di dBpij^Mtt a ffisCbii db Qkwaaé-
jni : « «TMolè « fe^ onte iepfìe allettarlo 'OoUe AfSMSk jnmiece.» ck'naii
fumprte di te satserafe , e condoni ezianxfio» che Ibrecta ora :eft>imft
molto gcaade amicizia, £icil oofa gli fa^ioi^ non fato conébgttiie fiu ìa-
te^eo nelle saelte inMiife , ma H ^laclf^naiielo per modo^ cihe ìben piiò
diflli » ch«i€dU iieil' operare "per lulf delle icoque (fioori cotto fé Ac^^ jd»-
'ine &noo chiaramente Tad«» ié pecore medefime , che ioia le ièganena.
• In un camerino teoreno:: è una finirà 4' nn moro lèdente • col saottx^
Oméids fMO$rilÌMj In eoo fpanio (f noacanieM s terreno^ iè dì fiia mano
^na Venere f che£b|Mai miv^ gfazio&iaenee rìpoCà, ed in anamannaìft»
ne nn naAro^^o»!! ciìi Con le^iee due xu>lambe. fiellUfioia, quanto ian
ft^ opera di «mano di Giovanni , ftimafi k 'fiderà .della <}arica , rappiefett-^
tata in altro "^azio in un fidocto terceap : nella qual pittura » comecché
4aol€o gli piacefTe, voHe icrivuoii proprio nome. Salite le nobili iicalo
del palaaeOf ttovafinn incetto» ove nd bel meTSo della volta è cb pinta
'Ja Fama. Qnindi entrandofi nella gran lab vedefi in un grande fpazio » m
veduta ài loeto in (il» Apollo tei^ nuvole» col coro delle Mule co* lor
fimboU, of)eni bella: e non è de tacerfi quanto occorfe a Giovanni nel
dipigne» qna^ fpaS'io. A ve vaio e^tì gii tirato a fine» e fcopeno, ma
con e(jpfeConed*ttn penfiero afl&i diverfo da quello, che vi fi fcorge al
prefence « Quefto tal penfiero al Pucci non fini di piacere ; ma per non
ndarfi del proprio giudizio t fecelo vedere a più amici pittori , ed altri ,
i quali tutu ritrovo dello fieflb umore t cioè; che Giovanni in queir ope-
ra fufle òuicito aflàt min(M:e di ie fieflb . Allora Ale&iidro» volenido ferale
xase colf «nico pittoce» (enam punto defraudarlo delP opera £aa » una mat-*
Cina, prima che egli fi portaflìe al lavoro ( il die faceva entrando in un
certo pergamo o bfgoncia che cogliamo chiamarla» che tirata da imo n
fommo della danza, per mezzo di due grofie funi ^ che penetravano per
due fori la vc^a medefima, fervi va al pittore in luogo di palco, giacché
per eflèr égli podagrofo molto , non poteva per falire valeni del piede né
delle gambe) entrato Aleffandro in quella bigoncia medefima , protU
vitto d^ un pìcool vafo pien di gefio da imbiancatori , ^con un ìmà
groflb pennel io , in fu quel lavoro , ancor non del tutto fecco , fece nflìd
afregi, e tutto di quella material' imbrattò; poi fattofi ealare abbaflb* pre^
ie pofto dietro ad una portiera della fala , onde dovea peiflaxe Giovanni nel
venite ad operare nelP altre camere. Comparve Giovatmi: ed appena
meflb il piede in fala, e veduta la nuova e bella faccenda» diede in al
pazze fmanlct e mandò fuori tanto veleno, e ai villane parole adoperò ^
jper obbrobriefamenfìe qualificare qualunque vi avefie avuta mano, che H
iencirlo fu codi degna di tifo e di compaffione . Quando il Pucci , con un
dolce rifo e con cento feudi in una mano» ofcìdel fuo ripofHgfio» ed a
Giovanni in si fiuta guifa parlò : Giovanni , voifiipete, ch'io vi vobo-
ne : or fapniace anoom t aie nel ctuidur , che voi fiicefle ^qudl' o{ier4
^^ Da (checche
5 1 Decéfin. Il dell» Piùtt,t delSec. V, dali Sio*étit dio.
•
(checché a voi sie fia pàrutó) voi non riuibifte puAcò lodevole r cà&$
che a me non folo» ma ad altri ancora di miglior godo di me» a chi io
confidentemente la feci vederci diede sì &tta ammùrazione» cheìoviddi
in gran cimento il credito del voftro per altro molto valore nell'arte vo-
ilràx al che aggiungete, che per effer qiiefla, per ragion dei luogo fiefib,
la pcincipal pittura t con che io pretefi d'abbellir quefla mia cafii; non
io. con quanto onore e voftro e mio io avrei potuto mofirarla, ftandofi
così. Quefte ibn tante doble» che &nno appunto cento delle noftre pia»
fire Fiorentinesche tanto .^fe non meno, voglioio , ciò non ottante» filmar
h voftra fatica: e pender voftro fia il disfar la già fatta*, e farne un' altra;
che il mio làrà di nuovamente fodisfarvi. Quefte foàvi parole d* Àieflan*
dro, proferite ira lo fplendor di quell'oro, ebbero tanta forza appreflo
èl pittore, che in breve rimafe quieto » finché paflandoii fra lor due d' uno
In altro difcorfot fi meATe la cofii in burla: e Giovanni con gran fbr-
Tore diede, mano a far la nuova pittura, che è quella» di che foprà abbia-
mo ragionato, che al certo menta luogo fra l'altre fue cofe più belle»
Dipinie anche. Giovanni in un bafkmento della teflau di guelfa fala una
biga a due cavalli di finto bafibrilievo» della fua folita maravigiìofa inven-
2ione, che non refta di parer veramente rilevata , fintantoché la non fi
tocca. In una cantonata della medefima, entro un tondo # dipinfe anco^
xa di chlarofcuro giallo un iàciro in atto di federe, fonando una zampo-
fia, che pure apparifce di vero rilievo,* ma quefto coU'occafione dell' ef-
rfi ultimamente mutata una porta , fu c«n gran diligeiiza fegato dalla
.tiarete del muro, per collocarlo altrove. In un falotto, che fegue dopo
la fala » rapprefenco Giovanni il Giudizio di Paride . Nello fpazio della ca^
•mera» che chiamano della Cappella, colorì la figura della Notte, con va-
xie altre figure: ed in quefk' opera pure ferifle il fuo nome. Nella carne-
«a, che fegue dopo quefta, dipinfe l'Aurora, in atto dt fparger fiori: e
v? è Titone che dorme , Segue poi la terza camera ; e quefta pure è or«
naca d' uno fpazio t in cui vedeu di fua mano Latona per aria , che tiene
apprefib i fuoi figliuolini : e v'è Apollo e Diana , Nella quarta camera
fanno bella moftra di fé Venere colle tre Grazie , che fpargon fiori t ed in
mezzo è un Amorino , che appoggiato ripofe . Abbellifire finalmente
4* ultima ftanza un' altra pittura di Giovanni ; ed è Orfeo , che libera
^Euridice dall' Inferno: e preflo vedefi il Cerbero: tutte figure, che con
lìon ordinaria efprefiiva, e di terrore e di forza, fanno apparire il bel
concetto di. Giovanni. Ed è da notare ^ che tutti gli ornamenti delle
pitture di quefto nobile appartamento, con certi termini fatti di buon s»-
ito 9 fonoo^re del fuo pennello. Non finiron qui gì' impieghi del noftro
Sittore avuti dal Pucci ; perchè egli medefimo conduflelo più volte ad una
elle fue belle ville, detta Cafignanot preflb di tre miglia dalla città, ove
fecegli dipignere a freibo, d' architetture , ftatue ed anticaglie , una bella
^otta . Ed eccoci al termine della da noi fatta lunga digreflione , affine
*^- far fapere il perchè la grand' opera del Palazzo Sercnimmo fu a Gio-
^vanni caufa della morte. Sappiafi adunque, che in quel tempo appunto»
cji' egli la conduceva I occoriegUr
efler chiamato dal Pucci : il quale aven-
dolo
^ V
GIOVANNI DA S. GIOyANNL fi
diotofedafa rt pronto td teeetctt iba commtfionc » e poi sapendo éSBtrttm
co Ugnm CMipo» ch'egli in fuo ferrigio impiegava, diedefi t credere» o
cfete^ Giovanni per lo le voto del Palaaao non tenefle ordini molto pref»
fiinti t o pttre% che per natura della cofa ilefla» e%ìi bene fpeflo o non
potefle o non dovefle applicarvi i né vennegli mai in mente, ch*MÌi pow
cefleeflTer ak poco avveduto, che dovefle venirgli fatto il tanto traicurar,
Gom'ei fece, i reverendi precetti dei Sovrano. La verità p^rò fi fu» cho
Giovanni » innamoratofi • per così dire , delle dolci e cortefi maniere di
3uel nobileGentilttomo, attendeva quali dei continuo ad operar perluU
L quefloattgiungevafi» che in quel tempo fteflb era domeftichiflimo nel*'
b cafa d*AieflandrOi e come miniftro primario de'fuot negózj bancarj#
Niocolòdi Merlotto da Gagliano, giovane di tal valore nel fuo mintfiero.
e di al nobii tratto, che quantunque affai mancaflegli per eff'er nobile di
nafcita , era egli giunto contuttociò , non folo ad edere univerfalmento
accettato in tutte le pubbliche e private converfìaionl de* nobili ; ma ad
eflervi anche fampre defidento. Bravi ancora in molta grasia d'Aleflandrai
Giovanni Bilivert celebre pittore, e Piero Curradi, fratello del pittore ct«^
Valter Corradi^ il quel Piero all' in trinfeca amictzia col Pucci aggiunge^
va il lèrvizio di foprintendere per lui a tutte le fue fabbriche. Ora il no-
ftro Giovanni , occupato bene Ipeflb in trattenimenti di giuoco e di uvo^'
la , nella cafa di Firenze e nelle ville , in una s) fatta converlaaione , fi tro*:
vò con eflk a) forte legato, eh' e' pareva, eh' e' non fé ne potefle allonca*
nare per un punto; onde fra quefto e le continove occafiont d* operare,
eh' egli aveva dal Pucci, con ricche ricompenfe, egli incominciò i^ raf^
freddarfi, ed a far di belle paflàce nel lavoro della (ala , e particolarmente
auando la Corte fi portava a Pifa e i Livorno, o alle Ville* Ebbe però
a principio la clemenza del Granduca Ferdinando , che (limando fua
virtù, tenevalo provvifionato , e davagli la parte, folita allora darfi a'phk
intimi cortigiani, ebbe, dico, in fui bel principio compaQìone; anzi non
di tutto eufto fentiva, che talora egU da qualche miniftro fuffe riprefb.
Ma la cola finalmente giunfe a tal fegno, che appreflàndofi il tempo, che
l'opera doveva efièr finita, né vedendofi ella puntò avanzare, gli awifie
le correzioni incominciarono a farli più frequenti ; ma ciò non giovando^
volle un giorno quel Serenifiimo averlo a le» e con un parlar da grande r
oltre a i rimproveri, co' quali fecegli conofcere fua contumacia, e'I prò-»
prio giufiifiimo fdegno, lo dichiarò decaduto dal (ervizio, e conl^uente^
mente privo de'foliti regali e della provvifione ftefla. Quale redatte il pit«
tore allora, non è cos) ftcile a dire. Il fatto peròfu» che un tal difpiace**
re, fé non gli tolfe di fubito la vita, almeno fece sh ch'egli aflai pretto
fufle colpito dalla morte; contribuendo a ciò anche non poco quella ftra*
vaganza di cervello, con cui egli avea fempre menati i fuoi giorni; e an-
dò la cofa nella fetuente maniera . Aveva in lui la forza dell' apprenfionet
in cui egli era caouto a cagione di sì fìitca novità, cagionata gran perdita
de' ripou delia notte; onde il cadere delle fue fiulTtont fecefi di gran lun«
ga maggiore del folito , e più veemente , portandofi quelle a ftagnare nel
neftro ginocchio : idove s'accrebbe al fattamente H dolore» «h' egH nòAr
T D j pi^
puì CfOvavb po& ) e giorno Aliotte gridava a gran' voci. Allora GìUvinfiia
per trovare tlle^eriinento al proprio male, accennefi all' i)fo mal confi^
tliaco de* rìmedj de' montam banchi > valendoli or d' uno , or d'un altro;
nchèi' offefà furte i irritata a gran fcgno da quegli inipiafliri , fcoperfe una
pertinace cancrena, la quale in non molta lunghezza di giorni e pelle «
jcarrie e nervi corrofe e divorò* fempre portando al mifero Giovanni un
diipetato Tpafimo. finché giunfe a feparargli dal ginocchio e dalla cofcia
tutta l'intera gamba; ed a lui finalmente, fra' lamenti e fra le firida> toi-
fe la vita . Occorfe la fua morte , dopo avere con fegni di pentimento ri-
cevuti i Sacramenti della Chiefa , alli 6. di Dicembre dell' anno i6iS.
E quivi m\ fa luogo 9 portare una chiara riprova di ciò« eh' io a princi-
pio accennai, che le llravaganzci le leggerezze, le maledicenze, e U beffa-
le altruii non furono in quefl'uomo parto d' intera malizia, ma iibbene
d'ima certa qualità di natura, di poco giudizio, e di mancanza di educa-
itione avuta a principio: e la riprova è quefta: che Giovanni coftìtuico
ia grado di morte» confeflb e pentito, non abbiamo notizia, che facefle
60D(egnare alle fiamme il fuo (corretto libro de' RagguégU ài Parnafo» del
quale egli per avventura non avea formato altro concetto , che d' una buo-
na cofa : ìf che fece poi la fua prudente conforte . Tale fu la fine di Gio-
vanni da S> Giovanni , e lègul in una fua piccola cafa di flta folita abìta-
xione, in Borgo San Piero in Gattolino, prello alla chiefetta chiamata Ser
'Umido, fiella quale fu al fuo corpo con umile funerale dato rìpofo.
CAVALIERE
blO LORENZO BERNINO
: SCULTORE , ARCHITETTO , E PITTORE
'Dtfiepoh di Pietro 'Bernino fuo Padre ^ nato 1598. ■$• 1680.
va l'anno i (S81 . primo dopo il pafiaggio a vita migliore del
cocelebreGio.LorenzoBernino, di cui io ora ho prefo
arlare \ quando li fempre gloriola memoria di Criflìna
{ina di Svezia ( alla quale egli, non meno di quello fuffb
ti vircuofo grande del fuo tempo, per fua ìnCgne virtù
x» cariflìmo ) ebbe vaghezza . che oltre a quanto ì opere fue
egregie di Scultura» Architettura, e Pittura in Roma, ed in altre parti
parlavano di lui , parlaflero anche le carte \ acciocché a i pui lontani
eziandio giungelìeró. attesaci di fuo valore: e che con quello dcflefi
maggiore ftabilìmento alla fua fama , affinchè collo {correre de* fecoli,
«Uà non m^i un puiuo perii pocefie,- onde volle, che ie ne fcriveffe in
i. parti-
qiO: LORENZO^ ERNINO. s^.
KrdcoUie U yìct . E quantunque non mancaflero a quella gran Regina*
iterati» che per quefio folamente di dovere obbligare le loro penne a'
fervigj della Maefiè Sua, farebberfifiimaci contenti (non fo perchè, né
a quale oggetto, fé non fu per dare al mondo un memorabile fegno di
fua clemenza) ella volle, che a me> per mezzo di degniffimo Prelato, ne
fìilTe per fua parte dato il penderò e la fatica; né contenta di ciò, volle,
ancora» che 1* opera venifle a lei mcdefima dedicata. Cofa, che obbligò
me a portarmi a Roma quafi appofta , e per proftrarmi a' piedi di Sua
Maefia^ per riceverne anche dalia viva voce i più efpreflì comandi, e per
vedere cogli occhj proprj l'opere più belle della mano di tale artefice:
ed infieme per cominciar diprefenza le pratiche, che poi tornato alla pa«
tria mi occorfero dontinovare per lungo carteggio con molti , che li
contentarono di procacciarmi belle e fincerìATime notizie della perfona
di tal' uomo: e particolarmente col tanto rinomato Architetto, ftatofuo
carìffimo Diièepolo» Mattia de' Roffi Romano, chener lo fpazio di ven-
tìcinque anni collo fteflb maeftro pperò, e fino a che durò fua vita con
filiale amore il feguitò . Tantoché efiendomi poi venuta (cricta fedelmen-
te sì , ma non lo già con qual felicità di dite, efia vita : ed avendola a
Sua Maeflà dedicata, ella, fotto la condotta d'un tanto nome, s'andò di«
latando si attamente, che pochi efemplari oramai ne rimangono in mio
potere ; fèbbene non lafciano per quefto d' efTervene molti e molti in altre
parti; ma però flati da quella in di verfo idioma trafportati. Io però af*
finché non reftino i mia Decennali d' avere in fé fra gli altri la notizia di
quello artefice, che a gran ragione per molti fi conta, ho voluto fiire
della già da me fcritta vita il feguente tiretto compendio, nel quale porrò
brevemente la ferie de'tenipi» colle più principali azioni del Bernmo e
coll'opere fue , rimettendo il mio lettore, aefiderofo di maggior notizia , adi
efla vita, la quale già fono dieci anni» che infieme con una Apologia a
difefii di lui , in ciò che appartiene a' lavori fatti fotto la Cupola di S. Pietro^
ed infieme col ritratto al vivo del medefimo, e con altre figure va per te
flampe.
Fu Pietro Bernini Padre del Cavaliere, di non ordinario grido nella
Pittura e Scultura: per apprendere le quali arti , di Firenze fua Patria
partitofi da giovanetto > e andatofene a Roma» quivi fotto la difciplina
del Cav. Giufeppe d' Arpino , in fervigio d' Aleflàndro Cardinale Farnefe,
e d'altri molti , nell' una enell* altra profeflione lodevolmente adoperoffi i
'" '* ■ . .. . • 'unno fcritto, troppo più note fono ^
nvitato pofcia dalla fperanza di mag#
le di cui opere, perciocché altri ne hanno fcritto, troppo più note fono ^
che meftier faccia, che fé ne parli . Invii
venne intanto , che difegnando Paolo V, di far fare un' iuoria grande-
di marmo, per collocarla nella facciata della Cappislla Paoh: e volendofi
in ciò fervirè dell'opera di Pietro» ottennelo da quel Vice Re. Giunto a
Roma con fua numerofa famiglia j vi ferino fua.Aanzai' ofid^ fedeli a
D 4 " Gio.
$6 DecennJldeMa?anA.ddSec,V.dati6io.èli6io.
Gió. Lorenzo il figliuolo grande tpercurt di spptgar fuo genio in cpiefe
beirartt» nello fiudio delle maravigiiofe fculcnre della vecchia antichità, e
del gran Michelagnolo » delle gnnd* opere di Raffaelloi e deUe dspende aiu
t}c][itflifne architetture. La priimi opera » che uficiflè dal foo fcarpello in Ro*
ma, fa una tetta di marmo , ficuata nella Chirfa di Santa Potenziane ; airen*
do egliallota il decimo anno di fua età appena compito. Per Ja qual cofir
maraviglioiamence commoflb Paolo V. dal chiaro grido di Cotanta virtù ^
eòbe vaghezza di vedere il giovanetto: e fattofelo condurre d'avanti,
gli domandò » come per ifcherzo, fé aveiTe faputo fargli colla peniu une
tsftas e rifpondendogli Giof Lorenzo i che tefta voleva ? ioggiunfe il Pon*^
tefìce : Se coal è % le fa far tutte; e ordinatogli che ficelTe un S, Paolo, gli
die perfezione in mezz^ora, con franchezza di tratto libero» e oon fom-
mo diletto e maraviglia del Papa • 11 quale fopnimmodo defiderofo , che»
le virtù di Gio: Lorenzo, ancor tenera e di frelco nata» fuflè damanoau«*
f orevole foftenuta e promoflTa a quel grado d' altezza , che le promettevano^
ifati} al Cardinale Mafieo Barberino, grande amatore e femore delle let»
fere e delP arti {»ù nobili ( che quivi allora opportunamente era foprag-^
gtmito) ne commife le curàf ordinandogli ftrettamente, che non puref
con ogni diligenza agli ftudj del Bernina affiftefle, ma deflè loro eziandio
calore e fomento, che gli ftéfiè come mallevadore dell' inl^e riufciia, che
ék lui 6 afpectava . B dopo averlo con dolci parole confortsto a pTo&«
gmr di buon'animo la incominciata impreia^ e regalatolo di dodici meda-*
glioni di orof che furon tanti quanti potè pigliarne con piene mani , tì^
^Ohoel Cardinale ydifle vaticinando; Speriamo» che quefto giovanetto deb-
bediventafe il Michelagnalo del fuo fecoto . Non atidò molto» che Jacopcr
9c^ Montoja deliberò di ornare col proprio ritratto» da fcolpirli nel mar-
*o, il ìuogo dì fua fepoltura nella Chtefa di S Jacopo degli Spagnuolt t
ed al noilro giovanetto artefice diedene l'incumbenza. Condufle quefti
un ritratto eoa) al vivo 5 che non fu mai occhio, fino e quefti noilri tempi
•he non ne Cupide : e avevalo già nel fuo luogo collocato» quando ailài Car*
dinali e altri Prelati vi fi portarono appofta per veder si bell'opera. Tre
fuetti uno ve fu» che difle : Quefto è il Montoja petrìficato: né ebbe egli
Appena proferite quefte parole» che quivi fopraggiunfc lo fteflb Montoja.
Il CardinaleMaffeo Barberino» poi Urbano Vili, che pure anche ellb era
eoli quei Cardinali, fi portò ad incontrarlo » e toccandolo difle: Quefto è
il ritratto di Monfignor Montoja : e voltofi alla ihitua : E quello è Monfìgn*
Montoja. Dopo queff opera ebbe a Dire la tefta con bufìo del Cardinale
Bellarmino , che fopra il venerabii fepolcro di auel gran Prelato nella Chie^
le del Gieaii fu collocata: e fecevi appreflb fa figura» che rapprefenoi la
Religione . Anche la Sentità di Papa Paolo V. volle di mano di lui il pro«
prio ritratto, dopo il quale ebbe a (colpire quello del Cardinale Scipione
Borghefe fuo nipote ; e già aveyjalo quau finito » quando a cagione d' un
pelo (bopertofi net marulo» che occupava il più bello delle firoote, fi rifoU
ve di farne un altro , che riufc) al bello» che lo fieflò Bemino vedendolo
infieme eoi Cardinale Antonio Barberino » dopo quaram^anm $ ebbe e dire
^uefie paiole t Oh «loamo poco proétto ho fiicco io netl' arce deUa icultore
' . inali
CIO: LORENZO BERNINO. 57
in ù Ittngo corib d^anm ; mencca io eonokép che <k fiincioUo ikianeggitir«
il marmo iiv quefib modo !
Cerrtvt «gli incanto il qQifidictfimo di ftM eci» quando e^fece je^
dere fcolpka di fua mano la figura di San Lorenzo (opra la graticola»
par Leona Strozzi, che fu polla nella lor Villa: e poi pel già nomina*^
co Cardinale Borghefe , la dacua dell' Bnea» che poru il ?ecchio AnchU'
fé» figure» anziché nò, maggiori del naturale :. e fu quefta la priaia opera-
grande, ch'egli facafle, nella quale» quantunque alquanto della maniem.
dì Pietro luo radre fi rìconofca » non lalcia però dì vederfir per le belle av#>
vertenze» eh* egli ebbe in condurla, un certo avricìnarfiaiteneroe vero».
al quale fino in queir età portavi lo l' ottimo gufta tuo, ciò che nella ce^^
(la del vecchio più chiaramente campeggia. Onde maraviglia non è» che
lo ftello Porporato di fubito gli ordiniS^ una ftatua d'un Davidi di non
minor grandezza della prima. In ^ueft* opera egli Toperò di gran lun«
ga fé ftdio; e conduflela in ifpazio di fette mefi e non piai mercechè eg^L
fin da quella tenera età, come egli era poi (olito dite» divorava il marmo»
e non dava mai colpo a voto; qualità ordinarìa^non de* pratici nell* arte,.
ma chi all'arte ftsfia a'> €itco fuperiore. La belliffima leccia di quefta fi*.
gurzt ch*esU ritrafie dal proprio volto fao# con una gagliarda increfpa-
tura di cigfk allo 'n giù , una terribile fiiTazione d' occhi $ e col marderfi
con la mandibula fu peneri tutto il labbro di focto^ jb vedere maraviglicH
fimente efpreflò il giufto fdegno dei giovane Ifdraelita 9 nell'atto di vo«^
ler con la frombola pigliar la mira alla fronte del Gicante Filifieo ^ ìik
diflimile rifoluzìone» fpirito e forza fi Icorge in tutte raltre parti di quel
corpo, al quale, per andar dispari col vero^ altro iwn mancava» cM il
moro. Ed è cofa notabile, che mentre egli la (lava lavorando, a forni-
glianza di fé medefimo , lo fteflb Cardinale Maffeo Barberino volle ^ixk
volte trovarli nella fua ftanza ^ e di Tua proprfat mano unergli lo fpecchio »
Ma il Cardinale Borghefe, a cui ptrea per avventura , ficcome era vora^^
mente, d'avere in queAo artefice ritrovato un ceforo» non permefle mai
ch'egli fenza alcuna bell'opera > da farfi in proprio fuo fervizio, firimanef.
fé. Coaìebbe egli a fare il gruppo delh Dafne col giovane ApolloiC quells
in atta d' eflèr trasformata in Allòro , che riufdi lavoro sì marav%Uofo» cho
fs poi fiunpre detta la Dafne del Bernino: ed egli» che ancora diciott^an*^
ài non avea compiti , nel camminar eh' e' dceva per la città , era da tutti
gusfdato e additato per un prodigio deir arce. Ma perchè la figura della
Dafne, quanto più tenera e più vivai l'occhio cafto d'alcuno menoof*
fender poteile ,allorchè da qualche morale avvertimento ella venilFe accom»
pagnata»f altre volte nominato Cardinale Maffeo Barberino » operò che vi
fuUe fcolpito il feguente dtfticò sparto nobile di fila eruditiffima mente 1
Fronde mavus impiett hiciéi ftu €éi^ph ^maras.
Seguita la morte di Psolo V. ed efaltata alla foprema dignità Lodovifioi
detto poi Gregorio XV. ebbe a farb fino a tre volte il ritratto di lui > fra in
bronzo e in marmo . Provveddelo quegli di ricche penfionii e fecelo Ca«
valiere di Crifto . Brevi furono i giorni di qutfto Fenteficé ; dopo il quale
fuaf*
£u alTiinto Barbermdj che £u, Ui^bano Vili: il quale Cubito aruco in & il '
Cavaliere» gli parlò in quella forma : E'^gran fortuna la voftra» o Bernhioi .
di veder Papa il Cardinale Maffeo Barberino; ma aflai maggiore è la no-
(Ira , che il Cavaliere Bernino viva nel noftro Pontificato. Fecefi fare in
marmo e metallo più ritratti difua propria perfona. Ad iftanza dei me«.
defìmo fece la grand* opera di metallo in San Pietro» intorno al luogo»
che diciamo la Confeifione « Voile che egli per due anni interi attendefle
agli liudj di Pittura e Architettura» difegnando di far dipignere a lui
tutta la Loggia della Benedizione. Ebbe il Bernino in ricorapenfa del bel
lavoro della Confeifìone » in cui avea confumati nove anni » diecimila feudi t
con alcune penfioni: e per due fuoi fratelli» un Canonicato di San Gio-
vanni Lateranote un Benefizilo di S, Pietro. Fece poi la bella Fonte di
piazza Spagna » col bel concetto della nave $ con var) cannoni di batteria ,
che gettano acqua per entro la medefima; fupplendo con tale invenzio-
ne al mancamento dell' acqua fteiTa» che in quel luogo avea pochiifima
alzata dal fuolo . Accompagnò il bel capriccio del Bernino Io fteflò Pon«
BeUka Pontifi€ummnfundìi machina flammés 9
Std dulctm^ belli qua petit ignis » aquam .
Fece anche in. quel tempo la Fonte di piazza Barberina» col Glauco colia;
conca fonante, dalla quale fcaturifce l'acqua» e tre Delfini» che reggo-'
no la pila . Ad iftanza pure d' Urbano adornò le Nicchie de* piloni » che:
leggono la Cupola di San Pietro» dove poi furon collocati i quattro Co*'
lofli di marmo» dico il Longino» opera di Gio. Lorenzo » il Sant'Andrea del
Fìammii^o» la Santa Elena del Bolgia e la Veronica del Mochi . Fece la.
fiàtua della Santa Sabina per la Chiefa della medefima in luogo detto Ai
Vrfum pileaium.
Correva V anno 1639. quando egli a' conforti dello fteflb Pontefice
pafsòaftato matrimoniale «e lì accasò con Caterina» figliuola dì Paolo Ter*
zio» Segretario della Congregazione della Santillima Nonziata» uomo di
molta bontà» colla quale viilb poi trentatr^ anni» e ne riportò nume-
ròfa figliuolanza . Diede poi mano al difegno del Palazzo Barberino»
del Campanile di San Pietro» e della facciata dei Collegio de Propa^
ganda fide. Scolpì il bafibrilievo» fituato fopra la porta maggiore» che è
quando Crifto dice al Principe degli Apoftoli: Pafce oves meas. Fece il
difegno e modello della Conteflà Matilde : e intagliò il bel ritratto di
marmo di Gofianza Buonarelli» che oggi vediamo nella Galleria del Se-
reniflìmo Granduca. Fece il difegno» e tutta la grande opera del Sepol-
cro d'Urbano» col bellifiimo ritratto di bronzo dello fteflb» e la bella fi«
gura della morte» col fuo gran libro» in atto di feri vere a lettere d' oro il
nome di quel Pontefice: alla quale opera applaudi T elevato ingegno del
Cardinal Rapacciuoli » co' feguenti verfi :
Sernin sì vivo il grand" Urtano bafimo^
E sì ne^duri bronzi è Pa/ma imùrejfa.
Che per $orglilafe% la morse (sejfa
^ Si0 Jutfepokro a dimofirarlo eftinso .
Fu
; GIQ: LORENZO SE RNINO. \ 59
Ftt qu^ft'CFpera ilupinda jncomiDqiaca duf anni avanti la morte d' Urba->
l^ano» <9 fcoperta circa a trema mefi dopo che egli fu andaco al Cielo :ì
«ciò fu ajla prefenza de) fuo Succeflbre Innocenzip. Né io voglio lafciara
4i portare in quello luogo un'arguta rifpofta, che diede il Bernino a per*
(pnaggio di alca condizione» poco amico dicala Barberina», che la itavi
guardando» prefenci altre perfone. Aveva il Bernino , per una certa biz^
zarria, e non ad altro fine, figurate in qua e in làibpra il depofito alcuna
Api, alludenti all'arme di quel Papa. Offervolle il peribnaggio» e dilTe:
Signor Cavalier j VS. ha voluto colia (ituazione di quelle Api in qua e ia
là, modrare la dìfperfione di cala Barberina (erano allora le perfone-
di quella cafa ritirate in Francia) ai che rifpofe ii Bernino ; VS. però pu^
ben fapere, che le Api dìfperfe ad un fuono di campan^ccio ii tornano
a congregare; intendendo della campana grande di Campidoglio, chefuona
dopo la morce de' Papi, Divolgatofi femprepiù la fama di quell'artefice»
più Potentati d'Europa incominciarono a defiderare l'opere lue « La prima
tuEnrichetta Maria Regina d'Inghilterra, che con fuadp'itf. diXìiugno»
richiefelo dèi ritratto del fuo conforte Carlo I. V infelice Ke d' Inghilterra : -
e a tale effetto gli mandò un bel quadro di mano. d'Antonio Vandich,
dove vedeafieflbRe ili tre vedute ritratto al vivo. FeceloegIi,e mandol-
Io a quel Potentato. Veddelo la Maeftà della Regina», la quale defiderò
eflere anch' efTa ritratta per mano di lui; ma le turbolenze^ poco dopo
inforte in quel Regno, non permeflero che ciò fi facefie , Ebbene però a
fare uno per un Cavaliere di Londra » che veduco il bel ritratto del Re»
fi portò a Roma appolla per tale effetto: ed ebbene onorario di feimila
feudi. Ebbe poi a fare ancora il ritratto del Cardinale di Richelieu.
Correva V anno 1644. quando il Cavaliere con lettera del Cardinale
Mazzarrino, fu chiamato dal Re a fiarfene in Parigi» con promefia di do*
dicimila feudi di provvifione; ma F amore eh' ei portava all'ancora viven^
ce Pontefice Urbano » fecegìi recufare V invito . In quedo tempo incornine
ciarono, colpa dell' invidia, contro il noftro artefice varie perfecuzioni»
a conto deji' opere d' architettura , fatte da lui nella Bafilica ai San Pietro,
che cagionarongli per lungo corfo di mefi affanni eftremi, lafciando do-
po di loro fralla minuta gente di gran fufurri , che fon noti, e che da noi
furono nella fopraccennata vita puntualmente deferirti 1 intorno a che ad
«OTa vita ci rimettiamo» ed all'apologia, con che a giuda e intera difefa
di lui, l'abbiamo accompagnata . Mentre tali cofb feguivano» non lafciò
egli di far vedere femore parti più belli del fuo ingegno. Tali furono il
difegno della Cappella del Cardinale Federigo Cornaro» nella Chiefa di
$anca Maria della Vittoria de' Carmelitani Scalai ; e'I mirabil gruppo deU
la Santa Terefia coli' Angiolo» che quivi a' ammira. Ad iftanza d' Inno-
Cenzio X.»fece il difegno della m^ravigliofa Fonte di piazza Navona» ini
mezzo alla quale trafponò il grande dbelifco co' i quattro fiumi princi*"
pali del Mondo: il Nilo per l'Affrica» opera di Jacopo Antonio Fancelli;
il Gange per l'Afia » fatto da Monsù Adamo: il Danubio per 1' Europa»
fcolpito da Andrea detto il Lombardo: ed il Rio della Piata» che fu da
Francefco Baratta intagliato^ .fopra il quale e fopra il Nilo diede però con
f UQ
^0 Ù€camAldeSaFmJJtlSt^.V.iiali6iù.ali6io.
ftto r<:irptllo adii eolpl il Httmlm». Ih ^titfti ceÉip} il Duca di Modanà
Fctiìceico da Efte volle di maii6 dai Bemino il praorio ritratto » il quala
condotto a ptriaaione» egli «andò al Duca t ad ebbene in tanti afganti'
onorario di valore di tremila Toudi; mentre a Cofimo Scarlatti t fattiiltara'
dal Cavaliere, che V andò a eonregnar^, furon donati dugento Ungberi.
Circa queftotùcidefifno tempo di(de egli compiinento alla grande e belliflir-
ma ftatua della Verità fcoperta dal Tempo, che oggi fi ammira in cafa i
fuoi eredi; ed era fua intensione 41 Are ancora la ngura del Tempo dio
la fcopre i a effetto di che aveva egli provvido un grande e belliffimo
marno i ma tale fuo proponimento, a cagione dell'altre fue occupazioni»
AOA poti avere effetto» onde il marmo rimafe tale appunto, quale em
ftato tratto dalla cava. Fu intanto veftito della Sacra Porpora Monfignor
Fabio Ghigi, onde ebbe occafione il Bernino, che foo amiciffimo era •
d* impiegarli per effo nella refiaurazione della Cappella di Tua cafa , nella
filale dopo Tua efakazione al Pontificato , fece il bel gruppo di marmo deU
PAbacuch coli* Angiolo, ad il Danielle fra' Leoni; ed m quel tempo pu<»
fé diede princioiò con fuó dUègno al gran Palazzo di cinque facciate per
10 Principe Lodovlfio in piazza Colonna, che poi per mone del Papa ri-i^
mafc ionperfetto: e conduffe ad iftanza del Re delle Spagne Filippo IV.
11 gran Crocifiilo di bronzo, che ebbe luogo nella Cappella de' Sepolcri
de' Re . Intanto fu egli dal Pontefice Aleffandro dichiarato fuo proprio
Architetto e della Camera : eofa che non gli era occorfa per avanti negli
altri Pontificati; perchè ogni Pontefice, avendo proprio Architetto di cafa
fua, a lui voleva tal carica conferire ; coftume,che poi dagli altri Pontefici*
dopo Aleffandro, non fU feguitato, per lo rifpetto phe ebbero alla fin«
ffoiar virtù del Bernino i onde egli fine n e' viffe, fempre ritenne tal carica»
Inre che in quefio Pontificato aveffero in certo modo loro comincia-
mento l'opere egregie del Bernino; manoiandremole, per fuggir lun-
ghezza, folamente accennando. Una fu il gran Portico della piazza di
San Pietro. Neil' ordinare quefta fabbrica volle valerfi della forma ovata»
difcoftandofi in ciò dal difegnodiMichelagnoIo, afiine di più avvicinarfi
al Palazzo Apoftolico, e di meno impedire la veduta della piazza dalla
rrte del Palazzo fabbricato da Sifto V. col braccio comunicante colla fca«
regia , che fu pure opera del fuo grande ingegno. E fucofa maraviglio^
fa il vedere , che nello fteffo tempo eh' egli tirava innanzi auefta gran
fabbrica, a*applica(Ie altreaì a condurre , per ordine del Pontence» il bela-
lo ornato della Cattedra di San Pietro, co i.gran Colofli di metallo t rap.
prefentanti i quattro Dottori della Chiefa: gli due Greci, Gregorio Na*
zianzeno e Atanafioi a gli due Latini, Agoftino ed Ambrogio* Queftt
con grazia inefplicabile fofiengono una bafe , fopra la quale ena Cattedra
leggiadramente fi poft: ed è da ammirarfi in quello luogo l' infuperabil
pazienza del Bernino, il quale di quefio gran lavoro fi^ce di tutu [uà tùu
tio i modelli di terra . Bd effendogli ì Cololfi riufciti alquanto piccoli g
non ifdegnò di quegli metterti a fare di nuovo, della grandeaza appun-
to, che ora fi vedono in opera. Per ordine dello fteffo Pontefice tece il
Teinpio e la Cupola a Caftel Gandolfo ; il Tempio alla Riccia» Feuda
dell'
» ►
€fO: lORBNZO BERNtNO. €i
deH'EcceìIifìtiikcaraGhigi: ^tÉelIodiSànf Andrea a MontectvtIlo»N<^
viziato d^ Fedire Geftiiti. Remuro la Ghiiela di Sanca Maria del Popolo >
e la vicina porta della città. Erede la fabbrica per T aggiunta del Palaz*
zo Quirinale per la famiglia del Papa • Adattò con bel concetto la Sala
Ducale p in modo che poteflTe comunicare colla Sala Regia « Edificò un
Palazzo dell' Eminehtiffimo Cardinal Qhigi : • VArfènate di Civitavecchia ;
e la Oailefia e Facciata verfo il mare del Palazzo di Caftei Gandolfo.
CKtrc alle ftatae dell' Abacuch e Danielle per la Cappella de' Chigi, delie
quali fopfa abbiamo fatta menzione » fcol pi ad inftanza d' Aieflàndro un
San Girolamo ed una Santa Maria Maddalena: fece il modello della (ta-
tua di lui, che fu pofta nella Cattedrale di Siena, afliftendo ad Antonio
^flggi» detto il Lombardo» fuo difcepolo, che la intagliò: e diede luoga
in pie della fcaladi San Pietro ( avendolo già condotto a Duo fine) al gran
Coiofib di marmo del Cofiantino à- cavallo.
S' accrebbero le fortune del Bernino , colla comparfa a Roma della
Real Maeftà della Regina di Svezia, la quale già per l' innanzi elTendo pie«-
na d'alto concetto del valore di lui, noniafciò poi, finch* ei vide, con
alTettuofiflìme dimoftranze, d^ onorare il fuo merito. Venuto Tanno 1^64.
al modo Romano, volle anche la Maeftà del Re di Francia Luigi XIV*
far conofcere quanta dima ei facefiedel noftro artefice , colla chiamata di
fua perfona a Parigi , per fargli vedere i difegni, dati fiitti colà da' ^U va«*
lorofi Architetti, per dar fine al magnifico edifìzio del Lovre; acciocché
dopo aver vedute in Roma le piante mandategli a tale effetto appofia, ne
facefib di fua mano il penfiero, per portarli poi a metterlo in opera.
Molte furono le lettere, e di Colbert primo Miniftro, e del Re ftefib alla
Santità del Papa per ottenerlo , ed al Bernino per averlo , ed al Cardinal
Ghigi , che per brevità tra tafcio^ avendole con più minuto racconto nota«
te nella fopraccennata Vita con loro rifpoftè > infieme con quanto occorfe
al Bernino dall' Aprile 166$. che fegul tua partenza pef Frància, fino al
fuo ritorno, e co^ nobili onorar} riportati da quella Maeftà (della anale
anche fece unbeliiflitno ritratto) e con quanto eziandio occorfe nell'oc-
cafione di tale bella manifattura , degno al certo d' eterna memoria . Mor->
to il Pontefice Aieflandro, efucceflb a lui Giulio RofpiglioG, che fi chia*
mò Clemente IX. che pure era flato grande amico del Cavaliere, volle
iinch' efib onorarlo con non minori dimoftraztoni di ftima . In quefto
Pontificato eibbe egli a finire il bràccio del Portico verfo il Sant' Ufizio ;
la cordonata alla (cala, che noi diremmo padiglione o fcala a baftoni,
d'avanti uUa Bafilica di San Pietro: abbellì il Ponte Sant' Angiolo, con
ftatue d'Angioli, portanti gli ftrùmentì della Paflione del Signore, e fecevi
balauftrate . Aveva egli condotto di fua mano due de'medefimi Angioli, per
dar loro luogo fra gli altri fopra di eflb Ponte; ma non parve bene a Cle«
mente, che opere sì belle rimaneflero in quel luogo all' ingiurie del tem^
pò ,- che però fecene fare due copie : .e gli originali deftinò ad cfler podi
altrove, a difpofizione del Cardinale Nipote. Ciò non ottante il Bernino
ne fcolpl un'altro fegretamente , che è quello che foftiene il titolo della
Crocei non volendo per verun modoi che un opera d'un Pontefice,
a cui
6% DecmM.èài§fmt.lMSi(rV>4a^
^ora della Iva judo . C»^ uk^tOf^ 9(BMa^ '«ìl^^eTO cooi^^xM»^ e diUé : la
iMSfsa, CamtkM^ toì in» y^^ J»«w^ware ^ i^r fare un^ altra copia ^
£ qui coB&iexi il mio lectosd» «I\e il ^oftrp afitefice cpniUtuho in (età ^e-
cnepiia« ifi jipa^ di 4ui^ aiw4«4iftn jpiÀ». oonduflTe le>d\ie lUtiie ili ovu:^
iiiio imentf aflaiAagcu»» d^lMjtsfttyle.» CfiTa;^ cbe a' più incendenti deir
> anet iiiainbra a^eiae^i* aiP9«dìlyAl^c^ Pian^ jn^oaìtp &oina e U Mondo
ciitto» ia bacete idi Cks»eA%s J^* ^ AlPCCO^iP: il .Cai;dinale Exnijio Aluecl^
con nome cU Clenence X« (^^ per la £iia £cavi$ma età di ottantuno
«mo» noA pece caricarfi del igf^wxQ d'edificare e di abbellire la cittàs
ciò cbe al Bomino diede «ccafiene £ dare alia ^eqfie e al coi:|>o fuoigual*
cke rif«Kfi> dair iBce0anci frticl^e ^durate a (¥>piia ì^enefizibo^»^ per lo cer-
io di diedi aani e pii^^ $^ laft^ip par q^efto la geoerofii» del Cardi.^
naie Altieri» Nipote del Papa, di Yakr|i :in quanto potjb dell' opera del no-
Al» artefice # fèQfMfidqgli liir^ il xifratto di Sya Sas|tità^ e la bella Aatua
^Ua Beata jjodovica Aib^màaii» in atto di morire: U quale a'aimnira ogfi
Jietia ionrQolii Ci^peila vf^ $a^ ]?rancefco a Ripa . In quefio goyerno fece
ogUaMQCa il paviiQen^Q il^marmo iniftio dei Porticele di $aa Pietro : e 1
Oharip di meuUo e lapiÀ?z«li per la Cappella del Sacramento > con gli
due ioifeli pure di mefaUai in aftto di adorazione del Corpo di CriCb^
«he 10 eflà fi coiìferva; e vedefi anche la bella Tavola dipinta dal Bernino#
e non da Carlo Pellegrino Tuo diCpepolo.» cofloe fi dice per ognuno: nella
iiual Tavola rapprefentò fatti di S. ^auri^o. Qùefia polla a fronte delle
beli' opere 4Ìi fcukura dello fteflb artefice, lafcia in gran dubbio» St egti
f>iiì nella pittura o nell' arte ftatuaria facefle rifplendere il acme (vo.
Aasiunfe anche a ^uefta Cappella » confup dìfegno % il pavimento e la ba-
iaimratR . Aveva d Cavaliere Bernino > fino in vita d' Aleflàndro VIL
fatto il difiMEno,e modellato tatto di £imì mano» del Sepolcro di lui » per
iioiitifluao Cardinale Nipote» ma dal m^defimo Alefiàndro : il quale di più
glie ne avea pronicflb r intero pi^amento ; onde mancato Clemente X.
ed afiunro alla Pontificia dignità Innocenzio XL egli applicatovifi di gran
]»Fopafito, lo conduflè a fine. Mpdrp in quello (epolcro il Cavalier Ber«
nino la fplita vivacità del fuo ingegno^ Situandolo in una &^^ nicchia •
«a luogo appunto ove è lima iKurta^ per la quale continovameme fi pdla;
lèrveadofi di edà così bene al Tuo bilogoOj» che quello» che ad altri urek-^^
be potuto parere. grande im^pedimento > a, lui ièryì d' ajuto» anzi fu x>ecei^
Cario requifito per efiettuare un fuo bel penfierp. Finfeegli adunque» che
la porta fufle coperta da 91^ gran <K>ltre» che egli intagliò in dtafpro di
Sicilia: apprefiTo figaro in dorato metallo la morte, che entrando per efifa
porta» alza la coltre» colla i^uale » quafi yergognofa, fi cuppre la teda» e
porgendo un braccio infuon verfo Ja figura di Papa Aleflandro (il quale
egli fece vedere di (opra inginocchiato Mi fignra di marmo {>el doppio del
naturale) dimoftra con un' ortvuolo in mano» ^à efier finite l'ore fue.
Da i lati nella pili baila parte veggonfi due grandi fiatue di marmo» rap*
prefentanti , V qna la Carità \ V alcca la Verità . Quella era interamente
ignuda»
r : ' GIÙ: tÓkBmO SEXNINÙ. ^5
che le &ceTa actorna la colere , e 4rf $oi» eie* le^ cèprmi hd ia( poca il
pbtco ; ma perchè femminsf nuda, bcAcSiè di feffo, ma p»:6dìr mano del
S^rnioo, non bene fi* eoti&eél^ collh oaBdkdtZMdef penficri ddl^ allora
tàccavia Regnante Pofieeficef InneiceniwìtLpijBbik^^
mente incenderei cfitt fòrebfte Anco di feognfto /choeft BesÉónor nel imr-
db che m^iùte a Axf lufle iMiruta, Tovefl^ aln^uaiito» piii rioopesta. Bg^
di fubico le fece mitr vefl!e^ di ffletallo» ItKjwkefin&dibi^co a fomi^
glianza del marmo: cofa che a lui fu di inelplicabile penllero e fatica»
per eflergli convenuto accomodare una cofa fopra uà* altra , fatta con di-
verfa intenzione. Tennelaegli però per molto bene impiegata, mentre
con tale provvedimento; e con qjuefto bello efemplo fece rirplendere a'fe-
coli che verranno» la Santi til^ della ménte d'uri tafncojPonceficft^ Nelb
J)arte fuperiore fono altre due ftacue , delle- quali fr if^ede^ la macà: e forno
a Giuftizia e la Prudenza . Termina firtalttfente^ ih cuno^ T affane di qubt
Papa, ficuata fopra la dorata nicchia, oon^dUe snindi^ aiaefae I^r^ono^.
Correva il Bernino V ottantefimo anno di tua vdca,^ quandoi dtefiderow
io, prima di chiuder gli occhi a quefta luce» di dare alcun* fegnudi.grattitur
dine alla Maeflà della Regina , llata fuè iing^lariilìm» Pnnetancev il pofii
con grande ftudio ad intagliare in marmo in mescsa^ii^ray oiagpese'del
naturale, il noftro Sai v^toi<e' Gesù GriftO'; opra» , che ficeomefitidbtOL
da lui il fuo Begnamino , cosi fu i* ultima , che defle ai ludnida Ib fiia ma^
no: e deftinolla in dono a quella Maeftà. Venneg4v petò^ fallito^ tftte:diw
fegnb , perche alla Afoeftà fua parve cofa sì bella^ che non^ troirandoftal*
lora in congiuntura di potere proporzionatamente coiìwaecnicnbiQraDe ib ào^
no, elefle anzi di recufi&rlo, che di mancare un punto aUfei^ Rmle MagnU
ficenza dell'animo fuo; onde il Cavaliere, che pure voL8ai,.eh/.e'ftimd2'.
Sua Maefià , glielo lafciò p60 td(lamento . X^aii ooncbipoi eila.faceflTé di
quella figura, io non fo'coqie e^icare, fé non coir acteftaco* di quanto'
ella medefima fi degnò dichiararmi, alloAùpUDida^Ia^OTtma volcaichf io mi'
portai a' fuoi piedi, dopo aver comandato^ cbe'miifuilèfiittot^eraooaii^'
to di belio e di raro conoenevano le ftanze delia. rùa:poeriòfiflim»G«lWiav
ella ilefTa per ultimo mi condufle davami a^quelbcdlo'eimaidlofiffimo^fiiniir
Jacro, e con la viva voce VcHe fl'tuVM^ dàcmyaieonofcoee..
Refterebbe per uitimo a dire, quale ruifdiiTÀii'nfoftra arte&se». nohi
{>ure nelle tre arti di Pittura, Sculturae^Atrdiiteéniraiy ma eanandìoiileiv
a Ingegneria, quanto mirabile in ogni' fotta) df! invenzione di'macehìne^.
di apparati, di (cene, e d'oga' al tra operazione, in ogni co(a apptrcenea^
te al difegno: quanto valorofo nelrarte Comica, nella quale rapjmfentè
tutte ' ' - - • ...--.
tenze
Tefercizio
aflRtato.
un breve compendio di ciò eh* io fcrifll^alttd^vóki^iìuiraiqo^
doil mio Lettore, altro non fonoperdirne. Terminò finalmente il Cav. Be
nino, la fua vita a cagione d' una lente febbrai o'coi'fi^ aggirnife acciden
d' apo-
6^:^ Decenfi^n.MàPmJ.del$ée.V.M tSro.^ 1620.
d*apopleffit nell'età. fua diotttfitftdue anni» meno nove giorni, a* 28. del
mele di Novembre delitfSo. e con pompa aguale al merito di unt'uomo»
e delle ricchcz2e, che erafi procacciate con fua virtù, che non furono
meno di qnattrocentomila icudi» fu portato il foo cada vero alla Chiela di
Santa Maria Maggiore, dove.ndU fepoltura di fua cafa attende V ultimo
*RUrauit te Si e con bu/lo.
Del Majordomo di Sifto V. in Santa Praflede /
Di Giovanni Vigena , alla Minerva . .
Del Cardinale Delfino , in Venezia .
Dello fteflb in profilo , in Venezia*
Del Cardinale Serdi, in Parigi.;
Del Cardinale Valefio» in Venem.
Del Cardinale Montalto, in cafa Pcretti.
Di Monfignor del Foz^io >. in ì . 4 • . .
Di Monfig. Frane. Barberino,. a»o d' Urbano Vili.
Della Madre d'Urbano Vili. . V
Del. Padre del medefimo. . ^
Di Donna Lucrezia Barberina. ^ in cala Barberina ,
Due di Papa Urbano VIIL
Altro- del medefimo • \
Altro di metallo, r . . ^
Di MoofigiK» Montojt, in S. JacopQ d^gli SpagnuoU .
Altro del medefimo Cardinale , in cafa Borghefe .
Di Urbano VII. in cafa Giori •
Altro di metallo, ali* Abate Braccefi.
Di D. Paolo Giordano Ducadi&acc. in cafa.Orfina ^
Di CoiHanza Piecolomini , in Galleria del Granduca .
Di Innocenzo X. in cafa Panfilia •
Altro del medefimo, per la cafa Bernina «
Di Gregorio XV. \ • r r j .-r
Altro dfmetaUo ) '"^ ^^'^ ^^^^^^^ •
Di Aleflandro VII. \ • ^.a, nh;^;
Altro del medefimo, ) '^ "^^ ^^^8^- .
Altro del medefimo, per la cafa Barberina»
Dei Cardinale di Richelieu, in Parigi .
Di Carlo I. Re d* Inghilterra, in Londra •
Di Francefco Duca di Modana, in.Modana*
Di D. Carlo Barberino, in Campidoglio.
Di Luigi
x: Giù. LORENZO SIRNINO* . €$
0i Luigi XIV. Re di Francia, in BtiSm. ^
Bi Cioiaence X» in Roma^.
Di un Cafalicra Inglsfe, in Londra.
Stafue di marmo •
X2et Cardinale BeUarmina» al
Della Religione» fui Depofito di detto Cudinalei al Gìcsi^*
Di Paolo V. al Giesù.
Gruppo d'Enea, Anchìfe» e Afcania, in Viila Borgbefc.
Grupoo del rateo di Proferpina , in Villa Lodovifi .
GJIpp;)d»AponoeDafne, ) in Villa Boighcfe.
Grttj^o di Netcunno e Glauco, in Villa Moncalco^
San Lorenzo ibpra la graticola , in Villa Stroasu..
San Sebafliano, per la Principefla di Roffiuio .
Santa Bibiana , nella Chiefa ai efllà Santa .
Angiolo al fepolcro del Cardinale Delfino, a Venezia*
San Longino , in S. Pietro .
Tefta e modello della (tatua della Conteflà Matilde, in S.Fiecro.
II Coftantino a cavallo » nel Portico di S» Pietro .
Il Tritone nelb Fonte di Piazaa Navona» rincontro al Palaszo Panfilio*
Scoglio della Fonte di Piazza Navona^
Il Cavallo ) In Piaxza Navona .
Il Leone» ^
La Verità » in cafa Bernina •
San Girolamo» nella Cappella Ghi^i» in Siena #
Grupt^'d* Abacuch e F Angiolo» ) «ella Cappella Chigi al Popolo.
Urbano VII I . in Campidoglio •
Fonfeca con la corona ih mano • in S« Lorenzo in Lucina •
L' ultimo Cardinale Cornara» alia Madonna della Vittoria .
L'Angiolo col titolo della Croce» &l Polite S. Angiolo «
ltf(R»tìlt«V0 di C^ifto e S. Pietro, d«it|o volgarmente il ?sfc€ «vis mett,
fopra la porta di S. Pietro .
CoIoBo del Luigi XIV- Redi Frandt, par Sua Maefti Criflianiflima.
U Tritone nella Fonte Barberina, in Piazza Barberina . .
E La Bea-
4Ò Decetth 11. dèlia p4Uft, L MSec VMliS\o.«l\ dio.
La Beata Lodovica Albercpni, iàS»£niice£co A Ripa.'
Sepolcro di Aleffandio VII. con la fna ftatna ed alare, in S. Pietro «
U Salvatore ultima opera > i>er U Maeffii della Regina di &Tezia«
Tede fino al numero di quindici» in luoghi diverfi .
Statue di metallo.
Bttflo d'argenco di Sant' EulUcIiio , nella Chiefa di eflo Santo.
Urbano VIIL in Vellecri.
Del medefimo al fuo Sepolcro» in S. Pietro.
La morte in eflTo Sepolcro » io S. Pietro «
Quattro Angioli di metallo al Ciborio » in & Pietro •
I quattro Dottori della Chiefa alla Cattedra .\
La fede della Cattedra . )
L'Àngiolo'della fedia grande. \
Altro in eflb luogo • / in S. Pietro«
Due Aagiolini ibpra la fede • \
Angiolo grande nella Gloria* /
Crocififlb grande quanto il naturale» per T Altare della Cappella Reak di
* Filippo tv. in Madrid.
Santa Francefca Romana , Angiolo e Cafla » nella Chiefa di efla Santa •
Due Angioli del Ciborio di metallo all'Altare del Sacramento % inS. Pietro^
Ritratto del Cardinale di Richelieut in Parigi. .
Opere di Architettura t mijie.
La Facciata » Scala e Sala del Palazzo Barberino «
II Palazzo Lodovifio imperfetto .
La Chieda del Noviziato de' Pkiri Gefuitl.
La Chiefa nella Aricela .
La Chiefa con Cupola in Caftel Gandolfo,
La Galleria e Facciata ferfo il mare del Palazzo in Caftel GandoIfo«
La Cappella Cornara alla Madonna della Vittoria .
La Cappella del Cardinale de Silva » a S. Ifidoro .
La Cappella del Fonfecaj aS. Lorenzo in Lucina.
La Cappella dèir Allaleona » a S. Domenico di MontemagnanapoU.
La Cappella de' Raimondi » a & Pietro a Montorio.
Capp^la de' Siri , in Savona .
spulerò di Aleflandro Vii. in S. Pietro %
Il Ciborio di metallo e lapislazzulo all'Alutedel Sagramento, in S. Pietro*
I quattro Angioli» dove «anno le Reliquie in S. Pietro dal cornicione ia
terra , ^
II Baldacchino di S. Pietro t t)vvero le quatteo colonne.
La Cattedra di S. Pietro.
use-
eiOt LORENZO tERNÌNO.
H
ti Sepofcro della ComeffiMktiide» incflo Inqgo.
LftScata^del Calaazo Vscictna. .
Il portico nella piazza di S. Pietro .
La Memoria del Marenda» *ia S. Loceozo in DimaTo ;
Altra fimile alle Convertite . '
La Memoria dtS, M. Rag»», alla Minerva.
Il Sepólcro del Cardinale Pimentelli, alla Minerva.
L* Arco e ornato della Scala Ducale, in Vaticano.
L'aggiunta al Palazzo Quirinale d' Aleflioidro VII.
Là Fontana di piazza Navona , ed erezione della GogUi •
La reflaurazione della Cappella Ghigi, al Popolo,
La reftaùraàone di ratta u Chielk del Pc^lo .
-La Porta del Popolo dal cornicione in fu. . . .
Le ftinse «da eftate con Loggia di Clemente IX. al Q^inile«
Ornato del Ponte S. Angiolo, con Statue.
L' Arrenale in Civita Vecchia .
La Villa de'RofpigUofi, nel Piftoiefe.
L' Altare neUa Cappella del Giesù de' Rofpigliofi , in Pifio)» ;
Il ibcco Altane , dove è il fepolcro di S. Franoefca Romana ,
Altare in San Caiifto .
Altare Maggiore» in S. Lorenzo in Damalo.
Là Facciata » e reftaurazione di Santa BiUana •
La Fontana in Piazza Barberina .
Gli ornamenti di Putti e Medaglie di marmo ne' pilafiri iti S, Pietro cot*
l'Arme d' Innocenzio X.
V Armi con Stttue ed altri ornamenti di colonne di Cottanello in S. Pid<
tro dello fteflb Pontefice.
Lanternino e fefto della Capok alla Madonna di Monte£into, al Popolo t
Pavimento di S Pietro , fatto da Innocenzio X.
Bivimento del Pocticale, £itto da Clemente X. .
Kon fi pongono le Scene» Qaarancore, Fuochi d'allescezsa» Catafricbì»
Mafcheiste» e colè
£a
GIO-
V< Peuim. ìt. tUagTért.'l.dilStt.V. dal iSi <t. il 1 6zo.
GIOVANNI BILI VERT
PITTORfic FIORENTINO
*D'tfcepo!Q del Omm^ndatéte Lodwké Cardi GgttB,
IE' wnfti, ckt recava ia ifinass k flonoTn oiMRorii aldi
Granduca, f eM|Ìnando l» venne in qusftì cùtà un ceno JS"
copo Giadmdi tipuioaeViuBaiiago. wmo «flfti cìi^ : ed
è probabil coTa, ch'«* fiiffis anche inulligente àeih.b9aat
wtài fiiaoohè ùp^MooOfOii^egU fa daqoel magatuino t
vinuoTo Prìncipe aoocHaaxkto in carica di Frovvtdico»
della fua R«ad Galleria: uftcio, che per ordinario fono fiatt fi^cc queftc
Altecse di cpnfcrire « perfone di buòni natali e dì buon giifto in osoi
farta di colè appareenenti a^e msdafioM arti. Ebbe cc^ni un figltuuo,
che &i ti noftvoQiovanni^ «comechè fycSo oceorre. eh«.i nidriflwalc
arvifarì del §enio de* propri fìglìuoli , o poco inclipaifi a f^r lor» canai-
nare per quelle vie, le ^-uati kanno effi moéa&toA battuce, in^amùnana
loro talvolta per Sentieri troppo lontani di- qiicì fini * a i quali cali liiro-
mo da n^ura deftinari i portafegli occa&ane d' iiaptagara il nnciulto
tléRa città di SWàa nell'etfcvdaio della mercacitra, jMt^ Pinvtò* a poféla
in va b^ncQ. Aveva il fìgUuolo portato fìn dall'utero della madra una
STnperfetìone.éellK|^HftÌ«-eglÌ aon aveva mai fatn» calo t cioà* che per di-
fetto 4^1 nervo ottico 1' occhio fuo finiftro fcocgcvaaflai msno dell' oc-
cliìodeRro^ OeewtGì, ehs andindò ^li un j^iomo. c^ a' A ÉKKva >nji
Fiera, afpaflb perla città robnaltii «iovaa't di bancplàoi compagni, aea*
fp^'^CCofVó^d una di quelle taviale.'love li vQidonóerìflaUtiColnlH eiftlt
irediverfe coft? e dara dì manoquafi per ^oqo ad vnpard' occhiali. £•
accodò ano de' due vetri all'occhio, dove era ìldifcttoi ed in«n fubits
venne in cognizione. che quel vetro gli agguagliava appunto la vtfta col-
Tocchio deftro; onde parendogli d'aver trovato, come veramente era. la
fua medicina, fin da quel punto congegnatofi da quella parte un Cm^
vetro occhiale, quello poi tenne Tempre fino ali* età di 68. anni ch'e'vilTe,
fenza mai portare altri occhiali. Qual fiiflè poi la cagione, che 't fanciullo,
lafciata la città di Siena e la mercetuta, fé ne cornafle alla patria . e fi
mettefle all'arte del dtfegno. a me non^ noto.; né tampoco!' ho potat»
ricavare da Agoflìn Melilfi Pittor Fiorentino ^deJ quale paiierè più ab-
ballò) che non folamente fu fuo difcepele e feguitce per gran tempo.,
ma fuoconfidentilEmo; e mi -ha dato in gran -parte qneHe notizie di lui,
che io ora vo fenvendo. La verìtil però fu, che il SerenlTìmo Granduca
Ferdinando, che teneva protcKioiìe 'del padre e dì Coacafa. lo-mellea
flare col celebre 4>ittoie LudQv<ico Cardi C^oLi. 4)0! Commendaxore Ge-
rofigliruiufko^' ed apfjretflb di ime è.àRai jnobidùiej dbe «iò fu&. alla ptii
•■''-■ Joioga
.t
GIOVANNI l^lllVERT, ^9
iiilgttdreft AVaitìì\oiS90k cioè odia fu Kà di quattordici. anni; perche
ip m^defimo» fra altre pittura di mano di feanalati artefici • confervo un
ritratto di lui, fatto quando egli era in età di quattordici anni» come
anche moftea V effigie» che è d' un fanciullo» di faccia né corta ne lunga «
piena di teneriffime e ben colorite carni» capelli baffi e biondicci» fatto
per mano dello .fteffi^ Lodovico Cigoli fuo maeftro . Fece il giovanetto in
quella fcuola gran prefìtto: e fu anche molto amato da Lodovico» il qua*
le non aiuiò molto» che cominciò a valerli di lui per abbozzare lefue pit«
cure. Conduflelo feco a Roma» e tennelo fempre appreflb di fe^ quando
nel tempo di Cleaiente.VlIL eglircbbe a dipigaere per la Vaticana Bafi-
lica la gran Tavola del Principe degli Apoftoli» in atto di lanare lo fior*»
niato» diacente prcflb aUa porta del Tempio» opera che reftò finita poi
Kegnante Paolo V. Riufirì al giovane il pillar cosi bene la maniera del
maeftro» che ftando egli ancora nella fteflarcittà di Roma» gli fu dato
a fare pe* Monaci di San Benedetto .ima Tavola » dove rapprefentò
San Gallile » quando con fiillb al collo fu gettato in un pozzo della fua
propria cala: nella qual' opera» che fu pofta nella Chiefa di San Califto»
vicino a Santa Maria in Traftevere» (i portò per modo* che non è chi la
ficonofca per d'altra mano» che dello fteflb Cigolio
Venuto ]K>i a morte T anno itfi 3. il maeftro» il quale aveva dato in
Firenze principio a una bella Tavola » quella ftefia che fi vede oggi in
fiiir Altare de*Serriftori in Santacroce» fu al Bilivert, ftimato il miglio*
re de' fuoi discepoli» efla Tavola data a finire. Era folito egli medefimo
raccontare» che il Cigoli v' aveva fatto di fua mano quelk belliffima tefta
di vecchio fenzs barba » quella del giovanetto che coglie i rami d' ulivo#
e (quella ancora di Cri(b Signor noftro* che cavalca r alinello per entrar
trionfante in Gerufalemme» con parte delle vefti di quefta fteflà figura:
e tutto il rimanente» che pure è belliffimo» aveva egli ratto di fua mano»
Similmente gli fu dato a finire un quadro d' altezza di fei braccia per
Giuliano Serragli Nobile Fiorentino» nel quale volle il Cigoli figurare
il miracolo delk grandine» operato dit Dio alle preghiere di San Diacinto
Follacco dell'Ordine de' Predica(^ori» nel Villaggio di Cofeler nelle Cam-
pagne di Cracovia: il quale quadm era fiato pure anch* eflb lafciato
imperfetto « Vedefi la figura del Santo ftare in piedi colla faccia » in atta
divoto rivolta al cielo > quafi implorando il dtfiderato foccorfo • mentre
una nobil Matrona genufleflà accompagna le fue preghiere ; dietro al San-
to apparifce una tefta vivifiima del Frate fuo compagno: e appreftb gli
fiede in terra una bellilfima giovane» la quale con volto ridente moftra
parlare con un'antica femmina che le è vicina; e intanto la donzella fa
gefto di ftrtngerè un bel fanciullo» che fi rifugia nel iuo feno per timore
d' un cagnohno» che (cherzando fé gli allancia alla vita ; ed è co(a in tutto
bella il vedere nel &nciulIo unito infieme il gufto e'I timore» perchè con
un piacevol rifo egli moftra che gli diletti lo fcherzat di quell'animale»
e col rifuggirfi e firingerfi al feno della giovane » fa apparir chiara la lua
paura . Vedefi una tefta d' un paggio con berretta in capo • che non può
flfier ne più bello né più vivo : in lontananza» in una va^ campagna^
E 3 ^ fono
70 Deeemt.Ih deSaPart, l delSéc. K dui i d 0. uii 6io,
fono alcuni uomini > in atto d' ammirazione » cocchi d* ottimo gufto •
La tefta e forfè tutta la figura del Santo e del compagno» quella delpag-
8 10^ e le figure lontane fono» a mio credere» di mano dei Cigoli: il re«
ante del Bilivert. Trovafi oggi quefta beiliilima opera in potere del Con*
te Lorenzo Magalotti Fiorentino , Cavaliere di quel valore » bontà» e
erudizione» che è nota» il quale ne fa quella filma» che merita una tale
opera . Da quel che fi è detto fin qui» fi raccoglie quanta debba eflere la
pazienza ed umile fuggezione a i loro maeftri » di coloro che voglion fare
in alcun arte gran riufcita ; giacche quello artefice , che per quefte fole
opere » già fi poteva chiamare valentuomo» dopo tanto tempo» e profitto»
non aveva abbandonato il Cigoli » fé non per morte • Il grido che egli
ebbe di quelle pitture» fu per avventura cagione che glie ne furono date
da fare moke altre» per collocarfi ne* più degni luoghi della città : e parti-
colarmente la Tavola della Santa Elena» che pure oggi fi vede nella no-
minata Chiefa di Santa Croce nella Cappella de' Calderini . Eflendo poi
reftato finito» con difegno di Matteo Nigetti Architetto Fiorentino» per
la Sereniflima Granduchefla Madama Crifiina di Loreno » 1* Aitar Mag-
giore della Chiefa di SanNiccola di Fifa» toccò al Bilivert a fiirvi laTa*
vola . Altre molte pitture di quelle» che pur ora fiamo per notare» potè**
irono forfè eflere (tate fatte da lui in auefii medefimi tempi; ma per non
averne io avuta notizia precifa, le anarò nominando iènza tale circofian*
sa Dopo la morte del Sereniamo Ferdinando I. rimafe il Bilivert fotto
la protezione del Sereniflimo Cofimo II. fuo Succefibre . Quelli moilrò
di fare di lui grande (lima»e molto lo beneficiò. Aveva finoavanti al ttf la
il nominato Matteo Nigetti avuta la carica d' Architetto della Real Gal«
leria : e non potendo fupplire da per fé fiefib al molto» che gli conveniva
operare in fervizio della medefima» per lo gran numera di maeflranze che
del continovo» (jccome anche al prefente» vi fi tenevano impiegate» non
&>lamence in fervizio di efia Galleria» ma della Real Cappella di S. Loren-
xoe Palazzo Sereniamo; avendo riconofciuto il Bilivert per giovane di
grande fpirico nelle cofe dell'arte , di leggiadra invenzione ed* ottimo di*
i^gno» la propofe ad efib Serenifiimo Granduca Cofimo» per fuo ajuto,
particolarmente })er trovar je macchie delle pietre dure» e far difegni di
ngure e paefi per i commefiì: in che Giovanni era afiai miglior maefira
di lui : il che piaciuto al Granduca» fecegli dare ftanza»per operare nella
fieflTa Galleria» con provvifione di quindici feudi il mete. 1 primi difegni,
che il Bilivert vi fece» trovo che furono al primo di Febbraio itfio. nel
qual tempo non aveva egli ancora lafciato il Cigoli fuomaeftta. Sofl:en<-
Yie egli queda carica finche durò la vita di quel piiflìmo Principe. Segui-
tò poi il cafo di fua morte» gii fu per opera d* un tal Broccardi» che
in quei tempi ferviva anch' efib la Real Gallerìa, levata la provvifione^
ed al Nigetti fu refliituitolil penfiero e la fatica delle macchie e de* difegni,
iiccome io trovo in un ricordo» che di fm mano lafciò fcritto il medcfimo
Nigetti in un fuo libretto » che oggi è apprefio gli eredi di Gio: Batifta
Baleftri, Architetto e fuo nipote. Mentre che Giovanni operava in tal ca-
nea I non lafciò per quefto di far molto in pittura. Poi circa all'anno i6x^
per
GIOVANNI SniVERT. si
Eer i Sereniffimi Cardinal Carlo e D. Loreiuèo dipinfe alculte grandi tt4
\t dove rap{>refentò la ftoria diGiufeiTe e di Sufonna; e di quelle ufcit
rono poi fuori aflai copie, alcune delle ^uali furon ricocche di tua proprie
mano: lìmtlmente la favola di Ruggieri, una Siringa e altre fimiii. Una
Venere e Adone, in ateo di dormire, mentre Amore che V ha incatena**
ta » accenna che fi faccia filenzio, e un Satiro par che tenti; rvcgliarla«
Queft' opera piacque tanto al Principe D Lorenzo, che oltre ali* avergli
donato cento zecchini, fecegli fare un abito intero di feta tanè, color
folitodel fuo vellire in voto, per una ricevuta grazia della hberazione da
grande infermità . Quefto quadro fu poi dallo fleflo Principe Don Lor
renzo donato al Marchefe Kidolfi , e oggi fi conferva appreflb i fuoi
eredi. A Michelagnolo Buonarruoti il giovane, dipinfe un bel quadro^
che dal medefimofu affiflo al muro, fra altri di famou artefici di quei temr
pi, in una delle danze di fuà cafa in via Ghibellina, da fé fabbricata, ia
quelle proprie che furono abitazione del gran Michelagnolo fuo antenai*
to, cioè nelle danze, the egli particolarmente dedicò alla memoria delle
glorie di luì. Rapprefentò il Bilivert4n quefto quadro, quando richieda
Michelagnolo da Solimano Gran Signore de' Turchi» per mezzo d'alca-^
ni Frati Francefcani , di pprtarfi a £ire un Ponte da Codantinopqli a Fera^
con promefla di grande onorario; fi configlia con Piero Soderini, allora
Gonfaloniere della Repubblica: e fi rifolve alla negativa, per non impie<^
gar fuo talento in fervizio di Principe non Cridiano: e piuttodo elegga
di redarfi ienza gli onori e le ricompeiiie ofi^ertegli da quel Monarca .
Predo alla pittura è la fe^uente infcrizione: Vrafiamis ingeniifamap éuie§
celebrisi vel in Barbaros pervagatar» ut adpomem Bo/pboro impanenàum % qM
Cbalcedonem ByT^ntio , imo Afiam Europe conjungeret% a Solimano Ttèrcarum Im^*
peratore evoceiur» In tale opera veggonfi dipinti al naturale, nella peifo^
na d'un Cavaliere di Malta, di cui fi vede la teda/ola. Fra Francefco di
Bionardo Buonarruoti, pronipote di Michelagnolo: in quella d' un giova*
netto I teda che è fra quella di Mich^^lagnolo e d*un Turco, è ritratto^
Lionardo di Piero Barducci. Vedefi iti qualche didanza una mezza figu^
ra d'uomo con turbante in capo, del quale non apparifce l'intera tedas
ed in quedafu efpredal' effigie di Niccolò Àrrighetci , tutte nobili famiglie
Fiorentine. Pel Serenifiimo Principe e poi Cardinale Leopoldo, leco
un quadro di mezza figura d'una femmina, che accarezza un agnello» fatta
per la Manfuetudine, che da quella Altezza fu mandata alla Maedà dell' Im-*
peratore: e per lo deda Principe dipinfe un Ecce HomOf mezza figura.
Pel SerenifTimo Arciduca d* Audria color) in un bel paefe, noflro Si-
gnore piccolo fanciullo giacente fopra la Croce: e al nominato Serenifli-
mo Cardinale Carlo fopra tavola una belliflima Vergine con Giesìi Barn-'
bino, S.GiufeppeeS Giovanni in campo di paefe, che poi fu meda nella
Real Galleria del Sereniilimo Granduca . FecegH ancora più quadri di San*
te mezze figure pel fuo Palazzo, detto il Cafinò da S. Marco, delle qua«
lì ufcirono poi fuori infinite copie, alcune ritocche da lui, che quan-»
tunque elle fieno tenute per originali, fa ehi fi trovò prcfente nel tempo
che elle furon date fuori , e tutto yedde , eh' elje non fon tali • Al Sereiiifs;,'
E 4 * ' Duca
fi Decenn.U.Ma^?m.l.iklSec.V.dàlx6io.ali6io^
IMca di Guifa fece aflai qutiifi di pia gandeue » eh- egli laaiidò m Frtn«
eia; e fra quefti una gran Tavola delle Marie al Sepolcro, e l'Angelo e
ttna Vergine intera col Bambino Gieaìi. Al Marchete Gabbriello Riccar*
di dipinfe circa ali' anno 1(^3 a un quadro n^l quale fi vede eflo armato
d^afta e brocchiere, due femmine nuda co' piedi nell' acqua, e altre cofe
aHudenti al fuo bel penfiero . QuelV opera , che da' profeAbri fu ftimata
ima delle più belle eh' ei foceiTe mai , venne poi in cafa il Marchefe Fi-
lippo Niccol ini, e oggi è tuttavia appreflb gli eredi , iniieme con un fimii
quadro, che pure fu ratto al Riccardi dal Cavalier Domenico Pafltgnani»
nel quale figurò la città di Firenace coi fiume d' Arno>e diverfe femmine t
in atto di bagnarfi. Per Aleflandro Pucci Gentiluomo Fiorentino» dipin-
fe un gran quadro da iala colla ftoria di Lot . Quefio dopo la morte di
Aleflandro venne in potere dell' Eccellentiffimo Duca Salviati,infieme con
«n tondo in tela , eh' egli avea dipinto per Raffaello Staccoli , Auditore del
Granduca , in cui era la Vergine con Giesù , S. Giovanni , Santa Elifa-
bettae S.Giufeppe, opere tutte molto fiimate. Circa all' anno 1(536. man-
dò a Fifa nella Chiefa de' Cappuccini una bella Tavola di un S.Francefco
che riceve le flimate , che fu filmato quanto che fé fufie fl:atp di propria
mano del Cigoli » avendo egli in eflb tenuta tutta lafua maniera. Circa
• quefii medefimi tempi per Bernardo Migliorati Guardaroba di S. A. $•
color) fopra tavola una Vergine con Giesù e San Giovanni, a imitazicme
della maniera Lombarda, che fi dice fufie moftrata dal Granduca Ferdi-
nando H. a Pietro da Cortona, fenza dirgli chi 1' avefié fatta: e che per
aver egli non folo imitato quella maniera, ma adornato il quadro d'un' or-
namento antico , lo ftefib Pietro ne rimanefle ingannato : e che allora quel
Serenifiimo gli dicefle chi veramente aveva facto il quadro. Quefl:a pit«
tura, che rapprefentava un S.Giufeppe, Santa Eliiabetta e S.Giovanni»
fu poi comprata dal Marchefe Ruberto Capponi , al quale lo fl:eflb Bili-
vert aveva fatto un quadro, ove egli aveva rapprefentatp gli ftefii Santi
ki figure quanto il naturale fopra tavola . A Prato mandò un quadro da
Altare d' una Nunziata: e a Pifioja una tavola del portar della Croce.
A Monsù Niccolò della Rofa, dipinfe .tre quadri di braccia tre e mezzo;
in uno4ece vedere S. Maria Maddalena nel deferro, in atto di flagellarfi:
ìn^altro la medelima Santa in cafa del Farifeo col Signore; e in un altro
kkSantifs. Vergine, SanGiuieppe, Giesù, e ^an Giovanni, tutti condot-
ti con ottimo gufto, i quali pervennero poi alle mani di Piero Strozzi .
A Giovanni Cerretani, poi Senator Fiorentino,. fece una ftoria di Tub-
bia, che è pofta fra le fue opere più belle . Per Annibale Dovara, un qua*
dro di mezza figura d' una Venere che bacia Amore , della quale vanno
attorno più copie, e alcune fon ritocche dal ooaeftro. Per lo Cavaliere
Dragomanni, rece due quadri di più di tre braccia; che in uno vi è Sin
Bafttano medicato dalla Matrona; nell' altro Tetide, che porge 1' armi
ad Achille , e due mezze figure d'una Ninfa e un Satiro. Uel quadro di
Sah Bafl:iano e de' ibprannocati quadri di Madonne ufciron fuori molte co*
pie, che per eflefe , come fi è detto ,di akri, ftate ritocche da lui, paflk-
fono per oci^siali;. ma tali però non apparifcono « chi h» oechio intea«
dente:
- GIOVANNI BILIVERT. n
dente : e tati non fono , per quanto attefta chi gli Tidde finire , e vi wt^
va eruca fopra le maggior parte dell'opera . Al Marchefe Coppola, Mae*
ftro di Camera del Sereniamo Ferdinando IL dipii^ la (bria di Moisè
pollo nella ceftella > quadro di braccia quattro in circa • Per Orazio San*
miniati, fece, per mandare a Venezia, una fioria di Fenelojpe che dia A
il broccato d* oro , opera che in quella città ebbe molto plauio . Vedonfi
nella città di Firenze in più chiefe e calè di particolari > altre belle ca^
vole e quadri di mano del Biliverc, di parte delle quali fi darà qualche
notizia. NeJla Chiefa della SantiflSma Nunziata, nella Cappella degli Ac->
colti intorno al Coro, una Tavola dello S^ofalizio di Santa Caterina.
In Santa Maria Maggiore nella Cappella degli Qrlandint» una Tavola con
J>iù Santi; e nel mezzo è un voto, oov'è l'Immagine di rilievo di Maria
èmpre Vergine, che fi Icuopre in certi tempi particolari fra Tanno.
In S. Marco, Chiefa de' Frati Predicatori, nella Cappella del Sacrafflen«
to» una Tavola della Predicazione di S. Paolo a* Corinti, e del miracolo
del fanciullo rifufcitato , fatta Tanno 1643* Nella Chicfetta incontro alle
cafe de' Bini, che già fervi per primo luogo de' Padri dell' Oratorio» una
Tavola dell'Angiolo Cuftoae; e fopra T Immagine di S. Baftìano» die fi
vede rimpetto ad eflà Tavola, dipinfeun Angiolo con ghirlande , che pa-
re che voglia coronare il Santo Martire. E in S.Michelino degli Antino-»
ri è di fua mano la gran tela della ftoria d' Eraclio portante la Croce « e
fopra una lunetta dì putti . Nella vicina Cappella, dove Matteo Roflèlli
ifipinfe la Santa Elena, e'I ritrovar della Croce, colorì il Bilivert una fto^
ria pure di S. Elena e della Croce , che furono dell' ultime opere fqe.
In cafa Mafetti è di fua mano un San Baftiano medicato dalla Matrona,
figura quanto il naturale: e più quadri di mezze figure. In cafa Martini^
una S. Agata guarita da S« Pietro , più che mezza figura quanto il natura- _
le: e un altro quadro di S. Baftiano medicato dalla Matrona. E qui av ^
verta il lettore, che tutte quefie Immagini di S. Baftiano* fatte a diverfi,
fono anche di diverfa invenzione* In cafa Bini fono altri quadri di ma*
no di quefto artefice» e altri molti altrove. L'ultima pittura che fece il
BiKvert, fu un quadretto di braccia uno e un terzo per lo Sereniffimo
Cardinale Gio: Carlo di Tofcana, dove rapprefentò una femmina» ^u*
nta per l'Adulazione: appreftb alla quale feguci come una procemo*^
ne di perfone d'ogni ftato e dignità, inatti e Sembianze adattate al con»
Mtto. Vifie il Bilivert feflantotto anni; finalmente aflalito da febbre fH^
trida» pagò il debito comune del mefe di Luglio 1644. Fu il fuo cada*
vere onorato a proporzione dell* univerfale concetto che s' era avuto'
di fue virtù *, perchè fu accompagnato da tutti i Pittore e Accademi-*
ei del Dtfegno , fino alla Chiefa di San Felice in Piazza , dove gii^
fu data fepultura . Fu il Bilivert uomo d' ottimi coftumi ^ nemico
del giuoco, e affai devoto , e fra gli akri Santi ebbe patttcoiar divo-
zione a S. Filippo Ned . I fooidifcorii eran per ordinario di cofe àtV!ikt^
te e degli artefici più rinomati . Al Coreggio e Tìaìanò diede la mag»
gior parte del fuo afietco, tenendo però in alciffima ftima Michela|nolo-,
Andrea del Sarto e 'J Pontormo . U Cigoli fiato iua raaeftro ^ era folke
chiamare
* ^
74 DefennJldeHaParthdelSéc.Kdalióio.alióio.
chiamare ilCoreggiolde'fuoi tempi. Non fi vidde mai con tento .appieno
delie proprie pitture» folito a dire con grande aufietà : Io vorrei pure una
volta fare un opera di mio gufto • Neil' elezione tenne Tempre i precetti del
Cigoli; e in quello, che air attitudini appartiene, (limò oltremodo Santi
di Tito , e fece fempre per le fue opere fiud) grandiflimi : e loleva dire,
che ancora il Cigoli fuo maeftro faceva lo ftefiò per le fue. Nelle Ta-
vole da Chiefà coftumò fcrivere il ftib nome colla cifra G. B.^^ e col miU
lefimo." e negli altri quadri fcrivéva dietro alla tela; febbene veggonfi
delb copie, o poco o molto rìtocche da lui, colla medefima cifra . Uipin*
fé' fempre con un folo occhiale, e fenza bacehctta. Si dilettò per fuo di-
vertimento di fonare il liuto; ma poco potè divertirfi, a cagion delle moÌ«
te occupazioni, e d^lla numeroià fauiigiia che ebbe, e molto meno per
la pocafanità, attefochè e' fuife folito di patire molto di renella e carno^
ùtài e anche tribolò molt' anni, a cagione d* una fìftola in parti carnofe,
dove gli era convenuto il foppottare un taglio di dodici ioidi del noftro
brapcio: il quale non gli diede la morte (come egli raccontava) per un
voto fatto al Serafico Padre S> Francefco : in fatisfaxionè del quale fece-
gli la b^elJiflima Tavi)la. che fopra abbiam nominata, per i Padri CappuCf
cinidipifa, e andò poi fempre veftito di bigio. £bbe il Bilivert molti
difcepotii alcuni de* quali riunirono pittori aifai lodati • Uno^fu Barto«
lommeo Salveftrini» che in fua fanciullezza (lette con Matteo RoiTelIi:
portatoii poi alla fcuola di Giovanni, fecevi tal profìtto, eprefene ia ma-
niera si appunto, che il Bilivert era folito dire, che quefto era fiato il
miglipre di tutti i fuoì allievi. Fece coftui, per le Monache di Sant'Or*
ipla in Firenze, una bella Tavola del Martirio di quella Santa colle Com-*
queiia contagione, hnì i giorni luoi. baccio del isianco pitto
re, e celebre ingegnere: Francefco Moncelatici, detto Cecco Bravo;
0 Gìo:Batift.a Vanni, de' quali li parlerà particolarmente al luogo fuo:
Francefco Bianchi Buonavita ,. cittadino Fiorentino: Quelli da. piccolo
fanciullo elièndo'ftato dal padre pofto alla fcuola <lella Grammatica, di-
vert^fido da talefludio, fi poneva a far figurine fopra carta» fopra i me-*
dcfipv iibri.di fcuola, o fopra. muraglie • e moftrando una grande incli-«
nazione air arte , tj padre fu configliato dagli amici a metterlo al dife«
gno, ; U'Cigoli fu quegli che diede al giovanetto Francefco i primi in-
l£g(iamenti, pregatone dal padre che ebbe nome Giovanni fuo partico-
lare antico #: attesoché da molti anni trovavafi al iervizio della Serenifs Cafa
4e' Medici in qualità d'Ingegnere e Direttore de' lavori di pietre dure, ar-
tificio ftovamente introdotto fottoJa dì lui alfiftenza in Firenze, invitatovi
per taleeffetco dal Granduca Francefco, e ohiamatovi fin dalf anno 1580.
da Mi(ano fua patria» dove fi profefiava con ifpecialità quefta bel? arte , e
vi fiprofefla ancora mediante la vicinanza della Elvezia , ne* di cui eionti
fi.trovauo bejliflvme pietre, febben, per vero dire? ella molto fiafi raffinata
in*Firen?:e,.e particolarmente nelle commettiture. Fu dunque facile che
, il Gran-
' GIOVANNI BILIP'ERT. 75
il Granduca Coiimo II. avefle cognizione del fanciullo re vedente i fuoi di^
fegni» ^che gli parvero fatti di sì buon gufto, che non folo quella Àlte2«-
2a, per inanimirlo» gli fece un bel donativo di denari» ma gli ordinò
eh' e' feguitafle a difegnare , e ogni mefe gli xnoftrafie il fatto . Per tali
benigne dimoftrazioni , Francefco prefe così grand' animo» che rinfor-
zò più che mai Io ftudio: Difegnò quanta di buono feppe trovare in Fi-
renze, e con gran diligenza condufTe d' acquerello tutte l'opere fatte
da Andrea del Sarto nel Chioftro della SMtìifima Nunziata e dello Scalzo,
e vedutele il Granduca» fubito diede ordine al padre» che Io accotno**
dafle apprefTo il Bilivert in Galleria» acciocché quivi» fotto la fcorta di
tal maeuro»e col difegnare quanto vi ha di maravigliofo» antico e moder«
no » e particolarmente l'antiche ftatue» arrivafle alla perfezione dell* arte.
Fecelo il padre » e il Bilivert 1* indruì con grande applicazione . Correva
Tanno itfi5. quando avendo lo fteiFo Sereniflimo veduti nuovi ftud) del
giovane» deliberò di mandarlo a Roma » dandogli danari per lo viaggio »
•€ dodic} feudi il raefe per fuo mantenimento. Del* i6i6, venne a morte
Giovanni» e lafciò» oltre alfuddetto Francefco» un'altro figliuolo mas-
giornato, per nome Bafttano» in cui la bontà di quel gran Principe» volle
che continuaflè la carica di Cuftode della Galizia èfercitata dal padre» che
ne fu il primo Cuftode. Dell'anno itfi 7. Francefco fudiritornoaFiren«i
2e» paflando per le principali città dello flato^Ecclefiafiico » ftudiandovi le
opere più belle de' buoni maeftri » e i difegni» ch'e' portò di Roma » diedero
occaiione al Granduca di fargli altre dimoftrazioni della fua folita genero*
fità. Intanto era venuto a Giovanni Bilivert di Francia una commiflione
di far copiare fei pezzi di quadri di Raffaello e d'Andrea del ^arto» della
fianza di eflTa Galleria» detta la Tribuna» onde ottenutane la licenza »^ fé-
cegli copiare a Francefco» che fi portò con ammirazione del maeftrot
che però il medefimo gli diede a fare altr' opere per i Sereniflimi Princi**
pi ^ Dopo la mone del Granduca Cofimo ebbe a farne altre per la Se^
reniflima ArciduehelTa già fua Conforte» e fra l'altre volle quella Sere-
niffima fargli dipignere fopra diverfe pietre» come alberefi» diafprl» gga«
te» lapislazzuli e fimili» varie llorie del vecchio e nuovo Tef^amento»
fecondo h qualità e macchie delle medefime pietre » che fu flimata cola
nuova -ed ingegnofa ; eh' e' n* ebbe poi a far moltiflicne per la città » e per
mandar fuori» e fparfefì tale invenzione per tutta Europa. Deliderò la
Sereniflima » che al Bianchi fofle data ogni comodità, acciò egli fenza in-
terrompìmento e noja di ftrepito potene ftarfi a'fuoi (ludj; e perciò ordi-
nò al Marchefe Giugni Guardaroba Maggiore» che gli defle un apparta**
mento per abitare , e una ftanza nel corridore della medefima Galleria »
iiccome feguì . Venuto poi a Firenze Tanno 163 1. il Sereniflimo Duca di
Guifa con fua Conforte, ed eflendo alloggiato in Palazzo vecchio^ anda-
va fovente per fuo vi r tu oib divertimento alla ftanza di Francefco oer ve«
derlo operare » e guftando foprammodo della fua gran diligenza volle» che
ffU faceife molte ftorie fopra pietre per mandare in Francia , ed egli
moltre» di volontà de' SereTiiflimi» fattagli una fcelta de' più preziofi qua-
dri della Tribuna^tutti glie li copiò . £d è cola notabile» che perio buon
4 concetto 1^
\~
^6 DecettHAl4ell4?mJ^MStcy.d0li6io.ali6io.
concetto , cht ivevfi dell» fbtfélt» di Fnncefoo , la gloriofa metricuria d^
Granduca ferdifitndo, allorfi Regnante, permefl^, che i medefimi quadri
originali gU fuflfero portaci nella Tua Oanaea, privilegio, fino allora» non
conceduto ad altri. Piaciute le copie a gran fogno» fecegli il Duca £ire
altri quadri di (ba invenzione r qii«li Pore > infieme colle o^ie^ mandò in
Francia. Molt' altre fun||p l' ojpere de) Bianchi» fatte per diverfe Chiefe
fuori deUacitti» e in Firenze Jfi^no di fua mano quattro pezsi di quadri
nella Chiefa di S. Giufeppe t che fappre&ntano diverfi fatti miracolofi di
San Francefco di Paola; e « -Montecarlo è pure una tavola di fua mano
di noàro Signore CrocifiiTo» opera aifai lodata * In Firenze ancora nella
Chiefa di SantoStefano, vicino alla porta , è una Tavola d' un San Barto-
lommeo A ^ilolo» quando fa il miracolo di cacciare il Demonio dall'Idolo»
e per le cafe de' cittadini fono altre fue pitture • CondottoG egli finalmen-
te air età di anni cinquantacinque» fi trovò sì fattamente travagliato da
una fciatica» che gli aveva force impedito il defiro lato» che non potenr
do più Aar fiflb al lavoro» fu necefutato quafi abbandonare la piuura» e
applicare agli ufìzj per la città» egoverm di fuori. In ultimo crovandofi
in carica dì Vicario a Certaldo » dopo aver già condotta la metà dell' uii«»
SÌQ nel i6s%. fu fopraggiunto dalla morte» e nella Chiefa diS. Iacopo^
Propoiitura di quella Terra, prèfTo all'Altare di San Paolo fu lepolto.
]Fu quefto artefice pratichi (lìmo nel conofcer le maniere de* Pittori anti-
chi % onde il Serenifs. Granduca» inquefio, quanto in altra cofa » fi valfe
di lui» ne mai gli capitarono a Palazzo fimiU forte di pitture eh* e^ noli
fufle ricercato il fuo parere, prima di farvi applicazione alcuna. Dodici
anni prima era morto Baftiano fratello di Francefco» come fi è detto» laon«
de r importante carica di Cuftode della X^alleria dal Granduca Ferdinan^
do IL fu conferita a Giovanni fuo figliuolo in età di 14. anni e per i meriti
del Zio »e per ii buon concetto che i^ ne avea» ne eglidegenerò punto dallo
Ottime qualità, e fagge maniere de'fuoi Antenati, efercitandola per 56. an-
ni con efattezza e foddisfazione univerfale, finché divenuto ottuagenario
pafsò all'altra vita l'anno 1 701. QueAo fecondo Giovanni ha lafcìati due
^gliuoli Baftiano» e Giovanfrancefco Maria, il primo de* quali» per beni*
gna intenzione del Sereniflimo Granduca Cofiroo III. eflendofi introdotto
nella cognizione delle lettere greche e latine, e nella fioria, e fuflèguen»
temente avendo allaporato lo Audio delle Antichità» per beneficenza del
fuddetto Principe fu mandato a Roma » e altre parti d'Italia, e in Francia
ancora per vedervi le raccolte piùfamofe» e conofjcervii Letterati più ce»
lebri» affine di renderlo capace a cuflpdire e intendete inumerofi» e prer
giabili avanzi della dotta e venerabile Antichità» che la RealCafa poflliede»
e al fuo ritorno lo coftituì Soprintendente di eifi , e come oggi fi dice, fuo
Antiquario, vivendo ancora il padre» e dopo che quelli terminò di vive*
re, conferì la carica di Cuftode della Galleria air altro fratello Giovan*
francefco Maria*, jpu anche difcepolo del Biiivert Orazio Fidani» del
quale per averJo egli -afluefatto a Sozzar franco e a fare alla prima > fi
urvì grandemente per bozzare le fue opere con fuo difegno e inven-
alone; e dicono», che quando talvolta a Giovanni occorreva aver bifogno
dida«
r
I
r ' ' '
nmrAKNi BmvE^T. ^7
dllilinari (^he fucc^deva J>sm fpeflS>, penhè egli airera gna jfaiii^Ikr»
4^ £ tsraccav» bene ) metteva innanzi a coftai qualche tela per cavala o 9^^
ria , di (|ttelle che colora» (opra^atcti dall' occalioiU » te^igooo i pittori gran
cemj)q vQlte al muroj fenzi( 4^ loro princi|4ot e col ditegnocA' aveva già
fitta^ in pophe ore glie la «faceva |H>z9fai? tutta: mandava poi 4 .chiamaire
il^padcane»: ì\ ^qale vedendo t^ita lavorai dlvagU il danaro ch'eWoIeva;:
V'I ^ilivert {loi la fìniva a fiiA comodo» e co4 Sovveniva al proprio. bifo*'
^np, :e al padrone dell' opera dava gualche fodiafiizioiie. Del Fidani lo^o
infiniti quadri in f irense in eaCa di particolari citttcttoi • Pel Genera^-
le dal Borre, (eoe gran numero 4ì ritrani al nat^irale, di Ufiziali (lati
tfbltQ il filo coniando nella guerra 4el 164%. Soup di Tua mano gli dodici
^poAc^fCi^tfi vedono allq colonne della Chiefa di. Santa Croce» e wn
Appisolo in San Pier Maggiore . Sopra 4a f^Mta » che ntiette nel cortile 4el
^^onaftero xi|i Saa Doi^enieo dalle ftalle^ #jnnie a frefco un S. Domenici
«copaljeuni Àngioli. Copio moltt^i.q4Mdri;del maeftro; eultimamento
colori la Tavola dell' Àngiol Rafiaellp e Tobbia > che fi vede nello fj^
filatoio della Compagnia della Scala # rimpetto alla bella Tavola del Cco-
cifìilb di Lorenzo Lìppi ; < fece akr' opere per Firenze e fuori • che per
hreykà filafpiai^o. Ii]U>arò l'arce <da lui ^raacefco Morofini, , detto Moo»
«epudciauo, cbeidipime «na Tavola della Cpnverfione di S.PaplorCbe'è
in S. Stefano» lallato alla porta del jfuQCù.: Jn SJRomeft è di fna.roaii»
«la Nunziata a man deftra all'entcafe» e «ti'altra a man ma«ca» dov' è il
martirio di & Btftiano : e fono due fuoi quadri in S. Gito&ppe . Benedetta
Bollii, di cui fi veggiono poche opere degne. 4i lode» falvo alcune colè
eh' e' copiò dali'ojpere del fuo maeftro. Gio^ Maria d* Qttavio Morandì#
che Ile' fupi primi anni copiò mokVopere del BiUvert..* eflendo poi an*
4ato a iV^re \vk corte d^ir EcQellervift . Sig,* Owra Àalvìati in: £lPma , dove
#1 f(X^ùx^Jy trova t ripn ha Mfpi^P; idi dar <4h»1 vCàgni al m^oa^o^di q^n^»
»> p^ll'agipvare ad un'ottimo ingegno la ^raceeic^oe di Principi di quella
l>onta e valore ; ma di queft* pi^ecsemo jMÀi <a itingoii fuo luogo e tempo»
Finalmente è &aco £uq aliicMO Agoftino Melìi0i » che vive ed prefente , «o-
sto. di molta inteilrgenza» ilc}wle hadifegnato 6ì^ bene, che i fuoi difegna
non ^ di^ingppno da quelli d^ m^ftro: ha.qtamtepu^ una maniera noft
furìto Itìhic^na ^\\fs bw>9e t^e;deU'arter fe M^òpfi di fua raanp qua^
4n Qi' ottime iqelork^ .. ^ell' JAfegrai^ Jl^a-ìi^cti^olar tgtentp» ed èdìììr
j^enti^ma.: Ha fatto qfeltì^me ^c^4 pe^ la:^r(à«:Q:>iQOite a»cora ne tfh^
AQ (late miindaxe fuori* £M«i quefti i pcln^ipii4aJl«migioCaatagaUi«a4
e dopo la peAedel vS^t. 4 accoftò a ÌAuitm AoiflbUt . QfA 1634- andò a
#are col Bilivert, che lo tenne indi' e'jijlG^ <àw ài»^ì 1^44. Agoftin^
•al prinp^io fi tritacenne io q^^'^'^l^ > difi|^md« df^l xilievo i e cpf^iafH
•d<^ {^riina piccoli quadri 4Ìetatf4ftroi/e*ifbi:r^ intere: eiTendoyì 4»Qa
capitata uu he; quadro d? Wt QiA9^SillD9b^»^:apffleffo la Vergijìe^^* Sart
dovaimi,, di mano d&l ,Ctgdv> ^<llv^iwr «pei» (lai4i> <ftefll> Biliv«r,t {fu d«
odni f iorencini;. ii M«lt(rrn» ifeoe ttnftctoipfoaar ittQftodio^ che iwuem
àa Rotore (kUa jflorioCi iMit«cia4d SelOiùià £rtiici;piìi)wLoceB»> M«<li*
ci.
7$ DecennMMla^atKhdelSec. V.dalìSio. aiióio.
ci. Commciò pòiil BiUfert hòrt' ratamente a far^K abbozzare fuoi Tòhìzzi
di ftorie» ma ancora a ^rgU^fare i^dfifegni e (kdj delle medéfìniè dal na-
turale; e gli fteflt ftUd) e difegm voleva che Agoftinò a^la fua prefenzt
metcefle in opera tielle Aie tavole « c^Kàdri ; à^ qMii poi ponèvafi egira
dar peiiesfiòne: equéfto feceva » é tagionte d* una grtvee faftidiofà mfermi^
tk, éhe non gli permetteva > fé liòii con travaglio, il (feder lungamente
al lavoro. IpelP annoi 642 i dipinféii MeHffi per ta Chiefò de- Monaci di
(S.Giovanniin Pifiójia, due ftorieciòèc la VificasiioAe di Santa EUfàbétta»
é'I Banchetto d' Erode con Eròdiade*. e un altro quadro» dove rà^preferh*
fòil Re Tótila a ì piedi di S. Benedetto. A Domenico Bonatti un Ahr
'gtol Raffaello e Tobbiar e a Gabbriellò Zuti fece in un*ottangolo la R6^
tiadiSufenna» Siccome cirea a quefti medefimi tempi d^infe ài Conte
•iProfperO'BentivogU un & Antc(nio> baflonato dal comune mimico, che fi
conta fraile fue t>iù b«41^ 'pittore. Venuto poi a morte il fuò maeftro»
ed èffendo rimale molte fue opere imperfette! toccò ad Agoftihò il dar
fine ad alcune delle principali, e frair altre ^ ad una ftorià della Novella
diCimone , che per Amore, di pazzo, divien favìò: quadro di quattro
braccia d'altezza, quale egli jnedefimo aveva abbozzato, con invenzione
del Bìlivert, pel Serenifs. Cardinale Gio: Carlo: e fi compiacque quel-
^ VA Itezza , che il MeUfli ne rimutaidé alcune eofe, e quelle riducefTe ai fuo
gùfto . Dieefi , che quefta tek , dojK) la morte di ^uel Principe , fufTè man-^
data a Genova . Un'altra fimil bozza aveva il Bilivert fatta fare al Meltffi»
la quale venne poi in mano di Fràneefco Mafetti. Del 1646, dipinfe un
Grido morto. Maria Vergine e S. Giovanni, fatti col lume di fottoinsù:
quadro, che nel tempo quarefimale fta fempre èfpofto full' Altare della
Compagnia di S. Paolo: e fecelo per ordine del Serenifs. Principe, poi
Cardinale Leopoldo. Del 1647. diede mano a fare per T Arazzerla del Se-
reniamo Ghmduca più difegni e cartoni a tempera t e prima fecene alcu*
siipiccoli^ezzi,cioè: Aleflandro Magno è Diogene riella botte; lo (ledo
piangente al fepolcro d* Achille , e quando dal medico gli vien porta la
bevanda , ed altri appartenenti alle azioni di quel gran Monarca: e una
fioria dell' Angiol RaÌ9faeIlo e Tobbia . Fecene poi de' molto grandi , che
fono: la Decollazione di S. GioVambatifta, quando i fuoi Dilceppli por-
tano il Sacro corpo alla fepdlctfrà^ più ftorie di Moisè con !or fregi cr àr*
chitettura, cioè: quando è ;ca va to della ceftella; lo fcàturir T acqua dal
iaffo : la fommerfione di Fbraohe; :il gettar dèlie Tavole della Legge, che
ierv<MK> per l'anticamera dello ft^o Sereniffimo . Inokre colorì e inven«
co un altro cartone di braccia undici , che rapprefenta il Senato Fioren«
no 9 in atto di rendere obbedienn al Granduca Cofimd IL nel principio
del fuo regnare I con altri piiìcoli pez^i, dove fon rapprefentate diverfe
virtù , armi con putti per portiere e carriaggi. Ha inoltre il Meliffi fatto
a cartoni di tutte le ftorie. dipintela a^chiarofcuro da Andrea del Sarto
edalFranciabigio, nella Coùipagnia dello Scalzo, ridotte a colorito, e in
proporzione grande, di bractia tre e mekzo l'uria 4e figure principali , Iad<>
dove le originali fon minori del naturale ^ Qudfti cartoni nel teflfera in tap^
peazerie 9 effetto proprio di qaei lavoro» vengano a rapprefehtar l'iftorxe
■* 'e figu»
GIOVANNI BlllVERT. %9
«^aieperlocomrariOf di ^ud diesile fono in picniia, cioè: cfaeqodlo
che in quefte è veduto a dewat in quelle fi riconorce a finiftra * Deu' an-;
no 1648. fece per l'Eccellentiis. Sig* Duca Salviatit per la tanto rinomata
fila Villa del Ponte alla Badia prefib a Fiefole, una Siringa in tela di quat-
tro braccia: e pel Conte Bardi » una Tavola con San Donnino» S. Fran-»
cefcOf S. Bartolommeo» Maria Vergine con Giesù ed altri Santi» per
mandare alla Chiela di S. Donnino a Colle in Valdarno . Del 1 650. e i6s i*
t^oXoti a Franoefco RucelUi in un quadro ciò che racconta Valerio Mafli-
mo di quella femmina che allatta il Padre alla prigione: e per V Abate.
Aleflandro Stufò, due quadri di mezza figura, una Nin£i e un Fattore »
in atto di fonare il flauto : ed al Marchete Coppola una S. Caterina del-
le Ruote con un' Angeletto . AJMarchefe Filippo Niccolini, perleChie-^
fé di (uo Marchefato del Ponfacco, e Palazzo ai Camugliano» fece più tt«
volo e fiendardi • Ha operato a chiarofeuro, in occaiione di pid)blicbe fede»
per riceWmenti di Principi , per efequie ed altre limili occorrenze. £ di
liia mano in cala Odoardo Gabburri nobil Fiorentino un'ottangolo, do-
ye è un S. Pietro piangente, e in lontananza il cortile di Pilato» co' foldati
è 1* anelila odiarla . Fece egli quello quadro V anno 1 675. e a me pare e
per colorito e per difegno , e per alare (uè qualità » una delle più belle
opere t che fieno uCcite dal £ao p^nnell>» • Ultimamente ha fatto una Tavola
^ una Trinicà* e Maria Vergine , in: atto di pregare per V uman genere #
che dee efier mandata alla Compagnia della Paflione a S. Fiero al Terreni»
nel Valdarno di ibpra . MoJt' altre opere ha&tte il Meliili 9 ed ha alle ma«*
ni al prelènte, che fi lafciano per brevità. Altri molti difcepoli ebbe il
Bilivert , parte de* quali H partirono dalia città* ed altri, che per edere riu-
sciti uomini di meno che ordinario valore , non fa di meftieri parlar di loro«
FRA ARSENIO MASCAGNI
PITTOR FIORENTINO.
l^fiepok Ji Jéuopo LigQzzt^ naf 1579. # 16^6.
Jquefto «ite£ce« che ài f«jCQl« .fi cbUin^ Damato, figtiiM^
d' un tal Matteo Mi^cs^t FìMentioo , di pjrofeffione muii*
tore , e di Agnoletta DoiMti . Ebbe due fracelU » fiar^tolom*
meo , cbe fu ecceUeate nel ^eftiero del padre • e yiutco-
flo,tMflàvafiertrohi€efCfo« eheper marac«re* avendo di tut-
ta iua induftria in veatate. varie roaachtne «fonti per rtflet<r
«u: la pei^aiaena della gran Cupola de'l fMipno^ maltsattat» da unfulmine;
Salvearo-, l' al tro fratello, fu orefice» e nell' arte fua di lum infdiocre in-
selligensa . Il ooftro artefice dunque ne' primi anni di Tua fanciullezza 6
'difde «Uo ftodto del difegao e della pinatfaXìttto la diÌGk»lt&a di Jacopo
l^igozzi
9o DecmtAl kU^f4MktddSei.^^
o^
il quale iftvtfra appreft V arte dtil ^al^ PàoH^ Cdiatì Verénefé .: Pnttcnu*
to che fu Donaco air età di ventati amii, n«l quat tempo eraiegli mollai
bène ìftructo nel dipignere» defidtrofo di fetvirea Dio, fecefi KeligioCd
della lleligipne de'^Servi , alli 2f . dì Setrerabre Tanno di aoQra faluie i6o^^
liti Siero Eremo di Monte S<ftàfi0;i)re(lba Firenase otto miglia : e nel i6oth
illi 15. di Settembre vi jfecèla fóleWné profeflìone» eli cillamò Frate Ar^
fenio. Non andò molto» che non pbttodo la di 1« dtbole compleffione
i rigori detta vita di qae^bMmì Eremiti fbffrire : ed eflèndo anche in qua-*
fto mefe feguita la morte di Bartòlommeo fuo fratello » lafciando fua ^
jBiglia in grave bifogno; fu necelTitato di procurare dalla Santirik di Papa
FaoloV. per mezzo di Girolamo Cardinale Berner io. Protettore dì quet-
fOfdine, licenza di paflarfene alla vita comune nel Coibento dellaSantifik
Kimkiata di Firenze: eie fu rannoi<5o8. Nel idoj. s'ordinò SacerdotCt
édalli^5. Marzo all' Altare della Santifs. Vergine Annunziata celebrò la fua
primii Meflà » effendo egli tn età di anni 32. in circa . Da lì in poi còminciòi
ad operar molto pib del folito di pittura, fisceido grandiflìmi guadagni»
itarte de'quan , così permettendogli i fuoi Su periori> adoperava per alimene»
tare la madre e i poveri nipoti , a i quali otteone facuità ài fomminiftra-
Ife de'fuoidepofiti, fino alla fomma di fei feudi Kmefe* Prima di firfi
Religìofo , aveva colorito a' Monaci degji Angeli Camaldolefi , alcune lu^
quar opera
ftro fuo, eh' ella par veramente di mano di lui. Occorfe Tannoitfiv
che Bernardino Poccetti, infìgne pittor Fiorentino, che nel Chioftro del
Convento, chiamato il chiouro de' morti, aveva fatte moltiflime bella
Dpere , fé ne pafsò all'altra vita, e così vi rimafero a dipignerfi ^cune lu-
nette; onde a Frate Arfenio fu data la qura di farne due di fua mano . Fjr
gurò egli dunque in una dt quefle la Bon^asiìone di quella Chi^fa : e nel-
l'altra» quando fu dipinta la miracólora Immagine della Nunziata. Coioti
ancora a frefco quattro lunette, nella prima danza della Spezieria , con
alcuni ritratti di Generali , (hti figliuoli di quel Convento; e un quadro
a olio della (loria del Conte Ugolino, fatto morir di fame da' Pifatii nella
Torre • Nel Gapiebto è un qu«drp,.di quattro braccia d'alteaza, dove ejali
dipinfe a olio una (loria dell'elezione al Generalato dell'Ordine, del ra*»
dre An gioì Maria MontorfoU » reìigiofo di fama vita : e in Chieta fono
Immàgini del Eeato Giovacchi^Oi-è dèi Beato Pellégtinó dello fteflb Or«
dine: e in Sapreftiafu poftaunb copia delta Santi ffima Nunziata, latta pu-
re di mano di lui. Nella Chiefa de' Frati della Pace, fuor della Porta di
S.Piergattotinì, è di fua mano lìil q(i4dro , fatto quando era fcolare, dove
è l'Afluni^ione di Maria Vergine. PaflTatofene a \^ttTV^>, dipinfe nel Re-
fettòriò'de^ Monaci CamaldolefidetlaBadta.dl S{ Salvadore, altrimenti di
S.Gvtt(lOr#aori della dttè, alcuiiefiorle a ft«Tco, de'ibtti dt'SanUGlu^
ilo, Clementi e (^ttoviétibtfie 'pifcr tona facciuM-d^l medéfimo <:olot) a olié
una grande ilo'rià:'deUa Noake ila Cam di Calile».. Ne4ìo lleflo Monaftero
< è di
.; FRA ARSENIO MASCAGNI. 8t
èdlfiuBMnó» pun a olio» un quadro ,'die!3dt uno de^Aigliori artefici
di oveflo fecoio ci è l^o figurato per òpera fingolaro e rar^ma » nel
quale fece, vedoe Gidb fa 1 ietaaM)0 ^ e la móglie di laiche lo ximproTe»
fa^ evi.ajpftttnfeahfe belle figure v Per la Chiefa dd Borgo di moma
Bladohi^ inr quaUa parte; dipii&una carola i in cui rapjihrefentb una Vef^
fine con & AnMjnio ed altri Santi : ed un' altra per la Comoagnia di Sante
cefiino in^Campo Mar2o« Fu poi l' anno idii. da alcuni Prelati cbiauui^
to a Roma > dovefece motte opere . Ocoorfe in qoeftotempot che il Pria;^
dpedi Salisburgh ebbe di bifogno d' uil pittore: e avendo di Ciò fcritté
a'fiioi amici di Roma, fu propollo il Padre Arfénio» il quale fi condoflerià
quelle parti, e molto opero per quel Signore; ed alia foa tornata a Fireniu
ze porco di fuoi guadagni buone fomme di denari, i quali diede al ik/ù
Convento^ e a proprie fpefe rifece la porta principale dei medefimoifi
piecre lavorace a bozzi con fuo ornato , e con proprio fuo difegno . Aveft
decerminato di tornarfene in Salisbufgh; ma fopravvenendo alla cicca 4t
Firenze dell' anno 1530. il mal contagiofo, gli fu neceflàrio il trattenerÌE
in patria, doite fino all'anno 16^6. (empre operò; ed in queft' anno mi*
defimo fopraggiunito dal male dell'afma^ alli io« di Maggio, dopo mia Tiite
afiai religiofaìiiente menata , fé nepafsò al cielo : e nella comune fepolcù^
«a de* fuoi Frati neUa medefima Chiefit delk Santifitma Nunziata fu fepoka»
PIETRO PAOLO JACOMETTI
SCULTORE , GETT ATok DI METALLI,
E PITTORE RICANATESE.
'Dtftepofo iP Anton Calcagni , nato 1580. # 1555.
Acque quefio artefice deUa.nobil famìglia de'Jacome^i
di Ricanacif P anno di noftca faiuce 1 580. e fisi dal b^
principio degli^anni iuoi aacefe allf anca della Scultviraé
fottQ gr infegnammsti d' Anton Calcagni fuo zio ,r'f
vppttnoz Tarqttinio Jacometti fiio firacello, de i quali
aobiaoui altrove parlato : ed in compagnia di Tarqtti-
nio foce le Aatue di bronzo della {onte t sW è dayaati
-aUaChiefa deità S/Calà diLoreto; e per .k> Cardinale d'Araceli > V Urna
hronasQ del BatoeQoio» foftenuca m, onattro tori» che èni&lla Chida
nedcaie .di Ofimo (a) « Furono opere oelle fue qnani il fepoicro di bren?
delio fkci& Cardinale d'Araceli » ndia Cfaieia di &Aian:o della ftefla citt
d'Ofimo (f){ i bronzi della Fontana cfa'è nella piazza di Faenza: l'or«-
mento pel B^tefimo con alcuni Angdi » e '1 S. Giorambatifta batcezr
iOB> in Civita della P«nna in Regno» ad inftanza di Mi»figaor Marfucci
F • da Ri* ,
» ■ I IMI
[a] Per rogif. di scr C^/bm lìnMféfati .
H Demn. Il delkPàft. l delSec. V. dal i €i h,él 1 6io, •
iftj Ricaditi , Vefcovo di quella città. Per 1« Signoria, di Rtgulk £ècé
una Stacus di bronxo dì qu&ttordici paloù Romani^che fu ^i&a pdri]tieUa
pBrci i'anno 1637. e dicefì che eila £i)flè collocata nella pubblica pnzza.(c) 1
vna Immagine di Maria Vergkie di Loreto , portata dagli Angeli . /lituatt
in Rtcanaci. nella facciata del PaIaz2o Frìorale. Per laChiefa de' Padri
Gefaiti d'Ancona, una Statua di bronzo di quattro palmi: ed una Umile
Status per le Monache del Monte nuovo {S) , Per la città di Muerata la
Stàtua del Cardinale Fioi pofta fopra '1 portone del Borgo. Kella citrà di
JefiinellaChieCa Cattedrale, è di Tua mano il DepoGto del Cardinal Cenci]
Smiliuente gli Animali, che 0 vedono nella Fontana del borgo in Loreto .
fecevi ancora un ritcatto di bronzo d'un Benefattore, che fu portato in
ATcoli. Trovanfi nellacittà, fua patria, adai piccole figure di metallo , fparfe
|ier le cafe di particolari cittadini. Attefe alla pittura, nella quale ebbe
per maeflro Ctifiofano Roncalli dalle Ripomarance, al quale 8)utò nelle
pitture della Cupola di Loreto: e fiece alcuni quadri in Recanatì per le
Monache di Santo Stefano, e per quelle di San Benedetto , e per laChiefa
delU Terra di San Giulio : e pe' Padri Conventuali di San Francefco
dfpinlè ia Cena del Signore , quale pofero nel loro Refettorio : e cutor) a
fÌK&:o un' AfTunzione «i Maria Vergine: e finalmente nella fteflà città di
Rieanati, fu con fua architettura ridotta a migliore (lato la Chiefa de* Pi*
drì dèlia Compagnia dì Gesù. Seguila morte di quefto artefice l'anno 165;.
PAOLO BIANCUCCI
PITTORE LUCCHESE
. Dìfcefilo di Guido "Reni, nato -$- 1555.
\ Irca a quello tempo vìflè in Lucca Paolo Biancucci , difce-
V pòio di Guidò Reni, del quale giufU colà è il fare alcuna
[ menzione, avendo egli cercato d' imitare la maniera del
7 fua gran maeftro, netta quale fiecefi conofcer dotato di
I molta gentilezza nell'invenzione, e vaghezza nel cotori-
r co. Sono le fue opere principali in Lucca fua patria,
' cioè : una tavola da Altare nella Chie& del Suffragio,
nella quale rapprefentò la Beatìflìma Vergine, che fpreme il fuo latte vir-
tinate fopra l'Anime Purganti; un^ altra tavola nella Chie^ de* Fran-
efcani, in cui figurò molti Santi in terra e in -aria. Quello pittore , co^
ne quegli che era dilìgentiflìmo nel fuo operare , copiò molte opere di
Guido fuo maeftro eccellentemente. Fu di nafcita affai civile, granotbdi
perfonae ditratco:eperòfu caro agli amici, ed afiaì gradito nelle cofoverfo-
zioni;ed in ecàdi 70. anni, circa all'anno 1(553. fini il corfode'gioniifuoÌ>
; \ AGO-
[ bl Pfrrtgit. Hi ter Tarquat. BttMÌ . [ e ] Seritt, M BsKtbÙré
ii Ttdifi metta» fmAaton*. \fi,}Ro£Ìt.dilCìme.dtUasittà*
.0 AGOSTINO BUGÌARDINl. f|
AGOSTINO BDGIARDINI
ALTRIMENTI DETTO
AGOSTINO UB ALDINI
SCULTORE FIORENTINO.
Piftepoio ^i. Giovanni Caccim , nato 4^ J^^S*
ti
N qoefii medefimi tempi operò in Ficensse Agoftino Bugitr*
dini» il Quale 9: non fo perchè « fu chiamato lempre Agofti*
no Ubaldini . Quefti £a di(cepolo nella fcultura di Giovali*
ni Caccini: e fra le prime opere che £icefle nella ftoola ddL
maefiro» furono Quattro Cherubini^ che fi venono fotto il
Cibpnq del Santluimo SagTamento» che è in (ufr Aitar matf<»
E*ore di Sospinto» i quali intagliò a concorrenza di Gherardo Silvani af-
ra fuo condifcepolo 9 a cui il Caccini aveane dati a fare altri quattro •
Fece poi molte cofe per di verfi Gentiluomi, e particolarmente pe* Cerre*
tani in fulla piazza vecchia di S. Maria Novella . Fece anche opere aflbi ben
condotte per pubblici luoghi: e fra quefte, non oftante ciò che altri fé nei
iMiia erroneamente fcritto » la Statua della Religione » che fi vede nel mezzo
del fecondo chioftro de' Frati Serviti della Santifs. Nunziata; nella quale
Scttua» che con isbaglìo fu detta opera del Caccini, ebbe anche parte
Anton Novelli ,^ che eflendofi partito da Gherardo Silvani fi acconciò con
eflb Ubaldini più in aiuto dell'opere I che per difcepolo» contuttoché egli
non avefie ancora il ventiduefimo anno di fua età compito . Yedefi anco
di mano del Bugiardini una grande Statua di marmo, con alcuni piccoli
fimciuUif nellaGrotta, che è in teda al cortile del Palazzo de' Pitti» nelle
quale pur auche lavorò il Novelli, che pare rapprefenti la Carità . Eflen-'*
do Tanno i6z2. paflTata all' altra vita Arcangela Palladina, Mufica celebre
della gloriofa Memoria della Sereniflima ArciducheflTa Maria Maddalene.
dVÀuftria» volle quell'Altezza onorare la memoria di lei; onde ordinò
febbricarfi perJo fuo cadavere un nobile Sepolcro nelh Chiefadi Santa
Felicita: ed al Bugiardini comandò, che rjntagliafiè* Quelli fece ^I tì^
tratto di Arcangela • teda con bullo > che fi vede al prefente fopra il me«
defimo Sepolcro ; ma non ebbe appena condotte a un certo mediocre fe«*
gno le figure di due femmine di mezzo rilievo, che gli (tanno da i lati , che
firevenuto dalla morte non potè finirle: il che poi toccò a fiire al Novel*
i . Fu anche di volontà della ftefia Serenilfima decorato quel tumulo colle
feguenti parole , pano dell' ingegno del celebre poeta Andrea Saivadori :
F 2 D. O, Mr
94 D(cenHnltJelUF4fttéklBtc.V.dà^
D. o. u.
Cecini T Hetruscis Regirus nunc canit Deo
Vere Pallaoimia jostar. pauadem acu Apellam goloribus
CaNTU AEoyAVlT MUSAS .
ORUT ANNO SUA9 AETATiS ^ijilll. DtS XVIII, OCTOBRIS J^QXXII.
Sparge. RD^is lapicem « coelesti innoxia cantu
jÀcET SiREN 9 Itala musa Jacet .
r S
Ìa morte di qtieft^ artefice fu veramente degna di gran compaflione» ed
Qooorfe in quefto modo. Viveva in quel tempo m carica 41 Piovano
dell' loipcuneca un Gemilaono di cafaBuondelmontii amiciflìmo dei Bu-
giaidini, il quale « comecché mobo fi dilectaifit della caccia» bene fpeflb
|iartivafi da Firenze eoa bxx baleftra» pprtavafi dall^ aulico» e reftava con
«fio per qualche. giorno alla Pieve. E perchè egli era giovane fpintoTo^
manche aveva una buona vena di poefia* le la pailava in quelle converia^
vqm aflai familiarmente f e con piacere e follazRo proprio e degli altri.
Una mattina venne capriccio a" preti e ckerici del Piovano di piglbrfi delipi.
Senltore alquanto di traftuilo: e cosi avendo con un ben fiiporito intingi
colo fatta cucinace una bella gatta» quella pofero davanti al Bugiardinié
u quale .credutala ima lepre» fubtto.vi dette dentro fenz'eflerne pregato ^
cdera&ne egli gii beri fatoUo» quando gli amici di tavola volendo bel Delio
incominciare a fcopoir la burla» ftnaafaper'qttant^ oltre ella foifetbitaper
irriy!ire»dieder' principio al contrtd&re a vicenda il oiiaokr delgatao»
aocoinpagnando quello ftrepito con qualche ri Ibi e tanto fecero ducsre
^pKlla trefca»che il Bogiardini reftò chianco delia burla . Allora ilpovee
«omo • che per avventura gentiliffiaoo era di ftomaco» reftò preib da tan^
ta nmufea dcìr inghiottito piafto » che con infoSribiie violenea dell' intera
ne pani del petto» cominciò ad arcoreggiare r ed in breve rimafe coalaf^
laAnaca e travagliato» eh* egli ebbe per bene falire a cavalla» e tornarfoM
ne a Pirense » non lènza rammarico da* compagni di tavola • Ma e' ncuji
ebbe appena paflato il luogo del CMcififib » né era ancora alla villa di M^il-
Mmonte pervenuto » che rottofegli nel petto una vena» fece gran ^xA
dì (àngue » Non ottante tale accidente » egli continuò il fua viaggio »gittn(b
t caia» e in capo « otto giorni a cagion della burla» egli fi trovo dn dove*
fo; fra quelli deU' altro mondo .
— *
ASTOL-
ASTOLFO TETRAZZL 8|
ASTOLFO PETRAZ2I
PITTOR SENESE
Dtfiefolo del Càv.Fran^fio Vamì^ nato ...... 0 166$.
1 Allt fcuoU ótì Cw. Francelco Vtnnt , oltre ad iltrì buoni
«iccorì, dif quali « fuo luogo abbiamo parlato» ufd Aftolfo
Gerani cittadino SMefe , ti quale avendo dipoi fiudiat*
molto apfH^effio ti Car. Ventura Salimiient e Pietro Sortii
luoltilfifde opon fece nella Tua patria . Fra quelle che vi fu^
roAO pia lodate > fa quella del San Sebaftiano nella Chiefii
de*Teffitori : quella del San Girolamo nella Cappella de' Rocchi inS. Ago«
fiiho : nella Chiefa dello Spedale di Mort* Agnefai la Natività e i* Afiben-
fione del Signore . Sono due tav^e in S. Giovambatifta in Pintanetot
detto di S.Giovannino, con iftorie a frefco: in S. Anna: in & Sebaftiano
di Vallepiana . Nella Chiefa de' Padri Serviti è una Tua tavola, ih cui rap«
prefentò la gloria dei Para<firo»con altre diverfe figure . Nella Chiefa delle
Madonna delle Trafifle è l'Adorazione de' Magi; ne' Cappuccini Nuovi il
Traniitodi Maria Veigine. Mandò e Prato, per la Chieia di S. Agoftino p
una tavola di noftro Signor Gesù Crifto , che con tre dardi fulmina il
mondo. Veggonfi anche fue tavole in S. Agoftino dì Pietmfanta, e nette
città di Spoleto . Fu poi chiamato a Roma, dove conduffe di fua mano»
ver la Chiefii di S. Euftadiio, la ftoria del Aio outrtirio, cioò, quando egli
tu melTo dentro al toro di bronzo « Per la Chiefa di S. Giovanni de' Fio*
rentìni colorì la tavola per la Cappelle de' Capponi , dove fece vedere
Santa Maria Maddalena loftenuu dagli Angeli. Un' altra tavola fece ìtt
S. Biagio, in cui efptefle la figura di Maria vergine, con alcuni Angeli e
Santi . E finalmente per la Chiefii Nuova de* VwAvi deUe Congregazione
dell' Omorio di S. Filippo Nerit dipinfe venti gran quadri d' immagini
di Gesù Crifto» di Mane Vergioa, degli Apoftoli, e d' akri Santi « Fu
Aftoifo Petrazzi uomo non uieno innamofato , per cosi direr dell' arte fua^
che amico de' profeflori , e foasmatMOie dvitacivo vedo quei poveri gio^
vanif che defidérando di apprtinderia, non avevano hiogo ove efercimru
gli ftud) loro : che però fino alla fua età pKi cadente e più inferme, cIm
egli menò negli ultimi anni , fempre ne tenne buon numero appreiTo éà
fé, facendo nella (^a propria cafa, e nella propria ftanza un^Accademia»
nella quale diede luogo ancora a) celelnre pittore di battaglie Jacopo Cor-
tefi, detto il Borgognone, ne'fuoi primi tempi, dico, quando (^li par-
titofi da Bohagna per portaiii a Roma, fi fermo in Siena , e andò la cofii
in quefio modo . Non aveva ancora il Borgognone , come eflb medefimo
à me raccontò, fermato Panimo-di quale do veflè edere il fuo particolare
efercizio in materia di pittura ; ma avendo nel paflar per Firenae fatte
grande amicizia eon Gio. Azzolino» detto Orebat Olandefei eceellento
F 3 pittore
t6 DecmAldéllàVart IddSec. V:dàlUio. aliSio,
I
Sìnoredi bei capricci e di batu'^lie, e «n Monsù Mont>u cdebce nel
ipìgner navilj e foituoofe marine i enfi force Affezionato a quelle no-
velle bizzarrìe ; ma particolarmente in far caprìcci e^ paefì : e giunto a Sie-
Da* dove da niuno en mtii flato per 16 avanti viftp ne conofcìuto, la bon-
tà del noftro arte6ce Adolfo fubito l'accolfe, e diedegli comoditi d'ope-
nre nella propria ftanzai e con quefio e con quel pi^, che forfè eglipolè
fomminiltrargli d'ajutOi come a povero giovane e &reftiero, fu cagione
che il Cortefi con quel primo guuo, guadagnato colla pratica avuta in Fi-
renze per alcune fettimane con quei virt;uori> vi conducefTe di fua mano
alcuni paefi e diverfi caprìcci , e pigliale grand' animo di portarli a Roma
- « nuovi flud) : e che datofi finalmente a fìtr battaglie, facefle poi qudla
gran riufcita, che. a tutti è nou . Ma tornando ad Aflolfo, egli fìnalmen-
<•: carico d' anni; e aggravato dalle fatìcJie • gìunfe al termine de' fuoi
giorni l'anno della noma falute 166$. e nella Cattedrale di Siena fu data
al fua corpo fepoltnra .
ASTASIO FONTEBUONI
PITTO R FIORENTINO
'Difiepoh di Domenico 'PaJltgnaniy nafo .,.,., ^ .......
E BARTOLOMMEO FONTEBUONI SUO FRATELLO
DeUa Ccmptffùt di Gè tu*
•tafio di Piero di Sngio d' un altro Piero di Stagìo Fonte-
buoni I buona famiglia Fiorentina , nacque nella cittì dì Fi-
renze: e crefciuto in età. nella fcuola del Cav. Domeni-
co Paffìgnani molto fi approfittò . e rìulcl buono imitatore
della fua maniera; onde ancor giovanetto fé n'andò a Ro-
ma j dove fece molt' opere degne di lode . M> prima di par-
tire aveva dipinco in Firenze per la Chìeu di San Giovannino de' Padri
Gefuici, duebellìQtme floriette a olio, che a* di noftrì poflbno molto bene
efler credute di mano del fuo maeflio . In una rapprefentò una crocìfìfTione
dìS. Pietro, col capo verfo la terra; e a qqefla fu dato luogo nellp fpazio
die corna fopra'l primo confellìonario, in fondo alla Chieu, dalla Gniftra
parte entrando» uia oggi poco fi fcorge: nell* altro efpreflfe il martirio
aiS. Bartolommeo» fituaCQ nello fpazio fopra '1 confcfiicnarìo, che fe^^i^"
ta dopo il già nominato .. Similmente dipinfe a frefco nella parte; più al-
ta di elTa Chìefa , per quanto tiene la facciata interiore, pure in fondo, dì
qua e di U dalla fineftra, l' immagine di. Maria Vergine Annunziala e graa
nninero d'Angeli» in atto di fonare e cantate; e da ì ìatidi queOa pittura
due
AST^SW FONTE BUG NL tf
dAe profeti a chiarofcttro. Giunto in Roma , dipinfe npUa Galleria di
dafa Savdiif fiitti d'uomtni di quella ca(k; in Santa Lucia de' Monti « una
tavola d' una Nunziata: e due. piccole tavole in S. Gregorio « Dipìnfe.
ael Palazzo de' Borghefi la Cappella, e varie ftorie per le camere. CoJoiI:
im quadro di dieci braccia nella fteÓa città di Roma , che fu mandato a
RaguTa ; e molt" altri di dìver(e invenzioni » per lo Cardinale Àrrigoai ^
Nella Chiefa diS.Giovanm della Fiorentina nazione, nella Cappella della
Madonna, le due ftorie laterali, della Natività e Morte dellti medefima»^
le quali condufle a ojio fojpra muro. In Santa Balbina dipinfe la tribuna
con più figure di Santi a rrefco. Nella volta della Sagreftia di. S.Jacopo
delli Sj^gnuoli fece altre opere • Ebbe poi a dipignere per li Monaci lEto^
liedettini di S. Paolo fuori delle mura, la volta. della Cappella del Santifai,
Sacramento» in cui rappceièntò l'incontro d' Abramo col Sacerdote Melr-
chifedech, dal quale ebbe i pani della PropoGzione, opera non meno cicca,
di figure, chewdi varj e nobili ornamenti. Quella però fu motivo, che
egli abbandonafle Roma, e faceflè ritorno alla patria > a cagione dell' efler^-
ne (lato^male rìcompenfato. Giunto a Firenze vi fece in breve tempo
molte opere , e^ furono •- un quadro a Olio d'un Santo martire, a cui ^
tagliata la tefta, che fu pofto nella foffitta fopra r Aitar maggiore della
Chiefa interiore de' Monaci degli Angioli dal Tiratojo* Pel Quarantotto
Mo22Ì dipinfe la Cappella domefiica colla tavola. A Michela&nolo Buo*
oarruoti il Giovane, colori una tela, la quale dal medefimo fu affifla al
muro fra altre di famofi artefici de' fuoi tempi , in una delle ftanze della»
Gallerìa di fua cafa in via Ghibellina da fé fabbricata i in quelle proprie
che furono abitazione del gran Michelagnolo.fuo antenato, cioè nella
fianza che egli particolarmente dedicò alla memoria delle glorie di lui «
A quefta dunque diede luogo rimpetto alla porta della Galleria fopra altra
porta; e vede vili rapprefentato Michelagnoio, che partitoli di Roma per
alcun difgufto prefo da Giulio IL dopo efler con triplicati brevi da eflb
richiamato; finalmente lo va a ritrovare a Bologna, onorato dalla Repubr
I^lica Fiorentina col titolo di fuo A mbafciadore •• ed è da quel. Pontefice
con grand* onore ricevuto • . Veggono nel quadro più ritratti al naturale»
e fra quelli Neri Alberti Senatore Fiorentino. Preflb alla ftorja è la.fe«
guente inferi ziones Micbéelis Angeli reditus ad ^ulium II. PatrU tega$iM9
i^fignis & illufirior //, quo diu a Pmtfficc expetitus » vix iandcm impetra^ .
$ttr$ cum toc batcai pr^dara virtuSf u$ fé ipfam nofcai^ & quam fii ai--
miraiilis imeUigat , Per la Badia di Settimo ancora colorì molte co(e«
Mandò a Fifto)a una tavola d' un Crifto depofto diXroce : ed a S. Martino
aUa Palma, lontano cinque miglia da Firenze, lopra un colle poco di-
ttante dalla ilrada Pifiina , Chiefa curata de' Padri Ciftercienfi , dipinfe
la tavola, dell' Aitar maggiore i in cui rapprefentò un miracolo di Saa-
Martino : e ciò diciamo , non ottante quello , che fia ftato creduto da al*
cuno , che efla tavola fufie opera di Don Damalo Salterelli, Religiofo
di quell'Ordine; perchè, oltre all' atteftazìone, che ne fa la maniera ^fia»
ed un Padre molto antico , di propria veduta e fcienzà ; fappiafi , che
quanto noi fcriviamo deir op^ere di queft' artefice > V abbiamo per noci*
F 4 zia
:tU ^ propria mano dello Mb. fef.li ««defiaU pÈÓti CtOereièni, «in
illora aDÌta va no « Pinci » di pi nro ftkre «ollt «oft i ftdbo» e parùcohratenct
du« lanette con sftorie di Marcitì dei loro Ordine» te quali n^i pie non
i veggono, per eflèr contenute fleUa (^nfort deUe tHortaohe Ceriielitaif<
ne» che abitano il Convento «tmelTe «Ili Cbiefit» ove & conferva licore
pò di Santa Maria Maddalena de'Plssii qtiftl Convento ftt loro afiegiMctt
dar Urbano Vili l'ftnno itfiS. in onibio di quelk>« che già fu loro iM-»
«feione e della Sant» fttfdeCbui , poflo da Sin Frieno . Dtpianfe Mteort i
ìi'efco nel fatene baffo del Pftlaa%Of decfio ilCtfinD,rfmpetio al CoitvtAtS
él San Mareo» per lo Cardinale Carlo de* Medici, «nailorit dell» CorcM
nazione, fegtiita in Roma, del Grindiica Cdfitnol. ed sna altresì defit
prefa di Siena : e per le camere dello fiefib Pàlatto fono di fm mano alt»
moke cofe . Nelk Villa del Poggio Imperiale , diftinfe pare tt fircfto Ift
ftórta di S Agita traile fiamme. Mandò a Genova fue pitture, e partiefr*
Armence una tavola pel Doge» e a Rimiri! ufi* éUr* d' un S. Bemendo*
ili atto d'orazione avanti a Maria Vefgine . Al Grinética Colmo Ik dono
iftn Àio qoadretto in rame d' un San Glovinni , ki atte di predicate t e4
tln tkro d* una S. Maria Maddi^nè Penitente . Altre mdte cofe dìtAnft
Cit diveife perìbne, delte quali égli niedefiifio non ricerderidofi» non ei
feto fé. non generale memoria .
Ebbe doftut un fratello, ehe§ chiamò Birtdloffimeof il quale #ufe H»
tefe aib pittura; ma datofi di gran propoflto fotto la fèorta del servo di
Dio IpolirO Qalantini, al vivere devoto e ériffiano * dopo aver ^r quel*
die tempo frequentiti la Congregazione t ài lui fondata in Kliiizliok») fi
fMblvè a veftire abito rtitigiòfo in Roitia della Compagnia di Ge«ù . Qutflt
infanciuilena fi portò sì bène nelf afte, tht noti étmfkb ancor finita tf
dlcfotcefimo di ftra érè , dipinfè i frefdOdue Angeli in Dguradi ftiidtflli,
per ornamento deir inlmdginó di màrmo^lla & Vét|ine , che fu pdfta
Uil canto di Borgo degli Albizzi , r(ncontik> IÌlaChie& diS Pier Maggiore.
Aiìdatofene poi a Roma, non fb fé prima 0 dòpo aver profeflTatO ndRi
Compagriia, dìpinfe molte cofe nella Cniòfa di S Sitveftro a Monte Cavillò^
di che abbiamo noi pure notizia per g^i fcrifti dft propria mano di Aftaik»
fuo fratello. Crebbe poi in lui èl fittiniente lo fpirito e 'I fervore religiò-
fò. ehé ( avendole egli fatta grande iftanza } i Padri dèlia Complg(ìtti
ebbero pe^ bene dS inandailo ^P Indie . Quello ehé egli operaffb, come
religiofo in quelle parti, non è a noftra cognizione; fappiamobene, per
notizia avuta di propria mano di PaolfantiLucardefi, già FUrier maggio-
rb de* Sereniflìmt Grandochi , iì quale nel corfu di diciott* anni fino a due
Volte fece il' viaggio nel^ Indie Orientali ,- che il Padre Fontt^uont motte
cofe dipinl^ irr quei juiefi nelle Chiefe della Compagnia, e panitoéarmeA-
tb nel i3uonge8Ù di Goa , in S. Paolo,- e in S. R eco ; in Cieu) , in Bac-
c'ain, in Daman, ed in Goccino, tutti luoghi principali de' Ponughéfi:
e^ folea dire la fteflTo FaoHami, che molto pia r e per mohi aUrif iaoghl
pubbKci e privati, avere bbe egli potuto operare in quelle parti , fé ^tt
avefie cosi voluto , ó da* Superiori fnffegti (lato comandato. Termrnerò
la notizia- diella Vita del Padre Fontebuoni, con ponaic 'A queflo luogo
copia
iASTAilO MHTE^UONL. €9
ed^tt é*iti\« ìtmu del ttéa«fikiié,I^Vllla ti pfdfaOi dhi ^u«(W eofercrivè»
dico «lU botte mtaiot'A di GtOVènili Btkliniwisir Uqvijt, ^vero dire»
iìccome fin da fìinctuUo , e per an corfo d* otunc* toni dì vita , fu molto
fitHoraeo di Ok>,eo9) in Ogni t«it)bò «bM ailii«i^a e (tratti ^rttita éo' più
devòtf ed efeMptiIrt «dttiftl det luò tempo . Tra qucftt £ù il Padre jA»
Cinto triineerclii » iMMt FidreACinò ,^Ma ÒOiifO«|nia diXlMù t quegli fmè^
che per la predicakionè della Cattolica Fede lalcié nelC Beitipia glefioftt>
mence H viti. Nel partire dohqtié che fece per l' India Orientai» il fi^
dre Frihcerchi, il nominato Giovanni Bildfnuoei diede in ita mano ittift
ietterà pei Fontebttoni , la qttiió da eflb Padre Jaointo fu puntoaiannie
recapitata , tantoché ne tornò larifpofta nelle focaia, eh* lo fon pernMen
ipprefib. Porterò ancora li fulknta d* un ricordo i che dello fteub mnytf*^
dre , ferapliceirfente e fens'omamentodi panale, fu di propria mano laicteM
ferictO) dal quato fi caveM ilcufta pia ^recift notiaia del Pìadre Fontebwni .
Gepii dilli Lettef4 del Padre Barceloi&raeo Fontebnoni
• a QiCrVattAi BaldìAtieCi «
*
hi. tietnuto « non /• pti» efyU9*n ; ii éUgnwé U ptgèi
là cathàt è h Htt^ràti» inf^lte vù/k ieUe inme mm
vfì ctt mia i§ Atto Ai/a mtacuginm Orfoh ftmahì^
Iti » «^ iÈm9ta a Mèf. ipèHiò "Gatantinit ebé tàìitit amo. tìategU It mk r«r*
a)minéàtèm\ Nm mi pifo HMWtraìre toh U l»00n Ndn ^aciim framefibì^
per fiarf in m» èkra Proifintia mèli* Untano t gik U tengo fiiitif, b fiè i»
4Èe0e pénii -e /M mito hntom i ma tkòn ntmiiM:ò Hi raeettmtnéatH ai iSr»
gnore, tbeftidta^éUontmOf ite tmti ieffètriémot efeUeéJk in c^Mfir
fifiUt'e , 49 farò con mòtto èèiflo . Ahìr* mn gii dirì ,/ènonebimi rHctnmoM
éffii ài ò'f'inor'e » r raccomandatemi a tatti gì* amici, ii ignòte inffiitiiè,
IH anmgiHi» a ^ »i. n Dicem^e iti idit.
Vo0^ AfìtiMati/ì. Uei Sigmn
Ban9Ìemmeo Ponuémmi i
Orfdb Fòatebubhi,cttginadéfnoailn8to ^Mm, dell» qnele nelle léccen
fi h iljeniiène i- fu Riìigiofà nel Monèftero di S. Mtrcitle di Pifio}a . <^
ftft viveVk f n ^tie* tempi con fama di gran bòn^ e Iftrird d' oraziMie i
Penmefili poi iddib, ^r maggiormente approfitctrla in «iniltà, che eiH*
o^ foffb per ihandknxa di buon Direttott o per altra qu&lfifìiaè cagione ,
ctrca Téilrto 1^31. nel tempo dsHa grate peftiltrM»» fitrovaffis akuoe vei»
ta iilofa; ond'ella fu da'fuoi Prelati, con faggio avvedimento , meflà in
iliaco di figorolà prova : nella quale è notiflimo , cfi'élla fi cónfèrvd Coa
gran pazienza e ralTegnazioiie fino alla morte , che (èguì dell' anno i dj^.
a'zy. di Gennaio, e ripofto il fuo corpo nella comune fepoltura dell' sà-
tre Monache. Ipolito Galantini fu qoeU' nomo > a noi tanto celebre per
bontà , chiamato comuoemenre il Beato Servo di Dio Ipolito, che fu Fon-
datore, della Venenbile Coaipa^nia di S; Fftncefo» in Palaczttolo > volgar-
mente detta de* Bacchettoni . Sdbn-
pò ' Deceait. IL deUa Pari» IMSièt. V,daix$io. al 1 620.
. SUftàixza del Ricordo di propria fnajvo di Giovanni Baldinucci, cbe fi
, 1 legge in uh foglia fciotco pr«flb all' originale della notau lettera .
T 'ln€{uf0 letiers mi fa mtmiau dal Padre Vartohmmeo Fonubuni Gè--
jLu Jfuita iall^ Indie Orientali t amna i tf 1 8. Sasa per via venti mefii ed ìper
rifp9fia S una mia a lui ferina % e confegnata alle mani del Padre iacinto
Er ance/chi noSro Fiorentino 9 inoccafione di Mrtarfial Giappone t acciò la ren^
dejfe ad ejfò Padi'e Bartolommeo , il ^nale alfecoìo era Pittore $ e fa mio ami*
€Ì£imo « Frequentavamo infieme la Congregazione del fervo di Dio Ipolito Ga*
iantini, & andavamo a conferirci da* Padri Gefuiti di S. Giovannino. In quel
tempo venivano a detta Congregazione circa a venti tre pittori » onde in un gior^
m camminando per la citte in compagnia dello Beffo Ipolito ^ gli diedi queSa
otaeizia 9 congratulandomene, con effo : al eie egli rfjfpofe^ cbe di ventitre fitto-
ri» cbe allora venivano t folamente tre avereÙero perfeverato $ Jic^ome in ef-
feiio fegsiì f uno de*qualtfu il Font ebuoni . QueHo poi in Roma fi fece Gefuito,
figliando per f uà umiltà p e per non aver ^ùfeffate cofe letterarte , io Bato di
laico: e dopo due anni fu man Atto all' Indie Orientali » cbe vi andavano a pre*
dicare la Fede» e vi fu molto gradito da quei Re Cattolici Indiani, sì per le
faetìriSiane virtù» H anche per ilpofifi cbe aveva defl' arte della pittura •
Stette nella città di Goa molti anni : e percbè ilfuo defiderio fufemwe d aju^
tot t anime i ejfindofi aperta ttna nuova Alinone nel Regno cbiamato dei Vanente ^
agli pregi in/lantemente i Superiori» cbe sola lo mandaffero» ficcome fecero per
fuaconfolazione i ma per lafirada i* ammali» e morì in Bengala l* anno 1^30.
ed ia per me credo , cV e' fuffe martire dt defiderio » percbè per il fine del mar^
torio egU fi panava tra^ paefi t idolatri^* il nominato Padre Macinio France feti
atafiro FiorentÌMo » cbe mi fece la carità di recapitar la lettera » fu figliuolo di
Mei. Già. Pranfe/cbi mio amicamo {a) » cbe faceva arte di Lana» e di Ma-^
dama Caterina della VaìeBra . Quefii ex anq fiati molt" anmfenxiaverfigUttoU»
quando dalla Santa memoria di Clemente Vili {b) e fendo fiato Canonizzara
S. iacinto Domenicano» effi ricorf ero alla di lui inter cenone» acciò gì" impe*
traffe dal Signore tm figliuolo » promettendo con voto di darli ilfuo nome$ e ne
furono ef auditi . // figliuolino fi mantenne fempre buono: fu mandato alle fcuote
dt^ Padri Gefuiti di S. Giovannino (e): e quando fu in età conveniéme » cbie/è
gtaxia Jt efiere accettato per HeligiofodfUa Compagnia di Gesàt e con gran pe-
ma del padre e della madre» a cui non refiavana altri figliuoli % e ebe tamavatm
Marno gli occbj proprj • vi fu ricevuto . VeSì C abita in Roma: e dopo aver"
fatto il mviziato » ottenne d" andare èl Giappone per defiderio di Cpargere il
f angue per Gesù Cri fio* Diede conto a^ fuoi Genitori di tale deliberazione i
animando i medefimi a ringjraziare il Signore» cbe gli avefie dato un figliuolo
fihi
[a] Giovanni di ter Baftiano di Benedetto .Franc0fcbi\ Caterina di Benedetto di Gio»
vanni della Balefira^ in Gab. Ci 232. a e, 44, con Dote dì fendi 230;. Scritta di
Matrim. t?. Luglio 1584. [h'j Canoniz. di S.J acinto 17. Aprile t $^4. [e] Ex
P. PhìUppo Alcgamhe Sot. Jef ad A. 16^9. pag. 523. P.Hyac. Frane. Alexandre'
Bertio state ir confuetndine ptnSas , ingenio , caftitate , religionipiue , ftodio coufi'^ *
milis ù^c. Ibid^ ftatnm religionem àmpleSttor 16. OSobr. 16x4. De^effit. atat.
Ann* 40. Soc. 24. : «,' .'.'.:
ESTASIO mNTEBUONI. ^i
folo>. e jf nette ftéffofipifft eèmpiacimo di eteggerjt per fifù firviziai, nella Re-^
Ughntp e di'fiù\ tbepotefji andare a portare il tuo nome , e.fpargere itfan^
gue per lui. tA quefto avvifo la natura fece n^ cuori del padre e della madre
Jfua quegli effetti ^ che ciafibeduno può immaginar/i; pure confbrmandofi al dis-
vino volere f Jcrijjiro ài Padre Generale^ che alméno fi' contentajfe di far fare ai
figliuolo la flrada per Firenze : e ne furon compiaciuti . S^uà flette il Padrf
iacinto alcune fbttimane : poi con i compagni feguithfuo viaggio . Giunfe affln^
dia 9 ma non gli fu permeffo Pandore al Giappone ^ a cagione Alla fiera crudele
tà di chi aOora pofedeva quella parte f cbe efiendo nemiciffimo del nome Crifiiu'
notfifludiava alpoffiUle di ferrar tutte le vie ^per le quali iMi(fionanti vi po^
tenero penetrare; onde egli fu mandato in Etiopia. Di làjcrijfe circa al iCtOk
al padre e atta madre una lettera f netta quale Jignificava loro la caufa del non
^Herfi portato al Giappone; dando loro ragguaglio di alcune refe occorfegli pe0
Jo viaggio 9 particoUti^mente dette molte carezze y fiategli fatte netta nave da un
Turco , a quale anche votte > eh' egli i^ abbùccafie col Generale dett* Armata Tur^
thefcai e che queflo comandante bene fpeffo volevalo appreffo di /r » etnia fi 4&
ragionar con lui dette cofe d^ Europa; onde il Vadre iei^a fatto luogo di fargli
vedere unUmmaginetta^ cbe portava con Ceco detta Santi ffima Nunziata di Fh
renze% e di Srgli varie cofe in commendazione detta Vergine : e cbe il Genere^
le neWafcoltar le fìte parole ^ e veder quett^ immagine ^ non ceffona di dire:
Veramente è un peccato » cbe una tal donna fia morta, &c. Fin qui il Ricordo s
« oot paflk t parlare deli' avvifo avutoli in Firenze della aloriofa mdrM
del Padre Jacinto: e come quegli, che fa confidencifliino di quelli cafiii
e vidde cogli occhj proprjj e co'propr) orecchj fentì da Giovanni Frah«
ceichi <]uanto egli notò » comecché fi crovafle bene f^flb nella propria
cafa, ibicazione del medefimo» in folla piazza di S, Spirito . Seguita poi a
fcrivere con parole d* ammirazione degli efifecti dell' alta provvidenza di
•Dio 9 che avefie dato unt' animo e coraggio ad on giovanetto di senti-
Jiffima compleffione , allevato e nutrito ( come egli dice ) nella bamh^iai
per refifiere a' patimenti dì terra e marct fermo per mefi e meli fopra la
nave 9 e talvolta per feì e otto mefi continovi fenza toccar terra . E gìac«
che io coli' occafione di dar notizie del Padre Fontebooni colfopranno»
tato Ricordo» mi fon fatto lecito divertire alquanto in cofa» che non in-
teramente fi confò colla materia ;. foggiugnerò ancora» che Giovanni Fraiv
cefchi» padre d']acinto.| nel paflar ch'egli fece per Firenze, volle farne
fare 11 ritratto al naturale: il qual ritratto» primo e originale fatto al vi*
4ro dalla perfbna di lui» confervo io fieflb nella nùa propria cafa. A chi
poi piaceue di reftare più precifamente informato della crudel morte deU
Joftefib Padre (j)» fofferta pure in Etiopia per la Cattolica Fede » circt
alli 21. di Giugno nell'anno 1630. potrà leggere quanto latinamente fcrifle
il Padre Filippo Alegambe di Bruxelles della Compagnia di Gesù; ficcome
potrà vedere una carta d'intaglio in rame, nella quale efla fua morte» con
quella d'altri Padri della Compagnia fuoi compagni e d' altre Religiòhif
vien rapprefentatat e con varie annotazioni dichiarata.%
'• . r RUTI-
[a] Pbilipp.Alegém.Soc.3efMorte$iUuftresàrGtfiaeorumde -
Soc. ire. Ann. 1.^38. pag* 522. Rama 1657.
/
9 1 Decetm. ti. MaPart, l MSd. ViM iS to. al i6to.
RUTILIO MANETTI
PITTORE SENESE
*Difiép9h del Cav, hmtfio Vmnl y nato -^ .....
0 Muwct! citMino Senefe » per qntnto ne lftfi:iò notato
nlknorGiuJio Mtncihi in un fiioM.S. actefe alla pittura
:o la difóplina del Cav. Francefco Vanni, nsl che iìa k
e ap|wefia tale autore. Dico pevò, che quantunque egli
1 fcguitaflè punto la maniera di quell' eccellente maaAfo;
«5t. è però vero , eh' e' riu£cl pittore aflai lodevole in quel
modo d* operare, eh* e' fi fcelÀ» sfòrzandofi d' imitare la maniera di Mi-
ehélagiwlo d» Carara^io» la quale poco avanti a quei fuoì tempi ayeva
dato gran KUfto in Roma. Abbiamo noi in Firenze di mano di RutiliOi
nella Chieu di Santo S(Hrìto degli Agoftiniani, la tavola di S. Toounifo
4a VillanuovB. A Empoli fe ^ure una fui tavola nella Chie& di Santo
Axoftino de' [nedefimi Padri , in cui è rapprelèncata r . . ,
All'Imperiale, Villa della SeremJGma Victoria della RovcfQ.Granducheflk
rii Tolcana, è un quadro dì S. Baftiano: e nel F&Ìa7zo del Sereniffinw
Granduca a' Pitti , ó una gran tola, ove egli 6gurò il trionfo di David •
di maniera alquanto gentile e diverià dall'antico fuo modo: e vi fi Ico^
ia cifra del nome e cognome dell'artefice, • 'I tempo nel quale fu dipin^
ca^ che fu l'inno i(S37. Molte pitture di fua mano.&tte con grand' amo-
r«, hanno i Monaci della Certofa dì Fìrcnie, cioè: nella Cappella di San-
ta Margherita > la tavola della Santa, ri&naca dagli Amelii « nel Cap»<
tolo, il quadro del Beato Stefano Macanie, fegretario £ Sent» Caterina
da. Si«na , in atto d' cflTer foiato cxil tatto d' un dito da quella Vergine,
del male d'un'Occhìo. Bvvenc ancora un altro , dov' è la figura del Bea-
to f4etro Petronj Senefe , mentre moflo da particolare ìmpuno del divino
fpìrito, fi taglia ti dito indice finifiro, per inabilitare le fteflo ad eller [ffo-
tóoflb dal Diaconato al Sacerdozio , dì cui riputavafi ìn^goo. Nel CoiTo»
che chiamaru) de' Frati , cioè a dire do' Converfi , è il quadro della Buts
Boauìoe Cartufiana, la quale mo& pure da divino fpirito, fi canfìoea va
chiodo nelia finiftra ooano. V è anch» noftro Sign«r Geaù Grido, tutta
Fliplendente ! e un Angdstto galante, con una griilandadifioriinmano;
Vedcfi anche in quel luogo un quadro d' eguale grandezza, colla figuca
delta B. Margherita Cartpfiana .- ed altro , in cui è U Beato Dìonifio, Dectofe
d«Ho ftefs' Ordine, in atto dì findiare, mentre per atterrirlo , gltcom-
parìfce un maligno fpirjto. Un -altro fimile , ov* è dipinto il Beato Dome*
nico de' Futeo , Priore deHa CertoTa di Trevcrì , al quale > mcnue ficdc a
men&, comparifce. noftro Signore fanciullo. Moko operò queft* anclice
inSicna Tua patria. dove-neTPalazBO de' Signora fece vedere un quadro
della Natività di Crifto, e uno dì S. Anfano . Nella Chìe& di S. Agofiino,
lapit^
w. .« V,
1*. RVFlLmoMANETTI. . 91
k pktUfa tU' À]ctttt.dt & NÀMOlò i. Ne* IServi là wr9Ìz ài S. Lorenzo ed
altra): «: nella Chiefitldel Jtefiimo, due quadri di S.Ga]$aiio. Dh>infe «n-
c«Mla frefeo metti .vottà dì S.JBcnwrdino . In S. Niccotiafece la pittura
gli' Ahare» rii«feafii » iiucdio iifel Oocififlbi e parte deHe' lunette nella
Compifnia. della-. Mosf «ul Furono .fimUdience opere àw\ -Jio pennello , ■ li
Madonna degli- Al^erighif: ed alcuni frefcU- fopra la ^ortaJdi S. Pieteo a
Ovilet e di S. i^iufio.' Da t iaci:^ll' Alur.ma«ìoee in & Spirico, ed iti
alcuni rpa^l della ToUa in & Roooò. Sono ancne di fua mano finalmente
la cairola..di filaria. Vfispxta che ya in.l^icto • in S. Pietro alle Scale» «ni
in & Piero in £0)o*;<e4;àlc«nt quadretti ndl' Oratorie ; che è quanta nOf
tisi^ podiamA date dii tal pittore . :
■' ni ". Ji ||«^ I II 1 1 tmmuéttm—m^mmrm^^ I wm ij i ^*— ^■*»t— Wt*— pì**m»>ì»
( >
GHERARDO SILVANI
' SCULTORe È ARCHITETTO
FIORENTINO
DifièpQÌo di VakrÌQ Q(Ji:^4i^(fi di Giò^Xmwi/
lUf^téo SihraiuScttkérciie Archittcta^ttscqtte nella città di
Efìfenst i' anno dì nofira fiilutje 15.79* aili 13. di Dicembre ^
di Kranceibo di Silvano Silvani > già Salfani» e di Miria del
Gioeofìda^ latine e Takra famigue athì rìgiiardevoli ; ma a
cagione diconiifoiBion di faeni e d! altri jfiniftri acddenti*
occorfe alla cafa di Francefco l'anno i$)tf. nella mucazione
deUo Stato f le fu tbraa declinare alquanto dall' antico pofto;. mentre per
campar Aia vita» contenne aUo fteflb Fcanoefco. applicarli all'arte del fonr
dacoj e quellteferckare imo all'età di fectanta epiù anni . Nel qual temr
pp crovandoii effii carico di figliuoli» tutti però ntoico avverti a tal mcr
Aìero» e ad ogjti' altro inclinati» che fiiffis (lato più cpn£icevoIe ^la moka
oitfiltà di caia loro» dopo averne alcuni ampiegitir. a feconda di loro inaili'
nazione» fcorgando in Gfaesardp una più cbe ordinaria dirpofizione a pofr
appartenenti a difegno ( giacché e^i Ièna laleiare gli affari della bottéga*
Cfafi fegretamente e (enza maeftro » per un. amio incero » eiércitato nel
modellare) fi rifolvè » adopraodo il meno di Giovanni Clerretani Geott*?
luomo Fiorentino, d' accomodarhi nella (ouola di Valerio. Cioli» buonp
kukofe di que* funi tempi • Veducoft il figUuolo giunto laddove era por»-
fato da naturile inelinaaione» diedeti a tanto'ftudio» che nel corfo d' un
anno « non più» avanzò ogni idcco fiio condifcepolo; egià avea dato f^rin-
ci pio a lavorare in marmo» quando per Lo fteflo Giovaimi Cer^retani in;
tagliò una immagine di Maria Tempre Vcarginei te&i con bollo, alla quale
die luo-
94 Decem.n.i(leOàBàè$J.dèlSéc.yé
die (luogo ih cefia d'una ic'akdi fua cafa . Non èri àncora appena IV detto*
anno paflato, da che Gheracdoa^eraaccomodatto^c^Cioli; che il^ede-
fimo.fi morì: e cre^ o quattro' meli dopo pafsòaHUlcr^tvicà^Qiovannrfiflii^
dim> detto Giovanni deir Operàt altro buoniffimo feulcQftf Fioienltinì;^^
die il Silvanidopo la morte dei pnino» erafi' eletto il fecondo iBMftro,
Qoa cui avrebbe egli talora piotata finir di £ivei prbpr^ ftud}-; talmenteehè
il.poyero giovaole» qnafi pentendofi d* jeflerfi meflb*a taf profeflSoner e dr
aver difapplicato dall'eferCisio del padrev^he gii avea data fine' al rt^>-
auo del' fondaco» eritiratohe gli: effetti r poco naéno che non andav^a dife*
giumdod' abbandonar la ftatuarìa ,^je.data ad altri ihioieg^i di mereaittfrav
Correva allora in Firenze» e fuori ancora, un aito grido-dei fingolarìiBifitf
Ingegnere, Bernardo Buontalenti, detto delle Girandole; il quale» fic-
come^ fu^^Mdo in tutte le noftre artiycosì fu anche grand^ amica e prò*
cettore di coloro» che egli fcorgeva da natura inclinati a bene efercitarle»
Cop if^fiSù volle Gherardo sfogar fua patitone e cònfigHarfi: che però r||c*
comandacofi a. Giuliano Salvarti» nobii Fiorenbino e fuo parente, fìi in-
trodotto a lui » dal quale fu confortato ad entrare nella fcuola del celebre
Scultore Cào, Bologna da- Dovai: t quefto non t^tò in cóhfideraziono
del cran valore di quèlisaeftro» quanto per le. continove e grandi occa*
fionf» che » per così dire; in quella piovevano» di far opere» non pure
per lo EalazzoSeremflimo e.per varj cittadini di uodca patria, che in quei
tempi ftèiii ne' adornavano e dnefèe cappelle e palazzi e giardhii'; ma
eziandio per varie città delio S(ato e Provinoie.Oluamon tane ; tantoché era
quella fua fcuola il raddocto de' migliori ingegni e foreftieri e cittadini»
che a tale bella facoltà defideravano dedioat&i Ma per quello^ che allorS
fa univerfalmente ragicunato.f checché & ne (ia la verità ) ftayali allora ap-^
poefib a. Già Bobgna^ in qualità di: giovahe: più dilettòid* ògn' $|!tro , Fie-^
aro Tacca da MaOà di Carrara, il quale trovandoii aver còlla 'fvegliatezza
dì fuò ingegno ed abilità nell'arce; guadagnato gran pofto aeir affetto del
m^eftro» e fentendo^ che tali pratiche fuffero.per introdurli a favor del
Silvani: ed effendogli ben nota altresì l'ottima difpofiztone , chedicevafi
per .ognuno, eh' egli aveffe alla foultura» temendo»* che il giovane^ non
fuffe per acquiftarfi in breve con effo gran parte di •cpselP^amore» che a fé
medehmo avea procacciato una lunga ed attènoifìima i^ervitù ; ubò ogni
Audio per im^pedirgli» non folamente l' ingreffo nella fcuok del Gio. Bo-
logna» ma eziandio lo fteifo abboccare con hii . Tale in fotoma- fu ia fine
di quefta pratica. Allora Gherardo fatto ricorfo al fuo gran protettore
Giot^anni Cerretani , fu , mediante gli ufìz) del inedefimo, accomodato
con Giovanni Caccinì Fiorentino, altro valente ediligemiflimofcultore»
fiato difcepolo di Gio. Antonio Dolio. Fu quefta pel Silvani ottima con-
giuntura» atteibchè àvèfle il Caccini appunto ricevuto dal nobile Gio-
vambatifta Mìchelozzi » l'ordine di conaurrt il Coro di marmi della gran
JChiefa di Santo Spirito de^ Fratti «A gofiiniam » nel quale dovev«ano^ aver
luògo molte ftatue di tutto rilievo^, ed un bello e riccamente lavorato Ci.
borio. Sopra quelli lavori dunque fu dal Caccini pofto ad operare il
Silvani: e v' intagliò diligeatiflimamente alcune teflc di Cbexoibini f che
noi
noi I»ti^ì9mq tittocaoiàlkivfléib Ciborio.- e4 a concorrènza d" Agoftino
Ubftldioi» akro Tuo diffKpofoyYiolfei Ir Caccine ch^ eglìiticagliafle i quat-
tro Cterttbini» che fono della parta dirotto: nelle qufi^i opere avendo egli
dato graa fiiggio di fc> ebbe; pòi per oaiine dello llelfo.CSaccini , a con*
durre interamente di fua manot per quanto a me riftrì Giuliano di Cam*
nullo Salvetti fuo cognato > li due Angelidi tutto rilievo > poco lontani dai*»
l'Altareiche tengono i Viticci .Ed ancoria ebbe a fare di tutto punto la Aa»
tua di S* Pietro oi marmo, che è nella nìcchia, rincontro ia quella del S,
Paolo, preflb al Còro e Presbiterio nella ChiefadetlàSantìflima Nunaiata^
la quale ftaiua del & Paolo fu pure dallo fiefib Silvani intagliata, infieme
co' quattro Cherubini, che veggiauio adornare quell'opere: ed ebbeipa*
fib ancora nella flatua incominciata dal:maeftro , che rapprefenta la Rèti^
glone, alla quale fu dato luogo nel hel mezzo del cortile del fecondo
chioQro. Di quelle belle e grandi fiatue, che erano (late date a fare al
.Cacciai , che in efle ebbe poco di .più che il puro home, cioè folamente
ri&venzione « Pafliftenza , fpemva Gherardo di dover riportar dalrmae^
Aro premio aflai maggiore di quello, che effettivamente gli riufd; oqde
^gli prefe di ciò. jcamammliiicooia #2^21 tantp Ccfbgna, che partito&di
qaellafianzaifi ritirò ad operare ia ca&i- fua propria, che era allora in via
San Giovanni, atta ehene accomodata a tale eièrcizio. Quivi incornane
:ciarono ad e^rgli dateafiire tant' opere, che appena poteva refiftere;
onde non andò molto , che gli cqnveane pigliar gipvani in fuo ajuta.
Per Andrea del RoflTo, perla cafa é*giardind^ch'egli allora andavo accte*
fcendo ed' abbellendo in via Chiara, fece Ja* grande fiatoa dell' Apollo^
che oggi nobilmente fidarna la tettata delio^dlb giardino.,^ una bella
vafca.' Qccorfe intanto la morte del fopr^raiòmim^ .Antonio Peri^ il
qUale nella fua eredità area lafeiato fra. gli altri, effetti , eh' e' poflède^
va in RiMoia , buona quantità d' antiche lAatue é 4M:time ipitture , alle
quali voleva Caterina PandoUìni, madre ed erede del medefimo,. dare efi«»
tó; ma per ciò fare , abbirognava'£irspn>caeoiO'd'uo<mq:\'albcofoiAquel^
l'actet^tie dì ^utta fi^eltà e difiotèceflàtezzai'^il perchò dTendo per mpht
eCpwi^nase ixen nota ^a^Benedettau PandolBni , ftretto parente di Cawrinav
iaiÌQpr«bboiidantefufficier0axli pet tiitco ilibifbgno, lui ^e- ri*
jottCQi. Plri»flljdtfnk|ue di Fireiiie it Silvani; infieme con Giulio Pitti, che
-doveataffiftoreralU terminazione di quello eid* ogn' altro interefle di tale
etfidttàj t portiofit « . Roma, dove pttimamente^fòdtafece. alle fue parti:
<ed inoltre eifònda rimafp cattonito xud vedefo le ilpp^ide pitture, fcìiU
.tufA le^ttrchitetimire: de^ - antichi ie' moderni maeftri , ideile quali è pienìa
iquelfb nòbiJiffima città^; prèfe grand* animo l^^uton qusft^ anche gran l«w
xe, per inplrrarfi TdapfMrcpiù.nei buca moda d^ fcolpfreied operare d' ar-
.chitettura ;« onde: tornato a. Fiìrenze i :non,andò iiioil»,>icfaeida Marcello
Accolti gli fadaUaoondorrecpn fuodifegho l^operà della Cappella di
^nt' i vo tìclh Chìe& della Nunziata ; Fece moki apparati per Quarantore^
'.chefeeondo T ufo di que' tempi, furono lodadffimi: efraquefti nella Gap*
pella. delia Croce in S. Spirito, fece vedere, fra altre belle macchine, un
afcobalenQ taoto.al nacnralci» che recò m»uravjgla;a. tutta la«tt€à. It^tagliò^
peiT
^6 Decenti. IhdcBtiVM. IdèlSA. KMi^io. al 1610.
per caf^ CorfiiHi %S4^Gaggt«f :dikeD^Girtti dliricratti^ pattini che ti
fi veggono; e non pur^qucAi .».;i*a eduiéìQh Sigréftiadi quella Chiefa^»
fwta^ Tue ftrehu;ect»re\ 'firanaatigU inai di Aoftra ftloce circa al Ldn,
quando Sebaftttno Ximenex». CavaHeieidi Santo Stefano, Priora di ìLOj*
magoa, Signore di Siturniaf Rodcrtgq e Friteili, figliuoli del Senato*
tt Kiccolo f avendo rifiikito di nuovo edificare ed in più ampia forma ri*
àtìxtt la CanpeUa: grande della Chtefa di S. Pier Magsiore» ne eleflPero per
architetto a Silvani s il quale avendone fìtto il difegno e modello» che
riwTd di guftodi que^gentiluomini't jcondufle l'opera al &gno >che oggi fi
vede . Circa a oueftt tempi la gbkiofa'nemoria del Granduca Cofimo 11.
applicando molco di propofico^r accrpfcimenco , che fin da' tempi di
Bernardo BuQAtalenti fi dtfegnam di fare aL Paiaso cte' Pitti» volle che
Gherardo ne facefle» a concocrenàa di Giulio Parigi, anch' effo un mo^
dello; il che egli ben prefto efcguì . Bra fuo penderò il fabbricare avanti
al Palazzo un. gran Teatro» ohe dovea aver fuo termine in via Maggio*
con Lc^gie attorno» a fotni|^ianaa della bella loggiadi Piazaa • con andari
Ibpra Scoperti; ed avanti al Palascto faceva una ringhiera, sì per adornar
Éaoftto e per diletto del pafleggiare>^còme per cotaodo delle oarrozab e
per arltri ufi; ma tali i, ptf quanto fi ATe»- fiicono i finiftrt ufic) d^ fuoi
contcar^t e di quelli acquali più particolarmeme compliva il tenerloin^
^dietto»chedi tale fua fatica appena fu avuto' difcorfo. Ma Gherardo »che
eora oomo'quleto e pacìficoi; 'C che. né panto ne poco era Colico introdurfi ,
4»re Jion era chiamato » o doife f avefle a contendere o litigare^ non fece
A^ di ciò CO' foperiori adbun movimento % come avrebbe pocutb &re;
otMe in ciò» che apparteneva ail'>aGCTeicimento del Patexab da i larìf fdak
mente; che era: quello». che net allbita pittdi^ogn'>altwabbelltàieato oiiv-
^ndtmanto premeva»; fu Segui caro aiaM difegDoÌ4^£'i>im vbro » clie
.^ftndo fiato» daciù benraifurò le prime fineftre, prefo emnre» &x poi
«ecei&rionel metterle fa» V aggiugnere alle bozze alcool taflèlli» i quali»
affinchè non i&opnfléroJa! magagna » furon tinti; maaUa prìmUpqua che
4opnivvennéi* fiiaocnaixmù al/lacpakuMÒ colore; e cosìpeir diifeMO di
^ua' maeilri flannofi. fino, al preftlìiee[ cetopo v VoUe ^es Ja Secénifiiaia At-
ciduchefla.d' Aufida- Maria Maddalena; dh'^egtì glifàcefl&noh mtèdeltpptkr
iMiDvo acoreiibimenco ed ornata della fna>Real Villa del Pai^gfo Iihpetìaio»
4tiè de*BaroncdU: tiel qual.dtfagto pure non fòrti il éUvani maggior fot>
tana di quena».che>^i eia. tocca -nel già nominato *4ìfegmr de) {^iazzode*
lifii ; : perchè anche) i|neflf opeira y tomeiliiwaD cpiìr parekxilàtment» a fuo
«HiOgo» fudacaaiJbrpiadakii. iIahqttefbaèHipi'i)iòn)maivco9aaK^
iil(oe alle accanfiote^ vaaie jaltfie!perfiran^oèii4^ 4™i^ pnoìfibiirdtì» che già
4|vevanó occupati ip|im& poftì; marmò nderoftaate^fflii e;peii loìfaofauon
ifltodo di proMdere «oa cuoti» re per JaifiiffibienM'.nettf ane » e medito più
rnella fila difiill:dreffittfa2a » .fi thovò fempre paonaìfto :df occbfioni al pari
di chi fi fufle» e per la fiadoanae: per Pascàitttcutfa . Pel' giamUno di Bó-
.boli fece la (tatua idei Xempo»(Che. tiene etta.faittopervun piede e a capo
lail'^iogiù.etgrtaniqvanfità di: ftatue jcefiauco.. fino all^anno itfitf* avQa
ft^nufiaiabiotaiMld mUazdaifià cala in, ^àa^S^Cióvaani i^ed. avendola eoMOk
^;;(£ fciuta
\
- ^ : ìSHEnARDO SIIFANL ^
ì&%a^ ÌStmé iSkììkÙL ti bilb^ idilli wfe fi»» ^ramM 'i. ptofMié %i»lft Méb*
ttfaBbéRitr: il étfè> fa csugiéne i che il G^oàluomò wdo(M»D<éilbLiDeéi&-
tn^ifetifita.Tcyict ilarluéga a preghiti o^óffiMe, ¥GAe(Ietoikiar6.ad «bicÉ-
tiri dà iè; ^hdé al Silvani fu nece^iochpeinbrevUinmiceaf^Ki^^
dfe^iòte fpedita e vacUa, n^B cav^ ^^ a fuo gran coflo , ottre .a* àamtàm
ithefi e- fapelletcili » gran copia di datile antiche , cim glieMóo ftace^daee
1 reftàufr^tte, ed altre finite e non^ fmite di fua mano» cofi «nui copiai di
marmi iiicierì . Ond' egli » fatto atcorco alle lite^ fpe&, debuterò meo
darfi ìiì modo, òhe per 1* avvenire non pocefle più oecofreralt mfea A
tà difgra^ia, di fpender molto Copra '1 foolo ali^ìo, «non ad altro finev chb
d^'éilCTne cK fuoìt6 cacciato.*' e ccm ifpefa dj cinquemjia fcnéì^ 'comprò
tutto il ceppo ifolato di qiieHecafe» cke- in^tóneiando dailà fdaate
delte Palloctble sMncontrano veifd il tanto da' Bi&lieri , e quivi ^igeaiio
veffb Stnta Maria in Campo, tornane a Toltafe in detta- piae^ . Tnm^
vali egH afilora in età di trentafette aAiii, qyaAdo v«|Dndot naffismo 4t^
fttdtfrateHi fever Volontà di accaliffi, cesi peifuafo di' paremt* , . pr eie
fesH t^¥e refolntìónie, ammogliandoli oon Goftanta figflnioia^di Cammillo
&l!vctti,.ndbife &mi^iaT^ìoremii^a>' nata per iti aere d^fitstfemia Bontaìen-
tif unica nglitxola dei cdebrelBè¥fiardo Bontalenti, detco-delte Girando*
te , denà quale fino al 164^ %tìl q^Panno ella fin) di vivere» ^hbe qmii-
cordici figliudi: e fra elfi Pierfrdncefco, che riufd ancor egli buona^ar^
èhhettù ; ma di quello parleremo u fuo luògo . Ridotto intanto che cgK
fifiu in iftatò d^ ag^ftamento delle cofe fut, diedefi più che mai aii*«fer«
tizio dell'architettura, nella quale elA>e tanto da operare, che limghitf-
ma caia ftrcfbbe il raccontarlo. Al Stg. Conte Alberto de' Bardi a Vti^
Mti, riihodernò tutto ilPalazao, e ridufMo in iftato di gran comodioà ^
li^Iieiza :/ed altre belle fabbriche e feftaairazioni fece Jn demi Contea.
Diede fórma ad un grande e bel Valazzo nella Potefteria del Montate-»
che dal nome di quel Signore ii chiamò Cblle Alberto: e ^i trovò l'acqui
viva, con che nobilmente lo arricchì • AbbelR la Cappella de' SalviaciiA
S. Croce ove fi cotrferVa il SS. Sacramento . Méfle maiio «l4&odello dtfU
kbellidifha Villa deUe Fdle pel Sedatore AlelTandro Guadagni, la qua!»
eflendo fenza cortile» non lyfciad'éfler. dégna d'ammirazloite,(n0n'pore
per le' facciate , ma eziandio 'per la ihagnificenza del Sa Ione,' largo' diòiotto ,
<5he
tempo fece pel medelimo altre
molte ^cdfe in FirenJee, efra quelle T acme dl^l Tuo Palaizo, contmuo4aU
)^Oj^éta di'SflthnrMariìa del Fiore . 'Afflftè alh terannàzionte delH ftbbrioi
della cafa di Piero GWciardini, 'e delki)ellb Scala e Cappella, defMe quali
il Cigoli era flato aròhitetto , epér^ttaofte non - a vea* potute finire . Rifc-
cbi rldutlb al diodemo pel Oalifei^Ch^efa di ^an Simone, coll'orna«>
tbtìeli* "Aitar grande 9 del Coro etfélle Cappelle: ficcome ancora riduf-
fc àbéii'èfPefe l'abha^one del^Crirat
Cdratb. Si portò a Volterra , dcyuBe
tf6rìo'AmmhragHrolnrgHirami diede fìn^ ìid'un bel Palazzo: fecà^lriil
mbdellb per 0Ha4t)a Gappelh nella <Sattedrales ed ancoradiede prineifab
^ '^ G ad una
9f^ Decenti, IL Ma Pàti, h deiSfCi Kdalt6io,aii 61 o.
éà un» fu Villfi di Ulignaoo , kiò^ due miglia preflb delU/dctà ^ «llf qo^l
inVoLi per morce dello fteflb Ingmraini» npn fu dato compimento: e pe^
r A uditore Ftfcale, e Cavaliere Mario Bardini t conduflTe un heì depofit:o d|
marmi mifchi confuo ritratto.» niella Chiefa di S. Francefco : e fecevi altre
&bbrtche. Fu chiamato a Piftoja^.dove reftaurò>ed in gran parte fece di
nuovo il Palazzo di quella Sapienza. Tornato a Firenze, pel Bali Ruberto
.Fucci fiiiì rOratorio o vogliam dire la Cappella » ftaca incominciata dal Cacr
^ini ilio maeftcoi nella Chiefa della Nunziata ; e moki abbellimenti e reftau^
fazioni fece per le fue ville. Ridufle a moderna forma la cafa del Marche-
fé Luca degli Albizzi» ove fi rendè tanto più lodevole l'opera fua » quin-
«to che convennegli per lo niù valerfi delia vecchia firutcuni: e tutto quer
fio fu facto fra Tanno itfao.e i(ìi%. Avevano già i Padri Teatini di San
Michele dagli Anpnori, fatto dar principio» per mezzo deli' Architetto
Matteo Nigetti, alla nuova fabbrica di lor Cbiefai; quando vedendo che
la medefimai dopo più anni d' impaccio» e loro ed* altri, poco a* avan^
kava». operarono 9 per mezzo, del. Padre Don Filippo Maria Guadagni,
.uno di eflit che licenziato il Nigetti» fofle chiamato il Silvani a finire efla
Chiefa» e la loro abitazione ancora. Fecene egli adunque nuovi modelli t
lecundo i quali accrebbe la Chiefa di lunghezza e larghezza : abafsò il pia*
no oltre a due.braccia» e fette e mezzo ot più ne alzò la muraglia: ornò
le due bande della Croce per FranceCboBonlit con ifpe&, come fìidettOt
di dodicimila feudi: tirò tutta la Navata della Chiefa, coli* ornato, che
dentro e fuori della medefima fi ravvila: fece la facciata interiore ed efte*
4?ioref e ia (cali nata, per entro il muro della quale facciata cavò una fca«
iatumaca che porca all'organo» che fu aflki lodata. Avendo dipoi con-
dotta quella gran fabbrica, e gettatane là volta, confiderando, che per
jeflere T abiezione de* Padri fituau in luogo angufto , non meno che ofcu*
M99 a cagione di gran numero di cafe e di palazzi , che per ogni parte lo
circondano t e fenza apertura di giardino, onde poteflero i niedelimi tal«
volta refpirare air aura fcoperu; con faggio avvedimento alzò tanto té
ipiira della Chiefa, oltre la fommiti della volta, fenza che né punto né
poco ne apparile fegnale al dì fuori verfo la piazza , che gli fu facile ij\
3^ello ipazio» che «fovea fervir per foffittone per li cai^alletti , accomo^
arvi alcuni lunghi e fpaziofi* andari, e farvi da'latl tante aperture a ^ni-
fe di ternano, che da tutte le parti» fatte già fuperiori avvicini edificj, fi
]M>tefle fcoprire una ben larga campana » onde potefler occhio non poco
rìerearfi • L tanto bafti aver detto eh quella fabbrica, la quale veramente
è una delle piii vaghe , che veggafi in Firenze in queftì noftri tempi •
Soggiungo folo, per fodisEiie a' curiofi d* antichità, cofa da me in altro
hxopì narrata» cioè: che del mele di Settembre del itf}}. nel cavarG certe
fimdamenta per la nuova Chiefa, dico da mezzo in giù verfo la piazza,
da man deftra entrando # cioè da quella parte che confina colb viai fi tro*
varono più pezzi di marmi bianchi lavorati t un butto d'antica ftaioa fen*
:n tefta» più medaglie di bronzo dì Traiano e di Tiberio, e gran quan»
tità d'ofla^ di morti . Tornando ora al Silvani* per lo Cardine Carlo de*
Medici i^cctnpi operò egli molto nel Cafino da S« Marcot ove fece uà
bel
\
aHERAÈùO StlVANL 9$
bel riicóntro di ctmere e 1 dàrdhio » e ne accrebbe il Alone . Con fttf^
difegiio fece la caia del Marcnefe Guicciardini, riduccndo il vecchio aU&
moderna forma , e vi cavò una bella Scala ; <e fa fua architettura la Capi»
pfclla di S. Croce, fatta per Lorenco Calderini.
Correva l' anno 1 6%i. quando i Monaci di Ceftello concederò l' àntà*
co loro Monaftero, nella via detta in Pinti, alle Monache di Santa Maria
degli Angioli, che per avanti davano ih Borgo San Fridiano, Convcintft
loro antico, ove viflè e morì la Santa Madre Maria Maddalena de' Panie
Monaca di loro Ordine Carmelitano, come altrove più diffufamente fi
trova da noi edere dato ibritto . Ciò fu appunto che ne era Abate Doti
Salvadore Silvani , fratello del noftro artefice; onde di \\ a non molto ytìr.
kndo i Monaci ridurre a comodo di loro infHtuto il Convento delle Mo^
nache, avuto in contraccambio, toccò al Silvani ad efierne l'architetto •
Quelli 1 non oftante la quantità e qualità de'.fiti, che per edèr d' antica
ftruttura, ed al tutto diverlk da quello che alle codumanze de' Monaci
abbifognava., s* adattò cosi bene, che par veramente che tutto da Atto di
pianta . E nel dar luogo al primo Chiofiro,. operò che appunto lòtto V atf»
co di mezzo (giacche altro luogo non £e gli poteva comodamente ad#*
gnare ) reftade il uozzo detto della Santa, alle cui acque concorrotì molti
per divozione . Tutto il Monaftero riordinò é di fcale e di fale, di cucir
ne, di doppia forefteria» di chiodri con beli' ornato: e fopra ordinò un
bel dormentorio di quaranta braccia . Né debbo lafciare di raccontare »
che nel luogo appunto predo alle campane, ove fu la cella di Santa Ma»
ria Maddalena , nel miglior modo che fu podibile , operò che redade una
camera, che oggi in memoria di lei è ridotta a Cajipella. Cedata la pe£U^.
lenza del 1^32. i Fratelli della Venerabil Compagnia delle Stimate t che fi
nigunano fotto le volte dì S. Lorenzo, ricordevoli deir alto favore, ottenti^.
to allora dalla nodra città per interceffionè della gran Madre di Dio» dopo
la folenne traslazione fattali dellafua facra Immagine dell* Impruitetatlud*
^, ov' ella fi reverifce , per miglia lèi in circa didante dalla medefima citte »
ricondotta dipoi con pompa folenne; ricordevoli, dico, di tal grazi^«
deliberarono di fare a proprie fpefe una bella loggia davanti a quella Chié«
fa: ed avutone difcorio col Silvani, egli non folo diede apjprovazioneAl
loro fanto penfiero, ma quel che è più, a'offerfe egli ad euerne Tarchi^.
tetto , fenz alcuna mercole pretendere di fua fiitica ed adidenza : e coa|
diedefi adempimento alla refoluzione de* buoni Fratelli , e con difegna
del Silvani fecefi la bella loggia che è nota • Volle V erudito Giovamba*
ttda Strozzi, tuttoché privo della luce Aeg)ì occhi, far la facciata di fot
cafa da S. Trinità , quella ove oggi vediamo il terrazzino : ed a tal fine
diede ordine al Silvani di farne il modello. Gherardo, a cui lo Str<»zi
fpiegò fuo concetto e defidetio , condotto che ebbe il modello a fua fine;
portoUo a quel virtuofo: il quale lion potendo valerfi delle pupille , (q^^
aisfecefi col tatto, e fecegli dare efecuzione. Era tornato in quel tempo
a Fiienze dalla fua carica di Tefauriere di Romagna Piero Capponi , con
defiderlo di ripofarfi in patria, e intanto metter mano alla fabbrica d* èn
bel Palazzo in viaLai^ per propria abitazione! « Contendo l'opere,; du
^ Q % ^ tuttavia
l^ò Decemti étléMart.l>diISfhK M\ $i q. al i ^20»
totidvia faceva vedefe U Sib^tw^i p»prjé»>iio^elk> 1 4i«^;)f ft 9H
«rabeiiza. C^uefii ttaìno^vii»i%\&u>^)W(tm^W
il ;Caj>fioni; vokvavi p^r ogni :rjibilQ Hit. grtft ^rdJ^ne > H i^Uy^W pKlT' fUMAn
modaifi al Tuo gufto, usò talfi!4fÌBÌfizior.|)»f }n^^ ^*Qùi\A^P ^9K9^4 <4^9A9r
ctetfopi^ iT^granvanopooefl[eroi!bflii4 afouihpfriQQjoa^oaip^citvé oN
4ÌRidi ftanae: go&, cìx^iaii&ìiiii^ltv ì{ìì^
fildl Gentiluomo annojatoflquaaai d^Ha gtand^ ipi& ^ iKl.d^^ ^fcffuo*^
Ile inleW'dl modeUoiC:À^ Psdaeso.edeUab^lUffima fiCciaUijP^^ (M;
èar^ q«imo dair ardritetto cra>fta£o dife^aco: «.cosi refiò HoQf^.f^
oeclij 4>ene eruditi di fcorgare ia efla facoiata jp«a l)eiJa pioppi aìpai.fli
fpayj , di quelle f. che per aUro fi iìurebber potute vederi^; e dalla ^(Ta/Hk
gione nacque ancora, che 1* armefuCEe dataafaris a maaftrpf'/^h&le^^^.
quanto ai f<.ppe e non più . £ cuttociò fia detto, in confrojito d«Ì piùc^c^
patea defiderarfi ìf\ una fabbrica ai nobile e. à bella» quanto ella xiu(cH
perchè per altro ella merita il pregio d' oaa delle più vaghe» più ricche.
#>piii «nagnifiche^ che adornino quella bellilTima contrada. Me(I^.pQÌ
aia no al Modello del Palazzo in via di 5« Gallo, che ha riu(cica in viatUar-^
^a ,• p9# Agnolo, Zaiiobi , Mamnaonio e Ottavio di Niccolò Ca(|«:irit
ricoh^dimt negoziatiti Fiorentini , ed^ alla bella facciata del medaliiaQ .
Ii\quòfto incontrò il Silvani la ftefik fortuna, che in quello dal Capponi»
tfOhciofuflèoofàchè i^Caftelli, che prima di darne l'ordina a lui» parte con
próm'ìb Concetto, porte col configlio di periona di non tan^. valore in.
9ft'^arti, avevana.ftabìUti alcuni penfien^ e data lor^i anche qualche: elio-
li^né r ^uron cagione che' il noftco artefice , jper ridurre il tutto, al bel
concètto Tua, disfaca^^ e'flaoae é volte» echeluiTeneceffitato a 9Q^,v»9r
ìh-àé tffii fiticoioe difpendiofb Uvora;'e contuttoché gli ^riibaognaflè
Isacco modarO' talvolta al gófto e alia volontà de* Padroni; quel Paiazao»
<i^rt4cd)armente la fatioiata'» a gran ragione è ftimata oggi urtO da^pia
va^tò e ^nobili edificj, che da altri gentiluomini lìano ftaci fatti in Firenze
nel pfefenee fecolo . Cd è da faperfi,che l'aimo j 658. per morte d'Agno*
loit il Qbaggiofe de' fratelli , che fu il penultimo a morire, per fuo cella»
ménfd. pervenne ne^ fuot univerfali 'eredi, cioè T Abate Franerò • Ora*»
SRò , pòi Sénatoìre Fiorentino /Abate Giovanfilippo^ poi Sfegrecario di (lato
del Sèreniffimo Granduca» e unico Segretario dello Stato di Siena, Giu^
ft^pte^anch* elio poi Senatore , Jacopo e Vincenzio Canonico della Gat«
cedrale» tutti figliuoli d' Aleflandro Marucelli : pervenne » dico, ineflì pex
metà è per indivifo coU'altra matàrcàa,per la morte d'Ottavio poi Tulti*
tho defunto de* Caftelli nel mefi; di Novembre dello fteflo Anno 1^5 8. ven*
Ite nel Cavaliere Pierfrancefco CafielU, injordine al noftro Statuto, efdu-
dente le fenlmine^ in favora dagli agnati: col quale eflendo i Maruoelli.
veimi alle divife di effii eredità, per mezzo di due gentiluomini Cioren*
fini,' toccò .loro tutto il Palazzo, per via della forte* che viii adppe*
iòf il <|Qale daefG ortifentemente fi abita, ed in qualche parte è Aato an«
che accrefciuto • Fece anche il Silvani il dilcgnó per la facciata dalia caia
del Bartorellt in via LArga» di fecile e non molto di(pendio&>. [componi»'
dkhtoi «/tale^inibiàma» quale lo volley potò efeqvireil Padrone t . . .
^' . L'an-
'^
'L'^guta ««f S/ ir «fipUdè 4rt «n «ten fiUiciM per G4>Wi4l4if
^òfiiftòr RkeiéflU M4<cMtdì CIÌìiA9Ì'e fthrtlto» in ni^lorJupg» ^»U
' '*" innò-i ffledefltei due àftiMcoaian gdMidt,«fiBawfi^<e|r{iiyiOik
' Slivajni éitift «ti ngcv Pillèa» oMi varj a . odbui «pptrctipuum f
tHbòntrl di ftaitòe . Divwici «I Pìnluaa «peife um Aìanwcn^ fier .Tfglvm
e |>er-coìiiòdità del ngfim delie Cirrosae< perdi dietro ordinò il peMiWt
ipo j^aidino die .è noco, ricco oggi> non pace .pei! It aolnle ffmtimiii'f
tipSnt^é f ^oiAto pel ceforo ^ fino e Inumerò di . dqgeacodieà »t« j^^m
ìiinià, ti 'Ibi tM^rèfiginedi nitnao^-'deir>antiichà^nié octin»a imnilt»
Grecare Rdriiitaai èfeiV^ i «(tiadffì di<«iMo diirinonuci piaòri«clie «^r
nanbiè flàrtse del pikkaé: «d tticttuon-nuinèeo 4* iofiuNtionl ; /ch^ mt
lò più' ibpùterali Gradite* e Aóweiio, • UeUé ^lii Id iiMir»gtto del «erf i^ «
ve j^ònb tvobHirattite t^ittf^r^^ >CMh<ccefcendo>il noftró wrmè^t aonnip
re Yppi^ffi» de'f «di' eOnoìtMéìni yl|ia.*Éiei)dè»du teeniffini » nf 1 oon^ec»
to dì molto nfiorolb ,- {» KenÉb «6|d. di mocoproiiriò del Griodfct F^f^
diittnite 11,; di feqiAre'gliivkjrttiooiklahMvdieimtCtaD Aaacbtftcìpdeil' g^
:(a della CMed^kftf,'«it4fa^04ieldeiianOjOi«li» FMgi» dm mora il dì f«.
t^iuffno f6is: étìè fé 4i tèaipo-^elr>^ior«edioere fiàscio idei. Tov^gJlMi
CofitlciftòlA taf^irtiaì .folle ^n «|gRi>r«i>indoftrnb>ppltcarc-«l fìómt»
rdffie^to ^o ' OMO' di; ni |tttn filtmai iàcHUCkMktb CnpoÌ«: f)è jmA»
la tate iìiar dlligenisà i perchè ^i tf«Mie in «ogàizieiiie- d*ii» eocei^o^di^
Tordfnfe, ehb.^rtnngo coHod'Mmièn &to diffimideco» npfi'fen^ jvmi
itiiiaintÀiìte'' jpètieètfO'di'pitftorìMi lin gìoÌDD Jqnkte: iftniMr noviti; p, «4*
gf» iVìdfei^Mttto kfOÀiMOtfteiiie <bpra>leitoiC94cUe'MVéie, U^^t.ximmi
m thàHft e*takftuiòli Iri-tifl iooBO» •finocaU'ttltena.dt nove bMoeit^ mepr
zó; i ^^tdfté'df €à4tfr'^nÓHiìoidietÌM9e(accè le c«cene>di caftwno . ^
tehéV«/io tifate' le ttdtmiFò oatiae di^frarov ohe .dageiio U Ckiefa;. «d
ìKraiifitéfciatidio'per H>ebeedeiReipeA>r cpnifrckl jiiic«o,ÌU4ipp«ie due ceffr
h6 di' gttacrro afreoni ^èi vecfi>^^$.Giovanm . Qmdì iè ,. che iktco de t<7i4
tàntmévdit tM cMiifogiMira » oteinné» die fiiffikjooiko vit dl£g^.]»llo
Volte Vjti^ 'cificè^ ed ordinavo a(|»i-Hiornéfe a fitte.UI»ella.«^i>#diu;à/di
legnapie di (Afttg^o, dir«|jK4liotibi^}au]iMÌeritffd«oftÌ9gMnor?<e «tir
lìtfitna ; Né •è'pb(Bbile*gm*^9mnu^éìBcé^^i^^ -^4
tSéttù ^tòtiSm il ftM>fin«( oMciofadctfofiiciiè ai dover i&arKac& nwl^
Vòlte dal gran ^^vy$ ffWfggaM^ndSé l^4npiidkaiaento.del gran rìgogl io àfiiie ipflp
'deìSinè, a cagidnedel qui», dlAeiKfllinà cb(k faH |Hieffri.adKti)ire'p«r
nOdainehte'^ akMtoi alle*la>ro'«ianipokMiione. f eoe Uneof ai ìn-^uel iuor
atf^fi'di^ale eooMldlflinie perdei ;neoBfl'aria faceenda, Trov^
„ . oi«>elMe4*faéc(MadeMi>GfÌJ«ra^ <perio peneiU iverfo la via del Cor
coajfro» irt-t«cn^'elnM«iweMto«nnid<K>o'la fiAedificaa^^ p per di^
i^tò di iiiétó b pk ««^io^éi vftiMlMieiim traverà tfofniaciato a far quaklw
taoXQi t già fcoraevtli una pendenza dalla fonunicà fuori del piombo , di
•-• '-v- .'.V. ■ • ■.-. ... G.| ■ ....... - c^Tca
.' ■ ' ' 'M.'i" ;"i ' f" ■ ■ ■■'■. n ì'. . ■ i I ■
\
«<» DetenàiLiS^dMrt.i:MS^^
ìmbiiòyiix^iW^^ 9H?tA fincate?
4iiiitikili.^ ficcoiÉcfiriitièlfoJà più ioèglii ii fiiC^nbni di j{df irfi^ychj; S4i^^
là'j^rrtiGiìpda^ ì qoaU pure uvMacOoj;abiliiwoce<{»ticoic Non ^^
^IV^^dètléFaltCMnar^d affaire, alcuoì4i/f^^
«[lìèii^^c^o poffiede'^ «d àncfirai^èiMÌo^gK^ftat^.ditttó fr^^^ yaJlcjv
rfidmimditk-proftffiooe "" " " " " ' ^ ^ i^*^' - j^^
«ètIàfaàHtU dìS^niidQ
4ll«#«filiét(i)'rc^^
lÉièfìtp «ppònav^: aJiariCfaierai» oonduiS^lo^ cpQ ììq4$ì idie^rJmteficknui/^
ìttdcto %hiè -dktoio: ifWMÌSft»J&o^i(iÌ>.fkiiqli^ .in:r<aù aoi»giùi>tura ;alfnina
lRÌèil£Ì€»f\é di i|tt9gii • eoe iava^tbiJt Jubi^dl^Silioi jeoipì;i>irQno invitati
^{:<krl ì-'Mè^ primii conyìéfiQ ilciiiiii(Cf9f« (Urf^4<il polto^ in c^ i" antica
ficdaca tM^à^fi iadc€taamtoij^B4^^qi^^nd0r^ Alzavafi
nlla d "^^ ' " ■
Ai^ '^GomitictoVatC^t-pirifltoiotdi fcalere
^oi'figK-ai^hi iicisti ÌdetìB;iiiiietiii^tfipQr«^ dà ijiiti^v pa^ ffrg^vj^np éd^
«rehPàdlfci » 'chpierniinày4na:in Jbal^ alcept». • ^ qi^B^ 4H)c^pavA il Tét
4dènd'ordi«ta»^e era kfiaiba/^ àìk.(j(0tica., «tutto pi«iw;4f ftMue di óiar«
«iòV Sòl^ì-a <]«ea' cvdtoé è^ lòrg^ il terzo ed ulcjiup ordine t che cer^
tnntfvaapbiinao fotto i dsrtttoÈcfak làtefaU:.^ quefio^,per.]a pucéUi vèrf^
là tia deVMaroelK, luià traidel tjii[|Oiiinif:iK>» P^np»nj^ovi:pai$^'/dfsll^
«^roftactafìi e draacodeUa.'éasàtonata^ eia .cprniQq^pjBr :guai>có (énevalajpqr^
té cK Meieao.- ilTimanente » iÌQo> atU.femqùiià die .profpetcpV.^rii j^iìctf
teùnglia roaaa ; come; fi ?ede al pie&nfle {è) ; Qelle^varì^ (latue gf^^ é pie*
càie che Padomavandt e'dei.JupgQchfi a ^^i^ch^^upai^ujdattiìc^ dif
véaio -ale una oafa:» rimettendoci a quitnto da ti%fi\ ^^0(ÌcM}p, ; Fece
Édonqtte il Silvani il fuò modellò » componendo^Ot di d4e ^fimìt} ^ nejr
4- efiremkàf daziati intefe dì fare due totidi pilaftri a fiqiggia dixam^hili^
ìion fole "per cemiinedèll'crdineGotioo» coivrcjie^ ^ inpi^ftata al di fuori
tutkala Chieia» maicaiandìo per non difcoftasfi^^) ^i fdbito.dal ijè'ccbioV
teflèrtdo dipòiftatl inijqiiipi tempi tutti i.inodeUi.»; cioè a dire quello dei
tft di metto;; odo tf Bernardo Bontakatti di srci«ordini» ia quel dt mezzo
Attidp: .quello dt Gio. Antonio Uoliq » modella piccalo d* uà fòlò ordine
yrificipate'. efopra.r aiuta del fecondo; quello negli Acondeim^ii diel Dif
legno di due «ordini i e con* quello dijpiìijche tadorna .1*, ajpsaiia della navac^
di mezzo% come fopra; quello, di. I>oa Giovanni^d^' M^dic^^ d' ^n fólò
ordine > con qwl di più che adorna detta ab^aita; quello dei CigóH ^' un
••-'''• ••.-.•:->!::'. -:-i .. ".' ..-.'' '» , . ..; ; .. '' ^^
la] ^^^^0 lOSj.perle Reati Nozt^ ÒetSereniJs. Gran Principe Ffr^nando colla Serr^
nifs.ViolontVlBèairTciWBav^ {a^nahtrm
fiata ricominciata dì ftiatini t , ffa tutta intonatMt a élìfòita'éfrmè , m»f ùggì^fivifdfp
Cb] U facciata del Daom aaiifafi^edf taàas hmiiNk uHÓkiafindiSMMariQ.
* ^ m^ ■^ * t^nf • \^
hin étréa tfd ac^ttéfttUdt;efinaliiRniéuiladifif6eio 4el BitQ!OQ>,, ep^
oòV dico; (tati ctittr'^ueCfì modeUi n|éft fin di' loro j» contnllo* dop%
fonM difcttflìòné, ft qodlo 4di SUramt» ed^ qiMlIo. «liittsì /cbgU Àoccaaof
mìadéVDWef^no (ogni altrò^hifo) fa «iwecct 1' «lezione < ézfuQl
òuan^ èhé nàt fi doveffe 'por mino a qml kréco < -Oad^ ^iHos» fin ^
Qninduea ordinato , che in tal célb « dair uno e dall'' aloq fi /pigìiafl^
le parti ml^iori, e che il Siifani:flié dofeOè eftse ilydifppnit^^t e ^
diciamo * noti ottante tncco qtidlo. ohe 'da alcn fin qttl & ùaf9 fcrfut^,
£d è da ^pei^il come offendo dopo' «Ipun teiapo fiato decermifltco -di 4^
princìpio a -quella libbridi; nefia aHi . «2. d' Ottobre 'xtf3tf.pofta4a|>rìgai
piècra,dopo fa télébnzhmèddla Mefli^dettorSpirìto Saoto»^ Monl4B.^abli^
ti Canonico della Cattedrale i e Vicario ddlo* alloca Ardvefcovo l!4ic€alinik
. Tornando ora a ripigliare il filovdeirifi(HÌa> era l'anno 1(^37. atMnr
^o il Silvani éi clnamato 'dall'Abate NiccoUfti a -Valloaibrofii* e ^efi
un 1>él tnddeiló per icctefiàoiento dèllf ^ociatadella Chie&; riordinò li
abit&eioni de' Monéc», «rvi accrebbe utia Forefteiàa « ^DI> Doroienttvk»*
iriquadrò'Ja bella pràierfa"» ed altri lavori fecàvi.per oomodo e vaghenatik
Circa qiiei 'roedefiìmi tèmpi fir mandftoalSacro Monte] dftllaVernu» do«
Ve per 16 Murchete- Niccolioi ornò fa CéppèHa* nella quale allora fu dat
to laogo alIe'Sàhtè Rétiaufe , iopérà dégóiffima è tlii^ienaioifl per Iq pffj9v^
Vèdiiiliencò chttu ilébeibrió ArS ih padfe lontano^ e £no dalrifleffa cifiè'
di'Firàiceyìte'm2iràii,''iilàéflrainseì ed'og^-.dtra colà delle, moke di*
nòh^ooteVanóaverfi in crtièl luogo. Reflaurò il CoOiveni^o: «diede nm«p
dio «Iriifimìiìéncie ^icoio di jfdvhir che ap^f iVa ii«i campanile . Ciùg^
ÀiAtbaTratò ó'él ttf^d: ^idaflè s ben' e0erc ii Pt^aliiferlo ddla
CKiefa; che e avanti l'Ahar mndèv totrò di belliffiìiii mariiii . In Fi^*
renze pef lo Setiàtote Ttomméfo'Gtsidagni fece più- modelli pel fuo Bn
króo' diètro alla '^^unsìatt, quantunque non io edifioafle di pianta: iio«
eòme ancora per varie reftiàrascotii dei beltiffimo Monafliero de* Mpnacii;
degìl' Angeli de'PadrfOinaldblèfi'f e p« lo Concento di Sun Domenico'
(SBFieiblé de' Padri Predtéatori: e dir più riordinò ancftfa mokecofe xxìl
Pèrazzo è giardino dèrMkdhéfe Corfi^^^ Prato. ,:
rOccorfein Firenze caibt che mohd travagliò il Pubblico:, e il Privato : f
fU» che per (Idanto tiene tutto il Quartieredi Santa Croce, avevano T acque
Ibnerratìee sì &daménté occupatele cafe» che noli (blo eranfene piene te
cantinèii àìàagranpeha'rendeanfi'abitabiU i piani terreni delle medefime^
Alche Volendo |a' KiOpre (bllecìtà provvidenza del Serenifliino Grandma
Ferdinando It* porger ridiedio, deputò iopra; tale fiKxenda alcuni Genti^
luòmihi e 'cinque ingegneri: è ouefti furono v il Pa(fignàm « il Parigit^
il Nigetti. ìI^BaitoIotf i , ed il noftro Silva'hi: t quali riconofciuto lo fta^
to dellècofe'» b bea pénAtòu 'quanto occorreflef» dovefiero tròvarfi infie<r
me davanti, a i Deputati; coiràllUlenza del Senatore Cofimo da CaCtiglioW
net allora Provv^itòre del Masiftrato^deUaParte: e (quiyi eCpofti i pro^
prj'^reri; difcttjrnr&lo^a: di oK ammenda «per dpvécfi poi/queUo nX^r
geróV ohe foffaiptrucopià «oafvefiiettte>4ri)AUiii9i^ ,7m 4Wfli P^réji
• * '*"- . ^ ^ ■ . .. . G4 iene ^
\
1^^'ive ¥è ià ètri» 4in» diài MI^|ffioa«(cai«è(;))CÌir i>49«fi9B(9 .._, , ^
pbi^mtnm^ fwAdcrarllBJcaiiclMB «rà«iiifisiM> Miiil Si|««AflMit>4i>MÌR9l
che^fi éevcflé ^Sft «fbgo^t '(fàeiri«cgQCi;ìj|»n(£vfiuticfa0n9iic*iKn
arante' SI ^ttaP%»itt(Rè ègM iilfibufeaia iJih» intici IMeqw^ft^gNAMt 9l9r if)^
«rtieFla^iinm fMul' dtifeaèiltÀ , «vafcebheio>;pMf4 iqpMUOi v.«i, ìt,ù^<^,u^
ffri&ièlcrìiin ^t>i «iti ; 'il «laetfiaio «(>Uj6ymiW}rMfò,iià mf^, «h* «pV^fi
wìiHzi ; 'peithè <rdAiH»io coek4)eneitlifi»tttf0 l'iia^MdfflMHrMVtt'fiM;!/^
)p6i^iieoefl[hfIo 4t- ili#e kiogfMe ÌJiaidiléfiÉiì; pcMbi}|K)r<iMiib;iiue ^t«» Co9(Otd
phno del «Dgfioittt ^«r poMmeoMoe «cqito. il» ìmmbiA» Jfygsiift fiwi
Ìrmcìpìó'tieindKo 4«l- Gméigni »oohe .èifmliè tmiira di^f ìvi^f^'^ì verfo
i Fort» «Ntt- Croce «'e'liC<mseMOJ«Wle 'Mdiiifllie a^ì ^S«i|tr:AfÌ4!r<lg|Q^
lj^indi'^if)Olti-ft>V<h:fe t^^onentt » {ÉaffimttodSoMCikaetfiSinceiwfefiitmicq^ #4
t€o Convegno i 't ^)c«ndtio«(t fuUs/pMMotit.q ìfi^à .inigè^fier ji^ fismc^i^*
AntrVià'dé* P<ttitol(nl, per MalbbrghèKo;, ti* SilifJrirM>««foo r iffriUqf^^
éti gilliltrcKélè Roffi «ucci»éliCoiMtMKOr^'Fr«cMtiS«B<%,Cr(H;ÌEt»4i^
de^vt nella v}tf, 6veifonoieQr^:Aiiò«e:jpaliàt»ÀDiipoirf£)jf^>,piil^' f^toiff
e I* calti de* Scc«h<«^rfi^S«tUiiAArtiaraBMe>ii{^lu)lQ:^t«(ipia».b^l^^
Ifoifiainer d»i)aetb'ptn«'cfae2n(&'^ttfBia:dùjiiA)4A:Ar0p. ^I«Ì fiip;prin"
%iìl)io>'U'fuft>più «i» pirte, «ioè'Uiù(«rick><billai«0HH»':m:>9;JU,eHÌ^^
tie fihoàlÌo«l»«<^r«1nAraftidoyefttKow in f^u^òài^vlà^\^%nWfP'MVf^*
iM'fiiàlairglieanà èdVe Vreccb» e'l!«k«!«a.<dfai imfMB liViia^wiDo . :^.^
eùfitio «Ut Mtto tioeve acqiiajdA>tifv tlirafiiiiiie'fogii^net/cKi ^-iUb n(i|}<*
«Apianèli^ «reo dette ^lilonache di SeiM»ÙBGdMiU»tpftAMMto 4:ier J« $fa4«
lo^fó 11:gÌardiiiO'ile''8ignori<Gtbbvrci. bFii ^fA-nottMe. elw.nel 49^
VtrO U-fmTain yiaPèncolini, iibn'jnDlcò'<-kingid8S«nt^AffbrQgip« fitro»
V'Jtono , 'fr* lo Iptfk» di < cento braoctain •oro», qwtcropolw fd'.vt^JW
Iffllpidifllna, Il éhc-^ede ocafioócrdi&rfi ddabvttQif M MfifJiKffo ricsi^
Etto alle cafe nuove,'4sfio per l'iArce^dellaiLlaa.'e 'r«kno;pervJ'#rxe^|^
tisi r « coti ^acqua ,(tlie era deftirfac» iaiyar««rfi;ÌRuiififilitfiiaicrvcet»l iiume »
fa'£ittfl dfvetfire-foo corto all' ufodi^e' lawaMM :;da* a««Hrpoi^ rtcondti^
ibefi neUaf'Mifi^ foglie « la q^aleappimco iii/iiil'camodelFtifc:iii»df.Ue c«ft
nuove» f« li rìpiglta-^ la craporti m> A'rno^per.uoa .bpe«a.<> alta- ^aie. tu
tòròmodaca- «ma caccracca eoa tale- «rufiiio« «fte?t|uaadoik.t>ì«Qe.gjr<»d44
IrrnlhnM'fifid « leticarla, ella da per te ilc^'fichittdei:<tÀ rf paco4dle 'cp«*
remi v' aéciocdiè per'eiitror.jl' fognane, non <aa|indìtio< belletta « rena:
ié qttali iltfrrMti poi ce(bte, il'acqt».ftc(Bi!cfM pone il fQ^o9e><Mirn«
liil apiifre la «aMffikca .'^Ma gà(fiMao!ponMei'dall')Qfdiae'd«lla4orii' e, ^Hh
ornare il^MftilKiAo atf^ìdente dem:ro««na{deipMue'jdi Pi(à, pflIVip^i-
' fioné •deli#,^al« toccò alSilwàiitcfiurcfaleiÉta!céra^«JMppÌ«6 adunque, cò-
llie Urto' 1ti|nHd) i6$$, il (ponte <f)^diiDridi C*iiàv?eh«)fft n& m^ph,A% 9f9*
«d <SattUMiCOiti^ttt«aitiMtt>^GOiaeiMdtoet larHiiànìiiiH ttrw» di 4iii.,
poiU
<- • • ,■* •
iGMSnAÈBO UlVANh lof
Kgna di (lactaeMoi: a.oBgknB' cnjeket^rtfi Avmo.fier bcn« d» «Jù allóq^.
•KM k«oiitt ddie:i£ibbmc|lc:^ H fateakiimiMftiincoii)o.jule:]9l0f per ant
tg»cciatc kà cagfooÉ di iiiUmovkà, :coa iShc er«nii fcopipfw attorno Wìf:
aedofime dciiw cajricadi : .e jioa iqMico ciuittl|e 4i IMoere» due qu^ft^»
AQD foto <^<MfieE0iav«Mr d«u caufii. a qualolie ^ iQavMApnto Che andtv» Wri
wndo. 4«eiir;edifisio?{ imtL a elione delle 0icd«fiflie • ivSk à» ì»v^j^ì9^.
tempi» arn mele <iiiaggtafe • hh comeocàèiiegU .è Jt»lt(9 ;Wlcbe de^ più priir
denti iì mahoA in quefli cifi tfiroltare il parece di .ittpijti .: ;e ,pq€hi Xoiio ^^
laro peto iicdinaeio ^^jciie ^ilmoEite s' indupano a credere il pqgg^^W» «li
«bfiijanflò f«r modo. >cbe ti f«fttifmoto dcVpiù cadde .Coprii la miglior ff/i^
«Btxioèiaidin» ohe capito queir appacemeoioviiseiiiot quanto. le jnco»
amicìtttfr orakadi^mttoriio alle pileiiMmiiiflecco(ìi.daiai;i9«iiC«fo. ÌSpP^I^Ìt
S'onfe incnatD r^inverno deHo fieilo aniio i<^)5*^e oon^dro il cr4eCciiQiBn^
Jl'agqpttcdaqqekltiMnc » ele^p^nechenfuron grandtfiiiQe \ onde lìagipriui
pipffiaalleweii(imeoce».trovandc£ tn.uiia dàlie i]uattroi>Mteghe,cb« pQ^a*
4ttfioìljoqKmiqtteA«poote» ttn.muracofe in atto di mettiefiein. piano
qualunque voi^i eglijv'.aGCOttiodiya liftpia rarchipempto, calzando or quii
onlà la piecca4>ari ridurre al .fuo piano» troirava.che la oiedefifiu daqi]t^
m^ce-del ponte» che) poi rovinò» fempre tornava più baila. Ei^ fo(ie qoh
mii un diiColiHro» che iffleco^dava il patti e di chi jteneva la pretta iro.yin%
a?;ctrcoftaitftixgridaado fotte. i^fuggiamoci^ fuggìtim9ci,tutci»^ch«;il poi
spwina • AlMTQnfi alloca le jr idadella gente ^per mòdo t, ohe/iom. pure ^
uomini. di quella bottega» ma eziandio delluicre tmce» <d qgni pe(fon/|
deillejQQltittme* che in. queir ora ^aa.folite Jturli o .camminare fopra^ i|
ponte» fi^meOe. in ioga . ^ iodi, a poco fentiffi un grande (cheggviie di pie^
tre» Qnehè:allentate le pUe»*epertili gU archi con uno (Irepito tale» ch4
luanii può^ddlrivefe» cadde quella graa macchina^ UXii^ peròxhe.alcii';
no^uoflux pende . Qu^l Cuflè il serrow.idèU% Città.per t^tca la^ fopravve»
goente notte » puote ognuno da per fe fleffi> conGderare^ Venuta laim^t-
rina idell' ahro giorno » cosiiociò il popolo ouriofo a porcarfi ;al luògo de)^
kieovina »^e:.flioIti ^vi .furono ( in queflo al certo troppo luale ^vy^^^^
chei^inoltraiìòno molto ih iuUa.eftrìemiGà del, muco drila detta pan^c
tcamontaha; oodeofiiiS» la gransza di qpelpefb.» o<cbe quella banqia
fufle già difpofta a cadere in un tratto » fpiccatofene un gran m^ ^
di repente precipitò nel fiume ». e qàn f«Aòi:giaii\9W9^ff ^^ perfone;
delle quali » .perchè , fui , leflo . d' Arno, eraiifi a.totf i. Ibpi^. '1 piano ^df l«
^acqua alcuAÌj«onfiiciellifiaui delle rovJin^del f>ioQIEe.i fo)p quindici rima^
fera.mofftesii'Alcretuae ofopn^lefiB«idtt0ii|e<,f ovine pja.rnuoto» Ipccorre
poi dalle viciiie}b«riel|e||K« (L ialvaioria. ^»ifio %k\ ca^o» fubito,(ujlal
GranduM^fiidMUiada 11., inc«ilMAQi«<» ^^penfare ti hh^q di rifare nuovo
pome.. P^iytale eftato iuc<m condc^ i}iverG Ingegiieri a rìconofceto
liiiao^ e diw ilofa^tfeii» iiu' «uli jMMWQj|ufi^^^^^
Inge-
X(^6 Decen».Il.Ma^^$XdèlSéc^W,dàli6to.al iCiù,
Ingegnere Veneadana,* che peto 'a fan ib appoggiata qbdt^t^perà. Ifi ìa
f òffe (come in quei tempi tìi ragtoaàfio) che nel vemrne poi al facto, il
Contini incontrai: alcuna grave difficalài in eiegiiirefuo penfiero» oftiffa
per dilgufto prelbfi per caufa di accidenti occcfffigli in qudl' afiare , egli
abbandonò T impreià» e {uirciffi • Eragià l' anno itfi^. quando a càgionia
della partita dei Contini, fi fece iuc^o a ricorxere ad altri Ingej^rài
Fra quefti dunque fu chiamato il Silvani, che portatoli a Pifii» e ricontf^
fcioto il pòftoff fu di parere, che dovefle farC il. nuoTO* ponte, o con una
fola pila o con due. Feoene i modelli, fecondo i quali fi offeriva a darlo
finito in tre anni al più. Fra gli altri, che concorféto.oon lui in dar difi:^
gno di quella gran fabbrica , uno fu Akflandro Bartolotti , il i|Uale più ani'»
mùCù , o vogliamo dire più arriichiato degli altri , propofe di fare il pon^
M » non con due, né tampoco con una fola pila, ma con un arco folo» che*
fefQMajuto di pile» pofauefopra Tuna e l'altra fpalla del fiume; affici^*
' ;uardo deh^ran vano ci
rata la glorui di colitene
i c^uefte promeffe prcfe
ino di quei cittadini, che Cacti cofii fu, eheil Gninducaperdefideripdidar
toro guOo, lafciati da partei toodelli del Silrani, e d* <^tìi altro au'thi^
tetto, in quello confantifie del Barcbiotti, Ma troppo divérfo fu ti finto
d!al bel principio ; concioffiacofachè dopo éflerGcon gran éifpendio daU
If ùna'c dall'altra parte del fiume •demolita graii quantità di caie e hotce^'
ghe,per iftabilire i fianchi dì ai grand' arco» e datcflS mano all'opera, fatU
ta' k difpendrofa centinatiira tutta a forxadi travi rilevate dalfuolo , e fira
disloco incrocicchiate » e nello fpaaiodi due anni finito di murare ilpòm -
tfi ofulTei { cotee fu detto allora dalla piti parte) cte troppo per tempà
tit fuffero Hate tolte via lecendne e ic annadure^ o per lo poco fefto.deU
Tiaìco in sVgran vano (come forfè è più ver ifimUe) o percbi- rimpoifaui
ture aveflero poca piega è o per qual (e ne fufle altra cagrone, la verità fu>
the eirta le otto ore della notte dd dìprtmo di Gennèfodd 1644^ coti
tmo ftrepito , a guifa d' un terremoto > il ponte cadde per la fecoiidr voltai
eifecefi allora sì gran fufurro^ e clamore per la citta i xht. fe. l' avvedutensa '
M la governava allora ]^1 Sereni(à. Granduca non avefie provveduto «
far riporre il Bartolottr, fiatone architetto ,^ra faeìlcofii, comcfidiflèji^
cheecli vi capitafl*e male . Paffiurono pòi piìiannie rìfec<di dinuovo iijpoQK '
tecolie due pi le , il quale ogglirediamo con architettura e afiifbtnaa di Fran« '
€te(co Nave Romano , in tempo che il Silvani già era ventito in età ca^
dente.' •..-.-. . .. ^ . '• - \ . -,
' Troppo lunga' coft ftidibe adeflb il far menzione di tutti i difcgnt
e teodelli, che inun córfodi vita di nofvantaièi anni kct qu^ artefice^
(giacché non mai , anche neirefireofa decrepiteaza , fcapitò egli tanto di
rorase, fche gli mancifle il poter operare) e le infinite ìreftauraajoni- e ri<^
duàióni al moderno di Chiefe e ai Monafter} e di Ville cK nofiri dt<adi<^
ni ; fralle quali fi contano la bella rfHHt del Senatore Barratommeò Ugoli*
ni a SanMartinb àStrada, di cui Giovmni Càccini aveva incominciatm la '
beila fibbfica : quella delliiardiefiB Lotemàà fìoicoafdmi in Vtfdipefai
-^ - di Giù*
QHtnAtDtX MlVàm. 107
4t6ittHaM0rtUi'» c^dol^enltore Jtccjpodellt Ma nohU ftiniglia » e le loro
«flif; di Cìf imv^* il Cafinodel MiMrchf fe: Salviici in, Pinci coii faogiardinox
^ilKubBZo drfiit abitaSHOic in via. del Palagio» da luì f^i{(9 a quella ina«
goaficensf è gr<pdctzft>ph«oggivfMliÌ»m^: la villa del Senàrp^rL^igiAltovicI
alzilo Ait!u»o ; te cala ìi^ Pinp del Priorf Sebaftiano Ximenea i la villa d«l Se*
JiMQf Lòren2o Stròzzi ^ICorno in Va)fdip^(k , e. quelladi Colombaja pteflp
alle Cainpara déUo Aeflb : la cafa di Firenze del^ vaiier del Rpflb con lue
Acciata» e quella eziandìo di Qio. Andrea del RoìTo s quella|della Religione
cdi^ Ste&nìe per li Balldi Firenze.in via M^^io : quelli del Marchefe Vinr^
jMKtto Capponi; il lielliiSoio« Salone della cala de* Oallim via de* Pandolfi^
jaliTt iifgAn Stela del palazzadc' Pqcoì dal canco di via dV Servi s la fkccfi^
-dellacmi^ cercaezino ecappeilade^GianfigUazzi^n^'Amo? T Aitar qMg«-
^'oM.dellaChiefadi S^Felicita, iequalicmcefiibbriclieo alzò da' fondamela
ti oaggrandl .ariduflèall' ufo moderno . Fece inoltre la Chiedi di S. Fran^
Cjsfcodi Paòlafuoci di Firenze traile 4ue Porte di S. Pìergattolini e di $ Fri-*
4iiaii9,<e ^uefta;per fpla carità : e predò fua affiftenza pure cari tati vamentie alle
secminezioheflfiUa Cluela e del Convento de' Frati Agoftiniani fcalzi » chia^
iBuitil «òlgàrtMDte ICeppuecini Neri . l'opra la cofta a S. Giorgio, la qual fabi-
èrica era Ilare incoo^kxtiata dal dv. Bernardo Radi . Tagliole due torri d^
J4agalottt.e Jdaocini (.ove ^leggeuna bella infcrizione, fatta da Francefc»'
*Rondineyì.):.per.far.piazza alla Chiefa^ che fid fegnava di fare col modello
^ Piéaoiia Cortona f da' Padri della Congr^azione dell' Oratorio di S. Fi*^
lipifo Neri da. S* Ftreoze e feq; eQc|i*egli un modello di eJa Chiefa e abica<«
«ione de' Padri. iFuanchecpn fuo4ifcgnoi|icto il campanile di S. Jacopo
Ì0pr\amoi erkChiefeccade'lPadriBMnabiti.al canto alla Cuculia. Re^ur^
nd in0:aaaa di illatceo' Sacchetti la Cnieia di $• Appolljnare . Ma tempo è
oramai di nenire lai fine di. quefta narrazione . Pervenuto adunque che fW
Gherardo ali* eU'di.p) «anni» portò iicafo che ìufle tratto per la Poiefterìe
di Bugiano; ed egli non rifiutò. Portoffi allacarica»che dicefi fufie la pri-^^
ma che egli aveffeintal -genere accettata» e condottala a fine con felicitàir
fu di. ritoroo a Firenze ./Era P Apno Santo derl 1675. e ^lelPetàdeìSilvam
àirJtaranteGmoieflo, quando l^ ^ra;ddli ajvdi Novembre egli s'ammalò per
la pifima volta d! un poco di'todTe ed; alquanto catarro alla gola > fenza però
dar G^p^dr alcun pericolo di vitai tintochè la fera ftefla volle» fecondo il
coftemeiiiorf cenerino' ÌSgliooli: poi mode ragionamento di avere ancom
tieuderìoie* penfiero di riveder la citca.di Roma :- né eflere lontano dal
credere chefufleper venirgli fatto » in compagnia però d'alcuni de' fuoi fi^
gliupli. Antonio il minore» che fedeafi a tavola con lui» cominciò coft
ile ftiietxa a diftoilo da tal penforo ; modbrandogli con vive ragioni , che e
yropipo gran còmodi fua vita»e eopfeguencemente di fua famiglia • (arebbefi
egU apolìeeco a tale refolusioner quando a cagione di fua grave età gli
accadeUe i^uaiche iiniflf o . Con t^i amorevoli parole si bene fi cattivò
Antonio P animo di quel buon vecchio» clie egli ijuafi per tenerezza la»
{rimò; ed in fepno di reciproco amore » yoUe che egli accettafie in dono
I metà di fua vivanda» che in quella f4ura era apjprdlau apppfta pei; Ini •
¥inka la cena appiccd noovo nfioniuBcnto col ngkuolo di cqCi npn fo*
i ... Uta .
/
v
Ió8 Decemn,MiPirt.fM9à.F.MilÌto,aì 1620.
atà étiff dà luì ; ilàéfib in tvl^ àè^&oHii ddè t f Igtitolb fti iSlc^è .jf«ik
thhtf'ìo va in tìitkóilti^, pré^éb'Di&ptc ée: iichh in Antonto; al ^
le {(airevM dtv«d6^1ó-éràiMtM!òÌ^iliViiÌ6>fii Jcagkme di imòrù ci»orà; oa>>
de comnieffii «I un fuo £lnte il jSigllAlr* in Addii Docce fti9 fi paf» pòco
fìiori della ciMéra di M , pet c<lèr« profnto td dgtii bifogno^ ed^l vecchi*
W(i%pvùctMr fofpettb. Feceló «ftii e llon cfim» ancora paAct le cinque
«tfedelii noèté, quando Ghèrardi^ ttfcico di pfer (è fteffé dal fo^o , è ve>
flotbiì fervitore, gli ordinò che ehliinafle i 6|liiioli ^ acciò aH|ndaièso>|Rf
Sacramenti , perche égli già fi morivat etono fecefi com'el; diie'; Rie&«è
i danti Sagramene: poi vdlti^ ad Atitohió^ • tosi gli diflbi Ored> i»«Hi
Ihd^, e ti iafcip tanto, che ben potrai contentarti « mettere- iO:ti!pMb
loetcò, che quando io farò. Ih Plradifo, io pregherò molto Iddio faér
tèi;' petrò ti tòmo a dire , Ra allé|ib e Aon temere. -'DiedesII Is TuiDe^
nèdizipné > ed iminediatamente entrO ìA agonia : e dopò le clnqw ore in
vtreai pladdamence fpirò il giorno delia ftfta di S. Cletaehte Papa e Mìp>
^T^, t' ventitré di HòveffllM<e del detto Aimo Santo 1475 . iqone« pecqmii»
topoi&amo noi immaginare , degna d' un uomo > €he> meliate Tiwjfiiaptt
ì>Ìpérè l)eae. Refturono de' (boi figUÀdt PierfrartoaCèki ^ «he rii|fo^ bMH
*ArchitetVo, il quale pervenuto all' ecà'di refl^dftSiviqve «mi fiUììLootlo
ffifus vita ; Arrigo invano di Broilsi > uobvo m<Hee «ecòricè^nctte cb^ idi
Cuominifteroye molto amico de'poVeri; i) quale pooò avanti al^maggWè
Àac^Io Pférfhncefco • ancora tìSfo morì -e Gamm ilio morto ■ poo» dopo al
iMtdre.- e finalmente Antonio , oggi vivente « di cai ibpré aiibiiraò'par^
ittò- 'FviU Silvani uomo d* òttiAit cottwki, lìoA puAfO inosfasflitr»^ ««di»
^mitfvo { iipfilicati0imo allb eo(e d^* aéé faàr peh le faille «eOòfti«ilil
%i]l«dbgAÌ fatica: «ciò fttceva'piirticdl««mfèmfe inpfeleixÌo<4stlii(9t«a
«Chtéfii-del Duómo^ la quale con ^ch{ò<Ìln»preid«fte(bòftodive'. 1 ;Porci*lfi
^he ^eflb alta vifita della gran fab^)éà<dèMarOtpo)a'euitl.CariitMnf}éJb
-fifen^o le tante e tante (cale, fenfea àvtv con (kt» perlòmitancovirljiò*
9lfardoftu<9ràirruoti , allora Ptorrediceèe^lPOpera ; tGentìlmmo che fate
fiéflà. carità , lì rìdufle quàfi a forfecrh» In qv^^h- uli^iaa £m edkv « condmi»
Ve alcuno in compagnia, acdòpoteflè^^tìHÌo«laifin»iM<4aiiMife«rMÌé
«accidente che gfi potefie oct^i^ei^: e ilkii(« GheMi^o «pèir «ó» noAmii
teftlo alle aònoreroK indtiefte del Btfontfrrbotis eleflfe per filò ieeiqpA^fUi
f n qoeltè vìiìte un muratóre, che fì thiemaVi II !Mérohin»,oonMlla.«if ^^
to mancava per giugnere afl* età di <ien^arini« e #tt «quegli cbetsiftÌM il
"pavimento di elTa Chiefa del Duomo. E veiwefence ^etja òo&^asiofii H
4ne9ere,come quei decrepiti 'uomini fermonttfvano beine fpefi» .'« «aJfiBiri
b^ni'dl quelle tante fcale e trabiecòtii no» finenti •diqtfeliat'elHrdoe
giovanetti di prima lanudne fatto atrrebbci)»; M» qvefto «lon^'CSigie^eirà
ìnarari^ia , ogni quaf vofeafi confilecr ,- theOliefHdo ,- cheJdl Aavira- Hk
))iccoHinmo , e non punto eanlofo o vierberdto,>'ed in appaxensa dibole
anzi che nò, era di si forte eoaspleffieiie, die-avevepor- fue coAtmedi
"fiire ogni dìfttodiporto,e talvolte in fervieio deU^arte^fiitf gite hinghijfli^
lire di replicate miglia:, taneoéhè parare eh' e'' non é poieflfe Oaiararei.
Ma forfè troppo oi fiadio «lliifl^ett- Aelte «otteie <dv ifitfto eneficèj^adc
vogliamo che tanto batti aver detto diiui . JACOPO
f^AffO'JtO }€dltOT. top
• _ .' '«..Il*- i 1 \ : K )»i.^
, NOBÙbS: Lt^Ìl£N£^ .ÌNTAGLIAXÒRE )k : RA\Ì£i ' ^
Difiefol9 ÀixGiuùt Pavigt fionii^my uÈt% i^t^ ^.ì^^ji
[Hfiin9d6;Ik& inMlletto diio bea CQno£:efe .<|timto. ]io(^
\/ìA un. trfimo afibilènl^aiiiuce cklla.vktit > averi snche ivo»
U^cèpef crederei, > che >qitti edebite iì0IIId.»;<1ì cui mì fi>ró
ia p^r p&rUre , dicp JaDopaCaJlot.f chjB.<li nobili ^MtÀotu
lUimo i5s4. ehbefiio.qaulei^Nam1ctciÀAÌjlU>i:en«, lóiàfl^
(alam^nte da ddidecia. d*. apprendere . la bella éftcokà aiello
intaglia a< abitino » ,^lla quale egli orafi torte invaghito &a dapiocolb
fiavanefca ;. 'labiali i ptKfiti e k cuoiadìtfdi ideila pàcectia abicasionei^
^c kittgQ; o^loib. viaggloifijpoaafle jii :RAma: li\à.c^poiQQ gli Cflgioiieì»
xàj fìàravJalia «liiìuuire eiò:che a^me filraecOntataaà^rConadi'Cua ^
tsttti/jrhfibeiid U conobbi cioè» qhieilQift^oCàyfti tipvUndo^in qocUa
4tlKi »t afioè. ^r4ar« adeittpiinanco ;f . fisoi vircaofi .penCerh agi' idccJaieali
4'iuii!/pQff6fa'e ileribito viv«re fi^fogget taife , .firv:bè[ odiailahza:* d'.un^rD<»
fòSutbidthk niierie^ma arce fala^jaco fii poie . Ala per vanire ora. a ^iap
di'iinln.piu minute d^coftanae^dioo^ x:ome circa i|aonoi(ro£..vÌFcr.a
ad. spesava in Jloma iiiilcerto^l^illi^iXcxmaiaiiiu» il; qqalec dall'. umifaefoeU
ftieraiid'iti€a0liare[>fil]bif dixiiq:^^ ,oiiefjifiiv4nfi Dcriognuoo in IqDet
tfóipi» foneacodafncccflitàì,:^ aVBya oa&ifiwco il dìfioaccwafi,
Ì>oi;dt^ quella u£in;;a; :o pure «icato4|feenio'cdb(kiéno idi fipfe pì\i:oafaif%
il a'€ra ndlFu.ad intagliare' in raoies adiappioiaQ ay poca aire^a^ €at^aItaL
profictoè che iioa pocendò riparkrfiftb petiìe ilailb ùi'ihtagiiare.bdie Vii%
venzioni di eofe. devote, teneva altri .che gb fi^ro in ajuto» pagandogli
a giornata . Qm cdftui dunqoe » cba pure età di.nasione Ftaqzfiìe ^ fivcì di
acoonciarfi il gioirà net co Jacopo t iricàgluméo (èmpie ^BiUinoiV ^i^chè.f roi«
vamioiiinjjtajiodijqujicfaevpcatìca.di caie ftruaicnto,:accócgeiidofi»:ciie
mokagh roanpwa per giuog^w a quella uuivèrCriitàdlincBlltgema^iOiwiiil
un/^v»mo clie defidcraflc^d'ioircir perfetto in qax:li'urtis%icccca i .delibero 'di
laftiare la città dt'Rom'a, tpratoixred'io» dalia fìuna»càe. non pure qxpvL
€>per r IcaUa, ttiaeziandip peo: 1' Europa tacca bdrrc^a e) i. Giulio Parìglia
cittadino Fioremi no t Ingegiiere dei Granduca ».ilr:qttjie,.alcre alle belle
opere eh' e' faceva vedere tn dilegna di fue vag^e .e capcicc^ofe JAv^n^.
aioni» oltre alle belle inblKÌct)e: che vfaceva rpa filò, anddelia • ténea
va anche in cafa fua una fiotitilTuiia louoda» fiellaqtide adal^
tramoncani ieggciraed infegparra Are hitetciica' civile emilctate, e-le^a^ac»
tematiche, e dava bei pmcéttld*inveil7Ìdhtdliuacchine'f é diale» » que<
&e fimigliaiici fofe.,Giunw:adjiiu]iie;die..fu a.Firenz& il noftrQ Jacopoit
trova modo xl*Jntr«KfaiTÌc a* fm^eutar (^u^faiictoU : e perchè legU ,erà pdf
in efteriore apparenza, e medao più in |iui:^.fpificoi0 e.«ÌYa^j..fiib1cb^
fi guadagnò V affettQ del maeftroi per modo che egli cominciò ad ìnfe*''
guarii
j f • » »
II t> DecefmJKd^ia^artJ.deìSec;V^
loarli còù grande amore . 1Fra ^i litri moìio rirtùofi e npbQi giovaiU » che
per cagion ói Studio ttàtvtMvànG allora appreflb al Parigi; era Lodovica
Incontri volterrano» che fiato poi in lipigna per negoz) della Cafa Se»
renifliffia', morì agli anni p^ati in carica diSpedalingo di S. Maria Nuova»
Qoefli, dopo avere apprete le mattematiche dal noftro ftmqfiflimo Galileo
Gaidbi > coli' dceafidne che egli leggevate al Sereniffimo Principe Doti Lo*
renzo di Tofcanat al cui fervizio egli allora fi tratteneva «per defiderio
d'apprendereìarchitettura miU»ir^e civile , erafiaccoftato al rarigi . QuelH
fir uno di coloro , che fu fblito d* ammirare la bella indole dei Callot, e
là di lui ^randiflima inclinazione' ad ogni cofa appartenente al difegno:
éfoleva egli medefimo a ote raccontare» che il nrigi oflervando la gran
£iciijtà| ch'egli aveva in difegnare piccole figurine, con un modo però
tmmanierato e aggrottefcato molto , come quegli , che nulla mai aveva
del vero , o delle cofe maefirevolmeme imitate e condotte , e perciò gu«
fiare aflai più di quei primi aborti del proprio ingestio » che fono quelle
fievoli bambocciate e componimenti» che detta loro il capriccio j egli:
ttovava, nel fbggettarfi all' imitaKione del vero, grandi repugnanze: le
quali bene feppe vincere T amore e rafliduitù del Parigi» con perfuifioni^-
die taloi^a fareober potute parere troppoxigoròfe , facendogli fiire fatichC'
ftraordinariflìme in difegno femore fopra'J naturale» onde avvenne» che
ilCallot cominciando !sd abbandonare appoco ap^o quei ivo modo ag«
gtottefeflftò , che ancor fi vedde nelle prime cofe (uè intagliate all'acqua forte
fiiio al itf 1 5.<con invenzioni del Parigi» come a fno luogo fi diri » fi acqui^;
ilafle pòi quella unto maravigliofa maniera in fiir piccole figurine» gruppi»!
é ftoriette piene di tanta varietà e naturalezza» che non è rato fin cui » chi:
dubiti» che egli aflblutamente parlando non fi fia renduto if^uperabile,
: Koi nel parlare che abbiam fiitto di molti celebri Intagliatori a buli-
no' ed alP acqua forte » non fempre ci fiamo incaricati del pefo di notare
àitte le operp loro; perchè eflendo fparfe le carte ufcite da' loro intagli
in grandiflimo numero per lo mondo, non è quafi alcuna perfona> che-
xion« ne abbia » tt non in tutto, almeno in parte , Qualche barlume . Mt
di quelle del noftroOllot non diciamo così; perche contuttoché anche^
elTe in numero» per così dire infinito» fi fiano fparfe per T Europa» con-
tiittòciò talee fiata la preziofità loro, che rariffime volte fé ne fon vedute
ih pùbblico, difendo fiate raccolte ben pretto» e da' profefibri del difegno»*
édaf dilettanti» e ferrate» come noi dir fogliamo» a fette chiavi» neMoro:
^bluetti» e come tante gioje cónfervate'. Rifolviamo perunto e voglia-'
mo» per quanto a noi farà pofiibile» hxt in quefto luogo ciò, che non è
e noftn cognizione» che fin qui fia fiato fatto da niono, dico fer di tutto
menzione: e '*--— --^ *-■ "-*- ^^ ^^t^^^n z^. •-• :- £.. .\ ^i.^
ogni amatore di ciuefta bell'arte » affine di condurfene
^oftì far procaccio di quelle che gli inancaflèro .
Diremo
34€0^(> VAILOT. M
^ . Diremo ;ia pnnfp loogqi cf^Jt veama dtl Callot da Roma a Ftffa^
}»i ccediamo isìQi^icauaiente che fufle circa Tanno lì^ix. efleiido egli in
j^tidi i8. anni» vedendoci una carta di fuoinuglio. in mezzp fogìlo reale^
ove in figure di più di mesFp palmo è una ftoria, che alla maniera feaif*
)()ra invenzione dello Stradano; ^^e vi fi Ccòrge noftro SignoreGesùCriftQ>
moftrato da Filato al Po{>ólo9 che grida crucifige : nella quale vedeà qual*
che franchezza e buon rigirar di bulino» coniarle di tette» tocche d'aflai
buon gufto» ficchè a chi la vede n^n fembrainverinmile» che egli poi «
dopo avere, attefo di proppjSio al dif(q(no ed all' intaglio appreflbal Par
rigi , faceffe Quella eran riufcita ^ che a tutti è nota. Quefta Immagino
fece egli ad iitanza del P.^Fra Già Maria Barelli Servita » il quale la dedicò
a Francefcodi Martino Spigliaci genciluomo piiflìmo» difcendente da quel
Kigi di Spigliato» nel CUI governo di Gon£iloniere nel 1314. ( conio u ha
da quel noitro Cronifta [a] ) fecerfi beile provvifìdni a benefizio di nottrà
patria e Dominio. Leggpnfi focto V Immagine gli appreflb notati yerfi:
S^dfHrii immiti nimtMm f Jer^ turbàt tu^Uuì
Ecce HmQf fid geni ior cui DtiUyipft; Dco.
Sl^idve fiiis lur^ùs imhrcs , beu!f£va crucis
\ ^ \S$iOulaffif9rdcsMnaLv0repffitflì
E vi fono le parple Ja: CaDot . P. Dopo l'anno 1 (5 1 3 dpyecte egli dàrfi tutto
allo ftudio deiU Profpectiva* deir Architettura» del Drfegno» e dell' m*
tagliare air acqua forte; giacché non veggiamofue opere fino al l^^S» oe^
qu4Ì tempo euendo venuto in Firenze il Serenifs. Principe d'Urbino; pes-
cui onorare» il Granduca Cofimoll. alla nobiicà Fiorentina » con invenzio^»
ni e difegno del Parigi » fece fare fopra la piazza di S. Croce la Fefla » chia-
mata la Guerra d'Amore »e(rendo quefia riufcita bella oltre ogni credere » fo
fatta intagliare air acqua fono dal noftro Jacopo» il quale iu diverfe carte
fece vedere la bella moftra della Fetta « Eranvi alcune com par fé di carri, di
cavalieri » foldìiti ed altri : il bel carro d' Amore » che comparve circondato
da una nuvola, la quale pattando per lo mezzo de^combattenti» in un mo-
mento s' aperfe , e fece vedere il foglio d' Amore colla fua corte » men«
tre quegli fece dar fine al couìbattimento » ed invitò i cavalieri al ^allos
il carro del Monte Parnafo colle Mufc e Pallade» tutte aflife all' ooibra
dèlia Rovere » infe^na di quel Principe » e gran quantità di letterati (^) fparfi
pel Monte» affittiti dalla Fama» ed era quetto carro accompagnato da cen»
fettanta a piedi ; il carro del^Sole » fopra 4 quale Atlante reggeva il glo*
bo folate ove rifede va il Sole. Eranvi t dodici fegni del Zodiaco» il Ser«
pe d' Egitto» i Mefi» le Stagioni, V Ore del Dì e della Notte ^ pretto
al qual carro camminavano otto Giganti Etiopi ; e finalmente il carro di
Teti» fopra cui vedevafi efla Teti colle tre Sirene», le Nereidi » e i Tri*
toni ed appretto al carro camminavano otto Giganti» in figura quafi di
tanti Nettunni, per rapprefentare i Màd più principali del mondo; e fi«
nalmente fece vedere il Callot in altra caru il bellitCmo Teatro » ove^da^
auarantadue cavalieri fu fatto r Abbattimento» colle comparfe de* carrÙ e
e* pedeftri: ed un'altra ne intaglio dello fletto Abbattimento . 11 medefimo
'1' I ' M ■ '••••, • 'anno /
fa] Ammkét^ÉmiQ 1324. [b] Curte if Mino fétóritriU di kfUrafi • -
-Mratlé Vtrtttm detfd'nftrnò éfHt «AMéttt MiOitmricrit'TìVìiéhti'. -HA
«tVtò-ìmóAi còli (ili èórtei «iS(t«lb'« «)eli«r vii liWtwriii. Tarn
••WRi rMnl ,che oigt fi «StiTéi*!»!» ftèBtItMT tjnardarobs del G^and^ftil,
iritìgKhi inHc(la*fert«;'<B«hi)4"|*flgili' òMegirarift fiioii in AJ gio:
i«ntCll tfé^la prt6datil'W«Ai(*rt /tt'IhVefiKióhciei FàriéivSi'riWihbKòi
itò %banta'kniWtólWat* e JdnWHS d» hiiSI WihTiglioro feùtto, Vbe e'gll
J'-dcMMipdV'. atpo iVer-raWi^aiIrti ftiaj-iHyifègrtl.vheiterti abtìiaiiroj
WWiSBHe aWtìdo.egli diedi' tiìflaH^àti- i qvarihtafetrf pèzzi intitolaci ttf»-
). egli dipòi pìfl5tH^«i- i OTlarihcafettf pèzzi
Béil )3i iafii fgkri j dtasfi «He'iff'VdlélSi mollteVé nialcoh'tènto dell'ode»
«,fe«'fliìo.»ijiiei tefcpot"ritlH(lefteW di dcdtózttrai d<* mede«mnl
SttiHKirWò PrintSpe Doli LtìrtiiTO di ToTcsHa, diflè di'eflfel qolfi le pri«
miiSdafcHeftS ftticHB. Gontehé<irtb qilrfh! carte , riipeétb alle fotó figure»
perlopiù lo'fchirjio'elo 'Abhuwv fitto cioè a.firtfev^clije'-fervir pollano
d' ammaeltranieKto à'i^iitéifffàpti d^ modo dt^ìlìldi^e e^ ben dilegntre
«JrhcéffioniBllaCattkdralei ir Wliò delle Carré tte:iT«WJtldelleCittì,
Ittrte e Ciittlli , Che fi oftrlltohO al Gtinduca Vielli ftflà di S. Giovimbai
..1* ; „ ''.^jin^entfo la Scappata de'barbfcri al palio i'fijirapifiia preSb allft
?Vat6. VtmitoVanno i«t7. ebbe ad intagliarti 'qoitttò'rtfcl
fdaf io-,- he'jqóaji pgm* h BKtaglia; -aViitili con vittoria da qòati
b'de'l Granifiica.co' VàfcelliTu'rcJiisfchi, nUlmiòdò che nof qtil
■" " " " " b-pet
bojt;
Ifonfo
[ diPillbìa, là SaAti M&tH} ìUiddalena dal Cavaliere Gio. Paol4
eli Bel Moittè, San FràiitltftO' dà Ferdinando Suares, è S.Slefa-
Arfaifò ftdra IngMafiflVj'fiiffA li condotta del Marchefe lacoi
imi',"AiiJmitaglio della Srérk'Rélitìonc di Sintb Stefana; giunte
ì Ablla Qjiag^a d'Afeli fottò -la Mattia, ove per awifo venuta
fS^lib ) drcevad eflbffi'iìlfdgEitò òn'eiramuflalB Tni'cherco , pre-
téiere ; Wléo d'-iifb^ri, ;"ftntefine-, redii , catrami , ed altre 'a
iglianfi Cofe;, atte alla fabbrica de'- Vafeilliì tisi per fortjjna "di
:^li levato il'rìtribòrchio riel gòffo di Sjlferho. Cjr mentre- qùefto
Si plglftr lihgm, bye 51 VaWlfo'fflflt'tSfititti , Vèhne fqr fatto
k, l'Elba, e l»pàpAi3,-dl'ft:tmrfreaùé Vaicelll nimìcij Ondi
fieffi'ittiatìfi iAà Btìrf"ftftó'S irtart , dotto'ltfrtga bittaglla,
^ '* '■ ' ' '■" "■""^ i'ifntimerb^ai-tóhtSfer;
'aiidf il '^ttdoj the Jap-
^ i;>.i.riu i> lauio., Kiati»w aikib^i <u la CllrioUti e^i-Qefiderib dt
lipcrne ògtii particolare -piiii 'niirtntò .- dlte:'p^H) ' &ì f o 'dWa 'a tl'i
rnuntuale'EinrzJSlìéV^ll'flSfilUnta'Hdle.bené carfe'disl Cairoti
•■ . , ...,„ ,,.r. ,.i„j,. ■««....... 1. ri ;u-. ■■• ^-pjife. .
fjCCQtQ CAllOr. iij
MMMtfilMiuid cndb iEiMilt bicttclii: e nAi irik noniintti Gmtàutitm
foroR ttpofti i fami» ncf qotH egli mkv Mugliò il fw» acme, ctcda ki#
pefchà Mèndo iacoaiisicMto a p^litr ffaad' gnime aelnugiiomie die q^
MM fiMXa net difegno ed intMliaaU^ acqiM forte nd corfo ù un $m»t
«Noe bea & nccog^ds tutte Te fiie open §m qil liotiWt v^lle efpetoBe
e fittiOf ficGooie fempre fece poi m qaelie» ci» gli ptrve zwtt condMce
di mifAat ^aÉo, che furono; le belle carte delw Bactagltt del ReTeS
e del Re Tinse ^ Fdie tapprefentauft nei fiume d'Arno alli »5. di Lbj^
del létp. le q«tl carte ditpo£e m tal fonas» che pocefle fenrire per orm^
meofod^onavcnceruole: ti bel fronief pizie , colli cinque interinedj#4M]e
real Tragedia ^ detta ilSàimMm&, eooipofia dal Conce Profpero Bonaretti»
e recitataìfi in Firenze ¥ anno peie 1619. Difegn^poi l'am» itfao. la tetn*
•: ^^ : : — j.ii- 1?:_. o^iu . ^JL^ ^ largherà à'v- ■— -
Ho ftefto braci
igUofi gruppi
io ebbinotizia* venuta da uomini dell* arte, che erano in quel tempo fraT vi*
ri» egli ToUel' aififtensa dell' ottimo lettore Domenico nffignem. In pie
della caru fcrifle le feguenti parole :
SennìOSm9 Cofmo Aùgn§ ^uci Etrmriét.
^ùtéts tmpnmitma$ , aii£ in Dhi IMS F^9 qmMmùi ìmmmeféMi pt^
freqmemiat aiau§ 4^^nri variamm mcrcimm co^ €€kbrammr imtM
_ ^/ma i%fipir à NMliffima Bamlelfmmisna PmnìUs 0fim^pnfri0 mo €$h
uu$m^ fim&mmqm t uki D§ip»ét Vìrgimi ImsgQf mirécmhnm fecmébf^
^ioiimDimlJica^ mfiriMff <kpiSaf4$$f9èeèffiwitherus0frriigiomefim^
nm i#rv4M«r ijr coUtur f^c*
fMC9$miCatkt NoUtìs^ Lottwingms delmeatas w £r&f00 ioiifas dedicéviì t9n^
ficTMiifim grati animi fin ferpetunm ÈcSimméiim An.iéd. %MDCXX. fi(f.
Queft' anno pure 1 6%o, intaf^iò il Fronteff^zio del libro intitolato : T^^n^
taso diili fiume s immngim éf'/icri eMjfhj M Hrtu Smnu^ àfegnnt tm fe^
tmfukmmi M fùàrt firn Btfnmriìm AWÙC0 % diGelUMti.dé'Mimri Ofifvmhh
e fimflmeme tutti gl'intagli contenuti in eifo libro in numero di trenta-^
Quattro peau » che fono le piante 1 prefili t alzate e fpaccitl delle facrace
itabbriehe di que' luoghi » ove fu ^rate noftra redenzione: ed i rami ài
quefte carte fi confiirvano anche em ntAla Real Guardaroba del Grandi!*
ca. Egiicdiè parttamedi tal libroi non tafcerò di dire, come Pietrodelte.
Valle » che ben vide que^ Santi luoghi , ne' fuM Vtag|i aaefta , che quan*
ùuii
Tem
to fi vede in qwfto fibro^del Padre Bernardino Amico, è degno d* ogni
fl&ma per efibie in tutto e per tutto le fue figure fomi^iantifiime al \tto.
Vivente aneoia in quefto tempo M Granduca Cofimo II. intagliò il Fron«
ta^izio del; Hbro degli Statuti de' Cavalieri di Santo Stefano, riftampatofi
con aggiunte 1 Sue opere fi credono de' medefimi tempi alcune carte , ove
fen figurati gli Zanni , il Pìsintalone , e '1 CapitiAio di Commedia , con
gran numero 4^ fpecmtori» in a«iod'afcelMre« Una earta d'Bfeéuie del«
H lo^Mpe*
4 1 4 Decenti. ìhdéllé^m.h deiSec. V.M i6io.aÌi dio;
'Mperadore , iktefi in Firenze n^k Aflibtt}ruina.Bafilica : ànr tei rlcfattf^
i^ Donata dell' AntelUSeoaco^eFiQcentitio il Vecchio » di lui eci dUfétt
tiancotto anni ; e 'Jtìcracco al Frontelpiziodel Poema diGabbridlo Ghia^
btera » inticolaco F/f/o/f Diftmuai e due ritratti di Granduchi diToicanai
jBra oramai pervenuto il Callot, per entro quefta patria i& fuori., in qiiei<t
l'aita dima e concetto. d'ognuno» cheav^vangli guadagnato le degniuimc
Ampere fue; ed era dallo ftcifo Granducati con grolla pmlione trattenuto ^
Quando per tiifta forte creila città e dello (lato e degli amatori di virtù'#
Venne il cafo della morte dello fieflb Granduca f in tempo appunta» dia
a cinque Principi fuoi figliuoli erano in aflài tenera età ; onde reftaronoi
^accomandati gì' interelfi più gravi al goyerno delle Sereniflime Tutrici#^
À'cuni de'Miuiftri,. i quali avevano alTue&tto ti cuore più a*de(ider) Aéi
fifpai:mio, che a c|uei della {gloria* accomodando i lor configli alla mifu^
radei proprio genio « fecero per modo» che non folo al Callott*ma al ce^
lebre improntatore Gafparo Mola» ed air eccelL Frefcobaidi Mufico ri«
nomato» che pure trovay^nfi prò? vifiofiati fin dal tempo di c^uel Serenì(s«
(Mflafierp gli ftipendj { onde avvenne» che colla morte di lui piangefle quafi;
in un tempo fteflb la noflra città » la perdita di tre uomini » forfè i piìi fin-»
golari neir arti loro » che in quelle avefle avuto il móndo fino a quel teoi*
pò in molti e molti fecoli . Crediamo che il Mota ed il Frefcobaidi fé ne
«ndafièro immediatamente a Roma» in che ci rimettiamo a ciò che fufle
più vero« Il Callot fi portò alla volta di Francia » in quindici anni,
termine prefcritto al fuo foprav vivere» fece cofe troppo ftupende^ e noi
1^ anderemo notando fenz* ordine di luogo o di tempo» giacché tale cir«.
«oftanza in pochilfime delle fue cane può ravvifarfi. Primieramente ec**
cedono ogni bellezza due carte bislunghe» ii> cui fon di regna te due ve«.
dute interiori della gran citta di Parigi» in quella parte che rilponde irt
Alila aerina; ed in una fi vede il Palazzo del Lovre» colla Torre de Nelè
rimpetto. Una carta di buona grandezza» col ritratto del Re Luigi XI IL
attorniato da un bel trofeo» compofto di militar j inftrumenti» è rappre«
. tentato, in eflà il paflb di Sufa e di Vigliano in Piemonte» ed una belliffi*
ma battdfllja. Si credono pure intagliati in Francia dicjafietre spezzi inti*.
tolati; Varie figure di Jacopo Catlot % nelle quali fon rapprefentati villani
€ perfone d' altra condizione in abiti diveru» e perlopiù v' è lo fcbìzzd»>
ienz' ombra e ombrato» fatti .pure per lo fine che fi>pra accennammot
d'ammaeftramento de' principianti . Vifon p^n i tre maravigliofi intagli
th numero ài piìi fogli per cìaicono» figuranti gli afled) dtUa Fortezza
di San Martino» di Breda»edella Roccella» ne? quali fece vedere il Calloc.
]a franchezza del fuo difis^nare» non folamente in piccoUfiime figure (nelle
quali, benché richieggaii u|ia grazia» uno fpirito» ed un tocco vivaciflimot
ha però queflio vantaggio V artefice» che non cumparifcono in efiè cosi
aperti gli tuoi errori in difegno» come nelle grandi), ma eziandio nelle
figure di mediocre grandezza» come moftrano alcuni groppi» che, occupa*
no il primo. pofio delle medefime carte» ed altre figurette alquanto mi#
norì , fi* che fi perviene a quelle» che apparifcpno all'occhio quali invifibili^
Vi ^ lina can» di £ittie mii:acoU di San Manfueto Scozeele» primo Veico* >
¥Odi
f ''.
CAtiùt: tif
\ ».
Vo di Tol OeUft Loiena ^ Difeeoolo di Stn Pietra. Uiui ili largheca di
foglio naie» cioè il manirio diSan Baftiano. Veggonfl poi ventiquattro
Sani intitolati 2fsUi di Sfifimia di ^tom^ CéBoif in ciafchedQnode'auatf
no figntè piccole «inatti» motiegeftt ridicc^ofi» rapprelentanti tutti gii
Iftrioni » eoe in que^ fuoi tempi camminaTano per V Europa» e(ercitan|«
Klopiù parte buffbnefca: e tali furono il Capitano Cerimonia» Riccia^
^ Francdchina • la Sig. Lavinia» la Sig. Lucia» Menettino»Gianftrinaft
PulUeinielio» Trafiullo» Cuccubà » il Capitano Malagamba » il Capitano
Babbeo I il Capitano Bellavita » il Capitano Spezzaroonti # BagattinOé
CHanfrittello» Chiurlo» RazzuUo» Cucchericù » Francatripp^» FritteHino»
Scappino » il Capioino Zerbino» il Capitano ^iigherato » il Capitano
Coccodrillo» Smaraulo cornuto ».Raazft di boja». Capitano Bopibardonè
il Capitano Grillo» Cicdo Sgarra »< CoHnfranciTco » Pafquariello» Tyono^
Meo Squacquera» BeHofguardo» CoviellpCuccorogna» PernoVallà» Tar
gliacantoni » Fracafib » Scaramuccia » Frìcaflo» Guazzetto» Meftolino«
Capitano Cardoni ,e Maramao . Veggonfl altri ventiquattro pezzi» rapmo»»
^^ •^•-^. - .1 "'*'• lene una Idra»
carte verar
imitare il verof
concioAacofiichè* veggonfl in. efle oflervate le proprietà e varietà de'loro
cenciofi panni » dell' arie » delle te(te » de" geftì e nelle azioni» e de' loro
viliilimi arredi: altri ne rapprefèntò vecchj cadenti» e malchi e femmine^
altri giovani» altri fiinciuUi»- altri gagliardi e fani» altri ftroppiati o cier
chi» né alcuno ve ne ha» che in quaififia delle qualità notate» all'altro S
aflbmigli: tutti in fomma. curiofi» capricciofi e ridicoli. Sono anche belle
e copiofiflime d'invenzioni le carte d^li Zingani e Bianti » in atto dì vi«K»
giare fopra carri e cavalli» e a piedi con loro fudice maflerizie • Quem»
adornò egli con alcuni dilUci in lingua Franzelè » alludenti alle loro azio-
lA e meftiero. E^ bella altresì la carta , ove in un vago paefètto veggonfl lo
fefte di Maggio» i balli» i canti e' giuochi» e le Maggia juole« una delle
quali tiene in mano il majo» fcherzo antichiffiifto» chiamato nel Codice
MaifffM ^ che era l'allegria, che face vafi fino negli antichiffimi tempii
aei piantare che facevano i garzoni eflb majo» davanti alle porte delle
two amate . Vedefi quefta carta eflere ftata intagliau in Nana) patria del
noftro artefice. Pafla f ralle più belle carte» che intagliafle il Callot» !#
«Caccia del Cervio» ^lla quale non cedono punto quelle della fiera di NansÙ
de' tre Pantaloni» figure della maggior grandezza » che e&li intagrufiè mai.»
ed un'altra pure di due Pantaloni . Il San Giovanni nell' Ifola di Patmoa>;
il Moisè» che conduce il popolo Ebreo coir Arca del Teftamento: il San
Baftiaho in campo aperto» alla prefenza d'innumerabili perfone faettato
da' Soldati. &ippiamo aver' egli intagliata rannoitf29> una veduta di Fa**
rigi > che pare che rapprefenti il dar la paga a' foldati . Del 163 1. inti^
gliò i bei rami in quindici pezzi delle Immagini del Salvadore» di Marie
Vergine e de' Santi Apoftoh : e altri moki ne potè intagliare dal 163 u
«1 tóìi.'ì quali noi porremo più avanti allarinfufa per.non averne. ti:o«*
^to il tempo, precifa • la detto anno 1633 /diede fuori lo flupcndo li*»
Ha bretto
Itott» ih diciiAkce t^ntt ifitiiaifl» U Mutrie # ù^mikiMiMtnmi
owflbìn luce inf tfigi da Uhual fiio cmaéé ittico. Io ^iieilo itiMnoé cAct
volgtonente fi dice U V$té MSMii^t moflcè il Calloc fia dam poseAt
ì^iifgneoc iifnoipraofiipent atiemreimfiifeooiiwacoowmtri^
fiilico , fM 'Con iftupend» uivcnEÌòM rtiipr^Bmò <fi piccòiiffime figms
ogni aecid^me fottio tccadert a' ai£m fotdati»dA quel punco càe londaf-^
lae locò té |>rtme paghfc * fiocfalè o morti in ^ iern, o gfWfctxiao per loro
ttaijpreffioAi e amfiKCi;f AailcoAo di vìvere; o fvi» veimci in poceie ^ei^*
Ja veorbièzza e deUà povertà^ e con qoefle d'iofiu inferoitci e ani'eria» cidi
iopim nuda terra nelle pi4>bliciie vie. chi fu]»» Jetamti cadono in 1irao«^
ciò alla morte . Dtmoftranfi quivi con beliiffime figmine e gruppi gm»i^
iidimit io Cquadf tnare» le marciate in ordinaasa^ le bateaglae diìgwaio»
fet gi* incendi di cafe chiefe e nonatterj > gl'infulti if teligiofi» t fac«
dieggiaioenti , i foratf i» gii aflìifinamenti aUa aMcdiia* l'aocur prigioni^
i fttppUcj crudeli e dt forca e di rote e di infllchettacc e di fuoco. Ter*»
mina finalmente il lifarecto con quattro caice^ che in una vedefi f€t en«
eco una piaazat attorniata, di belle fabbriche di chiefe e.di cafamenti» graa
nomerò de' medefimi foldaci» mifero avanzo de* militar) àrncfi# fcalzt o
Aracctati« ed in iflrane maniefe sella peHbnaftroppia ti, valetfi per caaa^
minire, chi delle grucce # chi delie ginocchia e delle mani» e chi delle
oaticfae , afpettando la carità d' un po' di br€>da ». fporoo avanxo delle cuer»
ne da'benellantif che anche vien loro fomminillrau a mi&ica^ mcntro
aUct per defio d' efiere i primi a diflétarfi coli' acqua d* un comune poz^
so • cosi ranchi e ttravoiti come fqno , con un braccio fi appoggiano ai
ponot e coirdtrò fi percuoton colla gruccia » Nella feconda carta» aU
tri Jidotd in aperta campagna aireftremo di lor vita» fopta letamai fini*
fconò i giorni (oro. La tersa rapprefenta paefe bofchereccio: ed io qoe*
ftò ravvifeii la llrage che fanno i villani doi>o la guerra di quanti foldati o
iinarriti o nafi^fi, danno loro fralle mani. Rapprefenta k quarta final*
mente una Regia Sala» nella quale afiifo in trono il Regnante con certi
piccoli doni» remunera quei pochi» che forfè a cagione di amicizia o di
più feconda fortuna hanno avuto in forte di rtpoi care V onore deUa Vic-
toria. Sono anche fralle carte dello intaglio» delle quali a noi non è no»
tQ il tempo p primieramente un bel Paefe » ove gente diverfefocto una quer»
ce antica » in auo di fonare e ballare fi ravvifa» mentre altri giuoca alle pai*»
luttoJe» altri merenda» ed altri in altri modi fitraltulla: e vedefi incaglia*
tainNansì. Un libretto di ftorie delia Vita di noftro Signor Gesù Crifto in
piccoliflime figure : nove carte di comparfe di fette teatrali fatte in Franciaa
una veramente ftupenda carta » ove fono efprefiè diverte giuftisie di mal*
£ucori» col motto fopra: Sappticimmjlcekfis fromam : fei peszi bislunghi
per larghezza» rappreftntatavi la Paflione del Signore ; un iibrecto imi*
colato; Vùa ^ HiBùth B, AL V. Mstris Dei, à mAili vira féeO^ Célhg
imvemé 9 JfJineaié f éiqme h m iwcifii% & ah IJHàìt arnica fmù in luttfUi tiitu%
Par^i. Vi fono quindici pezzi della Crocififfione del Signore, Aflwiv-
cionedi Maria Vergine, e martiri degli AfKiftoli » in piccoli ovatini ftaia*
pali dt Moncòrna« Similmente qoattso pioccde catcìne» in ciafchedone.
delle
ii^U qnaH h ni]^«e^(|to.il Si^i^va^ meniti cif^ iMlk N^e dì G
4i ÌQalucii col Fgnf^o t o^U' ultima cpn^cQgf x ApQfto|i ^^ ^^ j[i»^ai^te cq'
ipiic^pU Ckofa e Uic). <;^U)iìliei p^co^ ovati 9 U)ndi^ì » oofice^,
jjM^AÙ.fau;! 4i Qèsu Ci'jÌiajSS^m>r1iioftai e d\ pJlàxUfcmw^ Vcrgifle . Uoiu
wtijSii MoÌ3è ciw comiuceii popolo per Ip loar .r<:^o^ op] (fgVfH^%9 «Ipuo ^!
TdiéÌ0m barn ^cam • pr^itio » ^ ^^4¥Ìfi^9JW:^ P^^f^fim If/K^Ms Cthtitt\
Una carlina oEAa 0óna ^1 Judiicà col osif^à' Olg^j^nc ; e una finito M^
i'Ioifbagìne di 3ao Uvario Marcirie paiìri^sió 4i Msrz,.pfimop<la (ii^^asi^^
e cpila^cffiià ^fAa in 4Ó»oo., il cui i»ftr;Uib, (i^ttì cii:x:a V a|ìn<^ f40p»'
Jntag^o incingile ramiV con piiu il FrotueTpisk) <(on aftificipfa ìf)Vf»f
zìooe , j Alliier) giudiofi ^ dolorofi e glorioli del iìa wi^iggp Rpijirpp «r Vi ji
unA b«fla cartina della C^onverilone di San Paolo; un' ovaco d^lU (ln0P
d(»l;|ni)Qc»nfÌL, Veggonli ir^^gliat^da Jui.una Mla.r^ca della gfa«|
fiipp^ji^:^^ dye {|ic<;ole (Mttagiie: divfrfi nani*
caf^m^g^^ li^pifcoh c^rù della Predìca&io^e di $ai> Giovanni ; MA Ssù
PiietU),^ ^ Pf ^FfjPV pf^'BEo ad uìia Vergine : mn^M^donc» del Soccorfoi
bili pu^li. pa^ ; ^è dpe notti ; i^i San Lorenao t alcune piccole cane di,
McrrfÌ2J; i Sette peccati Mortali ; i Martiri c}eJ Giappone) una CoP^V?
fioQ^ in giranioglio: i piccoli batt^rioni: ia Pan^lora: un Sian Fra^eicé
U mezzn figura: due liori di Emblemi; il Cffoiello» e (hù Cpartìmentidì
giardini di Nans). Belli^ancoraronogl'inwglide'Hìtrtf^^^ dir
90 di Moasu de ppfme^ e quello del Prjf^ipe di PÀalfe)H>ufg. MacJiói
d^fcmo noi delle oeUiifime cartine doUa v^tà dei 4gliuol Prodiga*. dedicA-*.
té a. Mon%nor Armando, de Mael JVlarchd^ di ^efltn^ e diriiis l^i ctfM
^^ff^^ delia Pai&one del ^ìgooré t deUe quattordici .iiatkalate Efcrsi:
x/ mUtwi p dedicate a M oniigoor Claudio òtrl^ di SiaiiìSremaiìt ; deìto
iantafie, in numero di tredici p»zit mefiè in.lupeda idrae^ SilTeOro fw)
(imico^ € dedicate n Monfignor Gio- Luigi di Ban^emQiM » Conta di Ron«
daòjf Barpne del Luguct ; e finalmente della beltà carta del Santo Antonio^
i;ej^to liei deferto; le quali tutte egli int^i^b in quell'anno» che ftt Pnl^
irmo al Aio vivere: e none lingua che ppiia fpieg^^ t q9«&to fiaoo pien9.
di queir eccellen:^:, die poflbno mai dcliderajrii in q«el mugiAero • Ed éln
lyre a quanto potrebbe dirfi dell'altre^ moi^raJa ca^fa del & Antonia M
bizzarria de* concetti di quello anefice» non pure nell* infinito numeió
de i demonjt che infultano alS^to; ma eziandio per le nuove t diver fé e
mieite al ma^ior Demonio # figuratovi in qualicjk d' un' orrilnlilSmo. mo-
qro» coi capo di dragone^ dalla cui bocca, qnafici^ yomiiMi (mhOf (ttdo
no w gcan numero altri rptriti ribelli . In ultimo mefle mano al \»l ìu
brecto del Teftamenfo Nuovo, in di^i oicoole ^torusiciei ma 4a mòrte i»
vidiolà non volle, che egli pot^fTe daini il d^fidera^to compimento: e Afc!
perla
' n8 DecettftJL delia PdrfJ, delSec.V, dal i6to,ali 6io»
•
iper la Europa tutta, eHa lo coffe a queftalucc: così recarono le belle tirti
prive del primo inventore » ed infieme unico maeftro della bella facoltà
di dìfegnare, e comporre fioriécté d'infinite piccolìflime figure con tutta
leggiadrìa , (ingoiare invenzione » e con irpirito maravigliofo , che è la prò»
pria lode, che (idebbe dare al Callòc; jperchè quantunque avanti a lui «
altri aveflèro operato , non fu mai però chi in fimili perfezioni o poco
o molto a lui fi accoftafle . Puote aflblutamente affermare la noftra città
di Firenze d'aver ricevuto dj^l Callqt a cran mifura hi ncompenla e '1 pa*
ganiento dell' eflèrgli data màeftfà, mediante ia t>errona del Parigi; per-
chè non pure fu ella la prima, ^he incominciaffe a gótfere le belliffime
opere Tue; ma perchè poi, a cagione del beli' efemplodr lui, fede guada*
enod'un altro fingolanflima artefice, pure fuo cittadino ,' che fu il ce^
lebi/e Stefano della Bella, delquale pure al luogo fuo ci con verrà parlare;
Tu altresì il Callot pratìchiflimo neli' intagliare a bulino, ed ebbe una beU
la taglia, alla quale poi fempre agaiunfe perfezione; e veggonfi di fuo in«
taglio, oltre all'Ecce Homo, dì cui fopra parlammo, più ttorie d^* fatti di
Ferdinando I. Granduca di Tofcana, cavate per lo più dall' opere , che
dipinfe nel Cafino di San Marco , per lo Cardinale Carlo de' Medicii
Matteo Roflèlli» e daaltte nel Salone terreno. Sono le figure tntagirata
di mezzo palnio poco più; e fé ne confèrvano i rami fra gli altri in Guat'»
daroba. Venghiamo ancora avvifatidi Francia, che intagHaflTe egli pure
a bulino tavole di S. Pietro di Roma, un S. Paolo, una parabola Evangeli*
ca , alcune Vergini , ed altre cofe ancora , che non fon mai venute ^otta
r occhio noftro* (^efto sì pofla dire per notizia aiutarle in miz faii^
ciuUezza dal Dottore Jacinto Andrea Cicognini , che fu ftio amrciilimo;
•he egli s'era fatto s) pratico, nel maneggiare il bulino, e nblP inventare i
che talvolta dopo aver tirato a fuo fine tin rame al? acqua forte, rifletè
tendo fdpra di éflb, e trovando, cb^ ivrebbeVi fatto bene qualche bel
gruppetto di figurine per riempiere qualdie fpazio, fubito metteva mano
a quello ftrumento, e così alla prima Ve Io intagliava: cofa, che lofteflb
Potcore diceami aver veduta cogli òcchj propr;, una volta fìrall' altre »
fopra il belliffimo rame della Fiera dell' Impruneta. Segui la morte di que-
fio artefice nella fua patria di Nansìalli 24. di Marzo Panno 1635. e fu
al fuo corpo data fepoltura nella Chiefa de' Padri Oflervanti, con appo*
fiaione del feg«iente Pitafiioi benché in parte erroneo molto, come più
lòtto fi" dirà. •
D. 0. M.
&hgist babes quodmirerh% & imhari coHeris . Jacobus CaUot NobUis Nan^^
c^énsiSt Calcograpbid periti a ^ proprio mane , nuUocfue docente vtagifiro fie-
elaruiti ut dum ejus gloria Phrer$ti£f ea in arte Princeps fui tempori s nemi^
ne reclamante babitus f éc a Summo Ponti/Ice , Imperatore f nec non Regibtts-
advocattis ftterit,. J^ibus Sereniffimos Principe s fuos anteponens patriam repe^^
ttit f uti Henrico Tertio , Francifcù Secando , Carolo Quarto Ducibus Calcogra^
pbus Jtne pari maxime cordi » putride ornamento , urbi decori , parentibus fola^
ito tConcivibtis deliciis , uxori fuavitati fuit; donec anno jetatis fuét ^uadragefimo
nt^tiaunittum Cwlo maturam $ mors immutura dimiftens vtgeftmo quarto Mar^
^. - tti
^CXXJtt^. Corpus iérìfim4i mxori Csièmmé RittSngetfr^^
^m fi^ÌQ JfàsH p. faifiam mpm miuAilk^ whtm ^*«r optima t pànmM
éSìo QiedUniif Mtc^tem .mmt$ fumiffifm^% ftmtnm jroin kiltUo^ privoph',
^tMtmni ^Vìis /p/fiuùrt mnjHP^ ^ ^
Ssaiiì in Mernum nvment ^ wtìs opus .
• ■ • » • • - ^.-w
-j
En véin SM ferois des vohimes 9
Suf tes /èivémgé de Càlhti
Four moy, je nen diray fii un mot ».
Sm iuritt vauì mieux que nos plumes .
Che val« in noftra lingua :
luvuno su farai doni volumi
Sulle lodi dovuse al gran Callotti . v
^er me non ne dirò che auefiojoto ;
Suo Mino vai più eoe nofire penne .
Da Guanto noi dicemmo al pìrincipio di queftà narrazione» ipparìrà a&
fai cniaro T equivoco ftato pr€^ da' parenti del Callot » laddove fecem
fcrivete nel Pitaffio le parole nùUoque docente magijlro i ed jù non dubito,
punto» che fufle di ciò la cagione» i'eflereftato quefto loro con|tunto fiiv
dalla pueri^Kia quaG iempre fuori di patria» dove, appena fi riconduflb ni^
ultimi anni» tetto già nel fuo meffiere il pritno uomo del mondo; E &
vogliamo riflettere alla difficoltà, che ha per ordinario ogni perfona» cfan.
eccellente fia , a parlar de'proprj principi , e di quegli anni che furono a
ft mengloriofi; non avremo alouna repugnanza iti crederei che egli ìioa-
avefle C06Ì per appunto renduti informati i fuoi diquaiito gltocoorteneU
ìgi fcuola del Tommaiini » in Roma » teftimonio tt Cav* Bi^lioni. nella Vita,
di efib Tommaiini fcritt^ poco dopo la morcedel Callotti: adi quanco
noi dicemmo di fòpra aver fentito da perfeue che potettero ben Caperlo :
e di quanto eziandio fu noto per ognuno nella città noftra» intorno aK
r aver egli avuto per maeftro Giulio Parigli; con invenzione del quale eg^)
ìniagliò ie primie niccole fue figurine», prima affai trivialmente» poi me«*
glio» e poi u formo la tanto ammirabile maniera die a. tutti à nota», fi»» /
perando di gran lunga il maeftro (ledo. Sicché preftifi intiera fede al Pi«-
taffio in ogni altro racconjto» che pqr enti?o:ìl medefimb £ vedefatto»- txSc^
cante gli ultimi tempi» e quanto gli ocoorfe oltre t monti; ecox^rvifi
la credenza intiera» a ciò» che dicemmo noi dei feguito nelle parti noftte
in fu gli occhi d'ognuno nella noftra patria: e tuttociò fia detto folamen«
te» per non defraudare la medefimad'ùna glòria» della (yaate ella vivfedL
iempre ambiziofa i cioè d* aver j^norito al mondo» mediante la .virtù deP
proprj cittadini un tant*uomo» E per dare alla verità della fiória il luogai
ilio» dirò per ultimo» come vedefiil ritratto .del Callotti» mtaglìato À^UaJ.
di lui età di 36^ anni da Mpncori^e^.cQn.parole. attorno eh? dicono; ; ^
Jacobus Callottus NoBiLia LoTHARiHGua Chaucoì&ìiaAiìuSì
Anno &r. sua 36.
I ■ I IN ■ I , , M II
[ a ]. DaHa vote greca X^x/i9i6yfu(fQt$ tbo wol dire difcgnatore in rame «
\
fZù DecmM:4Mf4lf$, !i^SlilKlùii6io.ali6io.
% i i • ..»v ••».^ \»'
S finto è^. in «ift aitall». it^uò r-
ptnii véri f Mdt mertn swàmr ovAsiWuw» tdemwmutiifttf J0»r«#. -
B v'à un »raì« di cin^ae (Ielle fituat» $ modo, dw foraun» iiflM CfooOb
ÌtalRii««lpaii^-f«iiBn#«Mp^«pp^
DIVERSI
CHE FIORIRONO IN QUESTI TEMPI
NE' PAESI BASSI.
FRANCESCO SNYOÉRS fu Piicore afilli rinomato in AniFtrfiit ASM
del 1579. Imparò Tatti) ésUa Pittòra 4a Arrigo VinlM^n . Fu in Ità^
IniV ^vc fliolto tempo^fi crittenne,f«c(^m)o'(}iiadri di baite invanzlofii di
oadce,» paefi 0 frwSci; e moifififm akri n^ conduce Mf la fatria fiM, oea
kl Re di Spagna , per T Arciduca Lcopoklo GugHtImo t • per pwi altri
Eriòcipi e Sagnori, Fece un belliffiiao rhiateo di fua perfòna Aiutrea Vali
GUG£«IELMO DB NICULANT d! Anverfi, Mtd nel 1584. imparè
V Mce da Jacopo Safari in Àoifterdam : flefce in Roma appreflR» Faolo
BrilU ; fa cftevuco per vino degli A^adeeatcif del Difegno in faa pacrki
Hsnno i(^» Furono lue ordiwrìe appticaiiMnI H dioìgnere amicag^ie •
x&fim delta città di Rofiiar aecomc^nete da bellimnae Veduae di paefi»
e Mcooke' figure, Actefe ad operare di minii*. Intagliò in aequa fene, ed
eobe graiHk taiento in poeto « Porratoft tnalmenre in Amfteidaqi fin) il
ccafo ^iiua^ vite iranno idfs. Vedeft per te (ktatpe i(dt lui dciaffo^ finti»
ed intagliato per mano di GitfMAm MeyfTens .
ADAMO tVlLLAERTS, AafoiA Aftvtf4ii^de4t577 feftn^fiia iamsakii
Uiwcàc, e diede gran ncmé di fé ib'di|^igttfre marine, porsi ed ^ni
fortìa di navi con piccole figure é^
OA9PARO CLBAVBR d*Anvwft>iMMlfMll585. ivencl«^iniptf«t*rar*
tfrds Rsffiftl Ceki dinaonAfe %BttìSìt\Ust, e fàtcofi iiKche tmì migltor
meftro di fvtr condvflb in^uetti^oitlà opafe malte i e per tltre ancor*.
Bu pictofe (toir Alceant àoì Principe CètéitksAé Faéìnanèa é*' Mediei:
e perchè vsilfe uncbtf noka iM' fiiMKM dil^tt él mtttrsle tfflb^ Frìixnpe
coaakct.aolKÈ. - . ; -
•> t
'"* • * /« • . ^^ . . '^- w\
ROLAK-
j ROLANDO S^yRML t»t
AOLàKDO BAVERI, meo iilVitiicl»^ fa piiiani 4i Ri4^fo a Ut»
e ,»• v«llc itt«teo ia' dif^nare ogni fiartad* animtii . Ve<jkfi AAnpA*
catfioidi <)aefto «ctcfioo, difogM» d« Aduso Wtllaerca «. ftMPfit
to dm Giovuiai MayOca».
BNRICO VANDBR BQRCHT di Broflelkst iuta 158}. fa Vétmot 1 fWi
• Mgiosit ddle folkfisioiUf ccMidotto in Atoaiagna^ e perreniito in. tià
oompMMice» fa poflo ad imptrac V am delia pitturi appreio Giits di
Valckenboc^. V^nne in lcai«» onde pacritofi» dimorò in Frandceniisicl
fino airaono Uiij. cl^ egU andò a (lare a Ffwacotott nel Pabidnato « F<
snaravigUofo amatore d* ogni iòrta di tavità e anticaglia. » calcile il ConV
d' Arondel molto fecelo operare» e tenne di lui gran conto. Fu il di lui
nuraHodìpmao dafimie» Vandet Bofobc ilgtovane, eftampaco^da Gio-
vanni Meyflens •
JACOPO ERNESTO THÓMAN
DB HAGBLSTEIN
Npbife di Linda PITTORE , » cai il Sandvart dà il nome
di Giovanni Ernesto,
t .
fiato 158S. ^ i6$j.
OSTUI ebbe i radiiaentì dell* arte delia pittora aprimi mi
Goflanaap e poi in Campoéuno • L* «uno ido$^ poriacufi
in Italia, e termatofi per ^uakhe tempo in Milano, vbig^
gì^ a Roma, ove fece quei progceffi uèW acie, che pro^
flOMtoen ad ogni ftudiofo ingegno le maraTiglie^ che fi
veggono in quella citti • ed effii arte appartenenti . Quivi
pure ftrinfe amieisia con Adamo Elaheimev pitton valQ#
sofOf e cogli altri fooi compagni fietro Lacflnanno e Gioranni Pinnafi*
d' Amfterdam, co' quali aveva aocomiinaci gli ftudj in far paefi terreflrii
e particolermence rapprefeniati in tempo &IV aurora, e dell' imbrunire
della A9t9 e col puncoi faaflb. Coftui adum^ue dopo avere, operata pet
Quindici amii oontioovi in afldi citcidi Roma, in Napoli» e in Genova #
fegoita già la morte dell* ElaheMoer, fece Atorna alla patria» ove nort
pure In città^ ma ^Kiendìo fv : li eontorot fecefi rkxmofcere per buon
pfacico. anche neUe maggiori figuro» e iteliaeompofixione delle grandi
iftòrie» ma perticolarmente in quelle» ove alcwia bella veduta di paefii
fi nccbittdette; cencioffiaoofachè in ciòi ohe apparteneva a qàefle » jerai
eoiii mata bua foodecof cbei fiioi pacfc bene;fpcfla camfaiiivanfi con quelli
dcU*
v^ t.^
»2 Decmt,B, MaPai^t. lMSes:V, Mx6io, àh6io.
dell' Elzheitner ■■ ciocché chiùaménte fi dice apparire in molti de'.fobiVdlt
In raccolta d'altri di eflb Elzheimer reftarpno appreflb David Thbana
fuo figliuolci Contulente d' Aiigufla: il quale oltre ad altre tiiolce pittare
di maeftri di chiaro nome, ha anche fatto nctbile acquiflò di. gran copi*
d* eccellenti dìfe^ni . adunati in var) libri , di quantità d'antiche llacue. e
d* ottime medaglie . Ma tornando a Jacopo, egli nell' univerfale inondt*
zione delle guerre della Germania, ritiratoli a' fervig) della MaeAà del-r
rimperadwe, refle per molti anni la Prefettura dell'Annona; onde prò.
babii còla è, che da quel tempo in poi, poco o nulla potelTe operare neU
l'irti noflre. Finché venuta perlui l'ora fiatale, ^ nella cittì di Lin-
da a' dì a. d'Ottobre 1653. diede fine a'.giorni Tuoi .
GIOVANNI STEFANO MARUCELLI,
PITTORE FIORENTINO
'Difcepolo d* %Andrea 'Bofeolt^ nato 1586 -$■ \6^6,
I BBE Giovanni Stefano Marucelli ifuoi natali nella città di
■ Firenze l'anno \$Z6, Quivi dal butm pittore Andrea Bo-
V fcoU tra0e ì fondamenti dell' arte delia pittura e dell' ar-
|L chiiettura. Quindi, non fo per qual cagione, lafcìata Ift
J patria, iì portò a Fifa* dove non andò molto, che iiscefi co-
* nofcere per buon pittore : ed avanzatoG ogni d) più neUa
ftimae buon concetto di quei nobili, mediante una certa vaghezza di co-
lorito'(in quefto alcjuanco Superiore al maefiro fuo) e nella felicità del-
l'inventare, incominciò ad eiTervi impiegato in opere ragguardevoli»
eolle quali grande ornamento aggiunfe a quella nobiliflìma città e luoghi
« quella vicini . Colorì dunque U tavola del Patriarca Abramo a roenfa
colli tre Angioli» alla quale fu dato luoso nel Coro del Duomo, fralle
altre molte de' più celebri maeftri di quel tempo. Per la Chiela di San-
ta Caterina Vergine e Marcire de* Padri Predicatori dipinfe ì mifteri
del SantilTimo Rofario : ed in San Torpè de' Padri Minimi fece due
tavole , in una delle quali è la Beatifiìma Vergine con due Angioli •
ed i Santi Apoftoli Filippo e Jacopo; e nell' altra i filtri dì San Cario
fio rvomeo. Nella Badia di San Bartolommeo Apofìolo nel Caftetlo dì Ca-
Snnoll colorì la tavola del martirio del Santo: e per la Pieve dell' altro-
Hello quivi vicino» detto Santo Pietro, dipinfe due altre tavole, nella
prima Iddìo Padre colla BeatiOìma Vergine, e i Santi Pietro Ap<^olo e
Giorgio martiri, e nella feconda l'ultima Cena del Signore colli Apofto-
li . Soa di fua mano dipinte a frefco le due facciate dei Palazzotto de'Ca-
ralieri di Santo Stefano, luogo detto per altro nome * La Torre de' Gtm-
laodi e delle Sette Vie» p^cEètaiue iliade tevan capo inguai luo^o^
' quindi
GIOVAmt ^ÈMm MAÈUCELLI. lij
Qaifìàidetca la Tolte della Ftmet dal fempreinemorabilecafbfegDitoran^
no T 189. f>er entro là medefima » dellai morte del Conte Ugolino della noÙ^
fiffima &mìglifa de' Conti della Gherardeica , infieme con due figliolini e duo
nipotini. In eflo rapprefentò quefto artefice più figure di Virtù e d'Arti
liberali e meccaniche, con diverti paefie profpettife. Il Decano Fran-*^
Cefco e Claudio Berzigheili, nobili di quella cittì» de' quali altrove e* è
Convenuto parlare/ coiifervano di Tuo pennello due belle tette con butta
di vaga e graziofa invenzione, una di mafchio e T altra di: femmina; q
ben potea fperarfi,p eh* egli ful& per dare ogni dì maggior (àggio di fua
abilià» fé un'altra » che forfè in lui fu maggiore, dico quella dell' archi^
lettura e ingegneria, a comune benefizio di quella città medefima e luo
Stato, non 1* aveflé ritolto alla prima ; conciottiacofiichè ben conofciuta
dalla glonofa memoria del Granduca Ferdinando IL fece sì, che egli fuffb
dalla medefima Altezza impiegato nella grande e faticofa carica d' inge-
gnere de* Fofii » nella quale mottrò quanto ei valefle nelle meccaniche»
ed in ogni altra facultà» utile e neceOaria a tale impiego . E così polla dà
parte la pittura, ed applicatofi di tutto propofito. alle ingiunte e nuove
occupazioni, fece ogni ufizio, ed ogni mduttria adoperò ne' tempi che
dalle medefime gli venivano conceduti, d' inftruire quella nobiltà; e fra
gli altri, che molto s'approfittarono non pure nella pittura, ma nell'ar^
chitettura e nelle meccaniche, uno fu il Cav. Giovanni Navarrette^
che per fuo folo diporto molto vi attefi: . Or mentre il noftro artefice,
andavafi godendo in Pila gli àpplaufi dovuti al fuo merito, e l'amore de«!^
gli amici, fopraggiunto da grave infermità « pagò il comune debito di
morte « e ctòieguì Tanno 1646.
■ta
GIOVANNI COCCAPANI
ARCHITETTO CIVILE E MILITARE,
MATTEMATICO E LEGISTA FIORENTINO,
ftato 1582. •$• 1649.
Ella famiglia de'Cocca{Mini> che nelle parti della Lombardia»
e fpecialmente nella citcà di Mantova, Ferrara, Modana»
e Carpi , per avere , per un corfo di più fecoli , parcorici al
mondo uomini grandi nelP arti, nelle fcienze, ed in ciò che
a* militar) etercizj appartiene, vien fralle più chiare riputata ;
vifle fino ne' tempi della guerra di Siena, fatrafi da Cofimo I.
Granduca di Tofcana contra le armi Franzefi» un tal Niccolò , che iti,
qualità di Cipitano di cavalleria bravamente fi adoperò fratte Tofcane
milizie; talmentechè non fu gran fatto^ che Regolo Francefco Coccapani
fuo
f 24 D^imJtU4^fUrpJ: ìMSttVi MtUr^ 0(1610.
btrdia^ fé ne ilen«e«4 «hiE*w h «iflà cU ?w«MeiQjipSi#«ii».f|i ii p^«
di quel doveonit di «oni om (ÌMM pftr ^are». ijtjiyfcl i»cti» jrwf r«f»(i
Ud^ralo» pec modadief«mp9ii4*^(rwgk^tffipiS9^^ «PPn^^HO?
t0 Je pcoprk ìvAmjoo» 1a cip f i^pM»iafiiia« ri<ÌMff$ «d «iSw «i«4iQ«r« «n
fifn 41 propri» «ircM t, M«Acr« Vi ^% MWmw» 9crHq«Hico {# ) j <il «lù fi
MooAgiie ateM egli iibertaif aw -d»nat» nf\ QvfNgp^DO hm 4]|wli6aiM
woflhBomr»; dettti.lt Vati* ili fitbìKeM > Vtf k cpTie io f f«pa6t» tfÀ^Qll
Utemlioà di mY^mmo peKitttjibf i» «oponf^i 0111» pftc opn i^e «k «jp «f^
diana» nofira aflunco.» ci 4)eilef à ìJ dii» qmnfp g)ia¥y«9ii^.iif« 'tnoloR con
na ccm viandaeis^ e (ècvìrA^ per xeodisf più «hwr.o U timivk éiiw\m$
dftl qiufe 0» inioo oer ifcaif^fej e per .^oi^la ìi cà« »d jauttzjaae, di Jw
nM ha ritefxio udiaare > qaanda )iie«ffi(À U ricfciksgia • N^r AmKi^aHt^»
adunque del liSoou* nagg^aadk> di fJtofa» da R^saa atta fn^a patria ii« P^lfi
kcrìuo, da Maùofie fMMpiogQ» ftcnieM tocfi» ja^i^» Con«4'efl«Q0 pfc
aAcadtt -fraitgiatQ fdngtì iffiblbii; e giiiM9 a ¥ii!en;B^ icafko di. Aafu;l»ezu
0 iHoefficà» quanto .i6>m«co d* tifai «oià» <m4« potaffir foAenef« fiM vjiaj
fMc sIttMi MvveoimiHiwdì fiaa.tn«(eria W(}ajra foc^wi^ pr» tea di v0iMe«-r
K. in pÉQodkii 4pMcr Drr^^miafeada pAPbU&w^ i^^
pieooia.pittruaui« Ma «Ifeifttofi «bbatsuca a tf(aiMr gmi per^bpa» cw pi^
aMnvnca il i:uaae il d«fideriii del pocài(Hn0 gMMAf m>* cba «g)l /peoair»
narve da quelita «oaqiraf (cbe ita.oo«ifii(i#a^ «VMfoiiaail mfktp^ fiP9ii fiuA
•fintai criftft» càesi iiMtf£taiiD # racii('ai:4a » Aiyapll^^NRoftUWMCflèft
cafii &eMlo Entnoefeo);^ fc^rgeadi» :Ì9 4U«I pio)««r# rii^pcrf HA» fyrjoat
Bobiltàd' animo e di tratcbf benché il ved^ 0<^si mU^ in arii^« ^gÙ addfo
mandò perchè cercafle di vendere quella cola, che pure potea riferbare
a pwyria dayoaìooa ;-e feud» ^che non peraitrot che per neceffirà , ^ -pcjc^
poterfi condurre alla città di Bologna , ov' egli era ben conolciuto» con.
quel jiiù t e!he ia quel punto gli ibggiunie il f elle^in^ iutomo file prò»
prie Jciagiire^ Alloca ii Cocoapanii pofta «lano alla cafca > tie cr^p rapji
Hn gran pugno di grofle monete d'argentot ed alla Tua mano le conlegnò.
Gl'adi il pòvero 9 grand' «tto» e poi gli ditTe » Signore , vvi iìi'aTecaTa>»
ÌHto il cuore: eie giju^uerò Calvo a cala mìa» mi vi darò a conofcerev ma
iraccanto vogKo hfciarvi w\ aeibro conerà la febbre, die è que(U pietra
del Santo Sepolcro del Signore» dalla quale vedrete maravigliofi effetti i ma
fatemi noto il voftro nome» affinchè io iappia^dii mie ftato sì cortefe be-
nefattore: e ìntefoloifeguitòil fuo viaggio. In capo d' un anno compar^^
ve a Regolo una koen dei nuabilè aioaao^t acdooipagoaCa con jregab, Ih
l«M d' ogni fpe&« di quattro graB peni di pceiopfe capefEzerle» due bai?
le di divcrfe felli # ad unaoadàdti bcUi0ìfa^ fiampe in Rame; taoto vai»
appreOb «1% auina nobile « gentile un ibrviatQ hv:» # 4:«mpo ; o £e vo->
giiamo ridurla al più vero» tanfo fi ftioia^ ArieompenQi ajcreal dalFabo
Iddio wà 2tao ialine di difinteneflato &VMBiwaaeiK9« £icto da chicchefia
a chi il vedcà in g«d» di vana neociiBfià • In foflaoaa fu ^ofta antenate^
di Gicu
t' ' 1 ■ » «.■■■■lif iX 'I-I J \iì .. !■ ^11 III J|i
[a)] ^ogò Ser Andrts Andreini a* 14. Agofio 1614.
/. GlOVAffNi COCCAPAtfL its
vmn 11 foa fÈCtWÈéfài^ t Mk ili It.ftitfMi» cbe Bà ftctt nftiftw Mffona friT
p!iniflù»«li^ &i mok* «QUI 4a{M <:be<tgti fu ohuimio ì qoeAi luce » ne. cftr
IMiwim lBr0vivo4lidoJoce.4eU»j)erdk^ e'I^efidetìp; oMiure ÌQXxmtOé.
che il Marob^re Ptoie Cooctfitfu • VidCcow d« Seggio» MiogmcttlaiKWft ^al
D0firo GtOMOAi» oh*€fli aveffè tvìtto un figliuu»» kil:i{tt«lc aveffb ^lato
il notte 4elk> Aeflb K^polo» coi fiilo mocif o di vtdet* us qiiakbt «od*
riftca vita kioemom dì lui» psrticolanMiue eoo eflb.fe ne rtll«^>
^ QimAo Regate adunque fu Padre di Gto vanni Coc^apant t il qtiek. «OBè
Jie^a quèfta iupc il dì io. di Maggio dell'anno dinoflMlaiuce isSa^ il^t^Ci^
OkO di qoaccro fratelli « Nel crefcer che àceri in ecà • diede Aggio, di
fi» gniHde ingegno negli fiod} delle prigae leaerev «taefc ette Ltggl.Ca».
eoniche o Civ^ili, nelle quali infieme con Giulio inghtrami nobile VbK.
serrano # cotifegu) la laui'aa del Dottorato; ma perchè egli era ftato de
Ipacura provvido d^alco e chiaro iaccUeuo» non volendo termocfi nemicali
ìludj delle l^ggi.» applicò dì gran propofico a quelli delte Matetsaticiie di«;
f0pl«iie» faic4€oepmpuicei)d«j^ di quelle veriuoi» di cui è proprio il eOAv
tencàre a gran legao a defidar ), che km folici accoaipignaoe4'uinaiia.ffecil^
Jaziiiiiei e fecevi cancoproAcao^che ne nufcìoelebire piar turca Italia e £uo»
fiì tantoché dopo aver moJu anni impiegaci in al fatti ftudf, ed in quo»
gli a J crea) dell'Architettura (come poco appreffo ditemo ) {pregato da d»
ver£ amici » fi ^ifolvè di ptibUicamence iafegnargli ad altri . Diede egli
principio ai nobile adunco il di 3. d* Octobre itfia. e crovaE ne* Ricoma
di* foa preiprìt mano» efibre (kaci i fuoi primi difcepuli, ti Principe di Sfor
ita con più nobili Cavalieri Olcramoncani « cioè« un cai Coofe Giorgiia
Tbdefco» Jaoopo Scozaefea Abramo Van Thye Fiammingo • che i' mù»
no* 1614 in Fiandra fu facto Quartier*maftro Generale t Capitano « lu^
cegnere in Olanda f il Conce Vitate del Bò*» ed altri ancora Itabatii# cioè!
il Cavaliere Bartolommeo Canlacchit e Lodovico Incontri Volterraho#
poi Marchefe ; il Capitano da Verraaszano» il Cav Francelco Saracmeili»
Andrea Stufa Cav. di Sane* Jago di Spagna» il March. Barcolomiueo Cor»
ikif f il March Lorenso Maleipina, Luigi e Tommafo Capponit il Conce
Andrea della Stufa il Cav. Vinoensio Borgherini • il Cav« Ridolfo V^cn^
CYiri. e Carlo C;)nfacchi. Fu anche fuo dilcepolo nella fortifìcazioiìe.»
