■llsw
MB
THE J. PAUL GETTY MUSEUM LIBRARY
Digitized by thè Internet Archive
in 2015
https ://arch i ve . org/detai Is/opered if i I i ppoba07bald
FILIPPO BALDINUCCI
VOLUME SETTIMO.
»
NOTIZIE
DE’ PROFESSORI DEL DISEGNO
DA ClMABUE IN QUA
OPERA
DI FILIPPO BA.LDINUCCI
FIORENTINO
ACCADEMICO DELLA CRUSCA
CON NOTE ED AGGIUNTE.
A/
1WS.S
V.~7
MILANO
.«ma
Dalla Società Tipografica de* Glassici Italiani
contrada del Cappuccio*
ANNO l8li.
'
V.:’v;
.
THE J. PAUL GETTY MUSEUM LIBRARY
5
DISSERTAZIONE
D I
GIUSEPPE PIACENZA
Sopra V Architettura»
TTanto è antica Parte del fabbricare *
die perdendosene fra le tenebre della più
rimata antichità l’origine , impossibile or»
mai ci riesce l’indagare chi ne abbia se-
gnate le prime tracce; sulle quali crescen-
do siasi poi recata a quel grado di perfe-
zione , io cui fu prima fra’ Greci , poscia
presso i Romani. Lasciando nulladimeno
quanto di favoloso è stato sopra ciò scritto,
e riducendoci al più verisimile, bea pos-
siamo credere , che le ingiurie de’ tempi
abbiano posto i primi uomini nella neces-
sità di cercarsi un riparo , che ritrovarono
nelle cavità de’ monti formate dalla nata-
6 Dissertazione
ra ; ove , oltre il particolare vantaggio 9
gustando ancora il cooiun piacere della
società , è facile che lor cadesse in mente
di formarsi qualche capanna , in cui o
soli , o in società si potessero ricoverare
nelle notti , e di giorno ancora , quando
necessario loro era il riposo. Vedendo pe-
rò. che le capanne debole riparo erano ,
e poco durevole f perchè soggette ad es-
sere da' venti sradicate, ed incapaci tal-
volta a trattenere le impetuose piogge ^
pensarono a servirsi di cose più sode , e
di più resistenti materie, quali furono le
pietre. La necessità di entrarvi e di uscir-
ne a bell’ agio , unito al bisogno della lu-
ce sì necessaria per le operazioni domesti-
che , fece loro rinvenire le porte e fine-
stre ; per la formazione delie quali po-
nendo alberi , altri perpendicolari per li
lati , altri orizzontali per li volti , ne sono
poi venute le colonne, gl’ intercolunj , e
gli architravi. Su’ quali principj continuan-
do poscia i loro lavori ritrovarono le gra-
dazioni di miglioramento , regolate al giu-
dizio degli occhi 3 e dipendenti dali’ idea
di bellezza, che dalle pratiche operazioni
a poco a poco si andava in essi formando.
Resta però a noi totalmente oscura
la pratica maniera usata da’ primi uomini
nel fabbricare , cominciando le nostre pri-
me nozioni da’ soli tempi degli Egizj , dei
Greci 5 e de’ Romani ; ma queste oiun lu-
me ci porgono per iscoprire quella degH
di Giuseppe Piacenza. 7
antichi Persiani ed Etiopi. Chi di noi può
sapere , se questi fabbricavano con calcina
o con malta , ovvero senz’ alcuna di que-
ste materie , collocando semplicemente le
pietre le ime sopra le altre con tutta la pos-
sibile perfezione, come li Romani facevano, e
come in molte opere di questi ultimi chia-
ramente appare? Le relazioni che ci ri-
mango no di queste antichità, sono molto
oscure , e poco soddisfanno gì' indagatori
del vero. Equivoci sono anch’ essi gli schia-
rimenti , che trarre si potrebbero dalle
rovine , avendo il tempo polverizzate certe
porzioni di pietre , che ora forse pren-
donsi per la malta tra esse impiegata. E
quando fosse ben sicuro , che in molte
fabbriche s’impiegassero misture atte ad
unire le pietre tra di loro, ignoriamo af-
fatto , come queste misture sì compones-
sero.
Aggiungasi a quanto sovra ancora una
maggiore difficoltà per rinvenire il vero
dalle scoperte , che far si tentano dalle
rovine, che tuttavia rimangono ne’ luoghi,
ne’ quali furono le conspicue antiche città^
poiché è probabile congettura , che le re-
liquie presentemente esistenti sieno poste-
riori all’antica maniera di edificare, che
si cerca di conoscere. Risorsero più volte
dalle loro ruine tante principali città , e
nuovamente dalle loro distruzioni rina-
cquero al tempo de’ Romani conquistatori.
A questi , più che agli antichi , pare che
8 Dissertazione
che si possano attribuire le sontuose ope-
re , delle quali sparsi ancora ne ammiria-
mo i preziosi avanzi nelle campagne di
Troja , e ne’ contorni di Cartagine; trop-
po sono essi grandiosi , e di stile elegante
e corretto per esser creduti di tempi an-
teriori. Oltre di che non vi ha dubbio ,
che quando si furono i Romani impadro-
niti di queste vaste contrade, spedivano a
governarle i proconsoli , questori , ed al-
tri officiali del Romano Imperio, i quali
seco traendo il lusso, e la Romana ma-
gnificenza , avevano la nobile ambizione
di lasciare in ogni parte co’ sontuosi edi-
fiej grandiose memorie , che illustrassero
iì tempo della loro reggenza.
E qui mi si permetta di attestare alla
sfuggita il dolore , da cui mi sento oppri-
mere , allorché nelle storie de’ tempi po-
steriori scorrendo queste vicende mi si
affacciano alla mente tante superbe città
per la maggior parte da’ Maomettani di-
strutte, tanti edificj atterrati, tante anti-
che statue stritolate , e mi attristo assai
più nel riflettere , in quale stato compas-
sionevole abbiano essi ridotta tutta la Gre-
cia, che sola conteneva maggior numero
di cose preziose , che tutto il mondo in-
sieme.
L’ onore però di avere ridotta l’archi-
tettura in arte, e data certa forma di re-
golarità agli stupendi edificj , per quan-
to venne a nostra cognizione , devesi agli
di Giuseppe Piacenza. 9
Egiziani , facendone ampia fede i monu-
menti , che tuttavia esistono , e sono eoa
meraviglia ammirati. Da essi ne trassero
i Greci le prime idee , eoo tanto studio
e con tanta felicità proseguite , cine sulle
loro opere si sono potute stabilire certe
determinate regole di perfezione , dalle
quali più non è lecito di allontanarsi a
chi vuole operare in tale scienza saggia-
mente , e lodevolmente.
Come poi abbiano le precise regole di
quest’ arte avuto il loro stabilimento pres-
so i Greci, cred’ io , che ciò non sia al-
tramente avvenuto , che per mezzo delle
replicate prove, ed in numerabili esperien-
ze , guidate sempre dal piacere , che ab
1’ anima si comunica per la fìsica organiz-
zazione dell’ occhio. Ora quando si provi
che questa non sia variata , forza sarà
concedere altresì , che non si potrà variare
la maniera d’ introdurre il piacere e la
soddisfazione. Mi serve di guida Firn pareg-
giabile Montesquieu , che nel suo saggio
sul gusto forma i! seguente sistema. Se la
nostra vista fosse stata più debole e più
confusa , sarebbero state necessarie minori
modellature, e maggiore uniformità nei
membri di architettura ; se poi la nostra
vista fosse stata piu distinta , avrebbe Fa-
nima nostra, capace di abbracciare e di
apprendere piu cose alla volta , richiesti
maggiori ornamenti in essa ; imperciocché,
sebbene io qualunque caso sussisterebbe
io Dissertazione
Ja connessione deile cose tra di loro , si
cangerebbe però la connessione di esse re-
lativamente a noi medesimi, e ciò che
nello staio presente di nostra organizzazio-
ne fa sopra di noi un dato effetto , cer-
tamente più noi farebbe. Consistendo dun-
que la perfezione delie arti nel presentarci
le cose tali , che ci rechino il più di pia-
cere che sia possibile ; quando si è giunto
a trovare questo grado di soddisfacimento,
nulla più si deve in esse mutare , fuoriche
si mutasse il modo e l’organo, per cui
apprendiamo il diletto. Quindi è, che ciò
che una volta generalmente piacque , con-
tinuerà sempre a piacere, potendosi qui
molto a proposito applicare il detto di Q-
razio nella poetica:
Haec placuit semel , et decies repetita
placebit .
Inoltre per piacere all’anima si ri-
chiede l’ordine e la varietà. Ma si noti
bene , che non tutta sorte di varietà di-
letta ; anzi ridettasi , che molte cose , le
quali a un mediocre giudizio pajono va-
riate , non lo sono altrimenti, ed altre
alF opposto , che sembrano uniformi , sono
variatissime. L’architeUura Gotica per esem-
pio pare piena di varietà , e per la mol-
ti pii cita de’ suoi ornamenti dovrebbe pur
piacere ; eoo lutto ciò , quando essa si
considera, non trovando l'occhio per la
di Giuseppe Piacenza. i i
minutezza delle parli , ove riposare ed
arrestarsi , l’anima nostra si sente affaticata
e tormentala , anzi astretta a disprezzare
quelle parti stesse , che scelte si erano
quasi ag gradevoli. Un edificio Gotico è
per l’occhio un enigma , e rende l’anima
imbarazzata nel modo stesso, che avviene^
quando se le presenta un poema oscuro.
L’architettura Greca all* opposto sembra
uniforme ; ma perchè trovasi composta
delle necessarie divisioni, e di quanto ba-
sta , acciocché l’anima apprenda con faci-
lità e precisione ciò che l’occhio può ve-
der senza fatica, reca piacere, presentan-
do quella varietà che occupa , e non con-
fonde. Di più l’architettura Greca , che
ha poche divisioni , ma grandi , imita le
cose grandiose , e infonde nell’ anima una
certa maestà , che è tutta sua , e che si
vede regnar per tutto.
Nel rapporto adunque , e nella cor-
relazione , che le cose devono avere le
une colle altre , e nel rapporto che hanno
tutte con noi medesimi , si trovarono da-
gli antichi le giuste regole di architettura,
S* impari pertanto a concepire per queste
una giusta stima , giacche il copiarle è
copiar la natura slessa.
Ciò posto , vengo ora alla definizione
dell’architettura, che, secondo Vitruvio 9
è una scienza di più dottrine composta ,
e di varj ammaestramenti ornata, per cui
si pensano ed approvano 3e opere , che
12 Dissertazione
dalle altre arti sono condotte a fine : vale
a dire, 1’ architettura è una scienza, per
cui s’ impara ad inventare e disporre uà
qualunque edificio , per la struttura del
quale ella impiega e distribuisce con or-
dine tale le altre arti per esso necessarie ,
che dalla loro scelta ed unione ne forma
quel grado di bellezza, utilità, e perfezio-
ne , che si propone. Questa , che antica-
mente era sola e sovrana , ha sofferto
da’ moderni grandissime divisioni , e se-
paratamente da varie persone si esercita.
Alcuni applicando solo alla fabbrica de’pa-
lazzi e delle chiese chiamansi architetti
civili; altri attendono solo alla fortifica-
zione, e chiamansi militari; altri col no-
me d’idraulico intraprende la parte, che
spetta alle acque; e tali e tante riparti-
zioni di questa scienza si fanno, che, per
formare un architetto antico , se ne richie-
derebbero quattro o cinque de'tempi nostri.
Per altro tutte queste divisioni altro
non seno che rami , e derivati di architet-
tura , ed io credo con fondamento , che
debba in tutti essere instrutto chi vuole
con verità sostenere il degno nome di ar-
chitetto nella guisa stessa, che gli antichi
architetti facevano , ? quali non ignorava-
no T arte del fortificare , avendo fabbrica-
te le antiche città con mura e torri per
loro difesa. Vitruvio era direttore ai tempi
di Augusto delle macchine da guerra nel-
la Gallia Cisalpina ? ed insegna ne' suoi li-
di Giuseppe Piacenza. i3
bri di architettura ìa maniera di chiudere
le città con mura guarnite di torri , e
cinte di fossi, torcendo gl’ingressi delie
porte, e simili regole > che si stimò obbli-
gato a dovere insegnare, come ad' architet-
to spettanti. Gode si potrà ben sostenere,
che taluno può essere bravo ufficiale , e
grand’ uomo di guerra sapendo la geo me*
ria, e l’arte di fortificare , roa non mai,
che un architetto possa essere valente sen-
za saper la fortificazione. Eccone ora del»
1’ altre prove.
Deve una piazza , oltre 1’ essere mu-
nita di baluardi , e cinta di opere esterio-
ri , avere quartieri , ospedali , porte d’ en-
trata , magazzeni, e simili. Ora a chi si
vorrà fare appartenere la costruii ma di
queste opere? Se all’ingegnere militare,
dunque egli dovrà essere architetto ancora;
tanto più , che il metodo di operare nel
fabbricar bastioni non è differente da quel-
lo , che si pratica nell’ edificar palazzi. Si
ridurrà dunque la cosa a questo punto ,
o di obbligare l’ architetto a studiare i si-
stemi di fortificazione , o di obbligar l’in-
gegnere a diventare architetto. Che se si
vorrà separatamente dagli uni alla soia
fortificazione , e dagli altri all’ architettura
unicamente applicare , in ogni occasione
saranno e gli uni , e gli altri conseguen-
temente necessarj , e dovrà V ingegnere al-
F architetto , o 1’ architetto ali’ ingegnere
sempre ricorrere ; ed ecco tolta la unità ,
14 Dissertazione
c he nella definizione dell’ architettura com-
prendasi. hnpertanto si nomini o ingegne-
if, o architetto, non sarà mai quell’uo-
mo perfetto, che si richiede nell’ inventa-
re , e condurre a fine qualunque inven-
tala opera.
Se questa nobile arte, che fu giudicata
dal Vasari (i) più perfetta della pittura
e della scultura , perchè intende i suoi
fini a giovamento ed ornamento della
natura ; anzi per meglio dire , se questa
scienza , che di tal nome degna la giudi-
carono Platone , Aristotele , ed altri scrit-
tori di quei secoli , sia oggidì in fiore , o
in decadenza , non è mio assunto qui il
dimostrarlo, poiché, se ciò facessi, dovrei
pur troppo coneliiudere con isvantaggio
del secol nostro. Lasciando dunque di por-
tare le prove, con cui si potrebbe dimo-
strare la sua presente mediocrità , sarà
più opportuno proporre i mezzi , co’ qua-
li si potesse ricondurre al suo primiero
lustro , ed all’ antico suo splendore. Al che
ci fia agevolata la strada , se ci porremo
sulle prime a riflettere alle qualità , che
avevano gii antichi architetti , massime co-
loro , i di cui scritti a noi pervennero ; e
certamente , che li troviamo instrutti nel-
le scienze , ed agli studj applicatissimi. Vi-
truvio si confessa infinitamente obbligato
a’ suoi genitori, perchè gli avevano fatta
(t) Liete . sulla pit, scult , ed architi
Di Giuseppe Piacenza. i5
apprendere un’arte, alla cui perfezione
non si può giugnere senza le buone lette-
re , e senza la cognizione delle scienze (i).
Alessandro Severo principe virtuoso , per
far risorgere V architettura dalla decaden-
za , in cui questa era incorsa sotto Cara-
calla principe di niuu gusto per le arti *
e disprezzatore a ogni cosa , destinò per-
sone, che dessero pubbliche lezioni di ar»
cbitettura a’ giovani , che faceva per tal
effetto allevare ; e se il corso della prezio-
sa vita di questo generoso principe non
fosse stato barbaramente interrotto nei suo
più bel fiore > essendo stato di anni ^8
ucciso , sarebbesi questa scienza nuovamen-
te alla prima perfezione portata. Per com-
prendere poi di quale somma dottrina fre-
giati fossero gli architetti in tempi anche
posteriori , basta leggere ciò , che scrive
Teodorico principe degli Ostrogoti , e Re
d’ Italia al virtuoso Simmaco , ove 1’ ono-
ra col nome di fondatore , ed inventore
egregio di fabbriche , di diligentissimo irai-
lator degli antichi , e di nobilissimo insti-
tutor de’ moderni , e dice , che le fabbri-
che assai palesano i suoi degni costumi f
poiché niuno si conosce in esse diligente ,
(i) Me arte erudiendum curaverunt ,
et ea , quae non pò test esse proba ta s ine
littera tura , encycLioque doctrinarum ornai*
um , disciplina . Yitruv. in praef. lib. 6,
1 6 Dissertazione
che non sia ancora ne’ suoi sensi ornatissi-
mo (i). Ora provato , co ai’ egli è provatis-
simo, che i’arehitetto deve essere di molti
stodj ornato , perchè non si obbliga a que-
sti stuJj chi vuole professar l'architettura ?
Se non può alcuno studiare la legge , o
la medicina , se prima non ha passata la
retorica , difesa la filosofia , e fatto nelle
Bea dirette università il corso di tìsica e
di geometria , perchè seoz’ abhadare pun-
to a chi studia 1’ architettura , se gli lasce-
rà fare un salto sopra tutte le scuole , e
solo sì richiederà dallo studente , che di
Botto applichi al disegno , e quasi direi ,
che a copiare disegni materialmente impa-
ri , non ostante l’antico assioma, che nè
talento senza scuola s uè scuoia senza ta-
lento possano formare un artefice ?
Mi pare , a dir vero , impossibile ,
che non si abbia fatto ancora riflesso, che
da questa trascuratezza trae sua principale
origine la rovina della scienza , e ìa for-
mazione di tanti ignoranti , che architetti
si dicono. Giacché si sa , che 1’ architetto
deve lavorar di fantasia ^ e di composizio-
ne , perchè poi non curerassi , che la men-
(i) Symmacho pabritio Theod.Rex. Cum
privabis fabricis ita sbudueris , ub in laribus
propriis quaedam maenìa Jecisse videaris ^
digrumi esb , ut Romani 5 quam domuurn
pulchritudìno decorasti ? in suis miraculis
di Giuseppe Piacenza. 17
te di esso sia da’ pregiudizi purgata , e di
cognizioni ripiena? Dunque , e per qual
causa non si è ancor in parecchie uni-
versità di grido a ciò posto ordine? si
vede pure in varie parti y che se alcun
bravo architetto si ode rinomare , è da
lontano ricercato , ed in moki luoghi ri-
chiesto. Perchè dunque non si pensa a da-
re Oe’ rispettivi paesi disposizioni tali, per
cui riescano valenti anche in questa scsen-
continere noscarìs, Fundator egre gius fa-
brìcarum , earumque composilor eximius ;
quia utrunque de prudertela venti et. apbe
disponete , eb exiantia competenter orna-
re, Notum est enim quanta laude in stt-
burbanis suis Romam braxeris ; ut quem
àlias fahricas inbrare contigerit , aspectum
suum extra urhem esse non sentiate nisi
cum se eb agrorum amo e riti abi bus interes-
se cognoscab. Antiquorum diligenbissimus
imibator t modernorum nobilissimus insti-
tutor , mores (uos fabricae loquunbur\ quia
nemo in illis diligens agno sci tur , nisi qui
et. in suis sensibus ornalissimus inxeni tur,
Eb ideo bheabri fabricam , magna se mole
solvenbem , constilo vestro credimus esse
roborandam. Ut quod ab auctoribus ve -
stris in ornatum pabriae constai esse con •
cessimi , non videatur sub meliorìbus po •
steris imminutum ebc. Cassiod. variar, lib.
4 ep 5i.
Maldinucci Voi, VII . 2
i8 Dissertazione
za gli uomini, che ivi nascono? si rifletta
di grazia agli studj , ch’io propongo, e
che ritrovo necessarj in chi deve intrapren-
dere questa carriera , e mi si dica poi , se
al ver in" appongo. Il punto è importantis-
simo , e più che essenziale ; poiché si trat-
ta di una professione necessaria alio stato,
da cui dipende l’interesse, ed il vantaggio
della repubblica , e il decoro di qualunque
colto paese.
Metto per base, che chi vuole farsi
architetto , cominci le scuole nel modo ,
che qualunque studente le comincia; pas-
si dalla grammatica alla reltorica, indi al-
la filosofia unitamente con gli altri , che
alla legge, o alla medicina vogliono appli-
care. Da qui si staccherà chi si determina
per l’architettura, e si applicherà seria-
mente alla geometria , e alla fisica ; poi-
ché la prima è base in tutte le scienze
utile, ma in questa necessaria, e la secon-
da apre la mente all’ intelligenza e cogni-
zione della natura. Ma non si lasci entrare
in carriera chi non si è sempre distinto
negli sludj delle prime scuole , e chi an-
che vi fosse entrato, e si scorgesse ne’ pri-
mi esami di geometria e di fisica non
dare accertate prove di talento, si arresti
ne’ principj , acciocché non perda il suo
tempo , e possa intraprendere altro eserci-
zio , infallibile essendo , che chi è solo
mediocre nel comincia mento , sarà cattivo
in progresso , e pessimo nel fine. Mi pare
di Giuseppe Piacenza. 19
altresì , che sarebbe prudente consiglio di
ammettere per Parchi tettura primieramente
quelli , che avranno gran fin la sia , il che
si scorgerà da’ loro componimenti rettorie!,
preferendo altresì quei li , che in tal tem-
po avranno con successo applicato alla poe-
sia, e ne’ parti de’ quali si sarà veduta va»
rietà , e grandezza d’ idee.
In secondo luogo saranno ammessi
coloro, che saranno figliuoli di comodi
genitori , che agiatamente possano mante-
nerli per lo lungo tempo degli studj , ed
acciocché , quando siano professori , non
facciano cose indegne spinti dall indigenza;
di nascita civile , perchè così avranno più
a cura l’onore, e saranno tenuti in mag-
gior conio; forti, e robusti di complessice-
ne , acciocché possano sopportare le fati-
che ne’ viaggi , e nelle direzioni delle fab-
briche , e siano in caso ancora di sostene-
re , bisognando , nelle campagne i disagi
della guerra.
Premesso quanto sopra , e superati
con lode gli esami di fisica e geometrìa
passino i nostri allievi alle matematiche ,
dove i! giudicio de’ maestri gli farà mag-
giormente applicare alle parti di ess**, che
hanno maggiore affinità coll’architettura,
dando loro però del rimanente il necessa-
rio lume Si potrà nel tempo di questo
è or so obbligargli al disegno della figura
eoa iastiiuire i’ accademia del nudo , che
20 Dissertazione
sì farà per essi due o Ire giorni della
settimana, di sera nell’ inverno, e di buon
mattino nell’ estate , che così avanzeranno
strada , e nel finire il corso di matemati-
ca saranno in caso di ben disegnare la fi-
gura, cosa tanto necessaria per avere faci-
lità nel disegno , e formarsi nelle propor-
zioni. Dato che avranno prove de! loro
valore nelle matematiche , e nel disegno
della figura, passeranno a studiare l’ ar-
chitettura , che verrà loro dettata in quat-
tro trattati, di civile il primo, di prospet-
ti va il secondo, il terzo di militare, il quarto
d’ idraulica , ed ogni due mesi si farà ac-
cademia , e si daranno gli esami del prò*
gresso degli allievi , per tenergli in sogge-
zione , ed obbligargli a continua applica-
zione. Il che tutto valentemente superato ,
si manderanno in pratica con un architet-
to , che già esercita , acciocché seco lui
siano condotti a levar piani , e preposti ai
ripari de’ fiumi , ed a soprastare alla co-
struttura di pubblici edificj, dove piglie-
ranno la pratica cognizione dell’ operare ,
del valore, e de’ prezzi delle cose, e del-
Y uso pratico degli stromenti meccanici ;
dopo di che saranno creati accademici ,
ammessi al pubblico esercizio della scienza,
e dichiarati professori alla prima vacanza.
Vi sarà per li professori legge stabilita ,
ed immutabile , per cui le lezioni da essi
dettate saranno sempre tratte da Vitruvio,
« da Palladio, proponendo per esemplare
di Giuseppe Piacenza. 21
le fabbriche da quest’ ultimo fatte costrui-
re , e dimostrando con quanta facilità , e
bellezza sì grand’ uomo operava. Succede-
ranno le regole e gli esemplari di Bra-
mante , deli’ Alberti , del Serlio , del San-
micheli , dello Scamozzi ^ e di Giulio Ro-
mauo , procurando sempre di far conce-
pire agli allievi un’ avversione , ed un di-
sgusto per ogni cosa ? che soda non sia.
Ma quando poi si vedesse , che , non o-
stante i suddetti sani precetti , inclinassero
all’Jarchitettura bizzarra * vengano minac-
ciati d’ esser cacciati, come inabili, e si
faccia in effetto , ove non si emend ino.
Ora pare, che un architetto, quale
lo formo io , passato per li suddetti gradi
di studj , operando secondo il sistema im-
parato , sarà in caso di farsi onore , e di
essere utile alla repubblica? Se mi si dice,
che potrebbe accadere , che alcun archi-
tetto uscito dalle scuole abilissimo , e di
buon gusto , quando fosse professore , po-
trebbe diversamente operare, o per l’am-
bizione di rendersi particolare , o per la
volontà di ridursi ad una maniera di mo-
da , rispondo, che f per non dire impossi-
bile , mi sembra però il caso difficilissimo,
ma che tuttavìa per impedire il disordine,
basta , che il corpo d’ uomini insigni for-
cante accademia , e proposto per gli stu-
dj dell’ architetto , siccome io dirige scola-
ro , non lo abbandoni maestro. Siano tutti
22, Dissertazione
obbligati di presentare alia critica de’ prò-
fessoci qualunque disegno di opera pub-
blica e privata debba costruirsi , e tutto
ciò, eli1 è contrario al buon gusto, si ri-
fiuti , e non sì lasci eseguire. Più , o me-
no ornato , ricco o semplice , sia di pie-
tra o di coito, vi siano ordini di archi-
lettura, o no, questo non preme, nè si
può obbligare chi fabbrica ad oltrepassare
le proprie forze nello spendere , basta che
in tutti i modi sia sodo , ed appoggiato
alla verità.
Se nel modo sovra divisato si fossero
formati gli architetti, cred’io, che uon
avrebbe avuto il Felibien ragione di doler-
si a1 suoi tempi , che così pochi tra essi
con giustizia si annoverano , ed avrebbe
moltiplicata la sua stima e venerazione per
coloro , che degnamente ne avrebbero por-
tato il nome (•). Se questo corpo di acca-
(i) Pour moi , quand je pen.se ,
» quel doli élre un archi tee te , je ne
m étonne plus des diffuultez que V on
» a cC en rencontrer beaucoup dC assez
» exctilens pour des entrepi ises aussi im -
» portantes. C' est ce qui me donne de
» Cestirne, et de la veneration pour ceux,
» qui portent dignement ce noni. Car di •
» tes moi , je vcus prie , cornò ien peu en
» voyons nous , qui entrent dans ct s inni •
di Giuseppe Piacenza. 23
de mi ci professori , e censori de’ disegni
fosse stato stabilito ia Roma stessa , non
si sarebbe colà veduto nascere un gusto
barbaro di architettura « le di cui fonda-
menta gettò già il Borromini , e che ora
trova tanti seguaci. Piacque a costui scuo-
tere il giogo delle regole e della natura,
cavando a capriccio ordini scomposti , e
cornici diritte e rovescie, facendo un am-
masso di disordini ; ninno si oppose con
forza a cotesto spirito innovatore, e di-
struggitore del buon gusto ; si stabilì , e
radicò quasi la barbarie ; vennero gli ap-
provatori, che sussistono tuttavìa, e quel,
eh’ è peggio , anche al dì d’ oggi si propo-
ne da alcuni per modello. Se fossero stati
da vaienti giudici esaminati i disegni, non
si sarebbe in Roma veduta uscire alla lu-
ce ìa ridicola architettura del palazzo Pan-
fili al corso , la grottesca facciata , e log-
gia di Santa Maria maggiore ; nè avrei
veduto con mio sommo rammarico, men-
tre io là dimorava , togliere barbara mente
il bell’ attico del Panteon , guastarne i cas«
gettoni , scalpellare , e bianchire F antico
ornato della porta, e commettere tanti altri
disordini in quel rispettabilissimo pezzo
» tes mèditations , et dans ces profonds
» raisonnemens s par LesqaeU les anciens
» ont si heureusement troupe F arte de
» bien bdùir ? » Feiih . toni. i. pag. 12.
24 Dissertazione
d’ antichità. Finalmente se quanto sovra
ho esposto, fosse nelle nostre città d'Italia
stabilito , non si vedrebbero costruire fab-
briche di spese grandissime , che in vece
di ornare guastano le nostre belle città ,
e niuna gloria recano a’ loro edificatori.
Mi potrebbe forse taluno opporre ,
perchè nelle cose necessarie per formare
il mio architetto non ho posto il viaggia-
re. Veramente io stm di parere, che gli
sarebbe di grandissimo vantaggio , quando
viaggiasse dopo fatto gii studj sovramen-
lionati , poiché così formerebbe V occhio
ai grande, ed acquisterebbe vastità, enu-
mero maggiore (V idee; ma siccome non
sono tuUs in i stato di sostenere le spese
de’ viaggi , non vo’ porre per necessario
ciò , che sarebbe a taluno forse impossi-
bile. Per altro non mi pare gran fatto per
un architetto Lombardo fare un giro per
lo stalo Veneto ad ammirare le belle ar-
chitetture di Palladio e dei Saomicheli 3
ed a vagheggiare i bei quadri delia rag-
guardevole Veneta scuola. Poco sarà per
un Napolitano fare una scorsa, e qualche
soggiorno in Roma per osservare quanto
vedesi d’ insigne , stato da' grand’ uomini
operato negli antichi secoli. Chi poi potes-
se visitare in ogni sua parte 1’ Italia , non
farà che meglio , poiché così unirà agii
studj , che ha già fatti , una nozione del-
1 antico , ed altre cognizioni , che moltis-
di Giuseppe piacenza. 25
simo gli gioveranno, quando però parta
instruito , e formato nel modo , che ho
sbpra espresso.
Mi toruano a mente ora due obiezio-
ni statemi fatte da un amico, uomo di
lettere , a cui io comunicava questo mio
pensamento sopra gli studj necessarj per
formare un architetto; pertanto sul dub-
bio , eh’ esse veuissero in mente ad altri ,
non sarà fuor di proposito qui scioglierle,
siccome feci allora. La prima è , die > da-
ta la necessità di questo corso di studj ,
si giungerebbe al fine della carriera trop-
po tardi ; ma non è così , poiché a’ sedici
anni può chicchessia avere comodamente
studiata la filosofia ; metto un anno per la
fisica , e geometria , due per le matemati-
che , quattro per rarehitettura, cioè i due
primi per la civile , il terzo per la milita-
re, e per la prospettiva; il quarto per
1’ idraulica ; si aggiungano poi due anni
di pratica con un professore esercitante ;
ed ecco f allievo formato di anni venticin-
que , età soda , e capace di buon regola-
mento. La seconda si è , che siccome \ bi-
sogni di uno stato obbligano a destinare
un cerio numero di persone separatamen-
te, le uiie per la civile, altre per la mi-
litare , ed altre per le acque, potrebbe al-
la repubblica provenire vantaggio maggio-
re , se facesse formare i soggetti partico-
larmente per una di queste tre carriere ,
per la probabilità , che più facilmente si
26 Dissertazione
avrebbe gente perfetta in ciascheduna ,
quando un solo studio in vece di tre fosse
proposto. E qui lasciando di ripetere quan-
to si è detto , e dir potrebbesi ancora ,
per provare la connessione intrinseca, che
hanno i tre rami , come parti dello stesso
intero , cosi rispondo. Scelga dunque lo
stato tra iì numero di quelli, i quali , sic-
come dimostrai , hanno fatto i proposti
sludj per diventare veramente architetti ,
e ne destini uno per lo civile , altro per
lo militare , ed altro per le idrauliche ;
lo scelto ad una delle tre parti, trovando-
si io obbligo di attendere principalmente
a quella, per cui è destinato, diventerà
in essa un uomo grande col soccorso di
quanto sa nelle altre ; e se già era bravo
nel totale, a qual grado di perfezione non
salirà egli in quella parte, a cui per do-
vere del suo impiego dovrà continuamente
applicar e ? E nella stessa guisa , che un
pintore, per esser valente, deve di neces-
sità sapere iì disegno , il colorito , e la
prospettiva; e pure anche ne’ grand’ uomi-
ni veggiamo essere accaduto , che uno più
che F altro nel disegno , altro più nel co-
lorito , ed altro più nell’ ottica si distinse,
probabilmente perchè ad una delle tre
con maggior calore si era dato , cosi
pure un buon architetto potrà in una
delie tre parti sovraccennate dell" architet-
tura rinvenire un maggior grado di per-
di Giuseppe Piacenza» 27
feziooe, a cui sarà tanto più facilmente
condotto, mercè T applicazione , che pri-
ma aveva alle altre due, ed a quella uni-
tamente prestata.
DELLE NOTIZIE
DE5 PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMA BUE IN QUA
DECENNALE JIL
DEL SECOLO IY.
DAL MDXX. AL MDXXX.
GIULIO ROMANO
Discepolo ed Erede di Raffaello
da Urbino 9 nato 1492. + 1546.
%
-EC universale opinione degl’ interi*
denti dell’arte, che Giulio Remano, tra
moltissimi discepoli che ebbe il gran
Raffaello da Urbino f fosse il migliore.
Quest’artefice fu dotato dal cielo di una
natura gioviale e docile , a cagiori della
q uale , essendo dolcissima la sua conver-
3o Dec. ITI. della Par. I. del Sec. IV.
saziooe, e oo» ordinaria l’ integrità dei
suoi costumi, fu dal maestro singolarmen-
te amalo : ed oltre a ciò se ne servì il
medesimo in ajuto nelle più importanti e
più e rinomate opere sue : e fra que-
ste nelle Logge Papali di Leon X.
dove si dice , che dipignesse di sua
mano la storia della Creazione di Adamo
e degli Animali , 1’ Arca , il Sacrifizio ed
altre* Fecegli anche operare nella camera
di Torre Bargia, e in molte storie della
loggia de’ Ghigì. Faceva esso Raffaello V in-
venzioni e i chsegni di diverse architettu-
re, e a Giulio poi gli faceva tirare e ri-
misurare in grande; onde avvenne, che
egli diventò quel buon Pittore e Architet-
to , che è noto. Dopo la morte del mae-
stro, finì insieme con Gio. Francesco,
detto il Fattore suo condiscepolo , molte
opere di lui rimase imperfette. Fece il di-
segno del Palazzo e Vigna sotto Monte
Mario detto di Madama pel Cardinale Gi u-
lio de’ Medici , poi Clemente VII. e si-
milmente del Palazzo sopra il Monte Ja-
nicolo per Baldassarre Turini di Pescìa ,
nel quale ancora dipinse dì sua mano
molte storie de’ fatti di Nutria Pompilio ,
che si trova forse giù in tal luogo sepolto:
e fece anche il disegno di molte altre fab-
briche della città di Roma. Dipoi per o-
pera del C. Baldassarre Castiglione , die
molto Tamava, fu mandato a’servigj del
Marchese di Mantova suo Signore , pel
Giulio Romano. Sì
quale fece di opera rustica il modello del
Palazzo del Te , e vi dipìnse di sua mano
storie di Psiche e de’ Giganti. Rifece piu.
stanze del Ducale Palazzo, e vi aggiunse
varj abbellimenti. Coli’ ajuto di Rinaldo
Mantovano suo discepolo vi dipinse la
guerra Trojana : fece il modello della Vil-
la di Marmirolo : e per le case de’ parti»
colari , e Chiese della città condusse mol-
te pitture : e in somma V abbellì tanto di
fabbriche fatte con suo disegno , e di al-
tre opere di sua mano, e con sua inda»
stria seppela così bene difendere ed assi-
curare dalla inondazione del Po , che in
que’ tempi molto la travagliava , che dal
Duca fu ordinato, che ninno de’ cittadini
potesse in essa fabbricare senza il disegno
di lui. Edificò per se medesimo nella stes-
sa città una bella casa rincontro alla Chie-
sa di San Barnaba , dove essendo fatto
ricco abitò fino alla morte. Veggionsi di
mano di quest’ artefice disegni infiniti ,
perchè oltre a molti , che gli occorsero
fare per l’ opere, gli bisognò tuttavia di-
segnare invenzioni di fabbriche, e pitture
da farsi in diversi luoghi , oltre alle mol-
te che egli condusse , le quali in Italia ,
e in Francia furono stampate in rame. Di-
lettossi oltremodo dell’ antiche medaglie 9
di cui fece una numerosa e molto pre-
ziosa raccolta. Occorse finalmente , che es-
sendo morto in Roma Antonio da S. Gal-
lo , Architetto celebratissimo , che assiste-
3 2 Dec. ITI. della Par. I. del Sec. IV.
va alla fabbrica di San Pietro , fu richie-
sto Giulio di volergli succedere in tal ca-
rica: al che fare egli incontrò infinite dif-
ficoltà e da coloro che in Mantova gover-
navano , e dagli amici , e da’ congiunti.
Or mentre egli le andava industriosamen-
te superando , già risoluto di rimpatriare,
e godere dell’ onore offertogli , sopraggiun-
to da grave infermità nell’ età sua di an-
ni cinquantanove , diede fine a questa vi-
ta mortale , e nella nominata Chiesa di
San Barnaba fu onoratamente sepolto.
33
GIO. FRANCESCO PENNI
DETTO IL FATTORE
PITTORE FIORENTINO
Discepolo , ed erede di Fiaffaello da Urbino
nato nel 1488. + *528.
ne>4>«»
T;
occò in sorte a questo Artefice
ài esser messo fio da piccolo fanciullo
nella scuola del gran Fiaffaello , come noi
usiamo di dire , per fattorino ; onde fino
da quella età fu chiamato il Fattore , co-
gnome , che poi ritenne per tutto il tem-
po di sua vita. E perchè fu giovane di
Buona natura , meritò che Raffaello in
vita se lo tenesse come figliuolo , ed in
morte lo lasciasse insieme con Giulio R.O-
Baldinuccì VoU V1L 3
34 Dec. III. della Par, X del Sec. IY.
maoo , altro suo amato discepolo , erede
delle sue facilità. Fu gran disegnatore , e
tanto ne’ disegni , i quali usava di termi-
nare con gran diligenza » quanto celi’ ope-
re * imitò assai la maniera del maestro :
al quale con altri suoi condiscepoli ajutò
nelle logge de’ Leoni , e n’ cartoni per gii
arazzi della cappella del Papa, e dei Con-
cistoro. Operò bene di paesi e di prospet-
tive 5 e fu il suo colorire tanto a fresco ,
che a tempera , e a olio molto lodevole.
Dipinse a monte Giordano in Roma una
facciata a chiaroscuro : e in Santa Maria
deli’ Anima un San Cristofauo alto otto
Braccia , con un Romito dentro una ca-
verna. Ajutò ancora al maestro nella log-
gia de’ G Disi in Trastevere, ed in molte
tavole e quadri: e dopo 3a di lui morie,
insieme con Giulio Romano, finì molte
delle sue opere che rimasero imperfette,
e particolarmente quelle della vigna del
Papa , e della sala grande di Palazzo.
Venutosene poi a Firenze fece per Lodo-
vico Capponi . sul canto dì una sua villa ^
detta Mont’ Ughi , sopra 1’ erta canina 9
lontano un miglio dalla città fuori della
Porta a San Gallo, un tabernacolo, che
ancora oggi si conserva , dove figurò Ma-
ria Vergine con Gesù. Andatosene a Na-
poli vi si trattenne qualche tempo appres-
so a Tommaso Cambi Fiorentino, che
molto lo favorì , e vi fece opere assai , e
guadagnò gran denari ; ma come quello,
Gto. Francesco Pennx. 35
che molto si dilettava di giuoco , man-
dando sempre ad uà medesimo passo le
perdite di quello, co’guadagni del suo
mestiere , giunto ali’ età di quarant’ anni ,
e sopraggiunto dalia morte, ebbe poco
che pensare a provvedersi di erede.
MACRINO D* ALBA
PITTORE
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIACENZA.
er divisare i periodi de’ progressi 3
che da Cimabue in qua fecero le belle
arii , e per esprimere ordinatamente tutti
i miglioramenti ad esse recati dal genio ,
e dalla bravura de’ valenti artefici , due
sono stali i mezzi da me adoperati nel
corso della presente storia ; cioè con il-
lustrar primieramente , quanto per me
MaCrino d® Alba. Sy
si h potato il meglio, le memorie già con
molla diligenza ed attenzione raccoltene
dal Baldi micci ; e secondariamente con
aggiugnere tratto tratto le notizie di tan-
ti altri professori , nati in varie e diver-
se contrade , che per F età sua provetta ,
o per altra qualunque cagione non potè
egli , o trascurò di compilare» Con questa
regola , e con questo metodo di progres-
sione, facendo, secondochè suole avveni-
re ne’ teatri , succedere alia prima deco*
razione un’ altra più splendida e appa-
rente , sono io quasi senza avvedermene
pervenuto al segno di porgere agli occhi
degli spettatovi la scena più magnifica di
tutta la rappresentazione. Ma giunto ap-
punto a questi felicissimi tempi di perfe-
zione , e sto per dire al secol d’ oro del-
ie arti , e riflettendo tulio ad un colpo
alle tenui mie forze, e alla mancanza, che
pur troppo in me conosco , d’ ogni retto-
ri co ornamento, confesso candidamente,
che più che volentieri io ritrarrei il passo
da così difficile e pericoloso cammino,
imperciocché con quale elevaziooe di stile,
e con quali proporzionate espressioni mi
farò io a ragionar di coloro , che a così
sublime grado salirono ? Quali eleganti
tocchi saprò io adoperare per tessere gli
elogj de* lumi primarj , i quali non me a
la pittura e ìa scultura, che l’architet-
tura illustrarono ? Cessi però Iddio , che
io sotto tal pretesto mi sottragga al grav#
38 Dec. III. della. Par. I. del Sec. I?.
peso , il quale , sebbene non con quella
avvedutezza , che a tale uopo richiedeva-
si , pur volli da me stesso impormi. E se
Y impiego di tulle le mie forze non baste-
rà a riuscirne degnamente, piuttosto che
defraudare gli eruditi delle notizie di al-
cun ragguardevole artefice , meglio stime-
rò di lasciar chiara apparire la mediocri-
tà mia nel ragionarne, abbastanza persua-
so , che mi si ascriverebbe a colpa, assai
più che T insufficienza , una totale e vo-
lontaria ora missione.
Capo di tutti con venerabile aspetto
mi si presenta il gran Leonardo da Vinci,
stato insieme cou tanti alisi dal nostro
Baìdinucci passato sotto silenzio, abbenchè
quegli stato sìa il primo a toccare col ge-
nio suo sublime , e colla divina sua men-
te la gloriosa meta nella perfezione prefis-
sa. Discoprì egli il primo a’ fortunati suc-
cessori il difficile cammino, che tant’ aito
avealo condotto ; cosicché dietro le mira-
bili sue fatiche , degne d’ immortai palma,
poterono poi formarsi i Saozj , i Buonar-
roti , i Sarti , e tanti altri eccellenti arti-
sti , che fiorirono in Toscana , e fuori nei
secolo decimosesto. Di questo raro arte-
fice adunque stato sarebbe qui il luo-
go di ragionare , se la non biasimevo] pre-
mura di far noto al mondo un valentissi-
mo mio nazionale, non mi astringesse a dif-
ferirne ancora le notizie per alcuni brevi
momenti. Supplico pertanto i cortesi miei
MacriiMQ iì Alea. 3g
leggitori a condonarmi in grazia dei giu-
sto amore delia patria questo lieve ritar-
do , giovandomi anzi dì sperare , eh’ essi
meco parteciperanno ia giója, ch’io prò-
vo nel poter collocare fra’ valenti artefici
di quegli aurei tempi un bravissimo Pie-
montese , e nel togliere dall’ingiusta ob~
blivione Mac ri no , cittadino d’ Alba, sta-
to sino al presente ignoto a tutti gli scrit-
tori delle arti , e che per altro cotanto
valse nella pittura , che nulla ebbe da in-
vidiare agli altri pittori suoi con tempora -
. nei.
Fiorì sul fine del decimoquinto seco-
lo Macrino , nato in Alba, città, che ol-
tre al pregio di essere , secondochè dice
Dion Cassio, la patria dell’ Impera tor: Per-
tinace , fu da’ suoi padroni per l’antichi-
tà e dignità sua in gran conio tenuta , e
par la inviolabile fedeltà de’ suoi cittadini,
e abitatori sommamente commendata. La
fatale mancanza, o sivvero la perdita del-
le memorie degli scrittori nostri di quei
tempi ci lascia ignorare , non solamente
ov’ egli avesse i principi dell’arte, ma
eziandìo ogni altra circostanza di sua vita
Anzi la memoria sua , non oaen che quel-
la di tanti altri artefici miei compatrioti ,
giacerebbe sepolta, se non avess’ egli se»
gnate di proprio pugno parecchie sue o-
pere , e se per buona di lui sorte non
fosse ia tal tempo vissuto altresì Paolo
4© Dec. III. della. Par. I. del Sec. IV.
Cerralo scrittore eccellente (i) di latine
poesie, e natio anch'egli della stessa città
d’Àiba, il quale nell’ elegante suo poema
de Virginità te , stato pubblicato colle
stampe di Parigi Panno 1528. descrivendo
nel secondo libro gli angeli, fa la seguente
onorevol menzione di questo suo valente
concittadino (2) :
. . . . nonumque feruntur in orbem
Angelici super astra elio ri ? quis laetior
aetas
Virgineos /ingiù vultus , acque ora ve*
nusta ,
Quorum edam in tenera laudares virgine
formarti ,
Nudi omnes , rutilìque comas 3 alisque
coruscis
Tedi Jium eros. Tales ohm finxisse
perennem
Macrini me mini de x tram y dura vita
manereb .
(1) Mandò fuori il Cerralo nell' an-
no i5o8 un bellissimo epitalamio per le
nozze di Guighelmo IX marchese di
Monferrato.
(2) Lib. IL pag. i3. h . ver s. £74 et
seqq.
Ma crino i>’ Alba. 41
Dal qual testo rileviamo per l' appunto , che
qualche anno prima del i52$ Macrino
era già passato da questa ad altra vita.
Facendoci ora alle sue pitture, conserva-
si nella chiesa di Santa Maria di Lucedio,
diocesi di Casale , all’ aitar maggiore una
bellissima sua tavola dipinta l’ armo i499*
nella quale rappresentò Annibale Paleoio-
go de’ marchesi di Monferrato « commen-
datore di quella badia 9 il quale ordinò
la tavola , in abito di protendano, pro-
strato a’ piedi della Vergine , come c’ in-
segna l’eruditissimo signor teologo 5 e giu-
reconsulto Giovanni Andrea Irico , cano-
nico preposto della collegiata di Trino ,
agli eruditi ben noto per le dotte sue let-
terarie fatiche. Egli adunque nella bellissi-
ma sua dissertazione sopra Santo Oglerio,
stampata 1’ anno 1745 dietro i suoi libri
delle cose della patria , parlando del so-
praddetto Annibaie Paleologo così aggiu-
gne : Hujus in Locediense lempìiim munì fi -
centiam cestalur praeclarissìma tabula ma-
foris aiae # in qua llannih aleni protonota -
ìiali habitu indutum ad beatae Virginia
Marine pedes provolutum Macrinus Alberi-
sis pinxit ; cui e tiara tabulae hacc subje -
età sunt carmina :
% Annibai illustris Ferrati Montis , eù
ingens
» Commendatarius nobile fecìt opus
42 DeC. III. DELLA. Par. T, DEL SEC; IV.
» Hoc fieri Picior Macrinus nutus in
Alba
» Auxìlium pin.xit contribuente Deo,
» MCCCCXC1X . V. septembnSy
Ma delle opere, che uscite dell’elegante
pennello di Macrinu si vedono in Alba f
accenneremo primieramente , che nella chie-
sa parrocchiale di San Giovanni degli Ago-
stiniani si vagheggiano due insigni pitture.
In una , che s’incontra al terzo aliare a
ptarte sinistra entrando in chiesa , si vede
con bella maniera disposto, e con vago
colorito , e buon disegno di pio lo il bam-
bino Gesù nel mezzo, alla destra la Vergi-
ne , San Piccola da Tolentino, e San Giu-
seppe , e alla sinistra Sani* Agostino ritto
in piedi, e che appoggia la mano manca
sopra San Girolamo, che ivi sta ginoc-
chioni , e nell’ aria tre angeli, uno de qua-
li ha nelle mani un libro, e gli altri due
suonano musicali strumenti. In piè del
quadro si legge: Machrinus faciebat 1 5oS.
Nell’ altra tavola della stessa chiesa , posta
all’ aitar primo a destra entrando , vi è
vagamente dipinta la Vergine sedente, che
tiene il Bambino sopra le ginocchia , a
dritta Sant* Agostino, e a sinistra Santa Lu-
cia. A piè del quadro vi era 1’ iscrizione ,
di cui se ne vedono ancora i corrosi fram-
menti , che piò non sono intelligibili. ]Neì-
r antica chiesa di San Francesco si ammi-
ra parimente sopra il primo altare a de-
Macrini d’ Alba. 43
Stra entrando una bellissima tavola divi-
sa in tre partimenli. In mezzo sta la Ter-
gine sedente , che nella mano sinistra tie-
ne un libro, e col braccio destro sostiene
il Bambino ignudo in piedi coli la mano
destra in atto di benedire; e a piè l’epi-
grafe : Macrimis faciebat. Ài lato destro
vi è in alto Dio padre, e a basso San Gio-
vacchioo, ^3 Sant’ Anna , che si abbraccia-
no ; e al sinistro un angelo con San Gio-
vacchino inginocchioai in atto di pregare»
A questi tre paramenti servono di latera-
le ornamento nove altri quadri più picco-
li, de’ quali un solo è di Macrino , ed è
quello di mezzo della parte superiore , rap-
presentante Cristo ignudo sino a’ lombi
fuori del sepolcro , appoggiato colle spalle
alla croce. Nella sala del consiglio del pa-
lazzo delia città conservasi un raro qua-
dro, che prima era nella cattedrale, e fu
da quel luogo rimosso in occasione , -che
dalla città fu ceduta a monsignor Carlo
Francesco Vasco, per uso de’ vescovi , ìa
cappella , dov’era situato. In esso è dipiti*?
ta Maria vergine , e il Bambino nel mez-
zo , a dritta Sant’Anna, che gli porge un
bore , e a sinistra San Giuseppe > che gli
presenta un frutto ; poste tutte le dette
ligure sotto un padiglione , sostenuto nelle
ab da due graziosi angioletti ; e a piè del
quadro è scritto pure il nome del valoro-
so artefice. Ventiquattro altri piccoli qua-
dri pure di sua mano rappresentanti varj
44 fase. TU. della Par. T. del Sec. IV.
misteri fanno corona al descritto quadro,
e sono al medesimo affissi con lamine di
ferro ; e tra essi quel di mezzo del supe-
riore ornamento è di figura semicircolare,
e rappresenta V annunziazione di Maria.
Tutte le soprannominate pitture sono so-
pra tavole di legno, benissimo conservate,
e niente danneggiale da’ tarli. Spicca in
esse un morbido e vivace colorito ; e le
figure principali sono per lo più di pro-
porzione un terzo meno del naturale, del-
le quali alcune cosi ben dipinte , che pa-
iono vive, ed animate. Sono queste opere
perciò a gran ragione con somma cura cu-
stodite da’ possessori , e tenute in conto
grandissimo da qualunque intelligente per-
sona. Mi rimane ora a parlare di un’ al-
tra pittura di Macrino , che parimente in
Alba vedesi colorita a olio sopra un mu-
ro di una casa , che gli Agostiniani soglio-
no dare in affitto, ed è posta a mano si-
nistra di chi dalla parie del Tanaro entra
nel vicolo , che conduce alla porta del
giardino de’ suddetti frati. Essa quantun-
que esposta alle piogge e a’ venti , si con-
serva a maraviglia ; e non ostante che sia-
si sedici anni fa dovuta restaurare la mu-
raglia , sopra cui è dipinta , perchè minac-
ciava imminente rovina , la riparazione pe-
rò si fece in maniera che punto non
venne danneggiata la pittura. Impercioc-
ché i padroni, ebe per qualunque modo
volevano conservarla , ordinarono, che con
Ma crino d' Alba* 45
©gai possibile diligenza si ristampasse la
muraglia interiormente, senza toccarne la
parte esteriore, il che di fata riuscì egre-
giamente , a riserva del nome dei pittore,
il quale incautamente fu coperto dì calce
dal muratore , mentre accomodava 1’ into-
naco laterale al quadro. Affermano però
parecchi (listimi personaggi di quella città
di avervi chiaramente letto il nome di Ma-
crino ; e se questa testimonianza mancas-
se, dal confronto delle altre opere dei lo-
dato pittore si scorge questa pittura esse-
re incontrastabilmente parto di suo pen-
nello. Ivi adunque si rappresenta seduta
sotto un padiglione, sostenuto in alto a’ la-
ti da due angeli, la Vergine, che tiene
sulle ginocchia il Bambino , che porge un
fiore a San Giuseppe ritto in piedi alla
dritta di lui , essendovi altresì San Rocco
alla sinistra ; e appunto sotto il piede di
quest’ ultimo era scritto il nome del pit-
tore. Inoltre l’opera è recinta tuli’ all’ in-
torno con un ornato di architettura in for-
ma di cornice. E qui non saprei io bastan-
temente encomiare la saggia condotta de’ pa-
droni della casa nel conservare questa bel-
F opera ; condotta , che siccome per una
parte serve d’infallibile prova del loro buon
gusto , ed ottima cognizione ; così per l’al-
tra reca onore grandissimo e ad essi , 6
alla loro città , che può giustamente van-
tarsi di nudrire cittadini virtuosi , i quali
si distinguono nel rispettare le belle prò-
46 Dec. III. della Par. 1. del Sec. IV,
(lozioni deli’ arte , principal mente in un
tempo , in cui in tante a lire città d' Italia
vergognosamente con inudita barbarie si
distruggono. Altra notizia si aveva di un
piccolo quadro , rappresentante un Croci-
fìsso , in cui doveva pure esservi notato il
nome di Ma cri no , ed era presso ragguar-
devole personaggio ; ora però più non si
rinvenne per qualunque usatasi diligenza,
nè si è potuto scoprire cosa siane divenu-
to. Ma io non posso più oltre dissimulare
d i esser debitore delle sovrari ferite notizie
al Signor giureconsulto Giuseppe Vernazza,
eruditissimo concittadino del nostro pitto-
re , ed amico mio prestantissimo. Possiede
questi , e gelosamente custodisce un bellis-
simo disegno fatto ad acquerello , firmato
co3 caratteri G. Machrino , dal qual dise-
gno, che pare rappresenti la favola d’Èr-
cole , e Anteo , chiaramente si scorge con
quanta forza e fierezza il valente nostro
pittore disegnava ; basti il dire, che vi so-
no de’ tocchi di carattere degni del gran
Michelangelo. Altra memoria noi non ab-
biamo di Macrino , se non se quella , che
s’ incontra in un panegirico , che porta il
titolo di Metoposcopo sacro , dei padre
maestro Francesco Maria Ferragatta Ago-
stiniano, che lo recitò in Aiba Tanno
i65g in lode de’ Santi Frootimauo, Ales-
sandro , Cassiano , Eufredo, e Teobaldo
protettori di quella città , e lo diede poi
alle stampe in Carmagnola lo stesso anno®
Màcrtno d’ Alba. 47
Egli adunque parlando de’ personaggi illu-
stri d’ AÌ ha dice cosi; (?) F'edesi fra gli altri
singolarissimo un Macrino , A pelle della
sua età , Zeusi del suo secolo 9 che ani-
mando con i colori le tele , seppe nel dar
vita a figure morte render se stesso im-
mortale. E probabile , che Macrino in Al-
ba tenesse scuola, e formasse discepoli;
congettura, che resta avvalorata dal veder-
si nelle circonvicine terre, e borghi del
Piemonte parecchie antiche tavole assai
ben dipinte, le quali, oltre che si debbo-
no riferire a qua’ tempi , tengono molto
nel disegno e nel vago colorito della ma-
niera di Macrino» Ma siccome manca in
esse il nome degli autori , ed essendo noi
pure privi di chi ce ne abbia conservate
le notizie , così trovomi io costretto con
sommo mio rammarico a lasciar sepolti nel-
1’ oblio molti arteiìci , probabilmente miei
nazionali , le opere de’ quali fanno fede
della loro virtù, e chiaramente dimostra-
no quanto essi meriterebbero di essere
celebrati.
(1) pag . zz.
43
BACCIO D’ AGNOLO
ARCHIETTO FIORENTTINO
poco pregio l’arte del legnaiuolo , se ne
elee , piuttostochè alla qualità dell’ arte ,
attribuir la cagione all’ esercitarsi essa sen-
za studio e senza disegno da persone ,
che grossolanamente vi attendono. Non
così era negli andati tempi , in cui , chi
quella intraprendeva , applicando prima
seriamente al disegno , riusciva persona
d’ invenzione, e capace a condurre opere pre-
gevoli ; onde spesse volte poi i’ operajo *
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIAGENZA,
nostri bassa § e di
Baccio d9 Agnolo. 49
nei disegno sempre più rinforzandosi »
s’innalzava ad esercizio più nobile, come
per cagiou d’esempio alla scultura, ovve-
ro all' ar ohi lettura. Ciò seguì per appun-
to in Baccio d’ Àgnolo , di cui qui pren-
do a compilar le notizie, il quale dall’ in-
tagliare in legno , in cui era eccellentissi-
mo , passò poi a professare 1’ architettura.
Egli era nato in Firenze 1’ anno 1460 , e
nella sua prima gioventù lavorando elegan-
temente di rimessi , ebbe a fare in Santa
Maria Novella l’ornamento dell’ altare 9
divisato con giudizio , e beli’ industria ,
non inferiore a quella , che spicca nel ma*
raviglioso organo ordinato dalla repub-
blica con suo disegno. Aveva egli pure la-
vorato r ornamento dell’ aitar maggiore
della Nunziata; opera stimatissima per l’in-
taglio in legno del nostro Baccio , per le
pitture di Pietro Perugino, e pel Crocifìs-
so del Sangaììo, e che fu totalmente di-
strutta , non senza biasimo giustamente in-
corso da’ Fiorentini , i quali permisero ad
Alessandro e ad Antonio de’ Medici , fi-
gliuoli di Vitale Ebreo fatto Cristiano, d’in-
nalzare sull’ aitar maggiore spogliato de’ve-
insti pregevoli ornamenti il ciborio vera-
mente ricchissimo d’argento che vi si vede.
Infinite altre cose pubbliche e private fe-
ce Baccio in Firenze, finché invogliato di
essere architetto si portò a Roma per im-
pararne V arte sugli autichi monumenti ;
onde tornato poi in patria vi ebbe a con-
Baldinucci Voi . VII . 4
5o T)ec. III. ©ella Par, I. del Sec. IV.
durre per l’entrata di papa Leon X in
diversi luogi archi trionfali di legname.
Date dunque alquante riprove del saper
suo in tal genere , cominciò ad essere in
credito in Firenze ; cosicché fu fatto capo
di alcune delle più magnifiche fabbriche ,
che ivi s’ innalzassero. Col Cronaca , e con
altri valenti architetti fu consultato per la gran
sala di palazzo, ove lavorò di sua mano
in legname F ornamento della tavola , che
•vi abbozzò frate Bario! ommeo ; ed ivi pu-
re in compagnia degli altri fece la scala ,
che dà l’accesso a detta sala, col suo ador-
namento di pietra molto bello, con le
colonne di mischio, e con le porte di mar-
mo. Con tutto ciò non volle egli però mai
abbandonar la bottega , in cui si raduna-
vano a conversare, massimamente nel ver-
no , i più egregi artisti d’ allora , fra i qua-
li il gran Raffaello , il Sansovino , il Ma-
jano , il Cronaca, i fratelli Sangalli, il
Granaccio , e qualche volta ancora Michel-
angelo , insieme con molti altri buoni in-
gegni Fiorentini , e forestieri. In Guaifon-
da disegnò a Giovanni Bartolini un giar-
dino , posseduto ora dal marchese Riccardi.
Sulla piazza di Santa Trinità per Io stesso
Rartoìini fece un palazzo con ornamento
di finestre quadre co’ suoi frontespizj , la
cui porta veniva arricchita da colonne , che
reggevano 1’ architrave , fregio e cornice.
Ma per essere quello il primo edifizio, che
in tal gusto si fabbricasse in Firenze , do-
BOCCIO D* ÀGNOLO. 5t
vette soffrire le strida che pur troppo
le novità sogliono portarsi dietro» Si sca»
gliarono pertanto contro Baccio tutti i Fio-
rentini , biasimando altamente il disegno
non solamente con parole , ma eziandio e
con sonetti , e con filze di frasche , appic-
cate alla fabbrica , come si fa nelle feste
alle chiese, per mostrare con ciò, che più
somigliava a un tempio, che ad uo palaz-
zo. lì povero architetto fu quasi per uscir
di cervello ; tuttavia parendogli di avere
imitato il buono, si fece cuore, e stette
saldo ; anzi per ribattere con pungente sa«
tira i motteggi , che gli erano dal popolo
Fiorentino lanciati , intagliò nel fregio del-
la porta in lettere ben majuscole : Carpa «
re promptius , quam imitavi » Egli è vero
però , che Baccio non ebbe il giudizio di
adattare a questo palazzo un proporziona-
to cornicione. Imperciocché quello , che vi
pose, quantunque Y avesse egli copiato da
un bei frontespizio antico, ch’era in Ro-
ma negli orti del Contestabile , e eh’ eb-
be poi la stessa sorte di tante altre anti-
chità , cioè di essere demolito , non aven-
dolo saputo con giudizio accomodare nelle
proporzioni alla fabbrica , riuscì tanto ma-
le , che peggio non vi potrebbe stare , fa-
cendo la figura medesima , come se ad
un capo di un fanciullo si volesse apporre
un cappellaccio di un uomaccione, Diede
poi disegni di molti altri palazzi, e fra
essi a Pier Francesco Borgherini quello deh
$2 Dec. III. della Par. T. del Sec. IY.
la sua casa in borgo sant’ Apostolo , fa-
cendovi con molte spese gli ornamenti del-
le porte, e de’ cammini bellissimi; e par-
ticolarfriente in una camera vi lavorò per
ornamento cassoni di noce pieni di putti
intagliati con tanta diligenza e perfezio-
ne, che simile si stenterebbe a condurre
in oggi. Al medesimo disegno la villa sul
poggio di Bellosguardo , che sebbene costò
gran somma , riuscì però bella , e comoda
grandemente. Afferma il padre Ricba (i),
che d' invenzione di Baccio sia la chiesa
di San Giuseppe de’ minimi , ripartita in
tre cappelle per lato, tramezzate da pi-
lastri Corintj di pietra serena , con un cor-
nicione , che rigirando tutta la fabbrica
apporta grandissimo adornamento; e do-
veva, secondo il disegno , essere accresciu-
ta ancora con due grandi cappelle a’ lati
dell’ aitar maggiore ^ con le quali avrebbe
poi avuta la bella e lodevole forma di croce.
La suddetta nuova chiesa si aprì per la prima
volta a’ 19. di maggio Tanno 1819 Molti
furono i campanili per le chiese di Firen-
ze inventati da Baccio , nel qual genere
di fabbriche egli aveva un gusto e talen-
to particolare. Ne basti per prova il cam-
panile di santo Spirito, forse il più bello
fra tutti i campanili , che fu pur fatto da
fi) Tom. I. pag. 180.
Baccio d’ Agnolo. 53
Baccio , insieme a quello di san Miniato
a Monte , lavorato con tanta sodezza , che
potè resistere a’col pi d’artiglieria, co’quali fu
battuto dai campo del principe d’ Oranges,
quando assediò Firenze nel iòzl); onde ri-
mase non meno famoso per le offese latte
a’ nemici , che per la bontà e bellezza ,
con cui fu fabbricato. Il lodatissimo padre
Richa (i) ricavò da un libro, che contiene
le spese per la fabbrica del campanile
de’ monaci di san Michele degli Aotinori ,
che detto campanile nel iSiy. fu rìedifi-
cato col disegno di Baccio, quale in oggi
si vede ; e porta opinione altresì (a) , che
quello della chiesa di sant’ Apostolo , che,
quantunque sia ben alto, compare al-
quanto basso a motivo de’ palazzi, i qua-
li lo circondano, sia aneli’ esso opera del
nostro architetto , tale ravvisandolo egli
dalla somiglianza , che ha con gli altri
fatti dallo stesso autore ; ed è parimente
magnifico negli archi, nelle finestre, e nei
cornicioni. Per ì’ entrata in Firenze di
Carlo V. 1’ anno i536 fece egli in compa-
gnia di Giuliano suo figliuolo un arco
trionfale , descritto dal Vasari nelle pitto-
riche, ch’era posto nel mezzo della cro-
ciera , che volta a san Felice in piazza ,
doppio , e lavorato da tutte due le bande,
54 Dec. Ili della Par. I. del Seg, IV.
arricchito di storie e trofei, eoa quattro
colonne scanalate , e suo architrave , fre-
gio, e cornicione d'ordine Corintio, inta-
gliato tutto di legname superbamente. la
compagnia di Antonio vecchio da Sangal-
3o con begli ordegni cavò dall’ opera di
santa Maria del Fiore, condusse alla piaz-
za , e mise in opera F Ercole gigantesco
del Bandinella E qui dovrei io terminare
Y elogio dì Baccio , tacendo i due fatti se-
guenti , che per verità recano poco ono-
re alia memoria di lui , se lecito fosse al-
io storico il nascondere alcuna delle veri-
tà a lui note. L’uno fu, quand’egli per
parte de’ consoli si presentò in confronto
di Michelangelo , che faceva le parti dello
scultore , a stimare le famose statue di
bronzo, che sono sopra la porta del bat-
t isterie , lavorate divinamente da Giovati
Francesco Rustici. L’ altro fu , quando per
eseguire di suo disegno il ballatojo della
cupola di Santa Maria del Fiore , ebbe
F insolenza di tagliar le morse , che non
senza proposito aveva lasciate fuori il Bru-
nellesco , relative al proprio disegno. Il
qual ballatojo, siccome si è accennato nel-
la vita del Bruneliesco , non potè egli
sorpreso dalla morte mettere io esecuzio-
ne , rimanendo soltanto il disegno nell’ o-
pera,dove come una reliquia avrebbe dovuto
essere conservato, perchè parto della men-
te delio stesso autore della famosa cupola.
E pure , chi ì crederebbe? Pochi anni ap-
Baccio d’ àgnolo. 55
presso per la balordaggine e stupidità
ae’ miaistri più aoa si rinvenne. Baccio
dunque si fece innanzi col suo modello ,
il qual venne approvato , ed egli già ne
aveva messa in opera i’ ottava parte , cioè
quella che si vede verso il canto de’ Bi-
scheri, quando per buona fortuna giunse
da Roma Michelangelo, e fece di ciò tan-
to rumore, che si restò di lavorare. Dis-
se egli allora , che il baliatojo di Baccio
pareva uia gabbia da grilli , e che quel-
la gran macchina richiedeva cosa maggio-
re , e fatta con altro disegno , e con al-
tra grazia ; e che perciò mosterrebbe egli,
come si avesse a fare. Parrà forse a talu-
no , che ad una simile proposizione del
gran Michelangelo nulla più vi sarà stato
da replicare, e che, senza nè pure ag-
giunger parola , a lui sì sarà coni messo
V iucarico deli’ opera. Ma la cosa non an-
dò così; perchè presentato eh’ ebbe Mi-
chelangelo il suo modello , si contese lun-
gamente sopra esso fra molli artefici , e
cittadini davanti al Cardinal Giulio de’Me-
dici , il quale dopo avere avuta la bea-
tanza di sentir disputare , qual de’ due si
dovesse preferire, se Michelangelo, o Bac-
cio , nulla conchiuse , e la cupola restò
per sempre senza il baliatojo. Vuole il Va-
sari , che Baccio attendesse anche a fare
i pavimenti maravigliosi di santa Maria
del Fiore; ma il senator Nelli, ed il Ci-
nelìi attribuiscono quello della navata di
I
56 DEC. HI. DELLA P 4.R, I. DEL SeC. IV.
mezzo a Francesco da Sangallo (i). Sicco-
me però lungo tempo s’ impiegò nel lavo-
ro de’ diversi pavimenti di marmo di quel-
la chiesa, così vi avranno avuto parte di-
versi artefici , e fra essi forse Baccio di
Agnolo ancora. Seguitò , finché visse , il
nostro artefice ad aver cura di moltissime
fabbriche per cittadini dentro e fuori di
Firenze , e in particolare di tutti i prin-
cipali monasteri e conventi della città.
Finalmente condottosi sano di mente 6Ìno
agli anni 83, pagò il dovuto tributo |alla
natura nel 1S43 , e fu interrato in san
Lorenzo da Giuliano, Filippo, e Domeni-
co suoi figliuoli , che tutti e tre attesero
all’arte dell’intaglio, avendo Giuliano
altresì professata specialmente l’architettu-
ra 9 come si dirà ai suo luogo.
(1) Richa tom. VI. pag, 124»
57
FRANCESCO MORONE
PITTOR VERONESE
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIACENZA.
Fa figlio di Domenico, Francesce
Morone , nato aoch’ egli in Verona , ove,
appresi dal padre suo i principj della pit-
tura , riuscì in breve maestro assai miglio-
re , e venne universalmente lodato per la
bella maniera di disegnare e di colorire.
Stimatissime erano le pitture di Francesco
in Santa Maria iu organo , in Sau Berna r-
58 Dec. III. della Far» I. del Sec. IV,
dino , ed in altre chiese di Verona, che
ora più non si vedono , avendo dovuto
per la loro antichità cedere il luogo ad
altre più moderne. Quelle per altro , che
tuttora si conservano , rammentateci dal
Maffei , e nella ricreazione pittorica di
quella città , sono le seguenti. In San Ber-
nardino de’ minori osservanti all’ aitar
grande ii quadro con la Vergine , ed altri
Santi ; e la tavola nella cappella a destra
entrando. Nella cattedrale ali’ aitar del
Salvatore colla croce sulle spalle i Santi
Jacopo e Giovanni ; figure , che il Vasa-
ri dice essere di tanta bellezza e bontà ,
quanta più non si può desiderare. In San-
ta Maria in organo di tante belle pitture,
che vi erano , si conserva soltanto nella
cappella di Santa Croce il fregio dipinto
a colonnati con sacre istorie. AH’ isola del-
la scala nella chiesa de' minori osservanti
si vedono quattro Santi della loro religio^
ne con la Vergine in alto. Fece France-
sco molte altre opere da se , e in compa-
gnia di Girolamo dai Libri suo amicissi-
mo , le quali più non esistono ; onde non
occorre farne altra menzione. Gonchiude-
rò bensì col Vasari , che questo pittore
diede alle opere sue grazia , disegno , li-
mone , e colorito vago e acceso, quanto
alcun altro. Fu in quanto a’ costumi tan-
to dabbene e religioso , cbe mai non gii
si udì uscir di bocca parola meno che
Francesco Morone. 5g
onesta. Finalmente dopo anni 55 di vita
morì a’ i6 di maggio del iS^g , e
fa sepolto in San Domenico accanto ai
padre.
6o
FRA GIOVANNI
DA VERONA
MAESTRO DI TARSIE, E D’INTAGLI
Gl UN T A
DI
GIUSEPPE PIACENZA.
IVXouaco ^ o laico della religione
Olivetana fu Giovanni da Verona, somma-'
mente dal Vasari sopra ogni altro commen-
dato nel lavoro di tarsie, specie di musaico
fatto con legni di varj colori commessi.
M ncò universalmente in oggi questa bel-
lissima arte, nella quale fra Giovanni
non solo lavorò eccellentemente , ma eh-
Fra Giovanni» 6r
be il merito ancora di darle nuovo essere,
trovando il modo di colorire in diverse
maniere i legni con tinte bollite , e con
oli penetrativi , lumeggiando , ed ombreg-
giando le storie in guisa , che vi si scor-
ge il vicino, e il lontano, come nella
pittura; superiore anche in ciò a coloro,
che lo precedettero , e che solo avevano
impiegato il nero e il bianco pe’ lor la-
vori. Molte opere di lui rimasero in Ro-
ma al palazzo Vaticano nelle stanze parti-
colarmente dipinte da Raffaello, nelle qua-
li per far le spalliere di pregio corrispon-
dente alla pittura , fece papa Giulio II.
andare a Roma il nostro fra Giovanni y
che vi lavorò non solo le dette spalliere
all’ intorno, ma uscj bellissimi altresì, e
sederi in prospettive ; il che tutto procac-
ciò al nostro artefice grazie, onori e pre-
mj dal Pontefice. Ed è un danno vera-
mente , che alcune di queste per negli-
genza ora sieno andate a male. Ornò fra
Giovanni co’ suoi lavori il coro di Monte
Oliveto di Chiusuri , quel di San Bene-
detto di Siena , e la sagrestìa di Monte
Ofiveto in Napoli. Le opere però , eh’ ei
lasciò in Verona nella sagreslìa di santa
Maria in organo, così d’ intarsiature come
d’ intagliar di rilievo , e che condusse nel
1499 ’ superano tutte le altre , e mostra-
no sin dove in così fatti lavori possa ar-
rivare l’ ingegno. Sono esse dopo sì lungo
tempo conservatissime, Ivi degno di lode
02 DEC. III. DELLA. Par. I. DEL SeC. IV.
particolare è parimente il grandissimo Can-
deliere di noce pel cereo , lavorato d’ in-
taglio con tre festoni di frutti , e foglie ,
che ricadono , e sono così naturali , che
superano ogni credenza. Meritò egli dun-
que di essere , come fu «, con grandissimo
onor tenuto dal suo ordine religioso, fin-
ché morì d’ anni 68 nel i53j. Ed era al-
tresì di dovere , che io seguendo il Vasa-
ri, e il Maffei, facessi qui particolar men-
zione della rara virtù di fra Giovanni, le
cui orme battendo gii altri maestri , che
lo seguitarono, furono in caso poi di fa-
re in questo genere di lavoro opero rare,
e pregevoli.
GIROLAMO DAI LIBRI
PITTOR VERONESE
63
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIACENZA.
Eibbe Francesco dai Libri il vec-
chio , per figliuolo Girolamo, che riuscì
molto miglior pittore del padre. Nacque
egli nel 1472 , e posto in tenera età dal
padre alla pittura , giunto appena al se-
dicesimo anno fece un quadro in santa
Maria in organo , che servì di prova in-
contrastabile delia sicura sua riuscita nel«
64 Bec. IIL della Par. I, del Sec. IV.
l’arte. Nello scoprirsi un sì bel dipinto
del giovane pittore tale fu la maraviglia
del pubblico , che ognuno corse a gara
ad abbracciare il padre , e a rallegrarsi
con esso lui del raro merito del figlio.
Inanimito pertanto Girolamo dalle lodi,
che gli venivano date, intraprese con mag-
giore impegno altre opere ; e fra esse ia
San Paolo , detto San Polo , alla cap-
pella maggiore fece la Vergine , ed
il Bambino , ed altri Santi. In San-
t’ Andrea dipinse esso Santo con San
Pietro. In San Giorgio delle monache Ago-
stiniane alla sinistra lavorò il quadro di
San Lorenzo Giustiniano con la Vergine ,
un Santo vescovo a basso, ed angeli; e
ciò fu Tanno iò^g, Nella suddetta chiesa
di Santa Maria in organo è opera sua il
piccolo ovato sopra il quadro dell’ aitar
maggiore ; e sua pure ivi crede il Maffei
la pittura della volta. Nella stessa chiesa
ad altro altare fece il quadro , in cui è
la Madonna , San Bartolommeo , ed altro
Santo, e setto sono tre angeli in atto di
suonare. Molte altre pitture esistevano in
quella chiesa , ma ora furono levate per
collocarne delle più recenti. Ne’ contorni
di Verona alla chiesa di San Leonardo
de' canonici regolaci dietro T aitar maggio-
re si conserva la maravigli osa tavola del-
la Vergine con quattro Santi , e -un
oltre ogni dire bellissimo , in cui è
paese
degno
Girolamo dai Libri. 65
di particolar lode un albero, che si cre-
de un lauro, e ad esso pare appoggiata
una seggiola , sopra cui posa la nostra
Donna. E perchè i rami deli’ albero, che
non sono molto folti , si avanzano assai
sopra la seggiola, vi si distingue fra essi
un’aria chiara, e bellissima. Infinite sono
le lodi , che dà a quest’ albero il Vasari ,
narrando, che molte fiate si videro vola-
re uccelli ad esso , per posarvisi sopra, e
massimamente rondini, che avevano i oi-
di nelle travate del tetto. Di simile acci-
dente cita egli , oltre altre persone degnis-
sime di fede , per testimonio di vista il
padre don Giuseppe Manginoli Veronese ,
stato due volte generale di quell’ ordine,
uomo incapace di affermare cosa , che ve-
rissima non fosse. Agli Olivetani di Ron-
cano va nel coro vi è del nostro pittore la
Vergine col bambino , e co’ Santi Filippo
e Giacomo. In Lavagno alle Mezzane di
sotto si conserva a lato dell’ aitar maggio-
re la Vergine sedente, e a basso San Pao-
lo e Santa Caterina ; essendovi ivi pure
alcuni ritratti della stessa mano. Oltre il
dipingere , miniò Girolamo con bravura
ed eccellenza superiore ad ogn’ altro , che
dell’età sua fosse in Lombardia, e nei
Veneto stato. Fece perciò in tal genere
molti libri pe’ monaci di Montescaglioso
ne! regno di Napoli, per que’di Santa
Giustina in Padova , e molte opere in Ve-
rona per Santa Maria in organo , e pei
Baldinuccì Voi . VII . 5
V
66 Dec. III. della Par. I. delSec. IV.
monaci negri di San Cazzano. Ponessi in
persona , ii che non volle mai fare in ve-
runo altro luogo , a Candiana , ricco mo-
nastero de' canonici regolari di San Salva-
tore , a lavorare di minio molte bellissi-
me cose. Ed appunto , mentre colà dimo-
rava , da lui apprese i primi principi del
miniare don Giulio Clovio, che riuscì poi
miniatore eccellentissimo , e ch’era frate
in quel luogo , come si dirà più oppor-
tunamente nelle sue notizie. In Verona
operò pure per li frati di San Giorgio ; e
pel loro priore don Giorgio Caccìamale
Bergamasco laverò di minio una stupendis-
sima carta, che fu la migliore di tutte
l' opere sue. Rappresentò sopra la mede-
sima il paradiso terrestre con Adamo ed
Èva cacciati dall’ angelo , che gl’ insegui-
sce coda spada , non potendosi bastante-
mente esprimere, quanto sia grande e
bella la varietà degli alberi , de’ frutti ,
de’ fiori , degli animali , degli uccelli , e
delle altre cose tutte. Usò il priore per
questo bel lavorìo infinite cortesìe a Giro-
lamo , e gli donò in regalo sessanta scudi
d' oro. Faceva Girolamo i fiori con tanta
diligenza, che veri parevano, e naturali;
e contraffaceva altresì maravigliosamente
cammei piccoli , pietre , e gioje intagliate,
e piccole figure , nelle quali , non ostante
la estrema Jor picciolezza , si distinguono
latte le membra , e tutti i muscoli così
bene , che appena si può credere da chi
Girolamo dai Libri. 67
non n’ ò spettatore. Morì finalmente Giro-
lamo Tanno i555 a’due di luglio in età d* ot-
tanta tré anni , e fu sepolto in San Nazza-
rio nelle sepolture della compagnia di Sau
Biagio. Fu persona molto dabbene , con-
dusse vita innocente, nè mai ebbe lite,
nè travaglio con veruno. Lasciò varj figli-
uoli , e fra essi uno , che fu chiamato
Francesco, di cui, perché attese all* arte,
ne darò a suo luogo le notizie.
68
GIOVANNI BATTISTA
DA VERONA
SCULTORE
JiJ; T *
Gl UN TA
DI
GIUSEPPE PIACENZA.
Ho io qui voluto far memoria di
Giovati Battista da Verona scultore , quan-
tunque di esso niuua altra notizia io ab-
bia rinvenuta , fuorichè quella , che nel
Vasari s’ incontra per accidente nella vita
di Liberale, ove dice, che Giovan Battista
prima di passare in Mantova , dove ebbe
stanza , aveva fatto per monsignor Giovan
Giovanni Battista. 69
Matteo Giberto vescovo di Verona un Cro-
cifisso di rilievo bellissimo , stato posto
nella cappella del palazzo episcopale di
detta città.
1°
GIOVANNI BUONCONSIGLI
PITTOR VICENTINO
GIUNTA
D X
GIUSEPPE PIACENZA.
Tarasse questo pittore l’origine sua
da Vicenza , e si accostò nell’ arte anch'er
gli di molto alla maniera de buoni mae-
stri , che allora fiorivano. In Vicenza sua
patria nella chiesa di San Bartolommeo
de’ canonici Lateranesi si vede di sua ma-
no Cristo morto, con la Madre che pian-
ge $ e San Giovanni, e Santa Maria Mad-
Giovanni Buonconsigli. ji
dalena ; con di pia tutte le pitture dei
secondo altare a mano sinistra, eccettuata-
ne solo la tavola esprimente la presenta-
zione al tempio. Pertossi poi il Buoncon-
sigli in Venezia , dove sempre lavorò ; ed
in San Giovanni e Polo esiste anche in
oggi un quadro appeso ad un pilastro di
là dal pulpito, e in esso rappresentò San
Tommaso d’ Aquino , che insegna , e di-
sputa sedente in cattedra , avendovi anche
fatta una lodevole prospettiva di casamen-
ti. In San Cosimo della Giudecca , nella
cappella a sinistra deli1 aitar maggiore, di-
pinse una singoiar tavola con nostra Don-
na sedente in alto , e Gesù bambino in
braccio sotto ad una volta lavorata con
begl’ intagli , e dalle parti sono i Santi
Cosmo e Damiano in veste ducale , San
Benedetto , Santa Eufemia , Santa Dorotea
e Santa Tecla; e nel sedile delia Vergine
scrisse : Joannes Bonconsilius Marescal-
ca de Vicenda 1497. ^ finalmente in
San Jacopo delio dall’ orio è sua opera la
tavola di San Sebastiano con San Loren-
zo , e Saa Rocco.
72
ARISTOTILE ALBERTI
ARCHITETTO BOLOGNESE
I
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIACENZA.
jA ristorile Alberti nell’ abecedario
pittorico vieo posto, non so per qual mo-
tivo, sotto il nome di Ridolfo Fioravan-
ti Bolognese, detto Aristotile. Valse molto
nell’ architettura , e per la meccanica par-
ticolarmente fu di que' rari geuj3 che ogni
tanti secoli scappan fuori , come prodigj ,
per essere universalmente ammirati. Tras-
Aristotile Alberti. 78
portò pertanto nel 1455 in Bologna (1)
un campanile con tutte le campane da
Santa Maria del Tempio , detta da’ Bolo-
gnesi la Magione , ad altro luogo distante
35 piedi, A Cento dirizzò il campanile
della chiesa di San Biagio , che pendeva
cinque piedi e mezzo. Chiamato poi ai
servigj del Re d’Ungheria * rifece i ponti
sul Danubio , e operò tante altre cose
xnaravigliose , che venne da quel grato Re
dichiarato cavaliere con privilegio di bat-
ter monete col proprio nome, ed impronto®
658.
(1) Masini Bologna perlustr. pag.
74
FRANCESCO TACCONE
P1TTOR CREMONESE
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIACENZA.
In niiia luogo ho io potuto incon-
trare nè pure il nome dei presente pittor
Cremonese , fuorichè nel libro della chie-
sa ducale di San Marco (i) , in cui , do-
ve si parla dell’ organo a mano sinistra .
(i) Tom. II. pag. 94.
Francesco Taccone. 75
trovasi la notizia , che le portelle di esso
sono state dentro e fuori dipinte dal
Tacconi, che vi lasciò scrino il proprio
nome; leggendovisi chiaramente la seguen-
te inscrizione: O. Francisci Tachoni Cre-
mori. pii. »49° dia// 24. Ivi adunque rap-
presentò nella parte esteriore la natività
del Signore coir adorazione de’ Magi , e
al di dentro la risurrezione, e Y ascensio-
ne al cielo.
76
DAVID DEL GHIRLANDAIO
P ITT OR FIORENTINO
GIUNTA
ì .
D I
GIUSEPPE PIAGENZA.
David, che fu figliuolo di Tomma-
so di Currado de’ Bigordi , e fratello per-
ciò di Domenico del Ghirlandajo, nacque,
secondo il Manni (1) , iieH’ anno stesso,
in cui nacque il fratello suo Domenico ,
cioè nel 1401. Attese , finché visse il fra-
tello Domenico, all’arte della pittura, e
a suo tempo, giusta il lodato autore, si
(1) Opusc. Caioger. tom. XLV.
David del Ghirlandaio. 77
accasò con Caterina di Matteo del Gabar-
ra del quartiere di Santo Spirito , il qual
sedette de’ signori l’anno 1482, iodi eoa
Tomraasa di Luigi Morsi. Che Davidde
contrattasse matrimonio con Caterina di
Matteo di Antonio del Gaburra lo ricavo
anch’ io da un manoscritto della Maglia-
Lecbiana , in cui si cita altro manoscritto
della Strozziana lib, K 1209 a car. 428 ,
nel quale ultimo vi è il suddetto contrat-
to. Narra il Vasari , che Davidde aveva
buonissimo ingegno , e che avrebbe po-
tuto nelle cose dell’arte battere con glo-
ria eguale le orme di Domenico , se non
si fosse sviato , dopo la morte del fratel-
lo , dal dipingere , stillandosi il cervello
presso il musaico. Prima però di volger le
spalle alla pittura, fini in compagnia del-
r altro suo fratello Benedetto molte cose 9
che Domenico aveva lasciate alla morte
sua imperfette . e particolarmente la tavo-
la dell’ aitar maggiore di Santa Maria No-
vella , ed altre pitture in essa chiesa , che
ora più non si vedono. Attribuisce il Va-
sari la non curanza di Davidde per la pit-
tura , e la poca volontà di operare allo
essere troppo bene. Non ostante però Da-
vidde andò sempre lavorando qualche co®
sa di musaico, e io tal genere fece sopra
un grosso quadro di noce una Madonna
sedente sopra una spezie di trono col Bam-
bino in collo, e due angeli a’ lati in atto
di adorazione. Trovasi quest’opera in Pa-
78 Dec. III. della. Par. I. del Sec. IV.
rigi , stata ivi portata , dal presidente di
Ganè (1) , poi cancelliere di Francia , il
quale ne aveva fatto acquisto in Firenze ,
quando ivi passò al seguito di Carlo Vili,
che portavasi alla conquista del regno di
INapoli. E alta circa cinque piedi Parigini,
e larga tre e mezzo. Il fondo è in oro ;
e in caratteri messi parimente d’ oro vi è
scritto a basso : Domìnicus Joann.es de
Ganai presidens Parìsiensis prirnus ad -
duxit de Italia Parisium hoc opus mo sai-
cu m. E sopra il quadro in marmo nero
si legge r Opus tnagisbri David Fiorentini
MCCCCLXXXV L IN alla però vi è di
singolare in questa opera, fuorichè V esse-
re ella il primo musaico, che siasi veduto
in Francia , e F essersi conservato , come
se fosse fatto presentemente. Essendosi poi
Davidde stabilito in Moatajone, castello di
Valdeisa , per aver quivi comodità di ve-
tri, di legnami , e di fornaci , vi lavorò
molte cose in vetri , e musaici , e parti-
colarmente alcuni vasi , che furono dona-
ti al magnifico Lorenzo vecchio de’Medici,
e tre teste , cioè de’ Santi Pietro e Lo-
renzo , e di Giuliano de’ Medici in una
tegghia di rame , le quali sono oggi nella
guardaroba del Duca. Tuttavia, se pare,
che sia da biasimarsi Davidde , per non
aver voluto attendere alla pittura , dall’al-
(1) In Francese Ganai.
David del Ghiblàndàjo. 79
Irò canto però si acquistò lode grandissi-
ma , per avere in essa con ogni studio
incamminato il suo nipote Ridolfo , figli-
uolo di Domenico , rimasto a custodia di
lui , e il quale era giovane dotato di bel-
lissimo ingegno ; onde coll’ ajuto di tutti
i comodi , eh’ ebbe dal zio , divenne poi
valente professore. A questo proposito ri-
cavo io da un manoscritto della Maglia-
bechiana , che Davidde di Tommaso di
Corrado de’ Bigordi addì i5 di gennajo
del i5i2 fece testamento rogato da ser
Rosso di Francesco del Rosso , e che in
esso instimi erede Ridolfo di Domenico
de’ Biordi pittore suo nipote. E siccome
David era stato grandemente amato da
Domenico, a cui egli aveva sempre cor-
risposto , e cara ne aveva perciò ancora
la memoria, vedendo risorgere in Ridolfo
la virtù di Domenico, ne aveva quel buon
vecchio inesplicabile contentezza , e rin-
graziava Dio di essere vissuto sino al se-
gno di avere sì fatta consolazione. Final-
mente giunto agli anni setlantaquattro 3
mentre si apparecchiava l’anno 1025 per
incamminarsi verso Roma a prendere il
giubileo , si ammalò , e morì , e dal suo
nipote Ridolfo ebbe sepoltura in Santa
Maria Novella nel luogo stesso , in cui
giacevano le ossa degli altri di sua famiglia
do
BENEDETTO
DEL
GHIRLANDAIO
PITTORE FIORENTINO
GIUNTA
DI
GIUSEPPE PIACENZA.
Fu fratello di Davidde Benedetto
del Ghirlandajo ; attese anch’ egli alia pit-
tura , essendo pure dotato di bellissimo
ingegno» Ma la vivacità sua fu cagione,
ch’egli sviandosi dal lavoro, andasse alcun
tempo vagando. Si fermò poscia parecchi
anni io Francia ; donde , dopo aver lavo-
rato e guadagnato assai , tornò a Firen-
ze con molti privilegj , e doni avuti da
quel Re i« testimonio e guiderdone deh
Benedetto del Ghirlandàio? 8i
la sua virtù. Il signor Marini dice > che
Benedetto nacque nel 1458 « e che , fatto
testamento nel 1497 > poco tardasse a mo-
rire ; giacché la Diamante vedova di lui
si rimaritò nel 1499 a ser Giovanni di
Guasparri da Montevarchi, e fu poi ma-
dre del celebratissimo istoriografo Bene-
detto Varchi ; da che ne verrebbe per
necessaria conseguenza , che il nostro Be-
nedetto avrebbe vissuto soli anni quaran-
ta. Il Vasari per altro fa vivere Benedetto
anni cinquanta , e dice , che in tal età
morì dopo avere atteso non solo alla pi t tura 5
ma alla milizia ancora.
Bai dinucci Voi , VIL
6
8z
JAGOMONE
DA FAENZA PITTORE
Discepolo di Raffaello da Urbino 9
fioriva circa al i53o.
Ne, tempo , che Raffaello Sanzio da
Urbino coll' opere maravigliose del suo
pennello spargeva in Roma , e per tutto
il mondo fama di se , come di artefice
rarissimo , o per dir meglio f unico nell’
arte della pittura , venivan da tutte le
parti richieste sue pitture : e quelli , ai
quali non toccava in sorte di ottenere o-
rigiuali di sua mano , si affaticavano per
averne le copie , delle quali oggi molte si
veggiono in ogni luogo; onde era necessario ,
Jacomone da Faenea. 83
che alcuni giovani della sua scuola, mentre
studiavano dalle pitture di lui , in un
tempo stesso soddisfacessero a coloro , che
tali opere addimandavano. Uno di questi
j fu Ja co mone della città di Faenza, il qua-
le mentre visse Raffaello molte ne fece ,
e forse anche dopo , e con tale studio
fc il mente si approfittò , che potè esser di
non poco giovamento nell’ arte a Taddeo
Zuccheri , il quale dopo che stracco dal-
le noje e dagli strapazzi ricevuti da gio-
vanotto nella casa di Gio. Piero Cabrese,
stato in Roma suo primo maestro , con
esso Giacomone si accomodò. Molte anco»
ra furono le opere inventate da Giacomo-
ne , e particolarmente in Faenza , dove
alcune se ne veggono fino delPanno ihyo.
ed io le porterò in questo luogo, secondo
la notizia avutane dal Conte Fabrizio La-
derchi di quella città , Cavaliere di reli-
giosi costumi , esperto nelle buone arti , e
dotato di tutte quelle rare qualità , che
posson desiderarsi in un suo pari : il qua-
le , mentre io scrivo , dopo alcuni anni di
servizio di Gentiluomo delia Camera del-
la gloriosa memoria del Serenissimo Car-
dinal Leopoldo di Toscana , che molto
amava la sua virtù, è nella stessa carica
passato a servire il Serenissimo Principe
Francesco. INella Chiesa dunque de’ Padri
Domenicani sono di sua mano la Vergine
Annunziata, due Profeti, ed alcune storie
del Testamento Vecchio : e nel refettorio
84 Dec. HI. della. Par. I. del Sec. XV.
de’ medesimi eran dipinti molti Santi di
quell’ ordine, i quali, a cagione dell’ umi-
dità di quel luogo, sono andati male. Nel-
la Chiesa di San Giovanni Evangelista dei
Padri Agostiniani dentro al coro è dipin-
to lo stesso santo : e all’ aitar maggiore
una Santa Maria Maddalena , che dagli
angeli è portata in cielo : e vi è San Gi-
rolamo e’ì beato Giovanni Colombino. Al-
1’ aitar maggiore della Chiesa del Paradi-
so una Madonna con Gesù, San Giovam-
hatista , e San Francesco : e in San Pietro
Celestino pure all’ aitar maggiore è di sua
snano un San Giovanbatista , che mostra
il Cielo ad un Monaco , che gli sia vici-
no inginocchioni con San Giovanni Evan-
gelista , San Matteo , Sau Pietro Celestino,
€ San Benedetto. Nella Chiesa di San Gio- j
vanni è la creazione di Adamo ed Èva ,
€ la cacciata loro dal Paradiso Terrestre :
an Santa Chiara una Madonna col Bambi-
no Gesù , San Gregorio, ed un altro San-
to : nella Confraternita di Santo Rocco la
deposizione di Cristo dalla Croce: in quel-
la della Madonna degli Angeli la Vergine
Assunta: e nella Confraternita della Nun-
ziata air aitar maggiore una Madonna con
Gesù Bambino , con appresso due Santi.
PRETE DA URBINO
discepolo di Raffaello da Urbino 9
fioriva nel 1620.
Fra i moltissimi soggetti, che d’ ogni
astato e d’ ogni condizione goderono la urna-
nissima cortesia del gran Raffaello da Ur-
bino negl’ insegnamenti dell’arte della pit-
tura, uno fu un certo Prete da Urbino 9
che anche fu suo parente , ed uno dell!
tre, fra’ quali Raffaello venuto a morte
distribuì le cose sue. Tali furono esso Pre-
te, Giulio Romano, e Giovanfrancesco ,
detto il Fattore, tutti suoi discepoli. Fiori
anche in questi tempi un altro discepolo
di Raffaello, detto il PISTOJ A. , delle ope-
re del quale non si è potuto aver notizia*
86
JÉRONIMO BOS
LODOVICO J ANS
E JACOMO RAZZET
Fiorivano nel x52o
17
JCiSsendo certa cosa, che ogni buon
pittore nell’ operar suo cerchi al possibile
di farsi imitatore della natura e del vero,
è degno di ammirazione il vedersi contut-
tociò fra molti artefici maniere tra di loro
tanto diverse , e che col solo seguitar che
e’ fanno i dettami del proprio ingegno , si
faccia ciascheduno miglior maestro nel pro-
prio modo , di quello sarebbe talvolta riu-
scito, s’ egli avesse seguitato la maniera
altrui. Questo si vide particolarmente in
Jeronimo Bos , il quale fiorì in Fiandra nel-
Jer. Bos 9 Lod. Jans , e Jac. Razzet. 87
la città di Shertoghen Bosch, che in Lati-
no vale Silva Ducum , ne9 primi tempi ,
che que’ maestri vi cominciarono a dipi-
gnere alquanto lodevolmente ; se non
che il suo panneggiare fu più franco di
quello, che per ognuno allora in quelle
parti si costumava , che era secco e di
pieghe molto spesse e replicate (1). Fu
anche più spedito nel maneggiare il pen-
nello, facendo le sue pitture quasi alla
prima , sopra tavole ingessate : e usò , avan-
ti di cominciare a dipignere esse tavole , dar
loro sopra un colore di carne , sopra il
quale distendeva i colori. Fu anche diver-
sissimo da ogni altro de’ suoi tempi : e va-
lente assai nell’ inventar capricci di cose
estremamente terribili e spaventose , come
larve 9 spiriti , stregherie, maìeficj , ed altre
rappresentazioni infernali e diaboliche f
benché attendesse ancora ad ogni altra
sorta d* invenzione. In Amsterdam era di
mano di quest* uomo F anno 1604. una
Vergine , che va in Egitto , dove si vede-
va San Giuseppe in atto umile domandar
della strada ad un contadino , e Maria
Vergine graziosamente sedente sopra uu
igumento : in lontananza era una rupe , in
cui egli aveva rappresentato intorno ad
un* osteria molte bizzarre figure , ch$ fa-
(i) Chiamate in Catino con tabula tio«
ees^ pieghe fatte a palchi .
88 Dec. ITI. uella. Par, I. del Sec. IV.
cevano ballare ua orso, accompagnate da
altre belle curiosità, Era pure iu Amsler-
dam un’altra tavola del Limbo de’ Santi
Padri , liberati dal Signore : e poco distan-
te si vedeva la persona di Giuda strascina-
ta per una corda , appiccatagli strettamen-
te al collo da maligni spiriti , ovvero figu-
rata pel capestro, con cui si diede la mor-
te : ed era cosa curiosa il vedere la biz-
zarria e varietà di que’ mostri infernali , e
quanto naturale pareva il fumo e la ve-
duta dell’ oscure carceri de’ dannati , che
in poca distanza da quel luogo appariva.
Vedevasi pure in quella città di sua ma-
no un Cristo portante la Croce , nella
quale egli aveva usata più modestia , aste-
nendosi dalle molte baje , che era solito
nelle sue storie rappresentare , fossero qua-
lunque si volessero. Iu Haerlem , in casa
Giovanni Dietringeren erano alcuni Santi
in certi sportelli , e in uno era un Santo
Monaco , che disputava con un Eretico ,
facendo porre sopra il fuoco alcuni libri
dell’ una e dell’ altra religione : e si vede-
va il libro del Santo volar fuori delle fiam-
me, e gli altri bruciarsi. Facevano anche
bella veduta le legne , e alcuni libri in-
ceneriti , il tutto imitato maravigliosamen-
te. Il volto del Santo appariva grave e mo-
desto ; laddove gli altri erano arcigni e
scomposti. Nell’ altro sportello era un mi-
racolo , dove si vedeva un Re caduto in
terra. Nella nominata città di Sheriogheu
Jer. Bos , Lod. Jans , e Jac, Razzet , ^9
erano ancora sue opere , come in altre
città di quelle parti : e fino nell* Escuria-
le di Spagna furono collocate sue pitture „
e tenute in gran prezzo. Questo è quanto
si ha di notizia di Jeronimo Bos.
Nella stessa città di Shertoghen fu an-
cora un certo LODOVICO JANS VÀN«
DENBUS , che era molto valente in far
frutte e fiori , che fingeva in alcune ca-
raffe di vetro con molta pazienza e imita-
zione del vero , facendo apparire sopra i
fiori la rugiada , e quegli animaletti , che
son soliti volarvi sopra. Valse ancora nel-
le figure: e di sua mano si vedeva in ca-
sa di Melchior Wynlgis a Midelburgh un
bellissimo San Girolamo , quattro tondi
grandi, alcuni fuochi incendiar], fruiti ,
fiori, e altri pezzetti di quadri assai belli»
Vi fu ancora un certo JÀCOMO RAZ-
ZET , di mano del quale etano alcuni ve-
tri benissimo dipinti. Di questi nuli’ altra
notizia si ha , se non che e" fu paesano
de’ soprannominati due Pittori,
9°
BALDASSARRE PERUZZI
ORIGINARIO DI FIRENZE
PITTORE E ARCHITETTO
Discepolo di Raffaello da Urbino , nato
in Volterra V anno 1481. + iò36.
D i questo singolarissimo Artefice (1),
onore della città di Siena , e anche pos-
siamo dire di Volterra , e di Firenze ,
scrisse tanto il Vasari con si buone e si-
cure notizie, che a noi poc' altro rimane
(1) Per asserto di Girolamo Gigli
questo Artefice fu figliuolo d' uno di pro-
fessione correntajuolo ,
Baldassarre Peruzzt. gì
Ja notare, se non quanto è necessario per
Y assunto nostro , che è di soddisfare al-
F universalità dell' istoria ^ col dare anche
di coloro, de’ quali fu da altri scritto ,
una sommaria informazione. E dunque da
sapersi , come in quegli antichi tempi ,
ne’ quali la nostra città era molto trava-
gliata dalle civili discordie , un nobil cit-
tadino dì essa, chiamato Antonio Peruz/i*
desideroso di quiete si portò alla città di
Volterra , dove fermò sua stanza , e Y an-
no 1480. si accasò. Di suo matrimonio
nacque un figliuolo , che si chiamò Bal-
dassarre , quegli di cui ora parliamo , e
d’ una figliuola , il cui nome fu Verginia.
(Occorse poi il caso del Sacco di quella cit-
tà, a cagion del quale al misero Antonio
fu d’uopo, dopo aver peiduto tutto il
suo avere , partirsi : ed a Siena con sua
famiglia rifuggirsene , e cjuivi sua vita me-
nare in gran penuria. Ma perchè verissi-
ma cosa è , che Lene spesso più giovano
per una buona e virtuosa educazione de’pic-
coli figliuoli , e per Svegliare in essi il
desiderio delle virtù le domestiche sccme-
dità , o vogliamo dire una certa tal quale
necessità di quello, che gli agì e la sover-
chia abbondanza non è sciita di fare; Bal-
dassarre il fanciullo , che dotato era da
natura di un he) renio a cose di disegno^
per desiderio di sollevar se stesso e la ca-
sa diedesi prima alla pratica di persone
delFarte, e poi ccn tanto fervore agli
g2 Dec. ITT. della Par. I. del Sec. IV.
studj della medesima , che poi potè fare
gli altri pregressi, che son palesi al mon-
do. Delle piime opere , che costui condus-
se in pittura , oltre ad alcune cose in Sie-
na , fu una Cappelleria non lungi dalla
Porta Fiorentina nella nominata città di
Volterra. Dipoi se ne andò a Roma , e fat>
ta amicizia con Pietro Volterrano , che ope-
rava colà per Alessandro VI. Sommo Pon-
tefice , si acconciò appresso di lui : poi
stette con un ordinario pittore , che fu
padre di Maturino , lavorando per esso :
e finalmente avendo dato saggio di se , co-
minciò ad esservi adoperato. Dipinse in
Sant’ Onofrio , e in Santo Rocco a Ripa:
poi fu condotto ad Ostia , dove in compa-
gnia di Cesare da Milano dipinse nel Ma-
stio della Rocca a chiaroscuro storie mili-
tari de’ Romani antichi. Tornato a Roma ,
e incontratosi nel favore e protezione di
Agostino Ghigi , potè con suoi ajuti di
costa trattenersi in Roma a maggiori studj
dell’ arte sua , e particolarmente di cose
di architettura , per le quali non gli fu di
poco giovamento la concorrenza di Braman-
te , che in que’ tempi faceva gran figura*
Molto ancora ^i applicò alla prospettiva ;
onde dipinse poi le belle cose, che si veg-
gono di sua mano in Roma toccanti tale
facoltà : ed inventò le nobili prospettive
per le commedie , che si fecero ne" tempi
di papa Leone, le quali per fuggir lun-*
ghezza , e perchè da altri furono raccos-
T,
fare
DOQ.
dus«
Sie-
dila
là di
ifat*
ope-
Or]:’
poi
fa
so:
co-
io
pa:
pa-
l-
ili.
ìa,
di
di
idj
jse
di
10-
ra.
i;
*■
Je j
?e ;
P1;
i-
o*
Baldassarre Peruzzi. g3
tate , tralascio. Aveudo egli dipinta la fac-
ciata della casa di Messer Ulisse da Fano
con istorie di Ulisse, cominciò ad entrare
in credito d' uomo singolare nella pittura:
nè minor gloria gli procacciò il bel model-
lo , che egli fece di sua invenzione del pa-
lazzo di Agostino Ghigi , il quale egli me-
desimo dipoi adornò al di fuori con isto-
rie di terretta : siccome vi dipinse le pro-
spettive della Sala , e 1’ istorie di Medusa
nella loggia in sul giardino : dove alcune
cose condusse ancora Fra Bastiano del Piom-
bo della sua prima maniera : e dove fece
anche il gran Raffaello da Urbino la Ga-
latea rapita dai Marini. È di sua mano la
facciata dipinta a prospettive della casa
che fu di Jacopo Strozzi , per andare in
Piazza Giudea. Dipinse per Ferrando Pou-
zetti o Puccetti , poi Cardinale , la Cappel-
la nella Pace, con piccole istorie del Vec-
chio Testamento , ed alcune figure grandi:
e per la medesima Chiesa condusse la bel-
lissima storia di Maria Vergine nostra Si-
gnora , che sale al Tempio , e tennesi alla
maniera di Giulio Romano, e di Raffael-
lo. Coll’ occasione , che fu dato il bastone
di Santa Chiesa al Duca Giuliano de’ Me-
dici , dovendosi dal popolo Romano fare
il solenne apparato , fu a Baldassarre data
iucumbenza di fare uno de’ sei gran qua-
dri alto sette canne, e largo tre e mezzo,
in cui rappresentò quando Giulia Tarpea
feee il tradimento a1 Romani : e fece la
94 ^EC* ni. DELLA. Pah. I. DEL SEC. IV.
prospettiva per la tanto celebre comme-
dia , che allora fu recitata : ed anche in-
fio ite altre architettare e prospettive , le
quali tutte cose furono stimate le miglio-
ri , che si fossero vedute in quelle feste.
