Skip to main content

Full text of "Opere di Filippo Baldinucci"

See other formats


■llsw 


MB 


THE  J.  PAUL  GETTY  MUSEUM  LIBRARY 


Digitized  by  thè  Internet  Archive 
in  2015 


https  ://arch  i ve . org/detai  Is/opered  if  i I i ppoba07bald 


FILIPPO  BALDINUCCI 


VOLUME  SETTIMO. 


» 


NOTIZIE 


DE’  PROFESSORI  DEL  DISEGNO 
DA  ClMABUE  IN  QUA 
OPERA 

DI  FILIPPO  BA.LDINUCCI 

FIORENTINO 
ACCADEMICO  DELLA  CRUSCA 
CON  NOTE  ED  AGGIUNTE. 


A/ 

1WS.S 

V.~7 

MILANO 

.«ma 

Dalla  Società  Tipografica  de*  Glassici  Italiani 
contrada  del  Cappuccio* 

ANNO  l8li. 


' 


V.:’v; 

. 

THE  J.  PAUL  GETTY  MUSEUM  LIBRARY 


5 


DISSERTAZIONE 

D I 

GIUSEPPE  PIACENZA 
Sopra  V Architettura» 


TTanto  è antica  Parte  del  fabbricare  * 
die  perdendosene  fra  le  tenebre  della  più 
rimata  antichità  l’origine , impossibile  or» 
mai  ci  riesce  l’indagare  chi  ne  abbia  se- 
gnate le  prime  tracce;  sulle  quali  crescen- 
do siasi  poi  recata  a quel  grado  di  perfe- 
zione , io  cui  fu  prima  fra’  Greci  , poscia 
presso  i Romani.  Lasciando  nulladimeno 
quanto  di  favoloso  è stato  sopra  ciò  scritto, 
e riducendoci  al  più  verisimile,  bea  pos- 
siamo credere  , che  le  ingiurie  de’  tempi 
abbiano  posto  i primi  uomini  nella  neces- 
sità di  cercarsi  un  riparo , che  ritrovarono 
nelle  cavità  de’  monti  formate  dalla  nata- 


6 Dissertazione 

ra  ; ove , oltre  il  particolare  vantaggio  9 
gustando  ancora  il  cooiun  piacere  della 
società  , è facile  che  lor  cadesse  in  mente 
di  formarsi  qualche  capanna  , in  cui  o 
soli  , o in  società  si  potessero  ricoverare 
nelle  notti  , e di  giorno  ancora  , quando 
necessario  loro  era  il  riposo.  Vedendo  pe- 
rò. che  le  capanne  debole  riparo  erano  , 
e poco  durevole  f perchè  soggette  ad  es- 
sere da'  venti  sradicate,  ed  incapaci  tal- 
volta a trattenere  le  impetuose  piogge  ^ 
pensarono  a servirsi  di  cose  più  sode  , e 
di  più  resistenti  materie,  quali  furono  le 
pietre.  La  necessità  di  entrarvi  e di  uscir- 
ne a bell’  agio , unito  al  bisogno  della  lu- 
ce sì  necessaria  per  le  operazioni  domesti- 
che , fece  loro  rinvenire  le  porte  e fine- 
stre ; per  la  formazione  delie  quali  po- 
nendo alberi  , altri  perpendicolari  per  li 
lati  , altri  orizzontali  per  li  volti  , ne  sono 
poi  venute  le  colonne,  gl’ intercolunj  , e 
gli  architravi.  Su’  quali  principj  continuan- 
do poscia  i loro  lavori  ritrovarono  le  gra- 
dazioni di  miglioramento  , regolate  al  giu- 
dizio degli  occhi  3 e dipendenti  dali’  idea 
di  bellezza,  che  dalle  pratiche  operazioni 
a poco  a poco  si  andava  in  essi  formando. 

Resta  però  a noi  totalmente  oscura 
la  pratica  maniera  usata  da’  primi  uomini 
nel  fabbricare , cominciando  le  nostre  pri- 
me nozioni  da’ soli  tempi  degli  Egizj , dei 
Greci  5 e de’  Romani  ; ma  queste  oiun  lu- 
me ci  porgono  per  iscoprire  quella  degH 


di  Giuseppe  Piacenza.  7 

antichi  Persiani  ed  Etiopi.  Chi  di  noi  può 
sapere , se  questi  fabbricavano  con  calcina 
o con  malta  , ovvero  senz’  alcuna  di  que- 
ste materie , collocando  semplicemente  le 
pietre  le  ime  sopra  le  altre  con  tutta  la  pos- 
sibile perfezione,  come  li  Romani  facevano, e 
come  in  molte  opere  di  questi  ultimi  chia- 
ramente appare?  Le  relazioni  che  ci  ri- 
mango  no  di  queste  antichità,  sono  molto 
oscure  , e poco  soddisfanno  gì'  indagatori 
del  vero.  Equivoci  sono  anch’  essi  gli  schia- 
rimenti , che  trarre  si  potrebbero  dalle 
rovine  , avendo  il  tempo  polverizzate  certe 
porzioni  di  pietre , che  ora  forse  pren- 
donsi  per  la  malta  tra  esse  impiegata.  E 
quando  fosse  ben  sicuro , che  in  molte 
fabbriche  s’impiegassero  misture  atte  ad 
unire  le  pietre  tra  di  loro,  ignoriamo  af- 
fatto , come  queste  misture  sì  compones- 
sero. 

Aggiungasi  a quanto  sovra  ancora  una 
maggiore  difficoltà  per  rinvenire  il  vero 
dalle  scoperte  , che  far  si  tentano  dalle 
rovine,  che  tuttavia  rimangono  ne’  luoghi, 
ne’ quali  furono  le  conspicue  antiche  città^ 
poiché  è probabile  congettura  , che  le  re- 
liquie presentemente  esistenti  sieno  poste- 
riori all’antica  maniera  di  edificare,  che 
si  cerca  di  conoscere.  Risorsero  più  volte 
dalle  loro  ruine  tante  principali  città  , e 
nuovamente  dalle  loro  distruzioni  rina- 
cquero al  tempo  de’  Romani  conquistatori. 
A questi , più  che  agli  antichi , pare  che 


8 Dissertazione 

che  si  possano  attribuire  le  sontuose  ope- 
re , delle  quali  sparsi  ancora  ne  ammiria- 
mo i preziosi  avanzi  nelle  campagne  di 
Troja  , e ne’ contorni  di  Cartagine;  trop- 
po sono  essi  grandiosi  , e di  stile  elegante 
e corretto  per  esser  creduti  di  tempi  an- 
teriori. Oltre  di  che  non  vi  ha  dubbio  , 
che  quando  si  furono  i Romani  impadro- 
niti di  queste  vaste  contrade,  spedivano  a 
governarle  i proconsoli  , questori  , ed  al- 
tri officiali  del  Romano  Imperio,  i quali 
seco  traendo  il  lusso,  e la  Romana  ma- 
gnificenza , avevano  la  nobile  ambizione 
di  lasciare  in  ogni  parte  co’  sontuosi  edi- 
fiej  grandiose  memorie , che  illustrassero 
iì  tempo  della  loro  reggenza. 

E qui  mi  si  permetta  di  attestare  alla 
sfuggita  il  dolore , da  cui  mi  sento  oppri- 
mere , allorché  nelle  storie  de’  tempi  po- 
steriori scorrendo  queste  vicende  mi  si 
affacciano  alla  mente  tante  superbe  città 
per  la  maggior  parte  da’  Maomettani  di- 
strutte, tanti  edificj  atterrati,  tante  anti- 
che statue  stritolate , e mi  attristo  assai 
più  nel  riflettere  , in  quale  stato  compas- 
sionevole abbiano  essi  ridotta  tutta  la  Gre- 
cia, che  sola  conteneva  maggior  numero 
di  cose  preziose  , che  tutto  il  mondo  in- 
sieme. 

L’  onore  però  di  avere  ridotta  l’archi- 
tettura in  arte,  e data  certa  forma  di  re- 
golarità agli  stupendi  edificj  , per  quan- 
to venne  a nostra  cognizione , devesi  agli 


di  Giuseppe  Piacenza.  9 

Egiziani  , facendone  ampia  fede  i monu- 
menti , che  tuttavia  esistono  , e sono  eoa 
meraviglia  ammirati.  Da  essi  ne  trassero 
i Greci  le  prime  idee , eoo  tanto  studio 
e con  tanta  felicità  proseguite , cine  sulle 
loro  opere  si  sono  potute  stabilire  certe 
determinate  regole  di  perfezione  , dalle 
quali  più  non  è lecito  di  allontanarsi  a 
chi  vuole  operare  in  tale  scienza  saggia- 
mente , e lodevolmente. 

Come  poi  abbiano  le  precise  regole  di 
quest’  arte  avuto  il  loro  stabilimento  pres- 
so i Greci,  cred’ io , che  ciò  non  sia  al- 
tramente avvenuto , che  per  mezzo  delle 
replicate  prove,  ed  in  numerabili  esperien- 
ze , guidate  sempre  dal  piacere , che  ab 
1’  anima  si  comunica  per  la  fìsica  organiz- 
zazione dell’  occhio.  Ora  quando  si  provi 
che  questa  non  sia  variata  , forza  sarà 
concedere  altresì , che  non  si  potrà  variare 
la  maniera  d’  introdurre  il  piacere  e la 
soddisfazione.  Mi  serve  di  guida  Firn  pareg- 
giabile Montesquieu , che  nel  suo  saggio 
sul  gusto  forma  i!  seguente  sistema.  Se  la 
nostra  vista  fosse  stata  più  debole  e più 
confusa  , sarebbero  state  necessarie  minori 
modellature,  e maggiore  uniformità  nei 
membri  di  architettura  ; se  poi  la  nostra 
vista  fosse  stata  piu  distinta  , avrebbe  Fa- 
nima nostra,  capace  di  abbracciare  e di 
apprendere  piu  cose  alla  volta  , richiesti 
maggiori  ornamenti  in  essa  ; imperciocché, 
sebbene  io  qualunque  caso  sussisterebbe 


io  Dissertazione 

Ja  connessione  deile  cose  tra  di  loro  , si 
cangerebbe  però  la  connessione  di  esse  re- 
lativamente a noi  medesimi,  e ciò  che 
nello  staio  presente  di  nostra  organizzazio- 
ne fa  sopra  di  noi  un  dato  effetto , cer- 
tamente più  noi  farebbe.  Consistendo  dun- 
que la  perfezione  delie  arti  nel  presentarci 
le  cose  tali  , che  ci  rechino  il  più  di  pia- 
cere che  sia  possibile  ; quando  si  è giunto 
a trovare  questo  grado  di  soddisfacimento, 
nulla  più  si  deve  in  esse  mutare  , fuoriche 
si  mutasse  il  modo  e l’organo,  per  cui 
apprendiamo  il  diletto.  Quindi  è,  che  ciò 
che  una  volta  generalmente  piacque  , con- 
tinuerà sempre  a piacere,  potendosi  qui 
molto  a proposito  applicare  il  detto  di  Q- 
razio  nella  poetica: 

Haec  placuit  semel , et  decies  repetita 
placebit . 

Inoltre  per  piacere  all’anima  si  ri- 
chiede l’ordine  e la  varietà.  Ma  si  noti 
bene , che  non  tutta  sorte  di  varietà  di- 
letta ; anzi  ridettasi  , che  molte  cose , le 
quali  a un  mediocre  giudizio  pajono  va- 
riate , non  lo  sono  altrimenti,  ed  altre 
alF  opposto  , che  sembrano  uniformi , sono 
variatissime.  L’architeUura  Gotica  per  esem- 
pio pare  piena  di  varietà  , e per  la  mol- 
ti pii  cita  de’  suoi  ornamenti  dovrebbe  pur 
piacere  ; eoo  lutto  ciò , quando  essa  si 
considera,  non  trovando  l'occhio  per  la 


di  Giuseppe  Piacenza.  i i 

minutezza  delle  parli  , ove  riposare  ed 
arrestarsi , l’anima  nostra  si  sente  affaticata 
e tormentala  , anzi  astretta  a disprezzare 
quelle  parti  stesse , che  scelte  si  erano 
quasi  ag gradevoli.  Un  edificio  Gotico  è 
per  l’occhio  un  enigma  , e rende  l’anima 
imbarazzata  nel  modo  stesso,  che  avviene^ 
quando  se  le  presenta  un  poema  oscuro. 
L’architettura  Greca  all*  opposto  sembra 
uniforme  ; ma  perchè  trovasi  composta 
delle  necessarie  divisioni,  e di  quanto  ba- 
sta , acciocché  l’anima  apprenda  con  faci- 
lità e precisione  ciò  che  l’occhio  può  ve- 
der senza  fatica,  reca  piacere,  presentan- 
do quella  varietà  che  occupa  , e non  con- 
fonde. Di  più  l’architettura  Greca , che 
ha  poche  divisioni , ma  grandi , imita  le 
cose  grandiose  , e infonde  nell’ anima  una 
certa  maestà  , che  è tutta  sua  , e che  si 
vede  regnar  per  tutto. 

Nel  rapporto  adunque  , e nella  cor- 
relazione , che  le  cose  devono  avere  le 
une  colle  altre  , e nel  rapporto  che  hanno 
tutte  con  noi  medesimi  , si  trovarono  da- 
gli antichi  le  giuste  regole  di  architettura, 
S*  impari  pertanto  a concepire  per  queste 
una  giusta  stima  , giacche  il  copiarle  è 
copiar  la  natura  slessa. 

Ciò  posto  , vengo  ora  alla  definizione 
dell’architettura,  che,  secondo  Vitruvio  9 
è una  scienza  di  più  dottrine  composta  , 
e di  varj  ammaestramenti  ornata,  per  cui 
si  pensano  ed  approvano  3e  opere , che 


12  Dissertazione 

dalle  altre  arti  sono  condotte  a fine  : vale 
a dire,  1’ architettura  è una  scienza,  per 
cui  s’ impara  ad  inventare  e disporre  uà 
qualunque  edificio , per  la  struttura  del 
quale  ella  impiega  e distribuisce  con  or- 
dine tale  le  altre  arti  per  esso  necessarie  , 
che  dalla  loro  scelta  ed  unione  ne  forma 
quel  grado  di  bellezza,  utilità,  e perfezio- 
ne , che  si  propone.  Questa , che  antica- 
mente era  sola  e sovrana  , ha  sofferto 
da’  moderni  grandissime  divisioni  , e se- 
paratamente da  varie  persone  si  esercita. 
Alcuni  applicando  solo  alla  fabbrica  de’pa- 
lazzi  e delle  chiese  chiamansi  architetti 
civili;  altri  attendono  solo  alla  fortifica- 
zione, e chiamansi  militari;  altri  col  no- 
me d’idraulico  intraprende  la  parte,  che 
spetta  alle  acque;  e tali  e tante  riparti- 
zioni di  questa  scienza  si  fanno,  che,  per 
formare  un  architetto  antico  , se  ne  richie- 
derebbero quattro  o cinque  de'tempi  nostri. 

Per  altro  tutte  queste  divisioni  altro 
non  seno  che  rami  , e derivati  di  architet- 
tura , ed  io  credo  con  fondamento , che 
debba  in  tutti  essere  instrutto  chi  vuole 
con  verità  sostenere  il  degno  nome  di  ar- 
chitetto nella  guisa  stessa,  che  gli  antichi 
architetti  facevano  , ? quali  non  ignorava- 
no T arte  del  fortificare  , avendo  fabbrica- 
te le  antiche  città  con  mura  e torri  per 
loro  difesa.  Vitruvio  era  direttore  ai  tempi 
di  Augusto  delle  macchine  da  guerra  nel- 
la Gallia  Cisalpina  ? ed  insegna  ne'  suoi  li- 


di  Giuseppe  Piacenza.  i3 

bri  di  architettura  ìa  maniera  di  chiudere 
le  città  con  mura  guarnite  di  torri  , e 
cinte  di  fossi,  torcendo  gl’ingressi  delie 
porte,  e simili  regole  > che  si  stimò  obbli- 
gato a dovere  insegnare,  come  ad' architet- 
to spettanti.  Gode  si  potrà  ben  sostenere, 
che  taluno  può  essere  bravo  ufficiale  , e 
grand’  uomo  di  guerra  sapendo  la  geo  me* 
ria,  e l’arte  di  fortificare  , roa  non  mai, 
che  un  architetto  possa  essere  valente  sen- 
za saper  la  fortificazione.  Eccone  ora  del» 
1’  altre  prove. 

Deve  una  piazza  , oltre  1’  essere  mu- 
nita di  baluardi  , e cinta  di  opere  esterio- 
ri , avere  quartieri , ospedali , porte  d’  en- 
trata , magazzeni,  e simili.  Ora  a chi  si 
vorrà  fare  appartenere  la  costruii  ma  di 
queste  opere?  Se  all’ingegnere  militare, 
dunque  egli  dovrà  essere  architetto  ancora; 
tanto  più  , che  il  metodo  di  operare  nel 
fabbricar  bastioni  non  è differente  da  quel- 
lo , che  si  pratica  nell’ edificar  palazzi.  Si 
ridurrà  dunque  la  cosa  a questo  punto , 
o di  obbligare  l’ architetto  a studiare  i si- 
stemi di  fortificazione  , o di  obbligar  l’in- 
gegnere a diventare  architetto.  Che  se  si 
vorrà  separatamente  dagli  uni  alla  soia 
fortificazione  , e dagli  altri  all’ architettura 
unicamente  applicare  , in  ogni  occasione 
saranno  e gli  uni  , e gli  altri  conseguen- 
temente necessarj  , e dovrà  V ingegnere  al- 
F architetto  , o 1’  architetto  ali’  ingegnere 
sempre  ricorrere  ; ed  ecco  tolta  la  unità  , 


14  Dissertazione 

c he  nella  definizione  dell’ architettura  com- 
prendasi. hnpertanto  si  nomini  o ingegne- 
if,  o architetto,  non  sarà  mai  quell’uo- 
mo perfetto,  che  si  richiede  nell’ inventa- 
re , e condurre  a fine  qualunque  inven- 
tala opera. 

Se  questa  nobile  arte,  che  fu  giudicata 
dal  Vasari  (i)  più  perfetta  della  pittura 
e della  scultura , perchè  intende  i suoi 
fini  a giovamento  ed  ornamento  della 
natura  ; anzi  per  meglio  dire , se  questa 
scienza  , che  di  tal  nome  degna  la  giudi- 
carono Platone  , Aristotele  , ed  altri  scrit- 
tori di  quei  secoli  , sia  oggidì  in  fiore  , o 
in  decadenza  , non  è mio  assunto  qui  il 
dimostrarlo,  poiché,  se  ciò  facessi,  dovrei 
pur  troppo  coneliiudere  con  isvantaggio 
del  secol  nostro.  Lasciando  dunque  di  por- 
tare le  prove,  con  cui  si  potrebbe  dimo- 
strare la  sua  presente  mediocrità  , sarà 
più  opportuno  proporre  i mezzi  , co’  qua- 
li si  potesse  ricondurre  al  suo  primiero 
lustro  , ed  all’  antico  suo  splendore.  Al  che 
ci  fia  agevolata  la  strada  , se  ci  porremo 
sulle  prime  a riflettere  alle  qualità , che 
avevano  gii  antichi  architetti  , massime  co- 
loro , i di  cui  scritti  a noi  pervennero  ; e 
certamente  , che  li  troviamo  instrutti  nel- 
le scienze  , ed  agli  studj  applicatissimi.  Vi- 
truvio  si  confessa  infinitamente  obbligato 
a’ suoi  genitori,  perchè  gli  avevano  fatta 


(t)  Liete . sulla  pit,  scult  , ed  architi 


Di  Giuseppe  Piacenza.  i5 

apprendere  un’arte,  alla  cui  perfezione 
non  si  può  giugnere  senza  le  buone  lette- 
re , e senza  la  cognizione  delle  scienze  (i). 
Alessandro  Severo  principe  virtuoso  , per 
far  risorgere  V architettura  dalla  decaden- 
za , in  cui  questa  era  incorsa  sotto  Cara- 
calla  principe  di  niuu  gusto  per  le  arti  * 
e disprezzatore  a ogni  cosa  , destinò  per- 
sone, che  dessero  pubbliche  lezioni  di  ar» 
cbitettura  a’  giovani  , che  faceva  per  tal 
effetto  allevare  ; e se  il  corso  della  prezio- 
sa vita  di  questo  generoso  principe  non 
fosse  stato  barbaramente  interrotto  nei  suo 
più  bel  fiore  > essendo  stato  di  anni  ^8 
ucciso  , sarebbesi  questa  scienza  nuovamen- 
te alla  prima  perfezione  portata.  Per  com- 
prendere poi  di  quale  somma  dottrina  fre- 
giati fossero  gli  architetti  in  tempi  anche 
posteriori  , basta  leggere  ciò  , che  scrive 
Teodorico  principe  degli  Ostrogoti  , e Re 
d’  Italia  al  virtuoso  Simmaco  , ove  1’  ono- 
ra col  nome  di  fondatore , ed  inventore 
egregio  di  fabbriche , di  diligentissimo  irai- 
lator  degli  antichi  , e di  nobilissimo  insti- 
tutor  de’  moderni , e dice  , che  le  fabbri- 
che assai  palesano  i suoi  degni  costumi  f 
poiché  niuno  si  conosce  in  esse  diligente  , 


(i)  Me  arte  erudiendum  curaverunt , 
et  ea  , quae  non  pò  test  esse  proba ta  s ine 
littera tura  , encycLioque  doctrinarum  ornai* 
um , disciplina . Yitruv.  in  praef.  lib.  6, 


1 6 Dissertazione 

che  non  sia  ancora  ne’  suoi  sensi  ornatissi- 
mo (i).  Ora  provato  , co  ai’  egli  è provatis- 
simo, che  i’arehitetto  deve  essere  di  molti 
stodj  ornato , perchè  non  si  obbliga  a que- 
sti stuJj  chi  vuole  professar  l'architettura  ? 
Se  non  può  alcuno  studiare  la  legge  , o 
la  medicina  , se  prima  non  ha  passata  la 
retorica  , difesa  la  filosofia  , e fatto  nelle 
Bea  dirette  università  il  corso  di  tìsica  e 
di  geometria  , perchè  seoz’  abhadare  pun- 
to a chi  studia  1’  architettura  , se  gli  lasce- 
rà  fare  un  salto  sopra  tutte  le  scuole  , e 
solo  sì  richiederà  dallo  studente  , che  di 
Botto  applichi  al  disegno  , e quasi  direi  , 
che  a copiare  disegni  materialmente  impa- 
ri , non  ostante  l’antico  assioma,  che  nè 
talento  senza  scuola  s uè  scuoia  senza  ta- 
lento possano  formare  un  artefice  ? 

Mi  pare , a dir  vero , impossibile  , 
che  non  si  abbia  fatto  ancora  riflesso,  che 
da  questa  trascuratezza  trae  sua  principale 
origine  la  rovina  della  scienza  , e ìa  for- 
mazione di  tanti  ignoranti  , che  architetti 
si  dicono.  Giacché  si  sa , che  1’  architetto 
deve  lavorar  di  fantasia  ^ e di  composizio- 
ne , perchè  poi  non  curerassi , che  la  men- 


(i)  Symmacho  pabritio  Theod.Rex.  Cum 
privabis  fabricis  ita  sbudueris , ub  in  laribus 
propriis  quaedam  maenìa  Jecisse  videaris ^ 
digrumi  esb  , ut  Romani  5 quam  domuurn 
pulchritudìno  decorasti  ? in  suis  miraculis 


di  Giuseppe  Piacenza.  17 

te  di  esso  sia  da’  pregiudizi  purgata  , e di 
cognizioni  ripiena?  Dunque , e per  qual 
causa  non  si  è ancor  in  parecchie  uni- 
versità di  grido  a ciò  posto  ordine?  si 
vede  pure  in  varie  parti  y che  se  alcun 
bravo  architetto  si  ode  rinomare  , è da 
lontano  ricercato  , ed  in  moki  luoghi  ri- 
chiesto. Perchè  dunque  non  si  pensa  a da- 
re Oe’ rispettivi  paesi  disposizioni  tali,  per 
cui  riescano  valenti  anche  in  questa  scsen- 


continere  noscarìs,  Fundator  egre  gius  fa- 
brìcarum  , earumque  composilor  eximius  ; 
quia  utrunque  de  prudertela  venti  et.  apbe 
disponete  , eb  exiantia  competenter  orna- 
re, Notum  est  enim  quanta  laude  in  stt- 
burbanis  suis  Romam  braxeris  ; ut  quem 
àlias  fahricas  inbrare  contigerit , aspectum 
suum  extra  urhem  esse  non  sentiate  nisi 
cum  se  eb  agrorum  amo  e riti  abi  bus  interes- 
se cognoscab.  Antiquorum  diligenbissimus 
imibator  t modernorum  nobilissimus  insti- 
tutor  , mores  (uos  fabricae  loquunbur\  quia 
nemo  in  illis  diligens  agno  sci  tur , nisi  qui 
et.  in  suis  sensibus  ornalissimus  inxeni  tur, 
Eb  ideo  bheabri  fabricam  , magna  se  mole 
solvenbem  , constilo  vestro  credimus  esse 
roborandam.  Ut  quod  ab  auctoribus  ve - 
stris  in  ornatum  pabriae  constai  esse  con • 
cessimi , non  videatur  sub  meliorìbus  po • 
steris  imminutum  ebc.  Cassiod.  variar,  lib. 
4 ep  5i. 

Maldinucci  Voi,  VII . 2 


i8  Dissertazione 

za  gli  uomini,  che  ivi  nascono?  si  rifletta 
di  grazia  agli  studj  , ch’io  propongo,  e 
che  ritrovo  necessarj  in  chi  deve  intrapren- 
dere questa  carriera , e mi  si  dica  poi , se 
al  ver  in"  appongo.  Il  punto  è importantis- 
simo , e più  che  essenziale  ; poiché  si  trat- 
ta di  una  professione  necessaria  alio  stato, 
da  cui  dipende  l’interesse,  ed  il  vantaggio 
della  repubblica  , e il  decoro  di  qualunque 
colto  paese. 

Metto  per  base,  che  chi  vuole  farsi 
architetto , cominci  le  scuole  nel  modo , 
che  qualunque  studente  le  comincia;  pas- 
si dalla  grammatica  alla  reltorica,  indi  al- 
la filosofia  unitamente  con  gli  altri , che 
alla  legge,  o alla  medicina  vogliono  appli- 
care. Da  qui  si  staccherà  chi  si  determina 
per  l’architettura,  e si  applicherà  seria- 
mente alla  geometria  , e alla  fisica  ; poi- 
ché la  prima  è base  in  tutte  le  scienze 
utile,  ma  in  questa  necessaria,  e la  secon- 
da apre  la  mente  all’  intelligenza  e cogni- 
zione della  natura.  Ma  non  si  lasci  entrare 
in  carriera  chi  non  si  è sempre  distinto 
negli  sludj  delle  prime  scuole  , e chi  an- 
che vi  fosse  entrato,  e si  scorgesse  ne’  pri- 
mi esami  di  geometria  e di  fisica  non 
dare  accertate  prove  di  talento,  si  arresti 
ne’  principj  , acciocché  non  perda  il  suo 
tempo  , e possa  intraprendere  altro  eserci- 
zio , infallibile  essendo  , che  chi  è solo 
mediocre  nel  comincia  mento  , sarà  cattivo 
in  progresso  , e pessimo  nel  fine.  Mi  pare 


di  Giuseppe  Piacenza.  19 

altresì  , che  sarebbe  prudente  consiglio  di 
ammettere  per  Parchi tettura  primieramente 
quelli  , che  avranno  gran  fin  la  sia  , il  che 
si  scorgerà  da’ loro  componimenti  rettorie!, 
preferendo  altresì  quei  li  , che  in  tal  tem- 
po avranno  con  successo  applicato  alla  poe- 
sia, e ne’  parti  de’ quali  si  sarà  veduta  va» 
rietà  , e grandezza  d’ idee. 

In  secondo  luogo  saranno  ammessi 
coloro,  che  saranno  figliuoli  di  comodi 
genitori  , che  agiatamente  possano  mante- 
nerli per  lo  lungo  tempo  degli  studj , ed 
acciocché , quando  siano  professori  , non 
facciano  cose  indegne  spinti  dall  indigenza; 
di  nascita  civile  , perchè  così  avranno  più 
a cura  l’onore,  e saranno  tenuti  in  mag- 
gior conio;  forti,  e robusti  di  complessice- 
ne , acciocché  possano  sopportare  le  fati- 
che ne’  viaggi  , e nelle  direzioni  delle  fab- 
briche , e siano  in  caso  ancora  di  sostene- 
re , bisognando  , nelle  campagne  i disagi 
della  guerra. 

