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fflMD-SlEWffOFDjJVNICH-TOIVEHSirY
LETTERE
DI
M. PIETRO BEMBO
CARDINALE
A* Prencipi e Signori ^
e suoi Famigliari Amici scritte ^
Diviso in Badici libri.
TOLUlUrE TERZO.
MILANO
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Saila Society Tipografica ds' Glassici Italiàkz
contrada di s. Margherita, N/ Iii8«
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DELLE LETTERE
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DI
M. PIETRO BEMBO
VOLUME TERZO.
inno PRIMO.
^A Stesser (i) Ercole Strozza.
A Ferrara.
- vjhe vi debbo io dire? Io leggo é
scrivo e peoso e parlo e con voi e con
wmmmmmmL
fi) DeJlo Strozza si è fatta men-
zione ncUcL terza parte d^ fioL IL Ora
p
• •
• •
•© TOLTJME TER20>.
« altrui più sovente senza fallo alcuno dS
quello, che è da credere, che facciate yet
meco i se non per altro rispetto , alme-
no perciò, che io non ho chi così spesso-
interrompa e sturbi i miei ragionamenti e
pensieri qua, come avete costà voi. Perchè
non cangierei con gli onori di tutti cotesti
vostri tribunati e seggi , né con la turba
de^ vostri Clienti questa mìa ingToria
e solitaria vita. Se non che d'un bel sol
troppo si perde, del quale non si perde
cosi in cotesta civile e Urbana. Ma confop-
tomi, che vi dee incominciare a piacere
il viver separato, e la solitiuiiney come
fa a me , poscia che non potendola voi
andare ad usare ne* lontani luoghi, v'inge-
gnate di ritrovarla in città ne* romitori
delle Certose. Le quali se sempre fossero
di quella maniera , che furono il giorno ^
che esse ebbero voi con la Signora Du«
ehessa alle loro cene , chi non si facesse
Certosino , sarebbe da dire , che ^gli noc^
credesse nelf evangelo e nella nostra fede»
Ma basti tanto per giuoco. Voi da vero
aggiugniamo ^ che in parecchi luoghi deU
le opere di lui fu il Bembo con segna^
late espressioni lodato ^ e specialmente
nel Poema intitolato Venatio a car. i8b
della edizione di Aldo del i5«4^ in &.
LIBKO PRfMO. y
alla Signora Dachessa basciate la mano
per me , ed alla gentile .madonna Agno-
la, ed a quelle altre Donne e Donzelle mi
raccomandate , ed alcuna volta di cotesto
mondo scrivetemi due parole. Se Carlo
mandasse a me sue lettere , che prima
nelle mani vostre venissero , con le quali
vi paresse che fosse un libriccino, levate*
nelo, che fia il Properzio della Cintia, o
dategliene senza altramente mandamelo qua
giù, acciocché almeno la tardezza di que«
sto cammino ancora non me le faccia pa-
rer di negligente neghittosissimo. Non so
quale possa esser la cagione di questo in-
dugio, che dalla vostra venuta in qua non
Ilo lettere da lui. Io me ne vergogno og«
gimaì. State sano* A* 3, d* Agosto i5o3. la
Ostellato.
A Messer Bernardo Sibiena
secretano del Cardinal de Medici.
A Roma.
Ancora che io non sappia se sete ri'*
tornato a Roma, e solamente lo stimi per
conjettura ^ pure non posso tenermi dallo
scrivervi , caro e dolce Bernardo mio » noti.
tanto perchè io abbia di che scrivervi f
quanto per ragionar con voi , del quald
cosi volentieri e tante volte penso il di^
che poscia che io veder non vi posso, con**
vengo sfogare il pensier pregno per quella
via^ che jBOk à dat^^ • q[uesUL k la sQndura*
B VOLUME TEtóoJ
Quale stella, o qnaìe mia colpa non tuolé^
^ che io colà viva, dove io vorrei? Giurovi
per solo Iddio, che io non mi posso per
niente conformare e racchetare a questa
nostra o ambiziosa , o mercantile vita ;
ed a prender, come si conviene a chi in
questa comunanza dimora, i costumi della
città, e la maniera delle sue genti, in mo-
do mi siede nell' animo Tantico mio disi-
derio , si degli studj , i quali in tutto mi
toglie o la nostra universale ambizione, o
il mercatantare , che qui è in prezzo e ad
usanza , e si di quel vostro vivere cortese
e libero di Roma , che ogni di più m^ ac-*
cende e sollecita, che io il cerchi. Yorrei
potere amar questo modo * di vivere ,
che può nondimeno essere e splendido ed
illustre molto a chi vi si mette animoso e
di voglia , poscia che io dentro vi sono ;
o amando io Tozio é cotesta libertà, pò-*
terla oggimai tenere e possedere, e non
disiderarla ed agognarla sempre invano ,
come io fo , ne posso altramente fare. E
dicovi , che se io avessi maggior fortuna ,
che io non ho , o se io pure avessi tanto
meritato col nostro Signor Vicecancelliere,
<;he io certo credessi che egli avesse a pi-
gliar la protezion mia , quando io a Roma
venissi 3 né di mano la si lasciasse infino
attauto , che io non avessi modo di pò*-
terìo servire onoratamente , io noli mi pò-
trei^ contenere del venirvi , per istarmi •
per vivermi con voi. Ma U pensar^^ sa io q^^
xiBRo ramo/ §
Mik reìii^si sen^a modo di potervi dimorare
agiatamente , che potesse avvenire , che io
poco onorato e poco riposato vi vivessi, mi
ritiene in questa e suggetta e ristretta ed
a me grave e^nojosa vita mal mio grado.
Yedéte oggimai voi, quale stato è il mio,
che quello, di che io sono dovizioso, non
mi piace , ^anzi egli m' è a fastidio , e di
quello , che infinitamente mi gioverebbe ,
casso e lontano mi sento essere, senza sa^
per come giugnerlo a acquistarlo,. che mi
vaglia. Voi queste cose, che io come a mo
stesso vi scrivo , non ragionerete con per*
sona, traendone sempre il Si^or Ticeoan-*
celliere, a cui nessuna parte /del mio animo
voglio che sia nascosa giammai. Aspetta
disiderosamente quella contezza de' beneficj
di San Giovanni » che m avete promessa ,
e vorrei , se potesse essere , che non s' in-
dugiasse per voi a mandarlami. Il vostro
Capitolo , che voi la Fogliólosa chiamate,
anco aspetto quando che sìa. Che vi deb-
bo io dir più? Scrivetemi^ vi priego, spes«-
ao, se volete che io coi^ alcun refrigerio
viva , che nessuno altro piacere ho , cha
quello y che mi vien di| cQteste contrade.
A Monsignor Reveren. Ticecancelliere ba«
acierete la mano per me, e me umilmen-
te raccomanderete. Se còl Signor non meu
mio, come dite, che vostro. Monsignor
de* Medici farete il simigliante , cii^ mi fia
molto caro. Abbracciatemi il Magnifico ,
/
So VOLUME TERZO.'
é State sano. A' 29. d'Agosto i5o5« Di
Vinegia..
A M. Bernardo Biblena.
A Roma.
^ Ebbi le vostre lettere, e poco appres-J
éo cbiamato dalla Sig. Ducb. andai ad Ur«
bino, e trovai che S. S. avendo avuto no-
vella che '1 Vescovato di Padovja era stato
Conferito a M. Reveren. Vicecancelliere ,
àvea scritto a S. Sign. pregandola della
pensione per me. Ne potean le lettere es-
sere ancora in Bologna, che s'intese;, come
a Vinegia il Vescovo di Vicenza T avea
avuto. Perchè poco mi pare che avanzi
J)ià o a lei di scrivervi sopra ciò , o a me
di pensarvi. Di quella Badia, della quale è
data la riserva , pazienza. E buòna pezza ,
the io non so quello, che avvenuto sìa
del benificio della croce, che si dovea
spedir fin quando 10 da voi mi dipartii ,
la supplicazion del quale fu smarrita, e poi
non istava bene. Io Tavca oggimai dimen-
ticato per non ve ne dare altra noja. Ma
Madonna Emilia questi giorni ricordandol-
mi ha voluto che io ve ne scriva. Non
V* incresca farmene due parole. 11 mio (i)
\ •••
{}\ Il Sonetto dee essere quello che
incomincia : Mentre il fero destiu mi toglie
\
^.
Sonetco che vi piaccia ^ m è caro , e piA
ancora m^ è caro ciò ^ che io veggo
che voi con diligenza notate le cose mie;
Se non che troppo tempo e parole spen*
dete in pregandomi che io a male non
abbia lo essere avvertito e ripreso da voi;
Il che tutto è soverchio. Anzi non potete
vói farmi piacere alcnno maggiore , che
senza un rispetto al mondo dire a me
quel tutto , che io so , che voi vorre-
ste che io a voi dicessi in somigliante
caso e con quella medesima sicurea^za»
Ebbi lettefe da Brescia , nelle quali Mad.
Alda mi scrive , che scrivendovi , io la
vi raccomandi. Al Grasso tanto più mi
raccomanderete , quanto più stimo che mi
bisogni. Conciossiacosaché dal partir suo in
qua per nessuna via, né per nessuna sua
lettera scritta ad Urbino io mi possa [esse-
re accorto , che egli si sia una sola volta
ricordato del suo Bembo. Ma in ogni mo«-
do abbracciate] mi stretto, se tuttavia fatta
-^i verrà il poteirlo abbracciare. A M. Ce*
«are ed al nostro degli amici suoi più ve^
ri dimentichevole Frisio mi raccomanda
per le mille, ed al mio Conte Lodovice
-^r— «
e vieta , nel quale V Autore gli dimandò
la luna di bronzo^ com€ a suo luogo luni
ffomente dicemmo.
/
'ia rotvjnt temo:
a CUT non incomincio pure ora ad essere
^bWi^ato. Al vostro e mio Sig. Cardinale
de' Medici renderete quelle grazie del suo
dolce e cortese animo nelle cose mie^ che
sono a tanto debito convenienti. Che voi
facciate per me quello^ che farebbe mio
fratel Bartolommeo, se egli in luogo di voi
fbsse , sono io <^osi certo , che non fa me-
sliero che me ne diate a parole testimo-
nianza. Anzi mi fido io e riposo cotanto
neir amor che mi portate ^ che per Dio
per Dio e un' altra volta per Dio , se voi
non foste in corte , io mi starei d'una ma«
ia voglia. Ne ho sostegno alcuno più dol^
ce a' miei gravosi pensieri, i quali di vero
non sono pochi , né più sodo e fermo di
voi , sopra 1 quale più s' appoggia il mio
animo , che non s' appoggiano ora le mie
braccia sopra questa tavola , alia quale
adagiato vi scrivo. Se il cielo cosi a voi
darà modo di poter giovare a me-, come
io spero di sollevarmi un di per vostra
mano .dal ' giacimento , nel quale ora so*
no, assai agevolmente e voi ed io diverrem-
mo contenti* Ma [non più. Amatemi e sta-
re sano. A' 5. di Febbrajo i5o6. Di Castel
Durante.
i '
/
LIBRO PRIMO. l3
Zd M. Bernardo Bihiena.
A Roma.
Per lettere dell' Arcivescovo dì Saler-
no ho inteso , che le mie lettere e prime,
e seconde , assai tardo vi sono venute alle
mani , che m* ìncresce e per cagion vostra
e per mia, che ne aspetto disiderosamente
risposta , ed oggimai ella tarda troppo a
venire. Non so-se le mìe otto lettere v'han--'
no smarrito, e se temete più voi la fatica
della penna in una scrittura, che io non
fo io nelle due , parendovi poter poco gua«4
dagnar meco in questa parte , come è ve«
ro : basta bene se mi superate in un* altra
forse di maggiore importanza a questo tem«
pò 9 nel quale ella è in Roma prezzata più
cho altro. L'ufficio , che disideravate dalla
Sig. Duchessa , come vi scrissi , per questi
sei mesi non si può avere , perciò che era
già promesso a colui , che V avea avuto gli
fiei mesi passati secondo usanza. Aretelo
forniti questi. E cosi è segnato nella lista
a quel vostro amico , che la Duchessa lo
impetrò dal Signor Duca a vostro nome, o
feceue far nota, acciò che al tempo pec
dimenticanza non fosse dato ad altri. Avete
gran cagione di far caso di queste Madon-
ne r una e V sdtra , perciò che molto mol<»
to sete amato e tenuto caro ed in buon
conto dalle loro Signorie. Quantunque io
l4 rOV^VOR TERZO*
«ia certe che lo sappiate senza mio testi-'
nìonio. Né altro per questa , state sano. A*
38. d^ Agosto lòo'j. Di Urbino.
ji M. Bernardo Bibiena.
ut Roma.
Accetto r assoluzione , che mi date aI->
r obbligo 9 che io avea con voi , di rispon-
dere doppiamente alle vostre lettere. Ma
non ve ne voglio molto ringraziare , che so
io avete fatto non meno per fuggir fatica
voi , che per levarla a me. Pure in ogni
modo ve ne ringrazio. Di Gennajp e della
beatitudine, alla quale credete, che io pos-
ta essere intromesso, se sarò a Roma, e
dieir amico , che vi scrissi, che la disidera^
Va, non ha uopo rispondere altro. Se non
che io vi priego a visitarlo alle volte senza
sconcio vostro, ed a farvi più suo ancora,
che non sete» D'Agosto (i) che sia caldo^
(i) Sotto questo nome^ e sotto glial^
tri^ che si trovano sparsi nella presente let"
ura , e nelle segg. scritte al Bibiena y ce-*
lanosi suggetti particolari , i quali V Au^
tore non volle che fossero palesi ^cosicché a
noi si rendono impossibili anche le oon^
ghietture^ senza die II Bembo favellando
di non so chi^ e per celarne il nome chia*
mandolo Topazio scrive allo stesso Bibie"^
LIBRO PB.IHO* l5
e dell* Aurora che sia fredda , più mi do<*
glio^ cbe io mi maravigli. Pro dell* uno, e
danno e vergogna dell'altra. A Faustina ììq
fatta la vostra ambasciata, vi ringrazia del-
r amore che le mostrate. Per lei non man*-
rherà, che V opera non vada innanzi , se
per altri non mancherà , dico per chi sape-
te che è ritroso. Increscemi che amore v'as-
sassini più che mai, poiché non potete pef
ora trovare altro scampo alle insidie sue^
che quello delle lettere y che se pure gU
occhi alle volte vi soccorressero, meno per
avventura ne stareste male. Io sono vie più
gagliardo di vói , che arci molte cagioni di
far le pazzie, e non le fo* 11 Topazio si
mostra più che mai acceso di quel fuoco ^
che io vi ragionai, e fanne -molte dimo3 tra-
zioni, che sono a colui certo sopra moda
care, ma non si lascia però portare piik
oltra, che ove si dee. Che Cimba sia aa«
na nella lettera in data de i6f. di Dicem^
bre le parole che seguono: Gu>^date come
scrivete di questo Ihpazio , che agevolmen*
te se ne potrebbe venir in lume% Siatene
avvertilo. Conviene per tanto lasciare H
pensiero dC inutilmente affaticarsi per sape^
re cosa significhino i nomi di Aurora^ di
Agosto, di Gennajo, di Cimba ^ di Topa«
zio, di Penelope ed altri rie^ quali il Bem^
bo pose tanta cura per non essere inteso*.
i6 VOLUME TSU^ò!
corata, mi duole. La -Navicella Terrebbe Vo^
leatieri nel mio porto, se ci si potesse ve^
Dire senza sospetto de^ G)rsali » che sono
alla guardia , spero ad ogni modo che ella
ci verrà j venendo Io saprete. Quel vostro
amico 9 che amò' Ipp. e fu amato, da qui
innanzi a vera nome M. perciQcchò quello
altro nome è troppo inteso, ed in questo
sarà COSI vicino ad N. nelle scritture, co*
me essi sono negli animi loro. Mad. Du^
chessa vuole andare airAvernia, sev*ande-
rà le farò compagnia e passerò ad ogni
modo alla Patria vostra, per vedere il nido
di tanto ingegno , il quale doveva essere ii
maggiore amico , che io avessi , ma non
voglio dire più oltra. Amatemi ad ognì'mo-
do , e scrivete spesso , caro il mio Bernar-
do , che non potreste credere quanto io
riposo e m' acqueto nelle vostre lettere, hm
raccomandazioni ove bisognano* Al prima
di Settembre iSoy. Di Urbino.
ji M» Bernardo Bihiena.
A Roma.
Jeri intendendosi qui la risoluzione di
quelli tre Vescovati Cremona, Vicenza e
Padova , e che Vicenza restava a Monsig.
Reverendiss. Vicecanc. parve a Mad. Du*-
chessa di richiedere a S. S« la promessa gii
fattale qui della pensione mia sopra detto
Vescovato. U perchè essa gli scrive assai
y
LIBKO WllMO. 17
baldamente, come Tederete. E scrive anco*
ra a voi , che diate le lettere a Monsig.
fteverend. ed aggiugniate a favore dei desi-"
derio suo quelle parole e quella instanzia ,
the vi parerà bisognevole ed opportuna so-
pra ciò. Scrivevi ancora che preghiate la
Navicella a dare ajuto a questa impresa^,
non volendo sua S. lasciare parte alcuna
non tentata , perchè questa cosa abbia buon
fine. Io non sono per dirvene altro, perchè
so che non bisogna , se non che e Mad«
Duch. e Mad. Emilia ed il Sig. Ottaviano
il quale infinitahiente divìderà questo suc-
cessoy ed io ancora, speriamo tutti insieme
senza dubbio alcuno , che IVIons. Reven non
se ne tirerà a dietro, massimamente a que-
sto tempo , che gli è tocco più fortuna da
questa parte, che esso peravventura non
isperava* Il perchè non gli deverà esser gra-
ve questo picciolo incarco. Ben vi priego,
che se sua Sig. vi darà buona risposta, fac-
ciate che la espedizione della bolla , o di
quello che se ne averà a fare, si faccia
tosto , e senza indugio più che si può. E
di questo vi stringo e gravo , per tutto quel-
lo amore che^ mi portate. Farmi che ab-
biate assai largo campo di parlare sopra
ciò e per la occasione presente , e per la
caldezza della Duchessa , non voglio dire
per altro rispetto, in modo che se ora non
otterrete quello per me , che si cerca , io
ed altri ne rimarremmo ingannati. Ottenen*
Bembo Voi. VII. :a
mB volume tsrzo:
dòsi io aro la staaza Romana più onorevor
]e, che io non esumava ^ il che potrà gio-
vare a' nostri comuni pensieri non poco»
llimetto il tutto air amore ed siila- pruden-
zia vostra. Aspetto con disiderio sapere in
che sarà riuscito il favore di Penelope per
la lettera scritta al Gh. che ne sto con pas-
sione. Se foste sì valente uomo , che espe-
diste e Tuna e T altra di queste bisogne ,
o come potremmo sperare d'aver in parte
dato principio alla tela delia nostra quiete.
Darete ricapito allo alligato libro, ai^a'Re*
veren. patroni nostri mi raccomandate, e
non siate cosi scarso delle vostre lettere a
ehi le disidera cosi caldamente. A^ 9. di
Settemb. iSoy. Di Urbino.
^ M. Bernardo Bibiena:
A Roma.
•
Il Conte Lodovico Taltr^jerl mi scris»
se ^ che mostrando egli con M. Fabrizio
aver nuova commissione dal Sig. Duca e
dalla Signora Duchessa sopra le cose mie,
esso M. Fabrizio gli disse, che a lui basta-
va 1* animo, se io^ voleva , di farmi elegge-
te dal Gran Maestro, e dalla religione nel
priorato di Cipri dappoi la morte del pre-
sente Priore, e che credea farmi venire det»
ta elezione in brieve tempo. Aggiugnendo
ehe là Religione avea ottenuta una boiU
derogante ad ogni riserva fatta, eccetto queU
le del Conclavij sicché io gli dicessi quel^
lo, die esso avesse a fare in questa male*
via , che io 'Vederei , che dove esso ha il
«apere , non gli manca il volere. Io .gli. ri-
sposi jermattina, che sono a Venezia leggi,
che vietano lo impetrar henificio di qualun-
que guisa vivendo il possessore. Il che è
fatto, perchè non si procuri la morte altrui;
€ però , che io non cercherei questo . per
niente. Ma hene arci caro^ che M. Fabrizio
Hii facesse da Rodi venire una riserva di
ducati tremila generale sopra i primi bene-
fic) vacanti nello stato Tiniziano. Il che cre^
dea che dovesse a lui di pari difficultà, o
facilità essere j e pregai il Conte a disporr
re S* S. a questo fare. Priegovi vediate aes*
«ere col Conte e con T Arcivescovo^ e
provvedere che si tenti questa cosa, e se
ne faccia o^ni possibile. Perciocché se io
avessi questa riserva » credo sarebbe agevo-
le cosa farla confermare dal Papa. Il che
fatto quanto mi potesse e dovesse esser caro,
voi ve lo potete stimare. Quando M. Fab*
&on venisse cosi gagliardamente a questa
cosa 9 vedete di tener qualche via , che gli
%* accresca volontà* Di qua averò quelle leo-
tere , che bisogneranno. Voi costà avete il
fteveren4issimo Vicecancelliere , che pure
credo se ne scalderebbe alquanto, dico con
M. Fab. o con iscrivere a Rodi. Avete ol-
tra qoestvNerbona, che anco perav ventura
agevolerà la cosa appresso il Zio voleniier
j». Al quale se bisogueri; «ìlha di qua si scri-
va, fate che io lo sappia, 4tppresso questo
/
20 VOLUME TERZO ^
direte al Conte Lodovico che se Isi vedrà;
che faccia a proposito, prometta a M, Fab.
quello che esso vuole , e che somma gli
parerà spediente di pensione , in caso che
la riserva abbia esecuzione, o di quella par-
te* che a lui parerà, che io in ogni tempo
gliene farò onore. Vuoisi tenere molto si-
lenzio sopra questo negozio, per li rispetti
che sapete. Renderete infinite grazie al Conte
Lodovico per me, che vedo che ha molto ani-
mo e molto disiderio del ben mio. E basti. E
air Arcivescovo mi raccomandate , ancora
che non faccia mestiere. Aspetto con disi-
derio risposta della pensione di Vicenza ,
la quale se verrà , come si spera , mi farà
più agevole la stanza Romana, alla quale
mi pare ogni di uno anno , che io dia in-
cominciamento. Il Sig. Prefetto venne quat-
tro di sono qui per le poste. Sta bene , 9
fa carezze e buonissimo viso al mio Ma-
gnìfico. La vostra Plasma vi si raccomanda
assai, con la quale molto spesso di voi si
ragiona , da chi vorrebbe che voi foste in^
grazia di tutto il mondo tanto quanto sete
con M. b almeno di Panuzio. Qui si dubi-
ta che le lettere*, che vi porta ora il Sig.
Enea de' Pii della Illustrissima Signora Du-
chessa di Ferrara , v' abbiano a tener , su-
perbo quindici giorni. Però guardatevi, che
non si dubiti del vero. Io non ho già ca-
gione alcuna d* insuperbirmi io ^ che mille
anni sono non ne ho avuto niuna. State sa-
LIBRO PRtMO. 21
no c per Famor di Dio hoa fate tanta pe-
narla delle vostre lettere, chef tosto tosto
iacomincierò a chiamarvi ingrato q disamo-*
revole. A' nostri Reverendissimi basciate la
mano per me. A* 1 3. di Settembre iSoy,
Di Urbino.
, J[ Messer Betnardo Bihiena.
A Roma.
Ho da rispondere a dne vostre di sa.'
e di 24- Incomincierò adunque dalla primie-
ra. Iscusovi del silenzio , che avete tenuta
meco molti giorni, poscia che avevate cosi
possente cagione da farvi scordare ogni al-
tro pensiero. E con N. mi rallegro della
ricuperata sanità di Virgìnia , riprendolo
tuttavia di quella sua così rìgida disposi-
zióne, se colei moriva. Così si può pecca-
re troppo essendo amorevole , come essen-
do poco. Duolmi del pericolo d^aver gran- '
de bastonata degli allumi , nel quale è il
nostro M. Agostino , e dìsiderogli sopra
modo buon &ne. Della cosa di !Vf. Fab. ;
il Conte me né dà buonissima speranza.
Il perchè a me pare quello ^ che pare a
voi , che 5e ne debba fare fondamento. E
cosi farò , e per meglio poter fare e que-
sto e altro , io delibero d* essere questo
Ottobre, o almeno questo Novembre, a
Roma , se io ne dovessi volgere il mondo ,
sottosopra. Il Conte senza Mio alcuno fa
per me tutto quello che può ^ ed amoire-
^2 VOLtnHS T«nteC#
Tolissimainente vi s' adopera e vi pens» , ^
mi sollecita al venire alla corte; il clic,
acciocché noi fia più agevole , e* mi pro-
mette la stanza di Pavia, che è sotto Bel-
vedere, la qual cosa soprammodo m* è ca-
ra , sì perchè sarà la stanza gentile e eo«
medissima e vicina al palazzo, e sì perché,
come dice il Conte , vedendomi il Cardi*
naie in casa sua, gli parerà esser tenuto 'a
favoreggiarmi. Questo , quanto alla prima»
Quanto alla seconda dico, che i ringrazia*
menti vostri d^ intorno air ufficio promesso
al vostro amica, Mad. Duchessa leggendo-
quella parte della vostra lettera, se gli ha
fatti essa stessa, e dice che fate bene a
conoscervi e chiamarvi voi stesso Fojano,
ma che sete tuttavia Fojano gentile. Mad.
Emilia medesimamente ha letta queir altra
parte aspettante alla trama dellosura , e
molto ve ne ringrazia , e restane soddisfat-*
tissima, ma dice non esser per questo pia
vostra , di quello che ella era prima , la
cosa non uscirà in luogo dove possa alla-
gare, non ne dubitate. Al Mng. T ho eo«*
municata , come volete. Che Gennaro sia
pure ancora freddo, non è da maravigliarsi*
A me piace* assai, che vi abbiate fatto chia-
ro quello , che era dubbioso fra noi. Ma
se IO vengo a Roma, o esso si potrà mutar
di volontà, a a me potrà avvenire noq br«
sognarmi lo entrare in quella beatitudine.
Te ne rendo molte grasrie. Questa vostra
lettera è stata si cortes^ , che ella m'ka
ristorato tutto Y affanno della tardità vostra
passata nello scrivere. Quanto m*è piaciuta
quella parte dove dite, che l'Aurora è tut-
ta in -voler la corniola. Quanto quella altra
della Filosofia de' denari. I\la ella riuscirà
come dite in barrcria, non per altro, sq
non perchè credo non siate voi più avven-
turato di quello, che io mi sia io. La Na-
vicella è stata nel porto con grande fe^ta
e piacer di IM. e suo. Sopra la qual cosa
mi dice N. che quando sarà con voi , vi
ragionerà una navigazione che fu non me-
no dilettevole che maliziosa. Le vostre rac-
comandazioni ho fatte tutte. Rendovene al«
trettante raddoppiate. Ecco il fine del mio
rispondervi alla seconda vostra. Ora m' a<
vanza dirvi, che perchè M. si confida assai
poco nel favore de* suoi , alla venuta e
dimora che esso farà nella città di Panu-
zio, non tanto perchè essi non possano
molto , quanto perchè non vogliono potere
affine, che a lui bisogni ritornare ad esser
Denajo , esso priega e strigne , e quante
può grava N. a pensare di trovargli qual*»
che fondamento di* qualità , che ibasti iì
tenere quella sua stanza in pie fiaattamo
t:lhc alcun Dio lo ajuti , o per via della
cosa -che si cercava da Tidco, o per quel-
ta , che si cerca da orientft , o per alcuna
altra maniera ,^' che lo ingegno di !^. /accia
nascere. Perciocché vada, Cfime può, esso
tuole esser vicifio a ^Panuzio in og^ai modo.
i6 voLtnn tsu^ò!
corata, mi duole. La Navicella Terrebbe to^*
leatieri nel mio porto, se ci si potesse ve*
Dire senza sospetto de* G)rsali , che sono
alla guardia , spero ad ogni modo che ella
ci verrà; venendo Io saprete. Quel vostro
amico 9 che amò Ipp. e fu amato , da qui
innanzi averà nome M. perciocché quello
altro nome è troppo inteso, ed in questo
sarà COSI vicino ad N. nelle scritture, co^
me essi sono negli animi loro. Mad. Du*^
chessa vuole andare airAvernia, sev*ande-
rà le farò compagnia e passerò ad ogni
modo alla Patria vostra, per vedere il nido
di tanto ingegno , il quale doveva essere ii
Maggiore amico , che io avessi , ma non
voglio dire più oltra. Amatemi ad ogni'mo^
do , e scrivete spesso , caro il mio Bernard
do, che non potreste credere quanto io
riposo e m' acqueto nelle vostre lettere. Lo
raccomandazioni ove bisognano* Al primo
di Settembre iSoy. Di Urbino.
ji M» Bernardo Bihiena.
A Roma.
Jerì intendendosi qui la risoluzione di
quelli tre Vescovati Cremona, Vicenza e
Padova , e che Vicenza restava a Monsig.
Reverendiss. Vicecanc. parve a Mad. Du*-
chessa di richiedere a S. S« la promessa già
fattale qui della pensione mia sopra detto
Vescovato. Il perchè essa gli scrive assai
y
LIBKO WllMO. 17
fidamente, come Tederete. E scrive anco*
ra a voi , che diate le lettere a Monsig.
fleverend. ed aggiugniate a favore del desi«
derio suo quelle parole e quella instanzia ,
ehe vi parerà bisognevole ed opportuna so-
Sra ciò. Scrivevi ancora che preghiate la
lavicella a dare ajuto a questa impresa^,
non volendo sua S. lasciare parte alcuna
non tentata , perchè questa cosa abbia buon
fine. Io non sono per dirvene altro, perchè
80 che non bisogna , se non che e Mad«
Duch. e Mad. Emilia ed il Sig. Ottaviano
il quale infinitahiente dividerà questo suc-
cesso, ed io ancora, speriamo tutti insieme
senza dubbio alcuno , che Mons. Reven non
se ne tirerà a dietro, massimamente a que-
sto tempo , che gli è tocco più fortuna da
questa parte, che esso peravventura non
isperava* Il perchè non gli deverà esser gra-
ve questo picciolo incarco. Ben vi priego,
che se sua Sig. vi darà buona risposta, fac-
ciate che la espedizione della bolla , o di
quello che se ne averà a fare, si faccia
tosto , e senza indugio più che si può. E
di questo vi stringo e gravo , per tutto quel-
lo amore che( mi portate. Farmi che ab-
biate assai largo campo di parlare sopra
ciò e per la occasione presente , e per la
caldezza della Duchessa , non voglio dire
per altro rispetto, in modo che se ora non
otterrete quello per me , che si cerca , io
ed altri ne rimarremmo ingannati. Ottenen?;
Bembo Voi. VII. :a
*a4 rùujìfÉ TSKzo:
Molto m* ha pregato sopra ciò caldaiujenfef^'
che io ve ne scriva. Cosi adunque fo. Il
che se a lui verrà fatto, spera che possiate
insieme con lui tosto cantare : Non jam
amplius vivenws , sed i^ivimus. Pensateci ,
pensateci , q scriveieoìi qualche cosa , che
io gli abhia a dire. Amatemi e 'state sano»
Antonio Maria e Cola vi si raccomandano.
Voi mi raccomanderete a Monsig. Vostro
Reveren. ed a quegli amici co' quali vi ver-
rà bene poter fare questo ufficio , e sopra
tutto a voi stesso , il mio dolcissimo soa«
vissimo amantissimo Bernardo. A' %Q* dì
Settemb, iSoy. Di Urbino.
A Messer Bernardo JBibiena.
A Roma.
Tornaij jerisera da Padova. Mio paH
dre^ il quale è stato molto grave, sta bene^
lammi imposto, che come io sia a Roma ,
.o raccomandi molto diligentemente a Mon-»
àgnor Reverendissimo vostro. Uno degli
:ntensi disiderj suoi è veder la casa vostra
liei suo primiero stato. Trovai le vostre
de\ 3o. del passato, alle quali non fa biso-
gno di molta risposta. Ringraziovi delF uf-
ucio fatto con Rosa. Della Vigna di Mon-
signor di Pavia vedo ancora quanto scrive-
te. Tcv da me pensava , quellp che pensate
ancor voi , che più ? Delle nuove di qua
<ial Conte sarete inforpjiato a pieno, il qua-.
1(81 ne Jha lunga je ^particolare, informazione
tat^tiO PRIMO* 3$
ila Mess^f Cesare: però mi taccio. Solo vi
dico che chi possendo star cade tra via ^
Degno è s che mal suo grado a terra
giaccia. Del parente d' oriente , me ne so-
no riso tra me. O come la fortuna governa
alle volte bene queste cose. Salutatemi M«
Marco Cavallo, e pregatelo, che sia conten-
to di fare , che io veder possa qudlli suoi
nuovi nonetti , che dite , che me ne farete
piacer singolare. Al Beroaldo dite, che si
sono smarrite alcune sue lettere,, che ve«
vivano da M. Niccolò Tepolo ed a lui mi
raccomandate. Al mio cortese e valorosa
Arcivescovo per le mille, so^che io erro a
non gli scrivere ora, ma non ho tempo. E
cosi al mio Conte. State sano. Per lo primo
Eoi più allungo. A' i3. di Novembre iS^y.
>i Urbino.
A Messer Bernardo Bihiena.
uà Roma»
Se io vi raccomandassi le cose del Si-^
gnor Conte Gio. Frane, da Gambara , so
io, che mi direste assai peggio, che moc-*
cicone e smemorato. E se io noi fo, si po-
trà credere , che io non le abbia a cuore ^
abbiate pacienzia « e tenetemi per quello ^
che voi volete , che io ve le voglio racco-
mandar tanto , quanto ìq v' abbia mai in
alcun tempo raccomandate le mie. Pier-
frane, viene a Roma per le bolle della
xiaunzia della Badia ;^ che è stata buona
46 VOLtTMK TMCSEò!
crorata, mi duole. La I^avicella T^trebbe yo^
lentieri nel mio porto, se ci si potesse ve«
Dire senza sospetto de* Corsali , che sond
alla guardia , spero ad ogni modo che ellA
ci verrà j venendo lo saprete. Quel vostro
umico ^ che amò' Ipp. e fu amato, da qui
innanzi averà nome M. perciocché queliti^
altro nome è troppo inteso, ed in questo
sarà cosi vicino ad N. nelle scritture , co«*
me essi sono negli animi loro. Mad. Du^
chessa vuole andare airAvernia, sev^ande^
rà le farò compagnia e passerò ad ogni
modo alla Patria vostra, per vedere il nido
di tanto ingegno , il quale doveva essere il
Kiaggiore amico , che io avessi , ma noa
voglio dire più oltra. Amatemi ad ognimo^
do, e scrivete spesso, caro il mio Bernar-
do 9 che non potreste credere quanto io
riposo e m'acqueto nelle vostre lettere. Lo
raccomandazioni ove bisognano* Al primo
di Settembre iSoy. Di Urbino.
Jl M» Bernardo Bihiena.
A Roma.
Jeri intendendosi qui la risoluzione di
quelli tre Vescovati Cremona, Vicenza o
Padova , e che Vicenza restava a Monsig.
Reverendiss. Vicecanc; parve a Mad. Du-
chessa di richiedere a S. S* la promessa già
fattale qui della pensione mia sopra detto
Vescovato. Il perchè essa gli scrive assai-
/
LIBRO MllMO. 17
fidamente, come Tederete. E scrive anco*
fa a voi , che diate le lettere a Monsig.
Reyerend. ed aggiugniate a favore del desi-:
derio sao quelle parole e quella instanzia ,
che vi parerà bisognevole ed opportuna so-
Sra ciò. Scrivevi ancora che preghiate la
[avicella a dare ajuto a questa impresa*,
non volendo sua S. lasciare parte alcuna
non tentata , perchè questa cosa abbia buon
fine. Io non sono per dirvene altro, perchè
80 che non bisogna , se non che e Mad.
Duch. e Mad. Emilia ed il Sig. Ottaviano
il quale infinita Aliente dividerà questo suc-
cesso, ed io ancora, speriamo tutti insieme
senza dubbio alcuno , che Mons. Reven non
se ne tirerà a dietro, massimamente a que-
sto tempo 5 che gli è tocco più fortuna da
questa parte, che esso peravventura non
isperava* Il perchè non gli deverà esser gra-
ve questo picciolo incarco. Ben vi priego,
che se sua Sig. vi darà buona risposta, fac-
ciate che la espedizione della bolla , o di
quello che se ne averà a fare, si faccia
tasto , e senza indugio più che si può. E
di questo vi stringo e gravo , per tutto quel-
lo amore che( mi portate. Farmi che ab-
biate assai largo campo di parlare sopra
ciò e per la occasione presente , e per la
caldezza della Duchessa , non voglio dire
per altro rispetto, in modo che se ora non
otterrete quello per me, che si cerca, io
ed altri ne rimarremmo ingannati. Ottenen^r
Bembo Voi. VII. a
36^ voiMiÉ rtiMùS
<f Ippolito: il àecoado deir Aurora. Mi giu-
ra* che non gli vorrebbe perdere per si vo-
glia' gran cosa: Vorrebbe che ne diceste
lÀia j^arola a sue fratello. Io vorrei bea
dirtfj ^he io aspetto da voi avviso di mol-
tè cose, ma se io non Tho di nulla, come
roterò io di hiélté èose? Voi mi castigate.
Mk io mt he vendicherò, che ho mille
o6«e bèlle' da scrivervi , e non ne voglio
s<^v^e tnez^da onà. Ebbi T altro di una
piècéVolìsàl epistola del Beroaldo scritta nel
voì^trò camerin'o, che gli ebbi invidia. Ri-'
sp^nderogli come io possa. Se vorrete ve-
dere nna mia nuova figliuola , V Arcivesco-
vo-di Salerno ve la potrà mostrare. ;Prie-
gòvi Vedetela prima che alcuno altre , e
5<«;rivetemelie minutamente il parer vostro.
Dtyvvi licenza ancora , anzi ve ne stringo ^
cli\é la emendiate. L* alligata a Terpandro.
Tutto il mondo saluta Terpandro, e gli
ricorda a tosto ritornare , siccome fu la ^ua
piH>messa. Al mio Onorato Messer Giulio
Tomarozzo dite che mi raccomandi. Voi'
al Beroaldo , ed a* miei Gentilissimi Por-
cari* A* 2. di Decembre iSoj. Di Ur-
biao. ^
A M. Bernardo Bihiena.
5 A Roma.
* Jersera ebbi la vostra de* 3o. del passa-
to y tarda cotfie- vedete 5 ma cara e dolce
cojtté^ fnii^sog[tioxto essere tutte le vostre e
tanta pia, quanto io le ho più rare, che
sapete, che voluptates cammendat rarior
usus. Come che io ne sia poco coatenco{^
che vorrei molto più tosto cedere ogni di
vostre lettere^ f d ogni di avervi a ri»ppi^4^rf
re, che non le vedere se non cosi di radotl^
Se r amico .vostro da Cesena non si trovò
scrìtto nel libro degli uGficj , fu. per traco-^.,
taggine di M* Jer. Staccoli , al quale la Sig^ ^
Duchessa avea- dato commissione ;<Jie . ve io
Sonesse. E se. ora v' è scrìtto Terzo^: pomo >
ite, non vi caglia, che questo .ordine('di.>
primiero o secondo, non è guardato. La Sig;» ^
IDuchessa vuole, che lo abbiate, secondo >
che ella v* ha promesso , subito dopo que«^
sto che Tha ora, e dice, che ella sarebbe
uccellata vie più che T amico vostro, sa
esso non lo avesse. Averete con questa una i
lettera di Sua Eccell. sopra. ciò, la quald ^
più ha caro far cosa che vi piaccia , che
non avete voi d^ esser compiaciuto. Sicché
potete dire . ali* amico vostro che . ^tiaf -
eoa r animo riposato , e non ne dubi-
ti • Pìacemi assai quel capitoletto della <;
vostra lettera, dove scrivete che io vi per-f-
doni se voi mi date troppa briga. O bel
trovato. Le nuove della Cimba, e della idro-
pica mi sono care^ e della nuova plasma
d'Oriente, rendovene grazie, e priegovi a
non tacermi tutto quello , che sapete , che
io intenderei volentieri. Il Topazio si jmo«
stra più caldo che mai^ onde >p io vi di:- ^
fiessi^ cjie Al, $ia freddo^ nop meicrodet^e^ v^
3à VOLXJME TERZOJ
egli 8* e alquanto riscaldato , quantuncfue
egli si guardi da me , né vuole , che io ìù
scopra. Tuttavolta non òredo né anco, che
mollo fuoco lo^ arda. Ma stimo che col To»*
pazio esso ne faccia maggior sembiante^
che non é nel vero. Sono tra loro avvenu^
te certe cosette ^ che gli hanno ingelositi ,
non senza qualche gravezza deir uno e del*^
r altro. Lilia è il Secretano di M. in tutt(^,
e del Topazio in buona parte. Ma non su
il Topazio che esso da M. sappia cosa del
inondo. Ringrazio il buono ^nimo de' Rev^»
rendiss. Vincola ed Urbino di voler far ga^
gliardamente T ufficio di buoni patroni per
me con N. Sig. che certo m'c carissimo
averlo inteso, e voi per mio nome bascia*
tene le mani alle loro Signorie. A me par^
non potere avvenire che io non vìnca uà
di questa dura fortuna mia, essendo io Bota-
to il patrocinio loro. E perchè come ave-
rete inteso , non bisognerà per questo con*
to ^ che essi prendano fatica , saranno con«
tenti di riserbare questo buono animo loro
ad altra stagione. Voi mi dite ^ che io ho
grande obbligo al Conte Lodovico da Ga^
mossa, il quale oltre airoperare per me cal-
damente , non cessa di ricordare a voi é
ad altri tutto quello, che è da fare in be-
Bificio mio. Sappiate che buoni di sono,
che io so d'avere al Conte obbligo infinito,
se merita infinito obbligo uno infinito disi-
derio e studio del bene altrui, ed in tutto
eètei orbo 9 se io non vedessi il sole. Spero
se io non fornisco molto tosto i miei gioi>«
ni y che esso non solamente saperà , che
io SO9 che cgU procura dihgentissimamente
il ben niio, ma ancora conoscerà essersi
adoperato per animo meritevole d* essere a««
mato da lui più , che mezzanamente. Per^
che Agnolo tornerà indietro con un Mulo ,
mandatemi quelli pezzi antichi , ebe io vi
lasciai 9 che sono una tavoletta rotta eoa
figure di basso rilievo , ed una testolina
d' alabastro d'uomo, ed una di marmo di
Tauro , ed una figurina di bronzo. Rispon^
dete a Madonna Duchessa sopra le cose
mie. Vedete la mia canzone » che io man^
dai ali' Arcivescovo ed emendatela , e seri*
vetemene il parer vostro» Amatemi il mio
caro e dolce e amorevole Bernardo. A' 9»
4i Dicemb. iSoy. Di Urbino.
A M. Bernardo Bibiena.
A Roma.
La vostra lettera comune a tre noi i
tanto m' ha fatto ridere 9 che ancora non
jni posso racchetare, e sono quattro di
che V abbiamo ricevuta. E questo m è av^
venuto per cagione di WL Cesare, il quale
eairò in tanta collera del modo, col quale
a lui solo scrivete , parendogli ^ che meno
riverenza a lui si portasse da voi, che agli
altri , e che forse non si conveniva , che
non volle, ohe Mad. Duchessa leggesse la
^2 VOttlWS TEtiTOw
volissimamente vi s' adopera e vi pensa , e
mi sollecita al venire alla corte; il clie^
acciocché nai fia più agevole , e* mi pro-
mette la stanza di Pavia , che è sotto Bel-
vedere , la qual cosa soprammodo m' è ca-
ra , si perchè sarà la stanza gentile e co«
modissima e vicina al palazzo, e st perchè,
come dice il Conte , vedendomi il Cardi-
nale in casa sua, gli parerà esser tenuto a
favoreggiarmi. Questo , quanto alla prima.
Quanto alla seconda dico, che i ringrazia*
menti vostri d^ intorno ali* ufficio promessa
al vostro amica, Mad. Duchessa leggenda
quella parte della vostra lettera, se fili ha
fatti essa stessa , e dice che fate bene a
conoscervi e chiamarvi voi stesso Fojano ,
Dia che sete tuttavia Fojano gentile. Mad.
Emilia medesimamente ha letta queir altra
jmrte aspettante alla trama dellosura , e
incito ve ne ringrazia , e restane soddisfat-
tissima, ma dice non esser per questo pia
vostra , di quello che ella era prima , la
cosa non uscirà in luogo dove possa alla^
gare, non ne dubitate. Al Mng. T ho eo-
municata , come volete. Che Gennaro sia
|>ure ancora freddo, non è da maravigliarsi*
A me piace' assai, che vi abbiate .fatto chia-
ro quello , che era dubbioso fra noi. fifa
se io vengo a Roma, o esso si potrà mutar
di volontà, a a a>e potrà avvenire non bi-
sognarmi lo entrare in quella beatitudine*
Ve ne rendo molte grasie. Questa vostm
lettera è stata si cortes^, che ella lahsk
tistorato tutto Y affanno della tardità vostra
passata nello scrivere. Quanto m^è piaciuta
quella parto dove dite, che l'Aurora è tut-
ta in voler la corniola. Quanto quella altra
della Filosofia de* denari. IMa ella riuscirà
come dite in barrcria, non per altro, s9
non perchè credo non siate voi più avven-
turato di quello , che io mi sia io. La Na-
vicella è stata nel porto con grande fe^ta
e piacer di M. e suo. Sopra la qual cosa
mi dice N. che quando sarà con voi , vi
ragionerà una navigazione che fu non me-
no dilettevole che maliziosa. Le vostre rac-
comandazioni ho fatte tutte. Rendovene al-*
trottante raddoppiate. Ecco il fine del mio
rispond4;rvi alla seconda vostra. Ora m* a«
vanza dirvi, che perchè M. si confida assai
poco nel favore de* suoi , alla venuta e
dimora che esso farà nella città di Panu«
zio, non tanto perchè essi non possane
molto, quanto perchè non vogliono potere
affine 9 che a lui bisogni ritornare ad essex
Denajo , esso priega e strigne , e quanto
può grava N. a pensare di trovargli qual'
che fondamento di- qualità , che |basti ift
tenere quella sua stanza in pie finattamo
che alcun Dio lo ajiiti , o per via della
cosa -che si cercava da Tideo, o per quel-
Ìa , che si cerca da oriente , o pep alcuna
altra maniera ,•• che lo ingegno di N. /àccia
nascere. Perciocché vada, Cf>me può, esso
vuole esser vicino a ^Panuzio in oyai modo«
rouauÉ TEKzo:
Molto m* ha pregato sopra ciò caldamenler^'
che io ve ne scriva. Cosi adunque fo. H
che se a lui verrà fatto, spera che possiate
insieme con lui to^ro cantare : Non jam
amplius vivemus , sed i^ivimus. Pensatìeci ,
pensateci , e scrivetemi qualche cosa , che
io gli abbia a dire. Amatemi e 'state sano*
Antonio Maria e Gola vi si raccomandano.
Voi mi raccomanderete a Monsig. Vostro
Reveren. ed a quegli amici co* quali vi ver-*
rà bene poter fare questo ufficio, e sopra
tutto a voi stesso , il mio dolcissimo soa«
vissimo amantissimo Bernardo. A' ZQ* ài
Settemb* i5oy. Di Urbino.
A Messer Bernardo Blbiena*
A Roma.
Tornai! jerisera da Padova. Mio paH
^ drC;, il quale è stato molto grave, sta bene^
bammi imposto, che come io sia a Roma,
.0 raccomandi molto diligentemente a Mon-»
ùgnor Reverendissimo vostro. Uno degli
intensi disiderj suoi è veder la casa vostra
liei suo primiero stato. Trovai le vostre
de^ 3o. del passato, alle quali non fa biso«
gno di molta risposta. Riugraziovi delF uf-
ficio fatto con Rosa. Della Vigna di Mon-
signor di Pavia vedo ancora quanto scrive-*
te. Tcv da me pensava , quellp che pensate
ancor voi , che più ? Delle nuove di qua
dial Conte sarete informato a pieno, il qua*,
le ^ejha lunga e ^particolare, informazione
litfiiiO PRIMO* sS
da Mess^r Cesare: però mi taccio. Solo vi
dico che chi possendo star cade tra via ,
Degno è ^ che mal suo grado a terra
giaccia. Del parente d' oriente , me ne so-
do riso tra me. O come la fortuna governa
alle volte bene queste cose. Salutatemi M«
Marco Cavallo, e pregatelo, che sia conten-
to di fare, che io veder possa quelli suoi
nuovi nonetti , che dite , che me ne farete
piacer singolare. Al Beroaldo dite, che si
sono smarrite alcune sue lettere,- che vé«
vivano da M. Niccolò Tepolo ed a lui mi
raccomandate. Al mio cortese e valorosa
Arcivescovo per le mille, so^che io erro a
Bon gli scrivere ora, ma non ho tempo. E
cosi al mio Conte. State sano. Per lo primo
poi più allungo. A' i3. di Novembre iS^y.
j3i Urbino.
ji Messer Bernardo Bihiena.
uà Roma*
Se io vi raccomandassi le cose del Si-^
gnor Conte Gio. Frane, da Gambara , so
io, che mi direste assai peggio, che moc-*
cicone e smemorato. E se io noi fo, si po-
trà credere , che io non le abbia a cuore $
abbiate pacienzia « e tenetemi per quello ^
che voi volete , che io ve le voglio racco-
mandar tanto , quanto io v' abbia mai in
alcun tempo raccomandate le mie. Pier-
frane, viene a Roma per le bolle della
rinunzia della Badia ;^ che è stata buona
!i6 voLtar-MK TsRZd;
cosa per lo Conte. So che ne sentirete pi a^*
cere più che mezzano. Questi di s' è fatto
qui gravisìsimo rjimmarico della infititiità
del nostro M. Àgostin Ghisi ^ che s* iotcn-^
deva, che era senza rimedio mortale* Que-
sta mattina poi abbiamo respirato alle nuo-
ve del miglioramento, Priegovi non vi sia
grave, visitarlo per mia parte, e rallcgrar*
vene seco _, ed a lui raccomandarmi. Se
it) vi dicessi quanto incres^eva e doleva
qui il suo pericolo , forse lo credereste
difficilmente 5 quantunque sappiate quanto
si gentile e valoroso uomo merita , che
ognuno si doglia del suo sinistro, non che
della sua morte. Aspetto di più cose vostre
Jettere. Deh Dio, e perchè ne sete divenu-
to còsi avaro? basterebbe che voi foste
scrittore Apostolico, ed aveste tutte le bol-
le di Roma nelle mani da scrivere , si
poco attendete alla scrittura delle lettere
agli amici. Basciatemi Terpandro. A Mons.
Vostro Rev. mi fate raccomandato. A M-
Giulio , a M. Luigi , al Grasso , a voi
stèsso. A' 26. di Novemb. iSoy. Di Urbino.
M. ha comunicato lo heu heu suo e del
Topazio con Lilia. E non vuole da qui in-
nanzi, che alcuna particolarità sua gli sia
nascosa j M. mi ha pregato, che io ve lo'
scrìva. 1
tniKo FRua. 27
A Messer Bernardo Bibiena.
A Roma.
Io non posso più portare in pace il
vostro cosi lungo silenzio, ne posse far <li
meno , che io con voi non me ne doglia*
Oggimai sete divenuto troppo più disamo-
revole ^ che io mai amorevole non v^ ho
estimato. Ahi Fojano Bernardo^ che tanto
mostra amar gli amici , quando gli vede ^
poscia quando essi gli sono lonuni, npn
se ne ricorda più. Men male sarebbe* al-
quanto meno accarezzarli , e così in ogni
lampa in ogni stato mostrarsi loro sempre
ad un modo, che oggi esser di fuoco nel-
la benivoglienssa ed amistà loro, domani
di ghiaccio e di neve. Ma io non voglio
andare più oltra rammaricandomi^ che il
danno sarebbe più mio, che vostro. Con-'
ciossiacosachè voi poco curate di mÌQ
affanno ^ ed jo ragionaìadooe più e piùi
mi cuoi;o e tormento. Il Mag. mi dice f
-che io da sua parte vi scriva, che se per
caso M. Agostin Ghisi morisse , che Dio
nel guardi , esso vi ricorda ^ «che essendo
egli questo anno a Roma, gli diede due
anelli , un Diamante in tavola con due
F. F. nel fondo , e una Plasma con una
testa dì tutto rilievo con due alette f che
può esser la vittoria. Il primo fu dono
22 VOttlWS TEMiO#
voUssimamente vi s' adopera e vi pens» , ^
mi sollecita al venire alla corte; il clie^
acciocché nai fìa più agevole, e' mi pro-
mette la stanza di Pavia , che è sotto Bel-
vedere, la qual cosa soprammodo m' è ca-
ra , si perchè sarà la stanza gentile e eo«
modissima e vicina al palazzo, e st perché,
come dice il Conte , vedendomi il Cardi*
naie in casa sua, gli parerà esser tenuto 'a
favoreggiarmi. Questo^ quanto alla prima*
Quanto alla seconda dico, che i xingrazia«»
menti vostri d^ intorno ali* ufficio promesso
al vostro amica, Mad. Duchessa leggendo-
quella parte della vostra lettera, se gli ha
fatti essa stessa , e dice che fate bene tk
conoscervi e chiamarvi voi stesso Fojanoy
Dia che sete tuttavia Fojano gentile. Mad»
Emilia medesimamente ha Ietta quelF altra
parte aspettante alla trama dellosura ,
molto ve ne ringrazia , e restane soddisfat-
tissima, ma dice non esser per questo pia
vostra , di quello che <^lla era prima , la
cosa non uscirà in luogo dove possa allar-
gare, non ne dubitate. Al Mng. The eo^
municata , come volete. Che Genuafo aia
pure ancora freddo, non è da maravigliarsi*
A me piace* assai, che vi abbiate fatto chia-
ro quello 9 che era dubbioso fra noi. Ma
se IO vengo a Roma, o esso si potrà mutar
di volontà, o a a>e potrà avvenire noq hi"
sognarmi lo entrare in quella beatitudine*
Ve ne rendo molte grasie. Questa vostra
lettera è stata si cortes^, che ella m^hsk
ristorato tutto Y affanno della tardità vostra
passata nello scrivere. Quanto m^è piaciuta
quella parto dove dite, che l'Aurora è tut-
ta in voler la corniola. Quanto quella altra
della Filosofia de* denari. IMa ella riuscirà
come dite in barrcria, non per altro, S9
n'on perchè credo non siate voi più avven-
turato di quello, che io mi sia io. La Na*-
vicella è stata nel porto con grande fe^ta
e piacer di M. e suo. Sopra la qual cosa
mi dice N. che quando sarà con voi , vi
ragionerà una navigazione che fu non me-
tti» dilettevole che maliziosa. Le vostre rac^
tomandazioni ho fatte tutte. Rendovene al-*
trettante raddoppiate. Ecco il fine del mio
mpond4;rvi alla seconda vostra. Ora m* a«
vanza dirvi, che perchè M. si confida assai
poco nel favore de* suoi , alla venuta e
dimora che esso farà nella città di Panu*
zio, non tanto perchè essi non possane
molto, quanto perchè non vogliono potere
àfnnCf che a lui bisogni ritornare ad essex
Denajo, esso priega e strigne, e quante
può grava N. a pensare di trovargli qual-
che fondamento di- qualità , che |basti ii
tenere quella sua stanza in pie finattamo
the alcun Dio lo ajiiti , o per via della
cosa -che si cercava da Tideo, o per queL-
fa, che si cerca da oriente , o per alcuna
altra maniera ,'' che lo ingegno di ^. /àccia
nascere. Perciocché vada, come può, esso
vuole esser vicino a ^Panuzio in oj^^i modo«
^4 roujìfÉ TEKzo;
Molto m' ha pregato sopra ciò caldanuenftf^'
che io ve ne scriva. Cosi adunque £o. Il
che se a lui verrà fatto, spera che possiate
insieme con lui tosro cantare : Non jam
amplius vivemus , sed i^ivimus. Pensateci ^
pensateci , e scrivetemi qualche cosa , che
io gli abhia a dire. Amatemi e 'state sanq*
Antonio Maria e Cola vi si raccomandano,.
Voi mi raccomanderete a Monsig. Vostro
Reveren. ed a quegli amici co* quali vi ver-
rà bene poter fare questo ufficio, e sopra
tutto a voi stesso , il mio dolcissimo soa^-
vissimo amantissimo Bernardo. A* ZQ^ di
Settemb. iSoy. Di Urbino.
A Messer Bernardo Blbiena.
A Roma.
Tornai! jerisera da Padova. Mio pa-H
drej, il quale è stato molto grave, sta bene^
bammi imposto, che come io sia a Roma,
.0 raccomandi molto diligentemente a Mon-»
àgnor Reverendissimo vostro. Uno degli
intensi disiderj suoi è veder la casa vostra
Sei suo primiero stato. Trovai le vostre
de* 3o. del passato, alle quali non fa bìso^..
gno di molta risposta. Ringraziovi dell* u£«
ficio fatto con Rosa. Della Vigna di MoQ-.
signor di Pavia vedo ancora quanto scrive-
te. Te da me pensava , quellp che pensate,
ancor voi , che più ? Delle nuove di qua.
dal ContQ sarete informato a pieno, il qua-,
le ne Jha lunga e ^particolare informazione
LtBàO PRIMO* aS
Aa Mess^ Cesare : però mi taccio. Solo vi
dico che chi possendo star cade tra wa ^
Degno è y che mal suo grado a terra
giaccia. Del parente d* oriente , ine ne so-
no riso tra me. O come la fortuna governa
alle volte bene queste cose. Salutatemi M«
Marco Cavallo, e pregatelo^ che sia conten-
to di fare, che io veder possa quelli suoi
»uovi monelli, che dite, che me ne fareto
piacer singolare. Al Beroaldo dite 9 che si
sono smarrite alcune sue lettere ,. che ve**
Bivano da M. Niccolò Tepolo ed a lui mi
raccomandate. Al mio cortese e valorosa
Arcivescovo per le mille, so ^ che io erro a
non gli scrivere ora, ma non ho tempo. E
casi al mio Conte. State sano. Per lo primo
Eoi più allungo. A' i3. di Novembre iS^y.
^i Urbino.
A Messer Bernardo Bihiena.
A Jloma»
Se io vi raccomandassi le cose del Si-^
gnor Conte Gio. Frane, da Gambara , sa
io , che mi direste assai peggio , che moc-
cicone e smemorato. E se io noi fo, si po-
trà credere, che io non le abbia a cuore ^
abbiate pacienzia ^ e tenetemi per quello ^
che voi volete , che io ve le voglio racco-
tnandac tanto , quanto io v' abbia mai in
alcun tempo raccomandate le mie. Pier-
frane, viene a Roma per le bolle della
rinunzia della Badia ^ che i stata buona
2f6 voi.ifME terzo;
cosa per lo Conte. So che ne sentirete pia-*
cere più che mesizano. Questi di s* è fatto
qrii gravissimo rammarico della, infìtitiità
del nostro M. Àgostin Ghisi , che s* inten-*
deva^ che era senza rimedio mortale- Que-
sta mattina poi abbiamo respirato alle nuo-
ve del miglioramento. Priegovi non vi sia
^rave, visitarlo per mia parte, e rallcgrar-
vene seco ^ ed a lui raccomandarmi. Se
io vi dicessi quanto ìncres^eva e doleva
qui il suo pericolo , forse lo credereste
difficilmente 5 quantunque sappiate quanto
sfl gentile e valoroso uomo merita 5 che
ognuno si doglia del suo sinistro, non che
della sua morte. Aspetto di più cose vostre
lettere. Deh Dio, e perchè ne sete divenu-
to còsi avaro? basterebbe che voi foste
scrittore Apostolico, ed aveste tutte le bol-
le di Roma nelle mani da scrivere , sì
poco attendete alla scrittura delle lettere
agli amici. Basciatemi Terpandro. A Mons.
Vostro Rev. mi fate raccomandato. A M.
Giulio ^ a M. Luigi , al Grasso , a voi
Stesso. A' 26. di Novemb. 1607. Di Urbino*
M. ha comunicato lo heu heu suo e del
Topazio con Lilia. E non vuole da qui in*
nanzi, che alcuna particolarità sua gli sia
nascosa j M. mi ha pregato, che io ve lo-
scriva.
LIBRO FKIHO. 27
A Messer Bernardo Bihiena.
A Roma,
Io non posso più portare in pace il
vostro cosi lungo silenzio, ne posso far 4Ìì
meno , che io ^on voi non me ne doglia*
Oggicnai sete divenuto troppo più disamo»
revole ^ che io mai amorevole non v^ ho
estimato. Ahi Fojano Bernardo^ che tanto
mostra amar gli amici , quando gli vede ^
poscia quando essi gli sono lontani, npa
se ne ricorda più. Men male sarebbe- al-
quanto meno accarezzarli , e cosi in ogni
tempo in ogni stato mostrarsi loro sempre
ad un modo, che oggi esser di fuoco nel-
la benivoglienza ed amistà loro, domani
di ghiaccio e di neve. Ma io non voglio
andare più oUra rammaricandomi^ che il
danno sarebbe più mio, che vostro. Con-'
cìossiacosachè voi poco curate di mio
affanno , ed jo ragionandone più e pia.
mi cuovo e tormento. Il Mag. mi dice f
<lxe io da sua parte vi scriva, che se per
caso M. Àgostin Ghisi morisse , che Dio
nel guardi , esso vi ricorda ^ che essendo
egli questo anno a Roma, gli diede due
anelli , un Diamante in tavola con due
F. F. nel fondo , e una Pla^nla con una
testa di tutto rilievo con due alette f che
può esser la vittoria. Il primo fu dono
r
'4^ TOLUME TEUO.
g|io , che ella mi tolga eziandio il potervi
<^n lettere visitar qualche volta, e fiirvi
certo , che da aleniti primi iragionfmenti ia
qna ^ che 1 mio BfL Niccolò Frisio ebhe
meco di voi , sempre vi sono stato affezio-
nato E vero , che nuovamente si m* hanno
acceso molte cose , che di voi mi scrive
sovente esso Frisio , e tra le altre Y amore
che dice essermi da voi portato, che non
ho voluto rattener la mano di correre a
questa penna, ne ho potuto j la qual mano
consapevole degli affetti del cuore vi rende
sicuro, che io grandemente desidero e che
conosciate, che io sono già cosa vostra ^f
e che ne facciate ancor me conoscente*
Ciò sia 9 quando vi degnerete comandarmi ,
dove mi sentiate buono a servirvi, e pia-
cervi. Alla qual cosa fare grandemente vi
Edego. State sano. A^ 3o. d^ Ottobre i5o5«
^i Vinegia.
ji M* Giulio Tornarono.
A Roma»
Di molte cose mi sento, valoroso M.
Giulio mio , al nostro cortese Frisio tenu-
to , e di ciascuna grandemente, ma nel ve-
ro di nessiina tanto, anzi pur non di tutte
insieme senza fallo alcuno, e perdonimi
egli, quaiito io gli sono dello avermi egli
fatto conoscer voi. La qual cosa quantunr
que io stimassi già da prima per lo suo.
testimonio., jdp verm^ esse^Oi. grumosissima
>*
LTBno secondò: 4^^
eara , del cai diritto giudicio aveva io peir
lo addietro vedute molte prove, pure tutta
via le vostró eleganti ed uùiaiifiìsimè e doI«
cissime lettere da me nuovamente ricevute
hanno fatto in maniera , che io ora molcd
maggior tesoro conosco avere in voi guada-
gnato, cbe nella mia dianzi credenza ed
ìstimazion non era. Il quale conoscimento
di quanta soddisfazione ed allegrezza mi
sia, più agevolmente si può pensare, che
ìsprimere o ragionando o scrivendo. Perchè
al buon giudicio vostro ed alla prova degli
anni vegnenti lasciandolo per ora non ne
dirò più oltra. Ma al dono delle dieci me-
daglie , che mi fate , venendo , senza fino
vi ringrazio della vostra molta cortesia , sr
perchè segni sono ed immagini della antica
memoria , della quale ogni parte • somma*
mente mi suole, come dite, dilettare, e^i
perchè sono elleno belle assai , e per ^
stesse dono grande e gentile. TerroUe adun-
que per queste cagioni care , e vie più an-
cora , perchè vengono da voi e sono pri^
mier testimonio della nostra amistà. Le vo*
stre animose offerte non rifiuto. UseroUe
eziandio , quando me ne verrà mestiero ,
tuttavia tanto più confidentemente , quanto
voi v' arete presa di me sicurtà, ed usato-
mi e operatomi a guisa di vostro non solo
buono amico , ma ancora buon fratefUo. '
Arete con queste lettere i miei Asolani ^ i
quali vi mando non già perchè abbiate voi'
cosa^'làhló luètitr di stàire ìk si' caro Idógoi^'
,4
ma perchè non ho io pegno più caro . d%
mandarvi a stare , che questo parto. £ pu^
re voglio , che a mia soddisfa^one alcuna
cosa delle mie vi stia. State sano. A^25« 4i
Novembre i5o5. Di Yìnegta.
jil Sig. Gilberto da Carpi.
A Roma.
Non ha voluto la mia sventura, Illasfr.
Sig. mio, che V. & sia venuta a Roma a
questo tempo ultimo, che io vi sono stato, ma
vi ci ha mandato subito, che mi vide par-
tire, per farmi tanto maggiore la invidia. U
che lasciando da parte ^ poi che altro fare
tLKHfL se ne può, dlegromi con Y. S. e di
questa venuta sua in Ronia , che quella
che sommamente suole a me piacere ,
credo ancora che a lei piaccia, cioè quella «
tlUnza e dimora , e della qualità di questa
venuta, poi che vi veniste mandato da sì gran-
de Re. E se le cose ^ che trattate , succe-
deranno secondo il disìderio vostro, tanto
più me ne rallegrerò, e sentirò buona
parte del piacere e dell* onore e comodo
vostro ancora io forse al pari di qualtmque
altro ^ che ciò disideri* In questo mezzo \
abbraccio V. S. con questa lettera 9 ansi
pure con tutto il cuor mio. Delle cose mie
non ho che scriverle; Mio padra e tatti i
miei stanno bene. Io« se V. S. non si par-«
tira questi due mési da Roma^ la spero
vedere eosti ^ se ptire si partirà^ ìa Urbino;
At non penso,, che toraando^ non siatd
per far qtiesta via. Il Signor Duca è nel
letto, ma con poca gravezza. Mad. Quche»-
sa e Màd. vostra consorte stanno benissimo.
Piaccia a Y. Sig. di raccomandarmi in
buona grazia di Monsignor Reverendissimo
di Claromoat ed a voi stesso , quanto
fa mestiero. A* a8. d^ Agosto iSo'y. Di
Urbino.
A M. (i) Latin Giovenale^
A Roma.
Bene dimostrate in ogni luogo ed in
#gni tempo d'amarmi , Cortesiss. M. "Latin,
«aio, quando non av^te voluto che a me
lungamente stiano |celati i prosperi success
si delle cose vostre, e massimamente quel-
li, de' quali per T amore, che io meritevo-
lissimamenie vi porto ^ potevate stimare
N
(i) // Giovenale amicassimo del Ben^
ho fu Legato di Paolo III. appresso la
Bì^mbblica di Venezia , ed ottenne ^pa*
recchi impieghi prenvirosi, dalla Sede Apo^
gtoUca. Ebbe grido di buon Letterato , ed
alcune sue Rime furono dall' Atanagi puih-
hUeate nel Tomo L della sua raccolta*
funno menzione di lui il Toscano nel Pe-
pliis lulìae, i/ Lampridio ne suoi versi
koMjedakn. .
4^ TOLtrane ' rteso.
che io fossi di^deroso di sentir naorty
per quello che a Roma mi ' ragionaste
Xféir ultimo partir mio, alla fuggita. Rea-
dovi adunque * di còsi cortese ufficio molta
grazia , e rallegromi con voi della conser-
vazione del vostro canonicato altreHanto,
Soanto faccia Anton Maria vostro y che
'allegrezza non può capere nella pelle*
Appresso priego le stelle , che non cosi
scarsamente vi donino per lo innanzi delle
cose^ che la fortuna ha in man sua, come
fatto hanno per lo addietro; ma ve ne fac-
ciano tanta parte, quanta s* acconviene alia
vo!«(ra molta virtù, e quanta alla cortesia
del valoroso e gentile animo vostro è ri-^e
chiesta. Le nuove, delle quali mi date '
avviso, mi sono state gràtissime. Perchè viì*
priego , che non vi rincresca usare questa:
officio delle altre volte. Delle cose , che.L
qui sono , poco vi posso scrivere altro , se
non che si ride , si scherza , si giuoca , si
l>urla, si festeggia, si studia, si compone
eziandio alle volte* Se io avessi più tempo,
che ora non ho , di questo ultimo eserci-
zio vi manderei con questa il testimonio
d' una bella canzone nata questi giorni di
|kf. Baldassarre Castiglione mio. Farcito un'ala ;
tra volta. Amatemi e basciate la mano per
me a Mons. vostro Reverend. del quale*
sono ora maggiormente servo per questa,
cortesia usata con voi , ed al mio onorato
M. Persio Malvezzo mi raccomandate senza
fine, e salutatemi il vostro Casanova. S(ate
séno. AT g^ dì Settembre i5o6. pia che in
freiu. Di Urbiao.^ '
' ji M. Latin Juvenale»
, Avendo io questa mattina per lettere
di , costà inteso V. S. esser appresso N.
Sìg. ia buono stato 9 ed avere già da S.
Sant. ricevuto^ un dono di ducati cinque-
cento d* entrata 9 ho di ciò preso quel pia-
cere , e quella allegrezza sentita 9 ohe si
cottTÌene air antica e pura e grande nostra
amistà , e die io so , che Y. S. in ogni
tempo arebbe fatto d*alcuna prosperità mia;
|>a]iàidomi essere a parte con voi di co«
tèsti .giustissimi avanzi e delle vostre one-
stissimer e lietissime feste. Di che con Y. S.
mi rallegro di tutto il mio cuore. E tanto
fb . questo ufficio più volentieri , quanto
spero per cosi vivo argomento già vedutosi
ddlla pronta cortesia di S. Beatitudine ver-^
so voi, che tosto siate per Ricevere dalla
sua. larghezza . doni e grazie molto, maggiori,
le quali giugnere e venire a Y. S. noa
potranno senza mia poco mei^o che pari .,
soddisfazione e contentezza. Lodato né ara .
fff. Sig. Dio 9 che in cotesta ci'eazione ha
insieme col vostro bene eziandio quello
dèHa Cristiana Rep. e di tutto U mondo
procacciato. Di che corno che io mi sia
questi di per lettere con Sua Saut. raUe«
• i f
Bembo VoU
5o rohimm TsàiEO.
grato • y. Sig. mi farà grafia a rallegrar^
sene ella ancora più pienamente e più
afFettuosamente a nome mio, e hasciarle
il Santiss. e Beatiss. pie in mia vece.
State sano. A' 2$. di Ottobre i534« Di
Padova.
"jé M. Latin JuvenaJe*
A Roma.
Forse non piglierei altrettanta confideii^
«a con alcuno 9 che oggi in Roma viva,
quanto pìglio con Y. Sig. conoscendo Fa-
more e buono ed antico , cbe ella mi poiv
ta. Con questa confidenza M. Carlo Gttal*
teruzzi mio cariss. Compare e da me da
fratello amato , isporrà a Y. Sig. un nna
antichissimo disiderio. Il quale se Y. Sig.
potesse trarre a fine , gliene sarei tanto
tenuto , qttanto non basto a dire. Elss%
darà fede a M. Carlo, e sopra ciò ne ffr*
rà, quanto alla sua prudenzia ed amorevc^
lezza parrà di dover fare ; alle quali due
grandi e bellissime sue virtù raccomanda
il mio predetto antico disiderio e pensiero^
Y. Sig. stia sana e felicissima. Al i6. di
Novembre i534. Di Padova.
^ M. Latin Juvenale.
jt Romn.
So che iù non basterò a rendervi
convenevoli grazie della umana e piena
d* amore e di dolcissimo affetto lettera vi>-
«tra. Tuttavia, quali vaglio e posso 9 le vi
rendo, e tanto ancor pin, quanto è nuova
cosa quella, che ho veduta in voi, la quale
non si suol gran fatto vedere oggi tra gli
acumini. E questa è , che nessuno avveni-
knento di fortuna o lontananza di tempo
ha potuto in parte alcuna mutare il con-
stante animo vostro nella nostra di cotanti
anni amicizia e carità i -siccome dalle vor
«tr^ parole, che so che di mezzo il vostro
cuore uscite sono, ho chiarìssimamente ve*
dttio. Le proferte che mi fate, io le ricevo
•ommamente volentieri. PorroUe ad opera ^
Quando me ne verrà roccasione. Ben vi
priego , che siate contento basciare il pie
a N. Sig. deir onorato brieve, che S. Sant*
a* è degnata mandarmi in risposta delle
sue lettere* Il qual brieve ù vede che
proviene da quel dotto e grande e grave
animo di S. Beatitudine* Io . ne le rendei
immortali grazie, e spero che anco il.mon«
do averà tosto ancora egli da rendergliene
molte, ed i letterati uomini particolarmente
perawentura sopra tutti. Pregherò N. S.
Dio per la lunga vita sua. Che stimo altro
non bisognarci* AL Carlo Gualieruzzi nostro^
S2 TOLininc nnzo*
e piacemì che voi cosi il chiamiate, m*ha
scritto lungamente dèi ragionamento fatto
con voi , del quale voi mi toccate nelle
vostre lettere. Siate di tutto ringraziato im^
mortalmente. {State sano , ed amatemi , cod-
ine fate. A* 26. di Movemh. i534* Di Pa<t'
dova.
ji itf . Latin Juvenale
Nunzio di N. S»
ji P^inegia.
Non so, qual nuova io avessi potute^'
sentir più volentieri , che udire che V. S»^
sia venuta a Yinegia. Onde ho voluto cim
queste poche righe visitarla e salutarla ed
abbracciarla con Tanimo, quanto più affet^
tuosamente posso , facendogli intendere.,
che io voglio ad ogni modo venire ad ab-
l>racciarla costi. E però la priego a famù
sapere per questo mio , che io le mando
a posta, quanto ella stima dimorare in Yi-
negia.* acciocché io possa diliberar del
quando. In questo mezzo ella piglierà que-
ste poch^ cose è deboli, che io le man*^
do, e le .goderà per amor mio. Stia sa-
aa V. S. Agli 8. di Decemb. i535. Di Pa-
dova.
1^
jÌ Messer Latin Juvenale*
A Vinegia,
Piacemi^ che Y. S. sia per venir qui*
L'aspetterò disiderosameate. La quale si
degaerà venire alla sua antica stanza, dico
. antica, perciò che io sono antico amico di
y« S. E perchè maestro Girolamo da Ogob-
Lio m* ha detto non so che del Signor
Ricciardo , se Y. S. conosce il Signor Ric^
Ciardo ed è suo amico, prima, che mio,
io li concedo fare in ciò, come li pare;
Ma se io sono vostro, e voi mio di molli
anni avanti, per Dio Y. S. non mi faccia
questa ingiuria» Aspetto Y. S. ad ogni mo*
do^ « cosi la priego e stringo e scongiuro
a fere. A cui in questo mezzo mi racco-
mando. A* i3. di Dicembre i534« di Pa-,
dova.
A Messer Latin Juvenale*
A Vinegia.
»
Ho avutO; i due sonetti vostri, che
l^ndemente mi soi^o piaciuti. Ne ringrazio
Y» S. con la quale mi rallegro della sua
singolare eloquenzia. Perciò che io ho in-
teso , che Y. S. ha così maravigliosamente
soddisfatto a* quella ;SigDoria nello ringra-
ziarla del pos&esso donato , che ciascun di
quelli padri aoa s;i può soddisfar di ladar^
54 rÙhVmK TEHBO.
)a e portarla insino al cielo. Cosi f9nu9
gli uomini valorosi 9 che certo in corie e
in ogni luogo a questo tempo son pochiw
Se pòsdomane partirete ^ N. S. Dio v' aq*
compagni. Ma di grazia correte poco , e
conservatevi non solo a R S. ma anca alla
casa e famiglia vostra. Abbracciando eoo
tutto! cuore V. S. farò qui fine a qiM»
Sii pochi versi. A* 29. di Dicemb. lòS^r
Di Padova.
«
^ M, Latin Jiu^énale^
ui Roma*
La lettera vostra venutami dalla focir
della Sequana e dall' Oceano Gallico y mi
fti più cara, che sé ella da Roma mi fosse
venuta, in quanto ti ricordarvij voi di me
in quel luogo, e tra quelle cose grandi ,
le quali operavate a nome di N, & .mVA
stato argomento non leggiero dell'amor che
mi portate* rendovene moke grazie. ,L*altra
lettera, che dite avermi scritta da Romani
io non rho avuta. Resto soddisfatto deiro«
pera vostra con N. S, Aspetterò , ch'e ven-
ga quel tempo^ nel qua! dite, che si {)otrà
Sperare alcuna cosa d'intorno al Priorata
Ungarico. £ se verrà, fie bene. Se neo
verrà, non me ne darà mólta noja. Ho fatile
}e salutazioni vostre tutte da quella dèUa
Signora Mad. Brigida infuori[, le quali are«
te fatte più comodamertite voi stesso- costi ^
dov^ ^Ua è venuta. Gli altri iatù vi :naa!!{
iiiBBo afiGonDo; $S
lutano e vi si raccomaadaao Da M. Carlo
àtete inteso quello ^ che s* era or4ioato di
supplicare a N* S. per me seo2a voi , non
creaendo, che voi cosi tosto doveste tornare.
Ora , che sete in Roma , non mi stenderò
in pregaryi a volervi disporre di spendere
alqnanto della vostra autorità per me in
(Questo mio gran bisogno. Gbe so non es-
sere in parte alcuna necessario il mio prie-f^
go con voi, il qual sempre sete pregato
dair amore antico, che tni portate, e da
quello, che sapete che io a voi porto* E
pure tuttavia Ve ne priego. Manderò in ese-
cuzione il ricordo (i) vostro di mandar
fuori i mìei brievi. Come che la bene-
detta istoria 9 che nelle mani ho , mi tiene
assai occupato. Ma rimetterò og;ni cosa per
fornir questa. Slate sano cariss. ed amantiss*
M. Latin mio. A'i3« di Giuguo* i535. Di
Padova.
^■MMka«W^MMMMM«.«aiM*«*Mii^k«aaaaaiMMaiMMMMaMMMa*Mr
[i] Leggasi la lettera con cui il Bem^
ho dedicò £ suoi Bre\^i a Paolo IJL, e si
éipparìrà chiaramente , che egli per lo sti*
molo di Latino Giovenale diede quel libro
aUa luce ^ spinto dalle ragioni m lui ad^
dottegli y le quali in essa Intera ^onm dìf-^
fiésanientg di^a/iimatf.
^
5Ò TOLtJ»£ TXBZO.
A, M. Latin Jia^^nale%
A Roma,
Se io assai tardo piglio questa peona.
in roano per rendervi grazie dell* opera ^o*
atra posta a beneficio mio con N. S. per la
quale io bo da S. Santità impetrato più di
quello 9 cbe io desideraya sopra le cose di
Villa nuova y scusimene la sicurtà , cbe an*
ticaménte io con voi bo , per cagion della
?uale a me pare non potere errar con voi»
lome cbe con Tanimo le vi bo cumulatisi
aimamente rendute molti giorni sono , quan-
do io da prima intesi da AI. Carlo nostro^-
quanto -voi v'eravate in ciò per me fatica-
to e sollecitato amorevolmente. Ma come ve
lé renderò, io caro il mio M; Latino, di ma»
niera , cbe basti a quello , cbe io di ciò
tenuto vi sono ? In nessun modo. Percioc-
cbè non possono le parole soflicienti esse-
re di fatto , quando esso avanza eziandio il
pensiero. Percioccbè ia non pensai mai tan-
to di favore e di cortesia ricevere, qunnto
n' bo ricevuto. E posso dire , che più bo
da voi e da quegli altri Signori, che aju«
tato m' banno , avuto che io non ho disi-
dorato d' avere , dico in questa parte della
Badìa. Sarà dunque peravventura via meglio
cbe io mi taccia, e serbi nelV animo T ob-
bligo , cbe io ve ne sento , che pormi a
scrivervi, per dirne poco^ e poveramente
LIBKO 8ZC0ND9» Sy
lingravianrene. Come che sia, io v* abbrac-
cio afteKionatissimamente con T animo, e
priego N. S. Dio, die ve ne renda egli babà
inerito, poscia che io a ciò né con fatti ba-
sto , né con parole so bastare. Io mi dorrei
grandemente del cammino, che prendete
ora in Francia, temendovi alcun sinistro
per li casi, che può seco portare il corre^
re in diligenza tanta strada , se non fosse 3
che avendola voi fatta tante altre volte, a
pure un altra volta poco fa, posso credere^
che più agevolmente la farete questa per
r uso. già preso sopra. Oltra che essendo
voi da tal Prencipe mandato ^ come sete ,
non si dee dubitarQ, che ogni prosperità,
ogni buono avvenimento con Voi non sia*
Sute sano ed amatemi. N. S. Dio v'accom-
pagni , e riduca sanissimo e (lietissimo. A*.
9. di Setteuib. i535. Di Padova.
jil Signor Ottaviano Fregoso.
Ar,eì voluto^ Illustre Sig. Ottavian mio,'
che le stanze, che furono da Y. S. ordite^
e da me tessute con frezzoloso subbio que-
sti, di piacevoli, che per antica usanza si
donano alla licenzia ed alle feste ^ affina
che elle si recitassero per giuoco da mar
scherati dinanzi la nostra Signora Duchessa,
e Madonna Emilia nostre zie , secondo il
sentimento della finzion loro, recitate e udU,
%e una Tolta nella maniera , dbie & ordinò f
58 roLtnaa tkrzoj
siccome venne lor fatto d' essere ; elle ^I
fatto nascoste si fossero e dileguate dagli
òcchi e dalla memoria di ciascuno in mo-
do , che altro di loro, che la semplice ri-
cordanza, non fosse rimaso. Perciocché as-
sai vi dee esser chiaro , che in qitella gui*
sa e in tale stagióne può peravventura star
bene e dilettar; còsa , che in ogni altra sa-
rà disdetta, e sommamente spiacerà. E que«
ste medesime stanze sono di qualità, che
siccome il pesce fuori dell^acqua la sua va-
ghezza e piacevolezza non ritiene , cosi el*
ìeno fuori della occasione e del tempo lo-
ro portate non averanno onde piacere. Oltra
che ogniuno ^ che le sentirà o leggerà , se
e^se pure si lascieran leggere, non saperà
che elle siano state dettate in brevissimo
spazio tra danze e conviti, ne* romori e di-
scorrimenti , che portan seco quei giórni ^
come sanno quelli che le videro e udirono
dettare. Ed era certo il meglio fuggire il
rischio della riprensione là , dove acquistò
alcuno di loda non può aver luogo. Ma poi
che a voi pur piace d' averle appresso di
voi , e di poterle in mano vostra mostrare
a chi richieste ve le ha , come dite , ed a
tne non è leòito ritenervi quello , che è
ifion men vostro parto, che egli si sia mio,
quantunque più tosto si possa ciò scóncia^
tura , che parto chiamare , io a V. S. le
mando ricordandovi , che se neir opera del-
le arme e delta cavalleria sete voi ricco ed
abbondevole di gloriai io ia queUar del ca^
bteo € delle scritture vie più ne seti pove«
To , e pid^ bisogno me ne fa , che io possa
dì lei e tempo niuno sicuramente far per*
dita. Slate sano. Il secondo gtoma della
Quaresima dtlT anno i5o7. Di Castel Da^
sante.
j^l Signor Ga^parro PalIai4c£no»
In Corte Maggiorg. .
Se molte Tolte mi ayrenisse» Ulnstrìss*
Sig. Gasparro mio^ aver Messìa molto spes-
so scrivcprei a Y. S. si per darle avviso del*
Io stato di tutti ^oij e si ancora molto piÀ
per darle t^ausa di rispondere , e così in«
tendere della salate sua, della quale nella
aostra già comune corte si tiene dSligentissimo
conto. Ho adunque molta grazia al presenta
Tamburino del Signor Qiàeazze, eoe e ne(
ba di y. S. dato voce» ed ora promette d\
portar questa. U quale le dirà dove ha trovata
u Signor Ottavian Fregoso e me. Cominr
^erò a dire qualche cosa delle no$tre#
Ijo Illustrissimo Signor Duca nostro e |ifad»
Duchessa e tutta la corte vennera qui que-«
sto carnassale. Furono benisssimo veduti
da N. S. e ds^ tutta Roma , e così festeg*
gìati e visitati ed onorati grandemente ban^
ao fatto qui, e quelli di solazzevoli, e la
qnadragesima e la Pasqua. Furono appre^
aeninti da N. S. e da alquanti di questi
fteverendisst Signori Qurdinali: 6 di sona
6<^ rotvmT. reinfo?
ohe partirono allegri e sani per Urbino, La
Duchéssa nuova bellissima fanciulla riesce
ogni di più dilicata e gentile e prudente!
tanto che supera gli anni suoi. La patrona'*
primiera nostra, e Madonna Emilia stanno^
bene air usato. E tutti gli altri Gentiruomi^
ni nello stato Ibro solito. M. Roberto ha
avuto questi di una Abbazia per un sua
fratello a Salerno, che vale ducali i5oo#
Il Sig* Ottaviano ancora non é del tutto
libero della sua quartana , pure sta meglio
dell'usato, ed oggi siamo venuti a sollazzo
a desinare col Capitano M. Zanetto dal Bia*
aio a San Paolo nella sua galera, dove ave^
mo a caso trovato il Tanillùrino, e dove ora
a y. S. scrivo. Io sono rimasto a Roma per
alcune mìe occupazioni per alcun di ^ poi
me ne ritornerò ad Urbino. Il Sig. Ottavia^
no è per andare a Salerno per risanare del
tutto in quello aperto aere e diiicato luogo;
r^oi siamo molto più che disiderosi d' inten-
dere alcuna cosa di Y. S.^ e mal fate a la«-
sciarci cosi poveri di nuove di voi. Il per-
chè vi preghiamo e strigniamo che vogliate
alle volte dar carico al vostro amorevole
Don Antonio a farci quattro versi. Il che
doverebbe fare esso ancora aenza vostra no<^
tizia. Sarete contento di raccomandarmi agli
Illustriss. Signori vostri fratelli, e, quando
il vedèrete, a M. Latin mio, il quale diù-*
dero di vedere , ed al dotto ^1. Orfeo. A
Don Antonio mi raccomanderò, quando ave*
rò .lettere da lui» A Maeatro Gio. Mediea
f.tVIO SECONDO? 6t
Ubi r»^còmstndos e bascio ed abbraccio sia,
<){ qaa Y. S. jipud Sanctum Patdum ex
TfberL i5. d'Aprile i5io. Di grazia , Sig.
Gasparro mio, Y. S. faccia che io intenda
spesso dello slato suo, che certo poche ora
passano, che la memoria di Y* S. non sia
meco, e sempre mi reca affanno il non sa-
per di lei qnello che sempre disidero sa*
pere. Di nuovo a Y. S. con tutto '1 cuore
mi raccomando.
j4l Signor Giuliano de^ Medici,
che Magnifico era detto^
Alla lettera vostra , Sig. Magnif. mio ^
(ler la quale mi chiedete , che io vi scrìva
a qualità del sogno della mia madre , il
qual sogno le diede contezza della ferita,*
che poi data mi fa quella mattina medesi^
ma, che ella s'era la notte dinanzi sogna*
ta , e del caso avvenuto sopra ciò (i) ^ ri-
spondo , che essendo il mio padre Amba-
sciatore della Patria nostra in Roma nel
Ponteficato di Papa Innocenziò , ed io in
Yinegia giovanetto d* anni dicidotto rimase*
vi con la mia madre , e un piato a nome
{}) Questo qiH^enimento igiene minuta-*
niente raccontato dal JSecatello nella vitm
dàC* Autore.
\
6» VOLUTO TitMCli
di lui laceìido con un nostro gentile uonut
nomato M. Simon Gore, il quale M* Sim<i#
ne mandava un suo nipote aetto Giusto a
ùlv quel piato centra me a suo nome; do^»^
vendo io andar con una scrittura al Magi«
strato 9 dove il piato si facea , ed uscendo^
k dimane della mia camera , mi si fé in«
contro la mia madre , e dissemi , figliubl
mio 9 dove vai tu? Ed io avendogliele de^>
%o y ella mi pregò , che io a parole con
Giusto Gero non venissi. A cui io risposi
che a me venire a parole ][|con Giusto non
bisognava ^ ma solo portare a* Signor Giu-^
dici una scritta, e in presenza di lui darla
loro. 11 che detto, ella con maggior instane
2Ìa un altra volta mi pregò , che io parole
4^on Giusto non facessi. Air otta maraviglia-
tomi io di ciò, la richiesi a dirmi per qual
cagione ella cosi mi dicesse, ed elU seguen^
do, mi rispose, dicolti, perciò che io que^w
sta notte m'ho sognato, che Giusto Goro
ti feriva nella mano destra. Tu sai quanto
i miei sogni alle volte vengon veri. Dunque
guardati, caro figliuol mio , di non venere
ad alcuna riotta con lui. Di che rispostole
io che cosi farei, me n'andai al Magistra<»
to, ed avvenutomi con Giusto, come con
amico , gli dissi , ecco questa è la scritta ^
che io dar voglio a' Signor Giudici, e mo^
straigliela, cosi complicata in mano avendo*
la; egli, che era nel vero anzi^ pazzergne ^
che no , e non avea molto onoratamente
«pesi gli anni suoi , i quali erano alquanti
più de' miei, avventatami la sua mano mi
tolse e preàesi quella scritta, e rivoliosì po-
co meBo che correndo usci del palagio, a
andò via. Io non potendo senza la scritta
procedere quella mattina nel giudicio, me
B^ andai tutto cruccioso nel Rialto seconda
r usanza della Città. Quivi venendo dappoi
Giusto , e f opra Y ingiuria , che egli fatte»
mavea, con un viso sciocco ridendo e bef*
fiindosi di me, la bisogna andò di maniera,
che usciti della loggia del Rialto , e posta
mano alle coltella, egli, che mancino era,'
mi feri nella man destra, e taglionuni so<*
pra il secondo dito , che indice è detto ,
eoa tutto il nodo, là dove egli colla mano
si congiugne, in tanto che di poco mancò^
che il dito col nodo a terra non mi cades->
se* E cosi il sogno della mia Madre si mo^
atro essere più tosto visione stato, che so-*
gno. E giurovi Sig. Màg. per la riverenza,
che avere a Dio si dee da noi uomini, che
io non vi, mento di parola. Altri sogni an-
cora potrei della mia madre raccontarvi ,
che venner veri nel lor tempo. Ma a me
basta avervi soddisfatto di questo, che ad-
divenne in me medesimo , come mi richJe->
dete. State sano, e raccomandatemi alla no-^
stra Sig; Duchessa; , e a Mad. Emilia , ed
a M. Baldassarre , ed agli altri compagni e
Catelli nostii. A' ^6« di Luglio i5i2» Dì
Roma.
64 rovmnE tsuo»
^l Signor Giuliano de^MedicL
Àncara che Y. S. dato non m* abbia at
partir mio la lettera di credenza, che ella
Tolea darmi , non ho pTerciò di meno foiv
nito la bisogna con questi Signori, che voi
m' imponeste. Perciocché questa mattina sod->
disfatto che io ebbi alla commission di N. S.
salutato il Prencipe e gli altri per nome
di y. Eccell. e fatto loro intendere quanto
abbiate sempre servata memoria dagli obbli^
ghi, che conoscete avere a questa Città ^
e quanto in ogni trattamento delle cose sue
con N. S. vi siate sempre mostrato grato e
dtsideroso della reintegrazion del lóto Sta*
to^ di che io era ottimo testimonio; dissi
loro che voi con parole piene di singolare,
affezione m' avevate imposto^ che io da vo«
atra parte confortassi questa Rep. a^pigliare
il consiglio di N. S. e la pace con Clesare.
Perciocché eravate certissimo che né risnl-
terebbe il bene e Futile e il riposo di lei»
affermando loro che verranno delle occasio-
ni assai, se essi ora pigliano rassettamento,
{>er le quali eglino potranno ristorar "quel-*
o, che ora par loro di perdere. E voi vi
proferivate d' essere in ogni tempo buono
procura tor loro. Le quali cose tutte il Pren«
cipe accettò con lieto volto , commemoian<-«
do quanto questa Città e Rep. è stata sem«
pre affezionata alla Illustriss. casa vostra ,
LiBHO 8XGdTn)a« 65
e spezialmente a voi , molto ringraziandovi
del buono amor vostro, e di questo ufficio,
ed a voi gratamente profferendosi. Ho dap-
poi salutato M. Niccolò Tepolo e M. Luigi
Foscari per nome vostro. I quali ameaduni
grandemente e vi ringraziano e vi si rac-
comandano, ed io vi bascio la mano. A* 6.
di Dicembre i5i4« Di Yinegia.
Al SigM Giuliano cU^ Medici Confalonier
di Santa Chiesa.
^ene Tnnocenzio a Y« Eccell. espedi-*
(o da Mons. Reverendiss. di Santa Maria in
Portico. Il quale e per lettere ed a bocca
porta a V. S. tutte le cose 9 cbe ella può
▼dere intendere, tal che a me non resta se
Hoa raccomandarmi a Y. EccelL e pregar
Dio che la conduca e reduca sana e soddi-
sfatu di tutto ciò che ella di questo sud
viag^ disidera. Bascio la mano a Y. S. ed
al mio Signor Priore di Capua mi racco^
mando, e M. Anton Maria priego mi scri-
va il successo di questa gita, si che io pos-
sa partici pare dd piacer suo. Di Roma 19.
di Jan. i5i5.
Bembo Fol. VII.
SQ VOLrME TEKIO.
v// Sig. Giuliano de Medici CarifalQnler
di Santa Chiesa,
Io mi rallegro opn V- Eccell, della
soddisfazione , che io ho veduto per le sue
lettere a Mons. Reverend. di Santa Maria
in Portico e per .la relazione di M. G. Ves**
pucci^ che ella prende della sua Illustriss,
Signora Consorte. E tanto più me ne ralle*»
grò , quanto io stimo che queste soddisfa^
zioni avanzino tutte le altre. Dio vi faccia
per lo innanzi da ogni parte cosi felice ,
come fin qua v^ha fatto allegro e contenio
da questo canto. Bascio la mano a Y. Ecc^
ed alla illustriss. sua Sposa. Qui ahbiamct
avuto un bellissimo Garnassale, mercè deU
la Signora Marchesana , ma più bello Y a*»
veremrao avuto d' ass'ai, se ci fosse stata V,
EccelL bellissimo poi senza fine , sé ella
ci fosse stata con la Sposa. Bascio un^ altra
vòlta la mano a V. Ecc, Pi Roma» A.' ztà^
di Febb. Ji5i5.
'^/ Sig. Giuliano de' Medici Confalomep
di Santa Chiesa,
Io sono a.^sai certo, Illustriss, Signor
mio, che ancora che io niente scrivessi,
V. S. sarebbe certa che io mi rallegro del-
le consolazioni e soddisfazioni ''sue , quanto
idcuno altro^ siccome io fo. Che intenden^
do quanto V. Eccell si ti^oe comeoi* di
moglie, parendogli averne trovata una secon-*
do il cor suo , ne sento quella allegrezza ,
la quale se non é tanta , quanta la vostra ,
certo non è minore di quella di Monsignor
Reverendissimo di Santa Maria in Portico ,
con ho saputo dir più. Credo io senza dub-
bio che le contentezze delie mogli siano le
fiiaggiori, che in questa vita si sentano, e
sempre credetti cosi. E vero, che io credo
che le siano rare. Perchè tanto più ha V.
Ecc. da renderne grazie al Sig. di sopra 9
che appresso a molte altre grazie v'ha da*
ta anco questa» Ed io, che sono a parte
della, contentezza di V. Eccell. siccome an-
tico e vero servitore che io vi sono, n^
rendo alla sua Maestà le maggiori ^ che 10
posso. E lo prìego che gli piaccia continua-
re a lunghissimi anni la soddisfazione vo-«
stra e in questa e in tutte le altre parti ^
siccome io spero che farà fidandomi sopra
la mólta ed incomparabile bontà di Y. Ecc»
Ho ragionato col mio Magn. M. Giovanni
Vespncci alcune cose particolari mie, e pre->
gatolo ne parli con lei. La priego ad ascol-
tarlo, e se )a occasione del nuovo governo
datole lo porterà, ad esaudirlo, si afiind
che V. Ecc. mi porga mano ed ajutimi ad
^^^SS^^^^^ '^ ^i^<^ ^^^ à' un grave peso che
mi sta sopra, e si ancora perchè il mondo,
vegga oggimai alcun segno dell'amore di
lei verso me e della buona grazia sua. Al-
ia quale bascio la mano, e riverentemente
su raccomando pregandola si degni racco*;
iR8 TOLUME TERZO,
mandanur alla sua illustrjss. Signora Con-
sorte. Di Roma agli ii. di Marzo, giorno
de) le nostre comuni allegrezze. i5i5«
A M. Pietro Bibiena.
A y inezia.
Deh cortese il mio magnifico M. Pie-
tro. Se cosi buon frutto m^ ba rappoi'tato
una mia brìeve lettera scrittavi, che ne ho
da voi ricevute due lunghe ciascuna^ e quel-
lo che è il più ^ dolcissime ed amorevolis-
9Ìme; ben debbo io a Y. S. scriver sempre
volentieri, siccome fo. E se non arete que-
Bta,.se non assai tardo è, perchè la vostra
de' i3. ebbi io tre di sono due ore dappoi
che il cavallaro partì, in modo che non po-
tei per queHo spaccio rispondervi. Ne oìp-
poi è ito alcuno ver voi, ed anco ora scri-
vo senza sapere che alcuno parta. Arete
questa in ogni modo col primo. Se la mia
venne a voi in 1 1 . giorni ne sarà forse sta-
-^0 cagione il mal tempo, che suole ritene-
re ì cavallari a Rimino bene spesso , che
io la diedi pure con buono indirizzo. Tut-
tavolta anco le vostre hanno penato nove
e dieci di a venire a Roma. La lettera vo-
stra , che era nella prima , da essere mor
strata a N. S. mandai io in quel pynto
che io Tebbi a S. Sant, che erano d'intor-
no alle quattro of e ^ e videla volentieri 5 e
LtBiio dit<roNDO.' 6g
diedela a leggere al Datano, col quale suo-
le comunicare molto le nuove, m^ifisimamen-
te dalla entrata de' Medici in Firenze in qua.
Mandaigliela volentieri, perchè era pruden^
tissima lettera, e dava buon testimonio del-
l' animo della mia Patria verso S. Beaiitudi*
ne. Quanto al disiderio tenete d* intendere
i progressi di M. Bernardo, dicovi, che
dvendo diliberato N. S. di richiamarlo e
commesso, che gli fosse scrìtto se ne venis*
se, poi si pentì, ed ordinò eh* egli segui-
tasse il Viceré , come vedete che fa. La
cagione deir andata sua dovete avere intesa
da quella Signora. Era disagevolissima, e
per quanto si stimò da esso stesso, quando
egli montò a cavallo , poco meno che del
tutto impossibile. Nondimeno la destrezza
e valor suo ha operato assai , il che credo
gli fia di riputazione grandissima, e più se
le 'cose anderanuo oltra secondo il voler di
N. S. Questo vi dico di vero che di M.
Bernardo tanto onoratamente sente e parla
N. S. che è cosa da non credere, conside-
i^ta la natura di S. Sant. , che di nessuno
si contenta, di nessuno si suole lodare. Ap^
presso agli Spagnuoli tutti cht ha più ere*
dito di M. Bernardo bisogna che sia più
che uomo. Non può oggi mai più stare ri«
stretta, non che occulta, la virtù di vostro
fratello, non può penare lungamente ad es-
sere rimunerata. Ognuno Io ama , ognuno
r onora , ognuno gli crede e commette vo-
lentieri 5 ognubo se ne loda , ognuno lo
^o YouM^ ttjiztr:
prova maggiore è più valoroso , eie' ft&tt
era la spei^nza sua , per grande che ella?
sìa stau* Ria a chi scrivo io queste cose 7
Quanto al venir suo a voi , se fosse venu-^
to, non sarebbe stato per vedervi, nonché
esèo non ne arda di desiderio , che ne ar-
de grandemente, ma per commissione di
i^. S. se esso con gli Spagnaoli non aves*
se operato cosa alcuna. Né mi maraviglia
anco che esso non. v^ abbia scritto. Non si
può essere cosi cauto e guardingo della com*
ìnessa secretezza altrui, che avanzi. Iscusa«-
tenelo^ che sono certissimo non lo faccia
di sua volontà. Penso starà con quelli eser-
citi fino alla espugnazione di Brescia. Poi
se ne verrà con V uno verso Ferrara. Pure
questa è stima mia. Non la ponete a certez-
za, ed anco le voglie sono mutabili. Man-
dai la lettera vostra in quel punto che io
Tebbi a Monsign. di Tricarico, il quale èf
qui da otto giorni in qua, ritornato da Vi-*
lerbo, dove è stato tre mesi a diporto col
Re ver. Cornato, che ora anco è in Romav
Alle altre dolcezze della vostra prima noa
rispondo, che mi bisognerebbe tutto *1 me-
le della Ciciliana Ibla ad adequarne une
picciola loro parte. Tengo alla seconda ,
che ebbi jermattina de' j4- con la alligata
a Mons. Reverendi, de' Medici , la quaU
mandai al Datario, ohe é quello che fa gli
spacci per Firenze, e sine cujus nmJtu non
^i parte alcuno ; averà buonissimo ricapita»
Le nuove 9 che mi date per la lettera dei
LliRO FECONDO. 7f
Coveroatoré, erano qiii un dì o due prima
per leuere tilT orator Vini^iano. Restami rin-'
graziarvi della dolce diligenza vostra di que-
Bto e degli altri avvisi, che mi sono stati
Carissimi quanto posso dirvi. E sé io non
credessi darvi soverchio carico t vi preghe-
rei al seguire di cosi fare inflno al ritorno
di M. B. che ne riceverei grandissima sod-
disÉaizione. Le cose tutte de' Medici vanno
con tanta contentezza di quella città , che
tion si dee disiderar più. Abbraccione anco
io sin ài qua Y. S. con tutto V affetto dei
sensi miei. Alla quale facendo Une senza
£nc mi raccomando. ASz^k d^Ottobre i5ia»
Di Roma.