Per Francesco Bozzio , vicino alle case
degli Altieri , dipinse la facciata con isto-
rie di Cesare , nel fregio della quale ri-
trasse al vivo tutti i Cardinali allora vi-
venti , e li dodici primi Imperadcri. Chia-
mato a Bologna a fare il modello della fac-
ciata di S. Petronio, fu ricevuto nella ca-
sa del Conte Giovanbattista Bentivoglio ,
nella quale fece modelli , piante , e profi-
li bellissimi per quella fabbrica., operando
ad oggetto di non rovinare il vecchio, ma
di adattarlo con bella grazia alle sue nuo-
ve invenzioni. Mentre che egli si tratten-
ne in quella casa fece pel detto Conte Gio.
Battista un maraviglioso disegno a chiaro-
scuro della Natività di Cristo , e visita
de’ Magi , che poi fu da quel Signore fat-
to mettere in opera in pittura da Girola-
mo Trevigi : e oggi si conserva l’ istesso
disegno come cosa rarissima in Firenze
dagli eredi del Conte prospero Bentivogli
fra f altre cose di gran pregio , che pos-
sieda quella nobilissima casa in simil ge-
nere ^ come quella che fu sempre ama-
trice di queste belle arti , siccome di ogni
altra virtù. Fece similmente Baldassar Pe-
ruzzi per la Chiesa di san Michele in Bo-
sco il disegno della Porta 3 e quello del
Baldassarre Peruzzi. g5
Duomo di Carpi , nella qual città diede
principio all’ edificazione della Chiesa di
San Niccola : e furono ancora con suo di-
segno fatte le fortificazioni della città di
Siena. In Roma molte bellissime fabbriche
furono fatte con su© modello , e moke
ancora coll’ assistenza di lui ebbero loro
fine, che da altri erano state incomincia-
te. Parve che al pari di sua virtù fosse
questo artefice accompagnato dalla disgra-
zia ; imperciocché piccioli furono per lui
gl’ infortunj , che detti abbiamo , a para-
gone di quei tanti , che gli convenne so-
stenere dipoi nei rimanente di sua vita.
Trovavasi egli tuttavia in Roma 1’ anno
1527. quando occorse il fiero caso del cru-
dele saccheggiamento ; onde al povero Bal-
dassarre , oltre alla prigionia in mano de-
gli Spagnuoli toccò a sostenere per opera
de' medesimi grand’ ingiurie e strapazzi.
Avendolo poi quegli riconosciuto per pit-
tore e per uomo singolare , gli bisognò ,
per giuderdone dei pessimi trattamenti ,
far loro il ritratto di Borbone stesso stato
loro condottiere , che poc’ anzi a costo del-
la propria vita , scarsa ricompensa della di
lui crudele malvagità , aveva fatto tanti
danni , e posto in tante lacrime quella sem-
pre gloriosa città. Fatto eh’ egli ebbe il ritrat-
to di Borbone, prese la strada per ritorno a
Siena, dove a cagione di nuova invasione, pa-
tita in quel viaggio da’ malandrini, o dagli
Q0 DEC. III. DELLA. Pah. I. DEL SEC. IV.
sparsi soldati , giunse finalmente scalzo e
ignudo ; ma perchè egli portava con seco
se stesso , e conseguentemente il gran no-
me acquistatosi in Roma , e la propria
virtù , non gli mancò chi si tenesse a
grand’onore di rimetterlo bene in arnese,
e provvederlo decentemente in tanta sua
calamità. Poi vi fu provvisionato dal pub-*
blico ; ma fermati cbe furono i rumori ,
c purgati i sospetti , egli se ne tornò a
Roma, dove più che mai diedesi agli stu-
dj di architettura e delle matematiche :
e cominciò a scrivere un libro delle anti-
chità di Roma , ed un cemento di Vitru-
vio, facendo luogo per luogo disegni e figu-
re per espressione de’ concetti di quel-
li’ Autore. In questo tempo fece un dise-
gno per un palazzo de’ Massimi da fab-
bricarsi in forma ovale , con un vestibo-
lo di colonne doriche nella facciata di-
nanzi. Venuto finalmente 1’ anno i536. e
del nostro artefice il cinquantesimoquinto,
trovandosi egli aggravato dalle molte fa*
tiche 3 sopraggiunto da gravissime infer-
mità , fece da quest’ all’ aitar vita passag-
gio , e nella Chiesa della Rotonda , ac-
compagnato il suo corpo da tutti i pro-
fessori , fu sepolto presso al luogo , ove
già al cadavere del gran Raffaello era
stata data sepoltura. La morte di questo
uomo singolare fu di estremo dolore agli
intendenti , e di danno inestimabile alla
città di Roma, a cagione delle grandi
i
i
I
!
|
’UÌ
seco 5
DO-
)ria !
e a
ese,
sua :
4<
«i.l
sei
oli-
rà-
gii-
ael-
ise- a
:ak
k-
di-
i, e
ito,
fa»
H
iaS*
ac*
ove il
era
sto
«li
dia I
Baldassarre Pertjzzi. §y
pere, particolarmente d’architettura pub-
bliche e private , che doveano aver da
lui incorni uci a mento e fine : e molto ne pati
la Basilica di Sau Pietro , per la cui ter-
minazione egli era stato destinato da
Paolo III. in compagnia d’ Antonio da
S. Gallo. Fu Baldassarre Peruzzi gran dise-
gnatore , inventore maraviglioso , e molto
imitatore delia maniera di Raffaello. Veg-
goiisi i suoi disegni tocchi d’ acquerelli a
chiaroscuro con numero grandissimo di
figure, e abbigliamenti nobili, nella rac-
colta della gloriosa memoria del Serenissi-
mo Cardinal Leopoldo di Toscana. Molti
furono i discepoli di Baldassarre nella
pittura e architettura , e fra questi ua
tal Francesco Senese , Virgilio Romano ,
Antonio del Rozzo , il Riccio , 1* uno e
l’ altro Senesi, e Giovanbattista Peloro ar-
chitetto. Ricevette anche da Baldassarre
buoni precetti di architettura un certo
Tommaso Pomarelli cittadino di Siena , il
quale talvolta operò in compagnia dt lui «
e dicesi , che al tempo di Pandolfo Fe-
trucci , pensando i Senesi di fare un fos-
so , che doveva giugnere fino al mare, ed
i portici delia piazza , ne fossero con in-
venzione del Petrucci delineate le piante
dallo stesso Pomarelli : siccome quelle
ancora del primo e secondo ricini© della
medesima città. Ancora fu scolare del Pe-
ruzzi Girolamo detto Monto da Siena, che
Baldinueci Voi . VII . 7
gS Dec. III. della Par. I. del Sec. IV.
operò bene in pittura , del quale si vide-
ro molte cose in Roma , e particolarmente
Sa Cappella della Trasfigurazione in Ara-
celi, e un quadro sopra la porta della
sagrestia in sulla maniera di Raffaello: ed |
aveva anche dipinto dietro aH’Àltar mag- !
giore nella Chiesa di San Gregorio: ed è
certo , che se a questo artefice non aves-
se la morte troppo presto troncato il filo
della vita , egli sarebbe pervenuto in quel-
F arte a gran segno. Cecco Sanese fu pu-
re discepolo del Peruzzi , e fece in Roma
P Arme del Cardinale di Trani in Piazza
INavona , ed altre opere.
j
99
ARTEFICI
CHE FIORIRONO IN QUESTO TEMPO
NELLA. CITTA’ DI GENOVA
E NEL SUO stato
JLìAZZ ARO CALVI figli nolo di Agosti-
no nella scuola di Ferino del Vaga attese alla
pittura, ed ia quest’ arte fu sotto la protezio-
ne di Agostino Doria assai adoperato. Pel
medesimo dipinse le facciate del suo pa-
lazzo, con istorie di fatti d’ uomini di quella
nobilissima casa. Fu anche sua pittura una
facciata di una casa vicino alla Piazza Pi-*
Belli j con istorie di Ulisse , quando per
ico Dec. UT. della Par. I. del Sec. IV.
non restare ingannato dal canto delle Si-
rene fecesi legare all’ albero delia nave.
Al Duca Grimaldi colorì due salotti nel
suo palazzo rimpetto alla Chiesa di San
Francesco , con favole di Fetonte e d’ A-
pollo. Altre istorie dipinse nel palazzo di
Franco Lellaro : e molte opere fece in
quello de’ Bandinetli SaulL Fu chiamato a
Monaco , ove nell’ anno i544« molto ope-
rò in servizio di quel Principe : e nel
j54 7. portatosi a Napoli a’ servigj di quel
Re , ne riportò F onore delia facoltà di
potere aggiugoere all’ armi di sua casa la
testa di Moro bendato , insegna propria
di quella Maestà. Giunse costui fino al-
F estrema vecchiezza , e in età di ottanta-
cinque anni ancora coloriva a fresco e a
olio , in modo non disprezzabile ; benché
egli , a cagione di disgusti avuti , per es-
sere stato il suo pennello dal Principe Do-
na suo gran protettore posposto a quello
del Bergamasco , e di Luca Cambiaso ,
negli ornamenti che disegnavansi di fare
nella Chiesa di San Marco, come uomo
invidioso ch’egli era molto, pel corso di
ben venti anni si fesse astenuto dal di-
pignere , e in quella vece avesse atteso
ali’ arte nautica , alla quale aggiunta ad
un genio marziale e fiero aveva avuta da
natura non ordinaria inclinazione.
PANTASILEO CALVI fratello del sud-
detto Lazzaro fu anch’egli pittore, det-
Pantàsileo Calvi. ioi
tegU non pochi ajuù in tutte le opere sue
pel tempo eh’ e’ visse ; onde col suo mori-
re lasciollo in guai , e ciò seguì appunto
! in tempo che Lazzaro essendo già divenir
to molto vecchio , aveva più che mai di
bisogno della di lui assistenza : nè altro
sappiamo di questo artefice.
102
JAN CORNELISZ
VERMEYN DEBEYERWYCK
PITTORE.
Discepolo di Cor nel is 9
nato i5oo. 4- i55g.
I\ acque questo artefice Bcverwyck
ami molto lenta do da Ha edera l’ anno
s5oo. Il nome del padre suo fu Cornelis:
appresso di lui imparò i principj del-
V arte , e si fece così valente , che fu po-
sto a* servigj dello ’mperador Carlo V. il
quale sempre lo volle appresso di se in
tutti i suoi viaggi* Condurselo a Tunis in
Jan Cornelisz» io3
Barberia , dove per esser egli buoni
geometra ed architetto , e sapere anche
ben levare di pianta , si valse di lui nelle
cose campali , facendogli neiF occasione di
porre assedj , misurare ì terreni , e rap-
presentare in pittura tutte le proprie azio-
ni di guerra , e fra queste V assedio e ’l
sito della città di Tunis , delle quali in-
venzioni poi si servi quella Maestà per
far vaghe e ricche tappezzerie. Si videro
belle opere di costui in Àtreeht in Fian-
dra nella Badia di San Vaes: in Brusselles
erano ancora alcuni bei quadri e ritratti
al naturale , oltre a quelli che erano nel-
la Chiesa di Santa Gudula , stati poi o
guasti , o portati via. Costui fece fare il
proprio sepolcro nella Chiesa di San Go-
ricks , pure in Brusselles, e nella più aita
parte era un Dio Padre. Questo fu poi
trasportato in Praga appresso Hans Wer-
mein suo fratello , che fu gran valent* uo-
mo nelF arte dell’ orefice , ed eccellente
modellatore , di cui lo stesso Carlo Y. si
serviva , e avevaio in grande stima. Nella
stessa Chiesa era una Natività dei Signore
e un Cristo ignudo in piedi con una ma-
no sul petto , opere assai lodate. Il ritrat-
to di questo artefice fatto da lui medesi-
mo, si trovava l’anno 1604. a Mietei bur-
gh in Zeelandt appresso Maria sua figli-
uola vedova di Pieter Cappoen , in nostra
lingua Pietro de’ Capponi , ottimamente
io4 Dec. HI. della. Par. I. delSec. IV*
lavorato. Nel medesimo quadro del ritrat-
to dalla parte di dietro era una lontanan-
za con una veduta della città di Tunis,
fatta dal naturale colle guardie de’ sol-
dati, ed esso a sedere in allo di dipigne-
re : appresso a lui era una donna grassa
ignuda con un taglio in un braccio. Vi
era ancora il ritratto di Maria sua secon-
da moglie assai ben fatto. Questa donna
aveva per ciascheduna mano sei dita , ma,
o forse subito nata, o dipoi, le erano
state levate le due dila minori , e benis-
simo si scorgeva nella pittura il luogo deb-
Ja congiunzione di esse dita tagliate. La
medesima Maria fu dipinta a] naturale dal
padre in sua gioventù in abito Turche-
eco, perchè godeva di vederla spesse volte
ili quel modo vestita : e con tal veste la
conduceva ogni anno alla solita processio-
ne della principal festa di Brusselles, chia-
mata Emgangh. Era ancora appresso essa
Vedova fatto dal naturale un ritratto di
un bambino , che aveva bellissimi capelli :
e un trionfo di mare fatto da suo padre
con molte figure ignude assai belle. Fu
questo Giovanni Cornelisz strettissimo a-
mico e compagno di Giovanni Scoorel : e
V uno e E altro comprarono gran beni
nella Noortolandia. L’ lmperadcre spesse
volte si pigliava gusto di far veder costui
ad alcune Dame e Signori , perchè era
di grandissima statura , e benissimo com-
posto , ed aveva una barba sì lunga , che
Jan Cornelisz. io5
stando ritto poteva pestarla col piede : ed
era cosa gustosa il vedere alcune volte ,
quando e' viaggiava a cavallo appresso a
Principi e Cavalieri , che il vento glie là
sollevava e batteva loro nel viso. Teneva-
ne Giovanni gran conto . e ogni mattina
impiegava alcun tempo in pettinarla ,
e a cagione di questa era chiamato Ans
della Barba. Morì quest’artefice in Brus-
selles l’anno i55g. della sua età cinquan-
tanove o sessanta : e nella Chiesa di San
Goricks fu sepolto. Il ritratto di lui inta-
gliato da Tommaso Galle , fra’ ritratti de-
gli altri celebri pittori Fiamminghi , fa
dato alle stampe poco avanti al 1600. coi
seguenti versi 9 composti da Domenico
Lamsonio :
Quos homirtes , quae non majus loca
pinxiù et urbes ,
/' isendum late quicquìd et Orbis
habet ;
Pum terra sequiturque mari te Carole
Caesar ,
Pi ngeret ut dextrae / orda Jacta
tuae .
Qua e mox Attalicis fulgerent aurea
Lextis ,
Materiati artifici sed superante marni*
Nec minus ille sua spectacula praebuit
arte
Ceìso conspicuus vertice grata tibL
£06 DeC. III. DELLA. Par. I. DEL SEC. IV.
Jussus prolixae àetecta
barbae
Ostentare suos pendala
pedes .
volammo,
ad usque
JOAN DI MABUSE
PITTORE.
Discepolo di Luca dy Olanda ,
fioriva nel 1524.
Fu Giovanni delia città di Mabuse;
ed essendo stato ricevuto nella scuola da
Luca di Leida , diedesi appresso di lui a
studiar !’ arte del disegno con accuratez-
za e diligenza quanta mai se ne adopras-
se alcun altro giovane in questo tempo.
Questi nella sua gioventù fu persona alle*
gra , ma contuttociò non lasciò mai di
affaticarsi per avanzarsi nell’ arte 9 per
io8 Dec. III. della Par. I. del Sec. IV.
giugner poi là , dove tendevano i suoi
pensieri. A tal fine dopo qualche tempo
volle peregrinare per Y Italia , ed altre
Provincie e Regni , con che acquistò tan-
to di sapere , che ebbe il vanto di essere
il primo , che riportasse io quelle parti
di Fiandra il vero modo di ordinar le
storie, e fare gì’ ignudi e putti col buon
gusto Italiano, i quali avanti a lui non
vi erano ancora in molto uso. Fra le ope-
re eh’ ei fece , la principale e più stimata
fu una gran tavola, che fu posta sopra
r Aitar maggiore di una Chiesa di Midel-
burgh , co' suoi sportelli * che per la lo-
ro grandezza, nell’ aprirsi , eran fatti po-
sare sopra certi ferri adattati a quell’ ef-
fetto nel suolo. Viveva in quei suoi tem-
pi in Anversa il celebre Alberto Duro , il
quale venne apposta a Midelburgh a
veder quella tavola , il che ridondò in non
poca gloria del Mabuse. L’ Abate che la
fece fare, fu Massimiliano di Bourgoignen,
che morì l’anno 1524. Aveva il Mabuse
rappresentato in questa tavola una Depo-
sizione di Croce , e spesovi gran tempo , e
lavoratala con indicibile artificio ; ma por-
tò il caso , che essendo caduto un fulmi-
ne, non solo incendiò e rovinò essa tavo-
la j ma la Chiesa medesima , restandone
con gran dolore tutta la città, per la gran-
de stima in che era appresso di ognuno
quella beli’ opera. Dopo la morte di que-
sto artefice rimasero in essa città alcuni
Joan di Mabuse. 109
pezzi di tavole eoo immagini della Vergi-
ne , ed altre ; ma principalmente nella stra-
da di Langhendepbt , in casa del Sig. Ma-
grius, era una rappresenlazioae di Cristo
deposto di Croce con figure grandi , tan-
to bene ordinate, e così pulitamente fini-
te , e con abiti di drappi sì belli e natu-
rali , che era una maraviglia. Similmente
la tovaglia colla quale calavano il S. cor-
po, e tanto questa, che i panni e vesti-
meati, facevano pieghe bellissime. Vedevan-
si ancora grandi affetti di dolore nelle fi-
gure* Appresso un amator deli’ arte , chia-
mato Melchior Wintgis , era una bella
Lucrezia. In Amsterdam in via Warmoes
in casa dì Marten Papembroeck era una
tavola di Adamo ed Èva ^Ita e grande ,
ma più alta che lunga , con figure quasi
al naturale assai beile e ben finite , della
quale opera furono al padrone offerti gran
danari, in casa Joan Nicker , pure in Am-
sterdam era una gran tavola de' fatti di
un Apostolo dipinta a chiaroscuro , che
pareva fatta senza colore: e a quella tela
dov' ella era dipinta, aveva il Mabuse da-
ta una certa sorta d” imprimitura , che pel
molto piegare che si faceva , non mai pun-
to si guastava. Stette quest'artefice al ser-
vizio del Marchese di Veren , al quale di-
pinse Maria sua moglie per una Vergine,
che teneva in braccio il Bambino , ritrat-
to d’ un proprio figliuolo del Marchese, e
deila stessa Maria. Quest’ opera fu stima-
ito Déc. III. della. Par. I. del Sec. IV.
ta tanto bella , che a comparazione di es-
sa ne perdevano tutte 1’ altre sue pitture :
e fino alT anno 1604. sì vedeva si bea
conservata, che pareva fatta allora. Andò
poi questo quadro in mano del Sig. di
Froimont in Goude, siccome altri ritratti
di sua mano furon portati a Londra. In
Withal , in Galleria era un quadro con
due ritratti di fanciulli lavorati con gran-
de artificio. Avvenne una volta , che men-
tre il Mabuse stava in servizio del Mar- ,
chese, per non so quale occasione dì viag-
gio 5 convenne al medesimo ricevere nella
propria casa Carlo V. onde per segno di
ossequio e di allegrezza voile vestire tutta
3a sua gente di dommasco bianco. Mabu-
se ebbe il suo dommasco prima degli al-
tri ; ma perch’ egli era un uomo , che
poco stimava se stesso, e tanto meno la
roba , lo vendè subito , e diedene il prez-
zo agli amici. Quando poi fu per venire
lo ’mperadore , il povero Mabuse non
avendo più nè l’ abito , nè i danari da
provvedersene un altro, fecesi una toga
di foglio bianco , e la dipinse sopra di fio- j
ri a modo di dommasco , tanto bene e al
naturale , che era una maraviglia il ve-
derla , di che il Marchese prese gran-
de ammirazione. Aveva egli allora in
sua Corte , oltre al Mabuse , un altro
dotto Filosofo, ancora esso pittore: e uno
che operava bene in poesia. Questi tre
passarono un giorno rimpetto al palazzo
Joan di Mabuse. ih
in tempo clie lo ’mperadore era alla fine»
$tra : e vedendogli il Marchese , che stava
dopo di lui , domandò a Sua Maestà ,
qual de’ tre le pareva il più bel domina-
sco ; lo ’mperadore allora pose l’ occhio
nel vestito del pittore , quale appariva
molto bianco e bello , e fiorito con mag-
gior vaghezza degli altri , e già voleva da-
re a quello la prima lode , quando il
Marchese gli scoperse 1’ accidente e V in-
dustria del pittore, che tanto gli piacque,
che volle averlo attorno alia tavola quan-
do mangiava: e più volle in tale occasio-
ne volle toccar quell’ abito colle proprie
mani , quasiché non finisse di credere al
testimonio degli occhj proprj , che glielo
facevan parere di dommasco vero. Fu il
Mabuse uomo pio, paziente , ed in ogni
sua opera diligentissimo ; ma tanto a caso,
e disprezzato di sua persona , che piuttoe
sto pendeva nel sordido : a cagione di che
e anche dall’ avere un aspetto burbero e
tristo, nel passar ch’ei faceva una volta
da Midelburgh , fu per sospetto fatto pri-
gione : e nei tempo di sua prigionia fece
alcuni disegni di matita , o altra materia
nera , bellissimi. Seguì finalmente la sua
morte nella città dì Anversa il primo di
di Ottobre del i5d2. e nella Chiesa Catte-
drale della Madonna fu onorevolmente
sepolto. 11 ritratto di lui fu poco avanti al
iboo. dato alle stampe, con intaglio di
Tommaso Galle , con aggiunta de’ seguea-
ti Tersi 3 composti dal Lamsonio ;
ix2 Dec. III. della Par. I. del Sxc. IV.
Tuque adeo nostris saeclum dicére
Mabusi
Versibus ad graphicen erudiisse
tuum.
Narn (jais ad aspectum pigmenta poli*
tìus alter
Florida Apelleis illiner et tabulìs ?
Arte aliis , esto , tua tempora cede
s ecuti s :
Peniculi ductor par tibi rarm erti.
nS
JAN Sf ART
PITTORE DI FRISIA
Fioriva nel i5
Ija Frisia non fu mai così addiac-
ciata , eh' ella non producesse alcun ede-
roso fiore , con che potesse abbellirsi il
mondo. Tale fu Jan Swart , celebre pitto-
re , che in nostra lingua diciamo Giovan-
nino Nero i e altri ancora , de" quali sia-
mo pur ora per dare alcuna breve notizia»
Nacque Giovannino in Groeninghe nella
Baldimicci VoL VII* $
Ii4 Dec. III. della Pah. I, del Sec. IV»
Vriesìandt, che vuol dire paese addiaccia-
to, e da noi detto la f risia. Abitò alcuni
anni in Goude : e fu nei tempo , quando
Jean Secorel venne in Italia , cioè del
1 522» o i523. Attese a dipignere paesi e
figure igiiude , e nell’ una e nell’ altra
operazione seguitò la maniera del nomi-
nato Scoorel. Venuto poi in Italia , e sta-
to alenai anni a Venezia , prese ( siccome
lo Scoorel aveva fatto ) un’altra maniera
al modo Italiano. INon sono a no-
stra notizia i molti luoghi , dove
furono mandati ì suoi lavori di pittura ;
ben è vero , che uscirono dalla sua mano
alcuni intagli in legno , cioè , certi Tur-
chi a cavallo con loro archi, frecce, e
simili , che sono assai ben fatti : un Cri-
sto predicante ad infinito popolo ^ che
l’ascolta dalla barca. Questo maestro eb-
be un discepolo, che si chiamò APJAEN-
PiETERSZ CRABETK, il padre del qua-
le si chiamava Krepelpieter. Questi impa-
rò si presto , che in gioventù avanzò il
maestro. Andò in Francia , e dopo esservi
stato alcun tempo, moti nella città Au-
si um , e fu di gran danno all’ arte per la
sua grande espilazione. Vi fu ancora un
tal CORNEL1SZ nato in Goude, discepo-
lo di Hetnskérck, che dipinse assai bene
al naturale. Questi nella sua gioventù fu
assai dedito all’ ebrei là ; ma comecché
frequentava assai la corte, vinto da un
Jan Swàrt; ii5
certo prudente rispetto e timore delle
beffe, facendo forza a se stesso, si mutò
a gran segno. Ma non saprei già io dire
il perchè costui nell’ abbandonare il bere ,
perdesse ancora !’ arte , perchè da lì in
poi, non mai piu diede io. nulla ; se
non volessimo dire . che il passato disor-
dine già gli avesse guasto talmente il cer-
vello , che e’ non fosse poi più a tempo
ad approfittarsi dell’ emenda. Fu anche
un gran pittore al naturale un tal HANS
RÀMESB1ER , che in nostra lingua vuol
dire , Giovanni Birra di San Remigio ,
così detto , perchè circa il tempo della
festa di questo Santo , fanno in quelle
parli la birra per bere l’ inverno. Questi
fu Alamanno, e discepolo di Lambert
Lombardus. Anch’ egli nella sua gioventù
si guastò pel troppo bere ; contuttociò ar-
rivò egli all’ età di presso a cent’ anni : e
in Amsterdam , dove aveva sua abitazione,
lini la sua vita. Fu ancora un altro SI-
MONE JACOBS di Goude , discepolo di
Carel d’ Iper in Fiandra , che dipinse an-
cor egli bene al naturale. Di sua mano
era 1’ anno 1604. in Haerlem , appresso a
un tal Willem Tibout, che fu morto nel-
1’ incendio di Haerlem , un ritratto fatto
con grande ardire. E medesimamente del-
la città di Goude fu un CORNEL1SZ DE
ViSCHER , che in nostra lingua vuol di-
re Pescatore , che fu un cervello strava-
1ii6 Bec. III. della Par. I. del Sec. IV.
gantissimo, ma dipinse bravamente al na~
turale, del quale assai si potrebbe dire.
Morì costui in viaggio marittimo nel ve-
nire d9 Amburgo.
JOAN SGOOREL
PITTORE DI SCOOREL IN OLANDA.
Jn un Villaggio detto Seoorel , vici»
io ad Alckraaer nell’ Olanda nacque Pan«
io i4g5. al primo di Agosto Jan , che
lai nome della patria fu cognominato
Seoorel ; ed era ancora piccolo giovanet-
o , quando perduti per morte i proprj
genitori , rimase alla cura di altri paren-
i ed amici , i quali fino all* età di quat-
tordici anni nella città d’ Alcktnaer lo
Nato 1495. + i56©„
Il8 Dec UT, DELLA Par. I. del Sec. IV#
fecero attendere alia lingua Latina. Ma
il fanciullo non poteva resistere ad un
naturale impulso, ohe del continuo Y ac-
cendeva di desiderio d1 imparar Y arte del
disegno: e non vedeva mai una pittura,
eh’ e’ non s’ ingegnasse di copiarla in quel
modo , che poteva fare allora un suo pa-
ri , che non mai aveva veduto matitatojo
o pennello. 11 simile faceva di altre cose
naturali; e con un certo suo coltello o
temperino conduceva nel legno alcuni
fantocci di rilievo , che avuto riguardo al-
la tenera sua età, erano degni di lode.
Per questo era egli diventato lo spasso di
tutti i suoi compagni di scuola , i quali
com’ è solito di quell’età, si pigliavano
tanto gusto di lui , eh’ e’ non se gli poto
van mai torre d’ attorno. Seguitando dun-
que il fanciullo tal suo divertimento , an-
dò la cosa tant’ oltre , che i parenti di
lui T applicarono a quell’ arte sotto la di- |
sciplina di Willem Cornelisz ragionevoi
pittore dì Haerlem , il quale lo prese con
patto di tenerlo solamente tre anni : e
quando lo Scoorel non avesse perseverato
a star con lui tutto quel tempo , doves-
sero i parenti dare al pittore una tal con-
venuta ricognizione. Fecesi scrittura , la
quale il maestro ripose in una sua borsa
di cuojo. In processo di tempo divenne il
pittore assai geloso col giovanetto Scoorel ,
per qualche utilità che da esso riportava:
e tuttavia stava con timore eh’ e’ non si
JoAN SCOOREL. JfCJ
partisse di casa sua , che pero assai fre-
quentemente nel tornar che faceva a casa
briaco, perch’egli era uomo molto dedi-
to al bere , minacciava il fanciullo dicen-
dogli : Scoorel ^ tu sai che io ti porto in
tasca, però non te ne andare , perchè se
ti te ne vai , ti farò vedere quel che io
saprò fare a’ tuoi parenti ; tantoché venu-
to a noja questo continuo rimprovero al
figliuolo, una sera d’inverno, che tirava
gran vento , cavata destramente la scritta
di quella borsa , se ne andò sopra un
ponte di legno , e fattone mille pezzi, die»
de loro la vìa sopra 1’ acqua , sperando
che col non trovarsi più quel foglio , sa-
rebbe una volta anche finito quel chiasso,
siccome seguì ; perchè il maestro avendo»
perduta la carta , dipoi non si arrisicava
più a parlare ; ma non per questo lo
Scoorel, che fino da quell’ età era di a-
mimo assai ragionevole e discreto , si par-
tì da! maestro. Diedesi egli dunque molta
da senno allo studio dell’arte, e fino i
giorni festivi quando non istava aperta la
bottega , se ne andava fuori della città ,
disegnando vedute , boscaglie , ed ogni
altra cosa, che alia campagna se gli rap-
presentava , che fosse curiosa , e come noi
usiamo dire pittoresca ; come quegli che
operava secondo un occulto dettame della
natura e interno gusto, che lo portavano
all’ ottimo : ed era il disegnar suo di uua
maniera al tutto diversa dagli altri pitto-
t20 DE@. III. DELLA PAR. I. DEL IV.
ri , onde non è maraviglia che egli poi
cresciuto in età e in i studio , dopo essere
stato in Italia , portasse in quelle parti un
sì bel fare , che fu detto comunemente di
lui , essere stato egli quello che faceva la
guida , e portava la lanterna agli altri ar-
tefici, Venne intanto la fine de tre anni >
che doveva stare con Willem Cornelisz ,
quando egli licenziatosi da esso coite-
semente , si portò in Amsterdam , ap*
presso un tale Jacob Cornelisz , gran di-
segnatore e vago coloritore Quegli ve-
duti i talenti del giovane , lo ricevè con
dimostrazione di stima , e posegìi amore
da figliuolo : ed ogni anno pel suo lavoro ;
davagli molti danari , permettendogli an-
cora in certi tempi il fare alcune cose
per se : e così lo Scoorel aveva qualche j
danaro. Aveva questo suo maestro una
bellissima figliuola di dodici anni , nella
quale pareva che la natura avesse riposti
tutti i suoi doni, tanto di spirito, quanto
di bellezza. Di questa il giovane s’in vaghi,
ed ella corrispondeva a lui. Non potè pe-
rò quell’ amore far sì, che egli per desi-
derio di perfezionarsi più nell’ arte , non
lasciasse quell’ abitazione e’1 maestro; tan-
to più che si persuase ,• che non mai gli
sarebbe potuto riuscire l'averla per móglie,
se e’ non si fosse fatto un gran valentuo-
mo: e cosi partitosi di lì, se ne andò a
stare eoo un altro rinomato pittore chia-
mato Janniin di Mabuse , che stava al ser»
l
JOÀN SCOOREL* 12 I
ti sio di Filippo di Borgogna , Vescovo di
Utrecht; ma non gli fece però questa par-
tenza dimenticar l’amore verso la figliuola
del Cornelisz. E perchè il Mabuse era sre-
golato nel vivere, e sempre stava negli
alberghi e in sulle liti, e bene spesso con-
veniva a Scoorel pagare per esso, e anche
mettersi in pericolo della vita, vi si trat-
tenne pochissimo, e si partì alla volta di
Colonia : e di là andò a Spira , dove tro-
vò un Sacerdote il quale faceva bene di
architettura e pittura, da cui cercò d’im-
parar quell’arte: ed all’ incontro fece egli
a lui alcuni pezzi di quadri di sua mano*
Di Spira se ne andò in Argentina , e di
là a Basilea , e visitò tutte le stanze e scuo-
le de' Pittori , ben ricevuto da tulli, e bea
premialo de’ suoi lavori ; perchè olire al-
¥ operar bene , e’ faceva più in una set-
timana , che altri in un mese ; e però
stando poco per luogo , contuttociò ope-
rava assai. Andò in INorimberga città di
Alemagna : e li si trattenne alcun tempo
appresso il famoso Alberto Duro., per de-
siderio di più imparare ; ma perchè in
quegli anni aveva Lutero eolie sue false
dottrine cominciato a metter sottosopra tut-
te quelle parti , che per avanti se ne sta-
vano nella Cattolica pace; parendo a Seco»
rei, che Durerò (enunciasse alquanto ad
intrigarsi ancora egJi in quella causa, per
tenersi lontano da’ pericoli 3 si partì di
INorimberga 5 e se ubando a Stiers m C&»
122 DEC. III. DELLA PàR. I DEL SeC, IV.
rinzia , dove lavorò per alcuni Signori ; e
quivi se ne stava con un Barone , grande
amator della pittura, il quale lo rimunerò
non solamente eoa doni e altre cose , ma
arrivò a seguo di volergli dare una sua
figliuola per moglie , il che sarebbe stato
un gran bene per lui. Ma l’amore, eh’ ei
conservava tuttavia a quella fanciulla di
Amsterdam , lo ritenne dall’ accettare il
gran partito : e piuttosto preso nuovo vi-
gore cercò di farsi tuttavia maggior uomo,
acciocché tornando là potesse poi averla
per moglie. Di lì andò a Venezia , e vi
prese conoscenza con alcuni pittori d'An-
versa , e particolarmente con un tal Da-
niel di Bomberga. Mentre eh’ egli era in
quella Città, s'abbattè in un religioso na-
tivo di Gouie d’Olanda , uomo molto ve-
nerando , che era grande amatore dell’ar-
te della pittura. Con questi fece stretta
amicizia e familiarità : se ne andò in Ge-
rusalemme , essendo egli allora in età di
venticinque anni : prese con se tutti gli
arnesi da dipingere 5 e sulle navi faceva
ritratti di diversi personaggi. Scriveva in
un suo libro tutte le giornate del viaggio.
In Candia , Cipri , e altre provincie dise-
gnò paesi e vedute , piccole città, castelli
e montagne. Arrivato a Gerusalemme , fe-
ce tosto amicizia col Guardiano del Con-
vento di Sion , che appresso i Turchi era
in gran considerazione. Con esso viaggiò
per tutti qW santi luoghi. Vide il fiume
JOAN ScoOREL. 12.3
Giordano , e tutti colia penna gli disegnò,
insieme co’ paesi , pe’ quali passava. Avreb*
belo il Guardiano volentieri tenuto quivi
un anno , ma non volle compiacerlo. Pro-
messegli bene alla sua partenza di Gerusa-
lemme di far per lui un quadro nella
nave , e mandarglielo siccome fece » ed a
Gerusalemme , di Venezia glielo mandòle
fu la storia di San Tommaso , che pone
le dita nel Costato di Cristo. Questo qua-
dro fu posto nella Chiesa del Presepio di
nostro Signore, dove fino dell’ anno 1604»
ancora si trovava, come deposero alcuni *
che vennero da quelle parli. Aveva an-
cora dipinta dal vero la stessa città di
Gerusalemme , della quale poi si servì in
qualche tavola , dove rappresentò storie
Evangeliche , come sarebbe a dire : quan-
do Cristo discende dal monte Olivete ver*
so la città : quando predica sopra lo stessa
monte, e simili. Ancora dipinse il Santo
Sepolcro. Nel tornarsene alla patria fece
il proprio ritratto , e ritrasse alcuni Cava-
lieri Gerosolimitani. Due anni avanti , che!
Turco pigliasse la città di Rodi , si eia
egli nella medesima città trattenuto ap-
presso il Maestro dell’ Ordine de’ Teutoni-
ci, da cui ben trattato, fecevi la pianta e
la situazione della città. Arrivato a Vene-
zia, poco vi si trattenne, perchè volle
scorrere a vedere molte altre Provincie
d’ Italia. Fermossi ] er qualche tempio in
Roma, dove cominciò a disegnare luti©
124 Uec. HI. della. Pah. T. del Sec. IV.
Fantino, tanto di figure che di rovine, e
2’opere di Michelagnolo e di Raffaello ;
onde fin d’allora crebbe il suo nome ap-
presso di molti. Occorse intanto , che fu
creato Papa il Cardinale d’Utrecht , che fu
Adriano Vi. in tempo ch’egli era in Ispa~
gna ; ed essendosi porta occasione allo
Scoorel di farsegli conoscere, acquistò tal
grazia appresso di lui , che gli fu subito
dato il maneggio di Belvedere. Quivi fe-
ce alcuni quadri per lo stesso Papa , ed
il ritratto di lui al naturale , che fu por-
tato a Lovanio, nel Collegio eretto dal
medesimo Papa. Questo buon Pontefice do-
po aver regnato un anno e otto mesi in
circa , si morì : onde Scoorel , dopo aver
finite alcune pitture in Roma , se ne
tornò alla patria. Arrivato a Utrecht fu
preso da gran dolore , perchè gli fu da-
ta la nuova , che la r figliuola del suo
maestro di Amsterdam era stata marita-
ta ad un orefice ; onde il povero giovane
vide in un punto fallito ogni suo dise-
gno , e perduta quasi ogni fatica , che a
poco altro aveva egli indirizzata , che al
line di abilitarsi all’ effettuazione delle
tanto desiderate nozze. Stettesi in Utrecht
con un fcerto Proposto di Oudemunster ,
chiamato Lochorst , uomo di Corte, e gran»
de amatore dell’ arte. Questi diidgneva a
olio e a guazzo. Quivi lo Scoorel dipinse
l’entrata di Cristo in Gerusalemme, colla
città al naturale, e vi fece molte figure
JOAN SCOOREL. 3 2S
de’ fanciulli Ebrei ed altri, che stendono
i rami , e le vestimenta a’ piedi del trion-
fante Signore. Fu questa tavola , che ave-
va i suoi sportelli, collocata nella Chiesa
Cattedrale, alla quale fu donata da' paren-
ti del Proposto di essa. In quel tempo se-
guì una sollevazione nella Città , fra alcu-
ni partigiani del Vescovo , e quelli del
Duca di Gueldria ; onde lo Scoorel per
fuggire il tumulto, se ne venne in Haer-
lem , dove dal Comandante dell’ ordine di
S. Giovanni , che si chiamava Simon Saen,
grande amico de’ pittori , fu ben ricevuto
e ben trattato. Per questi fece alcune ope-
re , che fino dell’ anno 1604. si trovavano
in quel luogo : particolarmente una storia
di S. Giovanni che battezza , dove si ve-
devano bellissime figure di vaghi aspetti ,
un bel paese , e molti ignudi per battez-
zarsi. Aveva egli già acquistata gran fama
in quei luogo , quando si risolvè a pigliar-
vi casa ; che però gli furono date a fare
dipoi molte tavole per altari di quelle Chie-
se : ed una , che doveva servire per 1’ Aitar
maggiore della Chiesa vecchia di Amster-
dam , in cui rappresentò un Crocifisso :
dell’ invenzione della qual tavola se ne ve-
deva un’altra pure in Amsterdam detto
sono 1604. Fu poi chiamato a Utrecht
da’ Signori del Collegio di Santa Maria ,
Chiesa fondata da Enrico V. Imperatore,
dove fece una tavola per la maggior Gap-
pellai con quattro sportelli, il primo de’qua-
is6 Dec. III. della Par. I. del Sec. IY.
li doveva egìi , come gli fu ordinato, di-
piguere per una prova. Ritrassevi alcune
persone al naturale : ne’ primi due spor-
telli figurò Maria Vergine col bambino e
S. Giuseppe , lo Imperadore inginocchio-
ni in abito Imperiale col Vescovo Co ara-
dus pontificalmente vestito : ed altre per-
sone vi ritrasse , che per comandamento
dell’ Imperadore avevan fatto abbellire quel-
la Chiesa: e vi era anche un bellissimo
paese. I due altri sportelli tenne alcuni
anni: intanto dipinse alcune tele a guazzo,
grandi quanto erano i due sportelli , in
una rappresentò il Sagrifizio d’ Abramo
con un bel paese. Queste tele fece poi
comprare , insieme con altre opere di
Scoorel , il Re Filippo 1’ anno iò-fg. col-
l’ occasione di trovarsi nella Fiandra , e di
passaggio in Utrecht , e se le portò in Ispa-
gna. Era di mano di costui in Amsterdam
un Crocifisso con bellissimi sportelli , fatto
nel miglior tempo. Gli sportelli fatti in
Utrecht, e ancora una bella tavola in Goti-
de • insieme con molte altre belle opere
sue furoa l’anno i566. rotte e abbrucia- ì
te dalla plebe. À Marchien, bellissima Ba-
dia in Artesia , era una sua bella tavola [
con San Lorenzo sopra la graticola : una
deli" undicimila Vergini, con due sportelli:
ed una con sei, dove aveva rappresentato
il martirio dì Santo Stefano . In Utreclit ,
nella Badia di S. Vaes , dietro 1’ aitar mag-
giore era una tavola con un Crocifisso con
JOAN vScOQRKL. 1 27
«Ine sportelli. In Haerlem , appresso Geert
Willemsz Scoterbosch , era un pezzo di
quadro piccolo , dov’ egli aveva rappresen-
tato quando la Vergine offerse il Figliuo-
lo nel Tempio nelle braccia di Simeone^
con molte figure. Nella Frigia, in una
Badia, chiamata Grootouwer , era una ta-
j vola della Cena del Signore , con figure
al naturale, e le facce ancora degli sportel-
li dipinte. In Malines , città tra Brusselles
ed Anversa, era un mercante, che avea
corrispondenza a Roma , chiamato Willem
Pieters , il quale collo Scoorel aveva con-
tratta grande amicizia : fece egli per co-
stui alcuni be’ pezzi di quadri. In Breda
pel Conte Enrico di Nassau, e Rene de
Chalon Principe d’ Oranges fece alcune ope-
re. Fu poi chiamato dal Re di Francia
Francesco I. per andare al suo servizio ,
con gran promesse : ed ei ricusò , perchè
non volle mai obbligarsi nelle Corti , anzi
una volta , die gli piacque raccomandare
un certo architetto ai Re di Svezia Gu-
stavo , gli mandò col medesimo a donare
una bella immagine della Madonna di sua
mano , la quale fu da quel Re tanto gra-
dita , che non isdegoò lo scrivergli una
lettera di proprio pugno in ringraziamen-
to , inviandogliela accompagnata con un
ricchissimo regalo , che fu un anello di
gran valore , con altre simili cose , e una
slitta con tutti i suoi arnesi pel cavallo;
quella appunto , colla quale soleva sua
128 Dec. HI. della Par. T. del Seg. IV.
Maestà andar sopra il diaccio , con un for-
maggio di Svezia di dugento libbre di pe-
so , del nostro dugentosessantaseì. Lo Sco-
orel ricevette la lettera , ma bensì aperta ,
per essere stata intercetta , e preso il re-
galo. Fu quest’artefice assai famigliare a
tutti i Cavalieri della Fiandra, perchè nel-
F arte della pittura aveva congiunto la
musica , e la poesia. Era buon rettorico 3
e componeva ben le commedie , e canzoni.
Tirò bene d'arco, e parlò molte lingue
francamente , cioè la Latina , Y Italiana ,
Francese , e Tedesca , oltre alla sua nativa.
Fu liberale del suo , di spirito allegro e
vivace ; ma giunto ad una certa età , fu
così tormentato dalla podagra , che diven-
ne vecchio avafflti il tempo. Finalmente
pervenuto all’ età di sessantasette anni , se
ne andò a vita migliore l’anno i56o. a’ sei
di Dicembre. Rimase di suoi discepoli il
pittore di Filippo Re di Spagna Antonio
Moro, il quale pel grande affetto , che gii
portava, voile due anni avanti eh’ egli mo-
risse, cioè l’anno i55$. farne |il ritratto,
sotto il quale scrisse 1 seguenti versi
Addidib hic arti decus , huic ars ipsa
deco rem ,
Quo morienteÀ morì est haec quoque
vis a sibL
X2Q
MARTEN HEMSKERGK
PITTORE D’OLANDA
Discepolo di Jan Se ho o rei 9
nato 1498. + 1674.
In un povero villaggio d’Olanda, chia-
mato Hemskcrck , nacque Tanno 1^98.
questo Martino, che poi dalla patria
fu cognominato Hemskerck. Suo padre fu
tiri tale Jacopo Willemsz, uomo di cam-
pagna , il cui ordinario mestiere fu il mu-
rar le case a’ contadini ; ma bene spesso
per mancanza di lavoro era chiamato dai
medesimi in ajuio di loro faccende fino a
mugner le vacche. Martino da piccolo
fanciullo si mise ad imparare il disegno
appresso un tal Cornelis Wiìlamsz , che
fu padre di Lucas e di Floris, che pelle-
Bai dinucci V oh VII* 9
t
i3o Dec. III. della. Par. I. del Sec. IV.
orinarono in Italia, studiarono in Roma
e altrove, e riuscirono ragionevoli pittori.
11 padre del fanciullo , che per avventura
non passava più là coli’ ingegno , non ave-
va in molta stima Farle del dipigoere;
onde tolto il tigli nolo da quel mestiere ,
lo prese in suo ajuto a murare , andar per
opera a mugnere , e fare altre cose di
quelle 9 che usano di fare i contadini. Non
è possibile a raccontare sino a qual segno
di dolore giugnesse il povero figliuolo , ve-
dendosi richiamare da un’ arte sì nobile ,
e di grandissimo suo genio, a stato e ser-
vigio di tanta viltà, e da lui tanto odiato;
onde deliberò fra se stesso di cercare oc-
casione di romperla col padre , per poter
poi 9 con alcuno apparente pretesto , le- j
Tarsi da quello improperioso lavoro: e un
giorno nel tornare che ei faceva da una
stalla , dov’ egli aveva munte alcune vac-
che , portando il vaso del latte sopra la !
testa , nel passar vicino ad un albero ,
procurò a bello studio, che ’l vaso per-
cotesse in uno de rami ; onde il vaso cad- \
de a terra j e il latte si sparse sul terre- ;
no. Veduto ciò il padre non solo lo sgri-
dò bestialmente , ma preso un legno gli ;
corse dietro per percuoterlo , ma iì giova-
netto , che era bene in gambe , fuggendo j
come il vento , tosto gli sparì di vista. Per j
quella notte non tornò a casa , standosi
come potè il meglio , io una capanna di j
fieno. La mattina quando ei credette che’!
Màrten Hemskerck. i8i
padre fosse addato ai lavoro, se ne tornò
a casa , e fattosi dare dalla madre alcune
coserelìe da mangiare , e certi pochi quat-
trini, se ne partì. In quella giornata passò
a Haerlem e Delft, e quindi si fermò, e
posesi di nuovo ali’ arte del dipignere ap-
presso un certo Jam Lucas. Diedesi il gio-
vane tanto di proposito a studiare, che in
breve tempo acquistò molto. Ma avendo
poi intesa la fama , che dappertutto cor-
reva deli’ eccellente pittore Jam Schooreì f
per ìa bella maniera di diptgoere, ch’egli
aveva portato d'Italia , tanto si adoperò,
che e’ trovò modo di esser ricevuto in
Haerlem sotto la sua disciplina. Quivi con
I altrettanta diligenza seguitò i suoi studj ,
fioche apprese sì bene quel bei modo di
operare , che le cose di Martino , quasi
non più si distinguevano da quelle di
Schooreì ; onde egli , come fu detto allora,
forte ingelosito del discepolo , procurò con
beila maniera di levarselo d’ attorno. Al-
lora Martino pure in Haerlem , andò a
stare in casa un certo Pieter Jaofopsen ,
dove soleva abitare un tal Corneìis Van-
berensteyn. In questa casa fece diverse
pitture, e fra ì’altre un Sole e la Luna
in una stanza dalla parte del letto : e un
Adamo ed Èva tutti ignudi grandi quan-
to il naturale , le quali opere gli guada-
gnarono appresso al padrone di quella ca-
sa grande amore e stima. Quindi partito-
si se n'andò a stare io casa uà tale Joos
s32 DEC. III. DELLA PàR. I. DEL SeG. IV.
Cornelisz orefice , dove fra’ moki lavori
fece una tavola , in cui rappresentò San-
to Luca , che dipigne Maria Vergine ai
naturale , col figliuolo Gesù in braccio ,
nella quale pure tenne la maniera di
Schoore! : e appresso al Santo Luca figu-
rò uo poeta coronato , con che fu credu-
to volesse significare 1* amicizia , che dee
essere fra la Pittura , e la Poesia. Eravi
ancora uo Angelo in atto di tenere in
mano una torcia : i’ altitudine di Maria j
Vergine, e l’azione del Santo erano e- j
spresse tanto al vivo , che e’ non si pote-
va dir più : e la tavolozza de’ colori pare-
va veramente, che uscisse fuori dei qua-
dro. Era Martino , quando fece questa
bella opera, in età di trentaqualtro anni ,
come appariva notato nella medesima. Di I
questa tavola fece egli un dono alla Coen-
pagaia de’ Pittori , perchè avendo già de-
liberato di partirsi d’ Haerlem per venire j
In Italia , volle lasciarvi di se quella me-
moria. Questo quadro fino del 1604. era
stato conservato da Onericheyt di Haer-
lem nella corte del Principe. Partitosi dun-
que d’ Haerlem per desiderio di far mag-
giori studj , e di vedere F opere de’ gran f
maestri , viaggiò molto per F Italia , e fi-
nalmente si fermò in Poma , dove tratte- !
nulo in casa di un Cardinale vi fece mol-
te cose. Quivi disegnò tutto F antico, tan- !
to di statue , quanto di edificj e rovine ,
e tutte F opere del gran Micheìagnolo.
Marten Hemskerck.. i33
Occorse un giorno mentre che egli era
fuori a disegnare, che no giovane Italia-
no entralo furtivamente io camera sua *
gli rubò due bellissime tele colorite , di
che egli prese grande afflizione : poi avu-
ti buoni indizj , colle buone diligenze che
ei fece, riebbe il suo. Questo accidente
però fu cagione , che egli non seguitasse
stare in Roma, almeno per qualche
tempo di piu , com’ era suo pensiero; per-
chè sospettando, che dagli amici e paren-
ti del ladro non gli venisse fatto alcuno
affronto , e perchè si trovava anche ave-
re avanzato qualche danaro , ebbe per be-
ne il partirsene, e pigliare il viaggio ver*
so la patria , essendo stato in Roma tre
anni. Portò con se una lettera di racco-
mandazione di no giovane, che egli ave-
va lasciato in Roma , grande amico suo e
del padre, indirizzata a Delfi: e giunto a
questo luogo si fermò a caso in un di
quegli alberghi , che in quelle parti ser-
vono per raddotto di male femmine , do-
ve si faceva mercato di ogni furfanteria :
e di questo particolarmente era padrone
quell’ uomo sanguinario , di cui parlammo
nelle notizie della vita di Giovanni Fiam-
mingo. Era in esso albergo una infinità di
assassinamenti di poveri viandanti , a’ qua-
li era tagliata la gola , e spogliati di pan-
ni e danari : erano i loro cadaveri sepol-
ti in una fossa , che poi fu trovata piena
di corpi morti; tantoché una figliuola di
I
iS4 Dec. ITI. della. Par. I. del Sec IV.
questo glande assassino , per non veder
più una così abbeminevol crudeltà, e per-
ch'ali1 iucoutro l’ affetto paterno non le
lasciava scoprire tali delitti, fu , per così
dire, sferzata a fuggirsi col nominato Gio-
vanni a Venezia , come dicemmo. Voleva
pure l’Hemskerck alloggiare in quel luo-
go , da lui non conosciuto per quel che
egli era, tantopiù, che da un amatore
dell’arte, a cui per avventura era diretta
la lettera di raccomandazione , chiamato
Pieter Jaeobsz , era a ciò confortato ; ma ;
come volle la buona sorte sua , in quel- j
F istante se gli presentò prout a occasione
d’ imbarco , ed egli se ne partì la mettasi-,
ma sera del suo arrivo in Delft. Tornato
a casa già aveva lasciata la prima manie-
ra di Schoorel , ma però al giudizio delia
maggior parte de pittori non aveva mi-
gliorato. Fu alcuno de’ suoi discepoli, che
una volta gli disse esser V opinione dei
Professori , eh’ egli operasse meglio in sul-
la maniera di Schoorel, che quando tor-
nò di Roma ; ma egli si era tanto inva-
ghito del modo di fare Italiano , che non
fece di ciò alcun conto. Di questo artefi-
ce era nella corte del Principe nella gran
Sala una tavola della Natività di Cristo,
ed una della Visitazione de’ Magi, dov’ e-
gli aveva fatti moltissimi ritratti, e fra que-
sti il suo proprio : e di fuori la Nunzia-
ta , e nella figura dell’ Angelo , sopra la
veste di sotto, aveva lavorato in suo aju*
sua mano
dipìnta la
Cnsto. La
Marten Hemsker ck# i35
lo un certo Jacob Rawuaert , che allora
era suo discepolo , come egli medesirno
raccontò a Carlo Vanmander, Pittor Fia na-
che tali cose ci lasciò scritto. Nel-
la Chiesa vecchia d’ Amsterdam erano di
due sportelli doppj , dov’ era
Passione , e la Resurrezione di
tavola di mezzo rappresentava
un Crocifìsso, e fu opera di Schoorel. Nel-
la città d’ Alcmaer era Fanno 1604. di
mano di Martino una tavola dell’ Aitar
maggiore della Cattedrale, dentro la qua-
le era il Crocifisso , e negli sportelli, nel-
la parte di dentro , la Passione, nel di
fuori la storia di San Lorenzo. In Delffc
erano ancora molte sue opere nella Chiesa
vecchia e nuova , nella Chiesa di S. Aedi
era una tavola d’ Altare de’ tre Magi, nel-
la parte di mezzo della quale aveva di-
pinto uno de’ Re , e ne’ due sportelli gli
fuori aveva figurata la
a chiaroscuro. Di q ne-
per pagamento un’an-
.Itri due: nei di
storia del Serpente
si’ opera ebbe egli
mia entrata di cento fiorini; perchè, come
quello che era uomo timoroso , e sempre
ebbe paura ( come noi sogliamo dire )
che non gli mancasse il terreno sotto , si
studiò sempre di farsi entrate per duran-
te la sua vita. Nel Villaggio di Eertswout
nella Horthollandia , ali’ Aitar maggiore
era una tavola ornata d’ intaglio con due
sportelli doppj , dentro era la Vita di Ge-
i36 Dec. ITI, delli Par. I. delSec IV.
fazio. A Medemblick era ancora di sua
mano una tavola ali’ Aitar maggiore. Pel
Signore d’ Arseodelft fece due sportelli da
altare, in uno la Resurrezione, e nell’al-
tro la salita del Signore al Cielo. Nell’ lia-
ya , città dove abitava il Principe d’Oran-
ges , nella Chiesa grande in una Cappel-
la del Signore Arsendelft fece moltissime
opere con molti ritratti ai naturale : e fra
quelle 1’ Universa! Giudizio , con gli al-
tri Novissimi , cioè la Morte l’ Inferno
e’1 Paradiso, con gran copia d’ ignudi.
Nelle quali opere si fece ajutare ai nomi-
nato Jacob Rawuaert suo discepolo , ai
quale diede per mercede , contando tante
doble , finché il pittore disse , basta. Eb-
be Paurxe Kempenaer , e poi Melchior
Wyntgs uo quadro lungo , dove aveva
rap presentato un Baccanale , che si vede
alla stampa , e fu una delle migliori ope-
re eh' ei facesse dopo il suo ritorno di
Roma. Appresso Aernort di Bereosteyn era
un bel Paese con una lontananza , dove
si vedeva San Cristofano. E veramente fa
quest’artefice universale , e operò beoe in
ogni cosa: intendeva bene l’ignudo: e fa
sì buono inventore , che si può dire in
certo modo, che egli empiesse il mondo
di sue invenzioni : e mostrano le opere
sue non essergli mancata ancora una buo-
na pratica nelle cose d’ architettura. Non
è così facile a raccontare la gran quantità
Marten Hemskerck. ì3y
di stampe , che sono uscite dalle sue ope-
re , intagliate da Dirick Volckersz Coorn-
hert : e sopra queste lo stesso Dirick si
fece valentuomo , perchè operò co’ precet-
ti e assistenza dello stesso Martino , ben-
ché Martino da per se stesso non intaglias-
se. Questo Oirick fu uomo spiritosissimo ,
e faceva di sua mano quanto e’ voleva.»
Fra l’altrecose che egli intagliò furono le sto-
rie de’ fatti dello ’m pera dorè ; ma quella
dove il He fa fatto prigione , fu intaglia-
ta da Cornelio Bos , alcun tempo dopo il
suo ritorno di Roma. Ma tornando a Mar-
tino , egli prese per moglie una bellissima
fanciuiletta , chiamata Maria Jacobs Co-
ning Docater, che vuol dire, Maria di
Jacopo figliuolo di Re : e per onorare
questo matrimonio , i Rettori ci di quella
patria recitarono nel giorno delle nozze
una bellissima commedia , ma dopo di ciot-
to mesi questa giovane si morì. Tre o
quattro anni dipoi V Hemseherek dipinse
gli sportelli della tavola, che era nella ca-
sa del Principe in Haerlem , dove rappre-
sentò la strage degl’ Innocenti. Dipoi pre-
se un’ altra moglie attempata 9 non bella 9
nè d’ assai , ma molto ricca di roba e da-
nari , benché più abbondante di voglie, a
cagion delle quali, convenne a Martino far
molte spese. Pervenne questo buono arte-
fice all’ età di seUantases anni : e final-
mente 1’ anno i5 74. al primo di Ottobre
i38 Dec, IN. della. Par. I. del Sec. IV.
lasciò la presente vita , dopo essere stato
venfidoe anni Opera jo della Chiesa d’Haer-
lem : e nel tempo che la città fu assedia-
ta dagli Spagtiuoli eresi con licenza del
Consìglio trattenuto io Amsterdam in ca-
sa un tale Jacob Rawuaert. Fu il suo ca-
davere sepolto nella Chiesa C ttedrale in
una Cappella dalla parte di Tramontana,
Aveva egli in sua vita fatto buona ric-
chezza per aver guadagnato assai , e non
avere avuto figliuoli ; onde prima di mori-
re fece bellissime litnosine, e lasciò alcuni
terreni , le rendite de’ quali volle che do-
vessero servire per annue doti di fanciul-
le da maritarsi con che quelle dovessero
andare a fare alcune nuziali cirimonie
nella Chiesa, dov’ egli fosse sepolto, il che
fu eseguito. A Hemskerk, sul cimitene so-
pra il luogo , dov’ era stato sotterrato il
padre suo morto in età di settant' anni ,
ordinò che si ponesse una piramide fatta
a foggia di sepolcro di pietra turchina ,
sopra la quale fosse il ritratto dello stesso
suo padre , con una iscrizione in Latino ,
e in Fiammingo idioma. Eravi un pattino
ritto sopra alcune ossa di morto , in atto
di appoggiare il sinistro piede ad una
torcia accesa , ed i! destro ad una testa di
morto, con una iscrizione che diceva, CO-
GITA MORI . Sopra questo era F arme
sua , cioè una mezz’ Aquila da man de-
stra > e dalla sinistra un Lione , e per di
Matren HemskercK, xSg
gotto a traverso un Braccio nudo , eoa
una penna o pennello nella mano. Nella
parte superiore del braccio era un' alia 9
ed il gomito posava sopra ad una tarta-
ruga : con che volle forse esprimere iì pit-
tore ravviso d’ Apelle , di non dovere
l’artefice essere o troppo lento , o troppo
veloce nell* operar suo : e perchè e9 volle
che sempre vivesse questa memoria di suo
padre , obbligò al mantenimento di essa il
medesimo luogo , al quale egli aveva la-
sciati i terreni , sotto pena di dovergli re-
stituire ogni cjua! volta e’ fosse mancato
nella dovuta custodia di esso. Fu Martino,
come abbiamo detto , uomo timorosissimo,
e per paura di non perdere quanto aveva
o fosse per incendio , o per furto , o per
altra cagione usò dì tener sempre cucito
ne’ suoi vestiti gran quantità di doble.
Dalla stessa causa addiveniva che egli
nel tempo della Festa maggiore della sua
patria, per la quale usavansi fare grandis-
sime sparate , per desiderio di vederle , e
non essere colpito , se ne andava io cima
delia torre. Fu anche valentissimo in dise-
gnar dì penna. Restarono due ritratti di
lui medesimo fatti a olio , che V anno
1604. conservava Jaques Vanderherck suo
nipote , ma grandissima quantità di sue
belle opere, dopo la resa d* Haerlem , fu-
rono prese dagli Spagnuoli con pretesto di
volerle comprare , e mandare ia Ispagua :
140 Dec. UT. della Par. I. del Sec. IV.
ed altre in quella resa furon del tutto
rovinate e guaste, dimodoché può dirsi,
che la Fiandra in poco tempo ne rimanes-
se del tutto spogliata»
GIOVANNI CAMBIASO
PITTOR GENOVESE
Discepolo di Antonio Semino 9
nato al i4g5. +•*..
/
CjJiovanni Cambiaso nato nella Val-
le di Polcevera , poco distante da Genova,
imparò egli l’arte nella scuola di Antonio
Semino pittore di quella patria assai loda-
to in quella età : avendo poi studiata la
maniera di un tal maestro Carlo discepo-
lo del Mantegna , fecesi sì pratico , che
molte cose ebbe a fare di sua mano in es-
i/p Deg. TU. della. Par. I. del Sec. IV.
sa città per pubblici e privati luoghi gua- j
«lagnandosi lode di avere, con un suo imo- t
vo modo di dipignere , tolta via iti graa !
parte una certa crudezza , che avevano le j
pitture de’ maestri in quei tempi in quel-
le parti, nelle quali poco o nulla poteva-
3 o F arti più belle ave e allignato a cagmue
delle civili discordie , da cui sogliono es- j
sere per ordinario, appena nate, svelte o !
recise. Furono i primi lavori di questo ar-
tefice per quelle Riviere in gran parte a
fresco , finche nel iÒ2 5. dal Principe Do-
ria gli fu fatto dar principio alle pitture
del suo bel Palazzo , facendo anche colà
venire apposta i celebri pittori Ferino del j
Vaga, Domenico Beccatomi, e Antonio !
Pordenone : ie opere de’ quali recarono sì ;
fatta maraviglia a Giovanni , partieoìar- j
mente quelle di Ferino , che datosi ad os- ;
servarne iì più beilo, interamente mutò 1
sua antica maniera , ed a quella dello j
stesso Ferino sì bene si accostò , che non
vi è oggi chi vedendo le pitture di esso
non lo creda uscito da quella scuola. [
Furono F opere di Giovanni per io piu j
sparse per diversi luoghi della Riviera ,
e per le case di particolari cittadini. Di-
pinse ancora a chiaroscuro, e fu bravo
modellatore, solito a dire, che non può
giuguere a gran perfezione nella pittura ;
colui , che non si è per qualche tempo
bene esercitalo nella Plastica. Veggonsi suoi !
disegni fatti con un modo del tutto duo-
Giovanni Cambiaso. 148
vo f che da Raffaello Soprani vien detto
proprio di lui , benché altri a Brama o le
Architetto da Urbino attribuiscalo : e fa
di disegnare le umane forme per via di
cubi , o sia di quadrati. Fu padre e mae-
stro fin da’ primi priucipj di Luca Cam»
biaso , deito altrimenti Luca o Luchetto
da Genova » il quale leone gran tempo io
ajuto , dopo averlo condotto fino a quel
segno d’ eccellenza , alla quale egli mede-
simo non era potuto pervenire. Termino
finalmente questo artefice il corso di sua
vita in istato di decrepitezza, lasciando
S di se degna memoria , ed alla patria
cuore.
Fiori ancora in questi medesimi tem-
pi, in essa città di Genova, un certo
JACOPO TAGLIACARTE, mentovato dal
Soprani , e di cui anche parlò Cammilìo
Leonardo , celebre Medico. Specch . di Pit-
ture Cap. 11. /. ni. Questi fu assai loda-
to in effigiare , con bella industriosa ma-
niera , nelle pietre più dure , invenzioni e
piccole figurette; maestranza usata già da-
gli antichi Greci e Romani : e nell’ inca-
vare eziandio cose sì fatte , dì che hanno
fino a’ tempi nostri data testimonianza
molte opere sue esistenti appresso i suoi
cooclttadini , ed alcuni sigilli molto bellis-
simi , lavorali iti preziose gemme , che è
quanto abbiamo di memoria delia virtù
di questo artefice.
Jl
£44
ANTONIO DEL CERAIUOLO
PITTORE FIORENTINO
Discepolo di Lorenzo di Credi , fioriva
circa' l i520.
T ra Itemi esi Antonio per molti anni
ad imparar ì’ arte con Lorenzo di Credi ,
dal quale apprese a far ritratti al natura-
le con sì buona somiglianza , che ne fu
molto lodato ; benché per quei che spetta-
Ya al disegno , non giugnessero al più per-
fetto : se pur si può dire , che ritratto sen-
za il requisito di perfetto disegno * possa
dirsi somigliante, e in conseguenza degno
di molta lode. Dipoi si pose a stare appres-
so a Ridolfo dei Griilandajo , come que-
gli , che avendo grandi e molte occasioni
di operare molto bene ? anche impiegava
Antonio del Ceraiuolo. 14.fi'-
i giovani della sua scuoia in città e fuo-
j ri , come si dirà al luogo suo. Fece dun-
que Antonio in Firenze per la Chiesa di
j S. Jacopo tra’ Fossi una tavola di un Cro-
I ci fìsso con Santa Maria Maddalena , e San
Francesco: e per quella della Santissima
munziata , una tavola con un San Miche-
le Arcangelo colle bilance in mano, la
| quale pochi anni sono fu levata dalla Cap-
pella de Benivieoi , nobìl famiglia Fioren-
tina oggi estinta , dove era situata 5 e po-
| sta da uno de’ lati della Cappella del Cro-
cifisso 9 accanto alla Sagrestia : ed in luogo
di quella fu collocata in essa Cappella già
de’ Benivieoi 9 e oggi di Carlo Donati , una
grande e bella tavola di mano di Simon
Pignoni Pittore Fiorentino , discepolo del
Passionano , che al presente vive , ed ope-
ra in Firenze con applauso degl’ intenden-
ti ; nella quale con vago colorito e beila
invenzione ha figurata Maria Vergine col
figliuolo Gesù io gloria, ed esso San Mi-
chele Arcangelo in atto di ritogliere dagli
artigli, dei comune inimico un piccolo fan-
ciullo , che rifuggendosi per patrocinio ad-
ii* Angelo suo Custode , vedesi da quello
benignamente accolto e difeso. E aggiunge-
vi un Santo Antonio da Padova in atto
di adorazione alla Madre di Dio , e alcu-
ni Angeletìi ; opera veramente lodatissima.
11 quadro poi del San Michele Arcangelo
di Antonio del Cerajuolo ultimamente fu
pure levato dalla Cappella del Crocifisso 9
Baldinucci Voi . Vii* iq
x46 Dec. III. della Par. 1. del Sec. IT.
e posto in una stanza del Convento, col-
F occasione di essere stata abbellita essa
Cappella per darsi luogo in essa al Corpo
di S. Fiorenzo Martire giovanetto : e nel-
lo stesso tempo sono stati ripieni gli spazj
laterali con due gran quadri , coloriti per
mano di Bernardino Poccetti : cbe in uno
è rappresentata l’ultima cena del Signore
cogli Apostoli , e nell’ altro il Purgatorio ,
tolti dai due spazj , cbe già erano sopra
gli organi, avantiehè si finisse di adorna-
re la soffitta della Chiesa medesima.
/
14?
FRA RARTOLOMMEO
DETTO FRA CARNOVALE
Discepolo di Raffaello da Urbino f fioriva
circa il i52©#
Uscì questo Pittore dalla scuola dì
Raffaello, e fecesi eccellente nelle prospet-
tive , più che in altra cosa. Affermano i
professori dello Stalo d’ Urbino esser di
sua mano in essa città , nella Chiesa degli
Zoccolanti a man dritta dell’ Aitar maggio-
re , una grande storia con una bella pro-
spettiva : e appresso diverse persone trovar-
'I4? Dec. III. DELLA. Par. I. del Seg. I?.
si altri quadri di prospettive. Il Vasari di-
ce, che egli nella stessa città dipignesse
la tavola della Chiesa di Santa Maria Do- !
labella. Questi fu quel Fra Bartolommeo
da Urbino , che insegno V arte del disegno ;
e della pittura a Bramante da Castelduran»
te, che riuscì poi singolarissimo architetto*
■
!
j
I
i
;
!
i
ABATE
^49
FRANCESCO PRIMATICCIO
i
PITTORE, SCULTORE, E ARCHITETTO
BOLOGNESE
Discepolo di Giulio Romano > jìovivà
circa il 1620.
Bell’ amica e nobil famiglia de’ Fri*
ìnaticci nacque in Bologna questo valente
artefice , il quale nella fanciullezza fa
da’ suoi maggiori applicato alia mercatura;
ma perchè tale applicazione non punto si
confaceva con gli altri pensieri , che il no»
bil giovanetto raggirava per la sua mente $
deliberò di darsi tutto all’ acquisto della bel-
i5© Bec. III. bella Par. F. del Sec» IT.
V arte del disegno , sottoponendosi in pri-
mo luogo alla disciplina d* Innocenzio da
Imola , pittore in quel tempo in Bologna
assai riputato : poscia tirato dalla bella ma-
niera , che sotto i precetti del divino Raf-
faello si era acquistato Bartolomraeo , det-
to il Bagnaca vallo ^ che in que’ tempi pu-
re operava in essa città di Bologna , inco-
minciò ad apprendere da lui i principi
del colorire, tantoché andatosene a Man-
tova , dove il celebre Pittore Giulio Roma-
no dipigncva pel Duca Federigo il palazzo
dei Te , anche egli fu annoverato fra* mol-
ti giovani, che gli ajutavano in quell’opera:
stettesi con esso per lo spazio di sei anni ,
dopo i quali già si era acquistata fama
del migliore di quanti in quella scuola
maneggiassero pennello: e quel che è più;,
fecesi così valente nel modellare e lavora-
re di stucchi , che condusse nello stesso
palazzo per quel Principe due bellissime
fregiature di una gran camera, dove rap-
presentò 1* antiche milizie de’ Romani : e
di pittura fece altre cose con disegno de!
maestro , che gli diedero gran fama , non
tanto in quella città, quanto in altre, do-
ve tosto giunse il suo nome, e fecesi mol-
to caro a quel Principe. Intanto arrivò in
Parigi al Re Francesco la notizia de* bellis-
simi ornamenti fatti fare dal Duca in es-
so palazzo del Te ; onde volle lo stesso
Re, che il Duca gli mandasse colà alcuno
artefice eccellente in pittura , e nei lavo-
i r
£
I fl
e:
' i
i
Ci
1
tt
j S(
ca
li<
;
ì
!
Abate Francesco Primaticcio. i5t
ro di stucco , a cui potessero far fare ope-
re degno dell’ animo suo. Il Duca gli man-
do i! Primaticcio, e ciò fu Fanno i53i.
Giunto che fu a quella Corte misesi a fa-
re opere belle ^ onde riportò la gloria di
essere il primo , che yì lavorasse bene di
stucchi: ed anche vi acquistò credito di
Ì3iion pittore a fresco , nonostantechè po-
co avanti fosse andato a’servigj di quel
Re il Rosso Pitfcor singolarissimo Fiorenti-
no , che molte belle cose vi aveva fatte di
sua mano. Dipingevi il Primaticcio molte
camere e logge , e fecevi altri lavori loda-
tissimi , de’ quali noi non possiamo dare
una precisa contezza. Or qui non dee a
chicchessia parere strana cosa , che nel
proseguire eh’ io fo pur ora le notizie di
questo artefice, sia per farlo parer gelo-
so oltre al bisogno della grazia del suo
Signore , e pur troppo soverchiamente ap-
passionato verso se stesso , in ciò che alla
stima del proprio valore appartiene : cose
tutte , che il Yasari non seppe , o indu-
striosamente tacque , per non perturbare
F animo di un tanto virtuoso , che ancora
viveva in Bologna quando egli scrisse di
lui, e anzi si affaticò molto in lodare le
qualità dell’animo suo: e’ l Malvagia, che
nella sua Felsina Pittrice ha ricopiato ap-
punto ciò che disse il Yasari , scusandosi
di non potere e per la lontananza del tem-
po , nel quale visse, e dei luogo ove di-
morò il Primaticcio 9 dirne più , anche con
S?2 Die. III. della Par. T. del Se e. IV.
aver velato ciò che notò di lui il Feli^
bien , I* ha lasciato nel posto stesso , che
lo lasciò 1 Vasari; non dovrà, dico, pa-
rere strano quanto io sou ora per iscrive-
re, col vivo testimonio della penna di uà
nostro cittadino , che stette ia Francia
ne’ tempi del Primaticcio, e parla di fat-
to proprio. Dell’ anno dunque 1540. era
arrivato alla Corte di Parigi chiamato dal
Re Francesco , per opera del Cardinale di
Ferrara, Benvenuto Cellini Fiorentino , ce«
lebre sonatore di strumenti di fiato , sin-
golarissimo nell’ arte dell’ orificeria , eccel-
lente intagliatore di medaglie , e non or-
dinario scultore, e gettatore di metalli *
discepolo del Buonarruoto , uomo forte
animoso, e robusto, altrettanto ardito nel
parlare , quanto per natura eloquente , di
parole abbondante , e secondo il bisogno
alla difesa e all’ offesa sempre preparato e
pronto: il quale ancora ebbe per costume*
con una troppo sregolata sincerità, di di-
re il suo parere a chi si fosse, anche di
ogni più sublime grado e condizione , me-
nando , come noi usiamo dire , la mazza
tonda a tutti : a cagione di che , e di al-
cune sue smoderate bizzarrie , aveva soste-
nuta in Roma sotto Paolo IV. una tormen-
tosa e lunghissima prigionia , dalla quale
a cagione di altre molle virtù, che per
altro ei possedeva, era stato per uficj dello
stesso Cardinal di Ferrara , e dello stesso
Re poco avanti liberato. A questi dunque
i
j
!
i
Apàte Francesco Primaticcio. j55
{ &veva il Re Francesco assegnata eoa pro'v-
| visione di 700. scudi Y anno , quella ap-
1 punto colla quale era stato in quelle par-
ti trattenuto il famosissimo Lionardo da
j Vinci , ed eraogii state ordinate dal Re
dodici statue d* argento , che dovevano ser-
vire di candeliere, per istare attorno al-
la sua mensa : e altre gran figure di me»
! tallo , con molti altri orrevoli lavori. Or
qui bisogna prima che sappia il mio letto-
! re, che costui dell’anno i566. quattro an-
j ni avanti alla sua morte, che seguì poi hi
Ì Firenze Fanno 1070. aveva scritto in gran
| parte di proprio pugno un grosso e assai
j curioso volume (1) di tutto il corso della
sua vita lino a quel tempo , il qual volu-
me oggi si trova , fra molte degnissime e
singolari memorie , nella Libreria degli
Eredi di Andrea Cavalcanti , che fu Gen-
tiluomo eruditissimo , e delle buone arti
amico. Di questo manoscritto , parlando
pure del Cellino, fecéne menzione il Va-
sari ; ma il detto Vasari , che pure seppe
essere al mondo quest’opera, per mio av-
viso , non la vide e non ìa lesse , perchè
se ciò fosse seguito , egli vi avrebbe trova-
ta una certa maniera di parlare della pro-
pria persona sua , che io non so poi corno
(?) Questo volume vemie poi stampa »
io l anno 1780. in quarto colla falsa da-
ita dì Colonia per Pietro Martello .
iSj. Dec. ITI. della Par. T. del Sec. TV.
gli fosse potuto venir fatto il d»re del Gel-
lino, anche cosi in generale , tanto bene,
quanto ei ne disse ; se noi non volessimo
credere , che ciò egli facesse per rendergli
bene per male , o veramente pereh’ ei n’a-
vesse paura , perchè egli era uomo delle
mani , e di tal sorta di coloro , come noi
sogliamo dire , che sanno egualmente scuo-
tere le acerbe e le mature, ma ciò sia det-
to per passaggio. Conclude adunque il Cel-
lino in quell’ opera , che questa sua venu-
ta in Francia , e i gran lavori ne’ quali
egli fu subito impiegato , non furono di
molto gusto del Primaticcio , che già ap-
presso al Re si era guadagnato credito di
primo virtuoso in queste arti ; onde al Cel-
lino toccò poi a cadere in molte disgrazie:
ed ebbe anche a liberar se stesso violen-
temente da non poche persecuzioni , che
del continuo gli preparavano coloro, a cui
premevano gli avvantaggi e di guadagno
e di gloria del Primaticcio. Il racconto è
curioso e per la sincerità e semplicità ,
onde egli è portato , e per altri titoli an-
cora. Nè io saprei meglio esplicare ciò che
ei volle , se non col portare in questo luo-
go le stesse parole di Benvenuto ; e per
ciò fare concedatnisi l’ incominciare che io
farò alquanto dalla lontana , non tanto
perchè meglio s' intenda V origine delle
male soddisfazioni seguite fra questi due ,
quanto per dare con tale ocoasioue diver-
se notizie di cose seguite in que’ tempi ,
Abate Francesco Primaticcio. i55
legne di sapersi. Dice egli adunque così :
Avendo fra le mani le suddette ops -
'e , cioè il Giove d' argento già comincia -
a , la detta Saliera d' oro , il gran vaso
V argento , le dette due teste di bronzo y
ollecitamente in esse opere si lavorava .
4ncora detti ordine a gettare la base del
letto Giove , quale feci di bronzo , rie*
hissimamente piena d' ornamenti , infra qua»
i ornamenti scolpii in bassorilievo il rat -
o di Ganimede : da IT altra banda poi
^eda e9 1 Cigno» Questa gettai di bronzo 9
' venne benissimo : ancora ne feci un al-
ra simile per porvi sopra la statua di
Giunone aspettando di cominciare questa
incora , se il Re mi dava t argento da pò*
er fare tal cosa . Lavorando sollecitamene
* avevo messo di già insieme il Giove
V argento : ancora avevo messo insieme
a saliera d' oro , il vaso era molto in -
xanzi , le due teste di bronzo erano già
mite » Ancora avevo fatto parecchi opere t-
e ai Cardinale di Ferrara : di più un
asetto d' argento riccamente lavorato ave-
o fatto per donare a Madama di Tarn -
res» A molti Signori Italiani 9 cioè il Sig.
Piero Strozzi 3 il Conte d* Anguillaia , il
Ionie di Pitiglmno , il Conte della Mirali-
loia , e molti altri , avevo fatte molte ope*
e: e tornando il mio gran Re, come io
ho detto , avendo tirate innanzi benis si-
no quelle sue j il terzo giorno venne a
Dsc. III. della Par. I. del Sec. IV.
casa mia con molta quantità della mag-
gior nobiltà della sua Corte , e molto si
maravigliò delle tante opere , che io ave-
vo innanzi , e a così buon porto tirate ; e
perchè era seco la sua Madama di Tarn -
pes , cominciarono a ragionare di F onta-
nablò. Madama dì Tampes disse a S. M,9
di egli avrebbe dovuto farmi fare qualco-
sa di bello per ornamento della sua Fon-
tanablò. Subito il Re disse : egli è ben
fatto quel che voi dite 9 e adesso adesso
mi voglio risolvere che là si faccia quah
cosa di bello : e voltatosi a me mi comin-
ciò a domandare quello , che mi pareva
di fare per quella bella Fonte . A questo
io proposi alcune mie fantasie , e ancora
Sua Maestà disse il parer suo : dipoi mi
disse , che voleva andare a spasso per
quindici o venti giornate a San Germano
dell' Aja , quale era dodici leghe discosto
da Parigi : e che in questo tempo io fa-
cessi un modello per questa sua bella Fon-
te , con le più ricche invenzioni che io
sapessi , perchè quel luogo era la maggior
ricreazione eli egli avesse nel suo Regno 5
però mi comandava e pregava , eli io mi
sforzassi di far qualcosa di bello : ed io
tanto gli promissi. Vedute che ebbe il
He tante opere sì innanzi , disse a Muda «*
ma di Tampes : Io non ho mai avuto uo-
mo di questa professione che più ini piac-
cia 9 nè che meriti più d' esser premiato
di questo ; però bisogna pensare di Jsr~
'Abate Francesco Primaticcio. i5j
marlo , perdi egli spende assai , ed è buon
\ compagnone , e lavora assai ; onde è ne-
I cessità che da per noi ci ricordiamo di
lui : il perchè se considerate , Madama 5
tante volte , quante egli è venuto da me ,
e quante io son venuto qui , non ha mai
\ domandato niente ; il cuor suo si vede es-
ser tutto intento alt opere , e bisogna far-
gli qualche bene presto , acciocché noi
\ non lo perdiamo. Disse Madama di Tarn -
pes : Io ve lo ricorderò : e partironsu lo
mi messi in gran sollecitudine intorno al-
V opere mie cominciate : e di più messi
mano al modello della Fonte , e con sol-
lecitudine lo tiravo innanzi . In termine
d' un mese e mezzo il Re tornò a Parigi %
ed io che avevo lavorato giorno e notte , t an-
dai a trovare , e portai meco il mio mo-
dello. Erano di già cominciate a rinno-
varsi le diavolerie della guerra infra V Im *
peradore 5 e lui , dimodoché io lo trovai
molto confuso : pure parlai col Cardinale
di Ferrara , dicendogli eli io avevo meco
certi modelli , i quali mi aveva commesso
Sua Maestà : così lo pregai che se e ve-
deva tempo di dir qualche parola, perchè
si potessero mostrare , credevo che il Re
rì avrebbe preso molto piacere . Il Cardi-
nale propose i modelli al Re , il quale
venne subito dove essi erano . In prima
jo aveva fatto la porta del Palazzo di Fon-
tanabelio : e per alterare il manco eli io
p otevo r ordine della porta che era fatta
'358 DSC. III. DELLA. PàR. I. DEL SeC.IV.
a detto palazzo , quale era grande e na-
na, di quella lor mala maniera Franciosa 9
la quale era poco più d ’ un quadro 9 e so -
pra esso un mezzo tondo stiacciato a uso
di manico di canestro : e perchè in questo
mezzo tondo il Re desiderava d' averci
una figura che figurasse Fontanablò ; io
detti bellissima proporzione al vano : di-
poi posi sopra detto vuno un mezzo ton -
do giusto , e dalle bande feci certi piace-
voli risalti y sotto i quali 5 nella parte da
basso9 che veniva a corrispondenza di quel-
la di sopra , posi un zocco9 e altrettanto di
sopra : e in cambio di due colonne che
mostrava che si richiedessero , secondo le
modinature fatte di sotto 9 e di sopra 9
avevo fatto un Satiro in ciascun de siti
delle colonne. Questi era più che di mezzo
rilievo 9 e con un de bracci mostra va di
regger quella parte che tocca alle colon-
ne : nelì altro braccio alleva un grosso
bastone con la sua testa ardito e fiero 9
qual mostrava spavento d riguardanti .
& altra figura era simile di positura 9 ma
era diversa e varia di testa , ed alcune al-
tre tali cose aveva in mano : una sferza
con tre palle accomodate con certe cate-
ne. Sebbene io dico Satiri 9 questi non
avevano di Satiro alerò che certe piccole
cornetta 9 e la testa caprina 9 tutto il re-
sto era umana forma. Nel mezzo tondo
avevo fatta una femmina in bell' attitudi-
ne a diacere . Questa teneva il braccio man-
Abate Francesco Primaticcio. i5y
co sopra il collo di un cervio , quale era
una dell' imprese del Re : da una banda
avevo fatto di mezzo rilievo certi capi io-
le tti e porci cignali , e altre selvaggine di
piu basso rilievo : dall ' altra banda cani ,
bracchi , e levrieri di più sorte , che prò -
duce quel bellissimo bosco , dove nasce la
Fontana . Avevo dipoi tutta questa opera
ris betta in un quadro oblungo : e negli
angoli del quadro di sopra in ciascuno
avevo fatta una Fitto ria in basso rilievo ,
con quelle facellinc in mano , come han-
no usato gli antichi . Di sopra al detto
quadro avevo fatta la Salamandra , pro-
pria impresa del Re , con molti ornamen-
ti a proposito della detta opera , quale
mostrava d ’ essere di ordine Jonico . ) V e-
duto il Re questo modello subito lo fece
rallegrare , e lo divertì da que ragiona-
menti fastidiosi , in eli egli era stato più di
due ore . Vedutolo io lieto a mio modo 9
gli scopersi V altro modello , quale punto
non aspettava , parendogli dì* aver veduto as-
sai opera in quello . Questo modello era gran-
de più di due braccia 3 nel quale avevo fatto
una fontana in forma dì un quadro perfetto ,
con bellissime scale intorno , quali s* in tr asse-
gnavano runa neW altra , cosa che mai più
non s'era veduta inquelle parti, e rarissima-
mente s'era veduta in queste . In mezzo a
detta fontana avevo fatto un sodo , il
quale si dimostrava un poco più alto del-
la fontana ; e sopra questo sodo avevo
x6o Dee. III. della Par. t del Sec. IV,
fatto , a corrispondenza 3 una figura ignu-
da di molta bella grazia. Questa teneva
una lancia rotta nella mano destra eleva-
ta in alto : e la sinistra teneva in sul
manico una storta , fatta di bellissima
forma : posava in sul piò manco , ed il
ritto teneva in su un cimiere riccamente
lavoralo : e in su i quattro canti della
fontana avevo fatto in su ciascuno una
figura a sedere elevata con molte sue va-
ghe imprese per ciascuna . Cominciommi a
domandare il Re , che bella fantasia era ;
quella , dicendomi , che tutto quello che
avevo fatto alla porta } senza domandar - \
mi di nulla egli /’ aveva inteso ; ma che
questo , sebbene gli pareva bellissimo , nul-
la non intendeva : e ben sapeva eli io
non avevo fatto come gli altri sciocchi ,
che sebbene facevan cose con qualche j
poca di grazia , le facevano senza signi-
ficato nessuno . A questo , messimi già in
in ordine , risposi , che essendo piaciuto
il mio fare , volevo bene , che altrettanto
piacesse il mio dire . Sappiate , dissi Sa-
cra Maestà , che tutta quest ’ opera picco-
la è benissimo misurata a piedi piccoli ,
qual mettendo poi in opera verrà di que-
sta medesima grazia , che voi vedete. Quel- !
in figura ài mezzo si è 54, piedi, A que-
sta parola il Re fé' grandissimo segno di
maravigliarsi: ed io soggiunsi : EU' è fat-
ta per figurare lo Dio Marte : quest ’ altre
quattro figure son fatte per Virtù , di ch&
Abate Francesco Primaticcio. i6i
si diletta e favorisce tanto Mostra Mae-
stà. Questa a man destra è figurata per
la Scienza di tutte le lettere : vedete che
ella ha il suo contrassegno 9 qual dimo-
stra la Filosofia 9 con tutte le sue virtù
compagne : quest 9 altra dimostra essere
tutta C arte del disegno , cioè Scultura 9
Pittura , e Architettura : quest: altra è fi-
gurata per la Musica , qual si conviene
per compagnia a tutte queste scienze . Que-
st’ altra che si dimostra tanto grata e be-
nigna è figurata per la Liberalità , che
senza lei non si può dimostrare nessuna
di queste mirabili virtù . Questa statua di
mezzo grande è figurata per Vostra Mae-
stà istessa9 quale è un Dio Marte , essen-
do Voi solo bravo nel mondo : e questa
bravura Voi V adoperate giustamente e
santamente , in dif emione della gloria
Vostra » Appena egli ebbe tanta pazienza 9
eli e mi lasciasse finir di dire 9 che leva-
ta gran voce , disse : V bramente io ho
trovato un uomo secondo il cuor mio . E
chiamò i Tesaurìeri ordinarj , e gli disse,
che mi provvedessero tutto quel che mi
faceva di bisogno , e fosse grande spe-
sa quanto si volesse : poi a me dette in
sulla spalla colla mano , dicendomi : Mori
Arny , che vuol dire , Amico mio: Io non
so qual sia maggior piacere , o quello di
un Principe A aver trovato un uomo se-
condo il suo cuore , o quello di quel vir-
tuoso A aver trovalo un Principe 9 che gli
Baldinucci Voi . VIL li
ì6z Dec. IfT. della Par,!, del Sec, IV.
dia tanta comodità , eli egli possa espri-
mere i suoi grandi e virtuosi concetti . Io
risposi , che se era quello , che diceva Sua
Maestà , era stata maggior ventura la mia .
Rispose ridendo : Diciamo che ella sia
eguale : e partimmi con grande allegrezza ,
e tornai alle mie opere . Volle la mia ma-
la fortuna , chi io non fui avvertito di fa-
re altrettanta commedia con Madama di
Tampes , che sapute la sera tutte queste
cose , eli eran corse , dalla propria bocca
del Re , le generò tanta rabbia velenosa
nel petto ? che con ìsdegno ella disse\ Se
Benvenuto mi avesse mostra C opera sua%
in avrebbe dato causa di ricordarmi di
lui a suo tempo , Il Re mi volle scusare ,
ma nulla s' appiccò. Io che tal cosa inte-
si , ivi a quindici giorni , che girato per
la Normandia a Rotano e Diepa , dipoi
erano ritornati a San Germano dell' Àja9
presi quel bel vasetto , eli io avevo fatto
a riquisizione della detta Madama di Tarn -
pes # pensando , che donandogliele , doves-
si riguadagnare la sua grazia. Così lo
portai meco : e fattole intender per una
sua nutrice , alla quale mostrai il vaso ,
cti io I' avevo fatto per la sua Signora } e
che io glielo volevo donare ; la detta nu-
trice mi fece carezze smisurate , e mi dis-
se 9 che direbbe una parola a Madama ,
la quale non era ancor vestita : e che su-
bito detta , glielo metterebbe in camera •
Da Nutrice disse il tutto a Madama , la
Abate Francesco Primaticcio. i63
quale rispose sdegnatamente : Ditegli 9 che
aspetti , io ho inteso A questo io mi ve «
stii di pazienza , la qual cosa m è diffici-
lissima ; pure ebbi pazienza infino dopo il
suo desinare : e venuta poi C ora tarda ,
la fame mi cagionò tanta ira , che non
potendo più resistere , mandatole devota «•
mente il canchero nel cuore , di qui -
vi ini partii , e me n andai a trovare
il Cardinal di Loreno , e gli feci presenta
del detto vaso , raccomandandomi solo *
che mi tenesse in buona grazia del Re0
Disse che e* non bisognava 9 e quando
fosse bisogno che lo farebbe volentieri .
Dipoi chiamato un suo Tesauriere , gli
parlò nell ’ orecchio . Il detto Tesauriere
aspettò eli io mi partissi dalla presenza
del Cardinale , dipoi mi disse : Benvenuto 9
venite meco , eli io vi darò da bere un
bicchier di vino : al quale io dissi : non
sapendo quello che si volesse dire , di gra-
zia : Monsignor Tesauriere , fatemi dona «
re un sol bicchier di vino , e un hocco n
di pane , perchè io veramente mi vengo
meno ; perchè sono stato da questa mat-
tina a buona ora , fino a quest ‘ ora che
voi vedete , alla porta di Madama di
Tampes , per donarle quel vasetto A ar-
gento dorato 9 e tutto le ho fatto intende-
re f ed ella per is trazi armi sempre 9 mi ha
fatto dire 9 che io aspettassi. Ora in era
sopraggiunta la fame 9 e mi sentivo man *
care » e siccome Iddio ha voluto , ho do*
164 DSC, III. BELLA Par.I. DEL SeC. IV.
nato la roba e le fatiche mie a chi mol-
to meglio le meritava : e non vi chieggo \
altro , che un poco da mangiare , che per
essere io alquanto colleroso , irì offende il j
digiuno di sorte , che mi faria cadere in
terra svenuto . In tanto tempo , quanto io
penai a dir queste parole , era comparso
il mirabil vino , ed altre delude da far
colazione , tantoché io mi ri crini molto he- j
ne , 0 riavuti gli spìriti vitali , m’ am «jcì- |
la te stizza . ii buon Tesauriere mi porse
3 00. scudi di oro 9 acquali io feci resisten - ;
££* rZi 720/2 volere in modo nessuno .
bindello a rif erire al Cardinale , «7 quale
dettogli gran villanie , g/t comandò che |
7?za gZZ facesse pigliare per forza , a che
non gli andasse più innanzi altrimenti . Il
Tesauriere venne a me crucciato 9 dicendo
che mai più era stato gridato per V ad- j
dietro dal* Cardinale : a volendomegli da-
re , perchè gli feci altra resistenza , mZ
disse , che me gli avrebbe fatti pigliar per
forza . /o presi i danari , e volendo anda-
re a ringraziare il Cardinale , mi fece in-
tendere per un suo Segretario , che 'sem-
pre chi egli mi poteva far piacere , ale ma
na farebbe di buon cuore : a Zo 77/a 7?a
// Ite ì
0 Ma-
difar-
la maggiormente invelenire a far contro
ài me , dove io portai gran pericolo del-
la vita mia „ come si dirà a suo luogo ;
tornai a Parigi la medesima sera,
seppe ogni cosa e dettero la baja
dama di Tampes , il che fu causa
Abate Francesco Primaticcio. i65
Sebbene molto prima io mi dovevo ricor-
dare della guadagnata amicizia del pià
virtuoso , del pià amorevole 9 e del pià
domestico uomo dabbene , che mai io
conoscessi al mondo : questi si fu Mess.
Guido Guidi , eccellente Dottore Medi •
co , e nobd cittadino Fiorentino . Per
gV infiniti travagli , postimi innanzi dal-
la perversa fortuna , V avevo alquanto
lasciato indietro , eh? io mi pensavo per
averlo di continuo nel cuore 9 che e ba-
stasse ; ma avvedutomi poi, che la mia
vita non istava bene senza lui in quei
miei maggior travagli , perchè mi fosse
d * ajuto e conforto 9 lo menai al mio 9 ca-
stello , e quivi gli detti una stanza Ubera
da per se : cosi ci godemmo insieme pa-
recchi anni . Ancora capitò il Vescovo di
Pavia 9 cioè Monsignor de Rossi 0 f ratei»
lo del Conte di San Secondo . Questo Si-
gnore io levai di sull ’ osteria , e lo messi
nel mio Castello , dando ancora a lui una
stanza libera 9 dove benissimo stette acco-
modato col suoi servitori e cavalcature 9
per di molti mesi . Ancora altra volta ac-
comodai Mess , Luigi Alamanni co’ figli*
noli 9 per qualche mese . Pur mi dette
grazia Iddio , eli io potessi far qualche
piacere agli uomini grandi e virtuosi . Col
soppraddetto Mess . Guido godemmo V a*
micizia quanto io là stetti , gloriandoci
spesso insieme , che noi imparavamo la
virtù alle spese di così grande e muravi'*
i66 Die III. bella Par. I. del Sec. IT.
glioso Principe , ognun di noi nella sua
professione . lo posso dir veramente , che
quello eh' io sia , e quanto di buono e
hello io m' abbia ojyerato , è stato per
causa di quel Re. Avevo in questo mio
castello un giuoco di palla da giuocare
alla corda , del quale io traevo assai uti-
le 9 mentrechè io lo facevo esercitare .
Erano in detto luogo alcune piccole stan-
zette , dove abitavano diverse sorte d ' uo-
mini , infra quali era uno Stampatore
molto valente di libri . Questi teneva qua-
si tutta la sua bottega dentro nel mio
castello : ed è quegli , che stampò quel
primo bel libro di Medicina a Mess»
Guido . Volendomi io servire di quelle
stanze , lo mandai via , pur con qualche
difficoltà non piccola. Vi stava ancora
un maestro di Salnitri : e percìi io vole-
vo servirmi di queste piccole stanzette per
certi miei buoni lavoranti Tedeschi , que-
sto maestro non voleva dileggiare : ed io
piacevolmente più volte gli avevo detto t
di egli ni accomodasse ddle mie stanze ,
perchè me ne volevo servire per abitazio-
ne de' miei lavoranti per servizio del Re»
Quanto più umile parlavo , questa bestia
tanto più superbo mi rispondeva . Ali ulti-
mo poi io gli detti per termine tre gior-
ni , di che egli si rise . e mi disse , che in
capo di tre anni comincierebbe a pensar-
vi. Io non sapevo , che costui era dome-
stico servitore di Madama di Tampes , e
j
;
■
Abate Francesco Primaticcio, 167
se e non fosse stato, che quella causa di Ma-
dama di Tampes mi faceva un po' più
pensare alle cose , che prima io non faceva ,
V avrei subito mandato ina : ma volli aver
pazienza que tre giorni , i quali passati
che furono , presi Tedeschi , Italiani , e
Francesi , colle anni in mano , e molti
manovali , che io aveva , e in breve tem -
po sfasciai tutta la casa , e le sue robe
gettai fuori del mio castello , E quest'atto,
alquanto rigoroso , feci , perdi egli mi
aveva detto , che non conosceva persona
d' Italiano tanto ardita , che gli avesse
mosso una maglia del suo luogo . Però
dipoi il fatto costui arrivò , e io gli dis-
si: Io sono il minimo Italiano dell' Italia,
e non t' ho fatto nulla appetto a quello ,
che mi basterebbe T animo di farti , e che
io ti farò se tu parli un motto solo : e
dissigli altre parole ingiuriose . Quest' uo-
mo attonito 0 spaventato , dette ordine
alle sue robe il meglio che potette : dipoi
corse a Madama di Tampes , e dipinse
un Inferno : e quella mia gran nemica M
tanto maggiore quanto eli' era, più elo-
quente e piu d' assai lo dipinse al Re, il
quale due volte , mi fu detto , si ebbe a
crucciar meco , & dar male commissioni
contro di me ; ma perchè Arrigo Delfino
suo figliuolo , oggi Re di Francia aveva
ricevuti alcuni dispiaceri da quella troppo
ardita donna , insieme colla Regina di Na°
varrà sorella del Re Francesco , con tanta
virtù mi fa vorirono , che il Re convertì in riso
s68 Dec. III. della Pah. I del Sec. IY.
ogni cosa ; il perchè col vero ajulo cT Id-
dio , io passai una gran fortuna . Ancora
ebbi a fare il medesimo ad un altro si-
mile a questo , ina non gli rovinai la ca-
sa\ ben gli gettai tutte le rue robe fuora ;
per la qual cosa Madama di Tampes ar-
dì dire al Re : io credo , che questo dia-
volo una volta vi saccheggerà Parigi. A
queste parole il Re adirato rispose a Ma-
dama s che facevo molto bene a difender-
mi da quella canaglia , che mi volevano
impedire il suo servìzio . Cresceva ognora
maggior rabbia a questa crudel donna ;
onde chiamò a se un pittore H il quale
stava per istanza a Fontanablò , dove il
Re stava quasi dì continuo, Questo Pit-
tore era Italiano e Bolognese 9 e pel Bo-
logna era conosciuto . Pel nome suo pro-
prio si chiamava Francesco Primaticcio .
Madama di Tampes gli disse , di egli
dovrebbe domandare al Re queir opera
della Fonte 5 che Sua Maestà aveva riso-
luta a me , e eli ella con tutta la sua
possanza ne V aj alerebbe : e così rimase-
ro daccordo. Ebbe questo Bologna, la
maggiore allegrezza dì egli avesse mai 9 e
tal cosa promesse sicura , con tuttodì essa
non fosse sua professione ; ma perdi egli
aveva assai buon disegno , e s* era messo
in ordine con certi lavoranti , i quali s' e-
rano fatti sotto la disciplina del Bosso 9
Pittore nostro Fiorentino , veramente ma -
ra vig l i os issi m o valentuomo ; ciò che co -
Abate Francesco Primaticcio. 169
stui faceva di buono , V aveva preso dal-
ia mirabil maniera del detto Rosso , il
quale era di già morto . Potettero tanto
quelle argute cagioni , col grande ajuto
di Madama di Tampes 9 e col continuo
martellare giorno e notte or Madama ,
ora il Bologna agli orecchi di quel gran
Me , e quello che fu potente causa a far-
lo cedere 9 che ella ed il Bologna dac -
cordo dissono : Come è egli possibile , Sa-
cra Maestà 9 che volendo s che Benvenu-
to faccia dodici statue d' argento , delle
quali non ha anche finita una , faccia poi
quest altra opera ? O se voi V impiegate
in una tanto grande impresa , è di neces •
sità > che di quest1 altre , che tanto voi de»
siderate 9 per certo voi ve ne priviate ; per-
chè cento valentissimi uomini non potreb-
bon finire tante grandi opere 9 quante que-
sto valentuomo ha ordite , Si vede espres-
so , eli egli ha gran volontà di fare ? la
qual cosa sarà causa 9 che a un tratto Vo-
stra Maestà perda lui e V opere 9 con mol-
te altre simili parole . A vendo trovato il
Re in buona tempera , esso gli compiacque
di tutto quell*; che domandavano , e per
ancora non s era mai mostrato nè dise-
gni , nè modelli di nulla di mano del
Bologna .
Fin qui soo parole del Celimi 9 il quale
dopo aver raccontato diversi altri casi oc-
corsi alla sua propria persona in Parigi*
segue a parlare in questa forma.
370 Dec* IH. della Par. I. del Sec. IV.
Non avendo io ancora ripreso il fiatò
da quello inestimabil pericolo , che eia
me ne messe due a un tratto innanzi . In
termine di tre giorni mi occorse due casi ;
a ciascuno de' quali Ju la vita mia sul
bilico della bilancia. Questo si Ju , che an-
dando io a Fontanablò a ragionar col Re ,
che mi aveva fatto scrivere una lettera 3
per la quale voleva , che io facessi le stam-
pe delle monete di tutto il suo Regno : e
con essa lettera mi aveva mandati alcuni !
disegnetti , per mostrarmi parte della vo-
glia sua ; ma ben mi dava licenza , che io
facessi tutto quello , che a me piaceva ;
10 aveva fatti nuovi disegni , secondo il
mio parere , e secondo la bellezza dell' ar-
te* Così giunto a Fontanablò , uno di
que ' Tesaurieri che avevano commissione
dal Re di provvedermi , che si chiamava
Mons. della Fa , subito mi disse : Benve-
nuto , il Bologna Pittore ha avuto dal Re
commissione di fare il vostro gran Colos-
so : e tutte le comissioni eh' egli ci aveva
dato per voi , tutte ce le ha levate , e da-
tecele per lui. A noi ha saputo grande-
mente male , e ci è parso , 3 he questo vo-
stro Italiano molto temerariamente si sia
portato verso di voi , perchè voi già ave-
vi avuta 1' opera per virtù de vostri model
11 e delle vostre fatiche. Costui ve la to-
glie , solo per favore di Madama di Tarn -
pesi e sono ormai dimoiti mesi , eli egli
ha avuta tal commissione , e ancora non
Abate Francesco Primaticcio, 17 i
'$* è veduto , che e* dia ordine a nulla . lo
maravigliato dissi : Come è egli possibile 9
che io non abbia mai saputo nulla di qua-
sto ? allora mi disse , che costui C aveva te-
nuta segretissima , e che e 7 V aveva avu-
ta con grandissima difficoltà 9 perchè il
Re non gliene voleva dare ; ma la solleci-
tudine di Madama di Tampes , solo glie-
ne aveva fatta avere . Io sentitomi a que-
sto modo offeso , e a cosi gran torto s e
veduto tonni un opera , la quale io mi ave-
vo guadagnata colle mie gran fatiche , di-
spostomi di far qualche gran cosa di mo-
mento colC arme , difilato andai a trova-
re il Bologna , che era in camera sua e
ne suoi studj , Fecemi chiamare dentro , e
con certe sue Lombardesche accoglienze ,
mi domandò qual buona, faccenda ni ave-
va condotto quivi . Io dissi 9 una faccenda
buonissima e grande. Quest9 uomo commi-
se d suoi servitori, che portassero da bere „
e disse : Prima che noi ragioniamo di nul-
la 9 voglio che noi beviamo insieme 9 che
così è 7 costume di Francia • Allora io
dissi : Messer Francesco , sappiate che
qué* ragionamenti , che noi a baiamo da fa-
re insieme , non richieggono il bere in
prima 9 forse dopo si patria bere • Comin-
ciai a ragionar seco dicendo : Tutti gii
uomini , che fanno professione d’ uomo da
bene , fanno L’ opere loro in modo , che
per quelle si conosce 9 quelli essere uomi-
ni da bene , e facendo il contrario , non
172 Dec. III. della Par. I. del. Sec. IV.
hanno più tal nome . Io so , che voi sape-
vi, che il Re m aveva dato da fare quel
gran Colosso , del quale s' era ragionato
diciotto mesi : e nè voi , nè altri mai s' e-
ra fatto innanzi a dir nulla sopra ciò ;
per la qual cosa , colle mie gran fatiche ,
io rn ero mostro al Re , il quale piaciuti-
gli i miei modelli , questa grande opera
aveva dato a fare a me , e son Lauti me-
si, che non ho sentito altro : solo questa
mattina ho inteso , che voi C avete avuta ,
e toltala a me, la qual opera io me la gua-
dagnai co miei maravigliosi fatti , e voi
me la togliete solo colle vane vostre pa-
role. A questo il Bologna rispose e disse :
O Benvenuto , ognun cerca di fare il fat-
to suo in tutti i modi che si può : se il
Re vuol cosi , che volete voi replicare al-
tro ? gettate via il tempo , perchè io V ho
avuta spedita , ed è mia. Or dite voi ciò
che volete , ed io v' ascolterò. Dissi così :
Sappiate Mess . Francesco , eli io avrei da
dirvi molte parole , per le quali , con ra-
gion mirabile e vera , io vi farei confes-
sare , che tali modi non s’ usano , quali
son cotesti , che voi avete fatto e detto %
infra gli animali razionali ; però verrò con
brevi parole al punto della conclusione ,
ma aprite gli orecchi , e intendetemi bene,
perdi ella importa . Costui si volle rimuo-
vere da sedere , perchè mi vide tinto in
viso e grandemente cambiato . lo dissi , che
non era ancor tempo di muoversi , che
Abate Francesco Primaticcio. ij3
stesse a «sedere , e che ni ascoltasse. Al-
lora io cominciai dicendo così : Messer
Francesco , voi sapete che i opera era pri-
ma mia , e che a ragion di mondo egli
era passato il tempo , che nessuno ne do-
veva piu parlare . Ora io vi dico, che mi
contento , che voi facciate un modello, ed
io oltre a quello che ho fatto, ne farò
uri altro : dipoi lo porteremo al nostro gran
Fé : e chi guadagnerà per quella via il
Vanto d' avere, operalo meglio , quello me-
ritamente sarà degno del Colosso : e se
a voi toccherà a farlo, io deporrò tutta
questa grande ingiuria che voi m avete
fatto, e henedirovvi le mani, come piu
degne delle mie , di una tanta gloria. Sic-
ché rimanghiamo così, e saremo amici , al-
trimenti noi saremo nemici : e Dio , che
ajuta sempre la ragione , ed io che le fo
strada, vi mostrerei in quanto grande er-
rore voi foste . Disse Messer Francesco :
Doperà è mia, e dappoicfi ella m è sta-
ta data, io non voi mettere il mio in com-
promesso. A cotesto io rispondo , Mess .