Premesso  quanto  sopra  , e superati 
con  lode  gli  esami  di  fisica  e geometrìa 
passino  i nostri  allievi  alle  matematiche  , 
dove  i!  giudicio  de’  maestri  gli  farà  mag- 
giormente applicare  alle  parti  di  ess**,  che 
hanno  maggiore  affinità  coll’architettura, 
dando  loro  però  del  rimanente  il  necessa- 
rio lume  Si  potrà  nel  tempo  di  questo 
è or  so  obbligargli  al  disegno  della  figura 
eoa  iastiiuire  i’  accademia  del  nudo  , che 


20  Dissertazione 

sì  farà  per  essi  due  o Ire  giorni  della 
settimana,  di  sera  nell’  inverno,  e di  buon 
mattino  nell’  estate  , che  così  avanzeranno 
strada  , e nel  finire  il  corso  di  matemati- 
ca saranno  in  caso  di  ben  disegnare  la  fi- 
gura, cosa  tanto  necessaria  per  avere  faci- 
lità nel  disegno  , e formarsi  nelle  propor- 
zioni. Dato  che  avranno  prove  de!  loro 
valore  nelle  matematiche , e nel  disegno 
della  figura,  passeranno  a studiare  l’ ar- 
chitettura , che  verrà  loro  dettata  in  quat- 
tro trattati,  di  civile  il  primo,  di  prospet- 
ti va  il  secondo,  il  terzo  di  militare,  il  quarto 
d’ idraulica  , ed  ogni  due  mesi  si  farà  ac- 
cademia , e si  daranno  gli  esami  del  prò* 
gresso  degli  allievi  , per  tenergli  in  sogge- 
zione , ed  obbligargli  a continua  applica- 
zione. Il  che  tutto  valentemente  superato  , 
si  manderanno  in  pratica  con  un  architet- 
to , che  già  esercita  , acciocché  seco  lui 
siano  condotti  a levar  piani , e preposti  ai 
ripari  de’  fiumi  , ed  a soprastare  alla  co- 
struttura  di  pubblici  edificj,  dove  piglie- 
ranno la  pratica  cognizione  dell’  operare  , 
del  valore,  e de’ prezzi  delle  cose,  e del- 
Y uso  pratico  degli  stromenti  meccanici  ; 
dopo  di  che  saranno  creati  accademici  , 
ammessi  al  pubblico  esercizio  della  scienza, 
e dichiarati  professori  alla  prima  vacanza. 
Vi  sarà  per  li  professori  legge  stabilita  , 
ed  immutabile  , per  cui  le  lezioni  da  essi 
dettate  saranno  sempre  tratte  da  Vitruvio, 
« da  Palladio,  proponendo  per  esemplare 


di  Giuseppe  Piacenza.  21 

le  fabbriche  da  quest’  ultimo  fatte  costrui- 
re , e dimostrando  con  quanta  facilità  , e 
bellezza  sì  grand’  uomo  operava.  Succede- 
ranno le  regole  e gli  esemplari  di  Bra- 
mante , deli’  Alberti  , del  Serlio , del  San- 
micheli  , dello  Scamozzi  ^ e di  Giulio  Ro- 
mauo , procurando  sempre  di  far  conce- 
pire agli  allievi  un’  avversione , ed  un  di- 
sgusto per  ogni  cosa  ? che  soda  non  sia. 
Ma  quando  poi  si  vedesse , che  , non  o- 
stante  i suddetti  sani  precetti , inclinassero 
all’Jarchitettura  bizzarra  * vengano  minac- 
ciati d’ esser  cacciati,  come  inabili,  e si 
faccia  in  effetto , ove  non  si  emend  ino. 

Ora  pare,  che  un  architetto,  quale 
lo  formo  io  , passato  per  li  suddetti  gradi 
di  studj  , operando  secondo  il  sistema  im- 
parato , sarà  in  caso  di  farsi  onore  , e di 
essere  utile  alla  repubblica?  Se  mi  si  dice, 
che  potrebbe  accadere  , che  alcun  archi- 
tetto uscito  dalle  scuole  abilissimo , e di 
buon  gusto , quando  fosse  professore  , po- 
trebbe diversamente  operare,  o per  l’am- 
bizione di  rendersi  particolare , o per  la 
volontà  di  ridursi  ad  una  maniera  di  mo- 
da , rispondo,  che  f per  non  dire  impossi- 
bile , mi  sembra  però  il  caso  difficilissimo, 
ma  che  tuttavìa  per  impedire  il  disordine, 
basta , che  il  corpo  d’  uomini  insigni  for- 
cante accademia  , e proposto  per  gli  stu- 
dj dell’  architetto , siccome  io  dirige  scola- 
ro , non  lo  abbandoni  maestro.  Siano  tutti 


22,  Dissertazione 

obbligati  di  presentare  alia  critica  de’  prò- 
fessoci  qualunque  disegno  di  opera  pub- 
blica e privata  debba  costruirsi , e tutto 
ciò,  eli1  è contrario  al  buon  gusto,  si  ri- 
fiuti , e non  sì  lasci  eseguire.  Più  , o me- 
no ornato  , ricco  o semplice  , sia  di  pie- 
tra o di  coito,  vi  siano  ordini  di  archi- 
lettura,  o no,  questo  non  preme,  nè  si 
può  obbligare  chi  fabbrica  ad  oltrepassare 
le  proprie  forze  nello  spendere  , basta  che 
in  tutti  i modi  sia  sodo  , ed  appoggiato 
alla  verità. 

Se  nel  modo  sovra  divisato  si  fossero 
formati  gli  architetti,  cred’io,  che  uon 
avrebbe  avuto  il  Felibien  ragione  di  doler- 
si a1  suoi  tempi , che  così  pochi  tra  essi 
con  giustizia  si  annoverano  , ed  avrebbe 
moltiplicata  la  sua  stima  e venerazione  per 
coloro  , che  degnamente  ne  avrebbero  por- 
tato il  nome  (•).  Se  questo  corpo  di  acca- 


(i)  Pour  moi  , quand  je  pen.se , 
» quel  doli  élre  un  archi  tee  te , je  ne 
m étonne  plus  des  diffuultez  que  V on 
» a cC  en  rencontrer  beaucoup  dC  assez 
» exctilens  pour  des  entrepi  ises  aussi  im - 
» portantes.  C'  est  ce  qui  me  donne  de 
» Cestirne,  et  de  la  veneration  pour  ceux, 
» qui  portent  dignement  ce  noni.  Car  di • 
» tes  moi  , je  vcus  prie  , cornò ien  peu  en 
» voyons  nous  , qui  entrent  dans  ct  s inni • 


di  Giuseppe  Piacenza.  23 

de  mi  ci  professori  , e censori  de’  disegni 
fosse  stato  stabilito  ia  Roma  stessa  , non 
si  sarebbe  colà  veduto  nascere  un  gusto 
barbaro  di  architettura  « le  di  cui  fonda- 
menta gettò  già  il  Borromini  , e che  ora 
trova  tanti  seguaci.  Piacque  a costui  scuo- 
tere il  giogo  delle  regole  e della  natura, 
cavando  a capriccio  ordini  scomposti  , e 
cornici  diritte  e rovescie,  facendo  un  am- 
masso di  disordini  ; ninno  si  oppose  con 
forza  a cotesto  spirito  innovatore,  e di- 
struggitore del  buon  gusto  ; si  stabilì  , e 
radicò  quasi  la  barbarie  ; vennero  gli  ap- 
provatori,  che  sussistono  tuttavìa,  e quel, 
eh’  è peggio  , anche  al  dì  d’  oggi  si  propo- 
ne da  alcuni  per  modello.  Se  fossero  stati 
da  vaienti  giudici  esaminati  i disegni,  non 
si  sarebbe  in  Roma  veduta  uscire  alla  lu- 
ce ìa  ridicola  architettura  del  palazzo  Pan- 
fili al  corso , la  grottesca  facciata  , e log- 
gia di  Santa  Maria  maggiore  ; nè  avrei 
veduto  con  mio  sommo  rammarico,  men- 
tre io  là  dimorava  , togliere  barbara  mente 
il  bell’  attico  del  Panteon  , guastarne  i cas« 
gettoni , scalpellare  , e bianchire  F antico 
ornato  della  porta,  e commettere  tanti  altri 
disordini  in  quel  rispettabilissimo  pezzo 


» tes  mèditations , et  dans  ces  profonds 
» raisonnemens  s par  LesqaeU  les  anciens 
» ont  si  heureusement  troupe  F arte  de 
» bien  bdùir  ? » Feiih . toni.  i.  pag.  12. 


24  Dissertazione 

d’ antichità.  Finalmente  se  quanto  sovra 
ho  esposto,  fosse  nelle  nostre  città  d'Italia 
stabilito  , non  si  vedrebbero  costruire  fab- 
briche di  spese  grandissime  , che  in  vece 
di  ornare  guastano  le  nostre  belle  città  , 
e niuna  gloria  recano  a’  loro  edificatori. 

Mi  potrebbe  forse  taluno  opporre  , 
perchè  nelle  cose  necessarie  per  formare 
il  mio  architetto  non  ho  posto  il  viaggia- 
re. Veramente  io  stm  di  parere,  che  gli 
sarebbe  di  grandissimo  vantaggio  , quando 
viaggiasse  dopo  fatto  gii  studj  sovramen- 
lionati  , poiché  così  formerebbe  V occhio 
ai  grande,  ed  acquisterebbe  vastità,  enu- 
mero maggiore  (V  idee;  ma  siccome  non 
sono  tuUs  in  i stato  di  sostenere  le  spese 
de’  viaggi  , non  vo’  porre  per  necessario 
ciò  , che  sarebbe  a taluno  forse  impossi- 
bile. Per  altro  non  mi  pare  gran  fatto  per 
un  architetto  Lombardo  fare  un  giro  per 
lo  stalo  Veneto  ad  ammirare  le  belle  ar- 
chitetture di  Palladio  e dei  Saomicheli  3 
ed  a vagheggiare  i bei  quadri  delia  rag- 
guardevole Veneta  scuola.  Poco  sarà  per 
un  Napolitano  fare  una  scorsa,  e qualche 
soggiorno  in  Roma  per  osservare  quanto 
vedesi  d’  insigne  , stato  da'  grand’  uomini 
operato  negli  antichi  secoli.  Chi  poi  potes- 
se visitare  in  ogni  sua  parte  1’  Italia  , non 
farà  che  meglio  , poiché  così  unirà  agii 
studj  , che  ha  già  fatti  , una  nozione  del- 
1 antico  , ed  altre  cognizioni , che  moltis- 


di  Giuseppe  piacenza.  25 

simo  gli  gioveranno,  quando  però  parta 
instruito , e formato  nel  modo , che  ho 
sbpra  espresso. 

Mi  toruano  a mente  ora  due  obiezio- 
ni statemi  fatte  da  un  amico,  uomo  di 
lettere  , a cui  io  comunicava  questo  mio 
pensamento  sopra  gli  studj  necessarj  per 
formare  un  architetto;  pertanto  sul  dub- 
bio , eh’  esse  veuissero  in  mente  ad  altri , 
non  sarà  fuor  di  proposito  qui  scioglierle, 
siccome  feci  allora.  La  prima  è , die  > da- 
ta la  necessità  di  questo  corso  di  studj  , 
si  giungerebbe  al  fine  della  carriera  trop- 
po tardi  ; ma  non  è così  , poiché  a’  sedici 
anni  può  chicchessia  avere  comodamente 
studiata  la  filosofia  ; metto  un  anno  per  la 
fisica  , e geometria  , due  per  le  matemati- 
che , quattro  per  rarehitettura,  cioè  i due 
primi  per  la  civile  , il  terzo  per  la  milita- 
re, e per  la  prospettiva;  il  quarto  per 
1’  idraulica  ; si  aggiungano  poi  due  anni 
di  pratica  con  un  professore  esercitante  ; 
ed  ecco  f allievo  formato  di  anni  venticin- 
que , età  soda  , e capace  di  buon  regola- 
mento. La  seconda  si  è , che  siccome  \ bi- 
sogni di  uno  stato  obbligano  a destinare 
un  cerio  numero  di  persone  separatamen- 
te, le  uiie  per  la  civile,  altre  per  la  mi- 
litare , ed  altre  per  le  acque,  potrebbe  al- 
la repubblica  provenire  vantaggio  maggio- 
re , se  facesse  formare  i soggetti  partico- 
larmente per  una  di  queste  tre  carriere  , 
per  la  probabilità , che  più  facilmente  si 


26  Dissertazione 

avrebbe  gente  perfetta  in  ciascheduna  , 
quando  un  solo  studio  in  vece  di  tre  fosse 
proposto.  E qui  lasciando  di  ripetere  quan- 
to si  è detto  , e dir  potrebbesi  ancora  , 
per  provare  la  connessione  intrinseca,  che 
hanno  i tre  rami  , come  parti  dello  stesso 
intero  , cosi  rispondo.  Scelga  dunque  lo 
stato  tra  iì  numero  di  quelli,  i quali  , sic- 
come dimostrai , hanno  fatto  i proposti 
sludj  per  diventare  veramente  architetti  , 
e ne  destini  uno  per  lo  civile , altro  per 
lo  militare  , ed  altro  per  le  idrauliche  ; 
lo  scelto  ad  una  delle  tre  parti,  trovando- 
si io  obbligo  di  attendere  principalmente 
a quella,  per  cui  è destinato,  diventerà 
in  essa  un  uomo  grande  col  soccorso  di 
quanto  sa  nelle  altre  ; e se  già  era  bravo 
nel  totale,  a qual  grado  di  perfezione  non 
salirà  egli  in  quella  parte,  a cui  per  do- 
vere del  suo  impiego  dovrà  continuamente 
applicar  e ? E nella  stessa  guisa  , che  un 
pintore,  per  esser  valente,  deve  di  neces- 
sità sapere  iì  disegno  , il  colorito  , e la 
prospettiva;  e pure  anche  ne’ grand’ uomi- 
ni veggiamo  essere  accaduto  , che  uno  più 
che  F altro  nel  disegno  , altro  più  nel  co- 
lorito , ed  altro  più  nell’  ottica  si  distinse, 
probabilmente  perchè  ad  una  delle  tre 
con  maggior  calore  si  era  dato  , cosi 
pure  un  buon  architetto  potrà  in  una 
delie  tre  parti  sovraccennate  dell"  architet- 
tura rinvenire  un  maggior  grado  di  per- 


di  Giuseppe  Piacenza»  27 

feziooe,  a cui  sarà  tanto  più  facilmente 
condotto,  mercè  T applicazione  , che  pri- 
ma aveva  alle  altre  due,  ed  a quella  uni- 
tamente prestata. 


DELLE  NOTIZIE 


DE5  PROFESSORI 
DEL  DISEGNO 
DA  CIMA  BUE  IN  QUA 

DECENNALE  JIL 

DEL  SECOLO  IY. 

DAL  MDXX.  AL  MDXXX. 

GIULIO  ROMANO 

Discepolo  ed  Erede  di  Raffaello 
da  Urbino  9 nato  1492.  + 1546. 


% 

-EC  universale  opinione  degl’  interi* 
denti  dell’arte,  che  Giulio  Remano,  tra 
moltissimi  discepoli  che  ebbe  il  gran 
Raffaello  da  Urbino  f fosse  il  migliore. 
Quest’artefice  fu  dotato  dal  cielo  di  una 
natura  gioviale  e docile  , a cagiori  della 
q uale  , essendo  dolcissima  la  sua  conver- 


3o  Dec.  ITI.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
saziooe,  e oo»  ordinaria  l’ integrità  dei 
suoi  costumi,  fu  dal  maestro  singolarmen- 
te amalo  : ed  oltre  a ciò  se  ne  servì  il 
medesimo  in  ajuto  nelle  più  importanti  e 
più  e rinomate  opere  sue  : e fra  que- 
ste nelle  Logge  Papali  di  Leon  X. 
dove  si  dice , che  dipignesse  di  sua 
mano  la  storia  della  Creazione  di  Adamo 
e degli  Animali  , 1’  Arca  , il  Sacrifizio  ed 
altre*  Fecegli  anche  operare  nella  camera 
di  Torre  Bargia,  e in  molte  storie  della 
loggia  de’  Ghigì.  Faceva  esso  Raffaello  V in- 
venzioni e i chsegni  di  diverse  architettu- 
re, e a Giulio  poi  gli  faceva  tirare  e ri- 
misurare in  grande;  onde  avvenne,  che 
egli  diventò  quel  buon  Pittore  e Architet- 
to , che  è noto.  Dopo  la  morte  del  mae- 
stro, finì  insieme  con  Gio.  Francesco, 
detto  il  Fattore  suo  condiscepolo , molte 
opere  di  lui  rimase  imperfette.  Fece  il  di- 
segno del  Palazzo  e Vigna  sotto  Monte 
Mario  detto  di  Madama  pel  Cardinale  Gi  u- 
lio  de’  Medici  , poi  Clemente  VII.  e si- 
milmente del  Palazzo  sopra  il  Monte  Ja- 
nicolo  per  Baldassarre  Turini  di  Pescìa  , 
nel  quale  ancora  dipinse  dì  sua  mano 
molte  storie  de’  fatti  di  Nutria  Pompilio  , 
che  si  trova  forse  giù  in  tal  luogo  sepolto: 
e fece  anche  il  disegno  di  molte  altre  fab- 
briche della  città  di  Roma.  Dipoi  per  o- 
pera  del  C.  Baldassarre  Castiglione , die 
molto  Tamava,  fu  mandato  a’servigj  del 
Marchese  di  Mantova  suo  Signore , pel 


Giulio  Romano.  Sì 

quale  fece  di  opera  rustica  il  modello  del 
Palazzo  del  Te  , e vi  dipìnse  di  sua  mano 
storie  di  Psiche  e de’  Giganti.  Rifece  piu. 
stanze  del  Ducale  Palazzo,  e vi  aggiunse 
varj  abbellimenti.  Coli’  ajuto  di  Rinaldo 
Mantovano  suo  discepolo  vi  dipinse  la 
guerra  Trojana  : fece  il  modello  della  Vil- 
la di  Marmirolo  : e per  le  case  de’  parti» 
colari  , e Chiese  della  città  condusse  mol- 
te pitture  : e in  somma  V abbellì  tanto  di 
fabbriche  fatte  con  suo  disegno  , e di  al- 
tre opere  di  sua  mano,  e con  sua  inda» 
stria  seppela  così  bene  difendere  ed  assi- 
curare dalla  inondazione  del  Po  , che  in 
que’  tempi  molto  la  travagliava  , che  dal 
Duca  fu  ordinato,  che  ninno  de’ cittadini 
potesse  in  essa  fabbricare  senza  il  disegno 
di  lui.  Edificò  per  se  medesimo  nella  stes- 
sa città  una  bella  casa  rincontro  alla  Chie- 
sa di  San  Barnaba  , dove  essendo  fatto 
ricco  abitò  fino  alla  morte.  Veggionsi  di 
mano  di  quest’  artefice  disegni  infiniti  , 
perchè  oltre  a molti  , che  gli  occorsero 
fare  per  l’ opere,  gli  bisognò  tuttavia  di- 
segnare invenzioni  di  fabbriche,  e pitture 
da  farsi  in  diversi  luoghi  , oltre  alle  mol- 
te che  egli  condusse  , le  quali  in  Italia  , 
e in  Francia  furono  stampate  in  rame.  Di- 
lettossi  oltremodo  dell’ antiche  medaglie  9 
di  cui  fece  una  numerosa  e molto  pre- 
ziosa raccolta.  Occorse  finalmente  , che  es- 
sendo morto  in  Roma  Antonio  da  S.  Gal- 
lo , Architetto  celebratissimo  , che  assiste- 


3 2 Dec.  ITI.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
va  alla  fabbrica  di  San  Pietro , fu  richie- 
sto Giulio  di  volergli  succedere  in  tal  ca- 
rica: al  che  fare  egli  incontrò  infinite  dif- 
ficoltà e da  coloro  che  in  Mantova  gover- 
navano , e dagli  amici  , e da’  congiunti. 
Or  mentre  egli  le  andava  industriosamen- 
te superando  , già  risoluto  di  rimpatriare, 
e godere  dell’  onore  offertogli , sopraggiun- 
to  da  grave  infermità  nell’  età  sua  di  an- 
ni cinquantanove  , diede  fine  a questa  vi- 
ta mortale  , e nella  nominata  Chiesa  di 
San  Barnaba  fu  onoratamente  sepolto. 


33 


GIO.  FRANCESCO  PENNI 

DETTO  IL  FATTORE 

PITTORE  FIORENTINO 

Discepolo , ed  erede  di  Fiaffaello  da  Urbino 
nato  nel  1488.  + *528. 


ne>4>«» 


T; 

occò  in  sorte  a questo  Artefice 
ài  esser  messo  fio  da  piccolo  fanciullo 
nella  scuola  del  gran  Fiaffaello  , come  noi 
usiamo  di  dire , per  fattorino  ; onde  fino 
da  quella  età  fu  chiamato  il  Fattore  , co- 
gnome , che  poi  ritenne  per  tutto  il  tem- 
po di  sua  vita.  E perchè  fu  giovane  di 
Buona  natura  , meritò  che  Raffaello  in 
vita  se  lo  tenesse  come  figliuolo , ed  in 
morte  lo  lasciasse  insieme  con  Giulio  R.O- 
Baldinuccì  VoU  V1L  3 


34  Dec.  III.  della  Par,  X del  Sec.  IY. 

maoo  , altro  suo  amato  discepolo  , erede 
delle  sue  facilità.  Fu  gran  disegnatore  , e 
tanto  ne’ disegni  , i quali  usava  di  termi- 
nare con  gran  diligenza  » quanto  celi’ ope- 
re * imitò  assai  la  maniera  del  maestro  : 
al  quale  con  altri  suoi  condiscepoli  ajutò 
nelle  logge  de’  Leoni , e n’  cartoni  per  gii 
arazzi  della  cappella  del  Papa,  e dei  Con- 
cistoro. Operò  bene  di  paesi  e di  prospet- 
tive 5 e fu  il  suo  colorire  tanto  a fresco  , 
che  a tempera  , e a olio  molto  lodevole. 
Dipinse  a monte  Giordano  in  Roma  una 
facciata  a chiaroscuro  : e in  Santa  Maria 
deli’  Anima  un  San  Cristofauo  alto  otto 
Braccia  , con  un  Romito  dentro  una  ca- 
verna. Ajutò  ancora  al  maestro  nella  log- 
gia de’  G Disi  in  Trastevere,  ed  in  molte 
tavole  e quadri:  e dopo  3a  di  lui  morie, 
insieme  con  Giulio  Romano,  finì  molte 
delle  sue  opere  che  rimasero  imperfette, 
e particolarmente  quelle  della  vigna  del 
Papa , e della  sala  grande  di  Palazzo. 
Venutosene  poi  a Firenze  fece  per  Lodo- 
vico  Capponi  . sul  canto  dì  una  sua  villa  ^ 
detta  Mont’  Ughi , sopra  1’  erta  canina  9 
lontano  un  miglio  dalla  città  fuori  della 
Porta  a San  Gallo,  un  tabernacolo,  che 
ancora  oggi  si  conserva  , dove  figurò  Ma- 
ria Vergine  con  Gesù.  Andatosene  a Na- 
poli vi  si  trattenne  qualche  tempo  appres- 
so a Tommaso  Cambi  Fiorentino,  che 
molto  lo  favorì , e vi  fece  opere  assai , e 
guadagnò  gran  denari  ; ma  come  quello, 


Gto.  Francesco  Pennx.  35 

che  molto  si  dilettava  di  giuoco , man- 
dando sempre  ad  uà  medesimo  passo  le 
perdite  di  quello,  co’guadagni  del  suo 
mestiere  , giunto  ali’  età  di  quarant’  anni  , 
e sopraggiunto  dalia  morte,  ebbe  poco 
che  pensare  a provvedersi  di  erede. 


MACRINO  D*  ALBA 


PITTORE 


GIUNTA 

D I 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

er  divisare  i periodi  de’  progressi  3 
che  da  Cimabue  in  qua  fecero  le  belle 
arii  , e per  esprimere  ordinatamente  tutti 
i miglioramenti  ad  esse  recati  dal  genio , 
e dalla  bravura  de’  valenti  artefici  , due 
sono  stali  i mezzi  da  me  adoperati  nel 
corso  della  presente  storia  ; cioè  con  il- 
lustrar primieramente , quanto  per  me 


MaCrino  d®  Alba.  Sy 

si  h potato  il  meglio,  le  memorie  già  con 
molla  diligenza  ed  attenzione  raccoltene 
dal  Baldi micci  ; e secondariamente  con 
aggiugnere  tratto  tratto  le  notizie  di  tan- 
ti altri  professori  , nati  in  varie  e diver- 
se contrade  , che  per  F età  sua  provetta  , 
o per  altra  qualunque  cagione  non  potè 
egli  , o trascurò  di  compilare»  Con  questa 
regola  , e con  questo  metodo  di  progres- 
sione, facendo,  secondochè  suole  avveni- 
re ne’  teatri , succedere  alia  prima  deco* 
razione  un’  altra  più  splendida  e appa- 
rente , sono  io  quasi  senza  avvedermene 
pervenuto  al  segno  di  porgere  agli  occhi 
degli  spettatovi  la  scena  più  magnifica  di 
tutta  la  rappresentazione.  Ma  giunto  ap- 
punto a questi  felicissimi  tempi  di  perfe- 
zione , e sto  per  dire  al  secol  d’  oro  del- 
ie arti  , e riflettendo  tulio  ad  un  colpo 
alle  tenui  mie  forze,  e alla  mancanza,  che 
pur  troppo  in  me  conosco  , d’  ogni  retto- 
ri co  ornamento,  confesso  candidamente, 
che  più  che  volentieri  io  ritrarrei  il  passo 
da  così  difficile  e pericoloso  cammino, 
imperciocché  con  quale  elevaziooe  di  stile, 
e con  quali  proporzionate  espressioni  mi 
farò  io  a ragionar  di  coloro , che  a così 
sublime  grado  salirono  ? Quali  eleganti 
tocchi  saprò  io  adoperare  per  tessere  gli 
elogj  de*  lumi  primarj  , i quali  non  me  a 
la  pittura  e ìa  scultura,  che  l’architet- 
tura illustrarono  ? Cessi  però  Iddio  , che 
io  sotto  tal  pretesto  mi  sottragga  al  grav# 


38  Dec.  III.  della.  Par.  I.  del  Sec.  I?. 
peso  , il  quale  , sebbene  non  con  quella 
avvedutezza  , che  a tale  uopo  richiedeva- 
si  , pur  volli  da  me  stesso  impormi.  E se 
Y impiego  di  tulle  le  mie  forze  non  baste- 
rà a riuscirne  degnamente,  piuttosto  che 
defraudare  gli  eruditi  delle  notizie  di  al- 
cun ragguardevole  artefice  , meglio  stime- 
rò di  lasciar  chiara  apparire  la  mediocri- 
tà mia  nel  ragionarne,  abbastanza  persua- 
so , che  mi  si  ascriverebbe  a colpa,  assai 
più  che  T insufficienza  , una  totale  e vo- 
lontaria ora  missione. 

Capo  di  tutti  con  venerabile  aspetto 
mi  si  presenta  il  gran  Leonardo  da  Vinci, 
stato  insieme  cou  tanti  alisi  dal  nostro 
Baìdinucci  passato  sotto  silenzio,  abbenchè 
quegli  stato  sìa  il  primo  a toccare  col  ge- 
nio suo  sublime  , e colla  divina  sua  men- 
te la  gloriosa  meta  nella  perfezione  prefis- 
sa. Discoprì  egli  il  primo  a’  fortunati  suc- 
cessori il  difficile  cammino,  che  tant’  aito 
avealo  condotto  ; cosicché  dietro  le  mira- 
bili sue  fatiche  , degne  d’  immortai  palma, 
poterono  poi  formarsi  i Saozj  , i Buonar- 
roti , i Sarti  , e tanti  altri  eccellenti  arti- 
sti , che  fiorirono  in  Toscana  , e fuori  nei 
secolo  decimosesto.  Di  questo  raro  arte- 
fice adunque  stato  sarebbe  qui  il  luo- 
go di  ragionare  , se  la  non  biasimevo]  pre- 
mura di  far  noto  al  mondo  un  valentissi- 
mo mio  nazionale,  non  mi  astringesse  a dif- 
ferirne ancora  le  notizie  per  alcuni  brevi 
momenti.  Supplico  pertanto  i cortesi  miei 


MacriiMQ  iì  Alea.  3g 

leggitori  a condonarmi  in  grazia  dei  giu- 
sto amore  delia  patria  questo  lieve  ritar- 
do , giovandomi  anzi  dì  sperare  , eh’  essi 
meco  parteciperanno  ia  giója,  ch’io  prò- 
vo  nel  poter  collocare  fra’  valenti  artefici 
di  quegli  aurei  tempi  un  bravissimo  Pie- 
montese , e nel  togliere  dall’ingiusta  ob~ 
blivione  Mac  ri  no  , cittadino  d’  Alba,  sta- 
to sino  al  presente  ignoto  a tutti  gli  scrit- 
tori delle  arti , e che  per  altro  cotanto 
valse  nella  pittura  , che  nulla  ebbe  da  in- 
vidiare agli  altri  pittori  suoi  con  tempora - 
. nei. 