■
j4l Conte Giovanni da Tiene.
A f^icénàd.
Messere Agostino Angiolello mio cu*
gìno farà conoscer a V. S. il grave danno,
che io ho ingiustamente sopportato nelli
tre imprestiti passati per conto della Badia
di Villa Nuova, che è nella vostra diocesi;
il qual danno è stato, che ho pagato i due
terzi delie entrate , che io ne traggo per
ciascuno imprestito. Ora che per la inte-
grità di V. S. sete stato eletto ad esser uno
de' ritassa tori del quarto imprestito del Cle-
ro, priego V* S. ad esser comenta aver tan-
to rispetto al detto mio danno, che per lo
innanzi io noni pata maggior interesse di
If2 VOLI^ME TERZO*
quello cbe mi si conviene, e che lo sgra*
vamentQ futuro ricompensi in qualche par-
te al soprappeso passato. Della qual giusti-
zia da y. S. in quello, che a lei starà,
fattami le sentirò eterno obbligo > siccome
spero e mi confido nella sua bontà e giu-
stizia^ che ella farà. A cui mi proff(3ro e
raccomando. A' i3. d'Aprile i532. Di .Vi-^
negia.
[A M. Cammillo Paleotto Secretano
del Cardinal di Santa Maria in Portico:
A t^iorenza.
Scrissi a Mons. nostro Reverend. que-
sti di pregandolo a farmi grazia e dono
della sua Yenerina marmorea, che non ha
potuto trovar luogo nella stuffetta. S. S. non
mi risponde, il che mi fa dubitare noi;i for*
se gli sia parata la mia richiesta presuntuo^
sa. Priegovi , se vedeste ^ che cosi fosse ,
siate contento dire a S. S. che se essa mi
vuole castigare della presunziou mia usata
in richiederle troppo bella cosa col non
rispondermi, io sono più contento vedere
due righe di mano sua, che mi nieghino
ciò che io gii addimando , che non sareb*
be averlo ed esser privo delle sue lette-
xe. E voi almeno, M. Cammillo mio caro,
scrivetemene alcuna cosa. È vero, che io
mi rammaricherei di questo vostro silenzio
più che io non fo, se io non isperassi »
che più di quindici (giorni non mi poteste
LIBRO SICONDO. rj3
tenere in questa voglia , conctossiacHè fra
questo tempo mi fido potervi e vedere e
parlare. Quando non voleste , poi che fo«
ste qui, per fornire in tutto la burla , te-
Bermi anco la favella. Gomechè sìa bascia-
te la mano a Mons. Reverend. in mìa vece*
Ed a^ vostri e miei fratelli, che senza no-
marli sapete quali sono , ed a voi medesi-
mo mi raccomandate più che mezzanamen-
te, e tornate tosto. A' 19. di Maggio ulti-
mo quarantesimo se^to anno della mia vita*
ti5i5« Di Roma.
^ M. Cammillo Paleotto^
A Ruberà.
Sto di mala voglia, che intendo Mons.
Reverend. nostro avere un poco dì febbre.
Per amor df Dio, M. Cammillo, procurate a
vostro potere la sua sanità* Non mi mara-*
mìglio giA, che al grande ed incomparabile
dolore, che S. S. ha preso della morte dei
Buon Signor Duca nostro, esso si senta un
poco male. Ma non vada questo poco ma-
le innanzi. Ti priego siate contento avvisar-
mi per ogni messo, che in qua viene del-
lo stare di S. S. Mi basteranno due righe,
senza 'che vi prendiate fatica di molta scric*»
tura, che ve n*e resterò obbligatissimo. Non
istarò allegro fino attanto , che io non in-
tenda S. S. essere guarita. Ebbi tre anni
iono , un benificio per rinunzia nella dio-
cesi di Verona , chiamato Sanità Alarla di
^4 yolùMb tEftzd;
Mon Tanibano. Né pec ingej^no mia o taé-^
comandaxioae del Signor Alberto da Carpi
o brievi di IV. S. o inierposizìonc di ML
Jacopo Bannisio , al quale per questo con-»
io sono molto obbligato , ho mai potuta
averne il possesso, se non che fu pur toU
ta questa benedetta possessione a nome mia
da uno de* provveditori Viniziani, che era-?
DO allora in que' luoghi con T esercito^
due o tre mesi sono. Se Mons. Reverende
passerà alla Cesarea Maestà vi priego vo^
filiate pregar S. S. in nome mio a voler6
impetrar da Cesare ^ che M. Francesco
Mazantc Arciprete di Verona possa pigliaf
questa possessione per me, che è mio prò*
curalor sopra ciò, ed avere brievi di N*
S. Monsonbosco Secretarlo del Viceré,* che
mi fé' difficile questo possesso , ora non è
più in quelle bande. Vale il benefìcio a
buoni tempi ducati novanta. Siavi a memo»
ria. Io vorrei pure non mancar di tutti voi
ad un tratto, e sarebbe bene che Mons*
Hevérend. rimandasse in qua M. Giulio a
far le faccende sue con N. S. Vedete di-
sgrazia mia! io m^ affrettai di tornar tosto
a Roma per voglia , che io avea e diside-
rio di vedere M. Giulio, e ridere con lui
in luogo di voi altri, de' quali io mancava ,
e il di dixvinzi o gli due, che io fossi qui^
esso s'era partito^ e per soprag:;iunta voi
ve ne andavate in Lombardia; almeno rac*
comandatemi ora a lui, e tenete tra voi
tnnò stcovoo: j5
alcuna memoria di me* E gaandò oiancia-'
te a not te c<^xi Mons. Reve/rend. chiamate*-
minile tolte tra le vostre ciancie. O che
pagh<?rei io essere con voi! Non faremmo
2>di, M. Giulio^ cosi un poco, di primiera al^
le volte^ se io vi fossi? Io vi sarei una Yi^^
gnhola. Voi ridete sì ? A Dio. Di grazia
basciate la mano amendue a Monsignor Re^
verend. per me. A voi ed al mio M. Lati«
no mi raccomando. Non ho più carta da
questo lato. O M« Gammillo mio, che pa-
gherei io che Voi poteste aver conosciuto
il nostro Navagiero, che areste conosciuto
un ben dotto giovane, e dico un'altra vol-
ta ben dotto. Certo che 5a assai ed ha gen-
til giudicH) ed acuto. State sano. A* i4«
d'Aprile i3i6. Di Roma.'
A M. Cammillo Paleotto.
A Modona.
Escasatemi con Movs. Reverendisst sa
io ora non gli scrivo , che nel vero non
Lo tempo. Benché anco non ho gran fatto
che, se io già non gli volessi scrivere, chc^
ho avuto oggi a pranzo meco il Sig. Ippo»
litino, il quale m'ha dato tanto piacer,
che e stato assai. O quanto è dolce e pia«
cevole Bambino. Intendo per un capitolo
4' una vostra lettera Mons. Reverend. avere
ordinato che si scrìva a Mons. della Yalle
V
76 VOLUTSfTF TERZOi
per M. Àgostin Foglietta , di che ne rin-.
grazierete S. S. escusandoml ^ se con 1«^
ìilttnie mie lettere le replico queì\o stesso*^
Il che tuttavìa scrivendo conosceva essere
non necessaria, e basciate la mano a S;
S. nella sua buona grazia quanto più pote^
te raccomandandomi. O M, Giulio mio niio^
mio, io mi vi raccomando, ed a voi M* La-^'
tino è M. Ermanno miei cari e onoratissimi
fratelli. A voi M . Gammiilo non mi raccòman*
do punto, state sani. A' 27. d'Aprile i5i6.
Di Roma.
Jl M. Cammillo Paleotto»
ji Roma.
Io v' avrei pure scritto alcuna volta in
qucstH vostra lontananza , se io non avessi
pensato nojarvi, più tosto che altramente ,
con le mie lettere , stando voi non bene ,
come sete stóto Ora che s' intende il mi->
glioramento vostro, v' abbraccio e bascio
più di mille volte con queste poche righe,
significandovi che poche ore passano, che
Mons. vostro l\everend. non ragioni di voi tan-
to amorevolmente, che io non basto a scriver-
ne la millesima parte. O M. Cammillo mio
dolcé^ quanto piacere ci troncate e fate im<»
perfetto col vostro male^ e col non esser voi'
con Mons. 0^sù pazienza. Attendete pure a^
guarir di forza , che tornando noi a Roma>
vi troviamo gagliardo. Raccomandatemi at
mìo ^caro ed onorato Compare !IM. Alessaat
LIBRO SECONDO^ 77
dro da Cesena, ed al mio M. Girolamo
da Ogobbio per più di mille volte per cia-«
scuno ed a voi stesso sopra tutto* Priego il
datore di tutte le grazie, che questa gra-
zia da me sopra tutte le altre disideratis-*.
sima mi conceda, che io vi possa nel ri-/
torno nostro a Roma veder ael tutto sano
e lieto , come vi vidi quando tornaste di
Fiorenza. Basciovi di nuovo mille volte.
À' 12. d'Ottobre i5i6. Di Corneto.
A M. (i) Jacopo Sannazaro.
A Napoli,
Se'l cortese^ come si vede^^ e come io
stimo sommamente gentile amico vostro
(i) £ sos^erchia raccontare chi sla-
mato Jacopo Sannazaro , . e quante lodi
abbiano riportate le cose sue così voU
gari ^ come latine ^ fra le quali il suo
Poema de Partu Virginis pieno dellcu
magnificenza J^irgiliana non ottiene l'ul-
timo luogo ; ma non uscì alla luce senza
essere prima stato sottoposto al parere
del Bembo y come racconta il Beccatello
nella Vita del nostro Autore* Alcune
lettere del Sannazaro al Bembo sona im-
presse nella Baccolta del Sansovino tante
volte da noi aUegatd di lettere di diversi
aUo stesso Bembo dirette ;> doi^e si racco^
^S- VOT.UME TERSOJ
saputa avesse, Sig. M. Jacopo mio, quanta
soddisfazione io prendo in far cosa, che a
voi piaccia , egli non arebbe preso tanta
fatica in farmi quelle due camiscie e due
sciugatoi a molto oro e cosi dilicatamenie
lavorati, che voi mandati m* avete. Percioc-
ché egli sarebbe stato assai ceno, che di
nessuna opera posta per me in servizio aU
trui tutti questi cinque anni del Ponteficato
di N. S. ho avuto si larga mercede, come
della poca , che nel suo piato ho posta ai
prieghi vostri , tanto è stato il piacere ,
che del servirvi ho preso. E di vero infin,
che voi m* avete ora una scatola di sapone
moscato, e quando una di manna mandata,
io quel tanto ho ricevuto volentieri da voi
venendomi. Ora che veggo la coi'tesia
troppo innanzi andare, e voi mandarmi do*
ni di molto prezzo e di nuolto lavoro, non
m è già bastato V animo di rifiutargli , per
non offendere almeno quella volontà , con
la quale la corona civica dell'uno di quei,
doni, come dite fu lavorata* Ma bene mi
sarebbe stato più caro dono , che quella
medesimo gentile amico avesse estimato f
glie la stima che faceva di lui^ dal quale
venne contraccambiato con gli Asolani
mandatigli in dono , e con altre vicende^
voli lode^ die si leggono nelle pistole latini
nel IVn Folumcp
{(he Tamore, che io a voi porto, fosse tale,
che non potesse^ siccome non può, «è Cre-
scere, n4 minuire, E perciò che egh di
quesii a simiglianti accidenti non avesse
mestiero; a me certo è stato piacevole tutto
cjaelio affanno 9 che per la vostra lettera a
M. ?• Jacopo ho compreso voi aver sentilo
dello essere stato in sospetto « che la Ciis«
setta fosse smarrita, poi che avete pcrmes*
so, che tale amico vostro, e di si rara qua-
\ìik^ si sia dato a così faticosa opera, e di
cotanta spesa niente altro meno hisoguau^
dogli, che cotesto. Ne vi voglio già io ore-»
dorè, che non abbiate ciò inteso prima,
che dopo '1 fatto. Ma come che ciò sia,
poi che cosi gli è piaciuto di fare, io le dette
cose ho prese volentieri, e sentogliene tan-
to maggiore obbligo , quanto meno gli era
Uopo in questa parte faticare ed a questo
uflicio dimettersi còsi leggiadro spirito. £)
poscia che avete preso tanta cura sover-
chiamente non v' incresca pigliare ancor
(questa, che necessaria è, se io ingrato non
voglio essfere , di ringraziamelo , quanto sì
Conviene, in mia. vece, e proferirmi a lui,
iBÌ'ccome cosa non meno vostra , che siate
voi suo. Della sua bisogna niente dirò ri^
mettendomi a M. P. Jacopo diligente ed
amorevole sollecitatore e disiderosissimo di
piacervi, se non questo, che io la reputo
molto più mìa, e vie più al cuore mi sta,
tke non istà nn |)iato, che io fo ov^ con
9o yOLUMC TEEZOf
molla diligenzìa d^lla commenda di BoIoJ
gna beneficiò da me molti anni disiderato,
e di cui sono in possession novellamente •
della quale grande e potente avversario,
cerca di levarmi. State sano, molto Magnir
fico e dal mondo estimatissimo , ed a me
sópra tutte le cose . caro Signor M. Ja«
copo mio. A* ^4* ^i Dicembre i5i7» Di
Roma.
j4 M. Jacopo Sannazaro.
A Napoli.
Ho veduto molto volenrieri e in Ve-^.
nezia , dove fui a questi di santi , ed ox^^
qui , il venerabile e dotto e virtuoso Mae-*
Siro Paolo Fontana , e per innanzi ayca io
veduto con mollo piacer mìo la vostra let-;
tera , eh' egli giunto in Venezia mi mandò
qui, dove allora io era. Rimangovi tenuto,
che m'abbiate dato modo di conoscere cosi
gentile e raro uomo. Egli ha con le predi-,
cazioni sue grandemente soddisfatto alla ,
Patria mia, la quale voi chiamate e potete
ragionevolmente chiamar vostra. Perciocché .
vi sete amato al pari di qualunque s'è na-..
tio e proprio figliuol di lei e pianta. Ho,
fatto per sua Paternità poco, che poco ha
egli voluto che io faccia. Arei fatto assai
di quello, che in poter mio stato fosse per ,
rispetto e riverenza vostra ^ se io avessi,
saputo che fare, o in che adoperarmi. La
ìscusazione , che voi fate del non mi scri<-
LIBKO SECOimO. 8l
Tere di man vostra, mi duole per conto di
voi, che siate, stato cosi lungamente cosi
indisposto. Sarebbe oggimai tempo cbe voi
vi risanaste a pubblico benificio del mondo
ed a contentezza de\ vostri amici , che in
venerazione v* hanno. Dio faccia che io né
senta tosto quella novella, che da noi tutti è
senza fine disiderata e con molti e molto
caldi voti a Dio pregata. Di grazia fateci
oggimai partecipi della vostra reverenda
Crlsteide fuori mandandola e pubblicandola.
La iscusazion della carta non buona va
troppo oltre. Raccomandomi in buona gra-
zia vostra^ fin di qua con quella parte, con
rìie io ciò far posso , abbracciandovi rive-
agentemente, e fasciandovi. A' ^4* d'Aprile
f:5a5. Di Padova.
Jl M. Bartolommeo dalla Valle.
JL Roma*
Egli m* é grandemente « caro il òono*^'
Iter e , che non solo a coloro i quali nieh'te
dtro amano che la Poesia ^^ sommamente
piaccia e diletti il Petrarca, ma eziandio
appo quegli altri egli sia in prezzo , che
a tutte le altre arti più si danno o sonosi
>iati, che a questa. La qual cosa io e in
Còltissimi uomini ho già veduto avvenire ,
%d ora veggo essere avvenuta in voi. U
Bembo Voi VII. 6
;i"'-
52 TOLUarK TEIUO.'
'é[Uale ftl p4sr la grandezza della vestirà iìd«
liiiissima famìglia ,6 sì ancora per lo acà-^
imaestramenio e per Io stile pr^o da* vòstfi
teaggiori dato allo armi ^ ed al matteggio
^é governo deUd cose , nondimeno^' amate e
temete sovente in^ titiano le Canzoni di M*
Francesco, e quelle, candidissimo e rarìè^
simo poema estimando ^ fatte le vi avete
molto famigliari. Perchè , e col Poeta mi
rallegro, che se a lui dopo la morte ò ri«
maso il sentire ciò che tra vivi si fa , in
ogni guisa di studio trovi amatori delle
sue belle e vaghe scritture, e con voi ten»
go che sia da rallegrarsi, al quale gli altri
csercizj non tolgono il pascer T animo di
così dolce e dilicato cibo. E certo grande^^
mente vi lodo ^ che a quello divino ìnge<«
gno , che già alla patria vostra fu caro, e
jda essa ricevette onore ^ e lungamente coi
vostri uomini visse, rendiate voi merito mol«
to ora con lui dimorando nella guisa, che
si può, e suoi amorosi pensieri, che furono
cosi alti e così gentili, nelle sue carte con
maraviglia e con diletto rimirando e ricer-
cando. Il quale stadio vostro se altro non
mi facesse manifesto , sì lo farebbe il heU
lissimo Canzoniere del Poeta, che voi pre-
stato m' avete , ed io tratto dalla vaghezza
del libro, tuttavia con quella sicurtà, chs
la vostra molta cortesia già buon tempo
m* ha data, ho tenuto meco volentieri moU
ti giorni 9 e terrei ancor più , se non che
eenveaeiKl^ « ine domattma parure per
Ui'bipo 9 a 9QÌ il rimando 9 con cui esso
Ei4 yaientUi^l diniorerà , che (eaere gli su-
ìtf^ .^U^iuim^k còmpagaia* State sano. Aii
zo^ài,h^s\\o^ i5ir» Di, Borico ia Roma. Noi
gtorao appqiiìto cheU medesimo nostro Poe-
la pasrsò a miglior vita«
. li . L
\ •
ss
LIBRO TERZO.
A M. Giovan Matteo Giberto.
A Roma.
p
oche cose arci potato veder più to-
lentieri^ S. Giovan Matteo mìo, ,che le vo-
stre umanissime lettere , le quali m' hanno
di piacer non aspettato ripieno , lodato sia
Dio 9 che v^ ha di lontana parte e di lungo
e disagevole cammino sano e salvo a Roma
ritornato ^ ft voi ringraziato ^ il cjuale aoa
$^ TÓLUME TEkZO.
yi sete dimenticato di me, ne per lòiita*
Ijianza 9 uè per la cura e maneggio àéh
Ip grandi cpse ,^ che ayei^ avuto a tràt^
tar lun^p tèmpo , Te ' cpj.aU di leg^ìei:^
le non grandi di mente altrui fev$f So-
gliono , né solo dimenticato non Ve uè
setCj la qual cosa mi sarebbe dolce e cata
s;ata da se solamente a pensarlo, ma an-
cora mi datQ di ciò soavissima pruova con
Io scrivermi e salutarmi si cortesemente;
IRendovi eziandio grazie del vostro ràlle-
^grarvi, meco di questo mio presente ozio^
che intendete che io mi piglio e godo
cosi pienamente. E di vero nessuna cosa
nella vita avvenir mi potrebbe giammai ,
che più mi fosse cara, di questa, e di
<jui amandomi voi come fate , più doveste
meco rallegrarvi, ed esser di ciò più ccn-
tento , siccome si fa degli amici nelle loto
prospere e liete cose. Ma nondimeno do-
vete sapere , che la fortuna m* ha queste
ozio interrotto e tolto via per ispazio don-
ilo anno intero in fehbre e quartana' ed al-
tra avviluppandomi non seDZ(i perìcolo di
lasciarvi la vita. Come che ora, fa Dio
mercjè e sano e contento sono a bastanza,
r^el qual tempo ed in" tutto 3 passatoi da
che più riveduti non ci siamo, mi s'è del
continuo e per la memoria girato lo ^tan
Xfi c^i vói eéi jI grdbde disìdorio degli
séudj,^ che ho coiioscitilo in vói essere , 6
quf^ni ragionamenti ^ che altra volta aven»«
mo insieme per la &elva di Soriano cavai'*
LTURO T1&R20. 87
nando , ed ìQ cotali pensieri non sapendo
che cosa migliore io vi dovessi 'poter disi^
derare, v^ho sempre disiderata riposo , il
qaal solo io estimava vi mancasse^ a farvi ^
quamo si può qua giù, e contento ^e felì^
ce. Quantanque io vi sémto di si alto é
vìvo ingegno, che potrete <ion le lettere
e con gli studj far fratto eziandio nel
mezzo del negozio, quanto altri soglia fare
nelle solitudini, solo che a ciò fare vi
disponiate. Le proferte, che di voi mi fate,
ricevo io volentieri e con lieto cuore , né
men grande vi reputò io ora, che io vi
reputassi giammai , estimandovi più dal-
l' animo vostro , che dalla fortuna e dal
poter giovare altrui , il qual potere è non-
dimeno in voi ampio tuttavia pregando il
cielo» che non solo il vi mantenga e guar-
di tale, quale esso al presente è, ma an-
cora Taumenti di giorno in giorno, quando
si vede , che quanto voi più potete , tan-
to più possono dt favore e di bene e
la virtù e le huone arti e le dottrine spe*
rare. Ho salutato il mio Flavio per nome
vostro , il quale ora è meco in questa so-
litudine. Cola , che è a Padova , saluterò
come io il vegga , dbe ila fra due o tre
:fiorni. V^no e T altro sono vostri altresì,
come miei ed .io ijoisieme con esso loro
.son vostro, sìccame io debbo essere per
Famore^ che mi portate e sopra tutto per
la ^incomparabile bontà e virtù vo£)tra. A
88 TOLUMC TKHZO;
Monsignore Io Cardinale sarete contenta
di baciar la mano a nome mio ^ ed a
Mons. di Gapua, al quale io scrissi a que-
sti di ^ ed al vostro gran debitore , e npi]t«
dimen ricco da ppcere altamente soddisfar-
vi, e dal mond(> onorato Vida, ed al mia
H» Agostin Foglietta, ed allo elo<}uQnta
Giovio raccomandarmi, e sopra tutti a voi
stesso. State sano. A' 6. d'Ottob. i522. di
Tilla nel Padovano.
A M. Giù. Matteo Giberto,
A Marna.
Se voi foste uno di quelli^ che noift
hanno dove spender le loro ore , io , che
sono in assai alto ozio , e spendo le mie ^
come io voglio, vi scriverei più spesso, ché^
io non fo, almeno per bene spendere quel-*
la ora , che io mettessi nello scrivervi , se
non per altro. Ma perciocché io so , che
più spesso a voi suole avvenire, che il
tempo da dare alle vostre bisogne vi man-
ca , che quello vi sopravanzi , che sia dn
dover donare alle soverchie lezioni , io mi
taccio 9 tuttavia di voi dolce e continua
memoria tenendo, e sovente di quelli ra-
gionamenti fra noi più volte stati ricordan-
domi, i quali quanto fossero a voi da me
con vero animo detti, voi ora ve ne potete
avvedere. Yi priego adunque ad escusare il
mio silenzio con questa cagione ed apensare,
^he dove che io mi sia , che . che io fac-
cia^ io par son vostro, e penso di vedervi
e visitarvi, come, io intenda, che ta Tosca-*
nà sia risanata, e voi e Mons. di Gapua
in Firenze essere , i qnali non penso cha
abbiate ad esservi senza Mons. lo Gardina-«
le. Al quale sarete contento basciar la ma-
no a nome mio, e raccomandarmi al mio
Giovio ed a se stessa. State sano. Di Vil-
la nel Padovano. Agli 8. di Setterabrai
i5zd.
A Messer Giot^an Matteo
Giberto.
Se non è in questa Città uomo alcuno,
che per queljo che si vede, non pare che
ce ne sia, il qual non senta molta alle-
grezza della nuova creazione al Pontificata
del comune Signor nostro, quanta é da
credere che ne debba sentire io, il quale
da molti anni in qua ninna altra' cosa graa
fatto ho avuto ne' mìei disìderj, se nont
questa ? il perché più tosto lasciando a Y;
Sig. che lo giudichi, e da quella letizia
che voi ne prendete, facciate estimazioQ
della mìa ^ che pensando di poterlo a ba-
stanza isprimere, con voi di tutto il cuor
mie , e di . tutto il mio animo mi rallegro
di questa felicissima, e siccome io spero, si
iutto il mondo Cristiano salutevolissima ijio-^
go TOLom tib;bo.
v^lla. Ne so eon cui io mi possa di cìi^
rallegrar più conveneTolincnUS 7 ^ che non
Toi , il qual sarete di questa felicità prin-«
ctìpalmente goditore. Abbracetovi adunque ^
stringevi , basciovi con questa poca carta^
Sìg. M. Giovan Matteo mio, inuno attanto
che io possa ciò far con la persona. E rin«
grazio Dio ^ che non solamente a S. Sant.,
ha dato modo di poter giovare ad esso
mondo molto maggiormente, che per addie*
tro non ha potuto.^ ma a voi ancora, il
qual non dubito che avendo sempre nei
vostro minore stato sopra ogni cosa inteso
a meritar con gli uomini , ora che sarete
appo tanto S. tutto quello 9 che voi mede-
simo vorrete essere non siate per merit;ar
con loro tanto maggiormente, quanto a voi
basterà per . divenire illustre ed eternot
Vorrei con voi ragionare in cosi lieta, e
bella materia lunghissimo spazio'. Ma coji'-
siderato le occupazioni vostra , ed olu*0 a
eicT/ pensando in brieve di vedervi , mi n«
marrò di pili oltre tediarvi con questa let-
tera, e pregando la bontà divina, che sic-»
come è stata liberale in donare a Papa
Clemente Settimo il luogo in terra del
suo figliuolo, eosi sia eziandio larga a do-
nargli lunghissima vita, acciò che egli pos-
sa usar tra gli uomini le sue virtù , ed e^
glino goder di loro più lungamente , farò
fine nella buona vostra grazia raccoman-
dandomi , e pregandovi a basciar il pie a
N. Sìg. à nonri^ mio. Sute sano. A.* Ten-
tano di NoTéxttbre iSsS. Di Padova*
A M. Benedetto Mondolfo,
Urbino.
Ancora cbe io non yr abbia acrìno
jfappoì ' che io mi partii di coteate contrae
de 9 non è per qaesto , che io non abbin
sempre serbata verde la memoria dell»
nostra 'amistà non altrimenti, cbe se io
fossi stato di continuo con toì. Con que««:
sta confidenza piglio a raccomandarvi Mae-^
ttro Bernardo Fiorentino e Flaminio sua
ftgUuolo Musici di liuto degni da esser
cari ad ogni Re. Essi disideravano avec
luogo appo il Sig. Duca. Priegovi siate con-
lento per amor mio favorire questo loc
dtsiderio , che Io riceverò da voi in luoga
di piacer singolare. Pregandovi oltre a que«
sifo a raccomandarmi nella buona graaia del
Sig. Duca , ed alle Sig. Duchesse mie
Sign. ed a^ voi stesso, non vi scordando
the io son vostro. A' 6. di Giugno i5:|3*
Di Padova.
\
'Al Sig. Francesco Maria i
della Rovere y
. Duca d' Urbino.
n Ccivalier Dotto M. Lodovico animo*'
AQ e pronto soldato , il quale io raccomaii*
dai a Y. Eccellenzia per gentile uomo neUa
5ua famiglia , viene a servirla disideròsissi-
mo non pure ora , ma già molti anni di
trovar luogo nella grazia sua. Sono assai^
certo si per )a sperìenza, che egli altre'
volte ha data del suo valore , e si per I*.
molta divozion che ha al nome vostro, che^
egli non solamente farà onore a se stessa
ed alla sua casa, la quale è delle più no-*
hili di questa Città, con piena soddisfazioni
di T. Sig. a cui egli disidera sopra tutta
le umane cose di soddisfare j ma ancora a
me, che Tho a voi raccomandato. Toma
a pregarvi che vi degniate raccorlo volen^'
tierì, e dargli quel luogo, che giudicherete
a questa qualità di servente convenirsi. Il
che io riceverò per donato a me stesso, e
cosi di questa grazia ne piglio io tutto Toh-s
hligo. Da questo primo ingresso in ayan-^
ti lascio che il suo bene adoperare gli
acquisti, quanto egli averà a sperar da'
voi , a cui bascio la mano, N. Sig. Dio sia
vostra guardia A* 7. d^Ottobra i523. Di-
Padova.
t
ttBRO nKZO« - 9^
I
"jil Duca D* Urbino.
In Campo a Melano^
Giovan Domenico cavalcatore costuma-
ta persona , ed il quale io molto amo , di*
sidera quattro parole di raccomandazione
da y. Èccellenu al Slg. Viceré di Napoli
in favore d* un suo parente cittadino di
Bari 9 e viene a lei per questo.^ Quando a
y. Sig. non sia in disagio farnegli grazia*,'
io il riceverò in singoiar dono' dalla sua
cortesia, dalla quale ne ho ricevuti innu-
xnerabili altri , e porrollo a canto quelli
nella memoria della mia antica servitù con
lei. Alla cui buona grazia e mercè bascio
la mano disiderandule a questi importaur
tissimi tempi tanta prosperità di fortuna,,
quanta è in lei virtù d^ animo y e di ciò il
cielo affettuosissimamente pregando. A* i6«
di Febbrajo i5a4. Di Pattova;
^l Duca d'Urbino.
A Verona. -
. Se io li<> fatto piacere a Y. Sig. in
darle il mio iit'orsiere , no ben sentito tanto
piacere io dandogliele , che non era biso^
gno che ella per sue lettere nie ne ringra-
ziasse , massimamente sapendo ella che o-
gni mia cosa ragionevolmente è sua, ed jio
insieme con esse, e sopra essn ttutn. Le
rendo nondimeno grazie di questa cortesia
^4 VOf-UHE TX«£0.
sua , e del suo troppo amorevolmente rl«
cordarmi se essere in capital mio, bascian-»
dooegli la mano , e nella sua buona grazia
raccomandandomi. A* i:2, di Settembre i525«
X)i fiadova.
jii Duca éT Urbino.
In Campo.,
•> •>
• t •
. >r
fi
Mando a V. Eccellen. Antonio Tiq^iv^
tino mio servitore 9 ed a me assai cf(i:Q^<^
allevata nelle arme da fanciullo, ed eserpt^
tato in esse, e d'animo ardito e fprte:, ^4
in somma atto uomo a far si beué ^ cot'
me un altro pari suo , tutte quelle com^
che a valoroso soldato appartengono* Yi^Aè
a Y» EccelL per servirla , e per acquistar
ben servendo la sua grazia. Per la quiéd
co&a vi priego ad esser contento di dargli
liiogo nelle lancie spezzate vostre, e tidd
che ad esso agevole ed ispedito sia il pos-
ter valorosamente adoperando meritai con
voi. !Non dubito che Y. Eccell. non sia
per averne utile servizio 5 e con qu^ta fi-
ducia gliele mando più volentieri. Nella
cui buona grascia e me ed esso Antonio
^accomando con tutta la inclinazion d^ì-
1' animo mio. A' 24. di Luglio x5a6. ^Pi-
Padova. r
's
5 •::,'■/
t . » «» v*
> 1 . '■> *
Itti Duca éC Urbino.
|t.endo a V. Eccdl. quelle magigiori
grazie, che io posso, dello 'avito, ch'ella
mi fa noD solo in nome di sé y ma ancora
del^a Sig. Duchessa, al yenire a fare alcun
dì di questo prossimo Settembre con Yo-
tftl^e $igg. in Ogobbio, dove efle saranno ed
insieme anco Mons. rArci?esc. di Salerno.
Hè^^oteva ricever cosa più cara^ che que-
sto segno, che nfonle sia ingrata la devo-
ifeiòn mia. A che rispondo , che se io mi
potrò sciogliere si {per tempo dalle occu-
pazióni , che ora molto necessariamenio
401 mi ritengono V ehe io possa in ciò
Soddisfare a Y. EÌccelL ed a me stesso ,
id il farò niòlto volentieri. Che di vero
¥tiino dovermi esser dilettevolissimo il po<«
ter dopo tanto tempo riveder quelle con-
trade , nelle quali ho fatti alquanti anni
della miglio^ vita cosi lietamente, e Tuna
e Tahra di Y. Sign. ed anco il mio Mons.
di Salerno in esse. E se pur ciò non mi
potrà venir fatto a questa volta, io il fa-
rò ad ogni modo un'altra più t'osto che
là possa, it io averò vita. Quanto alli
Lanzecnetti , che io ho posti per Frat^é-
si nella inscrizione a Y. S. mandata, lo
feci^ estimando per quello, che mi p^rea
aver sopra ciò altra volta inteso , che essi
ibsser di quelli , che vengono di verso la
e jla Cplonisb^t? 4» Mìtgfojiaa ij^^y- Trevefey-
luoghi^ seco^/io rC^^Mre-i della FcasiciaL, A
qù^ ^utto ciò^ft che è da quella ': ripa ddl^
Reno,^ /:hi»Q(m-^UH^ ) . e Gi!irQiaQta > quella yr
cl^ e . . 4air altra. ^^Ilque ;«(» iessì. yeoaeisoor-
da'. ^quelle « pariji^ U j(i^ciaìoiie( aTeoà ii^ifui»!
ìiqmQ antico e .propria ckiamaodo)^oGdbi^!:
volajago T* :Sig; credere /m-.C!e«ire Gfaeondb-
v^p inerita pia fede, che . ^rHtorémlottQeiT
eli^Q«.JSe essi «eii^erp da aliura .paBteii e?&Vu;(^
Si^^^mi farà > incendere d^ qui^le^ wcéimr
cì^ijòs fli ^ darv lQf<ih U i?iói|ie ràtico . più fa»^v
prlp^f.Qhe io «potrò. Nella x^oi buon» gFfl(zile>-
b^o^o riverenteniente la mano, ed alU* Si{|^^
D^chiQssai altresì. State sana« A' 22* d'Agor*-^
istp i35J. Di Vinegia*
u 'u ■ i • . :
;^ ilf. (i) .Giulio Cammillo Ddndnio;
4- Boloffia.
-4'^:- : __ __ ^Z:
..^'.iBo uvutp .per mano di M. Roniiiilo
r^eo|ipÌA deUe amiche novelle , ckenJaH.^
' ;± - ^nr" ^ '-■.--. ■■■ ' - , " *^,^
A l <i ' ». t ii.< r' ii i .. ' ;; > . — . — ^ ■ . "' v' - ' - •' '
(x) Giulio Cammillo Autore del Tec^
irò ebbe in somma ammirazione il Bembo^
di^^CUt scrisse molte lodi in parecchi versi
iaijpi .esisfpnfi nel secondo . Tomo deUc^..^
BqoQoUa di y GdqflMì^mmatteo Toccano ùhi*ò':>
titolata: Carmina ilìustrium Poetaruoi lut^^c
loriun. Alcune sue lettere al nostro Autore
I \
Ycrte fatto scrivere di buonissima lettera , e
come io veggo molto corretto , insieme
con le rime de* poeti di quelli tempi ,
della qual cura tante grazie vi renao ^
quante posso il più, massimamente senien-
aoyi doppia fatica^ in cdò avere avuto, e
doppia- no)i|. per j^iacermi ; ed oltre^ a ciò
dwnb delle aUrè cose furatevi da quello
reo uomo per soprappeso/ Dì che certa*
mente m^ineresce al pari di voi, che sa
qaanto queste perdite sogliono altrui recar
molestia e gravezza. La scusa, che* per
questa cagion fate alla tardità e lunghezza
del tempo in ciò posto, non faceva punto
bisogno. Perciò che questo libro così m* è
giunto caro a questi di ^ come egli molto
prima arebbe fatto. Avrestemi fatto piacere
a scrivermi la spésa , che néir una , e nel-
r altra opera avete fatta; la qual cosa vi
piriego a fare ad ogni modo al ricever di
Suesia lettera, se volete che io vi rimanga
i questo impaccio datovi tenuto compiu*
tamente. Alle altre cosi officiose parti oella
vostra lettera^ e cosi d*amor piene e di^
dolcezza e di cortesia, non risponderò a
parole, che non le saprei cosi efficaci for^.
dirette si leggono fré$ ifuelle di diversi at
Bembo ^ Òhe racòotse il Sansovino^ ed iiih
presse nel i56o;
■ • ♦ ■ .• • ■
Bembo Voi. III. %
1^ rtnjvmm ybuo.
ioAre^ cottie iGf vorrei che Me fossero, te cor
iùè sì donverrebbc a volcrwne io ringra-
ziaré^bàsfevolmetìte• Serberolle noadicneno
Beffa migUor parte del mio aaimo, e seo»-
j>re 'dfisidererp di poter per voi c'osa., clw^
taoto cara vi sia , che non bastiate voi A
diamene tutto il piacer vostro , siccoihè
'non basto io ora a dirvi tutto il mio* iUl
buono e gentile e da me senrpre onorala
CaTiséndì , ed al Magnifico M. Àlessandiò
'Manzilólo rèndete grazia delle salutaziom,
che mi fate a nome loro, ed alle loro Sig.
"mi raqcòmahderete , e sopra tutto a .voi
stesso. State sano. A* r8. di Novem. i5a3«
Di Padova.
•"- ■ j*.-
A M. Agostìn Foglietta.
A Boma.
So che voi conoscete senza che io par-
li , quanto io mi sia rallegrato della crea-
£Ìon del nuovo Signor nostro; non solo per
conto di Sua Santità, della quale devoto
^ervo sono, o per^ conto del mondo, che
atimo abbia a dovere essere ottimamente
governalo per le sue mani , o pure per
xnlO) che ho questo giorno &opra tutte le
còse disiderato ; ma ancora «per cagione e
rispetto vòstro 9 il qual me ne par vedére
non men lieto di questo avvenimento ,* che
si ^ia esso stesso 9 che' è fatto Papa. Saoza
che io mi rendo sicuro, che voi ne sanìi-
rete qiiér primo,, che è più convenevole alla
vm vifitt^i «Ife fica è lo. ^^^wp ft la JFpjc^
coaa, nellae^p^Je <#ete ora ^ xooie.ohe |lU
sia pia.jahetifti :il|€k$ocre..i^^ a qijl^i^
ora mollff ilni^hi te^mpL Pqr U qufil f^s^
quoto .jfià ;li€taiai«iue pos^ ' .y! sjbb rancio ^
con voi vCoh di il^Ho il cuor mio di <Qo$i.ti^
lice .nonzia aUegreiaa^ pregando sopra \xijkt(f
ÌBoluiy.che di* tutte le buoue cose ècagipo)^
die , sìccomer f st#mOr che i^sso questo 9Pf-
fcia..volaijO 9 .c^si :gU piaccia ancora . dpuai^
> Saa Safit. IjiDghbsima yitn^^ . acciocchjè ep
e|^ possa giovare al mondo più JuDg^-
mente ^ . e ; noL e gli altri $uoi seryi , ana^i
pare tatti ,gU jaop^ini ,^ sentiamo di que^tp
effetto più lunga contentezza. Se a voi
piacerà .basciare il piede di S. Sant. a no-
me mio^ io vVarò di^ ciò. molto grado.
Sute sano. À' zi< di rfovenib. i5z3. Di
Padova.
.ji M^ Agostin Foglietta*
t , ui Roma.
» •
Bftnebé io creda, che e dal mio Ayila
;e da M*/Agostin fieazzanò voi avereto. in*
l^o il progresso del miQ viaggio; pure al-
meno per avere occasione di ragionar ctAt
voi i voglio che ancora da me Io inteb-
diiifee. Io montai a cavallo, siccome V- .$•
jiMe, aaaai debole dal male, che Rc^na JO^i
Àmmò in; .merito del mio essere venutaci
-rivederla. Tuttavia cosi come io andai^cj|-
'«Icaiidii ^ ; andai ^eaùandio, -^figliando ^i^.
1lro# vót trf»nr "tTrtizo.
j^e à forza' di modo, che a Tiaé àeì
iiiinò mi sono sentito esser quello ycbe^io
sòglio^ o la voglia dèi fuggir^ di Romai
àké io avea, essendb stato male da lei ri^
cevtilo e tr£^ttato , o la mutazioB dell^aere
pi ^ercizio ^ che se l'abbia opierato j ''^
peravventara .thtti e tre. Feci ias Bologna: ì
giorni- santi e tè feMe della Pasqua ; dove
visitai Mons. di Fano; il quale governa ca*
51 bdne1|ne11a città e neHa giustkùa e iiftL-
1è altre parti del suo ufficio ,- ohe noi^wM
pórrebbe lodarlo a bastatoa. Giunto che io
lìì Padova fui, visitai gli amiei^^ e da efai
ivisitsltò me ne son venuto qui alla «mia Vii-.
Ietta, che molto lietamente m' ha rioeimitl)
^nèlla quale io vivo in tanta quiete, inquaiy-
lo a Roma mi stetti a travaglio e fasti^.
Non odo nojose e spiacevoli nuove» Non
penso piati. Non parlo con procurata.
Non visito Auditori di Ròta, Non sento iro-
mori^ se non /quelli, che mi fanno al quàn^,
ti Lusignuoli d' ogn'intorno gareggiando tra
Ipro , e molti altri uccelli , i quali tutti
{^are , che s' ingegnino di piacermi con la
prò naturale armonia. Leggo, scrivo, quaoh
tò io voglio; cavalco, cammino, passeggia
molto spesso perentro un boschetto, ^hà
io ho a capo delf orto. Del quale orto asr
sai piacevole e bello talora colgo di mano
mìa la vivanda delle ÉjÈ^^^e tavole perula
sera, e talora un caiFf strucclo di fragola
la mattina, le quali poscia m' odorano ntìa^
tolàménte la- bo^ca, ma ancora tutta la mea*
8t> Twcìo velie r orto è la .qa9a.«4 oVnu*\-:
Ò9sa tuttp^'l jgiorao. dì rose è piena,
laàneà. oUre a jcìò che caa una barchetta'
primm per uà vago numjicéUo, che dinari
aliar mìa. casa corre continuo, e poi p^ ta
Brenta-^ ìa cui jijkQpo un brevissiino cors^p
questo fiumicelLo entra ^ e U quale è bel-
lo ed allegrissimo fiume 9 ed ancora èssa
da utt^altjpa pane i miei mcdesìrni c^mpi
liagna^;io non vada la sera bupna .pezza
diportandomi 9 qual ora le acque pi^ che
la terra wi tengono a grado. Jn. questa gui-
sa -penso di far qui tutu la state e /tutto
rAutnnno, tale voi La, fra ..questo tèn^pp a
Jaiiot^ ^ ritornandomi a rivedere g)i amici
|ier due o per tre di, acciò che p^r com-*
pàrazione delia città la villa mi paja piik
;gMiziosa«. Ho ragionato con Y, ^S. più lua*-
gamente , che io non credetti dover fare ,
quando presi la penna a scrìvere. Resta, ^
che: io vi pri^ghi a basciare il santissima
pie di N». S. in mia vece, e raccomandar*
.mi in buona grazia di S. Sant, A cui riv^*
rentecnente ricordo . che. come che io ab-
Ili» M animo assai riposato , non è che la
aprama del mio statò e delle mie fortume
<soa aia molto minore, che non sono i mìei
biaogoi; là onde nel mezzo della, mia^uie^
9er>mi pungano e fanno sospirare efemere
ilene. spefatfo ^ a i quali miei bisogni sua
^B«^t; promise di dar riparo^ dicendomi
asiie 'jassa JDiie avea più voglia dime. Pregh|-
ahnofA S>'>3ant« ad esaore coA^^z^^ 4^
/
• •• •-
.;•;• JbQn lasciare andare in 'mkiio dtitiff Ttliè*^^'
/V.V'.ch? |o io donai. Alla qtìàlé'I^ iS; Dio p^
''jS.u 'Iu.4^ghìs8Ìmà feticità. State sàì!iò7 A^6è di
:>•;'* rfaésio i525. pi Villa.
jé M. Galasso Ariosto.
? A Bologna.
PocLe lettere arci potute vedere, ca-
ro il mio M. Galasso, cne m^avesser tanto
f' «per ?ecatp^ quanto hanno fatto le vostre^
e m'ha date ii- (Jentile' Messèr' Pamfilo
^^QS^mo; e tanto è questo mio piacérete
.fileno niaggiore stato , quahtp* io meno le
, j^spettava. Yi ringrazio adunque di questo
^^ypstro amorevole ufficio 9 quanto posso il
più. É per rispondere alla parte della me-*
jpnoria della nostra amistà, vi rendo sicuro,
che io son quel vostro huon fratello , che
mi potete aver negli altri tempi conoséiii-
fQS e per questo dolcissimo m • è suto lo
intendere da esso M. Pamfrlo del mostro
^^Imono stato, nel quale N. Sig. Dio vi prò-
i, ed avanzi di giorno in giorno; il
[e avanzamento di tanta felicità non po-
;^à, giammai esfserè , che io sèmpre non la
^ vi dSsiapri ancora mpggiore. Se io dèi Vo-
; stro venire a B(>lot»na inteso avessi prima ,
j^, che io me rie fossi panilo, v'avrei voluto
4 flfpett^re ad ogni 'modo, né mi sarebbe sta-
rata )a dimora riojeV ole Tuttavia quellt>, che
aligera noii potè èssere, sarà piacendo a
Dio .questa < Settembre 9 o almen questo^'6{-
tobre, se Aoipa fia del morbo libera., '<^
me si spera. la quésto uiezzo an^téiof^'^
state sano, ed a Mous* vostra f^lefiiì'T^Ì|«
rentemente racGomandato nelle vostrérlétt'4-
re. A' 2g. di Luglio 1634. ^^ Villa.
A M. Francesco Maria Moka.
u£ Bologna^
' ■ " ■ ■ ■■
Benedetto sia quel picciolo disòf dfidét
MoWa mio caro\, il quale mi fé veùir pjù
tardi alle mani le lettere di Mad. Gamiùil-
la, di che io mi dolsi con "M^ f^am« Per-
ciocché dove io arei una sola risposta alle
jstie letttere da lei ricevuta ^ né ho avute
2uaUro, le quali mi sono state tutte cosi
pici e co^i care , che io le serbo iù luò-
go di quattro belle e preziose eemme. Ed
oltre a questo ho da voi un*^ altra lettera
in tesiimonianza della diligenza di lei. Ve-
dete ^ra se io me ne debbo tener buotio.
Quantunque dau altro canto mi sento alF a-
aima tanto obbligo e coU lei e con la Si-
gnora Contessa moltiplicato j^ che a me non
pare di poter giammai essere a soddisfarlo
bastante. -Oude io vivo in affanno. E cosi
ÌQ me da un fonte medesimo e diletto e
pena si deriva; U qual maraviglia m^ é si
dolce^ ;qh^,io ho preso per partito di 1 Ima
us^ir co^ loro di debito, àhcorsi' ch^q io
% ^
potessi 9 e voglio esser Iofq tenuto :ed
^ligato in eterno. Così .adunque farete loro
intendere tante TpltQ ali! urna e airaltra rac^
comandandomi, ^ante di me vi. aoyverrà
in loro presenza, che certo^non fieit omIt
^; conciossiacosaché in. quel tempo j^netm
occupato in tanti piaceri ed in tante vostre
gioje r animo che non lo potrete m^^ndar
cosi lungi. Se verrete, come dite, poi no(*^
atro M. Alfonso a sure alcun giorno ja
quésto mio nascondimento e villetta , mi
larete singoiar piacere , alla qua! cosa f^re
vi priego grandemente. Risaluterete M. G<9l-
Tasso. Arioàto a mio nome^ siccome avete
éaliitato me al suo • e state sano. A* agk ai
tuglio i524. Di Tilli- ,
jil Moka.
•~ ^ ^^ ■• *
A Bologna.
. Ho caro 9 che Mad. Gammilla sia ca^
gione che io vegga alcuna volta delle vor
Mre lettere , del qual piacer mio vi priego
ad esser contento di nugraziarnela per m^,
©ira per rispondere alle vostre lettere, io
le scriverò quando ar.Q alcuna cosa da man-
«Urle, che altramente scriverei a vgto. la
questo mezzo tempo, non v^incresca avermi
alle volte ne* vostri ragionamenti , siccome
ho voi spesse volte ne' miei , se non tra
cosi bella e cara compagnia che tale non
è in altra parte, almeno' tra quelle, con
itàMii' §85
^a diM* ìb veé4ilo»éoa v*boi cfce nòti V^^^
tei vif foste iu^ rimescolando in "quei*:^-i
<1acN»:i9lì}^0«iha^i ^ i quali mm V mrcbli^nd
mwife wgtfèrdlft; perchè sm^ r Febo c^d
jilè ìv^^' èorelli cosi caro; Avete Béhrs^l-
Mo-fiitoy e benissimo fairete a rìm^nié¥fi
Innga^eoté fra noi. lo m* avveggo (jne in
%ano V-^o insieme^ cotì M. Affonìfo aspei-
^to.T 0rà noli' ritnatrò di ciò ingannatala
éhe non v'iaipeiterò più. Anzi ti perdoìfò;
ilo tirtta ic[Uf Ma ingiuria , che* mi fate d^
fl^n- atceheroii la promessa « perciocché ìfp
eòmprendo , die buouissioiii cagione ré n^
ritiene. E stimo venite io prima cosia h
voi a questo Ottobre per fornire il viag-
gio , che io incotnindai alla Pasqua di re-
suresso passata , e cosi penso rivedervi*
Per la qual cosa priego Mad. Gammilla e
la^ Signora Contessa , che* noii vi lascino
di Bologna partire , se pure vòleste^^cìo
fat^e i infin che io ;a Roma non passò, filo
detòò* lungamente nulla, per dire aTèujàit
ibosa. Stat% saiiót e salutatemi M. AlfonBO\,
e-M. Filippo Martia de'Rossi. Il primo "^^
di Settembre iSzA. Di YtHa nel Padòvìf-
uè. ' y
■*....,
■ - ■ ■ • * j' ' •"■ •
U\j . ' - • , -
iò6 vdLtnKS Tsudffo^
M Molta.
A Bologna.
Se'M. G. T. y' ha ' scoperto grà» par-
te de' suoi tesori costì in Bologna , egli mi
piace , conciossiacosaché voi doverete esser
dà quinci innanzi più ricco. Direi che io
ve ne aversi una grande invidia, se non che
la Vvidia è peccato mortale, e io sono qui
in Róma neir anno del Giubileo , nel qua-
le si conviene ir mondi e senza peccato
alla indulgenza. Vi ringrazio nondimeno
della contezza, che mi date con le vostre
piacevolissime lettere di quella bella e lun-
ga lezione ; "alle quali lettere aggiunse non
poco di diletto il Forno con le sue dichia-
razioni e commenti più particolari di mo-
do , che io tra per 1* una cosa e per Y al-
tra ho rattemperato il dolor preso da me
del non essere io stato presente con voi
alla parte della nostra grande utilità e gua-
dagno. D' intorno alle quali tutte cose e
ad altre, che ai/cor qui si sentono ed ro-
dono in cosi fatta materia tutto il giorno
ini rimetto ad esso Forno, il quale a hel-
r agio raccontar le vi potrà. Ed alle Sig.
Mad. Isabella e Mad. Cammilla venendo ^^
a nome delle quali mi salutate, vi priego
a rend«;r lor in mia vece tante grazie^ quan-
ti' furono i capelli, che si tagliarono alla
Sìg. Beatrice y di che. ufi nacque la vostra
cosi bella Elegia (i)? e cosi leggiadra; ed
insieme a dire a Mad. Gammilla , che se
io non le ho mandata ia Canzona, phe di«
te, fu perciò che avendola io donara a M.
Trifohe , convenevole non mi parve il vo-
ler fare d*nn&éte&sa cosa due doni. Ma
ci)me che sia ,' sarete contento^ di pregarla,
<t;he i^uando pure élla stimasse che io aves-
si errato, ella mi perdoni ,- e di baciarle
la manti per me; direi ancor la bécca, se
i' eQstnmi f^rancesi fossero in Italia cosi
come ci è il Re. State ^ano* Di Roma. Ai
15. di Gennajo i5a5.
>: ■ r
Al Moka.
'• A JRoinà.
■**>•■ . - „
' Io non so qfiai letter^e mi fosser pò*
^tite giugnet cosi care, come cara e dolce
^* è stata la vostra seconda^ epistola scritta-
ìhi ir di medésimo della prudente elezio-
ne fatta dà N; S* de' nove Cardinali nuova-
mente da S. Sant. creati, di parte dé^qnali
mi date soavissima e piacevolissima cont^z-
i^. O Mòlza mio c^ro, quanto mi sento io
/
(i) La elegia del Molza incomincia
Quid fles àbscissi toties dispendia, crinis ?
e si ritroi^a nelle antiche raccolte di poe-
sie latine fatte da Giovampaolo Ubaldiniy
^ da Giovanntatteo Toscano.
f o8 ' TO&fnn rwuù.
tenuto a >S: Sane, per conto del nostro MMéy!
Garpentrasso. (Farmi ora essere io medesit
mo vie più che Cardinale. Lodata sia ì»
divina bontà, che gli pose in cuore quesu»
pensiero, ed egli sempre adorato da. me^
che rha al suo fine recato* Medesimamen^
te m'ò dolce e cara stata la creaziòn ^^
Mons. Polo , a cui e per la sua eccell^^i^
dottrina e per Y infinita bontà non si coi|^
, veniva men chiaro ed illustre^ grado. C afMa
ro che egli sia. spirito molto util^ alla Ilo^
maoa Rep. che grandemente ha di taruojr.
mini uopo a questo tempo. Dimque Q^n^i
fesso che io vi debbo ràevayyéXM^ qu^
madmodum quìdem scribis^ l^raesi^rlitn cw^
mihi ctiam dederis, quod ridere piane po^
sem : Afhici scilicet nostri dibaphum et tek^
rores : quos jacit. Quella parie , dove dite
di lui , e giugnete che a pena credete ch^
io mi possa contenere, quin frontem/eriann,
cosi é stato. E dubito che fia ciò cagiono^
a molti di mostrarsi buoni pi^ che d' essere*
Piacemi sopra Mons. di Salerno il giudicio
vostro. O santa e benedetta mente ed ani-
mo , chi può non lodarlo.^ o pure chi a
bastanza può lodarlo ? ffui quam . iìle istìg
non satisjecit\ Voi ridereste, se sapieste €[ù4f
li lettere sr scrivono dagli amici d* s^lcì^
di loro in questa Città, affine che si oi^^
da , che I!f. S. ha quel tale più é ; più ^
combattuto , ed alla fine contra.sua voglia
sforzatolo, ad accettare il cappello. Ma ci^
niante ado^iera^L^ già. ognuno pare scàad«f
lei^^ó^, da nfe in fuori, che sempre ha qf^.
Auto ad uà modo 9 e nessano inganao m'à
oì?a l^uto fatto da lui. Anzi Tho ìoporbiior^
iiÌ9»ima persona, che ha voluto rmostraire^l^
mDFildo chi egU é, e sempre è stato. H»
fiitto della vostra eleganti ssnna epistola queU
fo, che avete voluto che io facisia« Osten4k
èitìm iUam uni aut alteri tantum ^ ^uqM
tai^ umantissimos^ habea : ne tua tant elet
jgecns lì^^óubratìo penitus perirat. Dunque: s4**
rete^ còlfitehto far voi di questa nu<a letteca
soinigliante. La quale a voi sole scrivo^
cdHMs che il mio 4satarro nop m'abbia an-*
éòru lasciato, ehe è stato cagione 9 che iq
non r ho latinamente scritta, come io do-
vea, e la vostra dolcezza parimente, che
me ne libera. Stace sano. - Al primo di Gqo-
Bajo , e deir anno iSSy. E giovami aver^
lo incominciato con voi ragionando. Di Pur
éi^va.
A Xt* JPietro Ardinghelli.
'A Firenze*
•
Non era bisogno che voi mi racco man*
daste il Reverendo M. Niccolò vostro figliuor
la. 'Bastava che io il vedessi, come ho ve-
duto^; che non sarei mancato del dover mio
{iter r antico amore e fraterna • benivoién;^
nostrai H<> nondimeno avute le vostre due
liéUere care, siccome quelle, che mi vengor
no da carissTina parte. Siate cetio,! Mi cJPéi'*
ito-criio^ che io ijkswà in ^^^^lolbd^ si^asa
ÌMo^ó , che r avete voi; sernoa che io giji^,
gn?rò air amor paterno, ohe Ì0i.gli porto ^
a nel rispetto è quello onore^^ cbe Sjuioìe
arsi daU'uo fratello all'altror Hogli pr<j^^
ferta la tuia ca»a e ciò che .dentro v Ày^^
dolcis^hììo mi fia , che eglL Is^ um -^ , €pfD[f
stia. DogHomi che io sono, ia partiroiij^c^
Roma, e già ho mezzo il pie ^ella .^tafiÉ^
Tuttavia restano qai de^ niiei> che facan^jL^
seaìi()r8 per ìaì quanto per :me.,.$4)rivete§|^
che senza nessun risparmio .ricel|ieggaL>.f
miei con quella sicurtà, che esso richifr
derehbe vói e gli altri suoi. Io . spero es%p^
re fra due mesi e mezzo ritornato, e pesr
ciò in brieve potere e goderlo, e far per
lui quello, che fia mestiero* la questo mez«
zo mi vi raccomando, e vi priego lunga
quiete e molta felicità. State sano». A* io»
a Ottobre i524. Di Padova.
iù
A M. Taddeo TaddeL
A FìFetae* . ,
Come che io avessi sempre fatto ogni
cosa a soddisfazion del Reverendo M* CÌiO-
colò Ardinghelli per X antica amistà, cbQ»j|
tra suo padre e me^ pure le vostra molto
calde lettere in raccomandazion guaimi fao*
no ancora più disideroso di far per ini,
anzi m* accendono di disideria , . «he, legU
m^ imponga delle cose ^ ohe gli sia/io im-
stiero. £ già Tho veduto ed abbracciato e
j^roffcfto^ , quanto io ho, equati^to .io va-
glio/ Rott- dabittfie, che io non, ^i^ perayer-
ìàr in qtfel- cento, in che si ^ogliauo i cari
figliuoli jrvere^ «d apcora m maggiore^ }m
quanto io-T'ònoferò aguia^.^i frat^^Ho. ][1
iSctonence della 'VJpstra ietti^i^a n^'ha raddpp^
piata ' il disiderìo di v^ vedervi j ri è 1 dolpe , cjd.
smorevole^ ed afFettuosa«. .Ma q^aesta m^la^
dètca pesiilenaa di Bologna ed ^ alquanto so-
spetto della^ vostra , che . ^noo^ - i^niaoie j^o
non iiellà città ^ almeno 4iel . c^^niajio , ^-
no che io ho xiiliberato ora,; che pure pas-
sar-debhò a Roma 5 far la via dolU ,Ma]:.Qa
e non venire per costà. Tuttavolta vi do
la. mia fede, che se maggior sospetto non
vi sarà al mio ritorno, di venirvi al tutto
a vedere , ed a godervi due di, ne' quali
potrete ragtonacmi i vostri pensieri , ed io
vi potrò raccontare i miei , e farvi vedere^
se M. Girolamo Muzio , che dite , v' ara
bene accontato delle cose mie^ o no. Quan-
tunque ia credo , che voi ve ne avvedere-
te al primo incontro^, . scbza che io apra
bocca. Stimo che sia vero quello, che dito
della memoria che tenete di me. Perciò
ohe ia né tenga altrettanta di vai e di tut-
ta l^ vostra gentile e dolcissima, faldiglia ,
4^' incita contentezza sento in .me a voi, ri-
l^nsando, siccome avviene delle cose^ che
altri hai più care, ed alle, quali ,iCTediaii[^a
i^ $tessi essere in gradii»: Fapci^. il Ci^lo
die ^oi ci possiamo godere ]lqingamen,(e.
—i
il
/
I
>
Ila roLfrìKE tkezo*
Non bisogna ^ ohe m* inviliate ad asar éti^\
V opera vostra , dove me ne venga nopo ,-
perciò che io il fo. M.à voi perché non fa*
te altrettanto ver me? che mai non mi chie-
deste cosa ninna ? Io so che avete pochi
al mondo cosi presti al servirvi, come me
areste volendomi. Riserbomi a dir molte
cose a bocca ; e perciò pia che mille
mille volte alle mie carissime sorelle e don-»
ne Monna. Gostanza e Monna Ippolita 4- e4
a M. Gherardo ed a voi raccomandandomi
e basciaado i vostri fanciulli farò fine i|
questa lettera. State sano. A'iOé d* Ottobrei
i5:24« Di Padova.
J M. Taddeo Taddei.
A Firenze. -
Noi tralasciamo troppo lungamente lo
scriver nostro usato , del quale io grandis-
simo diletto pigliar soglio, e non solamen*
te nel leggere le vostre lettere, che sem«
pre sono soavi e dolci, ma ancora nello
scrivere io a voi , perciò che a me pare
in quel tempo esser con voi , e con voi
presente ragionare. Per la qual cosa bene
sarà , che torniamo alla buona usanza , e
se noi non aremo altro che scrivere, ci
salutiamo tra noi e visitiamo in quella nipi**
niera. Ora io ho da scrivervi anco altro ^
e ciò e , che m' impetriate da cotesti vo«
stri Signori Illustrissimi un divieto sópra
'inVKKy TEflZO* I 13
Tépera-, che io fo stampare» , della Volgar
lingua. II qnal divieto come a>>bia a dove-
re essere , ^potrete conoscer daii* «esempio di
quello, che m'ha N. S. concédtrv)^ ch§
fia ~in' qaeste lettere. La qual cosa faie tan^
io pia Tolentierì doverete 9 quanto la &stta
epera altro non contiene , che onore ^A
«ile della nostra Toscana lingua, in quaa.
lo per me raccorrò se n'è potuto. Bisogne*^
rà oltre 'À ciò che poniate dilìgeos^a in fa->
M^ che io il detto divieto abbia il più to«
ato che si possa. State sano , e salutatemi
IL Gherarao e Monna Gostanza e Monna
Ippolita, e tutta la vostra gentile e dolcis-
sima famiglia, e chi vi piacerà , oltra e8sa«
là' cinque d'Agosto iSsa. Di Villa nel Pa^
dovano.
J M. Taddeo TaddeL
A Firenze.
Arcte per mano di M, Pier Francesco
Bórgherini due dermici libri sopra la Yol-
gar lingua or ora usciti di sotto la stampa;
tino de*quali terrete per voi , che a voi il
ìnando , X altro darete al Signor Ippolito
molto a sua Magnificenza raccomandandomi,
del quale quello che a me scrivete , m' è
8UIÓ carissimo 3 come che anco in Roma
Uè ne venissero quest^anno gratissimi rap^
(^oiti. Per la qual cosa io ^ il quale non
Bembo Voi VII. %
li 4 vattmiK TEitttT.
arei petalo far di meno di non amarlo^
quale che egli si fosse , essendo nato dt
cui è 9 tanto più volentieri Y amerò ^ più
tenerarairnte , quanto io veggo che egli il
vale p^r se stesso. Il libro che voi gli da-
rete ^ essere gli potrà testimoniò dell' amen
Ve , che io al suo huon padre ho portauv
I> cui memoria nella mia menrte è viva e
/resca più che giammai , e cosi fia mentre
la vita mi durerà. Quello, che Messev Gi<J
rolamo Muzio v'ha di me detto, è vero ìq
quella parte « che io sia e sano della pep*
«sona e con T animo assai tranquillo la Di&
mercè. Delf altra parte tanto vi dico , cbel.
io stimo che egli non v'abbia fatto menzo»
gna , che io il credo e cortese e geatileé
Ma tutto ciò ho pensato molto prima cbcr
ora, di fare io cne T intendiate voi^ sopra
gli altri. Anzi mi si fa tardi, cbe quel ràm<*
pollo sìa di tanto cresciuto, che egli sicu-
ramente possa sostenere Taria del vostro cie-^
lo,, per inandarlovi. Ma di questo sì potrà
diliberar poi. Sopra le quali cose ho rico*
nosciuta r amorevole affezion vostra nelle-
Tostre lettere, ed a nome vostro ho salu^
tato tutta la mia casa , la quale è altresì-
vostra. State sano , raccomandatemi é Mi'
Gherardo ed alle vostre donne, e salutat^-^
mi i vostri fanciulli ^ i quali peravventuM^
sono ora nomini, siccome noi vocchi* - A' 4^'^
d'Oitobi^e i525. Di Padova*
i.-fm^ TEltZ^i^. Ili
A Valerio ''intagliatore.
A Vinegia.
Yi mando la mostra medaglietta del
r^eroaciao insieme con due fiorini e mez-
Eo, e che è il prezzo che ella v^è costata^
«iccome mi diceste j e vi priego che quan«
do r arete usata e tenuta per lo bisogno ,
^l quale la richiedete , siate contento riter
3(iéfldoven« il detto prezzo rimandarla a star
CQ^i^ r altre mie, e con quel bello Nerod
grande, che io ho. Io credetti che vói me
)'are:8te data affine che io la tenessi e fos«
se mia , e ciò credetti ricordandomi che
io pure avéa fatte delle cose a benifìcia'
vosftro 5 e tra' F altre alcuna che vi fu di
^iù utilità, ehe ^e io v'avessi donato cen-
to medaglie tali, quale è la vostra, lasciane
do star ^ da parte gli altri cotanti ufficj fat-
ti daf me per voi in cotanti anni , che io
amica vostro sono. Dico questo, per mo-
strarvi la cagione^ che mi mosse a creder
quello, che io credetti, noh per rimpro*
▼orarvi i piaceri fatti da me in parte aicu*
uà, che non ^ ciò mia usanza. Da ora in*
nanzi non crederò più cosi follemente/ Ed ,
ailk^ il dico per farvi conoscere, che io
non soQ preste, come diceste a mio fratel^,
lo j e se io fossi prete, non sarei di quel-.
li, che V* han tenuto il vostro, ma sarei
lAio 9 che Y* ho molte volle dato del mio.
J l6 TOl>UM« TERZOJ
State sano, ed attendete a farvi ricco , se
noQ per altro , almeno acciò che possiate
far poca stima degli amici vostri più sicu-
ramente. A' II. di Gennajo i525. Di Pa-
dova.
A M» Valerio de^ Belli intagliatore.
A Vicenza.
- »
A me incresce che U cane non vi sia
riuscito buono , come disideravate. Dio sa
che io non \ arei mai creduto, da tal par<«.
te mi veniva. Pazienza. Quanto alla cagna
rossa, che dite, chi v*ha detto che io ho
levriera , non sa bene ciò che egli dice.
Ella non è mia, ma è d' una Donna, che
se Tha allevata dal latte, e halla tanto ca-*
ra, che è cosa da non credere. L'ho altra
volta voluta torre , per donarla a M. Ago-
stino Angiolello , e non X ho potuta avere.
Non che io non Tavessi avutay se io fossi
perseverato in volerla al tutto ,. che quella
iDonna non mi può negare cosa , che io
voglia da lei. Ma la vidi si mal contenta
per questo^ e cosi con. molte lagrime la-
sciarmi la cagna ^ che io non ^glie la volli
torre j e diliberai di non gliene parlar mai
più. Sì che , Messer Valerio mio caro , io
certo i^on ho cagna levriera nessuna. Ma
datevi buona voglia, che se io ne dovessi
far nascer uno, ve Io troverò, e sarà buor
no. Che non lascierò passo a fare per com^
LIBRO TEHZO; ' IXrf
piacer?!. State sano. A^6, di DecemLre i53o;
Di Padova.
A M. Valerio.
Vi mando, M. Valerio mio caro, un
cane levriero bratto, ma buono, se xnhan*
no detto il vero quelli 9 che Thanno dona-
to. Voi lo proverete , e se cosi sarà , lo
terrete per vostro. Se non sarà, lo renderò
a chi me Tha dato. Attendete a star sano.
Il cane si chiama Turco. A* 3. di Gennajo
i53i. Di Vinegia.
A Mr Valerio.
Quanto alla figuretta del mio conio se
la voglio vestita o nuda, vi dissi che la
faceste come meglio vi pareva di fare. Pur
crederla , che fosse bene , eh* ella avesse
un poco di vestimento. Vi ringrazio, e ne
aspetto vedere il piombo con disiderio. Sta-*
te sano , il mio caro M. Valerio. Air ulti«
mo di Fòbbrajo i533. Dì Vinegia."
A M. Valerio.
Ho avuto il gesso della figura del mia
rovescio, la quale mi è paruta, $iccomé
è, bellissima ed eccellente. Di che vi rin-^
grazio quanto posso. £ vero , che non vor-
rei le aveste «.esso qu4 raw^ m maao«
ftS VOLUME TERZa.
l^ur, poiché fatto è, non importa. Vorrfei
solaqieate che faceste che quel sasso aves^
ae qualche botta, siccome di più aUo e!
più basso , acciò non fosse così liscio , e
paresse più sasso. Credo mi intenderete»
Vorrei faceste le lettere alla testa del mo-
4o che vi scris^si. Potrete, fatto questo, maiv-
darmì la impronta della testa, ed io vi man-
derò r ariento da far quattro o sei meda-
glie. Io ho qui il cagnuol maschio figliuoli
di quella bella cagna , il qual non hgl la
coda mozza , ma integra. Se volete , che
io vcl mandi, scrivetemi, che vel manderò.
Mi piace, che abbiate forniti i lavori della.
Cassetta, i quali son certo siano bellissimi.
Mi doglio di questi tempi , che peravven-
tura vi faranno più difficulià, che non biso-
gnerà ad averne buono e giusto premio»
Attendete a star sano. A' i a. di Marcai 53 2«
Di Yinegi».
t.'
«19
UBRO QUARTO.
Al Sig. Ridolfi Pio da CixrpL
p
ìacemi che in ìscambio d^una sem^
plice salutazion fattavi a nome mio dal mÌ0
preposito voi mi diate si dolci lettere cab-
ine soQ quelle , che io ricevei jerì ^ nelle
quali mi fate intendere il pericolo, ch#
portate per cag^n della vendetta , che si
cerca contra voi, sperando che se io fossi
costi , il mio consìglio vi gioverebbe. IHel«
la qoal cp&a^ benché ia sappia qhji la vo*
♦20 VOLUME TERZO.
stra prudenza e molta , né ba birtogno dS'
mio o d'altrui consìglio, pure mi piace ^
come cbe sia , che mostriate disiderarmi ,
« mi chiamiate cqsi amorevolmente. A che
rispondo 9 che se io avessi cosi buone ar^
mi, come io già ebbi, o come avete ora
voi , non solamente con parole vi difende-,
rei , ma torrei eziandio a combattere ia
luogo vostro , per levarvi di quella briga ,
se pure così v* è grave il combattere , co*
me solevate dire. Di che io lodare non vi
saprei , eslimando che perdiate via più rì-«
cusando la pugna, che se perdeste combat*
tendo. Olirà che ninna cosa suole , essera
più dolce a' prodi e valorosi uomini, che
la. giusta e sudata vittoria , la quale a mia
gìudioio sarebbe sempre dal vostro canto.^
Ma io comincio à credere , che voi oggi-
mai vi ravveggiate del vostro errore, e per
questo diciate , che potrebbe essere , che
non fosse male alle volte il contraddirsi;
La qual cosa io confermo , anzi dico che
e tolto a molta rigidezza il non mutarsi
giammai di proposito , mutandosi le occa-
sioni cosi spesso. E credo che la Signora
parente vostra e comare mia vi drrà quel
medesimo, se ne la domanderete; alla qua-
le stimo siano gravi le vergogne , che a
voi vengono per la molta timidità , che in
voi si vede da questo canto. Andate anda-
te , che mostrate poco di sapere quanto
un bel morir tutta la vita onori. Ed io
sono unO) che vorrei più tosto morir mUr
LIJRO quarto; lai
le volte , che una sola mostrar paura , se
io in luogo di Toi fossi. Ma lasciando il^
motteggiar da parte. Io non veggo Y ora ,
che io mi trovi con voi e con la Sig. Co-
mare, e che io possa udire molte cosq
nuove, che mi promettete di farnli inten-
dere. Anche ne averò alcuna io da dire a
voi , la quale ne' libri Padovani non si leg-
ge. Io tuttavìa mi starò qui questo mése
tutto 5 ed in questo tempo fornirò alcune
mìe bisogne, e pìglierò il Giubileo eoa
più divozione, che io potrò, massimamen-
te vedendo io ogni di maggiormente rifor-
marsi questa Santa Corte , e prendere più
iaudevoli costumi e leggi. Alla qual cosa
fare voi parimente tenuto sete, che sete di
lei articolo e membro. Appresso a questa
me ne tornerò a voi molto più volentieri ,
che io qui venuto non sono, come che io
non vorrei per cosa del mondo non ci es-
ser venuto. Il Sig. vostro Zio ha fatto que-
sti di fuochi e feste ^ senza aver molte le-
gna da farle. Esso sta all'usato, il bambi-*
ZIO e la madre benissimo."" Io a voi ed alla
Sig. Gpmare mi raccomando* Di Roma. Ai
12. di Gennajo i5zS.
1^2 VOLUME rXMtOs
' I
Al Sig. Ridolfo da Carpi.
A Padova.
Ho inteso ^a M. Falno, il quale y*Iui
resa questa lettera , la cagione , perché je-*
ri mi scriveste , e perchè poi . ripigliaste la
lettera già data a* miei costi. A Messer
Fabio duole nelP anima , che voi abbiate
pensato t che esso avesse giammai consen-
tito a faro uno scritto a 'pregiudi ciò di voi
e di Monsign. de' Rossi 9 i quali avete fat-
to cotanto per lui. £d a me duole non
poco, che questo pensiero vi sia caduto
neir animo, noù solo per conto di Messer
Fabio y che è gentil persona, e da non sa-
per fare di coleste cose , ma ancora per
mio , che non sarei stato poco offeso in
ciò. Or poi che avete saputo il vero , non
dirò sopra ciò altro, se non che nella vu«
stra buona grazia raccomandandomi vi rac*
comando M. Fabio» Di Villa. Àirultimo di
LugHo 15^5.
Al Signor Ridolfo da Carpi.
A Pisa. ^
Già stavamo con sete di sapere al-
cuna novella di voi , quando il vostro ed
ora eziandio mio Mons. Dolce n^i diede le
lettere vostre , che m' hanno recata acqua
l • •
tTBRO QUARTO» ì^3
dolcissima da spegnerla. Ringrazi ooe la vo-
stra cortesia. Bea mi duole d' intendere ^
che non siate vivo, come mi scrivete; sa
tuttavia questo vostro esser morto non é
con vantaggio . Perciocché alle volte è av-*
yenuto , che uno che mostra d* essere in
^e morto ^ sarà stato vivo doppiamente ,
siccome quegli, che si truova poscia vivere
in altrui , ed acquista queir altra parte pev
sua 9 nella quale egli è , onde dire si può,
che e^li viva in due vite ad un tempo. Il
che se avviene a voi, non solo non mi do«
glio di questa vostra guadagnosa inerte «
onzi me ne rallegro io grandemente* Né
^redo che si possa miglior mercatanzia
fare né costi, né altrove , di questa. Piace*
mi che serbiate memoria di me, e fovvi
sicuro, che molto spesso si ragiona, dove
io sono , di voi , e ragionerassr continuo.
Perciò che il potervi Vedere stimo non fia
per Io innanzi, se non è tardo e rado, e
iarà mestiero , che io mi racconsoli del-
la vostra loatanao^za. in questa maniera.
Ro basciato Lucilio a nome vostro , e sa--
lutata la madre di lui e lettale la lettera
vostra dove di lei parlate. La quale e vi
ringrazia di ciò grandemente, e vi si rac-
comanda y ed insieme vi manda dicendo
che le dovete credere la cosa del divorzio
più che altro. Se è vero che '1 Signor vo-
stro '^ìo abbia riavuto dallo 'mperadore la
sua patria, io me ne rallegro tanto» quanta
124 rOLUME TCRZO#
potrei far di cosa veruna dìsideratissima ed-
aspettatissima a questo' tempo; e ne rìn-^
grazio la Divina Maestà , la quale a .me
pare che in questa parte con giusto occhiò
abbia qua giù guardato. Ho mandato a M:
Leonico la poscrìtta vostra, che gli è stata
gratissima sopra modo e per rispetto di
voi • e per conto del vostro illustre mae-
stro. Raccomandasi all'uno ed all'altro ren^
dendovi molte grazie della memoria onorata,
che serbate , di lui. Esso è stato malato
questi prossimani di, ne* quali io non fui
senza gelosia della sua vita per la molta
età, che gli è sopra. Ora sta bene, tutta*
via in casa. Io son quello stesso , che mi
lasciaste ^ se non in quanto mi sono al-
leggierito d'una delle mie nipoti, la qua-
le ho maritata a gentile uomo Yinizianò
assai a soddisfazion mia e de' miei* A (i)
M. Antonio RoncìoneJ, a nome del quale
mi salutate, sarete contento raccomandarmi
abbondevolmente , e sopra tutto al vostro
maestro , come che egli due grandi offese
(i) Questi fu Pisano e Poeta To^
scarto , e scrisse in rima molto leggio^
dramente nel principio del Secolo XP^I, y
come il dimostrano alcune sue Poesie da^
noi vedute ne MSS. del Sig. Apostolo Ze^
no ; dove aveasi riscontro , chct fossero
scritte, ij^t 1507.
fj^to m* abbia , V uaa delle quali e stata ii
torre a Padova se, e Taltra voi. A Mons.
d' Inghilterra farò le racGomandasioni vostre-
4omaae. State sano. Di Padova. A' i6. di
Marzo i5i6.
uil Signor Ridolfo da Carpi.
A Pisa.
Quanto migliore speranza mi dà la
sieconda lettera di Y. S. della sua vita ,
che non di^de la primiera, tanto ed io ne
rimango più contepto, e toì stimo avere
fatto più lodevole pensiero. Cosi adunque
si vuol fare 9 cioè vivere con men noja,
che si può; se bene altri si vede privo
delle cose sue più care, siccome ci vediamo
noi qui amici vostri, e come si vede e vi
sentite voi costì, quasi corpo privo della
«uà anima. Lodo la diliberazion vostra del-'
Tessere io Villa , il che non ho ancora
potuto fare io lodatore e consigliatore agli
altri uomini della solitudine e deir ozio
villorecchio. La qual cosa m* è avvenuta
per avere io maritata una delle due mie
nipoti, che m* erano ed ancora in parte
sono in casa , le quali nozze m' hanno te-'
nato occupato ora in Yinegia , ed ora in
Padova insino a questi giorni, ne* quali
Tho a ixiarito mandata Gentile uomo Vini-*
isiano, e di bonissimi costumi, e per gli
Jl6 TOLUM« TERZO j
State sano, eà attendete a farvi ricco , se
noQ per altro , almeno acciò che possiate
far poca stima degli amici vostri più sicu-
ramente. A' II. di Gennajo i525. Di Pa-
dova.
A M. Valerio de^ Belli intagliatore,
A Vicenza.
A me incresce che U cane non vi sìa^^
riuscito buono , come disìderavate. Dio sa^
che io non X arei mai creduto, da tal par«
te mi veniva. Pazienza. Quanto alla cagna
rossa, che dite, chi v*ha: detto che io ho
levriera , non sa bene ciò che egli dice.
Ella non è mia, ma è d' una Donna, che
se Tha allevata dal latte, e halla tanto ca-*
ra, che è cosa da non credere. L'ho altra
volta voluta torre, per donarla a M. Ago-
stino Angiolello , e non T ho potuta avere.
Non che io non Tavessi avutay se io fossi
perseverato in volerla al tutto ,. che quella
iDonna non mi può negare cosa , che io
voglia da lei. Ma la vidi si mal contenta
per questo^ e così con. molte lagrime la-
sciarmi la cagna ^ che io non ^glie la volli
torre j e diliberai di non gliene parlar mai
più. Sì che, Messer Valerio mio caro, io
certo non ho cagna levriera nessuna. M^
datevi buona voglia, che se io ne dovessi
far nascer uno, ve lo troverò, e sarà buo«
no. Che non lasciexò passo a fare per cqjii<I
finicerti. State sano. A' 6. di DecemLre i53o;
£>i Padova.
t •
^ M. Valerio.
Vi mando , M. Valerio mio caro , un
cane levriero bratto, ma buono, se xn han-
no detto il vero quelli 9 che Thanno dona-
to. Voi lo proverete , e se cosi sarà , lo
terrete per vostro. Se non sarà, lo renderò
à: chi me Tha dato. Attendete a star sano.
H cane si chiama Turco. A* 3. di Gennajo
i53i. Di Vinegia.
A Mr Valerio.
Quanto alla figuretta del mio conio se
Iti voglio vestita o nuda, vi dissi che la
faceste come meglio vi pareva di fare. Pur
crederla , che fosse bene , eh* ella avesse
un poco di vestimento. Vi ringrazio, e ne
aspetto vedere il piombo con disiderio. Sta**
te sano , il mio caro M, Valerio. Air ultim-
ino di Fòbbrajo i533. Di Vinegia.
ri
A M. Valerio.
Ho avuto il gesso della figura del mio
rovescip , la quale mi è paruta, siccome
è, bellissima ed eccellente. Di che vi rin-
grazio quanto posso. E vero , che non vor-
rei le aveste «.esso qu^ raw^ iin maao.
taS TOI.UBCK TSuaoi
Ti priegii a darci avviso di voi tamo pìiì>.
che qui s'era inteso, che costi. era ogai>
cosa piena e di morbo e di romori. Ai-,
tendete a star sano. Mons. de' Rossi, man*
dato qui il Sig* Ettorre suo fratellp) andòr
a Roma per pochi giorni* A M. Giovanni:
Spagnuolo ed a M. Anton Roncione sarete,
contento raccomandarmi. Di Padova. A'*7«.
di Novembre i5a6.
M Signor Ridolfo da Càrpi.
A Roma»
'• I
Piacemi che Y. Sig. sia in Roma. Bea.
vorrei che voi vi foste per altra cagione:,
che > per quella, ch^ mi scrivete, e che 1
oig. vostro Zio fosse sano , il quale é eoa
troppo. gran peccato delle stelle infermo sì
lungamente, se da esse vengono le umane
disavventure. E sarebbe oggimai tempo ^
che egli si riavesse^ e potesse vivere qual-.
che anno sano e gagliardo . ed oltre a cip
riposato, ed in casa sua. 11 che Dio gli
conceda, e doni a me poter ciò vedere ,
prima che io tanto inv.ecchi ^ che il pò» .,
tere andare a Carpi mi sia dagli anni tolto
e vietato^ Quanto alla informazione delle
rendite del Patriarcato di Constantinoppli ^ .
che per T amico v^ostro mi chiedete» vi
dico che elle solcano valere d' intorno- f| ,
fiorini ottocento. È vero che a Mons. 1q
' .-.'.''i
Lino flTiUTO: I!K)
Cardinale Egidio non aggiunsero il primo
anno pure a seicento, trattone le spese, che
Sua S. vi fé in un procuratore, ohe egli vi
mandò , che le riscosse. Del secondo anno
Sua S. non ne ha anco riscosso quattrino.
Stimo tuttavia che elle potranno valere a
chi le terrà con aldina buona cura, d'in-
torno a settecento ; e sono tutti denari ,
ohe si riscuotono di possessioni livellate
neir Isola di Greti, e son buoni denari.
Potrebbonsi oltre a ciò queste rendite ac^
crescere con favor di Roma, ottenendosi di
poter di nuovo livellar le possessioni già
livellate. Ma sarebbe ciò malagevole a for-
nire a forestiero , che Cardinale non fosse
Quanto poi al potere il vostro amico per
esser Fiorentino averne la possessione dalla
Patria mia, io la credo ad ogni modo dif-^
ficile impresa , e forse da non potersi ot«
tenere. Tuttavia assai cos& alle volte si fan-
no di quelle , che pajono altrui poco posr
sibili a fare. Da Mons. Dolce non- ho in-
teso di voi cosa niuna , che è stato molti
di a Yinegia, ed ancor v'è; né da altrui
prima, che ora per le vostre lettere me-
desimamente datemi da Mons. Stampa;
Ho risposto alle lettere vostre. Ora vengo
ad una mia non poco importante bisogna,
la quale intenderete dal mio Pietro Arila
renditor di questa. Nella quale siìfpo , che
mi potrete porgere un grande e singolare
gjuto é iostegno con la molta autorità del
Bembo FóL VII. o -
/
^Sig. vostro* Zio ofmico'* $ì^^ ^aìmi^pm^fo
'Mons. Datario ,' che lo Ama- ed' 'ó^oMC,
'quanto' il' mondo fa. Pefcìò^^ehe nuti dofaro,
me egli noa lo visiti asisaì Srpf^io <"> xaU
>^aaie tempo alquante amorevoli -edl" Éiffetm^
tkùte parole di S. Sig"* dettegli còn^4}a9ÌÌR
grafia e cott quel modo, co' qfisrli egii^^
'fat*e tanto grandi e gravi cose. poCrebboflD
valermi, tjuanto intenderete dal aetto Àidb.
Al che (kre io il priego con tutta laf^ iM^a
' deilà lunga servirà con lui, s4<(!C0ihei'^
importanza del mio bisogno vuole /^^rd»
io faccia. Esso potrà agevolare* in qufc-
-sta occasione tutto il rimanente dellà'^a
^vita, e questo ozio de' miei stud} inap€^o
alle volte più che non dovrebbe dàlltf f^o
larga fortuna mia , e dalle gravezz^V'^^^
"^ quali mi soprastanno, che non ^i pb^dtto
scaricare, se non con più oro che n#ft/ò
quello, che a me viene in mano delle -*rie
rendite. Che pure quest* anno ho maritato
una seconda nipote mia c^n non picciolo
mio sinistro, che niente aliro ha in dote
avuto , che quello , che io le ho dato. E
penso di maritare ancora la terza , cha
m'avanza, se io potrò, e poi tié 'irt-ò ma-
ritate tre, pure solo di quellò\ <;1ié tti'hi(}i-
< fio le mie e lunghe e gravi fatiche tt^ìcfUi-
^ stBLto y per modo , che se ora il ' Sii^pir
r vdsil^o Zio ][3er sua" cortesìa manda^S^^-cj/o-
- ^Ipto prospero e secondo -veùtdV -dhi^^o
o^ljtMtf 3 nelb mi^ gactii e 4felìbtèi vdfe f)%
: >j^ismo ;^tfA uro. r 1 5 1
ofiie9|!7«niiQf:DUPkerei la detta povera; e hmy-
^ma(>faiìciidla.v] che a maritar*! mi reMa^'e
jiqiieiiéreìint stéaaa più) pensar gi?9imai di yo-
llere altro^ e. ^aeiato e- ripoaatc^ e trlip-
-cpiìitlo d»reii<verfio,lui. Totmn muneris hoc
sAiii;^U^l?ereì^ohè se esso aoa vi; ;^* ÌDter-
^poidt^^ ;^tiaio di noA aver oosa^ che. io vo-^
agiia^iki^ quella, che iiueiiderete« Ben dìti-
ctderò ohje<S4 S. vi s'Iuterponga di, .modo 9
sdok^- a'IMoQvT0atarìo Boa paja, che io Qon
.^Inr .6di JSbella buona grafia, di lui. La qo^l
3eb6a iUtta a voi raccomando cosi caldam^n-*
»$e!^ o<>aie ^ la importanza ricerca 9 che io
^fiEicoiàyle la< nosica amistà a ciò fare ra s^-
oMi(«r^< Ho detto, quello, che io vorrei.
cTiUiatia ae voi vi ci vedete o disagevo-
r.le^a^a^^ o rispetto alcuno 9 che impedisca,
oWHi^, uè fate parola 9 ma tacete e tenere la
vva4.' tutto quello, -che io vi scrivo. State
filano. A* 4» d'Aprile iSay. Di Padova,
r -, • .
»:
j • .
jél Sig. Ridolfo da Carpi.
A Roma*
-9 . Dal mio Avila ho avuto , quanto voi
^iglt* dicevo d' imorno a quello , di che io
:.;v^|Mregai. Del quale ufficio vi ringrazio,
jrqui^^tOi sapete xhe io fo, senza . che io : il
^dVi[ scfiiia* Ho poi avute {e vostre l^tte^e,
oij^ef rie quali veggo e voi avere soprassedu-
oitq xHl jcaiiiirqiiio di Francia, ed il Sigoor^o-
atrn zio essere ito a Palagio, dove quattro
l3z TOLUME TEHZO.
mesi sono, non è stato e dovervi dimorare:
Nel qual tempo perciò che io sono asatù
isicuro e che potrete fare alcuna cosa s^be-
nefìcio mio, e che la faro te , aUro non di-
co. Quanto alla infornia&ione delle rendite
del Patriarcato dì Cosiaattnopoli più par-
ticolare , che 1' amico vostro vorrebbe , dì-
covi che io gliele potrei dare , se un mia
Maestro dt casa,, che fu in Greti a pigliar-
ne la possessione a nome del Cardinale ,
non fosse morto, che f avea molto minu-
la e conia. Ma esso perì in mare con tut-
to le scritture sopra ciò , di modo , che a
mo non è rìmaso di loro pure un verso.
Nondimeno tanto vi dico, che quelle ren-
dite sono tutte in denari , che si riscuoto-
no i ducati Tiniziani di possessioni livella-
te, ì qnali denaii fanno la somma , che io
vi scrissi in molte partite. E queste rendi-
te il Cardinale spera potere accrescere ^
rompendo le livellazioni antiche con auto-
rità delta Sede Apostolica, e rinnovandole*
e già ha dato principio a far certe citazio-
ni in coloro , che posseggono le cose del
Patriarcato, per venire a questo. Ma è <ài
impresa non da ciascuno, o da chi non
avesae olirà il favor di Roma ancora molr
to potere in Greti. Wè sopra ciò altro dir
vi posso , che io sappia. Avanza che io vi
prìcgbi , che siate contento dar piena fede
al mio Avila di quanto e^ti vi dirà a no-
1 negozio e disiderio d' nn
^\Oentìlft uomo. VinÌKÌano
UBRO QUARTO. l33
mio amaìiuS9Ìmo fratello. Alle parole del
:c{uale Avìla mi rimetto senza nojarvi con
Icinga scrittura. Nella qual cosa tutto quel-
lo , che farete a benificio di lui , riceverò
per fatto e conferito a me stesso, e di tan-
to vi resterò tenuto mentre io ci viverò.
State sano. In calende di Maggio iSay. Di
l^adova.
j
^ jil Signor Enrico Orsino
Conte di Nola.
A Nola.
Oggi ho ricevuto le lettere di V. Sig,
4ate a' 5. d^ Ottobre ^ e scrittemi in racco-
jnandazion di Lateriò Macrino da Brescia.
Per le quali veggo quello , che molto m*é
stato caro di vedere , che voi avete preso
confidenza di raccomandarmi alcuno ae Vo-
stri , il che sempre far potete non solo per.
conto della feL mem. 4el Sig. vostro Avo-
lof, al cui nome ogni Yiniziano dee essete
tenuto grandemente, ma ancora per rispet-
IG^ di voi, il quale io ho e in osservanza ts.
Ish riverenza^ molta. Dogliomi non m'essere
jtfovata in . Vinegia p pur^ in quelle parti
j|(Bpr le.^3|i>ispgne deir amico vostro, che gli
H^i &tto conoscere quanto X autorità vo-
ifUf {Mossa con meco. Io questo Ottobre ap-
.^P^l^.^i partr di Padova, dove io mi sto
, e venni in Roma per basciare
f^i^.agjli ^g. Sono tuttavia per tornar-
''-^4ÌIM|^^ ^^Sl 9[uesta quaresima»- Se
•',"*."> ^.^
v:'
V
pm^ qt^aH3ó io JltùNn sarò; ffra téftipo dièS
30 possa servire air amrco Voilro-^Mo' it'ftM»*
rò senza risparrtito niuiio. ti cke voi gli ^
potrete fare intèndere. Sempre cbe V*^ Sijg^i^
sf vorrà valere di <jncl poco ^ cbe 10 sénOf^
ella il &ccia ad ogni piacer suo, che u»^
gliele profFero tatto di bnònisàimo }a&ini<>y>
e ^oho. A* 126. di Gennajo i525. Di Ro«
ma. ' ^'^-
jil Conte di Montéleone Viceré
, di Cicilia*
Quello, cbe ^averantio operato le invi-
die e le emulazioni fratesche contra Frate
Fràit^sco Bruno, V. S. Tintenderà dtVen-
ii^tòi^i di queste lettere. Qual« sia la homm
éÀ^\jAep\xk di lui, ella il sa, nk fa luogo,'
elle' io gliele racconti. Ora perchè la ta^»
dicina di questa ferita può venir solo dal
{sciòt di y. Eccell. bo preso questa penvà^
ih hìano^er supplicarvi cbe vi piaocia^scn^
vere a Tv S* e dando a S. Sant. testittoaio
della dottrina e della vita di Frate F^aa^
céscó pregarla a volere ordinare, non 4ìc»
cbe ^gli i^ia riposto in quel grado^daliqmN
lè tuttavia egli è stato indignissimaidento
dipostò, ma solamente rimandato in-XIicilia
èdr alla patria sua per soddisfazion di viem
ta 'quella Isola, cbe priva del miglior 'Pa«
direi òhe. peràvventura sia in lei, se tte diii^
Fe^'^e rie fa" pi^egbi a voi. -Stimò cb« se^V?
£c4eìì!%iglierà que^a poca fttica n httm^
/'
ìifrii^iris^tf^ è a voi gr(^ade(nie^Qte'tenuiOp'^
a^mgtrèt^ ^qtie&^a. titolo. ^^ gli' altri mòlu/
4^»^CQrt06Ìa vostra. Ed ic> per T amore j^'
Qbye io -por^Or alU sua virtù,: p per la ,noja/
cilt^He pceade sup fratello ,. mio creato éd^
aiÀe iQ^iro , come figliuolo , ve ne seaiiro-
immortale obbligo* À.lla cui buona grazia '
bascio la mano. A' 7. di Febbrajo 15^5. &i
nomai." '"^"^ ^...,.- ., ..
A Monsignor di Fontanalata.
« ^ 'A Padoi^a^
'.••*
"■m"
:^ Rendo molte grazie^ a V. Sig. della meX
nopia' ohe av«oe di me serbata cosi fre^cat,
^aj^Qii anni) e della visitazione fattaqpfl ora
danirói 0Qn le vostre lettere. Alto 'ncQn^rjp;!^
delle qaali cose vi fb intender.e, che avfinf
doi ^to iateso 3 tornato che io £ui da Ronvi^ft
vói etsere «tato alcune settimane in Vd^So--^
và;^ mi ^dolse^ Hoa avervici potuto per la piià^
kMatànaaza ^ vedere e godere^ La qual co^^
afi>^(>e«so di^rè al pre^nte ia .^mmen^a
4qI p^sisaio^ $e voi vi ci 'fei:mecete. Quajif-^
ID appai^iem^, alla composizione^ di c^ii nii
liéerò'ate, vi rispondo, cbejoaolti, appi sor,
«0^ cbe io i2on'- son booizo.a f^r cps^da^jiuy^a
xiòtiFei^tloci ad altrui vogtia, c©jaaio§»;^^Gsa^^^
etkèt per me; polii ppqgp T*de v^tp. ^^r^^re^,
/
l56 VOLUME TEUO;
avventura bastevole in aJcuno altra, se vot
vi degnerete operarmi e comandarmi. A cui
mi profiero di buonissimo animo. State sa*,
no. A* IO. di Giugno i525. Di Villa. ^^
A M. Francesco da Novale Medico.
A Padova.
Come cbe io sia ben certo, che non
bisogna che io vi raccomandi alcun mio,
e per Tamor, che io so essermi da voi
portato , e per la psservanza , che io non
pur come a parente, ma ancora come a
padre a voi porto : pure il gran disiderio ,
che io ho, cne Piero Anton mio sia ia
cotesta sua febbre bene e diligentementis
curato, mi fa or a- pigliar questa cura so-
verchia di raccomandarlovi, siccome io fo;
che nel vero io il vi raccomando più che
Ì9 posso , come quello che m' è ed anti-*
eolissimo ed ottimo^ servitore, e per questo
cagioni eziandio carissimo. Io non posso
racchetarmi né aver bene, mentre il pove«
rino è in travaglio. E cosi di me sarà in-*
fin a tanto, chMo il senta libero. Dùnque
se-Y. Eccell. ha piacer del mio riposo •
della mia contentezza, vi priego ad esser*
gli amorevoi medico e diligente procurator
d^lla sua salute ^ nella quale in parte sta
1^ ^ia. Aggiugnerò questo obbligo agli al-
tri , ehe io vi tengo. I quali non mi si scor-
dano , uè scorderanno icnai. Spero /vedervi
timo QUARTO* • 187
'iat sei od otto giorai alla più kinga. State
sano. A^6. dì Luglio i525. Di Villa «
ji M. Francesco Burla Piacentino
Lettore in leggL
A Padova»
Messer Flaminio , il quale a questi di
Vha a nome mio parlalo sopra la bisogna
di> Messer Fabio, un'altra volta ve ne ri-
zirlerà, e vi dimostrerà quanto io mi sen**
^ ta ténnto alla molta vostra cortesia , che h
tatto quel poco, che io sono. Quantunque
senza questo nuovo obbligo la vostra molta
ed illustre virtù assai prima m* avesse po-
sto a vostra rendita. Rimane che io di due
cose VI prieghi, Tuna è, a dare a me tut-*
ta: la ^Ipadi ciò, che Monsig. de'Rossi ha in.
^ materia operato 9 e liberarne lui, il
quale ha sempre mostrato avervi a grande
rispetto ed onore , e ricordarsiydella pro-
nessa , che esso fatto v* aveva. Perciocché
io mi profFero di soddisfare in voi tutta que-
sta somma , e me ne chiamo vostro debi«
toro. L* altra é che voi pensiate così d'usar
me e adoperarmiÉ» come io ho voi operato,
e di me valervi in tutte quelle cose, nelle
quali mi sentirete buono a far per voi^ La
qnal cosa se voi farete, mi fia ciò tanto
caro ^ quanto e voi potrete vedere , ed tó
vi mostrerò velentieri. State sano, e ^ ^alu^^
tatemi il nostro Bellino j del eui ritoitio
faiitt> pi^cwe ho preso, quanto presi v^4iQ^
lare della partenza. A' jé di 'Luglio i5:>jiftc-
Di Villa.
j41 Conte Lodovico di San Bonifacio.
A Padova. -
Ho avuto il fasciuccio delle lettere ,
che m' avete mandato* e raecoi/iandato. Co-
lui , che '1 manda , mostra poca prudenza
in quello, che egli ricerca dal mio Messer
Gola. Tuttavia, averò la bisogna ad atiimo
per conto di voi e degli altri Sig. che la^
2ni raccomandano^ Rendo molte grasie al.
Cardinal Campeggio, ed al Legato della*
troppa umana salutazion loro , di cur soaos
oggimai antico debitore, ed ogni di mil^r^
glsino' con più stretti nodi a ciò, e speziala
mente Mensig. Legato, che si mi strigae ^
die io non mi posso, né mi debho^nèmi
voglio riscuotere dallo essergli, leiiuto giaiiH
mai. Io non ho ancor veduto quest' aao«r
ramico qui ^ né ci ho avuto quel diportai^
del quale mi ricordate. Che non solp m'i«b^
cresce per conto di voi, perciò che se
io avuto r avessi, potreste averlo avuto
ancor voi y itia oltre a ciò ezi^i^dìfo per ri-
spetto particolar 'mio ^ il quale sempre
volentieri veggo le belle e rare cose*
Se io averò^ ventura alcuna per lo innanzi,
voi /il saperete. A - Mons. di fiàjutf ^cirissi a
€|<«e!Sti giorni , e lo .visitai per Jo mio ^^1
CoIa> che è. in Vinegìa. vA voi m .ra^ft^.