Francesco , che dappoiché voi non volete
pigliare il buon verso , quale è giusto e
ragionevole , io vi mostrerò questi altro ,
qual sarà come il vostro , che è brutto e
dispiacevole. Fi dico così , che se io sen-
to mai in modo nessuno , che voi parlia-
te di questa mia opera , io subito v* ani -
mazzero come un cane : e perché noi non
siamo nè in Roma , nè in Bologna, nè in
i
174 della Par. I. del Se€. IV.
Firenze , qua si vive in un altro modo .
Se io so mai , che voi ne parliate al
Re o ad altri , io v ammazzerò ad ogni
modo. Pensate qual via voi volete pi-
gliare , quella prima buona eli io dissi ,
o quell' ultima cattiva di io dico . Que-
st' uomo non sapeva nè che si dire , nè
che si fare : ed io ero in ordine per far
più volentieri quell? effetto allora , che
mettere altro tempo in mezzo. Il detto Bo-
logna non disse altre parole che que-
ste ; Quando io farò le cose 9 che dee
f ate un uomo da bene ^ io non avaro una
paura al mondo. A questo io risposi : Bene
avete detto ; ma facendo al contrario > ab-
biate paura 5 perdi ella v'importa : e su-
bito mi partii da lui , e andamene dal
Re. , e con Sua Maestà disputai un gran
pezzo la faccenda delle monde , nella qua-
le noi non fummo molto dàccordo ; per-
di è essendo quivi il suo Consiglio , lo
persuadevano che le monete si dovesser
fare in quella maniera di Francia , sic-
come elle s* e ran fatte sino a quel tempo',
a' quali io risposi , che Sua Maestà ni a -
veva fatto venir di Italia , perchè io le
facessi opere * che stessero bene : e che
se Sua Maestà mi comandasse in contra-
rio , a me non comporteria ì animo mai
di farle. A questo si dette spazio per ra-
gionare un altra volta , e subito io me ne
tornai a Parigi .
Fin qui ii Cellini , e piu abbasso se»
gue a dire.
Abate Francesco Primaticcio.' 176
L' altro giorno venne a Parigi il Bo-
logna apposta , e mi fece chiamare da
Mattio del N asaro : andai , e trovai il
detto Bologna , il quale con lieta faccia
mi. si fece incontro , pregandomi , che io
lo volessi per buon fratello , e che mai
; più parlerebbe di tale opera , perchè ei
conosceva benissimo , che io aveva ragione*
Di poi segue a dire :
Mentre che quest* opera si tirava in -
nunzi , io compartivo certe ore del giorno ,
e lavoravo in sulla Saliera , e quando sul
Giove , per esser la Saliera lavorata da
molte e più persone 9 che io non avevo
comodità per lavorare sul Giove , di già
a questo tempo io V avevo fatta di tutto
punto . Era ritornato il Re a Parigi , e io
1* andai a trovare , portandogli la detta
Saliera finita , la quale , siccome ho detto
di sopra 9 era in forma ovata , ed era di
grandezza di due terzi di braccio in circa 9
tutta d'oro lavorata per virtù di cesello :
e siccome io dissi , quando avevo ragio-
nato del modello 9 avevo figurato il Mare
e la Terra , a sedere T uno e C altro , che
s* intromettevano fra di loro le gambe a
guisa del mare , che frammette certi rami
fra la terra , e la terra fra 7 mare . Così
propriamente aveva dato loro quella gra-
zia : al Mare aveva posto nella mano de-
stra un Tridente , e nella sinistra una
Barca sottilmente lavorata > nella quale si
metteva la salina * Erano sotto a questa
DEC, III. DELLA Par, I DEL SeC. IV.
figura quattro cavalli marini , che sino al
petto e le zampe dinanzi erano di cavallo *
e tutta la parte dal mezzo indietro era di
pesce. Queste code di pesce con piacevol
modo s intrecciavano insieme : in sul qual
gruppo sedeva in bella attitudine il detto
Mare , che aveva intorno molte sorti di
pesce e altri animali marittimi : V acqua
era figurata colle sue onde , dipoi era be-
nissimo smaltata del suo proprio colore .
Per la Terra avevo figurata una bellissi-
ma donna , col corno della sua dovizia
in mano , tutta ignuda come un maschio .
Nell altra sua sinistra mano avevo fatto
mi tempietto cF Ordine Ionico , sottilissima -
mente lavorato 9 e in questo avevo acco-
modato il pepe. Sotto questa femmina
avevo fatti i più belli animali , che pro-
duca la terra : e i suoi scogli terrestri a-
vevo parte smaltati , e parte lasciati d'oro.
Avevo dipoi posata e investita quest' opera
m una base d'ebano nero , d'una certa
accomodata grossezza , con un poco di
goletta, , nella quale avevo compartito quat-
tro figure d'oro y fatte di più che mezzo
rilievo , e figuratovi la Notte el Giorno ,
F Aurora e la Sera : e quattro altre figure
della medesima grandezza , fatte pe quat-
tro venti principali . In questo tempo il
Bologna Pittore sopraddetto , dette ad in ~
tendere al Re , eli egli era bene , che Sua
Maestà lo lasciasse andare fino a Roma #
e facesse lettere di favore , per le quali j
i
Abate Francesco Primaticcio® ijrj
egli potesse formare di quelle belle prime
anticaglie , cioè il Laocoonte , la Cleopatra 9
la Venere > il Comodo , la Zingana , e
V Apollo. Queste 'veramente sono le pìà
belle cose 5 che sieno in Roma , e diceva
al Re ^ che quando Sua Maestà avesse di
poi vedute quelle meravigliose opere , al-
lora saprebbe ragionare dell ’ arte del Di-
segno ; perchè tutto quello eh ’ egli aveva
veduto di noi moderni , era molto discosto
dal ben fare di quegli antichi . Il Re fu
contento * £ fecegii tutti i favorì che egli
dom melò. Cosi andò nella sua malora
questa bestia , non gli essendo bastato la
vista di far colle sue mani a gara meco .
Prese quel E mbar desco tale espediente :
e contuttoché egli benissimo f avesse fatte
foimaie , gliene riuscì tutto conciarlo ef-
fetto, da quello che sera immaginato : la
qual cosa si dirà dipoi a suo luogo
Altrove poi (lice , cesi parlando dei Re*
Egli ritornò a Parigi , e C altro gior-
no , senza che io F andassi a incitare da
per se venne a casa mia , dove f atto me-
glì incontro , lo menai per diverse stanze „
dove erano diverse sorte d'opere : e comin-
ciando dalle cose più basse , gli mostrai
moltq quantità d’opere di bronzo : dipoi
lo trinai a vedere il Giove d a ■ gerito t e
gliene mostrai come finito , con tutti ì suoi
ornamenti. Dipoi lo menai a vedere altre
opere d’argento e d’oro , e altri modelli
per inventare opere nuove . Dipoi alla sua,
Baldinucci Voi, VIL
. / j
178 Dec. III. della. Par. I. del Sec. IV.
partita , nel mio prato del ? castello , sco -
persi quel gran Gigante .
E più appresso :
Intanto con gran sollecitudine io finii
il Giove d'argento , colla sua base dorata 9
la quale io avevo posta sopra un zocco di
legno : e in detto zocco di legno avevo
commesso quattro pallottole pure di legno , le
quali stavano più che mezze nascose nelle
loro casse , in foggia di noce di balestra .
Erano queste cose tanto gentilmente or-
dinate , che un piccai fanciullo , facilmente
per tutti i versi , senza fatica al mondo ,
mandava innanzi e indietro 9 e volgeva la
detta statua . Avendola assettata a mio
modo 9 andai con essa a Fontanablò Aove
era il Re . In questo tempo il sopraddetto
Bologna aveva portato di Roma le soprad-
dette statue, e C aveva con gran sollecitu-
dine fatte gettar di bronzo . Io che non
sapevo nulla di questo , sì perchè egli a-
veva fatta questa faccenda segretamente ,
e perchè Fontanablò è discosto da Parigi
quaranta miglia 9 però non avevo potuto
saper niente . Facendo intendere al Re ,
dove eì voleva chi io ponessi il Giove ,
essendo alla presenza Madama di Tarn-
pes , disse al Re 5 che non vi era luogo
più a proposito per metterlo , che nella
sua bella Gallerìa . Questa si era , come
noi diremmo in Toscana , una loggia 4 o sì
vero androne , più presto androne si po-
ina chiamare , perchè loggie noi chiami a-
>
I t
Abate Francesco Primaticcio, 179
mo quelle stanze che sono aperte da una
parte . Era questa stanza lunga molto pià
rii cento passi andanti , ed era ornata e
ricchissima di pitture di mano di quel mi -
rahil Rosso nostro Fiorentino : e fra le
pitture erano accomodate moltissime parti
di scultura , alcune tonde , altre di basso -
rilievo . Era di larghezza di passi andanti
dodici in circa . Il sopraddetto Bologna
aveva condotto in questa Galleria tutte
le sopraddette opere antiche fatte di bron~
zo , e benissimo condotte , e F avea poste
con bellissimo ordine elevate in sulle loro
base , siccome di sopra ho detto . Queste
erano le più belle cose tratte da quelle
antiche di Roma . In questa detta stanza
io condussi il mio Giove , e quando io
•vidi quel grande apparecchio , tutto fatto
a arie , io da per me dissi : Questo si è co-
ine passare infra le picche , ora Iddio mi
ajittì. Messolo al suo luogo , a quanto io
potetti benissimo acconcio , aspettai quel
gran Re che venisse . Aveva il detto Giove
nella sua mano destra accomodato il suo
folgore in attitudine di volerlo tirare , e
nella sinistra gli avevo accomodato il mon-
do. Infra le fiamme avevo con molta de-
strezza commesso un pezzo duna torcia
bianca : e perchè Madama di Tampes
aveva trattenuto il Re fino a notte per
fare uno de* due mali , o che egli non
venisse , o si veramente , che l'opera mia
a causa della notte si mostrasse manco
s8o Dec. III. della Par. I. del Sec. IV.
bella : e come Iddio promette a quelle
creature , che hanno fede in lui , ne av-
venne tutto il contrario ; perchè fattosi \
not e , io accesi la detta torcia che era
in mano al Giove , e per essere alquanto
elevata sopra la testa di detto Giove ,
cadevano ì lumi di sopra , e facevano
molto pià bel vedere , che di dì non a- \
vi ieri fatto , Comparve il detto he colia
sua Madama di Tampes , colla Delfina
sua figliuola ? e col Delfino , oggi lì e ,
col fie di Navarra suo Cognato , con
Madama Margherita sua figliuola , e pa-
recchi altri gran Signori , i quali erano istrutti
apposta dei Madama di Tampes , per dir
contro di me, E veduto entrare il Re ,
feci spingere innanzi da quel mio garzone
Ascanìo , già detto , incontro al Re il
detto Giove ; e perchè ancora era ciò fatto
con un poco d arte , quel poco di moto
che si dova a detta figura , la faceva pa-
rer viva : e lasciatomi alquanto dette fi - j
gu re antiche indietro , detti prima gran
piacere agli occhi dall* opera mia. Subito
disse il Re , questa è molto piu bella co*
sa > che mai per nessun uomo si sia ve*
dui j : ed io , che pure me ne diletto e
intendo 3 non avrei immaginato la cen-
tesima parte, Que' Signori che avevano
a d re conti a di me . pareva che è 1 non
$i pc tesser saziare di lodar la detta ope-
ra. Madama di Tampes disse arditamene
4@\ Ho n vedete voi quante belle figura
'Abate Francesco Primaticcio, iftt
m bronzo antiche son poste piu là , nelle
quali consiste la vera 'virtù di quest' arte «
e non in queste bajale moderne ? Allora
il He si mosse , e gli altri seco , e data
un occhiata alle dette figure , a quelle per
esser lor pesto d lume inferiore , non si mo *
strabano molto bene . yf Questo il Re dis-
se : e/zz /zza voluto disfavorir quest ’ uomo $
gli ha fatto un gran favore *
i82
GIOVANNI SPAGNUOLO
DETTO LO SPAGINA
PITTORE
Discepolo di Pietro Perugino 9
fioriva fino al 1024.
K^eppe così bone quest’artefice appro-
fittarsi eie’ preretti di Pietro suo maestro 9
che fra’ discepoli „ che egli lasciò vivi al-
la sua morte , egli riuscì senza fallo il
migliore ,, massimamente in ciò , che al
colorito appartiene. Stette in Perugia qual-
che tempo : e poi viot* dalle persecuzioni
de’ malevoli ed invidiosi artefici, che a
1
Giovanni Spagnuolo. i83
grand9 onta si recavano la virtù d’ un uo-
mo forestiero , come egli era , deliberò
quindi partirsi , e portarsi a Spoleto : e
aecasaiovtsi oo ora la mente , fu anche ag-
gregato alla cittadinanza di quella città:
e non tanto in essa , quanto in molte al-
tre dell' Umbria , lasciò memorie della vir-
tù stia. Per la Chiesa di sotto di San
Francesco in Ascesi , dipinse la tavola di
Santa Caterina , ad istanza del Cardinale
Egidio Spagnolo : ed una pure ne colorì
in San Damiano. Nella Chiesa di Santa
Maria degli Angeli , nella Cappella pic-
cola , in luogo dove segui la preziosa
morte del Patriarca San Francesco, dipin-
se alcuni compagni di esso Santo , con
altri Santi in mezza figura attorno ad una
immagine di rilievo di esso San Franca^
sco , i quali colorì con buon gusto.
ì§4
GIOVANNI NANI
DA UDINE
OTTA’ DEL FRIULI
■ ■■■■• ... v ^
PITTORE
Discepolo di Raffaello da Urbino 9
nato 1^94. + i5t>4.
(jFiovanni Nani da Udine nella sua
puerizia fu portato veementemente da due
inclinazioni : una delie quali fu i! piace-
re della caccia d’ ogni sorta d’ animali vo-
latili e terrestri; e l’altra deli’ arte del
disegno. Laonde accoppiando insieme Funo
e F altro genio , fino da quella tenera età
ritraeva a maraviglia i quadrupedi e gli
!
j;
sua j
due |j
ice ■ |
vo- j
de!
UDO j
età |
5“ |
Giovanni Nanni. ì85
tltcelli, La qual cosa osservata dal padre*
promettendosi , siccome poi seguì , che !
figliuolo fosse per far gran profitto nella
pittura , sentita la fama , che in Venezia
e fuori correva di Giorgione , colà rinviò,
e trovo modo di porlo all’ arte sotto ìa
sua disciplina : e statovi per breve tempo*
pe’ buoni uficj e protezione deli’ eruditis-
simo Baldassarri Castiglione , Segretario
del Duca di Mantova , e stretto amico di
Raffaello da Libino , fu levato da quella
scuola, e condotto a Roma, fu messo in
quella del medesimo Raffaello. Quivi in
breve tempo acquistò tanto , che fra la
gran comitiva d’ altri giovani , che vi sta-
vano apprendendo l’arte, ninno ve n era
che gli fosse superiore : e fra V altre sue
abilitadi , seguitando 1’ antico genio , di-
pigne va sì bene ogni sorta d’ uccelli , che
in poco tempo ne condusse un libro inte-
ro così belio, e con tal varietà d’animali,
che fu poi 1’ unico spasso e trattenimento
del medesimo Raffaello suo maestro. Oc-
corse in questo mentre, che nel cavarsi in
Roma fra le rovine del Palazzo di Tito >
furono ritrovate alcune antichissime abita-
zioni rimase sotto terra , tutte dipinte con
diversi capricci di figure, animali, storiel-
le * e campi , framezzate di vaghi orna-
menti di stucchi bassi : e furon quelle
che da* sotterranei o grotte, dove si ritro-
varono , diedero il nome a quelle , che
furon fatte dipoi a loro imitazione , di
2 86 Dec. III. della Par. I. del Sec. IV.
Grottesche. Vìdei e Giovanni insieme con |
Raffaello , e tanto se ne invaghì , che di-
segnatele molte volte, se ne fece prabchis-
simo maestro , e dipoi le colorì con sì
bella e varia invenzione , che non ebbe !
pari : ed in oltre tanto $ adoperò coll’ in-
gegno , che gli venne fatto di ritrovare il
modo di comporre gli stucchi bianchi per :
adornamento delle medesime , a similitu-
dine degli antichi scopertisi in quelle ro-
vine , come detto aviamo. Di queste cose
si servì Giovanni per ordine di Raffaello
nelle volte delle Logge al Palazzo Papale 2
dove anche dipinse le stupetide grottesche,
con ogni sorta di animali , frutte , fiori,
e d’ altre bizzarrie , che vi si videro eoa
maraviglia di tutta Roma. Dalla vaghezza
e novità di quest’ opere , ebbe principio il
dipignersi a grottesche , che per mezzo di
coloro , che Giovanni allora tenne in suo
ajuto , si sparse per tutto il mondo. Di-
pinse ancora in molti altri luoghi in essa
città di Roma, e fece molti cartoni per
arazzi , e grottesche , tessuti poi in Fian-
dra , i quali servirono per le prime stann
ze del Concistoro. Lavorò di stucchi la
facciata di Giovambatista dall’ Àquila da
Piazza San Pietro, e la Loggia della vigna
di Giulio Cardinal de’ Medici sotto Monte
Mario. Mandato da Raffaello a Firenze ad
istanza dello stesso Giulio , allora Clemen-
te VII. fece nella Sagrestia nuova di San
Lorenzo gli ornamenti della Tribuna, cioè
con !
4 j
i i
'he ,
in- j
il
>er
ta-
ro-
)SC
Ilo |
e: !
ie’ !
I
on j
)i-
isa
er
n*
uh
la
Giovanni Nanni. 187
alcuni quadri sfondati , che a poco a po-
to diminuiscono verso il punto di mezzo?
dove si veggono maschere , fogliami, roso-
ni , e altri oroamenti di stucco bellissimi»
In Firenze abbiamo di sua in ano io sten-
dardo f coll’ immagine del glorioso Santo
Antonino Arcivescovo , che fino al presen-
te si conserva nella Chiesa di San Marco
de’Fraii Predicatori, mandatovi per ìa
Canonizzazione di esso Santo. Fu Giovanni
uomo di singoiar bontà , e molto timora-
to di Dio Ebbe, come si è detto grande
inclinazione alla caccia de' volatili, nella
quale riusciva a maraviglia , per la sicu-
rezza eh’ egli aveva nel tirar colla balestra,
e coll’ archibuso. Ed è fama ancora , che
egli fosse 1’ inventore del bue di tela di-
pinto , che serve di coperta a’ tiratori, per
non essere nel tirare che fanno dalle fie-
re veduti. Molte altre opere fece Giovan-
ni , che al nostro solito si tralasciano per
brevità : e giunte finalmente all’età di set-
tantanni? ranno 1664. se ne passò al
cielo.
in*
ia
oè
*8S
CIO. MARIA GHIODAROLO
Francia fa menzione il Baldi. Questi fu
Gio. Maria Ghiodarolo , il quale, secondo
Il Bum al do , fu anche Scultore, e lavo*»
ro intorno all* Arca di San Domenico
nella città di Bologna. Ajutò al maestro
al Costa , ed all’ Aspertini nella Chiesa
PITTORE BOLOGNESE
Discepolo di Francesco Francia 9
fioriva circa al iSoo.
discepolo di Francesco
Gio. Maria Chiodarolo. 189
di Santa Cecilia , nelle storie della Vita di
quella Santa : e diconsi ancora , che fes-
selo di sua mano le pitture nel Palazzo
della Viola sotto le Logge,
GIROLAMO
jrgo
D A
GODIGNUOLA
PITTORE
Discepolo di Pi affa elio da Urbino ,
fioriva nel jò^o.
o
NT nesto Pittore fece moki ritratti al
saturale cT uomini singolari de’ suoi tem-
pi io Roma , in Bologna , ed in altre
città, fra’qujli quello di Giulio III. di
Monsignor di Fois (r), morto nella città
(i) Morto nel i5 12. nel Sacco di
quella Città dato dai Francesi^
j
)
Iti al
tern-
ato
H|
città
o il
Girolamo da Codignuola. igx
ài Ravenna , e di Massimi Siano Sforza,
Dipinse con maestro Biagio Bolognese fat-
ta la Chiesa di San Michele in Bosco ,
nella quale fece esso una tavola , che fu
posta alla Cappella di San Benedetto. Di-
poi colorì molte cose nella Cappella di
mezzo della Chiesa di Santa Maria Mag-
giore : e nella Chiesa di San Giuseppe dei
Servi fuori di Bologna dipinse la tavola
dell" Aliar maggiore , dove figurò lo Spo-
salizio di esso Santo , con Maria sempre
Vergine. In Santa Colomba di Rimini a
concorrenza dì Benedetto da Ferrara , e
di Lattanzio , colorì una tavola di Santa
Lucia : e nella tribuna maggiore dipinse
la Coronazione della Madonna , i dodici
Apostoli , e i quattro Evangelisti. Portato-
si a Napoli fece in Monte Oliveta la ta-
vola de’ Magi nella Cappella di Monsignor
Vescovo Àniello e in Sant’ Amelio un’al-
tra simile con Maria Vergine , Sao Paolo
e San Giovambatista : e nella medesima
città fece molti ritratti ai naturale. Aveva
questo pittore, già pervenuto all’età di
sessanta nove anni , co’ suoi lavori , e col-
Vajuto di un parco e austero vivere, mes-
sa insieme buona somma di danari , coi
quali tornatosi a Roma, fu da alcuni suoi
fiati amici , o voglia m dire veri nimici ,
consigliato per custodia di quella sua ca-
dente età a pigliar moglie. Fecelo l’ im-
prudente vecchio , ma non Y ebbe appena
condotta a casa, che si avvide, come ne
192 Dec. III. della Par. T. del Sec. IV.
lasciò scritto il Vasari , esseigii stata posta
accanto per isposa fina vituperosa mere-
trice, per opera e comodo di coloro
die avevano manipolato P impiastro: di
che accortosi il povero uomo s’accorò tan-
to, che in brevi giorni di dolore si mori.
PULIDORO CALCARA
DA CARAVAGGIO
E MATURINO FIORENTINO
PITTORI
Discepoli di Raffaello da Urbino ,
fiorivano nel i5z5.
N on mandò mai la Natura al mori»
do alcun lume di prima grandezza iu
qualsifosse o arte , o scienza , che essa
non intendesse per mezzo di quello parto-
rire altri splendori in gran numero , per
isgombrare da’ secoli presenti, e dai futuri
ancora le caligini dell’ ignoranza , e fargli
godere della luce , che seco portano le
Baldinucci VoL VII* i3
ig4 DeC. III. DELLA PàR. I. DEL $EC. IV.
operazioni lodevoli degli uomini virtuosi ;
onde fron è maraviglia , chè ài risplénder
che fece in Roma, io tutta Italia e fuori
il valore neri’ arte della Pittura del gran
Raffaello da Urbino , ben presto si vedes-
sero sorgere tanti e còsi eccellenti arte-
fici , che ben si potea dire avventurato
non solo quel secolo e questo presente ,
ma altri ancora , a’ quali per 1’ avvenire
la spietata tirannia del tempo non toglierà
cosi presto f esser partecipi delle singola-
rissime opere loro. Uno di questi per cer-
to fu il celebratissimo Pulidoro da Cara-
vaggio di Lombardia , che si può dire
che fino dal ventre della madre portasse
col genio V abilità , e stetti per dire in
quest’ arte la maestria medesima. Questi
nato di umilissimi parenti, astretto da po-
vertà fu necessitato ad esercitare fino ai-
F età di diciotto anni il mestiere del ma-
novale in quel tempo appunto , che in
Roma la sempre gloriosa memoria di Leon
X. faceva fabbricare le Logge. INel comin-
ciarsi poi quelle a dipignere da Giovanni
da Udine e dagli altri , sotto la scorta di
Raffaello , il giovanetto Forte portato da
natura non potè contenersi di non dar
fuori il gran genio, ch’egli aveva a quel-
F arte ; e fatta amicizia con tutti que’ pit-
tori , e piti che ogni altro con Maturino
Fiorentino, tanto s’avanzò nell’intelligenza
degli ottimi precetti di quella, che in
pochi mesi diede di se stesso non ordina-
Pultdor© Calo, e Maturino# igS
Ho stupore, e in disegno e in invenzione
avanzò tutti gli altri giovani di quella
scuola. Era però il colorito tanto del Ca-
ravaggio , quanto dell’ inseparabile suo
compagno e imitatore Maturino , non tan-
to vivace ed allegro , quanto quello degli
altri loro condiscepoli: alla qual cosa aven-
do l’uno e l’altro fatta reflessione, e osservato
che Baldassarri da Sieua aveva dipinte alcune
facciate di case a chiaroscuro, deliberare-
no ( pigliando strada più corta ) lasciar
le difficoltà del colorito, e attenersi con
grande studio a tutte 1’ altre parti della
pittura , col rappresentar sempre P opere
loro solamente in chiariscuri# Fatta questa
deliberazione fecero questi due una così
stretta comunione e di volontà, e d’opere,
e d’ avere , che se non fosse stato poi il
sacco di Roma , non avrebbe avuto forza
per dividerla altri che la stessa morte. La
prima opera che facessero fu una facciata
in essa città di Roma a Monte Cavallo
rimpetto a San Silvestro , nella quale fu-
rono ajutati da Pellegrini da Modana , che
era assai avanzato nella pratica , e diede
loro grande animo. Un’ altra ne fecero
rimpetto alla porta del fianco di San Sal-
vadore in Lauro. Dipinse una storia dal-
la porta del fianco della Minerva , e una
facciata a Ripetta sopra Santo Rocco , do-
ve feciono vedere una quantità di mostri
marini , lavorati con grande artificio. Die-
ronsi poi a studiare V antichità di Roma 9
iq6 Dec. III. della. Par. I. del Sec. IY.
che non restò cosa, o sana o rotta eh’ essa
si fosse , che e’ non disegnassero ; donde
cavarono 1’ ottima maniera ed invenzione
de’ chiariscuri , che fecero poi, come può
ciascuno riconoscere dall' opere medesime.
Fecero sulla Piazza di Capranica una fac-
ciata colle Virtù Teologali , e un bel fre-
gio sotto le finestre ^ con altri vaghi com-
ponimenti. Ili Borgo nuovo dipinsero una
facciata a sgraffio : un’ altra sul canto
della Pace: una nella casa degli Spinoli
verso Parione : una del trionfo di Cam-
mino , con un antico sacrificio vicino a
Torre di Nona. Verso Sant’ Angelo una
bellissima facciata colla storia di Penilo
messo nel Toro di bronzo da se inventa-
to , fecero in una casa della strada , che
va all’ immagine di Ponte: un’altra alla
Piazza della Dogana allato a Santo Eusta-
chio con bellissime battaglie : e in
somma tante e tante ne dipinsero, che
troppo lungo sarebbe il descriverle.
Lavorarono nel giardino di Stefano dei
Bufolo storie del Fonte di Parnaso: ed in
altre case di nobili persone fecero infinite
pittare di camere e fregi a fresco e a tem-
pera ; tantoché si può dire io un certo
modo , che non rimanesse in Roma casa ,
vigna, o giardino, dove questi due gran
maestri non facessero opere. Occorse intan-
to lo strano caso del Sacco di Roma 1’ an-
no 1627. onde rifuggitosi ognuno, chi qua,
e chi là , Maturino ancor egli si fuggì 3 e
/
essi
'ode
ione
può
ime,
fac-
fre-
:om-
uoa
auto
inoli
in-
no a
una
rilio
iota-
elle
alla
ista*
io
clie
erle,
del
d ìb
ìnite
tem-
erlo
:asa j
SraD
itali'
>
qua,
b1
PtrtiDOR© Calo, e Maturino. 197
poco dopo, a cagione, come si crede,
de9 gran disagi patiti in quelle comuni mi-
serie, so piaggi noto da morbo pestilenziale,
nella stessa città di Roma finì i giorni suoi,
ed in Santo Eustachio fu sepolto. Polidoro
si portò a (Napoli , dove pel poco gusto
eh’ ei trovò in quella gente delle cose di
disegno e di pittura , a principio poco ne
mancò che non si morisse di fame , essen-
dosi fino condotto a lavorare a giornate
con certi pittori , pe’ quali fece di sua ma-
no in Santa Maria della Grazia nella Cap-
pella maggiore un San Pietro : e per un
Conte dipinse una volta a tempera, uoa fac-
ciata , un cortile e logge, che tutte riusci-
rono opere maravigliose. In Sant’Angelo,
allato alla Pescheria , fece alcuni quadri ,
ed una tavola a olio. Ma vedendo final-
mente non esser egli e la propria virtù
in quella città più che tanto ricevuta e
stimata , se 11’ andò a Messina , dove gli
fu dato molto da operare a olio , e fece
gli archi trionfali coll’ occasione delia pas-
sata di Carlo V. dall’impresa di Tunis, e
molte altre pitture. Desiderava egli viva-
mente di tornarsene a Roma , ritenuto da
tal resoluzione solamente da una donna ,
che egli troppo teneramente amava. Ma in
fine prevalendo in lui 1’ amor di Roma al-
F amor dell’ amata , rotto ogni laccio , de-
liberò di colà portarsi ; ma non già gli
riuscì il vedere Roma , perchè fu soprag-
|>iunto da una morte miserabiie , se ere-
njS Déc. HI. della Pah. L del Sec IY.
diamo a quanto ne scrisse il Vasari col*
3 e seguenti parole :
Levò dal Banco una buona quantità
di danari eli egli aveva , e risoluto al tut*
lo si partì . Aveva Pulidoro tenuto molto
tempo un garzone di quel paese , il qua -
le portava maggiore amore a' denari dì
Pulidoro , che a luì ; ma per avergli
così sul Banco 9 non potè mai porvi su le
mani 9 e con essi partirsi ; per lo che ca-
duto in un pensiero malvagio e crudele %
deliberò la notte seguente , mentre che dor-
miva , con alcuni suoi congiurati amici
dargli la morte , e poi partire i denari
fra loro. E così sul primo sonno assalito-
lo , mentre dormiva forte f ajutato da co-
loro , con una fascia lo strangolò , e poi
datogli alcune ferite , lo lasciarono mor- ‘
lo : e per mostrar che essi non T avessero
fatto , lo portarono su la porta della don-
na da Pulidoro amata 9 fingendo 9 che o
i parenti , o altri , in casa ì' avessero am-
mazzato. Diede dunque il garzone buona
parte di danari a que ribaldi, che si brut-
to eccesso avevan commesso 9 e quindi fat-
tigli partire , la mattina piangendo andò
a casa un Conte 9 amico del maestro mor-
to ; ma per diligenza 9 che si facesse in
cercar molti dì 9 chi avesse cotal tradi-
mento commesso , non venne alcuna cosa
alla luce. Ma pure 9 come Dio volle , aven-
do la natura e la virtù a sdegno d* esser
colf
liti
tuli
filo
afi-
di
$
ih
co*
le,
or-
i icì i
uri |
!o- !
:o* |j
m
irò |
0
71* !
II.
f '
in ■
I
II
5'
il
Pulidoro Cal©. e Maturino* fg§
mano della fortuna percosse , fecero
a uno , che interesso non ci aveva , dire
che impossibile era , che altri , che tal
garzone V avesse assassinato. Per lo che
il Conte gli fece porre le mani addosso :
e alla tortura messolo , senza che altro mar-
tirio gli dessero , confessò il delitto , e fu
dalla giustizia condannalo alle forche , ma
prima con tanaglie infocate per la strada
tormentato , e ultimamente squartato . Ma
non per questo tornò la vita a Pulidoro ,
nè alla Pittura sì rese quell' ingegno pel-
le grin o e veloce , che per tanti secoli non
era più stato al mondo ; per lo che , se
allora che mori , avesse potuto morire
cori lui , sarebbe morta V invenzione , la
grazia , e la bravura nelle figure , dell ar-
te , felicità della natura , e della virtù ,
nel formare in un corpo così nobile spi-
rito , e invidia e odio crudele di cosi
strana morte nel fato , e nella fortuna
sua : la quale , sebbene gli tolse la vìtaf
non gli torrà per alcun tempo il nome «
Furono fatte l' esequie sue solennissime , e
con doglia infinita dì tutta Messina , e nel-
la Chiesa Cattedrale datogli sepoltura Van-
no i543.
Tale dunque fu 1’ infelice fine di que-
sti due grandi artefici 5 i quali per la gran
virtù loro, meritano di rimaner per sem-
pre nella memoria degli uomini. Furono
Pulidoro , e Maturino bravissimi nell’ ope»
200 BeC. 111. DELLA. PAR. I. DEL SeC. IV.
rare , come bea mostrarlo le loro pittili
re : e quantunque Maturino non fosse co-
sì efficacemente portato dal genio e dalla
natura alle cose dell’ arte , quanto Pulido-
ro ; eontuttociò , e colla pazienza , e col
lungo studio , e coll’ imitazione dell* opere
dei compagno si portò sì bene , che l'uno
e l’altro insieme condussero sempre le co-
se loro , senzachè apparisse fra esse diffe-
renza alcuna. Furono i primi , che pel
grande studio fatto sopra tutto 1’ antico ,
arrivassero ad esprimere eccellentemente
gli abiti, le fisonomie , i sacrificj , i vasi ,
F armi , ed ogni altro strumento sacro o
profano, servendosi di essi con sì esatta
osservanza degli antichi costumi , che han-
no dato gran gusto , ed anche qualche lu-
me agl? eruditi. II tutto poi sì vede accom-
pagnato con invenzione, varietà, nobiltà,
e disegno tanto eccellente , che già quasi
in due secoli trascorsi non si sono vedute
pitture in Roma , che sieno state e sieno
tuttavia tanto studiate da ogni nazione ,
quanto quelle di costoro, che veramente
hanno mostrato agli amatori dell’ arte , il
modo di farsi universali in ogni sorte di
lavoro : e ne vanno attorno infinite copie
in istampa. Questa loro eccellenza però fu
intorno a’ chiariscuri , bronzi 3 e terrelta $
perchè nel colorito valsero tanto poco ,
che quel che si vede in Roma di loro ma-
no , che sono alcune poche cose, non
punto gli distingue da ogni altro pittore.
Pulidoro Cald. e Maturino, sor
Ben è vero, che Pulidor© nei tempo eh’ ei
visse in Messina ebbe tante occasioni di
dipignere a olio figure colorite , che nel*
T ultimo della vita sua , avendovi già acqui-
stata buona pratica , vi fece opere lodevo-
li : e fra 1’ altre fu stimata bellissima e dì
vago colorito una tavola di un Cristo por-
tante la Croce , con un gran numero di
figure appropriate alla storia , che fu V ul-
tima opera che vi facesse ; perchè poco do-
po egli per giusto e occulto giudizio d'id-
dio fece r infelice morte , che sopra ab-
biamo raccontato.
iC'-L :
'
'
“
soS
DELLE NOTIZIE
DE’ PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMA BUE IN QUA
DECENNALE IV.
DEL SECOLO IV.
DAL MDXXX. Ah MDXXXX .
ZANOBI DI POGGINO
PITTORE FIORENTINO
Discepolo di Gio. Antonio Sogliani ,
fioriva circa il iS3o.
uesto Pittore fece molte opere
per unta la città di Firenze, e come quel-
lo che copiava Lene , anche in ciò fu ado-
perato. Aveva Andrea del Sarto dipinta
per suo diporto una bellissima testa del
Salvatore , simile a quella , e he pur di sua
2ò4 Bec. IV. della. Par. I. del Sec. IV.
mmo si vede sopra 1* Altare della Santissi-
ma Nunziata , sebbene non tanto finita.
Questa testa venuta in mano di Don An-
tonio da Pisa , Monaco degli Angeli , che
fu molto amatore de’ virtuosi , la fidò in
mano di Zanobi, acciocché una copia ne
facesse per Bartolo carneo Gondi , che molto
3a desiderava ; ma o perchè il Poggino ne
copiasse più d’usa, o come si fosse, an-
dò sì foltamente la cosa , che dopo averne
il Poggino fatta la copia, subito se ne vi-
dero molte altre per la città di Firenze ,
le quali però furono , e son tenute in mol-
ta venerazione.
/
2o5
G I O, CAROTI
PITTORE VERONESE
Discepolo di Liberale Veronese $ fioriva
circa il i53a.
Seguitò la maniera di Gio. France-
sco Caroti suo fratello. Dipinse nella Chie-
sa di San Bartolommeo di Verona alcune
Sante : in San Giovanni presso al Duomo,
io una tavola piccola un San Martino. Fe-
ce il ritratto di Marc’ Antonio della Torre
Pittore, ed altri ritratti di naturale» D se-
gnò le piante dell’ anticaglie di Verona ,
gl1 Archi trionfali , e il Colosseo , che fu-
rori riposte nel libro dell* Antichità di Ve-
rona , dato alle stampe da Torello Sar&ina,
e fu uno de’ maestri del famosissimo Paul
Veronese.
ao6
FRANCESCO TORBIDO
DETTO
IL MORO
PITTORE VERONESE
Discepolo di Liberale Veronese , fioriva
nel i536 .
A questo Pittore nella sua fanciul-
lezza fu dato qualche principio nell* arte
nella città di Venezia da Giorgione ; ma
perche fino da quell’ età ebbe egli uno
spirito fiero e molto dedito alle risse ,
avendo contesa in Venezia con una tal per-
sona malamente la percosse ; onde gli bi-
sognò , lasciati gli studj del disegno , a
Verona tornarsene , dove per la pratica che
aveva in maneggiare ogni sorta d’armi, e
Francisco Torbido. 207
per le sue per altro avvenenti maniere ,
fu talmente accarezzato da que’ Nobili ,
che facevano a gara per chi lo potesse
avere in conversazione, che dato bando ai
disegno ed alla pittura , in breve si ridus-
se in istato , come se mai disegnato non
avesse. Poi a persuasione de’ medesimi ri-
messosi all’ arte sotto gli ammaestramenti
di Liberale , in breve per la vivezza del
suo ingegno non solo risarcì il perduto ,
ma divenne valente pittore. Tenne sempre
la maniera del suo maestro Liberale , non
lasciando però nel colorire sfumato che
faceva , d’ accostarsi al modo di fare di
Giorgione. Dipinse a fresco in Verona Ja
Cappella maggiore del Duomo , e la volta
con disegno di Giulio Romano, perchè
così volle il Vescovo Gio. Matteo Giberti ,
che tale opera fece fare , ed in essa dipin-
se storie di Maria Vergine. Operò in San-
ta Maria in Organo, in Santa Eufemia ed
altrove. Colorì la facciata della casa de’ Ma-
Duelli dal Ponte nuovo , e di Torello Sa-
raina , che fece il libro dell’ Antichità di
Verona: e similmente in Frioli la Cappel-
la maggiore della Badia di Rotazzo: e ope-
rò in Venezia. Fu ottimo coloritore e di-
ligentissimo , e perciò molto lungo nell’ o-
perare. Non lasciò mai andar lavoro eh’ ei
non accettasse ; onde fra il molto suo pi-
gliar caparre per far opere e tardi finirle,
e F essere alquanto manesco , ebbe che di-
re con molti di mala maniera , e spessa
aoB Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV.
tro vessi io brighe, sebbene mai non gli
mancarono gli amici in gran copia , e uo-
xn ni di tutta stima per lettere e per no-
biltà lino alla sua morte , che gli seguì in
età molto grave, nella città di Verona ,
nelle case de’ Conti Giusti ? che fino da 'pri-
mi suoi anni avevanlo amato e favorito.
ANDREA FELTRINI
209
PITTORE FIORENTINO
DETTO ANDREA DI COSIMO
Discepolo di Cosimo Rosselli 9
fioriva nel i538.
Dopo clie il Morto da Feltro Pit-
tore ebbe fatti grandi studj per V antica-
glie e grotte della città di Roma f per se-
gnalarsi , come fece , nel bel modo di di-
pignere grottesche , vennesene a Firenze,
Ricevetteio nella propria sua casa Andrea
Feltrini , che fino allora sotto la disciplina
di Cosimo Rosselli aveva atteso alla pit-
*4
Baldinucci Voi • V1L
3i© Dec. III. della Par. I. del Sec. IV,
tura, ed a luogo andar? avendo osserva-
la la bizzarra e nuova maniera del Mor-
to , talmente s’invoglio di quei!’ arie, che
a quella in tutto e per tutto si diede j
onde in breve tempo , non solo operò ot-
timamente di grottesche ; ma quelle arric-
chì di molte e belle invenzioni. Incomin-
ciò a far le fregiature maggiori più co-
piose e piene , di maniera al tutto diver-
sa dall’ antica , accompagnandole con figo*
re. Inventò capriccioso modo di dipignere
le facciate delle case , che oggi si dice a
Sgraffio , quale io non saprei meglio d?*
scrivere , che colle proprie parole del Va-
sari ; dice egli dunque: Costui cominciò a
dar principio di far le facciate delle ca-
se e palazzi nelt intonacato della calcina
mescolata con nero di carbon pesto , ov-
vero paglia abbruciata , che poi sopra
questo intonacato fresco dandovi di bian-
co , e disegnate le grottesche con quei
partimenti eh* ei voleva , sopra alcuni car-
toni * spolverandogli sopra C intonaco 9
veniva con un ferro a graffiar sopra
quello , talmentechè quelle facciate veni-
vano disegnate tutte da quel ferro , e
poi raschiato il bianco de campi di
queste grottesche , che rimaneva scuro f
le veniva ombrando , o col ferro medesimo
tratteggiando con buon disegno , tutta
quelV opera con acquerello liquido , corner
acqua tinta di nero andava ombrando y
che ciò mostra una cosa bella » vaga , e
Andre k Feltrine zit
ricca da vedere . Fin qui il Vasari. Di
questo modo dipinse egli in Firenze la
16 facciata della casa de’ Gondi in Borgo
Ognissanti £ quella de’ Lanfredini lungar-
no » tra ’l Ponte a Santa Trinità , e la
Carraja verso Santo Spinto , quella dei
Sertini da San Michele di piazza Padella ,
oggi detta degli Aotinori, quella già di
Bartolommeo Panciatichi sulla piazza de-
gli Agli , oggi de’ Ricci, e la facciata della
« Chiesa della Santissima Nunziata sopra il
a primo Chiostro. Fu Andrea mollo adope-
rato in occasione di nozze e d’ esequie , e
d’ ogni altra sorte d’apparato, e assai o-
a j però per la Serenissima Casa de' Medici.
Sono in Firenze per le case de’ particola-
3 ri lavori infiniti di sua mano di fregiatu-
re , soffitte, cassoni, forzieri , e simili
tutti bellissimi. Fece con molta grazia ,
varietà e bellezza disegni di ogni sorte
di drappi e di broccati , che aggiunti al-
la nobiltà della materia , ed eccellente
maestria , con che si fabbricarono sempre
nella città di Firenze simili cose , riusci-
rono desideratissimi per tutto il mondo*
Fu però Andrea uomo tanto timoroso ,,
che mai non volle pigliar lavoro sopra di
se # non bastandogli V animo dopo fatta
l’opera di farsi pagare , al contrario di
tanti e poi tanti, che dopo essersi fatti
pagare , mai non lavorano , e piuttosto
velie in bottega far la seconda , che 1* ul-
tima figura, benché in verità nel suo
212 DEC. IV. DELLA PàR. I, DEL SEC. IV.
stiere non avesse pari. Dalla medesima ca»
gione derivò il conoscer che fece così po-
co la propria virtù , che potendo con po-
ca fatica farsi ricco , contuttoeiò stando
sempre al lavoro come un giumento , fe-
cesi pagare scarsissimamente. Fu malinco-
nico per natura, al che aggiunta T inces-
sante applicazione alle cose dell’ arie , fu
più volte in pericolo di esser per forza
dell’ umor malinconico portato a male re-
soluzioni di se ; pur tuttavia volle Id-
dio ajutar la bontà di esso , perchè fu
sempre dagli amici e compagni assistito ;
finché ridottosi all’ età di sessantaqu attro
anni gravemente infermatosi se ne passò
a vita migliore.
2(3
GIULIO CAPORALI
Discepolo di Benedetto Caporali
suo Padre , fioriva nel i 540.
Ija prima applicazione di Giulio fu
nell’ esercizio della pittura ; ma essendosi
il padre suo , che nella scuola di Pietro
Perugino si era molto avanzato in quel-*
P arte, dato in tutto e per tutto all’archi-4
lettura , a segno di aver dato alle stampe
un suo Comeoto di Vitruvio, o fosse
volontà del padre , o particolare inclina-
zione del figliuolo p diedesi anch’ esso a
simili studj.
PITTORE PERUGINO
2l4
LORENZO (i) VECCHIETTI
SCULTORE SENESE
Nato 1524. + i582. (2)
Ehi» la città di Siena in questi
tempi un Lorenzo Vecchietti , che fu
scultore , e getlator di metalli assai lo-
(1) Lorenzo fu figliuolo di Pietro
Vecchietti , al dire dell ’ Ugurgierì.
(2) E jiori 1462. come per errore sì
legge nell * Ugurgieri medesimo •
Lorenzo Vecchietti. ±1%
dato, DI marno di costui è il Tabernacolo
di bronzo, con ornamento di marmo del*
T aitar maggiore nel Duomo della stessa
città : siccome ancora la figura del Cristo
ignudo colla Croce in mano , che è in
sull’ /Vltar maggiore dello Spedai grande*
Diede compimento a! Battisteri© con al-
cune figure , eh’ e’ vi lavorò con suo scar-
pello : ed ancora diade fine ad una storia
di metallo , che vi aveva cominciato il
celebre scultore Donatello , accomodando-
vi alcune figurette state gettate dal mede*
simo , ma non ripulite. Le figure del San
Piero e del San Paolo, che si veggono
alla Loggia degli Ufiziali in Banchi, gran-
di quanto il naturale , son pure opera
della mano di questo virtuoso artefice , il
quale Y anno i582. in età di 58, anni
diede fine al mortai corso del viver suo (i)
(i) Vuole' r Ugurgieri stesso che alai
fòsse fatto questo Epitaffio :
Senensis Laurens vivos de marmore vultUS
duxit, et excussit molli us aera manu,.
2i6
FRANCESCO D’ UBERTINO
DETTO
IL BACCHIACCA
PITTORE FIORENTINO.
Discepolo di Pietro Perugino $
mori nel iSSy.
Dopo l’ essersi questo Pittore bene
approfittato nella scuola di Pietro Perù»
gino nell’ arte della pittura , fu in Firen-
ze molto adoperato in ogni sorte di lavo»
ro , mercè dell’ esser egli ubiversalissimo 9
ed oltre ogni credere diligente , e nelle
figure piccole, fra i migliori, che ne’ suoi
tempi operassero* Fu amicissimo di Ba-
Francesco d’ Ubertino. 217
siiano da San Gallo , pittore e architet-
to , detto Aristotile : e ancora di Jacone ,
eccellente pittore de’ suoi tempi , e con
essi molte cose dipi ose. La conversazione
di questo Jacone , conciossiacosaché fosse
alquanto scostumata e plebea , non ebbe
però forza tale di punto sregolare il buo-
no e costumato vivere di Francesco, il
quale tenne sempre vita molto lodevole.,
Conversò con Andrea del Sarto, e ne
riportò ajuti validissimi nelle cose dell’ar-
te. Opera de suoi pannelli sono le storiel-
le , che tuttavia si veggiono nella predel-
la della tavola de’Martiri, fatta da Giovanni
Soglia ni già per la Chiesa di Camaldoli di
Firenze , che oggi è nella Chiesa di San.
Lorenzo : e similmente le storiette della
predella dell’ Altare del Crocifìsso nella
stessa Chiesa. Si trovò il Baco biacca con
gli altri eccellenti pittori del suo tempo a
dipignere nella bella camera di Pier
Francesco Borgherini , spalliere e cassoni:
e nella casa di Gio. Maria Benintendi.
Fece anche molti quadri di piccole figu-
re a diversi cittadini, i quali poi, come
cose preziosissime, gli mandarono in
Francia , e in Inghilterra. Volle la glo-
! riosa memoria del Granduca Cosimo L
che molto lo stimava , averlo a’ suoi ser-
vizi , in riguardo massimamente di un
singoiar talento , che egli aveva di ritrar-
re al vivo ogni sorte di animali. Per
questo Principe dipinse egli uno Scrittoio*
2i8DeC. tv. DELLA. PàR. I. DEL SeC. IV.
dove fece gran quantità di uccelli ed er-
be di rara qualità , condotte a olio mara-
vlgFosa mente. Per le tappezzerie , che
quell’ M Uzza fece fabbricare di seta e d’o-
ro, compose P invenzione di tutti i mesi
dell’anno, in proporzione di piccole figu-
re , nelle quali si portò così bene , che
fu creduto , che in quel secolo nessun al-
tro potesse onerar meglio. Queste furono
messe in opera dall’ eccellente maestro Gio-
vanni Rosta Fiammingo. Dipinse a grotte-
sche una grotta di una fontana d’ acqua
nel Palazzo de* Pitti, Fece i disegni di un
Ietto Reale , che ordinò quel Signore do*
versi condurre di ricamo e perle , con tut-
te storie di piccole figure e d’animali , da
Antonio Bacchiacca , fratello del nostro
Francesco , uomo insigne in simil facoltà :
il qual letto poi servì per io sposalizio del
Serenissimo Granduca Francesco , e della
Serenissima Giovanna d’ Austria. Questo
Antonio fu così eccellente in quell’ arte
del ricamare , che non temè la dottissima
penna di Messer Benedetto Varchi compor-
re in lode di lui un bel Sonetto, cui mi
piace recare in questo luogo , ed è il se-*
guente:
Antonio , i tanti, tosi bei lavori ,
Che vostra dotta mano ordisce e tesse
fjodi v arrecan sì chiare , e sì spesse »
Che piccoli appo voi fieno i maggiori r
Chi è , non dico , tra i più bassi cori «
Francesco d* Ubertino.
%la fra i piu alti ingegni , il qual
credesse ,
Che poca seta , e piccai ferro avesse
Agguagliato il riiartef vinto ì colori ?
Onde superbo , e pien di gioja panni
I? Arno veder , che se felice chiami 9
E dica : i figli miei rrì han fatto hello*
1 Bronzi al gran Cellin deano : i marmi
Al Buonarruoto : al Bacchiacca i ri-
cami :
Le pietre al Tasso : al Bronzino il
pennello,
1 i
Vedesi il ritratto al naturale del Bacchiao
ea , insieme con quello di Jacopo d*t Pon»
torme celebre pittore , e di Giova mbaiista
j Cello famoso Accademico Fiorentino, fat-
to per mano di Agnol Bronzino , nel»
| ] la bella tavola dell! Zanchioi (i), dove es-
so Bronzino rappresentò la scesa di Cristo
3 al Limbo. Molte altre opere, che per bre-
e j vità si tralasciano , fece il Bacchiacca sino
alla sua morte, che occorse V anno i557*
i j ""
(i ) IN ella Chiesa di S. Croce tra t&
porta maggiore , e V altra dal Campanile
cominciato.
220
GIROLAMO LOMBARDO
O LOMBARDI
DETTO IL FERRARESE
SCULTORE E GETTATORE DI METALLI
Discepolo cC Andrea Contuccì dal M, a
Sanso Ano , fioriva nel i534»
N on manca alcun moderno Autore,
ehe dica , che fino la Santa memoria di
Papa Giulio II. della Rovere nutrisse nel-
la sua mente un assai nobil pensiero , il
quale fu d’ornare con regia magnificenza
la Santa Casa di Loreto, Noi sappiamo pe-
rò , che in vita di quel Pontefice non fu
dato a tal pensiero adempimento , forse
'Girolamo Lombardo 221
perche era nserbata dal Cielo uà opera sì
degna e di tanto onore della gran Madre
di Dio ad uu cuore il più generoso e ma-
gnanimo, che abbiano veduto i secoli cri-
stiani : e questi fu la Santa memoria di
Leon X. di Casa Medici. Questo gran Pon-
tefice , avendo data forma al nobile con-
cetto , con disegni e modelli di Bramante,
architetto singolarissimo , ordinò a’ Mini-
stri della Santa Casa il far commissione
di bianchi , neri , e mischi orarmi d’ogni
sorte a Carrara , Firenze , Orvieto 9 ed al-
trove. Dirozzate le pietre , furono quelle ,
che potevan condursi per quella parte ,
ben presto traghettate in Ancona: e non
era ancor passata la metà del mese di Mag-
gio dell’anno 1614. primo del Pontificato
di Leone, che a Loreto n’era stata con-
dotta una gran parte ; onde si fece luogo
a sua Santità di provvedere a quella gran
fabbrica le necessarie maestranze. Di Car-
rara e di Pisa furono fatti comparire trenta
de’ più pratici scarpellini , e fermati più
intagliatori : ed il tanto rinomato Andrea
Contucci dal Monte a Sansovino ne fu di-
chiarato Capomaestro e Scultore. Diede egli
mano ali’ opera con gran premura ; ma non
giunse la vita di Leone, nò tampoco quel-
la d’ Adriano , che gli successe nella supre-
ma dignità j al tempo eh’ eli’ avesse avuto
compimento. Morto Adriano , ed asceso al
Soglio Clemente VII. s’ accrebbe grande-
mente questo nobilissimo lavoro , concios-
222 DEC. IV. BELLJL PàR. I. DEL. SEC. I?.
giacbè egli di gran proposito vi si applicò*
Già atterrato Y antico muro erettovi da’Ri-
canatesi , cavate le fosse e ’l terreno per
ottocento sessantasei canne Romane , tra
fondo e d’ attorno alla Santa Gasa , aven-
do prima ben fasciate e ricinte con trava-
te sospese sopra terra le Sacre mura ,
erano state ben ferme e stabilite le fonda-
menta , e già s* eran condotti a line molti
intagli d’ architetture e sculture per quei-
rornato; quando correndo Tanno i5zq. il
Contucci venne a morte , dopo aver con-
dotte di sua mano molte nobilissime ope-
re di scultura , ed altre incominciate e non
Unite. Stettesi questo grande edilizio sen-?
z* alcuno o poco avanzamento, fino a do-
po T assedio di Firenze : e finalmente fu
da quei Pontefice eletto in luogo d’ Andrea
per primo Scultore piccolo de’ Pericoli det-
to il Tribolo, Fiorentino , al quale per mez-
zo d’ Anton da San Gallo, che sopranten»
deva a quella fabbrica , fu ordinato il por-
tarsi a Loreto per tirare avanti le sculture,
che rimanevano a farsi , lasciate imperfet-
te dal Sansovino* Joviossi egli dunque a
quella volta con tutta la sua famiglia , e
seco condusse molti uomini di valore nel-
l’arte sua. Tali furono Simone di France-
sco detto il Mosca , ottimo intagliatore di
marmi , Raffaello Mi ntelupo , Francesco
da San Gallo il giovane , Sunone Gioii da
Settignauo , Ranieri da Pietrasama^ e Fran-
cesco del Falda: e con essi, siccome io
Girolamo Lombardo. 2s3
'0| trovo M vi si condusse ancora ua tal Do»
l1' menico Lamia detto il Bologna , e final-
j mente il nostro Girolamo Lombardi ^ in»
F* sieme con Frate Aurelio suo fratello. Do-
; po che il Tribolo vi fu stato per qualche
tempo , nel quaie aveva con maraviglioso
artificio dato fine alia bella storia di mar-
al ì ino dello Sposalizio di Maria sempre Ver-
ta gine , incominciata da Andrea Gontucei :
ed aveva anche condotto la bellissima sto-
ria della Traslazione della Santa Casa : e
i" [I fatto più modelli di cera per dar fine ai
Profeti , che dovevano aver luogo nelle
Q j nicchie ; fu dallo stesso Papa Clemente or-
dinato a lui , e quasi a tutti gli altri mae-
stri, il tornarsene m fretta a Firenze , per
u quivi , sotto la scorta del gran Michela»
a guolo Buouarruoti , dar fine a tutte quelle
figure , che mancavano alla Sagrestia e Li-
!' | breria di San Lorenzo , per poter poi an-
che finire col disegno dello stesso Miche-
lagnolo la facciata ; che però fu da Roma
rimandalo a Firenze il Buouarruoti , e Fra
Gio. Angiolo, acciocché gli ajutasse a la»
a vorare i marmi , e facesse alcuna statua 9
secondo Y ordine , che ne avesse avuto da
lui : ed allora fu , che esso Fra Gio. An-
giolo fece il San Cosimo * che insieme col
San Damiano del Montelupo tiene in mez-
zo la statua di Maria Vergine col Bambi-
no Gesù , incominciata da Micbelagnolo t
che oggi vediamo in essa Sagrestia di San
Lorenzo ; di modo tale che per questa mio-
224 DEC. IV. DELLA. PAR. I. DEL SEC. IV.
va risoluzione dei Papa rimase l’opera del-
ia Santa Casa con poca quantità d’ uomi-
ni eccellenti; ma non per questo fu, ch’e’non
si continuasse tuttavìa ad operare con al-
tri , che vi restarono : e fi a questi fu il
nostro Girolamo Lombardo stimato un
de’ migliori artefici , che avesse partorito 3a
scuola del Sausovino. Questi adunque pre-
sa abitazione in Recanati, ed accasatovi ,
dalla partenza del Tribolo fino al i56o.
attese a condurre opere per quel Santua-
rio. La prima eh’ e’ facesse , fu una figura
d’ un Profeta di braccia tre e mezzo 5 in
atto di sedere , che essendo riuscita una
bella statua fu collocata in una nicchia
verso Ponente, e diedegli tanto credito,
che gli furon poi date a fare cinque figu-
re di Profeti , e riuscirono tutte bellissime
statue. Finì la beila storia de’ Magi , che
dal Gontucci suo maestro era stata comin-
ciata per collocarsi sopra quella del Pre-
sepio e de’ Pastori , non ostante ciò che
ne dica il Serragli, che l’attribuisce al
Montelupo-, il quale forse potè essergli
stato in ajuto in quest’ opera. Fece poi,
secondo ciò che afferma lo stesso Serragli,
ii bel Lampadario , che pende dietro alla
Santa Cappella : V immagine di bronzo di
Maria Vergine di Loreto , che si vede nel-
la facciata della Chiesa : e le quattro no-
bilissime porte della Santa Casa , con fi-
gure e mister] dd nuovo Testamento, Get-
tò ancora i due eoroucopj per sostenere
Girolamo Lombardo. 225
le lampane avanti all’ Altare del Sacramen-
to, e la tavola o mensa di marmo deiilstes-
so Altare 9 co’ candelieri di metallo di al-
tezza di circa a tre braccia pel medesimo
Altare , i quali adornò di fogliami e figu-
Q re tonde con tant’ artifizio , cbe fu stima-?
ta cOvsa dì tutta maraviglia. Ebbe questo
Artefice un fratello Religioso chiamato Fra-
le Aurelio. In compagnia di questo io tro-
V | vo , che Girolamo fece di metallo un gran-
dissimo e bellissimo tabernacolo per Papa
a Paolo III. che doveva esser posto nella
n Cappella del Palazzo Vaticano , detta la Pao-
la lina. L’ Angelita nell’ Origine di Recanati
a dice, eh’ e’ lo fece per Papa Pio IV. e che
quest' opera fu poi mandata nel Duomo
a- di Milano. Carlo Torre nei suo Ritratto di
ie Milano fa menzione del gran Tabernacolo
ie I di bronzo della Cattedral Chiesa, del qua-
> le dice fosse fabbricatore Francesco Bram-
e- bilia : e soggiunge , che nel seno di esso
« tabernacolo è una custodia in forma di tor-
al re, sostenuta in alto da otto Cherubini in-
t ginocchioni , e da otto Angioli grandi quan-
to il naturale , il tutto di bronzo , che fu
avuta in dono da Pio IV. Sommo Pontefi-
la ce. Ed io lascio ora ( se pur si tratta del-
lo stesso tabernacolo) il dar giudizio sopra
ih ta! diversità di sentenze , a chi sarà di ciò
a- meglio informato di quello che io mi sia9
fr Dice anche lo stesso Angelita , che un si-
il' mil tabernacolo , benché non tanto grande^
re facesse Girolamo per la città di Fermo*
BaldinuGGi Koh x5
226 DEC. IV. DELLA Par. I. DEL SEC. IV.
Che poi fosse di suo modello e getto la
statua del Cardinale Gaetano , che si vede
nèlla Chiesa della Santa Casa , fu dal ci-
tato Serragli detto con errore ; perchè ta-
le statua fu fatta da Anton Calcagni suo
discepolo , e non da lui , siccome nelle
notizie della vita di es$o Antonio abbiamo
ad evidenza dimostrato. Ebbe il Lombardi
quattro figlinoli , Antonio , Pietro , Paolo,
e Jacopo , i quali tutti attesero alla scul-
tura , ed al getto : e per quanto ne scris-
se il nominato Serragli > condussero di bron-
zo la porta di mezzo della Chiesa della
Santa Casa con figure e storie de’ fatti
de’ nostri primi Padri con nobile ornato.
Corre fino a* presenti tempi la fama che
Girolamo Lombardo fosse V unica cagione,
che nella città di Recanati si fondasse un
Collegio de’ Padri della Compagnia di Ge-
sù ; perchè avendo avuta cognizione o for-
se pratica col Padre Santo Ignazio loro
Fondatore , e con molti suoi figliuoli , ne
parlava sì altamente, che mosse i Recana-
tesi a far tale risoluzione a benefizio della
patria loro.
2 1J
la
(le
ci-
ta*
uo
Ile
DO
'di
lo,
i
i*
m*
BERNARDINO GATTI
DETTO
IL SOJARO
PITTORE CREMONESE
Discepolo del Coreggia , morì nel iSyS,
tti
;o,
be
*,
1 Q
e*
ir*
ro:
ae
a*
la
{bernardino Gatti detto il Sojaro , or-
ii.a mento della città di Cremona sua patria
( non ostante , che altri abbia detto , che
e’ fosse da Vercelli ) ebbe i suoi principi
nell’ arte dal sovrano pittore Antonio Al-
legri da Coreggio: e come quelli, che fu
da natura provveduto d’un ottimo giudizio
per conoscere ed eleggere sempre il mi-
gliore, e d'una mano attissima a confor-
marsi colle più difficili maniere de’ maestri
eccellenti , tanto apprese i precetti di quel
gran lume dell’arte, che finalmente riuscì
uno de' migliori artefici della terza scuola
% 2$ DEC. IV. DELLA P.4R. I. DEL SeC. IY.
di Lombardia. Tenne una maniera di grata
gusto , di forza e rilievo , e molto finita ;
disegnò così bene ad imitazione del mae-
stro , che alcuni suoi disegni si son talvolta
cambiati con quelli del Coreggio. Fece ope-
re insigni a olio e a fresco, e in gran
quantità * avendo egli avuta vita lunghis-
sima. Sue pitture souo state portate per
tutta Europa, e particolarmeute in Ispagna
e in Francia , oltre alle inuumerabili che
si vedono per la Lombardia : e volendo io
ora dar notizia di alcune , incomincerò da
quelle che egli fece nella sua patria Cre-
mona , le quali veramente meritano ogni
lode. In San Pietro de Canonici Regolari
Lateranensi nel Refettorio è una grande
storia a fresco del miracolo di Cristo del
saziare le turbe: e nella Chiesa de’ mede-
simi la tavola dell’ Aitar maggiore, lo San
Sigismondo fuori di Cremona , nella vol-
ta , è una bella storia dell’ Ascensione di
Cristo. Yedesi anche nel Duomo , fra Y al-
tre storie della Passione fatte da diversi
eccellenti maestri , una pure di sua mano,
quantunque di maniera alquanto diversa
dalla sua consueta. Nella Chiesa di San
Pietro dipinse la tavola dell’ Aitar maggio-
re , colla storia della Natività di Cristo,
opera che risplende fra le sue migliori,
in San Domenico mandò una sua tavola
d* un Cristo morto fatto di gran forza.
Nella Chiesa de’ Monaci di San Girolamo
fuori di Cremona nella tavola della prà*
Bernardino Gatti.
mvà Cappella a man destra , rappresentò
la Vergine Annunziata, Nella città di Pia-
cenza, nella Chiesa della Madonna di Cam-
pagna , rimpetto alla Cappella di S. Ago-
stino ^ dipinta dal Pordenone , è di sua
mano un San Giorgio armato , che dagl’in-
tendenti si stima la migliore opera che egli
facesse mai: siccome ancora sono opera del
suo pennello F altre pitture de’ fatti di Ma-
ria Vergine , state lasciate imperfette dal
Pordenone, coi dodici Apostoli, i quattro
Evangelisti , e diverse figure d’ Angeli. È
quest’ opera onorata da’ professori dell’ ar-
te con questa lode , d’ essersi egli nella
medesima saputo così bene conformare al
modo del Pordenone , che vi lavorò alcu-
ni Profeti , e Sibille con certi putti , che
il tutto pare essere stato fatto da una so-
la mano. In San Francesco della stessa cit-
tà ammirasi la bell’opera del Cristo flagel-
lato alla colonna : e in Sant’ Anna due
grandi storie della vita e fatti di Gesù
Cristo. In Vigevano furono mandate alcu-
ne piccole tavole di sua mano molto bel-
le. Dopo che il Sojaro ebbe assai operato
nella patria e per le città vicine , se n’ an-
elò a Parma, dove fece lavori stupendi. In
Sant* Agata è una sua tavola. Nella Ma* .
donna della Steccata finì la nicchia e F ar-
co restato imperfetto per la seguita morte
di Michelagtiolo Senese : e poi messe ma-
no alla grand’opera della Tribuna maggio4
re ? che è in mezzo a detta Chiesa, doYt
SBO DEC. IV. DELLA PàR. I. DEL SEC. IV,
dipinse a fresco 1’ Assunzione di Maria
Vergine , e fecevi altre opere di grande
stima. Morì finalmente Bernardino fi anno
di nostra salute i5y5. lasciando imperfet-
ta una delle più belle pitture che uscisse-
ro dal suo pennello. Tale fu una tavola a
olio nel Coro del Duomo di Cremona , al-
ta cinquanta palmi, dove espresse l’Assun-
zione in Cielo di Maria Vergine con gli
Apostoli , la quale , così abbozzata confiel-
1’ è , è cosa maravigliosissima a vedere Eb-
be questo pittore molti discepoli, uno degna-
li fu lo Sprangher Fiammingo , come ab-
bi am detto nelle notizie di lui. Ancora fu
suo discepolo un suo nipote chiamato Ger-
vaso Gatti , che fece molte opere assai be-
ne intese ; ma non già del gusto e perfe-
zione di quelle del zio. Ebbe genio partico-
lare ai ritratti , dei quali fece moltissimi ,
e assai somiglianti : nè fu quasi Principe ,
o altro titolato di quelle parti, che non
fosse da lui dipinto. Di mano di costui è
una tavola in Sant’ Agata di Cremona : e
sua ancora è la tavola dell’ Aitar maggio-
re de Gesuiti, Un suo quadro fu posto nel
Coro della Chiesa di San Niccolo , altri nel
Coro della Chiesa di Santa Eiena , e di
quella di San Lorenzo, in San Francesco,
in San Girolamo fuor di Cremona e altro-
ve, Fioriva quest'artefice del tòjo.
GIULIO CAMPI
PITTORE CREMONESE
Discepolo di Giulio Romano ,
fioriva nel 1540.
ii
VJiulio Campi , ornamento e splene
dorè della terza scuola di Lombardia , fu
figliuolo di Galeazzo Campi , pittore ne’suoi
tempi assai lodato, dal quale imparò i prin-
cipj dell* arte. Accenna il Vasari in alcune
poche righe , che egli scrisse di lui , che
egli si attenesse alla maniera del Sojaro ,
come migliore di quella di Galeazzo : e
studiasse alcune tele , state dipinte in Ro-
Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV.
ma da Francesco Salviate per fare arazzi s
che dovevano mandarsi a Piacenza al Du-
ca Pier Luigi Farnese. Antonio Campi ,
fratello di Giulio e suo discepolo, e per
conseguenza meglio informato del Vasari,
nella sua Cronaca afferma, ch’egli impa-
lasse l’arte da Giulio Romano: e questo
dobbiamo credere esser la verità , benché
possa essere anche molto vero , che egli
dal padre avesse i principj. Soggiugne il
Vasari , che egli ajutasse a Giulio nelle
grandi opere nella città di Mantova, il che
pure è assai probabile , perchè si vedono
alcune pitture del Campi , fatte col gusto
di quel maestro. Dicesi che le prime ope-
re , ohe facesse Giulio sopra di se , fosse-
ro alcune grand’ istorie nel Coro della Chie-
sa di Sant’ Agata di Cremona sua patria ,
nelle quali rappresentò il martirio di quel-
la Santa , in cui si vede imitato grande-
mente il buon modo di dar tondezza alle
figure che tenne il Pordenone : è ancora
in questa Chiesa una sua tavola a olio ; e
ancor giovane colorì tutta la Chiesa del
Carmine fuori di Sonzino , terra del Cre-
monese. Dipinse in Santa Margherita sto-
rie a fresco della Vita di nostro Signor
Gesù Cristo , nelle quali , com’ io diceva,
si scorge un non so che della maniera di
Giulio Romano. Colorì poi più facciate di
case insieme con Antonio e Vincenzio suoi
fratelli minori. Fece alcuni quadri a olio^
a’ quali , con altri di Bernardino Campi ,
Giulio Campi. ^33
fu dato luogo in certi spartimenti di stuc-
chi messi a oro nel Duomo nella Cappella
del Santissimo, e una tela a tempera colla sto*
ria di Assuero* che servì per coperta dell’or-
gano; siccome ancora fece la pittura a olio del-
l’Altare di S. Michele Arcangelo. Vedesi una
sua tavola in San Domenico : altre sue opere
in Sant’ Agostino , Chiesa degli Eremitani*
ed in San Francesco; due tavole in San Laz*
raro , luogo di sua sepoltura , come dire-
mo: una tavola in Sant’ Angelo , e due
bellissime in Sant’ Apollinari. Fuori della
città di Cremona circa un miglio è un
Monastero, già de’ Monaci di San Giro-
lamo , Religione oggi estinta : la Chiesa è
d* una sola navata , con cappelle sfondate,
con atrio, cupola e tribuna, il lutto fu
dipinto per mano di tre artefici , che fu-
rono stimati i migliori che avesse in quei
tempi quella città, cioè Cammillo BoccaG-
cino. Bernardino, e ’l nostro Giulio, il
quale vi fece la tavola dell’ Aitar maggio-
re a olio , opera degnissima , per la gran
copia di figure , e per altre sue nobili
qualità : ed al parere de’ periti nell’ art©
non è inferiore a molte di mano degli
ottimi maestri Veneti. Furono dipinti an-
che da Giulio Campi nelle mezze lune
con quattro sacre istorie i quattro Dotto-
ri della Chiesa , i fregi e prospettive ; e
in un altro partimenlo dipinse la venu-
ta dello Spirito Santo sopra gli Apostoli ,
ligure bellissime , che essendo vedute di
sott® in, su , fanno conoscere quanto va-
284 DlSC. IV. DELLA Par. I. DEL SEC. IV.
lesse 1’ arte io costui : siccome uaa Ver-
gine Annunziata presso al finestrone , e
alcuni fregi di putti. Luigi Scaramuccia
nel suo Libro delle Finezze de’ Pennelli
Italiani , parlando di queste pitture , dice
così: Subito si diedero a considerare f o~
pere famose de suddetti Campi , ma quel-
le di Giulio piu distintamente riconobbe-
ro esser degne di maggiore reputazione
di quelle delli altri due • Su le prime ri-
fleterono sopra il volto della navata di
mezzo , e videro cose assai superbe ;
ma ne bracci della Croce , o lati che vo-
glia m dire , della Cappella maggiore ,
dime Ito ebbero che considerare di più e-
squisito , e specialmente ne quattro spazf,
ove rappresentati stanno i quattro Dotto-
ri della Chiesa dello stesso Giulio , nei
quali parve avesse fatto ogni sforzo ; on-
de Girupeno molto ammirato se ne stava
neW esaminare una sì facile , ben fonda-
ta e maestrevole maniera : ed ebbe a di-
re esser tale , da potersi paragonare a
qualsivoglia altra de' Pittori Lombardi ,
da esso fino allora veduta : e per appuri -
to gli fu referto da un di que Monaci ,
che molti forestieri intendenti e pratici
osservano lo stesso : ed essere stati i
Campi in molte cose de' principali Pitto-
ri , che s ’ imbevessero da senno il buon
gusto del Co leggio. Fin qui Luigi.
E anche di mano del Campi in quel-
la Chiesa la tavola de’ Santi Apostoli Fi-
Giulio Campi» s35
Jìppo e Giacomo. In Mantova nella Chie-
sa di San Pietro , rimodernata con dise-
gno di Giulio Romano , dipinse il Campi
Ja tavola della Cappella di San Girolamo.
In Milano sono molti bellissimi parti del-
l’ ingegno suo : nella Chiesa della Passio-
ne del Convento de’ Canonici Regolari è
una tavola a olio di un Cristo Crocifìsso y
appresso la Vergine con altre Marie, San
Giovanni Evangelista , e Angeli attorno.
In quella delle Monache di San Paolo ,
quattro storie della Conversione e altri
fatti , nella quale opera fu ajutato da An-
tonio Campi suo fratello e discepolo. In
Santa Caterina delle Monache Agostiniane
in una Cappella a man destra è una ta-
vola di Santa Elena. In quella del Mona-
stero di Sant’ Orsola delle Monache Fran-
cescane Scalze , il quadro dell’ Aitar mag-
giore , dov' è un Cristo morto. Nella
Chiesa de1 Canonici Lateranensi nelFultima
Cappella una tavola a olio con Cristo in
Croce , appresso la Vergine , e San Gio-
vanni : e negli archi son pure di sua
snano fatte a tempera le Marie in atto di
andare al Sepolcro. Infinite altre opere
fece egli per diversi luoghi vicini alia
sua patria , oltre a gran numero di qua-
dri, che furon portati in Ispagna , in
Francia , ed in altre parti dell’ Europa.
Ebbe molti discepoli , e fra questi Vin^
cenzio e Antonio suoi fratelli , de’ quali
parleremo a suo luogo. Non è già vero ,
^36 Dec. IV. della Par. I del Sec. IV.
ch’egli Fosse Maestro di Sofooisba Àn^
gosciola, e dell’ altre sue sorelle, come
accennò il Vasari nella vita di Benvenuto
Garofalo ; benché ella copiasse molti qua-
dri di Giulio, come mostreremo nelle no-
tizie di lei. Pervenuto finalmente che fu
quest’ artefice in età assai matura , con
gran dolore degli amatori dell’ arte , se
ne passò da questa all’ altra vita nel me-
se di Marzo Tanno 1572. Fu il suo cor-
po con gran pompa accompagnato , non
solo dà tutta la nobiltà di Cremona , ma
ancora da Emanuel di Luna , Governato-
re di quella città, che l’aveva grande-
mente amato : e afferma T altre volte no-
minato Antonio Campi suo fratello nella
sua storia , che questo con gli altri Cava-
lieri in quella pia azione, non potevano
ritener le lagrime: e finalmente nella
Chiesa di San Nazzario gli fu dato onore-
vole sepoltura. Fu questo nobile artefice
valoroso nel dipignere a fresco , a olio ,
e a tempera, di bonissimo disegno, miglior
colorito , e nelle figure grandi , e nel sot-
tinsù conobbe pochi superiori a se. Fu
ancora buon architetto , e colorì bene ar-
chitetture e prospettive , e in somma fu
universalissimo in tutte le facoltà delle
nostre arti.
23 7
PIETER AERSEN
PITTORE D’ AMSTERDAM
discepolo di Jan Mandin 9
nato i5ig. + i563.
ietro d’ Arnoldo, che per la gran-
de statura del suo corpo, tanto in Italia
che in Fiandra, fu detto Pietro lungo*
nacque in Amsterdam Fanno i5ig. t suoi
parenti furono del paese di Purmer, luo-
go poco distante da quella gran citta. II
padre suo, che abitò in Amsterdam, vo-
leva tirarlo avanti pel suo mestiere 9 che
238 DEC, IV. DELLA PàR. I. DEL SéC. IV.
era di far le calze ; ma la madre , che
10 vedeva inclinato alla pittura , non vol-
le mai acconsentire : e diceva al marito ,
che quando mai ella avesse creduto di
condursi a vivere col filare, voleva ad
ogni modo seguitare il genio del fanciul-
lo , che era di fare il pittore; tantoché
11 marito per aver pace con lei si risolvet-
te a compiacerla. Il primo maestro di
Pietro fu un certo Àlart Ciaesser , che
in quel tempo era de’ migliori pittori di
Amsterdam , il quale anche ritraeva al
naturale. Il giovanetto fin dal principio
de’ suoi studj fu assai ardito nell* operare,
e aveva la mano molto franca , il perchè
presto cominciò ad acquistar credito. Di-
cesi che di diciassette o diciotto anni egli
se u’ andasse a Bossic in Annonia per ve-
der pitture di varj maestri, accompagna-
tovi con lettere del Governatore di Am-
sterdam. Di lì si portò ad Anversa , dove
si mise a stare con un certo Jan Mandin
di nazione Vallone. In questa città prese
moglie , e entrò nella Compagnia de’ Pit-
tori. Ebbe un genio particolare a dipigne-
re cucine , e con ogni sorte d’ arnesi e
robe appartenenti all’ imbandire de’ ban-
chetti : le quali cose , per la grau pratica
eh’ egli aveva fatto fin da fanciullo nel
maneggiare i colori , faceva parer vere.
Ma fu anche assai valente in rappresenta-
re in pittura ogni altro suo concetto. Per
F Aitar maggiore nella Chiesa vecchia , ©
le I
l.|
'»
i
]' 1
ìè
il*
ii
ie' I
di
al !
io
e. -I
ic
li. '
ni
-e* jj
a*
n*
ve I
in
se
ìt-
i*
e
n*
ca 1
ìè!
re, j
ti1
er
ol
PlETER AeRSM. 2%Q
vogliam dire della Madonna d’Amsterdam,
fece una tavola ordinatagli dal Maestro
de’ Cittadini , che era allora Jons Buy xt 9
uomo assai reputato , il quale per la par-
te della città s’ era trovato a dare il giu-
ramento al Re Filippo. Nel mezzo di que-
sta gran tavola aveva figurato il Transito
di Maria Vergine , e gii sportelli seguita-
vano la storia ; nella parte di fuori dipin-
se la Visita de’ Magi , con alcuni putti
ben coloriti : e fu il costo di tutta questa
opera duemila scudi. Prese poi a far la
tavola dell’ Aitar maggiore della Chiesa
nuova, per la quale era stato prima chia-
mato Michel Gocxie di Maliues, che aven-
do veduta la bella tavola di Pietro , e
sentito il prezzo della medesima , che a
lui pareva poco , s’ era licenziato con di-
re , che chi aveva fatta quella , avrebbe
fatta anche quest’ altra. In essa dipinse la
Natività del Signore, e ne’ quattro sportel-
li l’ Annunziazione di Maria Vergine, la
Circoncisione , i tre Magi , ed un’altra
storia , e nel di fuori era la Decollazione
di Santa Caterina. Questo bellissimo qua-
dro fu poi insieme con altri rovinato e
guasto , quando distrutte furono le Sacre
Immagini : e fino del 1604, si vedeva in
Amsterdam il cartone grande quanto V o-
pera , maneggiato con tanta franchezza 9
che ben faceva conoscere di qnal perfe-
zione fosse stata la pittura. Pei Convento
de Certosini a Delft fece un Crocifisso, e
240 Dee. IV. della Par. I. DEL Sec. IV.
Degli sportelli la Natività del Signore, col- ;
3a Visita de* Magi , e di fuora i quattro
Evangelisti. Un’altra simii tavola fece per
Ja Chiesa nuova di Delft , e sopra gli
sportelli Ja storia de’ Magi , V Ecce Homo,
ed altri sacri misteri. Per Lovanio , ed
altri luoghi colorì molte belle tavole, del-»
le quali in detto anno 1604. come attesta
il Va n ma lì de r , rimanevano più di ven-
ticinque cartoni in casa di un certo Jac-
ques Walraven. In Amsterdam erano an«
che più pezzi di quadri di ligure quanto
il naturale. Nella Corte d’ Olanda appres»
so un certo Claes era la storia de’Discepo-
li , che vanno in Emaus. in casa Jan
Pietersz Reael erano alcuni quadri di sto-
rie di Gioseffo. Cornelis Cornelisz pittore
in Haerlem aveva un quadro della storia
di Marta. Era ancora in Noort nella par-
te d’ Olanda verso Tramontana a War-
menhvysen una tavola da Altare con un
Crocifisso , dove fra l’ altre figure era
molto lodata quella d’ un Carnefice , il
quale con un ferro rompeva le gambe ai
Ladroni , e negli sportelli eran cose ap-
partenenti alla storia. Questa bella opera
nel tempo della sollevazione del i566, con-
tuttoché dalia Donna di Sonneveldt in Al-
ckmaer ne fossero offerti 200. scudi ,
mentre il popolo arrabbiato la cooduceva
fuori di Chiesa per farla in pezzi , fu dai
contadini calpestata e infranta co* piedi 9
Pieter Aersen» 241
coi» finché si ridusse in minute parti : ed in»
j.to ! vero fu una gran disgrazia del povero
per Pietro il condursi a vedere quasi tutte
«li le più bell’ opere sue rovinate da quella
imo, gente. Di queste egli spesso si doleva
,ed amaramente, vedendo d'aver quasi per-
dei. duto insieme con esse nel mondo la inc-
esta moria del proprio nome : e nei trovarsi ,
ien. eh’ e’ faceva spesso con quella mala bri-
da, gala , ne fece talora cosi gran rammarico9
ao. che si vide più volte in pericolo di farsi
ìDto ammazzare. Pervenuto finalmente questo
ires* valentuomo all’ età di sessantasei anni ,
epo. uel giorno de’ due di Giugno del 1 563.
Jan pagò il comune debito della natura. Fu
sio. quest’ artefice uomo rozzo di tratto e
[0re d’ aspetto ; ond’ è , che se non fosse stata
oria sua virtù , sarebbe egli stato poco sti-
par. malo. Tenne un snodo dì vestire tanto
i;ar. abietto , che sì trovò alcune volte chi ,
ull coli’ occasione dell’ ordinargli alcun lavoro
era andava alla sua bottega , credendolo un
,[ macinatore dì colori , o altra vile persona
ai gli domandò dove fosse il maestro. Per
ap. ordinario si fece pagar poco le sue opere.
iera Non ebbe gran pratica in far figure pic»
;on. cole, ma bensì nelle molto grandi, ove
j[|. consistono le maggiori difficoltà dell’ arte.
Fu buon prospettivo, ornò benissimo le
eva sue figure , fece bene i panni e gii ani-
’jji mali. Gran parte de suoi quadri furon
comprati da Jacob Baeuwaert : ed una
Baldinucci VoL V'II \ 16
242 OeC. IV. DELLA PàR. I. DEL SEC. IV.
bellissima cucina , dov’ egli aveva ritratto
al naturale il suo secondo figliuolo in età
di piccolo bambino , ebbe un tal Ravert
in Amsterdam. Di Pietro Lungo trovo
aver fatta una breve menzione il Vasari
nella seconda e terza parte 5 per notizia
avuta di lui 9 com’egli scrisse, da Gio*
Bologna da Dovai, e da Gio. Strada, con
queste precise parole. Pietro Arsen , detto
Pietro Lungo , fece una tavola con sue
ale nella sua patria di Amsterdam , d en-
travi la nostra Donna , ed altri Santi 9
la quale tutù* opera costò 2000. scudi .
Di questo Pietro ne rimasero tre figliuoli:
il primo de’ quali fu Pie ter Pieiersz , il
quale fu gran pittore , e imitò assai la
maniera di suo padre e maestro , e fu
solito far molto dal naturale , come que-
gli » a cui poche occasioni si presentarono
di far quadri grandi. Mori in Amsterdam
d’età di anni sessautadue Fanno i6o3.
lasciando di se grati fama , non tanto pel
valore nell’ arte della pittura , quanto per
F eloquenza e dottrina sua , avendo at-
teso anche alle lettere, li secondo fu
Aeri Pietersz , uomo che fino dalla sua
gioventù operò bene m pittura , e fu
moko pratico in far ritratti al naturale ,
sebbene ebbe ancora buonissima abilità
nelle storie. Dirick Pietersz , più giovane
cito anni d’ Aeri , -fu aneli’ egli discepo-
lo del padre, e operò a Fontanablò fu
PlETER AERSEN. 243
Francia. Questi nell’ ultima guerra avanti
al 1610, fu ammazzato. Pieter il primo
lasciò un figliuolo , che fu ancora egli
pittore, e seguitò la maniera del padre.
244
MICHEL COCXIE
PITTORE DI MALINES
Discepolo di Bernaert di Brusselles ,
nato x497- + i5g2.
N
nella
acque questo rinomato artefice
città di Malines 1’ anno 1497* Cre-
sciuto io età fece sotto la disciplina di
Bernaert di Brusselles diligentissimi stud)
per giugo ere alla perfezione dell’ arie del
dipigoere. Se ne venne poi in Italia : e
in Roma studiò le opere di Raffaello, e
nella Chiesa vecchia di San Pietro dipinse
Michel Cocxie» 245
una Resurrezione. Operò in Santa Maria,
della Pace , ed in altri luoghi della stessa
città. Tornossene poi alla patria accasato
con una donna di tanto suo genio , che
godendo con essa una tranquillissima vi-
ta , potè seoz’ alcun disturbo attendere a
tutto suo piacere alle cose dell’arte. Quel-
la poi mancatagli , prese altra moglie *
della quale non ebbe figliuoli. Fra le
pere principalissime di questo artefice ,
fu una tavola da Altare nella Chiesa del-
la Madonna di Halsembergh , tre leghe
lontano da Brusselles , in cui aveva rap-
presentato un Crocifisso con tanto artifizio
e maestria , che molti amatori dell’ arte
concorrevano bene spesso a quella Chiesa
per vedere tale opera. Questa tavola fu
poi a tempo de’ tumulti di Fiandra da.
irn tal Thomas Werzy Mercante di Brus-
seiles portata in Ispagna ( dove anche
aveva portate molte altre belle cose in
tal genere ) e venduta pel Re Filippo ai
Cardinal Granvela. Era in Brusselles anco-
ra di mano del Cocxie nella Chiesa Cat-
tedrale di Santa Giulia una bellissima
tavola , in cui era figurato il Transito di
Maria Vergine , che pure fu venduta in
Ispagna a gran prezzo. Ad un Altare di
Santo Luca , attorno ad una tavola fatta
da Bernardo suo maestro, aveva egli di-
pinto due sportelli , i quali nel partir
che fece di Fiandra il Duca Mattias, vol-
le portar eoo se come cose rarissime. Di-
24$ DEC. IV. DELLA PàR. L DEL SeC. IV.
piose per la Chiesa Cattedrale d’ Anversa !
la tavola di San Sebastiano. Similmente
per la nominata Chiesa di S. Giulia in
Bruxelles una stupenda tavola della Cena j
di Cristo Signor nostro , e altre moltissi-
me opere fece nel lungo corso di sua vi- 1
ta”, colle quali divenne ricco : e fra gli
altri beni eh’ egli acquistò nella città di
Malines sua patria , furono tre bellissime
case , anzi piuttosto tre gran palazzi.
Ebbe questo artefice una bella maniera di
colorire , ed alle sue figure dava gran
naturalezza , particolarmente quando era*
no immagini di Maria Vergine e de’ San* !
ti. Nell’ inventare non fu molto ricco.
Erasi egli ajutato assai coli’ opere Italiane,
avendo anche posto io opera molte cose
di Raffaello , sopra le pitture del quale
egli aveva fatto tutti i suoi grandi studj.
Gode quando GiroJanlo Code messe alla
stampa le stesse opere di Raffaello , il
Coexie si trovò in grandi angustie, veden-
dosi scoperte per non sue alcune mara~
vigliose figure» delle quali egli s’ era servito
nella nominata tavola del Transito di Ma-
ria Vergine in Santa Giulia a Brusselles,
Giunto che fu M'cbeìe al novantesimo-
quinto a no della sua età , avendo poco
avanti fatte alcune opere nella casa o pa-
lazzo della città, cadde da una scala, o
da un ponte di tavole , dove forse egli
s era messo a fare alcuna cosa iu pittura
e di tal caduta morì 1’ anno i5y2.
247
HENDRICK , MARTEN,
t
E WILLEM
DI CLEEF PITTORI
Fiorivano nel i533.
Nella città dì Clevia fu In questi
tempi un certo pittore chiamato Hendrick
che attese a dipigoer paesi. Questi viag-
gio per f italia e altre Provincie , sempre
ritraendo aS naturale paesi e lontananze 9
rovine , ed ogni altra bella cosa fatta dal®
la Natura o dai caso , secondo quello che
egli stimava essere a proposito per f arte
.2|8 DeC. IV. DELLA Par. I. DEL $EC. IV.
sita ; ma assai gii giovò per farsi valen-
tuomo, oltre allo stadio delle cose nata*,
rali , T essergli data alle mani gran quan-
tità di disegni di simili cose , fatti da un
tal Melchior Lorch , che era stato mol-
to tempo in Costantinopoli , da’ quali è
fama , eh’ egli cavasse assaissimo : e tan-
to questi che gli studj suoi proprj furono
fanno 1604. dati alle stampe. Fu questo
Hendrick un gran coloritore , e talmente
imitò la maniera di far paesi di France-
sco Floris, che quelli di Francesco si scam-
biavano co’ suoi : e pare che tanto egli ,
quanto Martino suo fratello , fossero di-
scepoli dello stesso Floris. Andò poi in
Anversa, dove l’anno i5d3. si trova es-
sere entrato in quella Compagnia de' Pit-
tori ; e a noi non è noto il tempo , nel
quale seguì la sua morte.
MARTINO suo fratello fu discepolo di
Francesco Floris, e avvezzo a operare in
cose grandi : poi si diede a dipignere fi-
gure piccole , facendo molti pezzi di qua-
dri di sua invenzione per particolari citta-
dini , e finì molte opere d’ Hendrick suo
fratello. Dell’ abilità di costui si valsero
molto per far figure ne’ìor paesi Gillis di
Coninsgloo, ed altri pittori di paesi. Fu
assai tormentato dalla podagra , onde no a
mai potè uscire dalla patria 9 come il fra-
tello aveva fatto. E pervenuto ali’ età di
cinquant’ armi finì di vivere.
Hendrick , Martekt, e Willem. 249
WILLEM DI CLEEF loro fratello fu
gran pittore di figure grandi , e morì molto
tempo avanti al 1600. I figliuoli di Mar-
ten furono Giliis » Marte» , Joris , e Claes „
quattro fratelli , cbe tutti furono buoni pit-
tori. Marte» partì di Spagna per V Indie ;
Joris , e Giliis presto morirono : il primo
aveva una buona inclinazione a far picco-
le figure: Claes viveva tuttavia in Anver-
sa ranno 1604* nè altro sappiamo di loro.
LAMBERT LOMBARDUS
PITTORE E ARCHITETTO
I
DI LUYCH
|
Fioriva nel ì54o.
F ra’ Pittori più degni di memoria 5
che partorì circa il principio del passato se»
colo la Fiandra , merita il suo luogo Lam-
bert Lombardus , nativo di Luycli 9 città
non molto lontana da Mastrich , perchè
non solamente fu pittore assai ingegnoso ,
buono architetto , intelligente prospettivo,
e buon filosofo; ma perchè fu maestro di
molti eccellenti pittori , fra’ quali furono
Lambert Lombàrdtts* %5i
FRANCESCO FLORIS WILLENKCYC, che
in nostra lingua -vuol dire Guglielmo Sas-
so , e HUBRÈCHT G0LTX1US, che signi-
fica Uberto d’oro, e molti altri. Pellegri-
nò per varie Provincie de’ paesi Bassi : scor-
se l’ Alemagna e la Francia: e ovunque
trovava antiche sculture , vi faceva sopra
molto studio; anzi scrivono, che egli in
simili antichità arrivasse a tanta pratica ,
che distingueva in qual parte del mondo,,
e in qual tempo esse sculture erano state
fatte. Di che sia la fede appresso Fautore,
che tal cosa scrisse, che fu P altre volte
nominato Vanmander Pittore Fiammingo,
Venne in Italia, e stette in Roma, donde
pel grande studiar che vi fece si parti as-
sai migliorato : e tornatosene in Fiandra ,
levò quasi del tutto quella barbara manie-
ra che usavano già tino dagli antichi tem-
pi in quelle parti gli architetti. Di mano
di quest" uomo si veggono molte cose in
istampa , e fra 1" altre una Cena di Cristo
di bella invenzione e componimento. Fini
il suo vivere in Liegi Y anno i56o. La
vita di questo pittore fu latinamente scrit-
ta da Dom enico L; mpsooio , e data alle
stampe in Bruges da Uberto Goltzio del
1 565. ma a me non é stato possibile il rin-
tracciarla ; onde poche notizie potrò dare
di lui. Fu poco avanti al i6co. dato alla
luce il suo ritratto , stampato con intaglio
di Tommaso Galle , sotto il quale si leg-
gono i seguenti versi.
à5s Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV.
Elogium ex merito quod te , Lombarde 9
decebat ,
Non libet hic paucis texere versiculis .
Contine C hoc ea charta ( legi si nostra
merentur )
De te9 (juamfeciù Lampsonìana graphis .
253
FRANS MINNERBROES
E ALTRI PITTORI DI MALINES
CHE FIORIVANO
IN QUESTI TEMPI.
A vendo falla menzione di alcuni
buoni Pittori di Goude , conviene ancora
far memoria di altri, che furono in que-
sti tempi in Malines , tra Anversa e B rus-
se! les. Uno di costoro fu Frans Minner-
broer , che in nostra lingua diremmo Fran-
cesco Frate Minore. Fiorì egli in circa il
1540. e fu molto pratico nel fare a olio.
Era F anno 1604. di sua mano nella Ghie-
2 54 Dec. IV. della Pah. I. del Sec. IV.
sa delia Madonna una Vergine che va in
Egitto : il paese rappresentava un orrido
deserto , e tanto questo che le figure era-
no molto belle. Fuori di Malìnes, presso
alla Madonna d’ Hansrryche , era una ta-*
vola colla stona dì Maria Vergine saluta-
ta dall’ Angelo y e una Visitazione di San-
ta Elisabetta. Erano iu queste storie alberi
bellissimi.
Francesco ebbe un discepolo pare di
Malìnes, che si chiamò FilANS VERBE-
ECH , che fu Pittore pratico nell’ a guaz-
zo, e imitò la maniera di Jeronimo Bos.
Nella medesima città era di sua mano ua
San Crislofaao con molte figure attorno.
In Santa Caterina era espressa nattiralissi-
mamente la parabola della Vigna. Fece
molte opere , che andarono in diverse par-
ti. Fra i’ altre un paese veduto in tempo
d’ inverno senza neve e diaccio , ma con
gli alberi spogliati dì foglie , e le lonta-
nanze fece vedere senza nebbia o aria
grossa molto ai naturale. La maggior par-
te dell’ opere di costui furono di feste ,
danze, nozze, e altre azioni che si fanno
in campagna da’ contadini.
Vi fu ancora un tal VINCENT GEL-
DERSMAN assai bravo Pittore, di mano
del quale fu una Leda , mezza figura , con
due uova: una Susanna, e una Cleopatra,
delle quali si veggiono diverse copie pel
mondo , le quali opere aveva lavorato a
olio. Nella Chiesa Cattedrale di Sau Rom-
Fràns Minnerbroes. 2Ì>5
boat nella Cappella de’ Cavalieri era 1’ an-
no 1604. un Cristo deposto di Croce, do*
ve aveva figurata Maria Vergine e la Mad-
} dalena in atto di piagnere sopra i piedi
dei Signore , opere molto lodate dagli ar-
tefici, Nella stessa Cappella aveva dipinte
storie del Vecchio Testamento, che erano
1 appresso ad altre simili fatte per mano
d’ un pittore Tedesco.
Ancora era in essa città un certo
HANS H0GHENBERGH , che in nostro
idioma vuol dire Gìo. Montagna alta , che
morì E armo 1 544. Di sua mano si vedeva
1 |j V entrata di Carlo V. in Bologna di Pian-
'• ij dra.
Ancora un tal FRANS CREBBE , che
noi diremmo Francesco Granchio , di ma-
no del quale era nella Chiesa de* Padri
5 Zoccolanti , pur di Maiines ali’ Aitar mag-
1 j gì ore , un quadro della Passione del Sigoo»
re fatto a tempera eoo suoi sportelli : nel
a | mezzo si vedeva- la Croce , e in esso aveva
dipinti bellissimi ritratti in sulla maniera
» di Quintin de Smets , che è lo stesso che
0 j Quintino Manescalco , de! quale abbia m
parlato a lungo , sotto nome di Quietino
r!ji Messis. Questo Fraas fa persona ricca , e
01 per ordinario seguitò la maniera di Luca
q ! d* Olanda. Segui la sua morte Fanno 1648*
CLAES RQGIER, o vogliamo dire
il s Niccolò Ruggieri fu gran pittore di paesi,
a | Poco dopo vi fu un certo HANS KAYNOT,
chiamato il Sordo, perchè tale era vera*
2 56 DEC- IV. DELLA. Par. I. DEL SEC. IV.
mente. Questi fu piu eccellente del Rug-
gieri j e operò in sulla maniera di Joa-
chim Patanier , benché avesse imparata
Farle da Matteo Cuoco d’ Anversa. Vi son
poi stati altri pittori , de’ quali si farà men-
zione sotto i loro tempi»
i
2§7
JAN MOSTART
PITTORE D’HAERLEM
Fioriva nel 1S40,
Siccome in Italia le città di Firenze,
di Yenezia , e di Roma furono sempre in
gran pregio per gli eccellenti uomini ,
che esse diedero alle nostre arti , così in
Olanda fu sempre in grande stima la città
di Haerlem pe’ molti , che di essa riusci-
rono eccellenti in tali professioni. Fra que-
sti fu Jan Mostart , nobile di quella città,
il quale fino dalla sua fauciullezza , tirato
da una grande inclinazione al disegno , si
pose sotto la disciplina di Jacob di Haer-
lem valente pittore. Aveva Giovanni avu-
to un suo antenato > di cui riteneva il ca-
Baldinucci VoL VH* iy
258 Dec. lY. della Par. I. del Sec. IV.
gnome di Mosi art , il quale egli aveva
acquistato per se coll’ occasione di essersi
trovato coll’ lmperador Federigo, e il Con-
te di Clovis nel tempo eh’ egli andò in
Terra Santa ; perchè nella presa di Dainia-
ten , da altri detta Pelusia in Egitto, mo-
strò sì gran valore nel combatter coll’ ar-
me bianca , che la plebe ignorante per i-
scherzo gli diede il nome di uomo forte
quanto la mostarda , d’ onde poi Mostart.
Checche si sia di questo , verissima cosa
è , che egli per la sua bravura fu dall’ lm-
peradore dichiarato nobile , e gli furon da-
te per arme tre spade in campo rosso, che
fu poi la sua ordinaria insegna , e de’ suoi.
Giovanni dunque, del quale parliamo,
non solamente fu un gran pittore , ma fu
uomo discreto , benigno e manieroso : e
perciò fu amato assai dalla plebe non so-
lo » ma anche dalla nobiltà : e finalmente
fu dichiarato Pittore di Madama Mar-
gherita , la Sorella dell’ Arciduca Filippo ,
primo di questo nome Re di Spagna , e
Padre di Carlo V. Essendo in questo ser-
vizio studiò tanto in farsi ' ben volere da
ognuno, che oltre all’essere stato sempre
da tutti ben visto , giunse a tal segno di
grazia colla padrona sua , che ovunque
eli’ andava, doveva esser sempre ancora
egli» in diciolt’ anni eh’ egli stette in quel-
la Corte, fece molte opere : e perchè era
singolarissimo in far ritratti ai naturale ,
i quali faceva parer vivi , ritrasse molte
Jan Mostàrt. 2Sg
Dame e Cavalieri. Tornatosene poi in Ha-
erlem fu sempre la sua stanza frequentata
da personaggi d’alto affare. In questa cit-
tà in casa un certo Jacopynen erano Fan-
no 1604. alcune tavole, e fra queste una
tavola da Altare con sua predella , dov’ era
rappresentato il Natale di Cristo , opera
assai celebrata da’ professori. In casa di un
suo nipote , figliuolo di un suo figliuolo ,
si vedevano molte cose di sua mano. Ni-
claes Suycker , che è quanto dire in no-
stra lingua Niccolò Zucchero , aveva un
pezzo di quadro d’ un Ecce Uomo grande
quanto il naturale , e più che mezza figu-
ra , dove erano alcuni ritratti fatti al vivo:
e per uno di que’ soldati che teneva lega-
to la persona di Cristo , aveva ritratto un
tal Pier Muys , cioè Pietro Topo , birro
di quella città , che per esser calvo di te-
sta e di brutto aspetto , stimò molto appro-
priato a rappresentare tal figura. Eravi
ancora un quadro di un banchetto degli
Dei : e un paese , che rappresentava F In-
die con molte figure ignude e abitazioni
fatte all’ uso di quelle parti. Questo però
non era interamente finito. Vi era ancora
il ritratto della Contessa Jacoba , e del Sig.
di Borsele suo marito , con abito all’ usan-
za antica. Vi era pur di sua mano il ri-
tratto di se stesso, che fu quasi l’ultima
opera eh’ ei facesse. Erasi egli figurato ignu-
do in atto umile , genuflesso , colle mani
giunte , dalle quali pendeva una corona*
Z60 DEC. IV. DELLA Par. I. DEL SEC. IV.
In lontananza era un paese fatto al natu-
rale , e nell’ aria si vedeva Cristo sedente
in atto di giudicare : da una parte aveva
figurato il demonio , che l’accusava avan-
ti al Tribunale d’ Iddio dair altra parte
aveva fatto vedere uo Angelo in atto di
chieder per lui misericordia. In casa di
Jacob Ravart in Amsterdam era pur di
sua mano una bella figura di Sant’Anna.
Appresso di Floris Lehoterbosch , Consi-
gliere nell’ Haja , luogo della Corte d’ fi-
landa , era un Abramo con Sara > Agar ,
ed Ismaele , di grandezza di più che mez-
za figura con belli abiti , e acconciature
al modo antico. In casa di Jan Claesz ,
Pittore , discepolo di Cornelis Cornelisz ,
tra f altre cose era uo San Cristofano con
un paese assai grande. Nella Corte del Prin-
cipe era un Santo Uberto fatto con gran-
de osservazione del naturale. Assai grandi
e beile opere di Mostart arsero in Haer-
lem insieme colla sua casa iu un gran-
di incendio * che s’ appiccò in quella città.
Fu questo Pittore uomo di giudizio , spi-
ritoso 9 e vaiente neh’ operar suo, tanto-
ché Marte» Hemsckerck , Pittore celebre ,
era solito dire asseverantemente , che Mo-
start aveva superato tutti gli altri maestri
eh* egli aveva conosciuto: e si racconta,
che Jan di Mabuse, pure anch’ egli ottimo
Pittore , il pregasse una volta cV andare ad
aiutargli nell’ opere della Badia di Midel-
burgh ; ma il Mostart per non lasciare il
Jan Mostart. a6f
a- ! servizio di quella gran Dama e Prìnei pes-
te sa , della quale egli anche , secondo alcune
fa scritture, che furon trovate in essa casa *
n» era stato dichiarato Gentiluomo , recuso
te di farlo. Segui la morte di lui fra il i555®
dii e il i S56. essendo egli d'assai buona età»
dii
di
1.1 -
ìi'| '
)• I
'» fi
b I
re I
:,1
a :
I* I-
l‘l
s|
r* ! !