Fiorì  sul  fine  del  decimoquinto  seco- 
lo Macrino  , nato  in  Alba,  città,  che  ol- 
tre al  pregio  di  essere  , secondochè  dice 
Dion  Cassio,  la  patria  dell’  Impera tor:  Per- 
tinace , fu  da’ suoi  padroni  per  l’antichi- 
tà e dignità  sua  in  gran  conio  tenuta  , e 
par  la  inviolabile  fedeltà  de’  suoi  cittadini, 
e abitatori  sommamente  commendata.  La 
fatale  mancanza,  o sivvero  la  perdita  del- 
le memorie  degli  scrittori  nostri  di  quei 
tempi  ci  lascia  ignorare  , non  solamente 
ov’  egli  avesse  i principi  dell’arte,  ma 
eziandìo  ogni  altra  circostanza  di  sua  vita 
Anzi  la  memoria  sua  , non  oaen  che  quel- 
la di  tanti  altri  artefici  miei  compatrioti  , 
giacerebbe  sepolta,  se  non  avess’ egli  se» 
gnate  di  proprio  pugno  parecchie  sue  o- 
pere , e se  per  buona  di  lui  sorte  non 
fosse  ia  tal  tempo  vissuto  altresì  Paolo 


4©  Dec.  III.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
Cerralo  scrittore  eccellente  (i)  di  latine 
poesie,  e natio  anch'egli  della  stessa  città 
d’Àiba,  il  quale  nell’  elegante  suo  poema 
de  Virginità  te  , stato  pubblicato  colle 
stampe  di  Parigi  Panno  1528.  descrivendo 
nel  secondo  libro  gli  angeli,  fa  la  seguente 
onorevol  menzione  di  questo  suo  valente 
concittadino  (2)  : 

. . . . nonumque  feruntur  in  orbem 

Angelici  super  astra  elio  ri  ? quis  laetior 
aetas 

Virgineos  /ingiù  vultus  , acque  ora  ve* 
nusta , 

Quorum  edam  in  tenera  laudares  virgine 
formarti  , 

Nudi  omnes  , rutilìque  comas  3 alisque 
coruscis 

Tedi  Jium eros.  Tales  ohm  finxisse 

perennem 

Macrini  me  mini  de  x tram  y dura  vita 
manereb . 


(1)  Mandò  fuori  il  Cerralo  nell' an- 
no i5o8  un  bellissimo  epitalamio  per  le 
nozze  di  Guighelmo  IX  marchese  di 
Monferrato. 

(2)  Lib.  IL  pag.  i3.  h . ver s.  £74  et 

seqq. 


Ma  crino  i>’  Alba.  41 

Dal  qual  testo  rileviamo  per  l' appunto  , che 
qualche  anno  prima  del  i52$  Macrino 
era  già  passato  da  questa  ad  altra  vita. 
Facendoci  ora  alle  sue  pitture,  conserva- 
si nella  chiesa  di  Santa  Maria  di  Lucedio, 
diocesi  di  Casale  , all’  aitar  maggiore  una 
bellissima  sua  tavola  dipinta  l’ armo  i499* 
nella  quale  rappresentò  Annibale  Paleoio- 
go  de’  marchesi  di  Monferrato  « commen- 
datore di  quella  badia  9 il  quale  ordinò 
la  tavola  , in  abito  di  protendano,  pro- 
strato a’  piedi  della  Vergine  , come  c’  in- 
segna l’eruditissimo  signor  teologo  5 e giu- 
reconsulto Giovanni  Andrea  Irico , cano- 
nico preposto  della  collegiata  di  Trino , 
agli  eruditi  ben  noto  per  le  dotte  sue  let- 
terarie fatiche.  Egli  adunque  nella  bellissi- 
ma sua  dissertazione  sopra  Santo  Oglerio, 
stampata  1’  anno  1745  dietro  i suoi  libri 
delle  cose  della  patria  , parlando  del  so- 
praddetto Annibaie  Paleologo  così  aggiu- 
gne  : Hujus  in  Locediense  lempìiim  munì  fi - 
centiam  cestalur  praeclarissìma  tabula  ma- 
foris  aiae  # in  qua  llannih  aleni  protonota - 
ìiali  habitu  indutum  ad  beatae  Virginia 
Marine  pedes  provolutum  Macrinus  Alberi- 
sis  pinxit  ; cui  e tiara  tabulae  hacc  subje - 
età  sunt  carmina  : 

% Annibai  illustris  Ferrati  Montis  , eù 
ingens 

» Commendatarius  nobile  fecìt  opus 


42  DeC.  III.  DELLA.  Par.  T,  DEL  SEC;  IV. 

» Hoc  fieri  Picior  Macrinus  nutus  in 
Alba 

» Auxìlium  pin.xit  contribuente  Deo, 
» MCCCCXC1X . V.  septembnSy 

Ma  delle  opere,  che  uscite  dell’elegante 
pennello  di  Macrinu  si  vedono  in  Alba  f 
accenneremo  primieramente , che  nella  chie- 
sa parrocchiale  di  San  Giovanni  degli  Ago- 
stiniani si  vagheggiano  due  insigni  pitture. 
In  una  , che  s’incontra  al  terzo  aliare  a 
ptarte  sinistra  entrando  in  chiesa  , si  vede 
con  bella  maniera  disposto,  e con  vago 
colorito  , e buon  disegno  di  pio  lo  il  bam- 
bino  Gesù  nel  mezzo,  alla  destra  la  Vergi- 
ne , San  Piccola  da  Tolentino,  e San  Giu- 
seppe , e alla  sinistra  Sani*  Agostino  ritto 
in  piedi,  e che  appoggia  la  mano  manca 
sopra  San  Girolamo,  che  ivi  sta  ginoc- 
chioni , e nell’ aria  tre  angeli,  uno  de  qua- 
li ha  nelle  mani  un  libro,  e gli  altri  due 
suonano  musicali  strumenti.  In  piè  del 
quadro  si  legge:  Machrinus  faciebat  1 5oS. 
Nell’  altra  tavola  della  stessa  chiesa  , posta 
all’  aitar  primo  a destra  entrando , vi  è 
vagamente  dipinta  la  Vergine  sedente,  che 
tiene  il  Bambino  sopra  le  ginocchia  , a 
dritta  Sant* Agostino,  e a sinistra  Santa  Lu- 
cia. A piè  del  quadro  vi  era  1’  iscrizione  , 
di  cui  se  ne  vedono  ancora  i corrosi  fram- 
menti , che  piò  non  sono  intelligibili.  ]Neì- 
r antica  chiesa  di  San  Francesco  si  ammi- 
ra parimente  sopra  il  primo  altare  a de- 


Macrini  d’  Alba.  43 

Stra  entrando  una  bellissima  tavola  divi- 
sa in  tre  partimenli.  In  mezzo  sta  la  Ter- 
gine sedente  , che  nella  mano  sinistra  tie- 
ne un  libro,  e col  braccio  destro  sostiene 
il  Bambino  ignudo  in  piedi  coli  la  mano 
destra  in  atto  di  benedire;  e a piè  l’epi- 
grafe : Macrimis  faciebat.  Ài  lato  destro 
vi  è in  alto  Dio  padre,  e a basso  San  Gio- 
vacchioo,  ^3  Sant’  Anna  , che  si  abbraccia- 
no ; e al  sinistro  un  angelo  con  San  Gio- 
vacchino  inginocchioai  in  atto  di  pregare» 
A questi  tre  paramenti  servono  di  latera- 
le ornamento  nove  altri  quadri  più  picco- 
li, de’  quali  un  solo  è di  Macrino , ed  è 
quello  di  mezzo  della  parte  superiore  , rap- 
presentante Cristo  ignudo  sino  a’ lombi 
fuori  del  sepolcro  , appoggiato  colle  spalle 
alla  croce.  Nella  sala  del  consiglio  del  pa- 
lazzo delia  città  conservasi  un  raro  qua- 
dro, che  prima  era  nella  cattedrale,  e fu 
da  quel  luogo  rimosso  in  occasione  , -che 
dalla  città  fu  ceduta  a monsignor  Carlo 
Francesco  Vasco,  per  uso  de’  vescovi , ìa 
cappella  , dov’era  situato.  In  esso  è dipiti*? 
ta  Maria  vergine  , e il  Bambino  nel  mez- 
zo , a dritta  Sant’Anna,  che  gli  porge  un 
bore  , e a sinistra  San  Giuseppe  > che  gli 
presenta  un  frutto  ; poste  tutte  le  dette 
ligure  sotto  un  padiglione  , sostenuto  nelle 
ab  da  due  graziosi  angioletti  ; e a piè  del 
quadro  è scritto  pure  il  nome  del  valoro- 
so artefice.  Ventiquattro  altri  piccoli  qua- 
dri pure  di  sua  mano  rappresentanti  varj 


44  fase.  TU.  della  Par.  T.  del  Sec.  IV. 
misteri  fanno  corona  al  descritto  quadro, 
e sono  al  medesimo  affissi  con  lamine  di 
ferro  ; e tra  essi  quel  di  mezzo  del  supe- 
riore ornamento  è di  figura  semicircolare, 
e rappresenta  V annunziazione  di  Maria. 
Tutte  le  soprannominate  pitture  sono  so- 
pra tavole  di  legno,  benissimo  conservate, 
e niente  danneggiale  da’ tarli.  Spicca  in 
esse  un  morbido  e vivace  colorito  ; e le 
figure  principali  sono  per  lo  più  di  pro- 
porzione un  terzo  meno  del  naturale,  del- 
le quali  alcune  cosi  ben  dipinte  , che  pa- 
iono vive,  ed  animate.  Sono  queste  opere 
perciò  a gran  ragione  con  somma  cura  cu- 
stodite da’  possessori , e tenute  in  conto 
grandissimo  da  qualunque  intelligente  per- 
sona. Mi  rimane  ora  a parlare  di  un’  al- 
tra pittura  di  Macrino  , che  parimente  in 
Alba  vedesi  colorita  a olio  sopra  un  mu- 
ro di  una  casa  , che  gli  Agostiniani  soglio- 
no dare  in  affitto,  ed  è posta  a mano  si- 
nistra di  chi  dalla  parie  del  Tanaro  entra 
nel  vicolo  , che  conduce  alla  porta  del 
giardino  de’ suddetti  frati.  Essa  quantun- 
que esposta  alle  piogge  e a’ venti , si  con- 
serva a maraviglia  ; e non  ostante  che  sia- 
si sedici  anni  fa  dovuta  restaurare  la  mu- 
raglia , sopra  cui  è dipinta  , perchè  minac- 
ciava imminente  rovina  , la  riparazione  pe- 
rò si  fece  in  maniera  che  punto  non 
venne  danneggiata  la  pittura.  Impercioc- 
ché i padroni,  ebe  per  qualunque  modo 
volevano  conservarla  , ordinarono,  che  con 


Ma  crino  d'  Alba*  45 

©gai  possibile  diligenza  si  ristampasse  la 
muraglia  interiormente,  senza  toccarne  la 
parte  esteriore,  il  che  di  fata  riuscì  egre- 
giamente , a riserva  del  nome  dei  pittore, 
il  quale  incautamente  fu  coperto  dì  calce 
dal  muratore  , mentre  accomodava  1’  into- 
naco laterale  al  quadro.  Affermano  però 
parecchi  (listimi  personaggi  di  quella  città 
di  avervi  chiaramente  letto  il  nome  di  Ma- 
crino  ; e se  questa  testimonianza  mancas- 
se, dal  confronto  delle  altre  opere  dei  lo- 
dato pittore  si  scorge  questa  pittura  esse- 
re incontrastabilmente  parto  di  suo  pen- 
nello. Ivi  adunque  si  rappresenta  seduta 
sotto  un  padiglione,  sostenuto  in  alto  a’ la- 
ti da  due  angeli,  la  Vergine,  che  tiene 
sulle  ginocchia  il  Bambino  , che  porge  un 
fiore  a San  Giuseppe  ritto  in  piedi  alla 
dritta  di  lui  , essendovi  altresì  San  Rocco 
alla  sinistra  ; e appunto  sotto  il  piede  di 
quest’  ultimo  era  scritto  il  nome  del  pit- 
tore. Inoltre  l’opera  è recinta  tuli’ all’ in- 
torno con  un  ornato  di  architettura  in  for- 
ma di  cornice.  E qui  non  saprei  io  bastan- 
temente encomiare  la  saggia  condotta  de’ pa- 
droni della  casa  nel  conservare  questa  bel- 
F opera  ; condotta , che  siccome  per  una 
parte  serve  d’infallibile  prova  del  loro  buon 
gusto , ed  ottima  cognizione  ; così  per  l’al- 
tra reca  onore  grandissimo  e ad  essi , 6 
alla  loro  città , che  può  giustamente  van- 
tarsi di  nudrire  cittadini  virtuosi , i quali 
si  distinguono  nel  rispettare  le  belle  prò- 


46  Dec.  III.  della  Par.  1.  del  Sec.  IV, 
(lozioni  deli’  arte  , principal mente  in  un 
tempo  , in  cui  in  tante  a lire  città  d' Italia 
vergognosamente  con  inudita  barbarie  si 
distruggono.  Altra  notizia  si  aveva  di  un 
piccolo  quadro  , rappresentante  un  Croci- 
fìsso , in  cui  doveva  pure  esservi  notato  il 
nome  di  Ma  cri  no  , ed  era  presso  ragguar- 
devole personaggio  ; ora  però  più  non  si 
rinvenne  per  qualunque  usatasi  diligenza, 
nè  si  è potuto  scoprire  cosa  siane  divenu- 
to. Ma  io  non  posso  più  oltre  dissimulare 
d i esser  debitore  delle  sovrari  ferite  notizie 
al  Signor  giureconsulto  Giuseppe  Vernazza, 
eruditissimo  concittadino  del  nostro  pitto- 
re , ed  amico  mio  prestantissimo.  Possiede 
questi , e gelosamente  custodisce  un  bellis- 
simo disegno  fatto  ad  acquerello  , firmato 
co3  caratteri  G.  Machrino  , dal  qual  dise- 
gno, che  pare  rappresenti  la  favola  d’Èr- 
cole , e Anteo , chiaramente  si  scorge  con 
quanta  forza  e fierezza  il  valente  nostro 
pittore  disegnava  ; basti  il  dire,  che  vi  so- 
no de’ tocchi  di  carattere  degni  del  gran 
Michelangelo.  Altra  memoria  noi  non  ab- 
biamo di  Macrino  , se  non  se  quella  , che 
s’  incontra  in  un  panegirico  , che  porta  il 
titolo  di  Metoposcopo  sacro , dei  padre 
maestro  Francesco  Maria  Ferragatta  Ago- 
stiniano, che  lo  recitò  in  Aiba  Tanno 
i65g  in  lode  de’  Santi  Frootimauo,  Ales- 
sandro , Cassiano  , Eufredo,  e Teobaldo 
protettori  di  quella  città , e lo  diede  poi 
alle  stampe  in  Carmagnola  lo  stesso  anno® 


Màcrtno  d’  Alba.  47 

Egli  adunque  parlando  de’  personaggi  illu- 
stri d’ AÌ ha  dice  cosi;  (?)  F'edesi  fra  gli  altri 
singolarissimo  un  Macrino  , A pelle  della 
sua  età , Zeusi  del  suo  secolo  9 che  ani- 
mando con  i colori  le  tele  , seppe  nel  dar 
vita  a figure  morte  render  se  stesso  im- 
mortale. E probabile  , che  Macrino  in  Al- 
ba tenesse  scuola,  e formasse  discepoli; 
congettura,  che  resta  avvalorata  dal  veder- 
si nelle  circonvicine  terre,  e borghi  del 
Piemonte  parecchie  antiche  tavole  assai 
ben  dipinte,  le  quali,  oltre  che  si  debbo- 
no riferire  a qua’  tempi , tengono  molto 
nel  disegno  e nel  vago  colorito  della  ma- 
niera di  Macrino»  Ma  siccome  manca  in 
esse  il  nome  degli  autori  , ed  essendo  noi 
pure  privi  di  chi  ce  ne  abbia  conservate 
le  notizie  , così  trovomi  io  costretto  con 
sommo  mio  rammarico  a lasciar  sepolti  nel- 
1’  oblio  molti  arteiìci , probabilmente  miei 
nazionali , le  opere  de’  quali  fanno  fede 
della  loro  virtù,  e chiaramente  dimostra- 
no quanto  essi  meriterebbero  di  essere 
celebrati. 


(1)  pag . zz. 


43 


BACCIO  D’  AGNOLO 

ARCHIETTO  FIORENTTINO 


poco  pregio  l’arte  del  legnaiuolo , se  ne 
elee  , piuttostochè  alla  qualità  dell’  arte  , 
attribuir  la  cagione  all’  esercitarsi  essa  sen- 
za studio  e senza  disegno  da  persone , 
che  grossolanamente  vi  attendono.  Non 
così  era  negli  andati  tempi , in  cui , chi 
quella  intraprendeva  , applicando  prima 
seriamente  al  disegno  , riusciva  persona 
d’ invenzione,  e capace  a condurre  opere  pre- 
gevoli ; onde  spesse  volte  poi  i’  operajo  * 


GIUNTA 


D I 


GIUSEPPE  PIAGENZA, 


nostri  bassa  § e di 


Baccio  d9  Agnolo.  49 

nei  disegno  sempre  più  rinforzandosi  » 
s’innalzava  ad  esercizio  più  nobile,  come 
per  cagiou  d’esempio  alla  scultura,  ovve- 
ro all'  ar  ohi  lettura.  Ciò  seguì  per  appun- 
to in  Baccio  d’  Àgnolo  , di  cui  qui  pren- 
do a compilar  le  notizie,  il  quale  dall’ in- 
tagliare in  legno , in  cui  era  eccellentissi- 
mo , passò  poi  a professare  1’  architettura. 
Egli  era  nato  in  Firenze  1’  anno  1460  , e 
nella  sua  prima  gioventù  lavorando  elegan- 
temente di  rimessi  , ebbe  a fare  in  Santa 
Maria  Novella  l’ornamento  dell’ altare  9 
divisato  con  giudizio  , e beli’  industria , 
non  inferiore  a quella  , che  spicca  nel  ma* 
raviglioso  organo  ordinato  dalla  repub- 
blica con  suo  disegno.  Aveva  egli  pure  la- 
vorato r ornamento  dell’  aitar  maggiore 
della  Nunziata;  opera  stimatissima  per  l’in- 
taglio in  legno  del  nostro  Baccio , per  le 
pitture  di  Pietro  Perugino,  e pel  Crocifìs- 
so del  Sangaììo,  e che  fu  totalmente  di- 
strutta , non  senza  biasimo  giustamente  in- 
corso da’  Fiorentini  , i quali  permisero  ad 
Alessandro  e ad  Antonio  de’  Medici  , fi- 
gliuoli di  Vitale  Ebreo  fatto  Cristiano,  d’in- 
nalzare sull’ aitar  maggiore  spogliato  de’ve- 
insti  pregevoli  ornamenti  il  ciborio  vera- 
mente ricchissimo  d’argento  che  vi  si  vede. 
Infinite  altre  cose  pubbliche  e private  fe- 
ce Baccio  in  Firenze,  finché  invogliato  di 
essere  architetto  si  portò  a Roma  per  im- 
pararne V arte  sugli  autichi  monumenti  ; 
onde  tornato  poi  in  patria  vi  ebbe  a con- 
Baldinucci  Voi . VII . 4 


5o  T)ec.  III.  ©ella  Par,  I.  del  Sec.  IV. 
durre  per  l’entrata  di  papa  Leon  X in 
diversi  luogi  archi  trionfali  di  legname. 
Date  dunque  alquante  riprove  del  saper 
suo  in  tal  genere  , cominciò  ad  essere  in 
credito  in  Firenze  ; cosicché  fu  fatto  capo 
di  alcune  delle  più  magnifiche  fabbriche  , 
che  ivi  s’  innalzassero.  Col  Cronaca  , e con 
altri  valenti  architetti  fu  consultato  per  la  gran 
sala  di  palazzo,  ove  lavorò  di  sua  mano 
in  legname  F ornamento  della  tavola  , che 
•vi  abbozzò  frate  Bario! ommeo ; ed  ivi  pu- 
re in  compagnia  degli  altri  fece  la  scala  , 
che  dà  l’accesso  a detta  sala,  col  suo  ador- 
namento di  pietra  molto  bello,  con  le 
colonne  di  mischio,  e con  le  porte  di  mar- 
mo. Con  tutto  ciò  non  volle  egli  però  mai 
abbandonar  la  bottega  , in  cui  si  raduna- 
vano a conversare,  massimamente  nel  ver- 
no , i più  egregi  artisti  d’  allora  , fra  i qua- 
li il  gran  Raffaello  , il  Sansovino  , il  Ma- 
jano  , il  Cronaca,  i fratelli  Sangalli,  il 
Granaccio , e qualche  volta  ancora  Michel- 
angelo , insieme  con  molti  altri  buoni  in- 
gegni Fiorentini  , e forestieri.  In  Guaifon- 
da disegnò  a Giovanni  Bartolini  un  giar- 
dino , posseduto  ora  dal  marchese  Riccardi. 
Sulla  piazza  di  Santa  Trinità  per  Io  stesso 
Rartoìini  fece  un  palazzo  con  ornamento 
di  finestre  quadre  co’ suoi  frontespizj  , la 
cui  porta  veniva  arricchita  da  colonne , che 
reggevano  1’  architrave  , fregio  e cornice. 
Ma  per  essere  quello  il  primo  edifizio,  che 
in  tal  gusto  si  fabbricasse  in  Firenze  , do- 


BOCCIO  D*  ÀGNOLO.  5t 

vette  soffrire  le  strida  che  pur  troppo 
le  novità  sogliono  portarsi  dietro»  Si  sca» 
gliarono  pertanto  contro  Baccio  tutti  i Fio- 
rentini , biasimando  altamente  il  disegno 
non  solamente  con  parole , ma  eziandio  e 
con  sonetti  , e con  filze  di  frasche , appic- 
cate alla  fabbrica  , come  si  fa  nelle  feste 
alle  chiese,  per  mostrare  con  ciò,  che  più 
somigliava  a un  tempio,  che  ad  uo  palaz- 
zo. lì  povero  architetto  fu  quasi  per  uscir 
di  cervello  ; tuttavia  parendogli  di  avere 
imitato  il  buono,  si  fece  cuore,  e stette 
saldo  ; anzi  per  ribattere  con  pungente  sa« 
tira  i motteggi , che  gli  erano  dal  popolo 
Fiorentino  lanciati  , intagliò  nel  fregio  del- 
la porta  in  lettere  ben  majuscole  : Carpa « 
re  promptius  , quam  imitavi » Egli  è vero 
però  , che  Baccio  non  ebbe  il  giudizio  di 
adattare  a questo  palazzo  un  proporziona- 
to cornicione.  Imperciocché  quello , che  vi 
pose,  quantunque  Y avesse  egli  copiato  da 
un  bei  frontespizio  antico,  ch’era  in  Ro- 
ma negli  orti  del  Contestabile  , e eh’  eb- 
be poi  la  stessa  sorte  di  tante  altre  anti- 
chità , cioè  di  essere  demolito  , non  aven- 
dolo saputo  con  giudizio  accomodare  nelle 
proporzioni  alla  fabbrica  , riuscì  tanto  ma- 
le , che  peggio  non  vi  potrebbe  stare , fa- 
cendo la  figura  medesima  , come  se  ad 
un  capo  di  un  fanciullo  si  volesse  apporre 
un  cappellaccio  di  un  uomaccione,  Diede 
poi  disegni  di  molti  altri  palazzi,  e fra 
essi  a Pier  Francesco  Borgherini  quello  deh 


$2  Dec.  III.  della  Par.  T.  del  Sec.  IY. 
la  sua  casa  in  borgo  sant’  Apostolo , fa- 
cendovi con  molte  spese  gli  ornamenti  del- 
le porte,  e de’ cammini  bellissimi;  e par- 
ticolarfriente  in  una  camera  vi  lavorò  per 
ornamento  cassoni  di  noce  pieni  di  putti 
intagliati  con  tanta  diligenza  e perfezio- 
ne, che  simile  si  stenterebbe  a condurre 
in  oggi.  Al  medesimo  disegno  la  villa  sul 
poggio  di  Bellosguardo , che  sebbene  costò 
gran  somma  , riuscì  però  bella  , e comoda 
grandemente.  Afferma  il  padre  Ricba  (i), 
che  d' invenzione  di  Baccio  sia  la  chiesa 
di  San  Giuseppe  de’  minimi , ripartita  in 
tre  cappelle  per  lato,  tramezzate  da  pi- 
lastri Corintj  di  pietra  serena , con  un  cor- 
nicione , che  rigirando  tutta  la  fabbrica 
apporta  grandissimo  adornamento;  e do- 
veva, secondo  il  disegno  , essere  accresciu- 
ta ancora  con  due  grandi  cappelle  a’ lati 
dell’  aitar  maggiore  ^ con  le  quali  avrebbe 
poi  avuta  la  bella  e lodevole  forma  di  croce. 
La  suddetta  nuova  chiesa  si  aprì  per  la  prima 
volta  a’ 19.  di  maggio  Tanno  1819  Molti 
furono  i campanili  per  le  chiese  di  Firen- 
ze inventati  da  Baccio  , nel  qual  genere 
di  fabbriche  egli  aveva  un  gusto  e talen- 
to particolare.  Ne  basti  per  prova  il  cam- 
panile di  santo  Spirito,  forse  il  più  bello 
fra  tutti  i campanili  , che  fu  pur  fatto  da 


fi)  Tom.  I.  pag.  180. 


Baccio  d’  Agnolo.  53 

Baccio , insieme  a quello  di  san  Miniato 
a Monte , lavorato  con  tanta  sodezza , che 
potè  resistere  a’col pi  d’artiglieria,  co’quali  fu 
battuto  dai  campo  del  principe  d’  Oranges, 
quando  assediò  Firenze  nel  iòzl);  onde  ri- 
mase non  meno  famoso  per  le  offese  latte 
a’  nemici  , che  per  la  bontà  e bellezza  , 
con  cui  fu  fabbricato.  Il  lodatissimo  padre 
Richa  (i)  ricavò  da  un  libro,  che  contiene 
le  spese  per  la  fabbrica  del  campanile 
de’  monaci  di  san  Michele  degli  Aotinori  , 
che  detto  campanile  nel  iSiy.  fu  rìedifi- 
cato  col  disegno  di  Baccio,  quale  in  oggi 
si  vede  ; e porta  opinione  altresì  (a)  , che 
quello  della  chiesa  di  sant’  Apostolo  , che, 
quantunque  sia  ben  alto,  compare  al- 
quanto basso  a motivo  de’ palazzi,  i qua- 
li lo  circondano,  sia  aneli’ esso  opera  del 
nostro  architetto  , tale  ravvisandolo  egli 
dalla  somiglianza , che  ha  con  gli  altri 
fatti  dallo  stesso  autore  ; ed  è parimente 
magnifico  negli  archi,  nelle  finestre,  e nei 
cornicioni.  Per  ì’  entrata  in  Firenze  di 
Carlo  V.  1’  anno  i536  fece  egli  in  compa- 
gnia di  Giuliano  suo  figliuolo  un  arco 
trionfale , descritto  dal  Vasari  nelle  pitto- 
riche, ch’era  posto  nel  mezzo  della  cro- 
ciera , che  volta  a san  Felice  in  piazza , 
doppio  , e lavorato  da  tutte  due  le  bande, 


54  Dec.  Ili  della  Par.  I.  del  Seg,  IV. 
arricchito  di  storie  e trofei,  eoa  quattro 
colonne  scanalate  , e suo  architrave  , fre- 
gio, e cornicione  d'ordine  Corintio,  inta- 
gliato tutto  di  legname  superbamente.  la 
compagnia  di  Antonio  vecchio  da  Sangal- 
3o  con  begli  ordegni  cavò  dall’ opera  di 
santa  Maria  del  Fiore,  condusse  alla  piaz- 
za , e mise  in  opera  F Ercole  gigantesco 
del  Bandinella  E qui  dovrei  io  terminare 
Y elogio  dì  Baccio  , tacendo  i due  fatti  se- 
guenti , che  per  verità  recano  poco  ono- 
re alia  memoria  di  lui , se  lecito  fosse  al- 
io storico  il  nascondere  alcuna  delle  veri- 
tà a lui  note.  L’uno  fu,  quand’egli  per 
parte  de’  consoli  si  presentò  in  confronto 
di  Michelangelo , che  faceva  le  parti  dello 
scultore , a stimare  le  famose  statue  di 
bronzo,  che  sono  sopra  la  porta  del  bat- 
t isterie  , lavorate  divinamente  da  Giovati 
Francesco  Rustici.  L’  altro  fu  , quando  per 
eseguire  di  suo  disegno  il  ballatojo  della 
cupola  di  Santa  Maria  del  Fiore  , ebbe 
F insolenza  di  tagliar  le  morse  , che  non 
senza  proposito  aveva  lasciate  fuori  il  Bru- 
nellesco , relative  al  proprio  disegno.  Il 
qual  ballatojo,  siccome  si  è accennato  nel- 
la vita  del  Bruneliesco , non  potè  egli 
sorpreso  dalla  morte  mettere  io  esecuzio- 
ne , rimanendo  soltanto  il  disegno  nell’  o- 
pera,dove  come  una  reliquia  avrebbe  dovuto 
essere  conservato,  perchè  parto  della  men- 
te delio  stesso  autore  della  famosa  cupola. 
E pure , chi  ì crederebbe?  Pochi  anni  ap- 


Baccio  d’  àgnolo.  55 

presso  per  la  balordaggine  e stupidità 
ae’  miaistri  più  aoa  si  rinvenne.  Baccio 
dunque  si  fece  innanzi  col  suo  modello  , 
il  qual  venne  approvato , ed  egli  già  ne 
aveva  messa  in  opera  i’  ottava  parte  , cioè 
quella  che  si  vede  verso  il  canto  de’  Bi- 
scheri, quando  per  buona  fortuna  giunse 
da  Roma  Michelangelo,  e fece  di  ciò  tan- 
to rumore,  che  si  restò  di  lavorare.  Dis- 
se egli  allora  , che  il  baliatojo  di  Baccio 
pareva  uia  gabbia  da  grilli  , e che  quel- 
la gran  macchina  richiedeva  cosa  maggio- 
re , e fatta  con  altro  disegno  , e con  al- 
tra grazia  ; e che  perciò  mosterrebbe  egli, 
come  si  avesse  a fare.  Parrà  forse  a talu- 
no , che  ad  una  simile  proposizione  del 
gran  Michelangelo  nulla  più  vi  sarà  stato 
da  replicare,  e che,  senza  nè  pure  ag- 
giunger parola , a lui  sì  sarà  coni  messo 
V iucarico  deli’  opera.  Ma  la  cosa  non  an- 
dò così;  perchè  presentato  eh’  ebbe  Mi- 
chelangelo il  suo  modello  , si  contese  lun- 
gamente sopra  esso  fra  molli  artefici  , e 
cittadini  davanti  al  Cardinal  Giulio  de’Me- 
dici , il  quale  dopo  avere  avuta  la  bea- 
tanza  di  sentir  disputare  , qual  de’  due  si 
dovesse  preferire,  se  Michelangelo,  o Bac- 
cio , nulla  conchiuse , e la  cupola  restò 
per  sempre  senza  il  baliatojo.  Vuole  il  Va- 
sari , che  Baccio  attendesse  anche  a fare 
i pavimenti  maravigliosi  di  santa  Maria 
del  Fiore;  ma  il  senator  Nelli,  ed  il  Ci- 
nelìi  attribuiscono  quello  della  navata  di 


I 


56  DEC.  HI.  DELLA  P 4.R,  I.  DEL  SeC.  IV. 
mezzo  a Francesco  da  Sangallo  (i).  Sicco- 
me però  lungo  tempo  s’ impiegò  nel  lavo- 
ro de’  diversi  pavimenti  di  marmo  di  quel- 
la chiesa,  così  vi  avranno  avuto  parte  di- 
versi artefici  , e fra  essi  forse  Baccio  di 
Agnolo  ancora.  Seguitò , finché  visse  , il 
nostro  artefice  ad  aver  cura  di  moltissime 
fabbriche  per  cittadini  dentro  e fuori  di 
Firenze  , e in  particolare  di  tutti  i prin- 
cipali monasteri  e conventi  della  città. 
Finalmente  condottosi  sano  di  mente  6Ìno 
agli  anni  83,  pagò  il  dovuto  tributo  |alla 
natura  nel  1S43 , e fu  interrato  in  san 
Lorenzo  da  Giuliano,  Filippo,  e Domeni- 
co suoi  figliuoli  , che  tutti  e tre  attesero 
all’arte  dell’intaglio,  avendo  Giuliano 
altresì  professata  specialmente  l’architettu- 
ra 9 come  si  dirà  ai  suo  luogo. 