«àlida 'pregandovi ad attendeir a-darrlbnoar
tettpo, lastre sete in cosi bella ed utile
primavera degli anni vostri. Vorrei essere^
da voi raccomandato al mio onoratìssimo
padve AI. Leonico. State sano* A' :i6. di Lu-
glio i5a5. Di Villa.
A. M. Luigi da Porto. )
■ . - ^ • • ■ ^ .'f
Alla vostra non rispondo altro , che
Iiiesto , che quando io facessi |>oca stima
(^lle composizioni di tutti gli altri uomini,
it che non fo, e di che Dio mi guardi,
sempre ne farei molta delle vostre. Però
qutindo vi piacerà che siamo sopra la vo^>
stra bella novella insieme , mi proffero di
{afvi vedere che cosi è. State sano e rsK^^
comandatemi a tutti quelli vostri e mie»
frasielli.) veramente gentili e cortesissimi no«
Biini. M. Flaminio con tutto il mal dire e
pensar vostre di lui vi si raccomanda al^
iresié A* 9. di Giugno i5z4* Di Padova.
V. ■ i ■ \
' . "* A Vicenza.
A Messer Luigi dm Porto.
*' 'Mandoviv Ortorato Messer l^uigi, gli-Asc»^^
Imi.'i <{nali per vostre mi chiedete.' Do»?^
^iBoA^y dbe 4{ttando il v^itri^ mesM è- vìh^
"ì^O rohjmz terzo.
nato qui CQ& le vostre, io sono stato fuori
della terra, nò Tho potuto vedere, ctie
grìoia gli aresti avuti. -Mandovegli per M,
qjUri^hiò mio onorato e maggior fratello ,
<^ anco è vostro* Se altro posso ^r voi,
ope(ri^(emi. Yolea questi giorni venir a star^
DbCk due a yi<2enza , ed alcune occupazioni
i^pL me r hanno conceduto poter fare.
J^azienza, ad altro tempo. State sano. Ai
1(6. d'Ottobre i5«3. Di Yinegia.
ji M. iMÌgi da Porto.
In poche parole, onorato M. Luigi ^
vederete per la inclusa che io scrivo a M**
Giovangiorgio da Trissino, quello che io
voglio da lui , cioè che esso scriva a M*
^nton Niccolò de* Loschi , il quale è qui,
ohe esso è contento che egli mi dia una (i]>
(i ) La Medaglia , di cui favella il
B&nho^fu posseduta dal Trissino^ il qua^
l^ a nessun modo volle concedergliela
per h ragioni da lui allegate nella rispO"
sia , che fece all' amarissima lettera del
Bembo ^ che leggesi nel Segretario di Pam*
^o Persico > a ca,r. io 5. // desiderio del
Memho di ottenere quella medaglia pro^
cedala dalia somiglianza ^ che ella a/n^evé^-
LIBRO quarto: i4i
medàglia d'oro che esso gli avea promes-
sa 9 e per quanto aspetta a lui, na caro
che lo l'abbia, e che egli dia la lettera al
presente portato^ Pietro Ant. mio , iche va
fino a Verona, e subito ritorna qui. €redo
che M. Giovangiorgio non si tirerà addio*
tro, che noi riputeria quella gentil persona^
che M reputo. Ma se egli si ritirasse , fato
ogni cosa ' possibile , che egli non vi di^a
di no^ come farei io per voi in qualche
cosa importante. Non mi potreste far rosa
più cara. Mio Padre, che scrivendo io que-
sta mi è sopraggiunto\ mi ordina che io
vi prieghi e stringa sopra ciò molto molto
da parte sua ^ e che ne preghiate ancora
esso M. Giovangiorgio. rNè altro sopra ciò.
Yoi non vi lasciaste godere questo carne-
vale qui. Farò ancora io altrettanto , come
Vengo a Vicenza. Al Mag. Niccolò da Porto
e M. Bartolommeo Pagello e M. Leonardo
da Porto ed agli altri amici fatemi racco-»
con una donna ^ la quale egli onorava
'molto ^ e che sotto il nome-diBererdee
»^wa negli Asolani introdotta a ragionar'
te. Così si raccoglie dalla lettera del Sem^
ho y che verrà fra le Ietterai aliante im-
pressa nel fine di questi . f^olumi ^ dp-
intendo che la risposta ^del Trissino di
iopra accennata trovasi nello .stesso Se-
"^i&ario del Penfieo a par^ S s.3».
^42 imLVMt tmiti^.
ttHÉndatOiC telate sano. A' 9; di» Bfano. lSo@.
Di Vinegift. ^ r-^
ji di. Luigi da Porta, , i>f>
i:
: 1 . . , .r-,
.rf
La prima vostra , per la quale m' «iVf
Vitate della venata della Illustri Mad. ;A^%-
tònia da Gonzaga, e dì M. 'Pablìno dit
bagni, ebbi alquanto tainii a tempo, elfii)
rtevale essere oggimai in cammino , o là.
certo se non fosse statò' <die mi sono
questi di sopraggiunte oòcupazioni di qua-
lità , che non posso una ora partirmi di
quésta terra ^n a tanto che io non le abbia
<:sp^dite, subito sarei volato a far a quella
'Mad. rivercuzia , che me ne è crepatoli
core. Risposivi due parole per M Luigi
Vostro cognato cosi sotto sopra. Oggi poi
Ilo avute altre vostre, per le quali mi date
avviso d'essere stato a' bagni un giorno e
mezzo , e de' piaceri che ..vi avete . javutì.
Che potete pensare , se io ve ne ho avuto
invidia. Ringraziovi di tale avviso, e mas-
almamente della dimora^ che fin a* ì3.
del futuro è per fare la Sig. Mad. Anton,
ad Abano. Nel qual tempo procurerò d'e-
spedirmi per poterla visitare, come disidero;
e del tutto ne sarete avvisato. La mia ali-
data è alquanto prolungata^ per rispolti
che non occorre che io scriva: SapereteJae
pgui . pa^rtiicQlar saccO9»0. ; U fori^ieFe . nQn
r.^o^é n^ Crede» già tS. di uscire par
villa e per vedervi , ma come vedete noA
mi posso per ancora partire. Come che io
mi parta di queste acque , subito ve ne
darò avviso. 'AI ^iiiio. Màg.«i.Mr Francesca
vostro Zio ed a Maestro Bernardino mi
raccomandate , e salutatemi Gai^riele mio
A)*ii&£zO>( ^» ditegli m* attenda ja promessa
tlètla imiBÌ One. Amatemi^ come fate^ doloe
il mio^lM^^ 'Luigi caro e geatile*. A' z5. di
iÌ{iggfiK-i5o6c Di Vinegia^ i
^'i - 'jtf M.lMìgi da Porto.
" ' Chi non* sa^ dolcissimo M. Luigi mio^
^6 io ho sentito afTaimo della vostra m»-
^nia avuta ulrimamente a Yinegia? Perchè,
khk non- sa og«i;imai che io son vostro tao^
%ò , quanto è tutto quello che io 6on mi<^
^llò noontro mi piace che siate fuor di
gravézza, e riavuto. Ed a qu^^sto di dove-
9» essere più gagliardo, «he mai. Che Dio
'4f!fcc(a cfae^^cosi sia, e che io yi vegga sa-*
'iit)'#^ lieto cento anni continui. Pro^^urate
edufique di non vi lasciar infermar più,
il cKe procurerete guardandovi da* sinistri,
che so noù fliapet:e molto ben fare. Vuoisi
^vivere {liù che si può . e Fasciar da parie
le maninconiè , che affliggono alle vake
^più che alcuna altra fatica. Sé io sapessi
^roe fare nelle cose vostre ., io non naaii-
lrt)£c<iAV"Mk mille & Af. ^Q?aa Angelo, > che
nmfte rrié ne scrive, come io lì dissi, cnV
tisbgnando esso facesse. Credo per questi'
che non abbia bisognato , o cb« V ocdiìié!^
dàirt con M. Cesare Gonzaga, che ne ave»,
Ti*'a parlare al Card, di Pavia ed all'Aj-
^niiho per nome della Duchessa le abbia
supplito" al bisqgao. Se pure altro bisognerà.^
di quello che io posso, non mi sparmiatè^
che quando bisognasse che io aadassì a^
Bologna a questo fine , Io farei. Piareini elle
abbiate fatto pensiero di venire in qua dq-,
pò natalo, e cosi vi priego facciate. Ben vi,
priego che mi diate avviso , se sete per
venire. Perchè potria essere che mi veniss^
occasion di andar fìuo a Bologna alla Cor-;
tÉ.' II che non farò, se saperò quando arfr;.
.. té voi ad esser qui, e rimetterò l' andati^
ad un' altra volta. Benché io non so né an-
che perciò , ^e .«nQora non yctawdo voi ìo
y' andassi. Tutto sta ìd ^occasione. Però
venite j che rideremo otto giorni, e caccie-
T^t,e da vov I9 nianinc^nia, c.be vedo tvreu
prèso. Ma die» n9A"8ej,.e vf» ubmoT,!,ck|B,^
htso^n^ di posA^ che possa à,à uf^aio 9Vj^^
ii|ri?^ pig^jrsi '^olta mttpincoÉiia? Sp J^,*;.'j
nK^Ce» vivete. aUegrp a. che appena CÒ?».,^^(,
vive; 2ò„p9n ito avute, afltre'vo^tse l«jtji9^9j.
da^jiì^àia., che -questa de'.itS, d,'Qttop^i
Ui(-a|t<(j «jh^ppr M-Giov^ j^gejo' i*c)fi«g,^
>fS,!ì^.'céij^ft,'.V^,P»*'e oe venga a j^.ditij^i^g
ciré 'giorno in un' liiocó àci 8. miglia qui vi-
cino più(jp OMO, che ^^(^8^ %^:^
UBO sVAitcrol t^
Còrte^^E Ik KarÀ tatto *1 tempo 9 che tace'
ili queste cootirade ^ eccètto 90 io anderò
còme diiti -^ Bologna 9 ed eeceiito la ^
di queato Carnevale^ che ho propieéso nOm
Dfeidietsa di farli 9 dove sua Signoria sarà^
o in XJrhioo 9 o a FossamlNroiie. Però.ae
iFèrrete voi, laicierò ogni altra cota, e n
fitrò compagnia. Le cose mie 9' ae io nom
sono diigraaiaiissiiiio, anderanno un gtcnrna
in porto, Se avete voi molte cose da dir*^
mi ^9 ed io ho molte cose da dire a voi;
Però venite. Feci le raccomandazioni alla
Sig. Duchessa ed a Mad. Emilia 'ed, a
Biàd. T. tutte vi ringraziano^ e risalutap-
Bó. State sano e ricordevo)e di me , e sa*-!
lutatemi' il vostro Acate. Ho avuto jerìi
lettere da Mad. Graziosa e Mad. Veronica.
àk i5. di Dicembre i5o6. Di Urbino.
A M. Luigi da Porto.
A VicerMi.
Il Cane, che dite mandarmi corrente
e haono9 o che egli non sappia la strada ,
e che avuto non abbia chi gliela insegni 1^
io ancora pon Fho veduto 9 e sojao oggi
diece di che le vostre lettere mi furono
tendnte. Se egli vètrà, io il riceverò vo^
lentiert per amor del donatore oltre a que-
sto 9 che io ne ho bisogno. Perciò che io
ne ho aspettati in vano alcuni Frioli, che
aii doveano^ buoni di sono, venir ^ '
jtesft* Voi. ni. t#
pratifio.iW. ^trildA dltreal come man IVli^i^ff
VQStr^o. fin .qaest' osa sAputa>. EU w^uril' ^Iwo,^.
41 )q^^^ dite pro^ìaccHeretQ, ia ^ w^ jrju^(>|u|Ufi99 h
qg;ii|xt(]i J^a veduto il prii^eto,<wa noiii4l»v
ua|)^Q, V ragiott^ae , mentre 10 iie«^uaft<^ì«u«%<i
reX'Z^ ho.. . di . dovere ayer pur ^Qo|:est#. ^ I9H0
rotespeoù che $UtQ cosd ia fati^l^e^^ v^rr#ifr>
p^ù.^ t.Q3to . vi fbate. 41 piacere.' 7«mtaviANfiv
vuole portarle toltre meno affanaotoiQeBle «}^
che r uomo può, che bene spesso le gravi
cose si fanno leggiere . con la pazienza e
con r animo riposato e sofferente. Ti rac*
comando costi il mio M. Cola e quello f
ohe egli vi fa. State sano ed awai^m, e
S2^1m,ate gli amici. A^ 39* di JU^^ìq i§*3i5«^^
Di Yilla. . . . ' cfA
ji M. Luigi da Torto*.
-A f^inegui. /.
> »■ : ' f •>.
■ ! ' • JV
Son venuto a Padova, per par)^^ éU
Podestà, ed hqgU parlato. Esso -è stato ni|;
poco malato al tempo della commissione
datagli di costà. .Ora staheni^^ nda aspetta
che di nuovo gli sìa commesso. Yì confor*
lo al venir voi a parlare a Sua Mag. qui ,
e „ad informar)^ dej caso prima che ^^sso
s^Jnfornidtp^, ,c. pospia moUp pili .a Uor
varvi con lui e <;on gli altri sopra 'i fatlffft>
Efisp^ é giustisaima e molto ragi^neviple^ F^ j
^^.fS^.;?^* ^si lascìcrà pprtaire ,d^ particQliftg
^o^U*^^ j^udicar ^pa . J^j, canwif E4 Jft.fei^
/
siÀlié^^ià #a'fài^. Qaft&to alla tiiifl Badia,
iok'l^ho affittita 'per tte anait e quésto è
ilr]p^l^!àifè« pavido io pòtr^ Ye tilB ag^vdistò
vélbniiéti "^ |Mr V torneo vosfti^ , e pottàb« )
be^ ilice' ^fl^éniFé , ' che io p6tei»«f primit
€h«H ti^e NM^i ibrUHi^èro. perciò sé fai^tf^
cll^^fo'' patiéf vi possa, forte lion fia kó-
vìtefaStyì'Siàte'4ÉBo ed amatemi Agli tmdicS
4» 9èiMl6bì«^lì5!x5< Di Padova. • -
^ ^>'>'y 'A M. Luigi da Patto. -
^ - "^ - ' A P'icenza.
Mandai il mio Ant^ a M. Leonardo i
e ìcifissi' aticora, credeiido vòt essere a Vi- ^
negia. Ora vi priego a rimandarmi lo sten^'
dardo, che aveste già bnon tempo, che io
ne ho bisognd: La Settica etò presta per
vostro cognato, ma^ esso Aon F ha osata.
Attendete a star sano , e raccomandatemi
ai^cliU geo tiltlomitfi Vòstri e nòstri amici.
A^li vJFi di Luglio i558. Di Padova»
t\
A M. Luigi da PortOi
^ 'A f^9fùia. '
'^'Ebbi i due capretti, de'ciuali tanto più
VT^t^ngrarié, quauto av^è pagattj diie volte
fMlld, che /dovevate, ad tino,' che màinóxt.,
prgèfsc^tea, tjkè esso debba:.' Cft Vbst^o' co- '
gfiftéè liii 4utAe ^timdemétité; ed' è'cosa^à^
diieréèné. PM@ H9à»<^tÌL foìhm )^£létiii^'
(
I
^
l^ilnr I15 yp^wrai città fof|i|v 4ft)t|NH«,,|»»i«
^ffift,aUUpfipetq;iU flu^^* Ai^ji K0r6i(ìD%i
Bjji^, Qp VO; a yiii0gìa p^r ^i «4«Mt0 0)911^
%5e sano , ,# gq4cr^ , mfl4o«*«»ni»i»^
: ; '; .^ ifiingrazio ^ DìL Lnigi 1910 > c*ro ^^^4i9
l^jcagolifii mandatimi V e ; deU't^ltrp «wi^
CiQiì vi pigliate carico -.di ogiaii4ai?n|)en#^rpij^>
ch^ quesii mi bastano a§$AÌf^',iri/ i9iEi>¥Ì0 3f:
qftp&iglip jde'X e mi ?i riic^oipuadiq^i ^ %f
M. i;Bfj;n4irdino inficine ^ co% ; ^<pief)^ A^W
b^i^cUtQjPammiUo da pan^ ini«%: 4* iS>réÌn
Ffbbrajp x5^. Di Paao?a^ / / ,t mi fa'
^ verona. r->- - ^ , ci ^
Messer Trifon Gabriele, che h quelloi^
di cui erano i due chericati , che ora sott
miei 9 de* quali avete voi presa la possessio-
ne per me , mi rincunziò' insieme con èssi
tutto quello^ che egU< avani^aya da riscuo^'
1^ a#M;'Albmì> della G^Aié^sl^^ die ' iifdit^
i<^tr piHe ,^^è6od^ telii«<«^' Idi ^ieè-a
éimè^Kto^ «ire t(Cti,''di«"^ fiiceia^cM^
fone j cbe é stato mdko^'jpòct^'j ^If ii#%Éi
sue qnetanze. Intendo lui essere gentil per-'
4ona : -però^'iìttÌDb 'trèn ittaàcHerS' di fare in
ciò il suo debito'; 'Toi gli lascieirete per sua
jbtica tiMto ciò , che vi parri se gli con-
Vitina if è- pri»eaoMe)rete ' che e^i vf ii* U
w t iii i< en te y cliy faori potrà {terisiò evirar ^ééiì^
t#(^' Isteft'ii^i'dt^ilM ibcrèscfè^e^à^' didoTi. '^
éi èèéScd' vblentitfrh ehe' so' dih V^ehtìè^
4_ r ' <y_' I"
1« Aitiate 'pél^'ìÉtbòr' "dì iÉaej ^é\òStfo tì6:>
SMPA M ^'' B^t«)élA dàlia' T^ré 'ti4 "a'itff ^^'
al buon M. Girobtmé ti^Àislé^^ ììif^W
nù sento tenuto molto più , che. non è tu^
to quello ^^«&r^(d>Vtfi^V# 2^i ^ Luglio
iSaS. Di Villa, s^i " ^ '*' '»>.
SiOH aio Olio t iì^^ì ty^'i-^ ^^iìb } o^^ns iiio ih
ie«e iiuo 0JDttdi«ni óì^Uirrtn un ^ ^ni i^q sii
• - , ■ . f ■ '
;. • ■ ' . ■ ■ ■ . ■ ■' J *r , • - 1 : 4 o
^^ iJf. Pamfilo Rosfrimò
Govetnaùor del Ftscùin^ di ''■•:-
Véroruu '^ ' ■' -^
TogKo con queste pochm righe rtciftfc—
:ftiaiidarvi Michele e BartoloftfSfièo BéTiìi*
, mini condennati da voi per; avfer toìW^'^ili
mano a gli ufficiali vostri un lor fratello ^
che vessi menavano in prigione peccato
nel quale ogni buono e gemile uomo inrap
5 crebbe j e per questo peiravventturà degno
i compassione e di pietà. AVi?ra^earo di
sentire, che vi mostriate loro Kilemehté {ter
amor di me^ luitavia éenza ciàrico 'd<ìH^ÀÌftir
' Vòstro: State sano. A* 3. di Fébbrafjó t^^.
Di Padova'. * i
A M\
ili:.* r^ ;
•V'
l Ventura PisBófìlo Sed^lHHir^- .
del Sig, Duca dì Ferrara. '*'. ^"^
A Ferrara. ' ''««'^
t-- :■.■..■:..•.. lini
Ben si pare 9 quanto vaglfottò gK'nÀH
ei. Né il più onorato , né il più pièiid^^i-
Vièto ^opra le stampe delle mie cò$é Vol^a*
ri potea io avere aalla Eccoli, del Sg^*ì9a^
tea vostro di quello^ che màiidato m'aif^e»
Blblito Màgn.M Ventura mio. Otidtft ió%ii
confermò neir antica opènion miji, èÀié JÉ^fan
ies<«rò sia un buono e véro amicò à t*ia«i
sennonché Tha. Rendone'^àftunque à SIS*
«jaéttè ìhaggioTi^ graznr cbtf io posso, ''ètlie
le bascjo la mano riverentemente* A voi ed
air amor delle vostre lettere non risponde-^
rò con ^ikc^.^. .che con qucfla dell* animo
^^o ^ U «if^U, jaaimd è inv^fso di voi tale,
che non a* appagai , cou parole , che egli
mandar faori sappia per iSiprimervisi e pa*
. .|^^affVÌ«ji»<,E p§xjfà0 egli per me» ^lale si
. ^f^c^^Te ..vi j&i* paccomanda» A' 17. d'. Agosto
^ .;i. ... jÌs M^. Ventura PistofUo. .
^^^:,. ..:,,;.: A Ferrara. ,:.
.;yói avete sempre, mostrato con ogìii
fi.^qoaQo^ che. ora è cagion del vostro
imijyche io sono da voi , ajptiato » e
9Grbai(^ m<>morìa della nostra antica e
pura e fedele amistà. Di che yjl, lipg^azio ,
e tengo questa vostra testificaÈion per co-
sv^^Aoimo mio grandemente calta ^ sicco«
me far de|>J^ £ se non fosse, che io non
voglio appagar vi, di .quella moneta medesi-<
ma, che m* hanno le vostre lettere recata^
.fdurei> che-io,, verso voi fo il somigliante,
fÉd^^^i v^jropQchi\ giorni passano, lui' qj^Zf
fl.^òm^ vostro tiW suoni nella mia ca^a*
p0rfyye|i4,ura i sdirei stato tanto a riveder*
,;W,^ ^ iH^nqstra, pon ao, se io debbo più
'xx^'x i^^J^i mi^^i^ìbwe travagliata e conqi^s-
xjBJ^^tJt^afe^^^W^t^Wse ia pac<j fa liberta dal-
^;j^ pesi;itó|^ y^j^p noDi ci lascia il poter
.iìW«^r^*VrW^^^* il»', cowrada sepg^a so-
^plo* jcimor foftvd' a aie Tfgk^t«r ndle w-
m9t ) carte v di boDmkstma ; voglèa téli lioc i » *
rteaf^Siate .€OBtemo>rydi ttii rÌ0Mfpr«6 it^mm,
;«<flle « voi Jie fvimievaltcsdi'9 ,Aéf ip{adiglÌ9f#di
fur queaiai via.' & per jioé*^Teiiitrì«Mfrv 3991
"vi pòrta ^^knine lime mite oeUwSi^ TtUtrM*-
oioi^nacl^jciÉalQf »lale/50llb^lnM^ .«q[«testi^ «M*
•te 3^ e> iiaiOv.ti .di fiDescoy/cheijì^peiti ffen*
>eor) .ràaoiatio . ti loro' incbioetcó. vIXiaiMeJDO
f^aaper.^fioiÉte gta il mio^fil^i^jG^tdo^e flApid.
:^ijiixmaf Wiaiialt atreie comento raccmouior
^darmù iL* 4imcie^ tefae £ite «i.Aome mia 4C#1
Signor Opoa^'ioVè ai caro ^ che ì»> ive ««e
«tede Hi^Ue graeie* Aim vi/p^iego^io^MMe
^k i fare •peasìpi & ^eerie io aono n dt *M*. * .>»i5^
itbciàQ ^ deimo serro. StaiO: < eànov • ( A^iHf^
;<Uj$eiteiid»M^ i52& Dbl mio pieci ole. I^
"9Ìano»- '**'•?.'. -'^ ■ ' ■ . . r- ;■ ■•■ ■>...*■. ■ i(>-:r
Ji M, FenOtra JPiseqfihw . ojr
lo .mi son doluto delU morte deLbiiòtt
£ig. Duca^ vostro graftdeniefitQ^i.peff «ibofei
«omì^ tra* qoaJi «òa è ^atatot^Jeggier ; ^eUo
^ellfi '|>er4tt« iwMtiies. Della ..i^ciide l coni • Ivei
imi pamin^rieo. ìe^^ueste ^pocbe mg^e^opnèif
g^m}4^^1HK SUlg, .JDift a OQoaobrviy ed/O insto»
jrarifepe^ hp^tf^volaieflte^ S^oza >clifti jl rjapel^
i#^.,i^^b]jr€fi^ y ^be a ; <}uéaio..)iiìfelètleo teeipo
lN!P»iefi«2.#i^ iltajiO) toltir!}aUk>t{iàfr^a£;ftialib
«MMè^^ Gene: a^ivttQ lamia Pajtmirì aiiuu
-ndvelii è^'«gkmta ^taoIe6tu9Ìma^>« ^doa)M|j|
'«'piÀ 4ì*<qqello, cfae.'jperftumiitQm Isv Mrettie
-iM ^Wimn ^bpendai: Amò tuti^mfi
oMl^;efce.M-^au>vche il vostni^^ttora^^ad
«•i^lfliii natfiMile in^no' gii sìa rsgnueiiria^tAo
ilfoatfMa -• awamtà e dok^esai ipostra^ ' innèo
^debba b' nmnwrità a scriverà^ t>':{mra^'èM^
^lMiiiÀ>mi ' dii-i2kiteAÀi « scrivanie *è vof^i^bb
«jir^ carsa mia una dtràBa» J&i^iia'^t^GP^
per fantesca detta Anna la fedele 9 la tfwA
mi serve cosi bene, che io Tho cara mol-
to^ o quaiiKDf*'^tra, ^l#'io ai^tl gianimai#
Qaesu Anna ha <»»tiW cugino detto Ja-
comin da Tuola Zavattiere dclF arte vec-
tthitf^, oba aia^ mi ^' "éiatrà v^^di *' San > Rofaiano.
Ìtoqpialar)^oir;siM:M«la!^e tanfo 4a pragc^'^
aàìiaiPlar^QlJbcì«&' «d^ andar l^^nn» « 'pa!sr$at%
ìf»^ui!>a* Fanara, óbs elkiNkistiatidd un^iÀii^
paitoii-iciò^ dK 'ei)i'iÉFa «^ tezniCa^' V^aiid^
e Matt<^vÌ> hen- ii«^«intfsi ae^nié^ ir àmiftì^
gten^,' eome se egiS non €ùpteV^a;'<Sigtt9-
M| * attitò ^ te « finaejc A tMlslei atta^ tlÉf^j «Vóietf
dUi^4riIa-a^ Bildoidid'itoirliarsi , ^ il ^^àgiit'tiWi^
ne alcuni suoi arneaetti affine che cUa«oxi
154 ymi4rvt9 MMo.
5i partiste 9- eoa questo colore tcltg.r egli
volea, cli€ ella gli pagasfiie leiipe^e4i^qii!et
lì tre mest^: che ella era «e^xo f tatu. La qij^
richiesta quanto fosse onesta, sì perchè egli
l'avea chiamata e stimolata ac| andarvi , e
si>anedca perciò che eUai L'avea^ ^e^q^OAfan-
tesca servito, e dUvea oUra le spese meri-
tare alcun premio , voi vel vedete. Ora io
}Mriego voi 9 che ifatto a vch .^enir^, il detto
•Jacomino gli diciate sopra ciò ^quellu^ rtf^e
'(^ merita. Che 30 voi gli riacalfi^l-^ >|(ì9ii
un htton riprendimento, gli oi;.ecdbi,,^'Si(rèJ>*
ihe ciò poco alla sua ifigraiku4ine9 ^^d^^a ^
<{ueUa,vche gli isi .converrebbe.; di- que$|a
viilaoia. Come: che io da voi non^^geffMi .
jdtro» ae nou che opeiriate e .^acciajusyl v4l'
le 46tte rabic€Ìuole> della ipia &nt0$c^,. f4)>,e
fieno, segnate in una c^arta. iu questa^Jli^K^im
per le quali ella ero disposai di ^ v<^^.^9^. ^
Fepjmra* Ma io T ho jeiteauta^, accippc^è
ella, jion ai parta da me^ OUra .che 4 y«^
efaia e poco ga^gliarda» da £Gir.quest|^ TÌ^'>A
ial ^tempo. Q uanda^colui. pigliasse sopf^(9Jò
eaeusaauroue alcuàa , a dica[s^e ^ alLrapn4^f| »
che come 4o vi scrivo » non gliele crtedf^te,
e. tenete ^[)er certo quello ess«ra : iV -ve^ o 9
ehorie raoconutQ v'ho. Se voi.vic<were^e«
te le dette cose , ehe sonp» Sa #e npVÌ4 ^
saa pa^onit) assai alla povei?i| donna Y:sa|^e
contento tenerle , e darmene contezza, che
io darò ordine 9 che elle mi sian mandate
a'Vinegia. Ed a vostra Signoria ne sentirà
^iLfBM ìfVkwro. i 55
^^^Qali^ obbligò a qadlo, che farei ^ se elle
"f^erpià'ìàoie éeìiai Coaie&»à Matelda. Ai
,-^i. di NéveftvbtiB i^34i Di Padova.
2« t% ■.•.'-. ■
-."•'.. f •»■■■...* ^ « . - ■ »
^ ^'yi^M. Flavio Criiolino
;:ji il; gapété-'éoMe»to di porre ogni Tostra
^ilìligeìfcWi^lin' cercar tra ìh mintite de'brievi
'^ppekifi''A^ mie <faeììa del ' brievé, r^seni|rio
*aiél^t|tUif^ Vi maiada w ^tfoùsm ìetiéra^^ e
^ tr&Vatake^ éi * |H>rtarla al Cardinale 'AniieIlii»o#
'£ 'M> cbsa ' éléOfta'^of ra la ^pedizioa di^et-
^^%riéVévW vi -ricordate, di dirla ni^ési^
^ìifktlÈéti^' 91 Sj^^. *Siate sano. Non vogiro la^
^i^àf ^dì' «krvf ^ etie mi taoco^tandidie^^a
mMfi^grt;- iróstro' grandemente; alla cui ama-*
-f Ili tfàMà' Ietterà 'Àcpiitami iiii^ risposta sOp?a
^!r^céi^'^del'€fftulò non rispomièrò, p«rii#Q -
'^llH' f)|lngi^r' ftitica; posda i^he io wggoioke
^:>glt Afi''^iapòi^lé^ cosi difigiem temente', ipian*
^tàédUte' Hdfr bisogni. Perciò- che^ io-s^a
'^BMlr fe dolciiMni toa^ e^idik n^ta i^rimie-
-W^iAà tèUéHi $'*8%iizà' che ^voi ancora me^ ne
> ìi^idike; ^Stite ikìA^ iin^ ^ tra iroltaioriisiUe;
r '4^i^:tÉjtftb |4u ^ quaétó a^6€6 <xra ct^scillio
"^ièrVbstré rèndite^ di ehe mi ralli^gra o«n
^fjf. A^iM). dVAgostè i^aS- JDi WU.
•«^i»-' ,0 /:^.-. -^ '.;;;;:;■. . ,,. . -.•.;. . ;,...•
^ • ■ ' •■.-•'• • •■ . * .1 •» ■ ■ . T.
/
bbiissitho. Tottn éakf^x <{H>f0i|ati^Mdkhre^Jb-kb
cW ({Oleato ^dbeoì»! qoel plliio 'Riempo ^^éti
Pomefieato ^ì (Leofie ìmh^o^ totii»e0rreaml«
eril^:%iioto Cbffdinàle^ ■ i 'br^vi/* Orlerai diitv
albi ¥òke< Bapau Leone 'noii^to];ea««h«»al^ttAr
ly^i^pesse^i" sDh»? ordinh^ -»toiÉie' po^el4b»é^
eaaere di' quMb i brieve «T^teuitf// Ma >)ii>
sMttidor^ìcièdi^ paste », soino ^iMreitor^^^af^^
vr^£it»ca ^dii^Teckre: se^t foàse^ipoasibite »kixi%^y
va» > la Biìnuta auiemiea^^del ^btieve^'^.ddyt '
<jttal ti maa<ii^ r«»étxi|Ma'itii*<4qiJues«a>>l6U
ra^ fatto 4a Papa Giulio. lo" ^iìiid^^^ \i%Èàf^
che male sif possa iriavenirWp«r ai^li^ i^'>
ggmi'.' Pttrese vedrete yia^t U4>dot> alQwriO^
a^HtSSV^atiii^itiio mi fia ^be ' iie fa^im^M^^gtii^
dilrgénaa. Pìacémi' eJbé coteMO >^9^^if»^:^i»!^
pbf«Q«Oimoibo sii vada rlillantatidiKM^ ridevi
nosaendosi, che <eglt rfa ìiìale^a ^tt^i«v|^à.^ ^
AriMonéó. yoici^ mi ^xaiaàcomairdèfete / a^'istati^fs
rete sano. Agli ii« di Settembre iSai. 4itt^^
Padova.
le bascjo la mano riverèntemente* A voi ed
air amor delle vostre lettere non risponde-^
rò con ^lkc^. ^ . iche con qnefì» dell* animo
mio; U «maU jaaimd è inverso di voi tale,
che non a* appaga., cou parole , che egli
mandar faori sappia per iSiprimervisi e paf^
I^^^cvUÌm.E piscio egli per men ^lale si
^cf^? evi &ir, accomanda» A' 17. d'. Agosto
V t ■ T • .
; t. ... jÌ, M^- Ventura PisfqfUó. ,
'.:;,, ..;,., ,- A Ferrara. . . ,. ,
r» ; .c^ói avete sempre, mostrato con ogni
..fip^fi^qu^tlo^ che. ora è cagion del vostro
.^.^^^riffreinu ,, yche io sono da voi , amato » a
j^ìte seihaf((^ ip<*moria,deUa nostra antica e
pura e fedele amistà. Di che "^.^jjrjiiaigrazìo,
e tengo questa vostra testificazion per co-
sì^ uill\anji.mo mio grandemente caita^ sicco*
me far del>)>^ S s(S non fpssef, che io non
voglio appagarvi, di quella moneta medesi-*
ma 9 che m* hanno le vostre lettere recata^
^{durei> chc/io, verso voi fo il somigliante ,
i^m^^^l v^JTO pochi. giorni passano, lui' ^ua*'
^^/ù fiòm^ yo^ti?o n^on suoni nella mia ca^a*
9^ pj^r^yve^ura^sarei stato tanto a riveder*
;;ifji,^'ag. hi^iiostra, pon so, se io dehto più
j^idif; he^hff mf.^i.Ìb?pe travagliala e conqi^s-
,,^a,M^stft^,jf<Wse ia pac<j ^^ libera dal-
,-^ pesi;itó|^a ^^jcìiip neiK ci lascia il poter
y Ppis^r^4iVr,fftn covrala sep^^ /^
!>rfR?^\Of.^Wi %9m. ^<^i <?**. t io ^ ^bracujo ,
i8^ roatmoL TKUo»
%• ■ . ■ ■ ■ ••...-
. f .1
• • ' ■ » 1. 1.
yif M. Flavio Criiblùmi
vditra lettera*? vediBEx^ <}iièsta dè^iia^td'fiDii?
ceifibte codila sua dol cessa' vkihm teeptì^c
tràto* piacere ^^ che io V ho pvesai ii>j ir^o.i
dr<molce lettere^ A. cui fifpoado piàirteirdèBi
che Tolai^ noQ' arei'^i'SopratteAiitQi dà aadbj
te ^ecapaKioiii, per cagion delle , qualìcM^^?
nobili Vinegìa^suto poca* tBeiio^''Che«A.(Aae''^
mesi cofltpimi* Che vi* siate dolutole} vm[
Icmo 4imotiii dato 9' vi ringisiaio^^re tati^|^c£
altri' parìmeate^t de' squali;: :acrfTete, che .avMf
né molti aititi. ^Lodato. Di», che diltsa m^
salvato m'ha; e di' questo^: ancori, :^ncbe^9#<}
hx3 scoperto «hi è colui stato f-jche'sUa liria^
morte ha inteso cosfì sceUeratamcme^ otidcn
io saprò pef: lo' 'innanzi da pui' «goardimittr^
Della vostra rìcuperau -sanità- thi i raiìbmtmt
poco meno ^: che saci^iat» t vdi atesaOy;jei(|»«(
glio à ^oiM^ ^ugBrio^ che : diciate ^ ^ee^er]
^& si gaghardò , che sareste buono * f iicocit>
jjHBfr la .'miaicVillélta. Volesse Iddio^ ,«ji^ mtiip
^lia vi ijrenissè/^ di ritornarvi eòa piace^v^dL»
Monsignor vòstro tuttavia, almeno liffòiemlir?
con Messer Avila e Messer FlaminiiOo iquak)
li stimo che forniti i loro piati e bìsoAhMa
(}i^!costiy'vopjianno riveder queste • coninadei^»
ed Jo. pò tesare; con voi tutti e ire e? coiot ojfln.')
Gola /passar; qitei ;empc9 4:;he io jcir« hov »l
y
Tftere, 4slie lo terrei per \à, più cara parte
della mia TÌMtvv-6f MoOaignL Rex:i»rend. vù^
Siro parla molto onorattmente di me ^ egli
fa , stceoine dolce Signore , che egli e , e
fa sempre. Rendetenegii voi per me quelle
gPdsie^ «he ^ia tauua cortesia '«i convengono,
edi'^lttesbdeile salutazioni sue ,. le quait
s^mp^re m* ap|>ortaiio le vostre lettere. Qaeli
I^B^^fPArte di «queste ultime, .con I» qual<» vi.:
railegrate- ffieòo Aella cura datami dalla mia
pallriia di scrìflrér la; istoria sua^ piglio io
volentieri perciò, nhe io so, che ella vie^
iiadairémore, che mi portate, ma non
'per^dotMto\-ih» ella di piiàcer mi"8*a^9 cl)6
no^ ni é, dovendo ciò essermi di* più^foH :
tica^, <xhe p^ravventOra in questi anni non-
mi a(i/.ebnvenia. Ghèr d'utilità ella non m'À^
pmito^ì-nè Farei*' aemft^ata^ se questi* Signohf
n;i4i ^àle cosa t^a^onato m' avesser<^, e vai ^
ni^l^oiò avete il falso- inteso. E il vero che
av^ii4ò io per <jueita cagione da dover di^:
mm^ar^: in Vinegia secondo che eglimiver^
lrà;dbisognande di per di é tempo per tem^?
po-f'-^ssi m^ hanno- assegnatp'la pifiooèe d un^i
cftsay^IKKScia èhe io non v' hb^nsìtansa': la
ipial lAcionè' ib tutta ko gràU<iesaa e datar
Ul^SigVHite del mio albergo... M^^Iieonioo hk:
tKiditar^ron moltò^ piacer di lui ia salmaaiodi.
obe ]jé gli ho -à» nomcf vostro / recitaésf ; ' e
nMJ^O'Kt risalutai allo 'ncoBtro.^ Ill.quale edl
è« »éa0iÌMimrorft'>gagliardo per gli«anni moltiy
cofif egli >ha, ed amati grandementci M.' Cò>»
. 1«> vb^liagraaia^^che vi ricotdiate 4i -Itù e;
i60 . rotUmt nMf0:
dice non arere per quesia volta da rispoiN
denri 9 avendo alle altre vostre lettere rU
sposto a bastaxua. State sano ^^ e di noi ri-
cordevole , che V* abbiamo spesso non solo
ne* nostri pensiesi, ma anco néVagionamMi»
ti. A' 3. di Febbraio i53rv Di Padova.
A M. Flavio Crisolmo* 1
Jn cincona.
. Ho veduta la vostra lettera de' a5« cK
Settembre d' Ancona tanto più volentieri ,
guanto, più disiderava avere alcnna novel-
la di voi. Avete fatto bene a levanne&tè ta
sete^ e sopra tutto bene a scrivere al
Cardinale Egidio , che stimo Y abbiate rior*
graziato d^'beneficj donativi. Non lo ko ^
che $• S. è in viHa diece miglia loo-
tan di qui Emmi incresciuto che siate in*
dugiato tanto a far questo officio , maiasH
inamente che ^Ua prima richiesta , che $a
gli feci, di buonissimo animo ve gli doni#
Ed avea qualche cagion di fare altrameaMk
;'Va .maado con q^ueste la sua risposta* Vì9r
cerni che siate^ risanato. La qual non è p^
msL v/entora a qnesti cesi sinistri tempi, eiit
pare meraviglia alcuno esser vivo. Che apqn
,44» vi torni a memoria la mia villetta .m
4|oeUa viUt ae cosix ò, mi piace. Ma io iioft
(^tfsAfdA pbe tra cotesto vostre grandezze àv^
se loo^o questa picciola fortuna pw^ > ^^
;fi'
' Lhiio QUÌRTÓ. I0t
varvr di lei ^sovvenire , conie wtìB che fa;
Della nuai però^ io che piciciólò àaimo hi>
nòa mi pentp, an^i mi sto ih essa ogni di
più contento. ET soaò la Dio inefcè saaq e
gagliardo as^ai. A me sì ihpri qiiesf aancf
il mio Piero Ààtóhio '^ che' mi dolse via più
che non parca potesse doler la morte d'uà
semplice servente., Era buono e fedele e
più di '2^. anni niecò éiàto constante in
ogni fortuna sempre, rfon posso né voglio
dìmenticarlomi. Morironini dopo lui in brie^
TI giorni due altri, che voi non conoscete,
6 che' m* eran fattori di buona t[ualilà. Ora
oneste febbri si son rimesse per la centra*
da ^ ed anco insieme con esso loro Qn po-
co di morbo f che ha più sbigottita cho
<lannegglata questa 'città. Io damane mi' ri*
tornevo in villa a' piantare , e- speziai menter
a rimettere il mio lioscheito , che ha quo?
^j,! anno per Io infinito caldo d^Ila state al-»
flùanli castagni e quercioli perduti. Le vo-
airé «edere hanno cbiiterto un bello e grati-*
*a^ padiglione, che 'io feci loro. Ho ancóra
'^linefiso fid edera tutto il picciolo pórgota-
'V>!. ch^è alla fine del giatdino , fatto pri-
^^a di larici bène ed ordinataitientè pósti o
if^lcaniéràti che in due o' tre aùnl stinco
yèrrà i^Ilissiaiò. Hovvene dato còiitb'volen-
"ticrìj^/i ciò vediate che i ro^rì ^riiieipj
Jìaìnno ^uòiì seguimento. Io iion solanietite
^rrp vói senapré, sirioioie nìosfrate d4«i4«-
ntré. per iùió, mi sarò ancora Hi bgni-teiR-
V.
iG2 . ròLtTME
po ió Tostroi Quando sarete atlla éótiMi
nou v' ìncresca fare che lo v^ga alle ^l-
te quattro versi di vostra mano. A Monsi'*
gnw ytràtro Revét^ndiss. mi Accomandcrc-'
te, e starete sano. Il Preposito è ito in Ere*
sciane ^ perciò non vi scrive. A' a$. d' Otto-
5ire"i5m Di Padova.
■\* '■■'■ ■ ■' - -. ■" - • • - •. /• .•"..
'A Mi Flaviù €rìsòlino,
A Roma:
■ I . »> »
■ • • - ' . ■
I • ' '
ri,-.-.
Èbbi ^ ben tara la vostra » Ietterà i^evirtà-r
^i di Marsiglia, che mi donò novelle ;dr
Nttstfo Signor e di veri -stesso. Vfe ne» rin^-
'^iàzià grandemente, e veggo quella -che
tfa^' ciascuno > che di là viene e sfapere- ^
"^possà, ìò intendo 5 Tamor vostro ver* mie
ihantenèrsi nel più verde stato, e non si
'^lóàttgiare j perchè o le buccie de* nostri voi-
Hi sr ^canj^ino , o pur le cose della fonuha
•^M Vadalo alterando, che sogliono aver gran
^fUtzee, IPiàcerAÌ tutto ciò, che io di voi odo,
' ìfcòW solo della grazia, che avete col Signor
^o^iro, ina ancora dello accrescimento del^
^ié reirdite ifostre, e sopra tnAlo dell'animo
<éHé *avéte , di riposare un giorno. Di che
'WrlbdiJ s^òpftì' modo, e più vi loderò aned*
i^ ^ quando aréte ciò po:»to in opera. > Di
me* e *del mio^stato Monsignor Soranizo vi
' '^otrà dir tuftto quello , che io scriver «H
j^òfè^si. Dùnque fero bene con tutto il cùtf^
^iidtPiabbjfàecì^^ 9ift di oua. State wàé^
U mio càiissuuo Af. Flavio. A^ 20. di Di-r
cembre iS3;J. Di Padova* .. !
■ ■' A M* Gioi^an Battista MentebìigriOf.^
,-"■ V
Io vi ringrazio, Reverendiss. M. Gioy^
Batiisu mio , non solamente dello aver voi
soddisfatto^ M. Pietro Landò col brieve man-'
datomi e sollecitalo da voi appresso Mons.
Datario Sig. vostro, ma ancora della molta
cortesia posta in questa spedizione^ ia qua^
le ho veauta.j»eIl€^diiQ vostre umanissime
Jettece scrittemi sopra ciò, dijie nonfàpi^eì»^
))ono essere state più dolci» fnè a mie pjià
carer Quantunque ^e sono state tali, q,i
li sogliono essere tutte le cose vostre
la dimora, che avete fatta in questo :i
j^io della quale vi scusate» m'é in part^p
jAqvMl stata spiacevole, solo clxe per la
icagiou di lei, e ciò è la indispozùoQ mostra?
.d^^IIa quale poscia che sete risanato^ ^n
?avvien piùv che se ne parli, %e nojfi x^hèia
in^vprifego a por cura di lOiaQ^nervi sana .e
ìh^Uj^ ttm a Roma.) che patria vontu ètf
.^om^in Yifiegia ^vete. fatto, che è la n^ia;
la "iiqualo; in ciò ha ben dimostrato di^ape^r
/^an;ta cara r cosa ella in ipe conteneva te*
7ieadwi> Le profferte , «che mi 죻te .delia
'postila operat in altre - co^e ^ die, ^o^m^
-per ìiie^' iKin \i rispjonderò^^^.rlipn ^j^à^
^nhigi. Qfpisl^ome io ara iiVhe> .fatì^ii^i^fq^i/l^
SukhiQrò eziandio qualunn^ue ai(ra volta ne
▼errò biBognaodo ; e cosi crederò sedipr#
nAie voi facciate per me andiclievolinente ^
come avete fallo a questa volta per M. Pie-'
,tro V e P^^^v^^^^^^^ ^^^^ P®^ ™^* <^hG A^
sono staio ricbieditore. Io. ora non mi vi
ppofiS^rirò si per questo, che io sono gi»
^^lù anni yo&tro, e profferirvi il vostro
x^cdbesimo sarebi)e soverchia cortesia, e sì
.afllcora; perciò^ che tutto qu'elto, che io po^*
soi^ è poco; Ole so in che vater di me vi
p^Asiate 'VOt grande , ed a grandissimo Sig*
caro^ 'ed in grandissime occasioni di sem-
prtl porier per altrui dimorante* Là dove io
in niuna di qu^^sti stati mi sento essere ^
anni sona io già divenuto un sempli-oe viK
Itflj^llo^ di questo /Contado* State sano, ed-
amatemi^ A.* ao. d* Agosto ^5a5. Di Villa ^et
Fadovaao»,
. '■ -, ^ .. - - . •• ■ ■ •
i -^ M. Paolo da Porto ^ Canonico
di Fìcenza* <
Io ho fatto ogni diligenza per riscuo*
tere dal mio afBttuale di Villa Muova di
questi tre anni passati, che è Prete Vin-
cenzo Gomaro^ almen tanto, che io potes-
si soddisfare al debito, che ho con voi per
conto delle Decime, e non ho potuto ri-
trarne pure un soldo. Né avvien quésto ,
perchè egli non mi debba^ che m^è rima-
so debitore dintorno a cinquecento fiorio
d' oro , o perchè non sia il tempo da pa-
garmi , che già ne &ono passati tutti i tec-j .
MHii tli molti mesi , o ancora perché eglr
JHOB pos^, che ha in San fioni^aisio, dove
dimoFà, una casa tutta |>iena di gvano^' e
4* altri buoni avanzi fatti della mia Badia>v
senza che ha oltre a ^ne«to traffichi^ s de-
mercatanzie da potere a«sìcuraire ogur^os^t
so creditor suo. Ma é forse o per la molnl
ta baldanza, che egli ha meco per F amo^
re 9 che egli sa che io gli portò, o pec iac
peca agevolezza, che stima che io abbia'
ài farmi da lui soddisfare essendo egli pra^;
te. Ma come ciò fia, non avendo io al pre-^
sent^ altro modo da levarmi del detto de«*|
bito con voi , vi do e consegno esso prete
Vincenzo per mio debitore. Fatevi dà lui
pagar di tutta la somma , che io ne son '
contento. Da Monsignor Boldù^ che v' ba-
data questa lèttera , potrete informarvi più"
minutamente di quello , che io vi scrivo ^
a cui darete piena fede. Mi profferò a Y-
S. A' IO. di Settembre i5aS. Di Padova;
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UBRO QUINTO.
"^A M. Girolamo Fracastoro Fisico.
A Verona.
M.
olto volentieri ho ricevuto il vo*
fitro poema datomi da M. Leonico insieme
eoa le vostre lettere « e mólto di buona vo-
glia e con sommo piacer mio l'ho veduto.
X come che altra volta un , altro esempio
di lui toltovi nascosamente mi venisse ven-
duto due o tre anni sono, pure con qucU
la avidità , che arei fatto t se mai veduto
non r avessi f o forse peravventura con piuf
f4Ìft8 VOLITME TERZO.
jeasendoml esso a quella Yolta.placlulo gratt-
li^meote^ e pei^ciò estimando si come pln
-emeodaiainii dovesse czia^dip pìiSt: piatire
L-ffoest'altra^. io T ho ora e Ietto e rileilo
-^ìA fiate ) e ciascuna più volentieri in tati-
eto^jcbe non ho veduto, . né voluto vederi»
juaUro alquanti giorni. Per la qual cosa mi
Ip^tt potervi dire sicuramente, che egli.é
^d^ ipsoho maggior prezzo , che voi noi fate .
^ vJpeHe vostre lettere , e che a giudicio mtQ
«t^^gUiè. così bella operetta^ e cosi poetica,
e^icosl da ogni sua parte ben condotta, e
^^osi cara, come altra, che a. questo nostro
^colo in luce vienuta sia. Direi un poco
.più oltra ^ se non fosse, che io ci ho per
vostra gram e per vostra somma cortèr
<;SÌa (i) troppa parte. Il primo libro ha mol-
,tp cose belle anzi tutte , e parmi che scri«-
viate in verso cose tolte di me^zo la Filo-
sofìa molto poeticamente e molto più gra^
zio&amente, che non fa Lucrezio molte ^el-
le sue, £ primieramente bellissima. pirticelr
lo. è quella^ nella quale parlate a me, . e
tanto bene disposta ed ornata , che io non
saprei disiderar più da Virgilio. E certo , che
io non dico più di quello che io stimo. .
i V
>!
; rn XO ^ccenm. r onore , che gU/ec^ ji
Wr^c/OLstpr<f nj^lt avergli dedicalo qileA sho
eièigi^issi^ ^oemay e nel^wej;ecQfi m^k
i libri deltu Sijììide. . v >^\rps ^. ^ vaV
' *ÌP»deté pèt éfa^sìày quanto è (juello*; cbeiavi
, ^4leb^ di tahlò è ^ì^ònoraijo e^rta&c catia dnna.
ffèl^ff^ilé jtatibvHi due altre tolte vi' 'tiotif-
dhté' di me nel secondo Jihro f^O»^'wpa
déHé cfùàH 'òhiudete e fluite roperi. AeJ-
li^ifiKa ih- 1' anébr partita tmta>qiicilà parie
^(tihe inoodiinciaSy tatuare uge , »c. in finora
^pi^el verso, i^fgo ìUet nostra ec. Ma dfl
'*rtmo/ lifeto- sopra tutto mirabile «la (O
^làtoetitìaErottie , òhe- fate nei' fine , ben Ticca
^' piénd di qnelhi cfòpia ed abbondaniiac e
vagb\e»Ra yirgfilianà y che cotanto ' fa mara-^
cigliare- chiunque il legge, e in questa la
<)noìrte di MrMareo Antonio, è ultimamene
td- quelli cinque versi : Illa tempest0t&,^
^e mi' fìirt' credere, che Tabima di Vir-
^g^iovegli abbm dettati. Il secondo libro
Ve^amc^itlé é** tutto dall' un capò ali* altro
i'eggiadri.isimo^ e pieno di figure Virgiliane
• di vagheieee infinite, forse in quàtcbe
ipake p^er cvtgione rfclla novità delle cose ,
tih^'vi sòno^ e per la varietà delle eibe a
tncdicine^ che Vi ai raccontano , nelle dcr
t • i *<
I I I
(i) La lamentazione del Fra^astoro
SI trova nel primo libro della Sifilide poco
ìunge dai fine , ed incominciaz En etiam ^
<96tì ho5' agefènt 0rudelia nplla; dove pian^
^' con parecchi t)ersi ripieni dèlti;^ gm^àà
f^rgUiààa la morte Jdi Maròaniptiió él^llci
Torre Feronese» ^ * '/'■'"'''
t^9 VOLim» TEUCh
scrizioni delle quali di gran lunga superata
la espettazioa mia, e credo superereie qae)«
la di ciascuna altro. lu questo libro la £i-
▼ola del legno non potria esser meglio pen-
sata 9 né starci più propriamente di quello
che ella vi sta, ne in più atto luogo posta«
Ora per soddisfare non solamente a voi
chetai ciò mi predate,, ma ancora a. me
atesso, per la parte, che avete voluto cl^e
io ci abbia, no in questa Jeggiadrissiina/
operetta notale quelle cose, che arei falMi,
selio stesso r avessi composta, e con quel-''
Io amore medesimo. Le quali saranno ; ag;i>
i;iunite con questa lettera , ed avèranno in^
sieme le correzioni « che io v*ho pensate;
aopra. Le quali non voglio che vagliano
appo voi, se non in . quanto possiate vedere
a qual parte pieghi U mio o disiderio 4^
giudicio. Voi poscia togliendo da me sola ^
lo averveno avvertito., rassetterete quantici
vi pairà da . rassettare con miglior liinVj^
che non è questa mia già logora ed ìn«^
rugginita, e per niente non mi crediate!
più che vi bisogni. D^ alcune altre cose hìj^'
ragionato con Messer Franco della Tor-
re 5 che. na il renditor di queste, a cnii^
mi rimetto. Le grazie y che io v\*ho a rién^
dere io le riserbo a raccosìi ere in' altro ténCiV
po» (Jra state sano, e tenetemi tanto peir
vosup, quanto è intéramente -tu^ò ^queuoJ
che io sono. À' a6. di Novembre i òisS.^ JC^
Padova. . V. .• , . . L
A itesìér Girolamo J^racìOHòró,^
k
• • • t J» ■ ' . V .* 4 ' ■
•^ , ■.■•.■...•- ■*•*.• :ì
fiideyiitó jetì la vostrt lettera ìli rispoii^'
•?a ■ della, riiia ' sópra^ i ■ dae libri- Tostri , 'é -
vecfuita qiièlia parte di lei V dorè dite atei?^ -
pénVato ' di '1a$crar ne' deifi 'libri 'la farcia''
détr argènto vìVo, e giti{(rieire u» àkre^ librtfr v
agii due', lioii mi siotto potuto tènere di?:
«crivem dà capiò e pregarvi j che ntmro^l
gtiaté éMràrd ift qtiè^ta fatica , la qaató ìoì;
npii splaoieàte ^timo soverehiaV ina 'oltre a .
eio iàtìcòra danhosa. Petcifr che quaude^
b§n faceste dbe i libri fcyssefò quatiroj noi|-
die tré, 'io per ine non ^i concederei mai,»
che 11 fingere' due favole 'rt csM coaì^da;
ogiKiVlòro parfe liuove e da niunr anùca
ptehdeiiti fosse altro che lioii ben cònwide*
rare à bastafnza. Dove quella de^ legno vA
sodisfa ed empie raninro màraviglioèatnfeawr
tè.'Sènz^ the per esàere il legno coi^à liuoi^
vaY ella yi' sta più proprìameitté , che* «Km
fa"q^^ ^ello argentò, che eMéosa^ tritta:^
* ad ógniinò famigliare, come sapete* Char
dcyé dite che Virg. fa digressioni ne' suoi
I^ò^ì, vi rispondo, che àHcó voi ne 'fat^
ftf'/qWti libri larité, che è be« à^sai-'
Bèhchè altro è digressione*, fed altro fayolW
del tutto nuova. Anzi Virg. stessa qua*idàf
favella d^Axineo^ non la finge tutta da se.
1^8- VOtCMf. TER30«
tua la trae e t^yglie dalle antiche* Da Plo^
darò non potete trar buono esempio. ^ che .
è poeta lifirìca e Ditirambico, U quale pe-
rò in tutte le sue opere cpsi diverse noiii
ne finge di nuove, se non due. Del Pbnta- •
no non parlo y del quale se io avessi ad
imitar cosa alcuna, vorrei imitar di lui le
virtù, e. no«ii vizj. Questo finger le fs^voje^
in essa è cosivvizioso, che per questo WSL
ai può leggere alcuno de^ suoi p(^€mi !senzai
stomaco. Oltra che la favola vostra del-*'
l'argento, quando auco vi si concedesse,
che ella non fosse soverchia , per la in-,
iinita imitazione che essa a quqUa di
Virg. . non mi piace per se in niun mo*-;
do. Torno per tanto a dirvi che a iiie
pare che vogliate pigliar fatica a danno
vostro. Né io saprei lodare, ancora se. la
favola non fosse in considerazione , cotesta
vostro pensiero di farne tre libri, quandn.
la qualità della materia del poema è cosi
compiutamente da ogni sua parte fornita
in due, che tutto quello che vi si arrog-
gerà , non potrà essere altro , che portare
acqua alla fonte. Contentatevi, M. Girolamo
mio, , di qnello , che fatto avete, che vi pro-
metto che avete fatto assai: e non vogliate
e$sere voi di quelli pintori, che non sansa
leji^iMriie mani dalle loro opere. I dae hbti
50ìiaj j pieni j, sono abbondevoli di modo^~
ehet>iuteni:t6. pare che vi manchi o difideratf
viljiiìlpoMiahrfKè pet tutto ciò, dalla favoU.
<ddìWgONKHO' m £^^ v'à-pure un veca^'
fioft dico sQvevcfaio^ ma solamente ozWs^^v
Si5 vi. lascerete la favola, ed oltre m ciò()vi'>
gìugnerete altre €ose, non potuete a 'gin-*
dicio mio porvi giammai tanta fatica e tanto
stndio , che non sìa per parer .a* dotti «('
giudiciosi nomini y che abbiate nraluio fai?
troppo. In somma per nessuna condizione
poaso io impetrar da me il c.oDcederviycbe
quella favola non meriti esser tolta di quei
libri. Se io dico peravventura più di quel^
lo , cbe a modesto amico si converrebbe ^
r amore ohe io porto a quella opera::, e
r obbligo che io ve n bo, mi fa cosi parlare.
Ho soprAtenuto questa lettera per parlarne
prima con M. Leonic^o, e vederne il parer
suo. Il quale è in tutto di quésta medesima^
openione e giudicìo, e cosi a nome suo
ancora vi scrivo^ quanto è scritto qui sopra.
State sano* AV5. 4i Gennajo i5:)6. Di
Pado'Ta^ . -, ,
A Mi Girolamo Fraca$ior&.>^''^^^^>^'^'
- A Verona: ^ > ^'> «i
.■ .. ■■ ■■ . • . • - ^- v").^
Ha ricevuto il bello e grande'^ )e 'àfugt»^»
lar db»o del vostro poema erQrieo>del mal
Fraiusese, onorato M. Girolamo mia, il^
qu'al doQO> m' é più caro stato^-cbe vèrftiio^^
aUM,ycIie' io^ abbia giammai per3tf)tto^^i'
tempo^ della mia.riù^ta ricevuto {>aj da'ti iiAr €^4^
ddla'-lbn!àna ^ ^o ' dalia brilli vòleii2;a<KKl^gUv
uomifif. ilolioi M veduto r e i^ti^dnwiooèfiiil^Uo^
/
t74 tOtrttHB TKtóO*
.piacer . mìo '9 cpcb quanto ^ doyea ve^er^^^e
-ùiM^i del vostro ingegno e della lymtfa
doiirìoa'y/fe libriv <)he ixiaQ4ecanjeK>'i(iiM|ftei
.iffisii»me col vostro «la: memorìK <lel' mio..i^
.«le^AìCui sono iodirìzisaiij .'quaJ^ó Ja^^^
tmanlingna (durerà , con illustre e . onoi;ip«
nisftimo «estioiomo e del vostlK>'d^me.giu4i<-
JCÌ04 C'déU'aniore che mi portate; d^'rqiia*
ilirvdde bonw saprei dire qoal più ; dolce :^
pini 'soafve' mi sìa , o di cui fan ds^ iiie -si
>debba iha^iore stima. Vi renderei di ^ó-
-tanta vostra cortesia grazie , se io palinole
^trovar potessi , che bastassero a eiò^^re
•convenevolmenie. Perciò che a. peusar di
rispondervi con alcun dono ^ e cpmie.rai
^ «uol dire di rimunerarvi , io forza^ né a^4i^
re non bo. Riserberò adunque e Mrivx^rp
«el mii> animo assai capace ed a ri$evei:e
ed a. rispondere altrui con. amerei 4utto.qiie^
sto cosi alto e puro debito » che . io» ; fi
tengo, . e pregherò il cielo , che vi 4<Mi![t
intft (e f prosperila convene v^jle alla vos^tra
iKtii;»^ Sta^te sano« Agli 3. d'Ottobre i&5a»
rDiPadova.
■ ■■ ^ . . . ■ ' ^ ' r . . • , - •• ' ■ ^ ' '■
• »•
^- • jd: M* Girolamo FpacastoFO% r ì -i
-iy-f •• . - . ' ^ f^eroftan .'.-.■•, ;■ ^••:r
.' . * • .» e.
or oQiianlo i» sono più da voi firrmt^),
^e pisravvexH^UFfll dst vervwio raltro^<ii?^
nr.aoBEu^ er'icato ; m'abbia >, lia^O: h^ f^^^-i^^^
•^^€tM'^i4c6vitttf ^^ii-a le móltd ^ móìù , che a
f^tfèsli /^^^^critto iti^hanno pi5r la cagfMìe^
^^à)^* bat'éì il)^s<!)^a $cme^^ onoratis^ÌBio
-il ^mib At»^ ' Oirol»mo e covlem«simo. £d lera
' fbr^fe 'ò^" ri chièsta he«^ sok$^ ali^ auK^r 'ciie
"fiatf-po^tatè, ''ma 'aitcara^dFtLStfttza e. ca*
iilttitté «^o^ro^ per lo ad^ìeuo renuio. Ohe
%fei'ia >hó^à voi altra Tolia ricevalo il
^màigglùrè e f^ ìllasire dooo ed il pia
-|)rferioso e più da me estimato e pregiata,
ièlLe' tutti gli aliti doni, che io no gtatb^
^ifiàl avuti da ttitti gli altri nomini , in-
;^à{ém«nnente^ notìf ^ono, il poema dico latin
|toih*<y èo^ì cliiaro 6 còsi ràìro 5 era verisi-
'teil^ è^ conveniente, che io ricevessi anco
^dfà Aa v'oi la più amorévole di- gran lunga
*f dolce e ^stt|lVé e cara prosa volgare, che
%^ fibbia Ietta in questa occasione ed a
^^ùpsto tctìipo* Né toglie là. sua vaghezza il
:Vo^ro inganno di giudicar di me molto
Étopra il vero , o di sperar vie più , che ro
prestar non posso. Che Pano e Taliro sono
é dWdetite amore inganni^ e di dolcissimra
natura segni, siccome in voi e quello e
questa sono. Ed io che so di chente somma
v' ingannate , non solamente ve ne scuso ^
anzi vi rendo io di cotesta dichiarazion vo*
»lra deir allegrezza , che avete della mia
novella dignità presa , con le vostre sovcr-
c<Ariè lode e troppo favorevole giudizio ac-
è^llnpagtiata é'meìscolata, le {iiaaie tanto alih
i*($ì'af^^maggiOt4'è piùUmmortdli, ajla ca^he,
^é %Èiè^&^ ^ la >vo«if ft j^^oaaV'pÀ cbe >aU^
\
*t^ VOLUiiE TERZO.
«uc note risgtvirdando. Donimi N. S.-DJo,*
dalla cai volontà si dee credete , che tutto
questo avvenimento sia, tanto delia sua
grazia ^ che io a voi possa quanto cbe
sia grato ed amorevole dimostrarne^ State
sano. A* 1 3. d* Aprile iSSg. Di Vinegia,,
^ M. Girolamo Fracastoro.
Al Concilio a Trento.
Ebbi, Eccellentiss. M. Girolamo mio ^
le vostre lettere insieme co* dottissimi libri
vostn novamente impressi e legati de sfai*
paihia et antipathia rerum, e di quelle al*
tre belle materie, essendo io impedirò daW
le mie podagre di maniera, cbe io non ha
potuto essere , siccome io disiderava , Tap-
portator di loro a N. S. Ine al Reverenda
ed Illùstr. Farnese. Tuttavia senza dimora
mandai al Reverendis. ed al Rever. Mafei i
loro libri , pregando il Mafei , che di man
sua presentasse in nome mio a N. S* il
$ao , come fatto ha. C parimente a tutti
gli altri ho fatto dare il suo, da quello di
M. Andrea da Pescia in fuori, perciò che
esso non è qui , ma a, P<*scia , dove perà
sarà' mandato il libro d^ un- suo con uua
mia lettera a lai Mi rallegro con V. S. di
questa cosi bella ed onorata fatica vostra^
la qual vedo ' sarà con gli altri bellissimi
parti del vostro ^igeguo ad eterao oiiQce
éei QOme tostro. E piacemi 'cbe noa ab->,
biàte^ dìmeniicata la poesia , perchè siaiet
invecchiato assai, siccome V ho dÌ0iBnticata
io, che non [mi ricordo quasi più d'aver
mai £siuo verso alcuno. La prima volta, che
io esca di camera e parli con N. S, gli ra«
gionerò del libto vostro e di Y. S. e farov'-
vì mandare quello, che S. Santità me ne
risponderà. Il nome vostro è molto grande
e grato ed onorato in tutta questa corte ,
anzi in ogni parte , dove siano buoni e
dotti nomini. U quale è 4)co alquanto fatto
Biaggiore per conto dell' onorato e Reve*
rendo luogo, dove ora sete. Sarete contento
raccomandarmi a quelli Reverendissimi ed
lUustrissimi Signori Legati tutti e tr^ Sir-
gnori miei osservandissimi, ed a saluprè a
nome mio il Magnifico e buono Aledser
Luigi Prioli, e il dotto e pio e san/o j^oe-
ta Messer M^rco Ant. Flaminio. A' 20. di
VLuggio di juaul mio. i546. Di Roma»
■M Conte Giwarmi Antonio da Collalto;
A Collalto.
Voi vedetrete per la qui rinchiusa let-^
tara di VL Lampridio quello, che egli seri--
ve, al quale per l'amor, che. io gli porto,
non posso mancare. Di che ho voluto man-'
libarvi Francesco mio staffiere a posta, àcr
Membo Voi VII. la
cfiktèf^^àiidaVgir a ine j>fer cWtoi^^:^ ppAifam
Ifàjnétité; gFitnrtèrò a' Roma/-^u»d« .^À
^délUaVer' $ài^5 òfóm«nio itti fa<M:fiiMe^tót^kn|af
ìSlól'hlnLB ity gli fttò sòglia- -«i4t;*4B&J8dl&
^i'-r^?a/;pef sona ^^ che egli é j ' nH^iti&Cìs^j^
^fòefol^ìfo ^^da i3Ìa«ctln6. ©irtefe^akakà-s^^Wt
]M^^ioW^5 s^ che ^Wi-Uiqji
t?<jh?4^1Ìfaótì^db'^^#^^^^ (irkeikf feo^oiMft»
WW'tóé^liiJi^hc àotf fi) *>,<^d'«1^waiw*.
J>f 4ieiiì« Voi lui m Vi# mif ilméi»^
derete questa medesima lettera di^]||f^ÌL^ÌÉÉk
prifiio. Dogliomi oltre a ciò con voi grao-
demmte. d^Ua morte del Conte Sertorì»
vostro fì^àtèlló. La qéal 'pèrdita j^er k sua
viriù e valore meritamente dee essere suta
grave ad ogni buono Italiano. N. S. Dio
compensi gyiesto danno con alcuna equiva-
lére tf^ lEeKcità alla iltósire casa
'^'faiirupàL vostra: State sanò. A' ig. ^ Ke^
ij^in^ré i5^^; Di Padova. -^i- '>^
■r > < ■-
' ^ 'A '■■' ' V ■.^- ... ^ :.^ ■- V., . ...•.^^. .t
«->/ \-. ,_ '.• ■. .. ^i ,^^^ Manfredo '- '^ ' '> •. V"-
'l4?a$^iMéero1p6?^%9ÌÌW€ !*.'>ì.lirf^?m
/
éàH'.Ofakub.liailtam^i con questa lettera, «
SEteoictfimi^ oli^ì 14 vi .sono qunl buon fca.-
ArilftQq cfictTJÙko H^Aia m'avete conosciuto.
y Jo'iBBiMapift ^aroendue d'iut medesjm6
£à^. •énfi/ pitrei'ft, ciò vi rficcomaDdo la bi-
sa^int>'clcl3(leU9r>q»tro, mollo più che raip,
M»X«lll{^)di%^$)rso il quale vogliate man-
jAOil^eotrÀÌ£6pdpt^ i vostri medesimi beni-
0«^'.Cht-aQ' c^e piò cbe egli ha in coleste
tìWtriisb:»' cgii , y ha da voi. A V. S. ini
ìprof^Hfp otÌ2 r^K^j^^ando , dolendomi pari-
mWi^.^oi^ \t^i 4<^ì^^ perdila del Conte^^Sei*-
4ATÌQv^43^M>.i^ ,ooavicBe alla nusLra anur
4t«ii.^ate- ^flD. A' aq. di Novembre, i5à5,
^j»«ik.w. .,,,-..:,.- v;;S'
ohnl-is-^ :>■■.■:}'■ '■' , . '' vi
ai.B fii -^ ^. ficcalo. Jndins^Ui?. ,.,. ^'
si.'.'.!. 3-rjs:o ■^,.:. A.fio^vg,.. _ ,', ", '".'.^.^
oiC .S ,;" .^-:t-ii.„:; r, - ' , ,^ .^,..-,
-«vfiipe* r.(ji:T'i: fi'- ..-,■ • - '- \ ■ -'i nc'-.
Jl*1 1^91^ fi«9;^j( ii^ì". ^Iiro qjiaMine?j(ng, ,
Ad legèm CorneÌÌM.^fa^i^:^ ^A'^^>
Eot qui Inter se diversa iestimónid pràe-
huerint. Dove dice. Qui se prò milite ges-
siti et illicit^.-if^ffg^bi^^^ffsfis ,^tf vel falso
Duplomace viai^^cpn^iietmt tpro admissi
^ualitale gravissime pumendus est. Per la
^ual cosa conferendo questo luogo con gli
ji|pi^,du»j,,9he' io.gVi rppstr^iij ,^,^*^ cre-
ì^ffi.j^nfi;,,^i^re iDu^cjrtid s}i e^im^io ani
9
*||f VOLUBI» temo!'
dovea comandare a ciascuno, per dorè co^
lui avesse a passare , che lo agevolassero
di cavalli, o di nav^ o d*ahre bisogne del
cammÌA^ ,; per andarle rettiainetìte;. E sia
quella ^ tolta pure dal Greco j^, che si
Volge nel Latino così, e dicesi Duo, in ve-
ce didire'Zyo. A Y. S* ed al mio M Gio-
^atiiii :. mi raccomando. AVi^S. di Qiennajo
tX^^i Di Padova.
^ Messer Ermete Stampa,
A Padova.
Se io desiderai già per altre cagioni j
che voi prestaste il vostro favore a M* Yiat'
éeaaH> Catena nel conseguimento .della lejt^
tura, che egli cerca, ora il disidero in
molti doppi, poscia che il nostro Signor
Ridolfo Pio per sue lettere a ^me il raccoN
manda così caldamente, come voi vederete
qui dentro. Per la qual cosa con tutta la
iorza del mio a voi inclinatissimo animo vi
J>riogo a mandare innanzi lo incominciatd
avoro della vostra cortesia ed amore verso
zne j che certo io lo riceverò da voi ,a
moka grazia , e resterovveae di tanto te-
nuto , quanto vedete che io debbo diside-
randolo sommamente. Avanza che io mi
raccomandi nella vostra buona mercè, e vi
ricordi che io vostro sono. Agli otto di IMUgn
gip j5:i6. Di Yilla*
/
\
^>
'ttBRÒ ^NT07 ftl
A* Fratelli ...
di M. Féderko da. Ogobhió.
Ad Ogobhiq.
f» .i-
Torrei potervi dare migMor novèlla'^
the io non posso, ma poiefaé la condietone
umana/ è tale , che a noi bisogna ricevere
gli avvemmenti della Fortuna tali ^ quali
ella ne gli manda , ^i fo intendere, sicco-
me il vostro e mio M. Federico è perito
iQ mare rompendo la nave , sopra la quale
«^ì era, per fortuna d' intottto a. Rélédà^^^,
tAéà^-^ /Gréti, ed insieme con lui sono p^
Sti'^i^ày^ìlta ' uomini, che sopra la àa^ve
ètànò.'È^ata fatta diligenza da M. Gfii<o;-
liTÙSòJCiòrntafo' compare di lui del sua sttB«^
^ìP^^W-fioii^ è potuto ricoverar cosia Riiitilif.
i ^'ctniftorto a portar questo caso pateleritfe-
tóeVìtc, accordandovi col volere del éieW^
l>ogliomene nondimeno con voi tutti , è
tanto pii j che '1 poverino tira iVi un tra^
1 fice, elle certo gli sarebbe stato dVnoré é
tf utilità- gratide, se N. S. Dio l'avesse iatciaia
tn vita. S0 IO per voi son buono a far cosa^
jche vi piaccia, mi vi profero di buonissim^ó
linttnò;.. Mèrtidando voi a Roma a Bf on^. lo
'Giaràinale Egidio, al quale io ho scritto di
ciò a benifìcio vostro, mi tend<> stentò, ch^
egli darà ad alcun di voi o de' vostrHr fi-
j|;liuoU il Gaoo^icato^ «hit H di lyi. Fede-;
rigo. State saiii. A' 27/ di' Mj^b v(5j^ '
■f..-;
^ M. Bart&lommeò Alcfssémdtinó '^* ?
Segretario di Monsignor Legata: -
^ Vinegia^ ^ •
<C- ■j''.
"^ol tederete ' quello ^ che ifo ^eriré^^
IÉqqs. Lìegato sopra li (bisogna ilei 'Né^^
miei Àarfentl è fratelli nella sue lelt#fa«*I#
ÌDi'qaesti sblo vi prìego , ehe se mi codiéÀ
scéte 'biiònb a poter giammai per Véi eéis^*
cné'Vl' piaic^cia, e se sapete |che io i^à-A
grato anìmo^ vogliate comentarri, che ^MàUìi
Tostro mi conceda il dono, del quale io iì
priego nelTe mie lettere. Il qual dono po^
trete porre a tutto quel credito, che vi pi»'
cera a aver meco , che io mi ve ne fb de*
Bitore già da ora. Non posso né potrò a
tempo alcuno aver da voi cosa più cara cr
^ata di questa. State sane. A' 17. di Set*
témhrè i536. Di Padova.
'■■ A M. Bartolomméo AìestanéMrioS^''"
•" - •■ ■ A Vìnegùt. ■ ■•:•-; ì:^?
Ho vedìito la vostra^jsposta; e pftrèH^'
the solo hcy da doletmi che più per' tenjp^
ia tiou'V^iahhia dritta, Poflèrollo #^^i^
*]N^?^5 i^iupfftr a, queUo, che i]rastpr|Uf npà
piiò , perciocché è già fatto. B^p 'vijp^
che vi piaccia per lo innanzi non^r più
favore alcano agli avversar] de* parenti miei^
se es^vV^>'>^7^^Mf'<^l^^^^i^ii99i <fU^, ce^o^ sona
del sK. W 'q^. pi?^cere potrete .ppr^ni a
quanto débito vi piacerà, c£ie a tanto mi
sottoscriverò volentieri. A Mons. Legato
non avviene che io dia altramente noja
^0 jjil^e lettera. Sarete voi contento racco-
iì|ii^<farec'e me-0 i detti I^ieì pi^ie^ti a $^<
$; in^ia ;Vece, deg^i per k loro >iiriù d^^^
aei^p^Ua buona sua grazia,, e in taaió rac-^
poi^ian^dargUele ^ che S. S. si disponga ad
l^ejrglì l^errcari. State sano. A' 24, ^V*^^^^
mmhtei^ 26y Di Padova» ' '
..'^ .'•*
•f;iq-
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?.ì) e
■•^
:j4 M*. Momulo jémaseo.
A Bologna.
. . t
-:: Fi^r la i^^rte del Bezicco, 'Rfoo^. fi^óJt
dù ed altri vostri amici hanno operata,^
che se vorrete accettare il venire a questa
lettura 9 a voi sarà dato tutto quello, che
avea ciA'j^ftil^ ^^zicco^ ed alcuoi; co»« più-t
Egli avea conto, Torini. Quantunque per ei"
tro buono ordine , che s* è posto , potrà
essere , che quelli Signori passeranno ifl
cmoraryi anicora più oUra che ip »on dico.
S^a^o bifOgQd <;he vi lodate . inteflid/jjrf ,, W
c^^l^o - tdQ{^(jl;9 W^ >P«c ywii»i-r,^ %
«questa basterà ohe ce ne scriviate ttna ptf^
rola, tenendovi certo che quanta ci scrive*-
rete sarà secretissima. Dico questo^ per li
rispetti, che io so vi debbono nEim>vepe a
non voler che. si sappia che voi cerchiate
questa condotta. Quantunque voi non W
cercate, ma ella v'è proferta e voluta dare,,
il che acciò che paja ben fatto senza con-
sentimento e saper vostro , ed anco accia
abbiate cscusasionc eon cotesti vostri Si-
gnori si aggiugnerà nella condotta vostra,
che essendo voi suddito di questa Signoria^
siate a:stre.tto sotto pena di confiscazioa
deV vostri beni al venire , e cosi nessuno,
vi potrà riprendere. Però vi mando io. im
mio staffiere a posta con queste lettere ,
affine che egli mi rechi da voi risposta. Yi
ricordo il buono aere Padovano ed il reo
Bolognese , la grandezza di questo studio^,
e la quiete^ il guadagno, che senza dnbbio
farete qui maggiore ^ il titolo più onorato ,
e forse gli amici vostri , che perawentura
sono qui più amorevoli , che quelli non
3ono^ che costi avete : le speranze vostre
Bocnane non si perderanno con mandar
quatido fia tempo uno de' vostri figliuoli a
<\uel Signore, che potrà farvi del bene, se
egli vorrà. Datemi risposta ^ e ricordivi y
che le occasioni sono da pigliar , quando^
vengono e pigliar si possono. Senna volta rl-«
tornerete qui^ non vi mancherà in brieve
xnigjiore stipendio e jnigUar ventura. Siai»
j ■■
f
iàRO j e salutatemi la mìa gentil comare
Mad. Violante. A* ^3. di Settembre i5i&
Di Padova.
A M^ CrìstofóTo Ceraota.
AcL Arbe. (
-, . ^ . - -t . •
Gratissime mi sono }e vostre lettere ^tate^*
er le qaali e cosi amoreToImeaie ?i do-
[ie meeo della morte di M« Bartolommeo
mio fratèllo, e cosi prudeni^enifiite me tti^
date alla pazienza e consiglio e conforto.
Neir uno certo avete ragion di dolervi, che
avete in lui perduto un jbaono amico e
fratello, dal quale eravate ed amato ed
onorato al pari d^ ogni suo più ^ongiuma
e più caroj delF altro vi rèndo molte grs^
»e, massimamente perciò , che io n<m ho
conoÀciuro in me quella prudenza in' ^ue^
alo mio dolore e perdita, che voi per vo^^»
fttra cortesìa mi date, anzi ho avuto ^ 11119^
siiero di confortatore tale , quale sete voi
•tato, che m^ avete recato quella medicina
con le vostre lettere, che si potea darmi
più profittevole a questa ferita. Torno dun-*
que a ringraziarvene più d^una volta, ^
prieso il cielo che a voi conservi i vostri^
e ad èssi voi, quanto più lungamente disi-
derate e Tuno e gli altri. Ho avuto piacere
assai ^ che m' abbiate trovato il cane moiv-
lacco, del qual mi scrìvete. Am^i vi.priego
ad usar diligenza di farlo portare in Yine^
già a mano di M. Giovan Matteo mio ni-:
1^ rohtm^, TMfaa:
potè, /iJJornp .^l^, al .cjuakivho <^i 4V:9l^
parlato. Similmente «ipetiem Ji^ fici^oaitji
voleaiierì , e senti rovvi qbbligo e àéìV una
cura e delT altra. Convien^i che io mi vi
proferi hé^ é%s&e qaeUo^ che v^OTa^mio fra-
tello. La qiaal cosa- io fo di buonissimo ani-
mo e per piacer di lui, se egli queste cose
sente, e per merito vostro, e per debito
BlÌQ/'&(ate sano, ea usutemi in ^ tutto ie bì-
fyQ^e vQstr^ «enza ri^parmio^ Di P^dotTf
j^UjiilMmQ di SettQiubre i526^
'. i - fi'., \:^ li
/'
^n
A
A M. Cristoforo C^nota^
Ad Arbe.
K 11'
■ ■■'■ Iti
cui.' 7
.^ Ho ricevuta lo sciamito ^ che m' av^tfT
. mandato, che è $tato braccia venti.. Y^ t&^
db' grazie della fatica. Rimandovi h>,,^ritjn>
•vostra delle lire novantatrè, le qualflm*de^
«ravaie debitore, e benché il detto sciamiti
no» le vaglia ,a pez^za, pij^^ yol^tit^ir^^.yf
rtn&etto ogni cosa^ che irìmai^te^^ ^c^yei^ì
dsairèv se bene ^iò fy^e 4Vv^SSM¥h#^^
^ma<^ cbe-ogli Jt^qnf ^vAnai- vi pFii^^ ;^j tfr
itermi per: yostrit;^ i» . e ad ti^ac;^^ , 4^y<^^yfhr
éike eoe; io /.si^r b^Qn^^^ ,i^r pi^r vof^^^db^
ae«>p*eitì gioverò pi^o^rè %o\en\i^^fi^st^
Hmì^Qf^iin Àia,,peiR,^e, e rpegw .^ftlUff?-
itoorVcli^j io viiupo^tOp :ei4^ riÌj9 ,pnìf^jfj
Versai voiv^ìSAfctft ty sm^ y ,^^^^ :^^t^.,,^^^
aW«>'&imgKa|r^ i'iÉiJn^ìr.ftlie.if^ <?fl»ltiBP^II
téHeté btìrtd dèi vostro stato. Di Padd?».^
■ ,.- » ..'.. \<! .'1.1* / . f.
A^-ii/éi Giugno 1 5^7,
-^ *'-••■' ' : . r'). ' ?r> o-'
•?^' ^*- ■■ ^- ■. ■.:7-
'..V t
ir
ìBT. jéiessanétró de Pùsit.
A Firenze.
1
i )
•);:•.
Ho veduto M. GriovdDni vostro fi^ìuoid
^óti tn'olto piaéér mfo/* 0fil qdàl^ e^6i(^M>
stato visitato a nome Vo^tl^O'coheilTitìlMty';
ed ho avuto le vostre lettere, che mi sono
sute iratissime. Egli ben dimostra esser
nato dì vói 'ìion solò nel vbltiÈi /ina ancora
in quella parte, che più' si dee dir nostra^
r animo e la virtù ed i costumi. Stimo al>«
biate ottimamente fatto ad averlo a questa
èiiftà- ed a questo stùdio 'mandato. Eccome
tììé débole paìrociiìio jKrèsa ilmiais^ta^
^i '^uale dite p^rendere -siè^brà e fidiinsfa
J^ ItìV pirre io gli» ho pfèfertàl^^ kr mìA
èà«y^^c'lè fcòse mìe, è' le fort:6 tàvky ^ in*
àiessd^,'dhe^;$fiono gìpbii^ I!^ meig*
gio^^cère |mtrò 4d là (Juésta à^ éheeimm
é "i^tanisa rfccvére ,• ^be Senti w che- cgiv ii
V^^lfa di ììie seme "VispalWio ^^u^. Ipriti
fiitto tì^, che da nìe' pott^ tTonxw5fe«ip^
Éét^fai^à sòddisfazion' dtift' ed^a 'pitid»t(|)'aèl
3Rtto istùdio, don aspettò ^j^we^ dn^h^i ti»
liSiieit^. In quelle Kìósé'olicr io s»pera>J^rm«
ftSìi^^ potrò, scriftet«gl> ^^oii^bé ^i> dome^
tfìf^amentè e ardi^améttl^ usri'4ir'mibvcasa «ed
\rSS VOLUME TKnzo;
appresso di voi gliele profero è dono. Sla^
te »ano. Di Padova. A' 21. di Novembzie
1526;
^
A M. Alessandro de Pazzi
Amhasciator Fiorentino.
A ' Vinegia.
Mentre io pensava di salutarvi con due
tersi '^ e proferirvi tutto quel poco, che io
J^ìio^ì led' ecco che voi mi salutate cdn lé
Tò^tt^ oìnanissime lettere proferendomivièòti
feolta cortesia, il che io ricevo volentieri-^
À^ mi pento «ssere in ciò dà voi e^pi^i^
imio 'è vinto, per dovervene io sentir -nfèigj»
tìor'f^bWig^. . E rin^raziovene quanfóf iè
|)9ssò ViV più pregandovi a sfervirVi^ di *Wéé
sfccoin0 d nno , che buon tempo fa è "^p^
4trò. Io sento molto piacere della venuta
Vostra alla mia Patria, e della autorità che
voi v'avete recata dalla vostra, la quale
Veggo, che sa molto bene eleggere -i suoi
itHnistrt: quello, che il più delle voke non
9ànpb far le repubbliche. Quanto alla Etet-*
"tri vòstra io T ho tuttavia nelle nrani/Rf-
s^trbohii a dirne quello che me ne paìrei
cófae io l'abbia fornita, e forse a bocca ^
ed in ogni fnodò con quello amore , t5(M|
che vorrcS «he voi mi diceste il parer; vb-*
sW^ neltéi ;mie-cosfv.- Aspetterò ancorar ^P E*
dqypoF ch%^4isif- proirieti^ In questo niéìSS
mLgotlei«^il vostro mv&ìo. dellir èui'^^
V
tui e costami as^ai con voi mi rallegro ^
oh^sete padre a si modesto e geniil figli*
nolo. State sano. A' 21. di Febbrajo i5i7*
Di Padova.
A M. Alessandro de Pazzi
A Vinegia.
Ho veduto la vostra Elettra con quel-*
Iq amore , con che vorrei che ognuno
vedesse le mie scritture. Sopra la qualar
poscia ebe voi cosi caldamente mi richie-,
oete^ che io vi dica ilmio giudicio^ dic6
che io QÌ ho veduto di molti bei luoghi
^ con molta vaghezza rapportati pel la»
lino , che deveranno grandemente piacere
a, chiunque con diritto occhio gli leggerà^
ed^a me sono piaciuti mirabilmente. E vero
ehc in molte altre e molto maggior parti
io vi disidero più cura di quella , ciie
a me pare che v* abbiate posta, e più sta-
dio e più fatica. £ per questa cagione crc«
dereì che fosse ben ^atto 9 che non h. vr
lasciaste uscir di mano con questa faccia ,
che ella ora lia, ma cercaste d' abbellirla'
ancor più, prim^i che ella veder si/ascias^,
$6 da chi grande amico vostro noa fosse;
IHé è, che io non sappia quanto malagevo-
le qosa ^£i il far ^Sofocle latino a verso per
f^rso, che possa piacere. £ perciò non lo*
4#ei( gianoipai ad alcim mio amico, che pi^;
gliasm j^^cK^M imprese. Ma ^o sircocsi^ TB^Il
^o |;Ii uotnuii più Tolentieri yUupe^a|3ip.,j4i|
CfiN»e poii.j^lle, che essi le diÈérió^f\^^^ J»
isoumo eoo la disagevolèz^za , q. Mpojrg
cdn b> efi^ere ppce possibile iRl\^M'i989f
veraoi] }>eft6 risponda f. Questo -è/ 'ìttx^
htiertìì^vv^piiment^ sopra la Tragedia, ^i;
tfty déUQ¥Ì>3 se ^oft eoa molla 9cieqfj;a,c>a|<i
mei^o oofl. infinito dividerlo dell' ^nor^, ^{a
ddfa, ^gloria vostra* , Quanto poi aye^^c^tcfi
fojsftì particolari per l^i^j clie Jqipp s/cf^c^^^
dò Aincihe^ ^e ^ragionerò col vostra ^^^yjl
quandtr. egli ri^omffà qujv Stat^, jiii^p i-oft
riputatemi mokq vostro. X>i. Pa^Q^» ^ {i/^?
''■'■[ ■ '■^■' ' '•'.•■ ' ■ \'-^ -•■''. r. (!->•./ /Il ib
A u u4< Mi Alessandro d^ Ptfz^i^ hì>^
.!-• .ì--'..- ò. A f^inegki. , -. ;. .-.•,i)noi
' Bmlmi grandemente, Sig^ M^ 4)!^^^
d^D.miia, che y. $9 la qual^Q. iaspej^^jf^,^^
yéBse &rè in- ques^ porti molto l^ngf; , 4tt
ibcra,.casi tosto (H^ia per paj^tir^^, ^9^]^%
ifai'sdùvète; e tanto,. più nH^€l)iG)^e,.^{p4fM^
io par? la ctìa.eoiftgurj^t loftoO; yVho &im^
.ogginrdj. amico amo^ mostro 3 ipt^ io^jp^ pftj^
tl^ midi ho ^ lutto ffuqsto. ' tei^pa dlf i4^a^
mxÉoààmixio pe/^hò- qa^i^e , jsón , a^^ ^^^
dtìrWBtavlacquaJo il.più ijella y4|p, jn«ew#
jlà )di/iqi;^lQS. 9be i^ll^i yiù cerca ju^I^SÌtìI*
«gKjjobn fb'^a^ pjgliAtr© ^ ^BO^^n ^iglÀ «W^
ci solo veder noa si póssouQ^ io procaccio^
rt^^r iàìinène'' pàcfe , raòcoiisolaiidom
ifti«éti8l |>¥i€ita òón Ik cortese lectora y che
fiiVarète^sééitta 9 la quale è: si dotee, tAte
Ba&ttirì a^tarVià racèrbìtà, cb«'^ue«;0 av-»
teiiiìn^io di non v*avep potuto tederò m'ha
fiécata: i^fla '^óaje rispondetido io , |)rrinie^
fàìAettié^ fi ringrazio deirofioM'^ che > mi
fate éoP'^alutai^Mtì e pr offei^irmivi' «osi ^ aini*
Hie<^olftj^nté: Ckiim ehe ^è^ta ulùma patui
{^^nbirìéra ^ògjgimai hebeesam ti^avucii^dhó
W^ffo^d* lùoIU itml m qUA voi >per jmwv
il^iome m^di- vìcyi soifo^'B oom^ idUe anco
iou %^Sdgi£|^à che Toi m' inTiusie àl< {^tv
i^c^èjhè: #éWé nostra^ amistà. Pure tpieoa
' cura che ne prendete m' è cafav che* mi
dimostra voi essere di questo animo , po-
scia che'^da roè^il >icerfeate. Pòi vè^ fo in-
tendere che se tiaa^nderete il vostro M.
Gio* al primo tempo qui allo studio , co-
ièé'dit4 di v<>lér fare 5' i6' m'ingegnerò di
tisi&tiiè'é éómpèiisaf veirsQ lui ^uèl liutto,
itì^cKè^iòVcoriVor mancato 4ono. iìa- quale
iùéoifendà ' tra io più volentieri- laro, e: di
idf?^itìre ^niifito , ' r|aftnto i Suoi • laudevnU
. ^SWifttì è list modestia e la m^ia virtà^ se
fttblftf* ptK) in fòneiiillò essere, inerilinti ctle
"^^ l^ré io 'i clie ' r atìtóo ^ «ome figHuplt^ ^
«ftV tìistìSmo sjjuant^^ si togli)» lomiano gli
P^^ rifoó solo- atót>rè> ma' a»<5|3 «ivei^ema*
tMftk jàiitìé dr M. Afatónit^^ t0stt4> ' fvateUò
wfl^jdftrò ^ V.' Srigv eòtìfortii nè^ ceirphèfrò di
fii^onscniajrvenè • atCràifietóte , » s^fetàà^khe
"rtSB* i*^<^'fiàrttrt prudemeiéfc^ iidotti^a
A'tab'parditeu^Salor •dirò y cka a me ptrè;»
thk dbimKpié^m cpesto tempo minare y. egli
si iia^fìrd»^ un' tiuilvftgìe ipi coriìida^ ^f iraw*
glittCo£06eit4b§* nel) quale pòdD«4Ìt!Ìlie(o «pet?
rw^1M^'(yìlò *^i9edece y" J» et t dolet^^va ^4i^^
c»Wf^ i^teMa(p«rreio|^ cosa tldiimalftrr
ceéAl ib iW- ^mÉriaidìiie4.«riàlr^diapl5iUi^ ^^
no. Ben vi prìego a TalerviK^^^iiìeOft^Bft:
risparmio alcuao , dove conosciate che^ io
sia buono a servirvi. A cui disidera e fe^
lice ritonso^ml&i PmH^ eA^iB^^^igili^ luogo
Siena e lunga ^ppMpe^itàw>>' Se iù Firenze a
[.Taddeo Taddei'^edvà^ M Pierfrancesco^
e Giovanni Borgfaerini voi mi raccomande-
rete , ciò mi fia molto caro , ed a M . An-«
dséa Sebaldiy^no ^gU saitiébi^amci^iìche
lodili quelta'vi^a m' abbia. State- sftAi.
PsMbvai A' i'4* -d' Aprile 1 538. ! t t mu^
V. < :^ jii:M, JSonaifèniura OrseiUi i r■^ «^iv
- ' '£} ' S§àpe^rio - di Mònsignar Sofus^^^r^ tuo
. i-.^r.i;, V- fir ri ^ f^iaegia» ^>. .^-m li onrif
^>*'{o in^^forttÌM 'm»<^uest' orav^^^i^^^-
le *'*^ae^ della notiev -di «leggere ih<vosiiiol4*o>
vìo^'velgai(e« ^^'^' qf^elhir^ì icbe^ io lésttjfihAk
po«é^\^* ^ aienèèv eglr i»mi1^ .imdi»«N^)4eIi^^
Boccaceio, anzi è di:^ipeMS(makdUokb li>f||M^<-&T,
na dalla vaghezza dello stile di lui , e dai
«Ufi costumi e maniere dello &crivere« QU,
tre ft' questo pare scrittara pia antica, che
non fu il BoceMcio. Pefeiò che é piena di
vocaboli gii iralasciaù dà gli mimini de
quel tempo. Vi ringrazio della eotteaia li-
sa lami e rimandolvi con questa leiiera.Sa-.
rete •contento fare che io intenda aerareta
amM) e di ra^eomandarmi a Mona^ Tostro^
ed d Sig« Gesare.Simeaano* A'iy.diFolt^
1^17: *Di Padova. ».
. *
Al Maestro ddla
idi Santa Giustina.
ji Padova.
- Il vostro Témistio é stato in casa diìi
Bfbns. Cibò ^ come prestato. Ora non r òli
più; ma è in mano d'an gentile ttomo di <
Vicenza , il quale io non conosco 9 come
ohe io sappia il nome. Potria però essere,
che io potessi iin di adoperare, che esso
toroa^sUM al'^soo' albergo, dai quale, mala
mano il rimosse , siccome m' è anco stato
detto e confessato senza tormento. Se voi
darete quel libro di r altr' )eri al presente
nùot^'AiiMaggienr^ fia 'lienisabno* :da(o ^ ed
io -^ ve 'n^ sarò buon -tendiitore^' e.;. baronie ;
obbliig[d al 'Sig* Abatèf^ali quale jr,'.R#fecen«*
za'itfi*'^ rao<$omanderà3 e profibcira. J)4 Pado^.%
Bembo rat. VIL i3
\
" \
t •
■jà.M* Agostin Gonzaga.
A Mantova.
-& ::> ttiSiig* Ercole, Sig. vostro, e ceno
ioifmrimio ,. Roa aolo perchè è nato Sigoo*
a^ft.^c»» :liioltQr.più. perciò , che egli ) si vc^
ine e jTregia da se stejiso di quegli ornameli-'
4Ì^;phe^Ì!o sopia r.allre cose tutte pnoro>
lAicpe Rifinirgli; uomini ben degni d'essere
gllftgtt altri 'uoìnini Signori; prese^ à' mìci
^ìe^vM» Francesco Bellino nella sua fa^
snigUa. H €fual Bellino tanto predica tpaaX
$i^pH)re e tanto Tama, che na latto me
ancor più acceso nell'amor di lui, che io
non era , ed era poco meno di quanto si
può essejre^ Tuttavia ricercandolo; io della
vita y che egli ora tiene , e de' suoi studj ;
sì come colui, che disidero, che egli non
^ir ifecnpii, che sar^he. peccato grandissimo;
v^^ vada innanzi di di in di là dove lo
t^lMAma ia sua stella , che . gli ha donato
9^1 chii^ro ingegno 4 trovo,, che egli è. m
!P«iinpagni^ bene : onorata dÌel Maestro del
S#^ Ercole 9 ma di qualità, che egli poco
pilo» aHei^de^'^ ^llo studio per cagion. degli
^ll^^j«j.y che in ^^quelta. Camera si fannov»i
^[dali <|^^tuj)qne siéno per lo pià.vdi>iefe-
tere, pure a lui tolgono la quiete e^ Tozia
particolar suo. Intendo olire a ciò , che
egli è stato posto a quelle tavole, tra le
4[na1ì il suo mondo e levato animo più per«
l'de , che il corpo non acquista. Perchè ho
voluto pregar X vai , che per amdr di me ,
^he vostro sona^>vogtiaie 'pigliare un poco
^>ai cura 9 in fare che neir una e nell* altra
cosa M. Francesco ahhia da potere alquan-
to più. riposar T animo» Perciò che sii que-<
sto fia^ egli potrà meglio e più vìvameui%
4iitendere^ta*^uoi stad]. Il che tutto tteoi^tte^
rà a più onore del Signore Ercole ^ a cui
«sso gli ha dedicati; Voi sopra tutta pìglio**
le in ciò v}a, la quale io nessuna parte
possa offender 1' animo di &. S. il qu^fe
10 nondimeno stimo che sappia pòco^ di
queste particolari hìsogne de' suoi , si .jsd-^,
m^ avviene nelle grandi case. State ^md^
A.'7» di Marzo iSaj. Di Padova.
A M^ Terriero Bekramei'
> A f^inegia. - ^^
.: ...... * -..•■■.■>•.-•
Vostra Sig. sia contenta a far qtt^<3^'|
éi dbe vi pregherà Mons. de'Ro&si^y an<^
in parte più volentieri^ e più vivamente péìr
amor di me V che ve ne seiìtirò altrettsiMa
obbligazione:, quanta- fari egli» Anì8Ì/p)UL#ef ^
per dir più il vero, io a voi rimarrò 4;eù%H
io «^ oU>ligato di tutta la somMay-é' coli
£sii^e.:due crediti con ' xi^a * sola ' aort;é8VÉ«
fitiAe:saao« Agli ii« di Maggia ^^^17. Di
Padova;^ •
' <■, ' ■ t \ ^ ., ■ . ' '. • ' > I ,"
; ' -4^' M. 'Gimhvì^ Cittadino^ i "^i-l
■•'[:•-■ ■'■.•^■'•' ■ utf J^inegia. - '•" 'v^
t -./■••'
' ' '-Nòli ho "prima fatto alle v<j$tre tectórr
^làjpf^sti 3j molto onorato. M. Girolarho mtoy
^^Sjùatì' lettere mi recarono i due* leg^ia^i
dfi 'Soòbttì Vostri; perciò che iiit^uelk'fde^
desima ora , che io le ricevei ^ ciisi'fenàì
cavalcare. Ora che ritornatp sono, vi rispoù^
do cosi : primieramente , che tròppo nel
vero ^lébbo Jiìir amóre che tni porta tè> po-
scia che pure V6lét« il mio giudicio sopra
)e colte ed ^leg^nti corìiposizion vostre.