1« ; j -
1,1
i i
)• j
1 1
i* , 1
’i ' j
>!
i
2&2
MICHEL5 ANGIOLO
SCULTORE
Fioriva circa al i54o.
ISfacque questo artefice nelle rparti
della Schiavonia, dove dimorò gran tem-
po, e molto operò. Ven utose n e a Roma,
vi fece alcune cose. Avendo poi Baldassar-
re Pernii, ad instanza del Cardinale Hinc-
forth, fatto il disegno per la sepoltura di
Urbano VI. per la Chiesa di Santa Maria
dell’Anima della Nazione Tedesca, fecelo
eseguire ad esso Michel’ Angiolo , che assai
lodevolmente la condusse.
a6$
ALBEGRAEF
INTAGLIATORE E PITTORE
DI SOEST
Fioriva intorno al i55 o
■4-
jAhldegraef celebre Pittore e Intaglia*
tore si dice che fosse nativo di Vestfalia :
e se pure non ebbe origine in quel luo-
go, almeno vi si trattenne qualche tempo,
dimorando nella citta di Scesi, otto leghe
lontana da Munster. In questa fece molte
opere in pittura per quelle Chiese , e par-
ticolarmente per la Chiesa vecchia , dove
fino all* anno 1604. era una bella tavola
%%4 ^EC* della. Par. I. del Sec IV.
della Natività di Cristo. Molte sue pitture
lodatissime ebbe la città di Norenaburgh ,
e altre di quelle Provincie. Sarà costui
sempre memorabile pe’ bellissimi intagli ,
che uscirono di sua mano : tali sono alcu-
ne storie di Susanna , ed altre di femmi-
ne nude , ed altre d’ Ercole , dodici grandi
carte di Baccanali e simili, dal i53S. al
i55i. Vedesi nelle sue stampe gran varietà
d’arie di teste, e d’abiti in sulla manie-
ra di Luca d’ Olanda. Seguì la morte di
questo artefice nella nominata città di
Soest, dove anche fu al suo corpo data
sepoltura. Non è a nostra notizia il proprio
luogo di essa; ma solamente che ( secondo
quello, che lascio scritto in suo idioma il
Yanmander Pittor Fiammingo ) sopra esso
luogo fu da un suo compagno di Munster
fatta fare una lapida colla lesta e arme
appunto , che Aldegraef era solito impron-
tare nelle sue opere®
265
WILLEM KEY
PITTORE DI BREDA
Discepolo di Trans Floris s fioriva
nel i54©. + i568.
illem Key , cbe in nostro idio«
ma diremo Guglielmo Malto , fioriva in
Anversa l’anno i54©. dei qual tempo si
trova , che entrasse in quella Compagnia
de’ Pittori : e aveva sua abitazione vicino
al luogo detto la Borsa, che è il luogo
de’ Mercanti, Questi nella sua gioventù ap-
prese l’arte dal celebre Pittore Francesco
Floris , e poi si pose appresso Lamberto
Lombardo di Liege, Operò bene al natu-
2^6 DeC. IV. DELLA PàR. I. DEL §EC. IV.
rale, ed ebbe lode in quelle parti di di«ì
pignere con più dolcezza di qualunque al-
tro suo coetaneo , benché non riuscisse
cosi spiritoso , quanto era il Floris. Nel
Palazzo della città d’ Anversa era già uq
quadro di sua mano che gli fu ordinato
dal Tesoriere Christoffel Pruina , dove ave-
va fatti i ritratti grandi quanto il natura-
le de’ Signori della città : e di sopra era
un Cristo con Angeli. Questo quadro l’an-
no 1576. nel tempo che la soldatesca Spa-
gouola diede fuoco al Palazzo, restò preda
di quei grande incendio. Nella Cattedrale
aveva dipinta una storia, dove aveva rap-
presentato Gesù Cristo in atto di chiama-
re a se le sue creature , colle parole Ve-
nite ad me omnes , qui laboratis , etc.
Vedevasi appresso al Signore gran copia
d’artefici d’ogni mestiere, che s’ingegna-
vano d’ accostarsi a lui : e questo quadro
pure ancor esso peri nel tempo delle Ri-
bellioni : ciocché mi persuado seguisse an-
cora ad un’ altra bella tavola , che era pqr
di sua mano in quella Chiesa, dov’era
dipinto il trionfo di Cristo, Fece il ritrat-
to del Cardinale Granvela, e quello an-
cora del Duca àJ Aiva : e occorse , che
mentre egh alla presenza del Duca lo sta-
va lavorando., quantunque e’ non fosse
benissimo esperto io quella lingua , egli
intese un certo discorso , che concludeva
esser già stato determinato eh’ e’ si facesse
morire il Conte di Egmondt, e il Conte
Willem Key 2G7
di Hoorne eoa altri Signori , onde Gugliel-
mo , come quegli che era tenero di cuore*/
e molto amava la nobiltà, e anche come
vollero alcuni per 1’ orrore in che egli eb-
be sempre la faccia del Duca d’ Al va *
§’ atterrì di tal maniera, e tanto $’ accorò *
che infermatosi gravemente appunto lo stes»
so giorno , che furono fatti morire , eh©
fu il dì 5 di Giugno del i568. ancor esso
si morì , benché altri fosse àJ opinione *
che ciò seguisse alcun giorno avanti. Fu
questo artefice dotato di ottime qualità
naturali , onestissimo ne’ costumi e nelle
parole. Tenne sempre l’arte in gran ripu«*
fazione : e perchè gli furono pagate le ope-
re assai , fece anche buone ricchezze. Abi-
tò un magnifico palazzo , e seppe bene ac-
coppiare la prudenza con un discreto ri-
sparmio colla magnanimità di un molto
nobile trattamento della propria persona :
e lasciò di se in ogni conto gioconda ed
onorata memoria.
268
LUCA G A S S E L
PITTORE D’HELMON
Fioriva circa il 1540.
'( :
O sserva il Vanmander Plttor Fiam-
mingo, che i pittori de’ Paesi Bassi fino
al suo tempo si guadagnarono più rinoman-
za in Italia per 1’ mcliuazione , e pel ge-
li io particolare che ebbero non tanto in
far Paesi , che per dipignere figure gran-
di : il che non si può negare , perchè
molti di loro furon fatti operar in Italia,
e furon ricevuti con lode 5 molto più lo-
Luca Gassel® 269
ro r paesi , che loro figure. Un di coloro *
che si portarono molto tempo bene , fu
Luca Gassel d’Helmon, che abitò in Bros-
selles, dove anche morì : e lavorò a olio
e a guazzo , ma poche furono le opere
sue. Fu particolare amico del Lansonio 9
dal quale meritò di esser celebrato con
eruditi versi* Fu il ritratto di questo ar-
tefice intagliato poco avanti al 1600. e da-
to alle stampe fra quelli degli eccellenti
Pittori Fiamminghi , che aveva intagliato
Tommaso Galle,
27©
PIETRO KOECK
PITTORE E ARCHITETTO D’ ALEST
CITTA.* DI FIANDRA
Morto nel i55o.
Fra le molte città della Fiandra,
che si vantano di aver dato al mondo se-
gnalati Pittori , ha anche il suo luogo la
città di Alest per avere avuto per suo
cittadino il celebre uomo' e ingegnoso
Pietro Koeck. Questi apprese tal professione
da Bernardo di Brossel , e riuscì disegna-
tore e pittore molto ardito , tanto a olio 5
i
Pietro Koeck. 271
che a guazzo. Si portò valorosamente in
dipigner cartoni per tappezzerie. Se ne
passò poi in Italia , e nella scuola di Ro-
ma spese qualche tempo , facendo grandi
studj in disegnare e misurare architetture.
Tornatosene poi alla patria , prese moglie*
che presto gli mori. Avvenne che essendo
egli riraaso solo ? un tal Vander Mocien
mercante di Brossel , che mercantava tap-
pezzerie , lo consigliò a lasciarsi condur-
re in Costantinopoli , dove sperava di far
con lui in quelle parti gran guadagni in
simili lavori e mercanzie ; onde egli pas-
sò a quella volta. Quivi il mercante gli
fece dipignere alcune cose per mostrare
al Gran Signore; ma perchè lo’mperadore
de’ Turchi non volle figure umane , nè
d’ animali , gettò via la spesa , il viaggio
e’1 tempo d’ un anno cbe vi si trattenne ,
altro non riportando a casa , che alquan-
to di pratica fatta nella lingua Turchesca.
Nel tempo eh’ ei si trovava colà sfaccen-
dato , perchè non poteva vìvere senz’ alcu-
na cosa fare , si pose a disegnare essa cit-
tà di Costantinopoli con molli luoghi vi-
cini che si videro poi in istampa intaglia-
ti in legno in sette pezzi , dove apparisco-
no rappresentate molte azioni de’ Turchi®
Nel primo , come i) Gran Signore caval-
ca colla sua guardia de* Giannizzeri ed
altri : nel secondo , una festa di maritag-
gio alla Turchesca , e’1 modo di condur-
re e accompagnare la Sposa, con sonato*
2J2> DeC. IV. DELLA PàR. I. DEL SEC. IY.
ri di diversi strumenti , e persone , che
alia loro maniera vanno ballando : nel
terzo , come e’ fanno a seppellire i loro
morti fuori della città : nel quarto , una
festa della Luna nuova : nel quinto , il
modo di lor mangiare a sedere alla men-
sa : nel sesto , il modo di viaggiare : nel
settimo , il loro portamento alla guerra.
In questi intagli si veggiono bellissime
azioni , figure , femmine molto vaghe , be-
ne abbigliate di panni ed acconciature :
e nell’ ultimo pezzo è il ritratto di lui
medesimo in abito di Turco coll’ arco in
mano , e accenna ad uno che gli sta vi-
cino con una lancia lunga a foggia di
bandiera- Dopo tutto questo tornò Fietro
al suo paese , dove prese la seconda mo-
glie, che si chiamò Mayken Verhobst
Berseners. Di questa tale ebbe una figli-
uola , che fu poi moglie del rinomato
Pietro Brughel suo discepolo. In questo
tempo, cioè del i54g. compose alcuni li-
bri d’architettura, di geometria, e di
prospettiva : e comecché egli era dotto e
bene esperto nella lingua Italiana, tradus-
se i libri di Sebastiano Serlio in lingua
Fiamminga , la qual sua bella fatica por-
tò in que’ paesi grande utilità ; perchè
coll’ ajuto di essa restarono corrette poi le
opiaioni e gli errori di coloro , che allo-
ra vi operavano dell" antica e goffa ma-
niera Tedesca : e rimase anche aperta la
Pietro Koeck, 278
strada alla migliore intelligenza de’ cin-
que ordini di Vitrtivio: e v'incominciò
la buona maniera , ponendosi fine ali’ al»
tra ; benché tal miglioramento d* operare
fosse poi in parte corrotto da altre manie-
re , che vi furon portate di Germania »
e da que’ maestri tanto quanto accettate.
Dipinse egli molte tavole e ritraiti : e fu
pittore della Maestà Cesarea di Carlo V.
nella servitù del quale mori nella città
d’ Anversa l’anno i55o. La sua vedova
moglie diede alla luce i suoi libri d’ ari
chirettura Tanno i583. Ebbe un figlinolo
naturale , che si chiamò Paulo Vanaeist *
che fu eccellente nel copiar le opere di
Gio. Mabuse , e dipinse con gran diligen-
za caraffe di fiori. Abitò e morì 111 An-
versa , e la moglie di lui si rimaritò a
Gielis Van Coqìucxìoo Pittor celebre, che
operò di paesi con animali fatti molto al
vivo e in gran copia. Il ritratto di Pietro
Eoeek fu poco avanti al 1600. dato alle
stampe intagliato da Tommaso Galle , e
sotto ad esso si leggono i seguenti
versi :
Piotar eras , nec eras tantum , Petre ,
Piotar, Alostum
Qui facis hao Orbi , notius arte
Luum»
Multa sed accessit multo ars Uhi parta
labore ,
Baldinuccu Voi VII * 18
£74 ^ECc DELLA Par. I. del Sec. IV,
Cujus opus, pulcras aedificare domos .
Serlius liane Jtalos : tu , Serii de in de
bilinguis
InUnpres , Belgas F rancigenasque do -
ces.
27$
GIOVANNI
DETTO
L* OLANDESE
PITTOR D’ AINVERSA
mori nel i54o.
j .
1
(j"io vanni detto V Olandese nacque
in Anversa , e si crede che F opere di
lui cominciassero ad aver nome circa ’1
tòoo. Ne* Paesi Bassi fu stimato singoiar
in dipignere a guazzo e a olio , e parti»
colarmente Paesi, sopra i quali fece gran®
di sludj rilraendoli al naturale. Era
solito starsene presso ad una finestra di
5276 Bec. IV. DELLA Pah. I. DEL SeC* IV,
casa sua , e quivi coloriva cielo e cam-?
pagne. Fu il suo dipignere tanto alla pri-
ma , che bene spesso si valeva per iscuro
o mezza tinta della mestica delle sue tele:
imitato poi dal Brughel , che in alcuni
luoghi dava il colore tanto tenero , che
vi appariva bene spesso il colore della
stessa mestica. Ebbe moglie , la quale
continuamente viaggiava a1 mercati di Bra-
danza e di Fiandra , incettando quadri |
in diverse città , quelli poi rivendendo j
con gran guadagno ; che però il marito
si slava a casa , e godendo dell’ industria
di lei non solo avea gran comodità d’ap*
plicare alle sue pitture , ma anche di pi-
gliarsi i suoi riposi , perchè ebbe pochis-
sima voglia di faligare : e per ordinario,
dipigneva poco. 1 suoi paesi però non
punto cedono in bontà a tutti gli altri
de’ maestri de' suoi tempi : e si trova 9
che fra alcuni ritratti di celebri Pittori
Fiamminghi , che furon dati alle stampe
con intaglio di Tommaso Galle , poco
avanti al 1600. fu dato luogo anche a
quello dell’ Olandese , che mori in Anver*
sa sua patria l’anno i54o. e Domenico
Lainscnio compose sopra di lui i seguen*?
ti versi:
Propria Eelgarum ìaus est bene pun-
gere fura :
Ausonìorum homines piagare , sive
Dea Ss !
Giovanni, S77
Nec mirimi : irt capito Ausonius 3 seti
Belga cerebrum
Non temere ignava fertur habere
marni .
Maini t ergo manus Jani bene fingere
rara
Quam caput 9 due homines , auù male
scire Deos,
UT r .ii?' Z ' Ti ' : ' "
278
MARCO DA SIENA
PITTORE
Discépolo dì Baldassarre Per uzzi 9
fioriva circa al 1540.
«Apprese i principi dell’ arte questa
buon pittore da Mecherino : poi sotto Bai»
dassarre Peruzzi si perfezionò in modo 9
che potè molto operare , e con gran lode
in Siena sua patria e fuori. Esercitò l’ar-
te sua in Roma appresso Pierin del Vaga:
e fra 1’ akre cose , che egli vi condusse
di sua n»auo , furono alcune pitture cel-
la Cappella della Rovere alia Trinità dei
Marco di Siena* 273
Monti ; io compagnia di Pellegrino da
Bologna vi dipinse la volta a fresco p
servendosi de’ cartoni di Daniello da Vol-
terra. Nella Chiesa de’ Santi Apostoli a
mano sinistra dipinse la tavola di San
Giovanni Evangelista. Nell’ Oratorio del
Gonfalone fece di sua mano la grande
istoria della Resurrezione del Signore a
fresco, e due figure, che rappresentano
due Virtù. Xn Araceli è la tavola di Cri-
sto morto nel grembo della Madre. Gii
fu poi dato a dipignere in Sala Regia 9
dove sopra la porta , che va alla Loggia
della Benedizione, fece la storia d’ Ottone
Imperadore , quando restituì alla Chiesa
le proviacie occupate: e nella Sala di
Castello a Sant’ Angiolo assai cose a fre-
sco. Portatosi a Napoli vi fece alcune o-*
pere , fra le quali una bellissima tavola
per la Cappella edificata da Guglielmo
del Riccio in San Giovanni de’ Fiorentini
di essa città di Napoli : e ciò seguì poco
avanti al i566. E perchè egli fu anche
buon pratico in architettura, della quale
scrisse un buon volume , vi ebbe a fare
molte piante di edificj , e nominatamente
la detta Cappella del Riccio , che si ero-
de fabbricata coti suo disegno»
200
GIOVANNI HOOLBEEN
PITTORE DI BASILEA
Nato 1648, 4* i554*
L eccellentissimo Pittore HoclBeen
nacque nel paese degli Svizzeri nella cit-
tà di Basilea nel 1498. ed agli anni del cono-
scimento pervenuto , datosi allo studio del
disegno e della pittura , dopo aver fatto
in essa buon profitto , dipinse nel palazzo
del Senato di quella città e in diverse ca-
se di cittadini molte belle cose , e tra
Giovanne Hoolbeen9 2S1
queste una di bizzarra invenzione , e fa
un Bailo della Morte , dove fece vedere
la medesima in atto di far preda d’uomi-
ni di ogni lignaggio e condizione. Avven-
ne poi , che Giovanni nella stessa città
sua patria * strinse grande amicizia con
Erasmo Roterodamo , il quale conciossia-
cosaché la virtù sua mollo bene conosce-
va , si mostrò desideroso di sollevarlo a
miglior fortuna di quella , che egli allora
in patria si godeva , o poteva sperare. A
questo effetto si fece fare da lui il pro-
prio ritratto, che riuscì tanto bene, quan-
to egli mai avesse potuto volere : dipoi
scrisse a Londra al suo condiscepolo Tom-
maso Moro , acciocché quel grand’ uomo
allora confidentissimo di Enrico Vili. Re
d’ Inghilterra desse notizia di lui e delle
sue virtù allo stesso Re , che molto di
queste arti si dilettava : poi persuase Gio-
vanni a nortarsi colà , assicurandolo che
sotto la protezione del Moro , egli avreb-
be fatto gran fortuna : e perchè ciò più.
facilmente riuscisse , volle eh’ e’ portasse
con esso seco iì nominato ritratto ( il qua-
le Erasmo affermava esser più belio di
quello, che di lui pure aveva fatto poco
avanti Alberto Duro ) e che a Tommaso
Moro per sua parte ed in sua memoria
il donasse. Piacque molto a Giovanni il
consiglio e P occasione non solo in riguar-
do dello sperato avanzamento sotto gli au*
282 Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV*
spicj del Moro , ma anche per levarsi una
volta d’ attorno alla moglie , la quale egli
aveva d* umore cosi perverso , che tenen-
dolo sempre in lite , non mai lo lasciava
aver bene 4 e gli faceva bene spesso ripe-
tere ciò , che scherzando dice Euripide
Greco Poeta , avere la natura dato agli
uomini gran rimedj conira le bestie ; ma
niuno però onde potessero difendersi da
una cattiva consorte. A cagione di questo
adunque pare vagli d’ avere un buon mer-
cato , ogni qualvolta perdendo di vista la
patria , gli fosse venuto fatto lo smarrire
anche la dispettosa sua donna. Quindi è ?
che ben presto partitosi da Basilea , prese
la via per alla volta d’Inghilterra. Arri-
vato a Londra , e portatosi alla casa dei
Moro gli consegnò le lettere di Erasmo y
e con esse il bel ritratto di lui in testimo-
nio della propria virtù. Questo ritratto
piacque tanto a Tommaso , che aggiunto
al concetto eh’ egli aveva formato dei pit-
tore colla sola lettura delle lettere d’ Era-
smo, subito raccolse con segni di gran
cortesia, e gli diede luogo nella propria
casa , dove con assai carezze lo tenne
quasi tre anni , facendogli fare opere di-
verse. Questo però faceva egli con gran
cautela e segretezza , a fine di potersi ar-
ricchire di sue pitture prima che di lui
arrivasse notizia al Re, il quale teneva
per certo , che subito l’ avria tirato ai
proprio servizio. Fecesi fare il proprio ri-
Giovanni Hoolbeen. 283
tratto , e quello ancora di ciascuno de’suoi
più congiunti con molti altri quadri: e final-
mente trovatosi soddisfatto appieno, fece riso-
luzione inuna tal giorno di banchettare il Re,
e con tale occasione dargli notizia del pittore*
Venuto il tempo determinato il Re si por-
tò alla casa del Moro , il quale per pri-
mo trattenimento gli fece vedere tutte le
belle opere di Giovanni. Il Re rimase stu-
pito vedendo rappresentati così al vivo
tanti personaggi da se ben conosciuti ;
tantoché il Moro veduto il gran piacere,
che quella Maestà s’ era preso di quel!»
vista , subito fecegli di tutti i quadri un
bel presente. Domandò allora Enrigo , se
si fosse più potuto trovar quello , che sì bel-
le cose aveva dipinte : a cui rispose il
Moro y che sì ; anziché quello stesso sa-
rebbe pronto a rimanere al servizio della
Maestà Sua , ogni qualvolta ella avesse
ciò comandato : e subito lo fece quivi
comparire. Videlo il Re con gran piacere:
e voltatosi al Moro gli disse : Ora Tom-
maso mio , tenetevi pure le vostre pitture
per voi , perchè a me basta 1* aver trova-
to il maestro: e fatto dare al pittore o-
norato trattenimento ; e vedendo ogni dì
opere più belle dei suo pennello, fecene
da indi innanzi tanta stima, ch'era solito
gloriarsi d’ aver nella sua Corte un simile
artefice 1/ Hoolbeen fece il ritratto di
qufella Maestà 9 e di molti altri , che ve-
4 DEC. IV. DELLA, Par. I. DEL SeC. I?.
dati da’ Cavalieri della Corte, fecero sì $
che non solo ognuno a gara correva a
vedere le sue pitture ; ma ornai d’ altro
non si parlava * che di lui : ed égli intan-
to sbandava tuttavia avanzando nella gra-
zia del Re. Ma perchè rare volte , o non
mai godono gli uomini felicità senza me-
scolanza d’ alcun disturbo ; occorse in qu^i
giorni cosa alF Hoolbeen , che lo pose in
gran pericolo e inr^gran cimento : e fu
questa. Venne un dì alta sua c^Sa un gran
titolato per vedete le opere ^ue ; ma per-»
chè egli allora si trovava occupato in fare
alcun ritratto dal naturale, o altro impe-
dimento aveva , che gli vietava il ricevere
alcuno in quell’ ora , fu sforzato a scusar-
si , e licenziarlo. Questo però fece con
parole di tutta amorevolezza e rispetto ,
pregando quel Signore a venire in altro
tempo; ma per molto che il pittore si scu-
sasse , il Conte non si partiva , anzi voleva
salir la scala quasi per forza , non paren-
dogli , che a cagione di qualsifosse impe-
dimento , la sua persona meritasse tal re-
pulsa da uu pittore. Seguitava l’Hoolbeen
3e sue scuse , ed il Conte le sue violenze:
e andò la cosa tant’ oltre , che parendo
all’ Hoolbeen d’ esser troppo sopraffatto ,
non potendo più contener se stesso gli
diede una gran pinta , con che rovesciollo
per la scala con tanta forza , che il Conte
cadendo indietro , percosse indietro la te-
sta e 1’ altretf parti del corpo , che già si
Giovanni Hoolbeen. 28S
raccomandava a Dio, credendo di subito
morire, i suoi gentiluomini e servitori a-
vendo pure assai da far col Padrone iu
epe! repentino accidente , non si voltaro-
no così presto al pittore ; onde egli in-
tanto serrata bene la porta della sua stan-
za , e a quella appoggiato sedie , sgabelli,
e tavole , tanto sì assicurò per un poco ,
che ebbe tempo a fuggirsi per una fine-
stra dei tetto , e salvarsi dalie mani di lo-
ro. Fu la prima sua faccenda allora allora
portarsi davanti al Re, dal quale benigna-
mente accolto , genuflesso a gran voci lo
pregava a perdonargli , ma non però al-
cuna cosa dtcea di ciò che avesse fatto. Il
Re più volte gli domandò perchè e’ vo-
lesse perdono ; ma il pittore altro non ri-
spondeva , se non che chiedeva perdono.
Allora il Re compassionando alla forza dei
dolore, che quasi il rendea forsennato,
si dichiarò di volergli perdonare, cqù que-
sto però , che dovesse il suo fallo confes*
sare. L* Hoolbeen alquanto sollevato dal
suo timore , con gran sincerità e schiet-
tezza gii raccontò il tutto : il che avendo
Inteso il Re, fu preso da gran dispiacere,
come quegli , che assai compativa la di-
sgrazia di quel Cavaliere , che egli molto
amava : e quasi si pentiva di avere così
disubito al pittore perdonato : pur tutta-
via avvisatolo di non dover mai pili per
1’ avvenire cadere in simili mancanze , lo
mandò in una stanza a parte , fìnch’ egli
286 Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV.
avesse inteso come erano passate le coso
del Conte : il quale essendo già ritornato
in se per avvalorare le sue querele , su-
bito comparve in Corte portato in una
sedia , fasciato in più parti del suo corpo*
e fallosi avanti al Re con una voce lan-
guida, come di chi è vicino a moiire dis-
se Je sue ragioni : e nel dire cercava tut-
tavia d’aggrandire la cosa più di quel
eh’ essa essa era in verità, come quegli
dio nulla sapeva che 1’ Hooìbeen si fos-
se fatto prima di lui sentire dal suo Si-
gnore. Finita poi la sua doglianza, molto
si riscaldò in domandare , che al pittore
fosse data la pena conveniente al suo de-
litto. Ma il Re, che già aveva inteso il
fatto giusto , avendo conosciuto F artitizio
del Conte , e qualmente egli parlava con
poca sincerità e a vendetta : e come que-
gli , che anche molto amava 1’ Hoolbeen ,
con cui si trovava impegnato al perdono „
andava mitigando la passione del Conte
al più che e’ poteva ; donde avvenne, che
non parendo al Cavaliere d’ averne il suo
conto , vinto dallo sdegno ardì di dire al
Re , che avrebbe egli trovato modo di ga-
stigarlo da se stesso. Questa fu per lui
una mala parola , perchè il Re giustamen-
te irato gii disse : Orsù , adesso voi non
avete a fare più col pittore, ma colla stes-
sa persona del Re , e minacciollo forte ;
soggi ugnendogìi , eh" e’ non dovesse crede-
re, che quel virtuoso fosse appresso dei-
Giovanni Hoolbeen. 287
la persona sua io quel poco conio eh’ ei
si pensava ; perchè poteva bene il Re di
sette contadini far sette Conti , ma non
già di sette Conti fare un pittore così ec-
cellente quale era l’ Hoolbeen. Questa ri-
sposta fu al Conte di gran confusione e
timore: e perchè temeva fortemente che
il Re non si vendicasse delle parole pro-
nunziate in sua presenza ^ lasciato da par-
te il iivor e l’affetto di vendetta, si mi-
se a chieder per se la grazia della vita ,
promettendo di tutto fare che gli fosse
stato comandato. Allora il Re gli coman-
dò espressamente , che non mai per al-
eno tempo dovesse essere ardito di fare
ingiuria al pittore , nè da se , nè per
mezzo d’altri, altramente si aspettasse
quella pena che egli avrebbe avuto , of-
fendendo la stessa persona sua : e con
torbida faccia se lo tolse da vauti. Tanto è
vero , che non si debhon le proprie cau-
se ancorché giuste portar davanti a’ Gran-
di senza la dovuta lealtà, nè con tanto
calore, che scorra oltre a’ li miti di un
ossequioso rispetto. Seguitò poi 1* Hoolbeen
a fare bellissime opere per Sua Maestà ,
tra le quali fu il ritratto della medesima
quanto il naturale : il qual ritratto del-
F anno 1604. si conservava nel Reai Pa-
lazzo detto Withaì. Fecegli ancora i ri-
tratti de’ tre giovanetti figliuoli Edoardo ,
Maria , ed Elisabetta , che pure nel so-
praccitato tempo si conservavano in quel
s83 Dec. IV. della. Par. I, del Sec. IV,
Palazzo. Àncora colorì ritratti d’ uomini
e donne illustri di quella città. Per la
Compagnia , o vogliali! dire Arte de’ Ce-
rusici , dipinse un be! quadro , in cui fi-
gurò il Superiore di queir adunanza in
atto di ricevere i Privilegi del Re : Vede-
vasi Enrico Vili, iix figura maggiore del
naturale assiso in trono : e da’ lati stava-
no coloro , pe’ quali si davano i Privilegi
in atto reverente e genuflessi , mentre il
Re quelli loro porgeva ; ben è vero che
fu opinione , che questo quadro alla mor-
te dell’ Hoolbeen rimaso imperfetto , fosse
stato finito da altro pittore , ma però del-
la stessa maniera appunto. In più case di
cittadini si vedevano ne’ medesimi tempi
maravigliosi ritratti , e in tanto numero ,
che pareva impossibile che un solo uomo
in così breve corso di vita 9 avesse potuto
operar tanto ; massimamente perchè egli
ebbe una maniera finita al possibile , e
con imitazione del naturale , essendo sla^
to solilo di condurre le sue figure con
carnagioni tanto vere e eoa lai rilievo e
spirito , che i suoi ritratti pajono vivi *
benché nel panneggiare fosse alquanto sec»
co , è tenesse assai della maniera d’Alber-
to Duro. In oh re , perchè Giovanni aveva
abilità in ogni cosa deli’ arte , lece molti
disegni per altri pittori, intagliatori in ra-
me e in legno , e per gli orefici. Colorì a
guazzo, e fece anche molte miniature, e
tanto in queste , quanto nelle pitture e
j
!
3ti I
e
l,|
ÌC-
SI’*
iva ì
liti j!
:a-
i a
e e
Giovanni HoolbeeN. 289
ne* disegni fece sempre spiccare una ma-
r^vigliosa diligenza. Aveva egli imparata
F arte dei miniare in Londra da un certo
Luca , maestro molto nominato , che sta-
va appresso al Re : il qual Luca era però
in disegno assai inferiore all* Hoolbeen.
Dipinse ancora due gran quadri a guaz-
zo , che purè dei iBo^ si conservavano
in Londra in una casa chiamata deìl’Orien-
te. Nel primo figurò il trionfo delle Ric-
chezze , e nell’altro lo stato della Povertà. La
Ricchezza figurata a somiglianza di Fiuto-
ne in forma d’ un uomo vecchio calvo #
maestosamente sedente sopra un carro
trionfale, ricco di varj ornamenti, e tut-
to coperto d’ oro : il Vecchio piegando il
dorso , pigliava con una mano monete
d* oro e d’ argento da uno scrigno , e col-
l’altra mano mostrava gettarne in gran
copia. Dall’ uno e dall’altro lato di sua per-
sona ha la Fortuna e la Fama , e gran
sacchi di moneta ingombrano gli spazj
del carro : dietro al quale corrono molte
persone , che azzuffandosi confusamente
insieme , cercano di far preda del gettato
denaro. Dall’ una e dalPaltra parte del
carro stanno Mida e Creso , ed altri ric-
chissimi Re dell’ antichità : ed è tirato da
quattro bianchi cavalli guidali da quattro
femmine ignudo, significanti quattro Dei-
tà appropriate all’ invenzione. I panni del-
le figure son tutti arricchiti con oro*
Baldinucci Voi. VII . 19
2Q0 DéC. IV. DELLA PàR.I. DEL SEC. IV.
Nell’ altro quadro della Povertà si vede la
medesima in figura d’ una femmina este-
nuata e macilente, in atto di sedere sopra
un monte di paglia elevato sopra un car-
ro vecchio» e sdrucito. Fa ombra a questa
^figura una capannuccia pure di paglia , au-^
tica , e in più luoghi logora e traforata.
Siede la Povertà malinconica e pensosa ,
con veste sdrucita e rappezzata: e titano
il suo carro un cavai magro , ed un giu-
mento , a ’ quali camminano avanti un uo-
mo ed una donna , aneli* essi pallidi e
smunti , e con facce meste stringon forte
le mani , come chi deplorando le proprie
necessità, chiede misericordia e soccorso.
L* uomo ha una verga ed un martello
per significare ì gravi e varj colpi con che
il mendico è percosso dalla povertà. Da-
vanti al carro siede la Speranza , la quale
con affetto divoto fissa gli occhi nel ciclo:
ed in quest* opera fece altre belle inven-
zioni molto espressive del concetto, e ben co-
lorite; tantoché trovandosi in Inghilterra cir-
ca fanno 1574. Federigo Zuccheri, disegnò
1* uno e 1* altro quadro con penna ed acque-
relli , lodandogli a gran segno : e poi es-
sendo lo stesso Federigo in Roma a conver-
sare col Goltzio nella propria casa di lui
parlando delle cose dell’ arte , e di questo
pittore , ebbe a dire , che le pitture di
quest’ uomo non invidiavano quelle dello
stesso Raffaello: e se ciò non vogliamo
credere per quello che ne lasciò scritto il
a 1
a|
i
a
li !
a,
■):|
1°
b
>
fiì
te ||
io. j
il
la- j
ile
lo: I
o* |
co-
:ir*
m
uè-
es-l
ier-
lui] |
ìsto |
4
elio |
imo jl
»in
Giovanni Hoolbeen ^gt
Yanmander nel suo idioma Fiammingo ,
possiamo valerci del testimonio di molte
pitture, che si trovano per F Italia di $ua
mano , ma particolarmente del maravigiio-
so ritratto , che si conserva nella Rea! Gal-
leria del Serenissimo Granduca, nella stan-
za chiamata la Tribuna , dove in un qua-
dro di circa uu braccio è una figura in
tavola ,, che rappresenta un uomo con bar-
ba rasa , con una berretta nera in capo, in
fronte alla quale è una borchia d* oro ,
con una gemma o cammeo, il tutto in cam-
po verde ; la figura guarda verso la parte
sinistra. Ha tra la gola e la guancia de»
stra due margini, che par di persona, che
abbia patito di scrofole : è vestita di veste
nera alla nobile con maniche di raso nero:
e le mani poste sopra F una F altra posa-
no sopra checchessia o tavola o altro : ha
in un dito un anello , e al cobo una cate-
na d’ oro, Nel mezzo al verde campo , di
qua e di là dalla testa , si leggono le se-
guenti parole :
X.° IVL1I ANNO ETAT1S SVJE
H YIII. XXVIII. ANN. XXXIil
L’ornamento è intagliato e dorato , e dalle
bande sono due cartelline d’ argento sodo ?
nella prima a man destra sono intagliate
queste parole :
Effìgie s Domini Ricardi Southvvelli equi*
292 Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV.
tis aurati Consiliariì privali Hertrici VllL
Regìs Angliae .
Nella seconda a man sinistra :
Opus celeberrimi artificis Johannis Holbieni
Pictoris Regis Henrici Vili ,
Nella parte di sopra è l’ arme del Grandu-
ca Cosimo li. pure d’ argento sodo , con
iscrizione Cosmus IL Magri. Duco Etruriae
1111. ed in quella di sotto un’ altr’ arme
coronata , che è quella del Regno , che ha
d' intorno secondo il costume le seguenti
parole (Motto Francese dell’Ordine della
Legaccia , ovvero Giartiera)
Homi soit qui mal y pense 1621.
Nella stessa Galleria ( a ) è un ritratto di
(#) Questo Ritratto ,, compagno ap-
punto in grandezza all’ altro del Southv-
vel , rappresenta Martino Lutero , con ber-
retta Dottorale in testa e vesta da Frate Agosti-
niano senza Cocolla , e sta nella medesima
Tribuna. Un altro di donna ve. n’ è nella
stessa Camera con panno bianco in testa
alla maniera delle donne Olandesi , un po-
co minore de’ suddetti , e in questo più che
negli altri due si osserva verissimo quanto
il Raldinuccì avea scritto poco innanzi :
i
Ir
Giovanni Hoolbeen. 2g3
mezza figura , di grandezza di più che mez-
zo naturale , che rappresenta un uomo gras-
so , con barba rasa , e berretta nera in
capo , vestito di nero con mani soprappo-
ste > e nella mano di sotto tiene un foglio
avvolto. Questo pure, per quanto ne mo-
stra la maniera , si riconosce per opera
dell’ Hoolbeen. Yide ancora lo Zuccheri
con sua molta ammirazione in Londra un
ritratto grande quanto il naturale d’ una
Contessa ( e questo era in casa di Milord
Penbroicth ) del quale disse per testimonio
del Yanmander, non aver veduto altret-
tanto in Roma. Era in que' tempi in Lon-
dra un certo uomo chiamato Andrea , il
quale comprò tante deli’ opere di Giovan-
ni , quante mai ne potè avere : e fra’ mol-
ti ritratti uno ne aveva quanto il natura-
le fatto al vivo dalla persona di un tal
maestro Niccolò Tedesco , che per trentan-
ni era stato in Inghilterra Astronomo del
Re, appresso al qual ritratto aveva l’Ho-
olbeen rappresentati tutti gli strumenti d’ A-
eli egli ebbe una maniera finita al possi-
bile , e condusse le carnagioni tanto ve-
re , e con tal rilievo e spirito > che i suoi
ritratti pajono veri , e vi si osserva meno
seccaggine che negli altri ^ ma più di tut*>
ti è maraviglioso il Ritratto di se medesi-
mo posto nella celebre Raccolta de’ Ritrai*
ti de’ Pittori dipintisi da loro medesimi *
sg4 Dec« della Par. I del Sec. IV.
stronomia* Questo Niccolò, come si raccon-
ta, fu uomo piacevole; onde era sovente
ammesso a discorso familiare collo stesso
Re : e una volta interrogato dal medesimo
per qual cagione essendo stato trentanni
in Inghilterra , non avesse ancora appena
imparato i principi della lingua ; rispose :
E quanto mai pare a Vostra Maestà , che
si possa imparare in trentanni in una
lingua di questa so* ta ? a Lei par forse
poco , a me par pure assai. Era anche
fra gli altri ritratti appresso Àudrea di
Leo , quello del vecchio Milord Crawel ,
di grandezza d’ un piede e mezzo, quello
d* Erasmo di Roterdam , e quello del Ve-
scovo di Contai beri : una gran tela aguaz-
zos dove io bella ordinanza eran ritratti in
atto di sedere , e grandi quanto il natura-
le , il famosissimo Tommaso Moro colla
moglie e figliuoli, che fu la prima opera
eh’ e’ facesse in Inghilterra per metter se
stesso in reputazione; e quella soleva egli
chiamare i) suo pezzo d’ onore , cosa per
certo degnissima da vedersi , perchè T Ho-
fatto di matita rossa e nera, con vesta
turchina in campo giallo , e tutto acque-
rellato , e inscrizione JOANNES HOLPE-
mVS BASIL/EENSIS SVI 1PSIVS EFFI-
GlATOR A. XHV. onde non saprebbesi
indovinare con qual motivo V Autore 1»
chiami HOOLBEEN.*
:!
|J
j
Giovanni Hoolbeen* 2q5
olbeen in questo quadro dimostrò Y ultimo
del valor suo. Pervenne poi questa bell’ o-
pera > dopo la morte d’ Andrea di Loo, in
mano di un Cavaliere, nipote dello stesso
Tommaso Moro. Un altro stupendo ritrat-
to di Tommaso Moro aveva fatto Giovan-
ni Hoolbeen , a cui era già stato dato luo-
go nella Galleria di Enrigo Vili, nella stan-
za ove si conservavano i ritratti de’ più ce-
lebri uomini antichi e moderni. Questa sta*
penda pittura adocchiata dalla scellerata An-
na Bolena , lo stesso dì che era seguita la
morte di Tommaso la fece prorompere in
sì fatte parole : Girne , che pare , che an-
cor viva costui su quella tavola. Quindi
fattala toglier di luogo colle proprie mani
la gettò dalle alte finestre del Palazzo : e
fu attribuita ad opera della Divina Prov-
videnza , che quella degna immagine , tut-
toché alquanto maltrattata dal colpo im-
petuoso , si conservasse , finché portata a
Roma ebbe luogo nel Palazzo de’ Crescere
zj , ove fino al presente tempo si conser-
va. Il ritratto del Vescovo di Conturberì ,
il più bello al parere degli artefici , che
mai facesse Giovanni, ebbelo un Gentiluo-
mo chiamato maestro Coop , che abitava
fuori di Londra. In Amsterdam era 1’ anno
1604. un ritratto d’ una Regina d’ Inghil-
terra , con un bel panno d’ argento. Ave-
va anche Giovanni colorito due ritratti di
se stesso con acquerello in piccoli tondi >
i quali aveva finiti maravigliosamente ; fi
zq6 Dec. IV. della Par. I. del Séc. IV.
primo aveva ua tale Jacopo Razzet : il Se»
conrio ua certo Burtolommeo Ferreris. ¥a
attorno di questo maestro una bella stam-
pa di venti figure , rappresentatovi il Bal-
lo della Morte come sopra abbia m detto,
dove fanno un bellissimo vedere le persone
di di versi Pontefici , Cardinali» e altri gran
personaggi nel cadere che fanno finalmen-
te in potere di lei È anche un libretto di
stampe in legno con istorie della Sacra Bib-
bia d’ assai buoaa invenzione. Avendo final-
mente Giovanni ornato colla sua bell’arte
quelle provincie e’1 mondo; arrivato all’e-
tà di cinquantasei anni , tocco da male
contagioso se ne morì Tanno i554. Fu
l’Hoolbeen pratìchissimo nel disegno» gran-
de imitatore delle cose naturali , e come
altra volta si è detto colorì le sue figure
a maraviglia ; ma quello che si rende più
considerabile si è f eh’ egli era mancino ,
è a far V opere sue non mai si servì , se
non della sinistra mano : cosa » che dopo
gli antichissimi tempi qualchedun’ altra vol-
ta ma ben di rado si è veduta.
297
DOMENICO RICCIO
DETTO IL
BRUSASORCI
PITTORE VERONESE
Discepolo del Carotto 9 nato i4g4.+i56y.
Cjirca a questi tempi fiorì Domeni-
co Riccio pittore Veronese. Fu il padre
suo professore d’intaglio in legname: e per-
chè egli fu inventore di quell’ ordingo ,
che noi diciamo Trappola dì legno , con
cui vivi si prendono i topi , fu cognomina»
to il Brusasorci. Volle costui , che Dome»
mico ne' primi anni suoi attendesse al prò-
298 Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV.
prio mestiere d’ intagliare legname ; ma
scortolo poi molto inclinato alia pittura ,
lo pose ad imparare tal arte dal Garotto,
col quale essendosi egli molto approfittato,
si risolvè di portarsi a Venezia , dove stu-
diò di tal proposito 1’ opere de’ gran mae-
stri che potè far rj torno alla patria in
istato di buon pittore. Quivi ebbe a dipi-
guere nel Palazzo der Murari una storia
delle Nozze dei Beoaco > detto il Lago di
Garda , con Oaride Ninfa * figurata per
Garda * onde trae origine il Mincio * de-
scritta da Catullo , che fu di quella pa-
tria : la quale opera ( scherzando sopra i
pensieri del Poeta ) arricchì ed accompa-
gnò con vaghe invenzioni. Fece dada par-
te della pubblica via un fregio di serpi e
d’altri animali avviticchiati insieme fra di
loro in atto di combattere : e questa par-
te ancora adornò con vaghe rappresenta-
zioni di favole. Dalle parli laterali fece ve-
dere un intreccio d’uomini e di donne* e
i Centauri in atto di rapirle ; cose tutte *
che aggiunte alla bell’ opera del trionfo di
Pompeo , che egli colorì nella Sala della
stessa casa , partorirono a Domenico non
ordinaria fama e credito. Dice il Gavalier
Ridolfi , che rimaneva a dar fine alla par-
te del fianco della casa stessa verso la stra-
da ; ma quella fu poi dall’ India vecchio
dipìnta ; perchè avendo Domenico operato
di vantaggio dell’ accordo, nè traendo da
quell’ avaro mercante piccolo segno di gra-
Domenico Biccio. 399
illudine, ai)2Ì durando egli non poca fati-
ca a cavargli di mano la somma pattuita
di quaranta ducati, non volle in modo al-
cuno proseguire il lavoro ? anzi voleva al
tutto cassar ciò che già aveva operato ; ma
si ritenne poscia , persuaso dagli amici a
non privare il mondo di opera sì bella.
Passatosene a Mantova dipinse al Cavaliere
Ercole Gouzaga per lo Duomo la tavola di
Santa Margherita a concorrenza d’ opere
di Paolo Caliari , del Farinato , e di Batti-
sta del Moro: ed una ne fece per la Chie-
sa del Castello , ove fece vedere la Decol-
lazione di San Giovambattista. In Verona
poi dipinse nel Palazzo di Pellegrino Bidel-
li nella Sala la Cavalcata di Clemente VIT»
con Carlo V. per la città di ^Bologna, col-
le naturali effigie di questi , e d’ altri
personaggi di quei tempi. Dipinse più fac-
ciate di case , e più tavole e quadri colori
per diverse chiese e private persone : e fi-
nalmente all’ età pervenuto di settantatrè
anni nel 1667. finì la sua vita.
3o Q
JACOPO BAROZZI
DA VIGNOLA ARCHITETTO
E PROSPETTIVO
DETTO IL
VIGNUOLA
Nato 1507.+ i5y3.
In questi tempi fu pienissimo , per
così dire, il mondo tutto dell* ottima fa-
ma del celebre prospettivo e architetto Ja-
copo Barozzi da Vignola , terra nobile del
Milanese. Questi non solo per 1’ opere sue
egregie eh’ ei condusse iu ciò che all’ ar-
chitettura appartiene ; ma eziandio per li
suoi dottissimi scritti di simili facultadi ;
meritò non solo che il tanto celebre Ma-
tematico Egnazio Danti , Religioso dell’ Or-
dine de’ Predicatori , eletto Vescovo d’ Aia-
tri , dopo la morte di lui volgesse ogni
applicazione , non pure a pubblicare colle
stampe e a proprie spese i suoi Trattati, con
Jacopo Tarozzi. 3or
impiegare il proprio intelletto in ridurgli
aoche più godibili , coil’ aggiunta di chia-
rissime dimostrazioni; ma eziandio eh’ egli
medesimo obbligasse la propria penna a
distendere una esattissima Narrazione della
vita , dell’ opere , e deli’ altre singolarissi-
me qualitadi o doti , che 1’ animo di lui
adornarono. Dovendo io adunque in que-
sto luogo far menzione d’ un uomo sì ce-
lebre sono andato fra me stesso pensando
s’ io dovessi contentarmi di compendiare
quanto dallo stesso Frat’Egnazio fu scritto,
il tutto riducendo al mio 6olito periodo
qualunque esso si sia o oscuro , o melen-
so. Ma considerando da una parte non es-
ser giusta cosa il privare o punto o poco
la posterità della notizia di tante e assai
nobili doti di sì gran virtuoso : e dall’ al-
tra riflettendo alla dignità del soggetto »
che esse notizie scrisse e pubblicò ; mi son
risoluto a far cosa , che io non mai , ©
rarissime volte feci nel descrivere i fatti
di molti celebri uomini : mi son risoluto ,
dico, di copiare distintamente di parola in
parola, quanto Io stesso Danti nel i58d.
dieci anni appunto dopo ta morte dei Ba-
rozzi scrìsse e pubblicò a principio dell’o-
pera , che intitolò Le due Regole della
Prospettiva Pratica di Mess. Jacomo Ba-
rozzi da tignola con i Commentar j del
Pi. P. M. Egnazio Danti dell’ Ordine
de Predicatori , Matematico dello studio
di Bologna .
Dice egli dunque così*
302 DeC. IV» DELLA PàR. I. DEL SEC. IV.
Coloro che sono ascesi a quei gradi
d' eccellenza , che la scala degli onori di
questo mondo s* ha in ogni maniera di vir-
tù e di scienza prescritti per supremi ,
quasi sempre vi sono stati guidati dalla
Natura per asprissime e faticosissime stra-
de. E questo fa ella per avventura 9 per
mostrare a quegli che son nati negli agi
e narriti nelle delizie , che altri , che la
virtù non ha parte alcuna di sublimare
altrui a così fatti gradii e che difficilissimo 9
e quasi impossibile sia il poterci altramente
arrivare » Di che se ne sono in ogni tempo
veduti infiniti esempi 9 tra i quali al pre-
sente è rarissimo questo del Baro zzi ; im-
perciocché avendosi ella proposto di su-
blimarlo ne primi gradi delV eccellenza
della nobilissima Arte deit Architettura e
delta Prospettiva » ridusse Clemente suo
padre a sì estrema necessità 9 che gli con-
venne per le discordie civili abbandonare
Milano sua patria , dove egli era nato di
sì nobile famiglia , ed eleggere per sua stan-
za V ignota , Terra , che per essere capo
del Marchesato , è però convenevolmente
nobile e di civili abitatori ripiena . Dove
nel i5o7, il dì primo d‘ Ottobre , gli na-
cque Jacomo suo primo figliuolo , di ma-
dre Tedesca , figliuola di un principal
condottiero di fanterie. E perchè in quello
esilio della patria non pareva che potesse
aver luogo tanta felicità , che Clemente lo
Jacopo Bàrozsi* 3o3
vedesse indirizzato come desiderava ; ap-
pena vide gU anni delti infanzia di luì ,
che passò di questa a miglior vita* Ri -
maso Jacomo senza padre , e fuor delia
patria , avendo in quella tenera età l' àni-
mo ardentissimo alla virtù , si trasferì su-
bito a Bologna , per attendere alla pittura »
Ma accorgendosi poi di non fare in essa
molto profitto , così per non avere quella
buona istituzione , che a così difficile arte
fa di mestiere : come anco per aver occu-
pato quasi tutto il tempo nel disegno delle
linee 9 dove maggiormente si sentiva incli-
nato , si voltò quasi del tutto agli studj
dell ’ Architettura e della Prospettiva : nella
quale senza veruno indirizzo riuscì da se
stesso di tanta eccellenza , che con la vi-
vacità de II ingegno suo ritrovò queste beh
lissime e facilissime regole , che ora ven-
gono in luce , colle quali si può con mol-
ta facilità 9 e con usarvi pochissima o nien-
te di pratica 9 ridurre in disegno qualsivo-
glia diffidi cosa : invenzione nel vero de-
gna dell ingegno suo 9 ed alla quale nes-
suno arrivò mai nel pensiero prima di lui .
Avendosi dunque in quest ’ arte acquistato
nome dì valenti uomo 9 ebbe occasione in
Bologna di mostrare il valor suo , e di
farvi molte cose dì pregio : tra le quali
furono grandemente stimati i disegni , che
fece per Mess . Francesco Guicciardini , il
quale essendo allora Governatore di quella
3o4 Oec. TV. della Par.1. del §ec. IV.
città 9 gli mandò a Firenze per fargli la*
V orare di tarsia da eccellenti maestri . E
sapendo il Barozzi 5 che non bastava il
leggere solamente quei precetti che lasciò
scritti Vi travio Poliione intorno all' Archi-
tettura ; ma che oltre a ciò , bisognava
vederli osservati in atto nelle vive reliquie
degli antichi edifici ; si trasferì a Roma ,
come in luogo particolarmente per quali •
tà e numero di essi chiarissimo e famosis-
simo Ma perchè bisognava pure procura-
re intanto il vivere per se e per la fami-
glia ; esercitava talvolta la pittura 9 non
levando però mai 1' animo dalli osserva-
zioni dell' anticaglie. In quel mentre es-
sendo stata instituita da molti nobili spi-
riti un Accademia d' Architettura % della
quale erano principali il Signor Marcello
Cervini 9 che poi fu Papa y Monsignor
Maffei 9 ed il Signor Alessandro Man -
zvoli ; lasciò di nuovo la pittura9 ed ogni
altra cosa : e rivolgendosi in tutto a quel-
la nobile esercitazione , misurò e ritrasse
per servizio di quei Signori tutte l* anti-
chità di Roma : donde si partì T anno
i537* essendo stato condotto in Francia
dall ' Abate Primaticcio , eccellentissimo
Pittor Bolognese , ai servizj del Re Fran-
cesco I, il qual volendo fare un palazzo
e luogo di delizie di tal eccellenza , che
agguagliasse la grandezza del generoso
animo suo , e di superare con quella f àb-
brica tutti gli altri edificj 9 che per V ad-
„
Jacopo Barozzi» &oS
I "dietro fossero stati fatti da qualsivoglia
Principe del mondo . Volle cìì egli gli fa «
cesse i disegni e modelli di essa , i quali
poi non furono del tutto messi in esecu-
zione per cagione delle guerre piu che
■ civili , che furono in què ' tempi nella mi -
sera Cristianità. Contuttociò fece a quel
Re molti altri disegni di fabbriche , che
furono messi in opera , e particolarmente
i disegni e cartoni di prospettiva , dove
{iridavano istorie del Primaticcio 5 che nel
Palazzo di Fontanablò furono dipinti ;
facendo nel medesimo tempo gettare di
| metallo molte statue antiche , le quali eraf
no state formate in Roma 5 la pili parte
d'ordine suo. Ma non avendo potuto ef-
fettuare il tutto compiutamente , per es-
sere stato costretto quel Re a rivolger
f animo a cose maggiori 9 se ne ritornò
a Bologna , chiamato e pregato strettamen-
te dal Conte Filippo de' Peppoli , Presiden-
te di San Petronio per farlo attendere a
quella fabbrica , intorno ai disegni della
quale si occupò fino aV anno i55o. non
avendo quasi potuto farvi altro per le
molte competenze che si trovò di persone ,
le quali non sapevano cercar fama 9 se
non con opporsi , affinchè V opera non
camminasse avanti : vizio naturale di al-
cuni , che conoscendo l' imperfezione loro ,
non possono vedere > se non con gli occhi
pregni d' invìdia , arrivar altri dove essi
possono solamente col temerario ardir lo-
Baldinucci Voi . VIL 20
So 6 Dec. 1 Y. della Par. I. del Sec. 1Y.
to avvicinarsi ; ma non paté però operai*
tanto questa sciocca emulazione , che fi-
nalmente non si conoscesse il valor suo „
e r altrui malignità . Perciocché essendo
stati chiamati Giulio Romano nobilissimo
Pittore e Architetto , e Cristofano Lom -
bardi , Architetto del Duomo di Milano
a dar giudici o sopra quei disegni : veda*
Lìti e consideratili maturamente , approva *
rono quei del V ignola con pubblica scrit-
tura , per eccellentissimi sopra tutti gli ;
altri . 7/2 quel medesimo tempo , oltre a
molò ' altre cose , fece un Palazzo a Mi -
nerbro pel Conte Alamanno Isolano con
ordine e disegno molto notabile e mora - j
tiglioso. Fece la casa del Boccino ,
guitando f umore del padrone di essa :
e condusse con in c re di bil fafi ca il Canale
del Favillo dentro Bologna , dove prima
non arrivava se non tre miglia appresso 3
Creato poi Giulio 111 . se ne venne a Ro-
ma , dove era stato chiamato da quel Pori*
tefice , col quale aveva tenuto servitù „
mentre era stato Legato in Bologna : e
per ordine di esso tirò avanti , oltre al-
l' altre fabbriche , quella del Palazzo del-
la sua Vigna fuor della Porta del Popo-
lo ; la quale finita poi insieme colla Vita
del Pontefice , si ritirò a servigi del Car-
dinale Farnese , pel quale , sebbene fece»
malte cose , la principale nondimeno fu
il Palazzo di Copranola , accomodato co-
bene al sito s che di fuori è di ferma
Jacopo Bàrozzx. Soy
pentagono. , di dentro il Cortile e le Log -
gie sono circolari , e le stanze riescono
tutte quadrate con bellissima proporzione ,
e talmente spartite , che per le comodità
che negli angoli sono cavate , non dì sia
alcuna particella oziosa : e quel che è mi «
labile , le stanze de padroni sono talmen-
te poste , che non veggiono officina nes-
suna , nè esercizio sordido : il che ha fat-
to ammirarlo da chiunque V ha veduto
pel piu artificioso e più compitamente or-
nato e comodo Palazzo dei mondo : ed
ha con desiderio tirato a vedere le ma-
raviglie sue da lontane parti , uomini mol-
to giudiciosi come fu per esempio Monsi-
gnor Daniel Barbaro , persona molto e-
squisita nelle cose deir architettura 5 il qua-
le mosso dalla gran fama di questo Pa-
lazzo , per non se ne andare preso alle
grida , venne apposta a vederlo : e aven-
dolo considerato a parte a parte , e inteso
minutamente dallo stesso Pignola t ordi-
ne di tutti ì membri di sì compita mac-
china , disse queste parole : Non miuuit ,
immo magaopere auxit praesentia famaca;
e giudicò in quel genere e in quei sito
non potersi fare cosa più compita . E nel
vero questa fabbrica più di tutte l* altre
opere sue s 11 ha fatto conoscere per quel
raro ingegno , che egli era , avendo in es •
sa sparsi gli antichissimi capricci , e mo-
strando par Ocularmente la grazia del T ar-
te in una scala a lumaca molto grande >
2o8 Dec. IV. della. Par. I. del Sec. IV.
la quale girandosi sulle colonne Doriche,
col parapetto e balaustri colla sua cornice %
che gira con tanta grazia e tanto unita-
mente , che par di getto , e vìen con mol-
ta grazia condotta fino alla sommità : e
in simigliante maniera son fiatti anco con
grand ’ arte e maestria gli archi della log-
gia circolari « Nè contentandosi il Baro zzi
cV essersi immortalato colla stupenda ar-
chitettura di quella fabbrica , colle anco
mostrare in essa qualche saggio delle sue
fatiche di prospettiva , tra le belle pitture
di Taddeo e Federigo Zuccari ; onde a-
vendo fatto i disegni di tutto quello , che
in simil materia occorrer avi , colorì molte
cose di sua mano : tra le quali se ne veg-
gi cno alcune molto difficili , e di lungo
tempo a farsi assegnatamente con regola 5
non vi mettendo punto di pratica , come
sono le quattro colonne Corintie de can-
toni d' una sala , talmente fatte, che in-
gannano la vista di chiunque le mira : e
il maravigliato, sfondato della camera ton-
deì. Fece oltre a ciò pel detto Cardinale
la pianta e il graziosissimo disegno della
facciata della Chiesa del Gesù alla Piaz •
za degli Altieri , che oggi si vede stam-
pata, Egli cominciò a piantare in P iacea*
za un Palazzo tale e di sì nobil mole ,
che io che ho veduto i disegni e V opera
cominciata 3 posso affermare di non aver
veduto mai in simil genere, cosa di mag-
giore splendore , per averla in guisa or*
Jacopo Baro %tl So q
dìnata , che le tre Corti t del Duca , di
Madama , e del Principe , ('i potessero
abitare agiatamente càn ogni sorte di
decoro e d' apparato regio . Lasciò per
tion so che anni a guida di questa Jab«
hrica , Iacinto Suo figliuolo , dandogli i
disegni talmente compiti con ogni partico-
lare , che potevano bastare per condurre
sicuramente l ’ opera alt ultima perfezione •
£ questo fece egli per /’ amore eli e' por-
tava air arte , zio/z perchè non cono -
scesse Jacinto suo figliuolo attissimo a
supplire a molle còse da per se stesso ;
che egli volle porre in carta , non perdo*
riandò a fatica alcuna ih modo , che a-
v ariti che si partisse non operasse di sua
mano tutto quello che era possibile di
fare . Aveva poco prima fatto in Perugia
una molto degna e ornata Cappella nella
Chiesa di San Francesco : ed alcuni di *
se gru di altre fabbriche fatte a Castiglion
del Lago , e a Castel della Pieve , ad
istanza del Signore Ascanìo della Cornici .
J^eggiohsi di sua invenzione in Pioma la
graziosa Cappella fatta per V Abate Rie *
ciò in Santa Caterina de ’ Palafrenieri del
Pontefice , in Borgo Pio , i disegni della
quale ha messo poi in opera Jacinto . Fu -
rono fatti da lui in diversi luoghi d ’ Ita-
lia , molti palazzetti % molte case * molte
Cappelle , ed altri edificj pubblici e vri -
vati t tra li quali sono particolarmente la
Chiesa- di Marzano 9 quella di Sani’ O-
io Dec, IV. della Par. I. del Sec. IV,
reste , e quella di Santa Maria degli An j
geli d' Ascesi , che pure da lui fu or di
nata e fondata , la quale poi da Galena
zo Alessio e da Giulio Danti , mentre
vìsse , f u seguitata . Nel Pontificato di Pio
IV. fece in Bologna il Portico e la fac-
ciata de' Banchi , dove si scorge con
quanta grazia egli seppe accordare la par-
te nuova colla vecchia . Ed essendo poi
per la morte del Buonarruoti eletto Ar-
chitetto ài San Pietro , vi attese con ogni
maggiore diligenza fino all’ estremo di sua
vita . Frattanto essendo il Barone Bernar-
dino Mariiniano arrivato alla Corte di
Spagna per alcuni suoi negozj , fu favo-
rito da quel pie . che lo conobbe per uo-
mo intendentissimo nelle Matematiche e
nelle tre parti dell' Architettura , di
conferir seco alcuni suoi pensieri in ma-
teria di fabbriche , ed in particolare
della gran Chiesa e Convento , che face-
va fare all' Esecuriale in onore di San
Eorenzo : dove avendo il Barone avvertito
molte cose 5 e scoperti con molta chiarez-
za diversi mancamenti ; ridusse quel Re a
soprasseder a così grand' impresa ^finch' e*
gli mandato da Sua Maestà per tutta Ita-
lia a cercar disegni dai primi architetti 9
fosse capitato a Roma per portargli nelle
mani del Vignala , per cavar poi da lui
un disegno compitissimo , del quale po-
tesse appieno soddisfarsi , cord orme a quel *
Jacopo Barozzf» Sii
lo si prometteva dall eccellenza di esso , e
dalla lealtà e candidezza d' animo che
scorgeva in lui : e così tornando poi alla
Corte , con mostrare di avere, usata intor-
no a sì fatto negozio tutta la diligenza
che conveniva . Venuto dunque il Barone
in Italia , ebbe in Genova disegni da Ga-
leazzo Alessi , in Milano da Pellegrino
Tebaldi , in Venezia dal Palladio , e in
Fiorenza un disegno pubblico dall Acca «
demia del Disegno , ed un particolare di
forma ovale fatto da Vincenzio Danti ,
per comandamento del Granduca Cosimo ;
la coma del quale S. A. S. mandò in
I spugna nelle proprie mani del Re% tanto
le parve bello e capriccioso . N' ebbe anco
in diverse città tanti altri , che ut riv arano
fino al numero di xxij. de quali tutti ( non
altrimenti che si facesse Zeusi , quando
dipinse Elena Crotone nel Tempio di
Giunone , traendola dalle più eccellenti
parti d' un eletto numero di bellissime
V argini ) ne formò una il Vignala di tanta
perfezione e tanto conforme alla volontà
del Re , che ancorché il Barone fosse di
difficile contentatura , e d'ingegno esquisi-
tissimo , se ne soddisfece pienamente , e
indusse il Re y che non meno se ne com-
piacque di lui a proporli come fece , ono-
ratissime condizioni , perchè andasse a
servirlo . Ma egli , che già carico di anni ,
si sentiva molto stanco delle continue fa-
tiche di quest* arte difficilissima , non voi -
3is DE€. IV. BELLA Far. I. DEL SeC. IV.
le accettare V offerte ; salendogli anco di
non si poter contentare di qualsivoglia
gran cosa , allontanandosi da Roma , e
dalla magnificentissima fabbrica di San
Pietro , dove con tanto amore s* affatica-
va. Giunto all* anno 1S73 essendogli sta-
to comandato da Papa Gregorio XI IL
che andasse a Città di Castello per ve-
dere una differenza di confini tra il gran-
duca di Toscana , e la Santa Chiesa ;
sentendosi indisposto , conobbe manifesta-
mente esser giunto alla fine del vivere
suo. Ma non restando però di andare al-
legramente a far la Santa obbedienza ,
s' ammalò , e appena riavute le forze 9 se
ne tornò a Roma : dove essendo stato
introdotto da Nostro Signore, fu da Sua
Beatitudine trattenuto pai d ’ un ora spas-
seggiando , per informarsi di quel eli egli
riportava } e per discorrer seco intorno a
diverse fabbriche che aveva in animo di
fare , e che ha dipoi fatte a memoria e-
terna del nome suo . E finalmente licen-
ziatosi per andarsene la mattina a Capra-
rola , fu la notte sopraggiunto dalla fèb-
bre: e percìi egli s* era prima predetta la
morte 9 si pose subito nelle mani di Dio i
e presi divo tornente i Santissimi Sagra-
menti con molta religione passò a miglior
vita il settimo giorno dal principio del
suo male , che fu agli rj. di Luglio i £7 3,
essendo in quello estremo visitato con
molta carità ed affetto continuamente da
!
I
!
!
Jacopo Barozzi* 3iS
molti Religiosi suoi amici , e particolare
mente dal Tamgi y che con affettilo s issi-
me parole V inanimì sempre fino al? ultimo
sospiro . Ed avendo lasciato molto deside •
rio di se e delle sue virtù , contuttoché
Iacinto suo figliuolo gli ordinasse esequie
modeste e convenevoli al grado suo , pas-
sarono conluttociò i termini della medio-
crità per cagione del concorso degli arte -
fici del disegno , che lo accompagnarono
alla Rotonda con onoratissima pompa ;
quasiché ordinasse Iddio , che siccome
egli fu il primo arda tetto di quel tempo 9
Così fosse sepolto nella piu eccellente fab-
brica del mondo . Lasciò Iacinto suo fi-
gliuolo piu erede delle 'virtù e dell * ano-
r atissimo nome paterno , che delie f acuità
che s'avesse avanzate ; non avendo mai
voluto nè saputo conservarsi pure una
particella di denari , che gli venivano in<
buon numero alle mani : anzi era solito
di dire , che aveva sempre domandato a
Iddio questa grazia , che non gli avesse
nè da avanzare , nè da mancare : e vive -
re e morire o aeratamente come fece dopo
d'avere passato il corso di sua vita trava-
gliatissimo con molta pazienza e genero »
sita di animo , agitato a ciò grandemente
dalla complessione , e da una certa natu-
rale allegrezza , accompagnata da una
sincera bontà , con le quali bellissime par-
ti si legò in amore chi lo conobbe. Fu
in lui maraviglio sa liberalità ? e panico-
Si 4 Bec. IV. della. Pak. ì. del Sec. IV,
larmente delie fatiche sue , servendo chimi •
que gli comandava con infinita cortesia 9
e con tanta sincerità e schiettezza , che
per quaìsivoglia gran cosa non averebbe
mai saputo dire una minima bugia , di •
mamerachh la verità , di che egli faceva
particolarissima professione , risplendeva
sempre tra f altre rare qualità sue , come
preziosissima gemma nel piu puro e terso
oro legata. Onde resterà sempre nella
memoria degli uomini il nome suo ; aven-
do anco lasciato scritto a* posteri le due
opere non mai abbastanza lodate : quella
deir Architettura , nella quale non Ju mai
da veruno de' suoi tempi avanzato : e que-
sta della prospettiva , colla quale ha tra-
passato di gran lunga tutti gli altri , che
alla memoria de' nostri tempi siano per-,
venuti . Fin qui il Danti.
Ma perchè ninna cosa venga a man-
care io quanto appartiene alla notizia del-
la bella Opera delle due regole di Pro-
spettiva lasciata dal Vignola alla sua mor-
te , ci è paruto bene il notare in questo
luogo pure , copia della Lettera , che a
Frat* Egnazio dell1 anno i58o. fu scritta
da iacinto Barozzi, figliuolo di Jacopo s
la quale aggiunta all’ aito concetto eh’ egli
ebbe di lui , fu al Danti impulso bastante
per far quanto ei fece intorno ali’ opera
medesima » e poi di consegnarla per co-
Jacopo Barozzi. 3*5
tnun Benefizio alle pubbliche stampe ; ed
è cjueìla elle segue.
Molto Reverendo Padre .
Mess. Ottaviano Marchesini , Ar*
chitetto di Nostro Signore , camp atrio Ito
e et amicizia derivata fin da' padri nostri ,
e per conseguenza molto informato della
maggior parte de miei affari , mi scrive t
che al desiderio eli io ho » che camminino
in luce quelle fatiche già fatte da mio
padre mentre visse , in materia’ della,
Prospettiva pratica , ora s* apparecchia
comodissima occasione ; poiché PS, Mol-
to Reverenda per servigio publico non si
sdegnerà di mettervi quella spesa che a
me di presente sarebbe di qualche scomo-
do : e di pia darle quella chiarezza che
a me senza dubbio conosco che sarebbe
impossibile , per trovarmi occupatissimo
nella servitù di questi miei Signori ? e
m ha accennato tanto oltre della cortesia
di PS. Molto Reverenda , che senza peti*
sarvl piu ( reputando questa per vocazio-
ne del Sig?iore Iddio ) mi risolvo fra po-
che settimane venire a Roma : e quivi
le dirò tutto il parer mio con ogni chia-
rezza , dandole il libro di mìo padre dì
b, m, il quale vedrà molto differente da
quella copia , che il Signor C avallar Cad-
di Mette a PS . avendolo io trascritto di
\
3i6 Dec. IV, della Par. I. del Sec. IV.
mia mano in compagnia di mio padre 9
poco avanti di e passasse a miglior vitai
ed in somma verrò poi risolutissimo di
fare quanto piacerà a VS. Molto Reve-
renda , alla quale reverentemente bacio
la mano , pregandole sanità e contento.
Dì Sermone ta il dì ir. Gennajo i58o*
Di VS. Molto Reverenda
Affezionatissimo Servitore
Iacinto Baro zzi.
BARTOLOMMEO RAMINGHI
PITTORE BOLOGNESE
DETTO IL
BAGNACAYALLO
Discepolo di Raffaello da Urbino *
fioriva nel i5d5.
uesto Pittore , che per V antica
origine , cbe ebbero gli avi suoi dal Ca-
stello di Bagnacavallo , fu comunemente
detto il Bagnacavallo, da giovanetto 6otto
la disciplina di Francesco Francia fu mol-
to studioso dell’ arte del disegno , onde
riuscì assai ragionevol maestro , anche a-
3 1 8 Dec. IV. della Par. I. del Sec. IV.
/vanii al tempo eh’ egli in Roma si pones*
se a stare con Ptaffaello da Urbino. Non
è fra gii autori * che ne scrivono , chi
non lo inetta fra’ discepoli di Raffaello ;
conciossiacosaché egli sentendo il grido che
per tutto il mondo correva di quei nuovo
A pel le , desideroso di farsi perfetto nel-
V arte , si portò a Roma ^ e ad esso acco-
standosi ne riportò una maniera molto
dolce , franca , e di buon disegno : e da
indi in poi tale sempre se la mantenne 9
procurando al possibile di accostarsi al
modo dello stesso Raffaello. Tornatosene a
Bologna dipinse nella Chiesa di San Pe-
tronio , a concorrenza di Girolamo da Co-
tignola 5 d’ lunoceozio da Imola,, e di Mae-
stro Amico, alcune storie delia Vita di
Cristo e di Maria Vergine, e a San Mi-
chele in Bosco dipinse pure la Cappella
di Rammazzotto , Capo di Parte. In Pto-
magna ne colori una simile. Nella Chiesa
di S. Jacopo fece una tavola per Messe**
Annibaie del Gorello, nella quale figurò
la Crocifissione di Cristo con gran nume-
ro di figure , e nel mezzo tondo di sopra
rappresentò il Sagrifizio d’ Àbramo. Nella
Chiesa de" Monaci Camaldolesi , che V an-
no di nostra salute 440. fu fondata da San
Petronio , in luogo detto Pontediferro ,
dove al parer d’ alcuni storici, ebbe i suoi
primi fondamenti la città di Bologna, di-
pinse il Bagnacavallo la tavola de’ Santi
Titolari di quella Chiesa , che si vede nel-
Sarto lommeo Raminghi. 3ig
Sa prospettiva del Coro: e uella Coafra-
Semita di Santa Maria del Baracaoe tre
quadri a fresco, ne’ quali rappresentò tre
Misterj della Passione del Signore , cioè il
portar della Croce, la Crocifissione, e la
Deposizione del medesimo. Nella mentova-
ta Chiesa di San Petronio è il luogo della
miracolosa immagine della Madonna della
Pace , per abbellimento del quale molti
de’ migliori pittori , che fossero in Bolo-
gna ne’ tempi di questo artefice, fecero
opere a fresco, e furono Amico Aspertinis
Biagio Popini , Jacopo Francia, Girolamo
da Treviso , e ’l nostro Bartolommeo , il
quale vi colorì i’ Annunziazione dì Maria
Vergine, eia Natività di Cristo. Ed è da
sapersi , come questa sacra immagine che
e di rilievo , era gl è dalla parte dt fuori
del muro di essa Chiesa verso il Palazzo
de’ Notaj. Occorse Tanno i4q5. che un ta-
le Scipione degli Eretimi , di professione
soldato , avendo un giorno fatta gran per-
dita di danaro nel giuoco, mosso da gran-
de ira sfoderò il pugnale , e si lauciò per
tirare un colpo a quella immagine , e due
dita d’ un piede dei fanciullo Gesù , che
essa tiene in braccio , fece cadere in ter-
ra. Appena ebbe egli commesso T enorme
sacrilegio, che lo colse Tira d’iddio, e
cadde a terra come morto. Intanto so-
pravvenendo la Corte fu fatto prigione 9
e poco dopa condannato alla morte ; ma
320 Dec. IV. della. Par. L del Sec. IVj
quella Madre di Misericordia , compaten-
do a quell’ infelice , mentr’ egli stava in
quel frangente, gii ottenne un tal conosci-
mento congiunto ad un intenso dolore e
contrizione del fallo suo , che ricorrendo
con lagrime di cuore , non potendo coi
corpo accostarsi ali' immagine , e fatto vo-
to di digiuno in continuo cilizio e orazio-
ne , restò non meno libero allora dall’ ac-
cidente del male , che poi dalia sentenza
della morte. Fu poco dopo 1’ immagine
stessa trasferita nel luogo dove oggi si
trova , facendo tuttavia innumerabili gra-
zie e miracoli. Il medesimo Scipione poi
tutto si dedicò al servizio della sua libe-
ratrice appresso a quel santo simulacro,
a perpetua testimonianza del miracolo, e
del proprio dolore , fecesi ritrarre in i-
scultura in queir atto appunto , nel quale
cadde in terra nel commettere il gran
delitto : e tal ritratto fece porre dal lato
destro di quelf altare. Tornando ora ai
nostro proposito , moltissime furono V o-
pere che fece nella città di Bologna e suo
territorio il Bagnaeavallo , e per molti
Principi e Signori d’ Italia , che lunga co-
sa sarebbe il far di tutte particolar men-
zione, perchè fra’ pittori del suo tempo
fu egli in quella città riputato eccellentis-
simo , non senza invidia degli altri , e
particolarmente di maestro Amico Àsper-
tini. Merita questo pittore molta lode
particolarmente per un singoiar talento^
Bartolommeo Raminghi, 821
eh’ egli ebbe in dipignere immagini devo-
te di Maria Vergine : e per la vaga ma-
niera che ebbe nel colorire i putti, forse
molto superiore a quella d’ altri maestri
de’ suoi tempi % avendo dato loro gran te-
nerezza e grazia; onde tanto quelle, che
questi , son poi state copiate per istudio
dagli altri singolarissimi artefici di quella
! città : e Guido Reni era solito affermare
! d’ aver tolta la bella morbidezza , colla
quale egli coloriva i bambini dall’ opere
di lui* Finalmente essendo egli pervenuto
all’ età di cinquantotto anni , menati con
lode di valentuomo , e di persona d’otti-
ma vita e costumi , fu sopraggiunto dalla
morte. Molti autori hanno scritto di que-
sto veramente degno professore, e parti-
colarmente il Vasari , il Bumaldo , lo
Scannelli , il Masini , ed in ultimo un
altro moderno autore , il quale dopo aver
copiato nel suo libro a verbo a verbo la
vita del Bagnacavallo , senta dal nomina-
to Vasari , volendo pure al suo solito ( co-
me dir si suole ) appiccarla con esso in
qualche cosa , si rammarica di lui aspra-
mente , dicendo eh" egli abbia caricato
troppo , e fatta brutta tìsonomia al ritrat-
to , che fra gli altri per abbellimento del
suo libro egli pose di esso a principio
della vita di lui: cosa in vero molto gra-
ziosa a chi per pratica degli scritti di
questo autore , conosce il poco affetto , o
molta avversione eh" egli ha avuta al Vasari*
Baldinucci Voi VII • 21
Dec. IV, bela. Par. I. bel Sec. IV,
Ma che dirà egli , quando e’ saprà che
quasi tutti i bellissimi ritratti posti nel
suo libro delle Vite de* Pittori del Vasari, j
fra’ quali è quello del Bagnacavallo , dal* !
F autore predetto biasimato 3 non furono
nè disegnati, nè intagliati dal Vasari, ma j
da altro professore , come noi a suo luogo j
mostreremo?
ANSELMO C ANNERI
PITTORE VERONESE
3a3
Discepolo di Gìo* Caroti^ fioriva
circa il i55o.
a
però molto a olio e a fresco alla
Soranza in sul Tesino , e a Castel Franco
nel Palazzo de’ Sora ozi , ed anche nella
città di Venezia : e ne’ tempi , che ancor
viveva il suo maestro , fu molto stimato.
'
>► - , k&pì
»
3n5
DELLE NOTIZIE
DE’ PROFESSORI
DEL DISEGNO
DA CIMA BUE IN QUA
DECENNALE V.
DELLA. PART. I. DEL SEC. IV.
DAL MDXL. AL MDL„
CESARE SESTO
PITTORE MILANESE
Discepolo di Lionardo da Vìnci , fioriva,
circa al i56o«
.A ttesta Gio. Paolo Lomazzo , che
quest’ uomo fosse molto avvertito nell’ o-
perare , e con grande accuratezza espri-
messe i suoi concetti, non lasciando va-
gar l’invenzione piu là del verisimile: e
Dec. V. della Par. I. del Sec. IV.
stando sempre in sul proprio, in ogni
cosa , ancorché minima : e non solo in
ciò che apparteneva alle immagini degli
uomini , ma degli animali ancora , e (ino
dell’ erbe medesime: e che operasse anche
maravigliosamente in far panni cangianti
che però P annovera tra’ buoni artefici.
Ora prima di venire a dar notizia d’ al-
cune delle più belle opere di Cesare ,
stimo bene i! dire , come son molti secoli,
che la nobilissima città di Milano ( per
occulta disposizione della Divina Provviden-
za ) è assai frequentemente tocca dal male
della pestilenza : e per ordinario non son
passati mai cinquant’ anni , che ella da
tal contagiosa infezione non sia stata per-
cossa, Dei 1254. a tal cagione rimase af-
fatto sena’ abitatori , del i3i6. patì lo stes-
so infortunio con tutta V Italia insieme,
per otto mesi continui : e quantunque ( se
prestiamo fede a Isterico di que’ tempi )
fosse ella singolarmente privilegiata in
quella tanto terribile e spaventosa morta-
lità , che dell’anno 1847. e *348. non
pure 1’ Italia tutta , ma quasi tutto il
mondo allagò e sommerse ; contuttociò
del i383. fu oppressa da questo male a
tal segno , che dieci delle cento persone
non ne camparono. Del 140 5. sessanta-
nni uomini perirono dentro alla città.
Nel 145 r. fa aggravata similmente , e vi
seguì la morte del primo Duca Galeazzo
Visconti. Nel i486, fu anche flagellata
!
Cesare Sesto Szj
molto: e del i5'25. s’ infettò V aria di
tal maniera , che marcivano le stesse co-
se commestibili 9 ogni qualvolta fossero
state fuori la notte esposte. Del 16760
furono le miserie della pestilenza tali e
tante f quanto bastarono per appagare
F ardente carità di Carlo Borromeo , il
Santo Arcivescovo 9 nel sovvenire a’ biso-
gni de’ miseri. E ultimamente del i63®.
giunsero per ordinario i morti di tal ma-
le al numero di dugento ogni giorno , a
segno 5 che in ispazio di mesi sei sopra
dugento mila persone perirono» Onde ad
effetto di tener lontane così fatte influen®
ze 9 ha procurato quella città di dimo»
strarsi in ogni tempo molto devota di
Santo Rocco , al quale ha edificate sei
Chiese dalle sei porte. In una di queste 9
che è la Parrocchiale , vicina al Dazio
della Porta Romana , dipinse Cesare una
tavola , che riuscì delle migliori che e*
scissero dal suo pennello , nella quale
rappresentò Maria Tergine con Gesù 5 e
di fuori della serratura i Santi Rocco 9
e Bastiano che fu posta sopra f Aitar
maggiore. Dipinse in Santa Corona una
Vergine molto bella : e in una Cappella
della Chiesa di San Giovanni Decollato 9
alle case rotte, figurò un’ Erodiade , la
quale essendo stata Fanno i63o. da’ Si-
gnori Conti Àrdi ini ì donata al Cardinal
Giulio Ma zza ri ni , fu da Ambrogio Fi«
3a8 Dec. V. della Par. T. del Sec. IY.
cini copiata e 'posta la copia io luogo ,
dove era già 1* originale : e a mio crede-
re fu essa tavola quella , che dice il no-
minato Gio. Paolo Lomazzo , che ne*
suoi tempi si trovava appresso un tal Ce-
sare Negruola.
PIETRO RICCIO
i iMilP pp**
MILANESE]
Discepolo di Lìonardo da Vinci j
fioriva circa al i56q9
Il Lemarzo nella stia Idea del Tem-
pio della Pittura asserisce , che questo
Pietro Riccio fosse stato discepolo di Lio-
nardo da Vinci , e non se n’ è fin qui a-
Tuta altra notizia»
13©
MARCO DEL MORO
PITTORE VERONESE
Discepolo di Battista del Moro 9
fioriva nel i56o.
.Fu questo Pittore figliuolo delio
stesso Battista d’ Agnolo Veronese , detto
il Moro , dal quale ancora apprese la
buona maniera del colorire a olio e a
fresco ; onde fu al medesimo di non or-
dinario ajuto nelle molte opere , che fece
in Verona, in Mantova, e in Venezia,
ed in quelle particolarmente fatte pel
Signor Cam mi Ilo Trevisano nel suo bel
Palazzo di Murano. Quando mancasse que-
st* uomo al mondo non è a nostra notizia;
attesta però il Vasari , che esso insieme
col padre ancora vivesse ne’ tempi che egli
scrisse la sua storia^ che fu deìi’anno i568.
33 1
VALERIO ZUCCHERI
trevigiano
PITTORE DI MUSAICO
Discepolo dì Tiziano , fioriva circa
al i55o„
uesto Pittore fece insieme con
Vincenzio, che si crede fosse suo fratello*
in San Marco di Venezia diverse storie s
e fra queste rappresentò il Trono di Dio*
co’ quattro Evangelisti in forma d9 animali*
co’ sette Candelabri , i quali così bene la*
■?orò f che non parvero fatti di Musaico 9
ma coloriti a olio. Fece ancora molti ri-
tratti di Prìncipi*
33s
VINCENZIO ZUCCHERI
TREVIGIANO
PITTORE DI MUSAICO
Discepolo di Tiziano , si crede fiorisse
circa al i5Òo.
O
N^uesto Pittore fece insieme con Va-
lerio , che si crede suo fratello, nella Chie-
sa di San Marco dì Venexia diverse sto-
rie , in una delle quali figurò una storia
dell’ Apocalisse , cioè il Trono di Dio 9
co’ quattro Evangelisti , in forma d’anima»
li , co’ sette Candelabri , e fu lode di que-
sti pittori, T averli così ben lavorati, che
parvero condotti piuttosto a olio , che di
Musaico.
333
CIO. BATISTA MANTOVANO
SCULTORE E INTAGLIATORE
IN RAME
Discepolo di Giulio Romano » fioriva
nel i55o»
fJ[ ra5 discepoli di Giulio Roman©
riuscì d’ ottimo talento Gio. Battista Man-
tovano , che attese alla Scultura , e all’in-
taglio in rame, come mostrano le carte
uscite dalle stampe , fra le quali è una
Vergine, che ha la Luna sotto i piedi,
e il figliuolo in braccio : e similmente
alcune teste armate di cimiero alF anti-
334 Dec. V. della Par. I. del Sec. IV.
ca : evvi ancora una carta di un Marte
armato che siede sopra un letto , e Ve-
nere che sta allattando un Cupido, il
quale graziosamente rimira. Veggonsi an-
cora alcune carte dove è un Capitano di
bandiera a piede , ed uno a cavallo : e
due altri grandi f ove è figurato 1* in-
cendio di Troja e altre molte. Usò que-
st’ artefice seguar le sue carte colle lettere
I. B. M.
Fiorì anche ne’ medesimi tempi ENEA
VICO da Parma , anch’ egli valente inta-
gliatore , il quale intagliò buona quantità
d’ opere del Rosso , la Leda di Michela-
gnolo, e la storia della Juditta^ da lui
dipinta nella Cappella , il ritratto dei Ban-
dinella , con molte invenzioni e disegni
dei medesimo: siccome ancora ad istanza
di Cecchino Salviati la bella storia della
Conversione di San Paolo , con gran nu-
mero di figure e cavalli : similmente i
ritratti del Signor Giovanni de’ Medici ,
di Cosimo il Granduca suo figliuolo ,
dello Imperador Carlo V. , d' Arrigo Re
dì Francia , del Bembo , dell’ Ariosto ,
del Gello Fiorentino , del Domenichi ,
e di molti altri uomini de’ suoi tempi ,
di Laura Terracìna , del Doni , dei Mo-
rosino ed altri. Datosi poi agli studj del-
F antichità , diede alle stampe più libri
di medaglie d’ Imperadori e loro mogli ,
co’ rovesci dì esse medaglie. Fece un al-
bero di tutti gl’ imperadori , che fu mol-
Gio. Battista Mantovano, 335
to lodato. Portatosi poi a’ servigi <F Al-
fonso IL Duca di Ferrara fece a quel
Principe V albero de* Marchesi e Duchi
di quella casa , appresso la quale vìve-
va del i568. in grande onore e stima.
336
GIOVANNI VAN CALCKER
PITTORE
DETTO DA NOI
GIOVANNI FIAMMINGO
Discepolo di Tiziano, nato .....+ 1546.
Il Vanmander Pittor Fiammingo, che
alcuna cosa scrisse dell’ eccellente Pittore
Gio. Van Calcker , afferma di non saper
conoscere , fra quanti pittori furono ne’
Paesi Bassi nel passato secolo , chi più
si conformasse all’ ottima maniera Italiana,
di quel che facesse Gio. Van Calcker.
/
Giovanni Van Calckeb, 337
! Nacque questo artefice net paese di G*eef
nella città di Calcker sotto 1’ Eiettore di
j Brandemburgh , e non è nolo da chi e-
! gli imparasse i prìncipi deli' arte. Questo
è certo, che quest’uomo circa ’l i5d6.
fortemente $’ io vaghi d’ una fanciulla ,
i figliuola d’un mal uomo sanguinario e
micidiale , di professione oste , che ahi-
I tava in Dordrecht prima città d’ Olanda ,
la casa del quale era aperta ad ogni
disonestà : e di questo anche ci si por-
gerà congiuntura di parlare nelle noti-
zie della vita di Heoskert Pittore : ed
avendola rapita ai padre, se la condusse
a Venezia, dove fermatosi d’ abitazione,
si fece discepolo del gran Tiziano da
Cader. 11 citato Vanmander dice , che
Gio. si trasformò tanto nella maniera di
quel sublime artefice , che molte opere
di lui non punto si distinguevano da quel-
le di Tiziano; anzi egli afferma, che il
Goitzio , dei cui giudizio, dice egli, di
far gran conto, gli raccontò una volta ,
che trovandosi io Napoli gli furon dati a
vedere certi ritratti , i quali egli subito
giudicò di mano di Tiziano : e i pittori
che erano presenti bene informati del
fatto , tutti ad una voce gli dissero ,
ch’egli aveva ben giudicato; perchè quel-
la era veramente la maniera di quel
grand’ uomo , benché e’ non gli avesse
dipinti esso Tiziano , ma Gio. Van Caì-
eker suo degnissimo discepolo. Il Vasari
Bai dinucci Voi* VU% 22
338 Bec. Y. della Par. I. del Sec. IV.
ebbe cognizione di quest’ artefice in Na-
poli : e non poteva darsi a credere, come
fosse riuscito ad uno Oltramontano 1* a-
vanzarsi a tanta eccellenza nella maniera
d’ Italia , e si valse di lui ia quello , che
più abbasso siamo per dire. Fu in oltre
il Van Caìcker maravigìioso nel disegnare
di gesso e di pastello , e colla penna ope-
rò egregiamente con bellissimi e franchis-
simi tratti. Questi fu, e non Tiziano, che
disegnò gli undici pezzi di carte grandi
di LNotomia d’ Andrea Versali© , le quali
poi furon ritratte in minor foglio , e in-
tagliate in rame dal Valverdo , che scrisse
pure di Notomia dopo il Yersalio : e
questi fu finalmente quegli , che disegnò
quasi tutti ed ì migliori ritratti di Pittori,
Scultori, e Architetti d’Italia, che messe
nel suo libro delle Vite de’ Pittori Gior-
gio Yasari , tanto belli e con mano tanto
ardita e maestrevole lavorati , che è uni-
versale opinione , che più non possa farsi
m quel genere: e per conseguenza que-
sti è quello , e non il Vasari , del quale
doveva rammaricarsi il Malvagia, per a-
ver , com’ e' disse , troppo caricato il
ritratto, che veramente è bellissimo, del
suo Bagcacavallo , come abbiamo nelle
notizie della vita di lui accennato. Era
ancora quest’ ottimo professore in giova-
nile età , e prometteva dì se avanzameli
maggiori nell’ arte, quando trovandosi egli
nella città di Napoli Fanno 1646. fu colto
dalla morte.
830
PIETER BRUEGHEL
PITTORE DI BRUEGHEL
Discepolo di Piacer Kocck 9
fioriva nel i55o.
j
In questo tempo fiorì nel Bracante 9
nella città di Brueghel vicino a Breda , i!
famoso Pittore Pieler Brueghel * così co-
gnominato dal nome di sua patria. Posesi
a imparar Y arte col pittor Kocck d’ Aelsts
e poi lasciato il maestro s’ accomodò con
Heroon Kocck Pittore di Bolduc. Aveva
Pieter Kocck , primo maestro di lui , una
piccola figliuolina , la quale il giovanetto
34° Bec. V. della. Par. I. del Sec. IV.
Brueghel era solito , dopo aver dato posa
al matitatojo ed a ' permeili , pigliarsi iu
collo , vezzeggiandola con festose carezze ,
come si costuma di fare a’ piccoli bambi-
ni. Questa , come a suo luogo diremo, fu
poi la sua sposa. Intanto egli dopo aver
fatto grandi studj sopra la maniera di Je- j
ronimo Kocck , se ne partì per alla volta
di Francia ; di li se ne passò in Italia :
e nel viaggiar che fece, non s’imbattè
mai , per così dire 9 in alcuna cosa fatta
dalla INatura , o paese, o veduta, o rovi-
na , o animale che gli paresse curiosa e
degna di rappresentarsi in pittura , che
egli non la disegnasse ; onde gii verme
fatto un così gran fascio di queste sue
belle fatiche, che potè poi dei continuo
far vedere nell’ opere sue cose bizzarre e
nuove ; intantochè i suoi paesani, che poi
le videro , usavano di dire , che il Brue-
ghel nel suo viaggio aveva inghiottito tut-
te le montagne , grotte e caverne del-
l’aìpi, per cui era passato: e tornato a
casa sua , aveva sputato fuori ogni cosa
sulle tele. Fatti questi viaggi , se ne passò
in Anversa , dove si fermò di stanza ; e
si trova eh’ egli entrasse in quella Com-
pagnia de’ Pittori l’anno i55i. Ebbe que-
sto artefice un genio tutto allegrezza ,
col quale seppe sì bene accompagnar l’ar-
te sua , che non solo 1’ uno non fu pun-
to di pregiudizio ali’ altro ; ma 1’ uno e
V altro fecero ia lui un mirabil composto;
r.
m
in
k
fu
’er
Jc
a:
Stè
sta
pi-
fi
lie
ae
te
io,
Fietek Brtjeghel. 341
perchè il suo dipignere fu sempre di co-
se allegre , però modeste , e grandemente
ridicole ; tantoché da’ suoi familiari era
per ordinario chiamato Pietro ridicoloso.
Giostrò questo suo particolar talento nei
Baccanali , de’ quali fece moltissimi. Ave-
va egli non ordinaria amicizia e familia-
rità con un Gentiluomo chiamato Hans
Frunckert , che lo veniva a visitare fre-
quentemente alla sua stanza. Stavasi assai
con esso, ed insieme con lui se n’andava
ora in questo, ora in quel contado, dove
sapeva che si facevano le feste per le
nozze e maritaggi di contadini : e quivi
vestiti l’uno e 1’ altro all’usanza contadi-
nesca , si accompagnavano ancor essi con
loro : e perchè è in quelle parti un’ usan-
za , che chiunque si trova a que'loro con-
viti dona un regalo alla sposa , ancor essi
porgevano il lor regalo. Gustava somma-
mente il Brueghel dì vedere quelle danze,
que* salti sconci, e que’ moti sregolati e
goffi, e gli amoreggiamenti di que’ villani;
e se n’ empieva di tal sorta la fantasia ,
eh’ egli con questo studio e osservazione ,
e col suo bel genio faceva poi cose curio-
sissime e naturalissime, tanto a tempera,
che a olio ; perchè nell’uno e nell’altro modo
di dipignere fu ben pratico. In questo tempo
il Brueghel non si era ancora accasato ,
ed aveva una sua serva fanciulla, che per
essere di bello aspetto e di maniere con-
342 Dee. V. della Par. I, del Sec. IV,
faeevoli alf animo suo, più volte ebbe |
pensiero di farla sua sposa : e già le ne j
aveva fatta una condizionata promessa ;
ma comecché egli era di mente schietta e
fotte, gii dispiacevano le bugie: e questa^ j
alio’ncontro era molto bugiarda. Pietro
dopo averla assai avvertita di tal manca-
mento, fece una taglia di legno beu luu-
ga , e ad ogni bugia ette diceva la fanciul-
la vi faceva sopra una tacca , con dire a
lei, che quando la taglia fosse piena, non
l’avrebbe più voluta nè per moglie, nè
per serva : e così veramente seguì, perchè
continuando la serva la sua mala usanza
di dir bugie, arrivata beu presto la taglia
al segno , svanì del tutto la cosa del pa-
rentado : e il Brueghel, che aveva alquan-
to amoreggiai* colla nominata figliuola di
Pietro Kocck , stato suo maestro, la quale
dopo la morte del padre colla vedova ma-
dre se ne stava in Brusselles , risol vette di
pigliarla per moglie , come di sopra ab-
biamo accennalo. Voleva la madre della
novella Sposa 5 che il Brueghel , lasciata
Anversa , se ne venisse ad abitare a Brus-
selles ; temendo tuttavia eh’ egli non si
fosse scordato affatto della prima fanciul-
la : e fattane grande istanza al giovane,
che era discreto e modesto , ne fu com-
piaciuta, perch’ egli subito se ne venne a
stare in Brusselles, Moltissime furono V c-
pere del Brueghel , ed io ne noterò in
questo luogo alcune delle più principali.
Pie ter. Brtje€hrl. 84 3
Ebbe la Maestà delio ’mperad ore una ta-
vola , dov* egli aveva di piata ìa Torre di
Babilonia , con infinite figure di propor-
zioni diverse. Similmente due quadri,
l’uno e l’altro de’ quali rappresentava il
Signore portante la Croce , con varie in-
venzioni e concetti bizzarrissimi di gruppi
e azioni di figure. E vaglia la verità, que-
sto artefice fu così copioso d’invenzione ,
e tanto vario nel rappresentare diversi
personaggi , che per lo più non poteva sa-
ziare il suo genio, se non toglieva sempre
a rappresentare storie , dove esse figure si
potesser contare, per così dire, a miglia-
ia. Ebbe pure di sua mano lo stesso Ina-
peradore la strage degl' Innocenti , della
quale altrove si è parlato : e una Conver-
sione di San Paolo , eoo belle vedute di
rupi e di mari. Fece molti quadri d’ In-
ferno , Stregherie , scherzi e giuochi , che
fanno sulle veglie ne’ balli ; contadini:
kJ m
un quadro della Tentazione di Cristo, e
sotto la montagna, dove il Signore fu ten-
tato, rappresentò vedute di città e campa-
gne, e lontananze sterminate. Rappresen-
tò con vaga e ridicolosa invenzione T ar-
rabbiata Margherita , che fa un furto a-
vanti all' Inferno: i quali tutti quadri si
crede che pervenissero poi in mano dello
loaperadore. In Amsterdam , appresso i’a-
maior dell’ arte Ser Herman Pilgrims, era
Fauno 1604. una festa di contadini , figu-
rati in tempo dì notte al fresco * dove si
344 Dec. V, della Par. I. del. Sec. IV.
vedevano lumeggiali in ({nella oscurità
molto bene e graziosamente i loro ceffi
arsi dal sole. Fece anche il Brueghel uu
pezzo di quadro, dove rappresentò il Car-
novale, che combatte colla Quaresima : e
un altro, nel quale volle mostrare tutti i
rimedj , che adoperano gli uomini contra
la molte: ed in uu altro tutti i giuochi
de’ ragazzi, ed altri di simili nuove e bel-
le invenzioni. Willem Jacobsz , che abitava
in Amsterdam Fanno 1604. presso alla
nuova Chiesa , aveva un bel quadro d’una
festa di contadini in occasione di nozze ,
dov’ erano rappresentate infinite azioni ri-
dicolose e naturali, e particolarmente
Fatto del regalar la Sposa con que' lor re-
gali contadineschi , mentre una vecchia
contadina con una gran borsa legata al
collo sta ricevendo i quattrini. Ha il Gran-
duca di Toscana nella sua! Reai Galleria
un quadro di mano di lui , dove si legge
anche il nome di Pietro Brueghel. In que-
sto quadro , che è una tavola di circa
due braccia e tre quarti, egli rappresen-
tò il portar della Croce di nostro Signore
con figure, la maggior delie quali è alta
un palmo. Vedesi ia esso una spaziosa
campagna ben digradata , col punto alto ,
dove è la gran città dì Gerusalemme : e
appresso a questa il Monte Calvario , ver-
so il quale s’ invia il Signore colla sua
Croce, vestito d’ una veste di color cene-
rino , tirato e spinto da’ manigoldi , men-
PlETER BrUEGHEL. 3^5
ire la Veronica gli porge pietosamente il
velo : dietro è il Cireneo che regge il fu-
sto della medesima Croce , e moltissime
figure s che rappresentano Ufiziali della
Corte , ed altre d’ ogni età e sesso. Pre-
cede al Signore una gran Cavalleria d’uo-
mini armali, coll’insegna, in cui si leg-
ge S. P. Q. B. La strada, che batte que-
sta gran comitiva , torcq dolcemente , se-
condo il taglio , che apparisce in un gran
masso , di che mostra esser composto il
Monte Calvario fino alla sua sommità, do-
ve si riducono le figure di questa nume-
rosa e lagrìmevol processione piccolissime^
altre in atto di pigliar posto per veder
lo spettacolo , altre per operare in quella
tragica azione , altre forse per piagner da
vicino il gran misfatto. La Beatissima Ver-
gine in qualche distanza dal figliuolo 9
quasiché lo abbia già da lontano veduto
sotto quel duro peso , si vede genuflessa
sopra la nuda terra , colle spalle voltate
a quella dolorosa comitiva , e piagne a-
maramente , mentre la Maddalena la sta
confoi landò. Due altre divcte donne si
veggiono poco da lungi , pure anch’elleno
genuflesse , in atti dolentissimi : e dietro
a queste è San Giovanni Evangelista. Scor-
gesi in tutta quest’ opera , la quale è fat-
ta alla solita maniera Fiamminga , una
gran varietà d’abiti, d’arie di teste, e
d’azioni , congiunte ella diligenza ed all’a-
more grandissimo , col quale è condotta*
34S Dec. V. della Pah. I. del Sec. TV.
Per ultimo avevano i Signori di Brusselles
determinato di far dipiguere al Brueghel
alcuni quadri f che rappresentassero colo-
ro , che operavano ne’ canali che conduco-
no da Brusselles in Anversa ; quando uel-
F ordinarsi questa pratca il valoroso ar-
tefice venne a morte , e rimase la cosa
senza effetto. Veggionsi molte carte in i-
stampa di sua invenzione : ed aveva an-
che fatti alcuni disegni poco onesti , che
pure si dovevano intagliare con alcuni
versi sotto ; ma quando si vide in perico-
lo di morte, forte temendo il Divino giu-
di zio , chiamò la moglie , e volle che el-
la tutti in sua presenza gli abbruciasse.
Alla stessa sua moglie lasciò per testamen-
to un pezzo di quadro , che al parer de-
gl’intendenti fu stimato il migliore che
uscisse mai dalle sue mani , dove fra le
altre cose era dipinta una gazzera sopra
una forca. Rimasero due suoi figliuoli ,
che pure sono stati eccellenti Pittori: uno
chiamato Pieter , che imparò l’ arte da
Gillis Yan Conmcxloo , che dipigneva di
ritratti al naturale : V altro si chiamò Gio-
vanni f che stava dalla Donna , che fu la
moglie di Pietro d’ Alost : e da questo
Pietro d’ Alost imparò a dipignere a guaz-
zo , e dipoi a olio da un certo Pieter
Goe Kindt, che noi diremmo Pietro buon
bambino. Andò in Colonia , e dipoi ven-
ne io Italia, dove si guadagnò grande sti-
ma ,, dipìgnen^o paesi e piccole figure ,
PlETER BrUEGHEL: 847
nelle quali ebbe veramente una beila
maniera,
Attribuisce il Baldinuccì a questo
Utrueghel, dagli Scrittori detto il Vecchio
e che fu padre , come T Autore scrive 9
dell' altro Pietro , e di Giovanni , quasi
tutto ciò che si vede di questi tre Pro -
fessuri , a quali gl’ Intendenti più moder-
ni assegnano caratteri diversi , e pregi
non inferiori a quelli del padre , veden-
dosi chiaramente nei tre JBrueghel tre di-
verse maniere sì nel disegno , sì nel co-
lorito ; quindi è che al padre vien dato
il nome di Pittore delle Processioni e Fe-
ste contadinesche : cW uno de figliuoli
quello del Fittole delle Stregherie , e da
taluno della casa del Diavolo , perchè in
tutti i sitai quadri vi si Uova un diavolinoz
e all altro del Paesista . Al Vecchio appar-
tiene certamente il quadro della Prccessio «
ne al Monte Calvario , descritto con esat-
tezza dal nostro Autore , per della Gal-
leria Medicea , in cui della stessa maniera
se ne conserva un altro piccolo composto
di moltissime figure , quali intere , quali
mezze , e quali colla sola testa , che tutte
insieme rappresentano una festa contadi-
nesca. Un altro quadro di singoiar curio-
sità può ancora cedersi in questa Galle-
ria , preso dal Brueghel , di cui parliamo ?
sopra un disegno in chiaroscuro dt Alber-
to Duro 9 rappresentante la Passione di
IU8 Bec. V» della Par. I, del Sec. IV.
Nostro Signor Gesù Cristo , e colorito
da lui colla solita diligenza e amore* Il
disegno è alto circa un braccio , e tanto
è il quadro colorito , e in ciascheduno vi
è la cifra del nome loro , nè si può con-
cepire senza vedergli la vastità del pen-
siero di Alberto , e la fedeltà di Brueghel ,
rendendosi molto facile una tale osserva-
zione , per essere ambedue L’ opere conge-
gnate con sì fatta maestria , che formano
un sol quadro . Del Brueghel delle Stre-
gherie , o casa del Diavolo in detta Gal-
leria si vede un graziosissimo quadro con
Orfeo tasteggiente la sua Lira davanti
a Plutone , e a Proserpina coronati di rag-
gi di fuoco , e essisi sopra trono inferna-
le , sostenuto da orrendi mostri , e nel
rimanente del quadro non saprebbero ri-
dirsi le fantastiche immaginazioni rappre-
sentatevi , m nelle figure diavolesche , co-
me di mostri 3 ove pur senza sbaglio po-
trebbero contarsi ; questo bensì } che la
maniera è totalmente differente dalV al tra %
e i viaggiatori o curiosi , o dilettanti , o
intendenti dicono di averne veduti mol-
ti in Germania , e ne ’ Paesi Bassi , e tut-
ti d' accordo lo chiamano Brueghel della
casa del Diavolo . Del Paesista poi , per
distinguerlo dal padre , basta osservare il
paese della Processione al Monte Calvario ,
e poi guardare alcuni paesi di varia pro-
porzione , che di presente stanno nella me-
desima stanza 9 e subito si viene in cogni -
PtETKR BrTTEGHEL.
ziortft , anche da occhi meno raffinati „
che non sono dello stesso pittore , ma
d'altro Brueghel famosissimo in questa
sorte di pittura , siccome le figurine , che
per entro vi sono disposte , mostrano una
molto migliore avvenenza 9 e un altro gu-
sto d% operare.
Arnoldo Houbraken Olandese , che
ha scritto le Vite e le Notizie de Pittori
del suo paese , stampate in Amsterdam
V anno 1718 assegna a Giovanni Brueghel
il carattere di Pittore Paesista e Fiorista^
e dice che ne suoi quadri vi adattava fi-
gure piccole e in sommo graziose . E que~
sto si accorda con quanto scrive il Baldi -
nuoci.
B5o
GAREL O CARLO D’YPER
PITTORE
Fioriva nel i55o.