Giorgio Ugh^lli Fiorentino» che dicefi fratello dell' Abate Ciftercienfe^
Aurore deli* Italia Sacra: e Jacojpo Biliverti p P uno e P altro de' quali nel
%6té partirono per Germania a quelle guerre. A quefti li aggiunfero poi
il Birone Guglielmo Viiliery, Adamo SchlibitzXavaliere di Slefia, che mo«
r) m Firenze • non avendo aùcora il ventelimoquarto anno di ùia età tefw
terminato « il d) 9. di Luglio 163% e il Cavaliere Giovanni Schweinichen fi
vaire del Cnccapaiii per fargli fabbricare la meinoria lèpolcrale nella Chiefii
di San Michele Vifdominié e poi fi parti di Fireose aOa volta di Germa»
»ta infieme con Paulo Canlaccni . Furono anche fuoi difcepoli Tomma*
io Wefton , figliuolo del gran Tieforìere della BrettJgia, ti Viccconte di
A mde ver Arrigo lerficf Giuliano Sceword» Giovanni di .>tgbie« Filippo
Mantuurig Inglefi : M Conte Francefico Fanct e Guglielmo Peuiec> 00' quaUi
cucci
I %6 DecemiJlMafarHMSécV.4at\6ió,ati6io.
tutti (l trova av«r egli poi Cdoipre- tenuta letteraria corrifpondenza. Vi fil
Edovardo SommerietoBaronelaglefe»!! quale nel partir chefecedi Firen«
fise con un fuo fratello e con Antonio fuo filofofo» dopo fooi ftudj» di Set^
«embre 1625. donò a Giovanni un par di guanti d'arowa» pieni didobioni
d' oro» e lèco condufle ancora un noftro eccellente cavalleriaszo : Edovar^
^o Paùlet Barone Inglefe» Giovanni e Guglielmo VanderChys Fiam^
sninghi » Filipi^ jSIontefort di^ Brofelles , Guglielmo Villiers Vifcónte Inr
l^fer Paolo Viviani Fiammingo, e Monsù Luigi Gfelin Baron Franoefe»
&gliiK)Io ^1 Regio Tesoriere « Nello ileflb tempo attendeva anche Gio^
vanni air architettura » e neir anno itf^o. fece un non fo qual nobile ox^
nato nella.Compagnia'della Scala» del quale Monfignor Ciampolif fuo in*
crijnJeco amico i flato :anche fuo còndifcepolo , in una fua lettera in data
é^i^. Aprile x6%i. parlando di Giovambatifta Strozzi» letterato anche
«nò fuo amiciffimo » dice: Abbismo lungamenic7r$fciiirjQ deìl^ ingegnafa Ar-
thUeituta » cht ìm$o è Smìù ammirata nella Compagnia deUa Scala . Amenm
ghignerà mai nuova ladeatcmnat che fi dia aW invenzioni di VS. in queSe moh
tene » ^ alle quali la natura f ha sì feHcimente inclinata . Fin quì il Ctampoli>«
£ giacichè ci ocoorfe far menzione dell' amicizia» che mfsò &a Giovanni
e quel Prelato e xoUo Strozzi , non tralafceremo ancne di dire come la
fpedefima amicizia fu ancora fra quefii tre» e '1 Dottore Giovanni Pierbni^
celebre profelToredeirarti medefime. Q|uefti fu lo fteflb anno 1 6ii« chia^
anato a Vienna dall? Imperatore: e quivi per lo fpazio di molt' anni por«
co sì l;>ene le fue parti in quelle guerre» che ne fu da quella Maefià arric*
chito» e col dono di più a un Feudo onorato . Di quefta chiamata av^iu
4o il Coccapani data parte al Ciampoli» ne riportò rifpofta di grande
congratulazione» con ciliari attesati del concetto che teneva di lui? che
chiamava comune amicp. E chi quefte cofe feri ve» con particolare {odx^
fazione s* è inconaato a parlar del Pieroni» per la dolce memoria» che
egli conferva dell* eflere quefto virtuofo flato più volte ricévuto in prò.»
Sria cafa dai padre di eflb fcriveme » con cui egli ebbe gran corrifpon».
enza: e ciò fu nelle varie occafioni ijchefe gli porferoiftando al fer vizio
dell- Imperatore» di portarli a Firenze» di che molto bene fi rammenta^
quantunque egli fufle allora in puerile età» per aver molte volte ammiri^
co ne' ditoorfi e nel tratto la dignità d* un tale uomo: Tornando ora alle
opere del Coccapani» diremo» come trattandoli dà' Sereniflimi Prìncipi di
Toicana nello fteflbanno \6iz. d' aggrandire il Palazzo» già de'Baroncelli»
fuori delia Porta a San Pier Gattolini» che in oggi è la Regia Villa del-
r Imperiale» a lui fo data incumbenza di farne undifegno, il quale
•felicemente condufle» a concorrenza di Gabbriello Ughi » di Francefco
Guadagni, di Gherardo Silvani» di Matteo Nigetti; di Cofima Lotti e di
Giulio Parigi: ed il di 30. d' Agoflo dello fteflb anno alla Sereniffima Ar*-
ciduchefla Maria Maddalena» per cui ièrvizio dovea fabbricare» lo pre-
Tentò con fua pianta » prefeh ti il Cardinale Carlo de' Medici ,* D. Lorenzo de*
Medici ed il Principe d'Urbino. £ perchè il difegno in pianu alquanto ii
^Qn&ceva con quello del Silvani» fi unirono.tutti e due a farne un modello
infieme^ «he mofiravanQ.poter£jefequire con i(pe(a di ventiduemila fcudtt
. • ma
\
GIOVANNI. COCCAP ANI. 117
» * ^
flit quantunque là fpefii di quel del Parigi fi^ accennati in fòmma d|
erencQUomila fcudb fii pesò eletto quefio, e tutti gli altri efclufi^ edallo
fielTo Parigi fu appoggiata queir>opera. &ra ranno ttfi^ quando fparfaft
la faoia delia Tìrtu di Giovanni per : tutta 1'' Italia » egli dàiberò di fare
un viaggio: e priou volle fcorrer U Lonibii^a* antica patria deTuoi an^
tenati» ove nella città di Modana dal Duca Alfonfo d' Ette, in Bolosnar
dal Gardinale Legato Ubaldini , ed ia Eerrara da] Cardinale Ceanini.» LeW
gato altresì f fu molto onorato.» regalato» e fatto fplendidamente fervici^
nel. reftantedi fuo viaggio « Nel i6zj. pafsò a Roma i A tempo 4* Urba^
no VIIL e da tutti i virtuoG di quella Cjrte » particolarmente dal fopfan^
nominato Monfignor Ctampoli» allora Segretario de' Brevi» fu ricevuto^
e trattato alla grande: al che ben corrifpoiè iL Cocca jmni; perchè torna-:^
to a Firenze» mandò al, medefimo in dono un ritratto di Giulio II. Somni9
Pontefice, armato con fopravvefte.di felpa bianca» opera del gran Tizia*-
no da Cador^ regalo che dal Ciampoli ru avuto in tal pregio, che fubi«
to fecene un.prefente al Papa, che gli £ede luogo itejla propria Galle-
ria , Preflb la cictà di Volterra circa d' un miglio » era fituata in luogo dee*:
to il Botro» vicina ad una tmmenfurabil voragine» una ancichiffimaChiefa»
tjutta tncroOata.di marmi» con fue fcalere» dedicata a S. Giudo, uno de^'
Protettori della città medefima. Occorlè, che fino air anno i5po ficcOir
me io trovo ne' MSS. di quei tempi » cominciò la voragine a farli tanto
maggioredelfoÌito,che a pocoavvicinoffi alla Chiefà » tantoché non pafsò'
Vanno i6oz. che già era incominciata a cadere per entro la medefinia» parte
delie, fipiilp». Qaindi accr^fcendofi : tutta via lo fcolcefp d irupo , un giorno • -
che fu il d) 4. oT Settembre» non fo quanto avanti al i6ij. in mi tratto» '
con terrore univerfale di quei pòpoli , e lo rimanente delle fcalere e la he^
data tutta, e parte della Chieu» in un momento precipitareop » trovan*
dovifi prefenie fra gli altri Baldaflarre Francefchini detto il Volterrano»
fiato poi eccellente pittore» allora giovanetto di tenera età» che a mèi* ha
raccontato. Puote ognuno f^icilmente immaginarli il dolore de' cittadini
di quella, patria, e per la perdita di quel nobile ed antichiflimo edifU
2JÌo » e per venir tolto loro il predare il follto culto al Santo. In queflb '
ciio fu li lor primo penfiero il falvare le inligni Reliquie de' Santi» che ia
effa Chiefa (i confervavano ; parte delle quali trafportarono nella Chiefs
dello Monache Benedettine di San Marco Evangelifla . Poi peiiftronot
g;iu(la lor pofla ,. a &r la Chiefa in altro luogo: ed io trovo , che il mo« <
dello della nuova febbrica fufle fatto per mano del noftro Coccapani t .
non è già finora venuto a mia notizia chi ne fufle il facitore; non pòten^
do però elTer altri che Lodovico incontri, nobile di quella patria, il qua*
le» come fopra abbiamo accennato «appreflb al Coccapani aveva ^cquutaCii
f;ran pratica in architettura» cheal contribuir eh* e* fece con gli altri jenti»
uomi J» e coliaperfona e coli' avere aggiugnefTe ancora la fua aflì(tenzat
acciò fuflè il muilellodel maeftro fuo bene efeguito. Incominciofli adun^ ;
que la. nuova C^hieià con una Compagnia ad eUa contigua» in luogo emi* :
nenie» detto il Poggio» quali in egual diftanza fra U vecchia già rovinata
Chiefa e. la città: e ne fu poAa h prima pietra per inaoo dì Moufignor
Bernardo
ii8 DecàmJLAÌkTéi^LlMSe$.KMiSto.aii62o.
•
Betnudo Ir^hinuù ti tlk ycC dk 9»tténAie 1^*7: E farà Toa^ gtorb per
«Itici ci(tidu4 ìi fi^ctfi* ok» cale fi» lai deTosione verib i^ ^wk»» che
ciafcheduno o po^rcra o tìopà » » nobih^ o' ptcbao ch'elfi fuflb > non f<rf»>
■tente col pcoprto tvece, ma doU» propria p«:foQft»or ponancb ii niaaerìa*
leu ova altre coià faoeiMlo > àptf^ pei ao4a» ^ofinaioMnce oon ifpefe in-
«fÌRKbHe,kCind&feftàinl(4oceÀdò(taiticrmine, nelqoalooggtfivede.
Veintto reiBK» itfaSL Voieiiéo la niuèil doone Franoefca Guardi ne-
fH tboHnè» dare efeeiteione ad u> faq nobilo o iioto ooncetto » di fonde*
ye mTis^a^fe un Monaftéro di Vurgml nòbili, clw doveflcro vivere col*
F ItioatOi delle Seata. Madre! Tereia di G99Ù » diede al Coceapeni U caci.
codi fire dieffo Mdnafteto • d^Qa nvoea Chiiefii en modello; e feconda
dot ^fo ^n ipoi dato principio il é^^J^. d'Ottobre dell*^ i|te|S> ewiaool
gMCo dcllii prime ]neire» oomenefite una Me^^lie d^ ej^emo doceto»
colf effi|;ie della 3enm, f colle lègaewti parole:
■
S. Mate» Tbh>ia Sxc*M9AriJu FvMiMntjr.
Bad'ovefcio;
• ...
"BtimcacK d^Guard» Viooamobj Rcobh. ham Eocu*. a FtMDìMK manr
A. D. MDCXXVIII.
r
End measki dello fteflb rov^cia fo poOa l*Arme de* Gnaidi «eoii tti «Min-
ti, «on una abarra attrtverfo, e lo feudo dentato. Fa. qoefta Medejlis
oopeita di piombo» nel quale furono fcolpico le perolo appreflb nocete}
D. O. M-
GT II» II011PRIM SaMCTìB TIHKM9 VlRCtMIS nO«1^\
B dall' alcn parte t
JoÉMtesCoocAMNns t. C. Vum. SAtter- Tbpma Aucait. A. S. O. nacxxfiit.
pia xMiv. ÙtcBuma S. Potrr. Ukbano Vili, st Ser. Fer. II. Maqko^ Ertnmiff
DVGB RCGMAMn,
I
E^ h ftbbrica di qudAa Chiefa formata di fifnn efiigone eon (ba Copela,
bene incela nelle proporsiotù e ne'Iamij con cbe non lafde d^appoRtfe
comodo e vaghezza .
lo trovo ancm:*» che d$l i((ji 3 , lo fte0<> Cbceaftni kot£St «n dil^
gno di una fiiccieta , che dif«rgnava dt fare ad effe caHi dagli iSaii in vie
Ghibelline/ Andavafi coal trattenendo otieQo virt«ofo> ore alcone co-
lar operando in architettura per fervizio di nuove fabbriche » or qaalche
befto inftrnmento inventando, per utilf^ e comodo delle Meecaniche .
tellecco nelle Maceomciche» ora f acqiH0aee virradi te le fcoperte vericadt
adalcii eomunScando; quandoavendoii Grandoca deliberato Iranno 16^8.
d'eggiugnete all' ekre aobblicJie Cattedte deffe eiccè di Firenae, quelle
delle
GIOVANNI €QC€APJtNL laj
ìMIellateattiàhe» Ile telefle por iiHmaLétCDitt ibfoft(opCooQIOff>lf il q|i%f
le neir Àccademit dei Difi^no comparve per U priine volta a)li i %, à\0^
£obre aprirne Domenìct di ellb mefe» e facevi un Or«uiine i(i lode^ deVQir
legno e delle. MoceoMcichet la quale poifu dau^tlkiftaiape, OopqoQar
tinoò fna lettura '^ e fralle molte matene che egli ia&gnòj furono gli. Ètor-
menti d' Euclide ; la pratica del Compaflp ; Geometria , e funi Teorici e?r^
tìc%'t il iqodo di mifurare difianze» profooditadi e altezze* alle qu^lì BOti
fi pofla gtugnere in perfona: Proipettiva: voltamento d«f corpie.loi»
Piegature: livellare la più modi «per condurre acque al comodo didivetr
(e operazioni: Architettura civile t co* fuoi ordini diftinti» Ppfti «' coovj9r
nienti luoghi: mifurare colia vifta dentro e fuori del propo(to luogo s For-
tificazione, fue difefe» offefé e ripari» colPùfo della calibra [a]; levar
piante da prefib e da lontano » dentro e fuori del primo ficb; 1' ufo dfif-
gl' iSrumenci matematici» geometrici» aritmetici e sferici : sfera e geo-
grafia : meccaniche e loro forza : operazione praticabile della ' buuola $
carta da navisare» aftrolabio. e baJefingUa.: il modo di ridurre diverfe ttdr
tute in una loia nota mifura : la regola per crafponare con siufte fimebrit
ogni figura di piccola in grande» e di grande in. piccola; nicilità e.fictt*
rezza di ritrarre perappunto oualiiiia cofa in cii^heduna diftanci» poflft
in qualfifia luogo m comoda vifta del riguardante » con un tale inftrumM^
co: invenzione trovata altresì dal celebre pittore Lodovico Cigoli» fo
non volei&mo dire» che non il Coccapani ne £oSc ftato inventore» majl
Cigpli» e che egli folamente ne infegna& la pratica. E di tutte quefie
beUe difcipline ne fon rimafi fuoi molti eruditi Trattati appreUd al Padro
Sigifmondo di SanSilverio» al fecolo Regolo Silverio Sigiimondo Coecar
pani fuo figliuolo» c^i Affiliente Generale de*Cherici Regolar) delle Seuil?
ìt Pie » religiofo chiaro per pietà e dottrina» e per li molti coinponimeil*
ti» che per mezzo dell'orbano fuo» e per le pubbliche (lampe» e per mes*
zo altresì della fua penna hanno (ottico di godere e godonfi tuttavia gl'io*
gegnt eruditi del noftro tempo. Bflendo poi V anno i64h fegiiito ia
Roma il cafo della morte del Padre Don Benedetto Callelli BreCciano
deir Ordine di San Benedetto» Mateoiatico celebre» particolarmente pec
li dottilibri delia mifura dell'acque correnti, il quale era pubblico Letto*
re in quello Studio ; il Cardinale Francefco Barberini, per mezzo del Mar«
chefe Luigi Strozzi» cofi lettere molto preflanti, fece ogni opera per ave**
re il Coccapani in luogo del defunto Caftelli ; ma , o foflfe per cagione
d'amore alia patria» o perchè fi trovaflTe bene accarezmco e (limato qua»
o forfè ancora» perchè dura cofa gli pare(re il mutar cielo in età molto avan-»
zata» egli non confenà all' inftanza del Cardinale, contento folamente #
cred' io » dell' eflerfi colla propria virtù fatto degno d' una fimile chiamata «
Ma quantunque egli ricufaflTe di lafciar Firenze per portarfi a Roma» non
è però eh' et non avefle fempre oonfisrvató un grandHmore alla Lombar*^
dia» onde a^va origlile fua famiglia; e quefto anche particolarmente pe(
I le re^
[a] Cslìhrs » firum$t^^ cm n^ fapfmfqn» i P^zzi delP ArtiglUrU 9lflefi$9^§ f%i^
fa » 4^^ ^^' iibrarf » colia frepofizìwe kxtx abbreviatura .
l^ó DeeM. IL detìdfarf.l. dèi Sic. V.daJiSlo.al 1 61 o;
le iteplic&te iftànzb , dhe i di JCdlà condurfi » e qiiivt ftttiilìr Alt afi» gli
ay^a fatte don lettere prèmurcfe Monfignoré Gocóapani foprannomi*
xiàto Vefcovo di Reggio/ che però fino a due volte in duelli medefiini
ttfirfpi gli èra convenuto aiidano' a trovare in quella citta. E vaglia il
"V^ros che fé tenia di troppo tediare il mio Lettore non ne riteneflei
tacerebbe molto a pròpofito il portare in quello luogo le lettere fteflè
di <|uel Prelato » dalle quali fi conofcerebbe non pure quanto egli Tamò»
«Bà eziandio la ftima» eh' ci fece di fua virtù. Così dunque efercitan-
doft tuttavia il nóftro Giovanni in opere molto lodevoli, portò gli an*
xii'fikvi fino al 1^49. nel qual tempo correndo per la Tofcana una granar
ide influenza di mali acuti, che. grandi/Timo numero di perfone in città ed
lli'eontadò privarono di vita: ancor egli diede fine aggiorni fuoi ; e fu
il 4uo 4còrpo> con pompa conveniente a' fuoi natali ed al fuo merito^ ti^
p€^o nella Chiefa di Santa Maria Maggiore, nella fepoltura fatta dal Padre
per quéi di fua famiglia; Fu il Dottor Giovanni Coccapani uomo aliai
retigtoibi e^miciffimo de^^gcan letterati del fuo tempo • fra' quali non
«bnnfó ìt altimo luogo Giovambatìfla Strozzi , Maffeo Cardinale Barberino »
poi 'UYbàtìoVIIL Sommo Pontefice, oltre a quanti ne abbiamo nominati
difopra^. Si dilettò di pittura: e nel. conofcere le maniere de* buoni raaé^
IM fu àfidi ^(limato e Ebbe anche vaghezza di far raccolta delle medefime^
~ j che fi Trconofce àncora da più lettere, ftategli fcritte dal Conte Alfon-
^ Coccapani I fratello di Paolo il Vefcovoi e dal medefimo Vefcovo» in
tah materie anch' efib inteiligentifiimo « Ebbe in grande ftima le opere
d^e'l Cifoli: efuqtiegli , che Pannoi644. operò,. che il detto Vèfcovodt
R^gio /nella città di Ronda, per majio del Curti% ne factflTe intagliare il
ritiratrct-in rame. In quella poi, che fa fua particolare profteiTtone , nluno
pfùr^di' lui fu il udiolb e applicato; onde fecefi caro oltrèmòdo alla glorio*
fi merifTOria del Granduca Cofimo li. il qiiale, oltre al capitale che fece
feoipre di lui in cofe ragguardevoli » godeva fovente di vederti intorno
aMa tavola fue belle invenzioni di fontane portatili, e fimili bizzarrie^
filFendo poi quel degniamo Principeranno 1620 venuto a morte , volle
il Coccapani onorare la di lui memoria coli' efecuzione d'un bel con*
catto di Simone Rondinellì per un fontuofo funerale f ricco di firtiue e di
pitture, nella Compagnia della Scala, della quale egli era molto affezio*
3KKo« Fu anche molto caro a' Sereniffimi Principi Don Lorenzo, Gio«
Carlo re Leopoldo: e forfe^non fu gran fatto, che il trovarti in pofleflb
della grazia loro e del Granduca , fu(Ie una delle cagioni « che lo rite^
neflero dair abbandonar la patria; mentre fajppiamoi che effendogli una
j^ta detto, che Giovanni Ciampoli portatoti a Roma, e Giovanni Pie-
roni in Germania, avevan fatta maggior fortuna di lui, rifpofe; Non di-
co ^tà io cciSl; perchè qutfli fuori di patria fervono Principi firanieri;
ed 10 in patria fervo il mio Principe naturale, che è quella co& che io
ftimo per mia gran fortuna. Reftarono alla fua morte più difegni di fua
mano: e fra quefti uu difegno della Cupola del Duomo, fatto con fue
mifure: ed uno, per cui intefe moftrare il modo d' alzar V acqua a forza
diiuoco^ e per via di tromba» con paflardi gran lunga T altezza folita;
e^ue-
. . r: GIOVANNI :COaCAmNI./\ tsi
ìì ^ueft0 per mezzo di tidòcti • Puno {qfptf V f^o;> <K>n un fpk) xìtsàft^
jB viraìnente ;* in ci6 cke af>pametie ài joutfV^rà é conàvvofi ìfdJb%vlk^
ìBgli ebbe un genio non ordinario ; ed è fama » che egli ancora avefle
parte helPop^àzione del Condotto j^er la Fontana >h$ (ì'féce iif teda al
cortile del Palazzo de' Pitti . Rimafe ancora un modello in grande d' an
di^ndiofo ftrumento» col quale con trema fia£chi d' aèqiia morta» àcl^
mudata in un certo caflTone» macinavafi perfettamente il grano « imprime*
vafi in carta ogm forta d' iìitaglìo in rame» ed altre più operazioni in ìm
tempo fìéOh facevaniìi ma petchè eflendo ximafo di fui , dopo fùa morte»
£>lamenteun piccolo bambino di pochi mefi> che è quello » che oggi]^
religioib, e lo ftrumento col reftahte; degli effejctìndi quel patrioiGihio,. al
governo di femmine-, di cut per lo «più* non è proprio tli conofcere 1^
pregio di cofe sV fàtee » egli fu venduto pet^pòco^e non .fu anche po^fli*
bile il ritrarne il prezzo. Onde fattane; popDblica>caufl» fufonxhiàimK|
per periti a datali giufta ftima» Jacopo Landi, ftato diibepolo ui Giqfvàn^
ili, e Giovanni Balatri : i. quali referirono, eflere il valore, del foJo mat^^
rìale» di^ che lo Orum^nto era com;p!olko,' 4a ibmma.di cian|octnqvàhQ|
feudi, con dichiarazione^^fpreila «di non e^fi eglino ingenti nellaiUm^
dell'invenzione, ia quale riconofcevano maggiore d'ogni ftims. Ma.<^'ii;^
tuttoché Gipvanni fufle sì copiofo d^ invenzioni, e grande invefligacbrv
deUe naturali cofe v fu però feinpre dichiarai» nemico dell' Alchimia, hk:
quella parte che eli' è fatta fervire all' ingordigia del trovare oro; ed ieril
fuo detto ordinario, parlando di ccdord, chea si gran cofioe della viof
.1
•il" • J wf
• 1 I ' '
c^ dell'avere a tal' uopo Te ne vagliono • che
' Cbi^mantp^UiL Sul f Akr^uth, e Venere ^ . : . ^ : ; ^: . ìj i'>
Se ne va in fumo f e fi riduce^in^^cenere. i .-- . ':o
si dilettò delle Piante: ed avevane frali' altre in.on fuo giardino una d|
gdfo a di- moto « come più ordinariamente ioglifmo diiamarlo ,' la quaki
conduceva ie fue more d'una fmifurara gcai^dezza,.dtcp non miniore di^
una grofia fufina. Queft^ albero, chiamava egli per piacevolezza, il R«
de' Mori t edelleiuefmtta erafolitoregalare:0^ianiK>.iSereni(fimi.^^
cipif< acdompagnando il regalo Gon[qualcfae(iuof ameno compomjomtajr
Cóoi^iacqùefi ancora d«l pigliar <ì^ote delk*«cofe più} fingòiarL> .dke cne)
iatft tèmpi occorvevano » di che^è'rimafo.tn liio molto iaocuxaco. ;MS: h^
papticotarméme intorùo a ciò, che avvenne in Ficeoae per kipéftìlfna^
del i6}o. ed a quanto . per fìtperàre |ai& concagiofa indiitoza ,.fd.operata;t
Dico per ultimo « che per contribuì]» all' aKtttma;£ùiia del caro padre J[
H foprannominatoKeligiofo ùxo figliuolo /fece ài medefimo. un.elògio » dha
fi legge nella fua opera^ i ntitolaca^ ^roinfiìmi Poesiciei ftampata io Ficenk
zé da Vintesizio Vangelifti ì'ànnvì^^j^ cdiexioifipii^ vederfi al ^mUmvrTf»
%-• i.^^ la SIGIS*
•3» Daam.tt.ìMtBtrfJ. detSa. V.Mi6i9.ali6io.
SIGISMONDO COCCAPANI
PITTO R B éRCHITETTO
&ifHf^9i^ÌAié9m^Cm^Gg<tà, imm 1583. -^^ 1^42.
ifc)fiaiwdo.Cacca|Moi.natMl fiiffigf» di Lomtardto* «bbc i
I fuDi natati dcUa atta di Fìsensfl'uin» di iMar«£iJiNa<^fl^.
I. e fu jfi^biòlo di .queUoftdTo Regola f rsoerico Cocaapwii . ìk
I: «ut «:-prinapiJ» delle nomìe i&l Doccor GitCMVMnj &•»&»-
ittlln a^anfi poc* vi «i &tta awicioixo . Oì^bmò flì «nni
. idi .fìu. £incittU«nu;, «d Imiuuoae deUo ftcffo ficiieilo fi» •
IximH ftad) dcUe Iccccre; na poi TenteDdOfi tirare dal gonio a qttcgii det
I^lMao* detta {ioBura s delle M««BUtciche* a quefti ih gran propoito f
«fpiicè* «leggendofie per snteftro il oetebre pittore Lodovico Cardi Ci*
foli , oci^^MlB fece in brere ul ixofitco . cìm per ^mnto abbiacvo da
«OD sbòaao diietàica. da t«i Dentea di Rmat « Luigi Arrigncc» in dast
dB*9.jd'.Oiiisbiie 116M. fi trovò collo Asflb Cigeli nct.itfio, a dipigncis
méà^ aiutò netta C^>pella Paolina: e tcaneonefi dipoi «pplicaco a tal
ÌMCCfinda*-ed in iervizio del audefimo CkoJi dtteakri «ani conànwtda-
po t quali, non oftante il ricordo d«agTi dal loaeftro , cioè Che fier b
pari era m^io ad un profefloK di di&gno abitar Rosuj che qualttfiflà
alerà cittì del mondo, benché contra la pmpria in«Iin«i»iM, jdelfberè
di ritnpacriare . TociuM dtinqUe a Firen» , fu chiaoMCoa Lucca, dove
colori una tavola perula Chieia di S. t^onziacw}. che fu la prima opera eh»
é^liolpondSè al paabblico : e della ftclla fua ^\js» manieta fesa ftg Viii-
eènsio IBakfeorinecd la pcrara d' una lUa Cappella oelia Pieve di M«^
tu jdcUa qual Cappella egU pure aveva dato il difegno. E.bbc Miche in-
•lunbeiua dt&re il modello d'atchicetuica,, e ja piccura altr^ d' alirt
Caippelta neUa fteflaChietàr per quaiuo li ha da lettece di fua manof ma
Qon«néiuttOiaiiotÌBÌa.nfiAra.fii eglsl'efietcuaflc. Si cavj pure da più In-
fere, fericnda lui a Monfignor PicefriofDini > edft Fnticefco Maria. Mak-
ffOiuielle>-che fa&so opera iua k: pitture e cui;ca 1' archicMtuni di itnc;
lìtppelk-fKl'l>uaiaodiSieiu,.lej9iiaUoan4ii6è l'asno l6}8. a Coacor-
senza dt^lue ArcMiettì Rràaani .; Sttiodipinte a fuelco di tua raaw) .ndW.
Cfaie£i (U&nMichctc dagli Antinoridc' Padri Teatini, per entro la Cap-
wUa edificata dal SenatorMarco Martelli, due Iwiette. Nel primo chà»
m&.éi San Macco, de* {^adripEcdicttor^ dipioics firefco una lunetta, ov«
SÉp{Hainti^ 4i ivMìb, anmenda e gaftiga: infie«ae > dato da S*nc' Ati«
tonino Arcivelcovo di Firenze , a' due ciechi accattoni, mentitamente
poveri , ì quali col preteso dì tal finta necelfità avevano fatto gran
peculio . Ve^onfi in quefta le perfone de' due ciechi, molto bene ac-
comodate alla ftoria : nelle cede ritrafie al vivo due ciechi poveri di
quei fuoi tempi , e quello con barba rojTa col cane apprefio , è il ri-
tratto di quel Paolin ciecot «omo piacevok, fiusofo&aUa luinita gente
-".i . per lo
• /
SIGISMONDO COCCAPANl. tjj
S
•r Iq fw) &r giocolare i casti» • per gl'infiniti ftftoibotci da lui co^ipoh
i e ointati.al Tuono di fua chitarra. • par lo corfo dì pr^flo a can^^^suiH
che egli yi0e in quefta nottra cicti di Firenze fua patria x dal che pro(¥
occafiBne » per. ifcherzo > BaldaflTar Vqherrano • in tempo che il cieco eragi4
in età cadente 9 di ritrarlo per Omero colla fua lira « che riufcì wi belliflita*
quadro» e* oggi fi vede xmìz Galleria del Marchefe.Pieraotonio Cerini «
Tornando ora al Coccapani» veggonfi di fua mano alcune opere per le
cafC'de' noftpi gentiluomini, e molti ritratti i conciofòfiecofichè nel ri*
trarre al naturale egli molto valefle: e dicefi» che GiuftoSubtermans» in
tal facoltà Angolare » doe ne confervafle aj^efio di fe con dimo^raaioue
di grande dima. Vifle quefio Sigifmondo fino all' anno 1641^ nel quale
allì i. di MarsEo ebber fine i giorni fuoi: ed al fuo corpa fu data col da*»
bito onore la fepoltura nella Chiefa di Santa Maria Ma^iore , preflb a
quello del p^re e poi del fratello •
Qgeilo Artefice » che nel Dtfegno e lìella Pittura appreffo il Cigoli ebbe
alti princii))» non diede poi in pubblica molte opere di fua mano; con-
ciofoflècoiachè egli affai diverttflè fue appUcarioni nello fcrìTere di coft
di quell'arte» e d' archìtetcura altrea); e fino a ben ventidue anni , cioè
dal i((i2r. al i<^34. quafi del tutto impiegafie in comporre un trattato in*
torno al modo di mettere il fiume d' Arno in canale % nella quale opera eoe
belle figure geometriche fece apparire fiicilicà e chiarezza» tantoché mti^
rito di eonleguirne approvazione e lode dal celebre Galileo Galilei apw
preflb al Granduca FerdijKuido IL che perciò di conceife il bel PrivUc!-
giQ> efiftente nelle Riformagioni , del quale parla l'Abate Gamurrini nei
Tomo 3. della fua Iftorja Geneolc^ica nel Trattato della Famiglia da^
Coccapani . Impiegò anche gran parte del fuo tempo in difi:gni e mot-
delU divedi d' architettura per fuo divertimento» e talora con ordine é»*
Sovrani : come fu quello della Facciata del Duomo » fattogli fiire dal Gran^
duca Cofimo li. a concorrenza degli altri architetci ; e per la pefiilenzt
del 1630. fino al numero di otto ne conduflè, tutti fra di loro diver&i
tantoché tK>i nell'anno 1633* eflendofi da' Deputati dell' Opera fopni tale
aflbre» rìiòluto di far congrefli» affine di eleggere il migliore fra tanti mo-
delli» &ì il Coccapani chiamato fra gli altri a dirne anch' eflo il fuo pa«
rere» che iFu fempre» che fi dovefle mantenere la facciata di tre ordini»
affine di difco(burfi quanto faceva di bifc^no» e non più » dal concetto di
Arnolfo» che in Gotica maniera volle feguitare l'antica direzione del pa*
dre fuo, che fu di comporre tutto Tetteriore di quel Tempio di tre or*
dini . Fu anche d'opinione» che neir elesione da farfi » fi (lefle nella ma«
Olerà Fiorentina interamente» ad efclitfiooe d' ogni altra -'e da vane per. ra-
gione» Taver tutti gli ftranieri» che bene hanno operato ^ preia la ot»
tima maniera del Buonarruoti i ondc^nel tempo che u praticavano davanti
al Granduca i congreffir sforzayafi di far conofcere tal verità cogli efem-
Jili delie facciate delle Romane Chiefe» cioè a dire delGie^ù» di Santa Su-
anna» di San Lu^ de' Franzefi» e d'altre a quefte fomiglianti: tutto cofia
che egli poa ne- fuoi eruditi Trattati lafciò fcritte« Impiega ancora parte
qael «IBM* akti 4urò il contagio • nel mroTameiico 4i ?tf ie inven^io^U
I 3 atee
i34 DeciMl. della PartJ. del SèCéK iettai 1610.
afte a facilitare il buon governo in tanto bifògno: in cui fu molto idòpes^
nto, e particolarmente con approvazione pure del Galileo> fece il nuovd
Lazzeretto : e trovò il modo di poterli con comodo e fìciire^s^ eràfporta'^
re i tocchi da quel malore» che furono alcune bareltette lunghe» coperti
a foggia di piccole lettighe: ed inoltre inventò certi treggipni, atti a con^
tfiinere e trafportare» colla dovuta cautela, i corpi morti . E perchè egli
io tali xofe aveva fetta grande applicazione e refleflione, volle anche feri-
vterne un Trattato, il quale con fìgure pure di fua mano conferva oggi il
Padre Sigifmondo di San Silverio tuo nipote, di cui parlammo poc' an:n
nelle notizie def-Dottor Giovanni fuo padre . Diede ancora il Coccapani
San parte del fuo tempo, togliendolo alla pittura, all' infegnare Tarte
J Difegno : e ciò fu particobrmente nella leguente occafione • Era Pan-»
no 1 61 9. quando Monfig. Piero di Vincenzio d* Agnolo Strozzi , Cav. lette*
ratiniimo , quegli che fcrifle De Dogmstitus Cbg^Aeermm , ftato Segretario
de' Brevi più anni avanti, e ne' tempi di Paolo V. contento d'efierfi meri*
Cita in faccia di tutto il mondo, quella grandezza a cui (aggiunta alla
chiarezza de'fuoi nobiliffimt letali ) portato lo avevano fue fingulari vir«*
tmii, ad oggetto d'accafarfi, lafciata la città di Roma, fé ne tornò all*àma«^
ca fua patria Firenze. E dentro a quello fpazio di tempo, che dopo Taiw
rivo precorfe il fuo accafamento colla nobile Signora Caterina di Niccòlè
Bafdovinetti , avendo fatta raccolta di mòltt^ giovani di fua famiglia , é
d^altri a quella congiunti in parentela, fi applicò per proprio diverti men<^
to ad infégnar lóro V arte rettorica e le fcienze : della qua} cofa tantd
e con tale applaufo in Firenze fi parlò, ed a cagion delk quale tanto^ap-
parve il profitto dr quei nobili, che ogni altra fcuok anche piìi liitomata
di quel tempo ne rimafe ofeura: e quindi avvenne,' che il bel congréffoi
ftguite che furono le nozze di Piero, noti fi difi:iol(e nói- ma da uno ad
un altro hiogo fi trasferì: e quella, che prima fu icuola in cafa lo Strozzi^
fu poi una norita Accademia nelle calè, che a principio della Via delle
Ruote, non molto avanti erano fiate fatte edificare da Don Antonio de^
Medici per fua entrata # Fu primaria intenzione de' nobitiflin^i giovani »
de' quali immediatamente fii grande il concorfo, e ripiena! i*AocàdemÌ8/
Paddbttrinamento rn tutte le buone arti e fi:ienze, ed in ogni altra bèlla
fiicolti, che defiderar fi poteflè in un gran Cavaliere: e fra qiiede non
diedero l'ultimo luogo alla beir arte del Difegno. E comechè per T infe-^
gnarne ciafcheduna altra ^ foflè flato eletto un valente maeftro; per quella
del Difegno fu fatto capitale del noftro Sigifmondo , che accompagnan-'
do (uo fapere co* tratti gentili della fua n<^ile nafcita, portò egregiamente
le fue parti: e da tale fua ricevuta incumbenza, e per lo durare eh* e' fece
in tak uficio per lungo tempo, egli tfaflb ilnome del Maeflro del Difegno,
per )o quale fu poi chiamato e ìntefo. Anziché eflendo fiato fatto inta»
gliare fuo ritratto in rame per mano di Bernardino Curri, fu fcritto a' pie
del medefimo: Signor Sioismondo Cogcapani celebrb pittore fk^ntino
KcMiNATo IL MAESTRO DEL PiSEGKor e nella parte piii alta dell? ornato ftf
fitta vedere una mano in atto di difesnare» col motto Nemini secundvs.
E certo che egli ebbe neldifegnare dal naturale con matiu xo0k e nera
(coftu-
/«. ■*
SIGISMONDO COCCATANl. m
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(cofliiaie, che fii affai praticatola! Cigoli flato foo maettro) una maniàr
ngtasiofiffimaj. particolarmente. ne^ ntratti, i ^aali egli conduceva cò-
me fé .fiati iviSbto dipinti con colori : ,e noi et ricordiamo aver dato lu»
o ad alcuni di quella fiitta , disegnati da iuif fra glialtri dìfegni deVgraiH'
l'uomini celebri del Sereniflimo Granduca: e due ne confèrva lo fcriven«>
te fra -altri molti d'eccellenti maeftrij uno de' quali è il ritratto al vlv4»
del Dottor Giovanni Pieroni altre volte da noi nominato . E giacché par«
liamo del foo difègnare, è da laperfi» come egli aveva trovato un cer-
to geffo naturale di color di carne» con cui fenza 1' artifizio de' padelli,
condufle bei ritratti ; e praticò anche un modo » e forfè ne fu il primo
inventore » cioè di far ritratti fopra carta colla fola polvere di colori» eoa
certi sfumini di carta » co' quali faceva vedere effigie molto vaghe . Sap-
piamo incora da chi il vide , dico da Gio. Maria Morandi Fiorentino»
o|;gi rinomatiffimo pittore in Roma» che dal Coccapahi ebbe da fan-
ciullo i principi dell' arte» come egli condufle di fua mano un groflb li«>
bro» nel quale ailègnò ogni forra d' animali » che rìufd cofa di gran pre-
gio» e fu poi mandato oltre i monti. Diletcofli ancora Sigifmondo Coc-
capani d'antichità» non folamente in cofo ftoriali » ma eziandio di ma-
ture e difegni» de' quali fu intelligentiffimo: e perciò ailài gradito dalla
gloriofa memoria del Principe Leopoldo di Tolcana» poi Cardinale che
noa ifdegnava chiamarlo fuo maeftro ; e ncm pure adeuo» in tempo di età
avanzata molto» ma fin dai tempi di fua gioventù. Fu caro perciò al Car-
dinale Maffeo Barberini » poi Urbano Vili, col quale tenne corrifpon-
denza per lettere; anziché quefti ebbe un tal concetto di fua abilità. ia
materie d'architettura» che troviamo avergli ordinato di fare tre diveda^
piante. per l' aggiunu al Palazzo Barberino» che già fu del Duca forzar
m dichiarazione delle quali fappiamo ancora avere il Coccapani mandato^
a Roma un fuo ben lungo difcorfb. Ed in confermazione di quanto ab*
biamo detto del Cardinale Barberino» e della corrifpondenzache esli ebbe:
col nofiro Sigifmondo» regiflriamo in quefto luogo la feguente fua lettera.
Molfo Mag, NoSro . T A perdita del CigoU veramente ì Sa$a ^ratkk e di
■ ^ melio dìfpiacere » a cbi conofceva U wrtuxbe era in
ini : e deve parer mokSa a lei in particolare » che camminava a gran pafi
netr imitarle; onde non mi maraviglio che fé ne rammarichi meco con tanta*
eletto . Ben la ringrazio deir avvifo che mi dà » che fia per venire in eoteSa\
città a S. A.S^ la pittura della Madonna Santiffima che va in Egitto t ancor cbè
imperfetta » nondimeno di molta filma» per ejffèr di mano di per/ina tanto ce^
kire: e prendo in grado la prontezza cb* ella mofira» aeompiaceiini di co"
piarla . Nel che avendo io rimeffa al Sig. Carlo mio fratello la deliberazione 9
tni giungerà accetto» cbe eUa ne tratti con lai » e cbe gli dia notizia detti due
rametti » dalli quali mi ferivo parimente » percbè egli me ne pafia ragguagliare .
Frattanto non po£o dirle altro» fé non cbe aggiunaendomi aj/ai aU^ opinione cbe
avevo di lei la teftimanianza del Sig. Ciampoli^ farò pronto a giovarle fimpre p^
come me le afferà » conpregar Dio la feliciti. Di Bologna ^^i. Lug. 1613.
DiV.S. t Ajf>^ il Cardinal Barberina^ - > i
1 4 Dirò
ijtf Detm.ll.MàVattA.MStc.V.iUliSii>.«li6io.
DM per ultimo , come rieodaevde delh TirtA dal cUo 1'» , tu il Fedra
Sigifmondo di San Sllrerio compofta tona bella- ia(crizìone che fi legge nel
Volume delle Tue Pr^mfimi fttncbt , ftampeie in Fiienn pei ViaceÉxis
Vangelifli itft). al num, 7;.
CHIARISSIMO D' ANTONIO
FANCELLI
SCULTORE DA SETTIGNANO
Dtfiept/t di Gìevami Catciiii , nati %r idrjz.
f
Aperò pò» in qiieftì teiopt nella citti di FireMe» con i
I lode nella Sculiiiri, Chiarifiìmo Fancelli da Settignano.
vill^gio preflb alla tàxxà di Firenze tre atipia (Ulla parco d»
|i Levante. QueAi feoedifuamanu onPergam* e tre StatOB
I di tondo rilievo per la Chiefa del Duomo di Fifa . Per la
* giardino di Bobolì incaglio una Statua di Vulcano > che
fii poflà nel viuc grande del medeftmo. £^ opera del fuo fearpeDo la celU
di tnii'ino con bullo* ritratto del Granduca Colìma li. cfao veggiaiMt
Ibpra la porta d'un palazzecto in Borgo Sant'Apo&olo « da man finittra an-
dràdo ver fo la piazza di Santa Tcìnita: ed unaalcreaì, rierano del tnede^
£mOt che fopra altra porta d* un palazzo vedefi nel Borgo degli Ajbizzì
prtlTo alla piazza dì San Pier maggiore; e quella ancora , che ac&mt nells
eflerior pane la Loggia della Piazza del grano. Ebbe il Fancelli dall' A>ace
Fabbroni incumbenza di fare diciocco Scacue per Ja MaelU della Regina di
Francia I detta la Regina Madre . nelle quali dovevanfl rapprefe^itarc i «Iodi*
ci Mefi dell'anno» le quattro Stagioni , il Tempo e la Fortuna: delle quali
è fama» che egli quattro folamenceneconduceder due toccaffero a fare,
sd Antonio Novelli , una a Lodovico Salvetci t un'altra a Francclco Ge-^
nerini» ed una finalmente a Bartolommeo Ceonini. Ne furono anche,
intagliate due altre dafcultore aflai ordinario, cioè: una femminacbn al-
cune fpighe. ed un makhio con grappoli d* uva. cioè 1' LQate e 1' Au-^ .
mnno: le quali reftarono in via di San Gallo nel Palazzo de' PandoIGnì »,
abitato in quel tempo dall' Abate Fabbroni fuddecto* e le poilìede oggi
H Senatore Ruberto Candolfini pidroiw del Palazzo. Tenne Tua fianza il
Fancelli in via Ghibeltnia, e poi fui Renafo di là dal Fonte a Rubaconte,.
ove intagliò le^ oc'anzi nocace quactro Statue . Da luì ebbe i principi del-
Tarte. da Giovanetto, quel Giovanni Gonnelli. che i.>oi d' ecà dì veiitt
anni diventato affatto ciuco, operò non ottante aflai bene di, rittatti al,
juCurale di creta» e. fu detto il Cieco da Gambalfi * di cui altrove ci
' ; converrà
converrà pBxhw. Vtflb duariffima FtivceUs fino «IP anno i6ft: nel qat^
le ft*«3l di Maggio ebber fine i fuoi giornit ed «1 fuo corpo fìi data U^
llttefii della SamUSiiMi
OR AZ IO M O G Hi
\*
%ì . . . • . V/
SCULTORE FIORENTINO
» :
lytjcepoh di Giovanni Cacctnt ^ nàto ». « . • . ••$« . i ^25.
Razio Mochi» uno de* di&epoli di Giovanni Caccinii riuCcI
uno de* più valorofi Modellatori » che arefleia noftra città nel
ilio tempo . E^ però vero « che tn ciò x:he appartenete al u^
gKar la pietra» fu infelice anziché nò : e «noi fentHumo di
chi ebbe di lui moka cognizione • che a cagione òi «ale fot
infisltóità* dopo aver egli condótto uno ftupendtf modellb de^
due yillani» che ftnno il giuoco del Saccomazzonet per doverne * fevè^ lo
StacMe di pietra, da porfi nei giardino di fioboJi» ed arendo aHchè data
principio ad intagliarle» per tema eh* e* non guaftafle il fafib, gli fu lev^itor
e dato a finire a Romolo del Daddii che bravamente lo condcffe al flaa
termiiie, come irtibiamo detto nelle, notizce di ini». con if piegare aitcoc*
che cofa fia, ed in che coiiiiiia quel giodco^r Ma queilo chf e piùi eflbndll
fiata ai Mochi :a(legnata> ad effetto dì condurre tatet òpera» fWovvìfiono^
ragguardevole » aiidie quefla li fietiè iniknie col lavoro . Nel marclK) ope^
rò bene: di che fanno tefiimonianza i due Apoftoli» che veggiamo nella
Chiefa^di San Simone , fcolp iti in marmo da lui »noi> oflaote quella a-* aUrft
(critto un moderno» in ciò male informato. Fu però fua ordinaria occupa-
zione il modellare» ejd anche intagliare per la Reale Caller iaflatuettecft
flette dure » che dovevano andare in fervizio della Cappella di S Lorènaò^
urongli ancora dat>a fare i modelli di due grandi Statue x)ìe dovevano
rapprefentare due fiumi • ed avare luogo una di qua e iMa di là fopra lo
vafche dell'acqua al principio dello ftradone, che dalla Porta a San Pieiw
^ttolini conduce alfa Villa detta V Imperiale: e ditèfi, che éflèndofi egli
in s) fatto lavoro voluto accomodare più a* proprj dettami » i quali egli
ftimava più Conformi a* precetti deirarte» che a quelli di Giulio Parigi»
con architettura del quale il tutto in quello fi faceva i non furono altrimenti
i fuoi modelli meffi in operai ma ne furono latti ^trl modelli da Dome-
nico e Giovambatifta Pieratti» e condottene le figure t come pure oggi (i
veggono I non già di marmo» ma di ftucchi e fpugoè ; e noi» a coi fon toc-^;
ceti à vedere i modelli del Mmthi » ^on poUiaruO' altro credere» fé non
che probabii cofa iofle* che l'opera del p» imo non poiefle riufcire gran^^
fatto migliore di queUa » che feeet poi v^^tt^i fecondi^ Ne- tempi di -
.. . quello
f 3 B 'Dec^nJl.deSa'Pm.h MSèa K dai 1 6to. ài 1620.
queftb artefice operò in Fireiize.an cerco Fibhrìao Farina , t cui fu «omu*
4}icàco il fegreco di lavorare il porfido. Quefli con modello del Mochi»
dicefi che intagliale in tal pietra U titracra del Granduca CofiiQO;XitdU
con bullo, che in detta Real Galleria fi conferva: fìccome conduffei con
nodello dello fleffo Mochi , RaffwUo^ilurradi , che fu poi Cappuccino ,
un fimìl ritratto del Granduca Cofimo II, che nello (leiTo lu<^ fino a c^ì
ficonferva . Fu anche intagliata da Orazio l'Arme , che vedefi dentro la «^
del Marchete Corfì; ed alla Tua morte, che lj;gul,a' zo.di Maggio itfif.
leQò imperfetta una fua Statua d' uno Ajace, che doveva fervire per lo
Giardino di Bobolì , e oggi 11 trova nella pi fua ftanza prefTo al Convenco
d^'Padrt de* Servi dì Maria i nella quale danza, ed in altre ad eflà contigue*
hanno Tempre operato fimUi profellbri, egettatori di metallo. Ebbeque-
fio arcefìee due figliuoli : Francsfco* a cui egli ìnfègnò l'arte fua, che
riufd buono intagliatore in pietra e in marmi : e quedo Francelco fa
Quello, che fccequei Cavalli, che fono nella Piazza di Piacenza, cosicele,
bri e rinomati; fece molto bene gli Animali; modellò afliii per la Cap-
pella di San Lorenzo, reftaurò ftatue per la Galleria: e fece le poche n-
y&re di marmo, cheli veggono alle lepoltuce della Cappella CoUoredft
neUa Nonziaca . Fu anche eccellente commettitore di pietre; dure , e in
fimili lavori oiolto operò per la medefima Galleria , Non voglio lafciare
di dire > che nel ricercar che io feci ne' pubblici libri .del. giorno appun-
to della fua morte di queQo Francefco , che fegul a* 14, del mefe di Mar- '
zo ttf48. trovai notato ne'medelìmi, contra il cqftums, che quefii fu uo-
■tO Angolarmente faceto, ed il primo inventore delle jnafchere da Beco,
che con tal nome vengon chiamati dal volgo coloro, che mafcberaci rap-
{Mfcncano la ^rtc del villano. U altro figliuolo d' Orazio fii Stefano,
che non imparo l'arte dal padre, mada Matteo Nigetci > fra le noiiaie-
del quale abbiamo data andu di loiqualclte ct^nizìonc.
RAFFAELLO CURRADI
SCULTORE FIORENTINO
*J>tfiépoh d^ Andrea Ferrucci da Fsefole , nato •$■
Ìlede ottimo b%g\o di fé fteffo in quefti tempi nell'arce della
Scultura, RafimelIoCurradi dilcepolo d'Andrea Ferrucci, net
tagliare la pietra, come fanno conofcere chiaramente tutte
le opere del Tuo {carpello . Nacque coftui d'^uomo aflài be-
neftante , che faceva botceg^a dì fornajo nella Villa o Boi^o di
,, Rovezeano^pceffiididuemiglìada Firenze. Ebbe da fanciullo
ìaclinazìone al Difegno; che però fu poflo dal padre con Giulio Parigi,
nella fcuola del quale Ai condxfcepolo del celebre Callqc . del Bezi^lwe
e d'altri.
I
RAFFAELLO CURRADI. 13J1
e d'altrt, che poi riàfctròno ucittihi d'alfb gridb. Ma perchè egli incline-^
va molto alla Scultura , fu dalla gioriofà memoria dèi Granduca Cofimo IL
accomodatocon Andrea FeiYtied><the operava nello fl!aii2(onie deWafi del
giardino dt Bobolt, préflo alla Compagnia di Santa Brigida: nel quale ftan*
zone lavòraranfì tutcam da elTo Andreste da' Tuoi moki difcepoli, fiatue
di marmo per lo fteflo giardino t ed anche molte di pietra bigia; ondo
Raffaello fecefi molto pratico in lavorare: è veggonfi di tua mano Quattro
Statue fui balla tojo àél Palazzo d«' Pitti: e credefi a;ncora , che al tre' ^e
conduceife » che fervirono per ornamenid della Regia Villa detta Milipé*
mle,e dello fteCfo giardino di Boboli. Occorfe poi Tarino 1(^34. ob^'^^fi
dòvefle fare in Firenze la bella facciata del Palazzo* d'Agnolo , Zànbbi»
Marc' Antonio, e Ottavio Càftelli , architettata d[a Gherardo Silvani; on'^
de conofciucafì già la bravura del Curradi 1 fu datò a liA il carico di fare il
bello ornato della porta» attorno alla più alta parce^ della q^ialé» per ibfte^
gno e reggimento del terrazzino fportantè in fuori fece vedere due Arpie ;
figure intére cniaggiori del naturale, itvslbelIaécapricciofaattitudinifVche
apportano in un tempo l^efib* ditttto e ftupor^': 'in the erra Taltrér volte
accennato «moderno autore» ne ir attribuir che fa iquefta lodevole opera;
^he pure è data' fatta né* tempi di chi ora fcrive» alFefrutci ,■ mdntrenòn
il Ferrucci; ma il Curradi^ come ad ognuno è notb» fie'fii l'artéfice;; Lt
pietre /che fervirono a sì bel lavoro , f uron cavate ne' mòìAci di Fiefoléjdàlla
cava de^Sandrini ,ove dal Curradi furono abbozza te .e quindi fatte trafbor^
tare a Firenze dentro al Pala?zo de^tiiedefìmi CàfteJIj r ebbero loro fine*
Efleiìdo flato dato principio » e già condótti é buon termine la prima ag«
giunta al Palazzo de' Pitti dalla paìrte di Santa Felicità/ fecei il Curradi per
adattarli fòtto due finefl:re terrene» dico rolfimeve^ffò détta parte» leaùe
beUe tette di Lione, che in bellezza e natunilezza e nel cagliò Aeflb fon
le più eccellenti fra quante he ha quella hobtliflimà facciata . Poflbdè Raf«
fiiellò Curradi il bel fegreto di lavorare il porfido: e dicono i proféfl^fi di
quefte arti , che' viflero'ne' fubi tempi, eh* egli fece »1 modello < e diede
principio di fua mano alla reflaurazione delta grande Statua del Moi$è>che
veggiamo nella grotta della Fonte in tefta al Cortile del Palazzo de' Pitti t
che fu prima un torlo antico di porfido orientale» al quale incominciò la
gran tefta il Curradi, le gambe , le braccia e *1 oofare; e la tefta fermò fò«
pra il torfo a vite, in modo da poterfì con facilità levare e porre. SimiN
mente fece di porfido » col modello d' Orazio Mochi , la tefra con bufto
del Granduca Cofimo II. che è nella Real Galleria: ed un Coloflo, tefta
con bufto armato a fcaglie , che pure fi vede oggi dentro la medefima •
Non aveva quefto artefice» dopo ratte tante opere .ancora compiti venti-
cinque anni della fua età, quando continovando tuttavia, ficcome con*
tinova fino al prefente i fuoi fpirituali fervori la Venerabile Compagnia
di San Francefco in Palazzuolo, fondata dal Servo di Dio Ipolito Galan-
tini, detta volgarmente de* Bacchettoni ; volle il cielo, eh' egli datofi
alla frequenza della medefima , fubito fufle prefo da tanta devozione e fpi-
rito, che incontanente tagliatafi una bella chioma, eh' egli era folito di
portare non fenza qualche compiacenza» e dllmeftb il veftir lindo e
i'x\^ attillato
«140 DecenfLll Ma Van. 1. delS$c. V. dal i6 io. al 1 620.
mìW^tOr fi veftì 4* un flbiulk> l'Orto al modo nfiito d|i quei Bratèlli; fé»
guirò la frequenza: finalmente, mofio da Divina infpirassione » rifolutofi
;d'at)bandonac€; e l'arte e *1 mondo» vedi abito Religiofo deir Ordine dar
Cappuccini t e n'ebbe il nome di Fra Giovanni da Firenze # E jpcrchè il
Jb^ì (egreco di lavorare quella duriflima pietra non perifle» donollo ad un
^ertp pome nico Cord « povero ciabattino • fuo compare, acciocché con eflb
poteile aiutare (uà povera fiimigUi» Siccome feguì; che quefti dtedelo a
ÌC^olimp Sfdvedrini Scultore^da Caftello. il quateipoi» fintantoché durò
lapperà della reftaorazione del Moiaè a fpefa del Sereniffimo» glicQrrifpo^
jfe CQn prpvviGono di cinque foodi il mefe. E giacché de) Salvemini fi par«
ìeicdiremòi com"" egli ebbe a finire la detta rSaurazione del kAwh ;^e ul-
tintamente jgondufie di fiiuccbi le Statue della prima fl:anza del Cortona
nel: palazzo de' Fitti h col difegno dello ftefib Cortona: e parte ancora di
qu^lQiìelUalnre .fttiizQ i fopra le quali talora lavorò lo fteflb Pietro, par^
|:!Cqlarment^ fopra alcune femminette, abbigliate di panni fi^ondo l'antica
éOtHAa maniera Romana^ Goi)^ come dicemmo, il Curradi» jafciatì i pa-
xeojti ale comodità delb propiiia cafa» partoritegli dalla propria^ virtù ••
d«U'«0etto del ilio Sovrano» che oltre al pagamento di tutte^ U op^vc» il
pEOVvifioóava di v^micitique feudi il mefe t fé ne andò alla R^jgioB^fir^ove
eièmpio e d'ammiraitione . Enon è da tacerfi • che per efierfiegli
tutte le for?.e del corpo allefauche della Religione, e ad una vit^ firaocr
dioarìa penitente, cadde in tale infermità » che gli funeceiSicio efpOi;fi
af taglio delie parti da bailo > ciò che egli con memorabile pazi^n^* (wrU
l^andato poi dall'obbedienza al Convento di Volterra, acciò vi operali*
d'flabiftro un Ciborio^ il Npn religiofo ti s',accin{è ali* <)pei^t^9 diedesli
per^Mpae: e per avanti aveva mooeliat« ^i ferra una'Qapanmcci»«r eh)»
fìon è a noftra notizia fiervenuto ove opitafle: e fina Imi^QtiRff ave AtiAta
infermatpG nella fieifa città di Volterra, fantimente fe ne^mori^}
^ »
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141
OTTAVIO VANNINI
PITTORE FIORENTINO
Di/tegolo di %ABafio Tonuhuonìy , nato 1 5S5/ -fi^ x<^4l«
I un ctle Michele VanDiai Fioientina» vomo d'umile
disionef ma di onoraci ooftumtte timorato d' Iddio, neoquft
in Firenze ranno della noftra^ute 1 58;. la notte (egueii*
teal giorno delli 1 5. di Settembre • OtuviOt di cui ora fii-
mo p^r {Mirlare; e perchè il cielo» che 1^ aveva arricchita
d' un animo bep compofio » e d' un ii^egno alTai perfpt*»
<:ace » lo aveva altresì douto d' un bel genio a cofe apparto**
nenti a diCegop; appena fu a quella età pervenuto» nella quale togliono
i |>adii provvedere i loro figlinoli di maeltri di quell' arti o fcienze , oer
eiii è lor defiderio d* incamminargli» che pofto allo Audio delle prime leCi»
Cere, noniblo non dava alcun Cegno di defiderio o premura di quelle ap*
prendere; ma rrafcurandone affatto l'efi^rcìzio» ponevafi in qudla vecee
&x di fua mano con penna , varie e graziole figure. Il che oflervaco $dal
maeftroe dal padre, diede loro fiifficìente motivo t per togliere il fanciulto
das\ fittti ftud|» ed ali* arte della pittura applicarlo; ma non porgendofi a
Michele» pereiòface, altra più aggiuflata congiuntura* per non aver* egli;
che loutantffimo era da fimi! genio $ cognizione d* altri pittori, raccoao^
dò con un tal Mecatti» uooio d* ordinario &pere neirarte fua : il ^mJo
per eilece fiato da natura provvifto d' un capo non meno che d' uno in»
gegno ftraordinariamente groffio» eca e da profedbri delKarte della pittura
e da ogni akra perfona chiamato per foprannome Capaccio, e per Ca«
faccio da tutti intefo . A coftui parve una bella cofii il vederfi in ooctega
un fiinciuUetco sì aifennato e fpiritofe» com' era Ottavio : e cosi in vecd
d^iofegnAfgli quel poco, cb^e^fiipeva» occupavalo del continuo in cfui*
QUMre mt qua or là per Firenze^ per fiure or quello or quell'altro de'fef-
vigi di caia fua, ne più né meno» come fé gli fufle fiato lèrvitore fata*
ciato te foto un tal poco di quando in quando face vaio difegnare» erive*
elevagli il facto » tantoché fu poi dopo qualche tempo necefiàrio » che il
padre lo togliefle a quel macftro , come apprefib diremo . Ma giacché ne
na portato it difcorlb a fiur menzione di Capaccio , non ci par da trala»
fciare di idar prima qualche notiaia d' alcuna dette fiie gofiezze e fempU*
citùf affine d> (cemar tedio al noftro lettore: e fargli, a confronto dello
dtdiolezae dì taf uomo, più chiaramente conoicere, in quanta ftima àtb*
bano eflere in lui quei donit ch'egli con afiàt magare vantaggio cono-
fcerà avier ricevuti dal cielo ; non per quelli o altri di si fatta qualità
diiprt giare t ma per>eflerne giaco ai donatole.
£ra dunque Capaccio perfona di^gcofla pafta» che il tutto fi erede-
Tilt ^he gli veniva detto da chi fi InSkt anche affine ex fiuti beffe di lui;
ondo
: 142 DecennJl della Tart.L del SecV- dal 1 6i e. al 1610.
ond^ egli tt% diventato, fra quegli del fup.teinjpo, il fpltezo cM traini-
lo; ed jo la&iQ'f «jper lo sàigliqre, di lar.tÀnapone in <|ucfta luogo delle
molte e veramente folennimme burle , che venivangli fatte ogni dì da'
più fcalm e meno difcreti. Ma perch' egli bene fpefib adiviene» che
quando fi comincia iii chicchefia a fcoprir la vena di dolce, non Colo gU
eguali, ma gr inferiori ed i f ottopodi eziandio, mefle da parte le con ve*
meiiz.e , e perduto il rifpetto , incomincino a pigUarfi gufto di lui; fino
il giovanetto Ottavio» con tutta la fua modeftia e naturai bontà^, dopo
aver ben finito di conofcer^la qualità del maeftro, graziofamente il derife
:talvolta. Avevalo Capaccio {mandato un giorno allo fpeziale per duelib«-
.Iure d'olio di noce: e per mancanza di vafo, che tutta conteneflè , ave-
vagli date due ampolle di vetro . Il figliuolo fi portò alla bottega » e prefe
iPòlio; ma nel tornarfene , fra rimpaccio del ferrajuoloy e l'avere a tener
runa e l'altra mano occupata in regger i'am polle, portò il cafo,che una
ie ne roppe: e rolio, che doveva fervire a Capaccio per colorir le fue te-
Jq» fervi per quella volta per dare il luftro alle ladre di quella contrada.
Tornato Ottavio, nel raflegnar che: fece al roaefiro unaampolla fola» fU
dai medefimo interrogato ove fufle l'altra: al che rifpofe Ottavio, .che.li
mala fortuna fua, per non fo quale accidente occorfoli per la via, glie^
le aveva fatta cadere. Allora Capaccio, prefo da gran collera» diede in s^
jalte grida , eh' e' pare va fuori di fe: e confondenck) a mal modo il fanciul^
io, e con cattive parole caricandolo , il minacciò di bufTe, enon cefTavà
di dire: DVTu, furfante, come hai tu fatto a romper quell'ampolla, co^
tne liaitufiaitto? AII019 Ottavio , acni già era fcappata la pazienza, dìffèc
Volete fapere come ho fauo ?. ecco eh' io ve lomo(fa:o: ed aperta gentil^
mente la mano ,dov' egli aveva l^altra ampolla , fé la lafciòcosà piena cadere
interra, e così fecegii» come noi fogliamo dire ^ veder provare la comme«j
4ia cogli abiti, eh' egli farebbefi contenta» di feixtir rappréfentare colla
fola voce; ne io Ilo qu) a defcriyere la nuove fc:andefcenze, in che diede
Capaccio y perchè farebbe troppo lunga faccenda , Trovavafi una volta
queflo pittore alquanto mal dilpoflo di fanità a cagione di certa ripiariezza
OQppilazione ch'ella fi fofle; ed avendoconfulcatocpl medico, n'ebbe*
per configlio , il far talvolta alquanto d'efercizio la mattina a buon'ora r
perchè quedo , diceva egli, avendo virtù di fomentare, nodro' naturai ca^-
lore, conferiva molto alla réfoluzione degli umori fupearflui del corpo^^
Tanto vi volle e non più, per fare che Capaccio, che giovane era el)a«'
liofo affai , levatoti una mattina a budniilima ora, prefa la via della Portai
alPrato, fi portade, poco men che di trotto efenza mai férmarfi » fino a^
Pìdoja, città lontana da Firenze ben venti miglia . Qoivifermofii aiquan-*'
fio» e adocchiata una bella fanciidla, foi'teifé ne invaghì; e fu poi caufi^^
quedo amore , eh' ei guaridè affatto dell' ipoòondria, perchè avendo la. ria-«>
gazza, parte dal fuo fare e dire, e parta dà j\otiaifi avoté da altriblm co«*
Aofcìuta la pada, leppè sijben guidare la ballata^ che e^li imbarcando lèm^^
prepiù, fu ^oi folito per un pezzo di trottare da Fioenze a Pidoja tante >
volte la fètttmaria» quante egli avrebbe fetto, per ca$ì dire» nella pro-
pria cafa da caioiera a £da» fenza che mai.fi veriifTe a^conclufione ]di cÀatrw
. ' ^ mo^^
OTTjiVlQ VARNim. 143
monto «e fu poi la fanciulla d'ogni, altro che del piccore/ il quale avendo
▼educo, eh' e* non era con eflfa terren da por vigna, s'innamorò d'un' ai*»
tra fanciulla, figliuola d'un caitacciere di r alazzo , che aveva tua abitazione
in Firenze in Borgo S. Piero in Gatcolino: e quivi era cofa graziofa il ve-
dere Capaccio, cheper moftrare alla giovanecta ch'egli era pittore, e che
egli aveva da fare aflai neil' arce fua, macchiavafi a beila pofta con diverfi
colori il cappello: e ftando a pie della fineftra dell* amaca, pigliava da quel-
le macchie occalione di parlar di fé fteflò; poi cavatofi di tafca un fagotto
di carte difègnate di fua mano, cosi (otto il mantello gliele £iceva vedere^
dicendo ; Lucrezia ( che tale era il nome deUa £inciulla ) quefie le ho fatte
io , vedete; e credetemi, che un par mio non lo troverete altrove; men»
tre non pure la fanciulla , ma eziandio.tutte le vicine , curiofe di vedere
il ridicolo amoreggiare di coftui, s' aifacciavano alle fìnettre, edlsfacevanfi
per le rifa. Andava poi a sfogar fue amorofe pallio ni con un certo Carboni
larto, il quale fìngendo d* avere da poco innanzi alquanto ingroATatoT udi-
to, conducevalo in una flanza dietro alla l)ottega, ove molti Tuoi lavoranti
fiavàno a cucire» e quivi gli dava licenza di dar fuori, com' egli diceva
con tutta libertà i propr) fentimenti, mentre col parlar forte non poteva
cfllre udito da chi paflava per la via: e intanto dava a vedere a i garzoni
una ridicolofa fella. Dolièfi una volta fra l'altre, che nel volerli accòftare
alfa cafa della Lucrezia, alcuni de' fuoi cani malamente lo morfero in urm
cofcia: e foggiui«Ìe, che non glidifbiacevan tanto i rilevati morii, quaOi^
tò che egli ftimava eflere dato queuo un trido augurio pe'fuoi amori «Ma
v'ebbe fra quella gente chi il confolò, con dargli ad intendere «eflerquefto
non già un tnfto augurio , ma uno de' più fortunati prefagi , eh' e^ poteflè mai
defiderare i conciofoflecofachè quegli animali avellerò una certa virtù» di
conofcere, ove fi volgevan gli affetti de' lor padroni; e cosi avendo beA
comprefo l'amore della fanciulla verfo di lui efler sì grande, che malea
loro ftefli ne fuccedeva, moflfi dalla gran gelofia» che è propria di quelle be--
ftie, avevangli fatto quell'affronto; tantoché Capaccio, che il tutto ere*
deva per veriilfimo, quando poi fi vedeva far violenza da quei cani fi ral-
legrava un poco. Una volta volle egli fare apparire al pubblico l'acutezza
del fud ingegno, e moftcar con efprelTion di bei geroglifici, a che legna
fi eftendefie la bizzarria de'proprj concetti: e per ciò fare» fi dipinfe un
arme in più fpazj divifa ; in uno rapprcfentò un par di fefte, e quefta di-
ceva efler l'arme de' Semini: in un altro dipinfe un quartuccio» e quello
per chi avefle avuto il calato de' Mifuri ; nel!' ultimo finalmente fece vede«
re due ruote da carro, acciò poteiTe fervtre tal' arme per chi fi fofie fiitta
chiamare de' Carradori; e pare/agli aver fatta sì bella cofa, che tenendola
appefa fuoiidi bottega, fpendeva bene fpelTo il più della giornata in fullo
fportellocon tavolozza e pennelli alla mano, foiamence per dichiarare il
fi^nincato dell' arme a molti gentiluomini, che avvifati del fatto paiTavan
di quivi appofta. Con tanta lua fetnpiicicà però aveva avuto tanto capi^
tale di cervello per difenderfi al pombile da una gran guerra, che per pi»
gliarfi fpaflodi lui gli avevano fatta certi belli umori fuoi conoicenti, per*^
chè^voleiTepjgliar la parte per recitare ad una ior commedia; ma al molti-^
piicar
144 Decetm.ll.Ma^àrt.lMlSeey.diti6ìo.ali6io.
plioar degli aflalti gli fu forsìt il cedere . Pfcfe h ptrte ch'era di pochilfi*
4tii verfi» con granfiicicat ed in lungo tempo r imparò: poi fi prefentò al
pubblico cimento, ftette bene attento a chi diceva, per effer pronto al
tarlare; ma non ebbe appena aperta la bocca per dir la prima parola «che
ìsi canna prefe vento, e per molto ch'ei fi fiorceffe e icontorceflè» non
e toinatofene dentro maipiù non fi rivedde; e riufc) quello lazzo natu-
rale tanto applaudito dalle rifa d' ognuno , che ogni altro Scherzo che
avea in fé la commedia , fatto con iftudio, affai ne perfe. Ma fé fi voiefle-
ro raccontare tutte le femplicitadi , che potrebber dirfi di queft' uomo»
ione£
padri
il figliuolo in quella danza poco ImparaTa, e molto faticava» ordinogli
una volta il chiedere al maeftro alquanto falario,per non perdere il tem-
po afiatto; ma rifpofe Ottavio: Padre mio, non mi coftringete a £ir qiie*
fio ; perchè fé non fufie , che io ho bifogno d' un maeflro » che fappia iiu
fegnarmi meglio di lui, io ci vorrei ftar femore , e dare il falario a lui»
perch'e'mi fa fcoppiar delle rifa co'fuoi modi, tantoché io non fo, a' e'
mi toccherà mai nel rimanente di mia vita a darmi il bel tempo , che io
mi dò ftando appreflb a coftui . Di quefto Capaccio non fi vedde mai in
pubblico» eh' lo fappia, altro quadro, che una tavoletta mezzanamente
grande » che fu pofta per un boto fopra la Cappella di San Baftiano »
nel chioftrino piccolo o ricetto della dhieta della Santiflima Nonziata»
nella qual tavola era dipinta affai fopporubilniente la figura di Papa Cle«
mente Vili, di cafa Aldobrandini : ed io mi ricordo averla poi più e più
volte veduta fituata in altri fpazj delle mura dieflb ricetto; e tanto bafti
di Capaccio .
Stìette il Vannino con quefto criiliano quattr' anni ; ma crefi:iuto e
di età, e di genio e di gufto» fé ne partì: e portatoti a Roma ebbe luc^o
nella fcuola di Aflafio Fontebuoni , nella quale , e colla buona alfiftenza
del maeflro» e coli' incefFante fatica, che fece nelli ftud) delle opere di
Michel agnolo e di Raffaello, e d' ogni altra preziofa pittura e fcultura»
in breve unto a' approfittò» che già divenuto fuperiore al Maeftro, ebbe
fer bene tornarfene a c|uefta fua patria. Aveva in quel tempoi tanto in
irenze, che per V Italia tutta, giiadagnata £ima d' eccellenti ffimo pittore
Domenico Patlìgnani» il quale forfè per notizia avuta da Afiafio dato fuo
difcepolo » del valore del giovane , nchiefelo di venire a Ilare in fua fcuo-
la ; e ^1 Vannino defiderofb di femprepiù approfiturfi , volentieri conienti .
Stette vi molt' anni, fempre adoperato dal Paffignano nelle lue più nobili
opere, le quali per lo più col difegno dei miaeftro abbozzava, ciocché
anche talvolta era folito fiure Mario Balafli : e tanto quelle^ abbozzate da
Ottavio, che quelle abbozzate da Mario, hanno fbrtita poi la buona for«
tuna di lunga durata; laddove tutte l'akre a cagione dd poco colore t e
molto
.• »
OTTAVIO VANNINI. 145
molto óliofo% e per ftlcfe caufe ancora ^ chb detcer abbìamd al luogo fiio^
e quelle maffimameme^ ove noniìi mefcolata mólta biacca » tutte fonor
quafi fvanite . Fra quelle che abbozzò il Vannino, fi contano: la belUffi*:
ma tavofa. del San Vincenzio Ferrerò in San Marco : quella della Ado-:
fazione de' Magi nel Carmine : quella dello Spirito Santo in Santa Maria
Maggiore; e la bella tavola de* due Martiri nella Cappella de' Neri , con«»
cigua al Monaftero di Santa Maria degli Angeli in Pinti ; oltre all' akrei
molte , deUe quali a noi non è pervenuta certa notizia . Ma tempo era già
che il Vannino y dopo avere per lungo tempo fervito a quel valentuomo»
ìncominciafle, come noi fogliamo dire, a giocare per primo : e guada^
gnafle per fé medeiìmo quel credito e quell'onore , che egli (otto la graa
fama del Paflìgnano aveva tenuto tanto nafcoib; che però prefe ftanze da
fé : e furon quelle , ove radunavafi la converfazione del Beccuto in Borgo
OgniiTanti . Di quivi incominciò a dar fuori opere lodatiflime^ che in bre*
ve lo mederò in grande flima fra gli altri pittori, tantoché manca vagli il
tempo per loddisiare alle chiede, che gli venivan fatte di fue pitture ^
Fralr altre cofe, che ebbe à fare, fu la bella tavola del Santo Antonio
Abate per Andrea del Roflb, la quale veggiamo fopra l'Altare di fua fa««
miglia in San Felice in Piazza a man delira: che quantunque, per eflèr fi?
tuata in luc^o aflai fcuro, non laici godere la vaghezza delle tinte, e là
fòrza de' lumi; non è però , eh' ella non comparifca fempi;e agli occhj de«t
gì' intendenti un' opera degna . Per. lo medeiimo Andrea del Roflb colori
molti ahri Squadri da camera e da Ciìstf di figure e ftorie diverfe ; ed o in&c
per gènio. particolare, che avefle Ottavio con quel gentiluomo , o che
dalla libenaitj^ del medefimo fi trovafie ben ricompenfato, appena v'ebbe
in quel tèmpo alcun altro » a cui potefie riufi:ire l' aver tante fue opere »
quanto venne fatto a lui, colle quali ordirlo Cua beliifllma cafa m via Chia-
ra. Fraquefte fu un Abramo, in atto di fitcrificare il figliuolo Ifac, del
quale furon fatte molte copie : la pioggia della Manna agli Ebrei nel de«^
wnoi l'acqua, che fcaturifce dalla falcerai tocco della. Verga di Moisè:
e iaSttfanna nel bagno: e fono quefte * deli' opei^ migliori di fuoptoi*
nello, iper éflere a maraviglia condotte ». ...
Era in quel tempi Maeftro deU Spezierìa di Santa M^na Nuova Ala-»
raanno Moronti da San Gimignano di Valdelfa, uomo , la cui piacevo^
lifiima** converfiizione dalla nobiltà Fbrentina e da ogni .virtuofa per-»
fona era defideratifliiDa : il quale poi fatto Sacerdote e Rettore della Chiefii
di Sàn€^ Andrea a Quaraca,.e quella poi renunziata, morì agli.anni addie-
tro di ^gravcfiima età. Quefti fu confideittiffimo del Vannino, e n! ebbe
dì fuOf'fteir altre cofe, un quadro en trovi la figura d'un CriAo, maggio*
tè del; naturale', in ateo di benedire il, pane'; di cui. pure furon fatte co-
pie a(Ìai. !Per la Cattedrale di Colle di ValdelGi dipinfe la tavola dell' Al*
téredel Santiflimo Sagt^amento . Ad ifianza di Lorenzo Ufìmbardi un'al«
tifa ne fece d' una Santa Maria Maddalena , in atto di xornuaicarH , al*«
kmiale fu dato luogo in una Chiefardi Pìfa . Per una^Chiefa dtU
laCitti del Borgo a^n Sepolcro .colori .una. tavola d'un CriAo Crocififlb^
ipirante, in cui appaclfce gran naturalezza^ a* pie. della/ Croce e. la fu*
K " Santifli*
t^6 T)eeennJIdtUa?artJJélSec.V.dal\6ìo.ali6t9.
Santìffima Madre, nel volto deHa quale fece apparire Ic^ f^iafifiio deleno^
le; ma non volle già figurarla fvenuta o femiviva come gli altri ia dipin*
fero • perchè folea dire, che voriffima cofa era:^ che la> Santa. Madre iftì
amantiffima del Fisliuolo, ma- reietta alcreii dì cotanta» virtù, che ben
fiipcvà ogni naturale affetto fuperare. Ed è da notarli , che tale fuo fenti*
mento ottimamente corrifponde al Sacro TeiUif mediante il quale, per
le parole Subat juxis Ctucem fefu Matta Maar ejus^ fi fa paiefe, che
ella non cadde, ma ftètte falda e coftante nella gran piena de*fuot.do^
lorì a ^iè della Croce. Noi abbiamo in altro luogo raccontato » che
per fimile cagione a Cornelio Bloemaert, cetebratimmointagUatore del
xioftro tempo , dal Maeftro del Sacro Palazaa non fu conceiu) il ?Mi^
cetur della beiliffima carta della Crocififiionc del Sicnore, dipinta da An-
nitrii Caracci, ove vedeafi la Madre d' Iddio ^rew> all'agonizzante Fi-
gliuolo ftramonita , che riiifeì uno de* più belli intagli di ouel grand' uo*
no , il perchè fu poi neceffarìo al Bloemaere man^e quel rame in Fran*
eia. Tornando ora alla tavola del Vannioo » ^li figurò nella medefimt
anche un S. Niccolò di Bari, ufando la licenza, folica a per metter fi a'pittorii
di pervertire talvolta l'ordine de* tempi, ad effetto ai moftrare efler pro-
prio de' Santi il trattenerfi bene fpeflo nella conttmplazione della vita e
morte del Signore, ed efier col cuore e coll'affetto laddove non fi trova-
néU' una e nelr altra facciata della Croce dipìgnere per la famiglia de' Bonfi
due gran quadri di Sacre iftorie, che in vaghezza e bontà poteffero bfen
corrìfpondere al rimanente dell' ornato della medefima; che però furono
ali osati uno a Giovanni Bilivert, e l'altro al noftroOttavio . Rapprelèn*
tò ilprimo il gran Coftantino, porunte la Croce del Signore ; e^l fecon*
do, P Adorazione de' Magi . Queft' opera , per morte del pittore , réftò
alquanto imperfetta: ed al poco che mancò, perderle compimento fup-
pA Antonio Ruggieri , ftato (uo difcepolo \ ma il molto , che vi operò il Van-^
nino di Tua mano , non lafcìa d'effer ai bello, che non vengs da! profe£t
fori aflai lodato, particolarmente in ciò che all'arie delle tede appartie**
ne { concioffiacofachè Ottavio in qiiefto foflè folito di premer molto » aven-
do avuto per coilume, quando doveva rapprefentare. figure df uomini di
ftraniere nazioni, andare in cerca ne' pubblici luoghi de' nazionali ftefli»
e col folo vedergli, prendevane 1' eQigie^ e fé naiialeva poi ai fuo bifo"*
gno, cofa, che noi fappiamo aver fatta anche il cklebre Paolo Veronefe*
Quefto pure fece Ottavio , quando ebbe a colorire efiii tavola de' Magi *,
ritraendo pel giovane e pel Moro , volti di orientali; e benché i per la
Accia del Re vecchio* faceile il ritratto d' un noftro contadino , chiamato \\
Giuagiola, fu egli uomo d'afpetto si maeftofo, che akro non gli mancava
per Sirfi credere un Re di corona f che lo (cambiamento de' panni • Dipinfib
il Vannino per lo Cardinale Carlo de' Medici un quadro da (ala-t in cui
fece vedere la bella Racchelle, che dà bere al mandato di Giaeob eda' fmoi
eammelfi* (^lefla ftoria arricchì di belle figure di ienmiae in vaghe atti*-
tudini#
ÙTTA FIO VANNIN-L 147
indilli» con buona eipreffione d'affetti» eeonifiriordintria diligenu . Per
la cicca di Piftoja condofle una gfan t8¥ola'»e nella parte più alca figoriiMaT
ria Vergine eoa Geau » Sant' Anna e San Giovacchino » e vaghi Ange^
letti: e< da baffo Sema Francefca S^maoa coH'Angdo fuo cuftode » ed
uh Santo dell' Ocdine4e\Predicatori» Edè da nocarfiicbe mentre egli cot
loriya efla tavola » un geatiluomo fuo £iinigiiare così gli parlò: Sig.Ottat'
vjo» io ammiro fea^>re voftro valore; ma io vi prego a Ccufarmi» a' io H
dico» che quel Geaù Bambino non mi pare che^fia riuicico molto bene»
Al che rifpofe Occavio : Lafct V. S» il chiedere Ccufa a ehi fenaa intelligen^
ea dell'arte aflbkitamente biafima l'opere de' maeftri nelKarce ; non do^
vendo ella addimandada ^ mentre fka xrenfora non fi eftende pmito oltre
i termini del fuo parere» e iaCcia luogo al giodieio de* più penti. Un^alh
ino nella Ca
quali apprei
ve della flèfla Terra d' Empoli » nella Compagnia di San Lorenzo » fu pò*»
fta un'altra fua tavola, ov'egU aveva rappiefentato il Martirio di San Lo»
renzo, benché, non rimandfTe interamente finita. Per la Compagnia di
San Michele di Poncormo» piccolo Caftellccto vicino alla detta Terra in
Alila ilrada Pifana» è di mano del Vannino una grande ftoria dell' A p-*
parizione di San Michele Arcangelo» rapprefencacavi una procelfione
Papale co* Cardinali ; ma quefla pure non redo finirà. Nella volca della
Cappella de' Brunaccini nella Nonziaca actorno al Coro fono di fua mano
un Dio Padre e due Virtù, condotte di gran manierale con gran diligenza
lavorate. Per la cktà di Pifa rapprefencò in una tavola il Tranfito di San
Francefco . A Francefco Antonm da Bagnano di^infe più tele d'Apofioli^
che ritticirono lodatiffirae» e le confervano oggi in loro cafa l' Abate Lo*
renzo, Simone» e Girolamo Antonio Cavaliere Gerolbl imitano fuoifi#
f^liuoli . Per altri moltiluoghi e perfone nobili e private dipinfe più tavor
e e quadri a oKo » che per fuggir lunghezza fi tralafciano . Ebbe anco il
Vannino uni molto foda maniera nel colorire a frefco; di che quando non
mai altro» fimno chiara tefiimonianza quattordici beliiflime tefte con bu-
llo e mani» rapprefentanti Vefcovi dell'Ordine de* Servi, che egli dipinfe
ne' peducci delle volte nel chtofiro della Nonziata, dall'uno e T altro lato »
di quella parte di effo, che è congiunta alla Chiefa, le ouali per certo»
e per difegno e per lo gran rilievo» Gomparifi:ono sì belle, che piìi non pud
defiderarfi. Le perfone rapprefentate fono : Fra Bernardino de' Bartolom-
mei Fiorentino Vefcovo di Tiferno » o vogliam dire Città di Caftello :
Fra Antonio Aleflandrini Vefcovo di Fondi: Fra Diontfio dal Borgo a San
Sepolcro A rei vefcovo di Siponto : Fra Ipolito Mafiari da Lucca V^covo di
Mompelofo; Fra Mariano da Firen;^e della famiglia de' Salvini Vtfcovo
di Cortona : Fra Raimondo Germano Arcivefco vo d' Urbino : Fra Luca da
Fulìgno Vefcovo di Fuligno: Fra Matteo de'Tefti Vefcovo di Cortona;
Fra Francefco da Faenza Vefoovo di Faenza: Fra Lorenzo Opimo Bolo«?
fnefi^ Vefiu>vo di Trento; Fra.Deodato Bolognefe Vefcovo di Ajazzo:
ra Roberto da Perugia Vefcovo di Perugia: Fra Gio. da Siena Vófcovo
' K a di Faen-
14^ DecenuJkdeUaPart I.delSec.V.dal \6io.al i6io.
di Faenn: e Fra Francefco cittadino e Vefcovo di Padova. Dipinfe pure
% frefco> chiarofcuro» nella Real Villa dell' Imperiale della Serenimim
Granducheila Victoria della Rovere» fatti d'£roi di Cafa Medici: ed è di
tua. mano la pittura a frefco dell' Ecce HomOf che veggiamo in un tabeiw
nacolo preflb al Convento delle Monache di San Giorgio in fuUa Cofta .
Bflendo Tanno 1638. occorfoilcafò delia morte di Giovanni da SanGio^
vanni 9 a cui dal Granduca Ferdinando U. coiroccafisne dell'avvicinarli
il tempo delle fue Reali Nozze colla Serenìffima Vittoria della Rovere»
era flato dato a dipignere a frefco tutto il Salone terreno del Palazzo de'
Pittii fu neceflkrio far ricorfo ad altri rinomati pittori di quel tempo» ac«
dò deflero fine con lor pitture al bel jpenfiero fovvenuto, ed in gran par^
ce rapprefeutato da Giovanni, pereipreflione de' gran fatti di Lorenzctde*
Medici il Magnifico^, ed al Vannino toccarono a dipignere quegli fpuzj^
che fono dalla parte delle fineftre . In lino fece vedere la Fede» die gli ad<t
dita il cielo» onde un raggio di luce fi fpicca; mentre un Angelo, che fta
•pprefib, tiene aperto il libro della Sacra Scrittura: ed iti aria fono Art-
■eletti volanti, che in mano rejggono regie e imperiali corone e tiare» al?
ludoiti alla gloriofa fua pofierità : e nel bafamento è fcritto:
Sacre moii ina/zò c$n regia mano :
S^uindi fui crin ài due Kegine i Gìgli
Fiorir dà Senna : e qua $ nipoti e figli.
Regnar grawÙ fu t i/imo e in Vaticano.
In akro fpazio dipinfe Lorenzo, che adagiato fopra nobil fedia, nel fuo
Cafino da San Marco , è circondato da gran numero di giovani » tenuti a
fue fpeie* per avanzarfi nelle belle arti appartenenti al Difegno: alcuni
de' quali tengono in mano modelli di rilievo, altridi fabbriche, altri piana-
te é difegni» mentre il giovanetto Michelagnolo Buonarruoti gli fa vede*
re la fua beila tetta del Satiro , primo marmo lavorato da lui in età di quin*
dici anni, che oggi nella Real Galleria fi conferva: alla quale egli applau*
difce con graziolo forrifo: e nel bafamento fono ferirti gli appreflb verfi :
Marmi e bronzi ammirar vivi efpirami.
Ed in tetefcolpiti effètti e moti»
A*/ccoli vicini ed a i remoti »
Del magnanimo cuor fian glorie e vanti .
In altro fpazio finalmente fece vedere la bella Flora, chefiede, con un
putto appreflb , ed ogni Corta di frutti e fiori . Accanto a quella è la figu-
ra della Prudenza: e nella fuperior pane fon due putti in vaphi atti $ al-
ludenti all'Invenzione , e nei bafamento fi leggono i feguenti verfi:
St illaro alìor le nubi alme rugiade f
Né più le Mufefofpirar Permeffit:
E ne' Regni di Plora Apollo fiepo
Scefe a cantar P avventurofa etade .^
Nella quale opera, filtra a concorrenza di Giovanni da SanGiovantUt che
avea in quella regia Sala fatte apparire opere di fua mano» si moftrò non
meno il buon difegno e la diligenza fua lolita , che vaghezza di colorito.
Molto gli mancava ancora a condnr queir opera a fuo fine 1 quando da
^ . perfona
^^
or TAVl 0 VA NN IN 1. ^49
ledila (»ni «1 Otsndocft fii ricèrcfttodftTorce a.^inignere una eaHaecà
terrena à^ una fua-oafii^ ^' ^^^91 ^^ novàménee fabbricata. ìa Firenze «.
Egli , che GortefiftdiO'era » tifpof^i Be^ pocete rat aver conolciuco damol^
ti fegnif cheia hoetfòdi wv^itvi^ mentre ho facce .per voi ttnc'opem
di mia mano, lafciandoiiealcrei che pure molto mi premevano; .paàac.<H
cercatevi, che farà mio penfiero il fodiafasrè a roftra dimanda . Tanto ha-
ftò perchè l'amico s* invogliafie a fegno cale; di veder fua ftanta. dipinta»
che potè ottenere dal Granduca ,» che alla pttcura del Palazzo fi deflè ripOi»'
fò, e chodat Vannino a'andaflfeadipigner per effo«i Por tatofi dunque a
quella cala , -Viide che la camera era murata ta^o difrefco^^che noagU
era poffibìle il mecaec mano ail^* opera» fenza. eriderM:e pericolo di fua u^
nità; onde difle alla pecfiMa^» che conveniva iafekrla alquanto afciugarer
frattanto avrebbe- iitti; r* eartòrii :* ^e £e ne tornò al lavoro del SiJane j
Non erano» ancor pallbrS fé non pochi |;iorni ; che V amico, poAolLunft
mattina^ a biè' dtll^ico'Y ove Oc cavio Ma Palazzo dipigneva ,. comineiò'
conmbéò, in8iiche.no]; impetuoso, e. minacciance, a fingere il pictore
a pei^ manoaHapitcuraJdi (uataiutra; foggiugnendo» non pcergli, cbe^
per tale effe€co<dove(Ie egliafjpettare, eh* ei fi.vale({e.d' alcri mezzi » chfir
degli adoperaci fiiio allora i Ma Ottavio a>n ifiraordinaria flemma rifpefer
non aver mai per ièrvirlo. aviyco bifognodi .mezzo: alcuno ; ma.che exft.
iua. voloncà il fervire a lui, non alla iua furia: con che volle fargli bea
eonofcere, chelaibvecchia^pafiiooe, non. egti fteflb, era quella. che cratr
teneva quell'affare. L'amico fi pare); .ma avendo replicate Tiftanze al Se*:
f^iflimo Fadro^e*^ fu dopo poche ore, per méczo dì perfona di qualità».
parlato «1 Vannino e' detcdgli , eifer. volontà éalSereniwmo, che quellajtaL
perfonat£b({eTervkaf rifpande^però queliO£h*ei.determinava difare, icot^
mandi de^ Sovrano^ r ifpofe Otcavio ,^ebbonfi efeqoir e , anche a coftp delln!
propria vico ; ed io^ fon pronciflimo a fare il fimigliance ; ma vorrei però » che
tolrapprefencaftea Sua, Alcezza-^ che qucH'uomo vuol ch'io dia. a dipi^i^
gnere per lo fpaziò di quan.ro nxeii continui in: una fua ftanza murata di
pochi* dì, nella quale egli- non iftactbbe per lo fpazio.di tre quarù dVua
ora- interi: poi tornite da me*con nuovi comandamenti dell'Altezza Sua^
che farai mia patte P obbedire. Laquàl cofaintefa da quel clementiflimo*
Principe, fece sì , che del lavoro. della camera, non maipiù fi parlaflTe :. e *t
Vannino tirò avanti la fua opera :delià Sjaiajdi Palazzo. Con che volle, far*»-
ne conofcere quel Grande • che dobbiamo bensì rfcercare gli uficj de'
Sovrani in ogninoftFobifogni>e>defiderìo,/ma non abufare i medefimi ini
appagamento, di noftrafregolaca volontà. - .^
Tornando ora all' opere del: Vannino» egli pure. nella foprannomi-*
nata Chiefa di San Michele fierteldi. dipinfé a fiefco per la famiglia del.
Ròflo nella loro Cappella la prima a.manodeftra.entrando in chiefa, tutt^
h volta colle tre lunecte, rapprefentandovi. npÀro Signore Gesù Crifto.
nella fpa Glòria, che* ftandò a braccia> aperte*, e coagOiocch] volti verfo'
lateiTa,'pare che ftia godendo delia nobile vittoria di Sani! Andrea (uo
Apoftolo, il cui martino viene efpreflo nella, tavola , che q (opratali' Al*:
tire : nelle tr<merte dipin&.akauii. Ajigeli.:.La ^avoifc pACe^del ^i^iitfA.
t:. I K 3 Andrea
t^a DecemiJt.deìIàPàrtldetSéc.y.iM
jfcndret fii inventata e abbosséta d» Jni meiftfiao^ iipcoiiie i dae fda^^i
a olio> cheli vigono dai lmAdU^CM^Ìlà,m im de' qa»E è San Gio-r
vambatifia» lÉf atto di addkaK^it Signora: .e neir aitro lo fldTo Signorei
che chiama San Pietro dfUa baica; na eflèndo Taano i6jtì. occorfo il ca(b
della morte del Vannino» tamo alla tarala » cht a idiie ^oadrìfudato comt
pimento dal (bprannominato Afitcxcito Rug^eri» Diptnfe ancora |i frefeo
U Cappella dello Scarlini d'Empoli» deUa quale di fopra lucemmo men^
anione . Vedefi nella vol^ un Dio Padre con atcum Angioletti » e più baflb
ìrqfiiattro Evangelifti» il tutto £itto con gradr fodezza e dil^nu .infieme ;
è certo che a que^ può darii luogo firalie più beUe oofe»<(^he véggonfi di
mano d' Ottavio . Fu Ottavio Vannini vakot* nomo nell^ arte ma» dife^
fjàò benHfimo * e con una certa morbideBa » ^ eoo un ritrovar di mufcoti »
e toccar di panni » che fk conofcere congiunu a grande iotelUgenza U114
aggradevole delicatezza . Fu nel fua dipisnere diMgentiffimo » e per Io più
«aò tornare e ritornare £bpm una oota u>la tante voke > che fbrfe meno
fiiriabaftato; e daquefto per avventara.pQtè addivenire » che le Cue opere,
tbtcochè corredate di varie eccellenze »ed cfaminate a parte a partenti trofc
Tino fenza errore ; concuttociò vedute tutte d^ un pezzo<> moOrano un
non fo ohe dei duro; e queflo pare, che (lpoÌ& dire T unico difetto di
qoefto artefice . Fu dabbene aflat, quieto» paci fido e rifpetcofo : qualitadi«
eh' ebber forfè principio da un naturale timorofifikno; mft efercitate poi
Ài una buona volontà, e da altre belle doti. dell' anioiolba. Fu bensi tanta
abbondante d^ ingegno e di giudizio, che con tutto il fno rispetto e timor
se (eppc eoa arguti detti e con £ivie rìfpoike.rtnfLuzzar la petubftza e Tafw
diredegl'iadifcreti»^ come im parte abbiamo di ifopca moftrato; e come
particolarmente occorfe neU'efiergli Stsmo ràcxsomaco una vòlta il: tsgxmnf^
ce cefo, cioè: Che Giovanni da ^m Gio^^aiìfii (alla: ftravagan^a del cui
oervetio fempre' fovveoivan cofe torbide >.fanta(Uchei o come fuol dire il
volgo r fgsinghéTatìffime )t a'era^ mt^flb ad empiere un certo fuo foartafaccii»
d'alcune fue compofizìoni in fuiio ftik de^Ragguagli di Parn^fo di Traiano
Boccalini^ libro notoi e pure allora novamente ok ito, e. con nuov^.gg-
giunte f alta luce« e con tali componimenti, fenz* alcun rifpettOi aVova
oreib a derìdere tutti gii artefici» che in fuo cempo maneggìavan pennel*
lo in Firenze; e che fra quelli aveva dato luogo anche a luì, fiogendo efl'er
venuta nuova di Parnafo , cooie egii un giorno fofle ftato viiltato da certi
lettori , a' quali avrebbe pure voluto far cortefia d' un poco di i'infre£cQ9
ma efiendo ftato colto airimprovvife , poco altro aveva m^flTo loro in ta*
Vola» che un bel pezzo di magherò di bue fceddo» avanzatogli al definara
della mattina: e che a quefto s'avventarono quei pittocitcome a vivanda
a loro confacevole e di tutto lor gufto; la qual colà veduta dal Vannino #
per defiderio di dar loro più nell'umore , tolto di tavola quanto era rimafo
di quella carne, rifriflèla in padella , e tornò a porla loro innanau : e che
tanto badò per fìir sì, che i pittori di fubito abbandonaiTero il mangiare,
con dire , piacer loro le cofe come vengono alla prima cottura, e non rU
fritte, con che avea voluto moftrar Giovanni il poco concetto eh' egli
afVea degli alcfi latori; che il canto risoccarjchc €u:cviril Vaimiao Top^m
^ - fue>
• '« .. y ; . ì .*.«
OTTAKIO If'AKirtm. . ?. ifi
nonrioccnoiaiafto hoi dì lotcoicriTftrci iA.bi^iimQ^difqia^lU'M^ilipc/uoi^
Occtvio d«bqwéenttoa;dò rtedontUK^eoQ futAacA^^ ftesmfi iquisM
a fentfr k novelletta: le poi colfe.m«de<mrifpofei Verafneoce ha lacco
bene Giovanni à matt^fi m qneffidcimoa tMc^Kii^e aUft^BocGaUna» .|icr«
ehè così farà egli rin ogni cola fiìAiie a fé fttoflò; meiicre vede, ogn' uomo
cIms ha ingegno t che egli da gran tempo in <)uà anche ba cominciacQ a
dipignere alla Boccalina : e volle dice* che Giovanni avevji daco principio
ad tifare .^uel modo di dipàgnere, di cui iervonfi coloro, che a Mont«>]ut
pò e altrove dipingono i boccali . Ed in vero» fé vorremo e&minare T uno
e r altro fentimento » e di Giovanni contra il Vanninp». e del Vat>nXi)o
conerà Giovanni, troveremo più appropriato al vero qvel del Vaniùno^
che quello di Giovanni; perchè il primo co) rifare le cofe fue le perfetiov
nò talora a gran fcgm>« e quando non mai altro # andò cercando d^l me«
glio, benché talvolta noi uovafle; ma il fecondo» a cui diede natura un
rairabil genio a quatte arti re che anche coodufe molcidiine opere degne
d'ammirazione» non che di lode; dipoi forfè di Aio fapere invanito» da^
toG a ttrapazzarCf facene ancora in sran numero, che foJamCnte dalia, ftol^
ta g^nteiono avute in concetto di belle» non per alerà da loro conofcior
ta qualità, che per quella dell' effere fiate fatte da Giovanni da Sa» Giot
Vanni ? e fon quelle per av v oficcira , che vedute dal celebre Pigerò da Con»
tona » gli fomminiftraron materia per dar ftK>ri quel bello e moraliflimo
concetto; cioè a dire» cflèr quelle « a Tuo credere» quel If opere, che Gio*
vanni aveaiatm dopo eh! e' a^ era avvifio d' effere «a valenci' uomo»
^ « . j
Wi fti ì i> iw JUllti I ijm <■■ III il IjKiJliiHi iniii. .ijl I I j I H^w^w^^"%yiiwiT—i p^
GIOVANNI LANFRANCO
PITTORE PARMIGIANO
Dtfiepoh d'Ago fino Canacci , tialo 1 58 1 . -élf- X ^47. \
• • » - . • ./ \
Rafi Giovanni Lanfranco iin nel tempo di fua fanciuUezzat
fenaa alcun penfiero di faffi pittore» partito da Parma fua
patria» e portato nella città di Piacenaa» dove in cafa del
Colite Onzio Scotti , Marchefe di Montalbo » eraii accon
nuxlato -••'''••"•
mrwy. W* : i^irito » o forfc da efemplo d' altri fuoi coetanei» incomin»
eàò a dar luogo' in (e fiefib a ai grande, aquioe a cofo di pittura e dif^gnov
ieiNBa aletta maeftro
danno
eon carbcme
degrioKpieghi di fua carica ) tracaefieviifi in rapprefpntare io cartt^
~.. ^wxbone 4 eanche <bpra . leiteflè mum^ei» :f ne faotafie e capricci t e una
votcafraiPalfrexU quafie^medaiidié AMè )mfregMid!iiii«iiitfCA.flam(sta4i
^ . . K 4 e non
t$i DecemUMaPé^i:kdeiSU.^^
che cai lavoro drevacondotcov" Ticiiiò> egli for^e^i^ -cai clonutoda» e:)aetcefi
cmifofd e cheto ; ma il cortefe Sicure, rion foM'^afficutò^ e:fecegU aisiL»
mo ^ finir t^ opera ^ e noi) voleiiito r »chó<in:iuiifii]>erde(fe:un A b«b<km6
di natura» raccomodò appredb ad AgòftiiioCafracci , che appomoifi tco^
¥ava in Ferrara a' fervigj^el Duca RamiccioJ • Stette ^ il Lanfranco ap«>
pìreflb a tal maeftro alquanto tèmpo» e^fìnchè^ncomìnciò a! dar foori pio?
ture di propria 0Mtno^ e fulafùa prhw, una tavola d'una Vergine'coapiù
Santi , che allora fu pofta nella Chiefihdi Sant'Agóftiao di quella città • Die*-
defi a far grandi ftodj datt' opere del Core^io»^ particolarmente da quelli
della Cupola di Parma, fermaiidpfi con «odo particolare aeU' ìmicazioos
della bella facoltà > che pofledò quel srànde artefice nel rapprefentar le fi^
gure in veduta di fotco^n sii, roiito<ure>ché non bada» che.il pittore in^
tenda bene la prospettiva, e fappia con regola ben mifurare le figure in
tltQ , s'egli non le fa accompagnare da una certa grazia nel movimenco^t
che le renda amabili; co fa dal Coreggio. aaravìgliofamente ofiervata : il
quale ftud io fruttò poi al Lanfranco l' aka £ama , chi egli, feppefi fèoipre
raantenepe in sì fatta perfezione., della 'ouale egli: arricchì iempre i* Qpere
fue * Seguita la morte d'Agoftino, elTenao 'Giovarmi in età di circa «.a. 20»
anni, fi poitò a Roma, e nella feuola d' A^nnibale ftce gran modra* di Tua
virtù; onde fu dal medefimoacioperato neiiepitcuce d'una camera del Ca**
ftna^n^l Palazzo Fa4::nefe air Arco. di Strada Giulia;, a fu queftg la CAf^/^fA
de' Roooitì peiuteiìitf ^ nella quale fu folitail Cardiha^diu4)ueik.Cia(ii cxf^7
tenerfi fovence a fua devozione .. In Roma (ludiò 1' opere di Raffaello, e
ìfirfieme con-SiftoBadalocohiiRtaglièaiU-^cqua-fogte gran partedelle Logge
Vaticane, dedicandole ad Annibale loro comune maeftro. Dipoi per lo
CardfhaierSajnnèfio; nelTuò Caiiuo d^BorgcS diptftfefi d^fCòTiUcune* Tolit
te iftorie del vecchio Teftaaieiito.« ìe alcrQ.opefe;fe.i:e^^rVo'metìeftm^
a olio. Incanto fegui la morte d'Annibale, a cagione della quale fecefi
luogo al L(anf;anco (|i fqrnatfené aljb patria * cH>ve peJ)aC|hi^fa.del Batte-
fimo dipinte la beila iftoria del martirio di SanV Ottavio. Falrtì da Parma
alla volta dlPiac^nza^ dove in Santa Maria di Piazza cq loti a olio e nj^efco ;
e anche «n San Naz/aro, córrendo allora V anno.ìòìo. *'^Fece ne| y^iomo
il bel quadro delia morte di Sant'Alelfio , e altre cofe , che tutte (i godono
pregio d* ecèciténza fra quelle d'altri pittori di cbiarilliàkd nome. Fece
Cofìofcére altresl-jl valore di fuo pennelloln d4je:fiav6le per San Lorenzo,
e in divertì quadriceli' egli conduire<pel Conte Scqtti. Tornatofene 1
Rvtfma fece la beila tavola della Chibfa. delle ^Monachi di San Giufeppci là
q;ùai#'gli prodaeoiò fama di gi^an pittore vtmtòchègUfurbotlatea fare n(ll4
Gabpeila de' Buongio vanni 4n Sant^Agoftinb ffer eotroià Volta di efla Cap'*
fella, il ^iédolb quadro a olio fopra l'altapeii e le pitture ^etlerpartl la tfe«.
«ali n«t4a Muraglia J Nel P^lkzao P^otificipaiMbnté Ouvai]bi:ebbe i d(^^
^ignere nel fregio dell ar Sala Regia la fìoria di* Moisè del miiiicolo della.
>^rga^- tramutata -in* ferpence^: e quella del Sacrifizio d'i^bramo^ e quefta
fur ordine iklla-Santici^diiFapa Paolo J/.pier:i(oìoiuè deUquale dlpkife
• ^»A '^ V -^i anche
«àehe in Sthu^ Matrix Maggiore nella fm Oppella » fottò Inarcò (inxffrb» tà
figura di MaKa Vergine 9 in hiogo ond' era^ ftaca totcana^pìttura deiPAn^
jgiolo, dipintovi da Giiido Reni » -in etto di porger r abito d Santo Idei-
tenfo. Drpinfepoi la Cupola di Sàiiif Andrea della Val te, dtftimta gii
«1 celebre Dittai e DomenidìSnò, che vi aveva fatte l'opere» che nel le ììo^
xizie di tale artefice s* è detta. In quelle pitture puote afJFeroiarfi vera^
«ente , che il Lanfranco , non foló fuperàile di gran lunga fé fldlb ; mi
ch'egli. eiponeiic aUa villa degli ftudiofi delFarte una* nobile idea di qtiet
bello, ai quate pare che polla giun{|ere in cevco lùodo 1' arte medéffmaj
Per ia fteflà CIii«£i colorì il bel quadro^ delBeato Andrea v ih abito Saéisr^
dotale, e ìiella piìi alta parte del medfefitno là celefte Gloria . E' betlHfiaid^
lavoro dlfuo pennello la tavola del maggiore Altare deXappucèinh- éy^
èMmmacolata Concezione di Maria Verigne; e quello aitresi diHa' Nati-^
vita dei Signore. Sono anche opere delle fuo^naoi le pitture délift'Gttp^
pelia del ^cra mento nella B^filica di San Paok> fuori delle mura, con i^-^
coni quadri a olio^ i quali poi furon levati > e podi in Sagreftia ; e '1 tutto
eondufie di $\ buon gufto, che meritò d' efièfe iitìpiegàtò da' mlniftìri della
Fabbrica * per f^re una delle tavole della Vaticana Bafilica { e fu qdélla di Satt
Pietro eke cammina fopra i' oiule marittime: ed ebbe luogo 'ove prima*
«ra quella di Bernardo Cadelio , la quale dal tempo era Hata corrofa e guà*
flii. Intanto diede opera a finire i cartoni de' Mufaìci pe' peducci della'
Cupola di SamLeone, ne' quali figurò San Buonaventura e San DionHio:'
e dipinfe a frefco, con ifiorie della' Pallionodel Signore» la Cappella del'
Crocififlb) eia Cupola, in San Giovanni de' Fiorentini, per quei della
Cafa Sacchetti» color) pure nella Cappella del Crocififlo li due quadri a òlio'
dell'orazione nell' Orto, e la caduta del Signore fotto la Croce» colle
lunette della medeiima> e la Cupola, in cut fece vedere la ihlita di lui at
fuperno Regno . Dopo avere egli condotte queft' opere ad inftanza del
Padre Muzio Vitellefchi, Generale della Compagnia di Gesù, fi portò a
Napoli, dove in tempo di i8. mefi dipinfe la Cupola di lor Chiefa: poi
per lo Abate della Certofà di San Martino, ebbe a fare le pitcure della
tribuna e volta della nave, in tefta dèlia quale rappreCentò ia Crocifiilio^
ne del Signore : e vi colorì da'lati delle quattro fìneflrc> e nc'triangoli fo-
pra efTefìiteftre, più figure [a]. Finito queAo lavoro^ meffe mano a dipigne*
re nella Chiefa de'Santi Apoftoli, le bellifiime cole» che vi fì veggono di
fua mano. Segui intanto la morte dì Domenichiiio ; edeflendo ftatebuc^
tate a terra le pitture, ch'egli aveva fatte nella Cupola della Cappella del
Teftfror fu data incumbenza al Lanfranco di rifarle ; è però vero, che fe« '
condo il parere degi' intendenti , egli » in quanto' appartiene all' accorda*-
mento, vi riufcì alquanto inferiore a fé fteflb. Per altre chiefe e luoghi '
pubb'Iibi e privati di quella città, altre cofe dipinfe a olio e a f refco » die *
per brevità fi tralafciano. Dopo Tanno 1(546. avendo già il Lanfranco
fatto ritorno a Roma, fegù) la Rivoluzione di Mafaniello, nella quale'
molte
rtM0«H
[a] Qitefta khfaJftafa tMét modeméme^iti rifatiéi (^ JwrMtié pir'M k dttté
tmu$$ 0 f re fio .
1 54 DecmJl dcHé PérfJ. ìlei Set. V. Mi 610. al 1 620.
Ifiolte opere 4i queftff digniflimo artefice, e &a qaefte la tielk GalleHa^ cht
figU aveva dipinta per lo Dupa di Macalona » a fùria di popolo. fu data iifi
preda alle fiamme « In Roma dipmie intanto la Tribuna di Sùn Carìoéef
iCatinarj » che fu appunto l'uidma fua fattura; perchè venuta la Fefta di
^ael Santov alli ap. di Novembre dell' anno 1547. egli diede* fine al Aio
Operare ed al tuo vivere, correndo egli l'anno feflTaxitefimoiefto di fua etit
f nelU vigilia del gloriofo Sant'Andra, il cui Tempio aveva egli col foo
pennello tanto abbellito, quanto ógnua fa « Fu al Tuo corpo data fepoltùra
i^^lkC^hie^a dir S. Maria ipTrafte vere • Rknalè un fuo figltilolo» chiamato
Giuijis^pe, al quale, fe^ficonfiderano i guadagni fatti dal padre » reftairono
f(^^ipcri faculOBtdi , a cagton non pare della fpe(a >- a che obbligoBo in
yiui (a numerora famiglia, eJa geoftro&cà delj' animo, coUa quale egli fa
folito trattare ^Si e fé med^imo. Tenne Lanfranco,. fino ad uir certo fe<*
gno:,>le QMi^ieradelCarracci, fé non quanto nelle dilpofiisioni volle atte#*
Berli al modo del Coreggio , fcoprendo nelle fue pitture alquanto di pia
ardire di pennello « S'aecoftò molto «1 naturale. Difegnò per lo più coti
gkQo e cariyme,e talora con acquerelli, ma con tanta facilità , cbe fu ooim
«larat ìgliofa : ed ebbe un non (b che del Angolare ncW accomodaménaò
de' pofini delle ftte figure , Scendo apparire in elle , poche -ma bene ^ac4
conce pieghe, e fenza apparente arcifiaio fecele apparire natiimli» ^. ve#
le. Recarono alcuni fuoi difcepoli, fra' quali Francefco Pervier, che fu*
quegli che diede fuori il bel libro delle Statue e de' BaffiriHevi antichi »
di fua propria roano difegnati, e tnftaglìati all'acqua fisrte . > Queftì por^
tacofi a Parigi dipiiìfe la Galleria di Monf la Urilere, Segretario di Stata
del Re, della quale riportò gran fama.
' ' • • .'.'■»-■
ART E F I CI
CHE FIORIRONO IN QUESTI TEMPI
>
NELLA CITTA DI GENOVA E SUO STATO .
Rlufd in quefti tempi aflài lodato pittore SINIBALOO SCORZA , ntt
00 di Giovanni» nel luogo di Voltaggio» da efla cicti poco diftantt^
Quefti da giovanetto •: da Batilta Parrofiq cenuto in fua danza » ne' tempi
folamente che gli avanzavano agli ftud j deiP umane lettere, giunfe a operar
A bene in difegno» che il padre Tuo ebbe per beaa» levandolo da ogni alf^
tra a4>pIicaziooe »di mandarlo ad abitare alia città » appreflb a Giovambacifta^
Faggi» che (corca la di lui inclii^aione a ritrarre ogni forca d' animigli e
di fiori g molto contribuì con {^opria affil^enaa alle lue lodevoli facicfae «
Applicofii poi il giovane a contraffare con penna le carte ftaropate d'Al-
berto Duro: e iecelo in modo^che i pittori Ueflì» o^iii qualvolta egli non
riflettevano <U milldfimo» cbe lo Scorsa eia fotito ». notare in ogni fua
copia»
tmiBALDQ SCORZA. Ì55
copiai pigliavanle per originale* Attefe coftui per gran tein|K» a dipigiM»
re vafcelli» in fuila maniera del Serrano pittore Milaneib; ed in queuo m^
coraficcome in pàefi bene adornati di figure »e.nelia miniatura» giuaie agua*
dagnarfi non poca fama appreflo a i grandi» che molto ricercarono fo9
Àtcuret per ornamento di ioroftud) e. gabinetti . Refefi perciò anche molto
amico de* poeti del Tuo tempo i perlochè non lafciarono con loro inge«»
Snofe rime di celebrare la virtù di luì. L'apno 1619. chiamato alla Corc^
i Sa?oja» parti a i]uelb volta: e quivi per quel Ouqa &oe opere molte r
particolarmente di minio: e molte. ancora ne conduflTe» che foron man«
date air Imperadore» e ad altri Potentati d' Europa. Occorfo poi Tao-»
no 1625. il cafo della gran guerra »acceM fra' Genoveil e i Sa vojardi , egli
parti da quel luogo» e alla patria fi conduOèt ove tali e tante perfecuzio»
ni incontrò per opera d* invidiofi profeiTori dell' arte fua» che fiiron ba^
fianci a farlo partire di Genova con fuafitmiglia» e ricoverarfi nello Stato»
di Mafia» ove cortefemente fu accolto dalla demenza di quel Principe:
finché riconofciutofi il vero delle falfe iuipuuzioni > fu egli abilitato a fi*
ilire il tempo del fuo efilio per entro la città di Roma» ove pure fece ve«
dere opere dcgniffime di iuo pennello. Tornato a Genova attefe al-
quanto ad intagliare in rame alcune piccole figurette» con bei capricci
ed invenzioni, finché aflalito da maligna febbre nel quinto giorno d' Apri-
le del 163 1. correndo l' anno qoaranteiimofecondo di fua età» rendè e^i
V anima al fuo Creatore .
Ebbecoftuiun fuo fratello» chiamato GIO. BATlSTÀ»il qualeavendo
fi^ luogo tempo attefo all'arte dell' orefice» poi apprefib a Luca Cambiaib
diedefi aiKh'euo a lavorare di minio: es) bene imitò ipiccoliflimi animali»
cioè addire» la formica» l'ape» il ragno» la zanzara» lefarfiilletteefimili»
che meritò d'eflerne dal Cavalier Marino» nella fua Galleria, molto loda^--
to: e quel che è più» eflendo defiderata fua virtù da Filippo IL Re delle
Spagne» ebbe a portarfi a'fervig) di quella Maeftà» che volle valerfene per
ornare di fue miniature i Sacri libri » che dovevan fervire a' Sacerdoti nello
Efoimale^ L'anno 155)9. ad inftanza della Regina Margherita d'Aufiria^
ebbe r onore e la forte inlieme di copiare il Sanciifimo Sudario» che fitto*
V|| nella Chiefa di San Bartolommeo degli Armeni de' Padri Bernabiti nella
città Moltiflime furon l'opere di q^uefl' artefice » concui
recarono arricchite Gallerie e Gabinetti di diverh Prelati e Principi in
Roima e in altre città. Fu uomo d' iiiterì(fimi coftumi» tutto dedito al«
l'opere di pietà» nemiciifimo d'ognuna di quelle laidezze» che talora fo-<
gliono rapprefentare co' lor pennelli gli artefici meno cofiumati: e fa
^riandio di sì umile (èntimento di fé fteifo» che non folo per lo graodo
applaufo» che in c^ni tempo (enti va efler fatto all' opere fue» non puo«>.
to invaniva ; ma avendo fortiu dal cielo alcuni anni prima del fuo man*
care» la grazia di vedere Gr^orio fuo figliuolo» per le fue virtìi» dive-
nuto» di femplice negoziante» grande e riverito Principe nel Regno di
Sicilia» non lolo» co^ da lui tichiefiot non volle portarfi a godere della
di lui grandezza; ma avendo (empre in propria patria tenuto un pofio cto-
nie , ma aodeftiffima» e abitata uoa paccolacafecta» in quella vdle poi
conti-
I S6 DeceukM. deUaFart.t. delSég.V. daliói o. al 1 6io.
continovare a vivere fino alla motte i che in età di proflb a novanta anni
gli foprav venne nei i6}j.
Ebbe Giovambacifta un' alerò figliuolo, che fi chiamò GIROLAMO,
dà elio pure allevato neir arce del difegno e del miniare, e quel che più'
importa, nel fanto timor di Dio, e nell'abbof rimento di ogni fuperbia e
àmoizione,- che però feguendo.i paterni fentimenti, ricusò anch' egli di
ponarfi a godere delle grandezze del Principe fuo fratello, eligendo in
quella vece di rimanerh a'fervig) deir antico Padre. Molte cofe fece Gi«
lolamo di miniatura per privati Gentiluomini di fua patria ; ed aflaipià
avrebbene fatte vedere il fuo valore in quella facoltà, fé morte, in eti'
aflài matura, non avefle fermato il corfo aggiorni fuoi •
CIOVANNI ANDREA. ANSALDO , nato in Voltri V anno 1584,
4* Agofiino Anfaldo, mercante aflfai riguardevole: actefealla pittura ap-»
preflo ad Orazio, figliuolo di Luca Cambiafo: e fatto buon profitto, più
quadri colori di fua mano per le chiefe di fua patria, e per quei contor^
»!• Portatofi a Tortona, in brevifTimo tempo condufle una tavob , che*
ebbe luogo nella Cattedrale, per cui ne venne affai applaudito; on^eaitte^
ebbene poi a fare per quel luogo ftefTo • in Genova» nell'Oratorio di Satit«^
Croce, iu mefla una nia tavola dell* Invenzione di e(fa Croce. Per TOra-
tovio ài Sant'Antonio dipinfe un Cenacolo aflai grande, il quale adornò
con vaghe ptofpettive, conciofliacofachè in tal beila facoltà fu egli mbl-^
tu eminente . Mandò a Cadice una fua tavola d' un San Sebafliano, che
per eiTere piaci uta^molto, gli fi;ioccaiionedi doverne poi fan^ adtre pier <|ueli'
ipedefimo luogo. NeLdipigiiere a frefco ebbe buona òcanchtzM, e molt^
opere fece in Genova lodatiflime , . fra le quali furono quel le della Cap^Ua
fotterranea di Santa Maria del Monte, fatta ad inftanza di Giacomo SaluzzcP
Brincipe di Corigiiano. In Cafa di GiacoQto di Negro ftce 1* iftoria^del
Trionfo di David, ed una diSanfone* Nel Palazzo di Giovanfrancefco
Brignole, poi Duce di Genova, dipinie 1* imprefe guerriere del Marchefe
pinola. In quellodi Giovan Maria Spinola , in San Pierod'Arena , in Ga**
fa Doria , Ceva • Negrone, Imperiale ed aitri • a! ere opere fece. Ebbe
quefto pittore più volte difgrgzia di cadere da' ponti , e per l'ultima con'
rottura d' una cofcia: e mentre egli fermo nel lecco di rifanareprocac-'
clava, non volendo dar luogo all'ozio, s'applicò a fare per quei di oafa
Lomellini i difegni per le pitture, che dovean farfi nella Cupola della
Nonziata del Guadato, i quali dagrinvidiofi pittori, e da quei partico*
larmente, che ambivano d accreditare con quel lavoro i proprj pennelli,
tanto e tanto furono biafimati , che non trovando il povero artefice di chi
fidarli in patria, acciocché i non intendenti dell'arte, acquali toccavv a*
ordinare quell' opera non reflalTero da' proprj avverfar) ingannati, prefe
partito di cofiituire nel giudizio delle fatiche fae 1* Accademia de' nofiri
fiorentini pittori : i quali, e fra elfi particolarmente il celebre Domeni*
co Pafljgnani e Jacopo da Empoli, non folo elfi difegni canonizarono
per belliflimi e per degni d' effS^ pofti in opera ; ma con* una. lunga Sorit- *
tura aflegnarono con chiarezza le ragioni .di loro ^iodicaco , a con£rontot
... j " delle
GIOVANNI ANDREA JNSALDO. 157
de^le calunnie degli aTyèr&n'dt'Giovtnm Àndret Anfaldo : la quale Sarit^
tura volle egli poi , che fofle data alle fttftit>e> é ad eflb .medefimo c6ccè
queH' opera ad eifer dipinfii : RappcefibAtò egli m efla JacgJarìol'a Afceai^
fione di Maria Tempre Vergine; e U pittura accompagnàtcad si £acceiil»3s>
carré iuvìenzioni di Mofpettiraf che |)^9 quefte ftefiu t quando tlGa^^ria»
per altro* rennegli tacio d'incontrare ii ^gemo^i ihdeAderìò e^l giAadt
ogni perfona . Pervenuco dunquie egli fintfloience in età di cj^nqBtncaqptoto?
tro anni nel vencefimo primo giorno d'JV^dlo dei 1(^8.. firàiicorforctì'^
vita. Furono difcepoli di Giovanna Andrea v Orazio di Ferrari ìfGtovaov
chino Lazzeretto* Giufeppe Badorracó , e-fiarcòlommeo B*Bb: e i^dli
nella proipettira fece vedere di fuo pennello opdrecbelliflimeri' - rt
BERNARDO STROZZI Pittore e Ingegnooer, nacode in Geììovr
Tanno 1581. di poveri sì, ma onoranti parenti) «. -Qoeiti datoli ne' pie
veodl anni «llo'ftudio delle lettere, più per obbedir-e ài la «paterna volon-u
tà t che al proprio genio , che tutto età voUo alla. ]bitt^ura<9 itnalmente»
coAituito eh' e' f 0 in f uà libertà ^ per» morte del fuo geni cdre, té qs^toUo
affatto. Si accomodò con Pietro Sorri Senefe » che alioca^pon chiama £1-*
iba operava in quellz'patria: e in breve diede £eghif di poffèderé cantai-
edita , o per meglio dire « tanta bravura nel maneggio! deS colori ( ia che
la: più parte degli ftudiofi gioJiiràni fuole incagliare ailché dopo aver cord
feiicemence gli afpri fentieri , che portano alla peiffeziohe del diftgno:^
che diede principio a condurre da^ per fé AeBò ope re aflai lodevoli. cSode^
va di tanto fuo avanizameiito ia vedova^madre» vedéndofi appoco appoca
fojlevare dalle miferie dei fuo povero fiato 1 mi poco durò per èlTa un£^
mile godimento ;• conciofoflecofachè il giovane «ohe: nella fcuoia del Sorri:
non aveva meno dell' arte del dipìgnere imparata quelli del ben vivere ;f
giunto in età di 17. anni » così inQ>irato da Dio / veftl Abito Religiofa
fra' Padri Cappuccini. Non reftava però il devòto giovane, così permei^
tendogli i faci Prelati, dopo le folite olTervanze, di dare alcune óre* al*
T/antica applitazione della pittura» effigiando immagini dlevùte. Fraque*?
fte conduflfe, a perfuaflone di Giovambotifta Riviera ottimo dilettante dr .
èofe appartenenti al difegno, una tavola di mezze figure, oV egli* con.
Spella fua franca maniera di colorito, rapprefentò lo IpofaUzio di Santa
Caterina . Queft' opera in mano deKRiviera alzò tanto di grido del pit*
tote, che ornai male li fopportava dagli amatori de U^ arte 1 che una tanta
virtù fra le anguftie de' chioftrì fteflefi più riftrettai onde fra nuefto e per
r efperienza , che già aveva fatta il Cappuccino della ^rave miieria , in che
mediante fua partenza dal fecolo, era caduta <la foa povera madre infie*
mec^on una fua forella, tenne pratica co* iuo^i Superiori di poterli ritira-
re da quello dato; e tanto gli fu conceflb, per lo tempo paro folamente^
che foilè durato il bifogno della forclla e ia vita della madre. Ufcl egli
dunque dal Convento in abito Chericale: e portatoli ad un luogo detso
Campi p che fu già del padre fuo, diedefi a fare fiudj affai , e poi ebbe per
bene di trafpOTcare fua cafa in Genova. Quivi non folaoiente ebbe da;
•pesare per quei cittadini i ma fpadafi in breve da per tutto la fòma di ùio
^ j valore»
1 58 Decenn. Il della Par t.l del Sec. V. dal i ^i o.al 1 610.
valore ,. incominciò ad avere non pocii6 cófsmSffioni d^ opere graindi per
pabblici Inogiii:. Fece per le'^onaekedi Santa Tei'efia in Bregara la ta^»
vola del maggiore Akare di lor Chtefas una fimile del Beato Felice per
Sélfat; della Omcexionet un Cenacplo per V Oratorio di SanTommafoi
caltremolte ne cok>tk,clw per brevità fi tralafciano. Datofi al dipigne»
rea^frefoo» dipihfe un falotto a Giovanni Stefiino Dòria nel fuo Palazzo
pneffiara San Matteo; nella quale opera fi portò si bene» che guadagnau
a^giaa fegno la grazia di quel Omltere • ebbe per fuo mezzo a Are le
piccuxe del Coro di San Domenico « dove rmpprefentò il Signore nella fua
ulona,^ in atto di voler fulminare il Mondo» mentre la Vergine Santiffi*
ma il ritiene; kvoro , che tantopiù maravigliofo fi refe» quamto che m ca-
gione dell' ofcurità del luogo cagionata da* ponti, che venivano fuperiori
alle fineftre » ebbe egli a condurlo tutto al lume della lucerna. Brafi egli
per lo valor fuo gii condotto in tftaco di molta gloria » quando gii oocone
la morte della madre» onde fecefi luogo a' fuoi Religiofidi rivolerlo ai
Convento ; ma qual fuoco » anche di forveote vocazione » non può e non
fa intepidire f ie non affatto eftinguere» il mefcofatrfi col mondo? Quefto
fu al pittore » pia troppo fcaduto dagli antichi fentiroen ti» un colpo mor^
fab; e.Iiibito ihconnnciòa rifpondere a quella chiamata con^var) pretefti
di igiufia; negativa . . Furoncontinovace rinftamze , a.proporzione delie quaU
furonidaedb moltiplicatele repliche» finché trovò modo di fiu: penetrare
alla Santità del Papa le proprie repugnanze; onde unito ad un^ onorato
dono d^unCavalierato» ne n{>ortò iiaohe fperanza di averfi a poter gode«*
re. leoitamente fuori della Religione la propria caia . Ma quei Padri temen^
do» che 9Ì fatta concellione nonfbflQs per eflere ad altri. efemplor in gra«»
ve piregiudizio dell'oflervanza ftefia ; ottennero» che a Bernardo fofle da^^
ta rielezione d'una Religione» qualunque ad efibfofie per {Hacere» nella
quale fìra'l termine di iei mefidovefle egli ritirarfi per lo rimanente del
vivere fuo^ Accettò egli di buona. voglia la conceflione » e rifolvè di ve-
ftirl* A^o de' Canonici Regolari Ago Ili niani di San Teodoro ; ma oerchà
ciòr repugna va alle coftituzioni di quei Padri» .che fenza licenza del Capi-
tolo Generale non potevan ricevere alcuno » che folTe fiato d' altra Religio^
ne» non potè egli effettuare . Pafliirono intanto i deftinati fei mefi; e i
Cappuccini fecerio chiamare ali Ordinario» a titolo di difobbedienza: o
comparfo vi » fi trovò fatto prigione > con ocdine d' efiere di fubito con^
dotto al Convento de' Cappuccini in manoxle' Superiori^ Avuta di ciò
notizia i fuoi congiunti e partigiani » deliberarono di portarfi a fax vio*
lenza alla corte per torgliergiiele dalle mani ; ma ciò fu indarno, perchè t
mentre fi preparavan le cole » egli fu condottoci Convento» e pofto in
una carcere » ove fenza poter vedere nefiiino » convennegli confumare
molti mefi» e per lo più iempre infermo . Uno fu però fra quei Padri aflai
vecchio» che compamonando la> miferia d' un tanto vi rtuofo» alcuna co*;|
modità gli diede di potere fi:rivere a^fuoi parenti» amici» e più diletti
difi:epoIi» i quaU in primo luogo tentarono una notte di rapirloper forza
d' uomini in gran numero ; ma .ciò loro non venne fatto ; e al povero
Bernardo ne tornò la. peggio coll'efifere^flate raddoppiate le f<;rmcuie della
carcere »
. \ì o3EM;NARJ)X) STROZZI. 159
Qtpeew» ^ egli pritftto «Alto delk oomUAuSwy^h ci» |)riii» porg6««dt
il vecchio Frate. Guiiidimi Iddio» dice iluroverbiOy.dachialtrocKinm
die uo penfier folo^ Seppe^ è uavòjaodo BecnardOf itiftoorainai diipe«
uto al tuo fiMmpo 9 di fingere una si fana mucazionaditpenfietri » una otlo
devozione » obbedienza # inorcificazione » : a uà talciaiiDrei e At peiùaenza
e di croce» etve goadagJiatofi V affetco di quei Keiigìdi» fu da' medefimi
abilitato fino a portarti con un compagno a vificare fua fiirella . ÀndovviiP
o dopa i debiti faluti» finie (.come xacoonta Raffiello Soprani) pomrfi
0Dae£bi in altra ftanza por bifogno di connunicade alcuni Cegreu di- fu*
cafar e quivi fiittafi tolare la barba» vefticofi in abito di Prete, per un'ala
tra porta fé ne partì» né maipiù.fi rivedde. Era già vieina Ja fera» onde
il buono e fempkce fuo compagao fece cenno» che fofle ornai teaipo di
ritornare al Convento ; e n* ebbe per rifpofia ». che il Frate gii a' eca mh
viato per altra via . Puote ognuno iuuuagiiiarfi in. che (luto fi rimaneffo
allora il fuoi povero compagno. Corfe fubito a farne avvifati i Superiozi: -
né è fiiotle,a.dire>» i|uali diligenze.fi faceflero da* Cappuoetni per ritrovar-
lo » quando Analmente s' tntefe eirerfene.egfi foeppato a Venezia» ove fot*
IO la protezione di quei Nobili (tette lo rimanente del tempo di fuavita».
operando molta in {uttura» è affiitìcandofi eziandio neir efercizio dMiw
gegnere • Chiufe finalmente gli jocchj a quella iim< in cffii cittàndi V^nfrf
zia agli 15. d' Agofto il feflanteÌQmofefto di Tua età « brave al certo» e pòco»
invidiabile da chi bene intendeil pericolo» a che quefto virtuofo fi fiottopoi*:
(e di pmrdere colia vita temporale » anche V ecerna : e fu al fuo corpo otta
fepoltura nella Chieia.di Sanca Folca . Furono difcepoli di Bernardo Sttciz^ i
ai» Giovanni Antonio de' Ferrari r e Antonio Travi ,. detto, da Sefiri •
GIOVAN MARIA BOTALLA» detto altrìmeati» RAFFAELLIHa
BOX ALLA: fiorVancor' egli in Genova circa a quefti meddimi tempii
Qpeftf forco la proteziooevdeir Eminentifiimo Sacchectl pofto da fanciul«*
lo focto la difi:iplina del CortoiMif incominciò a dar fegni di talprofittot#f
e a quel Porporato prometteva tale riofcifia di fé»: che non ipixi Gio.Ma^^
ria • eoa Randellino tii foltto chiamarlo ;. onde poi avvenne l' mere egli peo
tal nome quafi da ognuno tafielb. Studiò cofim. molto in Roma, e nellar
calàdi Napoli.molto operò» non meno a olio.cfae a frefco. Tornatofe^j
ne alla .patria vi fu al&i adoperato. Aveva egli finalmente per Agoftètt
no Airpli dato princìpio a dipignete una Galleria , quando affalico da gaa»;
vje Jndifpofiziane» alla quale uè per mutazione d'aria, né per via d'altro
rimedio. aoa fu poffibile fare ofiacolo, che. nulla valcfie» gli fufocca ve*
nire in potere della morte» e ciò fu nel KS44. .
LUCIANO DI SILVESTRO BOLZONE /nato in Genova Fanno t^..
ne' fuoi più verdi anni lenza alcun penfierodi furfi pittore» actefe alle ìtt^t
tere« Qui (idi col. praticare eh' e'fibceva in cafa di Filippo: Ber coIoctOé.ft^o/
zio materno» Ritrattifia, affezionatofi all'arte # $! applicò ai diicgno » findkè
fptco la protezione d' Alberto Cybò Principe di Mafia* gli rìufcì d'effisr.
ricevuto nella fcuoia di Velerio .Corte.. Xflncennefiin efia gran tempol
... fenza: :.^
t6o DecenèJrj9Hii\P4èildélSic.VJàlì6to.aii6io.
ieiuKL d^r fegni^di 9iioUor«at«rè^«o»<i^ opeM tfételt; aii^chè nò :
Non ia(ciava.periki\C0 lUflSritpifaUoiftudiitfe; finché fiiialmeiKe col fiivo^
n^àiX^o.i^tìé.JÌosiàv^ c\i^:v^ vìnu ramict
debolcu) nelle difficuloà-deirai»^ ioGominciò axlar .ftk^ri dt fM mtaa
i)peM.itttie«je*xltratti foénigUaniifliaii; >Per la Chie& di San Qiufeppe fece
k «aVola dei San FranceCco><;Iie ciceve le Sciaiaw, e quella poi venne in
potere dèi già nominato' G io. Ca^o Djopia. Portacofi a Milano» affai xicrat»
ai vi cibori» e pacricolarmente.oopgUidi DonjFederigoHenrìqueciGaver^
aatore àel Cailellodi Milano; del papengin ^ ìGnifepale dell* [mpeiraicore^e
éei Duca OtcavioiPiccoiooììni : XJ;non ibio vi dipinfe più akrif quadri ; ma
partendofene alla volta della* patSria» porco ^n feco ordini « «commiflloni
df^ltà molti i a^' quali dìedafinein'X>etiova> pvejflai.ebbe.éa^operafe daf
inai concittadini . RitràfiecToipfDaib 3tigt'a<iii e '1 cdebttf «Gabbrielic»^
ra : e queflo ritrattoebbapoi' lttogjo.nella Galleria di <UiÌMno VI IL
pare ili Padre Kicoardi dell' Ordine de' PredÌGitori • celebre per-
éotmna.- e?l Principe di Maflà^.tl:quale4inche fece due<tavòle»una4lctk*
Santifiìma Konziata» eiinadi Maria Vergine con Gesù:B«DbÌno4i:arle*
bfflOGiavbhe furono aliai, lorlate . Ebbe anche a^fiir e. i^ritcatti «li Aiolrii Qa^
vflllelDi e igraa Pxelati » e (quello eaiandio del Padre FcaTommafo dà HTreb*»
bÌBiiii>VaÌMJn.etàdiceiiix> anni fin^ faavita jn;coikcetto di (antità-noa
onAìnavia^ e cale ritratto fu poi dato alle. (lampe jddn'ihcas^ò dìiMiohe^
laùis Franiseie . Altre moltifliine opere condufièro ifuòi pennelli, che fu«
con mandua ici ; d ivecfe Provincie d'Italia t e ; in^pm- kioblù della^ Liguria*
Aefia. É^ diiioal liiarvo^kL tàvola delSan Vincenzio Ftmro» quantfo in.
fancinllefi:aìetàjpredÌGa;alla<prefenza del maeftro le «de'diioi condifcspbU /
Per la Chiefa di Santa Maria di Caftello fece la tavola della Concezione»
ébe:fti;^oRa nella Cappella^delcSantifr. ISofluto «iiSan' Domenico /'quella
di Santa Chiara da Monte Falco iniSanSebaftianù : e quella àA Battèfimo
del Signore ,* eoa altre due de^fatti.di San GiovambatiftaJn^ Santo Spiri'--
to. Dando egli finalmente compimento a4>uin0grlin' ca.volaa!ella'Niic^vJtà-
del Signore , jche* ipoi fu . pofia mella i ChSefar delta* Samifli ma' Konziaca. del
Guaflaco: e. trovandoli aitale effetto ntcìcriaprarJai^o (baione^ nel fai e cOl*
piede un non fa quale mal penfato^'movicdeocó/ pnscipicande dalia cima
atterra,' reftò da sì fatta percòfla^ofòfoineLcapOivqheùn brevi giorni ebbe
£ne il vivere fuo. Pofledè quefta irteftce: npii* ordinariarperizli nel co*
nafirercle maniere de' pittori ; bnde^potè]! <3iac«inp Lx>mellìno per fi»
Galleria fare una bella raccolta di gran numero- di ouadritde' più eccellen-'
ti maeflri; jed altre perlbned- alto» afface^uifurond pure per s) tatto^fervigio
la fua opera. Non folo valfe molto» .comò dicemmo» in far ritraiti di
ordinaria grandezza; ma quello, che era più (ingoiare iiì efib, fu il ritrarre
da.1: naturale ì .volti ..delle perfone in -^taótb fjpazio , quanto appunto faria
potuto reftar.coperto dà una lente: i quali ritratti » cheTiUKirono fomt^
giiantiifimi f eran poi iogati in anelli (otto jqualchepceziofa gioia . Refta*^
i*ano più iuoi difcepoli y fra' quali Glovambatifta e Carla Francefco fuoi'^
figliuoli» Giovambatìfti Monti» che fece bene di ritratti/ GioyambatiAa*
Mainerò» GiovacchinOiAxeretò».Gio.^Antonii> Va&Uo pure ritrattifta»
e anche buono inventore. GIO-
eiGf^AMBATlSTA CAPELLINO. i^i
eiOVAMB^TISTA CAPELLINO, nato in Genova Ptnnio is%o. tra*
fitudofi nelU fw primi 4cà mal(o inclinato ti dt%na, fu acconiDdaco ap*
preifai a Giovflwbacifta Paggi i il quale vircii0Ìkmcnte.invaghico della tab^
defili;» le^tadriayedelgninofo convertire del gióvaneito» affitte per mof«
dò a' primi ftud| di luì • che non^ aveva egli ancora compito il quarto lu^
ftrOr che fece vedere in pittura la 1)eiroi»eradel martirio di San Scbaftia^
no fieila Chiefa di Sanca Sabina » condotta in falli maniera del maeftro fìios
poi per la Chiefa di San Martino in Bifagni, una ne color) del mmirio
dbl Santiffimo Crocifi^, apprefTo a «ut fece vedere la Santiffima Vergìtoo
con più Angeli» in ateo di veftire il Stnro degli abiti di Vefcovo . La tàn
y^a poi che egli ooloii in Santo Stefano » ove rapprefencò Santa Fran*»
4erfca Romana» che miracolofamence r^ituifce la &vella ad unafanciulb i
li guadagnò la lode d'opera veramente perlecta. In. San Siro furon podfto
iue graziofe tavoline di fot mano per entro la Cappella del CrocifiCo |
nppr^fentanti miiler) della Paflbne del Signore. Altre molte opere fece
quefio artefice ; e finalmente giunto ali' etè di fettabtuiw anno, affalito de
dopo
tore^ Fu ii Capellino, lin dagli anni clella fui puerizia , dotato d' una mi
/avigliofi mod^it : la quale congiunta colla vaghezza del volto, omaco di
chioma naturalmente piegata , e del colore dell'oro , hiceva in eflb un com^
poftp di grazia da non poterfi cosi facilmente defcrivere ; ma quello che fit
più ammirabile , fi fu , che tale fua bellezza, non punto alterata dalle rugho
nel volto , durò a ricono^Derfi in eflb ( cofa che rariflime vc4m a' è veduta aci>
cadere) fino al Pittima v.é<rcbiMzai talmeneeohè era egli già pervenuto qoafi
al felTantcfìmo anno di fua vita, che appena dava fegno d'avere l'ottavo hmro
compito. Sarebbe cofa lunga il narrare, qual fofle fempre data in lui lance*
cezza e Undura della perfonat alle quali faceva andar di pari i proprj difcorlt
ed ogni altro fuo fatto o gefto . Egli è però vero , che in fimile fentimen«
to fu cogli altri $) aufìero e fcrupolofo , che olcre al diventare inquieto in
fé fteirp, fu fempre a' fuoi fubordinati grave e nojofo. Non poteva jpati«
re di vedere, non che di toccar cofa, eh' egli apprendefle avere in le al-
cun fegno di fchifezza » benché fofTero cofe mangiative; onde s'egli avve-
niva, che alcuno venditore di sì fatte cofe , come di carnaggi, caci, fa-
lami ofimìli, nel contrattare con fue genti in fuacafa , avefle tocco alcuna
coia, o fofle ftatoil venditore da efle (lato tocco, faceva di meftieri, che
la cofa toccata, o quella mano che tocco aveva eflo, o la mercanzia di
lui, fubito n lavaflero ben bene, per toglierne il piuttofto immaginato,
che vero male odore. Ebbe per legge indifpenfabìle di non por mai fua
mano fopra moneta di forte alcuna , che gli fofle data , o in pagamento
di fue òpere, o per altra qualiìfofle cagione, fé prima non era flata per
mano de' fuoi creati ben bene lavata, e talora non contento di ciò, s'inge*
L gnava
i6i Decem(Jl.deUàPartJ.d€lSec.V.Mi6io.ali6io.
gna^a di farla fpéndere per alerà toanot jper non avetfa a mane^iar pun-
to : e avefle guardato il cielo » che alcuno de' fuoi giovani > porcatofir
alla fua ftansa, aveffe o punto o poco sbattuto m terra il piede, o foofla
una particella del proprio mantello r perchè fubito erane da lui forte ri-
prefo» qualichè avefie folle vara polvere» con cui venìflero a rimanere \m^
Drattati gli arnefi e le pitture ftefle. Se talora per entro la medefinut ftan-.
sa mandava alcuno a pigliare o carta o libri » o qualche fcatola o vafo
/ di colori » era il primo precetto eh' ei dovefle andar guardingo nel muo*
▼erla di luogo: e poi còlla ftèUa cautela riporla al proprio pofto» per non
ifcuoter punto la polvere » che vi foife ftata fopra . Lafciò una volta dlado*
pierare maipiù una fua cappa, folamente per lo timore che un fanciuUot
eh' egli aveva cafuàlmence incontrato per fftrada, carico d'un' ocre pietu^
d' olio» nel palargli dappreflb non gliele aveflè tocca .^ Ebbe feaipre giurai
ta nimiciasia col tango delhi via v onde non è poflibtle a dire » con quanta
efaccezza egli ufaffe portare il piede, quando dà neceflicà veniva obbligata
a camminarvi; e con pari premura raccomanda vali » o a chi l'accompa-
gnava o pa({à vagli vicino , che £acefle lo fteflR) per non imbrattarlo . la udii
una volta dire a un grand' uomo , eflère difficilìflimo talora il diftinguerc
nelle perfone la virtù dall'umore; cdiache veddefi bene avverata in co»
fuAi imperocché chi penerebbe mai, che un amore j^ pulitezza ftata
in eflb sì eccedente, in un tempo medefima degenesaiTe in una fordidez»
aa infopportabile ? E pur. fu verof pofciachè per lo fteflb fine di non imp.
brattare con polvere cofa che fi fb{fe« non volle mai che fi fcopaile la (tan**
sa del fuo lavoro, né tampoco la propria camera: nella quau^ quafi non
mai permefle che entrafle perfbna, né meno per acconciare il letto, la-
fciando in dubbio, ie nel corfo anche di qualche anno foflero ftate mai
mutate le lenzuola . Tanto é vero, che quella virtù, che non va con*
giunca cotla prudenza, a gran pena di virtù merita il nome; anzi dee (em-^
pre averfi per fofpetta o di vizio o di fÌMìtafl:ico umore ^ come poc'anzi
accennammo» per detto di quel grand' uomo, E tanto bafti il dire dique^
fio anefice»
DELLE
««J
D E L L E
NOTI Z I E
E)E PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMABUE IN QUA
DECENNALE Ut
DELLA PARTE L DEL SECOLO V.
1>AL ^DCXX. AL MDCXXX.
P. FRA GIO. BATISTA STEFANESCHI
DI RONTA MINIATORE
Eremita di Jffdttn Senario ^ nato 1582. ^ i^59*
Acque il Pad» Fr«Qio.BMÌJU> che al fecolD fu chittntco
Marchionne.cioèMelchiorrei l'anno di noArt làlutei58i.
d'un ttlmtefiroFranceicoStefiinefchi muratore daRonca,
piccolo cafielletto del M^llo , lontano circa venti mi-
glia dalla citcà éi Firenze; e non prima fu egli all'età
ai ventidue anni pervenuto* che mofib da Divina iCpi-y
razione , fi rìfolve di darti al lervizio di Dio nel làcro
Bremo di Monte Senario in Mugello della Religione de' Servì di Maria.
Veftl^Ii adunque il facro Àbito l'anno i(fo4. a' »5. di Marzo, e agli ii.
d' Aprile del 160; . cioè compito cke egli ebbe il folito anno della provar
2ione, nel giorno di San Leone Papa, fece nel medefimo luogo la Pro:
ielEone folenne : e dopo 19. mefi» cioè il primo di Genntjo del itfcd.
La celebrò
fS^ DecemM. della Part. I, delSfc» Kdali6ia,afi6$ o.
celebrò hi fua prima Mefi. Non we^z mai il giòvanei fino al leppo che
'egli encrò in Religione, attefo a cofe di difegno né di pletora; ma^ perchè
egli è proprio delle menti ftudiolè» ed anche de'pradenti Reltgiofi il far
]gran coHto degli avanai» ancorché piccoliflimi r del tempo (che in una
DTéve vitk> quale è quefta noftra» non lafciano d'efler preaiofi ) per quelli
impiegare in alcun virtuofo divertimento; il noftro Eremita,, a cui non
"shancavanè ingegno né bontà, davafi nelle poche ore che gli avanzavano
tfopo i Divini Ufiaj e &nte contemplazionir proprie di queliiftitutOyaireler-
^izio del dii^gno, tirato daiin certagenio ch'egli aveva all'arte del mi-*
aliare ; e fatta amicizia col molto eccellente pittore Andrea Comodi Fio^
ientfno; procurava pvrtjuanto glWeniva penBeflbdaU'obUigodifuarftei-
i%tdfa ofleryaiìza» di con^rire coneflcx^ni ftttdio fuo . pa q^uefto ricevè
•pU4 veri e-Auoni preMCti dell^asie4nedefimefquantunqìK aon pocaAti^,
lità ricavafle'dalilamicìzia e prapcache ebbe ièmpre co) Lrgpzzt» pure an-
che tffàt pittore diMganti^o: t poi col unto ^labf e Pietro di Cortona r
«el tei^o ch^ egl t f u ^ a Firenze a' fbrvlg) de t^ereniflima Granduca . £
(cóme quegli, eheioUre ali'aree del miliare ^era dal genio fortemente por-
tato alle cofé Idei dKegAÓ ; iti brève tempo cominciò ad operare bene ia
pittura» e ottintanieniWr e forfè fenat eguale tiel fufr tempo r nella mi-
niatura » nella quale r con direzione e afliuenza d' Andrea liro maeffro r per
io>tiiij|)o che viIRe, coAdufle opere Inafibilt , li dopo fa dilui^ofte jatnqsra;
Arrìdi a tal fe^o k'eofceltgnz^ di ||uwoa(tb4cet cheilSeiMiifl^ii^
duca volle di fua mano più opere di minio » le quatl fece coìtocare nelfa tua-
keal Gellefia> dove alcune fi confòrvailo Mlo&ra » h magi^orlforielil prò-
i^orziene y che ulcidero dalle mani del noAro^vaforofo Eremita. Quattra
quadri d^altf6cttrtti';^aii<liffimi:pittort/tiicravni |^edat| àaììt Serenici»
ma Cafa, gli fervlrono d*^ originare t imo Fu d^Ani^rea del Sarto r in cui
'queir eccellente maeftro. aveva rapj^refenciitp Sant'Agoffina^ e San Pier
jnartire in atto di difputare dcH'aliiffidioi tMèio dilli Trk\itè » che fi ve-
de (ituata neUa parte più alta del quadro « e vi è,ai»:ora San Lorenzo e
San Francefiro/edtle altre figerb ^enuiieile^ Santia- Maria Maddalena, e
San SebafUano. Creila è la famofa tavola^ che flava già nalla Chiefa de*
Frati EtÒrtìtanr Oflèrvantr di Sant^ AgofHito fuori della Porta a SAn Galky ,
che pQi demolita inficme col Convento per F ailèdio dell' anno 1529. fu
trtf(polrtatà in S. jaiécppo tisT Fdffit biogo «enutò' da"^ midefimi Fmi : e di
^•per falvarlttdairittondaaaone iAcÌÌ$5t\ aooifftibggetcatquelIaChiefìir
fafiè in pétett dt'Strtniffimi Principila Di i^taal* grandezza prefe a mi-
nsafé if San Giovambetifta net Deferto , riffematiflima quanto comrover-
là òpera étìir aiQmitatlile Raffiteiie^ dà tOtìritìo t dito eoncroverfa per ve-
detft in qtialche attiro Ittogo d"" Italia, e fuor d" balia ancora > Io (ledo fog-
lietto, da ciafcheduno de' poflèflbri téntrao per originale di Raifaello.
La Vergihe Madre ih-att^ d^adorare ii fiso Bambino Gesùf. opera maravi^r
gliofa d' Antonfo Allegri da Cdreggio , fu uti terza impiego delta iua 4er
teerotìe e tkl fuo fa pera, ridotto aèch' efib a proporzione con(iaaiIe»
benché (a pitture di qeefti tre quadri l'abbiano molto diverfa . Alquanco
liìaggiore riufci la miniatura d' uno fiupeodo quadro di T»iano, in cui
' viea
/ ir,jv. ero. smsfA mPANEScm.^ 16$
Vieti ràppi^r«ncaca la Ntcivicà del Signore coiridonzione de i Pallori , ceco
figure mmtco» e iri*fiTedono tdoe'aniinaK, e un agnello per oblaaioné
tal nato Salvatore» òlcre P archicectora ed il paefe : nella qua}' opera Fri
Qìa. Ritlfta fupéiè Te 'iBt)defitiio,avehdohi toccata ^Ua maggior forza» cte
da mitihrtbrc pretender fi 0o0ti {aonde il Grand acaj^erdinandò II. di glor^
oieffl. dopò dì averla lodata e ammiraci» còm^ò^che vi fbfle i^actaw
im'ortiaaefiica di lapiOazziilo» legato in cornice di bronzo doratoc eqiie^
Ro finito» lo fé vederci all'Autore , aiidò comprenda in qual preaio T A.S«
teneva il quadro: 6 il buon uomo con molta umilcàt ma con lutrettantt
franchezza replicò » ck6 il Serenì0imo Padrone focena troppo onore a quel*
la Aia povera filtieat intendendo per avventuri V che r ardii
povera mica ( intendendo per javvèpturiV ' che r ardito, colore 4^
quella nobili/Gpu pietra potefle pre^Wlicare alla miniatura» la quale pò«
rò dopo unti annir^ge.ancora al paragi!)ne d^^.cdor naturale di quel h«
piilaczqlpv il pSù belio chela natura Ibi q^t abbia prodotto. Nel lavorac
di' ei ftceiòpra quefti quadri» conifefi iedipre eoi maedrofuo» Andrea
Comodi, pittore, che ordini^ tutto ilfuo sudo almodo del colorire del
Goreggio ; onde maraviglia non è « che al noftro Miniatore riufcifle U
condurre T opere fue di si vago colorito» die meslio in quel genere ncm
può vederfi; perchè lafciato da parte il difegno e r imitazione yeramento
maravtglioTa de^i originali # effe tengono in fé una certa tenerezza» pa*
ftofità e freichezza di coforito» alia quale non pare che fia poffibile poter
giugnere quella Torta di lavoro, il quale fi ^ a forza di quafi mvifibili piMi«
ci» e collo (tento e lunghiflima operazione, che a tutti è nota. Fece il
P. Fra Gio* Batifta infinite bellimme miniature di devote immapni pio»
cole» che lunga cdk farebbe a raccontare: e più ritratti del facto volto
della Santìfiima Nunziata. Occorfetche egli fi ponefle una volta a copiare
di miniatura la bella fiiccia del Crifto con mani giunte, di meno di mefczt
figura, e di proporzione quanto il naturale, fatìa da Andrea del Sarto #
>er tenere fopra T Altare della Saiititlima Nunziata: e già avevala» dopo
unghiflimo tempo, tirata a (ingoiar oerfezione: e dopo un eftrema fiitica
del corpo e degli occhj , condotta a nne ; quando avvenne che una notte»
ch'egli aveva lafciata T opera fua non ben ripofta, per efler quella, com* è
folito , lavorata fopra cartapecora , gliele roterò in tante parti i topi » che
tutta la guadarono: onde il povero Padre, afflitto per tanta peraica, fo
n'andò a trovare Jacopo Vanni, argentiere e gioielliere di gran valore»
e fuo amiciffimo : e mofirandogliele cosi lacerata » al eli diffe : Guardate
qua» mefs. Jacopo, fé mi bifogna avere una pazienza da romiti i eccodo-
v'è andata la mia fatica di tanti mefi. Ed in vero, che fu quella una graa
perdita» alla quale poi riparò lo fteflo Padre» con metterfi a fiirne un'al-
tra di nuovo ; ma non è a mia notizia ov* ella fofle poi maialata , né dove
oggi fi trovi. 1 Frati della Santiffima Nunziata di Firenze confervano di
fua mano nella loro Sagreftia un frontefpizio di miniatura di un libro in-
titolato; ASa B.Pbilippi Venizii Ori. &rv. e una tefla d'un Salvatore» in-
K
caftraca in un Reliauiano di le^no indorato i e una copia 'fìitca a olio dello
fieflb volto di Crifto Signor noftro . di mano d* Andrea del Sarco» di cui
toofi, ablyamo fatta menzione . Neil* Eremo di Monte Seoario ibno di fot
^^"^'^ L I mano
1^$ ZXVW/T?<rv<(A|8WVv^^^^^
io 4el Coro ,: fflprji il. qoiwciflrtie, ^é. O/ve^^if^^&pnB ,^%vecri9f« . ìcpU! wpr
M9m;a.(^i«»o .por .?ccaB(y)«g«amra ^elljt fitac^: e dBe.qu9^Uoi^|^tto «U^
lygijDP^ j^ì^mlPJt ^^lÉJW^ ' 4i>PMH<^ ^acjora un C^n^c^oto «fra^df . «^
pp^ivì^fp ^' $«)ryi (fi Yett%ri i ì(l%n dicano di3piP9»a. Fe?^ alqim 4?
Fra* 4|f*tw .dipropeifi yiano de' jV'>i>«V««Vy?iWpr,»J:«QcpÌ 4»IIa «)(^j iM<Vr
4je4 S»r«pt|4. C»din^^ (iepg^Mp (^< Tolosa , Yì^iM^cite iqwltp/4i fQg
P^r«„f^V9.p «w^ mm » « HO* Of ifioiifàKvanp ^sUa.Iprfia.^^aJft^^efe
g'ivflh 4e^ le Sig;ipre 4^H» Qui^ « Vjffe qììahHV^9m9^n\fyim(f^
tt»t ewft alcuni ». zytnù aliala aioiì^e * fi^ '1 npp Cervif ^U pì^ la .viftf »
^ it iglif^f b^le fiffitq fyfi, ^;).p|o disfidcrio che gli ebbe di attenda
^i fiip^Clco, cpme egli diceva, a preptrarii al p«0o della morte, lafeis*
pi, ogat Ali^a applicazione, li fermò q^ Cap E^eaio, a^teadjpndo qoi,vt con
p<Hi Q;cdii¥ffio fervore agli eterei?) della Èeligipo^. Óccoclè iii«tnc9,<^
q«ei Padri inoomìnciarono cratcaco^i mandare a ifondare un Eremodi Jo-
«o Ordine nello Scato Veneto; e dopo e(rer.già tutte le «ofe ftabilite, fm
il noftco Padre Fra Qio. Batifta daTuei ?i;eutti, che lo-ponofcevano per
1KMBO prudente, e per attimo Religji^ , iafieme fqn Fm Soffegno bico»
fbandato a Venera per dare effetto a tal fondazione; «ma n^n 9fw> motto
fàe mentre egli di tutto prppofito attendava al pio iavioror .alS^ito d^ gn»
«e:in&jrmità,iiel Cppvenf:o de' Serri; della ftefla città, dppp aver ripeypei
|i.%nt$ Comunione rpifsò da queftì jiU'gitra vita aUi ji. d> Ottobre del^
Votalo i^s^ e neUa QbiiPfs di q,Qel Cpiivento ej^b» il (ho qn^aveio Se-
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«./ .'-'O tiri oiinrvc! j-'^AiUàuìa tr-'f' 1 '.'.>/* ,;*.; •-J..W.U irf'* "^•'ortijttl "
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WtTORB b' ANVERSA
Dìftepoh dtGie^telm de Voh nal9i$^T.^ iJS%u
K qadll «ntidiiffimS cenpi , tifqiuU Ittèli' trce dellt pimirà
prafi i pnì fublimt pofti d'eccelienBa^, abbelliva di fé fieOaÀ
più nonlitciccè del mondo» venn^ ella in s) gta n pregio ap>
preflb i Lacini, che^^ ftip«r«nO'i pt^ degni , non eflervi altm
Kfapiù fioòra-di cteirtHur 1» fama di lor glofiofe aàont , e Ùi
s), «htfitf <^i%ettp»)li luro p pailaA^i che<il Uletare a* pò*
i iterate» al vivo l'effigie A6'^vto6t\ vèki\ -QiiincH è » che incpibiiicfan^
dofi a pf!aci<!iTe 6ra *' ' * * ' '" — ' ' — "^ ^
ceno per oanano
avucd ))er £0104
te ih btonmin roarmi, e in tdccàc^; itft^aAchelff céra re- così fatte im^
màgìnt di cera chiudeViho-ne'Io^oliFaìdrjr e con efle volevano che £jflèH»
fo s^xompégnati i fl|<Mti della fiiinfigliah talohò ninno «ori va di quel
ndifli Ttomitih chenon /offe portato ill^foloro col Isgiioed KeùtùM^
matara di tucti i fuèigloriofi-anteiteii.-i quali' «rama portati con órdine
rucoefliy<^r utib airalwd (è^per ufiffe il ièrilo delle parole di PHnio, «ht
ciò raocont*) '^er vi» ■d'<> albero, e con oidine:di linea. Bran poi quei
grandi nómira s) gelofi di mantener pofto nobiie a tale^coi^uetuoi iie > che
per!qu|mco:dipe b fi^b'^nio; MefTala (^Còre non volle, eh* e' fi po'
nedb fra qublli di faà geme rimidi^ine'de'Lévinh e per «al cagione «n^
cova il Vecchio .MeiTaM^S pofe a^ coin)piliire trattati deHeiàmiarte. Si^luo^
le' poi il nomiiMCO A«toi^< che ìjiHsfia'bélb'VfBKzè, Colpi della pigrìisia»
venillè^ifuo Tempo 'aflai tréfcuracaf peitihè^gli uotDini d'etto afiàre»
dicceli , in luogo di tMfmettere a' pofteriia metnbrìa dt fé coli* ini-
inagini proprie» e cotrfervar «fuélte degli ai\céniti«--u&iMno feudi di ramcv
e4capia'arg<ritOt i ciutii indifferentemente trafportàvano d> unailatùs
ad un* altra, roollnincKy 'di- ftimàte*«^fpià che campeggiaflè nelle lor ca-^
mere lo fpitndor dell'argento» che Teffigie di lor medefim! e de' parenti i
e co^iefeinronoa'i-pofteri, anzi Tididii^gini del loro avere, che di loro
fleffi. Tali fufoaeicolhntii^detPaAliGhita incorno ai titratti. Fecempoi
le beli' arti quell* offendo naufragio ^he è nòto, e dopò molti fecoli'tor*
naroao a vivere^ E fé n'oi Vogliamo bra ^lóencare fra l^opere di quei pri-
mi maeftiA , che'dipiAfei<6 In Italia per gran corfo' d' anni , troveremo, che
effi» iit ciò che UppanrtiWIie ài deéoto di QVkèfte belle facoltà, per ordinario
fegttifàrtfn'o'il b«dn;'ed(lttttè 'antico, perchè noà ocOipai^òno il lor pen-
nello In fiir ritìracd ctei è* uoroiiti nobifì; o 'ptt alCui^a |>articolare ecceU
lenaa fra gli<altt4 di primo nonlte ': e di <]fàefti adorrtarono le più infignl
opere loro» i luoghi pbbblici i e ì pia rìnbniàtì' mufei e librerie. Coti
« . i;4" l'allais
y
1 68 DecettnJILdeUa Part.l delSec. V. dal 1 610. ali 63 o.
]? allM^trfi-pot €he{ecfroqaefearcrf.e Ciolmaldpl^ degiiarteficH fi tir
ifli^arcmoaltroBÌle manide*]imor»;èftf'facta^ modo i che 'no a potefle
più dolerfi il Segrecarip della Natura > che il mondo rimanefTe fenza cicrau
ti^ perchè i picjtoii incoininciÌH?bno'a lappreientare. prima .in fulk tavole»
o poi in fulfe tele» nell'opere pubbliche e nelle private» i volti di per-
fine d' Qgni piccolo a£&re , e l^ne. fpf ÌIp ancora di. taluno » che vivo a vreb^
be dovuto coprirfi la laccia» per non e0er dajgii altri ùomiai né veduto
né riconofciuto» non che fatto vedere a i poderi» perch* e' parlaflero di
lui ^ Soli ^:paflirt!i poto meno di' tre Xecoit » dacché jun talie abufo ebbe
fuQ. principio: e oggi fiamo ridotti a fegno» che ni$a lunno le llufe» le
bettole» le taverne, e i pubblici macelli uomo sii vile» che non fi vefó«
dipinto; e perchè poco più .cofta ai pittore il broccato che il canapino i
beato colui» che più bei panni fi fik mettere addoffo . Y edefi taruouio in.,
civile e okeooanicò» dipinto appoggiato a tavok» ricoamente coperta » pref-
io nobil portiera» armato» e toSi, bafion di .comando io mano» come &
fofle un Docad'Alva oonMarchefedel VaiUo^ che puretnon s' impacciò mai
cop ialiarnefi% fé non it forfe.ii»<iQmi]iedi0.>ower.j>er giuoco ; lequaii cofe
Anno cofloro» non fo fé affine di non eflef co^pfJbiiKi.per q|:i« che iiQOO#
o per far vedere alb^ gente quamo poco t\ cóoofcono tè fteflì. In £oxsy^
ma quel che negli anni aoticiH fif ;folo fegnp dii nobiliè » piemia d^.una &f
palata virtù» ladmcentivo idja ,pofterità.» «^pperfl^gioriofis» iei;ve o^gia
coftorodi fomemód! una iniofportabil^^ vanità» e d'unta fmodéràto amòre
di fé fteffi» ficcarne apprefib a quei che ver cunno, feivirà loro di beffi^g**
giamento e «di rifo« Qùcfta vana cupidigia td' onore non W» ohe regna
nella ^nte minatar.ha.pgruvitoallaivepubbljc^dft^'ìinyn^
ike arti ìttt altro inc0nvenjfertfe » ed è > che dovendoti pun^.fare atta plebe »
per acchetarla» infiniti ritratta, (ipnofi^ altresì flitti'tntiniti pittori plebei «
iqvali obbedienti più alle. teggi. della propria neeeifità» che aj decoro del«
l^arte,.fcorbiàndo a:ttaliiMK|o a tavole e tele» hanno ripièno il* mondo
dì qqefta baflEeza: né fi vergognjano taivolcadi^pippjrre «incha ne iloof hi
più devoti alla vifta degli uorinnii ceffi di taluni »^e viliper eondiaioiKt
iconofeiutt per talento, malvoluti per cofiumi , fervono finglmenfc a
gjitfo altro» che a fomentar la pietà» a' ella non fo(|e però di quella forte
che chiede da' {mi amorevoli V infelicità de' lor laerveiU, Ma ringraziato
fia il cido» eh' e' venne una volta al raondg^ un nobiiiffimo Ar«(6ce» noQ
un pittore di femplici ritratti ir ma usiverfi^l^, dilèguator. celebre, colorii
core maraviglici» nobiliflimo inventore» ch^ha lapui^o eoo mirabile ar«
ti^zk> e franchezza» imitarequancojmar facci 4a Naturar m4 neKformat
poi fì4le tele l' effigie degli uocoini è fiato tanto 'fingokire » che pub bene
aver luogo fra quei rinomati artefici » che diede al Aòhdo nel p,:(rato fe^
mAo Venezia. e la Lombardia» e che ha dato nel prefefite, la Germania
e la Fiandra •* un pittore finalmente» che non^9Mi pea ordinario occupò
fuo pennello» per confegnare alla pofterità altre memorie i ohe odi Mo-
narchi o di Broi o di nobiliffime perfi>ne: in che pofiiimo a/Fefmare » che
egli abbia aggiunto più di reputazione a di gloria all'arca fua ed a* prò-
feflbri» che non hanno tolto loro per più fecoli tanti altri fisonfi^crati atf«
teficì » de i quali abbiam di fopra, cwì in generalei fatte menzione .
» -4.
M>NSU GIUSTO SUBTERMAm: 169
£^ ad^inque da faperfi » come circa alP anno 1 590. viveva in Anverft ,
città di Fiandra , un nobile cictadiiK> di Bruges , chiamato Francefco SuIk
teriiians» che li efercitava in mercantare drapperia: ed eflendo in efla città'
fiato condotto fin da giovanetto f eravifi finalmente accafatocon una no-
bil Dama» chiamata Efter» di Lovahio della Fiandra alta. Ebbe qudfti»'
che rimafe unico della famiglia «della nominata Aia conforta dieci figliuoli
mafchi e tre femmine. Fra i mafchi fuMattias, valorolb Ingegnere e ce^'
lebre Mudco » dichiarato dalla Maellàdell'Imperadòre MuficodellaCamera.'
Altri quattro riufcirono eccellenti pittori » cioè il noftroGiufta: France-
fco, che dopo avere avuta larteda Giufto fi pofe appreilo al Vandik»efu filo
J[rand' imitatore: Giovanni e Cornelio > e quefti ultimi due morirono m
ervizio della Maeftà Cefiirea : e di Francefco rimafisro un Mattias, Re-'
ligiofo della Compagnia di Gesù, celebre Predicatore « che vive al pie«i
fente . Fu il natale di Giufto Tanno di nofira falute 1597. e alli 28. di Sec<«^
cembre fu Battezzato nella Chiefa dell' Aflunta, CatiedraJe d^ Anverfa fuai^
patria.. Appéna fu egli pervenuto agli anni della difcrczione» che inco«.
mincib a dar fecni di non ordinaria inclinazione al dif.gao ; tantoché;
avendo queftp luo bel genio oflervato Guglielmo di Pietro de Vos» buoa:
pittore di quella patria» pregò il padre del fanciullo » che gliele concedefle
per infegnarsli quell'arte: ciò che Francefco »defiderofo d'incamminare il
figliuolo» a lecondadel genio» non ricusò di fare. Il giovanetto appreflor
à tal mAeflro s* approfittò affai e in breve tempo » onde ad efib e ao' altri
fu di non poca ammirazione . Confiderando egli poi di quanto riefca ad»,
uno ftudioXb di ^uefie arti» il peregr:inare per diverfe provincie» ad effetto
di vedere lé varie maniere de'maeftrir deliberò di viaggiare alla volta di
Parigi, latto già sì pratico e fpedito nel lavorare, che giunto in quella^
gran cittì» e attefovi a operaie per treanni e mezzo continovi» lofteffa
pittore del Re» al quale era pervenuta notizia della fua bella maniera» e
del fuo vago colorito > ne fu in non piccola gelosa : dalla <]uale moflb »
guaflò alcune opere» ch'egli aveva già finito j per tigiìetle di diverfa ma^
niera da quella eh' egli aveva ceriuto fino allora • la efii città di pari^ 0i
trattenne Giufto per due anni interi» in cafa dei celebre pittore del He
d' Inghilterra Francefco Pulbus» che era venuto al fervtzio della Regina
Madre j. provvifto di cinquecento feudi ogni anno » e di nobili onorari
Ser r òpere: e il rimanente del tempo» che furono circa diciocto rnefi»
ètteu <fa per fé. Aveva in quefto tempo la gloriofa memoria del Grai>ii
d^ca di Tofcana Cofimo II operato» che da Parigi foftcro fatti venire a
Firenze alcuni valent' uomini neU* arte del tefler panni d'Arazzo» per
far loro condurre alcune belle tappezzerie per la fua Real Guardaroba: il
che venne a notizia di Giufto» i cui fervori negli ftud) dell'arte fi anda«
yan fempre aumentando; e avendo fatta refleifione alle maraviglie» die
in genere di pittura» più che in ogni altra parte del mondo, fi veggono in
Italia» procurò di fare amicizia con cofioro » ed infieme eoa effi fi mede
in viaggio alla volta di Firenze» per quindi poi portarfi a Roma. Ora
e da faperfi in quefto luogo» che il Suotermans» ficcomeera ftato dalla
Natura dotato d'animo nobile 1 d'acuto ingegno 1 d' innocènti maniere.,
e di
e difttaordltìflfift abilità pet. ognlrcoft' virtttafai eosV ancor* aVea fòrtito
d' avtre un vago afpatto, e prefcrfìza fignòrile > cor quale e coH* avvdrieiiza'
che fi fcorgeva in ogni fuo gefto% accompagnava le proprie aatòni tantor
gra«iQf«(taiente > che èra cofa niaravigliQCii : il che aggiunto alla fua tùxAik
KÌrt\V nell'arte deldipigneret none polfibilea dire, quanto $li tendtflefa^
elle il cattivare X aflecto e V amino d' ogni perfona. Giuiiti finalmente]
queimadlria Firenact e rapprefentatlfi avanti al Granduca i cH^ beni*^
gnamente gli ricevè^ gli fecero fapere di aver condotto con fé un nobile
giovane , profeffore di pittura valor ofo* e di piit che ordinaria afjpèttàzio*
neà il quale per Tuoi ftudjdife^nava pafTarfenea Roma . Quel benisniflima
Fdncipe, Tempre intento a promuovere e favorir la virtù. Io volle aveiti
a fé: e parutogU, come egli era veramente, uh degno fuggetto , voll^
anche vederlo operare; e così gli ordinò eh' e- facefl^e il ritratto d'un di
SQet maeftri il più vecchio : e quefli fu il tanto rinomato Picaer Fever ,^
quale poi per un corfa di molti luftri ha operato in tappezzerìe per ir
Sereoiffimi Granduchit con ammirazione d'ogni perfona; equeRpprimo
ritratto di Giufio poffiede oggi il nobiliffimo Cavaliere, ti Marche^ Bar-
tolommeo Corfini. Stavafi in quefto medefimo tempo quel^n Piriìicipè
li Inù del tempo nel letto, a cagione di mrave e lunga infermità, la quale
poi dopo pochi mefi, con pianto univeriale, io tòlfe a quefta luce ; e pef
Ilio virtuoib divertimento i guftava d' aver quàfi del tontinovo nèlld pro<^
pria camera, e non molto lontano dal letto; il celebre pittore Fllin^o'
{Napoletano, al quale faceva dipignere vaghe invenzioni in piccole fi^a-
re't com' era il coftume e talento di queir artefice r e così* non fu grad
faato, che il ritratto de) vecchio, che gii aveva Giuftù condotto a petfe-
zione , veniHe fptto T occhio dello fteflb' Filippo, il quale si fattamente
lodò al Granduca i che egli^e la SeMntfllmt' Arciducheffii fìia CÓAlorte
non vollero altrimenti ,che Giufto C'ardile per andane. a Rùtcftì: e datagli
flanza, comodità e danari a proporfeifone di lor reale magnificenza^t'fo
formarono al proprio fer vizio in Firenze t e da IV in poi (tan t'era piàciu-^
ta la fua maniera di colorire ) non reftàva mai quella Serenifiima di farlo
operare : anzi fin da quel tempo incominciò a tar di lui s) gran cónto, (tf
a tenerne tal protezione, che nonè^poflibile a dire; colla quale, e col-'
Pavanzarfi che Giuflo faceva femprepiù nelle perfezioni defl* arte, cor«*
fé ben prefto la fama di lui per tutta Italia. Seguì' intanto U^iriortè
del Granduca Cofimo alli 28. di Febbrajoitfio. e alouantù dopo fu ftabi«^
lito il maritaggio fra la Serenifiima Eleonora prima rrincipéfia di Manto-
va colla Maeftà dell' Imperatore Ferdinando li; onde furono dst'quei Se-
reniflimi porte preghiere air Arciduchefla, acciocché mandaflè colà quefiò
virtuofo» per farne il ritratto . Si compiacque! 'quell'Altezza di concederlo ;
ma ve l'inviò con ordini affai ftretti e limitati^ per lo timore ch'ella ave-
va, che quella virtù, che lo rendeva defiderabile 'a Firenze', non fofle ca*
gione dì divertirlo per altrove . Nèfufuperflua tal diligenti, perchè arri-
vato a Mantova fece il ritratto della Serenilfima Spofa : e fi portò cosi be*
ne , che gli fa fatto ogni forza, acciocché ei fi contentdfle di feguitarla a
Vienna; e vi fu da far.non.pDco e peflui e per la medefima Séttniffima'
Arcidu*
^ »
MONSffiJWSTO SU§TERMANS. 171
Àr^ìdycliefla •4>er 4il>e)ra|ii dqUe^om^e iifftanfze; che loro né venivano
fat^e da^que' Priacipi. Tannatotene iìnaAiMnce Giiifto alla città di Fi*
r6aze».la qnale,eglÌQfiamai,^ffi(lico daUal^ntà e aiFe(3toidi.tutta laCafaSo*
rftjóiffima , riqopofc^v^a ;per fija patria^» gli fu dato 4 dipignere da quella
Alp^izsi j^ ^an.tela^ióezzo topdaf cpn ^giKe ,^ olio afllti maggiori del na«
irtamencii) affinchè ci i^pprefim^
predato al SerenifHmo PerdinÌHW
do JI. . nuovo iGrandttGia > da* -Senatori Fioroncini nel principio del fod
regnare . In quella feoe egli veramente .conofccre fé fteob per quelicITegli
era., ^gìon folo in ciò che «1 colorito apparteneva # ma al difegna, invenf
^ìoné .^nobiltà di penfìeri, talmentechè quefta fda opern , a parere de* fiii
incendenti # baderebbe per dichiarare i che quefio artefice fofleftaeo urt
nomo iingolarifiìmo neir arce fua . Vedefi dalla parte ìleQra in maeftofo
trojEiQ, bendKè coperto di iugubse apparato^ il giovanetto Ferdinando»^
di ftraordia^ia bellezza nei volto, in atto dì ricever T obbedienza , che n
città di Firenze e la Tofi:ana tutta, nella perfona del Supremo Magiftrato
'[li jiura ; e^ccanto ad eflb fiedona a deftra la Seceniffima Arciducheira>Ma<«
Ire, e a (iniftra la Serenilfima Criftina di Loreno Avola foa^ a' piedi del
Grandocaprofondamieote s'inchina il Senatore Barcolomoieo Concino, fira-^
tello del MtriBfcialJo di Francia , allora Luogotenente per S. A. S. in eflb 'Ma<*
filtrato: il Maeftro delie Cerimonie della Metropolitana, in abito clenicale^
ii^iiioochiaco ibpra uno de' gradi del foglio, gli porge aperto il libre de^
gli Evangeli per lo giuramento di fedekà : ed è tjuefto ritratto tanto a&
vìvo*, e m così bella attitudine , e si propria a quella azione , che più non
puòeflere. Il dorfo incurvato del Luogoteiiente, fa luogo a vederfi due
tefte di Senatori in lucco nefo, ritratti al naturale; cioè un vecchio cal«
vOf |1 quale con una mano s' allai^ alquanto il lucco d' avanci al petto >
fopra U quale, e ibtco V apercura del lucco, fi vede come una croce di
Cavaliere di Santo Stefiino, diceii eflere il Senatore Filippo Mannelli; -e
allato a quello, pur £itco dal naturale, un altro beli tilitiio ritratto d* un
Senatore, non tanto vecchio quanto*! prinao^ del quale allo fteflb Giù*'
fto , che tal notizia ne diede , x^^n (by venne ìlnóme . Delle due figure , che'
di là da, quella d^l Luogotenente ftanqo \n piedi fopra i gradi del fogliò ^
quella di p^rlboa di torvo aÌ{ie|(tO|,ch9 tiene una oìaao di dietro, w in
tSJL un par di gijantì , dicq^io i^re la perfona 4eiCavalb Ve<;chio , Audi-^*
tore Fifcale del <jraoduca, che orò in qudla &nzh)nek y altra veduta ift'
tutco profilo , che tiene il braccio ft^fp > e la mano che nofa fopra '1 <3or-
pò, è fatta per lo Generale Afuolo 'Niccolini. Fra quefte'due iìggre ve«*
dei! apparire più lontana uivi- ^la le^a d! «ti; gtafietf o con cortifiiitl^ ca-
che nò^ dei quate AQ» fi v«d«ft{trOr€hf i* teQa^ Dalia parte, dóve fi vede
la Se-
172 Dècenn.lìl della PàrtJ, detSecVi dd 1 61 o. at i ^3 o.
la Screniflimt ArciducheflarftannoG ih piedi doe venerandi uomini, uno
de*quali yedefi con una fola mano alzata, tn atto d'accennare: ed in qua-
tto voile rapprefentare il pittore i due Ambafctacori di Modana e Lucca;
ritrafle però i volti loro da altri naturali» non gii da loro fteffi. Termi^
nano quefta vaghiflima (Loria • da man deftra una gran figura d'un vecchfo
nudo» che rapprefenta il Fiume d'Arno: e una d'un foTdaca dèlia Guarf
dia Tedefca: e un'altra che volta la fchtena, fatta forfè per alcuno Ofi«
siale di Corte: e dalla finiftra una belIiiBaia femmina» coperta di quinto
reale, con fcettro in mano e coronata» con appreilo il Leone e la Palla t
nella quale vien figurata la Monarchia della Tofcana . Quefta belliffima
pittura fu a' meli addietro tolta di luogo, e fituata nel Salone di fopra,
che fervi per Taudien» del Sereniflimo Cardinale Leopoldo de' Medici » fta«
tt deftinata appofta per tutte l'opere di Palazzo »fatte di mano di Giufto,
come appreflo diremo •
Correva Tanno i tf 13 . quando incominciarono a venire alla Sereniffiibà
Arciduchefla caldiflime lettere dall' Imperadore Ferdinando II. con vive
inftanze ^^ -»— -i- - *'• *• - • • ^ »- ^.^a-^uj
proprio
dell' I
derio
però per un certo determinato tempo . Prefe egli dunque il viaggio a
quella volta » e feco condufle il foprannominato Giovanni fuò fratello»
che allora fi trovava in Firenze . Giunto a Vienna fu ricevuto dall' Im-
peratore e dall' Imperatrice; con dimoftrazioni eguali al defiderio » col
quale V avevano afpettato. Trattenncvifi , fempre trattato alla crande per
un anno intero» nel quale fece X uno e T altro ritratto di quelle Ma^:
ficcome ancora ritrafle i quattro figliuoli dell' Imperatore » nati di Anna
<|i Baviera » figliuola del Duca Guglielmo » cioè a dire > Ferdinando » che fu
poi Ferdinando IIL Leopoldo Guglielmo, poi Arciducali' A uftria, Go-
vernatore de' Paefi Badi » e gran Maeftrò dell' Ordine Teutonico ; Maria
Anna» poi maritata a Maflimiliano Duca di Baviera: Cecilia, poi moglie
di Ladidao Re di PoHonia» e molti di ouei Principi: ed è cofa notabilCa
ohe avendo l'Imperatore fentito dire» «ccome era veramente» che Gìu-
00 fofle di gracile complelBone » mentre che gli ftava al naturale» volle
per ogni modo farlo federe , e più volte àncora lo perfuafe a cot>rirfi la
tefta» al che però egli non volle mit acòonjfentirb . Non celavano in quel
tempo in Firenze TAltezae Sereniffime di fiire fcrivere a Giudo» che fé ne
tornaffe; ma egli| che non trovava modo che quella Maestà il licenziaflTe»
non rifpondeva» non ifciìfandòfi . Alla perfine temendo la Sereniflima che
a iui^o andare non potefle darli ^ìl eàfo. che la nòftra città facefiè perdita
d'un tal virtuolb» fenile a GioQó» chi cofK Imperatóre foo fratello face-*
va a ficurtà » che però farebbèfrélla incaricata del penfìero di operare » che
ogii io rimandaife per ogni motlo . ' L' linptAitoré inoftrava tutte le'lettere
a Giufto, ma non per quefto.il licentitfvi Rifolvéttéfi finilmente» do.
pò averlo nobilifiimamente regalato > e fpeditagli una Patente di Nobihè»
data in primo . Ottoblrc Ì6x4. in cui vollèr the foflero nominati fet fuoi
fratelli»
,-N r
MQNBU GIUSTO SUBTERMANS. 173
fricelU t ehe tlhnra vìvtfvaiko»; eftnda già compita V anno dopo i! di lai
VtirQ a^Vi^nnaidi concedergli licefiato di tornare a Firenze . Egli di fubi-
€o fi oeflc in viaggio I lafciando colà il fao fratello Giovanni in fcrvizió
629.
cb<Qcò rutta la nobiltà c^i fua Corte: e finch' e' vifle, usò per ordinario di
raocsttare in j^opriicaik rotti i Cavalieri, che di Firenze fi portavano
in qutile parti. Ebbe iìglìiioii; ma poi, tanto quelli, quanto eflo ti i^
ipoglie fi fliortrono, e di lui non nmafe (iicceflione J
V : Era l'anno i6%y. quando a Giufto convenne partirti di nuovo di Fi*
rdn«0#epoitarfi a Roma, chiamato appofia dalla cala Barberina, per fare il
ritratta» al oaturale della Santità di Papa Urbano V III. Venuto a nofiauE
del Cardinale Magalotti , che il Subtermaoa già era giunto in Roma , fe^
ceiM ppfola coi Pontefice , il quale volle eh' e' fi defle principio ai ritrit-^
a», ^X'kQf legittl iin quefto niodo. Stavafi il Papa a {edere ibpra una fediat
ein^adec^uaca diflaiiza era accomodato un leggio colia tefo, dove doveva.
£MfiJa.p}fiturajsjd!.avaati^l leggio era polato in terra un bel guanciale^
fopra il quale Giufto, che neir operare flava in piedi , di quando in quan^
dOf iécondochè ricercava irbifognot potava un ginocchio/ Hammi più
v^f e f acconttfio Ib fteflb pittore, chémencre fiiceva quefT opera, il Pon»
tlB^ce parlava co^ lui con gran fiuniliaritè e dinaoHrazione d^ amore, prc^
ia^di'^ciò la maceria dal nome fuo, dicendogli fentirli molto affezionato al
nctee di Giuflo, quando non ami per altro, per la gioconda memoria #-
'^ 1 - - . ^ . r- .^ .. .. ^ mente, di Giufto:
e un ben favio
politico « e così da quefto in altri giocondi dlicorfi paflando , dava tem-
po al pittore di pigliare con animofa ficurezza e gufto indicibile, nel fua
quadro la propria efi^ie. Volle poi quel Pontefice onorare fua virtù, ia
tatto il tempo che fi tratccnno in Roma; che ogni volta che gli convea»
ne cavalcare a Càfiel Gandolfo o altrove, egli ppre cavaicafle a corteg«*
gio. Non finiron coi ritratto del Papa^ le faccende di Giudo in Roma),
perchè dipoi ebbe a ritrarre ancora tutti i Nipoti di Sua Santità, e quali
t\icti i Cardinali, che allora fi trovavano alla Corte , da'quali fu r^ala*'
ù»a gran mifura . Il Papa gli fece donare un ricco bacile d'argento, e^-"
trovi gran quantità di medaglie d'oro e d* argento colla propria immagi«^
oe fua, e una collana d* oro di cinquecento icudi . Ma un cost fatto re-
galo potè per avventura parere fcarfò alla generofitì di quel Pontefice;,
conciofqflfecofachè, trovandoti un giorno il nollro Giulio a difcorfo col
Cardinale Magalotti, fentifli, quafi acafoe per incidenza ^benché fofle«
&cto per ordine efprefib del Papa ) interrogare , fé a forra egli avefle avu--
todehderio di confeguir qualche onore; ma egli, phe per allora non ÌK^
Bc intefc il fondamento du tale interrogazione, rifpofe, che non aveva
parente alcuno in Prelatura ,. è che quanto alla propria peribna, per non
edere punto né poco in fu quefto filo, non dava iuo^ in fé Uefio a si
"* ' penfieri: poi, così a cafo, e còme gli venne in bocca, e.quafi bur--
landò,
\
1 74 DécdttnMJeSa Partii delSecV. dal 1 6%o. «/ 1 S^ o.
landò» foggtunfe quefte fonnali parole: Se pasb t non mi Teniflfe vogtia
^ farmi mce. Quella rifpofta fu dal Ctroinale prefk feriamence ed in
altro fenfo» cioè a dire: fi perfuafe effli, che Giulio intendeflè parlare ddU
la Croce di Malta, e Cubito pii promeUe di parlarne coiPajpa. Quello fa uà
Srlar ai £itto, che immantinente furono fcrìtte per lui le lettere al Gran
aeftro , fpedito il breve da Sua Santità , e dati gli ordini per lo ricevi*
mento di liia perfona % cooperando anche a ciò la Serenimma Arcidu-*
chefl^f e Madama Sereniflima , le quali, ; in data de' 17. d*Agoflx> i<Sa7.:
ne IcrifTero al medelimo Gran Maeftro lettere in fua raccomandaziofie :
e andò la cofa tant' oltre , che in tempo del Ricevitore Pandoliini »•
Giulio pagò in Firenze il fuo paflTaggio • La fama, che fi fparfe ben pretto
di quefta novità , cagionò un effetto , che gli amatori della di lui virtù»
che praticavano la Corte , temerono , che col fottoporfi che egli £iceva'
in quei nuovo dato al comando d' altri fuperiori , la noflita città non la
dovefle perdere \ e che però vana fofle per riufcire ogni diligenza fiata u£a-'
€a fino allora dalla Sereniffima Gafa per tenervelo: e un tal lolpetto fecero'
Servenire air orecchio delle Serenimme» le quali in fulla bella prima die<^
ero fegno d'approvazione del penderò ; ^de Giulio , a cui fomiptmea-^
te premeva il fecondar la volontà di quelle Altezze, alle quali fi conofceva-
tanto obbligato , d.ifapplicò interamente da talee refoluzione . La Sereni(fi«'
ma poi, per render fermi affatto i di^ lui. pensieri, fi^egli pro|)orre parti*
tod'accafamento, che ebbe fuo effetto nella perfona di Oejanira di Santi
Fabbxetti Pifana. E perchè apparifca più chiaro tutto ciò., che intorno
alla Croce di Malta noi abbiamo pocanzi rapprefentato , etcoiie il telli*
monio del Breve di Sua Santirà, e delle lettere delle Sereniffima .* ^ *-
D
XJrbanus PP- Vili. «
JicSc Filif Salutem&c. Pax eofum vatis Rbemer annuimus, fuos Re^
/ Mgioms jtive teneri cogfKmmu^ * Sane, prt^ iparte^ dihSì filiì fu9i Sub"
tcrvumi laici Aniuerpievfis nobis, nuptr eocpo/itum fiat .quodipft esc peculiari
devotioms affe&H , quem erga iftud Hofpiio/e SanSi yo\ Hierofoljm. gerii ,
flabitum per fratres miliics obedìentije magiSralis nuncupatos ejufdem Hofpi--
talis geHari foliium jfufcipere , ^ profeffionem per eofdem emini ccnfuétam
èxprefsè eminere iejtderat regularem. Verum quia in Èabirimentis %fiuflat9^
tis ^ ordinationibìés ejujdem Hofpitalis a S. Sede cApoftoUca emprfnatis ai
buJHjmodi Habitum quemquam extra ConwntutH pradiSi Hofpitalis adatitti
probibeiur^ defideriifui campa s bac in par te. fieri nequit abfque noftra i^ Se-
dis Apoftolica difpenjafione feu indulto . Vobis propterea bamiliter /UppU-
care feci tf ut /ibi in prétmtffis opportune provider e de Benignità te jìpoftalica
éUgnareniur. Nas igitnr diffum ^uffum/piritualibus fawribus & gratUs pro^
J^qai vo/entest é^ aqmbuswexcommtmicationiSffkfpenfioniSi & interdiBt-
aliitque Ecclefiajticis fententiis^ cenfuris ^ petnis ajure vel barn ine quavis
occafione vel caufa latiSffiquibttslibetinnodatus exiftit , ai ejfeàum prjtfentium
confequtndum , harum ferie abfolventes^ ^ abfolmum fare cenfentes^ bu^
jufmodi fuppticationibus inelimttr. Tibieundem fuHum Ucet a Canventu. diBb
i Hofpi-
MONSU GIUSTO SUBTERMANS. 175
UuJhiuUs étffinsfitt in Frairem OétUttm oheJRemU Magìfiralis biiji$fm9il$
gua^ritaie mfiré recifiiendi «^ admiaèndiy eidemque babimm per Fratres Mi*
lites iAediiHfie MagiSralis geftari filitum^ eìiam txtra Cónventam di Si ifìb-
J^$ali$ sr^di & txbibtri fmendi^ necfktn éidem fufiù , ut a die ifHo babiium
bfi/0fifi4di Jkfceperu privihgM ^ gratiis ^ induiiJs^ qnUbusalii Fratres Mi^
ìites ^bedientù MagiftraUs p:4tdiBi mtmwr ^ potittmur, & gaudent 9' ac ttti 9
p9MÌf & gaudefepo&tnty&potermtt qMmodQlièet infuturumpari mod9 nti^'
(filtri 9 gaudere pqfit & valeat. aaSorisate nafira • arbitrio tuo amcedendi éf^
indulgendi diSa au3mtate tentre prétfemium » plenatn » liberami ^ ampUtm
fitcttltatem & éuSmtatem concedimtts, & impertimur: non obftantibus pne*
mijSSst ac conftitutionibus 9 ^ ordinatimbut Apofioticis 9 necnon di3i Hofjpi'-
talis 9 etiumfuramento confirmatione Apofi0ii€é9 ve/auéfisjlrmitate Miiaro*
boratis Batutis (^ confuetudinibus ^ Babilimentis 9 ufibusi & ffatutis, ae or^
^jnationibus capituUribus 9 privilegiis attoque , indaltis & titeris ApofioU^
€is 9 in contrarium quomodoìibet CMceJJts ^ confirmatis & innovatis , Quibns
omnibus f&fingidii eorum^ tenore frafentittm prò expreffis babentes iUis aiiM
mfao rotore permanfuris » bac vice dmttéxat /pedali ter & exprejfe derogamttSp
Ceterifque amtrariis awbuscumque . Datum Roma apud S. Mariam Majorem
fté anitk Pifcasorià die xii. ^unii i6%y. Tontificatus noffri Anno quarto &c.
C Wfcatinui.
Lettera della Sereniflima Arciduchefla GraodacheiTa di Tofcana -
al Gran Maeftro di Malta li 1 8. Agofto l6^^.
SOnopiàannÌ9 ebe Giuflo Suttermano Fiammingo ferve in queffa Cafa9 con
particolar fodisf aziona di tutti noi per le virtuofe qualità fae: edef-.
fendo egli molto fludìofo neDa Pittura 9 e valorofo, ci contentammo il Grandma
mio figliuolo & io, alcuni mefifono 1 cbe egli potejfè t ras ferir fi per ciò a Roma 9
con wìncipal fine di vedere le celebri pitture amicbe e moderne, cbe fono in
quella città , per tornarfene poi aia al noSro fervizio : ed avendo egli quivà
avuto occafiope di far conofcere il valor fao anche al Papa col formarne ilfuo
ritratto, té Santità Sua, in fegm della particol^rfodisfazione avutane, fi com^
piacque di proprio moto abili tur lo aWCibito A codoflo Ordine ferofolimitano»
domndofliene f alligato Breve, del quale fé bene io non dubito eoe VS. lUur
Brifs. fi contenterà di commettere f esecuzione, col darne qua gt ordini opor^
$uni a cbi bi fogni ; bo voluto ^ nondimeno raccomandare alla bontà e cortefià
^ VS^ lUufirifs. il medefimo Gsufto : e teftificarle , cbe egli non Jolo merita que^
fio onore per la nafcitafua e per effere ornato di virtuofe qualità ,■ col veftirc
e praticare fempre nobilmente, maper ejfere egli mio particolare fervitore e
provvifioiutto da me, già pia anni, ai venticinque fcftdi il me fé • con le flame
e il piatto nel mBro Palazzo 9 e col pagamento ancora di tutte le opere che
di mano in morto fé gli commettono da quefia Cafa ; onde egli viene a ricever
fempre maggior comoda di trattarfi t mantenerfi con quella reputazione , che è
dovuto alla grazia , cbe fli verrà faìta di cote fio Abito, & a quella ancora cbe
c£^ rictvfiie p9cbii^m^fon9 ikOf^ M^
Imperatore mio Fratello, che
17 6 D^m. Il detta P4rì,L délStc, V, dal i^ió. 4/t 65 o.
^jiàir\iem Qiufip per fior ritrmftfe miefim é gli Aréidutié fnn flràeU
e figliuoli t mmtnioh poi ftut MsefidCej4a^f§t al ritornò, oltrt 4 tm groffo do»
mtivo % d* itn frivitcgi9 «mpliffimo tm^ora» dovt diebiart il meéfm9 Qiufiot
fkoijfateOi rjkccefiori,Qcn$iltiomim^C4^taei di ^àlfivògli» 9tnre<^bé eitfipw^
cttHftenderr ^ ehe rnict^ qiufi9 tonctfiU daUa hmtitòSna*c'<be ricéserè daVS,'
JUi^ri/s, fura ben foOotatoi < f' aj^ro, cbc egli hfàfierrì eoH ti dovapg ono-
rivolézz» : ^ io refierò fo» molta obU^atkoe « VS. lllufitifi. f ogtflfavorf
tbe fi emupùKerè di Jkre a faefi§/i$ggfUo ijf iUa/ka ^dizione 1 f con tattf
fanim le weg» vera frofperità ^,
. \
^lettera di Madama Sèrem$ina Qranduthejfà al medefimo .
AVcorcb} k Serenifffttuf Arcidù^fa mia ìJuera fcriv§ 4 fangQ 0 VS* IBu^
Srifi, in racfom^ntùmione di GmBo Suttermano Pittore fiafnminpf 4f'
Jine €b€ fidi attutato da lei aU* onifre di catejh Abito in fonfòrmità dtlfavoff^
mot Breve fCte ba ricevttto in dona da SHa Santità ^ultimamente fb^etli i Sètto «
Roma; io nondimeno non pò ^ contenermi di f affare il medefimo opzio (on VS.
Jìhftrifi. non /oh fer le molte occa/iom cbe bo avuta dì con^ fiere ti valore 1 cbe
f'i tiene nella fifa pròfeffiQne, ma per e fere /oggetto di altre onorate qualità i
aJJSettro però VS. lUuftri/t. ebe. e qtteftét graT^a e ogn' altra (b'eUagli
à , farò ben collocata, e cbe io medefimà ne remerò con particolare obbliga^
Ttione alla cortejsa di VS. lÙttpri/s. e pregandole ogni profferita le hcio le mani ,
Per cornare ora donde partimmo > è da fapere, che non furono appena
undici mefi pailàti , che il noftro Monsù Giufto avea contratto matrim^*
IMO con Dejanirt Fabbrettt Pifanat che afialita da'dolorìdel parto» do»
pò avere alU at. del mefe d' Agofto del i$z8. partorito il itto primo e
unico figliuolo» che fi chiamò Carlo, forte aggravando nel odale, (e ne
morì : e non è da tacere • che queRo Carlo avendo poi ftudiato lettere
limane, fecefi Sacerdote, e tanto nel |>rimo che nel fecondò ftato, diede
grand'efcmpio di criftiane virtù. Fit ticmìo d^ orazione , nella ouale dcn«
Ito la propria cafa del continuo ii ^^ftrcitava : è talora fentmn occupa^
to il cuore da tali ecceflì di compUTtòione » che per fò foverchfo percuo^
terfi il petto eh* e' faceva, aggionto ad altri efercizf^ oenHei^za^ Cadde
in ifhito di mala fanità; onde fu da i M'edid avuto per ìiètic^ ch'irgli i
per mutar aria, fé n' andaflè a dare a Modsnk; dcfve trattenutbfi alquan*
co , e dato faggio di fua rara bontà» fotte àggraVatido le.indifpofiziom 9 fi
«4^.,n:. -Ili .ijtimo de' giorni fuói : e cosi alla -*-'•-- — -»- — -- ^••
de i quali era piena la catbém , p
efemplarifiimi iieligiofi di quella
Creatore, Correva Tanno J635. quando il Suttfennans ttovandòfi col' j«c-
colo figliolino , del quale pur ora aviàiq fatto menzione , e coH6 Mag-
giori occupazioni dell'arte che egTisl^è^ lavucò firtoa quel tempo, fa ne-
ceifioato per buon governo di fua cafe a paflare àdaUrfe rtowe; e fece
matrimonio con Maddale/ia. di CóÌmip ftlmltoé^^ tm
figliuolo f
MONSU GIUSTO SUBTÉRMANS. 177
iiglìiiolo » che fi chiamò Francefco Miria i ed una figliuola altresì, che «b^
be nome Victoria . Francefco Maria» che fii un de'piìi belli e graziofi gio«>
vaili» che n^ tempi fuoi redefle la noftra cicca » fecefi conofcere docato di
grande insegno , e di ftraordinarj talenti » con che i' amore fi guadagnò
di tutti i tuoi coeunei; ma in fui più bello degli anni fuoit aflaliio da
male acuto 1* anno i66ì. finì di vivere. Vittoria vive» oggi maritaca ■
Carlo da Romena .
Circa il 1635. un leccerato Franzcfe » grande ammiratore della virtù del
lìoftro celebratifiimo Galileo Galilei, con cui era Cbfito tenere Ictcerarit
corrifoondenza » vivamente il pregò a £irli pervenir colà un ritratto al
vivo di le fl:eflb: il Galileo fecelo fare a Gilmo, e mandoUo in Francia
air amico» che il confervò come preziofifiima gioja. Semita poi del 1641.
ia morte del Galileo , il nobile virtuofo Vincenzio Viviani , flato per tre
anni fuo diicepolo e commenfale : e quegli, che iniieme con Vincenzio
Galilei, figliuolo del Galileo, e con Evangelifta Torricelli , fi trovò t
chiudere gli occh) al fuo gran maefiro : e die dopo il nominato Torri»
celli fuccefle allo fteflb Galileo in carica di Matemacico del Sereniflimo
Granduca Ferdinando IL carteggiando per altro affare con quel virtuo-
so, Ibfpinto da afiettuofa ricordanza di quel celebre uomo, r interrogò
tli ciò che fofle (eguito del bel ritratto: a cui rifpofe il letterato 9 tenerlo
fra le fue coie più care ; ma ciò non oftante eflèr difpofto di fisirne al Gran-
duca un dono, quando foflè avvenuto, che quella Altezza non ne aveffo
un altro fimile. Tutto que(k> il Viviani palesò al Granduca , che beni-
gnamente grà^ r offerta ; onde non andò molto , che il quadro fu man*
dato a Firenze al Viviani, il quale prontamente alle mani del Sereniflimo
lo prefentb : ed è àuel maravigliofo ritratto , che oggi fi vede nella Real
Gallerìa ; ma del Viviani e del ritratto del Galileo converrà parlare in al-
tro luogo di quefto racconto . Aveva il noftro virtuofo pittore fin da quel
tempo , che giovanetto s* era partito dalla fna patria , mediante la perfiy-
na di Francefco Suttermans fuo padre, mantenuta amica corrifpondenza
col celebre pittore Pietro Paol Rubens, del quale non pure in Anverfa»
ma in tutte le città e provincie , per le quali egli s* era trovato a paflare
gloria; ma anzi tra portato
cepita verfoun tal maeftro, una riverente ed ofiequiofa affezione, erafi
anche accefo di defiderio di avere alcuna opera di fua mano: al quale de-
fiderio egli non permetteva V eftenderfi più oltre di quel che fofie di arri-*
vare a pofiedere una delle fue minime e pili ordinarie pitture, per tenerfe-
la poi come un teforo . Il perchè operò egli per mezzo dello fteflo Fraii*
ce(co fuo padre, che gliele fbflero in fuo nome porte umili preghiere.
Ma il Rubens, a cui eran noti i grandi avanzamenti di Giuffo, e che tal-
volta potè col vivo teftimonid degli occhj. proprj aver conofciuto quanto
ei valefle nell'arte, riflettendo forfè anche, che quel bafib concetto di fé»
col quale egli aveva fatto domandare una delle fue minime pitture da per
fé ftefib, quando non mai altro meritava eflfer trattato alla grande; fi mefle
M a colo-
17^ 0/^/1»-^/^ ^^F^^/- éM$«cf^.^lt02o.tii%6$o.
• jcplQTire per lui wi» gran Cf)* ir che fircondo il gtudtfiQ i che n^ 4vi% il
iQedeiimo Cjiufto» può Otre ^ pararne di guance altee mai iie ufcifTero dal
f^nnello di quel grande artefice : ^l quale in capo a certo tempo glierin-
,viò: ed è quella ftefla» che dopq eflerli confervata cjualche tempo in cala
l^e* fuoi eredi » fu defiderau e ottenuta dal Sereniffimo Gran PrinciDC
Ferdinando, avendo queftp Principe tenuto in gran pregio i quadri dk|
migliori maeflrij nulla di meno di quello , che fi abbiano fatto tanti
fooi ^briofi PredeceiTori^ Non ifiarò a defcrivere la ftoria, che per en-
ferò ¥t fi rappr^en^tf ma folo jporterò qu) le parole della lettera ikff^
A^ritta dal Ruben» in tale occauone , copiate oa me dai proprio originar
Jt; ciò che anche Ter vira per dimoftrarè ad evidenza ^ quanta ftima fa-
ceife quel celebre maeflro nel noftro pittore.
9
SPtrot eòe VSi mri ricevute la mie éhpo la data della fua ultima Jelio^di
Pebkrejft • per la igeale uecafai la ricevuta deOa tragedia , e li diedi le de^
aite gMziet fer. tal favore .
Ora eecvtre « dirmit che il Sìg* Scbutttr i frenate a trovarmi oggi in cefiw
tìmiba (09Hto eento^&aramadae fiorini e qaattor^ci pvacq^ter complimenta
4tU^ intera pagamemo di quel qwdrow clT io feci de ùrdine divS. par faofer--
piciOf di cke ka dato al Sig. Scbmter la quietanza- Io mi fono, informato daf
Sig. Amiom, per potere parlarne com certezza til quale fui dice aver mandato, la
eej^ coti il fua quadra tre fettimane fona a^ volta i Ulfa^ onde pfffàri di
imgo ver/o Italia, Pineà^àSig* Iddio difargdiela capitare ben condixia^aìo im
hreve tempo eomefparot palchi le ftrade ai Ger marna, * colla pir^fade HannaulBp
a la rotta data a Roiymar faraemo rinetme dì ogni m^le intoppa. In quan^
aa «/ /oggetto della pittura egli f cbiariJJSmo i di maniera cba com quel poco w
eòe ne ter tifi. aVS.da principiai U rimanente fi dicliiareri aU' occhio giudizio^
fa di ìrS^ meglio forfè 9 cbeper mia relazione. Contuttociò per ubiiSre a VSL
gli efpltcarò eon pocbe parole, la principal figura i Marte , cbe lafiiando il
aempio di fana apeno [ il quale in tempo di pace fecondo gli coSumi Romani
fiava ferrato} va col fiuda e la fpada infaf^u/nata f minacciando a i popoli
qualche gran ruina^ f aj curandofipofo di Venere fua Dama » che fi ^rza con
carezza • ^ al^bracciamenti a ritenerla » accompagnata daUi fuoi tAmori
a Cnpidini . DalT altra banda Marte vien tirato da^ f strìa Ale Sa [ b] , c(af
omajiice in manof e duoi mofiri a canto $ cbe lignificano la PeSe e la Fama
(c]f compagni infepar abili della Guerra* Uel f^ola giace rivolta una Danpa
eon un liuto retto , che denota t Armonia » la quale è incompatibile coUa dUcor^
dia dolio Guerra: ^come ancora una madre col bambino in br accio w dim^ran^
dolche la Fecondità^ generazione e Carità vet$gono fraverfatedaìlaGuearaf cop
corrompe e diftrugge ogni co fa. Ci è di ptà un Architetto fottof opra colli fuoi
firumenti in mano , per dìre% cbe dot che in tempo di Pace vien fabbricato per
la com^ .
i^W*^mV*^WBivp«a«»i
|a) fW4 ^S- lucrczio nel fuo ffordio • [ j>] Vide Virgili nm l fi. jìùfeidQS . le} La
Pffio ba la bocca infocata f e la Fame molto aperta*
MOmV GIUSTO SUSTE RMANS. 179
hèùmàwSii i§rmmemo delle tittì.fimMi§ in ruma, egeitafipef terre
pef k ^iekmtM ieWarmi . Crede, sì ken mi ricardOf cbe VS. treverà aaeora nel
fiehfdi fette i piedi di Marte . un Uhre , e fnalebe diffegno in car$a , per inferire^
cbe egli ceke le tcSe tenere 9 & altre gnlenterie. Vi deve ejfer di^ù nn mezza
Sfrezze ofaette, cel laccio cbe gli Jlringeva infieme f dot so cbe era $ ftanda
emite ^ f Emblema detta Cencoréa , Jkeome ancora il Caikceo e f ulive $ firn^
Modella Pace, cbe fin/i giacerli a corno. jO^eOa matrona lugabre, nefiita di
négro e col vele firacciato, e /pagliata deUeJSegioje & ogniforee d^ornamem*
ti I i rinftUce Europa, la fuale già per temi anni Jbffre le rapine , oltraggi a
miferie, cbe fona tanto noctve ad ognuno , cbe non occorre fpeeificarle . Lafna
marca è f nel globo t jbflenuto da un Ang/tUtt 0,0 Genio con la Croce in cima 9 eba
denota t Orbe Criftiano , Stneffo è Manto cbe pofo dime a VS. e mi par trop.
pò , poicbè VS. con la propria figaciia F overeHe facilmente penetrato ; onda non
avendo altro con cbe trattenere a telarla, mi raccomando tH vivo cuore nella
fna buona grada % e re fio in eterno
D^Anverfà il 1 1. di Marzo ranno 1(^3 8.
DiVS.Moiein.^ ■
Vm.^ e M^ Str.^
£ poi fotto foggtunge : Pietro Vam Rtéent é
h temo , cbe fiàndo tanto tèmpo una Pittara frefca inroUata & iftcajjita, ben
aoiretbèno fittarrire un poco gli colori f e particolarmente le camcgioni, e t^
haccbe ingìaliir/t fuaMe poco , cbe però fendo VS. tì grande uomo nella noffré
profeffione , fi rimedierà facilmente con efporlo al filCf taf dandolo per hter^
<^aOi, è quando fajfe Hecefforio , ben potrà VS. con mia permi^kne metterci 14 "
fuamàuo, e ritoccarlo dove farà di bifogao, » per difgracia% 0 per mia dap^
pocoggine 9 con cbe di nuovo te bacio' le mani .
Mi la finta di Giulio , eht oramai 8' era fparfa per tutta Europa , nott
f aveva pdfto folamente in concetto del Rubens; ma lo fteflb Antonìof
Vandich» quel grand* uòmo clie è noto, che fin dall' infanzia avevala
amato, Febbe in tal concetto» che poco avanti la fua morte, che fegu):
derr64i. defiderò vivamente di avere alcuna co& di fua mano, e forte lo
ftimolò con fue lettere a fargli il ritratto di fé fteflb; ma la modeftia del
noftro artefice I che gli faceva parere, che una tale IHma deli* opere fue '
in un sì celebre fhaeftro, eccedefle al proprio merito, fé ne andava fcu-^'
fando. Vinfe finalmente ana sì gran continenza Tinduftria del Vandich;
il quale per ottenere l'intento , mandogtì a donare il ritratto di fé fteflb;
fatto di fua propria mano (a) , che è quello appunto, che fi vede oggi neU'
h ftanza de' Ritratti de t celebri artefici , fatti di lor propria mano nei^'
Ta Galleria del Sereniflimo Granduca t di che fon io flato afccertato di
Giufto médefimo, il quale lo diede alla gloriofa memoria del Sereniflimtf
Cardinale Leopoldo de' Medici , inventore di s) bella raccolta, e dal qualef
è ftata tolta V efiigte , che l' erudito Gio; Pietro Bellori ha pofto nel Cqù
Ma bel
M»MBi»«a«MMHB«wai«iMl*M*««BaMaaHaBaH^BHBMaMlMiaBiaiM^MaH«P«
(a) Nom è pia qudlo, ma un altro molto pia bello donato dalC Elettore Palatino.
i8o Deceunjn.Mla Parti del Sec. V.dali6io.aÌt6$o:
bel libro delle Vice de* Pittori, Scultóri e Architetti moderni^ «1 prui-
bipio della vita di quel!' artefice . Ma non foto per aver da Giulio il to»
prannominato ritratto , gli mandò il Vandìch il proprio , ma quello altreik
fatto pure di fua mano» della madre di lui» dico delio fie0o Giufto> h
quale viveva in Anverfa, già ridotta all'ultima vecchiezza.; il qual ritrtfi-
to fi conferva oggi appreflb i fuoi eredi. Rapprefenu quefto il volto» con
buona parte della perfona» d' una veneranda e (piritofa vecchia» con una
mano al petto » con manicòtto e collare a lattughe air ufanza delle matro»
ne di quelle parti. Mandò ti Suttermans il fuo proprio ritracco al Van-
dicht che molto lo gradì; ma poco le Io godè» perchè non andò molto
the egli chiufe gli occh) a quefta luce.
Era già l'anno 1^40. quando il noftro pittore fu con grande inftan^
aadaiSereniniimodi Parma domandato al Granduca di Tofcana; onde e^
da' comandamtenti dello fieflo fu necejQlitato a partirfi di Firenze , e colà
incamminarfi. Fece i ritratti di tutti quei Principi: e. col SeremiTimo
Duca trattennefì in Piacenza per qualche tempo . Intanto il Marcbele di
Leganes, Governatore di Milano » avendo difegnato di portarfiall^imprc^
fii. di Calale di Monferrato» per k quale avevi mèfiTo in arme dodicimila
Fanti». 6 cinquemila Cavalli, già dava afpettando avviio» che fojSero aK
r ordine gli altri più necefiTarj provvedimenti per quella guerra, per ufci«^
fe^di .MtlaDó.; quanda vennegli volancadi fariliare il pro|^rio ritratto < e
avendo udito dire t che Qiufto^, di cui correva gian fama m quella cstùirp
fi trovava in Piacenza»; tanta fi adoperò con quel Duca » che egli di fut)!-*
to» in compagnia .de! Marcbefe Lampognani fuo Ambafciadore » gUel
mandò . Quefto Cavaliere ie lo volle Tempre renere in caia e alle fue fpo«
fSr dilettandofi r^on ordinariamente il Governatore di quefie ardi; onde
e#a^ fatto fare i ritratti di tutti i^ Generali e Maettridi Campo r che Tave-^
van fervito in quelle guerre > de i quali aveva formato un bel Mufeo: con-
cetto fegutiato poi dal M'archefe AlefiTandro dal Borro, Generale dell'Ar-
mi del Sereniflimo Granduca» dopo le guerre del 1643. nella fua cafa di
Firenze. Fra quei ritratti» il più bello r anzi maraviglioib» era quello
del Marcheiè Cofìmo Riccardi» nobile e ricchiifimo Cavaliere fiorenti--
no» che egli medefiino» per donare al Governatore, aveva fatto venir di^
Firenze. Parve mìir anni al Leganes di fencire da Giufto chi aveìTe colo*
rito quel quadro» al quale effli dava tutto il fuo affetta; onde la prima
volta ch'egli ebbe avanti a le il noftro virtuofo» dopo var; fegni d'amo-
:^e e di ftima dimoftratigli^ fecegli vedere il Mufeo» e particolarmente il
ritratto del Riccardi f il quale egli frattanto non ceflava mai dì lodare » e
volle faper da lui ehi ne fofle (tato il pittore. Allora un Prelato , quivi
prefente» al quale era ftata data incumbenza di trattenerlo» e provveder^
lo in fue occorrenze, che già era di tutto informato, mentre Giufto per
modeftìa taceva, difié al Marchefe» efler quel quadro di mano d'un gran-
de amico e fervitore dell* Eccellenza Sua » accennando verfo il Subtermans }
onde il Marcfaefe accoftatofeglì , cordialmente l'abbracciò; e fubito con
gran baldanza gli mofle il difcorfo di come e' voleva che fofle fatto il pro-
prio» cioè in figura intera quanto il naturale» e con trofei d'arai attorno .
Ma
y
IMON^U GVISTO SVBTERMANS: iSì;
•
Mi non furono amena pochi giorni pafliui » che Giudo, colto da fpcùt
febbre» fi pofe in letto» ficchè non fu altrimenti poffibile il dar pririci*»
pio al ritratto. Non trapafaò la febbre il termine di fette ^orni, dopo
a ^uali, l' Amba&iadore per divertirlo alquanto» finche ei ntornafle alle
8 rime forze » conducealo feco in carrozza . Occorfe un giorno che qué-^
a s' incontrò colla Cprte del Governatore-, il quale vedendo il pittore
ufcito di letto e di cala, molto fi rallegrò; onde dall' Ambafciadorefii
ftimato conveniente cofai che egli di nuovo e coalconvalefcente fi pre-
ièntafie a Pabus?o; ma ciò fegu) a fuo gran cofio ; conciofliacofachè» per lo
difagio patito in quella vifita» ricadde nel male sì precipitofamente » dje
per tre mefi continui oppreflb da tre: ricadute» una peggiore delPaltrat
fiettdli nel letto quali fempre in pericolo della vita. Intanto il Màrc^iefis
di L^anes» che già s'era incamminato coir efercito a Calale» daya^ol:.
dìni continovi per aver nuove di lui, mandavalo a vifitare eregalare^. con
defiderio di averlo quanto prima 4IP armata». ma fu così pertinace la ma^
iattia» che già erafi levato r aflèdio» quando egli non era ancora ridotta
allo fiato della prima falute* Sentì vivamente le male nuove di Giudo in
Firenze il Granduca: e tenendo per fermo , che la mutazione dell! aria
avefle potuto alquanto contribuire alla di lui fanicà» fecali ordinare il
partirli di là per ogni modo . Volle quel Marchete » eh' e' nifle accompa*
gnato ton ogni immaginabile comodità; con ordine efpreflb a ehi lo eoa*
duceva» dltermarfi in tutte le citta» e quivi fargli prendere ben lunghi
fi poli, finche e'^iugnefiè a Firenze . Tale fu dunque l'eGto della chiama^
ta di Giufto a Milano, e il canto defiderato ritratto del Marcheie non pò»
tè farfi altrimenti •
' *L' anno 1644. la Santità di Papa InnocenzioX» elefib nel numero.de;
Cardinali di Santa Chiefa la |[lorioia memoria di Gio. Carlo» uno de'Prin*
cipi di Tofi»na : ed eflèndo il giorno 13. di Novembre dello fleflb anno
comparfo qua MonCGiovanni Gerini nobile Fiorentino» uno de i Camerieri
Segreti participanri f mandato a quell' Altezza colla berretta Cardiiulizia ,
fu Juogo al Cardinale di metterli in viaggio alla volta di Roma a pigliare
ai Cappello- Partì egli adunque di Firenze agli otto di Febbraio fufieguen-^
ce » e volle avere £ra gli altri di fua Corte il Suttermans . Giunto in quella
Città» dove fi trattenne per (hù meG» fpedìa favore del noftro artefice »
che egli teneramente amava» un memoriale in data de' 20. Aprile i<^4;«(
con cui meflelo al proprio ^ Ruolo » e pcovviddelo d' una molto nobile
provviGone. Tornofiena Giudo finalmente a Firenze: e di nuovo fu chian
mato a Roma a fare il ritratto del Papa, che riufcì belliflimo. Dipinfé
Donna Olimpia e' fuoi figliuoli con tutta la cafa Panfilia» dalla quale ri*»
portò ricco onorario e trattamenti nobili • Tornò di nuovo a Parma :: quin*
ili fi portò a Modona, e in quella città fece i ritratti dituttiiSerenimmi»
parte de* quali ritratti furon mandati a Firenze al Granduca. Era fiato
dli tf. di Marzo i(^45..creato Cardinale Àldi^ranoCybòde'Principi di Mafia,
ed incaricato della Legazione di Ferrara . Volle quefti il proprio ritratto di
mano di Giufio » al quale » così egli » come tutta la fua Eccellentiffima cala,
portava non poca afieaione ; onde fattone negozio col Granduca, ottengo
. M 3 che
V
che egli da Modana fé ne veniffe a Fenara. mciii0é¥i ^uell' infigm Porr
potato in varie proporuoni : e t ricratti f iirbn mattdati mdivem luoghi^
Segaico poi che fui' anno itfitj^^racMfaiiMnto fra M«ria Anna» figliagli
^Ferdinando III. Imperadorei e la Maeftè del fte Caccoltca Filippo IV^
il Sereniamo Cardinale Già Carlo» Generaltflimo del Mare per quella Co^
sona» fé ne pafaò al Finale di Spagna» per accompagnare air imbarco la
novella Spófii» pigliando la ftrada da Milano : e feco condofle per quel ^^^^
go viaggio il nodro Giudo » non tanto come familiare di fua Corte» quaa*
co acciocché faceflè il ritratto di quella Maeftà: il quale egli condufle ma-^
ravtglio&mente al fuo foKto»e ad efla lo confegnò per portarlo in Ifpagna»
come£bgu]k. Dopo quefto fé ne tornò si Genova col Cardinale » che fu
alloggiata in cala di Gio. Andrea Spinola » il qutfle al partire di Sua Al*
tezza «I in nome di quella Nobiltà gii chiefe in grazia il la£ctare quivi
per qualche poco il pittore» e ottennelo. In quefto tempo Giudo fece
I ritratti di Gio. Andrea e della Moglie » quello d' Otuvio PaUavici*
no» e d^ altri Cavalieri e Dame» riportandone frutto di gloria» e dòna«^
tiri eguali al merito di fiia virtù. Intanto» perchè a cagione de** contino»
vi divemmentt» e de* allunghi viaggi • eg}i aveva Iafi:iati e a Modana^
m Parma affai lavori imperfetti; comparvero lettere del Granduca» colle
ottali veniva^Ii orinato il tornare a dar loro il defiderato fine ; onde egli
vibfto meffoii in viaggio» & portò in Lombardia. Fecevi di nuovx> ì ri-
tntttidi tutti » Serenifliau Fnncipi e Princioefle » per quelle e per l' Al*
tezzedi Tofcana . Era egli», fino in tempo aella Sereniifima Arcidueheffj^
Claudia» Moglie dell^ Arciduca Leopoldo» fiato pia volte ricreilo di an^
darfène in Infpruch ( a) » ciocché» per le varie occupazioni » «ome àbbiao»
fletto» non aveva mai pocuco efiettuare^ ónde intorno airanno liSsi». eC^
fi»do feguito il matrimonio della Sereniffima Anna dt Tofcana coli* Ar*^
cidttca Ferdinando Carlo» nel tornar fenè clV egli faceva da Parmae Mow
dana» incontro gli ordini del Granduca ^^ di portarfi di nuovo in Germai»
ntà a' (ervig> di Sua MaeftàCe&rea» e poi in Ifj^ruch ». il che tutto eféquh
CoU'Arcid'ucheffa trattennefi un arino intero: fecevi ritratti di quei Prin.
cipi e di molti Cavalieri e Dame ^ e qui poffiamo dire che ave&ro fine i
viaggi di Gittfto» Non è poffibile deCcrivere la quantità degli ftupendi ri*
tratti «che fono ufeiti dal tuo pennello nel corfo dei molti anni, che egli
a^ è tracteiwto in Firenze dal \6sh che Icgui il fuo ricorno di Infpruch »
Io folo farò menzione d'alcuni, in rigurdo de* foggetti rappiefentati r e
non già per dar giudizio, di maggioranza di perfezione fra loro» non ve^
dendoiéoe aopena alcuno» che non.iìa bello a maraviglia. Fece il bellifli»
mo ritratto uel Sereniamo Granduca Ferdinando IL che fo pofto nella
Real Gatteriay figura quanto il naturale fino fotfo il ginocchio* Avevalo
egli dipinto con cappello in tetta adornato di pennacchi; ma dopo quaU
che anno» per ubbiaire agli ordini di un gran Miniftro diquell'^ Altezzap
con vennegii » benché con poco fuo guflo» il cancellarlo» e nr al che fi ve-
defle
( a ) hfprucb , della parola Pruch , che in lingua Tidefca vuol dire Ponte » r Ina » che
vali Di la fiume » tat. Oenipons Oenipontii •
MONSU GIUSTO SUBTERMANS. i8j
defie qvidltmaeftofii tetti deltuttoCcaperct . Reda peiò metnorii, come fteff^
oer avanci il ritratto, in una copia » la quale d' intaglio di Francefco Spierr^
LormeCe correttampata» principio del £iaiofiiiiaio libro ìncìtolato i'agg$
di Hmuwati Efymtienzt % fatti neW Accademia del Cimimo , /òtto la ProtezioiHf
del Seremfima Principe Leopoldo di Tofcana . Colori poi il tanto celebra xtr
tratto del MarchcCe Gerì della Rena, ft^to Maeliro Generale di Campo «^ p
Conflglier di Guerra di Sua Maefta Cattolica • che riufi:i tanto vivo » che, fu 1»
maravigltade' pennelli di quell'età : la qual cofa confiderandp quel valorofo
Cavaliere, volle lafciarlo per tedamepto , obbligato 4 eretto fidecomoaiflo^
infieme con un altro ftupendo ritratto» fatto pure dalla propria per fon^fut
In fua gioventù da Criftofano Allori » coinè nelle notizie del meoefimo Cri^
fiofano abbiamo raccontato : quello di Francefco Capponi, Propoftodellt
Cattedrale di Firenze, confervato oggi in fua memoria, come maraviglia
dell'arte, dal Senatore Ferrante Capponi fuo Fratello, AiKlitore del Sere^
niflimo Granduca , e della Illuftriflima e Sacra Religione di Santo Stefano
Papa e Martire.- dal qual ritratto Aleflfandro Nani ricavò quello, ch'egli^
dopo la morte del medefimo Propofto, dipinfe a frefcò in un peduccio di
volta del Chioftro dello Spedale di San Matteo, del quale il Capponi era
ftato per più anni Spedalingo * ...
Era r anno 166$. quando alla virtù delle altre volte nominato Matfir
matico del Sereniilimo Granduca , Vincenzio Viviani, Autore del tanto
rinomato libro De Maximis ^ MinimiSf accrefce vanii ogni giorno pili
gli'Applaufi in Firenze fua patria e per r Europa cutta; onde non è da
maravigliarfi, che al noQro pittore, da un Sovrano fòfle ordinato il pror
curare, «tome da ie (kefla e fenza fare Scoperta delValco motivo avutone»
di fare il riktatto di quel Virtuofb. Ripugnava a tal richieda la modeftia
del Vtviani, mentre quegli, per rendere obbedienza a quel Grande, ror
plièava Pìirflanze. finamente ebbe la cofa fuo fine. Fu il ritratto fatto
pervenire alla mno di chi 1* avea ordinato , ^ il quale vedendolo vefiito dei
prtfprìo abito civile , eU)e vacheseza di averne uno in altro abito più efpreft
fivo delle qualità letterarie, che adornavano l* animo della perfona dipmta<
onde volle che Giufto di nuovo il ritraete t e coal il noitro pittore fece
l'altro belliflimo ritratto, che è quello appunto, die poi fu fatto pervev
nìre in mano dello fteflb Viviani: la perbna del quale in più che mezza
iìgura, vedefi in atto di federe con libri attorno, ed una lavagna : ed eflp
con itile e geflfo alla mano, con moto e gefto fpiritofo , alza T occhio e la
teOa verfo la Hntftra parte; quaGchè immerfo in profonda fpeculazione»
vada richiamando e combinando fpecie e fantaltni , ordinati alle fue nobi?
il e peregrine invenzioni geometriche. Dx quefto ritrattole dal naturale
ancora, il valorofo giovane Antonio Tempeftìf diCcepolo delfamofo Nan*
tuel » feguendo i comandi del Sereniflimo Granduca Cofimo IIL tolfe
Feffigie, e con maravigliofa diligenza intagliò in rame.
Ma giacche ne ha portato V ordine del noftro racconto cafualmentè
a parbre del Viviani , pare che non farebbe cofa molto lontana dalla ma-
teria, di cui noi imprendemmo a parlare , ma bensì di onore delle nofire
M 4 / . arti , .
/
y
1^4 DuentiJIVdeMPah^^
Wttn il dirne ^ualcoik in psirticoUre . Ma tanti fono ftati fino t qsleOi
:Ceinpi gli uomini di tlto valóre nelle ornane lettere , luliani .ed Olcrt»
laontani, che hanno fatto menzione di lui ne' loro icritti» .che impropria
filmerei io il lungo divertire, parlandone , dal filo incominciato. Vedafi
ciò, che ne fcrive Carlo Dati nella Apologia iotco nome di Tìmamrùjinn
matti il P; Fabbri in più luoghi dei fuo Eufiémdroft nella iìiè.Sjna^s Gear
arnica ; Gio. Alfònio Borefii ne' fuoi Comenti fopra il V. vCeVIL
"d* Apollonio I tradotti dall' Arabo da A bramo Ecchellenfe : Renato Fran^f
cefco Slufio ne' Mifcellanei geometrici ; Gio. ColUnt Afof emacici negli
Atti Filpfofici di Londra» ed altri molti • Dirò fole efier concetto fra ds
sioi comune^ che oltre gli altri requiCti,. che qualificanQ il Viviarvi pej^
fitigolare, uno fi è aver congiunto al dono d'una gran lucidezaa d'ìnteN.
»Ìetto e prontezsa d* ingegno t quello altrea) di una micabi^le inventiva nel*
le còfe Matematiche e Geometriche : di che teftimonio badante fu il no*
minato fiio libro ^e Aiaximis ^ MimmU$ da eflib pubblicato del i6s8%
a) comparir del quale in Parigi l' invitta Maefià diLu^iXlV. il^ Grande r
di propriot moto fece dar luogo a lui tra quei letcerati d' Italia « ch'ei
volle che foifere regiamente riconoTciuti con annuale onorario , eguale
alla di lui Regia Liberalità . Il teftimonia finalmente V ifteflb libro • cioè ^
t^e olire a quello» che ne fcriffero i Matematici di primo grado» 4o trovai
lìptato in un Giornale di Francia , dico neU' XI. Giornale de* iS^hAà^
f io (579, a fac. 13/. le feguenti parole « Vincetuii VmanfSeren^m M. JO^
itrurU Matbtméucr En$daiio PnUema$um » uniwi^/ti G€ome$r$s^ fropcfii^rnm
nCkr. & Rev. Dom. Claudio Comiers Cantmicakhtdunenfii OUegiafisBcc/efiji
diTtì^antPrfpvfito dignìffima^ in 4. Fhr\ ^677. ^fètk alti» par^teiappfefl^ 9
che recate in noftra kngua così Tuonano; TrovkfiuinifuaJhliiìto affiti pkk
J^^tll^f ihe il iitola ci promciici poiché il Sig. Vifuam.Jagno, Difo^h e
fuccejòra doùo il TwrntBi i nella Canedra delle Matiemaiicl>ajKOaSeadh iÌ9r
tentino r del Galilea neW Accadamia Fiorentina r nonfoldmen$it ci da la fciagli*
memo de^Proèkmi^ flati da nai emtnciati nei XVI h Giornale: del 1676. macidé
ancora molte maniere Geometriche ^ per dividere PAngob^ in tre parte egnafip
'a anco in fualnnqne defidtrata propotziane^i ciò che non è' pnmomen degno de^.
f ingegno di lui ^ già fattoci fi pale fé nel J no bel libro De Maximis &. Minimis^^;
in fn^limento del quinto Liho aerduto^e sìlnngamemedefideraiOfde'Conici di
tyipoUomo. Fin qBiVil Giornale ^ e fappiafi che quello Apollonip- fiori iii
Grecia peco meno di duemila anni fono . E tanto bafti aver detto del
Viviani . Tornando ora al Subtermans, che io- m' ingegnai a principio d|
qualificare col bell'encòmio di pittore d'uomini grandi» non diebbo la«r
Ictaredi far particolariifima ricordanza de' tre veramente ftupendi ritratti,
ch'egli ìli diverfi tempi colorì al vivo del tanto rinomato rrancefco Re«^
di iK>bile Aretino, gloria non meno di Tua patria. che del noftro fecoio»
fer la profondità di quella fcietiza , che hanno fatta oramai nota al moi^dcr
fuoi dottifiìmi libri. Il primo di quefti ritratti dipitìfe il noftro artefice
nel tempo, che il Redi nel più bel fiore di fua gioventù già avea fatti ve«.
dere, per emro la nofira città e fuori , i gr:in tacg^ di fuo fa pere: in fe-«
gnodi che volle il pittor rapprefentarló colla deftra mano fopra un libro;
e riufcì
« •
MONSU GIUSTÙ SUBTÈRMANS: 18 J
eritifeì t»le quella pittura, che non ho alcun dubbio d^aflèrmare» ch'elle
meriti luogo fra le pib belle di Tua mano. Il fecondò ritratto fece egR
dopo qualche tempo : e a quefto pure fece in mano un libro i ed anch' etrò
beftiliimo. L'ultimo finalmente dipinfe in piccoliflima proporzione, ^
quanto dovea fervire a fuo tempo t (iccome poi fervi per modello t Do^
menico Temperini , noftro intaslìatore valòrofo, per mtagliarlo in ramò
in fuUo ftile del celebre Nantuel tuo maeftro » come di fopra fi diffe . Noi)
poflbn mai baflantemente lodarfi i ritratti ih tutta figura , eh' egli fece
poi del nominato Sereniflimo Ferdinando II. del Serehifiimo Granduci
Cofimo III. Granduchefla Margherita Luifa d' Orleans fua Confòrte, Gran**»
duchefla Vittoria della Rovere, de i tre Cardinali, Carlo, Gio. Carlo
e Leopoldo di Toicana , e del Sereniflimo Prìncipe - Mattìas , ne i quali
tutti fece vedere miracoli del fuo valore. Un ritratto al vivo dello fteflb
Principe Matttas diTofcana veramente apprezzabile, quanto dltro mai no
partoriflero i fuoi pennelli: e un altro belliffimo del Prior Dante della^
nobiliffima famiglia daCaftiglione, dato Maeftro di Càmera del Serénifli-'^
mo Granduca Colimo III. confervano in cafa fra altri dello fteflb artefice $
i figliuoli del Cavaliere Bernardo «fratello dello fteffo Priore, che fu Mag"-
Siordomo Maggiore del nominato Principe Mattias. Nelh Galleria del
larchefe Ferdinando Cofpi Senator Bolognefe fono i ritratti di ottoPrin*
ci pi della Real Cala di Tofcana di mano del Subtermans, donati a detto
Marcheiè da'medefimi Principi» e fottodi e (fi legge fi il feguente difticOl
MedìctQS vuhus pinxh manus inclyta ^ufli ;
Mediceos animos Regia Dono notant. ^ ^ -
Ma qui mi convien pure alquaoto divertire dalcorfo delP iftoriti €
dire alcuna cofa in generale dell'eccellenza de' fuoi ritratti , per dar quai*^
che contezza di loro prerogative a chi non ne ayefle mai veduti. B prima'
fa di melUeri il riflettere » che varie fono le abilità e i particolari talenti ^c'
rinomati pittori, tanto della vecchia che della moderna età. Di Deme-^
trio r antico fi racconta, ch'egli fu fingolare in efptimere la fomiglianzf-
dclle cofe, ma non ebbe già pari nel conofcimento del più bello della Na->
tura. Zcuf] per l'opere fue fcelfe fempre il più vago,- ed è notifiimo queV
hiio , che dovendo dìpignere la tavola nel Tempio di Diapa in Crotone»'
affine di farla quanto più ii poteva bella, non contento d'un fol corpo»;
fcelfe cinquefanciulle delle pili leggiadre I che fi trovaflero fra la gioventi^-
di quel tempo, oflervando in ciafcheduna di effe le più commendabili parti;
per ritrarle nella fua tela . Nel primo fi loda l'imitazione di quell'oggetto »
eh' e' fi metteva a ritrarre i qualunque e' fi fofle o bello o deforme ; nel
fecondo la bellezza di un tutto, compofio di belle parti, di diverfi corpi;'
ma non già la fomiglianza ^ alcuno in particolare . Sonb fiati poi altri*
artefici > che noi diciamo di maniera o ammanierati , i quali avendii^
formate alcune idee di volti a lor capriccio, non (blo non hanno feelto*
. ri più bello che può far là Natufa» ma non hanno imitato eziandio quello^
che ella èfiitita di fare: e quefti fon degni d' ogni biafimo. Ma chi pò-'
tra giammai credere eflerfi trovato un pittore , il quale fuggendo la de* •
olezza del primo »fenza T artificio e iiiduftria del fecondo : ^ lontaniflimó'
• . dalU
i%6 Decenn.llldella9artldAlSccy.M\6%Osah6^o,
dall' inganno di ^uefti vltimi « ila gianto a fegno di fare i fuoi rìcratd fi*
miliflìmi al vérOf Jt diflimili in un tempo ileflo t e tali finalmente , che
e' fi pofia dire, che la cofa dipinta fia quella fatta dalla Natura^ e quella àU
tresì che ella non aveva fatta » ma poteva fare pia bella . E pure tale fu
]1 nojftrp Giufto Subtermaiis t il quale non fece mai ritratto , che non
foìTe di gran lunga più éello dei vero» e che non- foCTe 'duello Aedo, per
cui raflomigliar^» fu dipinto. Né fia chi con rigorofo efame, del flutto e
di ci^fchedyna parte de' fuoi volti f podi a fronte dellvoriginale, fi pro-
netta di poter rintracciarne dìlFerenzà ; perchè ciò non è pofiibilei tro«
yandofi in efli fimili le proporzioni, il colorito» il gefio» lo fpiritot ed
ogni altra cofa quanto mai efier pòfia : pei'fezione in vero propria del fuo
pennello» e non d'altri : e da poterfene» a parer mio, poco difcorrere e
fianco incendere; ma pure, per ricercarne qualche ragione, io prendo a
parlarne in quefto modo , Noi vediamo» che il volto dell* uomo con eiTer
tempre lo ftefib, contuttociò in fuperfìcie, o per ritiramento o per rila&
azione delle parti» farfi veder fovente alterato e difilmile da fé fteUptCioè»
illegi
fi rende punto difficile al pittore il far ritratti, che afiimigliandofi molcoi
àJIaperfona dipinta, la tacciano anche afiai difiimilc a quella, ch'ella fuojt
«fiere per ordinario, coll'efprimere tali affetti nella fua pittura,*, ma Tefi^
figiare il volto d'un uomo in tempo , che egli è del tutto lontano dalle vio-
lenze deir infermità, o dà quelle dell* interna pafiione d' allegrezza o al«
trp: e farlo feropre nella più bella apparenza eh' egli pofla avere ^ fenza
difppfiarfi punto dalla fomiglianza di lefiefib; quefta fi è cofa, che fi rende
a prima yifta incredibile: e pure il pennellp di Giudo ha fatto sì, che la
traviamo vera. Bifogna adunque dire , che tal perfezione abbia avuto fua
fermezza in un maravigliofo conofcimento di tutte le mutazioni, che pof*^
(pn fare tutte le parti de i volti» per dimoftrare al di fuori la giocondità
e la bellezza, che propriamente e particolarmente loro converrebbe: cofa
che, per cosi dire, ha del divino : e tale» credo io » che chi l'ha non la
puote ad altri infegnare; e chi non V ha» difficilmente colf imitazione la
può imoarare. Mi conferma in quefta credenza ciò che egli» non ha moi*
to> miuifie» cioè, che ogni figura ha un moto, che è fuo proprio, e noa
d'altri: e che è neceflàrio nel ritrarre il conofcere tal proprietà di moti»
la quale ha una gran parte nella fomiglianza ; onde egli avendo tale cogni-
zione, non ègranfattoch'eigiugnefle ali* accennato fegno. Che egli poi
ciò ben conofi:efie , pare che lo moftri chiaro il feguente cafo, raccontato-
mi pure da lui in fimile propofito. ^ Aveva egli in Genova colorito il ri-
tratto d' Ottavio Pallavicino : vi furono alcuni Cavalieri, che per mo*
Ararlo ad altri, coperfero prima con un fazzoletto la fola faccia del rì«
tratto: poi cosi conerto il fecero vedere: e nefibno vi fu» per quanto egli
mi raccontò, che dal getto della perfona noi riconofcefie per Ottavio Pal-
lavicino. Il fimile, dinemi egli» eflergli avvenuto in Mantova in ritratti di
Dame» ed in Ferrara in un altro ^he gli aveva fatto fare T Eminentiffimo
Cybò. ^
MONSU GiVStO SUBTERMANS. 187
Cybò. Dicaio lidunque, che fé quefto arcèfice ebbe tal cognizione de f
moti propr) de i corpi , che gli fece anche da quegli {tedi ravvifiure pet
quei ch'e^ rapprefen cavano, fensa |àrne vedere i volti; gran fatto ftato
non farà» eh' egli abbia avuta una tal cognizione de' moti delle parti d*ua
volto» che gli (ia fiato poffibile il farloa fuo talento apparir bello e giocondo^
fenza levargli la focniglianza del vero. E tanto baiti aver detto in queflo
propofito. ' ^
Eravamo già nel!' anno 1664» quando il noftro pittore trovàndofij^i dt
molti anni addietro privo della fua cara feconda conforte, fu necc«itato
per buon governo di fua cafa a pigliar nuova moglie . Effettuò egli dttn^
que il terzo matrimonio con una molto virtuofa e civile fanciulla» per no^
me Maddalena» figliuola di Agoftino Artìmini, della quale ha avuto ^i I
figliuoli , de' quali a fuo luogo faremo menzione. Ed e cofa di maraviglia
il vedere, come quello valent'uomo coll'avanzarfi nell'età, con tante mi^
che e cure, abbia mantenuta obbediente la mano ai fuo perfpicace intéi*
letto, a fegno tale, che l'anno lójS. eflendo egli di preflb agli ottantadue
anni, fece di volontà de' Sereniffimi il bel ritratto del Sereniflimo Prin«
cipe FrancefcadiTofcana, con tanta bravura» che vollero quelle Altezze»
che a perpetua memoria egli vi Icrìvefle il fuo nome , 1* anno e 1' età*
Ha &tto poi altri ritratti fimigliantiiTimi fino a ouefti ultimi tempi, ne i
quali volendo la clemenza del Sereniflimo Granduca Cofiroo III: mofira^
re a Qiufto alcuno nuovo legno di filma del fuo valore e di gradimento
di fua lunga e lodevole fetvitù, comandò, che nel Real Palazzo de' Pitti»
il Salone, che fervi per Y udienza del Sereniifimo Cardinale Leopoldo;
fi dedicafTe tutto all' opere di Giufto: ed avendo fatto far raccolta d' una
gran quantità di efle » fra altre che lì trovavano in diverfe ftanze » volle
che in eflb Salone foflero collocate» per farne un intera e grande galleria;
cdnèetto veramente nobiliflimo (n), toltone il tanto rinomato ritrattò
di Galileo Galilei , del quale facemmo altra volta menzione » a cui fece
dar luogo nella ftanza della Real Galleria, chiamata la Tribuna» che già
più volte quefio ritratto ha cambiato luogo , e quivi fi confervano i pre«^
ziofi tefori di Pittura e Scultura , di che è ricca quefta Serenifliaia Cfafa:
eciò, credo io, per far vedere agli occh) degli eruditi in un tempo fieflb
due ftupendi miracoli della Natura, nella perfona di colui che quivi fi rap*
prefentaal vivo» e anche dell'Arte nella pittura di Giufto. Dacché tal coQt
ebbe fuo effetto» viflè Monsù Giufto tre anni , i quali, quefto onorato
vecchio, ha menati cx>n un vivere al fuo folito devoto , e con tutti amo^
revole, trattando fé e la famiglia fua con nobile fplendore» godendo il
frutto di fue fatiche nel pofledimento d' un ben radicato amore verfo di
fé di tutta la Sereniflima Cafa » e in iftato di buona ricchezza , e d* affai
fattegli
rtM«
(a) t quadre di Monsà Gtufto fono di prefenti fparfi per éltn fianze del Real PalitzzQ
0 il ritratto del Galileo i nella Jlanza allato alla Tribuna.
« »
1 88 Decm* III della FartX MSec. K dal i Cto. ali 6$ o«
{«ctegU per la ftraordiiuirìt amiciziii che ira di noi pafiò: eie liuidieooii«»
fuke» che fino luzU. ultimi giorni ch'egli godè unità i feci con dtof eoa
.penna e carta aUa mano » non tanto p^r ricevere e rifcontrare notizie!
/ivate di pittori Fiamminghi de' fuoi tempi > per lo bifogno dell' Opera
;iiia j quanto per rubare a lui » per così dire , il rimanente di quelle di fua
^rfona» U quali. ( tanta fu la Tua modeftìa) davami egli con propria mor*
tificazione , accertandomi di averle ad ogni altro in ogni tempo negatei
jed io all'incontro non volli fcrivere alcuna cofa di lui^ ch'io non Tavefll
da lui medefimo ricevuta, benché a forza di replicate indanzct e con
efpreiTo patto di non darle fuori, fé non di poi che egli avefle chiuG gli
Qfifih) a quefta luce. Mancati che furono finalmente i giorni autunnali
dell'anno i<S8o« a Giufto cominciarono altresì a mancare gli fpiriti, e col-
V inoltrarfì dell' inverno, fi accrebbero anche in elfo notabilmente le in-
4ifpofizionì; tantoché in breve incominciarono adafiàlirlo a otta a otta
in cafa, in chieìa, in firada accidenti di (incopi, che 1' obbligarono ad
«ftenerfi il più del temno dall' ufclr fuori , falvo i giorni fedivi per la ne*
ctifxtk della fanta Mena , e in quefti anche con paura . Si acquietarono
alquanto i rigori dell' inverno ; ed egli a proporzione del temperarfi di
flueili» moftravadi riforgere un tal poco; ma nella fettimana di Paflione
pi di. nuovo abbandonato dalle forze . La Domenica delie Palme non fu
.pofllbile, ciò non ottante, il ritenerlo dall'andare alla chiefa, dove aven*^.
«do patito gran freddo, come egli medefimo confefsò , tornoiTene a cafa
.travagliatiflimo • 11 Lunedì ufcì di letto con volto, braccia e gambe al-
jquanto intumorite e gonfie, ftrettezza di petto, e gran palpitazione di
cuore. In tale fiato perfeverò egli per fei giorni in circa, ogni di piùj
fcapitando di forze \ onde convennegli il Sabato Santo darfi per vinto al
male reftandofi in letto, mentre teneafi da ciafcuno per fermo, ch'egli
non ie ne dovefle maipiù foUevare, ficcome avvenne. Continuò il pe^-
giQr^K^ento fino a tutto il martedì dopo la Domenica in Albis: ed^in
quefto tempo volle due volte il Sacramento dell' Eucariftia, e dipoi la
continova aflifienza del Confefibre: al quale molto afliduamente fi aggiugne-
vano il Padre Angelico Mazzocchini Servita, fuo cognato, ed altri Reli*
jUgiofi efemplari . Aveva già &tto fuo teftamento , al quale volle aggiugne*^
re codicilli . Finalmente la fera del Martedì, nel tempo ftefib che ie gli
porgeva dagli adami alquanto di refezione, fu fopraggiunto da una così
abbondante pioggia d'umore dalla teda, .che credendo di morire, di Cubi-
to chiefe e ottenne la raccomandazione dell'anima e l'efiremoSacn^men*
to.. Uopo averlo ricevuto, immediatamente entrò in agonia ;ed alle i^. ore
del feguente giorno, cioè a dire il mercoledì 23. d'Aprile i68i« fé ne an«
dò , come piamente dobbiamo credere, al godimento degli eterni ripofi.
Fu con nobil pompa e con accompagnatura degli Accademici de| Difegno »
condotto il fuo cada vero alla Chiefa dì San Felice in Piazza, dove con or--
dinario dolore di tutta la città, in particolare degli amatori dell* arte, gli
fu data fepoltura nel luogo appunto, che corrifponde fotto le campane.
Lafcìò di fé e di Maddalena Artimtni fua Conforte, che pur vive al
prefente in giovcnile età, un figliuolo, il cui nome è Francefco Maria,
che
MON su GIUSTO SUÈTÉRMANS. 189
tòe ìK>n gtugne a compire il ^uattordicefimo afino i giovanetto d' otti*
ma indde e di laggiaari colhimi » di cui a gran ragione fi promettono
gli amia di quella cafa ogni pììi eceliente rìuicita : una femmina chia-..
mata Marglierita Luiik> che follmente per Tetè può dirli al fratello edere
feconda (^) . Son rettati m cafi fua, oltre alla prèziofa tela> dipinta dal
Ruben», ed un quadro d* una femmina del Palmas molti quadri di mano
di lui» e di gran maeftri Fiamminghi i e di altre nazioni » che lungo fiireb*..
be il deferivergU in quello luogo . Diedi però che egli abbia di tutti la**
iciatt una puntuale defcrìzione per chiarezza maggiore de'fuoi eredi.
t$tmmtmm^mm
MICHELAGNOLO CERC^UOZZI
PITTOR ROMANO
« 3
DETTO MICHELAGNOLO DELLE BATTAGLIE
Difeepolo di Giacomo it,Asè Fiammingo^ nato \6oo. ^ 1660,
Acque il celebre Pittore Michelagnolo » detto poi per ec-^
cellenza, Michelagoolo delle Battaglie, nella città di Ro-
ma», madre ie^pre feconda d'uomjni fingolariffimi. Tanno
di noftra fal^ti^ i6oo«r II padre fuo fu Marcello Cerquozzi»
il quale col fiire eferctrar mercatura di quoja per la concia
nella ftrada detta della Regola » fi fece ricco di fisicoltà ; alle .
quali » per particolar grazia del cielo , ebbe aggiunta profperità di prole;,
conciofliacofachè egli aveflTe arutodiLuciaVaATalli, pur Romana, Ciuacon*
forte, quattro figliuoli , il primo de' quali gli fu in ajuto nelle fatiche di
2uei negozji in cui Tempre fì trattenne: il fecondo applicò alla computi*.-
eria : il terzo datoti agii ftud) delle lettere» e facto Dottore in Teolo*
già e Sacerdote » meritò d' efler portato al pofto di Cappellano e Teologo
della Maeftà dell' Imperadore: il quarto fa quegli, del quale ora parliamo ^
per cui farà fempre viva nel mondo la memoria di quella cafa . £bbe an-«
Cora due figliuole, che avendo veftito abito Religiofo nel Monaflero di
Vitorchiano» dopo aver dati faggi di lor bontà e prudenza 1 Ibftenncro
ambedue il carico d' Abbadefle» e poi fé ne paflarono al cielo.
Venendo ora a Michelagnolo » egli ebbe i prìncipi del difegnoda Già*
comò d' Asè Fiammingo» in quei tempi pittore di qualche nome: e poi
il pòfe a ftudiar l'opere di Bambocci, tA inlieroe con Jacinto Brandi fuo
amiciflimo, teneva nella propria cafa un natuiale » dal qualp ftudiava egli
'>er le figure piccole , che erano il fiiQ.prìncipal talepi^» ed il Brandi per
e grandi : e non fu gran fiitto »che Michelagnolo giovanetto» in età di non
più che tredici anni» arriv^e adìfegnare eccellentemente ; mentrechè
■■■ ^...-..-« lo aveva .
( a ) FumogUedì MaJpmiliémQ SQldsni BcnsJ^ celebri Sfafuijla Fiorentino .
i
190 DttemAìIJtiàfmS. éÌS^.V.4aii6i9. al tC^o.
Io aveva la natura dogato r non .folo d'un-gufto petfettiffima in conofceie
il più bello delle cofe, che airpccbìo noftro & vedere la natura^ mt eaan«
dìo d' una memoria rariifima • a|^t«inc» ad una ai chiara e sì force faìica»
ila, che con grandiffima facilità ^iprimcva in pittura» ciocch'é's'era tto^
vato a vedere anche per molti 9 molti «uni avanti ; anzi era u|e Tìnger
gno Tuo (cofa invero che in pochi ^efperimenta) chedal£blofentir rac-
contare o da legger cali feguiti di battaglie cerreftri e marittime, naufra*
g^9 tempefte e umili > ra^^efentavAgti fìibito in mttura» conformandoli a
cuel racconto > come fé c<^U occhi propr} pli avene veduti : e quello AelTo
taceva dal fentir la defcrizione dell' amenità, o fofle orrore d' un (ito, o.
altra aquefia fimigliante cola* Incominciò egli dunque a fare ^diepet
ognuno li parlaffe del fuo pennello, fin dalla Tua età di quindici anni in
eira, nella quale dipinfouna tekij^er lo Maggiordomo dell* Ambafciado-
n di Spagna , allora Relidente alla Corte di Roma : nella qual tela fece ve*
dere numero grande di figure . Ma volle il cielo in quello medelimo tem-
po far conofcere a lui, e con eflb al mondo, quel tanto vero ailioma , che
non fono veramente in poter dell'uomo le proprie vici ma di colui che
tutto regge e governa; onde allora e non prima, tanto e non più, altri
puote a'difegnati fini pervenire, quando e quanto a lui folamente phc^
oche però egli con unfagsio refleflba quella mano, onde ogni bene fcà-
turifce, vengali ad abilitar femprepiù a confeguir la pienezza d'qgni mag;*'
gior felicità. Fa dunque egli aflalìtó da u^a grave Infermitii, la quale in
rompo lo ridulTe :a . fegno , non folamente d' aver confumato tutte le prò*
pne foftanze, ma d' avere eziandio quali ogni abilità perduta da potere
Q&fcìtare fua profeffione: e già fi dava per vhVto a quel mialpre § ed in-
cominciava a difperare di poter phì tomaia a dipignere^ quando "Voile
Iflfaiior' cIm tornane di Spagna Domenico VioFa pittore intendente; e che
a:^q[uefii , dal mentovato uomo dell' Ambafciadore di Spagna* fofle'ratto^
vedere il l»I quadro : e che egli avendovi ^tto fopra gran reflelfione, vt'
mcoiofcefle un.gulto didipignere cos) folle vato e nuovo, che nulla più;
che però facefle grande inllanza al medefiiDo di procurarne un altro com-
pagno del primo , Ma già il Majordomo s' era dimenticato il nome del
I littore, né fi prometteva di pia cbnòfcelrlo, quando egli anche fi fòlle in
tti abbattuto ; onde pregò lo i^eflb Viòla a far diligènza di ritrovarlo:
e ritiovatolo, gli ordinalle di fare il nuovo quadro . Fece il Viola le fue .
pratiche , finché venne in piena cognizione del giovane; ma con eHb co-.'
nobbc ancora le miferie di lui, e 'i pellimo (lato, in che egli a cagion del
male s'era ridotto; tantoché vedendo efleir vano ogni tentativo, ch'egli'
avelie potuto fare per farlo dipignere> perchè il pòvero giovane già aveva
perfo del tutto Tufo delle mani, cominciò ad elortarlo alla pazienza, ed'
a procurare la perduta fanità scollo d'ogni travaglio, clie i neceiràrj me-
dicamenti gli Ibllèro ftati per apportare . Qtlindi '6tta refleflìone , che il
Marcbefe Crefcenzf, Còti cui il Vk>Id'era' tornato d!aHa Corte di Spagna ,
aveva di là portato un certo fegreto, eh' tfi credette poter giovare al di
lui male; gliele proi^ofe^promertéhdd^i^ di fatgntene procaccio, ficcome
fece : e fu^ penfiero dello fteflb Vicia il fàrgiiele*mettere in efecuziòhé ,
••'•'* 'Con
JMlCmLA:(SmiO CE^QUOZZl. »9i
gnolof venne a legar con e^o uq tal nodo d^aoticisiat che anipiù non 6
djUfciolfe f fé non ]>er morte .
Tornato che fu il noftro pittore a' (oliti ftadj » fece fibito l' altfo qm^
dro al Mas^iordomo» che ri^i aìSai più bello diel pfimo: e medisme gli
ufici del Viola » ne riportò un mqko nc^il^.oAQftfio. Subito nella Corte.
deirAmbafciadore venne intanto credito ^ che felice chiama vafi GolmtChe
aveflé potuto avere qualche opera di faa «mìo • mche a gran presso .
Con queflo andò appoco appoco allarg^odofi la fu« fanui per tutta Roma &
Egli però riBettenao, che per mezzo di^ueUa Cotte avevano avuta prin^
ci pio le proprie fortune t reuòper podq afieaionato alla nazione Sjpagmio*'
la, che ne fu Tempre parzialiflimo, dandone anchecAstiormente fegainel
modo del Tuo veftire» (e non fempre in tutto e per tutto » almeno, in pena^
Iitcomtnciò ad eiìere adoperato molto pniveriaknente ; e quantunque tfAi
per r eccellenza, con che le coloriva t fofle chiamato poi tempre MichdA«»
gnolo delle Battaglie ; fi rtndè però Angolare in ogcii foru di lavoro di figa»
relè grandi e giccole» frutte i Aprì», ^adi (n«' quali talvolta fu in con«
corrénz^còl Rofa) marine, ed in ogni altra o^a, di che fanno indubitata
oltre, il l|i)bgh9Lil.mlb (Jetio^f^, alcwie (òl^nf^np» delle ^ ùngùi\
poiftèrò i^n (juelio lubsa. Incovakioer^ da quella bsUa lunetta^ che fi.ved*
nei cIiiofri:ò^dì Sant'A(l4re^4^11eGro^eAÌ4praJap<uM^^^^ in
cui egli dipinfe al naturale ^an Fi:^noefca4à 9^\wt in Jiftto di dtftrìi»ice
le èrère l^nedette : e vt i gran^quàntità di iold»tì .^d altre figure» che per
eflere ftata la primii opècà^ch'éf^i^^eÌAr^i^ndlStist ftt» ^tdventùi è de^
Sniflimà draghi lode • .Dìpinfe ancfl^mà/òi^y^ furon man-
ate nelMfoIa diSardigna , che* Il vedono ui quelle chieCe* Conferva iti
fila Galleria P Etninentiuimo G^igl due g^an celja: in. una disile quali rap*
prefentò egli la fpedi^on d' un Corriero da un Campa, pon divem UfiziaU
dijg^uerra, è gran quantità di foldatefca* nell' aUìFa £»ce vedere unaipoglio
de* morti dopo la battaglia, opere veramente^ degnarne, Sonovi ancnedoe
aftre grandi tele; in una delle quali è una nobile profpetn va, e nclkf altra
un bagno, tutte di mano di Viviano Códaoìray mf pQrò ripiene» tanto la
nrima che la. feconda, di gran, numero di figMfe del noftro Michek^nolo »
NeUa Galleria deU'Eccellenti(fiaiò.&irviati fonÀx.i^ quattro Stagioni t rap^
prefentate con gran quahtìtà^i ^^t<;: ed una'i;e|a.CM longhesasa di palali
nove in circa, ove in un béUiffimo pteie ò.^ftUMto Swi Giovanni pce^
dlcante nel defèrto' » con groppi^ di ngure tacito {pìciiidftitlenfse .fioriate ^
che è proprio una maravigli^ , Per lo c^funto Conte CammiUo Carandip*
ni dipinfe una tela di qua ttròjpalrai|,i|i.qpi:f<$ce vedere il luogo e lafon**
tana deir acqua 9cecofa».cph grafi ^ijf^ntfsà, di figure t in atto» chi di pren«-
derlà» e chi di renderla > con noìu curxpfi a«ri4£9<ìft.. Per lo ftefito fece una
batta-
1 92 Dec€nn.IILMIa ?m.t dclSecV. dal 1 6% 6. at 1 6$ o^
battala con quattro altri quadri , con ftoriè di S, Giovanni » ed una manna »
ove otìfe una feihi fatta in mare in tempo di primavera t con vaiceli i nobil-
mente addobbati» e filuche» e gran quantità di figure con divet^ inftru«
nienti da fuono, ed altre ville in lontananza» in atto di piantare il Mag-
gio in una ifola : le quali tutte b^lliflime opere pofliede oggi la ConteSa
vedova del detto Conte Cammillo . Oltre a molte belle mafcherate ed
iapparati di commedie ed altre diverfe inveneioni fpiritoiiffime » che fi
trovano apureflb Monl^nor Raggi» é '1 Marchefe Lanci» che lungo fa-
rebbe il detcrivere ; dirò d* una veramente maravigliofa» che fi vede nel
Palazzo del Bali Spada» ciò è una gran tela, in cui è rappréfentata la
{liazzadel mercato di Napoli: ed in ella» con infinità di figure » la Revo-
uzionediquel Popolo» (otto la condotta di Mafo Aniello. Fece conofce^
le veramente » quanto egli abbondafiedi tutti quei talenti, che a principiò
accennammo; concioffiacoftchè » colfi>lamente fisntire le relazioni di chi
vi 8^ era trovato prefente» dipin& quel luogo» e tute! gii accidenti ivi ff
guitis e quello che è più mirabile fi è » che non folo rapprefentò in quelle
fi|[ure Parie di tefte» ma eziandio di atti ftefli» che perlopiù fon propr)
'di quella nazione » fenza efibr mai fiato a Napoli » e in fola forza di fanta<^
lia» jer quelli che altrove aveva veduto» venuti da quella spatria! Confer-
va m più fue eceelientiifime pitture il March^fe Filippo dèlMarchele
BartolommeoCorfini» di mano di queft'artefice, quattro qttadVl di braccio
in circa» cioè uno Spofaliziò di Villani, una moITa di Cjabòiatori^ un^
Mafcherata» ed un Foraggio di foldati in contado» tutti beHifirmi . ' Il Mar-
chefe Pier Antonio Germi v oggi,degmfiiittoLuogòtbnehte''p^^
mo Granduca nell' Accademia del Difegno» liW prù/quadti dèt' m^édèfi-^
mo: in uno de' quali è'dipinta hi favola di ^iinoiW» e le tre Fónlniihe
in atto di dormire . Quefle veramente ftùpfèhéé figure i duand* ufójrofio^t
mano dell' anefice, eran del tdtto €còpiprtèi' màTrMilrèhefeCarli^» F^é
del vivente Matchefe; volle die /Io/ Wef^ Michéla^fic/lo in alcune naV):i
:lecopriflec e a tal' effetto' '|lr^ririfé]?tfò II ^uadrd'a Róma» dolide alpol
beli' e coperte con modo kg^ildriiiimai gh foròho a Firenze rimandate.
Ha il medefimo due altri ^adrì di pf^effi in forma bislunga, ove fono alcu-
ne piccole figure» congegnati in tarmodò con loro ornamenti» da i lati
del gabinetto di fuo Palazzo in Via del Cocomero»' che mentre' fanno or«
namento a modo degli altri quadri a quelle pani di muro » fervono anco,
ra per coperta d'alcuni àritiàd) fegreti , cavati nella ftefla muraglia . Ma nef^
funo farà mai, che pofla abbèftanza lodare un maravigliofo quadro» che fra
gli altri d'eccellenti maéfiri arricchifce la di lui Galleria, nel quale fon
-rapprefentare le nozze d'alcuni poverifiimi contadini. Quefto quadro,
per concetto, compofizione, colorito» franchezza e diligenza infieme, per
imitazione del vero» e per ógni altra fuà parte è tale » che non fon man-
cate perfone di ^iìi che mediocre perizia nelle noftre arti , che hanno fl;i-
mato» die ' nel fuo*^ nere non fia mai ulcitò di hianò di pittore cofapiù
Isella. Egli e di -larghezza d'un braccio e mezzo in dirca, e alto a pro-
porzione . Vedefi primièramente apparite un vaghiflimo paefe» di bella
macchia ftupendamencd accordato. Si ravvila» non lungi dalla ca& e dal«
Taja
MICHPIAGNOLO CERQUOZZI. 195
V aj4 d' lui villano » £qtp UM tf^lk pftitgoU « tppirtcchiata la tavoh defl^ìiiact
alle nozze : ed una.gÌQvane contadina m posero, arnefe» che vi aocMno*»
da fopra le rozze falvieccej mentre ud viUanello. giovauecco mal veftìtò
al ppmt>i]j?. fé le accolù , per porgerle un^ran piatxo di cavolo fumante k
Circondano la tavola più fgabelli^con uxta vecchia cifcranna di qviojo» pN^
parata per laperfona del Curato chiamato, anch' eflb alle nozz^: edieer^
a quella fon polare fui (uolo alla rinfufa, un gran catino pieno dì ilovi«
glie f . 1^ granata » la bar lotta, la mezzina, una vecchia e rotta feggiola-di
£ila, e fmili altre ppvere malTerizie . Poco lontano è il Prete Curato del*
}a Villa,. rappreièntato nella perfona d'un vecchio con cera bronzina^
foalyeftito però, e poco avvenente e graziofo dì perfona, che iiu>ftra.efie«
re fcefo appunto da un bardellato e male abbigliato aiinello, con anche
qualphe guid^lefco^» Tiene, con una mano,, po&taibpra una fpalla, l'afta
d' un parafols di quojo all'antica , veocliio e. confìimato . Dietro al giiH
loento è un fante, male all' ordine, anch* e^o quanto mai dir fi pofla , che
avendo fcipìce dal giumento (comie pace abbia voluto mofirare il pittoi^)
due ben frutte bifacce di quojo, che per loro antichiti di nere che f uro-
XkChg già incominciano a pendere in xofio, fa moftra di voler trarre dalle
medefime alcuna coferella oer regalare gli Spoii . Dietro al Prete è on
giovane con archibufo in (palla, che dicono efier la guardia de'bofchì ,
chiamato àn^h'eflb ad onorare con fua perfona quelle nobiliffime no^ze .
pifli, qh'e'fi dice eflère ftatu fatta quefta. figura per la Guardia de'bofchi;
ma io: dica afli(^' e' da per fé fieflo,. perchè io non veddi mai finofomìa né
veraniè^dipinot» cha più e me^io r^iprefentafle un uomo di quel taglio»
di quella che Michelagjnolo fece apparire nella faccia di coftui . Ma quello é
^he.QfdUqitadro ^ fopraogAi credere maravi^iofo e ridicolofo infieme, (i e
^ l^^iapro cpiQplimehto, che fanno gli Spofi col vecchio Curato . Per la
^ppU è figurata una fanciulla di groflblana &ttezze , attempata anziché nò ,
yi^t» ia abito di. panno rc^, nuovo sì, mafemjplice e manofo ; e quefta
con poco aggradevoleiachinar di perfona bacia fa mano al Pcete . Dalla
^iftra parte di lei è il giovanetto Spofo, veftito di verde, con una mal pet*
tinata zazzer/i,..CQa&cduurideate si, ma nello fteffo tempo timorofa; in
(U.i a caràotcri molto aperti leggali la femplicità contadinefca, congiunta-
ad una iftraordinaria goifezza,* mentre ftandoii ritto e intirizzato come i)n
boto o upó (loUo, il fa vedere in quell'azione il più impacciato uomo del
mondo: meni:reun vecchio, figurato per fuo padre, con barba lunga i fol-
ta e difprezzata^ veftito d'un Tuo gabbano rabberciato con toppe di più
colori, fiorte firingendolo pel deftro braccio, lo fpigne, come per forza,
a complire anooc* eub colla perfona dei Prete: e intanto una vecchierelia
contadina, dbe allato all' amico marito, a' avvicina a cofioro con volto
feftevole e. giulivo , ofierifce per regalo alla Spofa una piena pezzuola di
|ion forche • Pa una parte vei^onfi comparire alcune poveredonnicciuo-
UsgidKàiiì e vecchie^ con paniere e caneftri di polli e uova v fé ne vengon
CQH quefte ì viUani lor conforti, fra' quali è fommainente ridicolofo un
^i loro, che con cappellaccio il più fordìdoe fgraziato che immaginar fi
pofià^ rinvolto a mplmodo neLluo lacero mantello» fe^ ne vion fonando
.. ' N una
f 94 Deeentt.Ul Ma Paft. l MSe^.V. dàtiéio/at 1 6^0^
una chitarra: e quelli per avventura JBirà colai «che /dappoiché per lafo*^
lenne mangiata larà pieno pinzo ogni ftomaco i farà rofizio oi mieftro
del ballo. In maggior diftanza Ibn pure akre figure d' uomini e donne di
campagna» fopra bardella ti «fineUi^che (è ne vengono ancora effi alla fefli
epMqr regali. Dalla parte deftra del(|uadro» poco luii^i dalia tavola, veg^
gonfi cinjque figure di villani, altri ntcS» altri a federe in terra e fopra ^né
difinefià pancaccia. Uno v'è, che lafciandodi fonar la chitarra # la^uitlò
tiene nella finiftra mano* appicca la bocca ad un fiafco; mentre uh di4<Nrò
il più rappezzato , il più cenciofo eh' io vedeliì mai » fuona una fua cor«
pamufa. In certa mediocre lontananza li fcorge la cafa radicale» <Yit farà
l'abitazione degli Spofi: prefib alla quale air aperta campagna è accefo uri
Sranfuoco, coroiìato da più bollenti pignatte; edeWi un contadino » che
a un |ran v«fo cava i maccheroni» tolti pure allora dalle fiamme» e glt
divide. in piatti diverfi; mencreuna malveftitadonnuccia»prefone ano» fé
pe viene alla volta della tavola. Annefla alla cala è una capanna» preflo-
alja quale fon legate cavalle e ciuchi » con lor bafti e sborrate bardelle i
ibnvi appiccati i buoi al carro: e quello carico di poveri arnefi e gj^*'^'*
i^engole » che fono per avventuragli arredi e comedi della Spofa . Tufiii
ridono» tutù giubbilano » e fietti per dire » tutti parlano ; e finalmente
fanno vedere in loro fiefli» co' lor gefti» co'ior tratti» ad onaedreibà po«
▼erti» cQi^giunta una veramente fincera ed imperturbabile allegrezza.
Ed è da notarfi in qufifio luogo» che Michelagnolo per qualiivoglia gran»
de opera» ch'egli prendere a fare» non malfaceva fchizai o penfieri"» co-
inè é coftume quah di ognialtro pittore; ma poftafi javànti la tela» e dato
^i piglio alla tavolozza e a' pennelli» in^ulbelprincipio» c^ folo colo«
rire,, facevavi nafcer fopra tutto ciò» che fi vede di belici nell' opere* fue»*
onde era cofa più che guftofii lo fitrlo a vedepediipignerev Quefió però è
ben vero» che dopo» eh' egli aveva meflo infieme i gruppi delle ngure»
vqleva poi con. ogni attenzione il tutto rivedere dal' naturale» fino ad
ogni minima parte. Quanto poi fofle eccellente Michelagnolo nel con-^
traffare frutte al .naturale» lo.dimofirano due gran tele, che confervano
i\el lor Palazzo i Xeodoli in Roma: molto più quelle che fi veggono in
gran quantità nelle Reali Gallerie di Francia e d' Inghilterra» nelle qualr
ancora efprefie figure in varie e ipiritole altitudini » per accompagnatura :
e ciò che diciamo della Francia e dell' Inghilterra» pofikmo anche affer»
mare d'ogni altra Provincia d'£uropa » non folo in genere di frutte» paefi.
marine e limili» ma di battaglie ancora . Ne doverà parere meno che ve*
rifimile»che egli avefie potuto.in un corfo dinonlunghilfima viu operar
tanto» e tanto bene» con una maniera ai pulita» e ben ricercata e finita ;
mentre li confidererà non folamente la gran franchezza di pennello» ch'egli
ebbe in forte dal cielo » ma la di lui efirema jBiffiduità all' operare: e che fé
egli talora a tempo e luogo di fpenfando la mano dette fatiche», poftavafi a
qualche foUazzoi quefto facieva in compagnia de' primi artefici de* fuoi
teinpi» e fempre pafcendo ta fantafia di oggetti appartenenti all' arte # fo^
)ito perlopiù» tornato a cafa» di dipignere le conver&zioni » incui a' era
trovato. & fralle pitture iatte in fimàe congiuaaira« è quella canto rino-
flUlU^
" <
MICHBLAGNQLO CBRQUOZZL I9J
ntta» che ebbe Giovanni da Ano viedo» nelltquale» in undeliziofo gitr^
dtno Mparìicon dipinii al viroiopki pittori fuoì aoiici : e lui fleflb intttoji
pò di fiate » in atto dji gioiciire.aUe carte :.e vi fi vede ancora Vincenzio Neri
UÌQ ^edKQ ,^^tmicp àpi^en|:ii6iiia . Ma non folamente fu ùfìto di con<»
fprvi^re aìl'^^ jfua» n^l'piodo cb^4cttQ ubiamo, ^uei tempi ftefii, cb* é^
pacava dì^^j^aveff^ ^^ie(ttna»\per caufa di neceCTarìo divertii
irontoVmachi Aoicpbene il conobbe e praticò , afferma eh' egli nohuifck
mai di càikjpétr Ak» ànaVe , cfa,' ^ non tornaflìe colla mente tutta piena di
6eUii9me ofiervazìoaii , delle quali faceva poi la fera alcuni fchiazi. E di
qui, p^nfp io,, che fi fQjrn¥tlTero in lui le grandi idee per la yafta ìnvenzio^
ne»>h^ li tìcoMktt nelle fue o^e^re. Ma contuttoché poffiamo dire, che
réftàfle if/nondo alquanto abbellito dalle mól^^ che partorì il lua
peniiellq^ piò ^olpd, più e meglio farebbe (èguito , ie la morte invidiolai
in fu '1 più bpllo del fuo operare, cìo^ neir età fua di feflhht' anni, non
avefle recifo il filo della fua; vita. .Hod^tto in fu'l bello dell'oprar fuo; per-*'
che, quantunque eglicorrefle il feifanteCmo anno di fua età,. e già per uan«
chèzza di vifta fi valefle d^gli occhiali « contuttociò egli confervo fempro
fpi^ti sì vivaci» che le pp^rp di lui t £|(te negli ultimi tempi , Ce non foff
le più belle, almeno; vanno al pari delle migliori degli altri tempi , cofa;
che dì pochi altri artefici fi racconta .
Fu Michelagndo uomo di bello afpetto, ben proporzionato di vi«^
ta , avvenente , allegro e faceto nelle converlàzioni , e veffi lempre ci-*^
vilmente. .Alle amabili. qualità di foa peribna, non furon punto difli-
mili quelle dell' animo fuo ; concioflìacofachè egli fofle di onoratiffimi
colhami, e fedeliifimo in.ogni fuo affare con qualunque, a cuiaveJTe im-
pegnata fi;ia parola; onde non volle mai per ordinario pigliare a far ope«
ra alcuna, fé prima non a;veva dato fine a quella, che aveva f ralle manif
e quando riceveva caparre d' alcun, quadro, ripone vale in un fuo fcri-
gno,^ di' dove non le:cav8va mai» fé non quando aveva finita e confò*»'
?;nata T openi : e ne' pressai fu modeftilumoi dimodoché perlopiù non'
u folito condurre lavoro, che dopo il chiefto onorario non gli fotte tìt^"
compensato con argen^ti ,' gioje, ptlvoii ed altri preziofi doni . Non foKo'
non volle garaco|i altri pitt^/ri, co^e fpefib avviene della più parte; mf
deriderò che^ l^t%i fi avao^aflèro in yii;i9re ilìma: di;che fu a me iteffo buon*
tefiimonio J§C9pp ^rf e^> :4^t%9 il Borgognone ^ poi keligiofo della Com-
pagnia di,G^ii,:'i);qualj$ inìraccontè» :6he. ttòvandotì a RoHia, ebbe va-'
ghez^^di sfocare. una fua pittoreCb^ vena i)el;dipignere alcune battaglie:'
cofa che fin' allora aqn era (bta fuajToliia^ dì ohe avendo a viito notizia ir
padr'e del giovane Cardinale Carpigna, procurò di conbfcerlo: ^e avutolo
a fé, fecegli dipignere una battaglia: e mentre eh* e' la faceva , il Conte
portatofi alla fua fianza con un tal' uomo , che dal Cortefi non era cono-
leiuco, volle vederlo dipignere. L'uomo (che era appunto il notìro Mi-
chehgnolo) feppe sì bene diportarfi in quella vifica, che al Cortefi potè
{)arere ogni altra cofa che pittore. Si partì finalmente il Conte e Miche-
agnolo, il quale lodò sì fattamente quel modo di fare, che non folamen-
te il Carpigna, a riquifizione di lui gnene fece dipignere mok' altre, con
fua..^[»|i^e^y^cà, ma colle lodi che dt quelle battaglie andava fpargendo
' *' . ^ N a il no-
^9^ DuèuH.UUè^BdgjrMM^
il tioftN> «tetice per tiittc Ikómà , tgìiyvihhé'li^ t»Aed crei9ft^''/c^V'nott
aM^iiHt colà gran perfonai^^y <ht^<^ilidnir6l^ cjttakhé é^^
ntno: e cosi col moie' operare appiii)(kt^ndA#ej|liftmprepìd> ^^ i}
Borgognone qoeUa gran ri ofei» » "Iche tft mon^ JT ndtfi : '^^cfècitti^ qtÉif
Ikà dQl n^ro artefice^ tgguaMie «)r av^AeriKi d^ Tuo ttSéiÒ fitittèk.-é
«IgCM valom nell? aria fila, iM|er&é); «IK tìo^;i^ , fei fHJ^^.^^zrffinH
]6»;Pml0to o akro Principe in |loi!»# <$he la^ fua^ft^iMa nonHfìb^ét^t^
molto alla domeftica* Uno de* quali però » che fu ìblito tr^vamj^t^^^
iigoi altro» tdaffimè coli' ocoEdiono delle molcè bperó che gli feeel^*tlèr
li propria galleria » fu il Cardinale Rapaceiuolfi ii qutile' hkné[f^tSRy1iè
Vttltvx nelle fue caimecs in; queii^ofe, che ai^anzd Vano alfe ftiè bé^t^^^''
Ut; iiohefii folko di £ire anche Motifignor Salviati . J^ciòche ìcHcfriamo
de'grAnperfona^gidiRama^ dobbialnb^iire ancora d'ogiM iiféh3F»c^ ve^
niva . in quella (Httè , o' Principi» o grandi ineendentPnèH^iitìff^^^ krci;
i tifali godevano non folo di coiiofcerÌa»*fna'di (krfi con lui per gran-
d'Are;, ed ognuno a gara procurava di avere -opere di foa:nianò..:<^ant:d
poi Ibifc ddiderata lafua p^rfbna da i Mti Pòcèncati Ùlrrannohtam ed ài*
tri» non è poffibite adirlo: e fra< quelli fu il'Sevetìifiimo* di Savoja» che
procurò di averlo a £e, eoa prouieita eguale tfl' inerito di fua virtù; ma
non potè mai rtufcirgli» perchè Michela^fiolo non vòlte mai abbandonare
ìt ci4fo tti Roma e gli amici • che fbron molti : Mai^Mi' Tuoi confidentiifimt
el>bQro il primo luQgo il nominatola principio Domenico «Viola» Jacinto
Brandi» celebre pittore »^ e Rafiàello Marchefif-gii infigne curiale in Roma ;
ReftaroQo dopo fua morte due fuoi difcepóli> cioè' Francelèd Cotti» the
oggi vive in Roma» octimo imitatore 4el maeftro» particolarmente net rt*
tr^arce fcucte al naturale: e BuonaventuraGiovàihìelN »* il quale con'apio-^
m e eoa fatica inefplicabile nella foa infirmità di-fei mefi 'Coninovi il- fer-*
vi 6c)o alla morte. Quefii avendo per£> il care lAaeftró in tempo» ch'e\
non aveva ancora £itco incero profitto nelPafte» fi è poi afforza dei prd-
«riet io^gno e de' grandi itud) ridotto in queUo flhto di perfezione » che
umno Goaofcere io Roma le f^e oitture» L' erediti di Mi6hèlagnoIb (la
quale.per U molta continenza» eh' egli usò in fer/i pagar P opere, pon f^
9^e li legno d^ ottomila feudi in ewté) pervenne per {tx6-ééftati\en]5o a'
C^rlo Marcello Cerquozzi fuo nipote i detrati?àhb 'burnii quahtPtà' d* ar-
genteria» che in^fegno di gratittidini^ volte die fedele! VHHa; eitbltent a!-*
enne foe infigni pittore »^ delie mialiéce legato^ éhf^ù antié) . Fu ài fuo^
cadaveco data fepoitura nella Chiefa degli Ordini, alla quale ancora egli
ev^va» a titolo ai pietà/ fatto qualeheconfideràbHe legato'.-
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PITTORI DIVERSI
CHE FIORIRONO IM <ìUE$TO TEMPO
NE' PAESI BASSI.
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I •
ADRIANO VAN-UTRECHT o D'UTRECHT» nacque in Anrerà
a*i 1 . di Gennaio del 1599. Fu fila manieia ftimatiffima neir imicasuiiie
d'ojzni forca di frotte e animali morti e mi , e particolarmente di Gallitte#
GaUi d' India e d'altri limili . Operò per V Imptfadof e , per lo Re di S4>aKntt
e per altri gran Principi e Signori'; e U fua patria arncch) di befiiwmo
opere fue » ficoome aveva £itto nel viaggiare/per la Francia.» Provenat edl
Alemagna . Fo il ritrattodiqnefto AdrianocokiritodaGioyaniti Meyflenat
ed intagliato dal Wanmana .
GIO. GUGLIELMO BAVVR di Straabor^^ altrimenti detta Aigea^
tina nell'Alfiiasia » feoe cofe lodatiffime di miniatura . Venuto ;a Roma ji
fu ricevuto dal Duca di Bracciano « Portacofi a Venesia nell'anno 16% fs
vi fece conoicere il proprio valore . Finalmente jMtftitofi^dla volta di VìcAp»
-aa • fu arniovenco ira' pittori ddl' Impeiacbre» in <ui ftrntio diedeifiiM
al vivere fooi'atino 14(40. Awva jdtpinixitil pfoprioTÌtacco.di fciM^
che a' è veduto poi fiampato da Giovanni Meyffeua •
\ t
I9ICGOLA CANUPFER imparò l'arte^deUajiittnniin Lipfiada Emanoelo
Nyftn.. Pafsb a Magdemburgh : nel itfjow* fi portò «d utfechc» e fi ciaft-
cenne appreflb ad.iAdb&amo Blopiotert.» dove icondufle. opere belle per lo
Re di Danimarca e per quei cittadini . Si vede andare per le ftampe il ri-
rritto di coftui^ intagliate da Etem de |odè» Ricavato da ({udlo fteuof ekb
egli medefimo aveva colorito dai natoraie "^aUà fua propria pecfona.
JACOPO DI GIORDANO o GIACOMO GIORDANS» pittore di fi-
f;ure grandi , nato in Ànverla V anno i594- ^^^ >n^f^ di Maggio: imparò
'arte del dipignere dal fuo fuooero Adamo Van Oort» e riufcì eccellea*
te» non pure per la bella manierai eh' egli s* era eletta, ma eziandio per
r ottima invenzione e componimento di fiorie facre e profane .
BALDASSAR GERBIER, nato in Anverfa Tanno ijpi. fu ottimo mi-
niatore: ftudiò ed operò in Italia: fu pittore del Duca di Buchingam, poi
del Re d'Inghilterra, che in premio di fua virtù lo fece Cavaliere» e lo
provvedde di nobili impieghi a Brufelles .
LIONARDO BRAMER, nato in Delft Tannoi^ptf. fu pittore univer-
iàlei operò in grande e in piccolo; (tette lungo tempo in Italia appreiTo
al Principe Mario Farnefe» per cui molto operò • Tornatofene a Delft »
N 3 dipinfe
ipB DecetmAtt.dellaPart.l.delSec.V.daliCio.al iS^o.
dipinK ^et Kyfewyci ^[JcIP^UczzadelPfìricipé d'Orangc Fledcrigo En-
rigo » per lo Conte Maurizio di Nafikii, ù per «leti Pòcencati... .
ADRIANO DE BIE fu ^itto/e di figure. grandi . Ebbe fuoi iiataH nella
città di Lira l'anno 15^4- ru in Italia per gran tempo: ebbe un figliuolo»
che fi chiacnò Cornelio de Ke» che fanno 1661. diede fuori un mo libro
in lingua Ohtndefe, intitolato V Auree Gabinetto deUa nobile ArtedeUa Pit^
%ur§
\ f »
ADRIANO VANDER VENNE, nacque in Delft T anno 15^9. ebbe i
|>rinctp> dell' arte della pittura da Simone Vaich di Leida , e pòi da Gi-
rolamo Van Dift eccellente pittore a chiaroTcuro : operò per lo Re di Da^
ftimarca» pel Principe d'Orange» e per altri Potenutt; ma parò fi loda più
iche in* akra cofa » ne' chiarifcurifu buon Poeta . Tenne fua ftahza all' Hay ir »
fece il; proprio ritratto di fua perfona» che fi vede ftampato •
• • • •
GHERALDO HONTHORST» nacque in Utrecht Fanno lypi. appre-
le l'arte dei dipignere da Abramo Blomaert» fbbbónò inventóre e ritrae-
tifb» operò gran tempo in Italia per più Cardinali ed altri Principi . Paf-
Jatofene in Inghilterra » fece colè belle per quel Re, ficcome per lo Re di
Danimuca . Ritiratofi finalmente alPHaya , operò in fervizio del Principe
d'Orange fino ail^ annoi 66 K nel qual tempo ancora viveva « Fece il ritrae^
co di fé ft^bi che poi 61 dato alle fiaiùpe » con intaglio di Pietro de'Jefde,
V 4
I •
' < . <
:.*.
PIETRO SNAYERS, nato in Anverfa 1' anno 1593. fu boniflimo pittou
fé di battaglie è dipaèfi-iin ipicoob e ih grande!; fu piiìtòrè ^fi Aréiduchi
Alberto e Ifabella»: e altre^ domefticò àìSm Altezza il Principe Cardinale
Infìinte in Ifpagna» e di; pia alori>Perincìpt» tenne iìia ftanza a BrufeHeS.
t *
; 1
JACOPO yRAKCQAERT,fa Ar6hicettt»dfell*.An:iduca AH)erto;e Iiw
cemeie ordiotrìo di BniièUes ipei iSenrizib di Sut Maefiè .
C »
» «
FRAN-
'99
FRANCESCO LAURI
PITTOR ROMANO
Difiepolo d^ Andrea Sacchi ^ na$o i6io. # circa al iCi$.
lA abbiamo factMi menzione nel Decennale dal i(^oo. al itfioJ
di Baldadarre Lauri dAnverfa , pittore di paefi» che fu uno
de' migliori diCcepoli di Paol Brilli: il quale dopo avere opor
rato a Milano /venuto ad abitare in Roma, dove poi Tan*
no 1641. finì di vivere » vi ebbe due figliuoli, che tutti e
cui ora
opera con ^ , .
luo^o fi dirà . Francefco adunque t avendo non ordinaria inclinazione al
^ipignere figure, fu àA padre raccomandato alla cura d' Andrea Sacchi »
nella cui fcuola tanto fi approfitcò» che d'afiai giovenile età già prometter
{^ran coSt di fé fieflb; tantoché il padre» che già nel minor figliuolo Fi«
ippo aveva firorto genio non punto minore alla pittura » volle che Fran«
ceico foflè quelli f che sriniegnafle i principi dell'arte; anziché lo fteffo
Andrea Sacchi» che anch' egli lo filmava molto, gli fece dipignere un'ova-
to grande in mezzo alla volta della fala nel Palazzo de' Creicenzj > dove
tapprelencò tre deità» cioè Diana, Cerere e la Luna* ^r formar le tM
Lune» che compongono 1 Arme di quella Cafa. Quefte figure adomò
«gli con nobile aggiunta di putti, che tenevano in mano cole appartencn*
ti a ciafirheduna di loro: e tutto fece con tanto artifizio e con tanu va-
ghezza , che ne acquiftò gran credito* Ed al certo farebbe egli in tempo
flato impiegato in opere di grande afiàre , fé la morte in fui fiorire oe-
ffli anni fuoi » dico in età di venticinque anni , con efiremo dolore def
tuoi genitori, non aveflè recifo il filo di fua vita: che é quanto poffiamo
dire di quello artefice .
N 4 FRAN«
$09 Deeem ULdeSaTartJ. delSee. V,dali€%o.ah6io,
FRANCESCO RUSTICI
PITTOR SENESE
D'^tefoh del Cavalieri ftémfs^ Vdm, nm ....<. -^ 1 61$.
L7 nella cictà di Sirena un certo CrUlo&no Roftìà pittore ,
il quale per ordinario dipinfe afrefco. e oellc gcoctefche
riuicìcosl bene, che nella faa pacrìs ebbe a fare infiniti k.
vorit Dì quefti nacque Francesco Rufticì, pittore akresU
che ne* primi anni dì.rue gioventù giunfo a gran franchezzai
di penn^o: e coqì belle cofe condufle di fua aiano, che &
Berte non Io av«Qè toUo al mondo in troppo giovenile ecà. fi ikrebboho
fènza dubbio veduti concorrere verfo la p«u)na di luì i più nobili applaub
e Is gletric» che nel noftro fecolo hanno goduu i più rinomati mawri di
^wft'arce. La virtù di coftuì adunque ben prefto conf^ciuta da' Serenila
ini noflri Prìncipit come da ogni alerò in To^na» lece sì , che gli faro*
ilo dati a fiu'e molti quadri: fra' quali (bno foiwammodo ledati qviegli«(^
xt^ ciwfècva U Serenìfliino Granduca fra altri di eccellcntiflìmi artefici.
.Tali fono , una Santa Maria Maddalena penitente, in ìftato di fua ultima
^|onìa aflìftiu dagli Angeli; quadro, di cui in quel genere non pare (^ fi
fuDÀ veder coTa ne più bella ne più vera. Un altro quadro* dove m ptùchc
sDczM/igure quanto.il naturale, fono nppcef«nntek.l?itcurtcl^^rc)ur
tetttu:a; ed un altro pure d'un Criftfl appafiionato» a cutiftannó apprelTft
doemanigoldit fi confervano nel RmI Palazzo de' Pitti . Airimperiale»
Villa poco diftante da Firenze» della Sereaiflìma Gvanduch^ Vittoria»
è una Santa Maria Maddalena nel deferto, ed una Noiulata in due qua-
dri, tutte opere bellìflìme . Per Io Cardinale de'Medici dipinte unqtu-
dro della ftoria di Sofonia e Olindo. Pel Cardinale Magalotti.un Criftoi
che lavai piedi a'Difcepoli. :NclJa citclt di Roma nel Greco colori una
tavola d* una Pietà . Pollìede ancora la fua Patria molte opere diXttt mai-
no , cioè a dire , nella Chiefa delle Monache del Refugio un quadro : nel
Duomo nella Cappella di San Giovanni tre ftoiie : nella Chiefa delle Mo-
nache di Vita eterna è una tavola. ed un altro quadro, a cui allora fu da-
to luogo fopra la porca : e nella Chiefiidì Santo Anfano , che dal volgo cor.
rotcameiuefi dice Santo-Sano, fii polla una fua tavola, ed un altro quadro ,
che pure fu collocato Copra la porta : e fu anche parto di luo pennello la
tavola di Maria Vergine Annonziata nella Madonna di Provenzano . In
fomma egli ne' pochi anni che ville , non fece cofa , che non folle degna
di lode: e mofirò veramente d'aver avuto per eredità il genio a quell'ar*
te, mentre tanto il padre, quanto l'avo elzio furono tutti pittori. Seguì
la morte di queft' artefice l'anno i6i$.
SNY-
101
S N Y D E R S
PITTORE D'ANVERSA
Dìfiepoh del "Rubens^ nato circa al 1587* '# circa al 16 ^f.
Ntorno ti fine del paflàco (ecolo vifle in Anverfa un celebre
pittore d'animali groflit che fi chiamò Snyders^ in noftra
pronunzia Sinaiders ^ il quale avendo atteio da principio a
fiir piccole figure > credefi pure forco la difcipiiiia acl Ruoens
fuo maeftro'; finalmente per conlklio del medefimo dato(i
a dipignere al naturale animali groui > cioè a dire , bracchi^
levrieri » maftini ed altri fimili , vi fi fece tanto pratico e valente » che 6i
confenfo afiai comune di maefiri nelParte , fi meritò la prerogativa dei pri«
mo mteftrotche in quel genere di pittura avefle mai uGtto pennello; con«*
ciofoflecofachè egli avefle t anche a parer de* pratici» paflato il Caftiglioni
ficflb: cofa che di ni un altro fi racconta* Onde in un corfo di circa a
Iettante anni che vifle > fjparfe in ogni parte d* Europa fue opere » le quali
non è pmito neceflario il defi:rivere; giacché per la nobiltà e fingdaritè
eh' eir hanno in fc» dico per efler riufcito nuoviflimo il ccmcetto di far
quadri» che folamente contengono fimi I forra d'animali» ognuno» che
vedrà opere di tal fatta* e d' impareggiabile eccellenza, potrà giudi*
carie di mano di lui, fenasa pericolo d' errar gran fatto. Ebbe però co«
ilai un difcepolo» che fi chiamò Nicafio» pure d' Anverfa» che molto
r imitò in cai fona di lavoro • Fu il termine della yita di Snydera circa
all'anno di nofira fidute 1657*
GIOVAMBATISTA VANNI
PITTOR FIORENTINO
*
Difcepolo di Cri flof atto Allori ^ nato 1599. -6|8- \66o.
[ K quegli ultimi tempi del pafiato fecolo » ne' quali la noftra
^ città di Firenze» quanto in altri mai» partorì alle noftre arti
uomini d'alto ^pere, flava godendofi il frutto di compiaci-
isjiflRJiK ^^^^^ ^ ^' onore» che le opere loro» fparfe in ogni luogo di
bSUh» eflà» e per tutta Italia e fuori, le procacciavano : e mante-
nevafi fempre viva altren nella profeilione degli Orefici, Gioiellieri ed
Argentieri I una ftraordinaria applicazione a cole appartenenti al diiegno;
viveva
a<>l Decenn.lll deOaPan. LdelSec. V. dal 1620. al 1610.
viveva Orazio di ÒiovamWtiila Vanni GiojcUiere» e Benedetta di Jaco-
po Torrfghtni di lui conforte t Y una e V altra ragguardevoli fiimiglie , &•
vorite dal cielo di numerofa prole . Di quelli due congiunti nacque alli xi.
di Febbiaja]599. Giovamtntifta Vanni» dì cui io prendo ora a parlare.
E non fu gran fatto i che effendo egli natOi allevato e nutrito in mezzo
all'arte del dìfe^no i appena toccati gli anni del conoicimento » delle
ii'conofcere in (e ileflo un genio non ordinario a cole dì pittura. Que^^
fio però fuccedeva non fenza qualche avverfione del genitore , il quale
^arte conformandofi al quali comune umore de'piii» che è d'allontanare
^1 poflibile dal proprio mefiiere i figliuoli , ftante T averne incamminati
^er lo medefimo altri due, e parte per avere fcorto in Giovambatifta uno
ingegno acuti Aimo e jperfpicace, ad ogni altra cofa penfava, che a quella
^di fatti imparare il dilegno. Ma il fanciullo» il quale a cagione non pure
^'una mirabile vivacità di fpiriti» ma eziandio d* una impareggiabile bel*
lezza di volto e di perfona» erafi $ non dico guadagnato» ma obbligato
ogni volere di lui» poco o nulla ebbe da fare» acciocché egli 1* attendere
la tale profeilione gli permetteflè: ed il primo artefice, alla cui direzione
égli folle raccomandato, fu Aurelio Lomi» appreflb al quale fi trattenne
fintantoché esli fi part> di qua per tornarcene a Fifa fua patria; e dopo
la partenza del Lomi »ftette alquanto appreflb a Matteo Roflellì,* e aven*
dovi fiitto qualche profitto in difegno» (e ne partì . In quelli tempi fi con«
tava in Firenze» fra i più rinomati pittori, Jacopo da Empoli» fiato di»
fcepolo di Tommafo da San Friano , il quale avendo ftudiate molto le ope^
te del tanto celebrato Jacono da Pontormo : e perciò eflfendo divenuto
franchiflimo e fpedito»e di uraordinaria intelligenza in difegno , ave va una
tnolto fiorita fcuola di giovani : tantopiù» perchè allora di fiate e d* inver«
ho» facevafi in cafa fua Accademia i e tenevafi il naturale; fra quefti ^o^
vani ( così permettendo il Padre ) ebbe luogo il noftro Giovambatifla.
Or qui non fi può dire » guanto di nuovo apparifle agli altri giovani
Còl giugnervi di coftui » dico d' un giovanetto di ftraodinaria bellez-
za» e di cosi attiva e focofa vivacirà» ia quale anche avrebbe avuta ap«
parenza d' una quafi indomabile e odiofa ferocia , fé non fofle fiata una
certa grazia e leggiadria naturale» con cui esli condiva ogni fuo gefto.
Divenne fubito quella fianza T abitazione dell' allegrezza e del rifo » per
non dire de'traftulli e delle baje. Al maefiro» per efler uomo piuttofto
ruvido» ed in età affai avanzato, ciòpotea poco piacere? tantopiù» che
a lui medefimo talvolta, fenza faper da chi la cofa fi venifie» toccava a
eflere il foggetto delle commedie» che fi facevan fra loro» e *i termine dkl-
le fpiritofe burle, che dal Vanni ogni dì s'inventavano. E per darne
un faggio, fenza pafiàre a molte altre, che potrei raccontare » affine di
non tediare il mio Lettore » due fole ne accennerò : e furon quefte •
Aveva l'Empoli nelF orto di fua caia una beliiflima pianta di fichi brogiotti:
e comechè eg/i molto fi dilettafie di quel frutto , la fiimava una folenne
delizia ; che però era in eflà cafa» e tantopiù nella fcuola» divieto in-
difpenfabìle a chi fi fofie, d'accofiarfi alla medefiroa» non che di toccarla»
o punto o poco alleggerirla. Il Vanni» che ficcome aveva affai migliore
fiomaco
ftomftco dèi maeffaro , e per confegucnza |riù appetito» così malamente fo&
fnra di non avere a godere dì quei fichi» come fanno i buoi al monte di
Fiefole, che guardan l'acqua del fiume Mugnone , e quanto al guftarne té
la paflano con una leccata di bocca e non più; andò penfando al modo
-di sfamare fé flcflb e gli altri giovani ; e una mattina, clie eflendo venuto
un poco' dì pioggia, era la terra dell'orto alquanto tenera e molle» aven^
do priina filtro procaccio di un par di fcarpe di un villanello, afpettò che
il maeftro fofiTe, com* era folito talvolta» andato fuori di cafa a fue fac^
cende; e cambiate le fue colle fcarpe del villano, fé n'andò alla voludel
fico : e fra quelli eh' e' mangiò egli »,. e chediftribul agli altri giovani» mef»
felo quafi in giorno affatto: voglio dire» che intorno a* già maturi poc»
fino a quel dì rimanea da fare : poi rimpiattò le fcarpe defcontadino» e le
proprie fi calzò . Fecefi l'ora del definare • e tornatotene V Empoli a cafa» chi
aveva Pincumbenza d'apparecchiare andò per prendere i fichi: e trovato
^h' egli eran già ftaci colti tutti» fecene confapevole il padrone» il quale
tutto infuriato fé n'andò neir orto, riconobbe il fatto» e oflervando per
lo terreno» vedde imprefiè nella fanghiglia le pedate: ed immaginandofi
ch'elle foflero deTuoi giovani, fubitofi diede a credere d'averli arrivati.