(1)  Richa  tom.  VI.  pag,  124» 


57 


FRANCESCO  MORONE 

PITTOR  VERONESE 


GIUNTA 

D I 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

Fa  figlio  di  Domenico,  Francesce 
Morone , nato  aoch’  egli  in  Verona  , ove, 
appresi  dal  padre  suo  i principj  della  pit- 
tura , riuscì  in  breve  maestro  assai  miglio- 
re , e venne  universalmente  lodato  per  la 
bella  maniera  di  disegnare  e di  colorire. 
Stimatissime  erano  le  pitture  di  Francesco 
in  Santa  Maria  iu  organo  , in  Sau  Berna r- 


58  Dec.  III.  della  Far»  I.  del  Sec.  IV, 
dino  , ed  in  altre  chiese  di  Verona,  che 
ora  più  non  si  vedono  , avendo  dovuto 
per  la  loro  antichità  cedere  il  luogo  ad 
altre  più  moderne.  Quelle  per  altro , che 
tuttora  si  conservano  , rammentateci  dal 
Maffei  , e nella  ricreazione  pittorica  di 
quella  città  , sono  le  seguenti.  In  San  Ber- 
nardino de’  minori  osservanti  all’  aitar 
grande  ii  quadro  con  la  Vergine  , ed  altri 
Santi  ; e la  tavola  nella  cappella  a destra 
entrando.  Nella  cattedrale  ali’  aitar  del 
Salvatore  colla  croce  sulle  spalle  i Santi 
Jacopo  e Giovanni  ; figure  , che  il  Vasa- 
ri dice  essere  di  tanta  bellezza  e bontà  , 
quanta  più  non  si  può  desiderare.  In  San- 
ta Maria  in  organo  di  tante  belle  pitture, 
che  vi  erano  , si  conserva  soltanto  nella 
cappella  di  Santa  Croce  il  fregio  dipinto 
a colonnati  con  sacre  istorie.  AH’  isola  del- 
la scala  nella  chiesa  de'  minori  osservanti 
si  vedono  quattro  Santi  della  loro  religio^ 
ne  con  la  Vergine  in  alto.  Fece  France- 
sco molte  altre  opere  da  se  , e in  compa- 
gnia di  Girolamo  dai  Libri  suo  amicissi- 
mo , le  quali  più  non  esistono  ; onde  non 
occorre  farne  altra  menzione.  Gonchiude- 
rò  bensì  col  Vasari , che  questo  pittore 
diede  alle  opere  sue  grazia  , disegno  , li- 
mone , e colorito  vago  e acceso,  quanto 
alcun  altro.  Fu  in  quanto  a’  costumi  tan- 
to dabbene  e religioso  , cbe  mai  non  gii 
si  udì  uscir  di  bocca  parola  meno  che 


Francesco  Morone.  5g 

onesta.  Finalmente  dopo  anni  55  di  vita 
morì  a’  i6  di  maggio  del  iS^g  , e 
fa  sepolto  in  San  Domenico  accanto  ai 
padre. 


6o 


FRA  GIOVANNI 

DA  VERONA 

MAESTRO  DI  TARSIE,  E D’INTAGLI 


Gl  UN T A 

DI 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

IVXouaco  ^ o laico  della  religione 
Olivetana  fu  Giovanni  da  Verona,  somma-' 
mente  dal  Vasari  sopra  ogni  altro  commen- 
dato nel  lavoro  di  tarsie,  specie  di  musaico 
fatto  con  legni  di  varj  colori  commessi. 
M ncò  universalmente  in  oggi  questa  bel- 
lissima arte,  nella  quale  fra  Giovanni 
non  solo  lavorò  eccellentemente , ma  eh- 


Fra  Giovanni»  6r 

be  il  merito  ancora  di  darle  nuovo  essere, 
trovando  il  modo  di  colorire  in  diverse 
maniere  i legni  con  tinte  bollite , e con 
oli  penetrativi  , lumeggiando  , ed  ombreg- 
giando le  storie  in  guisa  , che  vi  si  scor- 
ge il  vicino,  e il  lontano,  come  nella 
pittura;  superiore  anche  in  ciò  a coloro, 
che  lo  precedettero  , e che  solo  avevano 
impiegato  il  nero  e il  bianco  pe’  lor  la- 
vori. Molte  opere  di  lui  rimasero  in  Ro- 
ma al  palazzo  Vaticano  nelle  stanze  parti- 
colarmente dipinte  da  Raffaello,  nelle  qua- 
li per  far  le  spalliere  di  pregio  corrispon- 
dente alla  pittura  , fece  papa  Giulio  II. 
andare  a Roma  il  nostro  fra  Giovanni  y 
che  vi  lavorò  non  solo  le  dette  spalliere 
all’ intorno,  ma  uscj  bellissimi  altresì,  e 
sederi  in  prospettive  ; il  che  tutto  procac- 
ciò al  nostro  artefice  grazie,  onori  e pre- 
mj  dal  Pontefice.  Ed  è un  danno  vera- 
mente , che  alcune  di  queste  per  negli- 
genza ora  sieno  andate  a male.  Ornò  fra 
Giovanni  co’  suoi  lavori  il  coro  di  Monte 
Oliveto  di  Chiusuri  , quel  di  San  Bene- 
detto di  Siena  , e la  sagrestìa  di  Monte 
Ofiveto  in  Napoli.  Le  opere  però , eh’  ei 
lasciò  in  Verona  nella  sagreslìa  di  santa 
Maria  in  organo,  così  d’  intarsiature  come 
d’ intagliar  di  rilievo  , e che  condusse  nel 
1499  ’ superano  tutte  le  altre  , e mostra- 
no sin  dove  in  così  fatti  lavori  possa  ar- 
rivare l’ ingegno.  Sono  esse  dopo  sì  lungo 
tempo  conservatissime,  Ivi  degno  di  lode 


02  DEC.  III.  DELLA.  Par.  I.  DEL  SeC.  IV. 
particolare  è parimente  il  grandissimo  Can- 
deliere di  noce  pel  cereo  , lavorato  d’  in- 
taglio con  tre  festoni  di  frutti , e foglie  , 
che  ricadono  , e sono  così  naturali , che 
superano  ogni  credenza.  Meritò  egli  dun- 
que di  essere , come  fu  «,  con  grandissimo 
onor  tenuto  dal  suo  ordine  religioso,  fin- 
ché morì  d’  anni  68  nel  i53j.  Ed  era  al- 
tresì di  dovere  , che  io  seguendo  il  Vasa- 
ri, e il  Maffei,  facessi  qui  particolar  men- 
zione della  rara  virtù  di  fra  Giovanni,  le 
cui  orme  battendo  gii  altri  maestri  , che 
lo  seguitarono,  furono  in  caso  poi  di  fa- 
re in  questo  genere  di  lavoro  opero  rare, 
e pregevoli. 


GIROLAMO  DAI  LIBRI 

PITTOR  VERONESE 


63 


GIUNTA 

D I 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

Eibbe  Francesco  dai  Libri  il  vec- 
chio , per  figliuolo  Girolamo,  che  riuscì 
molto  miglior  pittore  del  padre.  Nacque 
egli  nel  1472  , e posto  in  tenera  età  dal 
padre  alla  pittura  , giunto  appena  al  se- 
dicesimo anno  fece  un  quadro  in  santa 
Maria  in  organo  , che  servì  di  prova  in- 
contrastabile delia  sicura  sua  riuscita  nel« 


64  Bec.  IIL  della  Par.  I,  del  Sec.  IV. 
l’arte.  Nello  scoprirsi  un  sì  bel  dipinto 
del  giovane  pittore  tale  fu  la  maraviglia 
del  pubblico  , che  ognuno  corse  a gara 
ad  abbracciare  il  padre  , e a rallegrarsi 
con  esso  lui  del  raro  merito  del  figlio. 
Inanimito  pertanto  Girolamo  dalle  lodi, 
che  gli  venivano  date,  intraprese  con  mag- 
giore impegno  altre  opere  ; e fra  esse  ia 
San  Paolo  , detto  San  Polo  , alla  cap- 
pella maggiore  fece  la  Vergine , ed 
il  Bambino , ed  altri  Santi.  In  San- 
t’  Andrea  dipinse  esso  Santo  con  San 
Pietro.  In  San  Giorgio  delle  monache  Ago- 
stiniane alla  sinistra  lavorò  il  quadro  di 
San  Lorenzo  Giustiniano  con  la  Vergine  , 
un  Santo  vescovo  a basso,  ed  angeli;  e 
ciò  fu  Tanno  iò^g,  Nella  suddetta  chiesa 
di  Santa  Maria  in  organo  è opera  sua  il 
piccolo  ovato  sopra  il  quadro  dell’  aitar 
maggiore  ; e sua  pure  ivi  crede  il  Maffei 
la  pittura  della  volta.  Nella  stessa  chiesa 
ad  altro  altare  fece  il  quadro  , in  cui  è 
la  Madonna  , San  Bartolommeo  , ed  altro 
Santo,  e setto  sono  tre  angeli  in  atto  di 
suonare.  Molte  altre  pitture  esistevano  in 
quella  chiesa  , ma  ora  furono  levate  per 
collocarne  delle  più  recenti.  Ne’  contorni 
di  Verona  alla  chiesa  di  San  Leonardo 
de' canonici  regolaci  dietro  T aitar  maggio- 
re si  conserva  la  maravigli  osa  tavola  del- 
la Vergine  con  quattro  Santi  , e -un 
oltre  ogni  dire  bellissimo  , in  cui  è 


paese 

degno 


Girolamo  dai  Libri.  65 

di  particolar  lode  un  albero,  che  si  cre- 
de un  lauro,  e ad  esso  pare  appoggiata 
una  seggiola  , sopra  cui  posa  la  nostra 
Donna.  E perchè  i rami  deli’ albero,  che 
non  sono  molto  folti  , si  avanzano  assai 
sopra  la  seggiola,  vi  si  distingue  fra  essi 
un’aria  chiara,  e bellissima.  Infinite  sono 
le  lodi  , che  dà  a quest’  albero  il  Vasari  , 
narrando,  che  molte  fiate  si  videro  vola- 
re uccelli  ad  esso  , per  posarvisi  sopra,  e 
massimamente  rondini,  che  avevano  i oi- 
di nelle  travate  del  tetto.  Di  simile  acci- 
dente cita  egli , oltre  altre  persone  degnis- 
sime di  fede , per  testimonio  di  vista  il 
padre  don  Giuseppe  Manginoli  Veronese  , 
stato  due  volte  generale  di  quell’ ordine, 
uomo  incapace  di  affermare  cosa  , che  ve- 
rissima non  fosse.  Agli  Olivetani  di  Ron- 
cano va  nel  coro  vi  è del  nostro  pittore  la 
Vergine  col  bambino  , e co’  Santi  Filippo 
e Giacomo.  In  Lavagno  alle  Mezzane  di 
sotto  si  conserva  a lato  dell’ aitar  maggio- 
re la  Vergine  sedente,  e a basso  San  Pao- 
lo e Santa  Caterina  ; essendovi  ivi  pure 
alcuni  ritratti  della  stessa  mano.  Oltre  il 
dipingere  , miniò  Girolamo  con  bravura 
ed  eccellenza  superiore  ad  ogn’  altro  , che 
dell’età  sua  fosse  in  Lombardia,  e nei 
Veneto  stato.  Fece  perciò  in  tal  genere 
molti  libri  pe’  monaci  di  Montescaglioso 
ne!  regno  di  Napoli,  per  que’di  Santa 
Giustina  in  Padova  , e molte  opere  in  Ve- 
rona per  Santa  Maria  in  organo  , e pei 
Baldinuccì  Voi . VII . 5 


V 


66  Dec.  III.  della  Par.  I.  delSec.  IV. 
monaci  negri  di  San  Cazzano.  Ponessi  in 
persona  , ii  che  non  volle  mai  fare  in  ve- 
runo altro  luogo  , a Candiana  , ricco  mo- 
nastero de' canonici  regolari  di  San  Salva- 
tore , a lavorare  di  minio  molte  bellissi- 
me cose.  Ed  appunto  , mentre  colà  dimo- 
rava , da  lui  apprese  i primi  principi  del 
miniare  don  Giulio  Clovio,  che  riuscì  poi 
miniatore  eccellentissimo , e ch’era  frate 
in  quel  luogo  , come  si  dirà  più  oppor- 
tunamente nelle  sue  notizie.  In  Verona 
operò  pure  per  li  frati  di  San  Giorgio  ; e 
pel  loro  priore  don  Giorgio  Caccìamale 
Bergamasco  laverò  di  minio  una  stupendis- 
sima carta,  che  fu  la  migliore  di  tutte 
l' opere  sue.  Rappresentò  sopra  la  mede- 
sima il  paradiso  terrestre  con  Adamo  ed 
Èva  cacciati  dall’  angelo  , che  gl’  insegui- 
sce coda  spada , non  potendosi  bastante- 
mente esprimere,  quanto  sia  grande  e 
bella  la  varietà  degli  alberi  , de’  frutti , 
de’  fiori  , degli  animali  , degli  uccelli , e 
delle  altre  cose  tutte.  Usò  il  priore  per 
questo  bel  lavorìo  infinite  cortesìe  a Giro- 
lamo , e gli  donò  in  regalo  sessanta  scudi 
d'  oro.  Faceva  Girolamo  i fiori  con  tanta 
diligenza,  che  veri  parevano,  e naturali; 
e contraffaceva  altresì  maravigliosamente 
cammei  piccoli  , pietre  , e gioje  intagliate, 
e piccole  figure , nelle  quali  , non  ostante 
la  estrema  Jor  picciolezza  , si  distinguono 
latte  le  membra , e tutti  i muscoli  così 
bene  , che  appena  si  può  credere  da  chi 


Girolamo  dai  Libri.  67 

non  n’  ò spettatore.  Morì  finalmente  Giro- 
lamo Tanno  i555  a’due  di  luglio  in  età  d*  ot- 
tanta tré  anni  , e fu  sepolto  in  San  Nazza- 
rio  nelle  sepolture  della  compagnia  di  Sau 
Biagio.  Fu  persona  molto  dabbene , con- 
dusse vita  innocente,  nè  mai  ebbe  lite, 
nè  travaglio  con  veruno.  Lasciò  varj  figli- 
uoli , e fra  essi  uno , che  fu  chiamato 
Francesco,  di  cui,  perché  attese  all*  arte, 
ne  darò  a suo  luogo  le  notizie. 


68 


GIOVANNI  BATTISTA 

DA  VERONA 

SCULTORE 


JiJ; T * 

Gl  UN TA 


DI 

GIUSEPPE  PIACENZA. 


Ho  io  qui  voluto  far  memoria  di 
Giovati  Battista  da  Verona  scultore  , quan- 
tunque di  esso  niuua  altra  notizia  io  ab- 
bia rinvenuta , fuorichè  quella , che  nel 
Vasari  s’  incontra  per  accidente  nella  vita 
di  Liberale,  ove  dice,  che  Giovan  Battista 
prima  di  passare  in  Mantova , dove  ebbe 
stanza , aveva  fatto  per  monsignor  Giovan 


Giovanni  Battista.  69 

Matteo  Giberto  vescovo  di  Verona  un  Cro- 
cifisso di  rilievo  bellissimo  , stato  posto 
nella  cappella  del  palazzo  episcopale  di 
detta  città. 


1° 

GIOVANNI  BUONCONSIGLI 


PITTOR  VICENTINO 


GIUNTA 

D X 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

Tarasse  questo  pittore  l’origine  sua 
da  Vicenza  , e si  accostò  nell’  arte  anch'er 
gli  di  molto  alla  maniera  de  buoni  mae- 
stri , che  allora  fiorivano.  In  Vicenza  sua 
patria  nella  chiesa  di  San  Bartolommeo 
de’  canonici  Lateranesi  si  vede  di  sua  ma- 
no Cristo  morto,  con  la  Madre  che  pian- 
ge $ e San  Giovanni,  e Santa  Maria  Mad- 


Giovanni  Buonconsigli.  ji 

dalena  ; con  di  pia  tutte  le  pitture  dei 
secondo  altare  a mano  sinistra,  eccettuata- 
ne solo  la  tavola  esprimente  la  presenta- 
zione al  tempio.  Pertossi  poi  il  Buoncon- 
sigli  in  Venezia  , dove  sempre  lavorò  ; ed 
in  San  Giovanni  e Polo  esiste  anche  in 
oggi  un  quadro  appeso  ad  un  pilastro  di 
là  dal  pulpito,  e in  esso  rappresentò  San 
Tommaso  d’  Aquino  , che  insegna  , e di- 
sputa sedente  in  cattedra  , avendovi  anche 
fatta  una  lodevole  prospettiva  di  casamen- 
ti. In  San  Cosimo  della  Giudecca  , nella 
cappella  a sinistra  deli1  aitar  maggiore,  di- 
pinse una  singoiar  tavola  con  nostra  Don- 
na sedente  in  alto  , e Gesù  bambino  in 
braccio  sotto  ad  una  volta  lavorata  con 
begl’  intagli , e dalle  parti  sono  i Santi 
Cosmo  e Damiano  in  veste  ducale  , San 
Benedetto  , Santa  Eufemia  , Santa  Dorotea 
e Santa  Tecla;  e nel  sedile  delia  Vergine 
scrisse  : Joannes  Bonconsilius  Marescal- 
ca de  Vicenda  1497.  ^ finalmente  in 
San  Jacopo  delio  dall’  orio  è sua  opera  la 
tavola  di  San  Sebastiano  con  San  Loren- 
zo , e Saa  Rocco. 


72 


ARISTOTILE  ALBERTI 

ARCHITETTO  BOLOGNESE 


I 


GIUNTA 

D I 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

jA  ristorile  Alberti  nell’  abecedario 
pittorico  vieo  posto,  non  so  per  qual  mo- 
tivo, sotto  il  nome  di  Ridolfo  Fioravan- 
ti Bolognese,  detto  Aristotile.  Valse  molto 
nell’  architettura  , e per  la  meccanica  par- 
ticolarmente fu  di  que'  rari  geuj3  che  ogni 
tanti  secoli  scappan  fuori , come  prodigj  , 
per  essere  universalmente  ammirati.  Tras- 


Aristotile  Alberti.  78 

portò  pertanto  nel  1455  in  Bologna  (1) 
un  campanile  con  tutte  le  campane  da 
Santa  Maria  del  Tempio  , detta  da’  Bolo- 
gnesi la  Magione  , ad  altro  luogo  distante 
35  piedi,  A Cento  dirizzò  il  campanile 
della  chiesa  di  San  Biagio  , che  pendeva 
cinque  piedi  e mezzo.  Chiamato  poi  ai 
servigj  del  Re  d’Ungheria  * rifece  i ponti 
sul  Danubio  , e operò  tante  altre  cose 
xnaravigliose , che  venne  da  quel  grato  Re 
dichiarato  cavaliere  con  privilegio  di  bat- 
ter monete  col  proprio  nome,  ed  impronto® 


658. 


(1)  Masini  Bologna  perlustr.  pag. 


74 


FRANCESCO  TACCONE 

P1TTOR  CREMONESE 


GIUNTA 

D I 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

In  niiia  luogo  ho  io  potuto  incon- 
trare nè  pure  il  nome  dei  presente  pittor 
Cremonese  , fuorichè  nel  libro  della  chie- 
sa ducale  di  San  Marco  (i)  , in  cui  , do- 
ve si  parla  dell’ organo  a mano  sinistra  . 


(i)  Tom.  II.  pag.  94. 


Francesco  Taccone.  75 

trovasi  la  notizia  , che  le  portelle  di  esso 
sono  state  dentro  e fuori  dipinte  dal 
Tacconi,  che  vi  lasciò  scrino  il  proprio 
nome;  leggendovisi  chiaramente  la  seguen- 
te inscrizione:  O.  Francisci  Tachoni  Cre- 
mori. pii.  »49°  dia//  24.  Ivi  adunque  rap- 
presentò nella  parte  esteriore  la  natività 
del  Signore  coir  adorazione  de’  Magi , e 
al  di  dentro  la  risurrezione,  e Y ascensio- 
ne al  cielo. 


76 

DAVID  DEL  GHIRLANDAIO 

P ITT OR  FIORENTINO 


GIUNTA 
ì . 

D I 

GIUSEPPE  PIAGENZA. 

David,  che  fu  figliuolo  di  Tomma- 
so di  Currado  de’  Bigordi , e fratello  per- 
ciò di  Domenico  del  Ghirlandajo,  nacque, 
secondo  il  Manni  (1) , iieH’ anno  stesso, 
in  cui  nacque  il  fratello  suo  Domenico  , 
cioè  nel  1401.  Attese  , finché  visse  il  fra- 
tello Domenico,  all’arte  della  pittura,  e 
a suo  tempo,  giusta  il  lodato  autore,  si 


(1)  Opusc.  Caioger.  tom.  XLV. 


David  del  Ghirlandaio.  77 

accasò  con  Caterina  di  Matteo  del  Gabar- 
ra del  quartiere  di  Santo  Spirito  , il  qual 
sedette  de’ signori  l’anno  1482,  iodi  eoa 
Tomraasa  di  Luigi  Morsi.  Che  Davidde 
contrattasse  matrimonio  con  Caterina  di 
Matteo  di  Antonio  del  Gaburra  lo  ricavo 
anch’  io  da  un  manoscritto  della  Maglia- 
Lecbiana  , in  cui  si  cita  altro  manoscritto 
della  Strozziana  lib,  K 1209  a car.  428  , 
nel  quale  ultimo  vi  è il  suddetto  contrat- 
to. Narra  il  Vasari , che  Davidde  aveva 
buonissimo  ingegno , e che  avrebbe  po- 
tuto nelle  cose  dell’arte  battere  con  glo- 
ria eguale  le  orme  di  Domenico  , se  non 
si  fosse  sviato , dopo  la  morte  del  fratel- 
lo , dal  dipingere , stillandosi  il  cervello 
presso  il  musaico.  Prima  però  di  volger  le 
spalle  alla  pittura,  fini  in  compagnia  del- 
r altro  suo  fratello  Benedetto  molte  cose  9 
che  Domenico  aveva  lasciate  alla  morte 
sua  imperfette  . e particolarmente  la  tavo- 
la dell’ aitar  maggiore  di  Santa  Maria  No- 
vella , ed  altre  pitture  in  essa  chiesa  , che 
ora  più  non  si  vedono.  Attribuisce  il  Va- 
sari la  non  curanza  di  Davidde  per  la  pit- 
tura , e la  poca  volontà  di  operare  allo 
essere  troppo  bene.  Non  ostante  però  Da- 
vidde andò  sempre  lavorando  qualche  co® 
sa  di  musaico,  e io  tal  genere  fece  sopra 
un  grosso  quadro  di  noce  una  Madonna 
sedente  sopra  una  spezie  di  trono  col  Bam- 
bino in  collo,  e due  angeli  a’ lati  in  atto 
di  adorazione.  Trovasi  quest’opera  in  Pa- 


78  Dec.  III.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
rigi , stata  ivi  portata  , dal  presidente  di 
Ganè  (1)  , poi  cancelliere  di  Francia  , il 
quale  ne  aveva  fatto  acquisto  in  Firenze  , 
quando  ivi  passò  al  seguito  di  Carlo  Vili, 
che  portavasi  alla  conquista  del  regno  di 
INapoli.  E alta  circa  cinque  piedi  Parigini, 
e larga  tre  e mezzo.  Il  fondo  è in  oro  ; 
e in  caratteri  messi  parimente  d’  oro  vi  è 
scritto  a basso  : Domìnicus  Joann.es  de 

Ganai  presidens  Parìsiensis  prirnus  ad - 
duxit  de  Italia  Parisium  hoc  opus  mo sai- 
cu  m.  E sopra  il  quadro  in  marmo  nero 
si  legge  r Opus  tnagisbri  David  Fiorentini 
MCCCCLXXXV  L IN  alla  però  vi  è di 
singolare  in  questa  opera,  fuorichè  V esse- 
re ella  il  primo  musaico,  che  siasi  veduto 
in  Francia  , e F essersi  conservato  , come 
se  fosse  fatto  presentemente.  Essendosi  poi 
Davidde  stabilito  in  Moatajone,  castello  di 
Valdeisa  , per  aver  quivi  comodità  di  ve- 
tri, di  legnami  , e di  fornaci  , vi  lavorò 
molte  cose  in  vetri , e musaici  , e parti- 
colarmente alcuni  vasi  , che  furono  dona- 
ti al  magnifico  Lorenzo  vecchio  de’Medici, 
e tre  teste  , cioè  de’  Santi  Pietro  e Lo- 
renzo , e di  Giuliano  de’  Medici  in  una 
tegghia  di  rame  , le  quali  sono  oggi  nella 
guardaroba  del  Duca.  Tuttavia,  se  pare, 
che  sia  da  biasimarsi  Davidde  , per  non 
aver  voluto  attendere  alla  pittura  , dall’al- 


(1)  In  Francese  Ganai. 


David  del  Ghiblàndàjo.  79 
Irò  canto  però  si  acquistò  lode  grandissi- 
ma , per  avere  in  essa  con  ogni  studio 
incamminato  il  suo  nipote  Ridolfo  , figli- 
uolo di  Domenico  , rimasto  a custodia  di 
lui  , e il  quale  era  giovane  dotato  di  bel- 
lissimo ingegno  ; onde  coll’ ajuto  di  tutti 
i comodi  , eh’  ebbe  dal  zio  , divenne  poi 
valente  professore.  A questo  proposito  ri- 
cavo io  da  un  manoscritto  della  Maglia- 
bechiana  , che  Davidde  di  Tommaso  di 
Corrado  de’  Bigordi  addì  i5  di  gennajo 
del  i5i2  fece  testamento  rogato  da  ser 
Rosso  di  Francesco  del  Rosso  , e che  in 
esso  instimi  erede  Ridolfo  di  Domenico 
de’  Biordi  pittore  suo  nipote.  E siccome 
David  era  stato  grandemente  amato  da 
Domenico,  a cui  egli  aveva  sempre  cor- 
risposto , e cara  ne  aveva  perciò  ancora 
la  memoria,  vedendo  risorgere  in  Ridolfo 
la  virtù  di  Domenico,  ne  aveva  quel  buon 
vecchio  inesplicabile  contentezza  , e rin- 
graziava Dio  di  essere  vissuto  sino  al  se- 
gno di  avere  sì  fatta  consolazione.  Final- 
mente giunto  agli  anni  setlantaquattro  3 
mentre  si  apparecchiava  l’anno  1025  per 
incamminarsi  verso  Roma  a prendere  il 
giubileo  , si  ammalò  , e morì , e dal  suo 
nipote  Ridolfo  ebbe  sepoltura  in  Santa 
Maria  Novella  nel  luogo  stesso , in  cui 
giacevano  le  ossa  degli  altri  di  sua  famiglia 


do 


BENEDETTO 

DEL 

GHIRLANDAIO 

PITTORE  FIORENTINO 


GIUNTA 

DI 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

Fu  fratello  di  Davidde  Benedetto 
del  Ghirlandajo  ; attese  anch’  egli  alia  pit- 
tura , essendo  pure  dotato  di  bellissimo 
ingegno»  Ma  la  vivacità  sua  fu  cagione, 
ch’egli  sviandosi  dal  lavoro,  andasse  alcun 
tempo  vagando.  Si  fermò  poscia  parecchi 
anni  io  Francia  ; donde  , dopo  aver  lavo- 
rato e guadagnato  assai  , tornò  a Firen- 
ze con  molti  privilegj  , e doni  avuti  da 
quel  Re  i«  testimonio  e guiderdone  deh 


Benedetto  del  Ghirlandàio?  8i 
la  sua  virtù.  Il  signor  Marini  dice > che 
Benedetto  nacque  nel  1458  « e che  , fatto 
testamento  nel  1497  > poco  tardasse  a mo- 
rire ; giacché  la  Diamante  vedova  di  lui 
si  rimaritò  nel  1499  a ser  Giovanni  di 
Guasparri  da  Montevarchi,  e fu  poi  ma- 
dre del  celebratissimo  istoriografo  Bene- 
detto Varchi  ; da  che  ne  verrebbe  per 
necessaria  conseguenza  , che  il  nostro  Be- 
nedetto avrebbe  vissuto  soli  anni  quaran- 
ta. Il  Vasari  per  altro  fa  vivere  Benedetto 
anni  cinquanta , e dice , che  in  tal  età 
morì  dopo  avere  atteso  non  solo  alla  pi t tura 5 
ma  alla  milizia  ancora. 