Pappoi che a me pare che le rime vostre
|ion abbiano di piio ne d'altrui ri^guardp
l^é^tlèro , é pdssofno da se andare ' dova
lor^fape, sicure che non incontreranno
^bi k^agiònevolmenid biasimar le possa. £a«
té acciò che ci si ragioni alcuna cosà s^
pra^ dica che jò non mi ricordo avere iaU
ttó;fkit4 jetto quella vece Celeste posta
per vóce, che da se stia , siccome ata iit
quéi yo^t^o verso v^/ bel del suo celeste^
ipinzi per y^^ ^ che sempre ad altra voce
y aggiugne. Delta qual còsa se yoi n'avete
esempio, ciò bastaf vi può* Se non Favete
e vqtóte averla così posta con T irmtoriti
i^^lH vòstra virtù , anco so , che sempre
fin conceduto a'' grandi uémiài il trovar niio?*
y0^^'cose con giudicio e con modk». Leahre
Siìfli di quel sonetto, con tutto T altro a^
ai qtlesta cortesia, e dei credilo ette mi
dave, il quaj.ey$i!5 noftx.paro Sjpv^^ict^o a voi^
che molto amite ^'.pajpc'àx pqravvètitara agli
altri, òlle più dirittàmenid mirano da Amo-»
rr-.nòil dcicrtpati, Jitajft ,saijja.*|,f wM^cpRiflinda-
tenttra. MjQf,a»;^i P'aju&,.q^aà4tJoii T}Y.^M^\
tCii figliai il^^tro Sig, Cesare, ed £^/]\4ran?%Ì
gfiiU^tiS^ : vowro frIaJtellar A!a^. di, Maggi.^^
, uConte. Marcò ^ntàmq ^mf^oì^-^
oLì :;(!-. >!-^ ,■''"'}■'' '' ^^4 • - ■ ^^> v:.^^:i.!dK" aof|
'.^v j )1 Voteti ji. Signor .Caiiìpar^^^
ttcttiousaf^e meco qne^i ufiSei,, ch'e.;,Hft?r j^j
veftgcs di', mandarmi:. doni feoti 4oA^|S9"^Sf^
fievale air amistà nostra. Che Cj[frp^>,cj^^ 4'?
abbiaiil Conte Agostino qui irt , gji9j|, m^q^
che .f vòs^tta e sua è , noà poJf^fìo jfi^io^'^
t3Ìie:ìip enfia te di far queste cos^, lf<?i^y.t<^ ^j^
ftìaiPcèyjpQSLsv tcHetv.elo vse .iiorv <5^^'^o^l^l^1^
davolrrieiiiie e<i ott^irirtanienAe , ctonie. xiCfr^i^^^
iretuurfi sarebbe aÌ}ai cop(li3ÌolX'di,ljLM,/irk^^^
woy 'silmeno di mfinierqt;, qhe.lié .qS ^ fì%^
£ù mftQcherà nessun^ dejle .n^^s^sgrif} v .co^
»èf?!nèiglt sopraTan?::Q)irati^a'^>Ì0 nM^feisqgp^^
%tiiii. Onde iJubitar iho3ii:§ì^Qttràf.4fec^^egli,jy
divenire abbia troppo dilìoatiO^ iÌ-ch^,.5UQ^
ès6ere il ipcj^gio a^ gioyaio^eiHi, >eeppie^,è p^^i.'
J^'W|)j|attutto é i^^dttVf ^i'M^>ài:^^ *é^
lattila Vicasa noa altramente, cbe itegli
uni fosse figliuolo. Ed io tanto piacere hor
dti^^ecTerlomi qui ^ che questo piacer nri
^oddi^fà per tutto Toro, phe voi poteste
fiiaiidjirmi Dunque siate pregato a non Tar
fiàrmeco a questa maniera. Io per questa
iroka lio accettato le due ruote di cascio
€^i prosciutti e le salciccieelelingue è la
códognatd, che mandato m* avete, per nóit
vi dar nojà non gli pigliando. Ma se farete
l^iiì Cosi , io più non arò questo rispetto y
é''l!ion accetterò cosa, che mi mandiate;
Né' anco rimanderò il Conte, se non dotto,
edsiumato non dico , che egli è già costui
ixiatissimo« Di cui^non voglio, che V.,S. sr
j^i^li un pensiero al mondo. Perciò che s&
io a me stesso non mancherò, né a lui
mancherò altresì, il quale io amo poca mej»
dì quello, che araate voi, e la Signora mi»
€omare. A cui mi raccomanderete e atten-
diBretó a star sano. A' 28. di Maggio iS:^^.^
D* Padova.
ji Cammillo di Simone*
A Bologna*
Ho veduta e letta la tua bella e lung»
lettera molto volentieri, e parrai che tu
sia già fatto valente assai secondo la tua
hrieve e picciola età, e lodoti che hai he»
poste le tue fanciullesche giornatelle, e che
oltra che sai scrivcFe latinamente, fai an^
LIBRO Qtiirro. tQ§
tbra assai bella e formata lettera. Ma Tedi
che non ti pa)a sapere perorò assai, e che
Veglia non ti venga di fermarti ^ o di àoH
passar pfù oltra , se non lentamente , che
nulla fatto aresti. Anzi ti sia sprone a farti
andare ancora più veloce per lo innantó,
il vedere te aver fatto buon viaggio per lo
addietro, e che sii camminato questi tuoi
primi anni profittevolmente. Perciocché co-
si fanno i buoni fanciulli, che vogliono di«
venir prodi uomini e dotti, ed onorar la
casa loro, e rallegrar di se i loro Padri
e le loro madri, siccome dei por cura e
studio di far tu sopra gli altri, che sei co<-
tanto amato da* tuoi, e cotanto adagiato ed.
ajutato, acciocché tu apparar possa le buone
lettere, e crescere in costumi ed in papere
non. iheno che in persona ed in età. I^a
qual cosa acciocché io saper possa se t£i
la farai, voglio che tu mi scriva spes**
so latinamente , siccome hai fatto ora. la
questo mezzo saluterai Mad, tua madre da
parte mia, ed il tuo maestro* Tito Padre
che venne a me malator, ti rimando io sa-
no e salvo, che fia portator di queste
mie lettere a te , siccome fu a me delle
tue. Sta sano. A' 4. di Giugao i$27. Di
Padova.
♦ -«.
^^<
àà A Padoi^a.
Oli? ■ ^.j, . ' ' •• , '
-io(} Io stQt^^Lnoii' senza qualche frutta dif
tfKMjsta dimora.. Ma ci stO' con alctina. paura
ehieitpel poverino di M.. Fabio sopra la
r.6iga di suo padre da Roma abbia dHatorao
jsJia ^ sua ilfiStura assai di quello^ phev.cj^i
fjion jyooeebbe, per la HioUa importuàità
degli awcarsar) suoi. La onde io* vi,prÌ!ego
srift essiere contentfo di pigliar questa' ialiea
-per me ora , che altra volta né pigUoi'o
mxiha^ maggietr per voi, di raccomandarlo
€onx>IiL vo^ra ben meritevole autoriti eoa
ciascuno ^I nostro Mons. Stampa, e pregar
S. S. che tanto più il voglia avere ora bea
riposto sotto la sua prote;6Ìone e grazia,
quanto meno sarebbe per lui a questo tem-
po cader di quella sua lettura e grado;
aggiugnendo in ciò a favor suo quello, che
jW perete molto meglio dir voi,, che io scri-
ie6f<^. Nè.^ico io già ciò, perchè io crtsda
$ih^ bisogni con Mons.» Stampa,. il quale. ^
# ^aj»tQ io. questa cosa desidero, e q.uajiL-
tOn^gi'usl^me^te la desidero , e quamo io
^-soglio fidai e nell'amor suo. Aia di^
eo)^ perciò, che T aiìiore che io a fil>
i^ubio poi^o, mi fa d'ogni cosa temette-,
jàriteora che io non sappia ben dire di che
ì«v teina: ^ o perchè. Vorrei aver fatto per
Alonsi :^tflaipa alcuna cosa di qualità, cbe
io mejriuissi immollo .eoa lui » acciocchi più»
tome' qnpm^f»^ jx^t
stcìtramente ìo il potessi pre|{aFe , che' iot
Tiòn fo; ancora* ehe il ^^raàde amore , cbe
io gli porto 9 e la moka '.estimazione, che
io fo della virtù e valor suo e di quel sua
'^ipwntrskrmo*^ (Soavissimo in^fgno-, ali por-<
^on<^ mcdta baldanza, e ^ibòlua fede di ^fM^-^
iaie.:»s$ai coct essd' lui ancora 'i^I-iqeril/éii-
odo;^ Ma' q^ie^Ho^ che io prerc^vvc^ituÌDa ^qgumi
/fa^so'per me^ ragione vale^eoi$a<.i^, the
jpui£>il |»^àa co>) favore e 'Col juèsao di ixoLf
^^:/em^ nessuua^ cosa si^ può negarci* Mia io
«i^diRteado o^iniai^ phì -olcira ^l^ dbe aUa
'dimestichezza di tutti e evo noi- non s'ia<^«
oéiMérfeiie. Perdonatemi ed amatemi e étate
lianotf A^ ii4* di £Ungno iS^y*^ Dì Villa^
-^ -•: - - . • .'- ■ i ■ .' .
^^iv / -, A M. Jacopo Baonfi^tio. ^
'-.^'^'^ -' v'- - A' J^inegia, ■ --r. m .■ ■-. '^'
M
'>''-, { J I ■■ . . ' .■ • • • • ~
^•..■f»«^»-.J ,' ..t ^»
^ Scriva a M. 'Oiovan Matteo, il mialj«o
éifer« itìòlcb affezionato di voi, che vi ptio*
^i a p^Jiar^ un poco di carico di diìr-i^
m Collegio cinquanta dotte vostre gra^ e
«ionr^od^ie e vive parole a s^ost^e^^at^ent^
della ìj^ìustizia , ohe iir' è sitata roUà 'e guà-
iisi sconciamente in quello, che egli vi dirà.
Aita qual cosa fare anco io vi priego coir
^ella coniidenza^ che mi dà e la virtù
e la cortese natura vostra, a rimanerv*^
»e molto e molto tenuto e ubblig»to. A'
voi proferendomi in^ tutto i^ueUoia che i^
iù2 TOL0ME tKur.a:
fossi buono a piacervivA' 9. di Luglio 1527^
Di Padova.
jà M. Jacopo Buonfiglio.
ji. Vinegia.
Non credea darvi tanta fatica per la
bisogna mia d* Àrbe , quanta veggo cfae^
io vi do , per quello che mi scrive il no-*
stro M. Giovan Matteo. Ma poiché così
è, io per me son molto contento accrésce-
re r obbligo , che io v* ho, a tanta somma»
e parmi avanzare, quanto più tenuto vi
soi^, sperando di soddisfare un dì o eoa;
r opera , o con V animo ^ col quale m^ ia-
gegnerò non essere da voi vinto, se pure
con r opera voi mi vincerete , che noa
può quasi essere altramente. Ma lascian-*
do questi conti da parte, io di tatto 1
cuore vi ringrazio delle vostre molte fatiche
poste per me, e vi priego a tenermi per
znolto vostro ^ poscia che io vi tengo per
mio, li quale abbraccio infin di qua. A* 24*
d'Ottobre 1537* Di Padova.
'A M. Jacopo Buonfiglio.
A Vinegia,
Troppo sete ed amorevole e cortese ^
Eccellente BL Jacopo mio, poiché coai»
irima gcriNro. nói
àfsn dirò nmanauiente , ma profusaméàte
in amore mi rispondete con le .vostre lettei'èi
Alle quali sa Dio, che io non so che dir-
vi, cosi mi richiudete ogni passo, al quale
^o volgere mi pòssa, e mi levate ogni ma^
teria da potervi far risposta. Per la quat
cosa ho preso ^ tacere estimando che per
avventura cosi mi verrà meglio fatto quello,
ébe io disidero di fare, e noi posso, che
è'^ài dir tiiolto; Perciocché ,voi, che sapete
dir hene sopra gli altri , immaginerete ehB'
ièr abbia taciute quelle belle còse, che vtA
areste saputo dìfe, se in vece di me stata
fési^. E cosi v* arcte voi stesso fatta per
AìR la risposta , alla quale saper fare io in
rtiille anni pervenuto non sarei, ringraziane
dovi nondimeno di ciò in queste carte ,
aecon4o che io so il meglio e più viva-
mente , ed affermandovi , che io reputo
quésto obbligo dell'^amor vostro, che con^
81 onorate parole mi scoprite e mostrate di
portare , iii altrettanta somma , di quanta^
e quello deir opera e della fatica , che
poiiete nelle cose mie. La qual fatica è
tanta, quanta io nou mi pento già che sia,
per conto del mio esservene tenuto, ma
ai bene perciò y che io non vorrei esser
cagion di darvene cotanta , come io fo ,
sentendovi massi mamentte per la vostra prò*
fcssione si occupato , che non potete senza
molto disagio e sinistro spendere poche ore
in una sola cura, non che molte , come
a^ete per me speso ^ ^ tutuVìa f^^tkà^V9i.
Ma di ciò non più. Quanto al Bernardo, io
non so d'avere scritto a M. Giovan Matteo,
che io voglia essere'. pagato \del grano, a
quanto esso vale cMr^,. Perciocché non l'ho
anco neir animo , che non sono così cù-
pido d' avanzare. Ma si bene che io voleai
difai'ficme io avcMi ad ^mK paiptQ,>* ve*
4e^$p l^njìy f. dov<5 anqora non è stam f^itff^
^tìb ^louaig^ pan la quaJ cosa cot^^^i.^igiift^
«lÀJWitorii n^, haiino jpojt^t^
£n|)^roK) o^fi^eWva ^i .idi , fìbe mu, ep^^l^^
^l.lj55Eat^^;.fréd^ -itigli ;.V^«JÌS$^ 0- :i|iaji(i^?fift
qùi^jé^ve. /soii€> itip t(vrre,,tì 4o¥e $ìt i^ i4
gi«j|icip.ci&e^ . f^oi ..qqi '/alt/? lorfp-gli iéaséni
pi^xà i*vei:;imorsa. .9ill<b Ipnp Sign/^Àft^jBjft
Wjfò{to| toRla non gli ,^.,.a ^^d ijsib^osli*
]^n4erel? ^0bbl»zione 43100 ,I>isQg^a^,Bi|filY^
^)fe^®Giai iicatta del prezzo. Venga q^^fì^ j^^
ti qui del^xozzo^ che egli fxQv^k^fhé
io non sono più ayoro in pigliare, che egli
SI sia in dare , né più diligente in cer-^
car parte del mio .per giustizia , che e-*
ali in negarmi 4pjgjii$taniente il tutto, é
in procurar di non darlo. Questo e quello,
o:he io vorrei. Tuttavia do a voi libertà;
fei4:.Ghe!/.dfciiutij:> jWi. terrà je pagijit ,^,^^ft
teirtt0tìSl»JU(3 «iimi. 4^^<l»Sj(ii .fi?o^p£i|^F,e 3*^^^f
'1137 !Y o^iiiiLu oJh; l;o r)^^noo oìì^^gv ojael/p
f^y gmti^X) , olb(^(p3 ohi:p elfi ^ ' oy^v^i
\
iifw© qtJmjJ^ ^:
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'* ' Rendevi quelle 'grafie i'^ihc io? dfeWifc
dìéltàp réfe ria ^ che ipi fate, lua (\xx^ì proJt
fei*5l;'^eytò'm' è <!arà% ,e i^brà pagittiie!^ ><$fa^
f^'^f^\V arditamente ppoaaeéidrò! -■ dvoiiH^ve^
ìsihf^MV' lì disidèpio mio. Il '<|a9^e • soTty^n^
litttt^ ìn^l ffuccedera , l'obbligo^ mio- a \^&p
s^fu^iià più p!é oliano ule^ quale «^r^bbe^
* ifè ò^Qi còsa fetta mi venisse. Voi- s<gte df
i|iiéi[ti amici , che non si troytfho a <|u«^
Al^t^ft]^pi'^ se non di ràdo. Donivi il ciel(|
4A'^b(9.èi^ (aìpe moire più onorate proférte
fifééta^,^ che non som queste, idhe il vostp^
jiMlAa oretta potére ogni cosa. State «aitt^
l.^'ì^^.'^i'Lugliai 1527. Di Padwfi. '
«: »s-
l", . ■ r ,
• ' . * > ;
'■* ^J • ■ '' T .•»^./ . '■/,
"' 'Non rl-spoiidetò, M. Galceranti mio, ^liat
prima parte della vostra lotterà altro che
quiesto, che io vi diiidcrt) lafortutwar efitià-
le air animo , ed ancor questo, cbé io di
3uestQ vostro cortese ed alto aqimo vi ren-
inin^ortali grazie. Alla seconda 'parte ,
IVFÌvq * IM. Q^do Capj^ello p cjuaniQ voi
vedrete,^ e commeup a M* Giovan Mattea
mio Nipote, che faccia ia ciò tatto quello,
tìie voi gli direte. Al quale però non biso^
gjiiava, che io cosa niuna commettessi. Per-
croche essendo egli venuto qui T altr jer i,
<;on xnolto suo dispiacere mi ragionò, la
|^l^lJ;azion della sua Quarantia ultirnamén-
^t^.faua nel piato vostro ^ affermandomi e^^f
S^,i?e egli stato largamente della openione.f
^^^/non vinse, e riputare che vi fosse J&:tto
^pi:;esisp ^orto* Nondimeno gli ho scritto e4
ii^pos^^, come io dico» Usatelo ed opec^r
telo sicuramente nelle cose vostre, che egU
vi risponderà tale in fatti, quale io ve Y ho
<|ui dimostrato a parole, e quale si con«
viene che jegli sia ali* amore che io vi por^
to, ed al vostro elevatissimo ingegno. State
sano ed amatemi. A' 28» di Luglio i5a7*
Di Padova.
ji M. (i) Francesco Bellino.
Alla vostra Lettera data Y altr jeri fel-
tro non rispondo , se non che io lod^ ia
diliben^zion vostrsi del partire j e npu^ltg
r • • . t
\ .... 1 ,» •
. - O w> i
>.Jl l U' l u > ■ W il " l' I • Uh i un 1 1 Il l ì' < Il I " i 1 ^ . ■ • ■ ' ■ i\ t. 'W ''
^ > 0) Cpst^i riuscì eccellente n^^llo/^cri'-
"tofjie Q^ersi^ Latini j e di fiù J^cu:e^vq^ ifÈfinfi^i
&q,£^^aJiinM/cpme mh
ÌAVhO QOTNTOé
pia quella dello accostarvi a Mons. dei
«.ossi. Se' io noa fossi carico di soverchi
pesi 9 come io sono , v* arei già buoni di
incitato a parte delle mie fortune, e sa^ *
rebbcmi dolcissimo vedervi qui* Ma con-*
vengo mio mal grado contenermi il più
delle volte dalle cose, òhe it) più dtsidero.
I»a qual cosa tuttavia potrà tornarvi a più
vaolàggio j che di lui potrete aver miglip-
re e più agiato oste^ che di me. Gomef
«he sia , confortatevi , che alla virtù noir
Diàncò mai , né mancherà patrocinio. Sta«
le.: sano. Df ÌPadova« A' ^8. ai Luglio iSay.
^ M. {i) AntoniQ Tebaldeo.
Jeri da un figliuolo di Messer Jacopo
Aìvarotto mi furono rendute le vostre let-
ti luoghi delle lettere. Un saggio delle sus
composizioni fu impresso da Giovammatteo
Toscano nel Tomo II. della sua Rao--
colta a CQjr. 206. e di alcuni versi di lui
in morte di Pietro Pomponaccio fa con
molte lodi menzione il Bembo nelle lettere
lalim^ scrivendo ad Ercole Gonzaga^ 4^e
fu poi Cardinale.
' '{t) Il Tebaldeo Ferrarese fu celebre
ajélrf& la fine àel Secolo' Quindicesimo per
le'Me^ne ripone di Urut certa vivacità
» I
le ^ffOfA'^i^^^am^} ohe* m ^himio> ^àtmoim^i^t^
Ù3i^ €^mU?! à^k iQardiqal <]aloaàa3tl^cvi4a b^tls)
cos«^J# ulcre oì^tjro diaav^enfiiié 9rih(Mh^o
a j((>^ ^Uficsivpmphèelle'haniiio CM^'^^Isdltt^v
P^^U<<Ma lasciatìd^ q^ste da patb j^^qu^iiiriQ
toi^fk!". j^t||ia*fiQ(tkii^'cb<i^ mi cbmktei^^tb %é<>^
paìt^€uis4 allonàanò di moUo ^liò &iuni^'^
jeii^isUiimd d($l^E$ikiPca ; ^ mct^^'àilegmisH^^
Jin4ìtbnÉnìe \o^v limQsói'Hìckm Hat oo^ótai»} {oci
stinta^ essendosi i -Letterati di guel S^
colo accqrli del loro errfiai^ ^(ùu^iubbUzj
carsi gli Asolarli del Bembo y_ e V Arcadia
ded^^SkninSì&aià ^ ^^he irt9égnar^Mò<>à^lO$^o-
Tf^itJfo&iu/ <0osB^t^fasse ,it mimfféim'tcSim^
nqmdftte. 'AÌ6cam>si*^U\<iTéii^ld6^
t^én^. -ijSgmmmi Hé$ia^ né' <^j pm»i pté^-^
fiàUoemente. /
aMirwi Pipofo grttU ipiesUi siéttMssà'^élfe ''"'
«sàie! ai6M in richiedenieglr a qtteiWittte-^' '
pob^AU coflie Te gli posso io mf»iÀàrti;^^e' *
Tok <r 4ini)l sil uè* messiiggìefi TaUSè V 'Rbmtf ^
di ^Mte eofttraéo 5 uè il etmnìitio'è «iéÉh^^
va^MrfpaHo^aleanart almèbo m'iW^tfM %bt^^
^80«llt#r^ corno rio vo* gli frvwsi «MiiaiidttW,'^
chofiOOiì^aroi fiiuo aenaa dimora; #oiiib' ito"
MHaiodo da< jeri in qua, comò io ^deMW^
u|<|t'IMl< Ubbidirti^ e non ^ tiròfb^^ nfodk),'^'
né /vi^i^ Fot la qnal cosa rt ditro dda ^siery
rima^!'Oho> io astato atTvertìto, se' tni*'pt(lri'*'
Tonir iroralo come farvegli venire allo itiai^
ni^ omandarvoglii Toltra^ che mi 'sì/tttiàW ;
▼oi/A ooi^Toleto. cor io'gli dia, e^li)'j|^]e4o'
daM. ii^oniaaente* Aooiocchè ko io^^ttod^^
avessi fnodo , e voi V aveste , mei facesto
intendere. Gbe certo io disidèro più jdbm .
questi pochi danari, che voi non disiderate
ch^ io. ve ^ dia* Goafortovi adoora^^ ol^ vé^>;
niAOvi»ji|Utote partii* e lasciar quel wiaavM >^
corpar^inofftoi deUft.ibelk Roma»<Il:(i^*M^'A
iMAUhyi ohe '. ^ avete moadatoi è btUo^W "^
fos0A> figlio} >: a>U^ \ imkasione<*AU *Ifidùn^^
poiché. é^litmnantfiiA4l'^^rm^ jj^é» /umc^jmm^;:
reìka y^f0t9 ^tMsMo 'tf ^ i^ontdé :tam»^jftó^ ^tk'
ifomòo roL VII. 14
pi^^é\ ^ n^r^ii^' faifogaov^dinroctoracBfiiail
dlbonà.' Anzi ve i&e reiMl^o ip itfìtU»{ gjiMam^
^he IO- posso. Atoendètc in cpceller^no^f
dd^^érvretttttre a slar salto ^ e' tfsnc«MiÌ9|ttii
fiìKlo?09ti^ come sempre fiù. QnfoatfltfiÌB&^a
ìdè» io a M. Jacopo Alvarouo/4àii?|priuwt
miiPjia isuo^ mésso « che TitiatiA diMwM
spiai. Jii^Ii ti. d'Agosto^ iSay^^liKf^jPadl»»;^
e i/n r.' lA'M. lantanio TèbaUsa^ ^ybomoo
-ii^n^iU -^ '■ '■• • ^ ;- -- • r -^^-^ . 0<o<jii £fc'
ii^.^Ho: inteso i^oxn molto mio- <lis|AÌ^lfréI$
lfX>i;:fe£PS6re! iti openiohe d' andare - -àt fii^^là
vm$n^^ vita nella Provenza 9if|zió, o «pfà'^^fdsdb
i^^^, opatcnto delle cojse «Iella fìostra^^piii^rft
ÌMì^* Laoade ho voluto sccivent^i ^ e ;|«M^
gffvi $r, >ion . entrare in questi^ peissiiri ^^ eil
a.'jipn colere pmvar di yo4 tatibcf ami4l<^i^
iiiri,/. quanti avete in queste coftirad#i;^'^tei
Z|ftv|ftvete> toolti. Sete amato yi sete >>lti^i^t<^
ji^tfii4Ì4Ìderato: qiù^i>x5ct«; dkideram iti^^fff»
negìa , dove avete il Rarente vost^,^^h^
9H>Up v',onora ^ e e^tmob partire tutt^'^a 'Sili
ì[ ?o -i , (..^YT-i.^ ir?A'..ì/ m>;-ì: ->w^:o]an £b
dì^^fyf^i^^h i^iASit^^ idi, dù*e jP còme iìj^hoi
^W^ ^fìmUié> ^k.^i, scrisse yinrjsua <^i0^
iMtnMioMn »^ voìt^ ,.#^ rètPjK^gfiii;: che hifmHf
po^etteiklMD^raff f qob' i'itainia - ]:iposato ^df
«bre MMW" friù deUe. c<l|IM>dità^^^4<^^%'^^b
i^pnialiiieiiÉi^ agli yuptniai ntteiapm^^ r ~^ '
sUir/^ranrif eaiura^ ili' i^f^im^v akta città
«ftonadi Avrete Padova , {neU/a quale aei
sairatb ^ 'Ketiihi.eiité ed ^jnorevolmenie ricc^
varo. Che volete voi caro il mio M* Anto-
nio andare ora lontane e non usate ed in-
comode C0làicade\ rieoréando f* s^c^ in età 9
che dee voler riposo. £ quale Città più è
da riposo , che Yinegia ? C chi V ha giam-
mai e conosciuta ed amata e lodata più
4ì^ 7W9Ì2 ; Or vi friete -éoai agevokneotetdimen-
AÌci||è dtel ^vdstro 'giudicio medesimo-?- £ se
4ìg«cpi'Ue|i iitggiste per tèmtf delle' gnèfve
ei4i:ii{iiel' incile 4? idie< passato avete^ e^ ^ud
img(h Q jquftle^ «iuà fkiù è da ques^i^sos^te^iu
HoI^t(ftiia:,>f^che la Patria ^ mia T Gii hWi
gi^àairifti po»oQo avHschiare, p^r ehi-^^ci^
}i^«efi9l»-vìspetto. Chjs se ben citanno^éSài
m alenùsa >paHrte '£aiUtftì , jqn<elli V' che > wp^i^
ìtà&tanOi^Ma>! diiivere^ amuiepdaìw ha^limPb^^ié
ednregf^re rgH- 1 crisdti b ì^impvoidenzé^ftì^
ilrie. i Mai 1 «le «v^ocUié' «tati e ^i<^^^ uhidiè('^&
peccano, non hanno poscia da riporre e
daristprare i nostri danni tempo , e. nel
mezzo del peccare il più delle volle con-
%ieoei:»che si fornicano ift^ <»ttfccio'>éd''tà
Asdognc^^ed >in vani pàfitìtn^bcivvé' dii^j^éfàtci:^
M^j Dunque^/ di gtàm pV(ftsaté div^ìàit ^,^
e penserete del comodo e del ben rék^Si^
:].IJL yaLlTMK TERZO*
Ip^ parlo cosi p^r moììto ' éhòre , che io ti
porto ^ . e . inptto disidérìd 9 c^è^lò' ho 3étt»
^^ìe^f^ VQI^tra. Pnejgoyi nldmVnifU^Kù tiii fii4^
cu^^^.ì^fendere alcuna cosà di voi; TàUl^
g^,9J^i. vostri stanno l^ène.^tsite yòi tfì^tM
i||[,\,S.. ai (^ennajow 1S2S. Dì Padova.'»: '*^^^'
li . • ajb
jtf iif. Antonia Tébaldeo.
A Roma.
♦ S.'-U
,\ .1 .-^^ ^
Mandovi, Sig. M. Antonio mio, la iVift
provenzale di M. Bartolommeo Giorgio
•gfffì/i^lfi \ nomo Viniziano 9 che mi chic^dete ,
ìl>t|qivile, ivi. 3artolommeo acrile dcune
jQa9.z<^^i in quella lingua, che ìó ho. &
r?ei)^^4^gH altri scrittòr pròVen2à9i ^ dmW
.^i^ji mi fate richiesta in generale, id^HifAi
^^.m^pdo . jperciò^. che io certo sono jihe'
^S^ p^j* voi le vogliate , ma per 'aHitifìfo
^;;iH^X) . che richieste ve le ha. Che bér<^
f|i^ ^io fo pensiero <ìì fare imprimw6*iàa
.4V.^mLt^ le rime, de* Poeti Provètò^liiiéSè-
.ffp^ ppn la. lor (1) vite, nòn vorrei*
$]ifhriqne.. andassero fuori per mapó dé^i
..^mini;,seaza^/ le., altre, incresdemi déna
■ • •• 7
Mta
*■••■-"'• -"^.'. -jr»» ..j..-»..
ii.^
LIBRO SCINTO, Srr^
fMfK^ CfcifWra, ma che , quesù xìo'iiaU^
à^f» porUjpo - seco gli anni. Auen(i<^''^H
4|||;'panQ.,-4eli rimanente , e pensate altitiitii^
jfiiUgt ^j-t^jnkte a riveder queste cotitraftl^y
natie qa|li,fQtreste vivere più iranqnit)M|)en4
te, che in cotesle , e dove ci aitte ■ pi4
amato. A* 12. di Novembre i53o. Di Pa-
dova.
jé M. Fabio jécoramhono da Ogohhìo.
ixh et vi . , -^ Padova,
t^'^'''^' ■-■■'■ ' ■ . ■•■" """■, ,;,„..,
snio^ 4al , zatl^gro con Toi della vcitifigt
^ yfìftv^ pa^re, e con Ini parim^te.,
^rfi^ stifi^ Avk Tenuto ad ^aor? 'ftd «'t^-
jpy^(^:di i^utt^ la sua vita.' Fo T abbratiéìo
^^ ,,^,^q{ia, molto stretto e tdtthfiaùifA^
Mi^Kayt. Yef^rei a Padova al stio pi^ìMpfO,
^,^^a}p;~m^ÌDVÌtate, se uba fossCH '"^^
fj^Q^A^ia, ponto debbo far qui ^ètta'^^^
.^fppmi^a jtQohp da m^ disider^tà 'e ^4?-
rjà^i,,J^. qifale sé io, prete^ni^tteìiSi 0^^,
jmf, 4,.^lia,' fòtica J^fao potuta tiòncbfìà-
cfi5^5Ìr?flCJ? nPP iQi',yerr^lm&"fàito~-póttìia
pia avere. Benché al nOùie cH' "v(^U^*Pb-
ari y'iif-titarir -ritìcBri.
é'rf "pie/i' iAÌi>?a. li ilntir pHiMH. Hq «è»
re^'fc lil*ii> t>ili' V>tòf aMiracclarte. SaH
Uib.'X'-iii. drWVembi'fc-iS^.i'Ok Vllht
-O} sII^Ij iJiiaKU.!.,!., ji^ o!. IO -:,.,. u; jj..-ii 7
-OHOfnoil^i.j ^tMh ji] . ,...^ I ht, ,ot
.ogt. ocb,,,,„, S.!^,_si,^;„. („, ,„, i,.^,,
e/i;t);. ,rr:;t^j^^.i,--r.' .„,- . ,., , .,,;^ ti/i,./
01J.---.ì; h 'fi ..-.Ivi . ■..; .- , J,,.'i ;[,
j''' Alla vostra onì<'ÌOSh' leUera'irìBpSBtteW
/jrtìo, onotalissimo M. Patìd nQb, tehe s»^
no' stato in moUc. ocìsupazìmli ,' '(k^dl ehff
ib réLbi. Ohra che ù^sstìtia i^ortim'att^
ella' seco recala , prr la quaJe lo totftd sii"
Vessi a rispondere. Sé -queati Signori '■ItiUmo-
Ima^ori dello studio Padovana non 'V^'bMUA
saputo conoscere , laonde ^TCKè'miitìitoufl
pecSiero della stanza vostra, cfàttaU ^Ri^
niana , il danno fie'dì lOMH , 'C^e pt«A«>>
ventura non vi meritavano y poi'' flbe < «SÌR
sono di così picciolo -ànìnto 'co«aÌe"toi^'^
Veggo QBsere. E pure,' duè'iìotéStO'Kiéw-
inentu , siccome io severo, 'riA' ceaii'OtMib
ed uttl vostro, come che i«' vi'dUicleMBbi
molli rispeiii |ità "toSto- '<juè , db&im
orna, nondimeno ìo° sa^ò ^eAprtf"(A>tKisÉ(b
dello accrescimento e della soddis&uiit
vostra. Mandi N. S. Dio a prò lutti i vostri
pensieri , che io ne sentirò sempre quel
piacere , che ne riceverà e sentirà vostro
padre stesso ; dal quale ho inteso le ca-
gioni della vostra dimora , che mi sono
piaciute. E spero che quel principio pacto^
K
o noa fare secondo gli andamemì delle co-
se , ed il corso , che elleno piglieraano.
Le profitta-, «tw-ini fatf; delU,ofw^ca vostra
cosd, mi son ciré, X/seroIIe eziandio ogai
volta, che me ne venga bisognando, come
di fìgliuolo, che io vi tengo. Se il nostro
M?iG«J*Wi»Sp4gauolo,,^ in Ji.oipiTfffnten-'
-te , iflip^ .-ini: DÌ^e, ^9 salutazioiii de) qual
fée Ig.^v^^re^J^tere ni<9Jidatemi ho ricciute
»dl«rt«r*.,^ ^lH9'ass8i die egli non nb-
4nt. ep«it Vpofl, ,^rra(o in non acceitare la
ewlld(zt9fl^'i>pi^p'03tagli-, .come questi miei
JUforiilstQCÌ., a^$Ùt^A')o p<:i <'0»^ poco a-
- VanaOft.ocli» .-non; ? avanzo , ma perdita,
Utri^f&i^i4erì^.,ìx> per lo innanzi poca
-CUD» fi>i,^iclier«( ^Ue i:ose di questo stu-
dio , ^idaap.comf^ vogliono. A lui mi rac-
^Qtàn49^tB a^s^i, e.lo ssliuereie a nome
itèt^»oti%f,9^\mo!^^ e 39TÌ0 M. Leonico. M.
-i^iaiaii^o vjf^ne ed h^i già cacciate le sue
T(kw;.iali>fcri.,q»pr^?ftft. jVl. Cola vi sì rac^ó-
Snand»' e jtttH(i.la fllija casa, che vostra ì,
:S*aeft-««BO-|AgU ,8-^ d'Aprile, i5zg(. Di Pj^-
'*•**'■''■■'"' ■ ■ ■<■■■ ■•rf---v ,5 o;Ì--Ó
.'.mc^i j .;-.- ,-r-. . „-.| f- /; ,i.„,r/- ^„„..,
boj. o-t-i;»:--.; .-.- .,. ,„ .„?., i.,.,„i,:,a
OTI.OV «-,,.;:.. ., ...,,.,,i, ..,, .,,1^. ,.,.,.,,„'
-ì;-. '>f 0.-,,..: '<• ..1,.,,,. .j, ^,^,,,„ ,,|, '
-''fs.j ^jiii.'ìjinq l'jun oib oiDqe ;i .sJnioeiq
ai# T^itHpK isnt9^0*
')i?.> v'.K ■■^■.''' .•;■•' >"i -^i . .f.'^ r- »J->-
Jf, ( i) Emilio Emiy. .r^ ■ , ,r ;
-j5< .^r-ri'^* . ; •..- A Moscia. .r ^^ ^;p,.:r)
Ho avuto per mano di M • Giulio Por*'
celaga il bello e grato vostra dono de* ee«
drìi^i^^^l^wquidUL' a^o aAcor più^ be^o e più
grato del sonetto ^ della graziosa lettera
vostra , che tutti mi sono stati si cari ,
che molto molto ne ringrazio voi e la vo-
l(tra. ì90)yt(fl9^^ b >qu^ non avea p;|rò hi-
,&og|ia(^po n»e di ^esio segno;» ohe.inolfi
^[^^\ r^^faiky^k^ eUa m';^ra$sai chiai;^^ v?)'^
; Vft Ji^?fti vi ijjà mi si . dimostrò .. m oUo t^if^y^^
;q;aaiH)0uf^) buQU.WmpP da ipev^ ci c^q-
•«cei{iiqap^,£ar<^ ogw vostra ,t;^3tifica^ipii,ijfo|^
Ji s^RiHft; piacere. Ho avuto^ inviai? a cp|^-
1^. diiqtprf vostra del Lago, e .vorrei :vo||b^-
t^éri raveji^vi tenuta cpmpagpia. Li^ ^ quale>4A'
VMÌa.^is si fa mipore aspettando .io quello^
.f^^j;>^Ì^p0O(nettete, di venire in qua, P^me
^ lWR^^;PrQ<nettere. ogni cosa^ che in me
Wh m^'W^^ T^\ ^^^- voi perei Q pi^ credifo
iìlo^'^H^e misi convenga. Ghe fo.'ng^
^ sareb^^: cQn^ujffje , vostro ,, che .trpver%-
ste meno della credenza, mio » che non
riuscirei ^nà*^ espeitazion - vè^im Tuttavia
quale io mi sia ,-^^k^Wd^ono. StatCksano.
A' 37. di Novembre 1527. Di Padova.
<^^ J'.
^ A'ìk. Pie»o EmettiM^ àA^^ampepi^
^T .'<'>. "ì^. v'.'^." A ^.'«''. '■'^f- 'Pi^^ynotti -^ '-^ ' ^ A'jiì C)lil^
^-^tv»- {,. •; ,.V • ■ . ^.,,; ;;■ ■.--.l^ni: O^loèA 'Olf^
iu ofl^ Vèdòto -jiet^ le lettere ¥<>^WAP«Ìefcìlè;
%^'!l8,^ é iy. é 28; dt)rfòbè«^/^^tJriftftg^di
iNweiJiiire il fostfo'-moho aimoré^^litfn'^tffo
Htììa eò«è del Btkgistrato di 'Mi^^Aiiriò&to
*d«tì^o ftótelfo , ma ancora e jAdlid^-j^
^tfllé iriìe posto con mòtta sblfeéìtttdld^s^l "SIl
ctó Vi iris^òliido 5 che tpiantóiad^ e^étJ
siate cèrto che ìtt r*ky^:^
i^<^0fidkndatissiiRcfv <^d àttiolò tfòù.''miériiò^,
:*Ìié*Jie cgfe mi ibss^ figruiòlo ; dtìiné*^-
ttcMie èssere per età , che tiéf i riffiafitìS*
HW i»^ rhò iìi Inogtr d' onorate^ f^Jhf^nafJ H%
Httiàtìehetò' $ tutto poter mio ^^fisiSlb él^
è^Wsf^ ybirtìfficio, prócuì'ai^U^'lfùaicift
ph ertile cosa, iche «Jùesta ndtt^'^^f <ftfti
solo è onorata , e può essere fondamento
ottima ad altri utili edificj-, ^ h o ^gl i- si - p o^
trjanno far sopra. E di ciò statevi di huo-
Mteffitói àniirio; Piacettri qtià^iW^^allé) cose
m^Y'^' abbiate avuta' là • |^rotìÌK^'^
tpr*qà\«;tmiftettda di BehctéUW. E^^^
osé ^d^itiYortìò^ ad éàia V ' ^e '^ W ^^
delle ^ttétì^èà^' 'dèi 'minl>ò'W3à^st> p<
\
dlbonà.' Anzi ve i&e rerMl<0 ip ii^elhr{giiiftdf^
^he' io- posso. Attendete in c[neUer*iio|«of
dd«iàrvyeiBtttre a slar saùto ^ e ' tfsncbMii d|i[db
fiiuo ?09ti}o^ come «eitipre fiù. QtifQatfl{£ÌB&^
àè» io a M. Jai^opo AivarottO/^à* imprimé
p^i^am '^0^ mésso 9 c^fae ritiatiA donuDM
filini. :A0]i tt. d'Agosto^ 15374 >ldfc3Pad4i3w^
■0-)'«' ,-'^ ••• .:. *■ - :. .<. • • J''V tMÌ3 tOJjjy
^-Aii i.'? -jh--. ■/: ...•••..« . -.-^^ ;-j«ìbiifi Olii
'-K» ?.. Il/ir M. 'sintonie jRdiiaifeow oboiuo»
if- f'.'rq ■•].^^.^ -^'yì Ramici. ^^ ;-/-'jv e^b eoo
n^^oHotr inteso <!0]i molto mio- di^pii^érél^
ifx^ìcifesrsere iti openiobe d' andare^ à^ H^^ìk
vmlin^ vita nella Provenza sario, o <pìà<^|^8lb
i^}^ opat^nto delle cose della jiostrsi^^)niyèrft
J^tajyiK. Laoade ho voluto scciveri^i ^ elM^
gffvi ib>ion : entrare in questi» pontièri ^^ ed
a.'jion toìexe prìvar di voi latibcf i^ni^r^'i^
fiifi>9< quanti avete in queste co|tii?ad#i^'>eha^
ziftviAvete inolti. Sete amato y^ 8efe>nìv^t<»tj
d^^Qi 4i4i derato: qiAÌ ^v-xsct^ didideram ìn^^Sf»
negia , dove avete il /Parente . vostw^;) ^b^
9H>Up v'ionora ^ e oVmoL partire tutt^^^a sui
-f^.A:-. \Ai\ ^ '-\\^^^\ \\\i[ V' jfv >;• -il lei* 0X.\9/n[
4?-j/5?Tq*aL i^iASit^s^ idi, dire jp. come iii^h»
^»f^fimUi'i^ ^kJ^L scrisse rirr -isua '%ù^
potette) klMD^raff' c^a^I'teìnia ,]:inosato^(f$
éofe MMWfriù deUe c<)^iM>dìtà^^ 4<^Ua» ^Mb
i^pMÌaliiieii«i^ agli uommi^- atteaip«U>#r
sUir^rarrtremura' ili> ineffimav akta città
wm^adi Aret e Padova , {nella quale aei
aatetb 'Ketàkneute ed ^mdrevcàmenie ricetr
varo. Che volete voi caro il mio M. Anto*
nio andare ora lontane e non usate ed in-
comode ccMìtrade rìeorcaiido fr séUs in età 9
che dee voler riposo. E quale Città più è
da riposo , che Yinegia ? C chi V ha giam-
mai e conosciuta ed amata e lodata più
1^^ 5il9Ì2 : Or vi frìete -è08Ì agevokneotetdimen-
iic(i|è dtel ^ vcistro 'giadicio medesimo-?" £ se
ikiqain^i fitggiste per temai delle^ gnèfve
ei4ìfii{uel' male^j1 die passato avete^ e> ^nd
•fam^o^ 9 jquftle^ «iità j^iù è da qaesùisos^ieiiJL
Ibl9t(aiia;ivf^che la Patria mia T Gii .aauf
tt9vàaiu«ii poasoikr'avHsGhiare, p^r ^t-^tKi^
tni^ep^l» >«ìspettq. Ghjs se ben ci tanno^éSài
|%.aleiiina ^psHTte £aiUi«i , jqa«elli v' che - wp^i^K
ié&tanO(j> Q)f dóiyerev amuieodaìti^ ha^ianPbf^^è
^Dregf^ere gH; cnsdti e le* JcnprudenKé $fìA
•ine. ( llVi» 1 le ^«ocljié < «tati e ^^l^j^^^ uhirfièf^JS»
peccano , non hanno poscia da riporre e
da ristorare i nostri danni tempo, e nel
mezzo del peccare il più delle volle con-
tieoe. >cbe si fornidCcmo itt* ò^ttfccio-'^a''fÀ
Asdogno'. ed >in vani pèntitnehti^ve^ diÉpèttuct^
M^^ Dunque^ di gtàm pesate dì <^ìàit ^^
e penserete del comodo e del ben réà^Si^
\
• À
ao o a 2 . o J .J i J 3 S 6 J 7 ; j 5n
^.1 i
oj.'mc>vv.vj
:• f,fnmoE TOigjìfJiiT ^jioyi ^lo :f,ar
^ > /_» (■^ ■
:?>0i
ad
a%t
LIBRO SESTO.
I
•— "^R
^ M. Francesco della Torre.
A Verona.
A,
.nzi sono io qaello, che debbo render
molte grazie a M. Pietro Melini, poscia che
per cagion deli' ordine datovi da lui io ho
aa voi ricevuta così amorosa lèttera, che
vale molto più , che quelli denari non va-
gliono y che io gli avea rimandati , onde è
avvenuto che voi m^ avete scritto, se ben
fossero essi di molta maggior somma, che
non sono. £ per lasciar da parte ì denari dèi
<|uali Qoù avviene pia che «i.jagìiiMN^»
che voi avuti gli avete i» ed.4iUa parCtc^J
r oss«rvaMui^ Ae dite p€n$l»mg^;, '^f^ftsn^h
è buon tempo > M« Frafu;^s6o,T^io^i^ìlf yf^
ao essere da voi beae amato, ^jt^erpiifHg^ìli^
aaputo non T avessi prima, $1 F,^ iPhSSb
ddto ispresso .ultimanieiuey quaJE^i(\>,toi.,^^
qui spassaste , tali cose nXi fojc |ii^.vojii)|g
veridica : persona dette, che fappo f0f|;^|ifH
zrianzi deÌTamore che mi porl^^v ^^i^)?^
* le nmore io prima vi ringra;:(i^«9 jei^ffM%
più ancora , quanto amando voi me , cam-
minate a ritroso del fiume, che ora la vo^
s»ra nave pórta^ il qual fiume % gi^jsa del
Nilo dovea più toato secondare i miei pic-
cioli campi , che come rapido torrente e
sassoso , guastargli. E poi vi dico , che io
ho amore da voi meritato. Perpioqc^^ foste
che io vi conobbi, e scopersi il. vostro anjsr
mo ardente alle buone arti ed all^. yi^^^
v*ho ^nftpre poi aratalo .ed. òii,o<[f^^^. JU^-
^isùl cosa se io.ho.fattp da me ,pc^it,4A 21^^
dietra^ quanto maggiormente o^ajf( de|^
io.&re invitato a ciò dalW hu^^, ,]^t^a
«ieiHe .verso me, e.d^^^^orl^^ ^^^^9I>Pf3
tr0moioii4eU^olK)(r mio .^x^y^ataXtJi^ 9M%
quiete i cba dit^ noft. aìv^ V4l3W%ì#»fl«CTk
cim lewMtrelettem, ndAiMlo no^^ijm^^}^
per loiìo >^eagiràtne ^ ma si. tranquiUer^^v^^/s^
raddolcirà y ae . ' eli» > sarà ioace^^i t<^^| |^a^
éneBnnendv' deNa^ ibrtana^' ^ìoc^^q^I Ifi^^mA
vìené^ dìfféièrè^j bene spe.4so. M\ebi3i\tfe ,^^m
tMM ÉMtOw Iti
ik6f ^iàib i^i^^ <iìtò Sonò tinhkfitsihy tkki
4ift^€da'^)e/itttolé. Voi se crederete elfeeiof
fià ¥b^^roy'fHnto métto vi 'fallirà'^ me^tdU
fttsk'àf^^rédeiiza , (^ti^aÀlo con pia dolore or
dftftn^' miW mi s* è in, alcdtto raUita la mia)
dfitIe^^>ho 'ttiigg^ ajpparato'j} quanta
BMlàT^^e^'IaudévòIfe cosa è ifn amoM^^l^ri-
spiftii^ik.^itkté iiÉno, ^ salutatemi itosfDra
PWlte^'^'^ vpsifi Zìi e M. PanfUbi AN^nS*
^Ì!^Ì:iIè iS i8. Di PàìdoVìà; ; ^ ; n n .
>=' ''-A-M. JPhxAdsicó della Torres
■■:■:! >....■■■ .-£ j^erorta. ■
.. - ■ iv - » ■ • ; .
' Délfe fektòria còsi diKgeittemeato fot**
fà^^'> Vi' HingratìÒ mòtto Maglia il mio ftfc
FtiiftVyerfcfó', Jiè io' dà voi * aspettai méiiccir^
ti?^e tVffirìo: D' intorno alla qual fattoria
TÈr ^olà V* ara risposto a bastanza. Del
ciéttié, anco non vi rendo minori grafie ^
^frjfntunijtìe* 'eg|?'-liyere non si m pouito#
ei^d&'ifi^' bene MùoW ne parlar più ^er ab»
ttiH giórno. Pèrdfòiiccbè potrà avven irci che?
tìòn [ìfhòstrando voi' di farne gran oaso i e
]Al^Mndovén^ , qnelli^ suoi guardiani cosi
déWàggi' si pentiranno di non ; l'aver datq
pw *quél prézjfo, e d^ranloti di- loro vo-
lotftà^'^' Ba&tèrà che voif-Hol Vf scordiate del
tnoé. T^r metnflo il genetta di Mad; Verov
nic^^ 'e la risposta , « ch^ -^ehiede^. I^ qu«I
at4 ^ voLvm^ ^ttttbt
cokV t^^'^iè" 'tai^a , è ètàltt fìMth ^n^Oé Ì»
a^^ttftiM b^ftdre ^ mi Utocoàn^èétim ^ e«>ètti
DòiiiAo ed; il melt# lA^Aàmnikfi'ék nkà^
ipòHa ferma credeiisii ^ ^dfe^^fii idUbéifiiii:'
diVAnìir 'fftOiOM ed m«isii^'jb«^4cifem<>St4»>''
tfr'Mnti; /A.lt* ttltitnò dì lEag^ -fSSoi^iDl^
'-■tj .-li* ..;.,:;. ■ I: ■ .. .^. «-ritìq iin-.:
•i'V^->- i/< M. Bernardo Tuésa:*': -»»»»•"
• • -
^ Gtfn molt^ piacer nifo ho f%éo.w^^hf^
Tbfibe leuèM^ o^rstp M. BeroaiKdd>, ^QiwMn
cJèVtùd ii vago e gentil Soneuq ('^)^ .iMb^
qtiali6 'mi Tisttate con apeiru dim(|auMMi|v
X'i) ^i Soni^ dl^Benkaràò ^Kj^^ m
/oèfd^ éM Bembo i fùrie de9^esser^yfi£Blài^>
0he ùiòominùim i BeorlMi v^>i[vbe d' kr» «1 j^^^mì >
iii\>atri il . oamittiMV' «^^^ ii' ot^M^tfo^ 7i«i|m»r.
mù Hbrù dègU jàmcri^^ 4Mnm^ .aM\ itelicrai
3 tire in ti^ 4el^éSmbo ii'^^^^
otquoìUh inferiore oA/^Hmò'^fni <wigteba>>
MM9 n;9m>% »^%
'400Stfit voftni, 4el quale vi xcQdo.qiui-
pagttkriNiA«lo.|R>n k Afe GaoKoaj (O^sU.
a«Abi iteteni «d un eorpo^ le. . qtiali wam;'
cbiacoiIjKa ttdere e ridire e l^^v oipiMiKUi^
cfór fof irò ingegno y rcbe tfendene vpetr. :e<jk'
dieCro^ iaue u^rllPeir. di qqeBto medUMÌmo
«aggetto , e per la malageroletsa della i^-^
feria, e per la loro eccellenza tali, ehe
non parea se ne dovesse più giammai per
ninno poter Jbrmar' dieci v^rait^ che legger
ai potessero; a voi .^ -l^aKato F animo di
coinporne tre altre , quasi a gara di lui »
acciocché al nostro secolo non mancasse
questa leda. Di che^mi ra)lègfto<->coii:^voi ,
2Mnio ,èA»bo > -e fàìf^ A tàd0,rM,^^
urHina^da potere a dileuo vosii^ ig^])4f^W
ìoMaai questo vosu^o luodabilisaiaiQ iito^^qk
^*t^mf^'^^mK'^f'i¥9mi^9t^
.w li^Le tmy Cumoni 4^ oc^i xfputc
dal V0fsot imumdo ^fra sómUe 4^Ifetr^
tàarmìnom U iitnoymifit^aamfHfà^TmslCa^
Mmpati di jiwa. fìè MrffenyfmhHègktn^éiàkf.
noiripieim di:heUezMg^idiJti&n^
^0l6 VOLVKÈ TSffZD^
luXi'SBlv^iion^ vhe a ootae del- mio^ifsr^Dylr
fieo 'M. Ouamo Grimalda mi fat!9'^ m' im
dato cagìon di risalutarlo eoa lettere ad es«*
90 scritte. Non ini fia di meno caro, che
a Sua Signoria mi raccomandìaie ancor
^i. StMe sano. A* due d' A|;o8W i5a8. Di
.ViNa/- ■ ■ .■'- *•
\ i%
w > . . ' . . 1 , • I , •• \ * •
■,'.'.> \ ■ . • » . , S ' \ •
*^ - !^ M Bernardo Tasso'y A*^^^-
<'|- Secretorio della Signora Duehes^^ *
,'.'}■-'•.• di Ferrara. ••" .■■.-«)«^''
• •}/!'.?: ■ri»- : . ' • ■-:•'%.•" o
■ ..X » j ì •■ ■ ' ' ■ ■.' . ■ • ■'■:'" 1 '.'*■,*■ ,
• t' >Ho veduti gli otto sonetti, ebemaiidiiK
il ni*- avete, volentieri , « sonomr piaienili
SÉolto. E perchè mi pregate e atungnete^s»
iai' cortesemente, che io ve ne difca-til j^ir
ter lAio, crederei essere indegno >deU!a«Mr
ni portate, se io di ciò liberamonter* nèh
vi piacessi^ Cosi vi mando in± questo fbgUo
alcuni ppohi ;)VKectinienti. Yoi .,vi pansexeia
aopra , e rassetterete meglio quelle partì ,
le quali vi parrà che his<#ìg^o n*td>hiana,
dft quello che ho fatto io-^ che non ^r4lf»
jpMtò^ se non froca orab Quanto al 'Mae^
iSico^ P^iegrino Mot^tto , che ha segnate ì»
mie prose eou te parole ingiuriose , cht
TfÀ seriviQttt<^ ^òt^ete dirgli ^ che egli s* iiiii*
gànna. * PercioGGhé- se ad esso '(>dre che lo
abbÀav fu^io il ^ jPortunio^' perciò ohe ^io^ di^r
M^ «ilclMie' jpbdìe*^ nose ^ - che egli avea^ pri^
4 egli nel< vero non è così« Aa;é
M ha egli i a tAe. furate (i) con té .j^opi^ij^
r •.--,■•'.- r • , *
' *• < •- ■ •
:j.i* ■ . , 5.j3 *.»!,' ;.*... [ y ^. . ,■ ■ ■'■l'i» iiC"'
■ I ì il ■ I . !■ * ■ III ,. -[ ■ ( '■ ■ illW
^v
:/t I
: (i) Del fdrtb fatto dal Vortunio al
Bembo f ascella anche Gio* And. Garise/^db
in lina lettera al Bembo fra quelle di di-^
versi dal Sansovino pubblicate^ con quéste
parole : De' q^all ^regoldmetiti : della Uh--
g^wtìj)? direi "essere lutato primo dft^OT?^8 giu-
dicioso M. Giovanni :Fj;ii^esco Fortuaio,
seU manifesto furto alla volgar Grammati--
-ca del primo di lei svegliatore Bembo del-
io JBtere earte fatto non lo mx vie^a^e. La
iquale '^perchè forse in brieve colla aécusa-
ftione: y^rvà a luce ^ di leggieri mi pàs$a«
fil ianto i solamente facendo ciascheduno air
«eMo^ ehe ^nelid , che ^ essef e uccello di'
iGionone parve, xorvo nel vero fue. Il ^qui^-
4èV^ pup.4!oa sna voce in qualche l^og9
^à^À "Striduto ^ eoa mpdosta castigazione^ a
<>eafii%a(r irieglio V^jateremo ^ acciocché ^k
^vt^d" ò^ d'occhiute piume si cohfapciai
4ÌltPe Sèi testimonio dd G^arisendo^ pt^osH
^dèàidXù con ragioni mostrarci che ilf^^f
tè mat^ fiotó' es^^ó ^ aiuti ^ che dèi JBhr^
tunio^^rton s0lo perohp il Ben^bonorf ai^eie
^m bisógno di apparare ■• dàt ^riuma 'ciòi
Àfhe^ iJfuesti mat seppe- inseànmre:^: irta anvl§
perchè ^ioavasi ^d^Ue^ ietterà delV. Autòté
ifannA> ^gl^ conìpos^ t maseUedufioijdi iquei
Uè lihrL Nella lettera LK. amorosa seri-.
p^fpl9, eiM^.lo giiAli io le jM\f«i ,«^i«^.^ifj^
uqr p^^ libretto for^ prwa^g, c^/;qgli^;'^^^
{MS60.1)eQ ^rUre, XM^a d&e ma^C ^riy^^re^
<*e,tegU-tidfl M.ebbc in fla^pp Rq^^^ i^pj^ij^.
giurai,! Jljjual .|i|>ro io mi profìEct:q,^(f^^fl^
'-*^u| : :.l . . .• . .. ■ -M ' ■:».;£7£q
i^iftiiiiiÉÉ iwiii<l< ■ Hill ipii |ii1ii«ii Wiliigùttéii.
if)/. jc-.i:' .;- , . ^ .ìiiifin; '0
Vffcif]mii^i j^Vfiva /iato prindpi^^ a4,f^^f
Tì^^nm^oni della Lidgwi,^ e cfi^^Jil^
n«4 90^ f ^mnàé^ tal lettera, ^crfi(^ in. u^cf^
t4f ée[)iu0:4iySett^mf. di qufillo st$ss^ ar}p(^^
I^l0!Mtl^ra.4€ttima ^ Tri/on Qabi;ie(^^
4Ùkp§imo 4i Aprile del M5ia,digeycKfig_
iM^eua ^ .. terminati, i due pfvni ìibr^.i^efif^
J^40 y gHeli manda percfm £Ù ^l^gffA
mlJimJ^lla qual lettera rUfp(g^n^ ^
^^ellare ài Éannusia gli raccomqima j, ch§^
tengOs ci4radi quelle sue Scritture^ PW^km
ijfmep, che non i^i sieno carpifpj, qwnd^,
udito 5 che vi erano alquanti , che scrjiffpf
vano sopra la lingua ^volgare : con le qua^
li parole viene ad accennare il Fortunio j
ed il Calmeta , da cui ( come altrove ^di^
cemmo) cons^ien dire^ che gli fossero state
furate parecchie osservazioni intorno alla
lì n g ua . F inal ment e^ TreUa l ette ra - tenui -al*
^\y^/5p/V^^ro di Salerno dice^pUegli s(^xif^.
'^W^^.^miP^^^: *^ Urbino ,^ej>arm^^^^^
aflfàt^'ò^ì <Vtìiha ,' che éf^ vè^s^; ' «'«*>-(
BfttecerirM fò meritò essrfr da ' lui «egflat»^
e UòeHitb ik-qu'elìa^^a. Olirei d ■<éid<''tot
^ife^'fMo WrIi(r''cott 'pe»oifli^<grtiftai'"Ì^
dagtliWhiie'w fìide'j cfbe h^nné da'méi>iif^>;
E arate e udite tutte quelle cose^ delle qua-
■ co»tu * . .può raffioiure. Hi mnìi\ ,^i moHaH-
ni innanzi , che Fortunio si mettesse ad
itt^F^aW dUttti qóello, che «^i'^^tfóa^pc^
Q^^à - è ^a veAAÈtta , -àie iti r^^Aiifi^'^isS!'-
^ìàih^lèc toe^'lM Hm«^te:' » tì^ i*»
ri'^ai'bùtfà-'giiì'dicie, ègfi st'^itùWMSfc'sofcs
^^rtt''toi^t#.' àe nfà dv fìlsaiv^(]^veVt(y^WA
KW a :im^ gm9(& pena det sUo h«««al^
Pfet^mì ^he siÌLte 'efm qdella DueftesìW^^
bjtóàtìi''e ^iéttì'Stìàto ed* oaòpévole ♦ &'*tì
tìò Sftt ^SÌfiègto 'ton Voi; feè pròfferteiApfe»
lèè''lì^\Tetii)tìÌ^.'!4. Sig. t>io siaTO^tlv g«^
diW'Stàle aWrib. A' aj. di Magai* ^S^gi'sE»
^ oum\1-a;>'\ Vi .-?-.•.",.■. '-.i' V... M-,-'.-. ■'>'». T!)<\ il
'l\\-i\' t>-'^ 'f^V^fl ^l^'J .,■■"■■'1' ■■-■■' ■■:'• ,' V-'^''-'l'.-tì
rt-i.*a «.MVÌClV.'\ ■".\. ■>,-.,..■.: l:'>.-,0 •!"■;'. , .'■.11,-; -1^V.''.»^
Fanno i5i3. e l'anno 1S21. Dalle quale
ragioni non può non raccp'^liersi manife-
' sfSffientP.x ch& at Bembo non faceva d'ilo*
pò ailornarsl con le Spoglie alirrii , quan-
do 'egli aveva il modo dì comparire iena» '
P'ajutó d'altri assai vago e dovizioso.
'^'•;. . '' ''•■ AT^rigl ■•^' '-'' ^'V '*»
''" Ne accuVat-é / uè' scusai» tei Vttgtic^y/isé^
da'^poi dhè séte nella Francia; te nofnVlM>^
liaWHijfti'r scritto. Pcrcloctihè * olirà' dlié^ »ioP
Hon lj{) atut<) di che sctìverVi ; 'e- séfeprè*'
trd' ìnieso alciìna tiosa da voi, ]{jNoirèiM cttrèP
^e-stithtyòìioiié'ìn alermtóirtà éttljpji 5^
déf qèiàì:é''yisstinà lèttera ho yìéàWL^^tLl»
^^^ko A\;; pòscia che dà Vinégìrf >per^'diu>,
^^nir FVaÀicése vi dipartisi^ JPerbhèHpatfe-ittJ^
eiò jj^à'ièi le ^òsirìe ragioni , itón di*ò "À 4t*^
rq piii'ókra. E incominciando orti,^ chè*^Mi^
fierhardò Tasso in* ha salinaio- da Vbs^rtt'pap*^
te'a fòiiipere quésto iliio' così luiì^ ^iiien^
!?i^o, pregnèrò V. S. che a voi altìresi ' jplac^*
eia .dì por i&riè al vostro, fe che éF uno e?"
F altro di lioi J)if*li alle volte* là pènna ìm
niaho per dire al compagno^ se non altrt^
aWeri questo : io sto bene. Ma io vi eér-^
chcrò pupe altro a ciue$ta volta. Perciocchèr
io sto in desiderio di sapete àè'^etè 'J>ér
dimorar sempre in coteste contrade, o se
pensate. distornarvi anoij^e, quando. Vor-
rei eziandìo da voi intendere alcuna cosa
di Mons. di Sal'tfrAo ,' (Jo^ egli è, che fa,
se anco S. Sig, ha posto in obbKo la po-
rgerà ' II fttlia; ^ ^io mi- sa?à da vói «ande e
uno sfuo. fi$t
dìp tanto, uhe io soao, quaU mi lasciaste «
ia quanto-agli «jLadj eil alla mia. quiete,
in quanto alle altre pa^tl, della vita, piti
lìbero e più solo. Stonimi nella mia Villet-
t^à^ pili .lungamente, che.io posso, doyfr ora
Boxibt U. riuianeaie in CJittà- A. . Ytncgì^.To
(Uirado. I ntiei pensieri ^a;]j)|QÌ,ta(^p^.,6^e
io r4^1{t_ Cartnaa noQ solo non corco alcuna
lioM' pfà ^ -ma aopo non la disidcro. l> co-
si :^f)so j(l(.^i-V4<^mi quantunque di vita m^ a,"
VflRzo'i^liE, ia ciò 80UO io alla foruina met
cUiimft-.^autp.) Ia quale avendomi questo
■aa^'^aSs^t^ fatto vano quel pensiero, che
eHb &r..st9a dovea , m' ha dato animo di
. Qltfstrtffle -me^zo iUdìto j e di sprezzarla.
Lft. qUflJL flO»d- io penso coslantitisimomcnte '
di>'£ac sempre^ E cooie che io oggimai sia
v«i(^bio>j aon .sono - perciò cagìon<'vole ia
pa^9.;fllicuna -della persona, aceiocchè an-
«ft (^fffHQ dj me vi sia chiaro. E co^l v'arò
fiuta ,:mio debitore. Se Moiis. di S.ilerno
sarà dpv« voi sete, raccomaDdatemì a S. S.
«ftiiih^i^ft; Stane sano, lo attenderò disid^
ilosissi^fVimeote , vostre lettere. A.'due d'Am-
ato i5a8.,,Di .Villa. ... ..nr-l'
,.' .,,, . :■., j. f^iterpQ.t,, ,1,' '^',' ;\ ,J
'. Tornato l'altu'ieri, ,dV,;yiH«,, |^9fe j^-
iWi^^^o miAa,q^e»ta,sta(ei ,9^1, ,1;? ,X<>?,'^
l^ere :,?f|pe ,*. . piene ^11* u jftjto j,^ jj^c J^,^ q'u^-
rs^aCQfoie ^ ÌBà^à ; ii; ohe. lui ijsrQid^ >iwli^
t^f che Jòr Vr eonesea^ per^ non «nlrsì^t^i
-ii^riinaiifesl 'parlari f) da' qiiali;^ vi ^ rimoyi6ui
^jioicccfsi'igeMilaieBte netlie vostsef Utiére.
^.Maiteke.rijio ìa^qni^a J&re 2 icbi; à^èolÉii ^
Ji€ha<qi»9t*'aiuM> »*nofi mt alato iiÌifei:mt^r^o
Sion c^bìfe* ahinoi meke ca^uir dìjdakitai?
^iiodatò'^ftU Dioy ebe. ii€ 46ie gurótoi^iiE
i remile fcbe siateiroostr: eoa Jitconlodi «tttisèì f
-^"Comeudite^i pme ablji atei» i^upna.^ guardili ^
*^« pridceievcoii ki ^ vostra o.eipra^ 'jCbÉui^bfz-
«àr dì^inkQF}\j|j>comuiie desmid ^ 1QheIlaiMl-
-tiBsme9 cUànrar riqiol vo^o* Jta mH»,*^$kB
i^^Ate^joiS^ltìénbmistftr <|aestic^ teip|>OhiéiiritMt ^
-labmiemryireQeaaaiia» Ftixuofiebài^uaÉwjrttilN^-
is»e Cosi»* ét»iO)MA€i*^ AQi^ àbtet^ iMflmpsJfi^
'^«artfmcBto spcs&cly. vostre lelìetm^ snoiiF>vpUr<^
iefaèaoiimuì krvireggfii e kggas ji4iiq[hre^.«fa
1 (molto ; piacer rmiot che aicumiMhte seUe <|il
7Soat>^ gtarlbsitHe , qaantoi^ipuD iesaesèiruf&isio
-'fiqBii]Kue0>ialctamo,beft^ caroi Mm.nconosoimào
^iojfltt ocoupazioni veistrts ;^ sarei^ jpocétjidi<-
aanveto^j^jsi^ ào.aiéasfii diu dovette ikggeirQv.o
^^; véderfe^'' per ogdi codiere^ ohe ,di .ooAtà
-vemssé^iBastframifeiv quaodo :|i(i trQvef>cfte
«sciope^atp , se eia tiut«m igHwmai v'.of-
verrà^yxp cjalaMtéba: ^quando «avete aensa .caà^
miftcéeììài piA^c^^mxittMà >lse mi danete
idi ri^ «ddcÙBrvaitr^/cosèìiiHbveUe, cl^e scipp
r^BB^si fpefl^onoifieri^ oìasetino » i eAnae/i aìvj^e
lattoùJMrM dibUa ciUraaa ioi3»«ttL dà' f rajak^oki^
'•3S
' i m 4elte ^oJB ' <b quella tiribolata jèo? te. £ia-
> 7cirmi^0rkita 'la- murte di - Macstml^MXlfoI^ mi-
'^^la &ìitde€;ca> jBÌfm:ome éì quìq «imoti 9 d^
3:<>«glr^^mV'era 4 e di dotto^ e valoroso^ rfnefliico.
^.?Ni Si Dio gli danl riposo. In tenderà «ròleit-
. atteri del >mio AVila, ^eijtoo ^rece /di okii
dà^ Carpentras^^ ebe non > potrà ^^ninì> laAtoI^S"
oserey éfaie non ne abbiate aleuoop. avirisii ja
^ ktfievé'j ^ dì^Ato«i6. Sadoletoi^o cb€L<iati«<Jke•
r. WviOritjQB godo ti pmél dj^ìvi. f.DeltB6oGb->
r, ^tHIo ^}>ohe' dite^aTere^^intoM^ avim ivoivei
< #i^(iie'!ferO!4' cbe lo^ pig^ief^f pet ibtrisdftO) e
-^pÀ?ejiiés4> rMgnrio.' Benché le^:eo9J& di qiie-
mà^^ miniera Italui ^ vmino v ogginxaì < . ipéii» ^ìa ,
^^ébe .*sirì^p«ò iaépettatne ogni male v^^ e:>nne«le'-
v- pé'^ >ehe»a|MHi pure ^i persci ^ del aNilo,^'}il^
^^ie^iiédiojfehej'ie gsled e^le ^narricanaateidal-
'*^£gitta^ier detf Asia fibbiano ad entnkr^Mel
Sf^ vereiUi' m^ri ^^ioraiy 'Ma JaqjciandniqneMe
xt»se>dikf^rie^ÀU mi momenò vdomanl^del-
da^fiàia vitiii6ilai|>er iflar?r>y qoan^e^f pia ormi
idi^Iaeoierà^ìl buon tempo • dell? ^m^^ stara;
|nni> ^o 'per^^ia tisaaaa 9 .n^^taacoiis i àpér*
-ièbé >qi)esiaiicittà^^d»e tmta ^piesta sAite^^
^sf ft€i^^&iohiiiatai dal moiè^ , leggieemeaae
'^atcaviki^ aiicara^oaimcé lit^era; [Nih pk^mcifiio
>A^ spiale vpevA€Ì>^4i febbre^ ttè^iìjiiei^.iaEirip*
-ttay, tvif^^itli mn»3j(^0 n^'era d| piàodi* a5«'
ianni ca^»e <}avfi»imei deno rPtcm> oA^oirie»
j[^^lufieròoM< Oirolaiiio> JNBsgto I daile^st^
'^rta^io) Ifelforjiiisdwiar^:^^^^ éfjli shi
^^nie Man«»n«.8Ìrda9eia >vedfreiioS]ai]S ifssaa^
^M^i iL Si i^cceinbMa^&i7£Ji|ìb Saaom^t
-A.
O
fl34 VOLUME tsiiM;
A. M. Giovan Francesco BinL
^ A yicenza^
t ^!
\
Voi non mi potrete mai nojare ada^
jiraQflevti^^rM. Giovan&aneesco mio caro^
percioooliè € per amor di Monsiga. %dAQY
Ietto 9 e'. por lròst;ro che il valeie, io soaqf^:
aiMrò' seàspre pronio e disideroso di fan^
ogni pi^èì^rer! Laonde le vostre lettere iiìfhajq»^
no -sdmmó^ diletto e nessuna noja ' recato «
se non .ohe sonamament/; mi spiace dellfl
HHova <)he del nostro itfons. Felice mi daft^»
E ce^to fra molte altre perdete ^ c}uesta xt^%
fie pieciola, ohe si perderia uà buono <#
gentil Signore. Faccia Dio che sì caiiivp
nuora non ci sia recata, e le ci renda ^^^^
no. Carissimo e dolcissimo m'è suxo ; ^^11^
/ueontro intendere del bene essere di Moih
signor Sadoleto nostro, e ringrazio grdtidje^.
niente voi ^ che me ne avete dato a]9vis«qu*
Ii€ lettere di S. S» a M. Girolamo ? Negn^
non ho potuto dargliele») che ho £eiUp eec<«^
'Ctre due^ di continui per > ritrovarlo ^ e noa
è Wi' questua terra .»; stimo che egli ^a m.
yfen<»zi»v, e perciò ve le rimanddi ^ acoÌK)e-?
^hè. gliela possiate^ dar vói. 5(eUe quali, leti?
tare? sé fia cosa aileuiia di« nuovo «di 'S, $>
«aii fairete sommut piacére a partecjìparl^
meeoff^e^mi ^ì^proflFero di buoBÌss)mQ,an|^
«TO' e wuanomando.: State sano. vAiV- uUinid
ÌM!6 tìs¥(^. 3r3^
':-»
j4 M. Gioitati Franbesco Bini.
A Viterbo.
5 I
' »",
WiòStrò Sigfrór ri diegni farmi grazia d' uni
btietc, ^ne ùoììccda a Mad. M. ddla Tor-
rf^5 la cjùal^r da ^alcuni mèri in ^;a'è <&tfftar
c^tintiaTi^eìité ed è tuttavia nel Monisiero'
di-» 8at! Pietro di Padova deHWdine di Saar
Braidettd OssetV^nté , postavi dat^ suoij pèr-
ehé 'Vi' stia fin ehe la rimatUinfo , perciotr-
ébè è "Vedova i' ebe èllìi vi possa ^ stare ii^
fta q^l tempo, e poi ancora 5 che eJh »e
ùJiéità, posSd ritornarvi per onesta 'rócfcea^
zìiorn iuiav dnalora ella vorrà con ' volonià
tèèjrid infide ti o ^deHa Badessa* del detto^ luòga.
H'»^é io riceverà rn graa dcjno da^iSini
Sàtana alla qùo^le bascieretfe il piede pefr
M)^ timi) mente nclta sua buona grazia rae^
i&d^afh dandomi l5e %. BeÉ^t. Sret concèdèrai
fregherete <|ual ' vorrete de'RcVv Sig. Secret
fÉ¥f 5 'fehe sia còntentx> di espedirioV ^W*^
toro Sisnbrie raxicomandandomi. Se nel briei-
Tè? bì^^guera' spendere 5 fatelper me-;^'cbef
ià- vi' dimettere i denari. Potrete dare il b'riis».
vi a'^ Mi Fabio da Ogobbio figìiuol drMae>
ró^ (rfrvjìanio niipdico, che v' ha reiidnt»
tjtìesta.'f! <^jile passerà a Romane ri toTne>
tìf^fi-b-' pòchi giòrni:»^0'' pnte ii JTnaomderc^e
a Venezia a BartóIoiààaep^SSé Al^ssandiìnciv
fSd ròvonz tÈUMiì
ó%'éstt4m «ar^ig. Amba^cUi^r Viniciaflé
M^"G«i^r^ dontariao. Più tosto* cbe Ut
¥ÌBirà(v^nli'Mra p4lV «raro. State sano^ e 8#
iè'^Vi Aé'fiéHfìo^ siàTi legno ^ che i6 farci
^t rèi i$e> tu' ftdopraste. A 4;he Ivré vi ^pne^
goJ Al prim^' tf Ottobrer 1 5a8*
-• "■-.'H^ii'k ).-A- '.'.■■. .: : '.
^ i A §f^ Gioirmi Fmncesco Mira. /^
-Oì:': -^ ^>t ',, .'>rru,' ' . * ,:.. <: ». fr
-; AUfiMtmtradéir ultimo d' Aprile eofté^^
aÙ^tlna lèd àm^evolisràma 'lettera «ott^ ht^
péiék 'HHptfÀiiii 9 per > lasciarvi ripoea^ i'-^
JiìtésGy'tbefitoiempo^ e aM vi dar ^B^oùè^
r'lHs|>oifdèréÉi ^ oòQoaceD<l^ io da^'vine ite^
oètìàpiiYoài v^Mre"; i{«iAiiéo^apcora vwfietf
Xìì&iefàcb»e' parala^ Della tdt^ità éMi^
fliSé^ léttiese ^' nfeo ' ctìé ^e tardi vi -farc^tui'
réadMé*^^ ìifèfr^tdporta. jt^ittcèmi ^ gelici' lOii
«9FV^è ;ft*Ha ^nià ^^istèfeiT^ scrittàf ai -MiJti^'
l^àiiketd ^ pÌ^ioi6ebé io dmJie^^o jcben cdtk^
Mie ìiA'^' Mate:! che '«bi^ tlé' hv> ' asvWI«
a'^S.4Syni¥ttéeii^pdlr A^a'^ *<èsttiMe^ipiaM>
]t^ìà^^^<^^h7^i(}^ 'é^ 5^lél vie fo^n^ipU^si^
é^é^'ilfii'^ti^J^iikmUo^féV '^^ «ftiti4et^l''>uttL
«I6^1iBiWi''idi«^'|^^9e^'di 4à#òidt«^ttseii^uK[
dH^ttìP'ììdh'^^ifàià^^'òfìe^^» U^^^f^a^ic^
]^§l, V^ rie^ibrì^aitl %«ié^^;gi^M^. iQifi^^
8làm^4^^iÌJhe^}dàiiil4^'^lPlaóai^^«6l«i«^ p
V»-»
ebft $e tie porla , gran numer/O non^ ^c^o,
del popolo 9 ma ancora de^mi|;Uoi^,| )aU^:
ifuale poQ«>^ giovano i medici ^ fisith npikulH
»ieAdendo €s$L daprìpsi^ T aja^^lii^ai^Ow iOr.9<
p^iM, v' hactaO; ^trovato qualqtfe^f^Q^r^dMV '^^
non si, che non ve ne ,Ki%o^ni9i|^j%tfdi<' Y^
glio che ini raccomandiate al mio onoratis-*
Simo già Collega M. Evàngelistja , ed a M»
Bfosio molto ;^itrqui3^1K dH^ejTgbWe^^^ Pro-
sperità piena , in iVQifieudfi^ della disavven-
tura pubblica passata di Rom^. La quale
sarebbe pur tempo che incominciasse a rac-
chetarsi, ^ mij>mmii ed' a. fiwpf fPA^ ì*
s^ Pmucipe^.e/ja, au^ cor^e^.^^^ h9}jMV^
llon ^.^80 dif^^.^^amo il piU]^Ì9^ ^1^
me 110)0 mi ^ense. C>e jDKw.JWevfk^^fli^^ft^
^0 nn<k !di -quf^iLi^ <ibe qui si^m^,^^, iflqfc
44tìÉti «0 • i|U0llQ^ ; m^Isq'. eh^ io ^g|à .ftiir, ^a^t^
^omfiiidatemit «oca 41 Mi B^ei^anio^^^i^ft^
ilftì dol ì qmìe «itóndo xA^ . pa«s^9W o^^ , M^tr,
tiOirlff <Ìspfidi«;^ÌQIil^ddl|«^ i^Ù^jn^ fJW^o.j^n9'm^
oHfe Q^ri:ipoJtCftt^E|0..p^^^ ip^l^l pi^^!4y*^
9$»^ e ^i5^d<^b %</Jfitto!He giDulR nH^noi À,y^_
jm^iom ijfi^td ii»a fe«^M»^;,^J^er'|%ii%J PT^^
cMr^cisM0UI.wdifce^«U ftqAéPAwqnVép^ie^
g48ayif^rl^,4ftr6 un b*04l, ricfip»t«^yiff«rtl
ÀnfaliQ >poMf^ fe^sniw^ilf^^^ttt^rawHfi^T^
«1,(1X1 bteOhft^^r^W^ i4ir.SnrJie§|i -Sf^t^ ^#|^
%.<44''
«iate cerio che sempre mi saranno carissW
me le vostre lettere, A.^ 2»i. di Maggio iSaS.
Di Padovat . . v /.
. * f *i * V
'A M^ Antonio Capodivaeca.
.1/ ,• .k;-;-.: --i.--^ 'i "i"- ■. »y). 1)1^1 I/i IL
., , AvpadQ \o jme«o v<ii. ayej^ifotMj^i^frf^
|fistQ:aUe Donne idi S. Piei^o^ cbjp P#id|u^l
J^^rpajo. ^ ceru JDfo^na ^. cb^ . SAM^ VÌflÌQÌoft
j>};pssÌJ3«ani atte ca^i^HegTà iofcl^e Ji'|inWPOffhi§^
X5?'^^o,.>ioMe,c^e e|le pag^np. .Qgi*> cy«^ftd
45,jmeresse,..ohe per quel .pQ|ì^o^n©,'ft|(^i§1•
|^ ,al pi^bblicp , b*o . tolt^ qwstsi pflpftA sPM
pp^garyi, che npa iyogUate.>^r;^o^qri^llftJ}aftj
M Dpune usar terini^e. cosi. ^^Yt^M^^ I^S
Ir?? gr^ayezza d^l caso pps^biji? Mdi^V^ftPis^ .
^e sen^a riparo quando .Dio. ij[' nj^^fl^ii U\
jpifcìessa delle quali pejfò ch^e k mia^ ]g^ii|
^wgipaj S perchè io 4ai mpÙi pnni^ ^ , HJU^i
l^?;^ffezipf^e al luogo, ed^ hp ppe§p , na<^
YoUe delle laiiche per fipntjp^i^wp, n;9ftl>Q§Tf
«p^pra, a^,I?andQnftr lamico, dwd^riqii^i^
4ej bea ipi^o.: PiwquB Xn^S. sioida^jiAe^u^^
^9i Pi^ P^Sft, %r^gat^.a4 ay*fi.pipil^,4^«^b
lgj|>oEwi^ alquafllp.^p/ipi: pii^pìfcr? j>?^lfì«8fo
tp p:}io , qhe Io riceyfif p, f^ *i^gpkA 4^><^^
«l^ A, . a . cui^iPJL ^ prpffew. Agli. \x.^ di Sp^epil*?
' '' ' i '
« • * •
"A M. Gherardo TadM'A'^ ^^
A Firenze.
Intesa dai me molto tardo la morte
di M. Taddeo vostro fratello^ Magnifico M.
6bfFirYdò mio, m'* paì*utb iriiogi'àn' debi-
te» fem ^èsa|K>chi l^ei^i l'é^ 'ttrVl' c^
doti ho sèmifo rtìdlri^à^ril^ono* i!(fta^y^'èhà
«ert¥;iSi*i%i^ >cd^ molesta- é feòar- *eeriyà ^
mt^ cf««^arQtiaTituftijue il présente tó
ny^lj^pd^^efitìfirfidfeàitoà «agfdne-'tó
M'ia/^itt^etitl/cfbe ih tita è rfttia'sà^V niblté
ibàl^ di dbt^r&i. Ahi' taialadett^ infla^sfò:|
V:o«^ fetronoi ti géFDtilé^ ikomo ci* hai 'hìiii
ei^Q5btì*pfeHegwnk) ingegnò *htti ìjpetttb^ iilli
Jsk Pè^i-tà ' ed' a* ilòi. ?Jt)^ crèdo che faiaf
flù>a>ittè dia pSé^ bastar r^ni^ò di V-éél
a^^lfir*»z^^^fi^éèfeitt« eli^ iui^ tfotar iaó\i it
f^i»^} La ^ar èo^al io' p^rtsaVa ptii* dÌ^'dòi>
^§^ém\ ^ttanddJ àVVtftìisà^V ètte T[riéP cHiaJJ
a^iW^ftìPl,>-é*é ^ufell\y^.ftAoì^,^^'^W^4B i'^
Mf^lPéaie^^pbtt^W^ éh^^feF^Uàfè^ «he-rie!^J
6Mn fratello si può più cà?dàte!rè?ni*è- ailiàr
di quello che io amava lui, a voi ho gii
eà a'isuoi figliuoli rivolto ^ e disidero 9 che
*<• ...
•e i# MO bodao a piacervi , au - apeMuM -
^enxM fìafiamuo, che seanpra aai icoveteis
«mieo ▼osm fiedele e certo. Santa conseo-
to aalatar la povera Moima Coaiaasa a wme
mio, e BCoBna Ippolita, e danni alcmia ao*
▼ella di voi lonL Sute sano. A'iS. di Di»
i5^. Di Padova.
3
ji M. Pier Francesco Bor^hainL
A Fireme.
A due vostre lettere scrìttemi a* diciot*- ,
to d'Aprile d'un medesimo esempio é av-
venato, che sono state lasciate per dimen*
ticanza in an canto del mio scrittojo ri-
poste cosi rinchinse infino air altr*)eri, che
a caso trovandole io e aprendole , vi lessi •
la nofella^ che per loro mi davate della -
mone del mio M. Taddeo Taddeu La qiial
novella non mi fa meno amara di qaellOy:
che giudicavate toì, che mi dovesse esaereiE
ansi tanto ancor più che io non basto a
dirvene la doglianza e rammaricOf ^i# fini-
to ne ha 1* animo ed il cuor mio. E spea^^
%o mollo innanzi al ano tempo nn gentile
e pellegrino spirito delia vostra . eittiw IKo
il riceva nel gremito della pieii soa, e |^
doni riposo è felicità etema. A vbi non i#
che dira altro, se non che io sono nralté
iK)stro , e che siate contento raccomandflkv-
à
légco ^eUt %luioU ^ RatÉ^i uételhmaeBtm
disidknukhr^ ^aUegrtrmr ifCiest* altro anao^
CMi^4WM ^kw >d^iìiir ifigttiiol uuiseliiio^}; Itkéf
aaM gir tu, poiché sii pkrO'èbe ^U ar yot^
niMiWciglià'iutsca]»» Dcdlé aorolle di|(|air
non iscrìvo perciò, ohe do -siKcbo'*!' nostro
M« Leonico ne tiene M ess. Gid. ben contò.
State sano. A' i5. di Uiceinbre iSa8.
Padova* <■ ):\^'-\r .'' ^< . ^
\- -■
ji M. Girolamo Negro ,
Sèartivio del Cardbial Cotnatio.
A Rbma.
: 1 ' 06 >)r«diit'é: con quania diUgeilza ▼i>Mv^/
to^iiéoffdato^dèUt mia bisogna a Faligna,.;
ei Koiné -X avete ibrnita pienamente , di ok^ -
aiaa|)fitiMgraeio. Ora ^erò che iov ho il
rpgiléiso idi cpnseMo , di Vi. AdM^i^:
]^9» ed ampio ;» come y^dereiOt*. perccé',
mimt*vel da^ssum ^ ,ye no mando JiiJÌ>o1|ìél
oosi qfifest^ l^Here^.e insieme con esse nna
proo}«ra^da poterqe pigliar la possessione, »
mùm^ffi telate subst^ufindi. E. !» {Mciogo^
m|^iaM» .< b^gUar fatiqa4i.&m6 fare. air ^a-
élirMiDO» ìT processo J^t«uiPi4^0i ai^'bisogaer||,
ohe. «4010 dà sv^. e pqji mat;HlÌMrno ia. pigMa;;
la ' yssftflsipiMi j a<> qS^veste b^i^ mandare.s^
t«ma:A^«o«Mfc a>.% .qi^sio.^^^ p^jHA»"
Bembo VoL ni. i6
questa .jcoaft^ccmbglio ; d' gAtiìmhj^ chiq t)i|
psmq iiL'XOtali spedixioal^e 'li}8^o()/]Ei^l$^
sognikyf cl^e .senza ààmfvà*t vìi gli JidmÌ360rit>
EaKesIavOra, saip sàpeiMÙ ji^eoJjmilfiMhm^
ll^idgciim^o nah ÌMipaTtaiLdÌQtf6lwd^«>^
sto spaccio, insìn che mi scriviaaQL:^ ^al£&
biate la risposta co^ denari , poiché le ren-*
dite non si possono liscuoterc ora. Tutto
cbc la celerità 'beB- pMta molle :xose non
nocque giammai. Se io Vi do questo carico^
io il fo per ciò, che io non ho costi alca*
n(>i fi^Vliiioi^ c^me^bo tutt^ ({uestoiiti^mpo
p0P;fliì4Jetiio avuto^. £1 e<ui <yi daro^bitfdaa^
z^ìQÌ potexre, altoVcomro faticar tne 'confi^
d^MmtFspte 9 4}uafido io sarò h^cmo^aitpmf
;4gf^j^ Qltrfi ..^he. V amorevole .?in«it|]Ì7(]icsli4
qii^^nf fate 9 mijfe :à credena cfaeiiiani^fiJ
jyi^,4>4caro , , ohe io ve xie^i graari^ hat i^ep^Mf
^^ fate del ugn mi .sorivér, lusngahiaaicn/
ntj.^iaQè. A^ì non voglio io ohe piwidiai^
IQ ipi^r /piente, filtica. io: più i^critttsr|i ,lr; eb^^
ìA; q^elia,^fbe per neceast^ si prende. Cin)
j^ ìif^e .q»ì|nte.é.quali debbnnoipei'tó^e^
9iU)P)<95fei: le ^ocoupasiioui delhif penna* iri^
s^jsir M^ oon più«.4M^<sverendissèmò.Sìgho^
vc^l^, f^i^iò;baiM;ierete Fa mano ^pet miPj
^].it(ì j^^^mn^j^ià^^aete^^l gentile M. Aìf^M&ót
Sarà bene, cha .^leiia spedi«ione^ ci'ià
fare s'avera, di pigliar quel possesso, si
faccia di modo, che ella non vada agli
orecchi di M. Achille, o del nipote prima,
gg(« pdi'ipyglbuald^^ciò vche: essi ^nooict'^s^
e(|^if0[ppQ^gaiib 'alUodifesft^ .tait^ ^ia^ ptiosii^
laii|p$(fi»esàMnebpiiiiia ^che essi ^ peri/modoir
4i'jiMgicmareV il ' sappiano. JSeie )fnri^ail^
QSe^MéaiAiBdovi' quasi» ^Usogaa^e meteìlesttS
Mri^ iStaie sano.' A''^ di''FAbiù\o^'^2^
-001 v'^* L'I?:'". '■•' r\i '. •• V , . '^, '■* ì: i •■ *>Ji. •'
iioiT 0^*0 )d ^JUk/Gireiéiip%o) Negn^i ' ••' **'^
b(jH)Jeru>m iloveuio; ìptronar gli^^Oré^lii^;
Ptfcldstiche la TOSI» Ietterà a Mr IlMijpi^
diì9!<ed ttriluì ed a me diede ma^rUfjdrrà'^
Hioi^acu bstona ' peEflsa di voi ,^^1 qus^l^-MèsI^.'
Jbftmpndienio era nelhi su» casa. * tHè ' àèV
liestcQnMesb Antòa Tebaldeo si taeqtte ptfc'
H^a^tpeeso' a' ciò. argomento dalla m^dttrinltt
yf03tm9k.leif$MÌ , il quale se 'verrà in Vjliefite'
catUnidq , >cit > sarà si ben vedti«o che egli
mùb b\, fÈemìtki sé non d'essere statò Iróp-;
{Mi![) vètttroiiiasper me noj^ veggo l'iiH^it àt
v^EK^urld ier»^rlo.< Di' 'guasta ^ sal^tatehti} ^
nc^omaD^atótnoglii :)&t»]|e' saao^ è piaci^iiit#
dbif)air^^daiìe bhono indirizzo a queste leCti^
:^^f!cheMyanno al Frocurator d? Sartie Ag^-
9Ù4ì}0>'yite Bi léswrpiiliper nràlco 'V(Mtò. A^4«
di'Maggio !i^S[29. DlrPac^ovar^ '
"A M. Gipolamo Negiv* . j;^
Ogni di ho più dolci lettece dit titUi
4i cbo Canto ve ne ringrazio 5 quanto jncÀ
liaato a scrivere* Delle cose mie non Mtù
^ìiTOy ppi che esse sono in buone mé^
;Hq veduto per le lettere di M. Flavio la
-eagìon della dimora. Non importa,' pnr che
^e gli vietino i frutti di questo anno ^co-
me scrivete. La morte del nostro Navagiero
m'è stata amara e dolorosa, come giudica-
-te, e non posso racchetarme, che (pijp^ta
perdita è pure stata troppa due volte. p^
.hlicamente , ed alla Patria, ed alle buong»
lettere^ Cbe pure del mio particolar io mp
itie passerei, che oggimai sono avvi^tzo allò
triste cose. Ho veduto il vostro belio Epi-
gramma sopra ciò. E stato veduto e lodato
da gli amici vostri qui in Padova , dove
r ho mostro io , ed in Yinegia , dove Y ha
mostro M. Malico Antonio Michele nostro.
Io r ho pur pianto (i) anco io non so co«
/me, la qual cosa vederete un altra volta.
**:■ / .
[1] Qui il Bembo accenna i suoi due
. Sonetti in morte dèi Navagero impressi fra
< U Rime nel IL Volume.,
s
1^' amico fa h^ne a rallegrarsene , che se
M. Aadrea fosse visso, gli arehbe fatto ve-
dere quanto egli è lontano dà elicila prima
alma , che egli si crede avere in mano.,
el T/^baldeo , che. abbia messo in forse la
"Siiaf venuta^ m^incresce, che amandolo io, co«
%(^ io fio'i che lo amc^nijBme menò, che feccia
IBéliset Agiiplo Gbloeiò y e n^ìi cieàp^m^
KH^tQ ptd^t^b; "diéìdc^o "Vederlo hì qtr^to b^
itp^«i e Viver rìj^oafato <y Thiij8Ìtf» ^ i^
1^ìttidVabo,òii!£aienodi quéste <ionti'^.^jg0»;e
^tfiimij Sarete antcora eom^to di éàifiAiéfHé
^ém^o a questa lettera in ntano di Mé^9lnr
^^Ì^^;>Apiióii Alilésio y e di dire à-Me^^et
"FtaViOj'^chc io aspetto risposta da Itii d^-
%i' tèttera, che io scrissi a Maestro OhérU-
l||faa^ dài^i orìuoli, e mandai in mano ' snk
""ìlpìbiveadogli di ciò. State sano. A^±3. di
Giugno rSag. Di Villa.
>
* V/.
A VI. Girolamo Negro.
A Roma
' "' ' '•-•"'■''. ^ * *. • »
Ho la vostra dé^5. solamente qu^ta
mattina per cagion d^un poco di disordine
, JY^en^tp a chi T ebbe in Vinegia da por-
tarlami. Ma ciò nulla importa. Ella m^è
giunta cara in ogni tempo. Del nostro buon
ippiìnrf^: ^ Giuliano, così i^vìi ^t^ n A' da fa-
"^i-©V<cottie ricorditb, teiìer t^Y^ I^ «tii l^éo-
aa e cara memoria ìd^lè m^atà' nòstre èoti
'iltli:à'iiiddó q^i; ga né" fib tagioiMl^o^cti
'^ith Mèsser Cofa!» che te i^fgfi^à^4^«hi
Vdliniifèri, e tob tra cèdete che ^^nfe léèf^
i^eim> àféùiìa. r^è ^ì jÀt>òedérà"^(riàza^éHM^
' tJé ^écnr Aff.Doàato, ^^iccobie rkiotiiHé. Nén
'iràiè>àiii^ rfè a I6n^ mcréscèrà 'tett^HTtf-
Is^' Velluti Mostra. Qtiàato alFamliid^Ii^^ift^
èc^ìiiitrcìa'cìairè, poco im^tà^ Unn^^fH^lA^
r ìiÀà^^i^ ed air aatra <}uelca9(^^lfèap|fift-
" W debi>o; ' Sé i biioni *icesser qùélj^ndlèiby
^tié'ia e^li, d mò'tnerescetebbèVGift^Ja^
"Vk' io qtiaxim gratitudine egli avèà'h&atàf^r-
so ahirùi, ed aspettava questo TÌfflÉSi?2tt^lai
Uittavia^ Di che yì 'può essek- teiìtikiàoMb' Bl*^
^\C.ir|o iiostro^ a coi scris$i intdtfad' 'à ^ctò
J^fin ile' pritói giotnì: Pia'cétìi. F^àmiyrèv^e
^ Vdiré dell' altro' riòstfo àifiiìcòrcKè^ pàtMh
*ill lui ^ià fayellatò , cóiilB scriV'étè; Fu
'^'^^^j^ii 'è mhib e scHi^éttó^ ^^ciàlìfo^'ìè^ to
''*stdii(^''ÌtóÌQo. Sàlutàt'eiò affyéfuosis^ìtó'àkrii-
'%' -a iioine inibV 'e i^'rtgr^ziit'élo^i^^^^^^^
calde opere, quante églt fe ]f>ei*' ^e /**felle
mi sono gratissime e dolcissime. Yedrò que-
gli altri sonetti 5 che dite volentieri. Piace-
mi anco dvlle stanze^ che ha Mons. Sado*
tjo-
3J
fflWt?» jolo/per vederlo. .U ,A^y«|le,^,^^e
"J^^<Wi wmpre essw^ ^ellq pÌH.a^jftirj^^
-lge»«JlÀ.«l5^»o legg4. Qui si sta .11^. fsp^V»-
»^j|^M^*4eUe cose di FiufeaM. E ia^l,yJu;or-
^t^9|4ti..ftiji^ì si soao di ìg[ui pardii ipeir .}Jp|o-
, ,^i^^^ii;ite pada yariameBte.y^i, costì fo
.ftc^é^iSj «fjer la véTiia pia -cecta. J^éijpw®
.^'gtngmjteri^^ delle qwali scrivete^ ©po^os-
~i%'^.'.*s4^C cosi iRals. per tìui)Èl;IÌ^V, come
ìiHf>SS'èh^^^°-; $Mniasì che JDi'é lo.jyftjjiaì 'ia
<''>f<a iHiTWna. fjfe s^cbedeIrà,,.p9.^,ri Ms<ye
.'^'4«NK^4''nsWO: :* Mona. Rever, -P.^lo^jiila
f.^ f4fhm »P^??.9 e (?nwPv^°k?lW^P?p-
.59teJ9l»a^f,np«t^9 oupqp ? 4ptipi 1^. ,.Ar)g(8lo
. mano . •pef me, E , sjlflite , saaoi „A ÌB. di Gen-
.,M)o. ,*.^27,. ;)i ,3fà4PYa. .n.uo . . ••-jo d..;; .
4l|t Tdcmw noM.
jrf M. Girolamo Ifepx}^ v
«•' 1 . e . . ' ■ ■ - ^:
Jt* 1 # • i.l • • '-' ■ • ' .. •..
vi''^ Dio il sa, che sa mtto^ qfianto èi^
Icre ' bo pr«so della mone del nea^ut^ ImoH
«Tebaldeo-, Revet. M« <9Ìrolamo niio^ ^^*
obliai morte intesi per ietterà di Mr CarW^
ipochi^ di dòpo la partita Tostra , e eoiiaUi
<(die Aonia vi sarebbe molto niea cara^ tMft
id liPòvaiDdo lui , cbe amavate^ cotanta^ o
^ eut cotanto eravate amato. E i^ome dbo
-egli «sia morto vecchissimo, nott pMit
4per: tutto ciò racchetarmi j e dogtiomi dìji
#1 buona nomo e cosi elegante ingegno note
mvisso ancora molti anni ed il pensate
^rà, che non ci sia pii\ il nòstra M. An^
tonio , ma ci abbia del tutto lasciati , m*A
•duro e grave e molestissimo, e (la credo
$b lungo tempo. Ma lasciando queste' que-
k^le da parte, che inutili sono, ho volen^
^ieri inteso per le vostre cortesi lettere la
iàavfine essere stata religiosa, ed avere egli
-«rdinato che i suoi scritti maledici si dia-
cào ai £aoèo , iO die si mutino in loro -^
4fei>mi;, ^necior/nessnno sia. da lui offeso» Mi
^^ice ancora, che il Vescovo Colozio e vpi
-abbiale > prèso cm^a di rivedere i detti ixtxk
smentii ,: che na la più giovevole , che pigliar
fier lui Si possa. Dogliomi d^gli Epigram-
mi e j&oa^ti ultimamente ftiiti 9 <£&'quaii
4amn Mvra.^ 4%
-figli neisun testimonio ha lasciato, non gli
«Tendo mai scritti^ come dite. È stata cer-
umente gma perdita (t)^ Si tuole fare ogni
possibile cosa di ricuperarne più che si
5 ossa dagli amici suoi , che gli debbono
a lui ayere uditi. E in ciò nessuno potri
giovar. più ;, che il Vescavo. Quantnc alla
lirafii(Mie9 ae io ayes3Ì alcuna cota, ohefioii
ifiniai^ « tuttio U mondo m^nifestia dióriut/^
^alb^/Onor gli potesse ref^dere,. incomauèntf^
JTft rarei. scritta, Afavip niente ^ pì^ ^
iiobtliinque . altro. Quanto ali^Epita£io^^ to
#01^0 ora.. tanto avvezzo, nella prosa: ^e lonta-
4M da ogni poesia « che ancora ^chei io - ne
#bMa ffttto prova, non però ho avuto gra*
«ia^ di^ potere ordire un verso a questo fine.
jolbjttavia , non rim.'irrò di pensarvi per lo
iananai. Non ha eoa) fatto M. Gola« fiquar»
Ifi vedendomi in questo pensiero n ha fat«-
\
4-? V
V
^^, [1} Xa perdita 9 che si è faUa\ delle
4^Sfi volgari^ e delle Latine compente dal
;3rebaldeo nell'età sua avanzata^ non è
tanto grave ^ guanto si argomenta daile
jftorolB del Bembo : poiché àhuni òuoi So^
netti si trovano . sparsi per le Raoùolte di
ifime volgari ^ e non pochi epigrmmjm fu^
ìf^Qno puabblicati da Gióvampaoto^sUbaldini
iHei fibro intit^latAì Carmina uobitìinaa Poe>
^rum ItaloTu^, ir^ dal T^scako nel To^
JHO prifiìo fielia Jua fiMccakacfmprvsfsam
ÌBarigiiie fiw^oiaima^kvesus^guiBBdi. & - -
tó>gH (a) lino ^ «he na^. ia .quef^.J[e$ft^:^
p: peràvyetitiira non vi spificerijL<.;f'A(i;^ei ^
ifii mandiate uno, 4®^faui d^^Im^.^EQ,
1 * . ,
JiUfo da Cola Bruno ^ fu mpì:e^o^r~^^^
it npmfi fiel B^mbo nel liBro pitàoifita^^
.df:atÌQ 4e, studiìs )ib€ra|[ib^$,i^rti\j^^.|^a^
^uqaie^ a^^decemvfros ; S^p^mip(j[i^9:,f;^ugag-
'jieijé: J^plgrammaia diver»orum ^^^HC^
ijiaam 4^legantissìtiia. Jacobi Sadoleti^ ^ .
nalì^ Óràti9 de Pace ad Ioipe|catQr^em,CfV<^
laioi 'Qumt.um Cae^arem Augustiii.ni. .pitc^
apud yincentium Busdragum. MOSk^lX^p
o. In questo Jjihro si ritrovano par^^.
gue^ yersip e sono di questo tenore^ ,.,^
1 ; . i .1
Quae ripis le saepe suìs slupuqre .,9^-
nentem ' ,.