In questi tempi fiorì Gare! d’Yper #
il quale nella stessa città operò molto in ta-
vole da Altari, soffitte di case, e altre co-
se fece pe’ Conventi a fresco. Era di ma-
no di costui in Tornay un quadro a chia-
roscuro d’ una Conversione di San Paolo ,
e d’ una Resurrezione a olio , che per te-
stimonio di Carlo Vaumander Pittor Fiam-
mingo era de^na di molta lode. Sioailmen-
te in un villaggio , chiamato Hooglede, vi-
cino a Boesseiaer, ia una Chiesa era un
Carel d’ Yper. 35 r
Giudizio universale a olio, fatto col!’ a j il-
io dì Glaes Suelìaert suo discepolo , che fu
assai valente io dipigoere architetture e
spartimenti , che morì a Tornay V a imo
i6oa. in età di sessa nt’ anni. Si so a veduti
disegni di Carlo in sulla maniera del Tin-
to retto : e fra questi il citato Vanmander
fa menzione d’ uno bellissimo , fatto colla
penna , dov’ era nostro Signore in gloria , e
abbasso ì quattro Evangelisti» in Ganfc era
di sua mano una Natività del Signore» Fu
questo artefice stimato il migliore di sua
patria , come quegli che aveva fatti studj
in Italia ed altre provinole; ma fu di na-
tura cosi iracondo, che pochi potevan trat-
tare eoo esso lui : ed i suoi discepoli ,
de’ quali uno fu Pieter Ulerick di C>rtray9
del quale abbiamo parlato, ancor essi erari
forzati tosto a lasciarlo. Deliberò poi di
andarsene a Tornay , dove fu ricevuto cosa
grande accoglienza da’ Professori , i quali
F invitavano spesso a desinare, ed altre
dimostrazioni di cortesia gii facevano. Oc-
corse un giorno 5 che nell’ esser egli a de-
sinare con alcuni di loro, fu mosso un di-
scorso sopra ìe loro donne e figliuoli. Uno
di questi s’impegnò a dire, che Cario ave-
va una bella donna, ma che non oe ave-
va figliuoli ; al che soggiunse un altro :
Cario tu non meriti di vivere fra gli uo-
mini, per avere uoa sì bella donna, e
non saper far figliuoli. Queste forco per
Carlo male parole , perchè come uomo di
SSs Dec. V. della. Par. T. del Sec. IV.
forte apprensione e molto fisso comin-
ciando a pensarvi sopra, diede in tal ma-
linconia , che e non fu poi più modo ,
che si potesse rallegrare. Poco appresso ,
un giorno dopo desinare, nell’ andare egli
a spasso fuori di Cortray vicino ad un fiu*
me , che passa per la medesima città, dis-
se di voler toccare il fondo di quel fiume.
Credettero i compagni , eh’ e' si volesse an-
dare a bagnare , perchè faceva gran caldo.
Ma ciò che seguì di poi la medesima sera,
fece conoscere , che Carlo raggirava pel
suo cervello altri pensieri, che di fuggire
il caldo della stagione ; perchè nel trovarsi
eh’ ei fece co’ medesimi a cena all’ osteria
( dove si trattenne sempre con segni d'una
profonda tristezza ) essendogli da uno dei
compagni fatto un brindisi , domandogli
se e* voleva rispondergli con bianco o ros-
so , l’infelice Carlo con un coltello che
teneva in mano sotto la tavola , si diede
una ferita nel getto, facendo correre il
sangue sopra la medesima tavola , e disse:
Ecco il rosso. Furongli subito attorno tutti
i compagni per soccorrerlo ; ma egli non
facendo altro , che ridir le parole : Io non
son degno di vivere, con esse in bocca si
venne meno. Allora temendo tutti dei ca-
so della sua morte, per paura di non ca-
dere insieme con esso nelle mani della
Giustizia , si partirono di quel luogo , e
lo menarono seco in un Convento , chia-
mato Groenioge : quivi cercarono di risto-
Carel d’Yper. 353
rarlo e coasolarlo, giacché per essere il
colpo andato a ferire una costola , non
dava per allora la ferita segno evidente
d’esser mortale ; tanto che Carlo si rmven-
De alquanto, e domandava a ’ compagni ,
che cosa avesse fatto : quindi chiesta carta
da disegnare cominciò a rappresentare un
Inferno, e intanto forte gridava: lo san
dannato. Quelli che lo custodivano ( frai
quali era Olivier Bard Pittore di Bruges ,
con altri ) avevano molto da fare a tener-
lo , finché coll’ aprirsi e serrarsi ad ogni
poco la ferita a cagione della sua grande
inquietudine , egli s’aggravò di tanto male,
che in brevi giorni miserabilmente si morì
Fanno i564» Dissesi allora , che costui aves-
se in Roma o in altro luogo d’ Italia ,
un’altra moglie: e che ciò gii fosse avve-
nuto per giusto gastigo de Cielo, per aver
egli così bruttamente contra le umane e
divine leggi abusato il pruno matrimonio.
Nel che ci rimettiamo a ciò che fosse ita
verità. Il suo cadavero fu sepolto nello
stesso Convento di sopra mentovato di Greo«
niuge.
Baldinuccì Voi 9 V1L
nS
354
JAQUES GRIMMAER
PITTORE IN ANVERSA
Discepolo di Mathys Kock ,
fioriva nel 1546.
f provasi , che del 1546. entrasse nella
Compagnia de’ Pittori di Anversa Jaques
Grimmaer,il quale in primo luogo aveva
studiato i precetti dell’arte nella scuola di
Mathys Rock , e poi in quella di Cbri-
stiaen Queburgh in Anversa. Questo arte-
fice col molto disegnare eh’ ei fece , e poi
colorir dal naturale cielo e vedute intorno
ad Anversa , si fece così valente nel dipi—
gner paesi, che attesta il Vanmaoder Pit-
tor Fiammingo non aver mai in quelle
parti veduto meglio. In figure non è molto
noto quanto valesse: fu studioso di lettere
umane, e uomo d'altre buone qualità.
Me ri finalmente nella stessa città d’Anversa^
e Topere sue rimasero appresso d'ogni per-
sona in molto credito e stima.
355
CORNEIJS MOLEN \ER
PITTORE D’AVVERSA
Fioriva nei i55o.
>^uesto Pittore, che pel difetto degli
i j occhi fu chiamato Cornelio guercio f fu
in Anversa bravissimo in fare di paesi a
! tempera ^ e in tutto ciò che all’ inventargli
apparteneva , fu dagl’ intendenti dell* arte
molto stimato. Era suo costume il lavorar
per questo e per quello a giornata : ed
era tanto franco , che in un giorno con-
duceva ogni gran quadro ; che però era
desideratissimo da’ Pittori in lor proprio
ajuto pel grand’utile, che dal suo molto
lavorare in poco tempo ad essi ne veniva.
Ben è vero , che fu così dedito al bere ,
che spesso non poteva lavorare. Visse in
gran povertà e stentatissimaimnte , a ca®
356 Dec. V. bella Par. T. del Sec. IT.
gione , come dicevano , della mala econo-
mia della donna sua , la quale non sapen-
do punto usare il danaro , era , come noi
sogliamo dire per ordinario, sempre indie-
tro due ricolte ; onde per lo più al pove-
ro uomo conveniva il dipignere per gua-
dagnare i già molto avanti spesi quattrini ;
che però alla sua morte rimasero molte
opere imperfette. Seguì la morte di que-
st’ uomo nella città d’ Anversa. Il tempo
non è noto : questo sappiamo , che le sue
pitture restarono in grande stima appresso
d* ognuno, La maniera di questo artetice
fu alquanto imitata da un tale Jan INagel
di Haerlem , o Alckmaer , che anche lo
superò nelle figure, e morì all’Haya l’anno
1602.
357
FRANS FLORIS
PITTORE D’ ANVERSA
Nato nel i5ao. + iSyo,
F a nella città <T Anversa circa P an-
no i45o. un molto onorato cittadino, chia-
mato Giovanni de Uriendt Floris , che in
nostra lingua vuol dire Giovanni amico
del fiore, uomo di molto ingegno, che atten-
deva alT agricoltura. Questi alla sua morte,
che seguì T anno t5oo. lasciò due figliuo-
li Claudio, e Cornelio. Il primo riuscì ec«
celiente Scultore in legno , e nella città
d’ Anversa sua patria intagliò molte belle
figure; Cornelio, che poi morì nel i54Q«
fu Scultore in pietra , ed ebbe «juattr® fi*
/
358 Dec. V. della Par. I. del Sec. TV.
gliuoli , che tutti furono pratichi nel di-
segno. Uno fu un altro Cornelio , eccellente
Scultore ed Architetto , che fece pure iu
Anversa assai belle fabbriche : tali furono
il Palazzo della città Pacale , il Palazzo di
Oosters che in nostra lingua vuol dire
Domus Austrialis , ed altri simili edificj ,
e morì Panno i575. Jacopo dipinse bene
in vetri e in tele. Giovanni , il quarto fi-
gliuolo , fu celebre in dipigoere storie in
vasi invetriati a foggia di porcellana , e fu
il primo che in quelle parti usasse tal ma-
estranza : per quella fu ricevuto in lspa-
gna al servizio del Re Filippo , e quivi es-
sendo ancora assai giovane si morì. Fran-
cesco che è quello , del quale ora parlia^
mo, attese da principio alla Scultura , e
fece alcuna di quelle figure di metallo ,
con cui eran solite coprirsi nelle Chiese
le sepolture. Ma perchè non era quello il
fine per cui P aveva destinato la Natura
che lo voleva pittore; arrivato eh’ e’ fu
all’età di veni’ anni 9 abbandonata la scul-
tura e la patria 9 se n’andò alla città di
Luyck , vicino a Mastrick, e quivi si pose
sotto la disciplina di Lamberto Lombardo,
che era allora il primo pittore di quella
città , e stettesi con esso finch’ egli ebbe
appresa del tutto quella sua maniera , la
quale sempre poi procurò di seguitare.
Partito poi di Luyck , se ne venne a Ro-
ma , dove , come se pure allora avesse co-
minciato a studiare , si mise a far gran
Fràns Floris. 3Sg
fatiche , misurando e disegnando di ma-
tita rossa quanto d’antico e di moderno
potè venire a sua cognizione , e particolar-
mente i! famoso Giudizio di Michelagnolo:
i quali suoi disegni in processo di tempo
dati alle mani de’ suoi discepoli , e da essi
furtivamente calcati , si sparsero in molti
luoghi di quelle Provincie. Tornatosene
poi alla patria vale ni’ uomo , fu d’ ammi-
razione a tutti i professori , desiderato dai
Grandi , e talmente amato da’ suoi citta-
di ni , che iti breve tempo abbondò di tante
e di così orrevoli occasioni d’operare , che
non è possibile a dirlo : e a me basterà
notarne in questo luogo alcune poche. Per
l’Altare maggiore della Cappella nella Com-
pagnia degli Schermitori nella Chiesa delia
Madonoa fece una gran tavola , dove con
maraviglioso artifizio e invenzione espresse
Sa caduta di Lucifero, con gran quantità
d’ignudi , e un Drago con sette teste, che
a vederle mettevano terrore e spavento ; ©
negli sportelli dipinse con altre cose il
Superiore di quella Compagnia. Per la me-
desima Chiesa fece la tavola dell’ Aitar
maggiore coll’Assunzione di Maria Vergine,
e bellissime figure panneggiate a maravi-
glia. Per la stessa Chiesa poi fece una stu-
penda tavola della Natività del Signore,
rappresentata nello scuro della notte. Ma
queste belle opere sortirono ancora esse
la stessa fortuna dell’ altre molte d’altri
eccellenti Maestri , di cui s’è parlato altro-
S6o Dec. V. della Par. I. del Sec. IV.
ve. <Y esser nel reinpo che furon distrutte
le immagini, disfatte dagli Eretici, quan-
tunque non sia mancato chi abbia detto ,
che la tavola dell' Assunta fosse portata
nell* Escuriale di Spagna. In Ghent, dietro
alla Chiesa di S. Giovanni , erano di sua
mano quattro sportelli doppj nella Cap-
pella dell’ Abate di S. Bavo , fatte fare dal-
V Abate Luca. Dentro erano storie di San
Luca , e di fuori una Madonna col Bam-
bino Gesù , ed altre figure : e fra queste
era dipinto l’Abate Luca , genuflesso con mi-
tra in capo e abito Pontificale : nella qual fi-
gura fece conoscer prancesco l’eccellenza del
suo pennello anche in ciò che apparteneva ai
ritratti. Dipinsevi ancora un cane così natu-
rale, che il Vanmander Pittor Fiammingo,
afferma aver veduto un giorno , che quel-
li sportelli erano in bottega di Heere suo
maestro, stativi portati per liberargli, nel
tempo di quei tumulti , dalle mani degli
Eretici , servendo intanto per istudio dei
gmvani di quella scuola: afferma, dico,
d’aver veduto , che i cani andavano intor-
no a quello sportello fiutando quel cane
dipinto , quasiché rappresentasse loro esser
vivo. Le storie rappresentavano quando
San Luca scrisse il suo Vangelo , dettatogli
da Maria Vergine : similmente la sua Pre-
dicazione : quando ritrae la Madonna al
naturale : e quando è fatto prigione : e ia
questa si vedeva in lontananza il Santo
appeso ad un albero d’uliva. In tutte que-
Fràns Floris. 36r
Ste storie sono ritratti maravigliosi d’uomi-
ni e donne d’ogni età, e arie di teste ma-
ravigliose. A Midelburgh era in casa Mel-
chior Wintgis un quadro delle nove mu-
se , e nella stessa città si vedeva una gran
tela piena d’ignudi d’un banchetto di Dei
marini. In Amsterdam in casa Gio. Vau
Endt era una tavola, dov’ egli aveva rap-
presentato Cristo in atto di chiamare e
benedire i fanciulli, dov’ erano ritratti d’uo-
mini e di femmine con belli adornamenti
d’abiti e acconciature , ed i fanciulli mor-
bidi e delicati. Similmente un qnadro di
Adamo ed Èva cacciati dal Paradiso : ed
una storia di Caino , che piagne 1’ uc-
ciso fratello. In Anversa appresso Claes
Jonglingh in una stanza , chiamala la
stanza d’ Ercole , eran dipinti dieci qua-
dri de’ fatti d'Èrcole , che poi furono inta-
gliati da Cornelio Curi , cavandoli da al-
cuni disegni , che ne aveva fatto Simon
Janstz Kies d’Amsterdam, discepolo di Kems-
terck , e dello stesso Francesco Floris , il
quale ebbe una bella maniera di tratteg-
giare colla penna. Nell’ occasione della ve-
nuta di Carlo V. in Anversa , dove fu ri-
cevuto con gran pompa , ebbe il Floris
l’incumbenza di molti lavori per l’appa-
rato: e fra le altre cose gli toccarono a
fare alcune grandissime figure , e come
quegli, che era franco e spedito nell’ ope-
rare quanto mai si racconti d’altro pittore
stato fino a* suoi tempi, arrivò a farne
36^ Dec. V. della Par. I, del Sec. IV®
fino a serte il giorno, e per io più in un’
ora per ciascuna se ne trovava spedito : e
avendo poi finite l’opere che egli doveva
fare , che occuparono il tempo di sei set-
timane 5 si mise a seguitar quelle che erari
toccate a’ suoi giovani , da’ quali riceveva
sei scudi al giorno. Nell5 arrivo pure in
Anversa del Re Filippo , essendo stret-
to il tempo per allestire il necessario
ornalo pel di lui ricevimento , dipinse il
Floris io un giorno una gran tela , dove
figurò la Vittoria con alcuni schiavi inca-
tenati, e appresso ricchissimi trofei d'armi
antiche, e questa riuscì tanto bella, che
fu data subito alle stampe. Dipinse anche
la facciata di sua casa, della quale parle-
remo appresso , dove rappresentò» di chia-
roscuro giallo , la pittura con tutte Y altre
Arti liberali. Ma sarebbe cosa troppo lun-
ga se volessimo far menzione di tutte le
opere sue 5 le quali furono tante in nu-
mero , e così belle , che furon mandate
per tutta la Fiandra e fuori; ond’ egli a
gran ragione in quelle parti si guadagnò
il nome del Raffaello Fiammingo. L 'ultime
opere eh’ ei facesse , furono un Crocifisso
e una Resurrezione pel grau Priore di Spa-
gna : l’uno e l’altro alti ventisette piedi,
e a maraviglia finiti. Sopra gli sportelli di
queste tavole dovevano essere alcune sto-
rie, le quali egli lasciò imperfette, e poi
furon finite da Francesco Purbus , dai Cri-
spiano , e da altri. Per tale e tanto suo
Fràns Floris, 363
operare , non solo il Floris era diventato
ricco , ma era tuttavia sopra ogni credere
onorato da’ gran Signori e Principi , che
del continuo frequentavano la casa sua, e
si trattenevano con lui con gran dimesti-
chezza ; ma Funa e l’altra di queste sue
felicità fecero sì , che la sua moglie ch’era
una donna ambiziosa e piena d’umore ,
tanto s’invanì, che ogni qualvolta venivano
alla sua casa Principesse o Dame di gran*»
d’essere, ella si metteva a trattare con
esse colla stessa familiarità nè più nè me-
no di quel eh’ ella avrebbe fatto , s’ elle
fossero state sue serve, con che divenuta
la favola de’ domestici e di que’ di fuora,
che dietro le spalle le facevano le risaie *
andava distruggendo gran parte di quella
gloria , che meritamente si dava al marito
per la virtù di esso. Mossa poi dalla stessa
ambizione , cominciò ad attediarsi della
Sua solita casa , parendole piccola e poco
recipiente per una sua pari ; onde tanto
disse , e tanto importunò il povero Fran-
cesco, che alla fine gli fu necessario il
comprare un posto , e quivi alzare dalle
fondamenta per abitazione propria un gran
palazzo del buon ordine antico, del quale
fu architetto Cornelio Floris suo fratello „
che anche assistè alla fabbrica. INon si fer-
marono qui gl' inquieti capricci di quella
donna , perchè nel venire che faceva bene
spesso l’architetto suo cognato, che non
viveva col fratello , a veder la fabbrica »
3^4 ^ECf delia Par. T. del Sec. IY.
e ordinare il bisognevole, soleva sempre
trattenersi con lui in casa sua : ed ella , alla
quale pareva questa una spesa gettata via 9
non solo Io guardava con mal occhio, ma
10 trattava villanamente di parole, e poco
meno che non lo cacciava di casa ; ma Cor-
nei ine che era un bello spirito, conosciuto
che ebbe l’umor della bestia , ripigliava
tutte le parole della donna, dicendo ch’ella
parlava in lingua greca molto bene , e che
quel suo ragionare in lingua greca signifi-
cava la gran premura , e’1 desiderio ch’ella
aveva di vederlo sempre in quella casa,
e che molto le dolesse, ch’egli frammet-
tesse tanto tempo da una volta all* altra a
comparirvi ; in somma esser sua volontà
11 compiacerla, con non lasciarsi per l’av-
venire tanto desiderare. E perchè la don-
na vedendosi burlata , con sempre maggior
collera tornava a dire altre parole ; ed egli
pure con altri simili concetti quelle inter-
pretando al contrario , diceva cose tanto
ridieolose , che bene spesso la medesima
donna era forzata a ridere per la rabbia ;
finché conoscendo essa di non avervi il suo
conto , ebbe per buon partito lo starsene
cheta. Così il nostro Francesco a cagione di
costei viveva una vita molto infelice nel co-
spetto di se stesso; ma assai più miserabile
per certo nel cospetto degli altri , perchè es-
sendo egli di natura allegra e compagnone ,
col Toccasi o ne del gran guadagnare ch’egli
aveva fatto in gioventù , crasi con gran
danno dell’arte sua in questi tempi dato
Fràns Floris 365
così disordinata me ute in preda al bere 9
ebe fa costante opinione, cbe nella Fian-
dra non fosse mai stato un altro simile a
lui: e diceva la gente esser restato in dub-
bio , se il Floris fosse riuscito più si ago-
lare nel dipigaere , o nel bere. Aveva tre
© quattro persoue , cbe lo venivano appo-
sta a trovare a casa , per fare a chi più
beveva: e tino di Brusseìles venivano uo-
mini ancora per tale effetto in Anversa:
nè io ardirei di dire quello , che ora son
per dire , se ciò anche non avesse lancia-
to scritto il Vanmander: Che una volta
sei di queste tali persone , tutti gran be-
vitori , cenando con lui non erano anco-
ra a mezza cena f eh' e’ cascarono dalla
panca per non poterne piti : due altri ,
dopo essevsi retti alquanto , fecero lo stes-
so : F ultimo ancora andò più avanti , ma
alla perline cedendo , disse: Che si pittore
in questa cosa del bere poteva esser suo
maestro. Soggiunge ancora Fautore un’al-
tra cosa , che a me pare quasi incredibile,
ed è : eh’ egli una volta si trovò a tavola
con trenta persone di campagna , tutte
del mestiero di far paoni , ciascheduno
de’ quali dava a lui un bicchiere di vino:
ed egli dopo aver bevuto ne dava un bic-
chiere a tutti loro : e già aveva egli be-
vuto sessanta volte ? quando gli altri sola-
mente due volle: e che di questo si van-
tò la sera tornando a casa co’ suoi giovani
366 Bec. V. della Par. I. del Sec. XV.
scolari. Di questa sua detestabile inconti-
nenza fu il Floris non poche volte av-
vertito dagli amici , fra’ quali uno , che
componeva bene in rima per destramente
correggerlo, gT invsò un Capitolo, in cui
tìngeva di raccontare un sogno, eh’ egli
aveva fatto, nel quale diceva essersegli dato
a vedere Alberto Duro, che dopo aver con
lui lungamente e dottamente discorso del-
le cose deli’ arte e degli artefici , venendo
a parlare del Floris gli aveva dato gran
lode per quello che alla sua professione
apparteneva ; ma poi era arrivato a dire ,
che tutto il proprio onore andava egli da
per se stesso distruggendo col viver eh’ ei
faceva così sregolato: e concludeva il Ca-
pitolo in questo senso : Se voi non pre-
state fede a quanto io vi dico per essere
un sogno , pigliatelo per una cosa detta
a voi. Ma perseverando egli in tal manca-
mento si accorciò molto la vita: e Tesser
sempre su i bagordi , aggiunto alle grandi
spese , che gli convenne fare per tirare a
fine Tìncominciata fabbrica dei Palazzo ,
lo ridusse a segno, che dove coll’arte sua
si era formata un’ entrata in casa di tre-
cento scudi T anno , egli si ridusse final-
mente senza entrata , senza capitale, e con
molti debiti, i quali al certo egli avrebbe
potuto pagar facilmente, e rimettersi in
posto , s’ egli avesse voluto , o per così
dire ornai potuto lasciare quello sregolato
modo di vivere , che in ultimo lo ridusse
Frans Floris. S8y
in isfcafco tale di mala sanità , cbe giunto
ali’ età di cinquant’ anni , tanto più pove-
ro di quel eh’ egli era quando si mise
all’ arte , quanto maggiori erano i debiti 9
eh’ egli aveva contratti vivendo , fu colto
dalla morte l’anno 1570. e fu onorevol-
mente sepolto nel giorno appunto della
festa del Patriarca San Francesco. Fu il
Floris 9 come abbiam detto , uomo di se-
gnalato valore nell’ arte sua, della quale
era tanto innamorato , che toltone il mol-
to tempo , eh’ egli impiegava ne* mentovati
bagordi , non lasciava mai di operare , so
ìito dire , che non gli pareva di vivere se
non quando e’dipigneva: e spesse volte
venendosene a casa mezzo Briaco , subito
metteva mano al pennello. Usò di far le sue
figure assai muscolose ; e furono gran parte
delle sue opere per la rara bellezza loro inta-
gliate in rame , e date alle stampe ; ma
non possono queste far punto conoscere ,
a chi non vide i colpi del suo pennello *
qual uomo fosse il Floris , perchè gl' in-
tagli furon tolti da’ disegni fatti da’ suoi
giovani, e non da lui: e quando anche gli
avesse egli medesimo disegnati; contuttociò
diremmo lo stesso , perchè ehi intaglia, sia-
si pure quanto vuole valenf uomo , non
mai arriva a gran pezzo al disegno e alla
maniera di chi di proprio concetto e di
primo colpo dinigne. Seguitò la maniera
di Lamberto Lombardo suo maestro : e si
racconta , che una volta esso Lamberto
sentendo la fama che correva ornai da
368 Dec. Y. della Par. I. del Sec. IV,
per tutto di questo suo discepolo , venne
apposta in Anversa per visitarlo. Fu ac-
colto da lui cortesemente ; ed una mattina
nell’ essere a tavola, vinto dall’ impazienza
di veder f opere sue, lasciatolo quivi, sali*
alla stanza del lavoro: e vedute le sue
pitture , alla presenza de suoi giovani co-
ni nei ò a gridare dicendo, che il lor mae-
stro era un gran ladro , ed era stato un
gran ladro : e che i giovani sentendo que-
sto modo di parlare, non conoscendo la
persona, alzarono ancor essi la voce con-
tro Lamberto , e furon quasi in su V ado-
perar le mani,seuou che Lamberto gli quie-
tò condir loro, che non si maravigliassero
di quelle parole , perchè Francesco Floris
essendo stato suo discepolo , si poteva eoa
ragione chiamar ladro , per avergli ruba-
ta V arte e tutta la sua maniera. Lasciò
il Floris alcuni figliuoli , che furono Pit-
tori : Battista , che poi in Brusselles fu di-
sgraziatamente morto da uno Spagnuolo : e
uno che pure anch’egli si chiamò Fran-
cesco, che stette in Roma, e operò poco
lodevolmente. Ma dalla sua scuola uscirono
moltissimi Pittori , che tutti fecero gran
riuscita , come diremo nelle notizie della
vita di essi.
36g
IL PASTORINO
VA SIENA
PITTORE IN Y ETRO
Discepolo di Girolamo da Mar zitta
fioriva intorno al\ i5xo.
JNJon debbo tralasciar di fare qual»
che memoria del Pastorino da Siena , il
quale contuttoché menasse gran tempo di
sua vita io qualità dì garzone di Gugliel-
mo da Marzi! la , Pittore Francese , singo-
larissimo nel colorire in vetro; pur tutta-
via apprese tanto da quel valentuomo 9
che tornato in Italia potette fare onore
Baldinucci VoL V1L 24
3jo Deg. V. della. Par, I. del Sec, IV.
aì maestro, cpn introdurre una miglior
maniera di far lavori di quella sorta : per
lo che, non solo fu amato in vita , ma
anche meritò alla morte del suo maestro 9
che seguì del 1537. essere lasciato erede
di lui ti i vetri > disegni e arnesi, che egli
possedeva appartenenti a quell’arte, siccO’
me rimaneva anche in parte erede di sua
virtù. Il Pastorino dunque dopo la morte
del Mai ziila dipinse in vetro , compose
e adattò il bellissimo occhio , che fu po-
sto sopra la porta principale del Duomo
di Siena, al quale fece vedere molte figu-
re di Santi , con buona diligenza e dispo-
sizione condotti, ed è fama ancora ( e lo
lasciò anche scritto il Gavalier Baglioni)
che fosse opera delle sue mani 1* occhio
della Basilica di San Pietro in Roma : il
che ne fa credere^ che egli altre molte
opere conducesse in quel genere , che a
nostra notizia non son pervenute. Sappiamo
bene , che egli fu solito di operare per lo
più con disegni di Peri no del Vaga,
valoroso pittore de’suoi tempi.
-IH
In questi tempi partorì la città d’ Am-
sterdam TEODORO HQREiNHERT , che
riuscì eccellente intagliatore: e fu quegli
che intagliò molte opere di Martino fi era-
skerch : diede fine al viver suo il sessan-
tesimo dì sua età P anno i5go.
CARLETTO CALI ARI
PITTORE VERONESE
Figliuolo di Paolo Ca Ilari > nato «««•• + i5§6.
^^uesto virtuosissimo giovane opero
assai insieme con Benedetto Calieri suo
zio , e fratello di Paolo 9 e con Gabriello
Caliari suo proprio fratello: e tutti e tre furo-
no alio stesso Paolo d’ajuto in molte opere,
e diedero fine ad alcune delle sue pitture
restate imperfette per la morte di esso ,
che seguì i’ anno 1598® e particolarmente
37 2 Dec. V. bella Par. I. del Sec. IV»
al bel quadro della Manna , che è in Ve-
nezia nella Cappella dei Sacramento nella
Chiesa de’ Santi Apostoli. Fra le prime
opere che facesse Carlo, essendo ancora in
età di diciassetti anni, fu un Adone morto,
e Venere in atto di piangerlo: e simil-
mente un1 Angelica e Medoro, che nei
tronchi degli alberi imprimono i nomi lo-
ro : e questa fu poi intagliata in rame da
Raffael Sadeler. E però da sapersi che a-
vendo Paci Veronese insegnata 1’ arte a
questo giovanetto , per la grande stima
che e’ faceva del Bassano vecchio , per
quanto alla forza ed al rilievo appartiene,
volle eh’ egli stesse alcun tempo appresso
del medesimo , affinchè egli quella bella
maniera apprendesse. Dipoi dipinse insieme
con Gabriello suo fratello la gran tavola
pel Refettorio del Convento di S. Jacopo
della Giudecca : dove figurò Cristo nostro
Signore sedente alla mensa , con Levi ban-
chiere, con molti degli Scribi e Farisei :
e nella Sala del maggior Consiglio due sto-
rie d’ Alessandro III. In quella degli Au-
lì pregadi fece storie d’Ambascerie de’Persiani
alla Repubblica. In San Niccolò de Frari e in,
altre Chiese e Conventi fece co’ medesimi
altre opere. Per la Chiesa di Santa Giu-
stina di Padova dipinse pure insieme con
esso alcune istorie de’ fatti di San Paolo e
San Matteo Apostoli. Veggionsi lor pitture
iu Venezia per molte case di private per-
/
Galletto Caluhi» 373
sorte , in Trevigi, in Vicenza* e in Brescia»
Visse Carlo insieme con Gabriello suo
fratello in continua pace* e senz"' alcuna
emulazione: e dipigneva l’uno sopra l’o-
pere dell’ altro , con che accrescevano a
se stessi tuttavia maggiore onore e ricchez-
za; ma perchè non è capace l’umana con-
dizione di goder molto a lungo vera fe-
licità , appena fu Carlo all’ età pervenuto
d' anni ventisei , che soverchiamente affa-
ticato negli studj dell’arte ^ sopraggiunto
da etica febbre, se ne morì , lasciando di
se fama immortale»
Dì questo valente giovane nella Gal-
lerìa si vede un quadro da Altare alto
cinque braccia in circa , rappresentante il
miracolo di San Fridiano escavo di
Lucca , quando raffrena il fiume Serchioj,
che avea inondate le campagne circon-
vicine , e lo fa tornare nel suo letto ; V'è
il Santo Trescavo in abiti Pontificali con
in mano il Rastrello da muover terra ,
col quale va riunendo le rotture degli ar-
gini per cui sgorgavano impetuosamente
£ acquei e dietro a lui una mezza figura *
che tiene il Pastorale , le quali due figu-
re potrebbero dirsi di Paolo medesimo 3
se il nome di Carlo figliuolo di Paolo Ca-
liari , non sì leggesse in un angolo del
quadro . La Maddalena pure grazio-
samente vestita col suo vaso di balsamo
a' piedi , e posta nel mezzo della tavola ,
374 ^EC* della Par. I. del Sec. IV»
sembra totalmente di Paolo , potendosi
ragionevolmente credere essersi j introdotta
nel quadro questa gran Santa , per de-
vozione di chi ne fece la spesa . Nella
parte superiore v è la gran V ergine Ma -
dre sostenuta da nuvole e Angeli , quasi
dir si voglia , che per la di lei interces-
sione seguisse il miracolo . Questo bel
quadro , a cui per la sua mole può darsi
il nome di singolare , stette lungo tempo
come nascoso nella Terra di Castelfranco
di sotto , lontano venti miglia in circa
da Firenze , di dove , per attenzione del
Serenissimo Gran Principe Ferdinando
di gloriosa memoria , trasportato nell 9 ap-
partamento da esso abitato , e adornato
da numerosa e famosissima Quadrerìa ,
coni è noto , oggi nella Galleria della
Reai Casa si consenta*
S7S
AERTGEN DI LEIDEN
PITTORE
Discepolo di Cornelis Engeìkechis® *
fioriva nel 1640»
A.ertgen di Leiden, cioè Arnoldo di
Leida venne alla luce in detta città di
Leida in Fiandra F anno 1498, Il padre
suo esercitò P arte della Lana , alla quale
tenne il figliuolo fino alP età di diciotto
anni , a cagion di che acquistò il nome
d’ Arnoldo lanajuolo ; ma perchè da molti
chiari segni si conosceva , che non a quel-
Parte, ma al disegno F aveva la natura
destinato, fu Fanno x5i6. tolto a quellV»
/
6 Dec.V. della Par. I. del Sec. IV.
sercizio , e posto ad imparar la pittura
appresso di Cornelis Engelheehtsz , sotto
la disciplina del quale , ajutato dal genio
e dall’ essere ornai fuor di fanciullo , in
brevissimo tempo cominciò a dipignere a
ob'o e a tempera assai ragionevolmente e a
fare opere da se medesimo. Da principio
prese una maniera simile a quella di Cor-
neiisz Engelbreehtsoon , che fu maestro
del suo maestro ; ma avendo poi veduto
il modo di fare di Schoorel cercò di mu-
tarla , e seguitare la sua , come anche
quella d’Hemskercken per quello che appar-
teneva all’ architettura. Delle migliori ope-
re eh’ ei facesse , furon tre quadri fatti
in Leida per Jan Geritz Buyiewega , i
quali colori maravigliosamente. la uno era
figurato un Crocifisso co’ due ladroni , ia
Vergine colf altre donne e San Giovanni ,
e sotto la Croce la Maddalena. Nell’altro
un Cristo portante la Croce con gran quan-
tità di figure in atto di seguitare quella fu-
nesta processione, e Maria Vergine con San
Giovanni e V altre devote donne. Nel ter-
zo rappresentò Abramo quando conduce
fuori il figliuolo col fascio delle legne per
fare a Dio il gran Sacrificio. Era 1’ anno
1604. in casa la vedova di Gio. Wasse-
naer , già maestro de" Cittadini , prima
carica del Magistrato , e Tesoriere dello
Stato di Leida , un quadro della Natività
del Signore. In casa un tale Jean Adria-
ensz Kuotter erano alcune tele dipinte a
Aertgen di Leiden. 877
guazzo, dov’ egli aveva figurata Maria Ver-
gine con alcuni Angeli in atto di cantare:
e in casa di Jan Diricbsz di Monfort ima
tavola del Giudizio universale co’ portelli ,
sopra i quali aveva il Goltzio fatto dipi «
gnere un quadro a olio, benché assai gua-
sto dal tempo, in cui egli aveva dipinta
la sommersione di Faraone nel Mar Rosso,
ed cranvi molte cose degne d’ esser vedu-
te ; ma particolarmente faceva bella mo-
stra la gran varietà d’ abiti , berrette e
turbanti di quella gente. Disegnò questo
pittore assai per un certo Scrittore in ve-
tri , o vogliamo dire Pittore in vetri ,
chiamato Claes Chryvers, che noi diremmo
io nostra lingua piccolo Scrittore, e per
altri di simiì mestiere: e per varie provinole,
e per varj luoghi di quelle parti fece mol-
te opere. Fu suo costume lino da* primi
anni di non voler mai più far paesi , nè
cose morali , nè favole , ma solamente qua-
dri e tavole di devozione, e storie del
vecchio e nuovo Testamento : e in questo
suo modo di fare tirò avanti i suoi allievi.
Fu stimatissimo dagli artefici del suo tem-
po particolarmente pel buon modo ch’e-
gli aveva d’ ordinar le figure , e per la
grand’ invenzione : a cagione di che il
celebre Pittore Francesco Floris , colf oc-
casione d’ esser chiamalo a Delft a fare
un Crocifisso , partendosi d’ Anversa si
portò a Leida per visitarlo , e veder 1’ o-
pere sue» Arrivato in Leida domandò deh
3y8 Dec. V. della Par. I. del Sec. IV,
1’ abitazione di lui , che era una piccola
casuccia in luogo abiettissimo, vicino alle
mura delia città , e mezza rovinata. Giuti*
tovi non vel trovò ; onde per non per-
der la gita pregò i suoi giovani scolari ,
che dappoiché egli per veder 1’ opere dei
loro maestro era venuto tanto dì lontano,
si contentassero d’ introdurlo nella stanza
do v’ egli lavorava. Quegli lo condussero
in una stanza di sopra a tetto molto bassa
e male in essere, che era quella appunto
dove Arnoldo stava a dipignere. 11 Floris
vide le pitture: e poi preso un pezzo di
carbone di que’ giovani , disegnò sopra il
muro per quanto teneva la grandezza del
medesimo un Santo Luca colla testa del
bue , e r arme della Compagnia de’ Pitto-
ri : e si partì andandosene al suo albergo.
Tornato che fu Arnoldo , e sentito quanto
era occorso , senza saper chi fosse stato il
forestiero salì sopra , e al primo vedere
del bel disegno disse: colai che ha fatto
sì bella cosa non può essere altri che Fran-
cesco Floris. Sentito poi ch’egli era venuto
apposta per visitarlo , come quello eh’ era
d’animo assai composto, ed aveva se stes-
so in poca o niuna stima, restò forte con-
fuso che un maestro di quell’ essere fosse
venuto a trovarlo per vedere 1’ opere sue.
Per la medesima cagione non aveva nè
meno ardire d’ andare a cercar del Floris;
onde fu necessario eh’ egli medesimo lo
mandasse a chiamare: ed avutolo a se gli
Aertgen di Leiden. 879
fece grande istanza ^ che se ne venisse con
esso lui io Anversa , promettendogli gran»
di occasioni , e che non gli sarebbono sta-
te pagaie le belle opere sue a prezzi tanto
miserabili , quanto egli con vergogna del-
l’arte , e gran danno di se stesso se le fa-
ceva pagare in Leida. E non diceva cosa
lontana dal vero ; perchè oltre al non es-
sere Arnoldo punto avido del guadagno ,
occorreva per lo più che quando alcuno
gli veniva a ordinare un lavoro , prima
di cominciarne il trattato lo conduceva
alla taverna : e nel più bello della tavola
ne moveva il discorso , e si stabiliva uno
scarso prezzo alla pittura da farsi. Non
volle Arnoldo a verun patto lasciarsi per-
suadere dal Floris : e ringraziatolo della
cortese offerta , gli diede per risposta *
che più stimava egli la sua povertà che
la grandezza d’ ogni altro: e cosi il Floris
se ne tornò in Anversa , e Arnoldo se ne
rimase in Leida con gran disgusto dei
Floris , che avendo adocchiato io quest’ar-
tefice una gran facilità nell’ inventare con
altre buone parti , aveva disegnato valer-
sene cou utile nelle sue grandi occasioni.
Fu usanza di questo pittore , di non la-
vorar giammai il giorno di Lunedì: e in
quel cambio andatasene all’ osteria con
tutti i suoi giovani * benché per altro ei
non fosse punto disordinato nel bere.
Vi si trovava bene spesso anche fi a set-
38o Bec. V. della Par. I. del Sec. IV,
ti iwana , e dopo cena con un certo suo
strufrfenlo di fiato chiamato la traversa,
che egli si dilettava di sonare fosse pure
qual ora si volesse , e l’aria scura quanto
mai potesse essere , senza punto tornare
a casa, dove anche in quell’ ore era cat-
tiva tornata , se ne andava sonando per
la città: la quale usanza gli partorì mol-
te disgrazie , ed in ultimo gli costò la
vita. Due volte cadde nell’ acqua con
pericolo d’ annegarsi : e una notte da
un briaco , che era anche suo amico e
pittore , fu sfregiato nel viso. Occorse fi-
nalmente che un giorno dopo desinare
Arnoldo uscì di casa con un ricco cit-
tadino di Leida chiamato Quirinck Cla-
esz per andare a riscuotere certi dana
ri di un bel quadro 9 in cui egli ave-
va rappresentato la sentenza di Salomone:
e fece tanto tardi cbe gli convenne tor-
narsene assai di notte. Nel camminare
a quel grande scuro fu sopraggiunte
da stimolo di corporali necessità ; onde
egli cavatasi la giubba , la posò sopra
un muro d’ un fosso chiamato Vollers
Graft , e poco da lungi soddisfece al bi
sogno. Volle poi , per quanto si com-
prese , andare a ripigliar la sua giubba .
ma per la grande oscurità prese la stra-
da verso una certa apertura di un xnu
ro che faceva sponda al fosso : e volendo
andar più avanti , cadde nell’ acqua dove
miseramente morì affogato : e ciò fi
-/
/
Aertgen di Leiden. 38r
l’anno 1564. della sua età sessantesimo
sesto. Il nominato quadro del Giudizio
di Salomone t per quanto ne lasciò scrìtto
il Vanmander , ancora si ritrovava in
Delffc r anno 1604.
/
38 a
FRANCESCO
D I
FRANCESCO FLORIS
PITTORE D’ ANVERSA
Discepolo di Francesco Florisf fioriva
nel i5joe
INfacque questo Pittore io Anversa
di Francesco Floris , Pittore celebratissimo
in quelle parti , il quale , come abbiamo
nelle notizie della vita di lui accennato ,
operò con tanto valore , che fu chiamato
il Raffaello della Fiandra. Quegli però ,
del quale ora parliamo 3 che è Francesco
suo figliuolo 2 che stette a Roma, e poi
Francesco Floris. 383
tornatosene in patria operò con assai mi-
nor lode di quello , che il padre fatto
aveva ; merita contuttociò , che sia fat-
ta alcuna memoria di lui, come quegli,
che ebbe questa fortuna forse sopra o«
gni altro pittore de’ suoi tempi , che
dalla sua scuola uscissero moltissimi pittori
di grau nome , che si sparsero poi per
l’Europa , e fecero grandi opere. Carlo
Vaomauder Pittor Fiammingo, che scrisse
in suo idioma , racconta avere avuto al-
cune volte discorso con un discepolo di
questo pittore , che si chiamò Francesco
Menton di Alckmaer : e gli domandò del-
la cagione , perchè un maestro di non
eccedente abilità avesse potuto fare sì gran*
d’ uomini nella sua scuola ; ciocché appe-
na addiviene a quelli di primo grido ; ai
che rispose Francesco: la cagione, dico,
essere stata ^ perchè il Floris avendo da
fare continuamente grandissimi lavori , di-
segnato eh’ egli aveva il suo pensiero , la-
sciava poi fare a loro ; ordinando ad essi9
che si valessero delle tali e tali arie di
teste, con che i giovani pigliavano ardire,
e tanto s’industriavano, che cooducevano
le cose bene , e si facevano pratichi nel-
l’arte. Dice ancora lo stesso Vanmander ,
che discorrendo col medesimo Menton ,
fecero il conto di quanti scolari erano
usciti dalla sua scuola, e per quello, che.
allora sovvenne loro, ne contarono fino
384 ®EC- V. della Par, I. del Sec. IV.
sì numero di centoventi. Uno di questi
fu un vecchio di Ghaent , chiamato BE«
N1AMYN di GHAEN r, che nacque nel iS^o.
e ancor viveva dei 1604. e fu nel suo
tempo un gran coloritore , siccome mo-
strava una storia sopra la testata dell’ Or-
gano nella Chiesa di San Giovanni di
Gaent , la quale egli dipinse con disegno
di Luca de Heere : e quest’ artefice fece
ancora molti ritratti dal naturale. Simil-
mente fu suo discepolo CR1SP1AEN VAN-
DEN BROECKE d’ Anversa , che fu an-
cora egli grande inventore, pratico nell’i-
gnudo , e buonissimo architetto , 1’ opere
del quale si vedevano in più luoghi ap-
presso gli amatori dell’arte, e morì poi
in Olanda. Fu anche suo discepolo un
certo JOORIS DI GAENT, che fu Pitto-
re del Re di Spagna, e dipoi della Regina
dì Francia: MARTENET HENDRlC&di
Cleef , LUCAS DE HEERE , ANTONIS
BLOCKLANT , THOMAS DI ZLRIEKZEE ,
SI MONE d* Amsterdam , ISAAC GLAE-
STE3N CLOECK , inventore e pittore di
Leiden , FRANSOYS MEKTON d’ Al-
ckmaer soprannominato, che fu gran mae-
stro, buon disegnatore e intagliatore in
rame , e faceva bene i ritratti al naturale:
€ questi pure fece grandi allievi. JEORGE
BOBA buon pittore e inventore : 1’ eccel-
lentissimo FRANCESCO PURBUS di Bru-
ges: JERON FRANGKE3N di Herentas ; che
Francesco Floris. 385
da! i6o4* abitava ancora io Parigi nei
Borghi di San Germano , e fu un gran
maestro, e ritrasse bene al naturale: un
fratello del medesimo, cioè FRANS FRAN»
CKEN , ancora esso gran pittore , che en-
trò nell* Accademia d’ Anversa l’anno i56r0
e morì in giovanile età: ÀMBROS1US
FRANCKEN , il terzo fratello, che in An-
versa nell’ ordinare le sue figure fu eccel-
lente : JOQS DE BEER d’ Ùtrekt, il quale
abitava appresso il Provinciale del Ve-
scovo di Tornay , e morì in Utreckt: HANS
DE MAJER di Herentals: APERT FRAN-
CEN di Delft , che non fece gran cose,
ma fu buono ordinatore di figure , dipinse
Baccanali, de’ quali faceva assai copie, e
anche colorì al naturale : LO YS di Brussel-
les buon pittore e sonatore di Arpe e di
Chitarra : THOMAS di Cocklen : un MU-
TOLO di Nirnega : HANS DAELMANS
d’ Anversa: EVERT d’ Amerfoort: HER-
MAN VANDERMANS, nato in Briel , che
1’ anno 1604. abitava in Delft. Questi do-
po la morte dei Floris andò a stare ap-
presso trans Francken , dove copiò il ri»
tratto d* un Cavaliere di Croce bianca, di
mano del Floris , in atto di tenere una
mano sopra essa croce : sopra la qual©
Evert dipinse un ragnatelo colle gambe
lunghe , e col suo sbattimento , e stava
tuttavia operando. Arrivò il maestro , e
veduto quell’ animale, disse al giovane:
Vedi quanto sono stimate le tue fatiche ,
Baldinucci Voi VII .
§86 Bec. V« bella Far. I. del Sec. IV.
che infine i regnateli ti vengono a spor-
care il lavoro : e col cappello fece gesto
di cacciarlo via ; vedendo poi , eh’ egli
era dipinto* si vergognò, e disse al giovi-
ne , che noti lo scancellasse, ma lo lascias-
se stare così : di che il giovane molto si
gloriava , parendogli d’ avere ingannato il
proprio maestro. Fu anche scolare del Flo-
ris HERMAN VANDERMAST , che partì
alla volta di Parigi , dove stette due anni
appresso V Arcivescovo di Bourges , e vi
dipinse no Sao Bastiano. Nello stesso quadro
ritrasse una mula , e gran quantità di
erbe al naturale , delle quali alcune si
vedevano essere state peste co’ piedi , e
molte furon conosciute dal Medico del Re
pe’ nomi loro: a ragione della quale opera
Ermanno fu domandato al Vescovo dallo
stesso Re. Andò poi ad abitare da Mon-
sieur de la Queste, Cavaliere dell’Ordine,
Presidente e Procuratore Generale di quel-
la Maestà , dove gh furon fatte gran ca.
rezze. Steltevi sette armi , quattro de’ quali
in carica di Scudiere della moglie del suo
padrone, che era una Dama delia Regina,
di quelle che là chiamavano F glie delia
Regina : e andava per tutto in carrozza
della medesima. Un giorno nell’ andar egli
alla Corte con quella Dama in tempo di
Carnovale mascherato , la Regina Madre,
che molto amava la Db ma e la virtù del
Pittore, volendo onorarlo con grado di
nobiltà , gii donò una Spada, la qual©
Francesco Floris, 38^
volle , che portasse sempre. Ciò fece la
Regina mentre egli era mascherato: per-
chè essendole stato chiesto da altri quel-
Y onore per non dare ad alcuno gelosia *
volle mostrare di aver data la spada al
primo Cavaliere , che se le fosse presenta-
to davanti in quell’ allegria. Ma questa
nuova onorevolezza del pittore fece sì,
che egli affezionatosi alla Corte, perdè
F affetto al dipignere, e non tirò più a»
vanti , che per altro sarebbe riuscito un
gran maestro. DAMIAEN YA^DERGAUDE
fu a neh’ egli discepolo del Floris , e fu
fatto Arderò del Re , una Guardia nobi-
lissima, che guarda la persona di quella
Maestà, di grandissima rendita, carica,
che per lo più usavan cavare da’ Soldati
riformati. Uscirono ancora dalla scuola di
Francesco, HIEROON VANYISSEN ACK ,
STEVEN CRQONEMBORG di Hage, e DIR»
CKVANDERLAEN d’Haerlem , il quale fu
bravo nelle cose piccole : per avanti aveva
avuta scuola da Marten di devia : e an-
datosene in Ispagoa molto vi crebbe ita
valore e io fama.
388
HANS BOL
PITTORE DI MA LINES
Fioriva nel 1570
D«i mese di Dicembre deir anno
j534» di molto onorata famiglia nella città
di Malines nacque Hans Boi. Appena giun-
to alla età di quattordici anni, stimolato
dal genio si mise ad imparar l’arte del
disegno appresso un ordinario maestro
della sua patria. Stette con esso due anni,
dopo i quali volle fare un viaggio a Hey-
ddbor&s e consumati altri due anni fu di
Hans Bol. 889
ritorno a Malines, dove non prese altri
maestri , ma da per se stesso andava di-
segnando e rappresentando belle vedute
di paesi , con che s9 acquistò una bella e
molto allegra maniera. In Gbaertt , in casa
di Gio. Vanmander , cugino di Carlo Van«
mander Pittor Fiammingo , che queste
cose nel suo linguaggio ci lasciò scritto,
era di mano d' Hans Boi una gran tela
a guazzo , nella quale egli aveva rappre-
sentato la favola di Dedalo e Icaro , vo-
lanti per aria : dove si vedeva sorgere un
masso in mezzo ali’ acque , in cui era
una grotta , e sopra al masso figurato un
bel castello con diversi alberi : e il tutto
faceva riflesso nell’ acqua con tanta natu-
ralezza e verità , che più non si poteva
fare : vedevansi anche galleggiare sopra
le acque le penne , che andavano caden-
do dall' ali disfatte dall" infelice Icaro. Nel-
Ila prima veduta di questo vaghissimo pae-
se era un pastore co' suoi armenti , ed un
contadino , che arava un campo , condotto
molto artihciosamente. Altri molti e belli
paesi fece egli nella sua patria, dove 1’ o-
pere sue furono assai stimate , e da’ mer-
canti cercate e pagate a gran prezzi. Oc-
corse poi Panno 1672. che quella città
fu saccheggiata dagP Imperiali , e a lui
toccò a perdere ogni suo avere; onde se
ne fuggì ad Anversa quasi ignudo : ricco
però della sua virtù , a cagione delia qua-
le vi fu onoratamente ricevuto da un tal
3go Dec. V. bella Par. T. del Sec, IV.
Van Belle e Aotonis Covureur , che lo
rivestii ono 9 e gli fecero uh ite carezze- In
questa citila fece egli un libro di diversi
pesci ed altri- animali al naturale, che il
Yatimander afferma fosse cosa mara vogliosa:
ma gli convenne abbandonare il dìpigner
paesi in tela per essersi accorto , che i
paesani di quella città gii compravano e
copiavano , e le copie vendevano per sue.
lo quel cambio si mise a fave paesi con
istorie , nelle quali gli parve esser più si-
curo da simile inganno. Avvicinandosi l’an-
no 1 584- per levas si dall’ imminente peri-
colo de' tumulti , lasciala Anversa se n’ an-
dò a Bergben-opsoom , e di là a Dort ,
dove due anni si trattenne: quindi se ne
passò a Delfi, e di lì ad Amsterdam,
dove dipinse la città dalla parte di mare
colla gran Copia delle sue navi , ed anche
dalla parte di terra , con bellissime vedute
di vdlsggi : e fecevi molte altre opere ,
colle quali guadagnò gran danari. Appres-
so di Jaques Razet era un Crocifisso gran-
de , con gran copia di figure e cavalli in
un bellissimo paese , opera di ricca in-
venzione e diligentemente firma. E in som-
ma le piume di quest’ artefice vi furono
in tanto credito, che del continuo si ve-
devano uscir fuori in istampa. Seguì Ja di
lui morte nella stessa città d’ Amsterdam
Fanno 1 5c)3. a’ 20 di Novembre. Non
lasciò figliuoli.* ma ssbbene restò alla mo-
glie uà figliuolo , nato del suo primo ma-
Hans Bol* 3gi
trimonio f che si chiamò Boels 9 che fa
discepolo di Bols. Questi ancora fece bel-
lissimi paesi : e morì pochi anni dopo
il suo patrigno e maestro. Ebbe ancora
Hans Boi un altro discepolo , chiamato
JACQUES S AVERI! di Gortray, che fa
il migliore , che udisse dalla sua scuola :
operò bene e con diligenza. Si morì di
peste F anno i6o3. in Amsterdam , lascian-
do un suo fratello e discepolo, chiamato
ROELANDT SAVERII , che non fu nel-
l’opera r suo punto inferior al fratello. Il
ritratto d’ Hans Boi si vede in istampa fat-
to dal Goltzio , il quale , come attesta il
Vanmander, riuscì somigliantissimo.
DELLE NOTIZIE
3§3
DE' PROFESSORI DEL DISEGNO
DA CI MA BUE IN QUA
DECENNALE I.
della Parte li. del Secolo IV*
DAL MDL. AL MDLX*
BARTOLOMMEO AMMANNAT1
SCULTORE E ARCHITETTO
FIORENTINO
Discepolo ài Jacopo San s ovino ^ nato i5ii*
morto i5g2.
IP rotondissimo , e del tatto impene-
trabile segreto della sempre desta ed ope-
rante Provvidenza del grand’ Iddio , scor-
ge ogni saggio intelletto , qualunque volta
egli si pone a considerare il dispensare ,
eh’ ella fa con diverso peso e misura ad
ogni uomo i talenti , con cui egli possa i
$94 Oec. I .della Par. IL del Sec. IV.
proprj studj , a seconda dell’ intenzione di
lei indirizzando, incamminarsi al suo fine.
Conciossiacosaché veggasi bene spesso talu-
no nei primo apparire dell’ alba cJegh au-
lii suoi incominciare a dare aperti segni
di possedere in se slesso, non pure una
splendente chiarezza d’ intelletto , accompa-
gnata da ben maturo giudizio , per adat-
tarsi ali’ acquisto d’ ogni più bella facoltà,
ma un genio universale eziandio a tutte,
ed a ciascheduna di esse in particolare ,
nato in lui per puro instinto , non da vo-
lubile curiosità, o per un volere inco-
stante , siedi’ egli ogni fatica sprezzando ,
e ogni timore superando per tutte quelle
conseguire , facciasi ardito di porre il te-
oero piede per iscoseesi e non più bat-
tuti sentieri , molte e diverse strade ia
un tempo stesso calcando , finch’ egli là,
dove giungere procacciava , finalmente sia
pervenuto , e faccia ormai ( stetti per dire)
che resti ili dubbio quel tanto risaputo
proverbio , che non ad un sol puro uomo
diede giammai ogni cosa il Cielo. E vera-
m nte s9 io volessi ora intorno all’ amiche
memorie andar ragionando , molti annove-
rar ne potrei , ai quali ( a differenza d’al-
tri fuliniti, che non giunsero a tanto) fu
data in sorte una simile prerogativa: ma
per non allungarmi più che d’ uopo mi
sia , e per non punto discostarmi dalle
materie , eh’ io presi a trattare, che han-
no per oggetto solamente le azioni di co-
Bàrtolommeo Ammannàti.
loro, clie più si segnalarmi in quelle bei»
Farti, che dal disegno hanno comincia-
rne» to e vita ; una sola testimonianza ad-
durrò nella persona del gran Michelagno-
lo , il quale sin dalla puerizia dotato del-
le belle qualità , che dette abbiamo , non
ebbe appena per lo spazio di tre lustri
corsa la via delle nobili fatiche sue , che
all’ anno ventesimo dì sua età pervenuto,
già potè vantarsi del pregio d’ eccellente
Pittore, d’ unico Architettore, di Scultore
impareggiabile, e di Disegnatore divino , e
non è fuori del mio proposito ( per V an-
tica amicizia, ch’ebbero sempre colla Poe-
sia queste nobilissime arti ) il dite anche
ingegnoso e molto lodato Poeta, (i)
Veggiamo poi per lo contrario addi-
venire , che altri dotati a principio d’ un
sol genio 5 o vogliamo dire ad una sola
virtù inclinati , ogni altro line dagli animi
loro e da’ loro pensieri rimovendo , al con-
seguimento di quella sola con forte volon-
tà ogni loro industria e fatica procurano
d'adattare; ma perchè nel genere delie
varie virtù ninna si trovò mai o antipatia,
o nemicìzia , ma bene aggiunta a Confor-
mità d’intenzione uria vera fratellanza, a
cagion di cui facil cosa è a chi del più
bello d’ alcuna s’innamorò, tosto di quel
(i) Per lo che alcuni gli hanno at~
k ributto per la Poesia La quarta corona „
3g6 Dec. I. della Par. II. del Sec. IY,
dell’ altr’ invaghirsi : però moki ancora so-
no stati coloro, i quali ( senz’ esservi pun-
to da principio dalla natura stali chiama-
ti) gli studj della già conseguita ad altra
rivolgendo, sonosi finalmente accorti d’a-
vere in breve giro d’ anni di gran lunga
ecceduto i prim» voleri nel conseguimen-
to d’ altre molte. Segreti in somma son que-
sti , con’ io dissi a principio, dell’alta
Provvidenza del grand’ Iddio , a cui sola-
mente intorno al dispensare i talenti per
lo governo del Mondo , la cognizione del
quando , del come , e del quanto , appar-
tiene ; ma perchè quegli di loro natura
per essere ugualmente ammirabili e pro-
fondi , ogn’ investigazione rimossa , solo una
divota maraviglia richieggono da’ nostri in-
telletti , lascio di più parlarne. Dico però,
che uno di quegli uomini , eh' io poc’ an-
zi per esemplo nel secondo luogo riposi ,
pare a me che fosse quegli, di cui ora
son per parlare , dico si nostro Bartolom-
sneo Ammarinati, il quale conciossiacosaché
negli anni primi non dimostrasse altra in-
clinazione , che alla Statuaria , ed alla me-
desima in tutto e per tutto sotto la disci-
plina d’ottimi maestri si de ucasse, e quel-
la anche per lungo tempo esercitasse , in-
vaghitosi poi in più ferma età soprammo-
do della bell’ arte dell’ Architettura , die-
desi a tale studio con tant’ amore, ed in
esso talmente s’avanzò, che per quella so-
lamente, quando non mai per altro , si
Bartolommeo Awmannatt. 3 97
meritò quel gran nome , cbe tanto ne’ se-
coli futuri lo renderà famoso, quanto du-
reranno ad essere ammirati i sontuosi edi-
ficj e T egregie fabbriche, ch’egli con
proprio modello coltrasse nella Città di
Roma , in Firenze sua patria , e altrove ,
come da quel poco , eh’ io son per nota-
re , eh’ è quanto di certo è potuto fin qui
venire a mia notizia, potrà vedersi; ed
eccoci al principio dei nostro racconto
Dico dunque, cbe d’ Antonio d’ un al-
tr’ A ntonio , che si crede da Settignano , (i)
villa presso a Firenze circa tre miglia ,
nacque l’anno di nostra salute i5ii. Bar-
tolommeo Ammannati, il quale per rotti-
ma riuscita , eh* ei fece poi ne’ buoni co-
stumi , dobbiamo credere, che fosse da’pa-
renti nella sua puerizia bene educato 5 fin-
che all’ età pervenuto di 12. anni , sicco-
me io trovo in un ricordo di propria ma-
no sua , restò senza padre ; il quale al fi-
gliuolo altra eredità non lasciò 3 cbe d’un
piccolo podere , che la valuta di trecento
ducati non eccedeva , e una casa del valo-
re del doppio , o poco più ; onde al fan-
ciullo fu necessario per campar sua vita
ad alcuna professione applicarsi , e fra le
molte , a cui avevaio la natura ben dispo-
sto , piacendogli quella della Scultura, si
acconciò con Baccio Bandinelìi celebre Scul-
(1) Quasi septinaiaaus ager.
3q8 Dec. I. della Par. IL del Sec. IV.
tore Fio reatino , e da lui apprese i pria-
cipj del disegno. Ma o fusse perchè Bac-
cio suo Maestro era di natura alquanto
fantastica e tutta contraria a quella dei
giovanetto , o per altra che se ne fosse la
cagione , stato eh’ ei fu alquanto col Ban-
dinelle , avendo sentito , che Jacopo del
Tatta Fiorentino ( che per essere stato di-
scepolo dell1 eccellentissimo Scultore e Ar-
chitetto Andrea Contucci del Monte a San-
sovino, dicevasi Jacopo del Sansovino )
stavaseoe operando in Venezia con fama
di gran Maestro » subito lasciata la scuo-
la del Bandinelle, e con essa anche la
Città di Firenze, colà sen’ andò , accomo-
dossi eoo lui , e in breve tempo nell’arte
della Scultura molto s’approfittò. Torna-
tosene poi alla Patria , e datosi con ogni
applicazione a studiare le statue di Miche-
lagnolo Buonarroti , che sono nella Sagre-
stia nuova, di S. Lorenzo , fece maggiori
progressi , onde cominciò ad essere da mol-
ti adoperato. Le prime figure eh' egli fa-
cesse in Toscana , furono un Dio Padre
eoo alcuni Angioli di mezzo rilievo , una
Leda , che fu poi man lata al Duca cV Or-
bino , e tre statue quant’il naturale, che
portate a Napoli servirono per ornare il
Sepolcro del Ssnnazzaro celebre Poeta. Fu
poi chiamato a Orbino , dove nella Chiesa
di S. C Li ara fece con molta sua lode la
Sepoltura del Duca Francesco Maria , e
in essa Città pure operò molto di stucchi;
ma essendo in quel tempo seguita la mor-
j
i
!
!
Bartolommeo Ammainati. 893
te dei Duca , con ven negli tornare a Firen-
ze , dove col suo scarpello fece il Sepolcro
di marmo che doveva esser pesto nella
Chiesa della Santissima Nuotata per Ma»
rio Nari Romano, che combattè eoo Fran-
cesco Mufi. Aveva egli figurata la Vittoria ,
che sotto di se teneva un prigione , e an-
cora aveva scolpito due fanciulli , e la sta-
tua di esso Mario sopra la cassa; ma fra ’l
non sapersi di certo da qual parte fosse
stata la vittoria , e ’J poco servizio , che il
povero Ammarinato ricevè dal Bandinelle ,
quell’ opera non si scoperse mai, onde es-
sendone poi stale levate le statue, fu quel-
la della Vittoria collocata io una delle te-
state nel secondo cortile di quel Conven-
to , dalla parte della Chiesa , presso alla
Cappella degli Accademici del Disegno. I
fanciulli (t) furono posti un di qua, e
un di là d’ avanti all* Aitar maggiore ^ fa-
cendo loro fare ufi zio d’ Angioli, che so-
stengono candellieri , e non san molti
mesi , che a cagione di non so qual dise-
gnato nuovo acconcime , sono stati tolti di
detto luogo. La statua di Mario fu porta-
ta altrove; quest’accidente di non essersi
potuta quell’ opera scoprire 9 apportò a
Bartolommeo tanto disgusto , che imman-
tinente lasciò la Patria ^ ed a Venezia di
nuovo se n’ andò. In quella nobilissima cit-
(s) In fatti hanno lo aie posticce*
4©o Deg. I. della Par. II. del Sec. IV.
tà scolpì la figura d’ uu Nettuno in pietra
d’ Istria , che fu posto sopra la Piazza di
S. Marco, Quindi andatosene a Padova ,
lavorò per Maestro Marco da Mantova ,
celebre Medico , nella propria casa di lui
un grandissimo Gigante dì pietra ; fecegli
ancora una bella sepoltura con molte sta-
tue nella Chiesa degli Eremitani , e poi si
partì da quello Stato Era 1’ anno i55o. e
deli’ età del nostro Artefice il trentesimo-
nono , nel qual tempo viveva in Urbino
Gio. Antonio Battiferri nativo di quella
Città , stato Cherieo residente in Curia , ed
aveva una sua figliuola naturale , di poi
legittimata, alla quale per esser ella dota-
ta d’ ogni virtù , voleva tutto il suo bene,
tanto più, che avendo ella ad una nobile
e spiritosa vena di Poesia , di cui le era
stato liberale il Cielo , saputo congiugnere
10 studio delle buone lettere , già era di-
venut’ oggetto d’aimnirazione per tutt* Italia,
e fuori a’ più dotti di quel secolo ; onde
al Padre altro da desiderare non rimane-
va , che il veder Laura , (i) che tal era
11 nome della fanciulla , fatta consorte
d* alcuno , che pure avesse fama di virtuo-
so ; qui dunque tendevano i suoi desi-
deri , quando riflettendo alla fama , che
non solo in Urbino sua Patria , ma altro-
(f) Di Laura Battijerra molti hanno
esaltate io sue virtù.
BARTOLOMMEO AMMANNATr. [4 Qt
ancora aveva lasciata di se F Amman-
nati , incominciò con esso trattato dell’ac-
casamento di lei , il quale ebbe suo effet-
to lo stt$;o anno i55o. agli diciassette del
mese d’ Aprile nella Santa Casa di Lore-
to , alla presenza di Girolamo Lombardo
Scultore, o vogliamo dire Girolamo Fer-
rarese discepolo d’ Andrea Contucci dai
Monte a Sansovino , eh* allora operava in
essa Santa Casa , ed un certo Don Nicco-
lò Casale , siccom’ io ho riconosciuto dal-
T antica ed autentica Scrittura celebrata
in quel luogo. Qui mi conceda il Lettore*
che trattando dell’ Am man nati , e di sua
Moglie , io divertisca alquanto , portando
in questo luogo alcune delle molte lettere*
che scrisse a questa vaiente donna 1’ eru-
ditissimo Annibai Caro , non solo perchè
da esse si ha alcuna notizia del nostro
Scultore , ma ancora perchè dalie medesi-
me conoscesi la grande slima , in che co-
stei fu appresso i Letterati di quei tempii
con cui ella tenne virtuosa corrisponden-
za; cosa che siccome ridonda in onore del
Consorte suo , del quale noi abbiamo pre-
so a trattare , così non sarà anche del tut«
to lontana dal nostro intento.
Lettera delli 6. Agosto i552.
E da vostro Consorte ,<$ da Madore
Baldinucci Voi. VII *
4os Dec. I. dell a Par. II. del Sec. IV.
na omelia in vostro nome , e da voi
medesima in prosa e in rima sono stato
salutato , e celebrato per modo 9 che mi
sento molto gravata la coscienza d'aver
Cani ' indugialo a rendervene il cambio ,
Pure Messer Bartolommeo che sa la ca-
gione , e che mi ha promesso di scusar-
mene appresso di voi, me la sgrava al-
quanto , assicurandomi ch'io non ne sarà
tenuto da voi per disamorevole , nè per
poc officioso ; benché per voi medesima
potete esser certa che ciò non può venire
da tepidezza di ajfezione, conoscendo quan-
to per infiniti vostri meriti dovete essere
amata e riverita da tutti , e da me spe-
zialmente. E potendo anco pensare , che
per ogni rispetto io mi debba recare a
molto favore d' esservi in grazia ; questo
voglio che mi basti per risposta della let-
tera , non dimenticandomi però di ringra-
ziarvi di tant' onore, e di tanta cortesia
che vi è piaciuta di farmi . Quanto al
Sonetto fuor delle mie laudi non ha cosa
che si possa riprendere , pure il vostro
Mastro tenendosi buono d'esercitare con
voi la sua prerogativa , l'ha voluto stor-
piare in ceiti pochi luoghi « V^endicatevene
contr alla sua risposta , la qual è tale ,
che si sarebbe vergognata di venirvi in-
nanzi 3 se non avesse avuto per maggior
vergogna di non rispondervi . O pure an-
eli essa merita scusa , che in questi tempii
e in questi strepiti che corrono , non ha
Bartolommeo Ammansati. 40$
potuto aver le Muse , nè molto amiche , nè
molto oziose . Se le vostre in tanta quiete
e sotto il nativo cielo vi detteranno al-
cuni! altra cosa , vi prego a farmene parte p
ma più volentieri le sentirei cantare d’ap-
presso. Ed ormai che 7 tempo vien fresco 9
mi giova credere che cominciate a pensare
di dar volta . Così doverà piacere anche a
Messer Bartolommeo per avere alle volte
altre donne d! intorno, che di marmo. In
tanto io desidero , che mi conserviate nel -
la vostra memoria , e riverentemente vi
bacio le mani.
Lettera de’ i3. Ottobre i556.
r osìgnoria non farà mai cosa , della
quale abbia bisogno di scusa appresso di
me, perchè vi scuso sempre io medesimo 9
essendo risoluto che non possiate errare 9
e tanto meno in essere ingrata, e disamo-
revole come dubitate d'esser tenuta da
me , quandi io v'ho per V amorevolezza , e
per la gratitudine stessa ; ben mi dolgo
grandemente della vostra malattia , per
avermi privato della consolazione delle
vostre lettere , ma molto più per l'offesa
eli averà fatta alla persona vostra, la
qual vorrei , che preservasse così vigorosa 9
e così giovane ed anco se si potesse cos ì
immortale , come sarà la fama delle virtù
4©4 1* bblla Far. 11. del Sec, IY.
m del nome 'vostro ; ma poiché questi privi -
legj si concedono meno in questa vita a
quelli che più cercano di vivere nelf altra%
io vi prego che se da questo procede la
vostra indisposizione , vi risparmiate il più
che potete e dagli studj , e dalle compo-
sizioni , e dallo scrivere ancora a me , se
così vi pare , che per dolcissime che mi
sien le vostre lettere % mi è però più dolce
e più caro che siate , e che vi preserviate
sana . La lettera che mi avete scritta , ha
fatta una gran giravolta per venirmi a
trovare , essendo andata a Roma quando
io era alla mìa Commenda , e alla Com-
menda quando sono partito per Parma «
E questo sarà per iscusa ancora a me
d’aver tanto indugiato a rispondervi . I So-
netti che mi avete mandati sono tali \ che
hanno bisogno più della censura del Ca-
stelvetro , che della mia ; cioè di esser più
tosto guasti , che conci , essendo tanto bel-
li , che nell' uno e nell? altro pare che
abbiate superata voi stessa ; e se v* ho da
dire il vero ci conosco un non so che di -
verso dal vostro andare , e vo pensando
se r acqua della Porretba avesse corri-
spondenza con quella d? Ippocrene : so ben
questo che s' io P avessi presa con voi 9
come nho forse più bisogno , farei per av-
ventura altri versi eh? io non fo . E con-
tuttocìb per questo viaggio h ho fatti al-
cuni , i quali non ho temp > ora di mandar-
vi. Foì continuate a farmi favore de vo-
ti
w
lo
Di
IH
k
ì
! 1
5 c
L
1 a
! É
<
[ i
1 J
| i
I
Bartolomeo Ammannati. 4^5
i stri , purché sia senza pregiudizio della
sanità Raccomandatemi a Mastro Barbo*
lomtneo 9 e vivete lieta*
ut
Lettera de* i6. Ottobre 1562.
ilq JL\.ispondo tardi alla lettera di V, S*
ale I perchè tardi t ho ricevuta , avendomi tro-
ia j vato fuor di Roma ^ e quas 9 in continuo
Q II moto . Ora per risposta vi dico , eli io met~
j lo ben insieme alcuni miei scartafacci ,
in, j perchè così son persuaso dagli amici di
W| | dover fare , ma non già risoluto per an-
u \ cora di dar fuori , se non quelle poche
rime che mi trovo aver fatte , che pochis -
\6 sime sono , e tutte di già divolga te. Rd
2, ancor a questo non mi risolvo per altro 9
;j jl che per vergogna e per isdegno di veder -
f andar cosi lacerate % e mal addotte co -
me vanno , Ma dall' altro canto mi ci ad-
duco mal volentieri , perchè son certo di
non poter corrispondere alt aspettazione
non solo della qualità d' esse , ma nè an-
co della quantità ; veggendo , che le gen-
ti si credono di dover vedere un grand ap-
parecchio di composizioni , e sarà poi un
pialtellino di quei medesimi 3 che si son
veduti , e si dirà poi , che ha fatC assai ;
e fu poi un sorcio , e sìmili cose . Ma di-
ca ognuno che vuole , che io non posso ve-
dermele più innanzi così storpiate , e to -
'4©6 Die. T. dell a Par. IT, del Sec. ìf.
sto che la piscina si muove, il Manuzi &
darà lor la pinta . V cg/io dire , che non
aspetto altro , che la licenza di poterlo
fare , perchè fin a ora ha divieto di stam-
pare altro che cose sacre . Delle lettere io
fo ben raccolta di quelle che posso
ricuperare dagli amici , per liberarle dalle
stampe piu che per altro : avendone scritte
molte poche , che sieno degne di esser
lette. Ordino ancor alcuni registri di quel -
le che mi trovo delle faccende de ’ Padroni 9
ma queste non sì posson pubblicare . Di
quelle prime nondimeno il Manuzio me-
desimo rrìha persuaso , che ne li dia al-
cune per accompagnar V altre già pubbli-
cate , e con quest ’ occasione ricorreggere
ancor esse . Con queste si metterà quella ,
che mi avete rimandata voi , nella forma
che desiderate , con alcun altra che mi
trovo avervi scritto di più . Dove ( piacesse
a Dio ) che vi fosse così eterna , come
sarà affezionata la menzione eli io farà
di voi , e della stima eli io fo della vo-
stra virtù , la qual è ta le , eli ella non ha
bisogno d* ambizione sì magra , come d'es
ser letta ne Ili miei scritti , e direi , che
voi mi ricercaste di ciò piuttosto per fare
con questo favore un poco di vento a me,
che per acquistar laude a Voi ; se non
che mi posso dare a credere , che mi adu-
liate. V attribuirò adunque olii affé zi on vo-
stra verso di me, ed a quella modestia 9
che vi fa desiderare il testimonio del la
è
oiA
BàRTOLOT^IMEO AMMANITATI* 4oJ
fiècessaria pubblicazione delle cose vostre #
siccome lo desidero delle mie . E qualun-
que altra se ne sid la cagione , io v' ob-
bedirò da vantaggio di quanto mi ricer-
cote , e non accade , che ne facciate al-
tra diligenza per Venezia , perchè siete
più che a tempo di qua . Di voi tengo io
quella memoria che mi detta il merito vo-
stro , e rumor che vi porto me né tira Co*
recckie ad ogn ora . Così mi ricordaste
voi a voi medesima ed a Messer Inatto-
lommeo alcuna volta ; il che con tutC il
cuore vi prego a fare , e alt uno e all* aU
tro infinitamente mi raccomando .
Lettera sen?a data , si crede di
Geanajo i566.
T m Lettera di V. S* de' 20. t? otto &
bre passato è stata tanto a venirmi nelle
mani y che quasi in un medesimo tempo è
sopraggiunta l altra de* 20. dicembre col -
V amara novella della morte del nostro
Varchi t (r) la qual avevo inteso però
andar attorno , senza saper chi la scrives-
se. Dio sa di quanto dolore mi sia stato
a sentirla , avend* io il Varchi non pure
per amico , ma per una parte di me stes-
so , tanto gli sono stato intrinseco , e di
tanto tempo , ed in tante occorrenze me
lo son trovai? amorevole , sincero , e offi-
ci) Fu Canno i556.
4oS DEC. t. DILLA. PàR. II. DEL SeC. IV#
doso amico in ogni bisogno , ed in ogni
fortuna . Lasciamo stare 9 eh* oltre àlC af-
fetto dell amicizia 9 la rara virtù, sita me \
lo faceva stimare 9 e riverire davvantag*
gio , conoscendo molti pochi , che lo pa-
reggiassero di dottrina , e quasi nullo di
prontezza d* ingegno , è di varietà d' eru-
diziene. £ uz prometto , Sig. Laura , c/ze /a
morte sua m ha contaminata tutta quella
contentezza in che io mi vivea in questo
tempo ed anco gran parte della vita stes-
sa. Io rton le potrei dire còn quanto de-
siderio 1 aspettav a Viterbo per conferir I
seco la mìa ultima fatica , e godermi qual-
che giorno la dolcezza di quelC uomo. Or
è piaciuto così a Dio , e così bisogna che
sia . M ' è stato di molta consolazione in-
tendere , che V Eccellentissimo Sig . Duca
abbia comandato 9 che s9 onori la memoria
sua , in che dà saggio di quel gran Prin-
cipe , eh9 egli èi io averei più bisogno d' es-
ser consolato della sua morte > che di con-
solarne altri 9 e più tosto la posso ajuta-
re a piangere 9 che a celebrarlo ; pure fa-
rò prova in questo di lasciare qualche te-
stimonio deli ’ amore 9 che gli portavo 9 non
rn affidando in altro corrispondere al de-
siderio , che mi proponete degli altri ami-
ci. In questo tempo massimamente 9 che oh
ir ' all' essere distratto dal comporre 9 son
anc' occupato , e travagliato assai , pur
qualche cosa si farà . Delle vostre com-
posizioni non ri posso per ora dir altro
BaETOLOMMEO AMMÀNNÀf ti 4°§
non che nella prima vista mi son pia-
ciute , avendo di quel dolce 9 che hanno
tutte r altre vostre cose : ma perchè non
ho fin ad ora avuto tempo di vederle a
mìo modo , mi riserbo a scriverne un al -
tra volta , quando forse vi manderò qual-
che cosa di qualcun altro 9 e se mio Ni-
pote potrà , c impiegherò ancor lui , se
bene è anche egli occupatissimo , e di prò-
fession di leggi molto diversa dalla poe-
sia. Mi sarà poi sommamente caro 9 che
mi facciate parte di luteo ciò che si farà in
onor suo 9 e spezialmente dell ' Orazione
di Messe r Lionardo Salviati 9 il quale ho
per molti riscontri , che sia quel raro in-
telletto , che voi mi dite , e perdi era tan-
to amico di queir anima benedetta , e per
li meriti suoi io me gli sento affezionatis-
simo. Se vi parrà di fargli intendere que-
sta mia affezione 9 mi sarà caro che lo
facciate , ed anco che glie ne presentiate
da mìa parte , Della vostra verso di me „
io non posso se non tenermi fortunato ,
perchè mi pare , che sia pur assai et esser
in grazia d una sì rara donna senz alcun
mio merito. Quanti al nome di Maestro 9
io conosco , che volete la burla , ma bat-
tezzatemi come vi pare # che , parchi io sia
tenuto vostro , di questo 9 e doghi altro no-
me 9 che mi date 9 mi terrò buono 9 e sia-
te sicura , chi io son tale , e che sono sta-
to da che prima vi conobbi , sapendo per
quanti rispetti io debbo essere : e non so
4to Dec. T. della Par. ti. del Sé<5. IV.
■perchè vi debba cader questo sospetto , di
darmi fastidio a legger le cose vostre ,
avendo piutlosC a credere , che la vostra
memoria , e lì vostri scritti non ini possa-
no essere se non di molto diletto . Ma poi-
ché ne volete sicurezza da me, io vi dico $
che mi farete somma grazia , e sommo fa-
vore a farmene parte , purché vi contentia-
te , che le vegga senza carico di correzio-
ne f della quale non voglio far professio-
ne. Ma quel che sopra tutto desidero da
voi è f che non vi ritiriat' indietro dall' of-
ferta , che mi avete fatta di venire a Vi-
terbo. Fatelo , Madonna Laura , ve ne pre-
go , e ve ne scongiuro per tutte le più
care cose e più disi derate , che vi posso-
no avvenire > che non credo sieno mai
tali , né tante , che non sieno più , e mag-
giori le satisfazioni , eli io trarrò di un
tanto vostro favore , tra le quali sarà , che
mi farete in parte scemare il dispiacere ,
eli io sento di non poterv avere il Var-
chi : promettendovi di darvi tutte quelle
comodità e quegli spassi, che potrò mag-
giori , senza una ceremonia al mondo , e
con quest * occasione vedrò tutte le compo-
sizioni vostre , e vi mostrerò tutte le mie*,
e tanto più caro mi saria , se venisse con
voi Messer Bartolommeo i al quale non
mancheranno anche trattenimenti y secondo
che gli tornerà bene. Intanto se mi man-
derete F invenzioni della sua opera , mi
saranno gratissime 9 e a V. S. e a lui con
tutù' il cuore mi raccomando .
Bartoi.ommeo Ammànnati. 411
Fin qui il Caro: chi poi desiderasse
d’aver un saggio più espressivo del valore
di questa rara Donna, potrà leggere, ob
tre alle molte copie manoscritte, che van®
no attorno di suoi componimenti , il libro
intitolato , Primo Libro deli Opere To-
scane di Madonna Laura Battiferra negli
Ammannatì , stampato in Firenze nel i56o«
e dedicato alla G. M. di Leonora Du-
chessa di Firenze , e Siena . Tornando
ora alT Ammannatì; erano in questo tem-
po i suoi pensieri il procurare di far ri-
splendere sempre più la nobiltà dell’ani-
mo suo nell’ acquisto di nuove e belle
facoltadi, onde non ebbe appena effettuato
il suo matrimonio , che lo stesso armo
i55o. partì da Loreto, e se n'andò a Ro«
ma , dove di gran proposito attese a fare
studj dall’ antiche Architetture ; onde po®
tè poi , come diremo , con suo modello
condurre molte maravigìiose fabbriche ^
e lasciare scrìtto dì sua mano un hellissii
fflo Trattato di tale Arte , nel quale inte-
se di dare il modo di fabbricare una gran®
de e nobil Città, con tutte le piante del-
le sue parti principali , cioè del Reai Pa-
lazzo , de’ Tetnpj ? de’ Tribunali , delle ca-
se de’ Grandi , e mezzani Cittadini , e del-
la minuta gente , delle botteghe , delle
piazze, e delle fonti, le quali tutte cose
disegnò , e descrisse maravigliosamente®
Questa bella e gran fatica , o per meglio
dire questo tesoro , nello scorrer degli a&*
Bec. I. della Par. II bel Sec IV0
sui possiamo dire essersi perduto , ma purè j
non son molti mesi passati , che alcuni
frammenti del medesimo esposti alla pub-
blica vendita in un gran fascio di carte
diverse dì poco valore , anzi non pure
alla pubblica vendita esposti , ma dal Pa-
drone destinati coll’ altre carte a farsene
fante roste , e cartoni , vennero casual-
mente sotto P occhio del celebre Matema-
tico Vincenzio Viviani , (*) il quale aven-
do ben conosciuta la preziosità di quelle
dispregiate gioje , fattane scelta , ne volle i
esser compratore, e poi per desiderio d’ap-
pagare il genio di Luigi del Riccio suo
amicissimo (Gentiluomo di quell’ingegno ,
amore, e intelligenza di quest’ arti, eh’ è
nota ) a lui le donò , e oggi ad onta del
tempo rapportate in bella carta impe-
riale, e legate in due libri, le conserva
fra 1’ altre cose a se più care.
Nella Città di Roma dunque il no-
str® Artefice , e nel Pontificato di Paolo
III. fece alcune statue per le Scene , e
Commedia di Gio. Andrea dell’ Anguilla-
ra, (2) che doveva recitarsi nella gran
(f) Di Vincenzio Viviani maggior
ìt ogni lode tocco io alcuna cosa nel si-
gillo deW Arme gentilizia di Casa sua .
(2) Questa , che il Baldinucci chiama
Commedia , potrebb ’ essere la Tragedia
dì quello intitolata V Edipo stampata in
>
e
i
Bartolommeo Ammainati. 4*3
Sala <lel Palazzo Colonnese , e sotto 1 g
'?erno di Giulio 111. fece quattro statue
di quattro braccia 1 una per A,* rie-
grande a S. Pietro a Montone a man de-
lira deir Aitar maggiore , due S*a<; »
cioè la figura del Cardinal Antonio de Mon
ii , e quella del Padre, o come altri dicono.
Avo dello stesso Pontefice, e due » F^t
in alcune nicchie» cioè la Giustizia ,
Religione , le quali condro* d .assal JT’
na maniera. Fecevi ancora alcuni An0iol ,
e nel balaustro certi putti tondi, e ,u
ovati due teste di basso rilievo. Per que-
st’ opera era stato proposto Battello da
Montelupo, ma il Buonarroti, al qua
da sua Santità n* era stata raccomandata
la cura dell’ opera , sapendo come er
portato esso Montelupo nella Sepoltura
Papa Giulio IL velie che fosse data a
fare all’ Ammansati , non ostante una
certa tal grossezza d’ animo , eh aveva
avuta con esso per lungo tempo , a cagio-
ne d’ una fanciullesca leggerezza fatta già
in Firenze da Bartolommeo , e da munì
di Baccio Bigio, che fu poi a neh esso
Architetto e Scultore, e fu , che per
uno smoderato amore all arte , e senz a
tro fine che d’ imparare , erano industrio-
samente entrati in casa d’ Anton Mini ai-
Venezia , ed in Padova ambedue le volte
nel i565.
4*4 ^EC. I. DELLA Par, lì. DEL $EC. IV*
scepolo di Michelagnolo , e gli avevano
levata buona quantità di disegui dell’ istes-
so Michelagnolo ; della qual novità ( non
sapendosene V Autore) era corsa la do-
glienza fino al Tribunal degli Otto di Ba-
lia , benché tornati i disegni al luogo lo-
ro , e riconosciutasi la leggerezza de’ gio-
vani , non ne fosse fatta causa. Aveva
però Giorgio Vasari , a chi toccò a dipi -
goere questa Cappella 3 procurata tra loro
la reconciliazione , con mettere la cosa in
burla , dicendo a Michelagnolo , sentire
in se tanto d’amore all’ arte, che se fosse
stato a lai, non pure avrebh’ egli voluto
torre quei disegni , ma spogliarlo d’ ogni
cosa senz’ altr’ interesse che di rubargli
un poco della sua gran virtù. Per lo me-
desimo Pontefice Giulio Hi. erasi il nostro
Ammannati affaticato molto sopra gli or-
namenti , che furon fatti in Campidoglio
in onor di lui dai Popolo Romano ; le
quali tutte opere erano tanto piaciute al
Papa , che voile , che egli medesimo nella
sua Vigna fuor della Porta del Popolo fa-
cesse la fonte ornata di varie figure anti-
che e moderne , nella quale anche fece
di sua mano alcuni fanciulli , ed altre
molte cose; ma conciossiacosaché egli fosse
stato da quei Pontefice di sue fatiche mal
soddisfatte , lasciò Roma , ed a questa sua
Patria se ne tornò. Qui accolto dalla be-
nignità del Duca Gosimo I. trovò egli le
sue fortune , e spazioso campo eziandio ?
Bartolommeo Ammansati 4r^
io cui potesse fare mostra delle virtù sue,
come vedremo, La prim’ opera * che quel
magna oimo Principe gli dess’ a fare , fu
una fonte , che doveva stare nella gran
Sala del Palazzo , rimpett’ alle figure del
Bandinelle; per questa TAmmannato scolpi
sei belle statue di marmo assai maggiori
del naturale , significanti il generai dell’a-
cqua : tali furono una Giunone sopr’ un
grand’ arco di marmo , dimostrante V aria,
e sotto 1’ arco Cerere figurata per la terra,
che premendosi le mammelle, mandava fuori
quell’umido elemento, volendo dare ad
intendere, che dalla terra, coll’ajuto del-
P aria sgorgano i fiumi , alle quali figure
perciò una ne aggiunse d’ un secchio fi-
guralo per lo fiume d’Arno, ed un’altra
dJ una donna , che significava la fontana
di Parnaso; similmente un’ altra statua
fatta per la Città di Firenze , ed una che
per lo Delfino, e per l’ Ancora, che tene-
va in mano (impresa del medesimo Duca)
denotava la Temperanza , e Maturità dei
Consiglio. In tempo occorse , che il Gran-
duca Francesco fu sconsigliato dal dar luo-
go a tal opera in quella Sala , onde colle
medesime statue fece fare nella sua Reai
Villa di Pratolino una bellissima fontana,*
la quale sino a’ dì nostri chiamasi la fon-
tana dell’ Ammannato. Fece poi per la Villa
di Castello la statua di bronzo dell" Erco-
le, che premendo Anteo, lo fa scoppiare,
e fu posta sopra la fonte di mano del
416 Bec. I. dilli Par. II del Sec. IV.
Tribolo , la quale statua d’ Anteo vomita
dalia bocca gran copia d’ acqua , che circa
a otto braccia s’ innalza Terso il Cielo,
Fu ancor opera del suo scarpello la statua
gigantesca figurata per !o Morire Appenni-
3io quasi tremante di freddo ,, che si vede
in mezzo ai Vivajo nella sommità del Bo-
sco di essa Villa , e scaturisce dal suo ca-
po gran vena d'acqua. Circa a questi tem-
pi fece ancora di bronzo una statua di
Marte , una Venere , e due fanciulli , che
non è venuto a mia notizia il luogo, ove
fossero trasportati. Venuto V anno i55y .
occorse cosa in Firenze , che fu cagione ,
che ’l nostr’ Artefice desse a conoscere al
mondo i maravigiiosi progressi, che in Ve-
nezia , e molto piu in Roma fatti aveva
negli studj d’ Architettura; e furono le
terribili rovine seguite per la vasta innon-
dazione del fiume Arno , Sa qual occorse
in questo modo. Alli iz. di Settembre
venne una rovinosa pioggia , per la quale
tanto s’accrebbero V acque del fiume in
breve ora , che traboccando per ogni lato,
incominciarono fino dal Casentino a man-
dare a terra mulini , ed ogni sorta d’ edi-
ficj, in cui urtavano, fracassando Ponti
e Case, e moli’ abitatori di quelle campa-
gne uccidendo. Balla parte di Dicomaoo
a piò dell’ Alpi , per la pienezza de’ fiumi
e fossati, ae venne tanto gran copia, che
scaricandosi nella Sieve , inondò tutta la
Valle del Mugello , noia senza simili * t
Bàrtolommeo Ammansati. 4.1 f
maggiori rovine. Un tasi poi la Sieve col-
F Arno , accrebbesi io tal modo , che por»
tandosi impetuosamente alla nostra Città 9
sulle tre ore di notte , di primo colpo
messe a terra il Ponte a Santa Trinità,
quasi per tutt’ il piano della Città. Nello
stesso tempo furono rotti e portati dalia
furia della corrente due arobi del Ponte
Ialla Carraja dalla parte de' Ricasoli. Cadde
similmente tutta la sponda tra T Ponte
Secchio, e 1’ Ponte a Rubaconte, del qua-
le non rimasero se non gli archi, perchè
le sponde altresì rovinarono , e similmente
le mura di quasi tutti gli orti allagati del-
la Città , uno de' quali fu quello , che è
fra la Zecca vecchia e T Convento delle
Fanciulle del Ceppo , (i) riedificato poi
dal Duca Cosimo 1’ anno stesso , e dove
fu posta intagliata iu pietra F arme sua
con questa inscrizione , che altrove pari-
mente si vede : Cosmus Medices Diruen-
te Arno instauravit. A. D. M D. L. VII.
Nel piano della Porta alla Croce scorse
F acqua iu sì grand’ abbondanza , che ag-
gravando verso essa Porta gettò a terra
r imposte di legname, e ferramenti, che
la serravano , e nella sua prima violenza
(0 &§& io Spedate de Pazzerelli*
Buldinucci VoU KLh 27
le cui rovine fecero in quella parte di
fiume gonfiar l’acqua a segno, che supe*
rate le sponde per ogni banda, allagò
418 Dec. I. della Par. II. delSec. IV.
abbattè una casa. Quindi fattasi strada per
la città, non rimase quasi parte di essa,
che non fosse inondata. Alzò in più luo-
ghi nove o dieci braccia , con quello spa-
vento de’ Popoli , che può ciascheduno
immaginarsi. Era seguito appunto questo
accidente in tempo , eh’ essendo tutt’ i cam-
pi lavorati , potè V acqua portare con esso
seco si gran copia di terra , che non solo
riempì grotte e cantine, ma nelle stanze
terrene delle case , e nelle Chiese molto
s’ alzò , a cagion di che infinite provvisio-
ni di viveri del tutto perirono , e molte
di esse case caddero a terra; il perchè nei
luoghi che restarono inondati, che furono
per gli due ttrzi di Firenze , non si rico-
noscevano poi i siti, e fu opinione d’ aP
cuni, che questa piena fosse non punto
inferiore a quella del i333. , benché altri
credessero il contrario per essere, commes-
si dicevano , da quel tempo in poi , alza-
to molto il terreno. La gran quantità di
terra , che rimase per tutta la città , per
le case e Chiese, fu poi, come si dice,
con disegno dell’ Amtnannati , fatto Inge-
gnere del Duca, con grande spesa levata,
e servì per fare i terrapieni , che si veg-
gano intorno alle mura deila Città dalla
p.*rte di dentro io tale altezza , che una
di quelle inscrizioni ( contenente la misu-
ra legittima delle braccia della via dei
comune, dell’altezza del getto, e delle
mura, e dell’ampiezza in bocca della fos-
IBartolommeo A mm innati. 419
sa, eli’ è tra Je mura e le campora , co-
me ivi si dice ) le quali in altro luogo 9
come io testa di via della Scala si veggo-
no alte molto: ivi venne a restare quasi
al pian di terra 5 ed è quella di marmo
bianco col Giglio 9 arme della Città ^ e la
Croce , arme del Popolo , e di parte Guel-
fa , fatta Panno idio. la quale è situata
sotto un arco nell’ angolo delle mura fra
la Porta alla Croce , e la Porta a Pinti.
Per essere la Città di Firenze divisa dal
fiume d’ Arno , P accidente de" Ponti fu
cagione, che per molti mesi, per passare
dall' una all’ altra parte o bisognava cam-
minare gran pezzo di strada per giugnere
al Ponte vecchio , che era rimasto saldo :
o passare il fiume per barca con gran di-
sagio de’ Cittadini ; che però , volendo il
Duca Cosimo in parte provvedere a tali
incomodità , dell’ anno i55g. fece rifare i
due Archi del Ponte alla Carraja , de'qua-
li nell ottavo giorno d’ Agosto incomincia-
rotisi a gettare le fondamenta. Appresso fu
dal medesimo ordinato fabbricarsi di nuo-
vo quello di Santa Trinità , ed al nostro
Am man nati toccò a por mano a così nobii
impresa. Fecene egli un maravigliosò mo-
dello , e messo in assetto tutto il bisogne-
vole per quella gran fabbrica , dipoi al
primo di Marzo i566. ne cominciò il fon-
damento. Erasi osservato , che non meno
la rovina dei Ponti del i26g. che questa
del iòòy. non da altro era proceduta se
420 DeC, I. DELLA Par. II. DEL SEC. 1Y.
non dalla quantità de’Jegnami portati dalle
piene , i quali attraversandosi alle pile dei
ponti , e col tenere iti collo facendo l’a-
eque gonfiare y non solo le spandevano per
la Città , con disfacimento d’ edificj , e
morte d’ uomini, ma atterravano i me»
desimi ponti, ed ancora dalla forma delle
pile e degli archi , che per avanti erano
talmente costrutti , che 1’ acque percuoten-
do impetuosamente nelle parti principali
di esse trovavano gran resistenza , e si fa-
cevano più valide per gettargli a terra.
Al primo inconveniente rimediò la pru-
denza del Duca con una legge , che a
tante braccia lontano dal fiume d’ Arno
non si potessero per le campagne tener
legnami tagliati , sotto gravissime pene ; al
secondo s* oppose il gran valore dell’ Am-
man nati , il quale fece le pile armate di
saldissimi scogli, con angoli molto acuti
di pietra forte , nel taglio de’ quali fen-
dendosi la corrente seoz’alcun urto potesse
liberamente e prestamente passare; e quel
eh’ è più maravigli oso 9 fece gli archi di
figura ovata , acciocché anco ne9 fianchi
de’ medesimi fosse 1’ apertura capacissima ,
e del tutto vota ; e con tale bellissima in-
venzione non solamente fece apparire in
quella fabbrica una leggiadria e sveltezza
incomparabile , ma eziandio un’ invin-
cibile robustezza , colla quale ha mostrata
F esperienza di sopr’ a cent’ anni , non solo
essersi il ponte retto a grandissime piene
BaRTOLOMMEO AmMÀNNÀTIo 42S
saldo ed intero , ma possiamo anco affer-
mare , che e’ sia stato di grand’ ajuto al
Ponte vecchio e Rubaconte per non peri-
colare 5 mercè la fuga libera e pronta , che
hanno 1’ acque per esso. Dell’ altre mara-
vigliose qualità di quest’ edificio non si
può dir tanto, che non ne sia di gran
lunga maggiore il fatto. È egli tutto com-
posto di pietra forte tanto di sopra, quan-
to di sotto , e per non parlare del saldis-
I simo fondamento delle pile e dell’ impo-
stature, dico aver ì’Àmmannati nella par-
te superiore distanti tre spazj di strada ,
due, cioè da destra e sinistra, e per li
quali per esser più alti del terzo spazio ,
possono camminare pulitamente i passeg-
gieri senz’ intoppo ; il terzo eh’ è nel mez-
zo molto più largo degli altri due, serve
per lo passaggio de’ cocchi , e degli anima»
li Questo ponte ^ che restò del tutto fini-
to l’anno i56g. non solo è stimato fra i
quattro che ha il fiume dentr’ alia Città
il più hello j ma è opinione degl’ inten-
denti , eh’ egli in ogni sua parte si possa
chiamare uno de’ più maravigliosi dell’Eu»
ropa. Or tornando alla serie della vita
dell’ Ammarinati donde ci eravamo partiti;
moli’ anni avanti al soprannotato anno
1 55y. era stai’ a Carrara cavato un pezzo
di marmo di straordinaria grandezza , cioè
alto dieci braccia e mezzo, e largo cinque;
il che venuto all’ crecchie di Baccio Ban-
dinelli celebre Scultore Fiorentino, il quale
422 Dec. I. BELLA Par. IL del Sec, IV.
quand’ alcun’ occasione si scopriva d’ ope-
rare e far guadagno non mai Ja perdeva
per corta ; se n’ andò in persona a Carra-
ra , e col Padron della cava ne fermò la
compera , dandogli per caparra cinquanta
ducati. Venutosene poi a Firenze , tanto
importunò il Duca , e con proprj officj,
con quelli della Duchessa Leonora sua
consorte , che finalmente il condusse ad
approvare un suo pensiero , il qual era ,
che di quel marmo egli se ne dovesse ser-
vire per iscolpirvi un gran Gigante , per
collocarlo in Piazza , dove prima era il
Leone , con farvi anche appresso per bel-
lezza e pubblica comodità uaa beila fon-
tana, e già n’aveva fatto più d’ un mo-
dello * e mostratolo al Duca: ma trattan-
dosi di cosa grande , andò il negozio tan-
t’ in lunga, che l’anno i55g, non se n’era
ancor presa resoluzione. Intanto , o fosse
una finezza del Bandinelli per sollecitare
il Duca , o pure così portasse il caso ,
comparve a Firenze il Padrone del marmo,
il quale chiedeva il rimanente del valore
dei medesimo, altrimenti s’offeriva a ren-
der la caparra , per venderlo ad altri. Que-
sti operò , eh’ il Duca non volle perder
F occasione di tal compera , e fecelo paga-
re interamente , senza però destinare il
lavoro a Baccio , o ad altri ; laonde ebbe-
ro campo molti professori di concorrere
coi Bandinello all’ impresa deli’ opera. Fra
questi farce Benvenuto Ceiliai e '1 nostro
l
Bàrtolommeo Ammann m9 42S
Ammannati , i quali d’ accordo proposero
al Duca * esser bene , che i Professori ,
che vi pretendevano, dovessero fare un
modello , ed a quelli , che meglio operato
avesse , si dovesse dare quest’ occasione»
3Non dispiacque interameme al Duca la
proposta , e contentossi , che chi voleva
fare il modello , il facesse , senza però
prometter loro , circa il fare o non fare
l’opera, cosa particolare, portato principal-
mente dal sapere che per essere il Bandi-
nelle il migliore di quanti a quel tempo
( toltone Michelagnolo) maneggiavano scar-
pello , purché egli avesse voluto affaticarsi
per far bene , sarebbegli stata di non poco
stimolo tal concorrenza. Frattanto fu il
marmo per opera di Baccio , e di volontà
del Duca condotto a Firenze , essendosi lo
stesso Baccio ritrovato a Carrara per tal
effetto , ma nell’ istesso tempo aveva fatto
scemare il marino fin a quel segno , che
e’ credette poter servire al suo modello ,
con che lo rese così estenuato , che fu.
poi impossibile a chiunque si fosse il po«
terne cavare statua di bel concetto. Tor*=
nato Baccio a Firenze fece murare una
stanza nella Loggia di Piazza , per quivi
lavorare a suo comodo il marmo, che per
li buoni officj, che faceva la Duchessa per
lui , teneva già per suo, ed aveva avut’or-
dine di farne il modello in grande, quan-
do fu sopraggiunto dalla morte 1’ armo
stesso i55g. Fecesi allora più yiva che
4H ^ec* 1* della Par. IL del Sèc. IV.
mai la concorrenza tra’ Professori per chi
dovesse far queir opera ; pretesela Benve-
nuto Cellini j e ’l nostro Ammarinati ; ma
questi più avveduto dell’ altro fecene un
piccolo modello di cera secondo quel che
credeva di potersi cavar la statua di quel
marmo stato tanto assottigliato , e con esso
fece anoh’ un legno, che a proporzione
mostrava la lunghezza larghezza grossezza
e lo sbieco dell’ istesso marmo , e F uno
e l’altro mandò a Roma a mostrare al
Buonarroti , acciocché piacendogli, Fajutas-
se appresso al Duca , siccome seguì , il
perchè lece il Duca serrare un arco della
medesima Loggia di Piazza , e ordinò al-
F Ammannc t o il far della sua figura un mo-
dello grande quanto dovev* esser V opera.
Sentendo questo il Cellini, ch’era uomo
di poca levatura , fece grande schiamazzo
e finalmente ottenne ancb’ esso dal Duca,
che si chiudesse l’altr’ areo della medesi-
ma Loggia , dov’ egli dovesse fare un si-
mil modello Attendevano questi Maestri
ad operare sopr* i loro modelli, senza che
l’uno potesse mai vedere ciò che l’altro
faceva ; quando Gio. Bologna da Dovai
Scultore allora assai giovine, volle ancor
egli dar mostra dell’ ani aio e valor suo,
e con lui Vincenzio Danti Scultore Peru-
gino , altresì giovanetto, e con licenza
di quel Principe fecero ancor essi il lor
modello; il primo nel Convento di Santa
Croce, il secondo nelle case di Messer
Bartolommeo Ammànnatx. 4s5 -
Ovtaviano de’ Medici , e si portarono va»
tomamente , anzi quello di Gio. Bologna
fu stìmato’l migliore di tutti gli altri ; ma
perchè di lui non s’ era ancor vedut’ ope-
ra alcuna di marmo , non volle il Duca
fidargli lavoro sì grande e pericoloso.
Andato poi a vedere i due modelli del-
F Ammannato , e del Cellini , piacquegli
molto più quello dell’ Ammannato , e fra
questo» e Tesser egli Scultor vecchio» e
pratichissimo del marmo , fu a lui que-
sta grand’ opera assegnata con tutte le fi-
gure , e con la fonte. S’ applicò egli adun-
que di gran proposito a questo lavoro 5
venuto poi F anno iò63. il primo del me-
se di Marzo fu levato ’1 Leone » eh’ era
sul canto della ringhiera del Palazzo » e
murato nel mezzo della medesima, dov’ è
al presente » e quella parte di essa ringhie-
ra » che avanzava verso la Dogana , fu
spianata , e gettato il fondamento per la
fonte, e per la base del INettuuo (i)« I
marmi misti , di che essa fonte è compo-
sta , trovo, che s’ incominciassero a mu-
rare non prima , che F anno 1671. e poi
s’ andarono seguitando gli altri lavori, fin-
ché fu dal medesimo Ammannato del tut-
to finita , colla seguente invenzione. Ap-
parisce nel mezzo di un gran vaso pieno
(1) Si scoperse al Pubblico a . . G iug.
426 Dec. I. bella Par. II. del Sec. IV.
di limpidissime acque sgorganti da molti
zampilli , il qual vaso è figurato per lo
mare , il gran colosso del Nettuno alto
dieci braccia , situato sopr’ un Carro tirata
da quattro Cavalli marini, due di marmo
bianco, e due di mistio molto belli, e
vivaci , il Nettuno ha tra le gambe tre
figure di Tritoni , che insieme con esso
posano sovr’ una gran conca marina in
luogo di Carro; il vaso è di otto facce
di marmo mistio , quattro minori , e quat-
tro maggiori. Le quattro minori sono va-
gamente arricchite con figure di fanciulli,
e d* altre cose di bronzo , come chiocciole
marine , cornucopie , cartelle , e simili.
S* innalzano sul piano delle medesime cer-
ti imbasamenti, sopra ciascheduu de’quali
posa una statua di metallo maggior del
naturale , e sono in tutto quattro ; due
femmine , che rappresentano Teti e Dori,
e due maschi figurati per due Dei mari-
ni ; all’ un’ e all’ altra parte di ciascuna
di queste facce minori sono due Satiri di
metallo in varie e bellissime attitudini.