Bai  dinucci  Voi , VIL 


6 


8z 

JAGOMONE 

DA  FAENZA  PITTORE 

Discepolo  di  Raffaello  da  Urbino  9 
fioriva  circa  al  i53o. 


Ne,  tempo  , che  Raffaello  Sanzio  da 
Urbino  coll'  opere  maravigliose  del  suo 
pennello  spargeva  in  Roma  , e per  tutto 
il  mondo  fama  di  se  , come  di  artefice 
rarissimo , o per  dir  meglio  f unico  nell’ 
arte  della  pittura , venivan  da  tutte  le 
parti  richieste  sue  pitture  : e quelli , ai 
quali  non  toccava  in  sorte  di  ottenere  o- 
rigiuali  di  sua  mano  , si  affaticavano  per 
averne  le  copie , delle  quali  oggi  molte  si 
veggiono  in  ogni  luogo;  onde  era  necessario  , 


Jacomone  da  Faenea.  83 

che  alcuni  giovani  della  sua  scuola,  mentre 
studiavano  dalle  pitture  di  lui  , in  un 
tempo  stesso  soddisfacessero  a coloro , che 
tali  opere  addimandavano.  Uno  di  questi 
j fu  Ja  co  mone  della  città  di  Faenza,  il  qua- 
le mentre  visse  Raffaello  molte  ne  fece  , 
e forse  anche  dopo  , e con  tale  studio 
fc  il  mente  si  approfittò  , che  potè  esser  di 
non  poco  giovamento  nell’  arte  a Taddeo 
Zuccheri  , il  quale  dopo  che  stracco  dal- 
le noje  e dagli  strapazzi  ricevuti  da  gio- 
vanotto nella  casa  di  Gio.  Piero  Cabrese, 
stato  in  Roma  suo  primo  maestro  , con 
esso  Giacomone  si  accomodò.  Molte  anco» 
ra  furono  le  opere  inventate  da  Giacomo- 
ne , e particolarmente  in  Faenza , dove 
alcune  se  ne  veggono  fino  delPanno  ihyo. 
ed  io  le  porterò  in  questo  luogo,  secondo 
la  notizia  avutane  dal  Conte  Fabrizio  La- 
derchi  di  quella  città  , Cavaliere  di  reli- 
giosi costumi , esperto  nelle  buone  arti , e 
dotato  di  tutte  quelle  rare  qualità  , che 
posson  desiderarsi  in  un  suo  pari  : il  qua- 
le , mentre  io  scrivo  , dopo  alcuni  anni  di 
servizio  di  Gentiluomo  delia  Camera  del- 
la gloriosa  memoria  del  Serenissimo  Car- 
dinal Leopoldo  di  Toscana , che  molto 
amava  la  sua  virtù,  è nella  stessa  carica 
passato  a servire  il  Serenissimo  Principe 
Francesco.  INella  Chiesa  dunque  de’ Padri 
Domenicani  sono  di  sua  mano  la  Vergine 
Annunziata,  due  Profeti,  ed  alcune  storie 
del  Testamento  Vecchio  : e nel  refettorio 


84  Dec.  HI.  della.  Par.  I.  del  Sec.  XV. 
de’  medesimi  eran  dipinti  molti  Santi  di 
quell’ ordine,  i quali,  a cagione  dell’ umi- 
dità di  quel  luogo,  sono  andati  male.  Nel- 
la Chiesa  di  San  Giovanni  Evangelista  dei 
Padri  Agostiniani  dentro  al  coro  è dipin- 
to lo  stesso  santo  : e all’  aitar  maggiore 
una  Santa  Maria  Maddalena , che  dagli 
angeli  è portata  in  cielo  : e vi  è San  Gi- 
rolamo e’ì  beato  Giovanni  Colombino.  Al- 
1’  aitar  maggiore  della  Chiesa  del  Paradi- 
so una  Madonna  con  Gesù,  San  Giovam- 
hatista  , e San  Francesco  : e in  San  Pietro 
Celestino  pure  all’  aitar  maggiore  è di  sua 
snano  un  San  Giovanbatista  , che  mostra 
il  Cielo  ad  un  Monaco  , che  gli  sia  vici- 
no inginocchioni  con  San  Giovanni  Evan- 
gelista , San  Matteo  , Sau  Pietro  Celestino, 

€ San  Benedetto.  Nella  Chiesa  di  San  Gio-  j 
vanni  è la  creazione  di  Adamo  ed  Èva  , 

€ la  cacciata  loro  dal  Paradiso  Terrestre  : 
an  Santa  Chiara  una  Madonna  col  Bambi- 
no Gesù , San  Gregorio,  ed  un  altro  San- 
to : nella  Confraternita  di  Santo  Rocco  la 
deposizione  di  Cristo  dalla  Croce:  in  quel- 
la della  Madonna  degli  Angeli  la  Vergine 
Assunta:  e nella  Confraternita  della  Nun- 
ziata air  aitar  maggiore  una  Madonna  con 
Gesù  Bambino , con  appresso  due  Santi. 


PRETE  DA  URBINO 


discepolo  di  Raffaello  da  Urbino  9 
fioriva  nel  1620. 


Fra  i moltissimi  soggetti,  che  d’  ogni 
astato  e d’  ogni  condizione  goderono  la  urna- 
nissima  cortesia  del  gran  Raffaello  da  Ur- 
bino negl’  insegnamenti  dell’arte  della  pit- 
tura, uno  fu  un  certo  Prete  da  Urbino  9 
che  anche  fu  suo  parente  , ed  uno  dell! 
tre,  fra’ quali  Raffaello  venuto  a morte 
distribuì  le  cose  sue.  Tali  furono  esso  Pre- 
te, Giulio  Romano,  e Giovanfrancesco , 
detto  il  Fattore,  tutti  suoi  discepoli.  Fiori 
anche  in  questi  tempi  un  altro  discepolo 
di  Raffaello,  detto  il  PISTOJ  A. , delle  ope- 
re del  quale  non  si  è potuto  aver  notizia* 


86 

JÉRONIMO  BOS 

LODOVICO  J ANS 
E JACOMO  RAZZET 
Fiorivano  nel  x52o 


17 

JCiSsendo  certa  cosa,  che  ogni  buon 
pittore  nell’ operar  suo  cerchi  al  possibile 
di  farsi  imitatore  della  natura  e del  vero, 
è degno  di  ammirazione  il  vedersi  contut- 
tociò  fra  molti  artefici  maniere  tra  di  loro 
tanto  diverse , e che  col  solo  seguitar  che 
e’  fanno  i dettami  del  proprio  ingegno  , si 
faccia  ciascheduno  miglior  maestro  nel  pro- 
prio modo  , di  quello  sarebbe  talvolta  riu- 
scito, s’ egli  avesse  seguitato  la  maniera 
altrui.  Questo  si  vide  particolarmente  in 
Jeronimo  Bos , il  quale  fiorì  in  Fiandra  nel- 


Jer.  Bos  9 Lod.  Jans  , e Jac.  Razzet.  87 
la  città  di  Shertoghen  Bosch,  che  in  Lati- 
no vale  Silva  Ducum  , ne9  primi  tempi  , 
che  que’  maestri  vi  cominciarono  a dipi- 
gnere  alquanto  lodevolmente  ; se  non 
che  il  suo  panneggiare  fu  più  franco  di 
quello,  che  per  ognuno  allora  in  quelle 
parti  si  costumava , che  era  secco  e di 
pieghe  molto  spesse  e replicate  (1).  Fu 
anche  più  spedito  nel  maneggiare  il  pen- 
nello, facendo  le  sue  pitture  quasi  alla 
prima  , sopra  tavole  ingessate  : e usò  , avan- 
ti di  cominciare  a dipignere  esse  tavole , dar 
loro  sopra  un  colore  di  carne , sopra  il 
quale  distendeva  i colori.  Fu  anche  diver- 
sissimo da  ogni  altro  de’  suoi  tempi  : e va- 
lente assai  nell’  inventar  capricci  di  cose 
estremamente  terribili  e spaventose , come 
larve  9 spiriti , stregherie,  maìeficj , ed  altre 
rappresentazioni  infernali  e diaboliche  f 
benché  attendesse  ancora  ad  ogni  altra 
sorta  d* invenzione.  In  Amsterdam  era  di 
mano  di  quest*  uomo  F anno  1604.  una 
Vergine , che  va  in  Egitto  , dove  si  vede- 
va San  Giuseppe  in  atto  umile  domandar 
della  strada  ad  un  contadino , e Maria 
Vergine  graziosamente  sedente  sopra  uu 
igumento  : in  lontananza  era  una  rupe , in 
cui  egli  aveva  rappresentato  intorno  ad 
un*  osteria  molte  bizzarre  figure  , ch$  fa- 


(i)  Chiamate  in  Catino  con  tabula  tio« 
ees^  pieghe  fatte  a palchi . 


88  Dec.  ITI.  uella.  Par,  I.  del  Sec.  IV. 
cevano  ballare  ua  orso,  accompagnate  da 
altre  belle  curiosità,  Era  pure  iu  Amsler- 
dam  un’altra  tavola  del  Limbo  de’ Santi 
Padri , liberati  dal  Signore  : e poco  distan- 
te si  vedeva  la  persona  di  Giuda  strascina- 
ta per  una  corda  , appiccatagli  strettamen- 
te al  collo  da  maligni  spiriti , ovvero  figu- 
rata pel  capestro,  con  cui  si  diede  la  mor- 
te : ed  era  cosa  curiosa  il  vedere  la  biz- 
zarria e varietà  di  que’  mostri  infernali , e 
quanto  naturale  pareva  il  fumo  e la  ve- 
duta dell’  oscure  carceri  de’  dannati , che 
in  poca  distanza  da  quel  luogo  appariva. 
Vedevasi  pure  in  quella  città  di  sua  ma- 
no un  Cristo  portante  la  Croce , nella 
quale  egli  aveva  usata  più  modestia  , aste- 
nendosi dalle  molte  baje , che  era  solito 
nelle  sue  storie  rappresentare  , fossero  qua- 
lunque si  volessero.  Iu  Haerlem  , in  casa 
Giovanni  Dietringeren  erano  alcuni  Santi 
in  certi  sportelli  , e in  uno  era  un  Santo 
Monaco , che  disputava  con  un  Eretico  , 
facendo  porre  sopra  il  fuoco  alcuni  libri 
dell’  una  e dell’  altra  religione  : e si  vede- 
va il  libro  del  Santo  volar  fuori  delle  fiam- 
me, e gli  altri  bruciarsi.  Facevano  anche 
bella  veduta  le  legne  , e alcuni  libri  in- 
ceneriti , il  tutto  imitato  maravigliosamen- 
te. Il  volto  del  Santo  appariva  grave  e mo- 
desto ; laddove  gli  altri  erano  arcigni  e 
scomposti.  Nell’  altro  sportello  era  un  mi- 
racolo , dove  si  vedeva  un  Re  caduto  in 
terra.  Nella  nominata  città  di  Sheriogheu 


Jer.  Bos  , Lod.  Jans  , e Jac,  Razzet  , ^9 
erano  ancora  sue  opere  , come  in  altre 
città  di  quelle  parti  : e fino  nell*  Escuria- 
le  di  Spagna  furono  collocate  sue  pitture  „ 
e tenute  in  gran  prezzo.  Questo  è quanto 
si  ha  di  notizia  di  Jeronimo  Bos. 

Nella  stessa  città  di  Shertoghen  fu  an- 
cora un  certo  LODOVICO  JANS  VÀN« 
DENBUS  , che  era  molto  valente  in  far 
frutte  e fiori  , che  fingeva  in  alcune  ca- 
raffe di  vetro  con  molta  pazienza  e imita- 
zione del  vero  , facendo  apparire  sopra  i 
fiori  la  rugiada  , e quegli  animaletti , che 
son  soliti  volarvi  sopra.  Valse  ancora  nel- 
le figure:  e di  sua  mano  si  vedeva  in  ca- 
sa di  Melchior  Wynlgis  a Midelburgh  un 
bellissimo  San  Girolamo , quattro  tondi 
grandi,  alcuni  fuochi  incendiar],  fruiti  , 
fiori,  e altri  pezzetti  di  quadri  assai  belli» 

Vi  fu  ancora  un  certo  JÀCOMO  RAZ- 
ZET , di  mano  del  quale  etano  alcuni  ve- 
tri benissimo  dipinti.  Di  questi  nuli’  altra 
notizia  si  ha  , se  non  che  e"  fu  paesano 
de’ soprannominati  due  Pittori, 


9° 


BALDASSARRE  PERUZZI 

ORIGINARIO  DI  FIRENZE 

PITTORE  E ARCHITETTO 

Discepolo  di  Raffaello  da  Urbino  , nato 
in  Volterra  V anno  1481.  + iò36. 


D i questo  singolarissimo  Artefice  (1), 
onore  della  città  di  Siena  , e anche  pos- 
siamo dire  di  Volterra  , e di  Firenze , 
scrisse  tanto  il  Vasari  con  si  buone  e si- 
cure notizie,  che  a noi  poc' altro  rimane 


(1)  Per  asserto  di  Girolamo  Gigli 
questo  Artefice  fu  figliuolo  d'  uno  di  pro- 
fessione correntajuolo , 


Baldassarre  Peruzzt.  gì 

Ja  notare,  se  non  quanto  è necessario  per 
Y assunto  nostro , che  è di  soddisfare  al- 
F universalità  dell'  istoria  ^ col  dare  anche 
di  coloro,  de’ quali  fu  da  altri  scritto  , 
una  sommaria  informazione.  E dunque  da 
sapersi  , come  in  quegli  antichi  tempi  , 
ne’  quali  la  nostra  città  era  molto  trava- 
gliata dalle  civili  discordie , un  nobil  cit- 
tadino dì  essa,  chiamato  Antonio  Peruz/i* 
desideroso  di  quiete  si  portò  alla  città  di 
Volterra  , dove  fermò  sua  stanza  , e Y an- 
no 1480.  si  accasò.  Di  suo  matrimonio 
nacque  un  figliuolo  , che  si  chiamò  Bal- 
dassarre , quegli  di  cui  ora  parliamo , e 
d’  una  figliuola  , il  cui  nome  fu  Verginia. 

(Occorse  poi  il  caso  del  Sacco  di  quella  cit- 
tà, a cagion  del  quale  al  misero  Antonio 
fu  d’uopo,  dopo  aver  peiduto  tutto  il 
suo  avere  , partirsi  : ed  a Siena  con  sua 
famiglia  rifuggirsene  , e cjuivi  sua  vita  me- 
nare in  gran  penuria.  Ma  perchè  verissi- 
ma cosa  è , che  Lene  spesso  più  giovano 
per  una  buona  e virtuosa  educazione  de’pic- 
coli  figliuoli  , e per  Svegliare  in  essi  il 
desiderio  delle  virtù  le  domestiche  sccme- 
dità , o vogliamo  dire  una  certa  tal  quale 
necessità  di  quello,  che  gli  agì  e la  sover- 
chia abbondanza  non  è sciita  di  fare;  Bal- 
dassarre il  fanciullo  , che  dotato  era  da 
natura  di  un  he)  renio  a cose  di  disegno^ 
per  desiderio  di  sollevar  se  stesso  e la  ca- 
sa diedesi  prima  alla  pratica  di  persone 
delFarte,  e poi  ccn  tanto  fervore  agli 


g2  Dec.  ITT.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
studj  della  medesima  , che  poi  potè  fare 
gli  altri  pregressi,  che  son  palesi  al  mon- 
do. Delle  piime  opere  , che  costui  condus- 
se in  pittura  , oltre  ad  alcune  cose  in  Sie- 
na , fu  una  Cappelleria  non  lungi  dalla 
Porta  Fiorentina  nella  nominata  città  di 
Volterra.  Dipoi  se  ne  andò  a Roma , e fat> 
ta  amicizia  con  Pietro  Volterrano  , che  ope- 
rava colà  per  Alessandro  VI.  Sommo  Pon- 
tefice , si  acconciò  appresso  di  lui  : poi 
stette  con  un  ordinario  pittore  , che  fu 
padre  di  Maturino  , lavorando  per  esso  : 
e finalmente  avendo  dato  saggio  di  se , co- 
minciò ad  esservi  adoperato.  Dipinse  in 
Sant’ Onofrio , e in  Santo  Rocco  a Ripa: 
poi  fu  condotto  ad  Ostia  , dove  in  compa- 
gnia di  Cesare  da  Milano  dipinse  nel  Ma- 
stio della  Rocca  a chiaroscuro  storie  mili- 
tari de’  Romani  antichi.  Tornato  a Roma  , 
e incontratosi  nel  favore  e protezione  di 
Agostino  Ghigi , potè  con  suoi  ajuti  di 
costa  trattenersi  in  Roma  a maggiori  studj 
dell’  arte  sua  , e particolarmente  di  cose 
di  architettura  , per  le  quali  non  gli  fu  di 
poco  giovamento  la  concorrenza  di  Braman- 
te , che  in  que’  tempi  faceva  gran  figura* 
Molto  ancora  ^i  applicò  alla  prospettiva  ; 
onde  dipinse  poi  le  belle  cose,  che  si  veg- 
gono di  sua  mano  in  Roma  toccanti  tale 
facoltà  : ed  inventò  le  nobili  prospettive 
per  le  commedie  , che  si  fecero  ne"  tempi 
di  papa  Leone,  le  quali  per  fuggir  lun-* 
ghezza , e perchè  da  altri  furono  raccos- 


T, 

fare 

DOQ. 

dus« 
Sie- 
dila 
là  di 
ifat* 
ope- 

Or]:’ 

poi 

fa 

so: 

co- 

io 

pa: 

pa- 

l- 

ili. 

ìa, 

di 

di 

idj 

jse 

di 

10- 

ra. 

i; 

*■ 

Je  j 
?e  ; 

P1; 

i- 

o* 


Baldassarre  Peruzzi.  g3 

tate  , tralascio.  Aveudo  egli  dipinta  la  fac- 
ciata della  casa  di  Messer  Ulisse  da  Fano 
con  istorie  di  Ulisse,  cominciò  ad  entrare 
in  credito  d'  uomo  singolare  nella  pittura: 
nè  minor  gloria  gli  procacciò  il  bel  model- 
lo , che  egli  fece  di  sua  invenzione  del  pa- 
lazzo di  Agostino  Ghigi , il  quale  egli  me- 
desimo dipoi  adornò  al  di  fuori  con  isto- 
rie di  terretta  : siccome  vi  dipinse  le  pro- 
spettive della  Sala  , e 1’  istorie  di  Medusa 
nella  loggia  in  sul  giardino  : dove  alcune 
cose  condusse  ancora  Fra  Bastiano  del  Piom- 
bo della  sua  prima  maniera  : e dove  fece 
anche  il  gran  Raffaello  da  Urbino  la  Ga- 
latea rapita  dai  Marini.  È di  sua  mano  la 
facciata  dipinta  a prospettive  della  casa 
che  fu  di  Jacopo  Strozzi  , per  andare  in 
Piazza  Giudea.  Dipinse  per  Ferrando  Pou- 
zetti  o Puccetti  , poi  Cardinale  , la  Cappel- 
la nella  Pace,  con  piccole  istorie  del  Vec- 
chio Testamento  , ed  alcune  figure  grandi: 
e per  la  medesima  Chiesa  condusse  la  bel- 
lissima storia  di  Maria  Vergine  nostra  Si- 
gnora , che  sale  al  Tempio  , e tennesi  alla 
maniera  di  Giulio  Romano,  e di  Raffael- 
lo. Coll’  occasione  , che  fu  dato  il  bastone 
di  Santa  Chiesa  al  Duca  Giuliano  de’  Me- 
dici , dovendosi  dal  popolo  Romano  fare 
il  solenne  apparato  , fu  a Baldassarre  data 
iucumbenza  di  fare  uno  de’  sei  gran  qua- 
dri alto  sette  canne,  e largo  tre  e mezzo, 
in  cui  rappresentò  quando  Giulia  Tarpea 
feee  il  tradimento  a1  Romani  : e fece  la 


94  ^EC*  ni.  DELLA.  Pah.  I.  DEL  SEC.  IV. 
prospettiva  per  la  tanto  celebre  comme- 
dia , che  allora  fu  recitata  : ed  anche  in- 
fio  ite  altre  architettare  e prospettive , le 
quali  tutte  cose  furono  stimate  le  miglio- 
ri , che  si  fossero  vedute  in  quelle  feste. 
Per  Francesco  Bozzio , vicino  alle  case 
degli  Altieri , dipinse  la  facciata  con  isto- 
rie di  Cesare  , nel  fregio  della  quale  ri- 
trasse al  vivo  tutti  i Cardinali  allora  vi- 
venti , e li  dodici  primi  Imperadcri.  Chia- 
mato a Bologna  a fare  il  modello  della  fac- 
ciata di  S.  Petronio,  fu  ricevuto  nella  ca- 
sa del  Conte  Giovanbattista  Bentivoglio , 
nella  quale  fece  modelli , piante  , e profi- 
li bellissimi  per  quella  fabbrica.,  operando 
ad  oggetto  di  non  rovinare  il  vecchio,  ma 
di  adattarlo  con  bella  grazia  alle  sue  nuo- 
ve invenzioni.  Mentre  che  egli  si  tratten- 
ne in  quella  casa  fece  pel  detto  Conte  Gio. 
Battista  un  maraviglioso  disegno  a chiaro- 
scuro della  Natività  di  Cristo , e visita 
de’  Magi , che  poi  fu  da  quel  Signore  fat- 
to mettere  in  opera  in  pittura  da  Girola- 
mo Trevigi  : e oggi  si  conserva  l’ istesso 
disegno  come  cosa  rarissima  in  Firenze 
dagli  eredi  del  Conte  prospero  Bentivogli 
fra  f altre  cose  di  gran  pregio  , che  pos- 
sieda quella  nobilissima  casa  in  simil  ge- 
nere ^ come  quella  che  fu  sempre  ama- 
trice  di  queste  belle  arti , siccome  di  ogni 
altra  virtù.  Fece  similmente  Baldassar  Pe- 
ruzzi  per  la  Chiesa  di  san  Michele  in  Bo- 
sco il  disegno  della  Porta  3 e quello  del 


Baldassarre  Peruzzi.  g5 

Duomo  di  Carpi  , nella  qual  città  diede 
principio  all’  edificazione  della  Chiesa  di 
San  Niccola  : e furono  ancora  con  suo  di- 
segno fatte  le  fortificazioni  della  città  di 
Siena.  In  Roma  molte  bellissime  fabbriche 
furono  fatte  con  su©  modello , e moke 
ancora  coll’  assistenza  di  lui  ebbero  loro 
fine,  che  da  altri  erano  state  incomincia- 
te. Parve  che  al  pari  di  sua  virtù  fosse 
questo  artefice  accompagnato  dalla  disgra- 
zia ; imperciocché  piccioli  furono  per  lui 
gl’  infortunj  , che  detti  abbiamo  , a para- 
gone di  quei  tanti , che  gli  convenne  so- 
stenere dipoi  nei  rimanente  di  sua  vita. 
Trovavasi  egli  tuttavia  in  Roma  1’  anno 
1527.  quando  occorse  il  fiero  caso  del  cru- 
dele saccheggiamento  ; onde  al  povero  Bal- 
dassarre , oltre  alla  prigionia  in  mano  de- 
gli Spagnuoli  toccò  a sostenere  per  opera 
de'  medesimi  grand’  ingiurie  e strapazzi. 
Avendolo  poi  quegli  riconosciuto  per  pit- 
tore e per  uomo  singolare , gli  bisognò  , 
per  giuderdone  dei  pessimi  trattamenti  , 
far  loro  il  ritratto  di  Borbone  stesso  stato 
loro  condottiere  , che  poc’  anzi  a costo  del- 
la propria  vita  , scarsa  ricompensa  della  di 
lui  crudele  malvagità , aveva  fatto  tanti 
danni , e posto  in  tante  lacrime  quella  sem- 
pre gloriosa  città.  Fatto  eh’  egli  ebbe  il  ritrat- 
to di  Borbone,  prese  la  strada  per  ritorno  a 
Siena,  dove  a cagione  di  nuova  invasione,  pa- 
tita in  quel  viaggio  da’ malandrini,  o dagli 


Q0  DEC.  III.  DELLA.  Pah.  I.  DEL  SEC.  IV. 
sparsi  soldati , giunse  finalmente  scalzo  e 
ignudo  ; ma  perchè  egli  portava  con  seco 
se  stesso , e conseguentemente  il  gran  no- 
me acquistatosi  in  Roma , e la  propria 
virtù , non  gli  mancò  chi  si  tenesse  a 
grand’onore  di  rimetterlo  bene  in  arnese, 
e provvederlo  decentemente  in  tanta  sua 
calamità.  Poi  vi  fu  provvisionato  dal  pub-* 
blico  ; ma  fermati  cbe  furono  i rumori  , 
c purgati  i sospetti , egli  se  ne  tornò  a 
Roma,  dove  più  che  mai  diedesi  agli  stu- 
dj  di  architettura  e delle  matematiche  : 
e cominciò  a scrivere  un  libro  delle  anti- 
chità di  Roma , ed  un  cemento  di  Vitru- 
vio,  facendo  luogo  per  luogo  disegni  e figu- 
re per  espressione  de’  concetti  di  quel- 
li’ Autore.  In  questo  tempo  fece  un  dise- 
gno per  un  palazzo  de’  Massimi  da  fab- 
bricarsi in  forma  ovale  , con  un  vestibo- 
lo di  colonne  doriche  nella  facciata  di- 
nanzi. Venuto  finalmente  1’  anno  i536.  e 
del  nostro  artefice  il  cinquantesimoquinto, 
trovandosi  egli  aggravato  dalle  molte  fa* 
tiche  3 sopraggiunto  da  gravissime  infer- 
mità , fece  da  quest’  all’  aitar  vita  passag- 
gio , e nella  Chiesa  della  Rotonda , ac- 
compagnato il  suo  corpo  da  tutti  i pro- 
fessori , fu  sepolto  presso  al  luogo  , ove 
già  al  cadavere  del  gran  Raffaello  era 
stata  data  sepoltura.  La  morte  di  questo 
uomo  singolare  fu  di  estremo  dolore  agli 
intendenti  , e di  danno  inestimabile  alla 
città  di  Roma,  a cagione  delle  grandi 


i 

i 


I 


! 


| 


’UÌ 

seco 5 

DO- 

)ria ! 
e a 
ese, 
sua  : 
4< 

«i.l 


sei 

oli- 

rà- 

gii- 

ael- 
ise- a 
:ak 
k- 
di- 
i,  e 
ito, 
fa» 

H 

iaS* 

ac* 


ove  il 

era 

sto 

«li 

dia  I 


Baldassarre  Pertjzzi.  §y 

pere,  particolarmente  d’architettura  pub- 
bliche e private , che  doveano  aver  da 
lui  incorni  uci  a mento  e fine  : e molto  ne  pati 
la  Basilica  di  Sau  Pietro  , per  la  cui  ter- 
minazione egli  era  stato  destinato  da 
Paolo  III.  in  compagnia  d’  Antonio  da 
S.  Gallo.  Fu  Baldassarre  Peruzzi  gran  dise- 
gnatore , inventore  maraviglioso , e molto 
imitatore  delia  maniera  di  Raffaello.  Veg- 
goiisi  i suoi  disegni  tocchi  d’  acquerelli  a 
chiaroscuro  con  numero  grandissimo  di 
figure,  e abbigliamenti  nobili,  nella  rac- 
colta della  gloriosa  memoria  del  Serenissi- 
mo Cardinal  Leopoldo  di  Toscana.  Molti 
furono  i discepoli  di  Baldassarre  nella 
pittura  e architettura , e fra  questi  ua 
tal  Francesco  Senese , Virgilio  Romano , 
Antonio  del  Rozzo  , il  Riccio , 1*  uno  e 
l’ altro  Senesi,  e Giovanbattista  Peloro  ar- 
chitetto. Ricevette  anche  da  Baldassarre 
buoni  precetti  di  architettura  un  certo 
Tommaso  Pomarelli  cittadino  di  Siena  , il 
quale  talvolta  operò  in  compagnia  dt  lui  « 
e dicesi , che  al  tempo  di  Pandolfo  Fe- 
trucci , pensando  i Senesi  di  fare  un  fos- 
so , che  doveva  giugnere  fino  al  mare,  ed 
i portici  delia  piazza , ne  fossero  con  in- 
venzione del  Petrucci  delineate  le  piante 
dallo  stesso  Pomarelli  : siccome  quelle 
ancora  del  primo  e secondo  ricini©  della 
medesima  città.  Ancora  fu  scolare  del  Pe- 
ruzzi Girolamo  detto  Monto  da  Siena,  che 
Baldinueci  Voi . VII . 7 


gS  Dec.  III.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
operò  bene  in  pittura  , del  quale  si  vide- 
ro molte  cose  in  Roma , e particolarmente 
Sa  Cappella  della  Trasfigurazione  in  Ara- 
celi, e un  quadro  sopra  la  porta  della 
sagrestia  in  sulla  maniera  di  Raffaello:  ed  | 
aveva  anche  dipinto  dietro  aH’Àltar  mag-  ! 
giore  nella  Chiesa  di  San  Gregorio:  ed  è 
certo  , che  se  a questo  artefice  non  aves- 
se la  morte  troppo  presto  troncato  il  filo 
della  vita , egli  sarebbe  pervenuto  in  quel- 
F arte  a gran  segno.  Cecco  Sanese  fu  pu- 
re discepolo  del  Peruzzi  , e fece  in  Roma 
P Arme  del  Cardinale  di  Trani  in  Piazza 
INavona  , ed  altre  opere. 


j 


99 

ARTEFICI 

CHE  FIORIRONO  IN  QUESTO  TEMPO 

NELLA.  CITTA’  DI  GENOVA 

E NEL  SUO  stato 


JLìAZZ  ARO  CALVI  figli  nolo  di  Agosti- 
no nella  scuola  di  Ferino  del  Vaga  attese  alla 
pittura,  ed  ia  quest’  arte  fu  sotto  la  protezio- 
ne di  Agostino  Doria  assai  adoperato.  Pel 
medesimo  dipinse  le  facciate  del  suo  pa- 
lazzo, con  istorie  di  fatti  d’  uomini  di  quella 
nobilissima  casa.  Fu  anche  sua  pittura  una 
facciata  di  una  casa  vicino  alla  Piazza  Pi-* 
Belli  j con  istorie  di  Ulisse , quando  per 


ico  Dec.  UT.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
non  restare  ingannato  dal  canto  delle  Si- 
rene fecesi  legare  all’  albero  delia  nave. 
Al  Duca  Grimaldi  colorì  due  salotti  nel 
suo  palazzo  rimpetto  alla  Chiesa  di  San 
Francesco  , con  favole  di  Fetonte  e d’  A- 
pollo.  Altre  istorie  dipinse  nel  palazzo  di 
Franco  Lellaro  : e molte  opere  fece  in 
quello  de’  Bandinetli  SaulL  Fu  chiamato  a 
Monaco  , ove  nell’  anno  i544«  molto  ope- 
rò in  servizio  di  quel  Principe  : e nel 
j54 7.  portatosi  a Napoli  a’ servigj  di  quel 
Re , ne  riportò  F onore  delia  facoltà  di 
potere  aggiugoere  all’  armi  di  sua  casa  la 
testa  di  Moro  bendato , insegna  propria 
di  quella  Maestà.  Giunse  costui  fino  al- 
F estrema  vecchiezza , e in  età  di  ottanta- 
cinque  anni  ancora  coloriva  a fresco  e a 
olio  , in  modo  non  disprezzabile  ; benché 
egli , a cagione  di  disgusti  avuti  , per  es- 
sere stato  il  suo  pennello  dal  Principe  Do- 
na suo  gran  protettore  posposto  a quello 
del  Bergamasco  , e di  Luca  Cambiaso  , 
negli  ornamenti  che  disegnavansi  di  fare 
nella  Chiesa  di  San  Marco,  come  uomo 
invidioso  ch’egli  era  molto,  pel  corso  di 
ben  venti  anni  si  fesse  astenuto  dal  di- 
pignere  , e in  quella  vece  avesse  atteso 
ali’  arte  nautica , alla  quale  aggiunta  ad 
un  genio  marziale  e fiero  aveva  avuta  da 
natura  non  ordinaria  inclinazione. 