Or mentre efii zitti come olio fé ne (lavano al lorQ lavoro». egli incominr
ciò a chiamarli ad uno ad uno» fiicendo a ciafcheduno cavar le fcarpe»
le quali andava fopra V orme medefime mifurando : e trovandole » ficcotne
lempre le trovava o più lunghe o più ftretce» rendevaleal giovane» di*
scendo» vatti con Dio, che tu non Iciftato tu. Intanto quei ragazzi fpet-
tatori del bello fcherzo, crepavano dalle rifa. Fatto finalmente che lu il
rifcontro» il vecchio reftò capace » e i giovani aflbluti» mentre egli fi die-
de a credere » che quel male o da' vicini o da ogni altro in fomma foflfe (ta-
to fatto» fuori che da loro. Venendo ora all'aura burla» è da faperfi» co-
me l' Empoli dilettavafi oltremodo di efler regalato , ficcome nelle notizie
della vita di Ini accennammo; a fegno tale» che nefluno per ordinaria
poteva dar moto a' fuoi pennelli» ne farlo applicare all'ordinato lavoro»
fé non a forza di donativi , Riponeva egli le cofe donate in luogo ficuro»
deftinato loro , valendofene appoco appoco a fuo bifogno : e una volta
n bel falficciotto»e quello manomefib» Giovi
mpo che il maeftro non poteva oflèrvarlo » e
igliavane di buone fette ; e perchè V Empoli
potefle accorgerfene così di fubito» con cenere del focolare copriva gen*
tilmente il luogo del taglio. L' Empoli » che fra V un pafto e l'altro lo
vedeva (cemare: ed all'incontro oflervando che la tagliatura era coperta»
da quella eh' e' credeva la folita fidamela» non fapeva a che fi penCare.
Infine, per alquanto chiarirfi, cominciò a non mangiarne; mail falamc
contuttociò fcortava a più non poffi>» efempre appariva il bianco della
falamoja» ond' egli» per cosi dire» ne impazziva. Durò la trelca finché
del falficciotto poco altro rimafe che la culatta e la legatura; ed egli allora
chiarito affatto» eh' e' non poteva efleriène andato per infenfibil trafpira-
zione; finalmente trovò modo d' eflerc informato del tutto , non (^nza
maiavjgliarii in & fteflb del fegno » a cui giunge ben fpefib l'afluzia di un
ragazzo
204 DecemMl della Pirt. L dtlSec, V, dal 1 ^20. al 1 6^0.
V
ragfttzo fpiricofo . Né io vogU« diie» quanto del buono riafcimento delb
burla fi godeflè il noftro Giovambatifta » il quale» o perchè avendo comin-
ciato con quefte o fimUi cofe a troppo fpefleggiare» ne foflc via mandato;
o perchè avelie tfTai migliorato il gufto del colorire» onde volefle cercare
d'apprenderne la più eccellente maniera: o veramente perchè defideraffis
di trovar luogo, dove il romoreggiar de* giovani» e le loro baje non fof*
fero ofTervate cosi per la minuta ; fi partì da quella fcuola» ed a quella fi
portò di Crifto£ino Allori : nella quale» come dicemmo nelle notizie della
viu di lui» i piti bizzarri» i più fiiceci» e iton fo s* io mi dica q|uegli» che
fiipean fìtrfi fra loro piùinsegnofebiichenche» facevano lamiglior figura;
conciofoflécofachè affai più fi conformaflero all'umor del maefiro» allegro
t bajofo al polfibile. Era allora GiovambatiiU in età di 17. ^nni » e già
dair Empoli aveva apprcfo affiti bene il modo di manegeiare i colori» ma
pervenuto nella fcuola di Criftofano» vi fece gran profitto, conformai*
dofi molto ai di lui modo di colorire » il quale fenza dubbio loaverebbe porw
tato a* primi pofti nelP arte fua» fé egli TavelTe feguitato iempre ^ il che
non fece. Lafciò la fcuola diCriftofano per canfa della fua morte» fegui*
ea del 1621. e datofi agli fiudi di Archioectura e Profpettiva nell' Accade-
mia di Giulio Parigi» fi fece affai pràtico in tali facoltà; e per la Compa»
gnia dell^ ArcanMio Raffaello, detta la Scala» dipinfe affai profpettive» e
rdinò più macchine» le quali nelle commedie » che erano da 1 giovani del
ordinò più macchine» le quali nelle commedie » che erano da 1 giovani della
medefima rapprefentate, diedero granfufto* Aveva egli già cominciato
ftd operare nella fua propria cafa • e motti quadri aveva fatti di buona ma»
tiiera» quando finalmente uno e bellifiimo ne conduffTe, cioè. a dire» uà
San Benedetto » allorachè da un gran faflo » deftinato per la fabbrica di uà
fuo Monaftero» difcacciò il Diavolo» che per renderlo immobile aqual^
fifofle naturale violenza» vi fi era fopra poiato. Quefto quadro gli^or^
dinato da Niccolò Vanni fuo fratello » affine di fervirfene per onorare la
Fetta del Santo nelht Compagnia di San Benedetto Bianco k la quale egH
era folito frequentare con grande affetto . Moffo tuttivia piìi dal defide^
rio di avanzarfi nell'arte» fé ne andò a Roma» dove fu ricevuto in cafii Ac^
ciajttoli : e fotto la protezione di quefii e di Monfignore Corfi » in quella
città fece molte cote» che lo fecero conofcere per giovane di gran valo^
re; onde lo fteffo Cardinale Antonio Barberini volle farfi fuo difcepolo
neldifògno. Gli fece dare ftanza a San Pietrore volle che egli dipigndfii
g<i Stendardi e altro » che occorfe per la Camonizazione di Sant' Àndcct
Corfini: e dì più vi dipinfe una tavola di un San Lorenzo in gloria» do-
ve rapprefento alcuni Angelettì belliffimi; la qual tavola per alcun tem<*
pò ftet^e nella Sagreftia di San Pietro. Pure nella città di Roma fi mefle
a copiare un Baccanale di Tiziano» in quadro di tre braccia e mezzo in cir*
ca » dove fra moire figure era rapprefentata una femmina nuda che dormc^
Quell* opera gli fu pagata dugento feudi, e poi donata a perfona grande ;
0>munque poi s^andafle il fatto» quefta bella copia» tornato ch'egli fu a
Firenze» venne di nuovo in fuo potere» e tenacia tempre in pregio; at-
cefo maffime,che l'originale già era (lato dal Cardinale Lodovifio manda*
to in dono alla Mi^^fià del Re CettoUco* il quab (come fu. detto allora)
per
GIOVAMI ATI STA f^ANNL lo^
t>er tp^zzo del fup Ambafciadore ne aveva fatto offerire al Cardinale ven^^
timila feudi ; ed era anche Ilato concetto comune in quel tempo, che il vaf«
fello che portava ()u?fto teforo , a cacone d' una furiofa tempefta) faceffe
nàufil'agip nelle còde, d' Olanda. Qiiefta bella copia» dopo la morte .de|
Vanni, p^fsò alle mani di Bettm Ftanccfco Seminati: di che avendo avu-
ta lioikia là gloriofa memoria del Sèrentlfimo Principe Mattìas dìTofca-
lia, domandplla a! medéfìmò Ih pagamento; ma perchè eglirecusòdi trat««'
tqr con quei Principe cpn termmi d' interefle , egli non la prefe altrimen-
ti, ma volle che per. mano d'eccellente maeftro fofTe ricopiata. £ queftò'
è /quanto all'opere» che è venuto anoftra nocizia,cheface(ìe inRoma tlno«
Uro artefice» al quale veramente pofliamo dire» che tutto il contrario ad^
diveniflè di quello » che ad ogni altro accader fuolè ; conciollìacofachè eglf
fi'portafle colà» dotato di un' ottima maniera di coloritore poi a cagiona;
non fp di che» fé ne tornafle alla patria » in quella parte tutt* altro da
^uel ch'egli erà> di che fa chiara teftimonianza la tavola del San Loreiìzo
in fuha graticola, che egli fece in quel tempo per la Chiefa di San Simone.
Córreva già T anno i62p. e dell' età del.noftro artefice il trentefimot
quàiido egli pef defiderio di vedére le maraviglrofe pitture della Cupola»
ed altre di pàano'dèl Coreggio» fi portò a Parma; e perchè il padre/ dei
graA guadàbili di fua profeflione , iacevagli alla giornata buone rimefTe»
potè a fuò Deli' agio trattenerli. colà» e sfogare il fuo vlrtuofo genio ne*
gli iludj dell'opete di quel gran maeftro. Vedde la (lupenda tavola, fatta
dal nicdetìmo per la Chiefa di Sant'Antonio: e tanto fi adoperò» che ot^
tenhé di poterla copiare a tutta (uà comoditi e la copia riufcì sì bella»
credetti per dire» che appena T occhio ben perito e intelligente» vale a
diflinguerra dall' originale. Ed è quella Ilefla(> che pòi énitl i fuoi ftudj » '^
egli fi porto a Firenze: dove in proceffo di temtpo . a cagione del mòh;o
(pendere eh* e* faceva nel buon trattamento di fé fteffo, e talof a ne' trat^
tenimenti'del giuoco» veniva in non mediocre flr::ttezza ; e una volta
impegnolla per dugento feudi, avuti in pr^f^o da nobile perfpna. Qùellp.
quadro poi, 4^ luì recuperato > rimafe nella fua eredità; e finalmente venne
tra alth'in mano di Bettiri Prancefcò Seminati negoziante» nato di nbbi-*
le cittadino della città di Èergama » og^i noithj cittadino Fiorentino*
H^^iacchè ^arliadiò dèi Sedjiinativ non lalcerb di dire; còme ilmedefimo»
cbmè qi^égii che/ all' integrità dfelfa vira,^ gentilezza di maniere, ha con-
giuntò un* grande affetto » ed tihanoh mediocre intelligenza intorno alle
còfe dell'arti hoftre» conferva fra altre di eccellenti artefici, non foto la
bèlHfKtDti còi^iàV^mà eziandio un^alà'a di maho'dét Vanni medelimo» fatta
a maraviglia bene da una del P^^rmigiano : ed è uns( Vergine col fanciullo
Gesù . Maf noniì fermarono gli lludidi Giòvambatifta nella fola copia della
bella tavola» ed aitile 'pitture ^dl gtati maeftri Lombardi» come detto ab-
biamo/ ma "pptìofi attorno aUà grand'- opera della Cupola del Coreggio,
non folamchte ia^oifegnò^ttttiòii^'ma pbi a fuo^tempo, a benefizio univer-
fale» lahicagltò all'acquaforte, conche refe comunicabili » non folo alla
patria"; ov7rir^ar(èr6*rc aftetteflà ifiSSéEma,^ le '
mirabili idee di quei loblunii&ma artefice. Circa a quefti tempi ebbe •'
^ dipi*
zoS Decem, ìli della Part L delSec. V. dal 1 6%p, al 1 6x o.
li
dipigoere per lo Sereniamo Principe Mtttias di Tofcant una gran tela,
qol ritratto di lui a cavallo, opera lodata: a cui da queir Altezza fu fatto
dar luogo nella fua Real Villa di Lappeggto. Colori anche d' alTai buon
uflo un quadro di mezze figure t nel quale fece vedere il ritratto di (e
eflb con bizzarro berrettone in capo i e con ricca vede» il tutto tocco di
fòrza: evyi anche dipinta una vaga donna ed unavviftaco giovane,che accor-.
dà uh violino» accoftandofelo con bella grazia air orecchio .* la quale ope**
ra pure poffìede Bettin Francefco Seminati» di cui fopra facemmo men*
zione (tf) . Partì poi un'altra volta di Firenze $ è ii portò a Venezia : óve trat-
tenuto con dimoftrazioni di grand* amore da' Signori Corhari, ebbe occa*
ilohe di copiare le migliori pitture di quei grani màeRri: fralte quàli^fa
Snella delle Nozze di Cana di Galilea del Veronefe • la quale poi intagliò
I' acqua forte» come fatto aveva la Cupola del Coreggio. Il difegno
della medeiima » fatto di matita nera» condotto con grai{de accuratezza e.
tócco maeftrevòle » venne poi in potere della glorioik memoria del Cardi-'
naje Leopoldo di Tofcana; e le carte ftampate (i fparfero in Firenze e per^
altri luoghi d* Italia e fuori . Mentre egli fi tratteneva in cala i Cqroari»'^
occorre» che tòrnandofene egli un giorno da fue faccende» veddévi <;ppQi-?
pariré un cane Corfodi froifurata grandezza , che iiava a guardia di^qucUa,
cafa. 'Eraquefto tutto affannato» e con lingua pendente dalla bocca» còV
me è lolito di quegli animali» quando hanno molto camminato o combat*'
turò con altre fiere, e fianco e anelante fi pofe mezzo a giacer^ in àflai*
praziòfa attitudine in una certa loggia « il Vanni allora i che aveva prpntìj
1 pénrielli, tela e colori, fi mi fé a ritrar quella befiia al naturale»' che riufcl
cofa fatta di buon gufio. Di qucfto quadro fi fervi poi nella ftorìa, di che
apprefib parleremo, eh' e' fece pe' Frati del Carmine : e oggi fi trova lo
ìttSo\ pure apprefio al Seminati. Tornàtofene a Firenze, dlpinfe più ta-
vole ber diverte chiefe» non folo di efia città» ma di Piftoja', . Livorno ed
altri luoghi dello Stato, delle quali non facciamo particolar menzióne»
sì per fuggir lunghezza, sì ancora perchè in efie non fece comparir graa.
fatto il (uo (àpere, e '1 frutto delle fatiche durate nelli (lud)di Roma e ^
di Lombardia , Fu poi chiamato a Ferfara da quei di cala Rimbaldefi » nobili
Fioientini, pej li quali fece molte òpere: e fra quelle una grande fioriai
della Pacefeguita fra i Guelfi e Ghibellini «alla quale fi trovò unp di quella
famiglia: ed ancora per altri Òentiluominì cppdufie altre, pitture: è neillo,
fieflb^tempò ebbe ordine di Venezia/daf nobile Qio. Giufeppe Torha-
quinci, di dipignere un quadro» che doveva fervire x)er una delle parti la* '
terali della Cappella di quella famiglia in San Michèle dagli AatÌQorj.%;
e aveiidone avute di Firenze le mifure» conduCTe il quaiìro, nel quale rap-
preferito il miracolo ' ' "" -- • ^- .. ^ ht ì. s^
lufcitare un morto. (
luogo, e rimane tuttavia in mano degli ere'd^^^..^ - — ^ , -,,-.^
mato a Ravenna in tempo dqlla Legazione del Cardinale Spada» che gli
,' diede * -
li Firenze le mifure» conduCTe il quailro, nel quale rap-
alo del Beato Eugenio, Dicono di San 2anobi , di ru
. Quefia , che .rivfcì belj^ opera , non fu ppljpofia a fuo
ittavia in mano degli eredidello fteflby anni., Fu chia*^
■■■■' ■ . I '.' M . } ". ' ■ "n
(a) // ritratto di Gio.^ Batifia t^àfini^ fatto di lui mtdtfim in ntez^a^fiff^ra ^W-
de quanto 'il naturale i e appreso U Dottore Anton Maria\Bifcioni .
GÌOVAM^BoiTlSToi VUNNL 207
diede ftin^e nel proprio Palazzo > e Io fece operare molto per (e e per di«
verfi Gentiluomini di quella patria. Ritornò a. Ferrara » e di W ^ pan\ alla
vòlta di Firenze t con avanzo di mille zecchici, co' quali e' recuperò la
bella tavola della copta del Còreggio , e diede {^(o a moke coTe fue t rU
toafe alquanto difaftratet per la molto che gli eran e;p(lati gli foàfli conti^
novi e le converfazioni . In quefto tempo dtpinfe a freico il Tabernaco*
lo die fi vede a pie dell' ena de' Cappuccini di Montai, nel quale figurò
Ctrfto noftro Signore morto, foftenuto da Angeli I e da itati San FranceCco
e M Beato Felice "Frate di queir Ordine : nel cartone oella quale opera
ebbe qualche affiftenza di Domenico Pieratti, Scultore e ottimo dìfegnato-
re» col quale egli ebbe non ordinaria domefiichezzi • Aneora|>er la Ghie-
fa de'medefimi Padri dipinfe la tavola dello fteflb Beato , pofta nelPulci*
ma cappella verfo T A Itar maggiore . Per le Cafe de* Guicciardini » Gri-
foni» dTel Turco e altri Gentiluomini Fiorentini fece più quadri : e per 11
Gattefchi di Piftoja una ftoria di Moisè»che fii fcaturir l'acqua dalla pietra.
Nel Convento de' Frati del Carmine di Firenze, in tefta al loro Refettorio»
dipinfe a frefco il Convito di noftro Signore in cafa del Fàrifeo. Venuto
V anno 1651. volendo i Frati Predicatori del Conv(
651. volendo i Frati Predicatori del Convènto di San Marco
dipignere gli fpaz) laterali d' alcune lunette nel Chioftro fopr^ certe por-
te » nel mezzo delle quali lunette veggonfi fino al prefente tempo dipin-
te fiicre immagini di mano del Beato Giò. Angelico Religìofo di loro Or«^
dine; ne diedero la cura al Vanni: il quale in quella, che è foprt la por-
ta che entra in elfo chioftro dalla parte delia Sagreftia, ed ha nel mezzo
r immagine di San Pietro Martire, dipinfe da i lati le figure della Fede
e della Speranza: e nel primo peduccio della volta contiguo nella perdo-
na di Fra Girolamo Savierre, ctnquanteiimó fecondo Generale di queU*
V Ordine, fiato CQnfeflTore del Re Filippo IV. fatto poi Cardinale T^n-
061607. da Paolo V. dipinfe T efiigie del Padre Maeftro Fra Francefco
Maria Campani, detto per eccellenza il Padre Campana: il quale avendo
in età di doAci anni a*2tf. di Marzo 1592. veftito quell'abito nello fteflb
Convento, e fatto poi gran profitto in facre lettere, datofi alla predica-
7ionei e avendo predicato prima a Colle, poi ad Arezzo, a Grofieto,
Siena, Lucca, Verona, Cremona « Milano, Palermo, e più volte a Fi-
renze, Ferrara, Venezia, Roma, Napoli » Turino ed altre città d'Euro-
pa, a cagione non folo del naturale talento, ma eziandio d* altee partico^
larifiime qualità , che egli ebbe in queir uficio, che però n' era chiamato
da Paolo V. il fecondo Paolo ; fu per opera di Francefco Cardinale Barberi-
no Arciprete di San Pietro, dichiarato Predicatore perpetuo di quella Ba*
filica. Nelli fpazj lacerali della lunetta, dalla parte oppofta a quefta, la qua-
le ha in me/zo una immagine di Crifto morto » di mano del detto Beato»
dipinfe la figura della Carica con alcuni putti , e quella della Giuftizia»
Sopra alP altra porta, che è dalla parte della piazza, nella lunecta ove è
V immagine di San Tommafo d' Aquino, dipmfe Sant' Antonino Arct^
vetcovo di Firenze, e*l miracolo delta chiave ritrovata nel ventre del
pefce: e nel peduccio deftro nella perfonadi FraMicheleMazzartni,Mae«
Aro del Sacro Palazzo 1 poi da Innoccnzio X. fatto Arciv^covo d' Aix , poi
Cardi •
f©8 Decmi^ltt.dtUaPmA.dtlSu^^
Cardinale dì Sanu CeciUd * ^ dal Re Criflianìffimo dichiarato Viceré ^ Ca^
talogna» morto a' 31. d'Agofio 1(548. rìtralTe l-ef^ie del Servo di Dio il
Padre Maeftro Fra Ignazio del Nente» Reli^iofo pure di queir Ordine^
che mori a' 27. di Marzo dello fielTo anno, il quale pe' molti devotiflimi
libri che diede alle (lampe» fece conofcere la piropria dottrina e religiolà
bontà» Fra quelli libri è la Vita del Beato Enrigo Sufone, e della nollr^
Venerabile Suor Domenica del Paradifo. E pef vero dire, quefie opere
dipinte dal Vanni in quefto chioftro, coltone alquanto di franchezza di
pennello, non hanno in fé i>erfeziotie che ne pv(nto ne poco le agguagli a
quelle ch'egli fece ne' primi tempi.
Venuto l' anno 1 660. e dell* età di Giovambatifla il fefiantefimp primo ;
venne voglia all'Abate de' Monaci Olivetani di Pifioja di fardipignere i|
firefco un Chiollro del loro Monaftero, ed al Vanni ne allogò quel!' opera:
il quale avendo vifitato il luopo» e convenuto il prezi^o cpfr Abate , ne fé*
qi in Firenze i cartoni; e poi, qualichè avelTe preveduto» che quella do«
yeffe eflere l' ultima dell* opere fuci licenziò ogni altra occafione». dieclf
accomodamento a' proprj interefli , ed infieme con Coiimo Segoni fuo di*
fcdpplo fé ne andò a quella Badia . Trattennefi occupato in iquel lavoro
alcuni mefì: e finalmente avendogli con fodisfazione di quei Monaci e
deli*^ Abate dato fine, deliberò di tornarfenea Firenze. Qge Padn, a \
qiiali molto era piaciuta la fua converfazione, non gii permefTero per aU
lora il partire; perchè vollero per ogni modo che egli fi xrovafle allace^
Ba che dopo una lor fella dovevano conforme al folito fare tutti iniieme;
a] che non feppe il Vanni contraddire. Veline il giorno della fefta^.c fa
apprettata la cena , la quale a cagione^ del gran caldo dovea farfi aU' aria
aperta (òtto una bella pergola, ove era un rivoletto d' acqua cri(lallina, la
quale cadendo da una viciua rupe c(Ki bel mormorio (correva a dcfUzh^ci
quel lupgo • Venuta Poradeeermiiiata^ adagiaronfi tutti a taf ola: con iftra^
ordinaFia allegrezi^a e giocondità; ma non era ancora ammezzata la ceinaA
che il Vanni prefo da ecceflb. di calore fi tra0e il cappello, e appoco^ap-»
poco (ènuiiì come trafiggere la teda da una atroce puntura. Mefiefi di
inibito le mani al capo, ed in breve Xvanì il dolore. Seguitò la cena « do-t*
pò la quale al folito andò a fuo ripofo, con animo di partir la mattina alla
volta di Firenze. L'Abate, che molto lo amava, fatto gelofo dall' occor-
£a n^yiià del Vanni, la mattina per tempo andò alla fua camera» eirtro*
vollpin atto di veftirfi» interrogatolo come fé la paflafie» e* n'ebbe pw
rifpofta , parergli d'efler alijuanta sbattuto.: e toccatogli il polfo , fentì che
egli aveva la febbre, da lui però non punto conofciuta, come quegli che
non mai in tempo di fua vita l'aveva provata. ISon volle l'Abate a ve*
XfìTì patto che egli ufciffe di lettor ma la febbre intanto cosi impetuofa-?
mente fi accrebbe^ che in fette giorni Iq condufTe alla morte, che feauì
4lli %f. di Luglio dell'anno 1660, II fuo corpo, in efecuzione di fua ulti-»
ma volontà, fu portato alla Chiefa di Saft Francefco di Paola, poco lun-t
gi dalle mura di Firenze y fra la Porta Romana e San Friano, e quivi ono-
revolmente fepolco . Era ftato il Vanni uomo di tanta robuftezza t che
non folamente, come poc'anzi accennammo, non mai aveva provato al-
cuno
GIOVA MB JiTlSTA VANNI. 209
cono accideiiM'di malattia; ma aveva avuto foncé per reiiflere a ogni ék^
ftjio» e per reggere» per così diret a ogni difocdine: e racoontafi di toi«
che egli talvolta ne* tempi di gran caldo ftefTe fino al numero di 24. ore
neir acqua d'Amo lenza ufcirne mai « Si dilettò molto della mufica; e fa
di ^enio sk allegro» e di sì gran vivacità di fpirìti dotato» e ne i detti 0
ne 1 fatti , che era cof& maravJgIìofa » e come quegli » che non degenerane
do dagli antenati I ebbe tratto e concetti cìviliflimi» con cui accompagnò
fempre ogni fua azione. Non fu folito hx cok» eziandio in quegli ftefli
trattenimenti» che fogUono efler propr) di coloro» che vogliono per ìmqì
modo darli buon tempo» che non avefle in fé fteflb (fenza «eruna affec^
(azione però ) un certo che dei nobile e del grande ; onde era per ordina-
rio accettato in ogni piùraaguardevoie converfazione » e fra i profeflbri
comunemente chiamato itnctor gentiluomo . Fu molto aflfezzionato aU
l'arte ina) che però frequentò fempre l'Accademia, difegnando con gli
altri il naturale, del quale perlopiù egli fteflo accomodava 1' attitudine»
Queft' affezione all'arte non ebbe però molta forza in lui di farlo amico
degli artefici» a cagione di un mancamento eh' egli ebbe fempre, di non lo«
dar quali mai, anche le opere de' buoni maeftri: e non mancarono cafi»
ne^ quali per tale fua libertà egli ebbe a venire co* profeflbri a non ordinar}
cimenti. Dife^nù non (bio con franchezza, ma con pulitezza e leggta^
dria: anzi è opinione fra gì* intendenti , che il tanto difegnar eh' e* fece »
particolarmente con matita rofla e nera» gli togliefle il buon gufto eh* égli
aveva avuto dalia natura j e'I profitto che con tante fue faticne egli aveva
£i€to ne' primi tempi nelL' ottimo colorito } onde gran parte delle opere
file» fiatte .da certo tempo in poi, fono fiate prive di tale perfezione » ed
hanno avuto in fe alquanto dell' ammanierato. E vaglia il vero, che fé fi
c<mfiderano gì* infiniti di&gni » che fi veddero di mano di lui dopo fua
Morte» fatti per i(hidio» aggiunti tanti altri, fiitti per puro gufto di dife-
gnare» come le opere della Cupola» ed altre di Lombardia . che egli poi 9
come (opra dicemmo» intagliò in rame airaoaua force : t difegni, che egli
ad infianisa di Bartolommeo Gondi fece, in Firenze di tutte le pitture di
Andrea del Sario. nella Compagnia dello Scalzo, che poi furono intaglia-
tela Domenico Faicini»* verremo quafi a dire, che egli più difegnò,che
e^nondipinfe. E giacché parliamo delle pitture dello Scalzo , èdafaperfi,
che trovandofi.le medefime inx|uel tempo abbacinate, anzi coperte dalla
polvere, che per lo lungo cor(o desìi anni, e per la poca curaeraviiì fo«
praafiodata, il Vanni, prima di ditegnarle, con gentil maniera le. ripulì,
e fece più godibili, fenza punto aggtugnere o levare alia pittura. E perchè
tale fua faccenda, che bene gli riufcì, per Cbmpre apparifie, lafciò nel
pfimo ({ito, lenza punto toccarla» una particella di efle dietro ad un S Gio*
vanni (opra la porta. Vedefi il ritratto di queft' artefice del tempo ch'egli
era giovanetto di 17. auni^ fatto da Jacopo da Empoli allora fuo maefiro,
nel belliffimo quadrò vdel. Santo Ivone ,che egli coiofì per li Signori del
Magiftcaco de' Pupilli, ir ritractoiece ivEmpoli \^t rapprefentaie il volto
della vedova, che fece vedere in eflb, in atto di raccomandare i [nroprj
figliuoli alla protezione del Santo •
^ O Reftò
^i o DeeènàM.Ma Parti deiSecK M i iiò. alieno.
■ ■ . Redo dopo la morte d^ Vanni un fìio diicepolo . chiamato Cofimo
Segoni da Monte V'archi , giovane cofhunato e devoto , che fii eitede del»
ftud) del maeftro , Quefti elTendofi eletta una maniera dolce e ditette^ole
jnolto, sverebbe fatto gran pxofìtto nell' arte » Te non che nd dipignne
£b* e* faceva un gi(ffno una gran cela* eperò fìavifì ritto fopra una certk
carola» volle tirarli addietro ^r guardare il ftttoi ed efTcDdofl perfòrA
dell'applicazione al lavoro ,. dimenticato, che oltre al piano della ctvolt'»
Ipazio non rimaneva ove po&re il piede, cadde all'indìecfo, a* Cagiont
^la qual caduta» in capo a pochi giorni, con gran legni perù di-relr-
poiàbonti, fece paflaggio all'altra vita. (>. . ^
CESARE D ANDINI ;
PITTOR FIORENTINO
Dìfcepolq del Cavalière Curra^f nato sma tf/1595. •$• \6$Z,
> Dandini Fitcor Fiorentino » nacqne nelh cicca di Ftren-
:irca all'annodi noUra laluce 1^95. e porveaiKo agli ainii
conofcimeato, diede fègiii d'arce avuto dalh naturi Qn-
vivacLe fieri» ma non panco lontani» a tempo* ti hiogo »
{uella docilità, che è acceiTar» 2, colorotchefino dkVbei
^iiiicipio di^nane d'ineamminarfi per la vìa doli* vèrtù^<
(Hide avendo neldodicefimo anuo di itia «ce mpftrata gtande inetìm^ìdn*
^Ila pittura » fu forza a Piero £iia Padre 1* applicarki a quelP àree : e diedelo
alla cura del Cavalìer Curndì . U giovanetto , che innamoratiffitno «ra di
quello Audio» non lafciava fatica» pergrandech'etlafofic, per prafncar»;
ed almaeftro, il quale colla fotìta fua carità «lamftfe-glt affifteW' predava
unta obbedienza , e con tanto oflequio lo aSieconcfaVa , eh* era proprio
npo flupore; non potendo foffriredt perderlo di vifta anche ne'gìo^nifè^
Itivi» ne'quali portavalì alla fua «afa» dove con grande ofl^rVjmMj perfiin
lo motivo di filiale amoreT l'ajucava e Cervira : al qa(tle corrHpbmtendo \\
Curradi . molto bene coltivo quell'ingegno » talmencechè in breve tempo
conduflelq a contraffare la tua propria maniera, per modo che le opere del
maellro a gran pena da quelle dei difcepolo fi diAìnguevano > di che £inna
fede due quadri condotti da lui in quella tener» età , ■ che poi reftaiiano iq
mano de' fuoi eredi : in uno dipintovi Sah FranCefco e San Domenico»
in atto di abbracciarli: e nell'altro Santa Ocerina Veigine « Martire <
In quel tempo pure dìpinfe una cefta d' nn&ce Marna , il -quale per^
nuto poi alliC mani del celebre pictiore iMonsù Giuftò Subtéjìnans, «W»
luo^o in cafa fua fra le più belle pitture d'otcimlnaeftri, non fapendo
pero egli da qual mano foiTe ftato dipinto % tantoché .una voha potcandofi
aquellft
CESARE BAND INI. ut
t: qoella etfa Filtro da Cortona > accorapagnacovi da Vinceheio Dandini \
fratello di Cefare» e difcepolo dello fleflb Cortona, per vifitar Giudo, ed
infieme per vedere le cofelue, diedegli moke lodi eiàgerando fua bellezza i
csentre Vincenzio, che ben fapeva chi aveva fatto il quadro, per non di-
ninttire il concetto air opera, o pure a & medefimo la fede collo fcoori^
re il nome dell'Autore , e il tempo in cui fu fotto, attefe ancor euo <
lodarlo fenz' altro più dirne. Era Celare Dandini giovanetto di vago afpet«
to • e di belljffime e pittorefche prooorzioni di volto ; onde il Curraai fì|
(olito ritrarlo nella più parte delle lue opere, particolarmente ove dovei
rapprefentare volti di femmine; perchè, come quelli che tenea vitaca^
fiimma, rare volte, o non mai* s'impacciava con eile, anche per ciò che
alla fua profeffione appartenea. Uno di quefti ritratti, facto al naturale
dalla faccia di Cefiire , per quanto da perfoiia antica, e che ben conobbe
e praticò in quei tempi r uno e l' altro , è il volto di quella Vergine con
Gesù Bambino , che il Curradi dipinfe nella più alta parte della tavola di'
Santo Ignazio di Lojola, che fl vede nella Chiefa de' Padri Gefuiti di^
San Giovanni nella prima Cappella dal lato dell* Evangelio: e fimilmen-
te il volto di alerà Vergine con Gesù in un'altra tavola di Santo Ignazio g
^che confervano quei Padri in una delle fianze di lopra del Collegio » che
al preferite ferve per Sagreftia della Congregazione de' nobili e degli arti*
(li . E^anche tratta del fuo volto T effigie d' un giovane, che lo flefla
Curradi colorì nella tavola, che veggiamò oggi nella Chiefa della Ma«
donna de* Ricci de' Padri delle Scuole Pie ; Creiceva tuttavia 1* affetta
del Curradi verfo la molta virtù dello fcolare, intantochè talvolta pò-»
nevafi a riipproverare il proprio fratello', che ancora egli attendeva all«
Inctura» la . tua diappocaggine , e dice vagli: Guarda qua quefto fitnciul**^
o^ che. in sì poco tempo già opera meglio di te, che tanto hai profeC*
ÙH quell'arte: ì quali rimproveri, aggiunti al valerfi, che faceva il Cur«^^
radi deli' opera di Celare per aiuto in fuUe proprie tele, non lafctò di
partorir qualche invidia nel cuore del fratello: ed una volta che la glo**
riofii memoria del Sereniffimo Granduca Cofìmo II. fi era portato alla
ca£i del Curradi per vederlo operare ( onore ftato folito di^ fare quel gran
Principe anche ad altri buoni artefici del fuo tempo, feguitato poi da^
fuoi, gloriofi fuccelTori ) il Curradi gli volle moftrare il bel quadro della^
Santa Caterina: e fattolo per gran pezzo cercare» alla fine li trovò eflere
fiato nafcofo in luogo da non poterli quali trovar mai . Altre cofe occor-
Ibro al giovanetto in quella fcuola; talché Pietro fuo padre deliberò le-
varlo, ed acconcioUo con Criftofano Allori» elTendo egli già ftato appreflb^
al Curradi per Io fpazio di tre anni interi . Qui fi farebbe aperto un lar-'
go campo al Dandini di farfi grand' uomo coli' imitazione della maniera
di quel gran maeftro; ma appena egli ebbe fciolto il corfo a* propr) pen*
fieri, per applicargli tutti aa ogni più faticofo ftudio, che egli fi accorfe
di trovarfi in luogo, ove poco o nulla poteva profittare; attefochè ( fic*
come altrove dicemmo ) era piena quella fcuola di siovani fcorretti, e
non punto ftudiofi, anzi a nulla più intenti, che a rarfi fra di loro indi-
fcreiiffime burle; onde J&a quèHo e'I nonvederfi omai il maeftro (che*
O 2 diftrat-
2 1 2 Decenft. ìli della Parti del Bit .V. dal 1620. alt 63 o.
diftrtcto era da mine craftulii) dipìgnere, fé non a ponti di lune» el'ef^
feie il Dandini gio? ane rifentito e fiero» e poco acconcio a quelli fcfaerzi»
deliberò per meglio di partirli : e per opera pure di fuo padre » fu acco-
fliodato col Cavaliere Domenico Padignani. Quefti avendo ben prefto co-
notbioca 1' ottima inclinazione e buona maniera di lui» fé lo conddflé a
Fifa, inajuto d'una grande opera eh' e* doveva fare nel Duomo : e fin da
quel tempo non lafciòdi valerfene» fino a fargli condurre pitture con
proprio dtlegno di tutto punto . Tornatofene Cefare a Firenze » venne
m penfiero al padre di mandarlo a fludiare a Roma, e già aveva accorda^
te le condizioni con un tale Matteini fuo corrifpondente, per doverlo
fpefare in cafa propria; quando il povero vecchio fu coito dalla morte
Tanno itfiy. lafciandofeifigliuolitde'qualiCerare era il maggiore. Madie
difordine non può ce apportare a* giovanetti figliuoli la mancanza d' un pa*
dre« congiunta a'perniciofi uficidi gente sfrenata? Non andò molto che
Celare vedutofi in libertà» aflediato» per così direi da gran numero di falfi
amici» gente oziofi e di bel tempo» incominciò a dar bando agli ftud) »
e poco meno che ai dipìgnere» ed in quella vece a fpender fuo tempo ne*
paffatempi e nella caccia » la/ciando anche » a fine di vivere in tutto e
per tutto a fé ftelfo» la paterna cafa e* fratelli» e ritirandoli appreflb altri
tuoi. parenti. Fece egli nondimeno in quello tempo alcune pitture» nelle
quali non mai abbandonò una certa fua maiùera diligence» né tampoco il na*
turale . Tati furono un ritratto mezza figura d* un fuo zio paterno» che riu-
fci aflai fomigliante :e per CammilloTerriefi un quadro di piccole figure del**
le nozze di Caaa di Galilea: per Giulio Porcelini un San Giuliano» figura
quanto il naturale , ed altre coferelle di non tnolto rilievo . Trattennefi an-*
che in tal' tempo» con qualche utile» a fare: piccolifTicni ritratti di fèmmi«
Defoprarame» in quel modo che noi dichiamo alla macchia» e talvòlta dal
naturale, come anche fare lì coftuma in quelli noftri tempi da alcuni» per
compiacere a certa forta di perfone» le quali, coiropporfi poi a guifii di
fpecchio concavo al raggio delle proprie pupille quel debole ed ofifufca-
€0 metallo» procurano di mantener vivo in ogni luogo ed in ogni tem«
po n^l petto quel fuoco» o pazzo o impudico» che del continuo abbru*
da loro il cuore. Ma fatta poi miglior refleffione a fé lleffo» viebbetan*
to fcrupolo» che non maipiù volle ingerirli in sì fatti lavori; anziché a
cagiojìe dell' elTerfi egli già fatto coiiofcere per vaiorofo in quel modo di
operare » elTendò llato quali che forzato da perlbna di conto a farne uno
di bellilfima e nobil Dama» da fé pazzamente amata» a portarli alla cala
di lei» nel tempo che ella fatta fpofa» doveva ricevere T anello matrimo*
niale, tirato che n'ebbe con lapis» nafcofamente ed alla sfuggita» un po«
co di fchizzo» portofl'elo a cafa; poi finfe averlo perduto» e feppe così
bene colorire la cola» che chi gliele aveva data la commìlfione» ne ri-
mafe appagato . Colorì ancora in quefti medelimi tempi per Roderico»
poi Marchefe » figliuolo del Senatore Niccolò Ximenez Aragona » il fuo
ritratto pure f opra rame» e quello di Flavia Mancini fua moglie» per una
Angelica e Medoro» opera condotta con gran dil-genza . Ad uno di cala
Lenzi di verfo la Romagna» allora abitarne ia Firenze^ fece una tavola
non
CESARE DANDINI. aij
Sion molto grande » nella quale toro Maria Vergine ed im San Michele
col Diavolo (otto i piedi » e San Colombano» il quale con una catena tie^»
ne eflo Demonio legato pel collo . Quefia riufci cofa lodevole aOai , tut-
toché di non tanto buon difegno» a cagione deir avere egli» già da tanto
tetiipo avanti » trafcurati gli (tudi . Ma finalmente vedendoli gii pervenu*
co all'età di venticinque anni: ed offiervando air incontro tanti fuoi eoe*
taneì, e ferie ftati poi fuoi condifcepoli, aver profittato molto» ^ià eflèr
▼enutt in buon credito» ed avanzani anche neii' avere» incominciando e
penlar bene a* cafi fuoi» deliberò di ripigliare le prime applicazioni» la«
iciando andare i trallulii giovenili » i fovercht fvagamenti e gli amici » me
non già r ^ercizio della caccia. Accadde però» che alcuna volta» il con-»
verfiire con gli amici» gli ebbe ad efler cagione di fua rovina: e tra V al-
tre pel cafo» che gli occorfe circa ^I trentdimo anno di fua età » come la
fono ora per dire . EraC egli al fuo folico trattenuto in converfaziono
fino a grand' ora della notte: partitoli finalmente» volle la fua difgrazia»
o pure quella d* alcun altro » eh' e* a' incontralfe in non io qual perfe->
aa« che aveva vino in td(b» la quale gli fece mabicreanza A (bienne» cho
ef U» che per natura» come dicemmo e principio» era uomo rìfentito»
^Mfta mano al pugnale » lo percofle sa fiittamente» che egli indi a non mal^
«o fi moit ; onde a Cefare convemie metterfi in luogo ficuco dalle mani
della Giuftizìa t finctie fatte chiare le ctrcoiianze fiivorevoU al cafo fuo *
c^i ficoftitnl prigione» donde traflTelo finalmente la protezione di perfo*
alaggi d' alto amre» colla fola pena di confinò 'ovunque gli folle piacittto»*
die talora fu in una nobiliffima Villa preflb a Firenze » e talora dentro al*
k mura della fteAi città . Ma t>erc^ il fHidct del defunto era vecchio e po^
arerò » il Dandini » ohe per akro 4M:a inclkifaté alla |(iu{lizia ed aUa com«r
S filone > non laCdò di foaminiftrai^i fempre ajati validi per pocerfi Co-
nere.
Era r^nno léis* quando ad un difcendo del Cigoli» chiamato Gto»
«tmbatifta Lupicini» uomo afiai filmato itfel ricavare opere di gran maeftri»
fu dato ordine d'amlare a Fifa» per quivi copiare molti de'belltffimi qua-
dri di quella Cattedrale: e perchè il lavoro era lungo, volle Giovamba*
tifia condurre qualcheduno in fuo ajuto» che fapefle operare con diligenza «
Aveva coftui vedute alcune cofe» fatte da Cefare al naturale* e particolare
mente un quadro » che poi dopo la morte del medefiuio » fu venduto per
cofa rara» cioè a dire : una vecchia che fila» figurata in proporzione quan-
co il vivo, in atto di federe» così bene adattata in oìccola tela» chequafi
^i fi vede tutta ; onde egli fermò V animo in lui: ed avendo con eflb ac-
cordato uno affai decente trattamento » con feco il conduflè • Cefare
portò A bene le parti fue» che il Lupidni a gran legno ne fu contento;
ma fopravvenuta fa fiate » tempo nel quale i non avvezzi air arte grofie »
non cosi bene fi adattano a fiate in quel luogo: e perchè in queirannorvi
fu qualche influenza di malattia; egli lafciatovi il Lupicini» e con non
poco difgofto di lui » ft ne vernie a Fii^einze » per non tornarvi più » feiizt
nulla volere da Giovambatilla del pattuito onorario . Aveva egli per lun-
ga confuetudine contratta amicizia con un oeno padre Fra Vangelifia
O ) Cantini
1M 4 DeànuJll^deUa Tm. L del Sec. K Mi 620. ali 6 $o.
Cantini deirOrdinede'Servi di Marta nel Conventodella Nonztata . Ooe^
IH» fatto Sagreftano » ebbe vaghezza di firn una Cappella per entro uno (pa^
ziOf che è fra la Chiefa e la Sagreftia. e condottala a fine, volle che il
.Dandini ne dipignefle la tavola per V Altare . Dìpinlè egli adunque , fé*
guendo in ciò la volontà del Frate,, un Grido morto, Ibfienuto da due
-Angeli» ed altri Angeletti che tengono i mìfterj delia Pafiione, con dufc
Beati dello fteflb Ordine , genufleffi » in atto di adorazione del Sadro Corpo:
e nel lembo della Sindone del Signore fcrifle il proprio nome e '1 tempo;
nel quale la diede per finita, che fu lo (ledo anno 1^25. Non paflTaro^
no poi due anni , che il buon Padre Cantini finì il corfo di fua vita , e
ciò fu alli 5. d'Agofto i6%j, lafciando memoria di fé ftefib, non pure d'aver
&tta opera che tolTe quel luogo adattato al Divino culto. Quanto per ave^
jre cosi bene fecvita quella Chieià con fua virtù, eflendouato mufico ec-
cellente. ^
Circa a quefti medefimi tempi» per lo diletto che Celare fin da fan^
.ciullo s' era prefo delle ftampe di Alberto Duro» fiate fino allora per tutta
-Italia in eccedente credito» avevane fatta a gran coito una bella rao^
.colta .- e ftimavale tanto » eh' e* pareva che naufeafie ogni intaglio dà
-qualfìfofie buono artefice» che purè fino* allora molti ne aveVa avuti la me^
,4efima Italia» che avevano operato* con buon difegno ed crttimò tocco di
bulino; ma rimafe chiarito» toftochè tornato dalle parti. di Germania il
Sereniffimo Principe Don Lorenzo» avendo, fra altre belliflimecofe» por*
tata gran quantica di eOTe (lampe » volle che Cefare Dandini ne rìcopiaifie
jalicune in pittura» di proporzione quanto il naturale » .cioè quella del Ca-*
vadenti, ed un'alcra> Meflevi egL^ dupque la manose per iarle più gin*
ifte» tirovvi fopra la rete> ^boendo la quale, fulla fua tela le difegnò; ed
in ciò fare a'accariè che lei ftanjpe avevano in fé notabiliifimi errori»' che
in quella piccola proporzione non fi lafciavano vedere; onde gli fu necef*
jrio emendarle nelle copie, le quali pervenute poi in mano del Principe^
Juron donate "alia Screnìfl^ima Acciduchefia d' Aufiria» che diede loro luo^
4;o nella fua Villa dell' Imperiale. Per lo fteflb Principe dipinfe un Saa
Girolamo» mezza figura» in atto di.ftudiare» che riufci di si buon gufto»
.che fu d'ammirazione a' profeflòri dell'arte; onde in un fubito ne ufci-
jron fuori copie infinite. Trovafi oggi queil* opera in una delle antica-
mere, del Sereniflìmo Granduca neUa Villa della Petraia. Per lo Mar^-
chefe Bartolommeo Corfini dipinfe due quadri di mezze figure , cioè la
J^ittura e la Poefia; ed in un'ovato» per accompagnatura di un altro lìmi*
ie» in cui Vincenzio fuo fratello aveva colorito una Baccante belliflìmav
dipinfe un' Artemifia. Per Giovambatifta Severi, celebre Mufico » dipinfe
la morte di Zerbino , in .figura quanto il naturale . Al medefimo fece una
tavola di circa nove braccia d'altezza» larga quattro e mezzo» con figure
afiai maggiori del naturale , nella quale fece vedere San Carlo Borromeo
nella ceiefte Gloria, con Angeli che foftenevano le infegne delle varie di-
gnità pofledute dal Santo in terra : e nelja più bada parte erano San Gio*
vambatifta» San Lorenzo» San Francefco e Santa Barbera : opera che a*
profeiTori piacque molto > ed a lui medefimo 1 fielU città d'Ancona dove
fuflun-
. CESARE /DANDTN!. àts
fu mandata» diede gran rinomansEa e faiia. Per lo fieflb Severi finalmentt
dipinfe ana Cena del Signore. Qualche travaglio , fpeià e penfierot^che
aveva foiFercoil Dandini a cagione dell'omicidio» avevan fatto in lui que«
Hi effeuj p che perlopiù cagionar ibgliono agli uomini» per altro giudiziofi»
le av verlitadi ; ond'egli già alloncanatofi dal non mai fino allora abbandona-
to efercizio della caccia» erafi dato di buon propofito alla devozione , ed atli
iladj dell'arte ìua; onde da quindi innanzi ven negli fattoi! condurre opere
più lodate» che per Paddietro fatto non aveva. Tali foroho ia gran tavola del
San Carlo» dìcui poc'anzi abbiam fatta menzione frale opere che fece pel
Severi ; una bella tefta di giovane con un berrettone » tagliere incapo , trac«
taal vivo da Bartolommeo Landinifanch'eflo Mofìco » e poi Maeftro di Ca]>-
pella celebre » che ultimamente è morto in carica di Curato della Chiefà
ai San Martino a Mont' Ughi . Di ouefta furon Atte moltiflime copie #
che fi veggono in diverfi luoghi fparie. Al già nominato Principe Doa
Lorenzo dipinfe» per entro un clavicembalo» in piccole figure, quanda
Euridice è mor& dal ferpe^ e vi rapprefentò molte femmine in vari getti
e attitudini beneefpreiTe» e con fomma diligenza condotte. Per lo Sere*
niifimo Principe, poi Cardinale Gio. Carlo» ritraiFe al vivo in un' ovato »
la Checca Cotta» rinomata canutrice » in tempo che ella era fanciulla • Pei
medefimo dipiniè uo proprio concetto morale di due figure in un quadrar r
un giovs^ne in atto di aifegnare» e una femmina che importunamente il difto«
glie da quello ftu^io » volendo moftrare di quanto difturbo iiano a tali ap-
plicazioni sì fiitte pratiche. Di quefie invenzioni alludenti a cofe. morali »
ne fece egli moltiffime: e come quegli» che era dotato di buono ingegno^
cercava di Ij^ndere nell'opere fue del pròprio giudizio . Rapprefentò tal-
volta perb qualche Qoriaiacrao profana» e qualche favola, conforme alfar
intenzione di coloro ».Mpe* quali le conduepa • Per lo Marchefe Gab«
briello Riccardi pel fuQ. giardino di Valfondai fece una Arianna abbati*
donata da Tefeo, ctte|u ftioiata aflài bella. Per Micher Àgnolo Ventu«
ri dipinfe Moisp^quj^dofcaccia i Paftori, cjie molefiano le figliuole di
Jetro Sacerdote, che volevano abbeverare il proprio gre^e: e lo rappre*
lento in atto di minacciare e gridare coloro: i quali affetti però in quella
figura fi veggono aflai bene efprelE. Per la SereniUimaArciducheira Claudi»
dipinfe una tavola» in cui figurò rAuguttiflima Trinità con gran copta
d'Angeli; e quefta fu mandata in Ifpruch. Per la città di Volterra fece al-
tra tavola bellifllma della Natività di Noftra Signora : ficcome altra ta-
vola fece egli per la ChieOi de' Cappuccini nel contado della ttefia città-
di Volterra • Per Franceico Milaneu colorì una tela di figure di braccia due
e mezzo di un San Paolo» quando fa il miracolo dello ftorpiato da nativir
tà I e per Ottavio Borgianni un Santo Antonio Abate di vaga maniera •
Ne' tempi» che il Dandini già fi era acquiftato gran credito» comparve ìtt
Firenze Jacopo Palli, che nella città di Venezia in negoz) di terra e di ma^
re aveva fatta gran roba . A quefti venne in penfiero di edificare a fue fpe«
fé nella Chiefa della Nonziata una Cappelk per fua devozione: ed a ule
effetto ottenne da' Frati di quel Convento un certo fpazio a mano fini-
dira, andando verfo T Aitar maggiore fotto V organo» e rimpecto all'altro
O 4 organo
ii6 Vecetttt.nrje1taPartJMStLlKMi€io.a^
CKftnd» dove era un' antica dippeUet ti con uti Santo Hocco > fcotplté In k«
gntme di tutto rilievo; ond'egH fece dar ouno al lavoro» ornando (^
nuova Cappella di maroii bianchi ad imitazione dell'altra, che gli dava
oppofta^ in cui era già una beila taviila di mana di Fra Bartolommeo di
San Marco ^ la quale poi fu levata, e mefla in Tuo luogo una bella copia
della medefima, fatta per mano» comeii dice » di Jacopo da Empoli» che è
Juella» che al prefente fi vede • La tavi>la della nuova Cappella fu dal
alli dìata a fare al Dandini , che vi rapprefentò la Vergine SamiffiAa in
Cielo p ed alcuni Angeletti » S. Jacopo Apoftolo e Santo Rocco ^enuflefli •
A quefta pittura però, che per altro diede fatis&zione al pubblico, prò»
nouicàrono gli artefici aflai corta viu : né diflero cofa contraria a ciò che
ha dimofirato il £itto; condofdfecofachè egli ftcefle in efla quello, che
talvolta usò di fare in altre , cioè a dire p fi lafciafie portare da un cerco Tuo
gufto di dipìgnore di fvelature, dcon poco colore di corpo. Per lo Se«
rentffimo Cardinale Carlo de' Medici dipinfe una femmina, maggiore del
naturale, figurata per la Carità, con tre putti appreflb, viftadi fotto in su»
alla quale fu dato luogo in uno fpazio di volta di una fianza terrena nel
foaOifino di San Marco . Pel Principe Don Lorenzo per la foa Villa del^
la Petraja color) una Gaiatea nel mare, fopra un Carro tirato da Delfi ni »
con altre fismmine» e alcuni Amoretti appreflb , in varie e belle attitudini
t^opriate alle qualità loro. Quefta fi conta, fenz' alcun dubbio, fra le
più belle opere eh* egli facefle . Hanno ancora luogo fra t più betti un
quadro , fatto per Giovanni Comparini , nel quale benché non ecceda
la giandezsa di due braccia, fece vedere gran quantità di figure, beniffi*
me difpofle t* rapprefentanti h fioria dell' orazione di Mbsè ^ ftd mon-
te. Similmente due quadri, fra di loro nórf molco diverfi, ne^ quali fi-
gurò la Carità con alcuni putti^ e quefti alla fua morte redarono imper-
fetti. Il (HTimo finito poi da Vincenzio Dandini fao^ 'minor fratello, fiato
•nch'eflb valente pittort, k> ebbe il Dottore Giotanibatifia Stgni, Medico'
are: e T altro» finito pure dal medefimoVimceiiziDy venne in mdno di
celebre : e V altro » finito pure
Aleflandro del Lapo. Per le cafe de' cittadini fono in Firenze moltifltme
file pitture di giovani e di vecchj.* e altJre di devozione, fitte di buon
guAo ed zfkì nudiate, avendo egli in quefta cofa delio ftudiare le opere »
evuta gran premura . Molt'anni prima eh* egli finiife il corfo di fua vita»
aveva dato principio ad un gran quadro di fette braccia per lo Marchefe
Bartolommeo Corfini, in cut figurava Moisè, quando fa fcaturir l'acqua
dalta pietra per conforto dell' afietato popolo ; e già incominciava quel-
l'opera a dar fegni di dover'eflere la più bella, che fbile mai ufcita dalle
fue mani (a)» quando fopraggiunto da terribile accidente d'alma , male , da
cui per lo fpaztodi molf anni fu folito efler travagliato» in termine d'un ora
in eirea,chiufegli occhi a quefta luce il giorno 8. diFebbrajo 1558. aven*
do avute queir affiftenae e di Sagramenti e di Sacerdoti, che in quel bre^
vidimo
( a ) Qtfefio Quadra , rtftatG in mano d^fuoi Eredi , fu poi dnlls Grandtttbeffa Vittoria della
Rovere farto terminare da Piaro Dandini fra nipote , e fu eoUoeate nel Salone delia Ville
del foisjio Imperiale •
/
CE&ARE D ANDINI. 217
f ifimo tempo le fu pofllbile a?ere; ma q;li già per molti e mdt* anni fi
tra dato a canta riciracezsa » ed aveva menata una vita si criftiana » che co*
all'arte fteffit; cancioffiacofachè , a paragone delh (Urna che ^i ne£ftceva#:
e delPonorevoiezsa con cui la profeflava » fofle anche ;^antiffimo protetto*
re di eflk e degli artefici» i quali in ogni loro occorrenza trovavano ap^
preflb di luì afilo ficuro. Non voleva però fentir nulla di certi tali, chu
gli chiamava indegni del nome di pittore» i quali con un vivere fcorretro
e plebeo fannofi conofcere ad ognuno per tutt' altro» che per pofleflbra
di sì bella facoltà . Chiamato a (limar le opere de' buoni maeflri, fc^enevalo
molto { e ad un tale» che una volta trovandofi in fimile faccenda in com-«.
pagnia di lui , fi era pofto e fermato ad una ftima, di gran lunga inf
al merito della pì<tura e del pittore » difle con gran rifentimento :
fnare a colui imparar prima ad operar nella forma che aveva operato qosl«
artefice » e poi cìmentarfi al meftiero dello fiimar pitture . Moflo altresì,
dalla (ieflTa cagione di grande ftima dell' arte; » fa folito tenere in credito
anche fé fieflò» e mafiime negli anni fuoi più verdi» colla liberti ecoirar^*
dire a lui folito, come quegli, a cui non crocchiava il ferro» di ributtare
ogni trattamento di fua perfona» che aveffe avuto del fordidb e del vile •
In oropofico dì che non voglio lafciar di notare» come una tal perfona fi
cceoette una volta di fargli un bel dono» in ricompenla de* buoni lervig) ri-
portati dal fuo pennello» con mandarcli un pajo di ben piccole calzette di
leta » accomodate né più né meno a calzare » non lui » che srande era di per* -
fona » ma un quakhe fanciullo . Vedutele egH » di fubico Te reftitul al man»
dato » dicendo efler quelle appropofito per chi a vede avuto le gambe di roa*'
done »come colui che le mandava «Un' altra volta fu regalato da nobile per«
Iona d' una gran cofcia di cignale» ma ftantia e già fetente : Va' » difs'egli a-
colui che la portava» e rendila al tuo padrone» con dirgli da mia parte , che
Suefti fon recali da lioni . Non voleva» che in fua prefenza fi parlaffe male
elle opere altrui» e forte fé ne rifentiva» dicendo efler difficile l' opera-
re » quanto facile il biafimare . Moftrava anche quefto alto concetto del«^
Tarcei nella grande applicazione ch'egli poneva nell' infegnare e bene edu-
care i fuoi giovani » da i quali voleva rifcuotere una più che efacta oflTer*
vanza nelle cofe appartenenti» non meno a* loro ftudji che al decoro di
loro perfone. Ma perchè rare volte addiviene» che vogliano i fanciulli,
aflc^getcarfi con quefto a rìgorofa difciplina» pochi furono quelli, acuì
baftatle l'animo di camminare al paflbdi fuo zelo» in quella parte ferven-
tiilimo. Quei pochi però T ebbero fempre per protettore in ogni bifogno;
perchè veramente in quefta cofii nel fovvenire air altrui neceflità, e eoa
danari »ved air occorrenza con ricorfi al Sovrano medefimo » egli fu tempre
difpoftiflìmo: e rare volte occorreva»che gli fi toglieiTe dattorno alcuno len-
za porgergli prima defiderato conforto . Impararono V arte da lui Vincent-
zio pai)dìni uo minor fratello» che efTendo poi ftato appreflb il Cortona»
nxÌQÌ boniffiiLO piicoiei e forfe tanto migliore di Cefare , quanto perchè
tenne
2 1 8 Decenn. Uh della Part.l delSee.V. d^l lóio.alió^o.
tenne una maniera più morbida e più naturale f ma di eflb parleremo a filo
luogo. Stefano della Bella, di cui abbiamo già parlato: Aleflfandro Rofi:
Antonio Giufti: Gio. Domenico Ferrucci, che fi portò a Lucca, dove fi
accasò, ed operò con lode: e finalmente Jicopo Giorgi, dal' quale fufe«
J[uitato ed amato femore; onde Cefare venuto a morte, volle che fofler
ile tutte le bellifiime ftampe e medaglie d* oro e d' argento e d* altri me-
talli, delie quali in vita egli aveva fatta affai ragguardevole raccolta. Que-
fio Gio. Domenico però non fece grandi opere di fua invenzione, aven«
do confumato gran tempo in copiare ; ed in quatcheduna eh' e' ne conduflè »
fi valfe molto de'difegni, dell' invenzione, e perlopiù delle opere ftefie fia-
te fatte dal maeftro> togliendo o aggiugnendo , o come noi iogliamo di*
ve, le medefime rifriggendo. Vedeta una uvola di mano di coftui , ove
è Maria Vergine con gli Apoftoli , adla Chiefa di Sant'Andrea a Sovi-
f liana , poco di là dalla Terra d' Empoli in fui fiume d' Arno .
Eboe Cefare Dandini una maniera vasa , con beli* arie di tefte t e
conduflè le fue pitture con gran diligenza e fiudio: e benché talvolta defle
a quelle alcuni vivi refleffi » non tolfe loro però la (bmiglianza del natura*
le I loa gli diede con ciò una certa graasia e vaghezza particolare • Refta*
rono dopo fua morte due fuoi fratelli > Vincenzio il loprannominato» e
Ottaviano i e ouefti fu padre di Pietro {a) Dandini, il quale avendo in fanciul*
lezza atteib alla pittura appreflb a Vincenzio fuò zio» non fu orima giunto
airetà di diciotto anni, cne meile in pubblico opere belle di iua mano: ed
avendo poi fatti grandi fiudj in Roma, in Venezia • e per la Lombardia»
ed acquifiata una franchezza di pennello i quafi impareggiabile, con altee
ottime qutilità dell'arte, ha dato e dà tuttavia sì fl^ran faggio di fuo valore»
che a noi pollerà ancora a fuo tempo aflai materia di parlar di lui e dello
belle opere f uè .
wm^
(a) Piero Dandini morì F anno 1712, § lafciò Ottaviano , eVinanzio^ oggi Gtjuita^
Jhoi figliuoli^ buoni prò ft fori ^mbcdnt di pittura.
4: '
FELICE
219
FELICE FICHERELLI
DETTO FELICE RIPOSO
PITTOR FIORENTINO
Dtfcepoh dì Jacopo da Empoli y nato circa al i6o$,^ i56o.
•
{Eiice Fìcherelli nacque in SanGimignano, antichiffima Terra
di Valdelfa » di parenti molto onorati e civili. Fino dalla,
dìù tenera età fi con4uflè a Firenze» quanto privo di afli«
itenza e d* avere , altrettanto provvido di genio e defiderior
di cofe appartenenti a difegno: e voile la buona fortuna fuat
che egli, non fo in qual maniera, defle alle mani d*unCa-*
valiere, che in quel tempo avea luogo fra* più degni della noftra patria t
amiciffimo delle buone arti. Quefti tu Alberto d* Ottavio de' Bardi» doT
Conti di Vernio , che allora folleneva la carica di Cavallerizzo Maggio*
re della gloriola memoria del Sereniffimo Cardinale Carlo de' Medici %
ed anche era Tuo gran favorito: il quale per T ottimo gufto e per la grande
intelligenza che «gli aveva in cofe di pittura e icultura, e per la prore*
jiioae che fu folito di tener fempre di quefte arti nobili01me> fi era gua*
dagnato talmente 1' affetto de'profeflfori delle medefime, che fino al nu«
mei^ di diciotco de' più eccellenti pittori fi erano uniti infieme in uà
ioÌQ volere» a cui anche diedero effetto: e fu di fargli un quadro per eia*
fcuno* per ornamento di un' Oratorio» da lui fabbricato ad una fua villa di
V^aldagna nel Chianti : ed aveva anche fortito di fare una preziofa raccol-
ta di preziofe pitture e fculture, che quantunque poi veniuero in qualche
potere dello f!i^([o Cardinale, che fervirono per lo fuo Palazzo del Cafina
da San Marco \ concuttociò ne rimafero in gran numero apprefib aali eredi «
Qoefto Cavaliere adunque • avendo ben conofciuto lo fpiriio del tanciuUo»
e fua grande inclinazione al difegno , diedegli luogo fra' tuoi Camerieri nella
propria cafa: e frattanto volle, che egli ne incominciafie gli (lud) fotto la
dìfciplina di Jacopo da Empoli, rinomato pittore di quel tempo, nella
fcuola del quale, ajutato non meno da natura , che da una inóefefTa ap-*
plicazione, fece gran profitto, alfiftito altresì dalla protezione del Conte»
il quale , fra l'altre cofe volle fargli copiare per fé tutte le opere d' Andrea
del Sarto, che fono nelChioftro piccolo della Chiefa della Nonziata; tan«
tochè indi a poco incominciò a dar fuori opere di lua mano, che merita-
rono la lode de' profelfori: con che sì fattamente s'avanzò nella grazia del
Conte, per Io quale molto operò; che venuto a morte » lafciò'per teda*
mento > che Felice fofie fpefato nella cafii degli eredi per tutto il tempo
ch'egli avefie durato a vivere: e queflo, non con altro aggravio ^ che di
fare a'mcdefimi ogni anno un quadro a propria elezione. Come fu difpo-
fio dal Conte; così fu da lui e dagli eredi efeguito per lo fpazio di molti
anni i
il o Decenn. Uh della Pari, l del See. V. dal 1 61 a. al 1 6^ o,
tn:n , fino a che tnoSb egli da defiderio di trttctr (e ftelTo con alquanto plik
di libertà» di qaelio che in tal laopo gii riofcivt di poter fare, fe.ne partii
e prefe ftanza altrove. Qui incominciò ad avere gran quantica di commiC
fioni per quadri da fala e da camera ; concioffiacòfachè egli già G fofle fatta
una maniera vaga e di gran tenerezza , come quegli che non volle mai ope^»
tare fenza il naturale » e che fi era ancera applicato molto a ftudiare aa i
colorici del Furino, che hanno tal qualità molto propria. Dipinfe dun*
que diverfi quadri di femmine in mezza figura, capprefencanti alcune Dei-
tà , per Giovanni Federighi , Avvocato del Collegio de' Nobili , e Senatore
Fiorentino, e Auditore del Sereniflimo Granduca Cofimo III. fiato Au«
dìtóre delle Riformagioni ; il quale, dopo avere per lo fieflb Sereniflimo»
impiegata la vivezza del proprio ingegno , prudenza e dottrina, in carica
di Prefidente al Governo della città di Siena , lafciò la perfente vita V an«
no 1669. e le pitture recarono a i fuoi figliuoli, che le confervano eoa
iftima . Era nella Chiefa di Santo Spirito , air Altare della Cappel la de' Nafi »
tina bellifliina tavola di mano di Pietro Perugino, in cui fi rapprefentava
una Apparizione di Maria Verdine a San Bernardo. Eflendoll i padroni
dell» Cappella rifoluti di torla di quel luogo i con lafcìarvene una copiai
di efeguire tale loro volontà diedero l'ordine a Felice, il quale la con»
dufle cosi bene, e tanto fi conformò a quell'antica maniera, che fietteiro
poi ì padroni in dubbio , quale dovefièro pigliare , o V originale o la oo^
pia , la quale oggi fi vede a queir Altare , giudicata da ognuno per T origt*
naie ftefib» Con cale occafione dipinfe Felice due quadri, in uno de*qmtt
rappfefentò San Francefco d'AfliG, inatto d'orazione: e nell'altro Stn-^
tf Antonio da Padova col Fanciullo Gesù,* i quali furon pofti da i lati di
efia tavola nella già nominata Cappella; Per Tommafo Fantacci dipinfe
iholtifllme tele, che reftarono a'fuoi eredi. Una delle più belle opere <;ho
ufcìfibro dalla mano di quefip artefice, fu un Giudizio di Paride, in figure
quanto il naturale, che fu Mandato in Inghilterra. E^ di fua mano la ta-
vola, che veggiamo fopra l'Altare della prima Cappella t a man defira en-
trando in Chiefa» di Santo Egidio dello Spedale di Santa Maria Nuova»
ove è rapprelèntata Maria Vergine, con Gesù, San Niccolò e Sant'^An*
tonio da Padova con altre figure . Per Gfovambatifia Chellini conduflb un
quadro, nel quale fi veggono, in proporzione di naturale, Niobe co' fi-
gliuoli, parte fuggenti, parte morti, parte in atto d*efclamare, mentre
Apoflo in aria ha fcoccate le flette, e Diana ftafli coli' arco tefo. Per lo
fteflb fece un' Andromeda lesata allo fcoglio, e'I Mofiro marino . Più ftorie
di fatti di Sanfone, di Jona Profeta, del Sammaritano, di S. Benedetto, di
Santa Appollonia, di S. Giovambatifta ed altri , tutti quadri di ottimo gufto»
i quali niròno d' un molto vago e ricco ornaménto alla bella fala di loro
cala in via de'Crefci, coli' occafione delle nozze fattefi da AleflanUro di
Felice Ferdinando Chellini, colla nobil donna Caterina Fuceini, e tutta-
via , con altri quadri di mano di eccellenti maefiri, fi confervano apprefHi
2 fuoi figliuoli . Per lo eruditismo Dottore Francefco Redi nobile Are--
tino , Protomedico del Serenifiimo Granduca , che mentre io qùefie cofis
ferivo I fofiiehe il caribo d^ArciConfoladelf Accademia della Crufca, àU
pinfe
FELICE flCHERELll. lai
pinfe due quadri di niexze fgarc: in uno de* quali npprefencò Santa Marie
Maddalena» nell' altro Sane' Agata . A Urorno mando una fua beila^vo^
la» alla quale fu datò luogo nella Chiefa di Santo Agoftino all' entrare «
man finiftra: vedefi in una rapprtfentata con gentil maniera la Santa Mar»
tire Cecilia , in atto di federe » e colle braccia ftrette al petto a modo di ero*
ce» mentre un Angelo gli fta ajppreffo con due ghirlande nelle mani; e
nella parte più alca è figurato il Paradifo con Angeli » e alcuni di quefti
in atro di fonare diverfi muficali finimenti. Colorì egli quefla tavola circa
Tanno 1 6$$. per un talctché aveva navigato fopra le Galere del Sereniffimo
Granduca in carica di Scrivano: e tutto fi ha da Frant:efoo Barbieri pitto«
re Fiorentino» fiato difceoolodi Felice» che al prefente opera in Livorno.
Fece ancora più ritratti iomigHantiflìmi» fra i quali è quello diPompeino»
già orgaiùtìa della Cattedrale Fiorentina» che fu anche (ingolarifiimo fo*
fìatore di Kuto: quello dell'Abate Capponi» e diFra Bartolommeo Ga<«
lilei. 11 Dottore l:^aolo Minuccii noto per la fua erudizione» che fu fuo
amiciffimo» e di cui abbiamo altrove parlato» ha di fua mano un ritratto
al naturale d' un beliiffimo giovane» chiamato Cammillo Marini» cittadino
Fiorentino » che poi in Napoli fece gran fortuna: e rapprefenta quefti un
David colla tefta del Golia. Della medefima effigie di Cammillo fi trova
eflcrfi fervito queft' artefice in molte fue opere: e finalmente fé ne yalfe in
un quadro in ottangolo pure dì un David colla tefta di Golia, che oggi èia
potere di Antonio di Carlo Corfini Dottore di Legge : e fi dice fofle V ultima
opera che ufcifie dalle mani di Felice, li Cavaliere Serzelli ha di fua ma-
no più quadri di ottimo gufto» fra' quali la cacciata de'primi noftri Padri
dal Paradtfo Terreftre: una Santa Prafledei che fpreme il Sangue de'Mar*
tiri , il martirio di Sant' Agata » ed una Erodiade colla tefta di San Gio*'
vambatifta. E per FranceCco Gabburrì» Gentiluomo Fiorentino, fece un
Sacrificio di Abramo, che è bellifiimo. Quefte opere, con altre molte»
che io per brevità tralafcio» conduflle il noiìro pittore: e finalmente l'an«
no 1660. eifendo egli gii pervenuto all'età di 55 anni in circa» diede fine
alcorfode'giorniiuoi; eandòlacofain quefto modo. Erafi egli un gior-^
no del mefe di Luglio alquanto rifcaldato: e per prendere frefco» fi pofe
a^ pafleggiare m luogo che teneane oltre al bifogno, tantoché in un punto
fi rjifrecklò; a cagione di che fuafiàlito da una acuta febbre, che fi aggiunte
a male di petto o pleuritide sì acura, che non cedendo a rimedio alcuno»
dopo tre ioli giorni di malattia lo condufle a morte la notte del Venerdì
precedente alla Domenica , nella quale egli mofio da devozione avea deter*
minato di portarfi infieme con Matteo Novelli fua amico, alla vifita della
Santa Cafa di Loreto: e ciò fu nella Cafa Priorale di Santa Maria fopr' Ar-
no , Aveva egli ricevuto i Santiflimi Sagramenti » quando poche ore avanti
al fuo fpirare» fi voltò ad una dorma» che ferviva in quella cafa, ed a lui
caritativamente aflìfteva» e così le parlò; Voi avete durato gran fatica ;>er
me . e vi compàtìfco ; ma railegiatevi, perchè io ho nome Felice , e mi chia-
mo per foprannomeRipofo: e fpero che fra poche ore mi darà il mio Dio
felice ripofo, e fi tacque. Fu poi il fuo corpo portato con grande accom-
pagnatura alla Chiefa diS« •.t quivi onorevolmente fepotto .
Fu
%iì DectttfiJlhdefla-Pifrfil^^^
Fu opinione che egli avcire,ngaiiato .aflAl,l](uap pepiflio; ma non eflendofi
alla fAJia morte trovato nelU' lìaiijKè di fu%;U;>lita abitazione nefluij^o danaro»
^on mancò chi dubìtafTe di ciòi clic, bexfe fpe^lb in fimili inafpfCtati cail.»
Si chi lìon ha più che tanto cura di fé e delle cofe fue» avvenir fuole ...
Non è ilata.cofa infolita a colo^ che Ijianno Ccrlcto d'uomini diquàl«^
che valore in alcuna fcienza p arte» il di^re contezza ^non meno delle ope*
re loro degne di lode» che de' lóro corptoir^li temperamenti e naturali m-
clioazioni, e di quelle eziandio che glixeferonel colpetto dell* univerfa-
Je più deboli» e talvolta fpiacevoii e nojjofi: e quedo per mio javvifo fé*
cero eglino » perchè fi conolca ben chiaro» non eiTer folita la natura. » jdi dare
o^ni qofa ad un folo ; e cosi non fia , chi favorito per altra ed aricQhJLto
ài bupni talenti» foverchiàmente fé fteflb awilifca , ogni qualvolta egli fi
xiconofca a qualche naturale debolezza afiai minore di fé fleiTo; ma folo
prenda da ciò occafione di non infuperbirfi» e di quegli compatirei che
egli conofcerà. non giungere ih ognlcofa al perfetto . Ancora » perchè dor
vendo efiere principale aiTuntp d^ogni uomo in quefta mifera vita » il com«
battere polla propria natura» che fempre inclina al peggiore, polla dal ve-»
dere quanto poco altri feppe vificere» pigliare efempio» e farfi animQfqf
per lo confeguimento di quel^bene^che ne apporta la vittoria, lo dunque
feguendo V ufo di tanti buoni fcrittori» non lafcerò di portare in quefta
IjuogQ» ficcome parlando d' altri ;ni fovyiene aver fatto» alcune d^Ile qualir,
cà naturali di quefio pittore » le quali ( fé non quanto egli medefimo» co-^
me è folito della piii parte di fimili perfone» viflè contento di fé ftefTo)
farebbero baflate per rendere ogni altro» fuori che lui» interamente infe-^
lice . Dico dunque » che quefto artefice fu uomo di così poche parole p da
non poterfegli forfè in qu^fk parte trovare altro eguale» e tanto quieto
^ amico del fuo comodo» che fi guadagnò il foprannome di Ripofo» per
Ip quale fu fempre intefo» finché vifre».e intendefi fino al prelente tem*
pQ . Aveva prefa fua flanza nella vj^ de'Baxd] » in quel luogo appunto ove
fu l'antica Loggia de' Bardi» ridotta poi ad ufo d'abitazione: e fattone due
grandi fianze in volta al piano di terreno» fotto le quali è un bel fotterra-
neo» pofla da tramontana in fui fiume d'Arno: in quefta fé ne ftava Felice
a fuo pare re felicemente «iènza alcunaperfonadifervizio. Il luogo del fuo
ripofo era un armario» che flava il giorno chiufoi avendo in fé quel tanto^
che bifognava al pittore i per adagiarti la notte per dormire. Rare volte o
non mai v'accendeva fuoco» perchè coipe quegli » che faceva un pafto folo^
e quello la fera alPofieriai poco bìfogno gli pareva d' avere di fimile co-
modità: e foleva dire» che l'ora che altri s'erano eletti per definare» era
appunto quella che dovea darfi al lavoro: ilravaganza per certo diretta-
mente contraria a quella di Giovanni da San Giovanni » ch'era folito dire»
e anche fcriffelo una volta per motto fopra un'orivolo a Sole» cioè» che
la dìù bella ora del giorno era (juella del definare. Se poi a Felice taU
voTta » o per poterfi trovare cogli amici all^ taverna, o per qualche ftraor-
dinarió bìfogno» occorreva il cibarfi alquanto in cafa» fi faceva con uova
una paiiatella, ed un pennello di fetola. proporzionatamente gròfTo» gU
ferviva alle occorrenze dei dibattete o der meilare / finché ella fofiTe fla-
gionata/
I <k
FÉ LICE f 7 CU BRELIL 223
1^\tìriiii\ TncéVa égli boniffimì j^'fi^hi hdll'^à eotitùttocib fé rtt
tindava tanto male ii^ irneie defk' jj^óim i che era cofa da non ci^derfl*:
e f«;^ talora' ibrì^ta dagli aÀiici fi^rifòltrevai cóme noi (bkliaihó dire; a rirì-
fìbnkitfi Uh tahtino • lo 'fiicevado^ tanta iivìreriione del tuo naturale, clie
knbhe fira' migliori panni ficea com|iaSrlrè h'fua fciactaggine J Stette tal-
Tolta fino a feì meli lenza, raderli la barba': 'eiion è chi fappia» che in molti
e molti anni che egli abitò auélleftanzè» fi confumaflTe maifopra loro pa«
vimento una fcopa; tantoché aita fuè mortie^fi trovò eflere la pólvere «
la te^ra, per lo continuo camminilré^éhefaédva'nb fé p^erfone per entrò le
med^me» tosi: alzata eTodàrt che fé he' cavò un numero sì grande dr fer-
me, 'Chtf io non ardisco dirqul,*^er tema ^ non'efler creduto qualche iper«
bolieo novellatore. Per Tuo ordinario poco o lion mai parlava: e fU'cofii
Itraordiharia in- lui è màravigliofa infieme > il vedere Come egli , con eiBsr
tai^to^poco d'animo del parlare» cohtuttocià guftafie taiito della* con verfa-
'stìònéi là quale cercava quanto potevisi» e non fapeà pamrfené;; .ma Tetn«
pre però con quefta condizione» che nbnrafveffe*àvucó' a parlar mai • "Stette
talvolti una notte inceìra a v^déì: ^idciWaRé'ix»hchtaceo x-sbbragliho^^
Saliere èi quei giuochi «ficconle desi! filtri àncora ^hè pure il nome;'e fen-
za mai profferir verbo .^ il che avefrido bCervatò ben mitle volte, ìli qiiella
edm altre fimili occa/Tóni , AntOtiib Ruggieri pittóre , uno de* )più'Tollaz-
se Voli, mai altresì ftravagahte umore che aveltero qué' Tuo' tempi > e fuo
amiciflimo, volte una vòlta vedere fin dove poteva andare a finire un sì
ftra vagante filenzio , e fé gli foffé potuto KtìRrire'il-fargli dir qualcofa da
le ftéfib fens^a rAt^rrdgazibni ] E ^dsVafndat&^bn Itii uha Domenica matti.
na a definare airoftèrTaV dopò 'ilVftó'» chiéènatò dti |)a)te febretàmente il
|>adrone , gli diftè che quella fefà'fi farebbe tbi^hatò.inGé'me con Felice a
cena; avvertendolo però ,^* die j^tiirBhi a f^nòtt, "dóvéfle comandare a^fuòi
garzóni, che portaflero tutto il bifoghevóje per la tavola, lenza che mai
alcèn di loro ardtiTe di fiatare: e tantomeno di &re , benché minima in<*
terrògazione né a Felice né a lui', quando anche e* fodero ftati a tavola fi-
ilo' illaf^fegó^nte^nattìna:' e in tarcafb, qd§nd<y nbn dVeflero avuto altro
ovAVtk, av^'fleip feri^tà l'ofterrà j^ ialbiati^Ir in quel itkbgo. Con i|[uèfto
dim(^é tP R'uggieriTé ne %fcì ^n Felice &t\h. taverna, e lènza mai par*
Uiiéò pbbo o putito, aìidàvà Voltando^ affettatamente ora un canto, ora
un aitino, otaii' deftra, óra a liniftra, bene ^fpello per iftrada, altra volta'
epxxK àHora battuta , pallando', finche fiTece bujó, e r uno e l'altro pre-
fé' calumino alla volta delia folita olleria, (enza efi*erfi mai in tutto quel
di fra di loro profferita parola. Furono di fubito apprettate le vivande nel
concertato modo; tierchè r ode e r garzoni, ben conofcevanol' umore del
Ruggie)rf ,'àfpettàndóli di vedere qualche nuòva cola, òfflbr'varono 1*of:dìnc
i i^untihor con fa^ brò uficio intorno ftlla^ tavola, ftahdòfi cheti. Cenato-^
no F^eKcee'Iconìpagnofèiiza mai^tare^ pagaron 1' offe feAza dir trulla:
POPl{i(!a^a(h'o k qùdto ìratóla cheti e itfmy ^anto due pali ,. finche fohtite
te dhqtid ore délù ìi^tév .fi fe^V la catot^W del" Bargello : ed allora Fe-
iicte i^òltàtófi a Ruggieri, 'difle; Oh abbiamo noi forie a morir qui? e* mi
liete i^òltàtófi a Ruggieri, difle; Oh abbiamo noi forie a morir qui
pare 'ormài tempo d' andare a d^miie. «O' the ti polla venir la rabbia»
124 DeeemtJlL Ma Parti deiSee, V. M i dio. al 1 6^ o.
.4iire il Ruggieri # vedi che pure uqa ?«lta tu dteeftl una ptacoUx e aon ien--
za rifa deir ofte è de* garzonit fu rotto il (ileimo: e l'uno e T altro pittwe
.fé ne tornò a cafa fua. Era ih quedo tempo in Firenze un uomo» cniama-
^co il Nipitella» uomo a cui piacque più del bisognò e del doyese # lo ftf^K
allegro. Quefti teneva raddotto. di giuoco in (uà bottega » dove frequea-
temeote fi trovava Felice p non già per giucare, ma per vedere gli amici;
ed una fera alParrivar che fece» dille uno fra di loro, che di profefiione
era Seniàle; Chetiamoci » pacche egli è giuntq quefto gran ciccione» che
non fa chetarli mai» e ogni cofa vuol di,i:e egli. t|arve a Felice di eflere
.colto ove gli doleva: e cbco bando al filenzio , facendo alcuna di quelle
Jinorfie» che erano folite di accompagnare la fua collera» rifiH>/je in s^ fatta
maniera; Ognuno debbe valeru de' talentile efcrcicare gli ufìcj che (bn {uoi
propri; il farro, ha da cucire ; il legnajuolo ha da piallare; il pittore de»
Tedipignere : e folamente il fenfale è quello » che non ha da fare altro che
liicalare » come fate voi . Poi pofatofi per lo fpazio di ouafi un quarto d'onit
e dato alquanto le fpefe al cervello » in un tratto fi al2;ò » e andò alla volta
del Senfale ( che oramai non penfava più a tal cofa ) come uomo che ,vgU
gìiz altri percuotere; tantoché credette ognuno che e'fe *1 volefle man*
jgiare crudo e col pelo» ma f^nl il grande afTalto in quefte fole paroU:
jOrdipignete ,un poco una teda voi> come la dipignerò io; e ratpo ratto^
mentre che ognuno fi rideva di quella novità, fi partì di quel luogo . Non
iofiante tanta fua mutolezza, fu» come dicemmo» amiclfiimo della con ver*
fazione» ed afiai frequentemente fi faceifanp nel fotter ranco delle 4!ue Aznt^
belle ritrovate a deun^ri e c^; e £uo era il penfiero del cucinare^ perchè»
quantunque e' fofie folito a trattare fé fieflo» quando era folo i groflbla*
namente e alla carlona» in tali occafioniperò il faceva delicati fiimamentet
-ma vi voleva gente di fuó genio; e qinndo «feguiva altrìmenti » fé n^ pi^
gliava tanto difgufto , che fi fcprdaya de' condimenti » e non dava in nuua»
« talvolta ancora per collera , diede volta alle pignatte . In quello però lo*
lamente fi conolceva il gufto o difgufio dell' animo fuo; perchè per altro
p contento p fcontentp eh* egli fi fofl^»^già era cofa nota» eh' e* non vAr
leva parlar mai. Aveva un firatello» Canonico in San Gimignano t . il qiWr
Jedopo quattordici anixi chécorferp» dacché e' lo perfedi viib« vei:^i^ g
Firenze, e fi portò alla fua (tanza in tempQ c^e lavorava: .dopo il primo
ialutó gli difie : Che fate voi Felice? e Felice a lui: Dipingo. Vogliodiret
replicò il Canonico , come voi ft^e ? < Oh in tanta maìoiray.aifle ì^elice » non
lo vedete ? io {lo a federe co' piedi in terra e colle mani per gria. Quelle
furono le cerimonie» e qu) finirono gì' inviti. 11 Cauopicp però» che benfi^
il qdnpfceva^ reftò feco a definarer lenza cavarne altre parA>le, fc non for-
zate e tronche 9 e di niu^ conclufipne f perchè egli era per f^a natura tan-
to afiratto» che da quel tempp cj^'fs* lafc^iò l^pati^ e i p^ei)ti., non ne
ricercò mai» nèm^ai fé ne ricprdò^ne poc<^ né pui^p ; ajafichp trovandoti
egli una volta per teftifnQnio a^ una fcri^tfa^ ed.e^ej(^Q|fìj^celfarJo/far men**
zione del nome del padre fuo^ bifpgiiò addimand^ri^ a^ ÒS^ altro»fhe %
lui, dal quale non fi pot^ mai cavare» k non^hip glj pareva di ricordarfi •
che egli aveife nome Ottaviano. Neil' lil^ma fua qial^ttia domandato dal
Dottor
mi ICE FÌCtìERELLl: 145
Dottor Paolo Mlnucci i fé fi fofle contentato, che gli lafeltffe un (ao firn*
ce per affifterlo in fuoibifogni; rffpofc: Il mio bifogno farebbe di guarire:
fe queib voftro lervicore non ha facoltà di trarmi da dodo quefto maJe^ non
lo lafciate altrimenti . Ma troppo m'allungherei , fé io volefli deicrivere le
molte cofe » che occorfero di quella fatta • Delle cofe deli' arte fu anche
firavagàntemeiite innamorato; piacquegli il buono» ed ebbe una ftrtna av«
verfione al cattivo. Una volta tu introdotto alla cafa d'un gran peffonag«>
gio a vedere un bel quadro di Tisìano : veddelo > e rimafe per maravialit
quafi eftatico. OfTervoUo quello ajutante o altro fervitore, cbeg'i moftfa*
va la pittura: ed accennò ad un altro quadro d'un San Girolamo, che èra
flato meflb allato a quel di Tiziaiìa, ftato fatto da moderno pittore, il quale
con una certa fua vena d*in ventare e mane^iare colort, fi era guadasnuto
anche appreflb a' Grandi qualche nome,eglidHre : £ di quello, che e mi-
no del cale , non dite nulla ? non vedete come egli è bèllo ? Felice fino ad
lina e due volte fi dette cheto» dando fegnocon alcune delle folite fmòf-
fie , che tale interrogazione le defle affai nel nafo . Ma feguìtando il fervi-
Tore prohflamente ad interrogarlo, egli fenza far rifleflione alla dignità del
iuogo ove e' fi trovava, andò alla volta di colui colle pugna ferrate,^ e gif
dHTe: che co(a è egli, minchione, quefto quadro, che cofa è egli? che
vuoi tu che ti fi dica? e fai s'e'Pha mefib allato a quel di Tiziano, quefto
babbuafib ? non per altro , crèd' io , che per farfi befife di quel grand' uomo;
Or va' , e di'al tuo padrone , che lo faccia levar di quivi» e eh' e' lo afoii-^
làìf fé però tu ed egli non avete gufto d'efler la burla del mondo. Inter»
rogato una volta di quel che gli parefliè dell'opere di un tal pittóre di mòK
to grido, che operava in fuo tempo» rifpofe : Io non faprei che me ne di-
re, perchè non vidi mai nulla di fuor giacche il dìpignere fi^pra i cartò-
hi d'altri, è cofa da uomo da nulla: ed 10 per me, per dappoco eh' io mi
fia , non dipignerei fopra quei di Tiziano . Per ordinario però non volea
dar giudizio dell'opere altrui ; dicendo, elTer quefto uno impegno da rìoà
fi pigliare » fé non da gente di poco fenno: e forzato una volta da un tal
Pancacci a dire ciò che gli pareflè dell' opere del Cerrini, detto il Perugi-
no; dopo molte e molte inilanze, rifpofe : E' fa beniflìmo , ma non ve nt
caricate; come quegli che forfè fapea, che il Fantacci per lo foverchio
concetto ch'egli aveva formato di quel pittore, gii aveva ipela gran par-
te di fua facoltà in opere di fua mano, delle quali aveva piena una gran
fala, dopo averle anche arricchite di nobili ornamenti , fperando foriè di
lafciare con efle un gran teforo in cafa fua; ma ha poi fatto conofcere
l'efperienza, che egli s'ingannò non poco, non già perchè il Perugino
non fofle bravo e fu'edito artefice » e non facefle molte opere degne di gran
lode; ma perchè cni vuol far sran teforo, bifogna che vada in cerca di
gemma di primo pregio, di dobble o verghe d'oro, e non di ogni altro
metallo , che pure abbia in fé fteflb qualche durezza o fplendore t ed in ma-
teria dì pitture, per far raccolta che vaglia» non bifogna che vada dietro
alle grida; ma che abbia da fé fteflb occhio erudito , o fi governi col pare-
re degP intendenti dell' arte . E tanto bafii in propofito di Felice .
P FILIPPO
tt6 Deeem.UI. della Pan. I. delSei. V. JaliSio. aliój o.
FILIPPO UFFEMBACH
PITTORE DI FRANCFOORT
'Difiepok dt Adamo Gr'mmery nato -^ circa al 1(^40.
Acque qucAo artefice d* aflai buoni natali in Franc&oi^*
città dell' alta Germania; fugrande imitatore della mar
niera del fuo nueflro Adamo Grìmmer. a cui fin da fanr
ciuUo era llato da'genicori raccomandato. Fra le oper^
Tue più eccellenci fatte inFrancfoort. (i conta unatavol»
della Chielà de' Padri Predicatori, ove fu dal fuo pen-
nello rappiefentatarAfcenGone del Signore. Sono anche
fue le pitture della Torre> al ponce della fìeja città fabbricata. Fu molto
dedito alla Chimica» e curiofo degli ftud] di Teolo2Ìa,e molte cofe fcrifie.
I^el tempo della Ribellione » foUevata da V incenzio Fettmilch. fornajo , con-:
tra il Senato, avendo molto perduto di quel &vore, che gli avea la fua
virtù procacciato nella fua patria, li ridulfe a paflàr fua viu nella propria
cafii con poche comodità : e finalmente circa r anno 1(^40. diede fine al
viver fuo • Fu fuo difcepolo Adamo Elsheimer ■ Ebbe in grande ftima
gli antichi artefici Tedefchi . Fu anche verfato nelle regole (li Sìmetria »
Geometria^ Prospettiva e Anatomia: e quantunque poca ononmaiavefT
fé perduta di viua la patria; per la molta letteratufa, e per aver molto
Jtentito da' pratici de' viaggi, parlava di quegli con quel fondamento, che
^Icrì avrebbe fatto » che aveje fua vita tutta impiegata in camminare il
mondo .
ORA-
127
ORAZIO RIMINALDI
PITTORE PISANO
\ Nato 1598. ^ 16^0.
Acque Orazio Rioiinaldi di onorati parenti ndla nobiKfli*»
ma città di Pila 1' anno dì noftra falute I59ft. edavcnd^
tutti gli anni di fua fanciullezza fervorofamente irnpiegati
negli ftudj del difegno, prima apprefTo Rinìeri Alberahct*
ti , poi fotto Aurelio Lomi; defiderofb diperfeziorìarfe nel»
r arte della pittura, fé n' andò a Roma; e quivi fotto la
fcorta del Genti lefchi e d'altri de' più celebri maeftrì » che
in quel tempo vi operavano » dico di Domenichino e di Bartolommeo
Manfredi , avendo fatte gran fatiche intorno all'opere più belle de'fingo*
lariffimi artefici» de'quali fu fempre abbondante quella regia patria, diede
tal faggio di fé , che ben prefto ne corfe il grido apparenti e agli amici ncU
la citcà di Pila; onde Curzio Cedi Operajo del Duomo delk ftefla città»
Gentiluomo onorato» di ottime qualitadi» e molto amico delle belle afti#
feppe così bene con fuoi uficj con lui diportarfi , che gli riufcì il farla
rimpatriare. Giunto che egli fu in Pifa gli furondace a fare molte ope«
re; ma particolarmente le due tavole pel Coro del Duomo; in una del-
le quali fece vedere il Moisè, in atto d^ inalberare fopra la Croce ilferpen*
te di bronzo: e nell'altra ilSanfone, che uccide i Filiftei: le quali poftea^
loro luoghi» fra l'altre che adornano quella parte di Chiefa» tutte di ma-
no di maeftri valorofi, diedero tanta fatisfazione alla città » che facii cofa
fu, che a lui fofle dato a fare l'infigne opera della Cupola» nella quale rap.
prefentò 1' AiTunzione di Maria Vergine » e le immagini di tutti i Santi
Protettori della città . Dipinfe pel medefimo Curzio Ceoli un quadro a
olio d' un San Baftiano, in atto d' efler curato da S. Irene . Per la Chiefa di
San CriAofano fece la tavola di San Guglielmo» mentre dalle Vergini viene
riftorato : e per la Chiefa di San Martino delle Monache di San Francefco
un'altra tavola, ove rapprefentò Santa Bona, Vergine Pifana. Si vede inefla
la Santa, in atto di prender l'abito Monacale: evviii Sacerdote col Piviale»
flflifo fopra una fedia, col Diacono e Suddiacono: uno di quefti da man de-
fira tiene in mano un libro chiufo, e l'altro da man fìniftra porge l* abito
al Sacerdote, il quale ftende la mano per prenderlo, e colla deftra £1 P atto
di benedire Santa Bona» che vedeO inginocchiata a' fuoi piedi in politura
di gran reverenza, e con ghirlanda di fiori in capo. Dietro a quefia è fi«
gurata una donna inginocchioni, inatto umile e colle mani giunte: e die-
tro a quefta fece vedere la tefta d' una vecchia, che moffa'a di piagnere: e
vi fono ancora altre figure Angeliche ed umane. In San Michele è pure
tina tavola dell' Immaculata Concezione di Maria Vergine , fatta con fuo
pennello I ed una finalmente hanno in loro Chiefa i Padri Domenicani di
P 2 Santa
128 Decenn.ìlldella7artA.dalSec.VMli6%o.ali6io,
Santa Catefìna, ove è rdppfefentatio ì$. martiri* di Santa Cecilia , Era gii
tf Rifflìnaldi in breregico d' &nnì v^v^o in tanto .credito., che fì h» d^
una lettera de'fedici d' Ottobre del 1652. fcritta dal Dottor Giovanni Pa-
ani al Decano Berziahellì, avere egli avuta notìzia da Girolamo Rìmitial-
dir come dalla Maelià della Regina di Francia, -mediante due fue lettere,
una in Franzefe, e 1 altra in Italiano idioma , ^)i era flato rapprefentaco
fno defiderio , eh' egli fi portafle colà infuofervizio; quando venuto l'an-
no itfjo. infaufto alla Tofcana per la crudele peflilenza, Ìl Riminaldi in
ftal bei flore degK anni , e in fui più bello dell' operare , tocco da ul male»
pervenne all' ultimo de' giorni fuoì.
Ebbe anche la città di Fifa ne' tempi dìquefto artefice un altro RIMI-
N ALDI per nome DOMENICO, dì cui giulla cofa è , che facciamo in queflo
luogo qualche ricordanza, efTendo egli flato nell* incagliare in legno affai
ingegnoCu e valente; onde meritò, che Curzio CeoUOperajo del L^uomo,
Ibprannominato , gli defle a &re il grado dell* Altare Maggiore i in cui fe-
ce vedere J' ifloria dell' Incoronazione della gran Madre d' Iddio, con gran
copta d' Angioli , altri in atto di danzare , altri di regger* felloni . Son di
fua nano gli ornamenti dorati , contigui a i pilaEtri , che foflengono la
Cupola, facci per contenere alcuni quadri di Benozzo, d'Andrea del Sar-
to e del Sogliano; firailmente il Santuario dorato Copra la pOTta dì mez-
zo: e i due Angioli maggiori di naturale, che fi veggono alle tettate di
e0b. Ville quell'artefice anni quarantadue, in fine de' quali fece da quefta
all'altra viu paiTaggio l'anno 1637.
ANDREA CAMASSEI
DA BEVAGNA PITTORE
'Dtfcepolo di Domenico Zampieriy detto Domemchino ,
nato 1602. -ii^ 1649.
' f Ndrea Camaflei > nato dì onefti parenti in Beva^na nell' Um-
' brìa, in fua gioventù fi porco a Roma: e quivi nella fcuola
di Domenichino pittore celebre . attefe per modo agli {todj
di quell'arte, che in breve diede fperanza di dover divenire
uno de' migliori maeftri che aveflè la fua età ; non (blamente
perchè nefìun giovane in quel tempo difegnò meglio le co-
lè di Raffaello > maflìme quelle della Lo^ia de' Ghìgi , di quello che egli
con matita roffa e nera fi fece; ma eziandio perchè nella medefima fcuo-
It egli già fi era facto conofcere per uno de' più bravi giovani » che vi ma-
Tieggìaflero iwnnello Ma di gran lunga maggiore incominciò a correre
la fiuna di luìi non dico a cagione d* um Gupolm»* clu ia molco frefc*
' i, r^N^kEA^^CA'MASS£L n^
• ^ ' -Ài'
ekià egli ^Ì0Ù in Bét^gtta ^nt pft(rih^< am iill
éiìtìé QieAcIvoftli in di^ittitote .k Vòltt 4eUa
Fàlazza MÀzetmifo, che peVv«Ane in pMerè dej Due» Mancini . Rappre^
lento ^gll iA^qiieiropéni la iigara^ Giovai iiiactodirigionarecon Amo-
re delie fue bozze t ieceontndo verfo quelb di Pliche» che poco lungi fi
rtàt ctfr vafeUò in mano. Appatiice da unt mrte Giunone* lopra le miioft
pei* entro il file carro é* ùtù , ^lafi ricevendo le dolci ì Apreflioai d<;110' f pi-
rare éi Zéffitoiy taierircFe in figafa di dhtti Aaioretfet » (piranti pure aure iua»
vi» volano per 'aria alcuni piccoli vfenttcdli , e le Ninfe vanno fpargea^
do odorati nort; In altra pane è la ^Dea Venere nel Carro d' oro, iopra
le nuvole $ àìh^qniiè fallilo vaga aoQdmpagnatura le Gra2ie e gli Amori ;
i due de'qualif che gli hanno rapito' il mantello, fi volta Vulcano . Cono»
fciuta fua virtù da tutu, la Catfa Barberina, n&' tempi d' Urbano* ebbe il
Camaflei ad ^(Msrare ifon pooo aTÌchtefia iorot e oel lor Palazzo alleQuof^
ero Fontane dipinlb a frefcò le^ voice drdve ftaiKEe: in una delle qu<all
fece vedere la ftoritr delia creazione degli Angeli: e nell' altra il Monte di
FarnaCb, ove è Apollo colle M|ife» t|itte con loro fegni e diftintivi » ia
vaghe attitudini : e fiinno* tetla ihoftra le Parche addormbntate^ colle qm^
li lodatiflimi^ pitture, «e Cò4 nobil erutto , che era proprio di queft' artefice »
s'acquiftò tanta grazia appreflb a quei Principi , e tanto ne guadagnò l'amou
re, che non feppe defiderarda Ipso,. per proprio avanzamento, grazia, che
egli non confeguKTe, come fu k^^oftodia della Cappella del Giudizio éà
Michekgnoto nel Palazzo Apoftolico»^ folica darfi iolo ad eccellentifiimi
profeiìbri? càrica nobile e di rendita allora di .dieci feudi il mefe» oltre
a quella*chehoi diciamo la paree> cheròfuaointero pi^evvedimento per la
propria perfon^a di guanto alvifto ab^ifogràti. Equefta non poco contri*
bui al vafntaggiofo matrimonio, che egli p<u con dote di feìmila feudi con«
traife con Giovanna, belliifima fanciulla, figliuola di Pietro Spedizioniere
della Dateria. Sotto il patrocinio pure di Cafa Barberina ebbe a fare altre
opere, ^che gli apportarono applaufo:e particolarmente ha la Vaticana Ba«
fifieai una pittura a frefcp ; ove è San Pietro, in atto di battezzare due fol*
dati; e vi fono altre figure molco fpiricofe; e condotte di ottimo guAo . In
San Giovanni Lacerano dipiniè pure a frefoo in un grande fpazio la batta
glia di Coftantino con Mafienzio, che fi Vede fommerfo nel Tevere. li,
quefta veramente, quanto in ogAi altra fua opera , fece egli conofcere iì
fuo bel genio pitcorefco^ non tanto per la grande efpreffione che moftrano
quelle figure, quanto per ogni akra loro beHa qualità*. In alerò fpazio di-
J>infe il trionfo dello fteflb Coftantiaot che fi vede maeftofamence ra^ pre«
encato fopra un Cdrrtftirato da quattro cavalli , a' quali altro non manca^
che il moto: e non<è datacerfi, cbequefii animali ricraXIe egli al vivo da
quattro creila mttta>dol gi^Eminéhtilfimo Pallotta, la quale in quel tempo
evea per Roma il pi(!t<nobil gridou :L* accompagnatura delle figurò è foeU
liffioHi , e la difpofiaione eziandio delle medefime. E* di fua mano in
Sant'Andrea della Valle de^Pàdri Teatini» h gran tela, dove è dipinto San
Gaetano genufileflb, in atto di (cri vere le Regole di fua ReligiotiC Vi è
un Angelo che fettine àiiiaicaaeUaycdiilniputco che tiene il calama/o: hcU|
• ' P 3 parte
ft|ò De((miJJIJeff$ Pari J. dei Sec.y.^^^^^^
piTCepiìi tlta è GasùiCriflo nelljpr<u^«tor«t| ohe motr» Ai8i«rii»;ftl$inr
to effe Regole . ArrioChifconoqiMll» partfif ft rf<idon{t ^^ ^meOnra n^.
ti Angeli in varie e belle atci€u4ìn^ .rfVmn^/p^l il(!HiUK> aèiliM^9nf«zc^
sione cH quel Santo; ed i Padri fecerpxifoon^IMrélil'fìtvoU 4\vnt ghiihundii
di fiori» nel che in vero foddisfecero più ajla pcppiria loro deirgslcae, che
al buon gufto deer intendenti dell'arie. £' anco di mano delGantaffeiv in
Santa Maiia in via lataf al Corfor la, jiitiiira a ffiefco (4eJUa gtoctofriAfliiiv^
«ione di Mark fempre. Vergine»; feryiiira da grai^ccip«a:d'ÀngQliU lSb^t^^4
coada f» polla al. primo Altare a; man finiftra lai (avpla -a olio ctella-^Q^f
ilkffii di Maria Vergine Afliinta» can Angeli in? varie adicpiithi 1:^4 ah^iu^
putti che fpargon refe fopra -1 fttofepokiro... Per: U Cbieé (j()i^* Cap[pn(:«ix4
dipinfe la tavola della, Pietà t nella quale in ifcorcio aKirltp bene |nce^ «
craziofi>,» fece vedere il Corpo di nofiro Signore Geaù Criftc» nel iena della
ina Madre: vi fono le figure di San .Giovanni ^e di NiftcodraiOt tutte bea
AifpoOe e colorite* In Santo 'Egidio in Tiafteveiie .è jl iiiiftdra deli^ Aitar
Maggiore» colla figura della BesAa Vergine. col Q^aiàbin» Gdsù' in itna glor-
ria» con moltiL Cherubini ; e nella parpe fih baflà«è dn pianto dell' Ondine
CacBaeliunov In &^n Sebaftiano» paffiico CampK>:yafiainoii è la.ta;aola del
Santo, in atto d^efler battuto da duoinaAig(rfdit e vifono alcuni beUii&«
mi putti »
A chi volefle ridire quante opere. m pittura condufle Andrea in pub-^
^ed it>4yrivato, e particolaro^ente per idandare in.FcancJaedinaltre
Provincie oltre i monti » bifognerebbe un gran tempb» onderà noi batteri
quanto fc>pra abbiamo accennatola: Avvenne pau che* nel Pontì^cato di
Innocenzio X. futiato manoaiii unanfocma delle fpefo.di.Pabttso^ ci&à
2uelie che furon tolte via, ebbe luogo far pfovvi6one eia patte eht folea
arfi a Itti come cufiode della Cappella ; onde egli fra Io difgufto che (ipre^
fe di tale novità, e fra l^efTere ftato chiamato alla patria per dipignervi al-
cune cofe* e particolarmente per dipignare la Cupola della Cattedrale di
Fuligno, non nurito lungi da Mvagna» che poi non eflTettiJò per non aver
concordato ne) prezao e modo del pagamento r egli lafciò Roma» e ad ti&
fua patria fi portò . Vi fi trattenne una fiate intera » net qual tempo (non
fi fa per qml cagione ) egli fece ad un tale dar cene buiie ; onde avvenne
•he lornatofene a Roma vi fu fobito carcerato: e molto gU valfe la fua
virtù; ma mokiifimo V ufida di Donna Olimpia Panfilia » cq^nata dello
allora Kegname Pontefice r per Io fine di (campare di tal briga f con nulla
altro più» che con una breve prigionia. A quella Signora dipinfe il Ca«*
aiafléi un fregio in una fiansa del ivop^zzo di Piazza Navone» che allora
appunta era in fui termtnarfi* Si andava egli intanto feniprepiù avanaan-»
do e nel vabre e nella filma apprefib di ogni perfona» quando venuto
r anno tó^g. e quaraotefimofectimo deir età fua , egli infieme con Gio-
ìfanna fua moglie , fu foprappreib da grave infi^rmità '. la quale ndP uno e
neiraltroforteaggravandonellofteflb giorno, urimaeflb è poi la mMlìe»
privò di vita: e ciò fu ( per quanto ne corieh fama) per ecceflo didilgufti
ricevuti da'fuoi . Il giorno feguente fu il cada vero di Andrea # con accom*
pagnatura di tutti i Proftflòri e Accadeioaici del Difegnoi portfeto nelb
Chieia
o
: I \ Oiil^'iS^^^ \ Ce» >MaA}&SS. L ^31
Glltefì4iStm^Afòffina\' tafitme«on c^^ delia moglie, a col prioM
di'itibrìre noR^à tefoiicni aow il ^aib del marito: e quivi ebbe fepoiciiai^i
Rf^di'qanlM*VrÌkilk>iik^>uii|)itt il quale in tenera .età ouiot
6ò éi^^if/ tàmockè^'queto^viftiStffò, toltone le belJc opere dir fuo/pcat
liellò'Miltrt:iUé«orìa^1MA^ftll|èfK ^Fw 11 Gamai&L d" al^a flatùt^a ^ inagcp^l
per(bna, di carni ulivaffret di pelo nero, ecchj jpiccoliè di tempéMuiefiiio
iflM&ìoóhfCoi àflfiii bhttil^^^ p^dixfierì; ma in quelli ^dwialVja^tè
tj^paMeherano^ (lava syfdrmd,' ckeHnò nell^ atidlifc csmmMàndea iUpoc^
to> vi fi profòndam : e qttaiuftque bel^ concetto partoriva la fua fanta(iA#
tion avendo prontir la-eaMa i ditègnava per le mwa. Quefta. Tua maltnco^
tAà o ifeflazionè qUiifi-cdfttiilU<i>, lK}|p^g(i tbglievs però un oerto tcatio no-i
bitef'*ed una"Mrta*c<^tinbxbtfic4'^ Toitti di perloha » éi paccicos
brmente colla gìovèhtvH/^coale Quegli cto molto ^ufta va di quell*allegda»
cìtth£éVtz^t6txi^^tk2Lt€ì\nt^^^ faceti e cueiofi;
lenza jHiiiCb eccedere t Viàuti di ^hà intere bodeftjai anziché da quegli che
vivean toggerti alla fua cura, -volevano biìa efatta oflervahza , e forte pa«^
niva ogni loro mancamento, rn còle ehe offe ndeflero una certa civile one(U<»
Occorie una volta, che fino al nóm^o di di^ci de* fuoi difcepoli, fapen*
do che ÀiìdfÈfai benché-ttlantei còme 6*^ ò-dettOi del decombe della civi^
te'pne(M}era ^ejr'éltfo \\t\ luò fegi^étirsfqiianto abbattuto dall' afièuo v»^
netto ^* elidendo fargli eofa gtata, fecero iin difegno per uno di propria
{nfVènzipneY^apprefeiitahdo un atco^tikodt> loro, appartenente a cosi
ft|tce matef le*s e poi lo moffrarono ài maeftiftf ^ e ne ftavano afpettando gli
applaufi; quando H-Càfbèffsi,cheera appunto in attedi piagnere , lafciat»
la. tavolozza è \ peh'fìielli, die marf6ìid un^roflb legno, e fenza gran co£e
direi pili' che dar loro d^ infoienti, màltr^aci e bricconi , tutti gU cadcia
d^fuà '(ctidlà, nella quale reftarobo foto Gìt>: GrifQftomo Ciamborlani^da
TerniV Mònsù Francefca Franzefe, e Giovanni Carboni da Tolentino r
t quali noli aveVan vplìitò avei^ luogo Iti ^^l brutto lavóro. Fu (blico Kxi^
drea per ordih^rid'poéo diVmirficIalP^perìfre, ed al più ne' giorni feftivi«
e la iéra in fui tardi porcarfi in Strada ^ice, ove non è poliibile a dira
quanto egli fi pigliafTe gufto in veder fare a'fafli, coftume mofto ulaio.iA
3uel tempo r<|ttafi ogni di dà' fanciùlU, da' giovani, ed anche da uomini
t età alquaìlto avànzatià,^<era'quali Uetie fpeuo appiccavanfi tali battegiiei^
che poi nnivanfi coli' armi alla mano. Qui veramente moftrò Andrea qual
fofie il fuo debole ; conciofiìacofachè nuli' altro, che il timore di fcapicare
alquanto in quel credito e fiima , che egli fi era colla fua virtù e colle buone
maniere procacciato per tutta Roma , il riteneva dal metterfi ancora efTo ia
quello ftrano giuoco: accoftavafi però quanto più poteva. Fu in ciò più
volte da' fuoi giovani, e particolarmente da Giovanni Carboni avvifato»
ma fempre in vano; tantoché una volta egli rilevò una sì fiera faflata nella
fchiena,che egli cadde in terra: donde follevato dal Carboni e da altri , e
condotto nel palazzo «che era abitazione del Marchcfe Palombara , e quin-
di alla propria cafa, ebbe molto da patire, prima di far ritorno airantiqa
falute. Ma per dire alcuna cofa della maniera che tenne quefi:'artefice nel-*
l'operar fuo, non lafcerò di notare, come egli feguitò tempra quella di Do«
P 4 meni-
2^2 Dè£àik,Mh^éffaP^xlStlSe^,TiMjJ5^o.alt6$o.
menichino fuomaefiroi Ifc qti«le>ttfò «acl luiiccito •gQflj^Xuo pra]^io.^aii
buon difegnó e vago colorico.f che fatono^A pxiiai pijegt ^fiJciwo pcrm^W
lo: di che parricolarmencie faxttio f<dAÌik^l»>VplA;cyjli\AÌr»nM i)9l(a( tBiooqt
da, le iepictovein S. ?iktta,eithS^Qìf}mt»^ìjÌM9rM»QmSihfitAw
piìiparte degl* incendenti» fonoitiiq«(»|e mìlAwrÀ Aperse * «lM(l(giÌ;<ijpOipiej^
ti pubblico nella città dì, Roa». .1 '. '4 ìfi ,vt ] f j ^ rr-j . » .; ^.. .
FuróndifcepG(li delCamaifei^ '^qi^egU Ahe^fi^prStjlb^'»^
li forfe più dr^igni altro fi tvtnw <alQVANMi;Ca(Wi!ti ,. di culgiu^la^
che dichiamo alcuna cofa, giacché €gli per avello qUp ha/6n qui q^t^OmìI^
per le TperaIlze^ che fi hanno delle funurè ppei^^Cue ,. pe ne fomiQini^fii
lufficiente materia. Quefiit che avQndo CQoginnto/allA «lyilcà de'Jfpm
natali molte dlqueUadotì» che^fonò^tfc^iiilieUf qwl^i^cà^^
altro virtuofo è bùotio^ ed wwdo^ à$f» («ggìp.di fua abiliti ìq-^ì^
belle arti; ne' tempi d*Ale(&adiKiyiL:fy iiifieme €<m. altri pittori; cl^ia^
matO' a dipignere la Lo^^iaf d^I Palnusio Apa(lpri«e( 4 San Pietro : e iFù da*»
co principio, ai lavoro; ma poi (checche fé ne foìSe la cagione) queK
l'opera xeftò imperfetta. In età di trentatre anni (tanto fu il concetto
che fi aveva di lua modefiia ) fu ammefli? p«r pi^. i;a^fi a dipigne/e dea*
ero al Monaftero delle Monache fn£ampO:M8|»io,,i4o;ire colori ìa ftoria
dellaCena del Signore ^ più Angeli attorno ad uà Crpgi^flo^ nn S. B«aedet;tQ
in ^lorsst, ed altre opere» colle quali foddisfi^e noi% pure a) gufto^e alla d^
vozione di quelle Madri* ma#KJaMdw>de' loro fupejHori. £ quefto fia detto
non ottante dò, che agli «nm ia^^dietro fu fcrittft.df «Ieri, :cl|«.foriè per
erróre di chi gli diede^tali notiate» in ^nX^f> per a|tr<>;bjBlli(fimo , curiomfi-*'
no e utiliffimo libro > le^ atfrii^Vad AltrQ.quiefirp ; jiocome |a(ciò di i>otare
due grandiiffimì quadri» che W &e0b^Carboni avea dipinti per ,1% Cbiefa ikf;
S^nti Apoftoli, ove è la floria.ds Giufeppe in Egitto, che ricen^ i fratelli $
e neir altro la Ibmmerfione di Faraone t^ Mai^ rq(ro> Moaè e'I popol^
d' Isdrael , E' anche opera delle fue mani ìK «i^rp^.^el . San Niccolò da
Tolentina nella Chiela di Ge^ù Maria degli .4^^(Uniani Scelsi al Corfp»
il quate lo fteflb autore attribuì ad un tale Bafijio Franzefe • Nella Chiefa
di Sant^Angeio in Borgo, in una Cappella a mano finiftra,fono fatte da lui,
le pitture attorno a un piccol quatdro della Madonna.. E que(U> è quanta
è potuto fin qui del Camaflei e de' fuoi diicepoli. fenire a nqtiz^it noftra^
. »
' f
MAKIO
»33
MARIO B AL ASSI
• • • ■ ' f 0
' PITTORE FIORENTINO
Difiepolo di latteo ^offelli^ nato 1^04. ^
'Anno di noftra faluce 1(^04. nel mefe dlGennajo nacque hellt
cicca di Firenze Mario d'Antonio Balafli » di onoraci parenti :
ed era ancor piccolo giovanecco, quando avendo moftraCg
inclinazione alla pitcura» fu raccomandaco alla cura di Jacopo
Ligozzi » boniflimo pitcore, fiato difcepolo del canco celebre
Paolo Veronefe; maeflendonon molto dopo feguita là mofcc
del Ligozzi, fu pollo nella fcuola di Matteo Roflelli, la quale» come in aU
tra luogo dicemmo, era allora una delle più fiorite, che aveflc la noftra
città, non tanto per la pratica t difcretezza, che avea quel maeftro nel
comufucare altrui la propria virtù» quanto per la bontà del medefimo;
onde chi a. lui raccomandava i proprj figliuoli» fi aflicurava di ciò, che
era per eHi il più importante» cioè di riavergli civilmence e crìftianaoien-
te educati. Stettefi apprefib il Roflelli fino all' età di diciocco anni» qùan-*
jdo il Paflij^nano» al quale bifognava un giovane di bei cofiumi e grande*
mence.dilpofto all'arce» per allevarfelo in fuoajuco, fece ricorfo al Ro(^
felli» il quale fubico gli moftrò i difegni e le prime opere di cucci i fupi :-
eveducele» fece di, quelle di Mario» ed infieme della buona indole fua si
buon concetto» che f ubito lo elefle fra tutti gli alcri, e nella propria fcuo-
la il condufle. £ qui non è da tralafciare di dire ciò» che il Balaffi fóleva
poi raccontare» cioè» chefubitoch*egli cominciò ad aflaporare il modo di
decorrere delle cote dell' arte di quel gran maefiro» e gli fquifici prececci»
fu prefo da cale maraviglia» che pareagli d'eflèr rinato in un nuovo mon-
do . Aveva egli fino a quell* età ancor cenerà apprefib il RoflfelU facco sì
gran proficco, chequafi di fubico cominciò a dare ajuco al nuovo maeftro
nell'opere; onde elfo gli aiìegnò ftipendio di dieci feudi il mefe; e tanto -
fi foddisfaceva di lui , che per ordinario di qualfifofle grand' opera facevsl
di fua mano un difegno» cavalo al Balafii; ed efib riporca vaio in grande
fopta la tela , bozzandolo di fua mano , e talvolca conducevalo a legno »
che al Paflignano reftava poco altro più da fare» che il ripaflarvi fopra con
gli ultimi colpi . Né io {tarò qui a ridire quante bellifilme tavole, fatte da
lui in Firenze e per lo Stato» furon bozzate dal Baladi» perchè di ciò ba*
(lan^emence abbiam parlaco nelle nocizie della vica dello fléfib Pafiignano*
Baiti folo. che avendo queir arcefice» per alerò fingolarìfilmo » ufanza di
pofare il colore in fulle tele in poca quantità» e quafi velando, e alla pri-
ma, ogni fua. bell'opera, ftetti per dire, eccetto quelle che furon bozzate
da Mario o da Occavio Vannini alerò fuo difce{>oIo » fi è quali del tutto
perduta Occorie intanto la chiamata del Pallignano a Ronfia nel Pontifi-
caco d' Urbano; ondalo volle in fua compagnia in quella cicca. Il Balafli
ebbe
li 3 4 P^centh 111. della Part. I. delSecV. dal 1 6io. al 1 6$ o.
ebbe a fare per Don Taddeo Barberini una oopia del^ ftaptnda tavob di Raf*
faello da Urbino in San Pietro in Moncorio, che ebbapenfieradi collocare
in Sant'Andrea delia Valle de* Padri Teatini nella Cappella Barberina : e
fi portò sì bene » che efTendo poi da Don Taddeo fiata tatta vedere al Paffi*
Snano alla prefenza di G uido Reni » fii cónclafo fra quei grand* uomini • e fu
etto» che Mario non l'aveva copiata» ma i)accata.dal quadro fte(ìo di Raf-
faello» e pofata fopra il fuo quadro . Partendofi poi il Paffignano da quella
città t lo ebbe a lafciare a quel Principe» il quale lo fermò a'fuoi feryigj nel
jproprio Palazzo , con provviOohe di 25 ; (cudi il mefe • Seguitava egli intatito
ad operare per Don Taddeo , quando eflfendo piaciute le opere fue al Duca
Ottavio Piccolomini» che in quei tempi fi trovò in Roma: e riconofciutolo
iper Fiorentino • offerfegli i proprj uficj per fargli confeguire la Croce di Ca<*
vallere; ma il prudente giovane ringraziando quel Signore » fé he fcusò eoa
dire» non parergli convenevol cofa » che peribna , che non aveva entrate
badanti a farfi fervire » almeno nella necemt-^ di provvederfi il bifognevoló
per cibarfit dovefle pigliare un tale impegno , per metcerfi poi da le fteflb»
col fegno di cavaliere indofib » nell* efercizio di ogni più ordinaria faccen-
da. Ma il Ficcolomini» che defideràvaf pui'e di giovargli) trovò mòdo di
poterfelo condurre in Germania, dove ebbe a fare i ntriacti» non purè dei
Piccolomini e d'altri gran perfonaggì» ma dello fteflòimperadoré allora
regnante : da cui » oltre a moki nobili trattamenti » riportò un regalo
di mille ungheri . Dovea anche fare per la Cattedrale di Vienna una gran
tavola della Crocififiìone del Signore; e già avevane fatto, il inodeìlo, che
èra riufcito di gufto della Maeftà dell' Imperadore; quando per le grandi
aderenze» che aveva allora in quella Corte un certo Jacopo Sàndrac, che
dicevano di Religione Calvinifta» affai buon pittore, a luì, fu data a fare la
tavola» con tortene la commitfione al Balalh: il quale. fra le ragioni che
apportava In proprio favore, per non fottometterfi a quel torto, e non
perdere gli applaufi eh' e' penfava dover guadagnare per quell'opera, dice**
va non parergli cofa decente» che un fatto sì Ucro, dovefie rapprefentaHi
da pennello infedele: né fanere come fofie mai potuto feguire, che una si
fatta rapprefentazione» avelie potuto avere in (e fteflTa devozione alcuna»
mentre veniva fatta per mano di chi n'era fenzi affatto; efoprsitutta
appoggia vafi al patrocinio del Duca, al quale non potè venir fatto di ope?
rare per modo, che il Balaflì ritornafle in fui fuo; onde eg}i fdpgnato per
tal fucceflb» dille al Piccolomini, che in liiogo, dove non gli era potuta
giovare la protezione ftefladiuno Imperadore, non poteva fperare avvan*
raggi per le proprie fortune: e con mille ringraziamenti da lui licenzia*
tofi» le ne parti alla volta d' Italia . Toccò la Schiavonia , dove avendo
ammirato molte belle pitture dello Schiàvone, affai ne diregnò: e tanto in
quelle parti, che in Venezia, ed in altre città per dove pafsò» ricercando
ienipre dèlie pitture de' gran maeftri» vi acquifto gran pmtica nel conofire»
re le, maniere di tutti loro, la quale gli fu di non poco fplendore fra quei
dell'arte, tornato aJla patria. In Venezia» dove ebbe pccafione di opera*»
ra, ilavafi con gran contento dell' animo fuo; quando avendo di qua avuta
nuQva della morte feguita di due fuoi fratelli e di un cognato » nativo di
Ancona»
: MARIO CALASSI. 155 .
Anóòna , che in fervizio ddlt CaTa Sereniffidia'lavorava dì armi bianche V
gli fu fona di tornarfene alla patria: ove fi ritirò in caia delia vedova faafo-
relia, nella quale anche volle > che veni(& a (late una poferiifitna fanciulla jr
a cui era Mancaco ogni ajuto: e queAo fece. foto» perchè avendola e^li te-
nuca a Batteftma» aveva fcrinpolo di làfciarla abbandonata, con perieold
di fiia onéftà : e rennela poi tempre a fuerpefe, finche non gli venne fatto
il metterla in luogo ficuro. Ih quefto tempo pofe mano alia belliflima tt*
vola per la Chiefa de' Frati di Sant'AgóAino di Prato» nella quale rappre***
fentò il miracolo di SanNiccolada Tolentino» che rifufcica alcune {tarne;;
la quale opera. non folamentft riufcì la plib bella ch'e'fiiceire mai o innanzi
o.dopo» ma fu cofa iingolariffima: ed io per me la (limo per una dell«
più pregiate pitture , che abbia auella cittì ; perchè nel catto ed in ciafche ^
duna parte non faprei defiderarla né più curiofa né più maeftofa di quello,
che ella fia . Per la (leda città di Prùco dipinfe alcre tavole» cioè una Tri-:
nici, una Sanca Converiazione di Gesù» òiuleppe e Maria: ed una tavola
perla Madonna della Pietà fuori delle mura, dove è da nocarfi cofa curiofa*
cfeir avere egli figurati tre Angeli in atto di foftenere il quadro della facra
Immagine» temani de' quali »rapprefentate in atto di pigliare la cornice» vi
fono cosi bene adattate fopta ih pittura^ chepajonodi tutto rilievo . Mefle^
anche mano pel Duomo ad una tavola di un San Lorenzo» che poi non
tinìf come piU avanci diremo. Un'altra tavola fece d* un San Francefco
che riceve le (limate » che in Firenze fu pofta nella Compagnia delle Stimate
fotco le volte di San Lorenzo. Gli fu poi data a fare mia gran tavola per
la Cappella degli Ardinghelli in. San Michele dagli Antinori» in cui rap^
prefentò la gioriofa Aflunzione di Maria Vergine: ^ fi portò tanto bene»^
che pili non fi può dire. Ma peich'egli è veriflinio» che gli uomini nel-^
Pavanzarfi coli' età» mutano perlopiù gufto e penfieri; il Balafli» che in
quefiaquafi comune infermità non fu punto fra gli altri privilegiato^ col«
r avvicinarfi alla vecchiezza» comincio altresì a concepire nuovo gufto»
e nuove idee nel' colorito : e procurò » ovunque gli fu poffibile > di ritirar
le-pitture fatte dà fé ne* tempi più verdi: e quante ne potè avere, tante
ne ritoccò e riduflè a quel fuo nuovo modo» che fu quanto dire» che fé:
non tutte le guaftò» almeno almeno mplro le peggioro; e, fra quefte poco
avventurate pitture da lui rifatte, pofliamo affermare che folfe ia tavola
deir Aflunca » di cui pur ora abbiamo £icca menzione: dalia quale però nel
grado che fi trova» può chiccheilia trarre fufficiente materia» per vèntre in
cognizione della bontà dell' operar fuo negli antecedenti tempi, perchè
ella non lafcia però di edere una beila opera. Ma per tornare onde par*
ttmmo» volle il Serenifliimo Principe Cardinale Carlo de' Medici regalare
due quadri alla MaeAà dejl' Imperaaore : e fecegli fiure al Balaili » che al fuo
foiijco fi portò beniflimo. Ih uno figurò Sanca Victoria» con una palma in:
mano» ritratta al vivo dalla* SerentSma Grand uchefla Vittoria diXofcana»
cingendo la palma» tenuta dalla Santa» d^ona ftrifcia finta di carta» neHa
quale icrifle le paròle del fecondo de' Re e. i a. Nomine meo udfcribatur ViOo'^
ria, belliffimo penfiero della gioconda memoria di Francefco Rondinelli»
nòbile Fiorentino» Bibliotecario del Granduca. Neir altro quadro era il
ritratto
. 1 ^6 DeceìtnJlL della PatU. delSec. Vi dati (Jio. ai 1 6$ o.
•
ritratto pare, fatto al vivò^ dello fiefloGrandoàiFerdtnatvloIL Ckmibrcft
di dia Sereniffimat e rapprefimtava la f^ura di San Giorgio ; e perdiè il
Bblafli, che veraoiente aveva £ieca gran pratica nel conofcere le maniere
degli ecceiientt pittori » li credette andie troppo di faperle tutte imitare
(cofa che efaminata da altri occhj fuori de' funi proprj , non riufcìira fem»
prè tera) in queflo quadro del San Giorgio pretefe d'imitare il modo di
finire di Alberto Doro. Non debbo pera lalciare di dire» che in quefto
dell'imitare le maniere degli antichi buoni maeftri, egli talvolta fi port6
bene» come feguì in uo ritratto di unk vecchia ^ la quale con una mancr
teneva un libro» e coli' altra un fazzoletto » fatta ad imitazione* della ma-
niera di un'ottimo artefice antico . Quefio ritratto procuro egli che veniflé
fotte l'occhio del foprannominato Cardinale de' Medici, il quale col pa«
rere de' più intendenti^ lo giudicò veramente di mano dell' antico mae-
ftro, e ne offerie fino a dugento feudi. Ma il pittore» a cui badò fola«
mente il gufto di avere ingannato i profeflori dell'arte» fcoperfe la cofa»
e ritirò il 1 uo quadro . Tornando ora all'altre opere fue , pel Barone Àlaman*
ni ebbe a fare un quadro per rapprefentare la Pittura; ma a quefti toceò
peggior forte di quegli» di cui fopra parlammo» perchè dopo molti anni
richieftolo al padrone per ritoccarlo di quel fuo nuovo. gùfto» tutto io can»
celiò; ma non aveva ancora finita la nuova bozza» che ejgli diede fine al
dipignere ed al vivere infieme; ficchè queir opera così bozzata fi rimafe.
Ad infianza di chi ora quelle cofe feri ve» per lo Dottore Medico Loren-
zo Neri di Empoli» uomo per certo di nobili e oortefiiGme maniere , che
permeiti anni leggendo nella celebre Untverfità di Padova, diede faggio
del foo fpirito» dipinfe il Balafli una tavola di Maria Veirgine Aflunta in
Cielo: e v'è San Òio. Gualberto» San Lorenzo» San Niccola da Toleott--
no» e San Filippo Neri» quafi in atto di meditare quel mifterio»- che per6
ftannofi intorno al Sepolcro di e(& Vergine; per le due figure princi^
pali fece San Lorenzo e San Filippo» per alludere al nome» ed al cafato
che avea fimile a quello di San Filippo» chi la faceva fare, che gli diede
luogo in una Cappella della Chiefadi Sant'Agoftino di detta Terra d'£m*
2)oli . In quell'opera molto fi afiàticò l'artefice, per ben foddisfiire afe fteilb;:
e noi iappiamo, che per ttgnere la pianeta di San Filippo d'un colore, ohe
bene accordaflè col rimanente della tavola » egli in una fola mattina dipifw
fela verde, bianca» rofla» gialla» e finalmente fi fermò in un certo colete
OiKne di rofa. Avea quefto pittore, nel migliore fuo tempo, colorita una
tavola per Ferdinando Brandani» già negoziante in Roma: ed in efla avea
rapprcfentato San Giovanni Evangelifta nella caldaia di olio bollente: ed
era occorfo, che Ferdinando avea queft' opera , che belliflima era , dopo al**
contempo portata in Caftiglia, dove polla a. paragone delle più belle, che
avefie la città ov'ella fu fituata, fu giudicata di tanto maggbr bontà fopra
tutte r altre , che eflendo Hate ofiervato il nome del pittore , che egli aveva.
fcritto in un pezzo di legno finto ardere liel fuoco, giacché il mercante
era morto, o pure non vi era chi di tal nome fi ricord^e, fu fcritto aFi-^
renze, affinchè clTendo più vivo il pittore, fi procurafle di mandarlo colà>
ove i'afpettavano nobili occalioni di operare, e ricche ricompenfe: «dici
man»
MA È IO BtALASSL 237
VMncattza di lui, fi mandafle qualche foo eccelknte dtfcepolo; ma cai pra^
cica reftò feiiza efFecco; accefochè egli era già vecchio: e eie' fuoi allievi al«*
tri non vi era , che un cale Gamolli, che riufcì mediocre pittore. Molte
in lomma furono le opere del Balafli, e parcicolarmente quadri di mezze
figure per ornamento di Tale» camere e gabinetti; e certo che fé egli non
fi fofle tanto innamorato del proprio modo di .fiire (vizio che ha tolto il
pregio alia maggior parte de' buoni pittori ) le fue pitture farebbero fem-.
J>re Hate nel gran credito che egli in vita le tenne» facendole pagare for-»
è più di ogni altro; laddove per aver poi dato molto neir ammanieraco r
alcune di elle dopo fua morte fcemarono alquanto di prezzo ; ma quelle
ddla fua buona maniera > fono e faranno (empre (limate aflaiflimo . Non
è per quefto che egli mancaflè d* intelligenza de* buoni precetti dell' ar«
ce; che però era bene fpeflb chiamato a dar giudizio della qualità e bon*
tè delle pitture ; a propolito di che non voglio lafciar di dire quanto gli
occoriè una volta in Firenze con ceni Frati. Avevano quefti £itta dipi*
gnere una grande ftoria a frefco in lor Refettorio» a pittore fiato per al* .
tro valoroib^ ma che in queli' opera non fi era portato bene ; onde quei
Padri annojati dello mn dire che fi faceva fira' Profeflori dell' arte, intorno
alla debolezza di queir opera, pregarono il Balaffi che T andafle a vedere»
Andatovi finalmente, cominciò un di loro a dire: Diteci, Signor Mario »
quel che vi pare di quefia pittura, la quale a noi appare s) wUat e pure«
ogni altro che la vede, ne grida al lupo . Stette alquanto il pittore topra
di le: e poi che T ebbe. ben bene confiderà ta, per non turbar la mente di;^
que* Religiofi più di quello che ella fi fofie, in cola ove non era più ri-
medio, gettoifi al partito dei fingere, e difle: Oh hanno bene il torco co^
loro che la biafimano, perch'ella mi pare una bella cofa. Oh fiate voi pee
mille volte benedetto, difiéro i Fiati, che ci avete pur confolato, e non
fittoci tanto cafi:are le braccia» come fin qui hanno fatto unti altri, a fé-
gno tale» che noi avevamo facto penfiero di fare alla fianza certe fpalliere,
e coprirne dappiedi parecchi dita. Soggi un fé allora il pittore; Orsù, giac-
ché io vi veggo sì ben difpofii a coprirla, fate a mio fenno». copritene più
che voi potece, perchè quanta meno fé ne vedrà, farà meglio . Oh voi ài^
cevatech'ellaera sì bella, diflero i Frati: e che volevate voi che io diceffi,
ffifpofe il Balaffi» che io deffi di nero a un cratto? la ho retto quanto In
potuto» per non vi fcorare come altri ha fatto» ma quando io vi ho vifti
sì rifoluti a far bene, vi ho dato quel configlio, che io mi farei prefo per
me fteflb . Giunfe finalmence quefto artefice al termine de' fuoi giorni :
e nella Chiefa di Santa Maria Novella*, nella comune fepoltura cks' Fra-
telli della Compagnia del Santiffimo Rofario, afpetta il fuocadavero T ul-
timo grorno. Reitarono alla fua morte moltiffime fue opere non finite ,
e fra quelle una tavola di un San Lorenzo in fuUa graticola, che egli fa-
ceva ad inftanza del Padre Lorenzo Calvi della Congregazione dell' Ora-
torio , fuo Confeflbre» la quale poi fu finita da Carlo Dolci*
Fu Mario Balaffi uomo di delicata cofcienza , e più che ordinariamen-
te amico de' poveri 9 a' quali non pareva eh' e* lapeffe negare il chiefto fov«
veni-
13[8 Deceniì.lll.dellaPartA.delSec,V,dal\6to,alì6'^Q,
renimento : e più e più rt^te (i trovò «I eflère ingannato da alcuni inde-
gni verameme della fua carità* ì quali fotto apparente, ma h\Ìo bìfogno,
gli cavavano dì mano quanto loro piaceva. Sicché giunco ali' ultima in-
fermità , quantunque egli avefle in cafa gran quantità dì opere , lì trovò sì
fcarfo di danaro, eh' e' fu necelTario.che Jacopo Lippii gentiluomo, che
molto fi era valuto dì luì , il fovvenìITe di buona fomma : ai che perù il B«-
la(H repugnò, dicendo non poter rìceyerla , perchè trovandofi in calò di
morte, non avrebbe potuto foddisbre il debito^ ma la cortelia del Lìppì
vinfè le di lui repugnanze , con dire , che avendolo egli ben fervito
in TÌta, -meritava il fovvenimento in morte di quel danaro, che egli non
gli preliaTa . ma gli donava . E^ anche da notarli un otto folieo delta bontà
ai quefto uomo, ed è: chete prime parole, ch'e'diccva a' fuoi giovani net
pigliargli in fcuola Tua, erano: che eglino fi fìguralTero d'eflervi fiati rice-
vuti principalmente, per eflere educati nel vìvere Crifijano, e poi imparar
r arte . Diremo finalmente , che non è in noftra cognizione . che egU pei
ordinarlo imbrattaflefuopennetloiconfarglirapprefentare cole lafcive: e
fé pure alcuna ne £ece , fappìamo , che venendo a morte, egli ordinò efpre&
fiimente a'fuoi eredi, che le abbrucìaflèro, ficcome alcune Veneri un poco
troppo {coperte , ed ogni difegno di fua mano che (ì fofle trovato dì tal ntta .
DiceHperò, che cale fuo precetto, checché fé ne fofTe la cagione* non fìi
poi efeguito ; e tanto baftì del fiaUili .
CORNELIO BLOEMAERT
INTAGLIATORE IN RAME
DELLA CITTA D' UTRECHT
^ifsefiìio d* fAbramo Bloemaerty nato KJoj. vive net i6Z6,
r ON e gran tempo, che mancò a quefta luce nella cittì
, d' Utrecht, in età dì 94, anni. Abramo Bloemaen, na*
tivo di Gorckom , uomo, che oltre all'efler giunto a gran
^ fègno nell'arte della pittura, tanto fi fegnalò nell' amore
? della Cattolica Religione , in cui forti d' avere avuto i fuoi
r natali, che tenendo fua flanzi in una città , quale è Utre-
cht, la più tenace della (ba falfa religione di Calvino che
abbiano quelle Provinoìe ; non folo feppefi confervare buon Cattolico , ma
fu, fin ch*ei vifle, gran difenfore de ì Cattolici: e tenendo fegrera Cor-
rifpondenza co* Padri della Compagnia di Gesù, e facendo ogni di, a co-
modo degli ftcfiì Catcolici celebrare la Santa Mefla ; acculato perciò al
Magiftrato. che fatte romper le pene, avca trovati i Sacerdoti in atto di
celebrare, e i fedeli in orazione, fu condennato in grofle pene pecuniarie;
e molto
CORNELIO BLOEMAERT. 239
t molto giravi perrecusioni da li in |>ol convennegli fopportaret fino ad
eflfere fiato dagli Eretici,, co' quali bene fpefTo ebbe difpuce di Religione»
fcricco un volume a fuodifpregio. Quelli dunque fino al numero di quat*
cordici figliuoli ebbe di fuo matrimonio» alcuno de' quali fotto la propria
direzione applicò al pennello , ed ultri al bulino . Uno di quefti fu Fede^
rigo, ìì quale alletcaco da deiiderio di quiete, e dalle buot\e facoltà, che
egli ancora fi gode nella fqa patria, fiategii lafciate dal padre , ha quali del
tutto abbandonata la profefiione, folito dire folamente per ifcherzo, efie-
re ella fiata inventata dal Diavolo, per fare altrui perdere la pazienza ,.
11 fecondo fu il nofiro Cornelio, il quale, mentre io quefte cole ferivo^
carico d'anni e di gloria perle belle opere che ha partorite la fua mano»
fé ne vive in Roma, da ognuno riconofciuto in tutto e pertutco degnifli*
mo erede delle umane e criftiane paterne virtù; ond' à, che prima di par^
lar di luit deLquale molto potrebbe dirli, conviene che io mi dichiari^
che per lo baflb concetto e ftima che egli ha di le fiefib, pochiflime noti-
zie ne ho potute ricavare : e quelle^poche, dettate più dalla reverenza ad ,
un Cavaliere, tale quale è T Abate Francefco Marucelli, che con moko *
replicate inftanze ne lo ha pregato, che dal proprio fuo genio o volontà,
la quale egli ha fempre tenuta faldiflima in non voler permettere non
pure che fi parli di lui con lode, ma eziandio, che fia fatta memoria di
fua perfona, volendo pure che fi creda da ognuno, non efiere egli tale, .-
che meriti che alcuna ricordanza ne retti alla pofterità. E per cominciare
a dir quel poco, che di quefio virtuofo artefice fi è potuto con gran fati^
ca ricavare, dico i come avendo egli fotto la difciplina del padre fatto
gran profitto in difègno, fu dalmedefimo applicato all' intaglio appreflb
Crifpiano Vandepas nella fiefià città d' Utrecht, uomo di non gran rino-
manza $ ma contuttociò valle tanto e'I buon genio di Cornelio e la fua
grande applicazione, col feguìtar tuttavìa a perfezionarfi in difegnó ap«
Srefioal padre, e nello ftefio tempo a far pratica nel bulino, che gli riu-
a V intagliar molte opere del meddimo fuo padre, non fenza univerlale
applaufo. Pervenuto che fu air età di ventotto anni , fé ne andò a Pari«
gì j dove fi accomodò appreflb al Configgere del Parlamento, Jacopo Fa«
vereou, per cui intagliò un libro, di quafi cento carte, di poetici capricci
fecondo i difegni di diverfi maeftri Franzefi, e di Abraham Diepersbeeelz ^
difcepolodel Rubena» la quale opera nello fpazio di tre anni diede finita.
Se ne venne poi a Roma, chiamato dal Marchefe Giuftiniano , famofo Me^
cenate de' virtuofi, per intagliare, come fece, le fue molte e belliffimé
fiatue antiche,deUe quali, dopo il coifb di altri tre anni , aveva fatte vede-
re intagliate circa al numero di quaranta , quando occorfe il cafo della
morte del Marchefc. Ma perche non mancarono mai perfone di alto affa-
re, che ad uomini di tal fatta non offeriflero grandi occafioni di &r mo«
fira di loro virtudi ; lo accolfe il Caidiuale Montalto nella fua celebre
Villa, dove ebbe da inragliare il propriq ritratto di iui, e ^iù fuoi ìnfi-^
gnifiimi quadri , fra' quali la belhffima Madonna di Annibale Caracci . Que*
fio luogo però fu al nofiro Cornelio oocafione di certa malattia, a cagiona
del diletto eh», egii er» (olito pr«ndeifii di «ndaw la notte a frugnolo per
quei
240 DecennJlLdelbPanJ/deìSec.V.daiióio.aì iC^O'^
quei bofchetti; onde egli.deliberò di toglierfi da tale occafione: ed aperfe
cafa da per fé fieflò vicino a San Giufeppe a capo le cafe , ove egli poi per
lofpazio di quarant'anni ha abitato, operando per diverfi Signori • e con-
ducendo rami belliflimi . Ma noi di alcuni pochi folamence faremo meo-
sione; giacche il volergli defcriver tutti» troppo lunga cofa farebbe: ed
air incontro» vero è »* che le belliffime ftampe» che in ogni tempo in nu-
mero quali infinito» hannogettateifuoi incagli, fono ftate e faranno fem-*
-pre a lù ftefle una molto chiara e nobile iftoria; onde poco abbifogneran-
noloro noftre defcrizioni . Intagliò ^i adunque per lo Abate» oggi Emi-
nentiflimo Cardinale Sacchetti» con difegno di Pietro da Cortoiia » una
belliffima Conclufione» ove rapprefencù mti del Grande ÀlelTandro: un
Santo Antonio da Padova » in una gran carta» con difegno di Ciro Ferri :
il miracolo di San Pietro del rifucicare una morta , tratto dalla bell'opera
di mano del Quercino da Cento» la anale pode^ono quei di Cafa Colon»
,»a:. il froncefpizio e altre carte del bel libro in foglio» intitolaco V Efpt^
ride del Padre Ferrari ^cm difegni delTAUéno » Romanelli 9 e Postfin. Simit-^
mente intagliò fette pezzi in foglio» tratti da fette quadri del nominato
Alarchefe Giuftiniani» fatti da famofi pittori» ed in particolare il tanto
rinomato dello Spofalizio di Santa Caterina, di Raffaello: una Natività
del Signore» con difegno del Cortona: fette pezzi in foglio grande in
mezzi tondi» delle opere dallo fteflb Cortona fatte nelle Regie Camere del
JSereniffimo Granduca a* Pitti : due ftorie della Sala Barberina » pure del
Cortona » in una delle quali fono favole di Bacco e Venere» neir altra di
Vulcano e del Furore» con alcuni ritratti di perfone di cafa Barberini t
i quali tutti intagli vanno congiunti al bel libro in foglio» intitolato Mdei
Baréerimex e gU quattro ritratti fece egli con difegni di Andrea Sacchi»
iihe rapprefentano gU uomini illuftri di quella Cafa, il Sig. Onofrio» i Car-
dinali Francefco e Antonio» e Don Taddeo Generale di Santa Chtefa . li
firontefpizio delle Prediche del Padre PaoloSegneri della Compagnia di Ge-
sù» con difqgno di Ciro Ferri : la Refurrezione » e la venuta dello Spirito San*
co » invenzione pure di Ciro : una Natività del Signore » credei! da pittura
di Raffaello : una Madonna col Bambino Gesù e San Giufeppe » di Anibale
Caracci : più figure del famofo Breviario in foglio » fatto (himpare da Aleflan*
dro VIL le quali figure condufle con difegni del Mola» di Ciro Ferri »
del Romanelli » e del Maratta . Si vede ancora di fuo intaglio una Santa
Martina» con invenzione del Cortona: ed un frontelpizio di un libro di
Conclufioni per TAbate Spinola» con difegno del Romanelli > ove rappre<»
fentò Giafone col vello di oro . Con difegno del Miele» intagliò i\ fron*
cefpizio del libro in foglio del Padre Bartoli» intitolato V Afiax e quello
della Cina con San Francefco Saverio. Un frontefpizio altresì vergiamo
intagliato da lui» con invenzione di Raffael Vanni, pel libro intitolato
Cbronicon CaJJinenfe . Uria ConcluGone» fatta con difegno del Romanelli ^
per Monfi^. Raggi » nella quale rapprefentò Enea » che piglia il ramo di oro 9
di cui abbiamo in Vergilio uhq avuìfo. non deficit alter . Intagliò jpoi la
belliflima ifforia della Crocìfiflione del Signore » dipinta da Anibal (Jarac*
ci» nella quale fra le altre figure fi vede la Madonna Santifiima a pie della
Croce.
CORNELIÙ BLOEMAERT. 241
Croce , qoaft facendo cramprtiti .. Qotllo» che fu uno de^ più beli' intt-
gli» 'che^rcorilie il bulino di quefto trtefice, famandMoin Franciaj «
cagione di non aver mai voluto il Maeftro del Sacro Palazzo > darne ij ?tf«
Uiceiur^ con dire, eidere quefto con tra la Chièfa, che dice) Stabat • non
jacebat Méter dohrofé. Dico finalmente » che egli (che da gran tempo in
qua aggravato • non pure dagli anni > ma dalle molte cadute £itte in ftra-
na maniera più volte » ed una particolarmente, non ha molto, ibpia il
fuoco, che gli arfe in più luoghi, di una gamba e delle mani , la carne fi-
noall'oflb) a gran pena può maneggiare il bulino,* contuttòciò fi è n)effo
^ incagliare per fuo divertimento un bel rame, ove egli capprefenca San
Giovambatifta , inatto di accennare il venuto IVfeffia. Unode'pregjdi que^
fto artefice è ft^ta una tale dolcezza ed egualiiÀ della taglia, da non tro-'
^arfele parì^ «d inoltre un fapew a maraviglia imitare , ed efprimere la nui«
fiiera di quel pittore, di cui egli ha intagliate ie opere e difegni: e fu que-
lla k cagione, per la quale il Cortona, fciolta Tua pratica con Ftancefco
Spief re , anche egli intagliatore rinomatifiimo , fi accoAò al noftro Cor-
nelio, per fargli intagliare Tue belliffime pitture, come nella vita di dffo
Spierre più difiufamente racconteremo. Egli è ben vero, che quaiitoll
Cortona defiderava JMoemaert per lo intagliare delio opere fue, altrettanto
il Bloemaeit in certo modo aborriva il fervirlo, a cagione, non fo fé dob»
biamo dire del gran buon gufto dì quel pittore, o pure della di lui mdta
fttftidiofaggine t perchè non mai fi trovava pienamente contento della Xua
Mglia r per altro maraviglioft, % talvolta! de' dintorni, t quali volea veder
Are in tua propria preftna: efp^e voke fiiceva rimutare dopo che erano
fat^; e non ha dubbio, che fé ciò Aon fofie occotfo, aflai più opere vtet
iremmo del Cortona intagliate per mano di quefto artefice , che non veà^
giamo. Conduce egli al prefente foa vita, che può dirfi molto religioU,
piuttofto air eremitica , che altrimenti , per entro una camera oiodefiamen^
te abbigliata , ma ricca benA per lo nobiliffimo arredo di fua perfbnaè
adorna di tutte quelle virtù, che fi ricercano in un. buono e devoto Cri»
ftiano, fo/ferendo con indicitnle allegrezza il pefo dell' età e de i tanti mà«
lori, di cui poc* anzi parlammo: fi contenu di uno fcarfo fòvvenimen*
to di fei feudi il mefe, che gli mandano dalla patria i fuoi congiunti, go#
ftantiflimo in recufare ogni altro ajuto « che bene fpeflo hanno defider
rato di offerirgli perfone dell' arte fuoi amiciffimi, e che lo hanno in
gran venerazione: né è balbto loro per confeguire il proprio intento,, il
procurare in varj pretti^» d'ingannarlo. Tanto è lontano da ogni appetito
di applaufi di mondo, che non ha mai permefib , tuttoché con vive in<<
ftanze ricercato, e qUafi forzato, che fia fatto il ritratto di fua perfona#
ièmprecircofpetto e guardii^o nel proferir cofa , che in quali fia manie«»
ra pofla punto contriUiire al confeguimento di quella glpria , che per altro
fi è meritata la fuaf virtù ^
» «
Q^ STEFA.
841 Deceiiii. III. MaPart. I. JelSte.V. dali6ìo.ali6jo.
STEFANO DELLA BELLA
• INTAGLIATORE IN RAME
t. . ■ I .......
■ Difiepolo di Cefare Daudini, nato i(Jio. ■$■ x66^,
\. colora » che verfb la fine del paflato fecole * nella cele>
re Aanza di Gio, Bologna da Dovai, accefero alla fevlcura.
lutando al medefimo» e lècondo la maggiore o minoie «bi-
ca di ciafcuno (come ne giova il credere) erano ancbe da
jì falariati, furono li due fratelli Francefco e Guafparri di
Jirolamo della Bella . Francelco, il primo di queftir accaia-
(tofi colla molto onefta donzella Dìanora dì FrancofcoBuonaj^uti. ne ebbe
più figliuoli , i quali tutti effendo nati in feno a quelle belle arti , atcefe-
to al difegno. Il maggiore, che fu Girolamo,, fi diede alla pittura» L^>-
davìco ^ce la profelEone dell' Orefice , e '1 Doftro Stefano fu poi quel tan^
<o celebre difegnatore e intagliatore y che al mondo è noto. Nacque egU
«dunque in Firenze la fera de' 17. Maggio i($io. ed in San Giovanni «baie
ilBattelìmo. efitindogli compare il valente fcXiltore Pietro di Jacopo Tacca,
ibtco ancora egli appreflo a Gio. Bologna; «nxi quello, che fu a lui fra'fuoi
difcepoliilpiùcaro, e chefemi>reìl Ceguicò, ed il quale ancora a gran ra-
gione fi conta fra' più eccellenti artefici, che: partoriHè quella G:uolaJ e
fu a|ipena gionco Stefano all'età di .trenta inefi, che il padre tuo mancò
^i TJta, onde egli cogli ftltrì fratelli .fi rimafe, in iftato aUai difaftrofo ; ma
il fanciullo, non oftante i colpi di conccafibrtuna, fin dagli anni più te-
neri incominciò a dar fuori qualche fegno della forte inclinazione « che
ancora egli aveva alla virtù del di&gpo e allp Audio ; onde ì fuoi mi^giorì
non tardarono punto a iècondare I' ottima indole lua con provvederlo
d'impiego, in cui egli potefiè efercìtarfi; e queOo fìi pure l'efercizìo
dell' orefice nella bottega di un certo Giovambatifia, forfè uomo in tal pro-
feffione dì non molto talento, tantoché iu d*uopo il toglierlo a tal mae-
Aro . Trattenevafi in quel tempo al fervizìo della Cafa Serenifiima Gafpa-
ro Mda , improntatore rinonwcifiìroo , che operava nella Re«l Galleria:
e parve buona fortuna di Ste&no 1* eficre ftato da' faot con effo allogato ;
ma non fu così, perchè il Mola tutto intento a* fuoi lavori, niun penfic-
10 fi prefe del Maciullo , e nulla mai gì' infi^gnòi imde affiìcca di ciò la ma^
dre e i fratelli . procimirono di trovargU altro impiego : e queflo fu nella
, bottega di Orazio Vanni, il quale oltre alla gran piaiica, che tanto egli,
guanto ì figliuoli Jacopo e .Niccolò, ebbero in ogni cofa appartenente a
ouell' arte ■ feguitato poi fino al prefente dagli altri di loro ca& , furono
angolari in dar giudizio di ogni forta di gioje. ed in legarle egregiamente.
Non era appena Ste&no ( che per ìa fua tenera età di circa tredici anni,
e per l'avvenenza del fuo trattare, vi era per vezzi chiamato col nome di
Scefanìno ) dimorato in quella vinuofa fcuola otto giorni» che t«Io fua
grande
r'
STEJPANO DELLA BELLA. ^43
I
grinde inclintrione al difegno fu a tutti fatta paleie ; conciofoiTecofà»
che» eflendogli fiato dato per prima octapa^ione il difegnare quella forca
di boti» che fi fanno alla groua t con dozzinale dintorno» di fotcilìffima
piaftra di argento» Stefano gli conduceva con tanta grazia, che a tutti era
d* ammirazione. Ma non fi fermavano qui i primi fagpi del Tuo bel genio ;
perchè aveva ancora tanta fiicilità in copiare le belliUime carte > pure allo«»
ra ufcite fuori » di Jacopo Callot (delle quali difégnava quante mai ne pò*
te va avere) che era cofii da Ihipire: ed in quel tempo medefimo» no t fi
&ceva in Firenze pubblica fefta o trattenimento» o fone di gioftre o di i&r*
nei o di corfi de^ oarberi al palio » che egli prima non fi porcafle curioib a
vederle ed ofiervarne ogni più minuto particolare» e poi tornatofène a bòt^
tega» noi difegnafle; con che tirava a fé gli occhi e l'affetto » non pure àcf .
giovanetti fuoi coetanei e compagni, ma (come a me ha raccontato chi
fu uno di effi) eziandio de^ maeftri medefimi e di ogni altro, che qutlla
bottega frequentava . Ma era cofa fommamente graziofa» il vedere» con^
egli nel cominciare le fue piccole ed innumerabHì figurine» fi faceva fem^
pre dappiedi» Seguitando fino alla tefta: ne fu mai alcuno» non folo, che
ne potefie penetrare la ragione , ma che né meno poteflelo mai dift gliere da
quel modo di fare . Non voglio già io maravigliarmi di ciò » ne pofib dare
2uefta cofa per nuova» perchè vivono nella mia patria due cavalieri , di
tmiglia che fi conta frale pih nobili d'Italia» che da me furon ben conò^
fciuti e praticati in loro frefca età » che ornati da natura di bella inclina-
zione al difegno» con quella fola e fenza maeftro» copiavano ogni forta di
ftampe del Callotti o dello fteflb Stefiino della Bella e d'altri» in modo df
poterti» fietti per dire, cambiate la copia coli' originale » fempreiiicomin^
ciando loro figure dal piede . Difii, non volermi maravigliare di ciò» noti
perchè io ( al quale non è noto il fisgreto della natura in dare un fimil gè*
nio d' incominciare le figure dal' piede, e fenza prima metterne infieme
l'intero, andar feguitando all' insù tutte le parti , e condurle a buona pro«
porzione) poflTa darne alcuna ragione; ma perchè, come io difii, queftoca*
io a me non è nuovo . Furono oflervate altresì le amabili maniere di Stefa«»
no, del quale non vide quell'età il più quieto ed il più applicato, daireru^
dito Michelagnolo Buonarruoti il giovane, amico ai quei virtuoG artefidt
cdaGiovambatlftaVanni pittore, altro figliuolo di Orazio foprannomina^
to »e tanto V uno che l'altro » fi dolfero comparenti di lui , che ad un gìova^
netto di s\ alta afpettazione in cofe di difegno, facefiero focterrare il prò»
prio talento, e confumare gli anni migliori di fua età in un'arte, nella
quale, tuttoché un buon difegno ih neceflariflimo, concuttociò » in quan-
to alle opere appartiene» ella ha un campo afiai limitato ed angufto; efi^n*
dendofi al più al dover far bene le poche cofe, che fono proprie fue; lad--
dove deirarte della pittura fono oggetto d* imitazione tutte le opere della
natura fl:eira; ondetecer per modo» che Stefano dà lì in poi incominciaflb
a frequentare la fianzadi tìiovambatifta » dove ( comecché egli era braviffi^
ipodifegnatore) diede principio ad iftruirlo ne' buoni precetti, facendo*
gli di fua mano gli efemptari » fecondo l'ordine che fi tiene co' principian-*
ti» giacché Stefano fino aUora aveva opcrato-fei^a regola» efolamente io
(^a forza
j!>44 T^ccettnJH Ma Part. l ddSèe.V. dai 1620. al 161 a.
49x»kòi naturale mplinazipne : ed al pili con qualche «ffiflensa # Rmigio
CancagaUina* Ingegnere valorofo f al quale egli di quando in quando %t}k
Aato tolito.oìollrare le cole &e . .Cooptali maeftri pioltofi apprpfìctò* fU
fwi non (b p|er q«al cagione egli fi partì dal Vanni ,e conCefare Dapdint fi
^fccomod^i il quale» come altrove abbiamo detto « eipa pittore di aliai y%^
^a invenzione, di buono abbigliamento, ed aveva un colorito» cbe dava
x^W occhio alquanto più, che quello del Vaniii non faceva, onde iì era
^ella città acquiftaco non pocQ applaufo. Con queflo leguiiò Stefano ad
jmpafar l'arte della pittura • ma come quegli > che fin dal tempo, che egli
/taya all'orefice, daj vedere e copiare le belle opere del Callotti fi era £bt«
te invaghito dell* intaglio^ e già aveva incominciato lo ftudiodel mai)e^«
giare il bulino 1 nel modo però folico di quegli che vogliono darfi all' ori*
pceria» che è d'intagliare prima lettere, e poi rabeichi; pofla da par^. k
pittura, fi diede tucto ali* intaglio: eleggendo però la pratica di efib in »cqua
forte, atteCochè quello modo, non Iblamente affatichi manco la conv»
plelfione, ma afiai piùii adatti al rapprefcntare in piccala carta numero
infinito 4i piceplilume figure, genio proprio dell' infigne Callot., eredita*
^ pgi dal. noftro Stefano . \ji prima opera, che ulcifie dalla fùa ancor te?
Iier^ mano, fu un Santo Antonino Arcivefcovo di Firenze, che dalla fila
|>«ata gloria UK^ftra di proteggere coli' orazione la Tua cafa citcà^, ^he ve*
d^fi figurata in lontananza « Nel mille feicento ventifect^, e dec^mofettima
di fuii età» intagliò una carta bifiui^^ rapprefenia^^ce una lauta cena , cha
i^e una fera in Firenze una delle due ranco rinomate Compagnie de^ Cac-
ciatori, dette de' Piacevoli e de' Piattelli » cioè quella de^Piacevoli» e iade«
dico al Sereniamo PnncipeGio.CarUHiiToicirna, poi Cardinale . Inque*
i}a earca, nella quale fi fcorge tutta quella povertà di difegnp e di tocco»
che doveva efière in un giovanetto di tenera età i e che aveva conCumata
ì\ Tuo primo tempo in mefiiero diveribi- non è che non fi veg^a un gran<»
diffimo genio all'inventare con gran copia di penfieric ficcome in altre car-»
te ancora» che e|;li andò poi intagliando nel corfadi alcuni m^fi , eh' e' fi
trattenne in patria , delle quali, non fa di meftierofar menzione. Rifplen«
deva in quei tempi nella città di Firenze, eper |[rande amore di virtù, e
per Regia liberalità la gloriofa memoria del Serenifiimo Principe Don Lo»
rjenzo* fratello del già Granduca Cofimo IL C^efti avendo avuta noti*
2Ìa del giovanetto, e da. più Cegni coiKiiciuta la riuscita, che prometteva il
di lui ingegno, lo accolfe fotto la propria protezione; e con aflegnamemo
d^ fei fifudi il mefe, ìenz' altro obbligo o penfiero , che di fiudiare , l' in-*
viù a Rogna , facendogli avere fimza nel Palazzo del Sereniamo Granduca
in Piazza Madama. Vi fi trattenne per lo fpazio di tre anni, nel qual tem*
pò tutte le cofe più aggrade voli difeanò; onde non fu gran facto, che nei
fervore di quei grandi iludj , gli riufcifle 1* inventare ed intagliare la bellifiìma
cavalcata de 11' x\mbalciadore Poi lacco nella fua entrata in Roma l'anna 1633*
la quale dedicò al Principe fuo Signore. IntagUò ancora otto pezzi di ya«*
dute di Campo Vaccino, e otto Marittime » e quella del Ponte e Caftello
di Sant'Ai^elo. Ma, o fofle perchè non parefie a Stefano di poter fare in
Roma quella fortuna» che era dovuta al graa talento fuo.i o perchè gli
parefife
N.
STEFANO DELLA BELLA. ^ 445
parefleftcicft 1' «fpetcarla^o perchè fofle per avvencurt ftimolato dal grido^
che univerfalmente fi fentiva degli applaufitche erano ftaci fatci al già de*
funto Calice , e fi facevano tuttam alle opere di lai.; rifolvè di lifctar
Roma , ed a Parigi fi portò» valendofi della Gongiuncur.a dell'effèr colà fta<*
co mandato Àmbafciaaore il Barone Aleflàndro del Nero, Cavaliere lblen«
didifiimo» che lo volle fra*fuoi in quel viaggiot e gli diede ajuci di ^nari
eziandìo fommiiìiftracigli dal Sereniflìino Granduca . Vi dette molci anni^
f v'intagliò pofe troppo flupende : e fra quefie la fegnalata carta deiraflcdio
di AraSf mandato prima in quel luogo appofta» con nobile cratcamencp^
i3al Cardinale di Richilieui acciò il tutto potefle bene oflervare e dife-^
gnare. Ma perchè!' opere, che Stefano intagliò, non folamente in Fran<
Che dopo una efatta ricerca fstttane, fon potute venire a noftra cognizici*
ixe. Diremo folo> che egli a cagione delle medefime , non folo in Parigi»
e per tutta la Francia, ma eziandio per la Fiandra » per T Olanda ed in Am-
fierdam (dove egli, negli undici anni che egli flette fuori di patria, fi por*
tò) giitnie a tanto credito, e tanta (lima era fatta di lui , e da'Grandi e dalla
minuta- gente > die il profferire il fuo nome nell' anticamere e nelle ppjl*»
vate converfazioni, folo ballava per aprir la ftrada alle lodi >ed agli eneo*
mj dj fua virtùa ftftta ornai fuperiore ad ogni invidia. Teflimonio di cA
fone quame i^ ora fon per dire^ fecondo quello che egli medefimo era fo<»
lìto e raccontare . Inveivano in quel fuo tempo nella città di Parigi le folle^
vaBiom de' popoli. e i tumulti, che ogni dì fi tacevano da i contrarj di Mas*
^larrinacontra gP Italiani: edoccorie queftocafo. Fu egli un giorno afia-
lito da una truppa di fnfiofa gente , non ad altro fine , che di levargli fat
vitaj> per quefto fojo $ che d' efier egli di tal nazione^ Ciò feguì in luogo,
QVe;«raiio certe donile t^ le quali bene il oonofcevano, ficcome la più par-
te, nelle peifone e nobili e plebee: e una ve ne fu, che forte gridò: ^^
ffiies vmu ? Ccjimie èmime tf eS pés halitns mais il eff Piortmin . Chela*-
te voi ? quefto giovane non è Italiano» egli e Fiorentino . A quefta voce
{(li ftggtenori, non fo fé per non faper coai in un fubito dar giudizio del«
a fpropofitata difi:fa> panjita da quella femmina, o perchè cosi a primo
afpetto foflèr trattenuti da quelle grida, riftertero tanto, che Stefano ebbe
tempo di dite a gran voce; lo fono Stefano delta Bella: etantci badò e
non pili» non. folo per ritener l' impeto di quella gente dalla uccìG&ne di
fua peribna; ma per lafciarlo in lH>ertà, anche con fegni di riverenza.
Apparirebbeinciedibiie ciò, che io volefli dire della (lima, che era fatta di
Steano in Parigi, anche da i Grandi , ed in particolare dall' Eminentifitmp
Maszarrino; ma folo mi bafterà affermare, che a quefta corrifpondevano
effetti'cli onori , quali fi fiurebbero fatti a gran Principi : e più volte fu egli
flimohto a fermatfi al Kegio fervizio, jper efler maeftro nel Difegno della
Maeftà deJl' c^gi Regnante Re. Fu peniato ancora di fargli intagliare cutte
le Imprefe, fatte dalla Maeftà del Re Lodovico XIII Ma tale era in lut
l'amore de' fuo» ftudj % tale T «vverfione alla Corte # e. tale altresì la noia »
Qj che
246 Decènti Jll della Pari. 1. delSec. V. dal 1 620. al 1 6$ o.
die gii gli cominciavano ad apportare quelle civili difcordie $ a cagione
Aìaffime dell' efierfi trovato à^ pericoli chefopra dicemmo» che non foia
fteiisò» ma deliberò di cornarlene in Italia: a che Io dimoiava un certo
defideriot che egli aveva Tempre covato nel cuore, di menare e finire fiia
rita nella cittj^di Roma ( come egli dirfbleva ) fra' quei da sé tanto amati
ftffii antichità e rovine licite un tempo care delizie dell* animo fuo, edelte
quali egli aveva difegnata si gran copia; ma vano gli riufci tal penfieror
perchè cornato alla patria t dove V afpettavano le grazie de' Sovrani,* e
fili applaufi de'fuoi concittadini» come uomo che già fi era guadagnata. la^
nma del maggior maeftro del mondò in fua profeffione , fu fermato in at-
tuale fervizio della gtof iofa memoria del Sereniffimo Principe Mattias, che,
fu Tempre , ficcome ogni altro di fua Sereniffima Cafa , parzialiffimo di
ógni amatore di virtù • Vitifero allora nel noftro Stefano fue antiche re-:
Jmgnanze alla corte, la riverenza di fuddito, e'I deGderio di guadagnarfr
* amore di un Principe sì magnanimo; ma non fu già, che egli lafciafle di
nutrire in fé un gran defiderio di rivedere la città di Roma; talché non tf%
ancora un anno paffato , dacché eali fi era dedicato fervitore attuale del
Prìncipe, che gli chiefe in graziai' incamminarli a quella volta per certa
determinato tempo. Era giunto alla corte di ouel Serenifiimo uno fpiri^
cofo giovanetto , che oggi fi conta fra' più celeDri pittori dell* era t^i^t^p
dico Livio Meus diOudenard, cittadella provincia di Fiandra t il quale
per la bravura della fua mano in far piccole figurine colla penna , ad kni«*
tazione del celebre Callot e dello ftetTo Stefano ^ e fenza avere ancora toc* :
co pennello , così bene difegnava, ed eranfi vedute di Aio tali invenzionf ^'
che (tate portate in Francia, nel tempo che ancom Stefano, vi ditoorainir
e venute fotto l'occhio di lui, fenza faoere tla qual bano fbflTero ftate*
condotte , le aveva giudicate di gran maeuro: tornato poit ed avut» eo*i
r iasione 4i Livio (tanta era la bontà e carità fua)< in vece d'invidiar^
fua virtù, gli.fi era a gran fegno afiezi<mato . • Coli' oocafiofìe adunqde
della benigna concefiione di portarti a Roma, vo4Id quel Sereniflhno con--'
fognare a^ Stefano quel giovanetto Livio, e raccomandarlo alla^fua cura, .
togliendolo da Pietro (fo Cortona, da cui pure in Firenze , mentre A di--
pfgnevano le ^egie camere del Palazzo, fi ei^a trattetiuto due mefi, fotaer-
rando il proprio talento i conciofoiTecofachè Pietro o per ooca inclina* ^
anione che egii avelie ad infegnarli l'arte, o perchè egli avew (Rena la fantt*
Ha di akri penfieri , lo aveva trattenuto in non altro fare > che^ in difegnare-
dai geilb, cofa direttamente contraria airinclinazione. del fanciullo, che
era air inventare . Il noftro Stefano adunque fé lo conduflc a Roma» e per due.
mefi Io tenne appreflb di fé: nel qual tempo gli fece condurre molte bel)e.
invenzioni in fulla propria maniera, le quali poi mandate al Principe» •
Jton lafciarono di guadagnare a Livio accrefcimcnto di grazia e di &vove • ^
Soleva bene fpeflb Stefano molto dolerfì con Livio, di avere , come ^H
diceva, fatte tante fatiche e fkudj in difegno» ed eiferfi poi fermato in
quelle carte , mentre con quegli fiudj fi trovava aver fiitto tanto capitalCf
quanto farebbe abbifognato per farfi un. gran pittore: e quefto diceva con
tale energia I e ne moftrava tal fentimento^ che fu .cagione , c^4Uivio^^
; meglio
*. .. V
STEFANO DELLA BELLA. H7
meglio fri fé fteflb penfiindo» fi defle di propofito alU pittura; ficchè allt^
memoria di Stefiino della Bella deefi dalla noftra città attribuire il benefi-
cio di aver fatto acqaifto di sì valorofo pennello, quale è quello di tal
maeflro , le cui opere daranno materia a noi di più parlarne •
Tornò Stefiino dalla città di Roma a quefta Tua patria » in tempo ap«
oanto» che ilSereniffimo Principe di Tofcana» Cofimo » oggi felicemente
Regnante» era all' età pervenuto, nella quale poteva aggiugnere agli altri
fiudji con cui andava adornando il resto animo fuo, anche quello del di-
legno; onde, il Sereniamo Principe Mattias, a lui Io confiegnò per mae«
ftro. Né io voglio qui raccontare, quanto il noftro Stefano fi andafie ogni
di avanzando nella fervitù e grazia appreflb a quel gran Principe, tanto
amico (ficcome d'ogni altra) di qaefte virtù » quanto hanno dimoftratoo
dimoffrano tuttavia i grandi uomini, che nella fculcura e pittura ha c^li in
fonra di foa protezione ed a proprie fpefe, guadagnati alia noftra città, e
quegli eziandio, che tuttavia, con inceflknte cura e plaufibile liberalità'
alla medefima ne promette. Erafi Stefano provvifto in Firenze di una be^
ne a^ta abitazione in Via di Mezzo « non lungi dalla piazza di SanrAm-^
bro^io» dalla parte di San Pier Maggiore, nella quale profegucndo i fuoi
ftud; , era bene fpeflb vifitato da* primi virtuofi del fuo tempo : fra' quali
ih Dionigi Guerrini, foldato di gran valore, e pratichiflimo in difegno €
in architettura militare e civile, tornato pure allora di Spagna > dove aveva
lafciato gran nome, e defiderio di fé fteubt per le varie cariche ragguar-*
deVoli, e particolarmente di Aiutante del Quartier maftro Generale, che
egli vi aveva con gran lode fofienute: ed in compuignia di Ste&no trac*^
tenev«i(i, per fuo divertimento» in difegnare belle invenzioni. Dure an«»
ch'effe in fui gufto di lui , finché dal Serenifiìmo Granduca fu eletto fuo
Quartiermaftro Generale, e poi Maeftro di Campo del Quarto di Prato w
Vi fi portava ancora il fi>prannominato Livio Meus , appunto tornato di
naro
fof •
te Porto
roCamente
effo Stefano e Livio intagliarono alP acqua
primo rapprefentò P attacco di Lungone: ed il fecondo il pofto e città di
Piombino; mentre il Guerrini, a cui enn continuamente mandate di colà
da* fuoi amici del Campo ^pagnuolo • accuratiffime vedute , piante e dtfe*
gni , gli fomminiftrava loro, acciocché tanto V uno, quanto l'altro, poteflè
riportare onore di fila fiittca . Stefano dedicò V òpera tua al Conte d* Ognat»
che molto la gradì : e Livio al Conte di Converfiino» che al gradimento
aggtunle un regalo di cinquanta- ptaftre Fiorentine . Non fu però, che per
la moka applicazione, die aveva Stefano a'fuoì belHflimi intagli, non vo*-
lefle talora divertirfi alquanto negli ftudj doUa pittura, nella quale, ben-
ché poco operafief, tenne una maniera di buon gufto: e vedefi di fua ma*
lel Palazzo de^Pitti; il ritrattò quanto il naturate del Sereniflimo Prtn-»
no nel Palazzo dè^Pittr, il ritrattò quanto
cipe Cofimo , oggi Granduca ftlicemente Regnante, figurato fopra un bel.
Cavallo. 0^4 Cosi
4» Decenn. ìli MaTm. l del Seù.V. dal 1 6io. aii6$ ©•
ùandavafi fempreaimnEandd il noftro S€«fiino,e nella gfa2|t del («»
Padrone» e nella benevolenza e dima degli amici delle buone arcit ffcendo
Vedere molte belle cofe di fua manoi quando àfiàlico da fiera e lunghini-
ma infermità (che oltre ad ogni altro firano accidence > cagionato nel fuo
corpo aggravato dalle molte tatichef gli aveva guaCto tutto 11 capo) per-
venne finalmiente alt ultimo de' Cuoi giorni: e^iò feguì inc^mpoappun-
toV che^gli aveVa inventate iei carte di capricci, in fortnaovaje» come*
nenti (cheletri» a vogliamo dire» la morte ftefla > figurata in diverfe azioni»
cioè in atto dì rapire fanciulli, giovani» vecchj» e mafchi e feoomine,! cofo
veramente bizEarrilfima » quando non mai per altro» per le Arane apparen*
ze date travolti della morte in quegli atti tutte ipaventofe e terribili ^ Fm
quefte una Ve Ae era in atto di cacciare in fepoltura un cadavero d* un uo«
ano» pure allora tolto alla vitat e già voleva darle compimento» quando a
lui medefimo convenne divenire preda alla morte ; e co^ fu quel pezza
dipoi finito dft Giovambatifta Galelìruzzi» e va ftampato infieme cogli aJU
CTK Pianfe la perdita di tant'uomo la città noftra e V Europa tutta» men*
tre nella pcrfontt di lui mancò Tarte nedefima ; non già che altri non ne
rimaneffero DrofclTori » ma perchè non tali j, che di gmn lunga valeflero per
agguagliare il gran faper (uo. Alle comuni dpglianze fi aggiunfera quello
della Ca& Sereniflima » alla. qualQ mancò* un rerviìti;>re*virtu0fo » di %\
alto grido» ma grande oltre ogni credere fu il fentiffiento del Sereniifimo
Principe Cofirao, che Io aveva avuto per maellro nel difegno. Quefti pe<»
rò gli fu di non piccola confolazione nella lunga infermità, non pure col*
le viiite di ogni di» che gì* inviava» £itce a fuo proprio nome» ma co*
continui a)uti eziandio» con che (provvedeva alle fue neceflità. FualfuQ
cadavero data fepoltura nella Chie£» Ai SanV Ambrogio alli i}. di Lu-
gliaf tf($4« Vuole ogni dovere» che alcuna c^fa fi dica delle ottime quali*
ti perfonali di quedo grande artefice» acciocché tantopiìi bella comparifca
agli occhi degli uomini fua rara virtù» quanto ella veniva accompagnata da
altre belle doti dell'animo fuo, e così fua memoria ne rimanga più glorio-
fa né' fecolt che verranno . \
Primieramente egli fin da giovanetto portò fempre un riverente amo*
realtà vedova madre» a fegnotalet che non prima ebbe dal Sereniflimo
Principe Don Lorenzo l'auégnamento da'fei feudi il mefe per portarti alli
fiud] di Roma» come fopra accennammo, che egli operò» eh* e' fodero
aflegnatie voltati in ibvvenimento di lei; e giunto a Roma vi fi manten^
ne come potè il meglio «- Fu umanismo e gittfi:o» nò mai fece torto a per«
fona: e fu dotata di tanu modeftia» che pora a paragone» ftetti per dire che
ne avrebbe perduto quella di qualfifolTe ftata bene educata donzella. Ebbe
sì gran defidetio di giovare a tutti » che non fu mai ricercato da alcuno di
fervizio» che (è uotk m tutto f almeno per quanto era in fuo potere» non
giiel Sàc^tki onde nefliino vi fu mail che da lai non fi Mniitc in qualche
modo contento. La (uà cafa » dopo il fuo ritorno di r^rigi» fu temide
ilfefugio e l'albergo di quanti Tuoi conofceoti venivano da quelle parti,
a'^uali fomminiftrava largamente aiuto di danari» togliendogli alle prò.
plrie neccffitadii onde non fu gran maraviglia , che un vittaofo , che a' giorni
faoi
&TEFANQ DELl^ ISELLA. 249
fiioi aveva fatti sì grandi gxiadagniyd Yidiioèfle m moctre m tllato di medio-*
cri facoltà .
Mi giugne ora un coto fentimento di credere » che il mio lettore da|<
ì^ di Stefano deUa Bella » fiati fatco curiofo di iapere perchè io abbia dato
tanto airone, quanto all' altre i attributo di fingolarità, mentre £corg[efi
£ra efle tanta diverfità di maniera. Io però» affine di fodis&re a tale vir*
tuofa curiofità» dirò qui alcuna co(à del parer mio» e di quello che io no
fenta, dopo avere affai bene.confiderate le opere dell' uno e dell'altro» ed
averne tenuti iènfati difcorfi con uomini di aflai miglior gufto » e di più
alto làpere di quello^ che io mi fia; lafciando a ciafcheduno il formarxiei
poi quel giudizio» che a lui più e meglio piacerà. Dico adunque» cbq
tanto le opere del Callot> quanto quelle di Stefano» fono appreflb di me
nel più aito grido di. (lima » che io penfi poterli ai prefente da chiccheffia
immaginare: e che tanto l'uno» quanto 1 altro » nell' arte loro particolare;
e. propria» che fu d' inventare ed intagliare piccoliflime figure» debbono
averfi per uomini fegnalatiflimi» e fin qui fenza eguale; e benché varie fia-«
no fiate in lo: 9 le perfezioni;, non è però, che ciafcbedima in fé ftelTa
non apparìfca tale» che non fi meriti fa più alta lode: ficcome noi veggia^
mo aadivenire in moki amdaaJif ne' frycu> ne^fiori.ed in ogni altro bel
Iiarto della natura » i quili col p^flad^e ognuno in fefieflb variate le qua-»
iradi» non per ouefio Iafi:fano di averle in fuo genere tanto perfette t che
refii luogo al ^euderarle migliori; e fetalorainquallifiadi loro» alcuna vO^
he ha meno eccellente; avvene alcresV alcun' altra. cKe fupplendo al di-
fetto di quella , ajuta mirabilmente a compprre un tutto degno di aóimi^
razione^. Al Callot dunque deefi la gloria d' eflEere fiato il primo» che in
tal maniera abbia eccellentemente operato* La fua taglia fu impareggiabi-^
le : egli ebbe fiupenda invenzione: accordò egregiamente il vicino e '1
lontano, e tanto ^ che più non può defiderarfi: e pofiedè in grado emi*.
nence le ottime regole della profpettiva e del difegno. Stefano poi verfa-
tìflioio e neir invenzione» e nel difegno» e nella. profjpetti va, non ebbe una
taglia cosi pulita» quanto, quella del Callot» ma alquanto più confufetta ; e
ne 1 lontani piccolifiimi non fu così copiofo e chiaro ; ma dov'egli mancò in
qneOa parte» fijppl) con un cetto gufto pKi pittorefi:o di quello del Callot »
che fu fuo proprio fin da' tempi della fua gioventù» come apertameme di«
moftrano molte delle cofc fue» ma particolarmente la bella carta dell' en«
trata in Roma l'anno idr3» dell' Ambafciedor Pollacco; ond*^» che ifuoi
d^legni» de' quali re&rono moki alla fua. morte in cafii fua» furono con
? rande filma ricercati da gran Principi.» e dagli amatori di quefi'arte» e
urono poi confervati e tenuti in gran pregio. Si conferva un ritratto di
Stefano, facto per mano di pittore Frawete» di cui fin qui non è venuta
notizia del nomci nel Palazzo Sereniflimo» tefta con parte del bufto lòia-*
mente.
» > - > . •
SUno
250 DecemulìLdtllaP4rt.ì.delSte.V^
Siamo al fine della narraxionè di cib» che qi è riufcito ritrovare» ap«
parcencnce alla vita di aaeft' artefice; onde fi & luogo a noi di aggiugner
qui la promefla nota delle carte» che fi fon Vedute andare attorno di fuo
incaglio; e fiuÀ quella che fcjgue.
Il Ritrovamento della miracolofii Immagine di Maria Vergine dell* Im«
prtineca» intagliata del 1633.
Galileo Galilei, in atto di moftrare le Stelle Medicee a tre donzelle t
figurate per tre Scienze •
. . La |ià mentovata carta dell* entrata in Roma dell' Ambafcìador Pollaci
coi dedicatt al Sereniamo Principe Don Lorenzo di Tofcana.
Otto carte di porti e galere, intagliate del 1634.
Il Molo di Livorno, co*belcolom di bronzo di Pietro Taceat inta-
gliata del 1635. e dedicata al Sereniffimo Principe di Tofcana» ed altri
pezzi di vedute di quel porto e mare.
Diverfi ornamenti di cartelle per apparati funerali*
Prontefpizio all'Orazione di Piero Strozzi» recitata in San Lorenza
per rEfequie di Ferdinando IL Imperatore* il dì due d'Aprile i<^37.
t Apparali di Efequte, fattefi indetta Chiefa in morte de' Serei\iffimi^
Principi di Cafa Medici .
Le Fonti e vedute de' viali della Real Villa di Pratolino del SeMniffi^
mo Granduca . '-
: La Battagliagli Sant^ Omer, intagliata del 1638.
Le Profpettive di una commedia reale fiittafi in Parigi Panno 1641.
Una carta di brutti : vi è figurata una feggiota veduta dalla par«^
te.di dietro della fpalliera, dalla quale pende un panno» ove è fcritto:
Miatis /ii£ {i. e vi fi vede un uomo con cappel nero vifto dalla parte
delle reni, ed in fronte è fcritcot LesOewres df Starr $n A ^Mri9 Cètz
T^MJJainSs ^inet au Palais, uvee Priviiége du Royi649.
Il Prontefpizio dei libro intitolato ilCo/mo, orveroliaii0 Trionfante.
.11 Tedefi:bino9 che fu Buffone di Palazzo, figurato a cavallo: é Tef*
fi£(te è fomigliantiflima » intagliata V anno 165%.
Quattro carte di paefini e dì marine bislunghe;
Una carta , ove fi fa moftra delle operazioni, che fanno i (bldatt per
addeftrarfi nell'ordinanze di guerra . .
Infinite carte di rabefchi e di tefte di ottimo gufto, difegoate in picco^
Io, di gcottefiJie bizzarriffime» con animali divedi e mofiri marini, tocchi
si. bene, che pajono coloriti.
. Molte carte di vafi di belliflime e noviffime forme •
Dodici carte di feudi per armi ed impreCè, con ornamenti di putti»
ficene , fcheletri , centauri , ed animali bruti .
Quaranta cartine in fiorma di carte da gtucare«. .
Ventitre carte di capricci diverfi, fcrittovi: Stef. d. B€U.f«tt ^ Marietti
exc»dit^
nbel
STEFANO DELLA BELLA. 251
Il bel Ponte di Parigi.
L* A (Tedio di A ras.
Moitiffiine piccole cartine » in frontefpikio dice t tteeuiil de £verfti
fieces tresneceffasres a/a fortificatimi a Monfiigneur Armane de la Porte. '
Quattro carte di paefi in quarto di foglio .
Dodici carte di {>aefi » ove è fcritto : $• 2' Bf iavemfecit P. Manette ex^
Sette Paefi tondi con figure di verle.
La ProceiGone del Corpus Domini nella città di Parigi , -
Dodici carte di ornamenti di fciidi d' armi • di maggior gfandeza
delle prime^ il rame è quanto quarto di foglio t e fotto è fcritto: S. d.^ B.é
Jnven. ftcit • F. L. D. Ciartrct excttd, eum Pri^l Regit Cèrif.
Una carta bislunga di una cartella ornata tutta di cani groflli, in atto
di afferrare un cervio» che pofa la tcfta fopra la cartella » nel bel meno è
fcritto S. d.^ B.^ In.fecit P. L D. Ciartrot excttdit.
Più carte di cartelle bislunghe .
Dodici carte belliflime di tette con bufto dimafchi e femmine , vtfiiw
te in abiti Ungarefchi» Turchcfchi e Armeni: il frontefpizio è un giova*
ne» che tiene in mano una carta» dove è fcritto : Plufiears teffes toiffifes #*
Ì0 PerfieBne fiit. pùttr ES. D. Bella.
Una gran cana» ove è una moftra» £Kta(i nella Piazza di Vienna alla
prefenza deli' Imperadore .
Una carta di una moftra di Cavalcata in tempo di notte a lume di torce*
Otto carte di belle fcaramucce coli* asme corta» e addeftramento di
«avalli » in belle figure di balio a cavallo .
Una Feda Teatrale» fattafi davanti alla Maeftà dell' Imperadore, grande
per akezsa di foglio imperiale •
^ D^e ^arte» per altezzadi foglio mezzano» di giuochi della Contadina ;
in tempo di notte a lume di torce .
Diverfe carte» tolte da antichi baffirilievi.
Sette cane di Aquile i difegnate in pofiture diverfe .
Una teda di Cervio col collo» ed altre di beUiflimi Cavalli.
Più carte di grandezze diverfe» figuratavi Maria Vergine con Gesù
Bambino nell'andare in Egitto; e con Gesù e San GiovambKitifla.
Una Battaglia e aflalto di una città liberata da San Profpero.
Otto pezzi di Cacce del Cervio # del Cignale » dello Struz/olo e d'altri
graffi animali-
Tredici carte di capricci diverfi» fcrittovi : S. d. B.fe. ^ariette exe^
Venticinque carte de* principi del Difegno» occhj» orecchj > tede*
mani» piedi» ecc.
Undici carte di Mori e Perfiani fopra cavalli» con belle vedute di paefi •
Cinquantadue cartine di Femmine» figurate per diverfe Provincie» e
Inedite al modo delle medefime, con una breve mfcrizione in ciafcuna,
in 4ingua Franzcfe .
Più
j 5* DecennJll dèUa P4r.h del Scc. V. dal i Ci o. al i ^3 o.
Più carte di fiiriile grandezza» ove fono figurate altre Femmine , rap-
prefencate per altre Provincie o Città » al modo delle fopraddette • ^
Due carte per ornamento di ventaruole, fcrittivi alcuni verfi, parte
con carattere 9 e parte con figuret e cofe diverfet efprimenti tutto o parto
d'alcune parole m cambio di effe lettere» come a. modo d'indovinelli.
La cart4 d^l t^elU^iuoVafo di marmo dell'Orto Mediceo, con cinque
carte maggiori di foglio comune » figuratevi antichità Romane » £ibbriche
e paefi .
Una belliflima cartft bislunga del Trionfo della Morte .
Sei tondi, contenenti diverfifiitìri e animali, una cervia feguitatada'
cftni » un cignale e un caprio.
< Una Carta in figura quadra, orbata di cartelle e fedoni » con due cavalli,
alcuni fiovani e una femmina 1 che tien legato un toro.
Un'altra , ove è una femmina, che dà l' andare ad un can maftino •
Arme per frontefpizio per V Efe^uiè di Ferdinando II. Imperadore»
iittefi in Firenae dal Granduca Ferdinando li, i' anno 1637.
Facciata della Chiefii di San Lorenzo » e Catafiiico fiitcofi in efla Chie^
& per dette Efequic.
Dodici carte delle Profpettive di Commedia e Balletto a cavallo t £ittofi
per k feliciflime notwi del Granduca Ferdinando IL colla Serentflima
Granduchefla Vittoria della Rovere ,
Rittatto al naturale di Margherita- Coda .
Ritratto di Ferdinando ILlm[>eradore.
Ritratto del Serenifiimo Principe Francefco, fratello del Sereniflimoi
Granduca Ferdinando IL
Due piccoli ritratti in tondo del Sereniflimo Principe Cofimo dì To«
fbaaaji oggi Regnante» è della Sercniifima Granduchefla Margherita d Or*
leans f uà Spofa .
• •
GIOVANNI
GIOVANNI GONNELLI
SCULTORE
DETTO IL CIECO DA OAMBASSl
• . - . ...
Dìfiepolo di 'Pietro Tacca ^ nato # * . i . « .
Uale e quanu fia la poflanza talora dell'*uaiana fantvfiaf co<?
nDbbc» nonfenza ammirazione # in quedi tempi la noftm
Italia, nella perfona di Giovanni Gonnf^Uì , dettoil Cit*
co da Gambàffi, infigne pJafikioacore ritratòftvs quegli di-
co » che privo in tutto e pertutta della luce degli occhj •
in fola forza della faiualia ilefla , congiunta ad una efquifita
perfezione avuta da natura nel fenfo del toccarei fece ve-
dette uell'operar tuo in un tempo CkeflTo due meraviglie, dico l'opeiare fenza
luce» e '1 condurre ccdla mano eofe d^ne di molta lode come è noto.
Nacque adunque quefio virtuoTo nel Cafiellodì Gambaifi ^^ nel territorio di
Volterra, di un naie Dionigi Gonndli, uOmo aflài benoftantet di profeffioi^
ne biccbierajo , arte allora molto olàta in quei contorni i non pure per
antica confuetudine, ma eziandio per la comodità « che apportano allo
fornaci le molte bofcaglie» che occupano quella campagna: e perchè e^ii
fin da- primi anni di fua &nciuUezzai fra gli altri &atolU fpiccà mirabile
mente Det un bel genio a cofe apparcenemi alla (btuam^ fu forza al padre
il mandarlo a Firenze, oveallora, ficcome in ogni tempo era ocoorfo» la
efercitaVano uomini di alto aome» per irgliele apprendere.: Il prime
maeftrof eoa cui fi accomodò il giovanetto, fii Chiariifimo Fancelli; ma
o fofle jperchè il biion gUfto fuo in tal facoltà , tuttavia ftudiando e opa<-
randoffi fiiceflfe migliore: o pure perchè a ciòrinvicafle il grido, che dapv
penutto correva di Pietro Tacca » fiato degno difcepolo di Gio. Bologna
da Do vai , lafciato il primo maeftro, con quefio fi acconciò, e vi fece tal
profitto f che a tutti ne fu di ammirazione. Mentre ei fi trovava in talo
fcuola, porte il cafo, non (p per f uà ventura t o per fin fvcn tura , dheCar*^
lo Gonzaga Duca di MUntovave di Nivers^ ritrovandofi nella città di Fi^
renze, fi portafle un di nelle fianze del Tacca: ed avendo veduto il gio-^
vanetto Giovanni e le opece eziandio della fua mano $ ed avendo altresì
riconolctttto nella perfona di lui bella avvenenza di tratto, e neir operar
fuo rpirito e vaghezza; Corte s\ invogliò di averlo ^ proprj fervigi . Ondo
rapprefentatogli tale fuo penfiero, facil cofagU fu Toctenerlo; ma non ter-^
minò Qxà fua voglia ,> perchè avendo veduto pure itdle fianze del Tacca uà
altro tuo vaiente fcobre, chiamaco Tommafo Redi, anche quefio daefib'
afiedio.
j25.4 J^^cenn.llL della Part, 1. delSecV. dal 1 620. al i 6$o.
afledio * nella forprefa e nel faccheggiamento dellatictà . Mi lafciando ora da
parte il Redi , ch^^^opp avere operato in Mmtova «. tomacofene a Firena^e»
e poi a Siena fua patria» molte cole vi gettò di metalli : e feguitando a
parlare di Giovanni, diremo, che in tjael tempo, non |b fé a cagione
dell' umidità» che in quella cictà, fituata in mezzo ad un gran lago» ap-
portano le frequenti nebbie della mattina : o pure per li grandi patimenti
ntti, e grandi dtfagj patiti »parcibolarmente per efliergli convenuto nell'oc-
caiìone de' ripari fattifi a' podi» il portare in corbelli e fafli e terra» e fo*
ftenere il travaglio continuo di una totmentofa fame : o pure per altra
SualfifolTe cagione» il povero giovane «che fino allora fiera goduto il brio
ella fua frèfca edt» di anni venti e non più^ reftò del tutto privo dèlta
Juce:degliocchj. Quale egli fi rimanere allóra per sì fatto accidente, tro-
vandofi di aver perauto il più gradito di tutti i corporali fentimenti , e
per confegoèma il tanto deuderato ufo dell' arte fua» con aagiunta di
quel pili, che di male apporta una incera cecità, non è pofiibile ad efpli*
caffi. Vero però fu» che il far ritorno alla patria nel miglior modo a fé
polfibile» fu fuo primo penderò: e lo mefle in efecuzione, conducendo
con feco» o pure vogliamo dire, facendofi condurre al fuo compagno Tom*
mafo Redi. Giunto in patria» attefe per diecianni continovi a far nulla
'più» che vivere in quella fua miferia; come quegh, che non avrebbe mai
laputo perfuadere a ie lle(fi> di dover così cieco, ancora ancora hx vede-
re maraviglie delle, fue mani, ficcome dopo i dieci anni già detti, egli fi
accoriè di poter fare: e andò la cofa in quefto modo . Aveva egli da sio*
iranetto fatta di terra una tefta con bufto , ritratto al vivo del Granduca
Cofimo IL e comechè fofiè a quefto ftato dato luogo in una parte dell»
cafa» dove nel tempo della pioggia ^rana folite cadere alcune gocciole
d' acqua piovana, la figura in più di un luogo era rimafa guafta; feppelo
Giovanni: .e mofiro».non fo feda curiofità o da amore di quella fua ami.
ca fattura» fattofi portare della creta , così fenza luce , e iole in forza di
fantafia » e- del fcnfiitiffimo tocco delle fue mani, la nffettò sì bene, che
non pareva che ella avefle avuto mai difetto alcuno « Cofii parve quefta
a' fuoi congiunti» maravigliojia aflai: ed è probabile, ch'eglino incomin*
ciailèro a renderlo animofo a cofe maggiori ; giacché dopo miefta egli ù
mefie a fare una figura di un Bacco co' grappoli dell'uva, che dopo fua
morte fi confervò per un poco nel terreno della fua cafa a Gambaffi.
Dipoi fi applicò a far ritratti al vivo, fé mpre facendo che Tufizio dell* oc-
chio faceuero le mani: e poffo io dirlo per efperienza » giacché nella mia
età di anni quindici in circa» trovandomi in luogo, ov' egb ritraeva un
gran Cavaliere» volle adattarle alla mia faccia nel fuo folitomodo: e Ciot-
tolo» fi mefite a defcrivere le mie fattezze appunto^ efprimendok anche
in parte con certi verfi piacevoli, ch'egli allora in tal propofito recitò.
Diuì, eh' egli adattò le fue mani nel fuo (olito modo: e quale ei fofle cer^.
oberò ora io nella miglior maniera poffibile di > cappreièntare ; bendié io
penfi» che da chi non.vide^ difficil Co(ami<filràl^eflereinteia. Accomc
dava ^li primieramente la foa maf& di terra > formandone con mano così
alla grofta » un bullo colla celli d* avanti a fé fopra defcbetto a tavola .-
e dato
GIOVANNI GONNELLl. 2SS
•
^« ddto luogo op^òHamente i\ri vicnio a ehi ddv6Va'éiIère ritratto, in mp^
-do di potttio toccare a ftia conxodicà, accofliava infieme aperte le tnanìt
piegandole gentilmente, canto quanto avelie potuto formarne come una
aalchtTa t la quale egli prefentava al vifo del fuò naturale : con che dì pri«*
mò cretto concepiva , a mio parere, una cognizione univerfàle dell ùl«
tezza e larghezza di quella faccia , e delle parti poco o molto rilevate .
Difgiungeva poi efle fae mani appoco appoco, mentre le due dita ^roflè>
una verfo una parte, una verfo l'altra, andavano ricercando e gentilmen*
te toccando le fuperficie delle labbra e d- altre parti da i lati dei volto ri-
levate o cupe, in cui incomravafi. Dopo ognuno di quefti moti o ricerca-
menti tanto uni verraJi, quanto particolari, egli applicavaiG alla fua (tatua,
l^onei^o^c ' levando terra, e poi coprendo colla medefima mafchera fatta
deile Tue mani, poi colle dita grofle e cogli due indici tornando a ricer-ca»
re, finché fi accòrgeva, e che vedevano anche gli aftanti, che nella fqa
creu iacominciava ad apparir la forma deUa penibnà ritratta : alla quale
dava tuttavia pei<lézioiie col nuovo tatto e ricercamento , fempr^e colle due
mani intente all' operazione , una^dall* una , ed una dali* altra parte del vifa;
€ quello, ctod^io, per mantenére nell* egualità delle due dette parti, e
nel tutto, -oltre a}la fomiglianara, anche.il buon difegno. Soleva finalmenk
te perfezionate la fiia figura , legnando negli occh j le luci ; ma perchè tal
fegno èfottfliffimo, e confeguentemente non è feniibile alla mano, aveva
accomodata una <ieffta cannuccia , colla quale le improntava a* luoghi loro.
£^ anche da faperfi, che^i ebbe per ufanza di condurre i fuoi ritratti,
ed anche V altre Tue figure , nella interior parte voti , non Tappiamo già
a qùai fine'; e ciò faceva con mettere dentro la terra certi panni (tracci»
i quali pòi tirava fuori dopo aver data forma e (labilità alla fua figura.
Per ultima fu fua ufanza il dare (opra i fuoi ritratti \in certo colore ver-
diccio, come fogliono vederfi alcune fiatue di antico metallo, ma luftrante
alquanto, e fimile a quello che da' pittori è detto purpurina . Fra gli altri
ritratti dunque che egli fece in fua patria > fu quello di un gran Cavaliere
Volterrano, morto lubitaneamenté, in atto di caccia: e quefto ritratto fi
conferva oggi appreflo a Lifabetta fua moglie, infieme con una tefta. fatta
da lui di un Sant' Antonio da Padova , di proporzione mezzo naturale .
Spar(efi intanto la fama di quello non più udito modo di fcolpire i onde*
gli fii duopo venirfene a Firenze, forfè chiamatovi dal Sereniffimo Gran-
duca Ferdinando IL e quivi ebbe a far ritratti dello ùcdCo Sereniflimo, e
di tutti gli altri della Sereniflima Cafa , i quali fecero (bttoporre alle mani
dell'artefice fliatue di marmo , ritratte al vivo da'propr) volti: fotto le qua***
li e non fopra il naturale ( così richiedendo il dovuto contegno di una*
maeflà reale) egli condulle le opere fue: di che, oltre a dimofiraziont di
(lima e di amore, gran prem} riportò. Molti furono i Cavalieri Fiorenti-
ni, che da lui vollero tStt ritratti, e fra quefti Lorenzo Ufimbardi, al qua*
le anche altre cofe fece, oltre al proprio ritratto. Ma non fi fermò T ope-
rare di Giovanni , mentre egli fi trattenne in Firenze, nella pura operazio-
^e de' ritratti; ma quel che fu di ammirazione fi fu, che egli fece anche*
più figure» e fra quefte quella del Santo Stefaao Protomartire, che oggi-
ìOlfk!»
^.^^ Demn. Jll déff0 P^t. l (fe/^fi. K daii 620. al 163 o.
v^|{gia;iqo in unt nìQcfiin p^r «m^o iji Coro 4ft' Frati Agoftiniiuii imIU
jCAii^b del Santo preflb «lipop» vec9hio> ftacadipinjca poi con colori. Qge»
^a i\gurain ^emporim^fe guafta in una «lanot. chp^li fu rifatta di legnane
da Pier Francefco Ciard'^ -Pocc^tti $ fiato cpn6d«ntìffioìo del nofiro «rtefictu
che a(I$rifc9 aver veduta di f«a mano pure una figura di unCii0» inorco,
lìon porrò interamente iinita^ Finalgicince paflàto il grido di sì bella novi*
|;à alla ciui^di Roma» egli fuchiamatp ne' tsm]^) di Url^nc^ VJlL e fecevi
molt^ opf^re^^er quei Prelati a Prin^ipi^ «d il ritratto d^Ho ftc^o Eoaitefi^
e» Urbano. Fra T altre perlboe di ponto» che egli ritrafle in Rotnap f«
Gio« FraiicefcQ di Giufiiniano Genovefir» ohe per.quanro « noi è fiate
r*ppr«&ntato» feceglicrarta dipromefla di uà vigco onorario per 4opo
norte di Andrea Giuftkiiano, Marchefe di BaSanó» fuo fratello ; ma quel*-
la di Giovanni prevenne .il tempo e 'I cafo dell* adempimento di cale pro«
ae(&i • Ocoorfe poi • che trovandoli egli un giorno appreflb al Cardi»
naie Pallotia» facendo fòo ritratto» venni^ con buona .ocaaitone di difcorfo
• dar ftiori, come fin da' tempi del filo v^dere'egliera innamoirato< Senti»
to ciò il Cardinale, gli domandò Co gU. foflè bafiato l'animo di effigiare la
dama Aia: e fentito che sì , voUexbe egliii accingeflè aUVopor»i: ed in*
' tanto Tp^di un fuo pittore aGambafli afiire un ritratto della fanciulla i che
fatto» e pofto a fronte col rilievo del Cieco» io fecQ comparire tanto fo^
migliantet che il Cardinale diede luogo alla ftatua» come cola: memorabi^
liiumai per entro la propria Galleria» coU'appreffojnotto.:.
Giovén > cb' i cieco » e Lifiib€it§ amà^
La /colpì nelP Idea che ^morformh .
Nei tempo» ch'ei fi trattenne a Roma, cioè dell' anno MS} 7. :la nobiliffi^
ma città di Volterra, che non è molto lungi dal Caftelio. che fu fua pa-«
cria , ambiziofii del nome fuo • fatto ragunare il generai Configlio » lo
fece defcrivere nel numero de' fuoi cittadini : e ve n' è patente in idate
de' 17; di Luglio di detto anno, foforìcta da Girolamo Bofi Dottore, Can-^
celliere della citti medefima. Ma noii è da. trabfeìarfi, come mentre egli
ìfl Rx>ma faceva vedere di (uà mano i, bei ritratti, vi fu perfona di alto
affare» che non potendo perfuaderfi» che Giovanni oper^ privo affaptco
del vedere , tantopiù che l'occhia fuo per. altro da gran tempo cieco r
quafi nvUa aveva perduto di fua antica bellezza 7 volle farne efpNerienzà»coa
farlo operare in uiia fianza interamente fcura, dica fieaiza minimo bagliore
di luce o chiara o fbfca ; ma prefio rimafe chiarita fua curiofità » conciofofle-
colkchè Giovanni vi conducefle un ritratto tanto pulito» e tanto al vivo»*
che meritò la lode del più bello che fofiTe dalle Tue mani uficita nmi fino a
quel di. Né io penCb» che farà cofa del tutto fpiacevokr raggiungere in
tal propofito, ciò che foleva raccontare Ferdinando>di Pietro Tacca, fiato
fuo condifcepdo nella fi:uoIa del padre » ed è 3 che trovandofi Giavanrd
pure ih Renna, in atto di ritrarre un Cardinale, a cui era venuco alcun
dubbio» fopra il vedere o non vedere delP artefice» volle anch' efib £ftrne
efperìenza: ed appofiaca congiuntura di fua maggiore fifia;^ione al lavoro «
alzatofi chetamente dalla fedia» vi fece federe un fuo uomo, che avea &€•
te^ze» fé non fimili a fé , ahneno non. coal diver^ ,. che^a fuo.paaere. non
poteflero
GIOVANNI GONNEILL 157
^Qteftro dar é% fere td un cioeo per dUUogiierlie» quando tcco» che Gio»
trannt coma al fuo tafto. In fuUa bella prima egli riftetce alquanto; poi
toccatala vede incorno al collo, ch'era un abito domeftico>fimile a quello
del Cardinale; in un tracco li tlzò del fuo fgabelletco, e d;fcoftando ìk
deibo braccio, e ibringendo force il pugno : Al corpo di me» diflè egii^
che Te io foffi certo» cne cu non foffi un altro Cardinale» ficcome tu po«
creili eflère, io c'avventerei un di quelli alla volta delle mafcella, per mo^
do tade, che tu poteffi imparare per un' altra volta a dar la burla «'galani
tuomini; ma il Cardinale con dolci ed amorevoli parole tirando la cofa a
fcherzo piacevole, fattolo chiaro del fuo dubbio» interamente il placb»
Dopo avere dunque Giovanni condotti alTat ritratti nella città di Ro^
ma, fé ne volle tornare alla patria, ove loafpeccava la Lilabetta Sedi, (la*
ta fua amante fin da' primi anni dell' adolefcenza , per divenirgli confor«<
te, ficcome feguh Nel tempo , ch'ei fi trattenne in Firenze ( tanto ert
l'amore eh* esportava all' arte fua) cosi come era privo di luce, non po«
tea contenerfi di non andare la fera alia pubblica Accademia del Difc^nor
e nel tempo che fi direnava il naturale, fi tratteneva con quei profalòii
in bei difcorfi delle cofe occorfegli nella città di Roma: e talora colle pro-
prie mani voleva riconofcere T attitudine» che faceva il /nodello: e quello
ricercava parte per parte » e poi dava giudizio dei mancamento o perfe»^
zione di ciafcheduna parte . Nel tempo pure eh' egli dette in Firenze , che
furono più anni» ebbe egli della Lifabetta fua conforte cinque figliuoli , fra
inafichi e femmine, de'qiiali fino a quattro ebbero cortiflima vita: e Cate-
rinangiola fu dopo la morte di lui congiunta in matrimonio con Lorenza
Barluzzi, che ferviva in Corte dd Sereniamo Principe Francefco Maria»
oggi Cardinale di Tófcana: e di Lorenzo, che ora più non vive» nacque^
ro dieci ficliuoli • de'quali» mentre 10 quelle cofe ferivo t fon rimafi Am«
brogfo» (Juafparre, uiovanni, Bernardo» e Marta Rofa : e rell;] anpore
al mondo la vecchia Lifabetta loro ix>nna » che fu moglie del noftro artefice.
Stato che fu Giovanni per quakàe anno, come dicemmo, nella città dì
Firenze , fi» ne tornò a Roma, pure nel Pontificato di Urbano V II L è dopo
avervi alquanto operaco, regnaatte ancora quel Pontefice» vi firti fuà vita e
uè mancò chi afiennaie, che (bgiiiflè fua morte jer cauià di veleno; ma fé
Brande fo il cafo di fua morte, grande altresì fu quello, che occorfe alla
tua ca£a dì Gamfaaffi ^ laqwile» pochi mefi dopa che egli fu daquefia all'aU
tra vita pa&oo^ dì cepente rovinò ; e di fue opere » che in eua fi confer*
Yavano, e di tea fupellettile., altro non ifcampo dalle rovine , che un fuo
ritratto dipinto a olio, tefta conbuftoj»con un parodi f^fie in mano» lo quale
avevano fatto face in Roma i fuoi amici in tempo di fuainfermità^eqùcftot
che poco fa fi coalérvava appreflb la gii nominata fua coriforte , è ogpi »
per dono fiurtosliele da lei medefima, in potere di chi quelle cofe feriva»
che gfi ha dato luogo fra altrirdi uomini, nelle fcienze e neirartivilluftri > iti;
unfao Mttfiso. Fo quefto artefice uomo di bello e gioviale afpetto, di co«*
fiumi amorevoli » e di grata e (bllazssevole convér(àKÌone : vefiì nobilmeméi
€ per la città andò fempre appoggiato al braccio di un fuo aliai civile Ter*'
Tiforo. Deiki^re fuc non chiefe mai prezzo; ma le iacevii per aggradirò
R a chi
/
Ì58 Decenn.IIL deSaPartJ. delSec.V, dal 1 610. al 1 6$o,
a chi glìMedomandava; febbenè era poi corrtfpofta tale foa coitela cimi
ricchi oBorarj > onde egli pocè fempre trattar fé Aeflb e ìfuoì, coaonore»
y olezza e con decoro. Ebbe però il fuo debole nell'eflèrcosleccedenteme»-
te inclinaco, all' amore , che pria» di àccafarfi , gli baAava fòle il fentìr
parlare grazìofa fanciulla, per renderlo innamorato: equi talora foggéttò
fé Aedo al dileggio di molti ; conciofoflTecofachè egli volclle portarfi co<-
gli altri giovani alle pubbliche veglie , dove fonava Tua chitarra , cantava,
e non poche volte volle, così cieco, anche ballare colle amate; ma infer*
ma è noftra natura , e difficile riefce l' abbandonar del tutto quelle palEo-
m, dalle quali chiccheflìa infinda'piU verdi anni li lafciò poitedere ; àn^
al comparir che £t la privazione deh' amato coftùme * reggiamo quefii fàrfi
bene fpefTo maggiori > e poco meno che io non difiì, del'cutro infapcrabilu
Scriflè di Giovanni Gonnelli> còme dì un miracolo del noftro fecolo.
Bernardo Otdoìm Genovefe, nel fuo Riftretto dell' Iftorie del Mondo dal
1^35. al ii$4o. fcritte da Orazio Torfeltini della Compagnia di Gesù : e
umilmente Pietro Seritio , flato fuo Medico , nel fuo Libro intitolato :
^fertMtio de Unguento Armario , five de Ssturje cArtifque OiiratuHs.
Rome Typis Dom. MertUni 1641.
FRANCESCO FURINI
PITTORE FIORENTINO
'Difiepfflo di Matteo Rojfeìll , nato, dna ài i5oo. 4^ 1^49*
Olivera in Firenze verib U fine del pafiàco fecolo, in caatexio
i di ragionevole pittore di ritratti al naturate, un cerco Fi«'
i lippo Furini, uomo di buono ingegno, e nelle conver&zio*
\ m follazzevole molto; benché nel trattamento dì fé fteffb &
8 la paflàffè cosV a cafo, che non Filippo Furim .ma Pippo
Sciamerone era chiamato da ognuno, e per tale > da chi fi
foflè , iiitefo e conofciuco : uomo , in fomma > onorato e dabbene ; ma
fuori di evi-, tutto il contrario di un fuo fratello, chiamato Michele, che
^ccp di devozione e dì bontà, eferckò per più anni il caricodì Governatore
della Venerabile Compagnia di San Giovanni Evangelifta in ria dell'Acqua ;
. -firequentò afliduamence quella dì San Benedetto Bianco: e fu quegli, che
. valendofi dell' amicizia grande , che pafTava fra Pippo fuo fì^tello e 'i cele-
bre pittore Criflofano Allori» operò, che lo fleffo Criftofano faceilè per
. e(ra Compagnia le bellìflime fìgure del San Benedetto e del San Giuliano*
che poi furon polle per adornamento degli fpazj lacerali dell' Altare della
medesima. Di quello Filippo, o Tìppo che vogliamo chiamarlo, nacque
Franccfco Furìni circa all' anno i5oo. e noii fu gran iacco > che egli, fin
4»*
FRANCESCO FURINt. 259
da* primi anni iiicUnafle al dilèffno ed alla pittura i giacché fu allevato da
gidre pittore: il quale anche yoUe per quell'arte incamminarlo» prima nella
«ola del Pailignanoi pm del Bilivert : e finalmente di Matteo Roflelli «,
Oiunto eh' e' fu in ecà con&cevole co' buoni ftudj , fu dal padre mandato «
Roma • e con fufficience provvedimento di danari, quivi per più anni trat*
cenuro: e fu anche fua fortuna, che egli colà ritrovale Giovanni da San
Giovanni» fiato fuo condiscepolo col Roffelli, perchè ftudiando a fecondi
del buon gufto di lui» potè ritrarne maggior profitto» che fatto non avreb-
be fenn (uà ailiflenza. Ben' è vero» che nella ftefTa pratica» che egli usò
tempre con Giovanni» che era un umore bizzarro» ftravagante» e alfai de*
dito alle baje » gli convenne .trovarfi con eifo in tutti o nella più parte di
quei cafi, che ad eflb frequentemente partoriva il fuo modo di vivere»,
come dir fi luole» air impazzata: di che molto a lungo abbiam parlato nelle
notizie dì fua vita; onde non.fa di meftiero il più dirne in quello luogo.
Tomatolene il Furino a Firenze» fece la fua prima opera a olio» che fu
una piccola tavola» che fu mandata a Vicchio di Mugello; la qual tavola
conduflc ad inftanzadel Molto Retr. Prete Giovanni Niccolai Priore di San
Simone : ed una a frefco. che pure fu la fua. prima, cioè un* architettu*
ra di una Cappella finta» nella Parrocchiale di San Frocolo, alla liniftra ma^
no allato all'Altare del Santiflimo . Poi gli fu dato a fare da Giovambaci*
fta Baccelli negoziante Fiorentiiu) un quadro, dove rapprefencò la morte
di Adone con più figure al naturale: opera» chediedegliaì gran credito^
ohe fubko incominciò ad eflere adoperato . Aveva il Furino in quel tem«
pò una lorella» che pure era. pittrice, ed aveva imparata Tarte da Grido-.
Sano Allori : donna di non ordinaria vivezza e fpinto» e perciò fiimatiffi«
ma: ed una altresì chiamata Angelica, vedova di Domenico Belli» tino*
maro maelttro di mufica: e quefta pure era mufica di profeffione» e per la
fuaonefitf e valore in tali>eua fiicold» fi trovava non poco favorita nello
cafe delle principali Dame e Cavalieri Fiorentini ; onde Francefco il fra«
tcllo, tornato a ftare con efla» ebbe occafione difarfi tuttavia più conofce«
re: e particolarmente in cafa il Marchefe Giulio Vitelli» Capitano delta
Guardia a piedi del Granduca; che però fparfafi in breve la fama di fi|o
Iiennello» ornai incominciava a mancargli il tempo per contentare i moU
ti» che volevano fue pitture: etantopiù» perche col grand' ufo del naca-
rale egli fi era fatta una maniera di colorire teneriifima e vaga ; e fiami le-
cito a dire ciò» che non potrà contenutegli animi de' più prudenti» e
de' più cadi , perchè egli avea fermato il fuo per altro ottimo gufto in rap-
prelentare la nudità delle femmine ; co& » che colpa di noftra malizia » è
tanto dalia più parte applaudita» quanto è pernicioOi» per lo molto ch4
ne patjfcono i buoni coftumi . AUai ouadri dunque eboe egli a fare per
diverC Gentiluomini; fra' quali troppo bello e troppo vero riufcl un qua-
dro da fata per Agno! Galli» ove egh rapprefentò il giovanetto Ha e '1 ba-
gno delle Ninfe » tutte quanto il naturale » in vane attitudini: e quello
eziandio dell'Adamo ed Eva» che oggi vedefi nel Palazzo del Marchefe
Pier' Antonio Gerinì, che altri in buon numero ne pofliede in mezze fi-
gure di femmine f pure di mano, di lui. Era in ^uel tempo nella città di;
R 2 ' ^ Venezia
a6o Deeenn.lll della PartX delSu.V.MiS^ù. al 1 6^ o.
Venezia un yomo molto ricco «ptofamiere di profiiffione, e ^die ftcev»
guanti di ambra . QMfti fi dilectava oUremodo ai wat quadri et piìi ee^*
celienti maeftrìred avendo fentita lacuna che già coneva in qadla fUr
latria del pennello del Furino» lo mandò a pregare a porcarfi coltb» ad
effetto di colorir per lui un quadro di una Teti» che dovefle ferfire per
eecompamarnc un altro di una Europa ^ che egli avea di mano di Gwdo
R^ni} offerendoti a fare eflb medeGmo tutta la fpefe di fue gita» flmza e
ritorno > oltre allo sborfo per un molto degno onorario . Il Furino» che
ftNTte bramavadi vedere le ftupende pitture» che fi ammirano in quella
cittì» accettò r invito: edinfieme con Diacinto Bocd e con Daftokmuneo
Pegni Tuoi difcepoli » fi pani a quella volta » portando con. £eco in te^-
uonio de) Aio operare» un belUffimo quadro di un Adamo ed Eva» che
egli aveva fatto per Bernardo Giunchi noftro cittadino » abitante alkura-
in Venezia» amiciffimo dell'arti nofire, che poi al fuo rimpuriare» graa
Soantitàdi pitture Venete e Lombarde» portò in quefta fua patria. SKtte
Furino in Venezia circa a fjbi meS» nel qual tempo fece al Profumie^
te il bel quadro» e molto piìi vi averebbe operato» iè da unoeceeflivo do*
Ine di denti» che noA lo lafiEtò aver bene»^ non fotte ftatail più del tea»*
pò trafireo; ma per fupplire a tal difetto» e per defiderio dì rendete per«
fetta r opera che egli aveva prefa a fare , non volle dare moka copia di&p
ricufando le vifite ed ogni altro tsattenmento » che da cale aflotico e dal
godere le belle picture Veneziane» 1* avvero potuto divertice . Tofnato*
fene poi alla patria» con maggior credko» aoraggiore anche fa il nometo
deHe opeie » che gli fia^ona ordinate da^ noftri cittadini: delle quali tutte
infiememente feremo aacnaione più avanci ^ fenaa oflenctcc L* ordine del
tempo» che a noi non è bea noto; e fra qaefte una Andromeda per la*
Ideila dell^ Imperatore» à^ììtt quale rimafe «aa buona couia ia ca£i il Mac^
chefe Piero Capponi» fatta per mano di uno de' figliuoli del Colonnella
^ro Capponi , dico dell* Abate Ferdinando Capponi , il quale col diletta
che fi preie della bella acte della pittura» molto aggitinfe di p^JMio air al*-
tire doti deiranimo fuo^ ed all'arte medefima. Per TEccellentiuimoDucsL
^copo Salvìati fece un quftdro» entrovi uà iflforia di cofa Medici.
Venuto V anno i6f6. occorfé il cafo della morte di Giovanni da San
Giovanni ; il perchè fu neceflacio » che da' Sereio^iffimi » altri pittori fiekg«^
^siTero per dae fine alle pitture a frefco della fata terrena del Palazzo def
pitti ^ dedicata alle glorie di Lorenao d^ Medici il Magnifico. Furono*
quefli Ottavio Vannini, a cui toccarono a fare quelle dalla parte della piaz*
20 : Francefeo Montelatici» detto Cecco Bravo » che colorì le due lunette
dalla parte della porta principale di efib Palazzo^ e l'altre due » cioè quelle #
che fono dalla banda delle regie camere terrene ^appunto rimpecto a quefte«
Furono per opera del foprannominato gran protettore del Furino » il Mar^^
chefe Giulio Vitelli . date a fare al noftro pittore ; il quale, quantunque
fi pottailè benìflimo nell' invenzione e nella difpofizione delle figure» nel
colorito però non giunfe gran fatto ad afibmigliarfi a le fiefib i per efler
quella fiata quafi la prima volta che egli fi metteflè ad operare a frefco e
nel che fare è forza cne e^ll miglioraflè molto il guftoj, giacché fi vede di
fua
FRANCESCO FURÌNL zdt
Ala mano un bai c^maeolo in fiiUa cantoiuti del maro daMa Pocafteflit
del Galluzzo^ ove ia va^he acciciidtni a veggpno San Filippo Neri e San
Cai lo Borromeo 6 e quafli» mentre in atro reverente e devoto incontratofi
col Santot a lui fi prefenta: opera che fece il Furino ad infianza di Frai»»
cefco Rondinelli, Bibliotecario del Granduca; Tornando ora alle pinvri
del Palazzo de' Fitti « dipinfe il Furino nella prima lunetta dalla parte dal*
la piazza» la tanto celebre Accademia de* Letterati del Magnifico Lorenzo^
Cenata nella fua Villa diCareggi : vi è Marfilio Ficino» il Picof il Piilizia*
no ; vi è 1* Ara colla ftatua di Platone , nella quale è fcritto ; V/ai$mcm
iamdéiiurus éy file % ^ mìnre . Sopra la bafe della medefima • ov* t una
bella femmina » fono molti libri » ed in uno 6 leggono quefie parole;
P/oiinuf, Proclus , ChakidÌMj: ed in un altro è fcritto Pkit§. Nel bafap
mento fono gli appreflb verfi ;
{Mira qui fi Careggi mi f àure amene ^
tMaf^filh r 7 P/ra, e centù egregj/piriii
£iÙ\ /e aWomkre degli Btis) mini.
Tanti ff ehhtf giammai lete od Aiene .
Termina it bel lavoro della fala la feconda ed ultima lunetta del Furino^
alludente al cafo della morte di Lorenzo » nella quale (i veggono le Par*
che, una delle quali Cede fopra un faflb , in cui è fcritto; Vi Pauam iem^
jfari Parca: Vi è il fiume di Lete, appreflb al quale è un caiulido Cignot
che tiene appefa al roftro una medaglia, nella quale è effigiata la perfona
del Magnifico Lorenzo , e fcritto il fuo nome i e moftra il Cigno di cavarla
da queir onda nemica • La Piace e Aftrea fé ne tornano piangenti in cie^
Io, donde fpìccandofi M^rte, ie ne ritorna baldanzofo ad abitare la terra •
iAccoflipagna al (olito il concetto di quefta lunetta la feguente iiUcriziooea
Mmre% et al fuo morir la Pace e tAftreé
Tornea dolenti ol deh ma il nome e i vanti
Cigni Fehei , ^ alta wrtude amanti^
To/fero aW inimica onda Letea.
fu III
Pervenuto che fu ti noftro artefice air età di circa qoarant* anni» non (•
fé per fuo meglio o per fuo peggio, venne vx penfiero di farfi Prece: e fa*
cil cofa gli ftt il confeguire la Cura di Santo Sano in Mugello* predo al
Borgo a San Lorenzo, Chiela dr aflai buona rendita . Dilli • non fo fia
perluo meglio o per fuo peggio, perchè» quantunque vera cofii fi fia»
che egli f tale (tato volefle , come e* diceva , applicarfi, per potere in una
quafi foltudine maggiormente attendere agli ftudj dell* arte fua» e molto
iù per illontanarli dalle occafioni del mondo, e particolarmente da queU
» chedi veniva tuttavia prelèntata dalla confuetudine di tenere natura*
li divcrn per colorire le fue nude figure; non fappiamo però» che da indi
in pa a' buoni precetti, che egli era (olito dure aTuoi jpennelli nelle cofe
delrarte» aggiugnefle quelb della modeftia , proibendo loro Finterà o quafi
i
candore che in qaet di ciiè dato fi ricerca , 1* ufo dcUì manu e della mano
IL ) in quelle
26* DecMH. IIL àeSa PartJM Seù Ktk/ t6to. ai 1670.
ih quelle cdfe » che anche ne* fecohridrte&ci.iì rendono» p^r. comune fen^^
tifnencode* più prudenti* biafimevoli » anzi che nò. Abbiamo noi però
affai cerei rifcóncri, che il Furii>o» in ciò che. appartenne alla fua eccle&ar
fttca cura, fa Tempre molto sfatto; concioilìachèKnon iblamente non fé ne
partiva» che per neceilltà : «d allora altri abiliflimi Sacerdoti Ialc|ava ii>
fuò luogo ; e che de' Tuoi gran guadagni e delle rendite . dell^ Chinai mer
defima» fu» co' fuoi popolani poveri » liberale» fòvvenendosli » non, pure*
nelle iòro ordinarie nèceflità» ma eziandio dotando loro. le fSgliuolej e f^r
cendo loro altri sì fatti caritativi fervig) . Col trattenerli eh* e' fepe alla
Chiefa, conduce molte belle opere» che fi veggono Cparfe per divcrfiCa-
fielli e Chiefe della Valle del Mugello., Fra quelle ha la. Compagnia nella .
Pieve di Falcona una tavola di fua mano» ov' è Maria Vergine Annunzia^
ira» opera» che dicéfi di gran pregio; fatta però dal Furino» per quanto
fi dice , per poco o nulla . Nella Chiefa del Convento de' Francefcani
fuori del Borgo a San Lorenzo è di fua mai>o la tavola del San Giufeppe
e San Buonaventura » che dicefi gli fofle fatta fare dalla famiglia degli Uli-
vi: la tavola deli'Immaculata Concezione di Maria Vergine, e quella > ci
H^ìen detto » che fia della fua più perfetta maniera : ed all' Altare Maggio-
re è di fua mano pure la figura dell' Eterno Padre. Nella Compagnia del-
le Stimate in detto Caftello delQorgo a San Lorenzo è ancora una^ tavola
di un San Francefco, in atto di ricevere le (limatei che pure dicono che
£a opera eoGellentiflima , fatta dal Furino agli uomini della Compagnia pei^
£oli feudi 60. che fi flima valere ogni prezzo: e fuol raccontare perfona»
che bene conobbe e praticò il pittore » che un tal Frate» a cui era ilata
idata r incumbenza di affrettare la terminazione di queir opera» con non
Jìoca importunità il foUecitafle; a cui finalmente diife il Fucino» che g^
o aveva fervito . Il perchè portatofi con preftezzail Frate alla fua danza;
« veduto» che k tavola» in eui doveva farfi la pittura» era ancora quella
ileffa» che ella era ufcita dal medicatore» tenendoli beffato t con eflb forte
£ dolfe ; ma il Furino » che con altro occhio confjdetiya la fua operazio-
}ìe>.4a quello che il Frate attendeva» menatolo in a^ra ftanza» gli fece
vedere tutti i difegni e (lud)» che egli aveva fatti per h medefima tavola
Copra carte» tanto che altro non mancava» che porgli in opera» e sigli
dine.: Sappi^ite, padre mìo, che allora io dico di aver fin«e le opere,
quando io ho finiti quefli : e lo vedrete colp effetto . Siccomt promeffe »
così effettuò; perchè dopo brevi giorni gli diede 1* opera finita • Nel teio- '
pò» che il Furino il trattenne allaChiela» fece ancora alcuni bei ritratti »
e.fr^ quelli quello di Bartolo Galde^ti» uomo comodo» e padrone allora
della Torre che è rimpetto a Sant'Andrea a Gricìgliano : il qual ritratto
riufbi fomigliantiilimo . Lo vedde non molto dopo» e lo comprò t gran
prezzo. V Abate Niccolò di Tommafo Strozzi» Configliere di Stato della
%AzeQà di Luigi X(V. Re di Francia» e per lui Refidente alla Coite di
Tòfcans; quegli» .1^ cui memoria farà fempre durevole, npn pure psr lo
Srido che ancora in quelli tempi rimbomba nella patria nóftra, traaan-
àtsoci già dair Accademia de*Fantaftici ih Roma» è degli Alterati» e della
Crufea in finale , nelle quali egli fi fece fnolto fenure» ma eziandio per
FRANCESCO FU R INI. z6$
Pàttefiàtodfie fanno di Cua letteratura^ e del fuo bel genio di poefial' ornai
tiflime Orazioni funerali , fatte per TEIequie del Principe di GianviUe nel
1 640. e di Luigi XI II. nel 1 643 . eli Epitalami nelle nozze di D.Taddeo Bar^
berini e del Duca Francefco di Modana : la ParafraG delle Lamentazioni di
Geremia in verfiTofcanì ed altre belle opere, die vanno per le ftampe ,fenasa
i due volumi di altre belle poefie,rimafi alla Tua morte» non ancora date in iu^
Ce . Trovafi oggi il bel ritratto delGaldenti ,fra altre pitture di buoni mattili h
appreflb all'Arcidiacono di quella Cattedrale, Luigi , ed Àleflandro Senatore
Fiorentino» figliuoli del Senatore Carlo, ìl'celebre Padre dell* Antichità ,
che fu del foprannominato Abate Niccolò fratello. Infegnòpoì V efperien«»
2a al noftro artefice , che quella Tperanza^che egli aveva concepita di potere
Coi ritirarli alla fua Cura, come in luogo di folicudine e lontano da' rumori»
maggiormente attendere agii (ludi dell' arte, era ftato un vero errore d'in«
gannata fantafìa, conciofliachè vedendoli del continuo in Firenze le ope*
re eh' e' mandava di colà, ora a quefto ora a quell'altro, più perfette, gli
fu duopo l' aflentàrlene per più mefì dell' anno , lalciando in fuo luogo f um-
dente Sacerdote, che quella dovelfe governare: e ciò fu panicolarmente,
quando dal Principe Don Lorenzo diXofcana fu con dolce violenza obbli-
gato a ftarfene (eco nella Villa della Petraja , ove per quell'Altezza cond uflfe i
due belliflimi quadri, l'uno del Parto di Racchelle, l'altro delle tre Grazie»
che furono poi regalo degno della regia liberalità di un tanto Principe, fat-
to al Marchefe Ferdinando Ridolfi, dopo la cui morte vennero in pote-
te de'fuòi eredi. Ebbe anche a fere per lo Granduca Ferdinando 1' ifto-
riadiLot colle figliuole, la quale da queir Altezza fu donata alla Maeflà del-
r Imperadore . Pel Lorenzi Dottore medico conduiTe il quadro dello Spo-
falizio di Maria Vergine, per accompagnatura del tanto rinomato quadro
della Maddalena in cafa il Farifeo, di mano di Carlo Dolci; ed è f ma,
che allo fieflb Lorenzi, daperfona di alto affare, fofle il ouadro del Furi-
no chiedo in vendita, con offerta di ottocento ducati : e cne egli , per non
ifcompagnare l'altro del Dolci, ne ricufalTe il partito. Per lo Marchefe
dai Monte dipinte un Àbramo, che facrifica Ifach» ed altri quadri di mezze
figure; e pel detto Marchefe Ferdinando Ridolfi una illoria di Lot: pel
Senatore Lutozzo Nafi» che poi fatto Sacerdote vedi abito delh Compagnia
di Gesù» dipinfe un quadro da camera di una Sammaritana : e per Miche*
lagnolo Buonarruoti il giovane una Vergine con Gesù Bambino, che nato,
dolcemente ripofa. Ma fra quanti mai e Principi e Titolati ebbero dalle
mani del Furino quadri di eccedente bellezza , uno fu meritamente il fua
infigne benefattore il Marchefe Vitelli : ed i medefimi quadri fono oggi
tuttavia nel fuo Palazzo in fui RenajOirim petto alle Mulina, e predò alla
Chiefa di San Niccolò Oltrarno, tenuti fra altri di fìngolariflimi maeftri,
in gran pregio dal Marchefe Pier Francelco fuo figliuolo. Capitanò dcila
Guardia a piedi del Sereniflimo Granduca» che per elfere molti in numero,
baderà a noi dare di ciafcheduno un breve cenno. Ha egli dunque uà
altro quadro del Parto di Racchelle; una juditta, che taglia la tefta adOlò^
ferne : una Vergine colla Luna fotto i piedi: un San Tommafo e un Sad
Giovanni , più che mezze figure ; un San Baftiano, figura intera i Santa Maria
R 4 Madda-
i54 Deceart. HL dtHn Part. LdelSec. V. dali dio. al 1 6^ 0.
Mtddalena, che fi fpoglU cte'giondani ornamenci: un SanBtftiwor piùcho
flKzzì figura» riduco ia profilo OQn ce(U alzata» colorito dal Furino ad ioù-,
fazione della Lombarda maniera; un tondo ^ (Spintovi un David colla tede
di Golia ; il modello dell' Ila » quadro fatto» cQmè dicemmo » per cafa Galli s
un altro David colla teda di Golia in quadf o i una Cleopatra col ferpe %
quattro femmine » rapprefentanti quattro delle Mnfe» e quefte fono in tor-
ma ovata: due quaclretti da tefie in un folo oniamento» cioè Maria Ver-
fine Annunziata dall' Angelo» una Baccante col bicchiere in mano: un
aride col pomo: un San GiovamliatiSa» teftà fola» coir£c^^ Ag^sDtii
un Sant'Andrea A poftolo: un San Giovanni^ una Santa Martire Crocifìila
ad una antenna» piccola figura: una fimil figura» cioè Santa Maria Mad-»
dalena nel defèrto: un San Pietro : un San Simone; una tefia di femmin
na»che guardali cielo; il modello del quadro delle tre Grazie» piccole fi^
gure : una Femmina» fatta per la Pazienza: un quadro della Natività del Si-
gnore» una Clorinda morta e Tancredi » opera > che cominciata dal Gale-»
firuzzì» difcepolodel Furino» da lut fu poi rifatta e, finita. Vièfinalmen*
Ite il ritratto al naturale del Marchefe Giulio Vitelli p belliffimo « veiìico
in abito nero con una mano al petto. A Francefco Cordini» grande amico
fuo»e deirarte medefima » fece più quadri ; e quegli che quefte cofe feri-
ve» ha un fuo quadro in iforma ovata di un SanBaBiaho» te(k con bullo»
braccia e mani.
Cosi andavafela paflando il noflro pittore» quali del continuo in Firen«^
ze impiegato nelle opere dell' arte Tua» con poco o niun rìoofb; quando
venuto Iranno 1647. l'altre volte nominato Duca Jacopo Safviati» che al-
lora fi trovava pur anch' efib in Firenze » ebbe volontà di avere due altri
quadri di fua mano » cioè a dire la Cacciata dal Paradifo Terreftre de* prl»
mi nofirì Padri» ed un ifiorìa di Lot» di figure quanto il naturale» per
portarfegli a Roma fra l' altre eccellentifiime pitture del fiio Palazzo di
ftrada Giulia : ed avendone il Furino prefo 1' aiiunto» vi pofe anco la ma*
210 con non ordinaria applicazione» per lo defio che egli a ve va di foddisfa*
re ad un Signore di sì ottimogufto in limili materie, come in ogni altra bel*
lifilma facoltà. Ma avendogli condotti ad un certo fegno» fu rorza al Duca
di tornarfene a Romar e per a(ficurarfi,che l'operazione del Furino fopra
le defiderate pitture , non gli foflè da altri ritaraaca » deliberò di cóndurii
^n feco e le opere così bozzate e'I maefiro. Parti il Furino a quella volta » in«
fieme con Anibale Niccolai , pittore oggi degniflimo »e Provveditore di noftra
Accademia del Difegno » allora fuo difcepolo » cosi richiedo dal giovane » per
i fuoiftudi . Mette mano all'opera: e già avea confumati in Roma otto
interi mefi , quando eiTendó per avanti morti al Furino tutti i fuoi » dico
^ padre» e Michele fuo zio» ebbe nuova delP imminente pericplo di morte»
in cui trovavafi ifi propria madre; onde gli abbifognò lafciar di nuovo Ro-
ma» e toriurfene colle incominciate opere alla città di Firenze» lafciando
a'fuoi flud) il giovane Niccolai. Tornato in patria» affiilè alla malattia e
morte della madre; poi fi diede ad opuare fopra i quadri del Duca» il qua*
le» acciò più préfto e meglio gli venifle fatto lo sbrigarfene» gli conceflb
f er abitazioae una fua villectai non lungi dal fuo bellifiimo Palazzo del
Ponte
FRANCESCO FU RI NI. 26$
Fonte alla' Badia • preflb un miglio e messo di Fimnse (nella quale avev»^
anche a tale effetto facci lafciare i due quadri) e perchè volle» che la me^
defima poceflè fervire al pittore per diporto» dopo le £itiche . Accettò egli
ben volentieri T offerta» paflando in eflk il tempo che gli i
tempo che gli avanzava a';
affari della città t dove aveva prefa a pigione una cafa ia via delie Ruòte m
Ma perchè già era venuta l'ora, nella qual^ il povero tirtefice dovea dar fi*
ne air operare ed al vivere » occorfe , cne coli' andare eh* e' faceva frequen*
temente da Firenze alla villa» egli un dì foffe aflalito da male di pleuritide
con febbre» onde fu neceflario ricondurlo alla Tua cafa in città» dove an-*
che furono riportati i due quadri del Duca . E perchè era allora quel mi*
ferabil tempo » dico fra il 1648. e itf 4^ quando non pure Firenze» ma
eziandio la Tofcana tutta , ardeva per la popolare influenza delle febbri
acute con petecchie» che né più né meno» come fé fofle Hata mna pefti*
lenza » infinito numero di perfone in città e per Io contado uccife ; poco
vi volle» acciocché il male del Furino» che rorfe a principio non fu ^
che tanto pericolofo» degenerafle in una acutiffima febbre, coir aggiunta
del folito accidente delle petecchie» la quale in quattordici giorni lo pri*
vò di vita. Ed è fama» che egli nell' awicinarfi a quel tremendo pauo*
non cefiafle mai di pregare gli amici e congiunti a operare» die le pitture
fue» pet quanto fbfie flato poflìbile» fofler date in preda al fuoco : e con
tal dìijpoGzione venne in potere della morte» dopo aver ricevuti tatti i
Santiilimi Sacramenti di Santa Chielà» nell' anno 1^49. e nell' Ambrofiana
Bafilica fu al fuo cadavero affai poveramente data fepoltura .
Reftarono i due quadri del Duca » non del tutto finiti» ma bensì a
buoniffimo fegno condotti; ed inoltre rimafe un gran quadro da fala» ap*
punto abbozzato» ove egli avea cominciata a rapprefentare Y ifforia delle
Vergini prudenti e ftolte » che venuto in mano del Marchefe Folco Ri«
nuccini» Cavaliere di ottimo gufto» edamicimmo» quanto altri mai » deU
le buone arti» fu poi fatto finire» o per dir meglio» fatto del tutto fare
( (tante P effère sì poco avanti ) da Antonio Franchi pittore Lucchefe : ed
ora ferve in parte di ornamento della (ala di fuo Palazzo nel Fondaccio di
Santo Spirito .
Fu il Furino» uomo» come noi,(bgliamo dire » di buona pafta ^ e ami«>
co dell'amico; malinconico anziché nò; ma che volentieri fi adattava alle
converfazioni foUazzevoli efefiofe» nelle quali molto fi rallegrava: ebbe
genio di poeCa berncfca » nel cui ftile fece compofizioni aflai lodevoli .
Non fu punto intereffato » anzi pochiffìmo o nulla (limava il danaro: e
non parve» che fofle poflibile» eh' e' poteffe mai tenere in fuo potere un
quattrino; perchè dall' averlo allo fpenderlo» non fi frammettea momento
di tempo . Edi aveva però un certo fuo fcrigno nella nappa del pennello #
che non gliele lafciava mancar mai» conctotoffecofachè quando e' ne re-
cava fenza afifatto» fi metteva a finire una tefta (delle quali avea fempre
molte abbozzate) e mandavala a'fuoi amici» che fubito gliele pagavano» e
molto anche il ringraziavano. Graa fatto dunque non fu» che de' gran
guadagni» eh' e* fece» e di quegli anche» che esli averla potuti fare col
chiedere gran prezzi dell' opere fue» quando egu aveflfe voluto > non iblo
non
ilSó 1)e(mJìh della Part. L delSec. V. dal \6io. ali 6$ o.
non lafciafTe roba, ma che rimaileflè foa eredità gravata di qualche debito.
Fu anche di ciò gran cagione il lungo faticare, eh' e' faceva in fulle pit*
ture; la gran quantità di azzurro oltramarinoi che egli usò feinpre nelle
ned^fime , dico nelle carni , e fino nelle ftefle bozze » e le intollerabili
fpefe, eh' e' fece fempre né* naturali delie femmine; talmentechè, come
egli dilTe a perfona, che a me l'ha raccontato, bene Tpeflo una teda con
butto» che a lui era per ordinario pagata dieci doble , gli cotto attai più;
convenendogli tener naturali a dieci e fino a quattordici lire il giorno,
perchè non folaroente premeva in aver naturali di ottime parti e p.^opor-
zioni, ma per ordinario tenne fempre fanciulle: ed a chi talora con bel
modo il riprendeva dell' efporre fé fteflb a tanto pericolo di anima, nei
trattenertt, che faceva del continovo nella fitta imitazione di (imtli oggetp
ti V* rifpondeva con una certa ragione, che a me non finifcedi foddisfare,
benché in etto , e nel temperamento fuo potette aver fufliftenza, ed era
quefta. Se e' conofceflero, diceva egli, quefti fcrupolofi la gran faticai
«nzi la mortale agonia , che prova l'artefice, nel voler foddisfare a fé ttef-
io nel dar verità alla fua fattura; conofcerebbero altresì, quanto ìmpotti*
bil cofa fia , che a chi tanto pena e fatica , pottano in un tempo fteflb
ettère importuni altri penfìeri. Io però, come ditti, non Ikpreì finirla di
approvare; ai^zt pigliando il fatto dall'intera caufa, la ftimerei un vero in-
ganno; perchè, fé tale ella non fotte, knche potrebbe dirO , etter degno di
Icufa, chi nel compor verii ofceni o maledici, fuo ingegno affatica, noA
già per lo piacere, che egli provi nel fargli, ma per lo dannofo effetto»
che tCR all' umana converlazione producono, poco rilevando, che il pit«
tore neir operar fuo, e'I poeta nel fuo comporre lafcivamente, a cagione
del faticare che fa, non provi ftimoli meno che onetti; ogni qualvolta
egli applica ogni iua induilria in condurre cofa, che in mancanza de* veri
oggetti , potta fervire a chi con etto nonfi aflfaticò, né dopo di ^ffo fi affa-
ticherà mai. per ettère abbattuto , e cadere; in quella guifa appunto» che
chi fcarica le bombarde e i cannoni, chi accende le bombe, e dà il fuoco
alle mine, potrà ben* ettère. che lo faccia con cautela di fé medefimo»
ma non già, che noi faccia a rovina ed efterminio di ognuno, che non fi«
eSTo . E tanto batti fopra di ciò , mentre io mi dichiaro, che non è mia in«
tenzioneintal cofa di giudicare il Furino, né l'interno fuo, ma di parlari
dell'azione ttettli.
Lafciò il noftro pittore alcuni difcepoli : e tali furono , IJonarJo
Ferroni, detto il Bigino, nome, che gir venne per ettère ftato anche ap-
pretto a Giovambatiita Baccelli , che fu detto il Bigio, a cagione dell' an-
dare, ch'e'fece fempre vett:ito di tal colore, Quefto Ferroni feguitò 'èm*
pre la maniera del Furino, e'I fuo modo di dipigiiere la nudità delle fem*
mine. Fu anche fuo allievo Baftiano Pegni ,che gli fece gr<inde onore» ed
attai più gliele avrebbe fatto, fé morte nel più bel fiore degli anni fuoi
non lo avettè tolto al mondo. Vi'^cenzio Vannozzi^eDiacintoBotti, fiati
fuoi condifcepoli nella (cuoia del Pattlgnano, diventarono pure fuoi fcola-
ri. infieme con Giovambatifta Naidini , che oggi vive; il Mannozzi flette
alquanto più nella fua maniera. Simone Pignoni» pure quett'anno itfpo.
viven-^
% t» •
ERANCESCO rURINI. 261
vivente, in età di preflTo a octant* anni r più valororo che jmai nel maneg-
giare il pennello , (ludiò le opere fuevC fempre. ha feguitato il fuo modo.
Finalmente fu il Furino » come ho detto grande amico degli amici • e da
Sueftìfu riamato non poco: e fra gli altri molti, che più frequentarono Cua
anza, fu il celebre Poeta noftro Andrea Salvador!, che lo a)utò molto nelle
poetiche invenzioni : Baccio del Bianco, Pittore ed Ingegnere del Grandu»
ca, epoi della Maeftà del Re Cattolico : e Francefco Cordini , al quale , dopo
Tua morte, rim^fe la maggior parte do' Tuoi difegni, donatigli da Niccolò
Furini fuo fratello > che per gran tenipo negoziò a Venezia t e diiTe la Ra^
gione in Furini e Menegoni , e quivi finalmente terminò fua vita . De' mer
defimi difegni » gran parte e de' migliori» donò il Cordini al molto nobtr
le ed erudito nollro Gentiluomo, Andrea Cavalcanti dì gioconda memor
ria. JB quefto è quanto pofliamo dire di quefto Artefice. «
mm
GIROLAMO CURTI
DETTO DENTO NE
PITTORE BOLOGNESE
Dtfcepolo di Ce fare "Baglioni , nato #
llrolamo Curti., nato di padre originario di Reggio» ebbe i
^ fuòi natali nella città di Bologna, in iftato di tanta povertà*
che non avendo il padre modo di alimentarlo, lo pofe ne^ .'
primi anni di fua fanciullezza all' arte di filatojajo . Nella.
viltà di tal mefiiero, ed in converfazione di coloro, che in .
fua bottega, ed in fua compagnia V efercitavano, (lettefi Gi«>
ròlamo fino all'età di vent'anni; dopo i quali accoftatofi a Lionello S|^<«
da, giovane allora non meno neceflìtoib di lui » usò di feguitarlo alla Chie«
la di San Martino , aiutandolo a fonar le campane per invito alla predica .
nel tempo quarefimale, per procacciarli non più che il vitto per un fol
giorno . Ma avendo egli oflervato il genio del compagno, che era di farfi
pittore, incominciò ancora elfo a volger T animo yerfo il difegno: e «per*
che ne Tuno né V altro avea comodità di pagare le folite taife per portarli
a (ludiare il naturale alla pubblica Accademia ; incominciò Qirolamo allo .
^pada> e To Spada ad eflb» a fervir di modello: e cosi il Curii, parte di^
fegnaudo » parte le campane fonando» e parte comprando quantità. di
ftarnpe devote , ma però a danari rìprefi., come quegli , che non (i trovava
capitale, ed effe (lampe coprendo d) colore, per dar loro fra la minuta
geme migliore fpaccio, anaava campando miferamente fua vita. Diedeii
poi da per fé Sì^ì![q 6 iQaza m^^lQ agU Aud) di profpetpiva Copra un certo
• ' • ' ' ^ libro,
368 Decenn. Uh della Part. LdélSec.V. dal 1 6to. al 1 6$ o.
libro, che gli ert dato Me mani t fenani però Diti abbandonare il Aftgno
e la pitturai nella quale fino allora fi era portato poco oltre il fegno di
dipigner croci fopra le munit o qualche altra cofa mólto facile, e quelle
tolta di pefo dalle fue ftampe. Quefte cofe però non facea sì male» che
elle non ifcopriflero in lui» oltre ad un gran defiderio di operare» una buo-
na dìipofizione; tantoché il padre lo pofe ali* arte con Celare Bagliune»
appretto al quale in pochi meli fece tal profitto nella quadratura , che non
andò molto, che egli incominciò ad operare da fé fteflb. Lungo farebbe
il defcrivere le molte cofe t eh* e* dipinte neMuoi princìp)» ed anche per
Io cor(b di più anni, in diverfe chie(è, per ornamento di cappelle» ed
inche in cne di privati cittadini: né farebbe per lo noftro aflunto, con»
fiftendo tutte in colorir fregi, armi» fotfitti e fimili altre cofe; che però
daremo notizia folamente di alcune delle più principali» eh* e* fece, poi«
eh' e' fu montato in credito appreflb le ricche e nobili perfone» dalle quali
fu adoperato molto» ed in lavori onorevolifiimi, ficcome da' primi anefici
del fuo tempo in loro ajuto ne 11* architetture e profpettive .* e parttcolar*
mente dal Brizio, dal^ Mafiar), da Lionello Spada, e poi dal Colonna*
In compagnia di quefii dipinfe molte danze del Palazzo di San Martino
de' Marchefi Paleotti : nelCafino, non lungi da quello • di Pirro Zannt:ttis
ed una foffitta nel palayzetto del Trebbio di cala Malvagia ^ Fu poi dopo
]* efaltazione del Ordinale Lodovifio alla fuorema digniri, chiamato t
Roma» ove per li nipoti di lui dioinfe più uanze nel Palazzo de* Santi
Apoftoli; e quivi fi portò sì bene» che aflài ne perfè la rinumanza dell*Al«*
beni, che per avanti avea dipinta U Sala Clementina. Tornato a Bolo^
gna dipinie la volta della maggior cappella pe* Frati Predicatori: poi It
bella pro(pettiva a San Michele in Bofco: e la facciata del nuovo Palazzo
di ftrada Felice » de* Grimaldi • Portatofi e Ravenna » per U> Cardinale
Capponi, allora Arcivescovo» nel Palazzo Archiepifcopale affai dtjpinfe.
Chiamato a Parma in tempo che Ferdinando II. Granduca di Tolcana»
dì ritorno dal viaggio di (iermania » dovea quivi da quéi Principi cflèrò
alloggiato , molto infieme col Colonna operò: ne prima fé ne parti , che
non fi fofiero sia incominciati a fcoprire i primi fofperti della pefiilenze
del i6ìo. ed allora fé ne tornò in patria, nella quale» a tal cagione con«
▼enne a lui ed accompagni entrare» non come viandanti, ma come abi«
tanti in città» cioè a aire» lafctate già le cavalcature e i panni da viaggio t
ed in luogo difiante da quelle mura , rivediti di abito civile , ed in bran«
oo» ])er colà direi di altri cittadini ideiti poc'anzi a toro diporto per bre«
ve via per quei contorni» Nel tempo che durò quella comune miferia»
dioinfe ti Cuni» infieme col còmpagnot in una fala del pian di fopra nel
Palazzo del Cardinale Spada » allora Legato, ed altre cofefi^ce , che io non
tftò qui a raccontare « Poi dipinfe in Modana per lo Principe Niccolò
d*Efte: e poi in compagnia pure del Colonna» per lo Duca, la bella GaU
lerta. Pofe mano a dipignere in efla città V Oratorio di San Carlo ;. ma
non prima gli ebbe dato principio, che una fera nel tornarfene a cafa gli
occorfe il cadere » battendo un ginocchio fopra un piccolo (aflblino, che à
principio fece in eflò una piccola apertura : dipoi » poco o non punto
curata
GIROLAMO CURTL
2^9
cutftti» degénifò ili utiaftitUi che trirciutafeinpre» e non medicata» in
b^eve condufle il povero afcefice al paflb della morte • Quello pittore > che
nella quadratura riufcì ralorofii, ebbe per aggiunta gran bontà di coftu-»
mif e in ciò, che appartiene SÌl'interefle, tu oltremodo delicato; e potè
colla fua foprab]:)ond^te moder^aKione » efiere di non poco efempio a i
troppo ingordi» iblìto a dire $ che non voleva rendere cohto di roba altrui:
e per afiicurarfi di ciò ( in quefto non Tempre imitabile) dava in eccedi.
Primieramente non volle mai di tao lavoro domandare colà alcuna;, ma
quello folamente prendea» che la difcretezza di chi Io faceva operare gli
donava : e coi Colonna e ci^i altri Tuoi compagni > non ebbe mai altri
centraci» fé non per parergli» che tanto efli» quanto egli medefimO, nel-
le opere eh' e' facevano inueme » fofièr troppo largamente pagati : ed in
quello , che a fé meddiimo apparteneva , u&va dire , parergli^ina gran co*«
itif che ad un povero iìlatòjajo ( alludendo al fuaftato ne' primi tempi)
che altro non era aweazo a guadagnare» che cinque bolognini a giorno r
fefle pagato per una giornata un teftone» e talora mezzo feudo ; rìcom-r
penia, per vero dire» non baftevole a gran fegno per un valent' uomo t
quale era egli ; onde efièndo pìeiH> di tal concetto di (e i gran fatto non fu»
che interrogato di fua pretenfione» p#r opere anco grandiffime^ fi offeriiTe
a farle per prezzi del- tutto vili. Tak ft» ififintereflatenza , fu a) fattàmen-^
te conofciuta e (limata nel fuo tempo dagli oomini granai e da ogni ttlcrot
che jie lu avuto in venerazione: ed Ma voice ineontrandofi in lui in Bo^
legna il Cafdinal Cappone ^ e 1 Cardiiiale Obdl^i Le|ató» per le feale dd
Falazflo, fet modi ii Cardiflele: e pofta le mano fopra la fpalla del pittore»
voltaiofi al Legato y cùA gli parlò: Signor Cardhiaiei è quefto un de' gran
vìrtiiofi , che abbia il nofti^o» £ècolo; m* quei che è pi4k» egU poffiede tra
cpialiciidi in eminenu gtada^ die fare volte^ onon p^annotrovarfi uni*»
te in altrrfuoi ptri . Egli è uoaao dabbene , -Àfintefoffato i e non punto co*
nofcee ftima fua propria virtù. Erivolto a lui ieguit^adircrComfandatecU-
Signor Girolamo» perchè voi ogni bene meritate. O»^ fatto onore ri^
cevè anche in Parma dal Cardinale Lodo vi fi ^ ellMaehè trovoindofi miei Dìlrsr
ce a vederlo operare^ il Cardinale gli diede lode di uno de' maggiori uo«
mini » che avefle T Italia nel chìaroicnM e nel firefco t perehè » diceva e^ll •*
tele era il concetto^ che aveafi dì lui in RottMr, Ma pi& i>ifplen4eva iti
quefto. artefice la bella dote della finceriti e disila dabbenaggine» diche
noUo potrebbe dirfi . Lafcib il Curtl alcuni - difce^noli , che furono fuot *
imitatori ; fra* quali Gio. Padente » Andre» Sighez^i , Tpgnone Àfinaro ,
Reimondo Cornetti , Giovambatifta de' Veechf » Pier Francefòo Batifielli ,
&Gio. Andrea Caftelli, che molto operanma in quadiftitura » tento in vita»
quanto dòpo la morte di ini.
CAVA^
2^7 o Decenn, Ili ifelfa Part L delSèe. F. dai 1620. alt 6$ o.
CAVALIERE GIO. FRANCESCO
BA RBIERI
PITTORE DA CENTO
DETTO IL GU ERG INO DA. CENTO
Difiepoio di 'B^edetfo Gennari^ nato 1 590. -^ ..... .
t L celebre pittore Gìo- Francefco Barbieri , ebbe i fuoi ntttU
h nella città di Cento, l'anno della Olute iioArii 155^. nej fe-
t condo giorno di Febbrajo. Andrea Barbieri fu il padre fuo
w eia madie EÌena Ghitèllini. Era e^li ancora tenero bambi-
!no a cura delta nutrice, quando gli occorfe ciò. che benft
rpeflb accader fuole « coloro , che ha deftinati il cielo ad-
operar CQfè grandi, cioè l'ellierei quafi.diffi, pria che alla luce erpofli «gli
infoTtonj ed alle difgrazie: e grandiUìina per certo fu per eflere b fua»
iDentre poco ne mancò, che per efTa fin da quei primi Tuoj giorni egli
réftalTe impotente a farfì quel grand' uomo nelle noflre arti > che poi ha co-
nolciuto il mondo edere egli riufcìto- Occoiiè dunque, che per puca cura
della nutrice flefla > ftandoh egli un giorno addormentato . vi fu chi pn^Ob.
a lui proruppe d'ìmprovvifo in un grido il ilto e si CegolatOi che l' in*
Ante pien di Ipavento fvegliacofi daffonno, diedelì a Oralmtare gli c-ccl^
in sVntca guiit or qui or là, che la pupilla dì uno dì eflì» e fu l'occhio
deliro» fìn da quel punto rimafe ferma e fida nella parte angolare di eOb,
e quivi /ì fermò j>er Tempre; onde egli poi in età crefciuto ne acqutflò il
nome del Guercino da Cento. Pervenuto eh' e' fu all'ufo di ragione, be>
tie allevato nella crilliana pieti, fu applicata alle prime Ietterei ma ìcor*
tofi poi in lui un mirabil genio alla pittura > per avere egli in etl di otto
anni, col folo Audio dì pochi meli facto da per (è (ledo, colorita nella fac-.
ciata di fut cjfa una Immagine della Madonna dì Reggio , che poi vi fi à
veduta fino a' di noftrii fu dato a cura di un pittore, però alquanto or-
dinario, che giuda fui puflà, iiove0e ìnAruirlo nell'arte,- ma non avendo
egli potuto in più mefi da quello, altro imparare , che a conofrere i co-
lori, lafciatoii primo maeflro. pafsò alla fcuoladiBenedeitoGennari, altro
pittore da Cento, it quale a capo dì un anno conobbelì iiiferìore al diico>.'
polo, tantoché non folofervivafeneinajuto, .ma per correttore delle pro-
prie fue opere, delle quali molte diede fuori in quella terra, e nel Tuo
territorio. Era Gìo. Francefco gii all'età pervenuto di dicidnno?e inni»
quando, fparfofììl grido della tua bella maniera dì dipignere, da' più cele-
bri pittori di Bologna, portatofi colà a polla, era vifitato: ed i medefimi
volevano vedere le opere , che egli aveva fatte in quella patria in buon
nutiiero , a frefco e a olio * in pubblici e piìvaù luoghi .
Venuto
CJV. GIÙ. FRANCESCO BA'R'BIE^Ì. 271
Venuto Panno 1^15^. fa un fuo bel quaiirò di un San Matteo, per
opera del Padre Mirandola » mandato a Bologna» che in congiunrara di
una proceflione efpofto al pubblico, fu creduto t da più di un profeflbre,
opera degli fteflì Carracci . Non andò molto , che egli diede principio a
ricevere in fua danza giovani ad imparare, « benefizio de' quali, oltre a
l'uà caritativa alllftenza neir inftruirgli, aperfe un'Accademia a pofta per
difegnare l'ignudo ( e già tal grido gu avevano procacciato le (parfe bp^e
fue, che non folo di Bologna^ di Ferrara, di Modana e di Reggio, ma
eziandio di Francia comparvero giovani per fottoporfi alla fua difctpUna .
Chiamato a- Bologna P anno itfi8. vi dipinfe a frelco la figura di S*ntò
Rocco nella Compagnia di elfo Santo : e nel Palazzo del Marchefe Tanari
un Ercole, che da Lodovico Carracci fu giudicato fuperiore ad ogni fti*
ma . Al Cardinale Lodovifio , allora Arcivefcovo di quella città ; poi Gre^
gorio XV. più quadri dipinCe , e fra quelli un miracolò di San {^ietro^
opera > che veddefi poi intagliata dall' eccellente bulino del Bloemàcrt \
Tornatofene in patria , fece ad infianza del Padre Antonio Mirandola •
con penna, il bello eiemplare di tutte le parti minute, e più principalt
del corpo umano, per ammaeftramento de' principianti» che poi intaglia*^
to da Oliviero Gatti, fu dedicato a Ferdinando Duca di Mantova . Per Mar«
cello Provenzale, celebre profefibre dimufaici, colorì la tavola diXancre^*
di, trovato ferito da Erminia dopo il combattimento con Argante: di*
pinfe quella di Madia , Corticato <h Apollo. In Ferrara ebbea fare jpiù
opere» finché nel itfzo. richiamato a Bologna fece la bella tavola in dan
GregOriÀairaltarede' Lucarelli, pittura, di cui tanto fi parla, L'annoKSzi.
tflunto alla dignità di Sommo Pontefice Gregorio XV. volle, che il Bar-:
bieri fofle chiamato a Roma per dipipnervi la Loggia della Benedizione» ,
con promefla per fuo onorario di ventiduemila feudi ; ma la morte troppo
predo accaduta di quel Pontefice, fece sì , che' lo (labilito negozio non
forti fuo effetto . Dipinfe ben' egli molte cofe a frefco alla vigna Lodo-
vifia> fece il ritratto del Pontefice fteffo, è colorì la bella tavola della Santa
Petronilla in San T
Papa . Come quegli
bene /del profiimo, donò in Roma, a- Padri Cappui . .
Miifioni fi portavano all' Indie , gran quantità d' immagini della Beata Ver-
gine, che è famafoflero le prime, che vi fofiero portate, e che le mede-
fime in molti luoghi fparfe, fifianomoftratefempremiracolofe. Nel tempo
eh* eì fi trattenne m Roma , feppe far così bene fpiccarc , oltre al fuo talentò
neirarte^ la fua rara modeftia, che non vi fu proteiTore , che nonloamafi[e
cordial mente : e bafti a dire , che tra quefii vi fu fino lo fteifo Michelagnolo d^
Caravaggio» quello ftrano cervello , che a tutti è noto, che con sì pochi-
lego • e quafi con tutti la ruppe. Sarebbe lun^a cofa il raosontare, quan-^
toegli poi operaflb tornato in patria « a Reggio e per la città di Bologna v^
fino al Idia 7. nel <|ml tempo ^li fu chiamato a Piacenza per dipignervi^'
la Cupola, incominciata dal Morazzonè pittor Milanefe, che per morte.
' iion potè farvi altro che due Profeti; e quell'opera diede finita il Guerci*
no dal Luglio fino al Dicembre dello fteflb anno« Nel feguehte anno poi vi
dipmCe
^7 a Decenn.Ul della Fétt.l delSee.K dal 1 6%o. al 1 6$ o.
dipinfe l€ dtiQ grandi ftorU iKtrèti* ed pnt avoU da giure» del mircirio
Uell'Apoftolo S. Jacopo per U Fermi di Reggio; ed teiere opere nella città
ft^flà colori pervarj perfpnaggi ftrani^ri» che poi furon maiulat» aMuoghi
Joro. Popò il 1631. dipinCc il ftmofo quadro delU morte di Qidone pet
la Regjnt di Francia» ^kt efpoflo in pubici ieo nella città di Bologna» ebbe
ixNira?igÌioro concorfo» Poi ad iftanea dal Cardinale Spada fu di queft'ope-
<ira fatta una copia, per dover rimanere in Italia » tu^ta ritocca dal proprio
pennello del Guercinot cbe poi fu polla n«Ila Galleria Spada, rincontro
al bel quadro daU* Elena, dipìnto da Guido , Nel 1^3 ì fu chtaoiato a Mo>-
dana* per farvi ritratti di quali'Àltezaié : e conduce con feco i due fuoi bra-
nfi difcepoU* Bartolocnineo Gennari da Rimini, e Matteo Lovea. Oltre e
quante altre tavole e quadri i che egli fece dopo quello teippo per le città
ìQ luoghi foprannotati, neconduire anche moUiper diverfimncipi di Ea*'
ropai e p«r Cardinali» ma il far di tutti menzione , co(k troppo lunga nu-
fcirebbe, onde a noi baftera far nota di alcuni pochi. Trovali avere egli
iino del i6}6. dipinta per la città di Siena la bella tavola del martirio di
San Bartolommeo, che tu polla nella Chiefa di San Martino > alla qoal pit-
tura però ved^fi avere alquanto nociuto il tempo. Per 1q Cardinale Barbe^
fino color) il gran quadro delVAbigaille-tlèl 1(^39. e per Io Spedale m^iggio*
TC di Milano la bella tavola della Santiflima Natività. Ì4ì queftj anni mede^
fimi fu chiamato dal Re di Francia» con pnomefla d» trattamento» quale
potea offerirti ad un fuo pari da un tanto Re ; ma egli per varie cagioni
ricusò l' invito » ma particolarmente per avere egli per avanti fatto io fteflb
col Re dMnghilterra $ che con |raa p emura il richiedeva per luì. Operò
poi per li Cardinali Sant'Onofrio, Sacchetti, e Spada, e per Don Taddeo:
e per la Maefià dell'Imperatore fece uà San Giovanni nel deferto, che gli
fii^ mandato a V ienna •
Venuto r anno 1642. in&ofto ali' Italia per lo drepitò della guerra «
convenne al noftro arcefìce il ritirar G a fiol^na , ove fu accolto e tenuto
alla grande» ia propria cafa, dal Conte Aldovrandi» e molto vi fi trattco*
ne. Fecegli il ritratto del Conte Ercole fuo figliuolo in età di tre annfi
per altri Cavalieri di quella patria molto operò, e per divetfè chìefe , e per
pubbli e privati luoghi. Una tavola di San Filippo Neri anche vi dt«
ptnfe per la Chiefa Nuova di Roma* Era l'arino 1649. auando per morte
di Paolo Antonio Barbieri, fratello 4i Gio, Franoefco» fopra di cui ( cot
mechè foflè uomo di ottima vita , pieao di Jamore e di carità verfo t prò*
prj congiunti ) reggeafl tutto il pefo del governo della cafa • refianm ai
pittore quello folamente del puro esercizio di fua Yirtù ; egli rimafe im«r
merlo in tanta fatica e peniiero per le cofe domeftiche, che caduco in gran
malinconia, poco mancò» che egli non diveniffi^^ tanto inconfolabile, che
poco ornai gii reftalTé di abilità per fare godere al mondo il frutto di fuo
nobili fatiche; ma a quefto teppe bene riparare la bontà del Duca Fran*
cefco di Modana , die avutane contezza , lo fece là condurre in campai
{^nia del Colonna» del Metelii, di Giufeppe Maria Calepini e di Berto-
ommeo Gennari, fratello di fuo cognato.: e quivi fra le carezze e gli
Onorio fiati fard a lui ed alia foa conveitfaàioae» ed un jjcchiffima» regalo^
con
CAr. GIO. FRANCESCX) BARBlEm. ^71
• /
eon coi £11 fatto accompagnare nel ritorno a Bologna, riprefé egli canto
enimo , che deppfti gP importuni e fofchi pmfieri , e recuperata fu» antir
ca allegrezza e jpace del cuore » feguicò a tare opere belle : e tanjco più'»
■yino&eole uennari pittore» fuo difcepolo e cognato > fottoponendo iik
fieffo ai carico dèi defunto fratello» forte contribuì allo fcemameoto^ %vvN^.^t« .^
file nojo£b cure. Io tralafcio di £ir nota precifa di moke belle cofe» cho
da quel tempo fecero vedere i fuoi pennelli . Dirò folo , che fu quafi
r ultima fua pittura una tavola » ov' ei rapprefentò Santa Terefia » mcntrt
da Maria Vergine riceve T abito: e vi è San Giufeppe» Santo Albeito e
San Giovanni: e veggonfi molti Angioli in atto di applaudire a quelJ' azio^
ne . Fu queft' opera mandata alla città di Meflina» e collocata fopra FAltaro
m^giore nella Chiefa delle Monache dieffii Santa Tanno 1666. nel quale aiih
no agli 11. di Dicembre in Sabato» fu quefto pittore aflalito da gravifli*
ma infermità» la quale nel corlb di undici giorni» cioè alli aa. delio ftcflb
raefe lo privò di vita in età di anni ^6. meli io» e giorni i6. Reftaro^
no delle fue ricchiilìme fuftanze eredi i due nipoti Benedetto e Cefaro
Gennari. Fu Gio. Francefco Barbieri in tanta fttma nelle cote delTar^
te , appreiTo di ognuno > e particolarmente de' grandi » quanto in parto
può ricavarli anche dal poco» che di lui abbiamo infinqu) notato: e Cri^
itina Regina di Svezia nel fuo paflaggio per Bologna» non folo onorò la
cafa fua» vificandolo in perfona propria; ma volle toccargli quella manot
che ella difle operatrice di maraviglie. Fu anche in alto concetto appref«»
fo a* primi letterati de' fuoi tempi : e trovali avere egli dal CaValier Marino
ricevute lettere eruditiflime » icritte a caratteri di oro • Non meno che
dal Marino » fu onorato con fuoi elogj dal celebre Raffaello Du Frefnet
nelle cui mani» per prezzo di cento doble » e con promefladi farlo in«
tagliare in Parigi per mano di uno de' più celebri ma^ftri di bulino, per»
venne il famofo rame » parto pure della mano di lui » ove egli avea figura*
ta la Prefenuzione di Maria fempre Vergine : e dopo avere quel letterato
dato alle (lampe il bel libro del Tranato di Pinura di Liénardo da Vim^
a lui ne mandò un efemplare col feguente Elogio:
Quifl' opera
ly un de^ più celebri Pittai della pajfata età
manda
Al pia famofo Pittore delt eia m/Ira
Gio. Fraticefco Barbieri da Cento
Raffaella Du Frefne
Per fegno e del fuo affetto
e della fua memoria
Cb* egli tiene della fua virtù e gentilezza .
Fu lodato dal Cavaliere StigUani nel fuo Canzoniere » da Gio. Francefco
Maja nelle fue rime» dal Paoli» dal Galifoni » da Scipione Glareano» e da
quanti altri nel fuo tempo fcriiTero di pittura. Non è da tacerli ancora»
che quantunque moHriao iie opere fue grand' amore ed oflervan^a del vero;
S contùc- *
^74 DecinttJlLdelta Vart. 1, delSec» V. dal 1 620. al 1 6^ e.
contuttociò elle fomn condotte con una bravata » che mai non può dirfi
4a maggiore ; onde ne fu lodato ed ammirato da' migliori profeflbri del fuo
tempo. E fra le altre cofe» che intorno alla (jpeditezza del fuo pennello
io n degne di memoria » è quella » che occorfe nella tavola d^llAGmmBé&tm^
(^^c^H0€gk^fu^ àcì Signore, che egli fece per le Monache di Gesù Maria in Bologna, cioè 2
che eiTendo venuta la vigilia di quel giorno ,<che 1' ojpera per caufii deUa
feda di quella Chiefa dovea eflere a fuo luogo con ogni tuo anneflb : je man-
cando la figura del Padre Eterno , che dovea eiler fopra; il Guercino la
dipinfe in una notte, ed al lume di torcia, tantoché alludendo a quefta
fua velocità nell' operare ,11 Tiarino gli ebbe adire quefte parole; Signor
Gio. Franceico, gli altri pittori fiinno quanto poflbno; ma voi fate quan-
to volete . Diceli , che le opere da lui condocce giungono al numero di
centofei tavele da altare; centoquarantaquattro quadri a Sommi Ponte fi*
ci. Re, Regine, Cardinali e Principi, oltre a quegli» eh' e' fece per par-
ticolari perfone a ed oltre a i rimali in fua cafa in tempo di fua morte agli
credi, con dieci libri di difegni di matita rofla e nera, e fatti a penna r e
belliffime vedute, da elfo difegnate dal naturale. Fu folico operare poco
più che alla prima, cioè abbozzando, ed immediatamente terminando.
Ebbe grandiflima intelligenza nelle maniere di tutti i maeftrì, tanto in di-
fegni,» che in pittura. Ma giacche abbiamo detto di lui in ciò che appar-^
tiene all'arte; è giuda cofa, che alquanto di tempo fpendiamo in dar ììo*
tizia di quel che in lui andò di pari# anzi molto avanzò le perfezioni del*
l'arte medefìma: e ciò furono i fuoi lodevoliffimi cerumi, degni.al certo
4eil' iiuicazione di chi fi fìa, ma particolarmente de' profeflori delle buone
arti, fenza i quali gran fatto fara, che elle poflTano mai in e(E interamen*-
te rffplendere« E per ciò fare , bafterik il portare in quello luogo, quanto
fi' ha detto il Conte Carlo Cefare Malvafia nella parte quarca della fua Fel-
fina, laddove così r^iona. Fi$ di fiatura comp€$ent emente alta , gracile %
tarne bianca e roffa , con fuiàominio 4IÌ bile , temperamento buono , tirante al
fanguigno^ Natura piacevole f allegra^ e di converfazione gufiofijjima ^ di ap^
plicazione inde fé (fa , finceriffimo , inimico detia bugia , eortefijfimo , temile $ com^
pajjione^le^ religiofof cafio. frequentatore de' Sacramenti t amator de* pove^
ri, che fempremai aveva intorno quando ujciva dì cafa ; mie pareva il padre
di effi: e fi prendeva guSo difcorrere con loro. Rifpettofo a' Religiofif pieghe-^
vote a tutti , curiofo di vedere e fentire tutte le novitadi : di una memoria
grandìjfima , raccontando fempre con gli amici e fcolari ifucceffiprefemif tan-
to fuoi f quanto di altri pittori fuoi amici. Con tanta grazia, che incantava
chi f udiva ^ Diceva ben di tutti : Uvea molta buona cognizione d'Ufo rie e di
favole • terfettiijima intelligenza nel difcernere le diverfe maniere de" pittori.
Non vile mai pittura di altri, che non gli daffe lode, e fé non V aveffe meri-
tata, ne parlava con moderazione e con ri [petto. Fu amicìffimo de' pittori del
fuo tempo , non f cavalcò mai alcuno da ver un lavoriero : e godeva , che ognttno
f ingegnale e faceffe bène . SoUevè dalle mifetie molti amici, che fé gli racca-
r .
CAV. GlO. FRANCESCO BARBIERI. %^s
^àgfkitff Merate ed e/pìttie in firn €afa a fhmmo/egno . ifoujf $£ mai mof^
morézione contro Fimegrità di fua ftr/tma • Fufiimato verginea e pttrea m-^
/e» éU^afpem florido ed afla potìT^ia delia fué vita . EHe poci>i(^me malanie:
e 0uefiefol9 nel pne degli anniJi$oi, Fu ben vol/ìtio da* Principi fupremit a
filmato da tutti. Non ebbe mat lite con alcuno nel civile 9 e nel criminale ^
Guadagnò te fari colle fue fatiche: £li fpefe generojamente » e la maggior parte
in fiUievo degli altri . Acquifiò col danaro una gran cafa in Bologna • Acqui^
fio luoghi in campagna : mobili il tutto alla nobile . Lafciò in cafa addobbi p
pitture^ ed argenti f gioje, danari e crediti. Erefie ceppeOe, altari: gli fornì
cS tutti gli arredi necejfarj : le perpetuò con legati pii . Viffe onoratamente con
gran prudenza > con gran timore di Dìo ; onde mof*ì ancora come un fante » ri-*
eevendo il colpo con allegrezza di animo indicibile % fenza punto lamentar/I .
Fece un tefiamento, degno di ejèr veduto da tutto il mondo f con ricordi, ve^
r amente efpreffi da un animo di paradifo . La/ciò eredi li due nipoti. Signori
Benedetto e Ce/ire , delle fue fortune t e molto più godette di averli laf ciato té
virtù: e que0i furono i motivi, che gli fecero accettar la morte con allegrez-^
ta, per godere in cielo il premio dello Jue virtuofe fatiche . Morì, pianto dà
tutti : fu fepolto in San Salvatore con onorevoliffime efequie % veftito da Cap^
puccino . Fin qui il Malvagia •
Recarono molctflitnì de'fiioi difcepoli, oltre a ì Gennari: e fra qae*
iti Fulgenzio Mondini» Criftofano Serra da Cefena > Criftofano Salrounf;
Lui^i Scaramuccia, e S^aftiano Bombelli Veneziano > celebre ritratcifla*
Diro Finalmente f come un belliflimo ritratto del Guercino da Cento, di
fua propria mano, fi vede nella altre volte nominata Aanza de* Ritratti
di proprie mani degFtnfigni Pittori, nella Reale Galleria del Sereniflimtf
Granduca,
S % AKGIOL
276 Dtcennlll Ma Parti, deìSee,K MiUxo, «/ 1 5^o.
ANGIOL MICHELE COLONNA
PITTORE BOLOGNESE
Dìfiepelo di nato #
\ Erits veramente fra' nobiliflìtnì profeflort delle noRre arti
\ eterna memoria Angiol Michele Colonna , il quale dQpD
k enèrrufotcoladifciplinadipiùordìnariinmt pittori, mof-
S to e molto afiatìcaco in ogiii forta di lavoco. dentro alla
9 fua patria Bologna» in compagnia di diverfi firefcanu;
\ finalmente pervenuto in etì di ventiféi anni , avendo fat-
' co col proprio pennello il belliffìmo ornato achiarofca*
ri> deli' Aitar grande della Mntiuima Vergine de* Padri Scalzi, fuori della
porta di Stra maggiore , ne acquiflò tanto credito « che fin da quel tempo
incominciarono 1 fuoi pennelli ad alzare quel grido di unico maeRro dt
■rchitetture e profpettive » che poi l' accompagnò per lo tempo , eh' e' vif-
I^r e che andie dopo fua morte dura : opera, di cui parlando Io Qe0b Me-
teUì ebbe a dire, nonelTerfi itno a quel teinpo veduta m quel genere, colà
niigitoret avervi egli fatta gran confiderazione, e trattone gran profitto .
Allora il Colonna fatto animofo e dal profpero rìufcimento di quell'ope-
ra e dagl'intendenti amici, che ne lo conforcarono, incooiinciòaderporli
S[Ii occhj del mondo, col portarli alla corte di Parma : dove ad iflànza
ella Sorella del Duca Ranuccio, che fé ne ftava nel Convento delle Mo-
nache di Sant'Alellandra , dipinfe nella loro Chiefa una Cappella a fretco'.
Tornacofene in patria, trovò, che Girolamo Curii, anch' eflb carico di
lodi e di onore , erafene tornato di Roma , dove fotto la protezione de' Lo-
dovìgi aveva fatte belle prove di fuo pennello; ma efiendo pervenuto «
notizia del Curri, non purel'onore, che erafi fatto in patria ed in Har.
ma il Colonna, ma eziandio l'impareggiabile avanzamento , che egli ave-
va fatto in quell'irte* forte temendo di non trovare per l'avvenire nella
per fona di luì, non dico un competitore, ma un nemico; procurò con
faggio avvedimento di accrefcere con eflb 1' amica > benché per alcuno
accidente alquanto turbata amicizia ; e quel che è più , di averlo per com-
pagno in ogni fua opera t e al bene gli venne fatto il tornarne a ftrìngere
il nodo, che non maipiù, finch* e' vìffe* lo vide fciolto . La prima opera.
nella quale in compagnia del Curti poneflè mano il Colonna, f u U pit-
tura della volta della Cappella maggiore di San Domenico per li Grimaldi.
Qtiindi avvenne poi, cne da quefli due fi condulTero le bellillime opere,
dico della prorpettiva in Capo dello Gradone di San Michele in Bofco: la
Sala di VefpuOano Grimaldi : e la Galleria del Monaflero degli Olivetani.
Furono poi dal Cardinale Capponi chiamati a Ravenna, perdipignere oel-
fA rei velco vado : a Parma, a dipìgnere due fale del Palazzo e del giardino :
e fiaalfflente a Modana. per tare altri lavori; donde, a cagione di grave
inftf-
• y
UNGJOL MICHELE COLONNA. 277
infymìfS, che qotfi itòomluflero al termine deTuoi giorni , tofto gli con--
venne partire; ma o folfe ftato il furor 'del male, q altra cagione, egli ri«
maCe così malinconico e prelb da tanta ipocondria, che per lo foazio di
ben dodici anni egli fi ftecce né fano né infermo: e rifpetco a quanto egli
avrebbe potuto operare, pochiflimo fece nell'arte Tua; finche per con(i«
gito di dtfcreto medico, che in queftp la fece più da vero amico» che da
medico, lafciati gì' impiaftri e le medicine » col folo parchifltmo cibarli^
col tenere follevatò l'animo, e M corpo in moto, non folo fece ritorno
alla prima fanità , ma divenne in tutto e per tutto per ròbuftezza e per
altre corporali facultadi, altr' uomo da quello, che per tanto tempo
e fino allora égli era flato. Più volte por egli ebbe a portarti a Moda-
na, dove in- occalidne di varie fefte fattefi da quel Sereniifimo, ed in (er-
vizio di Tua Galleria molto operò; fervendo anche di direttore di più
altri pittori , che nello ftefTo affare trovò: impiegati , de' quali fu foli-
to emendare le mancanze con obbliganti maniere, ed in modo, che il fat-
to G riducefTe a ben' eflere , e ad elH medefimi rimanefle V onore di aver
benfatto Quivi p^r morte foprawenuta al Curci, toccò a lui a continua-
re il lavoro della volta dell'Oratorio di San Carlo, che appena aveva avd-
to principio: e gii dopo la- fine di eflb eflendofene tornato alla patria vo-
leva por mano a dipignere la (ala di Giovanni Locadellì, quando il Car«
dinaie Santacroce» allora Legato , volle eh' e' dipignelTe V appartamento »
di fotto a quello, fatto già dipignere dal Cardinale Spada fuo' anteccfTore:
nel qual lavoro èlefTe per compagno Agoftino Metelli , col quale poi pa-
re che egli facefTe affai più (tretra compagnia di quella, che per avanti col
Dentone fatta aveva; conciofliacofachè da quelto tempo, finché durò fua
vita, non mai neir operar fuo fé lo tolfe d* attorno. Fu poi per opera di
Francefco Albani chiamato a Firenze dal Serenitfimo Granduca Ferdinan*
do, per ornare uno fpazio nella Villa di Mezzomonte, oggi de' Marchefi
Codini , in cui lo flefTo Albani avea dipinto un Giove con Ganimede •
Moltiflime poi furono le opere, che gli abbifognò condurre per entro la
città di Bologna, finché feguita in Firenze l'anno 16^6. la moite del no-
firo pittore Giovanni da San Giovanni, a cui erano (tate, date a dipignere
le ftanze dell'ala deftradel Palazzo,* abitazione del Granduca , a' Pitti, fèn-
za avere lo ftéfib pittore potuto condùrvi altro più, che la ^olta con tre
fpazj della fata ; fu per mezzo del Cardinal Sacchetti, allora Legato di Bo-
togndf mandato «thiamare dalGranduca il Colohna, per dipignere lo ri-
manente d^lle ftanzé; Diede egli principio e fine atta prima, lafciando
aperta la parte fuperiore delia volta, ove in uno fpazioib* campo dovea-
no efTere da altro pittore dipinte le- fìg^ire ; ma avendo queir Altezza fat-
ta vedere 1' opera del Colonna a Andrea Comodi : e confultato con efTo
il modo di trovar pittore, che effe figuiiedipigtìédè; ne ebbe in rìfpofta^
che non ad altri, che alColom^a (i dovefìero quelle' aHogìire,. giacché egli
aveva non pure nelle mioabili profpective , dì che egli aveva piena quella
danza, ma (eziandio nelle molto graziola figure , vagamente fra quelle acco^
modate» àztàtìon poca fperanzadi doverfi anche m quelle portare egre*-
gbcdence.'GoAe coilfij^iò ìt Comodi'^ cosifu efòguko: tantupiìi^ ehe il
. * .; S j Cava-
A
178 Di^cem, III della PartJ.éiSec,V.Mi6A0^
Cavaliere Guidoni » Gentiluomo di gran godo , e ansi buoi» profisfibre
che dìletcante in cofe di difegno» che poco avanti erafene tor^iaco da Ba«
Idgna a Firenze a quefia Corte » molto aveva approvato il parere del Co^
liiodi. Era Tanno 1(^38. e ^1 Colonna con qualche breve intermiflione di
tempo» che egli confumò in patria a dipignere la (ala del celebre MecUcot
Cucchi in fua cafa in via del Prad^llo, (^ applicò infieme col Metelli alle
ìdue altre camere, che feguono alla (oprammentovata iiello (leflTo Palazzo
de' Pitti i né fi partirono mai dal fervizio delia Sereniffima Cafa fino al 1644^
dopo il qual tempo molte altre belle cofe cpnduflèro» finché del 1(^49. ^
1650. chiamati di nuovo a Firenze dal Cardinal^ Gio. Carlo di Tofcana«
dipiniero nel fuo Palazzo de| Giardino di via della Scala, e nel Pahnoi
£ure de' Pitti colorirono un beir ornato preffo ad un gabinetto, per io
[archeiè Niccolini altre belle profpettive fecero nel Palazzo di Tuo Mar*
cheiato a Camugliano » ed in quello di Firenze in via de^Servi : né deb-
bo io lafciar di dire ciò che iblea raccontare in fua patria il MetelU, ^to^
compagno del Colonna nell* accennate opere, che nel venirfene alla citte
di Firenze, aveva egli portato con Ceco un sran òicco di terre diverfe da
colorire: e che al tomarfene che fece a Bologna, aveval riportato pieno
di piaftre f onde diceva egli di aver trovata 1* invenzione ol convertir la
terra in argento . Furon poi chiamati a Modaaa, ove fecero cofe affili.
Ayeva già la nuova e bella maniera de* due pittori fatta sì beila moftra , o
partorito $ì gran defiderio di fé per V Italia tutta, che fin da quei tempi
più altri profelTori vi fi applicarono di gran propofito , e tali furono in
Bologna l' Ambrogi, il Sìghezzi, il Bianchi, il Padema, il Santi ed altri
pittori a frefco ; ed in Firenze Bartolpmmeo Neri» detto comunemente
j1. poeta Piedi f per lo talento, che egli ebbe di comporre in ottava rima
cantando alPimprovvifo . Quefto Bartolommeo iiì cofe operò molto teatro*
li : per cafe di privati fece fregiature e fbprapporti , e di fua mano foni' ar«
^hitetture , che adornano la frónte interiore della Chiefade' Padri Bernabiti
al canto alla Cuculia. Jacopo Chiavillelli Fiorentino , fiato difcepolo nel di.
fegnoe pittura di Fabbrizio Bofcbi,e in quanto appartiene all' arte, che fa
propria del Colonna, del Metelli e d'altri da loro derivati , fece tal profitto,
che ha ripiene, per così dire, dì fue belle opere nella noftra città e fuori^
e chiefe e palazzi ed altri luoghi pubblici e privati , fino a auefio anno 1691 .
che io queflecofe ferivo, nel quale vìve egli ancora, moftrand>femprepiù
L'abilità della fua mano maeftra, dopo avere nelPane medelima fatti più
allievi, i quali con molta lode di lor pennello operano tuttavia.
Era Tanno 1^50. quando il Colonna alle preghiere del Senatore Mar-
cheie Cofpi, e molto più a quelle del Cardinale Gio. Carlo di Tofcana,
( ri/olvetre ad accettare la chiamata, che gli veniva fatta per parte di So»
]4aeftà Cattolica al fvo fervizio jn Madrid: e quefto per la terza volta;
giacché alla prima, avuta per mezzo deIMai?chele Virgilio Malvezzi, e alla.
Kconda, avuta mediante la petfonadi Monfign^re, poi Cardinale Buon^
compsgni^ non aveva egli voluto piegarfi. Colà dunque inviatofi col fuo
£edele compagno Agoftino Metelli, provvido di gran danaraper lo viag»
ÌÌo>».6d allieva^ d^uattamsBtimolto^npfaci» dipiiidCe le b^Ue cdfi^r deU»
quaU
.ANGIOL MICHELE COLÓNNA. 179
àtiftii abbitmo parlato nelle notizie dello fiedb Metelli : e fra l^ tAirt volle
ìsL Maeftà del Re FiUptìo IV. che foflè di lor m^no dipìiuo un fyìottQ
ottangolflco, nel ^aale (ubiro dipinto» drede pubblica auaienza all'Amba*^
fciadore delCriftianiflimo, il Dnca di Lione ^ che a nome del Tuo Re do^
toandava T Infanta: e noi abbiamo fedele atteftato, che i> Re Filipuo più
6 più volte fra fetcimana portavafi in fnl palco ( diceva egli ) de^ rittorl
Italiani: e quivi inameni difcorfi trattenea/i con effi i per vederdi dipime*
re* Al Buonritiro dipinfero una Loggia da imo a fommo delia favola di
Cefalo e delP Aurora t e negli ornati Satiri e Putti , termini» feftonl
ed altri vaghiffimi ornamienti inventati dal Metelli; al quale non molto
dopo foprav venne la morte » ed al noftro artefice toccò a far ritorno alle
patria» con perdita del caro amico» benché con guadagno di danaro e di
gloria. Moke furon le opere» che egli condufle nella iua patria Bologna^
dopo il Tuo ritorno; Era Tanno 1671. quando il noftro artefice alle pre«
ghiere del Conte Girolamo Caprara » rifolvè di accettar la chiamata d2
Monfieur di Lione a Parigi, per operare in fervizio del Re Criftianiflimo
nel Palazzo di Verfaglia • Fu fa partenza di lui a quella volta a* ì^. di Mar*
to dello ftelfo anno . Trattennevifi piìi di due anni» Tempre facendovi»
dere a quella Corte opere egregie del fuo pennello^ e finalmente veden.
dofi egli omai in etì di 73. anni » fpinto da defiderio di rimpatriare , fé
tic piarti; e nel giorno de' 20. di Maggio del 167$ fu in Bologna» do Ve
molte co(e fece > che lungo farebbe il raccontare $ finche in età decrepita
aggravato dagli anni e da infirmità , diede fine aTuoi giorni agli 1 1« di Mar-
Co 1687. e tu il fuo cadavero fepolto nella Chiefa di San Bartolommeo di
Porta de' Padri Teatini • tn unDepofito» da lui medefìmo fatto fare in vita:
né rìmafe di lui che un figliuolo del defunto fuo figliuolo» il quale » men»
tre io quefte cofe ferivo» vive godendo con ifplendida civiltà le fufiansé
dell' Avolo fuo •
riraM^«MiMMWÉiiMBMMÌ^i«H^iMHHM«aa«llMHH««MiHl^ll«MM|«MHBaHa*Ì«MHÌMMMaM
ANTONIO VANDICH
PITTORE D' ANVERSA
* • •
Difeepoh di Tietro Paoh ^uhns^ nan 1 599. # 1^41.
V ■ •
A citta d' Anverfa nella Provincia di Fiandra » die fino dopo
il riforger che fece a nuòva Vita la beir arte della Pitturai
incominciò a provvedere il mondo in A fatta facoltà di uo*
mini di chiara fieima ; avendo verfo il fine del paflato fi^iold
latti ièntire gli applaufi del foo celebre pittore Pietro Paole
Rubens, Un altro nel tempo fteflo ne andò preparando, per cui non fola^
niente poteafi a ^an ragione «fpeccare 1- Europa tutta un dbgno fucceflbr*
S 4 a ttOJBO
À
»8o *DecettnJIl della Part.L del Sic V. daii 6i«. al 1 6^ o.
9
a'tiomo s) grande» per qvando mài ioffe piaciuto al cielo di toglierlo a
Suefta luce; ma eziandio di vedere per gran cempo rifplendere nel fecon*
o le perfezioni del primo, anche con qualche aggiunto; fé forte nemica»
centra ogni afpettazione» non avefle fatto sì, che tanti pochi loefi dopo
al primo, che nel 1577. aveva avuti i fuoi natali, perifle il fecondo, che
non prima del 1599. era (lato partorito: e quefti fu il celebre Antonio
Vandich, il quale ebbe per padre un mercante delle finiflime tele di Fian<-
dra» e avendo avuta per madre una donna valorofa ner formar coir ago
bellìflìmi paeli di punto, potè egli fvegliare il proprio fpitito a valerti di
tale efemplo, e di quello poi fervlrfi a migliore ufo nelle belle opere di
pittura • 11 fanciullo adunque poftofi prima da fé ftelTo agli ftud) del 4ife*
gno , non con altra fcorta, che con quella della madre, fi accoftò poi » così
percuettendo il genitore, a Pietro Paolo Rubens: e non andò molto, che
egli colla bontà de'coftumi, e colla grazia del converfar fuo, ed aflàipid
per Io maravigliofo profittare eh* e' iSceva, venne in pofièflb di tanto a&
letto del maeftro , che ornai facevagli difegnare, ogni fua bella invenzio-*
2ie , per quella poi dare alle pubbliche ftampe: e fra quelle da eflb dife*
guaie, contali la belllilima bavaglia deJile Auus^zoni . .Servivafi anche di
Antonio per abbozzare fuoi quadri, e talora per condurre a buon legno
in pittura i propri Ichizzi: e andò la cofa tant' oltre , che fu avuto per co»
Itante, che il Rubens, col grande e fpedico abbozzare e condurre del
Vandick» guadagnalTe in quel tempo fino a 100, feudi il giorno; il che
Xioii farà dinicile a credere achi.confidererà, che alla^ morte di. Ini reftaile
ad Alberto Rubens il figliuolo, il riccKiflirao patrimonio, che a tutti è
noto ) non ottante il tractami^nto nobile, con cheègli era (iato folito di
inantenere ia propria cala e perfona . Fece il Vandick i cartoni per le
fapezzerie delle ftorie diDecio , e altri ancora. Non potè però il grande
a) (ito, che traeva il Rubens dal Vandick , far sì , che egli non potefie giù»
fiamente temere di fcapitare nel più : cioè a dire, che col pubblicarii il
molto ..che nelle fue cofe operava il dlicepolo, non veniflè attribuito
ad eifo medefimo anche quel poco, che vi facevano! pennelli del maeftro;
onde forte ingelofìto, incominciò a divertirlo da i componimenti, col
lodare al maggior fegno alcuni volti, fatti al naturale, proponendo fua per-
Zona in proprio luogo in ognuna delle infinite occafioni, che fé gli pre«
fentavano di far ritratti: la qual cofa ben conofciuta dal Vandick, fu ca-
gione, che egli fi afTentafle da quella fcuola, e fi jionelTe a operare da fé
lolo Dicono, che la prima pittura, ch'e'facefle fuori della fcuola del
Rubens ^ foiTe la bella fioria del Crifto portante la Croce , per la Chiefa di
San Domenico, che vedefi condotta di tutta maniera del maeftro fuo. Poi
ad efeniplo di quello fi portò a Venezia, ove grandi ftud) fece fopra le
iopere di Tiziano e di Paolo, e gran fama vi lafciò di fé fteflb, in quanto
a'iitratti appartiene. C^indi portatoti a Genova, ove altri molti ne co*
Jori, tanto VI fi accreditò, che guadagnato in eminente grado Tarnore di
quei cittadini, volle quafi eleggere quella città per fua patria; conciofiia*
eofachè, per molto che egli poi andafi[è vagando per T Italia, era fempre
Genora il fuo riparo e 1 fuo npofo, Andatolune a RQma^ ove fu ricevuto
da
.ANTONIO VANDICH. 28.<
dal Cardinale Bend?ogIi » fece del medefimo il maraviglìofo ritratto, che
poi venne in potere del noftro Sereniffimo Granduca » e oggi ha luogo
nella danza» detta Ja Tribuna nella fua Reale Galleria. Per lo taedelimo.
Cardinale fece un bel Crocifilio fpirante . Occorfe poi , che parendo a' prò-
felTori dell'arte in quella città» che la bella luce del colorito portatovi dà
quefto artefice» pofta a confrqnto dell' opere loro »faceflele parere alquanto
ofcure, ìnibrgefle contro al Vandick una sì fatta perfecuzione per opera di
alcuno de'medefimi» che egli, che continente e prudentiffimo era» aveffe
per bene il laiciar Roma, ed a Genova tornarfene* Quivi con gran prò-
vecci fé la pafsò* facendo infiniti ritratti di ^uei' nobili e de* perfonaggi
periti neir arte » che egli, più
che non fece il Rubens fuo maeftro. Dipinfevi anche belliflimi quadri^
oltre a i ritratti; e tali furono per Mondo RoHb» terra della Riviera» uà
Crocitìflb» San Francefco » il Beato Salvadore» e la perfona del padrone
del quadro, che ivi vien rapprcfencata inginocchipni . Da Genova il porr
tò in Sicilia « mentre il Principe Filiberto di Savoja eravi Viceré. Fecene
il ritratto, ed eflendo poco dopo feguica la morcc di quel Signore, egli
da Palermo fi partì di ritorno a Genova» portando con fecouna fua belr
ja cavoladi Maria Vergine del Rofario» con S. Domenico e con cinque San-
te Vergini Palermitane, opera che era fiata dcfiinata per P Oratorio della
Compagnia del Rofario di quella città . Seguirò a dare opera a'fuoi ritrat<-
ti; finche venuto m dcfiUerio di riveder fua patria e i propr) parenti^ fé*
ce ritorno ad Anverfa; ove puie afiaì bellifiimi ritratti» tavole e quadri di
varie invenzioni colorì, de' quali molti furono (parfi per la Fiandra e per
altre Provincie, e oggi veggonfene alcuni andare per le pubbliche fianze^
Fra quegli» che furon ritratti da lui , furon quali tutti i Principi » che al
fuo tempo captarono in Fiandra» che lunga cofa farebbe V annoverate»
.Diremo folo» che fra quefii furono la Regina Madre e V Infante» il Duca
di Orleans» il Cardinale Infante »e'l Principe Tommafo di Savoja . Stabi-
lito che ebbe il Vandick in quelle Provincie il tuo gran nome» deliberò
di paflare a Londra, chiamatovi d^l Re Carlo: nella grazia di cui forti al
fuo (olito di trovar luogo non inferiore a quello » che vi aveva acquiftato
il Rubens fuo maeftro» che già fé n* era partito ; e quel che dicefi del fa-
vore del Re» d cefi eziandio de' guadagni del fuo pennello. Fecevi il ri«
trattpdelRe» della Regina» e de* figliuoli del Generale Gofino, del Con*
te Mit yrort» gran Mallro dell' Artiglieria, in atto di comandare a certi
ufìziali di guerra, del Conte di Arondcl e della fua Conforte la Duchefllà di
Buchingam colle figliuole» e di quelladi Sudamptgn: ed altri molti ritratti
fece e quìdridiv rfi di varie invenzioni; e fra quefti un bellifiìmo quadro
della Lri;cififiìoi;e del Signore , l' Immagine di Gtsà Crifto e (}e' dodici
Apofioli in mezze figure» che vedefi nello lluclio delle bellifllme pittu-
re di Monsignor Carlo Bofch Velcovo di Gante » fiati poi dati alla fiampe.
Moki furono i regali e le onore volezze » che il Vaudick ricevè da quel
Monarca» partìcQlarioente delPi;fierne llato creato Cavaiiexe del Bagna,
^S2 Detettrt. ÌILdélla Parf. LdelSet. V.daliCio. oli6^o.