Le quattro facce maggiori son tanto più
basse, quanto basti per potersi da chicches-
sia godere la limpidezza dell’ acqua , la
quale traboccando graziosamente , è rice-
vuta da alcune belle nicchie e nei gran
vaso; ed in somma il tutto è cosi ben
disposto , e con tanta maestà ordinato ,
che è proprio una maraviglia. L* acqua di
questa fontana fu presa dalla fonte alla
f BàRTOLOMME-O A MM ANN ATI. 427
Ginevera presso di Firenze un miglio fuo-
ri della porta a S, Niccolo , facendola pas-
Isare per il Ponte a Rubaconte setto Sa
Loggia de’Peruzzi, per il Borgo de’ Gre-
ci , e poi per Piazza. Ma tornand’ alla sto-
ria , occorse circa al i563. che fu messa
in Firenze una bellissima colonna di Gra-
nito (1) di braccia tre di diametro, e d’or-
dine Dorico , che mandava a donare al
Granduca, Papa Pio IV. la quale poi del
mese di Marzo 1564. fu eretta sopr’ uu
bel piedistallo nella Piazza di Santa Tri-
nità (2) , e per dargli alcun finimento ;
fin che Romolo di Francesco del Tadda
avesse dato fine ad una grande Statua di
Porfido rappresentata per la Giustizia, che
vi si doveva posar sopra ; vi fu messo un
capitello di legname , che vi stette fin©
al i58i. nel qual anno agli i3. di Maggio
toltone quello di legname, vi fu adatta-
to quel di pietra colla statua del Tadda ;
e perchè all' Ammansato , che a quell’o-
pera soprintendeva , parve che la figura
apparisse alquanto sottile , fecevi aggiugne-
f (1) Fu r ultima Colonna , che Josse
levata ùalle Terme Antoniane .
(2) Il luogo , ove Ju collocata , è
rjuello appunto |, dove il Duca Cosimo
ricevè la nuova della Vittoria avuta con -
Ito r armi Franzesi , e Piero Strozzi nello
stato di Siena *
428 Dec. I. dell a Par. IL del Sec. IY.
re il panno, o svolazzo di metallo, che
se le vede pendere dalle spalle venuto
Fanno i565. essendo già per avanti segui-
ta la morte del gran Miche! agnolo Bonarroti
3’ Accademia del Disegno deliberò con vo-
lontà del Supremo , cT onerarne la memo-
ria col solennissimo funerale , ed acciò
riuscisse il far cosa degna del suggetto ,
e dell’ Accademia medesima 5 furono all’as-
sistenza di quel nobiì lavoro deputati due
Pittori , e due Scultori ; il Bronzin vecchio,
e ’l Vasari per Pittori, e fra gli Scultori
il Cellino, e *1 nostro Ammannato , i qua-
li in pittura ed in rilievo fecero a gran
quantità di studenti e maestri dell’ arte
condurre a fine le pompose Esequie , che
son note , le quali diedero poi occasione
ad altre celebri Accademie di Europa di
far Io stesso in morte de singolarissimi
Artefici. Aveva , più di cent’ anni avanti
a quei tempi , Luca Pitti nobil Cittadino
fatto dar principio in Firenze , non molto
lungi dalla Chiesa di S. Spirito con mo-
dello del celebre Filippo Brunelleschi , ad
un magnifico Palazzo , che poi fu detto
per eccellenza , il Palazzo de’ Pitti ; ma
essendo venuto a morte , e non potendo
forse corrisponder le forze degli Eredi a
dar compimento ad una fabbrica tanto
suntuosa , erasi stato in quel posto , che
fu lasciato da Luca, tutto quel tempo, e
già s’ era perduto ’l modello del Brunelle-
sco ; quando dalla Duchessa Leonora di
Toledo fu da quei della famiglia de’ Pitti
Bartolommeo Ammànnàtt. 429
comperato , e perchè ’1 genio del Duca
suo Consorte sempre fu di por la mano
ad opere magnifiche, determinò egli, che
! a quel gran principio di fabbrica fosse
Il dato fine corrispondente , ed all’ Ammari-
nato ne commesse la cura. Questi dun-
que con suo modello fece il maraviglioso
Cortile, e F abbellì a segno tale, che non
è chi dubiti esser questo uno de’ più mae-
stosi edifiej , che si veggano al mondo ,
nè io mi estendo qui in descriverne le
particolarità più minute, perchè ciò da
altri è stato fatto ,f e perchè crederei di
far torto alla fama , che già per tutto il
mondo corre di quest’ insigne fabbrica ,
che fu poi j ed è abitazione de’ Serenissimi
di Toscana ; ma giacché parliamo d’ archi-
tetture e di fabbriche , dico , che molti
furono gli edifiej suntuosi , che oltre ai
soprannotati fece F Ammarinato con suo
modello ed assistenza. In Roma il Palaz-
zo de’ Rueelìai , poi de’ Gaetaui nel Corso,
ed un altro incontro ad esso in sul eanto
della via de’ Condotti. Dovendosi fare la
gran fabbrica del Collegio Romano de’ Pa-
dri della Compagnia di Gesù, fra F altre
piante, che n’inventarono diversi Artefici
di valore , fu giudicata eccedere in bontà
quella dell’ Ammarinato , benché toltone
il cortile e facciata , il rimanente che
serve per abitazione, sia stato da altri as-
sai variato. In Firenze per Don Fabio À-
razzola Aragona Spagnolo Marchese di ivlon-
43o Dec. I. della Par. II. del Sec. IV.
dragone , che fa maestro di Camera della
gl, me rei. del Granduca Francesco , fece
il disegno per un suo Palazzo in sul can-
to detto per avanti' il Canto de’ Cini, poi
dal padron del Palazzo il canto a M ndra-
gone , la qual fabbrica contiene in se al-
cune vestigia deli’ antico cerchio della (1 )
città nostra. Fece anche il modello del
Palazzo, che fu già di Simone da Firen-
zuola, oggi della famiglia de’ Giugni rim»
petto al Monasterio degli Angioli de* Padri
Camaldolesi. Poco lungi da questo palazzo
•edificò per F Arte della Lana le tre belle
Case, che dopo l’edificio del Tiratojo in-
cominciando , vanno a formare il canto
detto alla Catena , voltando per la via ,
che della Pergola è chiamata; nella strut-
tura delle quali mostrò egli , come hi o-
gn’ altra sha fabbrica, la vivacità dell’ in-
gegno suo nelle belle avvertenze avute in
ciò che ad un comodo abitare appartiene,
e nella nobiltà degli ornamenti d' Archi-
tettura , che compongono le loro facciate,
ed ancora perchè egli seppe adattarne le
piante in modo , che con esser tre case
insieme unite , due delle quali formano
cantonata , e 1’ altra resta nel mezzo fra
esse due , contuttociò ognuna non solo è
(i) V ale a dire quello che si doman-
da il secondo , di che ho io messo insie~
me molte necessarie notizie .
Bautolommeo Ammainati* 43 £
della stessa grandezza , ma conlieoe la me»
desi ma quantità e qualità di servizj e
stanze, a ciascheduna delle quali dette i
suoi lumi in quella quantità, che ad esse
| abbisognavano , non ostante la differenza ,
cbe net dar luce alle abitazioni passa fra
quelle, che piglianla per di fuori , a quel»
le 9 a cui devonsi provvedere dalle inte-
riori parti : la qual cosa io medesimo ho
riconosciuto coir occasione della vicinanza
per esser una di esse ( dico quella che
volta, e per lungo tratto s’ estende in via
della Pergola ) al presente mia abitazione.
Questa casa , di cui ora ragiono , restò
finita l’anno i584 l’ altre due già avevano
avuto loro compimento poco avanti al
1677. Ma qual contento avrebbe provato
in se stesso il nostro Architetto , s’ egli
avesse potuto prevedere , cbe nell' edifi-
car Sa prima , eh' è quella appunto , che
fa canto verso il Tiratojo » egli veniva a
preparar 1' abitazione , che doveva avere
in Firenze una delle più grandi anime 9
che sino a quel tempo avesse prodotto 9
e da lì in poi fosse stata per partorire la
di lui tanto amata Compagnia di Gesù , e
pur fu vero. Questi fu Luigi Primogenito
di Don Ferrante Gonzaga Marchese di
Castiglione in Lombardia , poi Religioso
S di essa Compagnia, dico il Beato Luigi
Gonzaga, e questo senza punto cercarlo f
e credo con particolar provvidenza del
!
432 DEC* I. DELLA PàR. II. DEL SeC. IV.
Cielo, ho io ritrovato in tempo appunto
di dover dare questi scritti a’ Revisori per
la stampa , forse a fine , che facendosi a
tutti noto il luogo ove posarono i piedi
di quel gran Santo , facciasi altresì fra
noi più viva la memoria , ed accrescasi la
devozione verso di lui nella nostra città,
che si vanta , se non d’essere stata a quel-
l’Angelo da natività prima madre nello
spirito, almeno d’avere nella sua ancor j
tenerissima età a quello altamente contri-
b aito ; mentre eh’ egli , datosi in essa più j
che mai ali’ esercizio dell’ orazione , fece !
d'avanti ali’ Immagine della Nunziata di Fi-
renze il gran voto di perpetua Verginità, [
la quale egli poi fino allo spirare deli’ani-
sma seppe mantenere tanto illibata.
Sappiasi adunque , come essendo ri-
mase finite con disegno dell’ Ammannato
( come dicemmo ) poco avanti al 1577.
delle tre case le due prime dalla parte del 1
Tiratojo , occorse che D. Ferrante Gonza-
ga Principe deli’ Imperio , e Marchese di !
Castiglione in Lombardia , stretto parente
del Duca di Mantova , a cagion di sua in-
disposizione si portasse in Toscana per i
Bagni di Lucca» couducendo con seco Lui-
gi suo Primogenito , e Ridolfo , eh’ era il
secondo* avendo prese quell’ acque, sene
venne a Firenze , non pure per visitare il
Granduca Francesco , con cui teoea quel-
la Casa non ordinaria amicizia, ma a fi-
ne di lasciare l’ uno e l’altro figliuolo rac-
Bartolommeo ?Ammànnàti. 433
comaodati alla protezione di quel Grande,
siccome fece Corre lino a’ dì nostri que-
sta fama , che '1 Granduca a cagion d’amo-
re e di stima offerisse al Marchese per
i figliuoli stanze in Palazzo , ma quegli , il
cui fine era , che i giovanetti , oltre alla
pratica de’ modi di quella Corte , appren-
dessero ancora i principj dell’ arti, ebbe
per meglio , provvedergli di casa particola-
re» INon permesse già la magnificenza di
quel Sovrano , che ciò si facesse per altre
mani , che di se medesimo , nè con altro
danaro , che del proprio erario , e così
condusse a pigione dall’ Arte la prima del-
le soprannominate case ; quella dico , che
ha cantonata dalla parte del Tiratojo,per
incominciare il tempo il primo giorno di
Novembre del 1577. in cui Luigi il Primo-
genito , nato il dì 9. di Marzo iò68. era in
età di anni 9. mesi 7. e giorni 21. e noi
abbiamo cogli occhi nostri proprj ricono-
sciuto da’ pubblici Libri , e della Decima
del Serenissimo Granduca (1) , e della
stessa Arte della Lana ( e tenghiamone an-
che appresso di noi autentico attestato)
(1) Decima di S, A . S . per armato
3767. num , 168. Carro Lib. grande del -
r Arte della Dana di Firenze segnata B.
dal 1570. al 1578. a 248. Lib . grande
segnato C. di d . Arte dal 1678. al 1587.
0. 47 *
Baldinuccu VoL VIL
28
484 Dec. L della. Par. II, del Sec. ÌY.
che i due figliuoli veramente incomincia-
rono ad abitare in quella casa il sopran-
nominato giorno primo di Novembre 1677.
e che terminò la locazione dopo due anni
e mezzo , cioè finito il mese d’ Aprile del
i58o. dell’età di Luigi anni 12. un mese , j
c giorni 21.
Ma perchè non si possa mai dubita-
re se questa , o altra delle tre case fabbri-
cate per r Arte dall’ Ammarinato , fosse
veramente quella , eh’ abitò il Beato , fa
di mestieri , che ci dichiariamo alquanto
piu.
Diremo dunque , che la casa che vol-
ta in via della Pergola , al presente come
dicemmo abitazione dello Scrivente, non
è quella, che fu assegnata ai due fratelli
Gonzaga , perchè questa restò finita l’an-
no 1084. e appigionata per la prima vol-
ta di INovembre delio stesso anno i584. e
ve n’ è contratto pubblico ; e Luigi , eli
fratello incominciarono ad abitare la loro il
dì primo di Novembre 1577. Quella che
segue dopo questa andando verso il Tira-
to] o , non è ; perchè nello stesso giorno ,
che incominciarono ad abitare i Gonzaga,
ella con nome e titolo della casa di mezzo
(che tale è veramente) fu appigionata ad
un Cherico Franzese , che pure si tratte-
neva alla Corte del Granduca; resta dun-
que V ultima casa delle tre , la quale è
dal Tiralojo , e questa con tal particolare
espressione di sito , cioè della casa dal Ti-
Bàrtolommeo Ammanitati. 4^5
ratojo f fu appigionata al Granduca con ac-
cendersi il debito ne’ libri sotto nome de’ fi-
gliuoli dell’ Illustrissimo Signor Ferrante
Gonzaga Marchese di Castiglione di Lom-
bardia con espressa dichiarazione però ,
che per ordine dato da S. A. S. per mez-
zo di Majordomo, doveasi il lutto pagare
dallo Scrittoio della dispensa, siccome seguì;
iì che ne fa tenere per indubitato, chela
dispensa medesima per lo tempo, che qua
si trattennero, somministrasse anche lutto il
rimanente per servizio della tavola di quei
due Principi. Questa casa dunque è quel-
la , nella quale per due anni e mezzo,
cioè dal primo di Novembre del 1677. a
tutto il mese d’ Aprile del i58o. il Santo
Giovane con Ridolfo suo fratello , provvi-
sto dal Padre di nobil Corte , e sotto il
governo di Pier Francesco del Turco Gen-
tiluomo Fiorentino (1) che faceva la par-
te di loro Àjo , ebbe sua abitazione nella
nostra città di Firenze.
Non lascerò di dire per ultimo , che
essendomi venuto fatto il trovare questa a
xne cara notizia appunto in quest’ anno
1687., nel quale il molto Rcv. Padre Anni-
baie Marchetti della Compagnia di Gesù
(1) Questo Pier Francesco del Turco
fu poi Majordomo del Sig. Don Già, de
Medici, e poi di Don Antonio.
436 Dec. I. della Par. II. del Sec. ÌY.
intende dare alie stampe la Vita di esso
B. Luigi da se in Latino idioma eloqueu»
tissimamente sòritta , bo voluto a lui par*
ticolarmente dare di tutto chiara contezza,
per farne quella memoria , che ad esso
parrà convenirsi. Tornando ora all’ opere
dell’ Ammannati. ]
Fu anche suo disegno quello della ,
Bella Chiesa di San Giovannino de’ PP. j
della Compagnia di Gesù , dì che a suo ,
luogo faremo menzione , e ordinò altri e- j
dificj , che per brevità si tralasciano. Oltre ;
all’ altre opere di scultura, delle quali so- {
pra abbiam parlato, fece ad instanza della ■
Santità di Papa Gregorio XIII. in Campo 5
Santo di Pisa la Sepoltura per un suo (
cugino stato celebre Lettore di Legge iu
quell’ Università. Figurò egli in quell’ ope- ;
ra la Giustizia., come fine ultimo della ,
Legge, e la Pace degnissimo frutto della ;
Giustizia ; fra queste due figurò la persona ,
del Salvatore in atto di mostrare le Sacra- ì
tissime Piaghe, deila quale opera ( come
egli medesimo lasciò scritto ) riportò da
quel Pontefice remunerazioni onoratissime; j
questa però fra l’ altre sue opere di scul- (
tura non riuscì delle migliori. Correva ,
l’anno s585. quando per morte di Grego-
rio fu innalzato alla Pontificia Dignità Fe-
lice Peretti da Mont’Àlto dell’ Ordine dei
Minori , che fu Sisto Y. Questi per essere
uomo di cuore non meno magnanimo che
intrepido e risoluto 3 fino dallo stato Gar-
Bartolommeo àmmannàti,
dinalizié; raggirava per Ja sua mente aiti
pensieri , per quando mai egli fosse a
quella Sovranissima dignità pervenuto ; uno
di essi fu ii voltar la Cupola di S. Pietro,
e l’altro il condurre sulla Piazza di quella
Basilica il maraviglioso Obelisco di granito
rosso detto altrimenti marmo Tebaico , per
essere stato cavato da’ Monti di Tebe in
Egitto , cbe essendo di smisurata grandez-
za , cioè a dire , alto palmi cento sette ,
toltane la punta , che pure è alta sei pal-
mi, largo in fondo sopra palmi dodici,
s più d’otto in sommità, aveva fatto cre-
dere a’ passati Pontefici essere impossibile,
senza cbe seguisse alcun disordine di rot-
tura o d’altro, che fosse mosso dal suo
luogo non molto lontano da detta piazza ^
iov’ egli era stato fino a quel tempo piut-
tosto nascoso, cbe esposto al godimento
delie genti. Deliberando adunque quel Pon-
tefice di volerlo quindi per ogni modo le-
vare , ordinò cbe da tutte le parti d’Eu-
ropa fossero chiamati Matematici e inge-
gneri » oltr’ a quanti di tal mestiere se ne
trovavano allora in Roma ; sicché non an-
dò molto, che se ne radunarono in quella
Città sino al numero di cinquecento , i
quali , benché in gran parte s’accordas-
sero nel dire, che quella gran pietra do-
vesse trasportarsi in piedi , considerando
esser cosa presso chg impossibile il disten-
derla , furono però nell’ ordinare i loro
disegni e modelli , per venirne all’ effetto f
438 Bec. I. della Par. IL del Sec. IV.
sletti per dire, di cinquecento paréri. Uno
degli architetti , che si portarono colà, fu
il nostro Ammarinati , mandatovi apposta
dal Granduca Ferdinando l. per la grande
stima , eh’ ei faceva di lui , il quale pre-
sentatosi davanti al Papa > che già aveva
veduti molti disegni e modelli , domandò
un anno di tempo per fare egli il suo ;
ma il Papa che già era vecchio assai , e
non vedeva l’ora di dar principio ad ope-
ra , che doveva rendersi così memorabile f
per vederne in sua vita il fine , ridendosi
della proposta non ne fece per allora coi-
P \m man nato altro discorso. Intanto fu
approvato fra tutti gli altri il maravigìioso
modo proposto da Domenico Fontana da
Mili celebre Architetto , che poi ne fu
l’erettore, e per maggior sicurezza prima ne
fu fatta la prova con fargli muovere i
pezzi della Guglia piccola del Mausoleo
d’ Augusto. Rimaneva però un non so qual
timore nella Congregazione de’ Deputati a
tal affare sopra ’l maneggio degli strumen-
ti e delle macchina inventate dal Fontana,
onde risolverono d’eleggere perciò due dei
più vecchi ed accreditati Architetti fra
quanti ne eran comparsi aì cimento , e
questi furono il nostro Ammarinati 3 e Ja-
copo della Porta ; costoro dunque , per
segno del posto dove la Guglia doveva
trasportarsi , subito fecero piantare una
gran trave, ma il Fontana di tal resolu-
zione forte sì turbò , e trovata buona con-
Ba&tolomme© Ammànnati. 489
giuntura coi Papa , fecegli apprendere '1
torto , che se gii faceva coll’ ordinare ad
altri l’esecuzione del suo proprio modello,
con pericolo , che a questo , e non a qual-
che mancanza degli esecutori , la mala riu-
scita poi attribuir si dovesse , non sapendo
egli ali’ incontro ( come e’ diceva ) chi la
propria invenzione avesse a saper maneg-
giar meglio , e con più sicurezza , che esso
medesimo ; e tanto disse , e tanto s’adoperò,
che finalmente a’ due Architetti fu levata
ogni commissione sopra tal affare. É però
da credere , che l’ Ammannati , che non
mai si cimentò ad opera d’Architettura ,
per grande e difficile eh’ ella fosse , senza
uscirne a grand’ onore , e che tanto nella
Città di Pioma che di Firenze n'aveva con-
dotte di smisurata grandezza e bellezza ,
superando le più ardue difficoltà dell’ arte,
se a lui toccato fosse ad operare , avrebbe
ancora trovato il modo adeguato per l’ef-
fettuazione di sì alto e nobile pensiero di
quel gran Pontefice , al quale poi così ac-
conciamente soddisfece il Fontana , che
perciò sarà sempre glorioso. Aveva fino
dell’ anno i56i. Gio. Antonio Battiferri
d’Urbino colla facoltà concessa da’ Ponte-
fici a’ C beri ci residenti in Curia , fatto
suo Testamento (è) j, per cui lasciava sua
(1) Rogò Set Andrea di Gherardo t
3, Agosto . *
44o Dec. I. della Par. II. del Sec. IV.
erede universale Laura Battiferra sua fi-
gliuola , e moglie di Bartolommeo Ammari-
nati , commettendo l’esecuzione di tale sua
volontà al Cardinal Morone Vescovo di
Santa Sabina , a Zanobi da
Tentino , e a Mariano An
guita poi la morte di Gio
in casa l’Ammaouato non poco capitale,
con che , e eo’ gran guadagni di sua pro-
fessione , era divenuto ricco. Questa buona
ventura dell’ Ammannato , che a lui nou
partorì alcuna disapplicazione dalì’arte,
perchè ne conservò sempre l’amore , e
l’attuale applicazione , introduce ora me a
parlare di quello, che nel nostro artefice
risplendè oh ernodo , che fu la Cristiana
pietà , la quale tanto più rilusse , quanto
che a privarsi delle proprie sostanze , per
renderne provveduti i poveri , e promuo-
vere opere d’onor di Dio , sempre lo per-
suase. lo ho veduto quel poco numero di
sue scritture , alle quali sin qui ha per-
donato il tempo 5 e da queste raccolgo non
solo la quantità delle limosine , ch’egli era
solito di fare , ma il continuo sovvenire
eh’ ei faceva di suo danaro senza alcuno
interesse ogni sorta d’artefici e poveri pa-
dri di famiglia , ogni qualvolta per loro
urgenti necessitadi il ricercavano ; anziché
negli ultimi tempi erasi dato tanto all’ o-
pere di pietà , che poco ormai ad altro
attendeva. Simile appunto era il vivere di
Laura Battiferra sua consorte , la quale in
Montagli to Fio-
gelini ; onde se-
. Antonio, venne
Bartclciwmeo Ammainati. 441
una villa vicina alle porle di Firenze luo-
go detto Camerata > che Bartolommeo ave-
va l’anno 1676. presa a vita da’ Padri di
Camaldoli, se ne stava ’l più del tempo deli-
ziandosi in una Cappella fattavi dal mede-
simo fabbricare di nuovo , insieme colla
casa del lavoratore a tutte sue spese , tol-
tone il legname , ebe le fu da quei Padri
somministrato. Inoltre avendo tanto egli ,
quanto la moglie sua conosciuto il frutto
grande, che facevano in Firenze , non
tanto per quello che all’ anima appartene-
va , che èli’ ammaestramento de’ giovani
nell’ umane lettere, i Padri della Compa-
gnia di C?esò , che se ne stavano in luogo
molto angusto e di casa e di Chiesa , e
forse ancora abbietto assai , cominciarono
a venire in pensiero dì ridurre loro il tutto
a piò bella e più comoda forma , senza
però allargare J’angusto sito , in che si ri-
stringevano e la Chiesa 9 e la casa ; ed io
trovo, che già Bartolommeo del mese di
Dicembre 1676. con sua lettera ne cominciò
i primi trattati col Padre Generale della
Compagnia , ch'era allora il Padre Everar-
do Mercuriaoo ; ma ciò non parve per
allora a bastanza , perchè il bel concetto
deH’Ammsnnato avrebbe a lui causata gran-
de spesa , ed alla fabbrica angustia , in
vece del necessario allargamento; mentre
tutto ciò che si fosse dato alia Chiesa , si
sarebbe tolto alla casa , e però il negoziato
non ebbe allora effetto alcuno ; onde poi
7
442 DEC. I. DELLA PàR. IT. DEL SEC. IV,
l’Ammannato si risolvè d’aggrandire ogni
cosa ; e perchè tutto apparisca nelle sue
minute circostanze , registreremo in fine
una lettera del Servo di Dio , il Padre
Lodovico Corbinelli Fiorentino Sacerdote
della Compagnia « quegli stesso , del quale
ebbe le belle illumiuazioni , che son note,
il Beato Luigi Gonzaga Religioso della me-
desima , come si legge nella Vita di lui
scritta in compendio ; e similmente si por-
teranno le copie d’altre lettere degne di
memoria , state scritte di poi in tal pro-
posito all’ Ammannato , ed alla Batti ferra
da varj celebri uomini della stessa Com-
pagnia. Determinarono inoltre Bartoiorn-
meo e la sua Consorte non solo di far
parte in vita di loro facoltà a’ medesimi
Padri per aggrandimento di quelle fabbri-
che , ma vollero ancora con Testamento (i)
dopo una reciproca vocazione di loro stessi
alla propria eredità , fare erede il Collegio
per lo medesimo fine ; il che tutti due
effettuarono il dì 25. di Marzo i5 87. fa-
cendo ancora molti caritativi legati. Ma
giacche il dar notizia della pia liberalità
di questo Virtuoso ne ha portato a par-
lare del Collegio della Compagnia di Gesù,
edificatosi in Firenze fino dai fondamenti
ne' tempi dell’ Ammannato , e della Chiesa
(1) Rogò Ser Francesco d' Àlbizzo *
BìKTOLOMMEO AmMANNàTI. 443
rifabbricatasi in grande e nobilissima for-
ila , ne’ quali edifizj egli a pubblico be-
nefizio ebbe tanta parte non solo per lo
disegno e continua assistenza di sua per»
;ona in tutto il tempo che e’ visse, ma
incora per le copiose limosine eh9 egli
somministrò , e per lo ricco patrimonio
:he tanto esso , che la Donna sua gli la-
sciarono , mi conceda il Lettore, ch’io
Avertendo non già interamente dalla ma-
eria , affine di rendere alcun tributo di
;ratitudine a’ Padri della Compagnia, verso
quali molte obbligazioni mi stringono , e
>er consolazione degli amatori di lor vir-
ù , ed ancora perchè molto di tempo m
(i fatica mi è costato il ritrovamento dei
ninuti particolari appartenenti alla fonda-
ione di questo Collegio , e della fabbrica
li questa Chiesa fatta dall’ Amman nato ,
Iella quale non è a mia cognizione che
diri abbia scritto , io dia qui del tutto
m’ esatta e puntuali notìzia , fio da quei
empo incominciando , nel qual fu fondata
antica Chiesetta , che poi venuta in po-
ere di quei Religiosi , fu dal nostro arie-
ice tam’ accresciuta , c con sì bel disegno
rnata ; il che siccome io dissi , non riu-
cirà anche del tutto lontano dal proposito
ostro,
È dunque da sapersi , come Tanno
ella terribile mortalità del 1^48. Giovan-
i di Landò Gori lenendo a morte, or-
inò per testamento a’ suoi eredi il fab-
444 Dec. I. della Par. II. del Sec. I?.
bricare con ispesa di quattromila fiorini
d’oro una Chiesa , sotto l’invocazione e ti-
tolo dei glorioso S. Giovanni Evangelista.
Gli esecutori di quel testamento Cambio
Nuoci e Domenico Ciampelli , insieme con
Francesca , Lucrezia e Margherita figliuole
di Berlino Goti instituite eredi, incontra-
rono per ciò fare varie difficoltà col Prio-
re e Capitolo di S. Lorenzo , Chiesa det-
ta altrimenti l’Ambrosiana Basilica. On-
de non mi cagiona maraviglia quel eh’ io
trovo notato nel proprio antichissimo libro
tenuto da’ medesimi esecutori per gli af-
fari di tal fondazione 5 cioè , ch’eglino te-
nessero negozio di fondarla per gli Monaci
di Mont’Oliveto, poi colle donne del Con-
vento di Monte Domini in Via San Gallo
di fuori , e finalmente co’ Frati di S. Ma-
ria Novella ; il che , acciocché meglio ap-
parisca , registreremo in fine di questa
narrazione alcune partite estratte a verbo
a verbo dal medesimo libro , il quale si
conserva oggi appresso Benedetto della
stessa nohil famiglia de’ Gori , Avvocato
del Collegio de’ Nobili , Gentiluomo, che
per la molta sua dottrina , bontà e singo-
iar affabilità, è da ogni persona desidera-
tissimo. Dopo varie controversie, rimasero
compromesse le differenze fra ’l Capitolo
e gli Esecutori in quattro comuni amici ,
tali furono : il Reverendo Lapo Abate del
Monastero di S. Miniato a Monte Dottor
di Legge Canonica , Gregorio di Messer
lene
IF
J Jiiial
. pò
sul
pai,
pie
lesso
re ii
funi
. Sitai
.tran
lesse
lio/<
irà
M )
(ore
Sini
1 1
j
mi
kit
rà'eoi
BarTOLOMMEO ÀTVIMANNATI. 445
Benci venni Dottor dell’ una e dell’ altra
Legge, Francesco (i)* * Priore di S. A postolo
di Firenze , e Francesco di Berti , i quali
finalmente lodarono doversi avere per con-
gruo sito e luogo della fondazione alcune
case e terreno di Francesco Medici poste
sul canto della Via degli Spadai e Spro«
nai , e di Via Larga , con che dovesse la
Chiesa da fabbricarsi essere sempre jus-
padronato de’ fondatori ; che il Rettore
presentato dovesse rendere obbedienza ad
esso Priore di S. Lorenzo 9 nè potesse da-
re in sua Chiesa sepoltura, se non ai de-
funti della propria casa de' fondatori ; il
simile s’intendesse dell’ amministrarvi i Sa-
cramenti , e che per alcune solennità do-
vesse il Rettore avere celebrata la Messa ,
(1) lo non dubito punto che questo
non sia quel Francesco Priore di S . Apo»
sto lo al quale il nostro Gio . Boccaccio
scrisse una assai lunga lettera , che non
Da per le stampe , intitolandolo Spendi -
tore di Messer Niccola Acciainoli Gran
Siniscalco del Regno di Napoli e di Siti»
lia. *
(*) Certo è 9 che fu Francesco di Nic-
cola di Nello del popolo di San Lorenzo
della famiglia Rinucci Vicario del V e-
scovo nostro Angiolo Acciajuoli » V* il
Tomo 5. de' miei Sigilli , e r illustrazione
del Boccaccio Par . 1. a car • 77.
44^ DeC. I. DELLA Par. II. DEL SfiC. IV.
prima della Cantata di San Lorenzo , alla
quale dovesse egli intervenire , insieme coi
Canonici e Cappellani della medesima; che
per la Festa di S, Gio* Evangelista fosse
obbligato a chiamare a’ Divini (Jfficj esso
Priore e Capitolo , e loro tenere a desi-
nare ; ed air incontro per la Festa di San
Lorenzo dovesse il Capitolo far lo stesso
al Rettore , il quale in tal congiuntura
fosse obbligato presentare un annuo tribu-
to d’una candela; che dovesse il Rettore
esser Prete Secolare ( e noti questo il mio
Lettore ) e che non mai per alcun tempo
si potesse quella Chiesa unire a Religione
alcuna , ciò che poi ebbe effetto del tutto
contrario , perchè in somma egli è veris-
simo, che l’Alto Governatore del Mondo
Iddio rare volte si sottoscrive all’ ordina-
zioni di quella provvidenza, che sopra
rumane vicende vorrebbero gli uomini ave-
re per quando poi più vivi non sono. Data
dunque tal sentenza , fu dal Capitolo con-
cesso il potersi ediheare con gii obblighi
sopranuotati , per roghi di Prete Pagno
Rettore di S. Miniato ( i) , di Niccolò Cor-
(i) 11 Rettore di S. Miniato tra le
Torri , che qui si nomina , era Pr . Pagno
Petrigno ni , che fu Canonico della Pieve
deir Impruneta , e Spedalingo dello Spe-
dale di S, Miniato al Monte,
lini
in
pii
m
aita
ìiotì
fam
firn
tei
lato
Ite e
ìsettfi
Ita
ji*
non
p
Me
| fine ;
! ^ato
! [fosse
| ;tann
'lore,
torni
poni
io i
m
M e
Bartolommeo Ammannàtx. 447
sini , e di M. Guelfo Rettor di S, Donato
in Yal di Botte, i3. Gennajo 1849. ^e-
guiti tali aggiustamenti , furon compre le
case , e fabbricata la Chiesa , che restò fi-
nita poco dopo al i352. la qua! a distin-
zione della vicina di S. Gio. Battista , e per
essere di quella assai minore , fu poi vol-
garmente chiamata San Giovannino. Don
Vincenzio Borghinì dottissimo investigatore
delle Fiorentine antichità , al quale non
toccò la sorte di vedere Tantichissimo libro
sopraccennalo di Casa Gori , nel suo trat-
tato della Chiesa e Vescovi Fiorentini stet-
te e ci lasciò in dubbio , se questa Chie-
setta fosse negli antichi tempi Io Spedale
detto di S. Giovanni , e quantunque egli
si mostrasse inclinato alla parte negativa ,
non perciò ardì dar sentenza. Onde da
quanto si è detto sin qui , e dalle nomi»
nate partite di tal libro da registrarsi nel
fine , verrà chiarita tal dubitanza , e pro-
vato , che questa Chiesa di S. Giovannino
fosse tutt’ altro che lo Spedale di S. Gio-
vanni ; ma per maggior chiarezza del Lei-
, tore , e perchè le parole del Borghi no in-
torno a ciò contengono altre belle erudi-
zioni , le registreremo appresso tolte a ver-
bo a verbo.
Or tutto questo m è giovalo r accori*
lar qui , non perchè solamente si vegga ,
come questa ospitalità fosse in uso , ma
quant ’ ancora stimata , e quanto buon no-
me ella desse in quei tempi d nostri j e
448 Dec. t. della Par. II. del. Sec. IV.
di quest? antichissimo costume sia fin qui
detto a bastanza . V eggonsi ancora accan-
to a certi antichi Monasteri , massimamen-
te fuor della Città , conservati alcuni di
questi Spedali , ma dentro alla * Città ,
se adone per altra via moltiplicati assai
non se ne veggono più allato alle Chiese ;
ma i Monasteri ritenendo ancor gli anti-
chi instituti , gli hanno ritirati in Casa ,
assegnando a quest ’ zz£Zo zz/z luogo appar-
tato con nome cC Ospizio , o di Foresteria .
ii qui fra noi si trova 9 che fin l ’ zz/z/zo
li 6©. /cz Chiesa di S. Pier Maggiore ave-
va il suo , quello del Vescovado nostro s
o vogliam dire della maggior Chiesa , ew
per quel che si può conjetturare , fra San-
ta Reparata e il Duomo di S. Giovan-
ni , il quale per ordine della Signoria , e
co/2 licenza del Vescovo per farvi di nuo-
vo , o pur per allargare la Piazza , che
vi era , ma piccola , di San Giovanni , fu
levato via l? anno 1296. con ordine , e
stanziamento di rifarlo accanto , e fuor
della Porta 9 di era in capo della Via
degli Spadari , oggi de Martelli ; e se que -»
ó'£o a/ eseguì ( che non sempre riesce quel-
lo , che si disegna ) sarebbe questo nuovo
Spedale la Chiesa , c/ze tz’è oggi di S. Gio-
vannino 5 c lo confermerebbe il titolo del
vecchio , c/z’ cm 6a/z Giovanni , corae che
talvolta si chiami in quelle scritture del
Battista , e talotta del Vangelista . Mia
c’ pare in alcuni contratti , che l anno
k
ite
tip
Ir 1
11,
lir
: fe
m,
m
\ [lèi
ili
fi c
iti
1 pi
|j(b'
‘P
j
nei
i: SllIC
I poi)
! CUI
; i;
7
qui
Qn-
!tfg>
mi r
m,
W“ I
ma,
mi)'
m- «
Irò,:}»
era ,
anM
ari' !
,<|
WO-'jì
che
.4
Bartolommeo Ammannati. 449
1876. fosse questo Spedale nella via del
Cocomero , che risponde assai bene a uri al-
tra deliberazione pubblica dell ' anno 1298.
per la quale si ordina , che si faccia fra
la porta di Balla , e quella degli Spada-
ri , e allato alla via de Frenai , o vogliam
dir E figliai , che si facev allora per Ca-
f aggio , e rispondeva alla Chiesa maggio-
re , che considerato bene 5 e misurai ? * gai
cosa , non può esser altra , che quella ,
che oggi si dice del Cocomero , che va
dalla Chiesa maggiore in Cafaggìo , che
si chiamava quella pendice , dov è oggi
la Chiesa , e Piazza di S. Marco , lo Spe-
dale di Lemma , e servi , e Cafaggiuolo
gli seguiva allato , e conteneva il grande
a pietoso Spedale degl' Innocenti .
Così il Borghi ni. Ma se abbiamo fatta
menzione del dubbio del Borghi 00 , è bea
anche giusta cosa , che appresso a questo
pongiamo ancora ima notizia antichissima
ultimamente ritrovata fra le scritture del-
le Reverende Monache di Santa Felicita
di Firenze, che è questa. Redolendo (1)
Canonico della Chiesa Fiorentina donò ai-
cimi beni alla Cappella di S. Gio. Evan-
gelista posta nella Chiesa di S Reparata
di Firenze, con condizione , che Fusufrut-
(1) Rodelandus , altrove Roland us Cle-
ricus , et Canonicus S. Fior. Ecclesiae no-
mina nel 1060. Campum Grassi in alcune
Baldinucci Voi . VII. 29
111!
(ìli
le
45© DeC. I. DELLA PàR. II. DEL $EC. IY.
lo sia dello Spedale de’ poveri Pellegrini ,
poslo preAso alla Chiesa di S. Giovanni ,
fra’ quali beni vi nomina parte dell’ entra-
te della Chiesa di S. Pumigio presso alla
Città, ed un campo, detto campo grasso
vicino alla medesima Chiesa. Fin qui la
notizia. Lascio io ora ali’ arbitrio del Let-
tore il fare quelle riflessioni , che intorno
al vero luogo , ove fosse questo Spedale ,
gli pai ranno più appropriate , giacche la
dubitanza , elisegli fosse potili’ essere l’an-
tica Chiesa di S. Giovannino , per quello
che dicemmo di sopra del terreno , e case
de’ Medici , che ivi erano avanti la fabbri-
ca della piccola Chiesa, par che rimanga
interamente esclusa. Tornando al nostro
proposito, fabbricata che fu la Chiesa di
S. Gio* Evangelista , detta poi S. Giovan-
nino, furonle assegnate per dote alcune
casette , ed un podere vicino ai beni dei
Ciam pelli , eredi delia famiglia de’ Gori,
chiamati de’ Ciam pelli da CiampeSlo di Coro
de’ Gori ; le voci del padronato giunsero
0! numero di otto, e più due delia fami-
glia de’ Rondinelli , come da più presenta-
zioni si riconosce. Seguitarono le presenta-
zioni de’ Rettori per degente anni conti-
lo nazioni. V. i miei Principi della Reli-
gione in Firenze Lib . 1. pag. 19. a car .
s5. c, 6. Nel i58o. si cominciò a murare
hi fàbbrica ,
III
I DO
coir
}.i [odi
rapo
, ili
1 ca v
»j k$
• min
irsi
10 S|
ìli
j ale’
j teli
1 Ri
Vsì qi
5 «sii
’le
j ti
Ma
m
ila
lif]
11
lei
p
n il
oro»
!,le
è I
fan
utili
casi
,L!
Bartolom^eo Ammansati, 45 e
bui, fin che 1’ anno i55t. vennero i Pa-
dri Gesuiti a fondare il Collegio , e andò
ìa cosa nel seguente modo. Fra i Religiosi
della Compagnia di Gesù, che hn dalf an-
no 1546. erano stati mandati da Paolo IH*
come suoi Teologi al Sacro Concilio di
Trento , vivente ancora in Roma il Sor
Fondatore S. Ignazio, uno fu il Padre Ja-
copo Laioez nativo della Città di A ima za n
nel Regno di Gastiglia , uomo di c >sì eroi-
ca virtù e di sì alto sapere che in quel-
la Sacrosanta adunanza fu oggetto d’am-
mirazione , e sì caro riuscì il suo modo di
1111 trattar le materie di fede , che laddove
concede va si a pochi il parlare per quant’è
lo spazio d’ un’ ora ; tre ore , e forse più
dal Cardinal Presidente del Goncilio si con-
cedevano a lui : uomo in somma, che es-
sendo stato eletto da Dio per dare i primi
saggi della pietà e dottrina , che profes-
sa quella Religione , soddisfece così bene al-
G°R le sue partì* che è parere molto costante,
che per la fama, che io mi subito si spar-
se di lui , fosse la medesima desiderata
ed ammessa in molte Provi ode e Città
d’ Europa, una delle quali fu poi la no-
stra Città di Firenze. L’anno 1647. *nco"
miccio la Città di Trento ad esser offesa
da una tale infezione d’arti, che gra vissi*
me infermità e morti negli abitanti ca-
gionò , il che forse fu una delle cagioni ,
per le quali il Sacro Concilio fu trasferi-
to a Bologna , dove ancora il Padre Jaco-
m
iCUBf
i di
Gori
li
cu
452 DEC. I. DELLA PAR. IL DEL SeC, IV.
po si tra ferì . Giunto in quella Città, men-
tre le cose s’ andavano ordinando , diedesi
egli , secondo il costume de’ PP. della Com-
pagnia, ali’ aj uto dell’ anime , e nella Chie-
sa principale di S. Petronio predicò con
tanto spirito, eh’ oltre all" altre iuuumera-
bil? conversioni che fece , ridusse a peni-
tenza molte meretrici ; ed affinchè le me-
desime costrette da necessità non ritornas-
sero all' antico modo di vivere , operò che
fossero racchiuse in una casa comprata a
posta con limosine date da quei Cittadini,
dove potessero essere decentemente alimen-
tate* Mentre il Padre in somiglianti occu-
pazioni si tratteneva, ecco che all’improv-
viso fu sospeso il Concilio, onde gli fa
necessario il partirsi alla volta di Firenze,
costretto a ciò non pure dall’ ubbidienza
av utane da S. Ignazio , ma dallo stesso Som-
mo Pontefice , a cagione delle molte istan-
ze all’ uno e all’ altro state fatte fare dal-
la sempre gl. mem. di Leonora di Toledo,
moglie del Gran Cosimo allora Duca di
Firenze, che per Io grido , che già corre-
va per luti’ Italia e fuori , dell' infocato
spirito della predicazione di quel Padre ,
ardeva di desiderio d’ ascoltarlo. Giunto a
Firenze F uomo Apostolico prese per suo
alloggio lo Spedale di S. Paolo , umilissimo
Ospizio di pellegrini e viandanti misera-
bili, posto in via detta Pinti, ogn’ altro
piu comodo scansando che gli era stato
preparato. Il giorno dipoi andossene all’ au-
lii-
II:
ila,
è,
(los
I,
I
sita
, Iosa
na
k,
: fc
| feri
do
I DÒ
! lice
; b
| !l|’(
k
i
!>
ccaf
rof i !
f«t
airi
eoi
501
,sla« :
à \
-ledi-
a
ioli
'.0
adì?
Dtofl
f 0
slai *!
Babtolommeo Ammannati, 4S3
clìenza delia Duchessa , e le presentò le
lettere credenziali del S. Fondatore» Quel-
la, al vedére che fece un uomo di non
molta presenza* mal in ordine di vestito *
e peggio di persona , a cagione non meno
delle gravi fatiche del Concilio , che delia
stanchezza per li luoghi viaggi fatti a pie»
de, stette alquanto sopra di se, immaginan-
dosi, eh" ei non fosse quegli che s9 aspetta-
va , mentre non poteva darsi a credere ,
che un uomo , di cui sì altamente per
tutto ragionatasi , e che da’Sommi Pontefi-
ci era impiegato in cose di così alto affare,
gli comparisse davanti così mal in arnese.
Onde credutolo qualche suo mandato o
compagno, gli dimandò, che cosa fosse de!
Predicatore, e quando fosse per giungere
a Firenze. 11 Padre con voce umile rispo-
se, che credeva esser egli quello , del qua-
le e’ veniva interrogato, perchè non era a
sua cognizione ,, che dal Padre Generale
fosse stata mandata a Firenze altra perso-
na per quell’ ufficio. Sentite queste paro-
le, stupì la Principessa , e con poco dire
diede alcun segno di rallegrarsi con lui d'a-
verle conosciuto : ben è vero , che secon-
do quello che ella medesima dipoi affer-
mò , feeene per allora poco concetto , e
licenziatolo ordinò che e" fosse ricevuto , e
ben trattato in Palazzo , ma non fu modo
ch’egli ciò volesse accettare, e rito mosse-
ne al solito Spedale di San Paolo , per qui-
vi attendere gli ordini. Partito il Lainez,
45 4 Dec. I. della Par. II. del Sec. IV*.
la Duchessa ebbe a se un Religioso di Sa
Agostino, stato celebre Predicatore, e gli !
raccontò il seguito , quasi dolendosi di se
stessa, d’aver adoperata l’ autorità del Pa-
pa per aver qua un Prete, di cui la gen-
te diceva si gran cose , che pur a lei pa-
reva un nomo da uulla. Il Religioso,, co-
rre ben pratico di spirito guardava con
occhio mollo diverso ciò, che alla per al-
tro religiosissima Principessa sembrava co-
sì vile ; onde rispose con molta franchez-
za , che fra’ Servi di Dio, quegli sono i
più perfetti , ohe più e meglio sanno na-
scondere i proprj talenti alla vista degli
nomini: dovesse ella però per suo consi-
glio in ogni maniera farlo predicare , mo- j
girandole con esempj della Sacra Scrittura,
quanto sia stato proprio degli uomini Apo-
stolici il coprire con si fatte apparenze gii
interni tesori dell’ anime loro. Tanto ba-
stò , perchè quella piissima Principessa ,
fatto levare per ogni modo dallo Spedale
il Lainez nel giorno di S. Gio. Battista,
Festa principale della Città , il facesse nel-
la Chiesa Cattedrale di S. Maria del Fiore
per la prima volta salire in pulpito. Vi
predicò tutta 1’ ottava del Santo con sì
irffupcato spirilo e con dottrina così pro-
iWda , che commosse tutta la Citià , con
non poca maraviglia de’ Sovrani , e tale
fu il contento; che n’ebbero i Canonici,
che ad instanza loro fu forza al Padre di
proseguir la predicazione , contr’ il costa-
i'i
l|!
I' !
BaRTOLOMMEO ÀMlYlANNÀTI. 4^5
me di quella Cattedrale , per un’altr’ otta-
va , e dipoi ne’ giorni festiv» , nel tempo
che in Firenze si trattenne % lo spiegar al-
cun libro della Sacra Scrittura. Trattò
ne’ ragionamenti delia mattina del Regno
di Dìo , ed il giorno dichiarò 1’ Epistola
Canonica di S. Giovanni con tal’ attenzio-
ne degli ascoltanti , che fra un popolo in-*
numerabile che V ascoltava , non era in
certo modo chi ardisse di respirare ; ed è
cosa degna di memoria quella , che raccon-
tava il Pad. Andrea Frusco della stessa
Compagnia , che vi si trovò presente ,
cioè a dire , che lo stesso Latnez confes-
sava d’ aver provata nel predicare in que-
sta Città una molto straordinaria assistenza
dello spinto Divino 5 dal quale sentiva iia«
fondersi un’ energia, un’abbondanza, e
un modo di dire sopr’ ogni sua espeltazione
e desiderio. Finite le Prediche , gli offeriro-
no la limosina solita darsi a’ Predicatori 9
la quale egli costantemente remigando , vol-
le che fosse data a’ poveri , siccome segui*
Questi saggi di sublime virtù gli accreb-
bero tanto di concetto in Firenze , che
beato si chiamava colui , eh’ avesse potuto
con esso trattare le cose deli’ anima sua.
Oltre ali’ occupazioni delle Prediche, die-
desi egli a confessare , e sermoneggiare in
varie Chiese, e visitar Mouasterj di Mo-
nache , alle quali ogni dì faceva ragiona-
menti spirituali , esortandole all’ acquisto
dì quella perfezione , a cui lo stato Reli-
gioso le obbligava. Or qui è da sapersi ,,
456 DEC. I. DELLA PàK. II. DEL SeC. I?.
che quantunque egli in ogni luogo egual-
mente procurasse dì far gran frutto , con-
tuttociò nel Convento della Madonna de-
gli Angeli in Borgo S. Friano, o perchè
ne tenesse ordiue particolare dalla Duches*
sa , o perchè in alcune di quelle Madri tro-
vasse straordinaria disposizione al Divino
servizio , s’ applicò di tutto proposito. lntro-
dussevi r uso quotidiano dell’ esame della
coscienza , il modo d’ unirsi con Dio per
mezzo deli’ orazione mentale , la maggior
frequenza de’ Sacramenti , e la maniera di
far con frutto F annua rinnovazione del-
lo Spirito , co" quali mezzi praticati poi
sempre da quelle Religiose , non è pos-
sibile a dire , quant’ elleno s’ avvantag-
giassero nelle sode virtù e nel buon no-
me di tutta la Città , donde poi avven-
ne , che la Serafica Vergine S. Maria
Maddalena de’ Pazzi , eleggesse fra molti
quel Monasterio per effettuare gli altissimi
desiderj di santità, ch’ella fin dall’ infan-
zia nutrì nel suo cuore. Mentre egli stava
nel meglio di questi esercìzj , gli comparve
F ubbidienza di partirsi di Firenze , e an-
darsene a Perugia , dove lo desiderava il
Cardinal Legato , ed il Senato di quella
Città. Non si può dire quanto dolesse uni-
versalmente tal sua improvvisa partenza ,
e particolarmente alla Duchessa , per aver
già acquistata con esso gran confidenza
e famigliarità, e trattine per F anima sua
ajuti grandi ; ma quella slessa altissima
ì
!
S;
si
,
si
Ila
|.
p
il
Si
In
! Ji
ii
1
I !a
c
i
Bartolommeo Ammànnàti. 45 7
ai Provvidenza , e quel medesimo altissimo
su« 1 Spirito , eh’ aveva mosso il cuore delia
grande e divota Principessa a desiderare la
j venuta dell' uomo di Dio per la rinnova»
zione de' buoni costumi ne’ nostri Cittadini,
e perchè s’ accendesse serafico fervore ia
fino quel Monasterio , in cui doveva la nostra
: Santa gettare sì profonde radici di sua
iella I sublime perfezione , mosse altresì la mede-
per si ma a desiderare d' aver in questi Stati
glori la Compagnia, a fine di non privarsi d^un
odi tanto Padre , il quale credeva poter poi
iel« avervi del continuo a suo talento ; onde
poii I nel partir eh’ e’ fece , il pregò , che coi
m j Santo Fondatore di ciò passasse per lette-
li re in suo nome efficacissimi uffici. Ella
ao- ancor al medesimo ne scrisse , e ne fece
ed scrivere dal Duca suo consorte. Tendeva»
no 1’ istanze del Lainez a nome della Dm
olii chessa, e quelle del Duca ad impetrar
ini! ; da Ignazio dodici Padri , pe’ quali Leone»
ani ra aveva offerto luti’ il bisognevole per lo
avi necessario mantenimento ; giacché ormai
rvr doveva il Lainez far ritorno al Concilio ,
an- j proponeva egli , che in suo luogo il P.
Elpidio Ugoletti , da richiamarsi per tal
M effetto dal Collegio di Padova , si man-
mi- dasse a Firenze. Avute le lettere il Santo
subito ordinò al P. Elpidio il portarsi a
Pisa, dove allora eran quei Principi per
negoziare tal fondazione, il che subito e-
seguì , ed intanto egli andava instruendo
i Padri , che destinava mandare 9 a9 quali
458 Dec. I. della. Par. II. del Sec. IV.
aggiunse il Padre Lodovico Cudreto , che
gii dovesse reggere. Intanto F Ugoletti da ! !
Pisa avvisò Ignazio , come il negozio della I
fondazione si raffreddava , a cagione del- ! (
P essersi sentilo a quella Corte il non po- j J
tei visi avere il Padre Jacopo Lainez, eh’ e* [
ra stato il principale intento di Leonora , e ' ?
del Duca ; e quando mai avesse dovuto !
aver effetto , pareva che piuttosto in Pisa, i
che in Firenze inclinassero quei Principi , j li
che il Collegio si fondasse. Il Santo, che j a
già § era del tutto al suo solito consigliato j i
con Dio , nulla stimò questa novità, anzi j a
la disprezzo come diabolico artificio , e
messi insieme i dodici soggetti , a Firenze <
gl’ inviò. Facevano i buoni Religiosi il lor I
viaggio mendicando quanto gli abbisogna- i
va per vivere , e provvisti d’ un sol caval-
lo, per riparare a qualche soverchia stan-
chezza d’ alcun di loro , e per servizio
delle poche robe , che portavano con se.
Giunti agli alloggi, prima che ’l proprio
riposo , cercava n luogo per seminar la Di-
vina parola , finche finalmente del mese
di Novembre del detto anno i55i. a Fi-
renze si condussero. Quivi furono raccolti
cella propria casa di Gio. de’ Rosi di na-
zione Germano , Medico di professione , e
grand' amico della Compagnia. Era fra di
loro il Padre Cristofano Lainez fratello
carnale del Padre Jacopo, iì quale insie-
me con un altro Padre chiamato Pietro
Aiioo ? dopo brevi giorni se n' andò a Pi*
y
eia .
la e
;14
?1
utc'
'm
tpii
dui
IM
[orti
fai' >
.mi]
iì 5
*1
111 1 1
*1
« *
rJ
*1
Hi'
Bartolommeo Am^annàti. 4%
sa ; espose a que’ Principi le ragioni dei
Santo Padre , per le quali desiderava pini*
tosto il Collegio in Firenze , che in Pisa 5
e rimanendo i! tutto approvato, furono
e^si con limosina condecente per lo viag-
gio , a Firenze rimandati „ e presero qui-
vi a pigione da Giovanni di Già tinozza»
Ma netti di nobilissima famiglia Fiorentina
una sua casetta nel Fondaccio di S. Spiri-
to , popolo di S» Friano. Intanto i Padri
attendevano a’ 3or soliti esercìzi io ajuto
dell’ anime ; quando tornati la Corte
a Firenze il Duca e sua Consorte appli-
carono di proposito alla disposizione delle
cose , per dar loro Chiesa e Casa propria»
Onde venuto l’anno r 554» a contempla-
zione de’ medesimi Principi , Prete Loren-
zo di Francesco Paoli Canonico di 3. Lo-
renzo , ed ultimo Rettor Secolare della
soprannominata Chiesa di 3. Giovannino 9
concessela per uso a* Padri della Compa-
gnia , e non molto dopo lìberamente la
renuoziò in mano deli’ Arcivescovo di Fi-
renze Avevanla già i Padri «fidata per tre
anni, quando Cristofano di Francesco di
Cristofaoo Ciampelli in suo nome , e di
Lionardo di Girolamo di Leonardo Ciani*
pelli, ne’ quali era ridotto il Juspad fonato,
avanti 1’ Ordinario presentò per Piettor
perpetuo della stessa Chiesa il Padre Lo-
dovico Cudreto Rettor del Collegio , e suoi
successori, e fece instanza, eh’ ella $’ unis-
se in perpetuo al Collegio della Compa-
460 Beo. I. DELLA Par* II, DEL SeC. IV.
gnia di Gesù ; il che ebbe suo effetto
mediante il possesso dato al medesimo a’ 12.
Giugno i55y. e fu confermata tal presenta-
zione e unione con lettera della Peniten-
zieria de’ 28. Ottobre del i55g, INon fermò
qui il favore e la protezione della piissi-
ma Duchessa Leonora verso questo Colle-
gio ; perchè avendogli quella piccola Chie-
setta , così come si potè il meglio fatta
accomodare agli esercizj della Compagnia,
ed arricchitala di molte insigni Reliquie,
continovò per lo poco tempo , che visse
poi, di somministrare a* Padri una limo-
sina di 35. ducati per ciasebedun mese, e
venendo a morte Tanno 1 562. lasciò a’me-
desimi un’ annua entrata nel Monte Co-
mune di Firenze di 200. scudi. Morta la
Duchessa , cresceva tuttavia , a cagione
delle buone opere, che a comun benefizio
deila gioventù e d’ ogni condizion di per-
sone facevano que’ Religiosi , T odore di
lor virtù , a misura del quale crescendo
la devozione e frequenza de’ Popoli, s’in-
vogliarono molti de’ più ricchi Cittadini di
dare loro ajuti validi per accrescere la
Chiesa e la Casa , acciocché F una mag-
gior concorso di gente alle sacre funzioni,
e F altra maggior copia di Padri a’ servigj
di quella potesse contenere ; ed eccoci ri-
tornati, onde partimmo. Fra i più zelanti
promotori dì quest’ opera fu il nostro Bar-
tclommeo Amman nati con Laura Battifer-
ra sua Consorte, anzi furono questi i pri-
17,
retiti
falli
S»»i
quie.
vis
limi
se,e
m
Co‘j
a lai
lODiii
fiziff
per
el
té
v
udì
I
if
)Q!(,
$
fi-
gli
Bàrtolommeo Ammannati. 46i
mi , che incominciarono a somministrar
danaro in abbondanza per tale effetto. Il
primo giorno di Maggio adunque dell’an»
no 1579. diedesi principio a provvedere il
materiale per la fabbrica con t reo taci nque
scudi dati da Laura, e seguitossi con altre
maggiori somme , cbe la ni’ ella , quanfc’ il
marito silo andavano alla giornata sommi-
nistrando; e perchè egli dopo aver fatto
piu d’ un disegno di quella fabbrica, s’era
ancor presa la cura d’ assistervi in per-
sona interamente , spendeva del suo pro-
prio , e tenevane conto ad un suo libro ,
il quale col tempo si è perduto , e a noi
è pervenuta tal notizia da quanto abbiami
trovato scritto in conti di spese d’ alcune
Cappelle di quella Chiesa , cbe per quanto
da’ medesimi si raccoglie , furono da esso
libro estratti. Per cagion di tal perdita
non è stato a noi possibile l’ annoverare
le gran somme de’ danari da esso impie-
gati nel rifare interamente ed io ampia
forma quella Chiesa, di cui parlando Fran-
cesco Bocchi nel Libro delle Bellezze di
Firenze > eh’ egli scrisse del iSqi. vivente
ancora 1’ Ammannati , dice queste parole:
Questa Chiesa coi Disegno , e co* Danari
altresì di Bàrtolommeo Ammannati raro
Scultore e Architetto , e con assidua
industria nobilmente è stata fatta , ador-
na, e condotta a somma bell azza, come si
mede. Fin qui il Bocchi, che cbe se ne dica
chi ultimamente ha sci ilio , il quale pare
46 a. Dec. I. della Par. II. del Sec. IV.
che mostri non avervi avuta tanta gran
parte 1’ Amman nati , quanta veramente
disse il Bocchi , che ve oe avesse ; è però
vero , che o fosse per servizio della mura-
glia delia Chiesa , o per accrescimento del
Collegio , o per comprare siti per dilatar*
lo , io trovo , che quattro Gentiluomini sì
presero la cura di raccoglier lì mossile dal-
la Nobiltà ‘Fiorentina per fabbricare , e
furono Pier Francesco Riuuccini , Antonio
Suares , Giovanni Mannelli , ed Hermes
Astudi Ilo. Ma da una lettera scritta al no-
stro Ammanitati dal Generale Claudio A-
equa vi va agii 2. d’ \ gusto i58i. ( copia
della quale , con altre sarà, posta in fine
di questa narrazione ) si vede che 1’ Am-
man nati ripugnava al ricever danari dì
limosiae da chi si fosse, come quegli che
volesse tutto spender del proprio , onde
fu necessario , che ’l Generala 1’ inani-
misse a riceverne alcune , e quasi gli met-
tesse il non farlo a scrupolo di coscienza.
Era in quel tempo lauto angusto il Col-
legio, che non fu possibile alF Ammannato,
per F effetto di render quest" opera della
Chiesa del tutto compita , 1’ atterrare al-
cune abitazioni de’ Padri > che sportando
in fuori sulla piazzetta dalia parte dinan-
zi ,, coprivano gran parte del luogo della
facciata ; il perchè gli abbisognò gdornare
essa facciata per poco più della metà , e
cosi ella Don più ornata che fin a quel
I
ente
però
UN*-1 ' I
toèd I
ilatar- 1 1
naif i
ie dal 4
re , * I 1
(toni
fi
ili
io y j
copi}®!
kA
In.
i di r ,
A A 1 1
onde ■
iaoi' -i
met* J
eoa
Col. !
iato,
lek |
e al-
ando V
oan- |
iella i
wre j
,e|
[nel ì
Bartolommeo Ammannati. 468
segno stettesi fin all’ anno 1 656, nel qua-
le furono da’ Padri , che da molto tempo
avanti già s’ ciao competentemente allar-
gati , rovinate quelle abitazioni , dilatata
la piazza , e fatti aggiungere gli ornamen-
ti di pietre, secondo l’antico modello del
medesimo rendendola finita nei modo ,
che oggi si vede.
Si raccoglie dal testamento delio stes-
so Amman nati , aver egli eretta a titolo di
propria io essa Chiesa una Cappella sotto
F invocazione di S. Bartolommeo che è
quella appunto, che entrando si trova a
man sinistra , la seconda di qua dal pul»
pilo.
Di questo abbiadi trovato scritto nei
soprannominati conti , che importasse la
sola spesa delle dorature e pitture con
parte degli stucchi , la somma di scudi
dugenio venti , cento de’ quali ebbe Ales-
sandro Allori per dipintura della tavola ,
in cui figurò la storia della Cananea , e
nella persona d’ un vecchio eoo barba
lunga appoggiato ad un bastone, che si
dice esser fatto per Y Apostolo S. Barto-
lommeo , fece il litratto al naturale del-
V A in man nato , e per una donna attempa-
ta con velo bianco in capo ed un libro
in mano , la quale resta dietro alla figura
della Cananea, e quivi si vede in ginoc*
cbioni : ritrasse pure al naturale la molto
virtuosa Laura Balliferra moglie del me*
desioso Ammannati. Moli’ altri particolari
464 Dec. I. DELLA Par. il. del Sec. IV.
potrei porre in questo luogo appartenenti
ad essa fondazione , i quali io tralascio
per fuggir lunghezza. Datasi poi col tempo
forma al Collegio , e crescendo i Padri \
in numero , nè avendo luogo ove far la
virtuosa recreazione del giovedì, il Sere- j
riissimo Granduca Cosimo, siccome io irò- !
vo in autentico Contratto , concesse loro
a suo proprio beneplacito la Chiesa , Beai,
e Convento detto volgarmente i Fratini
fuori della porta a S. Gallo , luogo chia-
mato Moni’ Ughi , dove già risedevano i
Frali Francescani detti A madori , e dipoi
i Frati del medesimo Ordine detti delPOs-
servanza , del qual luogo final mente a’ . .
* . . del mese di . . . . fu dato il possesso
a" Padri Cappuccini. Contmuava il nostro
Artefice io quest’ ultimo tempo a vivere
una vita molto esemplare con tali senti-
menti, e pratica di Cristiane Virtù, che
meritò , che il dottissimo Possevino nella
sua Biblioteca scelta (1) parlasse di lui ,
come d* tino speccho ed esempio di bon-
tà a’ professori di quell’ arte. Aveva egli
uà estremo dolore nato in lui , non già
da scrupolosa malinconia, ma da un chia-
ro lume donatogli dall’ Alto eT aver im- !
piegata ìa gioventù sua in fare le molte !
figure 9 che si veggono di sua mano di !
_____ I
(1) Possev. Lib. in» Cap . z5, a car.
3iB* .
lenii i
iscio fe
Iflpo 3
illl’i 0
ai \al
ioll'H
ì lori
Bartolommeo A mmànnàti. 4^5
Bronzo , e marmo soverchiamente scoper-
te , anzi dei tutto igmide , ma perchè egli
non era ormai più in tempo, nè era in suo
potere il far per modo , che ciò che fatto
fu , come fatto non fosse , che è quanto
dire distruggere ed annullare il fatto 9
volendo correggere quanto poteva il me-
glio le proprie mancanze , diede alle stam-
pe con hello stile composta una lunga e-
■ralin |j pistola scritta a suoi amici e professori
del disegno , tutta piena di vivissimi sen-
timenti di dolore de’ suoi passati , e quivi
detestati errori ; e non contento di ciò, a
fine , come egli diceva ^ di soddisfare in
parte alla divina Giustizia , sforzossi al
possibile d’ impiegare tutto quel tempo
delia sua ormai cadente età in abbellire
fivere con sue fatiche e spese la Casa di Dio ,
ed oltre a quanto abbiamo detto della
Chiesa di S. Giovannino , volle ancora
spendere non poco danaro in abbellimen-
to deli’ antico e nobilissimo Tempio di
S. Gio. Battista della nostra Città , nel
seotw
, eli
li lui,
i boa*
egli quale fece di stucchi le grandi statue dei
oa già Santi Apostoli, ed altre, che se gli veggo-
no attorno nell’ interior parte; del qual
fatto scrive lo stesso (i) Fossevino nel ci-
tato luogo. Desidero adesso, che sappia il
1Q0 mio Lettore , che nel distendere , eh" io
faceva .queste poche notizie, vedendomi
(i) Ibià .
Batditu&cci VoL VII ,
So
466 Dec. I. della Far* IL del Sec. IV*
portato dall" ordì oe della storia a far men-
zione della molta pietà di questo Virtuo-
so , aveva fra me stesso pensato per cornuta
benefizio de’ Professori di quest’ arti d’e-
strarre dalla già nominata lettera alcuni
de’ più efficaci dettami , con cui egli loro
persuadere procacciò 1’ osservanza delle
riverende leggi dell’ onestà nell’ esercizio
dell’ arti loro ; e tali sentimenti disegnava
frapporre nel mio racconto ; ma poi la
medesima lettera rileggendo , ed ogni par-
ticulare di essa esattamente considerando,
me la veddi tanto crescere fra mano ,
non già per quello , eh’ alla bontà dello
stile * ma alla saldezza della dottrina , ed
efficacia delle ragioni appartiene , eh’ io
credetti essere non pure cosa lodevole ,
ma dovuta ii non tralasciare così bell’ oc-
casione di farla nota ai nostri Artefici ,
dandola di nuovo tutt’ intera alle stampe,
giacche dopo che ella comparve alla luce,
eìT ebbe nell’ universale tant’ approvazione,
anzi tanto grido ^ e da tanti Scrittori fu
celebrata e citata , che dissipatesi in un
momento le copie , oggi , dopo il corso di
piu di cent’ anni , ella quasi più non si
trova. Saia dunque mia cura il metterla
Uri fine della presente narrazione esatta-
mente Copiata da uno degli antichi esem-
plari , che nella Libreria del Collegio di
S« Giovannino de’ Padri della Compagnia
di Gesù , del quale sopra parlammo , si
!?,
m
ino-
urna
le-
'km
delJ
ercizio
egna^s
poi
li pai'
rande,
mano,
dà
a, fi-
dine
itole,
Bartolommeo Ammansati. 4^7
conserva. 1 ornando ora all’ istoria » della
quale già siamo alla fine.
Venuto Fauno i58g. del mese di No-
vembre seguì la morte della virtuosa Lau-
ra Baitiferra cara consorte dell’ Amman»
nato , e restò egli , in ordine alle disposi-
zioni di lei , suo erede usufruttuario. Que-
sta perdita fu per lui molto sensibile , e
per la sua grave età di 78, anni, e per
le varie infermità sue particularmente del
mal degli occhi , che siccome bene spesso
lo travagliò uelFetà m^/iore , cosi in que-
st’ ultimo molto se gli accrebbe. Viverse-
ne coniuttociò conformalo nel Div«no vo-
lere , non lasciando mai d’operare in ser-
vizio dì Dio e della casa di lui, finché
finalmente venne 1’ ultim* ora sua, che fu
H oc | del mese d’ Aprile delF anno 1692. l’otta n«
tefici tesimo secondo della sua età. Piansero i
lainpcij suoi amici la perdita d’un caro amico, i
a luce, | meschini d’ un gran soccorritore ai lor
ziooe ] bisogni , i Religiosi d’ un efficace promo-
iri fi loie del culto Divino , gli artefici d’ un
10 uh gran Maestro, e tutta la Città di Firenze
jrsol d’ un insigne ampìiatore , e restauratore
ion 1 io ciò , eh’ al comodo ed all’ utile delle
etlerl fabbriche appartiene, mentre (come dob-
esatta | biamo credere ) fece il Cielo acquisto d’u»
estDi |na grand’ Anima ; al corpo suo fu data
ffjodi j onorevolissima sepoltura nella stessa Chie-
di sa di S. Giovannino , tanto da se amplia-
ci ta ed abbellita , davanti alla sua Cappella
dedicata a San Bartolommeo , nel luogo
4§8 Dee. I. della. Par. lì. del Sec. I?.
appunto , dove ancor era stato collocato il
cadavere della sua consorte, sopra i quali
in una gran tavola di marmo postavi fin
da quei tempi si legge la seguente inscri-
zione.
D. O. M-
Bartolommeo Ammannati
Eilsque Uxori
Laurae Battiferrae
ColLEGIDM SoClETATIS
Iesu
Magnis Eorum Beneficiis
Auctum Suae Erga
Religiosissimo^ Comuges
Voluntatis Et Grati
ànimi Monumentum
Pos.
Obierunt Alter. A. Sal.
MDLXXXXII. AET. LXXXII.
Altera Sal. mdlxxxix.
AET. LXYI.
La sua eredità consistente principal-
mente in una casa in via della Stufa di
calore di due mila quattro cento scudi ,
che fu sua propria abitazione , la quale
egli aveva comperata da Niccolò di Filip-
po Ginori , in altre case in Firenze, ed in
altri effetti per lo valore di molte migliaja
di scudi , fu secondo sua ultima volontà
il dì 2Q> dello stesso mese d’ Aprile dal
Padre Niccolò Fabbrini Fiorentino Rettore
del Collegio di S. Giovanuino della Com-
pagnia di Gesù accettata.
no il !
juali J
nhj
m* 1
f Baktolommeo Ammansati 463
Perchè nelle molte partite contenute
nel libro , del quale sopra si è parlato 9
dove si è data notizia della fondazione
della Chiesa piccola di S. Giovannino se-
guita Tanno id52. si veggono più minuti
particolari appartenenti a essa fondazione^
il racconto de' quali averebbe reso troppo
prolisso il discorso , ed inoltre veggonvisi
alcuni modi di parlare e di scrivere, e
idiotismi di quei , eh’ io penso , che al
Lettore non sieno io tutto per dispiacere*
ho stimato bene copiarne in questo luogo
alcune poche per saggio cavate a verbo a
verbo , e sono le seguenti.
Adì io di "Luglio 18490
ocipal I
afa (I
scudi I
quali I
i Filf I
, edit
4nì
volontà
ile di
lettori
Gom'
A Ser Nerlo di Ser Do-
nato per lo testamen-
to che fece Giovanni
di Landò — fior •
A M, Ricovero da S\ Mi-
niato savio decretali -
sta per consiglio per
fatti del dì — — fior»
A Ser Ghirigoro savio
decretalista per con-
siglio per fatti della
Chiesa — — ™— fior ,
Alla Gabella de ’ Con-
tratti per Gabella di
svh XXXX9
47® T)m» I* della. Par. IL del Sec. IV»
una casa che noi ven-
demmo di quelle del
Testat. adì . . di . .
„ . . fior* iiij* sol . xv»
A Cantino Ri riditeci Ri-
gattiere de moli di
prode della detta ca-
sa 9 la quale noi ri-
comprammo concre-
dendoci , che gV Al -
hitri della Chiesa da
noi al Capitolo di S»
Lorenzo vi senten-
ziassono suso la detta
Chiesa — — — fior » xxv» sol .
Alla Gabella de Contrat-
ti per la compra di
d* Casa — — — fior » vij, ■— — d.
Adi 7. Ottobre 1349.
A un corriere che noi
mandammo all' Aba-
te di Monte Uliveto
nel Contado di Siena
per trattato , che a*
vergamo con lui per
fare la detta Chiesa
a i suoi Frati di quel -
T Ordine in Firenze
— — — fior , i. — d»
Adì 23 Ottobre .
A M» Ghirigoro , e Ser
Francescano Berti
demmo loro per iscrit-
Bartolommeo Ammansati®
to , e per patti , che
ricominciar o 9 e do-
nneano acconciare da
noi alle donne di mon-
te Domini eran per
patto 9 che noi face-
vamo con loro9 e con
Frati Minori , che do-
vevamo far loro in
via di $. Gallo di
fuori la detta Chie-
sa 9 e il Convento <vi
si promettea co i Fra-
ti fermi la , demmo
loro fior. io. , den.
poi non andò innan-
zi — — — fior . —
Adì 29 Ottobre
A M esser F Abate di
S. Miniato a Monte
savio decretalista per
consiglio de fatti del-
la detta Chiesa — fior . ij. —
A Messer ghirigoro 9 e
a Messer F Abate , e
a Ser Francescana
Berti , e a Messer lo
Priore donammo com
adì ociìi j . di Novera*
bre demmo loro per-
chè erano , e furono
fatti albitri per U al*
DeC. I. DELLA Par. II. DEL SeC. IV,
tri assecutori , e per
lo capitolo di S. Lo-
remo a porre nel po-
polo di S, Lorenzo
la detta Chiesa , con
que patti , e condi -
zione , che ai detti
Savi paresse —
- fior . xij. d,
rA Set Niccolino da S.
Miniato Notaio della
Corte di Messer lo
Vescovo , per carte
che fecero della Cor-
te agli assecutori fior . xv. — — d>
Ai sopraddetti Albitri
per gt Assecutori , e
Capitolo di S. Loren-
zo — fior, xxxx* » d*
Ai sopraddetti Alòidi
vollono anzi che sen*
tenza dessono — fior . xxxij . — d*
A Ser Santi di Ser Can°
te Notaio f il quale
fece il compromesso
degC Assecutori al Ca-
pitolo di S. Lorenzo
per dar ordini a la
dificazione della Chie-
sa di Messer S. Gio-
vanni V angelista * e
fece il Lodo , che die -
dono i detti Albi -
Bartolommeo Àmmànnàti.
4^3 Dec. IV. della Par. 1. del Sec. IV.
tri , e protestagioni
— — — fior, iìij% — — »— d6
A Ser Lumo di Ser Bari-
duccino Notaio della
Corte di Messer lo V e*
€ODO per una carta 9
che fece dagV Esecuto-
ri alla Corte quando
Mes . lo Vicario rimi-
se Fazio 9 e Cambio
rinunzi la d. a ss edizio-
ne j — - //or. ij\ 'àt
A Mess, lo Vicario , e
alla Corte di Mess . lo
Vescovo ......
la Corte da gì Àsseculcrì
per fatti della Chiesa di
S. Gio . V angeli sta , fior . 'ds
Ad Andrea di Feo Mae-
stro, e a Stefano Mae-
stro 5 i quali furono per
le rede e per gli Asse *
culori , a vedere il va-
lore e la stima delle Case
e Podere quando . . . *
» . . . segnarono . . fior, iij» d9
Adì g. Settembre j35o.
A Mess, Francesco di' A r-
dingo , ed Ardìngo di
Messer Gio . de Aledici
pagammo loro contanti
per lo Terreno^ e luogo
474 I. dilla. Par. II. del Sec. IV*
case vecchie e casolari ,
che comprammo da loro
per sen tenza de Ili Al-
bi tri da noi al Capitolo
di San Lorenzo in sul
canto della via delti
Spadai e t spronai , e
dalla via Larga a pri-
mo , e a secondo , e a
terzo via , al quarto , .
fiorini seicento
trenta d'oro carta fatta
per mano di Ser Caute
di Ser Guido . Le dette
carte compiute si ha in
casa Fagno Dolfi , e si
ha le carte delle com-
pere antiche di Mes-
cer Francesco , e del di
lui Nipote da cui com-
pera — fior. DCXXX. - «é
A Cecco dipintore di d,
per la carta per far se-
gnare il detto terreno e
case come beni comprati
per li Assecutori del
Testatore — fior, — — sol, XXX,
Adì 9. Ottobre i3òo.
A Frate Iacopo Possa-
vanti per far rimurare
il muro de' Prati di
S. Maria Nocella , il
qual muro si ruppe quan*
Bartolommeo Ammainati.
do fu il trattato de Fra-
ti f atti Assecutori di
fare la detta Chiesa , e
sul canto della porcel-
lana ........ fior . *-*«*»*«#=*=»
Adì 9 Ottobre i35o.
Alla Gabella de* Contratti
per la detta compera del
terreno della Chiesa fior . xxxL soL 6.
A Ser Caute di Ser Gui-
do che ci desse le car-
te compiute della com-
pera fior» %'L
Adì s5. Febbraio i35o.
A Ser Capo di Ser Credi
Notaio ebbe per prov-
vedere , e per acconciare
le scritture del lodo che
si diede fra detto An-
drea e V erede , sicché
egli non potesse noiar
Ile vendite delle case fior , xxx»
Adì 14. Maggio »35i.
Per cinque ( apponi y e per
vitella , che si mandò a
JMesser lo Vescovo 9 e a
Ser Franchino quando si
fece la ]( nd azione fior » iiijt «**««==8= d9
A Messer lo Vescovo di
Firenze , e alla sua Cor-
te ebbe per fare la fon -
[ dazione della prima pie-
I
476 DSC. I. DELLA. P AR. II. DEL ?EC. IV.
tra , portò Ser Fran-
cesco fior . xxv. — — — d.
Segue la copia delle lettere, che ideila
narrazione si sono accennate scritte aiFAia-
man nati , e sua Moglie.
Lettera del Padre Lodovico Corhiuelli
Fiorentino della Compagnia di Gesù.
Magnìfico , e molto mio onorando in Cristo ,
1-Ja vostra lettera , che alli giorni
passati ricevei, è stata gratissima a tutti ,
poiché in essa così ben si conosce quanto
zelo avete del servizio d'iddìo , e salute
deli 9 Anime , ed insieme la grande affe-
zione , che portate alla Compagnia , del
che nostro Padre Generale , e tutti noi
nitri conosciamo esservi moli? obbligati , e
non si manca , nè mancherà di pregare
la sua Divina liberalità che ve ne renda
larga rimunerazione , come siamo certi
di ella farà sempre con voi , e con tutti .
Ma essendo stato considerato il modo ,
che di costà proponevi per acconciare la
Chiesa , e C abitazione nello stesso sito 9
che adesso abbiamo senz accrescere il si-
to , a N. P. par cosa manifesta , che
questo non sarebbe a bastanza , e che poco
sarebbe il miglioramento , ma non poca
Bàrtolommeo Ammànnati. 477
la spesa , e quello che si desse alla Chiesa 9
non la farebbe però capace , e restrìgne -
rebbe F abitazione , la quale quanto s al-
j zasse , tanto più stretto 9 e affogato sa -
reblì il Cortile , E benché sia verissimo
quello dite delle molte diffìcultà , e poche
speranze , che vi sono di trovare altro
luogo buono , ed il poco assegnamento di
limosine per comperarlo , ed accomodarlo
quando pure si trovasse , e da altro cari*
to le grandissime incomodità , che pati -
scono i nostri , stando in questo modo co -
372g stanno , nondimeno a ZV. Z3» pare che
sia più conveniente sopportare con pazìen -
« Iddio piacerà di far luo-
go capace , e conveniente più tosco 9 0/20
con sì piccolo miglioramento restasse così
per sempre con sì poca comodità di po-
ter far frutto con i Ministri della Com-
pagnia , e perchè altro non si pretende ,
che il servizio di S. D. M. abbiamo a spera-
re j che quandi a lei piacerà 9 saprà far
nascere le occasioni , e muovere i cuori di
tutti quelli 9 de 9 quali ella si vorrà degna-
re di servirsene per istrumenti di sì buon
\ opera , che se bene ella potrebbe far que-
sto s ed ogn altra cosa per se stessa 9
nondimeno sappiamo 9 che ordinariamente
ella usa servirsi delli uomini per istromentì
di queste simili cose non per bisogno ,
di ella ne abbia come è detto , ma per
'farli meritare più 7 e manco secondo la
dignità delF opera e della carità , colla
4^8 Dec. I. della. Par. II. del Sec. IV.
quale si fa , e mentre che la sua sapienza
infinita non concede alle divote persone
il poter adempir quelle buone opere 9 co-
me desidererebbe no t non però gli toghe
il merito , anzi spesse volte Ì accresce ,
facendo loro esercitar la pazienza , e la
longanimità , purché eglino stieno sempre
saldi nel buon desiderio , e solleciti , e
ferventi in aiutarlo continuamente colino-
razioni , e con la diligenza , e industria ,
e mezzo umano , quanto sé può senza strac-
carsi nè perdersi mai d ’ animo , ma tener
fermo 9 che V Onnipotenza , e Bontà sua
potrà , e vorrà a suo tempo adempire ì
santi desiderj di quelli che non vogliono
altro , che 'l servizio suo. Però , Messer Ba -
tolommeo carissimo y ancorché io sappia la
molta virtù , e carità ^ che è così ben ra-
dicata in voi , ed in alcun altri , nondi-
meno non ho potuto mancar di ricordarvi
tutto questo per consolazione vostra , e
mia , e se fusse vero quello ho inteso ,
che Monsig. Arcivescovo presto se ne tor-
nasse costà per fermarvisi , potrebbe forse
essere che quand ' il Pastore fusse presente
conoscesse ancora meglio quel che fosse
utile al suo gregge , e si movesse a pro-
curarlo più caldamente , e trovare i mez-
zi , e superar le difficultà . In tanto si at-
tenderà a fare quel poco , che si potrà
secondo eli il luogo , e /’ altre possibilità
ci concederanno , e quando più si potrà
piu si fard , perchè tale è il desiderio di
Bartolommko Ammannàti. 479
^ nostro P. Generale , il qual adesso , co -
e ni avrete inteso , è stato forzato di pre •
°m tentare il Padre Cristofano per breve
18 \empo per predicare questa Quaresima a
Vicenza , il che a S . A, sarà utile , per -
ohe s' eserciterà molto più , e cesi supplì-
W rà in suo cambio per questo tempo il Pa-
dre Pietro Reggio * il quale altre volte è
stato costì , e seconcY ho inteso s sodisfece
in ogni cosa assai bene. Così prego Dìo ,
he adesso sia con molto frutto , e per -
hè pur troppo lungo sono stato fo fine ,
elidendovi molti saluti in Domino per
arte di nostro Padre Generale t del Fa -
re Possevino , e dì tutti , ed io quanto
iù posso mi raccomunò' alle vostre divote
luì orazioni , le quali non dubito , che Dio
w p audir à a suo tempo , e se pur tardasse ,
pagherà con usura , perchè così suol fare
ini à chi confida fermamente in lui .
Di Roma alli 17. di Gennajo i5y6.
V ostò Affezionatiss . Servo in Cristo
Lo do vico Corbine Ili •
480 Déc. I. della. Par, IL bel Sec. IV,
I
Lettera del Padre Antonio Possevino
della medesima Compagnia
Signor mio in Cristo onorando ,
IL la gratissima vostra , e veggo
i vostri buon desiderj , i quali piaccia a
Dio Sig. nostro d ’ accrescere , e compire
in sua gloria . Pare a mio Padre Genera -
ie , che qui circ alla cosa di S. Michele
non si possa far cosa di momento , se di
nuovo costì non si muove dagli amici .
Però S. potrà esser insieme col Padre
Rettore + e veder quali mezzi sarebbono
al presente migliori , parendoci , che es-
sendo mossa questa cosa da persone di
costì divote 9 la cosa piglierà qualche cam-
mino , e conformi àgli avvisi 9 che di costì
ci saranno dati ci sforzeremo e di racco -
mandare il negozio a Dio nostro Signore ,
e di promoverlo al possibile . Pigli essa a-
nìmo in virtù dì chi sa far di niente il tutto ?
e raccomandici alla divina bontà 9 la quale
prego le accresca le sue santìssime grazie ,
Di Roma il dì 4. di Maggio 1577.
Della Signoria vostra servo in Cristo
Antonio Possevinu
Barto^ombieo àmmannati» 481
Del Padre Everardo Mercuriano IV. Gene-
rale della detta Compagnia.
Molto Magnìfico Signor mio in Cristo
onorando .
A:
M
1 ' vendami il Padre Rettore di cote-
sto nostro Collegio scritto certo nuovo
disegno , che VS* va facendo per acco-
modare il detto Collegio , non ho potuto
are , che con la presente non la ringra-
zi quanto posso del continuo desiderio 9
che ha avuto c£ ajutarci in questo nego-
zio , e di questa nuova dimostrazione 9
che ci dà della sua buona volontà , per -
che come ricono schianto il molto obbligo
che le dobbiamo , così V S . sia sicura ,
che non manchiamo di pregare la Divina
bontà a rimunerarla pienamente a V ogni
beneficio } che procura farci ; abbiamo fiat*
lo matura considerazione , che sopr il Di «
segno , che detto Padre ci rappresenta 9
ancorché ci piaccia assai y nondimeno ol-
tre ad altre difficoltà , che vi troviamo
in trattarlo adesso , quella ci pare molC im-
portante degli assegnamenti , co quali pen-
savo metter mano all ’ opera , che son mol-
to deboli , e quello degli Eoo. scudi del
Padre Corbinelli codesto Collegio non può
godere sino all ’ anno del 85. Sicché cre-
diamo , che o in conto alcuno non riusci »
rebbe al presente , o almeno con grandis -
Baidinucci VqU V1L ài
4B2 Dec. L della Par. I, del Sec. IY.
sima fatica , e travaglio di tutti si potreb •
li ottener quanto fosse bisogno per porlo
in esecuzione , però teniamo per certo 3
che sia molto meglio d /ferirlo ad altro
piu opportuno tempo , qual è da sperare 9
che nostro Signore ci manderà molto pre-
sto , se sarà conforme al suo Divin K ole -
re , che s eseguisca , e assicurandomi del-
la benevolenza di VS. che aneli essa con-
correrà in questo nostro parere , ed in-
sieme che conserve à i buoni desiderj suoi
d' ajutarci , per quando ci s* offerirà mi-
glior occasione di potercene valere con
maggior comodità di tutu . lo fa fine , con
desiderale , e pregarle da Dio Signor no -
stro continuo augumento della sua Santìs-
sima Grazia.
Di Roma il dì 20. Marzo 1578.
DÌ VS.
Servo in Iesu Cristo
Everardo Mer cariano »
Bartolommeo Ammànnàti. 483
^ Bel Padre Claudio Acquaviva Quinto Ge-
'orlo aerale della Compagnia di Gesù , a Lau-
ra Batuferra.
èol >. .
Molto Magnifica Sig. in Cristo Osservar b
disstma .
) pre-
VoìL
ì iél
<2 CO; Y
JL l contento che VS. mostrava aver seri»
'/' M 1 tito insieme con M, Bartolommeo suo
1 m consorte come lo veggo 9 e riconosco per
1 coi
?, con
r BOI
intk
frutto della lor carità , che gli spinge 9
e desta sempre per gloria del Sig a nuo »
vi e santi desiderj , ed in particolare aU
Vaj uto di questa minima Compagnia di
Gesù , mi fu ancora a me cagione di mol-
ta consolazione nel Sig. e di ringraziarne
insieme V S. ed esso Messer Bartolom -
meo „ come fo di tutto cuore . Quando PS»
pregava pel Generale della Compagnia 9
che si doveva creare , chiedendo me 9 chie™
deva e pregava insieme tacitamente , che
fusse data una perpetua materia alla sua
idDA carità di pregare per me , e ajutare la
debolezza mia , e ora che il Signore le ha
fatta la grazia non si sottragga dall' obbli-
go , ma per amor del comun Signore mi
ajuti con mold altri per mezzo delie sue
calde orazioni a portar fedelmente questa
Croce , facendo a mio nome la medesima
domanda a Messer Bartolommeo suo ,
d quali prego dalla Divina Bontà in moU
Irisli
484 Dee. I. t>ELLA Par. II. del Sec. IV.
te consolazioni 5 ed opere di giustizia t af-
ra dell’ eterna corona •
)
Di Roma il 17. Marzo i58rP j
Poi soggiunse di suo proprio pugno
Veggo bene , che ’l peso avanza trop -
po le forze , e mi rendo sicuro che s * el-
la ni avesse più. pienamente conosciuto ,
non aver ebbe fatta simile orazione aman-
do la Compagnia nostra. Ma 7 concetto
chi ella ri uvea ne fu cagione Desidero |
che il Signore ni ajuti ad esser tate , che
almeno si corrisponda . Intendo che la buo - |
na Mad, Contessa ci ha lasciati in terra ,
ritirandosi a migliore stanza . Non man-
cheremo di pregare per lei .
Di VS,
Servo in Cristo
Claudio Acquaviva .
>1
v I
lvl
91 ’ j
k ti
0
t
Baktolommeo Ammansati* 48S
Del medesimo a Bartolomnieo Ammannati»
Molto Magnifico Signore in
Cristo onorando .
opo d' avere scritto a P S. la setti**
mana passata si è ricevuta la sua de ’ 24*
di Giugno con il disegno , essendo stato
tutto questo tempo in Dogana , a noi tan-
to più grato , quanto più viene desiderato :
V abbiamo visto con molta soddisfazione , e
ci pare che il tutto sia molto bene inteso e or~
dinato , e che riuscirà opera degna della
fatica sua. Quant' al provvedere che le
limo sino corrano , acciò si possa ajutar
la fabbrica , se quegli che le vogliono da -
re sapessero , che senza peccato non si
possono applicare ad altro , eli a quello
stesso uso , a che furon date , potrebbono
restar assai sicuri , che non sarebbono im~
piegate in altro ; con tutto ciò io farò che
gli Confessori nostri di costì sieno avvisa -
ti , che veggano con buona soddisfazione
de' limosinieri , di far che le limosine , che
vorrebbono dare per alèr uso dì Chiesa no-
stra , si contentino sieno spese in questo-
pera tanto degna. A VS. poi non dirò
altro intorno a non voler più ricever li*
mosine per la fabbrica , perchè mi persua-
do eli ella si farebbe maggiore scrupolo
d' esser Cagione d' impedir quel bene , non
ammettendo la limosina , che pregiudica ~
486 Dec, T. della Par. II. del Sec. I?.
re all' anima sua col riceverla , perchè co-
operando alla buon opera verrà più tosto
a meritare % che farsi danno . Intorri alle
storie che si potrebbon dipìgnere in queLli
spazzi , piaccia al Signore , che si spedi •
sca così presto il restante della Chiesa y
come queste si troveranno senza difficoltà .
tCià VS, avrà inteso dal Padre Rettore
il caldi* uficio fatto qui da noi per poter
alzarla Chiesa S tur erri aspettando di in-
tendere quella buona risoluzione , che tut-
ti desideriamo . Con la morte del nostro
buon Maestro Domenico , non solamente
siamo restati privC detìr^juto suo , ma in-
sieme intricati , che non sappiamo ove
metter le mani per aver ri un altro , perchè
quelli pochi Maestri che abbiamo stanno
ora occupati netta cupola della Chiesa no-
stra qui di Roma , nella quale non si
perde tempo . Che V Illustrissimo Cardinale
Farnese desidera vederne quanto più pre-
sto il fine . Della divozione , ed affezione9
che PS . insieme con Madonna Laura sua
consorte ci dimostrano s terremo grata me-
moria , e pregheremo il Signore doni lo-
ro in questa vita e nell ’ altra larga ri*
compensa.
Di Roma alti 12. df Agosto i58i>
Di FS.
Servò Amorevolissimo in Cristo
Claudio Acquavitai
Bautolomi^eo Ammànnati 487
Del medesimo all’ Ammarinato.
Molto magnìfico Signore.
t Vrò caro che J^S, resti pienamente
soddisfatta in quello che pretende dal Pa-
dre Giulio Mazzarrini , nè perciò è neces-
sario con esso me altro compimento. Il
Disegno della facciata del Collegio verso
S. Lorenzo ci è piaciuto molto , nè perciò
occorre altro , se non di rimetterci alla
molta prudenza di VS. che ben sa quello
che conviene alla Compagnia . Il P> Iìet~
tore ancora , se avrà alcuna cosa da rap-
presentarle , lo farà con molta confiden-
za. Non credo che V*S. avrà potuto man •
dare il resto del disegno del Collegio ,
poiché ho inteso dipoi che si è malata , il
che mi. è dispiaciuto molto , sì per gli tem-
pi caldi e pericolosi , sì anco per la mol-
ta età sua ; per quel che tocca a lei ab-
biasi cura 9 e si serva pure liberamente
del Collegio in ogni cosa , e noi di qua
la terremo raccomandata al Signore nelle
nostre orazioni , acciò che la renda sana 9
e le dia quella pienezza di grazia , che io
le desidero .
Di Roma* a 4. et Agosto
488 Dec. I. della Par. IL del Sec. IV.
Soggiunse di proprio pugno.
Non lascerò di dire a PS. con confi-
denza f che quanto a me ( rimettendo il
fatto al suo prudente giudizio) giudicherei più
conforme alla decenza della nostra Religio-
ne , che si togliessero i Balaustri , e si
moderasse assai quel Gesù , che è troppo
sontuoso .
Di VS.
Servo Amorevolissimo In Cristo .
Claudio Acquaviva ,
489
LETTERA
DI M. BARTOLOMMEO AMMANSATI
ARCHITETTO E SCULTOR FIORENTINO.
AGLI ONORATI ACCADEMICI
DEL DISEGNO
In Firenze nella Stamperia di
Bartolommeo Sermartellì 1582,
r
Onoratissimi Accademici»
JEssendoci raimati più volte insieme
molti della nostra Accademia del Disegno 9
e avendo avuto fra noi assai utili e buo-
ni ragionamenti , massimamente nel tem-
po che io fui Consolo , non mancai di
pregare (ed alcuni in sino a oggi ne pos*
far fede) ehe si dovesse fare ogn’ope»
4go Dec. I. della Par II. del Sec. IY.
ra dt mettere io uso , ch'ai meno una vol-
tai d mese (che sarebbe stato il giorno
della nostra raunata , la quale è U secon-
da Domenica di ciascun mese dell’Anno)
or uno , e quando un altro mettesse in
campo alcuna cosa bella e giovevole del-
la sua professione ed arte, o di Pittura »
o fi Scultura , o d’ Architettura ; e quel
tanto ne dicesse, che egli sentisse. Essen-
do che in ciascuna di queste tre Arti
sono molti particolari , sopra i quali si
può ragionare e discorere ampiamente,
ancorché delle due prime Pittura e Scul-
tura tutti si abbiano a ridurre a questo fin
solo , che elle dilettino e piacciano : e
E architettura abbia bellezza e comodità.
Se il Pittore adunque avesse parlato del
colorire, arebbe scoperto mille belle e va-
ghe discrezioni , anzi pur tante che appe-
na F età d’un uomo basta per apprenderle
in parte , laonde un giovane veniva con
molta agevolezza , ed in picciolo spazio
di tempo ad imparare e comprendere
assai , e poteva a buon’ ora acquistar o-
nore e fama. Similmente se un altro
avesse trattato , e discorso dintorno alla
composizione delle Storie , veggasi di
grazia , che utilità si faceva a’ giovani ,
per esser questa una di quelle parti di
tanta importanza , che rare volte se ne
veggono ben composte , e nelle quali noa
si scorgono assai capi, ed altre membra,
che non si ritrovano se non fitte f una
I
Bartolommeo Ammannàti. 49®
figura coli’ altra , e mal accozzate, e di-
visato fra loro. Chi si fusse a oche posto
a ragionare quanto sia utile la prospetti-
va , ed il sapersene con grazia servire , e
non come alcuni hanno fatto , dando non
poca disgrazia e sconvenevolezza alle lor8
figure , grande per certo sarebbe stato il
frutto, che se ne poteva ritrarre, ed ol-
tre ciò sapete tutti , eccellenti Accade-
mici, quant’ io pregassi, che delle pro-
porzioni , distribuzioni , discrezioni e
comodità dell9 Architettura , si ragionasse
e discoresse , le quali cose apportano va-
ghezza e comodità , ed alle quali il tem-
po non basta per arrivare a qualche per-
t j fez io ne Agli Scultori poi , quanti buo-
ni consigli e giovevoli documenti si po-
teva egli porgere ? E prima per dar gra-
zia ad una statua di marmo , quant’ arte
e giudizio ci voglia , acciò che i grandi
e fini marmi , che con gran fatica , tem-
po , e spesa non picchila si son cavati , e
condotti , per poca pratica e mancamen-
to d’ arte non si guastino f e non si stor-
pino. Ed appresso come si debba svolge-
re dolcemente una figura , acciò che boa
paja di molti pezzi , e mal divisata , Co-
me pur troppo spesso addiviene a chi
non è da qualche maestro fedelmente av-
vertito e corretto. Il che sapere molto
giova a’ giovani 5 perciò che noa basta il
vedere le ben fatte e belle figure , ma
$9nyiensi anche saper ben l’arte, e per-
4qZ DEC. I. DELLA Par. II. DEL SEC, IV.
che elle così son fatte , imperocché se
ciò bastasse, il Moìsè bellissimo di Mi-
chel Agnolo Buonarruoti , con 1’ altre
sue figure , ed in Fiorenza la Sagrestia di
S. Lorenzo, potrebbono insegnare * a tutti
senz’ altro. Ben è vero , che con mol-
ta lunghezza di tempo farebbono in vgni
modo : ma F intendimento mio era di
scorciarlo e f rio più breve , che fusse
stato possibile essendo sì caro coni’ è, pe-
rò che fra i’ imparare , ed aver comodità
d’operare , F uop divien vecchio , e
con le forze gli manca il lume degli oc-
chi , e tal ora anche quello della men-
te, Questa usanza dunque del leggere ,
e discorrere sopra gli avvertimenti delti
ed altri piu assai , che dir si potrebbono
con grand’ utile e profitto de’ giovani ,
non essendo per ancora introdotta, quello
che ne sia stato cagione , non so. Quel
tanto adunque , eh’ io allora con viva
voce avrei desiderato di dire sopra un
particolare solo per iscarico della mia
coscienza , adesso a tutti quelli il dirò ,
i quali questa mia lettera si degneranno
di leggere; ed è questo, che sieno avvertiti,
e si guardino per F amor di Dìo e per
quanto hanno cara la ìor salute, di non
incorrere , e cader nell’errore e difetto,
nel quale io nei mio operare son incorso
e caduto facendo molte mie figure del tut-
to ignudo e scoperte , per aver seguitato
m ciò più Fuso, anzi abuso, che la ra*
i
BÀRTOLOMMEO AMMANNÀTI® 4g3
gione di coloro , i quali innanzi a me m
tal modo hanno fatto le loro, e non han-
no considerato , che molto maggiore onore
è dimostrarsi onesto e costumato uomo ,
che vano e lascivo , ancorché bene ed
eccellentemente operando. Il quale mio in
vero non piccolo errore e difetto , non
potendolo in altra guisa ammendare, e
correggere , essendo che è impossibile di
stornare le mie figure, o vero dire a chi-
unque le vede o vedrà, ch’io mi dolgo
d’ averle così fatte; lo voglio pubblicamen-
te scrivere , confessare , e far giusta mia
possa , noto ad ognuno quant’ io facessi
male , e quanto io me ne dolga , e me
ne penta, e a questo fine eziandio, che
gli altri sieno avvertiti di non incorrere
in colai dannoso vizio Perocché prima
che offender la vita Politica e maggior-
mente Dio benedetto, con dar cattivo esem-
pio ad alcuna persona , si dovrebbe de-
siderar la morte e del corpo , e della fa-
ma insieme. 11 far dunque statue ignude.
Satiri , Fauni e cose simili , scoprendo quelle
parti, che si deono ricoprire, e che veder non
si possono, se non con vergogna ; e che ra-
gione ed arte ricoprir c’ insegna, è gran-
dissimo e gravissimo errore. Perciò che ,
quando mai altro male ed altro danno
non ne avvenisse , questo certo n’ avvie-
ne , che altri comprende pure il disone-
sto animo e l’ingorda voglia di dilettare
dell’ operante® Da che nasce poi , che tali
!
4g4 Bec. I. ©élla Par* II. del 8ec. TY*
opere suo testimoni centra la vita di chi
le ha fai te. Confesso adunque (quanto a
me appartiene ) di avete in ciò molto
offeso la grandissima Maestà di Dio, quan- i
tuuque io non m* movessi già a così fare
per offenderla. Ma per questo non mi
scuso n poscia che cattivo effetto veggio
pur che ne riesce , senza eh’ io so , che
V ignoranza di ciò, V uso , ed altre cose
non mi scusano in parte alcuna. Perciò
che 1’ uomo ha da sapere quello che fa,
e che effetto alla fine possa , o debba
nascere da questo suo fare , ed operare*
Però , Fratelli Accademici miei carissimi ,
siavi grato questo avvertimento , oh’ io
con tutto 1’ affetto dell’ animo mio vi por-
go di non far mai opera vostra in alcun
luogo disonesta o lasciva , parlo figure
ignuda del tutto nè cosa altra , che pos-
sa muovere uomo o donna, di che età
si voglia, a cattivi pensieri, essendo che
pur troppo questa nostra corrotta natura
sia pronta per se stessa a! movimento,
senza eh’ altr i l’ inviti ; ond’ io consiglio
tutti , che ve ne guardiate con ogni stu-
dio , a fine che non abbiate nella pru-
dente e matura vostra età, siccome ora
fo io, a vergognarvi, e dolervi d'aver
ciò fatto: e maggiormente d’aver offeso
Dio , non sapendo certamente ninno se
arà tempo di chiederne perdono , uè se
ci converrà reoder conto eternamente del
mal esempio dato , il quale vive e vive-
a
e j
,10 1
he !
iSt 'ij
:ii fi
fa, |
h 1
Hi
I,
IO
p. j
n
re
is-
ti
se
ra
>,
io
i-
j-
n
jf ;
!i
>0 |
e
J f
Bartolommeo Ammanitati» 495
rà puf troppo ad onta e scherno nostro
lungo tempo, e il quale con tanta solle*
ci indine e con tante vigilie s* è cercato
che viva E so bene, che molti di Voi
sanno , che non è minor diffìcuJtà , uè
minor arte punto , il saper fare un bel
panno dintorno ad una statua che con
grazia sia accomodato e posto , che si
sia farla tutta ignuda e scoperta : e che
sia ciò vero, l’esempio de* valent’ uomini
e saputi dell’ arte ve lo dimostra. Quante
lodi , quanti favori ha riportato Messer
Jacopo Sacsovino del suo Santo Jacopo
tutto vestito fuor che mezzo le braccia?
tanti , che io non so se forse altri ne ab-
bia mai tanto delle sue nude riportato.