PANTASILEO  CALVI  fratello  del  sud- 
detto Lazzaro  fu  anch’egli  pittore,  det- 


Pantàsileo  Calvi.  ioi 

tegU  non  pochi  ajuù  in  tutte  le  opere  sue 
pel  tempo  eh’  e’  visse  ; onde  col  suo  mori- 
re lasciollo  in  guai , e ciò  seguì  appunto 
! in  tempo  che  Lazzaro  essendo  già  divenir 
to  molto  vecchio  , aveva  più  che  mai  di 
bisogno  della  di  lui  assistenza  : nè  altro 
sappiamo  di  questo  artefice. 


102 


JAN  CORNELISZ 

VERMEYN  DEBEYERWYCK 

PITTORE. 

Discepolo  di  Cor nel is  9 
nato  i5oo.  4-  i55g. 


I\  acque  questo  artefice  Bcverwyck 
ami  molto  lenta  do  da  Ha  edera  l’ anno 
s5oo.  Il  nome  del  padre  suo  fu  Cornelis: 
appresso  di  lui  imparò  i principj  del- 
V arte  , e si  fece  così  valente  , che  fu  po- 
sto a*  servigj  dello  ’mperador  Carlo  V.  il 
quale  sempre  lo  volle  appresso  di  se  in 
tutti  i suoi  viaggi*  Condurselo  a Tunis  in 


Jan  Cornelisz»  io3 

Barberia , dove  per  esser  egli  buoni 
geometra  ed  architetto  , e sapere  anche 
ben  levare  di  pianta , si  valse  di  lui  nelle 
cose  campali  , facendogli  neiF  occasione  di 
porre  assedj , misurare  ì terreni , e rap- 
presentare in  pittura  tutte  le  proprie  azio- 
ni di  guerra  , e fra  queste  V assedio  e ’l 
sito  della  città  di  Tunis  , delle  quali  in- 
venzioni poi  si  servi  quella  Maestà  per 
far  vaghe  e ricche  tappezzerie.  Si  videro 
belle  opere  di  costui  in  Àtreeht  in  Fian- 
dra nella  Badia  di  San  Vaes:  in  Brusselles 
erano  ancora  alcuni  bei  quadri  e ritratti 
al  naturale  , oltre  a quelli  che  erano  nel- 
la Chiesa  di  Santa  Gudula  , stati  poi  o 
guasti  , o portati  via.  Costui  fece  fare  il 
proprio  sepolcro  nella  Chiesa  di  San  Go- 
ricks  , pure  in  Brusselles,  e nella  più  aita 
parte  era  un  Dio  Padre.  Questo  fu  poi 
trasportato  in  Praga  appresso  Hans  Wer- 
mein  suo  fratello , che  fu  gran  valent*  uo- 
mo nelF  arte  dell’  orefice  , ed  eccellente 
modellatore  , di  cui  lo  stesso  Carlo  Y.  si 
serviva  , e avevaio  in  grande  stima.  Nella 
stessa  Chiesa  era  una  Natività  dei  Signore 
e un  Cristo  ignudo  in  piedi  con  una  ma- 
no sul  petto , opere  assai  lodate.  Il  ritrat- 
to di  questo  artefice  fatto  da  lui  medesi- 
mo, si  trovava  l’anno  1604.  a Mietei  bur- 
gh  in  Zeelandt  appresso  Maria  sua  figli- 
uola vedova  di  Pieter  Cappoen  , in  nostra 
lingua  Pietro  de’  Capponi , ottimamente 


io4  Dec.  HI.  della.  Par.  I.  delSec.  IV* 
lavorato.  Nel  medesimo  quadro  del  ritrat- 
to dalla  parte  di  dietro  era  una  lontanan- 
za con  una  veduta  della  città  di  Tunis, 
fatta  dal  naturale  colle  guardie  de’  sol- 
dati, ed  esso  a sedere  in  allo  di  dipigne- 
re  : appresso  a lui  era  una  donna  grassa 
ignuda  con  un  taglio  in  un  braccio.  Vi 
era  ancora  il  ritratto  di  Maria  sua  secon- 
da moglie  assai  ben  fatto.  Questa  donna 
aveva  per  ciascheduna  mano  sei  dita  , ma, 
o forse  subito  nata,  o dipoi,  le  erano 
state  levate  le  due  dila  minori , e benis- 
simo si  scorgeva  nella  pittura  il  luogo  deb- 
Ja  congiunzione  di  esse  dita  tagliate.  La 
medesima  Maria  fu  dipinta  a]  naturale  dal 
padre  in  sua  gioventù  in  abito  Turche- 
eco,  perchè  godeva  di  vederla  spesse  volte 
ili  quel  modo  vestita  : e con  tal  veste  la 
conduceva  ogni  anno  alla  solita  processio- 
ne della  principal  festa  di  Brusselles,  chia- 
mata Emgangh.  Era  ancora  appresso  essa 
Vedova  fatto  dal  naturale  un  ritratto  di 
un  bambino , che  aveva  bellissimi  capelli  : 
e un  trionfo  di  mare  fatto  da  suo  padre 
con  molte  figure  ignude  assai  belle.  Fu 
questo  Giovanni  Cornelisz  strettissimo  a- 
mico  e compagno  di  Giovanni  Scoorel  : e 
V uno  e E altro  comprarono  gran  beni 
nella  Noortolandia.  L’ lmperadcre  spesse 
volte  si  pigliava  gusto  di  far  veder  costui 
ad  alcune  Dame  e Signori  , perchè  era 
di  grandissima  statura  , e benissimo  com- 
posto , ed  aveva  una  barba  sì  lunga  , che 


Jan  Cornelisz.  io5 

stando  ritto  poteva  pestarla  col  piede  : ed 
era  cosa  gustosa  il  vedere  alcune  volte  , 
quando  e'  viaggiava  a cavallo  appresso  a 
Principi  e Cavalieri  , che  il  vento  glie  là 
sollevava  e batteva  loro  nel  viso.  Teneva- 
ne  Giovanni  gran  conto  . e ogni  mattina 
impiegava  alcun  tempo  in  pettinarla  , 
e a cagione  di  questa  era  chiamato  Ans 
della  Barba.  Morì  quest’artefice  in  Brus- 
selles  l’anno  i55g.  della  sua  età  cinquan- 
tanove  o sessanta  : e nella  Chiesa  di  San 
Goricks  fu  sepolto.  Il  ritratto  di  lui  inta- 
gliato da  Tommaso  Galle  , fra’  ritratti  de- 
gli altri  celebri  pittori  Fiamminghi  , fa 
dato  alle  stampe  poco  avanti  al  1600.  coi 
seguenti  versi  9 composti  da  Domenico 
Lamsonio  : 

Quos  homirtes , quae  non  majus  loca 
pinxiù  et  urbes  , 

/'  isendum  late  quicquìd  et  Orbis 
habet  ; 

Pum  terra  sequiturque  mari  te  Carole 
Caesar , 

Pi  ngeret  ut  dextrae  / orda  Jacta 
tuae . 

Qua  e mox  Attalicis  fulgerent  aurea 
Lextis , 

Materiati  artifici  sed  superante  marni* 

Nec  minus  ille  sua  spectacula  praebuit 
arte 

Ceìso  conspicuus  vertice  grata  tibL 


£06  DeC.  III.  DELLA.  Par.  I.  DEL  SEC.  IV. 


Jussus  prolixae  àetecta 
barbae 

Ostentare  suos  pendala 
pedes . 


volammo, 
ad  usque 


JOAN  DI  MABUSE 

PITTORE. 

Discepolo  di  Luca  dy  Olanda , 
fioriva  nel  1524. 


Fu  Giovanni  delia  città  di  Mabuse; 
ed  essendo  stato  ricevuto  nella  scuola  da 
Luca  di  Leida  , diedesi  appresso  di  lui  a 
studiar  !’  arte  del  disegno  con  accuratez- 
za e diligenza  quanta  mai  se  ne  adopras- 
se  alcun  altro  giovane  in  questo  tempo. 
Questi  nella  sua  gioventù  fu  persona  alle* 
gra  , ma  contuttociò  non  lasciò  mai  di 
affaticarsi  per  avanzarsi  nell’  arte  9 per 


io8  Dec.  III.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
giugner  poi  là , dove  tendevano  i suoi 
pensieri.  A tal  fine  dopo  qualche  tempo 
volle  peregrinare  per  Y Italia , ed  altre 
Provincie  e Regni  , con  che  acquistò  tan- 
to di  sapere  , che  ebbe  il  vanto  di  essere 
il  primo  , che  riportasse  io  quelle  parti 
di  Fiandra  il  vero  modo  di  ordinar  le 
storie,  e fare  gì’ ignudi  e putti  col  buon 
gusto  Italiano,  i quali  avanti  a lui  non 
vi  erano  ancora  in  molto  uso.  Fra  le  ope- 
re eh’  ei  fece  , la  principale  e più  stimata 
fu  una  gran  tavola,  che  fu  posta  sopra 
r Aitar  maggiore  di  una  Chiesa  di  Midel- 
burgh  , co'  suoi  sportelli  * che  per  la  lo- 
ro grandezza,  nell’ aprirsi  , eran  fatti  po- 
sare sopra  certi  ferri  adattati  a quell’  ef- 
fetto nel  suolo.  Viveva  in  quei  suoi  tem- 
pi in  Anversa  il  celebre  Alberto  Duro , il 
quale  venne  apposta  a Midelburgh  a 
veder  quella  tavola  , il  che  ridondò  in  non 
poca  gloria  del  Mabuse.  L’ Abate  che  la 
fece  fare,  fu  Massimiliano  di  Bourgoignen, 
che  morì  l’anno  1524.  Aveva  il  Mabuse 
rappresentato  in  questa  tavola  una  Depo- 
sizione di  Croce  , e spesovi  gran  tempo  , e 
lavoratala  con  indicibile  artificio  ; ma  por- 
tò il  caso  , che  essendo  caduto  un  fulmi- 
ne, non  solo  incendiò  e rovinò  essa  tavo- 
la j ma  la  Chiesa  medesima  , restandone 
con  gran  dolore  tutta  la  città,  per  la  gran- 
de stima  in  che  era  appresso  di  ognuno 
quella  beli’  opera.  Dopo  la  morte  di  que- 
sto artefice  rimasero  in  essa  città  alcuni 


Joan  di  Mabuse.  109 

pezzi  di  tavole  eoo  immagini  della  Vergi- 
ne , ed  altre  ; ma  principalmente  nella  stra- 
da di  Langhendepbt , in  casa  del  Sig.  Ma- 
grius,  era  una  rappresenlazioae  di  Cristo 
deposto  di  Croce  con  figure  grandi , tan- 
to bene  ordinate,  e così  pulitamente  fini- 
te , e con  abiti  di  drappi  sì  belli  e natu- 
rali , che  era  una  maraviglia.  Similmente 
la  tovaglia  colla  quale  calavano  il  S.  cor- 
po, e tanto  questa,  che  i panni  e vesti- 
meati,  facevano  pieghe  bellissime.  Vedevan- 
si  ancora  grandi  affetti  di  dolore  nelle  fi- 
gure* Appresso  un  amator  deli’  arte  , chia- 
mato Melchior  Wintgis  , era  una  bella 
Lucrezia.  In  Amsterdam  in  via  Warmoes 
in  casa  dì  Marten  Papembroeck  era  una 
tavola  di  Adamo  ed  Èva  ^Ita  e grande  , 
ma  più  alta  che  lunga  , con  figure  quasi 
al  naturale  assai  beile  e ben  finite  , della 
quale  opera  furono  al  padrone  offerti  gran 
danari,  in  casa  Joan  Nicker  , pure  in  Am- 
sterdam era  una  gran  tavola  de' fatti  di 
un  Apostolo  dipinta  a chiaroscuro  , che 
pareva  fatta  senza  colore:  e a quella  tela 
dov' ella  era  dipinta,  aveva  il  Mabuse  da- 
ta una  certa  sorta  d”  imprimitura  , che  pel 
molto  piegare  che  si  faceva , non  mai  pun- 
to si  guastava.  Stette  quest'artefice  al  ser- 
vizio del  Marchese  di  Veren , al  quale  di- 
pinse Maria  sua  moglie  per  una  Vergine, 
che  teneva  in  braccio  il  Bambino  , ritrat- 
to d’  un  proprio  figliuolo  del  Marchese,  e 
deila  stessa  Maria.  Quest’  opera  fu  stima- 


ito  Déc.  III.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
ta  tanto  bella  , che  a comparazione  di  es- 
sa ne  perdevano  tutte  1’  altre  sue  pitture  : 
e fino  alT  anno  1604.  sì  vedeva  si  bea 
conservata,  che  pareva  fatta  allora.  Andò 
poi  questo  quadro  in  mano  del  Sig.  di 
Froimont  in  Goude,  siccome  altri  ritratti 
di  sua  mano  furon  portati  a Londra.  In 
Withal , in  Galleria  era  un  quadro  con 
due  ritratti  di  fanciulli  lavorati  con  gran- 
de artificio.  Avvenne  una  volta , che  men- 
tre il  Mabuse  stava  in  servizio  del  Mar-  , 
chese,  per  non  so  quale  occasione  dì  viag- 
gio 5 convenne  al  medesimo  ricevere  nella 
propria  casa  Carlo  V.  onde  per  segno  di 
ossequio  e di  allegrezza  voile  vestire  tutta 
3a  sua  gente  di  dommasco  bianco.  Mabu- 
se ebbe  il  suo  dommasco  prima  degli  al- 
tri ; ma  perch’  egli  era  un  uomo , che 
poco  stimava  se  stesso,  e tanto  meno  la 
roba  , lo  vendè  subito  , e diedene  il  prez- 
zo agli  amici.  Quando  poi  fu  per  venire 
lo  ’mperadore , il  povero  Mabuse  non 
avendo  più  nè  l’ abito , nè  i danari  da 
provvedersene  un  altro,  fecesi  una  toga 
di  foglio  bianco , e la  dipinse  sopra  di  fio-  j 
ri  a modo  di  dommasco , tanto  bene  e al 
naturale  , che  era  una  maraviglia  il  ve- 
derla , di  che  il  Marchese  prese  gran- 
de ammirazione.  Aveva  egli  allora  in 
sua  Corte , oltre  al  Mabuse , un  altro 
dotto  Filosofo,  ancora  esso  pittore:  e uno 
che  operava  bene  in  poesia.  Questi  tre 
passarono  un  giorno  rimpetto  al  palazzo 


Joan  di  Mabuse.  ih 

in  tempo  clie  lo  ’mperadore  era  alla  fine» 
$tra  : e vedendogli  il  Marchese  , che  stava 
dopo  di  lui , domandò  a Sua  Maestà  , 
qual  de’  tre  le  pareva  il  più  bel  domina- 
sco  ; lo  ’mperadore  allora  pose  l’ occhio 
nel  vestito  del  pittore , quale  appariva 
molto  bianco  e bello  , e fiorito  con  mag- 
gior vaghezza  degli  altri  , e già  voleva  da- 
re a quello  la  prima  lode  , quando  il 
Marchese  gli  scoperse  1’  accidente  e V in- 
dustria del  pittore,  che  tanto  gli  piacque, 
che  volle  averlo  attorno  alia  tavola  quan- 
do mangiava:  e più  volle  in  tale  occasio- 
ne volle  toccar  quell’  abito  colle  proprie 
mani  , quasiché  non  finisse  di  credere  al 
testimonio  degli  occhj  proprj , che  glielo 
facevan  parere  di  dommasco  vero.  Fu  il 
Mabuse  uomo  pio,  paziente , ed  in  ogni 
sua  opera  diligentissimo  ; ma  tanto  a caso, 
e disprezzato  di  sua  persona  , che  piuttoe 
sto  pendeva  nel  sordido  : a cagione  di  che 
e anche  dall’  avere  un  aspetto  burbero  e 
tristo,  nel  passar  ch’ei  faceva  una  volta 
da  Midelburgh , fu  per  sospetto  fatto  pri- 
gione : e nei  tempo  di  sua  prigionia  fece 
alcuni  disegni  di  matita  , o altra  materia 
nera  , bellissimi.  Seguì  finalmente  la  sua 
morte  nella  città  dì  Anversa  il  primo  di 
di  Ottobre  del  i5d2.  e nella  Chiesa  Catte- 
drale della  Madonna  fu  onorevolmente 
sepolto.  11  ritratto  di  lui  fu  poco  avanti  al 
iboo.  dato  alle  stampe,  con  intaglio  di 
Tommaso  Galle  , con  aggiunta  de’  seguea- 
ti  Tersi  3 composti  dal  Lamsonio  ; 


ix2  Dec.  III.  della  Par.  I.  del  Sxc.  IV. 

Tuque  adeo  nostris  saeclum  dicére 
Mabusi 

Versibus  ad  graphicen  erudiisse 
tuum. 

Narn  (jais  ad  aspectum  pigmenta  poli* 
tìus  alter 

Florida  Apelleis  illiner  et  tabulìs  ? 

Arte  aliis , esto , tua  tempora  cede 
s ecuti s : 

Peniculi  ductor  par  tibi  rarm  erti. 


nS 


JAN  Sf  ART 

PITTORE  DI  FRISIA 

Fioriva  nel  i5 


Ija  Frisia  non  fu  mai  così  addiac- 
ciata , eh'  ella  non  producesse  alcun  ede- 
roso fiore , con  che  potesse  abbellirsi  il 
mondo.  Tale  fu  Jan  Swart , celebre  pitto- 
re , che  in  nostra  lingua  diciamo  Giovan- 
nino Nero  i e altri  ancora  , de"  quali  sia- 
mo pur  ora  per  dare  alcuna  breve  notizia» 
Nacque  Giovannino  in  Groeninghe  nella 
Baldimicci  VoL  VII*  $ 


Ii4  Dec.  III.  della  Pah.  I,  del  Sec.  IV» 
Vriesìandt,  che  vuol  dire  paese  addiaccia- 
to, e da  noi  detto  la  f risia.  Abitò  alcuni 
anni  in  Goude  : e fu  nei  tempo  , quando 
Jean  Secorel  venne  in  Italia  , cioè  del 
1 522»  o i523.  Attese  a dipignere  paesi  e 
figure  igiiude , e nell’  una  e nell’  altra 
operazione  seguitò  la  maniera  del  nomi- 
nato Scoorel.  Venuto  poi  in  Italia  , e sta- 
to alenai  anni  a Venezia  , prese  ( siccome 
lo  Scoorel  aveva  fatto  ) un’altra  maniera 
al  modo  Italiano.  INon  sono  a no- 
stra notizia  i molti  luoghi  , dove 
furono  mandati  ì suoi  lavori  di  pittura  ; 
ben  è vero  , che  uscirono  dalla  sua  mano 
alcuni  intagli  in  legno  , cioè  , certi  Tur- 
chi a cavallo  con  loro  archi,  frecce,  e 
simili  , che  sono  assai  ben  fatti  : un  Cri- 
sto predicante  ad  infinito  popolo  ^ che 
l’ascolta  dalla  barca.  Questo  maestro  eb- 
be un  discepolo,  che  si  chiamò  APJAEN- 
PiETERSZ  CRABETK,  il  padre  del  qua- 
le si  chiamava  Krepelpieter.  Questi  impa- 
rò si  presto  , che  in  gioventù  avanzò  il 
maestro.  Andò  in  Francia  , e dopo  esservi 
stato  alcun  tempo,  moti  nella  città  Au- 
si um  , e fu  di  gran  danno  all’  arte  per  la 
sua  grande  espilazione.  Vi  fu  ancora  un 
tal  CORNEL1SZ  nato  in  Goude,  discepo- 
lo di  Hetnskérck,  che  dipinse  assai  bene 
al  naturale.  Questi  nella  sua  gioventù  fu 
assai  dedito  all’  ebrei  là  ; ma  comecché 
frequentava  assai  la  corte,  vinto  da  un 


Jan  Swàrt;  ii5 

certo  prudente  rispetto  e timore  delle 
beffe,  facendo  forza  a se  stesso,  si  mutò 
a gran  segno.  Ma  non  saprei  già  io  dire 
il  perchè  costui  nell’  abbandonare  il  bere  , 
perdesse  ancora  !’  arte , perchè  da  lì  in 
poi,  non  mai  piu  diede  io.  nulla  ; se 
non  volessimo  dire  . che  il  passato  disor- 
dine già  gli  avesse  guasto  talmente  il  cer- 
vello , che  e’  non  fosse  poi  più  a tempo 
ad  approfittarsi  dell’  emenda.  Fu  anche 
un  gran  pittore  al  naturale  un  tal  HANS 
RÀMESB1ER  , che  in  nostra  lingua  vuol 
dire  , Giovanni  Birra  di  San  Remigio  , 
così  detto , perchè  circa  il  tempo  della 
festa  di  questo  Santo , fanno  in  quelle 
parli  la  birra  per  bere  l’ inverno.  Questi 
fu  Alamanno,  e discepolo  di  Lambert 
Lombardus.  Anch’  egli  nella  sua  gioventù 
si  guastò  pel  troppo  bere  ; contuttociò  ar- 
rivò egli  all’  età  di  presso  a cent’  anni  : e 
in  Amsterdam  , dove  aveva  sua  abitazione, 
lini  la  sua  vita.  Fu  ancora  un  altro  SI- 
MONE  JACOBS  di  Goude , discepolo  di 
Carel  d’  Iper  in  Fiandra , che  dipinse  an- 
cor egli  bene  al  naturale.  Di  sua  mano 
era  1’  anno  1604.  in  Haerlem  , appresso  a 
un  tal  Willem  Tibout,  che  fu  morto  nel- 
1’  incendio  di  Haerlem  , un  ritratto  fatto 
con  grande  ardire.  E medesimamente  del- 
la città  di  Goude  fu  un  CORNEL1SZ  DE 
ViSCHER  , che  in  nostra  lingua  vuol  di- 
re Pescatore  , che  fu  un  cervello  strava- 


1ii6  Bec.  III.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
gantissimo,  ma  dipinse  bravamente  al  na~ 
turale,  del  quale  assai  si  potrebbe  dire. 
Morì  costui  in  viaggio  marittimo  nel  ve- 
nire d9  Amburgo. 


JOAN  SGOOREL 

PITTORE  DI  SCOOREL  IN  OLANDA. 