Dopa tutte quefie cofe già trovavàfi.qiMfto artefice travagliato da diver(«
indifpofizfoni » U quali ornai IkcevangH conofcere efler troppa si unta aU
ie indefelTe (loe applicazioni ali' arte» la fatica e gì' incomodi della Co tei
onde per aificuraru di poterfene dillogUere alquanto» ed inficine di fod«
disfare ad un fuo defiderio> che en di lafciare dopo di fé qualche grande
opera» avea per mezzo del Cavaliere Digby» procurato di avere Tincum*
behza di fare le invenzioni per le tappezzerie della gran Sala della Regia
Corte di Ubitehal in Londra, con iftorie dtir Elezione de' Re, dell' In*
fiitUzione dell' Ordine della Giarrettiera • cominciata da Odoardo IH deh
la proceflione de' Cavalieri ne' loro abiti , e delle cerimonie civili e mtli^
tari» coir altre Regie funzioni ; e quefto per fare una nobile accompagna-
tura alla più ricca tapjiezzeria del gran Raffaello» cogli atti degli Apofto*
li» e co i cartoni originali ; ma quefta cofa non ebbe effetto» perchò ta-
le già era giunca nell' anefice la ftima di fé fteflb » che egli non dubitò di
chiedere di quella opera fino a trecentomila feudi i prezzo però» che non ìm^
pauri tanto la magnanimità del Re, ch'e*non avefle anche dato modo di
aggiuftamento» che a fé fteflb e al Vandick fofle potuto piacere; Te la mor-
te fuccefia al povero artefice » non avefle troncato il filo a si fatta nego*
jeiazione. Ma a quanto ogni altra mai degniffima opera, afpirava il Van-
dick a quella della gran Galleria del Lovre in FraiKia: e conciofofi*eco-
fachèe'fi fòfiè portato colla moglie* in Fiandra; nel ritornar eh' e' fecct
]^reie volta a Parigi, ove già era giunco Niccolò Fulfino: e quivi due mei
li trattenne» con ifperanza di adempimento de'fiioi penfieri; ma cono^»
Iciutane rimpoflibitità, rifbivèdi aboandonar Parigi, e in Inghilterra torw
itarfene • In Londra qualche poco fì trattenne» finché afialito da grave in^
firmità» non fenza quelle dimoftrazioni» che fon proprie di un buon cat^
eolico » vide il fine de' fuoi giorni » correndo 1* anno 1641. e fu al fuo corpo
dato ripofo nella Chiefa di San Paolo. A chi confiderete Pimmenfità dè^
guadagni» che al Vandick procacciò la fua virtù» parrà forlè difficile o
credere t che egli al fuo morire lafciafie poche ricchezze ; ma cefierà la
maraviglia» fé u fari refleflione al trattamento, che fece quefio pittore»
non pure di fé fiefiò » ma eziandio degli amici » Cavalieri e Dame di ogni
più alta condizione » che venivano alla fua cafa per eflere ritratti» i quali
tutti omai , per legge indifpenfabile » venivano obbligati a reftarfi eoa
elfo» trattati alla grande, ad un lautiifimo definare . Ma poco era quefto»
rifpetto a quello, che egh fu folito fare coli' occafione della gran quantità
de' gran Perfonaggi e Dame, che mofil dairefemplo del Re,' folamentò
per vederlo dipignere, porta vanfi da lui: i quali pure fu (olito banchetta*
re» facendogli trattenere da' fuoi mufici, fonatori e bufibni» e talora cor*-
teggiare da* fuoi fervttori e cavalli: e per ordinario non paflava giorno»
che andane voto ifi ai farti ritrovati e allegrie. Fu folito tenere alle fue
fpefe uomini e donne» che doveflèi^K fsrvire per modelli, facendocli fta<
re al naturale , per dar fine a' ritratti di Cavalieri e Dame» dopo che da*
volti delle medtfime aveva egli ricavata l'effigie .
Dirò finalmente, che in ciò che all'arce appartiene, fu il Vandick
fingolariICmo ne' ritratti j e Ricevagli con canta oravora» che.bene fpeflb
^ ' ^ due
ANTONIO VANDICH. aSj
doe in un ibi giorno ne eonducSsva fino t qubl fegno, che tlcronon latnk
eaflèioro» che qualche uictmo ricocco . Ne' componimenti» per vero di*^
te» non giunfe unt* oltre» ma Tempre fegaicò le regote del Rubens fuo
maeftro » moftrando una cerca delicatezza alquanto n^giore nelle carni da
quella moftrarono le opere di lot» ma però con alouanto minore feliciti
nel difegno. Fu bdlo di corpo, e benché piccolo ai Altura» fu di aninw
grande » generofo e nobile » ed in ogni fuo affare grazioCb ; onde ben pu»*
te affermarfi, che fra tante e belliflime fue doti > fcnifib glorioCkmente ac»
compagnata in lui » e giufta fuo merito » la bella e nobiliffima ano ddle
pittura.
mn
mt^mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm
FRANCESCO DI QUESNOY
SCULTORE FIAMMINGO
Difiefolo dì ,..^..... nato 1 594. ^ 1 6/^^.
^Uanto pofla fovente un ingegno fublimiflimo» applictto
con tutto amore agli ftud) delle buone arti, ha ntco ve-
dere al mondo in quefti noftri tempi il tanto rinomato
Scultore Francefco di Quefnoy Fiammingo. Coftui» cho
avendo avuta oripine dalla terra di Quefnoy de* Valloni»
che gli diede anche il cognome, d'onde Girolamo fuopa^-
dre erafi partito per portarli a Brurelles» per eferciui^vi l'ar-
tt dell* intaglio e della Scultura; venne a quella luce in ella città di Bru*
fellea Tanno delia noftra falute 1594. e giunto a competente età» pieno da
Senio a quell* arte, avendone avuti dal padre ì primi precetti; ed eflèn«
oli affaticato molto in modellare e lavorare in avorio » ed in una certa
fotta di marmo tenero t che trovali in quelle partii atto a ricevere un*o€«
cimo pulimento; è fama» che vi faceflè di fua mano una Statua della Giu«
fiizia^ che fu collocata Copra la porta grande della nuova fabbrica della
Cancelleria ; ficcome ancora due Angeli nel frontefpizio della Chiefa del
Gesù» e la figura della Giuftizia e della Verità per la cafa pubblica di Hai:
k quali opere gli guadagnaron tanto credito» che per TÀrciduca Alberto eb*
be a fare un San Giovanni per lo Caftello di Tor Veerten : e poi fu dal me«
defimo mandato* con accompagnatura di buone lettere e con provvedimen-
to di danaro » a far fuoi ftuaj nella città di Roma» effendo allora il giovane
in etù di venticinque anni. Giunfe a quella nobilitfima patria con otti-
me fperanze di buoni progreffi fotto tale protezione; ma la morte ieguita
non molto dopo dtir Arciduca, fece rì, cn'e'fofle forzato a darli a far la-*
voci di avorio e di legno^ appreffo'P intagliatore Claudio Lorenefe. In
quella fl^iisa trauehneii in £ix te Aedi Santi per Reliquie 1 finche da Pietra
Pefca- .
aB 4 Decem III dilla Part. I.delScc. V. dal a Si o. al 1 6^ o.
?ercatore>.mércahce Fiamminga, gli fu data a fare una ftacua'^di marmo»
é fu una Venere fedente, figura quanto il naturale, in atto di allattare
Amore , la quale anco adornò di alcuni baflirilievi . Occorfe poi, che
èfféndo venuti fotto i' occhio del Contcftabile Filippo Colonna, alcuni
fuoi bei lavori di avorio, egli rifolvè di. pigliare protezione dell artefice»
e molte oofe fecegli fare in proprio fervizio, e fra quefte un bel Croci-
fifib di avorio di circa a tre palmi, del quale il Conteftabile fece dóno t
Urbano Vili. Aveva quefìo virtuofo acqùiffata grande amicizia con Nic-
colèr Poffino, col quale anche abitava, onde gran fatto non fu, che nella
firetta pratica di uomo tanto fingola e, egli facede un'ottimo gufto fopra
le ^iù belle antìchiffime ftatue, modellandole del continuo ; e perchè egli
ebbe un geiuo particolarifllmo alle figure de' putti , grandì^ftud) fi mefie t
fare fopra quegli dipinti da Tiziano, infieme collo At((o Poilino, ridu-
cendogli da pittura a mezzo rilevo di terra ; e da tate fludio traflè egli
quella maravigliofa maniera, che a tutti è nota. Moltiffimi poi furono i
putti, che egli fcolpì, de' quali faremo un breve racconto, rimettendo il
noftro lettore a quanto con maggiore eftenfìoue e numero di circoftanze
accuratamente fendè il Bellori. Intagliò l'Amore Divino, che abbatte
l'Amor Profano, con un altro putto, che fofticne una laurea corona.
Fece un Baccanale con putti che tirano per le corna una capra : Sile<-
no con altri putti attorno, in vaghe operazioni con altre figure; onde
Ì;li fu data incumbenra di modellarne altri per le colonne di bronzo fopra
* Altare degli Apoftoli in Vaticano. Da' putti pafsò alle fiatue di maggio-
ri fitjure, e per l'Aitar grande della Confraternita de' Pomari nella loro
Chtefa della Madonna di Loreto alla Colonna Trajana, ufando per ifcorta
la maravigliofa (tatua dell'Urania di Campidoglio, fece là bella figura della
$anta Sufanna poco maggiore del naturale» che ebbe luogo nella prima
nicchia finilira; edècoftante opinione, che egli in quell'opera, in ciò che
appartiene al panneggiare, agguagliafle il più perfètto degli antichi; onde
venne a lui tanta fama , chejper ordine di Urbano Vili, gli fu dato a fcol-
pire uno de' quattro Colofli , per uno de'nicchioni de' pilaftri, che reg-
gon la Cupola di San Pietro, e ui il Santo Andrea tanto rinomato» che poi
dopo cinque anni fu mefib a fuo luogo, e fcoperto il giorno di Venerdì
primo di Marzo 1640. e fu fuo grande infortunio 1' eflergli fiata collocata
8Ì bell'opera, non già nella nicchia finifira in faccia, ov' è oggi la Santa
Blena, per io qual pofto era fiata lavorata; ma nell'altra nicchia obliqua-
mente oppofia, con che venne a mutarfi al bel lavoro lume e veduta: e
ciò feguH a cagione di avere ia Congregazione de' Riti avuto perbene, che
il Volto Santo colla flatua della Veronica dovefle tenere il primo UiogOt
nel fecondo fofie la Croce colla Santa Elena , nel terzo la Lancia co) Lon-
gino, e in uitiiDo la tefia di Santo Andrest colla fua figura. Ma non fu
quella r ultima delie fventure accadute a Fi'ancèfco in queft'opeia; con*
ciofliacofachè egli di cos). nobile fua fatica venifiè poi tanto male ricom-
pcnfato, che appena avefle egli potuto rinfrancar le fitfib de' gran disborii
patiti, a cagione degli^uoiri^nr tenuti In effaa fue.fpefe ; e qtieflo, oltre a
quel più, che importò ^ lui J' avere applicato in efla tutto ie fteilò per
tanto
FRANCESCO Di QUESNOV. 285
tantb tempo» lafciando i gnin gutdogni» che egli tvrelri>e potuto fiu»
col Tuo fcarpello in altre cofe. Fece poi il Fiaanningo per lo Cardinale
Filomarino Arcivefcovó di Napoli un baflToriiievo di aicom Aogeletti, ia
atto di cantare» che ebbe luogo nella Tua Cappella fopra 1! Altare nelUi
Chiefa de' Santi Apoftoli in effa città , Per la Óhiefa dell' Aiiima in Roma
diede fine aili due depofiti deMue piltfftri» uno jdi Ferdinando Wanden
di Anver^: e l'altro di Adriano della famiglia Urìburgens di Alcmarìa*
F.u anche in carte opera delle foe mani il depofito di Giovanni Afe nel-
la Chiefa di uia nazione in Camposanto » onde poi fu tolto dopo qualche
tempo. Ultimamente (colpì per Toinmafo Baccherà^ Cavaliere Inglefe
la bella figura dell* amoretto ignudo « in aktodifaltare. Erafi già quella
grand* uomo condotto al quarantefimotttavo anno dell' età fua; ma in ù
cattivo flato di fanità e di avere, che ornai pocoH^ niun contento vole»
vali in fé fteflb pe' gloriofi applaufi , che tuttavia venivano fatti alla fua
virtù» anzi tutto dolente e malinconico, fenza poter punto operare» fia«
vali patendo i difagj e gli ftenti» Che avevangU fruttato le Cue malricom-
penlate fatiche e tormentofi affanni, che tuttavia cagionavangli le pcrfe-
cuzioni di un fuo crudel fratello , anch' eflTo fcultore , che per quanto ne
cor(e la fama, fu quegli, che gli preparò la morte col veleno; quando fu
con replicati (limoli, ^er parte di Luigi XIII. Re di Francia, indotto ^
confentire di ^portarfi in qualità di fuo fcùlcore a Parigi, ove due anni
avanti era andato il celebre Niccolò Poflino, che poi tornato a Roma »
dovea con e(Tò di nuovo tornare a Parigi , e condur con feco dodici aio-
yani, che f^tto i di lui precetti ,. do velf^o in quella città gettare i ton*
damenti di una perfetta fcuola di Scultura: ciò che anche dovea feguire
di altri per quella della Fittuni, colla condotta del Poflino: e già erano
(late da' Regi Miniftri ftabtlitele provvifioni e i trattamenti per quefl;i e per
quegli, e depofifato il bifognevole per lor viì^^o:.,ed avea Francefco già
Eartedel d«pQ(icato via^cipo pej: fé atyuta in contanti; quando glis'accreb*
ero sì fattamente i malori, che diede in un delirio, che per alcun tom*
pò obbligoljp: al letto, cpn neceflità di grande afliftenza, mentre egli a ca«
{[ione di tale nuovo accidente fu forzato a dare di fé fteflb un molto mi«
iprabile fpettacoto . Djpoì riavutofi alquanto • neutre egli per coniiglio
de' medici , con difegno dì portarfi all' aria nativa , g^ partito di Roma
erafi condotto a Livorno, da repentino male aflalito, diede fine a' giorni
fttoi, il gioroo dell} la. Luglio ló^ì. e della fua età 49. Tale fu il fine
del povero virtuofo» al corpo di cui nella Chiefa de' Fra^i Francefcani fti
data fepokura . Ma checché fi foflè della morte, che fi difle datagli dal
fratello; egli è certo, che quafli, per quanto ne fcrifle il Bellori, page
ben prefl:o il fio del crudele fraticidio; conctofoflecofaehè tòrnatofene ia
Fiandra, e caduto per fuoi gravi misfatti in mano della giufl:ìzia, rico-
noiciuto reo di altre Tue nefande colpe, dopo avere , quafiin atto di fup-
plizio, confeflato T altro delitto della morte data a Francefco, in pubbli-
ca piazza di Gante, confumato dalle fiamme, lafciò fua vita. Tornando
ora a Francefco, egli fu per certaun artefice fingolariflimo, in quanto
appartiene pasticolarnente «Uà bella ideat che egli fi formò neireiprimere
le forme
j
386 Decem. 111. della PaK.I. dtlSet. V. dali6zo, al 1 6% a.
le forme de' putii , per b gnnde ftudio £ins de qoei & Tiziino e dil U'
turale neflò, ricercando i più teneri .fino nelle ìakmì offervando minuta-
mente elTa.cenereaM. non pure nelle forme loro» ma eziandio negli atti*
ne' moti e nelle attitudini, non punto ammanierati . non troppo gonfi o
e&nuati ( villa, nel quale hanno dato bene Tpeflo, tanto in pittura quan-
to in rilievo, inuggiori uomini, cbeabbiano avuti quelle belle arti) tan.
tochè poHa dirfi di lui , che egL Ca flato capo e maettro di una nuova a
perfiittiRìma icuola a tutto il mondo . Altre molte opere , oltre a quan-
te lì Tono foprsonotate, fece il Fiamminga alla iplecialata .' Ilccome più e
diverlì modelli di belliffimi putti, che furon poi formati e dati fuora per
iftudìo de' profeflori 1 le quali tutte cofe fi fono per breviii tralatciate.
AGOSTINO METELLI
PITTORE BOLOGNESE
Dijcepolo é Girotam Curùjem Dentotte ^nato 1609. -^ 1660.
^Goflino Mecelli, che forti da natura una delle più ferventi
S inclinazioni alla pittura , che di altro mai uomo di quell'arte
[j fi racconci, incontrò ne' primi anni di fua fanciullezza tan-
u ta contrtdizttone al pocervifi applicare, che ad ogni altra*
E che alla, pw così dire, oftitìica mente dì lui faria potuto ba-
ftare per diftorlo in rutto e per tmto da si fatto penfiero . on-
de non avelTepol potuto vedere il mondo le canee maraviglie , che all'oc-
chio fuo efpole il fuo pennello : e tutto ciò eziandio . che egli ad efempio
del Colonna feppe a^iungcre del proprio alla bella acuità del dipignere
architetture e profpettive. a cui per avanti tanto avevan contribuito di
migiioraaienio i due fratelli Giovanni e Cherubino daJ Borgo in Roma»
iSandrini in Brefcia. il Bruni lor dìfcepolo in Venezia, e finalmente pri-
ma il Baglìoni, e poi Girolamo Curci nella fua patria Bologna; onde po-
tere innamorare di fuo nuovo e belliffimo modo di tali cole coloiire ogni
perfona di alto affare * ed ogni amatore di quefte belle arci , fioche toccafle
ad elTo, ed al fuo fempre fido compagno Angiel Michele Colonna, ad
abbellire dì loro curlofillìme pitture e chiefe e palazzi, dilatando tale lo-
ronuova fcuola per modo, che ogjg} non è luogo in Europa, ov'ella, o
per mano di loro fteffi o de'Ioro dilcepoli e imitatóri , non fia fiata porta-
ta, e con univerfale applaufo mefla in] ufo. Ma comechè moko angufia
£a la ftrada, per cui fi giunge a fublìme virtù, anche ad Agoftino ne* pri-
mi anni de'fuoi flud) toccò a paffare fua vita in molta miferia, affai &tican-
doefoffrendo, finché in forza di ciò, e moko più di continenza , fommef-
fioatti ed umiltà verfb ogni profeflbie. da cui avelie egli potuto afpettare
AGOSTINO METELLL 287
IncamtDinamencb nell'arte e nell'occafioni di operare» talché finalmente
vinto ogni difagio > e faperata ogni dtfficultà » fi trovò a propria e comu*
tu utilità in pwèflb di ciò, che egli con sì grande amore « e per tanto
jcempo area di ritrovare procacciato . Era egli dunque all' età pervenuto
di fe<lici anni , quanilo gli toccò la forte di eflfer fatto paflare alla danza di
Girolamo Curri i detto DenAone; il quale tenutolo per qualche tempo»
ed oflervato il mirabile genio di lui air arte, che era fna propria di dipi^*
gnere a frefco di quadrature ; e poi il profitto , che egli in breve tempo
dveva fatto, (i rifolvèdi proporlo ad Àngiol Michele Colonna in ajuto^
coU'occafione appunto, eh' e' di pigne va in cafa Rizzardi , e nella profpet^
€iva di San Michele in Bofco Diede Agoftino molto aiuto al Colonna nel
j:_! 1^ r_i_ j-i i-« 1- _f^ o ^- ^ n^ J» -11 ^ :^^ «L^^:.««^^
opei
f>ignendo ognun di loro ne' lavori grandi e piccoli fopra una determinata
porzione di fpazio , né punto né poco dipoi diftinguevafi l' una dair altra
manifattura» comparendo, aglioccnj anche de' periti; il tutto parto di un
folo pennello . Non è anche da tacerfi , che fu concetto de* più intelli*
genti, che dalla compagnia d' arte ftrettafì fra quefti due, naCcefle al Co-
lonna fteflb non poco miglioramento nei!' operare: e quantunque nel di-^
pignere figure, il Colonna di gran lunga avanzafTe Agoftino; non è però,
che in quanto appartiene agli ornati ^ egli non riufciCTe ad Agoftino al»
quanto inferiore, per la molta grazia e vaftità di concetti e d'invenzione,
che femprefiì fua propria; ma perché infiniti furono i lavori, e tutti bel-
ì patria e tuo-
meazionct ab*
tornarne a par-
lare in'quefto luogo . Dirò folo, che porratofi V anno 1658. Agoftino col
compagno in lipagna aTervig) del Re Cattolico; ricevuti che furono nel
Regio i^alazzo, fu dato loro a dipignere per faggio due profpettive nel
Palazzo del Buonriciro: poi le volte del Quarto Reale in città , e la gran
Sala contigua a quelle: altre nobilifiime opere » e con promefla d* alte ri-
compente furon fatte colà intraprendere a' due pittori; quando il povero
Agoftino ferace infermò; e tale fu la violenza del male, che in breve lo
condufle al palio della morte, e ciò fu alita. Agofto del 1660. dopo venti-
quattro anni, da che egli fiera poftoin compagnia del Colonna, e nella fua
età di anni cinquantuno, lafciando di fé quella degna memoria, che fino
al prefente dura, e femore durerà in quelle parti. Devefi a ouefto artefi-*
ce il pregio di aver migliorata Tarte fua fino a quel fegno, cne poc'anzi
accennammo; di aver dato alle fue pitture un mirabile rilievo: ed in ciò.
befchi, carcelle,termini,edinaltre cofe sì fatte : nel ridurre in piano con
modo particolare qualfifofte fefto di volta p arco , e per lo contrario il piano'
in arco o in vol^a; pnde per ordinario fu ^ arte fua il «oncepire ^ di&gnare
* i pen*
^8.8 Decenn.Ul della Part.I. ddSec.V. dal 1 610. al 1 6^ o.
flipcnfieri dell* archicectwe e prorpecdve» a feconda di Tue mirabili idee :
ed ti Colonna il tutto poi infieme colle figure diiponeva a' proprj luoghi :
e quel che era più maravìgliofo /i fu , il mantenerli per tanti anni una copi
pia di virtuoii» della quale non vide mai più bella il mondo» fenz* alcuna
competenza o gelofia; dividendofifra di loro egualmente i gran guadagni.
non dico dell' oro» ma quel che per lo tutto vale» della gloria fieflk.
Fu quefto artefice di acuto e ben coltivato ingcjgno* amico delle buone
lettere» e molto dedito alla poefia; tanto ben fondato nelle dottrine di
Suclido e di Vjtruvio» che non mancarono a fuo tempo di conl^liarfi
con eflo i primi e più efperti profeflbri delle mattematiche e dell* archi-
cettaniche difcipline. Fu folico dire, che due cofe fiicevano un perfetto
pittore: Toccauone di Qperare in pubblico» e la gara. Lodava molto le
Accademie » aflerendo eUèr quelle nelle buone arti tanti giardini » no*
quali coglieanfi vaghi fiori e faporitiflimi frutti in ogni tempo. Benché
r afpetto fuo tenoefle alquanto al malinconico» fu però di allegriffima
converfozione» la quale fu folito di condire con acuti e facetifiimi deiUi
che però ebbe e mantenne fempre grande amicizia con Giovanni Paderna
buon pittore» e foprammodo faceto e bizzarro; e con Flaminio della Tor-
re eziandio » che tu maefiro di un fuo proprio figliuolo nella pittura.
Veggonfi di mano del Metelli più quadri di bellimme profpettive nella
città di Bologna » per entro le cafe di diverfì Gentiluomini» che gli con^
fervano come vere gioje •* d'alcuni de* quali /ono fiate per ifludio»tte co^
pie infinite» e molti eziandio furon mandati in Francia ed in altre Pro-
vincie oltre i monti. Ebbe particolare inclinazione all' intaglio: e veg«
gonfi andar per le ftampe ventiquattro pezzi di bellifiimi Icudi d' armi»
cartelle e rabefchi da lui intagliati alPacaua forte Panno 1636. e dedicati
a Francefco Maria Zambeccari nobile di lua patria: ficcome Quarant* otto
pezzi di fregi e fogliami» cavati dalle colonne bafle» ornate dal Formigine
nel portico Gozzadini in Porta » i quali intitolò Fregi delF Ar€bheinir09
e dedicò al Conte Ettore Ghifilieri: le quali fue belle fatiche non lalcia-
fono» né lafciano tuttavia di apportare comodo e facilità a' profeflbri di
quell'arte . Difegnò di Architettura ottimamente »* onde potè eflère utile non
meno agli Architetti del fuo tempo nella cofiruziono de^ lor modelli» che
a' Pittori di figure nell' invenzione e difpofizione delle profpettive nelle
loro iftorie. Fu amico delle fcene» le quali volle fempre abbellire difuoi
bellifiimi lavori» non meno che co' proprj recitamenti» rendere plau*
fibiii e grate . Dicefi efier' egli fiato il primo inventore di quelle protpet^
ti ve» alle quali diede egli il nome di Vedute non Tegolaie da un fol puma.
Non fu punto avido del danaro e del molto pofi'edere: e quando egli al-
Ijeftivafi per la gita di Spasna col Colonna» a perfona che avvifollo di non
dover portar con feco molta fuppellettile » a cagione di pericoli » che s'in*
contravano per terra e per mare in quel viaggio» rifpoie: A me poco im«*
porta » che mi fia tolta ia roba » purché noU mi fian tolte le due dita della
mano, colla quale tengo i pennèlli. Egli è però vero» che tanto adeflb»
quanto al Colonna eran l'opere pagate almeno per li primi anni» che fu-
rono anche molti» prezzi 'grav^ffimii. onde, ebbe a. dir e jun titolato» fuo
paefano»
JIGOSTINO METELL l. 28^
paeiàno I «he per«vét iDpMredi quoftidiie, ftcevt »ltreiì di mefiieri il imi*
dere 1^ meglio poflfeffioive di caui fai » Soler« dir talieolu » che fra' piccot»
fiicertn grandiffimi guadagni fojamence i buoni buoni r c4i cattivi cattivi «
E noi abbiamo per notizia molto jScura» ohe la tua gita per operare infici
toe col compagno a Venezia, redo lenza effetto a cagione di prezei; per-
chè parve fatica a quei Nobili 9 l'avere a sborfiir più danafro a quefti due»
di quello» eh' e* trovavano ne* loro antichi libri eflere dato pagato a Gior-»
fione, al Veronefe, al Tintoretto e ad altri sì fatti artefici: cofa, che •
chi ben avelie confiderata la mutazione del valore della moneta t e quelli
de* tempi e degli ufi altreaU non avria dovuto cagionar maraviglia.
Diremo per ultimo » che reftarono molti fuoi difcepoli $ oltre a quan-^
ti fenza eflere flati in fua ftanza, per avere imitata Tua maniera t e da quel-
la ricavata ogni loro perfezione » tali potrebbero chiamare ; cioè a idir e
TAmbrogi» i Cervi, il Palerna, il Borbone, i Gentili^ e '1 Ssghizzi; ma
fra' fuoi veri difcepoli fi contano BaldalTar Bianchini, Domenico Santi ^
Andrea Monticelli, Gio. Giacomo Monti, Giacomino Frianif Frofpero
Mangiai, Giacomo Alborefi, Fulgenzio Mondini, Antonio e Giulcppe
Rolì , i quali tutti , ad imitazione del maeftro , hanno fatte vedere operi»
belle* Reftò ancora un Itio figliuolo, che attelè air intaglio; e per T Al-
tezze Serenifiime di Tofcana, per lo Duca di Modana » e ^er quello di
Mantova intagliò alcune cofe in occafione di commadie* Operò incito
molto in pittura : e tanto balli del Metellf ,
«i#
ARTEFICI
CHE FIORIRONO IN QUESTO TEMPO
NELLA CITTAVDI VENEZIA
E PER QUELLO STATO.
T TUole ogni dovere» che dovendofi parlare degli Artefici, che fiorirono
V nella toprannominata patria ne! préfente tempo ; il primo e più de»
gno luogo dhifi a colui, dico al CAVA LIER CARLO RIDOLFI,
che tanto di quella beir arte amico , non folo a quella» fino da' primi anni'
di fua i^nciullczza» fi dedicò» ed in efia» con gloria de' fuoi pennelli, pev
lungo corlò fi e&rcitò» ma con grande Audio e fatica avendo raccolte bel*
Jiflime e fincere notizie de' fatti e delle opere altresì degli eccellentiffimi
pittori > che la città di Venezia e fuo Stato aveva a gran benefizio del
290 Decenn.UL détta Part. I. delSic, V. dal 1 6io. #/i 55 o.
bèi
che
per
a'medeiiini artefici guadagnarono le ftupende opere lóro : ed a me ha an-
che portato il comodo di poter rendere i miei racconti più univerfali e
più ricchi» mentre nel far menzione de' Veneti Pittori mi è potuto riu«
fcire il ?alermi delle notizie lafciate da quefto virtuofo» quelle compen-^
Piando folamente, e a più firetto trauato riducendo, lafciando luogo al
lettore di ufare perla cognizione di quel più, che io tralafciai» la lettura
de' racconti di quello Autore» che avranno vita» a mio, credere» fino a
che il mondo fteflb durerà.
Dirò dunque > come il Cavalier Carlo Ridolfi ebbe i fuoi natali poco,
dopo il 1570. di un tal Marco Ridolfi» famiglia» che per quanto eflo Car*
lo ne fcrifle, fpiccatafi circa all' anno 1500. di Germania» coir occaflone
delle guerre di Lombardia» poi per alquanto tempo flanziata in Vicenza»
finalmente fi fiabiU in Lonico» Terra di quel Cpmune, e dalla medefima
città di Vicenza poco lontana; e non era egli ancora pervenuto alla mag*
1[iore età» che rimafe privo deUproprio genitore , e con poche (oHanzet
e quali pure da uno ftrecto parente, a cui era reflbata la cura della madre
foa e di un piocolo fratello, furongli tutte difTipate; onde ad effetto, di
Qiantenpr quel poco, che alla pìccola famiglia era rimafo de* beni pacerni»
fu luogo alla madre di prender nuovo coniòrte» ed a quello la cuuodia di
fé e de' figliuoli raccomandare • ÌSeppe quefti sì bene corrifpondere alle con-
fidenze deiramoroià donna» che di tutto intrapreiè il governo; e né più
i$h meno Tempre operò » che fé vero padre fofle (tato di tutti loro , in-
camminando 1 fanciulli per un vivere ci vile , timorato di Dio» ed amico
de' buoni coftumi. Furono le lettere la prima occupazione del noftro
Carlo» il quale tiraco dal grande amore datogli da natura a cofe di difegno»
r applicazione a' libri bene fpeflb tialafciando » ed agli ftudj di quello»
fotto la fcorta di un pittore Alemanno attendendo » a tale fi ridufle , che
potè muovere il patrigno a levarlo dalle lettere • e in tutto e per tutto alla
|>ittura dedicarlo: e ciò fu nella città di Venezia, ove condufTeJo appoìta
apf^eiToal? Alienfe, pittore, che in quel tempo faceva in eiTa citta non
piccola figura. Con eiTa dimorò egli cinque anni continui fempre ftudian-
doi dopo i quali, forte pcrfeguitato da un fuo condilcepolo » deliberò di
tornare alla patria; e poco dipoi a Venezia fece ritorno, ove in iftato affai
penofo condufTe per alcun tempo fua vita» di e notte ftudiando dalle ope-
re de' migliori maeftri , e da' rilievi. Ma prefo da nuovo defio di adorna-
re r animo fuo di quella bella letteratura, la quale aveva egli abbandona-
la per darli al difegno, attefe alla Rettorica» Logica e FiloTofia : e final*
mente ilabiil fuo diletto fra gli fiud) della Morale, non lafciando la lettura
di buone llorie, e l'efercizio di vaga poefia , Attefe ali* Architettura, e an-
che alla tVoCpettiva» co' quali tutti vaghi ornamenti , facendo moftra di (e
per le pubbliche e private Accademie» fece ben conofcefe i propr) talenti.;
e tutto quefto feiìza mai abbandonare la pittura, nella quale era già per-
venuto a fegavi^lìe gli furono da' Fadri de Uà Congregazione H S,&orgio
m Alga
CAV. CARLO ^lÙOLFI. s^
m
in AlgiidiSanFermoeRuilieodiLanica, tHogace due grandi cele » neK'
le quali dovevano eflere dipinti facci del Beaco Lorenso Giufiiniano, fi-:
giiuolo di quella Religione . Air età pervenuco di crenc' anni aveva egli
g'à dato cai fagsio di fé > che erangli dace a fare opere aflai a olio e a ftt^
o per le cafe de' privati a Venezia, e calerà in Vicenza (t\a patria, Chia^
mato a Verona l' anno 1 62 8. a richieda di perfona di alto affare i ebbe «
ricavare il gran quadro, dipinto in San Nazzaro da Paolo Veronefe; qua«^
dro, dico» che egli era folico di chiamare il Giardino della piccura» co»
mecche trovinfi ineflb tutte quelle vaghezze maggiori, che fervir poflonb
M render perfetto 1* operare di chiunque defidera di far bene in queft'arce.
Sopravvenuta incarno la crudele peftilenza del 1630. molto ebbe egli, cha
aflai piecofo era, da patire in quella città , per (bla rimembranza delle mi-
ferie, che è folico di piovere Copra ogni condizion di perfone sì fatto iba*-*
lore, benché egli ne campaflè : a cagione di che, più che per tema di fuai
irica, fi {lortò a Spineda, Villaggio del Trevigiano; ma quivi pure fra^
medefimi e forfè più crudeli fpettacoli fi ritrovò, fenza però che mai
1^ comune miferia alla perfona di lui punto o poco fi tccoftaffè . Per
Ja Chie& di Spineda dipinfe alcune cofe , cioè a dire una tavola coit:
Maria Vergine e più Santi, a contemplazione di Andrea d'Oria: ed un'al«*
tra tavola per Murano. Venuco V anno 1631. e ceflaco il male fé ne cornòr'
a Venezia, dove varie fue poetiche invenzioni dipinfe: e di nuovo fé titf
tornò a Verona, portando colà una fua copia della gran tavola della falica al
Cielo d^Ila gtan Madre di Dio, dipinta da Tiziano, che fa pofta nel Duo-
mo fopra un Altare di cafa Àrzalino a Rovere . Tornato a Venezia , vi ft^
ce la tavola di Maria Vergine nel viaggio all'Egitto, per un Altare di càia
Fafqualigo in San Maffeo di Murano; e per San Giovanni decollato, un
Suadrodi San Filippo Neri, dopo avere celebrata la Mefla: ed in figura
i un £tneiuIlo col Meflale in mano , fece il ricracto al vivo di Ottavio
Bandini, che fo poi il Cardinale . Dipinfe in un foifitto della Scuola de^
Legnaiuoli la SantifCmaNonziata. Per li Riformaci di Padova unSanFran*
cefco col bambino Gesù in collo; e vi è Maria Vergine con alcri Sancì»
Per San Giovanni Elemofinario fece la tavola dell'Adorazione de' Magi ,
e più altre per Venezia, e per altre città dello Stato. Ma troppo lunga?
faccenda farebbe il deicrivere tutte le tavole , quadri e ritratti , che veg«
gonfi di fua mano in Venezia , la quale egli già da gran tempo erafi elet-
ta per patria; che però rimecco il mio leccore alla notizia , che diedene la
propria penna di lui nell' ultime carte delle fue belliffime Vite de' Pittori
veneti, che diede alle (lampe T anno 1649, dedicandole alii due fratelli
Reinfl: il Cavalier Giovanni Stgn di Niel , Commiflario appreffo alla Maeftà
Criftianiflima per gli Stati delie Provincie unite, e a Gherardo Governa-
tore di Amfterdam . Dirò folo, che per là molta fua virtù ebbe egli in for*
te r anno 1645. con Breve della Santa Memoria di Papa Innocenzio X»
di confi^uire la qualità di Cavaliere Aurato Pontificio: e che per mano
di Monf^nor Quirino Arcivefirovo diCandia, gliele furono foiennemen*
te conferite le nobili infegnej Mdltè poterono al certo eflPer l'altre opere »
che condili il pennello di quelt' artefice nella città di Venezia e per la
T z Stato f
219*^ DecenfiMl detfa^art. t detSee. V. dal 1 6zo. al 1 6$ o.
Stato» oltre a quante abbiamo fopra nqtate; ma oomecchè iM^n fia rìttlal^
to.a noift per dili^nza che alziamo fatta {Nsr lettere con amici di quella
città» di rintracciare di efTe una ficura notizia (eflendo noftra coftanté va«
Ioatà di alvei poco dire » che molto e nu:n cerco) le palleremo lotto filenzta^
Ebbe finalmente fuo termine il vivere di quefto virtuoCo» a cxiàV arte^ gli
artefici tanto devono» 1^ annoidóa» dopo aver compito il feitantapovelìt
mo anno dlfua età» con più mejOi cinque» e giorni
MARCANTONIO BASSETTI VERONESE» ebbe in fua patria i pre-
cetti dell' arte da Felice Brugia Sorcio poi a Venezia fi portò ^ ove diedefi
dio ftudio delle belle pitture » particolarmente di quelle del Tintoretto »
difegnandoie con più elattezza di quella di ogni altro giovane del fuo tem*
pò i ufando per ordinario farle (òpra carte » tocche di biacca e nero » a olio »
de^quali (uoi difegnt molti fi fon veduti a^4ar per mano de'dilettanti del-
l'arte del preferite fecolo. Desiderando poi ftudio più vario > fé neandì> a
Roma» ove potè ben (bddisfare al fuo waRov tantoché tornatofene alla
f»thf ebbe a ilipignetvì piolte cofe» e fra quefte la tavola di San Pietrp
«oa altri Santi per la Chrefa di SanTommaib: la Coronazione dt M»ria
Vergine per r Altare della Cappella del Rpi^io in ^anca Anaftafia: a dì-
Terie private perfone diede fue opere, e molte anche ne conÀifie per
famdare in Germania » ove {kflfai buone corrifpondenze 4 guadagnò col-
V occafione di una fua caritativa ofpitalità verfo ogni amico a pro£efIore
del^arte^ che compariva a Verona ^ nel riceverlo ch^e^ faceva in propria
caiacon* trattamento cortefe; eftendendo ancora tale buono animo, fuo
V(i)ol paefant» col frequentare eh' e' fece fempre^ueMuoghi r ove opere H
facevano di caritài e particolaroiente quegli desinati alla cura degli orfanelli ;
«nde foprav venuta la peftilenza del 1630* eflTendo egli (lato deputi^ta per
capo dejja contrada f contrattane la maligiu infezione» in età <ìi quarantadue
anni, cambiò» come piamente dobbiamo credere» colla felice e4 eterna»
la prefente mortale e penofifiima vita*
TOMMASO SANDRINO BRESCIAItO Pittore e Architetta, feccfi
onore in quefti tempi nel dipignere foffitti, i quali i^ folito adornare con
a0ai.<lilectevoli invenzioni, cio^ con archi, colpnne , ritorte » rifalti, tri-
bune, pergolati , e con altre a quefile fomiglianti cofe ^ Fra le molte opeie
fue lodevoli, ebber luogo le pitture fatte nel Refettorio de' Monaci di
Rodengo, conGSenti in belle profpettive, ed altri ameni capricci : ficco-
tne quelle del Palazzo del Broletto r. di quello del Poteftà» e del Capitano
^i Brefcia»' gli ornati ^ che e' fec^ in varie facciata; di cale alle figure di*
pintevf dal Zi^oi » ed altre molte. Chiamato 9II& Mirandola» dipiiife a
quel Duca varie cofe : altre, nella eittà di Milano: e a Ferrara per lo Mar*
chefe. EfìztO' BencìVpgU #. ed in altre citt^ di Lombardia . Giunto fina}*
mcMe air età di cinquantafei anni nel i6it. tempo della peftilenza più fie-
raffini fua vita. Rimafe uofuo difoepolo chiamato DOMENICO BRUNI
da Brefcta, che imitando la maniera del^maeflro fuo» dipinfe in Venezia la
Tribuna della Chiefa ufi.* Tolentino 1 in comp^gpia di Jacomo Pedralli»
TOMMASO SANDRINQ. a^g
pure fkéCàuìoi ed il fofficio dallt nuova Salt ad Doge: ed altre molfift
cofe in f II quelU mtmera^ iti Tif) luoghi eoloih
PIERO DAMINI DA CASTEL FRANCO» nato di Damino Damini
cittaditiodi quella, terra yìàanoiS9t. feaz^ altro ajuto» che del naturale
iftinto 9 pofefi da fiinciullo a fare ilud; ^andi in ditegno dalle fole ftam|fe(
e nello fteflo tempo attefé alle mattematiche , fenn Jalciare intanto la W
tura de'buoni poeti e dell' iftoriè • Voi accodatoli a Giorambatifta NoveU
li^ altro Cittadino di foa patria^ e difcepolo del Falmat apprefe il buon
modo di maneggiare i colorì ; onde potè poi con miglior guflo applicaci
a fiodiar V opere colorite in quelle parti da* migliori maeflri { tantoché
giunto al ventefimo anno di fua età, eflendo già da gran tempo reftato
privo del genitore « fi portò con fua famiglia nella città di Padova , ove
fece una tavola» che molto piacque: e fu quella del San Girolamo » pon-
ila allora nel Duomo air Altare del Cavaliere Salvatico. Colorì poi per la
Chiefa di San Giovanni della Morte la figura del Santo» in atto di fcrive*
re rApocali(Iè»e quella della Decollazione di San Giovambatifta . A Vicen*
za dipinfe tutto il Refettorio de' Padri Zoocolanti di San Biagio : e nel
Chioftro de' Servici la vita di San Filippo Benissj , ed altre molte onere fe«
cévt per religtofi e fecoiari. Tornato a Padova dipinfe in San Ciemence
ilCrifto, che dà le chiavi a San Pietro; hei Santo il Signore in Croce, e
appriiTo» ia Vergine e San Giovanni; per li Teatini il San Carlo edi fuoi
iniràcoJit teltnartirio dè^ Santi Simone e Giuda. In San Francefco gran^
de» aniunfe alla tela dì Paolo Veronefet che era fiata tagliata» le bgure
degli Jbpofioii:, ^^ atxo di guardare il Signore » che &le al Cielo «^ Chiama-
tò A .C3r<inoha dtpinfeiper alcune C3hiefe e Conventi. Altre opere fece in
Badóva: operò per Ttevigi , per Morano^ per Vicenza» e per Cremona.
Ma giunto ìmI ailai felice fiato , mercè delle fue lodevoli fktiche , tocco dalla
peftileàsa del 163:1; in età di p^. anni» in fh^A più bello del fuo fare, fu
colto ilalk morteli Hanno le pitture di quefto artefice una certa varietà
e vaghezza di colori » nelle tpani "égli » per dilettare rocchio della molti*
tudine» s* ingegnò femprìe' di particolanzzarfi da ogni altro} ma non fono
per avventurali ne huìfio in le:gìfan pafiofità e morbidezza: e quefto per
colpa de' fnoi primi fiudj » che: elFendo fiati t come dicemmo » intorno alle
flampe » ftcer si » die e|^i non potefie mai fungere a pofiedere inceramene
te ai fatte perfezioni . .
■
FILIPPO ZANIBERTI» nacque in Brefcia l'anno t $85. e venuto in età
di quattordici anni» fu dai Padre accomodato nella fcuola di Santi Pieran«
da nella città di Venezia» doVe fino al ventefimoqaarto anno di foa età
ft odiando le opere del maeftro» fecefi buon pittore» e nelle piccole figure
acquifiò anche pofto di qualche fingolarità. Cominciò poi a operare coi
fuo condifcepolo Matteo ronzone; e finalmente fi ritirò a fsire da fé fteflb.
Nella nominata città ih Sinta Giuftina dipinfe la Vifita fatta dall' Angelo
nella prigione alla Sanea Vergine. Nella Badia del Polefine colorì a frefco
la ftoria deil^Nozxe di Cana di Galilea^ ed altre de' fatti di Maria fempre
T 3 Vergine.
994 ^^^^^« in.ééBaVoft. l MStt. V.dal i^io. alt6$o.
Verone. Fece vedere iaetìeUe pitture a fctfco nel foffieto^^lt iiiicmfIl
Salt del Doge» e ne' iati delti meidefimafalft belle Iftorìe de'i^ctidd Do»
jp Corneo. In cafa Loredano dipinfe un bel fregio di favole, di Adone
e di Amore, cavate dal Matìkiò» piene di vari penfieii e di beltà irivenai»
jie. AXonfraci di Santa Maria Nuova fece il gran quadro della Manna^
pceotBi^ ad altri moke altre. cofe, che furono alTai iodate. Perfe coftm
gran tempo nel tormentofo trattenimemo delle. liti civili ,:che quan^
tunqiK porta&rloa) con&guimento * della vittoria , molto gU conhiaia^
rono dell' acauifltato capitale, e de' buoni guadagni» cbe promette vagli
fua virtù: e nnaimente quando tempo fu di goderli in pace le aoquìftate
Coftanze, fu fatto preda della morte, correndo Tanno 1(36. . . . .-
«
•
il AÌTTEÓ INGOLl RAVENNATE, fu difcepolo di Luigi Ben^
fetta: e fu quegli al quale toccarono, dopo la morte di lui, a finire piU
fue opere rimafe imperfette . Sono fatture de' pennelli di qoefio artefice
Sella Chiefa della Fiorentina nazione, e nelle Convertite' Per kt Chiefa
i Cafale fece. la. tavola del.mahirio di Santa Caterina, e «n* altra tavola
per; li Padri Franoefcani . Eflendogli l' anno i6zi. fkta data la foprainten.
Senza e'I lavoro, per io funerale « fattoli dalla nazione Fiorentina per* h
morte di Coiinio li. Granduca di Tofeana , fece cofè oiolto lodate; aven^
dOp oltre alle belle architetture , con che adornò l' ingreflo ddla Cbiefa de^
Santi Giovanni e Paolo, ripartiti gli fpaz; con beliiffime pitture di fatti
d^ quel Pf incipea alle quali. mtte cofe asgiunfero applaufo non poco i bella
£k)g>, le utgegQofe infcrizìoni e li&preie, parto della vaga mente di €3is*
lio Strozzi ^ e fu tutto queffo apparata, a. perpetua meiÀoria, datoaUe
A^tnpe» Moke altre cofe dipinfe Matteo in Venezia # dico in Sanu Mar«
ta nella nuova Sala dell'' appartamento Duca lei in^n Geremia, in San
Giovanni e Paolo; e^nella Madonna di MeQ:res e quivi irapprefentò Talto
miracolo di Maria Vergine, opcaratorìn un^ viga dai)teUa;d6Vota del Sati^
tiffimoRofàrio, che in modo crudele, da inemieilananoqirivata'di vita/ e
gettata fua teda in un pozz&^ tanto vi fi confdrvòimatta, finehr alle pre^
ghiere, del Patriarca San Dometiico^ paflato pcrsufuo affaae^daqttel luo»
gò, avuta di lutto revelazione dal Stgnore#.fu éflà tefia per mano degli
Angeli portata full' orlo del pozzo, ove le fu porto il Santiffimo Sacra»
mento dell' Eucariflia, ed efia immediatamente rendè l' anitiia al (ilo Crea*
tore. Venuto 1' anno i6i^. ebbe Matteo a fare , pure ad infianza delia
nazione Fiorentina 1 nella Ghiefa di Santa Lucia il fùlenne apparato per la
Crea^rion e di Urbano Vili, cofa, ciie riufci maravigìiofa , conciofofiecofa*-
che elTo in ciò, che ad architetture e profpettivé appartiene , foflTe mot*
to fii^olare , Finalmente ancor efib tocco aal eontagiofo morbo dell' an»
no ioji. vid0 l'ultimo de* fuoi giorni « . > 1 <
FRANCESCO 2UGNI fiRESCtANO . cke allevato nelU fcuola del
Palma t>vVc\ grande imitatore della maniera di lui» -delicatamente e con
aflai vaghezza molte. coiè ilipinfe a frefèo in i\ia pàtria i e fra^ueAe la Tri-
buna
FRANCESCO ZU€NL ajj
boiit dtnansi •! Sécramento del Duomo» con atij^eli è putti» e conirà]f|
orntinenci di ftatue finte di bronzo. Color) la ftociaca della eafa dì Gafpa*
ro Lana^ e molte immagini di Maria Vergine , e altre co(è dipihfe per là
città . In San Loremso nelle Gmie fece una tavola della Circohcifionè
dei Signore: e ntf altn in San Niecolò» ove fece vedere diverfi S*rtd;
Mei Palazzo del Retaore dipinfe i Santi della città, in atto di prefencaré
le chiavi e la bacchecu a Fantino Dandoli» primo Poteftà di Brefcia jpec
la Veneta RepobUicax e la volta della fata oel Capitano adornò di belle
invenzioni . Portatoli a Murano molto dipinfe a frefco nella cafa del Mer»
canto Guarino: e finalmente in età di anni feffiintadue nel i6}6. pa^ò II
comune debito della natura*
GIOVAMBATISTA BRISONB PADOVANO» ebbe i primi precètti
dell'arte da Francefco ApoUodoro» detto il Porcia, buon pittore Pado«
vano in ritratti» il quale in quelfa città ritraflb per ordinario i non Tolo
ilGapovaeciOf P Acquapendente « Jacop
Pellegrini , Jacopo Galla, 1^ Octelio, il Savonio » il Cavaliere Servatico»
Francelco Piccoiomini- od altri . Volendo poi Giovambatifta ferfi pia
«ntverfale » fé ne pafBÒ alla ftann di Dario Varotari, ove nell' ih ventare
molto fi approfittò, tantoché comincio' ad éflère impiegato in lavóri ono-^
revoliffimi. Nel Santo dipinfe f».ù tavole, afra cfle quella del San Buò*
navenauu'. Operò moleo nel Cannine co' nello Spirito Santo rapprefento
ife Saivacore f che mandb gli Apoftoli ad annunziare nel mondo la divinit
pafoii:/e finatmertce^'nelta Chiefa de* Padri di Monte Ortone fece vedere
di itia manb un- bel quadro , ìAlmoftrante la pacefattafi fra la Repubblica di
Vene^b e Lodovico Sforva Dueà di Milano > per opera di Fra Simone
da^Caoierino^ Queft* artefiéefitto già vecchio, eflendofi innamorato di
gtìft<
mo il rimanente di fua vita, la quale nella fua età di feflanta anni nel
ì6}6. gli venne finalmente a mancare.
TIBERIO TINELLI, nato in Veneaia net i;8d. fotro la difciDlina del
Cavaliere Contarino, apprefe i principi tiel colorire : poi molto n affaticò'
nel fiir ricratti incorno alia' maniera aeTXlàvaliere Banano; non lafciando
però ogni altro ftudiòr che ei giudicò eflèrgli necéflario per condùrfi , giù-'
ilo il proprio deSdcrio, a grado di ecctelteriza , in ogni altra più bella fa-
ooltà« che pofledere poffinno i maeftri, che nell'arce della pictura voglio*
noeflereuniverfali . Ne' ritratti però fi portò si bene, che molti de'fuói
piglianfi fovente per di mano del Beffano fieflb . Accafatofi con vaga don*
SBella , che pure lodevolmente efercieava la pittura , foftenne poi il TineHl
trattamenti al fatti» che baftarono per renderlo per lungo tempo doppia-
mente infelice: e po^ continovi rancori, c$fie t geloliei e per non potere
T 4 a cagio*
f96 T^emnM:46UPartJMSéc.VMli6io.éli6io.
• €«^ne de^raedcimi due il neceffiurioteamoiill'ictefiiaj eiì(Mafegaen«»
tornente x doTUCi fof venimenci alle doAefttclie fue neeefficadi % mena mm
vice affai ccitxilita; le quali tutie co& ponaronfifinftlaiemea finii» tti ilnt
fiiga delladonna dalla caladi lQÌ>dt.un proptki fatelk>iiiftigaca.^^pec£icittr£l
ia quella dd padre » col difcicgliixielita tecipròcabwnte volontario de'^due
coniugati > «vendo k giovane lltto cofiare al Prelato, di eflcifi ella co»*'
éoxx^ a quelle noste,. non oftante un voto di perpetua éafticài. càe ella, in
sftato libero aveva fatto» ai caaione di avere impradenteibenté creduto i;
certo indovino I. che le avea <ktto , che eleggendo ella fiata matrimoniar
ICf farebbeii morta ia unpàrtD. Aviita fine dunque la miièrìa deLTineUir^;
feceC luogo a lui di darli novamente» e con più fervore che mai # a^kelei»r>
ciei delt arte fua : e molti ritratti fece di più rinomati uomini » in arti «
in ifcienzci che allori» vivevano» Partale uia ^Wvùl in fìir 'ritratti,, fudcr*
fiderà tOr e con predanti inftanzeridueOo a paliarfenc in Francia a' fervi*
|i di quel Re Luigi XIIL ma rametto verfo \% propria mgdce» per allora
Il ritjenne dal portarli colà ;. non perciò fu» che ia Maeftà 4i quel Re »< a.
cui erano Hate fatte vedere opere Dèlie di foppenm^lo» non fi;<SfpQnefie:
t £irgli grazie» fino a veftirlo deìr abito' di Cavaliere c^U^ QffdtHè di San.
Michele: il che fp » malgrado .^t^ fuoi uMridiofr^neiiiiei p«irfecùtQci^ nel
Palaz?Q. di cafa Gnmanif, u^ maad^diXaHo DiH:a dlOrequ^^K Àmbafcia-
dorè Straordinario di qoeJUa Ma^ftàaltaRepì^blica» col cingerli lo Scocco
dorato^ dato in dono ai pittore ttalDuóaéi'Gundele^ che a tate atto volle,
trovarli prefente. Sarebbe materia troppo lungaì'jl deferi vere la quantità
de* ritratti » eh' ^ fece il l^ineUi di uomini' dìbgoi più aito a^ate;,^:e diz
nobili0ime Dame < e molti de' qeali ritratti xeò» &r.rapptefeotate bene/
ijpeflb alcufìconoetto o fignificansa» oltre: alla puhi'efpreflione. della fiìouUi
^lanza . Fecene anche con pennae;coft.mtcita.iEel& e Aera alcuni fisìhi^'
SliantiOimi^ che dieder materia ft Niccoli Ckaflo» celebre Juteoonfiilto »
i comporre in li>de de' medefimi belliffiniverfi. Portatoli a MaoftmKan^
no 1 63 1. vi fece i ritratti di quel Duca e di Madama la Duche0a fua madre .
TornarpnQ poi a farfi'più fiequfriti e più vive le: inlbutize del Re.pac aver*
lo oramai a Parigi , ov'egli aveva prodellb di portarfi dopo licevuco 1- oae»-
K del Cavalierato : e mentile ^che egli andava dando line a due faelilffimi
quadri, in uno de' quali aveva figurata la Beata Vergine » in atto di còm*
Erire ad un Beato della Religione Agolliniana : e neiraltro Sanu Maria
addalena nello fpogliaffi ide ijoìonc^ni adornamenti r i quali quadri ave-
va egli incominciaci» non fo a' ÌQjdica per indugiare. alquanto più» e met«
cere tempo in mezzo ai fuo. parlile «ppr, la VifiS% cagione. di affecM alla ma«
dre, o pure per preparare cpn* e#;i]n bai dono da ofièrirfi a quella Mae'»
flà; colto da grave malore, ohe non fu conofciuto da^ aectieii nella fna
età di anni cinquantadue» in fui più bello dell' opemr fuo • .fini la vita Fan-
no 1(^38. Fu il fuo cadavero, così difponendo'l' Ambafciadote Franzefe»
accompagnato da tutta la propria Corte veftit4..a Imtuhoj coli' onore dovu-
to alla dignità di Cavaliere di-quel nobiliflimo Ordine, portato alla Chiep^
la di San Canziano, ove ebbe lèpoltura. Fo il Tinelli nell'arte fua ab-
bondante di bei concetti e capricci > di buona iaTmzioae e componi*
r/ imento^
TIBERIO TINELLI.
^97
mento: folico a fpeiidcr gnui tempo neldUBoftmfU io cart« y ma ikrefki
tanto nemico del porttrgli in pitranij che pocbe furono je opere» che
in sì fatte materie feoeio vedere i fuoi pennelli* nelle quali peto non:
lalbia di fcorgerfi una certa nobiltà di fiintaiia. Fra le oper» ai foa ma*
no farono in San Giovanni Elemòfinario di Rialto un San Marco ed una
figura del Suddiacono di quella Chielà» ooU' arme del Doge Coriiaro^
Per lo Princi{>e Don Locenso di Tofoana di gloriola memoria, fece un
bel ritratto di una Dama Veneta, ed una mexza figura, che rappce£ex)L«;
te la Vigilanza . Diede anche principio a dipignere più tele di buon»
grandezza per diverfe Ghiefe, alle quali poi non diede fine, Fadifia»
tura ftudiofo,e però malinconico, e allo fiarfi folo indinatiflimo * Co' pit-
tori volle fempre avere poca o ninna pratica t e tanto fu dedito all'amo*
re, quanf altro mai, a cagione di che e della fcarfezza di fuo avere, c.a«,
{[ionatagli dall' eflere ftata per ordinario ricooipenfata Tua virtù, più con
odi, con rime., con vifite e onorevcdezze , cne eoa argento e con ofOt ,
vifle fempre una vita tormentata e ftenutif&ma . ^ l
m^0mmmm^mmWiȎtmmmqtm^^
««■«pwp
•»"#i
NICCOLO POSSINO
t.-.
PITTORE DI ANDfiLY
Dìfiepblo di
, »/iw 1594. ^166$, •
ALLA nobile famiglia de* Poffini in Plccardlanel Contado di
Soiflbn, trafle fua origine Giovanni Pofiini .• ^efti partitp/i
dalla, patria ne* tempi delle civili difcordie, (ì pofe a'fetvigj
del Re di Navarra , che poi fu Enrigo IW. K^ di Francia;
e tro<randofi in Andely di Normandia, no]> molto l^ngi .da
Parisi, quivi fi accasò: e Tanna 15 94. ebbe di fuo matrimoQio
un figliuolo, che fu il tanto celebre Niccolò PoAino, di cui oraÌ)amo.per
Sarlare: il qnab in età crefciuto, quantunque fi fentifle forte inclinato al
i&gno, per eièguire il paterno volere, diedefi agli ftud) dellp lettere, non
fenza contrailo deir animo fuo, che ad altro oggetto il chiamava ;^ ma per«
venuto air età di diciono anni ^infe finalmente in liu il defiderio di farQ
pittore , e ne trovò ben pronta la congiuntura nel venirgli fatto di acco^
ftarfi a Quintino Varino , che in quella città tal profie(no))q «on molta Io«
de efercicava , e che di fuo pennello, opere «ffai aveva JFatte vedere in
Amiens e in Parigi . Con efib alquanto u trattenne^ finché defiderofo di
più alti ftud), lalciata occultamente la paterna cafa it a Parigi fi portò; do-»
ve a cagione di fuo bello fpirito, accolto da un nobile di Poitù, che fe-
condo X ufi) di quei gentiuiominif era venuto • iJwvir^ a. quella CortCji
ben
Ì0 Decenn. UldeffaPdrt. tdetSet. V:Mì6iù. allòro.
beri crittato heUa perlbnt» e fovFenuto di dantri, a più di un maeflro fi
accoflò, uno de* quali fu Ferdinando Fiammingo buon ricrattifta . Ma non
tiotò in alcuno (bddiafacco iV iuo genio e 1 fuo buon gufio ;
foSc allora il modo del dipignere in iftato poco lodevole, non pure ia
quelle parti, ma eziandio in molti luoghi d' Icalia : dove appena in Boio*^
fna e in Roma, mediante la nuova e bclliffima maniera de'Caracci, in
iitnze per quella del eelebre Lodovico CisoU e del Palpano » ed la
Venezia per quello che avanzava di lodevob de' fuoi poc' anzi defanti
àaeftri , vedeanC opere di bontà (ingoiare . Pur tuttavia avendovi il Poffi--
nò trovato aClo appreflb il Regio Mattematico nella Galleria del Lovre^.
die aveva £itta raccolta delle più rare &unpe dell' c^re di Rafimello e.
di Giulio Romano f potè egli darfi allo ftudio delle medefime in tal modo»
che fin dà quel tempo venne a ftabìlire in fé le più principali mafiime»
iti quanto al difegno, alla compofizione, ed aU'efpreifiaiie.degli affetti
appartiene, tantoché con unto faticare eh' ei fece, in un tempo fleflb in*
tomo al modo di maneggiare i colori, fi ridufle a tale , die venuto il tein».
pò del partire del Cavaliere dalla Corte, volle averlo con feco, con ani-
mo di fargli dipignere la propria cafa: e averebbelo fatto, fé a tale fua
deliberazione non fi foifero oppefti i propr) parenti ; onde fu d' uopo-iil-
Poffino, per non aver modo di viaggiare, per circa a cento i^he di ritor-
no a Parigi I il trattenérfi per quelle parti , facendo or qua or^li alcltna co-
fa in pittura, finché a gran cotto di patimenti gli riufcì il condurvifii ma
giuntovi finalmente, egli per foverchio di ftanchezza infermò, e a ca-^
gione ditale fua infermità, fu coftretto a far ritorno alla patria, (^ivi
crattennefi per un anno » intento folo al recuperare della fiinità e delle
Ibrze , e poi fé ne tornò a Parigi , ove per qualche tempo operò • Tirato
poi dardefio di, vedere le belle cofe di Romia, a' inviò a quella volta;
nha checché fé ne fofl^ la cagione» vera colà fu , che giunco a Firenze, fis-
ce punto a quel viaggio,, e di nuovo fé ne tornò in Francia . Stettefi ope-
rando per qualche tempo colàs e poi di nuovo fé ne oartì alia volta di
Roma: e pure a cagione di altro accidente non gli forti il condurvifi.
Venuto finalmente 1' anno 1(^23 • nel qual tempo i Padri della Com«-
pagnia di Gesù celebravano la Canonizazìone dei loro Patriarca Santo
Ignazio, e di San Francefco Saverio^ vollero gli Scolari Parigini dar fegni
di lor contento, col fare efporre in un pubblico apparato, dipinti a guaz- ,
zo; i miracoli de' due Santi . Furono date a fiire al Pofiino lei ftorie deT
medefimi» deUe quali, il fuo già fatto bravilfimo pennello, in bre^i gior^
ni fi fpedi, fiicendofi conc^cere fuperiote ad ogni altro, a cui erano fiati'
commefli altri fimili lavori ; tantoché vetrato perciò a notizia del Cava* *
liere Giovambatifta Marino, che trova va(ì allora a Quella Corte > ne gua«
dagnò tanto l'amore, che volle egli medefimo accoglierlo in i^ropria cafii.
Stavafi il Marino in quel tempo per fue indifpofizioni perkipiù obUigato
al tetto, e gran piacere prendeafi di averlo a fé, facendogli rapprefentatc
in difegno poetiche invenzioni del fuo Adone . E fiypiafi, che io non in«
tendo gii croi racéonto di quefto fatto , di punto lodare 1^ empietà di colui ^'
che quantunque GriftianoéCactolicofoflef non contento di evere aggiont»
alla
NICCOLO POSSINO. 299
t!it fila Madre Chicfa Santt» e • i Rettori dì quella t un gravofo penfier:
ro, che fu di tenere a tutta lor pofia^ finche durerà il Mondo, lontana
dall' orecchie de'proprj figliuoli <iuanto et troppo lafcivamente cantò iti
quel fuo Poema; volle anche ( Tervendofi dello ftile^.e forfè anche de?
pennelli di un artefice rinomato ) farne comparire amabile la defcMrmiti
anche al fenfo degli occh) più cadi. Dico folamente^ che al Poflìno^un
ingegno » de' più Dei precetti
poetiche facultadi: cofe tutte» che bene apprefe dal molto luciilo inieir
Ietto di lui» e confervatepoi fempre» gli accrebbero unto luftro iopra. taor
ti pittori fuoi coetanei» che nulla più. Àvrebbelo il Marino» di ritorno n
Roma » voluto condurre in fua compagnia : a che però non potè il pitto*?
re per proprj impedimenti» allora confentire*» ma non andò molto» cho
«gli ancora vi fi portò» e ciò fu nella primavera del 1624. Non riufd.giè
al Marino il goderfi 1* amico; perchè indi a poco toroato&ne a Napoli»
diede fine a' fuoi giorni. Lafciollo però in Roma affai raccomandato a Mar-»'
cello Sacchetti» Cavaliere nniciffimo.di ogni arte più nobile» ilouale lot
diede alla protezione del Cardinale Barberino» nipote di Urbano» allora Rer
gnante Pontefice ; ma quefti partì per le ftie Legazioni delia Pace: e*l Poffino
rìmafofenz'appoggi e fenza avventori» fi riduue in ifta^o di tanto bifcg^po »-
che avendo (come egli medefimo fu folito di raccontare) condotteci fua
mano due battaglie in tele di quattro palmi» venne a termine di darle per
fette Romani feudi: tanto è vero» che del tutto malagevoli fono i fentieri»
per cui conviene che fi porti chi brama di giugnere ^l termine di veragloria «. ^
Troviavafi allora il pittore in ctk di trentanni: e come in altro luosodin
cemmo, vivevafi in compagnia col celebre Scultore Francefco di Qaempvy' ^^
Fiammingo; onde bella occafióne ebb'egli di applicarti con efib« ficcooK;^
fece» agli ftudj dell' antichifiime fculture» or difegnando or modellando;
e ciò particolarmente fopra la fiatua del l^Antinoo» e fopra le pitture di
Tiziano» fpecialmente Copra il giuoco degli Amori nel Giardino de'Lodo-^.
vifi» pittura» che fu poi mandata inlfpa^na: e non contento dlJKu^i^*
tt sì belle opere col pennello» volle eziandio modellarle» facendole veder
re in rilievo» dal quale ftudio tolfe egli la. bella e teneriflima maniera di
formare i fuoi putti» de' quali molti a olio e a fìrefco fèjce in quel tempo di
fua mano . Diedefi ancora alla Geometria e alla Profpettiva» ovyeroÒtti-i
ca: € riprefe lo ftudio dell' Anatomia» a.cui aveva già bene attefo.in Pa-.
rigi» non lafeiando intanto di frequentare V Acca&mia di Domenichino
per lo. ftudio del naturale. Avevano allora. occupato tutto il cgmpò^de'
Romani applaufi i foli pennelli di Guida Reni » le opere de) quale erano,
avidamente ricercate per iftudio de' giovani pittori» tanto d'Italia» ctie-
d'oltre i monti; ma il Poffino volle difegnare e Studiare Y opera di Do*
menichinot oppofta a quella» che nella Chi^a di S.Gregorio ayea dìpintti.
lofteflb Guido:e fu cagione» che altri molti allo ftudio della medcfima fi
volgeflero , comecché da quanto aveva egli, in ella faputo riconofc^re di
raro è di profondo » veniffsro.elfi ben peEfuafi.eiTcr.qufifta ^ ìi^ paragone dif
quella
3Ò0 DecennJIL Ma Par.L del Sec.V. 4al i6io. ai i^^o.
quella di Guido » più apprezzabile. Comparve intanto in Roma» rpedito
de' luci affari, il Cardinale Barberino: e Albico fi applicò il pletore a co«
lorire il tanto celebre quadro della morte di Germanico, e la prefa di<x«-
rufalemme ; e V una è V altra opera a quel Prelato donò ; onde avvennot
che dal medefimo gli veniflè ordinato il dipignerne un altro delio fteflo
fbggetto, infiemecol flaeello della gente Ebrea, e Tito trionfante. Qpe.
ft* opera fu al ceno una «Ile più belle, che ufciflèro dalla mano di fuetto
artefice : e fervi al Cardinale per fame un degnò regalo al Principe di
Echeiben, Ambafciadore di obbedienza dell' Imperadore al Pape. Correva
in quello tempo per Roma e dappertutto la lima della virtù e bontà del
Cavaliere Caiiiano del Pozzo» come di un vero Mecenate de' virtuofi, il
quale eflendo venuto in cognizione del valore di Niccolò , e moltopiii
del fuo pellegrino ingegno» incominciò a dargli occafioni di operare » ac*
tirefcenaogli anche non poco (come quegli, che in Corte de! Cardinale
faceva gran figura) il concetto e l' amore: e fu cagione, che a lui folTc
allogata una delie tre tavole minori » nella tribuna iiniftra della Vaticana
Bafilica: e fu quella del martirio di Santo Erafino. Né io ftarò qui a raC«
contare quale riufcilTe quella pittura: e mi atterrò eziandio dal far deferi*
zione , s\ di quefta« come di ogni abra degnilTima opera , che fece il Pofll*
no nel rimanente del fuo vivere i perchè tuttociò fi potrà trovare apprefRi
all'erudito Bellori; badandomi folamente, per foddisriire al mio lettore, il
fare di quelle una breve memoria in numero » e nelle loro geneirali quali-
cadi* Circa quefto teinpo conduflTe il Poffino una tavola della Afedonoa del
Pilo di Valenziena dr Fiandra, ove fece vedere Maria Vergine Ailunta in
Cielo: e fece ancora la ftoria de' FiUftei, quando dal Signore per lo n^i*-
sfatto di aver tolta al (uo popolo TArca di Dio , e portatala in Azoto , fur0n
flagellati con quello (lomacofo malore nelle deretane parti : ed in qi^e»
fi' opera videfi forte imitato il fare di Raffaello. Ouefto (hipendo quadro
nelle mani dellUrtefice non forti altra fortuna, che di unafcarfa rìcompen*
& di feflanta feudi ,- ma in quelle di altri , per le cjuali paisò dòpo alcuni
anni» fi accrebbe il fuo valore fino alla fomma di mille » che per tanti
fu venduto al Duca diRichelieu» che lo volte in Parigi, dove poi fu pollo
per adornamento delle Regie Camere • Erafi il pittore in quelle figure con-
tenuto in una piccola proporzione » fra gli due e ^li tre palmi: conche
diede tanto gufto, che ipariafene la fama» incominciarono ad accrefcerfe-
gli a gran legno V occafioni di farne per gabinetti , non folo per la Fran-
cia, ma eziandio per altre Provincie • E in tal tempo fec^fi luogo al Po(fi*<
no di condurre i tanto rinomati quadri in figure di due palmi , per lo fuo
gran protettore» il Commendatore Calfiano dal Pozzo, ne' quali rappre*
fentò i fette Sacramenti: opere, chefuron poi una nobile aggiunta alraU
tre maraviglie, per cui fu e (empre farà famofo il preziofo mufeo di quel
degniflimo Cavaliere • Fece anche per lo medefimo un altro bel quadro di
San Giovambatifta, in atto di battezzare; e al MarctmfeDon Amadeo dal
Pozzo colorì le due fiorie del Paffaggio del mar roflb del Popolo d' Iddio »
colla fommerfione di Faraone ; E V iftoria eziandio deirAdorazione del Vi-
tello» le quali ebber luogo nel fuo Palazzo a Turino. Per Giacomo Stella
pittore»
NICCOLO FOSSIMO. goi
]»kcore , fup ctro amico ,. color\ un qi^dro 4el miracolo dell'Acqua nel de^
ikno ; un' altra ilmile floriaf ma di diverla inversione dìpinfe per Monsù
Cilliè, Al Cardinale di Richelleu colorì quattro Baccanali col trionfo di
Bacco» e quello di Nettunno in mezzo al mare » fopra il carro tirato da ca«
valli marini , corteggiato da Tritoni e da Nereidi » opere tutte , che gli frutta-
rono tanta fama, che poi per mezzo di Monfignore di Noyers, Segretario
e Miniftro di Stato # e Sopraintendente delle Regie Fabbriche, ad ìnftan*-
ze dello fteflb Re e dsl Cardinale ( che volevano ricondurre in Francia Iq
buone arti, abbellire il Real Palazzo del Loirre e di Fontanablò ed altri,
e adornare la Regia Galleria, col fare ragunata di uomini fegnalati in pit-
tura e fcultura ) fu il Poflino chiamato, per occupare fra efli il primo e
princìpal luogo : e ciò fu al principio dell'anno 1639. E'ben vero, che ben
due anni indugiò il pittore a portarli colà: e quefto, a cagione di doverq
accomodare fuoi a£Fari in Italia ; onde non prima che verfo il fine del i ^40^
£1 il fuo arrivo a Parigi, ove gli fu dato luogo a Fontanablò/ Furongli
dalla Maeftà del Re ordinaci due gran quadri per le Cappelle di Fontana-
blò e di San Germano ; e furongli fubito donati duemila iTcudi per dat-
orincipip all'opere; mille per V incomodo del fatto viaggio, nel quale ct^
fiato pure interamente fpefatoj e mille altri furongli aflegnati per ordina-
rla provvifione di ogni anno, oltre al pagamento da farfegli di tutte le ope-
re. Dicdegli in dono quel Re per fua abitazione un palazzetto nel pia bel**
pollo del Giardino delle Tuil]eri€s,che poi per caufa di nuova fabbrica fuT-
mandato a terra- Lo dichiarò fuo primo pittore ordinario: diedegli la fo*
printendenza di tutte le opere di pittura , e reftaurazioni di Regi Palazzi
con particolare provvifione di jcremila lire : ed altre dimoftrazioni di amo4
re e di ftima^Iifece, che. leggonfi in una lettera, che il medefimo pQflina
icrifle al Commendatore del Pozzo, in data de' 6. di Gennajo del 1641^
Doveva il ]>ittore, fra T altre cofe, far dipignere con proprio difesno nelU
gran Galleria del.Lovre qtto iftoriedel vecchio Teflamento, e altre norie pet
Arazzi deUe Regie Camere, ad imitazióne degli altri del gran RalTael 16, pori
J^ermiifione di valerH per quelle delle invenzioni di altre Umili iftorie da
Ili dipinte. In quello tempo colorì per lo Cardinale l' iftoria di Moisè nel
Roveto, che dovea eflfer pofia fopra il cammino del Gabinetto di fuo Pa-
lazzo ! e pei palco di qudla ftanza , in figure maggiori del naturate 1
dipinfe la Verità, fofienuta dal Tempo contra V Invidia e la Maledicenza.
Per San Germano colorì la tavola dell' Iniìituzione del Santiflìmo Sacra^
mento : pe* Padri Gefuiti fece la tavola del miracolo di San FrancelcQ
Saverio nella refurrezione della donna Giappone fé . Difegnò tutti i fron-
tefpizzi per, la riftampa fattafi allora nella Regia Stamperia di Parigi delle
Poefie di Vereilio e di Orazio. £ra già qùafi terminato l'anno 1642..
quando il Pollino, vieden^ofi immerfonel gran pelaj^odi tanti impieghi e
kvpri, rifolyette di condurre a Parigi la propria contorte : e a tale effetto,
con permiflione del Re, e con promeflTa di predo ritorno, viaggiò a Ro-.
ma, portando però con.feco P obbligo di loddisfare anche da lontano a'^*
bìfogni delle incomìiKiate faccende pelLovre; e giunto colà con allegrez-
za degli amiciy li pofe a feguitare l'opera de* cartoni per )a Galleria . Oc-
corfe
3<>2 DecennAlL della Part, L deiSecV. dai 1 620, ai i ^3 o.
*
Qorie intanto in Francia il cafo della morte di Monsù di Noyers fuo gran
protettore a qwlla Corte; e poi quella eziandio dello (teflb Re; ondeH
fece luogo al Pofiino a non penfar più al ricorno a Parigi, ma a fermarfi
nel r applicazione alle fue belle invenzioni di favole e di (ìorie» come per
avanti era fiato folito di fare: ed in si fatta quiete perfeverò per ben ven«
titre anni* che acconipagnaron poi il viver fuo. Per lo Signor di Chate^
loa fece di nuovo i fette Sacramenti , tenendoli in prte lontano dalla
prima invenzione » elettaG per quegli, ch'egli aveva dipinti per lo Com-
mendatore del Pozzo 9 ed altre molte cofe i tutte degne di ammirazione, fé*
ce vedere e per Roma e per varie Provincie > ov' elle furon trafoortate •
Perfeverò, come dicemmo, il Poffino in quefti fuoi ftud) per lo (pazio di
ventitré anni» fempre caro ad ognuno, non tanto di quella nobilifliaia
città» quanto d'oggi altra; ond' è, che a Roma non.comparivano perfo*
iie»o di alto lignaggio o gran virtuoG, che non voleflèro vederlo e cono-*
fcerlo: e lo fteilo Ke Luigi XIV. gli confermò il paterno brevetto col ti«
tolo di fuo primo pittore » e volle che gli foflero pagate le trafcorfe prov*
vìfioni. Ma perchè egli è folito deir umana mtferia il non fentir godimen*
Co fenza miftura di dolore; incominciarono appoco appoco ad affliggere ii
noftro artefice varie indifpofizioni : e particolarmente fu aflalko da un si
fatto tremore di mani e ai polii, che a fegno il conduffe dì non poter
più ne^ fuoi difegni far vedere i maeftrevoli tratti, che per avanti erano
itati proprj del fuo ftile: e coW accrefcerfi di tale accidente, anche al di«
pìgnere provava egli ^ran difficultài finché forte indebolita la foftanza del
corpo fuo , prima fi ridufTe quafi del tutto inabile al camminare : poi > col*
Paggiugnerfi a' fuoi mali una gran poftema, giunfe a non poterfi difobbli»
gare dal letto» finché gli fu forza il vedere V ultima ora del viver fuo:'
e ciò fu agli 19. di Novembre del 166$^ e della faa età il fettantefimeprima
con più cinque mefi : e quefto , dopo avere egli dati aperti fegni di quella
pietà 9 colla quale veramente in fu gli occhj di Roma e di tutto il mondo
egli era fiato folito di menare fua vita» Gnindiflimi furono gli onori»
che da quegli Accademici di Santo Luca, e da tutti gli altri artefici furon
£itti al fuo cadavero, al quale finalmente nella Chiefa Parrocchiale di San
Lorenzo in Lucina fu data onorevole fepoltura .
Ebbe il Poflino moglie, ma non' figliuoli: ed il fuo capitale • in tempo
di fua morte » non trafcefe al valore di quindicimila feudi . Reftò un fUo
ritratto fatto di fua propria mano Panno 1(^50. e mandato da lui mede*
fimo in Francia al Signor di Chatelou. Fu il Pofiino d'ingegno vivace
molto: ed a forza di gran lettura, e colla pratica de' gran letterati poflia*
mo anche dire, che egli fi {offe fiitto fumcientemente dotto, almeno in
quanto appartiene al fapere ingegnofamente e nobilmente inventare : cofa ,
che veddefi particolarmente nelle figure , che egli difegnò nel trattato
della Pittura di Lionardo da Vinci , ftampato in Parigi Panno 1(^51. e fa
folitoa dire, che il pittore doveada per Ct fteffo Icegliere il fuggetto abile a
rapprefentarfi , Nel modellare di cera e di terra non fu inferiore ad alcu-
no del fuo tempo, anche profeflbre di {cultura: e fu fuo detto ordinario»
che la Pittura e la Scultura erano un* arte fola, d'imitazione dependentc
dal di-
NICCOLO POSSINO. joj
dtl difegno t non in altro difparif cho nel modo; benché k prima per U
finca apparenza foflè pm artinciofì • . Ebbe penfiero di dar fuori un fuo
Trattato diOflervazioni e Ricordi diverfi fopra la Pittura : e alle originali
fatiche» a tale oggetto fatte da lui» fu dato luogo nella Libreria dell'Emi--
nentiifimo Cardinale Cammillo de' Maflimi , comunicate ancora da eflb a
Pietro le Maire , fiato fuo amici (fimo : ficcome caro non poco gli fu Gafpa*»
ro Dushet» fuo diicepolo e cognatp» il quale nell'ottima maniera e nelh
fjuna di condur bene arie « paefi» pofiiamo affermare» che rimaneflfe fuo
degno erede •
Diciamo per ultimo » che chi bramafle alcune belle ofTervazioni del
Poifino intorno alla pittura , ed anche una fua bella fatica intorno alle mi*
fure della maravigliofa (latua dell' Aminoo , potrà nell' altre volte citata
opera del Bellori render pago fuo defiderio .
PITTORI
CHE FIORIRONO IN QUESTO TÈMPO
NELLA LIGURIA O GENOVESATO. " V
GIOVANNI CARLONE, figliuolo di Taddeo Carlone Scultore ,
ebbe fua fcuola appreflb a Pietro Soni pittore Sanefe, nel tempo ap«
punto» che egli fi trovava in Genova, nel 1595* per fare pili opere per
quelle chiefe: e nel tempo ancora, che nella medefima fcuola ftudiava
Bernardo Strozzi » detto comunemente il Cappuccino Genovefe : e riufci
ne' fuoi principi ad ogni altro fuo condifcepolo (uperiore; ma partitofi
da quella città il Sorri, né trovandovifi allora pittori di valore, con cui
poteiTe egli dar compimento a' fuoi ftud), fu dal padre mandato a Roma,
ove alcuni anni (i trattenne : e poi portatofi a* Firenze, fi fermò appreflb il
celebre pittore Domenico PaiIignam,dovegIi forti di farli gran pratico nel
colorire a olio e a frefco; tantoché tornatofene a Genova, vi fu da quei
cittadini in lavori onore voliflimi impiegato. Accafatofi con una figliuola
di Bernardo Caflello , fatto già abbondante di occafioni di operare, potè
bene appagare il fuo genio e l'amore, che egli aveva all' arte fua. Nella
SantiilìmaNonziata di Port'Oria fece più pitture a olio e a frefco: nella
Chiefa dei Gesù per ii Loniellini dipinfe la navata di mezzo: nella Chiefa
della Santiflima Nonziata del Guaftato, e nella cafa di Anton Maria So*
prani, che poi fu di Carlo Cafella , colori molte iftorie a frefco .. Ch'urna*
to finalmente a Milano , vi diede principio ad una grande opera nella Chie-
fa di Santo Àncoiùo ; ma non era egli appena alla metà pervenuto di fuo
lavoroi che fu colpito dalla morte V anno 16^0, Furono quelle pitture
terminate
3 04 Decenn. ìli detta 7art. I. del Set. F.dal 1 620. ali6$ o.
terminate da GIOVA MB ATI STA CARLO NE Tao fratello: e ti
cada vero di luifunelja ftcfltCbiefai poflTedaa da' Padri Teatini, dacaoao*
revolc fcpoltura.
GIOVACCHINO AXERETOiche venne a queftaluce nell'anno 1600.
fin da piccolo fanciullo actefe al difegno appreflb Luciano Bozzone t e
fotto la fcorca di lui prima fecefi valorofo nel difegnare di penna, poi fi
approfittò nella pittura fino al iegno di potere di fua invenzione operare :
e £ra le prime cofe, che conduflero i fuoi pennelli , fu un Cenacolo per
quei dell'Oratorio e Compagnia di Sant'Antonio in Sarzano . Accodatoli
poi a Gio. Andrea Anfaldo, eflbndo egli ancora iu aflai tenera età, fece
pe' Fratelli dello fteflb Oratorio un'opera di ftraordinaria grandezza, in
cui con qualche ajuto del maellro rapprefentò le tentazioni di S. Antonio «
Una tavola pure dipinfe a'medefimi» nella quale fece vedere il Santo in
atto di fare icaturire acqua dalle pietre. Operò per liDifcìplinantidiSan*
ta Maria, e per l'Oratorio di Santa Croce . Nella Nonziata del Guadato,
aiella Cappejla di noftra Signora della Cintura , fece opere belle a frefco e
a olio . rer Gip. FranCefco Granello dipinie un falotto , e un altro per
Agoftino Arpoli : per le Monache di Santa Brigida operò fimilmente: e
più quadri colorì per pubblici e privati luoghi di quella Cittì e della Ri-
viera, e molti ancora, che furono mandati in Ifpagna. L'anno i<^39. por-
tatofi a Romai vifitò tutte le danze de' pittori, ofTervando le maniere di
ciafcheduno , fenza mai però darfi a conpfcere per pittore : né volle ope-^
rarvi alcuna cofa; benché, com'et difie poi al tuo ritorno, ei non avefle
fra quei maeftri veduto tanto , che avefiegli tolta 1' apprenfione di fapere
anch' eflb tanto o quanto maneggiare i pennelli . Finalmente venuto Yzn^
x\o 1649. ^^I quale occorfe la terribile influenza delle febbri acute , che
tanti e tanti privarono di vita, toccò anche ad eflb fra i molti la ftefia mU
fera forte. Fu quefto artefice in apparenza malinconico, ma allegro e fa-
ceto nel converfare; e ftando folofapea anche di ver tirfi , traftullandofi col
fuono e col canto all'improvvifo, e fino col cane e colla gatta. Dilettofli
in eftremo della pefca, tantoché fé egli avveniva , eh' e' vi fofle chiamato
da* compagni in tempo, che egli avene fopra alla frefca calcina abbozzata 9
e anche a buon termuie ridotta alcun'opera , pofava i pennelli, lafciando
il lavoro nello flato eh' e' fi trovava ; onde gli era duopo il feguente gior«
no gettare il tutto a terra, dar nuovo intonaco, e ricommciaire da capo le
Genovefe, che molte opere copiò del maeftro a maravigjift bene; e finì fua
vita r anno 1656, Fu anche difcepolo di Gio vacchino , Giovambatifla Ta-
nara nobile Genovefe» ehe dipinie per fé ftelTo; e pe' propr) parenti e
amici .
NOTI-
3 OS
D B L L E
N O TI Z I E
DE* PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMABUE IN QUA
DECENNALE IV-
DELLA PARTE l DEL SECOLO V-
DAL OiDCXXX. AL MDCXXXX.
DON ANGIOL MARIA COLOMBONI
DA GUBBIO MINIATORE
Mnaco UfivetoM,
|U il natale di quella ircefice l' anno i6o%. il i»dre Tuo
1 fu FUmminioColombonicJctftdino dì Gubbio. VeAl
fin da giovanetto T abito della Congregazione Olive*
, tana: ed in quella (ì intero fìn dal Del principio ap-
prezzabile , non meno pe* buoni coflumi , che pef
le inclinazioni alle lettere e ad altre facottadi, nelle
quili col tempo riufcì dì non oidinaria eccellenza»
e particolarmente nelle mattematiche. Stampò inBo^.
logna l'anno 1669. un libro intitolato 'Pràtica Gnomo»
tùeé » ovvero Tavole t colh qutli ciafcum agevolmente puòjar ^ fé gli omlogi
do Sole - e un altro fìmil volume ha lafciat;o in penna . Ma non meno lì è'
egli fegnalato , per l'abilità avuu in difegni e ricami , e per trarre dal ns-
tjurtle (»ni fof et dì iìori , facendo da fé medeOmo Iq tinte di fughi d'erbe .
■ ■ V ■ ' " Fu "
^ò4 DegetmJl^. della Part.L dei Sec.y, dal 16^0, al 16^0,
Fu eccollence in lavorar dr minro . e ritrarre al vivo ogni Qualità dì uccdll»
i quali lavorava con'cant'arte, cheeracófaftraordinaria, paiohè olcre alla
pofìcura» il geflo e la naturaleiza, fi difcerneva in loro la più minuta piu-
ma delle penne, col variar d&lP«dìI»ei iuezzetince e lumi; onde è fitoia,
clw il celebre pittore Gio. Francefco Barbièri* detto ìt Guèrcino ^a Cen*
to. fol4 jrólitò di cl^UDar« quefto Padre iiì fìmil pro&iIi<H>e> il Raffaello
de' noftri tèmpi: e Frahcefco Allegrim pittore dt Gubbio Io paragonava
a Giovanni da Udina, che in rìtrarre,al naturale gli uccelli fu lìngoIarilH-
mo. In due libri di quefti animali, che egli ha lafcìaro dì fua mano, fi
vede ad ogni«arta figurato con mirabile fquijicezza un uccello > in quell^^tt^
eppunto , cha ad eflo è più connacut^te ; oilèrvàzione e fatica > degna in^)e-
ro èf uno fqtiifico ingegno , coaijd^^ quello^ di queflo artefice . Sc^teC
egltper qualche tempo in Bologna, onorato del titolo di Abate, fotte il
Generalato déIl'AEute.Peppolj: poi toiiiatofràé alla patria' a continuare i
fuoi fiudj , alTalico da gr^e infermità , fini il corfo de' giorni fuei l'anno 1671.
C O S I M O L O T T I
pittore e architetto
fior:entino
'Difiepolo di 'Bernardino 'Pocceni,nato
ION v'ha dubbio alcuno, che a p^rfona, che BJutata dal gènio
voglia far profitto in qualche bell'arte, non fia neceflarìo
aver per primo e principal penfiero ìl fare fcelta per fé di un.
ottimo maetlro; ma egli è vero altresì , che fé tal maeftro non
avrà congiunto all'abilità nel fuo meftiero, l'amore e la dili-
genza neli* iftruire i.difcepoli, non farà Tempre buona tale
elezione. Colimó Lotti Fiorentino', uno de" più bizzarri ingegni del fuo
tempo, avendo grande incUhaZtone alle cofe del difegno, fin da'fuoi pri-
mi anni fi acconciò co! celebre jfittòre Bernardino Poccetti. Ma per eflè.
re quegli , per altro valente e infaticabile artefice , come abbiamo fatto ve-
dere nelle notizie della vita di lui, perfona bisbetica e capricciofa , e tut-
to dedito agli fvagamenti e all' allegrie delle tavole, dì pochi o dì nìur>o
de'fuot fcoiaricì /on mai venuti a notizia grandi progrem nell'arte^ onde
non è gran maraviglia « che il giovane, dopo avere aiutato per qualche
tempo al maenro ncU' opere fue, fi delle tutto alle cofe di Architettura,
efèrcitandofi particolarmente in quelle, che ad uh nobile e bizzarro inge-
gnere appartengono, nelle quali rhifci poi (Ingoiare. Onde effendo (lata
conofeiuta .dal SereitilUmo Granduca W fua grande abilità netl' inventare
t'(Ì9»duWe«fifteVòft Ciwofc'c nuore» toUe ch'c'-tefiaWfiiR tu^ce le fonti
L. ... ■ -■_j^^ - .- jj^ji.
QOSIMQ lÓTTI. 307
jdellt Keal VilkdiPratoIino; mi parucokcin^ce tutte I0 figure» che inof
pendoli a forza d'acqua>fanno diverfì loro uficj , che Pajon veramente anU
mate . Ebbe ancora per volontà dei medefimo a rettaurare le fonti della
Villa di Caftello, dove conduiTe can fua invenzione la belliflima fonte»
che fi chiama la Grotta, con ungran cancello di ferro, che da per fé
•fteflb a forza d' acqua chiudendofi, ferra il mal pratico foreftiere oentro
alla medefima» mentre da tutte le parti piovono acque in grande abbon-
danza : e fimilmente fu fuo concetto e artifizio il gran mafcherone, che jlji
Vede ibpra il frontefpizie di eòa .grotta» il quale al toccar che fi fa col
piede una lapida» che ènei pavimento poco avanti all'entrare, aprenda
moftruofamente la bocca e (Iralunando gli occhj , vomita addo(fo a chi è
di fotto trentatre fìafchi d' acqua in un momento,; e. fece anche due cigni
per un'altra fonte di quella Villa, che a vicenda fi muovono, tuffando il
capo per bere, poi vanno fpruzzando l'acqua all'intorno verfo ì riguar«>
danti* Quivi pure , nella fonte detta la Quercia ,fece una tavola , che getta
l'acqua con bellifiimi fcherzi: ndle quali tutte cofe fi fervi per la mani-
polazione» di un tal maeftrodi (l^gni , chiamato per foprannome. il Trito»
che in que' tempi era molto filmato in maneggiar ìe materie neceflarie $
tali invenzioni>^ e perfona in tuttfls{)Qr tutto ^fimile a lui, perchè era ui|
uomo piacevoliflimo . Fu egli in quefto tempo grande amico del vinw)C^
Giovambatifia Strozzi , chelo tenne con provviftone di cinque feudi il me-
fé: e fecegli fare piìi difegni per la facciata della fua cala da Santa Trinità»
doV è il terrazzino; benché poi fi valeile del modello di Gherardo Silvani^
faceiìdo fare però con difegno del Lotti i trofei , che fi vedono fotto la
cornice della fiefifa facciata . Era paflata al cielo la gloriofa memoria del
Granduca Cofimo II. - felice- pec la bQllaiucQeifione lafciata di quattro Prin*
cipi e tre PrincipeflTe fuoi figliuoli , la maggior parte in puerile età , «e di
quello fpirito» che i medefimi, fatti maggiori, nanno poi dato a conofce-
xeal mondo; quando, per avere egli^ come fi è detto, avuta mano no'
foprammentovati lavori, fi eragià fatto a0ai conofcere a quella Corte; on-
de e' nofì andò molto ^ che egli incomihciòa riceverne trattamenti di
grande amorevolezza e familiarità; ed efiènda fiata conofciuta la fua gran
piacevolezza, facevanlo quelle Altezze frequentare il palazzo e le camere
de ì Principi fanciulli, a i quali colle fue beile invenzioni, in cert'ore
determinate, era di un gioconditlimo trattenimento. Per quefti fece nel
viva)o de' Pitti moltifiimi fcherzi d'acqua tanto belli, nuovi e capricciofi,
che pi ù non fi poteva defiderare . Fra gli altri fece una piccola barchetta , nella
quale eran due barcaruoÌj\ che per fòrza di contrappefi fi vedevano va*
gare, mentre la barca, che era di un braccio o poco più, andava cam-
minando. Accomodò ancora nello (ttffo vivajo due figurine armate, che
non eccedevano l'altezza di un palmo. Quefie pofavano fopra un piano di
afie, coperto di lamiera di rame, e quefta fopra un puntello, che in fon«
do aveva uno zoccolo pefante, sì bene contrappefato, che la teneva fer-
ma appunto al piano delj' acqua, mentre le due figurine, mediante alcuni
artificiofi ordinght,che eran fotto^ incontrandofi inileme,e più yolte arre^
trandofi, s' invefiivano con lancia. Chi vide molte di quefie invenzioiu
V a dice,
^ o8 Decenn. W. Ma p4rt. t. deliec. V. àal i ^3 o. al 1 6/^0.
tdice, che il Lotti per faf tate apf^arenza fi valeflb di certe caflette d^ acqua
riferrata f che al toccar di una chiave pigUatrano un moto violento «eoa
cui fi vedevano operare quelle figure, e anche la barchetta. Se poi occer-
fevano o pel Palazzo o per le cale de i Cavalieri fuoi, nozze o oanchetti »
ficeva egli per le tav<rfe beUiffini lavori di zuccheri « fonti e altri fcherzi
non più veduti. Venuto Tanno ifizft. la Maeftà di Filippo IV. Re delle
Spagne incominciò la fabbrica del gran Palazzo del Buonritiro alle mura
di Madrid, dove difegnòfare un teatro per le commedie: e per tale effet-
to chiefe al Granduca Ferdinando alcun buono artefice e ingegnere, che
Sion iòlo potefle dar diiègno per lo teatro , ma anche inventare e promuo-
vere 1' ufo delle macchine per le ftefie commedie. Il Granduca ebbe di-
Icorfo di ciò con Giulio Parigi, che in tal meftìere faceva allora la prima
figura in Firenze i al quale parve , che fofie giunta una bella congiunta-
xa di eonfigliar bene il Tuo Signore, far cofa utile al Re» e liberar le fieflb
danna torxoentofagelofia, che travagliava il fuo cuore neli' ofiervare le fpi«>
ricofe operazioni, che dava fuori ogni di l' ingegno di cofiuii onde fenza
punto penfarvi fopra, diCTe al Granduca , non poterfi mandare in Ifpagna
m^lior foggetto che lui . E perchè il Lotti aveva già in tali belle facoltadi
dato gran faggio di fé: e perchè e- voleva quel ^reniffimo &titfare pie»
tiamente al gufto di quella Maeftà; comandò a lui il mettedi all'ordine per
portarfi a quel fervizio. Cofimo accettò volentieri così bella occafione di
ftrfi onore: e fulnto fi applicò a preparare belliffime invenzioni , per farle
vedere al Re al fuo arrivo , affine di acquifiarne appreOTo la defiderata be-
fievdenza e ftima di fuo (apere : ed acciocché gli folle concefl^o di poter colà
porre ad effetto un fuo bellifiimo penfiero in materia di artifiziofe i^ppa*
renze, che io racconterò più abbalTo, Stava egli in quefto tempo in Fi*
irertìse nella propria cafa di Mattio Fiordivilla luo nipote, uomo dt tanta
integrici e di tanto retto giudìzio , quanto altri mais e quelli fi trovò a
vedere rutti i modelli , e preparamenti delle cofe,che io fono ora per rac-
contare , ficcome egli a me T ha raccontate* Primieramente compofe di di»
verlè materie proporzionate alle azioni una teda maggior del naturale ,
la quale, nel toccarfi un bilico, apriva la bocca in modo fpaventofo, in<-
crefpava il nafo e le narici, arcava le ciglia, fliraya le gote e ftralunava gli
occhj: inoltre rizzava i capelli, e prorompeva in un urlo orribile, Que*
fta portò egli poi con feco in Ilpagna , la donò al Re , e fervi per un bello
fpattb della Corte, particolarmente della Regina: la quale fattala vedere ad
alcune femplici fue damigelle, le meile in apprenfione, che ella foffe cofa
fopraiinaturale , e che ella avefle vlnù di fpiare le azioni de^ Cortigiani per
rirari/le alla Maellà Sua; cofa che le coftitui in tanto timore, che non fi
arrifchiavano a parlare, per non eflfere udite da quella teQ:a« Ma perchè
non creda alcuno, che l'affetto del Fiordivilla alla virtii e perfona del zio
rabbia fatto in quello racconto alquanto amplificare, eccone un tefiimo*
Ilio di un gran vinuofo delle Spagne • Quelli è Vincenzio Carducci , Re-
no pittore, il quale nel fuo Dialogo della pittura, fcritto in <)uella lingua,
fa mi cai racconto i che recato in noftro Italiano idioma, dice così;
COSIMO lOTTL SQf
Déìt^trn hmJU titomnHéUe finente dtttf whft tppsnamimo i§ 8§t$
fiì £jpofto e ùtémio di isvole un teatn potatile » per far commedie di méccbi^
ne. come queUe ebe # quefli giorni fi fin fatte ^ neUe quali Cofima Lotti ffamo-^
Jò ingegnere Fiorentina t mandato dal Granduca di Tofcanf al fervizio di Snéf
Maefià , ba impiegate con tfiupore di tutti lefue ammirabili e fhaoaganti tra^
sformazìoni. Per faggio e per mofira del fuo ingegno ( quando venne ) fect
qfueBa te/la di Satiro di wtlente fculiufa 9 cbe con movimento feroce muove gH
accb) , gli oreccbj e i capelli ^ e la bocca apre con tanta forza 9 e con uno fir/do
eie ypavema e impaurifce cbiunque non iSà fulFavvifo ; ficcome in mia prefen^
^u feguì d^ un uomo , cbe flrafecolanào per queOo non penfato rumore % diede
turbato e quafi fuor di fé ufcito^ un balzo iU pia di quattro poffi. Nonfifit
fé quella cbe formò Alberto Magno 9 cbe fecondo dicono le fior ie% fave IJ ava ^
uvanzajfe quefia . Una rapprefentazione fece in Palazzo dove fi vedeva un ma^
re con tal movimento e proprietà t cbe coloro cbe la miravano, uf vivano (olla
fiomaco alterato^ come fé 'veramente faffèro fiati nel mare ^ ficcome vedd^lt ito
piti d una Dama di quelle 9 cbe fi trovarono a queffa fefta . Fin qu) il Car»
ducei.
Diifi di fopra , che il Lotti preparò in Firenze U bella inirenzione di
quella fpaventofitcefta per acquiftar credito appre(£bal Re rdcciocchè gli fo&
K credMa unta fede 9 che bafl:a(!e|ier condurlo all' adempimento di iia fuo
bei penfiero. Diquefto» fubitocliè egli fu eletto Ingegnere di Sua Matftà ^
egli aveva fatto i difegni d' acquerello colorito: e anche aveva terminaci
i modelli in Firenze, nella cafa e a vifta del nominato Fiordivtlla fuo nl^
poce: ne* quali modellici era fatto ajutare a un tale, Pier Francefco Can«
dolfi 9 detto 'il Maeftrino legnaiuolo » uomo di grande ingegno « che efleq»
do flato a Roma qualche tempo , aveva difegnate e colorite tutte le piik
beHe fontane di quella città . Il penfiero dunque del Lx>tti fu quefto. Ave*
va egli determinato di fare un Giardino a quel Re» con tutte le amenità «
delizie, che fon proprie di un tal luogo . Alla porta di quefto Giardino vo*
leva ehe col toccarli di un bilico comparifle una fìnta bellifiima femmina»
pompofamente veftita, ad incontrare il foreftiero, e con bella grazia gli
porgefle la mano ; quindi accomp^ignandclojper alcuni palli » lo doveflé con*
durre in luogo,dove dovevano edere altre ngure, che da per fé fteffca va«
rie azioni fi moveffero. Vedutoli pai dal foreftiero il più bello del giardi»*
no, doveva egli pervenire in un luogo, dove fofle un^alrra finta femmina,
Ja quale con bel gefto T invitafle a bere dell' acque di una fontina, quivi
vicina, accomodata con tale anifìzio, che fubito, che egli vi avefle ap-
predate le labbra, cetTaflTe di gettare acqua, e in quel cambio mai)dafl*e fuo«
ri preziofifllmo vino: e fubito fpiccata la bocca dalla fonte tornafle a darò
acquar etutDOciò dovea farli fenzafenfibileintermìifione di tempo, etan«»
to iftantemente, che non potendoli accorgere alcuno del celTar deir acqua
e del vino, pareflc proprio che l'acqua in vino e 'I vino in acqua li trafmu*
rade . Quella bella idea non li crede che fede portata a fuo fine ; petcbò
giunto che fa il Lotti in Madrid infiemè col Candolfì » il quale condude
per fuo ajuto nelle macchine, con due altri uomini, giardinieri del Giardino
V 3 di Bo-
j io Vecenn.U^.MaPart.hdelSèc.V.dàl tó^o.al 16^0.
ilBòboli (a) I fa Cubico dal Re impiegato nel teatro $ il quale fece egli con-^
cigoo al Real Palazzo» in tal politura, che dal piano dell' appartamento Re-
gio» godendofi tutta la fcena » pocevanfi altresì vedere e (entir benifllmo le
commedie: e perchè il didietro di efia fcena rifpondeva in campagna aper-
ti/potè r artefice farvi comodamente i pozzi eie tagliate, per maneggiar
le macchine, che riufcirono maravigliofe e di tanto artifizio, che egli » a£«
finché fàpeiTero quelli, che erano per venire do]>odi lui, maneggiarle, ne
blciò im libro ben difegnato ,con tutte le memorie e note , che al loro go%
verno giudicò eiier neceflàrie. Ave vagli il Re fatto aflegnare una molto
onorata provvifione, e gli aveva fatto dar le danze unite al Regio Palazzo
fbpra la caia del teforo, donde era folita paflare la Maeftà Sua, per di quivi
tirare al Volo; perchè avendo conofciuta la molta piacevolezza di lui» gu-
flava grandemente di averlo attorno . Fecefi intanto la rinomata comme**
dia, di che fopra abbiam fatto menzione; la quale finita, il Re fece dono
al Lotti di tutta la macchina e del materiale di efla con gli abiti ed ogni
akra cofa . Con quello arredo fece egli a fue fpeiè recitare più altre com*
medie con $ì mirabili profpettive, mutazioni e trasformazioni, che non
mancarono molti fra la minuta gente» che fi fecero i credere, che le ope«
razioni di coftui noh foffe fenza ajuto d'arte magica e negromanzia. Fece
•l^i pagare un tanto per perfona a chi le volle vedere , con che avanzò
fopra duemila feudi . Aveva egli lafciato a Firenze due fue figliuole fan*
ciolle alla cura della moglie, la quale non moki roefi dopo la partenza del
marito, fentendo fin di qua nuove di lui, altre digufto, altre di poca fue
Ibddisfazione, attefi)chè egli forfè attendefle troppo a darli buon tempo ,
fuitrò in tanta furia, che infieme colle fieliuole prefe la via di Spagna:
ed egli , quando meno il penlava ^ non to già con quanto fuo piacere )
fi vide tutta la Tua fami^ia m Madrid « Ma la moglie non fu appena fiata
colà alcuni mefi , che niì) il corfo di fua vita : una delle figliuole fu mari-
tata aflài civilmente ad un Capitano di cavalli: l'altra eflendo folita in Fi-
renze lavarli fpeflb la tetta , e poi metterfi al Sole i volendo feguicar fuo
coftume in quei clima caldiflimo, fu fopraggiunta da tale accidente diapo*
pleffia , che avendole contratte tutte le parti del corpo , e fattala divenir
come una palla, la tenne , per pia anni eh* ella fopravvifle, in continuo
tormento , e finalmente ancor ella morì . Continuò a ueft' artefice molt* anni
in carica d' Ingegnere del Re , con fua grandiflima latisfazione e lode , e in
iftato di molta grazia; e finalmente aflalito da grave infermiti , pafsò da
quefla ali* altra vita •
Noa folamente fu quello virtuofo, come abbiamo detto, uomo aflai
Aceto e piacevole nella converlazione, ma nella poefia burlefca ebbe buon
talento, e molto più nei rapprefentare in commedia parti rìdicolote. Era
la fua ordinaria parte il contraffare quegli uomini fordidi e plebei » che
Aoi diciamo Battinni i ed in quelU era tanto (ingoiare » che fin nel tempo
ch'egli
m^'^'mmmm^mmmmmm^tm^tém^^iémé^^ltàitam^mméélÉB
( a ) Bobolì , Giardino dil Palazzo dfl Granduca di Tofcana , ebe anticamenti diceafi il
* Poggio ài Bogotf,, Già. Vittanit MS. anfÌ€o éppre£ò il Sig, Dmort Aafon Marim
Sakim , cbiarijpmo di greca Unnsfura in Firem t fum •
COSIMO LOTTI. 311
ditegli ert in Tofinma^ e lavorava nella Villa di Caftella» dova fi trovsBvi
per diporto il Serenifiimo Granduca Coflmoi e però facevanfi molte com^
medie co* (oggetti di Jacopo Cicognini» detto il Cicognin vecchio; egli o
Pippo Sciamerone» che tu padre del celebre pittore Francefco Furini^
che pure anch* eflb faceva mirabilmente la medefima parte > fu il condii
mento di tucte ; ed era cbfa veramente guftofa il vedere comparire in fui
gilco quelli duet nelF abito e nel gefto canto fimili alle perfooe r«ppre«
mate» che folamente in vedergli ognuno lì moveva a rìfo: al che ag«^
giunte poi le parole e i concetti » non è polTiUle a dire quanto diletto
arrecavano. Quefta parte fecero anche i due pittori in altri luoghi fuor di
commedia» fingendoli tali per pigliarli burla di alcuno t in che feguirona
oofe aliai curiofe, che io lalcio di dire per brevità.
per
Poche pitture fi trovano cono^iute per di fua mano : e quelle in ca^
fé di particolari • AJla morte del già nominato Fiordivilla Tuo nipote r ima**
fé in cafa, che fu fua 1 il ritratto di lui » fatto allo fpeochio fin nel tempoé
eh' egli era in Firenze» e quefio apparilce tocco con buona francheasat
e per Cammilio Pinadori fl fa aver fatto una tavola del Rofario» che t^
mandò in una fua villa • Potè anche aver fatti aliai difegni di £ibbri^ei
ma a noi non è noto altro» che la facciata del Cieco Strozzi , della quale
fi è fatu menaione» e una loggetta nel Palazzo de* Pitti » che pure fu fiitia
con fuo tQodello,
BACCIO DEL BIANCO
PITTORE E ARCHITETTO FIORENTINO
'Dìfcepolo di Giovanni Biìiverty nato 1604. ^ 16 $6.
I Cofimo di Raffaello del Bianco, che nella città di Firenie
eferciava T arte del Merciajo» uomo di efeurolariffima bonti«
alli 4. del mefe d'Ottobre 1604. nacque queuo Baccio: e per«
venuto al reta di otto anni e non più, già aveva dato (aggio
di fuo bello fpirito» e tanto inclinato alle cofe del difegno»
che fu configliato il padre » in cambio d' incamminarlo nel pro«
priomeftieret di eferciurlo nella pittura » ficcome (ecep accomodandolo
nella firuola di Giovanni Bilivert» che allora aveva Ama in Firenze e fuo«
li di ottimo artefice. Con quello fi trattenne il figliuolo» profittando aflai^
fino air età di anni (edici. Occorfe un giorno» che trovandofi in quella
feuola il Dottor Giovanni Pieroni» celebre Mattematico» buon Filofofo»
Architetto e Ingegnere t che doveva portarfi al fer vizio della MaeftàdeU
¥ Imperatele a Praga # vide il giovanetto; e oflervando le qualità di fua
perfona e del fuo ingegno > e V allegriffima fua nac|in • congiunte al bel
V 4 modo
312 DecennW. deUa ParfJ. delSec. V. dal 1 63 o. al i ^40.
modo e alla bella facilità, che tgli av^etranel difegnatet pregò ilpadie che gFie^
le volefle concedere per condurlo con (èco . Non difpiacque a Cofimo H
propofizioffe del Pieroni; onde rivefticolo di tutto punto aflai civiliBente>
perchè era uomo affai comodo, gliele confegnò . Andoflene il giovanetto
con gran fua foddisfazione feguendo il Pieroni t col quale (lette impiega-
re tre anni continovi in far difegnii fecondo gii ordini , che alla giorna^
ta ne teneva da lui , fenza però abbandonare mai Tefercizio della pittura;
ma paflato qoefto tempo % vedendo egli edere troppo lontane le fortune
e gli avanzamenti, che gii erano (lati promeffi dai nuovo maefiro, fermò
fuó propofico in volerfene tornare a Firenze .
Mentre egli fé ne ftava in quelli penfieri , occorfegli V eflere propo«
fio ad Alberto Waldeftain» Duca di Fritland, Generaliffimo di Sua Mae-*
Ai Cefarea , per dipignerli nella ftefla città/di Fraga fua patria , alcune
fian^e in un (bo palazzo, che egli novamente faceva fabbricare: e Baccio
TI C applicò di buona voglia. Scava egli un giorno operando (opra un
certo palco» quando comparve il Waldeftain: e tutto pieno di collera
( perthè pafeagli, che il giovane facefle adagio , e già più volte avevanelo
affrettato ) dine: Eie pitcore fiorentino ^ quando diavolo finirai tu quefto
lavoro ? In quale fpavento o timore cadefle il povero giovane nel vedere
fdegnìito contro di le quel terrìbile uomo» ben conoTceremo dal fapere»
che eran già noci a Baccio due ftravagantiflimi rigori , che pure allora ave*
va ufati Quel foldato , i quali però (limo io bene di accennare • 11 primo
iti della fubita morte di forca, comandata darfi a quel miiero fuo Ajttcante
di camera, che per folo fine di far meglio, all'arrivo di uno fpedito con
lettere di Sua Maeftà Cefarea avevalo {vegliato dai fonho • II fecondo fe-
g«) in quefto modo • Erafi accoftato un giorno a quella cafa med^fi»
ma , mentre il Waldeftain ftava vedendo una fua fabbrica • e gli ope-
rane! • un Ufiziale, per fargli una non fo quale ambafciata da parcc di un
Comandante del fuo reggimento . Il Waldeftain fenza far motto , sfodera-
ta la fpada, la dirizzò alla vita dell'innocente mandato. Quefti feanaò il
colpo colla fuga per le ftanze del palazzo? e1 Generale fempre il feguitò
colla fpada alla mano, finché il ridufte in una ftanza non ancora del tutto
impalcata , nella fummità della quale eran folamente ftate fermate a loro
luogo alcune travi; onde 1* Ufiziale non potendo pia oltre fuggire con
un bravo falco fi flanciò, e con fermezza di piede e dì perfona fi ftabitt
ibpra Uiia di efie travi: « come quegli, che già fi vedeva morto t voltò la
faccia, mefie mano al ferro , e pofefi in parata conerà il Waldeftain ftcfib;
ma quefta volta, o fofle per lo concetto, che formò il Generale dell'ani-
ttoficà del foldato > o fofle per falvare fé ftefib dalla nota di efierfi iafciato
perdere U rispetto da un foldatello, tettò vinta la lua fierezza, e difife^
Quefta è una brava beftia: e ripofta l'arme al fuo luogo, diede ordine, che
al foldato foflefo donati cento Tal lari , con farlo però calTare dal fuo regr
gimento, e defcrivere in altro. Tutte queftexroie dunque, fcguite pure
di fre(co, con altre fimili fapeva il paverp Baccio, quando fisnci infiiriarfi
eoAtrodi fé il Waldeftain, come abbiamo detto di fopra; ficchè incomin-
eiando a iremafe da capo a piedi, csdde di fubico da quel paloo ov' egU
i- ftava
TACCIO DEI BIANCO. 315
ftiva dtpignendo t fopri un altro palco, cbe gli ftava poco di (btto » a vifit
del Generale» che la vece di cooipaffionarlo, di&>: Diavolo» chequettìa
bèftia vuol rompere ii collo prima di finire la mia 'pittura; febbene poeo
di poi col dargli alquanto di animo» fece s) » che il pittore iè ne cornò al
Tuo lavoro I che gli lìnl'cì profperamrénte» ic con ioddbfazione del Generale.
Non fini già di piacere a Baccio V avere trovalo ad nn ^ fatto male un
rimedio cosi arrabbiato» che ^erò da quel punto determinò di fiiire- altro
di; fé; ma in nupva fimile congiuntura» come più abbafib diremo ^ fi tro¥&
prevenuto colla licenza • Allora egli» che eca: giovane molto rifbluto » fi
accordò con un compagno « forfè di età fimile alla fua , comprò con eflTa
a mezzo un Cavallo» e prefi con fé molti fuoi fiu^j e difegni di varie pit-
ture e fortificazioni^ s' avviarono infieme alla volta d' Italia. Cammina*
rono alquanto unitamente i due giovani ; ma avendo una fera prefo allog*
gio ad un ofteria» mentre che Baccio fianco dal viaggio dormiva a più non
pofib» il fuo buon compagno levatofi di letto» accomodò il cavallo e par-
cifii» e non fi vide maipìù; tantoché il povero Baccio fvegliatofi la matti-
na» fi trovò fenza compagno» fsnza cavailot con pochi danari» e col carico
di un baule con tutti, i fvoi difegni e con altre (uè robe . Può ognuno im*
tnaginarfi» quale ei fi reftafle allora: pure» come perfona coraggiofa » prefo
il baule dietro allefpalle^^ e così carico e a piedi fi mefite a.feguitare il*
viaggio verfo Italia» in te^ipo appunto» che tutta la campagna^ era copef*.
tj^.di neve. Gr infegnò poi P efperienza» che- il met^rfi a.quella fatica,
n^ii era &to cimento, pier luii» perchè quantunque foflè. di buona e.robn^.
da' compleifione* egU era però uato allevato con bvone cooiodità.» e affai.
oiyilH[ienj:es il perdile» iprfe Q>ir|it« d^ C^if^^ 9^ vcjk'^aiier consodi bi>^-.
unafi^^tilù fcrmmiaxuttvi diCegniaJpbr^uciòre «o^imaf^i carico folamen^
te di })och)fllm^^£uoip«flr)i,.^JPifii^^90, iorie i0Ì^(ihd^ Pm> > perchè Upo»
Xei^'l^ipvaiie non i(»mminò po) molto» cì^'ie''*^ jF^ta> oPr^ione^ daU« foU
cia4iefc)ie. A cjie ^ranp Xp^fe in qM$(I|>e pafti* ^ Ragione delle' guejrre di T«i«
neaiica> .Jo ntjQimero pes.
cinque giorni róntiniu^ ed $gJi medéfiioo' poi friji falito dire co& credi*
biliffima, cioè» cbeleper fi^adifgraaiaì fol^gli4V^ÌM^
i^dilegniniJle piante e fortificazioni» fenj^a^^bio avereblionlo fiitto mo*^
rire o di forca o di aiQfchettate , Rimalo finalmente libeiro, e f iprefo. il viag«
gjo , giunte a Milano ; ma tanto oiale in arn^^ 4^Ua p^rlbna » ^ con. ai pò- .
chi danari per fi^uitarc il cammino a Firenze , che gU fu neo^afio;na*«;^
eh' e' giungefle la rifpofla del padre alle fue lettex^v cofi che 1' aveva pce- '
gato a fargli qualche ri^^eiTav il fermarfi quivi e accoftarfi ad un pitcorcf
epereflb, affine di campar fua vita » lavorare 41 giornata ^ Cof^pacvera fi«p^
naj mente le lettera, e i dM^rii^fpiid' egli riyefiuofi de^encejpente» fé ne
tornò a Firenze • ,T »•• '\. ^ ,
Quanto abbiamo fcntto iìn qui» «ve^mo perlof^ìu f^er ,ncCK4i9 dataci,
da Àgofiino MeJlifi » .«che fu ^cq^nato dellp 4^i^ò Bac(;ìq; ma ^«nd^i poi
venuta alle mani una lettera originale d^l mede^mo Baccio 9 fcritta nei i<l54- -
di Madrid ai fuo grande amico Biagio Marmi» Qo9]pd9ifolt)ft Meffiiore del
' ' palazzo
% 1 4 Decenti. IV. della Part. 1. delSec. V.dali6$o.alt ^40.
Palazzo de' Pitti, nfelltf qmlc graziofamente volle darli conto e per la mi-
nuta di più cofe fuccedutegh nel corfo di fua vita fino a quel tempo: o
perchè ella contiene piti particolari e più curiofì delii defcritti fin qui.
Toccanti i oiedefimi tempi» e a quefti»che fèntimmo dal Meliffi , non con-
ctttddicentiv ma in aggiunta de'mcdefimi; ho filmato» che non fia per di-
piacere al mio lettore , che io ne ricopj in quefto luogo per ora tutta
qtielfat parte, che conduce ai tempo del fiio ritorno alla patria , per far poi
I0 ftdTo del rimanente della medefima in quei luoghi del prefente raccon-
to» ove ci tornerà più in acconcio; Pice e^Ii adunque colà;
Racconto della Vita di Baccio del Bianco fcritta da fé
mede fimo al fuo cariffimo amico fopra ogni altro
Signor Biagio Marmi .
CO^m del Biéncù Mercìgjo in Csliméré fi chiamò mio padre f Caterina Par*
tigi&nifu mia madre, lui del bel Cerreto Guidi aveva il padre . ebe eru
difcejò alta bella Fiorenza : fi cbiamò Raffaello del Vianca , che al tempo dei
Grondila Fraincefco era lafsà come Fattore, e per alcuni romori s* incittadò il
mv^Of appena Cffio mi ricordo quando morì , perchè dovevo averjèi anni in cir^
ea. & egli ne aveva 84. finiti % tutti cadenti , e aveva un porro grande nel labbro 9
ed era tutto canuto • Cofimo in Firenze fi affaticò tanto » cbe Dio lo fece wtma^
firo S una Bottega principale di CaKmarai e fé quello fu Uomo da bene % lodi^
amto quanti lo conobbero. Ftf$ eén tutto h dica io ^ di efirema bontì ; fervivé
le principali cajè di Firenze , perchè quante gale e galanterie fi facevano per fa
città; le fue mani le fkevano : aUora Hifta filava a tre ¥ocche .
Fu malto conofciuto dadi Serenìffimì ladroni , peìrcbè non fificeftfia;
commedia 0 barriera % che gU abiti e pennécchi ere noè pafifferó per fua mam:
t>i lui ancora la bottéga ritiene il nomerò memoria t p&cbè fbpìra vi è fetitta
quefia cifra t la quale ha trefi^nificati. Dice Bàccìo'Comi: dice Etomenico
Comi: e per il contrario Cofimo del Bianco; e ciò ^perchè il fuoco di Cati^
mora grandi % già canti anni fono\ incenerì pia- quella di mio padre ^ che altra
wfoffè% Baccio e Domenico Comi Signori ricchi t di lor carità % ejponte, ri^
wtefiro a bottega mio padre f come avanti P incendio ; Joccorfo fatto a tempo 9
ohe del refio la tafca e 7 bordane ( diceva egli alle volte ) non ci mancava : ^
fet la memoria di tanto benefizio fece la detta cifra &c. j^eS* azione de' Comi
fin tefiimonio detta bontà del mio buon genitore . L^Anno 160^ a Di 4. d Ottobre
Madonna Caterina Portigiam nel Bianco diede al mondo quefio facco £ difdet^
te$ che era meglio fac effe vento. Crefcevo^ andai alla f cuoia a leggere ^ aUo
Jtrivere e tXt atbaco t forfè per tirarmi innanzi^ come gli aftri frateOi % per la
bottega, che allora fioriva; ma io con la mia inclinazione tutto il dì 0 con bra^
ce o con matita 0 con penna , la tavola p il falterio. il librictino empievo difan--
cocci: e non fu muro in eafut che da me non foffè trovato adorno £ belle figu^
re 9 e brutte fiorict del che ùik volte riportai dè^ tientammente 9 che coti cbié^
mava ìi fcbiaffi il buon vecchia. - - i-^ ; . . .
Praticétva
BACCIO DEL BIANCO. 315
F$'0ticava §1 t$ìà§m in httega del Akrci0J0 al/hlii0 ctQCcbio una mam
di Signori, fra' qmdi Filippo Ricci Comip queUo^ che aveva redaio Baccio Cq^
mi fopraddeiio » che poi falù per un Inghilefc mer cerne &c.
Cominciarono a cf onore mio padre » che mi faceffe pittore » e qaamo pfi-\
ma mene menejje allo fiuàa . Finaimeme mi Sede a Giovanni Biliverii ùilioret
celebre in Galleria $ allora Jiipendiato dal Sereniamo Granduca Cofimo ai gior^
memoria 9 e queSofu /"annoióiz. che venivo ad avere aito annit brutto e po^
vero 9 con tutto non mi mancale niente; madico difpirito . Sanivi fatto si buona
difciplina pafiai dalli occbj allejSguref e cominciavo a me Bar colori ; ma come
ftmprct male o male . 1 tempii cbe non ero veduto , non facevo altrop cbe in^
tagliar legni 9 e commettere pietre . Ume% coltelli efegbe erano le mio àvote:
e feci carri trionfali f Qttarantore in cafa^ dimmele e trasparenze di luml^ Ca^
pannuccie^ artiglierie e fuocbi lavorati ^ le qumi co fé ridondavano infruftata
fenza fine , anzi fenza mi/èricordia t efermoni fenza mifura . Il mio maefira
Biliverti mi diede {^vedendo la mia inclinazione aUefefte e al regolo) fopra al*
eunifiudj di Lodovico Cigoli fuo maeSrOf e di architettura e diùro/hettivap
imomo a' quali io mi Semperavoper interpretarli . Fui in ciòfoccorfb daUa buan»^
memoria di Vincenzo Boccacci $ allora tornato tli Roma per la morte del Cigoli r
uno degli migliai allievi di quel gran pittore e frofpettivo e architetto ; e aU
cuna volta quando mio padre lavorava in Guardaroba nel moSrare f miei dife*^
gni al Signor Giulio Parigi p daeffomi furon date alcune lezioni » e tirai iunant»
fino air anno lóio.
La felice memoria della Serentj^ma Arciducbeffìt inviò aW Imperatore fuo
fratello^ Giovanni Pieroni per Jf^egnere di guerra . Giovanni Pieroni, cbejla*
va in Par ione nella cafa del SereniJJimo Principe D. I^renzpf Mattematico $
Filo/òfOf Dottore 9 c/l/trologo» Algebrifia, e in fomma fingolar virtuofo . Cer^
eava quefi^ uomo unop che difegna^Ct tir affi linee % efépeffe quanti punti era la
linea 9 e quante cantonate aveva il triangolo^ e dirizzando un cerchio quanta
era lungo: e infomrnafapejfe levar le piante ^ non deW orto né del giardino ^
ma delle muraglie in fu' fogli. Venne agli oreccbj del mio maefiro Biliverti
quefia cofa : e come era fuo patente da canto di donne » con reverenza megli
dette i il quale viftomi innanzi con le pratiche t mi ritirò alle teoriche $ dicbia-^
randomi Euclide, cbe je fudavo % fé sbavigliawt Dio lo dicat contrario tanta
aUa mia natura quello Sudio, cbe con tutto fenti/fi li 6. libri ben tre volte , fem^,
pre quando potevo ( non conofcendo potermi fervire a nulla ) con pratiche mi
efer citavo. Andammo in Alemagnà Tanno lóxo.a^ 1$. Aprile: qui lafcio Utnar»
ratina fuperflua . Arrivati a Vienna » fummo ricevuti con apploufo grande , mzì
grandi ffimo. Aveva il Pieroni ter provvifione zoo. feudi ilmefe^ eavallo efer^
vo» cafa e ciò cbe faceva di bifogno: baSa dire^ cbe era Sol naf cento » aUa tardi
vi voglio. SubitOf fenza intervallo di tempo $ fu fedito in Ungheria 9 prima a
Altemburgbe, a Èaemburojhj a Bre/purgb, cioè Pojffonia > Cbiavorino e Comor .
Di tutte queSe Piazze jeci le mante : & egli vi fece le fortificazioni . Di Pof-^
fonia ( perchè ha una corona di monti $ che un^ domina r altro , e nel primo è
il Camello che domina la città con gli borghi) feci modellq di cjtra » dipiMo con
tutta accuratezza^ Tornammo alla corte di Vtenna: Sua Maejlà Cefirea vedda
confommo guSo idifegni: regalò il Pietoni di looo. pezze 0 rait tallari, e lo
fpedl
fpeH à Firéfgé . £d mefimém él modeffé t e h <9nghifi in M*ci mefi. In fueffa
mentri Ui tnètUna àimtti i SMth iiifèiict memoria ^ .Jf mé0 mano a dtfefe e
fir mezze lune , att^ trineiertp ferrar péfjfiper i^èndtrfi dà Beneìem Gahi^
( non fuiSà liettn Capannuceié ) e fi àifà ^nntui^ mefi n fatiche dì dì e de nane .
Fu cbiammo a Ratishnait Pkreni, il quate rifolvetie di (fuihdi arrivare per la
jàmìgiia é Firenze (pef^fìrop chejh la mia efaa ro'trìna ) • Andò^ pon^ fico il
modèlh è dijfgni f e me laf ah per affettarla . Alfuoriioma eHeiooo.rait
téOéuri di regale pet lafodhfaZUme dati » e deléifigno grande e modeBa di quella
gran ciitadaccia. Stetti dieci mefi appte£a il Pandotfiniy quel commettitore di
flette i padre deUe tante fanciulle /òpra la Zecca,, una -delle quali t)a per moglie
a tóou Pier Aitfitti &c.
Tlstni in cape a queffo tempé > e venne a propofito ; perchè il Principe di
Beleftain^ Duca di Fridhnt, meffè "mano a fortificare Praga per molte parti p
fentpre col f o/petto ieUe fcwrcrìe del Gaèor. %Jiia prima conAtffb feco la di--
letta fua tonforte^ una forelbtdi 20. anni {fina} cbiamata margherita ^ una
hamèina^ due ragazzi , tarlo e Prancefco , figli fita^ una ferva Romagnola p
(detta Giovanna, ttn fervitore cbiàmata Criftofano Tedefco> e la fua pronai
e quel che vale e tiene ^ condufiè Vincenzfo Bvccatci^ qaeBo^ che morì per la
guerra Barberina al Borgo a S^ 'Sepolcro^ Sorbente Magpmr per S. A. S/ira'^
ca, valenti e ^ir tuo/a faldato ; J^uì cifaftbbé dà fare un difcoffot, ibefdréite
ama commedia; pure toccberb i toBi principali fotamthte. UPiereni era reSaià
a Vienna malato , e a Praga mi aveva inviata tutta la progenie^ e generazione p
tome fé io fuffi.il ìe foriero . là mi trovava quello che VS- fentirdk dodici piat^
teOini diflàgno Jl ìngbilterra » e do£ci di tetra folamente fenza tingbil, una
guaina con aodici e dódici coltelli efòrcbettefatttin ^Umagnàp aWufb^ e due
€uccbiait e due dofio, che eran quattro . Il mio tétto a nolo > che fi pagava al*
€un reale il me fé i da federe vi era due panche attaccate al muro aWufa dvlàz
il quartiere era tutto famofh^ perchè era la cafa del Segretario maggiore f eie
ftanze della fegreteria^ le quali riufcivano fu là piazza del CafieDo, che ave^
Vano una linda i>eduta : fei tovagliolini ^ due tovaglie i e fra pentole e tegami
forfè altrettanti t e non altro, ^uamh là Signora Caterina 9 che così fi cbia^
9^tava t capeut tn cmpo^ 10 ero n aerja^no uc* futjoz m me jt faceva ra^v in ognf
cofa; io bufcavo il vitto '^ ia provveddi il da dormire al [olito nolo: tutte ri^
correvano a me% e fu tanta t ira y che prefero queUe benedette fignorcp che nove
mefi interi mai non. vollero for tir di cafa^ ni meno a Mefia .
finalmente arrivi il Pieronif come ho detto f tutto rovinato di finite e. di
èorfa, chefifentivan lamentazioni al pari della /étti mana santa i la mia per^
fona era condotta cotmedefimo veIfìto\ che avevo condotto {U Firenze p talmen^-
te rotto e aperto per tutte le parti , che cht mi vedeva , poneva mano alla limofi-
na . // Mafotti di Gallerìa l^igo del tutto •• che pia ? io mi ero condotto qttafi
tfuafi difperato t a non voler ufcir di cafa\ a fine di non far moHra al popolo t
di ciòcche io tenevo Jcopeirto quanto il vif0$ 4bfi pure obbliga la vergogna afa^
re 9 che non fi vegga.
• . - •
Si fegui'
ISACaO DEL "BIANCO. 317
iS# /iguìuvéHù Ufaftijkézimi é mtB ffijiié. h tfiSevo ài Mam* di S.
LÈfcmuì p il BécCMcio alla Vigm^ e il Picroni §r f^ ùt là inforno le mura^
a iovcfifacevan ridotH e mnze lane epaUfiaiie &c. E perchè aveva mak^ h
penavano infcggiola ; e ciòtperchifirfpettava m facce daUa Cavalleria del Ge^
kor » come /òpra ho àeuo .
Già cejsò la fertificezione % e tanto fi fa guanto hìfogna a deve vi ì poeti i
a più fi fa ad terrorem % che per chi ferva quello » ebe pfaa cofa alcuna : SUlà
rinforzarono le mie m^erie i perchè tornati all' ozio» perfo il divertimento % mi
ara forza fiere il dì tutto quanto a hSemmiaref fungere e fofpirare per con^
ver/azione . Ob che commina era quella ! ob quant' obbligo baii Signor Biagio at
queir accidente di mezza notte » che per aver dato la parola del sì $ li venne,
ebf f abito levato l^ ordine fu fono e libero, & io peggio dell* Afino , che da tanti
efempj ero avvertito 9 cafcare nel medefimo pantano i cbe fé non fujfe male,
•r ora con una corda mi vorrei ingiudare: e pur fi danne queSe cofe$ e pre-
iender poi titolo i Ingegnere, fé nonP bo faputo adoperere » né tenuto per me
medefimo . Ma laftiamo le dtgreffionì » perchè in quefia rimembrami j e arrir'
ve(fi a ricordarmi della feconda , farei /pedi to &c^
In un Jemplice parlare del Boccacci il Pieroni lo accomodò col lacere
Lietftaim Li dava 40. raiftoUerì il me fé, cafa . letto t tavola, e del bene va
n'era; io più cbe mai abbandonato e fole % non potendo f offrire più quella vita,
fuiprovvsjfo dalla fortuna.
Il Principe di Bolefiain, cbe fu poi Duca di Fridland, e Generalifiimo ,
cbe fu morto per Ribello: quell'uomo, cbe a" fuoi giorni fece impiccare più uo^
mini di quel che non ne fufiero nati in cent'anni : quello, cbe faceva tremare i .
campanili, non cbe le perfine i quello, cbe per benemerito dovere rotto lo Soe--
eo, morto il Re, e mefio in pace P Impero: quello, cbe nelfervizio di tenti an^^
ni, con tanta fede ha s* era acqui fiato nome di Generali/fimo , di povero Signore
e private faldato cb' egli era i fu miferamente morto da\fua ùià interni amici
( cosi vanno le grandezze del mondo ) e quel cbe è peggio t col nome di libello.
Ma cbe cicalo ì in cbe laberìnto fona entrato? V affetto è tale ver fi sì gran Si^
gnor e , cbe mi fa ufcire del proùofito ère.
S^ueHo Principe adunque faceva fabbricare una cafa per fé % e teneva gran
quantità di muratori, fiuccatori, legnaiuoli, e a tutta briglia fi tirava innanzi.
Vennegli penfiero di far di pittura :e dato bordine alfao Architetto , fui trova--
$0 e rkbieflo : accettai il partito : mi dava venti pezze il mefe , cafa » piatto , e
pagato ognifpefa per l(pitture$ e mille promeffe buone. Se quefia cofafufen^
tita dal Pieroni, VS to può crederei e fra P altre cofe diffe : lo, cbebo la filato in
eafa tua tma mia figliuola alla cura di tua madre , pegno così caro della perfi^
na mia , orafi abbia ajapere, che tu fia fuori di cafa mia ! Non farebbero man^
eate occafioni da tirarfi innanzi {fé aveffi tenuta oazienza ) e delle buone , buo^
nifiime, fenza precipitar fi così &c. In fimma fi dolfe in efiremo . lo dipinfi la
Cappella 9 lafianza delt Audienza , la quale poi fi rovinò per farla in altra par^
te, e quivi fecero non fo cbe altro acconcime . Era già finita la fila principale f
colla fiffitta tutta adorna difiutcbii vi era unofpazio, filvo il vero, 27. brac^
eia, e 16. largo. Mi commeffe Sua Eccellenza , ebe doveffi penjaie a quel cofa.
Gii ilfalaae era adama di arme e trofei di guerrap finti di fiacco . Il Pieroni
propofif
3 1 8 Deeemu ÌV. della Part. L delSec. V. dal 1 6^ o. al 1 6/^o.
propoftf chefifacefie dentro il Carro di Morte. Nefeei'ildifegnof epUeqtte^
in buom forma \ quonda il Sig. Principe $ che gli fi era levontado f* appetito ^ mi
eommejp: poneffi mano a qucBo. Non mi cofcò le braccia 9 percbè /lavano attac^
caie bene 1 e rifpofit che averci mcffo mano aOi fiudj 9 e che era èi/ogno almeno
due mefi avanti comincio(/i ; non ebbi finito a pena di dire due mefi^ cbe voltomà
il calo dijfc : Due mefi ? lech inich» VMfe. Non tardò un ora 9 cbe venne lo
Spezza 9 cbe così era il cafato dell' Architetto f e mi dette buona e pacifica li-'
tenza . Fui io il primo » cbe licenziato 9 non Uva fi 9 carcere » oando 9 ar-^
refto9 0 baronate M cbe era il meno 9 tanto mi amava*, e veramente 9 cbe i favo*
ri 9 cbe mi fece furono grandiffimi 9 come farebbe y il voler cbe io gli deffi da be^
re ben due volte: il farmi un dì federe mentre lavoravo: il dirmi cbe ero un
grand" uomo: un poco di male cbe ebbi mandarmi a vedere due volte il giorno , e-
fimili corteficy cbe non a tutti lejaceva.
Ecco Baccio fuori di cafa il Principe $ fenza un quattrino > fuori di cafa
il Pieronip lontano dalla propria 800. miglia 9 e chiama /è puoi. Mi diedi «
dipignere. Un Fra Luca delli Calzati di S. Fr ance fio 9 mi diede a dipignere al^
cune Lunette per un Claufiroy della vita di S- Fr ance fio : Betti così alt appoggio^
ne circa tanno , fuggendo fempre la vi Sa del Principe t acciò non mi aoeffi a pi^
gliare a urto . Rifolvei di arrivare a Vienna » e far capo alla fortuna • // Signo--
re Aitovi tip cbe allora era Re fidente perS. tA. S. e Imbafciadorcp mi rifpo/e^
cbe mentre non tornavo col Pi croni » non voleva f opere nuUa del fatto mio . Dio
ve io remuneri fimpre . Jl Conte Ernefio MontecuccoU ilfimile: il Capitano Pietro
bagolo Fior ioni 9 cbe allora Jaceva nuova fortificazione di Vienna 9 ilmedefimo:
ficcbè erano tutti congiurati ^ cbe torna ffi col Pieroni; ma io pia toSo averci eletta
di falir la fiala deUe forche 9 cbe far tal rifoluzime . Tornai a Vraga^ e coni-
favori delli Signori Mìfferoni e Pandoìfini mi andavo trattenendo ; quando ti
Settembre una mono di Milane fi. Muratori^ Stuccatori, Spazzacammini 9 Cuo^
obi 9 e in fomma fimil genia del Lago Major fi erano pò fii al^ ordine per andare
a cafa in Italia i e configliato dalli amici mi rifolvetti ondare a Milano 9 e qui--
vi vedcì-e fi fotta il Duca di Feria potevo bufcar fortuna\ e per arrivare a quefio
fine i Miproni giojeUief^i di SuaMaeftà, cbe lavoravano va fi di diafpri e gioje ^
mi diedero un orivolo, cbe andava al detto Duca: raccomandand9mi in Milana
al Signor Gafpero Mijfèroni 9 loro parente fir etto , Mi accompagnai con gli detti $
ed il viaggio filo la farebbe Supire , ridere e piangere 9 di vedere un povero
Baccio da tante parti maltrattato dalla fortuna , e pò fio fitto la fua maladetta
ruota 9 afigno che poco mancò t cbe tutti in converfazione non fuffimo mart iriz^
zati : altra volta voglio inviargli la relazione .
Arrivai a MìImo in capo a 40. anni 9 anzi giorni , tutto maltrattato 9 e do'^
pò molti accidenti poco mancò , cbe non mi morijfi di fame . Detti f orivolo al
D oca 9 0 ne ebbi un bel ringrazio . Ffpofi in memoriale il mio concetto » andarne
tuo d" oggi in domani r egli marciò in campagna » (^ io rima fi con quei cofi in
mano . Mi diedi a conofiere atti Procaccini 9 Giulio Ce fari e Cammillo Pittori >
a un tal David » al Morahzone ; e tutti mi diedero a Prancefio Calvi , uomo
facultofo e pittore 9 quale teneva dozzina di giovani i e quivi ftampavo quadri
a diflefa9 per fpazio di dieci mefi. Ecco F altra traverfia9 che quando fta%>o be^
m 90 viv€f2o con fomma libertà 9 godendo i dì mieipià.giovanÌ9duo Preti Teatini 9^
Focofi^
BACCIO DET BIANCO. 519
FéCoJSf Bocthìnerlf mi ajfalirom n^Jlambif e fu forza ohedirgU^ tornare a ^^
renze alla cafa , al peniolsBù » al babba e mamma . Tomai $ aperfifiafnay in/ègna^ «
va fonificazione y profpemva, architettura f dìfegn»e% dipignere^ e iiravo in^
manti alia migliore » ^ ebbi qualche [colare di confider azione » che poi bann»
fitto riufcita al Sereni ffimo fervizio ^ cbtper ejfere cofefeguite coftò le tralafcio^
Giunco adunque alla patria, come accenno egli medefimo in detct
fua lettera f aperfe pubblica fcuola di profpectiva» e di civile e militare
architettura. Vincenzio Viviani» il celebre Matematico, ultimo e favo*
riciilimo difcepolo del Galileo , volle da eflfo fentire Profpettiva; il cho
fecero pure il Dottore Giovambatifta Cini, il Cavaliere da Verrazzano^
che poi fu Soprintendente delia Religione di Santo Stefano , Jacopo Chit«
viUelH, Agnolo Gori, il Furino e Andrea Siceri pittori : e neiP Architet-
tura il Pieratti fcultore, il Maftro di Campo Dionigi Guerrini e altri mol-
ti • Non lafciava per quello di attendere alla pittura^ dipignendo a frefco
e a olio, quantunque fuo valore non rifplendefle principalmente in tal
facoltà, ma egli giovane di alca e compleflTa ftatura, affabile, maniero-*
fo e faceto ; che però tucta la Nobiltà Fiorentina faceva a gara per farla
qualcofa operare , ciafcheduno in propria cafa • Dipinfe in cafa i Marcheii
Guadagni dietro alla Nonziata, in una Villa del Marchefe Cori!, in cadi
Michelagnolo Buonarruoti il giovane, in cafa Pucci» Galli, Gianni e al*
tri molci^. Per laChiefa di Badia colori a olio la figura del San Giovanni»
che è apprefTo all'Organo, dove dalla ^rte oppofta fece il Furino il Saa
Michele Arcangelo. Si valfero di lui i Sereniilimi Principi Gio. Carlo»
poi Cardinale, Mattìas e Leopoldo, da' quali tutti ebbe onorate provvi-
iioni . Per Io Principe Gio. Carlo operò nella Villa di Mezzomonte , in-
fieme con Giovanni da San Giovanni: per la ftefla Screnillima cafa fece di^
fegni per argenterie, flipi , criftalli, e per belliffimi Reliquiar}, che da
quelle Altezze fi mandavano a donar fuori . Ordinò i mufalci , che ii fece^
IO nella grotta del Palazzo de' Pitti dov' è la fonte: e in divedi tempi fe«
ce afiai cartoni per le tappezerie del Serenifiimo Gninduca Ferdinando»
Circa all'anno 1642. volle lo-fiefTo Sereniffimo far ritrarre al naturale, col*
Tajuto di un grande e perfetto occhiale del Galileo, il gran Pianeta detta
Luna; e diedene l' incumbenza ad alcuni fpiritofi pittori; e non dovea l' uno
vedere l'operazione dell* altro: non fo io per qual fine dell'alto intelletto
di quel gran Principe ; fé non fofle ftato in parte per vedere , come ciafche-
duno di loro in proporzione grande aveflemtefe quelle maravigliofemac*
chic, per mag'^iore ili&ftrazione fe con&rma delle veritadi, fcoperte per .
mezzo di quel nobile ftrumento. Uno di coftoro fu Baccio del Bianco»
che ii portò bene; ed io mi abbattei alcuna volta in compagnia di amici a
vedervclo fopra operare . Valfe ancora alTaiflimoe fu molto adoperato nel*
l'ordinare apparati di (^arantore e di Fede. Neil' inventare abiti capric*
cio/i per commedie» baltetti, gioftre e barriere, come anche in ogni torta
di macchine e profpetcive .* le quali invenzioni difegnava di pennate acque-
relli coloriti, con gran facilità e bìezarria^* E benché tali difegni fiano, co-
me noi fogliamo dire» aggrottefcati e ammanierati molto» non iafciano
concucr
/
320 Btcem. 1f^.deltà?arÈ.ldelSe4.V.dah6io.dli6^o.
cofatttctociò di far bellt mottrt * per U vi^iciti e [pirico d6llo figvre» • per
k varietà e novità de' concetti di abiti t di berrette, di calzari» di accon-
ciature , armature e (imilt » che è in fuftansa tutto quello» che fi ricerca ne'
dtfegni, fatti folamente per quel fine; vedendofene luoltilfimi fatti dall'in*
i^ne pittore Lodovico Cigoli» che toltane una certa maggior franchezza
di tocco, vanno ancora em per la medefima ftrada. Quello però» in cho
Baccio del Bianco fu eccellente » e forfè anche (ingoiare» iti materia di fi*
gure» fu l'inventare e toccar di penna ftoriecte piacevoli» caramogi e ri-
tratti di perfone con difegno caricato , in genere di che gli fov^venivano
cofe da fare altrui morir dalle rifa. Si trovò più volte in cafa di Cavalieri
fiioi amici in occafione di conviti» ove bencfpeflb era chiamato a cagiono
del fuo bello e piacevoIiiTimo fpirito, a rapprefentare in caru il convito e
k perfone» caricando i volti di ciafcuno de' Cavalieri e delie Dame in mo*
doi che tutti fi rendevano ridicolofi quanto mai dir fi poteflè» e contuu
cociò fi riconofcevano per quei ch'egli erano . Le ftorie de' caramogi fece*
egli io atti e getti sì nuovi e sì bizzarri» che non è chi abbia veduto an*
Cora cofa fimile. Aveva familiarità con un Gentiluomo Fiorentino» Ca-
nonico della Cattedrale» Quefti volle un invenzione di fua mano; e per-
chè era il Canonico di flatura grande e (bverchiamcnte afciutto; e ali' in-
contro Baccio era alto e compieflb» volle fcherzare fopra la propria perfooa
e dell' amico, e fecegli la battaglia de'Graflì e de' Magri, tocca di penna
con gran vivezza e fpirito» con bizzarrie e capricci» arie di tede • azioni»
e caricature tanto giufie» che non è poUibile il formarne concetto a chi
non le vede . Stette gran tempo col Sereniffimo Principe Don Lorenzo
nella fua Villa di Cafiello: fecevi cofe belle e curiofe in tal genere» e col-
la fua dolce converfazione fu 1' allegrezza di quella corte . Il Marchefe
Pier Francefco Vitelli, Capitano della Guardia a piede de' Tedefchi del Se-
reniflimo Granduca» ha di fua mano dife^ni, in quefto ftile ridicolofo, bel«
liflimi» tutti a penna : e chi quette cofe (crive» conferva due quadretti a
olio , coloriti ai gran forza» dove fono due ftorie di Caramogi; e alcuni
che intorno ad una fornace da bicchieri » in rìdicolofe proporzioni e atti-
tudini, formano diverfi vafi; ed altri in atto di tagliare e cucire fcarpe»
tutti fatti di gran gufto. In altre occafioni poi del converfare eh' e' ^ce
Tempre colla prima nobiltà» diiegnò eritrafiie con quei fuoi colpi caricati»
e Cavalieri e Dame» con che fu il foilazzo delle converfazioni del fuo tem-
po . Ma per migliore intelligenza del lettore , mi piace ora di dire in que-
llo luogo alcuna cofa di quello • che fignifìchi quefto caricare» e che fiano
quefti colpi caricati .- invenzione bizzjrriffima» che dicono i Boi ognefi tro-
vata da Annibale Caracci; febbene io fo che ufofli talora in Firenze fino
del 1480. tornatafi poi a praticare dal Caracci e da quei di fua fcuola e da
altri pittori . Caricare e {caricare, iiccome io ho accennato nel aiio Voca-
bolario del Difegno» dicefi ad un modo di far ritratti, quanto fipuòfomi-
gliantt al tutto della perfona ritratta » ma però ( afia per giuoco o per
ifcherno) talora aggravando o crefcendo i difetti delle parti imitate fpro-
porzionatamenre; talmentechè nei tutto apparifcano efiere efli » e nelle
parti fiano alquanto variati. Sopra di che i necefiTario far refleffione^ che
ogni
BACCIO DEL BIANCO. 321
•gni atfiHr]itdahttiiriefluttfiro|«it,.o^
gveda^ognidno: ecniclicaiino Jia nel Toko ie fiefle pvcj in nuaiera,
nome e qualità» oui le ha altresì in qualclie parte diverte da quelle di ogni
altro . Imoltre è da làpece» che fiafi pure una faccia bella qnanto ella fi vqn
glia» e ben proporzionata ai poiEbile , gran fatto farà » che «ila in alcuna
pane ( fé non è difettofa } almeno non inclini a qualche difetto o di fcai:«
tb o di troppo : e dato anche che ella fia in ogni (uà parte fenaa difetto ,
ella avrà iempre in fé alcuna cofii, che farà T effetto contrario a quel dio
farebbe la deformità o fproporzione delle medefime parti ; cioè dove quella
farà efprefla cagione di rozzezza d'afpetto»queft a il farà di gentilezaa: do**
ve quella di malinconia* quella d' ilarità, eakre a quelle fimiglianti cofe i
Entra qui ora lo fpiritofo pittore» al cui perfpicace intelletto ubbidifea
perfettamente la mano: e in primo luogo conofce nonfolo quali fianoi
difetti di quel volto > e la igraziataggine di ogni parte; ma anche ne i pnk
bei volti j quale è quel difetto» al quale pare che inclini qualche parte del
propofto volto I per renderlo tanto o quantodeforme e rìdicolofo : e quel
che è più» confiderà e conofce ancora he i belliffimi volti, quali fon quelle
^arti , che in effi fon propria cagione di grazia o di bellezza : e coir aggravarvi
ibprà la mano net fuo difegno, fenza difcoftarfi in uni vet(àle dall' imitazio*
ne di quel eh* e' vede » ma lèguitando fèmpre l' intenzione della natura» o
dan^Ot per così dire , adempimento e perfezione air intento di effa » fa sì»
che il brutto nella fua propria bruttezza diventi fenza paragone più brut*
to : e 'i bello e graziofo^ con efler troppo, diventi brutto e fsraziato; mt
per ^ fempre tanto fimile al vero» che nei tutto apparifca Tefiigie della perfona
ritratta: e per confeguenza non fiano anche interamente diffimili le parti:
ope^a in vero» che è propria di cervelli tagliati a tal mifura folamente» t
nonrdi tutti; perchè uafi pur un artefice pratico quanto può, non arrive*
rà m ai a fare in quello genere cofe ingegnofe, e che muovano a rifo , ie non
ha da natura un tale fpirito: e veramente Baccio in quello fu Angolare ;
Difesnù ancora paefi di penna eccellentiflimamente : e già maeftro, noli
ricuuva di andare la mattina a buon óra, fuor delle porte di Firenze» e
difegnare fopra un fuo piccolo librettino, vedute al naturale: ed io in mia
fanciullezza ebbi fortuna di trovarmi con eflb , infieme con un nobile o
molto virtuòfo giovanetto (a)^ che oggi più non vive , in fimili diverti«
menti, e di efercitarmi alla tua prefenza in tale Audio. Ebbe anche quefto
artefìce, in aggiunta alle fue molte abilitadi» un ottima voce per la parte
di cantare da tenore»* onde aveva fatto buona pratica nella muficai nel
contrappunto, nel fonar di tafli, e llrumenti di fiato.
Quando 1^ anno 1637. fi fece nel Palazzo de' Pitti la gran commedia
delle Nozze dell! Dei, compofizione dell'Abate Coppola, per celebrare lo
feliciflime Nozze del Sereniamo Granduca Ferdinando IL colla Serenifli»
&)a Granduchefla Vittoria della Rovere, non folo fu egli adoperato infie-
nie con Alfonfo Parigi nelP inventare e ordinare le profpettive e macchi-
ne, con che furoh rapprefentati voli maravfgliofi, ed altre belle apparen-
X ze;
rtM
( a ) Sigeor Ciovambafifta del Signor Cofimo lavi
fi/z. Decenti. JK Ma P art, h delSec. V. ddi^i ©• al 1 540;
ze } ma volle anche il Granduca •. che egli vi recitaffeia Tua/pwttt t ìà
tutto diede canta foddisfazione , cheiinite quelle Fieile» correndo ancoralo
fleflb a nno 163 7 ebbe una molto onorata prò vvilione» colla carica d'Ingegnere
del Magiftrato della Parte . Ma giacché della Commedia fattali per le Nozze ci
fiamo portati a parlare , è da notarli « che prima dell'anno \6i6* quando
fé ne incominciarono a tenere i tratcati» fovvenne al noftro Baccio un cpn«
^tto di poterfi ordinare le profpettive e macchine della medelima» per mo*-
dOt che al comparir della gente nel gcan Cortile de' Pitti, ov'ella doyea
rapprefentarfì, non appari(fe altro aflegnamento di fcena, che di ^une
poche abetelle o fiìli che dir vogliamo, fermi per lo ritto, a cui quelle rac-.
comandar fi doveflero , per tirar poi una gran tenda , e far sì , che in breva
ora e palco e fcena, ed ogni altra gran macchina fi vedefle quafi non po-
lla, ma nata al luogo fuo, con eftremo ftupore de*circo(tantì . Al che fìtre^
avealo reia animofo un* apertura ( ch'era allora ih faccia di eflb cortile ^
ove oggi è la fonte ) atta a maneggiarvi^ un mazzacavallo , col quale , e eoa
poco più faceva penfiero di portar l'opera al fine. Fece di tutto un dili-
gente modello; e poi per meglio aflicurarft fi portò dall* infignilTimo Gali--
leo Galilei , (lato ino maeftro , e tale fuo penuero gli conferi . 11 Galileo »
che era uomo faceto, ad avea con eflb grande autorità > ridendoti del pen-
fiero difle: Baccio, quella farà una belk cofa; ma io mi perfuado, che ti»
dU)ia già alleftito qualche ftregone , che la conduca come ta vorrefti . Bac-
cio gh foggiunfe averne fatto un modello, fopra^l quale egli averebbe
difcorfo» mentre ei fé ne fofle contentato . Accettò il Galileo, e fopra cer^
te operazioni degli ordinghi e inftrumenti fece a Baccio alcune interroga^
zìoni ed oppofizioni per meglio capirne il vero; e finalmente fi rettafi colla
deflra mano la barba (atto lolico uio quand* e' voleva pronunziar qualche
fuo concetto in converfazione piacevole e familiare) in tal guifa parlò;
Baccio, tu ai fatta una bella cofa, e l'ai ridotta a tal facilità, e con sì po-^
co, che fé la mia fante vi avefle penfato, come Vai penfato tu» io credo
ch'ella l'avrebbe fatta anche lei ; ma tu vi ai penfato r e lei nò. Or perchè
ià eranfi per queil' all'are dati molti ordini» e fatti gran preparamenti, il
el concetto del noftro artefice non ebbe effetto.
Dicemmo di fopra, che Baccio fu in eminente grado manierofo , afia*
l)ile e faceto : ed in vero a chi voleflef cri vere le graziofe fue burle, e detti acuti
e piacevoli, anzi ridicolofìifimi concetti , che dava fuori airoccafione,bifo'
gnerebbe mctterfia farne un libro intero ; onde io trak£cio di trattare a lungo
si latta maceria: e folamente porterò in quello luogo alcuni fuoi detti (cher-
zofi , che fanno a proposto dell'opere di fua profelllone, con poco altro più •
Aveva egli, a concorrenza di molti valentuomini architetti, ftati avanti a lui
€ ne'fuoi tempi, fatto un modello per la facciata, che dovea rifarii aliano*
Ara Cattedrale: eavevalo mandato a Palazzo, ove fimilmeute erano gli altri ,
alle danze del Granduca : ed occorfe , che queirAltezza un giorno fecelo chia*
mare , e tutti infieme i modelli volle confiderare alla prefenza di luì; poi
.volto a Eaccio gli domandò, quale di tutti più gli piacene . À quefto rifpo^
fc Baccio, fenza punto penfare: Il mio, SerenilCmo, mi piace più di tutti:
« non creda V. À.. che fé non mi fofle piaciuto il mio concetto più di
quello
I
«««#•»«•
9 ACCIO "DEL BIANCO. ìif
quello degli altri, io Pavefli fatto a quel modo; coi) che grasiofamento
finffendo dt efaltar Te fteflb, volle moftrare, quanto fia grande la cecità di
noflro intelletto in dar giudizio delle proprie operazioni . Soleva dire » cho
quel^QTohitetto f a cui chiudendo gli occhj » e dando alauanto fopra di fé» '
non: badava V animo di fare una fabbrica nel fuo cervello con tutte le fua-
nec^arie* qualitadi » e di proporzioni e di lumi, e di falite e di ornati, ed
cgni altra, non occorreva che fi cimentale a far difegni e modelli, perchè'
averebbegll infegnato l'efperienza di dover fare e disfare, e poi di dar loro
fine, come fi poteva il meglio » ma non già bene . Perciò quegli , che nel«»
le converfazioni e ne i divertimenti era il più allegro, il più difinvolto
e*l piìi vivace di ogni altro; neir applicare poi a cofe di quefi'arte era
fifib a gran fegno: e molto difpiacevagli il fentire cicalamenti e rumori ;^
e fra li molti cafi, peraltro bizzarri e ridicolofi, che avvennero, i quali;
io taccio per lo migliore, fu il fegaente. Stava egli un giorno di fiate,
nell'ora appunto del ripofo dopo il definare , attentamente applicato a non-
io quale luo (ludio , mentre più giovani titolati cavalieri , che abitavano
50C0 lungi da cafa fua nella flefla contrada , avéan dato principio con gran,
e firepico al giuoco della palla. Con quefti aveva egli per altro gran fa^
miliarità, ficcomecol rimanente della più fiorita nobiltà Fiorentina, a ca»
gione delia fua virtù, e della bella e tanto converfabile fua maniera.
Sopportato ch'egli ebbe per un poco quel gran rumore» vedendo final"*
mente di non poter per caufa di quello tirare avanti il fuo lavoro, afiac-»
ciofii alla fineftra, e cheto cheto ftava afpettando, che alcun di loro guar^
dalle in fu; quando egli avvenne, eh* e* fu veduto da uno di loro, che
con vifo giulivo ^li domandò quel che facefle a oueirora alla finefira. Io
flava a vedere , rifpofe Baccio , fé il Diavolo fi fofiTe rlfi)luto una volta a
portarvi via quanti voi fiete: eche vorrefti voi mai, che vorrefti? e tutta^^
via replicava quejQta parola , che vorrefti voi ? Vi dirò quel che io vorrei»
jrifpote il Cavaliere: io vorrei mandar quefta palla tanto in giù, che ella
paUaflè la guadagnata , eh' è prefiTo a quella fogna , che voi colaggiù veden-
te.. E quei dalla parte di fotto, che vorrebbero eglino? difle Baccio . Quei
di (otto, f<^giunfe il Cavaliere «vorrebbero fpignere la medefima palla
santo in fu^ ch'ella paflafie quefta panca, che è qui poco dopo al pallacoja
o tetto che dir vogliamo . O che venga la rabbia a voi e a loro, difle Bac-
cio: e perchè non pigliate voi una palla per uno, e quei di laggiù la
mandino dopo la panca, e voi di quafsù palTatà la fogna, e così ^reto
tutti a voftro modo , e vi leverete di qui, in tanta malora, dal fracaifarmi
il cervello,. come, voi fate nel tempo appunto , che cento cervelli mi ab-
bìfognerebbero per badare a i fatti miei . Fu anche inventore di alcuni
fclierzettii ridicolofi, de'qiiali (i valeva in converfazione di giovanetti e di
femplioi femminelle, e talvolta ancora, di perfone provette, la fera a ver-
gili o. nèlP ore dijricreazioiie . Tali furono certi ch\ei chiamava indovinelli ,
^hedifficilcò&è^a.defcrivergli. Pigliava* penna e carta, edifegnava alcu-
ne coferelle, come farebbe a dire, una gamba alzata di un uomo cammi-
xiantei col refto della perfona tìnta coperta ed'occupata da una muraglia;
talvolta una mano r in atto di operare non fo che» di perfona che fta dopo
X a un can*
324. I^ff^ff^^ i^- ^^^ ParìldeiSec.V* M 1 65 o. ai 1 640.
un canto, né fi vede di lui tlcro the il braccio e la nano operante » e ctn^
to altre cofe sì fatte: e voleva che altri indovinafle che fofl^ro» e checo*
fa fkceflero quelle figure . E perchè non era poflibile » che ft^uno/dede nel
fegno» effo poi ne fiiceva la dichiarazione» applic^hdol» talvolta e i^eu*.
Tolémente a qucfta o a queiraltra perfona ; e facevavi fii ttnto com^o ,:6
ai graziofe cole diceva e così varie » che faceva altrui dar nelle^ rifii a gran
fegno. Anche inventò certi traQulli» de' quali toltad P in venutone da
certi FranSBcfi > fé ne fecero poi infiniti : e pongati in Italia ed in Firenze gU
faòevano pagare a eran prezzi . Ciò fu un cerco ritrattino fopra talco, di
forma ovata o quadra »rapprefentantef perefempio, una vaga £ainciuUetta».
teda con bufto » che poi fa vedere veflita a tutte le foggie > e accomodata
di tefta a tutte Tufanze» talora in abito di femmina, talora di mafcbio:
or civile, or plebeo: or (ecolare, or rtligiofo: ora abbigliata » or pura,
fecondo i diverti altri ritratti» pure in talco, che fi pobn fopra il primo
ritrattino» tutti però fenza volto, e con tanta apertura in quella parfe,
quanta abbifogna, acciò poflii per efla apparire il primo volto. Invenzio^
iie ordinaria, è vero ; ma noi veggiamo per efperìenza, che ogni viliffima
vivanda piace a Tuo luogo e tempo ; ed avuto riguardo alle perfone per
cui deve fervire , è utile, e talvolta anche neceflària; ie 1' eflcrne Baccio
ftato primo inventore, non dee rimanere in lui lènza lode. Inventò an*
Cora una certa piegatura di lettera, nella quale potea altri fcrivere ogni
fuo più cupofegreto, e poi mandarla per le mani di ognuno aperta , |>er«>
ohe non erajpombile il raccapezzarne un periodo intero , fé non a chi la
piegatura (leda era nota, mediante la quale Tuno coli* altro periodo accop*
piandofi > venivaii a legger tutta. Invenzione, che quafi corrifpottde a
Juanto fi ha da Gellio [a] nelle Veglie Attiche, intorno alla Scitale de^
«acedemoni , che era una certa mazza , che con alcune piegature intomo
di quojo avvolto , faceva 1* ufizio di lettera fegreta : e ciò facevano in que-
fio modo. Ne davano una al Capitano, che andava alla guerra < un'altra
in tutto fimile fi ferbavano per loro, e poi fé alcuna co(a di fegreto occor*
reva, fcrivevano ciò che pareva loro in fottìi quojo, adattandolo alla maz-
M , e quello tagliato in pezzi minutiffimi , mandavano al Capitano^ ^qua-
le avvoltolo alla fua mazza, venendo le lettere ad unirfi, veniva altresì for*
nata l'epiftola, la quafe bene poteva leggere a fuo talento.
Tornando ora al filo dell' ifioria, diremo: come era venuto l'.an«
no 1(41. quando occoriero le turbolenze della guerra in Tofcana ; onde
a Baccio » riconofciuto per quel grand' uomo eh' egli era in coièd'ing^no
in iìmili occafioni, furon date incumbenze grandi, nelle quali ciòx^egli
òccorfe di fare, meglio fari, chefentiamo da lui medefimo • laddove in il*
ira parte della lettera fcritta ai Marmi cosi ragiona. Ma andiMtm mninzl
tti iornare àddiaro due anni e mezzo . I9 mi trovai a Edemiargb quamìkft^
ponò F Impef^itice , chi era DMbéJfa di Mantova, Refina d^ ihigberia , dna
còncoffe itiitù iJ mondo $ e di Saldasi e di Cavalieri^' dico fnefio permfirare\
€be bò veduti pia di vtmicinqaemila tavalU: e at fieurof diceva circa afefiw--
-' ^amita^
M ■■ fu ■■ iicwi ^mmmtmmmm \ w ' \ I 'il
[ a ] Aat Ladu iib. 1 7. cap. ^.
BACCIO DEL BIANCO. $2s
tÉmltèpirjint; perchè oUrtMU^B/ertit^ Imperiale, era» emer fi tutti i Gremii^
Tornmm era elmÌQ Mfierfi .
MadMté Serenifima aif. m. prepafio délSig. Jacopo Giraidi ^m^ inviéve 4
Livorno 9 per alfiere a ^ueUa fabbrica come, ingegnere ^ cbeaìhre non c'era cba
il Camoffiliina . Mi cbiejePA. S. che gli moSra^ qualche difegno ; lafapplicÀ
mi comandaffe % che faeejffS alcuna cofax e in fimma mi efibii a fare un anno di
novizinto per acquiSarla fervitià , e acquifiarmi il pane . Ma la perder fa ma
fortuna fece tornare £ Alemagna il il quale coma
aveva paglia in éecco » mi ricusò per inabile , Bante P eJler giovane . come fé ne $
peli bianchi fieffe lofpiritoi folito d^ HiniSroni. il non ammettere qucUo, che
oion dipende da loro i jSccbèJiiorrei i bracchi. Il Cambia fu a mio gufi o 9 perchè
fra pochi mefi venne il CantagaUinà » che Dio tenga nel cielo, e fu pofto meri-^
tameme alla/anta carica^, al quale io prrfefio Qfbligbi particolari: e la Sima^
§be facevo di lui eragran£ffima^ perchè certo era gran foggeno ; uomo^ che con
poche parole efplicava il /ho concetto: Sfegnava benct e con intelligenza 9 udor-^
mando /èmpre gU fuoi dimorfi e ragioni ^ con lafuu Soria$ .0 morale 0 cors^fex Lat. #r-
infomma uomo, che era fatto con muchos anos-» e Sudio maggiore. Dio Ptlh bmam ^
bia nel Cielo » e lo remuneri dette f uè fatiche. QSf^ pafsòf Sìg. Biagio % creda icpidam.
fiijfe tanno 26. 9 2 7. fglvo il vero . Aia andiamo alla guerra .
Chi piti di iM nella guerra Papalina ^ 0 Barberino Ji affaticò, rifià la pelle ^
e da gran tempo, conilMarchefeS. Angelo di felicijfima memoria . atta vi figa di
Prato e Piflojai là dove ordinai r a firmili ^ parapetti e altre difefe; che per nom
potere afi fiere per tutto % lajciavo chi di mio ordine affifievav e a Ti0oja ilSig^
Murche/à Capponi vi tenne il Verdoni^ ajuto di Camera del Sereniamo Prin^
€ipe Leopoldo . Però , dopo avere io ordinato e pò So i raffretti 9 e ordinata altra
co fé» atto Montagna io fola tutta la fcorfi, e ordinai difefe » e quanto era necef^
fàrioiM quale fu tutto approvato dal Sereniamo Padrone dei March. S. Angelo
che fé fi faceva quanto io wevo propofio » non dubito 9 che fuffe paffato nò Vom
lenze 9 9^ il mede^mo Demonio .
Di quivi girai fino atti pefii del MugoQo, come Cafiettif Vingone, Scar^
perla, a dove poi Bette il Garg lotti, il paffodi Patazzuolo p di Ronta e di Mar?
radit rivedendo tutti quel fcofcefi balzi « paffi a uno a una : e da Marradlfina
ai tonfino. ModlgHanafu da me fortificata e refa aQòi ficura da [correrle i Ca^
Jlrocaro lljhnilet Goleata, Duadola, la Rocca % S.Piero, "Bagno 9 fino atta Pieve
m S. Stefano: e prima tutte le vie del ^fio-di SréonCf Sefiino &c. Andai a
€hreft7^la % e la reflaaral ; che poi vi lafciai il Cam ano Laudi f al tempo che
vi era Commifiario il Cavaliere Br^mdolini . Di qc(ivi pafial per li fentleri a
Brade incognite ^ fine att' Alpe al pajfo di Palazzuolo^ come ho detto /opra. Da
Bagno poi arrii>ai, come ho detto, atta Pieve : e di quivi a Cortona e Cafiiglia^
nei e per tutto ordinai t e fscl relazioni. Al Borgo di S. Sepolcro fietti buon
pezzo a quella fortificatone : e quanto propofir fu approvato dal Sereniamo Pof^
érone per buono ; e affifiel fino alla venuta del Cantagmlma • Alle Chiane f a Puh
fono ordinai ripari e refkrcimenti e difefe . A Angbiari ordinai ri pori e re farcir
menti di mura % fino che il Gantagallina meffe pol^mano a un ha filone nttovo , che
ferra il Cafletto . A Momercbi ordlnol quanto fi fece , che vi fu Capitano il Me^
legar i Gemvefiy che poi lo mo/chettarono in Atezzo^- Diogfi peroni . £da
X j Monter-
^26 Decenn.W. della Parf. LJelSecK dali6$o. ali6^o.
àbmercki tutta la Valle del VingaWf o come Jlcbiémat firn al Palaz;^ del Pam
ra^ con aver fatto di/ègni di tutte le Brade, vie e luoghi da farfi forti p che vi
frano, fino a Caftiglitmt . E non filo feci tutte quefie giravolte , ma le rifeci ne*
maggiori pericoli, che finoildìaeUa paffata a Pifioja del Sorgente Generale Ot'
taviano Rica/òli , andai alla vifita delle Montagne di Pifiojai che con effofu an^
tara il Capitano, Guerrini: efempre che fi trattò de miei Rapporti e Relazioni f
autti furono approvati per buoni, teftimonj tanti, che fi trovarono &c. Alla ri^
prefa della Sambuca, rimatovi a guardia il Capitano Conti, andai a afikuroT'
ia, mandato i e quanto propofi fi fece in parte i ficcome una terre allafirada di
Praccbia, che guarda li due Rii, cbe fi congiungono % il Reno e la che
refijtrono impetfette , perchè ne venne la pace t e buona motte .
Al pajjo delFAlpe di Cutigliano , a dove confina colBolognefe lo Stato delSe^
reniffimo , feci un fme di faffi. Ugni e terra » e meffi le guardie &c. E che può far,
pia un Ingegnere di guerra^ Mi Ara chi non ha caro del mio bene^ cheia non fon
/agnato ^ una ferita nel capo, una mojcbettata tn un braccio, una gamba meno,
€ certe delizie fimili di guerra ì ma quefio deriva , che t occafione ha voluto così ,
r ne remh grazie a S. D. M* femore eternamente. E chi mi teneva , fé a quella
Barberina guerra aveffit in quelle faccende , fupplieatola di un tiiolo di Capita-
no 9 che non P aveffi ottenuto ì O Dio ! che fino i tintori , con le mani e unghia
etere, veMfventolare Bandiere, e porti titolo di. Capitano taluna 9 che non aveva^
veduto, che cofa fuffè picea . Ni furono i danari tampoco caufa di ciò; parchi vi
€rano di quelli, cbe avevano l* augufta non fenza la fame. Mi trovai a Citernu
atlPaffcdiOf dove era il Bazzicalugbe il vecchio: mi trovai alla prefa di S.Giu^
fimo, di Celle, e fé non fi ebbe a finire ^ fortuna ì Perchè Dio nonvolfe , e fi
pofe dimezzo : e come gli altri mi ritrovai come un Paladino: e pure il Co^
auandante Strozzi i quel faldato cbe fi fa ; ma Signor Biagio » quando non fi
fa e fi cerca di fare » ifegno , che chi è di [opra e governa il mondo , non vuole •
Signor Biagio , iofono Satofempre corto [dicon quìi i Casigliani ] cioi cheto ^
taciturno, e mifom dato a intendere, che ^io m^ abbia a inviare il corboi mg
tome non fon S. Paolo , ni ho 40. anni di di f erto, mi muojo di fame . Ora non
Srà cosìf percbi mi par con queSa predica aver fatto una Rofacciata 0 cantami
bancata firaor dinar ia . ^iUtopo mi morrei Sfarne in una gerla di pane, cbe di^
re: ignare, iofono il tale, quello feci , queir altro di0i. Senta quefta . J^uan^
ido cofià avevafianza, dove aspignevo a tutto paSo^ ebbi occafionix e le maggia^
ri le difpenfai a quanti amici avevo. Fra t altre in cafa il QaÙi% fé nìolevo,
potevo aver quadri e da loMf&re 20. anni , che per fua cortefia fo che me gli
sverebbe dati; contunocib lo dichino $ medefimi vivi, cbe a tutti ne difpenfai ,
£ COSÌ degli altri. Bafia io fon qui, ni devo dolermi deUafartunB', percbi ha
fiùf che non merito; ma fé per ripofo il Sereni ffinio Granduca, giacchi mi fa
4anta mercede, e mi ha fatto fempre , mi iUffi tal carica ,' morrei contento . Ha
or alaf ciato, che il fervizio della Parte è fiato feguitato da me molt' anni com
quella fodisf azione ^c. benebi ne abbia avuto quei difguffi, che fi fanno: e
brutto il percbi non fi fa • ni mai nelle liti mi affacciai a cofa alcuna sporchi non
wi pareva dover difendermi di quello non avevo cammeffo *
Accomodate poi che furono le cp/e , fé ne tornò a' Tuoi ufizj della città.
-Aveva egli j&ao «Uor» foftfiauco il omw 4i lAi\9i% (U Pr9^ectiva nella
BACCIO DEI BIANCO. jiy '
tralibficft Aoeademia del Diregno » con onorevole provrilione ; ma perchè
il Prior Donato deirAntelIa» Luogotenente per Sua Altezza Sereniffima ia
c^ Accademia , ricusò di ftrli buone le paghe per Ib tempo che era fiattf
fuori» fdegnato fi licenziò» e fu sieflb in fuo luogo il virtuoliffimo Vin«
cenzio Viviani. Era Tanno 1650. quando la Maeftà del Re Cattolico Fi«
lippo IV. volendo fiir rapprefentare in Madrid una beliiffima commedia
cu altre cofe fare » che per fua Reale magnificenza bene adattate comparilBlè^
ro, eflendofi trovato si ben fervito dall' ingegno di Cofimo Lotti , pii-»
re Fiorentino » di cui io ho poco avanti parlato » il quale già da qualche
tempo era morto » fenz* aver colà potuto fare un allievo ; chiefe al Gran»
duca Ferdinando un uomo di fimil taglio: e volendo quel Sereniamo in«»
contrar di tutto punto il gufto del Re» comandò a Baccio il portarfi z
quella fèrvitù , con accertarlo , che anche dando fuora in tale impiego g
non farebbero mancate qui alla fua famiglia le folìte provviiioni dei Ma«
giftrato della Parte e delia Corte» che in ruttò afcenaevano a ventiquac««
tro feudi il mefe: e iiccomc gli fu promeflb» gli fu anche oifervato; per«
che > finch' e' vifle > gli furon quelle fempre pagate . Partifli di Firenze alli 8.
di Dicembre dello ÙtBo anno 1^50. con cinquecento pezze da otto, avute
per lo viaggio . Arrivato a Genova» fu ricevuto in caia de' Signori Spinoli»
dove gli convenne dare un mefe»per afpettar tempo appropolito per Tim^
barco. In quella cafa fu egli non folamente tratuto alla grande» ma allt
partenza furongli fiitti nobiliflimi regali di velluti e altri drappi per abiti f
ed egli per gratitudine fece a quei Signori » con penna in figure alte un paN
mo, fopra cartapecora» un Bagno di Sufiinna co' Vecchj» tocco di tratti al fua
folito eccellentemente . Venuto finalmente il buon tempo » imbarcatofi
navigò fino ad Alicante in otto foli giorni « Quindi feguitando il viaggio
fbpra tm carro* come ufano in quelle parti , in altri dodici fu a Madrid
Non furono appena paflati tre giorni» ch'egli ebbe udienza dal Re: il
quale con benigne dimoftrazioni accòltolp » fecegli dare fianze nel Palazzo
del Ritiro in fondo al giardino .-e volle che gli folle aflegnata una provvi^r
fione di cento feudi di piatta per cidTchedun mefe . Diedefi egli allora al»
l'ordinazione delle prolpettive e macchine per la Regia commedia. Ma
prima , che io racconti alcuna cofa piacevole , che in tale ordinazione an«
dò feguendo, fa di meftìere il iaperfi, come avanti che Cofimo Lotti di
fopra nominato fi portaflfe colà in fervizio del Re, qutlle parti della Spa»
gna tanto ben provvide di uomini di grande ingegno in materia di lette,
re» ed in quella forta di poefia, che alla commedia appartiene; in ciò che
alla rapprelentazione di teatrali apparenze abbifognava» era tanto infelice^
quanto mai altri immaginar (I polla . Avrefte veduto» per efempio in quel prt»
mo tempo calar dal finto cielo una nuvola, per foftenere qualche deità o co«
ro muficale per pofiir fui palco » o per rimanerli a mezz* aria: e quefta pen-
dere da due o più nobiliuìme funi > che a vifta del popolo tutto la fofteL
nevano . Graziofa cofa vi farla fiato il veder paflare fopra il palco un carro ^
fintamente tirato da quadrupedi o volatili; e tanto quello» che quefti
cifer per via pure di funi e d'uòmini vifibilmente fatti operare; e non fa*
cevaft mai mutazione di profpettive» che prim^ non fi Q^Uflela tj^dit
X 4 negan-
I
I
^%% Decm. If^deJHf Pan, L delSec. V, dal i6i o. al i ^40.
negandofi agli rpcttatori là vifta dellt (cena, ^ntamochè non fbflè 11 tut»
to ridotto in acconcio» e mutato in altro . Vera eofii fu» ch« il Lotti to-
gtiendo quefte anciche debolezze » aveva nella gran commedia » recicacafi colè
circa air anno \6%o. fatte vedere cofe nuove e belle $ ma per non avervi
egli > come fopn accennammo , fatti alHevì » era la cofa » dopo il cor**
ib di più e più anni » tornata ad infalvatichire: ed a pochi rendeafi facile
il crectere» che fi avelie a trovar piii altro ingegnere, della fatta die egli vi fi
era fatto conofcere in materia di macchine per commedie: e che fojSe per
operar con maggior prefiezza e facilità di quello» che già. fi era tornato ad
operare . Fra gli altri fu il poeta , a cui dal Re era fiata data T incumbenza
di comporre la nuova commedia. Quefti^ che dottiflìmo era* avendo già
£itta la bellifiima compofizione» *f ecela vedere a Baccio, affinchè il medefi«
mo le adattaflè le necefiarie macchine . Baccio andava difponendo il tutto ;»
e qualunque coia gli veniva tirata a fine, faceva vedere al poeta, fignifican^
doli le diverfe e maravigliofe operazioni , che intendeva di far per quella*.
II poeta guardava tutto, e lodava , ma vedendo le novità, non più da fé, nb
fèrfe da altri vedute, che egli intendeva di ^^ operare alle macchine , fra
aura altra fpecie in capo del modo del man^giarle • che quello dell' ufo
antico di Spagna , già era venuto in parere, che quella commedia , con quel
grande apparato di apparenza e di mutazioni, non aveflè a poterfi recita*
Mf che in tempo di quindici giorni almeno: e tie fece con eflo qualche
dichiarazione. Gran longanimità hanno bene fpeflo coloro , che fi pigliano
gulU) di far alcuna burla ad altrui rgiacchè» purché ella da ultimo venga loro
ben fatta » nulla curano il fitrfi per lungo tempo credere nel cofj^too di
ognuno efij medefimi i femplici e i minchioni . Baccio ^dunque un gior-*
ZIO, che egli aveva da fé il poeta, per viepiù fiflarlo nel fuo timore t fece
pigliare a gran quantità di uomini un pezzo di fcena o macchina eh* ella
fi tofie , ordinando loro il fituarla in un tal pofio ; e mentre che quella
gente ifenza faper quello che fifaceflfe, operava, voltandoficon modofde*
gnatoe minacciofo, ora ali* uno, ora all'altro: tira in qua, diceva, aln
quella parte: e tu che fai ? non vedi che ella cafca: dirizzala eh* ella pen«
de, animale che tu fei: difcoftatevi Signori, diceva al poeta, che quefie
befiie ce la fanno cadere addofib; e fimili cofe diceva , finché finalmente
la fcena fu al fuo luogo . La&ia or penfare al poeta, il quale poco dipoi
difiè al Re che gli domandava, che cofa facefie 1* Ingegner Fiorentino «
Che r Ingegnere faceva cofe maravigliofe a vederfi, ma tenea per certo»
che quando la Maeftà Sua avelie voluta vedere la commedia, gli fitria fiato
di bÌK>gno il far portare al Teatro e letto e vivanda , almeno per otto giorni
continovi , con quel più, che difcorrendo a feconda di fuo intendimento
pa reali di aver ticonoiciuco; tantoché il Re medeiimo venuto in qualche
apprenfione , diede f uora tanto , che in breve già daopercutto fi credeva ,
che non fi avdfe a concluder cofa buona. Inoltre fu fatto intendere a Bac-
cio I chQ fua Maeftà voleva un giorno portarfi al hiogo, per vedere alcuna cofii
del&tto*
\
BACCIO DEI BIANCO. 3^9
de fiitto, Baccio, c|i« già trovavi^ «iroidine , &tt rirpondere jft Su» MiiBt
fijiiche ad ogni fua volontà farebbe flato pronto * moftrargli qualcofa» con*
dotta per allora alquanto imperfet(ain^te; e fané di fubito intonare le
iMCchjne e profpettìye» fiddeftrati gli uomini» ftan afpettando la veou»
tadel Re co* Grandi della Corte» Giunfero finalmente : e Baccio fatta tirai;
la tenda» fece lorp vedere la prima app^ren^a d«lla fcena » ai bella» nuova
e graziola » che il Re fino a tre volte replicò »«j Umh » fnuy Jindo lifge-
. Poi. domandò r Ingegnere» fé comandava Sua Maeftà ch«
gner Fiorenting
fi faceflè mutaaione: e rifpoflo di alt non Cenza 1' af^ttazione di veder
cofa poco gx&oùki Baccio cavatoli ditafca un fuo fifchio» diede il cenno;
ed in un momento fu veduta mvtarfi in altra ; e da una in uà' altra muta-,
zione inftantanemcnte trapaflandofi » fi venne al movimento delle maravi-»
gliofe iQacchine, colla ftempreftezza» efenza vederfene ombra d' artifizio i
perlochè furon si fattamente prefi gli animi di quella nobìl gente, che a
gran pena fu creduu cofa naturale ed umana ; ne il Re fi partì di luogo
prima di aver lafciata in mano dell'Ingegnere una carta > colla quale ve-
niva comandato» che gli fecero pasate mille pezze da otto reali : il che
reAb involto ne'fuoi impégni» non fe.n-!>
fu efeguito ; ed il poeta fi refiò involto ne'fuoi impègi
za piacere de' fuoi contrarj . £d io dico» per notìzia avuta da un noftrp ti«
telato » c2ie fi trovò prefente , e tutto vide^ che Baccio imitò quanto di ma^
savigliofo vediamo fiire alla natura in terjra» in aria» ed in acqua» con. voli
firaorduiarj » che facevano Aulire e fpaventare chi gli mirava: |n che ebbe
gran facilità > si perchè le donne comiche» che tai voli dovean fare» non ri-
cufavano riiico alcuno; anzi per quanto egli mcdeCmo ferifle qua ad uà
altro gran Cavaliere» da cui io ho tal notizia.» dico al Marchefe rier Fran-
cefco Vitelli» Capitano della Guardia a piede del Sereniflìmo Granduca»
egli nel rapprefentarli la commedia» perlopiù fi valfe per Io movimento
delle medefime de' primi Cavalieri della Corte» che fecero a gara chi più
potefie ».e col comando e coU'opera eziandio della propria perfona » a tale beU
liifima azione contribuire; onde fu recitata la commedia con tanta fod«
disfiizione di Sua Maeftà e d' ognuno » che fu neceflàrio il tornare a re»
citarla fino a trentafei volte; attefochè fparfafene dappertutto la fama» ve<^
nivano perfonaggi d' ogni gran condizione fino da dugenco miglia lon-.
tano a tentirla : e finita che ella fu » il Re di fua propria mano donò a
Baccio mille ducati in tanto oro. Occorfe poi il terribil cafo dell' incen-^
dio nel Regio Palazzo dt Madrid ; nella quale occafione Baccio fi portò valo^
rofilfimamente colle pronte e appropriate rifoluzioni»ch'e'prefe per tagliar
la firada all'impeto del fuoco; tantoché fu collante opinione» che fé non
era il valore e 1 coraggio di quefto ingegnofo Artefice » farebbe andato il
tutto a fuoco e fiamma ; e non è facil cola il ridire quanti e quatnto no-?
bili arredi ed altre cofe di prezzo fi Alvarono dalle fiamme per fua indù*
firia . Volle poi Sua Maeftà ridurre il tutto a ben' eflere; e domandò a
Baccio in quanto tempo gli fiirebbe .baftato l'animo di ciò fare; e Baccio
aflicurò Sua Maeftà, che in fei mefi e noa più« mentre gli fofiero Hate
fbmminiftrateatempo le cofe necefiàrie . Si maravigliò il Reaqueftarifi>o*
^» parcadogU fcatfilfiffio il tempo a sì gran lavoro ; pure ^ dati gli ordini
neceflàrj »
) 3 0 Decenn.lf^.dèllaParU. delSécV. dal i6$o. al 1 540.
neceflarj » fa al tutto dato fine tiè più né meno come Bacdo aveva pro«
meffo • Fece inoltre per quel Monarca alcuni ameniffimi Giardini ali* ulan*
za della citta di Firenze: Apparati di Quarantore nobiliffimi, ed altre co«
le beMe, fecondo i varj talenti, eh* egli aveva avuto dalla natura: per
le quali cofe, e per le belle ed allegre fue maniere fi andava avanzando
ogni giorno più nella grafia di quel Sovrano e di tutti i Cortigiani ; uU
mentechè» tanto que(b quanto quelli t defideravano fempre di averlo at«
torno : e il Re particolarmente moftrava di trattar volentieri con lui ; a
non gli fece mai far opera di momento» eh* e' non lo ricompenfafle con
donativi» degni della fuareal magnificenza: e perchè Baccio ebbe alcune
malattie» face vaio fpefib vìfitare in fuo nome; (ìccom^e era anche Vifitato
da Don Luigi de Haro » primo favorito di Sua Maeftà » dall' Ambafciadore del
Granduca» e da altri perfonaggi qualificati. Era egli finalmente arrivato
t fegno di tal familiarità col medefiiQo Re» e con sì belle e piacevoli ma-
niere fiicevafi lecito portare avariti a lui i propr j interefii » che non folo
ne cavava ogni giuda grazia , ma lempre fi andava guadagnando nuovo amo-
re. Una volta» per colpa de* Miniftri, era egli flato diciotto mefi fenza
che mai^per 4iiigenza che et facefl[è»gU fofle potuto riufcire tirar la folita
pFovvifione di cento feudi il mefe; onde egli un giorno non fapendo più
che partito piglìarfi j fi veftl tutto da campagna» e con fpada e ftivali e
guanto bif€>gna a chi è per far viaggio » (e n' andò in Corte . Molti de' Cor«-
damento di Sua Maeflè o per altra cagione a lui ignota» ne fece parola col
Re: il quale fiitcolo chiamare t gli domandò perch'egli era in quel 1* abito ^
e dove andaflè; al che rifpofe Baccio; Sacra Maeflà io me ne vo in Italia
per ritornarmene a Firenze . O come^difle il Re» ci lafciate voi (enza no-
fira fiiputa» e vi partite fenza ordine noflro? Come» Sacra Maeftà? rifpo-
fe Baccio : io non commetterei mai fimil mancamento; ma io chefo» che
in Firenze mìa patria è un ufanza» che quando fi arriva a tenere un fervi**
tore un certo tempo fenza farli pagare il falario» quello è fegno di averla
licenziato; vedendo» che fon già pa fiati diciotto mefi» che a me non èfta-
ta contata la provvifione» già mi credeva » che Voftra Maeftà mi avefle dz^
co l'ambio. Allora il Re» prorompendo in un piacevol rifo» ordinò a Don
Luigi» che fubito lo focene pagare di tutto il decorfo: e da lì innanzi non
gli furon maipiù ritardate le fue paghe .
Continuò Baccio nel fervizio del Re per lo fpazio di fei anni » o poco
più» nel ^ual tempo conduflè molti quadri a elio perdiverfeperfone: or^
dinò molti Apparati di Quarantore in diverfe chiefe» come ho già detto»
ed altre cofe fece : e finalmente dovendo un giorno por mano a non fo
quale ordinazione» o fofiTe in un giardino del Re» o m altro luogo apec«
co» allaprefenza di Sua Maeflà, gli convenne fiare alcun tempo a capo fco*
perto focto la sferza di un cocentiflimo Sole ; onde (è gì' infiammò taU
' mente il capo» che il giorno dipoi fu afialico da una febbre efìmera » che
gli durò per io fpazio di 40. ore: è giudicarono i medici efler neceflàrìo
venire
v^
BACCIO DEL BIANCO. 3^1
venire air emiffione del fangue» il che fittoii» la febbre fi partì; ma paflà*
ti otto giorni* non fo già per qual cagione» fu ftimato bene aprirgli la
vena dell' altro braccio» e così fo fatto. Dopo tale operazione uava«-
fene Baccio al fuo tavolino facendo certi difegnii quando a un tratta fi
fentì doler fortemente quel braccio • Chiamò uno de' Tuoi fer vitori , e fat*
te levar le fafcie, trovò che il braccio era grandemente enfiato e nero»
Predo fece far diligenza di trovar quel Cerutìco» che aveva fatta 1* opera-
alone, il quale non fi vide più: il che forfè fu cagione, che fi fpargefilb
lina voce» che corfe fino a Firenze» che a Baccio, per invidia, fofle artifi-
ciofamente fiato cavato {angue col ferro avvelenato affine di farlo morire ,
Trovoflt poi, che il mal perito maeftro gli aveva sfondata la vena, onde
fopravvenendo la febbre, lo ridufle in grado, che non fu più rimedio per
lui ; ed avendo ricevuto tutti i Sagramenti della Chiefa , ed eflerfi eletta
nella Chiefa di San Girolamo la feppltura, fini i giorni fuoi . Aveva egli
un figliuolo in età di quattordici anni, avuto della lua prima moglie Lx£>
fandra di Paolo Stiatteiì, giovanetto fpiricofo, e di vaghiilimo afpetto: e
già per alcuni mefi avanti gli aveva ordinato il venirfene a goder delle pro-
prie fortune a Madrid , avendo anche difpofte tutte le cofe bifognevolt
pe*l di lui viaggio e accompagnatura : ed aveva il giovanetto fatto quafi
tutto il cammino, quando leguHlcafo della morte di Baccio; ondegiun-
to a Madrid, fentì che al padre era fiata daca fepoltura di tre di avanti il
fuo arrivo • Quale fi rimaneflè il povero figliuolo neir udir tal nuova , non
è poflìbile a dirlo . Era egli fiato ricevuto in cafa il Prior Lodovico In-
contri, Kefidente del Sereniffimo Granduca» il quale dopo alcuni giorni
gli ottenne udienza dal Re» che benignamente l'accolfe; e fra P altre cofi^«
che gli dìfle , una fu , che il fuo padre era morto per cavarfi fangue . Or-»
dinò, che gli fofiero pagate tutte le fue provvifioni decorfe» ed inoltre fa.
cògli un bel regalo. Raffaello» che cos) domanda vafi il figliuolo, fi tratten#
ne in Madrid diciotto mefi , fempre ben vifio ed accarezzato in quella Cor*
te: e finalmente fé ne tornò alla fua patria Firenze, dove attele alle Mat«
tematiche appreflo Vincenzio Viviani ; e fece moki ftudj d' architettura
con più maeftri , con animo di feguitare la profeflione del padre : e già
avendo con fuo difegno ed invenzione ordinate V Efequie della gloriofa
memoria del Sereniflìmo Ferdinando \U nelle quali diede buon faggio di
le» cominciava ad eflere adoperato in molte cofe; quando aflàlito da gra*
viifima infermità » dopo cinque mefi di gran travaglio , refe ancor eflb
r anima a Dio alli 29. Aprile in età di anni 37. mefi tre e giorni diciotto;
giovane veramente, quanto vago d' afpetto , altrettanto coftumato ; che
oltre a quello che fu di fua profefiione, ebbe varj ornamenti : cantò di mu^^
fica» fonò ben di tafti» ed aveva anche fatta ragione voi pratica nel toccar
di penna; e fé non che morte vi s' interpofe, avrebbe ancor egli pes cer«
to &tto in quefte arti un ottima palcita«
ti
ALFONSO
3 j 1 DMiin. W. della Part. 1. delSec. F. <fe/ 1 «j o. «/ 1 «40.
ALFONSO PARIGI
ARCHITETTO E INGEGNERE
FIORENTIN O
FigRu$l$ € difiepolo tii Giulio Parigi j nato ^ 1^55.
Il A Gialìo di Alfonfo Parigi, cittadino Fiorentino, traOè i
I natali Alfonfo Parigi, di cui ora pirliamo; e fjccome fa
grande il padre fuo in ogni cofa appartenente al difegno»
ma particqlarmente in Architettura civile e militare, ed
in quanto fi ricerca per un ottimo ingegnere, come dicem-
mo nelle notizie della vita di luì ; così potè comunicare
I al figliuolo, che al pari d'ogni altro de'fuoi molti fratelli
fu dotato d'ingegno, tanto dì fuo Capere, eh* e' potefie poi riufcire in
tutte elTe facnltadi (timatiflimo profeflbre . E perchè allora può dJrd un uo-
mo veramente perfetto in alcuna arte o fcienza, quand'egli alla teorica»
ed alle ragioni intellettuali e fpeculative aggiugne la pratica , volle Giulio
Che il figliuolo appena finiti gli fhidj del tavolino, ed ancor giovanetto» fi
portaflè alle guerre dì Germania, animato a ciò Are dalla gran comitiva
«'Cavalieri Oltramontani, e particolarmente Tedefchi, che addottrinati
nella fua fcuola ne'militarj efercizj. le ne tornarono, in compagnia di al-
tri di noflra città , alle patrie loro . Partì dunque Alfonfo a quella volta in-
fieme con cofloro: e giunto in quelle parti, fubito vi fu nobilmente ìm-
|)Ìegato in fervizìo del Cannone. Ma dipoi crefcendoGiulio tuo padre in
età, e confeguen te mente in bifogno di ajuto nelle fue molte fatiche, fu
forza ad Alfonfo, dopo qualche anno, il tornarfene alla patria: dove fa
di non poco a)Uto alto Re^o Giulio in o^ni faccenda, ma particolarmente
nella gran &bbrica della Villa , detta poi dell'Imperiale , prefib di Firenze
circa ad un miglio , fuori della porca a San Piero Gattolirii , qnafi di nuovo
allora fabbricacafi per la SerenilHma Arciducheffa Maria Maddalena d'Au-
ftria, moglie del Granduca CoGmo IL di glorìofa memoria: e fra altre co-
fé che egli vi fece di fua propria invenzione, fu il ponte levatojo, che a
principio dello ftradone veggiamo fopra te due vafchedeli' acqua . Occorfis
iiuanco il maritaggio di Margherita, figliuola dello fieiro Granduca, con
Odoardo Duca di Parma e Piacenza, nella quale occafione fi recitò nello
iStanzone , detto dì Bernardo delle Girandole , la tanto rinomata comme-
dia della Flora , opera del celebre poeta Fiorentino Andrea Salvadori: e ad
Alfonfo ( eflèndo già morto il padre > al quale egli era fucceduto in tutte le
cariche del Palazzo) fu data incumbenzadi ordinare le profpective e le belle
macchine con quanto di più occorfe di confacevole al fuo talento . Fece an-
che l'apparato per lefolennì Gfequie fàttefi nell'Ambrofiana^OlicadìSan
Lorenzo per la morte dell'lmperadore Ferdinando III. Aveva qualche tempo
avanti
. •' .ALFONSO TARIGJ. 533
avanti deliteraita il GtaA4wa di face queiP «ocrtTciaieiito al Fabizzo de
Pitti » che Q^ì veggiara» dalla i^rti lateraiit » £ict<me £are il dìfegno a
Giulio Padgi » padre del noAro Alfonfo #. il q^iuJe già aveva fatte buttare
a terca quaiM^cafe per li, parte del Palawo» e lungo la via de' Guicciar-
dilli , tomavanp rimpetto al fita delte nuova fabbrica da fatii • che molte
furono»^ e fir«ftendevano da dettavk de' Guicciardini verfo Santa Feliata^
e per dì <dLétrQriióo alla dirittura delk :fiBicciata dt eflb Pahtzo» Ce non quan-
to venivano crame»ate da.una viaXeoza iiuCcita> che da detta via de* uuic*-
ciardini s' inoltrava pure «erfo il Paiaxso» che la via della Cava era ciùa*
mata » forfè perchè dia tendeva direttamente verfo le cave di pietra forte »
di. che è ricco ii ^rdÌAO di Boboli; e bi cafe in quel luogo (che esano
mottohaile» e chiamavanfi le i:ovinate) contenevano tn^fe tutto ilTervi-*
zio della Difpenfii della .CaCaSerenifl^ma^ ed avevano certe riufcite nella
via della Cava. C^efte dunquetiel corfo di più anni» e méntre dal noftro.
Alfonfo» per ordine de} padre,, fi alzai» la gran fabbrica dell'ala deftra per
a([giunta al Paiaeso» furono». coitie^acoanaammo» tutte demolitele fattane
piarzai fo non quanto occupa lo Staiizonet detto delle legna» che pure
in quei tempi era ftato fabbricato da Giulio t E fé alcuno mi domanderà a
che ufo felle deftinata una fabbrica, che poi fino a' dì noftri non ha avuta
fuafinef dirò, che molti molte cofe dicono, (ènza dar tedi monio» che va*
glia di loro parere; e lafciando la veri ti al luogo fuo, foggiugneròi che
{{rande potè eflere allora il concetto del Sereniilimo, giacché grande fa
'editìcio, afpettando, che moilrt il tempo ciò che a me ne è, ne dee per
verun titolo efler noto. La verità però fi è,. che i dotti ingegni, che in
var) tempi fi fon pofti a far modelli per l' accrefcimento e fine totale di quel
Regio Palazzo • Iiuinno moftrato ne' loro difegni di fiir gran capitale , chi
in uamodo, chi in altro, di tal fabbrica, a comodo deMor concetti e pen-
fiìeri ; Credefi ancora, che Alfonfo avefiè per qualche tempo alutato al jpa^
dre neir edificazione dell'ala finiftra, ficcome avevalo fatto in molte altre
fue operazioni • Era circa all'anno 1640. quando fu oflèrvato, che la flraa
fircciau dello. fteiTo Palazzo de' Pitti, nella parte antica dal principio del fe-<
condo piano in fu , incominciava a pendere vejrfb ia piazza; anzi etafi tan<»
to avanzato il male , che fino a quell'ora elicerà ufcim fik>ri del fuo piom*
bo un terzo del noUro braccio t il quale accidente avrebbe daf;o. molto da
tèirierei fé l'.iingegno , la perizia e'LgrandraQÌmo:di Alfimib non fi feife
off«rxoiadarr:ai tutto, con faólità .e ^prèi&Kza , opportuno ed efficace ri-
medio* ii che bene effettuò, col ri tirare .quella fmilurau muraglia , tutta in<^
crollata digrofliffime bozze» al Tuo antico pofto, fermandola anche in tal
modo» che non maipiù ella avefle a dar di fé un sì fatto fpaventofo fpet-
tacolo, e fecelo in quefto modo. Forò primieramente il muro della Ce-
ciata in tanti luoghi, quanti abbifognarono per adattarvi certe groififlime
catene, fatte fabbricare a Piero Zaballi» allora fingolar maeftro di ferro* e
quefto catene dalla parte della facciata inteftòco'foliti ma bengrofli paletti,
che poi rimafero fotto le medeiime bozze • Fece paflare le catene fotto il
pavimento e piano de' ricetti e danze di detto piano di fopra» ed al termi-
ne delie medefi^ne catene ^ per la parte di diatro 1 aireva aaattati i bellilfimi
->:' r-.. :a Orumcmi
33 4 "2)^^ ^»». /K delta Pan. 1. delSec. Vidahó^o.afi €$0.
frumenti a vice da lui compofti, co' quali, a' fòrza di ceree leve, quando
una, quando un' altra veniva ftretca e tirata, acciocché qudta force vìo«
lenza venifle fatta appoco appoco, e fempre egualmente : e così, con modo
quafi infenfibile, e colla fatica di poca gente» quei gran muro fe ne tornò
al pofto fuo ; e per eterno aflìcuramento da nuovo pericolo > furon ferma*
ce anche per la parte del cortile le catene. Ma il Parigi per-iniaggìor pia-
cere de' Serenifiimi, che furono fpetcatori di sii bella provar, ficcome di
chiunque altro vi fi trovò prefeme,-^ molto più affine eh' e' non fi avefle
mai a dubitare dell'operazione» ci andava facendo i fuoi ftrumenti* Aveva
accomodati a traverio il cortile, e fermi nel mura della foccia^ due fili dl^
.nme, che in mezzo avevano un perpendicolo di rame altresì, alla cui eftte»^ .
mira per di forco pendeva un pioidbq^fopra onoipecchio giacente in fui
I^iano, e quello in tanta diftanaa del piombo^ quanto aplpunco doveva èfler
tirata addietro la facciata per tornare al fuo ietto , cioè in diftairza di mi -
terzo di braccio; e così mentre operavano le macchine e move vada fac-^
data, calavano i piombi ,' finché finito il beLlavoro, furono effi piombi
per appunto in fui piano dello fpecchio. Fu anche bella invenzione di AU
tonfo il ricecto, che pende tutto in fklfo, e che in certo modo poffiamo
dire per aria affatto fopra la picciola corte di efio Palazzo de' Pitti, detta »
la corte del Tinello, il quale ricetto fa bella moftra rincontro alla quarta
&ala da man deftra ; opera al certo , che per comodo , vaghezza e novità
d'invenzione apparve maravigliofa . Occorfe poi , che il fiume d* Arno a ca-»
gione d' inceflà nti pioggie in quella parte , che di vedo levante chiamafi Var-
lungo , cioè Guado lungo , circa d' un miglio vicino a Firenze , non ottante
ogni riparo, incominciafie ad ufcir cosìfpeflb del fuo letto , che infiniti dan-^
ni cagionava a quelle campagne . A quefto pure s'offerfe il Parigi a porgerò
rimedio , con fare un argine imifurato , poco dittante dall' Ofteria di Rovez-»
mno: e quefto di fola ghia)a} e diede di fuo penfiero tali ragioni, die da^
Miniftri acciò deputati, ne riportò approvazione. Furono inabiliti patti
ibpra la pretefa. durata del lavoro, e fermatone a fuo fiivore l' onorario i
end' egli meda mano.all' opera, a fegno lodévole la condufle. Egli è però
vero , che a cagione di quefta egli incontrò poi sì fatti dilpiaceri , che ca*
duro in profondifiima mtalincohia^ al là quale Toprav venne una febbre oo^
eulta , che per più mefi atcefe a coiifumdrlo, ^li fu forza il dar fine al firn
operare, ed ancora al fuo vivetla::^ aia f ù j ^
feguente giorno delH 18. nella Chie& di :SaA
iuoi antenati ,. ebbe il fuo cadavbro (epolturi .
'j'" .' • ' -j .»
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ALESSAN-
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I
' . ..'.•- : 335
ALESSANDRO ALGARDI
SCULTORE E ARCHITETTO
BO LOGNESE
Difiepolo di Lodovico Carracciy nato 1602. ^ 16$^.
NO de' più applauditi fcarpelli» che abbia avuto queftònoftro
preferite fecolo» quello è nato al certo di ÀleflTandro Àlgardt «
Quefii nato di Giuieppe Algardiitnolto onorata famiglia della
j^^ città dì Bologna , dopo avere ne* primi anni fuoi attefo alle
'^i^ lettere « tirato dal gemo alla Statuaria» diedefi » nella fcuola^ è
1^^ nell' Accademia di Lodovico Carracci, a far grandi ftudj in
difegno ; quindi d^ Giulio Celare Conventi fcultore» fatto animofo» in-
cominciò a far modelli di fua mano^ non fenza gran lode di chi vedeagti
sì ben condotti. Poi all'età di venti anni pervenuto > fé ne ]^a£sb a Man*
tova con Gabbriello Bertazzoli, Architetto di quel Duca Ferdinando t ap«|
preflb al quale s'impiegò in lavori di beile figure d' avorio t e bei modelli
fece per figure, che doveanfi da quel Principe far gettare in argento ; ma
frattanto non lafciò mai di (ludiare in difegno le opere di Giulio Romano
Del Palazzo del Te , Lavorò fopra gemme cammei e medaglie, marmi e
metalli, che pofTedeva quella cafa avanti al itfjo. che fegui il cafo del Sacco.
Da Mantova li trasferì per la via.di Venezia a Roma : e quivi fotto la protezio-
ne del Cardinale Lodovifioi nipote di Gregorio XV. procacciatagli daUo
fieflo Duca di Mantova, altri (ludi fece. Per lo Cardinale ftefTo reftaurò
molte (latue degli antichi Orti Salulliani in fui Monte Pìncio. Si accodò
al celebre pittore Domenico Zampierit ilato fuo condifcepolo apprefTo al
Carrocci; e da quello ricevè sì buoni precetti neirarte fua, che potè poi
efler propoflo dal medeficpo per far le tlatue in Sun Silvcfiro fui Quirina-
le nelle nicchie della Cappella de' Bandini, dal quale lavorò poiliamo dire,
che avefle principio la fua gran rinomanza in Roma; per lo che in difetto
di occaiioni di fare ftatue di marmo , era tuttavia adoperato in reftaurare
r antiche; e in far modelli per argentieri, e piccole figure di crocififfi, e
alcre a quefte (Imiglìanti cofe, nelle quali più e più anni confumò. Per
Mario Frangipani fece di marmo i tre ritratti» che fono nella fuaCapjpella
di San Marcdlo a man finidra, rimpetto ad altri tre di perTonedi fua fami-
glia i tantoché accrefcendofi tuttavia il nome fuo i ebbe a fare per Pietro
Buonco.mpagni la ftatuadél San Filippo Neri» da pforfi nella Sagreftia de'
Padri dell'Oratorio, che diede finita ranno 1^40. e per la medefìma Sagre,
dia il ritratto di metallo di Gregorio XV. e per lo Cardinale Bernardino
Spada il gruppo della Decollazione di San Paolo per la Chiefa de* Bernabìti
di Bologna. Fecevi anche un medaglione, entroviun San Paolo decapita-
to ^ e le forgeuti fontane, che ebbe luogo per entro il paliotto di marmo «
A' Padri
i
^ 33^ Dtinn.1VJeBatàrtA.délSee.V.déd 1630. al 16^0.
A* Padri di Santo IgnnÉio fece il bel CroctfnTo di Bronzo, Beg|iorf del
neturale: e un al^-o fimile per Agoftino Franzom, che lo mimdò e Ge-
nova. Si lavorava tuttavia in Roma» con difegno di Pietro da Conona»
attorno alla Chiefa di Santo Luca x di Santa àkrtina , quando il noftro Ar-
tefice per puro motivo di pietà» fece perla medefima il modeHo del grup-
po delle tre figure de* Santi Martiri, le cui Reliquie, infieme con quelle
della Santa erano ftate trovate . Conduflè di bronzo la figura del Salvatore
di mezzo rilievo per lo nuovo Molo di Malta» fattovi dal Buonamici Ar-
chitetto e Ingegnere Lucchefe.^ Ad inftanza di Fra Domenico Marini
dell' Ordine de' Predicatori , gettò di metallo la bella ftatua, che dorata
d>be luogo lopra urna di porfido nella Chiefa della Maddalena nella città
diS. Mafiimino in Provenza «etiella Spelonca di SanBuoma» tre leghe lon-
tana da detta cittì , in quella montagna » ove efla Santa Maria Maddalena
fece per quarant' anni penitenza! fu collocata una fua' tavola di marmo»
ove Uce vedere la ftefia Santa» che accompagnata da gran comitiva d'An-
geli» in atto di cantare e di fonare frumenti di verfi,fe ne va al cielo E dice
Gio. Pietro Bellori cofa notabile » cioè» che ben parve, che a si nobile e
pia opera fofie quel Religiofo in(pirato dalla Santa,- concioffìacofachè, poi
ratto ArcivefcoYo d' Avignone # aopo- venticinque anni dacché vi ere palF-
fato Compagno del Generale » fuccedefle la Traslazione del Santo Corpo»
che intatto e miracolofo fi conferva; e toccade in forte a lui di collocarlo
nell'Urna medeiima di porfido» che egli già aveva fatta fare. Si diede poi
TAlgardi ad applicare alle due grandi e maravigliofe opere di marmo»
cioè del Sepolcro di Leone XI. da collocarfi nella Vaticana Baiìlica: e
della tavola di San Leone Papa in quindici pezzi » trentadue palmi alta»
e dìcìotto larga, ove efprefle ooi la fuga d'Attila,- per dover' èfferc collo*
Cara Ibpra uno de* maggiori Altari d^lla medefima; avendone prima fatto
vn bel modello di ftucco grande quanto t'opera» il quale poi fii affiflb in
Capo alla fcala della cafa^' Preti della Congregazione dell' Oratorio . Né
ftarò qui a defcrivere opera sì degna, efiendo ciò ftato fatto da altri ; foto
dirò che quella a gran ragione fi (limava più bel parto, che fìa ufcito da'mo-
derni fcarpelli » e tale che io crederei di poter fenza iperbole affermare •
che chiunque anche da paefe lontano fi partiffe » e a Roma fi portafle , fo^
lamente
tempo e
funto della fabbrica della fua bella Villa di Belrefpii
co' belliflimi ornamenti di fonti ed altro ; valendofi però d^ una pianta
del Palladio: e nelli fiucchidel pian terreno fecefi conofcere maraviglio*-
fo» eflendofi per avanti portato a tale effetto appoftaa Tivoli, per dìfe--
gnarvi qualche reliquia delle cofe-<]eir Adriana Villa* Con fuo modella
fi fece la fonte del cortile del Palazzo ritrovata da San Damafo: ed eflb pu«
re vi fece i bafllrìlievi, e quegli ancora dell'arco di mezzo coir arme del
Papa in fulla loggia « B^ fua fattura la bella flatua di metallo d' Innocenzio ,
nella fala del Palazzo de i Confèrvadori . Ad inftanza pure di Don Cammil-
Io Panfilio adornò con fuo difegno e con fuoi modelli V Altare di mezzo
della Chie& di San Niccola da Tolentino» di diverfe fiatue» fatte lavorare
da' fuoi
^LE^SANDRO ALGARDL tìl
di^fuoi ttomini e diCcepoIi » écon ritocco di faofcarpellot e qvefti furo^
no Brftolt Ferrtu » DMienico Quidi t a Franceicd Bafitia • Doifeva tnclit
fare di fua mino una gran tavola di marmo per la nuova Ghiera di Santa
Agnefii in Piazza Navona» e gii avevano fttto più di un modello; quando
aflalito da maligna febbre t pervenne in pochigtorni al termine del vi ver Tuo
mortale a' io> del mefe di Giugno nel 165/^ Fu egli uomo veramente di co«,
ilumi pio »e integerrimo , e nell'arte fua Angolare ; onde egualmente ne pian^
fero i pietofi e de voci uomini » e i profeflbri delle bel le arci . 1 1 f 00 cada vero ,
con accompagnatura degli Acclamici e de' fuoi più cari amici $ fo porta»
fo jijla Chiefa di San Gio. de*Bologne6, dóve ^bbe (epoJtura,
Altre molte opere ficee V Algatdi e grandi e ptccolcf che io per bre-i
Tità ho tralafciatoi particolarmente quelle di modelli e difegni di fabbri*
thtt e molti belli(fimi ritratti da Ini (colpiti» de^ quali però non voglio
mancare di fare in parte alcuna memoria» dico di alcuni delle più coTpi-
cue perfone. Ritraffe Innocenzio X. opera bella» che fu poOa nella Lotf«
|ia d(l PalazjEo maggiore del Gonfaloniere in Bologna . Fece di metallo
il ritratto dello (leQo Pontefice per lo Spedale della Trinità de'pelleflrini^
ed altri in marmo e in bronzo» cheirimafero in cala Panfili» con fucilo di
Benedecto fratello 4el Papa »e di Dot)|ìA Olìmpia fua cognau* Ritraflfèal*
trea) il Cardinale Antonio ^nta Croce» e 1 Cardinale pacchia Rondini*
no» e la Duchefli di Poli ; e auefto ritratto fu mandato a Parma • Nel Po»
polo i^ di fua mano il depojuto di marmo 1 nella Cappella de'Mellim» di
Gio. Qrazi» Cardinale di quella eafa. In San Giovanni de* Fiorentini è il
ritratto di Monfignore Corfini Arcivercovo; e in Santa Maria Maggioro
fon quelli di Monignore Odoardo Santerelli » e ^i Confianzo Patrizj r
altri finalmente n« condulTe d' Immagini di $anci per diverte chiefe i ed
altre cofe fece» che pure per brevicà fi tralafciano» che oggi da' profeflbri
delle arti medefime fon tenuce in $) gran concole delle quali ranco fi parla
ki pubblico e in privato» che fen^a che alcri ne faccia flienzion« (opm
)« Cftrt^i vivcranno fem]^« nella memoria degli uomini.
PELLB<
jjS Deeeim.lV.Mdfart.lJilSec.VJal i6jo.ali6^o.
PELLEGRINO PIOLA
PITTORE GENOVESE
'Dtfeepolo dì Gio. Dmenki Capellino , nato 1 617. .<^ 1(^40.^
■ BBE coQtti i Tuoi natali in Genova l' anno di noflra Talttce
Ìi (Si 7. Applicatoli alla piccuta in ccà di dodici anni appre0o %
Gio. Domenico Capellino i non ebbe prima compito il diciaf-
fenefimo annodi fua età» che li fece cont^cere ben pratico
J indifegno» e ne' man^gi de' colorì altresì: e benché foyer-,
K chiamente avido di far da {è » troppo pretto fi partiflè dal
naeflro, onde non poche diffìcultà incontrò poi nel conponimenta
dell'iflorie; contuicociò in forza de' molti ftudj, eh' e' fece Copra leopere
de* più rinoiBati maedrì» prefe affai buona maniera » e dipoi diede tìion
fàccare di fao pennello per pubblici lacchi dì fua patria . Fra quefte iu un
Criflo Crocifìm} e più S«iti fopra pietra di Lavagna, preffo alla l'iazza di
iwftra Signora delle Vigne, dietro alla cala de' Semini . Copiò il bel Cena-
colo di Luca Camluoto nel Refettorio de' Padri Bemabiti di San Batto-
lommeo degli Attaeni. A' Fratelli della dmpagnia del Santiflia>o Ron-
fio colorii un bello Stmdardo; e f u cofa eurìou a ye^e , come. il PioJa,.
lènza ulcir:nè punto né poco del dintorno della pittura di una delle fac-
«e della tela di elTo Stendardo, e dietro ella medefima, dipinte attitudini
^iverCe. Fece^unt tavola ddla Conv«^Gonedi San^ Paolo, che fu manda-
ea ali* If^a di Lipari . A Parigi mandò un fuo quadro di una Lucrezia Ro-
Viam.: ih ateo di darli k mone alla prelienza.de* fuoì congiunti . A Mils>
no, a queìdt ca£t Facchinetti 1 mandò, una iftorJa, dì Laban, ed altre opere
coridufle fino all' anno 1540. nel quale in una certa briga, prefa di notte
tempo con alcuni giovani pittori^ gravemente ferito, in età certo trop-
]K> immacora, ebbero fine i fuoi giorni, lafciando un fratello, che fu Do-
menico Piola» fiato anche fuodifi:epGlo, che pure anch' eflò attcfe ftlV ai-
te deUt pittura .
ANTONIO
S39
ANTONIO NOVELLI
SCULTORE
t
. Difiepolo di Gherardo Silvani^ nato i6oq.^ 1661.
|RA' buoni artefici del Tuo tempo» non meriti T ultimo luogo
Antonio Novelli Scultore » il quale non (blamente fu dalla
natura dotato di un* ottima difpofizione» ia quanto ad un
piacevole e grato conver&re cogli altri uomini appartenevi ;
ma eziandio all' eièrcizio di ogni arce più nobile ; e non pu«
re a quella,, che è (uà principale» cioè a dire la fcul turai mt
ad altre molte . Ebbe il Novelli i lùoi natali in Caftel Franco di fottOt
Terra nel Fiorentino in fui fiume d'Arno» di padre a(&i civile e faculto*
lo, l'annodellanoftra fatate 1600. Ctueflti»concioffiaco&cbè tanto poiTedeflo
4el fuo» che non gli fode neceflàrio il foggettare il proprio figliuolo ad
efercizio» onde poteflè coai di fubito entrare in guadagno» V incamminò,
per lo Audio delle umane lettere» alle quali volle» che egli aggiugnelTc per.
ornamento quello della mufica* Aveva coftui un fratello Piovano» il qua%
]e avendo adocchiato in quel fanciullo un buon genio al difegno» tanto
operò con fuo padre» che egli fi rifolvè toglierlo allo Audio delle lettere»
e porlo air efercizio del pittore. Ma vedendo» chea lui piaceva più la
fcultura» giunto eh' e' fu all' età di quindici anni» locondufiero a Firenze^
giovanet*
to : diedegli luogo in fua cafa» e tennelo alle fue fpe(e nel modo che col
padre accordò. Erano allora e fin da più anni avanti in quella, fcuola
molti giovani: efraqueftiun tale Salvini » che poi andò a (lare con Pietro
Tacca : e quel Bartolouimeo » che poi fu detto Meo de' Cani » il quale eoa
molta fatica poco profitto (èppe ricavare . Così non ocoorfe al Novelli »
il quale in breve tempo divenne a tutti gli altri molto fuperiore . A vven-»
ne poi 9 che» o fofle perche il Silvani avefTe già cominciato ad abbandona-
re quella profeflione» o per altra» che fé ne fofle lacaufa» correndo Anto^
nio il ventidnefimodi fua età, egli fi liiìcenziò da lui : e fi portò nella fcuola
d'Agoftino Ubaldiniy difcepolo di Giovanni Caccini» col quale pofliamo
dire» che egli fiefle più per ajuto» che per difcepolo» avendo poco dipoi
meflfo mano quafi in tutte le fue ftatue» e tirato da lui provvifione . Nello
fie(ro tempo fece alcune cofe fopra di fé» e fra l'altre per la gloriofa.me-*
moria del Granduca Cofimo II. (colpì quel putto di marmo, grande quan*
to il naturale, che fi vede in atto di notare nell'ifoladel Giardino di Bo«
boli . Diedefi intanto il cafo della morte dell' Ubaldini , ed alcune fue ope-
re rimafero imperfette . A quelle diede fine il Novelli » e furono le due
femmine di. mezzo rilievo» che fono al fepolcro di Arcangela Palladina »ce«
Y 2 Icbrc
We Mafioa delb SefnulSiiia Atciduchcfla moglie deHo OefcK^talatil ,
nelk Chifiia di Santa Feticìfa. Fpi meiTc mano ad una graq figura per la
Real Villa del Poggio Imperiale » che rapprelènta un Vento » c^ moftradi
tracciare una vela: e ciò fu cicca all' anno 1^30^ Ad inftanza del Cavalie-
ré DooHiùco Pallignani^ celebre Pi ttor Fiorentino» fcolpi in macigno una
Lucrezia Romana : e fece ancora un ritratto al naturale dello fteno Pafli-
gifajìi. Un limile ritratto conduflè per lo fepolcro d'Alfonfo Altoviti» mor-
to circa Panno 1(^30. della propria perfonaailui.convar) intagli e impcefe»
c^edTo iepólcroadomaaot neilaChiefiide'Padd Minori Oflervanti al Vivaio
in fuìla via f che porn aSan Giovarmi di Valdarno ; le quali opere condurle
»d infianza di Guglielmo Akoviti» poi SoEiatoce FioreiiCtno. Per la fami-*
glia de* Pa^uali, pei lor Palaazo da San Michelino dagli Antinori» fecedt
■larmo bianco il ritratto di Andrea Paiquali loro avolo» che fu pofto fo«
ora la porta nella parte interiore dell' antiporco . Un^ altra tefia con buflo
ta» al naturale di Cofimo Paiquàli> Gentiluomo di quella ca(a: ed un 6-
nile di Bernardo Salverei fuo parente . E" anche di fua mano V Arme iM
mettKf che fi vede nella cantonata di efio Palazzo» In quello tempo volle
fi Novelli attendere al getto , e fece due ftoriecte di fMccde figure di
bronzo: in una delle quali rappce&ntò la Flagellazione» nell'altra la Co-
ronazione di fpine del Signore ; e condufle pure di bronzo un-CrìAo Cro-
cififlb di due terzi di braccio» e due Angeli di limite grandezza. Facevafi
aUoca quella (bhza nel Palaz» de' Pitti» detta la Stufa» dove poi Pietro da
Cortona dipiniè le tanto nominate ilorie a frefco: ed eflendo flatcallega-»
te le pitture 4ella volu a Matteo Hoflelli» fu data al noftro artefice lacu«
sa degli ftocchi » de'quali lavorò moki a figure e grottefche . Scolpì in pie-
tra le due ftatue di giovanetti» che fono affiffe da i lati nella facciata di
[una nuova cafa degli StroKzl. *
Avem Michelagnolo Buonarruoti il gk>vane » Gentiluomo letteratiffi^
ino e vago poeta, condotte a fine nella fua cafa di via Ghibellina nel prò*
prio fico» dove fu già V abitazione del Divino Michelagnolo fuo antenato
e de' Genitori di lui » le Quattro belliffime fianze in forma di Galleria»
e fra quelle Ja prima e più bella» la quale egli aveva dedicata alla glorioik
qiemoria dello fteflb Buonarruoto; ed in efla» come in altro luc^o dire-
mo» aveva fatta collocare una bozza di pittura in tavola di una grande Bo-
ria » ed il tanto celebre baiTorilievo di marmo della battaglia d^ £rcide co'
Centauri» opere tutte di siano delio ileflb Buonarruoti: ed aveva adorna*
to il rimanente della ftanza e la foffitta di. quadri a olio di eccellenti mae-
ilrì» rapprefentanti i fatti di ouel grand' uomo; ed avoido lafdato fra due
jfinefire lo fpazio per una nicchia per la (tatua di lui» volle» che il Novelli
Ja faceiTè di fua mano i ficcome fece » figurandolo in atto di federe . In que-
fta però egli lì fece conofcere alquanto diverfo da fé medefimo ; perchè te-
nendo 4)uel virtuofo padrone della cafa flretu amicizia con Fabbrizto
jtofchi eccellente pittore Fiorentino» ficcome tenevala anche con tutti i
'profefibrì di quelle belle atti» ebbe per bene» che il Bofchi aAfieflè allo
icultore in tal faccenda; alla qual cófa» con poca foddisfazione il Novelli
cfafi accomodato i per efierfi veduta con ciò obbligato ad efercitar luo me?
fiiere
ANTOmO NOVELLI. 141
iHèfert p&ù di «Uri: e tintopift » perèbi il Solchi eA doiaio ^ mtm*
&attfticp e fevero, e poco fi oonfìiceft colle pcrlbne . Una ctl previa
deim duiM^ue del Booiumioti fece Péffecto tutto oontMrto al fine imi
che era , che l' opera del Novelli , affiaita dal Bòictu , rmfci& delle pih lo*
date» cheavieflè condotto il fuo fcarpello: dal che chiirafiriconóloe» cho
bene fpeflb 1* artefice ingegnolb e pratico» non Ju più ìtt^fj^néta diiettou
re» che quello» che al proprio intelletto depam ed afltena la libertà del
fno genio . Reftaurò poi per lo Marchefe Giovanni Cdru » e per altri Qm^
Talieri Fiorentini molte fiatue , Pe' Frati de' Servi fèolol un bene ar^
chitettato Cartellone di marmo » che doveva efler collocato fotìto \%
Loggia della lor Chiefa • il die poi non feguì. Ad tnftana dell' Abate
Fabbroni fisce per la Miefii delia Regina Maria de' Medici Frindpefià di
Tofeana» moglie di Arrigo IV. Re di Francia» due ftacoe di quattro brac^
eia» che rappreientavano due mefi delF anno: e per Agnol Galli fcolpl
una Venere quanto il naturale . Fu opera della Tua mano la grande ftatua»
che rappitfenta la Legge » che fu polla nelb grotta» che è in teda al Cor-
tile del Pala2to dèi Granduca af Pitti t e pel Bali Giovambatifta Martelli
una fiatila di pietra, £itta per la Dovisìa» che ég lui fu pofta in teflà al
{ ^tardino della allora Tua Villa di Scandicci . Per Andrea del Roflb» In une
ila Cappella domeftica» fece piìi intagli» ed una immagine di' Maria Ver*
gihe» tefta con bullo. Scolpì un ritratto» teda pure con butto del Mar^
dieft Filippo KiccoKni 9 un altro del Sereniilimo Granduca Ferdinando Iff.
di glotiófii idemoria per 'Giovanni Nardi celebre Medico » il quale lo col-,
locò fopfa la porta di fua cafa in via dell' Allorp: e in quefto ritratto è da
notarli una bella avvertenza dell' artefice» ef fu» che eundo lituata quelhi
cafa in una via molto ftretca» onde poco godibile rendeafi la figura a chi
per efla camfia}nava» volte che il bel torio con- una voltata di collo alquan«
to rirentita » faceffe apparire , che la t^a guardafle verfo lo sbocco cne fia
la medefima via in una bella e nobile eemtrada » deta da' Gaddi ; ed un
^tro dello fteilb Sereniamo po' Mimaci di S^. Jacopo fopr* Arno » che fa
fituaft^of nella facciata di lor Monaftero alla cofeie del Ponte a S. Trinità «
VehUt^o ranno 1644: pltcqu* alla Santità d* Innocenzio X. SomoMi
Pontefice di aforivere at nuiAera de* Cardinali il Sereniffimo Principe Gio.
Carlo di Tofcana . t^fti » cKe fempre avetà fiicta <Uma dell* opere e del-
l' inségno dd Novelli» volle» ftelV andare a Roma a pigliare il Cappello^
condurlo con feco In carattere di fcukore . Quivi feceglì fare il proprio
ritratto» che riufafe nel Palazzo della Sereniffiuia Ca& de' Medici in Piatem
Madama • In quella nobiliflima cittì ebbe il noftro artefice occafione di
appagare il fóo boon gu(|Oi| ammirando i preziofi avanzi dell*
ftulcdre ; e perchè fu quella la prinia volta eh' e' vedefle Roma » ebbe a di*^
re a Jacopo Maria Foggi ni» fiato fao diletto difcepolo» il quale aveva tro-
vato colà impiegico mlli (hidj dell* arte » quafi in fé ftefib coiìfbndéndofi»
quefte parole : O Fogdnt o Foggini » bifognava per me efierci venuta
prima. Tornato poi a Firenze fece per Arrarea del Roflb le due ftatuo
degli Apoftoli Simone e Andrea', che fi veggono in San Michele Btartekìi
dagli Antiiiori^ nelle ni«dhie chjs fono hKe^ aU' arpo di lòro^Cal^pella i
Y 1 e per
X
34^ DecmA,Ur. della PartJ, étSecVMliCio.aliG/^ò.
e per quella di Loien») Francelbìi» nobile e piiflimo Cavaliere Fiorenti'*
Ito» r altre due di San Matteo e San GiovansuÈvangeUftì • MeOe poi nat-
ilo alla ftatua.di marmo del Criflo rirufcitato , per Agnolo Ganucci, che fa
pofia nel ricetto avanti la Sagreftia di San Marco de' Frati Predicatori di
tuefta città» che riafcì opera dqgna di molta lode» ma fìi» non fo fé io
ebba dire difgrazia dell'artefice o del luogo fteflo» Teflerfi. fiata non molto
bene accompagnata; concioffiaco(ac)iè poco» anzi non punto piacellero i
4ae baflirilievi di bronzo » che le furon pofti allato» di modello e getto di
un tal Francefco Conti» che fece quel che ei feppe e non più. Ne io vo-
glio lafciare di portare in quello luogo il racconto di una piacevole cofa »>
che occorfe in tal propoli to> al certo degna di refle0ione> mentre da efla
il ravvifa quanti djveru effetti cagioni agli uomini la propria apprenfione »
« quanto qoefta talvolta più che il male fleiTo gli danneggi e confonda ;
Oirae pare» che pofTa dirfi fovente» che tanto e non più^/ipatifce > quan-
to il patimento fi apprende. Era il Conti uomo molto dabbene, e cosi pò-*.
co ambìziofo • che fole va da per fé fteflb raccontare per iacezta qoefto ca*
lo ;. e una volc^ fra V altre con gran gufilo raocontoUo a Jacopo Maria Fog-
r' li poco fa nominato » ti quale gli dava il buon prò deir eflere fiati efpofti
pubblico i detti fuoi bauirili^vi. Foggiiù ^ difle ^li» io vi vo raccon*
tare una bella cofa; Io me ne ftava l'altro èk lavorando nella mia danza»
dove trattenevafi discorrendo con me un tale [ e diflegli il nome } » Quefti »
dopo di verfi ragionamenti » mi parlò in quefta forma: Contila iofonqueiift
mattina ftato a San Marco i le nel paflar dalla Chiela alla Sagreftia pel.
luogo ove fu ultimamente pofta la bella (tatua del Signore rifufcitato, fatta,
per mano del Novelli» ho veduto cofa» che io non avrei voluto vedero
per tutto Toro del mondo. E che vedette voi mai» di&'io: fapoi» rifpofe
Tamico » che io ho veduto eflere fiati pofti allato a quella bella ftatua certi
baflirilievi di bronzo al mal fatti » che io non vidi mai in tal genere di fcul-^
fura cofa più trifta: di grazia vavyi anche tu» guardagli bene» e poi Cippi-
mi dire le io dico il vero: e chi fu mai colui» che tal cola fi arrificò a
lìlettere in pubblico? e qui caricò molto il difcorfo» ardendo, per co^ di-
re^ di filegno» e contra lo (cultore» e contra colui» che tal cola quivi fe-
lpe collocare • Io allora » feguitò a dire il Conti» colla mia folica flemma»
lenza muovermi punto» gli difti» che lo fcultore era fiato io» e nulla più .
Se voi avefte veduto , o Foggini » quel pover uomo come reftò tinto e con*
fiifo» per eflerfi ignorantemente tanto impegnato in biafimo di mia per-
mana » voi vi fiirefte vergognato per lui » il quale con altre parole tergi ver-
fando al megl/o eh' e' potè» fé n'andò via chiotto chiotto . Or che ne dite»
Foggini» non fu esli un bel lazzo quefto? Bello per certo» difs'egli» non
Ibnza riderfi fra fé fteflo della fmifurata bontà di quell'uomo . Ed io torno
a dire» che l' apprenfione nelle menti noftre nata da quelle cofe» che fono
i^ori di noi» è la maggior parte delie miferie noftre: e canto bafti incor->
no a' baflirilievi .
Fu poi' dato a fare al Novelli dalla famiglia de* Pucci una ftatua di mar-
mo bianco» figurata per la Gloria» ed un' altra pel Martirio: l'una e T al-
tra delle quali furon pofte nella loro Cappella di S. Baftiano, contigua alla
- . Chicfi
ANTONIO NOVELLI. 34J
C&iéfa delU Santtffidit NunrìaM: òvelk però del Martirio iriufcl còfa or«^
dinaria; ma belUffima f u un* altra ftacua» pare di marmo bianco, grand»
quanta il naturale, rappre&ntante ta Peiutente Santa Maria MaddaTena,.
Quefta volle egli fare per iè proprio, e pdevi tutto lo ftudio dall' A;rte fua^
acci^ C conofcefie fin dove arrivava il luofiipere; cofa, che per avvaitu-
ra non aveva egli potuto moftrare in ogni altra opera di fna mano £itta fi»
no allora, per eflerii perfua fventura trovato in un tempo, che pochi era-
no coloro m Firenze , che aveflero occafiohe o voglia di far fan ftatue à
onde P arte e* 1* open eziandio degli, artefici non erano in gran pregio «
Teneva egli quefta ina bella fiittura nella fua danza , dove ibvente eran,
condotti perfonaggi OUramontahi per fi^la loro vedere per una bella col^ i»
com- elicerà. Un di quefti vi fu di quella forta, che avendo avuto daUir
satura più abbondanza di beni di fortuna', che di giudizio, vanno a* tali
cofe, perchè vi fon condotti, nèfper altro più: il quale, dopo aver bea
guardata e riguardata la Aatua , mentre il maeQro afpettava che il foreftie^
re defle fuori qualche bella reflcillone, one diceilè alcuna parola di lode»
uercotendola gentilmente colle nocca, quafi che voieflè fencire il rim-»*
Dombo, domandò all'artefice s'ell'era vota; onde per gli adami vifu d«
fare per contener quelle rifa, nelle quali' aflbiutamente avrebbero dato a
piene ganafce^ (e non fofle fiato il dovuto rifpetto a quei Signore . Occorfe
poi la venuta in Firenze di un Miniftro della Real MaefU della Regina di
Svezia, intelli^entiffimo di queft'arti, affine di cercar per efla cofe bellcs^
e avuta cognizione della fiatua , e conofciutane la bontà , non folo ne fa
compratore; àia tentò ogni via per condur con efla in quelle patti per fer^
iigio di quella gran Signora anche il Novelli medefimo, il quale al prin-<
eipione fiette in forfe; aia prevalendo agi' irapulli, che facevano al fuo
coorer aggiunte all'ottimo gufto delle beli' arti, fa grandezza e regia lìbera^
lità delia Regina, T amore della propria patria, deliberò direftarlene in ¥im
fenze* Altre molte opere di marmo conduife il Novèlli, che lungo fareb-^
be il racccmtare , come ritratti di diverfi Gentiluomini , e tette con bufto
per Gallerie^ ftatue e grottefche di ftucchi, pozzolana e fpugne per diver-*
le fontane , e particolarmente per queUa della grotta de' Pitti .
* Avevail SereniffimoCardinaleGianCarloincominciato a ornareil bel Pai»
lazzo e Giardino di via della Scala , che poi fu del Marchefe Ferdinando Ri-»
dolfi > e oggi de'fuoi eredi : ed avendovi £itto condurre fin da* Pitti per via^
Maggio perla fpondafiniftra dei Ponte a Santa Trinità, buona copia d'acqua t
volle, che il Novelli vi facefle diverfe belle fontane . Vi s'applicò egli con
tutte le forze fue, e dalla parte di mezzogiorno fìnfe una montagna naturale
di pietra forte, accomodando gran quantità diqiTa pietra a filari efìlarettt
ricorrenti verfo terra da alto abauo» in quella guifa appunto, che noi
vediamo eflere fiate adattate le cave di quella forta di pietre dalla natura «
talmentechè ella pare propriamente una vera e naturale montagna. In fac*«
eia a quefia al piano del terreno, fcorgefi un voto o vogliamo dire una Ca^^
verna, che ferve di porta, circofcritta inegualmente, quali che «fatta ' (ia
a cafo: e nella parte più alta vcggonfi inatto di cadere alcuni ladroni della
fiefla Pietra, fé non quanto vengon foftenuti da alcuni finti tronchi di
Y 4 quercia.
144 DecMJV. tettaTm. l dHSèì. V. dati S^o. al 16^0.
iiaercit» Atti pure ^piiJtré).««dloffiti: pei «1 nctuitlevL^apertma ki^
«odcice io una.grotfft tutta incroilica dtipugiMi diyifii ili U^ grandi (par
Z) ». iti ciifchediino de* quali ^uoagnn figura dijiiMn>.rilieiror«otnpofta 4s
ftogne; e 1è grotta ò figurata par rAacto <li PolifiBmo» Jai cuiifignra fi vt^
do* coose dtrcggM appciOb» VHxè di lungi. DaJk.pasti iatfti»li fifa paf?
iBi^o ad ftoa balla Scufa e ad oòVatera bdla fianca^ oè dèi cytto fcuM t ; oè
dd tutoo ioiirifuifa» finta appofia per b tiatténimcaico del ^uoeo oe* teopi
deUa:flaa^ Soprala grotta. poi accomodò Fartefiièa la coìiìarTt dell'acque
per le fidati . Ifel bel tnesao del gran Prato fieee una beila. Mtfisa per iréc»^
«ente dell'acque» e per la deliaia de'pe&i: in tneazo alia quale è.ua ifon
Mt (bora étti il Novali fabbricò kgraride fiatua del Pòlifemo^ io acfio di
bMe^all'otce» Vedefi dunque un gran Gigante ignudo alco feittci braccia >
msof in atto di pofiire con una gaodba iniìa||2i ed una indietro per foflo?
imreii rìmandsfite del corpo» che alzando le braccia con beli' attitudine fi>^
pra la tefta» fi verfa in bocca Facqua» die in vece del irìno «cadeva) Potrei
ooCa veramente manvigliofii a ccedeffi* per la fiicilità ebeUadeficezKa» colla
quale 1* artefice) rofieniie in fulie gambe ai gran colobo » fabbricato dimat«
«mi e fiucchi , e con ai gran puliDaento^ che fembra di niumo , e di un libi
penso . Queft* opera lendefi maravìgltoCa^tantopiiu quanto che al NoveUl
convenne caiainciarJa a firi>bricare dappiedi» andando fi:mpre allo 'n fu 4
fino al termine delia figura; la quale è armata per entro digroffifiimifi^rri^
cba fermi in terra, pafiando per le gambe e coCciet fi dilatano poi e fi di^
nmano al fi>ftentamento di divedi cerchi» piegati ai. hifbgno».per formar
m^fiàtura* del corfo» dentro al quak èim granxecipience.éi some per ti^
oaver l'acqua , che in efli» cade mediante T inteme parti della gaoiba étè
g^nte^ elltfiributria,alle canne» per ciui ella devefi efitare femore c«)per?
<a^ per ^pottarfi alla vafca . E perchè fìuria fiato al tutto impofiibile» che
ima co^ pelante mole avefie p<M»to reggerti in Tulle gambe «^ quando, aache
ftèfti per dire» elle foifero fiate di tutto fitrrot ienza oulece dalF.uno de'
Jatii» Itance mafiìme il grande aggravarfi, che fa la figura fuor del piombo
del proprio bianco, per fid* l'attioidine del votarfi Tocre in bocca; il No«
velli finfe » che in quell'atto difagiofo cadefiè al G/gante da^ fianchi na
gran palino» il quale» mentre gli cuopre le parti , toccando terra» dàino*
go in fii ileflb ad un gran ferro» che fa opera di puntello .dalla parte dettca.
Servifii ancora della fiefiu comoditi delle membra del Gigante» per fingerlo
appoggiato al fuo grofibbaftone; e co^ reggerfi la gran figura in quattro,
lenza punto far mofira del come. Per condurre quell'opera » convenne
ai noflro artefice fiiticare molti mefi fopra palchi» ed a cielo aperto» iàlvo
qaanco potevano ripararlo dalle varie perturbazioni dell' aria in diverièfia*
gioni, aloane tende» e fra queflo» e r eflergli convenuto anche ne^ caldi
più eccedivi I V operaie fopra la vafca piena d' acqua (lagnante , il povet
uomo attralfe tanta umidità» e redo cosi male in eflère della perfona» che
avendo anche perfo quafi affatto Tufo delle mani», non gli fu più po^biie
l' operare % Qtiando il povero virtuofo li vide a tal partito» come prudenw
te eh' egli era« licenziatofi dal Sereniamo Granduca» dal quale fu con una
. decente
'ANTONIO NOVELLI. 34J
iecetice prowtfioné a ria rimmemco» ipendè catto qnel ittobUe, elic ntta
fca cosi £u:ile a pjortaf odo fcoo« e fi ritirò a Caftel Franco fua patria» con
penficro di qoiiri finire fila vita. Bra egli già diiooraco in Caftel Fran*
coper io (pazio di dodici anni eoa) rattrattOr quando porco il ca(b» ch*é*
ione Tìficato dal Marcliefii Niccolinoi, il quale compalTionando al fuo male
ed alla fua povertà « (ovvcnnelo di danari s ed inoltre lo configliò a poriarfi
nel filo Marchelato del Ponfiicco, non aekO' iaogi da qaeHa Ter» nel
Intano di Pifii» ove diffe efier certe forgenti di acque ialubrlper lo fuo taà^
e» allegandogli Fe(jperìenza filtrane da un fuo lavoratore, che trovaiv»
dofi già in peggiorjè^radodi iui» coli' ufo-di quell' acque era in poche ort
tornato alla prima (alute: e per renderlo più animofo alla prova, dtedegU
lo. ftefio contadino per ajuta e per guida . Quelli provviftolo di uoa bi»*
na cavalla , fiornita de*poveri arredi, che enm fervici a luì fteflb, da poter*
vi fopra adattare ^nni e firapunti, ove agiaiamence potefle pofitre r arte*
fice: il conduiTe a quei bagni^ che altro non fono, che certe lagnnetvt
fparfe per uiifaofiro, ne p&, nò uiicno grandi (coQse^era folito diraccont
tare lo fteflo Novelli) di quello, che lon talora le poazanghere delle pub-^
Uiche vie ; onde per trovarle era d* uopo il oarcarje: e ritrovatane^ una»
fuhito il villana fciolte ie faice» con die era il MoveUi legato fopra la be^
fila, e fnogliatolo , fixelo^iacere in quella poata , che non avendo ttfita
acqua che gli coprifle interamente un pìedef non giungeva a polargli in
fui petto, e tantomeno in fulle oinoocma e braccia rattrdtte; ma il buon
contadino , eoo »n yafi> a ttde «netto pofceto# andavigli bagnando,- o co^
lie noi fegliamo dre». doitciaodoi)ueiie paixi^ finché in ifpa:tlodi tre ore
e non più, ìncoimociarono a^dificioglieiiegHi nervi intirizzati, fino al ie*
Snodi pocew difiender fi tutto neir acqua:. Bòi inooflainciò a fentirfi co^
eoe da potere, da per fé Aeffi> tomarlène a niedi% egià voleva rivefiirfii
quando il contadino glidifleeflerneceflarLo il tràttevìervifi ancora altre tro
ore» perchè quel!', acqua di tre cMre in tre ore faceva fuo eifetto, lècondo
età ctie egli medefima aveva e^rimencato • 11 Novali obbedì al fuo aa^
ftro Grillo; e pafltte Taltre tre ore , volle flarvene altre tre ; dopo le quali
alzacofi fisnz'ajutOf fc ne tornò a piedi elbraito lial villano, col quale per
iftrada venne giocando a piaftrdle, e mangiando con gran ^ufto, ciò tho
nei fuo kingo male non aveva mai fatto , ceoo pane datogli da cokil, pro«>'
?rio.pia da perfona che arrabbi per la fame, che di ehi abbia flomacuaao •
ìiie dunque fu la cofa del mislsoraoiento del 'Vovelli, che fe non venifio
dal fuo propria racconto, mi fi renderebbeal certo incredibile . Reftaron»
gli però certi tumorecti fopra i nervi deUe mani • che gf impedivano Far-»
ticolazione delle dita , né potea flringer la mano^ onde ebbe per bene cor*
narlènea Firenze per far qualche medicamento «ffiale, con animo ancora^
di portarli a* Bagni ài San Cafciano ; e comecché egli era gramliffimo ami*»
co , ed anche un poco parente del Dottore^ Paolo Miùucci, foggetto ve«-
ramente di vera letteratura. Segretaria dei Sereniamo Prìncipe Mattias di
Tofcana , a lui fece rìcorfo, acciocché di quell' Altezza gì* impetrafle a/uto
ed ftffiftenza : e non fu in vano^ perchè (etitite che ebbe il Principe le ne'-
ccffitàdel Novelli, dopo un- atto di gran maravigliai ch^e quel virtuofo,
di cui
3 4<^ Dccenn. IV. della Vàrt. l ielSec. KdaliS^ o. al i ^40.
di CUI avea udite raccontare le varie malattie, fofie ancor vivo» coa'^par-
Jò; Non più bagni, non più bagni, voglio che fi medichi qui, e mio farà
il peniiero della cura di fua perfona. Ma, to^iunfe il 'Minucci, quefti non
ha qua né cafa, né roba, né danari . O che infelicità ! foggiunfe quel]' Al-
tezza, lacrimando: un virtuofo di quella filtra doveri dunque morirli di
£tme? e pofto mano a certi dobloni» per mezzo dello fteflb Minucci, con
mille offerte di fua protezione, cliele mandò; aggiungendo ancora di vo^
Jer parlare con lui, e che a tale effetto avrebbelo mandato a levare con
carrozza . Al comparir del Minucci coli' oro e coir imbafciata cortefe del
Princioe, pianfe il Novelli per tenerezza : e dopo un breve deimare, così
a piedi fi conduffe alle danze. Era appunto ii.rrincipe per andare a fuo
ripofo, quando avendo intelaia venuta del Novelli, tecelo introdurre , e
fattogli apprettare una feegiola rullante, volle che egli quivi fi adagiaffi^
per ogni modo, e dopo due ore.di ragioramento, con promefla di quali*
to per l' innanzi gli fbue bìfognato per vivere , il licenziò : e dipoi non cefsò
di fovveriirlo,' Anche rjavueofi alquanto, fé ne tornò a Caftel Franco.
Ma effendo poi l'anno ì66t: feguitoil matrimonio del SerenilCmo Prin«
cipe diTofcana, oggi CofimoIII. Regnante, colla Serenifiima Margherita
Lui&d^OrlearSr e dovendofifefteggiare le Reali Nozze, con grande appara-
to econ pubblici fpettacoli -, il Novelli chiamato dal Granduca, fé ne venne,
cosi male in ordine di fua perfona com'egli era, alla città di Firenze , do*
Ve 9 più colla voce che colle mani , operò che fbfle condotta la fmifuratà
flatua deir Atlante., in atto di fofieoere il cielo; la quale flatua, fopra un
artificiofi) carro fecefi vedere nel gran Teatro del Palazzo de* Pitti , nella
Fella a cavallo rapprefentacafi la fera del primo di Luglio dello ftefs' anno,
che poi lafciatà la primiera fembianza: dell* Atlante, in un momento préfc
]a forma del Monte Santo famofiifimo nell'Affrica, fopra il quale compar*
vero quattro belliflime femmine, che le quattro Farci, nelle quali i più
de'Cofmografi dividono la terra, rapprefentavano. Giungea la fola figura,
fanza il globo, a quaranta braccia d'altezza; ed era cosi bene divifata di
membra e di mufcoli, che il vederla folamente, fenz* altro più, la rendeva
maravigUofa .Ma affai maggiore ammirazione cagionò la di lei già accenna-
ta trasformazione . E giacché ne ha portato il filo del racconto a far
menzione della grande ttatua delt Atlante; non voglio kfciare di portare
in-quefio luogo una piacevol cofa, che occorfe in quel tempo nel Ciardi*
QodiBoboIi , dove ella fi fabbricava: la quale méntre fervirà al Lettore per
follevare alquanto la mente, forfè aggravata dalla lunga narrazione, fari
infieme conofcere a qual cimento ed a qual rifchio efpone la propria di-
ma e fé fteffo colui i che fi mette a fopraftare a checchelGa, e comandare
non fa. Era il nominato .Giardino occupato da gran copia d'artefici di
ogni (brta, tutti intenti a' neceflàrj lavori per lo nobile fpettacolo, e par-
ticolarmente pei carro e per la ftatua, della quale da alcuni di loro fi for-
mava con geffo la manodeftra fopra il modello del Novelli; quando una per-
fona di rilpetto, di cui non. mi è nòto il nome (alla quale era ftata data
incumbenza di foprantendere, non più che alla fpedizione del lavoro,
perch! e* rimiineffe finito a tempo ) portatati una mattina al luogo» domandò
. , .r " che
ANTONIO NOVELLI. 347
die C0& coloro iaceflero con qUelIà* gran quantità di géflb . Rifpofero gli
artefici f eh' e' s* andara. formando la deftra mano del Gigante» della qual
fiiopenda f pedici eh' e' fi fodero, avrebbero applicato f abito a far la jforma
deir altra mano. Sono delle noftre folite eofe, rìlpofe il So pran tendente
alla prefenza di quel gran numero di artefiei e del maeftro ftefTo: e per*
che ijnr nuova fornw Ì con perdita di tempo e dì fpefa per V altra mano ?
e non può quefta foia forma baftare per la formazione di cento mani , non
che di due? Rifpofta in vero altrettanto ignorante, quanto zelante; la
quale fece sì, che alcuni , che fra quella brigata erano di poca levatura»
volendo per lo rifpetto e per paura di fé ftefli pur ritener quelle rifa,,
nelle quali avrebbero dato a piena bocca, furono, ftetti per dire, per.
ilcoppiare: e 1 poco efperto fopra(lante,.accortofi poi dell* errore, non fi
(a con quanta mortificazione fi rimanefle. Non era folaroente ineumben»-
za dei Novelli il fabbricare il colofib, ma eziandio Taffiftere all'altre mac-
chine,- onde convennegli anche operar molto per ridurre a ben' edere il
carro, che per poca avvertenza dell' Ingegnere, male fi adattava alladeftir
nata operazione ; e perciò portavafi talvolta allo Stanzone detto delle Legne ,
}>refib al Palazzo dove il carro fi fabbricava . Comparvevi un giorno in per«
ona il Granduca, e vedutovi il Novelli, eoa) gli parlò; e che fa il voftro.
Soprantendente ? moftra, didè lofi:ttltore, una gran premura del buon fer^
vizio di Vofl:ra Altezza, e non perdona a fatica; né jo per me credo, che
fe ne podà mai trovare un altro tale. Ma, replicò il Granduca, e' fuole.
talvolta piuttofto dare nel troppo, e padàre alquanto più oltre la propria,
intelligenza: che diremo, che diremo di quelle mani ? e intanto ponevafi.
graziolamente la mano deftra al luogo della finiftra ; tantoché conofeendOi
il Novelli, che quel Grande volea pigUarfi un poco di fptdp, e lentire il
giudizio, che egli avrebbe dato di quel tale , foggi unfe : Si compiaccia l'Al-
tezza VoOira, che io gli racconti una breve novelletta.. Venne una volt»,
voglia a Giove di venire in tèrra a fuo rigiro ; e'I primo volo eh* e' diede»
fu alla volta di un campo t ove era un villano che arava : ed odervò, che
fopra le corna de' buoi pofavano due mofche : domandò loro ciò eh' elle
&cedero in quel luogo tanto improprio per lor foraggio : e le mofche fu*
itiitamente rifpofero : Noi ariamo ; al che con un piacevol rifo applaudì
U Granduca, e con un cortefe addio fi partì . Finite le Fette , e licenziata
0 Novelli con buon regalo, dopo efifere dato trattenuto in queir opera con
buona provvifione, gli fu dallo ftedb Granduca agunlentata provvifione di
quaranta lire il mefe, in una carica per avanti non più conferita ad alcu-
no, cioè di Soprantendente alle ftatue della Real Gallerìa: e ciò oltre al pa^
gamento dell'opere eh' e' faceva: in che gli valferoi fudragi di Ferdinando
Donnini, caro a quel Principe; onde efiendo egli già rimafto del tutto 11^
bero da' fuoi tumori delle mani, fece vi non pochi guadagni : e fra quefto»
e r edere egli avvezzo a converfare nella città , forfè fi era annoiato qi quel
vivere oziolb e lontano dagli amici, che prometter poteagli la propria patria ;
onde fi riiiblvè di non tornarvi almeno per allora. E perchè fi trovava aver
venduta. e mandata a cafa la maggior pane de' fuoi mobili, prefe partito di
accomodarfi in caia Pi^ro e AntonÌ9i figlinoli diFr^ncefco Safini^ già bor
niflimo
54^ DecéunMMàPaiftAM%e(yMli6^o.ali6^o.
nt^niD gettacora eli metalli : « éi coAro inoitoftucsBcem«C6 ne' poidiki iac§
cb^ e' foprav vifle . Avvenne poi »che cflendo fgU indico pii' fùo dicxmo «
Sìgni in villi del Bindi foo imiciflroloc e qutvi coli' oocifioite deUi con»
verfasione» eflehdofi ilqninto più caricico dÌi cìbor di quello che li fui già
tératidCR compleflione potei fi^poft^rre; tornitoeh'e'fa i Firemse, fu i&
fiKto di^ febbre , che per motel gjofm Tintivò, fenzi che fi vedeflo pe*
fé in lui alcun (ègmo d' imminente perteofo di morte. Una (èri» mentre
egitfifiaviìntal^ grado* portèfil càfà, op«r «legiiii direi ordinò la Divini
Provvidenza » tht vehifle a vifitarler unf foo amico Rdigiofo Sioerdore Ago*
flinianO. Quelli < dopo aver u&to con eflo le amiclievolì convenienK»
compatendo il fuo male , venne in penfiero d' ìnterrogiflo s'e^n fi era an-
cor eonfefiitt4>r é fentito che nò» lo efortò i firlo: e dipiù gli òflferfe ueff
mio clietco il Frate fuo eomjtagnOf che ftivi in altri ftinzi . Antonio t
che eri uomo timorato e dabbene » fubitò piegò V animò all' inchieda del
Padre: e latto ehiambre V altro Frite , eon lui fi confefsò: e Tunoe TaP
ero Rcligiofo fé ne tornÀ al Convento » reftando il Novelli tuttivii itel
primiero ilato » cioè fend* ikrun fegno moftrire in fe ft^>, onde pocefitf
Ibfpettarfi ciò che fegul e fu : ehe la notte ftguinte venne per lui TultiAà
ora» né fi fi il come; onde ~^ da^ quei di cafa» cfce ogni al era co& 6*éfpet^
tavanoi la fufieguente mattini trovato nel ietto morto.* ed io per me ftt-
0o« che Taveresli il giorno avanti» oltre ogni fui afpettazione, incontra»
ti consiuntura di ricevere qtfel Sacramento, &;fle indizio affai chiaro delle
cura fCheebbedilui là Divini Bont^> come diquegli, che fempre v^ bene;
Seguì la morte del Novelli la notte delli itf. di Settembre deH'iitnoitfdi.
ed il giorno feguente fu nella Chiefa di S. Jfaeopo fopr' Amò dico il futf
didivero fepoltura .
Fa il Novelli uomo di vivacifiimo indégno e di micurb giudikioi
laonde non gli venne mai volontà di far couv» che i quella non obbediSb^
k mano. Nella fua principale profelitone, che fu la fcultura, fece quanto
detto abbiamo , ed altro incora, di che nwx fi è potuto avere prectfii noti*
sia. Lavorò di terra e cera egregìattien^e \ e perciò fu molto adoperato in
far modelii per Orefici e Argentieri i e furono opera delle fiié mani quegK
egli
Granduca Ferdinando 11. che lo tenne in grahde ftimi. Vetinegli voglia di
trovare il modo di far le figure di terra cotta , verniciate a fomiglianza di quelte
degli antichi noftri maeftri delle famigliti della Robbia : e per li primi volti
eh' e' vi fi meflle , ritrovò tanto # che gli ba;ftò per feme una fiorii di figu-
re di meno che mezzo naturale, in cui ripprefentò la Vificazione fatte
di Maria Vergine a Santa Eltfabetta : e fu queft' opera pofta non mohofun*
|i dalia ftoria di marmo della Sintrlfima Nuni^iata i fatta per mano di Sìmonr
Qòli, cioè in uno degli fpizj, che fonò fri V uno e l'altro modiglione
deMa facciata verfo Arno della cefi di Lorenzo Ufimbàrdi » la quale oggi è
degli Acciajuoli } e fu intensione di! quel Gentiluomo il farne fiir tan^ii
it, che empieiTero ^cti gli ipazj » con iftorie delli vici di i^iifto e di Mirit
• * Vergine.
«p >*> \J » »
ANTONIO NOVRlLi. J49
VttgiM. Qo^« Tm 4»|Mfii 90A «wftrò alni idiftfeceiiKt di quelle priae^
che <li im certd f udicio nel lMino9 e neltiurclunot onde ti Novelli velino
penfiero di ridurre i\wàV erte a |>erle2ÌQfi9.r na avendovi omìTo mano di
pcopofifio g non volle poi più idtre af»niwr(i» dicendo di avere per efperien-^
2a riconofcfucof che dovendoti face apere grandi» jnetceva più il conca ik
farle di marmo > perchè pritna conveniva fame il modello grande e finito •:
come dee eflèc ropeia» per poterlo formare; ooi tagUarlo in pEzidiveriL
per nafconder le cote mettiture: formare ciaichedun. peazo di per fé cot
geflb : imprimervi terra finiflima da far vali deUa più perfetta die £ trovi »
o fierra di MajoUca o Savona potendole avere» come quelle, che meglio^
di ogni altra pigiano la vernice . Lvagliiflima cofa è poi il fecctrgU » tar«*:
gli cuocere » e dar loro il colore : e ciò fatto deonfi rimettere un'altra»
voka in fuoco* fot dar loro la vernice o vetro , e di nuovo coonfegna^ir
alla fornace » ed il comporre qnslla vernicecon ifti^no» tèrra ghetta» an-c
timonio ed altri minerali cotti sai fuoco di una fornace fatta appella » di-^^
tieva iefler cofa difficile e lunga « ficchè egli abbandonò del tutto l'tntraprer>
ia af^pUcasziiooe • La nominau ftoria ^Tla Vìfitazione» che fu la prima e;>
if iildma» che facefle il Novelli, fu dal Senator Donato Acciaiuoli tolta di«
luogo» e mandata alla fua nobiliffima Villa di Monte Gufoni» doveinuna>
parte di moro fuori del Palaezo» che fcende alia volta della firada Volter»;
rana» fu alla reverenaa de' pafleggieri efpofta. Non fi fermò quefl* artefice
nelle fole coTe di fcuUura; ma volle eziandio farli pratico in tutto ciò» che
ad iui'.ottimo ingegnere appartiene ; onde fu adoperato nelle belUffime
macchine deik commedie, che li facevano da^ giovani Nobili per diporto,
della gloriola memoria del Sereniflimo Principe Carlo de' Medici» Cardina*^
iePecano» nel Tuo Palazzo, detto il Calino a San Marco. Fece di fua ma--
nò compalfi , righe ed altri diverli iuftrumentt di ottone da tirar linee »ac*
comodati air ufo dell* architettura e profpettiva • Lavorò bene alla fuctna^
guardie di fpade: e nel fare cannocchiali fu creduto che egli avefle in fuo*
tempo pochi fuperiori in Firenze. E giacche parliamo del fuo valore in
lavorare occhiali, è da laperfi» cooie egli ebbe ftretta amicizia col Dottore
Evangelifta Torricelli di Modigli»ìat quell' infigne Matcematico » di cui
molto appropolito un grande ingegno Icherzando anagrammaticamente (b-
?ra il fuo nome e cafacodifie En virefcù GuliUus ^litr: e comecché unto ik
Torricelli, quanto il Novelli diletcavanfene mQko,econducevangli egregia*
mente, li trovavano fpelTo nella ftanza del Novelli» che era rincontro a' Pa»^
i^uali, al principio della Piazzadi San Michele Berteldi» conferendo inlie«^
me intorno a tale bella facoltà i proprj penfieri . 11 Gianduca Ferdinando»
che molto di tale inl^umento li dilettava» £ice vane far molti al Torricelli, e»
poi con jbde e premi da fuo pari il ricompenfava; onde egli vedendoli così/
regalato da quel Grande » e riflettendo all' incontro al follievo, che egli
avrebbe potuto arrecare alla povertà del noA re artefice» con £ir conofce-:
re Tuo gran talento in limile materia a Sua Altezza; un giorno gliveniie*
a dire eflere in Firenze perfona ,cbe operava meglio di lui: e che quelli era
Antonio Novelli : e ne riportò per rilpofta di dovergli far vedere qualcofa
ili ftio , U TorriceUi » in quello m vero poco avveduto» per troppo delio di
morire
i^ó Decénn. W. Ma farìJ. ielSee. V. dal iófo.^i i 6^q.
^TOrìre l'àiaico , piefe un'occhiale fatto da fé (telK>, che fi eftèndevk pét
diodici braccia in arca» e moftrolio un giorno al Granduca, il quale ere*
dendolo del Novelli, difie egli è un boniflimo occhiaie, ma e' non ha che
fare punto co' voftri . Dopo pochi giorni il Torricelli prefene uno
del Novelli de* migliori , eoortatdo allo Ùcffo Serenìffimo, gli diflè aver
fatto ^uefto vetro, nel quale avendo molto foddisfatto a fé fteflb, defìde»
rava che Sua Altezza fel confervaflè per fé in fua memoria . Prefdo il Gran--
duca, e fatti venire altri vetri di mano del Torricelli, e con quello para-
gonatigli, difl'e: veramente quefio è meglio di tutti gli altri voftri; Sic^
6hè» replicò il Torricelli, il Novelli è miglior maeftrodi me, perchè que.
fio vetro è fatto dalle iue mani, non dalie mie. Quell* accortiiGmo Prin«
cipe, in primo moto, diede alcun fegno, e con ragione, che poco le ibffe
piaciuto quel modo di portar negozj di un fuddito al fvo Sovrario; ma
vincendo in lui il grande amcttre eh' e* portava al Matematico, e'J 2eIo »
che egU conobbe in eifo, diajutarTamico, rivoltò galantemente il fatto, ed
al Torricelli ordinò, che mettefTe egli il pi^izo ali' occhiale. 11 Torricelli
efeguì I e '1 Novelli ne fu nobilmente ricompenfato • Fu anche il noftro ar-
tefice dotato di un bello fpirito di poeGa burUfca : ed oltre ad alcuni cartoli ,
die egli compofe in lode dello Zufolo , dello Scoiattolo , la Difpttta della Pit*
cura e Scultura, tutti in iftile Bernefco; diede fuora gran copia di Sonetti/
ed in gioventù portò in commedia le parti gravi eccellentemente • Non
abbandonò mai la muiica, e fonò bene molti ftrumenti, ed in particolare
H violino I il flauto, ed un alerò ftrumento di fiato da fé medefimo inven»
tato, che egli il chiamava la Sordellina, che faceva cinquantaquattro voci »
a cui fi dà iifiato con un manticetto,che fi accomoda fotto'l deftro brac--
cio: firumento forfè alquanto corrifpondente a quella forra di flauto, che
pigliava il fiato dall'otre, chiamato da* Greci ucrKovXbc, afcatfAs, al quale
allufe Virgilio, fecondò lo Scaligero nelle Annotazioni agli An&letti (ir)
del medefimo, in quei verfi dell' Of^efla Sirifca :
y Ebria famofa féihat lafciva téfhrnaf
tyid Cttiitum raucos excuiìens calamos .
Aveva egli inventato e lavorato di fua mano tale inffrumento in fiia gio*
ventìi; ma poi aggravato^alle cure , che porta confeco l'età, avevalo pò-
fio in un canto I onde quello che era compofto di corno di bufalo, era uà*
to al tutto guado dalle tarme . Il Tuo caro amico Minucci con difgufto ciò
fopportava : e fecegli più volte indanza di portargliele a cafa per farlo ac-
comodare, acciocché un così bel lavoro non andaflein fafcio. Repugnava
aquefto il Novelli, dicendo non potere altri che eflb medefimo ciò fare r
e che quando fofle ritornato all' antico ufo delle dita, averebbelo racco-
modato al certo . In quello fteflb tempo era in Firenze il Canonico Man-
fredo Settala , celebre in Milano fua patria, e per Y Europa tutta, per lo
fuo maravigliofo Muièo, e per le fue virtù altresì: ed era trattenuto dal
Minucci,^ il quale pafl^èggiando con eflb pel corfo de' barberi in occafione
di un palio, fi abbattè nel Novelli , e con dimofirazione di gran riverenza
il fa-
(a) Analecti, voce Greca % vuol dire propriamente avanzumi.
^NTOin-iO : H^rs:i L l. '■: jjt
iffalutò. Il SectaU ve^aco fare un fa luto sì riverente td uomo i che all' ahi-'?
i;p fembra vagli ordinaria perdona», diflìe al Minucci^ Io mi fo a credere ri
^he quegli, che voi avete pur, pja falutato» fia qualche virtuofo grandet -
giacche per altro V afpettp luo e i panni non mi par che il meritino . Non
s' inganna Vs. difTe allora il Dottore. Quefti è il tale , dotato delle tali .
qualità, e fra l'akrecpfe egli è ftato inventore di un inftrumento di fiato»
e defcriffegli appuntino la qualità dellp ftrumpnto . Piano , piano, dilTe il «
gettala, come inventore? rinvèntore ne fono (latp io, e ve ne pofTo far,
vedere V atteflato del proprio inflrumento compofto-da me, fin tanto tem»."
PO fa, che io cpnfervo nel mio Mufeo; però bifogna che io parli a que*
Vi' uomo per ogni modo. Poco faticherà VS. a venire in chiaro di ciò, cbci
a tale fuo inftrumenco appartiene, perchè io Tho appunto in cafa mia;,
e iènz'aJcro dire fi avviarono l'uno e l'altro a quella volta. Veduto la!
(Irumento , difie ij Settala ; £^ verifQmo che cpftui ha queftp ftrumento in*,
ternato da fé, perchè ci mancano alcune perfezioni, che fon nel mio,,
che vi fare^berq , fé ne avefie veduti altri ^ ma quellp però è un bel lavoro,,
ed io con un mio ^Mccoda olTb il raccomoderò; ma voglio parlargli in ogni
maniera. Ed il Minucci a lui: Quello fi farà domani, perchè io raCpetto.
a definare . Venne il Novelli , efentito che vi era chi gli avrebbe racco-
modato il fuo (Irumento, difie ciò non poter* eflere . E come non può egli
edere, fé vi è taluno, dlfiè il Minucci, che ne ha fatti altri di tutto pur^to?
E chi ha fatto di queila forta firumenti? difie il Novelli;. Io non fo che vi
2Ulpole u Isovelli: orsù la volerà Sordellina tara allettata, perche e vivOf.
ed oggi vuol parlare con yoi. In quefto ragioi^gre eccoti il Settala, che)
fi' abboccò col Novelli, l'avvertì di alcun difetto dello frumento, chebeno:
difleanch'eflbaver conofciuto; cheperò avevane voluto fare un aJ[tro d'avo*,!
rio fen2;a tale errore . Ma ouellp, che veramente nel cafp ndfirò è notabile «
fi è, che. parlando jl Novelli e '1 Settala, vennero jfra di Joro a. capacitarfiji'
chetanti anni addietro, nel medefimo anno e mefé di Maggio, '^ra venuto^
:|d ambedue il penfiero di fofr ule Alzamento : e fecerio efiettivamente uno in'
filano, e l'altro in Firenze, i^nza che T uno alcuna cofa dell' altro fapefle.
. . pjbbe il Novelli poco genio alla Corte ; conciofoflecofachè aliai gli*
dilpiacefiè V adulazione , Dolevafi della fua poca fortuna ; ma non p^r que-
i^^o ad, alcuno volle mai chieder cofa, che foflfe. Rare volte biafimava le.
opere ajltrui , folito a dire*, eh' e' bifpgnava operare al meglio che fi poteva,:
e ^parlare il meno che fofiìe poffibile; e fé talora eran bi^fimate. le òpere fue,
diceva: E' parla bene colui, che coaì ragiona dell - 0|>ere mie,* ma conten«^
tifi di dare talvolta anche un'occhiata alle tue: ed ih tal mòdo fé la pa(Ia«
va Gli fu una volta riferito , come Ciovambatifta Pieratti , buono fcultore
de'fuoi tempi, col quale ^liebbe Tempre qualche rivalità, aveva detto»
parlando di lui • che s' egli avefie badato ad un' arte fola, avrebbe fatto
qualcofa; al che iifpofe, che il bue (blamente era nato per fare un'arte
fola p Contenne^ però fempre con lui con moderazione e prudenza , e
chiamato
m
cKiamgtoA aiiaaM fé (uè opefc» per ii]||girc ógni occsfiom» £ cénvefr*.
ton^rer recusò . In fqinmir funi NovelH uomo degUo di mòl» Iode« td il
nasnctre di fut p^rfona, fu non foto a* fupi aroict e conofcenti, m» Uh
mfla Cina nofira di non poco difpiaccre é danno . Non la^id fucceflltne
ftlcuna t ti^vendo dvuto moglie > ma non figliuoli ,
^«ftò vnlùo aUieVo neirarte dellJi (cuUurt, che fu il gii nomina^
5« JACOPO MARIA FOGOlNI/il quale ayendd facto più cofc
in marmo» dacofi ad intagliare inì^gM>» ha condótto opere todatiQimet
r(r cittadini; e fra T altre belliflimft è una im
che fono in 6afe di di ve rff cittadini; e fra l'altre belliflimft è una imma*
dtielfo. che ora quefte cofe fcrive, che la conferva in una fua cappella
comeftica con grande flima , ai per la perfezione dell' opert» ai anchOf
]terchè avendolo fino in quei tempi fatto colorire per mano 4i Baldaflar
re Volterrano • fplfi tanta devoisionei che fpefliOiffle volte fra V tnntf
Kti è convenuto nno al prefente tempo mandarlo in diverfe Chicle <r
Conventi di Religìofi» dove è flato efpofte a loro de vozigne i ede^pppoli*
Ancora ha condotto il Foggini di fua mano molte immagini di noftro Si^
gnore CrocifilTo » minori e maggiori del naturale: e fra quedi il molto bello
per la nuova Chiefa de'Riformati di San Pietro d'Alcantar» alla Real Vilhi
delPAmbrogiàn^: la qual Chiefa^ Convento è ftata ultimamente dal Se*
reni(9mo Granduca Cofitno IH. con di^gn<^ di Pier Maria Baldi da f foh«
damehti eretta , Intagliò angora per f Abate Bildacdiini un Crifto vivo in
Croce» per mandarlo a Cortona. Fece un altro Crifto appaflionaio gènu**
flefTo I per tin Convento di Monache fuori di Firenjie : ed ingjjoventà avo-
▼a al&i lavorato attorno ali* opere del m«e(lro, e &tte più figure di ^tm
bigia • Quefto Foggini è fiato uomo pratichiflimo iv^ììexoa ddr^rti iiq#
ftre» particolarmente nella Scultura ^ ArcKtettura : di gnn giudiit9» ^
amèno nel difcorret'e e trattar feco: e quel chèè più vero» uòmp dabbene:
e finalmente nel Gennajo di queft' anno 1(^83 • con una efempltriùima
morte» ha terminato il corfo de 1 j^iorni fuói ^ lafeiunda un nipote per no-
me Qiovambati(la« fiato a principio fuo difcepolo » che jpoi ha fatto ftudj
grandilfimi in Firenze e in Roma : ed è quelK ,che nella Cappeiia di Santo
Andrea Corfini nella Chiefa de* Padri del Carmine» ha fcolpifo in mar-
mo il beiliflìmo fepolcro colla figura del Sento ; è ora ita per le mani il la-
voro delle gran tavole laterali deità medefitua^di mezzo rilievo t ed è qiiegff
in fomma, che per T eccellenasa deir opere » dht efeono tuttavia di fua umi-
lio» darà non meno da fcrivere alle penne ^ qtiefio tèmpo» thc4a aiani^
lare a coloro» che le goderanno ntf "
\.i '
CLAUDIO
tSì
GLAUDIO GELLEE
LO RE N£ se
PITTORE DI PAESI
Di/céfùh é *Àg9Bm Téff99 mu^ 1600. 0 i6St.
t Qiwwinl di «Il alifoOtoftnfii Gdl«t, e di Aami Héa^
ft » ilMqtM in Clltaitfpit Ctftcllo di Lorant , ndl* Dio^
«elidi To«I> mli'ftfuio di naArt fiiluct itfoo, l' jNMlldm»
pitc«c« dir pMlif ftoipMtiv «Mfine » Claudio G«IIm, •
Al il ceno de i einq«« $tg\iat^ marcili di Giovanni . dtf
^ali il priaM fi oÌMmh ««re Giovanni t Domenioo il A*
condo« biortifio il quarto t ed H quinto Micliele. Noti
Al appena il giovanetto Claudio al dodkdino aiinp di fuaecà pervenuto;
che piacque al cielo» «iiV rlnencfiè privo de* fii^ gwitcorl. Coftiroito in
cale fiato I perchè mU aveva gran genio ai difitgno • tcttiemiefi eon Gio^
vanni Aio maggioc Rateilo» ^e nella tìi*A di Vriènipo ndr Alftsia li ei*
|ià facto valtftle iotagUtcore in legnov • GmmU (Snedileiplina per un enne
MI circa «'impiegò in diftgnare raticfeiii^ Ibdiaaù. Volle la fui boonè
lortnna » clhe nn f«o patente mereance di meaecti- deveflè in qnel c«np9
appiifito viMBace a KOAa* onde ftell cola ^i H V ineamminacfi endvl
mfy fotte k «ttftodia di Ini a qn^la volta.- Pervemito ch*ei la in qoelle
Regia d'ogni arte più fublirae» pr^ Clio allÓMÌanento non iongi dall4
Rotonda; p èo i foU prineij^j di diftjnio, avuti dàf fcaeallo» andava ftudian-
do Ad mlàlias modo pofflMe da fé M^: e dd foie eafrfcale di quel doc#
danaror «me gli veniva lioBcabdalta patria» valevafi fwr «no fcarfo aiimer
xo di fua perfona; ma non andò molto» che incominciandoli in q^udlé
lontane ^irti le cnidetifllme goene delti Svenjeffi » maneacono al poveip
giovane» non Ma i fMici ftMrvenimenti» ma la fpefunM atoeaì di poterli
mai]^ coi^Mg«ire> In jtd éafe vpfS^ rifi>l«xjoné di porcarfi col poco de*
nero clie gli era fiaMf9> alta deal di- papali » dove allora ^i^eva famedi
So il molto lodato pennello di Goffiredo pittere di paefi» lontananze e wo^
fteccive. Con oMCÌIp i^ acconciò it n<Afé Claudio» ed in due anni cn' ei
n «mccenne appreflb di lui ; ftee qnaldie profitto In architettura è proùf
^tcfva, e anelie n^l oolmrir paefi; ond'e^ ebbe per bene di tornarfbna
a Roma, deve appunto opportunamente era cempatib il degniflimo difeé^
poto ^ Paol Brilli Agtfftin Taffo. ftimKiffino nel dipigner paeft, archi*
testure e figure piccole , che era appunto tutto quello, a che il ncftro Qa«*
dio H fentiva folte inclinato » ed in che egli finp a quella fua etik'di venti*
einq uè anm erafi pf ^o^che ragionevol mente iàftraftto ; donde non gli fu di&
ficile il trovar luògo apprettò di lui -,■ Acooncioffi egli dunque con quei pic^
core» il quale» olUii al jeomunieaflfi i migKori precetti deU'&rte» dava^
- " Z anche
?
3 54 Decettn.IF. della Part. L delSecV. dal 1 63 0. al 1 6^0.
ariicliéle fp^fe Ui;car|Tu3 .7 inLVencfefiyakemié?co|l èfTp ino ^Kfli^
Venezia , poi per la Baviera, finché giunfe alia patria: e dopo aver quin
dato qualche (efto alle cofe fue% fé j^ne^^nd^ a Nar\sL Era allora in quella
città un fuo parente, il quale accoltolo con amorevoli dimolìrazioni, io
fece abboccare con un, talCario^pervenry pure IjoreneCei ipittore di quel
Duca, e Cavaliere di F'orcdgallò. Quefti lo fermò ap^préflcf di fé con prò*
nielTa di efercitarlo nelle figure; m^ non fu appena paflato un anno, che
al pictoft'f à Drdtkiato ilBtptgnet h voIiavdelk'^iè£i de^Caanelita'iii ; on«
de la principale occupazione di Clauììio bifognò che foflepoì per un an-
no'ff! più.,it dipjgiiere in queU'.Qpeni tutte ririchitottort. Ma il cielot
che aveva desinato il nofiro artefice a godere % fra gli altri pittori del fuo
genio rpofto di molca fingolaritàr coirocoafipnecdi uno -ftrano accidente r
pqre allora fcguito A^el t irar fi avanti qu€)i '.opera f folftraflelo a quello da lui
POCO: gradito :. c; andò la cqfa in qv^o modo . Impi^gàvofi in jipn io qual
faccenda di fuqtQQftiere neU^operani0deiun&iun.dQ<ai:ore.vil quale nel fa-
rei un certo mo(or> di repente cudde dal palco^j e: far ebbeA di fobito preét^
pitttOi fé kt forte iwn.gli aveife fatto in queii- ìtiftance dar f ralle oMni uit:
^r^Ote, il qu)Ie ncU'ufcirdel fuo luogo doveva accofiUM^narlo «1 preici-%
S|zio , mettendo però, tanto tempo in mezzo , iquanto baftò aì.noiiro ClftUr.
ip» quivi.pfefente, con momentanea, ma iaduftriofà- avvedutezza, per
p9!!gerQ 9 q^eA^i^iXerp, in tal fraogenoe . queU' ìì^XOì cliefe^p^li inipi-
r^rela «stura e la coippleffiotte p (r^&lvargli Javita, ficcome kgnV. QiieA^
«n^pecjCAto icafo ^dur^que fu quello i che ìf^t sì» che ilnQftrp pittore di*;
(^iùcQ aifactOida quella fona di lavori: e d^ lì in poi ehb« graiureiùten»:
In ftf^ee^ttare oecafioni di opere, per cui gUfo^c^. con venuto lo ilare fopnt
plichi^ Nnchè talvolta poi faUiflè in.luiquefta Tegola; atteibchè tornata
in Roma , gli cc^nvenne.operare nel Palazzo del Cardinal Crefcenzioui piazza
»Ua R0cond0; injqu^llp de'Mitfijn piaz^rde'Stnti AfroClioli:, abitato oggi
dair EmtnentilfiwP Lojdovifio' : . ed in. un ca£bn».alkti Trinità de'^qnci per.
, :: Tornando or» a ripigliare.il .filo del a^rp rtccpQtO'» attfdlatoil Ciaur
^io^di^lla ffccend^^ eh' e* faceva, in Nansì^ co( maefiroi rifoiyè Ro(iiir£ene
in>Italia:. Pi^efe fuo viaggio per Lione e per Mar(ìU<l* dove V incontrò in
pif Io Erard , con fuo padre e fratello ,} l^ad pittoH dellf Ma^Criftianiffir;
Ipa^ che fé ne venivano a Roma.. Ir^ehae. con. elfi ie^ui(òf^^ cammina;
f^iii^alate^te dopo avere mojte ^' gru^vi, t^Hipefip; 41 biliare, q io^romedì:!»
qt^llvngo viaggio fuperaci» nel giorno appMOtPi dfilla fdUvjità ài Saiito
J^UcaiileU'annpKJxy. fu di nuovpin^Rpipa^t .-Apiif^yi caia»ve.diede.[)r»is^
c^pjo.a/ar conofcer fuo valore ne' molti, quadri» ch^f^ce per diverii t^vr
Ipri deli' ar^e di quella ci^tà , e foreftieri ancora i.£/ich^ per ordi^.dei
Cardinale Bencivogli ebbe a fare .due paeliy.che^gli guadagnarono ,ta9tp
pretto/ non fqlo appref^ a quel gran Prelibo, ^eziandio alla insita dd
Ponte^ce Urbano y m.eh^gìi vid^i^ico |nitÌMch«>:|ìtt da^^q^pl. tempo
jf^wmjnciarpnoii^frfiqiiepfftF :1> fua^ftaiii;^^ prin|a.d)riCu|tAjl.CaÌKiii»ute 9ftA-
fiyògliò,. poi altri x;9(^^dinali(,» fìaa)f9ente« Pci|ici|>i ^i qgni cciadizioo]:::
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t:ljÌUDi:0 .^TllEE. ìfi
c TdiiQiitttVora ipeìr £empi0:ieft&: oHmfk i» ftràdiL ptt> ]ioKirfi d ciaiftgiii*
iiuo»ài Ale pinuce «drognaiib » «he iiDn:£ifIè:fitci> ò gR(à Prìnci^ o gviti
Pcettsp»: o duifcr kiifz;pà4ÌlAlcittn:dt>qiicfii» ^ cofto^xli gran jdanari^ «imi
gli jiictfflè Q.con^Ddttftrtt'C Inngàtptsiaica^^^ir^nifuii. Of peidiè Iropeto
4f: ^efta gcahdf kioriio ibocififiono Sfineiia jafelir/iiiuirne » pcoipetti ve jbA al*^
cne a qiieite Ìifl)jgÌiaou cofe:^ .ondciton: fi ùtlvtogo a me aliar di cocce tuia
parcicòlac4efcciaioiie,.aii fi. conceda^che in lui bel principiò io alciui
notizia dia. a cbà non mal ne: ay efle^ vedoce;» di loro eco&Ueiua in genera-^
Ici>r.pacyeBÌr.p0laiar menaionéidelie piik riAomatcfolttmdiite» o per me«
gKo;ditt^di qttd^Ie »: die dalboctimagiwo di quefl' artefice intono fiimaca
OÌgfiQri ;;. che dkqvafieaimùatof e.iióird'a^rè^parare.bene a GinieppeGelieé
filli tiipofie (giolume còttuotatiitoo ^ ed' d ptefente applicato a ;ftudj! di
'Dilogia io Rotea ), fiucmitpenrenirep là cógniàene . ^ E' dunqx^ da: fitperfi)
che ilforte di q^uefto Artence » fu una maravigliolà e non malpiù cosi be«
ne praticata zmicàzibnQ del naturale rhe' diverfi .accidenti» che cagionano
le vedute del Soie ff particofetottnce neil^abijXka.deroQybìre e;de'iiliiDÌ'»'neU
la l|evatavefnell!oc(lifo«ied*ila ciò'^.cheia qoeA&>apparaène» Véggònfi«caA
diioantfidi iuiw che:srt|ttflaù(ìo ogn' iminagiqaatQne» non filpoffi)|io (keit
verun modo defcrivere.. A qaeftioi iifgiQnfiauuh i&appc^iére itantaivigo é
et iHixomponiittento di piani ». monti y cafiiAemi \ ed^)\ nbhìli » porti #
architetture e altre fimllixofe tanto bene accordato, che mèglio nonpaò
defidfmcfii.^ All'acque. faiàrittime.diede un colore naturaliflimo: e quella»iiK
eh* iotpano.aUe medefime<maggiarmence.rHoilé bfua inteUigenaa, bao^
ao'Ieyatieimutaaioni.dellatite^ colore; a feconda delle viarie e ibeUiffimo
oiTeryaeiont» che egli fatte avevanel vero»* nei mtitaril e varìaifi V^xìt e:4a
Iticen. cole :tÌ9iitce». die rapifcono. gli .aiiipii di chi le mira . Adornò i fooa
plcG adn figure^fattc con canta^diligenaa» che nulla più; mapendiè io qtie-*
(le egli non potè; maìcortcggece un fuo hiolto evidente mancamento di ;£ar«
le troppo fvelte i era (olito dire» che vendcirà.il pae(e». e le figure ledo«
navaci anzliper. una certa.'foa naturai bontà exontinenza» non aveva alo«ii
difpiacere» chexhi gli fadeva dipignerc i paefi^ o marine » fitceflcvi aggiongeft
le«n^qreper-4}tra>manOf ciocché* per ordinario faceva Filippo Lauri cele*^
tke miloma.ia fioule facoltà. £ecevi^ come.fi dille poa' anzi», prófpet-^
tive mirabili» e particokf mente templi tondi , ne? anali ebbe un talento 6ti^
^larilBmo») avendo ecceUentémente: tirato le bafte i capicelU con. cerxs
mt regola» e noa a. occhio» come haiino.fiicco molti paefanti : errore » ch0
adaldifdice^ echemoitoiìfaconofpef e a. ohi ha occhio erudito. Ed ha anche
fitto^vederQ» che quefti ^templi tondi^ molco abbeltifcono il paefe, quaii**
do fis ne «fatino ptgljaK le miftiee le diftawe proporeionate al» rimanenn
delia tela. Lelontananase poi <U' A^oi^paefiiemiarinefon vece afikto: |^a
animale: qu^udriipedirparticolarniente bovini v caprini efimiliv fono imitati
iMAr» e anitii cori )grand' amore» onde «ara vsìglia iìon è\ che^i fubi quadri
in quefio noftro fcscoto fifiano venduti a preazi^in lor genere quafi non più
fintiti» e fiano (latice fiano fino al prefente uà degno pregio ed ornamene
co delle più tioomaci Gallerie e^Gabinetti de' maggiori PriacijH e^Monar'^
chi del f£oadOf i ^« il ,% i>.; *«4«<.oy [vlu ; iu 'v, .*.*.. 'a^Mi,. ; i..:»'\
uì: L J } Za Per tot-
^5^ l>eem.W.dadf»UMSiey^Maio.§ti6i^o.
. Vft tomtf» MTi dia (brts> 4tt^Ìfeo il jtanfa6til9ciMnc «0lw ftdtti'
fdM quadri , £itd p«t toCtfiUAtkBntiifvgfao »j«ftttflM«WMÉ ^1^
ciMi; enoncoRMntcMttatecgiifeiattiaiiiMa kéilai»>tridiairfditttt'sntfiMi
•d avutolo tk, dopo jhi «Md» amiPMoU tfitCMÉetaOr 9)^ omMiidè dt
tenraltrlosictro oca la patteia ivi frapria . Cbodio Albico ootl tmct
l'aoitto vi a applico « e condoflé per affo una marina «on mth ttuoitró di
-vaftalli* ed alcttoe fabbriehapftDò.alli oiadafiiiift di noinfifiata aiolikw*
«m. In on alt«0« teanmiàó la volontà dolio ftefib Poocefiet, fyù^ vado^
M il Porto di MarifiaHa kt AiUa fpiaggiiJUnMna» dove a mio 9§étt»mpf
«afta fi «ondofla s diiàgoarne fa vedata* In aii aitco rappfofèmdoit Mk
Io t neii' ultiaM» fin^nMote coft paftocdi. Ero intinto «à veina la iktai^
éA tèa ptancUo por cotta l'EorOpa» oirfopoi ocdine della Maaftàdfl Ró
Coctoflco ebbe a lif» otco altri foadrii nr primi i|oatttode'4«aIieipi«A
fiotìe dd Teftamanco Vacohioa ncglt altri del Tóilamerito Noovo . rtf I»
Catdtnalede' Medici tino ne condirne, Ad qoalé diptfiA»ilf alaasodaUrSt*
saniffina Cala dia Trinità à^ Monti ^ e sua bdliffi«a Marini . Pd Ctr«
Aad Giori fece firn d nwtao di Atee: tiel Dtaeadi JBraactono onoi Od
frinoipe di Leanoour d«e» par io Catdìnal Melliao ttiiquat pd Priiicipo
Panfilio- ritri cin^iiv» pel Coca, di BogUone iftioi pai Cardinale Rofpi-i'
gfioi»^ poi Ciomamo IX^iii ftnia meaaoria. tret par la linitd di Paao
AlaOtndro Vlk due, e ciò fono una Europa ool Totot od «na Battagli
iDpm no ponce ; e perchè quefio Fontefioe» non fdo ebbe lA gran con-*
ootKi la virili foa, aia gli poct6 anche gnndo afibdoaOf abbono a fico al*
tri anoora per It eafii Ghtgi . Otco tio dRpiìifà per lo Centaflibile Go«
lonno^ fta'qadi «né U ne cNNica di «ftMOM bdletaa, 4ov* ^\ aveva di^
Rota Pfieho dia riva dd asare t e qncAo venaie poi in potete éil Maiobail
illodaino, Monsù di Bourtetaiona ebbene. ctfK|oei quattro Fado^^l»
conien». Gavdiere non lòono per la gloria d^{ti amenacl » die per la pe-
fisia odia ictenze e adirarti* e unr omiÌco cMaao fpleiadore Ira la aobiicè'
KoMncioa. Quactfo no colori per MonfigmKoVaidaAd», due dar quali'
foona allora fi diOit) dovevano ièrdao pei la Maeftà dell' fuiperatóre*
er lo Principe Don Gafparo duo< ed akrmanri pel Gif Aidf^^dpida .
Vno finalmen» , e bellifitnio» dipinié por fé iuedaliino dai hacurda » alla
Vigno Madama vtctno a Roma» del quale la Snititè di CfetOioncO IX. fi*
oegit olirli tante dobie, quante fitfebbero bafiate a eotftlrto tutto» ma il
cavargliele detle ntint non fu mai poAtnle» perchè o* Aoeva r' ocMki'ara in
ferità r che ogni giórno fa ne fervira per vedeio la varietà dagli aHMi
* dalie foglie. Ma troppo mi eftendcvei fé io voleffi ad orto per «no kt
menzione d^perfbni^» ehe vdlero fiio pitture; e pene oioaAerà fino
oca on raccmno tli* tngroflb delle città , ove ne furono^ mandate per or**
Jmmcmo de'maggiori Palazzi e Gdlerie. A Parigi ne andafono trentatrè:
cinque a Hapdi : dueaVeneaia; due in Ammrdam i doc in Anverfii:
dot in Avknone : a Lione dee: altrettanti a Monpdieri» in ttnode'qoali
ofUrapprefentata la Regina £fter, in atto di fuppikare il Re Adatterò pel
"Popolo Bbcco . Nà dee alcuho mararigfiacfi , che io t#a tanri- fuoi quadri
^wcia partìodar menzione di quefto ì perche mi è nolo , che lo ftdTo
Claiidìo
CLAUDIO e E LI E E. is7
Cfamdio fo toìito din ^ rete e^i «rt il più lielio^ che fofle mn nfcato delle
file mini s e. Càie \f a unciiè il concetto . cine ebbeso dello fieflb i yerj i Ateo-i
denci dell'arte» non tutto per la vagheagea del paefet qtianto per akim»
mmmgiiO&^cbtteeciMe» cael'adocasvariDi Molt* altre foronole opm
di Claiidio, dellequali non fi è ootista.*yere .cognizione; ne tampoca-oellei
qak notate farebbemi riulcito oare tanta notizia $. fé non fofle ftaco l' ajoto
di un libro di fue invenziom $ che reftò di fua mano » £itto da lui.per ri*
medio di un grande infonunio , che fin da i tempi » che edi ftce i primi
I a dare qualche fiorma»
_aOp non iolo gliele jQi
fobata r invenzione» ma^^eziandio iqaìlta^ la^mank; a 9 e ne furon vendu-
te per Roma le Copie per Originali ài fup penBello; con che venivano
fcredicato il maeftro» mal fervito il perfoaaggio» per cui fi fiicevano i qua^
dri, e defraudati i compratori.» a'qualifidavano le copie per originali. Ma
ì\ non finì la cofa» perchè a quanti egli ne faceva» accadeva poi lo fieflòj»
Il povero Claudio t uomo per altro dVinnocenti coftunii^ non (àpendoda
chi doverfi guardare de* moki, che frequentavano la fua ftanza, he a che
partito pigliarfi, in vedere, che ogni dì gli erano portati a <;afii fioili quar
drì» acciò riconoToefie fé |o0ero di fua mano; deliberò di formare un li-
bro, il quale io con molto.guftoe ammiraa^ione vidi, moftratoml da lui
medefimo nella propria fua cafa in Roma; ed in quefto libro cominciò •
copiare r invenzioni di tutte le opere » che dava fuori » efprimendo in efl»
con cocco veramente maeftrevc>le, ogni particolarità più minuta del auar
dro fteilb , notandovi eziandio il nome del perfonaggio, per. cui era ftata
fatto f e fé male non mi ricordo t l'onoraria che ne aveva riportato; al qua|
libro di^e. egli nooie.di Lilfro d invenuoni$ »wen Libro di Vèriìi : e da
quel tempo in poi» ogni qualvolta gli erano portati a vedere quadri fuo|
o non fuoiy lènza siiultiplicar parole # faceva vedere il libro » dicendo : Io
non àgnmf^iovi opera»; che oopo averla interamente fini^ , io non la co*
p) di inia fBMX^o in quéftp libro . Voglio ora , che voi medefimi ne fiate
giudici nel dubbio ppftrp; però guardate q^uà fé voi riconofcete il vofiro
quadro; e così» comecché chi quella invenzione avea rubata, non aveva
a gran legno pq^uto 49r net punto ^appar,! va fubito agli occhj di ognunp
ladifferenza» e-venivafi in cognizióne deirioganno: e fé talora intimorìu
dalla fama» che già correa ^ che vi foflero mafcal^poni in Roma, che le op^
tede' fuqi paefi deflero fuori per originali , quel medefimi, che gliaveyao
<^mprati, e che npn intendevano più che tanto le cofe dell* arce, gU^Ij»
facevaii vedere:, ed egli colla vi^a del libro» oltre al proprio attefiato» far
ceva sì» eh' e* toccauer con mano efler quegli veramente fupi origiriali^
Qpefto libro» dppo la mone di Claudio e refiato in .mano de' fuol eredi^
che ne fanna quella Itifna , che merita una memoria sì degna di tant' ^qfj
mo : il quale finalmente aggravato fempre più da una tormentofa podagra»
foppor tata per Iq ipavipdlquàran taccile anni, e dal pefo dell'età, che gi^
ayevalQ ricjgtcq.fi fcgno.di J^ft B^l^m^^^t 2^^, che pcr^^ue^o^trc ocf
Z j li giorno
% > ^ é
358 Decetin. U^Ma PartJ. ilei Sec. V. dal i ^3 o. ài 1 640.
ti giorno * ani ii. <à\ Novembre i53t< occantefimofecòndo di fao
▼itale» chiufe gli occhj a qoefta luce.^ e nella Chiefa della Santàffima
hità de' Monti de' Frati Minori, avanci alla Cappella della Sancifllma I — ,
siau , fu data al fuo cadavero fepoltura : e fopra di eflk fa «ollocàto «n
"-= marino colla feguemè ifcrisione . > .
« ,
D. O. M.
J.
GeUee Loiòaringo
Ex loco de Camagne orso
PiSori eximh
Qui ipfos Oritmis & Occidentis
Solis radios in campeftribits
Miri foce pingèndis effinxit
Hic in Urie ubi artem coluii
Summatn laudem inter magnates
Confecuius eft
Ohitt IX* I^lend. Decembris \6%%.
JEttètisfiià ann. LXXXlh
^oan. ily ^oftphus GelJee
Patruo CbartJJimo Monumentum hoc
Sibi PoBerifque fuis
poni cursrum.
Fu qiiefio artefice, quanto valente nell'arte fua, tanto amico de* buoni co-
ftutni ; Non imbrattò mai il fuo pennello con alcuna lafdvà o in alerò
mckio ffconyenevble rapprefentazionc; e fe talvolta gli bifognòdipigner
còfe fdVplole , in cui tali figure dovefiero intervenire , coprivate nel miglior
àiodo poflibile . Fu amico dì ognuno, e defiderofo di aver pace con qual-
fifofle; e laddove a tal fuò deliderio alcun danno apportar fi potefle, diede'
fempré bindo ad ogni fuo più rilevante interelTe • Intorno a che occorre
Cola cfegna di memoriaV e fu queftà . Aveva egli fin ne' tem^pi , che gli toccò'
à operare per Orbano Vili, prefo in cala fua, quafi in qualità di fervito-!^
i*e, ma particolarmente per macinare i colori^ nettare i penne IH ed altre
bbfe fare, che abbifoj^navanoad un comodo efercitamiento dell'arte fiià , un
certo giovane d' afiai umile condizione , chiamato Gio. Domenico Roma-
no . Aquefto» che era anche mezzo ftorpiato della perfona>, aveva égli fat-*
to infegnare a proprie fpefe a fonare lo fn'umento di tatti ed altri ftrumen*
ti:, ediplùi:ivevdglicòn grande amore infegnato adtpigtieréi quando s' in-
cominciò a vociferar per Roma, che Claudio faceva fare i quadri a lui:
cofa, che di bocca in DoccapafTando» ficonduffe finalmente all' orecchiò'
tiel giovane ; il quale tanto (e ne in vani, che dopo di eflere fiato con lui
yencicln'que anni; ed averli anche dati ufiaì difgufti in varie occafioni, fi
{>artì di fua cafa : e già meditava di farlo chiamare in giudizio , per farfi pa*
gare il fatarlo di tutto il temoo ch*egii era fiato apprelFo di lui, con tratta*
inenti più da figliuolo» che da fervitore a difcepolo • Avuta di ciò con^-
' ^ ^ ^ cezzs
\
CLAUDIO GELLEE. 3551
tezza il buono arte6ce t lo i^olie avere a ^ ; e condottolo ti banco 4^
Salico Spirico ^ dqv' èi cenema ^ran danaro, fecegli concare tanca fomma^
appunto quanto importava \% (uà precenfione . Ma non pafsò poi gran
tempo, che Gio. Dotnenicó fint di vivere: e Claudio da quell'ora in poi
non volle più fare allievi nell'arce fua; ma quancunque egli ftefTe Tempre
faldo in tale rifoluzione, non è per quello, che egli non fofle liberalis-
mo de'fuòi confidi e precetti a chiunque gliele avefle domandati ^ e par-
ticolarmente nella profpecciva, della quale fu olcremodo incendence e
pratico, e coaiunicolla fra gli alcri al viviani delle Profpetcive. E giac«
che parliamo di proTpettiva, non voglio lafciar di notare alcune cofe , in*
corno al modo che egli teneva per dtfporla ne' fuoi paefi . Metteva egli
Inocchio ove gH pareva; ma era lolico dividere l'altezza del quadro in cin-
que parti, delle quali dava le due inferiori alla linea Orizontale, o vo*
gliamo dire affé <le' raggi vifuali: poi mettdido l'occhio. in efla linea, pi-
gliava un filo, e ponendo un capo nell* occhio i ginavalo in tondo fopra il
quadro , comprendendo in edb tondo tutto il m^efimo quadro : poi met»
teva fua diftanza in quel luo^o , ove la fua linea attraverfava il tondo : e
lo fteflb mòdo teneva nel dilegnar le vedute al naturale , la qual linea in
tale occafione oflfenrava tanto , che da' Fiamminghi per foprannome era
chiamato Orizzonte . Dì quefli difegni di vedute al naturale fon reftati agli
eredi cinque o fei gran libri , ed alcuni faici di carte fciolte» ficcome oli-
ere al fop»nnominato, altri quadri da efib coloriti al naturale . Dirò per
ultimo, che queft' artefice, dico per quanto n' è corfa la &ma, tuttoché
in un lungo tratto di vita avendo aUaiffimo guadagnato , avefle potuto
accumulare gran tefori, contuttociò a cagione dell' amore, eh' e' portò
fempre a'propr) congiunti, a' quali diede in ogni tempo ajuti validiflimi,
non ha la(ciato maggiori foftanze di ouello, che giunga al valore di " '
fluia. fendi : e tanto batti aver detto di tal maefiro .