Eridanus, Tyberisquej^ porens itìe ^ tic
luus hospes : > . ^ ' ^ ^
Cregibile est, vates Antqm, a^olq S[UP{*
^que silyis , J c/ J.^
Te canere Elysiis turba admir^nte l)eo^-
rum.
■ . » • - ; « ■* I
/?/ to// versi T Autore fu ^ CQjofi(à t^
cemmo ^ Cola Bruno ^ sotto il cui nome
furono dal Giovio posti ne* suoi Elogi
degli Uomini per lettere illustri ^ dove ja
menzione del Tebaldeo:
'^^méiP kfMW iritìdèàXi. ^ Per \miè 'a'Ì83nkt
Ìrarté' p6t ^iìigìón di' potergli rlVed^e-
i vero uba so dire, qual cosa mi
> p ot esse donar 1» fortuna più cara , - che -U
pprtai^ S. S. in questi d'intorni, .dove io e
^aSr'? é ^odi^Vil potersi alaùn 'giorno.
VèéffeHtèglrbueitii mìa ca^$a, e IH BAdìk
^di^^V^^^uò^^V, l'Vàa è r altra àWY^^VÌciilà
Ni^'^ihetàkl aoVè S: • S; Utrà e: vèiàité' éèfi
^ii^é^eifeiibc/ Ma tìa drirtèstietè, che | àl-
''^éttàd WaHe' si rìtroverV è dimon hélfe vicìcie
^nWdé. Pfé S^i S; poi^eT)bè rftròve avere
stanza Ve^ftiha^^cfcè più ^tiiai foSsfe, pérmóJti
conti, di queste. Basciaiegli la mano^^pcr
.^lé^^'M. Matteo f^izzamàno' sìa 'tutto
Sàe
l^^iè^Wte^é'mtóio atcUiia cosa a^
to. .Non ho che altro dirvi^ sé noa'i6^e se
aV^ ^àtetati 'df m^à^^ ^ qiiéilJà: qiìieie ,
idganaate alquanti vostri amici , cu% noi
credono. State sano. A'X di Gemi.^i52S.
., A, M. Aw:dio deM' acqua y.fQccfrim^.q
di Verona.. ^: 'v ; --- r »Jl
^ . « ■^- *• o
."i .-» -- «s • i .-■ M ir* '• r\^
v^^«.«^C<
Io ho due grandi obblighi a^^&lVuiNL
è del favore prestatomi appresso il vostro
Podestà, che è stato ^ quanto io medesimo
desidera ohe fosse ; X ali.ro) àA Itoodo e
prontezza e dest|*e^a:ut«iatà^Jn ciò , affine
che '1 favor s'impetrasse da S. S. DelFuno
e deir altro ve ne rendo quelle grazie, che
^6iJ^^^^ ^^68^^^^' ® vi io intendere^ che
10 oon. manderò gii^mmai la vost» c^ortcant
]{} pbbliOj e se a tempo aLu'aae verrà^rlcbe
ig; ciò,,yi possa dimostrare ^ toì conoficere»
teiion ^vere m isterile terreno aemiasia
guesto vostro ufficio. . B^uch^ oltre a que^
ali obblighi un altro ve ne ho del vostro^
^ftfìtile e poetico sonetto mandatomi melle
vostre umanissime lettere^ U quale tanto pia
m è grato e caro stato , quanto, meno io
r aspettava da voi dato già molti anni .t
pplto diverso esercizio, che mi fa a vede;*
re^ quanto voi siate di felice e^ fectunaié.
indegno, poi che selei ancora nelle -^acli ^
yqi lontane $i grande e si eccellente nia^
stro. Né questo tengo io per minor: déhit»
4* alcuno degli due di ^opra detti. Anzi lo
9^mà io molto più, Qnde bisognerà confe;*
aar che io vi son tenuto d^ una gran som^
ma» La qual cosa fo volentieri , e ^ni m
'9 p^i: voìiro,' e vìr priego a valervi
di me in tutto quelle)-, in che io giovar vi
Ì>oss».''Cbe mt itoverete pre^st'^ sdmpire a
ar per voi, com#rptéfr òapé^ ed onorata fra-^
tello. State sano. All' ultimo di Febb» iSag.
&itVinegib.>
; . . / » .
'A M. Ghhmnni Borghetlnu
A Fiorenza.
cr
s, •■ ■ . • ■ •
ir Sontt stato salutato più v!plte'4àl fno-^ .
Mro padre M. Leonico per nomé^^di ' voi ,
ed hoUor pregato sempre a fare ah^étlSntò
oon voi a nome mio, la qua! cosa non dù^
l»lo ehe egli fatta non abbia, e non v*ab'-
bia anco scritto , che la memoria' di Voi é
tra noi qui molto fresca, siccome dee es^
sère per. molti conti; Credo che parimente
voi i|on vi siate scordato, che io tra gli
altri sono e soglio sempre essere molto vo^
atre» Io vi (i^di , quando eravate qui y -una
atorietta Yiniziana scritta per M. Pietro
Marseelló^ insieme con quella di M; Leonar-
do Oiiistimana. IMk questa voi mi rendeste*,
quali* alipa portaste coti voi pàrr^dovi. La
«lalé bisc^nandomi a questi i^', e ' faceu^
«oons io cercare in ' Vine^ia'^ àncora che
quella^ che aveste dà' me fosse 'in 4§tàmpà^,
pure non, ne ho pomto' a^iì^eì'èl^ki^^^ ' èhè
non seen^^ trMuh pfà. Piè^cKè'^'i^d^veiigfè
jpfre^arvif eiatà< obntenio:^ di /riiM^ndl^i^i
Che se poi la vorrete , io la farò trascri-
JlL-
tai«<* infitte ^mip ,U ^vo^jfia uPii»«W»»io4ÌK)-M'.d
d'Aprile 1529. Di Padova. k'o^jb^ ìQ
V
i )<lrot: ?Yo4^tOrmtJtQt YfiltfiKÙ^pL ìji \^r^ ed
WÌMotòri»itì-$HB ,^oaomi.iiisres?imtfe ij^y.cis^if
awii eof li 9 fi«QOme^deb|>a,j pfir r.aripc^Ifj^
che^.io ?'r pori<^ e per le, F.o^KftiWo^^vyf^y^
t«u Pi5' qu^li poi lAt^.nf sfit^ «?it?b «MKftti
cbéM;aD> non mi : poaao ^^ dU^ jip^]^ a^bM^^ jfB^,^
(àiìiì.j ch0 io abbia saUUi,^ 4irvQVf>ai0^; ^^t
ia Ù3t^: $<Ato più di; due .|nj5$i .qtìflÉrtft, ^^iheiq
Simo verno iu Viaggi^ s€«a^s^ i;^difv >p^j^%,q
che mi dimostrasse: voì^f/esS(^'?^ihT.<(Jiiei,p
ai»i potutonalbviciw,«/qiijdc|?W^m^ Ìftj^ft,i
vo«iTO.t Gome>cbet^^i«t sÌAr^M^^^ifnìjrj^gf^i
che siate-i^ottjtft^ .qiu0^^ (D^lf^iaf^^e^ l^q^j
veaiwiiio/haiìi Tfi»jegi^ lyiiiiptfc^sq, 'P^esjt^gyfeng
preadiate fatica di venfre in qua voi, ac*
ciocché io vedervi possa , e voi me j e se
io sarò buono a fare alcuna cosa per voi.,
possiate avvertirmene. Gbe certo poca
9LÌÙV ^^&éi^fé^^n^bl^ttixwi\, i^hé faré>>^v
[ l^cóùtò iAstemiói
-^ «é i< ^€«¥tf^éS$ nùtF ^'lla «pòtmcr^faer-
sixsfdeiW ' ègir'ì) «s^^rè statD^er^m^ -
mdéatii^ di^ Mad. Laura, con tartti sat^i tcd- >
li *-tìdrr^Httf volgari, e «pezialmente col'i
pi^itiì^^suè' èciùéttó, nel ^ttale noti è veri^i^
miitf ^éfie egli :fiiige^»è a sUa vergogna :i e
cOB-'taiiìi altri lattai, ne* quali egli fa testi*- '
rtìt(Mh di èia;, i<>' iioA |>t*ésttmerò già dipo-:
tetl6*i jptfì-Sua^fere io. E per<5iò lasciandoti '^
néHX ^otìf^S o][yéìiiohé stare mi rimarrò di^*
faTOC? prfuov^.'Iia cjfuàle openÌ4^ne' per farvi' ^
ptBSrtf éf^ dSfébdipréi > ^se ' io potessi^ che sem-
p»e*^!tfftsfiderb^piaéèrvÌ7 Delle lode ^ che mi
dfiftfVivr^gr^BPirf^i^ntó ancor più, guanto ?
i<^ì«^é^/fc^>ette td* lìtnoré procedono; Se -
icP'tfà^l6^'avé^si*doVe^dÌtiz2^r qoe^ta- lette-
ra/ y^tìttìi- r?^pWto prima. Stat« j «anfiOV' ^^ ^
#«àteiSi5rA'4i di'Iiuglio\|&^^ Di.Vilfa. '
i)C ^ ^ 'JU: !•-
^ '> -, jj..'. u 'V r/ ■ j ;_•
%SB Totinn toio;
A M. Roberto [i] Madgtu.
. A Vmegia. ■ :
il piacere, che io presi m conoscere'
a quciti di M. Matteo vostro figli nolo, e
in ùdi^ da lui quello di voi che io non
aspettava di 'sentire, eslimandovi per lo non
v^ avere io veduto molti anni sono , già di
quelli^ ohe non si possono vedere ne ncbr
più ) m^hantió raddoppiato le vostre amsM
€ cortesi lettere, per le quali ho inleso la
memoria fresca, en. otforata, che serbate 4i
me. Di che grandemente vi ringrazio, tie
eitre cose vostre' non prospere , delle qua»
*i^
• • •
[i] Di alcune lettere del. Bembo sórti-'
te al Macigni y che inedite si conservava^
no in Padova^ fa menzione il Sig Apth
stola Zeno nel Catalogo delie opere^ dH
nostro Autore posto dietro aile annòtasMh
ni alla Vita del BembQ scritta da Mons.
dellA Casa^ ed impressa dal Lovisa nella
Raccolta degTI storici delle^ cose ^iniziane
scritte per pubì^itò decreto. Noi facemmo
ogni diligenza per rinvenirle ^ ma ciò non
ci è riuscito y e nemmeno sappiamo se siò^
no ancUite a male , come facilmente sarà
accaduto.
.«mo tornii Ik&f^
il brievemente ragionate, mi sono moleste,
«iccome esser debbono le disavventure de-
gli amioL Cotne che la pcè^eme Magione
fa , che sentendole noi casi spesso avveni-
re e cosi universali , meno elle ci pajoii
dure 3 avendo già per là lunga tisanza T a-
nimo nostro fatto il callo alle itiste cose;
•Piacenii tuttavia, che io vegj^^.che le. vir-
ala di Vostro figliuolo jsoB tali^ che egli vi
^uò alleggerire d* ogni graveessa» E pure di
èiò solamente molto più mi raU^gro^che
èi latte le vostre no|e non. pii . dogKo e
rammarico con voi. lo^ e questi di T ba
^dnta più volte, e sempte il.ritedcò v<h
lentìeri e come radice vostre, e .come .dot^
%a giovale, vie -più peraiweatura , che noa
portano gli anni suoi , e come modestissi-
mo e costumatissimo. Ed ora con voi me
. l^i profferó ad ogni comodo ed ■ onor suo*.
Ceatienmìsi oltre a ciò mantener la buona
^i^U^ lanista, che A tra il mio buon pa-
'été e itoì ètata, massimamente invitato a
cjfr dalle vostre leueeè. Lagnai cosa farò
'')o di buissima voglia a voi parimente
profferendomi. State . sano. , A^6< ai Maggio
MÒ^g* Di Padova. ^ , V
Bembo Fol. VIL 17
s5S
^^^i4^cbWr^$àf0mv^ Il Yppedtaddhpoltaiidni
«U^e'ttrii^>'tiègUa^^rtO' poco nlesHB^'IofaMBidiidi
|ìfai4^4i voioQui ooo so. cbe valitòodim; o
ltféK*<]fi^Ud^t5cfae à molto :sovérchi<i'ìidifiot9
iitetij^^'^ckò^'^i' ehe proiinriato cop .ogiii Sàìht
^fi$té'^'k^ ttf cuira è Jb fiitÌ€a^^:ohe.ttg}r|^«4
<fioÙL i^knno ^' nclia vostva^graveu'ìofecttUà
Là^'t|t»àl tiosd) oltre che io fi os' dubito'^ cIm
tò^^kcisi ^r voi , spero ancora oheirfiHa Ai
I^Mf ^etk)' médesiiiK) frutto. £ >cè8Ì mcSckré
f^sdmej^^'Jat, come egii all^va^fiiojDaggMfp*
^1^ 'iraitaev vka vostra^ ^ìS^^eten cMktenUi
arbb{*aeei|tri^ in ^ia veqei. A:rcinis«nii>qccOB
dwù ftf)^'giovaiuémd)f6ar venire v\^Qderl«[i
Bah i bgii Liti, - V i a* ' !^fy Se i Dio - leo cìsani v vqb rdit
fyà^ìA-'Vmuy ^i oidcy e «Àe* instesicr^hnftKii^
s.
•Is
Mellei/uofaei^ » ^ppestei màa» ($ugioaf » fÀg^^r^gr
f^uMMi^ che Jài lìosn ^y (»trOi «firMe^Q t «POAcffli
dwqpciftiptai^ldifciiilertck foellib milvftg^ |^
m ^MiUototLcon la «sua partita ;.i(ÌQ :|io<i,nYj^
^i'fà igqra rpBrdita^ che aveiie ftiià^ }dVa /OOli
ariahttoW « 00)51 amorevole ^ featellp 9;^ jbh^ r^
Is^asvfefHta.JP^ò ehe aàco ia ho JbiftQgj|0
4ii«Kui¥orto ibraeidepe vói pia ^ «iDh't AÌo^^f
wA^^alfÉaiy^éhe mtB. Pisrciè ohe iO^ UefipuM
A i^ibitet ida^ voi io faari y ohe .; fi^u i Wi^aCoi
S^;dbibiaidi)mè,<é' tfovomi di qui^^lch ibcmi
•aperto i Accidèote isi mal cpatemoi .^blt M
saturine' ne sa dar paoe. SA ho prèao iglh^.
«te penna^ in'insr&o 'per alleo, cht |)e9 ptitf*
ptlcÒB^vvaì r acerbcy><ipd: ìi^Uq idolat irì^'à.
Hot ^av^tO! qaceio- atmo' mólte cagiom..di dcH
lètmif persie;' morti dì mphr. ai&e^amicvabtt
la comune isftoèbzà e dfyi^aie:!^ (ehh
hxì m ha tolti. Ma nessuna m^ ha traffitta
Taiiima più di questa, a nessuijia ho sapu^
Jto men dare alcun riparo. La qual cosa se
a me avviene , né posso fare altramente ,
ehe è da credere , che debbiate òuc voi I
Stittìb éfàMfqdè , éhe [iòclil àlt^i^ 9m|io>vhrk*
in '^^^ ^^Vé acerÌAtà*^iErfEaiimr dì ncfr daei>^
OdVnt^^é-phy aiàbò ptiMtei^'^irai%bbo[;eoQhon
noi ci accordassimo col volèr^'U^t^ cdSlG^Eé'
sempre onorando con perpetua memoria il
nome di Ibi^di ^f^ri^ssilóìò^ >% q:6eàkr le Ia«
grime , che nulle gidf^^ ^ssono. A che
fare vi conforto. E fo pur quello, che io
di^'si dtfiA^n vì^ér £lre.^|fAMofMl^'fo'<d^bo^
Jfièft^è , ;4éhè^ noB bo . paréte^ da * fnioi r ^KmrA
V2A^^7)n^1^Hhosfi^a*pn:^ikis« éiréV^iquèstmi^
€^iiP«ài^>ié f^è !Td>, è 'W ;> cbnfoltébMr aie
rcA^ihksa'i è prcvepp^e tsót' échmglivr «ir
ittiApà y^ièhe' per -TOòle- alleggerir ^^usmeialé
d^ié^';Ii) a ^oi profFeiro tutto qtfeUo*^9iti#i»
té'i^hé'it^iìèé' Yo^it& frac^lo portaMt/(0
\t pi^egòj che in'yis^^tq di qUeii9^<nii(»fliflr
f&àé^^iìsMe 'fhur K> iàhati2i nre e' la/ vM
étftk'^ia ' qùellr giiissi , che facévav eglì;>^S
ctìit'^nr^àrrà avere ^uta ' miiyor perlai'
Steie'iÀno; A' 14. di Maggio i&ag; DibiHi^
d
uva.
^y A.
i •
i!/ :^- Bemttfdtn dì» iWfo.
'^'"^'ifò-'Àvfityv !®>gfc M/r B««iatdi& ''mìo ,
tìif 'hiSi!èo''ai bfe}hsé*Ebl' spaf tfgi^ )<Jhe 4m'a^©i.
^ ' ikidliVt} i ""([Ufrti' ^i ^son«' 4\.AÙi > thiMo] più
VWilw "Ntótfié'sOWtf.' -Eli ckftv vi'i'Tini^^axM.
1SaamÀid\nnmi<hc Bhhirfiv^f^t^y.fB^^tp^^^^
dife wftàieitì^jilr che gì . tè^pf)^4 WjOH^ffteftfij
elpcìeftavi: a q^qeì i^sair* tama la^a, t9g;Iiq^i^r
l^o ve' ne liberi^ ^ tanga^ $aiip éd.^i^lUgfiQi,f
SiiIafò|dinMa Magli* vostra CQ|Ks<?rievi.Sg.aa
sisnolppctx a% piaiiferi vositri. Se rispoci^da.t^rfjÌQt>
prtaòtìaieaafK AJa^B* 4/ Aprile 1 63o. pi iVilf
la nuova. .,.;
y^ Jfn Bernardin da PortQ.
jlfirNcHli scrissi; p^f M::A8gostìin;^^ngiplello
«j ^.f/8. )[}rcgaj|Wlav^ fo^'-e ^<jonf efltto . ^?f]i4^r:^
frètcljo^^^stimandtì ,voi >^<^v^^e ^^,4^/^?^^^*
.BOfjifkn»nì
TÒ quella cura , che air amore , cbe fo 69
tfl suo aulore.nQ][f;a(0-g^-^si ricercai» JE rende*
xtmregli MÌi/gtiìl^UaeÌE> vlMfifk:Ì3LÌK«^ essi tut*^
tavia in questo mezzo perderanno nelle mie
mani. A. V. S. mi raccomando. State sano^
À' i8. di Febbrajo i53i. Dì PadoTa.
A M. Bernardin da Porto.
A, Vicenza.
Ho avuta il hel . donp de- Cotorni dar
T. S. Molto Magn. M. Bernardin mio , e
Be la ringrazio, come debbo, e per amor
vostro gli goderò, pregandola ricordarsi ^
" che per mille conti debbo esser suo. » Stale
sano e salutatemi M« Girolamo vostro Co-
g^nato. All'ultimo e del mese e dielTaniM
x532. Di Yinegia.
.• • .' ..
^..iV'5. ■-■1 ' •'•; .■: ■ .■ ■■ ■■ ■.■; : ■ :.- .'■ _ ,i r
.^u'; '.:j^i f.}i]^' ^a:.. ■■. ^. '■:-.■ j-^-o ? t;f;.>...'
é
^ 3/. Cristoforo Tasso.
A Roma.
s
'e gli amici non dovessero potere alcu«
na cosa T uno con T altro, T amicizia noa
sarebbe .cosi bella , e sopra tutto non cosi
giovevole, come si dice e scrive e conosce,
cbe ella è. Onde avendo io inteso voi ave-
re impetrato la surrogazion nelle ragioni
del Vescovo di Giustinopoli sopra il bene-*
ficìo di Trascor , sopra il quale egli facea
lite eoa meco, fidaudowi i^eli' ancore, cbe
aveie sempre per vostra cortesia mosti^fiy
portarmi ^ e nella vostra molta virtù ^ che
vi separa» da|l(^ maii^e e coMi^.diel volgo^
Ilo preso ardire di preji(afvi con- questi po«
ehi versi ad esser contento di non vi vo-
ler porre nel luogo di quelli, che m^hanna
dato luagamente y e danno tuttavia .tnolto:
niolj^stia^.'Ci pareggiarvi con esso loraiGoin
«ra^ ^PSk^ y che vostro sono. Anzi vogliate -j^fL
4(^|^9r verso nie quello , che farei io: mifir
Ip^itYpIf^i^J* voi^ e ciaftcuoa più voleniieoi^
cbfif^f^ "porrei, che $i paresse. cheioi/W'
Ipssi .<\iqfìia0,9 e cederei a veiuitto: l&^ìfn^
p^ira^icii mie in tali casi* Cosi vi pri^^^
vc^Uate,. quésta una far voi, e levarla 4ì(
questa l^oja. Acciocché mi .giovi Io arere idi
ay:^o.:caro, quando da Soma tfXhtn 9€AH(p*
4a. comqne amico nostro che voi, prictta .d*^
lui, avete impetrata la surrogazìon predata
che ciò fosse avvenuto, estimando le mier:
Mgioui dL quel beni'ficio non* ess^ meu.salie
VQ ^eUe mani vostre, che , nelle proprie mie».
Di, che vi rimarrò tenuto via più, ch^
non. vqle il beneficio medesimo, in. icpa«kto
I9 i:;òrte&ia molto più vj^ia^ che ^ìorr^^jio^ e
afjgjento ed )0ro« State, simo* Agjli li» di Gifi?
SW i^ag. J^i Padoi:»* , . •- .i* ;j
• J' \ . ■ ^•:"f:;M'-..-'» {;'•,/.'» >"• ■■\-:'-. ' -. ^ . ' T.
•OnnElltn ^'li- 1». '•^- »« -;.:•.;'-» l'n? 'J'^, li>t| ?"H'
lifoabbta data otì^asiòtte dt scrivcfrtì'il'^Vi
S^A'qtUttò i'-che io 'ini ^ veìfgogiìava oièzt^o
nbfii a^n^'fiita molte ^i^tìiHe:'S tìfaìAé èi^Mk
4tf4tì»^^lioameiiW^^^W*<)rtb»ètdt^^ '
Mixi^t e Ife^le^^^^pGr doÉtè'^c^tàléttre ^ìteedfó^^'
fai^n^o ' tbfé'^d dii^àert óghi >bén* <sw^ ']j tófi
^«iegtf'Mie io i^YoglM Hccomaìì^ifés 'M ^i
8%;>^te* fel<V>«fee *ttbl 4ègtfale impediìrè àil
<AtMet gelili atfà^^^a^a as^ai :leggieriEi,''tflii°^
égli i4ftn^urfla ^ignbrià' lawtó? disìdèfà y ^
Màtetó'^4' ^^kiwo Ebrfeo , cLe gli «t òppT^^
lAi-^uersioA Im ><fa^l* c65a,^peréhè « me^^'pà'fèr'
a^§#éi%ttS^l dell* ottesfÉo,' che fiidii é^ìrt^^ias*
kudèbil^V^l^etèiaccfcè altri notì t>òséa 'CoS^
i^^ttiré' ' Una*' j^raMtr^ 'volarla Vietare ' a tìiìoj^
é* 5^^i ^^i '»' potéri*a attenete j^ non ' * jrtrt w
feiréV -^h« :^ iò^-^ot^'Vi^ rébcomandi^^di 'MWé^
iochiostro 5 dove io il nytBt^-^v&ilto^ iWSI
offenda. E saran^tni caro intendere , che
xMaestfo Jacob uomo per la sua virtù vera-
mente degno da esservi caro, abbia la buona
grazia vostra per queste lettere, lo mi sto
qui tra* ** canti di molti uscignuoli , e tra
tut^i gli odori della primavera e della state
%66 TOLum- nsKm
con laauno assai. ifipo5*ato- Dwecfc V. $j^
si vuol degnar cB vénitra a Alatili 0ii9:<|[ii)teT
m , «Hftriine Be far«..5>ng€Uai!og^^^^ ,e{6mt
che le stanza picèlold' ina poco degnili idbìlhf'
grandezza Tostra. Ma la facete ,^rafj4ì^..{fjQJ[
adoperandola, Nelht x^ut buo^^a ^grassiaj.^fQJ^
raocomàodo; Di -Villani A.' .1^4 « dio jGiUgn^e
'>\^i Al Signor Oiovan Gfio^acohintA oi.o/i
-,j-vi,: );«. In In^ùìterta^ v ,v 5^^} rn:ì£8
^ ; U lleTetenda M. Evangelista Cij^tadiilA
(elinua> «qm: FalfiT jeri mi. salutò perisiKitpIgi
di y. Sign.'e/di lei e delle cos^ ^ue Jii^^
gamènte mi ragionò^ La ^qual cossi mi f£^
tanto cara ^ quanto altra, che io avessi .p0«f
tuto intendere a questi giorni. Di che vi
rendo infinite grazie, che in così lontana par-
te del mondo essendo , legnate najemoria di
me 5 e ricevolo da voi- per dono dell'amor
verso me vostro. Ne mi sono potuto ritene-
re di prender questa penna, per risalutarvi,
e ricordarvi che io vostro sono, quantnnquo
voi grav« ingiuria mi faceste di queste xolM
trade partendovi^ che noa vi degna&tè pasp
«^indo lasciarvi da m« abbracciare, conosce9t
dp voi e quanto io v'amava, e quanta, c^
gione avea d'amarvi. Ho inteso y. ^\^
venire iogni'dl più in? grazia del mQn4<f^f S
ptlÀ in •dignità*^ ,ed, ib riii^chesze. Dl/ohe ,cpi|
vbi^^iiìà raUegnow ^. Quantunque sb i& vi \(^
dfìiialirip^s»:»90ggu)%ai' dalle kàik^k^ tf^jMfi^y
éf^té % ^Totnw ^belfor' eiiarga foitiMia^^ *mi
TtìHAiS^r^ttà 'àlR^r ' più; lo ibi staf'còm& Ì9
^^1^0. Odd^) qtte^a istata passata prima kt
Tlmgia^'fr^ «la i imsei-SfoD^ nofitra di Sti^
Ìì$ìiic^^>t«^ |)0Ì peìr alenili poehi di quh E
fQp.tfim^no (eh^iù riogioWnu dal jpiaoer preti
i0^^di^ii^ederl(r 'e A esister ^ se^é. Gì^a' anco
doverlo riaver qui questa state, cheieoi^i
m' ha S. Sig/ scritto pensar di fare. Egli è
tutto btt\[>lli^ jft liùito sani* icie Aioiédx nelle
sacre lettere e' Latine e Oiieche ed Ebrai-
che. Nostro Sig. Dio i^li doni lunga vit2)j
AMd^'à< ioi flott 4iròl^ se non ehepsih di qua *
itffeMcehriìdovi' eon tutto iì mid annno nella
y^É^ik'aP'^udfia grazia ini Taèciunandò, pre^
|;àndc^vt lunghissima felicità/ A^ 5. di Gen.r*
Mttjb ii53?2. Di Padoviii
ly MÌ , • • •..,.. • ::. ,. :, ■.■•■••■>•' ;]' .;
il» *.} . -^ M* Alfonso Toscana:
^i^ fNòtf ìli' é cosa punto ttuovr, onorato^
M^ Alfbtisd^ Tamore eh0 mostrata nelle vo-i-
É^ lèttele portarmi ti - dotto e buono é
ftMo'ii§sinH3^'iM[. Claudia 'Tòlcrmer, né cred»
s^a éésa tiuov» a Jui quello, che io gli
^^o,'ed il gran conto v'<^i)è io di lui' fo;
Tuttavia- 'a me è'^arissfAofo il testimo&i(^
ftb^af^iéiò' vostro 'ed il^ fiagìonamentof^ ^h^
li(»écò^ éì lui ^fat^v^E ibpraì:tàfctiD m'-è «li
Mttft^Q* ^Mtte ^^ 4ihe^^0g)ì^peiisi^di[nd(iB«da
con laa imo assai; rij>t)5*ato, D^eir^c ?(. $ip^
si vuol degnar cB venire a ftiatiii Wia^|[i<teT
ni , €Hftr,ni& Be far«.,5>ngcUai!'..gi^Ì9tò <60tol$^
che le stanza picèfold' iim poco ^^niti^f^olty^
grandezita TOstra. Ma la fj|l:^ete -grafj^^jfmJI
adoperandola, Nelht ^ut bu^li^a ^gr,^iaji9J^
raocomaodo; Di Villa-ì'A.' \ia4(4i^iCiiugnci«
■-■ ' : * ' ■ ' '• ■'■■■' ; • ' ■ • ..;s^* ^ JB^i 'itt
)'>M Al Signor Oiouan Gdoi^acQhinQi oi.ojj
-i'/r.i.'i; }•;•■; '- In '/n^hil0effci^ v-on^jf ?>i3£?5
^ \ U lleTetendo M. Evangelista Cijitad^A
(elfonta- iqm: F air/ jeri mirsalatò «p6rr4(HiMo
di y. Sign.' e/di lei e delle co$^ £iue Jii^^f
{^aménto mi ragionar. La ;qual oqssi mi ì£^
tanto cava^ quanto altra, che io avessi .p0ir
tuto intendere a questi giorni. Di che vi
rendo infinite grazie, che in così lontana par-
te del mondo essendo , legnate memoria di
me 5 e ricevolo da voi- per dono dell'amor
verso me vostro. Né mi sono potuto ritene-
re di prender questa penna, per risalutarvi,
e xicordarvi che io vostro sono, quantnnquo
VOI grav« ingiuria mi faceste di queste coìm
trade partendovi^ che noa vi degnaste pai^
«^àndo lasciarvi da m« abbracciare, con osqe^t
dp voi e quanto io v'amava, e quanta, c^
^Qne avea d'amarvi. Ho inteso V. Sìa
veiiire agni dì piumini grazia del m^tido»,:
pia in -dignitài» ,^d. ih riii^cbezze. Di/c^bq tcpn
itei »niÀ ralieg»ow. Quantunque st5 i& vi "^
ddiaiìirip^ssMo^iggi^aif dalle £aiM«)^ f fi^.iMl^,
TtìHA^r^f'^ 'àlR^r ' più; lo ibi stOf'còm& Ì9
#èiitiO. Odd^) qtte^a istaia passata prrnia kt
¥imgia»{^^ «la ! itt«se> > SI odì aoflrtro di Sa^»
Jì$liic^^>f«^i|)oi'peìr alenili poehi di quK E
]^t!(f ifidéiio <ei»e io riogioWnu daljpiaoer preti
%0i^^i^ ^theAtrlù ^ e A esister ^ seéé. Ct^Ao^ anco
doverlo riaver qui questa state, che.eoi^i
m' ha S. Sig/ scritto pensar di fare. Egli è
tutto btt\[>il^ e liùito saniò i ^ne AtoitòN nelle
sacre lettere e'L^tifiè e Greche ed Ebrai-
che. Nostro Sig. Dio i^li doni lunga vit2>j
All^l»^^à< ioi flou diròi^ se non ehesth di qua
ÉtftMk^ehffìdoi vi) eoir tutto i!t ttiid soMbno nella
vOSlh'aP^^udfia grazia ini Taèx^lUnandò , pré«
|;àndc^vr-innghissìina felicità'* A^> 5. di Gea-^
Wkj(t>ìi532. Di Padova^ —
f •/ 'fi', ^ • •,.'■' ; . . . . ' ■ ; • "^ • ' > 1 ' .'
'"IM} '■ t .■ .. ■ f , * ■ '. . ' \: ■ ■ • \
ih r,'» ;^ M. j^lfonsó Toscana
6.r ^Nòtf'ìn'è cosa 'punto ttnow, onorato^
M^ Alftrn^ci^ I-amore eh0 mostrata nelle vo<^
ift*Q lèttew 'portarmi tt dotto e bnonfo é
ftMOéìssimo iMf. Claudio" Tolcrmer, né cred»
s^ éésa tiuova a lui quello , che io gli
^ìrio,^ed il gran coBtov' <^è io di lui' fo«
Tntt^Viti '^a me èocarissinofo il testimò&i(^
ftb^af>^^iò''vos(tb- ed il^ li^agionamento?^ ^h^
tàfèc^^ di lui ^fat^v^'E: ibp«(':tàktiD m' è «li
Mttk^Q* ^Mtte y^ 4ihe^^0g)|^peiiM^da[ dciaatia
e ^«t^-iréf^^^ % ' mie ^ alcuna snm nj^ett ì^ì m- spflP^
si^ltìién^è <ìdh ^ì èbiaro «e^o . fjd*>vorhi4i
voR 'dfeè-'; ( 'J^tò ^a^rélé^ cofl tento rendof gè^ di v
cfeiiVéhtJdfao ' a' tanta r ortesia^ Bene* è f «re^ofif
cftfe'^ftj^/'^^ol una gratide invidia,^ ptecìar lc]»e>
aVeté'tÒ'F wdUia^qii^lla opera ye'Hod ìhhtjH
yifflulir io/ Direi f che Io pregante ^aduesi^or
^ihteiitòr^di -fartami fiedere ;t inp «lòii^iyor»'
2^^* gta^jirlc^^ sò\K5rebiaHien*e. Ed*' laspette^^
jfif fd^'^^^to iheetb la sua ioraxioii .<&
^ceMj'-^cftìé-^voi "trti ' proroeiiete., Aa^i.^ndn»
^tfsfeo/Éar^èoM , chrc io non vi pm^faìr^rt
^^t/' òhe io sono » oggimai 'Ve<icbio.>iM
jv^rtiii-^ fatilo; piò disidero ragion^volmeii/;
tef^'téliè'; egli noti tardi a lascianui ved^
qriéìli ép^si ^ iche egli mia vuole che jotti
Lfà^ ^èifrle se egli si contenterà di inaìidatw>
ttìiy io lo riceverò In hiogo di singplar dooc^
E sé noft^ vorrà che io la lasci vedere n
' persona, e rimandigliele subitamente^^ cosi
farò senza niun fallo, e di questo siatenegli
voi mallevadore e promessa per me ,' e pi-
gliate anco ^tica» e carico di *daria al Ga-?
vallaro acconcia -di maniera, che ella non
possa ricevere alcuna offesa nel portarla
colui _, dove la dirizzerete. Certo che io
itóh^^ptJtVei^'avé^' di voi* còsa |)ià cara , e
n^tftò^'^aucora • 'mafì;i4lortoonte v quaa%o it>r-b^
é*ip'i4"gii^t^' tuttò^:>>temper«Mìo daUa^ielioniSt
d?'èfl^lifitjt<3^csy?|oó<?ho icose, eh* saiK) uscilà
£fiè^^aP4Ei)i^èi^4cggdrb>9 ;;e*V3oi^«inoitnarJb«àUit
#iair7aaiurcIio&rrmar c0fii4tieU^ I^ttU!ipty.i-f>be.^
qiba(i|ia i lÀrmonift* ;{)uiiqaj3< Bop f ^ojo ,4^7ltii;Oif q^^
pttrav' 't^fita^ ibi fido i])pn: > pur t ;4i ^<Mi,pitt^
i^ìC9 fidi A^Gtaudid f «h^» non sV..4^):^;^
oièi' Jasei«r;nè da ^ine y.nèT dar^voi^ ipi^g^v rji^
¥Qiiol El nomo a dirvi ^ ; a . ptrjoi^^t^t^vi,^/^^^^
dmaflimaDiFeBle, ohe? s^ 'egli 'f^ri-à^.fcl^f^^fE^Vv
ITO; oochto ^ che ^il mio ^mW-ìIa ifveggfi,,!^!^-^
1^05 ocdiiobnbn la vedrò*/'*^^^ ^glhil^c'fH d^
xà>, seria r bene, t la rinval^iaf^ Q^tJS$k9f^ta^fj i^
tflbf cefàlfa , e per lo priniQ Csi^^^ara^rJ^
mancate: a Vinegia io mino dxHr^^WJ^
Matteo Bembo mio nipote, che aìà^ a ^a^.
Maria i>aa^o¥a.aul campo*, aasai ^^nof^ii^iPl
éa^v^avaiUari tutti-, eOndanBaodgla . ^^s^ar^
ni«&te^i aceiò^ ^ia bene e diligenteai^<at9 IfKW^
tataliDelIe novelle di Roma, vi ci[Bgy^z\q4
£ > (vé irìoòivdiO^ che io vostro sonoi Sta|fl s^^r
no ergìakttateBii M. GiroUmo- ^g^Oft ^4à
di Lugim ^&a9. Di Villa; i . .j '(or?
t - ■ - " ( * ■*
;W /-^.ji: ]<)
1 1-
Jt Me Alfonso Tosmnor iiy^ t.ril.
H--n n;j'. '>ii-, . A^.Siem.'i.r'u - i- o'Jì;;;»;/
<f» " ' ^' • • » » 1 •' 1 > % ^ » , ' ? , ' ' ' . / r . • I I 1 1 '
*AJ vòstro .M. Marco :• A;^ionì<^ìboqfaM/?ir
quelle aecogfiensetv che .io idoyft^^^.rra^jQi^
mQodaadollfifn voi. E seì^U :iavv^inf4:;.v|i;le/^#^
àk A me , ^ conoscerà (^antot ivoi^ possia^Ptl^fHscrf
che.. io ìhotivpstrar itetiese^. iièlIdÌA<|^ili.o«ej^
«oi: mm^ ' maaiia ce > in jobblio ; K i i^mQiv , uqUa !■ n
yì p^rto ^ e ^^iò di. t)ori;i^?ì tfiMiilA {>erjJa
molte vìxAài vostra 91 =éW>giàii)ièQAÌijaiiw<A&
feaìoitatìssimo mi yll&oefo.-JL^iMoHmoaoA
Sesi profferte^ x&i soa camole vdolo^aj
baidaDràsanieale > se mestier^^MéAtt
i»ew Aikfucoairo ^on ti proSero 6o»ÌiKc;irà»
«1% che io tutto prima che of ai soa vgaèt^
JBàmàne che. nD^adoperiate^iAl.:Sig. :jQiacai«
Uditi Sig* vostro .re»dereiui^ 7 mèl^ ^<&3^^
deUe^sahitazionl sue 9 ed aaS.r.S. raiidffDn
Iift9.4p3iànt«><vi piace. j>ove Bii^vegiiie'iDA
ihandaiié. a. lui alcuna delle waàe lim^^llim
in>{brì[€Mre ia manderò latte à^lbin ed iiti'jioB
CjÌmsi fra podbi dì è chi pessa di fiir^idt
nuovo V'imprimere con alcuna, ginnta ,o}èlui
iMtctuta non ave tcv. State r^ano..À.\:^7A diiG^M
iìajo i533. Di Padova^ ^ .a >l>^i> 38
t^-- '•■ ''.' :...,• / .. ' ■ ■: .. •■; ' J^.^^.'■j■I a<illoM
u;'^ . -^if M. Paolo Sadoleto..iìiyi3i\ ^i^
'.-■»«' -i -/4 Modena. ^ . .i^/ti -v;
Increscemi , che non siate potuto ve-*
nir fin qua ^ come dite aver disiderato e
pensato di fare; Perciò • che io ainei veduto
e conosciuto quel^ioya'ne^ il quale, e per«
che è nipote ^.di Mons. di Carpentras , e
perchè è egli di molta e di singoiar virtù^
4!^':4* ottime J(eitli€ire«^<H) aàno grandemetke e
$[4i i^J^Of a£6EhùqnaèuWQiQ^ Ma;|M)!ÌchàAÌe^ \^
ipìbo^rò cOomaolcK^idi'f Mentirvi t^siotdocfer fio»r'>
"^DtfiAAnesM < il ^ini^ìo^iiDialogo in6ÌGBie}ricoii
teo^oiPCMo)etfie{e-J9*^^ii«lÌ€ di Mossi JvToefercb
Hi^ft^Tìgtàeià àéLÌK fatica firerà ik ciò; JSè
^^&tìà wesoi^ratxi^talouna scoia pec^^èauÀtdii
iàv>^l»<>ò oiEtét'^pqir tempo assai ^QiìàÀto al
métg9 mi^fftie diiio^to uiaiidario ^fuoii, <po-
RÌftOttBe ^xAflu» e ! ic|« ^icenzai^diorMon^
ncifibrtìffe'da^vtaa fiai {)0i^i'|pa»li^iegrkàhiji:t«.
Ber^tq^OEirg.i^. rmpl^ssa. 'PiaetsrBiv'tkék M^
^Ih^rsihe djbie , ideila ir^sata^i Mxxksr.di
' Salerfitcb^n^ Ualia. 'Né potéa i^ncir nao^ìa 'più
cbraajifé ^^ noa yi semisdi liMotis.v /vorace
aiJdtQr elim^to e xk^n quel medesimo e ripix^
aop ^dbÀ 0giiiha^ e gode ^ hel ¥es eovato ^stat^:
Se egli manderà in qatt^ìd Oonie^niaFia ìdà
Mons. vostro, il quale io disidero mollo di
▼edere, non gli si mancherà di buona diligen-*
za, perché v^g^i^^éitTa eueoireito e vago. Sta-
te sano il mio MrsF^a^fò i^^ me non mena
di figliuol caro. A' 28. di Luglio i52(). Di
Villa.
■j oBogiifemài «ottixlf. (Sig.odéB* i»a¥iè> *lel'
l
roiaip«re%iBi||^>,Iiluaife Sig. Conte Agos&gM
figlioiszo e figUttola mio .caro, ^kUa <puil
XBOffte mi cUile\€oaiezza^..pec le voMee.leilAnKr
re ck*i3« /di' questo m^iifli»- e. <:o9e»^ egaiiiL
in lai perdmo^iia buoii iniftello,:.;cl^ I^Mn
queUo- io il tenea;;,?^ ew Q6friO'.<^^r tS^
]ui. teofUo pcr.fraieUo parimeQte^^ tasM^n-.
.ine ne- dogliio e wBmmìim^ifpàJMDAo fnc.-
boi)t|à..di Biad. -Costans^ tyosicfi) laadll^ ^
dì voi stimo u$. abbiate senato P^ T naor .ni;
r «Jltro inpomparabilo/ cordo^^H|x,,T(#iMndai
e{{U moKto in età idi ;poier ngionfWf4tiMMt
vivere ancora molti ai^ni a [8o44Ì9£uùoiin^<di
voi. ed a profitto e4fMKnodo dellavoaira oii0<...
raU| Simiglia. U che poscia, cbe a Dìq. wMr
è piaciiuo cbe segua^ e xJiie egli ha loiisk.
se chiamato-, resta, cihe voi, cbQsel^f^vtbf^
co guccessor deU« ^^ue ricchezze iàma«o^'
prendiate animosamente le sue care ed^it :;
ano^ pensieri , e cerchiate e procacea^ean-:.
cor vo^ non solamente di mandare ìnnensifv»
le vo^stre fortuna, siccome vedete ohe luh;^
fattQ egli j ma insieme con. esao loto ^ 0»u*
molto ancur^ pii\, la buona fama della casa :*
ed il nome particolar vostro , e tanto pi4 j
vivamente, quanto avete voi cott;^ le moh»*
ricchezze co^igiunto T ornamento,, 4^11e let^ ..
tere, che non avea egli, del quale orna?...
mento gli sete voi tenuto, e non fu egli :
tenuto a suo padre. Quantunque tra tuttet :v
le cure^ che deverete pigUarvi, né a ¥<H' '•
più dovuta, né dagli uomini piì^Jodata, né , '
a Dio più accetta potrà alcuna essere,
prèMT:, OttrtÉndéitf ' e '«tenuiiMi^' non* HMtò*^
wiCit 'ittlitiiattM'' "e ^^A^iN^ntt ripòHiiidftiU'
«Éituv#'t^'n9nàii «Ho, e di pi^tt^rlirV pòt-*
il iitaiP^'¥id6imf^ aninii»', come dia 'rKìt^
mali«<fttlM' volle io ftkri ttóa-inett Àiiri^
aetsidtfiii^ i»6sl!TCito. -A «^i proferirete tmid t
qadihl^' ébe 'è io me , o «arft gtirminai^ td^
ogiii^<4iMir sQo e de' mor, ìt palernèdr»
ftporrcKOIIIhictitts ora e ftéetMàfi htm iiltfii^
meute^V^ dbtf se io le fóiiii tftir» frateH^;^
Son^^^dlMi q«érto tsiiat^^ioMo, ehé^t'' V<ll'^''
doipi't il donté ¥d9f ro pàdHB^ l«sdif to* Una ^Éè^' *
relfai ^ iion mftj' laqtiaié'ifggittiftr dee^Maè^
M te'- età*' dì "d^Tferlè dar éofApaigttii, f(^^
gliato^ cyU]|èn temente* ppoeorar ai'''tt^è¥ar-
glieb '«iU^^'tli»' elk sifli e pien« oòntetiisiim
di foi>^ «'Mlef Mor^^dellt fitari^é.* IfMtli-'
meiiotKoa-'^&Mo «eaerari dr ndii''vì"dTre, '
«lie'^amo ^ft le aaréte largo e liberale''
detta'4^os^ rìtobé«D8> pei^ mogKo' e pì^A
onor«uaieMe WMtoar U , tà&tò 4^. Sfg. Vib
pia '^eUe ^edeidmo * riechoa^e fi «tiànìk;
Bembo rol. VII. 1%
-SCIftMIvfKkÀciiBUlif-Él/i^aliHidwap^a»!» iét^ilmii
W/T% !^^||ÌiV^' « lr«Ù»^>(cAl^i«ìft^>lAthftiiìnolb
^^ftn^^r<r^ morta ^^^i ^^ii^eolltelMM
fti^i^^ahe ''Stellò?' y«'^4^ iJonO)iMp:ìk.
*^ÌEni/v<i«ti^ dolce ¥«]èoHéè«^ dttewt&flé^ éi
f iaiv<k^a'^fitècuile>'fla«# Ce«tHtz«fi44ei!iddt)iGWN
che né men di parente vi sono, né mea
di padre mi vi tengo essere per 1* amor
paterno, che io vi porto. E come che- io
Slad. Caterina mai veduta non aUbia, pore
ìivno quanto figliuola , poi che ella vostr»
aot^Ua è , Ir quale mMutnno fatta essere
ancora vie pia cara le sue latine lettere
■.mX
Boeme» h^nsttr'^ <IIK^ ÌM^ 98VWÌ$Sfllè
Ai iia B« «9frUri»lviii/yi mifm9mm^*'M'
4Urrpei9tó/ianMi(sHf»l«i-9fM ▼MM«'^fP!»
fi9«i src , oaoa v sir^ircj ih ay-nj sa od"j
louiv.- 1 Tir, ^T?--.';^ Aj;^rjat iv rrn si^sq ih
givi] .iiiiUÌs -i.^T .'.!;.:;. ov uuii Gstnajn'"''- bsM
' ■ -* ■•'.■.. \.
< * AH» * ♦ostni de' ai- di Dioemjire^]
.tmonderò j^ochecighe^ Sag. Qoiite;QOD|i^^
l^ttol- mio- enro. /Vi^ riogr^io a^ t^^
titaflTdatomiy: «€te troppo cqi^Aesf^^igtn^^
Consiglio che mi dimandate , se dovete pi-
gliar moglie, al che fare sete astretto dai
vostri, vi'4Ì4(^f>cbe aon potete far meglio,
che rimettervi, al volere di Miad: vostra
madre ^ la quale é per la sua molta prB-
denzà Vi consiglierà quello , che sarà ril
«ben vostro, e per l* amore ^ji^^^te ella vi
|)erta, dee da voi. meritar queste^, che: più^
.^he' a veruno altro, le crediate^ I^iàcemi ^
4ie arete come sperate ^ maritata Mad.'^a-*
aterina vostra sorella^ e di .ciò .mi.T^Uegrere
-aL pari di voi. L* amor vostro .'v^iciiOi^^^^
^che mi dimostrata in . ogni ^pa^te <àelÌ[f ^
•sere lettere^ come che a jne^x^ ^^:^^^
«liè^noadimeno sempre «c^ro/ titeiìtÌQ m
Jt raneescQ vostro JMaestro ..esser m«l . conten-*
lo, siccome poco estimato ed onorato da
vvou lì\ grazia. Conte mio caro, non fate,
che SI possa mai uire^ che chi.^iioTto ve-
risimil mente ha meritato con "^Qir^Vt^j^X^
avervi cresciuto da bambino ipfliiio a/ aiyB-
éta età , e seryito , semp^e^,^, qt^ , che séte
«grande., e Sig. di moUa ncchc^zzal*^^^^
< ••
sia da vói riconosciuto eoa quella pietà ,
che si conviene a si paiernq e si lungo uf-
ficio e Éfiìà^ Parlo'V^i^^fMà^ lo grande
amore, che io v4^pènqf Eiibi le vostre let'*
tere da Yii^égia, Sono, stato qui alcuni gior-i
ni 9 e pensò di partirmi di brieve. l;acreb«
tfiemf min v^àVer trovato Mom; .rArcrrescovo
V^sà^'^io.' HaccQoilandtftemi : a ^ad. Vosift
dy^, ^salutatemi Mad. Ckterina^ é.*s%^
ItSàorò; Di Bole^a^V 14. di Gemiaia rSS»^
• • * ' -■-*•.- -■..*. '•
,oi., ..- ijj^ Cù^^ Agosdn Landò.
' " A Piacenza. ^ 1 i
'I
J
^* ^"Cotùéchè^ Dtolti di piimadal Gante
Amoirirto Scotto inteso avessf, voi avere*^
'ìiià^U^\Vtès^ una gentile e ricca fanciulki
ifiidlà^'tostra medesima' casa , e ne avessi
Hi^d^titsòWion sentita, che io deveaji^puce
'1^^ ìàlpMàeAo* eziandio ora per le vosicG;
'fèttcfre; Wé di nuovo piacer cagione stato*
"^"ìttóròmciie' adunque con V. Sig, éi quel
lodò, etile dovete anticamMte" sapere doDe
".^ lo nelle prtfòsperò^ cose vòstre.» iCJài^puM
con voi 9 ma parimente ^cojn la Si^« mia
comare e madre vostta Mad. Gosiànza^^.a
jCai a questo tempp cosa più cara e più
^isiderata avvenir Qon.^ potea di cotesia.
^ À^zì solo ciò restava a dovérla Ikr compia-
làmènte contenta^^ Priegovi^,^ez{àndio^ che
aaliHia^e a nome mio la Sig; fos^ra -^osa ,
\
la qnale amò og'gimai , cernie figHmM 41-
suole amare, avendo io voi non mfn ^tte4*
^liijól raro. Mio gran di»iBcrio era djQwt^i
aer vostra madre e voi , e veder Affili^ tìp
liprìna vosub sorèlla, the ancor vcdiHlf'WÓb
Im». Ora mi s*è qùesl' aliro sprone "giifttft
jUr animo , dì vedere CTiandio Y alinpiiiCUf
di voi Slesso, di modo che io noa éfiMW
jiji di non venir questa state a PÌd^iM'$
sé io sarò sano 4 per rallfegtsrmi mi -Mtlt
partì , e ^ sì piena nsU. HoSS^^gà'Sc
Dio vi &CCM dì coleste doku fieiissimo ed
'awentnratÌMnjBO. State sano. M^ S^ d'Aprii*
1533. Di-frfcdWt""'^ .''-■^-^■
rj. ^/ Conte jisoslin Limi».
•■aiJJi; 'X'- . ,.::, , - „ ; . „. ,;;
^"'' ^"' '"'u, '" ■' ■-'''' --c-^'o^'l^
"^/ '^Soi^TRtist: Sì^or Obme'tBti^ Alle
stato qui questi parsati ^i^fiM^^ne la-'8i§.
vostra madre ci è stata ,- Mesrtitiè^':)com''nÌ
sarebbe mancata alla mia^ji^Jétff sUtwfàxNKM
ed appagamento. Ma f(frt(i bk^lUtfr^^ttlBin
ta mia ventura, acciò^«3tìM'16 far'Veqjja
una volta costà solo pei'Vi^eV'^vHnAaià»
jo amo non meno di cérìÉsìUfd -e'^isioM^'
tissimo fìgliuolo. L'ambrfrV-'<^ WrHe TOMé*
Intere ni] diniostnite '^iVtfret^ -Von criK*uft
Wè éab-^l^anto, clic eìle non Tengaoo ai
Btezzo il vo&tro liberale e magnanimo catti
te. Dal mio M. Git^rgio ho inteso quello,
die voi non mi scrìvete , che tulio tn' è
i^'iafiniui |iiacere e diletto stato. fV. Sig.
JPio vi faccia dì dì in di più consolato e
^iiì felico. Io són. bene uno, che godo dells
jrostr& gra&d^czza, quanto altro uom the
i^iv». Avete fatto troppi vezzi al mio inulat' .
éìeta- StAte &aao. À* i5. d'Ottòbirìe "x?30l
Ci P-adova. ■ ' "liift -^i ^g
. (fa t , ,1n.(.
In /spagna. ^ ' ''
Siccome a me i^e^bero , Reven. BI.
Pietro, vostri s'ioistri dì Nizza, de* quali
per le vostre lettere intesi , così mi stato
;Oaro dappoi lo intendere dello esser voi
.gìnnto alla Pstria vostra, ed aver trovato
5tostro padre vivo e sano assai secondo la
jmn età e qualità, e vostro fratello e gli
«Itri tutti star heqe , come per le voslre
;4e' 2y. dì Febbrajo mi date contezza, salu-
iiAndomi ancora da lor parte. Di che rÌD<
^azio Dio, che non v'ha prtrciù voluto abbati
-àoaar negli affani, ne v'ha dopo le faticl-e
-^dato questa contentezza di vedere ì vo*ci
** d'esser da lor vedute e ricevuto con rojlta
-festa, e rallegromene eoo voi e con esso
riwQ- parunen^ ^Ljamjr.j ,c|ie .sai ^0*15*'^, >
del qnal fate mcntton nelle, dft0 rà^tfài
lettere^ non m*è punto nuóvfi, co^fif^iKvM^^
io k vostra buona e dolce natnjra;.lM^ |ii9il^
^i dito\ che voi ne sete ahbondevcdo^^gae
cambia'to. Che cerio non v* amo , né tgugo
ztien caro di quello farei, $e figj^oLjyu
foste; E voglio faè\;iate /quel conto ,4^*
Alia casa, mentre io,^fci viverò , che^f^^
dc^Ia vostra , a poierpe sempi^ dis{M>rr0, e
sem{]|]re valervi di lei, ed usarla ad f^§^
vòstro onore e eomodo. Che cconu^c^clie
elle sieno Tuna dall'altra per cos^f,^Bgo
spazio divise e lontane, pur può avvenire,
che Tuna per Y altra possa alcuna cosa a
prò e ben suo. E se mai vi verrà in pen-
siero di ritornare a queste contrade , sape-
rete dove tornare, per esser da figliuolo e
veduto e trattato. E certo non potrei' aver
coDsolazion maggiore, che vedervi con sod^
disfa^ton vostra qui, e sentirvi usar le ipie
fortune, ed essére alla parte di loro, siccp*
me n^vete col vostro lungo e fedele ed a
lne> litile ed onorevole servigio ^ e, con la
vostra^ virtù meritato. Delle co&e vostre mi
rimetto a quello che M. CqU, ve ne scrive,
a enfi ho dato caricp di ciò. Io sto.beita
la Dio mercè, e sentòmi cpsi g^gUafdo ù,
httè^ come io abbia fatto da molti^^^ni ini
qaa^ e vivo in assai tranquiUo statp^. comj9
sapete. Né le procelle di questi turb(^issJaiiJL
teihpi mi tolgono in tiinte la mja qujeie>
the io' 'sempre non renda grazie a Dia.
'^^èllli' tiitl^fartmia, e vie piò, dell'acino
^liì^^àtò'.i - che ì6 dà sua Mjiestà 4oQ<tQa)i
■■'t&a^i' State saoD, e siate cooteato.. di. scj^i--
; Wrfrin -ijuia tanto più spesso, qaaBto..j(p-
^déAi,'^'^fae'-'}e vòstre' lettere mi sono, V^-
'4uté-l4^ volle, e smanìsconst le RÌi4.,-ai
---]«ce. '4>a -me e da noi tniii non nianci^--
4è'ctM-noii vi si scriva spésso, se^ la 4^9'
"-goVoleeiEà àéì mandarvi le lettere nol^ip-
tort. Risalutate a nome mìo vostro "pnqre
'e vostro fratello. A* 27. di Settembre 1529.
Di Padova.
'A Messer Pietro Avtla.
In Ispagna*
''■ Tenuto io qiit in fiològna ajbf^g^^
. tf-pie' a H; Signore ed a visitar. moltL.mì^
Sl^ttòri^'dd amici, ^insieme a rjvfij^r,,^
Biia''Ma{^fbtie, cfie'ne avea. bisogno,. bp y^
htto'oggi psfrlar'é al vostro tesser Kpderit^
p«r aver ' mttdò .dà lui di m^n4arvi. leM^pf^
aiììbóine bo aviiio.' Perciò ctie la ii,mtenp^a,
rf*e-egK era ^fll'ISig. M. Jacopo Salviate*
Simqtre- vi scHvo , >' dÌQOvi av^rQ ax^M
due vostre 'leti,ere,c.&'e mi 'sonostajejnolw»
vtaé\_ intendei^aó- non, solo deUfijtosira ^
late-, Ttm àncott'^ei vostro '_aflmo.,fico(;^ei
voler dt me e aeali' ialtri irirere.^Ó5|j:i; ^flh»
cfescemi, cli^ pare non abbiate avuto al-
cuna mia lettera» od io co' cinquanu duca-
mMuUft r«r Gteova jH^; fiaaridi ^•'Ì0m»Ò9Èi
pafeate éo^ dk:.d9Mm'^^$(mr;4^Uhryi<;jM^^
•ti^apcto più 4'mi» Y^bt^ft^pUr* df^ol.eff^
«ti raacrìsse svem ftliaiidèu iik bp9{pi% afi)
cKindé 4 ;.'foétra ordiile. ^, :a9i9iK ^NW^
aia^^ M'tio aròjnado 4if inaiidaj|^.Je|t«p|{)^
sijito' dòpD'ibi fAiiiU VQfUra sf^4p9di^||i^l
mm^pfri^ miua qaakbe imvagUiàfr^f^e. J||
portato stMr ^peau stagiona piena 5)4 iif^c^fi
e, ittOTiali Marmiti , e di molto caro ,^ ^hfi
hfc poaiat^;pie^ in aaore ad ogoi .^omp^fM
GiMtilotiiaafto; MBtiQftclo ia ogni citici ^
contado wm ^solo molti sìoistri» ma am^
molte mkorii Beile. povere persone perf 4|o^
ala * cagione*. Qi^ lodatp Dio^ o la < faille.' 9
lo-anfcrmtta :^n# pai^iite.^ «^per la^vo^f^^
dolgaoairo.:Ile in ftslia ora si fa paca|ii*
tutta lei da Fiorenza in fuori , nella quale
per sinistro suo fato ora derivano tutti gli
incomodi i|i^<|9ea4i paesi« 1^^ paco
potemo sperare mìa lunga quiete e un buo*»
no e felice secolo. Ed io per me avviso,
che fia dolce il vivere in questa nostral
contrada pifh^clNBt alitowf^o in^Padg^ più
cbe ,jft ligair val|UK>. lioo^ di MscvC J|^
^mpo k^xJ^ofke hvme più ^ f^nuai^
che tenei^'ia viii^»^(i. padre, il quai^nl?^
iifVànfii» qd^V^do^ %veteiiipàf«9nii^oir
«èir^V^tfé^ iché^^^ieifo, ii«)k^<ji]flìfcm«toi
J!ftè.^4»^fto'^^o#> viépò* mèli wèeotierij
tf«M^ IMMteéMlb. ÀfL^^Oolar, il xfuafe èi on»
e<flB[?%'^ WlpA'^}<4atl«te,4ì« ffiob)» ttq«ìsra«a
fi»^ lipasi seftìfò; tì^»^^ ^bàr|<fatto in
mrd?4èm^'é. E tuttavia questi mesi pissatt
bS^^ìharitàtift la Giulia , terza mw nipote ^ ^
Si uno inosi^ gentile uomo assai onorata^
tàéaie 6 bene:' sil^che lanco dij ^qu^ta par**
<e ini son fatto ' più tibét^r Non ragiotlwò
|ièr ora con voi più a lungo. State ìiano ^
^ saltifiate a nome mio vostro padre ;«
tostiti ^fj^éllo ^ è scrivete apesso ^ ópà • che
Ìi^è#é spésso nibdo di mandarmi ymftrif' let^
fésfe. iC t^. di Bicembre 1529. Df^B^lagn^;
• . 'T ■ l '..»■" 'r > "• .'.'■" • ' j- '' »
■■■ • ' 1 - 1- . . T • .■, . ■ J . ' ji
' fSbM-^é^viMtrtr' lettere priflia^ft- Pi»*
r», poi >d« Gat^^traMo, orK 4i Spagli*
'5&' «fcf
é^>^.' «ftl pé^sàt»; <{tf«He di Oeoò^a'M»»
■fl^i^liò t«nttt«^àtt« mani. Le cfMH iiititn^
^4 rÒlÉVVtt T«!klQ.
v^ Tdia da. voi deHe cose^rostre «'^ello/^lteèp
si disiderava.. Dogliomeoe con voi al pali
di voi stes^ e per rispetto vostro '^ |^^9c^
~^mio ; vostro; t;he vi sento rilenato «^còim
stretto a disagevole maniera di vivere 1<n^
tana dalla libertà da voi disidcrata; mio,
che mi veggo privo di voi^ eoi quale pea«
java di fare alcuno anno di questa vita.^
che mi resta ^ molto dolcemente^' che nes-
suna co^a mi potea certo esser più d^léH
e più soave 9 che )a vosfra presenza ed il
vostro costuiìifatissiino convivere, del qucdd
stimo che fa fortuna . m' abbia posto in ispe*
ricusa con la dimora, che faceste meto
f qnest^énno, per darmi maggior ferita era
privandomene. Ma come che ciò sia , ella
non mk potrà, tprre la vostra a me gratis**
sima memòria, della quale cercherò d*ap*
pagarmi al ineglio che io potrò s^ivendovi
bene spesso 9 e spesso ricevendo^, da Voi
lettere, òòtne fo. E Védepdovi ritenuto aeUi|
Patria da giustissima ed onestissima cagio-
ne, lauderò la dilibérazion vostra , e teì>
rdvvi per *'queHo, che sempre V ho cono-
sciuto essere, t btióho e prudente. Né tut-
^via resterò pregtfr" Dio , che doni sanità
à vostro' fratello , • che potrà perawentuwi
irìsAHai'e, se' aHa suii Maestà pìaqerà ni^esaif^
dire i'Yòsttì e^ miei prieghi^e auca^^i^
cogita y jqiiamunqae la infermità swi-^
*^òrbp sia disperatissimo. ErqtàaU anfeftdià^
'^luter^te ^.nòmc mio: Di^ m3€ vr postìxéi*
t^ 9 che ^ior s4^o^heti fib^ Ha bé^ manale
detlii qaible la- f;iày, come f ap^W:^ . ^^ J9;;
BO^oe eredetti guarir più» Che,lo<^a^ i^
SU1J11.DÌ0 mn^rcè, A elfi i^^go^ ^oB^ es^^jf
ricorso io, viino. Ho aaca ^^^^uep^ di .^yuitJ^
la mia c^sa per la morte del Conte B^fi-
niM^oo^.^riOQ che io vi s|a^.pef^^por dear
i;ro,;ichQj^Jè la.Goi\teiB.sa(^ ^tara^yi cinalch^
giorno i^ ma . a me . au^ Ix>., andar^rì. Ed \vÌq
|p|i$9minQÌàto :> raas^'^xtar 4v ^^^ ^^4'^> P^^^'
phéin'^ayeaig^ bvspgno , e M. Cola. ne hf^J^
etica, (^fa il bap49 ^^^^}f:^^!P>fi^^^^.^^
bitofia 5taA£a, inaspettata ,cU^ ^^à sia ^ l^|!j,e
£:& .tosto, per quello che ka^tei:à ^d alpjfP^^l^'
11; Cola i a il. iutt9 mostro ]\l(^^Fgd^5^g9
|;ià se ne invaghiscono. <ppnie.iab,$^ ^^ip^o.-
^lieamente stiamo assai sospesi^ jdi qiielJp',
c^evavvcrrà p».r conto delle co^é Tur,A^e}-
wAte^ 4«Ue quali, tuttavia,^^ ^pera tea?
9^r k gfàwdi prepa/^jf^ipni, cljj^^- lo'^^j-
|IÌ«p4<>r€t col favor 4^na sua ^j^amag^^l^
già. 5! intende , che nella .Bossina soùo. stali
tagliati a pezzi, alcuni Turchi , che pjre-
davanaqqel Pl^^* ??,^S-,JpJi?iv^difenda egli,
6 t^ovérni la sua. caif^a^.^Ho .llfatLe tutte le
aaUutazioni vostre,. opeir nome di ciascuno
>e; 1^ reodp moltiplicate, e sppra tutto deU
U .ClWnarft^,J9^y»a^^%SGÌai ,,||Jiq^ìo.^:p.,Xqj-
ifl^t<?j^^ncq|iljSantoii,n vostro.^^ssji tu^i
2^^#QÌ /MJ^ifeVi^itiani h^^ JF^(jj-|iìro qi^sta
hHs^^^on f^AgAv^oil ;a| ^ai^^p^erjni qtieì-
4*f («t?M?, nii B^Mttete^ iJi/^prhar .pièmoria
4krfW!7taflti,^^Ì>riv^^ 1«
f89 #Mlff MV TMfHf
SfÉie sitt#f'ii' NI Siffttéir Diar<)P«CI oofiSfUi *f
èhe sé vomì t^kòi^aall^ l^iifrit ^ft^MiAl»
]|ltì&v^èi{fèr'{^y^ éhe si Moti di^ fk9Ltoi>«fatf
... - K^ cj*.r^^iil .-■^>> -ii;^. SiJij ^.i;-- .-^tJJH* iji SJJ
. "i^meihehin kma^leimi
'^iV f^M^riàk eàmbméi^c€fa6tshiqai%
ió'^é^Uikto ^j^héf ^k^énfbéb iioptìmmn
tibi 9 cai nigra parent "far tiurm.
fiumane ]«i««mB«Md(ìdeVaùìiiiM^xl»gM^ ^»,
m abbia qaAtl«ijee^^li6a« l^rt§iti|À(3n!PS, q^«
io so, che voi vel conoscete, si per la qaa-
Utà di lai , iiiVji|4t«l%-già 44VA. <)i *^ <^1< se-
gai di dover dÌMa^iSili J^finìta soddisfa-
zioa mia e de* suoi tutti, che aggaagi^tv«->
Mitiii<^io»ide|tdei%DnS|>es&9,}'^j|» s|,|^,lf|^ ave-
i^«^L<«parMt, aV:iveQ|§o^eUf^ niupliN^ ^^sif.
•jlaiwbe é^jtA lMli&c(MH^c.tl«4^te cojqaie^ii^
unopiu^ M diloeva «p^fM .v<4l^jyi^^aggior
ertniAìcBli Mttw»»ii.«ì|p9iWiWen^|r)B\ièi>Qgiùì.
ff rita di questa.. E tuttavia rendo a Dio gra-
lie di tatto ciò, che alla sua maestà piace,
é piroourò di darmene pace ài mèglio^ chs
iostfMMMt>jfii[o8t'.f aò))«ilf t {«H j9|«»^effli l^i rac-
ébrt«i9^'$; i«ìc:i9»d[^ dim^;mm «>%%^ft
'#Qi8VtÌkf«a«|og)«A»aS«|iIii d*S*ft^sMi
li^9ÌfS^ «lì^>aì«i%)fMr9«t$^a(j|M|stgM
i8ft : TOLimB nud! -
ragiólt3imé> dirvoi, qa*ki4o ia< CQA larsfOWp. j
Io ho 4mi^ ate yolia vostre; letl«ne. di SjpiK^:;)
gaa, alle quali riftposi«> Vi 'pii#go-ao§^*^r^
sia grsv^ .rdarmi so?6Bid di voi' e-defieo«;ose;.^-
▼osire .ft^vcillt; Gh« k> ve uà. jdacoKr a hiW ^. q.
bene; spésso di^ me. 11 vostra Saa^^ìi^-xm^,^
sce beuo^ asiai. Stale «aao iic^iBio^^fO^o^^r
onofiitO'M. -Ptelro. i^^. di SfRtdaibiO' ii^f!^ :j
Di .:Vinegìa. * • ' •■ '\ / ^-.^ -.:fo- ^
-— ; -.■ Ad AvUa. ' . •■- *-•- -^..-.f
; . - - • . , . , , .... . ^ j, ; a /^ t
: 'NoA WpjricDa rispostò' alle -^os^rtt^^iiUj^t
timejdfletUirer 4e* io. di SèttembM. Gt^ S4I0A^ oi
staw'siitir^&ti sòtesf'pieòo di«ritK>|AÌ|ritf|^
per^tsagton ji? mia grai^tssiflàa malattta H&lp^ oi
Comarìr y09i,n ^ ia -qukle ho pia vòJiIa^^jbI o
dato dover sema fallo alcuno «JMNiHr^f i|9)fth>i;
dimetta e&a è orsy la'^Pio inet^^»f>ii99bj|$f oi
lo vira j mal ancor -vì^ìm' aUa>m 'saniù^J^.
mal'ÌBuó é stato uiia febbre iaifden\issalki% di .;
prinut.ed aciifissiiMv posòìa "Octe aH>lte:ia«?)^''.
niere di dolori el ptminieilte deUe'^a»atfi'<^ 1
delle braccia ostinata e<4ikDga di ptu di taaat-kn;
tro Diesi. Tm qixesioirfianQo'aQì ^eaonanh^).
tenulp mei^io,^ dìc^ió'^ioa crodeui-. pis^t^rqo.
lare^ : e sp^ro m a ntenet*mi.' 'Ghe < ho ^ :Ci«#i|||tr.^^ ,t
via 'ttteè;le: ««édS^ bboàe dtspos^atojiii o[
miep e . semoési cassidi mondo o ^ Im^er riaf ^< J>
mi ,oòbe^f)ùfltdtf! firaftl|ai!^nsa»(^«eay J4 ;fat^ r
lataasoair cflf litqifalen i9t i^on r ^iirf «^ doliiv ^ \'^
ff. 9tffi IHù lo ri^aai. Quanto al di«i4érìo'
chéT^i^éé'^^'ed'^ailhi fl^peraaza eifeiandio di ri-
yeitArnfi^^aaiiriéP che -sia, non dirò'^ltf o, se
noi^^e^fiiftte di ciò siourdy' che ^ nessuna
cosif^ ^flri ' poi rèfibd* a viréni r più ' diridl$i^ta oè
Sii3r^r«'^-^é rivedervi qui, e Tivèd^arviòi
i ^AelK "laniera , dèlia quale già' v-'^bbi
e gdtfei'^pìrimà ehe vi sopraggittghekéer le-"
novelle della malattìa di vostro fraté^0É^Nbn
ho amico nò parente alcuno in questa vita
fuori delle mura 'dèlia 'mia^ càéa, il quale
io ami più di voi , tit inodó che se io po-
tessi riavervi, crederei dover viver più lie-
taméfité desiai è^più licosa to e eoiìtenta^ ehe
io iidft^frfo. Né in 'do fingo ^ che' non ho
da -ifii^epé Itliuna cagione. Solo Vamor che
io yij^rt&y e quello che so portiate a. me,
e la'^'^^siAi^ bontà e virtù mi i&nno cosi ra-
gioDÉI^ iiir 'questa ^carta con voi* ' Arete avu-
to iéftefird'^da M. Carlo Gualieruzzi dì Roma
sopìible^'ininik^cie^* ch^ ha fatto il Palenzuo* '
la éi*félètHn]pòr]^'in piato la Commenda di '
Bolo^[IÌIi^-xhe v'ara idato molestia, non- du-
bitòt Smiosi'-pdi qulorovate le scritture vo^ :
atre 'ic^fhra^ la ^causai Né io temo di lui. U *:
qaaiè^^ttiiftàFm ilisina a qui non ha dato pd^-
cipiff-^dr mol^ettaìrmi* Anzi stimo , cfae^ egli
tion^tfhllià a fare altro. loml vivo , /come
io aéiglib,-^ {ll^€ola é'M. Federigo alcresi
che fttiflMìxko bellissimo , e vi risakttano, e
vi si 'raccomandano' senM'fiae. AL Flaminio ^:
Ma rkttmato a Starsi' ^<;oil noi per lipoaaèe:^ ^
Bembo yol VII 19
e-cJStsiMiaff^i]^iìf n&< non }beBe»^(^b(fora ie^rnog
Uiiiàiri«pr(mo«<é totaafrdIxD daifiénitf) gfid&ikb
suoi ^ Vistegìar^' GI]Ga.iaIldaToclrd^GCloliMJsrdtto
isad'^ISTÌmana> .aMa^iouol^ìéiif^eiainéfeld^ttMH:
6i{b' fuluco per la inorie3dkxiSlcfi!|C|tEte&}iEà^
i|4ak) Cardinale e^i è 6ta<)QM jHilasÌDlMnovtq
doto ìOr;;i>«9seggiato ^ che 'Àvnmaao dSe^aresb^
sÌBdocljìqSiJ Si Gosì 1' abbìafBr|)ierdn%oo lanasri^
ó4fa4ai:èDluuvyo» iiìi icrivete^.éfaeonn mfni^
cresca darvi spesso di me novelle ; eìmieiSL
detto parimente a 'yoi. Che se io averò so^
vente da voi lettere, sovente sentirò quello
che afmprervoriet iSendre. Statò sMo^'^^g.
di Gemìajo i535. IlM Pàdova.
A M. Francesco Montanaro y
- f^icanoidelÉPodestàr ^ I
. idi fi^iGenta^> vA-nr^i ,oix>
i Anoora che ìarsappia^ xììùì'jwoÌ'ì.wM^
psDi «a eeom andata aempreì Dgniif^jgiiastnnp^
pute> ^i /perchè io iamo xgrandeméniEe'^ìx^daAl
mia giovanezza in'i<{tia:'¥alm0 «le^fi^lir^yfY
isent^ifl^é si^^eeehiè jfiooDacodesso averi {ì0«
tftBl^imi n.'soUeaitifisiimAavTecsar)!nellarìMiiP
sdotèbtameMtriap d^ ni| aim Zìo^ nuceiràm^ài
moi,rt0;^ >« '^uest^^ sodo cevii fmtit , ika» v^cU
té. Qontqxvemét poche! n^e fiigliair; .fidanàr
di raccoi»tiii(bàoi(ilU^^o$trat^^J^^ ààuSi
pregandovi con tutte le forze del mio anir
jno^ priipa che ora affezionato al valor vo^
u
•i*:--W
■:
0'-'
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r
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sCBO^f/k aioli 'iksdar'JfaoT' tolto, ali -.detto < Vale-*:
nmciiSeK^ <|aiii£(na ultra che fiiretaquello^i
oUh£)diioirdstroo€d»iMmeV iosice^^ ie ne-
ynaniiift tdmtartAbfagato^j ^jgiufato ;'8e?; lìùelLat
6B£litàDta^pflurtebeàBe> a me stesso») 'IP che
pMrcoDrirat^chei voi : : conosciate più ; ;ciknl/: if
opete^oSe anaiiaivTeixa 'cboiio poaaa/pernToi:
atennal COBO ^«ehie oca) «Àoii fo eoa: lerpatooieui
Siàim oni0oiikglt)tii«r di rS(o?eiikbM'i52^dQir
Bàdaifa. j *>H*^"'m i-; -. -••'':'>'.•/ ì^m/J^ cc'''«'ir>
on'>ci{) óihfy^t- ■:»ì.<^'n-' /^> M)Ì (.»v j.ì omov
iji' iÌA'oif^ QioMft .BMtistm Guoonatoì, '^^
-</ Noale.
Io vi rìiign^iò'puveass«ì, onorato M.
Gio. Battista , delia dilige&za, che avete
posta in darmi notizia della morte del vo-
stro Piovano, ed ho compreso in ciò molta
QOBlBniàffrosferai^ ed ji^ser vero qudJo''^ che
^onvéto^^eUa^afFessiqai povtsvate QUacbuoiu|
aBtiflfaorBBir«lriiiiiio.padDe;nLa' qual eosàv^erbef
riVniéU^éiàiov'io* rehdei|f ene ^ v quando^ cho
Mrjboon caxnbèicv (e? ad eiset'i^ne bejai^tato;
QoiaiìtH^^ld « rimanente y >ioj tiiojd- > ho 'cro^tieaso
dÉii{««ikD)pte«e^ Nofi perì> èimiwwrat'ti^^ob-
blil^ mib .vficaò <voiì ohe^s&4o fi* avessi v**^
vm)dincuorè^|yroffèreadtiÌQfio. &a» Ai
|3u idi dNówmbf o '■ vS&soJ ^Di:' IPafebivaiO ^ •> i,i \ h
SgS VOLITME TERZO.
A M. Lodovico Beccatello [ij.
ji Padova.
- H9 «viuo la .vottra. buona m&noiycpinf
^te-^elle rime A&\ Saaaazaro iT^iiqàb^i',
car<> ^ JB'o 'M> Lodovico , e ve ne . lìngn^'
^io. Vi -jywflderei alcuno de' miei Isònem
^m» mi cb.iedele, se noa. fosse chè'^'csiH
^sareblM^no picciolo è vii cambio a taniion»-
ji\à e fttoeuì e canzoni , che man'daìEe m*ij-
jvete. Àl.niio-murno farò poi ciò cbé Voi
vorreia.. in qaesto'inezzo .ed ft voi ed ld .
rSig. VeiGOTo mi r&ccomaado. A'a. dì''G&tUI>
,^3o. Di Vioegìa. ..
[i] // Beccatello Bolognese fu molto,
.caro al Bembo per la cognizione nelle /Bt-
^tere , e per gli ottimi costumi; ed acquistò
f^fatuicizìa di lui in. Padova dóve èrfiii pat-
tato per apparare. Datosi poscia aitò Càr-
te liomana , ottenne l' Arcivescovado di
"'Jliigusi, fu Legato di Giaiirj-IIfi-aUa-Me-
■^puShiiva, di f'^enezia, ed ebbe altri maneg-
i»( tiCn^n poop momento., ne' quali segna-
SitiSii,4i.-inalta j ed accrebbe in isttma ed
.^4f*'f>nàre,Ji^6rto il Bembo, si ritrovarono
in sua mano alcune scritture di lui , ed
egli per f affetto , che a quel grand' tfo'
LIBRO SETTIMO. agi
*'■•'■■■ ^ SI.' Lodovico Beccatello,
, , A Momat
. !j o...Mr!/' ,n ■^,--.\.o'-.-'.-_ .\l^ V
Àncora che a me non aie nuora l'atno->
revolezKa vostra verso me , Magoifìco M,
todovico mio, pure ci 11 tQ-è gÌ6hti-i que-
■sti di mollo cara ed òpptìftiirirf ; ')JÌ*tìdO'fe
in molta travaglio pef' càgìon di'-'ij^teltei fetftit.
aa persona del PalettVàoIs^;'è''tìtìi»endè tìòb.
'ineno che sperando ttìpra 'f ^ffA^^' di" (JWSSft
ultime aiidien^e. Al 'qàal W^>£f^ift-:filJH'Vé|.
go che deveranno aver dato sìii^tar^ét^
jfe vostre fatiche porne a'J^ósteitìWie^to ii^fe
g" ia giustizia con 1' antorit^ di' !tfo*iP H^V.
antarino vostro Patrotìe. >A1 ' «ttìftle'^saVrfe
contento render quelle ntì^^ttJ^i ^ziè^'-^e
potrete in mia vece, e farlo certo, che io
non" potrei da S. S. aver ricevuto maggiore
j^rgomento e più yiro. segno dell^ sua huo-
_t|a grazia ed anior^ ver me, di rhic^to, che
'egli iit,'ha iti quiesta bisógna così 'j^rltèiid-
fént^ ora dato, ^è l'i! bastiio inill^ ^ v'àlie
_ ^. ta^aó di ciò^, e 'ààfobhe a S\ '"Si'- 'ihiHih)
ino portava, volle scriverne dìffii-samettea
jZo vita , che dal Sig- ^poftolo Zeno fu
^pubblicata la prima folta nella imprgt^ò-
^^e fatta dal Lovisa degC Istorici Vifi*'
.Àkinu ,.',,,,■ "■■■■ "'
hii^h^b deblio; é'^débbo iunco';^ >qiiM«ofas
fé Mtei^^ dé^ 2t. d^l iia»lr#v:M.i Gài^«^<b
dubito che quel tristo non SLfìtkamoQtkismt'
tenza incontro a me sopra la lite, che egU
cosi audacemente e cosi a mal tempo m'a^
vea susdbtrfy è 1^P^^^*^^skV^elr~trarla al
fin suo. Per lo t}d^l& affiinno mandai a Ro-
ma Messer Giorgio Palleano mio, ancora
che egli non potesse oggimai andarvi a lem-
'%W'SM j^^'W^^ Méttaìp Mèco a
^à^^và'Tbrqtr^to^ 6 last^kl^^fti Ji. dtàkàh
^j)rPd{i^; cfaVl tèrra ili vece *di}fijglittiytoifie*
'tpìA^ dtxèH latito riverenza più' :4'<Ulfì6gn)Mi
^ - ÒàrlcRìiat^; rll -quakf ' hi> ti^vàlé kfi. bdodb
i^'tm vhtùosissimo ^Sig. ìmanio cheiha&si:^
|)ératd ògtli espetiai^ion-teisÉ $ cdm^ idi?A>io
àÌtre\olte*'r abbia e cònostiiuto e^-z^teritò
àhdè^i^me; Ragionai éodS. $«^kiìig#i}cU
qn^. nbàtro di Fano f-. e véggo^ lslm^> >e{||B
créà^ e ^énté di quel buo^a e;fdì^ gfOn-
l^k^ aiito^(|uè1Io the sgj^itiànib^^àoi stfè«si/fcsi
^^ual Bolsa òC è 'sot)rà' ' mòdd cara e>^ dolpe
•,itka. Altro iionh0é^^ bta che tdlf^U Aìibì
a^i arei^, e cotanto^ òfre m ntjn vw^ei^àrjeopo
^"taWó tìiieéto dì;'Vf^^^
; a^M'^CBl^'lé^^ptà* dblcv^dcl mofeddi' I^^-
^^V'ÌA'à'lìr^S'M a^tW 'taim>^^a*'ifetì«ar>niil.
""K^sèriVcW'clf^ìliox^^^
<lii
^é»idoMi^ c^H^fpato gioitane,; v;We;kO§|U^
-MiKtils0jM]cberiBf^<Pfn4« ^i qflo v^,||||^oh-
il^O -ff.l .oti^ .1 -tr.. , ... .- .,.uv-^.V .l.fior
k f^ìir/^jj4<)^.L(H*^k^ Peccate^ ,,^^
-offe rphitno" .-•^hitplW, ot .,..'f ,^,j^ ^-.j
BTO-n?; oÌmì ^;..;-,.rf.v| - nrr.a v)^^oK fìat
-rtff» « f/7nl)iv:, -:• - , r '.>-,Mv.^ nr.M rf^o -ffn
"Mdb ;£ÉLorei^jLe^2a versp, p^, ^ i^Ia.^^jl^ì^^
iibnedetto [giovane 4i Mcxn$,4i^wiu?ij^ HJIYt
diÌ7SthtÌ9$h ^lo inc^^v^dl mai vfiiièf,^^^^*^-
ifott^rsiiL pìik dottrìaa,.4i mì|;ÌÌQi;i.^,j^ii^pià«
-ntó- ii»gegno , 4ji più. ¥^a ; grayità ^ M , i^
L^flKèi4ir.iW«gWW'T«Bm^, di Jjui^j^ftj jppr
eqiiéatO) c^ip^izì^^l pnjava .ip^ ^^%^^;^iptM-
eijpjMla , pes4ita f^nf ita i^/;oify>ar^|iJ^ c<pp^o-
-c^cht !)J#h^,i?Ji? .fine (§{^ i^i^ i^^ cj^^$^o a^oi ?
Si.
i
oitiiaagvm U «pia^ «^IcMriofta ìa9Ìinag^ol»)ète&-
^ oQèr toerid che siir gltiarùMi^ftOBi* ^ B^Uwcb-
nra ^oBiJbo 1 potutoi^bjtidàip £» aKif» y^ taoimpao»^
osiiw ^éUAnmìa ^aia. ;^furbaofiè<> (peBc|iBdpBr
odie^d^ ìMiitr^ 40 sia il'daloFe; chb ììjgscnlto
xfquaaiiiDoio a ciò penso ^o pure lao^Mdicà
-dybi40jelk) apicitOf noi mi- i4 sesta ^^icnae
<.ardrrciì4>^otuo^^arexidokm fare^ aagiibSafrral
isw emine, ^tJà.ibB W. k(ÌErire,:.ji cJbratknià,
ofsmi^jsò certa DOEtipotefè» Fieliommor^kd,
che cosi belli e rari doni eibbe dallai Sàtu-
ra in questa vita, e con tanto ardore e ve*
ra pietà cristiana se ne parti rendendo IV
nima a}' àuo creatóre , in quel luogo e tra
quelle persone, cLte più furono da lui ama-
te ed avute care. Ma non più di questo per
ora. Piacemi che M« Filippo sia can voi ia
ii^^adi J(oE3* Revecend» Gontariuo, ed ab-
^bjbate; post<)^ M« Vincenzo al servissia dèi
Aev. Polo* -Se essi seguiranno avanti a; far-
<isi^lla via con le lettera e co*J)uoni« co^
.am(ni aL meritar degli <>^ri e . delle laltse
^9tse» ; potraflino ancota amendue stare a buo-
i:^ s^fsuizq in teot^s^a,)Cflirte^ ma^imameii-
^l^ic^stfpnti daViavjG^p • (daU'autontà di co-
-{^^!I^^9^MS g^^i^ Signori come questi due
^aonp^ a'guaJi gli avete, appoggiati^ A. 1^
5jf par^ M, If4Jii^ ; av^ già dato bello
^ragide grixicipio^come da nn^ sua epistola
ao^tj^n^ ^a qi^i^stti di ìxo compreso.ilt $igDoie
4pio.^ni.,graz^ r uno e all'altro di se^-
jjj^l^^r , !V^O]^I^ ledTo ouoraiìsaima,' e rà^
'.<
fuSà jGBttesi a, Tostta pieii e cfàr^à q dbarìfiD ^> in
meìèaiie. glom appresso gli- ùomiUèy ^>ìo
cfisi'gli aitiri ¥BJie sént^ « sentirò perpetro
X lébb^Oè. >SaTete (coatentOi baaciarolacmanoin
cmmjBie^mm^ Mona. fi[BV.^CoM|r. •ijI'wItutar-
IiminMi; ^io; ^èllàifiàta^ je |1; c(&ìo# ^gonino*
^ M«.iFaa)erico/ M». dola e M. Plamiisio m^ì
"xmBBS&lDh Paidovà;:*. :v x ^^i o ilhd ieo-) 9Il^
'-F. fi O -l'i' - jJ '. ' i > . • ò ' -• . ' C- 1 ..- «.' . jo .:. ■ 9i '.y •■- .
■iiiarf. ; Jv iib "■ W^>i^^afD..-" '• ■ ■■^■" ->'i-"-'
< .♦ . ■ -'V
,J1Ì t \} '\ Lf ■' ' .' . ■ O «. . i. .'. » J. vv * . .. I.l ^ HA- 1 v- ' ■* -' • •
11. hiYx rispotulo lafddf'pèroi^-^e òggi so-
'limeiit^ ' fao a^to la vostra ietterai istin^à«et-
-lai a^^ M. €ola. Piac^s&i assai , cbd éi até' de-
jDesfii^a di Mone. 4i: Salerno) 4dt^^^
^^ello) che mi dite, non m* ^ nuovo* flot-
-^me^ lina gtaÀd^ HividU. Ti asp^Uj^^ alitar
meco questa. state dièci giorni, eòiit^ *tì*
•orliate. Ma difbito fecciate a questa volta,
cóme à^ molte altre avete fatte, 'thé'^i ^à-
M^ éolamél^re i^ote. n che/seSiì vKef-
rè per uom di poca fedèi lo sto aS^i Irt^-
iiie, e cosfi fa M. CSÌa ^ il <|tf ale è cita i»
^Tmi^a; Fteii vi TCrfro iiott^Kò' fc^fjé.
•Bene v' ^tìio / come io^ ip^tf , « e^ ^iwkcè^
:ei»er da? tòi amatb: Atti KèufefS iSièlié^ .
{ ^ oQèr loerid che sì» gltwriMi^aiiBt* I^r i«Mb-
iiira rBÌMiJbo i pottttoi5hftdlÀi|p £» aofi yi taoimpao»^
cdÌ0TfiJ^ ^ra^^^'^^sì* il dfliore; che> iìì^^satto
i.quaaiiiDùio « ciò penso^ o pure lao.iijM
-dbbjjqis^l^ ^{Murito, noà mi ^ seiita,sicwBe
.d?QrrcL^roiUo;^'parexidoim fare ibj^LdfiaÌLal
isw (y^bre ii a .ìiba W. lodbire, jì JustianiÀ ,
o0om9rJBo certa dool ipotet é» Fielidssiino: ku,
che cosi belli e rari doni ebbe dallal àatu-
ra in questa vita, e con tanto ardore e ve*
ra pietà cristiana se ne parti rendendo IV
nima a) àuo creatóre , in quel luogo e tra
quelle, persone, che più fiurono da lui ama-
te ed avute care. Ma non più di questo per
ora. Piacemi che M^ Filippo sia con voi in
<^àa , di Slons. Reverenda Contarino, ed ab-
.biate^ post<> M« Vincenzo al servigio del
Aev. Polo* Se essi seguiranno avanfi a.far-
nsi bella via con le lettere e co!i)uoni^ c<h
.5tu(ni al. meritar degli onori e .delle ..altre
-4^0» « potraimo ancora amendne stare a buo*
•ne ^^ranzQ in ;eote^^>rarte, mats^imameii-
^j!i$;c^st9puti dalfavo^re e idaiyautQrità di co-
^l^^buòni e gran Signori come questi due
ao^a, %^ quali gli avete, appoggiati. 4- €hfi
9^ pare IVI* Ifi)i{^ aver già dato bello e
i£rande grizicipio^ ;coàie da una sua epistola
scsTÌt^^n^.a q^i^sti di no compressili Sigiioie
4[)io ^ni^ grazi^. ^ l'uno e all' altro di $e^
4g^Ur ì^òlCme•J^ le^ro onoratìssima. e •in^
rx
-dÉMMi^ia: 8Ufe&iiÌ9tifrtii9«iB(f di doi^r rigorl^r
ddr lasttesia Tostta pièti e eari^QdbcKdfo- in
s^tD4. e. glom ap^^sso gli' iiomiUl y aA.ìo
ofiagti aitiri ¥e Be^ sant^ « sentirò perpetuo
j^iébh£^Oi.>SaTete (cootentOj baaciarolaoiiaiioin
f. nume ^ mia. b Mona* fisv. t Cbnif r. i^lwltutar-
lankMiSiGnoi Pellài fiàta^je |^ c(&ìo# ^gonino*
^ M«.iFaclbrico, : M., Gola a M. Fiamiiiio m^ì
-\ji5B8&iDl Bàdowin:'. v'i^i o 1U3J ieo-) 0113
*-£ fi O vi^ "" AJ ■ .'. i. .• Ci . " - .vi"" t! . jv.*- .. Oa'* .. .
J...CJ •-»#>.'■.-■ i>^ f ■ r . *- -»■ *• • •* '•- '-■ - •''••'•■-' • '» "■'■
,^ i V* V I-I ■ ■' ^ .'..<-- <...'•'.* j. * ' .. #.l V »*• io ' * " -• .
(li biYì rispondo lardOf^peroi^^e òggi so-
'lamenta ilo a^to la Mostra tàtterfi^ ^tin^«i«t-
-lai 9^ Bil. dolav Piacapii assai , cba éiaté' dé^
:jnesfi4$a di Mons. 4i: Salerno yd^ ^^le
^•^ellcs^che mi dite, non m* ^ nuovo* 4Iot-
-^eaie^ una gtaÀd^ invidila. Ti as{^tti^tf(>é^èlar
meiso i^Qesia, state dièci giorni , eò^tt^ ^
•erigete. Ma^ diSbito facciate a questa vpfeà,
cóme a^ molte *lire- avete fatte, 'thè iinti da-
rete j&olaméj^re^ l^rote^ H che/se;^iìii niti-
rò per uom di poca fedéi lo sto as^i !ié-
iiie, e cósfì fa M. CSÌa i^ ir^tfafe^^^^^^^ età ih
«Bene v'iwéÌo / come 10^ sp^tfvne ?P^
:ewer dar^oi ainatb; Aiti KgnfcfS Ihièbéak.
MooB. l' Auivewc^ó v ^ ed - égle^vmi^^ e itmitf
simmlàeme é M.- Benlrdoi A^^i* 41 fCrewfi
li .•'-. j; A, .'^ ' •"' T^-'"*" ".'tV vaTsM nord
'^K'o-fl^ Abfl g aò iÌ4Hi buoni caéaiijdii tiM
Però 4rbpre^ y ohe se m^Mquet mmAdetoTiB
naixìsse afeetm Imoad^ - che aT6r ai poieaìi^
mq 'lo^ ^compriate 9 e mandiaie) -coiii ^.tìo
obe 'WrWf^ ^\.it mi aartriHe ^amo e4fA
coi a^erò a dam ft rpracro. E mandaàdiAf'
mily vedrei» bene a cui il contfégoeretd^
Ae Itoli mr^ aia cambiato, come -è >|ita<É
mi altro oane Bon da rete , cbe a^iqMr
sti dì m' ho Catto veinr d'altra parte.^ Se jb|
TÌr do fatica y al>biate pésietizia. Io^:4:'^Q^l
ericiò nei» credeste cbe io mi scordattH-»
ohe sete mio, eccome io aoa ^o^ro* $4»-
ti shnoi. A* 6» di Luglio» ^i5Sr« Di^ Pa^
i
; i": ■ ■ ^ ' A Pesarch - -^i
; :■ \r-.j. --^r • ':> . ^ *■ j •' . • .^- .- i . ,, ]^
^•^ 7 ! (Dir .iquàéto 'avete ' superato mon , mIo' Jgl
:TÌob lesta ;^ ala^ anco la espettaeton i9Ìap^
Reyerend. M. lanoceazio , di taato yi rio-
di9#if è(HtfttiMmé||te ^ d^l 4oiiov ik /vìfi m%k^
che ri pregava mi mandaate^ lepidi liac^al*'
irò da ucoello, che io non vi ric^iiedea»
ed itisieme ideila rete, ed oltre la rete del-
r astectar^.«dbìràt&v^ ^eUa ^da porbure^^ caccia;
le quali tutte cose ^m^hav. recate il vostro
huon Persio , profferendomi oltre a ciò il
vostro cavai Turco. Se tutti quelli , a' qua->
U%i liòhiede 'alnunri eosl^ ^faQesscftra^rK^ome
avete iitcto yicì^^che^ richièsto d^^iqea conit
^tàtm\ un can dd rete, m* avete ire cani
arie «altre tante ^oesa mandate^ idoBarèper
Iii^.qoi>p0r lo vostra 1 fidato ^^lervente ^ ia
^^iiilieM riempo s* impoveiiirebbouo ùaobù vhs^
chÌ3ttoti|iisiv e molti credooìo^ diveiRÌiiébbo»
fva'ficliiedttori a potfia. Voi avi3te ì^^a -idK>
«iia^rata àervar memòria -deH* amore yicha
té ti^ péii^ Ikfta io^ differrò- più «odesiépec
joiinmnai a ritshiedéf'vi lì che oamou anhreo*'
ètbhhi'^B voi pure a^veste £aitto sdha* quella
ìeàe io ^disidévaì da : voL La vostra ^agàa
HhttH pei mev DcU'i^tvo cane penso. >dà &r
quello, che mi scrivete , che se fia buoaaf
io il manderò a Maest. Valerio a vostro e
mio nomew Ho^'leniMo cmiduéùli Persio vo«
stro , e andai jeri aitòeoer fare fatti la vo>-
Atra cagna, siccome da esso iatenderete.
Piacemi che stiate bene ed onoratamente.
4ia '^al easa io «vea -già' ^da) -MLifàviBa inte*-
rS(9»y- il '^qttal mi ragionò della cufailfloha
ttl(Wdgjrate pec trevarmi il cane ricniesl*;
D^jp.gual cura tornando a ringraziarvi fa-
X^-^^np , prPKandovi a saluiarmi il Rever.
ì^y^^/^vaa Fraacesf^o vostro ?-io , del cui
^BPHjIB' P*^'3 1 quanto dee, ed anco il bo-
stfp ^. Bernardo e gli altri amici. Siate
*8«ftG2^'.4- d'Agosto jS3i. Di PàdoT^^^-y^-
A M, Innocenzio Sitnbaldo.
A Pesaro.
Emmi doluto del mal rostro grande* .
mente, Rever. M. lonoceazo mio, e duolq
che dubito non quelFaere vi faccia più dan-
no di quello , che bisognerebbe. Perciò vi
conforto a far vero quello che promettete
della venuu vostra qui. Che potrete non
solamente risanare, ma farvi forte per buono
spazio. Gli sproni belli , che mandati m' *•
Tele , mi sono cari stati. Ma voi non vo-
gliate pigliar così spesso pensiero di donar-
mi delle cose di costà. Quantunque del ca-
ne da rete, che dite, non posso dire, che
se ne troverete un buono, io non sia per
-averlo grandemente caro. Ma non voglio lo
-troviate con vostro disàgio e sinistro. Vi
Alando un bottìcino del vino che io beo ,
•ìr^al vino se non fìa bene a piacere e
-TO«ia vostra, iscusimi, che questo anno non
•e ne sono fatti de' buoni, come suole. E
peraweatura che anco il mare gli nocerà }
cbé questi vini deboli' nò» lo'Mh^ìòA&'po^i
ter vincere, come fanno r posselitr.Ea'plit^-
ca dello Eccelleniiss, M. Mà«eo"'aa ■,Qftr«:
, Fisico, che va a Roma ricIiiestb-W'WostiW
' Signore ve lo porterà e téndct'i."'Tl\t|à là
ir' mia casa vi saluta. Salutatemi .iMlW6i*> M.
Filomeno, ed attendete alla vostra 'saéiti.
■ A*35. di Novemb. i53i. Di Padova .
8oE
O'-'n^i i»y ;;v' ■. '»': <\i-r: . '^' : '-.'i'I" -jil non
fi • ••\ »■. ■ ff •
■ ■..o^' '> -r^'^n::::: v^'i^^'j^ ,m-,>o^ : ,>i;. i.':V»*/ o'i3Ì>k
1
3o3
LIBRO OTTAVO.
«■««i
A M. Pietro Pamfilio da Ogobhio.
A Pesaro.
Jhi(
o Teduto eoa molto piacer mio la
vostra lettera scrittami da Bologna, M. Pie-
tro mio caro , e restovi tenuto , che m' ab-
biate dato novella di voi, e del vostro buo-
no animo versò me. Di che tuttavia mai
non ho dubitato , ansi ne sono io sempre
stato certissimo. Vi direi allo 'ncontro, che
io y^amo» come se mi foste figliuolo, e di-
videro ogni bea vostro^ quanto aoiico e eoa-
384 toLun
gnuÈi0 òhe abbiala , se non ftsse , die pi^'
irebbe parere, che io vi vòfesti licamMlr'
di qndhi n^edesima moèeu ;' ctài a *^]iié*
avete donata. Ma cerio^ che lò' dhet H'
▼ero. Ora lomando alla vostra lettera / eBìt^
é venata a tempo, che io pensava diiieif-
▼ere alla Duchessa, e pregarla d^ìotn'^'^aìl*
da rete di quelle contrade. Ora, che'hd
da rispondere a roi, voglio anco darvi i^fijb^
sto carico, di trovarmene un buono , co^
eie che si voglia,, che incontanente vi ri-
metterò la spesa , che faiu v* arete» E se'
pure per averlo migliore , vi bisognasse il
£iVQr della Duchessa , pregatenela voi a
nome mio, e basciatele la dilioita mano per
me, in buona grazia di S. Sig. molta molto
raccomandandomi. Slate sano. A.* 12. di filar-
zo i53o. Di Padova.