11 Moisè di S. Pietro in vmcula di Ruma,
non è egli lodato per la più bella figura,
eh’ abbia fatto Miehelaguolo Buonarruoti ?
e pure è vestita del tutto. Però vano , e
sempre errante pensiero degli uomini , e
massimamente de’ giovani, che per lo più
si dilettano di far cose , che solo possano
allettare il senso, e ad altro non si studia ,
che impudicamente piacere. Il qual mal-
vagio pensiero , se non si cerca di sverre
e di sbarbare da’ cuori , prima eh' altri
s’invecchi, troppo cattivi ed amari frutti
n’ arreca e produce : ed or crediamo noi,
che quegli antichi e moderni Scrittori ,
i qu li con tante continue fatiche di gior-
no e di notte si sono studiati in compor-
re prose , rime , e versi altissimi e leg*
Dec. I. della. Pa.r. IL del Sec. IV«
giadrissimi , nondimeno osceni , e disone-
sti , si eh’ hanno guasto e corrotto ormai
tutto il Mondo, se potessero di nuovo ri-
tornare in vita , che volentieri non le
stracciassero , e non gli ardessero tutti ,
e non odiassero , e non fuggissero la tan-
ta amata e cercata fama mortale? Miseri
loro , che bene ( ma forse tardi ) s* av-
wggono , quant' ogni cosa sia vanitade
espressa , e che tutte le lodi e gli onori,
che può dare il Mondo , niuno conforto ,
nè àjuto porgono all’ anime loro già mai,
massimamente di quelle opere , di cui
parlo , le quali di tanti mali esempi son
piene. Or se diesiamo, e crediamo que-
sto degli scritti profani ; che dire e cre-
dere dobbiamo delle statue e deile figu-
re, che in una occhiata sola possono muo-
vere ogn’ animo , ancorché temperato e
ben composto , a disordinato e sconcio
pensiero , e sono poste ne’ luoghi pubbli-
chi, e da ogni gente e vedute * e consi-
derate , il che tanto non avviene de' libri
e degli scritti , i quali da tutti letti esser
non possono. Per lo che dire potremo ,
che non solo ne’ Tempj , nelle Chiese Sa-
cre non si debbano porre tali incitamenti
malvagi , dove non si dee , se non cose
oneste e sante vedere o dipinte , o
scolpite; ma nè anche iu luogo alcuno
privato, ed eziandio profano, poscia che
in tutti i luoghi ed in ogni tempo, come
BàRTOLOMMEO A MM ANN ATT, 4 97
dì sopra d s scarno obbligati a dimostrar»
ci a tutti gli uomini , onesti e casti 5 ar-
matori e conservatori de’ buoni costumi 9
| e non d estrattori ed odiatori di essi,
Nè si vadìa di grazia ninno escusando
con dire : quel Signore , quel Principe
volle , e mi comandò , che io così far
dovessi , nè io poteva o doveva disdirgli ;
perchè s’ egli sarà eccellente maestro in
ciò 9 saprà benissimo col giudizio e col-
P arte sua far cosa , cbe insieme porgerà
diletto e vaghezza, senza mostrar di fuo-
ri qual è di drente il cuor suo sozzo, e
carnale, E pur sappiamo che il più de-
gli uomini , che ci fa operare , non dà
invenzione alcuna , ma si rimette al no-
stro giudizio, dicendone : qui vorrei un
giardino, una fonte, un vivajo , e simili;
e quando pure si trovassero tali, che cose
disoneste e laide ci comandassero , non
dobbiamo obbedirli , e siamo tenuti ad
aver più riguardo di non nuocere alPa-
nima nostra , che venir secondando il
piacere altrui f e piu guardarci dall’ offen-
dere la Divina Maestà, con dar cattivo
esempio a gli uomini 5 contra la sua San-
tissima Volontà , che operare in prò di
qualsivoglia persona. Ed in questo propo-
sito ( a mia confusione ) non voglio tace-
re , che mai nessuno padrone e Signore
che io servissi , non mi disse , che in tali
figure , nè in colai modo fatte io far do-
vessi , ma la cattiva usanza , e più la mia
Baldinucci Voi . V LI, 3z
498 Dec. I. belli Far. IL del Seg. IV.
vana mente in tale e cosi fatto errore
ni’ hanno fatto cadere. Ora adunque che
alla bontà di Dio è piaciuto aprirmi pur
un poco gli occhi dell’ intelletto , che fal-
lace piacer d’ aggradir troppo alla più
gente m’ aveva tenuti serrati e chiusi ,
conosco apertamente d’aver errato gran-
demente, e ciò è la cagione, che io mi
son così mosso a pregar voi tutti , che ve
ne guardiate almen più per tempo, di
quel eh’ ho saputo far io. E soggiungerò
ancora, con buona grazia vostra, a mag-
gior testimonianza di quanto vi bo pur
testé detto y quello che m’ è occorso in
questi ultimi anni dì mia vecchiaia. Futn-
mi imposto dalla Santità di N. S. Papa
Gregorio XIII. eh’ io dovessi fare una se-
poltura tutta di marmi , per un suo Cu-
gino in Campo Santo di Pisa , il quale
per essere stato eccellentissimo Legista ,
mi parve di fare una Giustizia ; e perchè
le buone leggi partoriscono la Pace , feci
anco la statua di lei; e perchè dove di-
mora la Giustizia e la Pace , v’ è nel
mezzo il Signore Salvator nostro , però ;
posi nel mezzo la figura di Gesù’ Cristo,
che mostra le Santissime e salutari sue
Piaghe. Della qual sepoltura ne trassi più
onore e giovamento , che di altre statue
ch’io abbia fatto giammai; perciò che :
avendone buona relazione il Beatissimo
Pontefice, mi fece donativo di molta som-
ma di danari oltre ad ogni buono e lar- |
Bartolommeo Ammannàtx. 499
! go pagamento. E se bene io feci il Colos-
so che è in Padova, e ’l Gigante, col re»
sto della Fonte che è in su la Piazza di
Firenze con tanti ignudi , manco onore
assai ne ritrassi e quel eh’ è peggio , me
ne trovo la coscienza fuor di modo gra-
vaia , come dirittamente mi si conviene ;
onde del continuo acerbissimo dolore e
pentimento ne sento ali’ animo. Prendete
adunque amorevolmente questi miei ri*
cordi e consigli come da Padre, che ne-
gli anni essere vi posso, e dal più mini-
mo, che in valore di tutti mi reputo } e
tengo. Discorrete con prudenza l’operar
mostro, ed in ispezialità nelle Chiese (co»
me già dissi) ancor ch’io spero, che sot-
to sì prudente Pontefice qual noi siamo
tal abuso vizioso si torrà via del tutto ;
raffrenando il lic^naioso modo di fare de-
gli Scultori e Pittori , e che non si por-
j cosa alcuna io luogo sacro, senz’ esser
bene esaminala e veduta prima da per-
sone di buona vita e d’ ottimo giudìzio ;
e facendo qui fine a questo mio ragiona-
mento , pregherò il Signor Dio, che vi
conservi sempre nella santissima grazia
sua , e vi feliciti in tutte V opere vostre ,
sovvenendomi d’ una parola , che già mi
disse Michelagnolo Buonarruoti , ed è
che i buoni Cristiani sempre facevano le
buone , e belle figure.
Di Firenze il di 22. A Agosto i582.
Bartolommeo Ammarinali.
il
' '
’
rir.asztiì :,:ì
.
■
j. ' . "V • 'li' •••* ;•. ■•
9
%
f
DESCRIZIONE DEL MODELLO
DEL PALAZZO DE’ PITTI
Fatto da Paolo Falconieri Nobile Fioreo^
tino, Primo Gentiluomo della Camera
del Sereniss. Granduca di Toscana
COSIMO Ili
Il Palazzo del Serenissimo Granduca ai
Pitti , che volgarmente il Palazzo de’ Pitti
s’appella* cor. tuttoché possa nominarsi per
uno de' più maestosi e nobili edifizj che
si veggano in tutta Italia e fuori , non
tanto per quella parte d’ antica struttura
fatta a seconda del ^modello del celebre
Brunellesco 9 quanto per lo Cortile mura-
5oS Dec. I. della Pah. II. del Sec. TY,
voglioso , che vi adornò con proprio dise-
gno il nostro .Amman nati , e per le bellis-
sime aggiunte statevi buie dipoi colla scor-
ta d’ al tri celebri Archi tetti ; conta! tociò
è oggi ancor esso a quello stato pervenu-
to in cui il poco durevole affetto, e la
sempre mutabile volontà e gusto degli uo-
mini hanno per uso di ridurre col tem-
po tutte le cose , che a proprio como-
do o diletto seppe mai 1’ umano ingegno
investigare. Voglio dire , che coll’ inoltrar-
si dell’età sonosi eziandio in ciò , che al-
le abitazioni appartiene, mutate le costu-
manze , le quali tirando a se stesse varie
necessitadi , hanno fatto per modo # che
quello, che già ed al comodo, ed all’u-
tile , ed anche all’ ammirazione potè
servire , oggi col ritener che fa tutto T
suo hello antico non per questo soddis-
faccia così bene all’ altre parti , che non
abbia bisogno di qualche accrescimento
e mutazione.
Tutto avendo ben conosciuto il no-
bilissimo e virtuosissimo Paolo Falconieri j
primo Gentiluomo della Camera del Se-
renis. Granduca Cosimo III. esperto non
pure in tutto ciò che a disegno appartie-
ne, ma eziandio nell’ architettoniche disci»
piine , e molto piu riflettendo all’ alta ge-
nerosità e magnificenza di tanto Princi-
pe , si pose non ha molto per suo virtuo-
so trattenimento a formare un grande e
bellissimo modello àello stesso Palazzo dei !
Bartolommeo Ammannati. 5o3
Fitti , accrescendo , e mutando in esso tuE
to ciò , die per ridurlo ( anche in consi-
derazione de’ presenti tempi) è piu vago
e più maestoso e più comodo , e che se-
condo le proprie idee , pensò potersi ac-
crescere o mutare ; ed avendo tale sua
faticosissima operazione fatta vedere la
state passata del 1681. ad esso Serenissimo,
con rappresentare all’Altezza Sua il modo,
come senza guastare del fatto nulla più
di quello , che alcuna dura necessità ri-
chiegga , e con quanto risparmio possa
mettersi ad esecuzione, fu da S, A» comari-
I dato , che al modello fosse costituito de»
gno luogo nello stesso Palazzo: ond’ è che
il poterlo comodamente vedere non è co»
j sì facile ad ognuno. Questo modello però
mi pongo ora io a descrivere: ma prima
voglio che sappia il mio Lettore, che io
non ebbi mai dubbio alcuno , che una
colai descrizione, a chi non vedde, e non
fu pratico de! Palazzo , e non ebbe sotto
Focchio lo stesso modello , poco o niun
ajuto porger dovesse per formare oggi e
deli’ uno e dell’altro un chiaro e bea
adequato concetto ; conciossiacosaché a gran
pena si potesse satisfare al bisogno con
esporre alle pupille le piante , i profili 5
le alzate , ì disegni spaccati, ed in somma
le parti tanto esteriori che interiori , e
queste di più accompagnando con prolisse
Ì annotazioni e dichiarazioni : ma non per-
ciò volli desistere dall5 incaricare la mia
■Kf / fw
i>©4 Beo. I. BELLA Pkn. II. DEL SEC. IV.
penna di tal fatica , faUo in *ò avvedu-
to da quel poco, che nel diletto, ch’io
mai sempre mi presi di veder cose appar-
tenenti a quest’ arti , mi diede alle mani ;
ond’ io potei per esperienza trarre que-
st* indubitato fondamento di verità : che
ove di fabbriche per abitazione si tratta ,
anche gli stessi modelli , tutto che accu-
ratissimi , tutto che in ogni lor parte ter-
minati e puliti , non giungono mai ( per
dir così ) a parlar tanto da se stessi , che
senza alcuna spiegazione in iscritto delle
varie e precise intenzioni d eli’ Archi tetto,
basti a chi deve eseguire per compitamen-
te metter in opera. Amzi io vidi occorrere
talvolta, che col mutarsi dell’ etadi , mu-
tandosi eziandio i pareri, 1* inclinazioni 9
e gli affetti 9 tutto ciò che dall’ antico ar-
tefice con piena cognizione di causa fu
giudicato oltre ogni credere necessario in
tutto e per tutto ; a chi bene non intese
i suoi fini , superliuo , ed impertinen-
te apparisse. Mirabili senza fallo sono i
modelli di macchine , di ponti , e d' al-
tre architettoniche operazioni , che fra
i moltissimi che divorò il tempo , soa
rimasi nelle stanze degli Operai di S.
Maria del Fiore Cattedrale di Firen-
ze, lasciati dal gran Briiaeliesco per ser-
vizio già della maravigliosa fàbbrica della
Cupola , e pure ( non dico per testimo-
nianza dell’occhio mio , e del mio poco
I I
-dii1 1|
l’io
>ar.
■ j
è»
Ita,
eco- l
ter- 1
i»r
elei
eliti
-E
iea'J
m .ji
tu 1
li
ar
fi
it
ese
!»
al
b
3'
f'
I i,
Bartolommeo Àmmannati. Eo5
intendere ) ma per attestato dì grand’ uo-
mini , o sia perchè manchi loro qualche
minima particella , o pure per non esserci
restata notizia deli’ intenzione di quel gran-
di uomo , non s’ ha memoria , che alcuno
gli ufficj di tali instrumenti abbia giam-
mai saputo investigare ; sì che oggi altro
non resta a chi gli considera, se non d’am-
mirare il loro stupendo artificio , la va-
rietà , la multi pi icità delle membra opera-
trici , T esattezza e diligenza del lavorio ,
senza però nè poco nè punto penetrare
l’azione o ’l fine, a cui essi furono da
quel sublimissimo ingegno destinati. Ma
a che ragionare di modelli? mentre abbia-
mo in questi ultimi secoli veduto che le
materie stesse condotte , e poco meno che
poste a’ luoghi loro , hanno sortita la
medesima infelicità di non lasciarsi cono-
scere in modo che al buono esecutore pos-
sa bastare per situarle a’ loro posti negli
ordinati edìhcj.
Ciò chiaramente apparisce , quando
non mai da altro, dalia tanto rinomata
Scala de) Buotiarructo , architettata per
lo vestibolo della Libreria di S. Lorenzo ,
le cui parti alla sua partenza di qua era-
no state bei, lavorate e condotte; e pure
non potè 1’ accuratezza del Vasari ( che
n’ebbe 1’ incoio Lenza ) situarle a’ luoghi
loro , onde facesse ricorso per lettera al
grand’ Artefice , e ciò non ostante e uni-
So5 Dec. I. della Par. il del Sec. IV.
versale opinione degl’ intendenti , eh’ egli
non così appunto ne seguitasse la prima
bellissima idea, anzi non poco se ne te-
nesse lontano ; e ciò fa credere la lettera
stessa responsiva dì Michelagnolo in data
de’ 28, Settembre i555. nella quale, o per-
chè si trovasse oppresso dal peso dell’ ul-
tima vecchiaia o perchè poco si curasse,
che tal opera fosse effettuata per altre ma-
ni , dopo aver più cose scritte oscurate ,
anzi che no, seguita a dire: E detta par «
te dì Scala aovata abbia come due ale ,
una dì qua e una di là che vi seguitino
i medesimi gradi , e non aovati. Fin qui
ìa lettera ; e non ha dubbio che per la
relazione che hanno le parole della me-
desima , ove dice : una di qua , e una di
là colla scala^, pare che le laterali scale
dovessero , siccome oggi si vedono , essere
state intese e messe in opera dal Vasari
allato appunto, e per lo diritto della scala
di mezzo ; ma gran fatto non sarebbe già,
che il Ruoriarruoto avesse inteso di dire,
non di qua , e di là alla scala , ma alla
porta per cui entrasi in Libreria , concios-
siacosaché nella testata del Ricetto da due
lati della porta vedesi iu una cornice po-
sante sul pavimento un taglio egualmente
lontano dagli angoli più vicini , con cui
si rappresenta Y incavo della testata d’uno
scalino da incastrarsi quivi con bastone
ed altri suoi membri , corrispondenti ap-
punto a quei degii scalini ^ che sono ia
Bartglommeo àmmannati. 5c>7
opera Bella scala. E sopra questo taglio ,
fatto per lo primo scalilo , veggo osi se-
guitare alcune riseghe nel muro per lo
posare degli scalini superiori, le quali si
sollevano vicino ai comiociamento de’roen-
solini , e con duco osi ad un tal piano, die
vengono ad impedire le mensolette die
gli sostengono , alcune delle quali veggo ti-
si essere stale a bello studio tagliate nel-
F antico tempo , e prima che la scala fos-
se posta ai luogo ; ed inoltre essere state
subbiate, comecché occupate dalle laterali
scale , non avessero dovuto servire a quel
posto come F altre del Ricetto; onde è
forza il dire, che dalia parte del muro,
che essa porta della Libreria contiene,
dovessero sorgere le due ali e non lateral-
mente alla scala di mezzo. Sonovi eziandio
altri segnali che mostrano, che ’l Ya sari
( tutto che meriti lode per aver condotta
a sua fine una meravigliosa scala) a ca-
gione dell’ oscurità , con che procedè Mi-
chelagnoìo nella sua lettera , non intera-
mente si conformo al di lui pensiero , ed
i segnali son questi: che nel salire per lo
mezzo vedesi il terzo scalino non esser co-
perto dai quarto fino a segno , che in es-
so terzo si , ede; ma rimanerne una certa
porzione verso il suo còngiugnimento col
quarto, non ridetta al pulimento del re-
stante della sua superficie , segno chiaro
d’essere stato tirate alquanto più in fuori
di quello , che inventò il Buonarroti, che
5©8 Dec. I. della Par. II. del Sec. IV.
forse non volle che la scala avesse tanta
distesa , quanta uè ha. Osservatisi di più
in diversi luoghi della scala incastrati al-
cuni tasselli che nulla operano, e questi
pure fanno conoscere qualche diversità
di pensiero nel primo Architetto. Final-
mente pare non piccolo indizio di qualche
varietà il vedersi essere avanzati alcuni
scalini quasi in forma ovale , e non posti
in opera dal Vasari. E finalmente per
quanto io medesimo sappia giudicare, sti-
mo non piccol segno , che ’J Vasari stesso
si trovasse in gran dubbio dell' aver fatto
bene , la riverenza e rispetto , eh’ egli
volle portare a’ concetti di quel grande
artefice con lasciare in quelle parti , che
sopra dicemmo, le rotture, riseghe, e
subbiature antiche, quasi che fosse sua
volontà il farne vedere tutto ciò, che in
simile contingenza seppe egli operare , e
tener viva eziandio ad eterna memoria, 1
qual si fossé stata la prima idea del gran
Michelagnolo.
Avendo considerato tutto ciò anche
Gio. Battista Nelli gentiluomo di mia Pa-
tria, giovane che alla nobiltà dell’ animo
e bontà de’ costumi ha congiunta straor-
dinaria cognizione e pratica d’ogni cosa
che all’architettura appartiene; mosso an-
ch' egli da desiderio , che coll’ inno! trarsi
de* tempi , non restino ( a gran danno
della posterità ) offuscate eziandio le me-
morie degli alti pensieri avutisi dallo stesso
Bartolommeo Ammansati. 5og
Micheìagnolo, non pure intorno al ma ra-
pili Tiglioso modello della facciata della Chiesa
al. medesima , ma d'altri ornati e fabbriche
che debbono accompagnarla , si pose a
disegnare in pianta , faccia e profilo non,
ia solamente tutto il modellato da Michela-
alclf gnolo , e posto in opera da lui , e da altri
le® dopo lui, appartenente al grande edificio
posi e di chiesa , e di cappella , e di libreria ,
pD ma eziandio quanto egli disegnò e model-
. sii lo , e che ancora non ha sortilo suo fine,
tesi misurando fino ad ogni minutissimo mena-
la!) bretto di tutto ciò che apparisce eseguito,
e»|i e ricavando con giustissima simetria , e
lodr da’ modelli che si conservano in S. Loren-
àj zo ed altrove , e da’ disegni che di mano
del Buonai ruoto stesso son tuttavia appres-
sili so agli eredi , tutto quello che rimane da
; in eseguirsi ; ed io ad effetto di far conoscere
di qual pregio sieno riuscite queste sue
ria, nobili fatiche , delle quali egli ha pieno
rr un volume, non addurrò altra testimonian-
za che quella deli’ ottimo gradimento, con
A che l’ha ricevute il Serenissimo Ferdinando
Principe di Toscana , al quale egli volle
offerirle in dono , e dell’ amore e stima
con che quell’ Altezza si degna tuttavia di
conservarle.
Non dee dunque alcuna maraviglia
recare, se io, come dissi a principio, tut-
toché ben consapevole di non potere con
semplice descrizione e con parole, se non
jgoca luce dare a chi legge , onde possa #
5 io Dec. I. della Par. IL del Sec. IV.
bene intendere e ravvisare tutte le qualità
della nobiì fabbrica disegnata nel modello
da descriversi da me del Palazzo de’ Pitti,
abbia tal fatica intrapresa , perchè mia
principale intenzione fu ed è il farsi ; che
restando sempre il modello , siccome pro-
mette che resterà la sollecita provvidenza,
con che dal Serenissimo Granduca ne fu
comandata la conservazione , e rimanendo
altresì questa mia povera e semplice fati-
ca , assai più facile e più sicuro si renda
quando che sia il venirne in tutto o in ■
parte all’ esecuzione.
E incominciando dalle variazioni ap-
partenenti ai di fuori , dico, che vuole il j
nobile Archi tetto , che nella superior parte j
della piazza adiacente al prospetto, ella si
riduca in piano , lasciando in mezzo un
gran padiglione , che Fattraversi dalia fac-
cia sino allo sdrucciolo , per lo quale pa-
diglione salgano le carrozze al piano della
porta 3 e quivi per due alie e terrazzi ,
per le quali si dirama esso padiglione dal-, i
1* una e Fai tra parte lungo la facciata ,
entrino le medesime carrozze io un vesti- !
buio ovato ornato di colonne , quindi per
un gran portico si portino nel gran giar-
dino di Boboli ; e fa conoscere , come dal-
la destra parte possa comodamente aver
passaggio tutto il più, che per via di so-
me , o altrimenti deve portarsi per lo ri-
manente del servizio basso dei palazzo.
Da quest’ altezza tornasi a scendere nel
h
ila
%
«a
k
irOfj
w.
'ft<
Oli}
afe
di
Jf
:]
rii
» I
» i
s
I
i, )
)
il
i
■ Bartolommeo Ammannati. Sii
piano della piazza per Ire ordini di cinque
gradi per ciascuno. Sotto a questi ha egli
cavato come due falsebrache 5 le quali e
difesa e maestà posson recare al palazzo ,
avendovi posto sotto per ogni parte cinque
pezzi di cannone.
In ciascheduna delie due parti piane
della piazza , che mettono in mezzo il pa-
diglione , ha egli collocata una fonte , la
quale coll’ acqua che torna dalla fontana
dei cortile fa vaga mostra di se stessa , e
potrebbe anche Tua’ e l’altra servire per
basa a due statue di Granduchi di Tosca-
na. Con queste due linee , cioè del piano
della piazza , e deli’ altezza de’ terrazzi o
ringhiere , ha disegnato uno zoccolo ru-
stico sotto le due braccia 9 che si aggiun-
gono a questo gran corpo „ le quali ter-
minano la lunghezza della piazza per te»
ner con esso zoccolo io piano tutta la fab-
brica, e ne ha insiememente cavato il co-
modo per lo stare al coperto le carrozze
con una gran loggia dall’ una parte e dal»
F altra, allato alla quale (dalla parte però
di via de’ Guicciardini ) ha fatte quattro
grandi stanze per restituire al palazzo quel
comodo dell’ arti , che a continuo servizio
dello stesso fin da gran tempo in qua si
esercitano nello stanzone, che delle Legne
volgarmente è chiamato. Coli' abbassamento
della piazza pretende ancora d’avere aju-
tata la bassezza della facciata in propor-
zione di sua vasta lunghezza , alzando alla
5l2 DEC. I. DELLA. PàR. IIf DEL SEC. IV*
■vista quelle otto braccia, che spianandola
piazza, se le aggiunsero, e questo senza
carico di spesa, intende anche in un tem-
po stesso per togliere ad essa facciata l’an-
tica dirittura , ed aggiugner le varietà di
fare nel suo mezzo uno sporto per quanto
occupano di spazio sette finestre, ornan-
dolo di colonne doppie della foggia me-
desima di quelle del cortile , secondo l’or-
dine del quale le varia ad ogni piano.
Questo sporto vien terminato con un or*
nato nel mezzo da potervi collocare un
oriuolo , dal quale si parie verso tutte due
le cantonate un balaustro, sopra di cui
diversi trofei a piombo delle colonne leg-
giadramente posano.
Questo medesimo sporto fa nella par-
te dì sotto un portico, che torna mirabil-
mente in acconcio per lo smontare de’ Ca-
valieri, e comodo delle Guardie, e piglia
il rincontro dì quello, che s’ è detto ser-
vir d' ingresso nei giardino di Boboli dal-
la banda di S. Felicita , dalla qual veduta
chi entrasse nel palazzo di più eccellente
grandezza lo concepirebbe.
Le variazioni ed accrescimenti accen-
nati fin qui nel nuovo modello, pare che
già incomincino a far credere a chi legge,
che nell’antica invenzione del celebre Bru-
nellesco fosse qualche difetto. Prima di ciò
affermare , dee però ciascheduno in primo
luogo avvertire che l’antico disegno fu per
formare un palazzo nobilissimo si e mara-
Bàrtglommeo Ammannati. 5i3
Tiglioso al pari di quanti ne contasse al-
lora l’Italia ; ma però per privato Cavalie-
re : onde per ogni titolo convenivasegli il
grande e maestoso accrescimento , che se
gli è fatto di poi , il quale avendo mutato
alquanto qualche proporzione nel tutto ,
pare che porti anche qualche necessità di
^ alcuna mutazione nelle parti. Inoltre non
'Qf erano in quel tempo i bisogni dell’ abitare
deJ Sovrani , quali son poi divenuti col-
l’ avanzarsi deli’ età , nè l’eccedente nu-
li; mero delle carrozze, che ad ogni ora in-
dili torno ai regj palazzi si raggirano, forza-
ci! vano a gran provvedimenti fare a loro
leg' cagione.
L’Ammannato non ebbe il sito per
m dilatarsi, quale si ba oggi per la demoli-
toli azione seguita poi di molti edificj , ond’egli
Cai nella cortezza della linea avuta allora ,
gfe fece il più di quello che far si poteva.
Serva quest’avviso a chi legge per tutto
dal* ciò che nel proseguimento di questa de-
biti scrizione di nuovo modello gli potesse pa-
;ol( rere o troppo accresciuto , ò troppo mu-
tato , ed eccoci già pervenuti alle varia-
zioni appartenenti alle parti interiori.
Accrescesi il nobilissimo cortile descri-
vendo nella parte di testa un semicircolo ,
ira*] togliendone la fonte > la grotta , e la
ciò ringhiera.
Ha questo semicircolo per diametro
ìer la larghezza, ed ò del medesimo ornato
ra* del cortile con tre archi per parte , eguali
Baldinucci VqÌ% V*IL
5i4 Dec. [.della Par. II. del Sec. IV.
per F appunto agli altri e di luce , e di
proporzione , ma dove quegli hanno nel
pilastro la mezza colonna , questi haunola
isolata , ed intera. Una tal variazione ,
e maggiore ornamento ha pensato quel
Cavaliere convenirsi a questa parte , che
rende la figura del Teatro arricchita di
sculture e d’ acque , parendogli anche
ciò richiedere la necessità di dar sostegno
al pilastro, che nel piano nobile fa can-
tonata verso il giardino annesso all* ulti-
ma colonna , che ora è fondato sopra il
muro , che serra il cortile. Ma dovendosi
levare necessariamente per farvi il Teatro,
ed aggiugnere agli archi , che già vi sono,
i tre soprannotati , se s’appoggiasse l’im-
postatura dell’arco nuovo al pilastro vecchio,
la cantonata suddetta premerebbe in falso
il fianco dell’ arco nuovo. Ha egli perciò
replicata la voltata che fa il cortile del- i
Y ingresso , e la mezza colonna di laggiù
lia ridotta quassù intera con che ha occu- i
pato tanto luogo , quant’ è quello del pi- !
lastre di sopra , e datogli il suo pieno. E (
perchè dietro a questi tre archi ricorrono j
le logge, che vanno salendo per portar |
le carrozze al pian di sopra , perchè non s
vi sia più P incomodo di riuscir fuori del o
palazzo , quando vi si voglia salire , ha ; c
quegli serrati e ricoperti di sculture , che j j
danno luogo ad un vago scherzare del- |
Tacque lasciando nel mezzo alcuni ovati , j
che fanno ufizio di finestre alle logge, A j
Bartolommeo àmmannati. 5iS
queste però il dare un intera e beila pro-
porzione fu cosa assai difficile , perchè fu
necessario crescere il pavimento con tener
ferma la volta per salvare il piano di so®
pra , dove si fanno le logge scoperte , del-
le quali a’ior luoghi si parlerà; nè altro
rimedio vi fu , se non il descriverle con
due circoli eccentrici, e scemare la lun-
ghezza a pari che scema l’altezza. Mostra-
si qui chiaro il guadagno , che si fa nel
risparmio di spesa e d’impaccio, mentre
qui hanno F acque tutte il lor gioco al*
V ingiù , senza punto perdere di lor gra-
ziosa dimostranza. In mezzo di questo cir*
colo fra i tre e tre archi già nomina®
ti , toltane la fonte , che oggi si vede , è
un* apertura di più di 3o. braccia , che
dà il passaggio alla vista dal principio del-
la piazza fino alla statua , che nella fine
del giardino è collocata a canto alle mu-
ra della Città. Per questa apertura pas-
sando si sale dal piano del cortile a quel-
lo dell’ Anfiteatro , il quale però fa mostra
di se , come parte del palazzo , laddove al
presente pare , che egualmente parte del
palazzo e del giardino possa dirsi. Que-
sta salita dal Teatro all’ Anfiteatro ha egli
ornata di tre fonti : tra la prima ( inco-
minciando dal Teatro) eia seconda termi**
nano le logge del palazzo già dette , dal-
le quali uscendo le carrozze , che debbono
andar di sopra , imboccano nella parte op-
posta una loggia , che le conduce a quel
5i6 Dec. I. della. Par. II. del Sec. IV.
piano. L’ Anfiteatro ha egli disegnato ia
forma ovata per dargli una figura più pro-
pria di quella ? che al presente si vede,
dando ai gradì , ove la genie ha da sede-
re tal proporzione, che nulla tolgano del-
la veduta della piazza agli spettatori , ai
quali anche ha provvisto d’ una rifuggita
ai coperto in caso di piogge 3 giusta l’ an-
tico costume de Romani ; nel secondo or-
dine delle volte cavate sotto i sedili , e
nello stesso luogo ha dato lo spazio per
imbandire le bottiglierie ne’ tempi delle
feste in modo , che non occupino il pas-
sar delle genti. Tra la curvatura del Tea-
tro e dell’ Anfiteatro ha situaie due gran
logge scoperte, le quali occupano ancora
lo spazio delle logge di sotto , e restano al
pari degli appartamenti de’ Principi , e do-
minando il Teatro e P Anfiteatro , servo-
no non meno di delizioso passaggio , che
di luogo opportunissimo per goder le fe-
ste , che si rappresentassero nell’ uno o
nell’altro di essi; atteso che per vederle
nulla più abbisognasse , che voltarsi colla
persona verso quella parte ove V azione
s’ esercita. Da queste per due scale , che
assai larghe e spaziose sono , scendesi nel-
V Anfiteatro , e conseguentemente nel giar-
dino , ciò che ora non può farsi : sotto
queste medesime logge dall’ una e dall’al-
tra parte ha dato luogo a tre cucine , e
tre pasticcerie. Servono quelle verso la
scala grande , per le foresterie; quelle
lo
se
Sei'
teai
li
k
Bartolommeo Ammainati. 617
verso la scala, che porta agli appartamen-
ti della Serenissima , son destinate al ser-
vizio degli stessi appartamenti con eguale
comodità degli uni e degli altri ; e quel-
lo che torna meglio in acconcio si è , che
per giungere al luogo , ove sono state mes-
se , cioè in testa al cortile , posson portar-
si quei di servizio basso colle necessarie
provvisioni , mediante una porta , eh* è in
testa alla falsabraea destra della piazza ,
passando sotto la seconda branca della sca-
la principale , che mette nel cortiletto , che
del Diaccio è chiamato, e di lì incammi-
nandosi per la strada , per cui oggi passa-
no le carrozze per salir di sopra. Trovasi
subito finito il fianco del palazzo un cor-
ridore sotterraneo , ma non oscuro , me-
diante il quale, passando sotto la salita,
che dal cortile porta all’ Anfiteatro , si co-
municano da una parte e dall’ altra , e
restano libere tutte le cucine. Da questo
medesimo corridore , entrandosi nelle Log-
ge grandi può per brevissima via e co-
perta camminare la vivanda , che trovan-
do da una parte la scala già detta della
Serenissima , e dall' altra la grande del pa-
lazzo, può salire a |queir appartamento ,
ove dee portarsi. La testa opposta dello
Stesso corridore ha una scala , che condu-
ce al primo ordine delle volte dell’ Anfi-
teatro , dalle quali può riceversi il como-
do di ripor legne , carbone , ed ogni altro,
che all* uso della cucina richieggasi , oon
5i8 Ose, I. della Par. TI. del Sec. IV.
che vien liberato il palazzo da’ pericoli
dell’ incendio , essendo quelle non solo fuo-
ri di esso , ma staccate e lontane molte
braccia. Per quelle potere con facilità riem-
pire ne ha situate le porte nel piano del-
r Anfiteatro atte all’ ingresso delle carrette,
p Tornando ora ai piano terreno , e cam-
minando a man sinistra per 1’ appartamen-
to del Serenissimo Granduca, vedesi ag-
giunto nel fine di esso un salone, o stan-
zone fiancheggiato a man destra nell’ anda-
re io giù da due grandi stanze, che ser-
vono per lo discarico nel tempo , che 1’ Al-
tezza Serenissima abita agli appartamenti
terreni , alle quali si può pervenire al di-
fuori genz’ apportare a’ medesimi apparta-
menti la suggezione , che al presente pati-
scono. Dalla camera vecchia , che unisce
colla prima di queste due, che viene ad
essere sotto quella chiamata la Stufa ^ en-
trasi nella pallaccorda segreta , passando
per un sito angusto , e che nou ha lume
se non da una sola parte , avendo all’ al-
tra il Bagno e la Stufa , che glie lo tol-
gono ; qui ha cavato un bel comodo di
passaggio, un luogo per stare a vedere per
S. A. ed una stanza per ispogliarsi i Ca-
valieri , che hanno a giuncare , il tutto
senz’ alcuna suggezione apportare , o rice-
vere. Nella testa opposta della pallaccorda
è 1’ ingresso delle carrozze nel cortiletto
non finito delle colonne, o che più pro-
priamente chiamasi di Pietro da Cortona
i
i
i
Bartolommio Ammainati. 519
ha di sopra una stanza fatta a posta per
altri Principi , che volessero essere spetta-
tori, alla quale si perviene per lo corri»
dorè, di cui parleremo nella descrizione
del pian di sopra. Uscito che si è del no-
minato salone , vedesi in fondo un porti-
co , che raddoppiando quello , che già si
disse entrare in Boboìi dalla piazza , fa
prospettiva all’ ingresso delle stanze, e ne
allunga il riscontro fino alla Grotta detta
di Michelagoolo 9 servendo anco d’ un pas«
saggio coperto ad un giardinetto segreto
dell’ appartamento terreno , che potrebbe
farsi nel pian , che resta tra esso , e 1
monte del giardino di Boboli. Dall’ altro
fianco dello stesso salone , o stanzone » si
scende in mezzo del vestibolo ovato , che
abbellito di colonne s’è già descritto, ove
si disse entrerebbe in carrozza il Serenissi-
mo Granduca quando stesse a terreno , e
sarebbe questa V uscita , eh’ averebbe S. A.
da quell’ appartamento senza esporsi, ben-
Ichè per brevissimo spazio, ad alcuua in»
discretezza di temporale ; comodità , che
non m gode al presente. Tra le scantona»
ture della sala , che ha fatta della figura,
che si vede nel modello , perchè regga
quella del piano nobile , e gli angoli 9 che
lascia 1’ ovato del vestibolo , ha ingegnosa-
mente ritrovati diversi stanziolini per il
Maestro di Camera, Ajutaati , e Mozzi,
necessarissimi aSFintero buon servizio d’ana
Regia Camera,
Ss© Die. I, della Par. II. del. Sec. IV.
li vestibolo ha diviso in cinque spa-
zj p‘-r parte colle colonne che V adorna-
no , disegnando di valersi di quelle stesse
cbe ora si veggono inutilmente erette nel
pocanzi nominato rort detto , detto di Pietro
da Cortona , e perche queste non avrebber
potuto giunger all’ altezza che sarebbesi
richiesta , v’ ha aggiunto sopra un attico ,
0 un mezz’ ordine per condursi colla vol-
ta alla misura delle stanze nobili , con
che ha dato al vestibolo ornamento e va-
ghezza.
La prima porta che si vede entrando
a man manca , va allo stanzino del Tra-
bante , che fa la sentinella, che ha la sua
feritoja nella piazza. La seconda alla Libre*
ria. La terza è finta. La quarta mette in
una scala secreta , per cui si può dal ter-
reno salire al piano del corridore , che
va al Palazzo vecchio , con che toglie il
disagio al Granduca di salire e scendere
per più scalini, ed altri incomodi, che vi
si provano al presente, quando s’abita il
terreno , e nell’ occasione ancora di doversi
1 personaggi che avessero a venire inco-
gniti , e del portarsi all’ appartamento re-
gio. La quinta porta finalmente dà l’in-
gresso del pian di sotto , dove stanno le
carrozze al coperto, alle genti che vengono
a piedi , e questo ba fatto l’ingegnoso Ca-
valiere per non toglier la comodità che
v’ è al presente di fuggire il sole della
piazza.
BartolomMeo Ammannati. 521
Nel resto del landrone che sbocca nel
portico , ba poi cavati altri piccoli stanzini
per servizio de’ pubblici scopatori. Entran-
do per la seconda di queste porte nella
disegnata nuova libreria fa passare per un
vestiboletto ovato a man dritta , del quale
vedesi la scala che conduce al second’ or-
dine delle scansie in due piani di stanzini
ordinati per comodo della medesima , si-
tuati appunto sopra la stanza del traban-
te , e si comunica colla scala della quarta
porta , perchè dalle stanze di sopra possa
S. A. segretamente calare a quel piano di
essa libreria, che più le aggrada. Questa
libreria ba per larghezza la metà del brac-
cio, che riesce in via de’ Guicciardini, e per
lunghezza lo stesso sino all' ultimo suo ar-
co , il quale viene ad essere la testa della
pallaccorda pubblica , che si fa per servi-
zio de' Cortigiani ; e raddoppiata da quat-
tro grandi stanze per manoscritti , e come
per arsenale della medesima. A questi si
viene e dal loggione dove stanno al coper-
to le carrozze, e dalla via de* Guicciardini
per una scala assai comoda , perchè chi
vuole studiare v’abbia l’accesso senza ne-
cessità d’andare a trovare la porta princi-
pale del vestibolo ovato dalle colonne,
siccome ancora possa portarsi alle quattro
altre stanze sopr’ a quelle de’ manoscritti 9
fatte per abitazione del Bibliotecario, Da
queste ha con bell’ avvertenza tagliato un
corridore , m mi entrasi dalla scala della
S22 DEC, I» DELLA. PàR. lì. DEL SEC. IT.
porta quarta. Per questo corridore da ma-
no manca si va alla scaletta della libreria,
ed a mau dritta conduce il medesimo alla
stanza , che ha la finestra nella pallaccor-
da pubblica ; e così viene al Serenissimo
data comodità di portarvisi , quando voles-
se a suo diletto ; potendo anco calare nella
medesima per la scala che riesce in via
de’ Guicciardini.
Dal notato fin qui intorno alle belle
comunicazioni di scalette e di stanze 9 e
dall’ intreceiamento che hanno fra di loro,
e molto più dall’ oculare osservazione del-
T accuratissimo modello può chi che sia
ben ravvisare quanta facilità s’aggiunge al
Serenissimo di portarsi ad ognuno de’ no-
minati luoghi a sua delizia , che però nui-
1’ altro in tal particolare rimarrà a dirsi ,
se non che avendo Tinventore stimata pro-
babil cosa , che possa quando che sia esso
Serenissimo usare tutte le salite anzidette,
ba però avuta la bell’ avvertenza di farle
tutte d’una stessa pedata ed altezza di sca-
lino , perchè assuefacendosi il piede alla
misura d’una, non isvarii passando per l’al-
tra ; cosa che a chi bene intende di tal
magistero , non potrà parere che fatta sia
senza straordinaria attenzione e fatica. E
qui resta finita la descrizione del modello
in ciò che appartiene alla parte sinistra.
Venendo ora alla destra parte , saria
tornato molto in acconcio il divertir la
scala dal luogo ove ella è al presente ; ma
i50
lei
ne
la
ii
HI!
[il
fiSS
[il
I le
! ni
le
h
i\
ha
re
! pi
| fc
i sa'
| ti!
J si
i to
! ti
I
it
! a
!
Cl
BàrTOLOMMEO Ammanitati. 523
perchè ciò avria portato non ordinario
sconcerto , col disfacimento di gran parte
dell’ antica struttura , ha egli giudicato be-
ne lasciarla al luogo suo , accrescendo però
la sua larghezza per la metà , e così ri-
durla più larga d’otto braccia. Questa con-
duce al pian di sopra in due branche ;
ina perchè volendola tenere in tal sito »
fu inevitabile l’inconveniente del muro che
essa scala divide , che per essere a dirit-
tura del portico , vien a tagliare in mezzo
Tingresso che da queste conduce alla me-
desima , l’ha egli alzato sopra l’orizzonte
naturale dell’ occhio con i primi scalini
dell’ invito , e i secondi del vestibolo che
ha fatto tra l’ingresso predetto ed il prin-
cipio della scala. Questo vestibulo è pa-
ralellogrammo largo quanto lo spazio che
resta fra li due muri maestri, che ne!
pian di sopra terminano l’appartamento
del Serenissimo Principe di Toscana 5 e ’i
salone de’ forestieri è lungo sino al cor-
tile detto dei ghiaccio , in testa del quale
si salvano gli scalini già detti, lungo quan-
to tutta la larghezza del medesimo vesti*
buio. Dopo questi si trova il piano , o vo-
gliamo dire il principio della scala. Le
ragioni di far ciò sono sfate due : la pri-
ma per condursi a pigliare il lume vivo
nel cortile del ghiaccio per rinforzo e sup~
plimeoto di quel principale che vien dal
cortile, eh’ è in testa alia scala, e l’altro
che $’ insinua per V aperture delle logge ;
52 4 De g. I. della Par. TI. del Séc. IV.
la seconda per acquistar il sito cTuo certo
corridoretto , eh’ è in quel luogo , per slar-
garsi col primo ripiano della scala , e co-
minciar questo come a chiocciola , segui-
tando la figura dell’ ovato , che fa il sud-
detto slargamento , e lasciar nel mezzo tra
la branca che sale e quella che scende,
spazio da farvi un ornato di figure, che
occupando tanto luogo, quanto è il vaoo
della gran porta che entra nel vestibolo ,
ricuopra il muro divisorio della scala , e
faccia Pufficio d’una nicchia senza esserla:
cosa che molto ben si conforma con tutte
le buone regole di quest’arte. L’ornato
conterrebbe la figura d’Èrcole nel bivio,
il quale ritto ricoprirebbe il muro dell’ a-
nima della scala ; e le due Donne simbo-
leggiate per le due vie della Virtù e del
Vizio sedente sopra gli scalini della mede- '
sima scala, le quali figure con quel di più
che si richiede alla spiegazione della favola,
empierebbero il rincontro delP apertura del-
P arco , come farebbe la nicchia, e non
apparirebbe quando si scende , la bruttez-
za della medesima nicchia , la quale mo-
strerebbe tanto del suo dorso, quant* è la
sua larghezza maggiore della grossezza del ;
muro che divide la scala. Questo rimedio
suggerito alla mente del Cavaliere inven-
tore da una somma necessità, s’accorda
intanto molto bene coll’ allegoria delle pit-
ture fatte dal celebratissimo Pietro da Cor-
tona nelle regie Camere del Palazzo , nelle
Bartolommeo Ammànnàti. 5s5
quali sotto la distinzione de’ Pianeti si di-
mostra l'instruzione del Principe datagli da
Ercole. Cominciasi dal bivio , come s’ è
detto , e nel salire si vien vedendo tutte
l’altre prove , che s’esprimerebbero in Scul-
tura , collocate ne’ ripiani fatti ad ogni
venti scalini , e ne’ principj e fine delle
branche* Questi riposi non ha egli fatti
tonto per dar luogo agli ornati y quanto
per iscemar la fatica a ibi sale, richie-
dendosi per gì ugnare all’ altezza del piati
dei Palazzo quasi cento scalini , non ostante
le moite e grandissime difficnitadi ad ogni
passo incontrate nel volere stabilire le ac-
cennate comodità a questo grand’ edificio ,
ed ha saputo cavare uua scala 9 che si cre-
de la maggiore di quante altre ne sieno
di quelle che non terminano in un piano
solo, ma si conducono fino al tetto, come
questa è anche comodissima , non avendo
lo scalino nella sua radice più che ott’on-
ce d’altezza , delle quali andandone una
in pendenza , non viene a salirsi che solo
sei once di passetto architettonico romano.
Al terminar che fa questa scala nel
piano nobile, vedasi aggiunto un ripiano
di proporzion doppia a quello che lasciò
tra le due branche, il quale aggiugne co-
modo nel caso dell’ abbondar la gente. Da
questo s’entra nella prima sala de’ Traban-
ti ordinata d’ uua nuova figura, avendo
nel mezzo una maggior larghezza di figu-
ra citandola di lati disuguali , fatta in ap-
5b6 Dec. l. della Par. II. del Seo. IV,
parenza per dar maggior luogo dove sodo I
gl’ingressi degli appartamenti dei Grand u- !
ca , e de’ Principi forestieri ; ma in effet- 9 1
to per fuggir la bruttezza delibandolo, che I
fa il muro della testa del cortile coli’ altro j fi
della facciata dell’ appartamento de’ Princi* fi
pi. Osservò F inventore , che quest’ angolo P
aveva rimpetto un corridoretto che non ! «
serviva a nulla, il quale profondava in alo
dentro verso le camere tanto , quanto il | ti
muro della facciata del cortile entra nello p
spazio della nominata sala, il quale tolto f
via , operava sì che veniva il sito della sa- ri
la a restare in mezzo a due risalti uguali, j
che sbiecati nello stesso modo, e fattegli | il
due altre parti simili dai lati opposti, vie- ì f
ne ad aver costituita la suddetta figura , |
colia quale ha levato alquanto df defor- | il
mità che sarebbe apparita nel salir la sca- ti
la , e dentro la sala medesima a cagioue 1
di tale irregolarità del sito. Per le mede- I
sime ragioni ha fatte due porte all’ ingres* t
so dì questa sala , perchè ognuna di esse i
pigli il mezzo delle due scale, e non si
conosca fa necessità dì tal rimedio. Entra
la prima a man dritta nella saia che oggi
serve all’ appartamento de’ forestieri, del- j
la quale ha tagliata in testa un’ anticame-
ra per aggiunger comodo a tale apparta-
mento, che scarso anzi che altrimenti
può direi. Alla sala contigua , che dicesi
la sala di Bona dalie pitture che l’ ador-
nano s fatte per mano del celebre Pittore
OQg
iu4
ilie ;
‘irod
laciJ
5»Ì|
Qoj|
«
m
olir
safi
laliJj
$1
Ì8'Ì
m
3r-tj
C3- •• !
«I
le.
m
I
a
:
Bartolommeo Ammànnàti. 5%j
Bernardino Poccetti » esprimenti la con qui-
sta» che l’anno 1607. fecero l’armi del
Granduca di quella Città, e Fortezza in
Barberia , ha aggiunta una camera per unir
così queste due sale a cinque camere di
raddoppio all’appartamento del Serenissimo
Principe Ferdinando , da farsi di nuovo
nel luogo ove sono ora le cucine » col so-
lo aggiungervi un tramezzo ; e perchè eoa
tale nuovo lavoro torrebbesi alla nominata
sala il lume d’ una finestra , glie n’ ha ag-
giunti due di fianco , levando due came-
rini della chiocciola che rispondono nel
ghiaccio. Questa unione di stanze opera
inoltre un alte* effetto » ed è, che puossi
passare tutt’ il piano del Palazzo in un
giro , e altresì che il Figlio primogenito
in caso di matrimonio , abbia eguale trat-
tamento e stanza adequata al numero del-
le sue guardie , abitando ancora sulla me-
desima sala. E perchè potrebbe occorrere
talvolta » ^che la Serenissima Principessa
non volesse passare per la sala de’ Princi-
pi forestieri , o pure che tali stanze non
si volessero adoperare a tal uso , perciò ha
fatto loro un ingresso a capo alla scala che
mette nella prima delle cinque camere in
testa a quella che viene aggiunta alla sala
di Bona, ed una scaletta che mette a’ mez-
zanini per le Dame che sono sopra le me-
desime stanze ^ ed in quegli ancora che
sono sopra le stanze de’ forestieri » delle
quali per la scaletta che v’ e al presente 9
Sa 8 Dec. I. della Par. II. del Sec. IV.
s’entra nell’ appartamento ch’era del Se-
reniss. Principe Vlattias , con che viensi a
comunicare di sopra ancora I’ appartamen-
to nuovo da farsi nel sito delle cucine ,
coi restante del palazzo , per avere il co-
modo che si richiederebbe per i figliuoli
del Sereniss. Principe. La medesima con-
duce dal piano delia Spezieria all’ apparta-
mento di sopra , che conteneva la gran
quantità de’ Quadri preziosi che è nota ,
in luogo di quella che v’è adesso scoperta.
Vien disposto anche nel modello, che
dalla mano manca delia sala de’ Lanzi ,
dalla quale entrammo già a mano dritta
in quella de’ Principi forestieri , s’ entri
nella sala degli Staffieri del Granduca che
forma un dado di quaranta braccia per ogni
verso. A mano manca di questa resta 1’ ap-
partamento del Sereniss. Principe , in fon-
do al quale ha aggiunta uua Galleria , che
l’ unisce a quello delie cucine , destinato
per la Sereniss. Principessa con una scalet-
ta , alla quale si può venire quando si vo-
glia dalla saia grande , fatta con intenzio-
ne che si possa in ogni caso dividere il
predetto nuovo appartamento, e stanze di
sopra per comodo de’ Cortigiani. Questi
appartamenti dei Principe e Principessa
sboccano in un giardino , per lo quale si
può uscire in Boboli , e con tal delizia al
pari delle stanze si leva la suggezione di
non potersi andare in Boboli da quell’ ap-
partamento, quando vi sieuo forestieri. In
l
i
ì
I
5fr
a* à
41
4
fe il
’au ;
;a' 1
la, j
k i
B|; !
Ita |
Eri
le
ai ;j|
p !
n-
he
10 ]
* |j
0- {
0- I
ili
11 ri-
ti j
a j
si i
il
Bàrtolommeo AmWÀNNATI. 529
dirittura delle porte dell' appartamento del
Sereniss. Principe ha gettato un pomicino
per arrivare sopra ’l terreno , che gli è qua-
si contiguo , al quale succede un viale ,
che unendosi quasi per fianco al Giardino,
si distende poi per lunghissimo tratto ,
cioè fino alla casa de’ Bini nella costa del
monte tra gli orti delle case di sotto, e
del muro della Spezieria.
Or qui è da notarsi che non disdice
in modo alcuno , che la sala in sì fatta
guisa ordinata e disposta non torni nel
mezzo del Palazzo, non solo per ragione
della necessità che a tanto costrinse V in-
ventore , quanto per gli esempi che avia-
rio di ciò in altre nobilissime fabbriche
in Roma , cioè a dire nel Palazzo della
Cancelleria fatto da Bramante , in quello
di Farnese del Sangallo , in quello di S.
Pietro , ed in altri molti. Ho detto essere
stata forza di necessità il dare un simil
posto alla sala , perchè se si fosse fatto al-
trimenti 5 sarebbesi perduto 1’ unico luogo
che rimaneva per fare una Regia Cappel-
la al piano nobile , la quale fino al pre-
sente non è di tal fatta, quale si conver-
rebbe a un tal Palazzo , che quando si
fosse voluto situar la 9ala in mezzo saria
bisognato per portarvisi il valersi di quel-
lo spazio.
Dalla sala degli Staffieri fa entrare a
man dritta nella sala delle Carrozze , che
Baldimcci Voi V1L
34
53o Dec. I. della. Par. II. del Sec. IV.
iioq è punto minore di quella che ora serva
per gli Staffieri , (e da questa io quella di
Venere delle Lance Spezzate, raddoppiata
da un’ altra eguale che viene nello sporto
della facciata divisa da un sol pilastro, ne ha
voluto aprire a fine che la volta della ma-
ravigìiosa pittura del Cortona non venga
danneggiata, e non solo a quella il lume
non si tolga , ma s* accresca ogni qualvol-
ta esso dalla parte opposta alla facciata, j
ha aperto un arco, che incontrandosi con
un di quegli del cortile , nel tempo della
mattina dà luogo ai raggi del sole , il cui
favore a tal otta essa al presente non gode.
Da questa camera di Venere , lascian- i
do per ora di seguitare il regio apparta-
meuto delle stanze dipinte, entrasi in quel-
lo della Serenissima Granduchessa Regnan-
te , al quale mediante la comunicazione
che se gli dà per questa parte , si aggiu-
gne decoro a latte quelle sale , e guardie,
olir’ all* accrescimento delle stanze , e la
vaghezza del riscontro di tutte quelle del
braccio della loggia scoperta sopra le cucine,
e del fianco dell’ Anfiteatro.
In mezzo ad esse sale ed anticame-
re del Granduca nella loggia , ove era
stanno i Trabanti , ha destinata la gran
Cappella comodissima a tutti gli altri ap-
partamenti di questo piano , unendosi ad
essa tutti i ballatoi.
Bàrtolommeo Ammanititi. 53i
Dalla parte del principale ingresso ha
fatto il Coro pe’ musici, e dietro all’Alta-
re una spaziosa Sagrestia , sopra queste i
luoghi per i Serenissimi per quando non
vogliono stare in pubblico, e con questa
nuova Cappella rendesi non più necessar
ria la vecchia Cappella , ond’ è che resta
quel luogo proporzionatissimo per un mol-
to comodo Gabinetto.
Nell’appartamento del Granduca nul-
la ha mutato , e solo ha aggiunto dopo
la camera detta del Trucco un salone che
torna appunto sopra quello che resta nel
fondo dell’ appartamento terreno , e potrà
servire per solenni audienze ; lo ha scan-
tonato negli angoli, ed allargato nel mez-
zo con due porzioni di circolo per ren-
derlo più vago di figura , e i’ ha ornato
di marmi, e mezze colonne. Dalla maa
destra del medesimo dentro alla porzione
del cerchio , ha destinata una Residenza
fissa con i suoi gradi , e dalla parte oppo-
sta ha disegnate due grandi Gallerie, che
vengono sopra la nuova Libreria e stanze
di cui sopra si fece menzione ; ed è da
notarsi che nella seconda Galleria ne por-
ta la scaletta segreta , che ha suo cornisi-
ciamento nel vestibulo delle colonne alla
quarta porta , per la quale può il Serenìs-
simo portarsi ovunque gli piace. In testa
a questa medesima sala è una loggia sco-
perta , che torna sopra quella che si de-
scrisse a terreno , portante alla grotta di
532 De<$, I. DELLA. PàR. li. DEL SeC. IV.
Micbelagnolo ov’è anche Y altra che la
fiancheggia , che viene ad essere sopra il
p< rtico , dove entrano le carrozze si con-
duce, Per questa scendesi nel corridore, t
che andando verso S. Felicita si porta a !i
Palazzo vecchio con passaggio nobile, e co- i
medissimo. *
La Loggia fece poi a fine che ogni ap- li
parlamento godesse la bella delìzia dello is
spasseggio scoperto , come fin qui s’ è mo- ;
strato , avendo i due del cortile il termine
delle loggie sopra le cucine , e quelli del- li
la facciala da una parte, il Giardino, e ’l li
viale che fino alle case de’ Bini s’estende, j
e dall’ altra la descritta loggia , ed in oltre a
il Pieal Gabinetto , ha V altro della Pallac- j
corda segreta. Di modo tale , che inco- «
xninciandosi a vedere questo piano nobile j
dall’ appartamento de’ Forestieri , dopo es- il
sersi questo passato , e quello della Sere- j
riissima Principessa , che vuol dire il giro ;;
d’ una sala con tredici stanze e la Galle- j
ria , che comunica coll’ appartamento dei j |
Serenissimo Principe , si sbocca nei riscon- j
tro delle stanze delia facciata , il quale
tra '1 coperto delle stanze, e lo scoperto l
della loggia va fino alla Grotta di Miche- 5
lagnolo , e comunicando per questa lun-
ghezza colla prima anticamera di esso .
Principe farebbe vedere sulla mano destra $
una dirittura , che per la sala de’ Traban- •
ti passando, e per l’ appartamento altresi j
de’ Principi forestieri per la loggia scoper* ; 5
Bartolommeo Ammannati. 533
ta sopra le cucine , e per 1’ Anfiteatro
terminerebbe in un bel salvatico di lecci,
che ad esso Anfiteatro fa molto graziosa
corona; giunto che si fosse nella sala del*
le carrozze offerirebbesi all’ occhio la bella
prospettiva del Teatro colla sua apertura
ornata di fonti, 1’ Anfiteatro, e tutta la
lunghezza del Giardino fino alle mura del-
ia Città. Nella camera di Venere, la coni-
11 pagna a quella delia prima anticamera del
Sereniss. Principe , e nel salone dell’ sa-
pienza vedrebbesi a mano manca la prima
Ielle due grandi Gallerie, ed avanzando-
ci più oltre scoprirebbesi l’ altra che la
Raddoppia, e sempre avrebbesi avanti per
retta linea la lunghezza della loggia sco-
,cc perta , che va fino alla loggia di IVIichela-
gnol© , dal qual termine volgendosi in
lietro si vedrebbe prolungato lo stesso
m riscontro fino alla casa de’ Bini, venendo
della dirittura il ponte, e ’l viale che già
si descrisse nel fine dell* appartamento del
Sereniss. Principe, rimaso dietro alle spalle
® nel venire in giù.
Segue ora il raddoppiamento che si
vede ordinato a questo appartamento in
gota! forma. Ravvisasi lungo il fiacco del
salone dell’ audienza opposto a quello del-
le due Gallerie , il disegno dì due grandi
stanze per il carico, o vogliamo dire ri-
3t torno della Corte a Palazzo , nelle quali
potrebbesi entrare mediante un ponte che
mettesse nel viale del Giardino di Boboli
534 Dec. I. della Par. II. del Sec. IV.
dove ora passano le carrozze , e ciò per
liberarne I’ altre stanze, e per dare all’ Al-
tezza Sereniss. altre comodità , alle quali ser-
vir possano pure 1’ altre due stanze , che
a queste seguono appresso.
Da quella che ora si chiama la stufa
s* esce in un passeggio scoperto sopra la
pallaccorda segreta volendo ; e da questo
levasi la suggezione col corridore , e ri-
mati libero il passarsene a Palazzo vecchio
senza alcuna minima servitù apportare al
regio appartamento , per lo quale è forza
ora il passare. Questo corridore comincia j.
dalla scala che ora porta all’ appartamen- ;
to della Serenissima, dalla quale scala si j
conduce lungo il muro che serra il cor-
tiletto delle colonne , finche giunge a toc-
car il muro del Piegio appartamento , ed
in questo tratto circonda la loggia suddet-
ta, e le fa riparo, essendo alto sopra’l piano del
Dominato passaggio più di quattro braccia.
Nell’ estremità dello stesso muro per
grossezza ha cavata una scala perchè non
se ne vegga il tamburo col far bruttezza
al di fuori , la quale portando sotto ’l pia-
no dell’ appartamento del Serenissimo Gran-
duca , acciò non abbia la soggezione di
questo passaggio , trova nel pian de’ mez-
zanini un corridore eguale all’ altro lascia-
to di sopra paralello alla facciata verso il
Giardino , il quale corridore ba suo lume
da una finestra fattagli in testa nel fianco
del Palazzo che guarda verso S. Felicita 9
e va ad insinuarsi nella testa de’ due por-
Bàrtolommeo Ammannatt. 535
tici già a terreno descritti deli’ apparta-
mento del Granduca e dell’ingresso nel
vestibulo , e scende nei corridoi’ vecchio ,
con che resta fatto il comodo , che cia-
scheduno possane aver l’uso per via libe-
ra , avendo i Cortigiani quella della no-
minata scala della Serenissima, ed i Sere-
nissimi Principi delle stanze nuove 9 nel-
le quali attesta ; restando sempre al Se«
reniss. Granduca il corridor grande , che
raddoppia la loggia scoperta del suo ap-
partamento,
E questo è quanto di principale , e
di più conspicuo e singolare ho pensato
descrivere deli’ ingegnoso modello del no-
bile , e virtuosissimo Cavalier Paolo Fal-
conieri , lasciando a hello studio altro
che potrei dirne , per non abusarmi con
eccedente lunghezza della benignità del mio
Lettore.
Non son mancati ancora altri studiosi
che per lor virtuoso trattenimento si sono
applicati a condurre diversi altri model-
li • ed in quello fatto da se, che oggi
pure si ritrova nelle stanze del Beai Pa-
lazzo , ha Jacinto Maria Marmi (i) nostro
Cittadino, e Guardaroba del medesimo, fatto
conoscere quanta sia la vivezza del suo spi-
rito , ed il suo ottimo gusto nelle Archi-
tettoniche discipline.
(i) Padre del fu Anton Francesco poi
Cavaliere di S* Stefano Papa e Munire .
i
536
ALONSO BERRUGUETTE
PITTORE SCULTORE E ARCHITETTO
SPAGNUOLG
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIACENZA.
/
Ebbe i natali questo artefice in Pa-
redes de Nava , terra vicina a Yagliadolid
capitale della Castiglia. Portatosi egli a Fi-
renze, fece sotto la disciplina del gran
Buonarroti rapidissimi progressi nella pittu-
ra , scultura , ed architettura. Andato quin-
di a Roma per istudiar sull’ antico, si
rese cotanto valente , che potè al suo ri-
Alonso Berrruguette. 53f
torno 5n (spaglia distinguersi nelle tre ar-
ti del disegno , ed ebbe la rara gloria di
essere il primo , che colà ne introducesse
la cultura , sterpando , per quanto a lui
fu possibile , la Visigotica barbarie * che
in que’ regni gettate avea profondissime
radici. Or per venircene aile principali
sue opere , si vede nella suddetta città di
Vagliadolid la reai chiesa di san Benedet-
to ornata in gran parte di belle dipinture,
sculture , e architetture sue , fra le quali
sono assai pregiate la statua di san Bene-
detto posta in mezzo alla chiesa , e le sei
altre statue di alabastro ripartite ne’ due
piccoli altari presso al coro. In un mo-
nastero assai rinomato de’ monaci Girola®
mini, mezza lega distante dalla città, in
sagrestia trovasi un bellissimo altare , la
cui architettura , V intaglio , e le pitture
sono opere insigni del nostro artefice. In
Toledo poi alla cattedrale i seggi del coro
collocati allato all’ epistola, rappresentanti
la storia del testamento , sono con mae-
stria intagliati dal Berruguette , il quale
scolpi anche al naturale in un sol pezzo
di marmo il mistero del Taborre, che ivi
vagheggiasi dietro il medesimo coro. Non
sono però le fatture dello scarpello le sole
opere, che in Toledo rimangano per atte-
stare il valore del nostro artefice; poiché
ne lasciò parecchie anche di suo pennello,
che sono assai stimate. Fra le altre bea
meritansi particolar menzione il sant’ Eu*
538 Dec. I. della Par. II. del Sec. IV»
genio fuori della porta di Visagro , e la
santa Leucadia vicino alla porta del Cam-
bron. A Sillas nel coro della chiesa dalla
parte dell’ epistola fece altresì alcuni bassi
rilievi con soggetti presi dalla Sacra Scrittura.
Fu il Berruguette pel raro suo merito in
grande onore presso Carlo V , che lo no-
bilitò , e dichiarollo suo pittore, primo
artefice , e direttore delle opere reali. Mo-
rì finalmente in Madrid Tanno 1645.
5%
MARCO BASAITI
PITTORE VENEZIANO
l
GIUNTA
D I
GIUSEPPE PIACENZA.
D.i Friuli trasse la sua origine il pre-
sente pittore, che dal Vasari fu per mero sba-
glio diviso in due diversi personaggi, l’u-
no de’ quali si chiamasse Marco Basarmi 9
e T altro Marco Bassiti. Egli è certo 5 che
questo artefice dipinse con istile più rad»
dolcito , dando alle immagini de’Santi una
certa purità d’arte, che muove gli animi
a divozione. Nella chiesa di san Giobbe in
54® Dec. I. della Par. II. del Sec. 17.
Yenezia conservasi di sua mano ali’ aliare
di casa Foscara il Cristo , che fa orazione
nell’ orto co’ tre discepoli dormienti sopra
un colle ; e nella parte vicina sotto ad un
volto sono dipinti san Francesco , san Lui-
gi , san Domenico , ^ san Marco ; nelle
quali opere, che furono fatte dal Basalti
Tanno i5io , in concorrenza di Giovanni
Bellino, e del Carpaccio, si vede regnare
una rara delicatezza , e bella unione di
colori. In san Francesco della vigna vi è
della stessa mano una tavola di un Cristo
deposto di croce con le Marie. La pittura
più singolare di questo artefice non si ha
dubbio , che non sia quella , che nella
Certosa pur di Yenezia vagheggiasi all* ai-
tar maggiore. Rappresenta essa Cristo, che
chiama a se i due apostoli Pietro, ed An-
drea ; T effigie del Salvatore è dipinta con
un decoro grandissimo, e con azioni pron*
tissime sono figurati gli apostoli ; oltre
di che il diligente pittore vi formò alcuni
scogli, che pajon veri , e uua spiaggia di
mare naturalissima. Altro non si sa , che
in pubblico vi sia a Yenezia , od altrove
di mano di questo bravo artefice.
54*
FRA FRANCESCO COLONNA
DELL’ORDINE DI SAN DOMENICO
GIUNTA
D 1
GIUSEPPE PIACENZA,
Sembra cosa approvata , cbe affin-
chè taluno possa giustamente essere ascrit-
to fra gii artefici degni di memoria , deb-
ba egli aver condotto alcuna opera rag-
guardevole , od abbia per lo meno scritto
ex professo in una delle tre arti , da se
studiata daddovero , e in maniera tale,
cbe presentandosegli qualche occasione
gii sarebbe stato agevole il porsi all’ eser-
cizio di quella. Ninno pero di simili van«
taggi potè ado noi a buona equità suppor-
re in frate Francesco Colonna dell’ ordine
di san Domenico, soggetto solamente noto
542 Dec. I. della Par. IL del Sec. IV.
©gli eruditi, per aver egli incidentemente
ragionato di architettura nello stravagante
suo libro intitolato il Sogno di Polifilo ,
io non ardirei certamente di ragionarne
in questi fogli , ove non mi autorizzasse
1’ esempio di chi modernamente scrisse le
vite de’ più celebri architetti. Il qual dot-
tissimo autore , il cui nome finora è sfug-
gito alle diligenti mie ricerche;, aven-
do tessuta , ad una con le altre , anche la
vita di questo frate Colonna , io mi farò
gloria di ricopiarne qui le parole, in at-
testato della particolare mia stima verso
la sua opera s ripiena di eleganza , e di
erudizione. Die’ egli adunque così : » Se
» non fu architetto di professione , con-
» tribuì almeno a ristabilire , ed a prò-
» movere la giusta architettura con quella
» sua opera intitolata il Sogno di Polifilo.
» Questo autore, ch’era un frate Dome-
» nicano Veneziano , rappresenta F archi-
>> tettura nel suo maggior apparato di
» grandezza > e maestà , considerandola
» come la sola scienza , che dà norma a
» tutte le altre , e che abbraccia le più
» sublimi nozioni. Egli riferisce a questa
» non solamente F ordine , e la costruzìo-
» ne d’ogni sorta d’ edificio , ma inoltre
» F intelligenza perfetta di tutto ciò , che
» deve accompagnare , e decorare queste
» grandi opere. Descrive con una vivacità
» maravigliosa ogni sorta di fabbriche. E
» quali fabbriche? Ua mausoleo compara-
Fra Francesco Colonna IJ4S
» bile in altezza alle piramidi d’ Egitto, e
» più riccamente ornato. Colossi rappre-
» sentanti cavalli alati ; elefanti carichi di
» obelischi ; statue gigantesche d’ uomini
» e di donne; terme, circhi, ippodromi*
» giardini, fontane, palazzi, archi trion-»
» fali , tempj , anfiteatri, ponti, strade „
» acquedotti , porti , navi , fortificazioni»
» Quanto in somma di grandioso, e di
» mirabile han saputo fare gli antichi
» nell’ auge del loro buon gusto , e della
» lor potenza , tutto è raccolto in questo
» libro. Ma il maggior pregio di quest’o-
» pera consiste nelle giudiziose riflessioni,
» che il buon frate fa sopra ogni edificio
» da lui descritto. E giustamente sdegnato
» contra la grossolana ignoranza degli ar-
» chitetti suoi contemporanei si slancia lo-
» ro addosso ad aprir 1’ intelletto , per
» isbandirne la balordaggine , e sostituir-
» vi la ragione. Fa toccar eoa mano, che
» le regole dell’ architettura esigono non
» doversi far cosa seuza poterne rendere
» vera , e convincente ragione. Onde non
» basta , che un edificio sia solidamente
» fondato; conviea , che la solidità sia
» confacente alla natura stessa dell* edili-
» ciò. Nè basta , che una fabbrica sia or-
» nata con parti belle ; bisogna, che questi
» ornamenti sieno impiegati come richiesti
» dalla necessità, e sieno tali, quali si conven-
» gono al carattere, all’ uso, ed alla di-
» giiità della fabbrica. Su questi principj
» egli fa vedere esser fondati i tre ordini
&4i BeC. I. BELLA Par. II. DEL SEC. IV.
» dell’ architettura , la differenza de’ quali
» era allora presso che ignota.
» Allorché comparve alla luce questo
» Sogno di Politilo, dovette scuoter senza
» dubbio lo spirito degli architetti di quel
» tempo, ed animargli al miglioramento
» della loro arte. Tanto più che Vitruvio
» era allora ignoto , e quando anche ta~
» luno ne avesse avuto qualche tintura ,■
» Vitruvio dà bensì le giuste regole , ma
» Colonna ne ravviva lo spirito, ed eccita
M ad amarle , e seguirle. Come questa o-
» pera fu utile allora , potrebbe esserlo
» ancor adesso , specialmente ai giovinetti
» per accendersi di nobil ardore a studiar
» Vitruvio, e la buona architettura. Ma
» lo stile, in cui è scritta, l’ha rinculata
» in qualche scansia alla polvere , ed ai-
» le tignuole. Si ristampano pure tanti
» libri , e Dio sa con qual frutto ; con
» poca fatica si potrebbe rifar questo, e
» rivestitolo, per così dire, alF ultima
» moda , si renderebbe giovevole al pub-
» blico. Fra Francesco Colonna morì in
» Venezia nel i52o nel convento di san
»> Giovan Polo (i).
(i) Non morì frate Colonna nel i52o.
come qui viene asserito , ma bensì nel
1527, e precisamente nel mese di luglio ;
ciò constando da libri di memorie del
convento de santi Giovanni e Paolo di
ili
:
t# I
Ili I
ti
», «
HI ,
cìli
1 0>
erlo
teli j|
iiat i|
Mal
lata ;j
al- ?
aiuti
eoa |
i , e|
lima l
pulì' *|
.ì il :
gao
fa\
Udì
foil
) di f
fra Francesco Colonna, 545
Venezia , né quali libri si trova piti volte
mentovato il padre Francesco Colonna
Veneziano . JSelC anno 1481. addì 11, di
novembre vien qualificato del titolo di
maestro , e così pure negli anni j 5oo ,
i5ì2, i5i8, i523, nel quale ultimo an-
no al dì ió di ottobre se ne fa ricordan-
za 9 come di persona decrepita . E final-
mente legge si né suddetti registri , che in
età di ottanta , e piti anni M. , cioè ina-
gister Franciscus Columna Y. , cioè Vene-
tus 9 obiit 1527 mense juìio ; e nel chio-
stro primo dalla parte della Chiesa ebbe
sepoltura con epitaffio , cancellato poi dal
tempo y giusta ! asserzione del padre fra
Marcantonio Luciani nel registro delle
iscrizioni sepolcrali dì quel convento . lo
non voglio nè pure ammettere di qui rap-
portare una nota originale a mano , che
in fine del libro 1 . di Polifilo leggesi in
un esemplare della prima edizione , esi*
stente nella libreria de * padri Domenicani
osservanti di Venezia , della qual nota ,
scritta vivente ancora il Colonna 9 io ne
trascriverò solo la seguente parte 3* giac-
ché la medesima già fu per disteso divul-
gata nel tom . XXXV del giornale de* let-
terati di Italia alla pag. 3oo. IViDXìl. XX
junii MDXXi. Nomea vera m auctoris est
Franciscus Columna Yenetus , qui fuii or-
dinis pra ed icat orimi Adhuc vivit ( cioè nel
i5i2, e nel i5si ) Yenetus in ss. Job a a™
ne 3 et Paulo.
Baldinucci Voi . VII*
35
546
BATTISTA D’AGNOLO
VERONESE
DETTO
BATTISTA DEL MORO
PITTOR VERONESE.
Discepolo di Francesco Torbido detto il
Moro • fioriva circa al i54o.
v^iostui imparò l’arte da Francesco
Torbido d tto il Moro, del quale prese
una figliuola per moglie , onde fu ancor
esso cognominato il Moro. Dipinse in Ve-
rona nella Chiesa delle Monache di S.
G ìs* ppe un San Giovanni Battista, in S.
Eufemia la storia della conversion di S.
Paolo * ia S. Fermo una tavola d’ un S.
Niccolo sopra le nuvole , e da piede due
Battista d’àgnolo Veronese. 547
Santi per Tal tare delia cappella della Tri-
nità di M. Torello Saraino scrittore della
storia feronese ; accanto alla Sagrestia co-
lorì mia Vergine col Bambino , l’Àngelo
Raffaello e Tobia, ed alcuni Aogeletti da’ìati,
e sopra figurò la Santissima Trinità ; di-
pinsevi ancora la facciata della casa dei
Pedemonti. Per il Duomo di Mantova fece
la tavola della Maddalena. Passatosene a
Venezia nel tempo che Alessandro Vitto-
ria eccellentissimo Stuccatore , Paci Vero-
nese , e Battista Zelolti abbellivano il bel
palazzo di Murano del Sig. Gammi Ilo Tre-
visano , toccò a Battista a dipigoere il cor-
tile, Fece anche molti cartoni per gli araz-
zi della Chiesa di S. Marco ; colorì una
facciata d’ una casa del Carmine; e fece
molte altre opere in quella, ed in altre
Città. Fu eccellentissimo nel lavorare di
minio in ogni sorta di figure , animali , e
paesi. Ebbe un figliuolo chiamato Marco,
che attese alla pittura , dal quale fu molto
ajutato nell’ opere. Vivevano costoro nei
tempi, che il Vasari scrisse la sua Storia,
cioè del i56B,
548
JACOPO FRANCIA
P1TT0R BOLOGNESE.
Figlinolo , e discepolo di Francesco
Francia , fioriva del ióoo.
D i questo Pittore fecero menzione
il Bumaldo, il Cavazzone, ed ultimamente
uè ha parlato il Co. Carlo Cesare Malva-
gia, Ebbe egli i precetti dal padre ; poi
molto s’occupò in fare devote Immagini di
Maria Vergine per diversi cittadini. Per
la Chiesa di San Petronio nella cappella
della Madonna della Pace fece una tavola
che cinge la sacra Immagine, ed in essa
Jacopo Francia. 549
figurò alcuni Angeli in atto di sonare. A
concorrenza del Cotignola, Maestro Amico,
e Bagnacavallo dipinse una delle storie che
sono da’ lati , nella quale rappresentò la
salita al Cielo di N. Signor Gesù Cristo ;
ed in S. Giovanni in Monte vedesi di sua
mano un Cristo , che apparisce alla Mad-
dalena in forma di Ortolano , opera molto
lodata. Fece molti ritratti di Sommi Pon»
telici e di Prelati della Religione de’ Cano-
nici Regolari , i quali egli dipinse a fresco
nea pilastri della medesima lor Chiesa; ma
poi a cagione del doversi essa ridurre a
forma più moderna sono stati guasti. Fu
opera del suo pennello una Immagine di
Maria Vergine vicino alla casa de’ Ratta
sotto un portico , la quale si vede in ista ra-
pa intagliata da Agostino Caracci. Condus-
se altre opere per diverse Chiese e Ora»
torj , cioè per S. Barbaziano , per S. Do-
menico , per S. Rocco , per quella degli
Zoccolanti detti della Nunziata , di S. Pao-
lo in monte, e anche dipinse molte storie
a fresco nella Chiesa di S. Cecilia neir O-
ratorio della Morte.
55©
PAOLO CALIARI
PITTOR VERONESE
Discepolo di Giovanni Caboti ,
nato i532. 4- i588.
Di Gabbriello Cai lari » scultore e citta-
dino Veronese * nacque il singolarissimo
pittore Paolo Galiari , il quale negli anni
della sua fanciullezza imparò dal padre i
principj dell’ arte sua mediante l’ esercizio
del modellar di terra. Dice il Cavalier Car-
lo Rìdolfi , e lo cava a mio credere da
Raffael Borghini(j), che levatasi dall’ arte
della scultura fosse posto sotto la discipli-
na del pittore Antonio Badile suo zio, che
con buon credito in quei tempi operava
in Verona , il quale in San Nazzaro fece
(i) Vale a dire nel Riposo .
Paolo Caliari 55 i
una tavola di Maria Vergine col Bambino
sopra alcune nuvole, e sotto alcuni Santi
Vescovi, ed altre figure; ed in S. Bernar-
do un Lazzaro resuscitato. Il Vasari però
che scrisse la sua storia circa di 80. anni
innanzi al Cavalier Ridolfi , e che a fine
di ritrovar notizie a quella appartenenti
peregrinò molto per l’Italia , e particolar-
mente in Lombardia in tempo che era
giovane esso Paolo Veronese , e fu ancora
amico, e tenne corrispondenza di lettere
con Gio. Caroti pittor Veronese, afferma,
che Paol Caliari fosse veramente discepolo
di esso Gio. Caroti ; aita quale opinione io
mi appiglio , come che per le ragioni an-
tedette la reputi più certa. Questo fu quel
grandissimo pittore , che veramente può
chiamarsi miracolo dell’ arte ? e che la
altissimo grado ebbe unite insieme tutte le
sue perfezioni, tal che Fopere sue , siccome
non hanno occhio che censurar le possa ,
così non han prezzo che le possa aggua-
gliare. Le sue invenzioni furono così no-
bili , che non è possibile a dirlo, concios-
siacosaché veggonsi arricchite di personag-
gi , d’attitudini, di scorci, di prospettive
d’ogni sorta d’adornamento desiderabile ; le
sue figure altresì si riconoscono arricchite
di tutte quelle qualità più degne che pos-
sano mai desiderarsi, ed aversi per più
accomodate e proprie all’ azioni che egli
volle rappresentare. Sarebbe troppo lunga
cosa il torre a descrivere tutte l’opera più
552 DEC. I, DELLA Par. IT. DEL SEC. IV,
stupende che egli fece , delle quali molte
arricchiscono le Gallerie della Maestà di
Cristina Regina di Svezia , e del Serenis-
simo di Toscana , attesoché fra i doni sin-
golarissimi , de* quali gli fu prodigo il Cie-
lo, uno fu d'uua così gran facilità e feli-
cità nell’ inventare e nel colorire, che in-
finite opere gli uscirono delle mani , e quel
eh’ è più senza che la grandezza del nu-
mero di quelle punto scemasse la perfe-
zione di ciascuna. Ed io crederei ancora
tempo affatto perduto il tornare a descri-
vere quello che già tanti Scrittori , e la
fama medesima ha fatto sì noto, che (ino
a che durerà il mondo a gloria di questo
grande artefice se ne conserverà viva la
memoria. Ma per non discostarmì dal mio
assunto, che è di rappresentare almeno al
Lettore alcune deli’ opere principali d’ogni
Maestro : dirò solo degli quattro famosi
quadri fatti per la Città di Venezia , nei
quali Paolo figurò quattro Conviti , de’
quali niuno si persuada di poter mai ve-
dere in pittura nè più nè meglio. Il primo
fece egli nel Refettorio di S. Giorgio Mag-
giore, dove in un quadro di braccia venti
rappresentò le Nozze di Gana di Galilea ,
con circa a 120. figure; nel secondo, il
quale egli dipinse fanno 1670. in S. Se-»
bastiano * figurò il Convito narrato da S.
Matteo di Simone , e della Maddalena ; il
terzo io S. Gin, e Paolo , e di pi ose vi l’an-
no i5y3. quello che racconta San Luca
1 1
molli
«a di ,
'ffliiis. ,
^UlQ.
0 ilW
1 e feL
che io.
* e quel
lei mi*
perle-
aucora
(tauri-
i, eia
uè fino
questo
in la
il mio
eoo al i
dogai
famosi I
i, nei
i, de’
lai ve-
primo
lìlag*
i venti
lilea,
lo, il
^
è S.
r, il
Fan-
Luca
Paolo Caliam. 553
fattosi nella Casa di Levi Usurario , e
questo fu posto in quel luogo in cambio
del bellissimo Cenacolo, che vi era per
avanti fatto per mano di Tiziano , che per
il caso dell’ incendio fu consumato dal fuo-
co. Il quarto colorì per il Convento dei
Padri Serviti dove di nuovo espresse il
Convito di Simon Lebbroso , e la Madda-
lena col Signore , con invenzione e dispo-
sizione di ligure al tutto diverse da quello
che prima per S. Sebastiano fatte aveva. In
queste quattro grandi opere fece conoscere
il Veronese quanto possa la natura nell’arte,
e l’arte nella natura. Fu usanza di questo ar-
tefice il fare nelle sue pitture un campo mol-
to spazioso , e quello adornare con mirabili
prospettive. Si dilettò molto degli abiti fore-
stieri , ed in particolare degli Armeni , e
degli abbigliamenti di femmine, e di ma-
schi , i quali attentamente osservava , e
poi se ne valeva nell’ opere, adattandogli
mirabilmente al suo bisogno con tanto
giudizio e nobiltà , che a torto avrebbe
potuto il grande Àpelle , a cui piaceva
la bellezza sincera senz’ ornamenti , mot-
teggiar lui , come già fece un proprio di-
scepolo, eh’ aveva dipinta Eleua carica d'oro
e di gioje, dicendo, che ricca, e non
l3ella 1’ avea faUa. Dicesi, che nel suo boz-
zare fu così pulito , che nulla più. Nel co-
lorir panni, e altro servivasi di mezze
tinte , e dopo aver così disposti i colori 9
é* a j alava far restar indietro, e venire in»
554 Dec. I. della Par. II. del Sec. IV.
Danzi ciò che a suo bisogno faceva , e per
lo più poneva gli azzurri a guazzo, donde
è poi avvenuto, che alcuni male esperti
volendo rilavare i suoi quadri , abbiano
annullati alcuni de’ migliori colpi , e delle
più stupende pieghe de’ suoi panni. Om-
brava per lo più i colori de’ panni rossi,
gialli, e verdi, e anco gli azzurri di lac-
ca ; con che diede grande accordamento
alle sue storie , e quasi non mai volle
usare quello che i pittori dicono velare.
In ogni pittura adoperò lacca e minio, e
fece molti cangianti: nel lumeggiar pan-
ni per ordinario valevasi del giallorino ,
e dell’ orpimento; nel tocco delle carni era
spiritoso e vivace , il che fu in lui cosa
maravigliosa. Fu il Veronese uomo reli-
giosissimo , e fra V infinite pitture eh’ ei
fece , toltane una Venere , che rimase ap-
presso i suoi eredi , niuna altra pittura si
vede mancante della debita modestia e
onestà; anziché quella ancora rapisce gli
occhi degli uomini più per gravità e mae-
stà, che per qualunque altro motivo. Mol-
tissimi furono i suoi discepoli , e fra quelli
Benedetto Caliari suo fratello , e Garletto
Caliari suo figliuolo , che seguitarono in
tutto e per tutto la maniera di lui. Ebbe
in grandissima stima il Bassano vecchio , e
tenne per fermo , che per quello che spet-
ta alla forza del rilievo egli non avesse
eguale; onde avendo esso Paolo insegnata
l’arte al nominato Garletto suo figliuolo ,
Paolo Càliarx. 555
sperandone gran progressi , l’appoggiò al
medesimo Bass&no. Fu ancora d’acuto e
vivace ingegno, ed ebbe familiari alcuni
detti , eh' io stimo degnissimi di memoria»
Cbe non poteva dar giudizio della pittura
se non chi operava bene. Che questo ge-
nio era dono dei Cielo , e che l’affaticarsi
in essa senza talento , era un seminar nel-
F onde. Cbe la più degna parte del pittore
era l’ingenuità e la modestia, e che P im-
magini degli Angeli e de’ Santi dovevano
esser dipinte da eccellenti maestri , come
quelle cbe debbono indurre ammirazione
ed affetto. Finalmente siccome egli visse
costumato uomo e religioso, così morì ; ed
ebbe la sua morte cagione dall’ intervenir
che fece ad una prccession solenne , che
si faceva per una perdooanza concessa da
Sisto Y. Sommo Pontefice , perchè riscal-
datosi dal viaggio , assalito da acuta feb-
bre in età d’anni 58. nella seconda festa
di Pasqua di Resurrezione , il giorno 2©s
di Maggio dell’ anno x588. lasciò la pre-
sente vita.
556
G10VÀNN ANTONIO
FASYOLO
PITTOR VERONESE
Discepolo di Paol Veronese ; fioriva
circa V anno i565.
^Benché Gio. Antonio desideroso d’ap.
prender l’arte della Pittura * dopo aver
coll’ ottimo gusto suo osservate 1’ opere del
Zelotti , e di Paolo , procurasse di far la
pratica coll’ una e coll’ altra maniera ; ve-
desi però essersi egli molto più accostato
a quella d» Paolo. Sono in Vicenza di sua
mano nella Chiesa de* Servi la tavola de' Ma-
gi, e in S. Fiocco il miracolo della Pisci-
na , nel quale imitò tanto la maniera del Ve-
ronese che da molli che di quest’ uomo
GlOVANNÀNTONIO FàSYOLO. 557
non ebbero cognizione , è stata creduta di
mano dello stesse Paolo. Nel palco della
Sala di quella città sodo tre storie de’ fat*
ti di Muzio Scevola avanti a Porsene , di
quegli , che solo contro a Toscana tutta
difende il Ponte , e di Curzio che si get-
ta nella voragine. Operò benissimo a fre-
sco , e sopra la casa de’ Cogoli pure in Vi-
cenza dipinse una storia morale , figuran-
do con bel componimento i mondani di-
letti , e la fugacità del tempo , e dipinse
sopra la casa de’ Cìvena la Virtù in atto
di scacciare il Vizio . In Villa dì Caldogao
nella sala del palazzo de’ Conti Caldogni
colorì alcuni gran giganti a chiaro scuro
che divìdono alcune storie, ed altre mol-
te cose fece per lo territorio Vicentino.
In ultimo prese a fare nella sala deìT au-
dienza del Podestà alcune Virtù molali,
ed altri capricci, e quando ne fu quasi
alla fine , dicesi che per invidia gii fu rot-
ta P armadura del palco , onde il poveruo-
mo cadendo , e rompendosi una coscia ,
essendo egli allora in età di 44. anni , se
ne morì; fu persona molto gentile, parco
nel vivere , e molto amorevole nell’ inse-
gnar F arte sua , e fra gli altri discepoli ,
eh’ egli ebbe per alcun tempo in sua scuo-
la fu Alessandro Maganza, che poi sot-
to la disciplina del Zelotti riuscì molto
buon Maestro.
558
ANTONI S MORO
PITTORE D’ UTRECHT
Discepolo di Jan Sckoorel; fioriva
del i552.
F ra i discepoli del celebre Jan Sebo-
orel pittore d’ Olanda , fu un certo giova-
ne chiamato Antoois Moro, il quale aven-
do osservati gli onori , che del continuo
riceveva il Maestro dai Re , e da’ privati
Gentsluomini, prese tanto animo, che postosi
a gran fatiche nell’ arte del Disegno , e
della Pittura , e avendo viaggiato in Italia
per studiar le bell’ opere de’ valentuomi-
ni , in breve divenne aneli’ egli buon pit-
tore , tanto che 1’ anno i552. fu per ope-
ra del Cardinale Granvela fatto andare in
Antoni» Moro 55 g
Is paglia , e messo a! servizio della Mae-
stà del Re Filippo , del quale fece il ritrat-
to, come anche quello dello stesso Cardi-
nale , e di molti Grandi di Spagna 0 e fu
dall’ Imperadore Carlo V. mandalo a ritrar-
re Giovanni Re di Portogallo , la Regina
sua moglie sorella minore dell’ 1 m per a do-
rè 5 e la lor figlia Sposa del Re Filippo;
pe’ quali ritratti , oltre ad un nobil tratta-
mento ricevuto nel viaggio , e in tutto il
tempo , che e’ dimorò in quelle parti , eb-
be 600. ducati , ed il Regno di Portogal-
lo gli fece un dono d’ una collana di va-
lore di mille fiorini. Con tale occasione ri-
trasse molte Dame e Cavaglieri di quel-
la Corte; per ciaschedun de’ quali gli eran
dati 100. ducati , ed un regalo d’ alcun
nobile arredo, secondo la condizione di
coloro, pe’ quali operava. Molte ancora fu-
rono 1’ opere , che e’ fece alla Corte del-
l’ Imperadore, finché dal medesimo fu man-
dato in Inghilterra , dove ritrasse la Regi-
na Maria seconda moglie del Re Filippo ,
dalla quale ebbe in una volta, oltre ad
tina collana d’oro, cento lire sterline, e
di più un’annua entrata d’altre cento. E
perchè la Regina era d’ impareggiabil bel-
lezza , fece del ritratto di lei molte copie,
che donò a diversi Signori dell’ Ordine ,
a) Cardinal Granvela , ed allo stesso impe-
ra do re , da’quali lutti fu riccamente ricom-
pensato. Occorse questo due anni dopo la
sua andata in Ispagna in tempo , che fra
l
56o Dec. I. ©ella Par. II. del Sec. IV.
le due Corone fu pubblicata la pa.ee. Qui-
vi giunse a gran segno di famigliarità col-
lo stesso Re, il quale provveddegli i suoi
figli di Canonicati , e ricche prebende; ma
perchè allora è P uomo piu vicino al ca-
dere , quand’egli è più aho salito, occor-
se questo caso : discorreva un giorno con
lui quella Maestà assai alla domestica , e
nel fervor del discorso gli veuue fatto il
porgli la mano sopra la spalla. A questa
benignissima dimostrazione il Pittore, for- i
se poco ricordevole dell’ esser suo , e della
propria coudizioue , corrispose con un si-
mile atto verso la persona del Re; ciò es-
sendo stato osservato da’ Grandi della Cor-
te , subito fu il Pittore prima con occhia*
te e con gesti acerbamente ripreso , poi
dissegli un di loro , che gli voleva bene ,
che non si dee scherzare col Leone Ma
perchè in quelle parti i’ inquisizione di Sta-
to è rigorosa , questo successo messe lauta
gelosia in que’ Ministri entrati in sospetto,
che egli con tal sua famigliarità col Re
non proponesse alcuna cosa intorno al Go-
verno de" Paesi Bassi f che Antonio ebbe
per ben fatto il partirsi tosto di Spagna ,
e tornarsene in Fiandra , e per occultare
al Re la cagione della sua fuga , promesse
di volere in breve far ritorno. Passato as-
sai tempo senza che Antonio si rivedesse
alla Corte 5 il Re gli fece più volte scrive-
re , ma egli quando con una , quando con
un altra scusa cercò sempre di liberarsi
Antonis Moro. 56i
da quelle mstanze : stettesi io Brusselles al
servizio del Duca di Alva , al quale esseri,
do noto tal solìicitamenlo del Re per lo
ritorno di lui in Ispagna , facevagli rite-
ner le lettere , e in tanto avendogli fatto
fare il proprio ritratto , se ne valeva per
fare anche quelli delle sue concubine , e
ricompensava lo alla grande. Occorse un
giorno , che il Duca gli domandò , che
cosa fosse de’ suoi figliuoli ; al che rispose
il Moro , avere una figliuola maritata ad
un uomo di gran letteratura ; onde il Du-
ca non vedendo luogo di far benefizio a’fi-
gliuoli , donò a lui un’ entrata sopra un
tributo della Provincia di West di gran-
dissima rendita , colla quale egli poi si
trattava da Cavaliere , tenendo molti caval-
li e gente di servizio. In somma questi fu
uno di quei pittori , a’ quali la pittura
fruttò onori e ricchezze; e ciò a gran ra-
gione , perchè veramente egli ebbe congiun-
to al suo valore nell’ arte un genio altret-
tanto spiritoso, quanto cortese, continen-
te, e onorato, col quale si faceva da tut-
ti amare. Altre opere fece Antonio , oltre
a’ ritratti, che furono lodatissimi , massima-
mente per quello che apparteneva all* ar ie
ideile teste, e dell’ attitudini. Fra queste ve-
devansi due quadri dell’ Ascensione del
Signore con due Angeli , e due Apostoli ,
una Danae copiata pel Re da una di Tizia-
no , e per la Chiesa Cattedrale d’ Anversa
aveva condotta a buon segno una tavola
Baldirmcci VoU VII . 36
562 Due. I. della Par. II. del Sec. IV.
della Circoncisione del Signore , che sareb-
be riuscita una bella cosa, se non eh’ e’ fu
sopraggiuuto dalla morte , e quella rimase
imperfetta. Restarono appresso i suoi figli-
uoli opere assai lodate , che di poi le ten-
nero in gran pregio più per la rarità di
esse , che per eccedente bontà , perchè
quantunque si veda in quelle buon colo-
rilo e buon disegno , mancano però d’ li-
na celta squisitezza d’invenzione e com-
ponimento , e piuttosto tirano al tagliente
e secco. Filibien Franzese afferma , che agii
anni addietro vedevasi in Parigi un qua-
dro di sua mano stimato la miglior opera
eh' e’ facesse , composto di cinque figure,
cioè un Cristo resuscitato, ed appresso S.
Pietro e S. Paolo , e due Angeli sopra.
Un ritratto a) naturale di quest’ artefice
di più che mezza figura , veramente bel-
lissimo e di sua propria mano , perven-
ne ultimamente in potere del Serenissimo
Granduca Cosimo 111. di Toscana , che
gli ha fatto dar luogo nella tanto celebre
stanza di Ritratti delle proprie persone di
singolarissimi pittori, e di mano de’ mede-
simi , nella Reale Galleria , e per entro il
quadro è una cartella con alcuni versi
Anacreontici in Greco Idioma, ridotti poi
in lingua Latina , e nostra Toscana di
commissione dello stesso Serenissimo , dal
dottissimo Antonio Maria Salvini Lettore
Pubblico di Lettere Greche nello Studio
di Firenze, di cui altrove ci conviene par-
lare , e sono i seguenti :
& teftvÌTov. JSam Pseudo-morus iste O eccellerne fabro!
O 'ipevdóuQpog ovrot; Fors , More » Del loquetur • Poiché questo fiuto Moro
Mópe, HmÀaÀri&SL Forse, o Moro, parlerà»
Antonis Moro.
w X W > H £J
<S ^ >NÌ 53
2 « *•*
5't-l- §*
« p» t»5 ^ n
§ M
cj
e §
rn
7& lo
^ ^ e?
«S* *ì
o* c, $
2 ^
^ ir 5*
• *v
o
'n
W H
Oì. <2i
§ >
- a :
e* ^
on
ori.
^ "
S4*.
* %
l N
I S-
£• ^
^ o
563
-&■ £ *0
a S> "5
R
£ R O
R
£
? c-^
S~ é fi-
co
e»j *>*
o
et <> R
&
*ȣ
0>
R R
•s- 5: 5
^ a ^
S
c£
2 crq-
R R
r~. ^
$?* a
R Cfc
§ »
•5 £.
8 £
§ -
a ’
5*
e* • N
1 I
O R
R 0)
* ^
C R
R O
C *>
* >
R §
è 8
©
•“5
cr
o
o
r>
D-
? 2
W
a
W
ai-
*L
P *73
M-.
•»
c ^
p
c
?--§
P
r*
◄
5.
o
a
et
'-* P
cr
co
Sri
Q- w
et
C
sT B
O 95
cr
p
*73
rt
c
o p
p
O-
e*
qui
aro
CTi
CJQ
P
•-3
•
&
P
P
«
'”“ n
-» 2.
n> -
g, «
S sr
p- ►
e b ^5
a
p “
p »
S’ 6S
£L <*'
ET! c
*“ CO
Enfiai* xivos yap elxòv \ Papael est ima°o cujusl Gnaffe! dì chi il ritratto?
Top ZavpàrpQV purrv, Qui Zeuxin atque Apellen, Dell* ottimo Pittore;
564
BERNARDINO CAMPI
FITTOR CREMONESE
Discepolo di Polito Costa
l522« “j” • • •
Oe io quella guisa appunto , che sem-
pre si loda la fama di veloce e sollecita
Bel portar ch’ella fa in un momento dall’uno
all’altro polo l’opere egregie degli Eroi , e
le triste de’ malvagi uomini > si potesse ella
sempre lodare di fedele e di veritiera ,
troppo felice sarebbe il mondo : ma non è
altrimenti così; anzi non ha ella in se, a
mio parere , più apparente cagione d’ esser
chiamata falsa e mentitrice , che Tesser
troppo sollecita , mercè che riconoscendo
ella bene spesso i proprj principi da vani
Beena&dtn Campi. §65
®!ealecci d’uomini di poca levatura, non
solo a quegli non contraddice , ma facendo
d’ ogni erba fascio , il tutto riceve , il tut-
to accetta , e per conseguenza il tutto por-
ta » tanto che è forzata la meschina , do-
po aver talvolta pieno il mondo di sue
menzogne 5 ricreder se stessa, ed esser da
se medesima in ogni parte apportatrice di
quelle verità , che la dichiara» poi appres-
so tutti ingaunatrice e bugiarda. Non è
in somma sempre vero , che ciò che pre-
sto s’ intende , si sappia per certo e indù®
bitato ; anzi verissimo è quel nostro pro-
verbio , che chi desidera sapere i fatti ve-
ri e le nuove certe deve aspettare il zop-
po , eh* è quanto dire, non dovetegli cre-
dere al primo avviso , ma aspettare , che
il tempo le chiarisca. Quindi è , che gran-
de dee dirsi il cimento di chi toglie a scri-
ver molto , e di fatti seguiti di tresco , e
ne’ suoi tempi , mercè che non potendo un
solo saper tutte le cose , gli è forza il far
capitale dell’ altrui notizia, la quale per
lo più appoggiata a ciò che in breve gi«
rar di lustri ha portato , e riportato la fa-
ma , è sempre soggetta ad errori. Merita
dunque qualche compassione il per altro
celebre scrittore delle Vile de’ nostri Arte-
fici , Giorgio Vasari , se nello scriver ch’e’fe-
ce d’ alcuni de’ tempi suoi , e di paesi lon-
tani dalla sua patria , egli in alcune cose
s’ ingannò , e non dette nel segno 3 anzi
&on pure merita egli sGusa , ma lode ,
§66 Dec. I, della Par, TI. del Seg. I?.
mercè che tale suo cimento non ebbe al-
tro per fine , che di far note al mondo ,
giusta sua possa, le azioni de’ Virtuosi di
quell' età, e di dare al merito della virtù
il dover suo ; e dee considerare ogni di*
scretc , non esser egli stato il primo Scrit-
tore , che dalla fama , di cui il Poeta :
Tarn fiati pravique tenaoc quam nuncia
veri , e dai detti degli uomini di senno
sia talvolta rimasto ingannato. Questo ve-
diamo essergli occorso quanto mai in al-
tra occasione nel parlar eh* e’ fece delit-
tori Cremonesi ; perchè volendo egli far
menzione de’ più sublimi , non solo ne la-
scio molti, che pure allora vivevano con
qualche grido, parlando d’altri non tanto
rinomati , ma nel parlar di quegli cambiò
molte cose. Lasciò di parlare d’ un Gio.
Battista Cambi , detto dei Bombarda , e di
Sinodoro suo figliuolo , scultori , e ne’ bas-
sirilievi molto lodati ; d’ un Brunorio Cara-
bi nipote di Gio. Battista , detto pure dei
Bombarda , ancor egli buono scultore ;
d’ un Francesco Bembo detto il Vetraro ,
del quale altro non disse , che quattro go-
le parole nella vita di Pulidoro sotto no-
me di Gio. Francesco Vetrajo ; siccome
ancora lasciò di far menzione o poco dis-
se d’ altri stali avanti a costoro; di quel-
T Andrea Cremonese celebre in far meda-
glie , del quale parla Raffaello Volterra-
no ; d’ Antouio della Corna ; d’ Alessandro
Pampuj’ino ; di Tommaso Fadiui ; di Cri-
Bernardino campi. 56f
slofano Moreto e d’ altri ; e finalmente di
Bernardin Campi , del quale ora siamo
per dare notizia , pittore molto celebre ,
non disse neppure una parola , anzi alcu-
ne sue rinomate pitture attribuì egli a
Giulio Campi, eh’ e’ chiamò figliuolo di
Galeazzo Campi , siccome ancora volle ,
che esso Giulio fosse maestro di Sofonisba
Angusciola , e sue sorelle celebri pittri-
ci ; quando in vero aviamo per lettere di
mano della stessa Sofonisba , ch’ella rico-
nobbe per maestro il nostro Bernardino,
e lo stesso afferma Alessandro Lamo nel
suo discorso ; siccome anche ne fa fede
una lettera scritta dal pittore Francesco
Salviati Fiorentino, come più chiaramente
dimostreremo nelle notizie delle medesime
Donne. Ma per venire ormai a parlare del
Campi , è da sapersi , come in quei tempi
appunto , che gli tre insigni pittori Ber-
nardo Gatti , detto il Sojaro , degno di-
scepolo del Coreggio , il nominato Giulio
Campi, e Cammillo Boccacciuo davan gran
saggi di lor vii tu nella città di Cremona
lor patria, dico dell’anno IÒ22. nacque
ideila stessa città d’ un tale Pietro Campi
Orefice dì buono ’ngegno e d’ onorati co-
stumi questo Bernardino , il quale ne’ suoi
primi anni attese al mestiere del padre.
Occorse un giorno , eh’ e’ s’ abbattè a ve-
deve una gran tela dipinta da Giulio Cam-
pi , che doveva servire per un panno d’a-
razzo * da farsi per i Canonici di S. Maria
568 Dec. I. dilla Par. II. del Sec. IV.
della Scala di Milano , dove il Campi ave-
va dipinta una Vergine Annunziata , ed
un’ Adorazione de’ Magi , invenzione di R.af-
faello da Urbino ; il perchè preso da gran,
gusto di quell' opera , sentì in un subito
accendersi di tanta voglia di divenire an-
eli’ egli pittore , che fu necessitato il pa-
dre per compiacersi d’ applicarlo a quel-
T arte , e messelo nella scuola del medesi-
mo Giulio Campi : ma perchè costui, tut-
todì’e" fosse in credito di buonissimo pit-
tore, non si teneva in posto di molta ono-
revolezza , mercè l’attender eh’ e’ faceva
ad ogni occasione che veniva. Non piacen-
do a lungo andare a Bernardino questo
suo modo , ed avendo anche inteso , che
nella Città di Mantova il celebre Giulio
Romano faceva con proprio disegno e car-
toni dipingere a Rinaldo Mantovano , e
Fermo Guiso io quel Castello le Storie Tra-
jane , e ohe anche colà si trovava Ippolito
Costa di lui discepolo , col quale potè for-
se essere , che il padre suo avesse amici-
zia , ottenne daini d’ esser tolto da quella
scuola , ed a Mantova esser incammina-
to per trattenersi appresso dello stesso Ippo-
lito Costa, e nella propria casa di lui. Qui-
vi Bernardino sotto l’ indirizzo di tal mae-
stro apprese la maniera di Giulio Romano, e
fecesi pratico io breve tempo nel colorire a
olio, e nel ritrarre al naturale; tanto che ve-
nuto l’anno 1.541. tornatosene alla patria in-
cominciò a farsi conoscere per buon pittore
Bernardin Campi. 56§
Le prime opere eh’ e’ vi facesse furono le
pitture della casa di Formegusa di Rena-
to Trivuìzio , in cui rappresentò storie di
Minerva, ed altre; fece poi alcune tavole
per le Chiese di S. Giacomo, e S. Agata*
ed operò in S, Sigismondo fuori della Cit-
tà. Fece i ritratti di Bartolommeo della
Torre , di Galeazzo Cambi * detto dei
Bombarda Cremonese, uomo molto re-
putato ne’ suoi tempi , e da Francesco
Secondo Sforza assai favorito , e eoa
molti titoli , e privilegi onorato. Del i564.
desiderando D. Ippolita Gonzaga alcuni
astratti di Uomini Illustri , che erano
nel Museo di Monsignor Giovio a Como,
mandò per il Campi ed accompagnato con
un suo Segretario V inviò a quella Città.
Trovavasi appunto ( per lo stesso effetto
di ricopiare ritratti d’ Uomini Illustri per
il Museo della Reai Galleria di Palazzo
Vecchio , mandatovi dal Granduca Cosimo)
Cristolano dell’ Altissimo (i) , Pittore Fio-
(i) Di Cristofano cìeW Altissimo 9
come pittore , parlano quelli , che de' Pit-
tori hanno trattato . E di Cristofano del -
V Altìssimo Scrittore Fiorentino parlano
quelli , che degli scrittori ragionano con
piccolo intervallo di tempo , di modo che
due Professori di merito non possono es*
ser creduti uno scio .
I
S70 Dec. I, della Par. II. delSec. IY.
reatino , il quale cosi volendo quella Prin-
cipessa , finito che ebbe il Campi i suoi
ritratti , insieme con lui , e col Segretario
se n’andò a Milano , dov’ ebbe anch* egli,
a concorrenza di Bernardino a far due
ritratti di quella Signora , la quale sti-
mando più quello del Campi , fece un
dono al medesimo degli due fatti dall’Al-
tissimo , con aggiunta d’ altri onerati re-
gali, e dichiarollo per scrittura fermata
di sua mauo, famigliare di quella sua Ca-
sa ; i due ritratti dell' Altissimo furo» poi
donati da Bernardino , uno a Giuliano
Goselino (1) , e 1* altro ad un Cavaliere
di Cigoarca. In questo anno essendosi già
sparsa la fama del suo valore , trovasi ès-
sergli alata scritta una lettera di molta
lode da Francesco Salviati pittar celebre
in data de’ 28. d' Aprile , nella quale , fra
l’ altre cose vien fatta menzione di Sofo-
uisba Angusciola di lui discepola. Io essa
Città di Milano t dov’ egli s’ era portato
ancora insieme col nominato Gio. Battista
Cambi ne’ tempi di Calisto da Lodi , fece
egli pure molt’ altri ritratti , e fra questi
quello d’ Alessandro Sesto Cavaliere Mi-
lanese , di Niccolò Secco ( 2 ) Capitano Ge-
(1) Fu segretario di Ferrante Gon-
zaga , di cui scrisse la vita .
(2) Gentiluomo Bresciano fu uomo
dì spada , e di toga 5 di cui sono alle
Bernardin Campi. £71
aerale di Giustizia di quello Slato, di Pol-
lila figlia di Don Ferrando Gonzaga Go-
vernatore di Milano , il quale fece ad in-
stanza di Carlo Quinto, e quello della
Principessa di Mansfelt ; di Faustina Mar-
chesa di Caravaggio , di Violante Sforza,
di Jacopo da Trezzo celebre gettalor di
metalli, e bassirilievi , il quale Tanno
1584. servì la Maestà del Re Cattolico
in israfo di molta grazia , per cui scolpì
in un diamante T Arme Reale di Spagna,
e ritrasse ancora Gio. Fidarola Governa-
tore di Milano. Per lo Marchese di Pe-
scara fece ritratti di Prospero Colonna,
del Cardinale, di Vittoria Colonna , del
Marchese di Pescara suo zio , di Andrea
d’ Oria il vecchio, e d’ altri di lui con-
giunti. In un giardino di Stefano di Rho
dipinse bellissime storie , e fra queste il
Convito degli Dei. Con proprio disegno
fece dipignere a Giuseppe da Meda nella
casa de’lNegroli all’ intorno d’ una salagli
amatori di Cupido, e Psiche, ed egli
medesimo dipinse sopra M cammino lo
Sposalizio. Colorì insieme con Anton Por-
denone nella casa dei Pecchi la favola
d’ Olimpia , e fecevi varie invenzioni che
furono poi colorite dal Pordenone. Ven-
itegli desiderio di vedere le insigni pitture
stampe alcune poesie latine %ton tutte li*
guati.