;/ - .;
Z 4 PIETRO
• N
3fio
PIETRO RICCHI
PITTORE L U ce H fi SE
Difeepoh di Gmio Raity nato 1606. ^ 1675.
y Antonio Ricchi e di Martorici Paladùri . cictadtnii'wure
[l'altra dellanobihfliniacittà'di Lucca, nacque 1' annoitìotf*
I Pietro Ricchi» il quale non pctma ebbe di fna età pa&to il
■ primo luftco, che dando concnOegm molto chiari di p^'f
[ dere.buoncapicaled'ìi^egno edi abilità in ognicoGr, fu dal
° padre «pplioato allo ftodio delle lettere fotco la di&ìptina di
Buonaventura Guifparfìnì» uoaioreligioSffiaioe di nui carità, e coma
ale in qaella città •flai riverito e ftìmato . Ma perchè altri bene fpeOb
ibno i penfieri de* genitori intorno airiadiriaaEo de' loro.fìglìuoli y altri i
deraeti della Divina ProvTidenxfc nel. preparare i fentierì, pe' quali deb«
bono eflì camminare, appena ebbe il nnciuUo imparato a!lameieejfcri«
vere , che fece conofcere in ie un così accefo genio alt arte d» Difegno ,
che al padre fu forza levarlo dalle prime applicazioni, ed a quelle, ore
porcaralo l' incliiuKione applicarlo, il primo maeQro dì Pietro fu un pie-
torello di poco nome » col quale radendo il padre ùh>^ che egli pecen
pooo avrantag gistfi , gliele fece laCcìare, eleKmidogli in loogo di lui- un
tale Ipolito Sani, del quale non aveva in ^uel tempo qttdlacin^ Um^lfc>)
re. Era allora in Lucca un mercante, chiamatoGirolamo Macaoni, amÌ-<
cìffimo non meno delle arti hoAre, che del Sartii e trorandofi bene Cp^
con elTu lui , ebbe occaSone di conofcere le buone maniere del gioranecn>
Ricchi) r ottima indole fut, ed il molto che prometteva di fé fte(R> ptf
Io buon gulloìn colè di difegno: al che 0 aggiungevano i difcorfi di loctet
che del continovo gli faceva dt lui il Sani ì che però il mercante gli pofè
grande amore, e fin da quel tempo defiderò di ajntarlo: e ceno, che gli
renne ben fatto, perchè indi a poco lo mandò a Firenze* e nella fcuola
del celebre pittore Domenico Faflìgnani operò che folTe ricevuto, dorè
perteverò più anni . Avvenne poi i che efiendogli pervenuto all'orecchie,
cooie nella città di Bologna correva ftraordinarìo grido dell' opere di Gui-
do Reni, defiderofo di approfittarli femptepih. trovò modo, col mezzo
dello Aeflb Maccioni, di portarli colà; ma prima di metterfi in cammino
volle riveder la patria, nella quale fu dal medefimo per qualche tempo
trattenuto. ad oggetto dì fargli &re, lìccomefece. le fegaentiopete. TiU
furono: tre ftorie a frefco ne'Chioftride'Fratì Francefcanì: una quando
il Santo comanda ad una Lupa, che non più danneggi una campagna:
un' altra* quando lo fteflb Santo (ì fa ftrafcinare per lo Convento da un
frate ; l' ultima quando egli rende la vita ad un fanciullo defuntoi le quaU
tutte fece in età di diciotif anni e non più: e dipcù accompagnato da calo-
rofe raccomandazioni a quel pittore ecceU«atìfllinoi fé ne andò a Bologna , -
dove
TIETRO RICCHI. 361
dovè iflrendò' Guido conùfeiotcpìire widi^'ttLb lèimone inaniere del gio-
vane » molto J'accarezstvt. 'Pròwedevtlo il Mercante di quattro feudi ir
méfe» concile doveflè egli in xìafchedun mefe mantkirgli i difegni eh' e*
faceva all' Accadeuua^ cdrar peeao drqùtdfoa modo fuo. Inoltre gli
mandò a Bologna un altro giovane , che per macinar colori , medicar te-
le ^ ed altro fare» che occorrerle a fuo bifogno. Io dovefle fervire • e in-
canto cercaflTe ancor ^ffo dì apptthcfere queir arte; ma il Ricchi, a cdi la
poca provvifione non baftava a gran fegno per lo mantenimento di (e e
del conqiagnov in vece di manderei ouadri al mcccanoe, face vane ritrae-*
co, e con eflb fiippiiVaalla fpela perle proprie neceffixà. Quefta per aV
tra ragionevole |nancaQzadeLRicchi»incommoiata a Eaire dopo quattri iin«^.
ni i fece forcé.fdegnare il Mafceioni^ onde idi fubito UCciò^ì provvedbrio /
Pietco viftofi privo di quel foccorfo» ed avendo giàfacti grandi ftud} pep
apprendere il bel modo di colorire jLombofdo; prima licenaiò il giovamo
compa|(no^ e>poi fé n*andò a Roma, dove per due in tre anni anmentòi
io ftcflocon quanto andava dìpignendopèr la bottega delquadmro; ^gvd^
intanto la morte di Antonio. Ricchi fuo padre ^ e retto dicloi un altro pic^
eolo figUoliho in età di nove anni , cofa > che a Piintt>.porob: neceflicà di
miolvo.rìtomo: alla patria^ In qilefta fu ricevuto,, còme fi potè il meglio y
io ca£i del fuo già compagno avuta in Bologna, col quale; andava la vo«^
nodo, feoondochè fi porgevano loro le occasioni: e uri giorno nel dt«<^
Correre di'e'£ficevano infieme nel dìpignere , nacque fra loro dilcorfo <fi
lafciare la patria, e portarA iti $pagha>oia Fraruciaf^ ove fixi e meglio
erodevano trovar fortuna . E perche egli ò proprio della veaeta e forte giò^
ventù r aver talvolta leggiero il eorQO;t|uantail penfiero,Tenzaftariamcd«
to a fiudiare»< tutti e due infomeeoi piccolo>figl]Dtirax, fi meffipro in via^^
gid.alla volta di Genova: quivis'imbarcarono per Portò Maurizio: diti
fi portarono a.Nizza di Provena, e dipoi a Fregtus, dove i|n anno fitnt*
tennero, dopo il quale fé ne andarono ad Aix. In queftò hiogo trova*
tono molto da operare , panicolarmente a firefco , in una Cappella , fatta
nei fito, ove fi dice, die fpirafle Tanima là Penitente Santa Maria Madda*
kna^ portatavi dagli Angeli, acciocché San Maflimino Arcivofcovo ledefiSi
il Viatico . Fecero altre opere in un giardino A Monlsù di Ulubet; finite le
quah opere fi portarono ad Arli , dóve per rAn:ivelcovo4i quella cittjl di'^
pinfero a frelco una Galleria , ed altre cofe fecero per diverfi cittadini*
Intanto le Monache Carmelitane di Aix, per mezzo deLprimo Prefidente
del Parlamento , fbcero fcrivere ali* Arci vefcovo di Arli , acciocché operàflc ^
che i pittori tornaflerd ad Aix, ficcome feguV: e per le nominate Mona-'
diedipinfero la lóro Chiefetttdi Santa Terefia j Mentre le cofeftavano in
auefii termini, fopraggiunfe il Contagio, ed a Pieitro convenne fepararO
al compagno, rimanendofi infieme c^ piccolo fratello appreflb alle ÌA(U
nache > cioè in cafa del lor fervente o fattore ; mentre r altro andò a (lare
in caia dèi foprannominato Ulubet; Portò il cafo, che il primo ad avere
in caia quel contagiofo male, foffe il Ricdu; ma volle però la buona for-
tuna fua» che d compagno riiifcifle il trarlo da quel luogo infieme col fra-^
tellOf t condiufeto aello flefoMlauod' Ulubet, dove ebbe comoderà di
hs
3 62 Decenni IV. della Vart. 1. tklSee. V. dal 1 63 o. «/ 1 6^0.
Ar qttaranteha fcnza pdruiolòde'domeltìci; oerck^
tir che egli aveva fatto avàiìd per ;pòrcarfi ìli Bariaioeato, 'rivendo racco*
m^dai^o q^lla fua cafa^ad amica»? a» più teQQvàtawprowdfta.ditmao il bi«
fogoe Vola per ognuno» facendolo'.poaar^ dff/lilogQ iion Corpétto:, finché
ti>avafle inodo» come fegitì»* disfare ufciin&ftiita la: famiglia d'^^ e con*
durla inpaefe non oifelò dalla pefle. Paffiica quella influenza» i due pittori
furono coii grandi iftanze richiamati i dall' Arci vefcovo d' Arli > per fiir £are
loro altre; opere» e finire ìle-.giàatìcaminGtate; {i^3cfleiido giunto quel ma*
le ad infettat Marfilia » non potéiid^lècmércansièaveppiiatica^fipiifuper
allora codofciuco modo jdi procaoipiar xaa}orl |ier iquel lirooo i tantoché effi
fi.fiifolverono di faro un viaggio iuiio.lLionei, * non tanto peifqiirov vederne;
quanto per vìiitare.ilcuni parénti di uno di loro » che cpU abitavano i iic«
coméancora certi pittori di gran nome» e fraquefti Monsù Blanch di na*
ttone^Lucohefe; In queft) città ebbe il noftro artefice con fuo compa*
gno.QCicanòne di fare a&i opere i che da lono furono di buona veglia ac^
Cettate il affihe foliaihente di confomar tarOto tempo » che giongeflero htio*
ve cwte^ deil' inteira «finità di Pmvenza. Fra qùefte furono afcune piotura
à^frefèo di ua:pa|azaso fiiarl«ltella città» non molto lungi dalla. Madonna
ijellVLTolàfinltiogo'tietto a ivxxÌEed^od altre in un caftpllo» nominato Fle-*
£c?icra»lontam) da Lione unargibi^atà ^ nelle quali un anno intero confo-^
idirono: e poi dipinfero inaino palarzo 4etro Labargio. ìxk quello aem^
pò edendoli già divulgata la fama tièl noftro pittore» comparve un manda-»
to di Parigi ida Imprimo P^didentedel gran Parlamento, per condurlo a fìi*
realcunetapere» in ciA doveva impiegate cinque in &i anni, fopra di che
aveìido tenuto, difcorib coi compagno, redo conciufoéch& Pietro fi por*
caffè, a.dar principio a queir opere» ed il compagno in Italia fi ritorna(fe,
perdarieft0agl*interem di lorocafci^ iaà}uto delle madri dell* imo e de^
r altro , che.^à da tanto tèmpo fé ne davano in Lucca » bifognofe di
Configlio e dTaJQto . Siccome fu parlamentato, cos) fu efeqtiito, parten*
dofi io un tempo fteflb, uno per Italia» l' altro per Parigi , Già aveva il
Rfcchì Jncomincìato per lo Prefidence il fuo gran lavoro, quando, menf*
cre.egli uoa mattina flava operando* entrò a calo in queflla camera un gen«
tiluòmo di quegli , che èrano foliti di cortegghure il Pr^idehte , e fenza
e che non meno fapea maneggiar la fpada, che i pennelli , vedendofi ia
tal guifa ftrapazzato» gli rifpoiè alle rime , e. l' altro a lui : e b cofa ebbe
fuo fine collo sfidarfi fuori del palazzo , dove dopo vn' afpra battaglia» il
gentiluomo rimafe malamente ferito. Quefto altrettanto ftrano, quanto
inafpectaco accidente , coftrihfe il mttore ad ahda^fene in fretta, lafciando
il lavoro e la citta in un tempo fteub, ed a Tours rifuggtrfi . Quivi veddefi
BialCcuro» onde fé n' andò a Lione; ma avendo avuto intefa , che anche
per quel luogo fi fpedivano ordini per fua carcerazione, deliberò dinfcir-^
ne affatto di Francia , e per lungo viaggio fi portò a Milano. Giunto in
quella città , dipinfe di quella fua bellifftaia maniera un bel quadre , il quale
inoc«
PIETRO RICCHI. 3.<Jj;
•
ìA occafioTie della procefiione del Corpu^^msw § fece. efporre al pubbli*
ob: e Veditcovdàl Cardinale Inlàbce, fecefelé portare a Falazapi. volle poi.
conofcere il pittore» e trattollo da gran virtuofo com'egli era. Mentre
che egli fi tratteneva in Milano, non fo come .eg|r fi jtrivò allacciato di
forte amore verfo una tale femmina, la quale egli poi licohdufle a Brefcia»
e di lei ebbe un figliuolo; ma volle Iddio, che una tale difgrazia ^U inr
tervenifle, che ebbe forza di richiamarlo a conofeimento del proprjo 0a«^
to; e votatoti di fpofaria» T effettuò • Mentre che egli dimorava in quella
città, furongU dì Lucca ordinati due quadri, che fatti da lui e mandati #
accrebbero non poco il Tuo nome : tali furono una Madonna, ed una fto»
ria di Lot. Quello delia Madonna venne in potere d'Ipotito de' Nobili •.
Inoltre fece ad inftanza di uno della &migltia de' Martini, per una fuaCap^
pella in: San Francefco, altro quadro, in cui Tapprefentò il miracolo di
Sànt^ Antonio da Padova, in atto di rappiccare il piede a quel giovane t^
che per ecceilb di pentimento di aver con eflb percofla la propria madre»
ei^feìo dilla gamba recifo ; per la qoal Chiefa di S^n Francefco aveva an-
co fatto dtic altre tavole i cioè 1* ÀlTunzione di Maria fempre Verginei
e San Franeremo chericeve le {limate: ficcome pier quella di San Òirola-'
mo aveva dipinta altra tavola di una Apparizione di Gesù Crtfto a yn San--
IO . A Gib. Paolo Lipparèiii mandò im quadro di «in Archimede tìccifo»*
mentre difegneva fopra la rena, per liberar Stracufa dairafledio: e mand^
altresì un San Pietro e San Paolo. Era il noftro artefice già pervenuto iti
tale ftato di abilità nell'arte fua » che non dubitò punto di portarti con fua-'
famiglìfa ^d abitare nella città di Venezia, dove molte opere condufle di
fùa mano : e particolarmente per la Chiedi delle Religiole di Santa Cate-
rina in Canal regio, dove fono opere dèi Veron^fe» del Tintoretto,e del
Palma I dipinfe la tavola dell'Altare di SanGirAiamo, in cui rapprefèntò
lo fteflb Santo , Maria Vergine , e noflro. Signore Fanciullo ; ed inCaftello
colorì un quadro di quindici braccia. A Trento mandò una tavola del-
l'ÀiTùnta di' Maria Verginea e ad altre città eprodnctealtretavolee qua^»
dri, che gli fecero grand' onore. Stato, eh' e' fu qualche tempo a Venezia
fe ne pafsb a Padova; e finalmente fu chiamatela Udine, dove aflalico da^
graviffima infermità, agli quindici d^ Agoftoió?^. finì il corfo di Tua' vita
mortale. Fu dettoRiccht uomodibelk prefenea» dinobiUractOieneirar-
te fua aflai rifoiu;o . Nel colorito fi tenne (èmpre alla maniera Lombarda^
ben' è vero » che nell'ultimo tempo intervenne a lui ciò i che accader fuole
anche alla più parte de' buoni maeftri/ i quali innamorandofi a lungo an-
dare alquanto più del lor proprio modo di dipignere, cadono nell'amma*
nierato, abbandonando bene fpefib l'obbedienza al naturiale ed il perfetto
difegnare. Le opere diqueft* uomòfuroho per lopiàmokobelle; ma- taluna
ve n'ebbe, che non giunfe ai fegno per la ragione fopmete^nnata ; ed an^-
ehe perchè ancor egli, forfè ad efèmpio del noftro jpev altro celebratiffimò :
pittore Santi di Tito, ufava quel modo di dire^ e il praticava, cioè di
aver pennelli da ogni prezzo ; e tanto balli di quefto artefice •
PIETRO
F 1 E T R O P A:0 lini
PITTOR LUCCHESE
DìfitppU étAngkk Carppffi^matt» i naf» . . , . ^ dna al 1 682.
ftA. dctàdìLnéct, che Gecome tbtriMM tlcrore fitto vedere -.
I ) lift dato utcorclTa. alle beU'arti uomifti dì vaten. una circa
|r aquefti tempi iw.pwMrì.aqudladelU pitcurtj.degitopee
[ ceno, che fé ne ficcia qudl» memocU fra buoni pittori i che
i meritmo le opere fue. QJx&À fìi f ietto Paolinu il qwl«
' S con ottima inclinasione» enirfe con ragionevole incammi-
f^meniio negli ftndj del di&gno l' anno i6xì. fi portò a Roma t e quvi
fo^:? la direzione d' Antfelo Carofellì pitcor Roauno , frequentando Y Ac-
CjuÌé(mecì.luoghi,oveTeopere migliorÌde*|ranmae&riintìchiemaderù
fijtmmìtano. ^ttb quelle buone radici d* lotolligenza. che egli poipec
Idiwo corfo di anni, con tanta lode fece conotccve . E già eran pauiti
IJfCCiUuiU dacché c^Ii fiera colà crasltrito. cheeOendooccorfo il cafo delle
fvorce del padre fuo , gli fu necelQu-io tonurfene «Ila mtria . dove non fa
Uppene ^nco. àut occorfe il fiero accidente, delk Peftilenxa del itfjo.
ti cagione della quale egli rimafe privo anche della madre i onde fu cofirecto
il povero giovane dì araandonare ogni fperanza di più rivedexe la città di
Roma , ed ìn quella veceJ^rmarfi per 1! affatto in Lucca, per addoÌ&rli U
venK^ eredità* e'igrave peto di dieci fratelli fra malchi e femmine, pec
qover ellère loro colle propru fuciche e co* fuderi del volto, e padre e
nadre e fratello iofiemef laonde Ara fcmpredi non poca gl<»Ìa di quefto
TÌrtttofo Tarere elèrcìtato le fue parti veiibde''medeliinir ano al fegno di
aver tutti loro allevati e cuftodici , e fìnalmeate condotti a competente
aiccomodamentoi e quello, che è più. di avere « cale Offgetto privatQ Te
Qeflb di motte onoracimme condotte , che alla giorniu pli andava procac-
ciando la Tua buona &ma nell'arte» appredb a^nPrìncipi.che per averlo
a' propri fèrvigj gliele offerivano, rt venire (xt a far menxtone deU'ope-
r^ Tue. dicoi che molcìflìmeellefurono in numero. Frale pubbliche iì-veg-
gX>no più tavole nelle Chiefe di Lucca, e particolarmente in San MìcheTo
quella del Martirio di Sant'Andrea Apoftolo . la quale in quelU parte , che è
v^rtb ilcornodelI'Evangelio.èbeltimma. Nella Santiffima Trinità è quella
^ Santa Caterina conajfcuniSjtmì; ed altcove nfc fono altre incoia, che
J^r non giungere alla perfezione dell' altee fii cralafciano. In cale di par-,
tìcolari gentiluomini fono naoUc fue opere degne di lodct Ha Niccolò)
Provenzali un rìtcatto di un Capitano di Ala famiglia a cavallo: e yi è 1&
Fama in atto di piangere fbpra un fepolcro. con belle invenzioni d'artni*
prigioni ed altte^cole alludeoct.al.yal0re di quel lbldat«^ ^ontfjsrva figli
ancora tre quadri, che in uno è rapprefentata una femmina. che dipigne»
e certe tefte finte di juarmoi che pajqnorere* In nttco è iisumezzafi^urA
i . . ■ ignuda .
PIETRO TAO UNÌ. ì^s
l04»i&ttf« <BMlÌ Glufllffalt >» MI Mitra è £§Ìttt!0YQ\ÒKMikhtfÙlbtk9^
«rottttiti* UtiUiki édli gttfl tifoHwiOfie , In olk -FcthceCiM Mtniì fono in
•Itti auM S ùMm ddt PidifokidtHr MMii quidffl toti flftirt atnMunle^ in
«ftd ÀbtittH) «In (àiedla AfU «« ft n|Ue< mtl' «tero T« beUft RaadMie il
f^xto^Ctftt Aiòlte flidfte ed tnifllilL m Lilio OrAcciftoe tee qudfh in
«IK» dn'^tfili riluto d«l V«Uld0«in t vedona In tfib méUk «fizitli di iiiMAe*..
i(d«ntl ft rivoli I mencce ibiunggiiinmHio i cof^ucni 4IU Aiorce m i«lc
ed iktHit, éfa« in ffni oiw Mtti|Ui rinutgeno «ftitct^ o^iiiivém,
èlio liiMtt ili dttbbft» €fiì li flIiMfdi» fi dfbM'dir twfg» In 2t Mb illf •
iii«»fi|lii« • élÌ»Q»«VMto. Ntiir ftlt^ qnidiiO vediA loitifl^ViIddhis,-
dltt il fttbiótt di quel &cio d'iftti li ib^a dil ittt«4 d dop««illirefltcf:
gMMn é f«niklà]^rKid«iiniG»friaito,è'«<m'iìri ciilpft di«igi|lift otfrfBH.
«t « ttìiKé. ìMttnwb fefw lUuiiè ftiMblMi tHé fMAaiu» alctuii ikrv»:'
•MHti/ «d Itti puctitto «Tprefl» ttwlt» il rif»{ in terfa gUct una fifluli-
H|ti«dlt»ippiiflinttta pir rOai«f «lM!tiin« in nsÈhb un vafo d*oro piena
A «ofiifiiftif*^ «olle ^tifU dMrifi» Wù ^4M . 9et Rti^ÌMo Orfectl tap- ^
freiènco un convito del ricco Epulone e Lasiero ntAdwa fedenw in Ut'^
-fa fra' cani» opera condotta con ^ndeftudio. Per lo Ae^ fece una fto«
fitdi CkopiMa e-Majfoanionio « -Pec-Gregorio BarfeWi egìof^<Mi qiMMte»-
Kande del convito del Farifeo, e vi è la Penitente Maddalena. Ma forfè
ila lópr'oithi iltra è la ptiCufaf 'cheli vede di fto4 flMno ntfl Fllatzo di
#n<Uft Kepubt»(ica fop^ la ^ofta d€l Satont* cioè 1* immagine di Mari»
tempre Veimne» con San Domenico e Sanu Caterina. BelTiflimi ancora
fon due quadri* l:hè egli f4«e p|kr lo MonaReto dvSan Poniliano, a' quali
fu dato luogo nel Refettorio: in uno è la fioria dei Martìrio di S«n mr-
tolommeo» con quantità di fatelliri, in atto di levargli la pellet, nell'altro
è quando il Prefidente h dvar la lli^(ua i San Pòt\ztano . Védefi nel Re-
fettorio di San Fridiatio la l>elk ftérlà del OoAVitodl San Gregorio Maglio
a* poveri Pellegrini , dove fi ravvila il Sonore fotto la forma dt uno di elfi .
Stender qtteft* opera in largheaza di ftanoi brac^ < e l'attezea hi b^ne pro^
ftìnktnlùàt le £^;ur« fon maggiori del natunU* ed in gran numero: rair*
Mdo pr^raco per quell'aBione £ Vafi d'oto e d'argemo , è nobiliffiibo:
balte te profp«tivCi « vago il eoriiponìmenco ed H cònéertot che le figu-
re t gii anidialif ed ogni akra oofr fiano fra di loi^i onde non mandlro-
HO beli'ififeani, che in lode di quella pitttirii 1 ficcome d'altre di fuetto
artefice, diewro Alon eroditi còmponimem! * Molto avrei da fcriif «re* fi»
io voleÀ ad una pettina ftr memÙMie di tane le opere di Pietro P«»lini t
il quale finilmeniieeaticodrarthi ed'onoMper te mone lode voi ifue litiche»
diede fiM ti córlbdeliuo molrad viro» cute dFalmo \6Si* FuilPaolini:
fktott di gran bietarria « e di noMle iAveisiene 1 conduflè le fue pittore
eongfin paadeniae ftodio» è le adomò di vt^iilffiinè profpetttve, ad imi*
laaione del Venmefei ÌM>beno nel r«Ao del Am^ fare par che feguitaflé It
uianlera del Pordenone . Dilde gmn (aoM «ila foe figure , vaiendofi; di
fbwi profondi . 11 genio fuo pnrtieolarè fu di iu veder cofe » che «venero
del mgtco e del ctMki e fire queir beiUffiuN liuono i due quadri, cbe
egli
j6$ Dec^i>ùlV.ìlellaVJl!t. LMSilVSdtMìo. titolo.
«gli coleri .rtiaoabfttt di^ ^r i;l|i|Ml«luiinUlD«R«lU VAl4eAùn>
foprai.quiiif rancali» di.Eaggìoiig»tilin*i» di 4iiclt>imiru,c9f«fafciia.
iagcgnorò. SoitoKOj: fFedSibent .gt ignuji iibmchè nV»lM>«^|Jc- figMa.
(icjl« OmiBiier. pei Koln nopiK^in£grair.l«.i*lnii«rib . do^wAs K^awM:-.
l>ipinftiii:iiaiavigli><»rù'capncci ed ìiurcnzifitii .di irUIvù, rf;hÀ^a9«r
OQ piffen ! «d uUnti^azìoni ««tadincrchlSi' «on iigare ed ati» di k8«
propcHffim&J. No&:dApinfe:niaiftfre(cQ.;:ini.nelle piuurefftttpa^ctliQ^QM^'
ùu inibln lode ■ ' ^àncun<)ue yieff^aCpot alcvnt >> A»Ug quali' egU noniftt
IÌanlK«it£e8b^i;Tik'Uonia diasiìinare)>uS(tBjs«rn«le, csqlAfFiadKjaiia
■unaduvifimeir. oadenon Àiii)anyi^ia> «jtMCKli in que^e pin<ins:&P«l^
swEKe ùnofccrB illiuviilareijeellequ!di,t:qi«:fiw«bTid):Sc*g^(i)>clin»^.
pieftmavanp ... Q^eOa < fiiaM)UUetl.« lirtmei !Pa», Ali toUt, pfcà tina: ^m
gcaiiaine'liKniliaii d)l£qtfi> ad i]Bjgqt|il«iPfi««devt«ccai«pgBsi|icadfi ^«^
Kiza dlingecnp e di fiTpgllei-eryiiTe. ciie.^Offiasw dirC) Rbc egU iwf W>)i
lafciati in diiablo . dei cpine poflànp cpil bene. «nirC iiv uno ttegafcgMItffx
leggiadria di tratto ayvenentìlEnaijiiiuietwa.iiipuiiggiiibile o^c <oì»4cV-.
l'-aric , .e fpinto di grande QftiJUI:« f^fSt^u.VIti muU XOl» Dveigli, diS'
illiiragnalarichiedsffe;. .j..n.j j ^ •., .^ìlj o. i in. . i.ji ■■ .j.-..:...--
Il UIJl. u tj ili .
-'^'^ •'•■■PITTORE- FIAMMINGO.^ :*:\. :ì
...... r . 1; ... ;-.:li t: :...■', .::■.!...■ ; , ii < . ,. <■; j. ,
JrcaaU'inno i$99. comparve a.queftaiuce Giovanm MttU fi-
■gliuolodi nn alcroGiaranai, nacì«odi(JIaeia^eFea neti>£Ìafw
ara. orìeacale, dtUa nobttilBnu città d' AaverGt.flon più di
lèi miglia diftanteceicrcrciuto iitccà o>[Dpecemet fa tppli-
: caco agli fliidj.deJ'difo|<no fimala,^tkiplina di Gerardo Zi-
ghers della medefima oUcà d' AimnTa ,: projellbu di ipìccutt*
perùifLiìgure grandi al naturale, U quale rincainmiu6,lÀconao.la propoa
rami<ra4:nia il giovane, che: ecaidonoftdi'Un gèmo.jniolto nniverlàle, e-
dcliderolo al polfibile-dlsederu^uNiso Ui;beUah«. l'Itali*., in colè tppat-j
tcnentiallenoftr'aiitii lafcUteii.pttcrn* deIo,.{iejie:pa&òaAom».. Qui-*
■vidied9fù)i.ftbdiareile^apare più. fii)gòlai>i: degli .antichi cmodarni nUKi
ftri/ onde, canto fopta.' fè^ilèSb: kjavahzòi die iniirevefeceficoiiofcaiieperv
baonpictore, tancochòftijiuicoopcrue.in pubblicò fin privato.. .La pri**
ma opera , che .ufcitTe da* ludi ^nnelU an^udla :gran. città , £ii :u<uxiy.ola di
figure-grandi al naiurale. a>.cui'fu.dato.bj0go infondo alla. ClUfira.di £«4'
M8rcinade;.Montì'j.incilaiqiuliuniia.l«c>TedecftJ»ilow«deU3«tie6qio»
. - di Co-
e AV, GIOVANNA MÌEI. ^6f
A^^ikntino pcà^'qwlR^oj^^ diifi^gmtcr-tó; ftib dì Carlo
xoiefe:. Diplnfe :pot:iieUa ulitefii ddl'Aniipt /.entrimdo d^Ha porca gran*^
4éa «ano fihifl:ra>:)a CafìpellareGupblfiCta con .iftorié. a ireCcQ della yita-*
dif San Lamberto r ed in Jiiogo apputico > ove avea per.avanti dipinto Pietro
Téftaiuna Nonziata;('la qual pitcora eca (lata gettata. a terra) tornò a dir^
pigncre un' altra immagine pure Ai Mana Vergine Annunziata. ■ Per lo^
Pontefice Aleflandro ViL nella Gallerìa' di Motìceca vallo dipinfe la ftaria^
dì Molise» quando £i icatuHr V aoqua dalla pietra. Circa a quei fneddimi,
teitapi il cefebre pKCore Andrea Sacchi, avendo avuto notizia delliruffi^
ciensa.di qiieft' actefice» non purè in cicche, apparteneva al fare ^figure,
grandi,: ma eziandio a dipigner capricci e bambocciate , così dette per eitert
£itte Ali gttflo del pittore Pietro Vvander , detto il Bamboccio» in che aye-t
Ta. Giovanni più che ordinaria difpofizione, ftrinfe con fecoamici/ia: ie<
Dion folo volevalo del continovi a diregnare delU proprja Accademia » ma^
dovendo /egH colorire in un gran quadro la moftra che.fa la cavfLlQa^o, Pori^
tificiav lo volle in ajutOé e condirne h grati tela, che vedefi òggi nell' ap^;
SrxamentQ terreno del Palazzo Baiibexino ; ma non andò molto, che , 0*
Te perufisdo di maligna perfona , o per altra aualfifofle.cagioiìe, Andrea
forte fi dÀfguftò con euò, e venuto in.colieca gli difie > che egli fé ne an^.
dafle a dipignere ie fue bambocciate » Allora Giovanni , vedendofi con tali
parole punto lìel vivo, fi rimefleiCon gran fervore a. fare iludio fopra le
grandi h|ure: e configiiato dal BerninOit ccjp cui aveva pure contra,ita noti
poca aniiftà,^ deliberò di fare mX viaggio per. la; Ijon>fatardia, come quegli
ancora, che non prezzando più; ohe tanto la propri^grandinim^ abilità nel
far piccole e tixezzane figure di.^apricci e b^^ìbocciai^e, ardeva didefiderip
di.cft&durre agli. ultimi- fegni di perfezione la propria maniera>nell'inven-r
tare e colorire in figure grandi .. Pofefi egli dunque in viaggio» e giunto,
nella città di Bologna, copiò molte delle più fingolari opere de* Caracci:.
le copie delle quali a maravigli^ condotte i vennero do.po fua morte in!
potere di Agoftino Franzonifoo erede,: e oggi fono nellacittà di. Genqva.-
Copiò in Parma la fiupenda Cupola deLCov^ggjo, e quivi ed altroyc^p^
quacbri 'deilo ùtffò di mi^ior grido. .Tprnato di Lombardia a Roma.di^
ptnfe per una: Cappella di San Lorenzo in Lucina il miracolo diSant'Ai)--.
tonto da Padova , della refiirrezione del figliupio morto ;e V inginocchiarfi.
cappella vicino alla camera ddi Pape, alcune- fiorie a frefcor^e cjrpa U p^^r
definK> tempo color) più quadri .con figui?&>grandi i che -furon. mandati in
più luoghi del Pi^inonte. Ma perchè >^oiime abbiamo, detto ^ egliebb^una.
maniera in fare invenzjlpm di 'bambocciate , .bella, fuor di ordinario»; con-
Ten negli hti^ niolt^ ,^ dalle .qmdi r^r^ gi^n» non^e in^fjy^. Torta di opere •.
Per Jo Marcbefe. Raggi fecene due in quadri lunghi . in vno de* quali fece '
▼édere con U^llo artifizio ìlc^tfc^e^ le .m^fgherate de\ Car/ievale re per lo
Jaoovjicci, nobile RomangfVdipìnfe^granqaia^vciiàdijpjccQle fìgp^e inun
paefe, che.gli (^v^va^cnloriMvjQafpaco PjJghecò e .quèfta pittura fi trova
358 Demntfr^MaPmJ.MSèeJ^.M^
oggi nel Palazzo de^ ftiéi «ÌMdi t 9» U»9m. ftmrvfdL GimrÉmii foiw
obDligaco coli' Emin6mÌffiiB»f fmieòiit» è colCtraliMB fuo fipceUot mt
mille ricevuti benefisj } onde fiuM Iqw non (blfmente bdliffiiai qMdci»
ma venuto % morto (coi^s poi diremo^ voUo» che efli foflero gli Medi de
(tao avere. P»r Io Duce GiulUno Stlviftct fpcc incline opere, dm riofcir.
tono rodatiflimei pecdiè veramoace le cofo f|M non ebbero in Roma mU
i|ore applaufo di quello, die' le lo aMflbio quello di Micholagnolordiìle
BetMgiief e ijinco fi ac^ofiuro»» elle uipniert di fitmboooio» ime £e non
fbfle dito quelcfae vol€<t un cerea ohe di pia cigliente t farebbero aflpluii
ciQeme ftate credute di mana delio Aeflb Itambpcoìo . Ebbe ifi oine nel
Ilio inventare un talento» ehequafi poffiamo dire • che fofiè ppo^riauMn^
te fu9s e fu di rapprefentare el vivo brigate di cialtroni, monelli t biiAo-
ni ed filtri a quefti fomigliaiiti , con fifonomie, gefti, modi di veflife, e
eroeg appropriati, fiecpme i loro ri|X)6o rialti dia campagne; concetto»
che in quel Fuq tempo ftce tanto fcoppio , che in un fubito di .tali inven-^
zionij! volterò provvedere tutti i Qtbmetti più nobili di Roma, di Ftreii«
ae e dUItrove : Frt gli altri, bello t meraviglie è un quaibo, che fina moki
di^ eecell«ntifl!mi artefici confèrva in fuo Pelazzo in Barione il Mavcliefe Ft«
Kmo Cerimi ,- dove vedeG un barone, che in atto di federe, attre^enitofi
èlle ginocchia un piccolo fencltallo, con un certo fuo ftracdo gli togUe
l' immondezza dalla deretana parte • Bd ie non voglio qui darftntenM !«•«
tomo al fentimento di quei tanti « che diflero e^r la pitture un'arte ^
desn^ , che gr^n torto le fiinno c^oEp, che la forzano e rapprefentare in
tulle tele 9 non pure atti 9 4gure lafcive e dif<mtfte, che pur ftpi|Éimo
elTere centra gli ottimi coftumi criftiani 1 ma eziandio ogni altra cela che
tenga iii fé del fordido ed incivile, che (ali appunto pdSbno dlifi ateuni
de' capricci di coftui. Dico bene, che tanta è la forza dell' Imitazione ,
l^ropno fine delia pittura» che in e(tb fi revvifa , e tale e tanta è Vappa.
j^enì^a di verità die refulta dalle medefime, che non è chi in vedergli non
iréfti prefo da maraviglia . Ora per tornare al filo deirifkorie , corfa intana
fp la fama diqueftofuo modo d'inventare e colorire, ebbe egli commino*
ni dtverfe per ondine del Sereniflimo Carlo Bmmanuel Duca di Savofa ,
nelle quali avendo incontrato a gran (ègptio il genio di quel Prinetpe , fu
dal medefìmo con replicate inftanze richiefio di portarfi , per qualehe ^-
zio di tèmpo almeno, a Turino a' fuoi fervigi 1 e cos) l' anno KS59. il lu
tèmpo almeno, a Turino a' fùoi fervigi 1 e cos) l' anno KS59. il Mfee
Giovanni, in compagnia di Moiìf. Lachefis» lafcià l« cicti di Roma, ed
mcàmminofli a quella volta . Giunto finalèiente a Turino, fu ricevuto dal
t>uca con tratti di benignità ed* amore, egmli al defiderio che egli avevo
dvuto per lungo tempo di godere da vicino i frutti di Aia virtù. Con«
dufievi moke opere per quell'Altezza, e grandi e piccole : fra le grandi 1
fatte parte a frefco e parte a olio • fono undici florìc. rapjirefi^ntanti in £•
gure quanto il naturale, favole delle deit4 antiche r Fecevi un quadro con
lin numero infinito di piccole figure, acuidannotitolod*ÀfiembIea,cfie in
foftànza rapprefenta il CQnvito o rinfreftp de^ Cacciatoti . Un altro fimile
chiamato la Curea , ove fi vede la partenza de' tCacc latori, colla canatteria
ed ogni qualità di perfone e aeredc^ pec (ervizio iMIa caccia . Fecene du^
altri
, CAV, <fiOV4NNl MIPI, 369
{itti M^U4>ta i^piftori con pop^^4irf ; yoio chi^i^atalo ^n^ane ai BoffiOi
laltro il Lafci^ cprrere, ove .veded nab^lliUimo paefe, nel quale fi>no
limola lev^eri in »tco^ di correr diec;^p ad un /cj^rvip . Altri Tei ppr^^ ne cqr^
^nHe di piccole figurine, rappréCencanti cacce d'aai|nali,4iver(i, fra bQfclu
ed aperte cami)agne .\ e quefti concanli fra; più belli ; Queft* ppere «fc^ero
tanta approvazione in quelle parti, ch^ tu^te tarono intagliate, e le carte
rapportate nel libro intitolato Vfnem^ diftgm$9 e ieffrittQ dèi Co^tc Ama*
deoéU CaSellammonte . Grandiflime jFurono le rìcompenfe » eh' e' riportò dal-
la generofità di quel Signore , il quak JGipenda. che non poflejggoao l Mo«
narchi più apprezzabil tefbro, con cui po{rano degnamente ricompenfare
k virtuofe miche de' grand' uomini , J'arvicchìdel ^adq dì^ Cavaliere : é^
oltre a gran quantità di danari, dono^li una Croce adorna di diamanti;
ori voli di gran valuta, ed altri nobilitimi onorar] gli diede, come refetì
Criftofano Orlandi fuo difcepolo • . ' '
Trattennefi il noftro pittore nel ferVizio del Diica per lo fpazio di
cincone anni in circa» trattato alla nobile; ma chi avrebbe mai potuto im-
maginare, che uh benigno gradimento di un grande, coìr incontrarli in
un affetto riverente è lincerò di un virtuofo » avefle potuto a quefti e(Ric
elione della morte , e cosi fi) « Aveva queft' artefice, fin da qualche tem^
pò avanti, incominciato ad anriojarii di Tua lontanansia dalla bella, e da fo
tanto amat^ città di Roma ; onde ad altjri penfieri .ormai non dava luóg9
tieli' animo ftto^ che di tornarla a godere. A t^lei oggetto aveva &tta piit
VoltQ ifìfifiXiV^: al Duca della licenza di partirli t quella parte : ed avevano
&>Rp¥e. rip^nttQ inteoKÌoni adattate a (ìio detiKlerìo, ma non mai T ultimo
$ìi contfiofpfle^PM^hè il Duca, che molto amava ed eflb e It virtù fua^
non trovaffe .modo diporcarfia tale refoluzioae. Giovanni moltiplicava
le fuppliche; e 'i Duca aggiungeva dimoftrazìoni di gradimento, e didefi**
dcrip ,. che c^i aveya di lui con.noovl donì,«d altri tratti di cortefia, &«*
cendogli intanto introdur nella ftanza. nuoye tel^ con nuove coinmilfioni
per opQcare, .ppometc^ndofi per, avveiitura. quel gran Principe con calo
amoroso artifizio, di cogliet;gli appoco appoco quel defiderio di partire.
Cornbfittftvano a tal cagione in Uiovanm dtie afetti : uno , che force il
premea , che ef a di veder Roma., Ja quale ormai egli fi era eletta per fua pa*
triaj parendogli mill'anni ogni momento d'indugio : V altro il dolore
ch*^' provava per Ip carico, che facevano alla gentilezza dèli' animo fuo
le replicate amorevolezze di quel Signore, al quale non potevano tali in«
cerni fuoi fen.t;imenti efiier noti : e conia cagione de L replicati colpi dd^
r.unae dell' altra pafitone» egli cadde in si graà per^lelfiti, e di tanta!
appcenfione fedo carico, che perduta del £uo cuore ogni allegrezza, £enza
di cui gran fiicto fi è che V uomo viva , appena fi trovò analito da. poca
fisbbre , cagionata da accidente di mal di colla , che non potendo a quella
ìaftta canto agglravaia natura ht lefiftenza, non ojdahte la cura, e i graii
rimod) tppreftaugli jda ^quel Grande, gli.fn forza venire in potere della
morte s il che fu del mèle di Aprile 1664. dopò ^^^^^ ^^^ ^^8^i ^^ ^^'^
So. Cuftiaino ricevuti i Sancifilim Sagcamentt « Aflifterono al fuo tranfito»
ozaiakuiLriiì^^cnÙGLdt Jot.pérfone./..(^V4liorì Corte^.il Mar*
• . :. I * " A a chtfo
370 Dectm, IK della Part. L del See, V. dal 1 5 j o . */ 1 ^40.
ch«fe Hi San Getmano. GoVéi^natbr« (della cini» e^fl IfepranhóraitiaM»
Criftofano Orlandi fuo diletto difcepofo. Furono in efècuzione dtiUo
tedamencot Atto già in Róma, fatti inrencarìare per órdine ^el Duci^
cocci ifuoi effetti . culi' ttfliftenza del nominato MarcheièdìSan Germano,
e per mezzo, come fi dice, del Marchefe Pianezza, inviati «Genova al
fuo erede Agoftino Franzonì; ed «I fuo corpo in San Giovanni. Ghiefà
principaledelia città, fu data onor»ti(iìa)afepoltUra. -
CAV. FRANCESCO BORROMINO
SCULTORE E ARCHÌtETTÓ
Difitpùlo del Cav^ Bertùno, nat9 1 599. ■$i' i66'/.
■: - . , . - , . ; i ■ .
RàiKefeoBorromtno, figliuolo diGio. DomenìcaCa^Ili Bor-
nxnincr, che fi efercttò in cofe d' Archicecturz per la nobil
famiglia de' Vifcqntit ebbe ifuoi- natali nella Terra di Biffo^
ne aiL^odi Lugano nella Dioceft di Como: e'ooraecchè egli
avefle CcKCito dal cielo un c«tnpcramemo gàglìsrdo, ed una
compleffione-R^ufta, appena cbbe«ompiti inove anni, che
hx dal padre mandato a Milano, e quivi accotnodaco ad ìiopaTaf l* acce dì
intagliatore in pietra- nella qual profeflìone fi efèreitò pertofpa^io di
fect^anm.mcirca, cioè a dire, fino al fedicefimo anno di-fuaetàr nel qual
tempo fi^ trovava egli già tanto invaghito, non pure dì quel maftiere, ma
Hi ogni altra cofa appartenente a difegno, che prefb da defìderiodi vedere
e ftudiave le ftupende amichicài di R«tai , rifolvè di coli porcarfi : il per-
chè intefofi conatcuni giovani della t\ia età, e forfè della flefT* profeffio-
lie.'fimefTe in viaggio a quella volta, fen» però Èrhé alcton motto co* ge-
nitori ;anzichèì it puree vero dò che a noi fu da un fao confidente «ap^
prefentato, egli affine di poter comodamente condarvifi', andò « trovare
un tal' uomo della fteila città dì Milano, debitore del padre fuo di certa
Ibmiqa di danaro a Genio, ed in nome di lui tutto il decorfo de' frutti fino a
quél giorno rifcoffe, e con tale aflègnamentofè ne partì Gionto a Roma
jiTeie fuaftann nel vicolo dell'Agnèllo, prefloa San GievannVde' Fioren-
tini, in un appartamentadi una cafa della Compagniaiddla Ftetà de'Fio-
reniìnì» tenuto allora a pigione da Lione Gai'ogo tuo paeCanu e parente,
che faceva figura di capo maeftro di Icarpellini ■ l^a queftì in ben prefto
incrodotco nella fabbrica di San Pietro, per quivi attendere con gii altri
d] tal'profelBone ad intagliar pietre: . e ilettevi^^ocoupaM moltp^ tèmpo:
«irfierenziandofi però in quello folo dagli altri > cioè , che dove queftì nel
fcmpoaflcghato alla merenda andavano a mangiare o a ginocare apiaflreUe ,
agli entrando in4ueUa!£ca^<$gfilica^ quivi jipoiKc « dj^gnar fi^on* %
I. ; mtforar
/
nifivtf pp(c{ d^l^cellitBKiin , «d a(cri (hn|| Aa»^i qqeli» fipvta^ «Iknqv^l^
d4jtu|^9,c|ft,i:ìhedìÀu9en40 fi foof^gonec «Affo U oiedi?fiin»r^r« iOTiMr
(pil jrw|>9) jisnio* . £4 qual OQfa^ avendo, «oot Ò^?à gvfio ed^apiffLira^QDi*
odl^rjr^i il pekbfi^ ÀfchicejDto Cario Maderno ^^anch\.eflb fqo. parente» iai
cqiiiH^ip a dMgti p^^^ tirai; jin«e».9 mectere: al. pui^
lW>>< pr^^j peniierì . Seguì i^tiGanto Ja mocce di Qre^octQ^V; e fu agUa*^
to al Poncincaca Urbano Vili, il quale ordina al Mad«rn*o il condur di-^
lè|^i diverfi e modelli» non pure per la ftefla Chiefa dlSan Piietroi mt
esEnndiO) per, un .Palazzp per Io Prin(;ipe Barberino» fratello di Urbano;
« tgntp inqyelii» quanto in qq^fti, volle il Maderoo,» che già^ii troryayi^
sni^o. a^if a vaf odagli aum» ctie il Bprromino fi adoperafiié.» cantocjiè gli i^
neced[ari9 abbandonar del tutto V an^ dello (intagliar pietre » ed aU# k^Xi
Tarte deiràrchitettura interamente. de4ì?4rfi». meti^re U.Maderno:fi.'r<r^v;vA
dì un tale Bcecciuoìi per mifurare. Or.^ul fa di meAifiro» por ieguitare il
filo della. (loria , il portare qualcofa di ciò che dicefi» che facelTe il Borro-
mino in quei primi anni del Pontificato d* Urbano . Primieramente furo-
no opera di fuo fcarpello, fra gli altri, lavori fatti in San Piqtpf) » quei Che-
-^ - ^M fi
iibin
topi ___ . -^- , . — .
la Cancellata di ferro davanti alia Cappella, del Saatillìinq : o molto anch^
£ adoperò intorno a'difi5gni»e modelli per Io Palazzo Barberino . Seguì poi
la morte del Maderno» e fu dato il fuo luogo al Cayalier Bernino; taa«
toché al Borrominp.; c^ome. a. quegli» che già era aflai bene incamminato
nelV arte e nella cognizione di quei lavori,» che in fervizio di efla Chiefa
aveva avuti fra mano il Maderno» non jfu difficile Tacpoflarfi allo fiefib
Bernino» « non folo riceverne buoni precetti.per Parte» ma efi^re ancora
adoperato molto in cofe appartenenti alta carica » eh' ei fofteneva . Incomin*
piarono poi » checché fe ne folle la cagione» a pafiàre fra *1 Bernino» e'I Bor«
romino» tante male foddisfiizioni » che feparatifi V uno dall'altro » non mai«>
più tornarono ali* antica confidenza ; anziché eflèndo riforta in tempo d' In-
nocenzio la vociferazione» incominciaufi fino negli ultimi anni d' urbano ^
intorno alle crepature vedutefi nella fàcdatardi San Pietro» fattefi» corno
allora fu per ognuno detto e creduto» non fo con quale fondamento di
verità» dagli due. campanili eretti dal Bernino: ed eflendofi a tal' effetto
iragunatè congregazioni d'Architetti davanti al Papa» e d' alcuni fra di al-
tri flati dircepoli dello fleflb Bernino» e fra oueftì il Borromino» egli più
forte di a«(ni altro » inveì contro il Bernino lui fieiTo prefente . Ma quar
lunque fi ^fie la verità del fatto» e 'i merito di ouella caufa^ intorno alla
quale • a difefa del Bernino» abbiamo noi diffiuamente fcritto nella fua
yita» dedicata alla Sacra e Reale Maeflà diCriftina la gran Regina di Svi^*
zia» egli è certo» che quello artéfice fu di cótal trattamento col maeftrp,
certamente non troppo convenevole» poco Iodato. Tornando ora airone^
razioni fue, egli nel Pontificato di Urbano cavò le fondamenta» ed ^zò
la Chiefii della Sapienza» la. quale continovò in tempo d'Innocenzio, e
finì fotto il governo di Aleflandro VII« Regnante pure Urbano erafi fatt*
A a X con
174 DecetMM4etl^P'drt.tdd^^^
con fdomodMIo e «ffiftenkfr IiChièfiitfCdnYetièffi^tiiftOrloidlè^^^
crd fóftchMb eoUafac^Uc^ iMt» iiie|i«fiiMGhìèA e nel Mitt|^'d'itinttwihi
ano i* grifi fìbbrica^ che é fiieé di n««WneHk B«tó(^^dl'Sib Oiévànni
Lbierano, la qtfdft irittfetdigi^A ibdi^fa^oiiè dèi Papa, '^^
«ia|iikrcmza e vagké^tà , dia per eiftvdMi?eiiiito tl^Bòtfrdfaliino il^Hj^ué
ili «^ gfk AdifTtmè difficòkà | onde quei Pbhce^ce^Io Volliè phore«Qlft<^iiié ri*
coiii|fènft)i'e . Ordinò pertanto» che oUce ad un'ofistodiCanGelletia^tlonaf
togli quando diede prtncipia alla fabbrica» fpfle diftefo per luiùnChirógn-
fDdi tremila feudi; il che feguì nelPahiZEO diMontecavàlIo alifip; di Di^
èembre del^ Kf^iL ed tnohre comandò a VirgrKcySpada fua Cameeièfèi èi
Eiemofihire fegreco, che gli £icefle fpedire uh Oreve per lo dohaiijro ètìlté
Croci e abito di Cavaliere »folicodartt a così fòtti virtnofi • Non ^dè tnó!^
to» ohe lo flelto 'Pontefice* con buona oteafiòne dom^n^^o ìspida .'(p
il Borpomino- foflb uncòra fiata data la croce: e Tenti to che nò, di'fuKro
fé lo fece» per mezzo dello (leflb> condurre a i piedi, e di fua propria ma^
no alla prefenza di lai glipoTe al collo una' bel fa collana d* oro, dalla qua-
le elTa croce péndea » accòmod^ande^ T azione con parole tiitte piene di gra-
dimento e di^ lode di Aie virtù e % co^ il Borrommo in tal modo onorato
da quel Pontefice • cd'lirricéhito' di prègio di Cavaliere , con eiTa Collana
e Croce (é n'ufci dàlie {lan^e avifta di tutta la Coree il giorno delH %6.
di Luglio i6st: fefiività di Sant' AnnsT, Dalfó (tefla Papa gli fu ordinato
ancora il fare il difegno per la Chie& di Sam' Agnefa in piazza Navonav
Quefta però, a cagione di rottura feguita fra eflb e*l Prìncipe Pan jfH io» do»
pò la morte del Papa non èbbefìne'per manofutf^ eilànd^ftata la Ceciata ^
dal cornicione del' prtmoordine in Tói fótta con dtfegno di altro maeftro.
La parte interiore della Chiefà tutta fu dì fua invenziofte; ma gli ftucchi
Jton gtà^, né tafnpoco il, làftterttiito. Ridufle ahella! fimetria il Pàlafzo^
Talconieri» per li quali fabbrico la bella Cappella, che è la maggiore èi
jiisTio: e ja la^onca aeuc nuove aDuazioni oe raari aena Wiongregazronc
deir Oratorio di San Filippo* Neri; e 1^ Orologio: ficdome ancora que4la
del Collegio de Tropagondà Fide% còlla Chiefa e fìtccìbta. Similmente la
Croce, Tribuna. Cupola e Cafl!ipar(ilè di' Sant'Andrea deite Fratte» per
auelìi del Bufalo , chereftò imperfetta, ma però confervafene tino a que-
i tempi il modello. Per la Duchtfla Latera fece la Chiefa e Monaftero
delle Monache della Madonna de'fette. Dolori, fòtto San Pietro in Monto*
rio.» infieme colla facciata, la quale pure non è condotta al fuo fine» ma
Ve ne reda il modello. In San Girolamo della Carità fu fktta con fuo di*
(^no h Cappella per lo* Cardinale Spada, nel Palazzo di cui fece ancora
la bella profpertiva. Al Cardinale Fiioroarino conduile un bel difegno,
che fervi per fabbricare ili Na^li una dia Cappelli fotto l'invocazione
delia Saììtiilima Nunziata , che fu detta la Cappella' del Teforò , in una
chiefetta- di cflà città . Per lo Palazzo del Cardinde Carpigna alla fontana
di Trevi fece la bella ficaia lumaca r e gettò le fondamenta del recinto dei
' ' medefimo
^ ^ CAV. ERANC. BORROMINO. 375
ioedeflmoF^daaao: ed altri nokìffimi difegni» e modelli di nuove fabbriche
e' redauruiimi fece » che io non iflò a raccontare, jier fuggir lunghezza»
inftandoffli l'aver dato cenno delle più fingolari, e rinomate » perchè ve»-
jnnMTOté egH è fiato un molto valorofo art«&cei pieno dr concetti , e d' iiiu
.Tensione : e certo dìe^fe egli talvolta i per defiderio difisir cofe »che avelie^
ni del nuovo* non avefie voluto ufcir troppo di regola» potremmo afferma-
te f ch^e' non avrebbe mài fiitta opera, che non fede fiata degna^ non pu^^
re di lode, ma eziandio d^ ammirazione. Trovavafi quefio virtuoio negli
ultimi fuoi oempi di aver fatto raccolu di tanti, e sì diverfi difegni, e pen«.
fieri xla fé inventati , e ridotti ai pulito in varie occafioni, e per diverfi
perfonaggi, e talvolta ancont per proprio gufto, fecondochè gli s' erano
rapprefentate allàfansafiak beile idee* dico di Templi, di Palazzi, e di al-
tre nobili fabbriche; onde affinchè tante fue fatiche colia fua morte non
rìmanefièro (epolte 'in danno dell' uni veriàle: ed ancora perchè reftafle pili
noto al mondo il fuo lapere, determinò fame un libro, perdoverfi inca**
gliare infame : e però tatto chiamare a fé il Barriera intagliatore , diede^
gli in prr£EU> luc^ i difegni della Sapienra , e fecegli intagliare la pianta,
ralzata interiore, e deretana parte « Fecevi anche incagliare la facciata del-
POcatoriodi San Filippo Neii coir Orologio, il tutto con ifpefa di quattro-
cento feudi ; ma averulo la morte troncato il filo alia totale efecuzionedél
1^1 penfiero» reftarono intagliati folamente i pezzi r che detti abbiamo»
de i quali vennero i rami in potere del nipote. Ilcafo della morte di que«
fio valorofo nomo, come fu detto , e iiecome ancora ne corre la fama , oc-
corie nel feguente modo . Era egli fiato folito di patir molto d'umore ma^
itncomco, o come dicevano alcuni de' fuoi medefimi, d'ipocondria, aca^
nelle
e fìifo
in «n continovo penfàre, che fuggiva al pofilbile la co'nverfazione degli
nomini, fiahdofène folo in caia, in nuir altro occupato, che nel continuò
giro de' torbidi penfieri, che alla fua mente fomminiftrava del continovo
quel nero umore : ed erafi ormai ridotto a tale , che il mirarlo folamente
età una compaflione, e per Io firalunar d'occh) , e ^1 guardar , eh' e' faceva , lan-
ciando di óunto in punto occhiate fpaventofe , che mettevano altrui gran
terrore, fi P^re Orazio Gallerà , fuo Parrocchiano e Confeflbre, non la«>
fieiava di fiir le fue parti , opponendofi alla forza di quelle fue tenaciifime
apprenfioni con varj conforti, i quali erano dal Borromino ricevuti con
gufto,efbmmiffione; ma perchè alladenfiffima ipocondria, ed apprenfione
depravata dall'umor malinconico*, aggiungevafi in lui un grande afianna»
che pareva procedere da alterazione dello ftomaco , egli talvolta veniva
in gmndi fmanie. Stando dunque le cofe in quefii termini, un giorno,
che fu il primo d'Agofto dell'anno 16Ò7. andò per vifitarlo il fuo nipote»
che fii cortefemente accolto : e perchè quel malore , per grande eh' e' fi
fofie, non lo teneva fermo in letto, partito che fu il nipote, egli fen'an^
gìone delia quale infermità , congiunta alla continua fpeculazione
cofe dell* arte fua# in proceffo di tempo egli fi trovò sì profondato
A a 3 lafcialTe
374 Demn. lV.déUa?ar$A.delSec.V.dali6io:>ali6i^o.
kfciafle dormire» per eflereìl fonno anice rimedio al foo tnale. Tornò
Francefco a far diverfe voice la medefinu iattanza ; e '1 fervicore collo fiefl»
motivo femore fé ne fcusò. Allora il mifero uomot aflalico da nuovo im**
pultb di malinconia» proruppe in quefte parole. Io non poflb dormire*
non fon fencito» non mi voglion dar lume^ non poflo fcrivere: e dato di
piglio ad uno Ipadino» eh' e' teneva a capo il lecco f ralle candele benedetie»
con eflb fi crapafsò il corpo air in fu verfo la fchiena» e così ftranamenn
ferito» e trapafsaro da quel ferro» cadde dal lecco in piana cerra. Coi^»
benché cardi» al rumore della gran caduca» il fervente colla lucerna , e ve*
duco il miferando fpectacolo» s* affrectò in chiamare il cerufico » coU* a)utO
del quale pofelo a lecco. Francefco allora rifvegliaco» erodalo, e facco la-
vio dal cerror della morte « ch'egli già vedeva preftnce, diede mano air ac*
comodamento delle cofe f uè . Fece teflamenco » eleggendo per fua fepolcu*
ra quella flelTa » ov 'era ftaco pofto il corpo di Carlo Maderno » in S, Giovanni
de'riorentint: lafciòlalua eredicà al nipoce. Del Cardinal Carpigna volle,
che fofse cucca la fua argenceria con due collane d' oro » e duemila Icudi
in concanci: ed a colui» che per puro zelo di fua falute tvevagli negaco
iliume, lalciò cinquecento feudi . Ricompensò cucca la fuafervitù>ed altri
legati fece • Eran già pafsace venciquactr* ore in circa » dopo il luo ferimen-
to» quando fopraggiunco da fubico accidence» come fi crede» di fopcab*
bondanza di (àngue ftravenaco » egli diede fine al fuo vivere il giorno deK
li a. d'Agofto 1^67.
Fu Francefco Borcomino uomo di grande e belPaf{>e€to» digroflè o
robufle membra, di force animo, e d'alci e nobili concetti. Fufonrio nel
cibarfi.» e vide caflbmente . Scimò molto T arce fua» per amor della quale
non perdonò a facica*» anaichè affinchè i fuoi modelli riuiciirero d^inte^
ira pulitezza» &cevaglt di cera^ e talvolta di terra » colle proprie mani»
All'amore dell'arte ebbe congiunto ancora non poco fentimento, e aelot
in ciò, che alla propria (lima e repucazione appaicene va; onde non rollo
per ordinario por mano ad opere» che non avefiero aflai del grande, co^
me Templi, Palazzi e iimili. Non foctofcriCTe mai mifure fitcce per mano
di fuui giovani, dicendo non convenirii air archicecco alerò fare » che di*
legnare e ordinare, e procurar che il cucco fofiè bene dfeguito. Moflfo dallo
fteifo fencimento » non volle mai ingerirfi in traccad» o incereffi di Capimaé*
Ari èco' padroni delle fabbriche. Non fu mai Doffibile.il farlo diiegnare
a concorrenza di aicun'alcroarcefice; ed una volta diede una coftame ne«
gaciva ad un Cardinale di gran merito, che il per(uadeva a farlo in cofa»
che dovea fervire per le fabbriche del Lovre in Francia; foggivngendo »
che i difegni erano i fuoi propr) figliuoli: e non volere » che ^ino an*
daifer mendicando la lode per lo mondo, con pericolo di non averla, co-»
me talora vedeva a quei ds^gli altri addivenire. Pochi giorni avanti alla
fua morte diede alle fiamme cucci quei difegni» che egli aveva deftinaci
all'intaglio » e non avevalo potuto effettuare ; e ciò fece per timore» che
imedeiioiì non veniflero in mano de' fuoi concrar)» i quali o gli deffe-
ro fuori per lor proprj » o gli mutaflero. . Non fu. punto fignore^tato
dal defiderio di roba» il quale cenne fempre foggetto a quello della glo«
ria;
CAK JPRANC. 1S0RR0MIN0. 17J
rii; onde per lo pìii delii rw^i difegni» piodelli ed affillenze» fé non fòt
leroflftci Pontefici f non Yolet pigliar danarot affine, com'ei dicea, di pò.
ter operare a modo fuo; anzi dagli fleffi Pontefici prefe (blo quello » che
gli ftt dato» fenza domandar eoa* alcuna . In fomma fu il Cavaliere Horror
mino uomo degno di gran lode: ed a lui dee molto la beir.arte dell' Ar^*
chicetturat come a quegli, che non folo fé ne valfe con vario e bello fti-»
le in egregie fabbriche • dentro e fuori della nobiliflima città di Roma $
ma eziandio Tefercitò quanto altri mai con nobiltà e decoro .
PITTORI DIVERSI
CHE FIORIRONO IN <l.UESTO TEMPO
NE' PAESI BASSI.
Jr ACOPO BACKER , che nacque nella città d' Haerlinga V anno j6o9.
I fu buono inventore» ed ebbe buoniflimo colorito: intefebene l^iffnti*
Of e ne* ritratti fu molto lodato. Abitò qualche tempo in Amfterdam#
Vedefi il fuo ritratto» fiitto con fuo difegno>ed inugliato da Pietro Balliù «
GIOVANNI VAN-HOECK» Pittore d'Anverfa» arendo apprefa r arto
dbi Pietro Paolo Rubens, venne in Italia, dove fu reputato molto» parti-»
colarmente nella corte di Roma» ficcome in quella deirimperadore:o^«
rò per digerii Principi» e Signori; e finalmente finì il corlb di fua vita
Tanno 1650.
ADRIANO VAN*NIEULAHT» nativo d'Anverfii, attefe all'arte della
pittura in Amfterdam appreilb Pietro Ifacx» ed aipprefib Francefco Badena»
e riufd valente in piccole figure e paefi, e conduflè molte ftorie del Tefta^
mento Vecchio. Stette gran teinpo in Amfterdam > ove viveva Tanno itftfi*'
in età di cinquantanove anni. Fece fuo ritratto Cornelio Janfiens» che fu
poi intagliato da C» Waumans .
PIERO FRANCESCO o FRANCHOYS» natoinMalinesdiuntalLuca
Francefco di Malines» fu buon pittore. Vedefi alle (lampe il fuo ritratto ^
intagliato dal Wamnans, Falsò da queft' all'altra vita Tanno 1654*
GIOVANNI BOT» che abitò molto in Utrecht fua patria , fece beno
paefi con dolce maniera» buona macchia» e bene accordati; gli adornò di
figure e di animali con buongullo. Vedefi il fuo ritratto in iuampa, inta«
gliato dal Waumans da originale dipinto per mano di Abramo W illaens.
Aa4 DAVID
}7 ^ Decotti. IV. deth Part. IdélSéc. V.M 1650; al 1 6\o.
DAVID BECKt Piccare e Valletto di Cttm«rà della Mabftàdellr Re-
gina di Svezia» Ai mandato per dipignere perfione illoftri delia Ctìftianità:
fu nativo della città di Delft. Fece il ritratto di fé flefib» che fi è poi ve^
duto andare in iftaìnpa 9 intagliato da AntoEA> Coget .
TEODORO ROMBOUTS, fo anche egli buon pittore. Nacque inÀa*
veria V anno 1597. e pafsò all' altra vita Tanno i6n.
TOMMASO WILLEBORTS BOSSAERT , nacque a Berga fopra il
Zoom r anno i<Si 3. Fu Tuo maeftro nell'arte Gherardo Segers . Operò moU
co in figure grandi e ritratti al naturale. Fu molto adoperato dall' Altezza
del Principe d' Orangeat Arrigo Federigo» e da fuo ngliuolo il Principe
Guglielmo > liccome da altri gran Principi e Signori. Viveva inAnverfa
l'anno \66i. Fece il proprio ritratto in pittura» che fu poi dato fuori in^
tagliato cb Currado Waumana .
BUONAVENTURA DI PIERO, che in Anverfa Panno 1514. fu buo-
niffimo pittore di mari, calme e temoefte» fece bene ogni fona di navil;»
galere e battaglie di mare ; conobbe V Orizonte : fu dolce nelle fue lon-
tananze, e fu buono imitatore, di ogni forta di edific) , città e caftelli , Fo
dipinto il fuo ritratto da Giovanni Meyfiens, e ftampato da Vincislau
Hoilar.
FRANCESCO WOUTERS, nacque a Lira Tanno 1^14. e allevato neU
la fcuola di Pietro Paolo Rubens, fece tal profìtto, che fu chiamato da*
Ferdinando II. Imperadore» per eflfere fuo pittore ^ ma eflendofene anda-
to col fuo Ambafciadore in Inghilterra, giuntovi appena 1' anno 1637. vi
ebbe la nuova della morte di quel Monarca; onde poi fi pofe al fervizio
del Principe di Galles; e dopo efier dimorato qualche tempo a Londra ,
fé ne tornò inAnverfa, dove viveva l'anno i(ftfi. in molta ftima degli ama-
tori dell'arte «
ANDRIESENS, chiamato Mancke a Heyn d* Anverfa» fa
buon pittore, e finì il corfo di fua vita nell'anno 1655*
D AVI D TENIERS il giovane, fu pittore eccellente in piccole figure , e
paefi in Anverfa fua patria, ove nacque Tanno \6io.t dove ftudiò apprefib
si proprio fuo padre. Condufie opere belle, tanto pel Re di Spagna, che
per altri Re: ficcome ancora per V Arciduca Leopoldo Guglielmo, per lo
Vefcovo di Gant» per Io Principe Guglielmo di Grange , e per^^iù altri
Principi e Signori, ed amatori dell'arte. Fece da pei^fe ftefib il propriori*
tratto, che fu poi intagliato da Pietro de Jode .
Fu anche in fimile facoltà di far piccole figura ftimatifliiiio RUBERTO
VAN'HOECK Soprincendente delle fortificazioni per fervizio di Sua
Maeftà in diandra. Nac^ae anch' effo nella città d'Anvcrà : e dell'opere
fue
^ RUBERTO. VAN'HOBCK. fjf
file «ccefe'grftn'jdefidetia ne. i.Grthdi desi fgp tMBp^;, ^non pule ^ VUtfi
odleoza Jorai quanta psilU fuiitàdelle medv&iil» , Fn dipioroa) nacutete
(kGonCkio Coques; ed il iitr«|D9 ffkpdi dato iJle ftimp^coninctgls^ del
Caukercken. - ' .» . , , . :> , ..^^; ,,;,,:/a
GIO. BATISTA VAN-HEIL ,M»cq«e inBruCblIes Tanno xtfop.e rìofcl'
buon pittore e invencorej: cinto incofe di devozione» quanto in altre 4
ritrafle bene al naturale, e di fuoi ritatti abbellì faa jpiatrta. Fu fratello 41
Daniele e Leone Van-Heil| i quali tutti erano vivi l'anno i6tfi.
Ebbe anche la città di Brufelles PIETRO MEERT buon pittoiftt il «ut
ritratto vedefi intagliato dal Caukercken.
GIOVANNI VANDEN*HECKC> veone inlttlja/eibttecigitii tem»^
pOt ove fu pittore del Duca di Bracciano; poi fi fermò in Anverui* Aveva
avuti i natali in Quaremondar: e fatti granai ftud) in pittura > diede a ve^
deré opere lodatiffime in grande e in plccolor» di.ft^.cte» fiorir ed animali v
Fece anche il ritratto di ina perfona» che fii iiHagltato per m^^ di Cbc*
rado Waumana; operò ancofa bene in pittura» in lAorie ^ <ritraMi LUCA
FRANCO nativo di MalineSiche viveva l'anno idtfi. fece il ritratfio di £b
fleflb, che poi da Currado Woumana fu intagliato »
CARLO da SAVOJA, fior) nelle parti d'Olanda» avendo avuto fuoi na»
cali in Ah verfa : e riufd bravo pittore in piccole figurine ignude » Si diletiSp
d'intagliare in acqua forte» eira altre c^e eh' e' f^ce, fu il proprio rittacto*
GIOVANNI MEYSSENS» nacque in Brufelles alli 1 7. di Maggio del 1 61 2.
tenne fuaftanzain Anverla» ove aictefe a fare ritratti al naturale. Sidilet*
tò olcremodo di ciò , che appartiene alla c<^nizione delle ottime ftampet
delle quali fece particolare profeffione • RitrafTe fé ftefib 1 e '1 ritratto fu poi
intagliato da Cornelio MayfiTens.
Fu in Italia per gran tempo GASPARO de WIT » il quale in grandi e
in piccoli paefi e in rovine» a olio e a tempera, diede gran fegni di fuo
«lorc, con che -^""-*^ ' ^^—^ ^- --'-^ «-^-^^^t ^ n: : . ^^: r. ^^
pa&ò in Francia
no i66z. Fu ritratto al naturale da Antonio Góebou
Riccardo Collino intagliato .
PAOLO del PONTE » nato in Anverla l' anno 1 60) . fece fuoi fiud) prelTo
Luca Voftermansi ed anche appreflb al Rubens: e con fuo intaglio dolce
diede a vedere bei parti di foe fatiche. Intagliò ancora opere del Vandich»
e fra quefte il ritratto, che egli aveva fatto di fé fieffo . Quefto Paolo fu ri-
tratto al naturale I ed il ritratto fu da Jode intagliato . *
PIETRO
i»lore, con che abbellì i Gabinetti di molti* Prindpi e Signori T poi fé ne
ia, e finalmente in Anverfafua patria, dove viveva V an-
37^ DeumAVJeVA'PartldelSec. V.M 16^0. ai 1 6/^0.
HBTRO et JODE il giovaiM» fipliiiolodftlP altro Pietro de Jode, nacque
in Anverit l'anno i6o6. alli xs. di Novembre. Imparò preflb fuo padre»
col' quale Aette qualche tempo a Ihrigi per intagliare alcuni pezzi pec
Monsù Bonefimtt e Monsù T Imago .
LEONE VAN-HEIL, nato in Bmfelles l'anno 1605. fìi buon miniatole:
fi diiettò di fitr fiori» e mofche» ec^altri animalucci al naturale : e molto
bene s' intefe d' architettura * e profpetdva .
i fu PIETRO VERBRUGGHEN, ehe in AnverCi fua patria ebbe&mt
di ottimo fcultore d' Immagini .
SIMONE BOSBOON, nato in Emdein 1* anno 1614* riufci buono fcul-
•ore e archicecco;e fu im^egato in lèrvizio del Principe Elettore di firan*
demburgo*
VINCISLAO ROLLAR » nato di nobili premi a Pram V anno 1^07.
fu buon miniatore. L'anno 1517. partiflSi di Praga» fcorte divedi luoghi
dell' Alemagna , attefe all' intaglio in acqua forte • Da Colonia col Conte
di Arondello viaggiò verfo Vienna 9 di là a Praga p poi verfo l'Inghilterra:
Ove eflendo fiato lervitore doroeftlco del Duca di Jiorck > fi ritirò a cagion
della guerra ad Anverfa» ove viveva l'anno 1661.
ARTO CHELLINIf nato in San Truyen nel paefe di Liegie » fu archi^
cetto e fcultore in pietra e in legno aflai ftimato» e fu ftatuario della città
d^Amfierdam:
GERALDO SEGIERS > {ti buon pittore, e molto raife in rapprefen-
tare colè derote. Stette grtn tempo in Italia; poi fé ne paisò in ^»gna
aTervigi della Maeftì del Re, da cui fu onorato del carattere di fenritore
della RealCafa. Ricondottofi poi in Anverfii fua patria, l'abbelJ) di fue
opere. Viveva ancora Tanno i66i. Fece il ritratto di fefteflb, che da Pie-
tro de Jode fu poi intagliato .
GIOVANNI BYLORT, nativo d'Utrecht, in quefli tempi valfe molto
nel dipignere fue invenzioni in figure mezzanamente grandi , e con affai
dolce maniera , viveva in Anver^ i* anno i66i . fece il proprio ritratto*
che fu intagliato da Pietro Balleu .
«
CORNELIO POULENBOURGH, nativo d'Utrecht,!! guadagnò gran fama
in dipignere piccole figure » putti ignudi, e animali : dipinte ruine»paefi e lon*
cananze: (lette gran tempo in Italia : chiamato poi 1* anno 1637. a Lon-
dra, fece più opere per la Maefià di quel Re : poi fé ne ritornò a Utrecht •
ERASMO CHELLINO» nato in Anverfaa'ip. di Novembre 1^07. dopo
avere (Indiato le fetenze » accoftatoli al Rubens » divenne buoniflimo pittore
di figure
ERASMO CHBLLINÓ. 379
di figure grandi , e piocole con buon dilègno : ìntefe bene di pr^Tpectin'»
e fu buono architetto .
GIOVANNI CORSIERSt nato in Anver(a V aonp 1603. imparò la ptt^
tura appreflb Co^neHo de Vta ; e divenuto eccellente , ebbe molto da
operare per lo Re di Spagna» per lo Principe Cardinale» per V Arciduca
Leopoldo Guglielmo» e per altri potentati •
DAVID SALLY f originario di Leida» fìi ottimo tittattifia » e difeso
bene in penna.:
ERASMO SAFTLEVEN , nativo di Rotterdam nel!' Olanda » che venne
a quefta luce T anno ì<So9.,fu biiQfVpicuMrA di: pu(i».i. Quali àbbelliv& coq
invenzioni di cofe contadinelchè • Tenne foa uansa io Otrecht » ove vive^»
va Panno i55i.
GlOVKSm VAN BRQNCHORSTt nato in Utieclìt Tanno i^oj.
avendo avuto i fuoi prioci^j da pitsori in vetta» uomini di poco nome»
per fua fòladìligensa eappUoakioiieairarte, divenne buon diiegnatorc» e
loditiflinio pittore » di cne fiinno fede Xù belle ppate ^ càe egli conduffe
in quelle fue parti • ' :
/ ' t
ABRAMO VAN-DIEPENBECCK » nacque a Bofcoduca : quivi efercitò
per lungo tratto Tarte del dipigoerc in vetro » nella quale fi fece Tuperioro
ad ogni altro del fuo tempo: datofi.jpoi a dipigneredi ogni cola univerlal«>
mefite fottola fcorta del Rubens», fi fece grandronore coU' opere fue» tenenr
do foa ftanaain Anveifa» ove viveva Tanno itftfi.
V •
Fu anche buon pittore di ritratti PIETRO D ANCKERSE D£ RY , nato
in Amfterdam Tanno 1605. delT opera del quale molto fi fervi la Maeftàdi
Ladislao IV, Re di PoUonia.
DANIELLO VAN-HEIL» nacque in Brufeiles Tanno 1604. riufi:) buon
pittore di paefi, con genio particolare 1 a dipigncre > con grande imitazio-
ne del vero » incend) di citta e altri edific) .
CORNELIO JANSSENS» celebre nel far ritratti , e belle invenzioni» in
grande e in pìccolo» operò gran tempo per lo Re d'Inghilterra, e per aU
tri gran Signori: e finalmente fi fermò in Amfterdam» ove fino alT an-
no idtfi. faceva opere cfegne di ammirazione.
JACOPO DI ARTESE, nato in Brufeiles Tanno 1613, fece bene i paefi
ed in grande e in piccolo» onde a gran ragione ebbero le opere fue lode
delle migliori in qwì fao tempo di quelle parti dì Fiandra .
JACOPO
j 8 o D(cim.M JeSà Pah. t dil-Sie. V. dal 1 63 o. a/ 1540.
JACOPO VVAN CAMPEN
;; ^ ARCHITETTO E :PJttORE
*I>ìfcepolo di Pietro TaoìoAìthensi *f*« . . w . hS^ w^f ji al 1 660.
OKV in qwQ» tempo ^JtcopoWan Cimpoiu il quale èflèn-
do in fua gioventù pafTato a Roma » vi fece gnndi Aoà'f dal-
f antiche teniture e fabbriche , tantoché rlcornacofene alla pa.
crìa, ebbe lòde dt avbni tn OUnda ricondotto r detimo' gu^
fto dell' àrchìEetcina^. -¥t» gH edifici » «tic '^S'^ <=^ ^uo dife-
jEAo'oonduSèi s'annovera i^paFazzod'Amflerdam* mu del-
le pid nobili ^bbriche di quella provincia . Valfe ancora aliai nella pittu-
ra ) nell'efercizio della quale volle Tempre il naturale davanti . Il fuo con-
sorzio fu in fai iàrv del Rubeiutfuò inauro:* beadiè nel Èolotico non giua-
geffè più oltrci dio «rececM mediocre' fegiio* .e perlopiù nppre&iuò ne'
filai qoulri' figure ianude^ Come du^ixlre èra nobumence nato, ebbe
•Itcftaà animo nt^iU « generòfb , «blitora dit-cj che ^oelk beli' ane non
dovea ferii a prezzo di danaro, ma in dono : e come incendeva dorerà fa-
re, così fiiceva; perchè perlopiù ogni fua pittura donava «Tuoi amici*
Cavalieri e perfonaggi d'alto m^xe . Unb di quefti fa il Principe d'Ol'ai^est
e pochiffimefiie opere fi crovavan», che «gli fi fblTe &tco pagaie. Segu\ If
mdrce di quello artefice circa J' anno i4tft>. nell# città d' Ameisfori: nella
provincia d' Utrccbc, Fufuodifcepolo untale Mattea Vvlthoosv che va-
le quanto dire in noflra Tofcana favella Matteo Cabecoebìaache » il qoab
infegnò ì principi dell' arte a Gafparo Vvitell d'Amersfort , dì cui a fuò
tempo ragioneicoo.'
DELLE
3»?
NO T I Z I B
DE' PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMABUE IN QUA
DECENNALE V
DELLA PARTE L DEL SECOLO V,
DAL ^DCXXXX, AL MDCL.
BALDASSARRE FRANCESCHINI
VOLTE R R ANO
Difeepok di 3fatt€0 Rofaili, nato i6ii» # 1^89.
•^ quella parte di Tofcana 1 che non lungi dal mire
Mediterraneo è bagnata da due fiumi, della Cecina,
e dell' Era. fopra un' altìflima montagna» è pofla la
città di Volterra , una delle più nobili , e antiche città
dell'Etruria. che viene annoverata dagli fcrìttorì fra
quelle dodici, che infiemecollegace renderono celebre
e formidabile , ne' tempi antichi, il nome Etrufco.'
Quefta» fra gli altri fuoi prein fi gloria, fecondo il
Maffei, nobile fcrittore ^ twk. A' avere avuto Tuo.
principio prima della guerra dì Troja , quafi cento anni , dell'edificazione di
Roma 500 e avanti al Natale del Signore circa 1200. E^fondata in luogo.
i cui concerni fono abbondanti di tutti quei doni della natura, i quali ella
appena fra molti patii e provincie è folita fcarfàmence difpenftre: tali
fono; '
5 8 » 1)ecem, K JeBa Part, 1. del Set. V. dal i (J4«. al 1 6$o.
fono «ria falubre» fertilità dr urreno» «MMndtnza d'acque $ di fonti e
di bagni» per cai fi tolgono molte inifi^micà» òòpiofecave di minerali, e
A'c^ni forra di pietre dure, agate, calcedoni, e altre gemme, parte delle
quali fi cavano dal feno della terra» e parte fono dalia corrente di piccoli
rufcelli fcoperte e traportate; ed oltre a qiiefie 9-. alabaftri bianchiflimi»
colori di qualunque forta, alla bell'arte della pittura neceflar).
Daquefta città adunque, tanto favorita dal cielo, trafie i fuoi natali
nel fecolo paflato Daniello Ricciarelli valorofo pittore e fculcore ed archi*
tetto, di cui per Roma e per V Italia, ùnte e sa belle opere fi vedono : e da
^uefta eflendo forto a' dì noftri BaMafiarre Franceichinì » anch' egli infignc
e famofo pittore, chiamato per eccellenza ir Volterrana T iàe mentre io
fcriji^o quefte cofe, vive operando egregiamente, dà largo caqipo di ammi*
atre la fublifnità degli ingegni di quella città. Ma io, che a cagione deHt
modeftia di queft'artc^e non ho potuto ricavar quelle ^otiaie» che per
cefleme la vita mi abbifognavàno } lio procurato, giufta mia pofia, di da*
re alcuna cognizione di una parte delle molte fue pitture, con poco altro
di più ; ficuro » che quéfte , meglio della mia penna , faranno conolcere,
come è mio defiderio* a chiccheflia, che procurèià di vederlo, l'abilità
di quefto foggetto. L'anna dunque della falutifera Incarnazione del Fi.
gliuolo di Dio 1611. nacque BaidalTarre inefia città di Volterra ; il padre
£10 iti Guafparri France^hini, di cui, benché iqSk ordinaria proièffione
lo (colpire piccole figure, fiacuette e gruppi d'alabaftro; non però, che
altre cofe non conducefle di fua manoi cioè a dire, più imagini in legno
di Crifto Crocififlb, ed alcune (ktuedi una certa pietra detta Tufo, che
ii cava in quel territorio, di colore fra il bianco e'I giallo, leggieri e te-
nerifiima, onde beniflimo fi lavora con martellina e con rafpa da légno»
ma efpofla all'aria fortemente ìndurifce; e A:olpita di quefta pietra vedefi
di mano di Guafparri nelfa Chiefa di San Francefco di quella città, den«
trouna nicchia, unafiatua comodamente grande dello fl:effi> Santo. Gua-
fparri adunque, dopo avere al figliuolo, già venuto in fanciullefi:a età»
fatto imparare le prime lettere , Iberando da lui (che fpiritofiffimo era , e
al dif^o molto inclinato) qualche ajuto neirarte propria, Io pofe ad
apprendere i principi del difegno con un pittore Fiorentino, allora abi-
tante) in Volterra^ chijnpato Cofiipo Daddi: e poi Iqfi tirò incafa,ed al
proprio fuo mediero Raccomodò . Quefto però fece egli non fenza difpia-*
ocre grande del fanciullo, al quale molto più piaceva Tane della pittura.
Stavafene l'obbediente f^inciulto* in tale efercizio; m^ non lafciava perdo
di attendere con ogni applicazione a quello del difegno ; ed in breve giun-
fe tìOt'oltre, che gli venne fatto condurre alcune figure tocche di penna,
con tal proporzione e diligenza, che vedute da Curzio Inghirami, e Lo-
dovico Guarnacci, l'uno e l'altro Gentiluomini di qvella città, gli guada-^
gn^ono appreflò di loro non poco concetto .
.Venuto r anno i6xj. il fedicefimo anno deli* età di Baldafiarre, come
piacque. al cielo (che bene fpefib per iftrade al tutto lontane dal nofiro
penfamenco, conduce gli uomini a' defiinati lor fini) occorfe, che tro-
Vfindofi eflb Curzio Inghirami in Firenze» s' incontrò un giorno in un
fratello:
""X
BALDASSARRE FRANCESCHim. 385
ffAtelIo di Baldaffarre» chitmaco Salvadorerin abito dì Prete i oggi Pio-
vano d' Orciatico, uomo di vagM;stteratiita«' e ricordandojGl di x^uànto area
veduto in Volterra, fatto di xFfànó^^éi giovane, domandò a Salvadore > co«»
tee egli fé la paflalfe, equeich' ei facefTe. Al che rifpofe: che e* lavorava
col ^adre d' alabaftri , ma che viveva con gran delklerto di efièr pittore •
c^^*:ì. ftoP Inghiràmi, gli domandò, fca f^ '' ^^^^ -*'^^' — -* ^-'
(lare a Firenze per imparare queir
Inghirami fuo catello » allora Segi
Ina Criftina di Lorena, flato anche Generale delle Pofte, il quale molto
Tribuna delia Real Galleria di quelle Altezze, fu poi mandato a Modana«
Poco vi volle, acciocché reftatTe fubito ftàbtiito quanto Y Inghirami avea
propofto; onde Tanno feguente alti 15. del mefe di Maggio, BalddfTarri fu
dal j>adre condotto a Firenze nella cala di Giulio . Quefti fubito il prov-?
Tidcle di maeftro, che fu Matteo Roflelli Fiorentino, jptttore (limato, no»
tanto per lo valore nell? arte, quanto pel modo facile e caritativo» ch'egli
aveva neir infegnare, congiunto ad una vita efemplarifiima . Studiò ap-
pre(ro al Ro(relli un anno, dopo il quale gli convenne tornare alla patria»
dove da* Monaci della Badia di Sandiofto, amici del paclre fòo, gli fu da-
to a dipìgaere a frefcodi fottoin fu, nella forefteria dei loro Monaftero ia
ùnofpazio ovato, ornato di (lucchi, un Elia in atto di dormire fotto'i giaeprOf
colla figura dell'Angelo col vafo e pane fuccinerizio, del quale avendo latti
gli (ludj, condufTe con molta diligenza il cartone s e prima di por manc^
air opera, lo portò a Firenze, e fecelo vedette al maeftro, il quale reftò*
forte maravigliato, non gli parendo po(fibiIe, che '1 giovanetto in coal jpo-*
co tempo folle potuto e(feré arrivato tant' oltre nell* arte. Il perchè Bai-
da(rarre fatto più animofo, fé ne tornò a Volterra , e diede fine alla pic«.
tura con tanta facilità, che i medefimi Monaci gli. fecero dioignete a fre-i^
fco nella volta della loro Chieià un grande fpazio, in cui eobe a figurare
il noftro Salvatore nella fua gloria , co* Santi Giiifto e Clemente, Pro*
tettori di quella città, ed al^cuni Angeli: ed accanto all'organo due Santi
Benedetto e Romualdo, maggiori del naturale; e fopra il mede(imo orga-^
no una gran nicchia con altri ornamenti .
Venuto 1' anno 1630. nel quale fu la Tofcana travagliata dalla pefte»
gli fu data a fare una tavola a oHo per la Chieìa di Sant' Agoftino dellar
ftefTa' città di Volterra, dove rapprefentò la Purificazione della Vergine:
e per la medeflma Chiefa un quadro pure a dio, dove efpreffe l'immagina
ó\ Santo Rocco. Pa(rato quel calamitofo tempo fé ne tornò a Firenze «
ove per più meli fi trattenne. Sentendo poi, che Giovarmi da San Gio«
vanni, celebre pittore» anch' egli (lato dilcepolodi Matteo RolTcUi^ col-
f occafioncdell^ avvicinarli il tempo y ohc'ddveanfo Celebrarfi le Reali Nozze
^el Granduca Ferdinando li. collii Sereniflima Vitto ta della Rovere» ave-r
va per ordine di queir Altezza dato principio a dipignere il Salone terre*
no de) h^az;BO de* ntti ) Saldaiiiitrti al quale moko piaceva la maniera del
colorire
384 Deceun. V. della Hm 1. dtlStc. V. dal 1 640. al i6$o.
colorire a frefco di Qiorannt , fecelo da amici pregaie t cke vokflfi con^
tencarfi di dargli luogo ia Quell'opera» acciocché potefleiiuella bella ma-
niera apprendere, e ne fu lubifo compiaciuto , e fra l'altre cole per on>a-'
iiientQ della volta i gli fece dipignere in una cantonata preffo ad un morio-
ne» dal quale efcono lauri, palme, uliro, e peniucch}; ma non furono
appena paflati cinque mefit che Giovanni , dopo aver fatte dipignere a
BaldafTarre alcune altre cofe, vedendo i progreui del giovane, m brevità
di tempo troppo più oltre avanzarti di ({uello, eh* egli per avventura s*era
immaginato, temendo di non diventargli fecondo, prefa dt lui gran gelo-
fia, finalmente fé lo tolfe d'attorno; ed andò la cofa nella feguente ma-
niera. Era Giovanni in quel tempo forte travagliato dalia gotta v la quale
vna mattina appunto, che già era dato i' intonaco ad una parte di muro»
lacuale egli in quel giorno doveva dipignere, gli diede tale aflalto , che non
gli fu pofnbile ufcir di cafa per portarfi al luogo del lavoro, ove Baldaflar-
fé co' muratori V attendeva : tantoché facendoli l'ora tarda» andò il Vol-
terrano a cafa Giovanni, e fentita fua impotenza, gli difle Signor Gio-
vanni, giacché ella è in quefto grado, s'ella fi contenta» per oggi tirerò
avanti io medefimo, giacché l' intonaco non può più afpettare, e conver*
rebbe levarlp via; ma non tema che io non fia per far cofa che non abbia
ad eflere di ^ua foddis&zione . Furono quelle parole a Giovanni una feri-
ta nel più vivo del cuore; onde fatta gran forza a fé fteflfo, tutto colle-
]^ contro il Volterrano, fi fece portare a Palazzo, e con gran fatica
montato in fui palco colle proprie numi gettò a terra Y intonaco, ed a
Baldafiàrre diede una bella licenza • Quefta ìmprovvifa feparazione di
Baklafiàrre da Giovanni, fu fenza fallo il principio d^ ogni tua fortuna;
oondofiiacofachè trovandofi egli per allora in caia il nominato Giulio
laghirami sfaccendato » dipinfe pe^ eflb a frefco un proprio penfiero iti
-.^^ ^^/i. _ — • :i^ ^L^ — I! ^1.- 1_ ^t.^ gu diede
predo di-
.. , _^^ ^ .primenti
fuoi attributi , alla quale dalla Fede Cattolica eran condotti il Marche
Jacpmo Inghirami, Generale delle Galere del Sereniamo Granduca, e
Tommafo Fedria della ftefla famiglia , Bibliotecario della Vaticana, e Se*
gretario di Giulio IL («) che per efière fiato Cherico e poeta , veniva
condotto e dalla Chìefa Cattolica e dalla Poefia. Vedevafi appreflb figura*
ta il Teitopo , il quale con torva fronte, mentre la Morte u fpennava le
ali, e fi flrappara i capelli, fpezzavale l' orivolo. Piacque tanto all' Itxgltà^
lami, e l'opera, ^'1 concetto, che moftrolla a tutti i SereniiTimi , i quali
per alcuni giorni la tennero in Palazzo: e fra quefti il Secenifiimo Princi-v
pe Don Lorenz^ di gloriofa memoria, la vide con ammirazione e gufto
non ordinario. Uccorfe frattanto, che e^o Principe Don Lorenzo Tene
andò a diporto alla foa deliziofa Villa della JPetraja, dove un giorno, che
lìi firaniflimo temporale, venne un vep{o cosi imp^tuoCot che in pochifli-
mi momenti gettò a terra una buona quantità di quadri a qlio, con orna«^
meato
[ a J. Ùjui Vii. de Piti. ^ r. 1 34.
BALDASSARRE FRANCESCHI NI. 385
mento ÀàbiliBi de' quali le loggte del conile di quel Pelano ertno edor«
nate; onde e quel Sereaiflkno venne in peDfiero» acciocché non miipe<
r evrenife pocefle occorrere un fimik difordine» di far dìpignere eflb cor«
tifc a frefcoi e confermando cuccavta nella faa mente 11 gufto della bell%
opera moftf acagli dair Inghiramit f ubico mandò per Baldaflarref il quale
appunto aveva pei lo me^kfimo Cavalier Giulio finita una tavola a oliog^
dove era dipinto San Paolo rapito al terzo CielOt che doveva tnandarfi ^
Livorno per una Cappella edificata dal Capitano Tommafo J^ghirami fuq
fratello» nella Chieia delia Madonna: ed il giorno appuacoj che la tayQ-»
la fu efpofta in Firenze nella Chiefa di Santa Maria Novella, B^Idaflàrre
che era allora in età di anni venticinque, fi portò alla Petraja da quel.Prvu-r
cipe, il quale dopo averlo benignamente ricevuto, accennandogli uno fpa^
zio della loggia, che già aveva fatto fcalcinare , difie: là voglio far dipit
8 nere per voftra mano, a cui il giovane con riverente ardimento , n^to nel
la cuore per gli amorevoli trattamenti di quel Sereniffimo, quantunque
non dei tutto affidato nella propria abilità, rifpofe eflTer pronto a' fuoi cen^
ni : e tornatofene a Firenze da Matteo Roflielli foo maeftro , da cui fempro
ebbe ajuto e configlio, ne fu inanimito per modo, che pieno di fiducia fé
ne tornò alla Petraja per dar principio all' opera. Aveva quel i rincipe
qualche concetto dì far dipignere le logge di quel cortile, non d' altro^
eoe di^proipettive, parendogli, che un tale ornamento foflfe per fitrcom*
ferire quel luogo di gran lunga più fpazìofo;.ma dal Cavaliere Lodovica
noontri» allora fuo Gentiluomo, fu difluafoda tal penfiero: ed in quella
vece con&iiato a farvi rapprefentare alcune delle più gloriofe azioni def
Princìpi di quella fua Sereniffima Caia : il qual configlio eflendo molta
f taciuto, fu fubito a Baldafiarre ordinato» «h' e* mettefie mano all'opera
ccome ficee, e nella ieguente maniera U divife.
Nelle (quattro maggiori larghezze delle muraglie colorì quattro ftorie
di quattordici braccia per ciafcuna, nelle quali, d' afiai nobile maniera »
npprefentò fatti di quattro Granduchi di Tofcana, cioè: Nella prima la
folenne entrata di Cofimo L il Grande nella città di Siena, dopo la con^
quitta fatta di ouello Stato: eflb Copra un carro trionfale , e i Senatori di
quella città, che gli portano le chiavi. Nella feconda fece vedere ritratta
dal vero il bel colofifo di Ferdinando L colle figure di quattro fchiavi lega-»
ci attorno a quello , che di mano di Pietro Tacca fi veggono nel Porto
di Livorno , ove nnfe la Monarchia di Tofcana , che conduce Pifa e Li-
vorno a render grazie ad e/To Pedinando , per la loro mirabile reftaurazio**
ne: e nella bafe di ({uel coloflb fcrifie i fi^uenti verfi . compofii da Pies
Francefco Rinuccini , altro erudito Gentiluomo del Principe :
Cpima di geU il cor , iPorror té fronte ,
tAffrics stigoiiiMf ty^a^ tremarne 9
OMfHBt a gf(m FerAmndu^ Me t»e pìsntt^
hieaufmo il Silj fervo r Orante .
Nella tersa dipinte ouando Cofimo I. accomunò con Francefco fito fi-
gliuolo il governo dello Stato. Nella quarta, veramente bcllifltma , quan-
do folto gU aaJTpicj 4> Cofimo II. vivente ancora il primo Ferdinando fuo
B b padre ^
385 Decenn. V. della Part. L delSec. V. dal 1 640. al 1 6^0.
J^adre i fu dalle Tofcane Galere fatca 1« grande imprefìi della ckrà di Bont.
m Birberia: in quefta figurò laperfona di efib Coumo IL in abito di gran
Msieftro della Religione deXavalieri di Santo Stefiinot che dando in j^ie*
di avanci la porta maggiore della Chiefa di efla Religione de^Cavaiieri in
Pifàt riceve Silvio Piccolotninif e rAinmiraglio Inghiramif col Marche*
fe Fabrizio Coloreto, (tati Comandanti di queir Armata, nel ritornar che
fanno dall' impreb. Vedefi in quefta bella ftoria figurata la piaza» de-Ca*
valieri, colle vaghiffime fabbriche , che la circondano» con gran quantità
di figure, di fchiavi, mafchi e femmine, e moltitudine di altre perfone,
é di fpoglte nemiche , quali appunto il poetico fpirito dell' artefice pò*
teva immaginarfi per rapprefentare al vivo un fatto sì gloriofo» e di tanta
allegrezEa : e la gloria fteUa vedefi apparire in aria , in atto di fpiegare i con
£iflo e giubbilo infieme, la bandiera collaCroce della medefima Religione.
Ricorre focto quefte fiorie un belliflimo bafamento» nel mezzo éù quale
finfe una fontana d' acqua « che efce da cene mafchere^ ed arpie, col vafa
che la riceve, e fopra la fontana Tarme di Ca(a Medici . DaMati di quefte
fealet parte a chiocciola e parte dìftefe , gli fcalini delle quali fonno un
pianerottolo in mezzo ad efib imbafamento, tutto il rimanente è finto di
marmi e bronzi , con baffirilievi di putti e felloni , con alcuna ftorietta
di finto bafibrilievo, il tutto alludente alle azioni rappreiientate nelle fto-
rie : fra Tuna e P altra fono gli fpaz> di due lunette » l' una rimpetto air al-
tra fopra due porte, che in due gran fale del palazzo conducono. In una
di quefte diplnfe Caterina figliuola di Lorenzo Duca d'Urbino Regina di
Francia , in atto di federe appreflb Arrigo IIL Re di Francia e di Pollonta.
Francefco li. e Carlo IX. tutti fuoi figliuoli, coli' alerò figliuolo fuo il Duca
di Alanfont Ifabella Regina di Spagna, Margherita Regina di Navarca, e
la Duchefla Claudia di Lorena» pure di efia Caterina figliuola . Nell'altra
dipinfe Maria figlinola del Granduca Francefco Regina di Francia co' fuoi
£cliuoli Lodovico XIII.' Don Gaftone» Giovambatifta , la Regina d' In-
ghilterra ^e la Duchefla di Savoja, Ornò quefte pone con alcune cartelle:
m una delle quali, cioè in quella do?* è la figura della Regina Caterina, fi
leggono i leguenti verfi, uiciti dall'erudita penna del nominalo Pier Fran-
celcoRinuccini:
ì^ùfct fiali' Arno $ e iiei Meiamro aW mdu$
Viftutt a maggior vut P ali te imptnm
Di Regine e di Re {Madre feconda 9
Regnante F adorar Rodano e Senna,
Dalle cartelle fece uteire certi feftoni tatti di ftucco di propria fua mano #
e da' lati delle porte dipinfe due gran termini di femmine » finte di fiucco $
in atto di reggere i feftoni , e certo pannot che ferve per campo, chefcen«
de quafi fino al pavimento Nelle tettate di eflè logge, fopra quattro por«
ce fece quattri ftorier in una delle quali rapprefentò quando Leon X. ri«
cevè in Bologna Francefco I. Re di Francia; e il Gran Cancelliere di efib
Re fa l'Orazione. Vedefi' quefta ftoria arricchita di moke belle figure di
Cardinali e d' altri peribnaggi di quelle Corti. Né debbo lafciar di dire in
quefto luogo cola curiofai che fU| che il Volterrano per uno de' Cardinali
quivi
BALDASSARRE F^^NCESCHINI. 357
Aaivi dipinci» efpréflfe al vivo i' effigie di Luca Citerni $ Cappellano del*
Principe» fenza averlo innanzi» e intanto tempo» quanto in Itili' ora del
definareegli confumò nel por cadi a benedir la tavola del padrone, e tor-
nò i in lontananza fece architetture e profpetcivei e dall'uno e dall' altro
lato della porta a tale ftoria corrifpondente alcune fcale, e fbpra effe altre
figure in ateo di rimirar queir azione , Sopra la porta un cartellone di
flucco col feguente quadernario » fatto pure dal Rinuccini :
Se Rèma opfreJla al fecoh vttafio
. Detta geme Franeefca aderò Pira;
Del Decimo Leone a^ pie rimira
^Sul picciol ^eno oggi il Prancefio AuguBo.
NelP altra ftoria è Clemente VII. che pure nella città di Bologna ricevè
Carb V. Sonovi i Cardinali Ipolito de' Medici, e Ridolfi, con accompa-*
gnatura di figure» che rapprelencano perfone di lor Coree; e fra T altro
molto bella è quella, che ii vede fopra le fcale finte da' lati della porta, in
cui rapprefentò unTedefco della guardia» il quale con faccia piena d' i^a»
e con impetuofità di perfona violentemente (caccia colla Lbarda alcuni»
che troppo s* accodano a quel luogo; ficcome ben comparifce quella d'un
Generale de* Fiorentini, e Giuliano Cavaliere della Giartiera» accompa*.
guati da ^an comitiva di Comandanti e d* altre perfone , nelle quali ri-
traile al vivo diverfi fuoi amici e uomini di quella Corte.
. Tra'ritratti, belliflimo è quello diTommafoTrafredi gobbon buffone
di quel Principe, buon fonatore di violino» perfona molto faceta» di fpi^
rito vivaciflimo, ed acuto, di lingua fatirica e mordace, il quale or quello
or quello » fenz* alcun riguardo, motteggiando e dileggiando, edoraeflen-
do da tutti con fpiritofiffimi fcherzi e burle fino al vivo trapaflato, face-
va di fé fteflo un continuo e troppo graziofo fpettacolo al padrone e a tutti
i cortigiani . Ma giacche ha portato il cafo a dare alcun cenno della per-
fona del gobbo» mi fi concecfa, che per ifiremare alquanto il tedio» che
la continua defcrizione delle pitture della loggia potrebbe recare a chi
legge» io racconti in quefto luogo una delle folenniffime burle» che ap-
Jmnto in quei medefimi tempi, che queir opere fi conducevano, furono
atte a coftui» fra l'altre molte; e poi torneremo a ripigliare il filo del
noftro racconto . Tornavafene un giorno il Volterrano dalla città di San
Miniato al Tedefco, venti miglia lontano da Firenze, dove fi era porta-
to per occafione di (entire una commedia delle Sante Attinia e Greciniana»
Vergini e Martiri Volterrane, opera di Prete Salvadore fuo fratello , altra
volta nominato: e prefe la materna fuo ripofo a Montelupo, Callello po-
llo fopra il fiume Arno, fra Empoli e la Laftra : e perchè faceva gran cal-
do, pensò di fermarvifi per un poco.» e frattanto di efiTettuare un penfie-
ro venutogli per iftrada » che fu » coir occafione de* vafi di terrà » che fi
fabbricano in quel luogo» di ordire una bella burla al Trafredt » da metterfi.
in efecuzione a fuo tempo. Che però accoftatofi a perfona di quel irefiiere»
Bb a domandò
. i $8 Detetift, V. Ma Pari, l MSec V. dati6^c. al 1 6^0.
doinatidò , fé a forte vi foflb alctin boccttt , tdmente dif(K>(b di ffiàni6tMra »
ehe altro non gli mancalTe» che l'efTer dipìnta) e fentko che sU fobico
dato di piglio ad uno di efli» vi fece il ritratto al vivo del Trafredi/ coi
Tuo gobbo s e comuttoch'e'riufcifiè tanto fiinileal vero, per averlo il Voi*
terreno dipinto di frefco alia Petraja, onde neffono averèbbelo potuto cam-
biare, a lettere molto aperte vi fcrifle il nome di liii> coli' aggiunte de' fé*
guenti verfi:
Se 7 Càva/ier dipinto mi Beccale,
Bruno e goffo app^rifie ^ anzi cbi Mo $
Non i' ncccufi V pinmUo t
P orchi U colpa è dell* originale •
Quindi avuto a fé il fornaciaio» con molta premura gli raccomandò quel
lavoro: e feppe sì bene ordinar la cofa, che*l boccale colla manior iègre-
tezze del mondo, dopo eflere fiata in brevi giorni ben cotto e fttgioneto «
gli fu postato a Caftello . Fin de queft* ora andavaii dal Volterrano penfan»
do al modo di fare operare al boccale» a morttficasione delTra&edì, I* ef«
fetto fuo. Era il primo d* Agofto, giorno feftevole in quella Corte per la
ricordanza del natale del Principe , quando, conforme il (olito, doveafi
fare da'Cortigiani una fontuoik cena, eh' e' chiamavano il Siinpofio, della
^uale il gobbo era fiato fatto foprintendente e governatore . Fu giudicata
quefta » belliflima occafione por tar la burla al Trafredi , e però non doverfi
cratafciare: tantopiù, che eran comparii quel giorno a Caftello due famU
tiari di alcuni di loro, cioè il Dottore Gio. Francefco Cafiagnola di ritor-
no da Fifa » e 'l Dottore altresì Jacinto Andrea Cicognini , i più vivaci
è più follazzevoli uomini , ftetti per dire, che aveffe quel tempo. Con
quefti dunque fu concertato il tutto: ed al Cafti^nola, che oltre alUefle*
te un beir umore, aftuto e ben parlante, aveva anche una qualità diporttre
ì fuoi detti , e fue facea^ie con gran naturalezza « e con un vUb fermo e len-
ita rìdere, fu data ¥ incumbenza di gufdar lo fcherzo, il quale ebbe foo
principio in quello modo. Venuta Torà della cena, e condottai tutta
quella allegra convcrfazione al deftinato luogo, che era una grande ftanza
preflb al cortile del palazzo, acconcioifi ognuno comodameme a tevola •
Gufiate che furano le prime vivande con alquanto di ilensiof conf è fo*
ìko, ifuron porcate attorno giare e caraffini tutti pieni di bifi>n vino dite*
ciato» e qui incominciaronfi a fare da ognuno diverfi brindiii alla fan ita del
gobbo Trafredi, degniflìmo provveditore del Simpofio, i quali tanti furo*
no in numero, che il gobbo fra 1* efier di natura di ciarlar ftmpre fempre
fenza mai cefiare » e per gli applaufi ch'e*fì dava «d intendere, e ne veniflet
fatti a fua perfona con quei brindifi , per qualche breve fpasio della cena
fu» come n fuol dire» il padron della veglia* Così méntre quefii ben rin-
galluzzito» con una voce fquiilante e in quilio, tutti afiordava col fuò
gran cinguettare» e volevala con ognuno» parve ( Aera fiata ben guidata
la bifogna ) che a cafo al Cafiagnola fi facefle luogo a parlare in queAo vMh
do. Faccian grazia , Signori,^ di dirmr chi è qoeAo Signor Cavaliere , c6e
con tanta giocondità accompagna la noftra allegria. Signore, rifpe^ uno
di loro» e^i ò un gentUuomo di tratteiuoiento del SerenifikDO Pt^incipé
nofiro
- : BALDASSARRE IR^NCESCHWl. 389
itollro Padrone. II Caflagnola fentito queflo» di«de kgnùch» tal rUp<^
aveflegli la mente alcjuanto aggravata; e come ucmio» che con (e ftefloi r»n
gìonai cominciò a biafciarfi fra' denti quelle parole: Trapeli » Trapiedit
TrafredÌ4 ^oi mefle gli occhj addoflìo al Trafredit guatandolo beri ben^
ài capo a Dièi moftrando oiii che in ogni alerà cofa di fiil^rfi nel Una gohr
bo; e finalmente con getto molto grave e rifoluto» di^: Tant*è» io
non crederò mai , che un dirpregio tale fia ftato fatto da chiccheflia «d un
icrvitore d'un tanto Principe. Allora chi aveva la cura di tenere jl lazzo»
domandò al Caftagnola ciò che ei voleflè dire con quelle parole . Al che
S>re il Dottore; Sappiate, Signori i che jeri nel venirmene da Fifa»
ndo da Montelupo, io a caio mi fermai pre0b a una di quelle tante
^he di ftovigliai» dove io veddi coùt veramente ridicolofàf cioè a àu
re» più di cento boccali di buona tenuta*» inciafcheduno de'qQ'4li io non
folo ravvifai ritratta al vivo V effigie di quefto voftro* amico Trafredi » ma
di più ne leffi anche il nome (cioè Tommafo» fé non erro) e quel cafato
fieno 9 che io fento ora che fia il fuo: ed avendo ben fatta rifleflione
all' uomo e ad ogni altra qualiti » che adorna la perfona di lui » dico , che
e^non può eflfere fé Aon eflb quello» eh' io ho veduto dipinto in queli' in-
finito numero di boccali; e forte mi duole di vedermi in un fecolo» nel
quale con sì gran licenza fiano i virtuofi vilipefi e burlati. Or lafcia dir
qxà al povero gobbo» il quale però nel veder porre in tavola un cosi agro
ragionamento tanto inafpettato» contuttoché a principio molto fi turbafle»
pur tiittavia non fi abbandonò : e come quegli» che in fimili congiunture
non cedeva mai» edavane infino addenti a chi fofle» fènz'aver riguardo
a perfona» attaccò col Dottore una gran miftìa»e in fuUa bella prima ven-
ne alle préfe con male parole» col calor delle quali davafi intanto non po*^
co fomenta alle grandi rifii de' convitati e di coloro, che alla tavola aflille**
vaAo : le quali altiffime rifa » tanto rumore facevano » che i tuoni non fi
fariano potuti udire . Il Caftagnola » moftrandofi piccato dalla mordacità di
quella lìngua (#)tabana»foggiunfe ; E che diretti tu» fé io nel rornarme«
ne a Pifafacem procaccio di una dozzina di quei boccali » e qua te gli f*»
ceffi portare? Il Trafredi fin' allora con tutto il fuo dibatterfi e con tra*
ilare» fi et% dato a credere » che ouelia fofle un invenzione» che non avefie
a paflar più là che le parole ; onde con maggior rigoglio che mai » riipoic:
Io t' ho per un gran becco cornuto, fé cu non trovi il modo, che mi fieit
portati queftt boccali » Se tu mi dai troppo troppo a ftuzzicare » ripigliò il
bottore, io fon uomo da metter mano a certi miei (ègreti, e fartene com*
parir qua uno adeflb adefib . Parve al gobbo » che il Caftagnola fi foflè con
quelle parole impegnato sì forte, che non potendo poi venirgli fatto ciò
eh' e' prometteva» avefie egli a rimanere a cavallo» ed a farfi beffe di lui?
che però infultandolo fempre più, il perfuadeva a far più preflio quella
prova. Giacché tu mi tenti» difle il Dottore, ecco che io mi accingo
aU' open : elevàtofi da tavola» cavandofi di taica una gran carcapecorà, che
Bb 3 non
■ Il ■ ■ 11— »i*
(a) Wotifm f firfe isl pungiglhre del Tsfano, La$$noT Aànum, o forfè dal
' lat. tabum : lìngua fradicia » come il Berni a Pietro Aretino .
j ^0 "Dàmi.V.Ma Purf.l iielSec. V. ddi^4^. al 1 6$o.
MMI {| fa duef ch*dli fi fo^, é fc^rfe era lì fuo privilegio: dato èì pigliò
•d ttiì battone» fc n'andò nel vicino cortile t e quivi a vifta di molti di
fuelli della tavola $ al Ione di certi candellieri i che faceafi tenere da* fer-
vitori» cominciò a fare alcuni circoli nelle mtura e per lo terreno; pro«
nunsBiando ilrane ed inuCtate parole a modo di negromante » con volto
ferioegrave» anzi malinconico e timoro(b : e dopo che ^li ebbe molte
di quefte cole fatte, feceficon deftrezsadachi ne aveva avuta la commiffio^
ne porgere il boccaljs, e con vifo mefto a guiia di uomo che venga da trat-
tar co' moftri d* Inferno » e con mano vadllante » quello prefontò agli amici
in pubblica tavola. Averefte veduto in un.fubico il povero Trafiredi» che
fino allora fi era mdirato %ì franco » allibbire e perdere la parola per modo»
che troppo è difficile a ridirlo» tantoché le gran rifa, che fi alzarono allo*
fa tra quella brigata e di tavola e di fuori di tavola , al certo al certo ave*
nbbero dovuto ceder luogo alla compaffione . Riconobbefi da c^nono la
fomigliantiflima immagine del Trafredi: fi leflero i verfi, il nomee 'I ca^
&to di lui fcricto nel boccale» e fubito fu pieno di ottimo e fre&hiffimo
vino» del quale bevvero tutti alla fiinità del Trafredi . Intanto il Caftagno-
la» permeglio colorire la burla» cominciò a dar fegni di un grande afian»
no» e varie fmorfie fi mefle a fare, finché nelle braccia di Luca Citernt»
iUora Cappellano del Prìncipe # che gli era allato a tavola » finfe di cade*
ffe fvenuto . 11 Volterrano volle ancor eflb fare le f uè parti col ricorrer fu*
biro all'aceto delPinfalata , col quale fingeva di andar fpruzaando di Dot-
tore il vifo e le tempie; altri fi alzarono da tavola r quali accorrendo a quel
bifogno': ed in fomma coloriron la cofa ai bène» che il Trafredi» fra la
fibbia e la vergogna» e Io fgomento per quei nuovi accidenti» cominciò
i|uali'a venirli meno per davvero, e vi fu da fare a rimetterlo in gambe;
sgli poi, al meglio che gli fu potfibile , levatoti da tavda fenza fiir motto»
irullo grullo e fenz' altra cena, fé ne andò a cercale del fuo covacciolo »
per dormire quella notte. Dio fa quanto; mentre i compagni per lo re-
Itante della cena, a cagion delle gran rifa» meflero il mangiare, come fi
foci dire, ira la camicia e la gonnella. Ma pd povero Trafredi non ri*
male ii-finisa la trefca ; perchè il giorno dipoi avendo ti Principe rifoluto
di condttrfi a diporto, colla fua corte d' aito e baffo forvino, per quelle
fue campagne: e avendo dcfUnati diverfi ripofi per breve: fpazìo preffo alle
ca(e di quei lavoratori, fu operato per modo» che in ogni luo^Or ove le
pofate far doveanfi» era da quei villani offerto da bere alla Simiglia baffi»
e davafi il vino collo fteflb boccale, il quale con ben concertato aitifiaio
dall'una all' altra cafa fegretamente pafiàndo, fece credere al gobbo t come
era fiato detto la precedente fera , che non in un iblo boccale fofle fiata
dipinta la fua figura, e quello foflè fliaco dal Caftagnola fatto comparire»*
ma che gli fiovigliai e fornaciai dì Montelupo ne aveflero per io conada
fpacciaii a fome. Fu poi lo fieflb vafo mandato tU'ofieria di Caftello,qui->
Vi vicina, e dal Trafredi del continuo frequentata, per efifer'egli forte in»
mmorato della figliuola dell' oftc» il quale avendone avuta l'intefa» ogni
volta che il gobbo vi fi lafciava vedere r portava in quel boccale il vino
Uk tavolate. Veniva talvolta il Travedi a Firenze in aia il Barone Alef-
6ndro
BALDASSMRE TRANCESCHm. i^t
itndfo del Nero» fi» «ittico padrone» e '1 beccale anche quivi al folico kr
preveniva; tantoché il povero omicciuolo n* era difperato affatto. A ct^
gtonedonquedi quefle ed altre bizzarre invenzioni t&tteli da coloro intorno
•Uo fieffo ibmetto > iempre più nuove, più capriocioiè e più pungenti, oOk
nobbe il Tnilredi a fuo gran collo» ciocché a' foverchiamente iinsuacciutt
bene fpeffo accader foole» cioè a dire» di trovar ulora rofe a lor naCo^
e chi fappia rendere pane per focaccia» e dare a ciafcuno fuo dovere fino
al finocchio; onde per ravveniìre egli non folo £e fteflb correflfe» ina quel
che èpiùi per qualche tempo» non che altri burlare e dilettare • per cosi
dire» s'amfchiò più a formar parola; e tanto badi in propouco della burla «
Torniamo ora a feguir la traccia del noftro racconto . L' ultima fio*
ria contiene la perfonad'Aleflandro» primo Duca di Firenze, armato, ia
atto di federe» mentre la Fiorentina Repubblica gli fa prefentare la vefle
Ducale, la Corona e lo Scettro: da uno de* lati veggonu alcuni putti» dio
fopra 1' arme de* Medici accomodano la Ducal corona : e dalP altra parte
fono i ritratti di alcuni aulici del pittore, ed il proprio ritratto iuo in fi*
gura d' un giovane veftito di color verde, che guarda verfo gli fpcctatori
della ftoria, la quale per aver (otto di fé V ingreflo alla Icala, non ha ìm^
bafàmento. Non fece però Baldaflarri tutte quefte opere di feguìto, ma
con interrompimento ; attefochè ne' tempi d'inverno il rigor del freddo »
che in quella loggia fi rende infopportabile , noi permettefiè ; che però dalla
benignità di quel Principe, gli fu conceduto di talora defiftere ed operare %U
trovein luoghi più comodi . U primo annodipinfe nella Compagnia di Ca«
fiellol» poco lontano dalla Petraja» un San Michele Arcangelo a frefco» vi«
fto di (otto in fu» in atto di cacciare Lucifero dal Cielo . In Firenze poi
nella Compagnia del Servo di Dio Ipolito Galantini, colorì pure a frefco
in uno degli fpaz) della foffitta» un San Giovambattfta » San Giovanni
Evangelifta, e due Angeli» che tengono uno T agnello» l'altro il calice i e
vie un'aquila» che tiene una cartella, dove è fcritto il Vanoelo di Saii
Giovanni. Pel Dottor Lattanzio Magtotti fuo medico, dipinte a olio in
un ovato un San Giovambatifta fanciullo » mezza figura ; per Francelco
Cordini il ritratto del Padre Fra Buonaventura Cavallo Francefcano , della
nobil fiimiglia della Mantra in Calabria, celebre Predicatore, poi Vefco»
vo: quello fteflb» a cui con una fua elegamiflima lettera, il rinomato Gio«
vammtUbi Ricciardi , inviò e dedicò la fua dotta Canzone , che dicefi i
li Dio . Allo fteflb Cordini fece un bel ritratto d'un Romito» d*un Biante,
e un DÌM[ene , In queflo tempo aveva egli già cominciato ad acquiftar
tanto credito per le belle opere , che alla giornau ulci vano dai fuo pen«
nello» che non eflendo da tutti, i fuoi coetanei conofciuto il proprio fua
nome, lo chiamavano per eccellenza il Volterrano: e cosi è flato poi chiar
mato fempre» e a' intende per la piìi parte fino al preiente tempo. Aven*
do rifoluto Francefco Orlandini » Senatore Fiorentino , ricchiuimo Gen»
tiluomo» di adomare di pitture a firefix> ia Cappella di fua famiglia neUbi
Chiefa di Santa Maria Maggiore def Frati Carmelitani della Congregazione
di Mantova: ed avendo i^ntito il grido di queflo artefice, volle che egli
di fua mano la dipigneflTe: nel che £are fi portò tanto bene# che non £
Bb 4 può
59» Décéttn:V:itUaFdrf. LUelSee.K ^1640. ali6so.
può dir più: Vedefi nella vdIm: di focco in fu, foprt nn^ carradi fuoco tu
rito da due cavalli » a' quali non manca fé. non il moto , un veoerabil vec*
chio» figuracoper lo Profeta Elia » in atto di gettare il mantello ad Eiife6>
il quale fi vede con un piede pofato in terra e l'altro alzato» <omre fu^
cknamente per aflècondare il moto veloce del carro» e con braccia alzate
per ricevere il mantello; figura cosi bella e con s) bene adatiatco fcorto
acconcia in proTpetciva » die non vi è veduta, dalla qu^le ella non fi veg*
ga operare . £Iegli angoli dipinte alcuni Angeli, con cartelle volanti in
m^no con certi motti» tutti figure di gran rilievo. Ne' due lati» che ten-»
gono in messo le fineftre» dipinfe due femmine » figurate l' una per la Leg**
gè vecchia^ colle tavole fcritte jn Ebraico carattere» e colla fpada : e l'altra
per la nuova Legge» con vafb verfante acqua» e libro degli Evangelj» e fo^
pra la tetta di lei è lo Spirito Santo in figura di Colomba rapprefentato.
rece ancora nella navata di mezzo» fopra l'arco di efTa Cappella, due fi*
gure di femmine» che ra{>prefentano» una l'Umiltà editata da alcuni An«^
6 eli » e r altra la Verginità col folito fegno dell' Unicorno» le quali pec
L nobiltà e forza del colorito» vaghezza d'arie di tette » di attitudme»
o del veftire » fon degne di molta lode z e fece anco di iua mano i difegni
delli. flucchi della tteua Cappella. Non aveva ancora finito le ftorie della
Petra ja» quando Giovanni Grazzi» uomo vecchio» che in fua gioventù Iti
occellente mtrflco» e fingolatiflimo fonatore di ogni forta dì ftrumenti di
fiato e di corde » determinò di far dipignere una tua Cappella nella Chiefii
della Santifiima Nonziata » e al Volterrano diede V incumbenza . Como
ogU fi porta fle in quefia opera» non è così facile a dire» elTendo ella Tem-
pre ttata reputata dagr intendenti una delle piìi belle cofè che abbia fatto
quefto pittore» e pofia farfi in quel genere. Vedefi nella volta di Cotto in
fiiia Santa Vergine Cecilia» la quale con maravigtiofa grazia ed ailegcezza
preflb ad un' organo tta rimirando il Cielo t mentre in vaghe' attitudini
Sanno cantando e fonando gli Angeli delia gloria. Circonmi <{uefia ftoria
un' ornamento di finto ftucco tocco d'oro» e nelle tre lunette» che fono
nelle pareti fotto la volta» veggonfi alcuni Af^eli: ed è cofa di maraviglia
il vedere» come Baidafiarre accomodandofi al lume di quefla Cappella» che
viene da una fola finettra» che è tre braccia più baflà delle lunette» lumeg*
giaife le fue figure di fotto in fu con gran forza» e intera fomiglianza dei
Wfo« Ha quefta Cappella un'antica tavola, dove (bn dipinti i Santi Mar*
tiri Ignazio» Biagio ed Erafmo; onde per finir d'abbelhr l'opera» eallu«
dere a quelle immagini, dipinfe nel frontefpizio di efla tavola» in or.
namento di marmo» un Angelo» che tiene in mano alcune palme» in atee
di voler quelle prefentare al li tre Martiri. In quefto tempo ancora colori
afrefco al Marchelè Aleflandro dal. Borro» Generale delle Armi di Tofca*
Ba^ nella facciata del cortile di fua cafii in Borgo degli Albizi» un trofeo ^
con alcune targhe» colFarmi de' Serenifiimi ed imprefe» con alcuni putti
belliflimi» ed ogni forta dì ftrumenti militari: e vi è una manopola» che
imbraccia Io feudo dell'arme del Generale » e tiene una carta col motto :
CON QUESTE PER ^WESTE. Volle poi il Sereniilìmo Principe
Don Lorenzo» che egli andane ad operare nel!' altra fua Villa di Caftello «
dove
• %>
BALDASSARRE FRJNCESCHIM. 393
dove ^li crt folito più firequeiìcemente villcf giare . la efla dipinfe in tré
ftaozCf fregi e fp^rapport» i ipo a impreTe e lincei : e nelk.ftann delia guar-
dai degli Scaffieri. in uno fpaziad^lla volca# m veduta di fotto in fu •. colori
t.frefco un Tuo bel concettosi cioè laVigilansa e '1 Som»»» rìfvegliatoper
ordine di quella» da alcuni. fanciulli # ì quali con papaveri accefi ad unt»
lucerna» gli afiumano, le carici. Per Gcnttlttomini di quella Corte £eoai«
molti quadri a olio di bella invenzione; fra quelli un Amorino» che doc*'
me» per Anibale Do vara; per loMarcheib Ferdinando Ridoiii»una Veno».
re , che accarezza Amore : una Peicatrioe coir amo j6^ con unpefce» figu^^
rata, per la fraudè: un Perfeo collo feudo» colla cefla di Meduià» e una^
Cleopatra » in atto di morire • Fra le ottime qualità di quefto pittore » non
ha r ultimo luogo r intatta pudicizia del fuo pennello; che però non è mai
chi abbia veduta di fua mano pittura lafciva; «mde dovendo» mentre
egli in quelle opere fi tratteneva, djpignere per lomedelìmo Marchefe Ri«
dolfi» in una tela di cinque braccia» la favola d'Orfeo con Euridice» coor.
tentofii» com* egli era fotito di affermare» difpenfare alquanto dall' antico-
divieto i funi pennelli ; e figurò quella femmina parte veftita e parte nuda;
perchè e' fi prometteva » che le orrende forme de' Demonj » che nel me^
defimo quadro doveva rapprefentare» col rif vegliare altrui le fpecie degli
eterni fupplicj » doveflero eflergli ancora correttivo falutare di ogni mena,
che onefto penfiero: concetto» che quando non fi (limi d' infallibile .ritt«
ijbita » non lafcia però d'atteftare » qual foflè ne' tempi della più fiorita gio*
ventù di quefto artefice » la xuindidezza de' fuoi fentimenti . Pece gn^
Cora per lo ftefiiò Marchefe due paefi a olio di due braccia per ciafcheduno
con piccole figure: che uno di proprio capriccio: e T altro dal naturale..
Per Cofimo Citerni dipinfe a olio in un' ovato un Ila col vafo: per Fran*
cefco Parrocchiani figurò in un quadro a olio oo Ila colla tazza e col vaio.
d'oro: e per quefto fi fervi dell' effigie al naturale del Marchefe Alveròtti».
ctì^ allora dello fieflo Principe era Paggio di Valigia» ftimato uno de* più
le;ggi$dri giovani» che vedeiie queir età» onde io dirò ciò» che in altro*
cafo diife il Caro» che» e per eccellenza dell'opera» e per la bellezza* del
rapprelèntato » fcorge » chi guarda quella pittura » due maraviglie in un
tempo fteflb. AI medefimo Parrocchiani colori a temperati bizzarril&mo:
quadro della tanto rinomata burla della botte ȣitta dal Piovanq Arlotto ad*
vna fefta». per confonder Taftuzia del padrone di quella cafa e de' fuoi com*
pagni di tavola» che vollero pigliarfi fcherzo di lui» con fiirgli a bello iftu«
dio toccar la forte di abbandonar la menfa» per andare a pigliar vi o in
cantina; e fu quefto quadro unto applaudita) > che in procefibdi tempo
ae fono ufcite tuori copie infinite • Color) a olio un' ovato per lo nomina*
IO Principe fuo padrone» in cui figurò un Zoffiro alato colla tromba ap--
pefa alle fpalle» e con un flauto in mano. Troppa lunga cofa farebbe il
dcfcrivere tutte le belle opere» che egli fece in quefti tempi » a olio e a
frefco perdiverfeperfone • Egli aveva già dato fineatreftorie alla Villa della
Petraja» quando volle il Principe Don Lorenzo prevenire i Tuoi difegni»
con fargli vedere le opere degHeccellentiffimi pittori di Lombardia ; on-«
de colà a fue fpefe» e con lettere di favore per ogni luogo i l'inviò < Par«
tì egli
^94 Deeem.V.deiiaPartJ.defSe£.V.dali6^éiÌi6so.
tà egli di Firenze alli^. d* Aprile i<$40. in ootnpagnis di Anibale Dovtit»
e di Vitale de' Buoi t V uno e l'ticro Gencilttomini CaTalieri e granSef*
nidori della Sereniffima Cafadr' Ntodici . Fu in Bologna trattenuto in cafii
Ù^cdefimo Vitale: in Ferrara fu ricevuto dal Marcheiè Ruberto Obiz^^
o in Venezia in cala Paolo del Sera» poi Senatore Fiorentino . Stette an-
cora a Firma . In ogni lui^o difegaò molte cofe » e particolarmente in
Parma tutta la cupola del O>reggio • Lafciò in Venezia ed altre città al-
cuna opera di fua mano; e finalmente dopo tre mefi e mezzo» cioè agli i$.
d^. Aspio dello fteflbanno fu di ritorno a Firenze^. S' apolicò fubito con
i3bppio gufto alle belle opere della Petraja» le quali ebbero Ìor fine del 1648.
ttportandone egli e dal Padrone Seitnimmo e da ogni altro quegli applau»
li» che a così bella fttica fi convenivano. Gli fu poi Pannò 16 $0. dato a
dipignere nella medefima Chieia della Santiffima Nonziata la Cappella di
Santa Lucia per gli Eredi del Marchefe Fabrizio Coloreto : nella volta della
quale rapprefentò il Padre Eterno» col Divino Spirito» Crifto noftroSi*
gnore colla croce in braccio» moftrandola ad eflii Vergine Santa Lucìa ,
che in atto d' efiere a ferro e a fuoco martirizzata» fi vede efpreflb per nu-
no di Jacopo Vignali nella tavola della ftefia Cappella . Fecevi ancora la
Regina del Cielo» Sant'Andrea ed alcune Sante Vergini, che Tafoettano
allji gloria» dopo il conflitto della morte. Ne* quattro peducci della volta
dipinfe la Fede» la Carità» la Verginità e la Fortezza» quattro principali
▼irtù di quella Santa . Nton voglio lafciar di raccontare in quefio luogo
«Aa piacevol cofa »che occorfe a Baldaflarre fiel dar principio a quefla opew
M. Aveva egli già fatta la fua tìnta per un grande fplendore, che nella
parte più alta della tribuna doveva eflere il primo lavoro de* fuoi pennelli z
e già u muratore ne aveva fisitto T intonaco ; quando la mattina aflai cardi
«omparve fui palco il Volterrano» e con quella tinta cominciò lo ff^ert-*
dorè • Il muratore oflèrvando quel tignere per tutto» fecondo che a lui
parevi^» d'un color medefimo» diflè al pittore: Dite un poco» ci avete voi
dà fare altro? Al che rifoofe il Volterrano: Io adeflb non ho a fare in aU
aro modo di quel che fy , Replicò allora il muratore: Dio vel perdoni t
che fe voi me ne avefie detta qualche cofa » io (bno ftato qui binto aibet-
candovi fenza far nulla » a queft' ora e' poteva eiTer fatto . Baldaflarre allora
con bel garbo lo guardò in vifo » e si gli difle : Di quefto io non ne dubi-
to; ma GÌ grazia non vi veniflfe voglia mai di niettervi le mani fino a tanto
che io non ve lo dico ; rifpofta veramente molto adattata al cefo, perchè
con pli uomini di groflb legname» al tutto vana cofa è l' affaticare con ra-
gioni. Dipinfe poi il Volterrano agli eredi del Conte e Senatore Ugo de*
Conti della Gherardelba» fitmiglia delle più nobili d'Italia» in unotòazio
di una camera nel lor Palazzo vicino alla porta a Pinti , che fu già del cotto
uomo Bartolommeo Scala» un fuo proprio penfiero • cioè la Cecità della
niente umana illuminata dalla Verità • Vedefl figurata di fotto in fu una beU
la donna» quali giacente in un letticciuolo » con occh} bendati » andar colle
mani brancolando fra una quantità di fcettrì» corone» gemme « danari;
quando comparifce un'altra vaga donna rappre&ntara per la Verità» laqua^
le mentre con una mano toghe alla Cecità dagli occh} la benda» coll^ al-
tra»
\
BALDASSARRE ERANCESCHINI. S9S
*
Q^t imIU* quale tiene ur libro tperta, gli tdditt uh grande rplendow»
die fi rpicca dal cielo « figuraco per f eterna rìpofo, dove folopoffii ellt
ficaramente fermare i fuoi penfieri . Adorna quefta bella pittura una cor^
Bice di finto Aucco» con due cartelle» in cui tono fktittì i fluenti motti f
Mois cacs in ieneèris jaets »
Dum gazis inhi^s. fieptré^m iepms.
En vittés tiH Veriiéfs,
Solv0 > indtjkiens fui éfikiéi jut^r.
Per sii eredi del Senatore Tommafo Guadagni» nel j^rimo ricetto tersano
del Tor Palazzo dietro alla Santifiima Nonztata» dipinfe a firelco di fotto
in fil, la ftorìa di San Martino» che dona il mantello al mendico» con afe»
cuni Angeletti , che portano quel dono a Geaù Crifto» il quale con bract
eia aperte l'afpetta m Cielo: opera belliffima» e coloritt di grafi forvu
In alcune cartelle l'una fotto e 1- altra fopra V ornamento finto di ftucco»
fi leggono quefti verfi » parto dell* eruditiifimo ingegno del Padre Vinrài^
sio ularia della Compagnia di Gesti . Nella prima cartella di fottoi \
Sls^inque fccMt Ccsiam zm£,s quém coUigit Alcs /
Mvtini cblémyjitìmif€itiafu$ufé voléf^
Nella faconda cartella di iopra;: : ; .
; «; : / Dift^ÌMcrum cbhmydis,. DivifatifetMr e$^^
^' : : I : i ' Indivi/a 7)e»m vejfii obnqmg p9lum .
Ad iftaflu de'medjsfimi Signori dipinfe una bella tavola, che fiipófib nel
Pnomi» di £ie63le^ : Pe* inominati Conti.deUa Gherardefca fece quattro
quadri a ol^o^.che.iiieritanrluo^oira le più belle opere» che mai u£eiilerò
di Tua manpv rapprerentò. in due di quefti, di circa braccia due e mezza
r Arcangelo San Michele e Y Angelo Cuftode i e in due altri alquaiito^ mi^
nori, le immagini di due de i Re Magi, che tengono in mano alcuni vafi
o fcrìgnetti^ in cui figurò ii pittore contenerfi i doni per lo nato Meffia «
Nel Palazzo del Marche(e Filippo Niccolini in via de^ Servi dipinfe a fire»
ico e di fotto in fu, due ioaz) in due camere; in uno efprefle la Virtù» che
fcaccia rOzio, che fi vede giacere fonnacchipfo foprà un letto» mentre \m
Virtù con un' afta il percuote. » e vi è un Amoretto, che ipezza V areo#
con quello d* Ovidio : Otia fi ioUés » periere CupiSnis mats .
e con cartelle e motti adattati é concetto. Nell'altra fece la Bellezza» la-
cerata dal Tempo . Apparìfce un irfuto Vecchio con fronte robufta jpifr*
na di fdegno» che moitra aver fatto preda di una vaghifiima Donna» ngo*
rata per la Bellezjsa, la qualecon volto, fpirantecompaffione» quali imio-
cente colomba, fra gli arcigU deìr avvoltojo» con geftd imbelle » va fe ftefia
agitando» mentre 1* indomabil tiamno a viva foraa glifveHeil crine*
Da una parte fi fcorge rovinato e guaito un arco trionfale , e fpezaafa una
ftatua d* Elena rapita ; dall' altra una pianta di Rofe » che fi afiorano •
Un putto, che fidamente rimira quanta polvere refta in un'orivolo» un
firacciato» ed altre belle poetiche invenzioni» con quefii verfi;
, tiìimnù il Teptpo ia^Beìln^ ^«/r »
E iutH 111 fin quaggiù kctru e teglie : i
Sùfff appagar non può f edaci veglie
ìfeB§fim0 immr$0l i nem mertalf. Ancora
y
396 Duenm V.dtTU^m. 1. delSn.V.dali64ò. allóra.
Ancora dipinfe neHo fleflb Patuzo 4 firefco fopn una portt , ch« emrt in
Itb, r arme de' Niccolini e Corfint, CQn bella ftccompagnatiira di foci
fiucchie di putti «
Correva gii Panno 1652. e deiret) diBaldaflarre il auarantefimo annoi
quando lo flbfl^o Marchefe Filippo Niccolini determino di far dipignere
la Cupola della rinomata Cappella di Tua famiglia nella Chiefa di Santa
Croce: e perchè ben conofceva la virtù di quell'artefice» voUe che a lui
fofle data la gloria di un. ùóét^ fi ratfgùardevòle ; ma prima fi rifolvè a far
Lombardia a rivedere
non aveva mai veduta
Roma « a proprie fpele
lo mandò, atto degno veramente della generofità di quel gran cavaliere»
con àiv iafciò efem^io a qualàVii^ue voglia confegnare aireternità opere
fingolàriffime, dinonconOgiiarfieol rifparmio, Trattennefi il Volterrano
in Roma circa dufe mefi e mezzo /nel quàl tempo in cafa il Marchefe Pao«
re alcune nuvole» fpalancano le porte al'Scrf6f-accioc(ibè fé nie vèrfga ad
illuminare il mondo» menateegli tìer ìè ntedefirae aperture comincia a tra*
mandarci primi albori; Pdf Jà ngara delta Rugiada ritrafle al naturale
alta bellifBma femmina r e dello fitidio delia medeOitfa > il q^altf tfond^ feob
ft FiiCQsei fece in un quadro a olio l' imaoiagine di ISanta Mar la wddalena ^
che poi capitò alle mani del Mftrc:heftf Vieri Guadagni, ^r 4^ Mariihefd
Senatore Vincenzio Capponi , eruditìffioió e Angolare amico delle buone
arci»c che mentre io quefte cofe ferivo 1 è In carica di ' Ltiogotenente per
S' A. S. della virtuofa Accademia del Difegnor dipinfe in uno fpaziodi
unidelle danze terrene del fuo Palazzo, di fotto in fu, una Flora col
pretabo pien di fiori» che guarda verfoillfViò Zeffiro» che fi vede in aria
in atto ai volare^efalando aure feconde. Abbellifce queftà opera un molto
rago^ornamento di finti (tucchi dorati, con due cartelle» in cui fi leggono
due:fyLritofi motrii concetto della Vaga meAte dello fteflb Marchefe. Nel
primqdiforto, aHudente àFìóra, èfcritto: D/f^/r//^ DlVAi nel
fecondo di fopra, per lo Seffiro: SIC VITA. Andava il Volterrano fa-
cendo quéfte ed altre belle opere» quando venuto il tempo di por mano
all^'Cupola della Cappella di Santacroce» egli di proposto fi melfeaquel
lavorò» dove rapprefentò Maria. Vergine noftra Signora» in atto di eifere
daiUa^antiffinia Trinità IncQiro«ìata ih Ciélò» nel quale fece Vedere gran
copia d'Angeli, Spiriti di maravilliòfii: bellezza» in and di applaudire col
fuonà di diverfi frumenti » e con altre belle-azioni » alla dignità di un Mi*
fiero cosi gloriofo ; mentre i Patriarchi e Profeti» San Giufeppe Spofo di
efla Vergine» gli Santi Anna e Gioyacchino »* San Giovambatifta » S.Ja-
copo mag^ore» 'Nicodemoi it buon Ladrone» Giufeppe d^Arimatla.' e
tutti quelli in fomma, che tanto del Vecchio» che del Nuovo Teftamen-
to, fi ha o notato nelle Sacre Carte» o dettò da gravifiimi Autori, che
folTerp allora in Cielo» i quali tutti dalla chiaria di quella gloria aflbrti,
moftrano
.e
BAf^DJiSSùiRÈF FR^ANCESCHINL JsT?
«wSi^mo quanta fitkt gloria ilcToilbiil ita» »rCMd^ id^reiftàf di fit cttrM
«Ila faikia» che unlveriàl mente corre, tf pét kiToCrana eipev V Italia dì qoe-i
fi* opera nobiliffima^ fé io vOieifi torre. cda parole: a ceIlfrrarJi:.e però
ùroio ìac>ra di fiarlare della rtrletà dell' infenzione^ ddlà vàghezatadeK
Virie dèlie tcfte* della maaftì delie figuro à e delia propfièca e viveszil del''
k acticudini : e dico foio»che dtr«Add i|(U vdlutó figurare ufi Pi^adiTor hi;
£siputo accordare infieme una cbiaiifliiBalute e (piendèri^f dalle qoalladt^
M queir opera viene mirabilakente ti&nhiu* g noe (al iòtea e nltàmiiel
colorito di tutti que* celeffi fpirlti # che a* me nòft pare che fi pofla defbri*
vere, né eziandio eoliamente concejnre da chi quella non vede . A{[aiim»
gafit clie per effer la volta alta e ftretta;» convenne al Voiterrano il farq
in alcun luogo tefte eccefEvamente ftrette e lunghe, con altre eppdienti
fproporzioni aravaganctffime a chi veder le potefle» fioconie io pin^e pfii
voice le vidi dal piano del palco dov^ egli (lecce alaivocare^le quitti Mi
vedute da baflb» fanno da ogni banda mindnlmenoe F éfietta loro. Ne i
Suattro angoli di fbcio a eifii Cupola i Ibnòpur^f fua mano quacteé ^gtatl
gure di femmine, fatte per Sibiuci. con certe tavole io mano « dove umò
feritte loff predizioni apparteisenti alla Vergine: e furono ancora con fuo
difeso fatti gli ftucchi , modinature di cornici e rabbonì • che fi veggo-
no nel fregio tra le fineftre. Circa quefli tempi fece mohiilime altre bello
opere; ritrafie al naturale il Cavaliere Giovanni Giraldi, e la GoAanz»
del Marchefe Ruberto Capponi fuaconfbrte. Per la Sereniflima Granda-
chefTa Vitrtoria di Tofcana» dipinfe un quadro di quattro braccia ^ delltf
Spofalizio di Santa Caterina » ddn alcuni putti in aria, che fpai^ono fiorir
ed uno che tiene in mano una ghirlanda per incoronare quella Vergine «
Per lo Sereniffioìo Cardinale Gian Carlo, in una fua camera del Palazza
de* Pitti, dipinfe in uno fpazio» di fotto in fu, la Fama, quafi in atto dì
pubblicare le glcnie di quel rriiwipe, efprefie da alcuni putti, altri in atto
dì regger V arme di Cafa Medici, altri il bafto«ie dì Generale , altri il Cap^
pello Cardinaliiio . Per la fteÀ SereniiTima Granduchefia. Vittoria nel me^
defimo Palaz2o , colori tutta la volta di una Sanza ornata di ftucchi , i quali
formano cinque fpaZ). In quel di mezzo vedefi la Victoria con alcuno
palme nelle mani, ed una ghirlanda d'allòro. Vi è anche la Fort^ixf^
che ha in mano una Rovere ;'fopra la quale pafTa tuia fafcia dove è fcritto;
A ROSO RE VICTORIA. Sono fotto quefia figura molte armi da
|uerfa, e vi è la Fama in atto di fonar la fua tromba « Nel fecondo fptoid
la Pace, che di fuoco ad alcune armi miliuri , tenendo nella finiftra ma-
no un ramo d' olivo* Sta quefta figura in atto di conculcare una Furia #
la ^ale con una fiee fjpenca le giace fotto le piante: in lontananzi vedefi
chiuio il Tempio di Giano. Nel terzo fpazio'è la Sapienza, collo Cnado
colia tefla di Medufa , a vifta della quale refta V Ignoranza impietrita. Nel
quarto ia Pudicizia, che fpenna V ali ad Amore lafcivo. Nel quinto la
Verità » che toglie le mafchera dal volto alla Bugia, che quivi fi vede ric^
eaménte veAita, ma con dna gnabadi kg^no. Adornano quella voUa i no*
Oiinui fbxCchi doriti > eoa cartelle e au>tu accomodati a qijeUe invenzioni.
Kella
jja DecennxVMlàPMll deìSe^Sr.daliC^o.alieso.
Nella Rcal Villa dU Po^io InnerialèdlpiDie per' h mèdefiou SereniffinM
ia uno fpazio tondo di un fu J Gaibìnetto , una Santa Maria Maddalena»
a tempera» vifta di fotto in fd, in ateo di andarfene accompagnata da
Angelici fpiriti al poflelb dell' eterna gloria: e un Angelo» che moftra
varj ftrumenti di penitenza, con un motto di FranceCco Rondinelli» che
dicez SBMINAyjT IN LACRIMIS. Finita ch'eli ebbe quella , e
la bella opera della Cupola in Santa Croce k dall'Abate Luigi delia nobi-
liliima famiglia degli Stroazi » Configliere e Gentiluomo per gli affari alla
Corte di Tofcana» della Maeflà del Re di Fmncia Luigi XiV. ogai glorio*
lamente Regnante t gli fu ordinato di £ireuha pittura di proprio uio gufto»
per lomedelmo Re s ed t^M poQa mano all'opera • rapprefentò in un qua-
dro di circa quattro braccia, un fuo bel ccmcetto, cioè a dire: la Fama,
che £critto in una gran carta a lettere d'oro, porta al Tempio dell* Im-
inortalitù il nome di eflb Re >. accompagnata da alcuni putti o genj » ca«
richi dì palme e d'allori. Vedefele vicino il Tempo • il quale con occhio
fivoroib e mano ardita, tenta di lacerare eflb nome, ficcome fi fcorge aver
fatto quelli del grande Aleflandro, Ciro, Xerle ed altri de* maggiori Mo^*
narchi : i quali nomi in Greco e Latino idioma fcritti, fi veggono in terra
(tracciati f ma da alcuni putti è impedito, di randclo altri per le ali, ed al*
tri fpingendolo indietro » quafi che contro quel Monarca rimanga eftinto
chele armato. Per l'altre volte nominato Marchefe Vieri Guadagni, fece
ancora 11 ritratto di lui , che riufcì belliflimot fimilmente allo mflb una
Santa Maria Maddalena a olio; e in un quadro della medefima nroporzio-
ne, una Santa Agnefe, e quefto fu dal medefimo donato al Rebdente dei
Re d* Inghilterra, che fi: lo portò in auelle parti . 11 ritratto di quello Gen-
tiluomo fu veduto con tanto ffufto dalla gloriofii memoria del Sereniffimo
Cardinale Gian Carlo di Toteana, che fubito ordinò a Baldaflarre, che
gli faceife il proprio in abito Cardinalizio , come fece: e dopo la morte di
quel Signore, gli fu dato luogo nella Real Galleria del Granduca , fra quelli
degli altri Principi della Serenifiima Cafa. Non aveva il Volterrano nnita
la mentovata Cupola de* Niccolini, che a Vincenzio Giraldi per lo fucr
Palazzo di via de'Ginori, fece il difegno d* una fiUnza, da fervire a ufo di
Galleria, di virandola in modo con architetture da. potervi affigere alcuni
belii(fimi quadri di Lodovico Cigoli, e d' altri maeftri antichi e moderni,
che fra altre opere di buoni pittori, conferva nella fua cafa quel Gentiluo-
mo : ed avendo fatto dipignere con fuo difegno a Pier Maria Baldi ed a
Cofimo Ulivelllf Tuno e 1* altro fuoi dilcepoli, varj ornamenti di figure,
architetture e medaglioni • epli di fua propria mano dipinfe nello fpazio
dei mezzo, di fotto in fu > il Real Profeta, in atto d* orazione, al quale
pare che fi apra il Cielo, tramandando un molto luminofo fplendore.
Tiene quelli nelle mani un cartellone, dove è fcritto; SlUID ENIM
MlHl EST IN COELO ET ^ TE SÌJJID VOmi SUPER
TER RAM. Appreflo fonovi vafi finti d'argento, ftatue, hori, frutti»
fontane»
"^ <
^M.DJ4SS^RRE FRANCESCHINI . 3:^9
fontane »'tt non molto <|t Jungt ve^oi^ due vaghe femminecte
Adornano i lati due canelle» neiJa prima delle quali fi lèggono quéfte pa«
noie » cavate da Ermanno. Ugone della Compagnia di Gesù :
Tu mibijerra Deus, mbi iu man, fu-miin Cwium.
£ nella feconda:
Denique cunSa miei es : *^fi^ cunSa nibit . '
Al medefimo fece il ^ifegno di un'altra ftanza cdnt^ua aliar fuddetta: o
nella volta di eflà fece dipignere al nominato Pier Maria Baldi fuo difce«
polo, uno fpazio» dove voile moftrare,che la Quiete non fi trova altrove ,;
che in Dio: e però dipinfevi il Baldi eflà Quiete, che fra le braccia, e nel
feno del Padre Eterno placidamente ripofa; e intorno a qua ft' opera fi l^*v
gono i feguenti verfi/ufciti dalia dotta penna di Giovàmbatifta Ricciardi;.
Soh in grembo a colui t che $ Re faetta
Ha la pura J^ieìe ozj hati;
Che r fjleffo fragor de tuoni irati
Le pupille de' gtufii al fonno alletta .
Dunque tUf che defii pace e quiete ^
Spiega fovra le Jlelle il volo intento :
£ neW acque lafsà del Firmamento
Troverai per gli affanni il vero Lete .
Venne intanto a Firenze 1* anno i66z la gloriqfa memoria del Sereniffi^
mo Arciduca Ferdinando Carlo d' Auftria, a cagione delle Nozze disi Se*.
reni(fimo Principe Cofimo diTo(cana: e trattenutovifi per qualche mefe,
volle alla fua partenza condurre feco il Volterrano» per valerfene nella
compra di alcuni quadri, che aveva penfiero di fare in varie città delia-
Lombardia; al che egli fi moftrò prontifiimo: e prima di partire, donò a
quel Principe un quadro, ove di fua mano dipinfe a olio un Biante con^
un libro in mano; e a quefti con fuo difegno aveva fatto fiire un belliflimo'
ornamento tutto intagliato e dorato. Servillo in quel viaggio circa a due
mefi e mezzo, dopo il qual tempo laiciacolo in Verona» fé ne tornò k Fi-^
renze» pafiando per Venezia^ dopo aver riportato dalla magnificenza di:
quel Principe ricchiffimi doni d' oro e di gioje . Colorì poi ad iftanza di*
Monfignor Lodovico Incontri Spedalingo di Santa Maria Nuova» la ta«^
vola di San Lodovico Re di Francia, per la Chiefa di quello Spedale,
Non relkva frattanto il nominato Cardinale di Tofcana di fargli fare ope«
re per fé: e perlopiù suftava di trovarti egli medefimo prefente al di lui
operare; che però fé lo faceva venire a Palazzo e nella propria camera. :
Quivi colox) in due quadretti due tette di fauciullette , una che tiene in
mano una colomba s eTalcra ha fopra la tetta un fazzoletto: e fimilmente
un quadro d' un Vecchio veftito d'una pelliccia, che veduto dal Marchcfe*
Cufpi Bolognefe, fé ne moftrò si vogliolofo, che quel benigno Principe
inclinava a donargliele,- ma fattane parola con Baldaflarre, egli fi offerfe
di fargli in quel cambio alcun' altra cofa di fuo genio : e feceii un Socrate >
con un fuo difce polo accanto, il quale, conforme al coftume fuo, lo per»
fuade a guardarfi allo fpccchio , ciie quivi fi vede. Piacque molto il qua« *
dro a quella Altezza» che ne fece un regalo al jiominato Cavaliere i ma
né volle
4oa Dettnn.VJdta'BartA.del^cyMliS/^Q.aliSso.
ne volle pur di mano déHe fltflb pictoie imi copft per ft . DijfHnie anco^
rf silo fteflo Sereniffiino in camera faa «n auadro di due fanraccia e mezio »
per un'Omero colla lira» ritratto al nacoraledi Paolino» cieco noco» tioaa
allegro e vivace » famofo iti Firenw fra fli altri cicchi» ai per lo novero
grande delle fue poefie, compofte fuUo ftile, che diceO da Ciechi» come
per Io fpaccio che nefeee» cantando e fonando» e facendo ballar cani» fi-^
no a novanta e più anni eh' egli vifle. Aveva fatto per lo medefimo uà
ritnrtto del Sereniffimo Principe Cofimo» oggi Granduca di Tofcana Re*
gntore» e d' Aleffiindro Vii. Sommo Pontefice» la cui eflSigie trafle egli
daundifegno delCavalier Bernino: dipoi gli rapprefentò in un quadro
uti giovanetto ftaffiere di fua Corte» con Giovannino fuo moro» che fu
«flai buon mufico» in atto di cantare. Trovai! oggi quello quadro inuma-
no di Girolamo Gerini Senatore Fiorentino . Era ftato veduto a quella
Corte il bizzarriflimo auadro della burla della botte fatta dal Piovano Ar«
lotto» colorito da Baldaiflàrre per Francefco Parrocchiani ; onde volle il
medefimo Principe» che in certe óre» che per propria indifpofizione non
poteva applicare a negoz) » il Volterrano gli dipignelTe in fua prefenza
due altri fimili quadri « Fece egli dunque vedere nel primo il Piovano Ar«
lotto , quando giunto una fera in Cafentino all'Ofteria della Confuma , tut-
to bagnato dalla pioggia e agghiacciato dal freddo» non potendo» aca<*
gione di una turba di Villani indifcreti, che avevano occupato il focolare»
né punto nò poco a quello aocoftarfi» con una bella invenzione fece sì»
che tutti coloro fé ne andarono, ed egli vi rimafe folo. Vedefi il Piovano
tutto crucciofo» in atto di difcorrer coirofte» mofirandogli un certo fac-
chetto bucato » donde finfe che poco lontano da quel luogo fra ^ bujo
della notte gli fofle ufcita da quello una gran quanctt*^ di danari: al qual
racconto ftati bene attenci t villani, cominciarono» quando uno e quando
im altro» ebeti cheti adufcirfl deirolleria con paglie accefe » per andare in
bufca di quelle monete : e cosi lalbiarono al Piovano il luogo libero per
pjoterfi fcatdare e rafciugare a fua comodici. Neil' altro quadro rapprelen*
tò quando un Prete del paeiè del Piovano» chiamato ser Ventura» treman-
do pel freddo della febbre » dopo eflère fiato coperto con quanti panni
erano in quella cafa» finocolla gonnella della ferva» dolendoli afpramen*
te» ch'e'iuoi adami lo lafciavano morire di freddo» domanda nuova co«
perta: e 'i Piovano Arlotto» coll'ajuto di certi contadini , gli pone addoflb
un gran ladrone. In quefta doria» che veramente è beUittima» è curiofo
il concetto del pittore» nell'avere con molta naturalezza abbigliata una
camera di un povero Prete di villa» e accompasnata Fazione delle figo-
re con tanta proprietà » che più non fi può defiderare . Pervennero poi
queilt due quadri » dopo la morte di quell'Altezza» nelle mani di Loren-
zo Lanf redini Gentiluomo Fiorentino . Non voglio lafciac di portare
in quello luogo un detto piacevole del Volterrano» con coi mentre in
camera del Cardinale dipigneva i detti quadri » rifpofe al medico di quella
Alte/za^ e fuo amiciflimo» che graziofamente co») gli parlò i Signor Bai*
daiiarre» io vorrei pure una volta» che voi fiicefte un qualche bei quadro
anche a me » che fapete che fon. tutto voftro . Io ve lo fkth al certo $
difle
.^
B^WASSjmE:. 7Rv^CESCHlNl . 401
difle il Volkutànùz mH mtéJa» ttlui i nit avterdce • di» io incendo ]Mgliajr«-
]• a fooncare a maktcie . Dottor miof diflè BaldiflarKt jo panfo» che p^ff
q[uefta volta non fa ne fiiràiJero. O perdiè?. diffe il Dottore • Io vai dirò^
rifpofe il Volterrano: perchè fé noi fiicefliaio a fcontare a malattìe j voi
Carette troppo il buon uomo » fé non vogliamo dire un bel goflfp» fé «Uà
prima maiaaìai per liberarvi da quell'impegno, voi jion mi mandafli al
ceffone « Di che rife il medicp e '1 Principe infieme •
Cominciò ancora pel medefimo Cardinale<2ian Carlo» 9 alla di lui pceienp
sa nella Villa di Cafielio »un quadro di figure quanto il naturale » in cui eiprefle
Maria Vergine nel viaggio d' Egitto , fermaufi a federe col Bambino Geaù , ai
quale» con devota allegrezsat regge le mani» mentre alcuni Angioletti gli
prefentano frutti e fiori : San Giufeppe ancor eflb in ateo di federe , leggendo
un libro. Quello quadro finito dal Volterrano» dopo qualche tempo venne
in mano del Marchefe Carlo Cerini i al quale > per accompagnatura • fece un
altro quadro di fimile grandezza » dove figurò il portar delia Croce del Si*
gnore al Calvario » e V incontro di Maria Vergine coir altre Doime da
Gerufalemme .* e in lontananza la comitiva de' Minifiri » che accompgne^
no il Signore» ei due ladroni^iO ouefta ancora riufc) opera bellifiima»
Ebbe il pittore concetto nel far queiti due quadri di efprimere un fuode»
¥oto peniiero, cioè: quando al Signore» per maggior noftra faiutcì con?
venne fuggire la mone: e (Quando il medefimo, per lo tteflb fine» Pandè
ed incontrare « I Serenifiimt Principi Cardirul Leopoldo e Mattias di To^
icana diedero ancora elfi non pochi (ègni di dima del fuo valore • Al primo
dipinfe molti quadri» e particolarmente la tavola del San Filippo Benizi*
che oggi fi vede all'Aitare di eflò Santo nella Chiefa de' Servi di Maria •
fattavi collocare da quel Principe» in luogo dell' antico quadro» che vi era
di mano di Pierri Cofimo: eiopra efla tavola» in mezzo al frontefpizio ^
fece ancora un quadro di mezza figura di un San Giovanni Evangelifta «
E avendo l'Altezza di quel Cardinal Leopoldo deftinate alcune danze de*
fiioi appartamenti ad una raccolta di gran numero di ritratti de' più infi^^
gni pittori I filtri di propria mano di ciafcheduno di loro » affine di far
vedere in un tempo ftelTof col loro modo di operare in pittura, anche effi
medefimi » concetto in vero degno di quella vaga e nobilifitma mente ;
▼olle» che il Volterrana gii facefiè il fuo . Fecelo egli molto al vivoi U%
fembianzadi perfona avvolta nel ferra) uoloi ^nza che del coilare fi vedeflfo
eltro» che una piccolillima parte • cioè quanto cinge il collo o poco più»
<perchècoaì diceva egli eflerfi fatto il coUace a tutte l'ufanze, mercechèt
quando quelli «fimo piccoli » il collare non fi potè va dir grande ; e nel cafo
contrario» venendo coperto dai fi5cra)uolo» non fi poteva dire che fofle
piccolo: e al quadro non ne veniva quella Aìfgnzìz che è folica perlopiù
di apportare a' ritratti la mtttazione dell' ufiinza del veftire* Inoltre fece
egli altri quadri» i quali zSo Signor Cardinale alla fua morte» che fegui
aflì IO. di Novembre 1^75. ordinò • che foflcro donati a diverfi Cardinali
t( Principi » cioè : la gran tela , dove aveva dipinta la ftoxia della Regina Eller »
all' Emi nentiffiau) tlardinat Ghifi: ona di Santa Maria Maddalena de'P»z«
xi» all' Eminentiflimo Rofpigliofi: un Gesù Bambino giacente fui fìeno»
v , Ce air Emi-
air Emlnehtiflimd G*«rdinà1e Nini t uri quwàxó di Simeoncicot fincìjillo
Gesù nelle braceiii f -air Eminentilfiino Cardinal Pio «Al Seceniinmo Pria*
cipe Maccias, nella Tua! Real Villa di Lappeggto# dipinfe imofpaziojdidrs-
ca quattro braccia per ogni lato, dove rapprefencò le Victoria ^ alla qualt
tin'putco prefènta palme ed allori, la Fama volante* : per .r arjaibniindo
la tfom1>a: in fóndo veggoiiii molte armi da guerra, e in lontananza è un
arco trionfale^ il tutto per alludere all' imprefe fatte daqi^&o Principe
in^xermania e iii Tofcàna» le quali per mano dell' eccelienttflimo pittore
di Battaglie , detto il Borgognone, in divedi gran quadri, in quella ftanza
iStuati » erano Àatè egregiamente rapiprefentate. Colorì alla prefenza di que*
fto Principe un bel ritratto d* Orazio Piccolomini Scnefe, foo Paggio di
valigia. Avendo poi la molta pietà di quel Signore, applicato l'animo
air abbellimento della Chiefà della Samiffima Nunziau , volle , che oltre
alrimodernatfi tutte le fineftre, fi facefle' ancora la fofficta : e dopo eilerne
fiati fatti da diverfi più difegni, piacque quello del Volterrano, il quale
la divisò in modo da potervuì collocare tre quadri di più di dodici braccia
per éiifcuno , da fadi da tre principaliflimi pittori , cioè : una da Ciro Ferri ,
difcepolo di Pietro da Cortona: uno da Livio Meus, fcdare dell' ifteflo;
ed uno da dipignerfida fé medefimo . Doveafi in quefti rapprefentare ; in uno
la ftoria della turificazione di Maria Vergine, deftinata a Livio v in altro
quella dell' andare in Egitto con Gesù e San Giufeppe,. fermata pel VoU
terrano, per lo fpazto di mezzo ? e nell'altra quello dell' Aflunta di efla
Vergine^ che doveva fare Ciro Ferri ; ma qualunque fé no fofle la cagione,
reftò finalmente deliberato, che un fol quadro vi fi fiiceffe per la fpazio
del mezzo I che fu dato al noftroBaldaffarre. In quefto drpinfe a olio » in
Veduta di fotto in fu, la Beatiffima Vergine. Aflunta in Cielo, per eiTer
quéfto mifterb la Fetta più antica e più folenne di Maria S^ntiffima, che fi
celebri dalla Santa Chiefa • Il modello di quefi' opera ia tela di circa due
braccia, infieme con altro modello, che aveva fatto il Voìteirrano per l'al-
tro quadro, che vi fi doveva fare del Viaggio d' Egitto, venne in mano
éella felice memoria dell' Eccellentifiimo Conte Giulio Ce&re di Novella*
ra, Maeftro di Campo e Generale del Cannone del Screnifiìmo Granduca.
Ma troppo lunga co fa farebbe il deferi vere ad una ad una tutte le opere
che ha fatte quello artefice a diverfi Cavalieri e ad altre perfone alla ipic-^
ciolata f fino a quefio tempo ; che però ci contenteremo di nominarne al*
cune delle molte . -Ha di fua mano Amerigo Gondi in un'avaconn Crifto
mezza figura, in ateo d' aprirfi la piaga, alquanto diverfo dall'altro detto
di fopra. Il Marcbefe Salviati ha un* Artcmifia : nel Convento delle Mo«
nache di Santa Terefa è una fioria a frefco di braccia dodici in circa, Catta
fare a fpefe della Sereniflima Granduchefia Vittoria di To&ana , dove è il
Signore nel Defeno, dopo il digiuno de' quaranta giorni e quaranta notti p
fervito dagli Angeli. Di quella fforiaha il diiegno originale lo fcrtttore
delle prefenti notizie: ed ancora ha di fua mano un Santo Ifidoro agricol-
core , e un bel ritratto a olio d' uomo vecchio , che fu perfona molto pia-
cevole e familiare di fua cafa , il quale in una <uu:fiella che tiene in mano $
porca fcritti i fegsenti varfif
N
S4l'BASS.MRK . :FJMNCESCH1NJ. \ 405
V « « • -«/,
E pia da Pfigio arguta t^^
Onae ini fece muut ^ ^ _
Fercb'h noi mosseggiàfif il Volterrano .
Ha fimìlmente di fua ulano due ritracci di pafielli t e alai diTegni. Frange
cefco Maiccci ha un Diogene colla Lanterna « Jacopo del Tuko ebbe vq
]la con vafo ftorìato » che poi fu del Marchefe Carlo Gerini . Monfignoc
Niccolini una Vedale: Lorenzo Lanfredini una Didone.» che accarezza
Amore, creduto Alcamo, figliuolo d'Enea, ed H proprio fuoricratco.:;
un Dottor Senefe aveva un quadro della Vi&one di San Girolamo, che poi
comprò il Marchefe Luca degli Albìzi, Ajo del Sereniffimo Principe Fer*
dinandodiTofeana, per condurlo a Roma. Il medefimo Marchefe ha uam
Madonna col Bambino Gesù in collo, e un San Giovanni fanciullo, cho
gli conduce un agnellino 1 mezza figura, la qual Madonìna cavò da uììm
fatta a frefco fopra ima ^ran paniera » che ebbe e portò a RocAa Monfignot
Niccolini. Ha ancora il medefimo un Bambino Gesù giacente fui, fieno;
fimil&ed un altro, che ne fece il Volterrano, da* quali poi fono fiate ca«»
Vate infinite copie. Marc' Antonio Altoviti ebbe una femmima > ohe tie^
ne in mano una morte, che così chiamiamo noi un tefchio di morto rcr
un putto: e vi è un'orivolo e un vafo di fiorì, il tutto fiitto per rapprelèataoftì
la caducità dell' umane cofe . Un fimil quadro originale ha il Senatore Aok
conio Michelozzi, ed ancora il ritratto delCavalier Francefco fuo unicO'
figliuolo, rapprefentato per uno di coloro 1 che correvano, il palio alLai
prefenza d'Enea. Il nommatò Lorenzo Lanfredini ha un ritratto al na«
curale d'un Chiaus d' Albania, che venne fchiavo a Livorno: ed ha an^
Cora in uno fpazio d* otto braccia in circa, rapprefentato di fua mano A
frefco, il Tempo, che fpenna le ali alla Fama, aggiuntevi diverfe poeth
che invenzioni. In cafa Aleflandro Guadagni un.Biante filofofo e Dio^
gene , fatti per la buona memoria di Carlo fuo frateljq. Il Seiiator Carla
Terrigiani na un quadro di circa a braccia tre e mezzo, con un Bacco a
alcuni putti in diverte belle azioni appropriate all' invenzione • Valentin
no Parinola, Auditore del Serenifiimo Granduca 1 ha un quadro» dove è
figurata la Speranza, che nutrifce Amore, fimile ad un altro, che fece
Baldaflarre aa un Nobile Veneziano • Il Senatore Ferrante Capponi , Au^
ditore di S. A, S. e della Sacra Religione di Santo Stefano , ha un quadro
rappreìèntante una femmina, con un Moro> pbe tiene in mano un parruc-^
chetto. L'altre volte nominato Marchefe Donato Maria Guadagni , ht
una tetta con un bùfto e parte delle braccia d' un Grido fuUa Crocea in
atto di pregare per li crocififibrì , con una cartella , in cui fono fcricte le
parole: "PATER IGNOSCE ILLIS &c. Fecene due altri fimìli; uno
per Vieri Guadagni , fratello del medefimo : e l' altro per Francefco Scar-«
Eelli. Nella Villa di Girolamo Alberghetti Bergamafco, luogo detto alla
oggia de' Bianchi, fuori della porta al Prato, uno fpazio a fiefco di circa
lèi braccia, dove finfe ftatue di marmo, una in atto di dormire, e T altra
con unatazzain mano,xappre(èntate per due Baccanti . 11 Marchefe Fran-
cefco Riccardi , Cavallerizzo Maggiorje de.l Serenifiimo Gc4i|duc(^ , ha nel fuo
& .. Ce 2 Giardino
Giardino di Gualfonda , dipinta di fua mano laVolta éf lUMvCappellt , con
alcuni putti, che tengono la Croce* dti;S|giiDr&;' edividfe architetture , e
accanto all'Altare due Profeti» finti 4i raarmO. NeUa Chiefk delle Mona-
che di Santa Chiara in Volterra è di fua mano la. tftVolC dell' Aitar maggio-
H"^ dovè è figurata Macia Vd^gine coA Gesù ÌQ)QQlk>». Suk ErancofcQ ch^
1^ bada un* piedei Santa Maria Maddalena ,.Sa^ Chwitt:eiSani Patito &
k; figline principali fono San Loreii^o e San Giovanni £vangelifia ^ che è
y Ticdo di quella Chiefa. Fece egli qdeiU tavola ad iftama di Suor Marr
aia Ii^hiratni^ f^^i^i^ ^^^ Cavalier Giulio^ e nipote del Maishefc. Jacc^o
Inghiraou » Ammiraglio delle Galere di S. A. S li Marchefe Mactiaa jMr
f ia Aanolomtiret ha un quadro dello* Spafalizio di Sanca Catarina da Sic*
uà. Vtncensto Vetcari> Cavaliere Gerofolimitano, ha un beUiffimo ri*
fnitto di fé medefimo» fatto dal Vx>lterrano » alla prelènaa dei mentovate
^ard&xtte Gian Carlo» in tempo che efib Vettori era fuo Paggio di valigia .
Ha Atto ultimamente una tavola» ad ìfiansta di Pier Lorenzo Torriaoi di
l^efcia» per la-Chie(a de'Bernabicì» dove ha (furato San Carlo in atto di
eomatiicare gli appettati: e ad iftaAza dell' Auditor Cttr;pia Poli » e delCa^
valier Polcrt, per le eredità delle figliuole del già Senatore Andrea Cioli.
primo Segretario di Stato del Granduca» ha ntra la tavola dell' Affiima
éi Maria Vergine» e le due iigure di Santa Caterina e della Beata Marghe-
rita da Cortona, in atto di meditare ^uel Mifiero: laqnal tavola fu per
orbine 4e' ib{>rannonwuti » polla fi>pr3 1*^ Altare della Cappella de' Cioli
lA Santa Felicita .
Dor^ndofi poi r in elecuzione de' legati £ucti dal Sènator Donata deU
KAnrélla, Priore della Religione di Sanno Stefano, fpender gran foa»m9
4i danaro per far dipignere la Cupola della Chìefii della Santiffima ISonaia*
aa (opra il Coro , furono dal Sereniffioào Granduèa Cofimu III. oggi Re?
gnantat^depuiBtt 4]Uattro Cavalieri de' modefimi Opeaai dii^ioella Chie&f
cioè il Séfiatofc Ball CJgo della Stufa, il Senatore Carla Torrigiam, Paolo
Saiconiert prii«K> Gentiiaomodi Camerali queir Alcezaa, e Filippo Fcan*
cérchi» i quàiir con Volontà dei medefimò (^cdhduca, diedero al VòheCr.
tkno la òommjflione tii quella grand-opera . Poco dopo» cioè la Un dST 12^
di Gennaio i6j6. cominciò egli a me il prima difegno^e invennone;
e giacche aveva egli per^rvami dipinco, come abbiamo, detto 1 il gran
i^uadro della fo6Fìtta delia ftefla Chtefa, dove avea figomta Maria VccginCf
matto di Volarfene al Cielo ; nella pittura di quefta cupola "pensò di far
federe la Santiflima Trinità nella fua gloria ^ ih atta di ricevere elTa Ver^
ginè Santi (lima, per coronarla Regina i e dò gif. piaique di fare, non
tanto per feguitar h (loria, quanto per non cader nello ilefTo concetto p
da fé mederimo gii efpreflb nella Cupola de' Signori Niccolini nella Chie«
fa di Santa Croce , in cui fece vedere la Santifiima Veigine Incoronata.
Intanto s'incominciarono t^ ìnveftigare maniere da potere alzare i palchi
o ponti , che a tale operazione doveano férvire « rrefontavafi a primo
afpetto la gran difficoltà del non poterfi raccomandare loro fermezza alle
parti laterali per entro la cupola o tamburo di eifii: non dentro la cupolaj
per non rompere le legature de' matCMii : non desitio il umburo » t>er eflet
egli
B ALÒ ASS ARRE FRANCESCHINl. 405
egli {otto il corhiciotiei e per don>ieim tflOii più bdlb del pofiireddU
volcs» al ptri del quale effi> palco o ponte dovea camminare déntro un va*
no di ben quaranta braccia di diametro ; ficchè faceva di meftieri appog«
giare tutto il pefo e la ficorezza di ai gran macchina al piano di terra ia
profondità di trenta braccia e un terzo. Eravi poi la difficoltà maggiore»
cioè : che alzandoli da etto piano del palco il colmo delia cupola ventifette
braccia » biibgnava provveoere al modo di fitaar palchi fopra jpalchi > a ft*
conda del voltare e riftrignere che andava facendo la cupola, nnoal punco
di mezzo della parte più alta ; e quello per io medeiimo fine di poterla di»
pignere tutta . Nafceva finahnente la terza difficolti , di doverli operar
per modo, che il pittore (al quale non s' apprettava altro lume) potefle
valerli di quello, che di fotto in fu portavano le fineftre del tamburo, 't
ch'e'poteffe altresì difcofiarfi dalle figure, girando attorno per oflervarn»
le proporzioni, ed altro fare, che l'arte fua richieddTe. Molte furono le
propo£zioni , che da dtverfi maeftrì di legname > in lor meftiere pratichiflimi»
furon fatte : e molti altres) i modelli, che ne furon dati a vedere agiiOpc*
rai ed al pittore medefimo, ne' varj congreffi $ che a tale effetto fi fecero;
Concludeafi finalmente, che il palco dovefle reggerfi a forza d^ abetelle ia
buon numero, da fermarfi nel pian di terra; con che veramente nonfi>to
grandiilimo impaccio Sfarebbe apportato e al Coro e al girare attorno fra
efio e le Cappelle, che in numero di nove occupano la circonferenza det
teatro, che regge efla capola; ma per quanto ha moftrato poi l'efoerienzat
per non eficrvifi in tal calo potuto far girar fopra il caftello, di che ap«
preflb fi farà menzione, farebbe (lato quafi del tutto impoflibiie il poterla
comodamente dipignere . Quando per particolare affiftenza ( come è fiato
creduto da' più ) della gran Madre di Dio, la ploriofa figure della Quale
dovea rapprefentarfi in quel luogo, un tale Biagio Veftri,legnajuolodÌ
profeflione, fenz'eflerne da veruno ricercato, fi meflè a fare un modello
di nuova invenzione, che meflo poi in opera, avendo tolte le difiicolrl»
fervi mirabilmente al bifogno in ogni cola: ed io mi perfuado» che non
farà per difoiacere» che io ne dica in quefio luogo alcun più minuto par*
ticolare. Volle adunque il Vefiri, che fenza l'ajuto delle tante abetelle
tutto il gran palco, e con efib ogni altra macchina o pefo , fopre un folo
foftegno fermato in terra fi reggefie : ed operò nel feguente modo . Prefo
«gli due ben grofle travi d' abeto, e quelle con una nuova invenzione
d' incaftrature V una all' altre per ritto collegò A forte, che fu opinione»
ch^elle non foflero in quella parte della commettitura meno ftabiu, che in
o^ni altra Ipr parte : e quefta trave per di fotto ficcò ritta per qualche brec«
ciò nel pian di terra nel bel mezzo del Coro» che toma appunto nel cen«
tro corrifpondente a tutto piombo al mezzo d'ella più alta parte della cu-
pola • Cingevano l' eftremita di eflà treve , a corda del piano del cornicio^
ne, venti pianoni dello fteflb legname, i quali fpiccanaofia guifa di rag«
gi dalla circonferenza della cupola, dóve erano nel muro, con diflan-
ze egpali bene incaftrati e murati , riftringendofi egualmente a propor-
zione, urtando in efla trave, forte la ferravano nel fuo piombo t eflènoo in
quella parte del congiungeriS colla trave, ajutati e retti da alcuni pezzi di
C e 3 " piano
4oeJ Decehn.V. dèìlà?art.lil^((f. VJati^^Q, al i6so.
piane a guifà di merifole in eflli fbrcemtnte coiificti ; e perchè qpefti pin^
noni, ibpra i quali fi dovea impalcarci ftpndendou fopra un vanqi di venti
braccia per ciafcuno in circa» non avcrebbero potuto redftere al gran pe-
fo fenza fiaccarfi , il Veftri avendoli fparciti in tre fpa2) , raddoppiò gli fpa-
%] di mezzo con altrettanti limili pianoni i alle tede di ciafcheduno de' qua-
li da i due lati» cioè a dire dal tamburo della cupola» e dalla trave di mez-
iK0 punta vano due correntoni» uno di circa braccia dodici» che fi fpiccava
di (opra il primo cornicione in fondo al tamburo ; e l'altro» che a foggia
delle afticciuole corte del Parafole , fì partiva da dieci braccia di fotto dal fu*
fio della medefima trave di mezzo» la quale in c^uel luogo era cima da un
forte baftone» o vogliamo dire ghirlanda o cornice dello ftelTo legno » con*
fi tta fone , acciocché potefle puntarvi fopra con maggior ile urezza . E quefta
fiil'ofiatura del belli0^imo «e ialdiflìmo palco o ponte, la quale laiciando tut-
to il piano della Chiefa libero» altro impaccio non apportò al Coro di quei-
Jo che potè fare la grQflè;2iza di una fola trave ; e fu atta a foftenere la gran
quantità di legname» che le fervi di coperta» e 'J gran caftcUo movibile
iopraccennato » del quale ora faremo particolare defcrizione. E""- però da
avvertire, che tale olTatura non fi coperlè mai più che. mezza per voltar
cioè da quella parte »dove s'andava dal pittore operando; e quello a bello
ftudio fi fece» affinchè dall'altra parte non coperta potefie averfi il lume
di fotto in fu» come dicemmo ; e perchè egli medefìmo così volendo» pò*
tefle taivoka dal piano della Chiefa vedere il proprio operato t coprendo
per qualche parte con tende ed altre tele» acciocché per di ibtto non pò*
ceflè effer veduto né l'artefice nell'atto del dipignere » né tampoco T ope-
ira medefima » fino a che non fofic interamente compiuta . Per afcendere
-•I palco» il Veftri fece una fcala a cafietta, che per entro il tamburo della
cupola» lungo il muro » fopra il più baffo cornicione fi alzava in braccia do-
«dici » con fuo appoggiatolo o fpalletta dalla parte di verfo il coro» per fi-
cure^za e comodità di chi dovea ialiie. E tanto bafti» Quanto al palco»
111 quale facendo piano folamente a corda del pòfare dcUa cupola fopra \
xrornicione» avea bifogno poi d'altri palchi» per potervi iopraftare a dipii-
^nére per le ventifette braccia di fpazio a piombo., che da eflb. piano fii)a
4il fuo colmo s'alza la parte interiore della cupola. Per taie effetto à fé*
•dono nuovi congrefB» coli' alTifienza principalmente dell' ottimo ingegno
del Falconieri foprannominato» uno degli Operai; finalmente fu dallo ftefib
Volterrano inventato e (labili to il penfiero della feguente bellifiima mac^
^hina, da loro nominata caftello: la quale con occupare per altezza rutta
Jo fpazro delle ventifette braccia foprannotate^ ^er lunghezza venti» per
larghezza dalla parte del centro quattro » e dodici di verfo la circonferen-
za della cupola » venifie ad efler compofta d' una immenlà quamita di le'
gname : e contuttociò fi poteva » fecondo il bifogno del pittore» facilmeu«
te movere in giro con una femplice leva da una >o al più al più» da due fo^
le perfone; e quefto fece nel ièguente modo • In cima alla gran trave » che
detta abbiamo » fituò un toppo dello fteifo legno, nel quale fecero ferma*
ce forte un dado d'acciajo per la larghezza di un quarto di braccio in circa;
.ed in qvefto era un'apertura incavata a meszo cerchio i nella quale un
' BALDASSARRE ^ FRANCESCHim: 407
groflTo pilo di ferrojfl bilico s' introduceva i che diramandofi per di fiipra in
alcune groflè ftrifcie o fpranghe, con efle veniva ad abbracciare e force-^
mente Itrienere» mediante le gagliarde conficcature » una trave »alla quale era
raccomandata tutta la macchina dalia deretana parte . Quefta trave nella
iua eftremità aveva congiunto un altro groflbpalodi ferroi che entrando
in lunghezza di circa un braccio e mezzo in una piccola apertura • che è
nel punto di mezzo del colmo della cupola , poteva girare per ogni verfii»
colla medefima trave * con cui anche dovea girare tutto '1 caftello ad eflia
anneflb: il qual cafteIJo» come fi diflè» in larghezza di braccia quattro dalla.
parte centrale , e dodici da quella verfo la cupola, era ordito dì ceni piano*'
ni p che facevan telajo per lo largo e per lo ritto , da' quali altri pia-
noni fi partivano alla volta della circonferenza , tanto da ballo , che nei
mezzo ed a fommo, diminuendo in lunghezza a proporzione del voltaro
e ftrignere ,che andava facendo la cupola , e per entro i medefimi telai eraa
fatti tanti palchi, quanti ne abbifognavano al pittore dall'infimo fino al
fupremo grado di fua pittura . All'uno ed all'altro palco a'afcendeva pec
alcune fcale a cafletta, formate dentro allo fteflo caftello» con loro fpaliet-*
te» appoggiatoi eripofi comodifitmi e ficuri, a fomiglianzadi quelli degli
edifìcj domeftici. L'armatura poi del cailello, compofta» come fi ditte»
di pianoniedi tavole, era cofa maravigliofa a vederfi . E perchè la macchi*»;
na , che dalla parte centrale fi reggeva affifla alla trave , e girava con efla»
alzata però alquanto dal pian del palcd^» potefle nella parte verfo la cupo*
la larga braccia dodici , comodamente camminare in piano i mediante due
grofli rotoni di legno di un fol pezzo quivi impernati in una piana, fece
circondar la cupola fopra il cornicione, e fopra i raggi o pianoni o ofiiitu-
ra del palco con alcuni panconi, lunghi dodici braccia per cìalcuno p larghi
cinque e grofli un quarto, augnati e confìtti ftabilifiimamente l'uno col*
l'altro: e quelli non folo fervirono al Volterrano per lo rigirare del cs*
dello, ma ancora per comodamente camminare attorno alla cupola, perdi*
fcoftar l'occhio dall'operato, nel tempo che il palco, a cagione del neceida*
rio lume, ftava aperto per la metà folamente. Opere in fomma furono
quefte da ogni perfona lodatiflime; che però io ho creduto non efler cofa
del tutto impropria il fare di efle in quefto luogo qualche memoria, al^
meno in oflfequìodi coloro, che ne furono inventori, fra' quali il Veftri
erettore del palco o ponte, non prima ebbe dato a fua bella fatica com-
pimento» che aflalito da grave infermiti, e divenuto preda Ideila mor-
te, dobbiamo credere, che ne andafle a godere gli applaufi in Cielo.
Dato che fu compimento al tutto , il Volterrano diede principio a
porre in opera il fuo bel concetto , il quale efprefle prima in tanti carro*
ni azzurri, difègnati e tocchi a chiarofcuro con brace e geflò; e quegli
rapportò attorno attorno alla fuperficie della cupola, per foddisfarfi bene»
ancne dal piano di terra, dell* effetto che facevano le parti; e con efle il
tutto : e fu quefto un lavoro di molti mefi .
Diede principio alla fua pittura agli 19. di Settembre dell'anno i68r»
Cominciando l'operazione, com'è folito, dalla pij4 alta parte, nella qua-^
le in un chiaro (plendore » rapprefentame l'inacceifibil lume, io cui, con
Ce 4 modo
4oS Djécm.V. della ?àfh l detSef.KdaM^'ò. al 1 6^0
tooào più jparcicolare.tbità ntW Empifeo il grand^Iddio^ Egitto il Tròno
delU SantiminaTrìnicà . Ved«ii V Eterno Padre fedente» eolio firectro nella
deftn niano » e dall'altra parte ha il globo» figurato pel Mondo ; il Fi*
gliuolo alla fua deftra, in atto di federe ed in parte genufleflbr il quale
mentre lo Spirico Santo» figurate nella colomba» oomparifce per entro una
ditara luce» mpftra eolie tuaccia aperte» in legno di grande amore ^ di ac-
cogliere la fua^ puriffima Madre Maria fempre Vergine itninacplara » che
pure genufiefia » in atto umile » fopra una gran nugola foilenuta da A ngeli #
con volto devoto e gto^ofo infieme , afpetca di ricevere la Corona di eter*
Ila gloria» come defthiata Regina del Cielo e della Terra : e la corona daU
la paite fintftra del Figliuoloda un Angelo» in atto riverente» vien fofteno*
ta ed appreftau» Nel rimanente della pittura ha avuto eoncecto il Vol-
terrano di rapprefentare» oltre alla gran copia di Spiriti Angelici» tutte
le anime de^ Santi Padri» ed altri nominati nelle Sacre carte, che fijio a
<)uel tempo della glorio£a AfRinzione di Maria Vergine fi trovavano al pof^
ÙS6 éeireterna falvesza . Terininò dunque lo fplendore per di fotto» con
certe nuvolette chiare^ quali per campo delle nominate figuo^: e &pra di
efle nuvole fece vedere i Santi Innocenti con loro palme in mano» tocchi
di una macchia piacevole» che gli fa comparire lontani» ed infieme man-
da mirabilmente in alto la volta. Segue dopo quefti un'altr^ordine di nu*^
vole chiare» benché più evrctenti delle prime r che girano come V altre
dette di fopra» cotta ia cupola p tapsg le quali fi vede gran nomefo d' An«
geli, in varie e nobili attitudini» con belli(fime arie di te({e e moti leggia*^
ori t come di giovanetti di dodici anni incirca r beitiiftmo coloriti . Altra
anche fon finti per aria , che efiTendo cocchi con alquanto più di forza de-*
gli altri» in quei campi chiari^ pajono fiaccati da tutto *! rimanente delia
pittura , e fembrano veramente volare per lo vano della volta . Del g^n
numero di Angeli» altri fanno applaulo alla gran Regina» altri l'ammira-
no. Sesue un^ ordine di figure più evidenti delle prime e feconde» dico
in quella parte» che corrifponde iotto il Trono della Santiflima Trinità i
cioè A bel colle ipt^ie del grano» e Set fuo fratello: apprcfio alle quali
fono alcune mezze figure, rapprefentanti ( ficcome altre che fi veggono
fparfe per l'opera) altre anime (alve del Vecchio e Nuovo TeftatnentOt
m quelle dico» delle quali nelle Sacre fcrittore non fi fa parttcolar menzio*
ne. Volgetelo rocchio in giro dalla parte deir Epiftola» fi vede S. Jacopo
Apoftolo col bordone » e San Giovambatifta inginocchioni , e in fondo fot-»
to tal figura è un Angelo con un agnello in braccio» che allude al Santo
medefimo. In una certa mediocre difianza fono t noftri primi Padri Ada«
mo ed Eva, e Santo Stefano Protomartire» colla pietra in mano e colla pal-
ma» fegni del fuo martìrio: e (otto a quefti nella più bafla parte» i tre Santi
Magi co* vafi de' tributi » figure molto maeftofe- Non molto lungi dal San*
to Stefano fono Giacob ed altre figure di vecch), per efprimere» come fi
difife» altre anime (al ve. Sotto quelle è Gedeone col vello. Nell'ordine
e cestello t
/ BALDASSiATtTtE FRANCESCHINl. 40$
e coltello» fi ravrifano, da colle braoeta ftretteal pecco in fofmft dt croce;
con occbj baffi e genufleflbiniegnodeireroicaobDedienza.diinoftratafino
• confentire alla morte, per far di fé fteflo facrifizio ti grande Iddio: e (oc-r
€o tali figure è un Angelo, in atto di volare, con una £iicia in mano, chA
fvolazza. Sarra, madre d*Ifac, gli Ha vicino con faccia ridente, con che^
fi allude al rifo delia medefitna nell'annunzio fatto ad Àbramo del nafd**
curo figliuolo e del partorirlo già vecchia (4 ) . Segue poi la figura del Ro
Profeta coli' arpe « Noè coiraltare^e coir Ulivo, moftra ragionare dell* aU
co Misero con Giacobbe. Sotto a quefti, nella partfiLbafla, vien rapprefen^
tatoGiolefibi che accoglie Beniamino fup minor fratello; evvi il facco
e la coppa d' oro . In poca lontananza dalle perfone di Noè e Gi
coppa d'oro. In poca lontananza dalle perfone di Noè e Giacob^
veggonfi le figure di Tobia il vecchio, e Ifaia; e quefto colla fega in ma^
no ed un libro . Fra le immagini di Tobia e di David, t Tobia il giova*
ne, che ha per fuo diftintivo fegno il pefce. Scorgefi {>oi una figura, tocca
di ^ran forza, rapprefentata per Santone, che ftando in piedi in bizzarra
attitudine, alza» col vigore del fuo braccio, le porte del Tempio. Sotta
(quella figura è Daniele col fegno de due leoni; e fopra in poca lontananza
il Capitano Giofue, colla fpada e collo feudo, ed i Maccabei armati . Con*
cinova quell'ordine la figura di Jael col chiodo e '1 marcello: e vifono due
altre femmine, delle quali una con panno in capo. Quivi vicina è la RC'^
gina Efter, la quale colla mano accenna il Trono della Santifiima Trinità »
e con altra mano foftiene Io icettro» che le diede Afluero fuo conforce :
e più baffo è un Angelo, che moftra il Decreto ftracciato per fitlvezza del
popolo Ebreo , per opera della medefima Regina . Segue Debora Profe*
cena: e prelTo a quefta, per di fotto, è una femmina colle man giunte^
e poco dopo Rut colle ipighe del grano. Sopra quefta è rapprefentata
Melchifedech , Re e Sacerdote, col pane e col vino. Nella parte di fotta
fi vede Elifeocol mantello, lafciatogli da Elia fuo maeftro. Fra le princi-
pali figure feguita Moisè colle tavole della Legge, e Aron fuo fratello col
terribile in mano e veftito da fomno Sacerdote: e fotto la figura del Moisè
fi vede un Angelo colla verga , ed un altro appreffo sbattimentato • Accanto
a Moisè ed Aron è Simeone Sacerdote • In veduta alquanto più lontana #.
comparìfce Amos Profeta col chiodo in mano; ed accanto a lui è Geremia
colle pietre , legni di lor martirio. Sotto fi vede Efdra,col libro della Legge
alzato, in guifa di volerfi parar con elfo lo fplendore» che da alto procede ,
Scorgefi una mezza figura di una vaga donzella con un vafo in mano, e
una alquanto più matura, che rapprefenta Anna Profetefia. Segue Juditta
Colla tefta d' Oloferne : e più lontano la madre de* Maccabei ; queftì con
lor palme in mano, ed efla col più piccolo di loro pendente al feno . Si vede
inatto dcivotoSanGiufeppeSpofodi Maria colla verga fiorita: e nella parte
più baflfa fono due Angeli, che uno ha il giglio in manoi per rapprefenta-
re la di lui Virginità: gh ftanno vicini San Giovacchino e Sant*Aniia^
padre e madre della Vergine. In certa diftanza è Giufcppe d' Arimatia, col
vafo degli unguenti ed il lenzuolo. La mezza figura con tanaglie in manot
è fatta
(a) Cren. r. 18.
4 ! 6 Demu. VJellàPartX delSec, V, dal 1 640. al i ^50.
ciàtta per Niccodémo» e queHa di un vecchio nudo colla croce pel buon
Ladrone. Per ultimo ha il noftro pittore rapprefentato in mediocre lon*
tahanza i tre fanciulli della fornace Babilonele» uno de' quali è in atto di
calcar col piede la tefta di Nabuc Donofor Re . Tutte quelle figure ha
fatto vedere fopra nuvole • le quali , fecondo la grandezza delle medefime
e vicinanza air occhio, fon tocche di maggior forza, per fare alzare viepiù
i figurati fpaz) di quell'aperto cielo. Ed e da notarfi, che il Volterrano,
in ciò che tocca alle nuvole • con particolare artifizio ha procurato di farle
vedere di fotto in fu» e col rompere le medeGme irregolarmente o pitto-*
refcamente , e di gran maniera , ha pretefo di sfuggire in queft' opera un
certo quafi comune errore di altri pittori, cioè di lituarle e ordinarie per
modo y che a guifa di tanti palchi e palchetti , a tal' effetto nel muro con-
fitti, doveflcro le loro figure foftenere, Aqucfta grand-opera diede fine
Baldaflarre del mefe d' Agofto dell' anno 1683. e poco di poi fi portò alla
Real Villa di Pratolino» dove per lo Séreniflìmo Principe Ferdinando re-
fiaurò alcuni quadri. Né fé n*era ancora partito , quanaoal primo di Set*
tembre fufleguente, piacque al Sereniflimo Granduca, che la pittura fifco-
priffe,' onde alli quattro dello fteflb mefe, in cui feguì il fuo ritorno alla
città, trovò che gii eli' era (tata pubblicamente veduta i onde a lui di fu-
bito ne vennero gli applaufi degli amici e degl' intendenti . Ma comecché
fia folito addivenire, che allora fiano a noi più vicini e più pronti gli avve-
nimenti doloroti , quando ne (ta più lieto il cuore , venuta la notte de' fette
dello fteflb mefe, fu il noftro pittore fopraggiunto da grave accidente di
Apoplefliaiche avendogli forte impeditoxuu) della lingua, recò a lui e ad
ogni altro non poco timore , che quejlo dovefle eflere per efiTo 1' ultimo
male: la prontezza però di ogni opportuno rimedio, e T ottima cura, che
fu avuta di lui » riparò air imminente pericolo; tantoché egli dopo non
lunga convalefcenza ritornò al fuo primo operare. Non è però da tacere,
che quella lingua ftefla , che tocca dalla forza di quel pertinace mafore, fi era
quafi del tutto rimafa inabile alprcficrire delle parole negli ordinar] difcorfi ;
o fofle per lo buon ufo fiitto in recitare bene fpeflb per fua devozione la
Salve Regina t o pure grazia fpeciale della gran Madre di Dio» le cui glorie
egli aveva poc'anzi nelfuo Sacro Tempio fatte con fuo pennello apparire ,
la proferiva ciò non ottante sì francamente, che fi farebbe quafi potuto da
altri credere, ch'e'non aveflTe in efla a cagion di tal male alcun nocumen*
to ricevuto. Datofi dunque di nuovo il Volterrano ad operare in pittura»
più cofe conduflè; ma non già colla fteflà felicità e facilità di pennello,
che per avanti fu fua propria . Al Marchefe Loca degli Albizzi , Maeftro
di Camera del Sereniflimo Principe Ferdinando, fece un Gesù Bambino:
e ultimamente una mezza figura di un San Benedetto nel deferto . Finì
una mano di tede, che gli erano fervite per iftud) di fue opere, facendo
a chi una, ed a chi ambe le mani con poco butto; e quefte pervennero
per Io pi'b in cafa i Signori fratelli Marchefi Guadagni . Diede fine ad una
gran tela, dov' egli giù aveva condotto a gran fegno un Santo Luca, in atto
di ritrarre al naturale la gloriofa Vergine Maria col figliuolo in collo, com»
pirfa al Santo in afpetto maeftofo e benigno infieme, mentre gran numero
• d' Angeli
BALDASSARRE FRANCESCHINI . 41 1
d'Angeli danno prefenti a quell'azione : e qiiefto quadro volle la Sereniffimt
Granduchefla Victoria di Tofcana, dòpo 1' onore facto al Volterrano di
portarfi in propria perfona, infieme colla Serenidloia Principefsa Annai
alla propria (lanca ael pittore» ciò che pure qualche anno avanti avevt
fatto Io AefTo SerenKiìmo Granduca Cofimo III. fuo figliuolo, e poi il Se«
rcniffìmo Principe Pcrdinando. Diede fìne ancora alla gran tavola di Ma-
ria Vergine Aflunta in Cielo , che pure venne in mano dell' Altezza Se-
ireniflima del Principe Ferdinando, iniieme con tutti i difegni della Cupot
ia di Parma , fatti per iftudio dello fteflb Volterrano . Mefle poi mano a
due mezze figure quanto il naturale» in due quadri; in uno rapprefentò
noftro Signore addolorato» con corona di fpine, ed in mano la canna» o
come noi fogliamo dire un Ecce Homoi e nell'altro fece una Vergine pian-;
gente la pailiune del Figliuolo» che riufcirono fommamente devote . Inco«*
minciò a fare un ritratto di fé fteflò fopra tela da mezza figura, e ne con-
dufic fulamentè la teda» e quefta è rimafa» con più altre tette ^ bozze e
difegni» a'fuoi eredi . Si mede poi a finire una gran tavola» dove egli ave^
va fatta vedere la Vergine Saacillima» in atto di volarfene al Cielo» e gli
Apoftoli appreflfo al fepolcro; opera» che a principio fu desinata per la
città di Venezia » ma per morte » come fi dice , di chi Taveva ordinata i fi^
era rimafa appreflb P artefice» che ebbe penfiero di mandarla a Volterra
fua patria; ma efTendo piaciuta al Sereniflimo Principe Ferdinando» ìnfie-
me colli due quadri dell' Ecce Homo, eS delia Vergine addolorata» di che
abbiamo pur ora parlato» volle» che tanto 1* una» che gli altri» veniflero
in poter luo ; liccome una piccola tavola» che il Volterrano avea condotta
per Palazzuolo di Romagna» dov'egli aveva figurate Santa Lucia» Sant'Ap-*
poUonia e Sant'Agata» ma per non avere accordato nel prezzo con cni
gliePavevi ordinata » era pure rimafa nella fua danza » e fu quefta l'ultima
opera delle fue mani; conciofofiecofachè egli poi s'aggravane tanto nellQ
fue indifpofizioni» eh' e' rimanelle quafi in tutto e per tutto inabile a fac
cofa di alcun valore nell'arte fua : e andò la cofa in quello modo. Aveva
egli, come dicemmo» patito il fiero accidente d' Apoplefiia » male di tal
natura» che è detto comune de' noflri medici» che a coloro» a cui egli
accade» non fa duopo il ricercare di qual morte e' debban morire» (e gran
fatto none ; e quello a cagione del gran replicare» eh' e' fa le fue percofle»
fintantoché e* non lafcia Puomo morto . Lo Aeflb dunque avvenne al po-
vero Baldaflàrre dopo quattr'anni in circa» dico dell' anno i(587. cioèT^f*
fere aflalito dal nuovo accidente » il quale avendolo trovato in affai ragioni
nevoli forze» non giunfe a privarlo di vita» e diede luogo a nuova cura,
Ala vero riefce fempre un bel detto di un ingegnofo» che l' uomo vecchio
col gravemente infermarfi» fcende bensì dieci o più fcaglioni della fcala;
ma gran fatto farà» che dipoi guarito» gli ricfcail rifalirne fei: ed allora
fi guardi dal non cadere» perchè caduto ch^e'fia» non gli farà gran cofa fa-
cile il rifalirne due » fintantoché una caduta ne venga » che gli tolga in
tutto e per tutto anche P alzare il piede . Baldaflàrre adunque dopo la cu*
ra del fecondo male» rimafe cosi fianco e abbattuto di forze» e s\ maltrat^
KACo in ogni corporale £icokà, che più aifai eran que' giorni» eh' e* pafiava
nel
4 1 1 Dectnn. V, della Part. t delSec. V. dal i ^40. al 1^50.
nel Ietto I tra?agIiato dt fèbbre» che quelli della con vatefcenzt; e quello»
che più accrefceva il fuo male (come oomo / ch*e'f\i di gran giudizio»
e fortemente appreniivo) era il conofoere il male e rimminente pericolo»
ìxi cui fi troYara di potere ad ognora morire . Tali meftiflime e tormentolè
apprenfioni fi accrefcevano e u condenfavan nella fua fantafia nel tempo
della notte viepiù: e privandolo affatto del ri {toro del fonno» erano in Ivit
in un tempo {teflTo e caufa ed effetto di nuovo male» ed in corfo di più
mefi vi ebbero poche notti » nelle quali a' poveri afbnti» a cui pure con-
veniva fempre vegliare per foddisfare alla fua forte apprenlione diefler
giunto aireitremo, nonconveniflfe il portarfi a chiamare e Confeflbri e Cu-
rati» e Medici e Speziali» che venendo e trovandolo noi tn quello fiato»
tvevano anch' effi di male notti . Aveva però neU' intermo la fua radice»
2uefta che apparve fempre una fmifurata Itravaganza » in un fervente de-
0» ch'egli aveva di non morirli fenza Sacramento dell' Eftrema Unzione;
la quale finalmente ricevuta, dopoché il male difle da dovero» eh' e' fu al-
quanti giorni dopo il Viatico» egli reftò per modo quieto, che fu pro«
prio una maraviglia. In quello tempo fu veduto l'infermo piangere con
gran tenerezza , mentre un fuo vecchio e caro amico » che è quegli appunto
che ouelte cofe fcrivci vedendolo tanto fifTo nella Sacra Immagine di Gesù
appauionato» da lui medefimo dipinto» di che appreflb faremo menzione»
gli fuggerì» che cofiituito in tal grado» dovelTe render grazie al Signore »
e rallegrare infieme per Io favore fattogli dalla* Maeftà Sua di eleggerlo
per predicatore delle fu^ glorie e della Tua Santiflima Madre » nelle taa>*
te Sacre Immagini» che u era compiaciuto» che partoriflTero t fuoi pen*
lìelli i giacché tale e tanta è fua mifericordia» che quantunque potelle
effere fiata l'opera fua nel di lui divino cofpetto» piena di mancamenti;
egli , ciò non ottante, era folito ricompenfare ogni minima operazione» che
abbia in fé qualcofa del buono » e maflimamente per edificazione de' jprolii.
mi » averebbe anch' efTo largamente ricompenfato . E furono quelle lue la-
crime» per mio avvifo» d'affai maggior confolazione al fuo cuore» che
già dava fegni di avere abbandonato ogni peniiero del mondo > che la
ricordanza I eh' egli avefle potuto avere della lama acquiflatali col fuo pen-
nello nell'arte lua. E ciò fia detto a confufione di quegli artefici» i quali
ridotti air ora fatale, fi trovano avere» con tanto aggravio dell' anime loro^
colle loro fporche pitture» lafcìato ed a' congiunti ed agli ftranieri per ere-»
dita fideicommifliària »4l peccato . Intanto aggravando fempre più la febbre»
e con effa un nuovo tocco d' Àpopleflia , che di fubito lo privò dell* ufo di
tutta la finiflra parte ,e quafi del rimanente del Corpo dal mezzo in giù; egli
per più ore di tre giorni ch'e'fopravvifTcperdevaldparola» ritornando poi
a'fuòi fenfi : ed allora non fi faziava , benché angufliato da mortale affanno, di
firofferire jaculatorie al Signore ed alia Madre fua Santiflima . Teneva volta
a teda e fifligli occhj nell'Immagine del Salvator noflro coronato di fpine»
che fa moflrad' aprirà la piaga al coflato» da lui medelimo in fua gioventù
più volte dipinta, e poi con qualche mutazione all'acqua forte intagliata»
Giacente fopra il letto pure da quella parte teneva il Crocififfo, nèlafcia-
va pafTar refpiro » fenza qualche affetto devoto profferire» quando dopo
tre i^ior-
BALDASSARRE FRANCESCHINI . 413
tra giorai di si fatta agonia f venjott la dnodeciiba ora della notte prece»;
dente al Venerdì 6. di Gennajo i(f89w Feftività deir Epi&nia » egli T ciocche
non aveva per più ore fatto avanti) rivoltata la faccia a man dettra, ove
dava il Sacerdote adiftcnte al Tuo tranfito^^uafi voleifii nelle fue Cicrate
mani pnefentare V anima Tua» profferendo il Santiffimo home di Geaù»
ultima iua parola e neir ultimo fuorefptrOi chittCb gjiiocch] a quefta luce, >
Recarono eredi i fooi fratelli» i quali conofcendo il merito del defunto*^
vollero f che fofle accompagnato il fuo corpo la vegnente fera» con C^
Jjuito degli Accademici del Diiègno» e con gran copia di lumi , alla Chfe«
a di Santa Maria Novella» e quindi alla Compagnia di San Benedetto bian«
co, nella quale , come uno de' Fratelli a quella affezionatiflimo , aveva per
fuo teftamento comandato di efler fepolto. E^ fiato il Volterrano uomo di
molta prudenza, ed in ogni fuo aitare decorofo e civile: qualitadi» che
aggi unte ad altre belle doti , che renderono chiara fua perCbna • fecero si, che \
la città di Volterra fua patria, nell'anno appunto i<S88, penultimo al fuO
vivere, fponcaneamente la fcrivefle al Ruolo de'fuoi cittadini. Molto e
molto dovrei fcrivere , le io voleffi far menzione dell* arguzia e della piacevo-*
Iczza de' fuol motti e delle fue invenzioni, con che rendè il converfar fuo affai
piacevole, particolarmente nella fua più frefca età , oltre a quanti mi è
occorfo raccontare nel profeguire quefia narrativa; non lafcerò nondime-
no di dirne alcuni, per foUevare alquanto l'animo del mio Lettore. Era egli
nella Villa di Caftello in tempo di Carnovale, nel folito fervizio del Sere*
tiiflimo Principe Don Lorenzo, quando s'accorfe, che da uno de' primi di
quella Corte gli era fiata fatta una tale bifchenca,che teneva alquanto del
poco ritpettofo, per non dire dell'infoiente; la quale anche non potèan**
dare sì occulta» che ella non capitafie agli orecchj di quei Cortigiani.
Penso di fubito il Volterranodi dare a conofcere a quel tale «eh* e' l'aveva»
4Vuta in conto di una fcortefia: e cosi una fera, che in quel Palazzo fi facea
dal Principe una pubblica veglia, in fui più bello, comparve egli imma*-
fcheratocon una gran tefta d'afinoj con orecchie e occhj di più che or^
dinarìa mifura, beuiflìmo modellata e formata di fua propria mano, ed in
fronte all' animale erano fcritte quelle parole : lo veggo e femo pia che
stiri wmfipcnfs; ma io non pojo parlare ^ la quale invenzione applicaca^
•Ila perfona del fuo contrario, fece sì, che eflb e non BaldafTarre ii rima-
nere il più burlato . Camminava egli un giorno per Firenze a fue taccen-
de con Romualdo Baldi, fratello di Pier Maria fuo difcepolo, in tempo»
che era venuta pioggia di frefco; e paflàva appunto lungo la cafa di una
pubblica meretrice, quando egli fdrucciolando diede un buon colpo in terra.
Era quella sfacciateita appunto alla fineftra: e vedendolo caduto, diede in
un bel crqfcio di rifa . 11 Volterrano alzatoti , e vedendola ridere , difiie :
di che ridete voi ? ed ella a lui ; io rido, perchè voi iiate cafcato . Voi non
dovete ridere di me, difle il Volterrano, perchè fé io fon cafcato non mi
ù>n fatto male; ma v'avete ben voi rotto il collo. Raccontogli una volta
un fuo amico un certo fatto di non (b chi, e poi s'ajutava a dire: Signor
baldadarre , io vi ho detta qucfta cofa ; ma di grazia non vi venilTe fatto
li dirne parola a iMtFttnot Mi maravigdiQ di voi» difle Baldaflarre (per pi-
gliare "
4 1 4 T^ecenrii V. della Part.I. detSéc. V. dal i ^40. al 1 550.
gltarfi un poco di gufto) io la voglio dire , e la voglio dire, e la voglio ^-^
re. Non la dice» rifpofe l'amico, per vita voftra, perchè troppo mi preme,
che non Ga faputa • A cui il pittore : oh fé voi non Tavete potuta tener voi ,
a cui tanto ne premeva la fegretezza; come volete voi pretendere , che io
r ab)>ia a tener io? Quefte ed altre molte fae piacevolezze fecer ben co-
nofcere l'acutezza e prontezza del Tuo fpirito, e lo renderono caro agli amici .
Ma quello» che in lui eccedè ogni merito di lode, fu la pudicizia de'fuoi
pennelli , non trovandoli difua mano cofa lafciva: e quanto egli fu riguar-
dato e modello nel dipignere le nudità» e nel rapprefentare pro£ine cofe;
fu egli altrettanto pio neirefprimere affetti devoti di Sacre Immagini» co*
me bene moftrano molti quadri di fua mano di fimile fatta; ma particolar-
mente il Crifto, che li apre il Coftato, di cui fopra parlammo, inventa-
ipie , e copie
ppartiene al-
mio giudizio
farà lodariflimo in ogni tempo, per lo fuo difegnare le figure , che debbo-
no vederfi di lotto in fu, dando a quelle fveltezze e proporzioni, e facen-
dole loro fare alla villa deir occhio quell'effetto che far debbono : (econ-
dariamente, fé conlideriamo ciò che foleva dire il gran Michelagnolo Buo-
narruoti, cioè, che il dipignere a olio, era me&iere da poltroni, in com-
parazione del dipignere a frefco, per la gran fatica che apporta al pittore,
per bene operare, il variare, de* colori nel feccarfi, e della preftezza con
cui fa di bilogno condurre le pitture; apparirà tanto maggiore l'eccellenza
dell' artefice , maflimamente m riguardo del gran numero dell'opere, che
egli ha in tal modo dipinte, con accordamento, forza e vaghezza di colo-
rito si grande, che bene fi può dire» che j pennelli e i colori abbiano ad
elio fervito» e non ellb a* pennelli ed a' colori.
Ha avuti in ogni tempo difcepoli nell'arte, e fra quelli COSIMO
OLIVELLI, pittore umverfale» di buona invenzione, ed affai Ipedito;
che però ha operato ed opera molto a frefco e ad olio per ogni torta di
perfone, e luoghi pubblici e privati. ANTONIO FRANCHI
LUCCHESE, il quale avendo poi fatti grandi ffud] fopra le opere di
Guido Reni e d'altri celebratiffimi maeftri a Roma ed altrove, è nufcito
valorolb molto; ma di lui converrà parlare altrove lungamente a fuo luo«
go e tempo . Similmente fu fuo difcepolo il PALLONI , che fattofi pratico
nelr arti, chiamato in Pollonia circa deli* anno 1674. i^^n lalcia fino al
Srefente tempo» con fua grande utilità, di farvi conofcere fuo valore . Que-
i fu quegli» che poco avanti di fua partenza di qua, fece la fiupenda co-
pia della ftoria del Trionfo di Furio Cammillo» già dipinta a frefco dal
celebre pittore Cecchin Salviati» con altre, nella Sala di Palazzo Vecchio:
la qual copia» che non punto differifce dair originale» ebbe tanto applaa-'
fo, che mericò d'aver luogo fopra una parete del murò di efla Sala prello
all'originale , dove fi vede con ammirazione ogni anno nel giorno di San
Bernardo » che con folenne apparato fi celebra nella Cappella contigua ad
effa Sala. In ultimo fi ftava appreflb il Volterrano FILIPPO di Marco
RICCI, giovane, che nella fua tenera età di anni diciotto , fi portava
si bene
BALDASURRE FRANCESCHINÌ , 415
$i bene in difegno e noli' ufo de' pennelli» che dava di fé fteflo non piccola*
afpeccazione » per quando egli avvenifle, che fi riducefle in iftaco di quella
Canicà» che allora aveva egli in gran parte perduta, a cagione degli incef-
lanti difagi della noctei fofferti per molti mefi in ajucò del caro fuo maa*
atro 9 nella graviflimaed ultima fua infermità: la quale avendo finalmente
recuperata) anzi non poco accrefciuta» fi trova» mentre io quefte cofò
ferivo, in ifiato di tal miglioramento neirarte, che non lafcia dubitare
di dovere un giorno far mollra di fé d' uno de* migliori difcepoli dèi mae-
(Irò fuo. Fu parimente difcepolo fuo diletto un tal LUZ Tedefco^ilqua*-
le ancor vive , ed ha operato con gloria in padelli .
^pMiiHiriMa«HHMMHk«M«^MMiBMHBMHBMMÌM^
PITTORI DIVERSI
CHE FIORIRONO IN QUESTI TEMPI
NE' PAESI BASSI.
DANIEL SEGIERS» Laico della Compagnia di Gesù, fu uno de'
primi uomini , che avefle il fuo fecolo nel dipignerc fiori al natura-
le. Fu difcepolo di Giovanni Breugel. Arricchì di uie opere i Palazzi e le
Gallerie di gran Principi e Signori . Molti ne conduflTe per V Imperadore »
per TArciduca Leopolao Guglielmo, e per Io Principe d'Oranges Arrigo
Federigo colorì più tele, e ne riportò onorar) eguali alla magnanimità di
quell'Altezza . Fu ritratto al naturale da Giovanni Li vena , che poi fu ftam-
peto da Giovanni Meyfiens . Viveva quefto artefice nella città di Anverfe
nella Cafa Profefla di fua Religione Tanno i66i.
JACOPO VAN £S , color) eccellentemente frutte, pefci e fiori al
naturale. Viveva in Anverfafua patria l'anno i66i. Vtdefi in ftampa»trat>
to da originale, di mano di Giovanni Meyflena.
PIETRO VAN LINT, nato Tanno 1609. operò In grande e in pic-
colo: fece ritratti e ftorie fpirituali e profane. Dlpinfe per lo Cardinale
Gevafio , Decano e Vefcovo d'Oftit» per lo fpazio di lett' anni« colod
molto a tempra, e particolarmente in una Cappella nella Chiefa della Ma*
donna del Popolo in Roma • Sono di fua mano a Oftia tre tavole . Final-
mente per lo Re di Danimarca fece più quadri fino ali* anno 1 66u nel qual
tempo ancora viveva in Anverfa fua patria. Vedefi un fuo ritratto inta-
gliato da Pietro de Jode , ricavato da originale dello fteflTo Pietro Vait
Une.
DAVID
4 1 6 Deànn. K della Pah. I. delSee. V.dal i ^40. al i ^50.
DAVID RYCKAERT,b vogliamo dire RICCARDO, cbbcfuo
mCcioiento in Anverfa l'anno itfi}. Imparò l'arte nella fcuola di fuo pa-
dre; operò benìlllmo in piccole figure, principalmente in ifialle e forai-
glianti edificj , ed in compofizioni vUlerecce ; talché 1* Altezza Imperiale
deir Arciduca Leopoldo voUe adornare di Tue opere il fuo Regio Gantnet-
to , ciò che fecero ancora altri Potentati . Quefto pittore è fiato valente,
com*io dilli, in piccole figure» ma particolarmente in figure vide a lume
di candela. Fecefida fé fleffo il ritratto, che poi andò fuori intagliato per
mano di Federigo Bouctars •
GONSALO COQUES, nato in Anverfa Tanno itfi 8, apprefe Parte
èk David Kyckaert , che fu fuo fùocero , e feppe così bene imitare il Tuo
modo, che il Re d' Inghilterra molto fi valfe deir opera fga^ elofteirofe.
ce il Duca di Brandemburgo, Il Prìncipe d*Oranges molto lo apprezzò»
perchè fu veramente lodabilifikno nelle fue compofizioni, 'ma ne* pìccoli
ritratcini maravigliofo . Ritrafib fé fteflb : ed il ritratto fu poi intagliato da
Paolo du Pont , o del Ponte ,
KICCOLA de HELT STOCADE, nacaue a Nimega Tanno 1^14.
Stette qualche tempo a Roma e a Venezia, e poi andò a ftare in Francia,
oVe egli fece si belle opere , eh' egli fu (limato degno d' edere ricevu-
to Pittore di Sua Maeftà . Qpefto Niccola de Helt Stocade fi dipinfe da
fé medefimo, e Pietro de Jode lo intagliò.
Partorì la città d' Anverfa Panno 1620. GIOVA MB ATIST A VAN DEY-
14UM, che colori eccellentemente piccoliflimi ritrattini, paefied altre fi«
gure' di minio. Fu in fua patria Capitano di una Compagnia di Borghefi,
o vogliam dire di cittadini . Se medefimo dipinfe al naturale nel 1^5 1. e fa
il ritratto intagliato da CurradoAVaumans .
Similmente ebbe i fuoi natali in Anverfa Tanno \6%x. GIORGIO VA N
SON» che con gran naturalezza dipinfe frutti e fiori. Tenne fuaftanza in
patria, ove viveva l'anno 1661. Fu dipinto al naturale da Erafmo CheUi-
no, ed il ritratto fu intagliato da Currado Lauwers ,
Vifuanche GIOVANNI VAN CK ESS E LLES, nato Tanno 1622.
che fu molto rinomato per la bella facoltà di dipisnere fiorì e piccoli ani-
mali. Vedefi fuo ritratto, fatto per mano di Eraimo Chellino, intagliato
poi da Aleflandro Voet il giovane.
ERRICO BERCKMANSt nato nella piccola città dlCIunder.fitua-
ta preflTo di Willemftar, o vogliam direGuglielmopoH. Fu difcepolo Óx
Filippo Woverman, Pittore eccellente in battaglie nella città di Haerlem.
Pofcia (ludiò nelle pofture, ovvero figure prefio Tommafo Wilieborts e
Jacopo JordaenSt ovvero Giordani in Anverfa. Furono fue opere molto
filmate, particolarmente i ritratti. Aveva Tanno \66i. fua fianza a Mid«
delburg
J
é *
ER^tC^ 91S.ÈCKEMAN. 417
4cI&Mg Ih Sdandi . Vedefi Ivo ricrittó incagliato da C«mdò Wanmai»,
tratte tk qniello fleffi> * che ew> Enrieò areva fiuto di fin pcifona »
GIAN FILIPPO VAN THIELÈNì Sigtiorè 4iConii^enfoerck,
mcque à Malinèt l' anno i<$i8. Imparò l'aite delia fttcwa da Danielle Se-
oters delia Compagnia^ di Gesù» cdebre p^ìccore di fiori, ki eòi «naniela
i^ipe cosi bene apprendere* ehe fi refe ecceiiente neU' iòptrair fuo .
GIOVANNI PETERS* o vogliamo dire PIETRI, odi Pi«K>. nato
in Anverfii 1* anno itfx4« fu ottimo pittore di mari , bonacce e tempefte»
battadie marittime , galere , citti e cafielti . In moke patti d' Encflfi* ht
ma Amite iae opere » tenendo fm ftansa nelia pa^ia .
m
PADRE JACOPO CORTESI
DELLA GOMPAONIA DI GESÙ
• • •
« ♦
DETTO IL BORGOGNONE
» ' . •. \ t
i • » . . - • • ..
PITTORE DI BATTAGLIB
Gk ebbe precetti da Gmde 'kem^nate eir€amt6zt,.J^ i6f6»
' I
^EgHè verof, tome i^riflìait cofìi % » 'die qàtnjlo^' immbi) per
ki Tarn e tndhB cogniadoite dicdfet o per àlcanr eoeelhna
éi nobilercév m vece di itlcMii muovere di malnati penfieri
d' ingorda ambisione»^ sidocefi «Ila mente It fot grandezsat
h foa fflorìe g i .ferii ^cdori éffinr Mpofti {blamente nel cielo »
li, pubKraiamienor di l«l credere^ die e* fit giunco a cjiiella
ibpn/ne wtùfrla^qiibley'^treml'dingerietJbmiife de'fiioi immortali ^ifcm*
pceiVei^deggiaTiti allora» concedevasicova. *a clMJkte il féo monee^ Imfyru*
denzn del^terpente» li lemptictcà detta^'colomba^ h vittofìé dt feoedefi-
lilof còflM nof^ fi^t>otrà Ma credere lo Ae({b del Padffe Jieopo Corte'fi»
il quale potendo ti ptari di qualIivogKa altro più delebie pitterei non fo-
latneme. come' xpi altro Orione hrH arro^Me, ma CEtandio^ come T avido
Mide» convtìpiwe kk mq ed fuo prwligiofoi petineilo'ttttta ciòch'ei vo-
kfle^vlnditizMto in queftitteae natta .pieeà e dalxdto di* Dio>a chieder
l*ab%ò deNa Compagnia di C^nì*^ ie-^fottopòtfradHniaoobbedientea ri^drc^
£b, iècfteflo abhiilando » t la propria virtù ì^glt bochi degli uomiaiv pdr
quanto fu da fé, nafcondéndOt m iiÌÉ[»«to. fare acqmtto ^i* dtfppia^ gloriar.
Mk non debbo ia mecteitti a teflcr \panegiriei ^ meinw U ultce foiameiute
D d alcune
*
«
i
«|.i« DecMi VJiliaFm: l ifelS€c:F.m Ì640. di t €$0.
tlcunehdcifie. della viu dS luii è il miapròpònimeaib. Perciò lafiiiaco
ogni encomio più propria di quefto non meno oc^kno Religbfo che per-
fetto pittore, dico» come correndo Tanno della nofira falute circa al 1621,
jftlla città di Sant Ipolito in Borgogna della Franca Contea/ liacqQC il no-
ftro Jacopo: ii padre fuo fi chiamò. Giovanni Corcefi» di profeffione pit*
rCore«* e pofliamo credere • che egli fofle perfonà d* ottimi coftuoH ; con^
cioffiaco&chè la fui continua occupazione foflè il dipignere iacre immagi,
ni» nelle quali fu molto ftimato. Stette il fanciullo fotto la cura del pa-
^^ fino all' età di quindici aiuit» e da lui apprcle i prinéìp) del dìCegno
e della pittura. £• cofa molto ordinaria di quelli di tal nazione» appena
.ufciti della puerizia» il lafciar le cafe loro» e in varie ^arti del mondo
5ortarfi, per apprendere arti diverfe.» che però non è da manvigliaf fi • fé
acopo » fubito che ebbe compiuto il quindicefimo anno di Tua età » fi met*
.tei&a^fare lofteflb, che gli altri di fuaxondizione erano foiiti.- Quindi i» cìk^
egli lafciflta la paterna cafa» fenz* alcun riguardo avere alla fua tenera età»
tUa debotezza nelle fae forze^ fprovveduco di ogtii cqfa» fuori; che di co-
jaggio e di defiderio di glortai.fi SAefle in ben luogo viaggio » finché egli
giunfe alla gran città di Milano. Era per buona forte allora in quella
città il Baron Vattavill Borgognone » Maeftro di Campo del Re Cacto*
lieo» che avuto a (e il giovane fuo paefano, fubito gli diede luogo in ca-
& fua. O £ofiero le carezze» che^gli faceva* quel Signore* .0 T elefopio*
degli altri»: o la curioficà dd giovane, noa. indo m(Hco^ che egli inco*
minciò a divenire alquanto dall' applicazione della pittura e del dife-
gno: e in ouel cambio ali* arce militare fi «pplicò. -S^uìcò per tre ao-
ni continui fatami tizia; ma ne' temni^he gfi avanzavano» fempre di«
fegnava qualche cofa » o faceva qualcne invenzione » con che era al qi^*-
/c^e fpallo a xtitsì di quella cafa * Aveva col Maeftro di.Campo graa lamilM''
rità un certo fcultore» il quale coli' occafione di trovarfi in cafa di lui.
jyedeiido la Iptrìto^ che Jacopo davi a* &ot 'fchùszi» luin ceflava .mai di
jefortaofai ar pcolègiulf e ali ftud) dell'. arte.: e.tàlora» per più efficacemente
iperfQadcrk>> fervivau «gU ufic) dello fidEfo padrone» il quale per yiepiìà
«inanimirlo a ieguitare il fuo genio » gli iiece dipignere di verfi paefi» in cai
«irolle» che rapt^refenufie alcuni proprj fatti di guerra. In oltre avendo
'^i in cafa > più rrtratri-di Damee d'alcuni fiwi parenti ^ilìon del tatto
-fini££!»:&mper mand,di un tal pinore Sfiagnuolo^. chiamata Diego -Vcia-
*fcD^ ^e.poi nel Pontificato d' Innoceazio fo. a^ma^t uomo «ahH^J>en^
-tolutD daHa Maefiàdel Rei chegodeiira^il privilegiò (klfat^hia^eV enon
«ghiera teouta portiera ; volle » che Jacopo vi met^flè la mano per finvglit
-£cQoiae .fece ; Quefto fu cagione» che \\ giovane orefe grana' anitno : 'e
rkrfciato ogni penfiero.della miliziat folo allo ftudiadella pittiiKa.^tjdei di-
-fegno fi .diede >.r* Coite va aliom/a cotto volo ptt ogni partetliB^Lomhardb
'ìà falba- di i due. pisteri Bobgnefi» :Giiido.JRenl e T Albano; el pervenuta
«all'oreoclrid deiCortefii tanto haftòfenon^piur'toer farai» £he egli lafi:iata
le caia del /Vattavill e laitittàdi Milano ^ a Bologna fi.poriaire*.;Gninto
.MI quella città» fi<mife a fiare in ctfii di «h ul Girolamo pittor Lorene^
*Jkk dovealmtgUach'^^'iK^cevai andava continttandatittoiftod Occorlb,
;-•.. ... , j dopo
. * ^.JACOPO €07tTISl.\ 419
4opo non nkoìtì ^omi» che tTendo Jteopo dipinto di fuo ctpriccto im
paefe con alcuni corrieri in atto di viaggio; il Lorenefe» forfè per fame
ritratto • affine di poter CiMiniiniftrare al QMrtefi alcuno ajuto per pocerfi
alimentare» lo aveva efpofto fuori di bottega a vifla della gente. Era fo-
lito Guido Reni la fera, dopo aver datoripofo^a* pennelli, andare per (io
eliporto a camminare colta comitiva di tota i fuoi giovani fcolari: e porte
il caio» die nna fera egli a' abbatcefle a paflare dalla bottega di Girolamo t
C perchè a chi ha buono odorato ferve il poco per coaofcere. anche da ìoum
e' fi trattenne in Bolocna, tennelo lempre appreAb di fé» dandogli molti
precetti neir arte » e ftcendodo operare . Donde cavo io fonda tDciito di
affermare » che quantunque il Borgognone» fino a tutto il tempo eh' egli
flette in JBolognat noci avefle ancora fcoperta né menoa & Ùmo la. mtca*»
bile ioelinaaione a dipigner batterie i il che fegoì dipoi» come vedremo;
«vefle però fatto cosi gran profitto nel maneggiare il colore» ed in o;^
idtra qualità fpeCtante alla pittua» e tanto ù£dM mutato da quel di prima »
che fi pofla dire » che derivaSSTe interamente dalla fcuoladlGuiclo : tantopiù^
che da quanto il medefimo Cortdi in varj^fcorfi a me rapprcicbtò».noa
Ceppi io mai conolbere» de egli avefle mai concetto punto divcrfo & e ciò
naidima mente per lo gmnde efaseiar che fiiceva il molto » che eglt avevm
tratto da quella fcoola . là quel tempo m^efimo frequentava ancora al*
cuna volta la cala dell' Albano» dal quale altresì diceva aver cavati alcuni
belli infegnamenti ; e fra quefti» efler neceflkrio al pittore» ogni qualvolta
voglia metterfi a fare alcuna opera» immaginarfi avanti in oud particolare
mleuna cola veduta dal aamraie^ipreòetto » che io non dubito punto che
Qon rimanefle impreffo in quella fua bella mente» perchè non foio fi vidwa
poi le fue maravigliofe battafllie efier vere e non finte; ma fovvìemmi^
che- la prima volta» ch^ei ^9£& per Firenze» in abito Reliaioib» nel con«.
durlo che io feceva alk mia cafa» per rivedere alcune belle oattaglie di fua
mano» che io aveva alcuni anni avanti comperate a gran coQo ; rinterrò*
gai» com' egli avefle mai potuto dare alte fue battaglie tanu verità » con
dimoftrasioni ali proprie» in gran varietà di accidenti: al che egli rifp<^er
che dipigneva tuttocib» ditegli aveva vedutoin fatto. Ma perchè a buono
e chiaro intelletto non.mai crebbe la icienza » che al pari diquella non ere*
fcefle la cognizione de* propr) difetti > p '1 defiderio di più fapei
^ 'te non fi
aamentaflel parendo af giovane la città di Bologna dreuo'campo alla
iìnifarata voglia » che ^i aveva di iàre ftudj grandi • delibero porurfi alla
dttà di Roma: e a tale eSkttafk ne venne a Firenze » dove avendo trOi*
vato Giovanni Azzolino» detto Crabat. Olaiidefe » eccellente pittore di
bei capricci e battaglie: e Monsù Montagna Olandefe (fi crede detta città
di Utrech ) infigne in dinigner marine e navilii» ttmto dalla vinùdt co«;
Opro • trattennefi con efii alcune fetrimane » con firn non oidtnario profitto s
e inqueflio tempo »*nonavendOi<«li ancora prefii la gmn maniera di far bat*
ta^ie » dipinfe alcuni paefi pec fuo diporto « Dipoi fi pofe. inaaaggio pet
Dda Róma;
429^ Dekmf:VJeJhBmJ:MSiè.Kd(^i6^6. ati6so.
Roma : e g\m\fm iSiem fi tlihiHìi ^ tf omum AftélfQ Iktmiì piItcBrttMfk r
difo^polo <li Fraaeifioo Vanni # cl|t pai ^^ in Roma. Da <}ua(to fu agl^
oorretcmoi^e rìpevoco» e nella pronria rarnsa &» liìpinfo aleimi cappiocì
^ qualche paefe » Da Siena fe lui panò a Roma p 4q?a «pa appuoce un car-
ffo Don ilarione Milani^ftì, Affilo CiflafoianllK afiiìc4 4l)0. QoaAi» cko
bàn concòbà la viFtù del gtovaat » fecola. alkii^ìare nel ItooaflM^ di'
qoall^ Ordine a ^aata Crooe in Gfrofiileoinie; O; di più feoegli «augnare
una provwfione drdodicl£i)Qdì il Éàe&, c4tM agli alioieàci di fba perfeaia;
orcUnandoflU il fare un gran quadro pel Eefotcorio .^ in cui dovefe «appK*
feaure il Miracolo del faaiar deUe Turbe»* ehefa daini oondòtto a nnef
iofieme con altre ptcture pe* medefioii Padri» in Un anno; e «tò fu nel
Voncificate d' Urbano» avanti alla guerra. Bra in quel oeeipo in Roana il
oelehre pittore Btiuhoccio» còsi detta per eflèr! egli uomamòicobrotco;
oon queflo^ e con altri valenti pitfofu proaurà^ Corseli fòre^iniseizia»
o con loro a' introdofie a. ftudiare fune le heUe bofe di Rocnai non kfdan-
dofitattancodiaflègnanail'tenipo» che Afevadibifqg|i6, ali* ouea e de* Mo«
naci^ In quell'aiioo Teppe cosi aggiaftaneaeiite valere de^ fttolgos(dagni,
ohegU vtenn^ hiw mettere in avanzo boom fioos^ drdaiiari, con che
partjtofida'Monaei<» poièoomodamente aprir: cefinda per fé, e mantenerli
per quakiie Kinppo JM*. foli ftudj ddle più belle 'ixifeidr quella nolnlilfiiiia
citaàM. Avelia egli tlcjuna voka in quefti' giqfai v eo^ poratoda una cena
pitcpfefqa vttùa p dipinte di fuo canniccio aloanò bavaglie , fensa penfiera
di fermarli in tal fofta di pimire, ma per foddis£ireal propria paMì^io .■
DI quaftenon fi ft in qua! moda era venuta j^tiéia al Omm €arpigna,
Vadre dati' EmineAtiffin^o Cardinal Carplgna il giovane i ^ piaeiuio^i c^uel
nodo d* apecarOr volle conofbei^ ii pfttooe: e eveado paoeuratù d^ afiie^lo
sp^eflò'd^ fé gli ordinò. U ÌareiURadi:efieliaaii^UeI> Mentre ìK^Mtefi
leiàipigneM; venne un:g;t>0nD il Conaa atti fuf^ftansa^^pfrifedcare^oel die
egli ftceir0»^^ceoiiwì(i|^ da un. fflde'^uùma> che il Cotftìi non conobbe ^
Era c^eefti il famoio pittore Msehehignalq ckllq faatiaglie» il <fo$i^ f^^pp^
ooA ben peirt;afn iii qudla vifice» -ipiié a je^opo-oon^ v%ni» «lè ^wc minimo
penfiero» cb*egli fbfle pieiote, Aurtìtofi il Conte» e con lui Miekelagno-
lo» comineiò queftr eftremàmenee a lodare quella maniere» efortan^ al
pofiihiloquel Cavaliere» che non fi oonwntam di uM f^b'tMteglia di ma-
no del Correfi » ma gnenè^ifaecdb^fere aflarir.peeohè.avatebbe mqilap ben
francata la fpefa. Ecfiqkii» eome efiómadefihia à meapeoomnèr ebbe priti-^
oipio il coficètió; in che fiùrdnb poi avute Ip pperé -Aie:;^ pMcb* tà esèm-
pio di quel Cavaliere » i^unta il gran parler^ ohe^r laqeHfia Miebala-
gnolo, andò le còfa a iegno» che non eiìa in'Rìomi perfonaggio^; qoaden-
que fi^fofiè» che non volefiet qualche opeaandi :^ mano. Ne fece molic
per Cardinali e altri Prelati e Frihcipi» che iariigMéima co(à fiiiebbe ilde-
letiverne la minima' paicte re moltf ancora» ohe furoii utandaee in diverfe
cìtcà. Perlo Kiiarchefei Ferdinando RidoKv^ntttuonvo ^oreéitno» di-
pinfe un beHiffinio quaérodi battaglia» peraMompagnaorne ttna fimile » che
plieveva fattoi Salvator ^òfa» che per non^bfier convenuto nelpreezo,
}1 Rofik ÌÈ voiidè al ^iceolomini » Duce df Am»ifi> CapieatM della Guardia
de' Tra.
/
9. JACOPO CORTESI. 4*t
de" TnbiAti del Sereniffimo di Tor4tna. A Monatìtio Monànni» Gutfr-
^robt àtì Palano di eflò Sereniffimo in Piazza Madama, fece molti qua*
dri.per fertizio dei Maichefe Carlo Gerinit che poi gli furono mandaci
a Firenze»^ per altre p«r(bne . Intantochè avendo egli già fpefipìù ai hi
in Roua^ a aoquiftato nome-di pittore t in quel genere, iingolarifllmot ed
aTOido ancora qoakiie danaro' meiSb in avanzo, deliberò di accafarC: t ,
e6^\ prefft per moglie una beliiffima e ttiolto onefta fanciulla , cbiatnata Ma^
lia, figKuoIa d' un tal Vajanl pittor^lPloréntino , che ha* operato in Roma
nel Vaticano f e di Madre Mihnefe* Sttttte con efia fette- araiiT#Aàa mal
aver figtiuoU: e finalmente in tempo, che ancora Regnava Innocenztoi
ella fé n'andòaiP altra vita. Gli o^^mini di fdbtime virtù, fono perle pre*
zìolei; anzi v< come altri fcrifrcfono eglino U Vera ricchezza del fm>^Tdo!
iìè vi ha ichi«pofla. meglio pefearle# che-i' gran' Principi e Signori; con«
ciofliaoofa^ilè efii^bbiano reti d'oro é di porpora, pbr arricchirle-e àdót^
xiare il loro merito: e* non abbia il mondò maggiori tèfori per Veramente
accrefoer le^xiéchezze di un Grande, di quel che (k un virtuofo fingèla^
riffimta. Ciò cosioicendo la ^toriofa memoria del Sere rtifliAio PrinjbipA
Mattias'di "Xi^ea^a h ohe. Tempra , e ad ognt gfàn prezzo, fe<^e^ ^robacetc^
di uomini fcfnalaci in ^ogni arte ( di che in più laoghi èi converrà parlare jf
fentioa Ja fama, e quel che è più , vedete le opere di ^jueftò artefice , Idi
volle appreflbdife in* Firenze ed a Siena. Gli aflegnò provvifìone di veti «^ Principe
cicinque feudi il mefe, con pagargli le pittare , che gli faceva fare per ab^; Mattìu
belUmeato de' fuoi appartamenti e delle fue ville, e particolarmente delia ^^^^T
Real Villa di Cappeggio : e s\ largaoàente e nobilmente lo regalava bene Siena»
fpeflo, che il medefimo Borgognone con gran fentimento ebbe a dire più
volte, non fovvenirgli alcuno de' gran Potentati, pe' quali s'era trovato
ad operare , di cui poaefle pi^à celebrare la liberalità , di quello che e' pò*
teva fare di quel Signore •
In quefto tempo venne voglia al Cortei! di fare un viaggio alla patria , net
quale gli convenne impiegar tre anni , a cagione de' divertimenti edellediffiX
colta , che in elio incontrò , come ora damo per dire . Arrivato in Friburgo
degli Svizzeri, dove nel Convento delle Monache di Sant'Orfola aveva due
forelle, fu da quelle corretto a £ire una tavola per V Aitar maggiore di lor
Chiefa, nella quale figurò la Santa colle Vergmi Compagne. Tirato poi
avanti!] viaggio, giunto alla patria, e trattenutovifi alquanto, fu di ritornò
per la parte di Venezia , chiamatovi dal Sagtedo, che fu poi Doge; quando
per caufa deireflerfi fcoperta la Pefte a Roma , gli fu impedito il palTare avan«
ci; onde gli fu necelTario il trattenervili un anno* Inquefto tempo dtpinfe
a quel Nobile una Galleria con iftorie del Teftamento vecchio, di auellé
particolarmente dove intervengono battaglie; le quali tutte fece a olio in
figure di braccio, perchè quel Signore gli aveva moftrate alcune fimili ftorie
di mano di Paolo Veronefe fopra cuoi d' oro belUfiime »con dcfiderio ehe egli
f^cefle le fue a quella fomiglianza» e per altri Nobili di quella città fec<
ancora molti altri quadri. Tornoflene poi a Firen^^cnon fenza ftraordi-*
rio contento di tutti que^Sereniffimi, ed in particolare del fuo Principe»
per lo quale Cece molte opere ftupende: e particolarmente quattro gran
, Od.3 paefi
421 Deteitti:KMiP»rL IM^LP^Ml t (^40. al 1 6$o.
OMfi con bifttglw • wi ««i>! fa|tf>rèfipAl6 quattro Alle frift etoidw m^nSk
da quello faci» in GtffiMDM «ii|i TofcaMà le ^lult df fdbiiftntft a& icii^ii,
ebe ognuno ne ftupì t tnuclià k> fteffi» Pnofiue; unto^ le ftMi&, cbe ad
(iZè feor affi^jiMure una (lansa «(li^^Aa Mila Viut ^i Lappegfki.s e: vi»le,
fsàe le fiMdwiBa Io0e» MHi PfieM « fr^^
j^entii dipina p«rfiiai)o<iftBiidfArMsVelitnafto»cbfue»
yJM ^i Itti al>l)iaflM^ ffeflivf» «. Infiiwì quadri di pucfi e dibuctagf ie feeo F°^
4iv€ffi Geoiiluomìnì Fioiruiitinit lakÀb pfr n«Q eccedere tu toi^Bbenav
noA fi & menflU(H)e.« che di alciine poche» fa le i;iuaii non aHCÌiaiMi ìifi^
pò luogo due » cbe ne ha Giovanni Cantg^ani Geodiuomo, cte eli" iiue»
grità de* coftutui ha congiunca une ftraorduiaria perizia ntlk buoue ani.
Q^aciro belliffiiue bac(i^lie dì fve mauo ))a U gentiliffiaderecmolcoicndice
CaV'aliQcei il Marcbe£^ Macciaa Maria, darcolomiùei» imigttaiOeig^àxa di
Sta Seyertnó» ^ del (angue de* Signori di quel luogo» la quale> ìono più
fli dog^mciocinquam' aani » che per le iayiciai iiue(Uae di qudia pacrit ,
Vl^oae ad abitare nfl Òominio FtoreAcino; e tu breve ttcupo fu anuueflà
g! Pfjmì^onqri. delia cit^ di ^'mm^$ ^onf^nue e' ceftueù di quel fibroio r
d«U»aiM HobiliMpi^i^* il Dotceqe AntouieiCipcttnìii pefieififlioénrogm
Ìmk^ di ahcicKifià» ha dillefo ua.uioIio erudito RMcatìE>» da ttcì ima fianaa
gran guflo fé ameat razione veditfo e letto. P«re# ibe della miwaje. uief
(^vigUofa «maniera di quello pintore f alcunecoiaillr fidovefie; ma pecche
' le ppere fue» per r^umero infìnicei e per ecci^lleara 0ngplarjtttte, da per
loFO ftiKtS;^ ftbbailan^ parlano^ ogni altra eo£^ iralafòandto, dirà foto, pò*
ferAB^e(«aredi Ittilaftefibf che a gran lode di Àpelle fu dette (ji); cioè^
d^^MCiT ^U dipiiU», noa foto le coie che dipigufea IGL potevano» ma quella
aacor«, che non (i potevano dipign^rcà taU C^i. cuontt lampi» àecref
Ittmi^ f»9c^t aria» n^Una ed alfre a quelle fimili; oea ape folo cali coie^
che pure all'occliioli prefentano, dipinfe il Borgognone 'manvigliofameR*'
fci ma quct «he e p» t le fue finte baciaglie, fimno in un certo aa^do , fé
pon femirf fU' or^chio» rapprefentiare con cetforeal peofiarO:tl gridar
d<2VAil4«ci n^le a[M0e » lo ftri4ei:e de' feriti» ilkaeiHafederou>ribondi. lo
ftrqjuiajr della boQ»b;>rde» lo fcueter delle mine» per eoslk dire, come Te
ver^ f^ifero e non Ànce . Aggiungerò colà, che ha laóteo dei fingobre :
e fu • che egli in cominciar le opere fue non fu fi^o » come quafi ogni al*
|io pittore», di foroaarie mvenaieni con fcbiant odi&^u» bofineette o akra
9pi%jf fp4 pre(ii ù'telpf la tavoloza e pennelii» coU'a0a di dE inquanto
•^PjBW^iatat sfregando leggiermente efia tela» vi faceva apparire ddineati
i luoi gcuppi i e poi co' colori di primo e forte colpo» il tutto ruiuceva a
perfeziofie .
Dalia ferie della vita di quefto grand' uomo » per quello che fi è potu-
to dimoftrare fin qMì» avrà conofciuco U I^ftQfe» effere egli fiato non or«<
diniifiaoiente cuAodito d^l cielo . Coociolfiacofachè nella più tenera etè»
nìgin da altro provvedimento ae^ompagnato » che dalla fola inclii^zione alle
belle arti» il trafle dalla pcopria patria» ed a Milano» per lungo e perico^
lafi>
^^•••^'^•'^f^^mmm
(a) PUn.lih: 35. tap.xo, PinxU ^ fMr pingi mn poffimi.
A fÀCOVO CORTESI. 4S|
Idb vitggio » fieuro il oondalfe . DUrercko dt tà€c aott pmpk » f^jifels^
a'prìnt penfierì; conwrcendoi^ lo fvagtmeiito medefitto delie «ere jMwu
glie cempeU io uaaeoceUentedìfpofeione» e quelle p^iiaaraTì^^
r«ff>fefeacare io pictea. Non mi ^i nitncò d^efiiftcosa e d\miuiua4
provvedendolo dt chi io ogni luogo ed in ogni cemfo^ e di lui e deTuol
tviozeoienci nell'arte ^ il peniiero fi peeadeff^ ; .finciiè a qod^ fegno il eom^
dnflb^ cJuB al bomìo è noco. Me poco (ecebbe fleoo tmoeiò , Ce e 4«^
furori io fpecaaliflkno non ^i avefle tggianco^ di cdiianario fiaalaience ria
Itiogo^ ove e' potefle non pare i prepf) calend a oemm iwiefieio ^confer»
vando^ e b propria glom accreComdOt gli sm e T altra» comeitQfe moru
tali e cidnche, aUMod^ntPe ; ma con ^ueUe «neon £b HttCh, pel eoidÌB^
foinento degli eremi beni faorifieare/ Continua^sa egli adunque il fkai^
zio del SereniiCmo Principe Mactiat nella città di Siena (.ció< fii circa nU
l'anno i6fi. ) e come qiftegli» che vii^va una molto aggiuAati irica^ «e
incora affidalo alla frequenza de' SacramemiÌ4 «ande in prooeiTò di tempo
avendo cpminciaco a guilare le cofe delb 4evoaone, (ìantiffi idfpiracQ «
iaficiare il Secolo » e renderfiReligio£>dcUaCompgmiadi Gesà . Ma oomec*
cfaà egli già aveva indelicati i funi takntj a cocco 11 oioo^af » jtemeodo fair#
te d* incontrare alcun giia«e Mapedimenco noK* efbgnire ii ino p«ifiero« te»
neva ad ogni perfona occadca ul voeasione ^ £ra il Padre Gtrobmo teici
Saaefe » allora Rettore del Coliegio di quella cietà : a qneflo Notamente
dopo lungo ipenfare fi rifoUè di manifiAftace k fita cjiiamata . Il Padre^ che
cl^riaQieMtttifimo era- od conafioare e indirìnare fimfli «oeaaiooi « fentip
ta la prapofta & e confidevando mn giovane llboco, arwero allacolo • ior
fiolfiito negli appiaiifi4dleGorti , e nelle eaMMe^de'X^candi^ in .imoo pò»
no4tWm,Ycvt^ e da ogmino defideraco » volle in dii»erfi modi .provarlo^
moScandogli di non ammecoar e cieià <éi Mmo per :ficMa tale fita xeroluMOi»
j»« Proponeteti la dtferenua in due^ati» liheno e.fi>ggcttQf: il' ohhligo
ddlaperlèveranza: «e kiireieogna«'4 pcviofftoiéel comaceindii^ao; ma.**
nahnetnte euUiCciaKa kfaldecaa^deUo ^nrito, do anoniagi all' «fiettuamo»
ne del buon pMpofito. JLo ifieflo P^acipe^ ieo Padfoóe^ «he awuca tal
noova» con ammirazione^ ^con dolore lo perdeva, iroUe pmirarlo an^
cora eflb, con offerir^ÌMl lue favore apprdb a pie (Generali id' altre Reli#
giooi, inaicunadelle^oàli pMfefiìmdo,eirf*aveflè|>ocii€Oarpirirea gadi
piùch^ menam. A che «ifpondev^ il Coeufi^ fenturfi da DiOtohiamare s
qudla , non ad akre Rel^ioni . f in^m^nae ficofnofiDiuta qndl' Aitcaaa
r ottima intenzione óì lui , gli perm^e il itiraM a fine 1 fttoi penfieri .
> Si licenaiodal Principe circa 4 'anno PÓf^. efe n^andòa Roma: chiefi»
l'Abito, e fa ricevuto nella Compagnia, «n figura, cooae dir fogliono^
di FmttUo coadiutore, «che t quanto dieeidi i^ucn o fi^r venite, dal Padre
GioMlim Rho^ ProvincìatedeUa Provincia 'Romana» fotto il Gcocralaxo
del Padre Giofaino taighe! • Non permefleco però que* Religiofi , che il
mondo rimaneili privo, anche per poeo^ di quanto potCM egli éifre a con
mun beneficio; onde nel primo anno del jRio Nov iaìato , con gran morti^^
fiicazione di lui, vollero, che e' defle qaaldie tempo a dipigner cofe devo*
te.; 9 fra Taltte gli feooFo4ipigiiere per .Io Prefepio la StDige degl'Inno*
Dd 4 centi.
424 DeUnn.V.lIéUdVm. li del Sec. V.Jal i ^40. al 1 6$o.
ceriti . Appéna ebbe egli finito il primo delU due foUti anni del Kotriziato#
che per lo fteiTo fine fu dirpenfato dal fecondo» e mandato al Collegio
Romano. Quivi (tette un anno» e vi dipinfe a olio la Congregazione pri-
maria» con iilorie. delle donne illuflri del Teftàmento Vecchio» fino a Ma*
sia Vergine ; Injquefto tempo, per Io Sereniffimo Cardinal Carlo de'Me«»
dici-, fece un quadro» in cui figurò il paflaggio del Popolo Ebreo f>el Mar
Roflo» colia fommerfione* di Faraone. Dai Collegio Romano fo poi man-
dato al Gesù» dove nel corridojo della Cappella di Sant'Ignazio» dipinfe
a guazeo la vita^del Santo . Aveva il Duca. Carlo di Mantova veduto a
Venezia le belle opere» che il Cortefi aveva dipinto alSagredo; il perchè
procurò» e ottenne ». che il nominato Generale gli iacefie far per fé due
quadri « Intanto al Padre Nigphel fuccedè per Vicario Generale il Padre
Gio. Paolo Oliva» per ordine di cui fece molte belliffime opere • che an*
daroQo in mano de' Cardinali 'Antonio Barberino e Carpigna vecchio» e
quali* di tutti gli altri Cardinali e Principi di Roma, delle quali lareM^e
impoffibile il raccontare le qualità» e '1 numero. Fra laltìre opere» che
fece» con volontà del Padre Oliva» una fa la bellifllma tavola > con figure
di due palmi» nella quale rapprelentò la morte» e U lìaufragio de* quaranta.
Padri delia Compagnia « feguito fotto il governo di San Franceico Borgia r
erfotto la condotta del Padre Ignazio Aezevedo » per la Miffione dcirindie*
^ Maio-non debbo tanto allungarmi nel parlare dell'opere del Cotteli, ben-
ché fiano quelle il mio principale a^unto , che io divercifca affatto da quel-
lo» che poifiamo dire^che^in lui fu prtncipalifliOio : dico delle f uè religio-
ie virtù» nelle cuali veramente fi andava.egli delcontinovo avanzando qqX^
l'aggiugnere alia carità vcf fo i proffiml la devozione: alle quali virai arri*
io talvolta il cielo» con fègni aflai fen&bili di gradimento i e fiane cefti*
aóniò il cafio raccontato id^L'erAdiciffimo Padre Daniello Bartolt nella Vi-
ta del Venerabile Pad» Niccolo Zucebi della Compagnia di Gesu^ Era
qmedh» dopo un corfo di otiantaqtiattro anut di efemplariffima vita» già
a quel tempt> pervemito» nel quale dovea gtugnere a poffedere il premio
idi fue lodevoli fatichie» quando la ootce delti io. di Maggio del l'anno i6io.
che precede al giorno » che fu V ultimo dclk vita del t'adre ^ toccò in (ot-
te di rimanerfi alia di lui fervila infieme col Padre Claudio Damey » al no*
Uro Padre Cortefi»* il quale in quella caritativa funzione >£[ fiava eoa forte
defiderio di. procacciar fi qualche reliquia di quel fanto noma: e quando
non mai àltvq defideitava che qoefta fola memoria, di lui » cioè » che egli baciai
fé la medaglia della corona» oh' e' recitava» taceva con la bocca, mentre
nel petto gli parlava il cuore; quando il Padre Zucchi» al quale già era
mancata la parola» npcrfe gli occh) » gli fifaò in quella medaglia» grande
non 'pi VI di on m«zzo grofib Romano» e allungaMto le labbra verfo di quel*
bv fece dhiaramenfce cofiofcàsr4» ch!,ei defiderav4t di baciarla» volgendo
anche il capo verib quella parte. Gliele porfe il Cortefi» bacioUa il Pa-
dre, e doì diede fegno di richiederc'ancbe T-iltra parte» la quale devota*
mente baciata » tornò a chiudere gli occhi » ei rimafe nello ftato della fua
agonia: ed to confe({b di non aver tal cola letto» fens'alto concetto for«-
mare » non mena della fantità del primo » che della devozione del fecondo •
Tornando
.' y. JACOPO CORTESI. 41$
Tornando ora alle opere di pittura, è da faperfii come avevano i Padri
della Compagnia rifoluco di far dipìgnere a frefco \sl tribuna delia Cbiefi^
del Gesù : e fi davano a credere » che ciò foÓTe per rìufcire al noftro pictorepv
onde dierongli ordine di andarti preparando a quell' opera. Ma qui e d*
Cipere, come per le grandi facicne deli* arte.! congiunte a quelle della re*
ligiofa oflervahza» egli s' era ornai ridotta la tefta in cajttiviflimo ftato»
partìcdarmente in quello» che egU a me medefimo confe£5ò« cioè 9 pec
eflèrfi affaticato eflremamente nella fua gioventù» in iftare all' aria aperta
a dipigncir paefi e vedute al naturale; onde poi neir avanzarti dell'età ne
era venuto più del folitodifettofot che però i Superiori , mentre egli ftaW
va facendo 1 difegni e modelli della tribuna, per Ibllevarlo alquanto > voU
lero &rgli fare mi viaggio : e cos) lo mandarono per Compagno del Pad^^
Giulio Tarugi» che dovea predicare a Fifa la Quarefima del 1675- Finita
la Quaretima io tennero per alcune lettimane nella villa del Collegio dir
San .Giovannino di Firenze a Monte Fofcolit antico Caficiìo nelle colli^.
ne di Pila; donde poi tornato, ebbi io comodità di più volte abboccarmi
con eflb» e ritrar dalla viva voce di lui (che tanto gli fu da'fuoi (uperio*
ri ordinato) tutte le notizie » che fin qui ho fcritto. Defìderava. intanto
il Sereniflimo Graii^duca Còtimo III. che nel preziofo Mufeo de' ritratti
de' più rinomati pittori, che fatti di propria mano di piafcunodiefli^
raccolfe la felice memoria del Sereniifimo Principe Cardinale Lfsopoldo
di Toicana» dipoi fcguitatOi e tantp acci'efciuto da elio SerenidimoGran»
duca, fofle ancora i4 ritratto del Cortefi,* onde ne fece patiar paì(ola cóar
effo, il quale con Comma confolazione (ficcome allora mi fu ri^e^tp)-
accettò tal favore. Il Granduca^ acciocché e'potede farlo con ogni fud
comodo, godendo intanto l'amenità e falubrità di un'aria perfettivi ma;
mandoUo alla fua Keal Villa di Caflello, due miglia lontano da Firenze»
dove Io fece afliftere co/Ttrattamento eguale , non meno al merito della
yirtù di lui» che alla propria generofità. Quivi fi trattenne^ per lo fpazio
dì alcune iettimane, nel qual tempo fece efiò ritratto» veftito dell* Àbito
della Compagnia, colle mani frappofte neUe maniche; et|ì lor^cananza .
fece vedere una battaglia in piccolitiTime figure , con tanta franchezza t
e con sì vago accordamento » che più non fi può dire. Tornatofene ^
Firenze, dove fu dalla magnificenza de! GranoMca nobiliffimamente re*
galato, e prefa da efib licenza, le ne tornò a Roma. Subito fi diede, con
ogni applicazione, all'opera ìmpoftagli dal Generate, di dipìgnere nella
tribuna del Gesù la ftoria di Gtofuè quando fermò il Sole; e in effetto da
molti (chiz/i, invenzioni e modelli, aveva finalmente formato e coforito
un difegno, che al prefente fi trova nelle mani di Guglielmo fuo fratello"
pitterei che unitamente con lui doveva dipignere nella ftefTa tribuna.
E perche dopo il ritorno da Firenze il Cortefì era fiato moleftato da indi-
fpofizione per molti giorni, il Padre Generale, per rimetterlo in fanità
e in forze, Ceco ilcondufiie a god.ere;deir amenità della Villa diCaftel Gan*
dolfo, dove fi. trattenne poco più di un mefe, nel qual tempo , per fuo
diporto, fece fui muro col carbone alcuni difegni dì (acre fìorie ,,che fon
poi rimafe imperfette • li giorno de' $». di Novembre fé ne tornò a Rouhi
in ca-
42$ Deferjf>J^.dehPart.liieìS9c,y,dMliS^o.glt6só.
in «àleflb infieme con un «Icro Fadie, t c«n qiieftì due & n« veiùvx 3
Comi»cno deJ Pftdrb Gcnenle . ?rìna <di fitignere alla parct di San C^
Tanni Latertno > il Padre Jftcopo , per non fo tpnl bHbg no . «(bì del a-
leflb, ma Tolènòo ritornarvi , dtffe di fentirìì mancare; onde qac' fuìn
gli applicarono i( balfatno apoplecico , dalla coi forza rinvigoTito, pocè n-
£ilire, e pro(èg»ire H viaggio. Kon erano ancora gioncì a San Giovanni
Lacerano , qumdo da «n ceno paffira, che il fadre Jacopp £ioe>ra, cce-
dccteiICoinpa^t>,'chec''dornrì&; na nelT accttftarfi « Samm Mata Mig-
gfore , per ceni sbattimeRti e tretnorì CbpraQtvnriglt , venuti i Padri in
gran tàrtiorc , arreftaroRo il eammìne : é dal potfo Tennero in oognmoi»
efìerglì calcata li ^cciola; anzi per la veemenza delle convvUoni, oflère
a igne^la cbngiuncl -efietn d' epìlefiia. In qeeAo frangente non potendt^
are dtro, ihiniTono oieg^, perlagione della vicinanza, il condarlo al
Koviciaco di Sanf Andrea, dorè arrivati , colla maggior quiete poffibite
a levarono dal cakflu, e per meno agicarb lo meffero in un JettodeUeca»
fheren terreno, Svtmo comparvero medici eeenil)ci,da'qurii furono ubai
tutti i rìmed] poflìbili per Ario tornare in fé j ma però il tutto fu «ns:
e coA con tale aetiden»; d'apoplellìa ed'epileflìa. come gli fleffi medici
^fifcmurono.hi'fMnHiH'detSrisatoi ^diNovetabre iS;^. aorc iremczzo,
ft "ne pafso a vita mfgtiore . £d i da nottrfi, che «gii molti giorni arantii
« iretfc ifteflb dì dell' acddence. diflè di aver male , e d' afpettarli qualche
grave infermiti; ansi -da cib indotto. (ì era egli rìfuluto di tomarléne i
Koma, liirCdme aiìctf ra -(come egfi medefìmo aveva detto) per cetefanre
più derotatmenve^ Ftifta del Beato Stanislao Kofllca della medefima Cora-
«agnh: e aerati ramne crediamo ora, che «gli per le fée retigtofe v^rtà
fortiflb di ottenere mi -più vantaggrofamenre I* intento , con eflere amnefiò
aQa conrerKtzione tn clcto, di chi egH -dedderb ^onorare in tern..
ALFONSO BOSCHI
PITTORE FIORENTINO
DifeepoliTé Matteo Ra/kB, nm^ircd al i6\ 5. •$- 11^49.
ITccome verHIìma-còfa è» die pub Tuomo col fuo libero arbi-
trio, volere e non volere, eleggere o riprovare alcuna cefi,
ficcome ancora ricercare per quanto è da fé , t «lexeì pi^
I proporzionati per lo contegùtmento de'fuoÌ'6ni, qualunque
^ egli fi fiano. o buoni o rei ; così per lo toontrarìo è mailiina
d indubitabii verità, non eflère l'evento e la rìufcita delk
cojfe in potere dell' uomo ; ma tutto dipendere dagi' infallibili contigli delM
Divina FrovvJdcnza; onde non è nurarifflia» che moki uomini fi veggono
ful&l
ALFONSO BOSCHI, 427
tàà bt\ ffimifim degli ttni iom« «on folaaram^ iacUitati ad alcun» no^
Jbtk ajrui ma eoa h. Yalomà lamo^ voki a ftffi fon ogni mea^o poifibile ìa
qiieUa pi^fettu che QgfVi peffona. quantunque di nedìoue giudizio» di-
«ebbe «I corto cflkr qvcili j^ftinaii w cislo 9«r divcotiur eoi tempo fog*
ge^ci éi rnUimiffiiM ¥iccvi . B mire ve^ianao iaaa!i ja ^ddivwiic » non avcc
ofi ApptRa meflo «ani» a' ior fatMofi ftii4i> Qii« iwevMttti d^iia coorcfl » fw>
ftofiiK aif Riparare. U&ia^o(kl«ifo l'wnanp confetto a e T univarfate efpet^
Ca»ooe . . Tmio quaflo» pare a me» cbfi accaieife neUa paclona d* Alfonfo
BoCciii, ciccadino Fìoraocino» il qualo noi^ebba appena dati i primi iiegni
do' fiioi figuri avan2|a«»cnti naU'arte della {Htturat elio in gioyenilo età fa
ccdmcQ dalla mojrtc. Na0)w adunqua quefto noftjro artefice nella città
di l^irenale circa ali' anno di no^ra Talocc r^if, l\ padre fuo fìaGiov^osir
bacifta.di Francefco BoTchi > prpfellore 4' OriAcerÙL. in quella GMcadji
lavoro» cli/e dicono di filo» nel)^ qu^le fu Ae'.fuoi teaatpi aflTai (epvtatOt
iLa laadra fu Margherita d'Àlfonio Roiselli» forella di Maiteo Rolseltì pit:^
rore: e fu fratello del molto pio Sacerdote Francafco Bofchi, ancora efaq
pittore^ del quale.e delle cui criftiana virtù abbiamo parlato molto di pro<»
polito. nelk notiate delia vita di lui. Viveva^Q poco mieoo che in una
total comunione i due congionti e loro faaigliai colto Aafao Matteo Rof-r
felli in una medefima cafa; onde maraviglia non è » che eflendo i loro fi-
gliuoli nati» come fi fuol dire» fra* colori e fra* pennelli, riufciflero poi
canta inclinati Gl'arte del difegno e delia pittura. U noltra Àlfoiifo » fra
gli altri, fotto la difciplina del zio, fece in breve tempo tanto profitto»
che gii furon dati a fare molti quadri per diverii oittadini, de' ouali rmor^
fò noolta lode. Delle prime •pefe, che egli efponefle al pubblico» niro«
no molti ritratti d'uomini illuitri della Serafica Religione di San Francefco»
lavorati a frefco ne* pedMCci. delie yol^ oel CH{QAiro'd*^0|nt{ranti , col ri-
tratto del medefimo Santo» che fi Vede fopra Tarco, che attraverfa eflo
Chioftro dalla parte di Chiefa» nella facciata » che guarda verfo la porta
del martello: e un Sant^ Antonio da Padova, iafieioe coti buon numero
di altri ritratti » pure d' uomini fegnalatt di quella Religione . Fece in eflb
aróo dair altra banda i pedocci delle volte l?rf{e Franopfco fuo fratdlo»
coaae abbtam detto a luogo fuo; Per la inolio pi^ mteioria di Lorenzo
A^minort , Sacerdote di molto esempio » &ce Àlfnnfo intorno all^anno 1 640.
a xroncorrenza di Francefco fuo fratello^ unqv^d^ada («Ut nelqualodi-
ptBfe il Figli uob Prodigo» in aito di ritoruaipe. al pydri^i che riufc) opera
affiti iodata . Fece ancora circa a queflo tempo due tolili quadri , dove rap-
prefeniò due dazioni dell' anno» cioè V U^verno o U ^ate». che in quei
Arai primi tempi gli diedero non poco credito ft fàxm.^ Incanto coU' oc^^
cafione del trovai u in Firenaa U ^paofo Fiet^^o d« Qqi tona , occupato in
dipjgnere pel Sereniffimo di Toìcana la ragio caqMf e d^l PaUzaod^' Pitti,
e pel frequentare che faceva foveute quefto gran virmofo la ftana^ e cafa.
del Roflelli ; il giovane Aifonfo s'affcaionò non poco alia bella maniera
di luh Audio molto l'opere fim; oda indi in poi Mfnpfc^s* ingegnò d^mi-
tarlo. Gii fu poi data a fare la tavola dell' Annunciazione di Maria Ver-
gine per la Cbieia delle Donne dalla Serva di D4o L^ooora di Monca! vo»
nella
/
I
428 Decenn.VJelhParfJ.detSec.V.dd tó^o.ai itfjo.
neUa via dell'Amore, dove fi vede alprerente. Per gli uomini ddla Com-
pagnia de' Portatori da Norcia , che noi diciamo Facchini , in via di San
Gallo, colorì una bella tavola, nella quale fece vedere la Decollazione di
San Gìovambatifta, eTurefla con grande «rtifizio. Ha di nuno di quefto
•rtefìce il Marchefe Filippo Codini un quadro in mesa figura dì un San
Girolamo > chein mano ha ana tetta di morto, molto ben condotto . Molti
altri quadri fece il Bofchi per diverfi Gentiluomini. Dipoi defideroKi di
maggior pr{^tto, fe ne andò a Renna: dove eflÌBodofi trattenuto alcuni
men, impiegandofi del continuo nelli ftudj dell' arte, mandò a Firenze,
per fa^io de' Cuoi progredì , più tefte di vecch) , coloriti dal naturale con
grande fpirito e forza , colle quali > al Rofiellì fuo zio, diede gran conten-
to; ma (K}co gli durò ul confolazione; eàendochè, non andò molto, che
. il giovane Alfonfb, nella fteflà città di Romai fu afTalito da ardente febbre,
]a qnale in pochi giorni lo condufle al termine del viver fuo l'anno f64p.
e della fua età trentacinquefimo in ch'est reftando folo a* genitori, dopo
tanta perdita, il conforto delt'eflèreegli palTato all'altra vita con fegnidi
ottimo Criftiano': e non punto lontani da quello. che fi donvafperare in
perìbna , che « fomiglianza di tutti gli altri di quella cafa , aveva Csmpce
tenuta una vita efèmplarìffimamente innocente .
PRETE FRANCESCO BOSCHI
PITTOR FIORENTINO
D'tfiepàÌ9 di Mattea RojjelRy nato 1619. -^ nSy j.
Ella è r arte della pittura in fé flefla per le vaghe qualitadi *
che tale la rendono ; ma affai più bella , a mio credne , deve
ella reputarfì ; concìonìacofachè , a guifa dell'oro, il quale,
aggiunto a qualfifìa nobile lavorio, non foto non mai l'av-
, vilifce , ma Io migliora : così ella, qualunque volta a fogget-
to ragguardevole s' accompagna, non che punto diminuìiì|a
il fuo valore; anzi per Io contrario 1* accrcfce . Adornò queft* arte nobì-
liilìma la grandezza de' Fabii , abbellì la fapienza de* Metrodorj, aumen-
tò il ù&o degli Adriani e de' Neroni: e in fomma niuno vi fu, nell' an-
tica e nella moderna età, per grande e nobile e virtuofo ch'ei fofle , la
cui grandezza, nobiltà, e virtù, in compagnia di così bella facoltà, viepiìi
non rilucenèro, e fin coloro» che arricchiti della più bella gloria, che
trovar fi poflà, e che tutte le altre fopravanza, dico del predio della cn-'
{liana pietà, e religione, parve, che nel cofpetto degli uomini, coU* ab-
bellimento di quella, lì gnadagnaflèro un non Co che di più cofpicuo.
Cosi
T ^
.^ ; P'MKTB MJtAMeBS CQ BOSCHI. 4^9
Coslveggtana, ntlhiìitii(hitàunLiiipaEvinigelMii he* più doderns tetfpi
tta Moaaao deU*lfaÌAd*tiiro» w^'SUtroCavaliiDtt un Gio. Angelico, uà
Lippo. DalsBAli, una Caterina db*' Vìgfi » dccca da Bologna, ed aitri molti.
QueAo fteffb kfinno veduto i neiri^api fivverarfi neiia peribna di Fran*
cefcQ Boibhir Sacerdote Fioientino > il %Qaba outte applicato aMXivifia'
fervizio» imptegandofi tuttavìa nell' opere di carità» Teppe così beM a&^
ooppiare la reliatoftcà dalla vita cotta belP- arce del dii^^nei^ > chetn urv
tempo fteflb gpde preflbi devoti il pregra àji parcicolar bontà» o prefto'
ogni ahro la fama ai non ordiiurio pittore.
Neil' anno dunque di noftra falute lóip. alli 14. di Gennajo » gìoriMP
dedicata alla memoria di San Felice Prete, nacque in Firenze il noftra.
FranceCco! e nd Tempio di San Giowinni, il med^fisno mefe , fo battea-^
Mto. 11 padre fuo fi chiamò Giovambatifta di Fi^ncefiAo BofcM» cbe^
nella profeffion dell' Orefice , in (|ueUa fonia di hv^ÀOf che dicono iA filt>,«*
fu » fq t)on il primo* non fecondo ad s|lcuho del fuo-Moapo: e fu frzjtèìlcf
di quel Fabbrmio Bofchi pitcoire» di cui in akro kiogo al/jiam parlato.
Lamadre, laqaale, mentre io quefte cofe ferivo» ancor vive metà di 8^^
anni, fu figliuola d* Alfon<b RoHeMi, e fof dia di Matteo Roflfelli, ancoc^
cfio pittore, di cui pure a* è data notata. Di quefto Giovambatifia e Marr'
gherit<è> l'attuo e 1*^ altra molto cimoraiidiDìo» nacquero cinque figliuoli»
due de' quali, cioè Filippo e E^omenico fi motiiono di oenera età% dopa
unaiVtta innoceneiffima» eoa fegni di molta devozione) o«ide io che baile
gli. conobbi, penfo potere aìSevmare^, che avondo efli nel morire preve**
nuti i Mremi loro , gh andafftr^ a preparare un da^nd luogo ne) catto.*
Alfoiiio, il mi^0iore di tutti, infieme col noAro Fn«lcefco , n^kca&^pa«
term» Dotto la difciplina dei mentovato Matteo RofPbUi, cot- quale viveva
queft^ virtuosi famiglie quali in una totftl eomunioiW., aetefi» alU ohinifia :
e facevi tanto prc^tto, che pteftb diede ftfivi dover rìufci rè ecce mmifli.
mo neii* avte; ma ih eoa pur rroppo immatura, in ancor egli colpito dalla*
morte. Fececcmfuttociò alcune beir opere in pubblico e in ptivatOi del-^
le quali perlaio abbiamo abbaftansa nelle nocizie* deNja vh;a di l^ui . V altro
fi-atfeliodi Prancefco fu Discinto ,cheacteieeo(i Aon ocdinam lode alla P^*
fefiiòne del padre ; difegnò bene t e intagliò in rame coo.m}alGhe franohez* ^
za: e poi, come quegh, eh* era giovanecM d^ ottimi ecmumi» di natura-
allegamo e giojale, e in feiMaa una 4^ quell'anime nàte al taondò pè^^
aiuGodeir altre, de(ìderofi> dì fiato perfetto, deliberò di ferfi religtofodi
akruma religione mofa}\>ffervMi0e t e ptvdià meglio gK poceiTe riufctre t ih«
temo, fi diede -occultamente ad imparare la gramatìea, tei quale, dopoché
ebbe bene apprefa , e fi fu abiKiata con gli fi^udjf maggiori » ftote con de-
ukate a' ti
iremo di ft
Religione
e di San Filippo Bònizi Fiorentino; luogo, che fu ed è ftato Cempre un
vero feminario di Santi: e ricevuto V abito, hCciò il nome di Dìac'into , e
Frate Itarìaie fi fece chiamare. Quivi fi è égli molto approfittato in o^ni
forte di criftiana virtù» e di rtllgioia prudenza; il perchè» oltre aireflere
fiato
43 a Decttttt. V. delta Part. t del Sec. V. dal i ^40. èli 6$o.
ftato fempre da qòeiTeligioG amato e rirerìtOf egli è fiato molte vdte dr
fluito al governo di qoeU*^Eremo : ed al prefente ferve Ja foa Religione
come Superiore in quello della Tolfa» non molto dittante dalla città di
Roma • Tornando, ora al noftro principale incento» die è di parlar di 'Fran-
cesco; diro per certa fcienza» per la pratici contirma» che infin da i pri-
mi anni io tenni con eflo» una cofa di lui» che io non veddi in alcun altro
di quanti io conobbi in quella eti» nel frequentare che feci le fcuole e la
cala del Roflelli fuo aio» a cagione del divertimento nel difq^no» ed è qoe«
fio: elle i coftumi e le devozioni del giovanetto» congiunti ad un afpetto
angelico» erano tali» che fpiravano fantità, e non folo perfuadevano a* ri*
Suardami coropofizione e decoro» ma quafi compunzione. £ra egli infin
airinfiinziat flato dal padre meflb iniieme co* fratelli Alfònlb e Diacin-
C9» e gli altri due minori nella Venerabile Congregazione di Sanf Igna-
zip del Collegio de* Padri Gefuiti di San Giovannino . Di quefta fu ^li
nella fua tenera età» e dipoi fempre » lo fpecchio e Tefemplare» tal-
mentechè nimio vi fu» o grande o piccolo ch'ei foflèi che non lo avei^
fé in gran venerazione . Non vi era .alcuno» che alla prelenza di lui ar-
difle di fare- atto fcompofio» o dir parola» che punto fapefle di pocomo-
defto: ed io mi ricordo» fin dalla mia età di nove anni, e delia fua circa
a. quattordici, che io lo ammirava come un prodigio; e dagl'infegnamenti
che mi dava » riconoico ora più che allora» quanta fofle la bellezza dell'ani-
ma Cua; conciofliacofachè il fuo dire e 4 fuo cerare canvninaflero fèmpno
di un medeiimo P^« Ma per non difcoftarmi in tutto dal fine mio pna-
cjpale, che è di feri vere alcune cofe de' pittori, per venir poi a' pertico*
lari più minuti delle fue criftiane virtù» dico, che grandi furono i prin*
cjpj di Francefco nell'arte fua, perchè oltre, al colorito » che egli ebbe
mig/jore dì quello d' Alfonfo fuo fratello, difegnò ancora molto bene; on-
de gli furono da' cittadini dati a fare molti quadri. Per Loieraso Ant inori »
(gentiluomo Fiorentino, fece» a concorrenza del fratello» un quadro da
fala, in cui figurò le Vergini prudenti ricevute dallo Spofo alle nozze: e
le (tolte dillo fleflb rigettate; nella qnal' opera fi portò eccellentemente »
avuto riguardo a quella fua prim^^età. Dtpinfe pure a concorrenza del
fratello, due altri quadri da fala, dentro de' quali figurò due ftagioni,cioè
la. Primavera e l' Autunno» dove fece, al naturale molte cofe apqpactenenti
alla cofa rapprefentata, e alcuni patti colociti di «ottimo gnfto» Dipinle
anqóra una tavola di noftro Signore portante la croce cor> molte f^ure»
che fu mandata a Pietrafanta , e rii]ìc) molto belh e devota. Pel Duomo
di Fiefole dipfnfe una molto bella tavola», dove figurò la Santiffima Ver-
gine, con Santa Maria Maddalena de' Pazzi, San Pietro d* Alcantara»
e Sant' Antonio Abate • Fra, le prime opere , che facefle a frefco , furono
molti ritratti di«.uomini Illoftri della Religione Francefcana , i quali fece
nel tempo fteflo , che dipi^neva Alfonfo ne' Chioftri del Convento d' Ognif-
fantif ed è di fua mano il Sant'Antonio dà Padova fopra l'arco dalla par-
te di verfo tramoQtanarS e il ritratto ddi Patriarca San Franceico , cne è
dall'altra parte , fu dipinto da Alfonfo. Per. la Oppella de^i Ardinghelli
in San Michele dagli Antinori» fece gli Angeli,, che in atto reycretite
adorano
% ^
PINETE FRANCESCO ^OSCHL 431
adorino l' antida rrnmaj^ne di Maria Vètginè » cilé'in éfla Cappella è ii«
mata» verfo TAhar maggiore j rincontro ad altro quadro della Prefèntatio-.
ne ai Tempio di mano del medefimo x\lfonfo • Venuto Tanno 1550. Mat-
teo RoiTeUi fuo zio e maeftro/ grandemente afflitto per la perdita di due
cari nipoti^ Àifonfo e Diadnto, morti l'unoalM vita temporale, «l'altro
al mondo, mediante ilpaflaggio alia Religibiie^ &tà isincor c^li i giorni fuoi:
e retto Francefco, col padre di età cadente, il quale pòi dell' anno 1653 i;
molto crifttanamehte pure fi morì . Allora Francelco rifohjto di rinunzia**^
re a tutcociò;che non fofle Dio , accrebbe talmente i fuoi fervori, e fi die-
de a tanto fpirjto , che fi può dire , che fin d' allora e' facefie punto fer-
mo a' progrefii dell'arte; e quantunque ne' ventiquattro anni » che dipoi è
vifiuto, abbia fatte alcune cofe lòdevoitllime, e £ra.quefte alcuneitefte di
irecch) , tocche di manièra gagliarda e ipedita 1, due delle quali nin bdlé
tonferva in cafa fua il Cavaliere. Aleflafìdrò Valori , altre Ale(fanilro Gua^r
dagni. Gentiluomini Fioi^ntim^ a]euiie:gli Eredi del medefimo France*
feo, ed altee; chs dal già Paiolo del Sera, Senator Fiorentino, e pratica
neir irte delta pittura, gli furon fatte vendere in Venezia a gran prezzo;
contuttociò può dirfi, parlando generalmente, che egli abbia piuttofto
peggiorato, che megliorato. Fece ultimamente per le nobili Monache di
SaaSilveftro in Pinti una tavola, dovè figurò quel Santo, in atto d'^do^
rare una Vergine col Bambino Gesù , Diede nne di fua^ mano ad un' aì-^:
tra tavola di figure quanto il naturate, in cute rapprefentato ilporur
.della Croce di Crifto Signoc npftro, cominciata dal RofiTelli fuo zio, k
quale. venne in potere di Marco Neri Fiorentino, ed pggifi vede nella
Cappella del Palazzo antico del Potefià,.che il volgo comunemente lo
chiama il Palazzo del Bstrgello» nella quale Cappella fi confoitano>t
{Condannati alla morte * Nel tempo della Canonizazione ' delli .Beat9
Maria Maddalena de' Pazzi • fepe alle Monache Carmelitane di Santa. Ma«
ria degli Angeli in Pinti 1' effigie della Santa, miniata in drappo^ coni
gran pazienza, la quale ornata da ònelle Madri di preziofi e betlifiìmi ri-^
caini, fu dalle medefime donata alla Santità del Papa. Per la Congrega-*
ziooe di SanTommafo d'Aquino^ ove fi ricevono i Pellegrini d' oltre i
9^ontir dininfe in due quadri lunghi» in figure di meno che mezzo natu-**:
rak rdue;ftorie t nelle qiMli figurò l' ultima^ Cena del Signore, ed il lavaro
96^* piedi agli Apolloli« Ha fa(to at)che infiniti quadri /dì devozione per
particolari, molti de'^uali fi trovano appreflo di chi quatte cofe fcrivc : e.
fra quefli una fìgiira.di San Pietro d'Alcantara, la cui effigie fece egK coU
V ajutodel naturate, ad imitazióne di una bella immagine in ìftampa, che
£bi», :di quante n' abbia vedute mai, conferva lo ftefib fcrivente apprefib
di fé: e fi dice efler quella ftefla, che fu mandata fuori fubito,'0 poco do-
pa feguitala morte del Santo» Una fimile, tratta dalla medesima l\ampa per
d^no di Francefco, hanno i Padri Riformati nella lor Chfefa di Santa Lu-»
cì^)ìn Rimaggio fopra la ftrada Pifana • Fece una tavola per una Chiefa a-
Colonnata, poc(t> lontana da Firenze, ed altfi quadri a tempera , in occa*
fione degli apparati per la Santificazione di Santa Maria Msiddalena de'
l^azzi, « de' Beati Francefco Borgia e Filippo Beni?!: e pel Noviziato
Je* Pa-
\
4e'P94i!l ^etoitl in Pmb».dnèfi&£(ribAt6Kite IK Sinto^^^ eiii Sia
^i^tmcefcò Saverio . Copiò il.ritrattn» diQ delh Beata Uminstraide'Ceicin
fece Giotto > c^ftènce neir Oràtorfo domeflico dè^ Cerchi^ % pie liél Ponte
yecchio, nelF antica Torre de' Raffi? ne fece più copie, nnfc delle quali
ebbe Moafigam* Febei «r Maeftra ddk Cirioioiiìe di Sea Sandci^ ^d Arci»
yercoVodi Tai^: im? ài tra. ri Seilatttiré ie Cavaliere AJeflàhdf ode* Cercfai»
Segretario della Sereniffima Grandiichéffli Madre > Gentiluomo» cte per
prudenza» dottrina ed ^eniplarìtà di còftmni» ipetttalBogo fra' più csr
gtii Cavalieri del nofiro tempo : tuia fimile copia fece eflb Francefco per
le medefimo, che è reftata appreflbagK eredi. Fece d' invenzione efi
Beata Umiliana. mpprefentandoia quando leapparfb il Signore gloraofo»
in atto di ibenedirla : e ella proftrata ^ backi Santi piedi . Trov«À que^^*
fio Quadro I a pprefTo la Signora lìegalé d^ Cerchi ne'Suarés: t veduto
un gicurno dalla Si^ora Lai^ihia Onami» moglie di Silveftro Arnoifini
Ambafciadorte di Lucca, Signòra:dioueUof|iìrito e di quella letterati^a »
che è nota: e riconofciuta lainano del Bofchi » lodollo molto per lade^
vozioQe,chefì>irà quell* opera» ikrcome tutte le figure de*Santt , che fi vèg«
còno da luì dipinte. Sicché avendo invernata ^ Signóra Regale a faifli
fire, altre opere» ella Cubito gli ordinò otto peni di quadri^ ne'qmti do*
vette flipigneite'iMiftén defla i?^(fionè del Signore # con queftp pròprio
ientimento» di a velali di lìiaàiano» .non folo come iinmagibi ^fyteBk uon
devozione V tua dncheper tenerfe » ^er dir còsi » come relìquie di on fer<^
vo di Dio , Di quelli otto quadri ne fece folamente cinque» i quali fotiófe
Lavanda» la Cena i l'Orazione neir Orto» la Flagellezione ece^ UuttiAu
pittura » che ei face^ a firefco » v jfu una immagine di Gtifto Sigi\or noftro
ìn<tefta air Orto del Cqnvenco delle Stabilite » dette aitrimemi di Set Vet-
«orio^ Si dilettò attehe (fhaflime netti fua gioventù) di lavorar* dimltiio,
efbco molte faens immagidi affiti ftim^ett^ rancò badi èwr détto- in |pro*
polito detratte fua 4 Io ho tbriamento pdn&«o fra tue fteflb» fò eolie iloti-
aie, che ho date dell* opere <6 qu^*aVtefice^ io aveffi dovuto andie cOn-
git^ere il molto: più cKe pirò dirfi idi lui» «ppartehente ilh bontà della
vita, oonofcendo^olco chiaro »e(fer ciò *ftatt> in eflb4a maggiore e I^MTk
ma parrte: ed ho temuto non pipcò^ òit «io facendo» non fia "per efiermi
anribùito a manc^naai qoafmhèMo voglia impegnar la iMia penHii in oofa^
die a;! imo aiTuntov ch^^ è di'd» ii|$orlaia de* profeitbti delle noftri^ krtt»
forfè nuUa rìiievi » ma ftnàlntómb il parlare aH&i di pròpofito delle ìteècri^
diane virtù t ho giudicato conveni^A me per più ragioni» ohe io fono ore
per raccontare . Primieramente io non fò vedere» conte trattandoGdi dar
notizia d'un vircuofo»'(;:dd>ba da chiè^fhéflkt de due gran préf) » che in
eSa unitamente concorierOr feparate il mijgfìore» e ohe pi6 degno e pìau-*
iibite fecelo ap^^arire agli occhj degli W<ivlni': e^ ^Ubflo^ fedamente tdgliec
via da' proprj ferirti ; méntre io leggo ih nfille volumi \ che T^ttè dtlift ^t-^
tura . per elTerein fé ftefla nobiliffima» in coloro fdlamente fa vedere tiny
to il fuo bello, i quali con un viver ben coAumMO, Cogliono accompa-
gnarla: laddove aflTai chiaro apparifce» che ognf qtial Volta danòitfini ma*
ie avvezzi /la profellatat fé ella affatto non perde, almeno iiv^ran pMto
diminuifce
■^
PRETE BRANCESCO BOSCHI. 4^
ditttimifteiirao fpleadorc. f^ qwnào tlcrì non mai» m* iptniinifoe t cH^
&re il canto celebre concetto del gnui Ptolo Vcronefe » il quale , coaeo^
cJi^ uomo religiofii&mo foflèf utkvz dire» cfae avendo quefie arti, ptr iUo
principaUfliao fine» Il mpjprefentare fin iM^Ue (acre immagini» dove«
va eU« folamcnte eflcre eieicitata da uomini di gran {detà . Qr dicQ io a
le il cielo ne' miei tempi ha voluto sì ben congiugnere nel aoftro artefice*
e la bontà dalla vita» ed il pìii che mediocre veloce nell'arte della pJKtt^
fa; perchè dove&ò io dividere quelle due belle qualità» per darne la mU
gUore eli' oblivione ? tantopiii , che eflendomt io in quelle povere fatici^
propofio il Cqìq fine della comune utilità; come potrà efler mai vero» che
IO lafci d' andare in traccia di quella» che più rileva» e rende anche più
tppre3;;Babile il mio alTunto» che è di far memoria delle prerogative di
quell'arte e degli artefici? Majper ogni altra più valevole autorità ^ baftiK
mi l' approvatone dell' eruditimmo Dottore Pier' Andrea Forzoni » degna
Accedemieo della Crufca» al quale eflendo venuto a notisela quanto io ho
notato intorno alla bontà di queft' uomo» volle» mediante una fua dotte
lettera • comunicarne varie particolaritadi al fuo virtuofo aiotco Francefc*
Sini » come fi pub vedere dalla medefima lettera » che sì per la nobiltà delle
materia» come per l'eccellenza dello llile» fu meritamente e ben predo
data alle (lampe ^ Dico finalmente » che fib poi quefii da me creduti giuni mo.
ti vi » non piaceranno a quelcheduno; fi compiccia egli di perdonar queft'erir
rojce alla mia ignoranza» ed all'affetto» che io portai feoipre alla virtù di
colui» di cui ora Ibno per parlare ; e dd motoo » £bc io fono per ifcrive«^
re» quello folamente fi ponga a leggere» die più e meglio gli aggradirai
mentre io lalciando interamente da parte» quanto appartiene a difcgno^
e bello Audio mi metto a dire altre cote di ouel meftiero» nel quale il Bot
fchi fìi veramente flimabiliflimo» che Ai quello del ben vivere*
Ei0endo adunque Franceico Bofchi» dopo la morte del padre» rimafia
colla madre fola» non fi può dire a quali iervorofi penfieri defle luogo il
fuo cuore. In quel tempo dicendogli io» con buona occafionedidìicorlfo»
che e lui farebbe toccato a tirare avanti la cafa; rifpofe ^li » che non
voleva altramente appltcarfi a flato matrimoniale» (>erdiè gu pareva óitRr
Cile lo ftare e tavola» e non mangiare ( e volle inferire» choper Anto» che
fia quello fiato» non.iftimava egli poterfi in efTo tanto facilmente alionta^
Ilare dal mondo » quanto miravano i fuoi defider) ) aver però rifoluto di
&rfi Prete. A tale effetto poAofi a fludiare» quanto gU faceffe di bifogno*
per potere arrivare a quello (kto» ed applicaru all'ajuto dell'anime» fi fece
Sacerdote . Non ebbe appena ricevuto il facro ordine» che la Divina Prov^
videnza» che lo aveva conofouto frtfceratamente affezionato all' opere di
mifericordia » gli aperfe un UrghifCmo campo» per poter quelle etercica*.
re» come ora (on per dire . Fra' luoghi di molta pietà» di che abbonda la
città di Firenze » uno è la Venerabile Compagnia di San Tommafo d' Aqui^
no in via della Pergola» dove» fra i varj eferciz) di devozione, fi ricevono
per carità i Pellegrini Oltramontani» e fi fanno altre opere di mifericca>
dia corporali . Queilo iofiitneo » quanto agli fpiritii&li elcxciz}» ebbe fuo
principio nel Converso ^i SanliAaroo» circa ali'anna 1567% fiicta b dicop
E e zione
n
434 T)ecenn:V^dc1laPm.'tdelSe6. V.dal i6^i.dIt6so.
tiow delÌÀ pia memòrìa dèi Padre Fra ^nti Cini Fior(;ntinoi deltoidi*
ne de* Predicatori dello fteffo Convann>» Religiofodi mola dottrina , e
Predicatore di fpirito Àpoftplibo • Dipoi , per potcrfi ricevere i Peltegtitù,
fu a' 13. di Luglio 1568. cominciata la fiibbrica con impofizìone della j^ ri-
ma pietra 9 in luogo, che fodi Francefco e di Lionardo, poi Canonico Fio-
rentino» figlinoli di Girolamo Paoli, Fratelli ddla medefim'a Congrc^a-^
zione, da loro a quella donato; e fi fiibbricò TOratoriò e T abitazióne, ch^
ti prefente fi vede . E^ Iblitò tenerii in quefta pia caia u ita perfona civile,
in carica dicuftòde« che anche aififte alle prowìfioni di quanto le birognas
ed un Cappellano per celebrar la Mefla, ammtniftrare i Sacramenti a' rra<-
telli» ed itigerirfi in tutto ciò, che agli ecclefiaftici e fpirituali efercit|
appartiene . Occorre dell'anno 1654. ^^ vacanza di efia carica di cuftòde 9
onde riconofciurafi da' Fratelli la bontà del Bofchi, a iva fu' conferita .
Seguita poi Tanno 1655. la morte dei Reverendo Prete Lorenzo Dandini
Cappellano, fu al medefimo Boichi a* 31. del mefe d' Ottobre dello fteflb
tnnot conceduta quella ancora di Cappellano. A bhi non ha conofciutolui
ed il fuó fpirito, è difficile il perfuadere quanto e come operafle la ftia ca-
riti in quefto fpaziofo campo nel corfo di vencun'anno» da che e'prefe «
coltivarlo; fino alla morte. L'indefefla afliduità a tutti gli,eferctz> del fuo
miniftero , la carità ver fo i PeUegrinì , il fervóre con che faceva tutte le
tltre opere di milèricordia, e quei che è più, là devozione, colia quale le
accompagnava, praticando in fé, oltre all'opere dell' Inftìcuto, Vzltrc mot-
te , che appreflo fi noteranno . Ma perchè quefte » che furono molte in nn-
nero, e con atti frequentiffimi eièrcitate , non ammettono racconto cos) ge-
nerale , ho ftimato neceflkrio il parlare d' alcune delle più principali dìftinta-
mente 1 valendomi delle poche notizie ^ che.la moka umilti di iiii permefle ,
che fé ne vedeflèro al di fuori ; e di quelle principalcnente , delle quali io pof«
ib dairmiperteflimonio di veduta I lafciando luo^ adakri,che^iùravefle,
mallimamente^ negli ultimi tempi , praticato » di farne più dififuio racconto .
. . Frale virtù, che più rendono un'anima grata a Dio, non hadubtno
alcuno efler princioalilfima quella dell' amore verfo il medefimo Dio •
Queftó fu co» grande in Francefco, che fi può dire con verità, che fi fa-
celle molto apt^rtamente conoìcere in ogni fua azione: e perchè quegli
Ila pili amor di Dio, che più fi conforma al voler di lui , anzi ha con eub
. nn fol volere e non volere; pòffiamo affermare, che grande fu in Fran*
cefco queft' amore, perchè grandifllma fu femprc in lot in ogni cofa la
conformità col volere di Dio. Io, quarantanni il praticai: e par mi pò*
ter dire con ogni verità» di non avergli mai fentita ufi:ir di bocca parola,
che importafle defiderio d' alcuna cola » fé non fofie dato di qualche opera
di carità in alcun grave bifogno de'profiimi, o per maggior culto del Si-
gnore Iddìo nella fua Chieia: ne' quali defiderj era anche moderatiflimò ,
dicendo ciò, che poteva dal canto fuo, e rimettendo T adempimento ài
elfi al divino beneplacito, lènza veruna turbaziooe del fuo cuore negli even«
ti concnir) . Era cofa molto graziofa il vedere la maraviglia , che egli feria-
mente, e di tutto ienno fi faceva, per non intendere come poteflfe darfi ca-
(b » che tlciiao avefle fentito difguAo de' travagli # per grandiÌ9imi che foflèro
fiati»
e; PRETE FRANCESCO BOSCHI. 4^5;
ftiti; tosi come fòlTe poffibile t che ogni uomo non aveflb un defiderip vi*,
viffimo d' eflere ftmpazxato» taguftiato e morcot Cobmence col fapere» die
ciò piaceffe a Dio: e fi vedeva in lui eflcr così ferìo e connaturale que--:
ilo fencimento > che e' non avrebbe mti potuto credere altramente per gran
forza» che fé gli {Q(k fatta . Vifitandolo una ?oIta io fino nel tempo del-*
laftta gioventù» conoccafione di una Tua grave e pericolofa malattia» volli
alla prima ufare parole di condoglienza del fuo male ; ma io vedendola
canto allegro» e niènte mutato dal fuo folito flato di contentezza» conob«.
bi non aver detta cofa approjpofito» e ne attendeva la rifpofta, la quale fa
quefta. Veraflience io non lo conolcere» che cola poiTa defiderar di piiì
una creatura in quefta vita ^ che di fare la volontà di Dio . Ma per aver
qualche f^no più efpreflivo di qual fofTe T in,t(^rno fuo » e di quello» che
egii fentifle in quello particolare» leggiamo le feguentt parole» come le
fcrifle di fua mano l'anno 1666. in un libretto» dove eflb |per alcun tem«>
po feguitò a notare il frutto della fua orazione di ogni dì : ti qual libretto
è poi dopo fua morte pervenuto in mia mano. Dice egli adunque così:
tjéé 1 8. di M4tzo net mediure I0 Sémiffiwa Pm^ne 1 fenfunio e^me i(
Signore, in iuito il cerfo itila fua vita » fiette [empre penfando con gran de^
fiderie t cbe venifc quel giorno ; così avendomi S> 7). M. fatto intendere » come
mifia apparecchiata una croce fpinofa p mi fono immaginato gli Srapazzi ^ /*m^
cufefalfèp i mali trattamemi. cbe mi /araìtno fatti : e per mifericordia di 7)ia
ci 60 fonti to contento » fapendo > che quanto più mi ajfomiglieri al noBro Signor
GetU CriSof tnmo maggiore firè f amore b che Dio mi, porta, e il premio net^
P. altra vi$a.
Io non fo (e quefta ed altre feguenti intelligenze» intorno a ciò » che do*^
veva a(GcaderffU in materia di travagli» egli» .0 le avefle immediatamente
dal Signore Mdio» o per mezzo di Angeli o d* Anime illuminate: e cer*
to è » che tanto fende egli bergli flato tatto intendere» e tanto dipoi è fé»
'•"ito; e quel che è più» tanto pr**"^^**^'^^*"^' • ninni»iiii fiia nra^fAn^^
canto effettuò ; perchè tutto ci
patire » non è pofiibile ad efpli
per non offendere al vivo» chi ne poteffeeffere flato la cagione» ai anche
perchè effendogli la più parte delle fue perf^cuzioni » difpregj > confuiio-*
ni e feorai accaduti per coiè toccanti il fervizio di Dio» e per mezzo di
perfone fpiritqali» voglio» e ctebbo credere» che chi in quelle ebbe alcu«
na parte» o per aver troppo fatto o troppo creduto» o per diverfità di ge^^
nio, o per camminare per iflrade o con maflime diverte» non da altro
foffe moffo» che da zebi della ma^or gloria di Dio e falute de'proifimi»
maflimamente noneffendo cpfa nuova tra'Criftiani» che un'anima anche
i)el tutto (anta» abbia alcuna volta da altra fimile» con merito fcambievole
e reciproco» molto da tollerare. Sqgue egli poi le fue note in quefta forma.
Adì 19, Meditando P accufe falfe f fatte a nofiro Signore ^ lajua moàefiim
nel rifponéere 9 e poi il/lenzio; propongo p coli* ajuto del mede fimo » di volerla
imitare, quando mi trovaffi in fintili occaBonii e prego la Divina Bontà, cbe mi
conceda quel puro amore , cioè di non gunrdttrt al premio , cbe me ne dare S^ D. ià.
inParndifo, mn per dirle gallo .
' Ec a vl^iao.
Mèo, H^ewàiùiMUa mtiita%i0ie itfiini^ftln mi/bnfomskpepie^
Hf ; foécàè in quelh maniere /i^ pàà /hniìi éimjlro SiMére QÌ4fà€rifé. Cè^
nofté iène, ebe damUwn poffii /irà ffffiU ^« àk. F. ad étfi00*m c§n pmr^
ti€0lm' gratis éf^e.
Aditi. Marzo C§n/lderÈfidè i difym/ai, cba fiatanfuti « néfira Signora
gif Etodt i a da Èntta la fan Cor*e * tràttandoio dapazM , èo domandan gratin
di ronofiere qnefin vtriiè, ckonom è ^^^iore onori p cbe effor difptennaia par
i^t^ di Dipi dnde vi prego ^ tnio amati^mo Gieeif eòo mi nogaaee w/iire S
^nejh veSh Hanca di una gran parità di co/tien%ai e poi di ql^oUa épgU Brm^
f^ztit e difmori per amor ^o8ro. Ho eonofcin$o aver numeata Uè moba cefi
di quelita ibe mi ba fatto intendere il mio Santo Ang^/a Ca/iodé: a la eagiom è
fiaia,per non aver riletto ^ eomt avevo propoBot gli avvifidatimii amie glia
ne domando perdono 9 e propùngo di nuovo voler iorri/pondere alltfie infpira»
ziitni.
Aditi. Ho medi tato 9 quando il noBro Signore GiesU Otijh flt m^ in
tfiimpettnza coli* infume Barabba: ne bo eavoto^ ebefefimil eofa mi oceorrt^
di efier me§o in aompagnia di gente infame , eebea queOi (i trovale Mgli di^
fendere è èèutaffe% ed io foffi ^iéàfo il pili fceUerato f lenza avere aitano eba
per me parla§e\ quefia fareUe una grazia fingotare > ève mi farebbe S. D. ài*
dftiò in qaaìcbe oarte lo poteffl imitare ^ mi fono ffàto^ trattenendo 9 gttfhnik M
fuei difpregj , aotnandando affito per riceverti con atl^rezUè , eenfidanio mUa-
onte dèi Signóre p cte aBora mi abbia a concèdère Uj[bo am$to, Ka qui egli.
E^ proprio del vero amore V tyer grtn defiderto d^tkpMfeiiMdelI'og^
Fecco ornato . Del noftro Francefco pplTo io , infieme con ratti ifoelli ,che
htÀnò conofchito, affermare elTere (kto tale to lAi quello d^eric» cIm
Éoltòhè <Tiie' tempi f c^ie egli impietrò in fèr^rizio dal oroflitno» tie^mnli
ttire fu Tempre con Dio, tDltonè il poco tempadvl (onno, nel pighar#
il ne^effiirio foilencamento; dello fcsna dtpignere, ch'e'faeevat per fov*
venir coir arte ftia le proprie, e l'altnil necefficiy ftiQpre fc neflara nefit
^fii di Dio: e q«Mdo ne]le opere eftefiori gH«a pernieflTo, io dtfcorrev*
è' alcuna coft derota, o (lava fentendó lezioni fyirituali. Se era iitcon*
irato per iftrada ( cofa ^ che eon eflb meco più irolte arveiine > o foggivt
con bei modo l'abboccarfi » o fi fpedivt con poche pardle 3 e tntfo ciò »et
tion divertirli punto dalla continua unione della foameme con XÀo.
Circa a trem' anni ha epli dorato a trovarfi le DomtmtelMr dopo fi foltM
Vefpro della Congregasionè di San Tomiuafo d^ Aoviito» ella devozione
Isella Buona Morte, nella CKiefa di San Gio^nnmo de' Padri Gefoiti^
d' avanti al Santifijmò Sacramento, che quivi tf afpono: dove veflito ài
cotta, (i poneva injtnocchioni d'avanti all^Àlttrtco^ Padri ed aliri^Clkeri*
ci fenza mai ptirtirn di luogo con non mai intw'rotta perfoveianBa, fii non
fbflc ftato per caufa di malattia , od aflenaa dalla cita , il chr p<>cè acca*
tjere rarilfiaie volte , fé pure accadde . Tutti i pochi avanai del ino tempo
foendeVa pure in orazione davanti al Santt(Bmo naila fieflSi Chitfii dell*
Congregazione , e Tempre genuAuflb . Io ho fentiro ptìi volte rtcconttre
et alcuni, per altro di naturamòlto cheti e galofi de* loro interni penfieri^
di avere etti in tempo del fonno, o di ebrietà parlMo a. llii^ de' propri-
affetti»
v « *^.