A Messer Pietro PamfiUo.
A Pesaro.
Ebbi questi di il cane da rete, che
m* avete mandato , M. Pietro mio cara, '
che é bello, e son certo sia buono, da voi*
venen4o. Te iie rendo quelle grazie , che \
a tal dono si convengono. E vi priego ne .
rendiate quante sapete il più alla Illustris-
sima Signora Duchéssa , la qual mi dite
aver presa cura ohe io sia bene in ciò' da'*
voi compiaciuto. Avereie con questa .le mie
LIBRO DTIAYH '. 3o5/
tijne e gli àjoUrì risiampaù, eà in qual-/
clie parie diffcicnii dai primieri, e anco,'
utcuni mici Dialo^jbi latini fatti hnan tfnii)'>
fa, eà: UQO di loro in quelle contrciae.
Baaciate la cuiiiio all'Illustrissimo Sif;nor Du-
ca Signor mio, e Si^^riora Duchessa £>'jr me, -
molto iioUa loro buona grazia raijcjjnian-
daaHoiai' Siate sano il mio caro M. Pietro, ,
e se jo 8on Luiino in alcun;! cosa per vói,
nin mi sparmiate , che cerio sete da tue
amato da fif>liui)l'j. Prirgo il cielo a d.trvi fé- '
licita e Iiiioufl ventura. Di Villa Bozza al^
Zj. di.fiui;;ao i53o. M. Cola non vi li- '
sponde, ciie è dd più di in «jua a Vi!Ìa
nova, dove egU,,^, i» «lira, e £itica di t'ab-
iciq^a per me.. '. . .J"''; r . i.>-, /^Iiir/f'hi t-ct
■■^' ' ':> " -■ '■.- ■ ■■ : '■ ■•■%■.■',-, fvr,T'.;,i.ffi05:jf,l
A M. Pietro PamJÙto.^ '"'^^"^ '■*'
A Pesaro.
Da Monsignor TSrciveseoro di Salerà»
ho inteso quanto sia bello il Bacco di bron-
zo tcovato .costì.. Di fihe mi.j^lle^ro, foa
la DQustrissiiua ,$i^ Duchessa,' che 'averi,
«osi I)ella reliqpfa- antica' tra Ie"s'ue pose.
Della cui saliìte' A'o, medesimametlte "tbtesO
da{ .}leito Arcweaàova> N. S/ Dio ta cò'iud^*
TI rdnga^eQter , uccòmé , e yol e ' nòe .4'^
devideriamo. La ^itla jó»)i', ebe af'ete;»-" ;
daji. air ijTcivescpw.' sé SÌ,. Ì5., la vó*fà Te* " ^
^erè , non gli riuscirà tale quale dite ^ è
i^àìé pera V^eniuta parve a voijTamor del
qfuale portattrocii ^ t' bfei itr ci4 ^igannato ,
amoi:é dico, che spesso oóchio ben san fa ve^
d^ torto. Vi ringrazio deirufficio u»aj.o in
Ktìtfts^ftiii Inty* ' le Wstre tetterei W v^o le
rk*^ cd^ volètitiefij icome dì ]^rtófiia>«l^
tì^é Attendete a star tònòy tsd a feéìf i^iWifi^
éome fate, liB^ pàttona vostra à i^ui bMeie4
fétc ^ dilica^ niano per tue y ^ n^ooi xml
Bpntihìtute ^ %è ia sén ImoiPd a £apr^e:^èm
Agli S. di ^iiugno i53r- Di' Vmegiav^
iMné àiidiaiiìb a PnidóM Mom^ ¥ Àittir€$QO^
1*0 -èfdldi' - ■ ■■■ :'.-::: 'ì ì-
. *- ' ' . -V r.- i *.-.-. / ., ' , ^ f I />
* •*■'"'*
A Messer Pietro PamfiUo*' i^
- ^d Urbino. •' '^^
Vi priéfjo mi facciate comperare owà
dozzina di quelle bèlle lassa da lesrri^rff^^
che si soleano fare in Urbino di euojo di
cervo, se io non erro. Il prezzo fià ìa
qtiesta lettera. Le lassa potrete dare al Si-
gnor M. Gioyaq. Jacopo Leonardo Orator
del Sig«^^JD«i^ay se^e^i ritoTSséxà in queste
acque , cbe stimo pure cbe si. Al quale
mi raccomanderete , e starete sano , e se
io^^ ^sii^ r itofc posso 9: mT.ad€|)crGTEÌ'^^^£ come
calili V che v^anoìd qi¥s^ò i^Iiu&l'beit oarob
Bdseiemieia^maTió^dl^EcceU. dnl Sig^dDuqa
S$g. fi«r&>^ e: &g«^ I^cbessaì^ deHaacuE. xiA
^mi^ li^imità/^oì ^ \yui^ :ifin gnazia to, cpzanit o dabf
]^c;Au;Sl &.En^io ^i53it Di' pAdovatr^/u^^^
IWMifOfiA^V;,. |«.^
A Jtl> Pietro PamfiUù^
a 5 Ha veduta <^oii molto piacer, mio Ì#
wostce leiterev per le quali mi date fperaa^
«a rdi venire in ^ua con Mons. 4^^ ^^^l'no*
Sarete^ Mt Pietro mio, il così ben venuto r«i
ken :YediitQ da me , quanto altro die i^
ts^eder '.potessi^, il che se io non vi dicevi- «
pmreate e dovreste da voi estimare .fsKa
aveas^ ad essere y sapeado quale e quaiu^
é r amore, che io vi porto. E sarete altc^
%\ veduto volentieri da tutta la mia casa,
la quale lasciaste, di voL . affba^ioiiatissima.
Io dunque v' atteipiderò con disiderio. A
Monsignor di Salerno sarete contento basciar
la vmaao-: per me^ ae sareie fCoQ-$. ($. At**
toidete a «tan sano ^ €t pe9Si^l^ che 4Pf V^
itii<édi;abbiar carù' cptiani^ figliupl^^^ A' afl^
dì fìtenoAJa |533, JDi i^adi^a, t ^ .^ «
ro-CFO ov.A-oo^J OC:
?jao jp i\jdiv3^s§ri Plicfrof Pamfitio^
Z'ù o r onc< c^o'-s.!^ o - . :j, .■..'■:-.'::' ;^^/ '• • ■ -^
jm ■'. jDpgltomi;^ iM; Pèetrp mio , daUa m^utt^
amn> di^MAcui-^i Salerno detvenira: a atac-
i^i^uiaita iatatc^ sa r^ecchè Testerò privici i^
•flùi Sb jcke m'eorm .co» daJòe y coite voi
l^idtti te freasaipe, e si aìu:faé perché esàmavA^
averci ^jl^odér: voi; qàiri rjòqimé- xai aiiri^est^
Soft Totxmn.
Ed ora non so quando v' averò a rivedere;
Ma pazienza. Pure che , ciò sia con satisfa-
zion di. So>S« e satìiià V itìiéno^.mi fia ciò
molesto. Voi sete più espedito, che S. S. non
èy e più agevolmente ve ne potrete venire,
Agni volta che vi piaccia di farlo. A che
wi'imnfox^. Io sio heife or^ , 41 rcbe; non
h^ cose: fatto questa veraata, che^sofio HMia|^
nm poco indisposto. Attendete a^st^r-saf^o^
03 datemi* alle volte, nuova di vqì. ^^^c^t{|.
)a jiKiaao aUo Ec^elleiltissirno Sì g. ^ Oucq: > ^
tii^i> Duchesia penne. A'miS. di Mar.zpf|i5^if
^ Dìrfa40V4U-.: - . t^ r ..?
..^b A' Mescer Pietro PamfiUom^/i ^
^^Ho avuto la vostra lettera^ per J^ ijUAr^
le .mi prom^teti3 venire, in qua , che i?^' à
Qosa carissima } V dispetto , adunque, e f^pn,
tilau tardo, che potria , essere ohe '^^e^i «a^
Tincgia , . dove mi bisognerà essqfo.. querv
tla mese, come che io non sappia il qjuapr
db. .IfìQrescemi nua aver potuto hascìar«
la mtao a1 Sigaoc Puca ,, quando S. S.
pass^ per Padova 5 perciocché io era, in-
vilia, Ii6/ pDtei per causa di una indiapo*^;
6Ìzion mia venirvi. Farete mia scusavcon*
S. Eciceli, e raccomandatemi in buona gra-
2sia sua e della Illustrissima Sìg. Duches-
sa, Stale sano. A' 2. di Giugno i533. Di
Padova^
c:'^^\:f n ó-O'. .■ . ,1 , .;<* ':^ noTj rr-, ,/;;
?' '^ Itf di-vcfò 5 Mi Pietro, v'atci veduto^
Ittóftb ¥tìleiiueri > anzi non arei piitiktorj ve*'
dfe^-allrfftno' più ^élènùer diivoi, diej iii
rètfe HéiV ahima sempre, é sarete 0(mii>itit'«^
riid tà'^o^lt^à virtù, e Té^Q)!^, «:ll« fmopiof^'^^
tate. Mia ^dhe nitro tìéa ìàé tk^^iibi^^ov^tìk
rò-coQ pazienza ques^to interdeuo- iFatibÉ^
dalla fortuna, o dal caso^ o dalla non buo*?
na dispos^T^.it^n della ^ig/ 'Ouéliessa y dei
venire a me, come shrevate promesso. S
piglio a Luon segno, che S. S. non v'abba
véhito lasciar partile» 'Co^i avviane, «he si
fa da' ^àn Signori de- )or serventi più c^ri
é-^ù'*dilìgèttti alle lor> bisogne. Potrete mh
MVVèìÉtura venirci ain altra volta fl*tee ^oaf
pfù'Hempo ed agio^vostro; Lo sémpe^jla-i^'
mèri ', ' còme debbo , ^ é viciao Cc ^iominas ^
G^réylm fiét atere flflctìfia? volta noviile dii
▼(n. i^tté^dèi^tea is^aj* sana, e Unttaccól
xÉiàndéJretè a Mond^^puprv F ArjviveKGrfv€Ì^«di{
Sé^tehié Si^. tói(j. A'ìYédlSciteint&t ^5J!w
i.i .
. _ 4
\
T
dv« "wmAim tèìssm:
A Méssòr Pàkfio Pan^lió.
A Pesaro.
V
> .. .'
!:''■ Ifem mi potevate ilàr W pia. ifntar^
i^dcé tiorplla^ carìssinio il mio JÙL fóeiip^iìi
ijiicRar^ xbe data m*^aiMe <}a«stl di «assalì
'^ IVfa'iitòvd, ciò à \% rÌ6Bpefa£Ìon^'idèfcl)a«
' 69to 3t^ Sofà , che fca il Stg. £hiica:):ÌGos^
jaflo^' bttj^radope imp^^trai^ coik tauoiT lar«
{|fbéÉ:2aé cortesia di S^ ]lla^là^< qa^maue
^ùi DeHe vostre lettere mi diìia^scriice^ i&
lj(!>rator^ dìd Dacà m'ha -po^ià^^qui pkii
dfnisalneme narrato. Rallcgrom^iie ccm^'^^à^f
Ecóéllènza e con Mad. la Duchessa dr<|Ei^
làitfaiiierÀ e di cfaeirammO) col quale^e^
tò\t^o\ che ro ho sèmpre le loro cosfe prò-
sapere rifeevuito, e do a voi caricò jòk f»e
àhlìoiidevolménte cpiesto ufficio a nóme inào,
6 tàtìtò più ancora maggiormente ^ ^«faanu>
^tiPsSd dono così belfo e cosi grande ^è ^«
io dktó solamente -alla virtù di lui i«d^l
vaWeV è non alla fortuna. 1^1 non "esser
Voi potuto venire a^ me, accetto \%i escusa-
won vostrist/ P^ 'Ukt- éoHèèdeiiaii il
pofefvi * rivedere a quafche altro tedtifKK
Stà'te^ ^^àhoV "H ^' di Gennai *53a. K
Yinegia, ^ • '^k
X**«0:!T*Tf«i%V-
C^T^
.cfA2^*5JHr. dRÈg^ ^<imfili^^
w'.
Questa vi fa per pregarvi, che se ave-J
^te Tdf uàò de! tiMiri-^i q^^U(x s,;t^tct9 che
* Vlopai^sa alta a pH^i^i ^^PW!^ J^!^^ ?i*>i"
iÈxsAca^ 1^ maestro:: ai f;MMi,;YPtle§ti^ parW^u ^
>e irédbrerf che e$30. nig]|ia«&9 ^ii^^tf^ cijira.
L^ttBlla^ che « :t2^ WBqio> s\app^iL^^^.[o
-le^piarrti e oondì^ÌQ9Ì 4' ^a?0[9^^^^u^j[a^cjì^4 ^
i a non vi ^^aciCdtLterò^ ^jca» «jhf ni^u^o , m^|^to
4e pnò'taìier di f ov >A me |>^s^ei?^^ c^^ia
^'voi mi diciate. cofituls^aràb^ a, ^fi^r^'^jiglti.'
hOIi uomini di ^sià d. per la ìjiigp^ i^^ta
-geritile y e per i* iicuie^z^ detì iug^egap, ^ ^
>per: ritti cQnti:^ S|««d^ «M F^^?'9Wi r^^ìg^^^
*ocf«ie« sempre. Arò^caro^ che ,ael trÒyeVe^e,'
:imc 0e ^feuciate un versa pri^^a^.^w;éì.o^c|ui.
,'»é iQ^ mi fossi d'altriQ pj:oyv^dut9Ìqi,^ii0sta
omezso > -^he pffBerà a veniire fe v^^^ra ji»--
-spo^ta^-, 'Voi> 1^ fxiii^fste ir^, .j^rap.\ Del
i salariii^i k^ij^rpi /api^^ a voi, ob^ {a ntp,^ quan-
to mi (^dirfsi0 e^e . i^ ai farq jsiljLbia • tanta
iar<K Ile«5tiE|' i^h^ mv r^cjQpqiti^pdi^lé alta 11-»
lu»t?!ÌsàifaA i§ig... IL^uc^i^si^. pptrpiiji vòstra a^
mia* ìAttendetfer' 9 a^r ,;SaiW)>^ ^- s^yi^^^^
Ji ypi alqatta^<ì9|a. 4* *7- ^ ^P^ff^fe"^^ ^%H^
Di Padova. ^ '!!.., /
A Mescer Pieim JS^^i^^fiM^
t r
. t.' *
Alln vostra tunanissima lettera à^ (t^ii
(del presente mese, oooratissimo M« Pibiv^
apio, rispondo» che io a vero caro . che » ce»-
chja te d. uno siccome per }e altre vi sovisH»
Che ne ho hisogno , e fiami ciò da.vei
macere ed obbligo . grande ; e^c^^he come
r abbiate trovato ^ prima che /l. mandiate^
mi scriviate . due parole delle qualità sue,
ed aspettiate mia rispoata^ L' aaimo 5 che
Sfosirate verso me | e. la infinita amorevoi
lezza vostra ) non in' è pnnto cosa nuova;
Mf io non Conosco m^rkar sì gran servite^
re, con !& prcciola fortuna mia ; né ardirei
desiderar tanto. Come che quando foste
con meco 9 mi parrebbe avere un figUuc^
meco che sempre in tal conto v' ho tenuto^
e terrò. E la mia casa sempre sarà a
tutti i piaceri,, e comodi vostri. State sane*
A' 28. di Novembre. i534r Di Padova.
1^ Messer Pietro Pam/ilio^
, Ho inteso pqr la vostra con. mio di-
spiacere de' ducati 5o. prestati a M. 1. là^
il quale è ben niio parente, e figliuolo d'un
buono ., ^ v^ente Dottore Gemila uomo db
questa città, ma essb noi mostra ne suoi
costumi, ed è. molto scapestrato e licenzio-
so e p0òì> '\;|Nr^dedte' gioYané. Pét la <}iial
cosa vi rispondo, che vi facciate pagar da
lui per tutte quelle vìe, che a voi sono
più a' grado, né abbiafte a me, iiè a suo
|>adre uli rispetto al mondo, che cò9Ì Asso
/mole che si faccia» Non vedo per quesia
vostra, 'che abbiate ricévuto una mia ,
la q«rale-vi rìspondéa- alla vostra prima
ta« m risposta della mia,\per cui vi richiè-
si d'un maestro di casa p^r me. Dunque
vi replico , che se ne potete trovare alctì-
DO, che crediate faccia per me, caro mi
fia che '1 troviate^ e prima che lo inviata
a venir qui , mi scriviate di Itii e della
qualità sii^, ed aspettiate mia risposta. Sono
certissimo che chiunque voi mi darete\i
sarà in alcuna parte somigliante alla boiitJa
e^ valor vostro. State sano. A* 20. di Diceo»-
tre i534» Dì Padova.
A Messer Pietro Pamfilio.
A Vinegia.
Nessuna lettera ho letta , M. Pietro
mio caro, molti anni sono, più cara. della
vostra 5^ per- la qtiale mi date nov^Ha della
Illustris. Si^. ' EHiéh^ss'a- venuta' in 'ySte'gnt V-
cdinsiei^ dì Mad. Cos^tanz^ , atfgitigtìéHflo'^
che ellft- e disposta "di 'Vetóré*
^^^iorno qtii meeo. Il ciie se non ètti;} f«f^
Tenuto io costi sabito . per yedUrld^ Manéo
if pòrtator di questa JA. Gtoiegii^ imis^ Sf-
cretario a voi p^er invitar S>,^Si]g^.qHÌ, aopiò
che ella pcravventnra nojr M' nitata^se :(^i
proposito ) siccome dite a Bf.^ Cf^là^ìCtl^e
"sogliono sovente far le Donne, ll^ciid M^
'Colà non essendo ora quii cbe è a. ^iHa
névà ^ ho aperta ta sna lettera ^>e )ireduia
' quello , che a lui scrivete. M. Gìòrgiot » jfm
eziandio riverenza alla Sìg. Dacbessa » no*
''ine mio r Io V aspetti^ con altrenanto din-
dfrio, quanto e quello » che mostrate 4*9-
Tere , e ehe io credo abbiate di. rivedérmi.
Rftccomàn^datemi alla Ul: Sig. Duehesfà ^ed
a Mad. Costanza 9 e nou dimorale al vt-
nkqtiié State in questo mez2o ed alfe*
gto e sauo. A' aa. di Settembre i536» EK
Padova*
A M. Pietro Pamftlco.
A Mantova.
Quel poco di male del piede, che ie
giàavea, quando voi tì partisie di Padciii&a,
crebbe di maniera , che io mai non ho
potuto mettermi in via di venire a Man-
tova , come io avea diliberato. Ed ancora
sono nel letto , non perchè io non possa
«tarmi su, ma per più tosto guarire, aven-
do provato che il volere adoperarmi m'ha
yitflrdfaCft It^uarigione. Spero tuUftvia fra &
•di poter montare a cavallo e Tenirmene»
La ^ifial C4>$a fare jukolto diaid^ro^-Ora air^if^
^lào^ io avuto la qtti racliiosa < da Moas^ no**
Mètro di' Siàlemo, che mi scrìve diia^^ io vo-
jliac darle indiiizzo ^ ^stiinando eg)i,^ coooo
b ]pé|isa^ xAìB k Signoi^'Ducbesia^^a cui
' 8« S^> scrive^ fos$e qui, ho. ToluM>^.ineUeTQ
'>a- 4^BivallQ^ Pietro Castagna y ed a^ p<^^»ta
^-aaan^^jrfavi 9 temeudo boa iudiigifir^ a;0ppa
«- IfiDgo a dar detta lettera >. se 40^. avessi
aroluto portarla. Raccomandare tepori. a^^nqH^
in i)aona f^razia di S..Sig. e scrìveteoii per
4o'4etH> Pietro, ijuanto sarete p^er dimora
^ m Mantova, ed anco se: lai Si^^ra M»^--
lehesaaa vi è; che. io intesi dsjla Signqira
Duchessa \) che-S. Sig. voleva ^txdar nos
' :%o -dovè; e se. ella vi sarà fra dipci.o do-
dici di ancora. Che mi dorrebbe {tr^opp^ ,
venendo a Mantova, non poter fare a S*
Sjg. reverenza^ e non vederla. Aspetto va*
atre lunghe leuere e particoUd 9 e di gra-
aia non mancatevjState .sano. A* 20. di Maf^.
gio di natal mio 1637. Di Padova.
c?i ^ri^Smerb anco .irolentieri ;se : MlonsigiW
e iUi^aiv il Gard. è grumo a ^Blantovi^.
4.j^ ^«.jL
. *■» \' tf -, 41
diS xte^ìX^È^&tibi
.; .
\ .
À Messeti Pietro '^PamfUio.
Ad Urbino.
'^^ 'Rifi^ondò adrnià vcjstfa data in UAitì»
a*^^ !Ì6r del; passato. E Hiifeovi , che siiWtoc^^
cKè* io? pbtei mettere un^ |>ocò^ il piédé'i*
tutta ,' montai a òaviallo , e andai à> Màm<^'
Vaf. Eia' qtìàr gita m'è suta niòltó rn«i imÌpì^^
jftli^fó' non V aver tfòva^a la SigtfoFaJ EUi^
iflJ^II^^, ^stptfòìne io dirìderaVa, e y<)i. ^Bu#
vl^^^iofin étato' cinque o sei- di alleètaftìtìÈftt^
é'ireh Yédtìto. Il tnale mio del piedd è'^iCflii
to^i^l^teHiosd e luiigoV^cbe^io tton 'Parrei
lìiki cì*€?datb. Perciò che itìteòroineifcrtèiBisi*^
qukàdp ìa Sig, Duchessa era 'qui , ^^óm^rfi
sa]|[i^et6\, àtfcorà non m' ha in inttò lasciiirt^
lib'éÉro^^ *Pùfe cavalco senza ijoja, è cain-
làlnd^'Còttf^io^ posso. Vi mando mn libro ili
qàè^tò ftiVtl^Kò, e priégovi a mgindarlò "c6»
le* ^V lettere' a Monsignor Rev'ei'ètfdbsiitìf'
cB. S'aleMò'i' a cui va. Quanto al nrio^ vc^i^
ré'^èostà, potrà essere che ila a quesij#-
SfetéèihbVi. ^0i ^he È^&à yi voglio séri>t<éro^^
sXitq^ iiitìir^^ùh lp^)k <the io sérripre ctdi^/
esaminai 'acni àdoperiì lo vi scriverò alle-
vòlte 5 '^c*0ftfé'*inòstrate disiderare^ Attendete'
a &tar sitiù e Ketoy e basciate la mano |)^ì*-
rfé'^alfà -S^g/^iàehcss&ytì coi desid<>r<5 ^ìW^^
m^ 'é ^ftìiigtó séiÀà- fefeckà. A' 1 5: di ^Lti^o/-
>^ vr,
L/ Messer Pietro Pamjilio.
o . N^ Urbino. :. ..
Alla vostra de' 27. del passato rispondo
con la alligata di AI. Flavio, per la qual
vedere^ Taaiino suo^ Naa è già.u^aacato
da me inolto ^ciina àncora chq io 'friceves*
sé la: 3i?ositrai lettera js di noa^ver. fatte bua-.
n<^ fiCftcio in .questo proposito. , JN^ ,m' ,ex^
•tacito 4«ir animo il bisogno, delfa lUnsti:.
Sig.^ Ducbcssa , là quale io subito venduto
M% Blavio estimai, che: non potesse essei^e
nieglio servita da veruno, altro^ cl^e dfi lui»
M^lti ris|^etti suoi ohra ^ prò ppùto desila
^ìetCf io ritengono dal venire al 3ery^.io.
di 7$if E^e^Uv Ebbi gii molti dì .;dal $ig*,
M.* Gió^ Jac. de' Leonardi 9 che il ls^>rOj,^
U qualiO^ ìq gli avea mandatp^, .^he 1.9,^7
' ^ft^«e 4 Y. Sig. con lo mie Iw^^h.^^ét^.
Mon& , di iSalerno, . era . stata d^i^^oitjcatgi^^cl^
1»^ patron di ba^ca, e che erafr^M) fi^^r^
v;^f^i...0f,TOaaderebbefi4 ,«eaaa àxiài^^^^^k^^
stìip^O/ rÉM?etG avuta ^ S. Sjg. . al^e^^{jgh^.
]^i^% molto caro^ EU^ avutoi Wrati ti^av^g^
a^qiiWf^ti di tutti, dUe Bon Jgo pftijufjà» Ji.
4i^M>*|a s^gipnaauenqryi i^j^qfflgsi^^^^el yenir,^
«^:Rv^, hijxsame dissiij9ff\44ag^e|^,4gj,]^^^
ftH<>a:j fil qu^le an<;ao)%^^rfir^W¥^<^. ^ftv
v'aaiia*, rS(^?non, a tÉjnx^a^g.j^h/? ^9 mf^y.
joeU^. S^atp, flip ,avanz^tOo4Ji^if> vj^tjoji^fshy^
So $ig, ; mlha ; lib/era^^ d|àtì% /?^$!.i'l J^/J^VP^^^r .
Spero adunque senza mua,jl^ftj94Sf(ia^,'5rj
.n^:^
>;^^ ci
"^ ni^
■■-_
o 0*:^*
Sig. Dio benedetto piacerà , di soddisfare*
al voto al primo tempo. la questo mezzo
conservi sti».Si!k^tàv«aiio Monsusdipraddet'
lo di Salerno, il ^(iisild io infinitamente di-
sidero vedere. Dico di lui perciò, che veg«
go per le sue lettere, che S Sig. è stata
ftial^pèd^ègti med^simo^ teme di' 8eì¥tesso«
BSSviKalèlk làaho alla iUastr. Sig. « patrona
^^^9 % ^a¥e "ÀdtK^ e li«to. A' lo^ di;jSefe»
tèinl#e- fS*7/ Di Pftdoiirai s . z.i^3sstì
ci cicc; hjjf^ M. Pieira Pamfdio» :
-cr s :;:;r- ,..r jiy Pesaro. '■' ■■'-,
r^^ ^ÉtjdWìaiw trovato tm l)uoii Pmiseito»
As^id '^ìgf/^ Dèkl:6iijdi«r lecerne il disiderint;
^e ìf^lsetivete délU fUusifis&. Sig. DucbeiMr
tk W^%W è ti0O' M. ^ Sebasiiaii^ :£#oauMki
flacftég^'pi^te' molto > dotto ìn^ Latiiiooe
^ofi^à^f^lM^te in ' GrF&cOi INe ho itagianà^
jki^^^AxSAstt^\z\jòtQ^ <]panto^ ila>> laèoiSkS
Kéy.^ ìiilt^r^A^à; Spérd «b^ (èUii! one^^iav^
tftHjdEn^'>sél^zio^ Esso sti^' ttd ublbid^eàs^^x»
S^ 'oggi! iiÀ^ài. D^lei^aktìer^eoseiftqj^ooA
^è*'^ i%ff^icdia j it^a» «^ potendo/io .toevof
f^ar^' >Ì[Miildosé«tÉr 4nfihito' ^lor oqioìliBif
s^klè^^'^^ànè"^)» ^r Sìftì; e-8Ìal«aA«>i!Ìi^
iioàWóì Ré^w. ^(^dè^Qd. A* f3vMÌi'NovtiBi
iW**'ì3d8? Dl^iVinégiài'^'' >'-' ^^^ 0.^:7^0^
f - ^^
.A.^-' •*
{ Li ^r^ifefei^ser Pietro jP^m/UiQ. : . .
-;. zìrr. -\^.:rr\]A: Pesaro. '■ ^ r- -ti-o .::, ^^
_./■•- *i '• » ■ . - , ■ ^ . ., „. ... • •
Vie Tihgrazio , il mio mol4io caro . ^
come ^Ituolo amato M. Pietro, fjtéU^ coa*^
gratulài^ione che fate meco per le yosrtre
lettere della nuova, dignità. dopiKami da N«
Sigli, e veggo in loro il buono è puro affet-
to del vostro naimo. Per là; qual cosa io
sin di qua v* abbraccio col mio, che è vo-
stro da molti anni in qua, e vi priego a
«ctederey che in ogaiatatOi ile),q^àleio mi
UtDvi V >éd in ogui^'tempo, pniA soo. v^^tsf»
taei^: A3U liltistrissima S%r D^iQ^^W ^ 3>
iMMue odélU , quale vi rallegrato. m:0cO) ^s^eia
^ooréàitor dt render di ciò molte graa^if j. q
dkvi'^che JS. Sig. avi^à di me aemp^c^,^
booèol ei:£ediel- servitore^ quanto alcui;^ a|l<r
€ray chejoggidi viva, fe<l attrettaato Jr^ Ilfei^
siartss.A 6i^ i Duca $\xq figliaì^lo' Ma ^ f^^
étOuinogUiD jrimettecmi ftgU .affetti ^, non<)all|9
fox9h. A.; Mad. Clossta^ii ^ a mome df^ìia
^lal^.parimè&te &tif) am^reyole^ ufiGcioi^jf
iaiidiirei:e miolte grafìe ^ e mi raccoinapd^r
reie^ afifetiuQAaniente, ^ieopitre ^^p^d che sì
conviene ad uno, chei già :t4nto' e in \tàSkifi
è suo. Fate altrettanto col Sig, Arcives. di
Salerno, il quale non vedo l'ora di rivede^
re. li primo^ piacer grato e caro , che mi
quesu AttO?a dignità miaj^ iia, che io
|Ui> rovum£ mia?
•pero fra l>rieTÌ giorni essere in Pesaro, #
•atisfare al lungo disiderio mio a voi assai
conto e chiaro non solo di rivedere le loiro
Signorie; ma ancora cotesti luoghi, a* qoa*
li tanto amor porto già cotanti anni. Or so,
io non so far fine. Siate sano* Agli ii« d'A-
prile 1539. Di Vinegia*
A M. Pietro Pamfiìio.
A Pesaro.
\ •
Mando M. Flam. mio Secretano alla
Eccellen. del Sig, Duca ed a Mad. Daches«
sa nostra , per condolersi a nome mip deli
la repentina ed importuna morte di Mons^
Reverendissimo Fregoso , e per altre cose
appartenenti al Vescovato d' Ogobbio , ed
alla grazia fattami da N. Sig. Ho voluto eoa
questa pregarvi ad essergli e consultore e
indirizaatore in tutte le cose , ' che esso a
fare averà per me , che so che col favoro
e con r amorevolezza verso me gli potretoi
essere di molto giovamento. Sa Dio quanto
dolore ho avuto di si doloroso caso più no-
stro, che di quel buono e santo Signore »
siccome dfsil medesimo M. Flaminio potre*
te intendere. Il qual Sig. ora gode dello,
buone e sante sue opere , e noi siamo ri^
masi a noje e ad affanni: ma lasciando da
parte queste querele sarete contento dar
lede a tutto quello | che esso Ì/L Fiaminia
♦i éìtt(8a-»ià'p*rte/ Attendete a-<^nforta^
ìtr^- HI ttstrìssìma- Signora rDnchèss*', ied a tcs
ikèdi piu'^llcgrà che potete-,- W sahitafémi
<ift jnia^ Sfgbora Comare Mad. CoàtàÀiàr^ p
^^ state iànoi A* a. d' Agosto tS^^llMRé^
^ ^. Pietro Pam/ilio.
Ben conosco in voi, Magnifico il mia
Messer Pietro, quel vero amore, che sem-
pre è slittò neiranimo candido Vostro verso
ine, "di che sono nuòvamente informato da
M. Flamtniio. Sìatehe da me ringraziato scii-
ta fine. Qaantò alle poche e picciolé co$ò
elle dividerà la Signor» Dnchessa è la Si^«
finora mra' Comare Màd. Gostanza vorrei
èlre le fossero di molta maggior qnalftà ,
Siè più 'irolentieri vorrei, eh* elle fossero le;
sue. £ guanto alla cura^ che s ha presa fa
Sjgt(ora xhichessa dì farmi avere tina letU^
cti àncòr^ piigliore , che quella che ave à la
hoh. meni; del Reverendissimo Monsìgtiór
Fregosb, io non 'so che: dire altro, se iion
ehe rendo dr éìò a S.Eccellen., quelle più
vive grane, che io possò^ è, se aVerò alcu-
no annd di vita, S. Sig. òonòscer^ùon àvèt
latta cortesia a persona ingrata/ Al pòVèro
è" cieco Mf: Sìtàonettb , .ed alla ^a ngltuo^
la« delU tfixple è del qoialé m àVéà'iugiòibaA
, io sua bona mem. userò tutti qtiegirùlficf^
,vAe siano per dimostrargli la ìncompÀriailM'-
..le aficzione, che ho portata a sfuo Révcr.
^ed tllusirissimo fratello^ e peravveAtura uoii
]glt parerà in tutto aver perduto il Cardina-
le. La effigie di IN. S. è qui salva, emàn-
degassi in manl> vostra per lo primo chèla
possa portare sana e salva, ^orologio fatto
in forma di nave è ìq mano dell'Oratóre
dello lllu9trissimò Sig. Duca preso per sua
; £ceel]en. ed ognv-^lira cosa che' a S. Sig.
^ed alla Sig. Duchessa piacerà di queste spo-
glie , fia sua , come debbono essere sen'^a
alcuna replica. Increscemi che Àfess. Fla-*
mimo m' abbia mandato V oriolo pittciolo 9
perciò che avea inteso^ che la Signodramia
Comare voleva che fosse suo, faretelé in-
tendere che se S. Sig. il vorrà, io glicl
rimanderò molto volentieri. Racco mandate -
jDÌi alla Illustrissima Signora Duchéssa, .ed
' nlla Signora mia Comare, e state sano. Spe-
ro di rivedervi un di in quelle Contrade.
A* i3. a\^gosiò i54i. Di Roma.
A M. Pietre Pamfilio.
Io vi ringraziò a^sai, il mio Magnifico i
jè. carissimo M* Pietro , dell* avviso òhe mi
date della partita della Signora nriaCoiktià-
|:re :Mad. Gostanza dalla £cceUenza della
"^ Signora Duchéssa e, da Voi tutti. La ^qMat
pariita, come «dite 9 la lascia a^liM %òik\
J
iHvche mi dorrei molto, se la cagione, che
|mtir la fa , non fosse così onesta e mgiò*
nevolc ^ jpome ella è. Ma clxi é colui , che
^ questi tempi non abbia più che ùaa ca-
gione 4i dolersi? Io sono stato poco meno
-di quattro mesi impedito dalle mie podagre.
Ora pure la Dio mercè , sto bene assai.
<Se alcuqa cosa posso adoperar per roi^
|ion mi sparmiate, raccomaltidaiidomi alla
jSignora Duchessa, la quale io porto sem-*
fre nel «lio animo con molta osseryana^ìa.
tate sano. Agli k. dì Settembre 1^6; Di
^ma.
A M. MaminÌQ Tomarozza.
.A Roma.
Ti mando uua mia lettera,, che va al
picevllor della mia Religione in . Napoli con
^Qa pjTQcura in lui, da poter comparire net
Capitoli provinciali;; che in Napoli si &ràBf-
no f per me ed in mio luogo. £sso m^ha
scritto del debito, che io ho conia reiigiòf
fie per conto della mia Commenda di Be-«
nevenio. Gli risponda. Averò caro , vediate
che la lettera vada salva. Delle cose mie ^
<she avete nelle mani, non dirò altra 9 che
•eoa certo nòa bisogni» M. Federigo tutto U
^i ragiona di voi, e vi disjdera, © vi si
!MCjpomanda. M. Gola- S a Villa, nudvà/ E
M. Leonieo vi rbàluta*. S tate saao« A^ 6. . di
.l^'etteiubre x53o.. DI Pàdoivà.
3^4 TOLtTHB TKRza.
A M. Flaminio Tomarózzo.
A Roma.
Àverete veduta 9 al giogner tli questa,
darlo mio nipote , il quale ho voluto che
venga à Roma, poiché alle lettere non vuo-
le darsi, per pigliare esperienza di cotesto
cielo. Ti priego a trovargli alloggiamento
da dimorarvisi per alcun tempo, finché io
gli preparerò da potervi stare. E sia X A*
loggiamento di qualità , nel quale egli ncm
«bbia a fare molta spesa, ma passi con po-
co , ciò é con meno , che si può , senza
patirvi gran sinistro. Sarà bisogno che prò*
curiate che si riscuotino quelli denari dalla
comunità di Benevento: scrivetemene alcu-
na cosa, e parlatene con Messer Avila, e
con M. Carlo da Fano. Vi mandai a' di pas*
i^ati due lettere in due volte, che andavano
à fra Carlo Pandone Ricevitor della mia
religione in Napoli j sapere volentieri quel-
lo , che ne é stato. Attendete a viver sano
e lieto, e salutatemi i detti M. Avila e IML
Carlo. A' 29. di Settembre i53o. Di Pa*
dova.
tlBRd OTTAVO* 3tó
^ji Mk Flaminio Tqmarozzo*
A Roma.
Né mi son maravigliato, né mi son do-
luto di voi ^ M. Flaminio mio, che non ne
ho cagione alcuna. Se cagion dimaravigliar^^
si u di dolersi degli, amici non ha chièda
loro servito con rischio della loro vitame-^
desiraa ^ come sono io stato da voi servita
con pericolo 'della vostra. Dunque non vi
date un pensiero al mondo di questa parte^^
e non crediate che io non sia tale versoio»
quale Inerita la vostra molta virtù, e Faso-
re che io certo sono che voi mi ^ portai^
{)uro e sincero. Quanto aspetta all' affittar
, a Commenda di Beneveuto , ho scritto a
M. Avila che vegga che ella s'affitti. Tut*
tavia se fia a proposito per lacagiòn cha
arrecate della permutazion da farsi di noa
la dare ad affitto, fatene quanto a tutti voi
parrà, irhe ben fatto sia, che io nelk vo*,
stra prudenza ed amore mi rimetto, Atten^
dete a star sano^ ed a pensar di tornara
a' vostri studj Padovani, dove sete aspetta-
to. N. Sig. Dio vi consoli e conservi* A'a.a»
di Génnajo i53i. Di Yinegia.
TOLtrWX TXll»(K
A M. Flaminio Tomarozzo\
^ Rotila*
Tederete per quello, che io scrìvo ir
M. Avila, r espediente che io Lo preso per
ricuperare ì denari, che mi deì>hono i Ga*^
j^ccioli f che è il favor delk Signora Mar-
chesa di Pescara^ La cpiale spero farà iu eia
ifaellò^ che a me fie bisogno. Non repli-
èherò qìai, quanto ho scritto di voi a lui,
ehe so non esser mestiere. Solo vi priegio
a darmi voi dal canto vostro quefllo ajuto,
che potrete^ che sa Dio , se io ho n que^
sto di bisogno di quelli denari :r ed è pure
onesto 9 che cessate di tanto le guerre e
romori di quel mondo io debba poterli ri-
scuotere* Sopra tutto vi priego a fare coi»
prestezza e senza dimora tutto queUb, ebe
fere averete. A voi mi raccomaudo*. A' i^
é*^Aprife i53i. Di Padova.
A M. Flaminio Tòmarozzo^
A Roma.
Ho veduto con molto piacer mia Ta vo^
ttra lettera de^'iS. per la quale ho inteso fb
cose di Benevento andare a buon cammino,
di che tutto vi ringrazio. Ho aùche veduta
LIBRO OTTàTO.' 327
volentièri la sottoscrizioni vostra nel proce^«*
80 della mia bolla, sì perchè ho conosciu-*
to che avete qaello ufficio, il che altrettan-
to m^ è cajO) quanto se io stesso lo avessi;
e sì àncora perchè vi veggo essere non so*
lo eccellente scrittore , ma anco disegnato^'
re, si hello e gentil segno vi ci avete fat-
to. Ma lasciando da parte le burle, mi pia-
ce che abbiate più fondamento da potervi
rendere agli studj , che io non pensava, ai
quali sete aspettato, e massimamente da IVI.
Federigo, il quale avendo io salutato a no^
me vostro , mostrando che nella vostra let-
tera fosse fatta menzion.di lui, vi risaluta
amorevolmente. State sano , ed amate mo
come io voi amo. A* 26. d' Aprile i53l.
Di Vinegia.
j4 M. Flaminio Tomarozzo.
A Bologna.
Per le lettere^, che io scrivo a M.Car-
lo , ho assai risposto eziandio a voi^ Pure
voglio ancor dirvi quello stesso , quanto a^
venfr mio in costà. E ciò è, che per nien-
te non voglio entrare in via a questi rotti»-#
simi e disagevolissimi tempi. Se N. S. so-
prastarà a miglior giorni e più temperati ,
, io mi vi potrò, condurre o per; acqua, o
conie che sia. Ora non m^aspettate per nes^
suh conto 9 vada il jrÌEBiiji0iue ^ coma vuole*.
3a5 YOMIME TEKZOS:
Ho detto a M. Carlo che stracci la Alia
lettera , letta cEe egli l' averà. Non percià
Togli o, che ella non sia comuDe parimente
a voi , a cui non dekbo nascondere parte
alcuna dcir animo mio. Salutate Mad. Giu^
tia per parte mia, e Gammillo insienie. J&
state sano. A* 3o. di Dicembre i532. Di
Vinegia,
A M. Flaminio Tomarozzo^
A, Bologna.
Voi vi dolete che non avete mie lerte^
re, ed io pure v no scritto , una volta da
Padova già sono da* i5. giorni per un uom»
del Vescovo di Majolica, che veniva per
acqua , per lo quale mandai una procura
ad ApoITonio d'intorno alle cose di Bene*
vento. Le quai lettere non dubito punto a
questo di non abbiate ricevute. E se non
aveste , fate di rinvenire il detto messo in
cas^ il Reverendiss. Cam^peggio, e di riaver
le lettere, che per esso io vi rispondea a
basranz^a d' intorno alla cosa del Vescove
de* Grassi. Hovvì anco poscia scritto di que-
sta terra, dove sono otto giorni fa. Di mo-
do che a me parca avere satisfatto al biso-
gno. Ora che per le vostre de' 3o. e 3i,
del passato ricevute in questo punto , veg-
go che vi dolete della mia tardità, me ne
LIBRO OTTktoi 3:2j|.
maraviglio altrettanto , quanto fate voi. Ma
per darvi risposta , se '1 Valerio non portò
mie lettere 5 fu che io v' avea già scriltcr
a bastanza. Al quale io non ho dato spe-
ranza niuna , ma egli da se se la . piglia ,
uè di ciò posso altro. Quanto al partito del
Protonotario Gasale, vedete voi quid prae^
stet. A me semplicemente più piace lo spi-
ritosanto dì Ravenna. Tuttavia sempre mt
rimetto a M. Carlo ed a voi , che so che
m^ amate sinceramente amenduni. Io sto con
disiderio di saper se la corte è per ìstare
in Bologna lungamente. E se Io 'mperador
«i partirà, se si crede o si sa che ]N. S. sia
{ler soggiornar costì qualche settimana. Del-
a stanza mia, che sia alquanto più libera^
avete fatto bene. Ma io non voglio , come
per tutte le altre v* ho scritto , venire cott
questi tempi a voi. Al mio dolce Compare
m. Carlo questa volta non iscrivo, fate che
questa basti anco a lui. Del vostro venire
in qua uno di voi, per cagion che io non
vi scriva , jxon bisognerà che pensiate di
pigliar questo sinistro. Attendete pure a stai;
sani costi. Ne per ora so che altro dirmi*
A' 4- di Gennajo i533. Di Vinegia..
V
33ù yoLxrvx ts^oì
A M. Flaminio Tomarozzo.
A Bologna.
Arete con questa una. mia al Mag. M*
Niccolò Trapolino, il quale ^isno conoscia-:
le, dotta persona ed antica. Sarete conten;
to cercar di lui « e 4ai^gliele , dicendoci
cbe se vi darà la risposta, me la manderes-
te, e molto a S. S. raceomandarmi. Ha da
spedire certa sua cosa con questi ministri
Imperiali. Ma per dii^i come lo troverete
Ageyolmente, domandatene Monsignor àjò
Rossi medesimo , clwD $. Sìg. ve uq sapra
dar nuova. Ho avuto,, a questi di da uno Al*
LodovU^ Parisetto Reggiano una mollo bc^Ta
epistola in verso eroico alla Oraziana ^ a
cui rispondo. Sarete anco contento d^ votai"
rizzargli la inchiusa ^ e d' intendct^e » che
uomo costili sia^ che io non Tudì* mai pipi
nominare. £ in vero buon p.oeta. ^^ate sane
e raccomandatemi al mio carissimo i;io|i
solo compare , ma fratello Messer Cai^lo 9
e se andate alle volte alla sua stanza,, ss^
lutatemi i suoi osti. Se M. Alessandro Cor-
vino verrà ad alloggiar con voi ^ direte a
Mad. Giulia che lo riceva volentieri, e gli
faccia buon viso e buon trattamento. Anzi
preg'itenel voi a ciò fare, e ritenetelo con
voi, È gentile ed amorevole giovane, ed io
l'amo assai» A^ :a8. di Gennaro 1 535. Di Padova*
iiTM^ &rfàiiv9i 33s
'j4M. jFhminio Tomarozzo*
A Roma.
Un Marchese di Pescara fu moka csh
Tu al Re Ferrandino^ il quale rientralo Fer-f
Fiondino do|>o la partiu del Re Carlo in
Kapoli , e Toleiìda riavere i dug Castelli di
Napoli, ciò è il Novo, e quello deir ovo ^
«noiato questo Marcbese a ragionamento coT
Francesi d*uQO di questi Castelli sotto. fe-
de, fu da una saetta di balestro ferito nelf?.
la gola, della qual ferita si mori» Questa
Marchese di Pescara, che fu prode nelFor-»
me molto , e perciò carissimo a^ Ferrandi^
no, bo io creduto sempre che sia ^tato
padre del Marchese, che morì questi anni
à Milano, e che si trovò alla presa dei
Ite Crisiianìs5Ìmo. Ora per quello che mi
scrivete non sarà stato suo padre. Ma cq«
me che sia, di costui vorrei sapere il no-
Ke. Però non v* increscerà domandaine a
nome mio Monsignor Giovio. Ed attendete
a star sano, A':i2. di Febbraio i$33» Di
Padova»
332 yohvmR térsoj
•■»
j4 Af. Flaminio Tomarozza.
A Padova.
Io ho avuto per Io più caro amico -n
fratello, che aver si pos^a per aIcaao,'M;
Girolamo Savorgnano. Il quale è stato moU-
to raro e singolar gentile nomo della Pag-
ina nostra , e pieno - di gran valore e di
gran virtù j ed era il più grande , quando
egli mori, che non sono molti anni , che
fosse in Utine Patria sua^ ed in tutto il Fri-
goli. Era oltre a questo mio Compare* Ora
ì costui figliuoli io gli amo come miei £-•
gliuoli , e disidero il ben loro , quanto
il mio medesimo* Questi hanno a pro^
porre una loro causa di certa giurisdizioner
juris patronatus delle chiese negli loro ca-
stelli dinanzi ad alquanti di cotesti Signori
Dottori e Leggenti di Padova. Sarete con-*
tento trovare T eccellentissimo M. iVIariano
Sozzino, che è uno di quelli, che ha m
far questo gindicio , e pregarlo per parte
mia, che se mai esso è per farmi alcun
piacere in questa vita , voglia avete -p€5r
/raccomandata la gìusrìzia di questa illustre
famiglia, e arditamente difenderla con V-AVt*
torità e dottrina sua in questa causa. Io pat^'
Io cosi liberamente, perchè so che la ragio-
ne è dal cantò loro. Tutto quelli^^ cIms
S. £. farà e dirà in, favor loro^ io riceverà
per fatto e donato a me medesimo. Ne mai
verrà tempo , che io me lo. scordi* Farà in
questo S. EocelU parimente, piacere al Mag.
M. Niccolò Tepolo, il quale ebbe per mo-
glie una figliuola del detto M. Girolamo ,
e sorella di questi fratelli. Tutto questo
che io vi scrivo, direte a S. Eccell. e scri-
vetemi quello, che ella vi risponde^ molto
molto a lei <*.on tutta la industria vostra
raccomandandomi. State sano. A'3o. d'AgO;^
sto i538. Di Vinegia.
ji M. Flaminio Tomaroseo.
A Padova.
Io non posso più oltre portare il desi-
'derio, che io ho di riveder le mie meda-
glie, e qualche altra cosa antica, che. sont>
nel mio studio costi. Perchè, sarete conten-
to, quando tornerete a Roma portarmi que-
ste di loro. Le Medaglie d'oro tutte. Le
^T argento tutte, da quelle in fuori, .che
sono neir^ltima tazza più grande di oauna
indiana ed in maggior numero delle altre.
Xiecdi bronzo delle prime quattro tazze di
quella^^ maniera , e più, se più vi parrà di
dover portare* 11 Giove ed il Mercurio e 1»
Diana di bronzo, e quello oltre a. questQ
che a voi piacerà di portfirmi. Troverete
Aello studio Spagnuolo delle iìkledaglie^ quatr<
334 ^ vocuHnfi mizoJ
ero o ciaqae coUretie di zendado cremìsii
che entrano tra le tavolette, nelle quali
stanno le Medaglie d' oro della cassetta ^
le quali si tramettono a dette tayalette^
acciò portandosi la cassa elle non Mcano
dalle stanziette loro. E la cassetta di velo*
fo si ripone in un^altra cassetta coperta di
cuojo > la quale io soglio tenere in terra
50tto gli arma] di legno dalla parte de) del^
tu studio Spagnuolo. E cosi si possono pelo-
taro e le Medaglie e la cassetta di velato
sane e salve. Le altre 73« Medaglie d* oro
porrete in un sacchetto. E somigliantemen-
tepotrete porre e quelle d'argento, e quel-
le ai bronzo in sacchetti, quelle di ciascu-
na tazza separate in un sacchetto ciascu*
xia. E parimente portatemi le loro tazzette,
siccome meglio vi verrà a portarle, e quel
bussolo damaschino dove stanno le Meda-
glie d'oro 72. Portaretemi eziandio quella
taxza ,' dove stanno> gli anelli e le corniole
te le altre cosette con ciò che è in essa*
E delle altre cose di poco peso tutto quel*
lo, che a voi parerà di portarmi. E di que-
sto ordine, ch'io vi do, non curate 4ip^'
Jar con persona, perciò ch'io nOn ve^io,
che si sappia. Se pure non avverrà parUr*-
he al ritorno vt>stro a Roma to^ 1t HwifSfO
cnoistro, -col quale ho comunicata qupsfa mia
!'SeasuaÌità, è to^ìì)1o per oompagnov'a Jt;^e
-'«rpettabola^ e certo sono, .clie-^e^s^^ a^d^^
*ftirà parola. iPecciocdhè èw»^É>nte,fi4tSi^rf^
fyàJA n
I t. '/t-, V' i" •••'
iiiBiaroTTiyo; 335
W4 irò plaeere dì pigiiarmene spasso eoa
l'Oli 9 quello cl]te l'arai eoa pochi altri. Già
<tiie ore è venuta nuova della vicinissima
morte di Monjs. Reverend. Gontarino^il
<{aa]e avea gi-à perduta la favella, ehe ha
-grandemente dolorata tutta questa corte. A
jloe pare, che N. Sig. Dio voglia permette-
te, che questa santa sede abbia ad aver più
infelicità, che non si credea , togliendoci
-ia prima «colonoa e so&tentacolo della sua
Chiesa. Man me^ ne posso dar pace, ed ho
il caoir pieno di'* lagrime. State sano voi.
A? l'S. di Agosto 1 54:2. Di Roma.
-\ .
A M. Trafano Alicorno ^
Camerier di iV. S.
A Boiogna.
* . »■'•
(:
''' Mostro Sig. può già più di avere avnto
disposta dì quel negozio , per lo quale la-
, miÌÈÌ qu^li dae ànrievi a ¥• Sig. per ordine
^' Sua Santità. U che «eé, siate pregato
«t^ dirne uùa parola a S. Beatitudine e pre**
giida a' degàtfm dì commettere a iVL Lvan-
^elisia^ clié gli souoacriva e sigilli; e se
S^à Santità gii^ ne darà la minuta., ^cheia
'(«nga in; secreta' par^e^-Erpcdtti- fh&i siano
igli poterete dare ìà-^M; Vèitar S^^ranzo^ a uni
"" icfì^ò l^ò^ cbé^egtii ne averà a^è«Di'qpe-
^-è'tòvnf&cié^ftèinpré iutiy tenuto, a voi;, ni
ini' ii> sPèorder àv Ba&cio^ iUaiuisaiìoig prè
336 VOLUm TKRXOJ
di Nostro Signore ed a Vostra Sijpioria mi
rsecomaado. A* i6. di Marzo i53a; Di Pa«
dova.
A M. Anton N&U.
A Roma.
Che abbiate cosi ▼ìyamente difeso Io-
nor mio calpestato costi a gran, torto da
quelli ministri delia Ganoelleria , senza es«
sere voi stato a ciò pregato o ricìiiiesto da
persona, e a caso sopravvenendo ài calpe-
siio^ é stata cosa più tosto dalla vostra cor-
tese e generosa natura, Mbsxu M. Antonio,
mio, che da. xpiesti teitipi. Rendovéne qud-
le maggiori grazie, che io posso, riserban-
do la memoria di cosi gentile e amichevo-
le atto nel mezzo del mio animo tatto 1
tempo, che io ci viterò. Il nostro Messer
Lampridio sta bene, ed è qui con molta
grazia di questa città e di questo onorato
studio , del quale se voi voleste esser pa^^
te , peravventura e voi non ve ne ti^overé-
ste mal contento, ed egli se ne rallegrereb^
Le ed ingrandirebbe assai. Io non vi ci po^
trei già veder persona più volentieri. A voi
mi raccomando con tutto il cuore. A*I7« dl^
Settembre i53o. Di Padova.
,/■
\
UBKO OTTAYO^ ^'if
A M. O Antonio Mezzabarba^
A Verona.
Jeri a caso Viopendomi la vostra (i>
GanzoQO della Gmcie in maao, io la rilessi
volentieri, e poi con njoito. piacer mio la
i*»i
(*) Le costui! rime fyirono impresse
dal Marcolini nel i536. in 4* ^ Vinegia^
e sono ripiene di traghi pensieri ^ e di
quella eleganza con la quale solevano i
Poeti in quel Secolo scrivere i loro com^.
ponimentL In esse si leggono parecctiie
lodi del Bembo ^ di cui fu il Meszabarba
€issai famigliare^ ed un suo Sonetto sopra
lo stesso Bembo fu da noi fatto imprima"
re neir antecedente Volume. In un MS.
di 9arie rime posseduto dal Sig. apostolo
Zeno ritros^ai alcù/ii "versi di esso lUevut-^
barba scritti in lode di un libro ^ nel qua^
le vi erano alcune cose del Bembo y e per-»
che non sono impressi nel mentovato Can^
zoniero ^ e sono composti sopra il nostro
Autore , mi giova trascriverli ^ e fare
che oltre al pubblicarsi^ sentano di ac-
crescimento ed al nome del Bembo ^ e
alla nostra edizione y- e sono i segg.
Via più direi 9 Signor , arditamente
Che del Tosco Poeta il gentil spirto
Bembo Voi VII. %%
^
^3S . né^sS fiitìb
tttrtraì a rifógge^ 'pi*' <riin*' voftk^ è VicKn
'tfótj «oftf'il fcéuttoeift.J"ai lei «^tf/é- giare
*è "ttérVero saiiifé,'' luà'briVé a' èlò 'VI srcorsi
é éònsidéi-ai quel ttiodd^'di tiJai^rk^'i^t^vtib
'^^i/ vfal,"nè ptù -da ''Ore m 'altro pòétl^Heaiito
"beV'àddièti-d' giàÙmaKU' <](<t^dfì"tfadÀo "eftrie
*aie"'t>aj'* ^ólfa' d« ««(iifeno^^ilèlle ' S«lik^,
^rdiò che egff ritdtltò dle^Hti^e ^èt^ <fià-
iè -niedèsìrfac Tóct; eg!^tatla^à-*é"«'ffift'^
^-^l «6nó per tfgni ìàm tik^Ta\téf''ià^
•^*'lipg*td fosse In vói 4>f ^ù beVWéo»/
*^; ISe' non' che a me ]f)af Vedtì^^tfetàM
'^ Ch'alia dolce dmbra del•sftave*1fnil:Wi■
^ '^Cbn più tei stil, con {)iu leggTaard^ftlfeao
''"^ paùtaie, e con sì nobil màravl^a ,/''
■*'* 6hfe a sé' stesso Udir vostro sot ^yttrf^.
' '' (i) La Canzone del Meztamfbit'è
ymffrèss'à a car 42. delle Rimerai ttìi ,tà
''StoAzè sonò ' dS òlio a^rsi ^ ed il c&ntìfffsL'
^Ì!cl\iU ^ttto -''ed' in ciascheduna itlirèa
^ 'W ^i^à ' té "^ medesime rime cagionate dààa
'-'iBnii^ltàhzd deìyiAifnént&ddlè n^òci, ^tiéUe
quali vanno a^éérihinàìt i ì^èrsi'^ il'-^cfie
nelle Sestine non viene usato.
oW§oK? volt?), §rlu.fta,,|dm5.; E,,ver<^, <:liie
gjJ^Kja odi .qii^?;^ rìpie , ,r«]lìi^ , s?id«<;Jb«p''e -n
^4èìfmo >>;*y»?te;.di»J6* iil. tij«iìyocv 4i'^e??<(.
si'tìSflì 'S"^"FOrr,?fgi M**» t««M% sqBP. ^i /meJi|B
B^J^M^à jacwnpar^jbile |»f!9A?"»e te^? 5 !?)«f¥»
^g,,df3XÌ0i©„; ft^ 4* quella »,^s»e, wqv^jj^ YJ»
dite quello , che a dire avete » qttasi come
se le rime vi fosser piane ^ ed ogni stanza
"^cTascunà "per "se d* altra e~ diverta ' maniira
i«oR^?issr'»t <J<Wn?Jkatt0P ja. iwiggi^r^iprte
amk .' Canjjon^' . del , ^ostpo ?e^Kitcsff^V,9r la
qt^ <^»^.npq..ani 40» ppi^o , nù^fiep di
t^^f^gfAtavsa» i cQo ypiu Carne, eh* Xo stivo ^
che^ pocli^-^oeti : «iaie per avere;', ri9^'Q s«-
.cff¥((^f^f^^^ paniera, 4i Can90iie.^{8| mi
pare egli, che malagevole sia lo accozzare
{jii^inp^coitenrn.npigU^aìjenii 41 xq^^*' stes"
Si«e^ v^i,';^ og ,dir ^hewe. Xa qiiàl cfi9f(,mm'
^^k^^m Pl"ìv,'*r», fi, «iar?yigU9^„«lf,#qrà
9«»li^i»gen«». <*« verwJWP, Ia,vvp^rf, »?»k^^*«f*
»««fl? Mwi ypstrQj,dA.cuij^i<j^tó.
^NÌft>\^o«Hh»^4 A. .gU> . ^Url^U^ffiss^^ri, j^laghi
a\W\SlrV ,^^,^^pi^\9q^^e , ^«W»f^\> A^.s i^ftW 4sl«§f «-
,j,^nal?re:.^Aqo, PL^I^a^^ya-.. osvv^vr \\s^v>v'
jt Messet Lodovico Sirozza. /
-" A Mantova.
' Ebbi qnattro di rono eia M. Lazzsr»
Buonamicn una leitera, che vai gli scrivete
^rc^andolo a ricordarmi la promessa fatuW
^Xi Bologna d jtitorno al epitaffio del Goatt
Baldassarre vostro Zio. E perchè' aaco il
•pregate di celerità, vi mando quello , che
vi ho pensato sopra, senza averlo mandato
'altramente a M. Lazzaro , per non perdeic
in cpiestV opera più tempo. Ed in prosa
•perciò, che a volere dir le cose- che dir' si
convengono, il verso non basta. Se io aves-
si avuto più tempo, peravventura che io vi
arci aggiunto alcun verso Ora far noi pos-
so. E tuttavia nessuna necessità ci ha di
versi, che la prosa dice a bastanza. E per-
chè .«nandatc i quattro versi fatti dal Conte
sopra la morte di sua moglie , a me par-
rebbe che in ciò si satisfacesse alla volontà
sua, ed in uno degli due spazj quadrati si
tagliassero i detti versi , e giugncrsi sotto
tai parole. Hippoljtae Taurellae iiocori dul-
eissimae ; quae in ambiguo reliquit utrum
pulchrior an castior fuerit ; prinios in-
ventae annos vioc ingressae BaldassarCa*
stUionus^ incredibiliter moerens P. JNIDXXV.
se in quello anno ella mori. Ma nota-
te che il tctrastico è incorretto nel pri-
mo verso , e vuol dir cosi: Non ego nùnc
wVo confila^: dulcissima : vitam ec. Ed è
cerio uà bello Cpigcaioeuo ed affettuoso ed:
elegante, ne è da lasciar perdere. Oltra che
benissimo starà l'uno epitaffio nelf un degli
spazj , e r altro neli' altro , e potrassì cre-
dere, che amendue i corpi della moglie e
del marito sieno nellj. piramide. Axizi sq
essi noo vi sono^ si dovrebbe porvegli, poi
«fase tal« par che sia la volontà del iCon^td^
per quella che si vede ne' versi, fatti 4{l
lui por epitaffio della moglie. Darò ques^
lectete •^ M* Benedetto Agnello , come, or-
dinace^ Y^. ^ì|$- ^ì raccomai^di a Madoniui
Alovisa. State sano» A' uQ. di Dicembre i53o*
Di Vinegia. * _
^ M • yf M* Bernardin Sandri Segretario^
del Cardinal Gvimano.
Nel FrigQli.
I» •
, .^ la^ho veduta una medaglietta d*arge^-
to, -che ha dall'una parte .Mecenate, dal-
l' altra Virgilio eoa quelle lettere , jche
ditCr Poirebbe. essere che fosse questa te-
sta e quella^ < di ■■ Mons. vostro Rever. uaa
stessa. Questa che io ho, è cosa n^o4ern^,
hen che di tconio e non^ getto. QuajUito ai
Eliconi e- simili uccelli di preda , ,qu.^l4o
uso è cosa moderna , ;el^e glj autiobi i;i9n
gli aveaao mansuefatti i Txè gli usayaop t
cóme gli usiant jaoL - Sari? te , conteoto , ha-
tciar,< j^ . «qaao. p.^^ , in^ a , Mqdsì^.;. Reve^
rend. è starete s^i)'q,Àc94^^
Di'Vinegia. --e'-'
„,•■ E ào\f'ì mi sono state le voslre Wtfifte
^i^/^onto del vostro dolore che in esasMffi
ja: scopre ricevuto della morte del mfd'I^
,^ÌO 5 e dolcissime per rispello di Mttìft^
jì^Òr lo Cardinal vostro, cn*; se ne ^d)b
"BS?! ^S''* ^^ ^^ voluto che me ne fa8èfita
^ì^ ■ voi. Di che renderete a Sua'SlM,
bùelje grafie, che conoscete conven;ifti, |e
j>tgnereie a far .questo uffi%ib'J)e)''teé'^^
jp. S.' sìcQopi'e preso avet«'à'^ai^,iDifCtf 'qifiA-
,3(o per lèi. A cui' nondìmenV ^^rivb ìò'^n*
'^ora. Qnanto a voi, io era assai certd' scu-
ffi, le vostre lettere, che a Voi doTev^o le
vàie di'savv.enture, poscia che io certo età
.«eU'-ainor, che mi portate per quello, che
io a voi porto. Pure la meuzìoDe di ci&
vostra m è ^ara , e rendovene grazie. £
firiego il cielo, che faccia voi tanto conso'
aio, quanto ha me posto in dolore e ia
aifanno. Come che io mi sono oggimai,
anzi pure assai tosto accordato col volere
4«l Si;;, di sopra, e ringraziolo d'ogni cosa
tue egli mi da e manda. Slate sano. A* i6.
dj Settemiire l53s. DÌ Vinegifi.
'sete
faticato in maDtciiejrmi la' esenzlon coDces-
-Giulia, quanto cortesemenle voi vi-
faticato in maotcnermi la' esenzlon cot
^^u^^|SOf)ra la mia magione, e quanto ta
gffi-i^i s'3 valuto il vostro patrocinio. Che
sfiTS^ia non fosse ta diligonzn cA insiiitìft
■SftWW''^ vostra, le rose non sarcbbòno itfe
AsflB P'^'" ™^' ^^ '^^'^ "" *' tengo e cotf-
^fj|Oj. obbligalissimo , ne poireì a qnesti'^
XKffi^ avuto cosa più a me cara, Ut queslà,
^Ja^^malc stimo più, che uii altro bdòn
^^^^Ipio, pr:ipgp ^ora voi, cUe se mi aetìfl-
,jt^,]^i^^Q' "jljscrvirvi in clic che sia, siare
,,^i^piy9;<Ji, prènder fidanza sopra me, sen-
.,^, niiiq r^pafuiìò. Che quando io ogni di
^pi^(i^Ì(ja99Ì p^r vpi, non crederei giammai
^,«4Z)^cnene. A cui, e me e le dette cose mie
ilfiiccp inondo più tostò per usanza',.,. che
pprj^isqgno. . A.' ao. di, . Giugno' 'i'SSir'Di
ir^^Y'h: -.:.,'■.■ .... ■ ',.. ■■ -X^rj'^-
1
I
ai t AiM}: ^<^<;9 -^^^^9^^° r^.M^T^^',^,
-z:.o.-. rPotl^e., lettere .ho, rìcéyut'^j^in JattóMo
.i^ytpnimento della i)ypYp.ḑ|ttitóda^_iT. ^.
donatami, che nii M*"9 ,8*^^®3)';f,'^fj'j93^W''
le vostre. Nelle quali ho veàuio'^nioiio cBia-
rameme il buono amore , che mi portate ,
• I
344 tOLtJMK TMSof
ed avete portato sempre di inolti^ anni a<t
dietro. Oltra che per lettere del ^o go«*
vernator della Magione, ho il vostre dolce
affetto verso me^ e le dìmostraxtoni uscite-
vi del cuore della vostra letizia intese -pia
particolarmente e più a pieno j de\ qnali
uffìcj vi sento e sempre sentirò molte grÀh
zie. E priego IS. Sig. Dio qhe' mi doni
occasione di poterlevi rendere in alcuna
felice occasion vostra. In questo mezzo do«
verete esser ceno che io v^ amo , come
carissimo ed onoratissimo fratello si dee
o si può amare. E in testimonio di ciò*
vi profero tutto quello , che è in me da
potervi donare con. lieto ed amichevole
animo. State sano. A* 6. d'Aprile i539. Di
Yinegia.
j4l Signor Ferrante Prencipe di Salerno.
A Salerno.
Messer Giovan Jacopo di Simeone Na-
poletano m' ha fatto intendere la disage-
volezza, che egli ha dello intertenersi qui,
e difendere il grado suo del Dottorato per
cagion della mala qualità di questi tempi ,
e pregatomi che' io lo raccomandi a V.
Sig. in ciò, che ella sia contenta di com*-
mettere a' vostri tesorieri, che restituiscano
a Mad* Beatrice di Peres madre sua i se-
mento scudi, che M. Giovanni Antonio di
^meone già Governator dello àtìsKo' di ' San-
to Severino di V. S. vi prestò V^alla qual
Madl Beatrice debbono cedere detii'detìari;.
lù ricordandomi che V. Eccell. essendo' cfnt
tóUe che io il conoscessi per suo j ho esii^'
inaio ràgionevoìmenie noiì poterg^h manba^'d
di quésto ufficio 5 spezialmente dovendolo
io far con lèi suo Sig. *Siaie duuque e da
z&e pregato e dal bisogno di lui molto più'
supplicato, ad averlo per -^raccomandato in
Jùesto vie più necessario che volontario
isiderio suo. Questo doito se egli dalla
larghezza e cortesia vostra otterrà, io a voi
rimarrò di ciò obbligato parimente coìa esso
]ui , il quale amo e come servo di V. S,
come dotto e gemile e de^rio della vostra
grazia. BasQiovi la mano. A' i6. di Giugno
i53i. Di Padova.
j4l Prencipe di Salerno^
A Salerno,
Bastava assai , che V. S. m^avesse eoa
una sua visitazion fatto arrossare , e posta^
mi così indissolubile catena al collo per la
molta cortesia di lei quella fiata ' usatami ,
senza ritornando ella in Padova esser venu-
ta un' altra volta alle mie case per vedermi.
Il che intendendo io da* miei, conobbi che
la mia fortuna non avea voluto , che io
avessi tanta cagion d* insuperbire, e fec^mi
essere a quelli di in altre parti. Della qual
V. S. sjEj ue.fiaole ella eoa. le sue. ifinams^^
sime^ leU|(ep:e. ;£ f^psi riofo^t^ ijoi ,ji;^l^^d^ "
W'. la.dex^a, catepa ipia e, gli etem^pbf
che ìu.«i tengo. , Di che vireaaa.mijue
zie, x^^e vantaggio mio grande è, . it cpj^f^^
$ar Jx^n^ il yero^^.qne^tp infinito, £avj(MìS9|f)§9
4a Vagina Signoria ricevo^ V<d i^^ogil} J
49 nie- ne d^ho insuperbire m;il gfa^j^^
la f^^iffiin^ 2 ehe mi tolse la seconda
il, pQtcr,vi^v.ed?re, e raìlograrmi dojipii
t,n 4h fmeila ,¥i§ta. QiMinto apparijettfi ai
}o^j xhei mi scrivete dell^, l^ig^qora
if^lijQm. di. Cwdona Yicereipa .^r _
J19 4^^? aljqie&sQ vost]^9 lume ì^ mie.f:^;^
e Jatine,.$ volgari, afEwia che a jpi ^i.ffi^''
4isfac<;ffi ,. dcll^ quale ;3o. sono ai}^cj9 i^errp
per le alte e chiare doti donatele! ^a^cièl^)
lattee vie maggiori e più illustri dalla ^m
dilìgei^Lza e virtù. A. cui bascio la mano nel-
la buoqa grazia di Vostra Signoria sen^a
fine raccomandandomi, A*:23. di Luglio i^3t.
Di Padovì^.
A M. Lodovico de RqssL
A Bologna* . ^
i ì
Ho vqduto per le vostre lettere il 4i-
siderio vostro di aver da me a livella per
^9* anni V orto , che ebbe già Maestro Ja-
copo da Carpi. A che rispondo ^ che a nes-
«jlii^ %d TtìSBVplmo lìVcfHlrt-c^W'tatòiì anni
<5òià^'àl«uitó^, 'perciò cb^ è^ct^hfrà fé insti^
tipi^^l^Vrafó^ nutyv* teiigitìtìe. *E«fte^o Jk-
tìi&f^'^Smti^o mi f<?{irc^t (H qtrè»o^Ìei>
Sé'^rtó'^flaf'mòhi miei athici ed ultitaali»ètf>^
tè?^\RS' Sìgttbr ©fica dì MàMora, né ^rci^J
vtofli W'tb^à ,^ c^^ iò-riòa ilèvea. Il die Vi
]^^*cflteé essere ^tàW dettò ^da Sfed.Gfifc
fei Gtit^iiàtriée de 1^ Magione, ^he^ ì\ Mk
lÒHihg^é^ìdi lavello ìm'^ irete per isèusarò.Ma
ijiffin^* ìlic Vediate cfeè io - ho desidèrio di
^ii^lp/faitóctvij ch$ di Wiro i'iio, vi dico che
V; 'Sig; ^ir^i uno iscalnhib b in Botogna o
ftibtfvicliio nd alcuna pbsses»ìofl déil4 MÀ^
|j^ohé^5 p come si voglia ahrove, che pof^sa
éerderc in evidente uiiHtà delia tnia Ghie-
éa^ che ahramente non si possono fare què^
'5ti scanibi , ed io ne farò venir un bricve
dal Papa, ed a quet modo ve lo darò in
permutazione , e fia vostro perpetuamente^.
e sènza mio carico -Venmo. Se quello orto
fosse mio patrimonio , ò per altro contp ,
che per la Chiesa e Commenda mia^, vé-
dereste agevolmente quanto conto io fo dei
prieghi vostri. A cui ed al mio Messer
Filippo Maria mi raccomando, e priego lui
che pigli questa lettera anco per sua rispo-
sta. Vostra Signoria sarà contenta far dare
la alligata al Magnifico M. Marco Antonio
de'Marsilj. A' 20. di Giugni i53i. Di Pa-
dova.
N
'^
348 tsoLVMs jaamm:
A M* Lodovico de' Rossi.
A Bologna.
ÀTUta la prima lettera di V.. S. ^ Sigi
M. Lbdovico mio , io ammalai , e non oii
Eotei far risposta ; oggi ^ che mi sono la
lio mercè riavuto ^ ed ho ricevuta la se-^
conda vostra or ora, vi rispondo, che io.
non voglio dar commissione ad alcuno, che
conosca quello, che Y. S. mi vorrà dare
allo ^ncontro in Bplogna , ma voglio cpnor
scerlo io stesso. V. S. solamente averà cura
di fare intendere a Mad. Giulia quel tanto
che arete pensato di darmi ^ e farla capace
e certa del valore , sicché ella mi faccia
intendere la qualità del cambio vostro. .11
qual cambio se fia sufficiente, io V accet^te-
ro. Se non fia, mi perdonerete se, io non.
r accetterò. E questo dico, acciò non per^
diate tempo nel proporre ora una cosa -or
un^altra,' come fanno quelli che cercano d'es-
sere avvantaggiati. Il che non credo che
sia in Vostra Signoria cercando questo luo*
go non per utile, ma per piacer- suo. Né
resterò di accettar quel che mi proporrete^ .
per avidità^ o per volere essere con ,voi ^
buon mercatante. Dio me ne guardi. Mia
perchè così è il mio obbligo con Dip, : •
.con la mia Commenda , che è sua. Potrà
Vostra Sif^oria trovato il Loco , farla dirt
unito OTTÀTO. 34§
9l M. Giulia, e che ella me ne dia partico*
-lare e ver^ notizia. A cui se ella non cre^
derà , mostraretele questa lettera. A Y. Sig»
e al mio M. Filippo "Maria, mi raccoman^
*do , e- vi prego siate contento di racco-
«xnandarmi al mìo Magnif. M. Marco Anto-
ttiov de* Marsilj. A' 17. d'Agosto i53i. Di
:{^adova.
■m*
i. ^
>.'/-.
A M. Angelo Colozia,
A Roma.
Ben si pare, Reverend. M. Angelo mio,
ohe voi non sete di quegli uomini, i quali
•ligevolmente scordandosi le più antiche ami^
-ciste e le più lontane dagli occhi loro ,
sempre si tengono alle più vicine ed alle
.più recenti , forse perciò, che eglino di
qfUeste più di profìtto prendono , che essi
non fanno di queir altre , poscia che voi
la memoria di me non veduto da voi se
Don rade volte già sono cotanti anni, non
aolo serbate viva e verde ^ non altramente
di quello, che facevamo gioveni e sovente
incontrandoci V uno con X altro; ma ancora
v' è in pensier venuto d'onorarmi cosi cor*
tesemente cól vostro bello e leggiadro so-
netto, che io a questi di ho avuto dal no-
stro Sf . Anton Tebaldco , e prima avuto
avea per mano di Gregorio da Fiume. Al
|[]ual sonetto io volea pur rispondere altra-
B :be«a ieo-^re. M* sopraggi«ato di
enamtia^ cte m ha cagiomeYofe mol-
.1 n -eauto , una ut è TeButo fatto i| por
—1 ^ .nu iMÌfiiafiire. Laostle ho dUibc^
aia tarar «a xmk pÌH lungameme^^
MtK -mestì pura lettcn resdenreoe qu^ie
•razir. iib« a ooh: ec^^leote doQo si cotf-
rn;:.?!io icirtime Lo fo coQ ogni affetto dtl
nt-' .uiint». i piale animo e molto vostro
• ie«la -'iMn nirorstvirabile virtù e bontà
::)ì:iu mila jjiMaiacnm nostra, ed ora risve-
;:i;iu iuiltt v'iiiore lime si rallegra essere
i^ -.11 ri ulanbssie onorato, ed avere cosi
ilmuTf ifiRtm^niud dell'amore verso me vo-
strv^ « *ùsJkk mofUn antica e kooaa Smisti.
IL iuì:iì iitto T afabnccia « e striane, e n
m rarcooiaada* e ti prìega saltiate M. Ai^
«pi!i ^opnddeilo T nome snov di cui si ser-
ica ^ multa « molto «rata ed onorala ri-
rordtftza. State sano. A'io.di Settemli. i52|.
T*». V-
^-•-^ l*A.WiÌavellQ,
\. , ili molle grazie , molto «
V ^ ' ^«'^e"o e penule e3°r'"
«v-^ v.i.uo, coJ quale cosi ah. ^°"^
^„,»,,„». <u ovete, e conosco che al, *"*
W ..««»-.. X.,tt«m poscia che ]« • '^ "*
éÀrè'f 4hfi H (Sarìàéiim^tiM I"^ obbligo U/^Sr».
-dbtfo^^ >fó^lta teggta(lraitiéiiteiiétdiw>e test-
'tmoy ed ha ^ti se ogab^belto pAnsi^'se noli
%liré^^è'^e|atoW. Sftiuca«eini:>iVf(.^BBriisu:diii^%
-Vfiiteiio, 6 state ^nOi AgU^ 6. i^dr Novembre
iffór; Di Padova.
r
-« ■■■■■> t K .> • ■-■.-,
1
-j ^ Al MalìMa9ett(X. ^ ^
.L t r . ij^y imi ràllegm ' con^ voi y Magnifico ■ M.
l^raUcesG^ itiio y del. 'tiuovò figlmolov "cbe
-^4 Éifktóy e d' una baona voglia :soix ^^eoti-
-tédté t^o^rib d fonte del bnuesimo , & ad
^ftsè^ftiÈ^ t^oiUpar vostro; E perché mcw^ po<^.
«é^^^avlairtiii a^ far «rjaesio ufficici ine ptrsoi^a,
scrivo al M. Agostino Angiolello^ ehe lo t»il«
ga a nome mio. E qui fie la lettera. Salu*
tate la madre di lui e moglie vostra per
jne^ A' A d'Aprile {53z. Di PàxloiSi;
Al Malchiiwello.
9v ojHo^vedute le: vostoe cSttone'^n Gomptaim
ol!Èi»gai&e)o, ie-^qaàli «a ^eiip^'a^^cbie isiau
d^tut^uoiàio da^joÀrnreiait^ise^qchanda legger*
1. *.
\
▼JVU VIOLA « JDtlCSiV*
limo' le. abbiate fette Tu ' poblii ' d^
da rusetfearle in molti 'Itid^hi^ iS^
3fo iMMnKK tìbuo.
le. B-atimo'
sarebbe
v*leaie. ehe elle .nst^issnro fàòrri. £ <^kstìt^
raMeitaaiento bMognct<*fabe r.he vènissre .)|i^
voi Ateaso, e ncKi da altrui. Rè io aret^t^ìiA^
pò d<i. qijeafe cose, cbe'aoiKi come poieìé"^
Sfipere occnpaiidsimiò. 'E stimo sia^ mala <eo^'
sa fisarsl a dire ogni cosa. Parlo d* am'<;f^é'
rbf* vi porto , che vorrei vedervi altissimd^
poeta e leggiadrissimo. Ho avuto il Madri-
1 gaio e ve no ringraAio* State sano. A' io.
- di Fcbb. i5'Ò2. Di* Padova,
.. *-^
• t
Jllr Malchià^eUo •
1^ I
■^ Quel ' verro • di Dante che . dice : • Farle
sjmn^%\^ci con ambe le piote, non Vuol dì-'"
re spufis^ava ^ come interpreta il Landino $'
ma sping<ii^a\y che non si dice, riè si trova
spungtre II che potrete vedere in un ver- *
so che è nella frottola del Petrarca' (i)','
i4«
^ 1
[r] // versò della Frottola del Petrar-
ca allegato in qtiesto luogo dal Bembo ^;
il seg. :
Tcòva un altro clie spingae a cotal verso. :
ledasi nel primo T^olume la lettera IL
dell'Autore alC Arcivescovo Teatifio.
■■ ■ *"
clu io vi ric^ési, là qdale sarete contento
mandarmi tale quale ella è^ che ve neprie«
go. La inierpretazione 9 che dà il Landino
a fpangarey stimo sia rera e buona » né yi
é oifferenaa, che io creda <|el sentimento y*
H^ solo disila parola, che ia quella manie»
rà non é ben dert^, A Vostra Signoria mi
rmccoma^do. A*i8. di. Giugni r532. DiPa^
do¥a«
^l Malchiavello.
A Vicenza.
Ho letto con molto piacer mio i tre
Sonetti mandatimi da voiy Magnifico Com-
pare mio 9 ma sopra gli altri quello , che
vi scrire la Signora Caterina da Piovene»
La qmife non può esser se non valorosissi^
ma > se quel Sonetto è suo ^ ^ come Yostra
Signoria afferma. Il quale nel vero è tanto
belio 9 che mi fsL maravigliare grandemoAte;
E parmi che la ]\j[archesa di Pescara sia
non solamente a -^ Napoli, ma eziandio nella
vostra citti. Dissi Marchesa di Pescara, per-*
ciò che è quella, che ha ova il primo gri^
do. I vostri sono eziandio belli • ma non
giungono alla eccellenza del suo. E vaglia
a perdonare. Ancora <^e io stimo ,, cUè
questo apepunto sìa la somma del. piacer vo*
atro. Attendete a star sano.. A'^S. di Genn»
i534« Di Padova.
Jieniha JToL riL ^S
-£*^! ni i/ip liio'^i ^flfelteArffo^i^io ^do ói3
"A^ok^n ^«ìegbcrràQ^? cli^i^dndb 9|i^fUui^
idi t|ilù code alle «lÀiyi, ivhe èmilMUMÌii àciImf-
andata oai>a/v<^Iàraoet^ "^iV^/oS. «rpittiiefalao é&k
«tnclÀrteiiill >foaorc^«wimi(»i ]ì«ii9£Ìa>l|aMlKe
«dpotcK 4àffr>|ki(nia ^ coNuiò^^il ^id^vhdloijjj dm
4«b Ablira . ancttr .^ìvvmìuÌoc eie < iostri o àilQi 9i1b
<ànuimo£Aii9eh^ij^ili:q^aIa òiso;^tlcne9Q«idi^
[chèinon ^faio-; hftiògno;^4' ùiiiik sx3tiitÓM«
cOtit*' «iiiTQtto ^. fare 01:2^ &oirerdl|^eus|BB9e^Bnii-
qu^aSÈtroiev'ConteiOio soaairnMjjdue òamùB%
Jtiddtfifaada .nelivicevftf cQkM,i^el}4|aal5flH
^•a^j^te^ J.Di x^véstar ^oskr» isian> 'lottava (iini
J»eo0(9 gnpie.iàtiiéba|ifiri^fag. ci^AgottcìsiSda.
^ f^inegia. .^/ubi^H ìG
A^Ia vostra lettera vorrei poter dare
altro in risposta per servigio di Monsignor
rArcivcscovo, che quello cne io le do. Per-
ciò che oltra'4tlArf^i|S|À9^ il^^ora qui inPa-»
dova poco pos8a>#»^\'4i s^disfazioa vostra,'
tMM$ cKf^(W MliC<èn<^c1^s^ Hoed >:f|)otrei
I|iiqVo oa^^iMfi) nà^tt^iy'^h q§b^ deU«rjfiJr
4M6<mMi ( AUf : fiVi^P: r^§||o \ ta' |i^j|iiall ^t-^ Kro>
«Mi^tìfraidUiqif'^ ^f)e;ariN)HÌ$, f^ifodoi^he
ù|in^io$i^.oàii«^t#ifi^8oófi^^4| mala^A-
-3i»li) in iiimuflfdorai Aeik , fmlere y t ehe ^ ii ( |iiali
jÉonoffimooJiratìidi^.^fttiii^^i^IèMadric^ c(°a9ìt-
idfe Qoittdioun élol<!|lre dUse rijbi jplosaono, («ft)iio
djaÉMra^òdben^fii fi^t^ftmiD^vooaie idit^ifTmte-
glioUsnfvéflp (inóhswa^fla odiale ^^^e»
ìtieu&e i^anri ,'*)C aMré&oita^Baro , ^t^ésì^»
Jdna5«so5aiinio[^QNles9flr^pì^'idk)^e^Utbé pcn»
4K)8>f)e»9e0i%Datè ti/queli^ SigniOFe 'vaosid'aMi^
^cmÉ%risoiHfeàpfitt}|ftniQ]lte^'i0;isfirGr fiii^hiiidb
jMÒiifitBa Akéo 'i^utO'^dWi cosa .vostmi
ìi^QfidadAarvi^slIkei^jpr-^esia k^era^oq
'WuMyfmBBsponìf^wverà^^ ogni «tòa <^iiitm*cesifW
i4*flkmnò ^aéiiotrf. oome dbu& 'iiiìr»iioti/^^oy^m'
iotilpiifbei^fiir, éàpo c9A> cFotésto ^àtvtì^inmi^
moì n^pmle tnearana; dUiiies«telMf^a<t Lh<^^^g[^^
*ii£à umtoe.; /Sb .giòiterà;^ .d%aliit>*aiofif(^, Mfi^
xa, il che Dio voglia che succedk^^^ai^
non lo iiambbi^/PairdcaMCéiBài ^Ve )6 co^ì paH
lo .^MB^\siud6ri sà)àOfd^o^^^ì^ìSoWiiài^/V^w*.^
Di Padova, v* v^^ìVr^ ^
arifib loroq jonov^ tn^%\^\ b71?ov i^HA
i[ongi2noM ifa oij^iyi.'^a isq ctaotjijh fli oiJU
-o/: ih 8c'A .oab< 3JC)8 . jiof ÌOD oìbIod^sHI
^ M. Filippo Oriolo da Basciaruy,
A Brescia,
Ho vedoto la Tostra lettera, e udito
M> Lazzaro d* intorno al disiderio vostro.
JL^^éke ^>^p4édo£f»iÉÉfi,£'^e^9<«8fi%po
0M(^'^&i ^^^»idet« '- (6ba<^ Ili ^sM nfdIOid :tttei^
ilHS^; ^'%<^hi iilìtnA V «ii^^"véggft»l|a'^<^
i&i«^ a«l> i*>ÌiiéèM9 iii^.'^eiiè^tJrtt^^ iéoHi^
tifig^ÀÀndti^i «è tatuici^ fede :,^ ^èèbaie 18'
^%di'%tÌU> v«diii0 4««É(U«iétò3Wn9bM^*
A^l ^laV iV ^it,3«hP«%lP^.o4{fe§f
^tt'^ftiva si póè o>^iìlmétté°<ècMp^RJÌi«S
^rietJMv « cdlltezzS;^tt^olf^p(^ -alleila
«fitfè'>-»lhk tostrtf nébiesta*,' vi^iìi<ÌéÌ<^HlM^'{ftP?
^ijt >«ke avete étftama « c<Àì-1ua^ '<flt^
ftè^ a bentfieio- degK óOitaii^V' è^^^eR^^
T^Fga^ Ittigùsl eéreatto di farét ^ ì{ièi^4c^
e'^r^gto acqiltotai^ ,° teli W pi&'^dÌ^Snt<f»
}l'^$ttt>^'libfd - niìeòió y «iÉ^dit^%iS«^atl»'
^H'i^ bttonatentÀEtrà^ fuòri a-^M^a^rt"
e<^rkii)ét'^pee mao^9^\Qii(Mi iif lidi^dfiBi^
tt^,<M nUii !^à^¥^er léviir M)8« aaifMaaiP
ST^^^ifi^t^l) ^éa%!iVdstPé -tfttla»?è«ii é4a«b(^
^èttibnéf: cdti^ic<ìU^ éatàq^ ^siiMi^fiW
q«a '6èfeJ>#vl«i&4ò\'l*ltì^<fòWh5tJé'4lie RAftP
««^^MaiÌ«v%déto?'W finirti 'tìétf'^ói^
ranno esser detti ^ e fie iì^'^^^ió^hiiéèt.
mescolato col loro. State sano. A*a3. di No-
Tembre i53i. Di Padova.
Al Sig. Scipione Orsino.
A Roma,
.oiJaoy on^br^ib jb omoio* 'b mEsxcJ ,M
434ic|p#g^-^n?po,,*y«\tftf40jg. 4:i»ft>5iaii ^t^\^
«jàfte^Ontttéfti^jpjs^rM!!-^ <Wf»(^ tPW«5Ì?^^l^
i?9«lB^O;ifereif^HHfte,plj^^^, refldqv^ ffojft
»ii«tfl6deìj|fe5>n©?ft«!ffjh^ «#* TOf JW jl«»|Wi«f
n4bJ&ttg.'JB(jclift<f<^!SN»CQ,,«ai^. .meritai
<^l^«««gfni«»>iPe^aUTi^,fi«iwU9i,.«h^fpejr#^
«bflspostjlHSvetftjWll^ ?l?s^«(.l?»Wq,s%SSÌ^
<q«MPft^rF<»i BÌy^.*4«»«r09i^ ^^np^^og
"ISIfiMf «tìe %SW^ 9lM^ti<»D</n«ftft wk W'^*
'4ftg%vBBVÌ^o^§^Htft SÌIfflPV?feicY-ft^ f|g»Ì^DÌÌI§
4sPaf»iW.M«or^pefjr!% jjRWSbi(fltììSD «ffiWiStf^Wf
4\A^v^i|*#^^fr- «A a tJJlab igaas onnci
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-r-II-' r:'! ■■.■!•:.; ,.-o;.;.-:-; I' > -jjr.f!'j-,.3 oiU
'io lìVeà Hifftigiatd ii m^(mdé^^a]lJiN|'
stre lettere , onorato M. Girolamo ^imÒ
eòe il mcMO vostro m'avea detto che voi
craute pev.TeHÌr qui ad tidir Jt Com-
mmLfm^^ tea't^f CI V^tj^S^aj/ètStad.
£ rìsp^ìiifitìipl 4ì bì>é<p^, ì^!^^%'aUbra»
ciarvì e goder dtiRa' Vostra preiensa, e di
jueUa del nastro Matchiavello, senza il qua-
le non istìmaTa voi doverci Teaire. O^a, che
yenuto non ci sete, vi rispondo, e teaÒ»
motte grazie del bel dono de' fragolìnì e
Marne , che io molta copia mandati ni^vc-
te^ i fjuali ho goduti questi di festevoli del
Carnasciale, cbe da noi questa mattina ii
dipartì, con ragionamento dì voi amendtlni
'^« della vostra gentile Capitana, della dàà-
'tè vi, ricordate nelle vostre lettere , che 3i
^yero è degna che di lei lunga ed onorata
femori a si serbi per la vostra ci'là IQira.
Cj dolci parole, che verso me usale in di-
^^osiramenlo dell'amore, che mi pòrtali:',
pii son care, quanto debbono, e cÌo è gira^-
.demente. A che non so ben che dirmi, Vse
i)6u questo^ che io vostro sono, preso &'
^psiri Aobiii e laude* oli sai mi cos1umÌ,e dal-
^p studio, clie in voi ho veduto essere del-
le bugne lettere. Alle quali vi cojiioiftjiitìa
se IO ealalssimo oon vi ci vedessi. E quel-
lo che io ora vi fo conto a parole, piùvo»
lemìeri tf^ 4H"Wr«rò„^;s^^ v^j^Oì^con l'ope-
ra , se avverrà ^^'^q* "jp'*®^^^ piaccia tervir-
vi. Saluiatemi sen^a fine elU. Beraardiavo^
Atro Cognato e M- Francenco Malcliiavfilloi
. jj, 3 ^^ ifoma.
ydD jÌ*^ iBoha osservanza, .^ Ti ft" il'
Jpijrlo , acceso àaì vivi raggi della vostra
.chiarissima virlà, e dalla infinita vostra uma-
nità e cortesia verso me per addietro lisa-
Ua , mi dauao ardire e di pregarvi in cÌo,,
a- che io stimo che da voi stesso siale già
ìnchin^ito, e di sperare che i miei preghi
appo yoi non abbiano ad esserò inftutiuosl^
|i cui mesiiero fa del favor vosiio e della
vostra giovenile grazia. It mio M. Vetlór
Soc^nzo cameriero di N. Si^. averà fatto
conto a V. S. il suo pensiero fondato nella
pORtà di voi al suo così gran )>Ì9oena. Duft-
^Que (J' 1" Ionio a ciò io non mi distenderò
„}n narrargliele. Solo vi prcglitro che poscia
'pbc unta somma e momento di tinta la sua
(futura vita ed in Onore e in comodo si vol-
ge sopra questo perno, e voi per la vostra
piftlw fi mollo jloyuta,^ coj^jye^i^nte aiMofif'
^Mftte dèipre^tar^ife m iiò iL Mfifa^, fi»
èljpi(|i»e!Wj»?yib^ ia-^quab^raifét^ eolaaiibesoiift
«lir^randi;^Orx:otbbdk coese &ttlè,ijqmate:4i
QQ«^M'> «cflédcrrteialisuo fiiie);qttsnaBBtabiii
SQgi]^^>'€OK la qiiàle: oltra: die* toi^^vitiliUH
gl)iQr«te/;eteniaÉiei^e «t IidL e me; e ^atta il»
ra^ miéiilto. ^moniftì fiimigUf ^ jftr£rtmteidéa|^
flì& ^óy^tUei DosiraiPattnL'COfti crMtii^«b
1Bi;]tc4il^i§siiiaii^'>soprai;:titttQiial . SepaU)^ ohft
Mj^'ipu^ iontir qoèllo;^ oke; Am :>cfQrQ^dii|
Si^l^^ii^ .dee.pera^Te'utiMra «ner 4^gsMr
|l^0« ad.iii^hioiur hi. saauiii^iliMir dfllb'afd4
4^^W^gÌoWiMi,e.foprft. flutto si dpfito^ls^i^vkiK)
d^i(^a\Seatiiudiae. Qui si soddi^^i:^ mu
Sj^f^ffr^^ad uaa beno orduata .A^puiU^i^
ijjlQl^jgra ed il|i|iMxa di nuovo. lUaii oibosliat^ito
]^ . fi^iglia , re jsi adagia eà fip€^o^ttì^im
%4AW^^ pn .povero gentile uoiae^-i^ej^ef])
tr^,PSW¥Y»ttÌWa igiQWré ancor», ejipbwcér*
9^[ igfl^dof.ijfm la^ Qpev^-del teap biettoriasfiuoiii
^5hL¥\Ì(»9^r:f^^ toglie a4 'MR«iaf50klfVB
<fe) ^piftcjft^io^,edf aV SenaieO - ed sAh^^iFàuiiim
^jJ^kfh(P^SV^%isk^ ftl mondo, tutto^i^i^i (logte
chezae ^ che egli non merita , e del qual#
A^ vCfdaM di ÌM di sè^^ir tp«K| léb KddMiM?
^ekedcàittetai^ |fM6sfi{j^>ipe6Ò jiodì^tt MM èH i ifè f^
Ìiceéttiepilrfi<tt& seaD^i flAls! Iciòo^moni^ii^^^uiè;
rd^éf^imeiaì caxiioscd(Qo^^iIiC}>c]iiaMiot:tQiAPS$è
Itli «onò ^ coma ibuIdicov^'^'^^'^Ao^^^^l^^
(puéo se0^O9dAaifinitfiMntei<|e^^9li&iéà^^éi^fi§
<9MÌv9^^iNb^f^leid vj!A >H^al^e«é>a«»riiSare^i#^
mm éi$agà^<iliioii aUpbèle^à v^^
QA^^>«d<ètiftfti ^graiiiisiv voglitrta ^ékà^^^cHtì^
iROfifitippièkk <di^ >'#nalè M^dii^ ^kSóti^^^mté^ ii^
a^mdaeissimi) ^fò^ià'^e m^erm^sìmp^ffifl
-%(f»iip l^h & ^ sjii9f!f no« ila» ^^^ 1 9*s^"^
W» www ww?*
- .f » ^T»iot:-'ì' ^- f;^v l.-.rj qj£> j,^T i,3Y Silo ST
ori , Pi^9aiiririi? i9 JW>», W ^pn^Pffn*?^
10 del favor vostro nella. ))Ì3Pg|^ 4^rW)
servo di Vostra Signorìa e da me amati
come figliuolo M. Yetfor Soranzo. Siccome
e per lettere di Ini , e per quelle , con la
quali voi mi rispondete , veggo essere av
venuto in quella parte , in che s^ è da voi
potuto, che è stato in dare al negozio prìn*
cipio. Di che vi rendo quelle grazie, che
io posso maggiori. E per ciò che si suol
dire il principio esser la mezza parte del
tutto , e tengo per fermo , che voi trarrete
a fine lo incominciato lavoro, spero d'aver-
vene tosto a render molte più ; non perche
io più rendervene possa di quello, che io
basto a potervi rendere; ma perciò che co-
si si converrelibe che io facessi per l'inte-
ro obbligo , che doverò sentirvi della vo<*
stra opera , siccome si desidera , fornita»
11 qual fine Nostro Signor Dio doni a voi
tosto e ben pieno , acciò che questo bue*
no e virtuosissimo giovane possa più con*
lento vivere di quello, che egli ora può 9
e con r opera vostra intenda più vivamente
alle buone arti e agli sludj , co' quali egli
ti Moda poi , quel meritQ , che vi si con-
tutto 'l tempo defffà^Sà tha. Il nnolto ono-
re, che voi mi fate nelle vostre letifere, co-
jihW^'àn^m Wm^Mr%mamm%, che
^T W'tU 'feBb' lÌiiW;grtnaéii^nté "i^itìgrai
i'^^' t\' «.' U"' ^. /Il ri( • ì^ : lil'
• . ^' - . ^ / -*
-oreria Q/ot^fi i^n :::\.in:.i .-^'-M.ija r. c.»:-x.J
£0/ jg inob caÌÌ tvi:?:;;^ Oi io>^ fjuB ^^ì:>}]^ (I
<; Ó(UJ iili; :!g3 .:.iiÌL^ . ^.Js^i^l \b c>7CiVÌ/ filUy^
de
OVIOZ OilSHJ
1 »
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cI'vD^rn
I
noo sL(1:mìJ o' • ,- !'
^^.^.'jl/l oli»i.. U^mÌ ufTc ••7 ^ , •ur.v^'^T^fnf br, od
ib obaeJin({ lai^ichu* ni o-.xì/od8 ogiisbaì
uJflb 92?.oì js^^*-' ouem xn £iv sic b^ ^ iato
".? i' tiri e i^/ej^^iq
or. 'i^] i^'^ B9VB
^'.r,h jnr,YOlflfiM
V
36$
LIBRO NONO.
'A M. Francesco Guicciardini
Governator di Bologna.
I
.0 mandai a Y. S. una lettera del no-
stro Prencipe, per la quale S. Serenità vi
pregava ordinaste un libp Greco Euclide con
alcuae cose insieme di Ptolomeo , il quale
avea g\à più anni avuto V orator Malatesta
Mantovano da^Signori Procuratori di S. Mar-
co ad imprestilo; e poi suo figliuolo Mess.