Jn  un  Villaggio  detto  Seoorel , vici» 
io  ad  Alckraaer  nell’  Olanda  nacque  Pan« 
io  i4g5.  al  primo  di  Agosto  Jan  , che 
lai  nome  della  patria  fu  cognominato 
Seoorel  ; ed  era  ancora  piccolo  giovanet- 
o , quando  perduti  per  morte  i proprj 
genitori  , rimase  alla  cura  di  altri  paren- 
i ed  amici  , i quali  fino  all*  età  di  quat- 
tordici anni  nella  città  d’  Alcktnaer  lo 


Nato  1495.  + i56©„ 


Il8  Dec  UT,  DELLA  Par.  I.  del  Sec.  IV# 
fecero  attendere  alia  lingua  Latina.  Ma 
il  fanciullo  non  poteva  resistere  ad  un 
naturale  impulso,  ohe  del  continuo  Y ac- 
cendeva di  desiderio  d1  imparar  Y arte  del 
disegno:  e non  vedeva  mai  una  pittura, 
eh’  e’  non  s’  ingegnasse  di  copiarla  in  quel 
modo , che  poteva  fare  allora  un  suo  pa- 
ri , che  non  mai  aveva  veduto  matitatojo 
o pennello.  11  simile  faceva  di  altre  cose 
naturali;  e con  un  certo  suo  coltello  o 
temperino  conduceva  nel  legno  alcuni 
fantocci  di  rilievo , che  avuto  riguardo  al- 
la tenera  sua  età,  erano  degni  di  lode. 
Per  questo  era  egli  diventato  lo  spasso  di 
tutti  i suoi  compagni  di  scuola  , i quali 
com’ è solito  di  quell’età,  si  pigliavano 
tanto  gusto  di  lui , eh’  e’  non  se  gli  poto 
van  mai  torre  d’  attorno.  Seguitando  dun- 
que il  fanciullo  tal  suo  divertimento  , an- 
dò la  cosa  tant’  oltre  , che  i parenti  di 
lui  T applicarono  a quell’  arte  sotto  la  di-  | 
sciplina  di  Willem  Cornelisz  ragionevoi 
pittore  dì  Haerlem  , il  quale  lo  prese  con 
patto  di  tenerlo  solamente  tre  anni  : e 
quando  lo  Scoorel  non  avesse  perseverato 
a star  con  lui  tutto  quel  tempo , doves- 
sero i parenti  dare  al  pittore  una  tal  con- 
venuta ricognizione.  Fecesi  scrittura  , la 
quale  il  maestro  ripose  in  una  sua  borsa 
di  cuojo.  In  processo  di  tempo  divenne  il 
pittore  assai  geloso  col  giovanetto  Scoorel  , 
per  qualche  utilità  che  da  esso  riportava: 
e tuttavia  stava  con  timore  eh’  e’  non  si 


JoAN  SCOOREL.  JfCJ 

partisse  di  casa  sua , che  pero  assai  fre- 
quentemente nel  tornar  che  faceva  a casa 
briaco,  perch’egli  era  uomo  molto  dedi- 
to al  bere  , minacciava  il  fanciullo  dicen- 
dogli : Scoorel  ^ tu  sai  che  io  ti  porto  in 
tasca,  però  non  te  ne  andare , perchè  se 
ti  te  ne  vai  , ti  farò  vedere  quel  che  io 
saprò  fare  a’ tuoi  parenti  ; tantoché  venu- 
to a noja  questo  continuo  rimprovero  al 
figliuolo,  una  sera  d’inverno,  che  tirava 
gran  vento  , cavata  destramente  la  scritta 
di  quella  borsa  , se  ne  andò  sopra  un 
ponte  di  legno  , e fattone  mille  pezzi,  die» 
de  loro  la  vìa  sopra  1’  acqua  , sperando 
che  col  non  trovarsi  più  quel  foglio  , sa- 
rebbe una  volta  anche  finito  quel  chiasso, 
siccome  seguì  ; perchè  il  maestro  avendo» 
perduta  la  carta  , dipoi  non  si  arrisicava 
più  a parlare  ; ma  non  per  questo  lo 
Scoorel,  che  fino  da  quell’  età  era  di  a- 
mimo  assai  ragionevole  e discreto , si  par- 
tì da!  maestro.  Diedesi  egli  dunque  molta 
da  senno  allo  studio  dell’arte,  e fino  i 
giorni  festivi  quando  non  istava  aperta  la 
bottega  , se  ne  andava  fuori  della  città  , 
disegnando  vedute  , boscaglie  , ed  ogni 
altra  cosa,  che  alia  campagna  se  gli  rap- 
presentava , che  fosse  curiosa  , e come  noi 
usiamo  dire  pittoresca  ; come  quegli  che 
operava  secondo  un  occulto  dettame  della 
natura  e interno  gusto,  che  lo  portavano 
all’  ottimo  : ed  era  il  disegnar  suo  di  uua 
maniera  al  tutto  diversa  dagli  altri  pitto- 


t20  DE@.  III.  DELLA  PAR.  I.  DEL  IV. 
ri  , onde  non  è maraviglia  che  egli  poi 
cresciuto  in  età  e in  i studio  , dopo  essere 
stato  in  Italia  , portasse  in  quelle  parti  un 
sì  bel  fare , che  fu  detto  comunemente  di 
lui  , essere  stato  egli  quello  che  faceva  la 
guida  , e portava  la  lanterna  agli  altri  ar- 
tefici, Venne  intanto  la  fine  de  tre  anni  > 
che  doveva  stare  con  Willem  Cornelisz , 
quando  egli  licenziatosi  da  esso  coite- 
semente  , si  portò  in  Amsterdam  , ap* 
presso  un  tale  Jacob  Cornelisz  , gran  di- 
segnatore e vago  coloritore  Quegli  ve- 
duti i talenti  del  giovane  , lo  ricevè  con 
dimostrazione  di  stima  , e posegìi  amore 
da  figliuolo  : ed  ogni  anno  pel  suo  lavoro  ; 
davagli  molti  danari , permettendogli  an- 
cora in  certi  tempi  il  fare  alcune  cose 
per  se  : e così  lo  Scoorel  aveva  qualche  j 
danaro.  Aveva  questo  suo  maestro  una 
bellissima  figliuola  di  dodici  anni , nella 
quale  pareva  che  la  natura  avesse  riposti 
tutti  i suoi  doni,  tanto  di  spirito,  quanto 
di  bellezza.  Di  questa  il  giovane  s’in  vaghi, 
ed  ella  corrispondeva  a lui.  Non  potè  pe- 
rò quell’ amore  far  sì,  che  egli  per  desi- 
derio di  perfezionarsi  più  nell’  arte , non 
lasciasse  quell’ abitazione  e’1  maestro;  tan- 
to più  che  si  persuase  ,•  che  non  mai  gli 
sarebbe  potuto  riuscire  l'averla  per  móglie, 
se  e’  non  si  fosse  fatto  un  gran  valentuo- 
mo: e cosi  partitosi  di  lì,  se  ne  andò  a 
stare  eoo  un  altro  rinomato  pittore  chia- 
mato Janniin  di  Mabuse , che  stava  al  ser» 


l 


JOÀN  SCOOREL*  12 I 

ti  sio  di  Filippo  di  Borgogna  , Vescovo  di 
Utrecht;  ma  non  gli  fece  però  questa  par- 
tenza dimenticar  l’amore  verso  la  figliuola 
del  Cornelisz.  E perchè  il  Mabuse  era  sre- 
golato nel  vivere,  e sempre  stava  negli 
alberghi  e in  sulle  liti,  e bene  spesso  con- 
veniva a Scoorel  pagare  per  esso,  e anche 
mettersi  in  pericolo  della  vita,  vi  si  trat- 
tenne pochissimo,  e si  partì  alla  volta  di 
Colonia  : e di  là  andò  a Spira  , dove  tro- 
vò un  Sacerdote  il  quale  faceva  bene  di 
architettura  e pittura,  da  cui  cercò  d’im- 
parar quell’arte:  ed  all’ incontro  fece  egli 
a lui  alcuni  pezzi  di  quadri  di  sua  mano* 
Di  Spira  se  ne  andò  in  Argentina  , e di 
là  a Basilea  , e visitò  tutte  le  stanze  e scuo- 
le de'  Pittori , ben  ricevuto  da  tulli,  e bea 
premialo  de’  suoi  lavori  ; perchè  olire  al- 
¥ operar  bene , e’  faceva  più  in  una  set- 
timana , che  altri  in  un  mese  ; e però 
stando  poco  per  luogo  , contuttociò  ope- 
rava assai.  Andò  in  INorimberga  città  di 
Alemagna  : e li  si  trattenne  alcun  tempo 
appresso  il  famoso  Alberto  Duro.,  per  de- 
siderio di  più  imparare  ; ma  perchè  in 
quegli  anni  aveva  Lutero  eolie  sue  false 
dottrine  cominciato  a metter  sottosopra  tut- 
te quelle  parti , che  per  avanti  se  ne  sta- 
vano nella  Cattolica  pace;  parendo  a Seco» 
rei,  che  Durerò  (enunciasse  alquanto  ad 
intrigarsi  ancora  egJi  in  quella  causa,  per 
tenersi  lontano  da’  pericoli  3 si  partì  di 
INorimberga  5 e se  ubando  a Stiers  m C&» 


122  DEC.  III.  DELLA  PàR.  I DEL  SeC,  IV. 
rinzia  , dove  lavorò  per  alcuni  Signori  ; e 
quivi  se  ne  stava  con  un  Barone  , grande 
amator  della  pittura,  il  quale  lo  rimunerò 
non  solamente  eoa  doni  e altre  cose  , ma 
arrivò  a seguo  di  volergli  dare  una  sua 
figliuola  per  moglie  , il  che  sarebbe  stato 
un  gran  bene  per  lui.  Ma  l’amore,  eh’ ei 
conservava  tuttavia  a quella  fanciulla  di 
Amsterdam , lo  ritenne  dall’  accettare  il 
gran  partito  : e piuttosto  preso  nuovo  vi- 
gore cercò  di  farsi  tuttavia  maggior  uomo, 
acciocché  tornando  là  potesse  poi  averla 
per  moglie.  Di  lì  andò  a Venezia  , e vi 
prese  conoscenza  con  alcuni  pittori  d'An- 
versa , e particolarmente  con  un  tal  Da- 
niel di  Bomberga.  Mentre  eh’  egli  era  in 
quella  Città,  s'abbattè  in  un  religioso  na- 
tivo di  Gouie  d’Olanda  , uomo  molto  ve- 
nerando , che  era  grande  amatore  dell’ar- 
te della  pittura.  Con  questi  fece  stretta 
amicizia  e familiarità  : se  ne  andò  in  Ge- 
rusalemme , essendo  egli  allora  in  età  di 
venticinque  anni  : prese  con  se  tutti  gli 
arnesi  da  dipingere  5 e sulle  navi  faceva 
ritratti  di  diversi  personaggi.  Scriveva  in 
un  suo  libro  tutte  le  giornate  del  viaggio. 
In  Candia  , Cipri  , e altre  provincie  dise- 
gnò paesi  e vedute  , piccole  città,  castelli 
e montagne.  Arrivato  a Gerusalemme  , fe- 
ce tosto  amicizia  col  Guardiano  del  Con- 
vento di  Sion  , che  appresso  i Turchi  era 
in  gran  considerazione.  Con  esso  viaggiò 
per  tutti  qW  santi  luoghi.  Vide  il  fiume 


JOAN  ScoOREL.  12.3 

Giordano  , e tutti  colia  penna  gli  disegnò, 
insieme  co’ paesi , pe’ quali  passava.  Avreb* 
belo  il  Guardiano  volentieri  tenuto  quivi 
un  anno  , ma  non  volle  compiacerlo.  Pro- 
messegli bene  alla  sua  partenza  di  Gerusa- 
lemme di  far  per  lui  un  quadro  nella 
nave , e mandarglielo  siccome  fece  » ed  a 
Gerusalemme , di  Venezia  glielo  mandòle 
fu  la  storia  di  San  Tommaso , che  pone 
le  dita  nel  Costato  di  Cristo.  Questo  qua- 
dro fu  posto  nella  Chiesa  del  Presepio  di 
nostro  Signore,  dove  fino  dell’ anno  1604» 
ancora  si  trovava,  come  deposero  alcuni  * 
che  vennero  da  quelle  parli.  Aveva  an- 
cora dipinta  dal  vero  la  stessa  città  di 
Gerusalemme  , della  quale  poi  si  servì  in 
qualche  tavola , dove  rappresentò  storie 
Evangeliche , come  sarebbe  a dire  : quan- 
do Cristo  discende  dal  monte  Olivete  ver* 
so  la  città  : quando  predica  sopra  lo  stessa 
monte,  e simili.  Ancora  dipinse  il  Santo 
Sepolcro.  Nel  tornarsene  alla  patria  fece 
il  proprio  ritratto  , e ritrasse  alcuni  Cava- 
lieri Gerosolimitani.  Due  anni  avanti , che! 
Turco  pigliasse  la  città  di  Rodi , si  eia 
egli  nella  medesima  città  trattenuto  ap- 
presso il  Maestro  dell’ Ordine  de’  Teutoni- 
ci, da  cui  ben  trattato,  fecevi  la  pianta  e 
la  situazione  della  città.  Arrivato  a Vene- 
zia, poco  vi  si  trattenne,  perchè  volle 
scorrere  a vedere  molte  altre  Provincie 
d’ Italia.  Fermossi  ] er  qualche  tempio  in 
Roma,  dove  cominciò  a disegnare  luti© 


124  Uec.  HI.  della.  Pah.  T.  del  Sec.  IV. 
Fantino,  tanto  di  figure  che  di  rovine,  e 
2’opere  di  Michelagnolo  e di  Raffaello  ; 
onde  fin  d’allora  crebbe  il  suo  nome  ap- 
presso di  molti.  Occorse  intanto  , che  fu 
creato  Papa  il  Cardinale  d’Utrecht , che  fu 
Adriano  Vi.  in  tempo  ch’egli  era  in  Ispa~ 
gna  ; ed  essendosi  porta  occasione  allo 
Scoorel  di  farsegli  conoscere,  acquistò  tal 
grazia  appresso  di  lui , che  gli  fu  subito 
dato  il  maneggio  di  Belvedere.  Quivi  fe- 
ce alcuni  quadri  per  lo  stesso  Papa , ed 
il  ritratto  di  lui  al  naturale  , che  fu  por- 
tato a Lovanio,  nel  Collegio  eretto  dal 
medesimo  Papa.  Questo  buon  Pontefice  do- 
po aver  regnato  un  anno  e otto  mesi  in 
circa  , si  morì  : onde  Scoorel  , dopo  aver 
finite  alcune  pitture  in  Roma  , se  ne 
tornò  alla  patria.  Arrivato  a Utrecht  fu 
preso  da  gran  dolore , perchè  gli  fu  da- 
ta la  nuova , che  la  r figliuola  del  suo 
maestro  di  Amsterdam  era  stata  marita- 
ta ad  un  orefice  ; onde  il  povero  giovane 
vide  in  un  punto  fallito  ogni  suo  dise- 
gno , e perduta  quasi  ogni  fatica  , che  a 
poco  altro  aveva  egli  indirizzata  , che  al 
line  di  abilitarsi  all’  effettuazione  delle 
tanto  desiderate  nozze.  Stettesi  in  Utrecht 
con  un  fcerto  Proposto  di  Oudemunster , 
chiamato  Lochorst , uomo  di  Corte,  e gran» 
de  amatore  dell’  arte.  Questi  diidgneva  a 
olio  e a guazzo.  Quivi  lo  Scoorel  dipinse 
l’entrata  di  Cristo  in  Gerusalemme,  colla 
città  al  naturale,  e vi  fece  molte  figure 


JOAN  SCOOREL.  3 2S 

de’  fanciulli  Ebrei  ed  altri,  che  stendono 
i rami  , e le  vestimenta  a’  piedi  del  trion- 
fante Signore.  Fu  questa  tavola , che  ave- 
va i suoi  sportelli,  collocata  nella  Chiesa 
Cattedrale,  alla  quale  fu  donata  da'  paren- 
ti del  Proposto  di  essa.  In  quel  tempo  se- 
guì una  sollevazione  nella  Città , fra  alcu- 
ni partigiani  del  Vescovo  , e quelli  del 
Duca  di  Gueldria  ; onde  lo  Scoorel  per 
fuggire  il  tumulto,  se  ne  venne  in  Haer- 
lem  , dove  dal  Comandante  dell’  ordine  di 
S.  Giovanni , che  si  chiamava  Simon  Saen, 
grande  amico  de’  pittori  , fu  ben  ricevuto 
e ben  trattato.  Per  questi  fece  alcune  ope- 
re , che  fino  dell’  anno  1604.  si  trovavano 
in  quel  luogo  : particolarmente  una  storia 
di  S.  Giovanni  che  battezza  , dove  si  ve- 
devano bellissime  figure  di  vaghi  aspetti  , 
un  bel  paese , e molti  ignudi  per  battez- 
zarsi. Aveva  egli  già  acquistata  gran  fama 
in  quei  luogo  , quando  si  risolvè  a pigliar- 
vi casa  ; che  però  gli  furono  date  a fare 
dipoi  molte  tavole  per  altari  di  quelle  Chie- 
se : ed  una  , che  doveva  servire  per  1’  Aitar 
maggiore  della  Chiesa  vecchia  di  Amster- 
dam , in  cui  rappresentò  un  Crocifisso  : 
dell’  invenzione  della  qual  tavola  se  ne  ve- 
deva un’altra  pure  in  Amsterdam  detto 
sono  1604.  Fu  poi  chiamato  a Utrecht 
da’  Signori  del  Collegio  di  Santa  Maria  , 
Chiesa  fondata  da  Enrico  V.  Imperatore, 
dove  fece  una  tavola  per  la  maggior  Gap- 
pellai  con  quattro  sportelli,  il  primo  de’qua- 


is6  Dec.  III.  della  Par.  I.  del  Sec.  IY. 
li  doveva  egìi , come  gli  fu  ordinato,  di- 
piguere  per  una  prova.  Ritrassevi  alcune 
persone  al  naturale  : ne’  primi  due  spor- 
telli figurò  Maria  Vergine  col  bambino  e 
S.  Giuseppe  , lo  Imperadore  inginocchio- 
ni  in  abito  Imperiale  col  Vescovo  Co  ara- 
dus  pontificalmente  vestito  : ed  altre  per- 
sone vi  ritrasse  , che  per  comandamento 
dell’ Imperadore  avevan  fatto  abbellire  quel- 
la Chiesa:  e vi  era  anche  un  bellissimo 
paese.  I due  altri  sportelli  tenne  alcuni 
anni:  intanto  dipinse  alcune  tele  a guazzo, 
grandi  quanto  erano  i due  sportelli  , in 
una  rappresentò  il  Sagrifizio  d’  Abramo 
con  un  bel  paese.  Queste  tele  fece  poi 
comprare  , insieme  con  altre  opere  di 
Scoorel , il  Re  Filippo  1’  anno  iò-fg.  col- 
l’ occasione  di  trovarsi  nella  Fiandra  , e di 
passaggio  in  Utrecht , e se  le  portò  in  Ispa- 
gna.  Era  di  mano  di  costui  in  Amsterdam 
un  Crocifisso  con  bellissimi  sportelli  , fatto 
nel  miglior  tempo.  Gli  sportelli  fatti  in 
Utrecht,  e ancora  una  bella  tavola  in  Goti- 
de  • insieme  con  molte  altre  belle  opere 
sue  furoa  l’anno  i566.  rotte  e abbrucia-  ì 
te  dalla  plebe.  À Marchien,  bellissima  Ba- 
dia in  Artesia  , era  una  sua  bella  tavola  [ 
con  San  Lorenzo  sopra  la  graticola  : una 
deli"  undicimila  Vergini,  con  due  sportelli: 
ed  una  con  sei,  dove  aveva  rappresentato 
il  martirio  dì  Santo  Stefano  . In  Utreclit , 
nella  Badia  di  S.  Vaes , dietro  1’  aitar  mag- 
giore era  una  tavola  con  un  Crocifisso  con 


JOAN  vScOQRKL.  1 27 

«Ine  sportelli.  In  Haerlem  , appresso  Geert 
Willemsz  Scoterbosch , era  un  pezzo  di 
quadro  piccolo  , dov’  egli  aveva  rappresen- 
tato quando  la  Vergine  offerse  il  Figliuo- 
lo nel  Tempio  nelle  braccia  di  Simeone^ 
con  molte  figure.  Nella  Frigia,  in  una 
Badia,  chiamata  Grootouwer  , era  una  ta- 
j vola  della  Cena  del  Signore  , con  figure 
al  naturale,  e le  facce  ancora  degli  sportel- 
li dipinte.  In  Malines  , città  tra  Brusselles 
ed  Anversa,  era  un  mercante,  che  avea 
corrispondenza  a Roma , chiamato  Willem 
Pieters  , il  quale  collo  Scoorel  aveva  con- 
tratta grande  amicizia  : fece  egli  per  co- 
stui alcuni  be’ pezzi  di  quadri.  In  Breda 
pel  Conte  Enrico  di  Nassau,  e Rene  de 
Chalon  Principe  d’  Oranges  fece  alcune  ope- 
re. Fu  poi  chiamato  dal  Re  di  Francia 
Francesco  I.  per  andare  al  suo  servizio  , 
con  gran  promesse  : ed  ei  ricusò  , perchè 
non  volle  mai  obbligarsi  nelle  Corti  , anzi 
una  volta  , die  gli  piacque  raccomandare 
un  certo  architetto  ai  Re  di  Svezia  Gu- 
stavo , gli  mandò  col  medesimo  a donare 
una  bella  immagine  della  Madonna  di  sua 
mano  , la  quale  fu  da  quel  Re  tanto  gra- 
dita , che  non  isdegoò  lo  scrivergli  una 
lettera  di  proprio  pugno  in  ringraziamen- 
to , inviandogliela  accompagnata  con  un 
ricchissimo  regalo , che  fu  un  anello  di 
gran  valore , con  altre  simili  cose  , e una 
slitta  con  tutti  i suoi  arnesi  pel  cavallo; 
quella  appunto  , colla  quale  soleva  sua 


128  Dec.  HI.  della  Par.  T.  del  Seg.  IV. 
Maestà  andar  sopra  il  diaccio , con  un  for- 
maggio di  Svezia  di  dugento  libbre  di  pe- 
so , del  nostro  dugentosessantaseì.  Lo  Sco- 
orel  ricevette  la  lettera , ma  bensì  aperta , 
per  essere  stata  intercetta  , e preso  il  re- 
galo. Fu  quest’artefice  assai  famigliare  a 
tutti  i Cavalieri  della  Fiandra,  perchè  nel- 
F arte  della  pittura  aveva  congiunto  la 
musica  , e la  poesia.  Era  buon  rettorico  3 
e componeva  ben  le  commedie  , e canzoni. 
Tirò  bene  d'arco,  e parlò  molte  lingue 
francamente  , cioè  la  Latina  , Y Italiana , 
Francese  , e Tedesca  , oltre  alla  sua  nativa. 
Fu  liberale  del  suo , di  spirito  allegro  e 
vivace  ; ma  giunto  ad  una  certa  età  , fu 
così  tormentato  dalla  podagra  , che  diven- 
ne vecchio  avafflti  il  tempo.  Finalmente 
pervenuto  all’  età  di  sessantasette  anni  , se 
ne  andò  a vita  migliore  l’anno  i56o.  a’ sei 
di  Dicembre.  Rimase  di  suoi  discepoli  il 
pittore  di  Filippo  Re  di  Spagna  Antonio 
Moro,  il  quale  pel  grande  affetto , che  gii 
portava,  voile  due  anni  avanti  eh’ egli  mo- 
risse, cioè  l’anno  i55$.  farne  |il  ritratto, 
sotto  il  quale  scrisse  1 seguenti  versi 

Addidib  hic  arti  decus , huic  ars  ipsa 
deco  rem , 

Quo  morienteÀ  morì  est  haec  quoque 
vis  a sibL 


X2Q 


MARTEN  HEMSKERGK 

PITTORE  D’OLANDA 


Discepolo  di  Jan  Se  ho  o rei  9 
nato  1498.  + 1674. 


In  un  povero  villaggio  d’Olanda,  chia- 
mato Hemskcrck , nacque  Tanno  1^98. 
questo  Martino,  che  poi  dalla  patria 
fu  cognominato  Hemskerck.  Suo  padre  fu 
tiri  tale  Jacopo  Willemsz,  uomo  di  cam- 
pagna , il  cui  ordinario  mestiere  fu  il  mu- 
rar le  case  a’  contadini  ; ma  bene  spesso 
per  mancanza  di  lavoro  era  chiamato  dai 
medesimi  in  ajuio  di  loro  faccende  fino  a 
mugner  le  vacche.  Martino  da  piccolo 
fanciullo  si  mise  ad  imparare  il  disegno 
appresso  un  tal  Cornelis  Wiìlamsz  , che 
fu  padre  di  Lucas  e di  Floris,  che  pelle- 
Bai  dinucci  V oh  VII*  9 


t 


i3o  Dec.  III.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
orinarono  in  Italia,  studiarono  in  Roma 
e altrove,  e riuscirono  ragionevoli  pittori. 

11  padre  del  fanciullo  , che  per  avventura 
non  passava  più  là  coli’  ingegno , non  ave- 
va in  molta  stima  Farle  del  dipigoere; 
onde  tolto  il  tigli  nolo  da  quel  mestiere  , 
lo  prese  in  suo  ajuto  a murare , andar  per 
opera  a mugnere , e fare  altre  cose  di 
quelle  9 che  usano  di  fare  i contadini.  Non 
è possibile  a raccontare  sino  a qual  segno 
di  dolore  giugnesse  il  povero  figliuolo  , ve- 
dendosi richiamare  da  un’  arte  sì  nobile  , 
e di  grandissimo  suo  genio,  a stato  e ser- 
vigio di  tanta  viltà,  e da  lui  tanto  odiato; 
onde  deliberò  fra  se  stesso  di  cercare  oc- 
casione di  romperla  col  padre  , per  poter 
poi  9 con  alcuno  apparente  pretesto  , le-  j 
Tarsi  da  quello  improperioso  lavoro:  e un 
giorno  nel  tornare  che  ei  faceva  da  una 
stalla  , dov’  egli  aveva  munte  alcune  vac- 
che , portando  il  vaso  del  latte  sopra  la  ! 
testa  , nel  passar  vicino  ad  un  albero  , 
procurò  a bello  studio,  che ’l  vaso  per- 
cotesse  in  uno  de  rami  ; onde  il  vaso  cad-  \ 
de  a terra  j e il  latte  si  sparse  sul  terre-  ; 
no.  Veduto  ciò  il  padre  non  solo  lo  sgri- 
dò bestialmente , ma  preso  un  legno  gli  ; 
corse  dietro  per  percuoterlo , ma  iì  giova- 
netto , che  era  bene  in  gambe , fuggendo  j 
come  il  vento , tosto  gli  sparì  di  vista.  Per  j 
quella  notte  non  tornò  a casa , standosi 
come  potè  il  meglio  , io  una  capanna  di  j 
fieno.  La  mattina  quando  ei  credette  che’! 


Màrten  Hemskerck.  i8i 

padre  fosse  addato  ai  lavoro,  se  ne  tornò 
a casa  , e fattosi  dare  dalla  madre  alcune 
coserelìe  da  mangiare  , e certi  pochi  quat- 
trini, se  ne  partì.  In  quella  giornata  passò 
a Haerlem  e Delft,  e quindi  si  fermò,  e 
posesi  di  nuovo  ali’  arte  del  dipignere  ap- 
presso un  certo  Jam  Lucas.  Diedesi  il  gio- 
vane tanto  di  proposito  a studiare,  che  in 
breve  tempo  acquistò  molto.  Ma  avendo 
poi  intesa  la  fama  , che  dappertutto  cor- 
reva deli’  eccellente  pittore  Jam  Schooreì  f 
per  ìa  bella  maniera  di  diptgoere,  ch’egli 
aveva  portato  d'Italia , tanto  si  adoperò, 
che  e’  trovò  modo  di  esser  ricevuto  in 
Haerlem  sotto  la  sua  disciplina.  Quivi  con 
I altrettanta  diligenza  seguitò  i suoi  studj  , 
fioche  apprese  sì  bene  quel  bei  modo  di 
operare , che  le  cose  di  Martino , quasi 
non  più  si  distinguevano  da  quelle  di 
Schooreì  ; onde  egli  , come  fu  detto  allora, 
forte  ingelosito  del  discepolo  , procurò  con 
beila  maniera  di  levarselo  d’ attorno.  Al- 
lora Martino  pure  in  Haerlem  , andò  a 
stare  in  casa  un  certo  Pieter  Jaofopsen  , 
dove  soleva  abitare  un  tal  Corneìis  Van- 
berensteyn.  In  questa  casa  fece  diverse 
pitture,  e fra  ì’altre  un  Sole  e la  Luna 
in  una  stanza  dalla  parte  del  letto  : e un 
Adamo  ed  Èva  tutti  ignudi  grandi  quan- 
to il  naturale  , le  quali  opere  gli  guada- 
gnarono appresso  al  padrone  di  quella  ca- 
sa grande  amore  e stima.  Quindi  partito- 
si se  n'andò  a stare  io  casa  uà  tale  Joos 


s32  DEC.  III.  DELLA  PàR.  I.  DEL  SeG.  IV. 
Cornelisz  orefice  , dove  fra’  moki  lavori 
fece  una  tavola  , in  cui  rappresentò  San- 
to Luca  , che  dipigne  Maria  Vergine  ai 
naturale  , col  figliuolo  Gesù  in  braccio  , 
nella  quale  pure  tenne  la  maniera  di 

Schoore!  : e appresso  al  Santo  Luca  figu- 
rò uo  poeta  coronato , con  che  fu  credu- 
to volesse  significare  1*  amicizia  , che  dee 
essere  fra  la  Pittura , e la  Poesia.  Eravi 
ancora  uo  Angelo  in  atto  di  tenere  in 

mano  una  torcia  : i’  altitudine  di  Maria  j 

Vergine,  e l’azione  del  Santo  erano  e-  j 

spresse  tanto  al  vivo  , che  e’  non  si  pote- 
va dir  più  : e la  tavolozza  de’  colori  pare- 
va veramente,  che  uscisse  fuori  dei  qua- 
dro. Era  Martino , quando  fece  questa 
bella  opera,  in  età  di  trentaqualtro  anni  , 
come  appariva  notato  nella  medesima.  Di  I 
questa  tavola  fece  egli  un  dono  alla  Coen- 
pagaia  de’  Pittori , perchè  avendo  già  de- 
liberato di  partirsi  d’ Haerlem  per  venire  j 
In  Italia  , volle  lasciarvi  di  se  quella  me- 
moria. Questo  quadro  fino  del  1604.  era 
stato  conservato  da  Onericheyt  di  Haer- 
lem nella  corte  del  Principe.  Partitosi  dun- 
que d’  Haerlem  per  desiderio  di  far  mag- 
giori studj  , e di  vedere  F opere  de’  gran  f 
maestri , viaggiò  molto  per  F Italia , e fi- 
nalmente si  fermò  in  Poma  , dove  tratte-  ! 
nulo  in  casa  di  un  Cardinale  vi  fece  mol- 
te cose.  Quivi  disegnò  tutto  F antico,  tan-  ! 
to  di  statue  , quanto  di  edificj  e rovine , 
e tutte  F opere  del  gran  Micheìagnolo. 