• V-
BRETE FRANCESCO TOSCHI, ^n
tlRtti » é rivelato ancori i propr j dditti • Shnili accidenti occorrono be«
ne fpefla a colmo» i qyali tocchi da febbri acute i danno in delir) .• e fono
accadttti r canto in bene oiianto io male» firantfliini cafi d*agonip e di 9àor«*
ci : alcuni male abituati hanno con gran veemenza parlato d' amori , di
od) e di vendette; altri foUci di ben iHvere^ hanno dette cofe molto diverfej
aff^i ha iniegnato refperienza efier quello il tèmpo i nel quale la natura»
{)erttirbaKioned'inteltetto» non avvenendo il danno, la vergogna, opec
'oppoflOft 1- utile e la gloria» che gite ne pofla rifultare» dà fuori candì-*
damente tutta fé fteflà . E per lafciaie gli i(paventofi cafi Ceguiti in uomì^nl
avvezzi al male j che molti raccontar fé ne potrebbono, abbiamo deir A pò»!
ftoio deirindie San Francéfco Xaveciq, che nella fua ultima infermitela
mokbtda fimiU deliri fu travagliato: e che in quefti altro non diiìe» n^
operò, che apparteneiìte all' A mordi Dia, alla converfion degl' infedeli, e
allo zelo della faluce de'proffimi i or mcffbrando il Crocififrò» ora efàgeranik»
eantro i peccatori, or facendo coUoqu) con Dio; in fomma più fi fece
egli conotbere per quel eh* ei fofle di dentro coH'occalione de'fuoi deli-
ru di quel che hi^rfe gli avercbbe permeiTo la fua» grande upiltà^ di
fiire in. quegli eAremi momenti , fé foile fiato di mente al tutto fana»
Il noftro Francéfco nella fua ultima infermità, pati ancóra eflb delir), a
3[Qafi deiirj, per infiammazione di fpiriti, cagionata da male acuto, parlan<»
b molto |>iii del folito, e bene fpeflb non a proposto • L* ordinario te^
ma d^'fuoi deliranti dìfcorfi, confifteva tutto in affetti d'Amor di Dìot
«a rallegrala d' a ver a andare in Paradifo , il quale chiamava cafa fua : ingran-
"** a gran legno la felicità di chi muore per unirfi al fuo principio, e U,
miferiaT^di chi vive in quella valle di lacrime; ed efprimere defider) di coA«
vertice anime al Signore ; e diceva alcuna volta : S'egli avviene» ch'iogua»
sifca.di quello male; oh quanto voglio io andar predicando l'Amor di
l)io ! io- vaglio oorrer per la città , e fino per le taverne » e ppr ogni altrui
liiogo pubblico e privato • fblo predicando quanto fia grande quello Amore^
In tal prQf>ofitQ voglio io raccontare ciò ^ ohe ^li rifpote al Molto Reye«^
sendo Padre Giovamii Angelo de Benedifti9« Religiofo della Compagnia
di Gesù, difingolare oflèrvanza, e di gran letteratura, che per molto tem»
pò fu fuo contefibre. Quefti^ un giorno avanti la di lui morte T andò a
yificare: e dopo avergli iattt i.foliti difcorfi di carità, fent), che il Bofchi
in auefla guilà cominciò a parlare; Oh Padre y io fa penfiero, morto i;he
ip uà; di chieder quefta grazia al Signore, che conceda air anima mia di
poter comparire a molti peccatori , affinchè io polla per tal modo cbm^
vertirgU a Dio. Il Padre, contuttoché molto ben conceffe non efier aue«
fii penfieri regolati da intero difcorfo, contuttocio volle rìfpondergli, C|
con azoica prudenza cosagli difie ; Signor Francéfco » non penfate che Que<!
fio tal mezzo o femo fofle bafiante per convertir quei peccatori > cheiem-^
pie refiftono alla'Divtna grazia , né che fortifle l'anima voftra di giungere 9
far ciò, che non fece r attuai prefenza del Salvatore a molti di coloro, cba
per loro oftinazione e malvagità fé ne vollero rimanere ne' loro peccati :
Mojf^ béiintf t^ Pr0Pbc$as: al che l'umile Francéfco f ubi to s'acquietò .
Venghiamo ora a dire deU' amor di lui verfo i proflimj •
E'e 3 II gran
4}^ Ditóni. V. della PàftJ. dél5ec.V. dd i S^à. àft 6^0.
Il gran Servo di Dio ed Aj^oftolico Predkiton «<il Btdre Màtllro Gm^
tinnì ^A vila ^ in un Tuo Trattato dell'Amore ^che Crifto porta a^li uomini ^
dopo aver narrate le mirtbiii firerojpttve, che da tutta fa Santiffime Tn^
Aiti furon concedute tlP umanità dt Crifto nell'inflaote della fua ooncario*-
He» dice eoa); Dimmi ^ qwfi^ M^imé fimé im quel fiUee pmu0 $ ck€fm ritvM»^
^^gH octbf^ e fitide fàtCf e t^hHe dà tèe msm gti era ^emue*miQ Arar ^
timmijè è pqfitiie tjbfimeìx^ e^ che amare mm^je qutBe tale muma f^Oe «
eh con r ir^rvur glorificata t cam tbe anfiefitè defiderajgef the fi la ^eri§e aeea^
featf con cai p^iiffèfar tefa grata e fitvire a ealdottateret aggiagm£pii^
che a quefto sì grendcfidtrio fu dettai che la valente di Dia ars di velar falva^
te il genere umane • cèe era perduto per h peccata de^uema^ a che di db fa wa
Érendefe tajfìtnto il benedetto Figliuelé , per enere e uUIMemza ver/o il Padre «
£ poi foggiugne : Con che forte tamorefi rivolta agliuomim per arnaraU, ed
abSracciargli f per ubUdire al Padre! leggiamo 9 eie quando tm tiri tFArti^
glieria batta una palla con gran forza ^ e /apatia ribatte euUietra di dove era
dirizzata p con tanto maggior impeto ribatte , con quanta maggior forza era
tirata. Or fé quella amore delT anima di Crifto verfo il Padre s^ inviava con sì
fùirabil forza ipofciaebè la moderazione della grazia p ebe lofpittgeva era inpni^
ta; quonto dopo d'effer andato érettameme a ferire il cuore del Padre , fi ri^
balze ali* amore degli uomini! con quanta forza e veemenza fi rivoltbfbpra tB
loro 9 per amargli e ri ff orargli ! non vie Irrigua» né virtù creata, ebe paga eie
fignificare. Fin qùV il Padre Maeftro Avìla. Da tutto qoefto fi cava, che
iiccome in Crifto I* artiere del fuo Eterno, Padre fu la forgente delTamore
die egli portò agli uomini i cos) negli uomini dall'Amor di Dìo & e a prò*
^porzione di quello nafcé l'amor del proftimo . Se l' umiltà del noAro Fran*
Cèico ayefle lafciati vedere molti fegreti del fuo cuore » e gli affetti, che
iprodacevà in lui queìft* amor del proffimo , averci molto da fcrtveie ; ran
contuttoeiò non lafcerò di Iraccontar quel poco , eh* io in parte ho veduta,
e di che in parte ho potuto da altri , che con lui domefticaflBente tratte»
rorto^ aver notizia . Effetto principale di quefto amore fu 11 aeto ùoVol fa*
Iute delP ànime i che in lui era tale , che gli faceva parere di poter molto
piii^di cròi che lé fue forze permettevano. Con una fanta i ndifete eezza ,
tt così è lecito a dire, avreNie voluto, che ognuno iacaSSa \o ftdTe , che
ftceva egli; ne mai fi furiava di perfuadere a far bene. Quefto io perfmfe
a farfi Sacerdote, ed applìcarfi alle confeffiofti, cercando fempre di ^r-
citare cue) miniftero in que^ luoghi, ove egli peribne più biiogiioie d'aiuti
fborgeRe. Fu uno dei Fratelli della VenerabilCompaghta della Mifericor*
dia, detta volgarmente de' Neri, che fi efercicano in constare ed ajfota*
re coloro, che per loro delitti fon condannati alla morte « In quefto luo*
go fu egli di grande edificazione. Faceva colloqu) a quei miferi, pe*
quali eflt forfè fi compungevano: ed alcuno ve ne lii • che da quel punto,
èh'ei ricevè la terrìbtl novella, fino all'ultimo fpirar d&lP anima, doman*
dò e volle averlo lempre appreffò di fé. Gli Spedali di Santa Maria Nuo-
va^ e gli Incumbili, lé carceri del Bargello e delle Stinche erano i luoghi
di fuo ordinario divertimento. Quivi \i racchiudeva per giornate intera a
gran caldi e a' gran freddi: e fra quegli afflitti trovava le fue vere deliaie «
Lacaufa
PRETS P:R4N€BSC<» 90SCHÌ. 43^
Ea càMÙi più^ pcoSfM del Ibo tUdmo màk » fàottt^ per euefiaKioof <fe'
flMdiet» cbe la vificatooo» fa V effnrfi riferuto nelle carceri del Bargellqi
cacce/le fette del Santo Natale dell' amia i67S. P^^ inftruiree coQfeffartt
i caràeratif doire per caufii del mal' odore e lAfeasione dell' aria» il Tuo i^or-.
pò g^ molto ftauco dalle fatiche e et travili» che in qnefti ulcimi: antu
gli eran iimrairvenott , ed ancora dalle peniteiue» non avendo più forca di
refifiere» li refe alla maUgmtà di ora febbre acata» che in poelii giorni Ì9
prirò'di triu > come a fuo luogo fi dirà • Per quefto zelo tro?ofli piM volm
e ricever rim^overi e minaccie« e dtcefi ancora qualche percoflà; ma x^
fi offi^rivar a riceverle con tanta prontezza ». e con A imperturbàbil ferente
tà, e con tal vivezza di fpirito rifpondeva agli offenforì» che qvegli re*
fiando edificaci, defiftevano da offesidarlo. Elercitava molto quella cariti
e zelo verfo fl proffimo» colla correzion fraterna; e niuno vi fo di quelli ^
che con lui trattavano, cheandaflè libero dalla crifliana libertà» colla ijualo
con buon modo diceva il fuo parere nell' occorrenze» fofle pure chi e' fi
volefle: e alcuna volta per una fua ceru fenta femplicità in rìijpoiidere#
tanto in voce» che in ifcritto» osò parole tali (quali gli dettava lofpirito^
e la qualità delle azioni) che da ognuno 1 che non avefle conofeiuta la fui
fincericà» Drebbero ftate ricevute uniftramente. Occorfe una volta, che
per una limil parola t detta a buon fine ad un Gentiluomo » egli poco dtpoi
lenti fame tanto (chiamazzo » che ebbe jper bene di mandare un fuo con»
fidente amico a paflàr con eflb nfizj di uncerazibne • ed umiliazione infie»
me; da quegli ne riportò per rifpofta» che l' indifcreto gentiluomo» il
quale non molto dopo fin) di vivere, volea foddiafarfi col Ufione« Il Bo«
fehi allora non punto turbandofi» pregò l'amico» che volefle rifpondero
al gentiluomo» che farete egli separato a ricevere volentieri le percofi
ad ogni piacimento di lui» purché cm fi fofle fettoin luogo» dove alcuna
non fi pòteffe fcandalizzare di vedere un laico percuotere un Sacerdote #
ma l'amico» che prildentiflimo era» recusb di portare al fatto negoziato!
e fi^pe in altro modo eoa) ben diportarfi con quel cervello» che la cofe
ebbe fuo fine, fenz' altro rumore. Per tornare ora donde eramo partiti»
conofeeva egli eflèr gran^ il frutto» che fi racooslie nell' anime p quando
alla carità fpurituale la corporale fi congiugne; onde non è chi poitt dire»
con quanto ftudio egli s'afiàticafie per lov venire ogni forra di oorporal
necemtà. Fo mirabile la fua compaffione ed il filo zelo verfo le povero
donne convertile» «Uè quali diede grandi ajuti . Aveva molti Si^ori o
altre perfone caritative» a cui per tareffetto ricorreva per limofine ; e co-
me qu^li » che era diftaceariflimo dalla roba» e credeva » che ognuno in
ciò fofle fimile a fé fleflb in occafioiie di gravi bifogni , non aveva minime
difficoltà a dire ad alcuno anche mediocremente ricco : B che farebbe a voi
to fpendere mille o doeaula - fi:udi net la tal' opera di feryizio di Dio;
Sriochè» da chi non conofeeva la Ma gran virtù era tenuto per troppp
nplice. Ma con tal fua» da alcuno cceduta fimplicità» fi vedeva poi»
che egli non lafciava di far col fuo tutto ciò che aslt altri perfuadeva di
fere » fpendendo in onor di Dio » e dando per carità fenza termine o mi*
fera, privando fé lleflb delle cofe più neceflarie. Una volta » per fenrireid
E e 4 un feLfo
440 Decenn, V, deUa Fari, L delSèc. V7dal i S\o:jiti 6 jto.
uh falfo bifogno di un carctraco foreiicmi che'cbn inganno gli 4ftn-fpef
nnza di cqùl di feryizio di Dio i acoomodollo di cenoo icudi» e ne rima*
fé gabbato con perdita di quella gran fomina di damra» ja elione dì che
fiecce egli poi Tempre in molca neGeffiù..Offerenddregliporiftradaitn meii-^
dico tremante di freddo per eflèc quafi ignudo, non avendo, che dargli t
riciracoG da una parte della Arada^ iì fpogliò i propr) calzoni • e a liii^.per
Iddio gli donò: tornandofene acafacoUa (olita fottana.s edèfamaancora»
che quello ^tffo gli accadeflèpiù yolce . E^: opinione di chi& quafi del con^
tinuo con luì » che egli non mai iiegafle limofina ad alcimo» o quando non
tvéva danari, di quello dava, che gli veniva alle mani. Neil' inverno
^el 1674. ti fa aver egli dato il proprio ferrai uolo» e la coptfta delfuo
letto, e fi era ridotto a dar le proprie camice i che però, era neoeflario»
che tavecchia fua madre gliele tenefle nafcofe • Quando aveva poco» da*
Ta quel poco : e quando aveva molto, quello donava (>er amor di Dio»
còme fé folle fiato poco» Alla nominata Congregazione di San Tommafo
d' Aquino, dove fi ricevono, come fi è detto, i Pellegrini Oltramontani»
. vengono bene fpeflb di quelli » provvifti si bene di ftancbez^ e neceflitàt
ma non di quei requifiti di .Patenti de' loro Vefcovit o d* altro che fi ri-
cerca, per potervi eflere .ammefli alla carità della cena e dell' alleggio ;
che però, fecondo i buoni ordini di quel luogo» fon Jìcenziati. Quando
toccava a lui per uficio a far quefta parte di ricevere e licenziare» facevala
con gran commozione del tuo cuore, per non tralgredir^e a' precetti di
queir inilituto; ma nel licenziarli feoipre gli accompagnava con qualche
carità deLfuo {iropsiò. fece alla medefima Compagnia benefizi grandi, re»
ftaurandóta e riducendola, fenz' alcun rifparmio, a fiato di più decoro col
fuo proprio, e con limofine de'fuoi devoti: ed è opinione de* piìt, che la
fyefa fatta da lui, comprefi alcuni quadri di devozione ad efia donati r
afcenda al valore di circa mille feudi . In Comma fii cosi grtfìde in Frat^
..cefco il difprezzQ deiravereV e *idefiderio del dare par Amor di Dio, che
le non Jbflè .flato il dovuto rifpetto alla madre di cadente età^ farebbe egli
fenza dubbio rimaCo fenza nulla affatto.. Aveva imparato nejila fcuola di
^ una continua orazione , ouanto fia vero il detto di un moderoo autore., che
a chi è p^llègrinQ, non tob bafta il poco» ma nuoce il molto: che moka
Ila chi nulla defidera : e che chi molto defidera^ non foloè kfìZ9L godimen-
to (Hxutco ciò ch'ei poffiede ; ; ma deve chiamarti altrettanto povero » quan-*
lo è quello, che manca Alfuoi defider); e finalmpnte^ ph^.fglp può.dirfi.
«eco chi per Crifto impoverifcc* Che diremo ora della fua virginal puri-
tà? Io' per me non fo dirne tanto # <;he fia tanto i e però chiamerò tutti
coloro» che in un corfo di molti luftrì il coiK>bberoe oraticaronoi affin-»^
che dicano, fé mai feptirono ufcire da quella bocca parola» che anche per
ombra iàpefTei non dico di lafcivo, non di poco oneftOf.mir di fordida
o incivile, o poco compoftos e perchè fappiama, che nm può a lungo
andare la lingua, interpetre degP intimi fecreti del cuore, non dat fuori
alcuna cofa di ciò, che anche nel più cupo naicondiglio di quello Q raggi*
ra ipofliamo affermare, grandiflimafenzatalloeirerefiau in lui quella purità*
Diffemi egli circa all'uino. 165^^ con buoniffima occafionci compii Signore
permet^
PRETE FRJNCESCf) SOSCHl. 441
perfnettcva , che eglifo^e/frfiqiient(HBeìitt*tràf«gittCodaqa^^ perca(&i
etiche parla r A poftdò nella 2; a'Gorinttt cao. 12^ e chelubitOj che. ciò
gli Avveniva» ufava per. rimedio il ritìrarfi in alciin luoga fegreco; e quin
epa una difciplina, che tenevaprepajraca aqueft'effetcci» finattanro.fi per*
euoteva» che» fofle paflaca quella centa7ione « ;Or perchè ha infegnato unt
lunga, efperienza» che pocoVagUoho le g^randt operazioni a coloro^'cho
haimo cooiinciaco a correr Ja ftrada- delia perfeuonet per T effetto di arri-
irare mi defideraco fine » fé quelle non vanno congiunte colia virtù del-
l'umiltà» fiildiffimo ibAegno di> tutte le alrr» virtù; è neceflario» che
veggiamo adefTo» quaieo quanta fofle in- Francefoo Quelle virtù.. Duefu*^
rono-m lui i fondamenti ». da' quali poteva l' inimico dell' uman gerbere»
trarre i più.pfiacipaii motivi per tendergli infidie contro a tll virtù. La
prima fu Pabtlttè» che egli ebbe nella profeflion fila» nella quale, benché
egli» maifimamente negli ultimi anni» non fofle in altiflima riga» non é
perof» eh" e! noni poteiTe chiamirfi fuperiore a molti del fuo .cempo j e non
foffe potutoefler più, fé più avefle egli' voluto t^degnaff di tempo allt
{ùttura» con toglierlo all' orazione e air opere di carità. La fecónda fu »
'innocenza, della fua vitaé Raggiunta alle hfi buone operazioni « E quanta
aJ primo » dice S^rt^AgoAino il» officina faSri non-Mdtas r€j^ehcndere fUrumi
ma nella danza» dove Francefco dipignéva» per fua grande uittil ti» anda*
và tutto al contrario . Ad^nuno^ anco non pratico^ dclP aTte, era lecito
il dire il fuo parere: ed e({V>« o ne faceva fobico capitale » raflettando il
fatcòc o ib iLpacere non folle ftati^ji» propeso», accufando fé flellb» mo-;
ftrava con^ beila maniera di non dif^pprovaf lo %, Dovendfo negli ultimi temr
pi fare >alcmìa .tavola o qliadpp di detoaionei, non [aveva a vergogna i*at«
tenderno i precetti » e bene ff^eflb i difegrù di ^ld$flarre Voi tarano t odi
altroTuo huoAo allieva» i quali metteva ii¥opeca:a ^iftàdi tutti» con <iuel
gran concetto e flimadieffi» che ne averebbe avuto un fanciullo, che pu«
re allova £»t{è venuto alla profe(Iìone#^ Facevailegli alcune volte pagare le
•pere a. caro prezzo» e maflimamente le mi.oitture » come quelle» che moU
to gU .colavano di tempo e di fatica; ma cìh non addiveniva per iftimar
(he esli ne faceflèi quali foflero mkliori di quelle degli altri; ma per la
gran fets , che ^11 aveva di poter lupplire al fovveaiin^nto delle molte
Oiip^rie de' pro/fimi » che gli venivan dei co&tinupip^r le mani . Qual fofle
poi i( concetto , cheegK aveva di fé medefitfto» in ordine alle buone opere «
Ipmoftrà pur :trctppo> chiaro la fua umiliffioia conver fazione ; e fi conobbe
'dal defidei 10 » che egfi ebbefemprcdi ubbidire a tutti, e di non fovra$are
amun6« Diceva alcuna volta» con urandeafiettQv. qne Ile parole: zAmm
ntfàrìy ^ prò nibih rtptéiénri .-ed oltre a qudJOt'^che poflb aneftarne 19
ttedofimp» tengo per indubitato» che ninno di qi^nti lo conobbero e pra<-
cicarono 1 pofla affermare di averlo mai fentìto parkn di fé fieflTo , né in be<»
ne né in male; virtù delle maggiori, che 4i efercitino nel viver enfiano»
ma pococonofciuta. Era chiamato a far fermoni in più luoghi, ed anche
nella Compagnia di San Benedetto bianco. Itiquefti camminava egli con
ognifemplicitàd e benché» per non avet molte letcjere» non potefle fare
éifeoriiOf nati/.conittiiociò bicvit io quefta parte ferie menp di quel che^ e*
poteva.
441 Decétttt. K Ma VWlMSi£:K dal 1 5:40. 4/ 1 ^50.
{MÌtaTat cercando il'^olcadelPiiitnMt «BoaUt'propdt ftiou» comeque*
gli» che fu tempre mmiciffiino delle lodi uttine^ ed a qo^o pr<^fiio £«
rò quanto avvenne une volta» che egli conferva in un Monafteco di Mo«
nache . Una di effe » the aveva in gran venerazione la fot bontà » gli diflo
fempticemente quelle parole: Moki d^ilni dovece far voi; o Padre» giac^
che io veggio la voftra taccia cosi edenuaca . A quefto egli » con aselo e rof«
fere rifpofe t Se voi tenefte eli occh) bafli t voi non vedrefte quefte cote .
Da quella uaaile (lima e ooAolciflienco di fe nedefimo nacque in lui la gran
docilità o pieghe volezea 9 colla quale fin dall* in£m«a conversa con tutti»
non tanto co^leperiori r quanto oon gli egwlt e inferiori » non altramente che
lèfoftfiatoun piccolo &nciuUo davanti al padre e alla madie . Non fape*
iPt contraddite» ed era tanto gelofodel conformarfifempre ad c^ni dettoe
ad ogni penfiero degli altri » cné eccedeva ogni limite. Per mezzo di quo*
Éa » che era in lui gran virtù» mollrb a Iddio in più occafioni» non eflèe
vocazione di elfo l'impiegarli in quella foru di governi» che oltre albcri-
ftiana prudenza neir indirizzare le cofe fpirìtuali ( che in lui non mancava)
hanno bifomo di una tale quale fiddezza di volontà e fortezza di petto»
affine di refifter con quelle air oppofizione de' meno difcrett. Se poi gli
avveniva» o per caufa d'opere di carità» o di perfecuzioni ^ o d'altro^ il
ricever qualche gran repulu ( i^ che molte volte gli fuceedè ) o fi prdbravt
in terra chiedendo- perdono o baciando i piedi a chi lo affiiggeve % o ri*
Ò>^ndevà con parole tanto piacevoli > che farebbero fiate battenti ad aoqoie-
wp ogni animo piti furiofo e più fnperbo. Si trovò più volte alia prefeQ«»
za di gran numero di perfone ad effer rimproverato di mancamenti • eh* e'
Aon comméfiè giammai » né pensò»* fenza che pur uno fi trovafle» che per
Itti ardifie formar parola; e in fomigliinti cote fi fiece vedere lèmpce piik
maravigliofa la fua ma^nfiietudine . Fu talvolta udito rìipondere a taluno à
che furio&mente e fenz* alcuno rirparmio di parole lo confondeva : Boco
éhe io mi getto in terra : calpeftatemi » fate di me quello che volete^
Atto , che quando mai foflè ufi:ito dal petto di un^ pefiimo uomo verfi> uà
ilio nemico f doveva effer potente ad intenerirlo: e pure per fiulofimile t
ft flefib » permefle il Signore » che ciò nulla operaflfe : e che alcuni di queiii »
che gli contraddicevano » reftando ne* medeumi fentimenti » fé ne tornai
fero a quel di prima»* tanto può e £t la Divina Provvidenza» eflbr per coA
dire» pietofamente crudele' verfo coloeo, che datifi una voka a Dio» vo*
gliono daddovero in tutto e pertutto confofmarfi alCrocififib • Ma che è
più» fé fino agli animali fieffi privi di ragione» fi moftrava il Solchi man*»
luetoe benigno? Una volta» in tempodi.foa e mia giovennk» mi portò
il calo a difcorrer con eflfo delle zAnzare» le quali con ficurtà al certo trop*
pò impertinente» fenz'e^r ne allettate liè chiamate» fi fanno lecito ^
penetrare ogni noftra ilanza » e portarli a' più ripofti gabinetti i, e fino ne*
padiglioni de' noftri letti; di fvegltarci dal (bnrio» di pungerci: e final»
mente di pafcerfi del fòngue noftro; onde » dicevo io» e tempo e penfie^
ro e fatica mi coftava T ucciderle» o '1 proibir loro l'arrivo a mia perfona*.
Rifpòfemi Francelco» non eflergli mat piaciuto il dar la morte a quefti
animali» conciofoflecolachè gli paiev^i^ cheda tale ano aoa endafle lungi
per av-
M#rB FRANCESCO SOS CHI, 445
jper twentbn un cerco (pinco di tendeta: e die qutmnnque non eireifa
per illecita un* tele tsioMf pneti e loi« ciie eUe (èpefle lui io che di trop-
po iiiiore a fe fteflo*
Della fot orazione e del fiio fpirtcìo di peniceiint direaio poco».ba««
ftandofoto il detto finqiA, per fere intendere, die la vita di fui fo oflA
eontiniia oraaiene, ed una continua penkcnsai e eoi folb eonfiderare iS
moéù9 come egli dtftrtbuive il tempo» del quale era gelofiffimo, conofce».
remo ciò molto cKiaramente. Si levare wni materna appena apparilo it
giorno: e fatta per grande ora la fua oraaione mentale ordinaria» .fi por#'
cara al Noviaiato de* iF^adri Gefuiti a Pinti : e quivi al molto Reveienda
Padre Emilio Sàvignani fuo Confeflotet Religtofo di quella rirtù e dot*
trina ohe è notav ficonfedkva: e ciò faceva ogni giorno fenaa ineBrmi&^
fione aldina. Quindi «ornato a San Tomniafot o andatofene a Sant^ Ap*'
polloniftt dove egli ufiasiava, diceva la Mefla» d^m la quale il cherico 6
partiva ^^ lo lafciava airoraaione per buono fpaàio di tempo* Dipoi anda^
vafene alla Santiflima Nonatata, alle Quarantoreg a Santa Maria Nuova»
o a eonfefllarei e quefti eferciz) però, toltone Foraaione, la confefiione»
e la fflefla $ faceva egli in que' tempi fdamente , ne^ quali egli non aveva
obblighi dì conftflère a'MonaAerj» come appreflb libremo^. Piìt volte fa
incontrato per la citrà tutto affannato e coperto di fudore pel foverchio
camminarci portato dal fervore dello fpirito e dalla moltitudine degli efer^»
eiai ^' •- ' -■* ' -■' •• ^ * 1- /--ì ^. ^t ^
adi
dj
cièj^di oraaione» afliAevu a uiiegli che fono propri della Congregazione
di San Tommofo» confeiTanoo i Fmelii» dicendo loro la Meffa, eamm»-
niftrando il Sacramento dell' Eucariftia: nel quel temOo faceva alcuni bel*
Kffimi colloqui » appropriati air oraaione > . molto fempìici e veri t ma
con* parole ed affetti tanto (inceri detutegli dal cuore t cne avevano forza^
dì compugnere ed accendere ogni mente piià diftratta . Neirote poi del
ricevere in San Tommafo i Pellegrini » fé ne (Uva tutto intemo aquanto
biTognava per efli. Si trovava a tutte le tornate della (era» poi a benedire
le menfe»^ e a fervire gli fteffi Pellegrini a tavola . Perlopiù procurava egli
d'efler quello, che e(ercita(re i) folito uficìo di lavar loro i piedi: ed in
Cut ti quefti ani moftrava tanta devozione^ che que' buoni e devoti uomi-
ni grandemente (i compungevano. Finite le funsioni, e riftoratoit cor-
po con una breve cena^ ^tte le tue devozioni, ferravafi in camera , e le
ivi faceile altri eierciz} e orazioni , non ci è noto « Quefto è ben vero $
ehe una molto antica donna, che ferviva eflb e la madre in caia, lo tro-
vava bene rpeflb,nel maggior profondo della notte , in Chiefa , da vanti al
Santtffimo Sacramento, in atto di orazione e di difciplinarfi con gran fer«
Vere: e fra dì noi Fratelli di quella Compagnia (i ebbe collante opinione »
ehe egli (i levefle a tali efercìz) ogni notte , non ottante che fi reneiTe afiico*
ra {>er fermo , che egU ogni ftra alla Tornata facefle la difcìplina con gU
altri Fratelli in Congregazione. Quando fi avvicinavano le folennitè, fé
neandava per più giorni avanti alle carceri ; e fattofi quivir chiudere in
compagnia
ciStepagnia di qtidr miferabili , per jttfttit la mitciilt e fer tetto il^ofoo ^i
riftortva neUVaaima confami amqiacflxafiieati, .alcoiranda k lorp confct-
fioni . Nel coroo ancora con diverfi a)iiti e riftori gli (occorreva e arafo^
laj^a> !privaadou, per ireflìce la locò iittdiiìif fino delle pfoprie camice»
delle ijuvAi , . ficcomci antora di altri panni i era Ormai rimafi> quafi fproT*
veduto affatto, Eca foUce tener Capra «Uà carne una cintut a con pi)nte di
ferro » larga, tre. dita • Viveva .colia, madre già ridotta in età cadeQte : e
però gli conveniva acocimodadi ad una vita non aufter iflima r ma propria
di un povero cittadino { contnttociò nel!' ufar quel poco fu par^iffimo :
e quel che è più, fena' alcuno affetto di gola: ed.io jpenfp di poter afferà
mare eoa giuramento »'di non aver mai in un corto di; tan^ì- anni» che
Io conobbi e lo praticali fé mica ufcir daUaiua bocca parola tpccanfe fimil
maceria» fegno evidentiffimo di una fubJime continenza ^mortificazione.
Diflè Tempre V Ufiacio inginocchioni cofa « ..che fola dir alcuni fervi di Dio«
li racconta: e per ordinario non mutò le.ore.eonfuete» (e qualche mag-
giore intereife del Signore Iddio non avefiè ciò ricercato. EWero» che
egli non fu molto travagliato da infermitadi gravi » jpa fu jTolito patire
grandiflimo dolore di tetta • Mi foleva dire bene fpefla» che non mai
aveva avuto croci; molte però ne ebbe» che dalla fua gra»:. conformata
nella volontà di Dio» fervore edefiderio di patire, fion* gii. erano lafcjace
conofcer per tali. Una gli fi rendè altrettanto fenfibile » quantp gli fu più
domenica e familiare: e fu V aver con fuo gran difaftro a Cbmmìniftrare
frandie continui aiuti ad alcuni funi parenti mendici; donde il povero
Tancefco» non foto non ritraeva il defiderato frutto per T anima e pel
corpo in alcuni di loro», ma ne aveva corrifpondenza di poco frutto e gta-
titudine: il che eragli bene fpeflò rimproverato dalla fua per al^o buona
madre » quafi che egli s' affanna^ in vano » togliendo a 4e fteflo il neec^-
rip: al che egli era folito rifpondere: Or qx^ fta il merito i in beneficaci
chi noi conofte. . > . . -. *
Non è da paflarfi con filenzio una virtù del nofiro Francefco» nella^
quale egli veramente fu fingolaiiflimo.i e fu la Suncerità e Lealtà » non me-^
no nel!' intenzione I che nel parlarle trattare. Primieramente non è chi
fappia» che egli dicefle mai bugiai anzi egli medefimo infegnava una re*
gola» ch'e'diceva avere imparata da Sant' Ignazio di Lojohr che quando
ad. alcuno per inavvertenza o trafcorib di linguai accade il dire alcuna cola
non vera» dee egli prontamente ridirli : e- quefto .non folo per dar luogo
alla verità» ma per afluefarfi a non dir mai il fallò. Era in lui queffa virtù
della Sincerità » ficcome ancora alcune deli' altre dette di fopra» quafi ec-
cefliva: e nafceva tale ecceflTo da una certa fama e eri^na impliciti»
colla quale egli» per cosV dire» fi avventava e fi lancbva a tuttociò» che
làpeflè di virtù » e m^fiimamente fé ridondava in propria umiliazione .
Occorfe yn tempo fa quello fatto fra molti » che fimiil a quefto fi potreb*
ber^ raccontare . Era egli da Monfignor Vefcovodi Fiefble Ruberto Stroezi
efiiminato per pafìàre air Ordine del Sacerdozio. Gli fu aperto il Cate-
chifmo» ficcome è folito a cafo per farlo dichiarare alcun luogo di efib: e
volle Iddio» che glie ne toccafle a dichiarare appm^tauno» il quale» prima
d'andare
FRETB FRANCESCO BOSCHI. 445
d^tnitté All^cfiiiie «rafi egB molta e molcoftiMiiattf cmm qucfli, cbi
aTondo in poco tetnuo di Audio di gifamnittica fino allora potuto nt poco
pfofiito» poco caiandìo fi pronetceva di fis medefiao^ Dichiarò egli adun*
que, e fi portò sì bene, onde il Vefeoro diedelo per approvato , Allora il
Botchi voltatofi a lui cosi gli parie r Monfignore IllttftriiliiAo , io vorrei
dire una coCa liberamente » acciocché dU« per akiin tempo non avefle ad
avere ferupolo . Sappia, che il luogo» che eUa mi ha fitto dichiarale è;
quello appunto , che io aveva affiu fiodiato prima di vanirà alP efame» e
però lo (piegarlo mi e riufcito %\ bene, che le VSL Illtiftfiffima mi farà cro"*
vare altri capitoli, che k> non abhia premedicati, conofcerà chiacameato
la differenza» e potrà con più ficurena fbonar di me il fuo giubato «
Da quella così inafpettau propofiaione reftb unco edificato il VefeovOt*
ohe per altro oonofireva k fua bontà, che fiibito jrifpQfe in quatta formai
Orsiii fappiate, che non tanto per aver voi ben dichiarato, quanto pttt
Queibfiettb atto, che fate con noi di tanta fincerità, noi vi giudiefaMmo-
cbgho del Sacerdozio ; però andatevene colla benaditione del Sjq^re .
Non lofciò per quefto V applicazione a quelii ftud), che credecte poi efler
Mceffiir) per abilitarfi diaggiormente a quello ftato , e particolarmente alio
con£èflion]» e per lungo tempo . Oltre alle esplicazioni cai congrefli privati »
frequentò la Iceione de' Cab nella Chiefii di San Giovannino do^ Padri Gt^
filiti • Così belle virrù dei noftroFrancefco il renderottafempremai venera^
bile ad ogni forte di' perfone; e quello, che è puY da ftima», a* Superio^
li Eocle&flici ; ènde quali del continuo fu dato per confeflbro e ftraordi-*
mrio a diverfi Monafter} di Rei igiofe, dove per lo fuo grande zelo fece non
poco frutto; e come colui, che era mortìncatiffimo t e con fé fteflb rigo-
roTo , eccitava» e talvolta forfè troppo vivamente » l'anime a lui commwTe*
a far quel tanto» che egli in fe medefimo praticava . E perchè fi trovanOr
molti buoni, e pochi perfetti, né poflon tutti per una ftrada madefiom
camminare; pochi ancora erano quelli» a cui baftafle l'animo di fecondato
interamente il fuo volo; onde Cu neceflario» che la felice memoria del^
P Bminentiflimo Cardinal Nerli il vecchio» allora Arcive&ovo di Fireneor
par mezzo di Monfìgnore Soldani Vicario, operaife » che egli rimectefio
alquanto i fuoi fervori , moftrando in un tempo ftefib con fue lettere V ot^
timo concetto e la grande ftima , in che egli aveva la di lui virtù , della qua^»
le lo Aeflb Arcivefcovo più volte fi valfe per accalorar lo fpirito e la devo^
zione in alcuni monaft^rj, che n'ebbero per akon tempo qualche bifò^
gno , e confervarlo in altri più fervorofi; In occafione» che egli eferdcava
quefta carica di confeflbre ai Monache oecotfero varie cofe di edificazione;
Aia noi ne racconteremo folameme alcune poche per fuggir lunghozra •
Nel Monaftero di San Franceico trovò egli una Rcligiofa già da gran tem*
inferma» che flava di Continuo a letto , chiamata per nome Suor Aiona^
ria Zuccherini . Quefia creatura ftava in mez^o a tante afflizioni rafle^
gnatiflTima in Dio, e fi>pportava con gran pazienza la propria infermità*
Giunffc ella finalmente al fine di ilia viu in tempo del Bofchi » il qualo
efortandola a fare una buona preparazione a cos) tremendo paflaggio f
quale e quello della mortai (bppe da lai medelima> che altro non aveva
ella
S.\
446 Decenti. V. Ma Parh l. delSec. V. dai 16^0. ali6$o.
dia fatto dal jprìfflo dV» che elle r iiifeniiò 9 che nel principio del fpomi^
figurarti dover quello efièr 1* ulcimo di £iia vita» fiicendo la separazione,
per la morte, con raiTegnarfi in tutto e pertucto nel divino Denepkdtoi
e accettandola volentieri ^ e (èntendot clie della virtù deUa mortificazio*
ne, appena ella faueva il nome» gli perfuafe, che per preparazione ali^
morte fiicefle queita» cioè; che nel ricevere il Saatiffimo Viatico » il che
sa quel Monaftero fogliono fare ia prefenza di tutte leMonachct tenefie.
una fune al collo , ed efiìi lo fece volentieri; e di più promeflet morendo»
che fé fofle piaciuto al Signore Iddio« gli avrebbe tatto ùpett fé era in loo-
Sdì falute : e poco dopo fé ne morì. Paifate alcune ièttimane » il .Bo£chi
mandato Confeflbro ftraordinario a San Matteo in Àrcetri, ad iftanza
del Confeflbro ordinario t acciocché, come uomo di fpirito mortificato»
fiicefie prova della bontà di una Monaca» chiamata Suor Maria Angiola
Gini da Loro» Caftelio del Valdarno di lopra , delle virtù della quale iit
quel tempo molto fi parlava: ed infervorane ancora le altre alla perfetta
oflervanza dell' inftituto religiofo . Rltrovandofi pertanto egli un giorno-
a difcorrere con quella ferva di Dio » feppe da lei » che un buon SacerckH
te » Dottor Teologo, datole da^ Superiori per fuo fptritual Direttore, le
avea fcritta una lettera, nella quale (1 ralle^va con efla, che il fuo Mona-
fiero avelie avuto per Confeflbre ftraordinario il Bofchi , attiflimo e ]iratico
ne^bifogni fpiritoali dell'anima; efortandola a trattar fecacon ogni mag«-
gioir confidenza e comunicazione del fuo interno , ed a chiedergli per fuo
profitto fpirituale qualche mortificazione, proponendole beni grandi» che:
per Tefercizio di quefta virtù fono riferbati in cielo. Quella lettera diede,
ella fiefia a vedere al Bofchi» il quale alla prelènza di lei la leggeva forte:
ed arrivato a nominare il Paradifo, Suor Maria Angela andò in efiafi» co«
me era fuo folito ogni volta » che di fimili cofe» con chi fi iùEk » difi:oneva à
K Bofi:hi fin) di leggere la lettera, e vedendola ftare alienata da' fenfi » ia
atto di guardare in fy » le domandò» che cofa vedeva . A quefia domanda
di ubbidienza» ella pure ftando in ratto» rifpofe: Il Paradifo. E di lì a
poco fogpiunie» di vedervi una Monaca del fuo Ordine» tutta gloriofii e
bella . Ricordofil fubito il Bofchi della promefia fattagli da Suor Anna Ma*
ria Zuccherini» nominata di (opra» ediffe: E' ella la tale? E Suor Maria
Angela» rifpofe: Ella china il capo» e dice di sì; e foggiunfe » come ella
aveva al collo una bdliflima catena di diamanti. Di qua preft il Bofchi
occafione di raccontarle la mortificazione» che le aveva fatta fiure nel pi*
gliare il Santifiìmo Viatico» e fo^iunfe: Così ricca catena è in premio di
queRa mortificizione : e che pero vedendo come Iddio le rimunera » .fi
reparafiè ancor ella a far quefla ed altre fimili» che le avdSe ordinato di
ite in pubblico . Suor Maria Angela moftr6 a ciò gran repugnanza » pa*
rendole» che fimili atti efercitati in pubblico» ed m luogo» oove non era
k pratica di tali cofe ». aveflèro molto di fingolare : che piuttofto» per quan*
to fofle fiato ad e(&, averebbe eletto di fiir privatamente difciplme a fan-
gue» e di ritornare eziandio a patire i foliti tormenti dal comune inìiqi-*
00» che per lo fpazio di tanti anni avea patito (combattimento fimile a
quello di Santa Maria Maddalena de' Pazzi faa fpeciale ^Avvocata ». e per
grazia
g
TRETE FìtAN^GESCO BOSCHI. 447
.^akift* dèlia quale èUa fùpófta nella^ftrtda dcUar perfezìoue ) mt perohè il
Bofehi perfeverò nel fuò parere ^ ella la pregò a raccomandarla a Dio » che
le deffe cuore per fare T ubbidienza.. Quindi è » che egli non folo eferci*
tò lei • « le fece aver vittòria di quell'umano riCpecto» infervorandola in
quel fanto efercizìo ; ma ancora efercicò molto bene tutte l' altre . Intanto
•V venne, che avendo il Bofthia lungo andare bene fcoperto la gran fo**^
dena^ di virtù di quella ferva di Dio » e i grandi favori » che il Signore le ft^
ceva , cominciò ne'diicorfi famigliari » che egU aveva co' Fratelli della Com«
pagniadi S.TommaCb d'Aquino» a celebrar la fua bontà: ciocche per li Ma»
nafterj , per eccit4r l'akre air imitazione di lei » fece talvolta Monfig. Solda»
ni, allora Vicario di Firenke; e ouando avvenne ,$Iie per tutta la città, an-
zi per tutta la Tofcana fi fparfe la£ima di tanta virtù, ficchè in breycf av<»
vìandofi a quei Monaftero gran concorib.di perfoncj tirate da defid^iodi
raccomandarfi alle di lei orazioni» funeceCTarioj che elU procurafle appref«»
io i Superiori l'obbedienza di ftarfene ritirata , e di non parlare ad alcuno i
£Bcero poi i Frelaci ogni sforzo per impedire tal concorlb • ed efla efercitaro
con mortifieazioni » lalciando, che Htparg^iTe voce fra la gente volgare >
eh* e' non foffeciò, che li diceva» anziché ella fqiTe innocentemente il-
lufa . Cosi fu foddisfatto da' Superiori Ecclefiafiicit alle parti di una intera
{prudenza, fenza perder punto» dentro loro fie(B, dell'alto concetto in che
' ebbero fempremai: e quando ella fece da quella ajl* altra vita pafiaggio ,
che fu a' zi. di Aprile 1664. coi\corfe a vederla infinito popolo per devo*
zione ; . Oltre a quanto detto, abbiamo , introduce il Bofchi in quello Con-
vento l'oraziori mentale in comune, fietceiidone fare, ogni fera mezz' ora
fopra gli eferciz) di Sant' Ignazio, proponendo lorp i punti, facendo il
colloquio» e cavandagli affetti, con terminar T orazione colla pratica di
qualche mortificazione nella perfona di Suor Maria Angela e d' alcre , che
moftravano più rpirito cdefideiio di far profitto. Un giorno, che ella .era
in eftafi » in ateo molto divoto» la rìcrafle in fembianza di Santa Caterina
da Siena: e quefio ritratto ebbe poi Suor Maria Diomira Vita, che quivi
per configlio del Bofchi » fotto la difciplina di Suor Maria Angela veftì ahi*
to reUgiolb. Ma perchè alcune Monache, che per maggiore efercìzìo di
quella buona madre aveva permeflb Iddio» che fi rimaneflero nel lor pe^
rere di poca approvazione del luo fpirito » ,non avellerò a crederei cho
Suor Maria Diomira , fotto quella apparenza di Sanca Caterina, volede da«
re qualche culto ali* immagine di Suor Maria Angela, elU ne fecealqmn*
to. aiterare l'effigie. Fece poi il Bofchi un. altro ritratto della medefima»
ièguita la fua morte , dal fuo cadavero, alia prefenza di chi quefte cofe fcri«^
ve, che vi fu condotto da lui medefimo,connon pocp godimento dell'ani-
mo fuo ; attefochè avefle la forte di poter colle proprie mani accomodare il
venerabil corpo nell' attitudine necelTaria» acciocché dal Bofchi ne fofle
fatta il ritratto» e di farne ancora elfo ouivi un aitro ritratto per propria
devozione . Fu ancora il Bofchi ConfeUbre ordinario in un altro oKilto
Venerabile Monaftero di Vergini lìobili» dove molto trovò da patiie; per*
che promovendo e favorendo egli il concetto di quelle Madri, che deude«
cavano d' introdurvi il vivere in comune» tanto. profittevole alle colè
religiole >
44B Dietim. V. Ma TarL l dà Sic. F. dal i ^40. 4/1^50.
religiofet le contrarie Aserio CiiiM tuoMie, dm i Ptthti* per ovviare •
taaggieci difturbt» ftimarono bene é$r loro foddiafttione con riaoonsrla
da tale ufizio . B v^uco il tempo H pigiitr da quelle Madri quelle inteea.*
Edi va ed ultima licenza t difle loro il noftno Sacerdote pubblicamente:
cenofco, che voi mi avete fttto rimuovere» perchè non vedete xiailo-
mere la Comunitjk ; ma fiippiate, die |d o^ni modo non palleranno ere anni
che voi r avrete e fiire; e co^ è tvvenuco, perchè effisndo loro ConfieOb*
re un altro venerabile uomo » nel fermine eceennato dal Becchi , né più
né ipeno» con grande edificazione di tutta la cittàt fi ridulTe quel Mona*
ftero alla perfetta comunità religiofa . Ma tempo è ormai di dar fine e que<-
fia narrazione, e venire a parlare di quali' attOt che facendcrft una ibi voi*
ta bène» fi guadagna una eternità dì benei e facendoti una fol volea male»
fi cade in una eternità di mei^» fenze mefcolanza di alcun bene .
Arrivato finalmente» che fu il noftro Francefco alla fua età di anni
ain^uantafei » volendo il Signore Iddio por fine a' fuoi molti travagli >
e dargli luogo di refrigerio» determinò di diiamarlo a fe» Era già venuta
k Pafi}ua del Santo Natale dell' anno 1675. quando Francefico andatofene
alfe carceri del Bargello» come era fuo coftome il £are per le principali Som
iennicà : fotterratofi fra quei mefchini per inflruirgli nelle coTe necefiario
della Fede » ed aggiuftare le cofoienze loro» acciocché poteflero degnamene
te accoftarfi al Sacramento deir Eucariftia » fteaevi alcuni giorni quafi in-
teri , perche per ordinario non ufciva mai » fa non per quanto gli bifogna^
va per la neceflària refezione della fera e ripofo della notte* Fin da que^
fio tempo y come fi è altrove accennato » acaaione del mal' odwe di quello
ftanze » e delie fiitiche e de'difagi ^uivi patiti» uccome a m^ riferì Luzio Pie-»
fucci ftato fuo medico» comincio a corromperfegli il (angue» ed eflb a dee
fegni di non iftar bene . per la fefta dell* Epifania fu invitato a fiu^e un
fermone a' Fratelli della Compagnia delle Stimate» e fra V eeceffivo calore»
che rendeva la moltitudine della gente in quel luogo» che è fiitterraneo»
e di poca difianza dalla terra al paleo» e Teflbrfi riscaldato afiai in fermo»
neggiare; tornatof^iea cafii fii (oprapprefo da una gran fabbro. Fecafi
fubito chiamare il foprannominato medico» e con eflb poi il Dottor Car*
Io dèi Braccio» Tuno e l' altro de' primi di noftra città» i quali gU appli-
carono ogni ^flibil rimedio; il tutto però fempre in vano« e lenza cho
mai li malignità di quel male né punto ne poco cedefiè» finche lo ridufle
air ultimo del fuo vivere . Ne? pochi giorni» clva precederono la fua mof'
Francefco fé ne ftava tutto raflegnaco nel Signore» e quafi del continuo
sfogava il cuore fuo con quegli attctti di Auk» di Dio e zelo dell' anime »
che fopra abbiamo accennato; quantunque per lo gran calore della feU>re»
iion fempre con mente del tutto fana. La mattina» che andò innan» al
giorno della fua agonia» nel paflar che faceva io davanti la porta della fua
camera » che quafi io non ardiva entrar dentro » ecli mi vidde» e quafi eoa
fretta mi chiamò» mi prefc per la mano» e aai dt^ 9 che ^ gli.auevaiu»
intimata
• * '
iNtETjS\^nAUCES^<^ CSMCMl. 44J.
kttlÌMìH' 1^ morcev e;|teir vefibidèMq fono l» mttWiim^^W.. Poi con
utiA otfrta allegrerà', ^salc poema .ino(fartiii da un<jni!oribpn4Q, inifciifle^
€hQ,fi Gonfolai^a alquanto, pec non faper iUavpr facto inai peccato mor^
cale-: e che «filanto a' remali fatti appofta» non avrebl^a Apuco gosì bene
rij(blrtrii a^ dire ^ fé ne avelie commefli o qà. :Io la.perfuau co^ bravi pi*,
role a rendei di ciiò grazie al Signore; .ma che per quello. <:l)e toccava 9:
lui, procuridè di efercìtarfi in accidi umiliazipne a' Dìo» ci)n)g grap ;pec'r
catore, afficurandofi efler ouetto ii meno più certo» coi. quale s'incontra
il cuore di lùt oon quello :deiruomp. nel bauo della pace,. L'umik France^
ico fubico congiunle le mani in modoibmmamente devpto, e inchinai dot
la cefta^ già moftrò di eflferfi conformato in tutto e partucto a quel (èotim^n^s
to. Di& poi ai Reverendo Prete Filippo Franci > uno de' Fratelli delle
Congregazione, cheiròlte voltenelfuo male lo vifitò, che nell'atto di rir
cevereji Santo. Viatico, arerebbe volentieri fatta un efortaaionc* ma fti«
mandofi da' medici e dagli aftanti cofa pericolofa, e da affaticarlo notabile
mente con accelerazione della morte, il Reverendo Prete Paolo tilippa
Baldisiani Fratello di Congregazione, che poi fu in fuo luogo Cappellano
e Cuflode della medefima, ii quale con gran cantagli afliftè fempre nella
malattia e nel morire, gli ordinò il non farlo . £gli collo (leflo atto di umii»
liazione e devozione fopraccennata , fubito moftrò di accettare tale ubbi*»
dienza: e venuta l'ora dei comunicarii, ricevè il Santo Viatico, confcgni
Dipoi entrò in agonia , in cui circa un giorno e mezzo fi trattenne , dan«
do fempre fegni di criftiani affetti , di gran pazienza e di unione col fuo
Dio . Finalmente circa alle ore iedici e mezzo del giorno i6. di Gennaja
dell* anno 4^75. in età di anni cinquantaièl 9 giorni due, nella prima ca«
mera del Dormentorio a man delire* rene»do dalia parte del Coro di efla
Compagnia di .San Tommalb d' Aquino , renaè lo fpirito al Sienore^
La 'filma ^ in che lo averano molti luoi partioolari amici , oltre al con*
eetto unirorfale^ che correrà per tutto di fua kcaiti^ , fece a), che foflìa
prmsirato,cbe rimanefie alcona memoria di lui , per ifpiritual confolazio^
ne ed efemplo de* pofteri . . Onde voftito il fuo corpo, fu fubito fatto il
fuo ritratto per mano di Michele Arcanfelodi Cofimoralloni da Campi » (^i)
d^no difoèpolodi Baldaflkrre Voltecranpt il quale oggi fi trova in Litua^
nia, dove difngne nel Monte Pads una Chiefa fatta fabbricare dal Grati
Cincelliere di quella Provincia Loreaso de' Paspzi nobil famiglia Fiorenti*^
na: e fu ancora formato il fuo voko per farne poi più getti, ficcome q
feguito . Tutto il giorno de' i tf« fi tenne efpofto il fuo co&do nella Chiefa
di Conaregazione f e perchè egli aveva ordinato d'efler fepoito nella Chiefi^
de' Padri Oefi^ìti in San Giovannino t fu la fera medefima a quella portato*
Dietro e quel cedevero ii> cadmiò oudca gente di ogni M»fib e condizione , I4
F.f qua/e
(a) J^Jlo FéìUmi CQpA^grigimmv^e m G$0r4fir$b$M irionfi di CgmmiU^
difim^kéfrefco d§ Cecchin Salviati» U qual cofi^i Qggi vi fi vede.
450 t>èà'kAP^ìi^fdi!t.r:dèlSà,Kdaii^o\:éi6so.
^lute con ditaoanzioiM^mefìh^iV 1ò volte jicooòiFiignue&uk ftdft-CIti46.^
« molci non potevano faziarlì di celebrare li bohtàs .virtù dì cale ooibd .
XjS notte feguente fu ferrato quel corpo in alcune flaaae del Collegio*
finché gmgne0'e l'ora di poterai! dar fejpoitùra, lìccome fi fece U miccina
del di 17 volle eferciur qnem». pio ufizìo il Commendatore Fra. Ferdi^
nando BuonaccorG Cavaliere GierofoUmitano* il qaale lo collocò nella ie-
poltura, che è fotta l'Altare di Sant* Ignazio della medefima Chicfa. di
San Giovannino. Dipoi fon* occorlè molte cole. di grand' edificazione >
che hanno confermato il buon concetto, che ù ha di quelito fervo di Dio .
Ma bacandomi l'aver raccontato per comuaeefempio le virtù, colle quali
egli conversò fra di noi; lafcerò il rimanente focto i' infallibile e fapien-
timtno governo della Divina Provvidenza» di cui è parte Ìl far palefi o no
gì' impenetrabili fuoì fegreci, fecondo ciò» che appartiene alla maggior
tua gloria » e islute noftra .
LORENZO LIPPI
PITTORE FIORENTINO
*Diftepotù di Matteo RojfeWt, nato i6o6, ^ 1664,
IAcqne Lorenzo Ltppìi Pittore e Cittadino Fiorentino» L'an-
no 1 6a6. Il padre luo fu Giovanni Lappi » e la madre Maria
Banolìni . Atcefe ne' primi anni delk, tancìullezza alle lette-
re umane ì ma pei ftìmolatu da an« molco fecvcnse uicUnaR
zionc , che egh aveva avutodalh Natara, «Ile cofedeldtfegno#
deliberò, fenza lafciar del tutto ie Isncre . di darfi a qttello
ftudio : e per ciò fare fi accomodò appreflo a Matteo Rovelli » pittore non
folo di buon nome, ma altrettanto pratico nel fno meftierc, e cactiacivo
nel comunicare a'gioVani h propria virtù, edinfiemccon eflàogni buofk
coftume civile e crìHìano . Era in qocflo tempo il giovanetto Lorenzo d»
fpirìto sì vivace e focofo , che con eilcr' egH applicato s vK} divertiaKiv-
ti, tatti però viriuofi e propri ^ì quell'età, cioè di fcherma» faharc aca^
^Ilo e ballare, ed anche alla frequenza dell'Accademie di lettere; Sep-
pe comuttocìò dar tanto di tempo ai principale intemo foo , che fu il
dlfegno e Is pittura, che in breve k(ciatìfì indietro tutti gli altri fuoi oon-
difcepoli , arrìvòa difegnar t\ bene al naturale, che i difesi ufcici di fu»
mano in quella età» fianno al paragone di molti de' principali naefiri di
quel tempo I ed io non ho dubitato di dar luogo ad un dìfcgno di matita
roflae nera» fòtto da lui in que' primi tempi, fra gli altri difegni pure di
fila manoi ne' libri del Eereniflìmo Granduca , che concengoucr la maravi-
gliofa raccolta, fatUnc dalla gbriob memoiia del Scieiùffimo Cardinale
Leopoldo.
b |ò£ ÙREKEO\ l IPFL 4^i-
Leopolda, fri foinnui difegfiaya qgli.ttnco bone » che fe e* non fofle Atta)
in lui jin amor fìflb» che egliebbe femprc intorno alla fecapiìce imicazio-»
ne del naturale» poco o nulia cercando quel più» che anche fehza fcoftari^
dd vero* *può Tingegnolb actefioe tggiugner di bello air opera fua» imi»,
tahdofolamenteil.pm perfetto» con vaghezza dì abbigliamenti ^ varietà
e bizzarria d' invenzione» avrd>be egli lenza fallo avuta la gloria del pri-
mo lartefice,. che aveiTe avuto ne'fuoi tempi quella patria » ficcome fu fii**^
mata il migliore nel difegnare dal naturale. A cagione dunque di tal Xua
genio alia pura imitazione del vero» non volle mai fare ftudip fopra le epe»
re di molti gran maeftriv ftati avanti di lui , che aveflèro tenuta maniera di-
verfa; ma un folo ne elefle» in tutto e pertuttp conforme al fuo cuore:,
equello fu^Santi di Tito» celebre pittor Fiorentino» difegnatore mata vi- .
glio{b»e bravo inventore; ma per ordinario tutto fermo ancora elio nella
loia imitazione del vero . Delle opere e difegni di cpftui, fu il Lippi
coA innamorato r che fino nell* ultima fua età fi metteva a copiarne quan-
ti ne poteva avere de'più belli; ed io il io» che più volte gli prtft i pci^.
ule effetto certi bellilumi putti t alcuno de' quali (così buon maeftroco-:
me egli era) non ebbe difficoltà di porre in .opera qvafi interamente feq-^
za punto fiutarli . Ammirava il RoìTem fuo macftro q\i«fto fuo gran di(^«.
gno» accompagnato anche da un piacevole, qolorino; e frequentemente'
glidìceva alla. prefenzadi altri; Lorenzo» tu difegni meglio di me. Glifa^j
ceva,xonfua iiìvenzione* difegnare» cominciare» ^ talvolta finire anatra
to di colorire alcune delle molte opere» che gli erano tuttavia or4inate:^
o fra queile» che ttfcironp fuori per fatte dal Roirelii, che furono quaC^
interamente .di m^no di vkii » cen^folainvenziona del maeftro; fi annove;-
tano i due quadrb» che fono snella parte più alta' di quella Capjpella dt^:
Bonfi diS; Micheledagli Antinoiri« per la quale aveva fatto il Rofielli U bel*
Ifflima.taYola della Natività del Signore; e rapprefentano uno il mifìero,
della Vifitaziòne diìSanta Ltfabetta» e V altro l' Annunziazione di jM^ria..
Ma petohè una pittura ottimamente difegnata e più che ragionevolmente
colOTita» tuttoché manchevole di alcuna dell'altre balle qualità » fu fem«
premai iniftima apprelFo agi* intendenti; scquiflò il Lippi tanto credito»
che gli furono date a fare molte opere» che u veggono per le cafe di di-^
verfi Gentiluomini e Cittadini* Fm le altre una grai^ tavola di una Dalida
eSanfonè per Agnolo GalU; pel Cavaliere Dragomanni» a concorrenza di,
Giovanni iBilivert > di Ottavio Vannini e di Fabbrizio Bofchi ^ tutti celebri
pittori e. allora maeftri vecchi t fece un bel quadro da fa(a-_Mno pel Màr^'
ehefe
celimi jSpéziale dipinfeja favola d* Adone» uccifo dal Porco cignale
anche altri ;quadri di Aori^«^di mez^e figure » che lunga colà farebbe il
deferi veire. Partitofi poi;d^ ma^Qrp » crebbe femprepiù il buon con«
certo di lui», onde non tati gli ma^cp d% operare . Per uno» che faceva ar*.
tedi lana»' &oe un Erodiade alla tavola (di Erode» che fu (limata opera fio.
golare: e Iranno 1639. per JU Cappella degli Efchini colorì la bella tavola
del Sant' Andrea in.SaA Frigno; e filari ipoTti quadri e anche ritratti al na*
.. , Ffx - turale.
4fi DeceHfflVlMa P4rt. l del Sèi. W. Mi 640, él 1 6$o.
ttlràle« Era égli gii pervcfìutd tlt^iMà di qasntàk^nmia^
fi hfdf è di acctfam cotta mo^tcò <mcfta e ciVile fsnoirila Eii£ifas€ta , ^Uuo«
làdtGio. Fràncefco Sufini» valent* teoltiore e getiMon di «iMcalK, éilce*'
Tiolo del Skifini vecchio : d ik LiiOfMÌS MiriÉoi > cdgira dì Alfoofo di Gi««
Ho Parigi > Arehitefcto e Ingegnef e del SeroiùffimoOranduca Ferdioandar: IL
Non era ancor pallàco mk tnwo doj^er H fiio ^fidizsor che fti aonunato
Allonfo Parigi fuo nttovopareflfe^fìriiiltìfta commiffione c^Ifpraciid^
It glortoiai tneniorfa della SereniifcfnaArcsduelicSaGfaiidk^ diai«ì<liKco»
]à alfer vizio di ^ittU' Altezza un buon pretore f onde a Parigi cpnoicciido
li valore di Lorer^^o, diede a lui tale occafione. Si pofee^i ìa vk^gior
e pervenutovi finalmente» ^ j^cefvoto con ììkmffxt dinofir^tiom da qiKils
amorévole Priiìcipefl^, G mife ad «pcware ìrì tuaco ciò cNe gli ftx .tìtéktnto :
efecevt molti ifciaftf di Yrìvmi^ìf Dame cr Cavalieri di qunHa Corte,
fi altre pieture» E perclbè Ldttnzd non fi)faaieace per una certa fin acii«
rezza ne^motct e per dfeàné parole 'piacevoli» che fònza nò poma né pocs
dar regno di rifo, con qiiel fuo volto, per altro in apparenza ftfia e aia«^
Imcomcd» profferiva Niie fpefliy «irodcalionev rvncfevaaim»flhsieef dft<»
lidftif àbile b convei^faéiòn ftia ; e aitéha (tefdbè c^ siveva già data ptìad*
piò èlle coàtpuflzióne della bizea^r* lèggpbndar d» cut :eppiiefojpt»kemmo »
ìhciiiQlaftdofa £tf NovéUàièOe dMeJff'glitf, àke pcÀrida^ ad m]pefo.po€3Da»
CtìH tég^erhf éVei faceva nel^òre del diirertimemo^a qiis|la Altezza^ e
éon cercò ptaecvofée infictnìa rìfpeacefo daa^ fu0'poafpcio'ad>coDver£are
c& gf armii , feppe gt^dagnarfi a grait fegno la graaia dì oifcHa: ftiricqkfla,
atia quale» còs) volendo alta medeiuli», Itf'dadidò, cidila^lectévareiieei po^
^ a printipro di iik, éhe toùiincUt^té^^gii^ri^ dir Crejli\ Dioiorò^ ii
Ùppi in <(t]elte psrti cifTca fei meliyio funi dìciotibr cobie énAtcnSki.
AareilSfidd ir> qBe» medefióai tempi fdgtpttf ia morte #.^ptrd^
^li ffih iaióvì%& é riéómpeAfaPtor Te n» ttthFrdàiNa petiia; dolco uoa li^^
Ktattdè^ tHìt di fare òpttt bello in piccuM/ féppe dare ilifuo làogo.o'Ffi»
rem^o éìÌx comin«fazion^ dd feo ^oemit , Lai ptioia ci^ionerdr queSko af«
ibnt<> fùo fu ouell^, che ora io Cono pef dire, pernoaizia avuta da lai ìkéc^
ÓQÙmd Aveva ilLip^if, ftno tfà)la^nciullezza f avata rn ^no dilla. Natura,
tìn^ éfì^^Ti ; ma- ptvò ótìeth yfìv^tìtk^^ bittzmia , con xn\à fingolan agilità di
c^oijpt^', derivdt^'hi Itiinà^iifòIo^a^ncweSererovérchfatmhiieicavnolé^tt»
d^fifféth ilìdeféilarheVKte éreVc^ttotoper mòffitrìr^neti^lliti'e^ fdmrtni^y
rteflc ^iorrì coihrche,'^ €ó iti ogM fttfra crpeVazìone f ^epfìiGi cfò tino fprritc^
rutto fooco, com^ erst iffuò» ma nért lalciava pei^ qiidb> idi qaiaado iit
^ttarndfo di efercitare ftto ingegrro nella ^OMn dolisi ond dir alcun, bei fbfiena
€ canzmie rniftile piacevole.- CoIP a v^r<:tar» in ìói Ketà tf acére(ìief& Le liaK
tichfe\dèF pemndio rriiiemo col périftevb delta cefa , fi aodareno aiicfacr di*
iftlntiendò Mcylto li tempo e 1" ab^^l'itàt kg4i:ei^rci^^W|^orali¥tn8 coféeflardi
guèlfi fi ax>da,va {e[nprefi|iii aegument^mó ifvlMi la cnriòfità dé^penfieri, tni^
ri inrténtì al rittòvamemo dr on noòv&è bìtllò' Aite di Vaj^ poefiil 'Aveva
e^, corbe fi è acccmiatoi non iòhttitfvtè qUaicl^pdtreMeli» me ancore
grande amicizia le pratica col nominavo Atfónio Pqfrigf» ehe pofl&devaiin»
Villa in^ fili* Poggio di SaiHo Romolo i fette miglia tostano di' Faenze fi»*
LORENZO LI? PI' 455
pra la {Inda Pifana , in loc^o detto la Mazzetta! ]>a(redQta og^i da Bernar«
dino degli Albizzi» Gentiluomo dotato di ottimi talenti e di graziofi co*
(lumi: la qual Villa è non piii di un miglio lontana da quel Caftcllo di
Malmantile » che oggi per euere in tutto e pertutto voto di abitatori e di
abitazioni» benché confervi intatte le antiche mura» non ha però di Ca«
dello altro che il nome. Andava bene fjpeiTo il Lippi in Villa del Parigi:'
e nel paflare un giorno > andando a fpaub» da quel caftello» vennegli ca-
priccio t com'egli era folito a dirmi » di comporre una piccola leggenda in
iìile burleico , la quale dov^ eHere» come togliamo dir noi , tutto il ro-
^cùào della roedajlia della Gerufalemme Liberata^ belliflimo Poema de!
Ta£R>r e dove il Taflb elettoii un alto e nobiliflìmo fbggetto per Io Tuo
Poema* cercò di abbellirlo co' più follevati concetti e nobili parole, che
gli potè fuggerire l'eruditiflima mente fua-« il Lippi deliberò di metterà
in rima certe No velie» di quelle» che le femplici donnicciuole hanno pet
ufo di raccontare a i ragazzi; ed avendo fatta raccolta delle più bafle (Imi*
litudini» e de' più volgari proverbi e idiotifroi Fiorentini; di effi tefaè'
tutta r opera fua, fuggendo al poflìbile quelle voci, le ^uali altri» a guifa
di quel rettoricoatticJ(la»riprefo da Luciano ne'fuoi piacevoliflimi dialo^
ghi , affettando ad ogni propofiio Tantichità della Tofcana favella ; va neTuoi
ragionamene! fenza (celta inferenilo. Fu fua particolare intenzione il far
^Mnofcere ia facilità del parlare noftro: e che ancora ad uno» che non ave-
va (come eflo) altra eloquenza t chequellat che gli dettò la Natura» noa^
era iffluoflibile il parlar bene. Ora» perchè fpelTa accade» che anche te
grandimme cofe* da baflb e talvolta minutiflimo cominciamento» traggo-
no i loro principi; egli^ che da prima non avendo altro fine, che dare
alquanto di sfogo al fuo poetico capriccio» e paflar con gufto le ore della
veglia t aveva avuta intenzione cT imbrattar pochi fogli» de^quali anche già
fi era condotto quali al desinato fegno, fu neceflitato partire per Germa-
ma»al (ervizio» come abbiam detto, della Sereni (fima Arciduchefla: e con
tale fua gita venne a4 incontrare congiuntura più adeguata per dilatare al-
quanto V opera fpa; perchè e0endo egli colà foreftiero e fenza l'ufo di
3uella lingua» e perciò non avendo con chi converfare» talvolta o (tanco
al dipignere, o attediato dalla lunghezza de'giorni o delle veglie, fi ferra-
va nella fua danza, e fi applicava alla leggenda, finché la condufTe a quel
fegno» che gli pareva abbifognare, per dedicarla alla Sereniflima tua Si*
gnora, ficcome fece colla citata lettera, Tornatofene noi alla patria^, ed
avendo facto afiapora re agli amici il fuo bel concetto, gli furono tutti ad-
doflb con veementi e vive perfuafioni, acciocché egli dovefie darle fine^i
non di una breve leggenda, com* ei fi era propofto, ma di uno intero e
bene ordinato Poema. Uno di coloro, che a ciò fare forte lo ftrinfero» fu
il mólto vircuofo Franccfco Rovai , a perfuafìone del quale vi aggiunfe U
ipofira dell'armata di Buldòne. Agli unzj eflicacifiimi del Rovai , ii aggiun^
fero quelli di altri amici, e particolarmente di Antonio Malatedi, Aurore
della sfinge e de^ bei Sonetti , che poi dopo fua mòrte fono fiati dati allo
AampcincicpUti Brindi f dc^Cichpi. Grandifiimi furono ancora gli ftimo<»
li I cne egli ebbe a ciò fare • da Salvator Rofi, non meno rinomato pittore»
Ff j che in-
454 Decenti . V, deSa Part. L del Sec» V, dal i ^40. id 16 $0.
é
* • *****
che ingegnofo poeta . Da quello ebbe il Lippi il libro intitolato Z0 Cunta
de li CuntCf ovvero Trattenemiento de li Ticcerille , compofto al modo di par*
lare Napolitano » dal quale trafle alcune belliffime novelle . e meflele inrtma .
ne adornò vagamente il fuo poema . Chi queQe cofe fcrifle» il quale tbh^
con lui intrinfeca domeflichezza, e in cafa c}el quale il Lippi lede più vol-
te in converlàzione d'amici» quanto aveva di nnitòt a gran fegno V im-
portunò dello ftelTo : ed ebbe con lui fopra le materie» che e* deftinava di
tggiugnervi» molti e lunghi ragionamenti; tantoché egli finalmente fi ri-
folvè di applicarviti per davvero. Ciò faceva la fera a veglia con fuo gran-
didimo diletto, folito a dire al nominato (crittore, ch« in tale.occadone
bene fpcflo toccava a lui a far la parte di chi compone» e quella di chi
legge ; perchè nel fovvenirgli i concetti» e nell' adattare ai vero i prover-
bj » non poteva tener le rifa . £ veramente è degno il Lippi dì molta lode,
ih quello particolarmente» di aver iaputo» per dir così, anneftare a* fuoi
verfi i prover()j e gridiotifmi piùfcuri; e Quelli adattare a fiitti si nropr),
che puòchicheflia» ancorché non pratico delle proprietà della noftra lin-
gua» dal facto' medefimo, e dal modo e dalla occafione in che fono portati ^
intender chiaramente il vero fignificato di molti di loro. E ciò lia detta,
oltr* a quanto fi potrebbe dire in fua lode e de'fuot componimenti ^ Per uq
nocondiffìmo divertimento e ricreazione! nell'ordinazione di cui non ifchi-
To i concetti pure di chi tali cofe fcrive» a^gimifevi molti EpiCbd) » col
canto deirinferno (41) : e finalmente in dodici cantar) terminò il bel Poema
delMalmaritileRacquillato, al quale volle fare gli argomenti perenni can-^
titre il già nominato Antonio Malatefti* L'allegoria del fuo Poema fu, che
Malmantile vuol fignificare in noftra lingua Tofcana, una cattiva tovs-
f;lia da tavola : e che chi la fua vita mena fra 1' allegrìa de* conviti, {ier«
opiii fi conduce a morire fra gli (lenti. Né è vero ciò , che da altri fa
detto^ che egli per beffa anagrammaticamente vi nominklTe molti gen-
tiluomini ed altri fuoi confidenti*, perchè ciò fece egli per merapiace^
yolezza» con non ordinario gufto di tutti laro» i quali con non poca
avidità afcoltando dall'«»organo di lui le proprie rime, oltremoda gode-
rono di fentirfi leggiadramente percuotere da^ graziofi colpi dell' inge-
gno fuo • Chi vorrafapere aln t accidenti, occorfi net tempo, che il Lippi
conduceva queft' opera, legga quanto ha fcricto il Dottor Paolo Minucci
Delie fue eruditifiìme Note , fatte alio fteflo Poema, per le quali viene egli,
quanto altri immaginar fi poiTa, illuilrato ed abbellito. Non voglio però
la(ciar di dire in quello luogo, come un folo originale di queft* opera ufcì
dalla penna del Lippi meflb al pulito, che dopo fua morte reftò apprefiò
de' fuoi eredi: ed una accuratiuìma copia del medefimo, rifcontrata coit
ogni cfattezza da elio originale» fu appreubdeiCavalieréAIeffandro Valori r
Gentiluomo di quelle grandi qualità e doti, diche altrove fi è fatta men*»
zìone . Quello Cavaliere era folito alcune volte fra l'annodi ftariene per più
giorni in alcuna delle fue ville d'Empoli vecchio, della Laìlra o altra, in
compagnia
w«
(a) V Inferno del Lippi arcbitcttaio daUo Scrittore di qnefit Vite 9 €be megli
diede e invenzione •
M - ^
LORENZO LIPPI.
455
eompagnU & Altri nobiUi&mi Gentiluomini e del f irtuofo Cavaliere Bac-
cio IQO fratello» dove (bleva anche frequentemente comparire Lionardo
Giraldi Predilo di Empoli, che all' integrità de' coftumi e affabilità nel
converfarci ebbe fino da' primi anni congiunto un vivaciflimo fjpiriio di poe<
fia piacevole» in ftileBernefco» come mofirano le molte e belliflimc fue com«
pofisioni : ed a cofioro fece fempre provare il Valori» oltre il god^men*
co di fua gioconda con verfazione, efietri di non ordinaria liberalità» con
un molto nobile trattamento di ogni cofa^ con cui po0i e voglia un ani^
monobilee generolb onorare chicheflia nella propria cara. Con queftì era
bene fpeflb chiamato il Lippi» è non poche volte ancora lo fciittore dello
prefenti notizie » che in tale occafione volle Tempre eflere Tuo camerata , Ve-
niva Lorenzo ben provvido colla fola bizzarria del fuo ingegno e col Tuo
Doema; con quella condiva il guftodel camminare a diporto » ilgiuocoe J*jìI-
legria delta tavola » mediante i fuoi acuciifimi motti: e con aueflo faceva
Sflàreil tempo della vegghiacon tanto ^uflot che molti» che fonò fiati
liti dì godere di tale conveif azione» ed io non meno diedi, non dubito
di affermare dì non aver giammai per alcun tempo veduti giorni piiì belli;
Ma tornando al Poema, ne fono poi a lungo andare ufcite fuori altre mol*
ti0ime copie di quefia bell'opera > tutte piene di errori ; laonde il già nominato
Dottor Paolo Minucci Volterrano >foggerto di ouella erudizione , che è no*
ta»e che ci ha dato faggio di e0ere uno de' più leggiadri ingegni del noflro
tempo» avendo trovato modo di averla» tale quale ufcì dalla penna deli'Au-
tore».hapoi£itto^ che noi l'abbiamo finalmente veduta data alla luce» o
dedicata al Sercniflimo Cardinale Francefco Maria di Tofcana » coli' ag-
giunta deir eruditiffime note » che egli vi ha fatte per commiflìone della
gloriola memoriadelSereniflimo Carni naie Leopoldo» acciocché meglio li
intendano fuori di Tofcana alcune parole , detti » frafi e proverb) » che fi tro-
vano inefla, poco intefi altrove» che in Firenze. Non voglio per ultima
lafciar di notare quanto fu folito raccontare l'Abate Canonico Lorenzo Pan-
ciatlchi» Cavaliere di quella erudizione» che a tutti è nota; e fu» che con
occafione di zver con altri Cavalieri viaggiato a Parigi» fu ad inchinarfi alla
Maeftàdel Re» il ouale lo ricevè con auefte formali parole: Signor Abate»
io flavo leggendo il voftro graziofo Maimantile: e raccontava pure T Abate
fleflb , che la Maeftà del Re d' Inghilterra fu un giorno trovato con una ma-
no Isolata fopra una copia di quello libro»cheera fopra una tavola: e tut-
to ciò fegulimolti anni prima » eh' e' foflie dal Minucci dato alle (lampe . (a)
Tornando ora al propofito noflro» che è di parlare di pitture» molte
furono le opere» che fece U Lippi » chefi veggono in diverfe cale di partico-
lari perfone. Al Maeflro di Campo Alefiandro Pafierìni fece un bel quadro •
Ali' altre volte, nominato Diacinto Marmi copiò il belliflimo Ecce Homo »
di più che mezze figure quanto il naturale» che ha il Sereniflimo Gran-
duca di mano del Cigoli.; e ne imitò così bene il colorito» i colpi » i ri-
tocchi ed ogni altra cofa» che air occhio degl'intendenti apparifce T ori*
ginale» più antico sì» ma non più bello. llMarchefe Mattias Maria Bar*
F f 4 tolommei
k:«
(a) C^ da farne una nuQva edizione con altre annotazioni.
45^ Decenn. V, dclU Part, h delSec, V, dal i ^40. ali6$o.
tolòmrnei ha di fua mano dae quadjfi da Già di favole dell' Ariófto« unt*
Senniracnide; e un San Francefco quando gli comparirce l'Angelo colla ca«
raiTa defl' acqua . Per elfere il Lippt uno de* Fracelligrandemente affezio*
nato della Venerabile Compagnia deirArcangelo Raffaello, detta la Scala,
deliberò l'anno i^^l?. di fare aquclla un nobililfimo regalo: e fu una gmn^
de e beiiiflima tavola di fua mano, in cui figurò ndftro Signore Crooififlu,
la Vergine , San Giovanni e Santa Maria Maddalena al pie della Croce,
alfa quale opera dx que' Fratelli fu dato luogo (opra l'Altare di una delle
Cappelle nello Stanzone o Ricetto della medefima Compagnia: fcriflevi il
fuo nome, V anno che la dtpinfe e nulla più ( ma volendogli fteffi Fratelli
della Compagnia tkr noto un atto di tanta generofità» fecero per mano di
altro artefice « aggiugnere alle notare parole del nome e anno* la parola
donévit . E' ancora in efla Compagnia di mano del Lippi un Crocinflb in
tavola portatile» dintornato, che ferve per le devozioni de* giorni di paf-
fione ; e quello pure fa dal mede imo dato in dono : e tanto T una che
l'altra opera è (limata a gran fegno da'prófeflbri detrarre. Il Senator Lo-
renzo M^ria Frefcobildi e fratelli, hanno di mano del Lippi molti ritratti
grandi di uomini illuftri per dignitydi e per valore » dati di loro nobile
famiglia ne'pafldti fecoli. Fece ancora il Lippi con grande Audio una
tavola di un San Baftiano, in atto di efler battuto da due manigoldi con
Verghe di ferro. Vedefi la figura del Santo Martire, in atto di cadere fe^
mivivò verfo la terra t e colla gravezza del proprio corpo £ir violenza
alle braccia ed a* pohi» ch'egli ha (Irettamente legati ad un ceppo . L'attitu.
dine non può eflere meglio, ne ptù evidentemente efprefla. Nella parte
più alta del quadro fono alcuni Angeletti» preparati a coronare la iti lui
forte coft.iDza» i quali fi dicono finiti per altra mano. Quefta tavola»
venne in potere di Andrea Salvint^ un«> de* Magonieri del SerenifEmo
Granduca di Tofcana , padre dell* eruditiffimo Abate Anton Maria Sai-
vini , Accademico della Crufca , Lettor pubblica di Lettere Greche
nello Studio di Firenze, di cuìi per non far torco alla gran fama che
gii ne corre per ogni luogo , óve han loro (titusa le buone lettere » ci ba-
tterà per ogni lode più fingolare avere acceniìato il nome 11 Senatore
Alamanno Arrighi , Segretario delle Tratte del Sereniflimo Granda*
ca, ha di fua mano un San Francefco Saverio» genufleflo intorno aJ ma-
re» mentre il granchio marino gli riporta il miracolofo fuo Croce fido, get«
tato in mare per placar le tempefte; ed appre(fi> al Santo è la figura dt
un mercjtance, che dimoQra flupirfidi sì gran fatto. Dipoi il ibpraimo*
minato Agnolo Galli» volle far fare un quadro dafala» dove fofleradt-
Dinti al naturale diciaflette Tuoi figliuoli, avuti di Maddalena di Giov<<in^
DitiftaCariiefecchi fua conforte, fra mafchi e femmine; e al Lippi nedie-^
de la commilFione . Rapprefentò egli in qucfto quadro il cnoiitodi David»
che ritorna colla teda di Golia dalla battagliai e per la perfona di David
fece il ritratto di Lorenzo Antonio il maggiore <k* mafchi» il quale con
una m'ino foftiene la gran teda del Gigante, e coli' altra la fpada. Vicino
a David, dalla parte di dietro fi vede il ritratto di Matteo il figliuolo mex*
aano, del quale altro non moftra la pitturai ^}ie il volto con un poco di
butto;
/
: : LORENZO LIPPI. 457
buflò; Gjavamkiuibiil terzo ed idciino de* mifchi t è iigbr«to in an gio«
vaaecco mafico» che canea ìiiGèiDe eoa alcune piccole faiiciulltne colte sf
notar^dc dalle fninori fìslìuole di Acnòlo.Si fa incontraaUrionfaute Ifdrae*
liu uà coro di legjijJre vergintllc^ in aito di fonare» cantare e ballare».
fatre pure al naturale dxir altre iimglrcTi figliuole del onedeGmo. Per una»
che fuona la ceterai figurò la Cornelia» moglie poi del Gavalier Bernardo
da Cadialione ; per l'altra, che fuona il cc!mboio>t fa ritratta Ehfabéctaf
fpofa del dotto ed crjudito Carlo Dati ; . una cbe'fi vede dietro a quefifc j
attenta alle note» in atto di dolcemente cantare» è fatta per Giulia con^
forte di Amerigo Goadi: ed una maeftofa donna »ehe fi Visde in.niezzi
figura, poco lontano dal giovanetto David» che ha in braccio una piccola
bambkia» h li nomir^ta Maddaiona^Carnelècchi moglie di Agnolo: e la-
bambina è pure ritratta al vivo da un'altra Tua fìgitolina. Vdle anche,
chcroJtre a'didaflette figliuoli, fi vedeflero due aborti deila medefimar
e quefii il pittore ingegnolaoiente intefi: di rapprefemare, con far vedere
di loro # dietro a tutte, quelle ligure ^ fellamente una pìccola por te della froa*
te« AlIafUfibGeniiiuocx^odipinfe.ihLippi oaSaa Filippo Neri» in at-
to di oftacica;Qraeiòne. : e uo Santa Amohino Arcivefcovò di Firenae»
quando fa vedere il miracolo del DIO V EL MERITI : e di più feoeli i ritratti
al naturale in quattco quadri delle .4>rime.quattro'fiincfulle'fue' figliuole»
che:vefiirono abito religiofo; e di due delie prime maritate» e quelle foiìoin
piccoli quadri. Per ia Chiefii della Madonna della Toffa, fuori di porta a*
San GallOf.dc^ Padri Eremitani O^rvami di Sant' A goftino» colorì la tavo-
U'.delSan Niccola da Toletitino>dui^e figurò il Santo, in atto dt cén«
QUlcare le mondane vanità: e vedoofi a'fàoi spiedi due figure ben colori* *
te» una per io Demonio » e T aUra per la Canìft •* l'unae l*aUradeUequa«'
li* con getto vivace» infultano come al Santo, che le ha giorìofamente
vince: nella paneCuperio^e vedefi a peno Jl Cielo, e Maria V'ergine ed ir
Santo Vefcovo Agoflino, che lo corona. Fece anche nell i Compagnia
detta del Nicchio in Firenze» la bella tavola per l'Altare, del Martirio di.
Santo Jacopo, maravigliofamente efpreflb, con quello ancora del Carnefi*'
ce , che al vedere T invitta pazienza del Martire » confefso anch' efib la
vera Fede di Crifto. e con lalciar la propria vita fotto lafteflfa mannaia la
conf^^rmò. Sopra quella ancora vi è la lunetta dell'ornato di detta tavola»
rapprelen tante P Aflfunzione di Maria Vergine, anch' efla di fua mano,
/yioltilfime altre op^re fece il Lippi» il quaie finalmente pervenuto alPetà
di cinquant'otto anni, per Pindefeflb camminar, eh' e* fece un giorno»
com'era fuo ordinario cofiume , anche nelPore più calde e Cotto la più
rigorofa cferza del Sole , parendcgli una tal cofa bifognevole alla fua fa-
niù, avendo anche quella mattina prelb un certo medicjmenco, aflalito
da pleuritide con veemente febbre, con ftraordinario dolore degli amici ,
e con (èg. i di ottimo Criftiano, com'egli era fiato in vita, fini il corfò de*
giorni fuoi: e fu il fjo corpo fepolto nella Chiefadi Santa Maria Novella
nella fepoKura di fua famiglia. Lafciò due figliuoli mifcbi e tre femmine^
il primo de' mafchi fi chiamò Giovan Francefco» che vedi P abito della
Keligionc Vallombrofana » e Antonino.» che vive al prcfcnte in giove-
\ 'ndectà.
i^ 58l Decettv. V. delkPart. IddSecVMl 1 649. ùli6$o.
mie età ( 41 ) i Delle^fcmdiSne » lar (ir ima hH ptofei&to nel Convento di S« Qe^
mente di Firenze i la feconda voli Tahito ReligioCb nel Monte a San SavU
no: e Palerà fii naritatt a Gio. GiaoiiKo Paoli cittadino Fiorentino» di«^
premorì al marito fenza figliuoli ,
. Fu il Lippi perfona di ottimi xòftmni , amoi'etolè e caritativo; per»
lochèiOiericp 01 efleredeicritto nella Venerabile Compagnia della Mileri*
cordiai detta.volgarmence d6' Neri, che ha per inftitutojl confolare e ajtt*
ti^ i condannsti idlamprtcì: ed in éflà fu molto farvorolb .. Non fu avi*
dq,^i rpba^p iniereflat«;< ma fé ne.vifie alla giomìita col frutto delle fue
etiche f . e di quel oocq che gli eri reftato di patrimonio . Ma perchè tale è
r umana miferia» ene a gran pena fi trova alcuno» per altro virtuofo» che
9lla propria virtù. non coi^ung» óuaiche> difetto, poffiemo dire , che il
Lippi più per una certa fua naturai veemenza d'inclinazione, che per al*
tror^ in qu€fto fi) lo mancaffe^ e fadeflè ariche danno a iefle0b, in eiaer«
troppa tenace d^l proprio parere, in ciò che fpctta ali* arte, doè d'averne
collocata la perfezione ncUa pura « femplìce imitazione del vero/ fenza
puntQ cercar quelle cofe^che fqnza togliere alle pitture il buono e *1 vero»
accrefcono loco, vaghezza^ e^obiltà; la^qualcolii molOD glrtoifedi aiiel oran
nome e delle ricchezze; the c^li avrebbe pdtMo acquiftare» fé egli fi^^
r^ndttto incucila parte alquanto; jùù pif ghevoiCiaJJUltrtti opiniontV In prova
di che , oltre a quanto io ne fo per certa fcienza , per altri cafi occorfi > rac-
contommi un Gentiluomo di mia patria # che avendo avuto una volta di
oltre i monti, commilHone di ht me quattro tavole da Altare a quattro
de* più rinomati pittori d'Italia; egli una ne allogò, fé bene ho a mente i
al FalGgnano, una al Gwrciru» da Cento # e una ad altro celebre pittore
di Lombardia, che bene non mi fi ricorda^ eiona fiindmente al Lippi; ed
a quelli la diede con patto» che egli fi dovefie contentare di dipignerlafe-
cpndo quella invenzione » che egli gli averebbe fatto fare da ultro valorofb
artefice, sì quanto al numero e all' attitudine delle figure, quanto al caoi^
poniiqento, abbigliamentot architetture é fimiliredifiemidipiùilGend«
luomp, che fatta che fu V invenzione in piccolo difcgno, il Lippi fi jpofe
a operare» e a quella in tutto e per tutto fi conformò con gli fiud] delle fi«
gpre: e finciltìpiente candufie un opera , che riufci, a parere di ognuno, la
IHÙ bella di tutte le altre. Potè tanto in Lorenzo queft' apprenfione di vo-
er poco abbigliare le fue invenzioni , che non diede mai orecchio ad al*
cuno, che foffe fiato di diverfo parere : e al Dottore Giovambatifia Sxgni ,
celebre Medico, che avendogli tatto fare una Juditta, colla tetta di Qlo.
fernc, fi doleva « ch'eTravefle veftita poveramente, e poco l' avefle abbi*
giiata; rifpofe, doverfi lui contentare ogni qualvolta egli per far quella fi*
gura più ricca, le aveva meflx) in mezzo al petto un giojello disi grofli dia*
alanti, che farebbero potuti valere trentamila feudi: ed efier queir altro
adorna-
««r
- - - - . - \
( ^ ) // quale pai imente morìforprejo da accidente, fubitanet^ né" 4. Onahrc 1 714.
Jinza far testamento^ onde ne fu^'om eredi $ ab inteSatù » 1/ Cavaliere An^
.fon Fr ance fio Marmi, £ ii Cawliet lascerà Maria Marmi $ Comandante e
CqfieììaiM jaella Banda e Fortezza di Tifa .
LORtNZO LÌPPL 459
/^
tdoMamèhto\ Tolo^^dl (iócKi £%ncrej di (juAtro fvòlmi . Dirò più, che
quefto fuo gufto tanto teriho nella. pura imitazione, fece sì, che poco gli
piaca'uero le pittóre dì ógni altro maeftrd , che avefle di verfamente operato »
fuifeu pure dato' quanto fi vòlefle eccellente : e fi racconta di lui cola, che
pare aUolutamence iììcredibile,"flia però altrettanto vera: e fu» che egli
paflando di Parma al fuo ritorno d'Iipruch, ne meno fi curò di punto fer*
marfi per vedere la maravigtiofa Cupola e le altre diverfidime pitture»
che fono in quella città, di mano del Coreggio. E fia ciò detto, ^er mo-
giudizJo univerfale de' più penti, già
poirefibdi eccellenza (opra di ogni altro artefice.
Laddove nel prefènteTacconto della vita del Lippi fi parlò del Cafliello
di Malmancile, pare, che farebbe flato molto in acconcio il dare del me«
defimo alcuna maggior notizia , giacche in quanto fcrifiero gli dòrici di
noftre antichità, non ho fin qui làputo trovare, che ne fia ftata fatta al*
cuna menzione: ed all'incontro non era a me punto difficile cofa il farlo;
ma ciò non fegul , perchè 'non volli divertire dal corfo della ftoria, riier-
vandomi alla fine. Porterò adunque ita quello luogo, copiata ad verbum,*
la feguente memoria, che non ha molto-, mi ha datò alle mani» copiata-
dal proprio antico originale.
Viti noti Ics & pradentés ,
DBcem Provi fotes Chitaiis Pifarum , Prfloriit Vuherrarum & aRorum
lùcorum ftorum officio commfiorum , in Jttfjiciemibus ntfmeriscongrcMii,
prò eoram officio extrcendo in Palatio Pvpuli Fiorentini ^ in loco eorumjoiità'
Refidemiéef ut moris eSi adver sente s J^odCaSrum oiialmamilis jamdiu in^
ceptum fìiit , & nondum babuit perféSionem ; Et confiderames locum , ita non
per^eSuntf effe poti tts ad ojffenfam quam ad defenfotn Communi s & circumad--
fiàmium d. locot & quod in tpjo Cafiro non poteft per/tSi adipfutn defendendum^
refpeSu òeccatèUorum f metlium ^ turrium non fi S. Et Volentes, periculis
inminentibus procèdere ^ prò utilitate &bonore Communi sfecuritateq; loci préC-^
ditìli; babiiafiiper bis proSica Jolemni cum Magnifici s Domi ni s^ Dominis Prio^
ribus Anium ^ Veximfero fuifUtidf ^ ab eis refponfb accepto , quod cum
omnifoOicitudinecurarentt dìBum laborerium tomplerijacere , (Sr quod prò eo'-
rum dominatione providerctur per primum Confiliumjlendum; Unde denarii
exiraéerentur prò di3o luborerio compiendo { provideruntf ordinaverunt & de^.
iiberaverunt • quod di&um laborerium onmino complpatur ^ ad perfcSionem
reducatur: ^ babitis pluribus magifiris exfufficij^tibus bujus Civitatis, ^
eifdem expo/ito^ qualiter prafatumluborerium locare volunt cuicumque volenti^
eum perficere prò pauciori pretto. Et demum ab eis ^ quolibet eorum rece-^
ptis fcripturis figillatit % et ipfis leSh : & reperto inter omnes prò minori pretio
facere velie , infrafcriptum Ambrofium & Pierumfocios : Mifo ^fiBo & celebrato
inter eos folemni ^fecretofcruptineop & demum obtento partito adfabas ni-
jjras &
45o Decerm. V. della P art. L delSec. V. dal 16^0, al 1 6$o.
gras & albas » jicunimm ùr^némcma H&i Cmmuhìs $ iiSum Marerìnm hca^
veruni & in hcaiionem conceJPerunt ififràjcripto Amh^ifio & Tiero fociis > &^
fnodo & fórma i ^prùui ^ ficut in [cripta^ nipriu propria fubfiripté HQì Am^
brcfii ^ mei Balaefis infraf cripti 4y$trAntwi%ìnfrafcripù^ utinyàptìa^
cujuyqmAem Script^ &fubfcripiÌQnum ten^r iéiìs^f vidciica.
jU nome di Dio Amen •
F430 éà ifi. ài Smembra aiCCCCXXJK
SIA monìfefio a qùalunqw perfena vedrà k prefenu Scripta 9 come gli ìnfra^
f<ritti ttiaefii /, trattali fi fifcrivcranno qui da pie di loro mam . cioè Pie^
ro di Carradino & Amprógìo di Uomardo maefiri da Fi 9 enze » oggi quefio éì tot^
gono in allogazione da i nobi/i nomini ^iea Proveditori della Città di Pifa e
poltri luoghi p a toro governo commeffit a compiere interamente é ciò bifognm
ilCaftello e luogo di Malmant il f ^ cogli inf r afcr itti patii tjalofj e modi$ come di
jhttofi farà menzione , e pfima i E fipr adetti maefiri promettono al d. officia Jb^
Dieci ricevente per lo Comttne di Firenze 9 lavorate e compiere il detio Cadetta
di quell'altezza & in quella forma f che per lo detto Ufficio 0 loro Proveditorejs^
rà deliberato e ordinato; il quale lavorio promettono fare e compiere Inter amen^
te a nfo di buon maefiro » di murUf beccatelli t voltiecinolf $ tot ri t volte e/cuJe
e ognijpefa de^ detti maefiri di mattoni f pietre $ e ciafcuni conci vi bifognafia*
oto nel d. lavorìo, di qualunqtte eagione » e ancora rena 9 n dare compiuto ili. Co*
BeUfB^ nel qual lavorìo i detti Dieci nittna eofa anno. a mettere 9 fé nane foh
ctdcinap A» il piombo vi bifognafiè. ^^ ogni ferramento fyfie dfbifogna mm^
rare nel detto lavorìo. E detti maefiri debono avere. per loro premio éald. Vffi^
pu/uranao vano per pteno^ lotat atea /. p. e dove fni/e meno eoe aracao^.
forando in faccia» fon che le poSe de' beccategli . non fi dando altro difegno. «'
tendano pigUorfi in qtteUa forma fono qsfelle del CafieVo della LaSra . Ancora
àPuogano i detti Dteci aUowadetti maefiri il fofii del detto CafteUo m f nella
forma 9 che fu allogata net libro di Melman$ile int. zqÌ. a Taccio di Giovanni
rnaeftro»
lo Ambruùgio di Lìonordo maeffro fono contento alla fopira detta Scripta
anno e me fé e di detto difopra , E perebè il detto Piero non fomfcrivere » vuole
ip prometta per lui^ e coti vuol efiere obriga^o fame io 9 inprefenza deUo^nfra^
if ritto ter Antonio , . .
la Antonio di Puccìno di ter Andrea not. Fior^ fui prefento alla foprad^
Sn'iptat e di volontà de fopr adetti Piero eAmbruogio^ i quali cunftfiorno effhr^
Contenti 9 come wUafpradetta Scripta fi contiene 9 mi fono fofcripto di mia pra^
pria mano 9 Anno, me fé e dì Japr aferi pti.
tgo Baldefe Ambrtfii not. floreminui ntordato di^otum Decem fttbfcr^
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'■. . '■':. «'■',1!, jV.n .-i .o'-hoviA
Nati -^ctrcah: éi Jtét 9i] >A5 1 67 8.
O Sion ebbi iliat diibbkyalciinD^ cheèhfrfi poiW tf'fó^ ^
nkini deilr perToint , ilctferfeyòìe tob'rttiró^sldiéf\ti aeffi fdidi
peraci, dflieoBlaniiie dcg»»iiàiìdìoli;ccil1eqfiiti vèilhid (Siiifii^
involte te imi^ìiMi càR niòderni.) nìòìi fl éTi^bhg^ à^)>èrico<^
I0 eviddtìtifliiRo di gusidagn«ffi fadeiapùtefib a ikìaivci;^blÉ(iAa è derìflòM
apf reilb a cucii. Ma pet la oontratio lo io ancora f chb ficcome è ìnafllmt
di uomo goffo» che créder fi ddsba indtffisrentécpente ogni cofa tè dpil
mlrfona ; cosi è principio indubicioo di pr^denza^/ in ifuefté gran flulTd er^^
^uflb d^'^niondaniaTirenimemi, étbte infìriici <|uef(C»fi^ tife* <1^^R è necéP
&tià la fede . Perche iion doverò io edimm» >< e ct^dtré e icriyère c\bt
Qhci tei; è>(la€o riferito .dt Roberca {fante Wl^;ineiifav ìol^ liò ^«i^perfotia-i
ohA itotti *fiòIo per leacìWc Tue qualità è degtvùrbpjirea^érftiè ié^ ógtti ci^
d^nedi ma che.pdr' due: anni ioterln eonnet/loo più linatti éAttepùìù^ hi
mVha.détto.§ Cbototaecià^ tnanite id fiyetapòngA tjQeftà notiiià
a^ji occfiidi culto. ^1 mondo ,:3defide»iir dibìaUri pv^ihk d« yidhd b Mie^
^id. informato ^iqiial dui iorini fia; ne ioiga^b iggiuAga ^uimo gK ^à'^
leffe o ndn vero o più dcrco; baftai^emi pvr<Ofk di àverfatisfaitó aibuoil
ddfideric^ mio*,' thcfie diioòoperar.colbiniìl.penna sii pofRbilc all' accrefci^
sndnw della iasoa di un geio oraeftrà nelle npUre arti; ed alle gloriò di uii
pMì ' e» 4^Ua <sui protezione 0' dal gfahd'amt)i«^di virtù rieomi^^
laquefto noilra fecoloja feiìcità di avw fatMr itcfùifto di un tate uotno f
i] Sarppiiii adUnqHe^oaiepreflb alla aiccà di ftleitfs M^ecfopolt deflaÒaMpà^
gna» abitò im'canponki (lìe upmd delhi cafim. di Narttevil . CoihiI giuntò
obTtf' fuad Urta cerira.età » fopravvenendo le guerre , che circa Patino ìS9S*
crUdeioienteoccupatonox craviiaHarono c|utlte parti; d;ilia Guarnigione
Spagt»u»lai in(feaie.coUatino^ie»ia£attomiieraiiiente morire atfcgato in uri
pMOb : né alrrì rimiife<dì Tuo parentado» ciai ^ad (uò fratello f che nella riomi^
nata Citte di Rema fé nie viveva in iftato ciafdftrale della Religione de''Car«-
meKiani &:tlat: cAnn^piccoky fanciulld, fìgbocA^eVlue defunti , che èra ai-
torà in età di quattro sntvi, che fu iìpaora del noftro artefice . Q^ieffi per
yimprovviiai mmreede'geQicori p& rtmaie in ìftico di t-anto abbandonamento,
che non
46 1 Ùècenn. V. della Partì. delSec. V. dal i ^40. al x 6$o.
«j]|o| nV^izla del Rellgiéfo?.rbo «io. (che pms^ivifcbbe^MÙkodtrdiqmW
che ajuto ) che il fanciullo fofle comparfo a quella luce; tantoché £ii for-
za al mifero il paflare gli anni (^ fùfj p^rÌ2Jà^foti{> P|ndifcreca cunodia di
certi luci vicini: i quali dopo avergu in poco tempo confumato il povero
fuo patrimoiija » ^onfiftenjCii jn alcHini jppcbt4M>btlh\i)Pfi^ avendo alcuna
cofa del ioréf ie4to'*nda^nò alla^^ité:^ al fòitcrollorfo non volle ri-
manere del tutto fprov veduto t fu necefiàrio quelli feguitare. Pervenuto
poi a fufiiciente e(^, ; «riCOtta>gIf pbfe Aldm e:fi £èoe.Ìbldato. Vennero
intanto le nuove al Frate del miferabile infortunio, fucceduto al fratello e
l4Ufdi Ju,i mpgjie-» ed^bbslanco e virifio^, eroine dì iqUd inaxtf ihronio era ri-
lp^^9^iPf>;FÌ<l^a|ìg^ vie, URe^
iigÌ9fP:>Soi(ìf> u pietà di hsf^ tul>itD4 modbTin viaggio mt Quelle parti.
C^ilfiiq^ i^h* it[ /ti, ali paefe ed - àlh éM del giàmortò tratdk> ^ in tele $ come
j^rairnari ii^figlUiplo» lafciatoqùél hego; fi edt;in compagnia di ^altri poruto
ajM^fra: n^per diligeràawchfe^iiìkccifif potè mai rintracctarne altra
giEtgnazÌ9iie f tantochdè difperatb^dt riti!o«arlo;, defitte ancora dalla ciir»
di pjù cercarlo «e fé ne: tornò a Remsf«;Sfettcfi fempre il giovane in quel
misere d^lU milizi;^.inbaffiffima fortuna;^ ioa perà» riiifcT un coraggiofo
f^^a^ai a fegnp, che aiTalito un 'giorno. dà quactcp fiioi nemici; che io
cercavano a morte, dopo tma brava dilefii ,£itra 1 rompenddfegli 4a fpada ,
fròfì ui>a/fcalai die per forte trovò difte& ia quella contrada , non fiolo
jS;li(jeròd«4'fìjei|sici>^ n^conteira menMdo.ad tin di toro un col|^a net bel
tnezsEo dello llpmaoQ^ lo lafeiò quivi mc^o. Vòmito a. notizia del foa
Capidaho qo^fto fatto, confideraia la Ixravura ddfoldato e la * gemerofit
^fefiif ch'egli aveva &tta tiella propria jrica., ocMi vxxUe,xhb^deU) ùinA^
cjdìq fi fàceQe alcun conto$ pno/cpi r€A&:Jibero'd8.oghi^fivòlètiti«'Mv
|Mirchè4iqueÒe^fimil^cofe<i^e^^ cagione') allatgiomiiw
gliene accadevainp molte'; fu egli flnalmeoiie.neci^atai tefciar^ilmeAieo
ddle/armi: e così .^iberatoSi dal foldOi^ fevne,vem)eaReitia,ie{reniib eglia!-
iofa in età di trent*anni . Non Capeva egli qval foffed proprio- fusme né il
pafató,. e tanto menò il (apévano quelli dejlavcittà; onde vi fu fempre
chiamato Burberone, nome , che per eflerejeglidi grande ftamiore di effi-
gie torbida e fé vera, fi era acquiftatotal campo, e ccd* quale era fempce fts-
to chiamato fino a quel! tempo, Quefto ;povero giovane"! col jia «de* fudl
primi infortunìi e della maJa:edacazidi)e, chei egli avevau avuta nel: me-^
Itiere dell^ ^mi) o rare volte o non mìai:fi erjictrovata ^a £ire alcuno di
quegji atti di pietà e di religione., thA fiwrpro^ de' Cattolici i com' era
egìiV ma non fu perciò, ch'ei non tvefie im naturale ,i. per àhrd afiai pie**
ghevolea quelle pie azioni, Qgniqual irolia et né a veflè; avuto qualche in*
centivo. Una mattina moflo dai non fo; quale infpttazione, le nefando co*
dui al Convento de' Frati Carmelitani , con anìtbo di»confèiIiMrfii forle
per la priipa o per la fecondar volta, in tutto flttempo.di fua vita: e fi
abbattè in un Frate molto anjtico. Davanti a ^efti fi accomodò al cofifcf*
fionariOf e cominciò la fua donfeffiooe. Gli domanda il Frate « quanto
tempo era, eh' e' non fi era «c;CoÌlaco a quel Sacramentai al ohe rifpofe iL
penitente.
I s
jRQBSH TO. :NANTEVIL . : . 45j.
p^fiii^eiice I «ffinrpi^difeittiaiùii^fiif^ungéndod^ dal te quali con
iK^be il Sacerdote» che egli dal iaj>erc di eder nato ds'Criftiano e Cacto*
lieo» e ctredece di eflere battezzato in poi » poclie akte cofe aveva in ca^
S9 9 di i|ueliei cjie a tal profellione appartengano * Il Rel^giofo gli domane
. 9 dolile e'/oOe» e chi foflero' i fuoi pareatì ; ^al <à» tirpo& il penitente é
jpflere di Và\ paefee di tal provìncia » «iainon faperechifoflero iteti i Cuoi
parenti » per eflèr quelli (tati affogati dalla Ibldatefca Spi^ool» in un ^i^
zoi in tempo» che egli era in età di quattro anni: « altri tali contrafleM
g ni gli diede» da i q[uali comprefe il CpnfeiTore» che egli fofle, ficcome
egli era veramente » j1 fuo proprio nipote», e quegli, che egli già tanto e
così inutilmente aveva cercato . Non fece egli jallora^i ciò alcuna dimo^
llrazione^, ma difle, ch'eTeguitafie la confeffione^ dopo la quale volendofi
il giovane partire t fu dal padre arreftato»' il quaie cordialittimamente ab^i
braccìandojot gli difle» che egli era.quel fiio canto caro e defiderato nipo*^
te» che egli aveva con tanta fatica» dopo, gì' infonun) de' fuoi genitori,
cotanto cercato : che il fuo nome era Ànfelmo Nantevil , e quel del padre
Roberto. Si trattenne lungamente con efio: e poi io pecfuafe a fare una
generale confeflione , e fé lo fece venire del coatinovo in cella» ed avendola
trovato al bujo affatto nelle cofe della Sanu Fede Cattolica, d'infegnò \%
Dottrina Criffiana; poi lo fece applicare al meftiero di trafficar corami^
nel quale egli coir ajuto dell* aderenze e amicizie del Frate , fi condufle ifi
ifiato di, tanto guadagno, eh' e' potè pigliar moglie.. Ebbe del fao màtri*^'
amonio quattro figliuole e due malchi» all' uno de'quaU, per memoria del
defuntp padre» pofe nome Roberto » che fu quel grande e non mai abbaftan«4
za lodato artefice, del quale ora fiamo per parlare, avendo voluto prima*
dar cosi alla sfuggita alcuna notizia del di lui principio. Giunto che fa
Roberto a una certa età » il padre incominciò a fargli infegnare grammati*
ca ; ma portato dal proprio, naturale» efercicava con eflb atti di molta feve*
rità , volendo , eh* e' badaffe alla icuola ed alla: caia infieme , per quanto V età
fua comportava : e fra V altre cofe aveva dato.per legge al fanciullo di do*
vere ogni mattina» prima di andare alla icuola, condurre lungo le mura
di quella citta, a paicokre alcuni fuoi immondi animali t cofa, che il gio*
yanetto faceva cpn fuo effr^mo roflbre» in riguardo de* compagni» i quali
a cagione di tal faccenda molto fi burlavano di lui . Soleva egli medefima
óltre a quanto abbiamo detto di fopfa, racooiKare. a chi mi ha date que-
lle notizie, che fcappatogii un giorno la pazienza» non gli volle altrimen*
ti condufie» ma fé ne andò addirittura alla fcuola: lo lèppe il padre» e
lenza altro dire condufle da fé medefimo qu^le beftie nella fcuola del fi*
gliuolo : ed al maeflro , che forte maravigliato e mortificato infieme di
quell'azione di tanto difprezzo» domandava ad Anfelmo quelch* e' facefle»
rifpofe; che dove ar^dava u^ ibmaro, che tale appunto diceva effere il fuo
figliuolo , potevano anche andare quegli animali «e bìfognò , che Rober*.
fo, lafciata ja icuola, alla prefenza di tutti i fuoi condifcepoli fi metteflè
attorno a quelle beftie, e a cafa le riconduceffe. Quefta così ftrana corre-
zione, che egli ebbe dal padre, fu in parte cagione » che egli IncominciaiFe
a volur l'animo alle cofe del difegno; perchè prefo da grancoliera, andava
poi di*
njqiielxiuiibià.fiflMtteva niu figwrule «d «t^re fimili cótt. Anfeimo»
i era iomantffimD (Ìa qufftp gcuiip » fcdiprc ne {a riprendeva» mettendo*
poiMftfoctùraii e.dieetti chèi|iìt|oei perlaptù fi morivano ^i^fime; pe«
lò. non :éinbr quello: mefiseto porrvi n o ^nili^tllape cofet feoi^ndo^udlo»
che pg^ ncend0ffv. C^Atiucòciè iempre faceva qualche cofii di
aafiuifo» ienaa peto abbandonai i^iliidid^etto-lìectere «óiane, nelle quali
fiBoei»akì,pnKfio (^ prDfirto>t die^pafaò alta ^iofoiia iti unafcuoki delCoL
Itgin d^' Padri Gioiti. TendefOrpiù che ad. ogni iUro il fuo genie pie-
%mtt£óBi$ al rkraiule perlbne^l naoui^ot che peròr mentre di* e' fi craceen*
iielinjqiieUiLf<;ttola.|i:fix:ei ritcaetì di fcatci i^^ixrondìfeepolii e tuttavia
fova iihimemzeandoi (bpf à ^1 1^ egli ave^- potuto tenere, per im-
par^ a maoeg^'areilMino.^^Procupiva ej^U pi4 ocoùltameate eh' e* po*^
tòTe, di piro(^cciam:a aleeffieipwbuiiAÌ^ taoat, per andarfi ofetckando da
per fk iiefl'o nei miglior ouhìo poiCbiie > neUempi eh* e' non era obbligato
aJla fcuoiaì ma noQ ora egli fempto tanto accorto, che que^ poveri arne*
laccio dtt' squali xt .fi 'andava provvedendo r non venKfero talvolta fotto
V DOCCIO dai pjidrét^ il ^oaie^li toglieva' quanto tit>vava ( untoehè il pò-
Vero^vanettoit/ privo ai ogm altro ftrvmento > (ì riduffè talora ad arruo*
«are il bulino in fulie pietre delle {pubbliche vie . Era in quel tenipo in
oucUa cinà ;un cale Regna^bn intagliatola ifn rame, che aveva uha (orelhi
nnciiilfai di belli(fiaio afpetto » alla quale Roberto portava grande affezio-
ne » o la defidecttva per ntigii^; onde portato da due amori , uno della
donzQibu e uno dell'arte» anelava quafi ogni giorno a cafadel Regnaflbn :
ftavm.:b{rorvandb attentamente il di lui modo di operare > e no rieovevt
anche molti precetti; laiche t' cominciò a intagliare aflai comodamente.
Per quefto ^non lafciava lo lludiodeHa filofoAé; e avvenne» che per avere
egli una volta riCpofto ad imdldué'-Padrii ecMi ardire-alquantoeceedente;
e anche* per cagione di qualche invidia » eh^ gii aveva procacciato l^avan-'
aarfi eh*. e^ faceva Copra gli altri fcolari ne) r« apprendere» fu mandato fuor
di fcuolai il perchè fi era Anfelmo ibo padi% offerto a far ^ili^nza di fiir-
velo ritornare ; ma HobefforecaOiudo gli'Ulktdel p^re { lafctato ouello»
ie ne pafeò a ftudiare in altro Godleglo . Qui fr ^ec#.luogd^ al Vl#tuofò giovane
dladempbre un gran dcfiderlo »^K' egli avevar atutO'flnda qiMfl tehipo , che
e' fi. mei&a lavorare a bòlinO;,chefa<i^intag}iÉve dàftONfohftaeonclufionei
in pccafione de* proprj ftud);: perche ^fféndpgti flattf^ckta^^a foftehere una
oeru Dtfputa in materia di filoTofia» fi fece fare un difegno d^ un pitto<»
US di quella città» da per fé fieflb lo intshgUò: e colle proprie mani, prima
di e^orfi alk vir (uofa battaglia, l'andò dupenftndo in quella feuola donde
fi era partito» noli lènza corifufiolie di co1btK>» cheerano Aati cagione che
o'& nefoffe allootanaco : Prevalendo finalm^iftè in lui ogni gidrno a quel-
lo del te fcieiize, i' amore dell' intaglio^ fpendèva ookar il più del fuo tempo
in cafa il Regnaflon . Sentiva ciò il padre con grsn diìgufto» ebencf^eflbf
trovandolo a operare, s'4nfurìava contro dì lui. Un giorno gli cprfe die*
tao con anitto dì p^rcuotorlo; ma il figliuolo falito in oima di un albero^
fi cavò
•• • '
• 1 «*> <0^
«OMi^ra - UANiEmL. 4^5.
ff €ft9^ di fiCba ettitltacojo "e «ina , qsM «I «eglib iéfai' e" potette fi tteoiif
d^ 1 difegtiaìre M :trifta^)^aér« > éheyoeo dopo fé m ptrti con poco gitilo^
Pa qtie0o tempo ib p^ Roberccr noa lc£btò iMt di in()itt«ir la boctegt
del Reenifttfon> nétta AfUtle^fi eTereiisva ìnht piccoli tic>atd coli' ÌBchlor
ftro ddtaCliihff . S«rmgtfi^lo «utM^a forte l'amore vcrib it fofdk del oa^
ftfo; ondeitnpaiijefìcédi tnag^idre indugio» deliberò di fpoGi(k. Il pafiroé
che a cagione éA qtteftofoobiiiino fi chiamava aflti dilf imaco di lui» non
lafeiò d^ far le foe ^artlperimpedif quelisatrinaonio» ma fioahnejit» vin«^
fé la eoAanisa del giovanetto» e'I genio, che teneva con effo il Regiiaffòn;
il quale fé 4o tirò incafa, e fli diade la forella per ii^ofii . Trovando^ aK
lori Roberto » tnedi alnte tafe accaiamento^ coli* animo quieto » fton fi) pub
dire con quanto #:rvor<e egli fi dtfle ag4i ft«id) deirar«efua> nella qiudà:
ogni di faceva maggiori jMrogreffi : e arri^rò la cofii a fegnot che il cognac^
che gli aveva promefli* grandi kj ori, )»ce<b da gelofia, fi dichiarò cooceflò^
che per T avvenire non gli avrebbe più dato oomodìtà alcuna» per ndn
ridurfi in grado di dover andare egli a imparar da lui , tanto era il profit^
tò, che egli aveva fatto in quel poco di «empo . Vedutofi il Naoteuìl m
tale affandone f- ajìdava pènfando al modo di aiutarli,- quando avendo in^
tefp daHo jlteiTo fuo cognato» che nella gran città di pangi» dove aiicorn
egli era ftato àlcon^tetopo» fotto il felice regnare di Luigi XIII. aveaoè
trovatsifoa Aanea legarti più ragguaudevoli o i più celebraci maeftrii feoB
penfiero d^invsarfi colà: eottenofeo certo poco danaro dai padre» infiemo
colla f onforte a' invJ9 a quella volta. Viaggiava Roberto^ o la moglie con
gran malinconia » non tanto per la poca provvifione di danaro» che espor-
tava con (eco » quanto tier andarfene in un pteCe » dove non avendo alciH
na corrirponden2a o rficohtro» temeva di dover farla male; pure al me»
gtio eh* é' poteva proccurava d i fare actimo a fé ftefio . Mon era egli appene
gii3nto a meno il cammino, ch'e*fi abbaccè in alcnnit in apparenza pA
leggieri a cavallo » che in foflanza eran benditi' e afl^fllnt^ con quefti gli
fu forza ii camminare fino a Farigi ; ma egli incominciò a di&onrer eoa
loro con al bel modo» e con ai b^ racconci e paix>le gli trattenne» cho
non gli fecero alcun danno . Giunto a Parigi fi accofiò a Monsù Sciam«
psigna pittore» e a Monsà Antonio Bd&è profefibre d' intaglio j> e maeibo
dell'Accademia di Parigi in prófpettiva » co'quaJi fi andava trattenendo ia
far de* fuor foliti ritratti colF Inehioftro della China, ne i quali avevt
ornai prefa al bella maniera» che non andò molto» che fparfaiene la va»
ce, moltifiimi erano coloro, che volevano efler da lui ki quel modo di^
pinti» tantoché egli appena poteva rcfiftère. Pafiò alcun tempo in qoefio
efercizio: e finalmente fatto animoio, fperando di dover confluire noa
minor gloria dal botino, che dal pennello, fi rifolvèa fare alcuna cofa d'in^
taglio . La prima opera , eh' e^facefle » fu una copta di un ritratto di Mon-*
sii Sciampagna ,la qtialefino a tre volte cafsò prima oh'e'fi foffe interamea»
nome del
perchè il
principaf fondamento di tutti i modi -di operare in queft'artì » ò il difegoo;»
'"' Gg non la-
non lafeiava perciò ii fuo iodetole;)CQfl»qii|p 4i|f»; i^icc^Ié rictst» coli' iai*
chioftrodella Chinai ne' quali fpeiK^e^ft la tiaggUtf^fitrcf ««e -beiiie fpe^
l' ìmerà notte, e '1 giorno «Ktandexa^diincfigiiar^? fy^ l)ifciava dj ^ndar tat-^
Tolta avifìtare idùe maeftri Sciainpqp[te*ft^G^si^;t.«L^^^^ c^jgtfeflfvVegU
di orrer mólto apt^reib • . Aveva! ilNaot^JWJ.:^ Ìn:.<Hà: a<Mft P^Pi;? <^^ì?5li^^^e
dal patire ) un rivaciffiiDa genio '9^UUrit^toiÌi|a^^ -,< "994% j|j|eoda fogravVe*
nuca la guernacivile di Parigi, più e piU v;oUe4^1$ej:iji$^y^e^e colle eruppe
aroiam di mofchetco^e miccia accisfa, e con vna l(frba'pp(liccia» in (ìmi-
litudine di certi Svizzeri, che egli aveva veduto accampati fuor di Parigi
col Ducadi Lorena: éarrivòafegno queft^fua inclinaaione, fecondociò»
che egli medefimo fole va. racco ncarct che. nel trovairft ui|« vo(^ in atto di
ritrarre una ^an Dama, eiènteiido batter la caflia per ^ag)anare il popolo
éi Parigi»* N^idama (difle) e' non è pìjà tempo di ritrarre» ma di andare
ft foccorrere la citcà,,come fanno gli ailtri ; .e. prefa la fua fpada» la barba
e '1 mofchetto , fi andò a mefcolar tra' foldati , non fen^a rifa della Dama.
in veder quella veramente ridicolofa barba, ed eflo con queir arme in ifpalk .
Seguitò egli la milizia, finche durò quella turboleiua, e poi tornò ad ap*
plicarfi al lavoro con tanto fervore» e così poetata dal genioj^ dal go&o e
dagli apphofi, che tuttavia gli eran fatti maggioirir» ^che crefcef^do le occa-
fioni , alle quali cominciarono ad aggiungerfi le vifire^d^ uomini di ogniaiTa-
wc, fu neceiliratQ d' abbandonare la propria piccala cafa» e pigliarne una affai
grande e onorevole , e trattar fé fieiTo cc^ modo àflài più (plendido di quel
ch'egli aveva fatto fino allora»
In quello tempo fu al Nanteuil mandau fin dal Mogor» da un Padre
éella Compignia di Geaù , una lettera col ritratto , fatto per mano dello fteflb
Sadre , della perfona di quel Re , per parte del quale » in latino idioma »
anenhra. egli commendado per la famfi» che fmq in quelle parti, do^* e/ano
cbopparfi alcuni de' iuoi ritratti, correva 4i fui^ perfona: e fi aggiu^eva»
èfler volontà dello fiefio Re» che aflai ijti«iaya la di lui virtù, che a lui
fòfiè ^uel ftto> proprio fitto vedere, fòrfe» perchè e' defideraflè di riaverla
poi di fua mano . 11 Nanteuil riipofe al padre i ma o per la lunghezza del
tempo, che richieggono i trafporti deUe lettere per quelle lontane partilo
per infortuni del viaggio medefimo , o per altra qua! fi fafle cagione , che
la lettera mal capitafle ; egli è certo, che ne di quella né del Padre fi Cep-
pe pni:cofa^ albana. Criefceva intanto il credito dell'artefice» e con eUo
le grandi occafioni ; onde egli non potendo refiftere , trovò modo di fare
i dilegni de' ritratti non più d'iiKhioftro, ma di lapis, con che gli con«
duceva alTai piìi pretto ; e da U innanzi cominciò adi intagliar di uol pro-
pria mano folameme le tette, facendo fare ilrimanente a uomini, che e'
teneva in fuo ajuto injalcune ttanze appanate da quella del fuo lavora » nel-
la quale , mentr'egli operava, non fu mai lecito, ad alcuno di porre il pie-
de. A coftoro dava ii Nanteuil il difegno e la direzione per q[uello, che
e' dovevan fare ; onde per tale comodità ne gli venivan fatti molti per
anno, de' quali non fé ne vedono di tutta fua mano, (e non tre de' più
piccoli» che veramente fono de' ^iu belli. Uno è di Monkù Bellevre ,
Prefidente della. Corte: l'altro è di una Donna Yeccj|xiai cheliaun collar
, ^ puro di-
• * • ii
TtùBE RTO NJNTE UM . . ^^
parò'diftdb fopn te fpalle» £bcc>n4a V ufo-di quei tempi: il terzo tui
Vècchio^ vefiico di una toba di camora % ^e foprt le maniche fono alcune
legaciire di naftro» il volto è pien di grinze» e tutto è tirato di un gufto
8) perfetto» che è tenuto il pm bel lavoro» ch-e'face0e in queU*età» che
era allora di q!ua£ant*anni. viveva; tuttavia Aofelmo fuo padre in Rema,
ik quale* «dita li grida» che ornai corretra del figlinolo per tutta V Europa
efuorì^ gli (brifle una lettera » fn cui C0n fenipHce ma affèttuofb modo gli
éfpreflè quanto ei godeva di fentire » .che la fua virtù fofle così gradita »
e tanto e&itata: è gli ricordava il riconofoere il tutto» non dal proprio
merito I ma dalla bontà dell* Altiflimo Iddio. Diceva fenctr difpiacere pU
trefaiodo grande » ogni qual volta e' fi ricordava di averlo tanto diftolto d^
-queil' applicazione » con cui in fanciullezza egli a' andava preparando sì
gran fortuna! né eflbr ciò derivato da altro principio » che dal defiderio »
che egli aves del fuo avanzamento» il quale in ogni altra facoltà avreb^
he ^lifperato poter fuccedere» fuorché in quella del difegno. Conchiu*
Rifpofe il figliuolo condimoilrazione di pari benevolenza» pregarudp in-»
Aintemente il padre a lafciar la città di Rems» e venirfene a Parigi» dove
«gii lo afpettava» per d^moitrargli in qualche modo il fuo amore, e che
fenza più egli medefimo lo avrebbe mandato a levare » ficcome £e^ ,
Ricevutolo finalmente in propria ca(à» gli fece godere » finch' eì yiiref gior*
ni felici. Coti vediamo» non poche volte accadere, che a miferabili prin*
cipì » vien preparato dal cielo un* ottimo fine • Efiendo finalmente Ro^
berrò giunco » come noi fogliamo dire » al non plus ultra nella perfezior
ne del fuo operare» allori gli fi fece luogo ad impiegare più degnamente
la mano: e ciò {u in formare il ritratto del gran Re Luigi XIV. fuo Si«
gnore» cosi comandando quella Maeftà* Lo ^e adunque: e mentre egli
operava» non ifilegnò qnel Monarca d' introdurlo in familiari difcorfi ; e
volle aver ^cognizione deir efier fuo e de* parenti e di ogni altra pili minu^
ca atteaenza di fua perfonà . Incagliato t che fu quello ritratto» fu (limar
ca la più beli' opera , che Nanteuil avefle fatta fino a quel tempo . Andava
egli intantoj intagliando altri ricratti di uojtnini infignit fra* quali fu aueU
lo di Claudio de Saiunaife> detto il Salmafio» fopra il quale fcherzanao lo
erudita ingegno dell' Abate £gidio Menagio » compofe il feguente Diftico
Greco, in cpivoiki inferire t che avendo in penfiero il Nanteuil di ritrarre
la varia letteratura» gli badò ritrarre il letterato Salmafio**
Uvife TM/Ac/f^aftJ ypci4^aT0 iM^i^m .
£n hU S^lmafium pinmt ìiantolius ipfum
DoSrinam variam pingere fiUuitus .
di wttìxic poi voglia di provare come gli fofie riufcito il lavorarne alcuiTO
di padelli.* ed uno he f<ce al naturale dalla propria perfona del Re, dalla
quale per avanti ne aveva fatto un altro in piccola proporzione» tocco di
lapis. Quefto bel ritratto di pafielli, che rìufc) tanto ben colorito e fo»
Gg z " migliante,
4ÌS Decnd. t^.Md^m. l del S^. V.Mi ^40, §1 1 550.
jnigfiàme, che ftt ^to^txó utÀ tiì^tw\%\ìt ^ ditde alle nutid d^HK Miett
dcm Regina Madre , la qtiàlfr tiflianèiid0 dnonita , ehiabatii i fe lAR^gink
SptSfà I si gli diflfè : Venifè , o Rtfgtna , « vedere il Toaro Spofo in i^iiéb^tc-
tvttà i che parli . Gradì óltre Aodd il Re còsi beUi fttica lactld9VNsM»«ìt>
e gli fece donare eeitco doble*, i&éntffi furono appenii?piftd)tfefioTW^ da
Roberto ( tanta fi fempre fui difiMftteCIkteua) fpefe ratto: t^iial danafè
3fi ilrt lauto convito, eh' e'fèct a^Ftàtrdi Sani' AgoÉinò , e ili v^iadi»
ittoflrai&roni di allegre:&i^a par tuficn quella Parrooe&ia » accMCc&è fofiefs
earttate Iodi dal Re Ltìfgi XI V« per la Nafcica dd Delfìivi. Noaftrm
?uì h virtuo& ctirk)fità di Nanteuil» ptrdtè ivòndo condotca in gramk
Qól bel ritratcor di padelli , deliberò d^ inraglinle delU ftefit gtandn*
^a , cofa , che per r addietro non avea fatto mai né egli ni ateri ; e tun-
dolo condotto a fine, fé gli accrebbero tanto le Iodi e '1 concetto di
Cgriuno, che qnindi innansi tutti volevano efier ritratti ii^ quella prapor*
imne ; onde ebbe a fare il riti^tto della Regina Madre # dei Tttùranif è
di tutti t Principi dell» Frandia; Gfuiife circa 0 quel tempo in ¥zvpk
in occafion di viaggio , il Seranifiinfeo Principe di Toicona Co&bo t oggi
Granduca Regnante: é avendo più volte per K addiacro r cson qoal ge-
nio ed amore di ógni ifìrtar che è f«o proprio, ofiervate le opere del
Nanteuil, volle valerfì delPoeM&ane : e comandò a duefiaoiCavalieni che
infiemecon Pier Maria Baldi» Pittore e Architetto, ehe-M^ ierreqaeK
la Altezza in carica di SopriAfendeMe delle Fabbfìabe e foneiàeéìÌ>
Torno è di Fifa , fi portaffero^ alle fian^ del NanteuiU per vedete ic Ira Ife
Opere ftte foffe alcmra ài fidovo e di (»rriofo r e procttrafibra di aftilà té
ogni pezzo . Ed in vero» che il BaMI fece ben la pacteis»;^ perchè dato di
Occhiò ad un ritrattò di mano di Roberto, tefta ecM btiAo qnantosinatme
le , ricavato con paAellt alfòFi^celii^^ detta pn^prta^eÉgie àt hn&tSk^^fm
Varamente fingolairi fli ma ; di quello ffBtpnecaeeitfpéliìiorPadroiiflaftebe ti rtf
tornò a Firenze k> donò alhi gléri<>fa fneolorRi del OfAìiwl Leopoldo foo
2io : ed è quello fteffo, che dà queBa AtteasEè fit collocato ùeìhi taoie valtt
da me nominata è da ognund celebrata Galteria daf Rittactldt pro^
biano de* più ìlluftri artefici, dd'' quali egti fecea^belllb^aeaoitier dote eoa»
fervafi tuttavia, coperta di lucido criftallo , B cetto^ che nattèAì vtdea*
éo quefta opera, non ammiri il gufio di quel grande oomo^; perchè oltre
alla gran (bmigliatìxa, fi fbòrgono mei dffegno, nelle propw»MÌ# nel (*
borito , nella morbidezza e nello fpkito tutte quelle perit3Ì0nr> che osi
poflbn deCderarfi di un iMeikdèhte dell'atte in fittile faiirvro^
Da quanto 10 fonti ora pè^ fbggiugnere, affiAd éà ctmtamePi eoàY(x-
dine della ftoria , fi può rateogliere, cke i( Nentenikr ^Mk per cagione del
Tuo naturale, ibverchìwnMte ceriofe, o per bag Ikint d' inteUkttò , cagio*
natogli dalle grandi prefpefM e dagli imiveriali apj^Ieiiir fi trattenne per
alcun tempo, vagando troppo lungr de quegli eferciz}» che fon propr) di
tin^uomo Cattolico e timorato di Dio-, perehè fé Voglieno creadere a lui
ftcflo « dopo eifer dipoi venuto in cognizione del fu)D errore, compofe al-
cuni verfi ; ne* quali con non minor contrizione, che fpirito, dopo afer
refo infinite grazie e Dioi per avergli aperti g^occh) alt' infelice fiato»
net quale,
.1
ROBERTO NANTEUIL. 4^9
iWlqtiflIef ooiii' egU 4ice » lo arey«a pofto t.Gioi|Bcciitt» dopd.svftr de-
plorata la pn^i'ta inglraticoduie/f erìb Dio» fi duole d^ aver baae ^0(19 Ur
ieiata la Santa ChicCa fuaSpofii» per andare a yifitai». quelle degli alieni da
^1 ; Amplifica le opere della Divina Bontà t ohe non gli mandò la morte
In quello fiatoi a^eon mille affi9Cti> e fentimemi» che fi veggon nati da uq
cuore veramente contr>tOr prorompe in cali e cosi- £brvQro(i propAnime]»*
tìS riuova vita > 'che {loflbno intenenire chiunque gli alcolca » Soleva egli
anello rapc0nt»fe a chi di quefte cofe mi ha data notizia» la caufa diiua
conveiHóiiei éfuquefia. Era la Feda del Santiffimo Sagramenco » e fi fa*
covano le folenni Proceffioni del Corpo di Crifio . Occorfe # eh' egli s'afa^»
battè a trovarti fra quella moltitudine di devociCsctolici» che lo accompar
gnavano; quando voltando l'occhio, videfiaccanco una giovane » la quar
le tocca da fpirito di devoaione» diiottameme piangeva . Fifsò e^U l' oc*
<hio in quel volto, nel quale poi affermava aver letto a caratteri di affetto
e di lagrime miracolofi fegni della Divina Grazia; e datale rimembranza»
in ui> iftante sì rìmafe force compunto , che non potè ancora egli tener le
lagrime, le quali avendo lor fondamento, non età in una jpuerile o don*
nefca tenerezza, ma in uiìo interno amore verto Iddio, eh' e' fi fent) in*
fondere in queir atto , fecero sì , che egli riconofcendo fé fieflb » fi defle
ad un nuòvo modo di vivere; e foleva dire quella eflere fiata la fua 61
converfione. Venuto l'anno 1^71 • Te gii porfe occafione di fare un altro tu
trattodel Re, di grandula quanto il naturale 1 per contentarne la voglia . di
un figliuolo di Monsìi Colbert , primo Miniftradel Re. Pre& egli perde
congmntura appropofieo, e fupplieò quella Maefià a contcncariène: e far*
mato il tempo, cominciò il ritratto a>n pafidli. Imanto aveva il Re avit«-
ta notizia de^ foprammentovati verfi , compofti da Rf^berto con cama vi-
vezza edivozione nel tempo de) Tuo fervore; contuttoché egli non mai aveffie
data copia fuori , di qa^i , né tampoco dt altre (uè compofiziool, che poi
fi trovarono dopo fua mone; ondcvdiede fegno didefideriodi fentirglide
recitare ^ ti Nanteuil $r principio con una riverente repi^anza procurò
di aftenerfi da tal recftamento; ma conofciuto efler volontà di quel Gran«
de, che egli puro gli lee^eflèy obbedì: e tale fu l'energia, con cui ne ac«*
compagno gli affetcì e i tentimentì di voti, che il Re diede fegni non poco
apparenti di compunzione .
Intuglio poi il grande e bel ritratto, nel quale veramente pofliamodire»
ch^e'fuperaife fo fteflb; ed e quello, che ha per ornamento una Spoglia di
Leone , e abbaffodue Medaglie, fatto tale ornamento con invenzione di
Monsù Bruno primo Pittore del Re . Ne fece dipoi un altro pur grande , ap«.
freflb al quale fcrifle alcuni verfi» Intagliò i ritratti de'quattro Miniftri di
rancia, iqualitucti andarono a trovarlo a cara fua, ficcome anche il gran
CanceRiere. Gli venne poi occafione di fare un altro ritratto del Re : e prefa
comoda congiuntura, fé ne andò alia Corte . Lo fece prima dì pafteili ; e fu
r ultimo ri tratto, che egUdipm intagliafie di quella Maeftà, alla quale con tale
occafione recitò alcuni altri verfi ,che egli aveva compolti e dati alle ftampe •
parve, chequel Monarca in quello inftante foflè fatto prefiigo di ciò, che fra
pochi mefi dovea fuccedare di queflo grand' uoitfb, dico della morte di lui i
G g 3 perchè
41 0 Deeeéo: V.MdB^rì. l MSéi.V'Mll 640. al i €$0.
forche »el Uoenxiarto chVfiecei dopO'tmtemj;aoi|^Mfdt»; qiitfli volt^^^C
propria bocca dargli il beii femco» prorUppeiniqtteftefQrinali j^arplet Aiuia«^
te vene contento» Monsù di Nanteoil \ perchè io di.f oi ion concciiciillaio .
Con quefto nuovo conforto 'fi pare) Tturteficc dallr Corte i flià non fu apr
pena alla propria abitazione f«rvemi£0:i, eh' e! fu dfiaHto da 'gran febbre,
fa quale, le per allora non glìlevùia vira, n^olcagli toUe. d^U' anti^o^ vir
gore« Ebbene notizia il Re:», il quale .fobico Io mandò ^>^CMre con uà
regalo di dugento doble; Ce&ò ia inalactìa: ed egliebbo<€afnpQ:di uxtìÈi^
re alla Corte per ringraziare Sua Maeftà . Eraii già quefto: valentuomo
colla fua virtù guadagnata la gloria del primo» che ne'fuoi tempi, e forte
anche fino allora, in materia di ritratti avefle mane^ato bt^liho « onde il
Sereniflimo Granduca di Tofcana Cofimo III.. ora Regnante , gli mandò
colà un alTai ftudìoiò giovane , chiamato per nome Domeoica Tempefli i
nativo di Fiefole, che nella fcuola del Volterrano aveva dato (à^gio ài
un* ottima difpofizione a quefte arti, acciocché egli gli Gomunica0e la fua
Tirtu* 11 Nanteuils in grazia di quel gran Poteutato» prontamente il ri*
cevette fotto la fua difciplina (cola, che ad altra perfona nel corfodifua
vita egli non aveva fatto giammai ) ed in oltre volle alimentarlo in fua
propria cala . Incominciò ad inftruìrlo, e gli pofe amore* e per due anni,
eh' e^ fopravvifie , lo ebbe fempre appreflb.di le. In quelli ultimi ce m*
pi intagliò Roberto i belliffimi ritratti del Delfino, del Cardinal ^oti^
fi, e del Gran Cancelliere Tellier . Fu in ultima ricercato d» altri
Perfonaggi di far di tutta fua mano un altro gran ritratta del Re , ch«
doveva etTere contenuto da un* ornamento ,. pieno di fpoglie miliur} ,
Per tale effetto fi portò alta Corte : domandò in grazia a Sua Maeltà da
poterla di nuovo ritrarre al naturale* Gli tifpofe il Rer E non vi fervo-
no quelli, che avete fatto finora? Vollra Maeftà, dilTe allora ilNanceuiU
ha poi mutato in qualche cofa^e comecché io teng^o gran defiderio di for-
mare un ritratto di tutta fomiglianza, non pofib klciar di chiederle que*
fta nuova grazia; ma non fu modo per allora di ottenere l'intento. Com^
pofe poi akri verfi, che vanno attorno ftampati in un di quei libri ^ che i
Franzefi chiamano Mireurj Guitti . PalTato qualche tempo, elTendo la
Corte a Ver&glies, fi compiacque il Re » che egli di nuovo jo ritraefie^ma
nell'ora però» che e' fi levava del lettole veftivafi, nel qual tempo anche volle
fentire dalla fua bocca recitare le fopraccennatc nuove compofizioni ^ Ma
perchè gli era fiato cohceflfo un fot quarto d' ora alla volta; e poi gir fa
lacco intendere, che il ritratto fi fiirebbe finito a San Germano, dove in
breve tempo dovea paflar ia Corte,* gli convenne finirne unor che $ià egli
avea copiato da quello ultimamente fatto; e qoefto fu dopo la morte del
Nanceuil , intagliato da un tale Edelinck. Quefte furono le ultime audien-
ze> eh' e' potette avere dal Re; perchè fopiaggiunto da gran febbre, gli
iu neceflario metterli in viaggio per tornariene a Parigi sk ne veniva celi
dunoue infieme col fuo caro difcepolo Domenico Tempefti: e ancorché
egli ftefle bene agiato in carrozza, contuttociò per elTere afiàì corpolento
e aggravato dal male, non lafciò di patir molto; tantoché giunto a Parigi
aveva già la febbre prefa ai gran forza, che,^li aveva toko Tufo dell' in-
telletto .
^ / y : -.vi
no BERTO NANTEUll. 47 y
celtetto i - Kicormndo'poi alquanta in fc> ooote quegli, che; putrivi tmta-^
via né! cuore penfierì del bene eterno » domandò il Viatico» che gli fu prò*
metCo per la feguente mattina; fi fece poi portare da feri vere» con deiide*
rio <li ractfomandate alla Maefià del Re là liia povera moglie* ma. aggrava*
to dal male» non potè farlo per verun modo. Fecefi allora portare dal
TempeOi 1*: iDcominciato ritratto del Re» e datogli una guardata» diflé;
Veramente quefto ritratto fomiglia» ma egli è fiato qaufii delia mia morce«
Comparve intanto il Medico» col quale fi dolfe di non aver potuto feri vere aji
Re : e gii diede anche alcun (egno dì dolore , per dovere , com' e^ diceva » cosi
preil<> lafciare Domenico Tempefii fuo amato difcepolo . Paflata quella notte »
à venuto il tèmpo » ch'e'dovea comunicarli» occorfecofadegnadirefleflio*
fie: e fu, che nell'appreflarfi queir ora , eì diede fegni di afiai maggior TO'-,
buftexsae divcorpo e di mente, di quei che egli avea dato ne' precedenti
giornit né fi può dire abbaflanza, con quanto affetto e con quanta fede
egli vi fi preparò; parlava con tale abbondanza del cuore, che il Sacer«
dorè , per timore , che quella gran commozione di affetti non gli to«
gliefiTe di nuovo il difcorfa» lo perfuafe>a tacere; .ma fu quanto il gi&ttare^
poche i^nciHe^di aequa nel fuoco» che non l'opprimono» malo riiuorzaf
no ; perire egli pigliandola quelle parole nuova lena, diQe • E come va^
lète voi» che io. non parii^ neir ultimo di mia vita» al mio Dìo, avendo
fpefo tanto tempio, in parlar col mondo? equi parve» eh' e' volefiefare»
in aperto modo» una general confetlione in pubblico» perchè ognuno ik4
peife^uanMr male gli pareva di avere fpefo il tempo datogli dal luo fatto«^
re» per l'aoquifto del CielQ; tantoché non fi trovo alcuno a quefio devota
i^ettacolò» che. non fi.mpvefie a lacrime* Ricevuto che egli ebbe ir gran
Sacramento» e raccoltofi alquanto , chiamò il Tempefl;i»e l'avvertVd'aflai
eofe nocefliurier per avanzarli neU* arte fua» e per buon governo di fefieflo*
Quindi a^ravandofi il male» fu neceflàrio munirlo coir Eftrema Unzione;
poi fi venne alla raccomandazione dell' Ànima: e finalmente correndo il
giorno de' p. di Dicembre 1678. a ore 9. della fera e al nofiro orologio
circa a ore tre e mezzo di notte» in età di fefianta anni» fé ne pafsò» co-
me piamente fi crede» a vita. migliore » reftando la moglie e '1 fuodifcepo**
lo» e i molti amici e Sacerdoti» che gli aflìllevano» in queir anguftia ed a£«
ftnno di cuore» che ognun puote immaginarfi : e refiò il noftro feco-
lo privo di un uomo di così rare parti» che ne'fuoi tempi» quanto mai
tfltri ne* loro » è ftato di ammirazione al mondo. Fu il fùo corpo onor
rato coli* accompagnatura di tutti i profeflòri dell' arte » e degh amici »
e con ^ran pompa gii fu data (epoltura nella Chiefa di Sant'Andrea del^
1* Arti Tua Parrocchia. Sentirono vivamente il duro cafo di £ua mancan-
za» noti £blò quel magnanimo Re e la Regina fua conforte» il Delfino, e
tutti i Grandi di quella Corte» ma tutti gli altri Potentati dell'Europa» e
fra qnefii il.Sereniffimo Granduca» che al pari d'ogni altro V amava, e ftif-
mava la fiia virtù • Eflèndogliper avanti morta una fuà unica figliuola » fo*
lamento rimafe Giovanna Renfon fua moglie: e perchè e' fi era iempre
trattato fplendidamente » quel poco che di fuo avere avanzò» volle che a
lei rimanefie . Quella » i«tte iQ^fi dopp la. morte del caro marito» ancor efiT^
' * Gg 4 pafeò
• • i , ,. • w
I
pftBòairfiltM Tittttiochè tlnAnJe pMfceiUtaste ed oiUMpitf éfeilMMdtt^
fitna f che viveva iti ftiatrioMiuo coi ibpcinnomratco fideUadcj:0«Utoc
intagfiàeore d6' tempi noftri •
Ftt il Nanteoil divago e nobififfimo aTpCMSé aflai mm^fffia jcti perfo^
Ita » e di sì bel tracco» che lo &olR> Re f ode?a di fetitiffla ragionare» e la
Regina Madre arafblita a dire, coooiba» ia Fraiicia duo. padEbftt <d^ cnii
garbOt A Nanteuil^ '1 Varino, tht fa quel gxao iiiadiro di Cofir<b»tta Zac*
ca principale del Re, che al mondo è noto^ Fu in oltre il rtrtttofio Nan*
ttuil da ogni fert* di ptffone di alto affare onorato . FreqoentaTaiio la
fua cafa Princìpi, CardìiMli e gran Prelati, non tanto per vadttio tipcra-
re , quanto per lo gufto » che ancora effi avevano de' £aoi ftaCatl difeorfi e
delia Tua dolciffima convetfiusione; ed in fommaei^i fu un Oomo aoko
llngolare, e da potére aver leogo fra i più degni partii che abbia dato at
inotido la berrenca proteeione e naie magnifiecMa di ^«el pMtk Rie. Fa**
re , che dovrebbe dirfi alcuna cofa delie quaticà partioelri de^ (nei eia-
ravigiiefi intagli^ ma io non fo farlo né più né negtio, che col recare in
quefto luogo ^ie parole , che ne dite il tioftra erudito Carlo Dati nella
vita di Zeufi, che (bno appunto leieguenaii J^!^ ptnrdeJ* ^dfip^M^im
mifitèiafhanoatamemphre, mmftmu^ft»p§9^ PAt$^idàJkUcJttmfc\e dtgt^im^
UgH fmdemi , ne* attutì Mnta ^m fi rMvif4$ k mmerim it P^pei^ ék* r^iK
mmi , Htohre deÙt cumagiimi, àt^ »mz<w ^édkb»hem rTfmtiéinàtm^
ft$m9pfìflvtrtt idber^TM iaipeOié Miafimdiafi/fmtget t ^uelcbefièèmfor^
Ut fftà, i'wria e ìafimigiHmzm wei^iM éklk perfmtr Mmmtàèmkro^wm w
fiktte ilnero deirimèhflr& réléiMt4 4kU9 €m»ar i f^ mnfiomé^o£
t9im » ma di chiari t difcwit tuiH q^itfh faprm m$i aim9 /uimàrs wé'ifik
Uffimi ritratti dtlf infigne Namettèl^
* Non lafcerò ancora dirapptefeneireper MmunediqaefiananwiiQae^ co»
teeOomenicoTempefti,ilcarodircepotodel Nameuiùqueplf^ ^olqMiIeid
feppi quainto ho fcrittodi lui> altrecranto metto per la f^endica deijiBeaftro»
guanto dove vacffère contento per lo profitta , cheegli gtàft trovavi aver j»&*
ioin una tale fcuola, non mdto dopofeceritomoa quetta fuapatcia^oiveec^
colto dalia già da lui tanto efperìoientata clemenea del SeRnina»oGraiideca
Coiimo III. og^ felicemente Regnante t fu fobìto impiegaiaia &ropcce ap
partenenti all'arce fua . Volle quel Seraiììffiaae , che iljpriisopanDJticuoobia»
lino fofle li rìcratcotleireruditifimo Dottore Francelco tUdt » nobile Jbneti*
ho i f uo Protomedico ,dei q uafe ci è occoffo (^ in phltlooghi de'nii(ÌEÌf criifii
Inen^ione, che mentre io qiiefteooCe feriva, èonfuagbrtaegtenbenefiaio
della Fiorentina Letteratura» degniflimamentelbftiene il carico di Arobon^
folo de!l*IÌIu(lri(Iima Virtuofiffitna Accademìadella Crufca Ha poi fioco, po-
tè di comandamento della medefima A.S. il rttrattodi Oefbooe de^ Manchcfi
dal Monte a Santa Maria, Cavalteredi quel valore che è noto, lì» Macflro
di Camera: e quelìty^ltrts) di Vincenzio VÌTtani, il celebre MatteouiCf co :
1 quali tutti ritratti ha condotticon gran perfainorie e fineasa, ficòomefadi
ogni altra fua opera » non pure d' intaglio , ma eziandio dipdleiltad imitazio*
nedeigiàfuomaeftro; nella qual facoltà giunge omaia Cai légno Cua virtù, che
darà a fuo tempo lunga maceria a noi di più parlarne.
GASPARO
I
..:;oi"- ./i. . . \ ."«-'^ »': ', •.-. 47?^
GASPARO
♦ - A
PITTORE ROMANO
DETTO GÀSrAR.O POJtJS.S
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'D/fiefoló t^ Niccolò PouSk^ ^m i^r|. ;$• id; J. ''
)N quefti wnpi mitra la ^i|cà4i,IU«i|t i|p MMlletilecPktoiti
che in colprir pae6.fi fegR»J^ A^in p#c« &a.^ii tltci di otilaw
nome ìa tati facSQki;; 4f qili^i^cM actsiboe 4elb Inllt ma-'
mera» che egli fi fece fm9X0lBm$ e <h^llb jgnn veiockà/tche
egli ebbe nel man^giare^ il p^neeUo, fio^ non foto abbeW
lire coir opere (ìie le pib rinomate Galterie di Roma edeU
ricalia» ma^9iandio della Francia^ Al^magaa. ¥ mièta ^ Olanda e Inghii-
t^cra. FuHÌtiefti Gafpara Doghete figlinolo di J«qc)(W> Di^hec di Pacigi»
B^ V9fìt^ a qn^ajii^del me& di M9ggio4cl itfi). in tempo» che il pa^
dee fuoabìGavp. in Roma in Pia9M;di ftMgpa» neUa £aroocehi» di San Lo^
KMO in Lucina. L'indole fpirìco£i Kkl £inci«llo j. fino all' ecàdi fisi anni*
diede a' fuoi genitori gtnfto nMciro dii applù;vio alloAudiodettaGramma^
^ica , per quindi forcarlo a lavello dell' uopane lette» ; ma fece loro pel
f!9i|a(cere reff«rieft»bJQlieinen era queftarapplicaaBÌoìie« acni lodeftina-
t»;M PcovYideoaa; coQcioffiiMwiaGliè il ògHvfQì^é teoiTa ogni altra felledU
(Odine» janiagfior partied^l riempo imle0^ Mapiegareincofe appaisenenti
a.^ifcgnp'^ ArrìiCe iaforcnna ai*:dMdeiri del ^pvanettns pcfdocchè avendo
Si<^ padre /l^ca iamogUealfiiftomatopififQie Micelio Fonffin onafuafigliBo^
ìskg largo Càmpfk fi aperiè a Ini. di adectarfi a quello ftudio «pprefflo ainuor
vo parente « Si aocomodò egli aduMue col Pot^ffino, il quale fin dal pri^
mo oprare del giovanetto.» rioonobbe» che » o fòfle per T eccedente in«
«linaaione i che egli awra alla.caoeia dellc^ fiere^o per altra qualunque ca«*
pBmf k» portava più ìlgeAioaldipìgiiN^f^^efi» che le umane figure; on<-
ia folle I ehi) egli» fema afabandonaoe adatto lo ftiidio di quatte» per potec
poi eopB eife: adornaf e A tuoi óaefi » fi eferuicaflè per ordinario in difegnap
vedute al AKurale. Jlimafe il giovane a) perfuafo da tal cocifiglio» chepea
tre amuepiù»che egli Aeoe apprefl^ al Poufiin, non applicò mai ad aitròi
interrotto però bciM tpufb da caodeli malattie cagiooategli di quando in
quando dalle finoderate fittìche» che egli era (bUto imprendere a cagione
f della caccia. Era gii egli perVeùoto al didoctefimo anno di fiia età « quan*
fU> delidecofo di ^oderfi la vita egU.amicifenza fuggezione* abbandonata
I h fciiqla del oognatOi incominciò ad operar da fé Aeffi»-. e del poco dana«
i ro di fuo guadagno» che non gli veniva fpefia nelle converfaztoni » fi fer«
viva par tenere unia cafa a TìYoli , Ivogo. che fi era eletto per poter dipi*
gner halle vedute aliiatunlB; e £Me nel dipigner paefi i fuoi principali ftudj*
Nello
j^l^ Decenti. F. della Pari. I. delSec. V. dal i ^40. al i^jo,
NeUqf ftegbrtamf o V ^^rpdtefljkrarre ftfdci€<itoeAe € Miiiofc , tina ne
aveva 'prefa a Prtfqiti. e due^ltre in luoghi eoìmeatiidtiuro k éxÀHx
Roma • Non avea il noftro pittore ancora compiuto il ventefimo anno
dell'età Tua, cj^e;^à fi po^caiy> ^osìbene, cf^|l;l7ttca dej^a^lCornia volle
condurlo aCaltiglion'dcl Lago» con nobile onoràVio di venti feudi il mefe,
QÌtre:all'abimioni^-4p 9VmaiiMn\ner«(o^ Tua^peFfi^na; ava%^ ^uegf i , a coi
^ca$ei!Rip#knJoidibggettài:fi a!pjù ftrètti e iffeuenatì pajrbnti , don poco
a lungo andare eiTér grata la fuggezione della Corte, che però dopo qual-
che mefe Tq ne cornq ^ Rgma.^K .Quiyi pure fu conotciuta'laf uà abilità da
Francefdo . Ariti nobile' Milanefe, diie pUte allora era tlato fatto Governa-
core di Atino in Regno, il quale volle per ogni modo averlo in fua com*
pagniai liei luògo di* quel* Govertiot « per ottèlféraé l' intentò , gU prò*
iBiure tmttaiuento òbenavokP/ Poco^fr^tte^itiiviii^ioftra'Garpato» per-
chè poco gli guAò quel paefè, e fe^ he tornò a Róma. Era- s^Ior^ Amba*
fciadore.al Fapa^per la Maèftà del Re Cattolico, itMarchefedl Càftel Ro*
drigOr al quale effendo venuto z hotixia il modo dell' operar fuo. gli or<r
41 nò :due paefi di quindici palmi > che furon-da lui condotti con gran di*
ligenza» e ne fu largamente ricompenfato . Contale oecafionegtt conven*
ne poi fiirne altri molti per Cavalieri Spa^nuoli» ch^ lungo- farebbe il ri-
dire «. Viaggiò a Napoli , a Perugia» a FireAae: e per tutttf lafciò opere
di fua mano . In FireniGEÌe fu egli nel teiApa» che l'eccellente' pittóre né^
tro daCoìrtona dipieneva le ftanze del kegiaPàlazzo dètGfaiiducaa* Pitti'
eadinftanasa dello uelJo Pietro fece un paefe di cinque palmi, per lo qua-
le gli fece dare cento feudi . Tornado a Rtfva» d^ve avendo fkttó moltcf
ftudib fottogi'infegnamentì di Claudio GelleeLocene{e,.infigne pittoréd)
paefi nel colorirgli a frefco» gli fu òrdinato'41;dipigtiere^ nella Cftiefa de[
Carmelitani di &n Martino de* Montir alcuttiipaefiia frefco con ^gere.dt
due palmi in circa » ne 1 quali 4iéde tal foddiifazìone^a' Padri di qiaél Coti*-
Vento t che non fola ne fu4illora dai e0i ben^pigiitov ma finoti^ e^viflene
fu riconofciurp e regalato. -Si accrebbe tanto più kfamadelnbftroGafpa-
ro Pouflin, che peir tal fopranhome eraintefoper ognuno, per eiTere da-
to .cognato e dìfcepolo di Niccolò Bouffin^ onde non è niara viglia, che
poi il Contefiabile Colonna |li ordinale didipignere pure a ftefco alcune
ftanze del fuo Palazzo, cdn^ più &e|^ e Coprapporti r ed anchti iilcuni quadn
a.olio, che furono lodatiflimi^ Agli-ordini del Conteftabile fiéggìunferd
quegli del Principe Borghefé, dicoloftr paefi;a fìrefca e a ofió: ed il Prin*
cipe Panfilio , neliafua Vigna ^oori di Pòrta a San Pancrazio , ne volle altresì .
Ma per ben qualifrcare il valore, che in fifi^ili facsoltà aveva già acquiftt*
to il Pouflin , bafta fol dire , che l'eccetlentilÓbio Scpltore^ il Cavalier Gio.
Lorenzo Bernino, volle anch' eflb aver f uè opere, e {li fece colorire nelle
fue proprie (lanze più fregi a frefcor che fi. annoverano fra le opere di lui
Jpiù belle. Nel Palazzo delia Signora Diamante Muei fotto il Campidoglio,
ece pure opere (Imili . Per molti Eminentillimi Cardinali qpndufle bei paefi
a olio. Ma fra coloro, che hanno fatto grande ftima delle pitture del PoufHno,
uno ve ne ha nella città di Roma, che mentre io ferivo quefta notizia,
abita nella ftrada del Corfo « Quelli è Anconio Moretti Argentiere, il -quale
.fi trova
^ I \- e, GiK^ P AR:0\ D^U'G he T. \ 47 5
t^M)^ vi|b«^Il(rcH'<fnqfuaf(trpezz^dr^ra^ Si luì f fra' grab£
f {APi^a , e ne f4 quella (tioi^t che ii^Xx pitture fi conviene • Le o^rej
che quefto arcefice condufl'e nello fpàzio ai quarantacinque^ anni in circa »
che egti attefe airartis;foa tanié iii Qiiiilfixb,che'a gran taticaiipuò di una
minima parte aver cognizione; bafti folo ridire ciò, che fopra accennam-
mo» che rie and^rónd [^r tutti l*£Urbpa iii gràh quiiììtiti.'^ L^ttitimafuo
quadro fece egli pél Cardinale di Lorena: ^everanp^te. fu quello» che fe-
conda la fama, che ne corfe» potè fervire per corona dell'altre opere fue«
Rapprefentava quefto una Burrafca fopra terra: fi efprinjevano al vivo in
quella teJa ^r eflettì vioTentr di un. torbido temporale , come alberi fvelti
dal vento, nuvoli ofcurì , il cadere d'un fulmine, il foUevarfi della pol-
vere , traportata^aila forza deli* aria cominòflhr ed altre cofe a qùeftè tb*
faigliantii maraviglioiamencé imitato • E^benvóro, cl^ Quell'opera, aca^
gione di non fo quaLdifparere; che naàque fra di loro » non fu pòialtri^
puiiiti del Lorena, ma la diede il PoùfTin per trecento feudi al Conte Berk«
che fe la porco in Alemagna. Fu Gafparo* come dicemmo^; Tempre amico
di libertà, e perciò non volle accafarure le inceflfanti fatiche, che eglift
prendea nella caccia, V umidità contratta nei continovo efóréizio dejlàf
piedefima» e '1 dipigaer, ch^jc' ftce ipefloin luoghi poco afciotti , fece ài
che egli finalmente per lo fpaziodi due anni interi ,« che furcmò gli uUidai
del fuo vivere, travagliafie in una penofa iniermiti, e che móko le gli
enfiaflTero le gambe, delle quali poi rottafi la pelle , fi ftce il male tanto
Peggiore, che in breve egli giunfe alPoccafo de' giorni fuoi . Mori agli 25.
di Maggio dell' Anno Santo 1675; alle<0rei2. dopo aver data opert a qiielli
efercizj, e fatte quelle dimoftraziani, che da buon Criftiano fi richic
in tale occafione « Ebbe Gbifparo Pouifin ?una maniera di fac paefi , che
gradita^, non per la macchia, nella quide .troppo fi tenne a un fòl colore »
cioè al verde, ma per la compofizione de* fiti de' medefimi paefi , nella quale
molto fi particolarizzò fra gli altti. .Ebbe àncora un dono dalla Natura»
p.pur vogliamo dire, dai grande operar eh* e! fece: e fu di maneggiare il
penn€jllp con tanta preftezza, che in un fol giorno poteva dar principio
p fine, ai dipignere una tela : di cinque palmi con varie figure: e ficcome
^gji poilèdè un tal talento, e delF opere fue fu ben ricompenfaco, cosi an«
fhe fe(;$)r$) gcandi guadagni, eh' e' fu parere molto coftante di chi ebbe
tutta la cognizione degli affari di lui, che egli avefiTe potuto lafciare alla
i^a morte venticinque migliaja di feudi almeno; ma tale fu altresì il fuo
gen^o all'allegria del converCire con gli amici, e tanto il prurito della
caccia ( per lo diletto della quale mantenne fempre molti cani ) che rare
volte o non mai, il danaro del primo guadagno giunfe a mefcolarfi con
quello del fecondo : e fé pure alcuna fuppeliettile gli era rimafa in cafii,
quella gli confumarono gli due anni dell* ultima fua malattia; talché alla fua
morte , a' parenti ed agli amici» altra facwnda o penfiero non rimafe ^che di
procurare , eh' e' fofie dato al fuoxadavero (epoliura, ficcome fepuì nella Ghie-
ladelje Monache di S. Sufanna, vicino a Termini. Lafciò alcuni difcepoli
nell'arte fua, e fra quefti Jacopo de Roofter di Malines in Brabanza in molta
reputazione: e un tal Vincenzio dello Stato Ecclefiaftico, che ha operato
con molta lode» e particolarmente pelConteftabile Colonna.
47$ D(ctu».V,^»fiirt.l:detSit.V:MtLiS^<i.ali6$a.
REIMBROND VAINREIN
; CIOÈ' RE^MB&ANTB DEL RENO
PITTORE E INTAGLIATORE
IN; AKiSTERDAM
D'tfiep»ls4& nato t6o6. # «670.
Ìleo* all' tnna i£40^.nreva ed operava in Aflafterdim Reìm>
brond Vùnreia > che in noflix lingua dicnuno Rembnnte
de{ Reao, nsto in Leyda* pittore in vero di aff» più cre-
dito. qhjS valore. Cofiui avendo diptnaiuiu^an cela.riU
I qinJe fu duo lut^o neU' alloggio de'Caraiieri foreiheri, in
V cui avev» rappre£éataca un orainanza di una di quelle Ccui-
pagnÌQ di Cittadini ; li procacciò sì gran nome . che poco migUore 1* acqui.
ft9gÌ4inQi4Ì vitro artefice di qaellepartl. La cagione di ciò fu più ohe c^i
tkn, pexcbà egU fra l'altre ligure aveva fatto vedere nel quadro lut Ci*
pitano* cqn un piede alaato in anodi marciare, e con una panigianain
nano 00^ ben eirau in profpcctiva , che nm eflendo più lunga in pit*
tnsi. di. QKEZO braccio, ferabrava da ogni raduta di tutta fua lan^wzzi;
il rimanente però riufcì appiaSrato e confiifb in moòo, che poco Rdi*
fiin|uevano Taltre figure fra dì loro, tuttocJiò fìtte foSfero con grande
ftodiQ dal naturale . Di qneft' opera. ckHa quale per ventura dì lui gridi
quAir.eti, ebbe «gli qufttcromila Ibudi di qwUa moneta, che giungono 1
coatpiere il uumero di otfca a tremila iinqi|iccento de* noAri Tofctm.
Jìì cafft un. Mercante del Magìflrato ccuiduffe motce opere a olio Copra mu*
no. rapprefencancifavoledi Ovidio. In lealia, per quello folamente, che
è venute a nodracogninone, fono due quadri di fucinano* cioè: inRor
nta nella Galleria del Prìnciiie Pamfilio, urta tefla dì uomo dì poca birbt
OHI \ui turbante in capo: e in Fìrense nella Rcal Galleria nella ftan» de*
Ritratti de' Pittori > il proprio ritratto ftu».. X^Qo artefioe proficflavt in
quel tempo la Religione oe' Menì(li> la quale tnttqchè.fìilià ancor ella, è
peròcontrariaaquelladi Calvino, cheiioiiulknobattezzsrfi, cheditren*
t'aoni. Non eleggono freditanci letterati, ma ti vagliono a tale officio
^M uomini di vile condizione, parche da loro &ao filmati . come noi dj-
;'emmo> galantuomini e gìnfli; e nel rofto vivono a lor capriccio. Qne-
^lo pittore, ficcarne fu motto diveifo di cervella dagli altri oomìm nel
governo di fé QclTu , così fu anclu: flravagaiitiilìtto nel modo del dipignt-
re, e fi fece una maniera, che fi può dire che^o^e interamente fua, feo-
za dintorno bensì o circonfcrizione di linee interiori né elteriorì. tutn
fatta di colpi ftrapazzati e replicati, con gran for2adi fcuri a fuo modo.
ma fenzi fcuro prefondo. E quel che Ù rende quafi impo^ibitea capirti
£ è i come pocelTe elTere* che egli col far di colpi . operalTe si adagio e con
tanta
HEIMMROND VAWREIN. 477
cannrtonghtKir e fdtiM bdhdilctlWle coA fttt; tfavhu néi&a akro mai;
A verebbé egli potiKo fare gran quantica di i icKMci * pel wiwn credito » che
fi «ra procacciato in ^«éU# parti il fuo colorito # al giuuis però poco cor^
rifpofMeva \\ difagno; àia l'efGidì già fatta voce conund» che a chi vole<»
ira eflRir rifiuto da ìthi coiiìreniva lo fiere i bei dee e tre ONafi al na€iiralc#
ftcevà aìi ehjB poehi ft cntteftiafano. La cagione di tanta agiatezza era»
perchè {ohfìsoi ehe il. primo lavoro era pcofctegato , tornava ibpra a darvi
lìuovi colpi e colpetti» finché talvolta alzava fopra tal luogo il eobre pocé
meno d'i tetzzo dito; onde fi può dir di lui» ch'e'&ticafle iempre lenKa
iripbfoi molto dipigneiTei e pochiflinie opere condocefie; contattodò fi
mantenne egli fampre in tanta filma « che un fuo difegno» nel quale poco
6 nulla fi:fcorgeva, come racconta Bernardo Keillh di Danimarca, pitto%
fé lodatiflimo » che oggi opera in Roma, dato otto anni nella fm feoolei
fu venduto air incanto per trenta fondi. Con quefta fua ftravaganaa di
maniei»! andava interamente del pari nel Rembramci quelki deLfii^vi^
irere, perchd egli era umorifta di prirba clafle i e tutti difpretaaira • Lo
fcomparire, che faceva in lui una faccia brutta e plebea , era accompagnato
da uÉi velVìr^ abbietto e fudido , eflèndo fuo ooftunSe nel kivocnre $ ti net*
tarfi i pennelli addoflb/ed ahre cofe fare, tagliate a quefta diifìita. Qoaiido
operava , non avrebbe data udienza al primo monarca del mondo, a cui fa-
rebbe bifognato il tornare e ricornare, finche lo avefle trovato fuori di quella
iacoendar Vificava^ ipefio i luoghi de' pubblici incanti ò^ equivi £Me¥# pio»
caccio di abiti di ufanze vecchie e dirmefie , purché gli foflero paruri bizzarri
e pittoitfchi; e quegli pòi, ttxtochè talvolta feflero fiati pieni d* tmmon*
dezza* appiccala ilie miira net fuo fiudìd» fra le belle galanterie» chepu<^
re fi dileicava di pofledere: come farebbe a dire, ogni forta di armi anti.
tiche e moderne f-eotne firecde, alabarde, daghe» feiaBle, coltelli e fimilis
quantità in numeràbile di fquifiti difegni, di Ikmpe e medaglie, ed ogni
altra cofa, eh' e' credeva poter giammai bifognare ad un pittore. Merita
^li però gran Ipdc per una certa Tua i benché fira vagante bontà, doè, che
per la ftima grande eh' e' faceva dell'arte fua, quando fi fubaftavano cofe
ippanéneilti alla meddim^: e particoiarmante pittore e dìregrtl di grandi
uomini di quelle parti» egli tilt prima offeru ne alzava tanto il pregiò, che
noil mai fi trovava il fecondo OfiTdreme: e diceva far quefttf , per mettere
in credito la profieffiono. Bra aiiohe aflài liberale nelP impreltare quelle
fue mifcee ad ogni pittore^ a tui pei far qualche lavoro follerò abbìfogna*
te« QteHot in che verameme valfe qneflo artefice, fo una bizzarriffima
Aianiera, che egli € inventò» d' intagliare in>rame all' acqua forte, ancor
quefla fua propria , né più ufata da akri né più veduta , con certi freghi e
freghetti, e tratti irregolari e fenza dintorno» facendo però rifultare dal
tutto un chiaroCsuro profiffido e di gran forza . E vaglia la verità , il Rem*
brame in quefto particdare dell' intarlo, fu da'profeflbri dell' arte aflai
piùftimato» che nella pittura, nella quale pare, che egli avefle piuttofto
fingolarità di fortuna» che di eccellenza. Ne' fuoi intagli usò perlopiù di
notare con mal compofte, informi e firapazzate lettere, la parola Rem*
brandt • Con quefti looi intagli egli giunfe a pofleder gran ricchezza , a
proporzion
47 8 Decenn. V, delia Part. L deiSec. V. dal i ^40. al 1 6$o.
proporzion delU quale fi fece sì grtnde in Iiii rfllcerìgia e'I gntn concecco
dì te [tefTo. che ptrendogli poi, che le fae carte non fi rmdeflei più il
prezzo > che elle meriuvano , pensò di trovar modo di accrefcerne nnìf er-
falmence ti defiderio : e con intollerabile fpcfa ne fece ricomperare per tue*
ti Europa quante ne potè iDai trorfcre ad ogni prezzo : e ira le altre una
ne comprò in Amfterdam allo 'ncanto per feudi cinquanta : ed era quefta una
TefurrezionediLazzero,efecelo» in tempo» che egli medeftmo ne p<^devi
il rame intagliato di fua mano . Finalmente con tal bella invenzione <liaii>
nul tanto il fuo avere» che fi ridufleall'eftremo-* ed occorfe a luì cofa.che
rare volte lì racconta di altri pittori» che diede in fallico; onde partitoG
di Amfterdam , fi portò a' fervigj del Re di Svezia, dove circa all' an>
no 1670. infelicemente fi mori. Quefio è quanto' abbiam potuto fìn qui
rintracciare di notizia di quefio artefice da chi in qnel tempo il conobbe
e fiimiliarmente il praticò. Se poi egli perfeverafle in quella fua falià Re-
ligione , non è venuto a notizia noltra. Reftarono alcuni, che erano fiati
fuoi difcepoli, cioè il fopran nominato Bernardo Keillh di Danimarca, t
Guobert rlynk di Amfierdam: equefiì nel colorito l'eguitò la manieradel
maefiro , ma afiiit meglio dintorno le proprie figure ; e fìnalmente reflò fra*
fuoi difcepolì il pittore Gerardo Dou di Leyoa.
N I C A S I U S
P I T T O R E D' A N VERSA
Dìfeepolo di Sayders , nato ..,.,.. -^
BLLA fcuola di Snyders d'Anverfà» pìttor fingolarìffimo di
animali grolfi, ofcì il buon pittore Nicalìus, pure d'AnverCi.
Quefiit avendo bene apprefa l'arte dal nominato fuomaeftro»
fé ne venne in Italia, dove col vedere ecoll' operare. perfezionò
tanto la Tua maniera, che fu di dipigner can levrieri e can
maftìni. cignali ed altri fimili grom animali, che paflàto in
Francia , meritò di efier tatto Pittore della Maeftà di quel Re : e di più
eOère ammefib In quella nobilifiìma Accademia del Difegno. Ebbe alcuni
difcepolì : e fra quefti David de Coninche d* Anverfa , che fece in quella
fona di pittura gran riufcita: e mentre io quefie cofe ferivo, fa conofcere
il fuo vaiore in Roma ,- ma di quefii fi parlexi a fuo luogo particolarmente.
PIETRO
— e
• • •»
479
» . »
PIETRO TESTA
•• • ■» • J
* 1 . :
PITTORE LUCCHESE
Dìfièpolo di 'Pietro da Cortona^ nato \6ii, ^\6$t.
»
NO de' più eccellenti e più infaticabili difegnacori , che aveflb
mai r età noQra , fu Pietro Teda pittore » il quale nacque
nella città di Lucca Tanno della noftra falute i^ii. Furono
i Tuoi genitori onorati cittadini di quella patria, benché pò*
co abbondanti , anzi foverchiamente fcarfi di beni di fortuna;
Si diede egli nella fua fanciullezza agli lludj del difegno con
qualche profitto ; ma non è gii a noftra notizia fotto la difciplinadi cui: o
fatto perciò animofot fé ne pafsò a Roma; dove avendo oflervato » che
molti |iovani di fua età Q>endevano gran tempo in difegnare baffi rilievi
antichi» volle ancora elTo fare il medeiimo: e molto fi applicò a quegli»
che fi vedono dell'ottima maniera» fra altri» neir Arco di Coftantino, che
fatti furono ne i tempj di Trajano. Avendo poi trovato modo di farfi co-
QoCcere a Domenico ZampieriBolognefct detto Domenichino, pittore; da
lui t ficcarne da ogni altro» allora ftimatifiimo in Roma» col moftrargli quei
fuoi difegni» forti di efiere ammeflb nella fua fcuola. Quivi fi trattenne
Sualche tempo ; e finalmente forte s' invaghì del modo di colorire di Pietro
a Cortona; onde lafciata la prima fcuola» con eflb fi accomodò: e tanto vi
fi trattenne » che ne prefe interamente la maniera . Ma perchè il Tefta aveva»
ad una (Iraordinaria grandezza di corpo» con afiài nobile afpetto» congiunto
un certo compiacimento di fé fteflb in ogni cola propria» che talvolta lo
portava a non far quella (lima dell' opere di quel gran pittore» dico del
Cortona foo maefiro» che farebbe data dovuta; non aadò molto» che in-
cominciando egli a dar di ciò alcun fegi\o al di fuori» non potè la cofa
andar così coperta» che Pietro nor^ fé ne accorgefie: e cosi un giorno»
prefa non fo qual congiuntura » voltandofi al Telia così gli parlò : Pietro,
mìo » io ben conofco* che il mio operar non vi aggrada » perchè non giun-
ge a quel fegno, che potrebbe bafi:are per infegnar l'arte ad un voftro pari
di così alto gufto; però fia bene» che voi d'altro maeftro vi procacciate»
che fia miglior di me» e più adattato al bifo^no voftro: ficchè andatevene
^ure a cercar voflra ventura appreflb ad altri. Il giovane» che ben cono-
iceva la natura del maeftro» non afpettò il fecondo avvìfo; e con quella
confusone» che ognuno puote immaginarfi» fé ne ufcì da quella fcuola «
Viveva allora in Roma» in molta grazia della Corte, il Commendato*
re Cafiìano dal Pozzo» la cui memoria farà fempre gloriofa» non folamen-
te per le molte virtù» che adornavano l'animo fuo» e per l'amore e gran«
de intelligenza» che egli aveva diquefta e d* altre arti più nobili; ma per-
chè avendo fatta particolar profelfione di accogliere e favorire quegl' in-
gegni»
4^0 Decettn. V. della Part. I. delSec. V. dal i ^40. ali6$o.
gegnì, i quali , quanto erano più itti a cofe grandi^» tiinto fi trovjiTano in
Rooì^ menprovvifti di ajuto e di fortvnat fi ert acqujftau lode di un vero
Mecenate de' Virtuofi( II) • Quefti avendo avuta cognizione delTefta» lo
prefe fotto la Tua prote2tone» volendolo affai frequentemente in cafa» U
quale egli aveva aboellita e nobilitata con qu^ maravlgliòto Mpfeo e Galle-
ria, di cui parlando il celebre pittore Niccolò Pouflin, iolevadire di eflere
allievQ peirartc fu3 ddla cafìt e del muii:»detCavalierida& Pozzo : e>m dire
ilpotea; concfofllacofachè fi ravviraflero in efib. in quel genere t tante ma*
ravjgliei che ben potevan icrvire per condurre a gran fesno di virtù ogni
ftudK>fo. Quefto umanitliaio e virttiofo Cavaliere, avenoo riconoficìttco il
giovane franco e fipuro nel difegno , e d^ uno ftraordinarip j^enlo aU' antico»
mcofqifieiò a mandarìo a dìfegr\are tutte le più belle antichità di Homa ;
ed è parere mdto coftante di chi bene il conobbe a praticò» eh' e* non
reftafle vecphia architettura» bafibrillevo» ftatua o frammento» che egli
non difegnafle : dal quale fiudio trafie sì gran profitto, che potè poi inven*
tare le tanto belle carte» e in slgran numero» che egli, comejpiù* avanti
dirèmo» diede fuori di fuo intaglio in acqua forte. Intanto ellendo fpal-
leggittoda Monfignor Girolamo Buonvifi , che poi fu Cardinale» glifuron
date varie commilitoni di lavori ^per Lucca fua patria.- ed in Roma ancora
ékht a fiireper ia Chìefa della nazione Lucchefe una tavola della Pr^efen*
razione al Tempio» ed alcuni chiarofcori, rapprefentanti (torie del Volto
Sante « i quali furono (limati sì belli, che molti giovani, particolarmente
Oltramontani , in quei tempi vS concorrevano » per quelli difegnare.
Nella Chiefa dell* Anima dipinfe alcune cofis a frefco alla Cappella di San
Lamberto Vefcovo, per accompagnatura della tavola del Santo, fatu da
Carlo Venezìfino, dove poi dipinlè Giovanni Mieles. Coloil ancora molti
quadri per particolari pcrfone» che furono tenuti in pregio, t^el giardi-
no di Monfignor Muti dipinte a frefco; e nella Chiefa di San Martino de'
Monti fece la tavola di Sant'Angelo Carmelitano» con molt^ figure e putti;
é perchè egli fi dilettò affai di far ritratti al naturale, molti ne conoufle a
olio, con paftelli, e con penna . In S. Paolino di Lucca è una fua belliffimt
tavola del martirio di un Santo Vefcovo» finto di notte, Rimata una delle
cagione, che egli poi volgefle
tavola di cui ora parliamo» anche in ciò, che appartiene alcolorito» egli
fuperò fé ficfio. Nella Chiefa di San Romano è altresì una fua tavola» che
contiene un vano in mezzo, ove è l'immagine di San Domenico. Quella
tavola è bella sì » ma colorita ia modo, che quafi par fatta a frefco . Sopra
la porta di dietro del Cortile della Signoria è una fua opera a frefco» nella
quale rapprefentò la Libertà » in atto di comando, ed a' uioi piedi il Tempo
incatenato. Ma giuda cofa è, che ornai incominciamo a far menzione
delle nobili Alme ntiche fattefi da quefi' artefice pel nominato Cavaliere
dal Pozzo t
(a) in>anegirìco diqucSo Cavaliere dal Pozzof fatto da Carlo Dati^ fi t^£g^
fiumpat^ .
9IETR0 TESTA. 479
dtl FoSQtot e tili , che poffiadio a gran n^one tffm&are » thè ptr aiodli
non fdamtnte pre^o e bellezM fi aggiunga al fuobel Mufiro e OaUem»
ma ftecti per din » a Roma fieflà » mentrechè in effe fi veggono^ in ima.
occhiata ratte quelle ptii curiofe menorie di antichità di ouella comune
{hitria, per le quali redere e comorenderci concorrono colà m catte le par*
ti del mondo gringcgni più fubfìmi .
Egli dunque condufie di foa mano cinque gran libri % il primo de'^uali
è tutto piena di difegnt» fatti di baffi rilievi e anriche ftatue di Roma^
ne' quali tutte quelle coTe fi comprendono» che alla fal& opinione apf^r^
tengono I canto di Deità t quanto di Sacrifica nel fecondo efprefie indifcM
gno» tratto pure dagli antichi marmi» riti nu:fiiali, abiti confolari e di ma^
trone, infcriasioni » abiti di artefici» materie lugubri» fpettacoli » cofc mw
fttcali , bagni e triclini : nel ter^o fi veggono con grande artifizio dtfe»
cnatì , i baffirilievi ^ che fi vedono negli archi trionfali r ftorie Ro»
mane e farole ; contiene il quarto , vafi » ftatue , utenfili diverfi anti#
chi ed altre cofe curiofe agli eruditi: nel quinto finalmente fi ^^ff^
no le figure del VtrgHio antico e del Terenzio della Vaticana , il Mìi^
ffiico del Tempio della Fortuna di Prenefie» o^i Paleftrinà» fiittodaSSIai
ed altre cofe colorite . Io non fohmente vidi con ammiraaione qnefttt
J>reziofegioje» fra le altre di fommo pregio » net Pataaao e dentro al M«^
todi quefta nobiliffima cafa, mofiratomi dal nobile Cavalìare Cari' Anto*
nio dal Po»oi ma ne ebbi eziandio per lettera notizia infiemecon altra
appartenenti al Tefta, che poffiamo mre, che fofle tutta lor creacvaa, né
pia né meno di quello» che fu il celebre Foufiin, col quale il noftio mi^
cefice , con tale oecafione, concrafTe e mantenne non poca amicizia e coa^
fidenza. Si diede finalmente Pietro» come poc^ anzi accennammo, ad in«
tagliare in acqua forte; mandò fiiori le tanto belle carte> die fon n^te^
Aon folamente in hai ia . ma net tutta la Francia, donde fìttono chiefte A
^iate quefle noflre parti ; anzi a cagiotte maffimameme deli' «fiere fiati ia
]Francia tutti i rami, che a quei nazfionatf fdn potuti <kire alle manì4 •
pei* le nntite e continole rìchrefte, che venivano fatte di cela di fuecar^
ce , fono flati dopo fur morte intagliati e Ami pati tutti i fuoi (chini • Noi»
ad effetto di non^rivare gH amatori di qndà' arti di s) bella notizia, e |lì
eruditi e profeilbn di amichiti di- ftudio À utile al genio loro, abbiamo
deliberato di porre hk fine della prefente narrazione una parttcolar aoM
di tutti gP intani dr fua mano» di quelli però» che fon potuti venire a
noftra cognizione» dopo arerne fatta grtmde e diligente ricerca .
Fin qxà ci ha trattenuto nel difcorfo delie belle fatiche di quefto in*
gegm>fa artefice» Tamtir dell* arte e *1 defiderìodel comune benefizio; ma
nei. dar fine eli' opera ci accompagna l'orrore» mentre dobbiamo raccom*
tare il termine dell:^ vita, di lui , tanto infelice » quanto altri mai imm^^
rtarfi pofiadi un.virtuofo fuo pari» che mi giova il credere, per meno fuo
filale , che feguiife rn quello modo. Era egli di temperamento malinconia
co, anziché no.* a cagione di che ebbe fempre un genio particolare alle
cofeantichiflimci e ad immitare nelle fue pitture tempi notturni e: varie
H h mutazioni
i
48 o Decenny. ddla Parf. L dfl Sec. V. dal i ^40^ al 1 6so.
flltitastoni d*àrlft e di ^ielo : e pec^iò ftre , come ben moftran9j' oliere Tue»
dovette ftudiar molcodal vero, finche gli occorfe un giorno quefiofune-
ftìffimo ca£ò. Scavati esli preflb all' acque del Tevere » difi^naodo ed oC-
fervando alcuni refleffi » che in efle faceva V Iride \ quando ^ non fo pec
qudie accidente , o di moto di perfona, o di moUore e lubricità di terre-
no» o per altra qual fi fofl'e cagionct egli cadde nel fiume: e non fi poten*
do da per fé fteflb ajutare » né altri trovandoti in quel punto ^ che occor*
rer i'apefle o potefi^ al fuo fcampo, egli miferamente annegò * correndo
appunto l'Animo Santo del i6So. non avendo forfè egli ancora compiuto,
il quarantefimo anno di Tua età. Ho detto di credere» per minor male,
che tale appunto foflè il cafo della fua morte; egli è però vero, che altri,
che in quei tempi ftefli dimorò in Roma, e lui medetimo praticò, dice»
che andaflfe il facto nella feguente maniera. , Aveva il Teila» dice egli, in
fua più giovenile età • applicato molto all' acqulftò delle fcienze meteoro-
logiche; e grandemente fi era dilettato della fìlofo^a di. Platone; ed ia
Ibmma fra il poifeflo, che egìi^yeva cU varia letteratura, fra^^Io valore neU
l'arte deldtfegno» e di altre a quefte iomiglianticpfè, ti era in lui talmen-
te accrefciiito. l'antico gran concetto di fei ftcflbr» ohe non gU jmeva,* che
da niuno ali veniflero facci quegli applauti, e che di lui e delle cofe fue
ix>n fofle tetta quella (lima, che gli pareva di meritare; al che aggiunta la
penuria del danaro » in che lo tenevano feoipre i fuoi ilud} e '1 fuo intaglia-
re, fi era ornai fifiato molto in malinconia. Occorfe una volta, che egli
llre^o da bifi>gno, fé ne andò alla cala di una onorata è ^omoda per Iona»
che era folita a fovvenirlo fenza dargli mai ncguciva: e volle la rea fortuna
fua, che da chi ferviva, ^li fofie rifpofio non eflere il padrone in cala.
Pensò egli , che quella fofie una fcufadkl padrone, preia per levarfelo d'at-
torno: e diede in ifipdnienon ordinarie; fecene. doglianza co'fuoì cono»
fcenti, e diceva; E pure anche a quello fegnofon condotte le cofe mie» di
non trovare al moivlo un uomo per me, e che in unmip bifogno mi foc*
corra. E.dice» che aggravato d^ tale ma^linconia, fé ne andò a cala, dove
laiciò detto 9 che» per quella mattina non farebbe tòrnaioa.detlnire; cofa
però a lui non nuova, perchè aveva ufato di far Io il'eflb/ quando per fuo
Eirticolare tiudio era necefiitato di valerti di quel tempo per altro affare «
a verità però fi fu, che la fera fteifa, o '1 giorno dipoi il miiéro uomo»
così vedi to de' fuoi panni» fu trovato morto nell'acque del Tevere^
Chi voletiTe, pigliando l'ottima parte, conciliare i due tefii, potrebbe di»
xe, che egli a quel fegno travagliato e malinconico, lafciando il definare,.
come altre volte faceva per mero divertimento di quel trifto umore, fi
fofle portato a difcgnare in fui Tevere, come fopra ti difle: e quivi gh folTe
caufalmence occorlò il terribile infortunio della caduta, non giù, che egli
avèfie a quella data caufa per eccedo di malinconici penfieri, o per difpe*
razione, come altri potrebbe immaginarti. ,
Tale dunque fu la fiiie del povero Pietro Teda, al cui cadavero, con
vniverfal dolore de' fuoi amici e de' profeflori dell* aite, fu data (èpoltura
nella Chiefii di San Biagio alla Pagnotta in firada Giulia . Fu il Tefta,
come dicemmo 9 grande e franchiamo difegnatore » e imitatore deli* an-
tico »
^' ' •] ;• i* *
PIETRO TSiTA. 481
%ioòf còl quale nobificò le opere fue: e le cohdùfle con grande fpìtitép
yJvttciiÀ ^ pratiéa dell' igmida.'- Seguitò la maniera del Cortona, laa.coik
un senio- rao particolare intorno alla nobiiti e fierezza . Per qualche ti^inpa
diede un poco troppo nello fveltov il cheiifcorge anche in molti de' Tuoi
intagli; ma poi fi correflTe. Fu tieir inventare affai grazìofo» e: molto più
nelle attitudini de* putti ; ma in quefti pure .per alcun tempo diede nel
npb golifidl} ma. avendo eònòrcmto ì) fuo difetto ^ fi mefle a difcgnare
r^ if^olte^la sfigura di Filippo Ghilardi » allora bambino^ poi pittore o
difccpolo dello fteflb Pietro aa Cortona; ed illuminato da tale Audio, d.ie«.
^ pei loro più vaghezza e verità . Fu amìciflimo^del buon pittore Fran<»
cefco Mola , e grande ammiratore delle belle idee del Poulfin (lato fw»
coetaneo I dal quale è fiima, che cfaéfle ottimi precetti perJ* arce fua i on-
de egli poceflk poi rifolverfi ad impiegare tutta (e fteflb nelle belle inven-,
dioni, chi^^li intagliò; e ciò fi ravvifa, particolarmente nella belliflìma
taglio odi pittura, che egli prima noni' a veiTe veduta dal naturale, a confun
fion di coloro, che operando Tempre a capriccìot fi danno ad intenderò
dì poter fi^mpré far bene .
Appreflo daremo la promefla notizia delle carte , ftampate con inven^r
zione di Pietro Tefta, la maggiorparte da lui medefimo intagliate in acqua
forte: e notifi, che in molte di eflefi ravvila in ({ualche modo efprefla Tar-
me de' Buonvifi > ciò che egli fece a bello ftudio, in fegno della prata memo-
ria, che egli confervò ièmpre de'benefizj avuti dal Cardinale di quella cafa,
IN FOGLIO PAPALE PER TRAVERSO,
i
UN Baccanale, o vogliamo dire un Trionfo di Bacco, con varj fcherzi
di Satiri : e in cielo la Notte colle Ore t ed altre figure di Pianeti fenza
cifira o nome alcuno . Si rapprefenta un Bacco e Arianna fui carro, forfè per
mofirare quando torna dall'India trionfante, vedendovifi Tigri, Elefanti ecc«
e puòeflere/ che egli per quefta carta avefle volontà di figurar l'Autunno .
Trionfo della Pittura , portata in Parnafo t a Monfig. Girolamo Buonvifi «
Il liceo della Pittura , allo fteflb Prelato. Vi fono varie figure » fatte
per rapprefentare gli ftudi della ftefla arte della Pittura .
La Predizione della Vittoria di Tito contra gli Ebrei , la cui pittura
originale dello fteflb Pietro fi conferva in San Martino de' Monti in Roma.
Una Stagione , dove fi vedono i Venti e le Nuvole , che forbifcooQ
Tacque da* fiumi. Vi è il Tempo» o pure fia il Vecchio Titone» Flora ecc.
Un'altra Stagione , fi crede la State.
IN FOGLIO REALE PER LARGHEZZA.
L^na carta óve è rappreientato il Giovane amante.della Virtù » con uno
feudo in mano , dove è fcritto :
c/thro dilato, cbc imparar $ non trovo.
Hhz Vièil
•«—
48 1 Decenti: Vi àHà ^rt. %MlStc. V. dui 1 540. si 16 $6.
Vi è il fimultqrò dt PàUide^ nlTt FtilHiiifis (fi ctùàtVi/MkyiniL) «te
r tncìM : «d appreflb « l' AoMfe dell» Viftu : dttt' tltn pgn» il Piwwe Vi^-
»ofo, e i feguaci del Visio ^<ifae procunnocifMloft lor fef^fln»
Una Venere» the indenta lo fdudo«d EaM^
La Vinti» Elogio dì Pape Uwocttftno.X. r : , ^
Il Sagrifttio d' Ifigenia . ^
Giove fcoperto da Giunone in adalcerk> con Io » ie ^de cgU «Mi'
tertìi in Vacca . Vi follo akuni Amoretti p che nei moàce coli' Aqo^ fi
traftullano .
Il Sacrifiteio di Canne nel Tempio di Diint»» Signofìdc vocifo, e por*
tato da'feivi per metterlo nel carro*
Una carta » dove fm altre belle figlve ed inventiani* fi vede iocate-
MtoilTem^o^ Mnvidiat Tlgnoraniet la Crapole»FUbriecliee8e»edakn
Tlt| nemici detta Virtù ^ abbattuti e confiifi: e qoefte è deétoace « Fra Già
TommafoRondaninor CavaBere Gei ofblioattaiio ; e pare» cbereppiefen*
ti b via della Virtù» corcmata dalla Ftma .
U Cactiatofe Adone» inntmortto di Venere^ dedioata al Sig» Scba*
fteno Antinori .
La Mone di Didone .
Il Giardino di Venere» con bellifliimt fcherai e vc^fae atticodini di
putti f ed e(ra giacente in terra in mezao a* fuoì Amoretti •
Una Circa» ove fi vede Maria fempre Vergine» geneflefla fra quui-
tic! di Angeli» ed il BamUno Geaù» in quella età appunto.» dbe gli eoo-
venne portaiii in Egkto » per faggtr l' ira di Erode ; qnafiche ili qoel^
y infiince medafimo incomtnciafle ad a^t^cciar la Croce » deftinatali ab
eterno dll Padre» che fi vede in gloria tra la molticodtne degli Angdt , al-
cuni de* quali moUnno ài Bambino gli ftrumeiiu della Paffioner ed è
dedicata quefta carta al Cavaliere Cafliatio dal Pozzo .
L' Adorazione de' Mi^i » dedioata a Monfignor Girolamo BiioBVifi Che*
fioo di GMiera •
I) Ratto di Proferpina air Inferno . dove ha voluto moArare con varj
poetici concetti» che P Amore fu cagione di quel ratto.
Una Vergine con nofiro Signore Fanciullo a Sfen Giufeppe , ed aU
coni Angtiti» che le porgon da bere: e potrebbe dirfi ila Hipofo di Maria
VergNve pel veggio di Egitto. In quefta carta» coma in iicce molte » li
icorge l'Arme de' Bttonvifi.
Le Morte di Catone » pianto da i letterati Tuoi fitmiliari ,
Una carta» nella ^uale è un Piediftallo con una Cartella ^ ^ve fona
tkttnì verfi, che cominciano t AtF afp&tir Mt tuièt9 Vti^hre .
Utm Tavole » ove diverfi virtuotì difeorrono di ^fe appartenenti a
Vinù, e vi è figurata la Sapienza » con un asocto ì
Vina » dapcs ontrMfH , énimos fkòientié nutrit .
La Morte di Ettore ftrafcinato da Achille al Tuo caito.
La Piccura co'fuoi Tcguaciy imitanti la Natura : vi è la Fama; e 'I Tem-
po abbattuto.
Achille
TIETRO TESTA. 48^
AcMUf tiifilto nel tMfno incnvito» foi CfnfigMC* t CU(in« Ct n*
can».
Un* ftoria» ove è figurato San Pietro con gli altri Apoftoli* tutti in
atto di dolofiB» dofo la morOB di Crifto* il qmte fi ^ecte in lontananza ri-
follare da morte . Quella cana non è finita • anzi poco più che dintoc*
nata.
CARTE DI FOGLIO REALE.
< •
Il Saerifiai» di Abtwmo .
San Girelioio nel cteftrto .
I ftftori imitftt «1 Natale del SiìgnoM .
II Maidri» di Santo Ecafaso « dedicato a Staluio Garbieri .
Un CriÌonH>rtn«plè della Croce, «en^guie di Angeli, ed in qod*
che dìflanca Maria V«rginfc e San Giotanni.
Un Immagine di Maria Vergine ool f tnoi«Ho
oenònloa I* antico Secpence , intafli«o da Gio. i
CARTE PICCOLE.
Un Santo inatto di oraatone, afflSico da^ Angeli ,
Una %«a di.vn gbvane « che favofko datlt Fortma, vien fipfto A
mano al Tempo ed all' Invidia . e porcaio al Tempio deli* EcernMk : ed è
colk notabile, die tocco moftra l*nrtefiee che fi laooiaoal porgedi la Fo^>
tuna mi ft) dito .
Una carta, 4ove fi rappiefienta la Feic« «d deuni Sand VeTc^ ià
atto di OTflRtiione a Maria Vergine , per V cfiirpenione di «ffii *
Alcune carte di Vircydi , con diveifi Patti , per angoli di volte, dift*
p!i»te dal Tefta, -e inta^iafe da CeTare, 4Àm fi dice Aio nipote.
' Un Santo Cardinate, in atao^i oranoM* ira alotai Angeli.
SCHIZZI.
Aktfiì felli»! ^^ ftoi<tette» doè 4«e4rfl« vUici de' PiflMi il Vitibfto
di diveda itiveoziono. Ls Scolcurt . Vn Siti Gio. GriMiùmm intm9 . Im
motte di Dìdone : credonffi imtgiitte dopo fai «ore* .
Uno fchizio di uni bizzarra caric«CiMp clie rappM(«ittft.«n attìnte ^th»
per fola cupidigia di onore » avendo in Roma confuinace le fue foftanze •
male in arnefe» e fopra una male corredata mula» voltando )e fpalle al
Vaticano , fé ne coma a cafa provvido non d' altro più • che di vergogna
e di danno.
*
» . *
H h 3 GOOBERT
484
GUOBERT FLYNK
■ PITTORE IV AMSTERDAM
Difiepoh di Remkraatf nato àrea al i6i6. ^ 16 $6.
Iforì in quello tempo in Amflerdim Guobert F^ynk (diceE
dì Religione Calvinifta) dìfccpplp dì Reipbrant d<l Reno,
Cofluit benché molto afpii'Afle a fegna.larlì nell' arte* non
volle mai perù venire in Italia» ma fi contentò folatoeDie
dì Audiar le opere di quei nueAn Oltramontani, e partico-
larmente quelle Uel.macftro t'uot €.f6céù una mianiQra in
tutto e per tutto limile a quella di lui. quanto al colorito; ma perb nel
dintorno affai migliore » come quegli, che grandilTimt Audj aveva fitto in
difegno, molto avendo peregrinato per laFìandratC molto faticatoincorno
alle pitture di valenti uomini di quella provincia > e particolarmente d* An-
verta. Fece una tavola, nella quale rappretenfò h chiamata de' PaftorialPre-
fepio , con gran numero di figure de'medcììmi , altri in atto di fvegliarfi
tlk voce del cele^ Araldù , ed. altri di dormire. In queit' opera Ce«e an-
che vedere rlcracca al vivo, gran quanticà.di animali, con che fu di am^
jnicazione agi' intendenti del fuo tempai> Quefto pi^tpre» per Tua buoni
ibrte^ aveva in fila gioventù dato all<Bn)anJ di. un ceno mercanEe, il qua*
le facendolo force in danari, lo teneva quali del conrinoVn. occtqiato ta
operar per fé (ìeffo, f^xondophè a lui dettava il proprio capriccio: ed ave*
va anche prefa per fé, a biion cofti)> la tavola Bell'Apparizione de' Palio,
xt di fopra mentovata; npa in procello di cempo.ìl Qu^bert.coqunciò ad
acquiltar tanto credito» chf avendo ornai guadagnata, i^ èioia del miglior
pittore <U Amlterdsm, non operava più pel mercante» ma per Ce meded-
mo; e vendeva ugni quadro, di lunghezza non più dì quattro palmi , fe(^
fanta feudi ; onde, e per lo defìderio.che egli aveva di fare, e per la gran
. ricompenfa, eh' e' riportava dì Tue lodevoli utìche, gli venne fatto il con-
durre molti quadri per diverfi amatori dell* arte e delh virtù fua; e molto
più e meglio avrebbe facto . fé 1^ morte invìdiofa, in fui più bello del
■ fuo operaie, in età appunto dì quarant'anni^ nonio avcAe tolto a ^uefU
luc9f U chic legul pire' air anno i6s6.
CAVALIER
4^5
CAV CARLO RAINALDI
ACHITETTO ROMANO
Dìfapoh di Girotam9 Rainaìdif nato i6iii vive 1(^85.
ON fàf a mio patere t fé non effetto di faggio avvedi-
mento» quello ai coloro, che fra le arci , che hanno per
padre il Difqgno» a quella dell'Architettura diede il pri-
mo pregio di maggioranza : e queflo non pure per cagio^
ne del più nobil fine, al quale ella è ordinata, che è una
gran pane delia confervazione di noftro individuo (che
però Natura la infognò fino a i bruti animali) quanto per
lo diletto, comodo e vaghezza» che ella è folita apportare all'umana con«
verfazione: e per efler quella, la quale allo eternar le glorie de* grandi , ò
foNu a mirabilmente contribuire; imperciocché, fé daremq una occhiata
all'andche e moderne (torie, ed a quello eziandio j che ogni dì veggiamo
accadere ne' tempi noftri > affai chiaro he apparirà , e da i fatti de* Cefari
e de i Trajani^ e poi di tant' altri Monarchi, non aver fapato efli, né fa-
pere altro modo trovare, per fare (èmpre vivi negli anni futuri i nomi lo-
ro , che quello delie egregie fabbriche e de' fontuofi edificj • E^ anche attri-
^iffo molto apprezzabile di quell'arte nobiliflima, reflerfi moQrata in ogni
tempo madre benigna de'fuoi artefici, col fargli ricchi dì facoltà e di ono-
ri: mtomo a che è da notarfi, quanto ci lafciarono fcritto Cicerone* Vi«
travio e Catone, cioè di effere ftata legse appreffo agli Efefii» che i prò*
fefibri di quella foflero con cariche pubbliche onorati; onde non mi ca-
giona ammirazione il fapere ( tanta è la dignità di un buono architetto )
che il £imofo Dinocrate, per portarli al cofpetto del grande Aleifandro»
sprezzato ogni mezzo ó favore , e folo provvido del proprio meritò e vir*
tu, da per fé fleflb s' introduceflè a lui , e da eflb non toìo fofle cortefe*
mente ricevuto , ma che anche ne guadagnafle l'amore . Tale in fomma è
fiata la dima, in che fono itati avuti i grand' uomini in tal mefitere; che in
ogni eti (toltone quelle infelici, nelle quali la mifera Italiai, colpa della
barbara crudeltà delle ftraniere nazioni, vedova fi rimafe di ogni fcienra
ed arte più ragguardevole) fé ne trovarono degli ecceilenciflimi, finché
alle mani del gran Michelagnolo ella giunfe a quel termine , oltre al quale»
{>er mio avvifo,elia forfè formontare non può « Moki perciò fono flati co«
oro, che tirati da sì belle prerogative, dopo quel divino artefice han pro«
curato a tutto lor potere *di apprenderla: e feguendo le pedate di lui, o
accuratamente inveftigando ed imitando il più bello antico, fi fon pro-
cacciaci gran nome in Italia, e particolarmente in Roma; de i quali,
fé [ddi0^he concederà tempo e vita, ci toccherà a ragionare. Ma fra que-
fti io non dubito punto di dar degno luogo a Carlo Rainaldi» il quale in
ciò pili fortunato degli altri > perchè allevato e nutrito in feno a quefta
Hh 4 beirarte,
4Sd Dectuft.y. della Part. t. del Set. V. dal i ^40. al i ^50^
fièlTfrce» hi» dita tA ii pidknce dì Oitttfis a coniffbHre» qxmmo in tSk
foia apence tlco inxdlcxw^ per acccefect Ìe«fNrc piìi il culro • Di» odia
corruzione de' Tempi > ^ ^^^ ^^^^ ^^ nobiliflimi edìficjt il comodo a i
corpi , il dtlecfo iOT occUo^ t li fiimf 1 1 grandi .
Venendo ora a dar principio al mio racconto r dfco^ come circa agli.
anni 4i noftra falute 1555. efercitò i* arte delta Pi(tucae dell' Ardtiitctturi
inficme» Adriano Kainaldi Rmmqd^ éM ^«ale èflMiaari*^ «lie ^Bpi^icfle
a frefco nel Coro di San Luigi de' Franzefi le pitture e architetture delle
parti iatcnlf # e ciit foS» him tea fvodtftgnolf Akar mstgàon éMtt ae*
ilefima Càie&. Qocib Adritao fu pro&efato dal ciala dì tn fivIhMii,
che &roQo ToloflKo» Gkblaai»» nato odìjfa^ • Qiai» Saeiftì^ «^ timi
nuic trofto pto&flfari di architettura. Totoeaeo » che & dice Mk Agno par*
co della £cuola di Mlcbelagnolo» fu aachiaat» cirile# miUcafe a pffrfpea»
tifai efaha ii Oocsdfato» efu anche aceelknia Filalofo. Si accasò ia Mi-
lana; a ^ét featt buam iiggi éift» Ydace» efaa maritè i^ uficio A Ateht«
seiaodetta&agtaCaflMcaaakcUaForciftcaaioak. Ebbe quatti tf fiaa aaauW
nonio duefigMuoU» Damine il pdaa^» Gtevanko il Snomà», ì%mk
fi^uicanmo Tane appac fio il p^a» a qmCi ae enditafOfiarièìioma« can*
cioflìacofadiè fuOerò (èo^Mre diiamasi i Totomciia. a lai faMedenioo netta
cariche: fecero pm fiibbdche efoctease in efli; Città a paf laScatn» e naif
la ValteBiiia. Qiov»mbati(bi» akro figtrool0 di AéiAanio,. otcfiraUTÉrcbiBat»
fttca^ piofcisò anche kPitaaia» Fu Archtca€to4eliaCof^régunQi» D€ la»
mngimfmi emaiìditQaFefgaraafi»ycg<»iaqfrtbfamfinaihMWt ^pàù^
éi airopeia 4at Ftece Felicer A Barghetto^ a a VcHaeri pea hi Fomam a
aondonora dell* a«qiie del pubblico; a face anche più fabbriche ialtoaBi»
Bfindofi anch* aatì accataca» ebbe un 6gHooUaè che ftchnoò Dnaamcot
ahapufa ha acidb Mia pittura ed^acehiteuura. Fa dìficepolo neDa pinart»
winia dal Cavacela Gaufeppa d- Arpimr» poi del Cor^iaia. Ha i&pisscoa
frefiro. I^i Ahtri d& uua moft laterale é^ìlm Cbidk ài San Loiaoao Cuori
daUft. mura: ed inS. Loraaa»ÌA Lucina aaUa Cappetiads' liardicfi Nuguea
wi' avuto aolia • entrotri Maria Vcrgiua a Sar^ Giaiappa . NelF acchitciaii-
lu ha oparasa uwlto ed opera tutuata par beala Or fina. Ginata^i^^ il va-
ao figliaDÌ0 di Adriana i fu difaapola nett^ architettura di Doumesmcq Poo^
aattd^ rerateoae deli^Obeitfca inVaticafia ne' tempi diSlifta» dal^uaie ao^
cor gioTanetta éu unodatao a edifìace la Chiefii di hlafKalfia. Servi poi
Fupa ClèBienta Ottaro: e dal medefima e dal popob Rouiaiia fu cuunda-
to a fifitar le Chiane , dopo T tnondaaùofie de) ts99. Ruanda fi a^uftaro*
no le diffeyenie coir Granduca éi Tofcaaia. Fu&tto Archifetwr ed Sciiaaa
éi RooM 2 e fondò in Campidoglia il portico» rÌB{»tto al gii £rtihricata da
Mtcheiaguolo t ii i^lcsao de' PanfìI) nella piazza» già detta in Agone r o^
Navòna ; ed efiendo Ihro fatto Architetta di Paolo V. fu acfeperaao tu
occafione della coftruzione del Porco Borghefe ncUa cittì di Fano: ficco-
ne ancora quando fi fece il diiegnodeU* Altare della Ci^pella Paolina ndb
Bafilica di Sema Marra M^^iore: e per la Cananiuziooa ^i San Carlo
Borromeo, dittai il dì primo di NoWaubre i6io« ad<Mrnà con fuo difegno
la facciata di San Pietro » e fece lo ftupendo apparato della parte di dentro
^i quella
CAK CARLO RAINJLDI. 4S7
di 4Btik gnuBiilietr «mmo deirmt cbe:dtB' «krft fu* beinflinM
M» & vMgoQoteaftttgg» 4iia|r»ncarceÌBtJgt»€e pweFcnnaitfio. dA
litftm uteocer » n jncMlive ia ^i tempi &imztt&oo^ Operi^ per It ^
SumiMmu Ce& Earaefe la LoaNntia» e iKlla citià di FaMu al Fakszo
mMn» noo ftAtoo . .Focoiio fin fiimst 1* alvcniofie 4c? Pidn Ge(fHis deltt
Cab fn£tSk: e it Chtefa dt Seau Lucie. def iDedbfinì io Belogne « dove
ettMfii &Beelcrefiri)bcìche^.e C4>rardé k. beile CUefii de* PkdxBScebit
s FcefcMt il Palenode* fiM^efit. detto ViUe Teeenia. Ser?i pme Ad»
lìcads Afchtietta le Seattcà df Innocgimo Su del qwle dopa eli'iono Btf4tf.
fadt.nnQvo oienAeo elle Cltteae con Moii%aoe Comdo, ppiCeiJdtOjU
Ir ; e ioelaieiìee giuiKa ati' età dt o€teiuacifU|iie enotr eoa non osàmuM
«oda di Ilio valore e boncà» diede fine a i giosni imoi: e iiella Cimla 41
Saftco i.nce io Stirai Mei tine,. fu Cepotoo. A oaeft* eaefice per oereo è M
aoftro iccoio naoko obbligitaF noa etneo per le bette opcw, che cfSi hh
ce ecriere .di Coo^ modello» quanto per afet dato aliane ed ti monda an
figttiiolo da ingoiar veloce» cbe è flaco UCavalicr CadoRtinaldi» di c« ora
perlkao.
Fa il natale di Carlo Tenao idi i. e pervenuto a cooveaicnte età aven»
do^ ^Pprefi del padre i priim pceoetci » dilatò, le fue applicazioni a cucn
mtìn ftiid| » tkt potenn condarre V iottUecco fuo ad un ben IbadtM^ e
ioeptifioo poffi^ dett'trchioeaura;^ calehè non amKè^ oioUc»» cke egli» n-^
venite: tiDconi H ptdre» iuétt ImiocenoaX. kapkgaco ia ptoprio fènrizia»
coQM appcsffi)^ direniD. £ priiaieraflKace coàT occafioae àcVk fiibbrica del
TiMMio'dl Sncf Agacfe in f ite» Navone , ebbe t^H a fané ITinvenaone e
il dtftmo» ne jgettò le foiadasBCiica ». e con la proprie a(£ftema lo coaduflk
fino mi cornicione . Vi mcSk poi le mani il Bòrcoatinor cbe ne fabbricò il
JeAame eolie ce]Mda; ma ailenuitoli dalla £dibnce it l^rincipe Panfilio, tot'*
<a4-qtfeU' opera in mano del Rainaldi» il qoale con. fua afiflenza e aioMlo
conoiiffft il lanternina delia medefioia Cvpoke» He teaiipi di quefto P^on^
(efice tomi» a drlatarfi per Roma, oontre il Cantiere Gio. Lorenzo Berni-
not il fiero fiifiicro f incomindatofifino negli aitimi anni di (Jsbano Vili,
ficcomee noi nella vita dello ileffi> fiernino abbiamo ditfbfiiaiente aoinrata,
laddove ftceotmo edcneione àc* due Campanili , che per ordine del medcfi-
jao Urbano aveva egb Q»Sò creali da' lati della fiicciata di San f iecra: e
•fu» die aveva portata il cefo, che la facciata àk mezzo » fra t due campanili,
in elcaae parti li fofle alquanta rifentita » ael luogo ap|>unto > ove apMrivar
n» atcune ccepcure, fiiuefiGna al tempo, che lotto il Pontificato ai Pto*
la V. fi fabbricava la volta dell* Atrio avanti alla Chie& : e quefte fi {co-
privano neli' ornato di ftucco dorato fotto b Ùefi^ volu t e per la gran
yocìlbrazìoi)e>che ne correva dappertutto f^ già fi credeva per ognuno, che
il campai^ile dalla parte deftra aveffe filtro moaimencot i; che dit quefto
fuflTero procedute le crepature della volta, eperconlcguenza anche im qual-*
che pam quelle della facciau perdi £uori: e perciò aggiugnqvafi da i pm,
edere ftato Urbano e *1 Bere ino infieme di grave danno a quella nobilifl[i«>
ma ftccttta, coUa nuova fiibbrica de* campanili, mentre uno di eflfi quafi
finito , pel gran pefo gii la coaduceva ad kievitabile rovina . Perveaue
il tutco
^
488 Decenn. V, Ma ^art, L MSu, V, dal 1 640. ali6$o .
il tutto air orecchie del Papa,' il quale volle per ogni modo, che il Ber^
nino defie ragione di fuo operato ; il che egli prontanttnce fece» adduceo»
do gran cofe per fé; ed in oltre £ afferfe a^fitme dttecnyfti, e Tiefiettiiò.
Ma ciò non ottante [ tanta èra ftata l'anprenitone ,. che il Papa aveva eoo*
ceputia a perTuafione de' contrari di queir artefice) che volle deputare fopxa
cale emergente una Congregazione a pofta de*^iù eiperimenrati architetti
di Roma» da ragunarfi davanti a (è^ e fra quefit ebbe luogo il nollro Rai--
naidi , il quale fi trovò fempre coa^ii*arltri» e coXardtoaU deputati fbprt
la fabbrica di San Pietro , in ogni congreflb % ed è da notarti , che quantan«
qùe fofle la fcntenza di uomini dì gran valore » che il campanile per verun
iQodo non poteva aver ceduto, ma efl'ere il male da altra cagione fiato
partorito, vi ebbe però fempre taluno, che fifib nebproprio fentimen^»
tenne la contraria opinione ; onde il Papa ebbe per bene l'ordinare a eia*
fchedano degli architetti il fare un difegno, con cut potefiTe confeguirfi il
fine del totale abbellimento della facciata , e laficurezza della fabbrica.
Jl Rainaldi fece il fuo, ordinando i pròprj penfieri a/due oggetti: il mi*
mo, di far nalcerè il Campanile fopra i pilaftronì principali della medeuma
facciata: il fecondo, che per alleggerimento di pefo ed unione della fac*
ciata, foffe tolto di mezzo un ordine antico iattoyi dal Beioino (al che
fare niun altro avea penfato) con che pretefe aggiitgnei^ ^gentileaa airor*»
natp, grande accordamento colle cupole latecali:, edujia ttocaip oorriipon*»
dénza e concerto^coUa gran cupola di. meazo, i&ofirand0 9ltre^,:dieopc*
randofi a feconda di quel fuo peniiero, con poco fi fiirebbe oncte «dattt^
to il fondamento a potere il tutto reggere faldiffiiiyamentie / GoaqneAo
difegno il Rainaldi molto fi avanzo in concetto apprefibil Pontefice tnoo*
cenzio X. fucceflqre di Urbano, il. quale fubito ordinò di fiimeulio pel
Teatro, da ereggerfi fopra la piazza idi &n Pietro; ma ne fece egU. fine a
quattro modelletti di rilievo « tutti di diverfa fórma. Jl pcimaih qiaidr6
perfètto, il fecondo interamente circolare , ovaie il terzo per lo lungo ,
ed eflagono il quarto; tutti però nella elevazióne dell' ornato, uniformi:
eibpra il porticàv cherifi .raggirava dintorno.» fiicevà abitazioni^ le quali
dalla parte verfo il Palazzo Papale potevano fèrvire per lo Conclave: da
quella oppofia, per la fervitù ael Palazzo, afTegnando quella da piede alle
cuardie Pontificie r e avendo nel luogo appunto , ove oggi pure fi vigono,
datoluogo alle due fontane. Avrebbe per avventura alcuno di eflifuoidife-
gf*ì riportata la gloria dell' efecuzione, le la morte, col recidere il filo della
vita dei Papa > non avelie altresì troncato quello de' trattati e delle pratiche .
1 fopraddctti roodelll furon chielH al Rainaldi da AleiTandro VII. iucceflbre
d' Innocenzio X. e poi per parte del Papa, da Don Agodi no Ghìgi , allo fteflb
refiituiti ; ed oggi recano non minore abbellimento allo fiudio di lui, che di-
letto ad ogni amatore di queft'arte^cheii porta a vedergli . In quefto tempo per
laChiefadiS. Maria inCampatelli de' Padri della Madre di Dio (così eletta dal
nome di Campateli! o di Campidoglio, che fecondo .ciò, che ne lalcìarjno
icritto gravi Autori , fu una di quelle Bafiliche , chiSida i Romani antichi era-
no avute in gran devozione ; e benché, più v^te fofie fiata a miglior forma
ridotta ^confuttociònon giugneva.alfe^o,clié oggifi vedeefi^r pervenuta #
per opera
« . , • i
CAV. CARLO TtAlNALDI, 489
fcit Opera plire'di Aléfiàndco^VIL il quale di nuovo la fece fabbricare , e
volle» che fofTff collocata in eifit la miracolofa immagine di Sanca Maria in
Poetico ; .onide dipoi fi ^:^decta Santa Maria in Pprcico in Campateli!)
per quefta grand' opera dunque» e per la bel li (fima facciata, ;che il Papa fe«
ce fare chi Sanato, fi. fervi dell' ingegno del noftro artefice, il quale in efià »
quanto in ogni altra fua belliilìsna fabbrica , fece conofceìre fuo valore.
Ma noa minor reputazione arrecò al Rainaldi la coli ruzione della bellilH-
ma facciala di Sant^ Andrea della Valle > Chiefa de' Cherici Regolari
Teatini, cominciatala edifìcarfi da^l .Cardinal <3!eruildo, in luogo ove fu
già un nobii Palazzo dtcafa Piccolomini, profeguica poi da Mont'Alto»
e dopo quefti dal Cardinal Fra ncefcoPerettìMont' A Ito di lui Nipore» con
Qtodelit, prima di Paolo Olivieri, poi di Carlo Maderno/ il eguale anche
aveva Jafciato condotto di fua mano un bel difegno , che fu poi intagliato
in rame.; ma il Rainaldi, fempre fimile a fé medefima, la nobilitò per mo-
do, che eli' ha il grido di tutta Roma^ T arricchì di llatue, fra le quali veg-
gonfi far bella mollra il Sant'Andrea Apoftolo, e'I Beato Andrea Avèlli,
no , fatte da Ercole Ferrata: ed un San Gaetano e San Sebaftiano, opere
dello fcarpello di Domenico Guidi . Vi è una Fama^ o fia un Angelo , co*
me altri fcrifie, e due ftatue fopra la porta , lavorate da Antonio Fancelli .
In oltre fu il Rainaldi adoperato dallo fieflb Papa neir ultima azione della
fiibbrica del .Campidoglio; e finalmente in fare il difegnoc modello de' due
beUilIìmi.lietnpi'in fulh Piazza del Popolo» uno de' quali, cioè quello di
Santa;MarRt}ef Miratoli, egli medefimo conduflecon propria afiiftenzafino
da'fdndamonci, t:ome fi raccoglie da' difegni, che vanno in ìftampas: fra.i
quali uno ve n' è intugliato per mano di Giovambatiila Falda, e come fi
vide allpra nelle memorie « che furono imprefle nelle medaglie gettate
pelle fondamenta. Quefti vagbiflìmi Temp) fono edificati Tuno focco la
in vocazione .della Madonna di Mpnte Santo., a fpe& dell' Eminentiifimo Gà-
(laidi, e confe|(nato a' Padri Carodelitani di Sicilia*: e T altro della Madon-
na de' Miracoli, che ad iftanza del Cardinale. Barberino era già ilato dato
a' Riibimati del Terz' Ordiqb di San Francefco della Congregazione di
Francia. Dal medéfimo Pontefice Aleflandro fu mandato al luogo delle
Chiane conMonfignor Carpcgna, oggi Cardii>ale Vicario, quando dal Se*-
reniilimo di Tuicana vi fu fpedito il Senatore Antonio Michelozzi, per
le dififerenzc verteu^ti incorno ad efle , nelU quale occafione il Rainaldi fe-
ce ua bel librotcoutenente tut(iidifegni> livelli, fnante ed ogni altra co-
fa, che occorre^ in queir affare; il quul libro fi dice reftafie in mano del'^
l'Emiftentilfimo Ghiglir non è da tacere, coma lo fteifo artefice già fi era
Trovato m eflo iuogo delle Chiane con Girolamo fuo padre, quando vi fu
mantdàii$>:.da Innqcenzio l' anno i6^. come fopra accennammo .
^ o Mancato A)eliandro,:e dopo quedi .il fuo fuccefibre Clemente IX. toc*
co al jl^inaldi ad impiegarfi. in ferviziodi Clemente X. non folamcnte per
far pecfeziune alla fabbrica del Temp;o di Santa Maria in Portico inCam-
patetli j «ma a qu^u eziandio della parte citeriore della tribuna della Baiili*
ca dlSarùt^ Maria Maggiore* che veggiamo riccamente ornata con fuo di-
f'^iW f e fujanche cimi invenzione e modello di lui fatto il Sepolcro di
: Clemente
490 Deetim. K MaPart. l ddSét.V. dai 1 6^0. al 1 650.
GlejBehce IX. per entfo la ilèflkChfeft» 1b|^railqttik fi rede li imi dei
Poraefiòe fedente « open di Domenico Gwdi; e nelle ptrd lecendt h fi^
gun ddk Carità • fcolpata da Ercole Ferrata: e ^tieB* delia Fede daCofi-
tao FancéUi . Parto dell'erudito incegno del nottro Carlo fo il belUffimo
Tempio, eretto per lo BrioctpdBoi^ieie# in Mocne Porzio foo caflello»po»
co lontano da Roma: nei qual taogo poto nel Pafaeoso dello fteflo Prind«
pe, fu arclutetto del nuovo apparumento terreno» diertufdsli)ello« che
dì Cubito ne coife la fama • che è noca al mondo. Mokiflime poi tono fla«
te le fiibbrìche di Chtefe » Cappelle » Altari ed akre»erettefi da Im , dia
troppo lunga cofa farebbe il defcri^erle ; ma in qnante mai rtfpluidono
per eoceUenxa di difègiiOt fu qpgejita ddP Aitar ma^iore neSa OifeTa di
Gesù e Maria al Corfo» de' Padri Eremitani Rijonnati dì Sant'Agoftino»
fiera £n« da Monfignor BoJognetti » con dìfegno di Ctflo Milanetet ndia
quale» per quelio felo^ die importò lo abodb del danaro effettivo, gionfe
la fpela ella fomma di più di quarantamila feudi . Ha in oltre egli medefi*
ao abbellita fotta qoeBa Chieia con d^pofiti ed altri nd^ ornameoci» 9
étiUf foeliiAiuo compimento lAla facciata . Non è ftaca dunque mata vi^ia^
che il ftainaldi» ii quale per tante e così belle opere efpofie al ptAMwov
£ è fatto cddire, fcue impiegato molto ne* fervig) di Carlo Emanuel Duaa
di Savofas ed in oltre aveffa in forte agli anni aiUietn»» di conooRerefitf
Scimi profisflbri dd noftro fecolo » dico del Cavaltere Bernino e di Pietro
a Cortona» in fare anch' mIì un difegno per lo Pafazzo del Lotve» che
poi dalla Mad& del Re Criitianiilimo » in fegno dì cadimento » egli fefii
con rt^ liberalità regalato del proprio Ritratto gioiellato» onore ibliio
difpenlarfidaquelMoiuiica fusamente ad Uomini di fublxme vitt»; e inaU
mente non cagiona maraviclia il fapere » che t^i al prefeme fi trova in
pofleffi) dell* onore éi Gavafiere de' 5^anà Mauriato e LasMro» conferito^
gli dall' Altea» Sereniffima dello IkiTo Girlo Duca di Savoia * per mmo
del Cardinal Maurizio, per guiderdcvie 4aUe fervirà prdbtegK nel cempOi
eh* e' fu alla Cinte di Roma .
Molte in fomma fonò le piorc^ative ^ die okre a quella dclP «ite fiia»
adotnano f aninw di qtidfto artefice fra le quali rivede in srado mdto
eminente k bontà od integrità de^ Godutili» eccomp^Mta da^ un tratto
corteiee gentilìfllmo^ « moite tndinato all'offe di pieci: in tcMmonio
di che Oli b^erà il dire» che egli delk prenoiè< f iofu , die ornavano il
rkcatto donatogli, come (opra accemiMmOf'ddla Moeftàdel Redi fnn^
cia^ con altre molte aggiuntevi a proprio cofto, egK ne ha«idm«to un
bdlìflhno Oftenforìo deiSamiiimo Sacramento, pM f infigne Confiimr*
nitadelle Stimate t da elb» cerne unode^ FrotelK, frequenterà. Si^diietta
più che ordinariamente della 'mfufica: ^ per Mo firn direnianento ha fe*
nato per eccellenza 1* Arpe doppia , e la Lifav' E tamopiù rifplondono in
quello foggetto tali quanta » quanto che csh v loneuno però da ogni often*
tazione» non lafcia di fi^Oenere il pollo imvuoo alla Mfdta » all^ afte» al-
i* oroamento di Cavaliere » ed alla copia delle fiicotoà » che ifili poffiede»
ttiando carrozaa , fervitù ed ogni altro di qud tractam6nti 'di fin perlb-
na» che fcrvir poiibno al comodo ed air onorevolenn di «» CkntihiomD .
Moka
CAK CARLO ftAINALDl. 491
Malto "jpià ÉHMM dnotiao in fu* lode; b 1 tàmon di non fiur cofi»
che alk fldodeftìt di lui , che ancor vive» potefie eflcr menot die grati»
non ci licepcfle ; perdo' ci btftbrà il deteo fin qui »
Hit! ^1 mu\ f \m < HI II iri^«^«»»<»^i^|M>wwi<w>i»i»>*<»ii»rt»»»<^i^>»w^^a«^»wp»»i»»
^tàm$t^itÈaméàmm
C A RLO
DOLCI
PITTORE FIORENTINO
• • . •
Difiepolo di Jacvpo VìgnaU^ notò i5id. •$* i6%$.
iOfui fempK folieodìdim,cbe debbi Tuoino ÌAquiili&i medie-
^ re a coi. s'mp^li» epplicare ogni firn ìIikIìo per Cicfi piioM és^
ligentt e noi pnitico ; e ciò percbè io ccedeccU cbe k praci-
ca fb^ finiaoia della diljganaa ; non abbi però omì per iode-
voie quella diligeittai cbe mantenandofi ratum in {eawdaft»
ina< non mai dà fuori il bei parto delia pracka; e para a ine » die caie mio
feneimenco abbia luogo* qnanco in ogni akra corat nella beiP acce della
Victiira • Mi conferma in qt«Aa opinioae il £ipere , che Apalk» miracolo
di queftf ane« avesido vedMo il •GialUb di Promgene « in cui avafa egU
odnfjimati fecm anni» nfctco qiiafi di fe fteflb« per io fiopore àk vedece
opera così diligaite» proruppe priatui in parole di gtan lode« a pm difie:
Pnaigtne in ogni cofa mi aggmgiia, e lorfe mi è fapariores ma a* ami
fa mai levar le mani dal tm lavoro • Ma^ dico io adeim» fe vale la dili-
gena a condurre opere bcHe; perchè canto fi biafima T impiegar gran^tm»»
pò in condurre dpere diligentemente fatte ? lo per me non fiiptet Ibio-
glierquefto enimmat fenaa fare ima- diftiactone , qmtuaque ella fi fia
per parere a' più laputi^ o bene o male» adaccaca al mvo ; ed è qoafta.
lo coniklero una cerca fixu di diligenza» la <)iiale io chiamo diligenza prak
cica, ovvero pratica pasiente : e qoefta è propria degli uomini « anche di
{Mcima olafle in ^gni meftieie: ed un'altra» aie a me pare» che merki il
nome di dil%enza ìnefpertaé die alerò in effisfto non vuol dire, fecondo
me, che una vera dappoci^ine » la quale , per mio avvifo» ha fua radice
neli' tgnoranaa. e quena è propria de* principianti « e di coloro» che poco
da nacura • dal genio ajntatis non Aai ceffano nelle loro arti di efifer tali
quali furono a princifMO. La prima a me pace» chedd>ba cfaiamarfi.diii-
genm pratica» o pratica paziente, o che toltole l'uno e l' altro di quefti
nomi tqueliofolo debba attribuirfale di vera paaienaa » nel tirare a perfeaioit
ne intera e con ottimo gufto quelle cofe» che mi pazienza ricercano» adi*
fiinztone di molte, le quali , con più preAezza e meno fatica» polTono a Io*
devol fine porcarG. L'ontco artefice Michelagnolo, pare» che apertamene
te fi dìclmrafle di efler di un fioail parere, mencm lodava a gran ftgno
Donatello
49* ^^cetìu. V. dilla Vàri.hdel^eLV. M 164,0. ali6$o.
Donatello» Scultore ecceneiitiffimo, nócandolo foffmente di qudfto, che
egli non aveiTe pazienza in ripulire le opere fue» *di forte che riufcendo
mirabili a viQa lontanai d'appreflo peraèrano di reputazione » Conofoc.»
va egli molto bene* che altra pazienza deve avere l'artefice, anche pra*
tichiflimoi ogni qualvolta ei voglia o dipignere o fcolpire cofe grandi, che
debbon vederli da lontano:* ed altra ancora» chi con nìrabile artifizio in*
tenda rapprefentare le cofe più minute, per quel che elle fono o moftra*
no di èflcre potte • fotto V occhio npftro ; non dico il tutto di una tetta ,
di. un panno, di una corona reale e limili, che con pochi e maeflrevoli
colpi , Dcne fpeflb i grandi artefici a villa lontana fanno parer vere , mi
ogni minima rugd» ogpi voltar di caccilo, e^le più minute legature delle
gemme, con dare a ciafcuna il fuo cofòre ed il fuo rilievo tanto artifizio-
io, che la mano fteflra[del riguardante debba air occhio fervireper tefti-
monio veridico, che elle fiano dipinte e noU vere , affinchè egli non rimanga
ingannato • E fé alcuno mi dirà, che quefta per verun medio non puòchia-
marfi pràtica ; io gli rifpondo, fenza timor d' ingannarmi, efier quefta in
genere d'imitazione una pratica, non folo grandifiima , ma fingulare ; e tan-
to fingulare, che pochi uomini ha avuto il monda fino aquefti tempit
a' quali fia badato Tanimo di farfi pratichi in condurre le opere ad una così
efquifita perfezione. E goffo ftìmo il penfiero.di coloro, a cui non par
poflìbile, che ne' lavori, che per loro propria natura ricercano gran tem^
pò a condurli» non pofla aver luogo il belliifimo attributo della pratica.
AI parere di coftoro , potrebbe uno ignorantiffimo tagliapietre , riquadra-
si e pulire in un fubito un bel piccolo diamante, purché egli foflé prati-
co e fpedito in dirozzare un maffe; ne meno, credo io, vorrebber quefti
tali» che fi cbiamafie pràtico l' Anatomifta^ mentre egli con eftrema dili*
genza, e appoco appoco va feparandò le tuniche più fottili delPocdiio;
ma folamente quando in un fol colpo e' divide o gambe o braccia di un
corpo. Or per quello, che alla pittura appartiene^ io non dubito di af-
fermare» che quando fi trova chi ad una etlrema imitazione, come io di*
.ce va , . operando con grari pazienza, abbia faputo congiugnere un variar di
tinte , una frcfchezza di colorito , un buon rilievo , una morbidezza nel tutto »
ed inciafcheduna parte, con altre belle qualitadi , che in una preziofa pittu-
M fi richieggono , e fempre fimile a fé ftefib i non in una , ma m ciafchedunt
dell' opere fue fi pofià dire efier' egli arrivato a farfi pratico di una delle più
difficili maefirle, che in quefio gènere ritrovarfipofiai pratico, dico, anzi
pratichifiimo , in quel genere di pratica, eh* io chiamo paziente, anzilapa*
zieqza e la pratica ftefia fi avrà tutto ciò , che fi poflà defiderare . Tale appunto,
pare a me, di poter chiamare il noftro Carlo Dolci, ilqttaleeflendoh,come
vedremo fino da'fuoi primi ftudj^ fatto conofceremaravigliofo in fimile pa-
zientifiima pratica di operare in pittura;, ha dipoi fatto vedere a tutta Italia
efuori,opere rarifiime del fuo pennello. Sappiafi adunque, come nel prin-
cipio del prefente fecolo vilfe in Firenze un molto onorato uomo ^ fiirto di
profeflione, chiamato Andrea Dolci, congiunto in matrimonio con Agne-
fa,^figiiupla di Piero,. e forella di Bar tplommeo Marinari , tutti e tre pie*
tori, tanto 1' uno, che T altro de' due maritati; e per bontà di coftumi ^
e per
CARLO DOLCi. 493
e per àtrilità nelle cofe attenenti al proprio (lato , condizione eineftiero,
diedero tal faggio di fé in quefla noura ciità > che non poco amore fi gua-
dagnarono appreilb a molti cittadini » di che io lleiTo puffo darmi per te«
(limonio di cerca fcienza. Non fu gran facto dunque, che di tale matri-
monio» oltre ad alcri quattro figliuoli fra mafchi e femmine, cheriufci-
rono devote ^d efemplari perfone, nafcefie il noftro Cario» il quale», pri-
ma dal cielo lavorato a difegno di un uomo* che dovefle efler pieno di
criftiana pietà: poi allevato e nutrito in grembo alla devozione e all'amore
di yirtùf dopo un corfo di vica di fetcanta e più anni» ci abbia lafciato in
dubbio di quello» in che egli fia (lato più eccellente, o nell'arce della pit-
tura» nella quale» fecondo la maniera» che ei fi elefle, fu fingolarilGmo»
o in quella del ben vivere. Fu il natale di Carlo nel i6i6. in giorno di;
Giovedì 25. di Maggio» dedicaco alla memoria di San Zanobi e di Santa
Maria Maddalena de' Pazzi» e full' ora appunto del mezzo dì. Giunto»'
che ei fu all'età di quattro anni , reftò fenza padre» e confegucntemente
obbligato co;i fua fracellanza a vivere in iftato di molca necelfità» perchè,
de' foli e poveri aflègnamenci » che potea loro procacciare l'induftria» per
altro molco accurata e foUecica» di Agnefa loro madre» co' quali patendo e.
foffrendo» fenza punto fcapitare della natia onorcvolezza e civiltà» in una
fama pace fi mantenne per gran tempo quella povera famigliuola • E vaglia
il vero» che quella è una, da mille fegni riconofciuca. ufanza della Divma
Provvidenza » poco confacevole colia vanicà degli umani difcorfi» cioè a
dire» il coglier bene fpefib nell'età più tenera, ed aflai per tempo» a colo«*
ro» che ella elefie per fuoi, i paterni foccorfi, e con effi per confeguenr
te ogni più defiderabile comodila, afiìne, credo io, di far loro perdere
con quefte, una certa immaginata ficurezza , in cui fermamente affidandoli» >
né mai perciò agli ajuti del cielo ricorrendo , de* quali non par loro di aver .
punto bifogno, iògliono» appena nati» darfi in predai mal configliati fan**,
ciulli, ad ogni vizio più deteftabile. Crefceva il giovanetto Carlo in ecà»
devozione ed obbedienza aJIa madre, sì grande, che non è poflibile a rac-
concarfi; e non concento di yiver bene da fé fteQoi faceva buoni gli altri
fanciulli» co' quali avea famigliarità: e nelTandar con loro a fpafib» vole-
va» che (eco recicafiero il Rofarioed altre devozioni» che egli camminan-
do era folito di recitare . Giunto all' ccà di nove anni » e dando fegni di gè*
nio alla pictuva» alla quale aveva actefo» non pure il fuo nonno paterno»
ma eziandio il fuo maggior fratello $ poi in afiai giovenile ecà» fu dalla
madre raccomandato alla cura di Jacopo Vignali, fiaco dtfcepolodi Matteo .
RofTelli , uomo, che per avere in quel tempo date grandi fperanze di fé » per
una afiài buona maniera, eh' e' moftrava di volere avere. nell'arce fua, e per
un cerco fuo molco aggradevole con ver fare» aggiunco alla ci vi Ica e bomà
di cofiumi» fi era procacciata grande apercura fra' noftri citcadini» che pe-
rò era la fua danza (dico quella ftefla» che già f« di Andrea del Sarto» e
che ne' nofiri cempi ha lervito a BaldaflUrre Volcerrano, polla a principio
della via della Croccerà) molto frequentata ; onde il noftro Carlo » che già
fi faceva conofcere per un fanciullo tucco bontà» quieto e modello» per
mudo» che e' non pareva, che fi arrifdiiaire a proJOfèrir verbo, e che nella
diligenza
494 Decem.V:delikPàP$.l. diiSecF,dàli6^o,ali6^o,
diligenza d<l fno dife«)a<«« upptriTi vn vivo ricmco di fé fteflTo, ^non
piccolo ctmDo di fam anche aiMniraffe» e ptfcliè in quefta co&deUa pit«
tura , come in ogni altra bella facohàr chi ttoico eppfica, preAo intende?
e chi molto fa, prefto fi ht appone pafiìirono quadrienni, elisegli ^èè*«
ptgneva, e tanao bene, e eon tal^ Aligero», erre già f>taceTano le opere
Aie f e non mancava chi le proccnrafle» quando non mai per altro, perchè
elle erano cofe fue, cioè mrraeoK dtwt iMno di mi ;>tceolo fiuKittHo.
Efa V anno Santo 1615. e delPecè di Carlo ^ oadcciano , qeandoegli
fi èra pofto a dioignero per h prima volta une cefte di Gesù fancieHe; e
poi un' alerà dello ftefib coronato di fpkiei ed un San Gicnrannino, figen
iMerat dopo il quakriopra carré mefticate , ritraile Agnefe fue madrcrtin-
to et. vivo e di sì buona maniera , che la portò a vedere neHa ftmzi dei
maeftra, ove fra altri gentiluomini fi tratteneva berte fpeffo Fiere dè^M^
dici, amicìflimo deirarte, e cheoperave in pittura f onde gli fece venir vogli*
difarfifkre da Carlino, ohe toà per ve«i era da tutti chiamato, il propria
ritratto: e quello altres) di Antonio Lendini, mufieo^ celebre, efaeifflì^
ciffimo. Queft] ritratti, fniSeme col pittore fieOb, furono da Piero de' M^
dici fatti vedere alla ^oriofe memoria del Duca di Gbtfa, che tHonli
trovava nel Pklea^o Sereniffimo , che i 1 tutto oOervè^on giiflo econ mumu
gKa rnfieme: poi^conquelh fiberalitè e bontà» che fu fua ibltla» fienile di
tafea tre belle doble, e le donò al ^kriuUor e non comento éH quefteila
conduffe dal Sor eniflimo Granduca , che volle fubito vederlo abbonsre dae
tafterclo ruaendòeonun regalo dìdieei piaftre nuove, A cagione danese
di cosi fatte cofe crefceva ognidì più a Carlino incuora , ed al pari dS qaeiloi
la diligenza e raj^plicae^ione neiroperare: ed ornai &ttt venuto in tanto cr^
dito, che incominciava ad aver careflb de tempo pM foddiefare aRe con-
tinue richiefte . Per Fra InoKb de' Bardi , nobil Cavaliere Fiorentino , ebbe
e fare il ritratto quanto il naturale fino al ginocchio, in abito di cacciti
in campo diarie, e quello di Giovanni de* Bardi fue nipote. Rlmfletn*
core Ra^Mlto Ximenes> Gentiluomo # che pure appreffo al Vignaliipef
proprio divertimento operò in pittura . Fece poi alcuni quadri di frSt»
e ftori al r>atursle, in uno de' quali, fatto a poAi pel Ononica Ctrj^
fuo ConfeAbre, figure una tefta di morftK, co) motao fihs éfgri; madTeft-
do pòi a Carlino venuto il cafe di maritare une ioreHa, volle il Carpimi 1
ch'e' fi ripìgliaflè il fuo quadro, e lo donafiò aHa glorio(a memoria del S^
reniffimo Principe Don Lorenzot ed intanto efponeflTe le fue neceflidf
ficcome fece: e ne riportò foccorfi eguali allafpemnm; ma non pure diluii
ma dal già nominato Duca di Ghifa , e da tutti gii Principi della Sereniffioi
Cafa r Desiderando in q ud tempo il Serenifs. Principe Leopoldo , poi Cardi-
nale, alcuna operadi tua mallo; Carlino, a curerà noto r ottimo fuo gufto
ed amore all'arte , fi pole con grande ftucKo a condurre in un quadretto rAdo»
razione de* Magi : ed interrogato delh mercede , che S doveva alP open
fua, venticinque feudi e non più ne dimandò; ma alla fua modeftia lop-
pll ladilcretezra di quello Signore , facendogliele, con dimoftrazione di
gradimento, contare fino a quaranta. Dà quefto Audio fece altro qm-
ika MI tela , alto alquanto più di due braccia » per Tommafu Generottii
che gliele
• «.
e ARIO DOLCI. 45^7
eht gliele diede fefiknta : e dopo la morte di quello e del fratello * fii il
quadro da Girolamo Gerini , poi Senatore Fiorentino! comprato per da-
^nt'occanta feudi , ficcoma da Giovambatifta Galli nofiro Gentiluomo»
quattro Evaii*
non più di
_ i ridufle iti
iftatb di ftflat maggior bellezza .
Àvea il Dolci fin da fanciullo tolta a frequentare la Compatta di San
Benedetto f nella quale crefcendo ogni dì più nella devozione, aveva fatto
un molto fermo proponimento di non mai in vita Tua voler altro dipt*'
gnere che Sacre Immagini, o Sacre iftorie, talmente rapprefencate, che
poteflèro partorir frutti di Criftiana pietà in chi le mirava; onde io non
punto mi maraviglio, che in quello aveflero i fuoi pennelli un particolar
dono, che ben fi fcorge in tutte le fue pitture, a diftinzione di quelle di.
altri, anche celebri artefici. Accettò egli però talvolta, così volendo chi
guidava V anima fua, di dipignere coie morali o indifferenti, cioè a diro
aualche Virtù o Arte, le quali però figurava canto modeftamenteacconcer
le era cofa fingolare a vederfi* Usò fempre rettificare fua intenzione in
ogni opera, ch'e' fi metteva a fare, jnotando dietro al quadro il fuo intero
fentimento col giorno, nel quale le dava principio, e col nome dì quel
Santo, di cui in tal d) fi celebrava la memoria: e nella fettimana Santa non
volle mai dipignere fé non cofe appartenenti alla Pafliane del Signore: ed
io ho voluto Gare quefta notizia, che mi pare» che quanto altra cofa mai ci
rapprefenii al vìvo la religiofità di quefto uomo. Venendo ora ali* altre
fue opere , dico , che egli fece per Gio. Francefco Grazzini , ricco Genti-*
luomo, e molto amatore di queft'arte, una Madonna con Gesù e San Gio«
vanni, fopra legno, di figura tonda, della quale opera gridò auel fuo
tempo , ed egli ne acquiftò tanto credito, che dove per avanti fi defideraw
reno le opere fue da molti, poi n' era richiedo da tanti, che ornai gli
mancava il tempo per foddisfare alla minima parte. Ne io voglio lafciaro
di dire, come coll'occafione della pratica , che egli aveva in mia ca(à, ove
fi portava ogni dì per darmi i primi precetti del difegno, volle dal volto
di Maria Maddalena quia forella , allora in età di dodici anni, ricavar l'efr
figie della detta Vergine . Aveva egli condotta quefta bella pittura, quan-
do efièndofi nella fcudla del Vignali incominciati a moltiplicare in gran
numero i giovani, che tutti ornai colorivano » onde veniva occupata da
molti leggìi, a' quali aggiunte le molte tele per tavole, che allo fteflb.
Vignali erano date a fare, non poteva più Carlino ( a' cui dìligemiflimi
coloriti era neceifario luogo e lume lioero) comodamente adattarvifi;
onde egli prefe efpediente, con grazia del maeftro, di ritìrarfi in ctfa
propria, contigua alla Compagnia de' Barbieri, ove poi è ftato fino alla
morte • Quivi poi dipinfe per Piero di Amerigo Strozzi, con non più ve*
duta diligenza, il bel quadro del San Paolo primo Eremita, veftito di una
vette tefiuta di palma, condotta con tanto amore e con tal fimiglianza del
vero, che fu cofa di maraviglia. Fer Agnolo di Antonio Teri, nobil óit-
tadino di noftra cittàf uomo di molta bontà i colorì due quadri di mezzo
I i figure»
49^ Trecenti. V. thltu Pm.l delStc. V. ad i ^40. al 1 6$o.
igure, cioè un Sin GtraUin*» in atto di feri vere t ed Hai 8limli,:Mirài
Misldikiu Penitente» veftiCi di ciiiiio» itt itco di ptegneic i f«oi pecoti
pranoo: e quefti quadri # dopo le morte ilei Terir peri^ennero in meno
di Pier Frinceico Zarierdi della cicià di Venesii» e ne fono apprefio él
ttoi le copie • Colorì ancori iMn Imoiaftne di Crifto» in atto di benedirò
il pane; ed un San l^ilippo Nefi» rafia Ibla; ed in un ouadro di alcezsa
dì braccìv e mezzo» San Francefco e San Giorgio t più che inezie figure»
ed in culo la Vergine con G^sù» ie guali infieme con altre » di efae più
evinti iaremo iMnsione > fono in noCtro potere . Per Valentino Farmole
di Cordcai in quei tempi Auditore di quefti RooU Ftorenttna» dipinle
una femmina» teda con bufto» con bibnce e fpada in mano» figurata pei
la Giuftizia: ed al Marchefe Bbrtoloaiiieo Corfini altri quadri di fioùle
grandezza» ed altri ovati : ciò fono &u)U Maria Maddafena*. in aito di leg^
gere : le figure della Sperana*» delia Plizienzat della Poefia e delta Pittura»
Era T anno 1648. e del^ età di Carlo il treniaduefimo » quando
offendo già nota e tutti i proleffori T eccellenza del fuo tipenrer fu eglt
con grajide ap^iufo afcritco al numero degli Aoeademici del Diiègnor
ed avendo (entità la lodevole ^nza di fiarii da ogni novizio alcune opere
di fua mano» o ritratto di antico pittore » o altra qutlfifofle; e quella do*
nare alla medefiaa » fubito gli cadde in mente un penfiero di fare il rkrati^
co del Beato Giovanni Angelico ria Fìefole dell' Ordine de' Predicaiorfi
6 fi (lava con cale ferma deliberazione » quando diCbiolco il congrego , e»
KrtitiTt gran par te degli Accademici» reftarono io lamenta il Cavaiier Riei*
^ti Provveoitore r il Vignali , con Matteo Roflelli fuocaiefiror e*f no-
Oro Carlo refi ftivano fra di loro ragionando £bpra l ricracci de'^ Piccorìy
cfae adomavano quella danza t e parve veramente Tpeciaie provvidenza del
eieto;; perchè avendo » (enza efirne punto folleciaatt» fiittarrefleffione». cho
fira tanti ritratti di pittori antichi » queUofoIo mancava del Beato Angelico^
nulla fapendo della già (iuta deliberazione di Catrlo» convennero tutti e tm
in un parere r che egli fohunente e non altri doveflefoppltre a quell» mauK
canza ; e fattane con fui parolar Io riempìtrono di allegirezzar come egH^
siedefimo ne lafciò^ fcritto di fua nanor come quegli r a cui parve il w^
defiderio approvato da quello di ftììiMMt in quel luogo venerabili » e con^
iéguentemente conferme al Divnio voterei per gloria maggiore A quel
Santo Religiofo . Fece adunque CarlinOr con gran dili^ssiza» il ritraitOr
evendane a quefto effetto &tta venir di Rome P effigie in digito» lalo
qoafe fi potè ricavare daU^'antioo baflbcilievo» che nella Minerva» preflToal
loo fepolcro tuttavia fi conferva . Tornando ora* alf^opcre fue ; aveva egli
più volte oi&rvaca eoo gran gofto una ftaaipa fie«agliaca da Cornelio GaUor
di una nobiie iJivenzione dai CotsmendaeoK Fro Lodovico C^oK^ cioè
Crifto Signor nottroalla men(aidel Fariieor e la Pentica Maddrieoirio etcc^
di ugT.ere i htm piedi f diUo fltefio Csgcdi (taso meflt in ofcr* pei cekbr»
Girokoio Mercuriale da FoflK Leitoff primarie nello Sinidio Pifiino; *
fra il parere a Caakx» fiotoaaeè beliilfima eiia in«esaiane» ofi» Pofibraef^
di mente aiTai lontano da ogni aheiigift» anzi unùliffianedi cuofle» volle dt
quella valerfi» per fiurne uà quadro or figure \»vk gisaad» . Lo fece dunqui;»
fludianoo
# •»
CARIO DOLCI. 4991
itodIkndD 4èl ntcnnil* ogni eoft • Aiiza ptrrirfi dal emoetto 4el Cigoli i
e riuki opera di tanto grido, che non andò molte, 6he al Dottare Anto-*
nipLorenxi fuo medico» che ne fu compratore per prezzo di centofeflan^
ta feudi » dal Marchefe Filippo Niccolini ne furono ofierti tino a mille
di^nto ; ma, comecché V nomo coi lango pofledere di alcuna cofa, che
mentce non fu ina, mofcole piacque y fiicilmenae fé ne venga ad annoda-*
re, dando luogo in fe fteflb a defider) nuoYi 1 il Loreiui, dopo molti anni
g^fititofi di aver recufato il gran partito offi^rtoglt dal Marchefe , fece o{^
rire il quadro a lui , e mentre egli afpettava la medetimn offerta, ebbe
per rìfpoila, aver quel Cavaliere avuto penflero in que' tempi d'impiegar
quel danaro in queir opera, per deCderto , che egli aveva di goderfeJa per
molti anni , ma die eflendo cjuegli ^ìt paflati , ed euo venuto in vecchiezza ,
già era ceffiita in lui ogni cagione di piti defiderarki: proccuraflè perciò il
Dottore di fame altro contratto, il che allora non tiufch t dice però,
mentre io quelle cofe ferivo , che dagli eredi 4el Lorenzi fi fia in alTiai
ftretto trattato di vendere il bel ouadro per mille feudi, per fervizio della
Maeftì dell* Imperatore Leopoldo , felicemente Regnante . Avtvano le
Monache di Santa Terefa della città di Vienna , per metto de' Padri Car«
melitani Scalzi di San Piola di FirenM, ottenuto, che fi potefle fare une
copia accuiMtffima dal vero originale della Santiifìma Nunziata di detta città
e deUa Del!» grandezza appunto: e che di fate eilk copia lolle dato ordine
al Dolci. Polliamo ora dire, che egli, che n^era devotiflSmo, foiTe tnvi«
tato al fuo giuoco^ Vi pofe la^ mano, e dopo averne fatri più difejgni coti
efirema diligenzi^i uno de^quali è appreflb di noi , e ricavatone il Sacro
volto nel fuo quadro , e quello altresì dtiV Angela Anminziante, non pri^
ma , che dopo otta ami in ctrc», h lafdò finita . In^uefta ftupenda pit<«
ruta' fi ameainva fra le altre coTe , la* gran tMtfona di oro fodo , contenente
in belle forme d'inca&rature, gran numero di |^0)e di eccedente grandezze
e preazo , e fi due ricchiflimi gio)eUi , che adornano la finiilra fpal la , ed il cafta
ed amorofo petto della gran Madre di Miferieordie : k quali cofe erano imt-^
tace con mcKio ^ì ftupendo. che per molto che fi^oecaue e ritoccafle la tela»
per afficurarfi che eHe foflfer cttptmei pareva tucttfvia ,che rocchio ne rima-*
nefle in dubbio^; ma forzato filialmente ad approvare il giudìzio della ma-
no , vergognofodel proprio inganite» abbandonando il guardare, ii gettava
agli atei della maraviglia e délb flupore . Avtt Carlo , come dicemmo 9
già finita questa opera, quando compacverain Firenze alcuni Principi PoN
lacchi, i quali doi)o aver veduto iìrpìit bello della città, ed in particolare
k Real Cappella di San Lorenzo^ coiròecafione de Ha vicinanza della cafa ài
Carlina , furono condótti alla ftia (fenica r ed avendo dato d' occhio e
quella nobilifCma opera, forte fe ne invaghirono . Fecero poi sran diligen-
22, per venire in cognizione di quanto, era ftato trrttato e dalle. Monache
di Santa Terefa e da' padri Scalzi , e dello ftato prefcnte delle cofe; il che
ritrovato, tanto fi adoperarono per me^zo de'noflri Gentiluomini» e col**
1- une e cogli altri, chela pittura non fu più delle Monache di Vienna»
ma di loro medefimi , e per lo fola prezza di centofeflanta feudi, ordifna^*
rifiimo in quel tempo ^a quegli, cheeran foliti darli agli altri fuoi quadri.
. ^ 1 i 2 Dalla
\
500 Decenn. V. Ma Vàrt. l del^ec. V. ìbI 1 6^0. $1 1 6^0.
Dilla ftefla iua puettm nb ficjivàtun* altra di m^asana'gran^c^tefl, pel4ihr«
chefe Scipione elei S^iacor PUrp Capponi » la ouale, dopo Jua mofte, per?
venne in mano del Sereniffimo. Granduca Cc^oo IlL che gli diede luogo
in fua camera «
li) quel tempo ifteflb» che il noftro Carlo conduceva opere grandi
quanto il natttr4e> volle anche Qiercicare il foo bel genio in dipigneit
pìccole figure di braccio, e minori ancora, nelle quali egli ebbe una ma*
niera- ringoiare; conciolliacofachè la gran diligenza» la frefchezza èva*
ghwzza del colorito, e '1 finire maraviglioTo, nfplende in effe taato più,
quanto che la picciolezza loro obbligò la mano a più efactia oflèrvazione,
e a tocco più minuto. Di quede ne conduflè paoltiffime in rame e in te*
la, che gli furon pagate gran danari: e fra elle un Crifto orante neirOr^
tOichef pira gran devozione, l'ebbe Francefco Quaratefi,. nobile Fioren*
.tino , ed oggi è appreflb i fuoi eredi . Una (lorietta .del Martirio di Santo
Andrea Apoflolo ebbe Paolo del Sera» poi Senatore Fiorentino, che fé la
Sorto a Venezia: e fu una delle prime cole, che in quella città furoDOve-
uce di fua mano, e gli diede cola si gran credito, che da IV in poia{^na
vi fu cafa di Nobile, p Galleria, per entro la quale non li iofft voluto dar
luogo a qualche opera di fua mano • e ne procacciavano ad ogni graa
prezzo • valendofi i>eiie fpeflb degli ufìc) del medciimo Paolo del Sera»
Un'altra Cimile iftoria condulTè pel Marchefe Carlo Gecini; edunaezian-
4io per Carlo Corbinelli, poflèduta oggi da Andrea del fLolTo r G^n^luo»
mo, che per lo amore, che egli ha portato fempre alla pittura^ è ftato al*
treaì da' pro&ilbri di primo grido amato e riverito a)ol^u ; e tutta e tre^
Tiftorie tono della deUa invenzione, benché digraa^ezata' diverfe: e nella
erfoiui di un foldaxo armato ritraile al vivo l'altra volta nominato Raf-
icjlo Xim^nes . Uo fleflo Andrea del Rpflo ha pare di Iua mano un qu^'
dretco di una Vergine r che va in Egitto, tcdcuic in graziofa maiaera, col
j^a;>c|ullo Gesù nelle braccia, iopra uh gipm;:n^>; ed uìì' altra limile Ho-
pietra, ma di diverfo componimento, ebbe da CarlOr la quale poi manda
in Inghilterra al Conte di Xeter • U Cavaliere AlelTandro del Cavalier Fi*
lappo Valori, di cui ci è occorlo far più voke menzione ne' nolUri fcritci»^
I)a di fua majio un quadretto, ove è rapprefentaco rAiìge;Jo Cuftode, i^
atto di additare la via del Ciclo all'Anima criftiana, figurativi in una gtar
asiofa faiiciuUina in bianca vede . Altre ftor tette e Sacre Immagini di piccola
proporzione ha fatto Carlo, che lunga cofa farebbe il deferi vere. Dipii^^^
in due ovati due tede quanto il naturale, dico Sant' Anconiivo Arciyetco*
vo di Firenze , Mitrato e in Piviale, nella quale figurar olci e alla belììlfiii^^
teda, che par viva, fi ravvila per bottone del Piviale un maraYÌgliof<>
gioiello iii perle e gemme, che noa cede punto ìa bellezza agli aitri, ài
che fopra parlammo: V alerà teda rappretenca un San Filippo Neri, colo-
rito di gran forza. L*uno e l'altro quadro, infieme con un San Giovan*
nino, mezza figura, ed una di Santa Lucia riguardante il cielo, poffiedc
pure quegli ,. che quefte cofe fcrive. Ma bella oltre ogni credere, e f^naa
«Icun dubbio, delle più degne opere • che ufciHero dal pennello del Dolci r
è una mezza figura di grandezza quanto il naturale^ rapprelcntante la Pace,
•cheegli
g
e AR LO DOLCI. 501
die egli il flwdefinio dipinfe» ritratto ti vhro di Caterina delli Scohri fo»
C^nibrte. Softiene ella con ambe le mani una ftrìfcia di carta, per entro
la quale fi leggono le feguenci parole : Confregh mrcum (^ fcutum , gUdium
^ heMm^ ed in oltre ha nella mano deftra un piccolo ramicello di ulivo.
In quefia figura fi fcorse una certa fxefchezza di tinte , con un modo di
£nire più maeftrevole del fuo folico; tantoché coir afibmigUarfi , che ella
fa alla più ^dita maniera degli altri ottimi coloritori, non lafcia di farli
conoicereper di foa mano, e di avere in fi: la dili^nza, in che egli fu
Angolare . Può anche aver luogo fra le pitture Tue più belle un Santo An-
drea Àjpoftolo. in atto di abbracciar la croce, fatto pel Marchefé Matéias
Maria Bartolommei, virtuofifiimo Cavaliere, che lo conferva come cariiE-»
ma gioia, infieme con un* ottangolo, rapprefentatovi, in più che mezze fi-
gare^ fa Carità, belliffima donna, in atto di federe, allattando un tenero
bambino, che già fittco preda del fonno» graziofamente le pende dal feno;
mentre ella in Della attitudine foftenendo colla deflra mano un cuore ac*
cefo di fiamme, quafi in atto di offerta del medefimo, fiflà gli occhj nel
cielo . Pofliede ancora di fua mano Andrea del Rollo foprannominato ^ in
figure maggiori di braccio, la fioria di Agar e d' Ifmaele .
Venuto r anno 1650. feguì la morte di Matteo Roflelli. Quelli, nel
tempo di fiia malattia , come affezionatiflimo , che egli era alla Compa^
gnia di San Benedetto, in occafione di efler vifitato da alcuni de' Fratelli
più provetti, avea detto efier bene, che dovendoli fare H viaggio a Roma
per l'anno Santo, fi dipknefle un nobile Stendardo coir immagine del San-
IO , e che di tal lavoro fi delfe T incumbenza a Carlino: ed el^ndo piaciu-
to il configlio, fubito gli fu data efecuzione. Dipinfe egli San Benedetto
ibpra una^ nuvoletta in campo azzurro : e non ildegnò la folita modeftia di
Carlo, di copiare per quefta tutta la figura per appunto dello ftupendo
quadro, che fi conferva nella detta Compagnia di mano di Crifiofano Al*
lori, e Giovanni Nani doratore con fuoi compagni, adornarono i drappel-
la^! A _J ^t_ \ ^"^ • •• •« •*••• *• r» •• t* _ ••**
)o Beniz), di propria inven->
del Santo % opera , che a que-
ffendardo; laridulleroinìbr-
Varchi, colorì una tavola di un San Domenico. Al Marchefé Carlo Ge-
rini di]^infe una bella Vergine con un giglio in mano, col fanciullo Ge-
sù, e vi è una paniera di fiori al naturale. Un* altra Umile ne fece per
MonlignòreAlbizzi: una pel DucaSalviati: e una per altra perfona , fioche
di quello bellilCmo quadro fi veggono, per quanto Ila venuto a mia cogni-
zione , fino a quattro originali di fua mano .
Era l'anno 1(^54. quando egli in ragionevoli circofl:anze,fu configliato
ad accafarfi . Stabilì fuo matrimonio con Tèrefa di Giovanni Bucherelli ?
e fu allora aliai graziola coJQi il vedere il noltro' pittore far le parti di Spofo»
dico il vederlo con un' arcimodefia gravità , lindamente addobbato nella
perfona» allegro e giubbilante si , ma tutto andarfcne in femimenti e in
li } parole
/
/
/
/
/
/
50i Deum.V.àetaPafUJtltecy.iùli6^^^
grole di devozione e di rpitltd: e ci baiti Iblo i! dire» ehe venutale niaN
la, che doveft dar lineilo alla Spofa , fi èrano aUe;ftite «lece le cofep
adunati hel desinato luogo i parenti e la Spofa flefla, ficchè éltm non
ntanca va » fò non lo Spofo > che pure in tal congiuntura poffiimo dire > ete
Inancalìè qual cofa . Si cerca è fi Ricerca Carlino ed alla Compagnia ed aito
caia, e per diverfe cliiefe» e Carlino non fi rroVa: e iinalmeiitb eflendft
Vicinifiima 1* ora del definare , chi con pòca fperanza di pili tifarle, l
cercava» nella Chieta della Sàntiflima Nunziata lo ritrovò nella Cappelh
del CrocifiOo de'uìOrti» ben rincantucciato» in atto di orazione : e dopo
aver latta con efib qualche doglianza • eh* e' li fofle fatto tanto afpettare» lo
condufie alia Spofa. Non molto dopo fuo accafamento » ebbe a fireperDia-
tincoGanucci» ih una fua Cappella domeftica» una piccola tavoh; e con
tale occafione. pregato dal medefimo, fi mefie per la prima volta» in ed
di quarantunoanno, a dipignere a frefco in una cupoletta > la figura dd
Dio. Padre» delio Spiritò santo, e di quattro Arcangeli» facendo condtI^
te altri Àngelettì ^à Onorio Marinari fuo diTCepolo e cugino» Per ffitn*
dait a Venezia fece fra l'altre cofe una Sant' Àgata r mezza figura > una itn-
"-- -" *" Giovanhs Evan^elifta divaria inven?'— ' — ^- — *^~ '"^
bianchi gìgli ». m <:ui volle rapprefei
riportare minore onorario di quadri
cento de^noftri feudi Fiorentinf^ Dugento però* gliele furono dati pel
tzeaùr figurato in eri di fei anni in circa», iti atto di ledere» (opraF ingrefla
dell^orto». che fi ha ne I Sacri Cantici • e coii una ghirlandar di belUffni
l^ori ìx\ mano» quaft invitando Inanima ad iughirlandarfi di crìftiane virtù;
S queQa figura pure fu mandata a Venezia. Da queflo ne ricava un altro
finite» che poi Iranno id7c^ lo ebbe laMaeftà del r Imperatrice Gaodii
Felice, figliuola del Sereninimo Arciduca Ferdinando Carlov e della S^
reniffimà Arciduchefla Anna de* Medici ^ al qual quadro fu dato luogo
iiella propria camera dell'Imperatrice*- ed t Carlo furono donati titccnt»
Tendi » Ne trafle anche altri efemplari foprs fegno » che vennero Iti po^
cere de^li amatori dell'^arte«. Dipinie la beila figura quanto il' naturale del
San Giovanni Evangeiifta^ in atto di vedere la mifferioi» vi&nedeiU
Donna veftita di Sole, che conculca il Dragone: e quefio quadro ebbe per
tttcento feudi il Maréhel^ Pier Francefco Rinuccinr. kk A Attìnia U-
fcnzi filo medico, oltre a quanto dicemimo di (opra r "dipinfe ut> San Gi-
rolamo » un Santo Luca Evangelia r un^ altro San GihiTamOr ìnr atto di
ÌMxterfi H petto còl faflfor ed un San Benedetto» tutte mezze ^gure qaatt-
tp il naturale: ed un altro San Girolamo^ limile al (opraddetto, mandi a
Venesna . A Carlo di Raffaello Corlini colorì la beffimma firara del Santa
Antonio, colla teda di morto in mano, che oggi conferva tra altri qt^dri
di celebri maeftrì Antonio Corfini fuo figliuolo. Dottore dclKuntr e del*
r altra Legge , Ma bellilìimo , quanto altri mai , fu il quadro del San Fie^
tro, figura incera quanto il naturalat in atto di piagnere la fua cofptr
fatto per Carlo Corbinelli, oggi in potere di Eiifabectar una delle fae fi-
gliuole» che lo conferva come cola rariffima , Per la Compagnia dello
Scalzo 1 colori la figura del Padre Eterno» che è fopra ^ Aitar maggiore*
piacque
CARIO DQICJ. 503
JSkctiJ^ in FirenM, al pirì di ogni alcn ofen fi^i, V Crodiad« più dn^
m^^g figiint quanto il naturate» oolla tefta di San Qiovainbatifta» fattf
pd Marchefe Rinuqcini» coli' accpmpagn^tUTja di altro quadro di Davida
col tct^o capo del G%ante FiliAao. Dell' jBrodiadi (eoe pur« la feconda
e poi la terza •• la feconda fo dì Giovanni F^icbio Relident^ in Firenze
Mr la Maeftà dal Re d* Inghilterra » al quale eflb Relidente la donò, e gli
fu dato luogo nella propria camera del Re . Allo fteffo Finchio aveya iatto
f urOf per accompagnatura, il David coll^ tefta del Gigante, ed una Sanqi
Maria Madidalena # che jegli diede in dono alla Regina . Qli fece di più 9
ftto sitrano: e quellQ altreaì dd Dottpr Fav^ fuo confidentiiBoio Genti»
JuQQio, che riufcirooo cosi bene, phe pofliamo dire, fenza iperbole, che
$' fodero la inaravì^ia de'fuoi pennelli: e veduti in Inghilterra fecero si^
che trovandoli qua di paflaggio più Cavalieri di quella nazione # vollero
poi efler ritratti di foa nuoo , ùrqvi^ di uno abbiamo notizia del nome,
cioè il Signor Giovanni Broghim . D^' due ritratti fatti al Refidente, ebbe
drlipp , oltre alli ducati cento domandati , un regalo di venticinque do-
hip di ^pfigna • Aveva egli colorito con gi:an d^igenza in due tele di fi-
gura pttangolare, jpelSere(U((5mo Cardinal Carlo, un San Carlo Borromeo^
San Nlccola da Tolentino , che poi vennero in mano del Sereniffioif>
Granduca Cofimo HI.
Venuto poi V a^no 1 670* per ordine dello Htttò Sereniamo, ebbe a
&re altri due fimili quadri ài San i^iovanni ^vangelifla j e ^i San Cafimiro
ite di Poijk>iiif , un Crocififfi> con altee %ure, per V inginocchiatojd di
i]ueir Altf^a, la qqale w>9lìp anche compa:are il Del quadro della Santiffi*
4na Nunziata, rimafò neir eredità del defunto Marchefe Scipione Capponi •
.Gli fece.^ncora dipigncTie un^jnadfo 4i Santa Cecilia» ih atto di fonare
rorgaao;! c.h^ fi ^ice, che ^li dona^Te poial Teforieredel Re di PoIlonia'«
Xia S&^m^vm GiEVidijchipfla Vittoria gU diede a fare am quadro, poco mag-*
<gii»ro éibf»CifìOp ia cui^if^nCc il Signfitce CxjQpìfiffbg ed a piò della Croce
M Vfc^e e;San CriQvaoni^ «d una Santa VìFtorìa^ Si trattava matrìmo-
^0 fra la SMecMiHma Claudia Felice, ibgUuola di Ferdinando Carlo Arci*
duca d'Auftda» €Àì Anna de' Medici PrincipeiTa di Tofcana, dall' Impé-
xadore Lfitipoldot, .qggi j^a^^ante , quando lii chiedo d* Jnfprueh un pitto-
re di alta nga» per ttrnp il ritratto: e perchè Giufto Sùbtermans , pitto-
Te unico in tale fiicoltè » e che più volte il era portato in quelle parti a
xlixanro ìsuffiT»oti p Fjrioppi di loro Auguftiflima Cala, fi trovava ornai
•canto avanzato negli anni, che per vef un modo non fi potea di lui far capitale
per sì luogo viaggio^ fu eletto il Dolci, pgli al fentire di quella inafpet*
xata novità^ come umile ^ e per fua natura timido che égli era, per una
parte temendo forte di Tua abilità, e dalP altra atterrito dal fentire di do-
•VjQT batter lunga via, uomot che non mai aveva perdute di villa le mura
idi Firenze j per non dir I9 cupola e '1 campanile, che fi fcoprono affai da
lontano» fu per incenerire, e fi ajutava colle negative ; onde fu necefla-
rio pigliar con lui quella ftrada, che già fi fapea efler la ficura per ottener
qualfitofle cofa: cioè di far sì» che il Padre Fra Cefario Larioni, nobile
Fiorentino » CaroKlitano Scalzo, Religiofo noto per bontà e dottrina^
I i 4 e fuo
504 Decenti» F. della Part, L delSec, V, dal i ^40. al i C$q.
e Tuo antico confeflbre» gliele cbmandafle . Lo fece egli t eCartoìibbidi;
e così raccomandato » come fé fofle ftato un femplice fenciùlUno » alla ca«*
fiodia di un buon fervitore della Cafa Serenifiima» in lettiga di Corte» bea
J>rovvi(lo, fece fua partenza dia volta d'Inf^ch il giorno de* 5. d- Apri-
e» dedicato alla memoria dì San Vincenzo ferrerò» come edt medeiune
notò; ed il Sabato Santo comparve in quella cittii • Sid^ito ni introdótto
air Arciduchefla ed alla Spofa bgliutfla , te quali conofcendo bene il fog-
getto, non prima r* ebber con benigne dimollranze accolto» che rincro<^
duflero in dilcorfo di cofe devoto ; poi gli fecero aflegnar luogo e fervi-
tii» ordinando» che fófle trattato con modi adattati alla regia magnilicen*
sa lóro . PaflTate le Fette della Pafqua » diede principio al primo ritrattò
dell^ Serenifllma Claudia Felice. Ho detto il primo ritratto» perchè ebbe
t»oi a fare il fecondo in politura diverbi pel Sereniffimo Granduca. Ricoc^
co poi di fua mano per quelle Sefenìffime più quadri d' immagini devote,
fatte da valentuomini, le quali ti tempo aveva mal conce. All'Abate Vi-^
viàui » Gentiluomo della Sereniffifma Arciduchefla Anna » alla cura del qua*
le era ftata confeghata la di lui perfona » e col quale fece fempre tavob»
Colorì una bella tetta di un San tiHppo Neri in fegno di gratitudine ^ ma
fb dal medefictfo nobilmente ricompenfato . Dalle Sereniifime ricevè oì*
tre a buona quantità di doble , gioje di gran valore r e finalmente con di«
inoftraiioni di gradimento e di ttima il giorno delH 25. di Agofto lafciato
partire» fu a Firenze agli 8. di Settembre» Natale di Maria Vergine» co-
me egli pure notò . Il fuo primo (cendere dalla lettiga, fu allaGhìefa della
Santiflhna Nunziata t ed it morno ftettb fi portò a Palazzo» congegnò le
;httere di quei Principi» moftrò il ritratto fatta pel Sereniamo Granduca»
che gli comandò i^ unirlo in tal modo» che dovette rapprefencare Santa
Galla Placida Augufta Imperatrice > di cui quell* Altezza è molto devota.
In qaefto tempo tece Carlo con eftrema diligenza per la Serentttioia Gra»-
duchetta Vittoria» per la fua Real Villa del? Imperiale , in piccola ovatì^
^o per larghezza, un San Giovannino addormentato» e vi è San Zaceherìa
e Santa Li&betta . Non aveva ancor finita queflia opera» né tampoco ^im^
magine di Santa Galla» quando al povero Carlo s' incominciarono tante
^fciagure, che piti non può dirfi: e quefto a capone di un per&nacìffimo
umore malinconico, cheattefa la futa natura puiiHanime^ refleffif^ e €Ìmo«-
rofa , fé lo era in tutto e per tutto guadagnato in modo» clf e' non era
pili poffibile Taver da lui, non che un difcorfo, ui^a fola parola ; ma tutto
le ne andava in fofpiri: ett^etto» per quanto fi vedeva, di una mortale aiv-
guftia net cuore. Si affaticavano 1 fuoi pìb teneri amici di ritirarlo da quei
penfieri» che perfuadevanlo a credere di avere ornai perduta t^ni abilitarne
\ «fler più buono da nulla : e quefto gli era di tanto maggiore affanno » quanto
che egli fi vedeva già carico di fette figliuole fanciulle: né poca gravezn ap*
portava alla fua tormentata fantafia» il vedere la fua moglie per la fatica, a
cui r obbligava la cura di fua perfona di dì e di notte in quel frangente^ ri«
dotta a pefiimo (lato di fanità, fino a partorirgli un figliuolo mdchio fuori
di tempo» Colui , che quefte cofe fcrive , e che eflendo ftato fuo amico fino
dalla fanciullezza » forte più di ogni altro fi perfuad^va di pofledere fua vo-
lontà
CARIO DOLCI. 505
Idntà, per trarlo alquanto da quella fi(&zione, lo cavava talvolta quali e
viva forza di cafa » e lo conduceva fuori della città : e lo fteffo prefèro a
&re altri a vicenda; ma aflai più operò Domenico Baldiiiotti nouro Gen»
tiiuomo , al quale egli pure aveva infegnato a difcgnare. Quefti eflendofe-
la intefa col Padre Ilarìone Tuo Confoflbre » fi portò un giorno infieme
con eflb alla fua cafa e il Baldinotti diede di mano a una tavolozza, vi ac-
comodò fopra i colori» mefle ali* ordine bacchetta e pennelli» e poi fece
dar fuoco al pezzo groflb: e quefto fu» che il Religiofo fi mefTe in poftoi»
gli comandò per obbedienza il metterfi a finire un velo ad una delle due
Immagini di Maria Vergine gloriofiffima» che egli arevagiàcondocte» una
per la Sereniffima Granduehefla Vittoria» e 1* altra per Filippo Francefchì»
riòco Cavaliere Fiorentino. Obbedì il pittore; ed il lavoro riufcì sì benct
che in un fubito fi dileguò in lui la forte apprenfione di aver perduta ogni
abiliti neirarte » e fvanirono quegli ofcuri fantafmi : e Cosi dopo un anndi
di vita» menata in unamefttzia» detti per dire* d'inferno» grave agli aitanti #
ed a fé Aellb odiofo» fi ridufle appoco appoco alla primiera faluce» correa*
do l'anno itf75. cinquantefimonono della fua età •
Riprefo il primo fpirico» diede fine al quadro della Santa Galla » e
ad una tavola» ove egli aveva tolto a rapprefenure T Angelo Cuftode per
laCatcedrale di Prato» condottavi poi agli io« di Occobre di quell'anno.
Con tale occaiione fu dal Canonico Bocchineri» di età allora di otcantadue
anni» pregato di accettare il carico di dipignere peir un Altare di fua fa-
miglia nella Chiefa di SanFrancelco» una tavola» ove voleva» che foiTe
effigiata Maria Vergine col Bambino Gesù» e la Beata Solomea» in atto di
comparire a San Lodovico Vefcovo di Tolofa» dell'Ordine de^ Minori •
In quefto medefimo tempo T Imperatrice Claudia Felice» ordinò a Carli-
no di dipignere una gran tela pel fuo Imperiale Palazzo » la quale opera
avrebbe per certo tolto al pittore il poter far la tavola pel Canonico Boc«-
chineri 1 ma eflèndo poi feguito Tanno 1676* negli otto d'Aprile il lagrime-
vole cefo della morte di quella Maeftà » del fopraddetto quadro non fé ne fer
ce più altro; ed egli potè appiicarfi alla tavola del San Lodovico» la quale
condotta quafi all' ultimo termine» rimafe nella fua ftanza» qvando egli fi*
4i\di vivere» eflendo già di più anni avanti morto il Canonico. Fer la
ilefia. Cattedrale di Prato condufie una foelliffima tavola del Martirio di San
iLoienzo fopra alla praticola » fopra una bozza del già defunto pittore Ma-*
-rio Balaffi» quella nducendo alla fua maniera» ficcome fece altre volte ia
.varie occafioni ; perchè in quefta cofa del far comjpofizioni d' iftorie » egli
.fi conobbe fempre, (iccome fu» molto inferiore a te fteflb. Neirifteflb an*
no l6^C color) pel SerenilTimo Granduca una molto devota immagine di
-San Francefco d' Aflifi : e volle fua Altezza» che a tale effetto gli foiTe fatta
vedere la propria vede del Santo» che fi conferva in Ogniflànti» Chiefa
de' Frati aeir Oflervanza . A quefta diede luogo il Granduca in propria
camera . Dipinie poi per Venezia due mezze figure guanto il naturale »
cioè a dire unCriflo» ed una femmina, figurata per la Sincerità. Del Crifto
fon fuori più originali: ficcome di una mezza figura del medefimo t in atto
di benedire il pane: e di ha beUiffimo Esce H$m^9 tefia con parte del butto
folamente»
/
/
$o6 Demtt. K iella Psrt. l tklSee. V^dal i ^40. ài i ^50.
ibUimente , con fone al collo ed onsctiina Mm fi» qii#(U b^UUSmo è qiMli«
lo» che pofiìede Francefco Seminaci nofiro cittadino » e di queft'atte ami*
ciflimo* Meritcrebbexo al certo le opere di Orlo Dolci i che fi fiuaeffe da
tutte memoria in panicolire p cono quelle» die per ona loro proprie dote»
e<difttnzione di quelle di èf ni altro imieftro« pieoeranno ienpre in eftremo
ti dotti ed agli idioti; non già perchè elle nano fiate» generalmente par#
landò t più perfette di q}i^lle di tanti e tanti primi lumi dell* arte» che ha
partorito l'Italia nel panato e nei prefeote ièoolo» ma per la fingotarità»
che elle hanno in fé» di efler tanto diUfenti e finite t (enzt mancare» come
dicemmo altrove, di altre belUCCme doti e qiialitadi : tintochè errlolico
f dirmi M«teo Roflelli » che in maceria di pm«ra men beilo fiirebbe fiato
per i'. avvenire U mondo» fé non aveflb arato un folo Carlino in ogni te^
colo: e vaglia la verità» cbehamoRrato Tefperienza» che le opere uie ta^
no (tate comprate a più alti prezjd di quanti mai ne fixero i pittori di fo*
blimiifìma ri|a • Meriterebt^ro ancora le fiie opere» che fé ne ftoeflEe par*
cicoUuriQenKione, come iiuelle» che pel gran lavovarcj che vi fiioeva Su*
pra, faranno, per cosi dire» eternamente dure vofì . Vi ha p^sò in tal pac^
tiqplare qualche eccezione , perchè quelle tde» neU'imprimitiim delle qua-
li fu adoperato il ve lenofo colore della terra d'ombra^ e quelle eziamfie
che i^i non meflicù da fé Sedo > come fu folito hxp quafi (empre » hanae
col coupo fcqperto qualche difetto ; ma perchè troppa lung^ cole iarebbe
il nominarle tmte» lafceremo di farlo • Né paja firaaa cofa il ièattre» che
Mli, abbia condotto tant* opere, avendo facto tanto adagio i o per mo^
aire» evendo meflb temjM sì Jungo nel condurle» che talvolta in un iole
piede confumò delle fettimane} perchè tale fu la fermezza, die egjli diibe
el lavoro» per J' amore air arte» e per la (tima» che cnoie uomo cimocato cU
Dio» egli fece fempre del tempo^ e pel bifqgno di condurre f»a fiunigtta^
che^pomamo dire • che la Cua vita » toltine fjU;^ituaIÌ elereie) , e ^p§mo gli
fiiceva bìfogno per la corpemle confiErraaionei» folle uncontiMio diftigna^
re e dipìgnere • Ma tempo è lomai di eccofiarfi al fine di quefta oanraaio^
ne j con dar notizia della fua ultima ànfermkà e aorte,
E^ dunque da faperfi * come 1' anno 16%%^ comparve miqMfln ànk di
Firenze Luca Giordano, pittore celdboe» chiamatovi da Napoli fua paccm
da* Marchefi Corfxni» per dtpignere a freico la tribuna della ipro Cappella^
ove rìpofa il Corpo di Santo Andrea C^fioi nel Carm'me . Quelli non &
ftt^ima qua comparfo , che.fi portò a' luoghi jpiùvCofoicBi , pnU^lici e fMnra-
«ti , per vedere le belle opere degli antichi e moderni madlri di pitmia»
icultura e architettura. Vide il Palazzo Serenifiimo» con ripianto vi ha di
maravigliofo, e particokrmente lafiaoz4de*ricraftide*pitCQri,fatti di mo-
prie mani loro, che poi furon traportati nella Real Galleria; eravvi£m-
do fra quefti quello di Carlino, e con attenzione più che ordinaria ofler-
vandone ogni fua parte, lo lodò molto . Carlo air incontro, pieno di sJ-
to concetto dei valore di Giordano, di cui airea £bnttto parlare con gcan
lode, fé ne andò appella alla cafa di Andrea del Roflo, nella quale era
alloggiato il pittore, con trattamenti eguali al merito di fua virtù: ed al
primo incontro» in fegno^i riverenza e di ftima^gU baciòk mano» vi.fi
trattenne
CARtO DOLCI. SOI
•Idatnco eonieflblttiìntfifòorfi dell'arte, e fi parti. Volle potGiordaiiò
▼intere le itanze de* più rinomati oìtcori» e fra <^Qe(le » per débito di gra*
ntudine» mielladel noftro Carlo. Lo accolfe egli con fegni di fincerimmo
ambre ^ e;^i fece vedere ogni fua opera . Offervò Giordano con gran giH
fto ovttl filo marafigliofi modo di nnìtt fenza feccheria o apparente ften^
to# lo iMiòr molto , ed antbe il regalò 4& alcuni colori di lacche» forfè dt
Carlo non- marprovace uè vedute: poicoii qatlla fua maniera dìfin volta
e (bllazasevole, in fuo graziofb modo di parlare Napolitano » così cooninciè
a dire: Tutto mi piace « o Carlos male tu feguiti a far co»), dico , fé ta
impieghi tanto tempo a condurre tue opere , tanto è lontano » che io
prenfi » che co fia per mettere infieme ì cencinquantamila feudi i èhe he
procaociati a me il mio pennello» che io credo al certo» che tu ti morrai
wizmti Que^ parole dette per ifcberzo» furon tainte vere ferite al cmf-
te del imlero Carlo* e fin d'allora aflalito da gran turba di mefti penfierit
-^ opera _
delia Sereniffima Granduchefla Vittoria» alla quale era eftremamente pia«
«iuffo» quando egli fu daUa ftefla Sereniflima mandato a chiamare: e al fuo
«i(rivo fece Sua Altezza portare il bel quadro: e dopo averlo alla ^fense
delpictore affai lodato « lo fece riporre a fuo luoffo. Poi fu per ordme della
Aefla Sereniflima portata un* opera» che pure allora aveva ratta Giordano»
« difle la Sereniflima: Che vi pare» o Cario» di quello quadro ? credete voi
inai, che foflb ftato fatto» 6ocome fu veramente» in tempo di breviffimi
fottìi ? Carlino allora » la cui fantaiia già era piena di torbidi penfie*
ri» cominciò a fate ftrane cambiazioni: e con una fàlfa cognizione di le
-fleflb « propria degli eftremamente malinconici» fi fi(sò in un concetto»
-che non fo(fe al mondo uomo profeilore più melenfb » e più dappoco di
^hii : e come quelli altresì, che fi trovava in <}uel tempo altrettanto aggra-
vato deir etè» e dal pefo della numerofa famiglia» <iuanto leggiero di affé*
gnamenti» non bene dilcernendo il modo tenuto dalla Sereniflima» chef»
ài lodare nell'uno e nell'altro artefice» ciocche in ciafcheduno di loro età
il vjhìi force» cioè a diret in Carlo l'impareggiabile diligenza: ed in Gior-
«^»no la maravigliofa fpedi rezza del pennello; fermo nelle fue combina-
zioni • di fubito allìbbi » e tornatotene a cafa , cohf r* al fuo foK to » c«nf uGIfi-
mo» fu di non poca ammirazione e dolore a' Cuoi. Da quell* ora cambiò
egli ì ^cnSeti dclT arte in ftrani ondeggiamenti di ofcuri fòncafini » i quali
or qua or là richiamando» o per meglio dire lenza alcuna fermezza ribut-
nindo eftrafcinando fue interne potenze » lo fecero traboccare in profon
^--"^ fiiltèione ^ ^' " ^^ "•• -''-- -^^^
ero provata » quanto che per la fopravvejnente età fi erano ornai le cor-
porali fucultadi fatte men vigorofe. Ouefto |^r6 è da notare, che aven-
do queilo buon virtuofo per lungo cono di vita radicati e ftabiliti nel fuo
interno abiti si buoni di pazienza e di umiltà; quella eccedente triftezza»
che fecondo il detto de' Filofofi » lungamente fofFerra, fuol' efler madre
dell* impazienza e dell'ira» in luì fixe effetto anzi dr maggior triftczza e
. . fifiazione
5o8 Decènn. V, détta Pdrt.1 deiSecVé M 1 640. 0I i ^50.
finizione nei cono&inrenco della fot miferia; ttntodièfeflendo proprio di
quello fpirtto ildifecctrl'oflk, noti che la carne e la pelle, il povero Car-
lo in brevi giorni fi riduflTe fmunco e macilente fino ali' ultimo ;fegnot e
Don folamente non profferiva mai parola» ma nèumpocofe j^i potea £ate
^rir bocca per porgergli il neceflarip alimento* A qòeno però.aieàe rìmedib
la fbllecita provvidenza del GrandQoa,con&tgli Mfiftete delooaiiinuo per
più mefi da uno degli alianti del maggiore Spedale , fA» parte con quelU de«
rarezza , che è propria loro in maneggiare si fatte peifone : e parte col ys*
ierfi del precetto del Padron Serenimmo ( il cui-nome anche in quello fta*
to|fo Tempre a Carlo nella dovuta reverenza) giunfe a ridurlo all' ufo del
cibarfi; ma quanto maggiore (Iretta provafle il fuo cuor^^ per rinafpetcaa
morte, occorfale in tal tempo della fua. cara confoj^e, che egli aveva più
che gli occhi proprj amata, il dica chi può e chi il fa. Non mancarono
in sì gran frangente gli amici delle folite induftrie , per ccmfolarloe ravvi-
varlo, fempre però lenza profìtto . Ma perchè fi conofceva da più legni «
che il fondo dì si gran tnfiezza era il perfuaderfi al fuo folito di non effe-
re neir arte fua phi buono a nulla , volle il fuo Confeflbro poc mano di
nuovo agli altre volte ufati rimed): e così a forza di fcongiuri, a titolo
di ubbidienza f gli meffe in mano e colori e tavolozza: e volle, che con-
duceffe la vefte di Frate minore della figlerà del San Lodovico nella tavola
del Bocchineri . Carlo al fuo folito obbedì, e Y opera riufcì sì bene, cóme
fé egliavefleavutomai male alcuno • MatantoerafiomaicrefciutainluiP ap-
prenfione , che a nulla potè feryire il prudente provvedimento : ed egli facen-
dofi un dì più, che T altro, debole ed efleauato, fi fermò nel letto y finché
perduta già ogni naturale virtìi , giunfe air ultimo de* fuoi giorni : edopoaver
ricevuti tutti iSacramenti di S. Chiela, dopo una vita crifiianamente menata,
e dopoaver , come piamente crediamo, calla gran piena di travagli , per tanti
anni pazientemente fofferti » ben purgata l'anima fua , la refe al Creatore la
fera del Venerdì 1 7. di Gen. del 1 686. e fu il fuo cadavero nella Chiefa delta
Santiflima Nunziata, nella fepoltura di fua fitmiglia» onorevolmente fepolto.
Di fua figliolanza rimale folamente Andrea, Sacerdòte di ottimi co-
ftumi,efette figliuole , fra maritate, monache e fanciulle. Refiarono alia
fua morte molti quadri di fua mano^ interamente finiti , ed altri non del
tutto terminaci : e fra quelli una gran tavok deir Adorazione de* Magi,
che fu già una bozza di mano del buon pittore Ottavio Vannini, che vo-
nuta nelle mani di Carlo, e piaciutagli molto V invenzione, fi poiè a fi*
nirla, o per dir meglio, a riforla del tutto, (ludiando ogni coÀ dal natu-
rale, e riducendola alla propria maniera. Di queftareftò finita la bellifiima
rap-
prefentare tutto '1 parentado di Crifio Signor noftro . Si vede nel bel mez-
zo fedente Jo fieflb Signore^ e da ì lati Maria Vergine > San Giufeppe fuo
S|)ofo, San Giovanni Evangelifta, S. Jacopo minore, le due Marie, San
Gìovambatifia, ed altre figure, delle quali non apparifcono fé non i volti.
Re(lò ancora una piccola tavola di una Pietà ; un tojido in tela, ove è fi-
gurata la Carità t rapprefentata in bella dopna, ritratto al naturale» con
tre firn-
e ARIO DOLCI. 509
tre fanciulle; un quadro» ove è il miracolo di San Niccolò del rifarci tare
gli uomini » dati uccifi dall* empio. ofpite loro; ed altre molciflime tele iu
quadro e in ottangolo , grandi e piccole .
Fra le opere interamente finite fi contano; una bella Vergine col
Bambino» fienile a quella fatta pel Marchefe Cerini: la Vergine tiene in
mano uà giglio, ed avvi una caneftrella piena di vaghifiimi &>ri : un San«
to Antonio da Padova col Bambino Gesù in forma ovata; un'altra copiar
della Sancilfìma Nunziata mezza figura in tutto e per tutto fimile di prò*
}>orzione a quella, che bella intera dicemmo edere (lata mandata in Poi*
onia: in altro quadro è anche l'Angelo, ma non interamente finito:
un San Marco Evangelica più che mezza figura quanto il naturale, opera
allo (leflo pittore tanto gradita, che agli eredi fu da lui con non ordinaria
premura raccomandata. Altre molte fuc pitture reftarono in fuacafai che
lunga cofa farebbe il far di tutte particolare menzione.
Furono fuoi Dìfcepolt» in primo luogo Onorio Marinari, fuo ftretto
parente, pittore diligcntiffimo e di tanto buon guftoi che avendo fatte
opere belliilime, e facendone tuttavia, darù a fuo tempo gran materia a
noi o ad altri, di parlare di lui. Agnefa fua figliuola, maritata a Stefana
di Carlo Baci Setajuolo, la quale imitando la maniera del padrct e con-
ducendo del continuo opere belle, fi è guadagnati fin qui non poco nome •
AleflaiKlro Lomi e Bartolommeo Mancini fono fiati ancora efli difcepoli di
Carlo: e tanto i*uno, che T altro, colla diligenza, con cui cercano di afife-
condare il guilodelmaeftro, danno non poca fperanzadi ottima riufcita.
Fu Cai lo Dolci» come altrove dicemmo, ungolariflimo nel fuo pro«
prio modo di dipignere « come ben moftrano le opere ,fue fparfe per tutta
Europa, per li Gabinetti e Gallerie de* primi Monarchi del mondo, oltrè^
a tante e tante, che ne pofieggono private perfone. Suo principale lavo-
ro per ordinario furoiio mezze o poco più cne mezze figure quanto il na-
turale, o fl'oriette di figure minori del iioilro braccio • Non fu primo pre^
gio delle opere fue l'invenzione; e come quegli, che ben conobbe in quo*
ila parte il fuo debole, non rccusò di valerfi talvolta dell' idee di altri in-
figni mieftri, come altrove abbiamo accennato per quefta flefTa cagione.
E perchè a' pittori, che noi diciamo naturalifti, cioè, che tutto veggono
dal naturale, fono di non poca fpefa le opere loro, dovendo fempre te*
nere uomini a gran cotto; fu folito Carlino, dopo aver fatta una pittura,
rifarne altre delia ft^flu invenzione appunto: le quali però fece fempre
co(i .tanta diligenza, imitazione e buon gufto,cheu debbono tutte tenere
in conto di originali, e non di copie. Hanno alcuni ufato di bijfiaiare il
Dolci nel difegno» quali che a lui pofla bene adaitarfi quello di Orazio:
(d) jEmiltym arca Jadum fabtr imus^ ^ migaes
Exptimett ^ moUes imitébitur arte capiUosy
Injelix opetis Jummà $ quia ponere $oium
Nc/ctet.
Quèfto però non debbo io paiTarc così di leggieri, si perchè diflìciliflima
cola è, che chìgiugne ad una perfezione nell* imitazione del vero» quan*
■* ' • ■ ■ ■ . ■ to egli
( a ) Z)r dH, Poft. inprinf.
y I o Decerne VJefaPm^ l diÌ$e^,.K tU i ^40. alluso.
tQ ^eli giunfc . non V socom^agni ancora colla qualkà del buon difegno:
sì anche perchè paHa di ciò il fatto medefimo, mentre fi vedono di tita
mano figure intere, tefle, mani e piedi, dìfegnate a (oaraviglia, colTti-
giunta di tinta grazia, e nel tutto e nelle parti, che poco più vi fi può
^fid^r^re ( p ^ ulvolta alcuna cofa fi è veduta di (ita mano non cqiÌ bene
difègnata , fi ficcu reflc0ìone a ciò . che hanno fatta toolci maeQri dì pri-
910 gridoi 9 fi vedUi che chi molto fa, in qualche colà erra itlon.
Reiterebt>c por nlciniD da aggìugaeie alcuna cofi inionw a ciò, cfai
rendè queQo artefice più che in c^ni altra facoltà plauCbile . dtcodelk fM
crìftii^ne virtù i mi per oon efler quefio il mio a0tuico , me la paSerii^
fcrevemeptet riferendomi al già accennato. Dirò foJo. che &i dt' primi
fooi anni egli vìfle con canta purità , con sì gran feniimento di Dm. cba
ogni fffficivUo, che trattava con tSo, Cerniva accenderò di devozione.- e
talvolta a defideriodi fiato Religiofo. Poi nell'avansarfi in età, quanta
vedeva, quanto femiva, quanto ojperava, tutto rtduceva a fpiriio. ordi-
nandolo a Diot talmentecnè. nonfolo ogni fua pittura, ma moltiffiiiu <1^
fuoi dìfegni fòpra carte fi trovano accompagnati colla cifra del Santo No-
Qie di Gesù, e con fpirìtuali fencimentl o fentcnze della Sacra Scritinn,
a (ècondxlegli affetti , che tempo per tempo, nel far le opere, moTcvano
il fuopMote, o indìrizì^vaito fua intensione. Dirò pw ultimo, e cudef^
di aver detto tutto, che chi per grandi anni maneggiò fua cofcieoza. eii
foUto a i^ìre» ch^ (hi voleva vedere la cofcienza dì Carlino» quiiuo deli*
cara,, quanto accu^ca , quanto diligente, guardafle. le opere <n'iùoÌ peo*
nelli. È, taoto bafii dì qu<:fio artefìice .
EBERHART KEILHAU
(KAILO) DI HELSINGOR
IN DANIMARCA
PITTORE detto fra noi MONSU BERNARDO
"Diftepolo di Rtmhrant Vtta Rei», watt \6i/^. ^ l6i^•
wu», Ji Kroncmborgh r.w. uu..m - >• »•».«. i»» •- -- ■..
. roKeilhau.TedefcodflIaTerrtdiLilfelt nel paefe di Meil-
'4 fen, i) quale elTendoG quivi portato di Germania , fi era ^'
carato con donna Fiamminga, e vi aveva «fercitaia la cari*
ca di Guardaroba della flelTa Fortezza pel Re di Danimarca Crìiliano tv.
]I noflro Eberhart altrettanto fvencurato ne'fuoipfìHcipjr^ii*"^'^
nel fi»
SBBRHAÈT KEÌLHAU. 511
Tìt\ fi» fiii«f fa i)t'fi£inM di ^tiel ^ttlV ftlfét^ta e nitrito nt'faiO dogmi
ddllft LotertM Sttti. Giunto «iretà di dodki i^i>ni» dcrpo treife lliidiaco
!• firifiie tectera^ dando fegno di genio a!U piccttfa» fu podo da) padre
ntlla fcttoti df ntì certo Murttno Steffivinckell » fanifofo pittare di ^ùetb
ptftir quello fieffOf che in tela a olio iVfva dipinci I tanto nóraiirìati fetta,
^arièti ^ che ertinò ftati adattati fttfa ftìflkta deik Regina» fiaccati poi» ò
portati via ctogli Stetefi ih eongiuntufà di avere efpiignata la Fotiifzzi di
Cf oncmborgk . Si trattenne con tal pittore firki alP t^\ di diciotto ftnn} ^
quando il padre Tuo, defiderofo di avanzarlo anche pia in queir aitèi Itf
mandò in Amfterdaoi : doVe (otto la protezione di alcuni parenti della ma-
dre, ebbe luogo nella (cuoia di Rembrant Van Rein, che in quel tempo
fi era per quella provincia guadagnata gran fiiria. Stette con elfo due timi
concinni I dopo i quali trovandofi bene «ppròfitcato, ei>Crò nella laiAoit
Accadeiiiia de Eeolemborg . Era quefti Ufià Virtuófa peribna» che tfVeAdd
fatta gfan ratceolta di pitture de'pm (efnaltti maeftfidi Euró|pft, davi ìbS*
go in ca&fiia « gran numero di gióvani pittori» a^qaafli le faceva cxtpi^té
per Khiéio toro» non meno che per propflo avvantaggio, per lo btforio ti*
ti^ttQ, che faceva poi di quelle copie. Tre ftnAt fi trattenne in quella Aé^
cademia, non tralncfando però del ratto la féuola di Rembrant, eoncmi
tenne fempre molto buona corrirpondenasà ; e linaltfienfe fra il parergli
ornai di potere operare da fé fteflb» e 'I defide rare qtieffà (rbeftà » cm tanttf
cerca la gtoventùf, apei fé cafa e (cuoia : e tncocbincìò fion foboiente a di*
ptgnere a dìverfe perfone, ma a tenere appreflb di (e giovani fcòlati. Me
crefcendo in lui tutravta ti buon gufto netParte, venne in defiderio di ve-
dere le belle cofe d' Italia, ne chiefe per lettere licenza dal padre , che
![liele negò, dicendo, che (e a lui più non piaceva lo ftare in Amfterchim»
e ne turnaflTe alla patria. Ma il cielo, che non fola mente gli aveva prépa*
rate buone fortune in Italia ; ma eziandio dedmava qufando Che fofle di
toglierlo a quella falfa Religione, e farlo un'ottimo Cattolico, gft fommi«*
niftrò eante forare» Che ba(tarono per refiftere aglMmpuIfi del paterno af-
fetto, con breve sì, ma con rifoluta rifpofta, é fu; éne dappoiché (itro*
vava fuori ài patria, voleva pur vedere M bella Italia; poi quando foffe é
I>ia piaciuto , avercbbe fatto ritorno alle paterne abitazioni ; e fena»
affettare altra Kcenaa, I' anno 1^51. (i parti di Amrfterdam aHa vohadt
Gcfimnia: giunfe a Colonia, donde partì dopo un mefe per Mogonaa:
^ivt per tre mefi continovi òperb: e condufle in un quadro, alto qua"
tordici piedi e dieci largo, l'ifforia deH' A^naione di Maria Vergine e
dodici Apoftoli , per T Aitar grande ée* Cappuccini . Fafsò dipCH a
Francfort , ad Aogufta , pef TircHo, e la Vigilia di tutti i Santi dello Ae(^
fo anno \6$ì. fu in Venezia. Volle la buona (brte del pittore, c&è egli-
(i abbatrefle ad alloggiare in una Locanda, ove più Cavalieri Tedefcht pure
erano alloggiati - i quali #tconofciutolo per giovane rpiritofo, e per pit-td^.
re, volfero di fua mano efièf ritratti , tbl che venne a! Tuo pervnello ndrn
poca reputasnone . NI trattare poi che foce con un negoziante fuo amico f
confidente attresìdi Gio Carlo Savorgnani nobile Cavaliere» fé gli apcrfe
congiuntura di aver luogo in fua caia : e fa deftma^o a condurre molta
opere
«
/
5 f 1 Deaehn. V, della Pm» l del Sec, Vi dai 1 640. a! i tf 50.
opere in pittura per entro il fao palazzo» che egli aveva pnre allora edifi-
cato in canal Regio. Vi pofe di Cubico la mano» ma non furono quindi»
ci giorni appena paflati » che egli cadde in tale infermità # che lo tenne
due interi meli obolìgato al letto » afliftito bensì , ed accarezzato a gran fe*
gno dalla generofìtà di quel Signore «^ Era già V anno 1(^54. quando il Sa-
yorgnani» eflendo fiato dichiarato Poteftà di Bergamo » vollCi che Bernal-
do li portafTe a*fuoi fervig) in quella città. Ho dato all'artefice il nome di
Bernardo , contuttoché veramente Eberhart, che in nofira lingua vuol dire
Averardo, fofl'e il fuo vero nome» e non quello di Bernarcu): e quefto»
perchè mi è noto t che egli nel trattenerli in quella cafa » da* non jnteo*
denti della lingua a lui nativa» per quefto nome di Bernardo era chiama-
to» comecché u credeflero» che tale veramente folFe il Tuono della voce
Eberhart; tantoché egli per non avere ogni volta» che era chiamato» e
da grandi e da piccoli » <i conte(kre una lite fopra il proprio nome » deli-
berò di lafciar camminare la cola a fuo viaggio » accettando il nomedi Ber-
nardo t in luogo del proprio fuo: e così è dipoi fiato chiamato fino alla
morte. E perchè ne'noftri tempi è fiata ed è cofa molto iiftta in molte
città d'Italia» al nome di coloro» che qua vengono d* oltre i monti» aig-
giugnere per ordinario la parola Monsù» parola rifpondente alla noftraf
Signore»* egli da quel tempo in qua è fiato Tempre chiamato Monsù Ber-
nardo. Si trattenne col Savorgnani in Bergamo per lo fpaziodi due anni»
quando avvicinandofi la fcfia di San Carlo » ebbe vaghezza di portarfi a
Milano 9 e lo fece con licenza di quel Signore . In (quella città guftò le
opere de' gran maeftri» unico fine di quel fuo viaggio » e fé ne tornò a
Bergamo. Quivi ritraile il Poteftà in abito Senatorio, e fece anche i ri*
tratti della mcglie di lui» e d'Antonio loro figliuolo, che gli diedero tan-
to credito» che molti Cavalieri di Bergamo vollero efiere per fua mano ri*
tratti • Fra cofioro fu il Marchefe Martinengo: e queftiavea un piede mo*
firuofamente corto; onde dovendolo il pittore figurare in tutta perfona
intera, fi trovò in penfiero» temendo ai non offendere, il Marchefe» o
con una molta aperta adulazione, facendolo diverfo da quel che egli erat
o con un apparente rimprovero di quel fuo naturai mancamento, effigtan*-
dolo come il vedeva . A quefio feppe provveilere Y induttria di Bernardo t
perchè avendo vifto afolare intorno al Marchefe un fuo cane, a cui volea
f;ran bene» gliele dipinfe appreflb ivì tale attitudine e politura» che non
òlo copriva quel difetto» ma apportava in un tempo fiefib varietà e va»
ghezza all' opera fua. In ouefii tempi il Poteftà, che era uomo aliai in-
clinato alla devozione, e che molto amava il pittore, non lalcìava con
acuti fiimoli di perfuaderlo a renderfi Cattolico; ma il tutto fu vano.