Federigo scolare in Bologna partendo di
questa città avea lasciato a M. Agnolo Pi-
Cini 9 ed ora era in mano sua 3 fosse dato
\
TA%póaéÌ0rB ■ non • ^«eisor {b^ni-ccrtoy lohii/i ^(^
tK> febHd tla «faella jpresutof^féoiablifbidiMfi
MCiora di eoiiiineet^ravola .remMmof^^ o^
si rVceroa; Perebà^ihi presa <ar {IregAiynYdjj
se mossa a scrivervi in cosi ìegff^H^^^
senz.ì r.ndamento. Quella Euclide, che ha
M. Agnolo Picini in mano lasciatogli dal
detto M. Federigo yè^'^itelia^ a]f)biii)»4o , che*
suo padre ehbb'd.d>ìinpf\raM9^\^d)R* Procura^
tori di S. Marco , e non altro. E di ciò ne
ta^WTB ^oY ó^mifiadftr E-pnMielAc^T^ìJ^er vi'
.àdr di questalmiajiljeiléfayiohoi «4hiP#bidl^
^Otteiài) che ultra RMsmcG SIA ^rift ti^gli^sfsHp
"«motoUlla* reacimù^ai) d$l: >db3t(91) Ubnè^^
piixìC éel medesima M^^i^ìMktà-'^. f>§KÌÈlJ
ìacoiajdàrM senza «oapeteoi(fill<mtiGif^/^fipi^oi$
ami 9»K^ftanm.JctoiàiQci^n6ìUftfììf^s^J^
d^)^ cui nome già moUi.e. m^lìu4M^iH ÌP^ft*
nò tettiate oaservantimmo.àia^y oì)(d4[f^l^
ft<&n idirea a ^vaicifaéìim^iài^i^OiMgti Mf^Hi
i(opÌ*ai'CÌdupn nessuna ?ìiitei1^Mi^>9 iiiWI^iif^
i&i^eìiiàìffm.tiiperx uà ^ibro^iScBiQó4jBlkd«ir
fM<^fm^(di)(|}n««toiililHrQi mdmoijfgitoeisfdÉl^
d0'>fti)f>radideitkaiRfbcuiaÌQr^^ ìib sìm^vì^ q^fiUì
•ébssi ittllniktri, eUe'h.dtèdenb oJbiWf^qiB^^
<Mp |^od<»dooóBì0ocpttlb s<{Q)ft^iB|^id|^M^
qf«M#ini ^^jhiioiBS9ÌiÌQe cUtìlQff a# i|i^o^^«Ì^
èèlli^^||Ualiti( cfaei/potre^e tveéoéeitlV^irda^D^ìlt
relè À'diibquet ooa* ^t8nedr> piùoittr lim^ila^pi^
i(tM6Éi(midd>>Kbn) >y e^^iaiderìf» del dRiiefci^f-
pi^imnl if^glioy direi mio ^^€heT;d«bbok^pot^
^ 'i^o f aiJWtMere^ idote^ tanto <«;si graarfì^^A^
ite/p^iM^ 'iti nomerei l'ibuiiérità^ suai^ Y> $«
i(ft^ één^wMioissiina^ A'ii2iidi MftrzQ2A53a.
iH4^àTO;r;S|^ i ^''•'^'> >:' iv^ir/n:-' -• ;.''«.«•./• ..:-
an óio ih 3 ,0Tik non •;> ^ (.o';j;f/': -^. ;J. not
^iv '7s|,ai'^érét%0iia(]edi luéaiàìtab idi Y^ S.anMtrl*
^idl^ftelte I•((•re^datt^^' imnì bji .guarii* ^b)^i
^^le^y^t àtpm^ atdireidL'Ì!p»sgarlà!-j;^ci£d
4Ms6gMf d^)^aàei(^iiMièui^9KastizÌAÌiiM»doMia
fd^iiAa -^e' Tbìà^?Ìéaa«noeiideUa( àki^iMn-
%iotfeq€idstl>4ilt>i&tioi iWBiieF& uaoìfibno^tìll
^é^jatè^^'éH^^l^ià^^sono |ttUf aiuib ;:TaróaÈt| jx^mr
'dà^ tì^»è^dilèir0T cerd^siioi ^creditiv idn <}j^l
^^ tIì*bibo 9 '^ HséMsegli* «ensa^ diqaoi^ <m\
Hà^^fé ddUa^^Sigdora'JIhu^faessa ^ ft)i({bini9ii-
O^^aftldlii vCptettttHtbisagna jcriirepdo >an^oS'
^H>^(^}òl)i^^rnato' p9i'^ a ^ fiotogfialìilt^deAfo
^1^^ é^ ^is^m c&v Iqì' nmii gli a?«c fpofaiiÀ «tiftOiik^*
^k«|' a' /«Mi^ s% ^U>iftaro9ÌHàhàm€ÌNbe':(^ie^b-
-il^WM(|ù<é«tb diiolSoiné olia .nn^'ialtm i addila
^èkì» l^^A^xwSàé^, era. i^-AolòipMrffiie^i
^sl^^^«i^ ^^UMCEI5 5ÌagÌQfii' ;>ritèimtD)^ifiC ìv^An
lEÀMfé^ nel inìlii^:}^ dèfenacu^lche ^mM|9
SG8 TOH'MF TERZO.
hanno frustrate 1^; moke fatiche e spese lai-'
te in i}n<?st3 causa dalla dntta Mad. Giulia
per lo addlctri.', così cercheranno di fare
ora p cjiiiiiiiiamente per lo innanzi, prtego
V S. ad essi-r contenta di coQoscere il mol-
lo torlo fjttote da quel tristo e da chìunqae
lo difende , e couosciuiijilo non le ne lasci
fir [iiù , ma termini e finisca questo piato
sccdti'Io che ella conoscerà per ^inslìeia
convenirsi , e siccome è usanza della sna
multa virtù , lievi quella buona donna dèi*
la Doja . che ella indebìtamenic sostiene, 6
nella qnale 1' hanno troppo lungamente U*
sciata quelli, cb@ dovevano levamela il p^*
mier giorno per debito dell' ufiìcio, che e$i
si tenevano. Di tutto ciò , che ella da voi
riceverà di soccorso e di grazia , io ve B6
rimarrò tenuto niente meno, che se quel
credilo spezialissimamente mio fosse. A V.
S. i!)i dono e raccomando. A'a3. dì Maggia
i532. Di Padova.
t "t ^^-ui. - -.' *-^*^9 NOHOjì , 1 ,. /3dq
latti d- ^ da esso IVl. Anton Ttlarìa, ma le mol-
te. .VccupaKioiii vostro iRi;) v' Iiaiiiio lasi;ijio
pó'iérto per atjcor fave. E'i b.-innoini e?.ian-
djb mandato 1" csemiiio d' un Lrìcve fatto
in Bologua pocbi di dappoi la csookìoh
Biia niiovyraentf! pulil'licato c\n voij pCf la
gpale M. Anton Mnria si dee muovere a dac
nòia 'a' detti miei afiìtiuali a giaii torto. Per-
ciòcrhèsi vede mauifc^sto in detto bricva
fq P^. S, non intende gravare i benefici
Ila reIi;^Ìou Jcrosolimilatia, i fjviali sono;
in., tanto jjravaii da' continui soprappesi di
quel convento, come molto ben potete su-
pere, ^Jio . tcopjjo crudel cosa sarebbe a dar
Ipro anco questi cotuli carichi, che portar
;pp^sopo f;!i altri beneficj non gravali , così
stìYfircIiiamcato per quel conto. Le parole
dei brieyc dioono delle inimunità concesse
aùpec^^e cosi ecclesiaslicbe come secolari,
E queste non comprendono le cose.Jeroso-
limitaoe, né compresero giammai, che so-
no beniGcj dati per cagion d'arme e di mi-
ne sotto quesialtra secolari. E quando gli
hanno a comprendere in alcuna scrittura,
Sembo yol. ni. 34
di* ^dedinlil 'imposte universakneote .tfa Slc&St
riscuoter dette decime dàlia Ma^Jbne^dJorlitY
tomene a S. Sani* subilo ha fatto scriver
che non mi molestino^ perciocché ella non
Ita inteso éhd qa4^str liéaeficj JeroèoUmif^xii
siano compresi sotto la generalità degli al-
tri, e così io sono stato liberato dalla gra^
vezza di tutte le decime continuamente. Se
Sinr Santità avesse^ voluto derogare. aUU mia >
gpatik , avendo latlii concessa di péclu;. giorni!
xtiyptittiB^ arebbe nel detto brìeve £aito tiieoi«f
TXù^e ai^co de'bencficj Jérorsolimitani^ie^DOifò
^ì} ar^bbe taciuti. StinH) diuaq»ke.che<jdibjft^
t€i>tin largo ^ gran campo da'difendeiioipév^
cotlfìdotni nella vostra bontà e virtù \e.]|^ft^
é^fia^^ che voi il farete volentieri rend'endo^^
jn4 sixsuro, che e per Tantica mia serti tu còm
K.^Sig. e per la affezion eziandìo) mia> con?
vbi^ che certo è suta sempre singolace ^
diwju^JIa qualità, che il vostro gran valote>
ha e meco e con ciascun, che v'ha cono* ?
scinto come ho- conosciuto in , bcn^ nieii«>
t^fò^' Voi di buono animo mi Jevereie dali^)
al^ui "Wiblèitiej potendol faro, erpiù^^aa-i
cot4'fddtvetìdòl fare per vera giusti^»*; tìii
ch<*'vi ipriego.' Wè solo per Cfuesu occasicfed
wé t ì^'é^eiitè -travaglio -de' miei^ mAi an^
oferi-K^^ pe#: le àhre %omigiiatHi cose,, tcImb
IfK^'ési^o^ ^v^eiiflrtutto dì^ Vi tAcéon\9Bdo:iìàs
àiMk Mtì^giòn ^i^ r^^^ÀeKdoU^ìo tuttoiisoi^
W<Io^^tee¥mO' é di&isà <^ gu^r<]^«j96^tr|ja(;tì%^
Y«ihttrr^n<S32] 1Di - Padova* - V f^:ì ih -. ^:-'?au
i grrf* JML' ' Frane. Guiieeiardlm Gwernatór , ; i
-S'IT* r/'.-' '■'.,.'■ ■•'■■■/. ■;;,.• r '
j .'
r.iif HgI ^inteso eksGrveouto costà uà ytiom-f^;
nriessrio''dì;N« S,. e riscuòter le 4««, àj^f^i
ZH8^^pD9ie ì>er S.i Beat. U quailè voleja^Q'irfcrr
scraotter^ etiandio dàlia inìa Magiane^.e Qoikx:
^èssèhdo Volate fiiagare dalla alGttuale.xhE^
v?>à V'ha interdetta la Chiesa che ndn ;put>
celebrar 'e servire alla jcittà. Pelpchè ho pvfi^
sooai'dbitmplestja ia ciò a: V. S. e4 sl ipt^j
gacfat itti fave intendere a cotesto commisstirrr
riov cècà N.' S- non dà con le &ue.de(;hn^
giammiai. gravezsa veruna sl h^efiqj d<s|lar
Ilei)^«n Jeroaolìmitana^ che Itanno ; p«r, se*
fityvetcbfe gravezze da quel conventOi: Peiyi
ct& che- essendo io stato a quésta medo^ima^
c^ij^mise: eoh altri .eommi^sarj ^tltr^d yolie^^
i noaMrilpiaii^Q. pariàiénte voluto gravar qi^L
b^jficra^^eiidoluiornenc a^S• &ffut» v^éinpreo
ba>i£ttti» scrivens a' detti Gcto^a^s^^^' ^ :cb4.^;
alier Magi ohe ; tto a di ano impac^io^ , ^^ 4à ^*i^i
anéora , . che ; ae^ ] em ave^jsejro -ffosf. <(^lcm^
xiicokoi do^Msaero Titornarf^À :.tufetO)2^rri
cavato^» £ casi èla^tMo latM-iC,;!^^
ffAor^ rÌ0^ìmsk ! di :; 3»^ : . 6iM»t. » jX^; i»|«i: f e' J^r |!^
B^ VOLUME TSKZO^
vi <Je' Commissarj di S. Beat. $oprfirJ.9.i^
ciiae V è fatta menzione de' b^nifiic} ,4^{;t^
v^Iigion mia. La qual menzione espr^^^^s^
ttijeJMe si farebbe, se S. Sanu ititj^des^
volerle iscuotere dalla detta religioi>ei., S^'
PL S. fosse in- Roma , agevole pÀ s^eibbe^
avei^ da S. Sant. ora quello, cbe tante^aì»
tre volte ho avuto. Ma essendo egli ^là
nella Francia V. S, mi sovvenga ella4cd|l
la. sua autorità; e trovando che. così sia ^
che la mia Magione sia stata per addiet^C):
non tocca per ordine di S. Sant. , c.^l^a^
^hre volte, persuadete al Commissario^ jcbe
lievi l'interdetto a cotesta Chiesaì, e jasc^lf
riposar da questa parte , perciò cl^e ^1)%
Ila bene per conto del suo conventp^ q)o)u|
più da travagliare, che ella non. vQrreb|[)^9:y
ed anco non le bisognerebbe. La qual ;!Cor^
testa io da voi riceverò in luogo di singor
lar grazia , sempre nella buona mercè vo-^
^tra raccomandandonii. A' Z/^. d'Ottob. i555?
pi Padpva,
^ M Frane, Guicciardini
Govemator di Bologna.
Venendo costà il mio M, Cola per
riveder le cose della mia Magione , io gli
ho imposto , che a nome mio vi faccia
quella riverenza , che io debbo , che e e
continua e molta, e vi dimostri la singofare
y
INIBIVO Na*ro. SyS-
frarservan^a, che io già buon tempo v*ho e
porto. La quale osservanza voi ogni Hi ac-
crescete con la vostra umanità verso me ^
cortesia. Siccome feste non ha moki mesi-
in una vostra ben dotta e ben prudente^
epistola scritta al Vescovo di rFano , mIu'*
tandomi cortesemente per lèi ^ ed ottima-»
ilietite in un vostro ragionamento avuto* eoa
M. \ Pietro Boemo, ' siccóme egli rtii ^àccon^
lòr Di^ che vi sento immortale obbligo. Ré-
dia che io alla bontà vostra facezia racco-
xtiaitK^ta quella Magione tanto più ora, che
in altlro tempo 5 quanto è, che io le ha
dato' nuovo ministro e forestiere; e potrà
arvenire, che egli assai sovente abbia uopo
del soccórso e della protezion vostra, il
quale ^òpra ogni altra cosa io priego, che
vi piaccia non permettere che mi sia ih-
terrotta parte alcuna delle concessioni e
privilegi donati dalla benignità di N. S, a
quel mio benificio e luogo , ne anco nelle
cose di picciolo e leggier momento , «ffine
che a poco a poco non si pasi>i con la li^
cenza alle maggiori , la quale suole esser
naturale usanza degli ufficiali minuti e pub-
blici, siccome il detto M. Cola farà a V.
Sig. intendere più a pienp. A cui bascio la
mano senza fine raccomandandomeU. A' o*
d^Apille 1534. Di Padova,
' ; <
. J.
< t
.s<.?i o.^i-.v oir.ric o-...-T<;h .,,^,,,r, i^ ,„„^, ;
Jf itf. Frane- Ckiiòciìxtdtnl^ e * t) '^^
c«^ ^r ■ Governator MBoiognà:' ^^oy\o:r
L . pBo pariroéntè ara V^3uta la -nfiòltif tftàà-
JOiAul,Ìli Y. p. ^ nelle sue prndenif fètide.
e^nel suo^ra£;ionamentò tatto al mio m-f- l^rè«
D|^^^^^J9_ sento quello obbli^^o, che ro^^mfr-
iJfto.^)E|"so,ché gliele (ìeMbò grande *e^eljirfì%.
^^^lipj BÒche .rigUè ^i fb così pnp^atfò^^ da
L GjoyanBonero figliiiolò àt\ TéidìùAmt
•^j-HvKiv^^ i^oloiiia^ il tjùajle liaf VdltrtW a%W-
kjfji^r l^cprta ed inìrodiizione ifi 4>U^iil%i
Jl^.jpapp e farvi riverènza dopò- quéllajNfi^
^p^i /p io con questa medesima eisì'lau ^Ai
^d^Xprile 1 534. Di Padova. ' ^" ^f
lió
\ •
1 1. :f
'Ti-. V
! M rr •
/^ :r/,^ ^ Siffg. Conti M, Galéaziù '
€ M. jSartòlomìneo di Canossa. '^
* / , ui Verona.
e ^^^-'J'- ::■'^ '..,-. . e ' ' ; :'
'■ • . , ■ • ' '
, ,^ j \*G)r?^^ doiiè e molto a tne earo mi feA-
,^nOi Vostréi SicrioWe, IHuistri Sieè. 'Corid * pih
9£?a chp u cjeló tn ha privo elei Sis -^o^iéo
fZio . j1 quale ip cotanp anni ho amato ^
jyOyìbrato^^opra ogiii alrro, e éapea essére èra
lui àmaio alrfési ^ $ dé»lia cui amistà^ ''élà
antica ed anbarbi^^fita io mi ^ettea ©étt-cóA-
tento: a yoiei^ end ora Votientiràte in' Stì^
, , .W»f"SOTPf„ |7ff
Itto^o ad essere del suo amore Terso mfe,
»oa meno cbe delle sue fortune tra voi
eredi, sa .d^tiuftoe per, w»9tGft lettere cosi
cortese eì4alGe.,^eano. TI qual .doao io-ri-
eevo e raccó'glio di buohissitno animo, per
tenerlo e guardarlo , mentre la vita mi si
^rfli«nd*fi:,,c<?^ qupl.lo mcilesinio afFelto,
^sbo 'n9 r Hltoi; 4i Wi. faci>a , e con che sì
.deCysi cafs, poii^ guardare, e tanto àncora
.Itl^giorw^ilte., .({i^aiito in vece d'uno àmi-
,*0;iper-di*H?r?«ii fl»Cr,,«e date e riponete due,
£^ dw>)'^»4el|,o, vint} ;9ra non solo per fjli
««Bmjiia^'aiicow- perla debolezza delle m cnj-
'^Wa;R)à:|]RÌciqp ar^ fine della sua vita, che
1*4 Ù^tt Jp^cle-i^rUst^c S. mi si doiianb a
r)gliov5ifli,:^-, fom araeadue, e di molta e'iuli-
ffi pffi^e^^à .9 speranza. Rendo dì tutto
ciò all'uno p;4^'<yUEi} di voi queUé ' inUj^'-
giort grazie, clie io posso, preg^dovi'tibe
siccome a me profferite voi medesimi, cosi
riceria^e^.ine, aUo 'ncontro, che a voi pari'
j»ent%jmi,,profFero e demo, Np^tiardiate ,
se io Qoa vaglio il vostfo prezzo p&r quel
medesimo conto degli anni, cbe io raccol-
si del Sig. vostro zio , e della debolezza *
'^Vl^ ìflPW\?f-^ì f^he nessuno })uò ad ahrui né
-.^gSitHrmè più. (i^m^cosa dare, che se sies-
o4^„£ ,st9te,'pcfnfciaii,i!alcndovi di me, dove
f^«»Ìa,,lyip.n|0 aiàc.^per voi, mostrarmi,
fc4'tW9F^ iiUjiiiccioI^oqpo , che io vi fa ,' al-
jt^enq^KÌCiCVUW, vpjpj^per^i. La lett^erA , che
-»>?«♦ mimimi •?]?'■;%■ vostr.) Zio sc^rit-
376 yohvìj§s TfmKòJ
e il dono del paano nero fattomi ^da- woi
m^hanno rinnovate le Jagrime, che iorspar*^,
se ho per la novella della sua znQjrieu^;^]^
TeggQ che egli, m^ha veramen^ mandalo ìt
corrotto, che io dovea fare della nostcìi bé^
nivoienza , la quale non sì pote^ per allra'
avveninaento spegnere, che per morie.. Sta**
te sinià A' id. di Marzo i53a. Di Pa^oyan
Oi.
Al Signor Luigi Gonzaga.
A Bozzolo.
Ho fatto tutte quelle profiferte, chehir.
5aputo far più vive al Sig» Protonotario Fiani*'
mingo, il quale voi mi raccomandate coq
le vostre lettere ;, e farò parimente- tutte le
opere, che saperò essergli a piacere o a bi«
sogno , per soddisfazion di V* S. A cui ren-
do grazie, che si sia degnata comandarmi..
Se in altro son buono a servirla, vi priego
a non mi risparmiare, ed a tenermi per
vostro^ siccome nel vero io &ono. A' 29* di
Maggio i533. Di Padova.
A M. Marcello Pallone Romano
In campo degli SpagnUoU su le riue^
del Po. u
.Nqi^ foste presuntuoso , Sig. Mescer
Maìt^eU^k, .quando in Vinegia mi recitaste
alcunL^j^^Ui v$m;):,,cb.e j;fan4emeDle mfa
^at^qcr^ra; né ora sete stato ià inandarihe-
ne afqaami altri soritti , i quali m'banno
tantGf^ axicor )prù. dilettato, che queHi tiotf
fòcen^ quanto lèggendogli io e rileggendò^lv
più Ùjkte j ho potuto maggiormente septit'
lav^dàvità déHa^loto armonia. Rispondovi^
adunque che ésèi sono molto belli, leggia-^
dri 5 «^ pieni delle maniere degli antichi poe-
ti e spezialmente di Virgilio. Perchè non
dovete temere di mandargli fuori : che io
certo sono -5 che essi fieno letti e veduti
volentieri, e darannovi àhbondévolmente ono-
re e fama. Ne dico io ciò , perchè io non
sappia che Voi vel conoKcete altresì, come .
io conosco; e vìe meglio ancora; n\a dico- '
Io per soddisfare alla vostra richiesta , là :
qual nondimeno veggo che nasce più da
modestia, che da cagione altra. Ed affina '
che vediate che io in ogni parte voglio uh- .
bidirvi dirò d'alcun lor luogo, dove io sta ^
sospeso^, e non so risolvermi, siccoitìe è in '
questi versi, che dicono: Sicaniae quando ^"
a Sicorl cognomine dictae. Aurifer oceano [^
qui se permiscet Ibero. Et ducici irroratjat' V
SOS aspergine fluctus. Ne' quali a me pare
che manchi non so che , e peravventura vi
manca alcun verso. Perciò che sopra cpie-
sti tre è il verso che dice: Liius ad Espò^
rium njrmpham solahitiir aegram , e sotta
essi queir altro : Et vosj o musae etc. Ev-
vi ancora quel verso, che ^ce : 'Nuda' pe^
dem incómptisque ruit Defi^éiì ctipitlW^^
»el: qual^ ve#80 ^ttcllà voce rtiae a^-itì«'^ jiSrt?^^
un pdM»" tspetétia^ ;Leiiecei pia M.^t^f^^
f^pmit^ m>e:ei pfatcebbff: dirt^^ 4ì^I^4Ki2
l%cètfi«^tàf queUV<altro wm^ov obe .4^1^ 4A^
-mfsekmi sM ertàf h^ ét^inuàmè fiéCtiMm^^
iiè'k^ì ilQM esempioj^ Per^iooQhé ^q €i^i4#
<Aie^ «gli faccia* exairpù Putte j ste. Voi >:^i x^fi^
è^mi)ii»^,iio{ ftoii ne ^|ìarlp.:;X)i coma^^lj^
^Ut}ir«UfO. y che fUcé ., ^ f^tctus . m > iùt^cff^
i^ó è> delta >ài^^alaicaT io 'iuogb ai- pfuij^
^kno «he vi bisagner^ibe'il $¥ói(g^i|HÌv9$9
come sarebbe pacis ergo ^ o simile cosa;
~ch^ senza esso a me non pare averla ve-
duta giammai. Pure mi rimetto alla diTigén-
iKBl di'i^'óh^ O aaecMra.iìDi ^tfue})<K, vC^ejTtt vùtc
^sjfneUs addent falicibus ista^ Perciò ehe
ne' btioni aoiichi la voeè f^^£/£{ è relaùva
>* <<;olili(^ con cui si ragiona y. non a colui
''élHi' ràjgiona^ né giammai la pigliano aitila-
mefite^ ed é quella voce^» che nel Toscano
^'ijfe dice' cotesto. Ei in questo versov>pxire^he
'l>H^giierebbe dhe si dicesse haeGy -: pi» XJf-
»to 'cì^eHsta.Mk come io dissi^. q^cn^siili^
^0' 'avvertiin^^U ^fosti affino che > ^ vfeggi^ie
^l)he'io'i»fiud»ò' alla^ soddÌ5£aìion tosMa :fie
*>più ^' ìoBe ai bisogno. . E^ p^ravveotur^ ,ctite
'^ essi ^ <s0no'^ to^lmeo te soverchi. Il che 9^,'ày
^'h^simando' il^itiìdido ^i^tMic^so mie^^loil^'
-^♦He^la' ìólii^a^^ elawr io rp'rea^o\.<tiA^pMoer^
Hìtìì^ikzi^i de;Mii6Ui(i)HÌe]U^^i|;iwrfiM^rr
'■cÉésk'^' della Signóra Vjev&nicbt iiq^^Kp^
%6H^^^\i èìEiì^|B^iu\ 9 .è belli .>e > vgtoi^iii mt{i
^ trè^'ft^à di pìi^ fatica. >qabllè£:d^lp^:\fi^lì^
W Sl^lf^dsa^ siccome :labttiif>ìn> lÀiipé^Aì^ofé^
ìé^ irte è. \ Qa«ttio ^ «1 SigvA Marcbftae d^ks Nvk'
'.t^^ ' che vi 'debbo- io dide? éGixWitkjicì^PiAP
iò'p'òiròj io Ti9tràipui*e lUKjdlia^ fi^rjgUmQ^
^ÌH^^ m alcim iuoga più ;vicijBeft>^ :4pve> . ip
^a che! ^Ir ^ia:^^cs^e a. Q[apoU< {xeiTi^li); p§-
*éb^ élégli imni V che* i^i jùiprast^nox) ^i ;}C}{)^: po-
t^@bbc^ ]j)i4 agwttlaiènte v^^rargi da • i9$^,^|\e
rstieU^r^i' ad-vopèra« Ringrazialo. in :tantQ.d^j-
tlà'biéàlpriaf^ che «gli ^eiòat di .me ^ì^^I^h^
^ ' * ■ ' • — •■ ■' * ' ■ ■ ...... i. ! . ; i , • ;j« • 3
fH^MIfcw»» ■■ ■■ • w iiii i n. ai ■■ ,1 iiii^i w i m , !■> B i j ■■■I H ■ miJ i rt fcii
> ! . ,
' ^ ) ^"^ S&netU scrhse Veronica G^m^
^^ra aita Marchesana di Pescara y l'uno in-'
-àù^rìincia : O della nostra ètade unicia g\o«
"^ì^la, r^aliroi^ Mentre da' vaghi eigenui pe«-
--SiéHj d tutti e due sono impresisi ^^iatmi^'^
^ priMa parte delle Rime delia- Mqrebem-
-^ n ^oTv '3Sgi e ' 39^^ delia . edàiemà del
' <Janxi(inierQ^^ di' lei fatta iw f^enèiàiadf^J^m-
telile Sessa nel i55&.Jn.&i con^Iasposim^-
^a^i^if^ Rinaldo CorsQ. jé^ueUectanpiosiAio*
^'>fti rt^ùse laCòlóiiìià. oàh d^iGuolSoAet-'
'^^> tumf^esisùefite a \xm.i33bB i£{alfrùu\a
ritan, A 9.3. ideila sopraccennata ^edmerià?^ e
jS£oì[j[ues4i SenMi^della Mardkeèimaf^e^fdàl'
'Ja^Gégjpbdrafai^elijfi in (f$iòstmhettenA l'r^f^
tare.
m' à éi yero grasdissimo idono. E prsceiis
che diciate , che io possa disporre di I cosi,
gr^ilde-^ ehiaro Sig; Perciocché' è ciò bte^i
goo della sua infinita mnamtà e cortesia o^v
gtiàai dal inondo coaosciata a bastanza^janp
tì&h celebrata per ancora <|aaBto:ai coDVttcì
rdbbe; Scrìverò a S. S: quando .me ne^ven^i^
ga alcuna occasione ;, senza la quale teabff%^
rei d' es^ser da lui slimato prestmtuosiK'^Ia^
questo meezo sarete cemento basciargll la!'
mano per me. La profferta-^ phe mi ^fater^
di irebirmi^ ad accompagnare, ^ cenando iot
peoàUissi^véflire ai Sig; Marchese,* é troppi^
grande, per tiò io ve ne sentirò obbligo
senza ardir d'accettarla* M. Lazzaro , a cui
feci le raccomandazioni vostre, vi ringrazia ,
e vi si raccoifianda, ed io altresì. State sa-
no. A' 5. di Luglio x53a. Di Padova.
^jé M. Frane esto Bellincino.
Di Modena.
■% * J-T
' Ho veduto con molto piacer mio e hr
lettera che 'voi nii scrivete, e la orazioa
vostra scritta al Re di Francia, che a veder
mi mandate. Perciocché e quella ha in se
tanta cortesia, che non ne ardirei disiderar
latÀmift^r parie, di che infinito obbligo ho
da> ìietìthrvi^ e ques'ta è cosi vaga e bella V
ed^iia .^ttte fcbsi Iffggiadrov che molto c^ro^
mi^^dee'«sliÉ»r>e av^ di voi questo testi monìo^
e quéstar; iJóuteteà^ Ed ha ben latto il ^«^'
Jdre'^DaQ Àrcangioio ad .«ss^re^^ cagione- »ta-«
XiBy che IO. /ri cona&ca ^ dandovi a eia. lare,
bal<lajaiza,.A(rlDe lìondiaifiQo potevate .lnun^
xasBttem jBLe»za> rìspcuo alcuno y :se .non ria
quaa^Ky peratventava-ior non . era idi qm\
grande onoréegiio 9 )Cbe voi mi fate. Onde
ìa tanto nuggiormente vr ringrazia ^ e rac^
CMjgltendoi eoa iietai volto ia^ vostra omìa^tà ,
e/ienendolagraii^doraente cara, mi vi prql^
fero ^ >jdoHO: allo /neon tro^. £ vi priego ohe
i^si per lo innanzi joit «Rimiate voàtrpv! co^^
ine dimostrate di dovere > aver. cara, cbe io
voi e riceva e tenga pjùjr mìo. State ^»iBkOé
'a8* di Gennajo i534* Di Padova. . r»
• j ■ ^ . • ' » * > .. . i. .>j .■ , . •
.* J
:A M Lodovido Parisgtto fi]
il glossane da Reggio. -
Io ho a questi di da voi ricevuto una
molto bella epistola in Verso eroico scritta-
mi nella maniera Oraziana. La quale gran
meraviglia m'ha recata per due conti, Tuno
è, che io non conobbi giammai la persona
•iMi^i*«M*.MM^hMM
^ • [%\ Dellu epistoia^ imi i^Ue^r qr^iano^
sfriùtagU d^l Paris^tto^fi^ menzifiineLòlLe^uiy
minia. < ìT^ìwmnep ^ /per» ibiQ^cuiem^Mo ornanti
38^ TOftUMs vmw.
vostra, ne «aco V ho per addietro ricorda*
re udita, e parati nuova cosa^ che uao, che
tanto sappi! y tni ^ir uaoc^ti^^a^^tD'^.silun-
gamente, Taliroé perii 9Cirittura in se,
che è tale , che generai iUieraviglia leggeil-
dola , monda, pura , vaga e piena del can*
d€tf d^lwcoIoi^dVikagosta^ lao^tla^ i^^i^ og-
gt4l''ipttdd M'^vederPerle* quali oa^cc io^tgj^fe
sétt^ ^iki)<!jgrato a meco fiie4eaÌ0ij39Ì;ihc^ lUa
c6^ dèttjo 'uomo ha voluto mdìàa^ar^ic^^
ci^iiip^^ìménii '^ e vie' più^cba \0Ì^:ìihftdW&^
te^'fàfé, ^^àle vr vciggo 0siiei:Q^^kigx>l^p%9t)
tao«4n>asni'e. Quinci Àasce, ^^.:U>(j§(^
fat(<P4ft '^oca- -ora , ^siccome detiiip?^ 4Ji4$R[
v^^dV^e tatto pieno di disidejpto idìr, p^a
ct^Mi.'l^erò sarete contonto,; se. jd[ìii$9ntiri$W)^
bUè^iéi^ (far per Toi , cOsi^dbpi^raJiiiiii^ :^(lfl^a
zd'f)épairtiiio, come- se io anticanaenti; aq:;^.
co voÀtro fossi 9 ed a voi cpugiuntissinif^^^t
dom^istichissimo ) che per tale mi vi pcofr f
f(P*é'.^'Stat«-sano. A'aS. di Gennajo a533»'
D*'fPad*va^- '
. ì . - V?
:vn^
I I ■ — «ini— »— I**ià4i
riposta. i£ko'^ostui\huqn dickéfe ^ Scrìt-
M^Uatìàòf^ ^coHèò ìéi : babcoglie' 'dalle ^ ^mài
tfefc atkl(5tì5 hànefio^tìàà i^ istampaie pKÙs^^sjk.
figliuoli d' Aldo nel i55a. in 8.
^ V'ij^j -Oiivi :u;:) ^r^oo vV^:/,;^ /i ;.ii-.«:j n Hììhu f/i
v^hhi^fa(if6dr , csébe ' crederei &Tm'iciii|i53^¥it^>
faf^^ '^^'tò tédev ^d^nre ^eUa; óanoiA^li ,i^ei9>
Né^'ào ^^lIciaM 9 chesA' abbaia ;^]»i4ii>.ffl(;)aì^90|is
Pèrdite (g»8)Ì eoseanooi boixm>dir>dd|t ii&44ÌT^t
sfisité a'^V/ S.>^c<ii»e ^forrei ppter far '^^i^p^;:^
Restiif 9^@hd io' vi . laooiftrinieiidecey Q£ie^)L\iQP^ ,
stampafMé iìi ¥megia }ia;pr6«^ (ad j^ii^p^in!
n>ejrk> cerretiò ^ < e ne aspetta alcuop i^ l^e^ t§y
bóLObo da^ Fiorenza: p€»: metter; ^nwiiijqb /airi
r.ì^pè^aV'di modo che peravvenlura j^jM^ri^rf:
te m bridirtf appagarvi net diaiderior ws.t^i^7
State sano. A' 9, di Marzo i533i,/IHvPltf-il
dova.
A M. Lodovico degli Obizi.
.^A Ferrara,
«lA X]lbi v^tel il^tt0'jv3c3ir\fooqpoiilo .^«liii^fS)^
AMte'v>é^ Cardifi»l.)de'iM6& ,^iióav>\deMa
r,,' »-.i
tr9 ,y£Ì^ . parlaÀo. . £ fl|e ci4a?)fha^i(0O9«Ì7eMk
n^^tó fptipciò. che il ^^dU^'^^^oÌMr^fecM
di Monsigaor .Valefio(4a-*««sft iloqltftlf^O^
alloggjuò i^ Yinegiavche iVéHeni^ i^o^PtéHK)
pec<;hì egli da «e clejj;i^s«o ilàìiteil^s^iiidlML
Ora..flie a voi hbì f«ritag;i#9ieTolér^9Qli9riÌOc€siib
SI poca^fdimesticbezaia sia pec^^flftiiei^T^
3u^. $ig. ^oaa cU, taaat> momeoii», co9«!^02
Papa. 09I1 vuol Iw ^gli^: j30sa>v ckcblBGì^rsI
diaal Gesarioo 1. ad iiitercQ99ÌQE!.^i4il a^fèA§&
)L brieve a '^q^ella' filadomnrìfu ecoQfCodoiKi^e
ottener, più octii lar paò jConvUtttp iFautosbjbJ
sua , io. altoo. non -cUvòtf '^{s^inoa. olle IfteMa
^o4oyÀao non é più- 4ii:<picl buoiit g^<iìci«4o
di che> ^li' suole esseve« loJv) ydduio oiolèio
hricvi. Itali , quale cotesto. h^Ìà: cui 'cri >Jicb4o
t^., e .ne ho già scritti alquanti:^ • conAra^ia/
sentenza de' quali* ì Papi mede^im hàsviùn
po^ s<H*iuo a parte a' ooonnisaàr) .iara ^ r dMi
nqi;i gli ubbidiscano. Ed a questa;mododjo»ci
10 yagliooo, quanto se scrìtti, mn i ibssf wv
11 Presi4onte della Romagnti'' noonidiireJibafÀ
a\f^O$si» cUL Car,dft0alHGesarkio^ji}ueU(Fìy3cliCBl '
mi^jKM*fve^rj se g\ Papa. nUiidire aLidvipvcDff
vine^a^p^iUciA gli-) Avesse. E^ poi .credetti Ibbo^e
un^il^iai,, jiette^i^ tScrUia al. Cardinal; de'SIe^q
dici, che appena oti.^òtiioaeé^.^^aa hdpiq:àrb
tanto ? Voi sete in un grande errore , M.
Lodovico inio caro, $dii^éprtej>^tte&&t\hAeve
fate alcun fondamento più di quello 9 che
LIBUO. NONO. S8&
il Papa voglia che' "sii ■ Taccia, à cui può tor-
ttàM alcun pto e comodo di quelli beni per
àl«à via, che he ▼òi, ìiè io non sappiamo.
Ma J)]ure>8e avete^opra ciò a cercàlr favor
di' oQardittalc alcuno , cercatelo dal Cardi-
iilft:<]esarìito 4 a cui fu il brieve ooniBé^so .
cooÈb "scrivèie. Il qnal favor se vi giova ,
non avete hisojguo di mie lette^^e al Carcti-
iMil^^Ae^ Medici ; se non giova, che bisogna
ch« a^me- veniate^ che nulla posso? Io noti
saprei^txiial essere con quel Sig. così pre-'
saUttifMo ) che io gli facessi tal richiesta/
br^uaie À voi nulla, giovando a lui putrefa*
betulla sinistra- opinion dare del mio poco
8enn0> e poca tofidesiìai. Per le quali co^e
tcittc io;vi priégo.ad iscusarmene così, co-^
nw =dà V€i merita J!* antifca e mólta affezion
che^ùo vi porto , e: a non credere che io
ciò^ vi misjjhi per non; vi piacere , ma per-
chè «io più conosco in ciò , che vói' perav^
ventura a questo tempo non conoscete. A^d
un ahro poscia conoscerete voi ed intende-^
rete vie più di me. Né vogliate, che io mi
faccia tener da sciocco senza verun prò di
voi, né verun comodo. Vidimando con que- :
sta la minuta del brievé. Quello che vO-/
lete che io taccia, il tacerò ^ né pia' vi peri*
seròf'Come se scritto noi mi aveste^ Vólés- ^
96 Iddio ;per vostro gran bene^ ché%6ri vr^
pensaste pia Àè anco voi. Statè^ìsàiàa^A^2f^'/
^VÀpcjle i533. Di Padova; ' /; '*;^ ^loib
r. Bembo Fìd. VdL -^ !i5 ^^"^^
/ » ' . • » *■ ■ . ■ - e. • >
(ino? ; i>>.' ^^n ( 3..--ui ,:tjJ , sdi^ « d'ulrtn
Vvi vv,^'. ,or.-siJ^ Phtèà^'' '• '''^^ r.ijlc 'lU
-4'. fi/'., cv^/.v'.^ , ji,- ■ ■ i -'yj :_ i4Ww\ ^i■,i^OJ^ ooo\
^< 'Kb pt>èioì dòló^' ^égK itifòrtio^>vd^l^
ftVtoVr k Iettar là róìttt^a ^(rtlÈ^<p9ìién^fa%|^
té^'j^o^iÉ'^tté^ alt^ fere nòà «e"tt%^jlql»,<W
derravVP il ^étoìSi lei tiIqiiàÉttò%é£fdi ^^^
to allo'nvito che mi /^e, molti jaqpi sonqw
m'ha doaato , senza perear più oltra. Perì
véfóétèVr VbA*^ altra partói;«He'-itt^n8tf.W
gli<f 'ttb^ctehìre. Orttà 黫MitiÌfa<f -'^f % « "
aKrf v^ché idteiidoitò aH^K:fiiW»'^tìé«
^kSioittiw. ' Siro 4|(Mteùt0 Itti Mi<at/%a^^
HtìffiiNtò aUo' Itìusìre Sì^bif ' Cm; ''O"^
ào4i«Mn;eéte mia Sìgiioré.ì A:-:cfii->dM
di tutto il cuore molta felicita^.' Stàtè'^ iriiìélà:
Agli 8. di Maggio i533. Di Padova., ._
.:".-. '•-'.'.S^i'^,
"^W^ Còftt&kHovan Jacopo Lwr^fé^^
Orator del Duca d' Urbino. ^
m
aabrAj erbe, fiori, fonte, ripAso 6 somi-
glianti c&se si danno al Duca in reco di
molle. Poi;j)(;,a||w,,<i<iff«yn4alj;nna casa
air altra così : pF^^ìci^c^ ifariae, tfuo in
loco bostes fudit fù^vUque, civitas popu-
1^1 fljXaj^icfineccti.Jtn qo^i lwg'(ti4^il^acTi
-onoB !iir'^ "'■r'f -'Ili-' ''" ''<" ' -jii"ii''iI!f oj
^^ef^ft'i^y?* 'W'V..,CWI!fWg«, »W»^„.VnVWV
fti!*|eS5«i#°^:f.--^^ ■■-.- - :; o-H. Ih
E-:,i,V't '-'i ."■ ■" ■ ■'•.' 'r -f' -•'^ illA
UmBrid jàm non te 3 non ' sìlv^er jtp-
penmnus.
Sarete cODtemp,,^lo. vostre lettere in
buona grazia det^g. Duca e Sig. Duches-
sa, raccomaDdarraì. A' quali ^|(id^e|^ fare
«a di riverenza io quelle Idpo',,^^^ ^^,
le ed a me dolcissime contrad^. eiFpCQgi}^
a goder per olio giorui alnr^^b^^^eLgfl,
lo, e spezialmente posacodo '/?,%'^^^%^(Wh
di Salerno con la sua, beUa„nnif„a"J(mj,K
\
388 VOLtfME. TERZO.
B«^Ìia deir AyellaliV-^k téMpo ei a stagion
calda 9 come questa è. State sano ed abbia-»
temi per molto vostro. A' 28. di Luglio i533.
Di Padova; - -^^ -^^ ^.
r '.V. ,.
2
A M. Agostin Mosto.
r/ Atta vostra letlè^; Wlàg: M: A^^ìSùd}
joKm ho prima dato rispó^taP. ' cfae^u^^?-
ai«fot^va maud$rvi adfeiilia ' altra dos^t^ià"""'"
sèEtipU<sé lettera. Ora. efae p^if irnòlt'é
«t^apa^ioni a ciò ititènd^t'er lidtt 'hoti(M^
ih) ^tàmsiW mù essfa» bttie èàiftWP^Wù^^tf
lliiigo in darvi coBlézsa , cl^'là^'^^hi ^^
§àkk [doppiamente • m* è^ càta *sf àtàf/
vii^ie mosso a seri v^rftii, è^p6ti^<
toj òòàt; affezionato" alla benédeitfa aniilià
nastro M. Lodoviifo Ariosti t di tKé -Vìt _
do grazie. E quanto appartiene a qtiélm
0^ da me chi-cdete , vi dico , «he ' fcjtóEffltt
io fof^ il potrò , io il farò di l5ubkfH^ft
Véjg^ift 9 colà portando V amore , the WMài
ed al suo gran valore ho da molti atmi-'id
qua «empre avuto, e la vostra dòlcfé "piatii
Siiireté contento basòiar la mano "ài l^%. DlSiS
vostro grati ^ig. mio in mia vece^ State" kailid
0i3. ^Agosto i533. Di Vitìègia. ' ^^^ «
iìi .^ALiìIs. ■ . •. ■■■ ^'
. ' •• " . /.i' 5^ fili
ioiiy- ^T. f< ^. ^:< : ^' .
^
^^*r =■ t.:..-l.--^,'ì
-i" 1 THÌ:> . 'x\ì»!;.'r^ ■ -•
."•«
. •ilc'Vj'/Ui *J ;^i/ii4
^if-.' '•
■'i.iip >,.J. •■■'jb>i^»y
1
1
38»-
;.K ' .•> '/f 1 . • t' ^ ."i.- -»;• • • • ■ ^
. 'il
A M, Pietro Paolo Vergerwir ^^^ oJ
Nunzio di N. S. al Re d" Ungheria.
' ui Ratishona.
Che le mie rleuere vi siano state care^
come dite, non ne dubito punto, sapendo
ìa^ifif^K^ dfi'vo^t^ teneri ^nni in q^à stato
s^Qipyce; r^a. Toi amato, e ' cono^cendio che aarr
]g^^;f}Ì]Ì^ , poscia che io pirima.vi cQoobJ^^
yjìxo pìtfi ^en^pxe ed amato ed ,onor«t<)^r,pa^
lii^e^te^ .Soao a vae fommam^nte* ^piaciute
^lo*9ConM!<9S e caiàasime st^ite le, yJmtA di
qfii^l Sentissimo Ae, che raccolte .m^f^et^;
S[^^ ,yo^tr<^ jl^ttere, e le tante, e qQsl h^l^
p^yti qeÌ,is^q.^enei;oso/ anìnj^o. EJ. S, ^ XUcri
i^jche.l'b^^alp.e A magnanimpr ore^to^
^.cpnceda Qziand^o felicità^ successo dejnc
•^ siie imprese eguale alla toa virti^svccoh
ine fi può- già operare che, abbia, da c^sei^
f^tendo 1» restim^ion del Regno • .fai(a 9k
Imi dal gr^n Tw-Qp^ di(^i acjrivete, .^lìf^
^ è fgfi i^t€;s^ IL ,deU4 qoBiìe tMtst questa cii?
tàt miiravigUoso . piacere e . consolazione hn
]pc9A<i;^ed io tra gli altri ..alq^nantP^ più ::i^J^#t;
^i,>.aitri per conto vostro^ cì^ «eie alUm
a Prencipe, pili quieto e me% :tur)i9lp ,7.ch4
non si stimava. Piacemi oltre a ciò, che in
Zuella corte sia di molta autorità Mons. lo
lardinal di Trento y poi che S. S. è quel
savio e prudente e grave Signor, che ra-
mponate. La qual cosa se v' è carissima^ ca*^
HÓtÀé ntJl piilk dènti gtiin'cinrti
li iiilaj li
ttétaté itf gittséee t' ^seàtSéfiH '^é'^'&ÌBSaA.
f>tìiyxkelé &xé nòje «oiti^- iil»%(ftft- fSfé
sideriate, s« a toì potesse venir fatto df-^^kN
mi in questa bisogna. Colui , che ba questo
Priorato al presente, il quale chi egli sia io
noi so«iiKiN%rf')'liè^l($-^Sk iN^r»^iusu.
ineri^'1%^ ^ ^^ ^stfeia "dè^ •iké -^eUe
genti aver luogo, è mio. Quando a voi paja
fihe io il faccia , vi manderò le mie bolle,
i^'^§Kigi6«f,»<^e<i«'i^ fa^ s^^a^ e^dere-
éfif V? R' a-^è» àblfà^'ébsli tf <nié*«*>*n^
tamenLe ili tutte le ^i^,,^ jgi^a^jc^^^jS
po«cia bene iaformaf^ gv|s4ÌfH''tBi-W. jS
tjaello, che iperar s«..n&j?pai^ (t^oii^ei^cjt
'jjate col Cardinale, (», «o^ evi 7Ì..pf^tTÌrBft
che voi giudicherete che 5Ìa;,da teitt^e,.lN[fà
dirò più oltra, ed atfjepje^ò da ,T4Ì'r^P(>§^
jiaie|i«wmiMi«», .$ijit«| t^n>,f,me!fii^m^
.TBMgifc, :ii : I .'. ■.,!-K(i:f.»BS.,r!Js;iii)i»
t?,'V ,^ •■ -^ ;i. .'•■"' ;:-■?■.;_■ ■>- ;)ì;> ni ÌM"
'.:,!,■ ri" ■.'■■ civ- H •;-■.,-.: ;. i.jr]ir,i,=I
e,;; Jy^o di'fi^S.'^^f 4 V/l^iecfa, ,,.^
■r>,'i.j';ì ;. ■ 5! '■- j ■ . ■: j , :■■;-! ìi 0! olia
.,,,r„;M-. P«tB^ S«c!»inijo,,ft>en«,ji%yfiti)
d'-miM »i«)>i.,gWiiÌ9 Ui:a(ieU)>l»»"»iil,SPJr
j«„«l<)tw,^i)j iJ.watjd.ift ié(Wi?'.«Bi(!''SHS
>1H 4 K
,^^ ratAfWM .TUBO.
.c^sUloper larA al Re :HfF#ffiti»m is! ìdioiefv^
j(^^ 6; htMiar b nuBO ra /Yotièt- Q
jigff vagbiitpiino 4* •veJte ^i tiiui' i>g1i:
§r^9di.e valoroài cooteu&n. .Pric^.TW'tJbpar.
uperUo 4i lui cbe il vale^^ >a)'P^'^>>'ÌH*^^
mipi» iche gli ha 4i voi Tagtotta|okI«i»ai:/iiH
9^^199 coQieaio di vederlo . yaleaiMiti ^'eijdcB''
yp porrete ^ che potre(.e< aennpre molcQ^lVn»
gt^aie. donargli del Tosiro £Ei^pre;er.paiijiKd
pio .appresso il.Re, ^ fai:e in cifo oi mod»
(6^Q /egli .ccmosca, che. io>sia da voi.>ija«)Mp
^|ir4|imto, *<|iiamo io stimo: d*eaaeM«> US
lote^Q voi avere "avute alcune mi« .jW^eie^
Ia qvj^Ii io atimava Ibaaero 8inarjri|e'^ è tok?
lErEiU'iTispondere. Ptire non hocancokB.vsQdj^
t^, vo^Ure lettere , le quali- pei» e^ser. la.ott
gbn, che mi mosse a acrivervi, a me d*al«
cuaa iraportanzat non posso far che io nóii
^u^ui oisiderandole. Uel mio stato ]!^;Pi^
|ro j^.'potxà raccontar tutto cjuellQì) obe io
fi {MOteaii scrivere. Dimque &rò fine a voi
Jo|lìgemexDento raccomandandomi State JM
■^S A' i3, di Marzo i534. Di Padova.
■ .-*■»•■, ^ I. lÉi,»
-,;...'•■..... I . .' . . .U...
. :, Al Si^or Marchese del inasto.
A Napoli. '
SoYìo alla volte cosi presuntuosi gli ami-
€Ì| che nou: ricevono escusazione alcuna
jj^ià^dy &fMie é ora a ine àVvefiiil9i^i4?b%
•OvìgMVa^ che >it) ^ ^f oi - p«r léttéi-e'^ itìétìi^
hmtkéoissVj^kni mo ,->e dicai<Ìogli clie 'jo - nob
JVfqiffMvteià^^più »(5PÌiio, né' Còti voi' tén\[ik
BtrYtf ft^tteun^ 4itipÀècio/ B^n^^éi'li' ciò ValèffV,
«P^c^si iipwtwickriiii ' ^gJi ' it icalàmo^ «^ ifir M^è^
ttVi^\^fol%àai|^ ^0^ felFOi |)tmqtìè ;sta! y. ^
«^um M. ràlltfdit^ di Cervia H^g^jpfb f ^^il
Mi Qri^(m^^llà^ *" Gat%laii«l%':^ fi^^ tsiglMél>affii|
f^r^'V^lTSt ' ieort«9td ' %id - poter còn&égdii^d^ ^1
aiftcr. La 'i)Uàl cosà'fHitrete péraivvéntttrà^> di
le^^gieM 'adoperate ; ed air fttnico ' éii^*' m
sfoggiar grazila ,' ed*io a voi né' rirtiàrrò' tè^ .
littto grandemente. Ma non voglio- da- ^vàl
questo dono, se voi di prima non; mi *|yé)r^
^natis r ardire^ che io pur prendo, ài diri^
vi tuie incatioo e* gravezza. A cut |DlWe*%
ùìò se piacerà farmi con due paroléf^ifa^ctt^
laandato alla molèo illustre Sig. Mà^crlbi^J^
di Pescara , onore e del snò ses^ ^ 4^1
nostro secok), a cqi molto debbo, io lo por-
rò a grande obbligo con V. S. la mano sin .
di qua. baseiandòntle. A' lo^ <li^'<^èhembre
i533. Di Padova^ /
1^ TttMBB
il^^r;4la)to odorata BL Marco Ap f rni j ^i jg ^
,|tioiedi|^, né ^o\.%^f»ò.rbiX.\csf9^
c^He , ;b^ i6^ san persgpa^ ^.hobÌ $i|^ ||^
j^Keéff M ▼ofM-ooii ipieUo; «micbeiolè M^
.fpniento d» f g iwyiarit mL £. .ae .«: fPà^ f^{f^
«i^f rieerl^ohe ad alupi : hoil ^ . , «po^ry t y, y . ^y
'-^T^Mncbrò. À JK* Giròlaiiao JP^oicaAfpiriX ^
jlfAe cKMlieiìia . raccom an d a rmi:, ^ 4i9Ulijig^c,f
'ifi^me ittio « M> Adamo. Stale sano. iC^^^J^
JKoveoybre. i533r Di Padova*. >; - ^ .s d-^*^
^ Don Lope da Sona Ambasdatort
dello "mperadore.
-v.-...-.. .. ;• A fregia*, : \ M
Egli è bea- ittgioneToie , che quaniu»-
que io abbia già baon tempo disiderata oc-*
casion di poter servire in alcima cof^ V. $•
i^<>tHip^v<MU dj)oe'^iyei:^teamo.^i^f^o di
^: pj9€erte a me ^ ella no^dinump ^-i^lfi^^
g^h^ t^^i^ì^iUk.y ^ non mi si^af^Mi^^tt^^
^ii^eome ì ^^1 rSig^. icbe fuò mollo] ^v^ ^
ta autorità molti uomini fauno eapj> , ed
Stanno, (iella^^sua opera e del suo favor me-
stieré?'Nè ai -e» itf li^
lo essere io da* ^r iriiltch^ e dello aver ca-
gion di dovervi esser tenuto ed obbligato.
Conciossiacosaché soglia essere alle volte
Wnft^ii 9'^^'d6vet^ilat% à b^
S?^iitìfè.^llèhdcil iàun^é' il • Vv ' Sv ìiwtte gr»-
m- è tdfeH^ fltìè léi?^i%-àr Ntitfóiò-^ di "^^rs.
óWi, Mkmàf^'W AÌèYìé «8f>rtf^ttotfo^i>f^bt€-^
iA^^t^a'1flM»%lg^Vmii«àf^è'^ j^^^ aftiiìid
^ei^'tì^%sé#oT'éd^^' ébiAtodémi i dd^
^1^ 6et(^^&^ie%a&kib Vse^ifVì,^^^
^ossérné 2/^*blffiéttte i ^é 'scéo *^t pbcfc^^
debole mometìtbf^atie ^^aiio c^sii)t94^iifài-
tao Signor mio. A* io di Maggio i534- IH
Padova.
A M. Rob»fm'Ma0o, Secretano
di Mons. Legato.
I
3q6 TQLOIIE TtREO.
le veduto cte voi avelo per me sempre ial-
to da vero e cordiale anijco , ed a*eic nii'i
tosto 'sujieraia di molto, che'scemata io jijr-
te alouoa la cspettazion mìa io ogni conto.
Percioccliè se bepe ora non posso Ìri (jiiel-^
lo soddisFarvi , cKe voi mi chiedete , npp ^,
per gucsto minore il disiderio mio di com-
piacervi, warÀ maggiore, acceso dal presen-
te diyieio.j^l q^uale ^pi.tt 4^tensa,ipe(\ie mi
slimot^, come far sp^Iiptio 1(S, molto dìside-
rate cose e vietate. La cagioo, per lacua-
le io a voi soddisfar non posso , è questa..
quant^^ BDai^ per ad<|ietro,^ P°^"P^^i:rR4J'Mtf
ttróì. c;h(! noD arei <iangi«l3,qi|eUy hutfff^
o'nna c«^n veruno altrct , , e^s^^^d,». tlflraJ^^i
siaV^ Lene e fedelmente, seryito- Ù'.^l^fìj,!^
Éq dimostro , per Tcra prova , .che j pp;(<yj^dfl|
da. w^' persóne aver mollo (ùù di àuiyj >
beneiìfio . ,c^e ella non me ne ;4^^,h
non' perciò (gliele ho voJuto torre gi^nt^
mai. Ma hoj-IÌele tolio ))er tenerlo, Jg^^t
e ' farlo governare a,, me ^ s ,ppr,^,^ift;
conto, sicfonie già fy, chetilo cplp «tatJ^
datò un fiiUoro e miriistro a nome p.Wjf^rig]
e piriicolar mi'>. E voglio io far rì^cpglf^
«(nelle rendiTf^ e fiirle.dispensare a mio 0,^7,
le ed a n>'iQ danno per lo, ippa;i?ì, ^(^Oi
per (juesil rispetti , cn(j y<)i ^non sola^^^f^
af^cétt'crete la. est:usM;iyp raja,,de.l "P".oP?B
IIBRO WDNO. _ 3&^ -
' m" ló3èrelb' cl«l consìglro'
-pc'eso sopra ciò. E ili uaio più lo siimo ,
ili' quanto voi potete le cose mie riputar
vó^rt; , e potrà parervi far voi stesso qpipl-
Ift" avanzo, ctie posso sperar di farne io,,
SÌi'iJ5 suno. A' i6. di Magiiio i534. Di,
PatìòH,-
'"Ddbtf 'iif'fiW/à(i'.*'
"', I '^^^y ''aa''Mr j^enèdeitò I^tójjrV(^Àjl
ij 'tjtt5?è"'" ì'ò pèfla sua molta e rara virtù
^"HBUrKxa' 'abili' ed onoro grandenicuic - a
tsi^-'^ vi 'E^céìl. fede di due cose appar-
^efneiiU a'iofdeflla' bisogna, che ora lo uuiovè
à",véìtìi'e a -Sr'ól , dico nell'una cosi: Clio
mda'^ià- sono sci o sene anni , pny^
a 'm M. Romolo Amaseo Léttòi'
piffii&Kco^ii qàefeio Padovano studio, iì qiia-
H'^itìàò'^^à '^"Bologna , conùursi uno in suo
luflfeo SrèR'Mudj dell'nmjnità, e disìderajido
ift'11i»i3p^ cAn M. Niccolò Leoriico
dH'ìB. liiifa^rìdio, che egli accetlasse rpel-'
fì'^ììéf^Ksa' tìi' leggere , più volte gli par^
Hbìifìo.'ai^ Cit}j persuadeudolo a noà rifìuliar'
éo^ ^(^ ^ocfcàSione, e proferendogli 3oo.
fS^m di'saltlHo , siccome ci facevano iri-
AìMé/i^è 'f itì:a|jisiraii veneziani dì voiergli'
Siiel-è' cóiiie'^oi diedero a M La^^aro da
B&Jfchkord'^'^egH klla lìae, mollo a ciò e più
non potere accettar la lcttiu)a>i>x^96f{7s-f!^H
egli obbligato alf ab;ttc Bartolino di conti-
nuare in servirlo negli studj e nelle lettere
per maes^f^. ^ . sìc^i^ seg|^(vf^^4^1<iuai>ti
anni fatto per addj^eUcO y^ 6^J)erò non poter-
gli né volergli mancar per niente: il quale
Abate egli pensava clie volesse tornarsi ad
naa^ Sfio^^enificio in JVpinii^aa^^g gfpe a
dipo, ^^ aveff<|lo iq ^J^ii W 5?^.
pi«icUo di^e tigiiu<?ii ?*» M .m^\^^ ^ f - -^
g^mauonio Vinui^no jp^p, mi^,.||^c|
4i4^4^^^ ciuattofrdi^i auD^L.^ Agpa|5jg.
lui.^oMeme, eoa un ragaiajojj^^y-o^pgjjj
4i -Cj3jicioj[^uaata ùffrinO^'^nnfii^.^(^s\
<mfle Ica volentieri gli j^e «^049^41^18^^1%
1 aiimo per «juel copto,, $ cosi ^oiS9SSk
munite e* visse. E ^^^ p^i <^U^ ,|pi;^^^^
M, Cl^npridio cosi pagalo^ jnpijtrjè^i |ÌMtj^
cìmUl dìmoriirQao iii casft ?tt%s IJt^^^^l^ ^
EcceUen. mi conQsca per m^^ ^}?^\Sl^^^li
vitor" suo , in quanto wo% |^«^,igtìft
ella venisse alla vita , ho avuto ardente e
fedel servitù con la sua illust. e feliciss. casa^
e tengo memoria non solo del padre e
deir avolo di V. Ecc. ma ancora nel bisa«
Tolo suo M. Lorenzo il vecchio, il quale io
bo e veduto e conosciuto. Bascio la mano
a y. EccelL nella buona grazia della qualt
-itnoo ih i>f5Ì(o!'::;ì( o ; ^^. ti.ì ot;>^i;vf.'Jo ii>i;>
-•lojoq noci ^'^'^ 'i^ jP^gi^^i^j-''' -' ;. -v'-f' ì>:rift
jie?2le«\P^l?óT^;'<fasd,;«/r io' éì^ri' sfatiti'
ae^W^o^f ^d^ò''Séirlrvì;'Ch^ per *♦
i^^#riÌofti">ÀVhi«i' iniet seùziìHm
#»%B^ , '>ta a' ÌDé ile è riinàté. .fifair-i;
%Té^^MdMen ^tthttf , «he ne àréiiè 'fià^^
mM^nWrWò 'à '^mpa di 'pò'tiÀ-^W
i^cH^ M>t%sM>V come ^ 8crÌ^et^'%-'
l^me?'ée^W mi fctìtwte iài-è iiften9éi«^"
^1 bià^'AI^ ^par Giovàn (^ida^^of^
«'2jiJS/éftè ^Svaii: Staw '^éiìno; i^'%^at^
9 OTXI9D1R 0?I?7t O/- , /. fvM/: s^-eut'ì/ ^1>?J
^liiijp zlhh sii\tì^ uaOàìd ^lìsa Alooo3. .V £
*'JÌ
'iti aiijq ,9jr.^ isvob il- oj£en»<j «1» *e iib»
OicnioifBjl 3»s«9VE siif>i9q JottBopj. al noiicsk
-nair-l B O! . IbalSfov 95(c?^;9Jfi1 im arfo oJiT
svob ,E!^sD sitao/ sJÉe'f'flaa c^as? oi (SX
r'itlTe od,:. . -ji..' ■ r 1 ■ ■ ''i'I 'iToq
Diion temp\> l: - che ]., non ho ric«-^
vino COSI c-ia [firn-a . conie Ja vfjstra a
,st^'a , onoralo e M,i£;[i. M. Ciòiiinnr'' hìio.
Pr'r 1.1 qiv.^le Iio inleso dclfo s'utn'"tfertì'
i;fij!n ifluiij;lia t.iriio a,i uie amala, (ju^nQ^
à Hion'u ^V'i^ iKm pchso di .lepa'ierc :, aBlla
. ^ , ' . T-°- ■ 'i 7Uup
qii'ilc lun;;ii rrnijMi siitio sono seilza_uaif
lilivrll.i. cil :i[p[i'Mi-. nidiva dì tjunaiidàrné^
p'o^ri.i i;t;(' io mii' losiro p.'idre averta"'&eip'
i!^'"SC""l:isci.iU mói-endùsi. R-Mitliiv'i 'aUun(gi(f
nfplSe 'gi'a?.!!! di Tjai^slo voslfo cortese uflU
a&'V'^'jlena- c6ntez7.a, che fiér le vpst'm
à'óhi fòXlc'tc di voi e della Donna. ',ijs^ra è*
de' figliuoli , dq' quali io iiiil'a jior fo àfl-
<firtró avca iiildso , e di Mouha Costdnza
vósira" madre , ' e di Monua' IpjjoU'a 'voGlr^
7)i'^\^W ài' M. Gherardo partilaméiite'óii'
dki^'j'-y.O'^i: tuNc da me imìlc roii infinìfb
lìfafcate p- conienrcn^.a. E ringrazio IN Sig.',
_ 'the dopo' ] a morte di' vostro padr^';'
e 't!ftrtè'''tlis'avveiitut'e e sihislrì della L^l^l'
#»93KH' ^PaiKa' 438Ìra',4iaté' W'^UmBL^'W
3c .WH Ao^A odBvsa.
eoal s' et* pensato di dover fare, pure t«-
mea non le coomuiì perdit^ ^T^'^'l^F fV^itomato
questo ptra'ciftir mségì^o.^ ^Qàahttir' allo 'n-
Vito che mi f«,te,'cue Teifèndo io a Firen-
■e , io TeDga neir usata voitm casa , dove
potrò pitli agiatamente capere, che. altra
Tolta non feci, veggo in ciò e riconosco . la,
oolcezza del vostro buon padre ^ ed emmjL
ciò caro e grato sopra modo. Ma io soii<>i
oggimai più vecchio^ che io avvisi potermi
. . aoddisfaie d'intorno a quel desiderio,^ ^e(
quale ho con Messer Benedetto Yarchi ra-
gionato , e che ha antichissime nel , iQÌp.
ibiiu30 le radici di goder mezzo uoa state
quel vostro amonissioio e dolcissimo cielo^
* e coteste vostre cosi dilicaie e belle e gct|~
xìose e magnifiche ville , che pari contaqÓ^
^1 vostro ceno sono che il mondpr tvlttf^
non abbia in altra parte di se a aotest,*),
tempo. Pure, quando io vi venissi, «erb».
jion verrei altrove, se conoscerò iiqn yi
disagiare. La ìscusazion che fate del np^
tn'aycr per addietro scritto, io la riceTpju
- aiccome Silvia e prudente che ella èp^von,
lentleri , pregandovi che per lo innan^
non voglio dire mi scriviate più soy^^ ,,
che ad uopo vi sia, ma che mi oonpf>c;i^tQ;
Bembo Fbl, m. 36 '
iitaj^»c.tV] V9»|««ifti«^ «*i«iti«àtèGlit Opfm
'^2l^mg)i^ olft3& IMEJP^dtml ni jsildfip fib.
erlo cOm^^^' '*^^'S^^^^ oMni oddob iv ofldoùb
-foiij^fun/ •_::>;?*>*« Mn&nfeih cu?, oboeidds
^teM»ij0Mi^ 41 mio «lil^: :BMùdfleito>j^c« bUgaveii
hìiui bei)} fornii' le OMeS iimuaiv^^loiqpfUì
Di che yi ringrazio. Àrete con questa It
mia risposta a M. G. Taddei « la IcUfiia
ci quale m è suta tanto cara, che noa
dbasto^«a adirla. V Sapete eoiic«nM>^.:fiiìgi(^)ar Al
-Bènteiiòto ftopvà ladodo delia ìp^MMateznys. dbi^
nfjli ha > JU ,oòln|naoermi^ D£tegli»>tut^
ìbbey^ìà3>nQa)N'^«»ErdcoiUDS6k^ da^^tattt^
^l&ai^.bkviaTiiK:^ dulie j^sufef^vJDpelki^tii^^^'idi
dKtin;a»>W YoléKBì oke Megli ^veogsi^ sifì:&^ìbt
«sOaniv ioli iniefiBiBAvììfant!:«8ft<i^nt^4;o ^re^aoi^
-<dt»feS.oB^ mià^. ^dB^::,)k)^ìo^r^eti\n\e»Mvdb4
^«i(^v^e»dhu'iàntias^diaagra^ 9lBk
^iooe. $« io potrò yenire a Firenae^sttbn
I
da quella in fii^^'iciiyi lì^nklo ^^i^ilò^Uc^
getto^ ed in ciò sono mancanti. Ma io non-
dimeno ti debbo tanto maggiormente, che
•ri 8€Ì;e vóAdiw>^iiii^cédW<^r^&à[ì]zar^ Io
abbraccio sin dir^i|tfa>fil. Biìccolò Ardinghd-
li , e M. Pier Vettori ^ é Messer Palla Rn^
-acetici. Del mio venire in costà nulla poa-
'«orHiaa ddjngj^lsb rmir^^eswi ìchhio^^^ sono
»Y6gltdt)Ì64ÌocièdiBme^ia li/^Dio di' caneed^fitti,
ildif>iol^Ò69aDiiiMda»r ài' fiiic^tjq^ mà^
c d b wnBin » dùiifetio del ìK^ò' ancMòcfioMfvixtb
rI «Jeojjp fro:« ->.♦"•'- +"-^•■: .i.'--- /^^ '••■ji"; ^(1
non oHrj^. 0'v:r. ì7?^7a7^7T~-^ /' '':. iHiìiipToD
M 1 b(3^ Jil tpagramma: ; 420^< ^'^ahpfti «^o;^ i>ib
:^ SfotssèmnfmiùU'f ^ì^sfb» beftsi iiaihei^tiSSr'
oMdscrfssmiyin sHoaetdel'^Bemb^iyn.lhffpàdi
ibi^kf^néi ifiell^' prùitàf ptàte^'dgtlei^mXfAo^
tMii^ii^kqtmndoltion^'iD' vedesse ^im\}^cBe
'^JSBBtìfèi^ tnspostanalthSorasitoi Seè nostno^
f^ aJMdfìcp.4 Mev> wn wo». tiatìitn^vàt
»5?ci 0Jii;bA'i- .'^i A .0.162 "jfiJa 9 ^ ìansb
Jl Messer Benedetto f^ai^sHbbl. iCf
>4 Firenze.'
La lettera ,<)$^^i fsìùed^te ali* Ài»'
vescovo Sipontino Governator di Bologiia
te tfi|^g!y>nK)t49)laj<49lU'»anj|Ì AÌr Òmiìco
^Pi^ aie più el»0., pneAiQia9«$>>Adpaa|(tiM
ì^ if^,Ì9mì<}9&ii <^Epoaf»i(Srtqfsft,jQ|«a»t§Q^
i^c^<^e.ji%fp9Si^ , HS^jn<^1m&3^9»iàéi
n«)/a*ift)4>*ff fqi^tft J»»n<>f ^««àifjinjioljjpoite
•d a M. Palla sarete Contento raccoman-
darmi , e star sano. A' 6. d'Aeosto i535«
/ ■
Jl M. Benedetto inarcai,
-ioiA'Ife siftbsrxiiij^ 'jFii^KH^ei ciì>jjàil «J
. 09ai4»d V^ «lòn«iìi'>4vké'«èlFÌt{0'> btti^Àfi^ ^
MndBji«^4n^(ai^«io«foi>'Ofet scrìtlb^CQ«$^<:ìÉS
»jiài<]gfo^<|nw(|^ìlte<' lèttela efae'itf'^^^Ai
'4ta^vétnri«é^ki«Ì,^i«sriv^n«È<}dtnì'«i^dèllè Alfite
É ai» i9«inkéìÌM<^'< e ^d»VL9 Haietti < cj^ '^iHàì^
«olitf^F'iMÉt», l^^iiUi amébduè'ifib««!ftflM
Mii^^ttflisii&t^'^^'dt^òissiiAe étaieP^E %'l^t(^
«ti» Bttfti«édi«fito'^^'4éìflN> <Ùò««éi R9H6|;Mil«fX
ié&i«t«{(iallÌoli(»>.'iQi^ftto ieir^Uèi^e^t^^ìfo^i^
fii^^ka%ttèlft(^* «tttfiiissìtlérf }ò l^^dUò^^òtt»
«M(i88Ìeio,»6Vai!tèìdh^ Vti1«^aéil3^bè^SìlS
^6tk ^bd^l» mi^^'^<[taò9cfiÌttDi]^«M»tia»)^ki¥èf
«j^atfte^ 4«9al pijitiè t^io^'^rtlàt^lire <il^ddri
éf&QÌ l^veM.E^<^4itftb^2|^t^Qyé8i^ Aé>
&0 eoa indissolubile annodamento. Ma ^
ciò ora non più ^ che ne potremo m^ieme
nn gSm^apSir^ i^Vi^^^ilD eoa
sommo piacer mfif ^^fr^ salatasiom di qnelH
TisnjBepte gentili uomini vostri M. Falbi
ffie'MIM ^BiyooFGfèèrodifìeOèML
tl^^N^sttinimitr^o' itj^iòtt mt^A^Vm
^Wàajì i' i( che 00" àai^'ifo^à^'yiir A
"tmm <aiè àìrii Aéiw itù^rmm ^ae^ì^
W&éA^ e meno. <ielle léttéM "ròfigari!' 6ÌA
^•%glro :sà|to travagliato- étppéì'^^é'ìit^iaik
^'^di "iraìr 4t»o conto. Ma {««trèteiviff ^M»
We^dof^mi tederei gli- unì W riti}H#,9%}
S8'pòik:Ap%ol ' vòstro' tiOtt%Iìd>'(A>t^*tf «gì»
(iaffii(An^»9b|^M éise. SuflMbtèÉtf 9§ì ekimt
^t^d%i, %'^Sta(»' sMi^ Ód^ ftygH^M.'SHéké^
^, "cHe "ìili 4a(s4ci»V«déi^ il>^ Vbèiro oW8n«Ì»
%br£ -H' ^A<§d«tifc^i^i>ién^t'i%<nfi^t^^^ij^,
Iti» FIMe^i«MfièlS&^ ifi»"«ft>^ éifò d|k:«ff.
WqA3^tffi\$fé|aé(%SiÌfé Hfmb ^iim. ^WM.
olloup 9fli03 tO(|(ti?} avshd i?.03 £J-ioq non
-noio J .M .oìBJi è fisaooeoao:> .«neon fUsb
atadiiai QfSf^'tMyQ 'Hk c-Aj fJ^ìq, non *io ói»
illuup ib tti<À\iiiimi':'"iW*fku ;9;)ein oenaron
-flBi'T|filfP9fR.4MnJe8Ì#m *!'clHi.^|p
,. „ , - ^ ^ iW^
«tfK« .«M^ dHfiM^ 5ffiWÌ%e«f5/a%«ffip'
oltre in alcaM^^Bj^f^ i^ SM»{«.dBfiRW,V
non porta cosi brìeve tempo^ come quello
deUa no»tra conoscenza è stato. M. Loren*
zo potri di me assai in ogni oeeasion su
per amor Tostro. Oltra che egli per se stes*
•o iJ.dM^>J^t9W.NlN>v4\iafi<l«M^ifM.535.
Di Padova. .onVujA' ^.
-oinib im eìin»Oi-Aìrmiff^ fi aiajjsl sibsi^*
►ulli 3JCÌ il.: '*!'': oioaa'l e .sisiioq *il»
.^■xiiM% irrnm sm*oi s^m^ Atma^Mmi
É?ojftl|ciu^, . ». pur, yedmo . ,ì»ft|J>bVa*tf>»*
ìÌP 9*9SÌ^ gWWWif E peyciftof^jj^^ai,
; ., r ^gWW? Wr fif;<»«!»W 4«i^!»SBu f^¥mo6 '
^^mi^ mmm^ «•"po**» m 'sm^^.i^ .
\o perciò, che io sono stato e soiiak^|^it;yif|-
via occupatissimo. State sano. À* a4> ^ ^^^
teiab. i535. Di Padova.
L' afi^iiatàs i«>^%ì^^<^ sue leg-
l^adre lettere a'^^^SÌmm^ceTWte mi dimo-^
«tra portare, e Tenore dbe mi fate, lllu-
atriss. Sig. Gonfe mio., col vostro ornato
nmnS^^ Aìg Wm«> mfm iMaeie,
»1^V«W «'feo8^*éWfti .^ffófiy'fé- sir*"'""
tf (K^lP^nB^if "é? rfòeVd'tf '' btt#o*'«
«8««Rf Witfd^^m^ ft£tà&èttte,:^Hy ìBTgl
«%sidfftP^i^ ^èrfi^f edere'' ^''cònbic@^#|
•«''j^'^pieÉSImétt^^^odèri; tfti/é^ tìXii''iim
itt^iAiggfoéé '«" j|»ià^ pi«iii^»iii^ ^óMUit &(
-/
«ìt • "■' *i-'> !0Ì;>v. ;i'''f 4-;f?V Oli:» .91.91" «
allividì 4i]At9r,olMigftiA9p«»<m^piM^ ^eyita
pili .ieyh>|ne:M,odQ9«ti^^^
i da ^Méf ;Pt9tba to^ 4 r ^_>? n^n^. ,M& aA^^r^f
la yoairoiFAsolftxiJii iqmi <fei *Pi9>qn9i»ngM^
ed illustre famiglia. D^g«^ mgki^ì^igLO^
questo piacer mio, che io non fossi in Yi'
negia, quando voi vi veniste , come mi scrì**
1
Yete, clie v^arei abbracciato con tutto '1 mi»
animo. Siate eziandio ringraziato da me del-
l' uffi^V-^ì^ 'ÌVé».^^\{(»Vao«à»iSÌ .^^nlftce-
re così dotto e pMifM^ èwmo nelle IMhte-
matiche discipline, come il detto M. Fran-
eesco è. Che per quello, che io ne scor«
g#fléD(lM<itttt (^««ikv 6glt4S(iiibti69»ai(bieit-
Ì(fiMBa6At#MAasI!ttli»^i»d9Ìfitud<tttrcM tpsÀÌH
tt^lWr^aVlshèlfì^ dbn£*flMMB^jr^ vwanec^
Mdfféttrdw^ '<&afi»e«r<4}aMtttQsèrii!^piiaatv
«i<]rdÌ^èd6«Rlt«. 'JÌÙ yr^-iuati UNÌ i«b4>ptcif«
dìi9,(A$dyig^^é^' agftvdlttieBi» («ftpateuBoot
C«tÉtJfti"gn'MIMn^^>%l& %Mnea(i':^ttoa,pDsiàf
mitklh ¥ótfftàÌftnì9àìiàBiitài^tài 0:4^ agni èàf»^
i^Ai' tlii4«g«èi<4éUa^%ka ^eaìmiflM.offlMtavii
tb ( 1(0 >ÀeR0 ^^- ga^itti«N^j!Cio .jM» juK^ sttà
é^fibà^à'^ìÌ^éiintài,i^Àhie fol^ fe^befbv««ip
«mi'MbmrÌkt,'^1tiisÌtflaPi\fte^P'^,%)kìa'99
i&'iSm'1ikkio'i»f'sé)f^irtif^ìii§f^tÀmeBÌiiBmm
éé#iè^ie«,i^ki6 "vb^t^ Js«n^P A64«.iiaii'Gi%
#ftbo«5f6t"»P I»ÌMleV*CT .Bil§im6i suauMi ba
-iy ni liÉol non ot nrfo (Oim -laoBiq oJesiip
-ixoe ira 3H103 ^ 9Jein9? iv io? obufiop ffiigaa
toi&'i ot 9a•^ , ajcj 9 ÌI59 eHo ómsSf .imal
9 ( ofo« loanG 9}a9xn£]di( ©juvaDii aicfoss
ingoia Ifi^iÌf?If»aébc^Màt«»y?"l> il^oJJBÌ
©dir , azDr> 920J|9i^^^jft^/.'jg ùxq ollsb 9i
ifiq oiol ioime ilgRb. onognsv loi sj&bnstn
4,im óio EtcJa à onsd eM .hfia Lia a idnìJns
Bl/,o}TO'j Ì.Ù.U Ibb D oJ*iÌ5ei§nn arri «fa sop
-OHI f)jr«3 v'morjoia .sJfitìxnabasig Biilfi 'Hsì) 8
9f?;) ,0'ìi.i ,iois9ii9q jGJiab oJ.aoa 790 9 oas]i:i[
Aretino, da Lui scritto in risposta di quel'
mo antecedente, ed incomincia: Ben è quel
quale ^SbhettOì$èa'Aréan& dèé'MiemA^,
che quanttitiifié non -M boAfmfìè^ ak^
aMp^ìòéè'Sd'^SètnWhelib Rt^éè^if^Sèlr
le desinerii^fàrèfU''eompostiì4ìfé^iipòsk^
a QueWò^ml ìriàsti^ JatóH^feàké^'èim^-
la edizione m-^PSr^^deV\&o^:\ lÈ^^pkvm
fr^W^bìiipdSie 'h ri^ttdi^diél6>9i Of^lfSn-
bo nàà^mfmo '^danhcfiV 'àbiM' àéé M'^
ritto , 8P%mé é/^eWWò Wi quèst<i' A*>^?
perche'm imm^W^ikmené'^'fièn^^TrilÉM '
/
|piQÌt Perciò che egli è tale , clie io Farei
sempre ricevuto lietamente ancor solo, e
fattogli qu^jji\i,^a, ,^i5lr|ì;J^ giugno-
re delle più gra^i^^^*|^re||^pse cose » chiS
mandate lor vengono dagli amici loro più
antichi e più cari. Ma bene è stata ciò mia
^&^ìf\oim^m .^^^f^f^i^%ohp dn voi
qne da me ringraziato e dell una cortesia
e deir altra grandemente, siccome esse me«
jritano e per conto delta périezion loro^ cn6
J«oW»lfi »8ASOJ«Btoi^4 affieni <WfilPxMf»^o
Ecco quel, che ià}^Mé9^»^m»f^Wt&
^(iK roiMiKonuo'
fii«iHla9ac0»gfìmaf>, ^om^ dii viAti
tdbaeo^^^ifdleQOmt^^flicblctijiT ifiQmèqm
«driafOtbhQVOlìiJobiifbvrtnpufc» «dnuiB imlle^
ModaoJifel'tAiiifif mcdbr^JBrf^menttils ntEgMJi^
^pictiir.)dki«]K>$ii*tfrvix> 'Ofiscslo rdéièi«hM
frmianr^dbU'atocim 'ilismfts3?eic^ IrotMi
ffodq e^tnottfo tra me^^wiihojji^ ofBtlpqcilb
4fie v> elle I!l£ 'Grirélamo Quitm«o ìifelèiiÒM
jM€:c|iemiT& ^di rkiiaiie»k 4ftc^ aoli;^^ «ìi
tf^MRO'^ ad noiettdàe voi raòèomaadandofai
&aid< salica II primo dt Lugtio^ìibSrjfi.idi^
ydlai. ' •- ' . ■ i *iq --^.iofiui fìi
vi '-* ^f ► :^ :. ,:1;!>A '.*Ì T9tJ
»:!'< »j- ■->:;jrf Jf. Pietli^ ^ AretmòJt fxnnnm
^i--.»;r..r'» o'' 'r:-.: . ■"; .!,..•-•■ i-^.r oi«iaHU
'Oi\ ò •'io-''.'.'j ...:>< ; , » ».» ! fiio? •'ino»
viit'A f^^ làsogafilTai già*, iiiciItb'CNUirito>iifc
ì9\^\.t^\ dse^foi pì|;lu«iee*{brioa dir6QrivénH%
ì)k) óicmo3ic^oe»del'>biLÌono»?amote,.tQlMB m
portate, e della stmniv^VihctffaftBódi onl^pi^i
delle mie scritture , che è yie maggiore di
•{i&iD^ii>4i|iÀ} idoì»td»Ofiel<9i^Upr5Sfdbii
^Hùì anxafaa iddà7<}aèndìriJettjefa^^iii4ie i^
prfrliflMte flttttfì alhMf^nfìiire dìi'90i tmfidfièimiìb^
#aieotl idbr9yQfiÉi^^ii'uji^i^,^i!dble«mbiMl
0iÈw'é(sÌBÌomtÉtea^ CDutàwc^iìlUà ■) 4' ^ic^
èìeè ì6g6{pLofi B:)iQU£dr'iaSib^4s4;«dai«bm)ljpsM!|,
mrdoi>inQé>iiaontcibfaA Uvuiillti^sciÀ^jclìejM^^h
in farsene più bello e più robusto dab?l^\^-
tere contrastar con gli altri , che o sono
per lo addietro stati, o verranno per lo
innanzi. Lo^iitiaraW coaaeyri ^ .lil:aHiegrarmi col
Re di Francia pa«i'dbè\QW voi^ il quale
intendo avervi novellamente doùnato quattro-
cento fiorin d* oro, nel vero picciolo e po-
ster oC/^fMiooed^^aUa ^\m foflau^efìd lii^yostra
(Mnéiòipafnfe noìtAnseanl^ iDfsovtb ^i'^fti
-«ib mete ^p^/iftaimoda .sìo^ttlt^p4ltc^iSé^-
jto ajidb»,.edoaanatsmi^(lct8heor£^eoJ^'r)iS«c4i
Caq^o jÌ[»53A£lD^iPa4om/e vAhh s /t^t^Mon
4ij6 TWinfc tnuBo:
- 1
A M. MnrcéUo Ceriyino^ (i)
Secrtkirio del Cardinml Farnese^-
A Roma*
Io ho ai gran disiderio di Mi|der gra«
vie T^ y, S. delte faticbe che. avete prese
ia faiK. -*7.5rìare il aii^ piato, flè par df Ile
&iiche solaiiu^.*?, che sobo tuttavia ata&a
troppo, grari a questo cosi caldo tempo ,
ma ancora e sopra tutto dell' adfetto, cha
avete avuto nel cuore , e- della, iacompara*
bile carili vostra verso me dimostrata in
ciascuno auo di* questa bisogna $ che io. aoa
so incf>minciàfe a' far "questo ufficio, « par*
mi che Di^ T usanza, che io ho con: la peQ*
na-i 1)1 iscrivendo, né le panole medettn^^.Qii
s.ovvcr»gaiii9 di maniera, che io soddisfar
me stesso possa in parte alcuna di pur rin-
graziar V. S. del graii débito ^ che io so*
pra ciò vi tengo. II. qu^le. tanto maggiore
«MS»!
[i] // Cervino da Paolo III. fu fai*
to Cardinale col titolo di Santa Croce y
e fu scelto legato al Concilio di Trento col
Cardinal de Monti ^ e col Cardinal Polo.
Finalmente ottenne il Pontificato , e eftia-
mossi Marcello JL ma la morte in hrevis*
Simo teìnpo gli tolse quelC altissima d^ni^
tà.
é, qpanto io niente giammai ho per voi
fatto e aieote di voi meritato. Se voi ttttta*
via in conto di merito non poneste uno ar-
dentissimo amoite, èlic io vi porto ' cagiona-
to da quello, che. voi a me portate. Il qual
mio amore essendo egli debilissimo, non
mariterebbe esser accettata*: per cosa <:he
appo voi meriti • ^'aodo> Id^ vostra molta
cortesia, che trato di se ini dona, non mi
donasse ancor questo privilegio, che io con
voi ' meritassi non meritando. Ma come che
ciò sia, semplicemente e btieveuieiite par-
lando io ora vi rendo cen iftieèià poca car*
ta f Sfg. M. Marcello mio , qaelle grazie ,
sche io ' posso maggiori di qi&al oiHttDtto ,
che voi avete per me adoperato». E per lo
tnnan«i sempre le -vi renmrp e sentirò in-
finite meco medesimo e col mio animo ,
ehé è tutto vostro , cosi avete di lui meri*
tato; Come che molto prima y che cotesto
piato kn^ominoiasse , io v* era per conto di
molti altri vostri dólcissimi .uflScj per me
posti senza fine tenuto. Siccome di giorno
in giorno il nostro M. Gadk> Gualteruzzi
me n* avea contezza dato con le sue lettere.
U qual M. Carlo, siccome è stato con voi
buon componitore della nostrttamistà, così
doveri eziandio esservi mallevadoi^é , che
se io per le mìe deboli posse agguagliar
la vostra cortesia in tempo alcuno non pol-
tro, si ve ne sarò io almen sempre leal rie •
Utore e grato. Stato sano , e basciate la
ihanrifer lAe, ti Moni. lWfaita»itt l»mtf'Wt
atro ^ il f{na)c donimi gtiiik '^i(<]t;i«4oO Aè
io védrr liosm ìM-inia c^«o W' f«HMIc«B»lt
aUtsi' librai: A'i3. di lii^ìù.i4Saj> Bt!$tf
dJ>YaV-'; ' 397 £^00 Icup ej .ol
.^i/. .K'ijlli ;iiÌDb (taa/^li £ o(i:)m ooa sieil
sd alrijp laij tiifjatoij jij ^Eig^iiiY ib sfjon*i
,oicn T)d^ «f}0J«faife«i»:itert)irt».75vi3<i tb
fliiigci 9! n'ilnjfj^ ^tìfmt' "»" o* 9''» '»>?
-ii'jjai (i':> .'i.-ui,'..Ti;'t 'jit'j , lov il oj^nav j siin
,gi?. o.tm:; :'.; -jtii.-.iibfK-rj'raJl .3UjI/! il oisb
• ':> M'cMK c)«»Jf'fél.»W!l<)ì F^ eieaMii
Je'WfirH' W"€««ai«liaa»dì"*(*i^ili'l liil»»'
AoWk'S'-lie'*- Sf»c*lA^|lW|'F»8etlS)^ «
JBr'J'i*'*»»^ '^64»; 'E' Tu- >«J»4'>W«te
U^H^bi''piÀk <iM itmiilld' <ti«é^pcK>llé>l«l(l«
^liéiiti-'i-ii mùora- perciò -cbè^'K! ||ta«H<
tó'tfaia' «*(«( nsKgione'-iOili' pi» 'ddsòlll
*Mlo '^odétose''* gnittili « ifimiuai^^
• ' «ir 'tWpprf iSiiW c' ll'-Bdl*«rfe,'"*éi»«'*(»
lUn'^ót^failpess 'd'VIiiii ioulli ' Ot«"«tAll)la
IT '^tliii ttìtiMK.^'- 4é4M>'/>fiigìa<lé>' itISteAaW
aifteWèra«ò?'te <Iii<!ll»ic4nÈ»''i>a^.«*i
Wta^lli>tfé fr«<tiiM«'d'illcUiil'c9<!IM«lM99
k''tté"b poi» %^''«Jdi«e «4let«> rf"N««J
t*'lSÌie''W(»*iki1MK «'Spetti»! ift-.ttltw:»*!»'
tS'ciWtlS^!'ft^o\S im nói» i^t>«I«l«taM<
wm9T mn^^ 4f^
to. La qual cosa <iredendo io che èper^u^
nare noa meno a danno dello Ulusir. dig*
Priore di Yinegia, in persona dei quale ha
dà ^erye^'^^'^t^vJfi^ mio,
poi che io non ]i))p|f^i{L {^fendere le ragioa
mìe 3 vengo a voi , che facciale ciò inten-
dere a Mons. Reverendissimo i Farnese Sig*
9fh!>Mt^ mhd^4f che. imi ai^ntì, pflili??^^
^r^^Q. 1^1100 ed affeiÀoiM^cuQre'edwii.
||roitta «iioirau' Staiti sano. AVo»:4i SetAf^oibi
-^.30 :- r jgi^M^ MarceUo Cennnoé -: .*- |
• :. ■ .
• 'v J ^ • ■ ■♦ ' » t .' - ' • ' ■' 'i ' • "k * ■
- ^ '^ Avendo iritesorper le ultime lettre detr
noattroj M. .Oarlo ,. :$ig* M» I\|affce)lò mio,^
del nuovo ed onoratissimo liJH>go dato da
W. S. alla voBlr-a virtù , ne Lo preso quel
piacere e quella soddisfazion d'animo, che
ai convenivai dULvaiftiOre 9 ohe io'<a Y. Sig.
porlo, causato dal «nolto valor suo e dalla
sua infinita cortesia sempre usata da lei neir
ie>*^^mie bisogne. tutte. Ne \\o potuto tenermi
4ir. jEUiiit farle queste poche righe in rallegrane
donene^ seca^ alla cui bontà e valore N»&«
jCMo rts^uarckundo ha posto in cuore al suo
V'iGiiióy^he vi chiami a si alto luogo ed
ài mameggior delle cose di S. Sant. ed al
aéovigté di tutta la Romana corte j che ì$i->
tendo i «seratante lieta di cotesto giudicio
dà'£^ fiealL . quanto ella era tribolata da quel
BoveBQi<iKiS»iBgursio ministro primiero ,* che
Aà^^l^ntontroppa^in 'fretta traricchire. So^
$he£era imio vtlèbitQ rrallegrarn^i sopra tuib.
to Cibai ]!^n^. oReiridrendissihit) Farnese del»
)ir"#yinio <Sf. Si! pi;eposta alia cuca di ^^%
pigliar fatica di ratlegrarTeUtt^ Wé &i S^§^M
ia mia vece. Nostro Sig. Dio* gli doni gra-<i»
Èia di riportarne quel guiderdone é quel
profitto che si xlièid^rà y >iiÌ!)a'^%olo per ca-
)j;ion del pubblico béìóè, iba ancora del par^
ticolare é privato. Che, per dir di nié , io
-éet mio' beuie- Sterrò secppre^li» riòm'^b fé-*
lioi^i! di Si ;Sìg: State. ^OK oà'j^. i& &cMné^
vòàSif'Jìi Vategiai""-*^-'!)'" jono ;.-> o- o>;ii 'o!>
^eù^'dvéte ineco dimdstaraui y^ìS^inlili, *
(^aimiiillo , ^ es^éi^ei qtìel ^ corte»p né i cialmiosii^
génttWuomo^ che lo- vi stimai 16)^ ^ndicai^
air fa V wdjm che V. S. fuA^[iii^j[ pò^è oW
st> baldamente avete preso Jl patcbcipéóiaiiillf .
appridsso Motis/ ReverendisÀiiiioojVQàtrQr^ A
q[itial ^patroc^io è tale »tatò,i^i:$ke itt'lai^ìiolk
ti^ dfaa^nitoi' tvavagHof. e* po$i»nn3fBi»loJ}4iM
àtLP^ièHf e ^^iete. fìi che vi'^iiiigrattfiQti qdaii^
W^debbo-y tAkt é più vtQi^muJ^&aiiaLiii)eB[fef[;
oh^B ahraJ ~'Peii^ cke infinita^^pfa daDinUesttii
eàe- mit|dav£^iq[nei.'ii4^o v addite ocmi-i^^iBaail^
v^sita3ea»a^>ijbercèy:ià€mt ttihe^ SbOìit
lrè>4i^ rbnda^3|tieli.n»etbH|3^€phd .i& (^cadeidl
» i <.
i)
3|91r JOLtnR Mftlf£ll«
•jr^^^^cT^f on9:> f> oxf osto) iudob odo ìul
frutto abbiate Csitto in queste letteró^'^é txf^
me anco nelle greche sete ito parimente io-
aanzi, leggendovi aleune cose di quella lin*-
gua seminate discretamente per lei. La qual
fczione m*ba recato singoiar contento. E
spero 9 che seguendo voi costantemente Io
incominciato studio, ristorerete peravventu*
ya un di il gravissimo danno vostro riceva*-
to dalla morte di quel buono e santo gio-
vane Mons. lo Vescovo vostro fratello. M
qaal seguimento non vi doverà esser piccio*
Ib sprone il vedervi in cotesta casa^ i pa-*
Knti della quale spirano dottrina e sanù
costumi, come tutto 1 mondo sa e^ vede.
Xhinque non perdete tempo , e poscia che
il Cardinal Cbntarino vi dà appo se luogc^
non siate negligente a rendergli di ciò gra^»
zie ^ quanto per voi si può. e ad onorarlo^
H che fià, se vi farete e dotto e buono an-
cor voi ad imitazion di luì e della incom-
j^rabile virtù, sua. Quanto alia parte UelW
lui che deboli forze ho e corte Dracj^,iPi|-
re tutto qw>lV3pA!!P<i»v^clt\?,\i(rt|?t^s^ e "potrò,
sempre fia prontq^^^^f>g|ù vostro onore d
comodo, e tanto ancor più, quanto io vi
*ff»ifò uiù.-oiJffiftfs^ Ì5,fx||^Ù,,«4yÌn..flialore,
JS^Ue^sane. C. ]»»»ciaAe:;.l» rjnano: .a,M
-^yvr'>i'« ,.T.:nov ìMi . ': o<!^^^\ '<./).; ii •[) ne/ ti
-i!;r*^/ ^> *.ii;-' '; .■ ^-ìì-'ì:;.- oivik/p i^II*)!^ iiiisi
.»^!:> xio... '" ^ ' i .;/ >j£.h7^<] non si/pn^Q
y.j i i
.oltr ctij hi ;> -«M']' '2 i<^^' '^^^ ojaBfjp ^ 9Ìs
-rv? 'f .'li ri o)i<./b njoicì Ì7 ee ^jbÌì orfo [f
-m: :;'.;; f^Aoh 9 iul ib aoK^fiiimi bfi ioy los»
• , ■. •'
:$25
LffiRO BEGIMO.
^1 Sig. Consalva Fernando di Oviedo
e di Valdes Castellan nellé^ fortezza
della Città di S. Domenico neW Isola
Spagnuola ^ Scrìttor delle istoria delh
Indie della Maestà Cesarea^
V.
idi la risposta di V. Sig. fatta à Mes-
■er GiovaD Battista Kannusio Secretano del*
la nostra Rep. d* intorno al dubbio, ebe io
gli avea mosso sopra le sette mila legbe,
che si accorcierebbono per condurre le
speciarie se si potesse passar ^uel poe^
ài ^tvéotó^ cfaie -.Vii) Si^j: Bica$§(lflll«'ÓfirE
fè]Ma'-ddiei'i&di4S(' oeùTchrm^A^oofccGoèoddl
jtiLC^ ^'déttA^ftilìoiilti \ji Òi^ €9Ub.«Iidb del
4itfc f4i0ttfi ^^i^imao ria . risohktitmroèbsiraeca
ì^^^ìf^ì ^ Aè qj^tèttéeit iSL^ ìjinelìsu appai
prtr l^^lnd^iielté'qnfiklo liMisotó hoo0M»I
'Sk hlué^'à %ìè^ ynwaoTA molta -^utàbaìf/9
moka prudenza vostra nelle AA^tuie/ dfl
cielo e della terra e de* suoi siti. Le quali
tutte raccolte e sparse per lei faranno la
detta iis^krtrba , siccome w -^liitio'V^>pèì?airven-
tura la più grata^ cfaé^^ èia giammai venata
a mano ed a lezioni degli uomini. Di che
ho vo^to ora rallegrarmi di ciò in questa
poca carta con. voi, e proferirmivi disideroso
di'^er^i^ Né mtmo mi ^icfa" roReffciikto più
Ydlte^ibecD medesimo' oon Da Maestà: dello
Idirpéi^adbr Ya6tn> * Sig. a ' ti^i korjam. ' ^uUt
%|a^iK' gloria. iPaichù' 'ha eletto v.tqli a ^ jale
t^pèr^f^eiiKajulaiCf naie 1^00 ai {rdtr&hlié J»ea
Igdaoiceip^^^la'- grandezza e la'miliiàfrjdLpoofii
D[^(j3i^^^!t]iagiiamma knpresa , e ìè(àtìnsi oc
dÌ9tfgct*dlè>biiogaf , ed ^ i poco^ n^eo9 ydit
iiDiJ^^ibitrv ittcri^p rendimenti e ajtìiménii^ làq
fk&ì"toàfSihiA^(fméo.dai!à'' u ed kioo ritti
ibrci di ctoorpo?^»!} teitapo]^^ Dédla^ fc(nàIei'ifOSii!iK
^e^i<^0 ìftnic^u^pKiBderBnaOsvitutiiqqri^
c^'^dt^ic^toj^a^napoiffagtomurèrro oéravont
firf>il4>QajMMl}$idi«0raiMs hb^pv^ ab, Gkì$
ittb della cb»e «iid ^ ìiy' W.ohiiiésiMthbo^tMf'
SMeftsMTÌo) ar/Mper9Ìl Slftii a^ix^aiH» «iftd^f
imiMitiiuUiNtf p. Sé '^ Dìc^ ^ì%:o jmaipfitblf^ttft
Lasdfiaj ^ State! ( mikki A! f^^io^i^a Aprik t^S^
J5L o mi i/iiiì ioi *i /r- fjj^.'jr'ir r, j'iaroBf fìMnt
';'>^OiO.;Ì^:5ì ^•:i;r?''!' .;'. / /. vv^^v ^.^;a'> fooa
«^ ; * SSlii òk PadoTa T la . TMti^'letiei^ » «riti
«àt^H' sètte di di OtceiBbro:t>dii quello ^^jdihe
ai'tnaadaste delle dicrite loompostdaoifjw^
mire , ^^péc vk r^ifttà) lei tera . im(l ta ìoifi^tedómi
«od )a!^iirosti^ xeoIia:cotat6fiarIntoMnit^,KÌU^
iiecar ficttei :ìai cohd»<si elie rm aDlistte^ofo né.^
9o ealttìesìì V9Ì. aoù. AI quale fri)se«ÌB^iM:bMr
}iibvTCoeadoimt|il vèoir^qni^rdii^étieo^fi^Ur
fitìùnv re i dk pcbanri iifiaii|ptaaènf Ui ì ip^9^'^
Ittici eoardad t&pònderìBL}j(£(xipQ|]i<i(ig>int49d»
4Ìiiétoriiiii^il^a£Ìmtt qeKieMij pftaov|iMJ, A mdl
^èbii[jpiàii;npoaaiejoiattp€fta%<;im «otiAdÙ^^
toeendie m9àeoicé;;^4}iie»iànidà7^onBhàicl^
niui^ «Ik uMoqndd «oemie IfiiMibLiriDeAi)^
4iS ' ^ttìRmi^ttMMi'
dle^ttii^.^^a ^? 'flit* cetì^lr*è»#*e%ftMÌì
ctiiìi^M^iii'Sìiuféìmte ^rtlimfc^icifl d^al0i^
qt&tAb élfb' W ébiit^cda ^^tigcijaio deb dettare
amfoi" fMtròf /((ih«^;le^ ka ^fto^^mkggtori f fact^iS
esirefe' di* qtidld,''cbe^^«Àl ti «^sliià^iie^oiìr
fronti 'ddi yd^l^- ie^egM^' leAtiiftàil' -^pkdMiu
teri^éad e dà ràdid iióbiliMÌMav^il^i«odattiiBcs>
ra^ibnk tAtjppodta* tré!' rÌ9]^oiid««vii ie ^ dar^a l
pét^dcmc^ jgitignerò' ^ne^té^^aj^i «abitui :idb|>Ib4^
glfi; Vfbe io ?i s%o[t6^^«t)fetoM)ioni£ ad tomàia
ccnS 'àkihnò ed a^i^aDaf^^aHa:<TostnÌ! mcdm^
tif td 9 ' e disidéi'e^ di piàcemve^^l^nto»:
pM'aUe opere dà ^ farsi f>év«;voi^) crheoàilak
pàtcde da dirsi. State sano. > A' i-S*. 4r Magfiri
gio i536. Di Vinej^. *•* . 1 1 > /^ - ^
' • . . > • - I ' » , / 1 . Jr. ■■'ti
• ♦
\/é SpiUmbeìTgw r >• «.cu?
bocca. Ili:^ff'&j^a<^lfat«r^^h^>À€tta'-i^. !
to vano, e voi pure non venite, alla finer
ho prc*o queitta penna ia mano per parlar»
ie>nif ionai. ooi^. voi pirìips^ qhf| io i^i .pat^;'^
di que^t^ comract«<^ dove ora credo ^pra-^j^
ìb», o^e 0bb0 .da ^ym qu0))ji)^^^^^
comperandolo ^v^pio €£rtimiuido ayerlo jjf(pr^^
Tostra mauo buQno:» .e^Ji^il io dono 44K >
Signora ^ mia Gomi^Be,, 4a cui .part;^ m^ ^^-^4
vele /inandato. lE iri^oi^^x^le €Ìii& b^fnna>r.,^
stane lìèqdeilenldoQij^,^.^ e^^ace > pfù^itos^M^ ^i
^rmet%t , xhe rJib^ali v r^^<?}à , jpjbiev^ de}>jl^j9nq . ^^^^
réndaìdìt ciòr^iàlmtj^rgra^Àe»' JG r«e, a '4i9^stqj\^
ufficio fairfe^s«)i]r>lltFdo.v perdonimi f^UtlJiufV7jf>
switegligcuza/fnehe più tosto è iprc^ed^U^^
da fiàiciirtà, iAfenobQ secò presa,i>h^(^aoJp|tr9^^,
8etO' potessi Vederla insieme o^sTiOl.ipii^l!,'
fare la via d^una giornata, certo saiiSèi vV9i4.<
nulo a Spiiimbcrgo a questo fine. Ma tan<* '
ta strada non m' è bastato V animo di
fare a questi cosi' graB ^caldi. Mandole con
questa lettera una pei(«» ài tela di renso
per sensa , la qual farò dare a casa vostro
suocero , e priegola a star sana , ed a te**
pervi lieto e contento, ed a godere ,ipi^me
oon voi la sua cosi bella e co.^l l^ggìadraf.
gioviiM»(Ka. ; Iq V* abbracdo sin di qiia, Sigf :
Gompace mio carissimo: ed; ;<)n<Hr^u^if|^Oii>
A.* »5, di Giu^i^ »53§. Di; VìRfi^aii' .,;.,no r
j-^ai^if Xì3?r3£;p m>yv\ o«f.