572 Dec. T. della Pàb. IL del Sec. ÌV.
del Coreggio, di Gio. Antonio Pordenone,
di Francesco Mazzuoli , e di Michelagnolo
Sanese ; che però volle portarsi a Piacen-
za , Parma , Leggio , e Modena , onde
trasse non minore utilità che piacere, e
tornato a Milano dipinse insieme con An-
tonio da Udine, detto il Moretto, alcune
Storie della Passione in S. Vittore, e nel-
la Casa d’ Alessandro Castiglione diverse
favole. Al soprannominato Giuseppe da
Meda fece con suo disegno dipingere un
fregio di pattini nella facciata della casa
del Castino. E a Daniel Cunio fece pure
con proprj disegni e cartoni colorire una
tavola di Nostro Signore per la Chiesa
di San Bernardino. Venuto il tempo delle
nozze del Duca Guglielmo, se n’andò a
Mantova , dove copiò gli undici Cesari di
Tiziano , e v’ aggiunse il dodicesimo , che
fu Domiziano ; nella qual figura egli imi-
tò così bene la maniera , il colorito , e la
resoluzione di quel grande artefice, che
dicesi , che da’professori stessi non era poi
riconosciuto questo suo fra gli altri di
quella mano. Di questi ritratti fece quat-
tro copie, che douò a diversi Principi
d’Europa. A Girolamo Malagavazzo , gio-
vane allora di gran vivacità, fece dipi-
gnere , forse con suo disegno , uua tavola,
eh’ era stata data a fare a lui per la Chie-
sa di S. Silvestro di Cremona coll’ Imma-
gine di Maria Veraine, e ’l Bambino, S.
Francesco , e S. Ignazio Martire : furono
Bernardin Campi. BnS
anche fatte con sua invenzione e disegno
le Storie de’ fatti di Carlo V. Nella casa
<le’ Ss. Trivulzi da Girolamo di Lione Da-
nese, e Cuoio Milanese, che fece bene 1
Paesi , e sotto ’i tavolato della loggia di-
ci tto puttini quanto il naturale in di-
versi partimeuti con imprese de’ Trivulzi ,
e un’ infinità d animali. Dipinse Bernardi-
no la bella tavola dell" Assunzione di Ma-
ria Vergine con gli Apostoli, S. Alessandro
e S. Gìo, Battista , che fu posta nella cap-
pella maggiore di S. Alessandro in Mila-
no, nella quale si fece ajutare a Carlo Ur-
bino Cremasco : essendosi finalmente il
Campi trattenuto in Milano per lo spazio
di più anni , venuto 1’ anno i56i. volle
far ritorno alla patria, dove in compagnia
del Coriolano , e del Malagavazzo fece la
tavola del Battesimo del Signore , che fu
mandata a Caravaggio. Per Ermes Stampa
Marchese di Soncino dipinse un Cristo in
Croce, la Madonna, e S. Giovanni per
F Oratorio della Rocca di quella Terra ,
nella qual opera fecesi ajutare a Vincenzio
Campi minor fratello di Giulio , e d’ An-
tonio,, che operarono molto in Milano , e
dipinse assai nella Chiesa principale di
Pizzighittone Fortezza del Cremonese. L’an-
no 1670. incominciò a colorire la Tribuna
di S. Sigismondo di Cremona , opera di
56. braccia di circuito, e d’altezza tale,
che le figure , che da terra appariscono
grandi quanto il vero 5 in opera sono di
5?4 Dec. I. della. Par. li. del Sec. IV.
sette braccia. Vedonvisi rappresentate (la
basso infinite figure del Testamento Vec-
chio , e Nuovo , e nella più alta parte
gran numero di Serafini compresi da un
chiaro splendore. Per la stessa Chiesa fece
due tavole , e altre pitture a fresco ; co-
lorì la tavola delia cappella de* Celderoli
per la Chiesa di S. Francesco : ed è di
sua mano la facciata della Chiesa del già
Bernardino Cretto dalle Beccherie Vecchie,
e in Caravaggio la cappella del Corpo li
Cristo. Sarebbe impossibile il dar notizia
di tutte le pitture , che egli fece a parti-
colari persone. Dicesi , che egli dipignesse
per Marcantonio Aresio Potestà di Cremo-
na sotto la loggia del giardino di Palazzo
il ritratto di lui così al vivo , e in atti-
tudine sì pronta , che un cane di quella
casa fu più volte veduto correre verso
quella figura per fargli festa , e che mol-
ti nell’ entrar d’improvviso in quella log-
gia presi da subito timore si ritiravano ,
cosa che non solo accadde ai forestieri f
ma ancora ad alcuno de’ figliuoli di quel
Signore, in somma fu il Campi uu valo-
roso artefice, e quanto ahri mai spedito
nell’ operare. Compose un trattato della
Pittura , che va per le stampe insieme col
Discorso d’ Alessandro Lamò. Ebbe molti
discepoli , e impararono i’ arte da lui la
valorosa pittrice Sofonisba Anguseiola ,
© le sue sorelle , come mostreremo nelle
notizie loro. Fu anche suo discepolo Cri-
Bernardin Campi. 5^5
Stefano Magnano da Przzigheftone , Gio.
Battista Trotto Cremonese , e Francesco
Somenzio. Ebbe un altro discepolo chia-
mato Andr ea Mai nardo § che seguitò la
maniera del maestro , ma riuscì debole ;
fece però in Cremona molte opere in di-
versi luoghi in rompa gii la d’ un tale Mar-
cantonio suo nipote, e questo Andrea fu
maestro di Carlo Natali architetto , e pit*
fore , che mentre io queste cose vo scri-
vendo , dico nel 1680 vive in età dì 68.
anni , del quale parleremo a luogo suo„
1/ anno 1578. andò a stare appresso il
Campi Andrea da Viadana ; del 1679. Giu-
liano di Capitani da Lodi; e dei i58i.
Andrea Marliano Pavese. Quando seguisse
la morte di questo artefice non è a no-
stra notizia. Sappiamo però che egli del
i584* viveva in età d’anni 55.
Non voglio lasciar di dire in questo
luogo , come ne' tempi di Bernardino ope-
rò in Cremona un Architetto di quella
patria, chiamato Francesco Datlaro Picei»
fuoco , il quale dell’ anno 1569. fece il
disegno dell’ Altare del Santissimo Sacra-
mento nella Chiesa maggiore, dove poi di-
pinse esso Bernardino , e Giulio Campi ,
c raccomodò il Palazzo pubblico , che si
trovava in pessimo stato , rendendolo bel-
lo, e comodo all’esercìzio di tutti gli Ufi-
zj, e Magistrati.
676
MARINLJS DE SEGU
PITTORE DI ROMERSIOLA.EN
iorì questo pittore ne9 tempi di
Fra os Floris 5 tenne una maniera bella non
molto finita. In Middelborgh in casa deì
Vintgis era di sua mano un quadro , do-
v* egli aveva rappresentato un Gabelliere
sedente al suo telonio ; opera , che per
attestazione , che ne fa Carlo Vanmander
pi iter Fiammingo 9 era stimata cosa mara-
vigliosa ; nè altra notizia abbiamo di quo-
to artefice#
5 77
AUGUSTYN JORISZ
PITTORE DI DELFT
Discepolo di Jacob Mondi; ;
nato i5s5. + i55a„
T ia città di Belft si gloria d* aver
dato al mondo assai celebri pittori , e fra
questi il buon pittore Agostino di Giorgio*
il quale nacque Fanno 1626. il cui padre
faceva la birra. Questi lo messe ad impa-
rar P arte della Pittura appresso un tale
Jacob Mondt pittore ordinario , col quale
tre anni si trattenne ; partitosi dipoi se
ir andò a Maiines nel Brabanie , città
Baldinucct KoL KM* 3y
SyB Dec. I, de llà Pah. TI. d^l Sec. IV.
tra Brusselles e Anversa , dalla qual città
di Alali nes abbiamo noi le bellissime Tri-
ne dette di Malines , che si haano per le
più pregiate , che ci mandi la Fiandra.
Quivi dimorò alquanto appresso un altro
maestro * e di lì se n’andò a Parigi , do-
ve si mise a stare con maestro Pierre de
la Gufile intagliatore in rame , di cui in-
taglio si veggono fra F altre cose le tre
Parche di Rous, e un Paradiso in un qua-
dro visto di sotto in su. Questi non era
pittore , e viveva qui con un suo fratello,
il quale teneva alle proprie spese appresso
di se tre professori eli quest" arti , un o-
refice , un pittore, e tya intagliatore di
figure di rilievo; sicché Agostino s aggiun-
se per quarto ad operar con loro : stese-
vi cinque anni , dopo i quali si tornò a
Delft portando seco molte cose fatte di
sua mano, che in quella città gli avevan
dato gran nome. Ebbe lode negl’ intagli
di figure grandi, e fu molto approvato il
suo modo di dipigoere, perchè era ben
ordinato , e di buona invenzione. Ln casa !
un suo fratello in Oeìft, eh’ esercitava il
mestiere dell’ orefice , vede 'ansi V anno
3604, alcune sue pitture , e particolarmen-
te una S. Anna assai beba, Non si sa ch’e-
gli facesse mai paesi , ma seppe bene gua-
dagnarsi buon nome rebe figure; e certo
che egli sarebbe di queste belle arti giun-
to agli ultimi segni, se morte crudele trop-
po per tempo , e miseramente quanto mai
ÀUGTJSTIN ÌORISZ. 579
dir si possa , non avesse troncato il fi-
lo a' suoi giorni , il che occorse nel se-
guente modo. E costume in quelle parti
dell’ Olanda 1’ aversi certi pozzi , o fossi
d' acqua sorgente , e ancora alcune eter-
ne per cavar l’acqua piovana, che più
dell’ altra serve loro a purgare i panni.
Che però bene spesso appresso una casa
ne sono più d’ una, e da queste ne cava-
no per via di tromba quella quantità, che
a lor bisogno ad ognora è necessaria. Oc-
corse , dopo che Agostino fa appena di-
morato cinque mesi nella propria casa coi
suoi parenti , che volendo egli un giorno
arrivar colla mano una corda per cavar
acqua da una sua eiterna , eh’ era vicina
ad una gran fossa d’acqua sorgente, tro-
vandosi , come fu creduto , assai riscaldato
dal bere , non si sa come cadde nella fos-
sa , e non essendosi per verna modo potu-
to ajutare , fu poco dopo per entro ìa
medesima trovato affogato , con quel do-
lore de’ suoi e de' professor? dell' arte ,
che altri si puote immaginare, giacché dalle
poche ma beile opere , eh’ egli aveva fat-
te fino allora , argomentavano , eh’ e’ fosse
per fare, come dicemmo, non ordinaria
riuscita , e ciò seguì Fanno i552. venzet-
iesimo dell’ età sua.
58o
ANDRIAEN DE WERDT
PITTORE DI BRUSSELLES
Discepolo di Cristiano Quecborni :
fioriva del i56o.
o
u e sto pittore chiamato Andriaen
de Werdt , che in nostra lingua significa
Andrea dell’Oste, ebbe i principj dell’ar-
te nella città d’ Anversa da un tal Cristia-
no di Quecborni , che dipigneva bene i
paesi , ed aveva sua abitazione vicino al
Mercato , che in quella città si chiama la
Borsa ; e fu padre di maestro Dallo pitto-
re del Principe all’ Haya : fatto eh’ egli
ebbe qualche profitto se ne tornò a Brus-
Andriaen de Werdt. 58i
selìes 9 ove in una casa de’ suoi parenti
presso alle mura delia città io luogo lon-
tano dall’ altre , stavasene ritiratissimo f
facendo grandi studj senza ponto conver-
sare con giovani di sua età anche stati
suoi familiari. E s’ applicò di proposito al-
la maniera di far paesi che aveva tenuto
Francesco Moslart. Yen u tesene in Italia
studiò forte l’ opere di Francesco Mazzuo-
li , detto il Parmigiano , e quelle poi sem-
pre imitò ; sicché al suo ritorno alia patria
aveva mutato interamente modo di dipi-
goere. Occorse il caso della ribellione del
i566. onde ad Andrea convenne parure
insieme colla madre , e andarsene alla vol-
ta di Colonia , dove diede fuori alcuni
suoi intagli, e fra questi due storie, una
della Resurrezione di Lazzaro , e P altra
di Ruth , nella quale molte belle cose ve-
deansi : in oltre fece vedere di suo inta-
glio la Vita di Maria sempre Vergine , la
INati vita, del Signore , ed altre storie : si-
milmente intagliò alcune invenzioni di
Coornhest, ed alcune invenzioni morati a
simigliaoza di cacce; cioè taluno clic va
io caccia deli' Avarizia , altri deli9 Impudi-
cizia , e tale dello stesso Dio ; cose tutte
che si vedono fatte in sui gusto e ma-
niera del Parmigiano; eh’ è quanto abbia-
mo di notizia di questo pittore. Ne’ tempi
di tale artefice fiori ancora Wiììemps J -tìs,
che fu pratico in dipignere a guazzo , e far
invenzioni , e capricci con ogni sorte d'erbe.
582 Dec. I. della Par. IL delSec. IV.
alberi , animali quadrupedi , uccelli , e
simili ; e questi era pure ancor esso di
Brusselles. Ebbe un figliuolo, che si chia-
mò Hans Foens , il quale lavorava a olio ,
e faceva alcune piccole immagini di Santi ;
dipigneva baccanali , ed altre a queste si-
migliami cose , e viveva in Italia F anno
1604. Ebbe ancora essa città nel passato
secolo, e circa questi tempi, un altro ec-
cellente giovane pittore figliuolo d’ un mae-
stro di ricami chiamato Hans Speeckaest ,
il quale disegnava e dipigneva per eccel-
lenza. Questi venne di Fiandra a Firenze ,
poi tornò di nuovo a Roma Fanno 1677,
€ quivi mori.
583
CORNELIS ENGHELTAMS
PITTORE DI MALINES
Discepolo di • • fioriva
del i56o.
D i questo artefice si vedevano nel-
la Chiesa di S. Rombouts nella città di
Malines sua patria l’ opere, che appresso
diremo. Aveva essa Chiesa alcune persone
deputate in forma d’ Operaj , i quali ogni
tanti giorni distribuivano pane, danari , o
abiti a ' poveri per amor d’ Iddio. Per que-
sti tali fece egli un quadro 3 dove dipinse
quella carità di distribuir limosino , e fa-
re opere di misericordia. la questo aveva
584 Dec. T. della Par, II. del Sec. IV.
dipinti alcuni poveri , altri poi vagabondi,
e bianti con viole, ghironde, ed altri stru-
menti co’ quali sogliono tali persone andar
vagando per lo mondo ; ed il tutto rap-
presentò a tempera sopra una tela con
gran naturalezza. Altre ©pere di costui fu-
rono trasportate in Amburgo. Per la Chie-
sa di S. Caterina di Malines dipinse in
una gran tela la Conversione di S. Paolo ,
che fu molto stimata ; ma fu poi guasta
dal tempo. In una stanza del Castello del-
la città d’ Anversa ad instanza del Prin-
cipe d’ Ora.nges dipinse in sulla maniera
di Luca d’ Olanda la storia di David con
molte figure d’uomini armati , ed altre.
Venuto finalmente l’anno i583. e dell’ età
di quest’ artefice il cinquantesimosesto ,
ebbe fine il corso di sua vita.
585
MARCUS WILLEMP8
PITTORE DI MALINES
Discepolo di Michele Cocxic :
fioriva del i55o.
J
!
-
1
eddesi di mano di questo artefice
in sua patria nella Chiesa di S« Rombouts
mia tavola della Decollazione di S. Gio»
Battista , nella quale j come scrive il Tasi»
ma nder , vi era la testa » che tiene in ma«
no il carnefice , fatta con tanto rilievo 3
che dava maraviglia ad ogni persona „
perchè pareva veramente che uscisse fuo-
ri del quadro. Dipinse costui molti cario*
ni per tappezzerie 9 e fece disegni per
586 Dec. I. della Par. TI. del Sec. IV.
pittori. L’auao 15+9. per l’entrata del Re
Filippo in quella città dipinse 1’ arco trion-
fale colla storia di Didoue, che tagliò la
pelle del Toro. E come quegli, eh’ era
d’ottimo naturale, e verso d’ognuno cor-
tese , non osò mai negare suoi disegni a
chi si fosse, che per suo studio, o per fare
opere glie le chiedesse. Mori finalmente
t anno i56i.
/
587
JACQUES DE POINDRE
P1TTOR DI MALINES
Discepolo di Marco Willemps :
fioriva del i56o.
o
\ uesto pittore imparò F arte da
Marco Willemps di Malines , di cui ebbe
per moglie UDa sorelle ; riuscì buon pit-
tore, ma soprattutto fu valoroso ne’ ri-
tratti. Di sua mano era in quella città una
tavola d* un Crocifisso con molte figure
fatte al naturale Fu uomo spiritoso , e
risoluto nel governo di se stesso , onde
non ebbe mai timor di persona. Geco* se
588 Dec. I. della Par, IL del Sec. IV.
una volta , che avendo egli fatto ad un
Capitano Inglese , chiamato Pieter Àndries,
H suo ritratto , e quello condotto con mol-
ta diligenza e fatica , senza dimandare al
Capitano o tutto o parte del pagamento,
aspettava che egli da se medesimo venisse
a far le sue parti. Ma il Capitano non
solo non gli dava danaro , ma nè meno
veniva più per P opera. Il pittore dopo
aver qualche tempo vanamente aspettato,
anaoj itosi di tanto indugio, dipinse a tem-
pera sopra ’ì medesimo quadro eh’ era
fatto a olio , una finestra serrata a somi-
glianza di quelle delie prigioni. Il che fatto
espone la pittura fuori della sua stanza a
vista del popolo. Non andò molto che tal
cosa venne alle orecchie del Capitano , il
quale infuriato andò a trovare il pittore ,
e male parole usò con esso , ma egli sen-
za punto perdersi d’animo, e colla mag-
gior flemma del mondo rispose ai Soldato,
eh’ e’ dicesse pure quanto volesse , che l’a-
vrebbe lasciato dire; ma frattanto si desse
a credere che ’i mondo V aveva a vedere
in prigione , sin che egli non si risolveva
a pagarlo : tanto che il povero Capitano
accorgendosi d’ aver trovato più duro il
terreno di quello eh’ ei credeva, e d’ aver
fatta una sparata a voto , a poco a po-
co se ne venne alle buone , e contò al
pittore il danaro. Allora Jacopo presa una
spugna , lavò il quadro , e la prigione
mou si vide mai più eoa grande amai»
Jacques de Poindre. 589
razione de) Capitano , al quale , come
poco pratico dell’ arte , parve ciò un mi-
racolo. Fece questo pittore gran quan-
tità di ritratti ; poi viaggiò in Danimar-
ca , dove finalmente finì il corso di sua
vita circa Fanno i5yo.
I
Sgo
GREGORIUS
BEERINGSINDESCHAER
Che in nostra lingua vuol dire
GREGORIO NELLE FORBICE
PITTORE DI MAL1NES
Discepolo di
fioriva, del i56o.
o
Ns^uesto Gregario che melto valse
nel dipignere a fresco , essendosi portato
a Roma s’ avanzò molto nell' arte , e fece-
vi gran pratica nel dipigner paesi. Questi
una volta trovandosi in essa città di Roma
senza danari , nè avendo , come forestiero
ch’egli era, alcuno a chi ricorrere perchè
glie raccomodasse, fatto ingegnoso dalla
propria necessità, dipinse una gran tela,
in cui rappresentò con gran naturalezza
mi aria piovosa e scura , e nei restante
Gregorius. 5gi
«iella medesima tela altro non fece vedere,
i che un’ acqua ondeggiante , nel mezzo al-
la quale vedeasi f Arca di INoè senz’ alcuna
j figura , poi alla pubblica vista 1’ espose.
| S’ abbattè a passare da quel luogo ud Ca-
valiere molto amico dell’ Arte , al quale
| sopì ammodo piacque quel modo di tocca-
re; ma vedendo nel quadro poco più che
aria e acqua sta vasi sospeso; onde acco-
statosi al Pittore, domandogli che cosa
| egli avesse voluto in essa rappresentare;
i al quale rispose il Pittore , che quello era
fatto per lo diluvio Universale ; allora il
| Gentiluomo gli tornò a demandare dov’era
la gente; rispose Gregorio che tutte erano
affogate io quell’ acqua , e che quando
questa fosse rincasa asciutta , avrebbe egli
veduto non solo i corpi degli affogati ,
ma anche coloro , eh’ erano nell’ Arca.
Parve al Gentiluomo il concetto del pitto-
re sì curioso e piacevole , che non solo
comperò il quadro , ma avendolo mostra-
to a diversi suoi amici ^ usando con essi
la stessa piacevolezza , toccò poi a Grego-
rio a farne per altri molte copie; e tra
questo, e per la gran pratica, ch’egli a-
veva nel lavorare, in poco tempo entrò
in molti danari. Mori costui Y anno iSyo,
nella propria patria di Malines,
JACQUES DE BACKER
PITTORE D’ ANVERSA
Discepolo di • . • . fioriva del i56o.
VJirca a questo tempo fioriva nella
città d’ Anversa Jacques de Backer , che
in nostra bogua è quanto dire Jacopo
del Fornajo , e fu nativo della stessa città.
11 Padre suo fu ancor esso pittore , ed
avrebbe ancb’ egli acquistato gran nome
in quelle parti , se a cagione d’ alcuni
processi d’ ingiuria statigli formati in pa-
tria , che modo lo tennero in briga , non
gli fosse convenuto l’ andare in Francia ;
dove poi finì la vita. Jacopo dunque nella
, eli
!, el
nomi
alcuni
in pa-
*
inda
Jacques de Bàc&eh. SgS
stessa città sua patria se ne viveva in casa
d’ un certo Ai tooio Palermo pittore, che
facendo mercanzia di quadri , lo taceva
del continuo lavorar per se, e 'poi man*
dava a vender l’ opere in Francia cavana
done gran danari. Dal convivere , che ta-
ceva Jacopo con Antonio Palermo, tu an-
ch’ egli per alcun tempo chiamato in cam-
bio di Jacopo del Fornajo , Jacopo Paler-
mo. Il buon Jacopo attendeva a lavorare
con grand’ amore e fatica , ma con poca
mercede , mentre il Palermo per occultar-
gli il gran guadagno , che a se medesimo
fruttavano tuttavia le di lui pitture , non
restava mai di dirgli eh’ e’ cercasse d’ im-
parare , e far meglio , perchè i suoi qua-
dri non avevan vendita. Cosi facevaio tnt?
to '1 giorno dalla mattina alla sera come
un giumento faticare tanto , che appena
i giorni festivi gli rimaneva alquanto di
tempo per alzare un tantino il capo dal
lavoro» perchè l’indiscreto mercatante in.
quel tempo o gli faceva bezzare , o inven-
tare , tanto che annojatosi il pcveio gio-
vane di quel modo di vivere , si partì da
lui, e andò a stare appresso un gtntiluo-
suo per nome Dendrick , dove godendosi
la sua pace , sempre migliorò la maniera»
Ma come quegli che era avvezzo a opera-
re , poco risparmiandosi, finalmente a ca-
gione del troppo sedere e star chinato d
perse la sanità , e forse come fu detto si
guastò le viscere a segno che arrivato al«
Baldinucci Voi* ¥11* S8
Sq4 I. della Par. lì. del Se g. IV.
F età di io armi , con dispiacere degli
amatori di quest* arte, e con dimostrazio*
ni sue di gran pascione per dovere ( co-
ni' ei diceva) morire in così florida età,
nelle braccia d’una figliuola del suo pa-
drotte fece da questa all* altra vita passag-
gio. Furono poi V opere di quest’ artefice
assai desiderate. In Middelburg aveva i’anuo
1604. Melcbior Wintagis tre pezzi di qua-
dri , dov* egli aveva rappresentato Adamo
ed Èva , uoa Canta, e uq Crocifisso. (Ju
certo Oppetnbergh aveva tre quadri di tre
mezze figure grandi, cioè una Venere,
Giunone , e Falla le. Finalmente scrive di
costui Carlo Vaumander pittor Fiammingo,
che egli nella sua breve vita arrivò ad
esser uno de’ miglior coloritori, che mai
fino a quel tempo avesse avuti Anversa ,
perchè ( per usar le proprie parole del-
F Autore ) egli aveva una certa maniera
di colorir la carne, e sapeva così bene
temperar quei rosso, che la faceva parere
■veramente naturale e viva ; onde son poi
V opere sue state sempre in grande stima
appresso i Professori.
1
5 95
MATIIIS ed JEROON KAOK
PITTORI D’ANVERSA
Fiorirono circa il i555.
F ra' buoni pittori , che fino a questi
tempi avesse avuto la città d’inversa , par-
ticolarmente in ciò che a far paesi appar-
tiene , uno fu Matteo Cuoco, il quale fu
i primo che colà introducesse qualche mi-
glioramento del modo di far paesi , con
alquanto di varietà in sulla maniera dlta-
lia. Dispose anche bene le figure , ebbe
buona invenzione, e tanto a olio, quanto
a fresco finì a gran segno le opere sue.
Ebbe un fratello che si chiamò Girolamo ^
del quale poche cose possono dirsi , per-
chè abbandonando l’arte del dipignere e
dell’ intagliare che era la sua propria, co-
me anche il far paesi, ne’ quali ebbe assai
buona invenzione, si diede alla mercatura,
comperando e vendendo quadri , sopra i
quali fece roba assai. Ebbe per moglie
ima certa Volck , ovvero Volckgen Olan-
Idese j, della quale non lasciò figliuoli ; e
finalmente finì di vivere circa l’anno 1Ò70
molti anni dopo la morte di Matteo suo
fratello.
HANS FREDEMA.N
PITTORE DI FRISIA
Mella Città di Leuvvanden , discepolo di
nato i5zj. + 160&
Abitò già nella città di Leuvrandeu
nella Frisia un Tedesco di professione sol-
dato , che militava sotto il Generale Jerrich
Schenck. Costui ebbe un figliuolo, che fu
il nostro Hans Fredeman , e avendo in esso
per avventura conosciuto alcuna buona
disposizione al disegno mandollo ad impa-
rar quest’arte da un tale Reyer Geeritsen
nativo d’Amsterdam , che operava in quella
sua patria ; ciò fece con animo di farlo
diventare valente Scrittore in vetro , che
con tal nome chiamano là ( come altrove
dicemmo ) coloro che dipingon figure nelle
vetriate , quasi a somiglianza de’ Greci f
appresso i quali ypd<peiv Graphein 9 va*
Hans Fredeman* Sg*f
l-e tanto scrivere , che dipingere ; e da
questa stessa voce viene il nostro sgraffito
© sgraffio, quasi scrittura in muro. Stette
il giovanetto appresso a quel maestro per
lo spazio di cinque anni, e poi si parti
di Leuvvanden alla volta di Campen. Quivi
s’accomodò con un pittore ordinario , ap-
presso al quale stette due anni, alla fine
de’ quali conoscendo chiaramente di poter
poco con esso profittare , il lasciò , e se
n’andò in Bracante , e nella città di Ma-
lines dopo essere stato qualche tempo mal-
trattato da infermità , si fece pratico nel
Colorire a guazzo, tanto che portatosi in
Anversa vi fece alcune opere. Tali furono
Ja trionfale entrata che vi fecero Carlo V.
e Filippo il figliuolo * e di queste ed altre
sue pitture fu così ben ricompensato , che
gli riuscì mettere insieme alquanti danari ,
con i quali tornò in Frisia , e nella Città
di Collum fece una tavola a olio. Ebbe
egli occasione frattanto di trattare con un
uomo di professione legnajuolo, che gli
diede in prestanza più libri d’architettura
e prospettiva , cioè Vitruvio > il Serbo, ed
altri simili i quali tanto gli diedero nel-
T umore , cbe subito s’applicò a far sópra
di essi grandi studj , e togliendo agli oc-
chi il sonno per copiarne ogni figura , e
trascriverne ogni precetto, venne in breve
ad apprender qualcosa intorno al porre in
©pera le materie , onde tornatosene a Ma**
lines gli furono da un pittore chiamata
5p8 De c. T. della Par. II. del. Sec. !?•
Claude Dorici date a dipingere alcune
prospettive, ed anche a finire una tavola
pure di prospettive , che da un tal Come-
lis di Vianen era stata lasciata imperfetta.
Fecesi egli poi in tal facoltà sì valoroso ,
che gli furouo ordinati assai lavori in di-
verse città e luoghi dove egli si trovò*
In Anversa in un giardino di Willem Ckey
dipinse una bella prospettiva. In casa Gii*
lis Hosman rimpetto ad una gran porta
colorì una veduta d’un giardino così bene,
che è fama che il Principe d’Oranges con
alcuni Signori Tedeschi ne restassero in-
gannati credendola vera. Moltissimi disegni
di architetture e prospettive fece per in-
tagliatori in rame: per Geronimo. Cock
quattordici pezzi di templi , giardini , pa-
lazzi e sale ; ventisei pezzi di palazzi con
vedute interiori ed esteriori ; e circa ven-
tiquattro pezzi di sepolcri; per Geeraert
de Jode un libro di fontane , e uno di
architetture diverse ; per Filippo Galle più
pezzi di giardini , viali e simili ; per mae-
stri di legname bei disegni d’armadj, car-
rozze, ed altre cose; per Pietro Baltea
fece un libro intitolato Thecitrum de Vita
humana , dividendo le varie sue rappre-
sentazioni in sei parti , o tempi del viver
nostro. L’anno 1 670. per la venuta in An-
versa della figliuola dell’ Imperatore che
se o’ andava in Ispagna , ebbe egli dalla
Nazione Alemanna Pincumbenza di dipi-
guere un arco trionfale, che doveva esser
Hans Predeman. 5gg
finito in tempo di cinque giorni , ne9 quali
egl» il compì felicemente. Passatosene poi
con sua moglie in Aqui sgrana ste Itevi due
anni ; quindi prese suo cammino alla volta
di Liege,doveun anno e mezzo si tratten-
ne , finche essendosi ripresi i negoziati di
pace, se ne tornò in Anversa, poi se ne
andò a Brusselles , dove gli furon date a
dipigoere prospettive dal Tesoriero Aert
Molckeman in una sua villa , dove fece
vedere cose ingegnose; poco dipoi esseudo
già stato preso dagli Spago noli il Castello
d’Aoversa,e dato alla cittadinanza , fu egli
posto a’ servigi della città sopra quelle
fortificazioni , carica eh’ egli esercitò fino
all’ assedio del Duca di Parma Governatore
di Fiandra , e resa seguita del i586. Quin-
di partitosi con lettere di raccomandazione
al Duca Giulio di Bruynsuuyck con esso
si rimase fino al i58g che seguì la morte
del medesimo Duca. Fece in quella Città
una tavola per un sepolcro , e poi si parti
alia volta d’Amborgb , dove per la Chiesa
di S. Pietro ad instaoza di Jacob Mooc
dipinse una cappella con alcune prospet-
tive attorno ad un sepolcro, fra le quali
fece vedere la figura del N. S. Gesù Cristo
in atto di conculcare il Demonio e la
Morte. In Danzica in un luogo di Corte ,
dove usavano gli sfaccendati andare a
bere , dipinse ogni sorta di feroci animali
in atti mansueti , ed in ninna contesa fra
di loro 9 con intenzione di mostrare , che
6oo Dec. L della Par. IL del Seg. IT«
ne’ luoghi ove si beve e si sguazza, nom
debbono aver che fare le questioni an«?h©
tra nemici ; noi però in pratica vediamo
tutto ’1 contrario accadere. Fu poi posto
al servizio della città, e nella nuova ca-
mera del Consiglio fece otto prospettive
con figure di diverse virtù , necessarie a
chi vuol ben governare , e de’ vizj loro
contrarj. Tali furono la Giustìzia, il Con-
siglio , la Pietà , la Concor da , la Libera-
lità , la Costanza, il Giudizio, la Ragione
e la Feleìtà , e tutte queste tenevano co-
me prigioni e schiavi i lor contrarj , la
Discordia, la Sedizione, il Tradimento,
la Calunnia , la Falsità , rinvidia , e altri
a questi simigliami. Partì poi di Daazica,
e portatosi in Amborgh dipinse ad un
certo Hans Lomel in un suo giardino u-
na galleria , ed in quella parte di esso ,
che a quella corrispondeva , fece vedere
una bella prospettiva d’ albori e piante
molto naturali , ed altre prospettive fece
in casa dello stesso Lomel . Andossene
poi a Praga, dove Paolo Fredeman suo
figliuolo assai pratico nell’ arte operava
per l’Imperadore , e l in una galleria di
quella Maestà colorì diverse prospettive ed
altre cose , e diede il disegno per far ne!
palazzo più stanze e fontane, per più pit-
ture , ed anche fece il modello di certi
andirivieni da fabbricarsi in esso palazzo,
per i quali potesse lo lmperadore andar
per tutta la corte senza essere da niuno
Hans Fredema#. Gof
veduto* Da Praga tornò in Amborgh , e
per la Chiesa di San Pietro fece due
tavole , in una il Signore che si parte dal
Tempio , ed i Farisei ; nell’altra quando
il medesimo Signore caccia dal Tempio i
negozianti. Av^va questo artefice contratta
amicizia con Gillis Coignet , ed un giorno
con buona occasione fu da lui consiglialo
d’andare a far mostra di sue virtù in Am-
sterdam ; ood’ egli si mosse a quella volta
portando seco un bel quadro di sua ma-
no , nel quale egli con grande studio * e
non senza qualche scapito del lume degli
occhi * aveva dipinta la Torre di Babilo-
nia con gran numero di piccole figure.
Questa pittura venne poi in potere di Pie-
tro Ovelander. Si partì d’Amsterdam, e se
n’andò colla moglie in Haya , poi in Am-
burgh. Finalmente venuto Fanno 1604 do-
po aver dati alle stampe cinquanta pezzi
di carte di vedute in prospettive con fi-
gure , cominciando dall’ assedio d’Anversa;
opera nella quale fu ajutato da Paolo e
Salomone suoi figliuoli ; assalito da infer-
mità , diede fine al viver suo. Fu vera-
mente quest’ artefice nell’ inventare e di-
pingere a olio prospettive , templi antichi
e moderni, degno di grandissima lode. Pao-
lo suo figliuolo dipinse in Praga per la
Maestà dell’ Imperatore una tela per una
soffitta di dugento jiiedi di lunghezza , ed
un’altra pure per un’altra stanza, dove
espresse i dodici mesi dell’ anno, e nello
6o2 DeC. I. DELLA FàR. IL DEL $EC. IV.
spazio di mezzo la figura di Giove col
fulmine, ed una bella prospettiva, in cui
fece vedere uua galleria con un giardino
ed una fonte, che si dice fosse fatta così
naturale , che nel passeggiare alcuni per
quella stanza , credendola vera tentassero
di passar più avanti. L’altro figliuolo di
Fredeman, che fu S demone , anch’egli
riuscì valente in quest' artei
6o3
FRANCESCO PAGANI
PITTORE
CREDESI FIORENTINO
Della Scuola di Maturino , e del
Caravaggio , nato circa i53i, + i56i*
Lo strano accidente occorso a Ro»
ma l’anno 1627. dico il crudele saccheg-
giajnento dato dalla gente di Borbone a
quella gloriosa città, oltre agl’ innumera-
bili disordini , sconvolgimenti, dispersioni
e rovine , eli’ egli cagionò a persone d’ o«
gni più alto affare, fu di non poco detri-
mento a molti e grandi ingegni ; eh’ in
ogni genere di virtù, e nelle nostre arti 3
eziandio in quel tempo appunto 9 vi face-
6o4 Deg. I. della. Par. IL del Sec. I?.
van gran prova di lor valore. Uno di CÓ*
loro * cb’ in sul più bello dell’ operar suo ,
e mentre già attendeva di cogliere il frut-
to di sue fatiche duratevi nell’ arte della
pittura a comune benefizio , fu il celebre
Pulidoro da Caravaggio , ed il fino insepa-
rabile compagno Maturino. Il primo a ca-
gione di tale infortunio credette avere avu-
to dalla sorte un buon mercato in avergli
lasciato , come noi sogliamo dire , trovar
la gretola per lo sfratto per non mai più
farvi ritorno ; il secondo coll’ abbandona-
re ogni sua sostanza , e darsi ancor esso
alla fuga; ma questo dopo la gran tempe-
sta vi ritornò. Qualche tempo adunque do-
po il ritorno di costui trovavasi nella cit-
tà di Roma un giovanetto di buon indole,
di nazione, credo Fiorentino, all’arte del-
la pittura molto inclinato , detto France-
sco Pagani ; ed io non dubito punto d’ af-
fermare per vero, o almeno per assai pro-
babile , che questi per desio d’approfittarsi
in tale facoltà, s* accostasse al nominato
Maturino per ricavarne i primi precetti *
giacché mi è noto , eh’ egli fin dagli anni
più verdi , assente già il Caravaggio, se ne
venisse a Roma , e quivi in tutto e per
tutto la maniera prendesse dello stesso Ca-
ravaggio, e del suo compagno Maturino,
e con quella poi a Firenze si portasse ad
operare. Comunque si fosse la cosa , egli
è certo, che Francesco Pagani ancor gio-
vanetto alcune opere fece in essa città di
Francesco Pagani: 6o5
Soma , e di quella maniera degne di lode;
poi al ventunesimo di sua età pervenuto,
si portò a Firenze , dove s’ accasò eoa Eie-
na figliuola di quel Crociai valentissimo
intagliatore di legname , che fu Genero
del Tasso, eche insieme con lui con ordine di
Michelagnolo fece i maravigliosi intagli del-
la Libreria di S. Lorenzo, Appena dunque
fu il nostro Francesco giunto in Firenze,
che gli furou date a dipignere le due fac-
ciate del gran palazzo di Giuliano della
nobilissima famiglia de’ Ricasoli , stato già
fabbricato con disegno di IVlichelozzo Mi-
cbelozzi , che riuscì uno de’ più nobili edi-
fizj , che in quella parte adornino la spalla
d’ Arno, Non aveva questo artefice appena
compiti ventidue anni di sua età , eh’ egli
fece ammirare a questa patria il valore
del suo pennello in quella grande opera
finita. Dipinsevì egli a fresco in chiaro
scuro storie degli antichi Romani ; fra
queste espresse in color giallo la figura
di Giove , e d' una Giunone , che furono
stimate sì belle , che lo stesso Jacopo da
Pontormo rarissimo pittore fra quanti mai
ne avesse la nostra città di Firenze, pas-
sando un giorno di quel luogo , alla pre-
senza d* altri molti disse , che s’ e* non aves-
se saputo esser quelle figure di mano di
Francesco , le avrebbe credute del Buonar-
ruoto. Ma quanta fu la gloria, che segui-
lo quest’ eccellente pittore ne’ pochi anni
e’ sopravvisse a sì nobile lavoro , tanta
6o6 Dec. 1. della Par. IT. del Sec. IV.
fu la disgrazia , colla quale la trista fortu-
na perseguitò la bella pittura ; perchè que-
sta in breve giro d’ anui , forse a cagiooe
dell’ essere quivi tanto stata esposta ad ogni
qualità e di tempeste , e di venti , massi-
mamente in quella parte , che guarda ver-
so ’i mare , rimase così disfatta , che attem-
pi nostri pochissima se ne gode. Fra quel-
lo , a cui non è stato così crudele il tem-
po , veggonsi dalla parte verso Arno alcu-
ni Imperadori Romani con medaglioni di
loro imprese , ed alcuni termini bellissi-
mi , tutti di color giallo , con qualche sto-
ria di chiaro scuro, e parte d’ un fregio;
il resto quasi tutto è perduto. Dipinse an-
cora molti quadri a olio per particolari
cittadini , e ne’ ritratti ebbe buonissima
maniera. Colorì due gran quadri pure a
olio, ne’quali mostrò gran risoluzione , spi-
rito % e bravura di pennello ; uno di que-
sti fu mandato in Francia , 1’ altro restò a
Gregorio suo figliuolo ; dopo la morte di
cui passò in mano di diversi. Finalmente
dopo aver Francesco fatte queste ed al-
tre opere , avvenne , che egli fosse chia-
mato a dipignere alcune cose a Castelfio-
rentino , terra in sull’Elsa , lontana sedi-
ci miglia dalla città di Firenze, dove si
portò prestamente , ma quivi fu soprag-
giunto da grave infermità ; e perchè era
già venula per lui l’ora fatale, da chi il
governò fu avuto per bene, ciò che in
fatto male riuscì , cioè a dire , il farlo por-
tare così infermo alla città 3 dove subito
Francesco pagani, 607
aggirando la malattia, fra *\ i56o. e’1
i56i. e della sua età il trentesimo, re-
se V anima al suo Creatore, lasciando di
se, e d’ Elena sua moglie un figliuolo di
due anni , chiamato Gregorio , che fu poi
celebre pittore , come noi mostreremo nel-
le notizie della Vita di lui , ed una barn®
bina d’ un anno * che si morì.
\
6o8
BARTOLOMMEO NERONI
P1TTOR SANESE
! Detto Maestro Riccio ;
Discepolo di G, Antonio Soddoma ;
ED ALTRI PITTORI SENESI
N on lasciò di far mostra di sue vir-
tù in questi medesimi tempi Bartolommeo
peroni pittore Sanese , detto per sopran-
nome Maestro Riccio , il quale avendo
imparata l’ arte da Gio. Antonio , detto
il Soddoma , del quale ebbe anche una
figliuola per consorte, fu grande imitato-
re della maniera di lui; son sue pitture iu
ragionevole quantità, e fra l’ altre è di
sua mano la Sacra Immagine della Madon-
Bartolomeo neroni. 609
ma della delia Staila , ed un Cristo nella
Chiesa delle Monache della Concezione®
Dipinse nella Chiesa della Compagnia da
Santa Croce a fresco 1’ Aliar Maggiore ,
e iu quella delle Monache d’ Ognissanti
diede principio a dipignere più Santi* Por-
tatosi a Lucca , fu da quella Repubblica
fallo operare # e trattenuto con provvisio-
ne. Attese ancora all’ architettura , e eoa
suo ingegno ordinò le macchie per la Sce-
na , che fu fatta nella sua patria per la,
commedia detta V Ortensio , che fu recita-
ta dagli Accademici Intronati alla presen-
za di Cosimo I. Granduca di Toscana , le
quali riuscirono di tal bellezza , che furo-
no poi da Andrea Andreasi Mantovano
intagliate in rame , e date alle stampe*
Più quadri dipinse , che furon mandati
su diverse Provincie. Operarono anche
ne* tempi di quest’ artefice in essa città
il Bigio, ed il Tozzo , ehe furono famiglia-
ri dello stesso Riccio , 1’ opere de’ quali
non lasciano dJ essere da’ buoni Professori
assai iodate . Fu discepolo del Riccio Mi-
cbelaguolo Anseimi cittadino Sanese, il
quale fece la pittura dell' Aitar Maggiore
di Fonte Giusta, ed in Roma della Madon-
na della Steccata co’ cartoni di Giulio Ro-
mano , colorì la storia della coronazione
di essa Vergine , ed in una nicchia F a-
doiazione de’ Magi , siccome anche dipin-
se nella Chiesa di S. Pier Martire nella
cappella della Croce.
Sai dinucci Voi. VII . 3g
6io
GIOVACHIM BUCCIO. A ER
PITTORE D’ ANVERSA
f *
Discepolo di Pieter Aertemen$
fioriva del 1S60.
A questo artefice , oltre al dono rice-
vuto dalla natura di nascer, per così dire*
pittore, giovò anche non poco l’avere
avuta ancora una sua zia , che fu moglie
del celebre Pieter Arsen, che noi direm-
mo Pietro Lungo, il quale anche gli fu
maestro nell’ arte della pittura. Aveva il
giovane co’ precetti di Pietro acquistato
assai nel disegno , ed in breve tempo 5 ma
quando volle cominciare a dipingere incon-
trò quasi insuperabili di£fico!tadi nel ma»
neggiare i colori ; a queste però seppe il
pratico maestro ben presto porger rimedio,
ordinando a Giovacchino l’esercitarsi molto
Giovàchim Buccklaer* Gii:
iti far dal naturale fiori , frutti , carne da
macello, uccelli, ed altre simili cose, col
quale esercizio egli bea presto non pure
diventò un pratico coloritore , ma eziandio
si guadagnò un inclinazione ed un’ abilità
particolare nel dipigner cucine con ogni
sorta d’arnesi a quelle appropriati , sicco-
me ogni materia solita prepararsi in esse
per servizio de’ conviti. Una di queste cu-
cine fece Giovacchìno pel Maestro della
Posta d'Anversa , il quale dopo averne
pattuito un prezzo molto vile, non lascia-
va mai passar giorno, che non andasse a
sollecitarne la line, e eome che il quadro
era grande assai , sempre ordinava al mae-
stro il dipignervi alcuna cosa di piu , ed
egli ch’era pusillanime, e non punto sapea
stimar se stesso, operava e taceva, tanto
che quando l’opera restò finita , il povero
artefice fatto suo conto , trovò di non a-
vervi guadagnatone ineoo il pane, ch’egli
aveva logoralo nel tempo di quel lavoro®
Era nel quadro quasi ogni sorta d'uccelli,
pesci e vivande , frutte , ed ogo’ altra cosa
appartenente all’ apparecchio d'una son-
tuosa mensa , oltre agli arnesi della òucina
e figure , il tutto tanto ben disposto e co-
lori lo, ch’era una cosa degnissima da ve-
dersi. in Anversa per la cattedrale della
Madonna fece una bella tavola, dove rap-
presentò la Pasqua de’ Fiori , che ia
quelle parti chiamano quella , che noi di-
ciamo la Domenica delle Palme, nella qual
(
Qì2 Dec. I. della. Par. II. del Sec. IV.
tavola era espressa la solenne entrata di
Cristo Signor Nostro in Gerusalemme Que-
sto quadro nella seconda venuta m An-
versa degli Olandesi 3 che distrussero rim-
iri agi ni , fu disfatto. Zion Lirz in Amster-
dam aveva Palino 1604. di mano di costui
due cucine, una preparata di pesce, e
Falera di frutte , e d’ogoi altra sorte di
vivande a! naturale con alcune fantesche
c*d altre figure. In casa Melchior Wùntgis
Maestro della Zecca di Middelbuig erajina
cucina con figure grandi quanto il natu-
rale , ed un’ altra Storia delle Palme .
Aveva Jacob Raeuvraert in Amsterdam un
pipcol qnadro,che rappresentava un Mer-
cato, avanti al quale ad un verone d’uu
palazzo fatto per quello di Pilato era espo-
sto Gesù Cristo nel Misterio dell’ Ecce Ho-
mo. In Haerlem in casa di Hars Yerlaen
mercante , erano pure di stia mano due
glandi e bellissimi quadri , con figure
quanto il naturale ; in uno si vedevano i
quattro Evangelisti , e nell* altro S. Anna
con Maria Vergine e Gesù. Sarebbe quasi
impossibile il raccontare la gran quantità
deli’ opere che fece Giovacchiuo , e i molti
paesi dove furop mandate sue pitture. E
veramente fu cosa degna di gran compas-
sione il vedere, che la natura che gli era
stata tanto liberale nel bel genio e dispo-
sizione alle buone arti , gli avesse dato un
animo sì fiacco, timoroso e vile, che dagli
stessi parti del suo ingegno e del suo pen-
Gioyachim Bcjcck.lae&. &z3
Sìeìlo , che rendevano altri abbondanti e
ricchi , perchè vendeaogli dodici volte più
del costo , a lui non ne venisse altro frut-
to , che fatica e povertà. Po aevàsi egli
talvolta a lavorare a salario con questo e
quello per un fiorino di quella moneta di
Fiandra il giorno , che è quanto dir m^no
di quattro de’ nostri giulj, prezzo solito
darsi colà agli Scrittori in vetro; e perchè
egli aveva gran pratica celi’ inventare e nel
colorire f si trovo talvolta lavorando a gior-
nata a far gran pezzi di quadri per assai
meno d’uno scudo, t medesimi quadri fatti
da Giovacchino quasi per nulla , erano di
poi stimati superiori ad ogni prezzo^ Il
soprannominato Ecce Homo fu da Jacob
Raeurraert venduto al Conte di Lip insie-
me con un Mercato di frutte pure di ma-
no di lui , ed un Giudizio universale, la
Pioggia del fuoco di mano d^Hemskerch ,
con un combattimento di Perseo con la
testa di Medusa di aia no di Diriek Bareni-
sen per prezzo di 6000. fiorini 5 stimati
però da’ pittori molto più. Tanfo è vero
che poco giovano i grandissimi doni della
natura a coloro , a’ quali ella fu scarsa in
somministrare i necessarj talenti per po-
tersi di quelli servire a propria utilità ; il
quadro dell’ Ecce Homo venne poi in poter
dell’ Imperadore , a cui si crede che fosse
donato dal Conte. Morì Giovacchiuo in
Anversa in t^nspo che il Duca d’Alva era
6l4 DEC. DELLA Par. II. DEL SEC. IY.
in Fiandra , mentre slava optrando pel'
Generale Vitelli , e dicesi che egli alla sua
morte molto si dolesse d’avere speso 40,
anni in fatigare senza alcun profitto ritrar-
re dalla sua fatica , che gravezza d’animo
e necessità.
6é5
ÌJRERT GOLTZ
PITTORE , INTAGLIATORE
E ISTORILO Dì VENLO*
Discepolo di Lamberto Lombardo *
fioriva del iS6q>.
/
discepoli di Lamberto Lombardo
eccellente pittore di Luiick, di cui latina*
mente scrisse l’erudito Domenico Lamp«
gonio , e de! quale si è da noi alcuna cosa
detta a suo luogo, uno fu Uberto Goltz 9
che oltre alle fatiche durate intorno agli
studj del disegno , si fece tanto pratico in
altre belle facuUadi , e tale odor di virtù
sparse in quel suo tempo , mediante Pope-
re della sua penna , che sarà sempre vivo
nella memoria degli uomini, e noi ora sia*
mo per accennare qualche particolare di
6*6 T)ec.L della Par. il, del Sec, IV.
sua persona e qualità per arrivare al fide
propostoci di parlar di tutti coloro, i quali
co) buon uso delle nostre arti hanno reso
al Mordo diletto e utilità t e rimettiamo
il Lettore , per quel più che non si dirà
in questo luogo, alla vista dell’ opere di
questo virtuoso, le quali da per loro stesse
parlano abbastanza di lui , e fanno cono-
scere il merito delle sue lodevolissime fa-
tiche. Costui dunque fu pittore v intaglia-
tore , ed isterico di Venlò , i cui antenati !
discesero da Wirtzburgh. TSella sua gio-
ventù si trattenne appresso al Maestro,
copiando per ordinario ogni sorta d’antica-
glie , e particolarmente di quelle, i dise-
gni delle quali dalla città di Roma anda-
vano di tempo in tempo portando in Fian-
dra gli artefici che venivano a studiar le
cose d’Italia. Con tale occasione prese egli
un affetto inesplicabile alle materie spet-
tanti all’ antichità , e come quegli che ave-
va vivacità d’ingegno e anche era bene
instruito in lettere umane , e particolar-
mente pratico di storie, diedesi di lutto
proposito ad una profonda investigazione
delle cose degli antichi tempi, onde è , che
appoggiandosi alla protezione del Signore
di Wateruliet , condusse cose maravigìiose.
Primieramente diede alle stampe un libro,
nel quale espresse l’antlche medaglie degli
Jmperadori Romani , che gli costò studio e
fatica di dodici anni , olire all’ inesplicabili
spese , e furono stampate in legno per one*
Ubért Óoltz. Glf
tk di Joos Gier Leugen ( che io nostra
lingua vuol dire Seminatore di bugie )
pittore di Cortrai , uomo valente ed inge-
gnoso , e di costumi assai lontani da quel
che sonava suo cognome. L’effigie degk
Imperadori sono alquanto grandi , assai ben
fatte, e somigliantissime; da Giulio Cesare
arrivano fino a Carlo V. e Ferdinando. Vi
aggiunse le notizie appartenenti alla storia;
ed anche diede giudizio di molte cose dette
da altri , e ragione di loro errori , il qual
libro è stato in molte lingue tradotto. Nel
1 563 diede fuori un libro latino intitolato:
Ciìjus Julius Caesar , ovvero la Vita di
Giulio Cesare, dedicato a Ferdinando Ina-
peradore, Nel *566 un altro libro pure in
latino idioma intitolato Fasti , dove tratto
delle feste pubbliche, e altre de’ Romani^
dal tempo deli’ edificazione di Roma, fino
alla morte di Augusto colle medaglie , le
quali fnrono dalle proprie mani di lui in-
tagliate , eoo loro spiegazione. Un altro
libro, ch’egli nel 1667 dedicò al Senato
Romano, il quale per gratitudine, fattolo
chiamare in Campidoglio, gli fece dono
d* una lettera sigillata , nella quale era
il Decreto , che lo dichiarava nobil citta-*
dina di quella patria con gran privilegi»
Nel 1574. uscì un altro suo libro intitolato
Cesare Augusto colie medaglie, e rovesci
intagliati pure da lui, e loro descrizione
latina , in due Tomi. Nel 1576. mando
0i $ Dec, T. della Par. II. del Sec. IV.
fuori un altro volume intitolato, Sicilia *
et Magna Grecia , ovvero la Storia delle
città , e popoli di quelle due regioni colle
medaglie Greche , e loro descrizione in lin-
gua latina , ed in principio di esso libro
si scorge il suo ritratto col nome attorno i
e titolo d’Istorico, e di Pittore di Filippo
II. Di pochi altri intagli di sua mano dia-
mo noi qui notizia, perchè pochi ne son
venuti sotto rocchio nostro , bastandoci l’a-
ver detto « ch’attese all’intaglio , con che
diede fuòri opere utili al mondo fino a
quel segno , che sarà noto a chi vedrà le
poche , di che abbiamo sopra fatta men-
zione. Soleva questo virtuoso abitare in
Bruges città di Fiandra , dove aveva in
casa una Stamperia con bel carattere , del-
la quale si valeva , non già a modo di
bottega di stampatore , ma per impri-
mere con più decoro e reputazione le
proprie opere sue. Poco possiam raccontare
di sue pitture , solamente sappiamo , che
«Ila città d’Anversa dipinse diverse cose
nel tempo della festa del Toson d’ oro
degli Austriaci , e che siccome egli era ani-
moso , e ardito nell’ intraprendere opere
grandi , così anche era veloce , e franco
nel dar loro compimento. Trovandosi in
Bruges in tempo che vi predicava un
certo fra Cornelio Minor Conventuale 9
celebre predicatore, ch’egli andava sem-
pre a sentire con gran gusto, fece alla mao
Ubért Golt£,
'dhia il di lui ritratto a olio , somiglianti^»
simo , il quale da Carlo Vanmander pitto?
Fiammingo ( che attesta averlo veduto ) è
molto lodato. Ebbe questo artefice due mo-
gli , la prima fu sorella deli’ ultima di Pie-
ter Kok eccellente pittore di Aelst * e di
questa ebbe alcuni figliuoli, a* quali co* ne
Cittadino Romano , diede tutti nomi Ro-
mani antichi , cioè a dire Marcello , Giu»
lio , e simili : la seconda prese egli eoo
estremo dolore de’ proprj figliuoli , parenti 9
e amici , e sua eterna inquietudine * danno *
e vergogna , perchè o forse egli ingannato
da coloro, ch’ebbero parte nel trattato, ©■
pure perchè questi medesimi s’ingannas-
sero , ella era donna di non buona lama *
come abbiamo per quanto ne lasciò scritte*
Il nominato Vanmander. Cosi avviene , che
F uomo , o male accorto o mal consigliato,
Bene spesso pone a cimento in un punto
tutta quella gloria, l’acquisto della quale
gli è costata la fatica e ’i sudore d* una
età intera. Venuta finalmente per lo nostro
Artefice l’ora fatale, circa Tanno 1 583*
fece da questa aìF altra vita passaggio nella
città di Bruges. Fu il Golzio uomo di sin»
gelare erudizione , da tutti i virtuosi del
suo tempo grandemente amato , e Antonio
Moro celebre pittore d’ Utrecht, al quale
egli aveva fatto dono d’ un suo libro dell®
medaglie assai ben legato, volle io ricom-
pensa colorirne il ritratto facendolo venir©
1)20 DeC. I. DELLA Par. II. DEL SeC. IV.
per due o tre mattine a stare al naturale
per Io spazio d*un’ ora , il qual ritratto
riuscì somigliantissimo , e Tanno 1604. era
ancora in Bruges in casa la vedova già
sua moglie, e fu poi intagliato in uno dei
libri dello stesso Golzio ; ch'è quello ap-
punto, di cui sopra facemmo menzione.
ANDREA SCHIAVONE
Discepolo di Tiziano : nato i5 22» +1S8 2«
.Andrea Schiavone. ,, così dello pe£
aver avuta per pania Sebeqicp di Schia-
venia , nacque d’ assai umili parenti 1’ an-
no di nostra salute 1 522, Portatosi a Ve-
nezia fino da piccolo fanciullino , diede
segno della singulare inclinazione , che e-
gli aveva alla Pittura , mentre procurando
di campare la vita coll' impiegare sua ope-
ra ne’ bassi servigi de’ pittori cercava in
un tempo stesso di procacciarsi lor disegni*
PITTORE
èz% Ofx. I. della Par. II. del Sec, IV.
e quegli poi diligentemente copiaudo , fo*
mentava in se stesso il desiderio di pia
sapere di tale arte, e migliorava il proprio
gusto , finché diedesi ad imitar collo stile *
e colla penna le carte stampate del Par-
migianino, delle quali gridava quell’età ,
e dalle medesime riportò un modo d’ at-
teggiare, e sveltire di figure assai leggia-
dro , e grazioso. Invaghitosi del colorito
di Giorgione , ed accostatosi a Tiziano,
ne imparò un modo di tignere sì bello
e si franco , che potè essere a tutti d* am-
mirazione anche in quei secolo , nel quale
in quella patria fiorivano uomini di quel
gran valore, che a tutti è noto ; tanto che
il Tintoretto medesimo , quantunque non
tanto lodasse il suo disegnare , fu solilo
dire che ogni pittore averia dovuto ave-
re in sua casa un quadro di mano di lui,
anzi egli stesso usò tenerne sempre uno
d’ avanti agli occhi mentre operava per
imitare, diceva egli, quella gran fierezza
di colorito , ed il medesimo costume è fa-
ma , che tenesse il tanto celebre Federigo
Barocci ; ma non fu già io Schiavone il
primo suggello , in cui facesse Ja natura
quelle maraviglie in ciò , che a colorito
appartiene, che non potò fare in lui per
l’acquisto dell' ottimo disegno un lungo
studio , mercè che egli , siccome in sua
gioventù , così in ogni altro tempo di sua
vita fu sì stretto da povertà , che ni uno
più, onde a cagiona di questa convenne-
Andrea Schiàyone» a
gli poco disegnando adoperare ii pennello
quasi a forza [di genio per supplire aiie
lìecessitadi d’ uno stentato vivere $ ma quei
che fu il peggiore , la stessa povertà , ad
pota delle belle doti sue , volle esserle poi
quanto crudele , tanto inseparabil^ compa-
gna fino all’ ultimo spirare dell’ anima*
Furono le sue prime pitture in pubblico
Varie facciate di case , le quali condusse
salariato da altri pittori , e talvolta sopra
di se ; e bene spesso dipinse ancora con
tenue ricompensa casse panche, o sgabelli 9
i quali adornava di storielle ", grottesche*
ed altre sì fatte invenzioni con si bei mo-i
do 9 che ben potea dirsi , che i’ opera di
gran lunga la materia avanzasse, e sono®
si poi in tempo vendute a gran prezzi ;
egli però altro guadagno non traeva per
Io più di suo lavoro , che il misero sala-
rio solito darsi ad un povero manovale
condotto a giornata , tantoché gh in for-
ila il gettarsi al dipignere di pratica tanto*
che vedendosi le sue pitture ogni dì sce-
mare della prima bontà , andavanle anche
proporzionatamente scemando le occasioni*
Ma Tiziano , che bene aveva posto i oc«
chio al suo modo di colorire , cioè eoa
una bravura di pennello da mettere spa-
vento in ognuno , che maneggiasse colori ,
fecegli aver luogo ira gli altri pittori d al-
to grido, che dovean dipigoer la Libreria
di S. Marco, nella quale lo Stbiavone fet-
to nuovamente animoso * colori i tre pri-
824 Bec. I. della Par. IL del Sec. IV*
mi tondi verso il campanile. Moltissime
furono T opere , eh’ egli dipoi condusse
per le Chiese di quella città , e per le ca-
se di quei Nobili tanto a fresco , quanto
a olio , d’ alcune delle quali faremo noi
breve menzione. Nel Cannine sotto U Coro
è una Vergine in un gran tondo con An-
gioli, e sotto son figure di S. Pietro, S*
Paolo, ed Elia, e negli angoli i quattro
Evangelisti ; in S. Apollinare per la fami*
glia de’ Tagliapietra dipinse la tavola dei
Santi Coronati , e ne’ pilastri la Santissima
Vergine Annunziata. Fece vedere sue pit-
ture a fresco nella casa de’ Signori Zanni
sopra ’i Canai ©rande , ove rappresentò
Gaiatea , ed un Tritone con altre ligure,
la S. Sebastiano per la famiglia Pellegri-
na fece la storia del Signore con Cleofas,
e Luca ; il lavarsi le mani di Pilato avan-
ti al Signor Nostro quivi legato da’ soldati,
e una Vergine col fanciullo Gesù, e per
quegli della stessa casa anche dipinse più
tavole. Nella Chiesa de’ Crociferi colori a
concorrenza del Tintoretto una Vergine,
e Santa Elisabetta ; quest’ opera però non
giunse in bontà più oltre, che tanto : eh-
fiero moltissimi suoi quadri e sacri , e
profani quei della famiglia Gussoni , e
Ruzzini, che li tennero in grande stima,
siccome sempre sono stati tenuti poi dagli
intendenti. Due ne fece per Alessandro
Vittoria Scultor celebre , che dopo la
morte di lui furon mandati in Inghilterra*
Andrei Schiàyone. 62S
Avendo Andrea avuta amicizia con Pietro
Aretino , ne riportò varj concetti , ed in-
venzioni per sue pitture , che esposte al
pubblico guadagnarci! gran lode al suo
pennello, tu casa i Bozza a S. Alai ino co-
lorì in una soffitta i’ Aurora e Ti tono 9
ed in un’altra Bacco, e più altre favo-
lose rappresentazioni. In casa Priola fece
ristori» della vita di S. Gio. e per i Fo-
seherini la venuta dello Spirito Santo; ed
altre opere fece in Venezia in pubblico ,
ed in privato , che io per brevità non
racconto. À S. Salvadore per i Conti Col-
labo dipinse parte della facciata di lor
casa , e per entro la medesima alcune sof-
fitte. In una delle Regie Camere del Sere-
nissimo Principe di Toscana è un gran
quadro d’ un Sansone , che colla mascella
uccide un Filisteo , opera tanto bella , e
di così terribile colorito , che fa stupire.
Giunse lo Schiavane al sessantesimo di sua
età , e dopo aver vita menata tormentosis-
sima, dopo aver dati gran segni di suo
valore , e nello stesso tempo di sua sven-
tura, dopo aver a molti data occasione di
farsi ricchi col vendere a gran prezzi quel-
le pitture , colle quali egli appena avea
potuto mantenersi vivo, avendo data fine
a’ giorni suoi, fu nella Chiesa di Luca
più colTajuto de’ pietosi e caritativi ami-
ci, che col prezzo delle lasciate sostanze 9
poveramente sepolto.
A questo Pittore da’ professori dell’ara
Baldinucei Voi . VII « 40
020 DEC. 1. BELLA PàR. II. DEL SeC. IV,
te è dato luogo fra gli ottimi coloritori
della Veneta scuola; e non è forse a no-
tizia d’ alcuno , che altri avanti , o dopo
FaBbia avanzato nella felicità, facilità , e bra-
vura , con che maneggiò il pennello. Nel- j
Farie delle teste tanto di femmine , che j
di maschi fa vezzoso, e di gran maniera;
ne’ vecchi fu mirabile , diede buona gra-
zia all’ attitudini ; negl’ ignudi fu grande-
mente risoluto , e diede loro gran rilievo,
e robustezza di muscoli , caricandogli per
Io più d’alcune tinte rosseggianti. Non po-
se grande studio ne’ panni ; volle però ,
che quegli seguitassero l’ignudo; nel co-
lorir suo per ordinario non adoperò altro,
che terre , benché talvolta , ma però di
rado , usasse qualche poco di cinabro , e
di lacca. La diligenza di questo artefice
fu sempre in procurar di fuggire la dili-
genza , ed in quella vece servirsi d’ un
maraviglioso , e non più da altri usato ar-
dire ; qualiiadi , che tutte insieme , sicco-
me avevangli guadagnato fra gl* intendenti
concetto di gran pittore , così avrebbero
dovqto renderlo abbondante d’ avere, e
comodità , se il Cielo , forse per serbare
altre ricompense alla bontà sua , non si
fosse mostrato altrettanto restìo in arricchir-
lo di beni di fortuna , quanto costante in
provvederlo sempre d’ avversitadi ; e di
sventure; sicché gli fu d’ uopo il menar
sua vita fra tutti quei patimenti e disa-
gi, con che viene sempre accompagnata
V estrema povertà ^ obbligato per lo piu
Andrea Sciiiàvgne. 627
operar |da Ila mattina alia sera per lo
misero glia lagno di 24. soldi somministra-
tigli da un tale Rocco della Carità , che
lenea sua bottega , dalle Procuratie vec-
chie , dove facevagli dipigner casse , delle
quali , come era solito raccontare Marco
Bocchini Veneziano per notizia avutane da
Marco figliuolo di esso Rocco , per ordi-
nario dava per finite fino a due il giorno
con istorie, favole (come sopra accennam-
mo, ) rabeschi, ed altro. Quale fu il trat-
tare , che a cagione di povertà egli fece
se stesso , tale fu anche 1’ apparenza di
sua persona, mercè il vestir tanto abietto,
onde chi il ve deva senza conoscerlo, reputa-
va lo un qualche manovale , o altro vide
manifattore; perchè in somma egli è ve»
rissimo , che in questa nostra misera vita,
anche gli stessi naturali doni datici a prin-
cipio dal Cielo , tutto che alti, tutto che
rari , poco ci giovano , ogni qualvolta e-
gìkìo non vengano in noi dal medesimo
guidati, governati , ed accresciuti di nuovi
doni , co’ quali possano i primi a quel fine
portarci , che per renderci tanto o quanto
lèdei abbisogna.
< 1
6a8
MARTIN DE VOS
PITTORE D’ ANVERSA
Discepolo del Tintore tto %
licito • • • • -j- I
D™ tal Pietro de Vos pittore d’Àn-
versa , che entrò nella Compagnia de’ pit-
tori di quella città l’anno x55g. nacque
Martino de Vos. Questi cominciò da bam-
bino a d *rsi alla pittura , e non prima fu
uscito della puerizia , che per veder 1’ o-
pere de’ gran Maestri scorse diversi Stati,
finalmente se ne venne in Italia. Stette a
Roma, e fermassi in 'Venezia, dove si
accomodò col celebre pittore Jacopo Ro«
Martin De Vos. Qzg
busti, detto il Tintoretto; onde e per la
buona inclinazione sua , e per lo valore
del maestro , fece io poco tempo io quel-
la scuola gran profitto , massimamente nei
componimenti delle storie , e ne’ ritratti.
Dicesi ancora , eli’ ei facesse tanto bene i
paesi ( che fa sempre un genio particola-
rissimo de’ Fiamminghi , ) che il medesimo
Tintoretto si servisse di lui per dipignere
essi paesi ne' suoi proprj quadri, e pittu-
re. Divenuto poi valoroso nell’ arte del di®
pigoere , se ne tornò in Anversa f anno
iSÒq. nel qual armo entrò m 11 « nominata
Compagnia de’ pittori ; e per notizia avuta
dal nostro celebre pittore Moosù Giusto
Suttermans nativo della città d’ Anversa
dico che egli colà in Fiandra fu maesiro
del proprio fratello Pietro de Y^>s , il qua-
le pure riuscì valentuomo, e fu maestro
di Guglielmo de Vos figlinolo di dello suo
fratello , dal quale imparò Y arte lo stesso
Suttermans. Di Martino veggons? poche
pitture in Italia, ma arrivato eh’ e’ fu in
Anversa , vi fece moltissime opere , delle
quali Carlo Vanmander pilior Fiammingo
che io suo idioma scrisse alcune poche
cose di lui , non ce ne diede notizie par-
ticolari ; disse bene , eh’ egli ebbe un buon
colorito, ed in vero non pottv: della Scuola
del Tintoretto uscir pittore t che non co-
lorisse bene. Fece Martino bellissimi ntrat*
ti , ne’ quali pure aveva trovato nell’ ope-
re del maestro molto da imitare per farsi
63o Dec. I. della Par. TI. del Sec. IYa
perfetto. De! suo modo d’ indentare vari®
e copioso , è venuta a noi chiara cognizio-
ne per le molte stampe, eh’ ei diede fuori
intagliate da Gio. Sadaler ; che sono le
giornate della Creazione del Mondo, $ del-
l’Uomo., ed altre storie de! Genesi* tre
libri de’ Romiti , ed uno di Romite inta-
gliati da Raffaello Sadalaer; la vita di Cri-
sto, il Credo, e tante altre invenzioni, che
ancora vegliamo andare attorno ; ed afferà
ma il Yamnander , che Mattino in questo
particolare se non superò, almeno non fu
inferiore all’ altro Martino , che fu Mar-
tino Hemskerck , perchè nel disegnare
fu valentissimo con una mano brava , e
franca , come mostrano veramente i di-
segni di questo artefice , che si conservano
ne’ bellissimi libri della raccolta fattane dalla
g. ni. del Serenissimo Cardinal Leopodo
di Toscana. Fu Martin de Vos uomol di
grande statura , visse moltissimi anni ia
patria, e finalmente di grave età nell’ anno
1604. se ne passò da questa all’ altra vita*
G3i
PIETER, E FRANS
PUURBUS
PITTORE DI BRUGES
Discepoli di ... .fiorivano
del i56o
IN^acque Pietro Puurbus in Olanda
nella città di Goude , ed ancor giovanet-
to si portò a Bruges , dove si fermò , e
prese per moglie una figliuola di Landtslo-
ot 3 come s* è altrove raccontato. Fu que*
sii un grand’ artefice in disegno , in in-
venzione ? e nel far ritratti al naturale.
Molte tavole , ed altre pitture fece egli di
sua mano in Bruges. La miglior opera f
\
632 DEC* I. DELLA PàB. II. DEL SeC. IV.
eh’ ei facesse , fu una tavola colla storia
di S. Uberto nella Chiesa grande della cit-
tà di Goude ; iì didentro della tavola rap-
presentava due persone in atto d’ esser bat-
tezzate da un Vescovo dentro ad un bellis-
simo Tempio ^ con due che tengono due
torce in mano ; in uno degli sportelli era
rappresentata una tentazione d’ un Santo ,
cioè alcuni spiriti maligni , che gli mostra-
no gran tesori , ed esso che gli discaccia;
nell’ altro fece apparire una visione im-
pudica fatta per. opera del maligno spirito
per indurre io stesso Santo a peccato. Nel-
la parte di fuori dipiose a chiaro scuro la
Visitazione : e quest’opera fanno 1604.
conservava in Delft. Fu Pietro anche buon
Cosmografo , ed Agrimensore , e per gli
Sigg, d’ Ili-yen dipinse io Bruges una gran
tela a oliò , dove si vedevano tutte le loro
possessioni % co’ villaggi , luoghi e case in
quelle comprese. Quest' opera per essere
tanto coperta di colore 9 nell’ avvoltarla si
venne a scrostale. Fece io Anversa il ri-
tratto del Duca d’ Àlenzon , che fu mol-
to stimato da’ Professori. Si dilettò del de-
coro e della politezza; ohe però racconta-
no * che non fosse mai veduta nè più co-
moda nè più bella stanza della sua. Seguì
ìa morte di quest’ artefice circa -l’anno
i583. Francesco Punì bus di lui figliuolo,
e discepolo , che studiò anche sotto ìa di-
sciplina di Francesco Floris, superò di gran
lunga il padre , e riuscì iì miglior mae*
PiETER , E FrANS. 633
gtro , che partorisse mai la scuola del Flo-
ris , e tale in somma , che lo stesso era
solito dire , parlando di lui : questi è il
mio maestro. Fu cosi amorevole , e di sì
bel tratto con ciascuno, che pareva la
bontà stessa. Entrò nella Compagnia de’ pit-
tori d’ Anversa Fanno 1564 Bellissimi fu-
rono i ritratti di sua mano, ed alcuni se
ne veggono nel palazzo del Serenissimo
Granduca , insieme coi ritratto di esso Fran-
cesco , e da lui medesimo colorito. Non
uscì mai della patria , e quantunque circa
l’anno i566. fosse di pensiero di far viag-
gio alla volta d’Italia, e già avesse presa
licenza dagli amici, tra’ quali era Lucas
de licere , e già fosse in atto di partire ,
fu arrestato per causa d’amore, ed in quel
cambio fece matrimonio con una figliuola
di Coi nel is Floris fratello di Francesco suo
maestro. Fu costui grandemente pratico ,
ed ingegnoso nel dipignere alberi e ani-
mali al naturale ; e fino del tempo della
sua gioventù aveva condotto un bel qua-
dro d’ un Paradiso Terrestre con gran co-
pia d’animali e frutti , dove benissimo di-
sti ngueansi dalla qualità delie frondi gli
uni dagli altri con bella varietà d’ invenzio-
ne 5 e naturalissimi. Diverse tavole d' alta-
ri erano io Gbaent nella Chiesa di S. Gio-
vanni. Per un tal Presidente Tiglio s fece
una tavola , che rappresentava un Battesi-
mo , e dipinse anche gli sportelli, dove
rappresentò la Circoncisione con molti bel»
63 4 D EC. T. DELLA Par. IT. bel Sec. IV.
lissimi ritratti al naturale. la uu Con-
vento d’ Andenaer era di sua mano una
tavola de" tre Re Magi, una Natività del
Signore , ed altre cose belle. In Bruges ia
casa di suo padre era una tavola da altare
con suoi sportelli , dove si vedevauo storie
di S„ Giorgio, L’anno 1604 era nella Chie-
sa di Duyr una tavola colla Decollazione
dello stesso Santo, ed in lontananza il dra-
go ferito colla lancia del Santo , ed un bel-
lissimo paese ; negli sportelli erano storie
appartenenti alla vita dello stesso ; il tut-
to tanto ben fatto , che attesta il Vanrnan-
der pittar Fiammingo, che quando non si
fossero vedute altre opere di sua mano ,
questa sola bastava per far conoscere quan-
to egli si fosse segnalato nell’arte. Aveva
questo pittore la carica d’ Alfiere fra’ cit-
tadini d’ Anversa , ed occorse un giorno;,
che egli nei maneggiar l’ insegna molto si
riscaldò , e poi per istanchezza posesi in
luogo , intorno al quale scorreva un’a-
cqua puzzolente, e quivi trattennesi per
buono spazio : ma non prima partasene
per tornare a casa , che fu sopraggiunto
da gagliardissima febbre , la quale in po-
chi giorni lo privò di vita , e ciò fu Fan-
no i58o. Lasciò la sua seconda moglie,
che si rimaritò ad Hans Jordaens pittore p
discepolo di Martino Vanclef, il quale
riuscì valentuomo in figure e paesi , e
buon componitore di storie di varia in-
venzione nel rappresentare cose contadine-
Pieter , e Frans. 6S5
©he, pescatori, marinari, incendj , e si-
mili altri capperi. Costui entrò nella Com-
pagnia de’ pittori d’ Anversa l’anno 1679.
e viveva apeora in Delft in Olanda nei
1604, Ebjse Francesco Puurbus un fig iuo-
3o chiamato pur anch’ esso Francesco , il
quale viveva del 1600. e dipingeva molto
bene al naturale.
636
ANTON CAMPI
P1TTOR CREMONESE
Discepolo di Giulio Campi »
u
jAlntonio figliuolo di Galeazzo Cam-
pi, e fratello del celebre pittóre Giulio
Campi , e di Vincenzio , imparò V arte dal-
lo stesso Giulio, e coll’ imitazione di lui
fecesi una molto buooa e soda maniera ,
benché nell’ arie delle teste , senza punto
discostarsi dalla buona intelligenza del di-
segno , mostrasse qualche rozzezza. Fece
in Cremona opere insigni , in Sonzino, in
I
Anton Campi. 63y
Lodi, in Milano, ed iti altre molte città,
e luoghi. Fu buon letterato, e ned’ anno
1576. compose uo Libro intitolato Le Cro*
nache dì Cremona , che dedicò alla Maestà
del Re Filippo II. delle Spagne , da cui fa
m? Ito onorato, siccome anche da Gregorio
XI il. che lo fece Cavaliere di Cristo. Fa
buono architetto, e non solo ordinò bene
1’ opere d’ architettura , ma seppele anche
contraffare col pennello. Sarebbe lunga
cosa il raccontare in questo luogo tutte le
pitture fatte da lui , che però se de note-
ranno alcune delle molte. Primieramente
ajutò egli al fratello a dipigner nella Chie-
sa delle Monache di 8. Paolo in Milano
le storie della Conversione, ed altri fatti
di quei Santo ; ed in S. Caterina alla Por-
ta Ticinese , nuova Chiesa architettata dal
Lombardino , fece una tavola a olio di S.
Elena quando fa cercare la Croce. Nella
Chiesa delle Monache di S. Antonio , edi-
ficata già fino a tempo de’ Principi Viscon-
ti , sono di sua mano due belle tavole ,
una d’ un S. Francesco, e l’altra d’ «io S.
Bastiano. In S. Antonio, Chiesa de’ Padri
Teatini, in una bella cappella ornata di
marmi e bronzi , una tavola di Maria
Vergine col Figliuolo in colio, ed appres-
so S. Caterina , e S. Paolo. Nella Madon-
na di S. Celso è una sua tavola delia Re-
surrezione di Cristo. Sn S. Àngiolo nella
cappella dove Gaudenzio Milanese fece la
bellissima tavola , dipinse Antonio le Sten
638 Dec. I. ©ella Far. II. del Sic. IV.
rie, che vi si veggono; ed io S. Marc©
de’ Padri Agostiniani dell’ anno i586. il
quadro delia Presentazione al Tempio di
Cristo Signor jNostro. in una cappellata
in Sacrestia è di sua mano una tavola ,
dov’ egli rappresentò la Beatissima Vergine
con S. Agostino. INelU Chiesa de’ Padri
della Pace (Ordine ìostiturto Panno 1460.
dal B. Amadeo Cavaliere Portoghese) fu
collocata una tavola di sua mano d’ un
S. Lorenzo in sulla graticola. In S. Bar-
naba , Convento de’ Padri Gesuali, è una
sua tavola con Gesti, e S. Caterina Mar-
tire ; nel palagio de’ Governatori , detto
anticamente dell’Arena o Arenario, nel-
la stanza ove ascoltano i Senatori la San-
ta Messa , fu posta di mano d’ Antonio
una bella tavola della Venuta dello Spiri-
to Santo, ed aitr’ opere veggonsi di sua
mano in quella nobilissima città, e suo
stato. In Piacenza nella Chiesa della Ma-
donna di Campagna fu dipinta daini una
cupoletta; ed in Cremona veggonsi infinite
sue pitture „ fra le quali veramente bellis-
sime soa quelle della Chiesa di S. Pietro,
S. Domenico, e nel coro di S. Vittorio,
biella Chiesa de’ Monaci di S. Girolamo
fuori della città un miglio , nella seconda
cappella a man destra sono sue norie a
fresco delia vita di S. Gio. Battista con al-
cuni bassi rilievi di stucco fatti pure da
lui medesimo , il quale ancora vi fece la
tavola dell’ Aitare a olio , e vi dipinse quat-
Anton Campi. 63g
tro pilastrate di scherzi di putti bellissimi,
la somma sarei troppo luogo , se io volessi
raccontare tutte F opere di sua mano , e
però tanto basti aver detto. Ebbe Anton
Campi moki discepoli , e fra questi Lat-
tanzio Gambara pittor Cremonese , dei
quale si parlerà a luogo suo.
VINCENZIO ANTONIO
CAMPI
PITTOR CREMONESE
Discepolo di Giulio Campi .
Fioriva circa q iresti medesimi tempi
Vincenzio Antonio Campi , il minore dei
tre fratelli pittori figliuoli di Galeazzo Cam-
pi. Costui fu buon naturalista , tenendosi
sempre all’ imitazione del vero. Veggonsi
di sua mano moltissime pitture fatte con
gran facilità tanto figure , che frutte , ed
altre cose. Ajutò molto ad Antonio suo
Vincenzo Antonio Campi. 641
fratello, e colorì gran numero di quadri ,
che furon mandati in Francia > ed alla
Corte d» Spagna , dove fu ed è sta to sem-
pre celebrato il suo nome. Nel Ouomo di
Cremona sua patria è una sua bella tavola
d’un deposto di croce , con un S> Antonio,
e Raimondo; un'altra nella Chiesa di S. Frao-
cesco/una in S Lorenzo, ed in Giroldo quella
di S. Orscla colle Vergini compagne. Man-
dò molte opere a Milano, e per usar le
proprie parole d’ Anton Campi suo fratello
che incidentemente fa di lui nella sua Cro-
naca una breve menzione , dico , eh’ egli
lavorò per infiniti altri luoghi d' Italia.
Fu buon architetto , e dipinse bene archi-
tetture ; si dilettò assai di Geografia , e
descrisse tutto il Cremonese , che per avan-
ti era stato pure descritto da Bernardin.
Campi in una gran tavola, che fu posta
nella Sala del Consiglio dì quella città, la
quale egli ridusse in piccola tavola
con tale accuratezza ed arte , che per gra-
titudine fu dalla sua patria esenzionato.
S’applicò ancora ad intagliare in rame una
bella ed aggiustata pianta della medesima
città, e già dell’ anno 1584. come si rac-
coglie dal discorso d’Alessandro Lamo, era
in procinto di darla fuori , siccome dovet-
te seguire , ma ciò non è per ora venuto
a nostra notizia. Ebbe \incenzio fra gli
altri suoi discepoli Luca Catapane , del
quale si vede nella Chiesa di S. Pietro di
Cremona una giunta ad un quadro d’ uh
Buidinuccì VoU 44
642 DeC. I. DELLA PàR. TI. DEL $EC. IV.
Cristo portato alla sepoltura , dipinto da
Lattanzio Gamba ra , iì quale vollero ridur-
re iu tavola maggiorale nel dipinto dai
Catapsne vedasi buon accompagnamento
alla maniera del Gambara. Nella stessa
Chiesa son pure di sua mano due Cupole
a fresco. In S. Domenico sono sue le pit»
Iure deli’ arco della cappella del Rosario ,
essendo la cupola di mano del Molosso.
Nel Carmine la cappella della B. Vergine^
e tutte s’accostano alla maniera del Piz-
zighittone , e dell’Asola , benché con al-
quanto più di morbidezza e rotondità.
Ebbe facilità neìfinveotare , ed i suoi di-
segni sono in sulla maniera del Cangiasi.
Le sue pitture però , generalmente parlan-
do 9 non passarono piu là d’ un mediocre
segno»
64B
INDICE
BELLE COSE PIU ' NOTABILI,
A
ertegen dì Leiden pittore^ 5. Ope-
re sue , e quasi sempre fece qua-
dri di devozione .
Aldegraef intagliatore , e pittore .
Alessandro Pampurino Cremonese .
Alonso Berruguette piti, scult . e «rc^.
Spagnuolo.
Andrea Coninoci Scultore dal Monte
a S. Sovino assiste alla restau-
razione della Santa Casa 222, ope-
ra in V e ne zia.
Andrea Pel trini.
377
a63
566
536
3g8
2 Og
644
Anseimo Cantieri . 323
Antonio del Cerajolo. 1^4.0
Andrea Cremonese celebre in far me-
daglie. 566,
Andrea da Viadana pittore . 5y5
Andriaen de Werdt pitt . di Brussel-
lese 58o
Andrea Mainar do pittor Cremonese . 575
Andrea Marinino pittar Pavese . òj5
Andrea Schiavone, sua vita . 621
Comraend. Annibai Carolai, sue let-
tere all' Ammarinato , ed alla sua
moglie 402. fino a 4 1 1
Antonio Moro pittor a Utrecht 558.
suo ritratto. 562
Antonio della Corna Cremonese 566
Anton Pordenone pitt. 671 . 572
Anton Campi pitt. Cremonese. 636
Aristotile Alberti architetto Bolognese. 72
Aite dtlla Lana al canto alla Catena. 4^0
Angustia F Loris z pittore di Deljt 577.
sua morte infelice. 579
B
Baccio dt Agnolo arch . Fiorentino. 48
Baccio Bandinelli scultor Fioren-
tino. 897
Il Bagnacavatlo 3i8. 819. Autori
che hanno scritto di questo pittore 3zi
Baldassar Peruzzi 90, suoi infortuni e
64 5
disgrazie 95. Fece il ritrailo di
B orbone % saccheggiatore di Ro-
ma q5. Sua morte , e sepoltura, 96
Fra Bartolommeo detto Fra Carneva-
le 147. Fu maestro di Braman-
te architetto . 2 48
Bartolommeo Raminghi detto il Ba°
gna cavallo. 3 1 7
Bartolommeo Nero ni Pittore , e ar-
chitettoy sua vita. 608
Bartolommeo Ammarinati % sua vita
3g3v suo ritratto 468, sua sepoltura 467
Battista di' Agnolo Veronese detto Bat
tista del Moro pittore . 5
Benedetto V archi muore. 4° 7
Benedetto della nobil famìglia de Gori
Fiorentino , Avvocato del Colle-
gio de Nobili. 444
Benedetto del Ghirlanda] o pittor Fio-
rentino. 80
Benvenuto Celimi > e sue lodi 2. sue
opere fatte in Francia 1 54* suo
vago racconto di dette opere. i55 e
segg. A rchhe tto . 4 2 %
Bernardino Gatti , detto il Sojaro 227.
Fu allievo del Coreggia. 56 j
Bernardino Campì pittor Cremonese ,
sua vita. 564
Bizzarria di pittore nel dìpignere il Di-
luvio Universale. 5go. 591
Brunorio Cambi Nipote di Gio « Battista
dei Bombarda 5 66
Il Brusasorci* 297
@4^
Burla fatta da Jacques de Poindre
pittar di Malines ad un capita-
no , che non lo voleva pagare
cT un ritratto fattogli . 588
C
Calisto da Lodi Pittore 5ho
Cammillo Boccaccino pittor Cremo -
nese 5 67
Cane corre al ritratto del Padrone
dipinto in una loggia di sua casa
per fargli festa , credendolo vero9
ed uomini pure ne rimangono in •
gannati . 57 4
Carcl d'Yper pittore 35o. Fu molto
iracondo . Prende molta malinco-
nia per alcune parole dettegli per
ischerzo 35 1. 352. Si J tris ce nel
petto da se 352. E in pochi gior-
ni se ne muore. 353
Cadetto Celiar i pittore. 3qi
Carlo Natali architetto , e pittore . 5y5
Cesari in num di 1 1. dipinti da Tiziano. Òjz
Cesare Sesto pittore . 325
Chiesa della Santa Casa di Loreto
restaurata , e come. 22 r. 222
Chiesa , Beni , e Convento de Fratini
a Montusjii , oggi i Cappuccini. 4^4
Chiesa di S. Giovannino de' Padri Ge-
suiti rifatta con suo disegno 436.
Antica Chiesa perchè detta di S.
Giovannino 44?. Viene in potere
de Padri Gesuiti ^3. fino a 44? •
64-7
Ed errore del Targhino intorno
a detta antichità , 447. 448,449. 45o
Cìaes Rogier, 255
Colonna di Granito sulla Piazza di
S. Trinità , e statua sopra , 427
Collegio Romano . 429
Commedia di Gio. Andrea deir An~
guillara recitatasi in Roma nel
Pontificato di Paolo 111 , 412
Commedia detta V Ortensio recitatasi
in Siena dagli Accademici Intro-
nati alla presenza del Granduca
Cosimo I. 609
Concetto bizzarro di un pittore rappre-
sentato in un osteria , 699
Coriolano Pittore 5^3
Cornelis Molenaer pittore , 355.
Cornelis Engheltams Pittore di Mali -
nes. 583
Cris tafano dell Altissimo pittor Pio .
ventino mandato dal Granduca
Cosimo L a copiar ritratti del
Museo di Monsig. Giovio a Como 56g
Cristofano Magnano da Pizzighittone
pittore . 574. 575
IL Crocino valente intagliator Fioren-
tino, 6o5
Cronache dì Cremona , Autore An-
tonio Campi pittor Cremonese, 687
Cunio Milanese pittore, 57 3
648
D
David del Ghirlandaio pitt . Fioren-
tino. 7®
Delitto gratissimo commesso da un
empio giocatore. 319 320
Descrizione del modello del Palazzo
de Pitti fatto da Paolo Falconie-
ri Nobrl Fiorentino , Gentiluomo
delta Camera del Serenissimo Pri-
mo Granduca Cosimo Ut. Sol
Dissertazione di Giuseppe Piacenza
sopra C are hit te tur a. 5
Domenico Riccio , detto il Brusasorci. 297
Domenico Fontana da Mili celebre ar-
chitetto. 438
E
Edificj fattisi con modello , e disegno
deir Amman nato 449. 48©
F
Don Fabio Arazzuola Aragona Mar-
chese di Mondragone , suo palazzo . 429»
649
Fabbriche fallasi col disegno dell' Am-
marinato . 4^9' 480
Facciata della Chiesa del Gesù ,
gno del Fignuo la . 3o8
1/ Fattore . 3cf
Fermo Guisoni pittore dipigne nel
Castello di Mantova. 568
Figura di un Nettuno nella Piazza di
S. Marco di Venezia . 400
Figure grandi di stucco in S. Giovan-
ni. 465
Fonte di piazza del Granduca. 426
Francesco Taccone pittor Cremonese. 74
Francesco di Francesco Floris pit-
tore 882. I suoi scolari furono
sopra cento. 884
Abate Francesco Primaticcio 149. Fu
mandato in Francia a Francesco
11. i5o, i5e
Francesco Torbido , detto il Moro. 206
Francesco Morone pittore V eronese 5j
Francesco di Ubertino , detto il Bac-
chia cca. 216
Francesco Bembo detto il Vetraro. 566
Francesco Colonna del F Ordine di S.
Domenico. 841
Francesco Sentenzio Pittor Cremonese. 5^5
Francesco Dottare Piccifuoco archi-
tetto in Cremona. 5y5
Francesco Pagani pittore , c redesi Fio
Tentino , sua vita. 6o3
Francesco Salviati celebri pittore . 570
Frans Crebbe » 2ò5
65©
Frans Floris Pittore 35 7, Sue ope-
re 35g. 36o. Fu velocissimo nel-
F operare 36 1. Qualità detestabili
della sua moglie 363. Come sia
burlata dal cognato 364- Si diede
a bere esorbitatamente , e quello
che diceva si pubblicamente di lui
a questo conto 365. Bevute stra-
ordinarie e incredibili ivi. Morte
del medesimo. 367
Frans Minnerbroes . 203
Frans Verbeech . 254
Cx
Galeazzo Campi Pittor Cremonese 56j
Galleria della Beai Maestà della
Regina di Svezia 55 2 del Serenis-
simo Granduca. ivi
Gesuiti vedi Padri della Compagnia
di Gesù .
Gio. Battista Mantovano. 333
Gio. Francesco Venni , detto il Fat-
tore. 33
Gio. Maria Chiodarolo . 188
Gio. Fan Calker y detto Gio . Fiam-
mingo 336
Fra Gio . da Verona maestro di tarsie
e d'intagli. 60
Gio. Battista da V erona scultore. 68
Gio . Buonconsigli pittore Vicentino . 70
65r
Gio. Cambiaso . 14 1
CP/o. Caroti . 20 5
Giovanili Hooìben pitt 280 fu manda-
to da Erasmo Roterodamo in In-
ghilterra appresso a Tommaso
Moro . 28 1 282. molte ope »
re y e ritratti 283. Gran di-
sgrazia seguitagli nella Città di
Londra 284 Fu grande amico , e
confidente del Re Enrico V 111. e
fece il suo ritratto 288. Qua-
dri di sua mano nella Tribuna
della Galleria del Granduca di To-
scana , bellissimi , e sua descri-
zione 291 Altre opere , e ritratti in
varj luoghi 294» 298 Ritratto suo ,
e di sua mano ve desi nella stanza
de Ritratti de pittori nella detta
Gallerìa . 2g5
Gio. Nani da Udine, 184
Gio. Spegnitoio detto lo Spagna • 1 82
Gio . detto r Olandese, 276
Giovacchino Buccklaer Pittor d? An-
versa , sua vita, 6 1 o
Gio. Antonio Battiferri di Urbino Pa-
dre naturale di Laura Battijer -
ra. 400
Gio. Antonio F asvolo pittor Veronese . 556
Gio. Battista Cambi detto dei Bom-
barda , Cremonese. 566
Giovambattista Trotto , detto il Mo-
losso pittor Cremonese. 5j5
Girolamo da Codigliela, 190
652
Girolamo da Lione Danese pittore . 5^3
Girolamo Lombardo , o Girolamo Fer-
rarese Scultore , sue opere 220.
224. 4©r
Girolamo Mala gavazzo pittore . 572
Giulio Caporali, 2 1 3
Giulio Homano , e opere . 29, e segg.
Giuliano della Nobilissima Famiglia
de Rìcasoli , $«0 Palazzo in F i-
renze. 6g5
Giuliano de Capitani da Lodi pittore. 5j5
Giulio Campi pittor Cremonese , Jwe
opere. 23 1. 567
Giulio Romano in Mantova . 568
Giegorius Beeringsindescher pittar di
Malìnes. 5c)0
H
Hans Boi pittore . 388
i/tów Hoghenbergh. 255
Hans Kaynot . 255
i&raj Forrens pittor di Brusseìles. 5 82
Hans Sveckaest pittor di Brusseìles. 582
Hans Fredeman pittor di Frisia . 5 96
Hubert Goltz pittore , intagliatore ed
istorino di Venlò 61 5. opere
date alle stampe. 616
Kendrick di Cleef. 24 7
653
I
Iacinto Maria Marmi guardaroba dei
Reai Palazzo de * Pitti. 535
Jacomone da Faenza. 82
Jacopo del Tatta sculto r Fiorentino. 398
Padre Jacopo Loinez della Compa-
gnia di Gesù ai Concilio di Tren-
to 45 1. In Bologna ivi. In Fi-
renze fa gran fatto con sua pre-
dicazione 454. E pe* Monasteri 9
particolarmente in. quello di S.
Maria Maddalena degli Angeli
da S. Fria.no. 4^6
Jacopo Francia pittar Bolognese. 648
Jacopo da Prezzo celebre gettatore di
metalli e bassirilievi, 5ji
Jacques de Poindre pittor di Malines , ò8j
Jacques de Bacher pittor d? Anversa ,
altrimenti detto Jacopo Palermo. Ò92
Jacopo Beirozzi da E ignito la , detto il
Einguola 3oo. E asce nel Mila-
nese nella Terra chiamata Fi-
gliuola ivi. Suoi viaggi in Fr an-
cia 804. Sue opere a Bologna e
altrove 3io. Sua morte 3x2. La-
sciò un figliuolo chiamato Gia-
cinto 9 aneli esso grand* architetto
3x3. Lettera scritta dal figliuolo
Giacinto al Padre Ignazio Danti 3i5
654
J: corno Bazze t. 89
Jacopo Vagì idearne. 143
Jacques Grimmaer pittore . 354
Jan Cornei isz Verrnein pittore. io 2.
Jan di -T ab use piuore iot. Fu uomo
stravagante nel suo trattamento ,
e accidente seguito ad esso no
Jan Mo start pittore 267. Fu valoroso
ritrattista 258. Sue buone qualità
e opere * 260
Jan Scoorel pittore 117, Viaggi suoi
curiosi , e opere e disegni fatti
nelf istesso tempo 120. Dipinse
in Gerusalemme molti luoghi San-
ti , e lasciò ivi molti quadri suoi
122, izó. di tre sue opere 124.
12.5. Fu regalato da Gustavo Re
di Svezia , a cui aveva mandato
un bel quadro izq. Ebbe molte
doti e ornamenti virtuosi % e fu
letterato . 128
Jan Swart pittore di Frisia 11 3. Suoi
discepoli 114. 1 1 5
Jerommo Bos e Compagni. 86
Inondazione del Fiume Arno in Fi-
renze Vanno i557. 4.16
Inscrizioni antiche per le mura di Fi*
renze nell interior parte . 4*9
Intagli in legno nella Libreria di S.
Lorenzo fatti dal Crocino e dal
Tasso con ordine del Tuonar -
ruoti. 60 5
Ippolito Costa pittar in Mantova, 568
655
L
Lambert lombardus. 25 o
Laura Battiferra celebre Poetessa 4oo.
Sue opere Toscane 4**« Suo ri-
tratto. 465
Lattanzio Gambara pittore • 5 1 z
Lazzaro Calvi. 99
Leonora di Toledo Duchessa di Fi-
renze* 452. 453
Lettera deir Ammannato agli Acca-
demici del Disegno. 489
Lettere di più Generali della Compa-
gnia di Gesù alC Ammannato ed
a Laura Battiferro , e d'altri di
essa Compagnia 476 fino a 488
Lodovico Jans V andembus. 89
Lorenzo Vecchietti. 314
Luca Gassel pittore . 268
Luigi del Riccio Nobile Fiorentino . 412
Beato Luigi Gonzaga , sua abitazione
in Firenze in tempo della sua
fanciullezza 482. 488. 484
M
M acri no di Alba pittore . 36
Maestro Marco da Mantova Medico
celebre 4oo • Sua sepoltura. 400
656
Marco Basalti pittar Veneziano ,
Marco del Moro .
Marco do Siena*
Marcus Wìllems pittar di Malines.
Marinus de Seca pittore .
Martino de Vos pittore d' Anversa ,
sua Vita
Mathis ed Jerron Kaok pittori d' An*
versa
Marten di Cleef \
Marten Hetnskerck pittore i2g. Fu
vile di nascita , e per non segui-
tare Carte vile del padre 3 trovato
un pretesto ingegnoso , se la battè
per attendere al disegno i3o i3i.
Sue opere in v nj luoghi i j5. Fu
intagliatore in rame 1 36. 1 37- Fu
gran litnosiniere 1 38, Descrizione
dei sepolcro ordinato da lui i38.
i3g Fu uomo di grandissimo ti
more
Michel Angiolo scultore Schiavone.
Michel (ioc scìe.
Miche legnalo Buonarruoti muore 428.
Sue esequie in S. Lorenzo.
Modello del Falazzo de' Pitti di Paolo
Falconieri
Modt Ilo di detto Palazzo di Jacinto
Maria Marmi .
539
ó’O
278
585
576
1
628
5q5
2*9
i3g
21 2
244
428
5oi
535
\
65 7
H
Nettuno sopra la Fonte di Piaz-
za del Granduca , oggi detto il
Gigante di Piazza . 4^6
Niccolò de' Pericoli , detto il Tri-
bolo o 222
0
Obelisco di Sisto , condotto sulla Piaz-
za di S* Pietro in Roma . 487
1/ Olandese . 276
P
Padri della Compagnia dì Gesù dì
Firenze , /or Collegio di S» Gio-
vannino 486. ^5i. Chiesti a S,
Ignazio lor Fondatore dalla Du-
chessa Leonora di Toledo Mo-
glie di Cosimo L 457. affieni-
tati incontrate per effettuare tal
loro venuta 468. Loro prima abi-
tazione 459, E fatta loro la Chie-
sa di S. Giovannino* 46®
Baldinucci Voi. VII,
43
658
Palazzo de Rucellai in Roma nel Cor-
so 9 poi de 9 Gaetani. 429. ed al-
tri. Di Simone da Firenzuola in
Firenze , oggi de* Giugni . 4*9. Ar-
te della Lana al canto alla Ca-
tena. 43o
Palazzo de* Pitti edificato da Luca
Pitti , viene nella Serenissima Ca-
sa , suo Cortile fatto dalC Am-
manitalo. 429
Palazzo di Caprarola di Casa Far-
nese , opera del Vignuola , Ò06. 3c>7
Pantasileo Calvi . 100
Paolo Caliari Veronese 55o. Sue ce-
lebratissime pitture . 55 1. e segg.
Paolo Fre deman pitto r di Frisia. 600
li Pastorino da Siena pittore in vetro. 3 69
Pestilenze varie di Milano. 3 26. 'òzy
Pie ter e Prans Puurbus pittori di Bru-
ges , lor vita. 63i
Pìeter Aersen , detto Pietro Lungo
237. Ebbe molto genio e abilità
nel dipignere cucine con tutti i
loro arnesi 238. Sue opere spez-
zate e rotte , e perchè 241. Ebbe
tre figliuoli , che furori aneli essi
pittori. 242
Pieter Brueghel pittore 33g. Disegna-
va tutte le vedute , che in viag-
giando se gli presentavano da-
vanti ^ donde ne derivò un pro-
verbio sopra di lui 3^o. Si dilet-
tava di cose allegre , e paiticolar-
mente de baili e feste contadi •
nesche 34 r 342. Lasciò di pigliar
per moglie una serva sua non o-
stante averglielo promesso , e per -
chè 842. opere dì! innumet abili
figure 842, 848
dietro Riccio Milanese « 829
Pietro Koeck pittore . 270
Pittori che operarono nella gran Chie-
sa di San Petronio di Bologna
nella cappella della Madonna
della Pace. 3 19
Pìzzighittone 9 Fortezza nel Cremonese . 5 78
Ponti rifatti in Firenze daW Amman-
nati.
419
Prete da Urbino •
85
Il Primaticcio .
*49
Pulidoro da Caravaggio.
193
R
Rinaldo Mantovano dipinge nel
Ca-
stello di Mantova.
568
Ringhiera di Palazzo V'ecchio in par-
te levata per causa della nuova
fonte. 4o5
Ritratti del Museo di Monsignor Glo
vio a Como 669. Della Galleria
del Granduca . 56g
Ritratto di Tommaso Moro di mano
di Gio • Hoobeen in Roma . 394
66o
Scrittori in Vetro , quali si dicano in
Frisia , onde venga tal modo di
dire , 5g6
Scultori concorsi coll' dmmannato per
fare la Fonte di Piazza del Gran-
duca 422. 428
Sepolcro di Sannazzaro celebre Poeta . 898
Sepoltura di Francesco Maria Duca
d' Urbino* 298. 299
Sepoltura in Campo Santo di Pisa
per un Cugino di Papa Gregorio
Xlìl. celebre Legista . 4-86
Sepoltura di Mario Nari , c/za dove a
porsi nella Chiesa della SS. Nun-
ziata di Firenze . 3gg
S graffito , o Sgraffio dalla voce Gre-
ca Graphein vale scrivere e di-
pingere 596. £97
Sinidoro dei Bombarda scultor Cre •
monese.
Sofà nisba dngosciola pittrice 567.
Statue dell ' Ammannato a S. Pietro
a Montano 4*8. Nella Vigna di
Papa Giulio III. 414, Per la
gran Fonte , che dovea farsi nella
gran sala di Palazzo V ecchio di
Firenze 416. Poi portate a Pra-
toimo per la Fonte detta dell'Am-
566
574
66 f
mannato 4JS. Ercole di bronzo
a Castello , Villa del Serenissimo
Granduca , e quella figurata per
lo Monte Appennino,
Statue del Buonarruoti nella Sagre-
stia nuova di S. Lorenzo .
Studj bellissimi d! Architettura delV Am-
marinato appresso al JSohile Luigi
del Riccio Fiorentino .
Lo Spagna .
416
s98
412
182
T
Terrapieni nella parte interiore delle
mura di Firenze , come ed in
che occasione fatti . 4
Ton maso Fa dirt i Cremonese «. 566
l' rat tato de IF Arte Architettonica del-
r Ammanante* 41 1
Valerio Zuccheri pittore di Musaico • 33 1
Il Vignala, 3oo
Vincent Getdersman . 264
Vincenzio P iviaii celebre Matematico* 413
Pincenzio Antonio Campi pittar Cre-
monese, 5 1 2
Vincenzio Zuccheri c
6Gs
Willem Key pittore * 205
Willem di C le e fi 240
Undici Cesari dipinti da Tiziano 9 e/ze
già furono in Mantova, 572
Z
Zanobì di Poggino 20S
del Settimo Volume.
\
663
Pag.
ERRORI
li n.
CORREZIONI
3o
5 pi li e rinomate
più rinomate
87
27 igumento
giumento
95
14 x5 d’tina
ed una
96
26 all’ aitar
alf altra
i*4
3i all’ebreità
all* ebrietà
124
3o diidgneva
dipigoeva
168
5 rue
sue
36o
14 pran cesco
io aifa-
Francesco
87 3
affa-
425
22 Nettuuo
Nettuno
482
i5 desiderale
desiderarle
49°
12 disco rere
discorrere
491
i3 discoresse
discorresse
So3
3 è più
e più
5io
5 il farsi ; che
iì far sì , che
571
23 amatori
amori
609
10 le macchie
le macchine
5 2 2 2 7