Intanto ardendo egli di un vivo defìderio di veder Roma» deliberò, con
buona grazia del fuo padrone» di portarfi a quella gran città: e così do-
po eflere fiato da lui ben regalato» prefe la via di Venezia, dove per tre
mefiattele a dar fine ad alcune opere» che egli vi aveva lafciate imperfi^cce
prima di partirfi per Bergamo. Non potè già per allora effettuare il fuo
defiderìo di portarfi a Roma; perchè efiendo comparfe lettere allo Agente
del Cardinale Acquaviva , allora Legato di RavennaiCon ordine di mandar
colà à*
fallo pcrefe viaggio perifiercmorow «re allocaflaiiztavail Cardinale: ilrquate*
aécevucefaìiooKisfeioemé, fi^feod di^<idbit05->aii,pro^rto rionttcai^ edipoi-r
dsfi|;nniqluadriideiJa Ìiihrola.dì/Aribida.e di.ftuiatda4 iPoi fi.pard per Ra«
t6ii|U;ih,ttmf0/apptoiixA»:Ohc:iaMacftadt.iE^^ dì Sv^iacooK.
paria ìtt lidia # *^cìi viaggia alia volta 'di Roiaft , dóvea paflàce .pel territorio
di Rooiigiìait ieiòè per Eurlì eHiouni;: àndèal i.ardinalè^ pai* maggiorsneii* :
le onottirla r vciaic iti defidario dr avete liì. (Quo miat co, )per collocarlo
ibcto il Baklaocbmo deliUppoìrcamencòdoftinatole/^e fobica fpedì Bemar-:
do air Eménpacifiìfno.PiaAA'civalcova di Ferrara» acniocchàpaotale Q&tco
Ipiiicroducefle a quella Maeftà; eneconieguìCuoamenco; ma perchè avvi.
Cinandoiì il paflaggio delta Rjegina» vi era^ ittiolo» che il guad.o pronta,
mente coin)wrifle; e per efler frefeò» noo.p..tea*8vvolgeifi » fu pcnjfato
per io migliore» di farto portare da:Fercaraa ForD fempre in iDanfo:;efó:«
vi molto accpociamente al bifognd dd "Cardinale, .infioo a quello tempo
aoii li era Bernardo lafciato.conofcere ini|uella corte per:Ecetico Luterai'
no; ma venuto il Santo Natale, nella cui fefti vita »/co^coanaiìdandotlfia«
drone » tutti i fwri tamigliari fi eonfeflkvoM^Yrfidicono la fuajMefla, e per. fìia^
mano riceverono il Divino Sacramento 9 il pittore a iiefluna diqueftecòfefi
ritrovò; onde ne fu dal Cardinale fortemente ripm£b; ma lifpofe Bernardo »
poter bene immaginarfi Sua Eminenza r che netpaefc a lui nativo non fi-
vfayano tali cofò,. proprie folo della Cattolica. Religione:, e nbu averior
ritolto chi far quello ^.manoanz» dì affettò aliai pìoà » alla. quale era dato
Compre. inclinato»* ma l'aver creduto di comm;etter.SUctilegio'» a contor^^
marfi aeriti di Religione » non fua. Si turbò ajq\iìsfte parale quel Prelato»
e gli dille non pccereegH',' èdnftitatto in ijue Ila dignità # eon •buonaco*'
Ibtena, tenere in fua corte perfbna» xhe non i^flir Catcedica > e però, che
egli abjùrafle V Ecefia » otfi^dilfjbnefle alla partelwa ; ; majBcanarde lem prepiù
ftnnane'fuoi errori, lappjgliatofi. al fecondò parinOD^ abbandonò la Corte
dei Cardinale. Trattenneli però io . Raiaenna mooiia qiinidche imeiè cop Pa*
dal:fienedettimy«:pe' QuaLlfifece ma tavola 'da -Abitare per :la Joro Chielk
di San Vitale», in: cai ng4irb^n*ei(ht&di SjaniBeciedetto:. e finalmeme t^oU
timogiorjid di Marzo id5& fq in Romav CJluivi pensò trattenerli per al-
curii meli,' per poi pigliar viaggiò per Francia « eujuindi pactire alla volta
della jpatria:,CQtQetrovavarr aver promaflb con foe lettere al padre; ma il
Signore iddio, che lo.avea deftinato. (^cotes piamente credi«»DO ) al cielo»
fecq sì, chèi altrimenti; andaffis la bifogna,.da quei che egli fi era figiirato;
e:l^uì la cola nel feguemie moda. Si era firòpeao in quel tempo.appun-
co il male con tagiofo;. .onde a lui non eraomai pia poffibileiifcircdiRoma»
Il vedere poi la gran quantità di coiof^o . che mori vano. di quel male , ca^
^onò nella fua mente en*molto :ìfflttto«penÉiero# che aveva fua radice nel
timor di Dio, e nel genio alla pietà; ma per^in quel modo, e nnu a quei
fegno folamente, che poteva concepir fi da uomo, che non avea lume, di
vera Fede: e diceva cosi: E che . larà onai . di me, le io muoiO in quello
tempo, mentre io veggio , che. fon già paflTari. tanti annidine' quali» quan^
doa cagiorie di viaggi» qumdò per crovacoù in cala di Cattolici » non ho
Kk quali
qOflfiiiiliti.éffiqAki'f interni «1^ arii|iwi<gg«iii>hil?aitoft
que^^ che per provvedere e me Aeffot i» mi teooftì ft :qink|ie k^adìte SmciJ
totkn e danéotiii e re^ttre ,' cfc^iaogfcìr wfc ìmoto :Reiyimi^ Crteotigbv fcoM;
prioiff. cavarlo de^ Tuoi errori^ loffie por^dargliiriiiitdiD per te dalsicfvdiitd
trafgreifiani a i perora dtceiUbìkv precetti idi fiieiaiGEi 4>cfB0r'ÌDfiè poìr
per lafiùado vivere ndU ftia<iiet)a Rbligionet.fe vi esid^da uà>Peiuceci*
aicre • Aeligiofo della Compagnie dì Gsaù^ ùk aaLofie Tedcfcocr A ii«^»
apedèK librato delle prepeiecofeiecisai» eJien pifefto ne Mnèfiet «Mo ik
]umfnato;che abiurata eoa grande alligjMiai'&refia^non fot» 6 ie&dèCct-
tolicat. m4. caiìto.devòto ed ti&nraam^tieUa Saom Religionef quanto, be
poi potuto coiiofcere Rooia tette» dove 4etermifì& di menne fin mta,
loogi ooioi da ogni peiifiero di rimpatriare i» di ^iù rivedere ifÌBeieongtoat].
Inouefta città adenquehafacaemolceopere^e fttiefie uit quadro di otm
pttlmi dt uà Angelo Cuftode » ed um Madonna in etto dì povgar Kabitoed
un Santo Carmelitano.- eìqiiefte» ^Im^ fiet&tce*par. VcaiaEm^ per non eflè*
re flato convenuto oeipteexDr reftò m<Rome.e* Eadri.di qe^dl'Ordina aiVe
Teaijpontina : poi fondai loro Generale meadeta in altra Chiefe feori.
Btr fati^uerva colori b tavoiafdalla Cappebe diSea Ooaaenico, ove figo*
rè r immagiiìedei medcfieio» (bAenuta^ctt due Saaii. Ber la Chiefa di Sui*
ta^CaterinadaSiena» una tavola di S^Oomenicos cper.leCtiiclaporedel me-
defimo Santo colocà eno^ceridacdo per V aoaiDSaiitQ? ed tinio alansì» eoo
Santo£gidio:Abace e San Biagio» per Pelombara. Ver iaComenitèdi Le«
furignano dtpitiie itn' akne Scenderdo» in cut da une parte è l^Arfouwne
delkiVfiergiue» e dsli^ritra^n Michele Aacangeto.* in ettó<tt (caccmrcdat
«ieto gli q>rritt ribelli. A' Padri delle Compagnie di Geaò di^nfe dod»
quadri d^* dodici .ApofteU r per mandare ail^indtènOnemaii^ .
Corrcrv» l*:emao*i657. quandacrovendoii {^gii di aver iennaeD l^esitem
• liei ^iver Cetcaii6or e: Mmk volpi iper Ine dante Home, vi ìr^iKoKe éncte
accalare . Dipoi ve he of^aatofempre affidfimo;: perchè qmmtun^oe egli fi
fbfleefettami moda<|i dipigeere» MmpreòbUigaca»etiiaiiimIer^6ontetcodò
poiaveil colore ailapnme edatfoe luogo^ onde aioa avendo e ritoccar
moicci lelue pètture* iedavecon|irefteBaefeciiitefiMOe: cofé,tebe motto
piace e chi ha da fpendere in quadti; che però £ra qucfio e t^ever endo
d fua modo di dipignerè un certochè dai vago C'coimcevoleooir occhio t
ed li fuo modo d^nventare alquanto dei nuovor nonimmdòmei ippMdro
fiiorì, che non gli procacmaflc oommiffione per altri molti r ontodiè omo*
favagU il tempo e ie £irze per foddisfare afia mmor parca « MandA^a&i pit-
ture in Fxenoa: molte altrea) tn Ifpafna, eperaiootarmeme due gran qua»
dri d' un San Paolo primo £reniita »e d unrSen Girolamo , Avta condoota un
Suacfrodi otto palmi, ov'era rapprefimtau unafcuole,con buona quentict
i figure al mt orale t fai qualevedotaefpofia adunatiti al popolo* friooquO
tanto univerlalmctue, ma in particolare al Cardinal Savelliv ch^* voUe avtf»
kptfie, ediedeleluosoin una fua Galleria . Bbhtro delle fne onere Mon*
Francefico Marecelli* Pel Cardinale Albini condufie diverte pktttre^ che
egli manda e Cafane; e fra qùefte une taveU celli dodica Apoftoli e colla
Vergioe
.Olì: 1 1^ .ji.^R£j^MAft>r. . .«2t ffii^5llfciv/ : ji 5
conlim.Séfi^Bmiccfà^xiruite» che cgltr.oiandòicbihia'rifli AbàutLtBduk
di Oiftelio Per Giovani^ Barg Cavtitote Tede&a.facé un qoaidra. .tìtà^
Teduto da ir Imperadoret gli piacque tanto, che lo fieffo Livaliere glielo
ordinò poi un altro di dodici ffalmik p^. darlo in dono a Sua Maeftì.
Ha quefto pittore avuto un genio Tuo particolare dMnventare compoiu*
menti curioG e di gran elètto alPoiechki ..e peB (tarlar così » alcune Tue in**
veiaiòtuf.aiftoc3ii(Biiiaio¥enztone.f mi di iDakiO beila iuVónziòte'&m^re»
in grandezza di naturale in figure, initere »' e. ifi poco più» che mezza 6«
gura, come (arebbe a dire, qualchebrigaca di birbanti, mafchi e femmine»
giovani e vecch) e fanciulle, in atto di xipofare àya'cmp(gnal £ati€iull9
e fanciullini paftorelli : e tutti in varie attitudini e gefti, proporzionati allo
Serfone ed all'occorrenze loro in tali co igiunture: una fante, in atto
i-ba tare il fuoco* oii'^ra neir accender dbe fa uua caiuMa, ^ di 4iMM«
re o lavar Tinfaiata» o col fuoco nel laveggio fcaldarfi le manii la fanciul>«
lina cbe vaaNa fcuola : it villano che bevea meztina, e mot teak re a que*
ile fomigUànci, alle quali ha data tmta vanotàv (ji^ecchl & or dicano poi
i pittori) che ne ha veduti in un corfo di vita non lunga, pieni i falotti»
non fulmoi.nte de' primi Signori di Roma.» ma.eae;iaiìdÌQdiftàkatuttaedoltre
i monti « A Firenze mia patria ne ha mandati aflai , che fi veggono con
non pocogufto di ognuno nelle ftanze db* ni^drì. cittadini . Carlo Lorenzo
del Senatore Alamanno Ughi ne poffiede adai pezzi di una fola» e di più
figure infieme. Similmente il Marchefe Folco. Rmuccini t «d il Cavaliero
Aieflàndro deJCav. Filippo Valori , edaltri molti rche io taecio^per brevità a
Doveva egli ultimamente di volontà di alcuni di quelli Sereniflimi
Principi di Tofcans* eflèr condotto quàa loro lervigio: e già n' erano ftafi
dati ordini a un Cavaliere ticobcoi quandoaifiilito il aoAro pittore da fiero,
male di pleurkide , con aggiuatadi una &bbre putrida , che per nove conti*^
noi giorni lo travaglia d^o avere,.con quelfakdevozione e con quello fpiritat
col qiMle era fempre viflutofindal punto della fua convef fione, i Sagramenti
di SantaChida ricevuti ,(ttede fine al viver fuomorale a^i 3 . di Febbra jo , al
modoRomano 4687. uomof alparer diogrmno^che oltre airaltrefue.viccù
per lo Ipazìo di treni! anni in circa» che ne corfero dalla fua abjurazione»
fino alla fua morte, non lafciò mai fcnza legittimo impedimento di trot»
vai fi prefente.ogniferaairOratoriodiSan Francefi:o Saverio» e di Sagrai
mentarfii^ni giorno di Domenica: uomo non punto affiatato; continen«*
te e difcreta, adi poco concetto di fé Hetlo: e di quello pofib io medefi«
moeffisr bttoQjteftimomo» quando coli' ooeafioue di trovarmi in Roma aj^li
anni paffi^ti ìù fua ftanza# mentre egli dava fine. a certi quadri > che poi io
meglicondofli.a Firenie, loveddi piUe più volte. ritoccare e mutare eoa
pazienza e allegrezza infieme , cofii , eoe alla mia imperizia e a 1 mio debole ta<»
lento t allora potè parere da motarfi. Isè fiacchi in ciò fentire» (cerni pua«
to il concetto» che avea formato in fcftefibdi fuo fapefe» perchè » io noa
pure^ che poco intendo» ma con me altresì perfooe di gran (ènno, ttn^
f^on ferma opinione, chenon coluiyChe tutto crede al proprio siudizto/fia
il vero dotto in ogni msùia» n sùLcbi. bene fpcifo £a confbrmarfi all' altrui v
Kk 1 FuU
£1^ VtttimmVakVàt. r£ff fc2^Mi3[40. «;i«;«.
Fu il corpódi quefl» arfiefee^w^roi ifUa flFiinfpohtfflt^dwie UtifaimieDlfr
nefe- iu 'Ji .C&piKlIavdedicatli %'San Qftnafo Re dtldMÌitaaìroKr ic^iepolmn
della mziene, ooll>.ragueDtéilnlótiiiane: : j' -
a.' o, ÓH, ~
W ORBE PmàsVB SOMMA OBEUNTIBUS OlOSUMBltnUil
Ed in quella afp«cct l' ttlcimo giorno .
ERCOLE FERRATA
DA PEL&OTTO »EJLUO STATO DI MILANO
S C U L T OR E
Dtfieptlo éà Tcmmafi OrfoHao, nato àrsa al i6t^ ^ t6Ìy
IE fn coloro» che per alcun tempo àvercnno It pttieau&
leggere quanto io mi poG a fcrirere^ incorno aHe opere de'
gran tn^ieftri delle noftie ani , alcuno 6 trotiffe per avven-
tura t che fèrmandofi nella rimembnnza de i godimenti e del
nobile fplendorc . che l'aote per ordinario loro irrecare un
virtù bene acquiflata , poflcduta ed efercicafti^d ati'incon-
CIO, o non fapefle o non ponderale o non oxdefle, quanto di Sento e di
Attica, prima di confeguirla, a quei cali abbifo{[nò di lopportare-, tonon
dubito punto , che dal vedere quel tanto, che io fon per dire del celebre
Scultore Ercole' Ferrata, comt cofa, dalla riva voce di lai rcnciiaibeQ
chiaro il conolcerà» e ne rimarrà perfuafo. L' dun^que da fapcrfi. come
nel principio del pre&nte fecolo viveva accafato nella terra di Pdtotco
nello Stato di Milano. Velcovado di Como» laugo. detto V^lentello, un
certo Gio. Pietro Ferrata, uomo di aifai civile parentado . QuelH, circi
all'anno 1614. ebbe un figliuolo, che full iioftrvErcole,-che ne' pi<D>'
anni di Tua fanciullezza (taiìto era lofpirico di che avealo ilotsto li n!'
tura) dava fegni di ottima riulcìta dover ùtc in ciafcuna di quelle coie>
in cui Cofle itato applicato; fé non guanto debofexza di compU0ioiie, che
^niollrava di avere in quella età, non permetteva a* parenti il promctie™
tanto di lui; onde fu oa' medelimi avuto per bene ittoglierlo allo ftt»">
delle pcime lettere, a cui attendeva: il dw anooiafÌBCcro dì buoi» v^'|*'
.i pe«M
' .*
E RCOLB ' FERRATA. 517
fidili: codi purvt Ioio:di più siBcartrlo in fmriti» il ohe (opra ogni alcr*
cofa defideravano per ajutadi. loi o 'già avanxaca età* quancanque poi iucca
al coocrafjo andafle la«bifi9gna . Il perchè « eflendo^pur neceflàrio t che tgli
ed alcupa.coCi actendefie: :ed avendo, già dati légni di grande inclinaaione
acofe di difegnoi mt\ parerne del padre» cognato di Tommafo Orfbhno
Scultore» che allora abitava i|) Geiiova» doiDaiidòal£inciulio».fe égli avello
Toluto tale, arce imparaDe: e trovatolo difpofto» cantbfi adoperò» chefir
valsente Giovan Pietro il padre predò fuo con&nfo» e M fanciullo iaiìe»
ne con lui; anai volle il padre fteflu«confegnarlo al nuieftro; e però pe«
fe con, lui. viaggio alla volta di Genova. Ma prtoia dt più inoicrarli in
parlare del Fisrrata« ci: fa di mefiieri il dire aJcuna cofa del .maeftio» rac^t
contataci pure da Ercole medeùmoi giacché probabil cola è » che non iia«
mo fili oer incontrarne a) comoda^occafione e cosi a propoGto . .
£^ dunque da laperfi, coinè queflo Tommafo Orlolino » che. fu allieva
di Gioyambatifta Orfolino fuo aùoi pure anch' eflò Icukore» fu un' uomo
ai fpedito e ai francoineiropevarfuo» che fu coAance opinione fra gli ar«
tefici^ che egli aveflea'fuoi di fatte più ftatue, che mai facefle altro tale;
]^er la Certola di Pavia ne conduiie nno al numero di diciotto » n^\ corfo
lolamente di fette anni » che.ftetce con lui il Ferrata ; avendone pure coiì«*
dotte in gran numetQ per Francia» per Kpagna e per Pie monte.. Seguitò nel
modo del panneggiare la maniera di Prof perù Brefciano • Diede alle fue Sh.
gure buon.pofare» cola ditficiliifima in quefta arte: e meflèlé bene inrie<*.
me» licchè con quelle ed altre qualitadi poteronG dire le fue ^ai buono
ftacue . Nella danza dunque e caladi coftui reftò il giovanetto Ercole, con
allegrezza e con. contento nel bel principio ; ma quello, che gli toccò a fen-
tire dipoi, fu per lui altro fuono che di campaiie» mercè ctelle belle, ulauzet
che ei trovò in quella fcuola. Primieramente aflegnavanfi a* giovai i» per
legge indifpenlàbtle , due ore del giorno per difegRare» .ed il rimanente
dwl tempo doyeafi^da loro fpendere in fervire alla danza ed al maeflro in
«gai più f^ticofa faccenda» con patir di ogni colà appartenente al proprio
comodo, e fpden tame nto »> e. per qualche tempo; e ftarulo a quella vita»
doveafi anche da' medefimi pagare la dozzina. Per ogni leggìer mancanza
aveali. a toccar tante botte $ quante bene fpeflb ballavano per tener chi fi
fotTe di loro» i bei cinque e Cei giorni obbligato al letto. Quefta facoltà
e balli di baftonare a man faUa » e biftrattare in parole i poveri giovani »
9ra conceflà* fecondo gli fgraziati Capitoli di.quel luogo» a quello de* gio^
vani» che giorno, per giorno .era il primo a verure alla-flanza» fé abiuvano
calje proprie» oaxalare abbaflTo (è esano di dozzina; tautochè toccando*
quando aM!uo9 e quando all' altro a fpolverare le reni a' com pegni » pò*
co yi è » jier mio àvvifo. da dubitare» fé per /nolti fi paffàva alcun giorno
^nza bufle ; e feieKli fi rendefler fra di loro il cambio coir ufura : In qufik.
60 luogP'» in quella converfazione* e conìquefti trattameiui «dette» xome
accennummo^.ìl giovMiet, per io (pazio. di fecte anni# ne'quall cercò al
pofiibile. d'imparare. a modellare» levare e . pulire ; Fu il fuomaggiore ftn«
dio» ogni volta eh' e' .vedeva. fare al maeAro una figura » imprendere un
fezzo di marno I e .coodujcne una. in piiccolt proporuone^i e qaefle.pm
Kit j avendo
» •!
y
^t% Decém:KM(tFért l dèlSe(f:Vjd0li6^o. al r 650
ivendò hnro fptceiò plér,Fjrtiic|are Sp^aa» «in d^ajototl giovane per pi
gate la dozsina. Avendo poi^oditò dire ^ che nella città dì Napoli delìde
ravtnfi uomini » per lavorare. cerei capitelli *per la Cllieie delle Sapienza
Ercole lalciò U cali del maeftrOyecolà a*inviòie fiibito vi fu impiegato ii
quel lavoro; ma diecchè fé ne fòfle la «cagione, o i patimeoti lò^rti ìi
càfalOriblinOt o il di&gio del viaggio» non ebbe appena ofieieto fett
giorni I che <gli cadde in una infermità r che per tre mefl interi ^il trava
gliò. Riavucofi poi alqiumco dal male i e meqtre cali fi trovava ìt\ iftat<
di convalefcenad» occoxfe» che nel cavalli cèrti foffi nel nuovo Caftello
fu ritrovato un pezso di marmo , in cui vedeafi afobozsata una Immagìn
di Macia Vergine non molto grande 9 -la quale av^endo dato alle mani d<
Maeftro di Cappella del Vice Rè » fu dal medefimo fatta confegnare t
Ferrata» acciocché le deflc compimento, ficcome fecCr con Tua lode: e
alP Immàgme fu dato luogo per entro uQa Cappella della Chiefa \ che
aello fteuorCaftello» ove trovavafifino pochi anni addietro» e pen(b, ch<
pure oggi ancora fi trovi . Seguitò pure per un anno intero a lavorare d' in
taglio fopra i Feftom » Putti e Cherubini» ed altre fimili cufe; col qua) U
voro (giacché dal pidre non potea ricevere aiuti ) convennegli manteau
i€ fua vita adki poveramente. Intanto avendo incominciato a dar buo
Aggio di fé» da un maeftro di fabbriche» a cui era flato allogato il lave
IO dell'Aitar maggiore per la Chiefa di San Domenico di Soriano, gli fi
ronei dati e fare due putti in pietra » che furon polli attorno ad eflb Altan
Ad inftanza d'uno di quei Baroni del Regno ^ ^rondude pure due putt
che ferviron per la Compagnia, di Gesù: e pel Marchcfe Taragufa fece
flatua di tuo figliuolo» morto poco avanti glorioiamente alle pOtte
BarzeUona: la quale opera piacque tanru, che efiendo ftata deflinata p
altro luogo, non fu poi pollibile , eh' e' volcffeso cavarla di Napoli^ P
Tommafo d Aquino padre di Monfjgnor d'Aquino Auditore della C
Ben , per la loro Cappella conduUè ancora due ftatue » una di Sant' Ai
drea, e l'altra di San Tommafo d'Aquino» con fei putti e due ritratt
Ai Duca di San Giorgio fcolpì una Venere» canr altre ftatue, per giardi
e fontane» alcune delie quali dair Almiiante di Caftiglia furon portate
Spagna. Per Santa Maria di Capua, Territoi io del Marchefe Corfini, i
ce un'Orfeo col monte e molti animali» che furon fituati in un fuo gii
dino . Aveva il Ferrata in quefto tempo condotto a giornata un certo 1
k maeftro di fcarpellot uomo di meno che ordinaria Condizione» di e
fervtvafi per levare e pulire Quefti» mentre moftrava di ft^rfene chet
avea faputo con bella grazia tanto fare, che ogni perfbna di fiiuri di i
fianza ii defle a credere, che égli» e non il Ferrata» mTeque^i» che le op
M fiusede: e molto vi voile» allorché Br cole it aCirurledeU* inganno» p
farsi» eh* e' folle creduto il contrariò ; ma perchè la bugia ha corte le gai
be» fton andò molto, che il Ferrata partVdi Napoli» e retto in fuo luoj
r aftuconr2oiie » che in toeve ora diode a vedere pur troppo» da chi ^
tq ftafic fitte le opere . Altro molte ne condofle il noftro artefice in que
città: e particolarmente una Venere fedenteoon unputto, perloCan
naie Savelli Arcivefcoyo d> Salerno i che poi fu ponaco a Roma all' ale
Cardinale
-*.-•
^I^S^^^perCtrdinclle Suvellt .. JVTeva un certo FébbnsiaColmtòhiOt inéresmé del<»
^<uNipoliàji l'Aquila» f ìfoluto di adornare di fculcure una Oppcila nella Chiefa di
^^"^^pa Santa Marta de Roes^ dove eflendo (beo chiainiatoùl Ferrata, fubira diedi»
^t n ìaptqjn juano ad una ftatua di Santo Rocco » e non le ebbe appena data fiiiei fen<^
ciDMlfìÉm mai aver prefo.a conto di fiia fiitìcatun foldo, benché fùflègii duooi^
^^ ^f^i ferto più. volte danaro in buona quantità $ che il mercante mancò; per io
fliifltenilQi che fu forzato a tratteaerd coli un^anno intero t per attendere gli aggiu^
■trovmJAi ftamenti » che: non mai fegHicono; onde -'egUi po^ altro più potè -del*
I flwvoCiU y optf ar fua lìicavare , che la fatica e'I perdiminto de! campo; Fece poi di
^mktf pietra doke» ad infianza di un Cavaliere GerofoUmittno,ujm figura di San«^
^àm to AntonW da ftdoyttvj^nde «quando ]l>mturttle:^ Alenine fl'Càvaliere
^(fi^iimi (che devotiifimo.era del Santo ) fiicta rapprefentare un'altra in pitturar«.pet
oi6(tthi:ti mano di tun tale Francefco fiddefchinò in- una fai ca& vicino al' Duomo ^
iQé,ài per la quale Immagine non andò molto ^ che operò Iddio* tanti e.aì graià«
^t^,c^ di miracoli» che parte della càfs fuiconv^ercita in una Chiefa, fopra Aà
i\Rmìh porta delia quale. fu poi dato Jaopo alla flatua feolpita dal* Ferrata ^
\k\ti^\ .. • Inqueflo tempo, per defi<Ieriodi rivedere la citta di Roma^ volle in-^
Qttsbatfltt camminarli a quella volta: e dopo eflerfi trattenuto alquanti mefii veden*^
jitoidtilii dp e ftudiando le opere de^grail maeftri, fé be tornò all' Aquila, per finir
é^'ù di dar fefio alle .cofe fue, e poi a Roma tornarfeiM . Mentre egli colà fi
te. fl^i tratteneva , > gli occorfe un giorno di trovarli con ceRi Icar pellini , ì qùaB
oiiéh avendo buona cognizione dell' operar fuo, e fapendo altre^, che difegna<^
poi^dsejiK va di tornarfene a Roma contrari loro defiderio» come <)tiegli , che aVrèb^
[tfj^ìiitf ber pur voluto, che egli avefle (colpite rdcune teAe di Cherubini fepnl
it ilic |*t ^^^^^ ^^^^ lavori , &cero«aftutaroente comparire in converfii»one un cérco
addlina! Notajo, da loro per avanti bene inflruito di ciò che dovefle rilpondere e
di Napoli i certe toro interrogaiiionri e domandategli nuove di Roma, rifpoie tener
(licore tó lettere ben ficure, che avviCàvano un non fo qual fofpett^ di mal contai
iiudiW 6^^^^ * ^ 4^1 nuova fé ntita. e creduta dal Ferratai fecelo trattenére neù
^é»ta i\«^quila ai^uanti mefi di.pin, facendo imatìto, quàntoagli fcarpellini ab»
je.pefii^ birdgnava,txji|alt poi fi ri{ero(telIa:fua credulità . Fu poi il fuo ritornoa Ko«
M0 ^^'^ accompagnato con lettere dì grSsin favore d' un^ Padre della Congrega^
. ^; 2Ìohe dell'Oratòrio di&a Filippo Neri, dirette a Mon^nore Spada, Sa-^
^ntfilfi cetdotcì della* ftc0a Congccgaxione r ^ fratello dèi Cardinale , uomo erem«
^ piare» x:he l'anno, poi della vera e non finta peftilenza , ogni fuo potere
'^., adoprò. perefoorfi aL Lazzeretto alla cura de' tocchi da tal male . Ouefti il
f Jj raccomandò iu Cavalier Bernino, che immantinente gli ordiuò il lare un
J7^, modello per uno di quei putti, che fi veggono ne* piladri di San Pietra t
fX ^^^ a quattro, due colla medaglia, e due colle Chiavi: e riufcirono di
^M '^^^^ S^^ ^^^ Cavaliere # che di fiibico gli coniegnò i marmi, acciocché
'^ a lor fine ne conducete le opere, chefuron le prime , che il Ferrata, fot«
f co la condòtta del Bernino, facefie vedere in Roma di fuo fcarpeljo . Or^
^^ dinogli poi la medaglia » che fu mefla nella Chiefa di Santa Francefca Ro*
>' oana fottoT Altare, ove figurò la Santa con un Angelo, in atto di feg«
(^ gerle il libro . Eflendo. poi fiata aflà potata fua virtù da' profeiTori dell'arce»
f iìon gli fadifficileJii£aru.amÌGoamolttdi loro : e ciò feguì particdlirmento
f^ . : Kk4 ctfdifce-
(fi
5^0 Decentk KìdèHi^arKl. MSe^V.dàli ^40. al 1 6^0.
co^^tfcepoli dell' A-lgardi l'titNòcSiè gUia d«o ingfefl[<> mH* fiiaTeublcV
e per eflo'fede un modello inirgctude e:iri»Diceo}adi <|uena Libecalìià» cól
CQrQjVcupia veffliutei)ro «^oUne» ia quale oggi vediamo- nel deimlko di
Leone Al. Poi ne' larorò il marmo ^«exondufle fai figura del &n Pietro ntd-
la bdiiiima cavola dell' Attila^t con modello però delto^ fteflb^Ai^rdi.
Dalla flatìza di queftti fr {»>aò)ìalla Chie4ii Noova, oife per ordine di
f ietro da Cortona atccfe a hf(t di. ftuochidnrerfi^pucci educf^cuer una
delle quali per lo I>ì^rez7«ò.delr monda. Tornò poi daié'Aigardr» e con
f^Q modeJib feoe U- Sao Miccola daiToicncinò per la Ciiiefi^del Santo
a capo alle Caie; e lo^Iddio Padre colli due putti, il tutto ad ilbmn del
Principe PànfiHo: ed è 'pure>op«rardel^fuo^fearpeiio^ etikm dt qoeNo del
Raggi f come altri difle « in eflà Chie& ja^cua di marmo del San Gìufeppe •
non già. Quella del San Gtovambatiftitciie Je è rifiooAcré,che fa opera di
cflp Raggi > e non dèi Ferrata , <!ome i^kx»- fu detto • ^£ quello abbiaoio avu*
co dalU viva tace di &f;co(e ftefib: li quale ptire fece la medaglia, che fì
vede fotco il cupoUno^ nella qinate è San [Filippo Neri con due punti
avendone intagliata .un' altea limile di un Saa Carlo il ibprannominato
Antonio Raggi (lato diicepolo.deir AJgardi* Dipoi «' applicò ilnoftro ar-
tefice alla, grande opera per latZiiicla di Sam "^ Agnefa in piazza Navotia.
cioè alla. &nca Agata ioginocchioni, in atto di martìrio, co' due Angeli
e i t^ei piKtifChe reggono una cartella; e fece ancora la tavola di baffarilie*
Tod^lIaiS^fna Emerei3ziana,«omnolte figure, tutte manpori del naturale.
BiTenido poi oecorfo il Ctìlo delta morte dell' Allodi, il Ferrata iu chiamato
dal (^a|valiìi(rB<rnino,.e/)Ql principjod^l Pontificato cKAleflandroi fu in iuo
|t)U^ ifir£ire i làodelli^r le ftaiue della Cattedra e per gli Angeb: e con
}fl5(}(Bpza dèlio 9usSto Betnino fiece di Tua mano i modelli de'dùe puui, che
fengpno W chiavi (opra effa Cattedra. Conduflè con fuo (b^rpello ti ri-
tiratto delibardinal Pinieotelìi, al quale fu dato luogo ^ nella Minerva, ah
P entrar della; pòrta che vien (lai Collegio: ed è mire di fua mano in
Queiia Chipfa il dcpofico del Cardinale BòDéDt, è la. figura, che rappce^
i^nta Ificèruité* di qoafi tuttorilievo, col^puator che reggfe la mté^h^è
e'I ritratto di broiiso. del medeiimo. Sonò opera delteiue mani^'ieftatue
che fi veggono nella facciata della Ghiefa di Santo Andrea' d^llaVaUct
alte circa dodici palmi, dico quelle dtSaato.^«idi?ea Apoàèloedel Beato
Andrea di Avellino < e la figura della Fama^ che pure fi vede per teatro la
ilefla facciata, è fua bella fatica. Fu anche^faa fiittuia lat ft^tda, dta circa
tredici palmi e mezzo, di queirAngelo, che cien la cróce 'fui Pome San-
to Angelo ; ficcorae ancora la figuia del Dio Padre co due Ai^geli* ciie
veggiamo in Santo Agoftino iòpra il frontefpizio nella CappéHa del Prói-
cipe Panfilio: ed evvi ancora la figura del San Tomm;?fo da V illa Nuova
per una volta e mezzo il naturala che fu cominciata con modello di Mèi*
chior.Cafà fuo difcepolo,e da Ercole finita. Davaiiti al Sanfoèrapprefi^n*
tata una figura» in atto di chiedci gli limofina» tenendo tri bi accio un pottoi
mentre. un altro pure gli pofa apprefio. Fu opera del fuo fcarpcllo V Eie*
fante di marmo» che è in fulla iriazza della Minèiva : il ritratto, tefla con
bufto» del Principe Giuftiniano » in cafa del mcdefimo i il ritratto della
moglie
''ii
ERCOLE FERRATA. 511
noglie deÌi;Ptravicmo Dogli due piKtì» fopra il Tuo depòfico in San Fran«
ccfcoa Ripa& e laftacua ai Pon Xornmafo Rofpigliou» alta dieci palmit
che per onorare la di lui oiemoria > fu dal popolo Romano polla in Cam*
pidoglio . In San Giovanni de' Fiorentini è il fepolcro di Ottaviano Ac*
ciajuTl col fuo ritratto» fiotto pur^ dal Ferrata: e n^lla fteilà Chiefa la fla«*
tua fedente col putto» che regge la medaglia» ov' è il ritratto del Cardi*
lUl. Falconieri al fuo fepolcro. £^ ancora di fuo intaglio» in San Girolama
defila Carità» nella Cappella di cala Spiida» la figura giacente in abito Sc«
n^ript che rapprefenta uomo di quella ca(a: e la medaglia co' due ri«
cratti. All' Anima» Cbiefii della nazione Tedefca» rimpetto al luoffo» ove
è un ritratto di mano dell* Algardi» è altresì»di mano del Ferrata il ritrac*
co di MonfigMor Gualtieri . A|la Pace fi veggono di fua ottura (juattro put«
tii che due fopra i frontefpizj della Cappella» ove fono le Sibille di Raf^
faello» cogli altri due» che^i qua e di la alla medelìma fono di baiToriUevo»
Scolpì ancor^ la figura della Carità » che è lopra il depofito di Clemente IX»
in $anta Maria Maggiore . Per la città di Siena fcolpì la ftatua di Papa Àle(«
fiindro III che è nel Duomo: e quella di Santa Caterina da Siena per 1»
Cappella di Papa Aleflandco VII. tutte maggiori del naturale. Per Porto?
gallo conduffe un Nettunno con quattro Tritoni» con più delfini e altri
tc£cì» per dover fervire per.una fontana : ed il Nettunno è alto. dieci palipi *
Incagljò una figura di Gesù Crifto Noflro, Signore, mez» figurai in att<|
di dare la banediz<one» la qual figura mandò iti Sicilia: e a Ncpi mandò uà
fuo badorilievo» rapprcfei)i:atovi un San Romano» con Angeli ed una San»
ca Sabina» o fofle altra Santa • . . ;
Correva V anno 1677. quando il Sereniflìmo (granduca di Tofcana
Cofimo III vedendo a quanto pericolo d' infiliti davano dentro il fuo Pa?
lazzo della Trinità de* Munti in Roma le tre fue iingolai iiTime ftatue » diC9
de*due Lottatori» del VillaiK) o vogliamo dire dell' Arrotino, e della Ve^
nerina» a cagione dell' infinito numero di giovani ftudiofi dell* arti noflre',
che, e di quella patria e foreftieri» delcontinovo vi concorreva per dilè^
gnarle» modellarle» e più di ogni altra la Venere» la cui rara bellezza efpo<»
fta quivi benignamence ad uiilica de'profeflori» era bene fpefib con parola
e con getti» da' più fcorretti abuiata» deliberò di torla via da quel luogo^
ed a Firenze infieme coli' altre farla portare: e di tutto efequire fu data
(ncumbenza a Paolo Falconieri» fuo primo Gentiluomo della .Camera» che
ini^el tempo appunto trovayafi in Roma. Diedefi il cafo, che il noftro
artefice» che per lungo fpazio fé n' era fiato lontano dalla patriai defideraflè di
portai fi un poco a rivederla: la qual cofa avendo ìntefa il Falconieri» fi vai»
fé dell' occafione^ ed avendone prima tenuto negozio col Granduca» per*
fuafe il Ferrata a pafiar per Firenze t e quivi fermarli» per trovarfi prefente
alla fcafiatura delle mcdefime » già fiate inviate per mare a Livorno: ed
ancora pei raccomodarle con alcuni piccolifiimi pezzetti , che loro mali-
ca vano. Pervennero a Livorno le ftatue : e da Livorno per lo fiume d' Ar^
no furono a Fi»enze trafportate, ove ^ià era giunto lo fcultore» a cui era
fiata afiègnata per ailosgio» a fpefe del Granduca 1 una cafa in via Maggio^
accanto a quella» ch^ la di Moaaù Giufio Subtermans» dalla parte di verfo
al ponte •
512 Decemt. V. deUa ParL I. dei Sic. V. dal i ^40. al 1 6^9«
ti ponte. Quivi fìiròno fqifitce te ftiiiie $ ed a oigiotit deirtccmtoesai
del Falconieri , trovate ben cuftodite; on^ il Ferrata potè fobito appli-^
card alla loro reftaur azione . Alla Venerina rifece alcune dita delle manit
al Villano certi piccoli pezzetti di panno» che gli mancavano dietro alle
ioalle: ed «'Lottatori accomodò qualche piccolo peno. In quefta opera-
zione fi Valfe alquanto di Giovambatìfta Foggini » di Carlo MarcelUni, e di
un reftauratore , che egli aveva (eco condotto di Roma . Ma la cofa non
jfinì qui ; perchè lo fieflb Falconieri perfuafe il Granduca a valerli della
congiuntura » per far reftaurare molte antichifiime ftatue di Galleria • cho
nel paflato fecolo » e poco dopo, erano fiate acconce di cattiva maniera;
onde fu neceflàrio, che ad Ercole, fatto partire di via Maggio» fofleroda*
te lUnze in Palazzo Vecchio» affine di potere per lo cavalcavia» che da cflb
Palazzo porca in Galleria, condurli ad ogni ora al luogo del lavoro : lo che
fatto» potè il Ferrata applicarfi di tutto propofito: e cosi molte di efle Aa-
tue reiiaurò • Avvenne un giorno, che egli poneflTe mano a raccomodare
una certa Venere» alquanto maggiore del naturale» che per quanto teneva
dell'antico» che era tutta la figura meno la teda» le braccia ed i piedi col
cominciamento delle gambe, fi faceva conofcere per ut. a delle più fquì6te
figure » che fi veggono oggi fra sii avanzi dì quegli antichiflTimi tempi ; ma
ai male raccomodata» che non ui maraviglia, che chi per un corfi> di più
di fettant' anni aveva pafleggiata la Caloria, dopo che qui ne fu fatto
atfquifto , aveflè dato d'occhio a quello per altro fingolariflimb teforo . Era
la moderna teda poco nobilmente arieggiata, con lungo collo» e cnale ia«
fieme: le braccia e i piedi mal proporzionati» ed appiccati per modo » che
occupavano la parte più bella deir antico » onde allorché ella rìmafe fen*
za quelle principaliuime parti mal fatte • comparve più vaga air occhio
dell'artefice.* il quale volendo accomodare alcuni panni» incominciò a
penfar fra fé fiefiò» fé a forte e(H rifcontraflero» ficcome gli pareva, con
Un geflb» che egli fi ricordava di aver fra gli altri nella fua danza di Roma»
il quale dicevafi fofle formato fopra V amica ftatua della belliflima Venere
di Belvedere: e parendogli pure» che ah prefe efpédiente di ordinare ai
fboi di Roma» che dello fieUb geflb» che non moftravapiù^ che un pan-
no» é certa poca parte del corpo» gli fofle mandato un difegno»/mcui
fofle efattiflimamenterapprefentata ogni minima piegai e tanto fuefegui->
to» ed avendolo trovato rifcontrare appunto air antico marmo, una mat-
tina coU* <)ccafione che il Granduca pel corridore fi era al fuo foUto por*
tato in Galleria» per vedere operare queimae{tri,diedeglii primi fentori di
qoeiia jioyità . Subito fu ordinato» che da Roma fofle portato a Firenze il
geflb m'edefimo; e fu fatto» e fi riconobbe eflièr veramente il géflò, flato ca-
vato dalia forma * fatta fopra la medefima ftatua : e fu conclufo, quella effe-
re veramente r ficcome in^ verità era» la famofa ftatua della Venere, efetta
di Belvedere : ed efler quel pezzo (lato formato dalla medefima , ficcome
atteftava Io fteflb Ferrata» per teftimonianza avuta da alcuni vecchj, che
«flèrmavano eflere il geflb quello fteflb , che già trovavafi in Belvedere nel
tempo, ch'e' v'era pure la Venere» e che fopra quella foflTe flato formato.
A quefta iingoleriflima figura dunque il Aoflro artefice» tolte le vecchie
reftaura-
ERCOLE FERRATA. sn
feft*|iniioni» rifece la tefia » le breccia intere» ed i piedi col comincia^
meato della |(amba col peiio di fHiiiiio» che mancava, il quale fece gra«
ziofamence rigirare iopra le braccia-» In quello lavoro fi fervi di Giovami
bacilla Foggini» che parcicolarmence operò fopra i capelli della ceda, e '1
rimanente conduce da fé medesimo. I^on ebbe già effetto lo ftabiliménto
dello fcultore in Firenze, per accomodare l'altre ftatue; perchè lafciatofi;
portare dalla (ollecitudine di dar line in Roma alle figure per la Fontane
di Portogallo» quando altri meno fèlpenfava, chiefe licenza, e T ottenne:
e coaì ricompeniàto dal Granduca, fraeflo e i fuoi, con ibmma di danaro t
che giunfe in tutto a novecento ducati » fi parti alla volta di Roma. Non
faprei io già dire .quanto e* fi trovafle dipoi contento dell' eflerfi coaì d* im«
provvilb partito da Firenze, lafciando il già intraprefo lavoro della reftau*<
razione; perchè ripaflando poi dopo un anno, di viaggio verfo la patria»:
fece intendere, che volentieri avrebbe al fuo ritorno prefa a finire rinco-
minciata &tica: e la rìfpofta, che fu data per mezzo del Foggini, fi fa?
che e^li andafle pure a fuo viaggio, perchè al fuò ritorno fareUiefi jpeiifa-
to a ciò che fofTe piaciuto di fare, il Penata non fi acquietò, ma lece di
nuovo, per mezzo del Foggiai , penetrare fuo defiderio di definitiva rifpo»
Ila, perchè in cafo, eh' e' non doveflfe impiegarfi qua, difegnava nel ritor*
no pigliar la itrada della Santa Cafa ; ma a tale nuova propofizione non fu da-
ta rifpofta, fé non che, partito eh* e* fu di Firenze» fu ordinato al Foggini
lo fcrivergli, che oua non fi voleva efler d' impedimento alle fue delibe*
berazioni^ che pero feguitafle pure fuo viaggio di Loreto, o altro, che gli
fo/fe più aggrado: e qui ebbe fine il negozio della reftaurazione •
Aveva il noftro aitefice avuto ordine di Roma di fare la grande ftatua^
d'Innocenzio X che dovea (ituarfi fopra il fuo fepolcro in Santa \A^nefa:
e già avevane fatto un bel modello; quando il Principe Panfilio venne in
parere p che per eflere Ercole ornai in età molto avanzato, non fofle per*
condurla a fine, che però non volle, ch^e'poneflè mano ai marmo; di che
egli fi rimafe con gran difgufto. che fé gli converta poi in allegrezza, quan-
do eflendogli ftaca data a fare la (tatua di Clemente X. egli, mercè della in«»
defelVa applicazione al lavoro, che fu fempre fua folita, tuttoché carico di
più di fi:ttant' anni , diedéfa in pochiffimt mefi finita ; mentre il marmo
per la llatua d^ Innocenzio , infieme col bel modello, fi rimafe nella lua danza»
non fenza diipiacere del Principe > a cui parve di avere temuto, ove timor
non era , e con ciò aver perduta i' occafione di aver queir opera di fua mano •
I Ma non folamente la mano del Ferrata valfc fopra T età , che detta abbiamo»
t condurre la ftatua di Clemente^ ma altre molte ne intagliò poi ne' pochi'
1 anni, chee'fopravvifle. Tali furono, in un medaglione retto da due Aia^:
geli, il ritratto, di uno della famiglia del Corno, che per ornamento del
tuo (epolcro , fu pofto nel Gesù Maria , a man finiftra entrando : vi è la fi- :
gura del Tempo, e da i lati alcuni Angeletti, 11 Tempo e '1 Ritratto fono-
di tu ta fua mano; ed il rimanente condulTe coli* ajuto di un tal Francè**
£co Lombado, giovane tanto ftudiofo dell* arie, che per foverchio fa^.
ticare» per giugnere^ al più perfetto, di male di tifico, dopo pochi me&
^iede fiiiC ai viver luo, lafciando imperfetta una pella itocua di Santa Ana^
ftafia»
^24 Decehn. V. della Part. l de! See. V. dal i ^40. «/ 1 650.
fiafia^ alla quale poi Ercole diede oottipniiento di Taa mano: e vedeGDm
Recare in bella atcitudine fotco V Aktr maggiore della Chieia della mt
banca . Scolpi in oltre la ftacua di un Santo Antonio Abate» figura qmn*
tb il naturale, che fu mandata a Marino e una Santa Elifabecta Regiradi
Ungheria t finu fopra nutrole» e vi fono molti putti, in atto di tener le
boife del danaro, il pane ed altro per rapprefentare la fua carità verfoi
poveri, vi fon tefte di Cherubini, e due Angeli grandi . E tutte quelle
^ure condotte dui Ferrata, con tutta diligeva trasportate in Vratisltvii,
forano accomodate per entro una nobile Cappella dei Cai dinaie Langnv».
Dì più fece in quefta età un bel putto, cioè un Ercolino, fedente in cuibiìo
atto di ftrappare un ferpence; e jqueftofu portato a Venesta . Una Lotta di
due putti fece pure per Venezia, che alla fua morte rimafe del tutto finiti
nella iua (lan28 : iìccome ancora un bel ritratto del Cardinale Aldenno
Cybò^ il quale egli fi era applicato a condurre con grand* amore f a» ri-
mafe {blamente uibbiato .
Era finalmente giunto V anno 1685. quando nella cittì di Roma, ^
jOgm profeflbre di fcultura, incominciarono a Icemare a gran fcgno ^che
che fé ne fofi& la cagione ) le occafioni de' lavori : e'i Ferrata, come qu^
gli , che avvezzo era ad operar da mattina fino a notte , e coiue noi dir
fogliamo, ad affogare fempre nelle opere grandi , erafi ridotto a non tv^
rem fua fianza altro marmo» che quello del ritratto del CaidtntlCybò,
di cui poc'anzi facemmo menzione ; onde egli cadde in una tale malinconia,
cong unta ad uno intenfo dolore, che fempre lo premeva di avere perp
ca confiderazione perduta la fervitù col Qianduca ; che cominciò appoco
appoco a fcapitare di forze e di fanità: le quali cofe accompagnate dal pe-
fo degli anni, fecero per modo, che egli aflaiito da febbre, in quindici
gìortii opoco più, diede fine a' fuoi giorni, accompagnato da i Santiffiot
Sacramenti, afliftitoda ì Padri della Congregazione dell' Oratorio, e tutto
xafl'egnato in Dio, il quale egli in tutto il corfo di fua vita aveaconfflo*
do particolare fempre temuto: e nella Chiefa di fua nazione di San Drlo
ai Corfo ebbe onorata fepoltura, fotto una lapida di marmo, col nmct
memoria di lui. Reliarono alla fua morte, per quanto fu comune fenten-
un
delli
che fi trovavalìo appreflb di lui alla fua morte » e parte dell* Accademia di
Santo Luca, perche doveflèro fervire per ajuto de' giovani (ludenti, Uo
beliiffimo modello di terra corta di mano dell' A Igardi, rapprefentaate on
Santo'della Religione Francefcana, ebbe il Granduca: un putto di mariDO
dello fteflb Algardi, pure di terracotta, in atto di volare, di proporzio-
ne aflài grande , ebbe Ciro Ferri ; e Carlo Matatta un ritratto di un Ctr-
diiiale,£sit co della (leflà materia e dal medefimo Algardi. Un belliflimo ma*
cidlo# in «piccola proporzione, di terra cottaravev^fiittoil Ferrata dalla
maraviglìofa tavola dclF Attila di San Pietro , il quale eébndo fiato forma-
to, fu gettato iiì argento» per mandarfi fuori d' Italia; e veggohfenean-
dare.attorno getti di cera 1 pec ìiUidio de* pf ofafiori deir arte . Ma-per dire
« : . alcuna
E ItCOSE^ ^ E£Rll STA. :. ^25
•kvna C0&, generalmence di qncSb ^ftefice t vogliamo che ita noiOf che
quaiKuo^iie «gli av«(&,aiolfio operaco prima di porca rfi a Roma; comuc«
tQciò npn può dirfi, che egli avefle pwTafo il fegno di uomo di ordinarki ,
valore; ma avendo dato alle mani dbir Algardi in tempo apputuo, che
egli operarva, fopra la tavola dell'Actila* che eflendofi meUb tardi a lavorai
;e il marmo, «come ognun la* coaiamente fi accomoda va. a quella fatica: e
{lel f^rlo alquanto llentava» fattofi-allo fieflb Algardi conofcere per gran
Ieratico dello fcarpelIo« ed ancora per un buono imitatore de' modelli t ne
Ricavò. tanco di affezione e d' impieghi, che egli poi divenne quel buono
trtence , che ha veduto l'età noftra . Fra le cofe condotte da lui , fi Ai-*
mano perfectilTime (fra V altre che di Còpra abbiamo nominate) la ftatua
delta Fede in San Giovanni de' Fiorentini: la Santa Caterina da Siena nella
Cappella de' Ghigi nel Duomo di Siena.* il Santo Andrea d* Avellino nella
facciata di Santo Andrea della Valle, fiitii di Trevertino ; il Putto nella culla j
cheftrappa il ferpe* che fu mandato a Venezia ; un Putto, in atto di fve«
gliarfi dal fonno, con una mano agli occhj » e l'altra pofa Copra una coCcia »
fatto per Don Agoftino Ghigi; e quafi tutti i Ritratti, che fece mai, aven«
^o avuto in quelli genio e talento partìcolariffimo . Fu unico nel reilaura«
re, e gran pratica ebbe nel lavorare il marmo . Neil* invenzione non ebbe
gran felicità; maconoCcendo egli inqueftoii Cuo debole, proccurò di f up»
plire a tal difetto, con far fare per apertura della propria mente a' Cuoi gio ^
vani per ogni opera invenzioni diverCe, alle quali egli poi togliendoli dt-^
fettofo o cattivo, e l'ottimo aggi ugnendo, dava compimento di tuo gufto i
Non ebbe forfè nei Cuo tempo altro eguale in dar giudizio dell* antiche
ftatpe, enon Colo neir intenderle, ma eziandio nell' imitarne il meglio:
e quantuncjue egli non avelie avuta da natura gran ielicità nello Cpiegare
colla voce 1 propri concetti; nondimeno, quando entra va a parlare delle
fuerefleifioni Copra particolare eccellenza riconolbiuta in alcuna di efie»
profferiva,! Cuoi Cenucon tanca chiarezza, e Ccoprìva sì bei precetti, che
era di grande ammaedramento a* Cuoi diCcepoli . Fu allegro nella coiiver*
ia/ìone; ma talvolta poco grato; conciofliacoCachè , egli non avefle gran
ielicità in accomodarli cogli altri a Copportare qual fi fode minimo difagio:
e talora fi ficefie conoCcere per troppo permaloCo , laCciandofi per piccole
cagione pigliare da collera, la quale però in breve tempo fi acquetava.
Il defiderio del guadagno . che in lui fu non poco , talvolta alquanto gli
nocque air acquilo di maggiori occafioni di operare, e talvolta molto ii
divertì ad applicare a coCe non proprie di Ino meftiero, come fu ad inte-^
reflarfi in una (èmenta in campagna di Roma Copra gran tenuu di terre*
ho, nella quale impreCa non poco capitale difiipò, ingannato da certe vi«\
lifiitne perCone, che parte colla Cperanza del guadagno, e parte col donoi*
fattogli di un belo archibulb per uCo della caccia, alla quale egli fu Cem«*
preCoprammodo affezionato, dopo avergli cavato di mano, a titolo dMm»
predo» /lon poco danaro» fu da' medefimi, con molto Cuo danno, in tal
faccenda introdotto. Ebbe moki diCcepoli nell'arte . Il primo fu Melchior
Cai4 MalteCe » ciie riufcì ìnfigne modellatore: ed oltre ali* avere aiutato al*
maefiro# ^
/
/
5i€ DecmH. V. della Péri, l ddSèc. V. dal i (^40. al 1 6^0.
tmcùxo^ condnfle molte opefeJcdttl0fiiti TM foprofic: Om 6inttCi«
urina da Siena» con timo rilievo» jptf 1f Chiefii d» Santa Caterini di Moa«
ce Magnanapolì: la ftatot di San Tommafodi Villanuóva» ckà è inSanto
Sgottino • U quale alla morte dell^artcAca rtmaCe imperfetta » e dal Femu h
finirai, il Samo Buftachio» co' figliuoli dati in preda a' leoni » perUChielì
diS» Agneia» finiti pure dai maafiro» avendo il CaAfiitti tutti i iDodeHi,«
terminata di tutto punto la ftatoa del Santo ; ma pili che ogni alorabellafui
opera fu (limata la ftatua delia Santa *Rofa» che fa mandata nella città di Li*
ma ntl Perù . patria della Sanca . Viaggiò a Malta , chiamato dal paflatoGna
Maeftco» per ricever gii ordini per £irc il Battefimo di Gevìi Criflo, dJ09
la figuia del Signore e di San Giovambatifta » di tutto rilievo» per poifir
r opere in Roma; ma dopo averne condotti i modelli in piccolo ed io
f rande» fini di vivere: e fino a queifanno veggoufi gi'iftelfi modelli ncili
ondei ia di San Pietro . Reilò ancora alla fua morte un bel modello dd
ritratto di Alefiandro VII. che era fervito per getto di metallo , cte ri*
mafe in cafa Ghigi» del qoal modello dicefi eiferne dipoi formati e gstts-
ti altri molti: e veramente r fé morte in età troppo immatura ^^p)o
toglieva al mondo» gran cofe averebbe egli fatte vedere con fui vinti;
conciofoflècofachè foUè coftatite opinione d«gli ottimi profeflbri» che egli
modellafie al pari dell^Algardi, ed in alcune colè forie meglio. Fu nel-
rinyenure e difegnaie braviffimo; ma nel lavorare il marmo ebbetiN*
ta bifogno dell*afliitenza del maeftro» perchè pel grande fpirito, col qutk
operava» avrebbe voluto il tutto finire in un lol colpo» ondeavea bifogno
di qualche ritegno per non errare . Seguì la morce di quefto valente gio«
vane nella lua età di trent'anni in circa. Fu anche difcepolodel Ferrici
Filippo Carcani Romano» che avendo fatti i primi ftudj del dif gno iip*
preilb Fabio. Criftofani Pittore, che anche operava in San Pietro di mu'
laico; pervenuto in età di quindici anni fi portò alla ftanza del ftoAroiT'
tefice; ha operato molto di ^ucco e di marmo nella città di Romi, o^a
viveal prefenie accafato . Fece la (tatua della Carità » che è helltMiner-
tra» compagna della Fede» fcolpita da Michel Maglia fopra il (tfcktodcl
Cardinal Bonelli : dove anche fi^vede una figura» rapprelentante rEtern ci
di roano del Ferrata; ed una medaglia col ritratto di bronzo delCirdni-
le, fatto pure con fuo modello; Monsù Michele Maglia foprannoffiinito,
che avendo per qualche tempo attefo ad intagliare piccole figure d'avonoi
per mezzo di un tuo paefitno amico dell'Algardi » ottenne d'eflere dal medefi-
mo pofto apprefib di Ercole : e molto ha ancora egli operato di (lacchi e <ii
marmo: ha condotta con fuo fcarpello la foprannotata ftatua delia ^ede:
un San Pietro in Araceli » con al uni Angeli : un depofico nel Gesù Min^i
ed altre figure ha. fatto ibmmamente lodate: e nella fontana per Portogli*
lo ha operato molto t eflèndo egli veramente uomo di ottimo goffo nel-
Tarte fua- Giufeppe Mazzuoli, figliuolo del Capo maeftrodi Siena, efieji'*
do^li fiato raccomandato da Monlignor de* Vccch) , fece appreflb di <u|
molto profitto: poi accomodato col Bernino, gli lo in a|uto Ibpra uni ài
quelle ftatue del Depofito di Papa Aleflandro VII. Carlo MarceliiB| Fio-
rentino » che al prefente opera in patria » con si buona difpoiizione ali'D tei
che
> .'-.
ERCOLE f ERRATA. $ii
die^mitACO tvoIcì unto h\ ma di lui parfervmo in altro Ittoga. GitiMid»
bactfta Foggiai» pure Fiorencino» trovandoG aflai bene inftructo in tutto
cib. ctie a dife^no appartiene » fotto la direzione di Jacopo Maria Foggiai
filo 9Ìo# intf^liacore ingegnofo» in iegqo e in marmo» avendo fatte ptii*
opere ^on Ìuo fcarpelio, died^ s) gran faggi dt f^ e; di fuo futuro avanti*'
meato neir arre» che il Sereniamo Granduca promettendoti di lui^uellm
graji riufcita» che egli ha fatto » poi mandatolo a Roma» ove per atranta
i^vca mandaro ancheii Marceilini» volte» che nella danza» e fotto Iji dine*
zidne del Ferrata fi cratteneflef ficcpme fece per lo fpaziodi ben tre anni.
Nèè qu) luogo adire, quali e quanti furono gii ftud) » che egli» fpdàto dat
Granduca » fece nellacictà di Roma » in Difcgno » Scultura ed Architettiira;
mentre k opere » che egli ha fatte poi tornato alla patria » e che fa tutCavia »
aflai chiarameace lo dimoftrai *o; e daranno gran materia a noi di parbrne ft;
iuo luogo con modo particolare. Dir6 folo, che eflèndofi egli , fino aque^
fto prelence cempo , guadagnalo appreflb il Padron Sereniffimo non pòco
favore» già ha confegutta, per ifpecule grazia di :Sua Altezza» Tabitazionc
della cafa pofta in Plinti» {olita concederfi al primo Scultore della Sere ai0i*
ma Cafa» aflegnau già al celebre Gio. Bologna da Oovai » e poi a Pietro
Tacca» che gli fuccedc in quel pofto* Francefco Ciaminghi Fiorentino»
ebbe per dodici anni la fcuola dal Ferrata. Fra le altre Jue opere» è una.
bella flatua di marmo» dgurata per Ja Clemenza» la quale nel più bello de';
fuoi (ludj mandò di Roir.a a Firenze al Granduca» e doverà aver luogo nel
Real Palazzo. Vive oggi in patria, operando bravamente di figure d^at*
gento. Giufcppe Piamoncini Fiorentino» che dopo avere ftudiato in Fi-'
r^n^e dal Foggiai • è flato cinque anni collo UefloFerrau.^ Quefti avendo
nel fuo primo anno fatto un modello a concorrenza degli altri giovani a*
Santo Luca-» ne riportò il primo premio* Venuto poi a Firenze richiama*
to dal Granduca, che a proprie Ipetcficco^ie tutti gli altri ibpraiuiomi*
nati giovani Fiorentini , lo teneva colà a Qudiare»e dal medefimo provviOo-
nato t ha condotte molte beile cofe » e fra V altre la figura di un Crifto mor*
to» intagliata in alabaftro» alla quale ha Sua Altezza fatto dar luogo fotto
r Altare di fua privata Cappella. Ha fatta la (tatua di marmo, maggiore det
naturale» che rapprcfenta la figura del San Giovambatifla predicante» che
è (lata fituau nel Tempio di San Giovanni fopra il Battifterio»(lato ultima-
mente tramutato dal luogo» ove era ftatoper cent* anni in circa, dico lino
dal tempo, che egli fu tolto via dal mezzo di elfo Tempio, ftatovi per pi^'
lecoli » tramutato» dico, dal luogo poco dittante alla porta di mezzo » a mano
iinidra entrando, e pofto pure da man linidra» entrando dalla porta late*
rale» che rifponde rimpetto al Bigallo; eflendofi a tale effetto levata la bella
(tatua della Santa Maria Maddalena Penitente» lavorata in legno dal celebre '
Donatello, ed in altro luogo dell* Opera di detto Tempio fituaca» Ha in
oltre il Piamontini fatti pel Sereniilimo Principe Ferdinando di Tofcina
quattro bellillimi bu(ìi di femmine» vagamente ornate d* acconciature 6'
panoìcelli graziofilRmi Ha reftaurate più ftatue; ed ha in Roma di fua;
mano un gran modello di un Giove fopra un'Aquila $ in atto di comandare •
Ma del
5^8 DgcMn.Kdeffa Vàtt. ì. del'Sei, V, iati S40. */ 1 (Jyo.
. Ma def-Pìamoncini ancora 'diremo poco » rifervandboì « dltne'qndto t fìn»
luogo e tempo. Anton Francelco Andreozzi Fiorentino, che dupo ave-
re ftudiato dal Ferrata il lavorare ih marmo. G è applicato agli (lacchi, e al
prefence fla appreflb al Foggiai . Son'open di fua mano Ì putti della Gal-
leria del Marchefe Ricoirai, dipinta da Giordano: e quegli eziandio.' chtt
•domano un portone della loggia terrena nelPalazzo delk> ftefTo Marchete:
ed ail' occorrenzii opera di marmo e di ftucchì > con lode degl' <ntt-ndenti
dell'arte. Gio. GatnmilloCateni, d^po avere tre anni ftudiato djlbfteflb
maeftro . poftolì a ftare col Foggìni lavora di marmo e modella con baona
fi'anchezza, dando aperti frgm di dover fare in queA' arte bonilfiaia rni-
Icìta. Gìuleppe uiman Milanefe riufcl sì bravo nel modellare, che ir
pochi med modellò tutte le opere delmaeftro, fpaife per la città di Roma,
non purequefte. ma eziandio tutte le bozzette e tnodelii de) Tuo flodio;
e oggi nella Icultura h figura di gran maeftru nella città di Milano . Opera
ancora aliai bene in Roma un' altro difcepolo del Ferrata, dico Lorenzo
Loitone, detto Lorenzone. Similmente Pietro Bslefìri Sanefe, detto Pie-
tniccìuiche eflèndofi prima alquanto trattenuto col Berniiio, dette poi con
Ercole : ed ha operato sì bene, che ha meritato di eller meflo »' fervigi
della Maefià della Regina di Svezia. Vive finalmente in Roma, ^ìovanec*
to di poca età, Pompeo Moroni Romano, che ne' Tuoi principi ha mo-
i!rato tanu bravura neiro}>erare. che molto promette dì fé ftenb, perve*
nuto che egli fia in età pìu matura .
PIERFR ANCESCO SILVANI
ARCHITETTO FIORENTINO
Difeepito di Gherardo Silvani^ nato 1620. •$• 1685.
Ilerfrancefco Silvani Architetto Fiorentino, fu figliuolo
^ di Gherardo della famiglia de'Silv;)ni, che negli antichi
^ Catafti di noftra Decima trovati delcritta all' ordinanza
^ deVnobili cittadini di quefia città, abili agli onori della
I Repubblica , defcendente da un Silvauo Notajo , ailìUente
' a' D(.cieti della Signorìa nel 1468 canea, che pur an-
) che foltenne iwl 1516. Ser Giovanni di lui figliuolo ,
^ e che poi in divertì tempi vedelì congiunta con più no-
bili cafate : tali fono Ridolfì , del Giocondo, Ciai, Argenti e Salvetti ;
benché nella perfona di Francefco, Avo di Fierfrancefco, fitrcvafle,
acagione di qualche linìftro incontro, di beni di foituna alquanto Iprov-
vcduta . Fu adunque il natale di queflo anetìce neJl'aiUiu i6io. id in età
crefci uto ,
TJÉSVRAN€£3€0 SÙVAm. J29
tràTcfdtbt éo^ tvtir^e 9ppre^ le prftoe lietcere» fi diede a^i ftó^ diarcHi^
tectQri, Sfotto la difciphnt del padre 1 c(ieper efler» come diceaiaio nello
^otizte d^Ila Vita di lui i «dopenLtiffimo nelU noftrt citxk in ógni fotifi
ai nòbili filbbrìche, f(otè mhrttt cohdoflò a datò di tantji pratica , che ^
ftafle per ricever daif opera furtiofi poòM^jilcr. Ciò fegid plirticolaraien^
te Snella facciata di San Mìchete dagli Antiiìori« I4 cui fronte editata poi
ftdorhata^ colla beli' Arme del già SerenKliaro Cardinal Carter d^. MedixH^
tit>b)lmeAte condotta dagli fcarp^iì di Cailò Mar/cellihi. Fu àftresVin^ju^
to del padre nella carica di Architetto dell* Opera di Santa Majia del Fip^
irer^ietrbpólttana Fiorentina ,'còntinttatafi dopò la morte dì Ini nello ft^
forierfirancefcofuofiglmolo» il qualefra^Ie altre belle fatiche /.fatte in mt^'
Itti tii;quella Chìefi» fi aimoverir ÌUve^ripaVaifo àì^^ìt pericolo, in chc^
Ù trovava la lanterna della dippla ; dfi aprirn»' a'cagibne, dèi térribil fulmi*^
tie drdutovi agli anni paffiiti : Jl che'ftsce coi dgnarle!4^ èftrémità della tlie^
defitta con una forte catena: e fu< cagione» trhe effendovi dopo un aiiniqr
caduta altra faetta» che lo ftefib luogo percolTe, ove per avanti la prìms
aveva battuto » ella del tutto non ròvinafle ; ficcooie al cerco faria potuta
feguire fònza tale provvedimento « giacché À £itta |u la forza* del feconda
éòlpò; che j>oco mancò ,- che la catena ftefla , poftavi dal Silvani $ non Ut
fpezzafle afiatto; eflèndoii' però rotta per mòdo, che a pochidimo attenew
Vali.-' A queflo male ppre rimediò l'ingegno dèlP architetto, col ridurr^
€òri grande -artifizio per via di ponti la catena al fuo primo vigore . * Jy^é^
Tanoi Reverendi Preti della Congregazione dell'Oratorio' di San Filippa
Nerit fin da i tempi » che fu a Firenze il Cortona» per dipignere le regie!
rrifpondente magntfi*
Cenza» a quella annéflb» per lo comodo de' loro fpirituali efercizj: e eia
avevano ^tto fare a quel rinomato artefice il modello , ne avevano ancho
getttta la prima pietra » e fattavi alcuna cofa di più : ed in oltre avevana
cominciato a far cavare ne* monti di Fiefole alcune delle fmiUirate colon*
ne» che dovevano fervire a quella gran fabbricai quando venendo in co-
gnizione, che l'effettuare il difegno del Cortona» e per lo tempo e per la
fpefa farebbe giunto a legno » oltre ogni credere ecciedentiflimo , delibera-
rono di deporne il jpenfiero. Quindi efiendo Aati .per qualche tempo in'
noti' poca perpleflita » Ce fofie luogo o nò a dar principio almeno alla fab«
brica dell^Oratorio; finalmente vivente ancora il Reverendo Padre Fran-»'
éèlco Cerretani nobll Fiorentino, che iniii^me colla pia memoria del Padre
Pietro Bini» s'era trovato a fondare in Firenze eflà Congregazione, fotto
gli aufpicj del Sereniffimo Granduca Ferdinando II. fu deliberato, che sì.
Fallato poi» che ffi a vita migliore 11 - Padre Cerretani, fu mefTa mano aU
r opera del nuovo Giratòrio : e dei n^ftro Pieifirancefco Silvani fu il pen-
fiero di farne il difegno e modellof < poi di efequirio' nella forma, che
oggi fi vede, nondtj t^tco finito; ma eflendo grande affai, non lafcia
però.il fatto fin qui di fervire a' tadrit e per Oratorio e per Chìefa: e ve-
donfi dalla fuO» difuòri^edo San Fir«nzr gli attacchi di pilaltri ed altrot
LI • ' - * '• - '• chcdebh'
t4 abuare il Monau^^^ fhe fu q«' fnfp^ix>> ?w^4f <ìliedi^p<^4 191 n pelo
Jclla.puQVafal^^^^^^^ ^^?if.^ip^.qÌm PfiFWlW ^
Co^^Q, c^alk bandai|^^Btti?^,d:4xnp;^^ XP,^te '^8 «1 W?\X
ootta a ragiopef
pietra fcanaìati
> parve a* Mqnaci ^o^ euerp ito^ ben ppajau «If Wmziong; Q^qfcffftn
lao^ence deh^r§roiaq di i)pp pi^ cpnuf^^varl^ ^ oui.di ^iliruggere ^I gi^
^ C(ò» ed ir^ quel cambio mipominciarj^ 4^f^^>^ gf ìeiu ^ìfl^iza 9^ gi^V luo«
go 9 la qi:|ale » «encre io quelle cpfe tpriyp » 9 T^f^Qn^^ 4^Ì ^ilegno 4el Ce*
ajfucit e qoli* alBftpnza di ÀntóiiiqTèrri» c^lìg^i^te Archi(;ectp, èrgiàfilM*
U e cfii^erca,; a rifervxdei)a CpppU» che non e fingor^ cpmwipia» (i)t
9 cpU' aimlenfa di emonio Ferri, iefts^ndp (pio ^ &r^ i larari^ dìu mifia*
ti aell' in€eric)r parte della Cbiefa gi^ terminata (r) ; l^u anpge fli^eSqo di
l^ierfrapcefpo, e da. lui flefloefeguicb, quello àc\\^ Cappella. di IS. Ajidrea
(ilpriiqi nel (Ji|nntpe« Pél l4archefe Bartplpqaiyièo della tteJTa nol^ililpma fa«
9)ìglia c|e' Corfini» fece con proprio mcMdello ed affiftenz^i» }a beUì0ifna fcala
f chiocciola liei fuo Filano di rarione. RimodprjQo, abballi ed accrebbe
U Falaazo del Conte; Bernardo Pecori, appiè del ponte alla Carraia • verfo
Mezzogiorno;. L'Arme di quella famiglia» che fi vc^e nella capponata del
Iral^zzo, (ìx i$^]iIpita con 4iK^no di Jacopo Mar^^ogsìni> fci^Uore in mar-
mo e ii| 1^1)9» diifcepolo 4i Antonio I4òyelfi» dà Gioyàmbati Fogjiìni
ilio nipote in tenera età, prima di portgriì a.&pm^: e fu primo ^^ió del*
Tottiipa riufcita $ che egli ha fatta poi neir arte della {cultura • Sicmliqente
igibbricò il Silvani la gii)nta» pef più che il doppio, 4fl Palazzo di vii ^élU
Scala del già Marchete Ridolfi. Con l(ua afl^ftenza fji efeqoitd il iiiodella
4i Ciro Ferri i ideila Cappella di Santa Maria^Nladdal^ de' Fa^ in rvi\^:
__. egqnprdp
fai) Fa itrmim9 P v»m 1715. ' <^mi>m Bnmi, $F«/rff# «. Arebisatt
. mUt T9ikit90 KH magnigc^ P9hfmt9 uijt Aittif fWgi'^.f-* f nelle l9fmeue àr
iwr« dtlhfitci9^ inttmre*. vtvméè #^«^«i« M$nmfi mwìifi .:.
(b:) la CupoU ptemmiAtA nd itf^^ 49 A^tfmaBsm Arclnt*^ Pfffentì'
99* il fHaU kffcUf a difeguti dei Qenttu k iiféf t/^e ^fPFÌi* Mh^- ^*'
fnprJo difegm . „ ., .
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« èòh "pròprio éffeghò dìlHéHhbtefcb fùhìtó il ^iri«iémo\|{ éleCM tm
bili» U Cupola dèlU riiedefirtaj fcd U Lanternino. A'Fmi Pftdicatori tld
CofnVénto di San Marcò. Hmodtmò (ijiieHapine di CMefii, <:iie contiene
il Coro t M maggiore Altare, eccómodaildo in fronte le Ikie ^andi co^
fbnne di pietra» rateo, con tutto remato, die oggi v4 fi vede; effendi
thè per avanti niàìk piè^iividcini P Aitate e 1 Core, dd rimàfìente delBi
Chijefa, che ttn lem pace tramezzo di muro» con uiì'apeiturà o porta , clib
chiamate la vo^Iitmó, ne) bel mez^ò: in fronte dei qua) muro, uno a é^
fira ed un altro a finiftra, ^rano due Altari, il pHmó dedicato a Santa Diit^
cinta PoIIacca , Santa di loro Ordine, coHa fuà Immagine in tavola, in atta
di orazione dàrantbe Maria Vergine, dipinta ^r ibano di Jacopo Ligoczit
ed lifKM San Marco Evangeliftà, con quella dél^Santo, matavìgliefamentb
condotta daH^ inGgne pennello rdjìtfofb di qufel GohTehto» detto il ttt-
te, altrimenti Fra Bartfolommeo di san Marco»* ed alle dlae tavole nuò^
vamente adorhàfe, è , ttott ha molto, ftato dato luogo daHe pmi latefaft
idd Coìto» in tefta del quale fu anche Fatto coh dUegno dd Silvam tutto
ì' ornato dell* Organo • rJel Territorio Fiorentina e nel Pifano , ha limo**
tìernati più Palazzi e ViWte: tacèomòd;^i 'e tifetti pRi Pònti ; te viftrnb^
fuo airh più difegtii e thfodeHi ingran txumero, fatti in Firenze pi:r faUbt?*
the di hdttVi cittadini X^) • ' Pinhlftirtite trendb il Sereniti/GranducaCGi»
"fiihòin. oggi regnante, deliberaro di a'Bbefl irte iritepià^daccrercere inliémb
la bella fabbrica della Conventuale Chftefa dte'Cavalieri di S.Stefano Papa
e Martire» convenne al Silvani portarli a Pifa; quivi applicatofi con gran
faticaltTPeflfettuazione dtftrtngtunto edatb architettato lavoro, accrebbt
primieramente alla Chiefa come dup. ali, che per lunghezza pigliano quafi
tutti i fianmi di e(i4, con avlnzaruaiìche die(;ro al Coro. Gli fpazj inte^
riori di qu^e vengono diftrìbuiti ih diverfe-ftanze , ad ufi Viverli adat-
tate, e.taQto neir una» che netP altra parte. Incominciando di yerfo il
Coro, te^i né tavò una grande Shgiteftia, chte veggiamo t>g|i tierìninata»
e con vaghillimi marmi arricchita: in tetta alla^uale apparifce una vaga
Cappefletta z ufcendofi da quèilà, trovafi un ricettò con fue porte, adorne
Ili mifchio di Saravezza, le quali comunicano, una colla Chiefa, 1* altra»
che gli è incontro, colla (brada: e quella^ che è incontro a quella Sa|^e-
flia. Inette in uii bèlifflìtno ftiifìisòffè, che mentre io quéllft cofeicnvoi»
dico nel idsp. non è ancor terminato, per dt>ver fervire per ifpogliatojb
de' Cavalieri. Daqtiefto fi jìafTa in altro fpazio, da unirfi con un grande
arco alla Chiefa^ e (^ateftoTpaziofetVirJi di 'Cappella. Da quella Cappella i
pafla ad tln altro grande 'ftan%one, da fervire pure anch'eflbper ifpogliatojo':
te quello averà lua porta dojrrifpondente alla piazza, rimanendo la facciata
L 1 1 di quella
(a) Fu incomincia fo con difegnodi qu^flo Silvani la refiauraaone deUa Cafa
ìJaldinifùl canto di via 1^ Servi dal Duomo , con aver fatta una bcUa fiate
^ e alcune inaeftofe finefire % ma poco fi avanzò allora la detta fabbrica % che i
fiata terminata t^ anno 1 72^. e notabilmente amùliata con affifienza e di^
' fcgno di Pici' Giannozzi Architetto fiorentino , il quale con buon gufto tè
molte cofe tetMinaie e rtdntcitd ufofià moderno e più mbite.
ài qoeftft fàbbrìqt tlqMiKo indietro alU fiipGUci:dell»Chi.efi% UAaiiaiiiA
divtfione fece dall'altra parte» nia di alcune itanze faranno divcrìi gli ufi s
^nciofliacofac he nella parte » ov'èlaSagreftiafarà una Guardaroba s ed uno
4egii fpogliacoi verrà deftinatoper folo fervizio ^el Granduca . Feceancbe
jl Silvani il modello dell'Aitar maggiore» fatto al prefence di iegnatne» delle
iprandezza appunto>che doverà eiTere di marmidi coloridiverfi (a). Ben'c
vero ( che quefta fu Y ultima fua fieitica ; attefochè eflendo fiata paflati el-
jcnni mali ynz j contro i Capimaefiri di quella fabbrica » appreflb a miniftra
jd' autorità» che foprintenfleva » de* quali fu £ittp gran capitale» conven-
ne al Silvani» ne' più focofi calori del mefe d' Agofto» portarli fbpra la £ib-
brica» e tutto £ir rimifurare: tantoché fianco dalle fatiche, e .pel gran
jiatire, che e' fece i n. tal faccenda t non propria del fuo uiizio»^ e male lù
.eilère di fanità» partitofi di ritorno a1?irenze, fu ibpraggiunto per ifirads
da terribile accidente di afma, del qual male era fiato fbUto di ptire i
e coti» come fi trovava in caleflTo» con folo jpochi edafiànnofi refpiri, rer
jàh (bffbgato e morto agli za. giorni dello fieno mefe d*Agofio l'anno ì6&5.,
jettantefimoquinto di fua età » onde fu neceflarìo, che nella Chìeia Dia
ìucina al luogo del feguito accidente » detta la . Badiuzza delle Cipolle»
Suattro miglia in circa dittante da PiÈi » fofie portato il fuo cadavero»
ove anche gli fu data fepoltura . Reftò la fua tconiblata mMlie Versi-
.nia Boldrini » con Gherardo » Gìovangualbqrto» e Gofianza » luoi e di Tu
figliuoli» e quefti in età poco meno che infantiU.
mmmmmmmmmmmmmmmmmmmémmmmmmmmmmmmmmmmnmmmmmmmmmmammtmmm
P ITT OR I
CHE FIORIRONO IN QUÉSTI TEMPI
NELLA CITTA DI GENOVA.
ipR ANCESCO MERANO» detto il PAGGIO» nato di omir^
^ ma onorati natali ; dopo la morte del padre rimafo alla cura di madre
poverifTima» fu neceflìtato accomodarfi in ca(a i Pavé'G in qualità di paggio.
C^ivi per afiècondare la fua naturale incliqazioiìe t fi applicò» per quanto
}1 fervigio di fua carica fopportar poteva^ a^li ftud; del di^guo» nel ouale
incominciò a portarli tanto bene» che crefciuto in molta grazia appreub al
Sadronci £u dal medefìmo raccomandato a Domenico Fiafella buon pittore»
.. etto il Sarzanu , appreflb a cui tanto s'inoltrò nella perfezione dell'arte»
che in
(a ) QucBo Aliare, dopo la fò tenne Traslazione della Cattedra di Santo Stefana
Papa e Martire , feguita f anno 1 700. fu fatto di porfido % e d* altre ùietrc
dure, Con cornici, capitelli, e altri membri i arcbitettura di bronzo dorati^
colla direzione di Gtovambatifi^ Foggini Scultort « Architetto Fiorentina.
. z ;^o leiaKAM^BATlSTA BAJARDOV l f^j
clie in breve ebbe.« (kre molte opere pet qiieik fot pttria:; fm le qu^li;
lu un quadro delia Dea Pace» in atto di abbactere Marte furibondo. NeUft>
Chiefadi^^nt* AQfil£«.pofia una ta^oTadi lùanana d«i Martirio dìrai^uni:
Santi; e altee an^qn . t^ fecero vedere ifuoi pennelli ..che |ier ::breviftàr
lafcìiyoo di racepAtarci; portando il nofiro difirorfo ih quella vece a- dire di
una virtù, che fu in eflb in eminente grado- Quefta fu la modefiia e il bado
fOf^ttp{di'fe (kflb, i|9«K.tà ben nra firai dòisati di (IriotttrnarfQ latenib .
A .cagiona di quatta dunque non mai s'invaia per queile lòdi, che meritai^
mente fi davano da ogouno allafua virtù : e ocborfe una yokatcbe avendoì
egli mandata, unii f uà op^a a perfona i fier cui 1^ «vea condotta » fu . ella io*
av^edu^ameose imbr^fiam, in cerca parte e onde fut duopp ai padtone il m
mandarla %lla fianca .d(?L pittore » acoiocbhè ^imediMire a jEaldirordino;'nax
petchf collii cb<f iacjwpcp; n9n diede rkgione! del 'perchè' fofle ftatò ih
quadro: rimandaco cosi^ malconcio» Qàiptìfi a crpd^re il pittore» che non
eflerido piaciuto al padrona t egli avefle ciò fatto ti^r puro dif pregio dei>
l'opera ftefla e di lui; ma invece di fdegnàrfi , b di fare dimoltrazioni di
alterigia » fi diede a q^terAÌnfiemeii( denaro del prezzo riqevui;one : e già
penfava di reftituirlo ; quando egli venne in cognizione non efler cosi
pafTata la bifogna, come la poca fiima, eh* e* faceva di ie medefimo giiave«
YfL ^<^ ijj^qaginare . Mottp^pili e. ipqft))> aiterebbe operato il giovane p1t«
%otf^.^ (e giprte invidfofa, nel più >eÙo di fiia età e dell' operajr ino»
^on r av^ tolto al moo^ : e ciò fu nella crudele peftilenaa dell'ani
CI ÒtM AiM S ATI S T A B A J A^R D O operò molto in Genova pec
pubbUi;ici^;pr]intì' (VQflhi» Fra. le cofe fue più principali feeet vedere nel
CJÌ^oftxo'di.Sanjt';^oftino^ più iftorie aifrefeo./Nella Cbiefii del Geaù di
drmftrolq ^^ Mmm laifoifitta della Cappella delle Relteuie< e nella
Chiefad; Santa Ch^^ra |aiavpii:del maggiore Altare, ove e la> figura di
cita ]Sahta:eCrifto Signor. noftro. Pe' Padri Miniftrì degl'Infermi feccia
tavola del R^UrQvanieiiro della Croce Te a* padri Gefùitif nella tavola
^el maggiore A'^^i^^ di loro Chie(a»/dipinre San Girolamo e San Francefco
Saverio. N9ir:Orat9r)o cj^' Di(ciplina.ti 4i Santb Stefano foron pofte due
(uè gran tavole, una dellarfepplcura derSan(o Protomardre , «duna di un
miracolo dei medefimfl 7 :]^ra^qyeflp artefice in età aiTai immatura, quan«
do Xopravyenendo in quella ciciàlaeontagiolà influenza nel 1657- toccò
a efió pure, ciocché a moki altri di (uà profefiione addivenne» dico il ve«
defe il fine de' proprj gioi'ni .
GÌ O VA M B AT I S T A MAINERÒ , Pittore dì ritratti dal vivo e dal
epa vircùf
jramtnentovata o^or«
gÌQvenile età • fece punto
' GIOVÀMPàOLQ ODERICQ, , nobile QWyere>apDreflb a Do-
ménico .FialeÙa s'era portato a oper^ra.ìn pHcura.c99Vl94fiT<n«>«iXt«, «ho
-. f(..f ,a ' LI 3 ^ inbrevo
5^^ Di&itìLr.ilSfM^t}£^Sììc:P:4ài't^l^i6so.
ìtìbnyt fa^dopenta moltCFr Af 9àdd etile Settòte^Ple<eée U Uidk p^
ii«tggiot« Ak)irei;di loro Ghitfìi^ iit cui rtpprefttncò 1* Angéto Cùfii^
cbn piìi Àogèii : mòbia operò j^ér dtftrfi ^ncittiomihi A Cut oatrn j Dt«
ttÀ'a iacAcntti» tiafcà ;a(foi Jòdrvok < « - ficMloMnf tt^ln fMfcft età i ii^
tieiiipojoneiiooocafiom» cbeéitceditriaàiadifepft^c^rnnriò i'fiioi^rfri»
.A Silvestro chissà è chwambatista uóvtrii èfot
pktori di rkcacti, ficchine aikom t OR AZIO dtf VOLT RI tonittilk^
le «ccorev ^(ipb àirer daco &e9^ ^ '^ «lento 4ti patria^ ocoocfe pere fo
fteu'o infortunù»». «Ive «detto abbianoder ftipcaiuìècmiìatU -onde gran di»-
uox ^oatida non tifid per tltM rie yesme «Uai oiédefittA » come^nfi {Hi^
asMUgmare V pér«it«r ella In poi^ oefi per^oti^ttoòiihìi , i» «i^ H pefemno*^
nàrfi Jn beiicfczio ^ ^i neilftwi^ i»roM ^era«i céftvA ttk>l^ inni e gran &picA J
Colpir fon. qvefti in irerov^ rari ut moL kttìbiVt 4A\^\tua>ìlk <:ktà per jprètx
tempo^ meacre n^e frequenti occafoni» die toro fipre(em^iAòCMio^
gvre UBinini nelle bette arci , coi rimaner pr tir e de** propri cictaAm»<k lorc»
di mtteftìeriv coti inco^nodo^- fpefa» eltuiglii itiià^f^ , ricórrere a^iaaeftrl
ì
-GIO. EENBD«TrO CASTIGI^iO^lKr »i«o^rftGeridi*«
•Mariti jpttfrnil > fai i^^ faFiùitiH^ft ap^>ficfitò^-alle fettetef mà'^rerraJeÀdo
iaeflb^tl g*ritór dle^é;^ chkrMlehte* icoperfeìM* iffkV éenefa letà verfó 1s
ptctura». accomodata con Giovaiobfatifta raggr^ por con Gio^ Andrea db'
ferrati , incominciò a dar fegni dr gran profitto» e ben predo moltrò di
bec|e mmtdenè il mffnmore dk^ tohtii ti tàc^éi kllécA\i^^ m«
^mtai%; perfaqMl co(amolti(&meca(netààdvedé ^^
glie4f]édef éiA paitm corori^f^ii:^titntitàdi'qudd»e«ai^Ic^^^
Sanv^ Luca;, in Sin Giiiftppe,. nélia Ckiefadl hofitir 9fgtó)radi*ta^1(^^
MUaCafa de'Dffeiplinatiti ;. r itvàfire€hilafe eltic^^ E perchft
lu agii di fpiriTi vivaci^ rilbluw e inétigabilev* rMm meno , che di animo
cwiolb di fisder te opere de'^raficft ma^Oti , fi porid a' Rotila» a Venezfa,
9 Naf>oli> a Parmar tr Modana e altrove^ e ptv t^rto bfciò onorate me-
inorile di {bofw^va perifielfor ìnrogm ibrcadi pkturer onde non poca fK«<
ila riporcò^da f fprandi . C^dkr por, in* ch^ i\r qtieffo aftefiét UMlto fingo-
b#e, è dQ[ trovarftgll pochi: parr, fu il coittrire al vftFO o^iquafeti dt ani-
fiMtj» i qiRrii coifdufi^ con ineftim<ibile flTaneheeiiaf tantochEe non Ttii per
€&ti dìrt r a fua tempo > Iftincipe grtiide i clie di A fatte fue opere non
volefle far ricco Tuo Palazzo o Galleria. Uno Veramente maravi^hoCò Tee-
dine io medefimo l^^anna i6f4. fatto per la groriofa memori^ (U, Carlo L
iHlc^di^Mantòvar cke^fabekiiogor Aell'antitamefa deHa Sefeniil^ifefMla
Oatad'^AUflrm » di 4ut Conforte; da hi mtdefitna a me fatto YtSctt ^ Fé
picMrt ad effii piià caire. Ebbe il Cdt^tione gran va^èna dt ft&tfme ia
efla città di Mantova a' fervigi df queU^Attezzà^ e quivi' fra'' ben i^ trat*
tamenti del medefimor volle» che foflero per ordinario i Cupi ripofi^ in-
ctorrolti peràfovente da varie fldflionf . che affai frequèntemente il nralfrat-
Cavaat » feaiai pere che «gli in tempo tli t»lt accidenti (tanta era fa pratica
^ e francbeas^a»
.e c^ v: ; AMERIO CASTELLO^ ' 5:3^
#fri|lB>Mrt> jciitt 9f%àm» m\ Wfégitof dbl yiHWfWd) ftcdRr «tiéenl
iwll* •pcstr fao Alcuào (fionooio «bbaksat . Compì fin^mence il- buMior «ri*
l«loe il a0rfo:<kl ivn YÌvttpB, c«o frani di vero OfftìMio , in cfls eìtci-^
Hamtakitéofrc i^caiòtim figiiuDla emaoiMo Francefeo» di« «ppf eflb ttto
ftiflbCMcérjànefejiU'tfismlfar pitcor», fi^ssAde Iti ohMìmp» <fe( ]»Béfer:
cuMbikfésnoonipAr. anos Solfacore» diftiMll'^iftcffii «ice ,» t fe^uelé dei*
fa ^nóisrtt. momufcfi efefcotwi.
ANTON MARIA. VASSALLO, dopo poclif itirti « 4[{mlÌerÉ!<yrfé
•Uerlettose in tenera età, fi. applicò atdifegno, fétte k fcorm dr Vincedzó
Idalò pittore Fiammingo, che allora operava in Genova: e fi acquiftòiif
grazìofii maniera, fimtle in tutto e pertutto a quella del maeftro fuo^ Sifel
^jèactt Quadrupedi» Émcte, .^ni* paelr, >e nd'fiir tUhvtì «1 naturala fa
aMi lodato t. onde mdti pùbb)i<tì:e pcfvacikfogMdi<«enóv»iedeHoSiatò^
seftaronB adomi di file iMtCttre.
•^ j
VALERIO CASTELLO, figUiMkrdi BefìlérdtfCisiM» flflfli rìno-^
meo pìtùotc » ficee in «jfwfti tempi rìofcitt di bvu)neécìefkt-.[ Qj^i. ilfimafo/
fówo ad caro pad» m puerile età, toa non già ^Na ttsiii^ tMìmxkantì^
alle noftre arci $ col folo fiudiare i difegni di luti molto àvatiA fi pdrtòr ni
ai fatta qualità. Diedefi poi allo iladio del r opere di Pierino del Yftga » che
fi veggono e Fcflblo , Villa del Principe Dona : e finalmente fincconctò con
Doihàiiccr Fi^fclUf afpnpeUo a cw apprefe il rnckkì def còlofifre m fùlla ma^
mera del Vaga; e in èrevcf sempo u conduUb té avei^ affai da operare liir
patria V tanto a olio, guanto a fre|bo. Portitofi a^Mibnò^ per ddio ài tre^
dera le^belì» jpittoce di 4|iiiilla città, fi applicò alle Audio di quelle del Pr<t«:
caceiiioC ViaggSèL potalla Tolta di BarniAi ove iatortio a quelle del Co^
jftMia a del JPafmigiano oiolto fi ctfatieò. Tornato a Gehrivaj dminf^
cele aiflt jefm qome UrtavotadelteCòncdaién^in iio(lr*Sìgnorédei Ùit^
biilo» dc^ Padri trociftì» Mimikri deg^ Infermi, colli d ile quadri^ laterali K
«no de' ovali:,. o^^d fapprefehcb la* Priletatazione del Sonore nel Tempro,
eficndb alla faa .mofte rimalo jtnperfottoi fii finito da Bernardo Carbone i
e fecevi anche la tardla di Santa Rolalea . Dtpinfe anche a freico nel fof*
fìctodal Cofo JMnooponaaidne diefla^ Veirptne. «Nel (effirto pure del Co^
n»ddlb Moiiaólk» di Santa Matta cokffl4'Annumiattone di Maria fempre
Vergine. Più fue tavole furon pofte nelle Chiefe delle Monache di SaK'
Franceico, e di Santa Sabina* Per Francefco Maria Balbi dipinfe una Gal*
Jeriae 'JXóifflÉtadèllaptiiaa fak .di fào '^PélaKio: alla qual piittura^aggiunfe
Ygghémm^/càn Cnai belli canati dì protp^oVa e finti ikucchi, Andrea Se^
gheaai pitéotéiBologfieCs: oo&^ che lece pure il Segheari a dtie faiotti e ad'
altre due fténce, cke.neà Fiiaxzo medefioio dipinre poi il CaAello. Dopo
quello ^bbeXncòn Idaìia a dtpignere tm falotto di un palazzo in iftrada
Balbi , rimpetto aUa Chiefii di Sap Car]b^eiù fua pittura ornata da Gio.
ManaMarìam. Molto opcaòìnfiemo con altr^ rinómatt pittore nel Cafino»
nuoTamence fabbricato da GiovannbaciAa Nafcio fuori di città, é contiguo
iUe'potie dell'Arco : e F)iok> Brozzi , pittose Bolqgnefè» con profpettivr^
L 1 4 medaglie t
51^ DeefmVn diXdcParì. l ddS^:ViMk ^40. al 1 €$0.
neiladie^, Umetapemierie,! elatere kggkddCiiiie^iì^t^ adamipir pi»
€^r^&6flè. Ma lungo fariebbell racco]fttBtt cucoc rlopcre^ i:he tftnw;^ cdrot
quanCQ a frefcp condufiero L p^nneUi di qaefto artefice» caùtOL iti cioiàl
jqtianto fuori» avejndo avuta nel maneggiare cte' medefimi^ gsan felicioàk
ficcome anche nell' inventare,: Jpi'lidciiiia (ba opera unà.facciMi^ drcttt
intelimoc^uarco di
(uaetàjvl^eftarono alcuni fuoì dJfce|>oU: e tali furono Gió< FkóIaOer--
vetto^ Stefano Magnafco» Bartolommeo Bifcaino* e Giovambatifta Me*
^ano> ••....• r' •
; VGlUtlO BEiNSQ dalla PicTe di Teoo, difcepoio di GiovamlMEtifla Pac»
fi f finì anch*e(Ia intorno a ^liefti tempi t fuoì giórni in Genova ^ ' Quefti
vendo fatti grandi ftudj in difegno e in architectora» fa adoperato mai*
€0 in fua patria: e fra le pitture che veggonG in e0a di fua mano fono la
tavola del CrociMo» con più Samti» nella Chiefa di Santa Fede, e Quella
di S^an Domenico di Soriano . Il Battefimo .di Santo Agoftino nella dagre*
0ia delU Chtefa dello ftcflb Santo» e la foffitta a frefco è pure di mano di
Giulio.' Peci Difciplifi^nti di Santo Antonio fece un gran quadro» ove
iivun bel paefe rappre(encò il Santo con più figure d' Angeli . In Savona
^ho' pure. -opere difuo peimcUo» e nella Pieve diTeco fuapatrta. Clùa*
inato laFraiicia, fece4>el S^ore del luogo di Cagna;» nel Eilazao éi lui,
i|i. frefco» tiiùe; le jH%^^ di una iala . Manda più^e opere in Aleòiagna t
eipoi in patria. per la cafa JuromelUna dipìnfe a fr^dconella Nunziata del
Guafiatq7afoditci|:^ una grande iftori nel Coro dietro al maggiore Altare.
Vìa Salica «$^fì^0fiii#f.f$ofr;V(KlcreifuQÌ pennelli .una; delle grandi iflorie.
latj^aii» alla quate però per morte: non diede compimento» ilcbe fece
£ol :^ovaixU>atift4 Orione, clie tutta la mutò« Fu quefto pittore moto
{iratlqo d^ maff^ie Architettoniche » e>nell' opdre. di pìuiira \miver&-
Iflimo^.^ Fece una nobile raccolta di difegoì de* più edcelleAti pittori^
e d'infirumenti adattati alia prqfpectiva» di parte de' quali egli fteflo era
flato inventore. Terminò finalmente il corfo di fua vita ranno a 66t. ali»
Piey:e di/Teco fua patria» dopo av^e» fin da gran tentjpo/ dato baudo al
4ÌP<'8nere> a cagione di fue indifpofiaioni . Rimaiè frrtìaoi ditee|K>kGio»
vambadfta Merano. : "i i
}ANl?^NrÒ ANTONIO da SE.STRI» diede
ancora in queftì temi>i buoniaggio di le. Studiò r alrtè còflui appreflb ai-
Cappuccino Genovele; e venuto in buon credito» fece in Sanu Cateti*
na» piccola chiefetta di fua pbtriat il quadro dello Spofalizto della Sanea , .
Eflendo'ppi l'-^njio itf}o« comparfo in Genova Goffredo Wals pittore^
Fiammingo j{ che fi ft^naiò in cala il Cappuccino» dóve attefe a fare i fooi
belliffimi piccoli .^^nif VQlìe Antonio iuignér con eflb tale anùcizià» che
^i fruttò, il diventargli fecondo» fé dir Aon vogliamo egualifiimo in ouelJa
pellai Ricolta j mentfe fap piamo ancora^ che incucilo gli fu anche lupe*
'-^ 1
fJERCy.JtNnRE^A TORRE. $11
rìar« > do^ a f dire fiel fiif^ér lappre&ntare ne^ foot' paefi beltiffimi havilj r
co&f cheil Wàls non face?a: e moltìffimi furono i pe^fonaggi» che vol-
lero fare acquifto dell'opere dì lui. Per quei delia caia Gemile e di Ami^
€Qt j(i certe lor viUe^ fìcee opere. bel liffime, e in gran numero. Fu coTa
QHfavigliofa il vedere con quanta fpedicezza di pennello egli conducefle
i &0Ì paefi f aggiunta aitale iicuresza di colpi» che rare volte o non aiai
fi trovbf a ritoccare alcuna cofii » che fatta avelie » Fu anche dotato d' una
si tenace fancafia, che col £blo vedere» e un tal poco oilervare in campa-»-
gna» o mónti» ò piani » o ponti» o fiumi, o malli» o altra cofa ù fatu»
cornato a cafa » quelli rapprefentava ne' Cuoi quadri, come fé dal naturale,
foflero; fiati ritratti. Fu egli però molto firavagance di umore; ónde bene
foeiSGo'lp^r Jeggieriflimi traftuUi di cicalare, e talora di fonare certi fuoi:
vrwoencit lafciava per gntn tempo del giorno di elerckare fuo talento ia
pittura, e, ipendendo i preziofi acquiftidi fua virtù cosi prodigamentet
chealM fua fporte, che in età di cinquantacinque anni nel td68. lo colfe»
d: uno afl'ai moderato, anzi fcarfo capitale lafciò provvidi 1 propr) fìgliuo*
lì : aggiunto maflisike i' avere egli a cagione dell* eflerfi per più anni dato
Iji preda ad una tetra malinconia» dato bando al dipignere e al converfara»
»
PIE RO ANDREA TORRE Scultore » che fa] difcepolo di}.Gio«
più Crpcifilfi» graodi e piccoli, in legno, e talora in avorio. Fatta lega
con Giovambatifta Santa Croce > detto Pitto» conduSe varj ornamenti per
la R^le Galera di Spagna ». e pel I>Qge di Genova:. Operò nella Tribuna
nella Chiefa del Gesù » e altre cofe- fece fino all' anno i(S<58. nel quale £e«
ce punto al. fuo vivere.
DOMENICO FI ASELLA DA SARZANA» nato nel. i
fin dair età di fette anni fu dal padre » che valorofiffimo era nell'arte del-
l'argentiere» e ben pratico in difegno, applicato a tale faculcà, e fino dal
quel tempo inpomjnciò.a dare.aperti fegni dalla futura fua ottima riufci^
ta ronde non fu gran fatiro, che egli potefle molto approfittarli» nello
fiiidiare chee'fecefopraja bellifiima tavola di Andrea- del Sarto, che in.
fua patria ne^la Chiefa di San Domenico fi conferva • Quindi è, che inva*-
ghito di più larghi ftudj » fotto.la protezione del VefcovoGiovambatiftaSaU
vago» fu mandato a Genova» dov:e prima appreifo di Aurelio Lomi Pifano
pittore, e poi di Giovambatifta P^ggi fi trattenne, finché a Roma fi ponoi^
dove ricevuto e onprevolmente fpe&tq dal Duca Conti» molto ftudiò. dai#
l'opere degli antichi e mpderni maeftri, noii lafciando frattanto di fre«
quentare le più rinomate Accademie di quella città, &nichè gli venne fac-
to il dar fine ad. una fua tavola della Natività del Signore» che eCpoftada
lui in occai^one di certa fetta nella, Chielà della Scala, ne guadagnò gli ap«
Slaufi, non pure di ogni gente^concoifa a quel luogo» ma eziandio dello
efifo Guido R«ni* $ Ai&Ìuda indi iaipol» q,ua)i per eccdlenasa t chiamato
" . il pittore
5;a Dcccm.V.MaEiMJÌMSu.ì(iMiS^^^
il pittore Genovefe » li Oirtliem GioGipptt A Aipiii» r é H > fMBgntiM,
Mìcomìnciarono a valerft dIUti in opere di gran omioo: ed i Genòluomini
fuoi paefaiìigtiordinaroaopìù quadri tCha poi OKiidaei a Genova gli ftccro
oon poco onore. Al Pontefke PmIo V. ùl ppafoncatO' un fiio quadro, o^
era dipinta una Vergine nei vi^gio àCEvtMoi e molte atere opere &ce n^
diaci anni» che ivi fi. trattenne* fianiM'e raKando /Tovnatofisiìe eUa ptcrie
io età di vent' otcoanm» eUie a dipignere per 'più mafia irefeo nel 9mw»2i9
ài Jacopo Lomellini . Per A|alMto Contar ione colui i^ <|dadn 9 dieo une
Venere » in atto di piangere il fuo Adone : e Volcaiio, irvattodi offervaf*
MerceriOf che colla rete coglie il Dio Marta ter grembo a Venere. Co»*'
éufie tavole per le Chiefe di Sanm Marra ,■ di Sante AgoAne r d» Santa Me^^^
rie Maddalena t di San Siflo,. di San Fcancefto 1 e pé" Paéri del«;MeM0
fiece l'ìfloria dell' Aiiimzionc dì Mesa fempce Vergine . Ber ìé Ri? itaa di
Genova» per Mafia di Carrara» per Miratola, per Mefitria^ pei? Napoli»
Eerlfpagna, eper altre città iprovincie» e luofbi molte cofe ^ee. Oper^
ene in ritratti » in die fìi adoperato da Princìpi e grafn Signori : eniiaU
mente circa all'annodi nofire faiote 166^. dopo avere qiialche tem]^ emn«
ci perduta la luce degli occh> » àifolito da acute AiUke, dMe cempimeiito»
con fegni di ottimo Criftiano» a quefta mortai vita, il giorno de' 19. di
Ottobre . Furon difcepoli di qoefto artefirce David Cortei Agliuoio di Ce*
fare Luca Saltarello» E rancefco Merano» Gio. Paolo Oderìco , e Fraticefcò
Capuro • Ebbero anche da effb i princìpi dètr arte , Bernardo Bernardi »
Giovambatifta Cafoni» Francdco figliuolo di OrarJo Gentitelchi » Gio.'
Vincenzio Zerbi , Gio« Stefano Verdura »tGfovacxlbatifta Fiiifeiki' fbo nr»
potè» Lazzaro ViUanuova» Carle &e£sMìo » Do» Angiola Veronica Airòle
Caaonichefla Regolare in San Bertotoianeo deli' OtiveUa » ehe pef to fue»
Monaftero molte cofe degne di lode fece in plttiirar fra le quali una tavo«
la di San Giovambaùfta » che fu pofta nella Chiefa del Gesù«Ma«ia èéffé^
dri di San Francefco di Paola: e finalmente Giufeppe Porta» con altri
molti .
GIO. A N D R E A de' F E R R A R I » riguardevole ftfm^iglfa » avendo
ftudiata V arte apprellb Berivardo Cafteiii» e poi fotte Bernardo Strozzi^
detto il Cappuccino Genove^» non evea ancora fiitca partenza dalia ita a*
za della fcuola del medefimo, die eflèndo venuto in concetto^ di huon
pittore», incotnincib ad eflere adoperato in fea patria r e iiì opere aìono*
revcif» tantoché gli con venne ritirarli da per fé» e da indi in pm poche
rimafeio qqelle chiefe» ove alcuna coii non fi vedefiè di fìia niaho. Due
tavole hanno i Padri deUa Compagnia di Gesù» i Frati Domenicani la
tavola di Saiit' Antonino àa Firenze» una dal Tranfiro di San Giufeppe »
e una finalnvence della ^Natività del Signore. Fir Id Mofiache di Santa
Chiara di Carignano fece il quadra detr Affunzione di Maria Vergine.
Be' Padti di Santa Maria delia Pace dipinfe la tavola dì Sant* Antonio de
Padova^: e per altre Chieie e Conventi conduiTe tant* opere nel corfo di
fettanta e più anni ; che gli ebbe di vite, che fu cofa non ordinaria.
Fu pittore umverfalifiimi>» e nel ^ipignere paefi ebbe particola^ gufto»
ficcome
^9éomàot^ ftrtft ifli «fiMfli** 4i ifrimit ; ónde ntem^igUt itoti fiì » che
èillt faa fcueki ìif«flb il tanno otlebre Gio. Senofdecto Caftiglione , di
cui aUr^ve tbbiaino ptriaM . Cbbt in forte di eflcre dell* opere fae ter-
gamente remunerato ; mt ci6 tMti dAanct tale fa T inclemensa del male
della podagra e chiragra» che quafi per tutto il tempo di fua vita Io ten«
ne impacciato, che non potè fare quei guadagni» che gli averebbe frut*"^
fMe 4a propria virrà i- nonoflantechè a dtfpetto del male egli maifem**
pre operaflfe; e finalmente aggravatoli forte in quel male, era giunto a fé-
gtbo di tale inabilità, che dopo avere» per mantenerfi in vita» confubatà
ifuanco aveva » gh fu forza ritinrfi nello Spedale degl* Incurabili » dove
nella cariti di quei Miniftri » per amore di fua gran virtù » trovò e patria
e cafa e parenti ed ogni più dtfiderabile oeoMdiftà» non pure in ciò» che
alla cultura dello fpirìro» ma eziandio alle corporali bifogne apparteneva;
lolito di eflere.in quel luogo vifita^o dagli amici dell' arte » e da ogni al«
tro filo conolbente amatore dell'ottime difcipline * Qipivi linalmeiue Van«
no i66^. terminò il corfo de* giorni fuoi. Studiarono appreflb il Ferrari,
ekoe al CaaìgUon^» Valerio Caftelle » Gio. Mark Olia» Raffaellino Bo-
talfo, GìevMUiftCifta Tanara, Bernardo Carbone » Giovambatifta Merano»
GibvMrtmiAa Sanca Croce', Ambn>gio Samengo » Sebaftiano Cerveresi;
od'ilcri, che 4ungo fiuebbe il raccontare*
■ . ' ■•
FkAKCESfCO CAFUROt 4i(£epo)o del FtaféHa» dopo gli a)utt avuti
4«1 «meftro fi portò a Robm » dove ftudiò le opere degli eccellenti pittori .-
TocMto a Genova fi applicò allo ftudto deH' opere dello Spagnoléctó^
Aie4ia di cui nMffvieaa tflài h compiacqfie . Dipìnfe per quel Duca cofé «fibi
foddvoU* Rimpatriato poi» fece per pubblici e privafCi luogfìi molte tavole»
le» lei] Udii fu la tavola di Santa Rota in San Domenico» eqtrelia di San
Btrtiardino con altri Saliti, nella Chiefa Nuova: elitre molte fé ne v^^
gMM di fua afflanti per quella Riviera .
STEFANO MAGNA SCO» difcepolo di Valerio Cafiello. diedi
(aggio di buona abilità in molte avole, fatte in Genova fua patria» dico
ili 'quella di Santo Ugo» ove è rapprefentato il miracolo del Santo nel fiiro
ibaturife T acqua : in 4|uelia dello Spedale maggiore » ove è il Tranfito di
Sa«i Gioiepp« : ed in altra nell'Oratorio del Rofario» ed in altrie. Avven^
iMgU finalmente Teflere aflalito da grave malore, che dopo avere coitfu^
naio il di lui corpo a gran fegno, conduflèlo air critima ora ; nel i|ual tem«
pò, avendo gii ricevuti ratti iSagramenti di Cbiela Santa» chieda co(|
grande infta»za all'afflitta conforcc l' Immagine di Gesù Crocìfiiro» for«
lemfente abbcacciatala, in finiti col loqu) fpirò«
Giovan^tiila Paggi ; merita anch* eiTo , che fi faccia di lui alcuna menzìo*
ne", snccNtHtiiè^on'foflè fuci aflilnto lo f^acciarfi per pittore; impercioc^
che egli in for7.a di ottimo guflo dìfegnò molto acconciamente; e nel le*
vare di pianta ebbe non ordinario talento . Colori paefi » lavorò di cere
colorate»
540 lìeceim.F. MnPiafl. IdtlStCV.^l 1 6\». tliS$o.
coIorMce crifialli per jicthiili di vidiu alftauM vXh. Ditafi tiiiiflii-
dip delle Leggi, fu infua pur» molco idopento in prerni e manegé di
ogm importanza, Fiiulmeiite nel luogo di .MoncobbiOf dove per pid>bUci
«S'ari ere ftito mandato nel 1671. finii (mi g>«roi..
GIO FRANC ROMANELLI
PITTORE VITERBÉSE
Diftepoh di Pietro da Cortona ^ nato 1^17.. -^^ tóSu
< BBE Gio. Frtncefco Romanelli i fuoi natali ndla cirà di
9 Viterbo a* 14. di Maggio 1617. di fisrcolammeo RomaaeW
I li> e di Laura de Angelis , V una £ V altra onoratifiine £^-
K roiglie dì quelli città. FurttnR i primi anni del fanciullo*
^ appena comptuu V ii^nzia» accompagnaci da un si Citto
f genio al dX<^Do, che fu forza tt i genìtorì 1' appUc*ri4 &
on tal profìtcoi che nel decimo anno dì Tua «ti* poterono
nfolverfl di mandsrlo a Roma: dove fpcco la cura di Gafparo de Angelis
loro parente» poteano fperare fuo intero avanzameiuo i na vano ne aii^dl
lordifegno; concìofoueco&$:het mancato per morte dopo ere o.quaur<>
anni il parente» fu neceflitato il fanciulUi a tornarfene a Viterbo, (^ivi
con gran fervore volle l'eguicare non pure il gii incominciato e ben pro-
fèguito Audio della pittura, ma eziandio vplle darli a qu«llo delle le{tef:o
appreflb i Padri della Compagnia di Gesù, a' quali poco ^rvantì aveva da-
to luogo quella città . Non andò molto, che volendo il ma^ftro fuo far
dipignerc un quadro per 1* Altare della Congregazione degli Scolari , ad
elK> dtedene la cura; Kon aveva egli ancora compiuto ilDuattordicefimo
annodi Itcì età, quando accintoli all' opera collo Audio del naturale, la
condufle in modo, che non Iblo a quei Padri, mi a' profeflbri ancora die-
de non poco guAo. Dipinfa egli in efTo il miftero della VìGtazione della
Bea cillìma, Vergi ne notlra Signora a Sanca Elirabecca: e fi dice , che per la
f^raziofa maniera, e diligenza uiàca dal gtovanetto, redi lino al prefente ta-
e fattura in molto pregio appreflb di ognuno . Ctefceva in eflo il delide-
rio di piùfaperej cne però non oflante V ^Szi mediocre fortuna* in che
Ritrovava lafua cafa in quel tempo, ottennedal padre di ritornare aRoma,
dovo gli s'aperfe il tanto bramata campp di flndiace lejop^e.de' gran mac-
Ari col rifparmiare, eh' e' fece al proprio fe^fo, an?ì;a.;l)e i^^etTarie cofoo*
dita, e a i dovuti ripofì, mentre contento. di una iQfjlfa TofiEZJonf^ portsca.
da lui in t afe;! al luogode'fuoiftudj. fela panaxafina^ltlBlJBra:.e p^chè-nc
meno poteano talora li Icatfi provvedimenti del padre. ^i,ugnere a tanto.
erafoc-
^ \ GK), FRANCESCO TtQMANELLL 541
cn forzato a venderle i propr} diiegni g per f^ror vedere e c^ùanto gli manct-
yz per la pura e fola confervazione della vita. Volte hnaloience la fut
buòna forte, o per meglio direi la Divina Provvidenza, che un gìornot
.in tempo appunto, che al povero giovane era giunta nuovx della mortt
dell' uno e dell'altro de'fuoi genitori ^ mentre egli fi tratteneva difegnan«»
do in una fianza del Vaticano» lo vedelTe un nipote del Cardinale Maga«»
lotti, che fi tratteneva allora» come fuo parente, appreflb al fuo nuovo
Pontefice Urbano Vili. Quefti forte invaghito, della virtù, modeftia»e ci-
vilifiimo tratto del giovane ; e fentita V incomodità del fuo vivere e ftu^
diare, volle aggiugnere alle molte lodi» date allora a* fuoi difegni» anche
uno affai onorevole fovvenimento di danaro • Ma non fi fermò qui la caritè
del Cavaliere, perchè volle anche farlo conofcere al Cardinale fuo zio»
che fubito la propria protezione gli ofiTerfe ; e da 1) in poi osò £irlo be^
ne fpefib difegnare cofe di proprio gufto : e talora anche dipignere pet
proprio fcrvizio e d* amici « Avendo poi tenuto difcorfo di lui col Cardia-
naie Francefco Barberini» fece sì, che egli Volefle averlo a fé con alcune
delle fue opere e difegni ; e fenza più , afiegnoglì nei proprio Palazzo vit^
Co e abitazione, tale quale fidavaa'fuoi Gentiluomini ,fi:nz' altro voler ri^^
fcuotere dai giovane % che V afiidua attenzione a farfi un uomo grande nel»
l'arte della pittura: e tal grazia gli mantenne pòi quei Porporato finch'ei
vifie. In oltre lo pofe nella fcuola di Pietro da Cortona, al quale pocci
avanti fiera accodato un altro giovanetto, chiamato Raffaellino Bottelli^
che pure prometteva di fé non mediocre riufcita; onde fra quefti due» che
furono i primi giovani , che tenefle in fua ftanza il Cortona» e che fempre
amici converfavano infieme» entrò una virtuofa competenza, che allora
folamente ebbe fine» quando dopo alcun tempo» contra T afpettazione
di ognuno» fuccedè ilcafo della morte del povero Raffaellino» che molto
doUe al Romanelli: a cui fu di tanta premura il refleflo a i benigni trac*
camenti del Cardinale Barberino» che forte accefo di fargli il meritato
onore» tanto fi profondò poi ne' fuoi ftudj» che ne cadde infermo di feb«
bre, la (}uale facendofi ogni di più importuna e più &rma, già fiera con^
vercita in etica. E certo,» che farebbe il giovane, che a poco a pocos'an*
dava confumando, reftato ancora efib preda della morte» fé la clemenza
del Cardinale , dopo ogni forte di efperimentOf fatto fare da' primi medici
di Roma per lo fcampo di lui » non lo aveflè inviato a Napoli con calo^
tofe raccomandazioni appreflb al Cardinale Filomarino» che allora vi fo«
fteneva le parti di Nunzio Apoftolico. Né è poifibile a raccontare, quali
foflero le carezze ricevute dal giovanetto infermo in cafa quel Prelato pet
più mefi, finché tornato alla prima falute » fé ne venne a Roma > folito poi
a dire di aver trovato in effo un nuovo e amantifiimo padre • Aveva in«
tanto il Cardinal Barberino quafi terminata la fabbrica del fuo gran Palazzo
alle quattro Fontane: e data cpmmifiione al Cortona di dipignere la dipoi
tanto celebrata volta della gran fala: e già avevane il pittore fatti gli fiu**
dì e i cartoni » e anche aveva dato principio al lavoro; quando per affi»
curare al fuo pennello ogni migUorerìulcita in opera si vafta, u rifolvt
di portarfi a Firenze i e poi viaggiare per Lombardia » per vedere le pitturtf
de' pili
54^ Didtm, V. M» f4rh l dèìSéà P^i ial i ^40. ai 1 6s<y.
de'pih rinomiti niaeftri! ed è em»i dtté égli tréppè itBdàtò !h Tdlli fih»
deità de' due dilbepòIU dicd del K^klitieUb e di RaiEiellinó, Puha è Vii-
tro iafciafie a tirare avanti alcohe dctfe di qwì gran Javói'o : e èhé rìihUiik^
do poi mojto a far ritorno a RdtHft ^ tpìtio ifilantò fitti ìaniiiitìfi j^r trop-
po^ e tròppo altresì affittirltl Mi ^fàn iéoiicdtttt di lòrtì fapèré, teht«derò
per Ogni vih e col tnes^o del Prìhieipé d! ftléllKhX , dì occupare il liidgò
di Pietro in quella nobile faceertdi ; fìdtt afiérìèndòfi frattanto né ptomò
né poco di ptlefiire éì fatti fóto (6nt1ai«n(Ì t pilitfcAé} khchk còllii pm Vilt
marniagiiai che rérViva lord di ttÀriòVale , te còh intelai Ht gtnié ètletitìiià
non puire^ che in aiiel lubgo fi porèaVa »àldi^ per tdéfiò di vèdéiré la bibita
ftbbri<à e l'opera dbi faloné gli principiitts ^ qtlkh'dó tih«klfh\entb ft|til i) ri^
tomo dfel Cortona, che avendo aVùto hotikfa di ttìttd, lenza fì^ticiinettètt
indugiò; l'uno e l'altro de' gióvani fi tolfè dattdrhd. E dà lì iù 'pbl. tan-
to Raffaelliho, che il Romanelli , ibbandòtfahdó in pàite la ménièrà adi
immaginato
BernìhOf che in quel tempo , f ccoiìie pòi fempte fi trbVava ih iftató ^\^t^n
favore appreflb al Pomenee Urbano; e fra di cui e^l Còtcoiia èra ìblito
{)afIftrepoco bvoila corri fpondenza, trovò in eflb ogni buona difpoiizìone»
f)er adcreditàrio femprepiù per Roma» e colla perfonà del Papà. Comin*
ciò pertanto ilBeriiino a dite tali cofe dét- Romanelli» the alia è^fiìiie né
fpiccò per eflb una chiamata a Palàziio» neMa quale fécféèglì A t&ttaiiientà
camp^giàre il proprio fpiritoi e avvenente t Hj^efto gràziofò, &U ^lizii
re' più bei precìetti neir arte fìtt, che al Cardinale Barberino furón dad
otdini per l'impiego di fui n%lla prima óccafióne.che fi pteféntàfft ; è c^lie^
ilo incominciò a (ortire fuo effetto» quando volendo il CàrBimAé iregatate
Giacomo d'Inghilterra Duca di Jórch^ fratello delio allóra ire^ifahte Re ;
e lo Re ifteflb ; ordinò a Gio. Francefeo due quadri di grandezza tanto
eccedènte » che fu neceiTariò aflègnire - al bittore due ^grandi ^zntt deitt
Canceilexla, abitazione allibra del Ckrdinile» come Datàrio» le quali pòi
il Romanelli, finché viiTe» non mai làfctò. tn uno de' quali rapprefentò
il Contrito degli Dei: e nell'altro un Bàccai^le » ^i nobile e curiótt mVen*
sione'» con gVan numero di figtftè. Quefti quadri^ la cui lundfezza gta«
gnevaa trenta palmi, con quindici in altezza; poi a tdgiòhi délfe grtfndi
perfecQzioniiche tornarono a pullulare in quel tempo in Inghilterra, con-
tro la Cattolica Fede , non f ilì-ófiVo akrimenti còl% mandàVi, ma fi rim^erò
in cafa Bàr1)èrrna infieme con un bel qu&dìfo^di una Pietà» chb égli ebbe
a fare pure allora per lo Pontefice Orbano, {blamente pel tliietfò»che fi era
prefo delle due beli' opere» che dette abbicamo. Non ancfò mólto però»
che lo fieflb Cardinale Barberino , Volendo tuttavia per zèlo catróKco fo-
mentare benevolenza verlb di fé appreflo a qftella Maeftà, fecfe fare attre
opere al Romanelli, le quali dì tempo in tèmpo le andava tnandando colà»
e '1 ritorno dc'portaori veniva fempre accompagnato con arredati sì nobili »
0 con ai fatti ringraziamenti, che ben facevanconofcere quanto e fi dono
fieflo^ e la aanlen^dei pittore giugnevano cari e griditi : ciocché piti
chiaramente
^hiuiq^pEi. Ccf^B f o^qr«er« U ii|a{kX9 1 ^che da. ^ud Re furo» fatte al G«r«<
dicale. 4^ii ayexe. Quel fi^^i^fo. i* groprj fervìgi; fé non c{ie var) tioiorì»
Qcca<»
aver-
qàcciaré gloria a fé fteflp,*^ c|iè il gofleflo delù grazia 'dei Bap^ > cl)|e ei ben
'^ijieva eiier4 già a gVàn fegno guadagnaci . ' Volle poi lo fteffo Pepa » dio
JriQ. ^rancefqo dipigoefle |e danze coiitigue alla (ala Clementina nel Va«
ncanot ^eìje qu^ìi u porto sì bene ^ che venuto già \a cofìjoetto ancho
m^pjii intendenti» di ottimo pittore it taeevftno % gara i giovani ((udiofi
dell'arce^ per chi avefle potato aver luogo nella fua ft^ns^t ; onde gli fu duo*
DO ^Pii^irè UYv' ÀC9^4emia » dovè pqi gra^ nymero ne conporfe • EcercQ, chef
¥^ ^W0a fcuola farebbero ufciti aliai (uggetti 4t primo grido » ciocché poi
non leguì» ie egli nel breve giro degli annùebe preferine il cieb al vivere
l^uo, fotte fiato Tempre fermo in komaj e non gli foile convenuto il poc«
tifi! be^e fi>eflQ a Viterbo» ed il fsire, cqme fece» due Viaggi in Francia #
Qveplìianfìi gli vennero confi^tnati in molte occupazioni dell'erte fua;.
, [ Seguitando ora il filo dell- il^ort^» dirò» cqnie egli in qoefti tempi ebbft
a diplgnere a frefcp pel Dupa Lanti U volta di una gran fala del fuo Palaa^
zo verio la Sapienza» con i(ÌorÌe de'fjficti degli antichi Romani; ciiufcìf
guaita una delle più belle opere» che egli aveiTe £itte fino a quel temno»
e per la gran aopia delle figure» per le belle azipni delle mèdefime» e lo^
xo ah};>i^liamenti» e per le poetiche invenzioni! eoli aggiunta de*. vaghi*
ornà]^r\tidi chiarifcuri » di fiucchi» e dorature» cofe tutte » che fanno una^
dxc^to {y>mpofa moftra ; opde maraviglia non fu» che ingegìiofo poea^ fo«
grÀ tjale op^ra fi afiaticafle in comporre un ben lungo poema» che fi dice'
fqiTe anche dato allo pubbliche ftampe. N(hì aveva egli ancora data fine
a queir ppexa , gvando in tempo di Carnevale volle portarti a Viterbo :
écomeccW era egli di genio allegro econverfevole» e molto tncKnato
ili' amóre; ne* trattenimenti j eh^ fuole offerire quel tempo» dico digiuo**
c^ Vài danze» gii venne fattp.d* inYaghiirfi di nobile fanciulla » per no-
ni^ ^Hrice » di cafi^ Signorini . Applaudi il Cardinale Barberino agli one«.
^df fi^^t] del giovane » che furono w dPmandarla per moglie» e colla pro*^
t^zione dello flefib Cardinale leftò effettuato il matrimonio. Quindi par*
cito alia volta di Roma, mentre l' opera del Lanti fi ftava tuttavia impera*
fetta» ebbe egli a dipignere pel Duca Altemps Una (hinza nel foo Palazzo:
gip ÀppplJinare» dove a fre(co rapprefentò tavole di Venere» di Giove »^
dì Polifemo» e dell* Aurora» che riufcì opera Icdatiflima» maflimaaiente
intorno a cip» che alle belle avvertenze avutefi dal pittore nel componi-^
mento dellj^ medefime appartiene; e per eflere fiata condotta con tate de«
licate^xa » che non a fretco» ma a olio pareva colorita» e gti accrebbe tan<r
to credito» che rtcereato ogni dì il fuo pennello per nuove e grandi oc-^
cfiofii di cofe » f tt necefficaco a ehiama» da Viterbo la conforce » ove ave^
vaia la-
rahiàlciata f eltenziirfì'ìnRòMt . QtBivl per gran pesso fi trattenne ,troit-
ducendo molte pitture a olio e a frefcò per amici e perfone d'alto tflPare»
che lungo farebbe il notar qui; onde ci batterà accennarne akune poche •
Per la Santità di Urbano VIIL dipinfe una Pieri : pel Cardinale Barberi-^
no fece altre pitture : pei Cardinale Coftàguti le quattro Stagioni : pet
Loren:tof poi Marchefe Ghigi^ quattro quadri da fala della Dea Venere»
di Polifena* di UltfTe» e di Clecmàtra. Per quei di Cafa Albani ; nobtK
Pefaréfi» più quadri: per la Chieladi San Carlo de* Carenar j, il quadro def
quattro Martiri Perfiiini, Mario, Marta» Audiface, e Abacuh: pel Semina^
rio Romano I un quadro dì Maria Vergine e Gesù: e fi dice» che egli pd
Principe di Paìefirina copiaflè il belliffltno ritratto» che pofliede quelfai
cafa, dico il ritratto della Dama di Raffaello di propria mano di lui ; A?e*
va intanto il Cortona dato fine ali* infigne pittura del faione Barberino;
onde difegnando il Cardinale di far fare le tappeatzerte per ornamento del-
le muraglie laterali » ordinò al Romanelli di farne i difegni ih piccolo e Ift
grande : e l'afliftere , come fece poi» a Paolo Spagna fuo difcepolo » a oii fu
data incumbenza di colorirne i cartoni, co' quali fi fecero poi ibelliffimi
parati» che fon nòti. Contengono quefli lefacre iftorie de* più principali
Miller j della Vita» Paflione e Morte del Salvatore: concetto degno in ve-
so delia pia mente di un tanto Prelato. Ne debbo io lafciar di notare, co-
tte ad effetto» che riufcifle più plauiibile il bel lavoro» fece il Cardinale
venire appofta di Fiandra uomini grandi di tal meftiero» i quali poi anche
per più anni» dopo finita l'opera » trattenne in Roma» facendone far lo-
so altri mólti per abbellimento pure del Palazzo medefimo.^ I)ipin(e poi
il Romanelli jper lo ftelTo Cardinale alcune^ iftorie del Vecchio Teftamen*
tx>: e quelle (opra cinque tele di fondo d'oro» larghe venti palmi ^ e alte
quindici: e al Cavaliere Bernino fece colorirne un'altra: e tanto -quefla.
qua or là» fecondo che i lumi o V ombre di fua pittura
slcune fila d'oro» le quali poi andava ritoccando col pennello in moào^
che fenza perdere né punto né poco il bello del colorito pittorefco» contiti
cerco fcherzo d-ago e di pennello» ingannò Cocchio di chittiìaue levid-
de» col farle parere» non fo fé io diea di tutta tefiicura , o col lafciarè in
dubbio s'elle fodero veramente tefiute o dipinte: e fu cagione ì che il ^ìn*
cjpe Panfili» per quanto a me fn rapprefentato » altre fedici ne faceife fare
in quel modo • con iflorie di fatti di San Francefco Borgia « le quali poi do^
nò a' Padri della Compagnia della Chiefa del Gesù%- e riufcirono opera d
ouriola»che efpofte al pubblico» ebbero fòrza d^ attrarre da loro fleffe gli
Qcch) di tutcaRoma. Occorfe intanto la morte di Ui'bano Vili, e la Crea*
ztone del nuovo Pontefice Innocenzio X. 'e con quefta pare, che pofla
dtrfi la partila di Roma per Francia di tutta la Cafa Barberina , la quaìe'
3*era già bene infinuata in quella Regìa Coree j quando difcorrehdo urìgior*
no il Cardinal Francefco con Mazzarrintf delle- cole di Roma, molto difiè
della virtù del Romanelli: il che di fubito pafsò air orecchio del Re, il
quale nella proffima prima occafione» che fé gli porft d'avere &ib il* Barbe-
rino.
k
. : . mo: TkANCESco "romànèuu ns
irìno» 1^ pilesb il concetto, che in fui depofto di MazzarrSno , formate»
avdtdel noftro pittore: foggiugnendoglì efler fuo defiderìo, non pare di
conofcere on tal vilrtooro» ma eziandio di averlo per aualche tempo a'pro«
pr} fervigi : e fubito fece fcrivere a Elpidio Benedetti fuo agente in Ro«
ma» che tremila feudi fomminiftrafle al Romanelli, a folo titolo di lìpefo
pel viaggio; mentre lo ftelib Cardinal Francefco» con prelTantjflimà.let-
tera, gii ordinò il partir fobito alla volta di Parigi: cofa, che pure nello
ficÌS(^ tempo fece da parte del Re lo (teflb Cardinale Mazzarrino . Non ha
dobbio, che una così inafpettata novità diede ai pittoregrande appreniione«
In riguardo maffimedell* amore t ch^e* portava alla moglie e a i ngliucU» t
quali per approfittarfidrcodl alta chiamata , gli convenne di fubito» benché
a teitipo, aoiMindanare» per non interrompere coirindugio il corfo di fua
^rtuna nel piiibel fiore di fua età» che il numero di 3o« anni non eccedeva;
e coai aflegnati a fe fteilb alcuni pochr giorni» per torre congedo dagli amici
e parenti in Roma e in Viterbo» e anche da' Cardinali e Principi» co'qualt
aveva già contratta fervitu; fra le lagrime della conforte e de' congiunti
non meno che fra i morfi deir invidia de* profeflbri fuoi contrari » fece
partenza da Viterbo; e dopo avere fuperati nel viaggio affai pericoli» che
iuogacoik irebbe il raccontare», per lo fpazio di due mefi» dal di de'rice*
vuti ordini» fu in Parigi . Subito fi portò ad appreftare atti di gratitudine
è di ringraziamento al Cardinale e agli altri Principi di Cafa Barberina:
quindi isil Cardinal Mazzarrino» che lo condufle alia prefcnza del Re » il
3oale dopo un amorevole colloquio» non fenza dimofirazione d'amore e
i filma» volle, che egli fi portwTc dalla Maeftà della Regina Madre, che
con atti di non minore clenienza T accolfe e trattò, non pure per allora »
ina poi per tutto il tempo di fua permanenza colà: e fece tanta ftìma del-
l' opere di lui, che pare» che pofla dirfi» che il dipignere per eflà fofie
i][uafi r ordinaria "occupazione di lui; toltone il tempo» che gli fu necefla*
no impiegare per adempiere i comandi del Re» e'I condurre belle inven*
«ioni per Dame e Cavalieri favoriti di quella Corte . Non tardarono pe*
rò molto a vederli quegli effetti della premura» con che l'aveva il Re fiitto
venire a Parigi; conciofoflecofiuzhè» avendo Mazzarrino fatto fabbricare
IìxdSo al proprio Palazzo un Portico fontuofi) » che comunicava col Pa-
azzo del Re» per farfi più facile il paflaggio alle fianze di Sua Maeftà»
volle lo fieflb Re , che foflè parte del Romanelli il dipignerlo tutto a fre«
fco. Allegro il pittore dei nuovo nobiliflimo impiego fiato dato al fuo
pennello • fi portò a dame parte al Cardinal Barberino , che con vive
efprefiioni ammollo ad ufare ogni arte» per far si, che non menoappreflb
al Re» che a tutta quella nazione rimanefle ftabilito il concetto, in che lo.
tvevan pofio a principio le foe raccomandazioni. Si applicò poi il noftro
pittore a penfare a ciò , eh' ei dovea rapprefentare nelP opera : e final*
nente ele& le Metamorfofi di Ovidio: ne formò i penfieri e le invcnzio«>
ni , che approvate e lodate dal Cardinal Franceico, le fece vedere al Re^
Tiiattennelo egli bea due ore, prefente lo flefio Cardinale: e molte inte^^
vogozioni gli fece fopra a <^ni più minuto particolare de i conceputipen-
fieri : e ricevutOBe buon conto > con parole di tutto gradimento fecelo
Mm animofo
«umoTo a |K>r mann allT optef»» ofdlnaAdoicQli^r^^riA cfr^ioti. fa» % vir<f
miniftrifdirervire l'artefice» non pured' uomini di hi(K>kvi)rQ» òdi tttc-
ta il materiale necefl^riot itttt«PÌ4ndio d'aflUbnsa pffjr uctp cìPt che tilt
giornea gli foiTe aticiaco occorrendo» e per r ctf>erad8 per fé fiefib ; «vdove
per davanti erail il pittore trattenuto iiicaj^ del Cardinale Barbetino# voi*
le» che t)er maggiore comodità di lui gli foflisro date le flanze nei Regio Pa^
lazzo. Fatti i cartoni, e incooiisictatéJe pitture^ ebber princjj^o aitici
le frequenti viiita di Barberino» di Miazzarrino , e fixK> dello fteflb Re^e
della Regina^ quali' per lo piacere» cb'ei fi pcendevano in vederlo c^cr
rare» e del piacevole e fpiritofo dilcorfo bipy cratteùevaufi bene foefiboioi*
to tempo : e perchè talora egli per attO;ditiver«iifeà verfo quelle Maeftà»
diede fegno di a ftenerfi alquanto dalragioaare».edal dar fuori i Cuoirfioljti
vi vacillimi concetti » ne t« rtprefo# onde gli fu- forza da lì ionaiusi di
viàre quella ficurtà e familiarità, che in tal congiuntura ricercavati da cflo
3uei perfonaggi. E in vero» troppo miferi farebbero i Grandi» e in ciò
elle più vili perfone aflai più infelici» fé volefler fempre > e con ognano
foftenere. quel pofto di Maeftà» e ftarfi in fiil rifquotere da'minori qwi fib*
gni d' ofiequiofifiima reverenza » che debbonfi per altro » e con ragione^
allo fiata e grandezza. loro. Ma non folo i perfonaggi > che detti abbia-
mo» eia Resina» fi.portavanofoVentea vederlo operare» ma gran nume-
io eziandio di Cavalieri e Dame: frale quali una ne fu» che.al RoOtanelIi
iembrò di si rara beUezza » che ofièrvatala con grande attenzione» la ritrafle
poi al vivo per una diquefle femmine» eh' e' doveva rapprefentare neirope*
ra|: il che. rifaputoCc; dall' altre» appena una ve ne fu» che oon VQlefle per
mano di lui euer fatta v^ere in quelle pitture i e H buonoi artefice t iapen^f
do quanto podTano le parole e gii ufìzj» o buoni o rei» di donna contenta
o (degnata, di fubito foddisfaceva a. tate loro -defiderio ; e conquefto ven*
ne a guadagnare loro aifeeto per modo* che oltre al gran parlare», ch'elle
£rcevano di luo valore e garbatezza» vollero anche d^rlo.a conpfcere in
quefto» cioè : che efiendo egli (tato poi per più fieittimane obbligato al Ice-
fo« a cagione di una caduta da un palco» mentre dipigneva nella loggia «
vsollerocQn regali e con vilhe non mai intermeiTe (ciò che anche facevano i
Sovrani e i più nobili delia Corte) che ei godeiTe » £:a i .travagli del male«
giorni felici^ tantoché fu egli poi folito a dire » che nou niai » andie nel
tempo Ui fua più perfetta (alute» erafi trovato a fiat s^ qohtento» <(uanto
in quel noco» che egli in Parigi erafi trattenuto ammalato .. Tornando ora
t^ dire dell' opere delia loggia» oflervò il Romanelli, nelPoccafione di tal
pittura» che era tanto piaciuto in Parigi» un certo fuoi modo, di .colorire
delicato a forte in un tempo ileiro, che datofi tutto a quel modo, di £tre»
diverti non poco dall'antica fua maniera» tolta dal Cortona; onde, a chi
vide poi le fne pitture fatte in Italia » dopo il ritorno da Parigi • compar-
ve afiai chiaro» efferfi egli fatta una nuova tnaiiterà da fé ileflb.» a0ài diverlk
quindicimila feudi . Gli donò la Regina un' orivolò tutto giojella*
co, di gran valore; el Cardinal Mazzarrino un anello eoa nn molto pre«
zioiò
•0^^^ il, ::CJfO. FRMC3SSC0 ROMANELLI. 547
*tf bfò infante # 1 kmU , che c^li riportò à^ Oiv^lieri e Dame della Cot^
te 9 furono ancora cui In gran numero. Seguirono incanto gli aggiufta»
^^enti della càfa Barberina col Pontefice Innocenzio X. e *\ Cardinal Fran-
-Mfca ^fà aVvifato di fuo Ocnro ritorno a Roma , ottenne dalla Maeftà del
IleHPildbhaiHMf eóneflbfeco ilRò^ importunato da' Tuoi,
^f art kÌòlai^étA:e dalla oonfo^ , gii non pòtea più far refiftenza dlle con*
•tih6vé ìl'prèflHntiflime lord cliiamaté: è quantunque moftra^ il Redi a?er
ctifooftadel p^ittoAre, nofn lafcfò di compirete al Cardinale; ma primi
volle (ài pròpria mano di' lui eìTer ritratto al vivo» feguitato in ciò anche
dalla Regina: ed \ famaì che Gio« Francefco in quefti ritratti , iiccome in
altri» che égli aveva fatti in Parigi» fi portafTe lodevoliifimamente al fiio
fblIto« Seguì dunque laHùa partenza kìfieme con quei dicafa Barberina»
tna con 4 vere- egli prima avuta a fare f>h)meflli al Re di ritornarvi ad ogni
cehho di )ui% donodhè egli atefle confòlati i Cuoi » e alquanto accomò;'
dati gli' àiFari della propria cafa. Giuntò, a Bologna» la quMe già trovò
piena de P proprio- nome . ^er defrderio di vedere, ficcome vide » le (dipen-
de pitture, che in pubblico e ih privato fono in quella città; con^buoii
modo li licenziò da quei Principi i e quivi per alquanti giorni fi trattenne t
o^fofeva poi dire fovente, che quella oreve paflata per quella città era da-
ta per eno una grande (cuoia . Parti finalmente alla volta di Firenze carico
di onori e di ordini di fare opere per quei gentiluomini» a i quali fod^
disfece poi tornato in patria . Ma comechè non lungi dali* umane profpó-
riradi i tbgliono per ordinario eflère le difgrazie e i dolori ; non erali egK
rincora inolto fco(hto dalla città di Bologna i per* la vìa della tnontagna;
quando egli con uh fuo molto fedele fervitorei chiamato Ambrogio» di
cui fervivafi per macinar colori e altro fare per comodo dell* arte Tua , fu
poco male » al che anche contribuì i^on poco » refferu egli » prima
di porli in* viaggio » fpogliato del danaro e di ogni buono arnefe» con-
tento di tanto veftito» con quanto avede appena potuto coprirfi : e l'ave*
rè inviate, ^ lettere, e Scritture »> tenari, e gioje» e la nobile fuppellet^
tile acqulQàta in Francia, t:ol bagaglio del Cardinale. Siccome di non po^
co giovamento fu al padrone è al fervitofre» Paver fatto acquifto della lin^
g^a Francefb; che utata in queHo ftrano accidente» fenza mai revelare i
pfppri nomi e prefeflioni» fecergli tenere per tali % quali fi &cevanoi \o^
véri Ffancdfii che portavanfi à Roma » per quivi attendere al meftiero del
ricamare; onde furon poi da' mafnadteri fielli fciolti e ricondotti in fuUa^
pubblica via. Giunto a Firenze , e fattofi conofcere per quello che egli
etti» fu dalla glorièfa memoria di Ferdinando II. Granduca, ricevuto e trat-'
tato coir fegni' di non ord*^naria cortefia. Condottoti finalmente a Viterbo
fuit amata patria; fubicò vi ebbe a dipignere» ad iftanza del Cardinal Fran^
cefco Maria BranCacci Velcova di quella città, una tavola pel maggiore
Altare di quelU Cattedrale di San Lorenzo» nella quale in tela di venti
Mm 2 palmi
54? Dècèik. V. della PM^ldelSèf.V, 1/4/1240. aiiSso.
palmi rapprefentò il Santo medelimo co» b^lit inveazionie t rdrdipfnfir «Al-
che una tavola per la Compagniia di Santo Rocco*
Era 1* anno i6s6. quando eccocfa la contagìofa influenza xiellgx^tà^i
Napoli • e poi di lì Donatali a Roma» toccò anche la città di Viterbo, ove
fiavafi il noftro artefice con fette pipcoH figiiooU-e la coivfoi^ci^/.oyQlldk |e
bontà dei Signore» che né etto ne altri della cafa di lui M/S^titteto no-
cumento alcuno; onde potè tornarfene con pace a'fuoi virtuofi lavori»
finché venuto Panno 1659. fu dal Granduca chìarmato a Firenze» ove gU
fece fare più quadri . Tornoflene poi a Viterbo » donde ( avendo dato
buono accomodamento alle cofe (uè ) fi partì alla volta di Roma» ove
fu ricevuto con quegli applaufi» che meritava la fama, che già fin da Pa»
rigi avevalo precorfo » per le beli' opere fatte colà . Non . andò molto»
che gli fu dato a dipignere lo fpazio della volta neir Oratorio della Chic»
la Nuova » in cui figurò P Incoronazione di Maria fèmpre Vergine i e
|>iù quadri dipinle in quel tempo per Principi e Cavalieri di quella eie-
tà. Pece poi a frefco nella Vaticana Bafilica il San Pietro» che Ubera
r Indemoniata » che fu poi con ifpefa di gran danaro dal Cardinale
Barberino» fatto togliere di luogo» e fituare fopra la porta della Sagre»
&k: ed è da notarli un atto di gran gentilezza di quel Prelato» e fu»
die avendo la pittura nel portarti da luogo a luogo alquanto patito» e
dovendofi in alcuna parte rellaurare» non volle» giacché in tal tempo
al Romanelli non era più fra' vivi » fé non Urbano figliuolo di lui »
del quale pure più avanti daremo alcuna notizia. Per la feconda Cap-
pella della fteflTa Chiefa, air entrare dalla finiftra mano» dipi|ife a olio iT
Miftero delia Prefentazjone al Tempio. Mefle poi mano alla pittuia della
Tribuna nella Chiefa di San Marco; e quindi ad iilanza della Tedefca na*
sione fi portò a diipignere nella loro Chiefà di Santa Maria dell'Anima,
la volta della Sagreilia» ove figurò rAiTunzione della gran^Madre d'Iddio.
Per la Chiefa di San Giacomo alle Scalette $illa Lungara» fece il quadro del
Santo Apoftolo: per quella di Santo Eligio deli' Univeriità degli Orefici 9
al primo Altare a man deftra, la uvola dell'Adorazione de' Magi» e le Si*
bilie f a frefco» che adornano di fiori quella Cappella. Scavafi tuttavia il
Romanelli operando in Roma; quando tornarono a venire di Francia le
chiamate del Re Luigi XIV» oggi regnante» per mezzo di fuo An^^afcia*»
dorè tche volea valerfi di lui in opere degne della propria fnagnificenza»
e con eflè ordini al Benedetti in Roma» di fomminiftrar da^a^o pel viag-
gio; e così il Romanelli» dopo alcune fettimane » da Viter^ Tua patria»
dpv^ a tale effetto da Roma fi era partito colla famiglia » p^i;ti aUa volta
di Parìai: dove giunto finalmente» con dimoftrazioni di fitida fu accolto
da quel Re. Aveva quefii fatte fabbricare alcune ftanspe» che £oripano un
lungo rifcontro, che chiamano Gabinetti; e il riempierle di pNtiire» nel
modo» che fu fatto nel Portico di Mazzarpno» volle» che ic^ incum*
benza del nollro artefice» il quale avendone ben «confideraio il fito» la di«
feozione e i lumi» diedefi a formarne l'invenzione, che tolfe dall'Eneide
di Virgilio, de' piii illuftri fatti di Enea» volendo con elfi alludere alle
ationi gloriofe del gran Luigi e della. Regina toiCbnforte. Fecene in
breve
GK). FRANCESCO "kOM ANELLI. 549
fireve tempo i cartoni; e finalmente diede oiana a dipignerne la prima
danza; ma non avevala ancora del tutto finita» quando egli incominciò
ad aflàporare i frutti amari del giocondo e foUazzevole vivere» a che fi era
dato, coU'occafione della libertà, che ei fi godeva in quella città» lungi
^lla conforte, e del continovo trattare, e domelUcamente converfare co^
donne, e colpa ancora di fuo focofo temperamento, agli amoroO tralìull^
molto inclinato. Imperciocché fu egli aflàlito dal torme utofo malore »
che è fplito di accompagnaire i medefimi , e quefto per tal modo» che in
brevi giorni veddefi quau condotto in punto di morte. Vinfe perp la ro«
buftezza di Tua natura quel fiero male; ma per tempo non poco gli conven*
neftare obbligato» quando. al letto e quando alla camera: e finalmente ii>
forza di gagliardiflimi rimedj, tornò alla prima falute, e riprefe il filo di
fuo bello lavoro. £d è da notarfi» che in quefto occorfegli quello appun«
to, che nel portico gli era addivenuto , cioè, cheefie.ndofi eglifervico del-.
Tefiìgie di belliflima Dama, per lo volto di una femmina delle fue iftorie*
fé gliele affollarono attorni» come dicemmo, altre moUiifime, per folQ
defio di efiervi vedute di piace; maquefta feconda volta occorfe alcuna cofa
di più» che nel portico ; perchè laddove il pittore nella prima opera nel con^
tentare ciafcbeduna del proprio ritratto operava con libertà» or quéfla or
quella tralcegliendo e ritraendo nell'opera a fuo bifogno,foddisfacenc)o ad
eiie, a fé medefiemo e all'aroe; in quefta tanto era il remore e laconcefa;
chi^ bene fpefibinforgeva fra quelle femminelle» per quale dovefle elferela
|irima a comparirvi dipinta, che il povero artefice» con poco uiile delibar*
te» non potea foddisfare, né ad elle, né a fé roedefimo: e con veni vagli
talora valerli di quei volti, che non bene adattati al bifogno dell' opera »
fé gli offerivano davanti i primi. Confumò il Romanelli in queir opera
diciotto iinefi» ne' quali pure colorì lùolti quadri pel Re, e per molti Ca«
valieirl e Principi delia Corte; e più avrebbe anche operato, fé non foP
fé ffaata: disotto dal lavorare prima dall'infermità, che detta abbi amo »
e poi da' divertimenti , che in buono flato di fanità andayagli procac*
ciando il Re ftefib a Fontanablò, e ad altri luoghi di onefta letizia» pel
defiderio , che dicefi aveffe la Maeftà Sua di fermarlo in Francia colla
famiglia tutta, e che di ciò deflegii talora qualche cenno da per fé flef*
fa per mezzo della Regina,, da'quali» oltre alle nobili ricompenfe» che
dicefi giugneflero al valore di dodicimila feudi , oltre a i regali di pre«
2Ìofe giojcf riportò T onore di Cavaliere di San Michele. Erano già
terminati due anni dal fuo arrivo in Parigi » quando egli finalmente fé
ne parti alla volta della patria: ove eflendo giunto , fu richiamato t
Roma; e quivi per lo Marchefe Coftaguti , hel fuo Palazzo di Piazza
Mattei, dipinfe a frefco una volta; Aveva in quel tempo }' Eniinentifllmo
Cardinal Q:rro fatta fabbricare nella Chiefa del Gesù una mag^iifica Cap-
pella» che è la feconda dalla finiftra parte entrando; e volendola adorna*
re. di una bella tavola con due quadri da i lati , volle» che il Romanelli
lìe fbfie il .pittore. Quefli dunque colorì la bella figura del San Carlo Bor-
romeo» che vi fi vede .genufleflb in atto di adorazione della gran Madre
di Dio» la quale nella piìi alca parte fi vede federe fopra le nuvole . In uno
... 14 m 3 de' quadri
fi
150 DetìmJ^.ieHà?mJ.ddSec.Kdalì^^^^
de'quadrì iaterali foee vedette il Miftero (iella Natività del Sidone: e ne/*
r altro r Adorazione de' Magi . Erafi intanto da più anni avanti » e p^
quadri» che egli avea mandati nella citta di Veneaùa» e pe* molti di fua
mano puret cne da' profeflbri di quella città erano (lati veduti in Roma^
aflài divulgato per lo Stato Veneto il nome del noftro pittore^ quando
per mezzo dell' Ambafcìadore di quella Repubblica ebbe a nome della me<i*
defima aflai preflante infianza di portarli cola» per dìpìgnervi alcune fianze
del Ducale Palazzo; ma trovandoti egli in iftato di aver dau poc'anzi una
coftante negativa ad una limile inchieda, fiatagli £itta fare dal Re di Poi*
Ionia ; e a cagione ancora delle molte opere , che reftavangli da finire in
Roma» fu forzato a recufare si nobile invito. Aveva intanto D. Anna
Colonna, moglie del Principe D. Taddeo Barberini» fatto fabbricare per
proprio ritiramento» con difegno di Francefco Contini» alia Lvngarag
al Monaftero» detto Regitia Cmli^ edovendovifi far la tavola per T Aitar
maggiore» ne fu dato r ordine al Romanelli» che in efia dipinfe il miAc*
ro della Prefentazione al Tempio di Maria Vergine : e due altri quadri
vi coIor>» in uno de'quali fece vedere San Giovanni Bvangelifias che co«
munica la gran Madre di Dio: e nell'altro Santa Terefit» fotto le cut Re«
gole reggeu quel luogo. Pe' Padri Agofiiniani dipinfe il quadro di San
Tommalo da Villa Nuova» in atto di far limofina. Sono fue opere le
Immagini di San Mauro e San Buono » in San Lorenzo in Damalo •
In Sant'Ambrogio della Maflima » Chieia pofia preflb a Piazza Mattei» è
di fua mano la Depolizione del Signore dalla Croce; e una meaza figura
fopra l'Altare » che rapprefenta V Eterno Padre . Nella Chiefa di San Car-
lino » alle quattro Fontane » è nella Cappella fabbricata dal Cardinal
Barberino una fua tavola con Gesù» la Vergine» e alcuni Angeli : e final*
mente hanno di fua mano le Monache di San Domenico e Siftouoa tavo*
la di Maria Vergine con Gesù» San Domenico e Santa Caterina da Siena:
e quefta dicono efler forfè una delle migliori opere » che deffero alla luce i
fuoi pennelli.
Venuto Tanno i66z. aveva il nofiro artefice» alle replicate in&nze,
fattegli fare dal Re di Francia per mezzo del fuo Ambafiuadore » già con*
fentito di portarfi colà ; non nero con tutta la famiglia» come farebbe fia-
to il defidcrio di quella Maefta» ma con due de' fuoi figliuòli folamente»
cioè Bartolommeo e Antonio; e giù licenziatofi da tutti gli amici di Ro-
ma » erafene venuto a Viterbo» nel cui territorio aveva comperau una gran
tenuta» e dato principio alla fabbrica di una villa preflb alia medefima »
con animo» che dovefle fervire di ripofo di fua veccbiaja^; quando a ca-
gione del troppo afiaticarfi» eh' e' fece intorno alla medeimia « egli grave*
mente infermò . Si aggiunfe alla nuova infermità V antico fuo male della
gotta» la quale con non più provata difgrazia fi eftefe alle parti del petto;
tantoché e t'ammalarfi» e l'eflèr per lui dtfperato il cafo di poter più vive«
re, fu una cofa ilefla. Affaticaronfi molto» concini forta di rimed), tqt^
ti ì medici della città» e non mancò il Cardinal Francefco di farlo ai&ftere
dal proprio, Francefco Maria Cardinale Brancacci il Vefcovo >ifitavaIo
Ogni giorno^ mentre tutta la nobiltà di quella fua patria» dava aperti fegiù
diellrcmo
.* "■
GÌO. ERANCESCQ ROMANELLI. sst
di eftretno. dolore; qamdo eflb firitlmente abbandonato ogni penfiero ài
quei ripoii» ch'egli in finiti érafi andato promettendo fra le acquiflate fa-%
Cttludi» fi applicò di propofito a qu^li aflicurare» che fempre durano; <^
dòpo aver facta generale confeffione de^ Tuoi falli, e dopa avere ricevuti
tutti t Santi Sagramenti della Chiefa» voile avere a fé» in lungo colloquio^
la cara conlorce, poi il fratello, e dopo a qoefto i figliuoli : e data loro
l'ultima beoedinone, e licenziata ogni perfona» in mano folamente fi la^»
fciòde'devoti Reiigbfi, de'quali* per cosìdire» era piena Ja camera e Ja ca(a»
mentre il Cardinal 4 Vefcovo, datagli la Pontificale benedizione, volle ri^
manergli apprefTo fino all'ultimo iptrare dell'anima , che feguìil giorno 8»
di Novembre 1661. Fu il Cqo cadavero, con lugubre apparato, e pom«
pofo funerale , eipofto nella Chieià de' Carmelitani Scalzi, in cui egli gii
aveva dato principio a fabbricare una Cappella» per entro la quale gli fu
datoiepoltura.
Fu il Romanelli, come altrove dicemmo, di genio allegro, fpiritofb
é piacevole , ne i motti arguto, con un trattare coflumato, nobile e at*
trattivo, con che guadagnava!! l'amore di ogni perfona* ftailte maiTime il
non edere legli pofleduto da intereiTe di danaro . Nel tempo del fuo dipi*-*
gnere . ebbe fempre comrerftaìone di Cavalieri , e taiara di Dame , che eoa
duplicato concento, dico con quello, che traevano dal vederlo operare^
e dal fuo parlare» tutto pieno di bei detti e dì fpiritofi racconti, paflavano
ore e giorni felici. Non fi fa, che £icefle mai fuo pennello pittura ofce»
na, fempre nemico di efporre al pubblico, per quanto gli era poflìbilet
ogni forca di nuditi. Fu nel domandare ricompenfe di opere fue parco
non poco, e per ordinario, fenza alcuna cofa chiedere, quello pigliava»
che altri gli voleva dare. Non folo fece egli le molciflime opere, che det*
te abbiamo, con altre, che per brevicà paflàmmo focto filenzio; ma aflai
invenzioni fi veggono andar per le (lampe, che furon parto dell'ingegno
fuo, particolarmente per Conclufioni di ftudenti. Lalcio alla fua morte fei
figliuoli mafchi, uno de' quali fu Urbano il primogenito, tenuto al Sacro
fonte dal Cardinal Barberino. Quefti fotto la protezione del Cardinale
fu dalia madre mandato al Seminario Romano, ove volle anche quel Pre-
lato, che egli attendefle al difegno: nel quale fece ai aran profitto, che
dopo quattro anni, tolto dal Seminario, dove fece dar luogo a Bartolom-
meo fratello di lui» queir iftefie fianze gli aflfegnò nel fuo Palazzo della
Cancelleria, che già date aveva al padre fuo: poi provvedutolo della par*
te, che egli era folito dare a i proprj Cortigiani e Gentiluomini , confe«
gnoUo a Ciro Ferri, acciocché V inftruifle nei maneggiarci colori; mentre
il giovanetto tutto intento a farfi perfetto in quella bella facoltà , volle
lludiare le opere più rinomate de' gran maeftri, e copiare i più preziofi
quadri della Caiamrberina $ tantoché fra le varie belliflìme maniere da efib
con fom ma diligenza oflèrvate e ftudiate» venne ad aprirfiun largo campo
di eleggerne una per fé di molto gufto. La prima opera, che egli facefie
di fua invenzione, fu un Tizio legato al mafib, e rAvvoltojof chegli ro«
de il cuore; e dopo quella altre ne conduflè per Cavalieri Romani. Man*
dato poi dal Cardinale a Velletri fuo Vefcovado, dipinfe nella Cappella del
; Mm 4 Sautiflimo
j^$ì Decemy.dtVa Partii. delSec. V.dal i ^o. al 1 6$o.
Santii&mo Sagramenco di qùellaXatf édrale . Tornato a Roina<» pel
cipe di Paleftrina ornò di lue pittori nel Palazio di lui aicune< volte delle
fafe terrene alle quattro Fontane ; Fece poi a chiarofcuro i cartoni per doe
arazsi, che dolman fervirel per aditmf& a due pilaftri per la Cappella del
Cardinale in Santo Andrea della VaHe» per V Efpofizioae del iSandffhno »
die vi fi fa il Lunedì per l'Anime d^ Defunti. Sicché avendo già dato
buon %gio di fé» e acquiftato buon credito , fu dall' Eminemaflinio Bran-
cacci, Vefeovo di fua patria» chìacntfo a dìpignere la volta della navata
del mezzo della Cattedrale» che già avcv-a il Prelato con gran difpendio
abbellita» e ridotta al moderno. Rapprefentò Urbano, con fua pittura»
£itti del glofiofo San Lorenzo Martire» titolaiae di quella Chiefa: e dipoi
per Gentiluomini di quella città» più tele' colori» che gU procacciarono
gran lode. M^ troppo breve f^ il termine degli avanzamenti del vktuofa
f levane ; conciofliacofachè , venuto in penfiero al Cardinal Brahcacd » per
amore» ch^e' portò Tempre al padre di lui » di:aocafarlo» diede anche ef«
ietto a fuo difegno » ma non fu appena il giovane (tato due giorni colla
cara Ipofa » che foprapprefo da inaipettato accidente » divenne preda dcU
la morte: e con universi dolore de* parenti», amici e dilettanti dell' arte»
fo al di lui corpo» con nobile accompagnatura» datò ripofo per entro U
Cappella di f^ cafa nella Cbie& de' Carmelitani Scalzi ^
SALVATOR
* : sss
SALVATOR ROSA
PITTORE NAPOLETANO
Dificpo/o dello, Spagnolctto^ nato 1615. -^ 1672.
ELLAl bella città di Napoli ebbe i Tuoi natali Salvator Rofii
r anno di noftra faluce 1615. allt io. di Giugno. Fu fuo
padre un certo Vito Antonio de Rofa di profelfione Agri*
menfore o Tabulano ; e Tua madre fi chiamò Giulia Greca»
figliuola di Vito Greco pittore, e fu battezzato nella Par<^
rocchiale Chiefa della Benella. Poi bea cullodito da' geni*
tori» era già pervenuto in età» in cui potevafi applicare a qualche ftudio
di arte o di fcicnza; quando fu dal padre mefib in un Collegio de' Padri
Somafchi» ad oggetto di farlo attendere alle lettere; conciofoiTecofachò
Avefle la natura del piccolo fanciullo già incominciati a fcoprire t primi
lampi di quell'indole fpiritofa, di che avevalo dotato con larga mano: q
ciò con non ordinario ftupóre di chiunque teneva pratica in quella fui
cafa; e non oftantechè ben potefTe dirC, che gli (lud) del difegno oramai
fi fodero fatti proprj di tutto quel parentado t perchè tanto 1' avo e'I go-
nitore, quanto lo zio materno» con altri Tuoi antenati» erano (lati pittori;
ricufava egli di applicarvi il figliuolo : e in quella vece volevalo intento a
quegli della letteratura» ne'quali promettevafi» eh' e' fofle per riulbire il
miracolo del fuo tempo; ma sì vafta era la capacità del fanciullo» che fti»
mando egli un bene fcarfo pafcoio del proprio intelletto il folo trattenere
GC^ libri» coir occafione maflìme dell'avere un fuo cognato pittore » ben-
ché ordinario > incominciò a dare opera al difegno» portandoli per \\ con*
torni di Napoli e fuo Porto» a difegnare vedute» terreftri e marittime:
a* quali tutti ftudj in un tempo fteuo aggiunfe quello deli' architettura »
della muiìca e della poefia . Al difegno però fentivafi tirato per modo » che
non era muraglia di quella cafa o di altra» o?' egli avefle potuta mettere
la mano» che con certi piccoli carboncelli, non ricoprifTe con fue inven-
zioni di jpiccole figure e paefetti» condotti però fino a quel fegno»che fa-
re poteau da efTo lenza maeftro» ed in aflai tenera età: e una volta avcn*
do di quefli fuoi dilègni coperta parte della muraglia di un chioOro » af-
iki percofle ne riporto . Fatto poi di fé fteflb fcolare e maeftro » gran
parte del fuo tempo incominciò ad impiegare in difegnare con grande ac-
coratezza fuori di Napoli» vedute di quelle colline. Portò il cafo » che
egli intanto rimaneflè per morte privo del caro padre » e perciò in iftato
di molta povertà» onde ciò» che per avanti faceva egli per diletto» omai
convennegli fare per bifogno: e cos\ andava mettendo con eftrema dili-
genza al pulito fopra carte i fuoipaelètti e vedute» p^er fargli poi per mano
di diveru rivenduglioli vendere » non potendo altrimenti» ad ogni prez-
zo più vile, Trovavafi in quel tempo in Napoli il celebre pittore» detto il
LanfrancOf
554 Decenti. V. detta Tart. 7. delSec. V.dal 1 640. allòro.
Lanfranco , mandatovi dal Generale Vkellefchi , a ^pignere la cnpob
della Chiefa del Gesù , come noi nelle notizie di tal maefiro abbiamo nar*
raco; e abbattejìdofi Un giorno a vedere efpofii alla vendiu alcani dì que«
ili paefetti» tanto gufto ne prefe, che. dopo averli molto lodati, volle eC-
fere compratore , non folo di quegli , ma di altri molti, che fece poi il
Rofa. Quefto felice incontro t luccedutoalle prime opere del giovanetto»
aggiunto all' elVer' egli per fua natura oltremodo boriofo ed avido di ono-
re e di ftima, fece sì, che egli da quel punto, anche a cofto di qualche
patimento, che bifogna vagli foftenere per mancamento di foftanze , alzò
notabilmente i prezzi a*luoi paei'etti, amando anzi di patir molto nel trat-
tamento di fé fteflo, che di vender le fue fatiche per poco « Così anda-
yafela paflTando il Rofa in Napoli fua patria, affai ftudiando, e molto tol*
lerando; quando per meglio apprendere T arte del colorire, li accoflò ad
ad un tale Francelco Francanzano , pittore di buon nome , marito di uim
fua forella: poi a Daniel Falcone, e finalmente allo Spagnoletto; finchÀ
al ventiduefimo anno di fua età pervenuto, per defiderio, che egli aveva^
prima divedere e ftudiare le ftupende opere de*maeftrì, degli antichi e de'
moderni tempi, e poi di fare alquanto conufcere il proprio talento; a'
conforti, anzi coli' accompagnatura della propria periona di Girolamo
Mercurio» giovane di ottimo gufto in queft'arti, cne fu poi Maeftco di
Cafa del Cardinale Flavio Ghigi, e benefiziato di San Giovanni La teranOi^
fi portò a Roma; ma non ebbe appena meflb il piede in quella citta» che
esli fu aflàlìto da al fatta malattia, che convennegli per fei mefi ilarfeoe
obbligato al letto; e finalmente gli fu forza per isbrigarfene affatto il fiir
ritorno all'aria di Napoli, ove circa a due anni trattennefi, con faldopro^
ponimento di tornare a ftanziarfi a Roma per non maipiù vedere la patria^
Comepropofci così in parte eiFettuò. Vennefeaie a Roma, eflendo già ia
età di ventiquattro anni io circa, ricevutovi in propria ^fa dal fuogran*
de amico Girolamo Mercurio , che dicefi, che lerviiTe allora in qualità di
Maeftro di Ca(à il Cardinale Brancaccio Vefcovo di Viterbo : col quale poi
(i portò a quella città, ed a fua inftanza alcune cofe dipìnfe in pubblici
luoghi, a olio e a frefco, le quali oggi a gran fatica per fue fi riconofcono,
per efier fatte di fua prima maniera, non ancora molto perfetta. Tornò
poi a Roma, e quivi con aftuzia altrettanto curiofa, quanto ftravagante,
volle appagare il gran defio, ch'egH^ebbe feropre, che da per tutto di ini
fi parlalle : e trovò modo di ottener fuo fine pur troppo , e di efiere in*
fiemementepiù che mai adoperato nell* arte fua; e fu, che nel primo (è«
guente. Carnevale» avendo fatta lega con alcuni giovani fuoi amici e con»
fidenti, andava conefii fre(|uentemente in mafchera. e tutti infieme rap-
preièntavano una Compagnia di Montambanchi , mentre egli, come capo
di tutti , e piii fpiritofo , e ben parlante, faceva la parte del Coviello col
nome di Formica. Avrefie veduti cofloroa otta a otta fermarfi, quando
in quello, quando in quell'altro luogo di quelle contrade, e con bei ghi-
ribizzile lazzi fpiritofi, tirare a fé, per così dire, mezza Roma,- aggiu-
gnend.o a ciò lo fpacciare, eh' e' facevano, alcune molto ridicolofe ricette
per divcrfc malattie, fciocche non gi^i ma t^te piene di graziofì fati,
adattati
\
SALVATOR ^OSA. SSS
adattati a* loro concetti . Erafi egli già t mercè di quefti ftrani ricro^
vamendf fatto conofcere per modo» eh** era ornai piena del nome fuo
tutta la città; quando egli» non contento di quefto, nella vegnente ftate
diedefi co'fuoi compagni a' comici trattenimenti» facendo commedie aU
r improvvifo , nella vigna de' Mignanellì , poco fuori della porta del Po-
polo ; rapprefentando tuttavia la folìta fua parte di Formica : e in una di
quelle commedie* toccando ad eflb a fare il prologo» tacciò argutamente
alcune cofe di quelle > che nello fteflb teoipo faceva fare il E^rnirio in
Tratte vere: cofa, che a i comici dello fleflo Bernino tanto difpiacque»
che alcuni ve ne furono » che in una tale loro rapprefentazione ufarono
motti e parole così ingiuriofe e mordaci contra il Formica » che non
mancarono più e più virtuofe e fa vie perfone» che ftomacate a gran fe-<
gno» a mezza commedia fé ne partirono. £ra intanto riufcito al Ro(a, col
dar tanta copia di fé in quelli fpaffofi trattenimenti» il trovare aflai occa<»
fioni di efercitar Tarte fua: e già co'fuoi guadagni erafi melTo molto bene
in arnefe ; quando gli venne penfiero» il quale anche effettuò» di tornar*
iene alla patria » ad oggetto folamente di farfi vedere sì ben rifatto o
mutato da quel di prima . Stetccvi qualche poco di tempo » faicendo qua*
dri per mandare a Roma» dove già eran venuti in tanta ftima» che il Ro«*
fa ebbe per bene il iafciar di nuovo la patria» e colà ritornarfene • Era aK
lora graziofa cofa il vedere il pittore patteggiar le ftrade di Roma in pofto
di gravità» con un bene addobbato iervitore per accompagnatura di fua
perfona: ed etto con ifpada alttanco,con guardia di fodo argento» e con zU
tre sì fatte boriofe dimottranze , che tuct' altro facevanlo parere da quel
eh* egli eravi flato conofciuto per avanti. Prefe cafa fopra di fé» e ftt
quella appunto del Cantone » ove è la ftatua dei Babbuino . Quivi diedd
mano a condurre quattro bei quadri per foprapporti; in uno de' quali di*
pinfe una t^ttaglia, che venne in potere del Conte Carpigna» comprata
da lui nel tempo fteflb» che egli era già diventato cieco : e qucfto fece fo*
pra il foìo tettimonio della haìz% che già da f>er tutto correva deli* opere
di Salvatore» e fopra quello degl'intelligenti amici; e oggi» per quanto ,
a me vien rapprefentato» trovali etto quadro in caia l'Eminentiflimo Car-
pigna» figliuolo di lui : ed è cofa notabile » che tal pittura» prima che giu^
gneflealle roani del Carpigua» flette qualche tempo appretto Jacopo Cor*
cefi» detto il Borgognone» che per quanto egli poi di fua propria bocca
confettava» fondò fopra di etto quei grandi principj dell'ottimo guflo» che
e' fi formò nel dipigner battaglie , nelle quali fecefi poi conofcere per quel
grand' uomo , che a tutti è noto . Che poi il Borgognone fi approfittattè
in fuir opere del Rofa» Tabbiamo» non folo da detta confettlone» ma da
alcune delle fue battaglie» che non folamente fcuoprono di quella manie**
taf ma hanno in fé ftette eziandio alcune figure» tolte di pefo da quelle di
Salvacore. Due de* quattro nominati quadri» pervennero in cafa ì Teo-
doli: e contengono paeli» con piccole figure e animali » e vie un arfenale
con una veduta marittima. L'ultimo finalmente ebbe Carlo Rotti » cittadi«>
no Romano , negoziante rinomato » di cui più volte ci converrà parlare » co-
me di perfona ftaca al Rofa» finche vi^» cordialittimo amico. Vedefi nel
quadro
^$6 T)eceim.V.deUa?art.hdelSec. P^. dal 16^0. ali 6 $o.
quadro rapprefentato un luogo» ove fi fa calcina» e contiene^ Aolce /pi-
yitofifliixie hgwe, per eccellenza difpofte e colorate. Non lafciava il pie*
ri; e talora bizzarre e faciriche invenzioni; a cagione di che ftavafene pei
lo più ritirato, e né poco né molto converfiiva con perfone dell' arte;
onde avvenne, che alcune ài quefte» immaginando tate fua ritintezza
procedere da fuperbia, incominciarono a dire ogni male di lui e dell' ope«
re Tue: ed accrebberli fino all'ultimo fegno tali maledicenze, a cagione di
ciò, che io fono ora per raccontare . Aveva egli fatto efporre nel chioftro
della Chiefa di San Giovanni Decollato, nel giorno della Feda del Santo»
fra altre bellifllme pitture » un quadro , fatto da uno^ii profelfìone cerufico»
ina che per fuo diletto anche dipigneva. Era lo ftcflo Salvatore in quel luo«
go, ove molti pittori eran concorfi » i quaU avendo aflai lodato il quadro»
domandarono al Rota chi Tavefle dipinto. Quefto» per voftro avvifo,
rifpofe Salvatore, è un quadro fatto .da un pittore, che i Signori Accade*
riìici della Chiefa di Santo Luca non. hanno voluto ammettere nella loro
Accademia: e ciò» perchè l'ordinaria profeffione di lui è la chirurgia: e a
ine pare, che abbian fatto male afTai; mentre fo refleflTione, che coH'am-
metterlo, avrebbero avuta fra loro perfona, a cui farla fiata facii cofa,
il raflettare le loro ftroppiature . Penfi ora ognuno, quali fi rimaneflero
quei pittori in afcoltare quel detto tanto mordace. Il fatto fi fu, che fu*
)>ito fu portato quel motto agli orecchi di tutti i pittori di Rtuna» e da
quel punco congiuratafegli contro la più parte, incominciò a dire della
perfona fua e dell' opere fue tanti vitupet) e tanto male, che il RoQ ebbe
poi a dire: Già il campo è rotto; chi fi può falvar fi fai vi: e trapafiindo
poi quello, veleno da quei pittori» che allora operavano in Roflia » a quei »
che loro fucceflero in vita del.Rofa, yennefi a confervare fempre vivo un
tal livore , che fece sì » che ad efib per ordinario non poteiiè mai venir
fatto di eHerc impiegato in opere pubbliche • Seppe però egli tanto avan*
^rfi Ibpra ogni altro nel fuo bel genio di operare, che ciò non ottante ,
erano le fue battaglie i i fiuoi paehi marine » capricci, e anche altre fue
cofe in grande, ricercate da perfone di ogni più alto affare, e a qualfi^
foffe gran prezzo pagate . À tale oggetto non laiciò poi egli mai di efpor^
re nel già nominato luogo di San Giovanni Decollato, nel portico delia
Rotonda, e nel cortile di San Bartolpmtpeò de'Ber^gumafchi, efiè fue epe*
re , con univer(àle applaufo ; ondeavveniva fempre , che appena fé le foiTe
egli riportate a cafa, che eli' erano chiefte e bea ricompeufate . De' qua-
dri, di che ori parliamo, e d'altri fatti ne'medefinii quei tempi» molti fii*
ron mandati a Venezia» in Francia, in Inghilterra e altrove; e altri fi fpar«
fero pei Roma |3e' palazzi di diverti Prelati e titolate perfone . E. tali furo^
no uno di palmi dodici, dipintovi Democrito, in atto di contemplare gran
quantità di fcheletri ed altre cofe confùmate dal tempo. Un altro» evo
fcorgeafi Diogene con più filofofi » in. atto di guardare il fanciullo, che
coir ufo della propria mano fi dijO^eta alla fontaiu» mentre lo fiefio Diogene
getta via
- ' : iSìAX VATOR R OS! A. $51
getti via la fùa' tazza: edìquefte pittare, che poi in Venezia vennero in
gicere de i Sagredi , veggonfi andare per le uampe le carte dallo fteflo
ofa incagliate • Un quadro di iimile grandezza, contenente la iloria di
Giona predicante al Re di Ninive e al popolo tutto » in abito di peniten-
za, fu compero pel Re di Danimarca « Per lofteflo Re di Danimarca fu
comprato un'altro quadro > ov'era figurato Cadmo, in abito reale e colla
fpada sfoderaca , mentre in terra giaceva morto un ferpente , i cui dend
fparfi per lo terrodOé produce vano gli uomini armati. In fimile tela ave«
va colorita la PitoneiTa Maga davanti al Re Saul , facendo varie macche
azioni , per deludere quel Re colla falfit apparenza della Refurrezione di Sa«
muele : e fu oueft* opera mandata in Francia, con altra t ov'egli aveva di-
pinta la Giuuizia, che dopo elTerli ricovra ta interra in cafa d'innocenti
pallori, fé ne torna al cielo. In Sicilia fu mandato un fuo quadro t ove
jC^i aveva fatto ved<^re Pittagora, cheufcendo da luogo (btterraneo a viAa
de' fuoì difcepolif fa loro vedere di eflere ftato air Inferno . A Agoftino
Co^gio fu fatta pervenire una fua tela , in cui vedevafi figurato San
.Giorgio armato, in atto di calcare il morto Dragone. Dipinfe ancora in
im quadro di circa otto palmi in mezze figure , la Congiura di Catilina e
i Congiurati , che dannofi fra di loro la fede« collo ftrigni mento delle
mani, e col pegno del proprio fanguet ne' volti de' quali liaiTaticò il pit«
core di ^re aprarire la deteftabile fellonia decloro cuori, onde gran plaufo
ne, guadagnò . Qneft'opera , che fu comprata in Roma dall' Abate Criftofano
daCaftislione, nobile Fiorentino» venne poi dopo fua morte in Firenze in
potere oegli eredi del Senatore Marco Martelli , che la confervano con grande
filma • 11 Principe D. AgoftinoGhigl ebbe un quadrodifua mano di un Pin*
darò, al quale, mentre ih poetando nella (elva, comparifce il Dio Pane, il
quale fu creduto cantare i verii del medefimo Poeta, volle Monflgnore Cd»
fiaguti per la fua Galleria un quadro dell' Eunuco della Regina Candace , che
riceve il Battefimo: ed un altro fimile in grandez/a, oveè S^Giovambatiftat
in atto di predicare nel deferto • Una tela bifl unga , ove egli aveva dipinta
r illoria del miracolo di Elifeo, del moltiplicare Tolio nella cafa della vedova t
fu comprata da Paolo Antonio Campione. Il Ritrovamento di CrìftoSisnor
noftro nel Tempio, in età di dodicianni, difputante fra' Dottori, ebbe il
Principe di Sonnino: ed un altrodel Figliuol Prodigo ebbe pure Agoftino
Coreggio. il Portar della Croce al Calvario, quadro biflungo, comprò il
Cardinale Altieri per la Galleria del fuo Palazzo nuovo alla piazza del Gesb •
per una Chiefa.della città di Milano, ad inftanza del Cardinale Omodei, fece
una tavola da altare , entrovi la Vergine Aflunu . Ebbe 1* Eminentifs. Ghigi
un Tuo quadro maggiore d'otto palmi, ove è figurata l'umana Fragilità, belu
donzella > inghirlandata di rofe , e fedente fopra un globo di vetro , e fopra le
ginocchia tiene un putto a federe . Vie la Morte con 'ali fpennacchiate, che
al putto fa fcrivere la coftituzione della vita umana, cioè le parole : Nafcipa*
na 9 vita leior , necejfe mori i concetto efpreflb dal fuo grande amico Giovam-
botiftaRicciardi in una Canzona morale,al medefimo indirizzata, inquei verfix
Vofé, il najcere è pena 9
Il vivere èfaticé, '
td il mgrir neteffità fat^it % Appiedi
5 5.8 Decènti. V. detta Part.l detSéà. V. M. 1 640. al 1 6$o.
A' piedi della donzella vedcfi una. ciiHft> oàve (oùOcdM^ttìi uno in ateo
di foUevarfi» Palerò alla fponda della culla appoggiata; e quefti foCEando
finalmepi
de con diverfi geroglìfici» una Jole.» un razzo o fiaiblgareff con altri fim<^
boli, cucci alludenti all' umana fragìlici.
Moltiffime poi furono le opere» che ebbe di* Tua. mano » il fùo ca-
ro aouco Cario de* Rolli» fra le quali in cela di più di dieci palmi uà
Prometeo incatenato allo fcoglio » e l'avvoltoio» che gli lacera il pec«
CO: un'altra di un Giove fanciullo» allatcacodalla capra.di Amalcea» e
diverfe femmine e pafibri . In altea cela è un Sootace con oiù fuoi di-
fcepoU« e quello in acto di bercia cicuca* Eppure in un quaoro biilungo
l' Iftorìa d'Attilio Regolo» fatto morire da' Carcaginefi dentro la botte:
quefto contiene belliflimi gruppi di varie figure» e vedefi con intaglia del*
lo ftefib Ro& andare per le .(lampe • Ebbe anche un fuo quadro di un
Loch imbriacaco dalle figliuole. Farono moltiffime T altre ptccure , che
vennero in mano del Rom » dico di paefi» marine > battaglie » iftorie » poe-
tiche fantafie e capricci» che troppo lunga coÌk farebbe il raoconure» ma
fopra ogni altro bizzarriffimo quadro» che toccò a poflèdere al Rofii» fa
lenza dubbio quello» che dicefi della Fortuna. Rappreièncò Salvatore»
nella più alca parte diella tela» la figura di efià Fortuna t con un cornucopia
nelle mani » pieno de' più ricchi teiori» cheappreEzi il mondo? nella parm
più baila veggonfi diverfi bruti , e tali fono» il giumento» il porco» il bue»
il lupo » la volpe» il bufalo» il caftrone» un uccello rapace» e un allocco «
Verfa k Fortuna dal luo cornucopia le fue ricchezze » e più belli addobbi»
de'^uiJi alcuni indifTerencemence vanno a cadere fopra qualfifia. di quelle
4>eftie» e alcri (cendono a ricoprire il fuolo; e cosl< vedefi- il giuoienco cal«
peftare ghirlande d' allori» libri, pefineliie cavolozzeda pittori» il porco
tenere fra le fordide zampe ammaflace le roie» e pafcerfi di gran quamiti
di perle » che veggonfi fparfe fotto il fuo grugno : e altre sì fatte dimofiran-
ze di una verità» che il pittore intefe di far conofi:ere » cioè; che è proprio
della Fortuna il difpenfare fuoi beni a chi meno gli meritò. Ma que(ia
Fortuna fu per eflere la mala fortuna perSalvatoref conciofiiacofachè » dal
fendure» che e' fece le niolte lodi» che davanfia tale fiio bel eapriccio» e
alla pittura ftefla » egli pigliatTe tant'anioào.che fi rifolvefiea far cola » che
molto gli nocque; e andò iLfiitto nella feguenice maniera. Era cola aflài
ordinaria» che fofiè la fua calia fpeflb frequentata da.gran pérfi>naggì» tan«
co fecolari che ecclefiaftici» moffi dadefio» non pure di vedere fue belle
pitture» ma di godere eziandio della lettura» che egli faceva col proprio
organo fuo» delle Citire »sdi cui a fuo iuogo faremo menzione: e occorfe
un giorno» che avenda daca;fine.àl ibpraddetco quadro» gìunfero alla fua
fianza due Prelati » ? uilò b l' altro deVquali pòi arrivarono alla Cardi*»
oalizia dignità; e tali furono. Monfignor fiandinelUre Monfignor Rafponi :
e già dopo aver goduto del virtuofo trattenimento» ufcici della cafa dei pit-
tore» fé ne tornavano a' loro affari » .quando avendo appena fatti pochi
pzffi»
*• « VA • * • •
• N
SAIVATOM ROSA. 559
pt(B« s' iàcoQtrarònb *^ia D« Mario Ghigi» fimtUo dello allora recanti
Pontdice ÀléflTandro ViL il quale fatta tetmare la carrozza » e avuti a fé i
frelaci , douaandò loro da qual bel trattenimento fé ne venìilero in quel-
l'ora. Al quale unódi effi t SappigiVoftra Eccellenza» che noi venghiamo
dalla cafa di Salvator Rofa/óvé noi abbiamo vedute» e abbiamo fentittt
certe Satire. Infìno a che» diik D.'Màrio> abbiano. le Signorie loro icntict
le Satire» io ben Piatendo r ma non fo già adattarmi a capire» come V ab^
fadano anche vedute . Beneftà» rifpofero i Prelati » quanto dicemmo; per*
che dopo aver fentita leggere una bella Satira» un'altra ne abbiamo Teaiita
in un bel quadro di una Fortuna» che fopra divedi bruti fpande fuoi do«
ni: e tutto il contenuto nel quadro gli defcriflèro puntualmente: e dopo
avere tutti, inlieme con fumato qualche tempo in grandiffime lodi del bel
concetto dei pittore ^ fi f partirono» Non andò molto» che il gran loda«
re» fcheiacevano quei Signori per Roma quel quadro» venne all'orecchie
del Roik» il quale fé ne pavoneggiò tanto » che rifohrè di efporlo alla pub-
blica villa , nella allora prolBma iella di San Giovanni Decollato: ed eccoci
al punto» cioè: che per quella rabbia inteftina» che fin da lunga mano
avma concepita contro di lui motei * profeflbri » fenza mai (attefo il foo
gran jcredito) poterlo attaccare in cofa che valeflè » in un fubito dieder
fttorft alci reclami^ e yollerov che fapefie tutta Roma^ come il Rofà,« fotto
r apparenza di quel quadro» aveva voluto sfrontatamente dar fuori una
foienniffima Pafquinata: ;e.giunfe la cofa a fegno» che già doveva ilpittore
«flèr fatto render conto in carcere del fignificato della pittura; le i due
Prelati e'I Prìncipe D. Mario» già fatticonfapevoli dell'intenzione di Sal-
vatore» non aveflero abbracciata la fua diftefa» k quale febbene.feguì fenz»
incomodo della perfona di lui» non fu però» che non neceilitafie eflb e
gli amici a difcolparfi nel miglior modo; e io confervo appreflb di me una
molto dotta Apologia, fiata fatta a fua difefa in quel tempo, pervenutami
£:a molte fi:ritturè originali e altre» rimafe alla morte di Salvatore» e a me
fiate donate per ajuto di notizia per quello » che io vo ora fcrivendo^.
UdicaG già per qualche tempo avanti la fama de' fuoi pennelli da' Sere«
niflimi di Tofcana: e trovandofi allora in Roma di ritorno a Firenze il Se*
senillimo Prìncipe» poi Cardinale» Gian Carlo» fotto l' occhio di cui eran
capitate più opere del Rota» volle al fuo partire di colà condiirlo con feco:"
Q^ quegli » che in nulla più premeva » che in fisir procaccio di gloria» eflen-
4o già (bto quattro anni in Roma» ebbe per bene il renderli a cos\ nobile
invito» anche col lafciare qdeila bella città. Giunto a Firenze» ove moI«
to fu da quel magnanimo Principe accarezzato» e di molto onorevole trat*
cenimento provvido» incominciò a fare per eflo opere Angolari, trovando
tuttavia in quell'Altezza corrifpondenze di fiimae di ricompenfe» adat^
tate al proprio merito • Fra i nofiri cittadini eziandio conobbe tanto gra-»
dimento di fua perfona» che badò per fargli pigiare un tale affetto a Firenze t
che poi» per io fpaziodiquafi nove anni interi» volle che ella foflè fua prò*
pria fianza. Il primo quadro grande» che egli faceile in Firenze» fu una
beila Battaglia» in tela di circa cinque braccia» che oggi ha fra' fuoi qua*
dri beiliflimi il Serenifiimo Gian l^iincipe Ferdinando di Tofcana: e ve«
dcfi
$6o Dectkn. V. detta Partii detSec. V.M 1 6^0. al i €$0.
defi in efla» dalla (inìftra parte, li proprio ritratto del pittore. Unofecene
J>oi pel Marchefe Ferdinando Ridolfi , che venne in potere del Dnca Picce»-
omini» e volealo donare allaMaeftà dell' Imperatore, il che poi nonfegoì*
PelSagredodi Venezia colorì due granptefi : an unode'qoali figurò un De*
mocrito: ncir altro Diogene , che vedendo il giovanetto» che per porger
Tacque alla bocca per bere fi vele della mano» getta via la ciotola: e quefti
due furono poi di Tua mano intagliati all' acqua iorte. Dipinfedue gran
paefi per lo fteflb Cardinale di Tofcana » ove mpprefisitò porti di mare » na-
itìl] » e bellifiime vedute di montuofe campwne : e quelli pure conferva il
Serenifiimo Gran Principe di Tofcana » inheme con altri due paefi di tre
braccia e mezzo : in uno de* quali in figure di palmo in circa » vedefi h
Giuftizia» che fcefa dal cielo va a refugiarfi fra i contadini; ndP altro la
Face» che arde arnefi guerrieri; alhto alla quale vedefi il lione e P agnel-
lo infieme» ed efia è coronata di ulivo. Fanno anche bella moflrain altra
ftanza dì queir Altezza due altri quadri del Rofa » che in uno è un Santo
Antonio nel deferto » a cui comparifcono alcuni moftri d* Inferno ; e ac«
compagna quella pittura un altro quadro del medefimo, ove vedefi un fi*
lofofo» più che mezza figura quanto il naturale» che moftra ad altra per*
fona una mafchera. Altre opere finalmente in gran numero andò condu»
cendo per Io ftefib Cardinale Gian Carlo , e jpcr privati Gentiluomini*
Crefceva intanto ogni dlpiù in Salvatore Pa£Fetto alla noftra città; con-
tribuendo molto a ciò P efiere egli per natura amiciflimc d'ingegni foblimi»
e di perfone di gran lettere » colle quali volle egli fempre ufare ogni fua
più Oretta confuetudine ; e di quefti tali trovò moltiflimi in quel cempot
t quali innamoratifi delP opere de'fuoi pennelli» e della nuova vaghiffima
maniera di hi paefi e marine» non più per certo vedutafi fino allora per
V Italia: dello ipiritofo modo del fuo converfare» della vivacità e dolcezza
infieme de' fuoi ragionamenti » non così fiicilì ad efpUcarfi » fé non da chi
il conobbe, fé gli affollavano attorno^ fiimandofi più fisrtunato colui » a
cui toccava aver qualche luogo fra' fuoi confidenti; e non poche volte oc-
correvagli P eflèr vifitato in cafa da Cardinali e da Principi» defiderofi di
vederlo operare» e di fenttre fuoi ragionamenti . In quefto tempo venne
da Roma a Firenze Ugo Mafiei» nobile Volterrano» famiglia, che già fopra
a dugento anni pafiati » diede al mondo il tanto celebre Raffaello fcrittore
de' dottiifimi Comentar) : e comechè aveffe quefii già contratta in Roma
firettiffima amicizia col Rofa, non è poffibile a dire quanto e* godefle di
ritrovarlo in quefta città : e diedene aperti fegni col voler' eflere quafi
fempre con eflb. Comparfeci poco dipoi da Volterra Giulio M affei »frarel-
Jo di Ugo : e fi aggiunlè pure per amico al pittore; anziché nel partir che
e*fecer poi da Firenze (tanto era nato fra loro il vicendevole amore) yen»
jne loro fatto il condurfelo con efifo feco pure a Volterra» ove fra nolnli
irattenimenti de* cari amici » egli per più fettimane fi trattenne ; ma più
lunga e più gioconda fu la dimora» che egli fece un'altra volta in quelle
parti, condottovi pure dagli ftefli gentiluomini» come a fuo luogo dire-
mo ; giacche oltre alla grata con venazione » trovavavi egli il più degno pa*
fedo del fuo bel genio pittorelco » eh* e' vedeflè mai i dico di vecfute , di
dirupi»
• V ." ..J ^ ^
SA ZVATO R " « 05 A. . 5^1
dtMpi^ digitili e mohttt & acfue e torrehtì» dì nuffit cH piante» e:tfi
ogni altra coia ( {ler ufar quefto cermine) che pittorelbamente beli» dir fi
fiofla» fra quante in altre parti fuol :&r vedere la natuoa: e dove potérli
caBiaiìdio iàziaré il fuo filolofico umore nellefpeciiiazioiu,chefervir poK«
vano » e (erviron poi a^fiioi poetici componimenti.
Ma;q^che cofa fa ora di meftieri didiredegl* imp^ghi » xbe tornato
M, Firenze volte egli; che foflèr propr) dì quel tempo » nel quale egli daira
ripofo %\ oennelli » chfei pure era molto . &ippongafi jiunque per vero
quanto abbiamo detto di fopca, cioè i che egli in fui bel princìpio del fuo
converfare ia Firenze, fi facefie tanta apertura fra gli ucymini' letterati^ e: di
'.primo ingegno t che la cafa, che egli aveva prefa a pigione dal canto de*
Cini, prefiò alla Croce al Trebbio, quella ftefià, che oggi ridotta a mag>^
gior. forma, poffiede Filippo Buontalentt nobile Fiorentino, era in brevi
giorni divenuta un'accademia delle più belle facultadi, T abitazione della
giocondità, e'I mercato dell'allegrezza. Quivi tagunavanfi per ordinario
a virtuofe conferenze, di materie ameniiTime, il Dottore £vange lifta Tor«
ricelli, infigne Maaematico : il letteratìflimo Carlo Dati, Giovambatifla
Ricciardi^ Valerio Chimentelli, profeflbre celebre di Umanità nello Stu^^
dio di Pifa> il molto erudito Andrea Cavalcanti; il Dottor Berni: Paolo
Vendramini» che pel Pubblico di Venezia fu Segretario in tempo della
gtierm del^ 1641. tenuto da Bertuz2o VaKero, apprefiò al Granduca Fer-
dinando; Gio. Filippo Appolloni Aretino, infigne Poeta drammatico per
SDufica: Volunnio Bandinelli, poi Cardinale: Piero Salvetti, rinomato
per la vivezza di fuo injgegno e letteratura, non meno che pe' poetici comi^^
pomm^tt, che manofericti vanno, per le mani appreflo agli eruditi: il
JDouor.Paolo Minucci, quegli, che dopo aver ièrvito in qualità di Se-^
grei^o il Senniffieio Principe Mattia^ di Tofcaha , e dati in ogni tempo*
Ibgnidifuaperfpicaciaede'fuoibuoniftudj, ha fatto ultimamente il molto
erudito Comento alMdmantiieRacquiftato, Poema di Lorenzo Lippii
Francefco Rovai , celebre per Te l^ue Rime: Francefco Cordini, ^vanet*
to allora di gentìlilfime maniere, amico delle buone arti, e ben parlan-^
te; e altri moip a quefti foo^litoti, che troppo lunga cofir farebbe il
torre a deferi vere ; tantoché in breve tempo '- radicatafi in quel luosò te
bella conver£izione , fu dklibei;ato di darle forma di Accademia , fotta
nome de i Pwcofii. Avvenne poi> che defiderando gli Accademici di far
godere anche al pubblico qualche refledb de' loro privati trattenimenti »
deliberarono di fare in certi mefi delPanno* alcune belli ffime e bizzarriifi-
jne Commedie all' Iiriprovvifo, per entro il Pdazzo. abitazione del Seve'»
Dtffimo Principe Carenate di<T<'fcana, detto il Caiano da San MarcOt
fotco la ProteBÌooè;det Séceqìffimxi» Principe Cardinale Gian Carlo. Rap^
prefentairìanfi in eflèCoriilmedieefuggetti nobili e gravi ^ fenza V aggiunte
di p^^^ ridicole, che! riufcivano sì ben portate* che era cola da.flìupire^
Le. più ferie, .erano degli altra vckà nominati Piero Salvetti, di Agnolo
popoiefqhi, di Carlo Dati^ e di Giovambatifta Ricciardi. Il Dottore Vi-
viani» fratello di Vincenzio^ chiariflimo nelle Mattematìche, faceva la
parte di Paft[uella; ; delia ^qqal parte, fi ha ,per .ooftante eitoe (beo egU
N n medeiimo
I
•^
iaejcfiwo pdìóo uÉfQntòre\2 itfi]gcR»i(Mft»pÌiaià invracéet delb por» ^
Schttirsu^ efadè di un Comadina §dSoi cìm fiukaieate» fbosa tSmummi^
à caridcurs , e eoa gfefto nsUK»liffitto ngioari, éeoMÙ iene» con iibipo^
CAb. takhè fa il micacdi» de fMk fcrae. VnwScfoaiCoriìw dìade, umi.
poco gufto in figura di ina SÙPtiaùtmhbìAum o Apotrilt:, QoéIw pn al
Kofii r noit è< cftt pofia nud .die taoto qnanco baib ^ dica ddtta. ptrte rh' e*
foce di Pafcafiello;. e Franoefiso^Maria Agli ^ «negoadance Bokgmfe» in età
di fieflSmta janui » partirà ft otaira viglia queUaddb Doctox Gmtaaa: e dori
pef più anfti a venire appoAa (k. Bologna a Fircàiae^ lafciaadii i •egMf»
grtrb mefi interim fofameate pel fine.dirtnnrarfi » recìtace col ReSa; e
3eva QDn efib&eiie tali ». ci» k rifa » ebe akawnfi irft fii aftdaaatti 9^ fema
isceanifiÌMie .o< cipero > e per Jungo ipakio imponevano filcaaziot tadoci
ali' uno» ctaliaraiaU^ altro* ed io«.cbe in quei tempi lai trwrak taoi Ra£i»
e: a&cdnii alctme di qudJe eommedie» fo » che veaiifime cofii fu», che noa
fliano& taluno» che peir fiasrerchio dì vioiecim deUeAedefime rifa» fo a pe«
ficolo di crepare» o df jnconcrare alcm sa &f co accideoae . li Docror Fier
JFilippa Toounafo Laiagnini» giovane d* akoit^gm > e Gio. Filippo
MaruceUi , poi Abate , e Refideme al Re OiftiMiiflMito pel Seirenoa»
GcanducSt cs finaknente dellA medeficaa Alteeza Segrecaaio di Staca^ io-
ftsnnero le: parti delle DoiuieUe . h\ fomaa» piacquero tanto s ogoiioo 1
parti dcquefto nòbile coogrefiò» cbe Luigi ék Gralio'^Jaovici^ ebe nar avc^
10 avuaoi U carico di Proivvedbkore» a gracafatic^pQfeftdifenéttrft ddfe te»-
te e eadanrofiSiine inftanze, che venivangli fante del conrtmowo de' Cavolìe-
si. e ftudioii di quefla città » per .efière in' efib< rioty wi.. Reggevefi l^Ac
eadeaaiei colle contribuaièni. aegli Accademici ft^> colle quidi piim> e
co"' lacgkiiimi disborli cfaal Re£i aedefiako» fiieewiifi ai&i freqocéteaaeme
Muimreii fimpQSj^ nefqualkfralf eilquifiieafee ^bUeiywaftde». nm fi>biMttte
nodeafi trionfine i*^ aUegteaMw dfar «soiaodiiaf riifpkn^ieco tar tdatù ^ menfire
ifìi un tempo SUSo afccdtavaÉi quanto di belio e dà appiezaabikr Bd& con*
tcibutro a4 un bel cokifatoi ìmelietto» un'* adtmeaaa: di tasd eWanffint
ingegni; a^ quali anche eviceudia era data ineuaibenea di iuc6 (bndee co'
loracomponinenci in Terfo ein proia» de' quali ( dico di qiMgli ieiaieeii^
te* chcL ioR intnuai in mio potere )* fititebbefi .un voluate • Ece qxKgibdàeiagr
gioie applaufa». fu l'Encomio del Secolti^oM» patto deUe docekfiaaa» panf-^
naidci Ì3parameMttcoyato Evanselifie Torrieeiii : il Kagguaglfio della. E^ce ,
dipinta da Salvatore» coaapaoo da Valei'iaChimeaecili» dedecseo poi e-
LodbTÌ6)o def Veccbji: il ISatale delia Rofiii. eocnpou tacita del nedeiwo»
daiefiò recitato nd giorno natale di Safctatcuae ; *e la^ Bcturev Satina dèUo^
fiaffia R4if a^^ detta dalr Dottoc Berni . bk;pbÌ!.aQ& biataatriffisae. ii oerfeee^
l^ocdlnazifluedèqudlhe menfe. nelie ieee^dcf.idnpo^i: fKhrciiè: m oai aVtefe.
veduto cDfèpapDa ogni vivancEa in paAÌQQt>%fiaurF^iida(aBoftQffiirifeuti^ak^
ti:^t;tìtdiaB0oaÌL iaaltaa tutee mieefteei. ;in(aAara tutti Adfiitir/ imaltra^iinal-
nutnee^ucoe. polpette t ed era maaanriglioié ii^tedore le beìiee binauru inr
veiiaioniit. colle quali» fensa' variare vivanda^» t>giii.&re era fotta appaoiot r
etguftarem^iioitudiQe e varietà di iàpori» ohet tutti eppbgeva . A fecond»
di taltimlbawiìliiKinnij», ftcofi» per legge indifpenfabile » uidbbettt omzione.
; j^ : Francefco
^laftciicéf MìiiC AgUt^oiie per tOgn^ik «lfrM«9iifri{>^ tfmtnti 0H
^d: cempotifBli' ijìVMno fiiceaafi le coaYVÙmoni niriie ft«ii«e idi lopita ^ beo#
«bbiglitce e firofuaiacet e^Mlle più* calde flagionii nelle Itaiue ceffeoe> 14
Suali vedeaiui in ogni parte piccorefcamence veftif e di dwerfe verzure , e
no la terra fteffa»* talAescediè t e ohi entrava t pareva eiìti^ire in una ve-*
n e non finca bofcagUa» la quale» cdtfe.aUbiwmhiffinM viAa, che dava di
fé, portava ancbe.«ia» mole». grate fintfcwa alle pecCòne quivi in gran nu-
'nera ng una» • o .'' •, ' ., . / *;
Diia poc'anzi é cherleJautifluàecene^'che facevjinfi dagli Aocadeeiiei
snGeinecon altri della più fiorita nobiltà t eran fatte alle cofauni fp^fe dft^
inedefimi Aocadeaiici , x.eoU' abbondante danaro» cbe del fuo proprio
rommintficaYa Salvatoraa jttidiiliifaene». e Tcfietto U dimoftròju meiure fap^
piamo», per un compuiib ;' cbf egji.medefiina ne fece in quei tempi > e.pef
quantd e/To fipre di fu^^bocca confeiJsò ai fbpninjOiOiDinaco J>ottore Lwa^
gnini» che fu fiunpreiuo. confide rittfiuioytjke eflViulofi egli trovato a gua.»
delire col pennello. in Ficeaze, obre ^le provvifionl di Palazzo, in
lempo di nove anni ch'egli vi fi trattenne» fino alla fooima di noveoiila
firudi; iicenziatofi pai dal Cervtzio» folo trecento ne poetò Ceco a Roma»
avendo ti riottneate, coltone il poco, che pel trattarne AQo di (ut perfonà
era aUnfognaco » «otto fpefo in idr visìo àcìH- Accademia > ne' virtuofi e al*>
fegrifiimi ritrovamenti^ che detti abbiamo # e. a gufto econiblaziofie degU
emict » de' quali in ogni tempo e luogo £eee.talelii0ia » e fu ai grande, amAf»
t6ie»cfae pareva non potercene allontanare » anche per breve (pavio 4 Ed io
ho per 4iotÌ2ia di Carlo de' Roffi , che dopo e&rfi il Ro& trattenuto in Fi**
xeaze per pochi mefi » concile belle converlàzìoni già notate $ fatto impa-^
zìente di n vedere almeno per un poco gli amici», die ea\i aveva lafciati ia
Horna (uno de'quali>eior£e il più intimo» era ilmedefimo Roffi) oaontò
fulbe pofte a quella vi^a: e giuncovit inviò a quanti ereao un viglietto»
con cui» dopo l'avviib dì Tuo arrivo» intimava loro il doverfi ponare la
legneote mattina al giaidino della Navicella.» con penfiero di rimanerfi
eoa feco; a' quali» comparii al deAinato luogo in numero di diciatto » fe«»
ee godere un lautiflimo definare : e lioenziacofi da' medefimi » e di ntto«
vo fermate le poOe 1 il giorno dipoi dìPtde volta verfo Firenze .
Sarebbe a me riufcfta colà al tutto impoffihile il rintracciare eoa or^
dine di tempo la qualità e la quantità di tutte le opere» che fece il Jlofii
in quefta nofira città negli nove anni » ch'.eixi fi trattenne | avanti l' ultima
iua partenza per Roma; che. però ho debbecaiso di dar notizia così alla rin^
fufa di quelle» delle quali io no avuta contezza: e che da me » fé non tut«
te » almeno la più parte furono con gli occh) proprj vedute e riconoicjiu*
te » talora nelle mani» o nelle cafe, die furono di quegli Aeffi» per cui fu-*
rono dipinte: e talora in mano dialtri» a quali in oe«iipo hanno effe pM
fatto pafiaggio. E incorni nciandonùdaUe ;più antiche^' dirò: che a Fran*
cefco Cordini^ che fu (uo amicifiimo» dipiufe in dono» «in. tela di circa di
quattro braccia alta» un Filolbfo fedente» in; atto di au>ftraise,ad unafem-
mina , fatta per la Morale Filofofia^ mi grande fpecchio i dice& per lignificare »
>I n 2 che tale
/% Decm.V:^i&a PàhùT:mSec.ì^^Mi6^o. al 1 6 so.
libri di'FilofoÌBà ^ ^ è da fà{>ere,' iStmie fopra tale^ opaca cotnpofeffiGìDàlSì»
kiitiffimo Dttcà Jacopo Salviati un^-Odei» il cui principio ii à : >. >
^- ' Quei geiidù fìémiB-y ' ^^^ - '^ ìi ^>' . «*-• *
n Che a kiCeìkmfM 0^4 r^^ifevif » ^ ; J . . :
V, li .V Ih mW degli ^Svi'-^l hd finiiffi» 0f€0KÌè ^ * -^
e Io fiefTo Duca dedicoUa a Salvator Rofa , chiamandolo faouyfo pittore <K
c^e mófati.^ Almbdefioio 1?hLnce&»£k»:dinicolod 'la 'figuraci un. Ado-
ne» di gràTide»a quanto it naturale», in atco-di. federe. fopra un delfino: e
in un tondo dì mezze figure quanto il naturale». un Eraclito e Democri-
to; ancora pel medefimo due paéfi con/ veduti <ii maarines e finalmente al-
tri cinque quadri pìccoli, patte .di paefi, e pàcte^'CcAe, fatte ad imica-
»one di manière di pittori antichi ; le qoati totteiopere» dopo aiFerle moi*
ti anni goduta» venendo chiefte alio fiefio Cordini? daihi> 'glorio^ memoria
del Sereniamo Arciduca Ferdinando Carlo df Auftria, furono dal medefi-
mo concedute in vendita a quella Aheaza per prezzo di ottocento fcudi» che
tanto furono da Monsù Giudo Subtermans e da .Mario Balaffi (limate. Al
Priore Francefco Maria Covoni, poi Senatore Fiorcati oso, cofcui il nofiro
pittore due giran quadri da faU» di campagne e vedute jmacittimet ejiin al»
ero r non cosi grande r al Priore Celare Magalotti* A Girolamo Stgnoretti
noAro cittadino» fece un bellilTimo paele bislungo.; e ancoca donogli un
^ritratto di fé fteiTo/veftico in abito di Pofcariello, con guanti ftiàccian,
quadro, che pafsò poi alle mani del Seceniflimo Cardinale Leopoldo di
Tofcana. Per Ferrante Capponi» poi Senatore e Auditore ». dtpinfe tre
quadri di paefi di braccia due e mezao in circa, opere di tutta belleaa;
uno de'quali è bello» che poffiede oggi, fra altre bell'opere di gran maefiri»
Luigi di Lionardodel Riccio nobile Jiorentino» amiciffimo di quelle arti :
gii altri duefcmò àppreflb il Senatore Cammillo Capponi^ Pel Marcbefe
Carlo Gerini, colorì i bellifiimi quadri r che oggi conierva nella (uà nobile
Galleria il Marcbefe Pierantonio fuo figliuolo, cioè: un paefe circa di
braccia quattro, opera veramente rariffima, ove è rapprefentato un Fi\o«
fofo> in atto di gettare in mare i propr> danari ^ mentre molte perfone ,
figurate della più abbietta marinarefca» fi affollano per profondarfi in quel*
l'acque per ritrovargli ; e un altro pure di fimilegrandezaa con gran quan*
tità di alberi, all'ombra de' quali ftannofene più perfone in compagnia de)
Filofofo Diogene, che nel vedere il giovanetto bere al fiume > fena' aiuto
di vafo» getta via h fua tazza* Ma giacche. fiamo nel Palazzo. del fuddetto
Marchefe, diremo ancora» che egli pofiiede pure di mano di Salvatore un
Suadro da fala , alto circa di braccia cinque, ove {opra un globo vedefi fé*
ente la Fortuna, che col deftro braccio fi chiude, gli occh) , e col finilìro
fparge fuoi doni ; fonovi alcuni putti » uno de' quali con gefto puerile fi
sferza. di ftringerle al feno una groifa anguilla, mentre ella a cagione di
fua lubricità» moftra m pochi rivolgimenti di fuo tergo, fuggirgli dalle
mani , Ma belli fono» oltre ogni credere, due altri gran quadri di anti*
caglie y
v^
salvator: rosa
caglie f A mono di<3io. GrHblfi f pieiu d* infimce figure , fittte.da StLvaeof
Rofik; oadi auefti fiiceiix> dcro ve mlenzione . Al Mircbefe BantoloiUfiieo
Corfint ^dipinte un bel quadro d' Incantefimi e Stregonerìe > poSbduto oggi
dal 'Macehefe iPiljppo uso figluiolo ; ed è nelk Galleria idi Jiia Paltteaso di
Parionei Per Ji Marcfaeii Guadagni ket duep^efi circa di bnaccié quattro
e mez^oc». ne'qiiaH» in qmnto appartiene a moitci belle .qnalitadli che fu4
font proprie del colorire di Salvatore »; particolartnenfc «nella nacurakkze
de' piani, dellefcappe, e de' tronchi »' pare» che .egli fttperaflè feileffo:
e quefto» oltre alla vaghezza delle figura» che fi veggono in eile rappre*
Tentate , che formano due ^orie, della Predicazione di San GiòvaoibatilU
nei deferto f e del Battefimo del Signore nel Giordano « Poffiede .oggi que*
fiebetropeiì^» coiraltre»(che f<^uono -apprefib^» itiMarcheft UoA^to.Màr
ria lino di èffi. :Foffiede , jdicó » anche di maàó ddli Ròfa» «duci altri <paeÌJ A
graridezi» per la metà incirca dè'fbprannomtnati; ma non punto a queSa
inferiori in bontà, infiomecon altri quattro paetisttl circa di braccio» &t«f
ti pure con grande amore. * Ma fra quefii bei paefi di mano del Rofa» che
veggOnfì in (juefti tempi, ha luogo al certo quello, che egli fece poi a
Paolo Falconieri, prinu;) Gentiluomo della Camera del Sereniflitmo Gran»
ducar,idicui è ococtfibi&re altrove i più volte menzione; ^ lo conieivain
Roàsa (ove£ trovaci prefente) con quella (Hma, che merita tale opera «
Per quei delk fiimiglia del Roflb colori il Rota un quadro di figure al na-
turale, il Ritorno al Padre del Figliuolo Prodigo.
. Or prima., che noi pafliamo al racconto d'altre opere di Salvatore»
fatte per noftri cittadini, è da fa perii, che fra i profeflbri di pittura » co'-
quaU egli ftrinfe amicìzia in Firenze, il primo e principaliflimo fu Lorena
zo Lippi,* di cui abbiamo altrove lungamente parlato: e ciò fegul« non
ti^ìtoper U dima, ch'e'fiiceva di lui nell'arte, preferendolo ad ogni altro
Fiorentino piuore , per r ottimo fuo difegnare , e per T impatto de* colori »
che.empieva fuo gufto; ma eziandio per aver trovato nella perfona di tale
artefice, un genio del tutto limile al fuo, dico fpirstofo ne i motti, biz*
zarro nelle re(bluzioni,nelconverfare fiero e vivace , e fopra tutto indi**
nato alla poefia quanto altri mai: il che fece egli poi conofcere iiel dar
fineairihconunciato fuo piacevolidimo Poema del Malmantile Racquiftato »
Con quefto dunque la fera iaful tvdi, dopo aver di pinto un pezzo, trova*
vafi.molto fpeflb da folo a folo nella fua flanzain fuila piazza di Santa EU-,
làbetta: e poi con eflb pure pomavafi i^ri della Porta a San Gallo a vede*
re gli Antipodi: invenzione ridicoloia del Lippi, e da eflb talvolta ufata
cogli amici; dico di condurgli in fui Mugnone» colà vcrfo il luogo detto
alle Cure, ove fòVrafta aH'acqne.del .fiume^ un grand' àrgine murato» fopra
di cui è la piòblica (bada: e poi. col Lìppi e fuoi compagni adagiatiti in.
fili terreno dalla parte oppofta» dier ouri^afpettaviano di vedere quel mi-,
racolo, accennava nell'acqu^ le icnffi^iniide'paireggijQri della via, cammi-
nanti a capo all' ingiù: equefie»: dicéivà egli; efler le perfone degli Anti-.
podi» Traevane una rifata, e rimaneva finita la ba)a, afpettando ad altra
occafione nuovi merlotti » che fi calafiero a vedere con eflb quella bella
novità. Creilo però è nn-meroefi0tto:deirOtticaral|cetianto mirabile,
\ : Nn 3 quanto
^^ Deceà». V. ìkOit ?m:tJ6l$e(. y: Mi 6^0. di 6^0.
oimnco "Attunlé» e cpdiunèiiencè óffiirvatfo^ dé]^iiddiite ^aHt Meffiont
de*, raggi lumìnofi» che portandoli dalP oggtcco» e tadendo eoiK fepn
i^cchio, fanno apparire degli oggeni medefiaii k paice fuperiocei coiojb
inferirne.' Occor(e dunque tin giorno # e fu.dellUnnorjrdfz» cheCalTécòtc
giunfetlla ttanza del Lippìt in tempo , ictf» jBglittava ^ìgniendo una belli
cairoladi Maria Ve^intr éhr va in £gnto • nitagUlaredft<SòfiiDoSa&ttf>
nobile Fiorentino , per mandarfoori tlrxitfàs edoveodo fitrvì il picfe, uè
rìulcendbgli porno, .per dTer cqfa, iftuiri di fua incilinaaisine > giien io
punto di gettar via i f»ennelU e la uvolosaai onde Salvato» diffe a lui:
Che fai , Lurento Lippi ? Ìo m' inquietò , e mi arrabbio t rìfpofe il pitcotOi
perche io debbo fare "un paefe, e nontrtfvo la via di fkr né aatoo una Fo*
glia . E URofit a luii Hk qui latavolcaaa : e il Lippi gliela pocfe* Ma do«
ve fono f toìoti, dlfl[èj^Rofe^Nohgli vàii^.foggiuofòìlLip(À• Mt qae*
ftinonfon calori per fare il paefe s di quà^ dàquà le catinelle « dieiici^
vero ben* io d' impacèio» dife Salvatore: :e coltivtà.i primi oelori » eca«
perta la tavolozza di altri in gran quantica » fi pofo a fare tutto quel pie«
tei e lo dette finito in podi'ore^ e riuCcì cofa ai bella^ che corlano )a£i*
ma per la città , fiportarono alla fianza del Lip|>i fin gentiluomini dikt-
tanti di pittura» per vederlo» ecopiarkii fra'qualifoFcancefeo Roniil
poeta . Óoptaronlo ancora molti valenti giovani # pró&ffori delfacte , dico
rrartcefcoBótchli.poi Prete» e un tale Lorenzo Martelli. Fra gii alirì fe^
cene una bella copia Taddeo Baldini» difcepòlo deIKoffelU» il qèalec^gf
fra Taltre abilicadi univerfali» eh' et poifiede nella pittura » ha quella (pc^
ùfare tal modo di parlare) di rifufcitare i morti» e di iàggiamence ingan-
nare i vivi ; eoncioifiachè » a' egli addiviene» che alcuno ie ne pllfi aM'attra
vita» fenza cfie di foa pcrfona fia rimafo il ritratto^ che pure venga da-
l^i eredi defiilerato-» egli con folo aver conofciuao. in vita il deftinto» il h
in pittura tanto fomigtiame». quanto mai pofla dèfrdsrarii. Hq datocché
egli ha modo di faoere ingannare i vi vii attefochè fappia egli ancora con
poche occhiate; nate a chi» o per modeftia o per zoticheha » o per filtri
qualiìiìa cagione non voglia efler ritratto -» quando vengane con grufto e
onefto fine ricercato» farlo comparir vivo e parlante in fulfa teb: eque-
fio» dico» con doppiò e graziofo inganno» e di colui» che non ^informa-
to fé ne vive quieto in fua ftrmezsDadi volontà di non voler efler dipinto:
e di chi riguarda la pittura meddima; come cofa vóra e ncm finca. Tor-
nando ora onde partimmo; quello gaìantifiimo fiittodel Rofa incorno ai
quadro del Lippi » partorì un'altro piacevole accidente» e fu : che dopo
pcchiflimi giorni erafi egK di nuovo portato allafianza del Lippi» ove erd-
2» Alfonfo Parigi Architetto del Granduca^», Antonio Malatefii ? ^^^
dalla Sfinge , il Dottore Lodovico Serenai^ Audiofifiimo di materie d'Aftro^
nomia^ quando il Lippi» accpmbdàiwufiafgabeHc^a biioafume ptefioal
leffg^» con graziofo modo» in %ngii9^ Iv^oTccana» diffe a ioi; Sal^adore
affettate a loco . Ciò fece Salvatore fi^amènce? x il Lrppi in breve ceni;
pò formò di iiii fopra tela un ritratto tanto belio e fomigliante» che poi
ne furono fatte aflài copie ; ima delle quali io confermo apprefib di me
per meuioria del-Rc^a . V originate ritratta pervenne poi iii ipino dello
fteflb
i
SAl^FATOR ROSA. ^
ùtBklMcmoo Sdtentt i e tappftfetus il pittfve t te(b con bulb» vefiieo di
oa bei drBjipo con maniciie wecoiw» collar piccolo air ufanasa di quei cem-
ni^ ed eflb in accodi guardare chi il mira* Pocrenuno qui dire» che. Salvator
I Kob fece anche «na caTolat a cui fu daco luogo per entro 1« Chiefa di Saa
I Felice io Piazza; ma perchè puoffi a&raare» cne qe^ftsfofle veramente
[ runico aborto de*fuoi pennelli $ non £i di mefiiere $ che altro le né feriva ;
Goal il noftro artefice t amato da i pro&drori deir arte , caro agii amici^
e a tutti utiliffimo» per nove anni quau continovi tratteimefi nella noftra
città di Firenze f moftrando fieuqNre fegni maggiori di fuo vivaciffimo fpir
j rito ; quando deiiderofo di vivere alquanto più a fé fteflo e a'propr) (ludi »
I dbrìgatofi affatto d'impegno con quefta Gorte^ fi portò di nuovo jaUa città
di Volterra: ovot non è poflSbile a dire, con qualicontento foflè accolto
da' fuoi amatiflimi Ugo e Giulio Maffei^ Fu il filo arrivo in quella città
in tempo di fiate t e nel feguente mefe d' Ottobre fu condotto da' medefimi
a Barba)ano loto Villa t a godere il dolce divertimento! dell' uccellatura.
Volle egli però» che fofle tuo cofimne ordinario il confumare un'ora fola
della mattina al bofchetto: tornatofene poi alia villa , ove fino all' ora del
definare attendeva alla lettura e allo fiudio de' buoni libri »v benché appar
(ecchiaca la menfa» alla quale bene fpeflb trova vali Giovambatifia Riccaar»
di con altre letterate perfone, fatte ofpiti anche effe di quei Gentiluo»
mini» con mirabile giocondità omfumavali il tempo della tavola ; e dopo
un breve rìpofo Salvatore ritornava a' fuoi fiudj . Alle aa. ore portavafi
co* compagni a prendere aria per quei contomi» finché già era fatta T ora
della cena: dopo la quale proponeva egli alcun bel problema, o introduip
ceva qualche difcorfo» Cecondp l'occafione» che avevagliene data la lettu»
ra della mattina . Tecmtnato il tempo deli' uccellatura , tornavafene la
bella converlàzione. a Volterra : p quivi daVafi* principio a' recitamenat
delle commedie » che fempre varie fra di lorot ogni fera facevanfi all*ìm*
provviib, particolarmente in tempo di Carnevale . Faceva il Rofa la par-
te di Patacca fervitore aftuto, e ngiratore del concetto della Commedia e
il Ricciardi, con più Gentiluomini Volterrani, &fteneva le parti gravi:
Mariotto Ufci» nobile di quella città., facevafi fentire ia figura cU una
Serva. £ra fca di loto Luigi Ceccherelli CesruCco, poi Dottore Medico,
il quale nelb parte bnffonefca, col nome di Parafacco, e talora ponanda
quella di.un cieco biante ,. cantando Jn Cui liuto certe fue tidicolofe canzo*
ni, (acevaC (emire con gufio e maraviglia. Paflato poi il tempo del Carne*
vale, li trasferiva il Ro(a co' MaffeiaMontenifoU, altra loro villa, celebre per
la gran quantità de' Calcedoni e dell' altre pietre vaghe e duri (lime , che fi
trovano ne* foci contorni; nella qual villa r compofe egli la più parte
delle fue Satire, con diverie altrb beUe rime: e^uefti furono i tratteni.
menti di un anno. Durò quella geaerofa ofpitalità , fatta da' M^ffei alla
beila oonveirlaziofie, ipiando piu« quando meno numerofa , per lo Tpazìo
di tre annii e tempo per tempo, e luogo per luogo fempre fecerli riftefle
eefe; non lafcìando però il Rofa di dare aliai tempo a ciò, che apparce-
nieva all' arte della pittura: e come altre volte abbiamo accennato» dai
bei pacfi e vedute» e da quanto fa vedere di bello ia natura in quelle parti,
. . Nn 4 : . .ftadiò.
5^ ^eetm. VSdeìh Pa¥h H dèiSèii 1K Mi 6^0. al 1 6^9.
Audio moke} can€(K^è'de'f6li disegni t fatti i^^
groflb volume. In pittura condufle una batfdgliar la quafe infieme con
efli dìfegiù , fi portò con fecoa Roma. Per li Maffeì fece di fua mano.aa
ricracto di (e ftefioj che poi jda' medefimi fu donato alla Cafii Seieniffima .
Colorì ale mie mafeherate in piccoli quadretti': fece loro un quadro del
Sacrifizio dì Àbelle: unodelia:Regin8<E{ler.con altriinolti^* e avendo.tin
Siorno data manoa fonare un gravicitnbalo» che per efier fatto da fDoeftro
i poco valezEo» dava di Ce fteflo un molto fcarfo ^godimento di armonia f
difle t Quello Aramento non vai nulla; ma voglio io accomodarlo per mo-
do , eh' e' vaglia non meno di cento feudi : e meflbfi a dipignere la caiTa
del medefimo, fecevi cofe degne di fuo pennello, e fra r altre una tefiadi
morto «che fu flimata oofa rara« Nella villa di Barbaìano, per entro di-
verfe ilanze» difégnò ailat ftoriette e figure fbpra le munti finsendot che
Joflero in quadri appiccati a certi chi«lir il tutto pero col lolo carbone
lumeggiato con- biacca o geffo. In qualfiiòffe di quei luoghi , ove egli £
J>ortava colla converiazione, era vificato dagli amici di nottra cittj^ ,: e ta-
orada i forefUeri, che di pafTaggio venivano od eila ; finché finalmente
deliberò di lafciare quelle parti » e metterfi in viaggio per Roma. La par-
tita del noftro pittore da quefta patria, ^ non potè fiat si, che ne'fooi con*
fidenti di qua» tutte ^perfone nelle buone arti di chiara fama, non. rima-
aiefie di-liii molto .viva la ricordanza; òndefa, che del contino vo fodergii
JcrittCilettere. da' medefimi» con dimoft razioni d'affetto e di ftima, tanto
maggiori, quanto che erarìmafo in eifi vivifllmo il defiderio di rivederlo,
almeno nelì' operò fue , non potendofi nella converfazione : e talora fu*
|rono accompagnate efle lettere con' varie poetiche compofizioni . Potrei
io .qui copiarne molte da'propr; originali ^. che io conlcrvo ap{M:eflb di
ine\^.cofa,.che per fuggir lunghezza io nonfi>» baftandomi faloil dare
Wia bix: ve notizia di alcuni di coloro , che fcrivevano» dico di Evangelifia
Torricelli, di Carlo Dati, di Francefco Rovai» di Andrea Cavalcanti,
di Giovambatifta Ricciardi, di Pier Salvetti , di Defiderio Montemagni,
diVoIunnio Bandinelli, poi Cardinale, di Bado Veldramini» di Già.
Filippo Appolloni ( ir ) , di Fra Riginaldo Scambati , del Dottore Lafagnini »
di Antonio Abati (^), e d'altri si fatti. E giaccfièparliamo di materia di
lettere, fcritte al Rofa da^li amici di Firenze e dello Stato; dirò ancora»
che altre molte lettere originali confervo pure io medefimò» fcrittegli da
altri le Eterati, e perfone di alto affare, da altre parti a Roma^ e della ftefla
città di Roma in Roma: fra le quali evvene del Cardinale Brancaccio, di
Niccolò Sagredò, del Conte Ermes Stampa» del Conte Carlo BemivogU,
Leporio, con altri . Venendo ora alle pitture
Roma:, che furono fenza numero; onde non potrebberfi notare fenza ec*
cedente
*i*i
(a) Filippa ApoUoni d" Arezzo ^ concertavét le fut poefie ébramutiche col Cefti
delta meiefima città yfamofo m^efiro di Cappella .
(h) tAntmo Abati (t Agabbio^ étut^rcdellc rrafcberic.
^ ::l SAtVATJOR ROSA. 569
cedente tedio del noftro lèttoni diremo» ootn'e negli nltitni anni di fiit
Tita fece il noflro pittore pei Marchefe Filippo Nerli la bella tavola , di
cui più avanti ci converrà parlare» dico quella de i Santi Cofimo e Da*
i miano» condannati alle fiamme » alla quale fu da eflb Nerli dato luogo nella
Tua Cappella in San Giovanni de' fiorentini : opera « che a parere degli in*
tendenti , forte fu la migliore » che in materia di^ figure grandi egli faceta mai.
I Era r anno 1671. qua(I<uUiaK> della vita di Salvatore» quando Marco
I Antonio Venerofi» Òperajo del Duomo di Fifa» mediarne gli ufizj fatti
a per lettere da Giovambatifta Ricciardi » ottenne ch'ei faceffe per quella
ti Cattedrale una pittura di fua mano» per la quale furongli pagati cento fcu*
i di Romani : e fu una figura di San Turpe» che poi fu collocata in fiiccia
i del piliftro d^lla navata di mezzo alla deftra mano» a fronte di un fimil
^ quadro di SantVAgnela» opera de' pennelli d'Andrea del Sarco» ove òggi
^ fi. vede. E^ il Santo dipinto in forma di Soldato» con armatura di ferro»
appò^iato ad un pilaftro finto di marmo: e in maiK). tiene la crocei^ in*»
legna delia città. Vede con gran diletto ogni pcrlbni» che da quelle no^
[ fire partì (è ne va alla città di Roma» nell'entrare che fa perla Porta Flam-^
minia o del Popolo» i due bei Tempietti » che appunto in faccia della me«
de/ima furono per ordine d* Alefiandro VII. edificati : de* quali aveva fatti
il Cavaliere Carlo Rainaldi duebelliflimì modelli» e anche i difegni» che
veggonfi andare per le ftampe » uno de* quali fu intagliato da Giovamba-;»
tifta Falda. Or lappiafi» che avanti» che venifie in mente di, quel Ponte-'
fice un così fanto penfiero» che anche si bene contribuì al decoro e va*
ghezza di quel pofto » a Salvator Rofa erane venuto un altro» ordinato pu«
ramente al comodo de* foreftieri» e fu : che gettare a terra alcune amiche
e male ordinate cafuccie» vi ii doveffero fabbricare due ofterie» affinchè in
prinaa giunta poceflè il pafleggiero » fenz*avere ad aggirarli per Roma pec
trovare i. pubblici alloggi» ove ricoverare fua perfona» e pofar lue robe v
fermarfi » per fubito dar principio a vedere la bella città tP i fanci^ luoghi»
Non erano ancora a gran fegno finite le fabbriche» che nel Pontificato di
Clemente X. il Rofa per defiderio di mettere fue opere in pubblico* pre^
gò il fuo grande amico Carlo de'Rofli» che volefie a fuo tempo comprare
in uno di elfi una Cappella» obbligandoli a dipignergliele per niente;
penso
dono delle Cappelle a diverfi fuoi amici negozianti : e cosi diedene una a*
Jacopo Monthione, una a Marco Vivaldo; una ad altro» di cui none* è
noto il nome: e una finalmente allo fieiTo Carlo de' Rofli» cioè quella de*
dicataal SantiifimoCrocififlu. Quegli per deliderto di. ornarla •fecondo I^
brame del già defunto amico «collocò in eflà Cappella cinque pitture» fatte
di propria mano del medefimo» cioè Daniele nel Lago de- leoni t Geremie
tirato fuori della Foda* la Refurrezione di Lazzaro» 1* Iftoria di Tubbia»
quando l'Angelo partendo dalla caGi di lui» fé ne va al Citalo» e una fi*,
gura di Crifto Rifurgeme : e volle» che in efla Cappella» a perpetua me*
noria dell* amico fuo» fodero fcritte lefeguenti parole:
Càrdias
570 Dec(mt.Kée/aPaftJ.MSéc.KMi64o.aii6sos
PiciHif éf* Mmkèiiét meuMT
Plurimh e téàuHs a àdfMmtt
SMfa depiais
Sln§s iiu imtr imefiicas bMimf
H§s Cbrifii fétieuiis fifWMs
Privaiis oè mmhis
PMic0m in I&ctm
ExpofmU.
tj4nno ^mini lójj.
A chi roleife poi dar notizia deli* alare moltiifiaie pitture t fittce dtl Rofii
ti Roifi $ troppo difficil coft farebbe ; giacché quelle folamemc » che
io vidi r anno 1681. nella fua cafa in Roma » dico figure grandi* bacca-
glie» paeG, marine, capricci» incantefimi e fimili » empievano una ben%
fpaxiofa pileria con altre fianzette : ficcome è flato dei tutto impoffibile
a noi il rintracciare » quante furono quelle più, che egli , dopo il fuo rìtoc*
no a Roma , fece a dìverli altri fuoi amici e perfone di ogni più alio ftatOi
fino air ultima fua malattia e mone ; la quale occorfe finalmente in efi
città di Roma» e in circofianze s) bene adattate alla fperanza di fua £aiute«
che abbiamo fiimaco noftro debito il proccurare di rinvenirne ogni più
minuto particolare , per dargli luogo a pubblica edificazione in quefiono*
firo racconto . A tale effetto dunque ricorreremo al Dottor Francefco
Baldovini , Sacerdote zelantiffimo , chiaro per dottrina non meno , che
pel talento di eroica poefia, oggi degniamo Piovano d^ Actiminot fiato
amiciffimo del Roia: a quello meo, alla cui carità e cordiale amore verfo
r amico, pare, che polTa dicfi, che fofie dalla Divina Clemenza raqccuDan*
data la redenzione all' ovile di quella per gran tempo errante^ (è. xum vo«
leflEmo dire del tutto (barrita pecorella. x4ò fu a noi inutile tale ricwfo;
conciofoflecofachè il Baldovini appena fentito. il noftro defiderìo, dopo
averci raccontato tutto il fuccefib, volle anche, cosi. da noi rìchiefto, e£cr*
citare fua bontà nel diftendercelo di propria mano, ed inviarcelo in unsi
fuft lettera, che è quella appuntò, che di parola in parola copieremoap«
preffb» ficuri di dover recare con efTo doppio godimento al noftro lettore,
dico in quanto tocca all' amenità dell* iftorìa , e alla graziola maniera con
che ci ha egli nella medefima ietterà portata tale notizia . Dice i^li dun*
que cosi ,*
LA hmà f cbe VS. fi è compiaciuM t mere in perfnaderfi^ cbe dn me le
pofià ejfer dato ragguaglio delle panicolariià, cèe accompagnarono F al*
iinia malattia e la morte di Salvator Rojfa , a cni mi tro^oai airefmie , mi oé^
bliga ad impiegarmi in fervirla nella ptù /incera e accurata forma . cbe potrà
derivare dalla mia fcarja e tenue abilitò . Lafcerò da parte H principio deifami-
cizia , contratta da me col me dx fimo in Firenze , e poi prpftgttita con più Jlret-
iezza neir avere io fatto pajfaggio a Rama: e mi farò a Mite^ come dòpo aver
fatta
-iSAZ^ATOR ROSA. 571
JèttMdim9^éAf^rib fitti fi^h/^o a/hfmiiH, eaidi in utté indiJittf/S-
nièwtp séti airi fMofi s/griMtef tfttnàMiom e (nnfitmanitmi a poc^ 0 fioco $
e rendindtmi inétiU ad ogni/ètica , ti Ì imelUtiù , come di corpo . Fatta pfr«
rìd prova di malti medici, mi eonfegnai in ttUimo alla cura i un tal Signor
Dojttor france/io T^tmm Bùtignefet cbcgiadicd it mia male prittcifìo d'idea^
fifiaf originatoda molte caàfeé ma partieolarmeéieda altani copìofi e fteqaen^
ti getti é Jkngae>f ptf jaali m fi erana in gran parte ripiene le itene tacqui t
ande applica tofi a medicarmi . in ir ève 'tempo mi fece ejptrimentare itjrutta
ebljho valore^ iidncendomi in iftato di non ordinario miglioramento. Si era in
$al eempo ammalato di febbre Salvator Rofa 9 edann pittore Brance/ejko ami^
€0 {per qàanio allora mi venne riferito ) era fiatò cotognata e inatto a beve^
re acqua in gran quantità , affine di eft ingner e f or dot febbrile r il cbe Vera^
mente gli forti » ma terminata la febbre, di tì a non molti giorni cominciò ié
apparirgli it ventre gonfio fuor di mifnra . Cominciavo io $ rràvtiiO alquanto di
farne ft a fin' qualche poco di viaggio , mediarne il quale condottomi alla cafa dèi
^efa, e racconta io il mio male% e la cara del meéUCo^ eglit cbe ne uvea cono^
Jj^enza # i' invogliò di fentire fiipra di fé il di lai parere : lo fé chiamare : ^
ittHfo daOe prime parole del medefimo, di efieré indaHiàtamente idropico % gli
damando, fi gli farebbe dato il cuore di rifanarlo. ^f^ofè il Penna, che sì^
fuanA il male non f offe fiato compUcaiOn ma fola e fempUee idropìfia. Rimef^
fifi perciò il Rofa nelle fue mani, fi diede principio al medicamento * Confifievà
Ouefio infei vafetti, il contenuto 'de" quali diceva ùrenderfi in fei mattine daU
f infermo . la prima mattina diede tal medicina al Rofa qùélcbe do/ore; lafb^
canda gliela accrebbe grandemente i la tèrza f apportò eccefiivò ed infòpporti»
èiie, dà che perdntofi S animo il Penna, diffe agli amici del Rofa & a mes .
cbe i tentativi dati in quei medicamento , mdfiravano , (he vi èra una durezza
afiimttiffima, cbe rendeva impoffibiiejlrefiituìre al Rofà la fa Ime: e cbe egli,
come monto onorata, ncm imendeva iufingarloy ma dirgli ta verità» e abbondo^
tiare la cura . Intanto gli orditi^ di non profeguire , e cbiefe tempo dì penfare
età altro rimedio . Tornò poi per due giorni a riveder lo , fenta parlare di medi-*
camenti: di che fi maravigliò, e fi mofirò grandemente alterato il Rofa. S^ain^
di è^ ebe perfìiafo dal medefimo a procurare di divertirfi^ & à non 0arfene sì
dnngamente in cafki rìfpofe: Mi dici , eh* io Vada fuori f non vedi cbe te sbri^
gogna i Da quefio preje ae/iramente motivo il Pentta di dichiarar fi, cbe non
^deva luogo a poterlo curare far iuna temente 9 cbe il male da lui fi credeva in^
fteptr abile i e perciò gli concede fé il de fi fiere dal medicar lo % per non ingannar '^ ,
io; cbe fapeva Iddio quale era per quèfio il fu^ rammarico; perocché aver ebbe
éromté cara la gloria di render la falute a lui. quanto alla perfona deWifie/fo
Vanteflce : e con sì fatte parale fi licenziò. Rimafe eSremamente attonito e
affiitto per tal nuova il Rofk, e come fé in quel punto gli fofje Hata intimata
veramente la morte, per due giorni interi e più non parla con alcuno . Diede
f9i in Jamenti ed in efager azioni , afegno che i f noi amici fé ne Supirono.
Io , cbe avevo acquiffata fico gran confidenza » un giorno ritrovandomi fole con
luì, e cominciando egli a lamentarfi, pigliai f occafione di dirgli, cbe era ca^
giane di gran maraviglia a ciafcbeduno 9 ilfentire, che un uomot il quale fi era
Je/njpre aoMrato ttelle fue meffme f^ezzasare deU fortuna e della vita > riafcifie
in pratica
572 Decèftn. VJdla Vm.h delSèà^. K Hall 6j^o.ali6^o.
in préiksppi me alno H ^nHIò, cbe fuori éel ikÉeMu/enfiÉCchm* A eie
fi^to alqeianio il RofaFefre^ eli fi $ rifpoftf mezzo ètu nofs ed imfoziemAx fi
een' altro Sahatarcj che queSofi vo^Ootere» tmoztoper mofirurt^ éefmtn
affili to di [peréto il fuo mttlef fi pigliò ttltro medico: e fu un tak d^Cmm, k
nte per avanti nen conofciuto. Qu^o gli oreM^ per rimedio^ ilkre #;»
enattina fei o oti once f ebejf ^ero »; di orina Jt uomo fiiOita: e g& applìcì
alle reni qttatahà di ranocchie divi fé in mezzo ^ trattentiudo l'infirmo mH
fordìdo ejìomacofo medicaménto • Vi fi accomodò U Rofai ma in vece di aki»
gerirfeii il mala^ fi aggravò di maniera > che dove tgli fé ne ftavaper co/ù^fk
di meftierot in rignardo della debolezza Alle forM e della gravezza del ventn^
porfi nel letto . CU amici frattanto cominciatiano a cénf altare il modo difmt
cbe egli Jpofa£e una donna Fiorentina , per marne Lucrezia 9 da lui per dtcm
ifanni tenuta in Ittogo di moglie 9 e di xki aveva avuti due figliuoli ^ ano im
Rofalvo 9 cbe mandato a Napoli , morì ivi di pefiet e f altro nominato Augufit,
eie allora era in età di f edici in diciaJJ'ette anni- ed in maniera diedero cuki
all'opera, cbe riufcì toro fare, che una fera, chiamato il ParroccHeno ^ ift
aOa donna il Rofa fanello matrimoniale . A ciò venne indotto il Rofa , non ttn*
co dalle perfutìfiye efficaci de' fuoiciHifidenti,^ guanto da un partieolar dcfièm
di falvare T anima fua f di cbe molte fettimane avanti aveva comincioto e m-
JSfrare premura , e ne tenne t^l coi fi deUafua infermiti molte volte meco ré-
gionamentoi anzi un giorno fi avanzò a ditmi, cbe temeva affai di dovtrpcr
derfip perchè era Boto più peccatore di quel cbe altri pò te ffè immaginarfi: eftfiì
ad interrogarmi t cbe prono ffico averci fatto di lui. Rifpofit cbe mi parevo, ck
e^U poteffif fperare datta Divina Mifericordia ogni piti profpero fuctejo % nem
fi vedeva » che la medefima^ con quella lunga malattia , era intenta a difiacctrh
dall'amore di quefia vita, ^ a purgarlo % e prepararle pel godimenti id-
C eternai cbe quella era la verga ^ colla quale per lo più il Divitto 9tfitrf
riduceva al fio ovile le pecoreUe più contumaci: e cbe anevo letto ^ i^ffi'
da perfine Jpirituali .cbe il pajfaggio aW altro mondo di molte anime i ItVfà
Iddto aveva voluto fahare ^ era fiato preceduto quajida lungbiffimi e ^wpffimt
mali . ^affondo poi a qualche maniera di meno feria confolazione ^ fi^^^^
cbe egli Sefji pur di buon* animo , perchè il fio nome medefimo era una cpttfttr*
ta caparra delia fia filute; cbe Salvatore e Dannato non facevano èmna t^fh
cordanza : e cbe non averci mai filmato pofiihile^ che il Signore Iddio evefeper-^
mefj'o al Demonio di firapazzare nell* Inferno ttno che poftaj/i tal nome» tif
poter dirgli nel percuoterlo e maltrattarlo : Piglia Salvatore . Sorrifi e dì H
JRofif e mi difie: Quefia tua reflejjìone mi piace ^ e mi è Hata d*un ^renf^l'
levamento . Si andava in quefio mentre sfigurando fimpre più lafuaficcit^it
accrefcendo il tumore del ventre i onde tra gli amici $ gelofi della fio filvezztt
fi cominciò a trattare di configliarlo a ricevere la Santi ffima Comuniont f eftnc
intraduffè con buona opportunità fico ildifcorfo » Non fi moffrò egli repagnentv*
folameme dijje% che aver ebbe voluto farlo % non in cafi^ nta aSa ChiefOf d^^
tra fìon molto tempo confidava di poter trasferirfij parendogli di migliorare qutU
cbe poco : e che non gli era aggrado quel tumulto efiufurrìo^ cbe farebbe Sati
nella contrada e nella vicinanza^ nelfarfi pei' la fua perfino tal funzione Sì
vollero addurre ragioni per fuperare un sì fatto o/laCMo ; ma p»cbò fi conobit^
ebecili
\
A •»• •- f ♦
:::iS4:LF:dT0R rosa. $73
t^e tjgU pia Ufié'f^ neJpfi§kf4w%fi.pafsòjf.fè9eSar J^uhrQ% rififhMdo/mU
p0riicòkrc a più ade^H4ta, co^ÌHUtura . Avvcmte intamo , che upcendo io dt
vi^i^rUp m' inamirai appunto # in chiuder t0 porta , nel Canonico da Scorno (a)^»
uomo 9 a e fai veniva eouceduia di poier parlare di chiunque fi f offe con ogni/òr^
U di iibertù.^ S^uefti in vedermi; Che fa Salvatore i mi dijfe: Sa male eb\
^ quefieffre mi trovai ad ima gran difputa ttelf anticamera di un Prelato^
& ilj>unto era : fé egli farebbe ^ato per morire Scif malico > Ugonotto > Calvini^
3ao Luterano. Miorira^ rifpofi^ quando a Oiopiauia% miglior Cattolico d'
fucili t che in tal marnerà ne par imo: e me ne. andai per la mia Srada. Tor
nato il dìfeguente a vederlo , e venutomi il taglio^ non potei refiller e ad unofii^
molo interno^ che mi cofirinfe a riferirgli /velatamente e fenza ambiguità p,
quanto mi aveva detto il Canonica. ìlA che egli non folamente non fi alterò i,
ma Sringeniofi nelle /palle y con un profondo fo/hìro rivoltò gli occhi al cielo • a,
di/fe ; Meritano afiai peggio i miei peccati^ Inai Sato alquanto infilenzio» con
voce placida mi foggiunfe\ Quando fi rifolve di darmi la Santa Comunione ì
E perchè^ io rifpofi, che in queihfi attendeva la fua comodità & ilfuo cenno ;
rijpofe, che era difpo/iìfftmo a riceverla ^ anche t fé f offe fiato poffihile > in quel_
punto . Fecifapere una talrifpofia a chi bifognava : e la mattina /eguente affai
per tempo ^ per quanto mi venne fignificato $ non avendo io potuto per la miti
poco buona d//pofizione effervi pre/ente % fu ammtnifiratQaW infermo il Santifii\
-mo Viatico ^ e ricevuto dal medefiptoeon ^mcfirazionì di riverenza e di divor
T^ane più che ordinaria • Tarve ,. che queSa medicina di P aradi fo , non fola-^
Piente re caffè nel Rofa giovamento all' anima ^ ma lo portale infieme al corpo t,
diminuendo quella noja e quella inquietudine » che per avanti non reflava d af^^
fiiggcrlo; onde è , che per quel poco di tempo$ che fopravvifpf y riufcì% così a^do^^
me/liei, come agli amici ^, difcreto fommamente e trattabile, fucilo ^ ^^^ gli,
recava qualche amarezza > era ti non avere più riveduto il Penna » dal giorno »
che egli da lui fi era licenziato. Quefii intanto per gittftìficare di aver bene
operato in non feguitare a curarlo 9 aveva formato un breve Confulto$ dove af^.
feriva, che il Rofa farebbe morto intorno al Plenilunio di quel me fé 0 delfit--
turo: che ne farebbe fiato cagione un trabocco di fangue* e che fi fi fife aper^
to gli fi farebbe trovata nella milza 0 nel fegato quella durezza % ette non la^
fciava campa di rifanarlo ad altro y che ad un miracolo. Neil' ej/er' egli venuto
a vifitarmi t come bene fpefio faceva , ^ avermi letto il contenuto dì tale ferita
tura 9 mi introdujfiio a dcfcrivergli l'afflizióne delRofUf per veder fi da mi to^.
talmente abbandonato', e lo pregai caldamente a voler vifitarlo almanco una voi*
ia ^fe non co ne medico » almeno come amico \ afficurandolot che ciò farebbe fiato
ricevuto ptr favore infieme e per carità . tAccon/entì egli ; e quella fera an^
dammo di conferva alla cafi di Salvatore 9 che /enti da una tal vi/la inefplicabi*
le cortfolazione . Era folita di veder fi fempre neW orine deW infermo una refiien^
za di materie di negrezza 9 uguale alla pece^ in fondo del vafo > io^e fi racco^
glievano . Snelle però di quel giorno non furono di tal condizione , anzi chiare
/opra modo » efinza deporre né anche piccola parte di quella nerafeparazìone;
fiche
( a ) Sopra qtteffo Canonico fece una mano di Sonetti Mò. il Conte da Monte
vecchio .
574 ^^^^»»- ^ ^^^ ^^'^- ^ ^l^f^ ^ «W I ^40, al 1 6$o .
^ riférìtofi al "Penna per femirèiàrnà 4pi»iéHe • fif^de lui iSvìertìi^ éda/^
€9 fé U difcorfo . Giififn marno • dopo tgere ufeiti ii enfi f imerregemdofn
/j0Mlfafe in ardine n ul cefa ilfno femimeneo . ttifpafe, cbe fnelh ernftgnn
di vicipiffitna marte : e replica pia vokff SntvnMt è morto $ Solvotore è infe^
fdinra; di ibe reS^ivwio imiti mol fodisfotti % ferendoci queUo non un htdizfo
4Ìi dijcapiio • ma di migtioramento > é^ avendolo anche giudieato tale il meduo
cbiontaìo dopo H Penna. La mattina dipoi % ohe fn aìli t5. di (Morto 1672.
giorno nel quale {fecondo cbe atiora Jl di£o) cadeva il Plenilunio, mi portai di
buon' ora aSa Cbiefa Nuova. Attefà la debolezza t di teffa e di forze, in cbe
mi ccfiituiva ìa mia indijpofizione j mi aveva P Emiwntiffimo Nini , a cui fer*
vivo di Segretario, efensaio dallo ferivere lettere: & io mi dtfpenfuw daWam*
ticameraf andaud9 ogni mattina alla /addetta Cbiefa ^ dove m^ impiegavo ìnfer^
viro a/cune mejfe alT A/tat e di San Filippo Neri » ^erfo di cui profeffavo parti*
color divozione. Nel tempo di ciafcuno facrifizio , fin da queW ota^ ebefi di-^
cbidrò infinhjbile ti male dclRofa^ porgevo al Santo calde e vive preghiere ^ afffn^
ehi m'impe trofie dal Signore {quando avejjè dovuto perire il Rofa di quella f«-
fermità ) di effèr prefente alpafiaggio^ per fowenirlo nel mighor modo , cbe mi
foffe flato pofibilc con qualcvo ufficio caritativo e criSiano , in quel tempo £
efiremo bi fogno . In quella mattina » fervi ta la prima CMtffii , e replicati gli ftefi
prrgbi » cominciai a jemire in me un' occulta violenza^ ibe mi aSringevm # Mr-
tbrmi '" e per cofa cb' io tentaffi per vincerla 9 non mi riufcìfuperorla ; onae ai
uno di quei Padri t cbe mi diceva f cbe già tra in punto la Mefia per P Altare
di San tilippo^ rifpofi: Per quefia mattina non poffo trattenermi fii4: è forza
cbe io ine ne vada ; fé potrò t tornerò pie al tordi . Vfcìto frettolofamcnte ^ cbie^
fa* m* incammini verfo il palazzo 9 nel quale avevo la mia abitazione , dove ap-
pena giunto fentii uno interno impulfo di trosferirmi^aUa co fa del Rofa , bencbi
non juffi mai fiato f olito é por tarmivi la mattina ^ ma di vifitarlo femprt verfi
la fera: e tale fu lofiimolo^ cbe ancorcbè il Coppiere di Sua Eminenza mi Ji^
ceffi f cbe io non mi partii in maniera akuna, perchè era necefiario fervire i l
Padrone neU* incontro, cbe fi doveva fare a due Cardinali ^ cbe erano in quella
mattina da lui convitati; rifpofi^ cbe farei ritornato prontamente » ma cbe il
non andare non era pofftbilex e mi ppfi f pedi temerne in cammino • Giunto alla
cafa del Tlofa » mi }m aperta la porta da AuguSo fuo figliuolo, con dirmi ^ che
vi erano buone nuove > efiendofi atfno Signor padre rotta la pofiema, cbe fecon^
do il detto del medito aveva fui petto ; di cbe era indizio qualche tintura di
fangue , cbe da effb unita allo fputo , veniva frequentemente mandata fuori .
Mi tìirbai a tale anpifo: e f alito prontofuentc aUa camera , ritrovai il Rofa , cbe
fi andava inquietamente agitando pel letto , e domandando al Signore ajuto
efòccorfò. Lo ricbieft^ come fi fèvtiffe . Male* mi rifpofi: ho tale anguffia nel
petto f cbe mi pare difentirmi Srin^ere dalla mano detta morte. Animo , animo
{glidiffi) non bifogna lafciarfi vincere dall' apprenfione • Eb cV io mi vedo mor*
to ( replicò egli) ma faccia pure il Signore Iddio di me ciò cbe vuo!e, perchè
non allontani da me la /uà Mifericordia . Comparve in quello il medico Catania
il quale uUa non afpettata novità rimafe quafi cbe immobile. Mentre egli così
fé ne fi uva ofjtrvando il Ttofo^ cbe non potendo più fture netta pofitura. in cbe
era prima, fi era recato a fedei e fulìa fponda del Ictto.fqfienuto dalla confcrte
a da al*
\
SALVATOR ROSA. $75
f da •kt/i iemté iUcs/k. la mlfi dà qmUé ptrpkfità^ cmbiceniolo catwfi
deUé md$0ri09€befyuimmfinfsfm$^mléog0 dm^imaperi0> egli éiffix Signwt
DaiivrCf §siefio è /angue vivo: the aa/k ne dieeì Non negindkherei male 9 mi
rijpafe iu^ia cm/afai. ma ^kke:fineapit cbt Vaecampagna% mi fa temere. Me
n' a^i aBera sd Mo/a^ e gii ^t cbefaeegè agni sforza per meindarfifori fnel
cba aueva nel pei fa i ma egli mi moSrò di m^m aver 4fmafi più forza per rtfpi^
rare. VqÙì rivolgermi al medie»; ma qièejli^fowza dir eofa (Ocana /foBeciuh
mente fi era partito . Vedtètom in tal cafo^cbiamai il figliuola del Rofa^ egfimé
pofi di andare a vola pel Parracebiana. con P OHo Sana»: Mi ritornato off iwh
forma % ette perduta la favella, e abiandonatofi falle braccia di cbi lo reggeva^
davafeguo » cbe poco gli avanzava di vita% non mancai ^ nella migliar forma
che feppiy di fimmint/lrargii fuei ricordi, cbe/ono pia proporT^onati a tale opi
portmUtà. Venuto il Sacerdote con P Efirema Unzione , lo pregai > cbefiaffref^
tajlpt, come fece p in tal mini fterto: per tmta la durata del quale tenni umcau^
dei^tt^ a^cefa pegola bocca del Rafa , per vedere quando gU mancava tataimem*
teUrefpiroi e parva cbe quafi aduna fie^o temuo mieffero termine la vitata
Salvatore e Ut Santa funzione. Subito fogni ta tu morte % fi avvisò il Penmt,
ti quale venne ad aprire il cadeveroi & aperta mi medefima tempo ilfuo Con*
fulto » mofitb y cbe non fi era ingauama nel tempo, nelP accidente del f angue t
a neUa durezza^ cbefuppmevur ht quak era nelfegato^ di tal forte i cbe i ra^
fair cbe adoperarono^' dividerlo^ vi perderona if taglia . Ajggiu^to poi e ve^
Mito il cadaverOf fu portato di noate tempo in Santa ftMaria degU Angeli i dova
fiera di già Scboarato ilfbfa di ttolere cffer fepoko : <$• efp^o la otafiina [e^
gttente in quella Cbrefa, cepertadun lugubre e maefiofo apparato t dopala ce*
iebrazione di. ben numerofi SacrijSzj ^ gli fu data fepoltura . Eccole fuaafo mi è
riufcito di raccogliere dalla mia debole e fiacca memoria t d^pa lo/path di amai
ventuno r eòe tanti appunto ne fan ir af cor fi fin quif dal giorno deU^noarta
dei A^fa . U opera non è: d akunpregio'z fpere con tmto c/d»> cif eOa fia per
gradirla 9 ahnena come parto deSanda obbedienza ef fuor cenai ^ e per af'gomon^
fare qtmf vigore fieno per aver quoBi approfior di me nette occafioni ài fervire
al fuor mer ite* tutte le volte ^ cbe il talento di fior h rì^f^^da 4W ambizione ^ che
ne profeta • Erefiu intanto vivamente rajjegnandomi
t^timina %. ArpiU itf 513 .
Dévotiffima Servidore
Prancefcff Bakkvini .
Tale duTiqae £a ti tehsine delia vita del noftro artefice, il Còrfo della
quale f co' più principali acicidsmi degli ftati e delle fortune foe, ci fiamo
ingegnaci di portar tùt\ oaaftcr noftco racconto . Convierte óra» che aku-^
nel fuo convertire appartiene Ne ii maravigli il mio leceore , fé io nel
portar, che farò fuoi detti e fatti , affine di accoftarmi più al vero, e cosi
di rencf^ergh più aggradevolì » mi fervirò talora di quelle voci e di quei
modi di pronunziare » -che nel famigliar difcotfo furon p^'oprj fuoi nella
lua ma-
157^ Decenti. V. della? art. L delSec, V. dal 1 540. al 1 6$o.
f uà materna lingua Napoletana; confiderando efler quèfto flato coiftame^
ufato dagli antichi ottimi mteftri di noftra favella (^r ), in quei luoghi par-
ticolarmente» ove cofe amene e piacevoli ei tolfero a rapprefentare . E prU
mieramente non pare, che redi in dubbiò fra g)' intendenti, che Salvato-
re fia (lato veramente, di quanti abbiano fin qui operato , il più fingolare in
materia di paefi:. e quando non fe gli potefle attribuire altro pregio di fin-
Jplarità f. varrebbe queflio per molti, d'eflere egli ftato il primo, che abbit
aputo ritrovare le tinte , per far vedere in pittura rapprefentate le varie
apparenze di colore, che fa T acqua, tocca da qualiifia difjpoCzione dì lu-
ce, o in mare, o corrente ne' fiumi, o da alto cadente, o ftagnante oe* la*
ghi e luoghi paludofi, efpofta e fcoperta.o pure abatti mencata per frappo-
fizione di corpi folidi, dico di fabbriche, di mafli, d'alberi e d* erbe, o
safcofa e incavernata, fra dirupi o voragini, con tale naturalezza e veri*
tal che è proprio uno ftupore. Né minor gloria di lui fi è Teflere flato,
ad efemplo del gran Tiziano, il tignere de*(uoi paefi, condotto con una
macchia tutta dolcezza'» a fomiglianza del vero, neli* univerfale dell* arie»
maflime ne' lontani, i quali con mirabile artifizio di un vaghifiimo impa^^
fio e accordamento , e con certe velature , ieppe far comparire per mo*
do, che pare, ch'elle fcuoprano, non pure coli' ajuto degli sbactimend
maggiori o minori, che fanno i fi)Iidi, ma collo fiefib lor colorito, Tore
più principali del giorno; fiano dell'aurora, o dalla levata, o del mer^^fo,
o pure da fera , cofe tutte , che furono veramente proprie fue, più che di
ogni altro. Se poi fi riguardano le fue marine, ì fuoi navili, con gì' infini-
ti nautici arneti, il modo d'imitare piani ,- monti, fcogli, tronchi, albe-
ri, e frappe, vicine e lontane, e la vagaé ingegnofà maniera, colla quale
egli fu Iblico accompagnare le piccole figure in azioni e getti, accomodati
a quel eh* ei volle, che rapprefentafie.il quadro , non pare , che poÀ
più dcfìdcrarfi da qualfiGa pennello « Non iàpiei già, che dirmi, men-
tre io mi volcafli a parlare delle fae iflorie e figure grandi, nelle quali
volle egli , che fi credefie per ognuno , che condftefi'e il più forte del
fuo pennello; t&lmentechè facendo, per cosi dire , granxorto al cielo ^
che avevalo fatto tanto fingolare nel diptgnere l'altre cofe, che dette ab-
biamo pure ora; osò bei)e fpefib affermare efler quefio, dico, il fate le
grandi figure il fuo mefiiero, e non quello, replico, eh' io non faprei,
che dirmi di elTe fue grandi figure: le quali, concioffiacofachè fcuoprano
in loro fteflè bella e poetica invenzione, rapprefentazioni bizzarre, gran
franchezza di tocco, colorito frefco, arie di tefie giudiziofamente fcelte
per adattarle a i fuggetti rapprefentati, con altre apprezzabili qualitadi,
e quantunque fianfi vendute a prezzi ^Itifiimi , contuttociò non giunfero
a parere
(a) G/V. Vili. neUa morte di Carlo l ^ Angiò f f rateilo di San Luigia cbefu Re
dì Napoli e di Sicilia t ove in materna lingua Jo fa ricorrere a Dio . Simile
vieme in CaSruccio^ che fa parlare in lingua Luccbefe . Gh. Bocc. in più
luoghi nelle Novelle , ufando voci Veneziane , e talora in gergo Fioren-
tino, 0 Battilanefco^ e anche Contadinefcbe , nella Novella della Btlfiore efi-^
miji.
SALVATOR «OS^. 577
•
ft pÈttHb degP intendenti , a quel fegno di bontà » che egli fi diede a cre-
dere s né punto accordaronfi nel colorito» col fare de' gran mae(ki , ftatt net
p^to e nel prefente fecolo nella noftra Italia. Eflb però, come quegli»
che fenza nulla» o con poco vedere il naturale» facevate in forza della
gran pratica» ch'egli s'era acquiftata nel maneggiare il pennello» fiifece
una maniera propria » bizzarra sì » ma non vera . Egli , ciò non ottante $ gìun«
fé a tale in quefto concetto di fé fteflb > che foefle vdte fece opere grandi
e faticofiffime per alcuni» fol perchè gliele chiedevano con anfieci» mo*
Arando quali di darfi a credere» che in efie folamente confifteflè il valore
dì lui. Teftimonio è di quello V altre volte nominato Francefco Cordi-
ni 9 al quale» non tanto a titolo di Oretta amicizia » quanto in cònGdenK
zio ne di unafimile fua chieda, fece il gran quadro del FìlofofOf con tutti
gli altri che detti abbiamo . Né debbo io in tal propofito tralafciare di di«^
re» come fi trovava in Roma il Priore Francelco Xmenes Fiorentino»
Signore di Saturnia, giovane» il quale in quella frefca età già aveva dato
luogo nell'animo fuo all'amore» ed alla pratica eziandio di ogni Cavaliere-
fca difciplina» e non folamente fi era fatto grande amico dell'arte della pic^
tura, ma per proprio divertimento» anche operava di paefi . Quefti cfefi*
derofo di vedere il nofiro pittore , e le belle opere Tue » fi portò un giorno
alla fuacafk» conducendo con eflb feco Onorio Marinari Fiorentino » oggi
chiaro pittore, fenza però per tale palefarlo . Il Rofa molto gradì la vuta
del dilettante amico; ma in vece di appagare ftro defiderio nella villa dcf
fuoi paefi, gli fece vedere gran numero di quadri di gran fipure» e al Pirio*-
re» che pure faceva inflanza divedere paefi» rifpofes Sappiate» ch'io non
fo far paefi ; fb ben fare le figure » le quali io procuro » che fian vedute da^
gli fludiofi dell' arte» e da perfonedi ottimo gufto, come voi fete, per cà^
vare una volta del capo alla gente quefto fantaftico umore , che io uà pit«-
core da paefi» non da figure . Tanto è vero, dico io » finalmente » che ogm
nomo nel proprio ienfo talora sì fattamente abbonda» che non poche voK
te» a fuo gran danno, fé ftefiTo inganna.
Per io fleflb fine d'acquiftar concetto in fimile qualità di pittura» Il
pofe ad intagliare all'iicqua forte più quadri da fé dipinti, dandogli fuori
con ahre Tue invenzioni per ifiorie grandi» in numero di carte i le quaK
veramente pel ber tocco» e per l'accompagnatura, ch'eli' hanno in fé» di
alberi e tronchi maravigliofi, fono fiate di grande utilità a'profeflbri. Né
io (lo qui a far di efie nota particolare, per non tagliare il filo del mio rac*
conto: cofa» che io non lafcerò di &rò, terminato ch'egli fia.
Ma prima di partirci dalla materia» che al difcorrere dell'arte di Salva^
core appartiene, ta di meftieri alcune cofe dire. Primieramente ebbe egli
non ordinaria facilità nel difegnare» tanto con matita le fue invenzioni di
florie e figure» quanto con penna ogni fotta di vedute, di campagne e di
paefi • per ;prova di che badano i difegni , che legati in un volume in nu*
mero di ottanta, conferva in fua Galleria l'altre volte nominato Marche-
fé Donato Maria Guadagni « tnfieme con altri dieci difcgni in quadretti»
contenenti alcuni de' fatti degli antichi filofofi, che fi veggono di mano del
pittore medcfinio intugliati, è più alberi e paefi veramente btUifiimì, .oltre
O o a più tette
\
578 Decerm, V. della Pari. I. delSec^ K dah6/^o. ah 6$q.
n più celie futte di caricatura» o come noi fogliamo dire f di colpi ctrica-
ti: nella quale bizzarrìflìma facoltà fu per cerco il Roraipiria>fiinnu):eQut&L,
jnfieme con alcri difegni di lui» tiene lo fteflb Marche(e nel Pala^zodelfuo
giardino da Santo Ambrogio. Usò talora il Rofa di vaLcrii di fuo meftieie,
non unto coir efercizio delle caricature» quanto collaj>itcura{le{ra, (e non
vogliamo dire 9 per altrui dileggiare ( mettendo in fatira la pittura) affine
di mortificare taluno» che a luo parere per troppa petulanza fel foflfecl^
ritato ; fcoprendo per tal modo» che può dirli poco difcreto e caritativo
Terrore di (uo intelletto. In tal propodco molto potrebbe dlrfi; mn
me bada alcuna cola folamence accennarne. Era in quei tempi in Firen*
ze un' albergatricc I chiamata AnnaCiaetana» che facev^a albergo dalle Fari-
ne : donna di leflint'anni in circa» altrettanto brutta di volto» quanto fpi-
xitofa» vivace» e taconda ne' fuoi difcorfi ; tantoché coli' occafione di vifiu
di Cavalieri Oltramontani , che fi fermavano in quel fuo albergo, moki
.Gentiluomini Fiorentini fi trattenevano con efla in ragionamenti ameni e
curioli. Fra gli altri» a'quaìi occorfe il trovarvifi più volte infialili con-
giunture, fu Salvatore, il quale (1 vedde cosi fpeHTo importunato da coil«
di fare il fuo ritratto al naturale, che finalmente fi dichiarò di volerla coo-
.tentarc; e andò così la bifogna. CondulTe egli un giorno all'albergo m
tela da Imperatore , con quanto occorreva per la pittura: poi dmealli
donna: Orsù, io ho dcliberatoldi fervirvi 'ìì\ quanto defiderate dame; eoa
^uefto patto però, che io, per nondiftrarre la mia mente dal lavoro, vo-
glio» che voi diate qui a federe fenza punto muovervi di luogo» intanto
ch'io abbia finita l'opera mia; e fé voi lafcerete di ciò fare» lafceròiodi
dipignere . Ma quanto llarete voi, difle la donna? Benfapete, che treors
iltme>>o, rifpofe il Rofa; di che la donna fu ben contenta, Allora acco-
modata» eh' egli ebbe al poAo 1' aibergatrice » alquanto dietro a ^^^
della tela, cominciò, la fua pittura» la quale io tre ore appunto lafcioP^
^nica. S^ alzò la donna tutta defiofa di vedere il fuo bel vifo;evidde
nel quadro V effigie di un pellegrino biante vecchio , e con quafi un brac-
cio di barba» dico un volto il piti irfuto» il più brutto, che veder iìFj
tede mài . La femmina a quella vifta diede nelle più alte efcandefcenzedel
mondo: e con quel fuo linguacciuto ardire difle contra il Rofacofettop-
po.curiofe Egh allora voltatoti alla donna» cosi parlò; Orsù, voi ti do*
Jetedi me , quafi che io v'abbia fatto un brutto viu)» ma fi chiami agiudj-
zio ognuno» chi ben vi conofccj e fé alcuno fi trova cosi privo dicervel-
lo, che non dica» che quefto, che a voi pare s\ brutto moltaccio» à^i^^}
Junga più belio del voftro non fia» io dirò, che v* avete ragione a dolervi.
M donna tanto più confufa fi rimafe» ma perchè il quadro in fua apparen*
te bruttezza ivon lafciava di efiere un opera molto bella, ella ebbe p*^
bene di mettere la co fa in i(cherzo» e pigliarfi il quadro, e molto carol^
tenne» finch*ella vifié: e dopo fua morte fu il medefimo da' fuoi credi
fenduto a gran prezzo. Aveva il Rofa dato luogo nella fua aiuiciziat^
anche nella bslla conveiiazione di qua, ad unaaiui civile perlbni« p^^'^
comodo, che canto efib, quanto la converfazione medefima ne ritrdvvai
nel provvedere eh' ci faceva a i fimpofii e agli altri bei tratteiiimenu»
concioliw-
n
SALVATORTtOSA. 579
concioflTflCofachè quefto tale fofle uri molto amorofo e ferviziàto ooìno:.
e anche perchè» portandoii egli in ogni fuo affare molto alla femplicei fa-%
cilmente fi lafciava indurre a credere affai cofe » dette talora per mero fchef'ì-
zo: di che il pittore fi prehdea qualche fpaflb: ama vaio egli però molto
per la Tua bontà > e talora gli faceva regali di fue pitture, che valevano noA
poco. Seguita, che fu la partenza del Rofa da a uefte i>arci , quel buon uo*
mo con fua lettera inviatagli a Roma, dopo le lolite cirimonie, il pregò»
a volergli fate fino al numero di quattro quadri» equa mandarglieli per me«
moria di fé . Salvadore al fencire, che fece una tale propofizione , fé ne rife:
e poi rifpofe all'amico, che prontamente averebbelo fervìto^ anziché gli
ftce intendere, che in tale determirrato giorno, efli quadri, belli e fìuitit
per mezzo del procaccio farebbero (lati a fua difpofizione in quefta doga-
na; e fubito con altre fue fcritte al Dati, al Cavalcanti, e ad altri genti-^
luomini fuoiconfìdentiffimi, diede conto del feguico, cioè della poco pru-
dente inchieftadi quél tale, ch'eì credeva procedere non da altro, fé noa
dal penfare, ch'ei faceflei fuoi ouadri colla (lampa, e per dargli via a doz-*
zine o a ferque, come fi fa dell' uova o delle pere-, doveflero però tutti
procurare di trovarli con quefto tale nel prefcritto giorno in dogana, fìn«
gendo altro affare, perchè averebber veduta cofa curiofa. L'amico ìntan»
to avuta la promeffa del Rofa, andava con giubbilo più che ordinario, mo«
ftrando la lettera di lui a tuttti quei della converfazione : e |li pareva ogno-
ra mill'anni, che giugneflè quel giorno , nel quale i quadri do veano com-
parire; e frattanto faceva invito in fua bottega per quel dì, a vedere fcaf^
lare efii quadri. Fallarono i tempi prefi dal Rofa per l'effettuazione della
promefià: e nel giorno dptej^mìnato fu la cafla in quefta dogana. Coli (i
portò l'amico, dove per deiio di vederla aprire già erano arrivati i genti*
juomini; ma non fu loro poffibile V ottenere V intento, perchè egli dopo
averne pagata la gabella, come d' opere del Rofa, che però non fu piccola^
volle, che fi portaffe la caffa in bottega fua, ove egli aveva fatto l'invito »
Inviaronfi dunque tutti a quella volta: fi trailer fuori i quadri: e con in«
finita confiifione di quel pò ver' uomo, fi trovò, che il Rofa, in quattro
belle tele, aveva fatti dipigaere quattro fantocci , da quattro Fiorentini
Gentiluomini, che allora abitavano in Roma, e frequentavano fua ftanza,
i quali non avevan mai difegnato, né tocchi i pennelli, ne calori ; fioche
non altro ave van fatto comparire di lor fattura, fé non alcune informiffi*
me macchiacce» e al più quanto potea far conofcere « edere fiata loro in-*
tenzjone di rapprefentare uomini , e non beftie . Fatto in vero bizzarro sìt
ma, come io diffi a principio, non punto dìfci^to.
Dì pochi,odiniunode' pittori, che furono avanti, e dopo di lui, o ne*
Tuoi tempi, io ritrovo, che poffadirfi, cheavéffero tenuta in credito l'arte»
quanto egli fece, particolarmente , dopo che egli ebbefentito il grido, che
correva de'l'uoi pennelii , che fu ben pretto . E primieramente non volle mai.
pigliar caparra d'alcuna forta per fue opere: e quello non pure per ferbarfi la
libertà di difporre de' fuoi quadri , 9 mifura del trattamento , eh* ei ne fofle
per ricavare più o meno onorevole; ma eziandio per non rendere fchiava
h iua volontà e virtù nel dar fine prima ad uno, che ad un altro fuo bel
O o a penfiero.
f 8o Decettn. V. dtliq Pan. L delSec. V. iah 640. di6^o.
penCero, col timore di noa mancar^ a* food doveri. Niuno f u m&i , che
pocelTe con eflb accordarne prezzo decerminaco » prima che facci foflbto : e
dava di ciò una molco ingegnofa ragione; cioè di non pòcere egli comaih
dare al Tuo pennello» che facefle opere^ che non valenèro fé non canto ick
però, quando le a,vejQefactej avrebbe data loro quella ftinia» che dlefime-
ritalTero: e poi avrebbe rilnefib all'arbicrio dell'amico il pigliarle o lafcìar-
le . Egli però, in ciò fare giocava ficuro» perchè avendo (trecca la grande
amicizia» che decca abbiamo » con Carlo de*. Rolli t parzialiffimo delle cole
fue » quando a vea facci i quadri » dava loro il prezzo : e non trovando chi pec
tanco.gll voleflcf alla per fine gli dava ad eiTo; e così folteneva egli igraa
prezzi; onde avveniva» che a chi volea Tuoi quadri t bifognava pagargli
quel ch^e' voleva; eflèndo folico a dire, parcicolarmente nell'ulcimo tem-
po » che ornai ricactar fi yoleva di quei canci, ch'egli aveva facii in più
gtovenile ecà* i quali a gran facica gli erano ftaci pagaci tre e quattro dobie
per ciafcuno» che poco dipoi avea veduti vendere vencicinque e trenu.
£ una volita, in cai propolico, force rìprefe Gio. Grifolfi da Milano amico
fuo» piccore, che riufcì mirabile indipignereprofpeccive con piccole figu«
re » pel poco prezzo a che le dava; dicendogli; Ricordaci, Giovannii
che in quello genere di pttcura, cu fei in Roma e fuor di Roma il jprimOf
tantoché egli (ubico ne raddoppiò il prezzo . Non ebbe però, il Flou f<^^*
pre queda aeceflità d'imporre egli fteiTo alle proprie pitture i gninftezzi
accennati-, conciofliacofachè a abbaccelTe egli talora in perfone di alcoif'
fare, e generofe moico» che prevennero lafua dima, con dargli ""^ ^'
neamence più di quello , ch'egli avelie faputo domandare^ e ciò fé
tìcplarjnente, quando ilConteftabile Colonna, defideoofo d^avecdue _
di paeii: e figure, che egli aveva appunto finiti, gliele tnandb a cbiederer
qonfegnando al mandato un'ordine di propria mano fcritto, e fottofcrit-
to pel Molate di Pietà , colla fomma però in bianco, facendo ordinare a lof,
che il. riemi>ìeffe a fuo modo . Il Rofa allora allora mandò a quel Principe
i due quadri iniieme coU' ordine » con dire non efler parte fua il porre la
mano, onde T avea levata Sua Eccellenza: figodefTeperò i quadri r^P^^
qnorario gli mandafie quanto ad efib fofie paruto e piaciuto. Il Principe
ciò udito, e dato che egli ebbe onorevole luogo alfe pitture, mantlòftl
%qÙl un regalo di dugento doble . Non men degno di memoria fi è, ^^^'
io gli occorfe col Marchefc Filippo Nerli, ad infianza di cui aveva egli
dipinta la tavola foprannotata per T Altare di San Gioranrà de' Fiorenti-
ni ; e fu , che gli mandò quel magnanimo Cavaliere per onorario mille do^
caci: a cui il Rofa rimandò indiecro cenco doble, mail Marchefe fubico
le rendè aJ mandaco, con ordinargli di riporcarle onde vennero, e dire al
Rofa , che in quefto corcefe contrailo voleva egli rimanere vincitore.
Quefio però non gli pocè riufcire, perchè il piccore per allora cede il caoj;
pò, e pre fé le doble; ma dopo alcun cempo mandò a donare al Marchete
due de'fuoi quadri in cela da Imperadore. Fu ufo ordinario di Salvatore»
il non richiedere prezzo decerminaco de' quadri piccoli \ ma fé fi vedet
craccato bene , l'amico pocea un' alerà volta comare alla fua danza; al^'
menci , rimaneva per cifo la fperanza d* averne altii finita per fempre.
Àvca pero
SALVATOR ROSA. 581
AvM ptrò egli poco t grtdoi che perfoue gnndi e éi ftnboeelievQle tkr
chezle» «vendo veduti i ftioi quadri , de* quali aveva icmpre piem itfianr
aa, fi gectaflero a i quadri piccoli» lafciaiulo i grandi re una vòka aveià-
doli inoftraii tutti ad un ricotiiffioio Porporato » fenteftdofi mter rogare ia-
pra il valore di alcuni paefetti» nuli^ altro rifpoie fk non: Sempre voglio^
no li paefi piccoli, fempre fempre li paefi piccoli; onde il perfonaggio
domandogli cjual doveflc eflere il prezzo di un altro molto grandt ; e
ilRofa a lui rirpofe : Di chifib ne i^lio no n^glione: e qm ebbe fine
la vifta de' quadri, e la vifita di quel Prelato. Fu anche folito il Ro(a di
fiir fiire ad ogni fua pittura 1* adornamento, cofa rare volte udita da me»
I d'altri pittori, né volle, che alcuna mai ne fiofiè ienz'efib veduta» ricor-
^ devote torfe del verfo dell' Arìoflo, che <)ice : -
i Che molto crcfie una beltà un tei nutnt^.
E' però vero, che nel vendere i quadri era il primo patto, che Padorna*
I mento doveflfe rimanere nella fua ftanza. In tal propofito era folito dire»
che r adornamento era alle pitture un gran ruffiano, Guardafle poi il
t cielo colui, mafliime fé fofie ftato danarofo affai , che aveffe voluto con
I tKo^ Come noi fogliamo dire, ftiracchiare; perchè ofTendendofene egH
I molto, gli dava rifpofie tafi, quali appunto gU fuggeriva lo fdegno, fen-
I %a aver riguardo a fiato o a qualità di perfona : e fra i molti cau , che in
I tal propodto potrei addurre, racconterò il feguente, non già perchè io
treda , che egli fia né punto né poco plaufibtle o imitabile da chi fi fia ot-
timo virtuofo, ma folo per fare noto il fatto del noifaro pittore. Venne
un giorno a vedere fua ftanza un Cavaliere, che per- quanto egli fteflò»
in occafione di familiare difcorfo, difiè al Rofa » non avea careftta di quat-
tordicimila feudi d' entrata: e averido adocchiato un grande e belliflìiao
paefe» dopo averlo lodato a gran fegno, volle fapere quanto gli fofie Ita*
to per cofiare » quando egli ii foflfe rifolutodi efllerne compratore. Rifpofe
il Kofa» che non meno Ui dugento feudi. Oimè, difle il Cavaliere, que-
llo è troppo gran prezzo; ma noi averemo campo di rivederci, e foche
Voi me lo lafcerete per meno affai . Salvatore per allora nulla diffe ; ma eflen-
dofi dopo brevi giorni di nuovo portatoli gentiluomo alla fua fianza, tor-
nò a domandargli del prezzo di quell'opera*: a cui rifpofe Salvatore» che
trecento feudi , e non meno . Vo* Signoria vuol meco fcherzare , diffe
quel tale; ma io penfo bene » che poi faremo i^ accordo; e.fi mefle al fuo
folito in fulie Iodi del qoadro,- quindi per la tersa volta il richiefe del
prezzo. Allora il pittore accomodatofi in certo pofto affai foftenuto , difle:
Quattrocento feudi fono il fuo prea^DO; anzi fappi^te, che ad ogni inter-
rogazione che me ne farete, crefceiù il valore dell opera mia cento feudi di
più; ma per levarvi di penilero di avermene più a domandare, e per farvi
conofcere voftra ftringatezza , voglio ora » che veggìate » che con tutti i voftri
quattordicimila feudi d^entrata, voi non fete abile a comprare uno dermici
quadri : edifcoffatofi alquanto dtlla tela, con impetuoia maniera, fi aliati*
ciò contro alla medefima col capo, colle ginocchia • e colte mani» e tutta
la sfondò. Penfi qui ognuno quale rimafe allora colui . Ben poteva quefto
artetice diftruggere talora qualche fua beHa fatica; imperciocché egli fu sì
Oo 3 veloce
58 a Deceek V, 2elh ?àìft:i del Sii. V. Mi 540. aii 6 so.
\
Yèloco nel ffianeggiareil penneHof che nel tempo di un (bl giorno &
irò beiie fpefiò a dar xnrìncipio e fine adi un quaoro di non ittediocre gran*
•dezsa ; onde quantunque egli foile fcliito di. non. toccar colori, fé non ne
i tre mefi della ftagione più calda» ne' quali veniva egli quali f^izaM a ftai-
iene incafa; contmctociòcondulTe, come ognun fa, opere» percoli dire t
infinite. Movcvaìo anche a riferbare fua applicazione a dipignere.fola*
mente a quei tempi» non tanto il gcan prurito» che egli ebbe Tempre ne-
SU flud) di poefia» alla quale dedicava quali tutto fé ùfiffoj quanto il deft^.
erio, che egli aveva di veder fermo il fuo penfieix> in fuUe tele knu
fluel divertimento o didraKÌoiie ». che fuol cagionare al pittore lo fpc^o
levar la mano dall'opera» con debito di ritornarvi poi fopra» dopo qual*
che tempo. Ma giacché parliamo del fuo dipignere» è anche da notarfi»
che per molto» che egli lleffe fermo al lavoro» nefluno vi fu mai de' prò-
feflbri di pittura» toltone Bartolommeo f uo difcepolo » che potefle vannrfi
dì averlo veduto dipignere» o che a tale effetto avelTe ardito d'inoUrarfi,
/ove egli era folito di operare^ Negli «lUimi anni non difegnava mai alcu-
na co£i dal naturale; mi folamente ollèrvava afiài » e coniervando il ve»
.duto nella fua tenacifiimafantafia^ lo metteva in opera felicemente. Te-
neva egli però per encro la fua ben ehiufa (lanza.un chiariiCmo fpecchio»
di grandezza di pili che mezz'uomo» davanti a cui fi metteva a formare at-
titudini colia propria perfona» e talora a comporre o fcomporrela propria
faccia > per quivi interamente cavare , o pofiture» o aaionl»o affetti» fecon-
.do ciò » che richiedjeva fuo bifogno .
Venendo ora a parlijre del coflume di Salvatore» in quello^ che al-
l'Invenzione appartiene » pofiiamp dìr^». ch'egli ne fo copiofiflimo» tanto
in paei^» battaglie » porti» e marine, incant^umi» arie notturne , e fimilì
altri capricci; quanto nelle figure grandi e piccole» le quali fempredìfpa-
fé a feconda del fuo bel genio poetico» per la lunga lettura» ch'egli ave-
va fatta de' buoni libri i e (èguendo l' inftinto del luo naturale vivaciffimo
spirito: e guai a colui, che foffé mai Qato ardito di volergli Comininiftra-
re penfieri» o preferi vere mqdi di ordinare fue invenzioni. In finiili caii
foleva dire» che folo il Bottajo e '1 Fomacia)o facevano i loro lavori del-
la tenuta e della mifura» eh' era fiata loro prefcritta: non già i pìuoti :
e una volta occorfe quello cafo . Stavafi egli una mattina in camera di un
gran Principe» che trovandofi in letto alquanto indifpofto, lo aveva chia-
mato a operare preflb a fé per proprio divertimento; quando comparve il
:niedico, che era un venerando vecchio» valorolb nell'arce fua, e uomo
eziandio di varia letteratura. Vifitò l'infermo: e poi data ,un occhiata ai
quadro del Rolà» difie a quel Principe; Signore» io defiderai femore di
aver qualche bell'opera de* pennelli del Signor Salvatore : e fpero» che per
mezzo dell'Altezza Voftra» riufcirammi l'eiTernc da elfo favorito. A cui
il Principe: Io non dubito punto» che il Rofa non iia per contentarvi»
eilcndo egli pertona garbata e cortefe; e Salvatore con gefto amorevole
applauditile parole del Prìncipe. Allora foggiun fé il medico» voltatofi
al pittore ; Io molto la ringrazio ; la prego però a non cominciare a ope*
rare per me » fintantoché io non aobia fomminiftrato il penfiero e '1
concetto
SAI VA TOR TtOSA. 58 j
concettò della pttcura/ che io deiSdero dalei. Salvatore 0 tacque: e'ime.
dico chiefe dà fcrivere la fua ricetta, e s'acconcia al cavplino; quando il
RoCi con getto fpiritofo e vivace al Tuo fòlico, posò in terra ia tavolozza;
ci pennelli, fi aitò dallo igabelto» eaccoftatòfi almedico, dìfle: Signor
Dottore» fermate» e non ifcrivete, fintantoché io non vi fu^erìfco co*»
me vada fatta qUefta voftra ricetta . Il medico, che non ancora aveva in-
cefo il gergo, logghijgnò, qiiafi facendoli beffe dr lui, e poi difle: Signor
Salvatore, quefta è faccènda, che The da faper fare io, non voi. Allo-
ra il pittore vohatofi a lui, così parlò: Or fappiate, che meglio e moltO'
meglio faprò io fuggeriré le ricette a voi» die Tappiate voi lomminiftrare
ì ^lifieri per le mie pittare a cde ; perchè' aflai più fono io pittore, che
voi medico: e fenz' altro dire , fé ne tornò a fuo lavoro. A cuefto parlare
applaudì il Principe con ^ifo: refiò il Dottore mortificato! e*l negozio del
quadro fi morì fui proprio letto . Nel dar giudizio poi delle pitture e de-'
gli artefici; fu Salvatore al fuo (olito molto acuto. Trovofii egli un dì a
vedere un bel quadro, moftratogli da perfona^che non era dell'arte, ma-
però iodavalo molto. Il Rofa per non defraudare quell'opera, che vera^
mente era belliflima » dèlia dovuta lode; ed infieme per moftrare a quel
tale il poco concetto, ch^ ei lìe formava per le lodi di lui; rifpofe: Tu^
iodi molto quèfto quadro ; o penta quello , che tu averefU fatto , fé tu
l'avefii' guardato cogli occhj di Salvator Rofa . Un'altra volta» eflendoglt
faitta vedere 'un' iftorìa abbondante di afiai confufe figure, da perfona di
poco buon gufio» a cui però molto piaceva, difie, noneflere egli perfona
atta a darne giudizio, ene però meglio farebbe flato il farla vedere a qual«
che pafticciere • Difcorrendo un dì con un dilettante , che affermava , che
tutta la perfezione di una pittura confifteva nel buon difègno, difie: la
veggo vendetfi bene fpeflb ne' pubblici mercati i ritratti di Santi di Tito
per una pezza da otto» ne' quali io non fjprei conofcer difetto in materia
di difegnoi ouefto però io non viddi mai accadere a quei del Tintoretto»
e d'altri maeftri Lombardi; benché talòtain cofa appartenente al difegno
io abbia potuto fcorgere qualche errore: cofa , che mi £i aflai chiaro co-
nofcero» che più fi dee filmare in una pittura un eccellente maniera di ti«.
goere, che un'ottimo dintorna. Fiii qui il Rofa. Io però fenza dar Cbnten*
za fopra tale parere , rimetto il mio lettore a quello di ogni altro» ch'egli
^iudicaflè potere meglio accertare . Fu folito a forte biaCmare le licenze,
che talora fi pigliano i pittori, come di far diadema fopra la tefia di Santo
cipofto a martirio, del quale egli non morì , benché poco dipoi con altra
moriflè ; perchè con tale fegno diceva egli fi confondeva il vero dell' ifi:o-
ria • Il far vedere il Santo Precorfore con croce di canna in mano , erro-
re, in che fon caduti anche rinomati maefliri; e altri fimiglianti errori,
che io per brevità tralafcio, detefiava molto.
Mi fi fa luogo adeflb a parlare di quello, in che egli, quafi più che
in altra cofa fiftudiò di efler tenuto per molto eccellente: e ciò fu la Poe-*
fia, mafiimenel Satirico flile. E primieramente, non ha dubbio alcuno,
che in tale bella facoltà , egli fu portato tant* óltre dal genio , e dal fuo
perfpicace ingegno e bizzarriflimo fpirito, che & a que&i e alla, femplice
Oo 4 lettura.
584 Decen». K dtH Part. L detSec.K d»l 1 540. 4/ 1 dja.
leeeuri . arefie egli «vuco \ù fotrfe AefU «nnt fapi più ?^r4f » di pouie ag.
giiignere una alquanto maniocfi robuftwM n«' fon<}Mietiti reali deW^tce
poetica, e lo ftudio eziandio disUe fcienze, e degli amicln Poeti Gtedo
Latini » larebbene giunto ad altiffimi fegni; non e pere, che egli non d
portafle a tanto, che i fuot contrarli non dico valoroii uonini , ma alquan*
co infarinati» non giugncndo a faper criticare i fuoi componiioenu , e ia
particolare le fue Satire, in cofa , ohe valeffe, fi diedero a negarle per (uè:
e giònfe a tale queftd maledscenza , che ornai fi fpacciava francamente an*
che fra gli uomini più aflènnati e dotti» che non egli , ma qoalfivoglia al-
tro irirtuofo [ il quale però nonfi feppe mai riny^iccj ne foffc ftato il coro*
politore; tantoché una perfbna degnifiimai già del iuo nome affai devoui
poi per privati difgufti a lui contrarifiìma > fpargeva per Roma quella pro-
pofizione: che quando gli foiTe fiato fatto toccar con mano» che il Rora
tveife faputo fpicgare in nofira lingua Italiana il Te Deumt alloia averebbe
egli concèduto per vero, che elfo e non altri» avefle compofte le Satire.
Furon però altri moltiffimi. aiTat confiderati, che non punto mai dubita-
rono ch'elle non foffero veramente fue; ma perchè di quefta vociferoìp-
ne» fino a' prefenti tempi » dico fopra venti anni dopo la morte del Rota»
rimane tanto pieno il volgo ignorante» e fra' letterati eziandio ne corre
Gualche fufurro» anribuendolc altri a Giovambatifta Ricciardi» altri al Pa-
re Fra Rcginaldo Scambati dell' Ordine de' Predicatori » l' uno e T aluo
flati di lui confidentiiBmi; abbiamo noi (limato bene notare in quefio luo-
go» a dffei^ del Rofa» quanto intorno ali* eflete ftate le Satire lua compo;
&ione» e non d'altri» noifappiamo di certo, anzi indubitato. Vigli^^^
in primo luogo il portarne Patteftato del Cavalier Francefco ìAtStit^^^y
Teditorè della città di Volterra > il quale fra altre notizie datemi inifcrit*
ta» méntre io fio operando» mi atticura» come di cofa faputa per certi
Icienza » che egli ne compofe la più parte nel tempo de' tre anni fopraocen*
nati» che egli fi trattenne» a fuo ftudio e a fuo diporto» nelle ville di Bar-
bajano e di Monterufoli. Potrebbe edere oppofio» che fode (kco moto
bene poflibìle» che il Ricciardi aveiTè avuto in efle» fé non tutta i ^^
la maggior parte; mentre noi ftefli abbiamo detto altrove % checai^^^
Ricciardi» quanto il pittore» per teìn pò ai lungo» quafi dei contìnovo tol*
fero ofpiti de'Maffei in effe ville; ma tale propofizione contradlcon diret-
tamente molte verìtadi. E prima fappiamo» che un tale ipirito faciritom.
ogni detto e fatto» tanto fu proprio» e quafi omogeneo del Rofa, qv>^*
to improprio del genio poetico del Ricciaidi» il quale» toltone qualche
compofizione piacevole» fatta per giuoco» non fete mai (entire altre lue
rime» ciie in itile eroico» trattando in efle feientificamente materie ti» e
/ fubiimiqime» come ad ognuno èbeh noto: e anche veriflima coCa èi che
alcune di efle Satire compofe il Rofa in Roma» óve non ifiavail Ricciardi.
A quefto poffiamo poi aggiugnere» che in più difcorfi» avuti da noi col
Ricciardi: medefimo fopra ogni fatto e detto del oictore (e ciò dopoinol^^
anni» che era feguita la morte di lui) non mai Upemmo raccapeaziire pi-
rola i che importale una si fatta afferzione, cioè <ti avere eflb avuta alca;
na parte m tati componimenti. Poffiamo bene affèrmarey che il Ricciardi»
^ (tetto
SALVATOR ROSA. 585
(Iretco tint voka a granft||nq da fao e mio confidentiffimo amico » • fco-
prìre il vero fopra cale panicoliire t prima pronunziò i ieguenci verfi d'an*
cico ingegnofo poeta ; .
^m-amf ^ fpcSf ^ rura frequens donmi umifis
Qui vetit ingemo ctdere rgrus erit .
E poi così parlò « Molti troverete» Signor mio, per avventura» che vi
daranno roba e danari; ma la gloria ognuno la vuole per fé : e in pochi,
v'incontrerete, che donare ve la vogliano. Penferefte voi mai, che fé io
aveffi fatte le Satire , io ne volefli dar T onore ad un alerò? \* inpannatp
ié ciò credete. Dello Scambati poi fa di meftiere il dire, ch^ egh fu uo*.
mo, è vero» di buona letteratura, Predicator celebre, e del Ro£i famiglia-
riflimo amico: ma fappiamo, ch'egli non fu poeta: e quantunque ragio*.
nevol cofa fia il dire, che quando il Frate avefFe avuta in quelle compo(i«*,
sioni qualche parte» non averebbe egli neir infinite lettere, fcrittegli da
diverfe citte e provincie , dove egli ih più tempi dell* anno fi portava a pre*
dicare, fìdito ad una c^irta volante il fecreto dell'amico in tale materia;
contutCQciò non farà del tutto improprio, 9he io affermi, che avendo
fcorfe moUiflìme di eflc fue lettere originali, Tho trovate ripiene d* eneo-
mj del pennello di Salvatore, non fenza mefcolamento amichevole di gra*
ziofi fcherzi, fetiza che mai mai abbia fcorta in effe minima parola, che
punto o poco appartenga a cofe poetiche , non che in indivìduo alle &•
tire Aeflè. Ma che è piii, l' eruditillimo Francefco Redi, per atteftato di
cui io ul cofa ferivo, nel trovarfi eh' e' iece più volte in Roma, ad afcol-
tare le Satire da folo a folo d^li' organo proprio dì Salvatore i^ osò talora
[ cosi contentandofi egli ] di avvertirlo di alcuno sbaglio in cofa appar^
tenente alla Tofcana hngua; e in ciò fare oflèrvò in eflb una s) fatta faci-
lità e prontezza nel ritrovare altre voci, e nel!' accomodarle graziofamea-
te a' luoghi loro » che faceva bene conofcere non poterfi da neflun' altro
appettare , fé non da colui, che aveva fatta la compofiztone intera • Ter-
mmi finatmente il difcioglimcnto di quefto dubbio il faperfi, che io mQ*
defimo confervo appreflb di me un quadernetto lungo, nel quale di mano
propria del Rofa apparifcono> notate fenz' alcun* ordine o regola, e eoa
quel modo frettoloio e informe, che è proprio delia mano di chi com*
pone» affine di potere aflecondare la velociflima dettatura dell'intelletto,
molte e molte terzine» molti fcioki verfi, e concetti mutati e rimutati, e
talora del tutto cancellati, cofe tutte appartenenti alle Satire. Io dunque,
attefe tante riprove, che ho di quetla verità, non faprei giammai acco-
modarmi al contrario parere» che fu, che ogni altro che eflo L* avelie com-
pofte s € quando me ae fodero portate in fcritto mille teftimonianze ^ io
non prefterei loro fede alcuna , fé non riconolceffi fra effe quella di pro-
pria mano del Rofa. Ma prima di abbandonare il trattato dì quelle Sati-
re, mi fi conceda alcuna cofii dire del concetto» che fra' veri letterati cor«*
(è, e corre oggi intorno a loro bontà; dilli fra' veri letterati» perchè a me
che tale non fono» iària di gran vergogna il mettermi a dar di elle alcun
giudizio, o buono o reo. E primieramente, non ha dubbio alcuno, che
il Rofiit in tale fua compofizione » fece in verfi ^ non fé n' accorgendo , uà
vero
$%6 Decenti. KMaParf. l.ddStc. V. dali6^ù. 4/1650.