;..U *•
489^ - wmxnmi tmàÉmc
i/é.M^ JdoajmC'Dof^à.
^ìFóàègffa.
n n fiimdo • a ¥^ ^ Si ^ la : iascrf«io|i r^ jfl la
wiXfn mmctr della <T9«tjraiil>eU it ' Bairia t^^^ai
m'inali rtehiastaii -^ NeUa' tquala aaim) Jmd ptHl
aW^<piaata parola BujSj ck^ ièAnejg}lLUaefli|ép
dsi^ Wayéw^iaatidauc^ fle»diocabèG«tti im^
è^Utfifaia >'-m ii«piasul' nj^ufioarioiied^Edliaib
it^'^muta^ iiol slÉo^[ca|lb.«^J)fa^n^VdboJa0Maa
pdMé aleinie < altre /pani yi '^faueiuvoiii'f i opoti
i K ^ i ih a^oeìle loro^iascfrizicmLtdBqflhiai^idai^i^
e^àoaiiibao^^^ qà^a' qgr^vitài, ié^ aaiiutti
a<ìti€iiiire^a^»a^ddie ifc rioUie^ Siiàéoiimeèl
i]«lètta4€ftla>oel€fita dell'ppara, qixaimo dibon»
dl^l iubra bi&tnmm\ A j^rede ià«^>cebùbif
ainaa «dbikiarla.» Se io arovaij^frSbr sod&e
Bfatiat^)«ii' fià- eia £aroV gIiàì coito/. diaidtaai
piacervi. Delle altre parti di cortesia, clia
sono nella vostra lettera, vi rendo io mei-*
te grazie, «eV< Ai vi pèolÉeÌDO "dP. tiàono ani«
ino. State sano. A^'>^iV digesto i538.m
Di Padova.
-JoTtG ojlom fiOL^ ;Jf'->fj. Li: jì-ioì^.o .'è .Y BIS
In or,«.ovorno'Hj iia .^^;a .1^ f.d:> a-ulls ^ ci
.- *v
mism0i jsMnsmf 4^x
i-.jfe
ò V Non rpdiSTa* ^opF^gmgtfermi<véM#V^taQ-
\ì-os{ ofiBitasiuioéet.'lieUèim . di Y. &» peivcl^
gflàità dimaèalnàodftriìSL &.4ieLvcf radoriaVClw{?>
€fii»9le^iPetòr>cxHiibii;ta ìLpooot omio^rtelli^.
MaanaxitefbbbligÉfb» (A^/quole obbligai «itì^^I^;
ua<p ipiàowlMtìerì mngo.^ ^stPMài annni
tsiiidiiie tB^i rdOSeji'v^d' itile cq^rer.dfUitll-j
ÌÌÈSWf\i&ì^c M&fiahòssttk '^ttt. Pescaf«o-jVQ9tfftM^
Mcdlii oienuqp^y e; piés^ tettar h.lioiauiitMi^
k^enb jSiik "^tom H. S; e degàisivdi's pi^r>^
wM>^ cafaii&daronL, iilove ia^«m; J^oi#L^«r/.
MT^frlaibMi&^d/^rilevxSSg; Di^ Viiieigki&iw
?>xÌri ^j5Ì«Ot70J ifc iniiii JV!,. fi>^Ì^Q .ÌV19Df,?y
Ho inteso per lettere de* miei da Ro«
ma y. S. essersi adoperala con molto affeti
to 9 affine che N. Sig* mi promovesse al
Cardinalato, siccome per sua infinita liberalità
cjuesti pascati giorni ha fatto, né sofameata
Io Yeacoi^'féi>'^ì^^^io§imhileì% ,^
la lUostr. Sig. Madonna Gonzaga suocera
vostra. La <jaàl novella ha moltiplicato gran-
demente c>tÉ^^\:(^£^iò^^ii?a }% fattomi il
dono medesimo^MSi^T^'^.^^ià grato d'assai
e più caro, e in tanta maggiormente, in
quanto io non pensava d* esse re fi nro in
?Mniaritf(^^nÌMei«zi^ ééte^ Si^fVwl^Oni»
Mbo (Wllf«y '^<M>^stf Whe Wsi<>ftNiM
iqqoN^|«(aggion<'^t^;^d]^^ia WiOff fK
«ft>l€a ^^éttésik^ìfo^ip^ è'^-dMèf^^^Stìfi'èm
in)M'f/ofMl'-'iifì«r^%c^fiS'^étf i\cÌÀ%
«ofl4itt'''^v« ■ càntMiieeàA^^Hbem*^^
4%HfUio >eé<>0|!|^ Mo iiémctiimi, ^iti^
jS'%>iae«n<r''4iiti>à ^ m.ii tìmtè%'a»%
44^it^ céÉ^'-T. Si^^intiià smm miu'^
iicefeé Wd ' lo lUusef. Sig. - 1^di^'*'Ws8^
^«gàfidiSa rboltò str^a>cdn« -t^^Mi liitìfh
ìheeitr' e Vitoeolò dèi grande ^^VfifRgb c^OM
^febo avervi. V. S; ..sart-èdiìtfed^-iw,'^*
inak*é ' questa mia ' ài jàetto lSot^.'^lmiAi^ cJA
klk Sig. Màd. Costanza, "Il Vrfóre'édliÉ'
•éonipanlitté^frddenza ^dtiUà' ^fiI«Ho"d| '^
verisco ed onorar ■'' )}tUfnto pw!(b'^ cìMì^ie
V affetto del mio animo. Io disidererò da
questa ora innanzi sempre , che N. S. Dio
mi doni da potervi esser grato per quanto
io ci vivérò. Che di vero non mi vedere
mai stanco di tale mostrarmi a Vostra Sig.
quale pnawentur» . fnpt^ tttinuto j:be io
JUIM0 wunaw. . 433
jiU 9 é v^(t|«Ifr vi debbo -e^iftarfi; 'ftikt^; diane.
A* Si d'Aprile iSig. Di:J^AÌikVMk;oz t - T ol
il in. Al Signor ^E^moh^
:.;:,.^ '^ vdiFearrara^ . ; ■ ■ > - -'j-^--
r. f Al-* < • » » ■ ' ^ « *» . < i
.. ./ II:;piacec&9 eh^ T- &«im scrìva aver
jiCejrolo; della, nuova d^aìià donatami dk
.jN. SigjOQTe^ lu. . moltipUcato . U DÙa^ éop^
<tto ^om^mtezsa. Né potea >ed<ir/ ^OMi ^^ aie
cara, dbie le sue uqtane . ed officioae Jenert*
IUio4one quelle grazie a Y. Ecc;* ébo ia
dcMK> ) e proferispole i&n buona e.prMttl^
aAifl^ ftd ogni comodo ed ònor auo^ cctift
ioatit^itó Jofioo al tempo della fe. /imfi^
del Sig* Duca vostro Avplo , . e . coa4òui>
pejT quelli degli Illustrisi* vostro. Padfva #
.JVMtra MDuire , a' quali .io sempre ioìi «mvI*
tM^) mentre vissero. ^. S. sacà cooientlt
Arpferirmi /altrettanto a Mons. Raverf|iq4i^^
M^Sig Cari vosuq fratello, ,a.cu^ 4Ì¥f^J^
i|enri^^ Stia sana Y. $. e J^cissi^aj^;^
jjMga.anè per isno CQflapiutam<wfftfic4iidÉL
^AP^iteri^^rjPi^^iwgi»,^. Ì5 o4;v)v
£?> 'CiO'::J 'vili V,- .CL.-ir.s o:ra lob oJJs3'lt*l
ir*??i»f:-'/ i :i .::t;:- -.f;*"' r'* -ei^O .óioyrv id or
431 vocmBTìtftzò^ ,
A Messer GiuUo At'oaroitii,:^'"'^^
A Ferrara. ' ■'-"^' '-- ^^;^*"
Tanto mi sono state jpiù^ care è^^tòif
le vostre lettere, per ìe c(uàìi ^rjràttè^aS»^
oàeco cfella nuòva dignità mia, '^it^tS'^idP
bó xsonosdtìto per la bénivòlenzà édi'^i^j^
zione da voi 'poi*catami per lo addiéCiìi^^^ffilF
quésto ufficio avete fatto di etìorè^;^ é ifiòìp
so dalla dolcéz&a del .gentile aniàkò Vò8trd[
verso me 9 e dal molto amore ohe Àii'pòi^
tate. Questo adunque fa ^ che io vi rèìidif^
aiccoìnc fo , le grazie ^ tanto màig^fdìri^^f^
e che io di molto vi sia tenuto. Ré^ti, cw
mi cfbnosciate per vostrb, e che usistte'^ii^
pera mia in ogni vostra occàsioneV do^^
ella giovare vi possa. E cosi mi vi 'profetò'
di buonissimo animo. State sano. A^ ^, d a*
prilé iSSg. Di Yinegia. '
A M. Bàìfolommóo Totfanino.
A Roma.
- -t
1 k
Io ho Cèduto e Ietto volentieri la vd«
•tra lettera, molto Reveren. il 4niò M. BaK.
nella quale vi rallegrate meco della nuova
dignità donatami da N. Sig. Di che vi ren-
do molte grazie y ed in tanto maggiori , in
quanto io m* accorgo che ràilegrezza e con-*"
sdlazion vostra sopra ciò , per V amistà e
benivolenj^%,^ai)fi^ frai ooi g^,. ts^ti >anni , è
uscita di mezzo *l yQsj;ro quo ré. Ed infinite
ve le rendo ancora delle dolci e cortesi
offerte , che mi fate ad ogni mio piacere
€^^9mQidQ._jPerchè ift,pri^^^ N. Si|^,4)io,
4fet4ufl!eL qpnfesÌQ ju ^qgpì teoipo aver ri-
Mirate ÌJ[>fipi te grazie,^ pBe aggiunga tai\ta:
potére i^lle mie^ dej[)9li for^e , quanto a. nie^
m^esfmQ ' hp! aggluino . 4i»derio 4i . tàT%
quando che ^ia mplt6 p^ip. ypt, .||i , qpiiaptp^
aji jueirvitotTQ . t^ntp . jedj^le , p ^qtà^ienie^
qhg yqr^este, p.Qrrigi^ aj . s^rvizjio mip, ip^ 1(^
apq^Wrm .somjnami^^^^ vpleptieri , «i pejr.
dimoj^trjarvi che. ypi potete i«a mq as$aì^.e
i^iGora per le q^aliti. >Uej,cn<p mi dìte^ W
quali nel v€|rp in ppchi supi_ pari oggidì
ar che si trovino , ^e noQ foss,e , che ìo^
Q tre mi^i anticfai ^rvitori in casa,Jbaste^'
yplmei^e . bupi^i a questo ufficio , della <;a?ì
mera. Oltra che Mons, Reyerendìssinio Cpr-'
naro molto mio antico Signore, ed al qua^^
le per li suoi infiniti meriti , che egli ha
meco, Apn «fp.j^è ppsso nejgare . qQ^a^alcuna
che sia in me , ha^ vc^tp , che io né pigli
uno ad instanza sua. Dunque sarete conten*
to non mi dare maggior gravezza di quella,
ct$ h j?Prtar po^sQr Sta^é;fWP?K 4' '5.
E
u .
• . ■ i . . ' L . . .. X
. .*, jf-
435^ VOLinSE TERZO.
rfitó irtW' al ' CktaMilàéo f ìéd iìfil\iMHir '""
ofrertè>'cb«' fella- iil}% élàì mnAìm^,
ifAìAi àfeifeteò «tf" kl>HHfccib'4BléÌt|éK:MB
ìk àìV littkjttOftt S» «<^ì*mi |>¥$fefti aV-^biìi
a valervi di me in ogni vostra ùi^Urni
dove mi conosciate buono. State sano. A' 17.
d'Aprile 1 530. Di Tinegta. ^ , ,
. <
^ Messer Bernardino Maffei,
Secretano del Cardinal Farnese ^
-e v: ■• >■"•.. • j Róma.' ■•■■■i-'^- ,
ÌL .:. . J ' ■ .'■-. ■■■■'■■• ■- -''■'>'iS)i--''i ^-'v
éi;i -u--, .,;:.. ■ ■■ ■'■■■' ■■'■ ■• !• '^ o'nr.A
^i*^ lié fatithe « le ente ,' che' Ttfetì-S-éf-
^(dtia'^hè ^e jJtì: me »èlfe- V^Sé M'Ì
t(i(t^ ^àe«td te*mpò^ chef ' sete s^iioi^ltraì^:'
ed^klfiiéhmi^ttee ^^^ ló;tnìb>iaÌo,-'^i'^ì§j^tf|
^««'^*iè«è> the* elle m*b*ftàt?,ijiff'^r
fasti* d' obblìgM 'ptìstb -al <}ttìt%S^cb<l''lf
a»*¥.'^Srgf^ltci»io'é tèrrif tpmpréi Riftttó';«"
giibi"f)tó 5t<è nW ttliiaà' gtazJé"eé1^,^'tihè L
dr^ia«' tton' bàst^,';è ti dòhr^àiìu^féllHii'i
LIBIIO DECIMO. 407
quanta eotesto vostro buono e dolce e cor'»
tese anii^Q^5^^ri^. J^ifj^Yq^j^^n^^v nelle
belle parole , cng..^^pg^evj:itrovo , né voi
le disiderate» Sarete contento basciar la
mano . a Mons. Reverendiss^ ed Illustriss..
-/^ M Bernardino Maffeu
A Roma.
i\
Sarete conten^p.iff^ ^^^^^'^^^'^^ ^ ^' "^^
che essendo a questi dì venuto il Card, di
Trento a questi bagni Padovani per una
ifi^«P4^W° .*¥».» 4?^^^^ e{?s^ i^rftltj^yf un
stio favore appresso queua Maes. eoe io
45S- TÓiéoìii Ttfìoa.
potèsai conseguir la deità posiìessìOfie ^i^*
torno alla qaalé il detto He avea promesso
affofator Vinizi^no, che gliene avea paN
]t'to dtlijjememeDte, di farmi ragìooi , come
egli fosse in Vienna, dove volea ttattir
delle co>e pertìaenti al Regno Ongarica
^ruoj e così feci, e- trovai quel buon signore
assai disposto a coapiaceimi. Tuttavia per-
chè $• S. gindicava cbe la causa dovesse
aver q|ialche difficultà rispetto agi' intrn^
in' quel Priorato, mi rispose volervi bea
pensar sopra, poscia che il Re ancora era
in Boemia, ne potea rosi tosto a Vieaiìa
trovarsi. Io questa disposizione io il lasciai
percolino all'altr' jerì , cbe intendendo $•
Sig^ essere per partirsi cgRÌj siccome ()ueèt~B
^a(lina . ha fatto , ritornai a visitarlo ed a -
ricÈiieder risolozione da, S ' S. sopra la mia
Iji^ogna. Sopra la quale ragionò lungamente
meco, e derto moUg: amorevolmenie, inp-
.siiandomi tener non picciolo disiderìo disfar
.jper me ,e di operarsi aflìne che io peryé-
,aissi al disiderato fin miu. £ .do|>e .liiogo
discorso mi rinchiuse , che se io potè'MÌ
,;Otteiier da ÌM. Sig< che S, Sant. mandasse
,§fn, uoin() . 9 , posta solamente per questo
.Jppss^sso, ,td>Iie suo , pio sarebbe cosa, che
,5jri|tq,2opBte^^be con &- Slaes. ed essa
,pqli qui55to nonie si potrebbe giustamente
jj^c^affi^'ppn. chiutiqu^ volesse ptcgflila del
«yj^lpaftp,, E.nioltò, si fermò su qurstó,'^
^i^ipfortCfni^L 4 farne bpra con S>. Beat, ip-
pica la qu&l conclusloDO fattami da S. ^S.
Libro decimo. 4%
dfceado^ti io che io avea inteso S. Sant.
voler mandare per tVunzio a'quellfi lETaesti
il Vescovo di ModoDa , mi ilspose, i^e
jìQStui saria Nunzio generale, e noQ ÒMéiì^
jìuindato solò a questo fine , e if efòlo ÒOft
^opererebbe peravventura tanto, quanto. di-
^opnérebbe a beo fornire il n^otìo. E' per*
elle era stato quelli di à visitar 5. Sig.
lì Vorgf>rio Vescovo di Capo d' ktl'ia , rà-
£ÌonaiiiJosi di chi sarebbe dUòqo & questa
impresa, mi disse aver peQSato anco sop^
questa parte , e qui m aggimisé crédere ,
'^iche il detto Vescovo sarehbe ottimo man-
'dato a questo fin solo e con questa sola ùiea-
Jiooe ed opera, sì perchè e^i é assai 'di-
igenté persona e destra e molti) usi'Sa
"quelle contrade, e si perchè è gratìj'^a
''^' utìllaMaes. e molto ben veduto ed aitato
!a lei. E perciò tenere per fermo, cbc'tìtm
sì potesse mandarvi gran fatto persóna ' ]im '
■ profitto della causa* di costai. E sopra
eiò e ftopra ttltta |a causa minutamente ra-
eTonato e , con qtiesto proposito fatto fhiè 'fo
jUé ne'c^Mai. E perchè it détto Vergerlo
(U faAcHillÓ' in qua , e dal tempo che '^ì
Vénn^^^ Fkdova allo studio delle leggi, è
•«m'pre slato assai mio dbtnesticd , v^llì
ióVrlàcIi' e dirli' tatto qQCst'o fatto, <!'. itH-
^ìirlo :, 'quanclo N. Sig. gli' vofesséldaf bué-
piia ciira , che egli la pigli^Ae'pE^t anldr
^mio tólenlJerì. Al che;eRl?''brràvìsròfetf^-'tòi
^■ixpose, ch-è non' ^apertt)b'éf befeaTftó^yyii?,
«fce. lo di. lui vóte5si;';A!viniir;6?i^^^^
'%
44^ mnttdrmifloj
qml^Bb^i iàf qiiàleoBBn^Mi fifl ezìandiniqpBl
Àpp$i^ima^'klm)aia>r0U9a^'fllie !^4i i|uiad dàl-
ia sua patriaojpiirteédb»i mapmadiivj^ofiiijjà
«osMiurrè) m^jiMi^fanll^ ei^)QoiÉlppacrai>iii§iarQ[pesa,
^A4aiH)oA£»nNr:^iéicii) poriief: ponMu^opcirjflM»
4Arlt>mj sfMi4itow«iLa(iqi|BEfa|«i!sm»dlicà^
M;f .HSaiii.^^.cli<«iefÀbesai«%ei|> éoisme
M<>> sempre <«peitiM,l!^KTeadbmi|.xi^traìw(dia
fiUt>JÌM9»dem, it^faemmia': queLi&iTOrfQ uba
Sua <>Saiii<)^tréb iir c0^ba«(>:|iQavpoo0af«iiiéot
p^tqit^s|io>rBiia^Pr>orato '^ égli ^meìsidarìs^
sfrà ^ifogn^' che $« SariiW ordioit uililiiKefé
^jBi^e<^de{,^ieiioiìer sopraddto^ii^ mmì^
d^ty^JS^^i0\ a S/: Maes> isépiìSblar^óÀsetaiof
ne , che S. Beau disìdera che mi sia data
del Priorato d'Ungheria della Religion Je-
rosolimitansi^ ))er yigoT>d.eBe bolle" xoncesse-
jni dalla fé. m. dì Papa^Deone, ora, che i
luoghi del detto Priorato sono venuti sot-
to '1 governo di S. Maes. e di credenza so-
Ma qu€^sto . negòzio^, . Sarià . itziandio a/iiolto
bijK>gf ek,j .<cb€t > $• Sant. ni^ ordini itrej alili
jLì^XPj 4^ CTì^de^i^v d' kitpriio al fattori lie^flieifil
a* tre Consiglieri del Re , in mano dei
quali è cran parte di tutto quel governo,
l^uesii sono il Conte di Urtonabnrg, il
^ffiWW$^^?^va^^i^Q^frt^5 a il Sig. J^o^rdo
Fi^s^-^j^^i^lH^^^^^ii.jUP fcri«^ dil|iftssa2\,
SfT^ÌB^rdm^y^os^fò^i^msW^ ia, . n^teOD
/
I
leqpÌHémsàxe fià Hii:grQdo;vtAilpci4r bmidisiìiito
Buórea ilìvcéaiii^nte kac8kmiik4o^>-'^'^{ > ^^^ ^^^
iBor<'«o8trooqvjHggiotf »dtoo dì qijie«^^« ^Àt^
torte tlar ehi espiddWioo^; «^ Amatemi ^ e ^italé
«QiBai; A? 6^ (tì giugno 'iSSg. Di PadoW^^^
s'^.b f'r- r-Ts -:-^ '••■- '■•. >' ■'■- *■ '^- » '• >^'^
1: T'Jd .-^o ' , jà^Mafitova. ■■'■ ^*-^^^- '^^^
-'Jr,
nji . Pc« cfae'i Sig* Duca èrtotn^ittféà%
ipiktodi djBe> essere tornata e^iidicy fi'^i^
guaii^'Oix^fattbà Geline 'sciHvetè^^s^Épiet^' ^U^
obliale) Ij?«!iriddèfzo I{àm^iitt&'^t0^wm^
44' ▼Oi.fuis Tfiwfly
.tento /8«ia(*r |i*-iWM> B l'altra a ,nome mio,
•<1 bI1« loro Signorie raccomandarmi. Il so-
Wgliinie 4oT6^r^" Torquato. Oel Rosso,
nsìeo^ia. Se Doa radeste M. Jacopo poco
ItupoTthì esso parlò con Torq. e me ne
4ÌM«, quinto agli vide , saluta-
temi il Si^ Castellano^ ed i suoi vintiosis-
«uxi> nip'Mi 1 . e Al- Lod. Strozza j e MatJ.
jLspasia- Gred^ mandare a roi un mio alla
fine di' questo mese State eaao. A.' i«I iS
giugno 1539. Di PadoTa. ' ' '
jil Signor Pier Luigi Fàmésa\ '~,
Duca di Castro. ',"'*
jÌ Roma. ., ' ■:
Per lettere- di M. Francesco Bèlìlao'lio
inteso, quanto amorevolmente, ed "oltre
« ciò quanto onoratamente Y. S. gli ba
huttò la opinione del Giovio , e p^r la
^ stima , che fece delle composizioni di, qae-
sfo poeta, volle che sì ristampassero in-
(erameritet e con breve giunta pel^^ó^J.
: della sua Raccolta latina. Fu, il JCampH'
idio oarìssimo al Bemko , il quale ta^^iò
. ùM^ eura sua il figliuolo , Torquato , per-
.cftè da lui apparasse le lett&v gre/Àe ,,e
~,JéJat.me. • . , .-•.:■ i' -, -
rà^iì^niiYif '8i ^n^ lunga "^izife '«Mie 'sihaitti-
in^nk)" per^eMeré ■ di c^^^^ a T. S. Quelle
maggiori già zf e 3 che ìì3 p'c»sp. Qaelle poi,
^heVio delibò é, dì catéstà ^ua dolcezzayè
tWlIé altre grandi ''iòp'ere e me é' del suo
^ReverendislS. "figlili oto^osté ih ònbramii ed
esaltarmi , N: S. I^lo , cte^: shqlè eltó vòlte
jper la sua immensa lifieralhà 'pigliare' ib se
i debiti di coloro, che hanno in lui la lor
fede e la loro sppranza, peravventura ad
amerfdue le" renderà iii liiia vece; prospe-
rando e moltiplicando la vostra felicità ogni
di maggiormente , ed allungando la vita di
N. Sig. e distendendola, quanto può capere
IVumano termine , e superando col suo fe-
licissimo tenore, e addietro lasciando tutte le
ajqitiche più bastate vite. E vero , che io
di me posso a V. S. promettere questo tan-
to, che nessun disiderio sarà neVmiei pen-
sieri^più traldo m alcun tempo e- più. jri^iro,
che quello di potere con vere pruove mo-
'strarù;ti a N. S. ed a V. S!^d ài stilè Re-
vèVerìdiss. figliuolo ben grato dell* arftoré a
f^ié dajvoi, e dk loro portrtò, e-d^l b^ìbi-
CIÒ Vosi àlt^p vostro. Ed òghi orò^tei '«i'-fa
7uiì 'Itìtìgo s|)Ì2Ìó .; ctfe io a Riànà^^Vetfga'vfed
'^ricoininéi a podére dàla^^altiifeVot^f re^ài-
^là'^di'^. Béit/ ^^- di^Wl. Al ^ùal-disid^o
'^nòft-'garai òk^rche iheiiév sarei ^totóko
9 Roma venuto 9^ se la mia molta ^^à^hi^«^-<
4Ì^ TOLTJME TERZO.
Tesse speranza lasciata di potervi pervenire
a questi caldi senza mgnifejUa-mip
disiderio, quanto ad esso vostro figliuolo,
mi s* è in parte rallentato , vedendo io ora
S. Sig. dilungata per contanto spazio da
Roma, che sperar non posso di poterlo ve-
dere di qua dal buon tempo, nel quale io
mi studierò d^ esservi. In questo mezzo mi
raccomando in buong^^ipca^ di Vostra Si-
gnoria, e priegola si degni tenermi per tutto
suo. A Nostro Signor bascio il santissimo
pie umilemente sin di qua inchinandolo e
adorandolo. A* sS. Di Giugno iSSg. Di
Padova.
-' ■ .-^ ■■ 'l< %
ih W- ^i-> '^tJiO'ìr. ;
. . ■■■'■■: ^\>!'> -:>«L • ^y.(^.3i'^
•
.. ;•. ■_ ■ ... ;; . •^••'■^; •■j'^--:o
i\r>'m noa h-U- ■^'■^':
..'1' ci.- ■•'r .i/j oi'-- •■ ■■■ ■■■•t'- •■*' *■■'"
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I' (■;'•,?•'■ ..' ii-. -!'■ ••. ì'j f.."' ■ »■ ■
' t J C • • " "l ■• •' ' ' • ^' -^ •-
'• w ■ -;
^/r Imperatore •
I
.1 Signor Don Lope de Soria si è con
sue lettere rallegrato meco per nome di V.
M. della dignità da N. S. donatami novella-
mente, dicendo aver così ordine da lei di
dover fare, aggiugnendo esserle molto pia«
cinta questa promotion mia, siccome di
persons^, che ella am^, e di cui ha ottime
relazioni. Il quale ufficio, a confessare a Y.
M. il vero , m' ha fatto questa medesima
dignità molto più grata, che ella non m'era
g^w Sellificio, ^&iÌBpau4p io^. sl^gjl^e^q^ft
nente Prencipe , sia bel grado 'di fi^^g^
e di piena satisfazione e contentezza. Per
la qual cosa lux ff^o ,<|U4^;|^a spenna in ma^
no per rendere quelle maggiori grazie che
io posso a V. M. di cosi alta e cara corte-
sia sixa 5. che mi slar&^^e^{^...5LeLpO|ezzo
[f^ir .^^ìma impressa^ di pairi.coii U mi^^pe^
ie^loia .yjuj^ È snpptÌ9Jherò;^]S., p- ÌSX^^ |Jé?f
n^irmi occasione di potarle esser gra^^gy^j^
t^ mi si cooyiene, non solo |>éV.q!i^^^4^ cau?
&§!,,, ina ancora p^r quella del faw)i:^,.%^ c^j?..
e)ja questi passati t39esi mi feop co|i le. ^Ki^,
diiplicate e calde e oporatissime lettera scdt-*
tf^j al S.ereniss. Re de' Romani suo ^iit^lo
sM^pra la possessione dpi Priorato d'Dnghe-
ria^^ che io da SSer. cerco. ln*questo mez-
^ tempo pregUerò V. M, a tenermi in con-
to, di fedele servitore suo, che, per tale me
le prpffero e dono, e a degnarsi di coóian-
dfifmi^ij ove ella conoscerà^ che io essier
p«Qa^£^ljiaono a servirla. ,À4^^ qual CQs^Jfare
a^p^p^, j^avò pf ontissimOi Per^cip cìx^ ló^ 111^
l^ii^f^^^^m^ ,€rata, cosa ,a ff^ 3. .l^iQ,!,|ajr9 ic
sryq^dp^^.^,y. M. 1^ qual^ egli lantOjam^jj^ j
fife ^e' g^azijÈj,,qua^^9 pes^un
s^^^p^^VopQf .Si y^ae ^vere in .?e ay«V%
é^.'^^H^^iJWlfi .fte9^IW ^^ 1?^ .S, ?fe
y '
Li*K^WDirct*wj 44.f
GtmSÉfmi^hh^iÌÉèìk ^M'ieittpì ha
c^i^o^ idfiiiito i&\óf6 è ph;tà é ' È«ligkmé
itìffiitr^s^gifiò.' A^ii3. di Giugntt iSSg. Di
PSft8w.' "'■'' ^^"-■■- ■■'"' •.■; .-.n ..•■■■ ..»
-È/nn. i >^/iJ<. di Francia.
-^"^'EsseÀJo io a questo di fatto certo, che
T^'M/'iilb noviglfeÌBivàtil dal suo oratóre ià
RSHiS 1d^a pr6mòif<i>tf fdp d? me al Gatdì-^
lìaTati^'eflir gir isgr^siife che titìgraziassè N.
Sf^-à tìinàéì cli*^,^»?. dì' SI c^e^tà elezion
sàSy lioi 'fio vtìtitd^tóadcàr Jd' dn thiò grail
^fétóta% felle :é ài ^f^ndèré itftihortàii grafìe'
àr!y?'M^^tfi 'ccfài cb'n^ ufficiò suo, ìli^fim-^
Ife^ffitìa itì' è tìtì^o Yneh grato che essa di-'
gfim^l, Wdc'ndà Ila sr alto e gran Re e dal
mcfìidòttttto reveri to e adorato, aver datd
tcsttìn^òtób a S; Sant. di tencnriitucr boti
mffe|kó Wqaeì ààcro Collegio. CTeriochisI
id' tibii * àtei' botate) sentir cosa più cara nòti,
sblo^eì' r àltezzi dèi luogo, dal ^uale cli^
là Vieti^^ che è il' petto geheJrosìssimo è dJ
tante Vìhli, pieno di 'V. M. ma aiicoiè^ pét
F antica divozion mi^à vèrsdiefi, che hkVera:^
p^e disidèfato d'essere in Jua bi{bn)5Ì"* graziai
é di s'ervirti. Per càusa e rispettò 'dèlia quii
tóia diVòmne ha foraé VolntbMN. «l DiO'
TOii arri tftftutli^ Bel infd '^rcòiólò -prti»? éfrtf
ttato. Y. Al. sarà contenta perdonarmi se io
ubo ho |KÌù tosto soddisfatto al presente mio
debito eoa lei, iscusandomeae per io
non avere io prima iatosa la d^tta sut.rer-
so me usata umanilà e cortesia; e dà quo-
sta ora innanzi conoscermi per buono elea!
servitor suo, e degnarsi di tenermi nella sna
buona grazia e di comandarmi. AJ2S, di Lu-
glio 1539. Di Padova.
j4l Re di Francia.
Io ringrazio quanto più so e posso T.
Ili, Cristianiss. del grande ed ouorato favo*
re, che s^è degnata di farmi con la sua cor-
tese lettera, e con le amorevoli e libei^Ii
offerte , che in nome di lei m* ha fatte il
Rev. e prudente Mons. di Rodes Ambascia*
tore e Consiglier suo. Le quali ho io rice-
vute sommamente volentieri ^ e riposte e
serbate in quella miglior parte del mio ani-
mo , che a loro si conviene venendo da si
alto e magnanimo luogo. Confessandole che
io non posso non tenermi grandemente va-
gò e lieto di cotanta sua e cosi cara corte«
sia, la qual non uscirà giammai, mentre
io ci viverò, del mio petto. E poi che io
non veggo per ora altro modo da satisfiuro
in alcuna parte a cosi gran debito mio, re*
stero, e pregando N. Sig. Dio che renda e
conservi lungamente felicissima Y. M. ed a
me doni grazia di potermele mostrar gri^to»
supplicandola che si degni servirsi di me
MoWS 'il fedele aiilieo ed ó(W?ailttì.,Sèf
■moti, che io (e sono. Basci» ìs^m'iko"^
yM.,GHstlaaii.<. A'g. d'Anni* T^iÒ. "IH
'"',':'/ -''';?**'^««B'!Sà«ÓV' ■■'•'■'«
-;t J ■!■ ■■-V A jfni-.fpj-., ■■■• ■ ; e ^- ■ ' 1 (■,•:'.:'.'.-!
Ho aeotita eoa sìngòlat mio dì jpìacÀim
la morte così subita della nostra Mad. Ce-
cilia , né bo potuto t^oef^ le. lagrime. Ma
poi che ques^' è legge mólto' naturale^ ma
qe darà gace, e ^reg;herè JH. S. Dio ,per la
8ua/,animà.. Quant<^ al testamento siìo^ per
Tq^ quale /elta vi làkpri) ereae stiò .unW^rs^te,
)|M}Q , ino che' dirvi. Perciò, ctié iapéte quéll{>
4fix^ p^ àv«mp ragionato insième. più d'iìjitt
V'Olili'.'. Qijaii.tp~ alla parte, dove dite aMor{^
y<:»linente ctie ne a me non piiice . 'cHe 'a&-
Jbìa_tp quella roba,' ne farete e la 'darete a
ipht ,10 Tocrò, molto meaOj-bó d^rìsponjlèr-
.TI p cffi d)ryì e ordinarvi cosa àlci(riaJ '5d
/mte-f^ciullQ di 1 5.. anni, forse vi dWc&
^qun8,qi;is». Ma essendo vói q'nélfo clie 's^-
tp,.che potete e sapete , insegnare' a4 'ògóìi
sjtro .V noQ mi plglierò qttesta pré^tiàzioné,
jboIq ringraziandovi di questa 'pconerta cli'é
jaai fate. Credo che non vi sià^ ^^ùova cosà
jcbe.io.. sèmpre ho disÌdè*?^tq,il.lie.tf_v9stro,
.e quando ìó vi consigliava a nou lévàr'duet-
la.'|a(^ti a' nipoti di lei, vi otìnsigitayi
que.110, rjie io credea che ben vostro 3&ss^.
^ 'Jt^Sus zsi enim nonten bonuiu , guapt M',
-Bemim VoL VII. 29
45Ò vóL^lilÉ ' Spèk««^
vitiae xnultae. £ conoscea che non vi mm«
cavaao . cibile pltra vie d' arricchire^ che era*
no oàeste ed onorevoli ^ dove e^mavà
che questa ne onesta né onorevole fosse.
r^é più sopra ciò. Delle cortesie che usate
alla Lucia vi rendo grazila, e ve ne sarò
l)Uon renditore. Salutatemi vostro padre je
vostra madre e Girolamo e state s'ano;,A^3f
d'Aprile i54o. Di Roma«
\4 M. Bérnardiao Mardrano
Secretorio Regio.
A Napoli.
r
Non bisognava che Y. S. mi rendesse
graz^ie di quegli ufficj, che io ho fatti per
Mons, vostro fratello. Perciocché ttitto quél-
I09 che altri fa per la verità, come ho fàt«
to io. Io fa per debito, e non sarebbe bUo*
no né veridico, se da se non Io facesse. Ma
V. S. che è molto cortese, vuole anco del-
le cose , che io per me sono a far tenuto,
ringra^ìaruii. £ di ciò meglio sta a me il
ringra^iarvene. Accetto le amorevoli pro0er*
te, che mi fate, le quali userò assai cpné**
deuicmente , qualora uopo me jtie verrà*
In questo mezzo Y. S. stia sana, e me ten^
Éa per molto suo. A*i3. di XugliQ iSii»
. li Roma, . 'ì ^
\
y
\
;>
. -.v"^
r- ■■'
Ho» volentieri voduu e lètta' là ^tostÌÀ
iipereiU, la quale m'épàiruta molto piéuà
4 iayeaziqae e d'ingegno,, e ^timo che et-
)a porgerà motto piacere a chiunque la leg-
gerà, aiccome soglion far. tutte . le cose yò-
«tre. Ho notate in essa alcune casette di
poca importanza, più per soddisfazion di
tim'mimmi^mm*mmt,mm*mm:famiéimmii^^fmfmmmm>rmmi^m
(i) In tutte r edizioni anteriori deìh
* lettere dell' Autore mancava il nome del
Martirano , a cui questa è diretta y il che
feog giudiziosamente il Gualteruzzi^ dal qua^
l '4è furono faife imprimere le lettetédélÉem»
pOy àceioechè il Martirano allora' ^Ivèì^e
^non ricévesse biasimo dal giudizio ' Hbrt
"èroppa favorevole ^ che del suo Poema gli
€critse il Bembo medesimo^ almeno intoì9ia
alla lingua. Là operetta idei Mardrano fS^^
reno parecchie stanze iri ottava rinia sopra,
il Polifemày le quali vengono menzionate,
da Matteo Egizio nella Vita di Sertórh^
' Quattromani prefissa alle opere di fi^^ yìil
é^ual luogo soggiughe ^ che il téÉio'à perff^
41 quel picciolo poema si trovava ' appresso
di lui ^ ma senza gli en^bti àvi^ertiti dal
Bembo ^ forse perchè il Màrtirdhò fó,^ rtd-»
setto ^ e f ecelo la seconda voita irascrl^^
vere.
V
452 TOLUJnC TERZO*
y. Sig. che per altro, delle quali ella farà
quel conto , che le parerà e non più. £d
tappoU^ che è paraU nella rima del Terso
pare che non sia regolatamente detta. Per-
ciocché sì dice la lappola e le lappole y
e non le lappoli che verrebhe dal sìngolar
la lappole, lì che non mi ricordo aver let-
to giammai. Litto è anco parola in rima,
che non pare che sia della lingua. K voi
poco dappoi in un^ahra stanza dite regola-
tamente lito. Sì fiera Gagliarda. Gagliarda
non è voce 9 che per se stia della lingua,
anzi del volgo ben hasso. Salza^ ch^è nella
rima ^ se V. S. la dice per salsa^ cioè per
quel sapore, cl^e alle vivande si dà, pare
che avesse a dire salsa e non salza. Pure
di ciò a V. S. mi rimetto. Occhicida. Ven^'
so che abbiate voluto torre questa voce da
Omero, abbiateci alcuna considerazion so-
pra, che potrà parer voce molto nuova e
più ardita del bisogno. Jncagno parerà vo-
ce troppo del vol^o e indegna di poema
onorato. // regno di Dori. Non intendo
quello che V. S. intenda per Dori. Come
un cistarello ^ non intendo parimente che
voce sia questa. Di Cottitari [i] ^ né anco
[r] La i'oce Cottitari è Greca ^ e rìtro^
n)asi appresso Teocrito nell'Idillio intitola-
to 1 Bifolchi^ dof^a s' introduce Polifemoa
cantare^ ed è il nome proprio diunavec^
chia^ dal che si raccoglie ^ che il Marti*
ì
LIBRO UNDECIIIO.- 453^
i|uestà intendo. Ogni uom pensò cìturCaUra
n^oUa Plato la bella fi^ia di Cerere invo'^
la. Pare ^ che avendoci detto pensò che è
preterito, si dovesse dire involasse ^ e noa
invola. Ho voluto ubbidirvi, né tacervi co-»
sa, che mi sìa venuta nel pensiero. Stia sa-
na V» S. e me tenga^ per molto ^uo. A'x5,
di Febbrajo i546. Di Roma.
M. Alberto del Bene.
A Padeua.
I
Ebbi la vostra gentile ed elegante let-^
tera molti di sono ^ caro il ' mio M. Alber-
to , e rispondoVi assai più tardo , che io
ndn arei voluto , non solamente impedito
da molte occupazioni di per di; ma anco-
ra confidandomi di non poter gran fatto eoa
>oi errare. Io credea bene , che! Bacco di
bronzo dello illustr., Sig. Duca d^Urbino^
^che è al suo Imperiale fuor di Pesaro, fos-
se figura ed antica e bella, siccome m^era
stato detto più volte; ma che ella fosse co^
Si bella, come è il Nudo dello spino o la
immimmm>im
A
vano in quésuoi versi prese ad imitare non
solo Oi^idio nelle Tras/onhazioni , come
racconta r Egizio nella vita mentovata del
Quattromaàij ma anch^ H prefatm PoeM
Greco.
/ .
J ■
FemmÌMtca sua compagoa, cbe soléàtio yig^
dersi con molta meraviglia bel capJtdHo^nl
in Roma ^ <^o testo non arei già creduto ^ sé
jAlcuno cosi intendente giudicatóre dellié an^
tiche figure^ come voi sete," detto poi Jiit
^avesse. Ora che io he ho il tèstirnonfo di
yoi , io il crederò con molta mia soddii^a^
^ionie^ sperando di pptérlò vedere pe^avvjèii^
.tura assai tosco. Quantunr|ue sé io' àncbrà
jQol vedessi, mi dbverebbe la vostra. de*cri-
Jii^n di ligi diligenjtissimàmente e 'minutisi-
jpsamente fatta^ hàstjs^ré. Perciò che io nòia
^$timo che 1* arte del maestro Tàhbià pid
2^rae pretiosp fatto di quoHo, che me ràv^-
^j^rvoiioisegnato. e mostro con la' vostra ifi-
Jicata penna^ la quale m' ha ini n^ohì dóp^
p) acqr#scinto il aisiderio di vedèrrd. State
i^no, e salutatemi il nostro Yarchi^. é ìù
eletto di Cosenza, é M. Lorenzo Xenzi ,
se essi sono costi, com« io credo» A* 2.7. di
Giugno. 1542. Di Roma.
uél Sig.iGJomn Tommaso da CapiM.
jfi Napoli.
Non bisognava , che T. S. prend'e^iFé
. fati'ca di eseusarsi del' non . lunga silenzia
, .ano tenuto- meco, Sig. M. Giovan Tomdxià*
^03 ^ip. Gh^Bon era punto aspettato da
■>^
m^-ith^ j(;^uUa,hoqcA voi meiilatò^che v^x
\
1
/
/ ^
tifino tmoisicmoé 45$
•COSI to^to il rompeste. Ma bene fa a me
' l)i9o^Qo rendervi di ciò molte ^azie^ a^en^
<Jomi voi scritto una molto elegante e mot-
to dotta Latina lettera e piena d' amore é
di cortesia>i Oltra ctiè non vi contentando
•
voi della sna dolcezza, la quale è nondi-
meno e varia e soave grandeniente , sì le
avete voi voluto aggiugnère qtiella àncora
d^l zucchero finissimo rosato , che in più
maniere dilicatissiraamente fatte mandato
con lei m*avete in rimediò de' nòstri Roma-
pi calori. Di questi due vostri doni Cibsi dól-
€Ì inverso di se ciascuno molto caro, cW-
rissimo m^ e stato quello della epistola, ih
quanto ella dimostrato m^faa il belio e'4.
onorato progresso ,' che avete cosi to^ò
faito nello stile, che è il più' tardò* %
ischio non m'inganno, il più eccellente frut-
to ^ che diano gli stud] aelle buone lettere
del qual frutto io contezza non avea 'potH-
to prendere nei nostri pochi e brievi ragrò-
naracnti. IVè arei da me creduto^ che in eò-
sl teneri anni, come i vostri sono, vpi fo**
ste giammai andar potuto in essi cotanto
avanti; ed ora, che egli mi s*è jpàleié fat-
to , m^ incresce non gli avere e più spessi
e più lunghi avuti di quello , che essi mi
si concessero pure per vostra cortesia. Né
men caro però di quello, rher$i leòàviene,
m' è l'altro dono stato procurato da V.^ >S.
diligentemenì:ej Cól quale, se fìkri^^ììetOj
mi potrò^difendei^ del ^òyetcfiioP %i*doro
€he già ci oiòUsta ^6l Lèoiìe of éèttac'éai&e
\
IP* V '
'456 rotvwnL n^zoì
del cielo , con esso rinfrescandomi , soiit
senza memoria gradssima di rùiy che. maih-ì
dato il mi avete. State sano 9, e salutale a
mio . nome Mons« Y Arcivescovo vostra fratel-
lo. A* 18. di Luglio 1542. Di Roma.
ji M. Giovann Antonio degli Egregia
A Ceneda.
•
Rever. M. Giovann'Antonio, N. S.
TI consoli, e lievi la malinconia e dolore,
che io ora vi darò molto mal volentieri. Il
vostro buon fratello , e mio carissimo ed
amantissimo quanto figliuolo M. yendraD^
do ci ha lasciati partendosi di questa vita
jeri p^r causa d' una febbre , che V assalì ,
giunti che noi fummo in Ogobbio, della
quale egli subito si tenne spacciato , ne
mai fu possibile cavargli quella opinione
della testa, ancora che il mal suo ne fosse
xiè paresse grave. Confortomi, nel cordoglio
che io sento della morte sua, che non gli
€ mancalo cosa alcuna da poter guarire più
di quello , che sarebbe mancato a me o
al Sìg. Duca d^ Urbino, se fossimo in quel
.caso stati, non medico ottimo^ non diligenza
e cura del detto medico, né d'amici e di
servitori, non certo nulla altro, se non egli
stesso , che di vero mancò d^anìmo , mew
tendosi in bizzarria d'avere a morire al tut-
to. Né io ebbi potere con T amore, che ie
gli portava 9 ed egli cono^cea ^ di levargli^
le di te^ta. È morto pazienussiinamente •
santamente. Cònfortovi a tollerar questo af-^
fanno con la prudenza e relìgio^ vostra^ co-
noscendo quanto le mondane code sono flùs-^
se è labili, e quanto èlle sovente c^ingan**
nano. Delle sue cose farò quello, che egli
, a bocca mi disse che io ne facessi , le qua^
li tutte vi si manderanno con la detta sua
volontà. L^ho fatto seppellire con assai ono«-
rate esequie nella mia chiesa nell' arca dei
Canonici. Jta et mi^o et mortuo amorttn
ei nostrum praestitimus , multo^ clarìus , si
^icisset^ aùque ardentius quoad ipsi nxis-^
semus i praestaturL. State sano. A' 3o. di
Novembre i543« Di Ogobbio*
A" Confalonierl della Pergola^
Ho udito il vostro padre Maestro Ber-
Bardino, ed ho veduto per quello, che esso
medesimo di se m^ha detto, lui aver fatto
errore a rispondere al Commissario di N.
S. in quella maniera j e tanto maggiore er-
rore ha fatto , quanto ad un Frate di S«
Francesco non si convenia levarsi in molta
^alterezza per una poca parola, come si le-
vò. Onde io per torre via ogni scandalo
già venutO/^ér causa di quella alterezza i^
superbia sua, gli ho fatto intendere , che
aaria bene e volontà mia , che esso medi-
gfi$$e quella trasgression^i chc^ èstato pé<^^
I
caia di superbia , con la um>ltà^ . "^in^
molto eonvenieHte alla profe^sion wa, e^
€0so stesso gisse a confjBssare il suò-errorQ
al Commissario medesimo, e chiederjg^eae
perdono. La qual cosa doverà satìs&re il
Commissario^ e se> esso Maestro Bernardina
è. quel buon padre e imitator di San Fran^
eesco e di Cristo^ che egli dee ess^ere;
deverà satisfare e piacere anco a lui. E .qou
quel peccato che esso ha commesso con Is
anperbia , si emenderà con la umiltà. Ss
esso il farà, potrete mojstrjiir questa mia
lettera. al detto Commissario^ e pregarlo,-»
nome mio a contentafsi di questa ammenda
del detto padre^ e l^var via ogni .altr9 sna
ordine , cuè potesse generare alcuno sfan^
dalo. State sani. A* 4- "^^ Dicembre i543t
In Ogobbio.
^ M. Luca Alberto Lodiano.
A Perugia.
Voi sete stato troppo cortese. Ecc. Ut
■ Luca À.IbértQ, a mandarmi si piena e bel"
la preda di tordi fatta ne^ vostri solttarj
luoghi, ed alquanti fiaschi di più qualità
^di ^ino ottimo 9 e i due marzapani inoko
ódilicati , non avendo io fatto, cosa alcuna
per voi , se non è stato qualdhe cosa bxe$
4o avervi veduto e ricevuto volentieri, quan-
•4»ja .TJsitaco ;; jsl ^ uoialiaiii^te ^f^. ^enisl^
\
|lcIie^<lovea essere da me po«to ia obMi^
a Toi non volgare , essendo voi qtiel àùita
è grande è raro FìIoM>fo $ ebe mi ^ faceste
epnoscere, che er&vau in quella poca Orà«' ^
Uè men cato doiio è ancora (stato? quello ^
ìSella mostra gentile epistola ^ i6on la qual«
stk^ avete le dette veuòvaglie mandato, letta
^ ^à me cpn molto piacer mìe più d* unai
tolta. SaVete adnnqtie da me ringraziato di
eòtèsto vostro cosi amorevole alFeuco granda^
xnente, e se mi làomosoerete buono a farvi
servizio, non meno vi sarclv tenuto dello ado^
perarmi per voi , cbe del godere del vo-
s^tro dono, che io tuttavia fo. A Mo&sJ
Revef. Legata mi raccomanderete e starete
sMù.A^iy. di Génnajo i544* Di Ogobbio#
uil Sig. Guido Ubaldo Duca
di Urbino.
Rendo molte grazie a N. Sig. Dio, cbcr
Si1>bia concesso a V, EcceU« vedere aleuti
) principio allà^ sua. porsterità della lUustr.
Sign. Ducbessa sua' consorte , La quale è
SÀata molti anni scussa darae fiegno alcuno*
'1S massimamente essetido que sto suo part»
^t|ttx> seuKa sinistro e con salute della
'tt^ta bambina e sua ^ siccome Y, EcdtUL
^]^eT le sue lettere me ne dà amercvcdie noffU
'teia. Della quaf sua cortesia cresc&il'CiimtH
/
che qaeT Signore che a Vostra ^Eccellenza
ha dato questa allegrezza, le darà ancora
successivamente quélF altra ^ che ella vederà
in brieve eziandio alcuna consolazion ipiìk
▼iva di pianta abile a sostenere e a governare
ed a succedere in cotesto suo felicissimo
Stato. Della qual consolazione voglio ere-:
dere, che a me farà grazia, che ne sentirò
ancora io la mìa parte. A V. Eccellenza di
tatto il cuore mi proffero e raccomando.
A^ ai. di Settembre i544« ^^ Roma.
A Messer DoruUo Rullo,
A Fìnegia. f'
Non so, molto Magnifico M. Donato,'
quale sia maggiore stata, o la mia confi*-
denza deir amor verso me vostro< in tenerci
COSI lungamente i trecento ducati, che pre-
stati già due anni e mesi m'avete/, o la
vostra perseveranza d'obbligarvi con molti-
plicate cortesie gli animi de^li amici vostri;
Che avendo M. Girolamo Quirino a nome
mio voluto restituirvi i detti denari, non gli
avete ricevere voluti. Anzi ne gli^ avete voi pro-
feriti degli altri. Ma come che io questa -non
sappia , Si so io bene , che V. Sig. è cor-i
tese ohra Y usanza di tutti gli uomini di
questo tempo. Userò adunque, poscia che
cosi volete, alquanto più oltre ancora It
LIBRO VKniCmoJ 4^1
iTQstra ver me amorevolezza, e terrò che
questo ^ì^ uno avermi voi ora altrettanti
danari sopra i primieri prestato^ il più che i
io fosso , e grazie rendendovene^ ed obbll«»
gate sentendomivi. Srate sano* AU^idtìmo
d'Ottobre i545. Di Roma.
A Mess. Ugolino Martelli.
A Firenze.
Confesso , Magnìfico M. Ugolin mio ^
non avere io giammai sperato^ che tanto
onore da persona mi venisse di cosi poca
scrittura mia, chente un sonetto è^.qjuanto
mi veggo esser venuto novellamente da voi:
81 bella , e si dotta , e si piena (i) isposi-
zione avete v^i fatta sopra quel mio picciol
parto. E di^o di più, che non solamente ,
sete col vostro maestrevole ingegno entrato
nel mio aninjio , ed in lui avete scorti mi-
nutamente tutti que* pensieri senza Rancar**
Be un solo, che io già ebbi nel comporlo^
ma questo ancora , che voi ce ne ^avete
(i) Intende della Lezione , che fece
il Martelli al Son. Verdeggi all' Appennijoi
la fronte e *1 petto , della quale jaceni^.
mo menzione nelle annotazioni al Sonetto
XXXU.delC Autore.
y
/
cotaaii «liri belli e lodevoli %-mfa^ffyi
fmmaeioati da i^oi ' ed aggiunti ^opra i.piiw
ohe su può giustameate estimare^, cl^^ ^i[l||
abbiate molto raaggiormeate meritato 4^
chiarandolo , e qua»i col vostro latte crej^
ecendolo, che io fatto noA bo genjeraudda»
Della qual vostra non leggiera fatica e é»
ligenza posta in ooorarmi cosi altamente j
come fatto avete , vi rendo quelle grazie ,
cbe io posso maggiori^^eaeodomivi pe^r que-^
sto di gran somma debitore ed obbligato.
£ ralle^romi oltre a ciò con voi, il jquale
conosco molto più dotto essere e scienzia*
io «diveiuiio in questo. me3^2so.tem[^j9 cha
veduto non^v^bo, che io non. arel :crpdul0
«e detto mi fosse suto da chi che sia^.Si
spero , cbe in brieve siate per empiere w
speranze di chiunque piti v^ama in render-
vi eccellente e singolare a tutti gli uomini.
n tshe non «potrà essere senza bella e nacH
va palma e della famiglia e della p^tqa
vostra. Alla qual patria si veggono ,in qué*
sta nostra assai travagliata stagiono altii
lumi accora insieme col vostro accesi ere;
scere di giorno in giorni e pigliar molto
di vigore e di forza per più e più illustrar-
la. D'una cosa in questa vostra cosi idjlf
peretta e per rispetto mio e per «'ostro
m* incrésce 5 a ciò è, che m'avete Tiejjiw,
>4^be non si conveniva con la vostra ^l^
quelita lodata^ e dorreimi di voi, se d^
uomini eoFtesissimi altri rammaricar si potesr
,se»^Per^iocchè ne io potrà cotanta ixùe bMjà
/
iéBtéilééé^y' né vói altresì il Vt>9ttoritÉede«ìina=
{iudicioi.'Qnantufiqué ^er»tveumirar^^ pMcia
the - qtiesta \ cóìpa da ' grande àbbendaaaa
nasca e! if amore e di cortesia y metta ella
inerita ripresa essere. Srate sano e salu'iatemi
il nostro dotto ed amorévole Varchi. . • . i54&«
Di Aomsr.
.1. r,
i/f (i) Stesser sintomo AnselmL
A F'inejgia.
1' 1 1 t
Direte alla Mag. Mad. Lisabetta, che
non' dubiti che si possa credere^ o ptit
pensare che (x) ^r quella parola ella ifia
fmmmm
(ij L'Anselmi fu gentiluomo Bolc^
gnesè di hUona letteratura y se si presta
fede al testimonio^ ^ che fece di lui Antch-
nio Guido in uria lettera scritta a Bernal
dino Rota^ la quale si ritrova nel Torneo
IV. delle lettere di diversi racouUe da
'Sernardinó Pino a car. 382.' della prinia
'edizione, ' ' '
')' (2) Dèlia diffcultày che la ^uirinafa^
^e^aal Sonetto del Bembo ^ che è il CXXÌV.
fra, le Rime ^ nel ^omo secondo abbia-^
mo^ f insellato abbastanza nelle annota^
àlóàff dove inàcontàsi la éerreiione ehe
per compiaceria J6ce P Aùtorth ^ ^uil '
ne a lei, ma srw&tàéi^er i ^m
eran nude. E dicesi, 'i^e ella fosse stata tra
fuelle tre ^ Ifi quali colui ^ yide nude.
Queir- élmi'"* sua' 9 niobio sófvtercbik consi-
derazione. Perc?o*^i^^ e quelle tre erano
Dee 9 non per questo si . può o dee cre-
dere, che ancora ella^ sia Dea. Perpt non
tèìnai'clié tbéh^n ^e^ri a qòteìitb; B'^^ pcuc
altro ned» 'le spiàcè "IF sonet^to , jpèr'i(ftt<^tQ^
11(011 ié fti^ga« Bét aèciò "che -'quclf: yfrtò^'àà
i^fM^ta^ parfor hotl' le possa dàr'^adfa , ^6i^9
^^Ae^'dtca'-cdsfe • -^•'-•^^ -' ^^-'^•'' ^'-^^^
• ^ . . .• - A '. 'u - ■s ■-^«^
1*7 •■>'.•'••» •■ "' ♦" ■ V ^ '•■■■ J ■ - - X . J--T r S j.»
.> ^ 3>arélele^ il sonetto cc^l "tsiéc^nèto ; %
«erìtto di vostra mano; M. Lodà*fco:Bee<A*
^\t ^ ed il mio cooipar M. Carlo C;tialtè-^
-inu^i, che sono stati jerìsera e questa inatr
:iiaa: meco , vengono con Monsignor Revé-^
^«>cta(^s.-Gontaritio ora a Tinegia. Ho detto
toro .6 pregatogli oàe vadano ad aHoggiar
ìtsèh^ vtfi. o&^ eglino viKT^an^b, trattategli aéno-
revolmente , e date loro il mio letto. B
adoperate quella Malvagia, che vi dee es-
■»^— »—*— — ■*'^— ■**■ ■■.■ y
verso ^ che diversamente si ^le^ }^ J^
cani iiSLS. A'i^v o--o ^ ^> -'«■..->■
ilìnre. E<I in somma fate ogni cosa ài vea-
segeiarli e di ben trauarli. State aano« À^ r€.
dliXuglio ìfi38. Di !lhidoya»
A Messer Antonio 'Amélmi.
A Vinegia.
Son contento che al Beaszano si dia
il quadro delle due teste di Raffaei da Ur«
bino 9 e che ^gliele facciate portar voi^ ed,
anco gliele diate ^ pregandolo ad aver cura
che non si guastino. E se gliele Terrete
mandare con la sua cassa, fate come vi
5 arra il migliore. Piacemìanco che FElena
oni a M. Carlo quello , che ella dice ,
per la sua Gornelietta e mia figlioeza. Fa
bene ad esser grata del bel dono che esso
le ha fatto. Del qual IVI. > Carlo scrivetemi
qualche cosa ^ se è ito col Card. Con-
taurino al suo Vescovato , o se ò costi, a
quando verrà a Padova , dove io sarò do-
mattina, e l'aspetterò disiderosamente. Sta«
te sano. A^ a^^ di Luglio i538. di TiUar
Bozsa.
Bembo Fot. Vii. 3»
r^i^ . vMiinniTncM
''^: >.i
I . .;:?,': "j-h ,rìjfiv»
• r
T r, .; .- .: ^^0.
iidF Messer Antonio uAnselmL^'- >>
Al ricever cB questa andrete d ftrtt-
yerensa allo Ulustriss. Sig* Duca di XJrbiào
a nome mio , rallegrandovi con S* -EfcìipéL
^del luogo avuto c6n ^ella ftep^^'^^J^dcAla
vepuia^auft a Vinegia^ nou 'per4 setiM^^ttle
ilispiacere di non mi vi «ritrovare-^ per^di-
lutarla ed inchinarla. Il che wVf«A£ I&
potendo io con la persona, fo molto debi"
tamente ed^ affettuosamente con T animo;
ed ho voluto mandar "^^roi a^^ questo fiae,
profferendomi ad ogni odore, e beneplacito
di S. S. lilustriss. come antico servo della
felice memoria del suo gran padre, e suo.
Di Padova.
^
A Messèr Girolamo Cnliolo
Canonico di yicenza.
Poiché la lUu&tr. Sign. ha data aìIaS.
V. facohà di rassettar l'imprestilo^ vi prie-
go ad avere la molta ed inconveniente ima
gravezza sopra esso per raccomandata a gin-
aio ed onesto favore. Io ho pagati i tre im-
prestiti parsati dt qualità, che hanno 0Ìhr
aeuil di loro passato i due terfi ddAe ear.
frate, che io in tempo alcuno ho, della Ba-
dia di Villa nuova avuto d' affitto. Il che
quantOi s^vsKÌ^a aon .dovuta V. 'V^ lo s^a,
senza che io gUMe. lìica. . Dunque se mai
dia o ha fatto , od è per fare per me in
•cosa alcuna, con tutte le forze del mìo ani-
4«<;hlll 'fipiegor ad ayepe in ciò ricompenso
c^rdànno mie troppo nel vero trabocchevole
•<lig^4ve^^^ a/reatarneìo di' ciò lanto^a ÌV. S.
£Ì)3[)|Jig0ta| tquantQ merita un. : ben rilevata
ér|i0pì4ioÌ9f siccome aspetto ahhia ad esser que-
sto. ìY* S«,Mia sana. A*3a. di Marzo i532.
jrjDi Padova.
~ * . ■
■ ,. , ^ ifcf • Girolamo Giliola.
*i
A F'ù^nsaé
i}- ■' ' V
Molto obbligo innanzi tratto è queUo
che io vi senta e sentirò sempre , per la cu«
ra, che vedo V. S. pigliarsi, affinchè *1 giu-
sto disiderio mio si adempia circa lo sgra-
vamento dello imprestito, cosi amorevolmen-
te dandomi avvisto degli eletti a questa ri«
tassazione; acquali tutti particolarmente ho
^^q^itio^,:èd,i«iohe M.^ Agostino Angidlello a
. <ijKmi6/mip'pai?larà , di modochè io ipex0 ,
f.i«fee^rq«^Jloi:,,<obe Y* S* proponerà. ito3i^«ie
. (Ci^-Jil^jriei;. iArci4.ÌACono circa il fnvk im^Jf^--
.tripli, jsaffà.acìCietiato d^gli altri*; 41 < AI ^«
jii ^iccqiò d^ Parta »è^.n»V;€#l^il«^=«^
i'Jbapcts nùa^tamica cUtflaiglL^ #iH»i.: il $*«*»-
n Rettori sono anco molto gentili e disrre*
te persone , e stimo non mi vorranmì dare
per premio deJUe .iatfclre ^.'^.«hf io prendo
giorno e notte pei; }|i.^s%ca Patria, più gra-
vezza per questi conti di quello , che si
cdivtei]^ per giustizia; Y.S., mi f raccoman-
di: hÌ )3ig« ArWiaiCotH>9 ^ed it^se /St^s/^a^,, 1[|
ou^e sj;iai ^na^ e m^ > tenga per m^lt^sui^
j^i^^ d'Aprile *53x. Di Vittegia, .> ^,v^r^
f
C'-'.. . ' •• '^ •: • • '. . V ■ ■ a ' ' ■' -^ »■ * "^^i
,. , Ho imesa per ,l^jerer;di V.^S.ytjJl*^
vaxpento^ che '1 vostro CoUegio^ ha àjàiq. a|
p$so dei. mio passato impresti toj. il qóa|@
soUev^i^ento, come che non sÌ4 nel yes%^
Ufitf>,^ quanto io T aspettiiva^' considerale le^
mie gravezze passate, nondimeno perciaccbè
ì^^fSa con quale e quanto amico . ani^po -Y'f'
Sf s è. Ili ciò operata 9 Vio le rendo di^uf^^
sto pificio antte quelle grazie , che. io^faMTei^
se. molto, più fosse stato a.beneGcia^inLpipeif
tjUtq.U. .C<>U^gÌo adoperato, e serveropo^
memoria pi^j^petua , pregando V% .S^,;f e iif.
sarò buono in servirla giammai , ella mi
tenga e spenda ed usi per molto suo; che
certo ella cosi n\i p^oyerà essere negli ef-
fetti, come ora le suonano queste parole.
y> S. stia 82fui^ A^':^» d'Aprii? i53a; Di
v^i^-^^f--^: J^M.^ Càia Briinfùi ^'-^--s '^'^^
ria ■*,»*•. - . 'i '"» ■ •' .'•' '<• ■ . '-" " V . < . T - *". <- - i n \r
^ mdstt-:ftHtir ^tk«i(iii»« «K 'Stàdio; >éht^ t^
fói'ipéifmt frliellà'V che è ' sd|p«irclitfà' , ^f
prima che''<£l:^' 6d io calMséo IV^itho ^Qr|
e tu conosci il mio, Mandai per Avila an&
leuei-a del Card, dèlia Valle protettore al
Geoferaie a^l^àpòii ^tii liftdìrtfssiktìo inchiostra
per la espedizìonè^^fi^té Frane, La disav^-
ventura sua l;ia voluto 9 che 'I Generale è
ito jin (Calabria , né tornerà, se non ..fatte
JÉèiMé feste; ^ir^h% ila pHl^^ b'cosa
} nibdp ; che per <>ra nàHa te De;^ nàSs£^
striffer^ pia . òhraj ad ogni modo irtwi ,'.30
tarderà molto ad avenie la riso!ù«tóiièV'^
iè £»btèfa il negossid imperfetto -pfét* ctè^
<^el}é che io ((otrò, che forse ^iàfitd ché|[
hastètàl'e cerio ventura è stala, ^ché^'-id^
mi sia-tròvatò ot^a qui^ che io dubita éh^
il poverino rarèhbe' fatta non bene. ©attP
Kàonar toglia I èhe farò tutto ' ciò, chii^fifr*^
Mi ' tu , sé fotói in rato luògo; : ®ta -^anor ^àr
1^. di Dicembre i&24^ Di Kc^ìAàv -' :>^«
■., .. :....',■■ ' o.:.*o^••'l 01^9,
i}
^ '• -t
-* oe sarai w^ H -j^re,vnt« fy^r-^tixifgui mi
](^uigi Prioli, mi piacerà: che M 9.y^v&^ì^:
to piacere e veduto ana bellissima villa ^ e
di vero ' degna del Sig. suo. Vorrei, che nd
Srincipio del terzo libro delle mie Pròse
opo il proemio gingnésti queste parole là
19 quel luogo dove» disse: Quello , che dai
Zjoiinl neutro è detto j essa partitamente
non ^hj^ ysiccùnùl non hanno eziandio le
Altre \ usa tuttavia gf/ due éc. e dtice$ifti^
sìyQueUo ycheda^tdtini neutra è émó^
èssa pàrdtìamente non ha ^' \siccdnièh' '' %ó^
'Hàiino esdànéUo fé hltfe^ usatuttìtvdia^^k
ce. e dicèsi* cosìV^jie/te tfte'*dti^;Lii^
neutro è detto ^ essa pàrtìtanUl^é
non ha \ siccóme non hanno ezkindió-tè
aiìtrè volgari^ e siccome si vedù'la- Bn^
^jaa degli Ebrei non avere ^ e stocòrm
si legge 3 che non avea quéUa db' Car^
taginesi negli antichi tempi' altresì. Usa
tfUtai^ia gli due ec. De' versi, che mliai
mandati per taiei, che aveanó quelli gemi-
li uòmini due cose riconosco per me. Il
sonetto a M. Frane. G ornare , che fu fatto
in presenza di Paolo Toppo , così scriven-
do a caso quanto portava la penna , e^per
giuoco , e quella stanza : Dònna sé "vi di*
letta ogni mia giofa. Gli altri tutti per
niente non sono miei, quantunque ne sia-
no di quelli, che io non mi pentissi aver
fatti. Sta sano; La vigilia di noistra Donna
• d^ Agosto i5a5. Di Padova.
r "
M^ap pNl)fC|1)(|^«
j:-' _ ^ .-,•? -.' ,:■; ri ■::*■■■
V 4 ■
A iSfesser CqÌ0»
A Padqvijt. '
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Ti.xUposjl l'altr' jeri moltx) in fj|^ua^
anzi siU^itosafi^ei^te , volendoti io ;4?1 tutl^9
mands^c le lettere quella sera^ e gia^^fapq-
90 meti che passata Torà 4i doverle pQtec
dare. Ora che è assai ma4iaìo^, 4ìco^ cU^
quanto a cotesti quattro SI replicati ne^4^e
.versi ^ io vVavea pensato prima che tu, j^^
wea. fatto quel mj^desimo verso appunto «
che a vte più soddisfacea ; ma egli non ,nn
giacque , e ingegnaimi di porvi quelli ^ Sjt
medesimamente nell^altrp verso, nel quaì
oltre a cip assai jxl arrise e dilettò quella
parola d;;bello^:%i\xnldi a quelV altra ^^'/j?^^
ffxidto. Ne perchè io v' abbia appre^ap ^,
tue lettere ripen^to^ essi m* offendono i|ì
parte .alcuna. Più m* ha , non dico offe^air
ma poco men che /tormentato il pi:imo.Tei^-t
zeuo. Nel quale ultimanpien te meno na^oj^en^
dono questi versi , che tutti gli altri n^
fanno, . ^ •- - ■ \^ . .v-.v-'^
1 ,-
Qhe^4ettail ndo CoUega^ ^^^f^} ^h^àlfP^^S9^
Col suo dir grave e pi^n d' fSìì^lfil^ ^^^^
Siccome a quel d'Arpin si può gir presso»
deUVaUro, Jmondbi, Se g)à qufìl$a:iifi%ÌK.:iia^
non iiroiirtetà.' $UrWffhJ^-^A^^*^\^-i
«■'•*■'■■-■•'■ '
,.•.-■ -.>•■.-•-:: ,(•■': ;-.■,.- ■•'^ ■•.■'• -■:.-»('.,•. s-:"»
, ^o. cm(|ae vostre} Um^/^^ > iwe^u^e ^ 4ifei
un puma .fUsppai^rò 4^^
più aatica. Vieggo , c^ djt^ ,v4^^.^>^stiie.R^.'i
poieie .iM^eiar fuisUa casa e cura 4i;^^JI^''
CG^^, maw appettando Y9i r:Tai!i]^ ì A
il qiM^Ie .dappoi V^ -giunto. ]k|a.-^pi^ù li-r)»
spelli sar^bbouo piacevoli, D$ quello "tìCìfk»:)
jcrè^cc e duole infinP' al mez&o doir a^iviV'^
éhè dite es9ere a termine per la indispose >r
zion d^Ue vostre reni, che non che altr%>'
ma mi convien giacer steso buona parte
del ^ìomo« Per la qual cosa non^ solo- noa\
TO|(Uo pigliate fatica di venir qui^ mapn- r.
Te di muovervi per andare a Villa Nuova
o.^ Villa Bpzza, come dite. Quelle cosai
potrete fare per mano altrui al meglio <he
si potrà^ ^ non faticar voi cosi debole ,« ;
Gagioneyqì^y. come io veggo che sete. An*'^
zi vi vorrete .confortare a medicaipveae / con ^
ogpji^ diu^genza ^* la medicina potrà- ^«aser J^'
"■.i~\- '. ■ ■- 1.
' /
/
f tó lìieéìé' ' *òkrf ^^ciikor "alla A oìrW, Por «a|) éi "^
t# ^ce V^ qnanèó^ IttngÌKbfente iq h$ai :il i^éj^;^
dtoI;'ÌÉW\di|pt^o^^^^ ìF anale fò ^eBò iéti!^^
zà^ ^(^Mìi -dnhbui^ òhe ma fioe me' ne fibe-- '
rò, Odmfaé^siàiè contènto tfi pìgliaièa altrèr- ^
si Foi a ber di questo latte ogni* mattina ,
come sapete, che io faceva io. Potrete far«
vi comperar due pecore , e tenervele , ed
usar tal beveraggio ancor Toi^ che mi ren-
do assai certo, che se T userete e contiijiue-
relè , ^^gK^ ^ gioverà. Ma é cosa , éhe non
ftii^kàtè^ìiéìeyéffénù in pochi: giorniy fift '^
tio^',^he siate ^rostsmte in xàò longamen^^^-
tei' Li medicina è^ piacevote ^ e dilettevole, ^j;
AL che fare " non »óiò vi priego^ lìia ve' né?,
stringo e graiF^' per quanto amore ini por-*''
tate. Piglrèrete il latte ogni mattina caldbyS^
codM égli nscirà d^lle poppò delti pecof^,;"
e sì per -tempo , cho possiate dormirvi sò-:^
ra, il guai so^no à gindicio iniò fu quéf-^
ovcke più mi giovòre pare che sia èon:;"
tra le regole delle medicine , per qne1It;i"^
che diceva il nòstro dotto e buono ed an^-^ ^
r^vole M; Jc da Ogobbio. Vorrei, che soV*
pra tA non vi consieKaste con medico at- ^
cuno} ma ti metteste a prender* qtiés^ó lat*^ . I
te senta pnnto pensarvi sopra , pos<f{aù^\^
egU in me tanta e ai tnanifestà^ próvk^'céér'
Sentirò sotiimamente volefntiérì ijfUeÉtaitovèl^ ^
la,, che m^abbiale ubbidito in ci6? Qtìantit^'^
alla grande sjpesa^ ^e si fa costi di che v'in-*'
r.
474 VOhVWR TEME^fV
cresce, '^1a è 5{>esa e nece^^rU;;.^ bqtQi|a^|-
i^è pu<Msi far di meno* VÌ4 S. ;Dip, cjbie uài^
gQi?erDÒ sempre^ mi gay ornerà. .€»a]i4io,p^r.,
lo: innansiw JNon dubi lato. Questo qijtaoioa^
Ift. vostra primiera. Per )a secpq^a vostra >;
veggo, che avevate avuto Torchiato* Quanto^
alTamorevolezza e corteaia di quello • Illusi^
Sig. Duca mostrata fi IVI. Antonjo,. mi duo*
le essermi tolta occasione di riogra^i^^rneló
per la sua repeminà morte. Farò noodin^H
no questo ufficio col Sig. Card. Io per me noa
fo pensiero di levar Torquato dalla vostra
amorevolezza per rimandarlo più a Manto-
va: ebasterammi. la cura^ che ne prenderà
M. Ant, Fiordibello^ il quale potrà meglio
istituir quel fanciullo a buono stile della
lingua latina, che peravveniura non potea
M. Larapridio^ Quanto mW amicp , .che ri-
chiede quei libri, scrivetegli, che io, noa
presi i librici suo fratello meno per ^n^en.-
dargli in, quanto alla lingua e adoroa^gUy
che perchè io m' a vessi a valer di ^ Ipra
ij^r le mie istorie. £ vero, che per iMacorA
non ho avuto. tempo di satisfare a questa
mio pensiero 9 essendo stato » e tuttavia
essendo nelle obcupazioni, che io ^onoj ma
poi che esso gli vuole, che molto volentie<*
ri glieli rimanderò per lo. primo fidato mes-
im, che in là venga. Ed averò cura, che
vengano bene, e sicuri.. Esso ne farà pò;!
quello ohovgli piacerà di farne. Tuttavia di^
rétegU^ che io gli fo intendere, che^HC^i
hviMi gcamliswiM^> bÌ3o|;SLo d'upo amore volio
y
li
océKW'i* c^hé 'gli vtJgga^ p^jcfocètè man^
d^ ftMra della' maniera nelU cfn^Ie stanna^r
sòrfò' j>er dargli poco onoi?e. io Fainaì?iv99^
éa^ àrifibl o^ \ e ' sempre amerò ancora umorto^ :
Salatatelo a nome mio. Credo aver risposteli
a^ tnìte le voslrè lettere. Queste stan^ dr:
santo Apostolo, ìiélle quali' io ora nù tto-^T
Yò \ mi sotìo state a proposito per ' gF ih<;
sò^ottàbili ctildi passati. Attenaete a .«tari
sàbb "àntfora voi. Agli 8. di Luglée i54cH(
Bi fioina.
''-••" ■■' ■• •' \ ; -^ ^ • -^ -. .A>
.; i : ■ ^ Mésser Cola. i
^ >i Pàdova.
Intesi con piacer mio quello ^ che af
di ' parsati ' mi scriveste , essere avvenuto al
nostro amico, che m' increbbe grandemente.
Incrébbemi eziandio , che 1* altro pure no-^
Siro amico se ne fòsse risentito cosi pale^
sèméhte, e se né risentisse tuttavia. Col
pHfiiò dorretéVi del caso^ dicendogli è no^
me ihió, che più vergògiia ripona^tjhi in-
curia Viti buono e dabbene- uomo ingiusta*'
niente ^; che colui , che è ingìuralo. Al m^
condo potrete^ dite 9 -^che po«ciachè *\ auo^
adirarsene e ' riiscaldarsen^ non può leva^
ìt danno ed' incarico altrui", ma potrebbe
recare a lui più briga » .che ^ n<m gli ^bìso^
gnerebbe, ed ora dà mtrlta noja a* suoi' ^i^
éhe temono dì auolio^ che avvemM glÓM^
/
' /
cìie ègU sa cl>e fo gli ^oHo, cb^^^egH #f
aie dia piièè^ e ii rìmetu , e non ^^rAj^hi'-
qm più stimolo, che. a Ini ìiòii; si iiÀ&ìinéA^
lévìfètoé, anzi caìabJroDi, chcH pòtrèUiti'i^
oilfisnaere dì mala tDiniefd. Egli^a-if^'àf ìèì-ì^
tulfatto all'amicizia. Ora peùsl di' «quietarsi,
ed avere ^sguardo àncora i* casf suoi ^"èc
alle pose, che poirebliono aVveniìfgh 'di cÀ^
teste turbe non convenevoli a* saoi '"' stii^ /
a^. quali dee primieramente avere ^péUsa^'
inento , essendo egli in terra forestiera^|léc
farsi dotto 9 e non per fair brighe è '^taì^'
s'uUe arme, Che io sentiri volentieri ^'èftÀì!
eglt si. ri inetta Dggimai , ed attenda al'^rob^
auidiò , come egli dee» Salutateli 'a Àò^e:
&iò' amendue. E state sano. A* io, 'JCAffi*'
sb' ìSao. Di Roma. : ^ ^
t /
A Stesser Colà.
A Paào^n.
Inerescemi (piànto so, che credete, la
morie del nostro buono e dotto M., Lanr-
J^'Vidio , molto più 9 perciocché slam privi
un grande e raro uomof ^che pei; conto
di Torq. ; ancoraché non poco m^ incresca
]^ Uùa .perdita per quésta cagione. Bisognar
toftèrare ' !e portate in pace tqltd quello^'
che r^: 44. Dio jtoa^ft. r>ifficlo^;di* 1^
Itevefehd. di' Mantova v«rso Tor^r'^mi ^
/
statQ, cannala} nau si .poteai.aU9Qder^,àU^
t(Q da,,cg^ì. nobUfl e cortese S'rg. Io scrìve-^
lò.fip qui a^S', S/ringrazignciòoelj Ha pen-^
sàto» che teniaip Tornuaio apubi voi, e ve-'
diagi^ I, : ciie M. Ant. Fiordibello gli leggà|
Q(ceEQQe , e quello ohe fia bisogno ià
latÌAO^. ii qual M. Aatouio potrà «sscr at-'
tìssimp s ciò,; e .se. vi paresse, che egli
fosse atto anco a leggergli greco , si poui
voler quéstio o^cio anco da lui ; il quale*
io stlnio cTie per. la sua tpolta boóla nÓB
ricuserà pigliar quest» &tipa per. auinr mio.
Se questo ,, avviso procédefà , non bisognerà,
pemar d' altroj.se.non procederà, si potrà
pensar di-M. Trebazio, o di obi mesHò
'i3
TÌ pareti cbe «ia. Non ao se, il mali
fianco vi di' " ' "^
ho avute di
fianco vi dà più iitoja. Quando così fosse^,
di buonissima parte per cps* àbr
provatÌRsima e maravigliòsà, che ir'&r'hul'-'
lire dell' agrimonia , e pigliar due dita di
quell'acqua tiepida, leva tutto quel male.
L' agrimonia è quella erba , con la quale ,
e con foglie d'oliva io bo altre volte gua-
rito due fistole, come sa M. Federigo no*
atro , cbe Ine l' insegnò, hi- bollitura; dee
calare per lo terso. Il Cardinal '5. Jacopo
moltp Sig. mio, e molto btipnó j e di aftà^'
stirpe ha tolto per ricordo niÌQ di '^iiesuf
acqua d'Àgrimoiua a' doloirì .dì fianco, -cIm
gli hanno dato noja a ,quesii di ,. è ne, bar
sentito grande giovtmèntQ.,Pa.àvi)ta Tàctwa^
ila certi frati qui, che ne ^uilo a ogn^ s^^
tf a ianU^coo, ,^C3p cb^ lì Vf àÙAti oosMji^,jÌ||
Padova ne fanno aapo .essi^ je:j»oth^ter mar
^r quella, che perarTentura <fi®rim\glmrfii,
«l|e' quella dcir^rba sempKcemente 'coìtsùt
Jtucàliu in lei. State sanò. A' 2&. dii&iiefi-
'Un 15^4^. Dì Roma* u ril'ir. avob
■
-*.
tji •
N • . -.
Tra li Cardinali fatti naovamente lè
uno Monsignor Marcello Ger?inoif nil
'«piale fu Secretairio di Monsignor :ReirJÈàaBj[i^
')aìs9. Farnese, e fece molti, buoni .«d inno-
«vevoli ed affeziona tiss; ufficj ^cr mei^^ed
.intianzi il Cardinalato mia^ ^ in •essoc,:je
..dappoi ha fatto sempre»' È persona'^tndea-
'tiasima e^ di gran giudicio nelle «ose ;dsl
mondo. E stato Legato di N.S. appnesao
Cesare ultimamente, ed ora è tornato oca
inoUa soddis&zione di S. Sant», e^dix^tiitto
il Collegio. Ora questo Sig. ha uà fratello
suo carnale in Padova allo studio in leiggì*
•-Yòrrei per ogni conto, che lo > visiiaste
"prima' amorevolmente, e poi Io 'nvttaatej^a
i casa, e gli deste pranzo e cena alcnmèvjcH-
-la^ ed in. somma faceste quel tutto^tsht^ è
gin voi per mostrargli gratitudine, 6Ìcieoitte
^io debbo. Stimo che egli si diletti .'dìjCiHe
< amiche , siccome il> suo iSard. fa.\. l^esi^lpt)-
tt»ete mostra rgU lo stndjo e. le mèdiiglie,(ie
tutto ciò che a lui fie in piacere. In som-
A Mesaer Cola.
. . .. /t. 3J
APudwa. *
■♦. •':!*. ..liTch
■ i\ J'iL'.
/
: .-i- i e.:^:
ma fategli<. yeszt*, ed operate $ /the. es&o ctt-
.^^nosoi , che io son grato e conosco i pii^
ceri e beneficj fattimi da suo frateUo*
Donutttina to a Civitavecchia con N« Stg.
dove m* ha fatto invitare S. Saot., e perchè
TElena m^ ha fatto chieder hcenza d' impa-
rare a sonare di clavicordio, ditele per par-
te mia, che a* ^eMioil' pare che sia da
donna onorevole e di elevato animo il met-
tersi a voler sapere sonare : e che a me
non piace per niente che ella ponga tem-
^a in^qiiestos siccome non mi piacque anco
$inai% che Antonia mìa sorellai sonasse:. la
-qaale^ però ebbe la comodità di Gammitio
-nostro Ciftgino y che ne stava in dasa r e
} tuttavia non seppe mai sonar bene , e più
:: tosco si facea burlare in sonando, che aUro;
-e^ael vevo non può ben saper sonare donna,
jichevnon si dia tutta a quello esercizio, e
catentn, ad altro ; e però sonare , e no 1 sa-
lpar ^ben fare , è di . poco piacere , e di
cidinor laude; Saper ben sonare , e lasciar
i^U' altri esercÌ2J '^ più laude voli , e cosa an-
o^rd molto più biasimevole. Snella speaderà
óqaei tempo in lettere, sarà da esser lau*
ibdt'ua molto : più , e più potrà, piacere > in lei
«Ha: dottrina delle lettere, che quella del
-isonara. 'Torno a dirvi, che facciate diligen-
Isa di trovare aieun buono e. modesto Pre-
' cettofe ^ die basti per Tompiatovc peti ist
^ Elena j e più che egli sìa «d* alcun tomo ,
^pàù mi fia caroj questi sono i miglior da-
\
480 WLxntt TfUOw
jiiiri, che- si wfmitàms^^Snm sino. A* 3j:
4K)ttobr6 ià4o. Di Roma.
■X'- "*•'*•■■» ^
A^Méu» Cola*
A Padova.
-. . r , •
' D«i MMstm II0Q {Nomto tM¥«r ' piér
*tos«rir «TTfMefltJL- Di quatto ìvbTatdf |At
r EUm^ Kioi<;> iMi piac«. ¥i 0Mi<ii'lfrlé
^^ Iper l# àJiiicvé , « scordaiai ^n^ ^èbl
i6'flli# Lucia l>iM^ii«và cMà>*|ca»a^''cMi^
iar é^- Usognara m tancoi 4eiiip#9' * i j lil lil ìi
agevolarla éà aècomoféaria t «ha €inÌMliì#^
c^ «Uà tteriia da «a per la adavéiMMitf^
iMta aisai Cffo mi fie^ che ttOi»i|# iMMEài»
te- fMAir simMror ' Tmte It^ òdtWritB^ «te "tiifl
e M. Aotonió fauste a-M; Rdmulb 'fratelli
del < Rever. Sig; Gaid. di - San. Cròée^ aaHMh
no -etiimamente poste, ed^ io le aro aempfe
isarfssime r pètciocclié io sento a SC S. ds
grande obbligo, òhra che è Sig. AtAut
tfSkvio e pb-ndente, e molto religioso'. Lessi
a S. S. il vostro Capitolo sopra età-,- eko
gli fu molto earo. Ho gran disiderio ,' ehè
3ael frai^filo sia condotto nella buiHM l4à
elio studiare,, e che si disponga ^ fanMF
profitto. Salcrtatemi tutta la casa e^^ttfrìsf aiaiAf
4' !>5. di MovMEibre i54^. Di RomaL ' ^.
«I
^ Messer Coleo»
ijr-
Le grazie, che mi rendete de* 2SL scu--'
miWM^li a. ¥c^a,YiateUa^.«iMD a«i|i so^
^er^isQ^ ma piùr savter^hid^ à^ U^ f eiiaÌQc% ^cfili
#i|A#^c di valei:^eglir . jreAdeisif e jpinaboMM
Mn. r^.mertta^ya ramoe cli'ì^ v»*'pQrtQ^.i»lw
^ceMe qitesti conti «m oteco^ 4|aaA4òàié
{«^n^Iìat^ gli altd: «5. * «cu4i 4^1 ^Mser da«lki
^^Ijk !(dt»ift vostra i^MisUt; «? guaridtwyi di
ìk^HL.fsÀ^ lac. più uc^ |)«rQjlt di ^ìì^s(j; da«A«
4)>«ie( »^a : volete > olle ii> ^i oo^ij^cci.^
1^6 .:ii|i|Z2ui9fm§nte: can !voi. OeUla JSfl0ipia.v
^fae £il;cta Tei!^ Kjati^i^ ^Juaetnd^ M g*a-i
jD^ca, i^i piace gràndts^mente. . Vi a<sHs^i ^
^jbie. ariBÌ care facete cbe '^Torqu^ia^iig^aiss
^q alcuoa noima di medaglie e ai com»
aiìtiid^e : ora vi replico .U 4Qieae6Ìtiia«> Il da|Hi
4eftÌAare.^ qaand<^ cosa -|ilc^i^ ;^o|i ^i ia^^
questa potrete, /arse. per. u»^ ^ lara , ^ctwo.d»-*^
;^eote assai, apeaso^ State «ino. ^P»lHJcft
\»iu i^piorevoJe relazieoe dal aoveUo •e^ratox^
^(^»SfP qui^ ,di voi e di- TiircjuatQ^ « sopv^'
t|^^ de^ giacdiao ^ che mi diMiò, aaani*^
Spero fiwrà, hitouo>e d'olMwo aiiM^oliel^.
r officio suo. A' 19» di Marzo i54i« Di
Roma. ^ ^
Bembo Voi VII. 3i
A Padova.
Che Tórqiiato^. wqU lacominclato «
mettere più diligea:^à' alrd siudio delle let-
tere, grandemente mi piace, né mi potreste
4irG «osa alcuna , o scrivere più cara di -
questa; Dia tenetegli ricordato, che nùn
^ui inceparii, sed qui persevera'verit , colui
X^^tri' c'i'^ loda ed amore d;d inoQdo. La co-
^tiit'za e quella virtù, senza la quale nes»
^#i(iia Lolla ed onorata cosa far si può. Pìa-
, peiui aucora, clic egli prenda qualche co-
. |i^05cpnza delle coee antiche. Il che è sem^
^pre stato cura e studio di gcntiU animi,
__j!ssù ha fornito a' dieci di di questo mese
;SedicÌ anni; onde egli non è più fanciullo,
.na uoniu. Eleua ne fornirà alt' uttìino dì
del Giugno che verrà, tredici ^ ed ìnco-
piincieià anco ella ad esser donna. Scrivete^
.-ipii s'ella è ingrandita, e se riesce hella,
.come mostrava dover riuscire, e come ini»
.,^ara. E salulalenii Lucia, e ditele, che
«jerianienie io nou bo cosa alcuna più'cara
-^1 reioudo , che quella fanciulla, e the io
jipsi tenccamciite arai, come amo lei: e che
\per(;iò io le raccomando la sua cura sopra
■pgni cosa. Se ]V. S. Dio mi darà alcu&o
QjEiniKi dì vita, spero averla a rimunerar del-
,|fl preseute sua dilij^cnza e liiuca. Vi ri^-
pordo a dare a M Trifone jioslro la rén.-
^ dita di ^yué* duè'1&Vià'é£fcìcitt'tiiiiipre^ì^'»do
umo HiTOBcnio: 4R3.
tempo. State sanó'.Ìl''3o; Ji''^agglo, il q&^'
^ì «apeiie qaale^è-a me. .i54i> IJi Roani.
z ',:■-.- -^ Mpfser Coia, ^.
il. ■I..M(' '.;'■>,■■ ■^ij^'^^'^''''; ' '" "■'
f';;'.'"'''"?.'^'''' "■'■■■■■'''"
".',..' % nostro M-Càrlo si pa*u'c*ft' U "Ctlt-
,t?j ed ha seco un ino fiylmotó'd'antìi'd'iìl-
'^^orno a tlici^setto niollO gentil fìrticlóll6';t'«
snodesto e savio e religioso M'^iiiétls'sìtìfis,
_tì disideroso di farsi dotto. E'il^to fitfoht
col Si^. Prior di Viaegìa molto da Sr'Slj^.
,j^alo, cda tuttala sua casa è tentf to' càiflifsl-
.mo. lo pensando sopra Torqaato '£ questo
.Canciulto , stimo , che se voi mostraù^
.questa gratitudine al padre lc$ ' pigliasttf la
]rCasa, aflìuechè 'I detto padre, ^dS aVèàSe'^a
^are pUra spesa per lui, ciò ' saréBbé' settl«
..plicemeate ben fatto, per mostt-W è(t tiM-
^ a ]VI. Carlo questa gratitudine aèH^à-md-
'jge che egli mi porta, clie è ìomAlii'e delle
,,|aticne e cure e pensieri, cHp'edi sf'^-
j.glia ogni di, ed ogni ora pei^' (fie'; ed (J-
^J.re a f^uesto potrebbe la coAipA^^W 3"'0-
jB^lino, che cosi si chiama il 4'*/6nffldJ <^e
,.p /jtiietissimo, come dissi, e efliftiftl^'tìjsfftrò,
^^opare assai a Torquato, ^LiìAt^H^'Vitk
jliesempio suo dalle vanità di' lilf^l^è itìiilìi-'
^^■'.iindoio più allo stadio, dal^tìfialk,'-tói)^of
-tPlv'P^^'? egli si mostra assai lom^ifii 'à'Arf'i»
f,voloatà, e tracaddlsadassérel^ ^eUBiifiib.'
/
ffifin^ )ccmumy., ?,«ppat«fj5i .^Rf*>iJ^- iW^
"«ìfiWr.^ol. tei'WO.a Pft4§yia!r .^jittffte (^i[iQW*
Bcfr Ja qi}sl^M; ^^ .fi?P¥>ne„,Lq^ei{joi^siilift
descritta. A me in fine piacerà sopra modo
chel pigliate in casa. Molto giovano e uno*
tuttavia C5P^ce^,^^piR9j^j^iftV^i ^ costumi
che egli più roj^ij^i||ai^a^9^j<,i(ede. Piacemi
che siate stato più lungamente in villa per
trastullo di quelli fanciulli, e massimamen-
*-*)#W'^^^' ® 5e:W„st)9i)tetfi,AJj|;<yfa/non
t^if^ll anno be^iasiww ;per,,^^|;^ic^,.i«
•|»lia.. Non vi porto pfwa Ànyidj^i Sfatte J^k
^^ieti . tutti , .e . salutatemi ^'^ Fcidei^gt^^ ^^
^iif, 4^ Settembre ló^i. Pi B.oj»4*-
i Oi ni:;
■-' /;!.■■■» !• •■ . ■ ■" ••.■'.■ il;- II- - ;',!■•• tTjq IO-
.x'iC! :■■!• -i-;.'.'.-' • ■.■ -.l'I-!','! ,,■■•! uiii ,o^^i^
nfirtft? imm St àtè «^ao-di *f:«ì* 6J ' tifi IMày itf
-oca omr.v :■;■_; ^^;:' ì/[ .lcì.'j l^f 'jii-.H^iq l'odo
' Nòtt fiòsso, né debbo rtian(!:arfe di 'vve'J
gar ' V. • S. ad a vftt per rafccotoatidìjto 'Mcssir
Bàrtdldftìfrt'eo Giugni lidia àkìjiàa'éhy'f^-
sesso diéìla Piève di 'MSrattóuì, à favor M^F
quale -N.'S. scrive^ còme ^ella véder^' 'S^
bene io crèdeirA potèiìe essere sti^iaVò A'à
lei più ardito di quello che -mi sì conve-
nisse , massimamente noij^ essendo qui ora
il nostro M. Carlo GdklteVìizzi , il qyale:
pigliasse fatica ad' iscusarmri con V. S., ed
pbtfere errare eoa lei", 'é''^6h'^éém''MìM
ribregariddfe- é Ta^fe^^^aF'Mkt^tf ^^M/^Ba?tt>*^
X
nuovamente mostrato nella persona di lef^
cosi altamojfte raoran^^la< come a questi
passati giordi 'iattcr hst ; dèi qua! giudicia
rimango anco io insieme con tutta quella^
Bobilissima città obbligato a S. Ecc. , e ne
il wndlQ ipfi^t?.HBrazifi^,^i? ^na^V. S,^
me tenga. ;pftriri9|xp,,^^^ cjj^meJ^^^ vlroe
sonoi Agli $• d'Ottobre^ i5^/]Jì liomaè
Sin z^ffy
do
». ;
9f
■ i> .
<iX .;. . ; .-
VI
*
• 1 »■. 1.
4«7
■ k« . I. ■■# l'i i. o\j • •'^ <
Il ' ' ^ ^- TjiaJTT^ l!rro'\i u^.-.r-f^tr
W npmi'Si ùoioro d qiihilV ^brvà ìferiik
" ' ' te'iMere- di imèsèò Volumi >^r.
«MhiAMitfM
^.
driano da Spilimhergo. Pag* 4^'
\Agostin Foglietta. 98
uigostin Gonzaga. ig4
Agostin Landò. 271
Agostìn Mosto. 388
Alberto da CarpL 46
Alberto del Bene. 4^3
Alessandro de Medici Duca. 3gj
Alessandro de Pazzi. 187
Alfonso Toscano. '^ 267
Angelo Colozio. 349
Antonio Anselmi. 4^3
\Mnlonio Capodivacca.^ c\i^}.\^ j\ì rAVi<<^(i2S
'Afàonio Mezzabarba,.:^ \y\\\v.^7i^ AW^wStìf^
Ajt£onio Nerli. ''VovV»^ W^\^%K^^36^
TUO Tebaldeo0 ... ^-yj^
nio Colonna. ...,.\.va^/ .AltpS^
Murelio deW Acquai .\^ yA^<\\\\.* ixaSa
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MnHolommeo Alessandrino,
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ì^ftolommeo Torfanino,
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Benedetto VarchL
Benvenuto CelUni.
Bernardin da Porto.
Bernardino Maffei.
Betnardino Martirano*
Bernardino Sandri.
Bernardo Tasso.
Bernardo Bibiena.
Bonaventura OrsellL
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Cammillo Fantoccio^ 4^
ùómmillo Paleottoi ' ^ ^ >,^\i^
Catcerano. v ;:• -^IwSi
CaWo Nuvoloni. - .•.•.; r. v.\v4?6l
Citrib Quinto Imperadonti . v /> v,:tx44tÌ
Cesare Fregoso. 399
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^Confalonieri della Pergola. 457
Consalvo Fernando. /^iS
Conte di Monteleone. i34
Cónti di Canossa. . - ^'>^^i^.
Ctistoforó Cernotaé .»> A^oiSS
Cristoforo Tasso. v • ^ - %^§IL
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Enrico Orsino. i55
Ercole Duca di FerraroL 433
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ÌjRi&/o Acorambonq^ r.^>, .,. .r ^xj^v^^Av
jPerrantó Principe di^&^^rno, ^^^,,^\,^,,, 34j|
terriero Beltrame* .•:>.? .1 vy^r*. ,:.^i.,< jx^,^
ii^ppò Geno. 1 ^' w v >...Amun\\v?
^^FiUppo Oriolo. '"vV'."*\>VV uvi\^vì,
i^i^llaminio Tomarozzo. . tiV> 'jmv\vi;V
(j^f'io CrisoUno. inr. -A^'"
l^^ancesco BelUncino. ='^
tJFrancesco Burlo, l --*j^
iFrancesco da Noale. ^ ^^ -^^*^
^Francesco Bellino. - >\ ^?®
rj^ancesco della Torre. ^ . :./;iai
'- Francesco Guicciardini. . ■ ^ 365
Francesco Maria Duca di Urbino. 93
Francesco Maria Makhiavdlo. 35o
—^Francesco Maria Moka. io5
Francesco Montanaro. ^ , 2^0
■^ Francesco Primo Re di Francia. 44r
Fratelli di M. Fed. d'Ogobbiq,. lil»
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Galasso Ariosto. xo^
Gasparro Pallavicino. Sq
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\erardo Taddei. *ì-v^.
rìoi^amhattista . Giraldo m \sm v
Oioi^ambattista Ouzonala*
Giovambattista Mentphuona.
Giovammatteo Gibeìro. '
'iGiosranfrancesco Bini.
lipvanfrancesco da Gambara.
ripvanjacopo Leonardi^ ' ^ ^ ^ >
Jipvannantonfò Èb^^ >
^ì^yannantonio Muscetiòtù^'^^ ' :
X^ièvannantonio degli Egregp
tì^ipi^annf Borgherini. , ^ '
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Giovanni Taddei. •
Giovantommaso da Caf/ti^ -
Girolamo Cittadino.
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Giuliano de Medici.
\fjuiduhaldo Duca di UFÒifèo.
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Jt^aotupo Rosso* \V\v'»\ Ì-' A 'ì\\h)\vxvv
Jqcopo Sannazzaro. *)V. av > *\,uoV^nyyi
Zampridio. ' 44^
Laiinó Giovenale* ^ 4'
Lelio Torello. 48Ì
Leonico. 200
Lodos^ico Beccatello, * * * * ^^ /
Lodovico degli Ohizzi. : ' 38 J
^Lodovico de Rossi- 346
Lodovico di S. Bonifacio* i3S
Lodovico Dolce 408
Lodovico Parisetto. 38 r
Lodovico Strozza. . " * 3^d'-
Zojbe ^/ Soria, • - 3c>4
Lue Alberto Lodiano* 4^^
Luigi da Porto. iSp
Lìdff, Gonzaga. 3^6
Maestro della Libreria di Santa Giu^
stina. -ft^SK
MfLnfredo da Collalto. • ..i78^r
Mi^rcantonio de' Marsilj. 349k
Marcantonio Landò. ^ J97i
Marcantonio Flaminio^ ... ' Jif94^'
^Marcello Genuino. 4^6
Marcello Pallone. 3^6
Marchese del Va^to. Sga
Matteo da San Martino. 4^9
Mons. di Fontanalata. i
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'Niccolò Astemio. . : c9kS4 :;
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Ottmiano Fregoso. \ \'.ySff,\
Ottwiano Grimaldo. :,» ^ / A) aidxl
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Pierfrancesco Bor^erinL
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