V^ro t fomigliantifliino ritratto di fé fteflb ; onde per quello capo Tola*
mefite» quando non mai per altro > ii debbe fiiinare. per fiu. E per dichia-
rarmi in poche parole » dico» che la materia che egli elefle» cale m[c\i
quale era la fua natura $ fatirica , anzi che nò : e chi noi crede » legga le
poche notizie» che abbiamo prefo a fcrivere dalla vita di lui. Le vitez*
ae> i fall, gli acuciflìmi detti apparifcono fatti a mifura de' fuoi comici
recitamenti, del fuo fcrivere familiari lettere agli amici, e de' pellegrini
concetti, che furon propr) de' tuoi ragionamenti: colle quali coiefeppc
egli cattivare gli animi de' primi ingegni del fuo tempo, in Firenze, in
Koma, e ovunque ei portò fua perfona; onde gran fatto non fu, che egli
a quefle compofizioni ben peniate e affai ((udiate , guadagnale i grandi
applaufi» che (on notirattelò maflime il brio proprio di fua nazione, col
quale le recitava, e le graziole paufe , con cui fu lolico preparare Tatten-
2Ìone degli afcol tanti. Egli è però vero, che concioifiacofachè elle non
poteflero guftarfi mai da niuno nel tempot che durò fua vita, fé non da
elTo medelimo recitate, non fucofa facile a tutti il notarvi difetto,* ffiaha
£itto poi conofcere il tempo, col fottoporle ali* occhio di molti, eh* elle
Cadono alquanto, da quella fublimità di lega, eh' elle apparvero allora;
imperciocché era egli d'ingegno fervido ed abbondevoliflimo; ma che in-
vaghito delle ricchezze di fua naturai facondia , difprezzava T arte e la
cultura» come mefchinità di genio, e fcrvitù del talento ; vizio comune i
molti altri ingegni, i quali portati dall'impeto di loro vivacità ^ malvoien*
rieri s'accordano a foggettarfi alle pur troppo neceflarie leggi della noflra
favella; che mentre fuggono il vizio, in che incorrono alcuni, che penf<«
210, tutto coniiftere il forte della lingua nelle minute ofiervazioni grammi
ticali, e però non iftendono mai libero iJ volo di loro ingegno, dentan-
do in quelle tutta la vita, incorrono nell'altro eftremo, non menobiafi-
mevole, di difprezzare ogni ftudio della lingua: e talvolta fi ftudianodi
fcreditarlo, col fare di quefio poco ragionevole difprezzo per loro fiefli,
apprclfo il volgo , una boriofa vaniti • E pare ancora, che poflTa attribuire alte
Satire del Rofa ( per ufare tale fimilitudine ) quella nota , (a) che daMar-
co Anneo Seneca il Rettorico, fu data a un tale Montano Rettorico, quan-
do volle afibmfgliarlo nel comporre a Ovidio, col dire, che egli usò talora
col fecondo concetto guadare il primo; dico» perchè fcorge affai bene chi
ha fenno, che il Rofa, a cagione della già detta grande abbondevolezza di
fuo ingegno, raggirandofi troppo fopra un ifteflà cofa, coli' ufare infinite
maniere d'argomenti , dopo aver detto un concetto felicemente, altri ag-
giugncvane a quello, talora non così làporiti» quanto il primo; onde av-
veniva, che il componimento mancava di una certa leggiadria e varietà)
che quafi a pari di ogni altra cofa fi ricerca in un* ottima compofizione.
£ quantunque non manchino molti letterati di prima riga, che mi fanno
aderire a tale fenti mento» non voglio iolafcìare di notare » quanto ho per
notizia
{a) Fa dato anche Seneca Padre, perete fu il padre di Lucio Amteo Seneci
il Morate o ilFiiofofo. In, Sin. Pad. niUe Comrover. Priorcm fentcntiam
pofteriore corrumpebat.
SALVATOR ROSA. 587
Botizia di propria mano di grande e Jetteratiffimo Cavaliere « in quel lo t
che appartiene al giudizio t che diedene ui> di il celebre Cardinale Palla-
vicino: e fon quelle le proprie parole della noti2ia.
7/ celeberrimo Sig. Cardina/e Sforza Pallavicino , femendole tamo lodare ,
s' invegliò di /fmirlefC lo fece dire a Sdvadort ; // qaale rifpofe% che awebh
fcrviio Sua Eminenza^ ma con due condizioni: la prima f ch'egli era rifoia^
tijfimo di non le leggere fuori Idi cafafua% e però non parergli dovere ^ cbe Sua
eminenza fi prendeffè ionto incomodo: e la feconda ^ cbe in dette Satire erana
molte parole, e co fé proprie^ ed efpre^ve^ cbe averebbero per avventura pò*
tato offendere i purgati fimi orecchi di Sua eminenza : e che però fi proiefia^
va di non le potere tralafciare > fenza togliere t energia , e H più bel de
fuoi verfi . Al che rifpofe il Signor Cardinale icbe accettava le due condizioni ì
perche quanto aOa prima, non aver ebbe mai f degnato d* andare a e afa Jtun vir-
tuofopar fuo: e quanto aJlafecohda,averebbefaputo prefcindere quelcb* efoffè
hifognato dair animo 9 &c. V andò dunque, e le f enti: e dopo alcuni giorni,
a unvirtuofo mio amico, cbe pregò ftrettamente Sua Eminenza a dirgli libe'^
rumente quello, cbe glie ne fo^e parato % rifpofe: cfie a pezzo a pezzo v' erano
di belli ffimi fquarci i venendo con ciò a conjefitre f cbe il tutto non era uguale ; e
credo f cbe in effetto quèfio giudizio datone fòjfè vero . Fin q^x\ la notizia •
Tornando ora alle Satire : ebbene il Rofa un tale compiacimento, e tan*
to fé ne pavoneggiò . che nel farle fencire agli amici letterati , ed a perfo-
ne di ogni più aito affare, non lafciò di fardconofcere affai minore di (e
fteffo: e quello a cagione de' grandi e troppo fenfibili apparati, eh' egli
era folito di fare alle proprie lodi « Introduceva egli dunque qual fi folle
Jierfonaggio in una danza , il cui addobbo era folamencc di alcune feggio-
e di fala e di qualche panca, Ibpru i quali conveniva aclagiarfi ad effo ed
a coloro 9 che dovevano afcoltarc. Incominciava egli tale faccenda» col
fard prima pregare un pezzo: e poi vi dava dentro , accompagnando la
lettura co* più bei lazzi e colle più ridicolofe fmorfìe al fuo modo Napo*
letano, che immaginar fi poteffero: colle quali, non è dubbio, che face-
va apparire tai componimenti in ogni parte graziofi . Accomodava a' luo-
ghi loro alcune paufe: e a'primi fegni di gradimento, che egli andava ia
taluno fcoprendo, fial?ava in piedi , e vokandofi a colui» diceva con gran-
de energia: Siente chiffo ve, alza gli uoccl: e feguitava a dire. Era poi
cofa già rifaputa* chq Salvatore in fine, nel rifcuoterne gli applaufi» non
fi contentava ne del poco né del molco; e cosi nel faceto e nel ridicolo
s'aveva, per cos) dire , a crepare per le gran rifa; nell'arguto, bifognava
altrui , per foverchio d'ammirazione, dare in ifmanie , s'aveva a dire , e poffar
qua, poffar là, ecc. e quella non è iperbolica efagerazione : fi doveva get-*
tare il cappello in terra, equafi fletti per dire, fopra la medefima voltolarfi
*come i giumenti, e anche battere il capo per le mura: e quando quefti
o fimili accidenti non accadevano » partita ppi che era la brigata, quafite-
nendofi ftrapazzato, forte fi dolea col dire; Aggio io bene fpelb lo riempo
mio in leggere le fatiche mie alli fomari, e a jente, che nulla intiende»
avvezza folamiente a Sentire non autro, che la canzona delio ceco . Tanto
può talora > anche in un -animo beo coltivato, un foverchio appetito di
gloria f
•
f 88 Decenti. K della Pare. L dtlSec. V. dal 1 640. ti i ^50.
gìorli» e un eee«dtnc« amore itld pfopfift ftitnrt; Th tato flio fotercMo
titiore > e «ppetitd di glaria tt% ancori nato in lui ftn da gran campo un
fervente deCo d'apparire in ogni fuo fdtto e dettò quali un vero fìlofofo;
t pare» che il pafleggiart pef ^li fpMiofi portici d' Atene in compagnia
degli antichi Stoici» fo(te còntinoVa occupazione dc'fuoi penfieri; con^
cioifiacofàchè non fi vegga fra l' infinite opere fue, o fiano in verfoi o lit*
tio in pittura» fletti per dire, cofa , che non abbia in fé invenzione o com*
ponitnentó, die qualche bella moralità non efprima» o che alcuni di quei
tanto rinomati uomini in loro più. memorabili azioni al vivo non rappre«
fenti . Motti e molti fecene vedere in pittura, e molti in cafte di (uo in*
taglio : e che egli in ciò fare affecondaUe pienamente il proprio genio, lo
tnoftrano l'opere ftefie, le quali apparifcon fatte di tutto quel gufto, che
dal £qo modo di dipignere fi potea mai defiderarc. Né fi fermò qui il fuo
filofofico umore; perchè foleva anche darne altri fegni al di fuori. Fri-
mieramentcì dopo che egli, quantunque ben veduto, ben trattato e ono-
rato molto, fi trovò fciolto d'impegno con quelli Serenifiimi, che fu cir-
ca dell'anno) 649. non volle maipiu foggettare la libertà dell'animo foo»
per pr<^vvi(jone di qual fi fofle potentato del mondo, bencliè con preflan*
ciflìmc iflanzenefoflefollcciìato; anzi era Punico vanto fuo di cflcrficon*
dòtto un dì a vivere a fé (leflb jc a* propr) fiudj , fenza alcuna di ouelle
noje, che altrui ibgliono recare le dorate catene della Corte. Per lungo
tempo, dico » per li nove anni, che egli fi trattenne in Firenze, e per
molti altri di poi, non volle mai accumulare danari,* ma tutti i fuoi ricchi
[uadagni fece comuni agli amici.* e a taluno, che il perfuadeva a far pecu-
iot con filofofica libenà, e anche con rifentimento rifpondeva: Voi vo-
lete farmi avido di danari : ed io vi dico , che fo e farò tutto quello, che
io pòflb, per diflruggere in me medefimo ogni primo moto dt defiderio,
che me ne venga. E ben vero, che egli non fcmpre fi mantenne in
a) fatto fentimento; anzi dopo il tempo, che detto abbiamo, in un mo-
mento mutò penfiere , e applicoili tutto al contrario parere: e benché
io tèma di divertirmi troppo dalla materia, non voglio lafctare di rac-
contare! come e quando fi fece in lui una tale e cosi fubita mutazio-
ne.
Era Tanno itftfi, e delTetà del Rofa il quarancefimoquafto, quando
il Serenifilmo Arciduca Ferdinando Carlo d* Auftria fé xtt venne a Firen-
ze, colla Sereniflim^ ArciducheHh Anna de' Medici fua conforte, pertro-
varfi alle Nozze del Gran Principe Cofimo di Tòfcana , og^i il Granduci
Cofimo III. noftro Signore, con Margherita Luifa d'Orleans: e giunto-
vi, volle, che alle fotenni(Time fette, fatte fare dal Granduca Peirdinando
il cognato, s* aggi ugnefie una beHìHìma Commedia, chiamata la Dori, che
egli fece recitare a* fuoi e ad altri de' più celebri Mufici di quel tempo*.
e avendo intefò, che il Rofa fiera pure da Roma qua portato, perappl^U'
dire alle comuni allègreyze de'Sereniflimi: e che egli fi trovava a Strozw-
golpe, villa di Jacopo Ricciardi, vèrfo Poggibonfi, iifieme colfiiocor-
dialiiBmo amico Giovambacilla Ricciardi; ordinò all'Abate Cefti, roufico
di primo nome, che con Tua lettera l*invitafle a fentire ella commedia:
e ciò fece
,\ : $ALl^ATOR ROSA. 580
* * . - ■
t ciò feqe ancora j-ncm fefun qualche (peransc* di poterlo poi di ricorno iii
Ifpruch condurre con feco, e fermarlo appropri lervig]: cofa che fino al-
lora non gUera venuta fatta» non oftanto le replicate lettere «fattegli fcri«
vere da Gio. Filippo Appoilpni; e ciò per le ragioni» che dette abbiamo.
All'arrivo della lettera del Cedi» fubito il Rola el Ricciardi fé ne venne-
ro a Forense, e furono ricevuti in propria cafa dall'altre volte nominato
Paolo Minucci: e fra |li accoglimenti corteii di canti Principi» e. negli
onorati luoghi, che q^li ebbe fempre prelTo a* medefimit e nel trovarfiia
giocondiffimtcongreffi cogli antichi amici I per Io poco tempo che e'fitrat-
tenne qua, godè egli giorni feliciffimì » Aggiugnevafi a quello l'efièr tratta-
to in cafa il Minucci con modi cordiali t lontani da fuggezione; perchè
era lecito a ciafchedunó ad ogni ora ufctre di cafa e tornarci il portarfi a
limpciio ad altre conyerfazioni « e altri amici eondurre a cafa il Minucci :>
e quivi » o vi foje o non vi foiTe il padrone, tenergli a definare e cena^*
Aveva il Dottore ( e ci avviciniamo al punto) un fervicore, villano di na-
fcita , pratico oltreoiodo, non tpeno del cucinare, che degli ufi di cafa fua»
mai però uomo di grofla palla e di rozzo legname; tantoché quando egli
avveniva, che Salvatore, rimaneflfe (olo in cafa, era tutto il fuo gufto il
'metterfi a ragionare con coftui, per fentire i folennilfimi fpropofiti, che
ei dava fuori ne'fuoi difcorfi: e per porgergliene larga materia» lo tratte-
neva bene fpedb in afcoltare precetti deiladottrina ftoica , delle leggi d'amia
cizia, del difprezzo delle ricchezze, e d'altre fimili virtù morafi. Chiama-
vaio per foprannome Io Filolbfonìgro: e una volta s^itnpegnò a cUre: Sai,
Filofofonigro, che mi faccio guadagnare , fé voggio, elenco feudi all' ora?
A cui il fervitore: Sete dunque voi un gran goffo» a non vi mettere a la-
vorare cinque o fei ore del giorno, e durare fei mefi, mettere inficme di
buone mìglia)a di feudi , e poi cercare di vedere quanto fa vivere un poi*
trone. E '1 Rofa a lui ; E che vuoi far degli dinari? è cofa vile lo lavorare
per dinari . Io non fo s'ella fia vile o non vile, e non lo cerco, difle il fisr*
vitore: io fo ben qucfio, che co' quattrini fi poflTon fare dimolte cofé;
io fento, che voi fpefio vi dolete di non aver danari : or fé voi ftroppia-
de, or fé voi acciecafTe, addio Salvatore, a rivederci col botfolo e col
battone, con tutte quefte vofire bindolate, e con tytta quefta voftra dot-
trina , che io per me non punto intendo . A quefte parole, parve, che SaU
vatote diventafle ftupido! poi volto a lui, così parlò: Ai ragione» Filofo*
fo nigro, ai ragione. Tornò intanto il Minucci: e'I Rofa, andatogli in-
contro, non fenza fentimento, difiegU; Minucci t tu non fai, lo Filofofo
nigro» con certe parole, che mi ha dette, m'ha Ccuonvuolto lo cerviello»
Voi fapete, rifpolè A Dottore, che conto dee farfidi coftui, eh' è un vii*
lano fpropofitato; però u^te voftra folita prudenza, non guardando a quel
ch'ei dice. Mi maraviglio di te, difle il Rofa < e fé mi ftroppio, e fé mi
acceco , a rivederci collo boflblo e collo battone ; e' non m^ ha ditta coùl ,
ch'io non fapiefii; ma non vi aggio, penfatomai, come faccio ora: e t^affè-*
Curo , che ne vederai prieSo Ip ligno . Tanto dìflè . e tanto effettuò ; perchè
tornatofene a Roma, e meflofi a tener conto de'iuoi guadagni , ne i pochi
anni, eh' ci ville ^ tanti ne accumulò, che per quanto io ho da .perfona,
che al
590 Decenti. V. deBa Part. 1. del Sei. V. dal 1 640. ali6$o.
che al tempo delk* roorte di lui praticava in fua cafii, reftarono circa di
dodici mila feudi, e gran numero d^opere finite e non finite.
Esperò da faperli, che quantunque il Rofa, moifo dal timore» che
detto abbiamo, fi tofle poi applicato a far danari ; non fu peròt che egU
sbaiidiffe dal fuo cuore il deUo di comparire filofofo , col moftrarfi (empre
poco onon punto curante di quelle norie, che l'umana alterigia, quali
più di ogni altra co&, fuole apprezzare. Dilettavafi egli di dar provvifto di
beJli e lindilHmi arnefi; ma quefti teneva più a comodo de' fuoi , che di
fé fteflb; e ne' (èrvig), ne' quali avean luogo cofe letterariciflavafene, co-
me fi fuol dire, alla fìlofofica affatto; cofa , che cjuando non mai altro, fa«
ceva conofcere la fianza, ove fi recitavano le Satire , ornata de' viliffimi ar-
redi, che poc'anzi dicemmo. Mi perdoni il Lettore t fé io, come troppo
conface voie , con tal propofito racconterò cofà, che ha del baflo pure auai:
ella però fu a me raccontata da Giovambatifia Ricciardi , come a fe medefi-
mo intervenuta. Trovavafi egli un giorno a difcorfb con Salvatore nella
fua cafa in Roma » fi die cafo , che egli veniflè inafpettatamence for«
zato a far punto al ragionamento per portarfi , ove naturale neceffità il
chiamava; onde quefto Giov^mbatifta licenziatofi graziofamente , fi por*'
tò ai piccolo danzino per foddisfare a fé ftefio: e giuntovi» trovò il luogo a
tal' effetto deffinato, coperto con un gran bacile d' argento, di valore di
cento ducati , (laco donato al pittore poc' anzi da un Barone Romano.
Il Ricciardi » che bene conofceva lo fpirito di Salvatore, non fenza rifa le
ne tornò a lui; e folca poi raccontare il fatto agli amici, ficcome il rac
contò, in prova del gran prurito, che fu proprio di lui, d'eflièr tenuto
per vero erede del genio e de' coftumi de i fapienti antichi . A tale og«
getto ancora voltò egli fempre fuo amore verfo uomini d' alto (spere e di
elevato ingegno :'*e volle efl^r fempre il primo a fowenirgU ne' loro bifo-
gni colle proprie fuffanze: in quefto però sì poco fortunato, che fi trovò
bene fpeflò d' avere impiegati gli atti della propria beneficenza a prò di
perfone, che fcordatefidel benefizio, occuparono poi luogo di maggioran*
za fra i di lui più giurati nemici e perfecutori : e furono quegli fielfi, die
più di ogni altro prefero a biafimare le beli' opere fue, tanto in pittura,
che in poefia. Si dilettò oltremodo della mutica, e fonò bene ilUuto*.
egli però feppc unire con tale proprio compiacimento una grande awer-
fione verfo i mufici ffefli, i quali era folito talora affbmigliarc a' ciarlatani;
affermando trovarfi fovente fra eli loro uomini facili a traboccare in ogni
vizio . Quando poi alcuno di eHl fé gli prefentava avanti in qualità di per*
fona virtuofa e modefta, poteva in un fubito prometterG dì farfi padro»
ne del fuo affetto , anzi del fuo cuore . Leggafi fopra tale materia la fua Sa-
tira intitolata La Muficai e fi riconofireranno , fenza che io altro dica,
quali furono in ciò i fentimenti di lui .
Ma per non lafciare cofa, appartenente a quefto pittore , della quale
ci fia pervenuta certa notizia, diremo» come egli fu parchiffimo nell'ufo
di ogni cibo; ne i frutti, e particolarmente nel fico, ebbe non ordinario
fenfo, folito a dire, che in quefto, coleo che fia in fua perfezione, non
fi trova da deliderare più dal gufto noftro, cofa, che non fegue di ogni altro
più prc-
' SAIVATOM RQ SA. 591
più pregiato . A tal fegno giunfe egli inquefio appetito» che ficusò gt'in^
viti di ^ù tette coronate » .^a curveiiRero offerti non ordinar) trattamene
€i , affine di godere di Tue virtù ne'proprj fiati, per quefto l'olamente, per-*
che in efli non fi trovavano i fichi : e non poche volte fece regali di fuoi
belliffimi quadri ad alcuni »fol perchè gli ave vano donato qualche piatto di
belli e ftagionacifliml Schi.
Di Salvator Rofa non rimafe altro allievo, che un tale Bartolommeo »
-che fu detto Bartolommeo del Hoià» il quale molto operò in quadri
<)i due in (re braccia al più: i quali anche da qualche intelligente del«
l'arce, furono talora creduti di mano del maeftro fuo. Egli è però vero,
che Bartolommeo non feppe far le figure : e fi ferviv:^ per ornare di effe i
fuoi paefi, di un tale Antonio de Wael Fiammitigòi pittore univerfafe,
che poi in Roma fìnì fua vita , percoQb da un fuififiine nel proprio lette.
Pare però, c^e potremmo affermare, che anche Giovanni Grifolfi Mi-»
lanefe» altre volte nominato , potefle chiamare (uodilcepolo;' coaciofo&
Xècolachc egli da per Te fteifo fi fofle fatto Angolare nel dipignere antica*
f;lie, rovine, e architetture rotte. Egli per gran tempo fu ignorante nel**
' ornarle di figure; onde fuppliva al difetto di lui mirabilmente lo (leflb
Rofa; finche avendo Giovanni £at8i ftud] grandi fopra alcuni modelli di
Salvatore , incominciò a farle da per fé ftefib. Quefto Giovanui Grifolfi,
non era ancora giunto alla vecchiaia, quando egU fu aifalito da tale ma«
Jore negli occhj, che ne perde il vedere, fé noii: quanto porca camminare
fenza guida. Partitofi poi da Roma., e condottofi a Milano fua patria^
con quello, che gli aveva fruttata fua virtù in fanitàt e da fé ben con*
fcrvato, potè comodamente vivere. Di mano di coftui ha un bellifiimo
Roma, incominciarono ad ufcire fuori infinite copie, ricavate da fue in-^
venzioni: e dopo fono (lati molti, che ad efemplo di lui fi fono applicati
a tal forta di lavoro, ed hanno fatte vedere di loro mano cofe degne di
lode*
E qui porremo termine « quefto racconto , nel quale vogliamo , che
fappia il noftro Lettore , aver noi avuto un fine particolarismo , oltre a
guello del profeguire l'intraprefo afiunto di dar notizia dc'profeftbri delle
arti noQre; e fu, di far conofcere al mondo, che tanto ammirabili furono
gli acci delta Divina Bontà, nel chiamare, che ella fece a vera penitenza
Tanima del Rofa, ftaca per sì lunga ferie d' anni in tante e sì fatte ma-
niere impacciata e legata col mondo e colle di lui vanitadi , che ben pof-
iìamo noi affermare, che riufcifle veriflimo per efla il concetto di chi in
alcro.ptopofito fcrifte, cioè; che talora per incomprenfibile giudizio di
pio, ove il fallo abbondò, la grazia abbonda . Ottimo però e ficuro con-
iglio fi è, per chicchefiìa, ijproccurare di vivere per modo, e in tal ma*
niera condurre fuo lavoro , che pofta riportarne lode e premio in ogni
tempo e ad ogni ora , che vogha il célefte padre di famiglia, portarli a
domandargliele il conto*
TEODORO
59* Decertn.KMa ParfJ.deiSec.V.dal t6^o.sii6$Q,
TEODORO HELMBRECKER
PITTORE D* AERLEM.
^ALE. non ha dubbios e ài tants virtì) è per fefleOb. eoi;
I eziandio pel benefizio e comodo» che egli porca all'onani
St converfazione , un intero uofiedimento in chiccheilìa , di
vi alcuna nobile arte o difciptinai che ben puoi per quinto
^ noftra inferma condizione tmmetcer fa . rendere li perfon
V e la pofterìti dì quello , felice , anzi beata : e quel che è più,
molto vale per tramandare alcun raggio dì luce, anche a i paiTati; con-
cioffitcofachè non pofiàin tal cafo k ricordanza dì coftoro portarli alUII]^
morfa de ì viri , fenza il pregio di elTere ftati eglino , che con aver pariorid
al mondo s\ fatti fpirìti, lo abbiano reniduto e più ricco e più vago. Male
egli talvolta addiviene, che un s) nobile capittle fortifca di cadere in fo^
getti dotati di apprezKabiId civiltà, e che ben poflano cattare fn i loro
altri uomini di alto valore , o nelle fcienze o nelle arci ; e nati e notrìci
in feno della criftiana pietà; non è podìbìle a dire , qusl bella moflnii^
eia egli di fé AeCTo. e quanto egli aggiunga , a chi in fé il tiene, e din*
ghezzt e di fpiendore. Quanto io ora, fenza applicare a perfona , bo ge-
neralmente accennato, pare a me, che lia accaduto, e polTa bene ricono*
icerìi a' di noftri . nella perfona di Teodoro Helmbrecker : uè dubitopon-
tOt che tanto angora non fìa per parere al mìo lettore . fempre che anca*
ramente conllderi, quanto a perpetua memoria di lui, s confolazione d^
gli amatori di virtù, e ad univerfale benefìzio» fono io per portare in guc*
tìo mio breve racconto.
E* dunque da faperfi , cotne dopo l'anno i tfoo. nella città di Aerieiii.
in. Olanda (provincia (tata in quelli utcitni feeoli tanto chiara il mon-
do, per aver dato alle noftre arci gran numero di foggetti d' aluHiinai
quanto ofcura perla felfa Religione, che elle in fé ftéfft nucrifce) Ttvtvi
congiunto in matrimonio con onefta donna Cornelio Helmbrecker, diB
fuòna in nollra lingua Elmi-fpezza, o Spezza-mortont. che eramofico ifi
£rofeflìone, organiJla celebre > e maeftro di Cappella, ftimatiffimo:ilqi«'
non folo fu membro della Cattolica Religione, e buon Cattolico; pu
eiò, che più ftimar fi dee, fu favorito dal Cielo dello fpeciale prìviIeg'>o>
di non potere fra le memorie degli nfcendenci, ficenofcere perfona, che
fblTe mai fiata macchiata nell'Eretica pravità, od' altrafal^ credenza, qu^'
le anche fcorrendo per tempo ìmmemorabìliffimo: e quefti fu II padre del ,
noflro Teodoro, venuto a quelVa luce l'anno itfn* Quali fofTero le prioie i
applicazioni del giovanetto, a conveniente età pervenuto . è ficii cofi w j
itnmaginare; co nei odiaci) fachè rare volte foglia accadere, che padre in-
namorato dì alcuna dell'art) o di alerò plaufibile impiego i d' ìndirizxsre
per elTo alcuno de' proprj fìgliuuli» con ogni ardore non procacci, (diver-
tendolo
TEODORO HELMBRE€KER. 59J
tendolo ^ncho talora al poffibil» da ogni altro » a cut la naturale inclinaci
2Ìon9 dal figliuolo vcgm nSkt toIu. Foron dunque i primi panfiari di
Cornelio t (corto che ebbe lo f irrito viractffimo di Teodoro» e sii beno
da natora adattato a ricevete in fé ogni più bella e più nobile impraffio«
ne »r incamminarlo! neli'e&rciado della mufica; Ma comechè male £1 adatti
camminare coi nuoto contr' acqua chiccheffia t che venga fofDinto da im«
petuofa corrente; cosìi non fu poifibile al padre fuo il guidarlo pe' propri
tentieri • conciofliachè egli da naturai genio, forzato » avìeva volto ogni fuo
penfiero airarte dcil difegno e dalla pittura » fino al termine» che toglìeh**
do il neceflàrio ttmpo ^ ftud) della mufica» quello tutto inq>iegava in
far piccole figurine di creta» e bene fipcflo in difegno col carbone foprt
le mura di fua cab ; onde non fu granutto» che ia madre di lui t che be^
ne ofiervò fin dove giugneva T inclinazione del fanciullo» fi faoefle col coiv»
fòrte tanto impcMroina» quanto baftà finalmente per fiir sì» che egli il to*
?[liefle aM'eiercizio della mufica» e a quello del difegno lo applicane . Ciò
b in tern^po appunto» che Teodoro trovavafi in età di quattordici anni »
e Gxto la difciplina di Pietro Grebber » pittore ftimatiffimo di figure iftl
Haarlem . Con quello ftecce Teodoro un anno intero : e poi fece ritorno
alla cafii del padre» non tralafciando però di frequentare la fianza del
Grebber fin eh' ei vifle> che furono due anni » e non più . Quefta inafpet^
tata morte del pittore» non lafciù di cagionare nelr animo di Cornelttf
gran turbazione; poiché per l'amore» ch'esportava al figliuolo» trovoffi
anche prefo da gran tema» che egli fotto gli occhj dì altro maeftro» non
fbffe per divertire da auei penfiert» ch'eran proprj di un animo ben coin«
pofto» quale in quella rrelca età era qutUo di Teodoro ; onde Jafeiato ogni
altro rifpetto» cielìberò di efleme eflo medefimo il cufiode» e non acco«
modarlo con altri maeftri . Ma che non £i » e dove non giugne uno fpirito
bene inclinato? Non perchè fi inde il giovanetto nelle cofe del fuo bel
genio rimalo del tutto fenza guida, lateiò egli l'ambe e *\ defiderio di
farrifi perfetto ; anzi fatto animo a fé fleflb, deliberò di portarfi al brama«
co fine» anche fotto il peCb di una inceflance fatica . Diedefi prima a co«
piare quadri di ottimi maeftrì; ad inventare» fampre colla fcorta del na«
turale » iftorie e capricci diverfi in piccole figure » che era quel modb di
pittura » al quale egli era più porato dalla propria inclinazione ; e ciò fe«
ce per lo fpazìo di tre. anni ; ficchè ben fi può dire , che il noftro Teodo^'
to fi fia fegnalato neii' arte fua fenza maeftro % e che egli folamente , in for-
za della accurata ofièrvazione del vero » fiar (lato maeftro a fé fteflb, ONccor*
iegli intanto il cafo della morte del padre # onde egli vedutofi in iftato di
maggior libertà» febbene molto afflitto per tanta perdita » per defiderio di
farli viepib perfetto nell'arte, viaggiòalla volta d'Italia: efermatofi a Ve^
jiezia ( dove fu cortefemente ricevuto in caia il nobile Loredano » che per
quattro mefi Io tenne a proprie fpefe^ volando» eh' egli operafle un mefe*
a. proprio comodo » ed un mefe a benefizio di fé fleflb) veaute le cofepiii
belle di quella citta, (e ne partì alla volta di Roma. Quivi in cafa di Car-
lo» Cavallerizzo del Sereniflimo Oirdinal Carlo de' Medici» nel Palazzo
della Trinità de' Monti : e a proprie (pefe di lui , con onorato ftipehdio
Fp ftettefi
594 Dècenn.KMaParf.r/delSec.F.dalt6^o.tlt6$o.
iettèfi per altri qnactro inefi^ fempre operando per T ofpite fao. Unitofi
£n in iftretca amicizia con^GioTaimi Vilcz» altro pittore Tuo pae&rno, e
tea con eflb feco camerata» pel folico defio di veder paafit G portò lUo-
ne di Francia . In <|uella città £ trattenne per due anni inceri» nel qui
tempo» a cagione di varie infermitadi» per lo fpaziodi on anno in circtf
quftu Tempre in pericolo della vita» fifietce obbligato al letto :efimlmen-
te tornato I per £sivore del cielo» allapriftina falute» viaggiò verfoU]a«
cria» dove giunto felicemente» per otto mefr continovi » per quei Cavalì^
fi» efercicò il fuo pennello in quadri di piccole figure» e caprìcci diverfi.
Freiè poi nuovo viaggio verfo Italia » toccò Venezia » e dojx) pochi meli
di nuovo fi pprtò a Roma : dove per mezsEO di un Religiofo della Compa-
gnia di Gesù» Ottenne fua fianza nella cafa della medefima Compagnii,
contigua air Oratorio di San Francefco Xaverio. Quivi pe* padri della
fuddetta Compagnia fece pure più quadri di devozione» ì quali mentre io
quefte cofe ferivo» fi trovano tuttavia nel Portico dello fteflb Oratorio.
fra quefti fu un jpaefe di dieci palmi» ove egli rappre(entò ii Signore tcn^
meo dal Demonio nel deferto . Diede il noftro artefice in quel tempo e
in quei luogo sì apprezzabili faggi di fuo valore nell'ane» e sì fece rifplen*
dere le belle doti dell' animo fuo , che iavogliatofi i Padri di averlo fri >
loro» avrebbe egli al certo (giacche nulla mancava in efib di veroaffeno
Itila Crifijana piec^ ) veilito quell'abito» fé avefle cono(ciuto diefercbit;
lùato int&rnamente a fiato rtligiofo; anziché a quello di fecolare, in cui
f^vefie egli pure religiofameme vivere» il proprio talento eferciuodoi
^pmune benefizio, come egli poi fempre ha fatto; mentre fa ppìamoefo
f^rta cpfa» che po({bao gloriarfi i fuoi pennelli di non aver mai condocn
pittura.» ^ che pofià dìrfi meno che oneftiflima. Ma non pertanto li(cjò
¥gli per;due anni e mezzo di ftarfi preflb a quei Reiigiofi , finché fiimobco
4à quel <^liderio» che non meno conforma vafi alla di lui inclinazione^ A
qiiello che egli contribuifie al renderlo fempre più perfetto nell' arte bu
che era di vedere paefi diverfi » con che rendei^ anche Tempre più chiari
la fama del fuo pennello» lafciaca Roma» fi portò a Napoli. In quellaiio-
1)ile ^ittà accoftatofi pure a' Padri della. Compagnia» in ifpazio difeiiBei
condufie per elfi tre quadri grandi di figure al naturale, che ebbet luogo
nel Refettorio di loro Noviziato . Nel primo rapprefentò il Signore oratv-
Gq nell'orto» e l'Angelo» che lo conforta; nel fecondo il penar éelli
croce al Calvario, fra la turba de' miniftri della Giuftizìa, e la Beata Ver*
pine colle devote Donne : nel terzo finalmente fece vedere eflb Signor
irocififilb fra due Ladronit e preflb la croce V addolorata fua Madre con
Jan Giovapni Evangelica» la Maddalena» con alcune figure di foldan*
"Toimatofene poi a Roma » vi fu ricevuto al folito nella cafa de' Padri del»
Compagnia » ove actefe a dipignere a fuo talento per chi a lui piac;u^t^
talora pe'medefimi Padri; e ciò particolarmente avvenne nelle occationid^
pli apparaci per le Quarancore. Non molto fi trattenne per qutlia volo
in Roma» quafi prefago della vicina morte della cara fua madre» la quil^
voile tornare a vedere in patria i e dopo che ella fu da queAa all'altra vi*
ta pai&tai fece di nuovo ritorno a Roma ; dove aperta cafa propria, atteie
air opera
. TEODORO ELMBRECK.ER. S9S
•U'òpert deir ttte £u%, fecondo \e oeeafem, che pofgevtnfe^i aAi fro-
queliti, di condurle b^e invmxioni in- piccole. %ure, nelle qaaU tettl-^
colarmemefi eca già guadagnacei gran fitma. Paflaei diciotco mefi yoMe di
nuovo far ricorno alla patria» e poi «Roma ^r la via di Franda ejpdr
Parigi» ove otto mefi fi trattenne» e oodti quadri vi dipinfis . Pafsò per To-
rino» e, per quel Duca fece due quadri di quattro palmi; in uno rappr»-
Cento la perlona di un Frate d'amto bianco» che diftriboirce a di?erfi pò»
. veri gli avansi del Refettorio » che risfd opera bella e curiofii » per aver»
egli in offi rappre&mati al vivo molti. bisarri avvenimenti; che fuoi par-
Corke «E4one cotale fra le calche di gente plebea: in un altro figurò un ciaiv
Jatatloi che avidfo di fpacciare fuoi iftipiaftri, fi fa vedere in acto di fpaiv
d«r chia<:chiere fra quegli fcioperati e perdigiorni » che lo fianno alcoU
tando. Tornatocene poi a Roma defideratifilraio , incominciò ad eflervì sk
fattamente adoperato daperibne di alto afiàre, che delle opere» che vi fis«
ce » lunghifCnia cofa farebbe ftata ad eflb medefimo il confervarne memo^.
ria* Fra gli alta, che ebbero fue^ pitture, furono i Cardinali Ghigi» e
Gaiparo Carpigna » il Conte Angiolofa^ principalilfimo Cavaliere Parmi-
giano» dilettante intendentiflimo deli' arce, che^ fino del i68x. contava
nella fua raccolta di eccellenti pittori» fino al numero di venticinque ope^
re di mano del noftro artefice . £bbe poi vaghezza di portarfi in quefta no.
fira cpftà.di Firenze; e qui fii ricevuto ed accarezzato con tratcamenci
eguali al fuo merito» da Orlo Lorenzo del Senatore Alamanno della nou
bil famiglia degli l%hi» ilouale.non pure per nroprio diletto» come Qtie»
gli» che molto gufta di pofiedere pitture eccellenti» ma eziandio» e toriè
principalmente» per defiderio'di dare a i due figliuoli » che gli ha fra gli al
tri» cioè a Scipione e a Piero Cavaliere» coiwerfazione di tutto genio ^
giacché tanto Tuno» quanto P altro» per proprio diporto, lodevoliflima»
mente operano in pittura» ha voluto in diverfi tempi più volte averlo t
fé » e in propria cala . Per quefto dunque ha Teodoro coloriti diverfi qua^
dri« Ne' primi quattro, per larghezza di fei palmi romani » che è quella
appunto » che dicono: in Roma tela dell* Imperadore » figurò eccellentUéi
mente al fuo folito le quattro Aagioni: in altri due .di diverCa grandezza
la Natività del Signore, e TAdorazione de* Magi : in altri quattro» diverfi
capricci» di zingari, fonatori» bevitori» e giocatojri plebei: in altri fiicre
jftorie» alcune Sbille» e altri capricci. II Marchefe Folco Rinucdni ha
fra' fuoi belliffimi quadri fei pezzi di mano di ^eòdoro, di braccio in cir«
ca » bellìifimi . Rapprefentau in uno la Vergine Santiffima con Geaù e
San Giu(èpi)e» che viaggiano alla volta d'Egitto: e in altro vedefi la AcfU
lanca ; corniti va neir atto del ritorno' alla patria . Penfiero fu quefio di chi
quelle cofe fcriye; e oltre à quanto ha in quefti rapprefentato il pittore
di dilettevole e di VBgo» fi vedono bene , e con buona e aggiuftata dif-
ferenza efpreflfe le etadi e del fiinciullo e del liio putativo padre» nel tem-
po dell' andare e del ritornare, a proporzione di quel corfo d'anni» che
credefi per la pm parte » che il noftro Redentore, infiemecon Maria e con
Giufeppe, colà fi trattenefle. In altro quadro fi veggono rapprefi^ntate le
operazioni» che in umpordi Primavera fi .&niio in un giasdiào di pomi
, Pp z efiori»
JùAoa^fKtnoQ 4i!kpiftd\tmit/m dk Varie fentiDiiièLle i dbe ajmbla in
.^mUa oolcurfts in «IcrotiiKto per lo tt»po.d«lk Sntf» feno focDMde
jCoiiMcHn«(che« intOEna ti. facooglieoe i ^nmi e biade » Uao ite ut lu> o?€
'£ fa. vedere ^uamo occorre fi» 1 villani niella vendemuat e a&o A «i
-carroLyfopra il quale aflai péribne» nomini e donne» in varia atocudiiiign-
-ùofet.fiinnofi vedere tmoiaicherace» fonando diverfi iftmmemu mentre
4tltre.a piecU» pure in abick diveril di niafchera » con getti buffonefcbi, a^
uQCMnpagnano quell'aUegi ìa . Neil' nltimo finaloiente è figtttaco TlnvcrnOi
4:on vfti ) capricci di uomini e donne* che fi icakfano ai fuoco & un bra*
•ciacajoft il tutto efpreflb con tanta verità e nacHraleza, qoanto maidefidi-
-nre tt poffii. il Marchefe Mattìaa Maria Bartoiommei» Cavaliere docito
4i ogni virtù ^ e atnicjfftma delle buone arti , ha pwe di mano di Teodo-
iVo quattro quadri di braccio» i quali» per loKo bizzarria e ntturtkzui
-^non poffi>no dirli men belU di quel che batter ooffa per appegsre ippie*
no», non pure l'ottimo gatto del Marchefe fteflo» ma ouallo eziandio di
ogni altro» che a pari di lui prendafi diletto di oofe si ntte : nel primo è
•npprefentato un luogo ameno» ofia giardino» dove fotfo una gran voltii
parte fiitta dalla natura» e parte fiibbricata con mano» attorno ad Qnbdlo
lecipiente di acqua» che cade da una fontana » fiinno corona quaccio vigk
^ii^ellc» che in varie e belliflime attitudini» appropriate al conoctio»
Aanno lava^ndo il bucato» mentre in mediocre (flinanza una giovanci eoa
.ganoincello aififtono ad una gran ccaldaja» queUa con votarvi ranmtiiC
fuetto con attizzare il fuoco i che iì vede fotto e quel vafo natocaliffin^:
'.e (bnovi alcune figure di villani a maraviglia, belle. In un akro vedefi in
«varie figure dì genti, campagnuole» un ciambellaio giocarti alla oori eoo
vn villano le fue ciambelle» delle quaU egli ha piena una zana«* eineatre
^li tutto attento al giuoco» con una mano che fegna» e coli* altri che
fcuopre » gtiarda fifo il giocatore compagno; un ragazzo triftoi ditoni
piglio ad una grolla ciambella» che fra l'altre fia appefii alki zanai tenti di
portarfela via; che però con aft eco avvedimento » e con atto natoralìffi^
accenna ad un altro ragazzo # che ftia zitto» e non faccia motto* Apf^
«quatti due» U un bel vadere un cane^ che fiffando l'occhio vttblt^^'
no» che ruba» moftra di alpettare con impazienza» che fuo fiapetelfcfc
^uel boccone. In tffl altro quadro, che io penfo, che né più nètneguo
ooflan condurre i pennelli di chi fi fia in fimile forte di pittura, è una tri-
éacca» figurata perunofteria^ alla campagna aperta: e la perfona dell' otte .
il quale con un certo fuo garbato rifo» oolla foglietta in manoi affitte^
w^ bevitore: e vi fono altre figure dietadi diverfe » cioè di donne e ^
fanciulli , che con gufto, pare che oflervino quell' azione . Neil' u\ii^^
Vede, in atto di federe , una vaghiffime femmina contadina con m bamt'}'
na , per maggiormente invogliamelo , oiicomnaoiegii aiqmmo , ^^y* * *:
«ta: un altro fanciullo di maggiore età gli fiede appreflb» rideodoft di q^^^'
1' atto: vi à la figura di un giovane e di un vecchio » e una bella ht^^
latta ^ tutti contadini I e quettainattodidardiufeeJ^oednntozzodip^f
TEODORO BIMBRPCKER. 597
ftè £ |>ii^ tbbaftmza lodgftt It perfiyn^ di un bntturo o cipomandrlt;,
veftito di Qnt rozza pelliccia » e quaflo io atto dì cavalcare un fomaroi»
e farlo (teré ad »n fonte. Vojgefi ^coftai verfo I9 dette figure: e in tifi
^iSo yj^aneiEì^e %r%ziacoi muove un rìfo allegro e rpiritoCo» i^uantQ m^i
defidcfar fi ppfla in cofii vera t e non finta. Chi que(le<:or<; fcnve .qonCbr*
va , come prezipfa gioja , un quadro di Teodoro ( regalo ^atto a ie dall' Aba*
.te Franceico Adarucelli Fiorentino^ Cavaliere di quel valore e fkna, che
h nodffiina ) d' una mezza figura di proporzione filquanto maggiore deilis
foprànnominate ; e rappreCènta un bevitore» col fiafco in mano e '1 bicchie-
re pieno: fta egli in piftdt, e apppggiatoad un defco di bella pietra, fin-
gnendo sì fatti arnefi^ con occhj giulivi e brillanti e vermiglie gote» guar-
dando verfo la perfona di un giovincello» che in attitudine graziofa fé U
ride con eflo teco . Il colorito del quadro è bellifiimo: e benché appprifc;^
aflai terminato, 9 delicatamente condotto; conjtuttociò fcuopre in ufi
tempo medelimo in fé fiefib tanu maeftria di pennello e frefchezza di tin-
te, quanto inai dir fi pofla. Ma fé io mi fon ipeflo alla per altro a me
cara fatica di defcrivere tanice opere del noftro pitpre , che io yeddi quj^
in Firenze, belliflim; s), ma di minore grandezza, e meno copiofe fii fi-
gure ,* non voglio 10 tralafciare di fare lo fteflb di altre , non meno Angolari »
che fra i quadri di ottimi maeftri , pofliede pure di mano di Teodoro nel
fuo Palazzo di piazza Spagna nella città di Roma, il già nominato Abate
Francefco Marucelli; le qujili con efiere di quelk, che.fi contano fra le
fnò eccellenti, e più piene di bizzarriipine invenzioni, hanno anche la q^a-
i ' ■ " - - -
[ita deli':efirer moltfs in numero: e quefto, per^chè l'amore- di Teodoro
Xo il fnerito di quel Cavaliere, e la filma, che quefii fece fempre delia
vìrt9 di Teodoro, incontrandjifi infieme, hanno latto per modo» che m>
.non fo ft, aicri fiji» che vant(ir fi pc^at fuori d^U' Ab^te, di avete avu(i
tanti parti di tal pennello j quanto ^gli ha fatto- Diremo dunquie, CQmfi
avepcibo quefto Cavaliere, vago pfr nobile fup jenio dixofe di pittura» fi
parziaiiiuiqo de* profefliKi di affa » vedu^ fino dell' annp i/58o. alcune op^
re di .quefto grand' uomo: fi ammirata non niepo la fquifitezza di efl^e, c^
la fincerità e bontà dell' artefice, ftrin^ qpa ^fip una cordiale amicizia: e
trovò M pronta icorrifppnd^n^'i f che puòdirfi con verità,. che egli per neC-
funp alpino maij^ràflècanpiii di ligisBzaecQ piùac^orei ^cchè in pochian^t
pot^ l'Abate firrioshire la lua Galleria di fedici quadri di mano di. tale v|r-
tuo(o> tutti aminirs^ti a gran fegno . .Conaanfi fra queOi fino al numero 4t
quattro di ftraprdinaria grandezza, noti più fino allora dal pittore fifata»
iicioè dpa in «In da Imperatore > e4|iedixy>ve palmi H^mani, che cont^^vonp
-figure dijpRlfiioHl^qirea; in uno Ce 9^ osarono ci^arama in prime vedete»
ove rappuafe^tafi uà ballo .tondo djfftifm maCchi ^ femminei e altri isi w-
voIaapi^tfQchj^a, in atto di merendare. FraTonatori a ballo è Teodoro
4leflb» ritTiapto. al yivo> mpotre Cuona il buon^cordo; m^fira tale figuia
:«fiertiisiQi per ìfit veft^, e. mentre fi volta in dietro per vedere phi fia colici
.che? il tira, vede cofi fuo fti|p«Ke,jefl«:r la M9rte accpmp^goata dal Tempo»
.a eufTwi vicinid«ejpaq(Qletti» che $on acqua infaponata foirmano, fofiiaii-
.do» q|if:Ue49Sid« pflfej ^a bpUp criftalline» phe.ii» un mpv^nto per arj^
Pp 3 fvaniféonoi
5 9^ Hicentt. V. della Pari, ì, delSek V. dal 1 640. d 1 550.
fvanifcono; volendo il prudente trcence fignificare con ciò Ubteviii
e fragilità di noftra mifera vita. Sopra il gruppo de'fonatori^ incitsudi
una Icalinaca e falita, è piantata una croce, preflballa quale, in atto&t*
voto, è la Crifiiana Virtù , coperta di bianca vefte, che in atto amorevo»
le invita alcuni giovani, che à mezzo il poggio ftanno fermi, a rompeit
ogni indugio, ed a finire il viaggio intraprcfo; mentre vaga e vanimini
donna, latcivamente addobbata» con i^fìicciato modo addica loro lefog-
giacenti allegrie , per rirrargli dair intraprefo e travagliofo cammino: e
per molto, che Óudifi la più parte* di loro di muovere il paflfo perquelh
erta via; non è per quefto, che uno di efli fermatoli a federe, non moltrii
Guafi inrrifoluto, e fra il si e'I nò. Più indietro forge un' amicagliadi
zabbr]ca,lòmigliante il famofo Arco di Coftantino. Fra vaghtffimi alberi,
e in lontananza , vedefi un^circolo digiocatori alle carte . Fra le eofe ingegno*
fifliine» e a maraviglia immitate » che godonfi nel quadro, èfracoloro, eh
ballano, la figura di un contadino, che col fuo goffo e fmoderato ftltarc»
fa» non fenza rifo di chi il mira, ben palefe fua rufticana imperizia. Ewì
anche fìguraro un accattone, condotto di al buon gufto, die il celebre
Carlo Maratta vedendolo, ebbe a dire, che fé quella figura fo^ ftacafok
in un quadretto, averebbela fenza dubbio creduta opera dò! pennello deir
lo (leflfo Tiziano. Dirò per ukimo, che è ammirabile in quefto quadroil
bello accordamento, e l'armonia di tutte le parti inCeme, che è una del-
le più belle doti, che abbia \z }}lctura, mamme inci^, che appartiene >
iftoria: e quella akresV, in cui il noftro Teodoro da molti anni in qui»
a cagione del molto e molto operare, fi è fegnalato non poco, ti confi*
gno del defcricto quadro, ricco dì trentacinque figure , rapprefenu b(i>
parte dì Campo Vaccino di Roma, con buona quantica di aniinaK peco*
rini, vaccini, e bovini, che beono alla fontana ; ove bee altre^ilpauore»
che in beila attitudine piegandofi, per accodar la bocca alla doccia del-
¥ acqua , fa ben conofcere Y ottimo difègno dell^ artefice . Uno de*pni>*
cipali foggetti o capricci è quello di una giovane e graziofa feamn^"^'
che sbracciata e loUecita cerca di far bollire > e va krhiumandd vni? /uà
calda ja di maccheroni, intorno a cui, in abiti e in atti aflai ridicolofii ^^
no affollati molti baroni, al'pettando anfiofi, che fia ftagionata queAig^^^
folana vivanda. Vero e ardente apparifce il fuocar piti che vero il ^^
re e la fchiuma: e fopra ogni credere > vera apparìfce una mezzina di rv
me , che sì pel fuo tondeggìamento i ») pel colorito, gabba gli occb)^
riguardanti. Dietro a quella gruppo, in kiogo alquanto rSevato, i^
ciarlatano, che fdpra 'I luo palco cava un dente a un bifolco, che l^(c^^
dal dolore fi vede piagnere, mentre un pulcinella, compagno 4el c'nriatf-
no, fa confuoi lazzi, che ridano molti villani, chelaftannoadafcoltat^'
Dalla deftra mano forgono più calè rufticali, maravigliqlàmence colorita; ^
fine delle quali è un terrazzo pergolato di viti» che colle verdeggianti^
glie fanno ombra a più perfoue, che fonando ftannovi (otto a diporto'
ed è quefta una delle parti fra le altre più (limati e lodata da' pit^^'^'
Dair altra banda , fotto una tenda giace quàfi diftefo ih ónafedia un*oa)i^
Clone graffo a difmifuia^ e come pel caldo andante » elle con un boccak
in mano
I
TEODORO ELMBRECKSR. S99
«
in Qiiao iiM^ra voleìr poigerè da bere • uM donntt che ridendogli (k ti^
Cina: .e quivi predo (& ricco in fu due piedi un pellegrino » che (èmbra
di Napolecana nazione t di lunga e magra perfona, che cenendo in mano
una icodella di maccheroni , muove un gefto sì nacurale p che forza a ri.
dere . Diecro a quello veggonG due vezzofecte femminellet che in acci tt*
nari » e galanciflima ; moftrano di accarezzare i loro bambini . Nel riraanencs
le alcre moke belle cofe^ dicofìgurinCf veducein loncananza^ Poccimo co*
lorico deir axià, rocca con maeftrìa da una difordinaca variecà di ni^ole , e
la maniera nel cucco fopra ogni credere , force» rifencica» e inlieme vaga e^
vera , aggiungono ranco di bellezza a quefte due opere » che non è chi non le
giudichi veramence perfecce. Vien figuraca nel cerzo quadro , e primo de'due
maggiori, una gran Fiera, ove fiano concorfe varie genci e in gran numer
IO» chi a vendere, chi a comprare, e chi a vedere: e veggo nu fparfeper
una fpaziofa campagna, che a poco a poco degradando (pregio non picr
colo de' pennelli di Teodoro) moftra una loncananza di moke miglia •
porcandou a cermtnare in alcune piacevoli coUinecte, ornare di ville e di
belle verdure. Vef gonfi in acco di cavalcare a craverfo al gran mercaco»
fc in feconda diftanza alcune eruppe di birri con un prigione legaco, pure
I anch' eflb a cavallo, il quale in arco metto accenna al caporale, che gli
i faccia raccogliere il cappello in cerra caducogli : e in cale capriccio , quan-
I co apparifcono belli e ben colorici i cavalli , canco appanfcono brucci e
! fpavencofi i birri neli' accicudini» nell' accompagnamenco di lor perfoneg
( e fopraccucco neMoro ceffi, che veramence, fenz' alerò più, gli fanno ben
i conofcere per quegli , che volle Tarcefice rapprefèncare . Innanzi a quelli
I ti vede un carro, ciraco da due buoi, col guidacore de'medefimi» in acco di'
1 far forza nel muovergli col pungolo ; fopra il carro fon diverfi arnefi di ^
I poveri villani, cioè una boccicella , e fino una piccola vicellina, le quali
; colè due giovani concadini moflrano di voler dar principio a fcaricare : ed
I ha quello gruppo > dagli arcefici occenuco il pregio e la ftima di eflTeff
facto con si buon rilievo e colorico, che paja veramence, che le figure
, e gli animali, e ogni alerà cofa rapprefencaca in eflb, efcano del quadro.
Si vede da uno de' lati un* barbiere ridicolofb, che forco unacrabacca ra^
de la barba a un vecchio villano; menere un alerò fedendo, moftra afpec-
tare per lo ftefTo'fine, che refti colui fpedico. In mediocre diftanza un
xherciajo, avendo aperce fue fcaeole, fa moftra di crine e merlerei a due
vaghe donzelle, che riccamente ve ftice. accompagnare da un Cavaliere e
cja buon numero di fcrvicori, nell'aria nobiliflima de i volei loro, mo-
firano di efter Dame di gran conto . Nel mezzo del quadro » e nel luogo
piU vicino all'occhio, fono donne fruccajuolet in accodi vendere a due
Fraci bianchi alcune zucche: e qui è desno di refleflione un acro relìgio-
fo, facco neir efprimere ^uefto penfiero dal noftro pittore, cioè; che aven«^
do egli da primo bonariamente fatto, che quei Fraci compraflero polli ^
dubitando, che altri creder poceffe avere eflb voluco quei clauftrali cacciar
di gola, fece quei capponi divencare zucche. Alcre belle cofe e figure, a
maraviglia dìfpofle e digradate, fi oftervano nella terza e quarca diftanza»
le quali folamente accenneremo» per recar menofaftidio al noftro leccore:
Pp4 eealifono.
600 Desenn. VJtHa Vàrù LdelSec\ V. dal iC^o. ti 16^0.
etili (ano, iimctri^aufdiigcm ft<èfi caValK bui (aitanti^ én(It)V\IMi6é
e C^viìtcìì: cklefli eofi ahri vioggiimi:' ta grappa di iif>g^r« /dette (\\nK
8ientr< uni tiene accento un vec£lt(60olir«ditio Mia ventura, Vtltniilnit^
defimo ruba la boria . D'^ avanci a una tftrema fi vede 6m fpanntoft qui-
ftiùriei vecctiraU con fotne;' tfabaéChe,' fotco le qi^Ali fieddftcì genti a tàvo*
la; e altre figure fciolcei e raj^ptefentanti varie e curiòfe azioni . E'ir^
ricchictd ilqoadto, per termine lacerale» di élbeii e àìitìcagliek nonfena
i^ accolli pagnàtura di figiire e di aftitùali» in atto di pafeolàre^ Oientre 11
guardiano in be4le e nafuraiiilliDa attitudine fi gfaee in certa addormenu-
to. Nel quarto quadro» e fecondo de'due maggiori » hft veramente Teo«
doro» quanto mai in altr'opera, fatta còno rcere la fecondità della ftit io-
ventricè minièra; mentre avendo in eflb «fprefla una feconda Fiera i con
circa à (effiihta figurs > V ha tutte condotte in variati modi di penfien e
caprieci di attkudihi e di volti t 6ioechè noti foto pàò dirli di quei quadri,
che per ora fi deferi vonO» ma eKiartdio di tutti e ledici t pezzi» pofledo-
ti da quello Cavaliere > ne* quali pure fi contano prefib a quattrocento
figure. In quello dunque alla man de^a di chi guarda # forge una gtio
Cafa di villerecéia architettura » così ben tinta, che mollrando doe f&ccet
ton una pare, che efca tanto della tela* che fembradi rilievo, e non di-
Sima. Pòchi paflH fuciri della villa fi vede ufcito un garzone air incontro
ella fua novella fpofa » la quale, giuda 1' ufanea di Olanda, fi pomi
trovare il marito» accompagnata da comitiva di femmine^ parenti e tini*
the: fira le quali è maravigliofa la figura di una vecchia, che con ifgutrdo
euriofo^it^hinandolli guata fifo fifo il giovane fpofo, a cui» come villano»
tlquantò ti vilmente rattazzonato, parche cafchi di dofib il mantello, meo-
tfe il collare, più da una che da uh* altra parte gli pende dal collo: erfe^ii
in bèirattò porge la mano alla fpofa» che tinta di vergogiioibroiroreifs
édefib il fimigliaitte. Veggonfi fopra uri balcone dell' ifteflkcafa, direte ti-
Vote figurato, affacciata uita donna fpenaolandofi , come dir fifuoie.pct
vedere li funziortei e quattro fonatori intanto eòn loro ftrumenti di fit-
to, accompagnano queli* allegrezza* Non mai\da predo alla perfonaffe"<)
fpofo eomiciva di parenti e di amici: altri preflb ad eflb» altri fuon'i l'tn
dentro, e in fulla porta medefima della caia: e tutti fanno cònofcere\o-
^0 cotitente^fea . In poca difiauaca fono altre beltiifime figure di pcHone»
èhe Cangiano e btvòfio, efiigUano tabacco in fumo ; altre moAranoiS||*
ficerfi tieirinfilzare i picciónìriello fpiede: e fanno bel vedere le figure di
dse Frati Zoccolanti , tutti intenti nel^ caricare dì^ accattate legne un loto
fomarello . In faccia alla calk verfo il uesszo, in terte diflanza, fi tede an
branco di dieci puledri, difordinatàmènte al loro ufo in varie veduce inbe-
tte fioretti, e nondimeno così bene Vhùo dagli altri dtftinto, che (\^^\
tunque manrellati fiano di chiart colori e diverfi» ciafcheiluno ben fi p^^
leparè temente difcernere e numerare. In vicinanza di quelli animala'
VéggoAò , in atto di guardargli e di oflervargh , due Cavalieri , tìi ^'
to vefiitif e uno in abito di campagna. Rapprefentano quelli YS^^
Mérucelli fteflb , Con due fuoi nipoti, uno de'quah il maggiore accenna >'
isld) quello I efae fm quegli animali più fi conA al fua guHo e é^(^àt\o*
: : TSOJyORO ELMBRECKER. 6ot
Meir/iftoflb piano ì prdb a nnt oapnsni'^floMle , (bno pili figure di pi«
ftor»^ atcorn» ad una loro tuandria dì taocfae* natucalmeiue colorito e ae^
teggiace: ed una paflorelb, ^he in arciradine fpiricofa e vivace te lougne»
Termina da quefta banda il quadro in una vaga marina dall' Orizome , vt«
duca in loncaransa, a cui ha Tartifisiofo pittore tre archi oppofti di antu
co acsqiùdotto • che Torve mirabilmente a mt^ parere più lontano quel ma-^
rei di qitt da cui neirantcriòre campagna* è un pailbrello fedente» che a
chi il mira volge iafchiena, coperta di pellicciai guardando le fue pecorel-4
le t cosi lanute , e in tutto fimili aUe vere, e colla varietà de' colori ai ben
digradate» che ben può dirfi col noftro Poeta:
NùB vidi me* di me r cbi vide il vere .
Ciò» che dir fi puote eziandio di due figure di Levantinii che pofate in
terra loro merci» fedendoli a ripofo»pare, che fra di loro ragionino . £fprefle
fon quefte con tal vivezza» ehc alerò non manca a chi le oflerva ^ che
udirne le vooii e potrebbe dirli ancora:
Né manca ^ue0e encer fé agli eecbf credi .
Per ultimo • è maravigliofo un gruppo di due donzelle e di un contadi^
no venditore di frutte I il quale piepandoli con attenaione a rimirare ife»
gni della piena e pefante ftadera» gli fii vedere ad una di effe: la quale non
meno anuofa di lui glifta riguardando» e intanto con ambe le mani tiene
aperto un facchetto» ove elle debbono efler votate. Non lungi dal lido
della defcritca mariruii ha Teodoro dipinta (benché dipinta non paia ma
vera) uh*ofieria con molte genti ali* intorno»^ in operazioni varie e natu»
ralillimeé Dopo quefla ii vanno a poco a poco innalzando vaghiffimi colli»
con ville e verdure» da'quah con digradazione ftopenda» forgono di
mano in mano più altre montagne »che lontaaiffime appariicono. Seguo*
ho poi gli altri dodici pezai di quadri di tre e di quattro palmi, ne'qualì
fono altre invenzioni di non minore « anzi forfe in qualche parte di mag-
giore bellezza» che il volerle minutamente deferi vere» troppo lunga cofa
fiirebbe. Di uno d^ efli però fa di meftieriil non tacere afiatto i concioffia^
cofachi egli fia un pezzo di quadro» che ha dato molto, e dà tuttavia per
(tia b«:lleaza da parlare • e da ammirare infleme agi' intendenti dell'arti.
Rapprefentafi iVi quefto unafcuola di nove fanciulli » per entro una carne-»
ra, a cui dà lume una nneftra» con al bello artifizio colorito» che pare in
vero» che il Sole fteflo vi penetri ad illuftrairne quafi ogni parte. Vedefi
il Pedagogo» il quale in pofto vivace» e autorevole infieme» mc^ra di
(gridare uno degli fcolari» innanzi a fé genufleflo e piangente, e coUa^ab-
bia, che moftra nel volto, colla rabbuffata e pedantefca bart:^» e con al-
tre infe^ne di fua magiftrale perfena, è veramente oggetto» a chi lo mira»
di ammirazione' infie ine» e di alte rifa% Ma perchè non fi abbia a dire» che
Teodoro» com'egli fieifo per facezia» e per modeftia talora fi chiama, fia
pittore folamente di bambocciate» conviene anche accennare qualcofa di
alcuni altri de* dodici pezzi foprannominati . Evvi dunque un quadro » in
cui di ottimo gufio ha egli rapprefentata la Natività del Signore; un altro,
ove vedefi la raga di Maria Vergine in Egitto : e uno eziandio ve n' è del
Tranfito di San Fraacefco Xaverio: e in tutti quelli» particolarmente
nelle telle
6oì Deceuk V. Ma Turt. L del Set JVi dal 1(^40. ili6^9.
nelle tefte di Maria Vergihe e'^ide'Sintt * che tutte l^irtno decozione, con
una certa tale quale imitazione del modo di Guido. Reni, ba egli [u|^ii«
fo fé fteflò, Nè£bno quefie le prime iiicre rapprefeotazioni , fiate condot-
te dal piiflimo pennello di Teodoro; giacché. oltre a quante ne accennata-
sAo di fopra» anche ad altri né ha facce mólte • e in. particolaie all' Eccel-
lentiflimo Duca Sforza Cedrini» fino al numero di dodici: e menueio
quefte cofe ferivo, cioè nel 169/^ ha egli dipinta, una tavola da alare per
k nuova Sagreftia della Chie£i di Santa Maria della Pace in Roma def Ci*
nonici Regolari» ad iflanzai e per devoto dono del Conte Anguifciola»
degniflimo Cavaliere • e di quefte belle arti amantiflimo» il quale porem
una Tua raccolcai da fé fatta in gran parte, di opere rarìflimei conca più
di venti pezzi di quadri di mano del noftro pittore . Contiene T accenna*
ta tavola» in figure quanto il naturale, quella di Maria Verdine, maeftofa-
mente fedente, con occh) (bcchiufi e bafli, quali in atto di contemplare e
adorare il fuo Divino pargoletto Figliuolo, che full' uno de' ginocdù di
effa pofando, volgoli con ainorofo fguardo vèrfo la Madre, a cui prefenta
un ramofcello d'ulivo; mentre San Giufeppe^ Spofo di Maria, con umilci
il tutto mira e ammira: e alcuni Cherubini, lieti e riverenti 1 lofleflb
fanno. In quello medefimo tempo ha Teodoro condotti due quadri pel
Serenillimo di Savoja, in tela di quattro P^lmi, per accompagnarne due
altri limili f che fece più anni foiK> nel panare per Turino per quella Al*
^ tozza, la quale con benigni è generofiflimi inviti 1' ha fatto più volte fot.
Jecitare a portarli in quella città . Ha egli pure in quello tempo incomia;
ciato, terminato e meflb in opra, un altro quadro da altare» ad illanzadi
Niccolò Aringh d'Ipri in Fiandra, fuo grande amico, il quale per fua de-
vozione e generolita, e con ifpela di circa ottocento Icudi, avendo ador-
nato di fìniilimi marmi di colori diverfi V Aitar ma^iore della Chie& di
San Giuliano della nazione Fiamminga in Roma; fa pure a proprie fpeu
il quadro per quivi collocarlo . Vedeli in elio San Giuliano, in abito an-
cora di Cavaliere focolare, che genufleflb fta orando, e piangendo il foo
grave errore, di avere di notte tempo ammazzato il Padre e la Madre fefl^
zaconofcerli, per vano fofpetto, che folfe la propria moglie con uno<^'
tero, come neirilloria fiella vita di lui li le^e. In lontananza è )i^^
del Santo ftelTo in abito di Romito, che fulle proprie fpa Ile porta on pel*
' kgrino , .guadando un torrente vicino al fuo romitorio, che fu una delle
opere pie, che egli prefe a fare per tutto il corfo di fua vita, in peDiteo*
za doXiuo gran fallo . Nella più alta parte della tavola s'apre unvagofpkn*
dorè, ove fono bellillimi angelctti. In altra parte della medelimsi èvn
putto con uno fparviero in mano, folita infogna del Santo , a lignificare,
cred'io, che da giovane egli molto li dilettò della caccia* Ha il pittore
melTa mano ultimamente a due quadri di folice piccole figure per uà Ca-
valiere Piacentino, e a due altreaì per inviare a Parigi : e pel Principe
I^ieQeftein Tedelco, fratello del già Ambafciadore Cefareo» è per faredoe
limili quadri in tela da Imperadori . E quello è quanto è potuto fin qui
venire a mia notizia, della perfona e delle opere di quello degnilGmo ar-
tefice . Hanno le opere di quefto pittore una qualità » ch« è tutta propria
TEf^DORO ELMBRECI^ER, 603
loro: ed è, di aBkfciharé» per dir così , in un tempo fieflo» gli occh) de-
gr incendenti e de' non intendenti dell'arte» per modo • che non vi k alcuno »
' per imperito che fia^ che fubito vedutele» non refli prefo da gran diletto e
I maraviglia . La ragione di ciò fi è » a mio credere , perchè in quella guifa che
' tanto l'avveduto, loftodiofo, il civile, quanto il goffo , I* ignorante eU
' plebeo, per puro lume naturale, ben conolce e prendefi diletto della co-
^ fa vera , che bella e curiofa iia ; così £icil cofa fi è , che tanto gli uni , che
^! gli altri» e conofcano fubito, e fi dilettino di ciò , che all'occhio , ancorché
f fenza il giudizio della mano e deli' orecchio , fembra elìer vero e non
^! finto : qu^cà > dico , che non fi trovano, le non nell^opere d'altiffima riga ; né
^ all'artefice bafta per poflederle, i' avere ragionevole colorito » bella inveri*
^ zione, con aggiunta di belle arie di tede, un tocco bizzarro, e fimili,* ma
1 egli è necefiario, che nei tutto fi fcorga un gran rilievo^ uno fpirito vi*
s vace, e un mirabile accordamento; che fiano i campi bene adattati alle
p figure: e finalmente, che non punto fi fcuopra in cfle la maniera del pit«
tore, fiafi pare qualunque fi voglia; ma ai bene veggafi in ogni iua parte
quella varietà e verità, che fa vedere il naciirale fteao; tutte lodi, a mio
b) parere, delle pitture del noflro Teodoro. E quantunque mi fi pofla dire,
$ che nelle opere di lui tanto fi fcorga di fua maniera , quanto abbifogfia per
k farle ben conofcere di fua mano, a diftinziono, di quelle di ogni àltto maq-
f uro; egli è però vero, che vedefi iielle mèdefime (anta naturalezza , e tan-
ta varietà di concetti, e di ogni altra cofa da efib rapprefentata » che facU
cofa è ali' occhio il non farne Cafo, e il iafciarfi ingannare. Or qui mi li
conceda Io sfogare alquanto. la mia collera contro ad un modo di parlare,
^ fatto oggi aifai comune tra' profellbri : jed è, di chiamare l'invenzioni» ca-
^ pricci , e quadri in piccole figure, fatte da diverfi valentupmini , ftati parti*-
.(j colarmenre nel prefente ìIìcoIq» Col nome di bambocciate : e i pittori , che
\ le fanno t pittori di bambocciate ^ e non volere, che peraltro nome fiano.
1^ ìntefi e conofciùti. E dirò in primo ìluogo, che io penfo, che tali nomi
^ riconofcaiu) loro cominciamcnto» fé non da qualche livorofii lingua di prò*
? felìore invidiofo, che forzato ad ammirare la bizzaria e'i diletto, di che
^ àpparifcono piene efle invenzioni, .capricci» e piccole figure, polle a con-
'4
3
lì
»« 1
^ à
^^ ranocchie
^' ranocchie , che noa^vendp né ingegno né forza per difendere loro ftefle
^^ da chi le voglia predare» gettanti al partito d* incorbidare V acqua chiara .
Io non nego, che parlando in univerfale» il far piccole figure e capricci»
^ non debba non averfi e tcnerfi in conto dell' ultimo e più alto fine
dell'arte della pictura; ina penfo bene» che egli non fia punto inferiore
airaItro»che è di fare le grandi; perché ficcome infiniti fono i luoghi »che
per comodo» vaghezza» e ornamento ricercano figure grandi e godibili
da lontano, cosi infiniti (bn quelli» per cui fi ricercano le piccole: fé noi
non voleflimo dire , che i luoghi piccoli dove(&ro per neccfiìtà fiarfi
fenza il bello adornamento, che fare foglìono i pennelli. Né meno fono
io per negare» che qaefl'arte nobiliffimai allora non faccia l' ultime prove
f ' ' di fé
ti
i
:6o4 Deetnuy.della?art.LdélSet.Vidàh6^o.di6$(i.
di fc flefla f qtnndo elk alP oéchio noftro azkmi nobili » e ittlme a
irittovere i oiigUorUffetci noflriyjci rapprefiràsEa; ma ne^lio ficflo cemMfo^
lìQ anche di pturecCi che ficcòme irtfijDke ibno le azioni nobili làtm uo«
minit che vogibnfi e dQhboiifi daiUi pittura rapptafeiitere, per e(em|k,
. o per un lode,vQlè diletto; asA ìnfintce fiano le azioni». die , a per eieo»-
olo o t>er lodevole diletto « debbonfi rappve&ntare» figurando molte del-
le azioni della adì nota gente , purché jelie fiatio decenti » e nonpuncoibc-
dide . E chf^ ficcome lo lempre coliume ^de' booni poeti il rtrartfeQtare
talom azioni baiTe di upn\iw vili , purché q«eUe fi acoonodiflero al fine
Joro» che f« di apportale utile e diletto; perchè non debbe £irlp anche
la pittura» che è una poefia muta? Rìcordifi chi tal colà vuol condinnaie,
cfa^ il bello della pittura confifte nell'imitazione del vero, e nella quali-
tà della cofa dipinta} altrimenti converrebbe dire, che pazza foflefiatt
i' antichità , a dare le fiefle iodi di eccellenza a Nicia , celebre pittore di quei
tempi pel dipignere, che ei fece s maraviglia i cani, di quelle, che clk
diode alle graziofe femmine, igii niu e gii ahri vaghi parti del pennello di
queU* artefice. £ fé quefti tali vorranno pure andar cercando^juanto abbila
mo dall'antichità medefima; troveranno, ^he fin dall'ora dipigneFanfi dt
quei pittori le barberte, e limili altri capriccio ed è cofa nota ad ognanot
per teftimonio' d'infinite pitture, che ancor vivono, «cflere fiato cofiume
di dipignerfi da* nofiri i>iìi eccellenti pittori capricci diverti 4n piccole &>
gurine, anche neil^ antichità moderaa, cioè fin da quei fecoli# ae'quah
Jr arte della pitturai per.mano de* medefimi riconobbe il fuo riibigiiaeaco;
ficchè non è quefto fiato irizio delle raoderniflime fcuole, ma nnfaggu)
avvedimento de' profefTorì d' ogni età » e di ogni tempo. Dire per ulnoiot
che io veggio empierildi slfiute pitture le Gallerie e i Gabinetti de' Gran-
di: e da' medefimi onorarti e arricchiffi quegli uomini » che in fimil mo-
do di operare an renduci più iìunafi 4 loro pennelli; onde nonfoaccomo-
tfarmi a credere ^ che debba trovarfi ohi dica » che:fimil forca di picwe
merjtinfi il nome fprezzevqle di òamboociate; e colovat che le.conda-
cono a al gran perfiszione , qoeUo di f pittori di bambocciate . Crederò bc*
-ne» e fempre dirò^ Che elle medefime, benché piccole fiano, e azioni mi-
;nute rapprefentino talora» pel pregio di loro perfectifiima imitazione del
vero, debbano fiimarfi ed ammirarfi da chiunque abbia ottimo gufionel-
l'artiinoftre; e che il nome e la lode di cOomini di altailima, convengi
darfi agii artefici delle medefime da ciunnqoe a*^ia vaghezza di rendere al
. merito il dover fuo «
DELLE
60$
NOTIZIE
DE* PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMABUE IN QUA
DECENNALE VI
E PARTE II. DEL SECOLO VL
'DAL JUDCL. Al MDCLX.
LIVIO M E H US
PITTORE D'UDENARDB
'Difitpth dt Tietro da Cortona j nato 1^30. vive alprefente*
R A i più flrant avrepìmentì , che d rappre&nu
ogni dì queftt grande fcena del mondo, parvemi
fempre degno di idkinirazione quello, che fi re-
de accadere a uluni» i quali nati, per così dire*-
in grembo alla felicicà , atfiftici da i parenti, e
; duTi amici, accurati e guardinghi in ogni loto
I a^re, cercan icmpre d* avanzarli all'aci^uifto dellt
I glfMfia: econtuttociò . colpa de' liniftri incoocri,
che loro attraverfano ogni induftria ed (^ni dife-
I gno, non folo non con&guifcoiio il hne defidera*
to di fiarfi in alcuna t'acoltà punto fupenori agli altri uomini; ma tuttavia
declinando dal privo itatOf dopo on Tivcie affimooiò, conduconri fìnal-
luenie
.6o6 Decenn.Vl. e ?artAldelSeLt^.dali6$o.al 1660.
mente ad un fine infelice: e per lo contrtrio vedonG altri in gran nome-
rò, al cui natale par che fimofirafle nemicala forte, abbandonati in pue-
rizia al governo (felli ftranien , e quel eh' è peggio, alla guida di loro fedi»
metterfi a camminare ftrade sì pericolofe, e contrarie a'proprj defidet) e
finii che non pare» che di loro fi pofla promettere, che precipiz) e rovi-
ne; econtuttociò fi vede riufcirloro (camminandopereftrani tragetti)
il condurfi, per così dire, nella gran via maeftra,^ che gli porta all'acqui-
fio della tanto defiderata , benché mal cercata felicità. Fatti fon queftì in
fomma di queir alta Provvidenza, la quale, come ben diife un erudito»
meglio di ogni giocatore di fcacchii, dopo un ben lungo ed occulto mo*
do di rigirar di pezzi, fa col folo muovere di una tavola , confondere ogni
bene ordinato, ed anche con un fol colpo ridurre a ben efiere ogni più
fcompigliaco giuoco. Qtsefio, pare a me, che fi fia avverato quanto mai
in altra perfona, nel valorofo artefice Livio Mehus: il che, fenasa che io
fiia qui a fare applicazione» penfo, che bene conofcerà chi andrà leggen-
do quél poco, che io fono ora per notare intorno a i fuccefC della vita
^i lui- • , / . .
Nacque qqeQo nobile ingegno circa Fanno ^ì noftra falute 16^0. ia
Udenard, città della . provincia dì Fiandra, dh un molto onorato uomo,
chiamato Luigi Mehiis ; e non fu egli appena pervenuto agli anni del co*
nòfcimento, che per lo incrudelirò» che facevaiìp le guerre in i^oelJe par*
ti, il padre e h madre fiiaai)bandonandoJ;queUa. citila, viaggiarono alfa
volta a' Italia, e prefero fua fianza in Milano, lafci^ndo il fanciullo in cu-
fiodia di alcuni loro parenti, per tanto, che col crefcerc egli alquanto in
età, e coir aflicurare loro ftanza in Milano, venifle loro più comodameli*
te fatto di mandar per lui : penfiero , che poi ebbe f 00 effetto in tempo »
che il £incittÌlo correva circa il decimo anno di fua età. Avutolo il padre
in Milano, cominciò a fargli apprendere i principj della grammatica; ma
quegli, che fi fentiva inclinato alle cofe appartenenti alle belle e nobiliflime
artididife^no e di pittura, malamente accomodaiìdofi a tale impiego , ot-
tenne da 1 parenti, che levandolo da fimili ftud), a quelli V applicaflero»
ove tendeva il fuo genio. II padre, che defiderava di compiacerlo , lo pofe
apprefib di un tale Carlo Fiammingo, pittore di Battaglie, degli Stati di
Olanda , e da duelli ebbe egli i primi principj . Coir avanzarfi degli anni
cresceva altresì nel fanciullo 1' amore air arte, e '1 dèfiderio di giugnere
alla perfezione; onde avvenne, che arrivato, eh' e' fu all'età di quattor*
dici o quindici anni, con avere alquanto profittato, fentendo fin da quel-
le parti correre la fama de' pittori di Roma, fi accefe di tanta voglia di
vedere le opere loro, ed apprenderne & miglior maniera, che (ènza alcu-
no aflegna mento di oocafione.di operette, efenza aver colà corrifponden-
aa di forra alcuna , con che potefiè fperare di procacciarvifi albergo o
trattenimento, fenza far «motto a i parenti, fimefle in via per a quella
volta. Camminava il giovanetto a piedi, fenz' altra guida o compagnia,
che di fé fleflb, e del dèfiderio, che fone lo portava all'acquifio della vir-
tù e della gloria; e finalmente dopo. un lungo eirare, or di qua or di
là per fentieri a.lyidei tuttoiconolciuti, edppoun penpfiffimo viaggio,
. * V 'fi trovò
Livio MEHÙS. (Joy
fi trovò nella eitti di Pìftoja . Ma quantiln^ue foflè cieco il fanciullo al
governo di fé fteflb» aveva però fopra-di lui cent'occh) il cielo » che qui.
Ti> finché fi facefle luogo per eflb a migliori fuccefii» ben preflo il provvi-
de di ricetto in cafa di un uoino dabbene # del meftiere di far huti ed
altri ftrumenti di corde, in cui per force fi abbattè. Mentre, che Livio
fi tratteneva in quella cafa, come quegli, che ad altro mai nonpenfavat
che airacquifto della virtù defiderata, fi mede ad inventare, e fare in di*
fegno alcuni paefetti, e battaglie a penna, che erano appunto quelle co*
fé p dove pib che ad ogni altra tendeva la fua inclinazione • Quefte piacque-
ro molto al padron della cajb , e a chiunque le vide • Un di coloro , a* qua-
li paffaron fotto l'occhio quefti difegni , fu il géntiliflìmó Forteguerri no-
bile Piftojefe, Capitano delle Corazze del Sereniamo Granduca» di Roc-
cailrada nel Senefe, che a force s'abbattè a vederlo in bottega di quello'
ftrumentajo. Quello Gentiluomo non ebbe appetta riconolbtuca la bella
indole del giovane, e da quelle fpiritofe operette la vivacità del fuo in-
gegno, che & lo condufTe a cafa, e dtedeglì non folo vitto e abitazione,
majlifece trattamenti non punto minori di quello, che egli averebbe
fatto ad un proprio ed amatiffimo figliuolo. Ma non fermò qu) la bontà
del coitele fóldato, perchè dovendo poi tornarfene alla càrica, fé lo con-
dole feco a Siena: e porcatofi alP audienza della gloriofa memoria del Se^
proprio di quel
virtuufi, Jo facefle efercitare fotio la fua protezione. Quel magnanimo
Prii^cipe, fentitone dir tanto bene, volle, che fubito fofle portato ivi'
carta e tavohno, e con dimollrazioni di ottima volontà, comandò al fi-
gliuolo, che alcuna cofa dtfegnafle di fuo capriccio • Aveva egli nel tem-
po » eh' e' s'era trattenuto in Piftoja, udito raccontare l'attacco, che fecero
di notte sii eferciti della Chiefaalla fteifa città: ekbravifllma difefa, che
fecero i loldati del Granduca , con quei fedeliflimi cittadini ; e V offefa
fatta alla parte nemica: e parendogli colà molto a propolito per farli ono-
re , difegnò queirattacco e quel fatto d' arme , con tanto (pirito ^ con s)
bejlé avvertenze, invenzioni, e bizzarrie, che quel Sereniihmo ne rimafe
maravigliato a gran (egno , e fin da quell* ora lo prefé in fua protezione,
e gii pofe grande amore. Era allora in Siena un tal Giuliano Periccioli,
diusgnatorea pennaeccellentiffimo, nipote di Francefco Pericciolì • chea
Tuo tempo ebbe fama di unb de^ migliori fcrittori in ogni fotta di carat*
tere^ che avefle Titalia Con quello dunque 1* accomodò quel Principe:
ed egli vi fi trattenne , fintanto che apprelfandofi la folennìtà di San Gio-
vanni, fé ne venne Sua Altezza, com'era folito, a Firenze, dove quella
Fefta, come principaliffima della città, fi celebra con gran magnificenza •
In eHa città di Firenze ù prefentò a Livio un* altra buona congiuntura,
e fu, che appunto in quel teiapo il gran pittore Pietro da Cortona dipigne-
va pel Sereniliimo Granduca le regie camere del Palazzo de* Pitti , e avendo
finito quella ^\ì Giove, aveva meflb mano a quella di Marte ; onde facil
cofa fu al fuo PadroiiC il nccomandare il giovane alla cura ed ammae*»
0ramento
6oi Decenn. VI. e Par. IL delSec.Vl. ial 1650. afiSóo^
ftramenco di quel nobile arc^fiee . Fccelo egli danque con grtnde ^ffica*
eia: e frattanto ordinò ad un' onorato uomop ch« lo t^nefle in cafa fuaalle
(pefe. Andò égUdunc^ue per più mefi dal Cortona» ed appreflb a tantf uo-
mo» e in occauone di vedergli far sì belle opere» ebbe campo di appren*
^ere ottimi precetti neirar^e, e (atisfare interamente a fé fteflb ne'conti«
novi ftud). Andava egli ajpprof^ttandofi tanto» che un dì più che V altro
^refceva il concetto» che u aveva^ d^ lui» e Ta^tt^zione» eh' e' fofle per
diventare un gran Qiaeftra. Ma perchè la vera virtù non fu mai lontana
da i morfi deir invidia ; quella» eia molta grazia» in che egli era arrivato
tppreflb al Principe, commoflero talmente gli animi di coloro» che mal
apportavano di vederlo in quel pofto» che furono ordite contra di lai
varie perfecuzioni » le quali giunfero a fegno , che il giovane » che fpiritoCiC-
no era» e affai ri(oluto (in quello veramente troppo incauto) fenza pi-
gliar configlio da alcuno» come avrebbe potuto fare » deliberò partirti» ien«
za far motto» da Firenze» con penfiero di tornarfene a. Milano. Fu la fui
partenza dalla città una fera alle ventiquattro ore» in tempo ch'era ve-
nuta sì gran pioggia in Firenze e nel Valdarmo di fopra r cne traboccan-
do il fiume a Arno per le fponde nella città » per tutta quella parte di
eflà» che fi dice Borgo Ognifiànti» s' andava per navicello; e in quella
notte appunto» non Capendo egli efietvi altra ftrada più corta per andare
a Milano» prefe fva gita verfo Pifioja. Camminò tutta cjuella notte fra h
più folte tenebre » che poteflTero efiere » fempre in pericola della vita » a.
cagione della grand' acqua» che aveva coperto» non iblo le ftrade» ma in
parte anche quelb fpaziofa pianura » tantoché non fi difcernevan punto le vio
dalle gran fofle» che (bn loro attorno» che le dividono da i campi: e fé
non Tavefle provvido la forte della fcorta di certi muli carichi di mercan-
zia» farebbefi il mifero giovane fenza fallo annegato. Giunfe finalmente
fli l?ifioja» ma come quelli» che fiipeva di efiere jn quella città ben cono-
fciuto» ebbe timore» che entrando non fofle fcoperta lafua partita» e man*
datone a Firen7e Tavvifot e però non ottante il trovarfi allora non mena
aggravati i panni dall'acqua» che afomite le membra di forze» e che an<-
cora contino vafle il bu)o della notte ; contuttociò i dopo aver prefo un bre«
ve ripofe per afciugarfi alquanto» in uno albergo fuori delle mura» per U
llrada di Lucca riprefe fuo viaggio per alla volta di Genova. Giunco che
ci fu nel Genovefato» cominciò ad cfler prefo da un timore di non in-
contrar qualche repdfa da* propri parenti > quand* e* fi folTe portato a Mi-
lano» com'era fiato il fuo difegno; onde vinto da tale apprenfione» colla
llefilb animo e colla iìefla rifbluzione» colla quale fi era partito da Firenze»
prefo volta per la Riviera yerfo Savona • con gran fiittca» e difagio fi condoflb
in Piamonte • Non fi può abbflAanza rapprefentare » quanto gli convenifle
quivi patire» per non avervi cognizione di perCbna»- pur tuttavia » perchè
i\on mai fi trovò ^li fprovviftodi fortezza d'animo e di geoerofiiÀ di cuore»
fi andava trattenendo al m^lio che e* poteva» con procacciarfi il bi(bgne-
vole» per confervar la vita con qualciie operetta di fua mano. Quei me-
defimi fpiriti » che a cimenti di tanto perìcolo l'avevano fino allora renduto
sì animofo» eccitarono in lui un defidtrio; di vedecepna batxaglia* campale :
e cosi
^.
LIVIO \^EHVS. <fd9
e co A datò per un poco' ripÒfò agii fludj ìlei difegnb» fàttal ai&icizia coiri'
altri giovani di Tua età» con efii volontario» e fopra la propria borft fi unV
colle truppe di^ Madama di Savoja, porrandofi alle guerre fra fó dato di-
Milano ci Piemonte» contro la Monarchia di Spagna. In tale t>Ècft0pne
diede gran faggio del fuo ardire» il quale agg'iunto alla cognizione» che
s'ebbe quivi dei fuo bel talento nelle cofe del difegno» fece sì» the quaff
nel primo ingreflb gli foife offerta una Bandiera d' Infanteria ; ma tonten^
to egli di aver foddisfatco aJlt propria curiofità» ricusò » e in quella véce
elefle di tornarfene a Milano: il fece finalmente» avendo coniumati bèli
ere anni di una quafi continua e ftentatiffima pellegrinazione. Allora» é^
non prima» feppero i Tuoi» e lofteflb Principe Mattìas, che Li^io era an«^;
cera tra i vivi » di che s' era e da quelli e da quello forte temuto ; anzr
dirò cofa a tal propofito» dalla quale fi potrà facilmente comprendere ; quan-
to fi foife radicato neh' animo di ogni fuo conofcente il fofpetto .^ che
egli non aveflfe fatto qualche fine in^lice; e da quefto fi conofcerà infie»
me» Qual fofTe verfo di lui la bontà di queir iavtctiffimo Principe. NelU^
città di Siena» nel tempo, che Livio era aiTehtè» furbn trovate in una can-
tina alcune tefte di perfone» che moftravano ndn molto avanti eflerè Aa-
ce uccife, fenza fsperfi nulla di ior condizione» o di chi fbflero ìftaci fili-
uccifori; cofa» che in quella città cagionò grande ammirazione: e perchè
l'eflerfi perduto il giovane così d'improvvito> fenz'eflere (tato mai veduto*
né in città né per iftrada da alcuno» avea dato» ficcome io accennai» ca*^
gfon di temere» che la malvagità degt' invidiofi non avéffe trovato modo*
di corfelo d' attorno; volle quel benignifllmo Principe» che quello fleflo»*
che l'aveva tenuto in cafa in Firenze» fi portafle a Sienst» e vedeflTe le te«
Ile degli uccifi» ad effetto di riconofcere» fé per qualche legno fi fofle po^
cuto dubitare» che fra effe fofie ftata anche quella di lui. Saputofi final*
mente» che egli era vivo » e che fi trovava a Milano» iubito queir Altezza
fece ordinare al Marchefe Lunati» Cavaliere Milanefe» che avutolo a fé» in*»
cendefTe» 8*e' foffe (lata faa volontà il tornarfene a Firenze ; e trovandolo in
tal propofito» fubito;» ben fornito di tutto il ^leceflario per la partenaia
e pel viaggio» ve lo inviaiiè» ficcome fegtà. Giunto a Firenze» fi nltfle in
viaggio per Siena, dove fu da Sua Altezza benignamente ricevuta» e fer-*
mato in attuale fervizio. E da quefto tempo pofiiamo dire» che incorni n*
ciaiTero i fervorofi ftadj di Livio» fatti da lui pel paflfato con tanti intérrom*
Sementi e diftrazioni. Intanto terno di Parigi il celebre intagliatore Sto-
no della Bella » il quale veduti i fuoi difegni» e riconofciuto il fuo gran
talento» gli accitbbe con file lodi tanto di concetto apprefib al Padrone*
che venuto l^Anna Santo del itf|o. volle che lofteflo Stefano lo menade
leco a Roma. Giunto in quella città» la prima cofa eh' e* incede i fu V an-
dare a vifitare il fm maeftro Pietro da Cortona» il quale lo ricevè con di-
moftnizioni di jpaterna benevolenza: poi con quel zelo e carità , che era
jiropria di quel grand? uomo» con un amorevole correzione gli fececono«
Icere il fuo errore» di aver tanto tempo» lontano dalli 'ftudj dell'arte, intt«
tiJmente vagato pel mondo» in graveoaimo delle fue naturali abilità. Trat*
cennefi in Roma col nominalo Stefano alcuni ft^» dojpo i-quali richiamato
Qjl dairaflfetto
éf 0 Decenn.Vt. I FnHdl tfetSet.PÌ. dal 1650. al 1660.
all'affitelo ik «namolco otteftg; e bli^l iirictttHt;clie egliarevrfvifcèréitffi^
iQftpi«nte amato» mentte ett in Firence» fé ne .ircdlc tornare i epodo do*
po fegniiQ il fuo ritorno la prefibpo; ifffofat e fo qudk» Otta?ii CéH^
loretla di Doipenico Calvi Sacerdote re lUata: degniffimo Curata delU
CiiieOi di San Firenze . . Daito effetto al tanta defideratò matrimonio» ero-
fandofi Uvio coU' animo quieta, la&iata ogni per altro onefta convec&«
ziono e pratiqa degli amici» fi diede tutto a'penueri della òifa# ed agii Ha*
d) dell^arte fua» Vedeva il Sereniffimo fuo Padrone i prògròffi, ch'egli an*
data £icendo ogni di r e defiderando tùtoivia ^t farlo afcendere a gradi
iSag|iori» prefa occafione del pàOaggiOf che fece per Firenze Raffael Van*
ni picfiore SeneCi» che viaggiava alla volta di Lombardia» per vedere le
lielie opere di 9U4* mieÀri antichi e moderni , lo ccmfcghò a Im» accioc-
chò feco lo conuttceiTe» accompagnandolo 1 per coak dire» egli ftcdb oea
gli effetti deUa fua foltta libeoralità • In compagnia di quefto pittore tedde
ri noftro Livio Veneaia* e tutta h Lombardia: e avemlo molto ibidiam»
0 formato grandi ide0 nelle cofe del|^ arte > di nuovo fu di rkof ilo a PW
renze • Conobbe il Prindpe i (boi progrefli # e tanto pUk s' inro^io di
£icH> fiudifre. Finalmeuce tegumi cito furano le Reati Nozaè del Sereniffi*
m«^ Qcundu^a. Co^o ILI. colb Sereuiifima AtìnaLutù d^ Orleans» effe
l^rincijpe giudici^ efpedience l'i^olvrcrlodair attuai fervizio di Alicante di
oafQeeta» « aflirgiiargli una prowilionia di otto feudi il mefe: g$t diede li*
hmk ^%nÀmt a far fuoi ftudf ovunque gli foie piaciuto t Tema priwio
p^rò'^on^^aì^ delia (edita etìtraiura» clte godevano m Patsom tutai ]^i
ajtift » che iafvi«aAo fMtuMo^nte nelk mtdefima carica eincstata da Im.
LÌK^toallof% viflboft ia libejfià» lafcìata la mogKe aUa cuftodia ideila madre
ejdt'£i^e«lK ^ fé ne eofctè^a Roma : 0 quivi -per un' anno xntero* geémdo
tiHM^i) detfoit]tiinfa;di4«2)lPQe e de' precetti del Cóctoi»! ft diede anfiuìga»
bUoMn^e a lUMMrl Aedj. Pochiifimecofe volle dipignerci e quelle ascnnr
pw per fuo diletto» che per altro fine, cnntetitd d' tm^piesaru ógni foa
«bduftnii in d^fegoara qwf^ì» di tmmirabàk & vede in qi&elr %ìmsL citte .
SfltShe.ie«nò)dipeia Ficen^er e datavi ctutlcbà tempo, vpurtk de miovo
per 9ttk volta di Ven^aia. Traittennev»{i dilaoijbo inefi ,, fempre ftudiandar
nt ^acuj»,. e eopiando le gmnid'cwere di Tiziano, PaoL Veronefe^ Tin-
tqMHo» 4 ^^W}; e vi foralo qut^la bella mar&ra <K ci^cttr, die (t ri*
CQfMfernfetl'tipeare Ci^t Nèv<^glio lafiebi* di dire, cómia ba quefta taimfior
pSKtQ^ «ffiUi dmiiefticauienre coD^cITo'» e feco condir) i foot ftm^ fàAaap
mmapittoc MUatoefem allora movanieato, che oggi' nella fua pmirta. opera
CfM gni9 lode . Tot n«oiÌ«iH niitliiMMe H noiìo<piatoce a fiaeiiBe,. 4w«
^lfwo9 dlmrefim mc^ opere ,r {tartiooteméiite' te fiittamfje fioefeedel*
la Ce^a .ocriift Madonna deiU Paco; futeC deBa Portàm Sail Piem iu Gac-
tcAiiW/ hucffk «Afa farebbe il defiorivcse. qua; li gitii cofik dicipnirì »* die
ogb iMf dipiijMK da q^ temporin quài eoe poco aé piaer aciieimarns al-
cuno de i pmicìffìàL^ )??». gli tltci. è maranrigliofia q^mteratam Hi fife|^
q^uelloiL cèe) ban|e« di fau m«io gli eredi dei Maiebafia Carlo^ertni, Ad*
fia ctin figuri di circa a nrnviomtmà^w ior ctu e^i eappeefefiiè tt Ripelb
diatecd con ikria4nf^^59/^Oihi k colicwreimtdiCirffFeiif >eekMepiciote
e difcepolo
-. ^-
LIVIO ME BUS. 6ii
t éife«|M4Q rnijoh^egU detto fleflb Cortdnt ; open» cba veduta de vn grtn«
deercweè, che vìve ia qaefto cempot ebbe lode dì non efler gran Ittoo
infexioift a, quelle dello mSSjf^Tmmio. Per Fnneefco Camenti Set«)aio#
lece moliti MUiifiini quadri ^ e fin gli alcrì la baccaglia d'Achille fìiribondo
fotco. le mura di Troia: il bel qiiadro del Trionfo dell' IgnoransEa t che
Et invenzione i per colorirò e fièr bizzarria» non fi può veder cofii più
lla& e per lo ileifo Jece anche il proprio ricracco* ed alcre molce opere «
A.Praco mandò ere cavolà., jua nella QuafaCaccedraley ove è dipincoSan
Fìecro d'Alcantara^ in ecco di comunicare Sanu Terefa: l' altra neJk
Chiedi, di Sali Silveftro » detta U Madonna del Giglio» dov' è figuraca le
Ver^ecoLGeaù Bambino » San Giovàmbatifta fanciulle» San Giufep^
pei e. San Giovanni Evangeliftas e la cerza nella Chiefii di San Marco»
ovo' niMiefentò lo Spofalizio di Sanca Cacerina. Per la gloriofa memo^
ria. del Semnifiimo Cardioel Leopoldo di Tofcana dipinfe un quadro»
che. dovevi fervire per coprire une cavoia» fatta con bello fparcimea^
to^ dove .devono tmt itocace tutte le pitture della. fot Resil GaUcrla;
In queflo &ce vedeiir qutft' 4utefice Giorgio Vafari , in atto dt Icrtver le
Vite.de' Pittori» e wm nqpa e fpirio^ fettimiiiè^ che gli aflifte con bette
grazia, con. i^iunca. di varie cofe per fpiega^ne del coitoecco» tocche
maravigiiofamente. Per Carlo Guadagni Gentiluomo Fiorentino, fece#
e perimfione di ckd ora quefte cofie fi:rive# on quadro» con figure di due
ceczi di braccio iaciioa^» in cui fece vedera^iL miftero di Crifto» adora«
toidevMagi neltaCepaona di Betlem^ dove» okreaUebelliifime figure»
fono .ekoni. animali, xhe j^ajon veramente di mano del Badano . In eaft
ilSanetoi Gìtoììmbo Germi foaopore due bei quadri di ^ure di fimlle
grandema^ in uno. il Rov^o di . Moiaè .<* e nel!' al«fo Agacc Ifmaete nel
deterrò^ II Senatore Antonio Mìchet^zai anch' edb ha due quadri con fi*
garcdi fiottlgraadezza.. IL Senatore Aicanio Samminiati ed altri molcifli^
mi lia|>no fiie opere» che lunga co&iarebbe il defcriverle • L'anno \6t/L
fece un cjuadro ad Aldhndro del Venator .Carlo Strozzi, alce due braccia^
elacga otcea tre» nel ouela, ooo figure di miBzzo braccior rapprefentò
il.£ic8D iuifacolafi) dk Mmsò; quando 4il popolo affamatanel deferto fa pki*^
ver Je manne ikt deb.. F^^^ in efib on^ aria mazza nuvoldfar e mezza,
ierem» od uà leiMortco eoa! muortde e. propri, cho ben vi ft vede e(fo«e
imitau il vero.. Rapprefimta la pictuia uniitOf ripieno di fcogli o maffi#
fopra uno de'quah in mema diftaraa vi fono in piede Moisc ed Amn : ed
ti . primo in atto maellofb od impermibr esercita la podeffà, che Dio di
he dato» diftendendo un. braccio ODO la verga, nel medefimo tempo, cho
Acca pare», che fi efitichi di pariate al popolo r che numerofo e félto^
da pretto e,. da lontano 2^ quivi attendato in varie pofiture e attitudini»
di ipua» chi. lieto del fip^Eialaco benefizio» pare che ne ringrazi Iddio» ehi
attende bramoso la vqpidnte làporofii^ manna » chi a' affatica in racco^
gliersp in diver^ vafi la ^ <pHÌeoee dal cielo, chi carico di efla fé ne par^
tOf chi con Amxolcib pefib conia a prenderne deli' altra • Fra gli altri fi
vede, avanti a. cueti oh gruppo di msrev/ghoia bellezza di due donne od
wi ragaeno^ dtexontitt^ndo.i" un' acrinvline coU*altrair hanno in fé
Qj) 1 una tal
é I a DeceuH. f^I^é^VarMl dSl^cM.M tóso.aii 660.
una tal ioUt-c Vetiaì ^ .ete fion fi imd (deaerare fli %)ìù. Il {^otuié è
cbiaato » ed empie «alòum vafi di i;aiiie t - mentre' una delle ^dnne gli pàilt
con un braccio fopca le teiU # .diftdbpartè.per maraviglia;; o pone fek
prendere della manna > che cade /Oltre dhqaéfttìi vi è un alm> ^p{)0
di. una donna t che iiède macflofa^f e adociia di panneggiamenti vaghi,
liobili e bi2zari:i » tiene in collo un bambino lattante # che fi traimlla
con un jcembolo; ed alle di lei ginocchia è appoggiato un itagtieeo mezzo
nudò» di maggiore età dei primo > e vicino appiedine fimo^ a federe
due.alcdff Cioè una- fanciulletta». che guarda un vàfo d* argento,' tenore
in mano dali* altro , che è un giovanetto: ed appreflo ad effi vi è dille*
fo in terra un cane» che è con fomma forza toccato. In quefto gruppo è
ritratta al naturale tutta la figliolanza dd medefimo Aleflandro Strozzi , e
nella donna è il ritratto di Tere£i Bartoloismei fua moglie» che molto per
f empp Idà'io la tolfe di vita • Né fi può dice quanto abbia acceruto» noa
folo nella diftribu^one delle ^gure^ nel colorito^ e neldifegho» ma nella
ibmi^lianza ancora» con iftupore è maraviglia di chi gli vedb e cono£be;
ónde quell'opera , p^r quelle e per mille altre qualitadi^ e veramente mae-
ftrevoli avvertenze e induilrioli artifici» può andare fra le più perfette»
ch^ fino a quello tempo fiano ufcite dal fuo pennello.' Il Cavaliere Ambra
)ia di fua manoj fra V altre, due bellifiìme tele di braccio e mezzo in circa»
Delle quali volle egli rapprefentare il genio della Scultura, e qoeUo della
Pittura ; in quella della Scultura ebbe intenzione di far vedere f amore»
ph'ei portò Tempre all'iuitiche bellifiime fculturct e quanto edt volen*
fieri nel, tempo» cà'e'fi trattenne in Roma» ledifegno; e fiommente in
gueilo della Pittura » V affetto » con che nelP efléce a Venezia fece ì fuoi ftudf
intorno alle mirabili pitture del fecolo di Tiziano « In quello della pittu-
ra «Tprefle il proprio ritratto » in pofitura di accennare verfo U ftnpenda
tavola deJ San Pier Martire • mentre il genio della Pittura in figura di un
t>ellifiimo fanciullo» in atto di federe fopra una povera fe^iola di pagliai
guafi coiTrTumata dal tempo» la fia con grande attenzione ricavando • Ave*
Fa il pittore ,. avanti che quefia opera ucifiè di fua mano* in un bene adat-
tato Juogo fcritte quefte parole, alludenti a tè fleflb ; Bel gemo in ftnerm
fe^\ ma dubitando» che tal concetto non fc^ da taluno (limato tioppo
ambiziofo » le cancellò . In quello della Scultura fi vede pure il ritratto di
fua periona fra le più rinomate e a lui più care fculture di quella gran
città : e fra le quali fu la colonna Trajana» e il fuo genio in atto di miè«
gnare; volendo inferire con quefti, due penfieri» che a Roma fi difi^na»e
a Venezia fi dipigne • Ha di fin mano ancora lo fteflb Cavaliere due paefii
^ella ftefla grandezza de' foprannominati quadri » entrovi alcune piccole
$gure.in atto di bagnarfi» e altre di peicare; o due altri ne ha condotti
e^r lo (lefib» dove ha rapprefentata la Mqrte di Adone, eU Ratto di Pro*
rpina . Paolo Falconieri , Cavaliere di quel valore e pratica in tutte qoe-
fie bellifiime arti» eh' è nota» volendo accompagnare un. quadro lungo di
un paefe» che fé non è il più bello» ha luogo tta i oelfiffimi» chejpartorì
la dotta mano di Salvator Rofii» fecene &re uno a Livia della ftefla gnn*
dezza» nel qiule fra il più vago del Rofai el pia vaco del Boigo^nonCi
, . fi vede
(4) Fece Mco uuTélli^M^uair» p^ Marde/e Frantefio Ricctrdit in€»l
vienr»pprefintat»ifitìuk9hàitfSigmn,id^Ul^titmM^'fì^. fm esvato it
SMme pel Vrevùnó grattde Rampato 'neoé Stampena di 5.Vf. R. as i citi toT"
ehi efc9n k frefemi netizie aUapuUlieM Utce , Qt^fio Tittvre pafsh a migliai
vitsiìé^i.Jg^ \S9i.tf»JepQÌÌo^ nelh-Cbiefé à» S.'J*eóp9 fr» fiffi\-
•^^mtm^rx^m^mmmmi^mrmmmm^^^^timm»^ t \ J mmmmmmii^miil^mtmmt''**''*»^
ìoamm
♦ ► • •
[NTO BRANDI
F I d fe B N 1 1 N O P 1 T T Ò k E
.7 'U's'-'x
pifiepk deK^AIgardt ^ j? del Sè^menti(l ti^ìò] 1 6 y i, -^ .' .\ ; -
,^ ,' i; «,4.4 -/,> ^'. >.. . .,1 .rJ« -v . ■ .... ..'••- - •> . *
J in Firenze! nel pafTata. iòcot^ ii QOr (GK2e>Vuioetìnk>'J^
il quale av^do a volito-, di ftioc macrivQiiio un figliuolo aflai
fpiritpfo^e molto ii)^linaco aMiftgna »* c]iiaaiacò.Gioyahiii#..
Iq ùpìfp cp^ì ben$ inc^iqaaijnKQ pejr qUe.tt' arceì: che portB^ò&
.Biblla cictà di)Rom9B vi j^aeBrQve.d^aoQMedKltecftejieU'iattf.
, ^ , ., , dpiriny^rMre^edifegAarè^gUa^^
di rtc^mi^/ (]^efU^ii ilp^tdre^di Dìrc^'qco sBraodi i d^ t:[uiyci 'fiim md& €:
parlare'.^ ^^^^ i^ di -ji^i aajtflis npli^»I>l^>I<S3:fyl|e«J iit^fofle: forza. di nattifi}
rale^.ioclu)^c!Ì^j^ p.pqre^^ ipadcsrftefibi .e* il {(nò con.Teritilp
^/fermare\J{n^ C£l^;I^f <^^^ dii«» fin dalle faìcie» ne flporcaffe tanto ge^-
nio aljaJFfittura» 'quanto bailo per <far slj .<:he^ appena fttti i primi ftodjt
cheTò^jpirpprj. 4^11a faii^ultez^Eac inorgaifH^ifflp.A darfiiorifOperiBilQgnar
di lode< m. cqii^«chè ^roggiaflTerQ taplvo n4*&nqiu}J9» otece. uPU.galiuui
teria'nel maneggiare lo fiiie e 1 pennello» uno Ipirita TiTikce» cOiflbella)
fimetriadi^perfoiui e ^ yolfio » ; aCf:pfDpflCiu(C% eia i^opceinra di coftumif
non fu gran ifatrq» ch'egli fqflie r|c«y«t9 i)el|a ffcuoùf ^^1 famofó-.feaftQt»;
Àleflandró A^gardi, il aualjB jfu (olito valerfene per efenpbre nelle teflie»
deg)i Angeli Bel modellare» eh' e* faceva in-terra' q cera i anzi avendo «i^.
ben còiioiciuta V abilità di piaciftto» mentre non aveva ancor compita il
^uodecfimoanild jdi Ìfx% età»^ ai;(e.di deiidcirio» per cioaì' dtfOt .dl!EÌBKiDadèt
neir arte 4eIIa Icujtnra ; ma tutto fu in vano ,. peirohè il giovanetto fem^
pre contrario al coniglio j^el qutftro» lìette fempce faldo oel propoflto di
volere ^fercitt^ire la pittura i ;della qual^ ^veva avuti i principi » pure daUo
{cultore medefimo; tantoché fu neoelfitato il padre fuo a toglierìo alli*
flanzadelPAlgardi» e Por)o inquel^^^i Gioì. QiapoiqOiSeniciuà Bologne-»*
fé» in quel tempo molto appku^u per. le Qpei'e di talmaeftroi^ conoptce
a graà pf rf^zione in fuUa maniera delfamofo "^ ~^- ^ — *
<ijl 3 FRANCESCO
i.iL
Ka
(B^ DecemrM. é^Mltl. JUM tni! dal 1650. tli66<».
FRANCESCO ALLEGRINÌ
PITTORE DI GUBBIO
(«ettini tli Gubbio t'cicci «ntict e rìgiisrderole dell^ai-
irit» hanno avuto piuctofto inclinatone all' anni* che ad
iltcè profeffionl: di Che &nnft fede» pareicotsmicnte » jkt
non 'andar ricercando nafì' aiiticor fcOantà rta C«{Àani e
oolonnelli, ed altri Ufiztalit tutti di quella patria, che fi
trovarono al la famofa guern . e vitcoria navale del^anno 1 5 71 .
Non vi fon però mancati altri, che hanno dato faggio di fé in lettere ed
«ni» de i quali, per non c^re fiata data puntuale nocixia dffgU fcriicori,
poccr fi può parlare: in che fu al certo più fon nnatò di loro l' antico Ode-
rigi» che per la fua eccellenza nell'arte del mintare» ebbe in force d'efler
chkaacb-aal noftro tyivlrto Poeta :
L'omrir4gt4Ho, fi omr^ aite/Péne.
Sappiano poi per tndiaionè. e per qualche meihdtit redita» die nel fxo*
io pubcq vi iuMAo in buon cónocno nella pitture, diverfi; eira gli attri
Avuucinoda Gvibbi». che dipinfe pikquAdri. che in quella 'cictà Tt con-
fen«noHi>cafe di pinicolari; e unArcangioloGiibMel^.afrefconeU'or-
móMmo dsll^Afor ffiaggtote detta Chicfa di Santa MaHa d{ VcKorìna,
doett &jFr«n<«t4o ìta* lo ftupendo miracolo di render manfiera la Lupa,
Abétmco infi^va quella cìtti , Vi fu ano>ra ttn Felice' Danmnti del quale
mi y'w» detto vedeiìlì tt'oke opere degne di lode, in verie Chkfe, par-
tìcohrinenict la Nafìviei di CriAo all' Altare d^ Bcnvedvti ìn^Stn ut»-
acnicoi h «avola di San Pietrty litértirfl nella medelima Chiefà. aR' Ala-
re de^i AndEcoH: ed il Battefiioo'di Stht* Agoftino nelle CUefs ddl San-
»,airAttare dc^Damiani.
NicqOT poi r anno ióif. dì un tale Fltnmiinio Allcgrlni de Caniii-
nor Tem nobile, edtficaceioa i Gubbìnt, e • foro fo^cta, qveSo Pran-
ccfco, del quale ora parliamo. Il padre feo flamminìo , ehe abicava fa
noninoa Terra dì Caniiano, fu dlprofeffione pittore -. e ollbnrando, che
• FnhcefeoeoI crdcere dell'età • andava anche crefcendoilgeniof cheedi
ebbe fin da fanciolto all'cfèrcìzio del difi^no ; dtliber& di tai«tterlo 1 quet-
l*ltrte, fólto la dìCciptina del Cavaliere Giufepptd'Arpìno: appreflb al qua-
le fi avanxò canto, che divenne btion pittore. Ha egli operato molto in
Roma r dove nelk fala del Palazzo dei Santo IJfizio , ìu tnpìnto la batra*
glia, che fegiiì fi-a 1 Conce di Montfert , e 1 Re d'Aragona , Protetcor*
dagli-AltMoenfi^fn-w^ altra Aanza^l martirio di San Pier Mantre; ed in
altra San Tomoiafo d' Aquino i in atto dì fulminate co i raggi della fin
penna gli Erecitii r che fi veggono percoffi, mentre P Erefia le ne giace
quafi conculcau dal Santo. Nel Palazzo Panfilio a Navona, vicino alla
Gailena
■^^
.11
MdmBSim AU£(^miil
Gallech» ht egH dipinco uni fiansa/gmi4r» #ofi |if 'iigiirR|i Udrlb 64I
doairtcì Jibro f jV^gin^. Qi^la parcé^y^E^l^iHnVnJlà ftkflb hfiA
Kin dipìnte di ina mano ottd'fianze» in ciaicttna delle quali fon cinque
ftorie dejHa Stara j^crìminw cx^tci da:i libri ds'Rf • jIirQenpvtaiia dipinto
la fala dlf Carfo BmiM'niiel Duranco. Molte bpere tnando m Francia ^1
Cardinal tdazzarrino in piccole figure, ^he in. quelle parti gli procaccia*
rono gran nome. E^ tutta foa fiittura U dipinto delIaXupola è Cappella»
eretta nella ChicCi Cattedrale di Gubbio da Monfignore Soerelli , VefcO-
vo di ella città, in onorpdcflSaiKifliQio^gramfOtOf e deUa Beata Vctah-
ne di Loreto. Similmente 1» Cupola della Chiefa, detta la Madonna de*
Bianchi, ove fi vede in un intreccio d'Angioli, che verfan fiori, une
mnd'arte; ficcoQue ancpra in alcune ^lle£gure^ nppiipfentand SibiihB#
&j6« per «mamenjo del quadro dftlV Atart mitggion^idi'mano del tinob
rinomato Federigo Baroecio* . Nella Chiefa di San Fmicelco è pure di
fua mano il quadro, e le figure a.&ef4ao della. Cappelk di Santo Antonio
da Padova: quello della. Nwumtt ^ fletti Oraeorio della Mifericordiai etl
SantGofl;an^ Bari! , Vefcoro o MafRire., rtfalfaX]appéllè dtf Batli nellaChtQ»
£1 de* Padri dell' Or^corio; calice oeUaC^icikddlaairacoloGitMadiVMft
del Prato» (bravi, edificata «oderrnmenif^ ili («LmodcibidiSat^^
Roma. Si è trovalo anche .^utftprìpicM|ro a. dspìf nere naUelogyed^Vaicb
mno f focto AlelTandro VII. mfieaie tiHkQiova» ite)>k>V^ iletto^ A Tedefiscte
vaJorolfo in profpetti v;a& :e4 1» fatte make.baenglie in piccole figure i> al^H
lodate, oltre a molti.^iadrt, clm nella «otti di jGi]bhÌ0> Aiata per oedinaK
riotfua abitasEÌone ». ft>i^)IÌP»^ pm diieeile.c;a&;di paiooolari. Mmttrea
niti f9adaceqyeft« n9tiaie,:vivO'iìQAc)nÉiisiia^ iòìrella,«hiafflata per.nok
ide Anne Angelica, acwredìfaeajidl^iafte'iiélmiaM
prefk coUa famigliarità è coofmfiMioiia ili Maddalma Goìrvini , mèibaioa
«cofUenie , e di PlautiUa firicQi« rinoaiisà fdk valorb aallf arte di picnuìa
earchirectura. .
• • • • «
» »
Qa 4 OTTAVIAKa
^ DpfCBìna'.ofiai^ri&pttta. neUs (£uoló ds' f^iltifofì .. in due
: manine intenderfia'efUiredatlt'coft. La pr'rtfla ò-di ^aet-
lo.ichc'-élfichìaffiBantf&frercptJcensUle': e f« {ìeconda e di
quell' elTere, al ^ale dtBflèFc re»le:<lanno ìt nome . Ed è
notifSmot .che rfeflèr>pGA:etuJbt«'-idi «kvna cbfi > quatunqac
Jeliiifi.fiij»;eJ^éllb.,:^iIiip^»nAii'i^cara i pervenuto at--
»ficne£Btcaiyia:in:a]m.xx)fir) icosiTMMegno, ne) macignoé
nd'mn^iuyri^ MirièctjojiiiKll'ivgtaKr « n«tt'«M ved altre a quefte foai-
^Kaiiti-oodl^t fltTtiran0Ìnpcfcfaisafs4XQn(»^ tPflrK^i; shioiaH e «omiitìr fio-
che .fl.pèiìtA'At^fice' X^«ie\flii>4ift^l Divino Michela^n^ Buonarni-
«]) colla jnai^Vv^qhc sbfaai^er&ll' iiuKltecto , qaeUi £i vmìre aiPicco*
^2pefto effèreijii fùtcntà-^ iiando'però n«i pari starami deUa FMofofit e
lùtitxBSÀnt^i ^Hìkffaf^\ù%\t:Ss8ieui\s€ik€\ a(«er<iK<M nort-ferebbe Tafente,
4Kila'j9i>ctran'M>u<Vofis^ inèASi(iìfiftrklD4i« ntfffoiM^cdfli/ fé qddh prima
•flMiv^ttMltoun poF«vizft:a iatfinflidèv'icfc&fave Aon'fi
a^'daIl9tp«cé''dsIPi^ule.è'po<GbUe''ttt'p»conxa attira', è anche pofTibile
«n po^eMEà-falIlaa! daU&DKdf dal-tutactt0. Dal che fi 4X>rJd0lTe a icmKrla-
dere un Filofofo» non fare alt» parte un agente, fé nnn cìrai'e all' ano
quel csDto, che già fu in potenza, cavandolo dall' EHere potenziale, e
noriandoki alla reale Eilenzaì e cosi non dare egli all' opera fua mokito-
dine» ma perfezione. Faccenda in vero, che ^ dire, par molta poca,
ed ÌHat>parenza ordinariilìma» ma in effetto è tanta e così difficile, qaan-
to mai dir fi poffa. Intorno a che , lafciando io per ora di efemplìncare
neir infinite cufe, te quali con arte mgegnofa pvò ruomo dalla potenza
ridurre all'atto: cdiquelle, che al mio particolare alTunto appartengono!
dilcorrendo, dico aver moftrato t'efpenenza nell'arte della Scultura, che
è fiato così difficile alta mano degli artefici il cavar da* marmi e dall'altre
macerie, a vìftj anche del naturale e del vero, che purlemprebelloìì man-
tenne t i bei concetti , i qua li , nìuno fradi loro fu ,che concepire nella mente
potefle, e immaginarli nella fantafia nonfapc0e, che hanno moftrato cir-
ca a dieci fecoh fcorfì da qnegi* infìstici tempi, ne* quali la crudeltà del-
le turbare nazioni, quefla con altre belle arti difperfc, fino a che Dona-
tello, e dopo dì luì, aliai più vantaggiofamente, dnomii.ato Michetagno-
lo , artefice veramente divino, a quel fe^no la riconduflero. oltre il qua-
I&^Ua foriè più ftoo poteva avanzacii, efleriì queft' arte nel milerabile mta
'"""'" ^ •-.' mtntenua*
OTTAVIANO JANNELLA. 6it
mantenuta r che altrove afaJbiahiQ accennato»' e però non & d* tiopo il re«
pltcarlo, fenza che mai fi vedeflè in eflà alcun miglioramento» o molto poco«
Tanca è tale è la differenza , che prova ogni uomo dall* intendere all' ope^
rare: e dal concepire coU' inteiletta 9 a mettere in pratica colla mano»
Giunfe finalmente quefia » ne' tempi di cjae' nobili artefici » a mofirare
ì fuoi miracoli, fcoprendo, ed a vifta degli uomini efponendo i gran co*
ioffi» e le tanto maravigliofe figure » chp per parlare collo fleflb Michela*
gnolo circonfcrifiero in fé i m^eiimi marmi . Ma non è sì fcarfa la nattt^
•ra , che non fappia in ogni tempo produrre uomini di qualità pellegrine •
e colle Angolari abiliti ai quefii» tare al móndo vedere maravi^ie. Una
al certo ne ha veduta il prefente fecolo , non più nò veduta né letta da
cfakchelfia, ma quaifi del tutto incredibile, e pure tanto vera» quanto di?
moftrano lejoferedi un dògniifimo artefice, del quale ora fon per dare
alcuna bieve notizia. Seppe quello grande intelletto concepire in fé fteflb
It helie Jdee, che egli poi efprefie colia mano, la quale gli fu così ubbU
diente» che giun£b ad effere, per così dire» onnipotente; facendo vedere
fi^ie opeire fue» che racconteremo» non gìk in mi aita mole di marmi o
di. macigno viiiAà in. un pkcoloi; e quafi invifibiie pezaeuo ài boflblo* un
«lerci co d'innumerabili figure j je disanimali di tutto rilievo» in beUe e va^
eie attitudini» tanca ben ricercate j e fra di loro dipìnte, quanto» che fé
grandi f^fleso al Datucale» e cali in fomma:da* fare ftuptce la maraviglia aaet
deiima.,
.Quefti fu Ottaviano Jannellà nobile Afcolano > il .quale venne a que«
Aa luce a', zj. di Dicembre. nelF anno di noftra falute. 1^35. . U padre fuo
•fu JinitìcUa^ e la madre . fi chiami» I polita Tuz2i» li una« T altra delle* più
-nobili iamtalie d' Afi:oli loro patria # Diede il fanciullo * fin da' primi anni»
jBl chiari incuz) di non ordinario ingegiK> e difpofizione air acquifto di c^ni
^irtù»: che i parenti di lui» promettendofene gran riuicita» agli (ludi ^^il^
Jetcere, Ibtco la difcipUna (be' Padri Gefuui di quella citti » vollero» che
folle applicato. Ma il giovanetto non potendo occultare la mirabile in*
cJiouzifltfìe » di che avevalo dotato la natura» verfò le cofe appartenenti al
difegno» afiai tempo in eflfg .occupava» fenza però divertite dagli fiud) del-
ja grammacica ; «inzi con beilo accoppiamento degli uni e degli altri» non
lafciavadi^ apportare a' genitore ed u' maeftri ammirazione e gufto non or-
dinario i concioffiacofachc i^gli and^ile di belle fantafie colla penna, adoc-
4ìaiàdò tulli quelii fpazi» che recavano bianchi» o neMibri de' fuoi fcritti»
41 iieJle. carte delle iue compofiasioni . A quefii fanciuUefchi ftudj» e primi
eforzi della nacura^iOggiugneva.d ricavare con gran diligenza alcuni affai
^lliidifegni ai {ienna di m»n9 diri Signor Giovanni Bennati, ancora efib
4aentiIuomo di.quèHar<iuà*. ,cHe a uJeefiF^tto glieli predava: ed alcuna
VoJca .coli, un piccolo coltellino in alcuni pezzetti di legno andava inta-
gliando'piccole figurine» & non in tutto perfette » almeno affai fpiritofct
«he y^QCJida oflervace.dagl':inre«)dencU gli guadagnarono canto applaufo
•verfo tuuir» che preib grand'aiù^no^* cominciò a feguicar quel genio: e da
indi innanzi fi diede» fci>«a punto flanearfi» allo ftud^o dtU' intaglio di
«oylefiìinttuiroue. di. ibctcì .cmì non erano appena, paliati ^ocbi mefi » da
che e' fi
6 1 8 Deeetm.n e'Bar:UMStc.Vl.Mal\Sfo, idi66o.
che e* fi pofe in cale ocoiptzioiief die oomindMirano t vedèxfi^ fua mm^
no opere ftopende, nelle qwli fi fece oggetto^ manvigtia a toni qwHi
dcija fua patria. Ma perché è proprio de' grand* ingegni t poco a fé Aefii
piacendo • fempie afpirare a perfeaioo niiig|iore > credecce il giovane » e nou
a' incannò, di poter moko vantaggiaffi in tutto ciò » che al diiègno» e
perfetta proporaione delle figare apparteneta» quando che gli fotte po^
tuto riuftire il trasferirfi alla cioà di. Roma s onde colà deliberò di por^
tarli. Quivi fu dai Cavatier GiuJio Mncciarellit anche egli nobile Afco*
lano^ fuo confidentiffioio^ introdotto , e raccomandato al Cavalter Lo-^
renzo Berrvinii architetto e fiatuerio di quei valore t che è notOt coii
fargli anche vedere akunemaravigliofe operine di' Ottaviano. Videle il
Bernino con guflo e ftupore infieme .ed àn^vò al giovanetto» che non
aveva ancora compita T età di diciaflecte anni» una non or^iaria riiifcka
in quel meftiere . Ma per quello » che fpettava alT a jutarlo a confegeire
la perfezione dell'arte» fi icusò, allegando la differenza de' mattelli e fcar-
pelli, che fi adoperano nelk fcultura de* marmi « a. quegli (Imaenti » di
che Ottaviano ne'fuoipiocohlliai» equafi inviiUsili labori fi vaiev^i Taor
tafu neceflario, che fisruifleY acciocché» ad efempiodel Jannellt» cmia*
Icefle il mondo non ener fempre vero il concetto di cdooo, ohe fifiinn»
a credere» diere al tutto ìmpofifaUe»' fenta • la continm affiileraa di gran
mtefirp » a gran legno pervenire in alcuna arte o profeilione t moArando
Tefperienza alcuna volta il contrario» e malfimamente laddove uno ar-*
dente defio di fapere» ad ottimo giucKsio condotto» £k nefimna» che
niuna di quelle cok ammetta di tralafekre» che hanno fiora di aenden
UA uomo fcienztaco : tali fimo» un* a(Xdua ricerca e ferupolofii efame dd^
le colè migliori : uno aforao di imitazione» ed un frequente communica^
re de^»ropr) diibb} con chi abbia già camminate le firade delle maggiori
difficuità deir arte* Queflo appunto fi diede a fare Ottaviano» il quale
col r ottimo gufto fuo» ìhi le cofe più belle di quella gran città» Cbemien*
do le più perfette» e facendo procaccio ad ogni gran collo di modelli del
gran Michelagnolo e d'akrieccellentiffimi mamri» quelli fisca oggetto deYeoi
flod j \ ì quali andava regolando colla fi^orta e direzione di uomini eceel*
lenti neirarte»vintantochè in breve cempo agginnfe tal perfiszione al fu»
intendere ed operare» quale hanno fiitto vraere i bei lavori » chefeet
dipoi . Non erano nel nobile giovanetto unte fiiciche ad altro .fine ordi-
nate» che à quello della gloria; che però non lafi:iò» mentre ftecce in Ro*
ma» di procacciarfi impieghi t che alla digidtà de* Tuoi natali fi confiioeie-
ro» e ne' quali più riguardevole poteflb ancora apparire tn fuo coal bello
e ben fondato ornamento. Onde fi pofe al ftr vizio dell' Eminentiflimo
C ardinale Ottobuoni» dal quale fu ricevuto a principio in carica di Coppie*
re» con trattamenti eguali alle fue virtù ed amabilifiimi coftomi. Fu uh
che defiderato in trattenimenti maggiori; ma il giovane » per non tonfe-
rò il tempo a' fuoi belli ftudj ed opere» reeuaò. In ^efto tempo lavorò
occhio t
OTTAVIANO JAN NEIL 4. 619
McMovdié lènift raHRW'dd MÈèù KrUMntordél micrcCoopio« dìfc*riM«
n le pófft • Vedefi nei primo pesato rapprefentata in un piccolo ovtto »
cb «ne parve- h FlagellttioM , da vtV altra la Coronazicriie di Gesù Ctifto
SignìDr nòftfo, con molce figofé tutte cavate di qvi^ì pezzo , fenza alcun
altro rapportamento . in altro fineill penetto» ona tal foraaa di pino, e
tutta k (uperficìe ricoperta da infinita di figure belliflime e trarte, fra un
e vi è ancora gran copia di animali ^ Alla bócca di quell* apenura
fcolpite alcune Furie » con una ammirabile canna incatenate i ì cai annellet«
ti fon traforati , e cosi ben diftintì i che al folo4iKtar dell* uomo traballano.
In altro legno fi vede gran quantità di cacciatori , cavalli e bofcbi • e fopra
alcuni alberecti tefa una rete da uccelli» il cui lavoro in focttgliezza noti
oede alle tele de* ragni, ed alle fila de'bad^i della feta* Ertale in fomma»
ohe altri, che chi la vede fatta, non la può credere fattibile; e fé non
vemflè coperta quell'opera da un puriffimo criftatlo, iton farebbe gran'
fatto, che ella o da qualche gagliardo refpiro, o dal favellar medefimo di
chi là guarda, non venifle guafta. Dopo tutto ciò, raentrechè il no-
ftro Ottaviano force rincontrato dalle lodi » che gii da ognuno eran dato
alb fua virtìi, andava difegnando di condurre altre belle opere, da lui de-*
flinate in dono ad un potentiflimo Monarca i fu, a cagione di un molto rU
gorofo inverno, aflalito da una fluffione, che lo pofe In pericolo della vi»
ta; onde fu neceOitato partirti di Brefcia, dttà Vefcovale del Cardinale
Cuo Mdrone, chekfeco lUveva condotto, e ritornarfene a Roma. Pafsò
per Firenze » accompagnato con lettere dello fteflo Cardinale , a perfone
di grand* eflere indirizzate/ Quivi vide la fiaaaofa Galleria del Granduca^
od eltre cofe ftupende di quella Altezza , che allora non era in città;^
onde folamente il Sereniffimo Principe Mattiaa di Tofcana di lui fratello ,
Tide le fingolariffime manifatture di Ottaviano , il quale fu da quel gené^
rofo Principe molto onorato; Giunto finalmente a Roma, e della fua
indKpofizione prefo alcun miglioramento, tn fpazio di due teefi intagliò
da uua parte di un piceni noccioletto di ciliegia , le valorofe azioni di
Orazio, fiuta contro le genti di Tofcana, in riva atTevere\ ed al capo
del pónte Subbi icio. Ma volle la fin idra fortuna, che un cagnolo a cafo
£iceue quel mirabil lavoro cadere da un tavolino, e che in più parti fi
fpezzafie . Quefto ftrano accidente afflifle non poco il giovane ; onde per
tranre in tutto e in parte V animo a fé , e dal n<^ofo penfiero rimoverlo
almeno, per alcuno fpazio 41 tempo abbandonato T intaglio, fi pofe a mi*
niare : arte » nella quale Con non ordinaria difpofizione , col configUo ed
affiftenza della Signora Giovanna Garzoni Afcolana , conofciuta in que«
flo fecolo di gran talento , in fimile facoltà aveva egli per avanti molto &«
ticatot ed in quefto» che a lui pareva goftofo divertimento, fi fifsò tan-
to, che di nuovo infermò, in tempo appuntò» quando egli ftaya alleften*
do una belliffima miniatura, per donare alla Santità di Alefiàndro VII*
che già deftinava di averlo a fé, per conofcere di prefenea un fuggettOi
da €01 aveva daU* Eoiaentifiiaio Cacdinaie Ghìgi fuo Nipote e da altri
fentite
\
\
6iQ Dmnn. VI ePar.ff.del$ef.PJ. Mi€$o.dt66o.
fencite 4ire gran colè. Ndn fQfCAO^Mhtlifjl kfliKMfe indi^finoi)i <t xi*
muovere Ottaviano dair ailiduità del fuo ftttdipi anauchè avendo ^gii.
finita la miniatura^ che era unia Pietà» cavata da un bellifliiDo quadro ceL
Tintoretto > quella data a rivedere ^lU nominata Signoria Giovanna Garaeonii^
die^ o fofle perchè ornai i come att^npata che era » non le obbedifle la mano» !
o pure per motivo 4' invidia » come altri dubitarono » in alcune parti glie-
la peggiorò; firimefle il giovane» con indicibil fiui<:a» a lavorarne una di
nuovo, con tanta maggiore afOduicài a.quanu la necdSiiàed il (biiecito pen*.
(ièro, che aveva » che.eliU venifie fatta a tempo , lo coftiignevano «onde.fati»
cando giornc e, notte i taoto peggiorò del fuo male» che per ordine dp' me«
•dici iti necelK^tato a tornar£bne in Alcoli » per fare eCperìensEa» fé If aria
nativ^a ayeflea quella malattia» renduca già quafi incurabile t alcun migliora-
mento apportato; ma tutto fu in vano» perchè non andò guari» che ig-.
gravandoli il male» egli fi conduflTe ali eftremo del fuo vivere. In queto.
tempo, oltre a moki fegni di criftiana pietà , che moftrò l'innocente gio-
vane, fu più voice fentico dolerfi co' £uoi famigliari, di non aver potuto
adempire un defiderio, che^veva avuto di alcun tempo avanti, di fcol*
pire in un piccol pezzetto di boflolo la venuta della Santa CaEa del Lo^<
reco, per quello poi mandarci in fegno di tributo»; a quel reverico San-
tuario. E parve, che la gran Madre di Dio gradile, tuttoché iènaa ef*
fetto, queua fua brama ; perchè avanzandoti tuttavia il male, arrivato quel
giorno appunto» che fu il di io. di Dicea)bre \66\. e qi^l'ora fludefi-
ma» nella quale tutta laprovioqta delta Marca» e particolarmente. ÀfcoU
fua patria» Con fuochi e &lve , folennizza la memoria della miracolola
comparfa di efla Santa Caia,- il noftro Ottaviano , in età di anni ventipm*
que m circa» fé ne oafsò al delo^ Rlmafero.r.operef di ch^. (opra a' è At-
ta menzione , appreifò il Signore Emidio Jannella, di lui fratello ed erede»
che le conferva con quella accuratezza, che merita un fimil teforoi.e (ic-.
come fono fiate (bmpre vedute con ammirazione da gran Priotipi e Signo-
ri , a' quali egli all' occaiSone graziofameote le mofira » cosà &raiuio tutta*
via oggetto di maraviglia a tutto il mondo. Gli firumenti» de' quali Ot-
taviano fi fervi in quelle opere, furono alcuni aghi fottiliflìipi da Cam-
braja, con certi manichetti fatti di (lecchi a fomiglianza di lefine» colle
punte fotti liflìme , aguzze, e adattate al bilògno» le quali però non gUavreb-
Bono potuto giovare, fela.maqof come io diceva al principio, non ave(re
fenduta al fuo intelletto un ubbidienza ne più vifta né più intefa. Era poi
tale r applicazione, colla quale 6gli operaya»che lavorando più voice in pre-
fenza di molti, e talora del. Cardinale fuo SigtK>re, per lungo fpazio di
tenu)ò, diede fegni molto chiari di non accorgerfi , che quivi alcono fofl'e
pretente . Fu il Jannella di alta fiatura» di membra ben formate, di bello
e grazicfo afpecto, benché di colore alquanto .ujivallro. Scorgevafi in lui
una vereconda modefiia» accompagnata da coftumt cosi onorati, rifpettofi»
edinfieme piacevoli, che legava gli animi di chiunque con lui ; craccava »
e rifplcndeva in effo tanta religione e criftiana pietà, da pòterfi ad altri
proporre per cfcmplo.^ In fomma fuegli in ogni fua parte ammirabile:,
ne io racconto tutto piò, che jo patemi taccontare delie ottime. qualità di
lui i ba-
OTTAVIANO, JANNELIA. 621
MJ'i!
neuzift
loi ; ba&mdorai foto il fttcot ptl Odb file» che \ » di dtre di
degli uomini fegnalati in qndEParce» pofiéndofiih un racconto eruditamen-
te difleto, e dato in luce dell'anno l6^6. nella medefima città di Àfcolif
dal Dottore Giovambatifla Tnzù » leggero quel più» che io non dico .
% V
DBLLS
fn
DELLE
NOTIZIE
DE' PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMABUE IN QUA
DECENNALE VII
E PARTE IL DEL SECOLO VII.
'DAL 3fDCLX. AL MDCLXX.
MATTEO VVITHOOS
D'AMARSFORt PITTORE
Dìftepoh di Jactpt Van Campetto nato vive /ie/i6Zi.
ELLA fcnola di Jacopo Van Campen, che fa dUcepo-
Io di Piecro Rubens « ufci circa a quefii tempi Matteo
' Withoos pittore d'AmaiafbrCt il quale attefeafarpaefi.
frutte e fiori di vaga maniera; ma quello» in che è flats
fèmpre la fua fìngolat virtù da tutti ammirata , è flato
il concrafiàre in quadri grandi e piccoli» animali velenoli
di ogni fona» appreflb o fotto ad alcune erbe dì qua-
lità diverlè . con tanca verità t che non è chi non fi acterrìfca {blamente io
vederali, mailimaraente fé fono ferpenii, o altri a quefii firoigliami fpa-
ventou animali . Si veggono poi ridotti a finimento tale, che il molto io
cofiarfi , che faccia 1' occhio, non ne & rinvenire i colpi: il qual finimen-
to però tv>n toglie loto l' eccellenza di una ftraordinacia forza e rilievo*
che tm
■ MATTEO WITUOOS. ffsj
che tra p«t<}ii6(loi épetiKflfer tfiimìSittt é1 vìro\ non ofa la mano, per
così dire, di tòccai^i, Mr fbrsa d«irftpprenfi€me»che eoncepirce la fallita*
lift per Ift rimettibrafiM di iSéGl terfH)ile ,■ e che apparile non fintai ma re»
ra: e veramente può dirG, col patine de' jpid j^rìti ne(rarfe« éhecóftui
in fittile facoltà r abbia di ^fari tuAj^ titipiHatd o^Ai altro llaco avanci a lui •
mM
«ti
KtlMkMbitfaÉ*
éétm»
mià^immmàà
màÈi
é^
DAVID CONINCHE
D' A N V E R S A
Difsif»k di Mqhsu Nkafius , nato •«•.«« -$- ..,.é.
it^LLA città d^ AnTcrfa , ftsrta ki ogni teanpo madre di Giì^go^
hrtlSmi anefici» ebbe t nateK David Goninche, figliuolo di
un tale Giovambatiffa Gontnche f che eiercìtava la profeffio**
ne dì argentiere» e di Dofginaniecart Aadenarden. Nttdrl
eóùmin fua fìtneinHazza «n be) genio é Céft sppoftetiettit a
diftfno ; onde aventfO' avoca cognctione del eetebre ^K6tc
M0nflkfNic«fiii9» li c«A talento li fiieetaeonofeere fing€4a#inence in dTifrigflé-
xm 0flà fon* cfif «tiiinafi groffi/ cioè a dite bracchi, h^fierì^ KMtftifH» ci*
gftah e fimili, che per^ gìwìfé éà efler dichiarato pittéM del R^ d) POrti»
cici» ed ebbe luogo netta famoft Adcademia^Piari^f^ fi pefe nella fo^fciKH
la : e dopo la raoirte éftMUM ^b^sè^tqwtìh dì Méhtfà Pietro Bòòì» cffie
pure fu anch' eflò pittore di quella Maeftà» ed a fimielianza di Nicafiusdi-
pinfe eccellentemente grofli animali; ficchè David ebbe campo di bene af-
iit»ufaiu m quella luiia crr piiiuiB • ifx« ucuuui «ujiki ut pencncjnvrir aiidic
più» deliberò di venirfcne a Roma: e ciò fu l'anno lòtfp. Pafaò per Bavie-
ra » dove fomofciuta da virfÙ da quella DuchéiH^ fu per ordcie della me-
deiima» con molto- lirre vote trfttamenlo» fermalo per tlb meli a^ dipignere
un fuo GabinetcOf con offerta dì buona prò vvifìone, ogni qual volta egli
li fofle còntaAcato di fermare 4^ivi if fuo Uhhio^ mi^tétticcìtìs l' amore
deir arte, che aflài più avea potuto in lui , che quello della patria, con
ncuci fitmoli lo rpingeva ^ Rcfdia, dóve fpetavacdidurfi a pivi alto fegno
d' intelligenzd in ciò the faceva pel genio fuo, egli coftantememe ricuun-
do quelle offerte, ieguitò fuo viaggio. Pafsò per Vienna, dove effendo
giàr pitn^smt% notixTa di fua^ abifitftV gli fu fors^ tratcenerfi alcune f(ftfima-
ne , operando per diverfe perlbne di grande affare: ed il Gente dr Nadaftl
molco l'importunò, allettandolo con buone promefle al fervirào di q^uella
Owae-; ma Uy ftiflo motivo , che gli aveva poc^anzi fatto recufire gl'invi
ti di^Vk DeeAef&di Baviera, ebbe foraaai>i«oni d'inanimirlo al rifiuto àeU
le nobili efibizioni, che gli venivan fatte in Vienna; donde particofi, final*
anence prefe diritto cammino per alla volta di Roma« In quella nobiliffima
città
6:^4 Decetm. VÌI e Par. H. delSfic. VII dal t $60. alt 670:
città fi diede a far buoni ftud)» tantoché in breve tempo ir ftcqoiftè chiara
nonne . Moke tono date le opere, fatte da lui fino a quell'anno 1684. nel
quale io tali cofe ferivo, d'alcune delle quali fin qui venute a mia notila»
fra le più lodate, io farò breve menzione.
Nel i<S79« conduflTe due quadri lunghi ii. palmi e larghi otto , per la
Maeftà del Re Cattolico . Altri ne ha dipinti poi per la Galleria dei Re
Crifiianilfimo j e pel Duca di Savoia . Quattr* altri ne ha coloriti pel Re di
Portogallo: e per T Inghilterra , non folamente ne ha fatti moltìflimi, ma
del contioovo glie ne vengono commiifioni. Non è forfè gallerìa in Ro»
ma, che non fia abbellita di fue citture; ed il Conteftabil Colonna, con
ricompenfe eguali alla grandezza dell' animo fuo, molte glie ne ha fatte fa-
re in diverti tempi per ornamento de' fuoi palazzi. Ha quello artefice
congiunto al fuo valore nelrartCt un animo molto nobile: e tale appun*
to, quale fi conviene a perfona» che quella efercita, trattando fé tteffo
•in ogni cofa con iftraordinaria civikàt non ammettendo per lo piùcon«
verfazione, che di perfone , nobili , o di eccellenti profeflbri di pittura,
a j quali ha fempre fatte ogni onore . Per le molte opere ^ che alia gtor«
nata gii fono ordinate, eli occorfe bene fpelTo ricevere anche molte ca«
parre, nel che fare è riulcito fempre efatto e fedele; a legno che nefluno
mai gli diede danaro per operare, che non mettefle altresì in penfiero non
ordinario di prontamente ièrvirlo. Virtù nobiliflima efercitata dal gran
pittore Guido Reni, del quale fi racconta , eh' e' non volle mai figliar da*
naro per pitture da fiirfi, che egli almeno, tanto aveiTe volato immedia*
tamente operare nel quadro incaparrato , che valefle pel denaro ricevuto
a buon conto . Vive o^i David Coninche in efla città di Roma in molta
ftima, la quale dobbiamo credere» che a proporzione del moltiplicare le
opere fuc fia per fiirfi tuttavia maggiore a comune benefizio «
t^mmmmtmm»
P
PITTORI
CHE FIORIRONO IN QUESTI TEMPI
NE' PAESI BASSI.
TETRO BOEL d'Anverfa. nato r«nnoi625. ha dipinto bene
fiori e frotte .
PIETRO VAN BREDAEL. natoinAnverfarannoiÒso. èOt.
to pittore aflai filmato: ha operato in diverfe Provincie, e partìcolannente
nella Spagna .
FRANCESCO
«2j
FRANCESCO SPIERRE
DI N A N S r
PITTORE E INTAGLIATORE IN RAME
Difi epolo di Francefco Poilly , nato 1 643 . # 1 6 8 u
ELLA città di Nansì, nella Diogefi di Tul, patria del
fingolarìflimo Callot • T anno 1643. venne a quella luce
Francefco Spierre . Il padre fuo fu Claudio Pierre, citta*
dino di onorati coftumi, eia madre fi chiamò Margherita
Voinier. Come poi Francefco il figliuolo» ed inliemeroen*
te Claudio fuò fratello, aggi ugnendo la lettera S al loro
cafato, col cognome di Spierre fi faceilèro chiamare» e con
tale appunto fi fottofcriveffero alle fcritture, e negl'intagli» non èpoiuto
fin qui venire a notizia noftra.
Viveva in quel tempo • anzi ogni dì più fi accrefceva per V Europa tutta
la £ima , e il nobrl grido del già defunto Callot » il quale avendo avuto, come
dicemmo, da quella città i natali; e da Firenze^ nell'Accademia del Parigi
gi vecchio t la beli* arte d' intagliare in acqua force piccolifiime 'figure ;
aveva poi. fotto il patrocinio de' due Granduchi Cofimo II. e Ferdi-
nando li. fatte quelle grandi prove, ed efpofte alla vifta del mondo le mi«
rabili opere, che ognuno fa, ficcome noi afiài minutamente abbiamo di-
moftrato nelle notìzie della vita di lui . Onde per mio avvifoi gran fatto non
fu» che lo Spierre, il quale aveva già da natura avuta grande inclinazione
al difegno edalla pittura» fatto animofo da sìbell'efemplo, impaziente di
maggiore indugio, prima fi ponefie ad imparare a difegnare, ed incaglia-
re da fé ftefio, e fenza indirizzo di alcun maeftro, fé non quando talvolta
portandofi alla cafa del Signor Callot, fratello del celebre Jacopo, ed alla
danza eziandio di Dervez, famofo pittore di Nana)» ritrovava appreflo di
]ui, infieme con qualche buono avvertimento, comodità di (ludiare e poi
in età ancora adai tenera, dico di quindici anni, abbandonato quel ciclo
e i parenti, fi portaflè a Parigi, ove tali belle facoltà già in eminente grado
fi profeflfavano . Quivi , o fofie j>er raccomandazioni , che ne avefle avute
dalla patria , o perchè egli avefie fàputo dare qualche faggio di fua buona
difpofizione a queft'arti, gli riufcì metterfi nella fcuoladi Simon Vovet»
pletore della Maeftà del Re » appreflb al quale avendo alTai profittato , fi
pofe a (ludiare le opere di Monsù Champagna» non ad altro oggetto, che
di diventare buon pittore • EraiiUora in Parigi il celebre intagliatore Monsù
Francefco Póilly, di cui fopra fabemmo menzione, la ftanzadel quale, in
Iftrada S* Jacopo, era firequentata da perfone di ogni più alto affare, a ca«
gione delle belli^Qune carte 1 che ogni giorno fi vedeano ufcir fuori di fua
Rr intaglio.
626 Decenti. Vt. della Par. II. delSec. Vi. dal 1 660. al 1 6jo.
incàglio % A cofttti fi accodò Io Splèrre'per apprendere ^udla pro&fflonet
neila quale u\ breve tanto ìi tvanzòi che potè itlcominciare a dare ajuto ti
maeftro. Quindi è^ che accrefcendofi ogni dì più fuo fiipere > ilPoilly cotv»
tinuò a valerfi deli^ opera fua: e finalmente giunfe a tanto in quella fcuo*
la» che egli ebbe mano fopta ipid bel rami» che di tal maeftro u(ciflero
poi alla luce . Ma perchè il fare infegna fare» ed il gufto di chi bene in-
tende ciò t ch'ei fa % ogni di più (I raffina , cominciò Io Spierre ad an-
no ja'rfi di un certo punteggiare , proprio del maellrofuos e gli pareva» ufan-
do tal modo» di perder <^uel tempo» che fecondo i^ idee della fua mente
egli avrebbe potuto impiegare in procacciare maggior maniera ; deliberò
di lafciare il Poilly» e partird alla volta di Roma, chiamatovi forte ancora
dalla chiara fama di Pietra da Cortona» le cui nobili invenzioni» « ram
pitture già godeanogU applaufi anche de' maeftri più rinomati. Giuntovi
Analmente» fu fua primo e principal penfiero il proccurare d'accodarli al-
lo fteiTo Pietro » il quale » conofciute le fue buone abilità t tanto alta pittu-
ra» quanta all'intaglio» gli diede e per l'uno e per If altra ottimi precetti:
e di più volle ancora» che egli intagliafle fue pitture, ed invenzioni. Fra
quefte fu il bel quadra della Santa Martina, genufiefla avanti a Maria Vergi-
ne » che tiene la grembo il Bambino Gesù : ed unf altra Immagine delia
fte{Ia Santa» L' una in intero» e l'altra in mezzo foglia reale . Intagliò an-*
Cora., col difegnodi Pietro» una bella ConcluGone per una fipagnuo/o »
sa cui fi rapprcfentava la (tatua di Àleflàndro figurata fui monte:» e pel Pa*
dre Giovambatifta Lancellotti della Compagnia del Gesù il be\ itox\tef^i*
sio del fuo libro intitolato' Annali Marhnr, ove fi (corge la figura di Maria
Vergine coperta di un panno» che tutta la vede dal capa a piedi» di tanta
graziofa e pittorefca maniera» quanto feppe mai inventare l' ottimo gufta
di qtiel gran pittore; e quefta è in atto di ricevere fo fieflo libro per mano
di una belladonna» figurata per la Devozione» a lei introdotta dalla Re*
ligìone Cattolica. Intaglia ancora due delle belliffime iilorie» che Pietra
dipinfe nel ReaL Pabzzo del Granduca a' Pitti nella fiianza di Venere i e due
rami del Mefiale di Aleflandra VII. cioè il frontefpizio e la Concezione;
gfiicchè il terzo» ovefurapprefentata la Crocififlione del Signore» intagliò
pure lo fteffa Spierre» mt con difegno di Ciro Ferri. Ocoorfe poi» che il
Cortona» per quanto allora fi difie , comìncio a venire in parere» che la
Spierre» a per un certo fuo genio e bizzarria pittorefca» o per altra che
fé ne fofie la cagione » non vo4efl^ foggettarfi nell' intagliar le opere ed in-
venzioni fue aHa fua maniera, quanto egli avrebbe vdutor onde incomin-
ciò a non valerE più di lui » ma in quel cambio le dava ad intagliare a Cornelio
5Ioemart» allora lo Spierre fi congionfe a quegli dei partito del Cavaliere
Bermno»dat quale » ficcome fu aflai Himato» cosi ricevè ordini di fiire molti
lavori , i quali poi fu Iblito condurre per lo più ad una taglia fola» fecondo
lo itile di Monsu Melano di Parigi . Tra le cofe , eh* e' fece pel Bernino, e
con difegno di lui, furono due fforie» che fervirona pel libro in foglio
delle prediche del Padre Oliva» poi Generale della Compagnia dì Gesù»
cioè le Turbe faziate col miracola de' cinaue nani» e San Giovambatifia»
che predica nel defeìrto» Un Crocifi0b m toglia itale ^ dal cai coipo
piovendo
FRANCESCO SPIERRE. 621
piovendo fangve » C forma conie im mare : e quefio fecondo una ìlluftra^
zione avtttafir come ù dice» da Sanca Maria Maddalena de' Pazzi, nobile
Fiorentina dell'Ordine Carmelitano: ed una Immagine di Maria Vergine
in piccolo ovato. Ancora iniaglib l'Altare della Cattedra di San Pietra»
che fi vede in quella Bafilìca» opera infigne dello fteiloBerninOi il quale eb^
be si gran concetto dello Spierre* che fu udito dire da qualificato Cavdìere^
non ^averne quel fuo tempo un altro eguale . Con difegno noi di Ciro Fct^
ri p gran pittore dei noftro tempoi Aato degno difcepolo oel Cortona • ha
intagliate cofe aflài: e fra quefte la b^lla conclufione dell'Abate Giovanni
Rimbaìdefif ov^ fi vede in cielo Giove co i ouattro Pianeti ritroyati dal
Galileo» ^ quefti figurati ne* cinque Granduchi di Tofcana» cioè a dire
fer Giove Ferdinanda II. «per li quattro Pianeti, CofimoL eFiancefco^
^erdinando L eCofimo II. e nella parte più bafia fi vedeCofimo III ogr
.gi felicemente regnante t figliuolo del predetto Ferdinando IL che è io
mezzo di quattro belliffime Deità , fatte per le quattro principali virtjà>
iji^te più proprie di quella Sereniffima Cala Medici, la Giuftizia, la fru«-
denzai la Foltezza, e la Temperanza. Occorfe poi» che Paol Francefco
Falconieri , Cavaliere, che (per la nobiltà del fangue , e per le ricchezze*
,per l'egregio jTuo palazzo pieno di efquifite pitture , e per la famofa Villa
^i Frafcati, la. cui Galleria è dipinta dai celebre pittore Carlo Maratta )
è da per tUQto rinominatifiimo il deliberò di far tener Conclufione di filof-
ibfia, il che poi non fegvà ,ad uno deTuoi figliuoli ; onde a Ciro ordinò il farè-
j^e un fa^eUittHiio fc^do % 1» 1q f«c0» e. dal noftro Francefco volle i che foife
^intagliato, E^lo Icudo alto palmi quattro e trequarti Romani, e cinque e
mezzo lai^o ; contiene in fé una uoria di Augufto, che facrifica agli Dei
.nel ferrale il Tempio di G^ano, dopo aver foggiogata T Affrica e T Egitto»
e già (labilità la pace . Vedcfi^ rappr^fentata una aobil fiicciata o fia teatro
fatta avanti al.Tempio ; per mezzo del quale fi ravvifii tutta T interior parte
dello ftefib Tempio, ed ivi AuguAo, che accomoda nell'accefo Trìpode
r incenfo da una parte, e un Sacerdote iche incomincia a chiuder la por«
ta: e dall'altra {pnodiverfiquadru^di, vittime deftinateaquel facrifìcio.
Sopra gli architravi della gran facciata, tono in atto di giacere, La Reli*
gione ,e la Pace: e nelle due eftremità , due tondi medaglioni , in uno de*
quali (lede mefta la mifera Affrica, appoggiata ad un albero di palma predo
ad uno Elefante, col motto tAffrica dcèeUata: nelP altro alcune figure »
cioè Augnilo che porge la mano alla Pace , col mptto Paxjincifa: da' due
iati , Je quattro Stagioni ad ufo di termini > due per parte, che fervono co-
jTìe à\ quattro pilafironi: nella parte più ba(ra è un altro medaglione, colla
figura ci un giovane fedente fopra un Coccodrillo pre(Tò ad una palma ,
e con mani di dietro legate, col motto JRpptus capta, pali* una e dall' aU
.tra banda d$l medaglione fojno du? gran ^ure giacenti, una pel Tevere»
e l'altra fenza alcun fegno, perchè tale doyea effere, quale fofie alatane-
cefiaria per denotare quel Principato, al cui Signore fi dovea la Conclufio-
ne dedicare. Gli ornamenti poi del Tempio, delle bafi, de' medaglioni »
edi ogni altra cpfa,. fono infiniti, ed a maraviglia belli; ma il gran grup^
pò della floria principale» fi fopra ogni creflere ricco» maefiolo, e bene
Rr » iniefo.
6i8 Decennyi.dellaParJLdelSec. VI dsÌi66o.aÌi6^<y.
intefo. Sonovi fino a venti figure» ed alcune in lontananza con architetta^
ra nobiliGima; e qtiefio è quanto all' invenzione di Ciro. Per quello poi »
che tocca airintaglio» fi può ienza dubbio affermare» che quefta e una delie
più belle opere, che ufciflero dalla ina mano, e nella eguale ecli veramen-
te con gran lunghezza di tempo impiegò tutto fé (leflo; onde meritò di
ricevere in guiderdone da quel magnanimo Signore feudi novecento. Que-
fto rame nobiliffimo, a cagione di non aver avuto effetto la DHputa» non
fu renduto pubblico colla ftampa; onde fino a queft*ora filetta nel Palazzo
del Falconieri . Intagliò ancora • con difvgno di Ciro » in acqua forte
un' altra conclufione pel Conte 2^nobio Veneziano» ove figurò un car-
ro trionfale tirato da due leoni. Pel Falconierr pure intagliò; con dife-
gno dello ftefib, un* altra Conclufione» ove è rapprefencata la caccia del
&lcone. Fu quefto 1' ultimo intaglio fatto dallo Spierre, con difegno di
Ciro » quantunque per brevità non fi faccia di tutti ricordanza . Di fua
propria invenzione intagliò lo Spierre moki rami: e fra qaeftt uno per
foglio reale, de' cinque Santi, Ifidoro, Ignazio» Frsncèfco Saverio» Fi-
lippo Neri» eXerefa: due Crocififli colla Vergine » e San Giovanni in pie*
cola proporzione, e quefti per TEminentiflimo Cardinal Crefcenzio: il ra-
me, ove fono figurati i Padri della Compagnia del Gesù, ftati morti m odio
della Cattolica Fede, fotto la condotta del Padre Azze vedo » de' quali ebbe
la tanto celebre rivelazione la Santa Madre Terefa di Gesù, Vergine Car*
melitana, raccontata dal Padre Giufeppe Fozio della fteifa Compagnia»
lìeir informaaioBe ftampata in Roma 1' anno i6ft4. Bvvi ancora una pic-
cola Conclufione in foglio reale per tra verfo, fatta per Monfignore Spine///,
fratello del Piincipedi Cariati: ed un rame colla lloriadel Re Salomone,
intagliata per un Padre della ftefia Compagnia ^ Veggonfi di fso intaglio
moltiflìmi ritratti, fra' quali, a mio parere» tiene il primo luogo di eccel-
lenza , quel tanto celebrato del Serenifiimo Granduca Ferdinando IL che
fervi al dottifiimo libro intitolato Saggi di Naturaci E/perienzCf fatte nel^
f Accademia del CintentOf fotto U protezione del Sereniffimo Prìncipe Leopoldo di
lofcanaf che furondefcritte dall' eloque mi tfima penna di Lorenzo M^aJotei
Accademico dellaCrufca,allora Segretario della fteflti Accademia dei Cimento,
flampoto inFirenze V anno 1666. Trafle lo Spierre Y invenzione di quel bel
ritratto da uno dipinto per mano di Monsù Giufio Subtermans, che paffa
fra i più belli» che ufciflero mai dal fuo pennello, e fi trova oggi nella Real
Galleria. E' però da notare, che Glufio il dipinfecon un maeftofo cappeU
loin tefta, ornato di pennacchiera, e tale appunto, quale moftra lo inta-
glio delio Spierre; ma iSftefib, a perfuafione di Minifirodi autorità» can*«
celiò il cappello, e riduflfe il ritratto con teda del tutto fcoperta, e come
^li ora fi vede. Il bélliffimo rame di tal ritratto fi conferva oggi nella
Guardaroba del Serenifiimo Granduca, fra gli altri in gran numero del Cai*
lot, di Stefano della Bella» e d'altri famofi artefici. Fu intaglio dello
Spierre il bel ritratto in foglio di Papa A lefTandro V II e di Papa Innocen. XL
ili quarto, fiati dipìnti da Gio. Maria Morandi Fiorentino» oggi pittore ìk
chiara fama nella città di Roma : uno in foglio reale di^ Melchior Tetta no-
bile Dalmatino; del Padre Oliva fopranaooiiiato; f^^H]» del Contedi
Marf ciano ^
FRANCESCO SPIÈRRE. 619
Marfciano» che va nel principio della iloria fiampata della nobii fantìgiia
de' Conti di Marfciano > opera in foglio del Paore Ferdinando Ughelli ^
il ricracco del Cardinale Nini» e dell' Eminenciffimo ed Brudictfliino Azzo«
lino: quello eziandio di Antonio Caraccio Barone di Corano» che fu po«
fio avanti al Poema Ermco» V Imperio Vendécaio^ opera del medefiinò An*
conio Caraccio : ove è da notare ( tanto fu il prurito, che ebbe loSpierre^
come appreflb diremo , di operare di propria invenzione ) che eflendo-
gliele ftato pollo avanti per fare tal ritratto uno dipinto da eccellente pit-
tore» ricusò di porvi mano» dicendo voler far tutto o nulla; e cosi fi vede
il ritratto del Caraccio di tutto fuo incaglio e difegno • Di fua invenzione
pure ed intaglio fono due floriette» fatte pel Seminario dementino: ed^nt
m foglio real ^ande di una Madonna del Coreggio» quella AefTa» che pof-
fedeva già il Signor Muzio Orfini» che. la vendè ali' Eceellentiifirao Marche-
fè del Carpio» poi Vice Re di Naooli» per ottocento feudi. Abbiamo an-
che il ritrano cella pia memoria del Padre Pietro Bini nobile Fiorentinot
che fondò in Firenze la Congregazione dell' Oratorio di San Filippo Neri ;
e volle in fua Compagnia a tal' effetto il Padre Francefco Cerretani , pari^
mente nobile Fi orentnio » Sacerdote di gran bontà: il qual ritratto» dopo
l'andata al cielo del Padre Bini» intagliò lo Spierrè ad inftanzia delVAbato
Francefco Marucelli» Gentiluomo di quelle qualitià» che in altro luogo ne*
noftri fcritti abbiamo accennate» che lo chiefe pel molto Reverendo e
nobile Padre Zanobi Gherardi » efemphiriffimo Sacerdote della fteffa Con-'
pregazione deir Oratorie • Lo ft«flb Marucelli feee intagliare ^llo Spierre
m pìccolo ovato il ritratto della. Santa Maria Maddalena de' Pazzi/ a per*
fuabone della buona memoria di Àleffandro Strozzi» in quel tempo Av«
vocato del Collegio de' Nobili» poi Vcfcovo d'Arezzo » per far eofa grata
alla Madre Suor Maria Minima Strozzi» di pia ricordanza » Priora del Mo<^
naftero di Santa Maria degli Angeli» allorachè eflà Beata Madre Maria Mad*
dalena fu da Papa Clemente X. afcritta al Catalogo de' Santi 1* anno \66^:
Kè voglio lafciar di fare menzione di un bel rame» che egli intagliò» in pro-
porzione di mezzo foglio reale» di una Santa Cecilia da una pittura di Do-
menichino. Ma fra quante mai opere da lui dilegnate e intagliate fi veg-
gono» fono» al parere degl'intendenti» (ingolariUime tutte quelle» che fi
contengononelbelliilimo Breviario in due tomi in quarto» le quali l'Ernia
nentiffimo Cardinale Francefco Nerltjaniore, gli fece intagliare» e poi in«
£eme collo deiTo Breviario fece (lampare in Parigi nobilifsimamente l' va^
no i66i. ad ufo del Clero dell' infigne Bafilicadi San Pietro in Vaticano »
^.cui l'alta generofità di queir Eminentifsimo Principe le donò in numero
di fecento corpi» ohefuron tutti quegli appunto» che egli aveva £itto
ilampare nel tempo» che e^fi trovava in efla città in qualità di Nunzio Apo«
ftolico » eflèndo ancora Arcivefcovo di Firenze . Parto fu quefio non pu**
re della fingolare beneficenza» che è nota al mondo» di quel gran Prelato i
ma eziandio della pietc^ divozione» che egli confervò tempre verfo quella
Sacrolanta Baiilica» fin da quel tempo» che egli ne fu Canonico : e I^ oc-
cafione di dar mano a sì grand* opMa » fu queUa» che ora diremo» per ve-
nire poi ali» defcciaiMwde'belliiaimi intagli dello Spierre» con cui ella
. Rr J viene
630 Trecenti ^J^ldf Sa Bar. Il del Sec. Vi dal 1660. ai 1 6 jo.
viene adornata . E^ dunque da fiiperìi, che il Clero della Vatieaaa Ba&Uca^
coli perpQLifsione del Beato Pio V. [a] ritiene tiKtavia V antichifsinM foa, e
perà fiimabUifsima edizione de' Salmi ed Inni»Xatina» o Italiana, t;oiae
paxe che la chiami Santo Anodino nel libro fecondo de DoSrina Cbriftiémm
aiCap. xv^ da cui li cavano, iiluilri teftimpQianze »iii confermazioite della
noftra Santa Fede Cattolica : e perchè tali Salter) » fino da ottanta ^nni in->
dietro ftaci (lampatt » eran qi^afi del tutto venuti meno^ al che s'agglugne*
va l'aver quel Clero» dalla .Sacra Congregazione de' Riti» ottenuta nuovi
e particolari Ufiz) di Santi» de' quali ivi & venerano le Sacre Reliquie;
parve dunque» che folle duppo lo ftampace un Etreviarìo coli* antico Sal-
terio» e che infieme coateneUea i fuoi luoghi i prefati Ufiz): al che tutta
volle dare effetto queir ^minentiffimo» e di più o^are, che fino al nu^
meio di feflknta San» » con gran frutto» e reltgiofa diletto de* Fedeli» fof--
fero fatte lezioni proprie i ove per davanti per fare di loro le debite com*
memorazioni era neceflario prenderle dal Comune. Onde è^ che ficcofue
fu e farà fempre viva la quel devotifliao Clero la memoria di sV alto be«
nefizio» C9SÌ non Iffcìòinè Ufcietà mai di renderne al fuo benefattore le
dovùc^ grazie. Vepghiam^ ora a dar notizia de' bellìffimi intagli.» i ^uali
npn fu graji. fattoi che al nodroarcefice procacciaOero lodaiaftiiica; men*
tre cen^qq^il: perfetto. gujfto» che era proprio fuo» gli ebbe a.^tegnare ed
intagliare a (econda de' vaghi penileri » e delle nobili idee del Cardinale
iftedo . Vedefì dunque a prin<;ipio del Salterio nella prima parte» che
eoa voce latina dicono ^emaU^ » rapprefencata i' i^ltima p«iXti& \tvtest\a
del faii^ofo Tempio Vaticano coli' Altare maggipce» ove quello virtua*
fo efprefle maravigliofamente didimi in quattro, ordini i Canonici » £d^
ineggiantl avanti alla celebre Confeflione ^i San Pietro » ficcome fono
foiitl di fare in alqune fede deiranno « In lontananza fece vedere i pt«
ladri della cupola» le nicchie» e fino la. Cattedra ftefla di San Pietro»
che è la fine del Tempio; e; nel mezzo del finto Coro un libro apèr-
to » in cui. li leggono le tanto ingegnofamente quivi appropriate paro*
le^ CopJ^ubor tiki 7)omme in.Ec€lepa magna: in pQpuh ^f^vi kmdabo u^
Co(\ti^ne il fecondo intaglio la ftoria dell* Adorazione de' Magi nella fefta
dell'Epifania» ove ne' volti e nelle attitudini di quei pikdìmi Re» fi fborge
l'amore^ la rivereu:^aie il filiale timore» con che adorano il nato Meimt»
e'I benigno gradimento eìciandio del fanciullo Geaù^ e. della fua SantilC-
ma Madre. Nel terzo fi figura il Signore ivella fua gloriola ùJàxz al Cielo»
pel giorno di quella fefta» Maria Vergine co^ SaiKt A poftoU » e tutti in
diverfe actitudini efprimoao al vivo» accompagnai;a: da gitti4>ilante tdle^
grezza » lor divozione » e . (lupo re infieme i All' Ufizioj propcio de' Santi »
pve è il quarto intagUo» fanno beUa malica aIc\iittiuitichiCcÌfiian]» con
accefi doppieri in mano» ed altri in atto di portare di¥0tameli)te fuile fpal*
le due feretri» coperti con quella facra coltrCi ci», tuttavia fi confisrira alk
venerazione de' Fedeli nello fteflb Tempio; col quale i bel penderò voile
^^mÈmtifmf»^>*mmmmmm»mmmatimmtma»mimmmmmmm0^i0a^^mit^m^mé^
mente XJ, dopa che lo Scrimirt irà paffato «ff altra vita .
FRANCESCO SPIERRE. 631
r. Eminentiffinio ed erttdkifliinó Prelato» far rappni^nttre s(Ht>Sptecfe il
gran numero de* Santi Martiri, che in tal forma furon portati a fc^pelli*
re nelle facre Vaticane grotte. Vengono accompagnati i. feretri da mol^
ticudine di devoti CriilUani, che feguono quad in proceflione i Sacrofaiui
cadaveri : ed in Jontananzci firapprefenta il Monte Vaticano, e la fieflaJBa*
£lica di San Pietro . Nella feconda parte Efliva del Breviario fi vede la
quinta caru a principio delFUiizìo de Tempore 9 ove fi figurano le Tre Di-
vine Perfone della Saiifiiflima Trinità : maeftofa è quella deli' Ecerno Pa^
dre nella fua gloria td' inacce0it>il^ luce fra i Serafini :,e quafi nel feno del
Padre giace T immanità ^Sacrofanta di Gfi^n Criftp,. che veramente e per di-
legno» e pel tanto beoe €f|>re(ro4j}biindQna9>ento diquelk fue morte mem-
bra» non può eflere nè^iù; divptabt*nè ipiù niar^yigliora. ' Vi tonò anche
due Angeli» che riverenti .in osto di adorazione, reggono in un tempo
fteflb il Sacro Corpo: e; finalmente nella più 4)a0a parte da due graziofifiimi
Angeli foftenuta è la Santa Croce.« Rappreienra il.f<;fto difegno la Ponti*»
fiode Proceffione del Csrpns IHtmhi x e. fi vede. la. Santità di Papa Clemen*
«e X« col Santìfiimo Sacfamentp in jmano » dar glnocciiiom e coperto fo«
pra un palco , abbellito da oobile a^d.dobbo « e portato da dieci perfonè fo-
prale proprie fpalle. palla parte: davanti fono, molte fig^ure, in atto di
adorazione : e per di dietro fi fcorge in lontananza forco i portici il beU
l' ordine delle procefiioni» Ma non concorfero all' ornamento di sì nobile
Breviario folamente le foprannotate bellillime carte dello Spierre ; con*
ciofitacofach^ aUr^ in gran mnncro pAld^eUilTero tutte di eccellente bulino .
Tali furono il Fronteipizio » ove fi vede il Temf^io di San Pietro, colla
gran Piazza e Portici: da i lati le ftatue de i Santi Pietro e. Paolo , ed un
finto drappo r^tto da due Angeli, le due Chiavi e 4 Triregno, infegn a
di quella Bafilica . Fino al numero di otto carte, di quefta non men beile ^
vi fono, cioè a dire P Annunziazione di Maria fempre Vergine, con una
Gloria , e molti Angeletti in vaghe attitudini : il Signor noftro Gesù Cri*
fio nato nel Prefepio , tenuto in braccio dalla Madre ; vi è il fuo Spofo
San Giufeppe , e Copra V Eterno Padre ; in un altro fi vede la gloriofa Re.
furrezione di Criftot il ouale con raggi di ferventiflìma luce ferifce le
pupille de' mifcredenti cuftodj del Sepolcro : la venuta dello Spirito San«
co a Maria Vergine e agli ApoQoli ; i Santi Apoftoli Pietro e Paolo, folle-
niiti da belle nuvolette ; V ÀfTunzione al Cielo della gran Madre di Dio $
con mirabìl corteggio di celefti Spiriti, alla prefenza degli Apoftoli giub-
bilanti^ Serve al pofto, ove è la Commemorazione di tutti Santi, una^
bella cartai in cui fi fcorge una infinita moltitudine di Beati di ogni fiato»
in atto di godere della vifione beatifica deli' Auguftiflima Trinità , e di
a nella della Santa Madre di Dio » E finalmente al principio del Comune
e' Santi fi vede efprefifa Y ifieff», e forfè maggior moltitudine di Santi in
belle attitudini rapprefentati ^ E tutto quefto» oltre ad altri belliflimi in-
tagli , cioè di trenta piccoli fregj » e frontefpiz) a tutti i mefi e fette dell* an^
no, con figurine» paefi ed ornamenti» tutti con eftrema diligenza. Così
ne fofie potuto fervir P anime t proccurar di ricavare da quel!' Eminen-*
tifiimo Principe ilfegreco folo« Iw noto del gran cofio di opera sì nobile;
R r 4 onde
6$% DeceuttJ^.dellaParJl4ÌeISec.VI.dali66o.ali6jo.
ond« non mi foflè dùopo ora ìi calermi dei fole eeftimomo delb pubblica
fama ( che pure il predica oltre non poco a fei migliaja di feudi ) che po-
trei aisicurarmi» col portare in quefto luogo quel più, che io credo, che
fia ftmco il fuo vero » di rendere più ammirainle al mio Lettore » non dico
Colo la generoficà , che al mondo è ben nota » ma la fingolar pietà , e
l' ecclef^ftico zelo di un tanto Prelato. E quefto bafii dell^ opere dMnta-
glio fatte dallo Spterre» le quali furono tante in numero» che il Tolerle
tutte deferi vere» temerei, che ai mio Lettore riufeifTecoft ^diofa, ansi
che nò. Dirò folo, che queft' artefice pel tanto leticare con quella pie-
gatura e di ftomaco e di torace, che a ^ran danno della faniti è necefia-
ria a chi vuol lavorare d' intaglio, fi ridufle a tale , ohe egli roedefimo
confefi^ ad un Cavaliere, che poi a me ha datìi tal notizia» di vedere ornai
chiaramente , che col feguitare quelP arce diventava tifico ; eflTere però di
Senfiero di andarfene a Venezia, e quivi col capitale del buon difegno,
arfi tutto alla pittura. E così fra quefto timore» e fra quel che fi dice
da^profeflbri, che il conobbero, che fofle in lui I9 parte più debole , e come
volgarmente noi ufiamo di dire, il fuo tènero, che fu uno tcoeCb defi-
derio d'inventare, anziché di feguitare 1* altrui invenzione, così fece co-
m' ei difle , perchè portatofi a Venezia , vi (ludiò molto fu quelle pit*
ture. Tal viaggio fece più e più volte , andando a Venezia e ritornando
n Roma, richiamato folamente da qualche importante affare: e confuman-
do nello (ludiare in Venezia col pennello gran parte de i ricchi avanzi,
che gli venivan £itci in Roma col buiino . Condufle più opere ih pittut^,
fempre feguitando la maniera del Cortona . Ej^li è però vero, che ficcome
Don fempre, anzi molto di rado, camminano in noi del medefimo pafia le
proprie voglie o capricci, che più propriamente chiamar gli vogliamo, col
talento, che ne dono la natura ; egli , in quanto al dipignere apparteneva ,
e come pittore, riufciva affai minore di fefteflb, come intagliatore; onde
noi veggiamo, che e^li, che nell'intaglio venne ad occupare i primi pofti
d'eccellenza, nella pittura non foni di pafiare il fegno di una cote tale
mediocrità .
Era già Tanno 1681. quando al noftro Francefco gtunfe nuova di efle-
xt morto in Lione Claudio fuo fratelb affai buon pittore , per accidente di
caduta da un palco, mentre nella Chiefa di San Nazzario dipigne va, come
fu detto, una grande fioria del Giudizio Univerfale: e perchè l'eredità di
quello a lui s'afpettava, volle partire di Roma, per incamminarfi per lun-
go viaggio, là dove il chiamava, non pure il grave interefle dell' eredità,
ina ir defiderio eziandio , che egli aveva, che tocca/Te a lui a dnir quella
grande opera . Tal partenza dunque fece egli in tempo di poco buona
ds/pofizione di fanità , e piuttofto infermiccio: e quafichè fofle prefago
di A>a vicina morte, fece prima Teftamento , - il quale ben pretto ven-
ne alla luce; concioffiacofachè , giunto che fu a Mariilia, aggravando la fua
indifpofizione , gli fu forza fermarfi in uno albeifo^ ove in breve, con
fegni però di ottimo Criftiano, come necorfe, col tefiimoniodi ficurifli-
me lettere $ la £ima per Roma, egli finì il «orib' de' giorni fooi allì 6. del
mefe di Agofto ddlo fleOo anno i€9i. N6n fi tick ancora %arlJK la nuova
di fua
FRANCESCO SPISELE. 6^)
di fisa morte» che Baftiano di Àmbrino fuo paefano, vèntagliaro in Roma,
che doveva efler fuo erede» ancora eflb mori ; ficchè tale eredità (confi-
Sente in danari» e amefi, in molti belliflimi rami» più quadri di Tua nìa«*
no» e di quella forta libri» e ftudj» che fon proprj de^i>ittori» con gli
obblighi di molti legisti, che egli aveva fìtti» a titolo di cariti, a benefizia
di povere fanciulle» come aJKora di Niccolò Pierre della Compagnia di
Gesh» filo maggior fratello , e di un altro pure fuo fratello deir Ordina
Premonftatenfe e d* altri ) retto a' figliuoli di Balliano» che è quanto ài no-
tizia abbiamo di queiV artefiee .
CAV FRA MATTIO PRETI
DETTO IL PITTOR CALAVRESB
Nato K 6 1 9« vive nel 1 694.
ALLA Terra di Taverna nella Calabria ebbe i Tuoi natali cir*
ca al 1619. H Cav. Fra Mattia Preti: e applicatofi in tSki gio-
venile età all' arte del dipignere» vi fece tal profitto» ch^
formato un buon guito» e venuto già in chiara cogniziane
di quanto abbifogni ad uno ftudente, per giugnere in efla al
più perfetto, che è in futtanza» oltre alla fcorta del naturale
e del vero , un largo ftudio delle opere de' gran maeftri» fi portò in Lombar-
dia: dove particolarmente nella città di Parma e di Modana gran teov
pò fi trattenne» ftudiando le flupende pitture delCoreggio e di altri valen*
cuomìni : e poi fi portò a Roma» dove avendo fatto conofcere le proprie
abilitadi » fu adoperato in opere pubbliche e private • Avendo poi t Emi-^
nentiflìmo Gran Maeftro di Malta Cotoner» deliberato di abbellire con
intagli» dorature e pitture la Chiefa Maggiore^ di San Giovanni » volle
averlo al fuo fervizio in tale lavoro . Pofe egli dunque mano alla grande
opera » che ripartì nella volta in diverfi fpazj » per entro i quali rappre*
fcntò iKorie della Vita» Morte» e Miracoli del Precurfore San Giovamba-
tifici Padrone di quella Sacra Religione ; la quale opera riufcì di tanta
foddiafazione del Gran Maeftro, e del fuo Venerando Configlio» e della
città tutta» che oltre all'averlo provvifto di tante annue penfioni» che
giunfero alla fommadi ieicento feudi» da cavarfi da quel teforo; vollero
anche infignirlo dell* onore apprezzabiliflimo dell' Abito loro , in grado di
Cavaliere di grazia nella lingua d' Italia; e ciò fu nell'anno i66i. quara(ì«
cefimofecondo dell'età di lui: e poi in tempo hanno anche voluto favo-
rirlo di una Commenda di Grazia» con che nobilmente trattando fé ftefiib ,
ha P0CUC9 mU htc onore alla virtù im. Ha iì Cavaliere iatte opere mol
tiflime,
654 J^^i^nn. VI. della Par. IL del Sec.VI. dal i66o.alt6jo.
tifliine» non pure per quella città, ma perrdiverfe altre d' Italia, ove è
giunta la fama dell'operar fuo, che dicono riTpIendere per 1* aggiullatezza
dei difegno t per la varietà e ricchezza dell' invenzione , per la forza del
colorito f e per altre gualitadi , che fi ricercano nell'ottimo artefice • Vive e^
mentre ioquefte cote ferivo» dico nel iCg^. in età di anni fettantacinque ?
età grave per vero dire ; ma non tale però , che abbia , per quanto mi vien
rapprefentato , incominciato ancora a diminuire il credito , e la ftima do^
f ttoi pennelli ,
IL FINE.
INDICE
«Jj
I
N
D
I
C
E
DELLE COSE
PIÙ NOTABILI.
*m
A
A
"Bramo Van^Jiepenhcck 479.
Accademia del Difegno^efuo lodevol
coftume praticato in tffk dagli Acca-
demici nelfuo noviziaio 498.
Accademia di Tiituta in tAmfterdam
di un iole Eeu/emiorg uomo di gran
virtù 51 1«
Adamo WtUacris d* Anvcrfm lao.
Adriana Van-Utrecbi. 0 £ Utrecht 197.
Adriano de "Bie 198.
Adriano Vander Venne 198.
Adriano Van-Nieutabt pittore 375*
Agoflin Meliffi, difcepolo del Biliverte 1
ajutaa dipignere al d. Biliverte ^^.
Sue opere 78.
Agofiino Bugiardini /cultore f efua vi-
ta Zy. Fu chiamato Agoflino Uialdi-
ni 83 . Fu difcepolo di Giovanni Cac-
ani 8 3 . Operò incolto per la famiglia
Cerretani 8 3 • x^iorte mi fer abile del
jBug/ardit:o cagionatagli da una bur-
la 84.
AgoSino (MeteUi e vita iZ6. Ode^o
/otto la fquola di Demone $ e poi fu
ajuto del Colonna 187. Va in Spagna
e fa molt' opere 2 87. Morte di Ago-
Sino in Spagna 287, Unione mara-
viglio/a tra il Meteìli e 7 Colonna
fenza alcuna gelofia 2 88 . Fu Poeta
e Ma t tematico eccellente 288. Fu
ambe intaglia$9rt in Barn »88.
Aleffandro A/gardì Scultore e Archi tet^
/^ 3 3 5. Sue opere in Mantova e al^
nove 335. Fa le Batue e P urna per
il corpo di Santa Maria \Maddal na
Penitente in Provenza 3 3 <S' Ta jola
di marmo fatta nella Vaticana Bafilica
di fmi furata grandezza Zì6.
Czy. Aleffandro Valori Gentiluomo Fio^
rentino, e fue nobili converfazioni
454.
Alfonfo Parigi Architetto 332, Rttt*
ra la facciata de^ Pitti % che cominciò
a gonfiar e infuori con pericolo di ra-
vina 333' Morte i* Alfonjà 334.
Aifonfi Bofchi ^6. E^ fratello del Pre-
te Francefio Bofcbi 427. Studiò e
imitò fitta Pietro da Cortona quan--
da flette a Spègnere le regie Bonze
dei Palazzo d^ Pitti 4^j. Fa la ta-
vola delT Annunziamone di Maria
' Vergine per la Chic fa delle MontaU
ve 42 7« Fece altri quadri per altre
perfine 427. Va a *Roma per fiu-
diare, e ivi muore 427.
Andrea Cammaj^èi pittore 228. Dipi^
gne molto in Roma 1 19* Dipigne
la battaglia di Coflantino in S. Già.
Lat erano 229. Muore in Roma lo
Beffo giorno $ che morì la fua moglie
230. Caccia via di fua f cuoia molti
de'fuoi fcolari per caufa di dìfigni
ofieni fatti da' medefimi 231.
Andrick Andriefens 375.
AngiolMitMe Colonna efiavita 276
Fu
6s6
Fafempré amico t Compiano di
ro/amoCurfiijó. Gitarifie da gran-
de ipocondria per cura di un dijcreto
nedico 277. Dipigne in Firenze
fé* Serenìjitmi Principi e altri 27 8;
Signori in più luoghi 178. Ctiamato
dal Re di Spagna fi paria a Madrid
^ 7%. Si persa a Parigi chiamato dal
Re 179.
Don Aàgiol Maria Colombini miniaro-
te 305.
Anna Angelica AUegrini miniatrice
615.
Antonio Novelli e fia patria 3 39. Gbe-
rardo Silvani f no maefiro nella f cui-
tura 339. Lafciò il Silvani e andò
fitto Ago fimo Ubaldiui difcepoh del
Caccini 339. Pano al naturale nel-
rifola del giardino di Boboli in atto
di notare» opera del medefimo No-
velli 339. Termina molte opere im-
perfette del Caccini 3 39. Sue opere
per diverfi 140, Attenda a goitur di
bronzo $ e fece più co/è 340* Piece la
fiatua dal gran Micbelagnolo nella
galleria di ca/a Buonarruoti 340.
E" condotto a Roma dal Cardinale Gio.
Carlo de' Medici i 41. Fa il ritrat-
to del medefimo Cardinale 341 • Fa
due fiatue per San OUcbel Bertelli
per la cafa Francejcbi, e due altre
per Andrea del Rogo i^%. Fa la fia-
tua del Salvadore refufcitato pel ri-
cetto ieUa SagreBia diS. Marco 342.
Lazzo feguìto allo fcultareebe fece
certi ba^rilievi allato a detta fiatua
342^- Fa due Satue per la cafa Pucci .
che furono mefie nella Cappella di San
Baftiano allato a quella della Santi ft-
ma Nunziata i^l. Statua beUiffima
di Santa Marta. Maddalena Peniten-
te 9 e lazzo feguito afuo conto 343
O/fera belli ffima fatta dal Novelli pel
giardino di via deBa Scala, oggi de'
RidolJìi4j, Si rende inabile a lavo-
rare a cagione di dette epere, eper-
ctè%4^. SiritiraaCaBefframofua
patria 9 e poi a Ponjacco 345. Me-
dicamento ufato dal Novelli per guo-
rire dell' apprenfione da cui era af
fiitto 345- Liberalità del "Principe
Mattia! col povero Novelliceli' Ope-
re fatte dal Novelli per le Nozze del
SerenifimoGranduca Cafimo IIL 345.
Interrogazione fatta da un ignorante
Signore foprimendente aUa spedizio-
ne di dd. opere 347. Morte inefpet*
tata del Novelli 3 48 Ritrooè il m*
do di fare le terre cotte aff ufanza
di quelli della Robbia » e qttalfiaque-
So modo 348. Fu Ingegnere , e fa
adoperato in far macchine per coni'
medie e altro 349. Fabbricava he-
niffimo i Canmccbiali 9 e fu cbiemeto
con anagramnta un altro Galileo 349.
Concorre nella fattura di fuegli oc^
cbìali col gran Mattematico Torri^
celli , e lazzi fogniti a queSo conto
349.
Abate Antan Maria Sèlvint Lettereto
in/Igne ^$6.
Anton Maria VaJfaUo 53 5 •
Antonio Thavit detto Antonio da SeSfi
53<J.
Arcangiolo GabbrieUo da Gubbio (^14.
Fra Arfenio Mafcagni pittore efua vi*
taj9. Fu difcepolo M Jacopo Ugoz^
zi 79' Si vefiì Religio/o deir Ordine
de' Servi in Monte Senario Zou Pefit
alla vita comune del Convento deUo
Santi fima Nunziata di Firenze 80.
Alimenta con ìfuoi guadagni i pro^
prj nipoti mi fer abili 80. Sue opere
in Pirenze 80 Stte opere in Vdter--
ra %Oi E" chiamato a Roma a far
molte opere %^. E^cbiamato dal Pria*
cipe di Salisburg dove dipinfe pia co^
fé il. Si trattiene in Firenze a ca-
gione del mal contagio %i. Marce del
medefimo 9i.
Artù Cbellini 3 78-
AfiafioFomebuane pittore^. Fu S-
fcepolo
fcfp9h del Péfffignéno Ù. Dipinfe
in Firenze in San Giovannino de* Pa-
* dri Gefuiii 86. Si portò a Rema e
ifipinfi m^to per divarfi Zt . Dipin^
fé in Firenze in più Inegbi perfer^
vizio de* Sereniffimi Tt incipit e al-
erove per particolari 88.
Jifiùlfo Petrazzi piuore 85. Stette alla
fitèàia di tre pittori » e in parficùia*
re del CaVé Franctfca Vanni 8 5 • Sue
apere in dìverfi luoghi 85. Operò in
Roma 85. Fu molto caritativo imter»
fo i giovani poveri applicati aUa pit^
tura 85. Ajutò molto a Jacopo Cor-
tefi^ detto il Borgognone 85* Sua
• morte 86.
Awtnzino da Gubbio pit torà 614.
}àiàm^
mm
^m
i^W
I «t.
B
^
, -
BAccio^del Bianco pitterà a ingegne-
re^ l II* Va a Praga 3 1 1 • Aove-
nimemi ftrani fegui tigli 312.^313.
Serve il General Valdefiain con gtan
timore della fua crudeltà i 1 2.^ Atti
di crudeltà del Valdefiain 312, 'Vi^
ta del medcfimo Baccio ferina •da
luimedejimoii^ S' impiega in le*
var piante e far fortificazioni 315.
Avvenimenti firani feguiti aVaccio
3 ; 6. Discepoli ir Baccio 319. Ope^
re fatte in diverfe e afe di Firenze
3 2p. Valfe molto in invenzioni di
macchine 1 fcenCf e altre curiofe in-
venzioni 319. FufingAare neUe ca-
ricature de^ volti altrui 320.. Fu So*
pr intendente alla famofa commedia
fatta in Firenze per le nozze del
Granduca Ferdinando IL 321* Fu
Hfcepoh del Galileo 312. Thafiulli
invmtti ^ Baccio 9 f^irnbm dd
i
Frames 324. Fu ingegnere fteUu
guerra Papalina in Tbjtana^ 325; . Fu
ingegnere maggiore deU^ Vfite&^'^d^
Fiumi I detto della TarteXlue^ 726^
e.ìif. Fu Lettore di Vrofpettivu
nell'Accademia del Difegno in Fi^
renze 327. Si licenzia da detta Ac^
cademia^edìfofiituito Vincenùo Vi-
viani 3x7. È^ chiamato a mandato
in ifpagna J27. Sì ferma a Genovét
dove fu regalato nobilmente 3x7-
Moda che ufèoa ptr minchionare la
femplicitàdi chi non credeva che le
macchine propofie da Baccio potejfiro
riufcire 328. Mofira lefue macchi-
' ne al Re 9 a jue riporta pel primo re-
galo unatadda di mille pezze da otto
\ reali 329. Eftingue con grande ap-
pkufo il grande incendio del Palaz-
zo Manie 329. Riporta dal Re, fat-
ta la Commedia » altri ducati miUe
. in taht^ oro 3 29. Invenzione prati-
4aaéB di, 9^fu^ poiT rifiuottre la p'ov^
• ' vifione in Madrid ^ che non gli era
' pugata"^is:i. Anfefmitò e mòrte di
. Baccio/iip, .S^aliiè e mòrte del
figlittolo di "Baccio 331/''
Bagni di Ponfacco con cui guarì ma-
ravigUifumente il Ideili 345*
Saldaffir Cerkier 1 97. ^
Bald^arrc Francejchini , ditto il Vol^
terrano 381. Sua nafcitu e parenti
381. Suo padre fcult ore in pie tra 382.
Venuta fua a Firenze 3 83 . Studiò
apprefio Matteo RoffiVi 383. Opere
fatte ne Ila fua giovanezza 3 83 • An-
dò con Giovanni da San Giovanni 9 e
dipin/è con ej/i lui alcune co fé 3 84.
i?^ licenziato con collera da Gìo^ da
San Giovanni^ eincbe modos^. E^
chiamato alla patria per dipignere a
frefco una parte della Loggia 384.
Defcrizione delta detta pittura 3 85 •
Tarla piacevole fatta da Balda far re
al Gobbo Trafedi aUa Petra ja 388.
Miotti fitttnre fatf e peir diverfi 391-
Pittu-
<53«
VttWfé éjtifc^, ^ ZU$ w$pn(hpra
ilcÉtr^ S fuoco nfUa Cappclki dtgli
QtUndini i^x. Vqìu mia Cabila
de^Grazzi beUiJfùaa dipinta da ditto
392. Va ed opermn nella Vì^ di
CaSeìlo mandato dal Principe Don
Lorenzo 191. Fn fcmprt owtSiffimo
il /ito pennello 9 e ctò^be feee per
eooneSnre nna femmina » che trop-
po nnda ette a fare 193 . Va in Lom-
bardia # Snmare a fpefe del desto
Principe Don Lorenzo 393- Lt^iò
in Venezia aktme fue opere ^ e per
ogni luogo fu molto Morato 394. 1
Torna a Firenze e fa pia opere 9 e
finifce lefinriede^Petrofa confom-
ma lode e appUnfo di tMti 39^ Di-
pigne la Cupole tea della Cappaih^ di
Santa lucia del Còlkredà.neHa Stin-
tiffima Nunziata \9^^ Laztafegui-
to a Baldafiarre nei dipignerela detta
cupoletta 494. Dipigne mohorper i I
Con» iella Gberard^fèa^^/^ Dipi- I
gne per cafa Guadagni 393. Riior»
na m Lombardia /. e poi a Rama a
fpefe del Marche fé Filippo Niccolini ,
per dipignere aifno ^rifonalf Cupo*
la della fua Cappella in Soma Cro^
ce 196. Dipigne a Roma in roda il
{Mmcbefe del Bufalo un b^mfimo
fono in fu tfprimendavi un* Aurora
accompagnata da molte altre figure
ìq6. Dipmfe una Flòra fu la fiefo
Bile in Firenze pel %Marebefi Vieri
Guadagni nel fuo palazzo 'Ì96. Atet-^
te mano alla Cupola di detta Cap-
polla di Santa Croce » e la termina
maravigliofamente f e defcrizione
della medefima -i 96. Fece molttjfimì
quadri per Signori grandi ^ e po' Se»
reniffimi di Cafa Medici una beOa
flanza afrefco 397. Dìpinfe nella
lutila del Poggio Imperiale t imma»
gine di Santa Maria Maddalena Pe- -.
nitente a tempera 398. Dipigne e\
étrcbi tetta la Galleria de' Qìraldi di I
fotuinfk^facwdadipdgntrailre^
Jlante dalPWiwlU e da Pier CMaria
Saldif e fece altri difegni 399. Va
colf Arciduca d' Anfiria per la lam-
bar dia 399* Burla del Piovano Ar-
lotto rapprefemate dal Vokarram
in pia quadri ^9' Squadro faito pel
Re di Francia Luigi XlHt di w-
gbiffima invenzione 398. Diahgo
filiti tra un kMc^Rco di Corte e il
Voltarrapo 400. Opera ntolfopel Cor-
dM Leopoldo de' Medici 401 . Fa il
fuo proprio ritratto per la Galleria
de' Ritratti de' pittori 40 1 . . Quéktro
beUiJftmoper lafoffitta della Samifi-
ma Nunziata 402. Ahfi maltifim
quadri fatti per diverfi 403 . Capo-
la della Santiffima Nunziata data é
dipignere al Volterrano 405. Canti
futi àa§f'^U pittura didoitaXit^ola .e
loro difficolta e defcrizione 40S. De-
fcrizione del CaSello fatto fopra ii
palco per girarfiattorno 4^ . Muo*
re BiagioVefiri inventore del palco
e caBello 407. Defcrizione di ietta
pittura 409. Fu forprefo^ d0 acci*
dense d' Apapkffia 410. . Perdette
tutto Pufo della lingua , recandogli
falò libfro ^ufo S recitate e. pn^e-
rire /a Salve Rfgina 41Q. Riforfe
da iktto wtalore^a ricominciìha la»o*
rare 410. Fu vifitato nella prtprie
<afa da? SerenilJimi Principi e Pria-
cipeffe 41 1. Fu di nuovo forprefo
dalt Apopkffia 41 a . "Defidarh fem-
fre avanti di morire d'avere i Santi
Sacramenti 41 2. Cran conforto gli
dava lofcrittore delle prejimi noti^
^* fùo grmtdiifimo amicoi com le
/ite parole , a €ome 411. Sempre
meli' ultimo fuo mède proferì Jaeula^
tjorie al Signore t alla fua Santiffimt
Madre 4 1 i . Muora fantamente to-
me fempre vijfe 4I3. Fa il Valter-
rfno pio > prudente ^ arguta e faceto
4XK Mo$fa dato da efi aduna
retrice
rtirke^tZ. Di/cep^/i dei Vèiter^
r4M4t4. Fu mgdeftiffmo nei vivC'^
re e nel dipignere 414.
SartQlammeù Fontebmni della Campa*
gnia di Gesà 96. Fu difiepoh nello
Jfpifho i Ipolitù Galàntini f donde ne
ricavò la vocazione di farfi Gefuita
88. Fu fpedito dalla Compagnia perì
Mijfionario . all' Indie Orientali 88. 1
-Vipinfe mollo nelle dette Indie 88% |
Lettera del Jnede/ktio a Gio. Baldi-
nucci padre del noSro autore , e uo-
mo di ottima vita 89. Ricordo di
Gio. Baldinucci intorno alla vit^ e
morte di detto ?. Bartolommeo 90.
Bartokmmeo Sahì^rini pittore e al-
lievo del Bilivert 74,
bartolommeo del Rofa tuono fcolare di
Salvator Rofa $91.
Saffirìlievi di homo dei ricetto della
Sugrefiia di San Marco % e loro arte-
fice 354.
Safiiano Biantbi Cuftode dèlia QaUe-
ria Serenila 75. Altro Bacia-
no letterato » e celebre Antiqua-^
rio 7d.
Battaglia di Cojlantino dipinta in San
Giovanni Laterano in Roma 1 29.
Bernardo Vuontalenti » detto delle Gi^
r andate » infignt architetto 94.
Vernar dù Strozzi pittore genavefe 1 5 7-
Difcepolo di Pietro Serri 157. Di
anni 1 7. f ecefi Cappuccino 157- Ufcì
dalla Religione a cagione della po-
vertà della madre 157* Opera mal'-
to in Genova 158. Per morte della
madre vien ricèiamato alla Religio^
ne da' Cappuccini 158. Vien fatto
prigione ad infianza de^ Cappuccini
158. Pasifce più me fi Una ftret-
ta prigionia 158. Per lièerarfi dà
mano aOe finzioni» le quali non poco
giovarono al fuo intento iSÒ, Muo-
re in Venezia 158.
yUmvn Bernardo pittare ^ Vedi i*^
639
Biagio Vtfiri legnajolo inventore del
ponte per ^pignere la Cupola della
Santìffimu Nunziata 407.
Il Borgognone. Vedi £>• Jacopo Cor^
tefi^iy.
Buonaventura di Piero pittore 37^«
mm
C
" K^Alairefe pittore 633.
Cam^nile di S. Jacopo fopr' Arno 1 07.
Capaccio 9 foprannome di un tal pitto-
re fem^ice ed ignorante i^i. "Bur-
k fatte a Capaccio 141. Lazzi fa^
ceti e belli fegui ti a detto Capaccio
144*
Cappella dì S. Ivo nella Santijfiuta ììun-
ziata 95*
Cappella grande di San Pier Maggiore
4fr Ximenes 96.
Cappella de* Salviati in Santa Croce 97.
Il Cappuccin Genavefe. Vedi Gio. Car^^
Ione 303.
QM^Xarh RidolfizSg.
Carlo da Savoja 3 77.
Cav. Carlo Rainaldi architetta 487.
tMoltifuoi antenati furono e pi i tori
e arcbitetti vahrofi /ifi% . Furono im^
piegati negli aggiuBamenti tra il Pa-
pa e ^Granduca di Tofcana per cau-
, fa delle Chiane d^ Arezzo 4^^. Fu
impiegato da Papa Innocenzio X. in
più fabbriche 489 Fece pia modelli
per P Atrio di San Pietro 9 e pel ri-^
farcimento 9 che fi pretendeva fare
della Facciata e Campanile > e in al-
tre molte co fé da innocenzio X. e da
Aleffandro vlL 490. Campidoglio e
Cbtefa di Santa Maria terminata e
abbellita dal Rainaldi 491 . Chicfe
e Tempi fatti da lui 491. Si dilettò
di muftca e fuonò perfettamente PAr-
pe dap^a a h Ltra ^9^^ Fu moka
impie^
6^Q
imfiegatópetJerviziódiCéf/o Emd-
- mei Duca di Savoja > e fece un nobil
modello per lo palazzo del Lovre pel
Re di Francia , e fu regalato di un 1
beUiffimo ritratto del Re ornato di no- 1
Ulij^mi diamanti , e fatto Cavatiere I
492. Regalò la Compagnia delle Sti^
mate di Roma, di cui era fratello ,
di un riccbiffimo Ofienforio ornato di
belliffimi diamanti 492.
Carlo Dolci pittore 493 . Introduzio-
ne alla di fui vita 494. Re/fà fenza
padre 9 e in tajfa fortuna f di età di
fuattr^anni 495. fu devoto t e co^»
manicò lafua devoTuone ad altri fan-
ciulli della f uà età 495. Va f otto la
fcuola di Jacopo Vignali 495. Njn
aveva compiti undici anni^ che ben
dipigneva , ed erano le fue opere ri-
cercate $66. Cbiamavafi per vezzo^
e per lafua piccolezza col nome di
Carlino 49(5. Fece molti ritratti e
quadri per Principi e altri Signori
4P<J. 7 fuoi quadri crehhero fempre 1
di pretto 497. fece nella f uà prima I
gioventù quattro ottangoli co* quàt- \
tro Vangeli fti per cinque feudi tuno ,
e fubìto furono rivenduti per feudi
. centoventi 4.^7. fece fui bel princi^
pio forte proponimento di non dipi-
gnere in vi taf uà che cofe facre 497.
Intenzione fama ^ che fempre ebbe
nelfuo dipignerct e mai nella fetth
vmna Santa non volle dipignere ,
che cofe appartenenti alla Paffione del
Signore 497. Madonna fatta per Gio.
Frane e fio Gr azzini ^ che die de gli
grandiffima fama 497. la/eia il Vi-
gnali , e torna a dipignere in cafa
propria 497. Z' effigie della detta
Vergine ricavò al naturale daOa Ma*
ria Maddaleiia forella dell* Autore ,
cb* era in età di dodici anni 497,
Ogni giorno veniva a cafa f Autore
fopraddetto per darli i precetti del
ien difegnare 497. BcUiffimafno
quadro fatto per Piero Strozzi tap-'
prefintante San Paolo primo Eremi-^
ta 497. fMolti quadri fatti per di-
verfi, e per f autore /òpraddetio 40&
fece un gran quadro , col concetto
epenfiero del Cigoli % maravigliofo ^
pel prezzo di \6o. feudi ^ e fuétto ne
fu oferto feudi mille àugenaOf che
poi fu venduto per firviztodtLeopol"
do Imperatore 498 Copta maravi^
gliofUf che ebbe a fare per Vienna t
4eUa' ^u immagine della Santiffima
Nunziata di Firenze ^ e quanto tem»
pò ' vi mette fé a terminarla 499.
J^uefio quadro non andò però a Vien-
na, ma in l^oUoniaf e come aniò il
fatto ^^g. Stòrie in piccolo fatte per
diverjtt belliffime* che una pel Mor^
che fé Carlo Cerini 499. Quadri /«!•
ti per t autóre di tana perfezione%
e fra gli dhri una Pace ritraiio dì
Cajerina degli Scolarifua maglie 500.
Squadri fatti petxMarcbefe Mattiti
Bartolommei soò'. Prende moglie soi.
fu co fa curiofa e efemplare il vede*
re Carlino ve fitto » e complimentare
da fpofo 501. Lazzo feguito la maf
t ina dell'anello 502. Prima volta che
dipinja a frefco 502. Quadri fatti
per l'Imperatore 502. figura di ".
Antonio per Carlo di Raffaello Corfi^
ni gol. Altre molte opere fue per
diverfi $01. Quadri fatti per la Ca-
fa Ser eterna 503 . fece pia origi^
nuli della ffeffa invenzione 502. fa
due beinomi ritratti 503. fu mau^
dato in Sprucb perfora il ritratto del-
la figliuola dell' Amduca Carla ìTAm-
ftria , e come feguì 503 ^^ afialito
alfuo ritorno da um malinconia fir a-
ordinaria e fuoi e f etti 504, Vaetto-
re amicijfhiofuofecefeinpre quanto
potè per diftorlo da tah fiffazi4mef e
molto gli giovò 504. Modo che tenne
4LBatdinucci per farlo ritornare in^
fé, a farlo lavorare 505 fa dipoi
molte
1
molte sltre opere $0$, Prert^ative
parikoiari deif opere di Corto $06.
Desto di Matteo RoffeUi » lode di
Carlino $06. Stima fempre avuta
ieT opere diCarlo^fuptrior e a quel-
le i* ogm graudijflmo pittore $06.
Giordano 9 pittor rinomato f .vede il
ritratto é^Car lino neUa ReatSaUeria
de^ Pittori, e loda molto. Carlino
vWta Giordana i e al primo incamro
gli bacia la mano 507. Giordana vi*
fita Carlina f t molto fi eampiaee del-
iafua rara maniera » e poi qua fi per
celia gU dice cofacbefit P ultima fua
rovina $07. J^uadro detta Vifitazio-
ne de^Magi » ultima opera di Carlino ,
lo termina e la manda a Palazzo, e
Ju.dieSrema/òdisfaziane $07. Re-
Ba cmfufo alte parole della Sereniffi-
.ma Vittoria p CK gli mofita un qua-
dro di Giordana fatto in pochi gior-
mi, e diviene fiolida e fuori di fé f 07.
A forza t ubbidienza i induce a dt-
pigmre SJQj. Suéi^^trmitd e mor-
te 5o7« Sua fepoliura netta Cbiefa
detta Santifima Nunziata . Lafda un
foto mafcbìo e Jette femmine tra ac-
comodate e fanciulle 508. Tavole
lafciate, e non finite So9. Difcepo^
fuefono fparfe per tutte le Gallerie
e Gabinetti di Re , Principi e Imae^x
ratori 509. Fece molte tavole riaat-
te alla fua perfetta, manietfa fapra
bozzi dr altri eccellenti maefiri $ va-^
lenàofi in ciò della pura invenziani
5op: Da alcuni fu detta note aver
perfetto difegno il Dolci , ma non fi
approva daW autore Sog. VirtH cri-
Siane di Carlino $10.
Casetta di Malmontile r e altre memO"
rie al mede fimo attenenti 4f cn
Cmfa della famèglia dall' AntéUaftfliu
piazza ai Santa Croce 9. . '
Ca/a di Gìovambatifi0 SfroMi di Sath. I Silvani 53 1 .
ta7rlnit»99* • :• I
Ss
641
Cafa de* Capponi iH via Larga ^^
Cafa de' Caftetti, oggi de' Marat etti di
via San Gallo xoo.
Cafa e Giardino delMarcbeJe Riccar^
di in Gualfonda i o i .
Cafino da San Marco 9%.
Ce far e Dandini pittar Fiorentino 2 1 o«
Difcepolo del Cavaliere Curr a di no.
Laf ciato ilCurradi va nella /cuoia di
Crifiofano Moti 1.1 1. Lancia Cri-^
fiofano,evacolPaJl(gkano%ì2. Am-
mazza uno, che gli fa malacreanza
213. Fece la tavola della Cappellina
tra la Sagrèfiia e la Zappetta di S. Fi^
lippa Benizzi, eontenen/'e un\Cri(h
morto netta Cbie/adeOa ^unziaia % 14.
£a moke tavole e quadri por Jivof fi
i X14. Morta jdi, Ce/ir e z 16. Fufem-^
pre nimico degli uotiùnifcorretti 1 1 7.
Fu fem^e dedito atta eompafione^e
.atta carità zi 7., • > -. ^
Ql^iariffimo df Antonia. ¥àneéttifiultoe$
e file, nozze JiC'x^ ; \t. ... .: .- ^
Qèi^adi^SanSimù»^0biMita-9j.,K
Cbiefa. de' Tèatipi^^San Mkbele agli
AntinoH 5>8.' . . : \ .*•:- : t
Cbiefa dtjSam Ciièfio in JUieerra , /^.
. briùùa dopo Mranatd(V altra' ^%7.
CbiéfaA^JOiìWar^ % fba dovevano fmfi
. pei.'PadriJk San ^H^. Nari, detta
Sàa^iKtttze^S^^ /^7;v\f.>
Cbfefa di CeHello 4f\PadriCi0ercienfi
fatta qmtfi del tutto eòn grandiffimà
^^fpffih,Mk netkjerv^mata^fu fatta
rovinare da^ fohdamenfl:.per fakhe
un^éfllrai'ioi:difign9yol .Germìiar^
ebitetto , t fu m<lphpoisin,i/éiuzio^
tte da Antonio Ferri, aftbitetto £iom
remino s 30. , ., .
Cbiefa di San ^arco refiaurata e ar^
nata, co» dtfegno, difPìer Franeefia
Silvani Sii. ' r
Cbiefa deXavuUfrJi di Pifd ingrandititi
e fattevi pia ^giunte di comodi dai
♦•t"
Ciiefa
.#
64^
Cbiefa Ìfi$w4 £ KtfjsM t pittura ielk
fua volta 548.
Ciiefa di San Michele Bertelli, detta
degli Miinerit e fuù architetti 98.
Chieja delh Soùienza di R^m§p archi-
tettura del Éorr omino 371:
Cbiefa di San Carlo alle quattro Fon-
tune, architettura dal Borr omino
37*-
Chie/a e Bafilica di San Ciouanni La-
cerano 9 architettura dei medejSmo
37*»
lìaecodaGamhafi. Vedi Gonnelli .
e/àudio Geilee Pittor Lorenefe 353-
Stette ne^ primi anni fitto iafcuolu
di un fio fratello intagliatore. Si
forte evéta Roma > ovejludia mal-
io nel ricavare SJegni 353. Va a
Hupoli fitto la fimoUt di Goffredo
pittor di paefi 353. Torna a ^0.
ma fitto AgofHn Taffi 353- Tema
sulla patria^ e- ritoma a Romu 354.
c4ttende alla pittura d'arcbitettu*
te 1S4. Fk eccellenie i& dipignere
\" grofpèttive é^ogni firte% e paefi e
marine 35<$. Fece molti fime opere
- 'per Jhetfi Principi • Pontefici e Car-
,\dinati\is6, lÀhr^ del mèdefim % in
\ cui ' copiava tutti i quadrDche fica-
ii\vi^ àpakch^ fsj.' Sua. marce Jn^^o/d
decrepita )SB. StfU' prarttm mi^ fir
• le prùfièttive isp.
Commedia npptantlitain Madrid' p«r le
fipericMaecItine fitte daBaUtadel
"t Bianco yi9< '
€ompagmà\ V OfphsSa di Smt Tomma*
- fi ìtjfqnin^di^Firenze 43 i.
Convemo delle Cronache di Santa Ma-
fia Maddalena de^ Pazzi in Pinti 88.
Convento tà Vahmhrofi adornato 103.
Convento^ e Clic fi deUa Pernia rcfiau-
rati 103.
Contagio del \ts6 #548.
Caro di Santo Spirito di Pireme ^4.
Cornelio di Paulemhourg 37JB.
Cornelio ^anifins 3 79*
Cornelio Blaemaert intagliatare in ri-
me d'Utrecht 138. Fu gran pnatt^
tare de' Cattolici tra gli Eretici di
fita patria 238, Umiltà grande di
Cornelio xi^. Studia e opera in Pa^
rigi tì9' Si parta a ^oma^ dove fi
moltij^ani intagli 239.
Cofimo ^ì^gni pittore, e allievo di Go^
vamhatifta Venni 210^
Offimo Lotti %o6^ Scherzi facci dd
Lotti di fita inventane ncBa grotta
de' Pitti 10$. E^ chiamato in Spagna
per ifigegnere$ deve fi cefi mniiìi
di macchine 308; Sue morte 310.
Aiace Bine p come fi faceffero n^ teo-
tri • avanti P arrivo del Lotti 328.
Cupola dèlia Cappella di Smeta Lucia
nella Cbiefa deUa Smuijfima Nun-
ziata 35Kf .
Cupola della Cappella di SiccoMni in
Santa Oaccij^.
Cupola dèlia Cbi^a deUa Pace finti di
Firenze Uto. ' ^
Cupola della CHefait Ognifanti 8.
mi^mm
D
D
JaìeSo Véifàetl ijfh
Tìiaiùel Segiars GefitiM fimr it fm
-t fruttt 41 s.
Dmiid Ttmtrr 375.
D<09ÌdB*Hy 379.
Dawd'Bycéteri, 9 SieeÉrd» 4^6.
David CmincU 6tì. 'Rkmfé più 'm-
I pieghi per tmdare a Romaózì. Sm
«pere fatte a Roma 614:
Dem di ?aU Vemufe moke pi» $33*
Diécima BrttkHpiuve 613.
Domemeo Hiihinéid^ni^Méttrt h /r-
gH»t Pi/imi<xt.
Domemct TtiàpefH Tmtmim 470- *
471»
Dmm-
^Sp
D^menicA fisfiUé ^3 7*
D^néulU lùdtto moUo dà Micheìéffio-
Ì9 > » rijarv§ éi •» fd numeumemo
rieMofriuto in ìms ^94$
«■1
E
ESerhart Keilbéu pittare 510.
uefamoi^ fato ia fimìa dì Rem-
èrma im c/imffardMm 511. La/dò
qu^ € entri in une mhile Actnde-
^ mia di Pisturs 511. 7)eiermnà di
fìenire in Italia^ ma il p^dre gH ne-
g0 il fm'lo 51 1 . Farti peri » e cm
lunga viaggia giunfe in Maganza >
dove feee una gran tavola 9 a di qui
in Venezia Su* Pece quivi molti
ritratti it alcuni Tedejcbi fuoi com-
menfaU 51 1 . K" àbiattuto da gran-
de infermità 511. Si iaftid etiamnrc
per name Bernardo ^ benché il fuo
nome fife Averardo^ fignificgto del
notne di fua patria 511. Ripiego che
trevo nel nafconiere un mancamento
naturale che aveva un Signore che
ritrajje in Bergama yit^ Fa il ri^
tratio della Regina di Soezia per
mezzo del Cardinal Pio 4rcivefcovo
di Ferrara 513. Come fi Jtoprijfe
Luterano di Religione Si}^ Lafcia
la Corte del Cardinale a va a Rama
513. Aijura e fifa Cattolico -, e co^
' me s^4. P^in Roma molta opere
' 5i4« Dipin/è mattiamo per fuori
51$. Cómpommenti éizzarri ne'/itoi
quadri StS> Morie del medefimo SII.
V autore trattò in Roma coneffiSiS*
• Sepoltura del medefimo Si6.
Errico Vander Borett Iti. .
lErafmo CbelUfio 378. ^
Mrajmo Softleven 3 79.
ercole Ferrata fi ultore <i<^. ^ìàMitl
' tu tmta t^\ Ercole neua fùè àdole-
Hi
fiemtép ma debole eamfdeffione fi6.
Prima maeSro (t Ercole nella fiul^
turUf emufiro iudifcretiffima e cru^
dele verfo ifuoifiolari $ \j. Stette
Ercole fotte queffo fets' anni e coma
517 lafcia il tnaeSro e fi porta a
napoli , dove fi affalita da granie
infermità 51 8. Termina onorevole
mente una ftatua abbozzata e titro^
vatajoito terra $1%^ Campa con pò-
cbiffimo a£ègnamentOf che ritraeva
ddfuoi jtuaj 5 1 8. Molte opere con^
duce con lode $\%. Inganno fCteJpurr
geva ttno fiarpeUino contro il Ferra^
ia 518. ra unaflattta per un mjtr^
. caute 9 per cui non fu remunerato, e
perdi 5:19. Immagine miracolo fa di
S. Automa di Padova ^ip. Defidera
andare a Roma • ma fu impedito da
akuni a/btti fiarpeVinif cbe voleva^
no valetfi della fua opera n 9. //
Bernina glt fi fire akune opere 5 ip.
Fe^ umlatnia con i^ffiepeii dell'Ai^
gardi f cbe gli fecero far più opere 5 19.
Fa poi molte altre grand" opere » e
quali yip. Morto f Algardi è cbia*
mato in ajuto dal Cav. Vernino aer
lefiatue della Cattedra 519. Ele-
fante di marmo di Tiazza Minerva
di mano del Ferrata f e molte opera
fatte in Roma 520. Statue della Ve^
nerina , della Trinità de" Monti con
dotte a Firenze per mezzo di Paola
Falconieri cbe ne ebbe fincumbenza^
f eaffate è reftaurate dai Ferrata in
Firente 512. ReUaura la betjfima
Veuere di Galleria filmata la fimo fa
di Belvedere $11. Si parte S Firen^
ze improvvifamente , e incontra F in--
dignazione del Granduca, e volendo
ritornare a fare la promefa refiuw
ratioÉe, queUa gli fife rtfpofio 523.
Feeb^ k Sartia ai Clemente X. 523,
Opere fatte /• etì di 70. ^nni 524.
Se trova la Sanza vota di lavori per
laftarfieè dcWoccafioni, e perduta la
Ss % grazia
644
grazia del Grandaea dì Tafianaper
foca convenienza f diede in ima te--
tra malineoniaf e in pochi giorni /e
ne morì 5 24. Sepoltura in San Carlo
al cor/o f 2 4. La/eia erede unfuo ni-
pote 5*4. Ifaoi Sudj e ntodeUi fu-
rono divi/i tra molti fiudiofi 524.
Divenne grande alle mani dell' AÌ^
gardi s 24 . Opere più fingo lari fatte
da Ercok 525. Modo adoperato da
ejfo per bene inventare , «/ che non
aveva gran difpofizione 515. Fu
dejiderofo troppo dei guadagno » pel
quale era fovente da geme vile in-
gannato con gran danno S^^. Fufuo
/colare tra gU altri un tal Melchior
Cala Màltefe^ eccellente 525.
Errico Berckmans pittore 4id.
Errore di mifure nelle fineUrr deWag-^
giunte aìie del Tulazzad^Pittè ri-
:' corretto 96. - ^
i»lllM>i
«—«»
I *
F
FAcciata del Duomo di Firettze co-
mefo^e anticamente lo^.
Facciata ael Palazzo de' Pitti minac-
- . (ia rovina 9 e da chi refiaurata 333.
JFeUce FicbereUi, detta Felice Riprfo,
s piifi0r Fiorentino ZI 9, Dipigne per
, . cafa Fedenti più quadri > ficcarne
. per e afa ChcUini molt* altri di mag-
gior gr^nde^,%\o. Fa moit'uUre
opere per diverfi fìttadhi e signari
tiqrentinì 221. Morte A Felice 221.
jP^//e> argùtf^, e devoto di Felice in
i' P^.Hf^di martelli., R^e§one mo-
. ralc dei' autora 2%2. PufemMe^de'
. :fu<À comodi,, e perciò jSiguatkgnk il
^ fopràmomejf T^ipafa.à^T^, ìfptKtc^
j neva alcun dijuoferviziq , ana^a-
1' vafimprefolo , e il luogo MfMvri-
\ p(fi era. un^armadi9^ .2,2»^ . DaftA di
^ C'^
Felice ff contrario ai un altro H fSSa^
vanni da San Giovanni 222» Sifer^
vf di un pennello ben grofio per me*
ftare uova 0 altra intingolo mangia^
tivo 222. Si cibava foto la fera » e
> all' offlaria fempre 2x2. Lazza fate^
da Antonio Ruggieri pittore t e uomo
di bel tempo t a Felice » per cavarli
una parola di bocca 223. Guftava
moltifjimo della converfazione et uo^
mini ameni e allégri » e ntaiproffe^
riva parola ZZI . Pufudiciffimo di
per fona e di cafa. 223-
Felice Damiani itAgubbio 614^ .
FeJla ètlla guerra d' Amore fiuta in
Firenze. 411.
Filippo Tommafini intagliatore in ra-
me 109, .
Filippo Uffembacb pittore di Francfort
22tf:-
Filippo Zaitìbertì:29t^ .
Filippo Carcani fiéUtre i Etcate Fer^
rata 525. *
Filippo BaUinucci Autore nien condor^
to daOa Regina di Svezia in fua gaì^
kria 61.
Flétminio Allegrm:^i^
Fonte di, PfatoUna reSaurate 307.
Franceffo di Giovanni Bianchi Cufiode
della Galleria Seréni fima 74. Fu
pittore efue opere 75»
Francefco^ Snyders pittore 120.
France/co^lauri pit ter Romano 199*
Franefco "Rufiici Senefe »POw
Francefio Turini e fua wta 25 8. Fi^
. lipp^ Turini fletta Pippa Sciarne-
^ rone^Paé'^^ di Francefco 258. Fu
d/Jcepolo di tre maefiri 259* Sue
. opere 259, e 163. 'Eraconfuetu Su-
. e diare^ fulmm^l^ : 4^M donne Z59.
É^cbififlf^to,4:J^^C9fiiBJf^^6^.. iJt'vora
nella faU^'iPiUKidkp* Giovanni da
San Giovanni j?gìcx .; Si^fa^ T^a^ ^
Curato in J^/^^w^^/Ht- ì^eniiafi^
\\Wi»P M>^m'l\^ff4{^4ipiVf^ra
^ dml
dal Farina iHu Eférciiò hne t ut*
èligo dclCur0t9t f» Umt^ìero eea^
riiàtivoU co* Popoiéni 2 6% . Piisare
• fo$$e in ^MugiUo x6%. Si MommM
della fué Cura pia mtfideWanm 26 3 .
. Mone del Parino i6s. Comcri/pon-
. deffe a chi lo correggeva nel tenere
al naturale fimpf e fanciiiUex66. Si*
militudine data dalt Autore ùer re*
plica aia fepraddetta rifpofta z66.
AUievi del turino 266.
Fr ance fio di Quèfiioy e fua vita 283.
Va a Roma 284» Sue ooere 2 84. Per-
figuitato da un fuo fratello , che poi
> lo awelinò 285. Mortr di Fraute-'
fio in Livorno 285. Morte del fra-
tello ftatricida in Gante per mano
della Giufiizia ahbruciaio 285*
Francefco Zugni 294.
CzY.Franc^co ^orromino fiuUore e
arcbitettOfdifiepolo del Bettino 370.
Rifiuote ttn credito di fuo padre di
foppiattOf efimza dir^mUro va 0: Ro-
ma 3 70^ Rifolve lafciare il lavorare
di pietra ^ e va con Carlo ^Moderno
architetto 3 71 . ^Urto il Moda-nò
va dal 'Semino 371. Fa contro con
violenTUt al Semino prefinte negli
affari della facciata di San dietro
. con biafimo univerfole 371. E^ ar-
chi tetto di più e tic fi e palazzi in
Roma. Vedi Céiefi i 7%. E^ fatto
Cavaliere da Urtano Vili e retmtne-
rato generofimente 372. fece ima-
- gli^T^ in rame dal Barriera un lìkro
di difegni di fabbriche, fitti, da tjjv
3 73- E^forprefo da una malinconia
. foriiifimai la quale finalmente lo con-
dtifje a morte 373. Si ammazzò da
fé con una fpada^ , e per qual cagio^
ne 374. Pcc€ però te/lamento , nel
quale la filò ad un fuo fervi t or e > che
.. per ubbidire a' medici nonvoH^farT
gli ciò che chiedeva % fi. 500. a%^^
Non volle mai fare alcun difigUo a
concórren^zfl d'altri artefici 3,74.
645
Francefco ì^wurs 3 7*.
Francefco Bofcbi 42 8. In fua fonditi^
Uzza fu fempre e per la pietà e per
la modella grande efemplare 430.
Colorì meglio et Alfonfi fuo fratello
430. Face molti qaadri per diverfe
perfine 43 o. A frefco molti ritratti
detta Religione Francefcana nel Còlo*
firo d Ognifantij^i o. In Cbiefa fece
altre cofe 430. Pece la tavola della
Cappella 9 dove fi confirtano i con^
dannati p nel palazzo del Vergàio
431. Tutte le immagini fante di
mano di Francefco fpirano una de^
vozione particolare 4^2. Si dilettò
di miniare 432. Detto di gran pie^
tà di Francefco 43 3 # *Sifa Sacerda-
te I non volendo aecafirfi ^i'i . E\
fatto faperiore dèlio Compagnia di
San Tommafo d' Aquino 434. Era
ripieno d Amor di Dio 434. ^ Fu
fempre conformiffimo alla volontà del
\Signore 4Ì4^ Defiderò fimpr e fonor
di Dio f e mai alcuna cofa mondana »
e fempre defidetava travagli > . e ciò
che a queflo propofito diceva 434.
Meditazioni fpiritttali di Francefco
435. e 43^. Godeva in tutt* i tempi
la prefinza d Iddio 43 6 • Devozione
della buona morte non lafciata mai
436. Deliri. grandi e fanti della fua
agonia t e quello dice ffe ^'^ 7. Grandi
eferciz], ai cariti verfa il proffimo
43 8. Stava giorni e notti intere net^
le carceri del Bargello \ confortando »
conf effondo » ed iSruendo i poveri
prigioni f dà* quali più volte ricevi
minacce » ingiurie e penojfe 1 e que^
Sa fu la princìpal caufa di fua mor^
/f 439. ^444* Strapazzo ricevuto
da un gentiluomo che egli con effe •
e che poco dopo finì di vivere ^^y.
\ Rifpoffa del Bpfibi à detto gentiluo-
ino piena d^ umiltà e Jantità 43 9.
Modo femptke di chiedere limofine
ad. altri , per fovvenire /* aljj'ui ne-
Ss 3 cejfità
^4^
itjjità 439. Dna tiatù il fmo per
limo/ina , e come da un cor ceraio f of-
fe fi aio confalfiiàiradìioj^y^. Sitan-
do non aveva danaro dava di mano a*
tetti » aferrajoH » a camice » e a inno
ciò che aveva per darti a* poveri, ri-
ducendo/i in efirema mijeria , e Jl
trovò più volte a cavarp i proprj cal-
zoni nella Srada per coprire taluno
ignuda 440. Altri atti di carità ,
che faceva nella Congregazione 440.
Purità e modejiia nel parlare 440.
Rimedio ufato da Erancefco nelle ten-
tazioni impure 44 1 . Umiltà di Fran-
cefco in tutte le cofe 441 . E^ cbia^
maio a far Sertboni in Compagnie e
altri luoghi , e facevagli con Jomma
femplicità 441. Non parlava tnai di
fé Beffo 9 né in tene né in male 441.
Ri f pò fi a data da lui a una Monaca
fuu penitente » cbe gli fece un inter-
rogazione imprudente 441. Nelle
repulfè > cbe bene fpè fio aveva da gen-
te indi/creta f come fi portaffe di^^,
Manfiie t Udine di Erancefco ^^* Era
pietofo fino colle zanzare , e difcorfo
fitto fra V autore H quefie notizie »
e deito Franeefco , a queffo propofi-
to 442. DeW orazione folita far fi da
Erancefco 443. Si confefiava ogni
mattiua 443 . Colloquj , cbe era fo-
li to fare nelle Comunioni » efficactffi-
mi 443 « Sta tutte le notti in Cbie-
fa a orare ^ e facendofi lunga difci^
flina^'}. Cintura di ferro con pun-
te » cbe portava futta propria carne
444. Di Se fempre l' Vfizio inginoc -
cbioni 444. Eu fempre moleBato da^
parenti mendici 444/ Sincerità e
lealtà di Erancefco 444. Non difie
mai bugie 444. Fatto fegutto neU
r efame cbe gli fu fatta pel paffìtg'
gto al Sacerdozio 445. Cafi feguiti
a Erancefco in conventi di Monache »
à cui affiSeva per Confe/foro 445.
E fendo in fine cbiama il nofiro au-
tore Filippo Batdìnu^ijka canfiUn*
eiffimo antico e coi^Uof^^ e éfudh
gli di fé • e rifpofia del detto Filippo
449. U£ \6. Gennajo lójS' *w*
rf449. Sua fepaliura ^S^^
Erancefco Lombardo fcuùof e nmore in
etàgiovtnile pel troppa oMrm*t 5%$.
Erancefco Merano adatta il Poggio 532.
Erancefco Capar 0 5 3 8 •
Erancefco Allegrini piuore 614. Et
Jcolare del Cav. Giufeppe éf Arpino
614. Sue opere 614.
Erancefco Spierre pittore 6z$. E" fko-
lare di Erancefco PuyUi in Parigi 6z6.
Lafcia il Puylli e va a Roma fotf
la fcuola di^Tietro da Cartona 6i6.
huagtia moke pitture di Pietro e di
altri valerti ttomini 6x6. Intaglia
molto pel Bernina 6% 6. Intaglio bel^
Sffimo dove fi rapprefentano i Sovra*
ni di cafa Medici 617. Altro inta-
glio per ^aoi Franeefco Falconieri
6%T. Ritratto di f eniinanda I (.
Granduca di Tofcana nel libro deU
P EJ^ienze del Cimento éz'i. Ri-
tratti di molti grand' uomini ima*
gitati dallo Spierre 628. Defcrizio*
ne de* rami dei Breviario della Vati*
cana Bafilica dato alla luce dal Car-
tonai Nerli 6^0. Determina di U-
fciar f intaglio , e por tot fi a Vene -
zia per attendere aOa pittura 632.
Fu mediocre nella piuma 632. Tor*
na a Roma e poi fi parte per andare
a Lione in Francia ^ e in Marfiliafi
muore 632.
i«Mi
mm
G
GAUtfìM dei Paitzx» Mazzérrimé
AUmtcàwilh , e /kt pitture axp.
Gajharg ClesyeF pittore ^Anverfé \vi,
Gajù»r» Oitiftet finore.4fì..
Gaffi-
Gafparo de Vit 377.
Gherardo Segkrs 3 78*
Qb€r§rdo Silvani /editare e Archi wn
93. Defidera di ftàre fìtto hfcmla
di Gh. Bologna % ma gli viene im-
pedito per invidia da Pietro Tatca
92. S* accomoda fìtto la fittola di
Gio. Caccini 92. ùfvora molto ali
Coro di Santa Spirito d^ ordine del
Caccini 94. Si parte dal Caccini e
fi ritira netta propria cafì 95 « Si
forta a Roma > dove fi mette aUófl^*
dìo deO^ architettura 95 • Modello
dell' accrefaimento del Palazzo de*
Pitti fatto da Gherardo a concorrine
* TUt di qtteUo di Giulio Parigi 96. E
cacciaio detta cafì che Ohitava t dal
padrone di effkf con fììnmo fua difì-
' fi^i 97* Compra il céppo delle cafì
detta piazza dette pattottote dirim-
petto a Santa Maria in Campa e pia
Buja^j. PrenOe per moglie Gofian-
za Solvetti > che ai lei ehbe fuattor-
dici figli noli 97. Vien chiamato a Vol^
' terra f ed ivi fa pia opere 9^* Va a
Piftoja I ed ivi re Sauro e accreèhe il
Palatzo detta Sapienza pT. Ternato
a Firenze^ fa e r eS àura più fahiri-
che^i. Cbiefì di San Michela degli
Aminori fatta da Gherardo 98. É"
dichiarato Architetto dett* Opera del-
la Cottedrale idi. Refiaura detta
Cattedrale 9 e la difende da un gtan
difìrdine j 01 . Fa il modettó della
Cattedrale loz Ville e Palazzi f ab-
hricati e tefiaurati da Gherardo 106.
Infirmi tìt ultima di Gberar^ i oS. Si
elegge per fuo ajuto nelfìlirlefia*
le della cupola e campanile » efiendo
di età di 93* anni^ un compagno mu-
ratore di età di cento anni in circa
^ ic8. Muore di anni ^. dando fìgnì
di grand* uomo dabene \o%.
Gigante del giardino dèi Vtdo^, è
• ne opere heìlifflme 544*
^47
Gio.AadreaAn/ifdoìsà.
Gio. Andrea de* Ferrari syZ.
Gio. Baldinucci padri dett* anfore 89.
Gio. BatiSa Vajar4o pittore Qenovtfi
Sii'
Gio. BatiBa grifone to;.
Gio. Batifia Capellino pittor Oenov^e
i<Si. fu allevate dal Paggi t6\. Ft$
firavagantiffimo nel fuggire ogUifir^
ta di .fìirdidezza neUa propria perfì-^
na 9 e fudiciffimo nella propria carne»
ratói.
Gio. BatiSa Faggini Scultore ^52.
Già, BatiSa Foggini ajuta Ercole fer-*
rata a rejhurare le ffatue di Galleria
5 2 3 > StaM fìtto d. Ercole tre anni
5»7-
Gio. Batì0a Mahters 533.
Gio. Bati0a Monti Sii*
Già, BatiSa Scorza Genovefì miniato^
re 155*
Fra Gio. BatiSa Stafanefcbi miniatore
1 61 . Studiò fìmpre colla direzione
di Andrea Cominodi 1 54. Lefue mi *
mature più eccellenti fono nella Real
Galleria de* Sereni fimi di Tofiana
16 S* Ritratto di fi med^ fimo fatto
difua mano nella Galleria me de firn a
1 66. Fece anche del f opere non poche
a pitèióS^ Aiiendaìo a Venezia rivi
morir e fu fepoko nella Chic fa de'
Serviti di détta città i66.
Gi&. BatiSa Vanni pittore Fiorentino
' 20Ì.' Fu giovane fcherzofo e éur/o^
ne losi Burle fatte dal medefimo al
proprio ^mdefiro 203. Sta da ragaz*
zo con Jacopo da Empoli 202 . Si para-
te da d Jacopo f e va ne Ila f cuoia di
Crifiofdno Allori to^ Studia archi-
tettura fìtto Giulio Varigt lo/^. Si
portò a Roma, dove operò molto 204.
Copia fatta da Gio Vatifta di unqua-^
dro di Tiziano rinomata 204. Va a
Farina , e fiudia le opere del Corego *
gio \ è alcune le copta 205. Va a Ve^
• nezia-^ e fiudia le opere più hetle 206.
S s 4 D/pigne
64S
Dipigne nel cbiùfirò di Sàw Marco di
Firenze a 07. Dipigne in Pifioja 208.
Oione diGie. Satifia 208. Gio. Va^
tifia noma roiufiiffimo 209. Fu /olito
in tempo d' efiate di (lare lofpauo di
24. ore continove nel f acqua S arno
* ^ Jtn%à alcun nocumento 2 09. Sluali-
* jà onorate e civili di Gio. Batifla
a 09.
Gio. BatiHa Vander^beckc 377.
Gh. Battila Van-heil ìtj.
Ciò. Batiffa Van-deynun pittore 4i<$*
Gio. Benedetto Cafttglione 534.
Giò. Bilivert 68. Smi natali 6^. Sua
pròpria profej^one 63. Sta fitto la
f cuoia del Cigoli 68* Si porta col Ci-
goli a Roma, dove dipinje pia cofe 69.
Termina piiè opere lafciate iùtper»
fette dal Cigoli 69. E impiegato in
Galleria 70, La/eia la Galleria 70,
Fa molte opere in firvizia de* SarC'-
niffimi Principi e altri 71, . Infer-
mità e mone del "Bilivert 73* Di-
pinfe fempre fenza bacchetta > e con
un filo oeeòiate 74* Fu fimpre affli /*
to da pia infermità 74. Allievi del
bilivert 74.
Ciò. Bpt 375L.
Gio. Bylort 378.
Gio^ Gattoni difiepo/o . del Cammafieo
232* Fu giovane modefiiffipto 2 32 •
Ciò. Carlone /cultore loi.
Cro^ Coccapani ^cbitetto % ^liattema-
ticn e Legifia Fiorentino 123. £m
naf e ita izy. Fu figliuolo del famofo
Regolo Franco Coccapani ix$. Atten-
de agii fiudj di mot tematica e archi-
tettura, ufi mette a leggere l" ttna
€ H altra pt^b Ut amente 125. Suoi
fiolari 12^5. Regalo fattoli da gran
perfonaggio nel partir della f uà /cuo-
ia 1 26. Ha l' incumbenza di ornare
il T>alazzo del Poggio Imperiale a
concorrenza di molti grand" uomini
1 26. Si mette in viaggio e riceve
onori da più perfonaggi 117. Fa il
modello della Cbie/a mtooa di SGut^^
So in Volterra 127, Fu eletto per
pubilico lettore di mattematica nello
Studio Fiorentino 128 In/egnaé co-
modo puUlicomolte altre arti e/Uen^
ze 129. Morte di Giovanni 1 3 o. ^m-
lità e virtù ed e/ercizj varj di Gio.
130.
Gio. Cor fiere 37i>.
Gio. Filippo Van Tbieken 4^7*
Cav. Gio. Fr ance fio VarHeri^ pittore
2 70. Sua na/cita , e di/grazia occor--
fagli in efia 2 70. Di pigne di otto anni
di età 270. benedetto Gennari /ao
Ataefiro 270. Sue opere 271. Di-
pigne il fimo/o quadro deÙa morte
di Bidone per k Regina di Francia
272. £^ chiamato dal Re di Francia
cèti Re /f Inghilterra^ 0 rictt/aijt.
Altre opere del medefimo 17%. Siri'
tira in Bologna per cau/a di guer-
raiji. Morte del Barbièri 273.
Criflin^ *^Regina di Svezia x\fita in
per/ona il "Barbieri 173 • Elogio /at-
to da Monfn du Fre/ttc mandato al
Barbieri con regala 27 i. Fufiima*
to da molti letterati 2 73 . Numero
grandijl^ deOe fue opere 274. Slua-
litadi civili a crifiiane delGuercino^
e/uamorte^TS.
Gio. France/co Romanelli 540. Di 14.
' anni fa il primo quadro 540. Va a
Romt per fiudiare , efientadi tutto
74 E . 17» nipóte del Carenai Maga-
lotti lo /ovviene^ neBe /U/ neceffiti
54 i« Il Cardinal Barberino io prende
in protezione f e lo/ovvienedi tutta
541. ^ntraneUa /cuoia di Pietro dtt
Cortona 541 - S'infirma per troppa
fiudio e fatica 541. Per ultimo ri^
acdio del/uo male i mandato a Na*
poli, dove fi ri/labili in /unità 941.
Viene accreditato il Romanelli del
Bernina apprefio il Papa e Cardintli
542. Fa due gran quadri pel Re d In-
ghilterra e pei Duca fitofrutello S4Z.
Volta
/^
649
Ì^Ué delle Saia del Duca lami di-
pinta dal Romanelli $ fccome una
grande Sanza del Duca Akemps ,
opere Muffirne 543 . Prende moglie
a Viterho fua patria 543 . Si Sanzìa
in Roma 544. Molte altre opere I
fatte in Roma 544 ^^i difegni per 1
Arazzi di cafa Barberina 544. In^
venzione per fare apparire teffitto
ciò che era dipìnto > del Romanelli
544. Parte per Francia fpeditamen-
te chiamato dal Re per mezzo del
Cardinal 'Barberino e Mazzarrino
545 . E^ ricevuto dal Re con grande
onore 545. Dipinfe il portico del pa-
lazzo del Cardinal Mazzarrino (ter-
dine del Re 54J . Vien lavorando af
fiffito dalle per fona Reali , e altri
gran Signoria che molto fi compiace-
vano del f nodi fc or fos^^. Fece nella
detta pittura del portico molti ri-
tratti di molte Dame, che fempregli
Savana attorno 545. Cade da un pat^
co , e re/ia obbligato a ffare più gior-
ni in letto 9 e viene continovamente
vijitato e regalato dalle Dame, che
aveva ritratto S46. Vien vifitato
. anfbe dalle perfine Reali $46, Con-
fé fio ejfo d' epre Rato pia allegra-
mente f dopo la caduta , in letto che
avanti f ani ffìmo dipignenio 546. Per
detta pittura ottiene un^ onorario di
quindicimila feudi % e Con molti re-
gali preziofi fattigli dagli altri 545.
Fa il Ritratto del Re $^6. Ritorna
a Rama^ e pajfa per HolognUf dove
fi trattiene, e poi per Firenze, do-
ve ebbe molte incumbenze di pittu-
re 547. Uelle momagne di Bologna
viene a f alito da i banditi, e carne fi
liberò 547. É ricevuto in Firenze
dal Granduca Ferdinando II con moh
fa cortefia 547. Tavola fatta in Vi-
terbo 547. Torna di nuovo a Firen^
ze chiamato dal Granduca , e fa mol-
// quadri 548. Altre pitture fatte 1
in Roma 548. l^igi Xlllh Rt di
Francia di nuovo lo ricbiama a Pa^
rigò S 4^. La liberti di Parigi h fa
traviare dalla buona Srada del vi^
veret e i* inferma in letto con dolori
che io condujfèro vicino alla morte
545^ Guarì dopo lunga infermità , e
tornò dfuoi lavori 5 49. Ri tr offe qui-
vi una belli ffima femmina t faqttale
fu caufa I cbe moltìfftme altre voUero
ejfer dipinte anch' ejfe , e vi furano
contefe tra loro chi dovejfè prima ef
fer dipinta 549 Hello fpazio dì 18.
- mefi compì nonfolo il detto lavoro de *
, gabinetti, ma fec4 molti altri qut-
dri pel Re , ed altri 549, Fu fuitJ
Cavaliere di San Michele 5 49 • T^r •
nato alla patria p e poi a Roma^ fece
molti quadri, e di nuovo vien chi a*
mata in Francia 549. S* inferma di
nuovo in Viterbo 550. ^Morte del
Romanelli e fua fepolt ara $S\. Ot-
time quali tadi del medefimo 551.
Urbano fu^ figliuolo fi mette fatto
Ciro Ferri, e divenne buon pittore
55^' Il povero Urbano piglia moglie
e due giorni dopo muore 552.
Giovanna Garzoni mi matrice 6ig.
Giovanni da San Giovanni e fua vita 2.
Trotefia dell'Autore a detta vita 2.
Natali e patria di Giovanni 3 . Fan-
ciuUezza firavagante di Giovanni 4.
Prima fua applicazione 4. Mattea
RoJJeUi ntaeflro di Giovanni $• Tri"
ma pittura a frefco fatta da Gio. 7,
Pittura a frefco cbrimpetto la Porta
a San Piero Gattolini in Firenze 7»
Defcrizione della Pittura 7. Cupùla
deUa Cbiefa d' Ogni fianti fatta da Gio.
8. Gio. impazzato per infermiti 8.
Tabernacoli a frefco 8. e 9. Pittura
della facciata della cafa dell' Antelh,
e fua defcrizione 9. Gio. p dilettava
di andare a civetta» e burla fatta per
tal conto 1 1 . Altre pitture del me -
defimo 14- Genio di Gio fatirico^ e
mordace
6$o
mordace 1$. Bérla imB/creta fétta
da Gio. ad un laico d alcuni Retigiop
di San Giovanni di Valdarn^ 1 6, Ve-
lacità net dipignere di Giovanni % i .
Vhture fatte aU^Efequìe di Ccfimo IL
11, Cappella de Calder ini in Èanta
ÙP9ce dipinta da Giovanni , e pittu-
ra iiajìmata da fi et roda Cortona ti.
Cappella d^ ^aolfanti dipinta nella
Propofitura di San Cafciano 22 . 2)/-
pigne in più Terre e Cafielli 1 2 . ©/-
pigne nel Convento delia Crocetta ii.
Dipigne la Cappella del giardino del
palazzo che fu unito al Convento del-
ia Crocetta t opera infigne ij* Va a
Roma 24. Si riduce mi ferahile 24.
fa camerata con Francefco Purini
flato fuo conéìjcepolo col RoJfeUi 14.
Per mangiar carne la Domenica del
Carnovale , vende un fuo quadro a
vilìffsmo prezzo 24. Defidera farfi
conofcete in Roma , e chiede et opera*
re nel palazzo del Cardinal Venti-
vogti a concorrenza di Guida Reni %6.
Angheria fatta da alcuni pittori aUe
pitture di Gio. e f coperta dal mede-
fimo con danno de* malfattori 27.
Onori ùcevnti da Giovanni in Roma
a cagione di fua virtù 27. Opere
fatte in Roma da Gio. 27. Giovanni
per alcuni Religio fi dipigne la Carità
ràpprefintata in due Giumenti 29.
Detto graziofo di Giovanni 29. Pit-
tura in aratoli fio di Gio. 2 9. Cena-
colo dipinto da Gio. neÙa stadia di
Fiefole Con molte pazzie 30. Villa
di Caflello de* Signori Grazinidipin
ta da Giovanni 30. Opere diverfe
fatte in diverfi luoghi da Giovanni 3 4.
Dipìgne in Santa Trinità $ in Anna-
iena , ' a Mezzomonte , VìUa allora
del Sereni (fimo Cardinal Gio~ Carlo t
^ggi de* Corfmi 54. Pittura in cafa
de' Galli 3 5. Gio. a cagione di gotta
fi dh alt ozio ed alla Jatira e male-
dicenza% e diviene o/iofoa tutti 3<5.
Giovanni ^ procaccia une fonverfa-
zione di tutta gente mài co/fumata
efaiiricajó. Compone un Uèrofu/^
t ejempio del SoccalinOf in derilione
e fcberno di molti $ 5. Defcrizione
d* alcune bizzarrie di detto libro j6.
Giovanni dipigne il Salone terreno
de' Pitti 38. Si fa ajutare de Bai-
dajfarre Francefcbìni ^ detto il Vol^
terrano 3 8* Lo licenza bruttamente
39. Dipigne in San Felice 39. De*
Jcrizione della pittura fuUaf ala de*
Pitti 4J. e 45. E" configliato il fo-
renijjimo Granduca buttare a tetra
le pitture di Giovanni , ma rifolve
il contrario 46 ^ R/fpofie fatiricbe .
che diede Gio: a due gran Cortigia-
ni 49. e 50. Reflejjione morale fatta
dall' autore fopra detta rìf^ofta 49.
Giovanni diùigne in caja Pucci de
San Michel Vi f domini 5 a. Caufa
della morte di Giovanni yj. flotte
pemfiffima di Giovanni 54.
Giovanni Gonnellifctiltore 253. Di àn-^
ni 22. rejlh privo della vtfla in Man»
tova 254. Col tatto fuppliva alla
mancanza della vìfia 254. Come ope*
rajfe nelle fne opere colle mani 254.
l* Autore atteBa di vifia 254. Viene
dopo dieci anni a Firenze 155. Ope*
re fatte da eJfozs6. Opera in Roma
25<5. Trova fatta al GonneUi per co-
no f cere fé veramente vedeva 256.
Morte del Gonnelli in Roma 257,
Rovina la tua cafa in Gambaffiz4T.
Ritratto del medefimo rimane in ma»
no del f Autoredi quefle notizie 257*
Era faciliffsmo a tnnamorarfi^S^*
Giovanni Grifolfi f colare rinomato dì
Salvador Rofa 591.
Giovanni Lainftanco pittore 151. tn
fua fanciullezza fi mette nella ftuoìa
di Ago firn Caracci 152. Studia U
cupòk del Careggio 152. D* anni i o .
fi mette fatto la f cuoia i Anibale
Caracci 152. Sue opere 1 5 1. Siportm
uNa-
^
é Napoli $ àMcfdpiù opere i Sì. Sita
mone 154-
Gio. Lorenzo Vernino e fua vita $4>
Si /f rive dall' Autore la/sta vita ppr
ordine di CriSina Regina di Svezia
54. V Autore fi porta a Roma a i
piedi di Sua MaeJÙ 55. Gio. Loren-
zo figliuolo di Pietro Vernini Fip^
remino ss. %Madre di Gio. ^Laren-
zosS' Natoj. Picen)h.iS9^^ a SS^
Gio. Lorenzo torna col padre a Ro-
Pia SS* Primi progreffi neB* arte di
Gio. Lorenzo $6. Prima opera gran-
de in marmo diefio' Gio. Lorenzo 57.
Gio. Lorenzo fatto Cavaliere f ed ar-
ricchito ifi piti penfiotti 57, Ùifiicù
del Cardinal Barberino 57.. Diflico
di l^apa Urbano , già Cardinal Bar-
berino 5 8. Gio. Lorenzo piglia mo*
glie 58. Sepolcro di Papa Urbano *
verfi alludenti al mtdefitfto 58. E
chiamato a Parigi dal Rf ,i ricafa
F inmito S9' Ri/pofia arguta data
dal Bernina fa f>ra ilfipolcra di Urba-
no 59. Fonte di Piazza Navona 59.
Portico di San Pietro do. Cattedra
di San Tietro 60. Sepolcro di Papa
Aleffandro VI L6t D' ordine della
Santità d Inmccnzìo XI copredi bi^on-
zo una fiat uà di d.fepolcro 6ì . VAu*
tore condotto dalla Regina di Svezia
a vedere lefue gallerie , e in ifpecie
una ftataa dd Vernino 63 . Morte
del Bernino (J4. Sue ricchezza la-"
fciate 64. Nota di /uè opere Ó4.
Gto. Maria Botallapittor Genove/è tS9.
Gio. Meyjfens xjj.
Cav. Gio, Miei pi iter Fiammingo 3^.
Va a Roma per iSudiare.e opera mola-
to 166. Difigne non folojlgure gran-
di t ma anche piccole in bambocciate
3 ^7 , W/V/à in un opera grande An*^
drea Sacchi fuo grande amico 3^7.
Fece molte òpere in Roma 'i6^\ yf»-
dò in Lombardia » efecevi gnndi flu^
^'j<^7- Fajingolart velfapprefin-
6$}
$art al vivo le azioni $ modi ^^tjfjp^
nomie de* monelli t birboni p. è cial-
troni d' ogni forte 3 68. Ha un éc/-
liffimo quadro di bombocciate il Mar-
chef e Filippo Corfini 368. Fu chia-
mato da Carlo Emanuel Duca dì Sa^
voja^ per cui fece molte opera ^6^
Muore d^ affli ùoHe % e perchè' ^6^.
fu fuo eredf Agofiino Fronzoni G^*
nove/e 3 70.
Gio^ Paolo OJericù 5 3 .3 .
Gio^ Peter s ; 0 Pietri pittor di mari''
ne 4» 7.
GiOf Stefano Marucelli pittor Fioren^
tino 122. , Qperi^ molto in Fifa 122-
Attefe aV Architettura iti.
Gio. Van Broftcborfi 3 79. ^
Gio. Van Ckeffellet pittore 416.
Gio.Van Hoeckns.
Giorgio Vanfon. pittar di fiorì 41 6.
Girolamo Qarti^f detto Dentane 167.
Sua gran povertà , Jlto mejiierefiko
: oìlPttAdi anni 21. fi dà al difegn^
con un compagno 26 y. Studia apprej-
fo Ce fare Baglione 2(J8. Attefefem -
pre 0lta Profpcttiva , e fece moltij^-
me opere t6^. Lodi ricevute per Ij
fua difintereffatezza e dabbenaggine
269. Sua morte 269. Suoi fcolari
269.
Giulio Benfo 536.
Giulio Partgi» celebre Architetto , rice-
ve ne Ha J uà f cuoia ti Callott 109.
Giufeppe Piamontinifcultoì e Fiorenti*
no f fcolare del Ferrata , è reputato
eccellema come mofiruno Papere fua
efpofle al pubblico S^7.
Monsù Gin fio Suhtermans 167. Proe»
mio dell' tyiutorè atta di lui vita
167. liatali di Gìuflo 169. Va a
Tarigi 1(59. Viene a Firenze 16 f^..
Defcrizione del gran quadro fat-^
to da . Giufto deir Incoronazione tU
Ferdinanao //• 1 71. £' mandato a
Venezia a fare . // ritratto delf /»-
per udore Mirdimtndo IL e deli* Un-
pera^
6$%
fgréurice iji. Fa il ritréttùdi Pe-
pa WrbMO 173. Gli è offerta la Cro-
ce di Malta per equivoco 1 74. Bre-
ve ^ Uréano Vili, per la Croce di
Malia f e mohe lettere dé'Serenìffi'
mi di To/cana concernenti la Jhffa
caufa 1 74* Carlo fuo figlittola vive
fantamente in ìftato di Sacerdote fc^
* colare f e muore in tModona i ^6. Fa
il ritratto del Galileo per un Lette*
rato Francefe p il quale lo regala al
Granduca 9 e lo mette in Galleria 177.
%Monsù Gìufflo manda il pròprio ri-
tratto difua mano al Vandicbflimo-
lato dal medefimo i%o. Va a Parma
ricbìeflo dal Duca 1 80. Infermità ài
Giufto 181. E^ condotto a Tioma 181.
Si porta di nuovo in Germania 182.
Fa il ritratto di Vincenzio Viviani
Ma t tematico 183. Ritratti del Redi
fatti da Gìufio 184. Ritratti di tutti
i Principi di Tofìana 1 85. Giuflo ,
/ingoiare e unico nel far i ritratti ,
e perchè i%6. Prende moglie la ter-
za volta » da cui ba figliuoli 187. Mo-^
deftia di Giuflo nel negare le notizie
deUafuavitaaW Autore xilò. Infer-
mità e morte di Ciuffo 1 88.
Confalo, Coques pittore 416.
Il Cu creino da Cento» Vedi Gio^ Fran*
cefco Barbieri •
Guoéert Flynk pittore 48(J, Fu pittore
ftìmato affai 486. Sua morte imma-
tura 486.
<^mmm
l
Fad. iacinto Francefcbi d^Ha Compa-
nìa di Gesù 89,
Jacopo Gìacbes Fiammingo 6&, v
Jacopo CaUott Lorenefe intagliatore in
raine 109. Sua patria 109. Lafcìa
; Roma dwefi er^ portauh e viene in
I' Firenze fotta ^ Gittlia Parigi 109.
Si dà aUofiudio di Trofpettiva e Ar-
chitettura ne. Dejcrizione della
IFefta , detta la Guerra d^ Amore ^f ac-
ca in Firenze^ e poi intagliata in ra^
me dal Catto tt 1 1 1 . Carte di piùfor^
te difefle e altro ^ intagliate dal dec^
to Ila. F privato della provvifione
per la morte del Granduca $ e fé ne
va in Francia 1 14. jQjfìfa ielli^^
me carte di pia forte 1 14. Libretta
d" intagli rapprefentamti la vita del
faldato 116. tAltre molte carte in-
tagliate da efoi 17. Muore in Nansì
fna patria 1 1 8,
Jacopo EfneSo Tboman de tìangelHeiu
pittore 9 e fua vita i z i .
Jacopo di Giordano , 0 Giacomo Gior^
dam 197.
Jacopo Vrancquert 1 98 .
Jacopo Maria Foggini aUievo d Anton
NoveBi . Fu f cultore prims in mar-
mo 9 e poi in legno is^. Fece un
bellij^mo Ecce Homo di Tiglio gran^
de ptà del naturale per P Autore di
quefie notizie 351. Fece un gran
Crocifijfo per la Cbiefa e Commento
nuovo de' Padri di San Pietro dal
Cantar a deW Ambrogiana 352. pece
un altro Croci fi ffb per Cortona 352*
Sua morte ìs^'
Jacopo Backer 3 75 .
Jacopo di Arte fé 3 79.
Jacopo Wan-Campen 3 80. jQueffo ri*
duffe in Olanda il barn gufio de ff Ar-
chitettura 38à Dipinfe ancbe mot-
to bene 9 efempre tenne il naturale
S avanti 380- Dipigneva fenza
prezzo 9 dicendo la beli' arte della
Pittnr^n non dovtrfi fare con ime*
' rejfci^o.
Jacopo Van es pittore di fiorì e frutte ,
. e uccelli \4ìS.
Pad Jacopo Cortefi Gefuita pìttor di
Battaglie 417. Fu figliuolo di Gh^-
^Mipni j ancb' «J^ pittare $ e quale' la
fua pa-
yW patria 417. Giavanem léfcia
la cafa e vìa Milano 418. S" appli-
ca affarte militare , e lafcia la pit-
tara 418. Ef or tato da un pittore ,
e dal padrone della cafa dove Bava ,
fi rimette per ifpajfù a far paeficon
qualche fatto di guerra 418 Finìfce
pia ritratti avviati dal Valafco 418.
Lafcia la milizia $efi dì tutto alla
pittura 41 8. Va a -^Bologna incitato
dalla fama di Guido Reni e deW Al-
iano 419. Guido lo riceve in cafa I
419. Va a "Roma per far nuovi fi u-
dj 9 p affando per Firenzie 419. E"
fermo dall' Abate de\t{fiertienfi x e
provveduto di prowifiiine e alimenti
420. Fece a' me defimi donaci una
gran pittura rapprefentante le Tur-
be faziate da Gesù Crifto^ e altre
pitture 410. Per opera del Conte
Carpegna prefefama nelle fue bat-
taglie ^ e come 420. Fece vltre égli
altri molfi quadri fer Signori^Pia-
rem ini 42 1 . Delibera d ^cc^axfi^
e fa le fue diligenze » e piglia una
bella giovane Fiar emina ^ii* Mao
re detta femmina fenz* aver fatto fi-
gliuoli 42 1 . // Principe Mattias de*
Medici lo piglia appreffo di fé in
Siena e in Firenze con provvifione
42 1 Liberalità di d. Principe 42 1 .
Fa più opere nel viaggio , che non fé-
ce alla patria ^j. Quattro quadri
fiupenai di Battaglie fatte per detto
Principe Mattias ^iz^ Batt^liepel
Marche fé Bartolommeiy e altri Fio^
remi ni 422 ,V allude al ^orgogno
ne ciò che da Plinio fu detto dì Ape t-
le 412. Particolarità del P.Cortefi
nel difegnare le opere fue 422. Si
\ fedite ifpirato a ve3ir T alito della
Compagnia di Gesù 4^'i.^ Si vé^le
con perjnijjiùne del Principe Màtuas
423 .; 7. Padri gli fecero fare alcuìie
• 9t^*'^ ^^^^^^ 4^3- Oipigne pel Car^
r aìnal Carlo de' Medici la fommcrfio^
6 ss
ne di Faraone 424 Ùipinfe IR pia
fior ie fiacre la Congregazione mag^
giore del Collegio Romano 4144 Fece
molte opere per molti Cardinali e Si-
gnori 424. Morte del P« Zecchi^ a
cui affifth il P. Jacopo » e coja nota*
aie della devozione delPuno edel-
raltr$> 424. Le prefenti notizie ebbe
V autore dalla propria bocca del bor-
gognone» e in che modo 415- Fa il
juo ritratto pel Serenifs. Cofimo IIL
Granduca di Tofcana per metterlo
nel Mufeo de' Ritratti de* Pittori
^1$. Torna a Roma 425* Morte
mafpettata del Padre Jacopo 4 25.
Imperatori > cbe hanno efercitato la
pittura 428.
Inondazione d" Arno fcguita in Flren^
ze 6o8.
Ipt^lito Galantini gran ferva di Dio
.88;r8p*
L
LAvatoi delle cafe nuove delle Sete
e Lane 9 àonde abbiami V acqua
104.
Leone Van beil^jS.
Lettera del P^dre Bartoìommo Fome^
buoni a Gio. Baldinucci , padre del
nofiro auìore 89.
UonarJo "Bramer 197.
Livio Meusptttor Fiàinmingo , 6os»
, E* condotto a Milano 606. -Ancor
.giovanetto ìajcìa Milano e il padre,
e / incamtìui^ a Rqma 606, Dopo
un lungo e penofo viaggio fi, trova a
fPifio'iu <Jq6. V£' ricevuto dal Trin-
clp/e Mìittjjs in [uà protezione (J07.
E" raicomandato a dietro da Corto-
na y che ìm Firenze ^dipigneva le Re-
gìe camere del Palazzo de' Pitti 6.07,
. Si parie . ì?/ flotte tnìprovvifamente di
tircnze
' i .
\.
^54
Firenze in temfo p^ofiffimo perm-
dirfene a MilaM. papanie di Pifier
.J4 ^ # fw periedofo viaggia 697^
Viaggia per Milano , e, /Tireva in
Pianante 608. Si dà aljòldato mi-
hgt^ra di Piamome 009. Torna
a Milano 9 dopo efferefiaia lo fpazio
di tre anni creduto già morto^óo^.
Vìen ricAiamato a Firenze 6op. Va
a storna con Stefano deOa Bella 609.
S* abbocca con Pietro da Cortona tfop.
lama a Firenze per /' amore $ che
aveva molto prima coneeputo^ a nna
fanciulla » che poi prefe per moglie
610. Va in Lombardia CM Raffaello
Vanni pittor Sene/e 6 1 o. Lafiia la
moglie e va a Homa% poi. torna a Fi-
. renze tf io. Fé la Cupola 4eUa Cbie-
fa della Tace (5 io. Fa molti Quadri
> per diverfi Signori 61 1 • Fa tre ta^
vole da Altare per Trato 61 1 - J^ùa-
dro fatto pel Cardinal Leopoldo 61 1.
Suo Sfornirò Mirilo pel Senatóre
Carlo Strozzi Cu. Sua morte (f 13.
Fra Lodovico Cigoli $ cbiamato dal Bi-
livert il Coreggia de*fuoi tempi 74.
Lodovico Incontri f cbeju Spedalingo di
Santa Maria Nuova 1 findia apprejji
Giulio Parigi* i IO.'' . - ^
Logge della Chiefa deUa Madonna del-
l' Impraneta pp.
Lorenztt L'ippi pittore 450, Nella fua
fanciullezza fi eletto , ed attefe alle
belle lettere i e a, tutte k arri ca-
vaOerefcbe 450. I/ùoi difigni fatti
neBa fua fanciuOezTut i Hanno al pa^
^ resone de* maefhi pii rinomati 450.
Jijutò benefì>e£o a far tavole a Mat-
teo RoJfeUiJuo maeBro^si. Quadri
Juoi in dìverfe cafe e cbiefe 45 1 .
Piglia per moglie Enea figliuola dì
Gio. France/co Sufini 452. Lorenzo
è mandato in Ifprucb 4S^' Fragra-
tiffimo nelle conver/azioni 4$!. Fece
ifHfprucb molte opere ^52. Fece il
beViffimo 7ocmé del Malmantile p e I
• • • M
come ìncomincib^s^. ViBadeSa Maa^^
zetta 453. KMalmantHe di/abitata
453. Principio e motivo del/uo Poe-
ma 453. ÉfortazietH S amici » e
anali fatte dal Uppit acciò riductjfe
f opera fua a Toema formato 453.
NeUa converfazione e veglia £ Pi--
lippa Baldinucci autore di queBe m-
/i2s#e> molto ^ accrebbe ^oeBo Poe^
ma 454. f 455. Convrrfazioni ama--
niffime del Lippi 9 quali 9 e dove fi
facejjèro 455. Copie di detto Poema
fparfe per tutt* Bttrapa ananti Ut fua
Bampa » e qucBa raccontava il Cane*
nico Lorenza Vanciaticbi ^ a quefia
propofito^^S. Quadri fatti dal Lip^
pif molto filmati % a più e diverfe
ptrfme 45 5 « Tavola col Crocififfò %
Vergine 9 e San Giovanni , fatta per
la Compagnia deUa Scala f ai cui ara^
fratello tbeUiffima.efimaìijfima 456.
Altra immagine del Crocimk in ta--
^ola dimarnata $ ad ufo deUefunziit-
ni deUa Jèttimana Santa , fatta dot
Lippi 4S6. Quadro fatto per Agna^
lo Galli I in cui f arotto dipinti alna^
turale diciaffettef noi figliuoli ^ di bel^
lifflma invenzione 45 7. Altri quadri
fatti pel mede fimo Aguale 457- Ta^
vola deBa Compagnia del Nicchio keh
Mffima 457. Morte del lappi f quale
e auando fia Jeguìta 4$ 7. Quanta
egli fu facefo e Jpiritofo . altrettan^
to fa pio e reltgiojò con Dio 45 8.
Fu fempre ofiinato nel di^gnera al
furò naturale , fenza mai aver va-»
luto Uìricchire le fue opere di quelli
ornamenti e vaghezza pittorefca » cha
hanno ujato di praticare i grand^ uo^
mini , il che molto gli pregiudicò 45 8«
Fatto , nelcuifiinoffra al vivo auota^
to piÀ/arebbe fiato fiimato , fé iiver^
f ameni e aveffe operato 458. Per
mantenere queS^ufo di mai trapaffà
re il vero nel tRprgftere > ebh /i
pre inpMt Sima ttttf i Pittwi per
ccceBem^
teceUemìffimi de fiffiro 4sp. In
faffimb per Parma a taP efitta ,
mo» volle vedere le beUèffime apere
it? maefiri Lombardi % né tampoeo
k fame/a Capala del Coreggia 459.
Luciano di Stive Sro Bolzone 1 59. Sta
nella fenolo di Valerio Corte 1 59. fn
buon Ritrattila lÓQ. Fu eccellente
nel conojcere le maniere de* Fittoti
1 60. Muore tt una caduta da una
fiala 197.
i*M«»
M
MAecbine, carne fi faeefiero in If pu-
gna 9 avanti che vi ondajèro Ar^
. abieetti fiorentini ÌZ7.
Maddalena Corvini miniatrice 61$.
Marca Antonio Barfctti 290.
Mario Bolaffi pittor Fiorentino 13 j.
Sue opere in Firenze efuoriiì^.
. Parere dato da Mario/opra la fua-
lite di una pittura fatta da valen *
f ' itomo 23 7' Fu uomo caritativo e
piò z 3 7. Atto di genercfo fivngni-
mento » fatto, da un Gemiluomo al
Mslaffif in tempo difua morte 138.
Fu fempre mode fio neOe fue pitture
a 3 8. Primo documento , che dava a^
fuoifcolori neWingreffo difuufcuo-
la%i^.
Matteo Nigeiti Architetto 70,
Matteo Vitboot pittore 61 z.
Cav. Fra Mattia Preti » detto il Cala^
brefeó^ì.
Matfteo Ingoli 194%
Melcbior Cala Malte fé Scultore $ fbo^
lare d^ Ercole Ferrata $%$•
Micbelagnolo Buonarruoti céiantgto da
Solimano aOa eofir unione i un pan*
ieji.
Micbelagnolo Cerguozzi pittor Roma-
.mi^^ Fudimtmaria^KoiifimiaMpp.
Infermità lunga e grave tR Wcbe^
lagnolo 190. Guari/ce per mezzo di
Domenico Viola con un fegreto di
Spègna 190. Fu pittore umverfale
191. Quadrio queSo^ beHiffimi^
in cafa Gerinif e Cmfinè 191. D;«
fcrizione maravigliofa i uno die/R
qnaàri 193 . Morte immatura di Mi^
cbelagnolo 19$. De fcrizione delle
buone qualità di Mcbelagnolo 195.
Modem di più maeBri deUaficciata del
Duomo di Firenze 1 02.
Monofiero di CeSeBo 99.
Mouse Nicafius 623.
Morte del Carenai Leopoldo de' kMc-
dici 401. Legati lafciati a ^ver-i
Principi e Cardinali da detto Cardi -
noi Leopoldo 401.
N,
N
kaj^us ftùttrc i émauti 478.
Niceelé CMWtpberi^T.
Ntteok Derbeù Sttc^de ^twe 41 6.
liict^ Piffim »97. f « grMiT muco
iti Pma Màm» 298 .< Ette i dife-
fftidetttftmUdcìPMtittt nn inul-
to tnfittù 298 . Si ridt/ee m gran
èifigii» 199. Si diUitò di nuttiema-
iicé t fr9fi<iìiva .i9^. StudikfA'
ti0toma 299. Oure fingoltri del
FÉ$n9 }oo. // P(^S^ è ebianut»
in Prtutia dai Re 301. Afegnft'
memcftm «/ PoJJlm »lfu9 arrivo
301. Olmo d* im .Palazzo fatto dal
Re al Pofiao 301. Fece i fette ÓO'
craatem} dae volta di dtverftt inoeih
ziove 301. Morta del Pt^^ iox.
Abtie Niccolò StroaM letterato fama*
fo i<S&.
Nigetti Jldatno7<i.
Oderigi
6s6
o
O
Derigi iP AguUh miniature 6\é^
Orazio Fidari pitiore » di/cep9h del
Bilivertf uomo vehcijjim^ nel ioz-^
zare 76. Sue opere 77.
Orauo Moclù Stulicr Fiorentino 137.
Orazio Riminaldi Pittor tifano 227.
Dipigne la Cupola^ e molte altre ta
. vaie . nel 7) uomo di Fifa , e molte aU
tre opere in detta città 227.
Orazio da Vóltri pittore 534.
Or/ola Fontebuoni^ foreUa del Padre
Bartolommeo FonteHuoni 89.
Ottavio donneila Scultore 616. Fu mi-
rabile neU' intagliare in piccoli le-
inetti figurine quafi inviabili <Sf 8.
Va a Roma/otto lafcuolà del Ver-
nino $ il ^uale non lo voOe ricevere
6iZ. S" impiega alfervizio del Car-
dinale Ottobono 6iS. Intagli mira-
bili del mede fimo d 1 8, Paj^ per Fi-
renze » e fa vedere lefue mirabili colè
al Principe Màttias 6ip. Intagliò
una battaglia in un nocciolo di Cile-
già $ cÉe cadendo andò mole 61^.
Lajtia f intaglio 9 e fi dà al mìma-
rtóift. Sua infirmiti e marte 6\g^.
Strumento di cuififerviva pe^/Uoi
intagli 61 g^
Ottavio Vanni Tittor Fiorentino 141.
Non avendo genio .atte lettere^ alle
quali fu fatto applicare, fi mette al
. difegno 1 41 . Va per di f cepole nel di-
- fegno appreso un tale Mecatti, det-
' to Capaccio 1 4.1. Laf eia il detto Ca-
V paccio, e fi porta a Roma» efifer^
* mt^ nella fcuola di ABafio Fontebuo-
i M 144. Torno a Firenze» èricbie-
fU dal Piagnano , fi ferma neUafua
'fi^ola 144. Abbozzò molte tavole
al detto Pajfignano» le quali hanno
avuto lunga vita 1 45» Lajtia il Paf-
fignano i e prende Bonze da fé in Sor*
go OgniJJanti 145* Ecce molte opere
per Andrea del Rofio Gentiluomo Via-
remino i4S* Nefece molte altre per
altre perfone f e paefix^. Dipinfi
nel f alone terreno» incominciato de
Giovanni da San Giovanni» de' Pitti
I4t.
«tt
p
PAkxz9 de* Pitti tecref ciato con le
due étct che prefentemtnte fi vt'
dono, da A/fon/o Parigi i^ì. Re-
fiaurazioae di detto Palazzo, che mi-
nacciava rovina per di faorì 333<
Ricetto della quarta fiala if 'Pitti,
Opera dfAlfenfo Parigi 334*
Palazzo della Villa del Poggio Imperier
le ornato i %6.
Palazzo . Vedi Ca/i'
PaoUno deca , uomo fiagoUre tri ctt-
chi in Firenze 400.
Paolo Braneucci' Pittore iMcbefe » e
fua vita 82. £* di/cepolo di Guid»
*Reni 82. Si/e opere in Lucca Ss.
Sua morte 82.
Paolo Hubeni regala a Monsk Gia^
un beUiffimo quadro , che poi audk in
Galleria del Sereniamo Principe &
Ttfcana 1 77. Lettera di Paolo *
• Monta Ciuffo,, /piagarne la Morie
del quadro 1 78.
Paolo de Ponte 3 77.
Dor. Paolo Minucci Vklterrana-Comen-
tatòre del *Poema dei CHalmantile
del LippÌ44S.
Pellegrino *Piola 3 ^8.
Piero Andrea Ttrre ìSJ.
Piero Danùnit93.
PieH Franca fio , 0 Ftanchoys 37$.
Pier Frakcefio Silvani Arebi tetto $ti.
Famiglia di Repuiilica molta et/pi-
Iena 518; Si fa molto 'préiieofotto lo
fittela é /ito padre 1 4t cm dà aiolti
ajuti
6sl
sjati $19^ Rifunr^ alP irnmineme r(h
vina deOé Léimerna deJk Cupo/a due
volse percùfia da fulmini 539. Fé
ti moiiUo deW Oratorio di Sm Fi-
lippo Neri in FirenTfe # e ne compie
quefi effètto là fabbrica 5 29. Fa la
Cbiefa di CeBeUo de Padri Cifier-
cienfif la quale quefi terminata%fu
dal nuovo Abate disfitta da* fonda-
menti» per farne un* altra cberiefèe
inferiore 530. Fu Architetto deìla
Cappella di S. Andrea Corfini nel Car-
mine SI o. Efequì il difegno dì Ciro
Ferri della Cappella di Santa Maria
Maddalena de' Pazzi 530. La Cu-
pola però» il pavimento f e il Lanter-
nino furono tutto difegno del Silva^
ni 531. Reftaura la Cbiefa di San
fSI/larco 531* ReBaura più Talazzi
t Ville di Signori 531. Morte im^
pronvìfa di Pier Francefco per la
ftrada di Tifa 532.
^ier Maria Groppa Ito 539.
Pietro Paolo Jacometti Scultore , efua
vis a 81. Sue opere di Bronzo 81.
Assefe anche alla Pis tura fitto Cri-
fiofano Roncalli » e lo ajutò in pia
opere 82. Sua morte 82.
Pietro Sne^ert 198.
.Pietro Riccbi Tittor Luccbefe 3^0.
Studiò molt^ anni fitto il Pa/fignano
in Firenze > e dipoi fosso Guido Re-
ni ^61. Si porta con un fuo fraseìlo
piccolo M improvvifo tn Spagna »
porandoji però per vìagpo in più luo^
gli , efermatofiin Aiz» fece molte
a^e^Ói. Va in Francia» e fi mol-
tt lavori 362. Incontro cattivo che
ebbe per F impertinenza di Un Gen^
tilttomo Fr ance fi 362. Viene a bat-
terfi con detto Gemiluomo» e. lo fe^
fifce malamente » e fi ne fugge di
Parigi» a pattando per più luòghi fi
ritira a Milano 362. i* innamora
di una femmina » e la conduce a Vre-
Jtia, dava ebbe un Jiglittoh» e poi la
m
piglia per moglie 161. Fece in dsjs-
ta cìttò molte opere » e per frtora
via 302. Si porta con fua famìglia^
a Venezia dove fa molte opere 361 r
Si porta a Padova » e poi a Udine 3 62 4
Morte del medefimo in Udine 351*
Pietro TaoUni Vistor luccbefe 364.
Si porta a Romut e poi fa ritorna
alla patria per morte di fio padre e
mature » per l* occorfo Contagio del
1630. a 3<^4- Rimane cuftode di die-^
ci frateUi fuoi » tutti picco lini ^ gli
cuflodifce » e gli conduce tutti con
molta caritè aid un* onefio provvedi^
mento 3^4. Sue opere 'i6s. Era H
fuo talento di rapprefintarecofe tra»
glebe e crudeli , tra le quali fece la
morte del Valdeftain 3 66. Fu bra^
viffimo coUa fpada atta mano 3 66.
Sua morte 3<^5*
Pietro Meert 3 77.
Pietro de Jode 3 78-
Pietro Verbruggben ? 78.
Pietro ^anckerfe "De Rj 3 79.
Pietro Van^Unt Vittore 415.
Pktro Tefia Pittore 479- "P^-^fi /«
maniera di Pietro da Cortona 479.
Per la fua alterigia fu bruttamente
cacciato da Pietro da Cortona della
fua fcuola 479* E" protetto dal Com*
mendatore Ca(fiano dal Pozzo 480.
Difegno quanto t antico fi ritrova'*,
va in Romania. Opere diverfe fit»
te in Roma > e altrove 480. Fece
cinque gran libri di dìfegni di ami*
cbitàdiRoma» tutti veduti dall'au^
tore di fueBe notizie 48 1 . Morte
infelice del Tefia » e varia opinione
diefa^%i. Era molto letterato ^ e
pratico nella Filofifiadi Platone 482.
Nota dette carte intagliate dal TeSa
483.
Pietro Tloel Pittore di fiori, e frutte
Pietro Van Tredael Pittore 614.
Pittura afrefco di un Elia netta Cbiefa
Tt dì Santa
6sB
di Santa Morìe Màg fiore neUà vwU
tadeUaCéppeOa degli Ortandini jpa.
Piuma a frefcò dirìmpcìto aBa Paria
di San T>ier Canalini %
pittura afre/co nella inolia deBm Càp
pella della famiglia del Grazia nella
Santiffima Nunùata i^t.
Pittura della Cappeliina nel Giaréno
del Palazzo di Via deOa Celonua delia
Cafa Sereni^ma i }.
Pitiure in cafa Bn^narrnoti di Aftafio
Fonteàuénif e akre in San Giovan-
nino de' Gè fai ti 87.
Pitture del S. UJlzio di Roma 614»
Pitture del Palazzo Panfilio a Nuva-
na 614.
Pitture della Villa della Tetraja 384.
Pittori dtverfi^ t loro notizie 120.
Pittori dtverfine* Paefi Vaffi 1 97.
Pittori f e Scultori della Città e Stato
Veneziano 2S9
Pittori dello Stato di Genova }0}»
Vittori diver/i de* Paefi Ba^ 3 75*
Pittori Genovefi 53 2.
P li ioti de* Paefi Bi^/fi 624.
PlauiilU B ricci rhtomuta nella ^ittU'
ra e Architettura 6i5-
Ponte di Tifa • Jua rovina » e fna ri*
facimenta 104*
Profpettiva • e modo Sttfarla nel épi-
gnere 3 59
Fatto ^ ebe nota nella Vafea delti/ola
del Giardino di Botoli . Vedi Anton
Novelli 3 39*
idMH
R
R
AffaeWno Botalla Pittore I5pw
Raffaello Carradi Scultore 1 3 8. Fece
molte opere 1 39. EHe il /egreto di
lavorare il Porfido 139» Sifo Cap*
faccino f e vivendo ton p'andefpiri-
to e fantità 140, ^Muore rteèCon-
vento di Volterra 140.
Uagola Ftamtfti^ Gaaeé/tamfa^ rmégfi-
nero fa Rm^a ad mo paoara petìc*
grina 1 24
Reimirond Vainrein, akrìmemii detto
BambranH dei Reno Pittore e Im^ *
gHatgre 476* £Ut móka eredita ^ e
poea fapefe "nel fuo me/liete 476.
Feee ilfua proprio rientia pei Mu^
feù fàmofo de^ Pittori de* Seeaiiffmi
di Tofcoma ^j6. Sua maniera net
dipignere Bravaganta 4rj&^ Eralun*
gbijfimc mi dipignere 4ìTT^ Sra
ir uno di faccia % efitdicifitmo S «f-
BitOt, eperekèAT?. Ai^efmejlra^
vaganze^T7^ Eu Intagliatore ito rs^
mtvalorefosefiravagante^Tj. Sii--
maoa le Jue cane mohijfimo 47S.
Morì in Svezia 47S..
Ripari del fiume Arno a Varlttngp ^Af^
fonfo Parigi 3 14-
Ritratti dT Uomini iBufiti deHefmmiglie
ufati appreffo gfi antichi io& Rf
fieffione fatta duA" Amaro eirsa € aiu^
fo de^ dotti ritratti \ d^.
Ritratto ai naturale del Padre Jacimo
Framefcbi della Comp^gjtia di Ceti
apprego il mSro autore ^t.
Ritratto delfamofo Pmlin Ciec^ fatto
al net arale per art* Omero dai Valeer^
rana po' Cerini i3J-
Roierto Nantevil IntagUatore im rame
Franzefe 461» %Mone miferàhle
deW avolo paterno p e avm moterm di
Roierto 461 . Padre di Rokerto ri*
. dotto mi/eratik va atttt guerra j^i^
UnfuotioRfligioJirCarmaiitanoj/eat'
M» nom fa tèi egli fio u/mmio p ma
avutone eogmmone , 'w dove crede
poter' effère H nipote, per ritrovario,
ma non lo trovo » e éBfpermo fé ne
ritorna a RMm46%. SuW etèdi |o.
anni fi rifot^eanthre a Xems ti per-
duto nipotetmo confuto dd^ aJemto:
gli viene ifpirazione em jgiotmo di
andare a eonfe^fiper éaprimuiefe^
tonda volta nelh/na wta : pa alla
Cbiefa
fii9 zi9 Rdighfi f femca tke i'mno
€anofca 1 4kfo » jf/i /hmsmléi H con-
fefireMfia » e Mila rifpùfia che gli
jdaf vieme in agnizione efere ilfuo
mifQii • €be mw^ anni prime Jtwva
€€f€4iiQ^ non fipé/efé ti Reìigiifo,
e fegue 4^ confifarlo ^%^ Termina-
fa taCmfa^net fmanijtSa ^erfuo
' zio 9 jdice il nome del padre e nonno $
finSrmfie ne!" dogmi detta fede % ne'
^uati sutii ara al hujo . Lo face di-
poi 4ippticare al traffico d^ corami .
Piglia moglie f thie ^uat^'o femmi-
ne con mafcbio » a e ai fece por nome
Roberto 4(53 . Qaefio Roberto fi è
^neOó di cui fi ferivo 463. Giumo ,
cbefu alFjetà conveniente ^ U meffe
^ i/ padre alle fcuole deUa grammati-
ca 463 . Lo trattò con fomma rigore
' a indifcratezxa ali ufat^zà de" falda-
si^ì. Tra P altra indì/crttezze fa-
ceva ti avanti la fcuoia paSurara lun-
go te mora alcmtìfuoi porci $ con vi^
tuperio dclfanciuUo 9 e della cafa 463.
Faito firavagame del padre a cagio-
na di tali animali 463. Domondato-
gli che cofajaceficf diede rifpoftafi-
mite al fatto ^ e fegn'uò il fato dife-
gno^ó}. Roberto fi fiatica dello fin-
dia delle lettere ^ efi dèa qaeìh del
difegno cantra la volontà del padre
4^4, Ufuogeniatbembèfofeinfar
ritratti , defiderana perìk d* intaglia
re in rame'^^. S" innamora di ana
foreUa di an valente intagliatore, e
nafcondtndo /* amore deUa donna al
y padre 9 Jiava del continovo in ca/a di
' detto intagliatore a vederlo lavora^
« re 464. Attende e s^ approfitta mol-
' to nelin Fìlofofia , fenta lafciere P in-
taglio 464^ Aftitzia di Roberto per
- f aggira il padre , ebe a cagione di di-
segno lo voleva per e intere afiS. Si
. dichiara di voler per moglie la detta
. foreUa dell\ imagliatore ^ il padre
I
<^59
eemwtaU^ ed e£o celante la prende
per maglie 9 e torna in cafa di defto
intagliatore 46$' Si trova preJloRo'
Serto fnari di cafa per gelsfia delfino
gran profitto $ ffn^ ^nno afegna*
mento, e fi metta in viaggio con la
moglie per Tarigi , dove fa accom-
pagnato da alcuni affa fini % i quali
g^ndo del face f9 parlare di Robert
tOt niemei* offendono 46 S. Arrivato
a Parigi fi tnette nella fanola di Àion^
sa Borse intagliatore, e di Monsà
Sciampagna , e fi trattiene in far ri-
tratti coir inciiofiro deUa China • co*
quali s^acquifiò gran credito » e mola-
te occafioni di lavorare 4(^5 Si dà
aUa milizia t e cafafagnito a ^nefio
conto 466. Fu riciieSo dal Re del
Gran Mogol a voler fate il fua ri^
eratto per mezza di ttn Gefuita 466.
Scrive il padre a Roberto una lettera
piena d'affetto e di pittò $ con molti
configli criSianif cH figliuolo gli ri*
fpofule con altrettanta modefiia e ri-'
verenza. e finalmente gli fa lafciare
RemSf e lo conduce a tutte fue fpefe
a Parigi in fua cafa 467. Fa Uri--
tratto é& Luigi XIV. Re di Francia
con intaglio 9 e di pafieìli al nata*
rate J^^• Generqfità di Roberto in
Parigi 4<58. Fa i Ritratti di tutte
le Trincipefic del Sangue • quello del
TurrenUf e d* altri 4^8- Ritratto
di Te medefimo a pa Selli del Nante^
vii comprato in Parigi da Cofimo III^
Granduca di Tofcana 468. Compun*
zione e converfione fatta da Roberto ,
e defcritta in alcuni fuoi ver fi 469.
Fu forzato a recitare detti ver fi alla
prefenza del Re di Francia > al fen--
tir de" quali fi compnnfe molto Sua
Maeftà 469. Fece altri ritratti t
del Re e d'altri Signori ^9. E" af*
faUto da gran febbre t princìpio di
una gran malattia 470. Hd ritorno
da San Germano a Parigi fu di nuovo
Tt 1 afiétlito
66o
nelT imelitipa» e dipoi io comtajfe a |
mone «. e con qùal cotnpmnzhne e f
preparazione 471. Sua/ejpoitur04ju "
Roberto Vanboeck J7&.
Rotando Saver j Fiammingo \zt^
Rovine della noéii Clne/a di San GiBfio
di Voherra 117.
Ratilio^ KManeiù Pèttor Senefi 91»
s
s
Aia terteim ie^ Pitti 3*.
Salvador Roja pittore . Sidàai^Jegm^
arcbitettnfaimafica.i poefia. Vende
Sfegnt di paefi , de faceva in carta ,
per campare . Vende a caro prezto^ i
fuoi paefi con iutto il Ufogno 553* U
Lanfranco comprai paefi in carta aon
' i/lima, Pr uva molte /ernie f e poi va
' dallo Spagnahtìo . Va a Rom^per iftu -
diate 554. Con altri giovani infiitui
/ce una compagnia di Saltimbancbi in
majibera^ fingendo^ vendere rime di
^ div^rfi. Pa commedie aU'improvv^o ,
a taccia molti . Torna alla patriari-
^ 9eftit0 . Sfarzo ^ Salvador e in Roma .
Il Borgognone s" avanza collo timUare
le battaglie di Sa/vadore. Biafimofua
da' prufeffòri di Roma $$5^ Motteg-
• gtamento fattrieo fatto da Salvadore
. contro f Accademia di Santo Luca • e
quadri molti fatti da ejffos$6. Un fita-
. dro rapprefenta la Por tana %fpargen-
io rìchezza e dignità 1 cbe cadono/opra
'ammali dì più forte . Qutfio ft$ un
grande incontro , cbe ebbe a patir Sai-
vadore , e quale 5 5 8. Viene a Firenze
colCardinulGio Carlo, e vi fio nove
anni , operando motto . 'Bella Batta*
glia nella Galleria del Granduca ss^.
E"" condotto a Volterra^ e lìfifazibael-
le vedute ^pelfuo geniopittorefco 5 <Jo.
Cafa in Firenze di SaMkre i aita-
mànzadivirtuofis6i. ComttttdiehU
lifflme all' improwifo ^ fatte da qat*
fia conver [azione nel Cafino da San
xMerco 56 1 • Frimo invetttore deBa
parte deOaFafpteUa^i^ Frimo itt-
ventare della pana deUo Scbititzi »
cbe chiama il Veca Contadino $61 .
Recitanti in dette commedie S^U
Simpofi e cenefolite fitrfi daUa detta
converfazione d! invenzioni Brano*
ganti 5^2. Va Salvador e per tepo^^
fie a Rjomaper fare un definara dfuti
amici p e^l giorno dipoi torna fimi-
meme per le pofie a Firenze S^ì*
Opera fatte per var/ Signori 5^4-
Fittme in tafa Gerirti 5<S4. Fa il
paefe in ttn qnadro fatto dal Lippa
alla ftta prefem^ S<5&, Ritratto £
Saivadore fatta dal Lippi sS6. To'
Vola malfatta da Salvante s6t^ L^
fila Firenze t e fi porta a Valter rtt
dove confaave converfizione attefe
ti fnoifiud} e lavori 567. Dipigi»r
variamente ttn Cimbalo 568*. La/eia
finalmente Volterra e Firenze » e fi
porta a Roma 5tf&. f:Molte pittare
cbe fa a Soma 569. Nf vede molte
in "Roma fAntore 570 Difiinta $e^
lazione fatta dai Priàr Baldaoin$
deW infermità e morte di Salvador
re sjo. Frefanzione di Saivadore
iefier gran pittore in^figttre grandi ,
ed ifiorie t contro P opinione £ tatti
57^. Fa però in/igaijfimo 9 e ttnica
nei paefi; marine r acqtte, aria, e
tttttociò cbe appartiene dOa campa^
gna 5 7^. Fatto fegierto in queflo
propofito in Roma al ^rior Franco^
. fio Ximcnest cbe conferma qaeffirtm
ganno dì Saivadore STJ. Intaglia
molte fae pittttre a acquaforte $77 •
Libro di difegni di più forte in prug-
na Ài mano di Saivadore apprefio il
Marcbefe Donato Maria Gttadagni
577* rtt maltQ fatirico in pittura e
in
66t
wd una dfma ^be volle tjler tittuitB
da lui$i^. Burla f$Ha ^ una per*
fona amica , che $roj>po confidò in t»
SJ9. Tenne moiio in credi io lafua
profeJJSone 579. Vonprefe mai ca-
parra di fot t^ alcuna % ni fece mai il
prezzo avanti 580. Atti di genero^
fità 9 e di giuHizia ancora^ /ani da
Salvador e in conto SprezTM diqua^
dri s8o. A tutte le fue pitture fa^
teva fare P ornamento , e quella che '
et quefto profofito foleva dire 581.
Salvadore sfonda e lacera unfuo bel-
Itffitno quadro $ che voleva comprare
un ricco fignore e avaro, per confon-
derlo 581. Non fi fece mai veder f
dipigncre 582. Non volle mai che gli
foffe fuggertto il penfiero nelle fue
pitture f e belli fimo incontro cbe ebbe
€on un medico » cbe volle darli V in-
venzione ùer unfuo quadro 5 8 3 • Èra
buon di/cernitore delle maniere ^ e
bontà de* quadri , e come confimdeffi
alcune perfone $ cbe fé ne facevano
giudici 583. Motto fatifico dato da\
per fona degna , contra le fatìre di
Salvadore 584. Era in dubbio » fé
le fatire di Salvador e fodero fue\
0 d altro compofitùre 584. Si mo-
fira dall' Autore 9 cbe le dette fatire
fono Bate in verità compofte dal Ro-
fa s^^. AtteffatodelvirtuofoPran^
cefcQ Redi > amico del Rofa < fopra
t autor delle fatii^ 58S- Cbi fen-
tiva recitare le fatirt dal. Rofa »
bi fognava cbeapplaudiffe con ifmaie >
altrimenti fi difgufiava % t lafciava
di leggerle 587. Venne a Firenze
per le nozze diCofimo ///. 588. Fu
fempre fpenditore di tutto il fuo^ ma
poi a' configli di un fervi tore fi mo-
dera ^ e incominciò ad accumulare
5 89. Affettò fempre lo fioicìfmo ,
fttditJa ebe imer^me a Gh.Batiflaf,
Ricciardi in cafa del ^ofa a quefia
propofita 590. Piacevanli molto i fi^
cbi, e per non perderli , ricusò pia
volte d'andare di là da\monti afer^
vir moki gran Principi e Signori 591,
Sepolcro di Clemente X efuo invento^
re 491.
Sepolcro in Sanea Felicita dArcmtgio^
la Paìladina del Bugiar dini » e In-^
fcrizione d Andrea Salvadori %i.
Sìgif mondo Coccapani pittore e arcbitet*
to efua vita 13^- Lafciato lo ftudia
delle lettere fi applica alla pistura
fitto la fcuola del Cigoli is^. Di^
pinfi in Roma 9 in Lucca, inFireu'*
ze, e in Siena ii%. Sua morte > e
tbefeguì 1 3 !• Ha fcritto d Arcbi^
tettura 133. Pece un Trattato del
modo a mettere Arno in canale 133*
Fece un modello della facciata del Dua^^
mo Hi. Tt'attato del modo cbe da^
vrebbe ufarfi in tempo di peSe 133*
f^len cbiammo ii maeSro del difegno >
e percbè 1 34. Lettera del Cardinal
Barberino feri tea aSigìfmonda 135.
SmSihefiro Cbi e fa 534.
Sinoone Vosboon 3 78.
Sinibaldù Scorza pittore Genovefe 154.
Siudia/ottQ Giovambatifia Paggi 154.
Snyden ptetore d tAnverfa %o\.
Stanza ufata da Andrea del Sarta 495:
Sianzone delle legne da' Pitti 333*
Stittua della Fede nel CbioSro de" Padri
. della Santi ffima Nunziata » opera, ai
AgoSin Bugiar dini 83.
Statua della Religione del fecondo Cbia^
Sro di detto Convento 95.
Statua della Carità nella grotta del Cor^-
tile de Pitti del Bugiar dini 83.
Statua del gran Miche lagnolo in cafa del
Senator Filippo Buonar ruoti 341.
Statua del Salvatore nel Ricetto della
Sagreftia di San Marco 3 41.
volle effer creduto filofofo difprezza- I Statua di Santa Maria Maddalena Pe*
tore dtlk cofg terrene S90. Cafo t nitenfe dei Hovtlli 333.
I Statua
6S^
St0tuM ielle Vtmre H Btlviiart Ht in\ €^ VigMH 394.
Gallerà 1 e dimojlnzione sliciò s^^.ì Tawa della CéfpeHa dm fi €9nfirt4no
Smu€ del Tempo del iSistdmo di Bo^ 1 # CiuftizUti , di tUfia mmo 43 1.
Mi 96, I Teed^n ^miettes 37^.
SutMe di San Peeen a San Toph d^ Teeiere Helwehec^er fitiere. Snapa^
pilaSroni della Santi fs. Nnnzèaea 95- /^^ 59^* Andò fitta la /cuoia del
Statne t medagUè e marmi intagliati fi \ Gretòer 5 93 . Afreeafa in Rema 594 .
trovano fitto terra ne' fondamenti di\ Va a Parigi e vi fa molti quadri 595.
Quadri in Ruma apprefoT Aiate Ma--
rucelliS9T. S^tiadri facri ieili^i
(^02. Qualità S Teodoro nella /r>-
eura 603,
Tièerio Tinelli 19$.
TommafoOrfoiinoJiukare. V«di Er^
Colt Ferrata 517.
Tommafo Sandrino Vrrfdam 292.
Tommafo Willeèorts 37^.
San Mietale agli Attimrit epiàofia
di morti 98*
Statue di fémmine . Vedi Anton No-
velli 339*
Statue amiche della Venerina^ Arroti-
no > a iMtatari del Talazzo deOa
TV ini tè da' Monti fi fanno portare a
Firenze , e coviefeguìjfe s%i.e$2i.
Statue e Urna pel Corpo di Santa Maria
Maddal^ Penitente in Provenza 3 3(^*
Statue in Som Michele Ver tei di 342.
Statue della Cappella di San Bafiiana di
eafa Pucci neOa Nunziata 343.
Stefano della Beliate f uà nafci tu 142.
Fece prima l' Orefice 243 . Fu Di/ce-
polo ai Gio. BatiSa Vanni , e di Cefare
^andini 243 . e 244. E^ protatto dal
Principe D. Lorenzo Aledici 9 e va a
Roma uftudiara 244. Di Roma va a
Parigi 9a pericolo oecor/ò a lui, afidi-
ber a col fola f ito storne $ e tot^a n Pi-
ranzet^^S. Pittura e Ritratto di Co^
fimo 111. a cavallo fatto da Stefano nei
Palazzo de' Titti 247. Infermità .
e morte di Stefano . tu uomo giugo,
. modtjlo , liberale > e eatriiativtrxÉ^.
Paragone di Stefano col Callotti a.49,
Uota deÙ! Opere di Stefano z$o.
Stefano Magnqfco 539«
'^•'
V
\l Alarla CaMello slZ.
Vitta di Caftello da' Grazzini 30.
Villa del Poggio Imperiula $6.
Villa delle Falla de' Guadagni 97^
Villa degli UgaUniu S. Martina a Stra^
da 106^
Villa de' Guiceiardimi in Valdipefa 1 06.
Vèlia dell^ Imperiale di Firenze ^ afcbi-^
utturaM Giulio Parigi 332.
Vincenzio Viviani% JUattematiao^ ri*
tratto.' da Monta Giufio% è molto lo*
dato 183. Lo fieffo Eaccio dei Bian -
co nella Profpettiva 3 19.
Vinci fiao Holiar 378.
Il Volterrano . Vedi Haldaffar Frante^
cefcbini 381.
T
TAiernacaU di Vie Nuova 7. DeJ/lt
Stincbet e del Palazzo del Bar-
gel/o 8. e 9. Del Oaltuzza z6i .
Mi
A P P R O VA ZIO N l.
IL Mo^o Reverendo Sig. Dotxore Luca Giu&ppe Cerracchini ji cDm«
piacerà coìk folic» fva attenauone di leggere il prdènce TSomo delte
I Vrce de* Pittori deCcrictÉ dall' erudiciflimo Sig* Filippo Balc&nuq&i » e
rtierifca fe in eflb ¥i &9 cofa akana^ benché mimala , che* poffii fm^
dire lo Ihmparfi.
Dato dìiU' Arcivereovado dif Firenze il dì 27. Settembre ftti^
Oraziù Mézza Vkéotia GemPalc.
. IttuSrsffimù 9^ e ReverencDilSSm^ Motifig. Vicarhi Generale . v
Ho obbedito a flimatiflimi comandi S^ VS. Illuflriig. è Reverènd!iffima in
rivedendo il^ pite&nK Tomo delle Vite de' Pittori» nel quale cpn tutta
foddisfazionei dell' aoimo mio ho ammirato la pró£ic»qda erud^ùonr dèi
chiariflimo fuo Autore» aeeompagnata da infinite notizie ^ ^H^ ndbiti
Profeflioni della Pittura» della Scultara e dell'Architettura appartenenti;
onde pel pubblico bene» e per ornamento degli uomini eruditi» lo giù*
dico degno delle ftampe. Di Cafa li la. Novembre 1725.
Di VS. lUuftrifs. e Reverendifs.
; Umili/s. Devotifs. Servio
. Luca Giufeppe Cerracchini
D. di S.T.neir Univ. Fior.
Stante la fopradd. relazione fi (lampi
Orazio Mazzei Vie. Getier.
D'Ordine e Commiflione del Reverendifs. P. M. Conti da Bergamo In*
quirit.Gen.delS. Ufizio di Firenze, fi compiacerà il M. R.Sig.D. A^nt.
Maria Bifcioni leggere il prefente libro della Vita de' Pittori del Sig. Bai*
diuucci» e riferire fé poflfa permetterti alle (lampe .
Dal S. Ufizio li 16 Novembre 1725.
Maejiro Fra Giufeppe ^aria Pefentida Vergamo Vie. Gen^delS. Ufizio .
Heverendiffimo Padre Inquìfitore^
Nel prefente Tomo delle Vite de' Pittori , defcritte dal già Sig. Filippo Baldi-
nucci (uomo, che ad una fingolar dottrina accompagnò fempre la vera
pietà Criftiana » come fanno piena teftimonianza tutte Taltre Opere fue»
fino al prefente ftampate ) non ho trovato cofa veruna contraria ne alla
Santa Cattolica Fede« né a' buoni coftumi; che però lo (limo degniamo
della (lampa. Ed a V. P. Reverendtffima fo umilidima riverenza .
Di V* P. Reverendifs. Dalla Libreria di San Lorenzo 22. Novemb. 1 725.
Umili fs* Devotifs. Servi fo^'c
Anton Maria Bifcioni.
Attefa la fopraddetta relazione fi (lampi
Maeffro Fra Giufeppe Maria Te f enei Vie. Gen. delS. UJizio di Firen.
Filippo Buonarroti Senat. Audit. di S« A. R»
5(^4
errori;
I 14 CT U
a tx N» étti
tt fó lent#
10» r^v abecie
zófit I» timilèro
17Ì 19 aflècond^re
a 71 II f cortfsgio
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9itt as affccondaft
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Iccoodaro
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fecondare
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cafioni
interrogazioni
lecondare
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addobbamento
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