Marten  Hemskerck..  i33 

Occorse  un  giorno  mentre  che  egli  era 
fuori  a disegnare,  che  no  giovane  Italia- 
no entralo  furtivamente  io  camera  sua  * 
gli  rubò  due  bellissime  tele  colorite  , di 
che  egli  prese  grande  afflizione  : poi  avu- 
ti buoni  indizj  , colle  buone  diligenze  che 
ei  fece,  riebbe  il  suo.  Questo  accidente 
però  fu  cagione , che  egli  non  seguitasse 
stare  in  Roma,  almeno  per  qualche 
tempo  di  piu  , com’  era  suo  pensiero;  per- 
chè sospettando,  che  dagli  amici  e paren- 
ti del  ladro  non  gli  venisse  fatto  alcuno 
affronto , e perchè  si  trovava  anche  ave- 
re avanzato  qualche  danaro , ebbe  per  be- 
ne il  partirsene,  e pigliare  il  viaggio  ver* 
so  la  patria , essendo  stato  in  Roma  tre 
anni.  Portò  con  se  una  lettera  di  racco- 
mandazione di  no  giovane,  che  egli  ave- 
va lasciato  in  Roma  , grande  amico  suo  e 
del  padre,  indirizzata  a Delfi:  e giunto  a 
questo  luogo  si  fermò  a caso  in  un  di 
quegli  alberghi , che  in  quelle  parti  ser- 
vono per  raddotto  di  male  femmine  , do- 
ve si  faceva  mercato  di  ogni  furfanteria  : 
e di  questo  particolarmente  era  padrone 
quell’  uomo  sanguinario  , di  cui  parlammo 
nelle  notizie  della  vita  di  Giovanni  Fiam- 
mingo. Era  in  esso  albergo  una  infinità  di 
assassinamenti  di  poveri  viandanti  , a’  qua- 
li era  tagliata  la  gola  , e spogliati  di  pan- 
ni e danari  : erano  i loro  cadaveri  sepol- 
ti in  una  fossa  , che  poi  fu  trovata  piena 
di  corpi  morti;  tantoché  una  figliuola  di 


I 


iS4  Dec.  ITI.  della.  Par.  I.  del  Sec  IV. 
questo  glande  assassino , per  non  veder 
più  una  così  abbeminevol  crudeltà,  e per- 
ch'ali1 iucoutro  l’ affetto  paterno  non  le 
lasciava  scoprire  tali  delitti,  fu  , per  così 
dire,  sferzata  a fuggirsi  col  nominato  Gio- 
vanni a Venezia  , come  dicemmo.  Voleva 
pure  l’Hemskerck  alloggiare  in  quel  luo- 
go , da  lui  non  conosciuto  per  quel  che 
egli  era,  tantopiù,  che  da  un  amatore 
dell’arte,  a cui  per  avventura  era  diretta 
la  lettera  di  raccomandazione  , chiamato 
Pieter  Jaeobsz , era  a ciò  confortato  ; ma  ; 
come  volle  la  buona  sorte  sua  , in  quel-  j 
F istante  se  gli  presentò  prout  a occasione 
d’  imbarco  , ed  egli  se  ne  partì  la  mettasi-, 
ma  sera  del  suo  arrivo  in  Delft.  Tornato 
a casa  già  aveva  lasciata  la  prima  manie- 
ra di  Schoorel  , ma  però  al  giudizio  delia 
maggior  parte  de  pittori  non  aveva  mi- 
gliorato. Fu  alcuno  de’ suoi  discepoli,  che 
una  volta  gli  disse  esser  V opinione  dei 
Professori  , eh’  egli  operasse  meglio  in  sul- 
la maniera  di  Schoorel,  che  quando  tor- 
nò di  Roma  ; ma  egli  si  era  tanto  inva- 
ghito del  modo  di  fare  Italiano  , che  non 
fece  di  ciò  alcun  conto.  Di  questo  artefi- 
ce era  nella  corte  del  Principe  nella  gran 
Sala  una  tavola  della  Natività  di  Cristo, 
ed  una  della  Visitazione  de’  Magi,  dov’  e- 
gli  aveva  fatti  moltissimi  ritratti,  e fra  que- 
sti il  suo  proprio  : e di  fuori  la  Nunzia- 
ta , e nella  figura  dell’  Angelo , sopra  la 
veste  di  sotto,  aveva  lavorato  in  suo  aju* 


sua  mano 
dipìnta  la 
Cnsto.  La 


Marten  Hemsker  ck#  i35 
lo  un  certo  Jacob  Rawuaert , che  allora 
era  suo  discepolo , come  egli  medesirno 
raccontò  a Carlo  Vanmander,  Pittor  Fia na- 
che tali  cose  ci  lasciò  scritto.  Nel- 
la Chiesa  vecchia  d’ Amsterdam  erano  di 
due  sportelli  doppj  , dov’  era 
Passione  , e la  Resurrezione  di 
tavola  di  mezzo  rappresentava 
un  Crocifìsso,  e fu  opera  di  Schoorel.  Nel- 
la città  d’ Alcmaer  era  Fanno  1604.  di 
mano  di  Martino  una  tavola  dell’  Aitar 
maggiore  della  Cattedrale,  dentro  la  qua- 
le era  il  Crocifisso  , e negli  sportelli,  nel- 
la parte  di  dentro  , la  Passione,  nel  di 
fuori  la  storia  di  San  Lorenzo.  In  Delffc 
erano  ancora  molte  sue  opere  nella  Chiesa 
vecchia  e nuova  , nella  Chiesa  di  S.  Aedi 
era  una  tavola  d’ Altare  de’ tre  Magi,  nel- 
la parte  di  mezzo  della  quale  aveva  di- 
pinto uno  de’  Re  , e ne’ due  sportelli  gli 
fuori  aveva  figurata  la 
a chiaroscuro.  Di  q ne- 
per pagamento  un’an- 


.Itri  due:  nei  di 
storia  del  Serpente 
si’  opera  ebbe  egli 


mia  entrata  di  cento  fiorini;  perchè,  come 
quello  che  era  uomo  timoroso  , e sempre 
ebbe  paura  ( come  noi  sogliamo  dire  ) 
che  non  gli  mancasse  il  terreno  sotto  , si 
studiò  sempre  di  farsi  entrate  per  duran- 
te la  sua  vita.  Nel  Villaggio  di  Eertswout 
nella  Horthollandia  , ali’  Aitar  maggiore 
era  una  tavola  ornata  d’  intaglio  con  due 
sportelli  doppj  , dentro  era  la  Vita  di  Ge- 


i36  Dec.  ITI,  delli  Par.  I.  delSec  IV. 
fazio.  A Medemblick  era  ancora  di  sua 
mano  una  tavola  ali’ Aitar  maggiore.  Pel 
Signore  d’  Arseodelft  fece  due  sportelli  da 
altare,  in  uno  la  Resurrezione,  e nell’al- 
tro la  salita  del  Signore  al  Cielo.  Nell’  lia- 
ya  , città  dove  abitava  il  Principe  d’Oran- 
ges  , nella  Chiesa  grande  in  una  Cappel- 
la del  Signore  Arsendelft  fece  moltissime 
opere  con  molti  ritratti  ai  naturale  : e fra 
quelle  1’  Universa!  Giudizio  , con  gli  al- 
tri Novissimi  , cioè  la  Morte  l’ Inferno 
e’1  Paradiso,  con  gran  copia  d’ ignudi. 
Nelle  quali  opere  si  fece  ajutare  ai  nomi- 
nato Jacob  Rawuaert  suo  discepolo , ai 
quale  diede  per  mercede  , contando  tante 
doble  , finché  il  pittore  disse  , basta.  Eb- 
be Paurxe  Kempenaer , e poi  Melchior 
Wyntgs  uo  quadro  lungo  , dove  aveva 
rap presentato  un  Baccanale , che  si  vede 
alla  stampa , e fu  una  delle  migliori  ope- 
re eh'  ei  facesse  dopo  il  suo  ritorno  di 
Roma.  Appresso  Aernort  di  Bereosteyn  era 
un  bel  Paese  con  una  lontananza , dove 
si  vedeva  San  Cristofano.  E veramente  fa 
quest’artefice  universale  , e operò  beoe  in 
ogni  cosa:  intendeva  bene  l’ignudo:  e fa 

sì  buono  inventore  , che  si  può  dire  in 
certo  modo,  che  egli  empiesse  il  mondo 
di  sue  invenzioni  : e mostrano  le  opere 

sue  non  essergli  mancata  ancora  una  buo- 
na pratica  nelle  cose  d’  architettura.  Non 
è così  facile  a raccontare  la  gran  quantità 


Marten  Hemskerck.  ì3y 

di  stampe  , che  sono  uscite  dalle  sue  ope- 
re , intagliate  da  Dirick  Volckersz  Coorn- 
hert  : e sopra  queste  lo  stesso  Dirick  si 
fece  valentuomo , perchè  operò  co’  precet- 
ti e assistenza  dello  stesso  Martino  , ben- 
ché Martino  da  per  se  stesso  non  intaglias- 
se. Questo  Oirick  fu  uomo  spiritosissimo , 
e faceva  di  sua  mano  quanto  e’  voleva.» 
Fra  l’altrecose  che  egli  intagliò  furono  le  sto- 
rie de’ fatti  dello  ’m pera dorè  ; ma  quella 
dove  il  He  fa  fatto  prigione , fu  intaglia- 
ta da  Cornelio  Bos  , alcun  tempo  dopo  il 
suo  ritorno  di  Roma.  Ma  tornando  a Mar- 
tino , egli  prese  per  moglie  una  bellissima 
fanciuiletta , chiamata  Maria  Jacobs  Co- 
ning  Docater,  che  vuol  dire,  Maria  di 
Jacopo  figliuolo  di  Re  : e per  onorare 
questo  matrimonio  , i Rettori  ci  di  quella 
patria  recitarono  nel  giorno  delle  nozze 
una  bellissima  commedia  , ma  dopo  di  ciot- 
to mesi  questa  giovane  si  morì.  Tre  o 
quattro  anni  dipoi  V Hemseherek  dipinse 
gli  sportelli  della  tavola,  che  era  nella  ca- 
sa del  Principe  in  Haerlem  , dove  rappre- 
sentò la  strage  degl’  Innocenti.  Dipoi  pre- 
se un’  altra  moglie  attempata  9 non  bella  9 
nè  d’  assai , ma  molto  ricca  di  roba  e da- 
nari , benché  più  abbondante  di  voglie,  a 
cagion  delle  quali,  convenne  a Martino  far 
molte  spese.  Pervenne  questo  buono  arte- 
fice all’  età  di  seUantases  anni  : e final- 
mente 1’  anno  i5 74.  al  primo  di  Ottobre 


i38  Dec,  IN.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
lasciò  la  presente  vita  , dopo  essere  stato 
venfidoe  anni  Opera jo  della  Chiesa  d’Haer- 
lem  : e nel  tempo  che  la  città  fu  assedia- 
ta dagli  Spagtiuoli  eresi  con  licenza  del 
Consìglio  trattenuto  io  Amsterdam  in  ca- 
sa un  tale  Jacob  Rawuaert.  Fu  il  suo  ca- 
davere sepolto  nella  Chiesa  C ttedrale  in 
una  Cappella  dalla  parte  di  Tramontana, 
Aveva  egli  in  sua  vita  fatto  buona  ric- 
chezza per  aver  guadagnato  assai  , e non 
avere  avuto  figliuoli  ; onde  prima  di  mori- 
re fece  bellissime  litnosine,  e lasciò  alcuni 
terreni  , le  rendite  de’  quali  volle  che  do- 
vessero servire  per  annue  doti  di  fanciul- 
le da  maritarsi  con  che  quelle  dovessero 
andare  a fare  alcune  nuziali  cirimonie 
nella  Chiesa,  dov’ egli  fosse  sepolto,  il  che 
fu  eseguito.  A Hemskerk,  sul  cimitene  so- 
pra il  luogo , dov’  era  stato  sotterrato  il 
padre  suo  morto  in  età  di  settant'  anni  , 
ordinò  che  si  ponesse  una  piramide  fatta 
a foggia  di  sepolcro  di  pietra  turchina  , 
sopra  la  quale  fosse  il  ritratto  dello  stesso 
suo  padre , con  una  iscrizione  in  Latino , 
e in  Fiammingo  idioma.  Eravi  un  pattino 
ritto  sopra  alcune  ossa  di  morto  , in  atto 
di  appoggiare  il  sinistro  piede  ad  una 
torcia  accesa  , ed  i!  destro  ad  una  testa  di 
morto,  con  una  iscrizione  che  diceva,  CO- 
GITA  MORI . Sopra  questo  era  F arme 
sua  , cioè  una  mezz’  Aquila  da  man  de- 
stra > e dalla  sinistra  un  Lione  , e per  di 


Matren  HemskercK,  xSg 

gotto  a traverso  un  Braccio  nudo  , eoa 
una  penna  o pennello  nella  mano.  Nella 
parte  superiore  del  braccio  era  un'  alia  9 
ed  il  gomito  posava  sopra  ad  una  tarta- 
ruga : con  che  volle  forse  esprimere  iì  pit- 
tore ravviso  d’ Apelle  , di  non  dovere 
l’artefice  essere  o troppo  lento  , o troppo 
veloce  nell*  operar  suo  : e perchè  e9  volle 
che  sempre  vivesse  questa  memoria  di  suo 
padre  , obbligò  al  mantenimento  di  essa  il 
medesimo  luogo  , al  quale  egli  aveva  la- 
sciati i terreni  , sotto  pena  di  dovergli  re- 
stituire ogni  cjua!  volta  e’ fosse  mancato 
nella  dovuta  custodia  di  esso.  Fu  Martino, 
come  abbiamo  detto  , uomo  timorosissimo, 
e per  paura  di  non  perdere  quanto  aveva 
o fosse  per  incendio  , o per  furto  , o per 
altra  cagione  usò  dì  tener  sempre  cucito 
ne’  suoi  vestiti  gran  quantità  di  doble. 
Dalla  stessa  causa  addiveniva  che  egli 
nel  tempo  della  Festa  maggiore  della  sua 
patria,  per  la  quale  usavansi  fare  grandis- 
sime sparate  , per  desiderio  di  vederle  , e 
non  essere  colpito  , se  ne  andava  io  cima 
delia  torre.  Fu  anche  valentissimo  in  dise- 
gnar dì  penna.  Restarono  due  ritratti  di 
lui  medesimo  fatti  a olio , che  V anno 
1604.  conservava  Jaques  Vanderherck  suo 
nipote  , ma  grandissima  quantità  di  sue 
belle  opere,  dopo  la  resa  d*  Haerlem , fu- 
rono prese  dagli  Spagnuoli  con  pretesto  di 
volerle  comprare , e mandare  ia  Ispagua  : 


140  Dec.  UT.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
ed  altre  in  quella  resa  furon  del  tutto 
rovinate  e guaste,  dimodoché  può  dirsi, 
che  la  Fiandra  in  poco  tempo  ne  rimanes- 
se del  tutto  spogliata» 


GIOVANNI  CAMBIASO 

PITTOR  GENOVESE 


Discepolo  di  Antonio  Semino  9 
nato  al  i4g5.  +•*.. 


/ 


CjJiovanni  Cambiaso  nato  nella  Val- 
le di  Polcevera , poco  distante  da  Genova, 
imparò  egli  l’arte  nella  scuola  di  Antonio 
Semino  pittore  di  quella  patria  assai  loda- 
to in  quella  età  : avendo  poi  studiata  la 
maniera  di  un  tal  maestro  Carlo  discepo- 
lo del  Mantegna  , fecesi  sì  pratico , che 
molte  cose  ebbe  a fare  di  sua  mano  in  es- 


i/p  Deg.  TU.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
sa  città  per  pubblici  e privati  luoghi  gua-  j 
«lagnandosi  lode  di  avere,  con  un  suo  imo-  t 
vo  modo  di  dipignere  , tolta  via  iti  graa  ! 
parte  una  certa  crudezza  , che  avevano  le  j 
pitture  de’  maestri  in  quei  tempi  in  quel- 
le parti,  nelle  quali  poco  o nulla  poteva- 
3 o F arti  più  belle  ave  e allignato  a cagmue 
delle  civili  discordie  , da  cui  sogliono  es-  j 
sere  per  ordinario,  appena  nate,  svelte  o ! 
recise.  Furono  i primi  lavori  di  questo  ar- 
tefice per  quelle  Riviere  in  gran  parte  a 
fresco  , finche  nel  iÒ2  5.  dal  Principe  Do- 
ria  gli  fu  fatto  dar  principio  alle  pitture 
del  suo  bel  Palazzo , facendo  anche  colà 
venire  apposta  i celebri  pittori  Ferino  del  j 
Vaga,  Domenico  Beccatomi,  e Antonio  ! 
Pordenone  : ie  opere  de’  quali  recarono  sì  ; 
fatta  maraviglia  a Giovanni  , partieoìar-  j 
mente  quelle  di  Ferino , che  datosi  ad  os-  ; 
servarne  iì  più  beilo,  interamente  mutò  1 
sua  antica  maniera  , ed  a quella  dello  j 
stesso  Ferino  sì  bene  si  accostò  , che  non 
vi  è oggi  chi  vedendo  le  pitture  di  esso 
non  lo  creda  uscito  da  quella  scuola.  [ 
Furono  F opere  di  Giovanni  per  io  piu  j 
sparse  per  diversi  luoghi  della  Riviera  , 
e per  le  case  di  particolari  cittadini.  Di- 
pinse ancora  a chiaroscuro,  e fu  bravo 
modellatore,  solito  a dire,  che  non  può 
giuguere  a gran  perfezione  nella  pittura  ; 
colui , che  non  si  è per  qualche  tempo 
bene  esercitalo  nella  Plastica.  Veggonsi  suoi  ! 
disegni  fatti  con  un  modo  del  tutto  duo- 


Giovanni  Cambiaso.  148 

vo  f che  da  Raffaello  Soprani  vien  detto 
proprio  di  lui , benché  altri  a Brama  o le 
Architetto  da  Urbino  attribuiscalo  : e fa 

di  disegnare  le  umane  forme  per  via  di 
cubi , o sia  di  quadrati.  Fu  padre  e mae- 
stro fin  da’  primi  priucipj  di  Luca  Cam» 
biaso  , deito  altrimenti  Luca  o Luchetto 
da  Genova  » il  quale  leone  gran  tempo  io 
ajuto  , dopo  averlo  condotto  fino  a quel 
segno  d’  eccellenza  , alla  quale  egli  mede- 
simo non  era  potuto  pervenire.  Termino 
finalmente  questo  artefice  il  corso  di  sua 
vita  in  istato  di  decrepitezza,  lasciando 

S di  se  degna  memoria  , ed  alla  patria 
cuore. 

Fiori  ancora  in  questi  medesimi  tem- 
pi, in  essa  città  di  Genova,  un  certo 
JACOPO  TAGLIACARTE,  mentovato  dal 
Soprani  , e di  cui  anche  parlò  Cammilìo 
Leonardo , celebre  Medico.  Specch . di  Pit- 
ture Cap.  11.  /.  ni.  Questi  fu  assai  loda- 
to in  effigiare  , con  bella  industriosa  ma- 
niera , nelle  pietre  più  dure  , invenzioni  e 
piccole  figurette;  maestranza  usata  già  da- 
gli antichi  Greci  e Romani  : e nell’  inca- 
vare eziandio  cose  sì  fatte  , dì  che  hanno 
fino  a’  tempi  nostri  data  testimonianza 
molte  opere  sue  esistenti  appresso  i suoi 
cooclttadini , ed  alcuni  sigilli  molto  bellis- 
simi , lavorali  iti  preziose  gemme , che  è 
quanto  abbiamo  di  memoria  delia  virtù 
di  questo  artefice. 


Jl 

£44 

ANTONIO  DEL  CERAIUOLO 

PITTORE  FIORENTINO 

Discepolo  di  Lorenzo  di  Credi , fioriva 
circa' l i520. 


T ra  Itemi  esi  Antonio  per  molti  anni 
ad  imparar  ì’  arte  con  Lorenzo  di  Credi  , 
dal  quale  apprese  a far  ritratti  al  natura- 
le con  sì  buona  somiglianza  , che  ne  fu 
molto  lodato  ; benché  per  quei  che  spetta- 
Ya  al  disegno  , non  giugnessero  al  più  per- 
fetto : se  pur  si  può  dire , che  ritratto  sen- 
za il  requisito  di  perfetto  disegno  * possa 
dirsi  somigliante,  e in  conseguenza  degno 
di  molta  lode.  Dipoi  si  pose  a stare  appres- 
so a Ridolfo  dei  Griilandajo  , come  que- 
gli , che  avendo  grandi  e molte  occasioni 
di  operare  molto  bene  ? anche  impiegava 


Antonio  del  Ceraiuolo.  14.fi'- 
i giovani  della  sua  scuoia  in  città  e fuo- 
j ri , come  si  dirà  al  luogo  suo.  Fece  dun- 
que Antonio  in  Firenze  per  la  Chiesa  di 
j S.  Jacopo  tra’  Fossi  una  tavola  di  un  Cro- 
I ci  fìsso  con  Santa  Maria  Maddalena  , e San 
Francesco:  e per  quella  della  Santissima 
munziata  , una  tavola  con  un  San  Miche- 
le Arcangelo  colle  bilance  in  mano,  la 
| quale  pochi  anni  sono  fu  levata  dalla  Cap- 
pella de  Benivieoi  , nobìl  famiglia  Fioren- 
tina oggi  estinta  , dove  era  situata  5 e po- 
| sta  da  uno  de’  lati  della  Cappella  del  Cro- 
cifisso 9 accanto  alla  Sagrestia  : ed  in  luogo 
di  quella  fu  collocata  in  essa  Cappella  già 
de’  Benivieoi  9 e oggi  di  Carlo  Donati , una 
grande  e bella  tavola  di  mano  di  Simon 
Pignoni  Pittore  Fiorentino , discepolo  del 
Passionano  , che  al  presente  vive  , ed  ope- 
ra in  Firenze  con  applauso  degl’  intenden- 
ti ; nella  quale  con  vago  colorito  e beila 
invenzione  ha  figurata  Maria  Vergine  col 
figliuolo  Gesù  io  gloria,  ed  esso  San  Mi- 
chele Arcangelo  in  atto  di  ritogliere  dagli 
artigli,  dei  comune  inimico  un  piccolo  fan- 
ciullo , che  rifuggendosi  per  patrocinio  ad- 
ii* Angelo  suo  Custode  , vedesi  da  quello 
benignamente  accolto  e difeso.  E aggiunge- 
vi un  Santo  Antonio  da  Padova  in  atto 
di  adorazione  alla  Madre  di  Dio  , e alcu- 
ni Angeletìi  ; opera  veramente  lodatissima. 
11  quadro  poi  del  San  Michele  Arcangelo 
di  Antonio  del  Cerajuolo  ultimamente  fu 
pure  levato  dalla  Cappella  del  Crocifisso  9 
Baldinucci  Voi . Vii*  iq 


x46  Dec.  III.  della  Par.  1.  del  Sec.  IT. 
e posto  in  una  stanza  del  Convento,  col- 
F occasione  di  essere  stata  abbellita  essa 
Cappella  per  darsi  luogo  in  essa  al  Corpo 
di  S.  Fiorenzo  Martire  giovanetto  : e nel- 
lo stesso  tempo  sono  stati  ripieni  gli  spazj 
laterali  con  due  gran  quadri  , coloriti  per 
mano  di  Bernardino  Poccetti  : cbe  in  uno 
è rappresentata  l’ultima  cena  del  Signore 
cogli  Apostoli , e nell’  altro  il  Purgatorio , 
tolti  dai  due  spazj  , cbe  già  erano  sopra 
gli  organi,  avantiehè  si  finisse  di  adorna- 
re la  soffitta  della  Chiesa  medesima. 


/ 


14? 


FRA  RARTOLOMMEO 

DETTO  FRA  CARNOVALE 


Discepolo  di  Raffaello  da  Urbino  f fioriva 
circa  il  i52©# 


Uscì  questo  Pittore  dalla  scuola  dì 
Raffaello,  e fecesi  eccellente  nelle  prospet- 
tive , più  che  in  altra  cosa.  Affermano  i 
professori  dello  Stalo  d’ Urbino  esser  di 
sua  mano  in  essa  città  , nella  Chiesa  degli 
Zoccolanti  a man  dritta  dell’ Aitar  maggio- 
re , una  grande  storia  con  una  bella  pro- 
spettiva : e appresso  diverse  persone  trovar- 


'I4?  Dec.  III.  DELLA.  Par.  I.  del  Seg.  I?. 
si  altri  quadri  di  prospettive.  Il  Vasari  di- 
ce, che  egli  nella  stessa  città  dipignesse 
la  tavola  della  Chiesa  di  Santa  Maria  Do-  ! 
labella.  Questi  fu  quel  Fra  Bartolommeo 
da  Urbino  , che  insegno  V arte  del  disegno  ; 
e della  pittura  a Bramante  da  Castelduran» 

te,  che  riuscì  poi  singolarissimo  architetto* 

■ 

! 


j 

I 

i 


; 

! 


i 


ABATE 


^49 

FRANCESCO  PRIMATICCIO 

i 

PITTORE,  SCULTORE,  E ARCHITETTO 
BOLOGNESE 


Discepolo  di  Giulio  Romano  > jìovivà 
circa  il  1620. 


Bell’  amica  e nobil  famiglia  de’  Fri* 
ìnaticci  nacque  in  Bologna  questo  valente 
artefice  , il  quale  nella  fanciullezza  fa 
da’  suoi  maggiori  applicato  alia  mercatura; 
ma  perchè  tale  applicazione  non  punto  si 
confaceva  con  gli  altri  pensieri , che  il  no» 
bil  giovanetto  raggirava  per  la  sua  mente  $ 
deliberò  di  darsi  tutto  all’ acquisto  della  bel- 


i5©  Bec.  III.  bella  Par.  F.  del  Sec»  IT. 

V arte  del  disegno  , sottoponendosi  in  pri- 
mo luogo  alla  disciplina  d* Innocenzio  da 
Imola  , pittore  in  quel  tempo  in  Bologna 
assai  riputato  : poscia  tirato  dalla  bella  ma- 
niera , che  sotto  i precetti  del  divino  Raf- 
faello si  era  acquistato  Bartolomraeo  , det- 
to il  Bagnaca vallo  ^ che  in  que’ tempi  pu- 
re operava  in  essa  città  di  Bologna  , inco- 
minciò ad  apprendere  da  lui  i principi 
del  colorire,  tantoché  andatosene  a Man- 
tova , dove  il  celebre  Pittore  Giulio  Roma- 
no dipigncva  pel  Duca  Federigo  il  palazzo 
dei  Te , anche  egli  fu  annoverato  fra*  mol- 
ti giovani,  che  gli  ajutavano  in  quell’opera: 
stettesi  con  esso  per  lo  spazio  di  sei  anni  , 
dopo  i quali  già  si  era  acquistata  fama 
del  migliore  di  quanti  in  quella  scuola 
maneggiassero  pennello:  e quel  che  è più;, 
fecesi  così  valente  nel  modellare  e lavora- 
re di  stucchi  , che  condusse  nello  stesso 
palazzo  per  quel  Principe  due  bellissime 
fregiature  di  una  gran  camera,  dove  rap- 
presentò 1*  antiche  milizie  de’  Romani  : e 
di  pittura  fece  altre  cose  con  disegno  de! 
maestro  , che  gli  diedero  gran  fama  , non 
tanto  in  quella  città,  quanto  in  altre,  do- 
ve tosto  giunse  il  suo  nome,  e fecesi  mol- 
to caro  a quel  Principe.  Intanto  arrivò  in 
Parigi  al  Re  Francesco  la  notizia  de*  bellis- 
simi ornamenti  fatti  fare  dal  Duca  in  es- 
so palazzo  del  Te  ; onde  volle  lo  stesso 
Re,  che  il  Duca  gli  mandasse  colà  alcuno 
artefice  eccellente  in  pittura , e nei  lavo- 


i r 

£ 

I fl 

e: 

' i 

i 

Ci 

1 

tt 

j S( 

ca 

li< 


; 


ì 

! 


Abate  Francesco  Primaticcio.  i5t 
ro  di  stucco  , a cui  potessero  far  fare  ope- 
re degno  dell’  animo  suo.  Il  Duca  gli  man- 
do i!  Primaticcio,  e ciò  fu  Fanno  i53i. 
Giunto  che  fu  a quella  Corte  misesi  a fa- 
re opere  belle  ^ onde  riportò  la  gloria  di 
essere  il  primo , che  yì  lavorasse  bene  di 
stucchi:  ed  anche  vi  acquistò  credito  di 
Ì3iion  pittore  a fresco  , nonostantechè  po- 
co avanti  fosse  andato  a’servigj  di  quel 
Re  il  Rosso  Pitfcor  singolarissimo  Fiorenti- 
no , che  molte  belle  cose  vi  aveva  fatte  di 
sua  mano.  Dipingevi  il  Primaticcio  molte 
camere  e logge  , e fecevi  altri  lavori  loda- 
tissimi , de’  quali  noi  non  possiamo  dare 
una  precisa  contezza.  Or  qui  non  dee  a 
chicchessia  parere  strana  cosa , che  nel 
proseguire  eh’  io  fo  pur  ora  le  notizie  di 
questo  artefice,  sia  per  farlo  parer  gelo- 
so oltre  al  bisogno  della  grazia  del  suo 
Signore , e pur  troppo  soverchiamente  ap- 
passionato verso  se  stesso  , in  ciò  che  alla 
stima  del  proprio  valore  appartiene  : cose 
tutte  , che  il  Yasari  non  seppe , o indu- 
striosamente tacque  , per  non  perturbare 
F animo  di  un  tanto  virtuoso  , che  ancora 
viveva  in  Bologna  quando  egli  scrisse  di 
lui,  e anzi  si  affaticò  molto  in  lodare  le 
qualità  dell’animo  suo:  e’ l Malvagia,  che 
nella  sua  Felsina  Pittrice  ha  ricopiato  ap- 
punto ciò  che  disse  il  Yasari  , scusandosi 
di  non  potere  e per  la  lontananza  del  tem- 
po , nel  quale  visse,  e dei  luogo  ove  di- 
morò il  Primaticcio  9 dirne  più  , anche  con 


S?2  Die.  III.  della  Par.  T.  del  Se  e.  IV. 
aver  velato  ciò  che  notò  di  lui  il  Feli^ 
bien  , I*  ha  lasciato  nel  posto  stesso  , che 
lo  lasciò  1 Vasari;  non  dovrà,  dico,  pa- 
rere strano  quanto  io  sou  ora  per  iscrive- 
re, col  vivo  testimonio  della  penna  di  uà 
nostro  cittadino , che  stette  ia  Francia 
ne’ tempi  del  Primaticcio,  e parla  di  fat- 
to proprio.  Dell’  anno  dunque  1540.  era 
arrivato  alla  Corte  di  Parigi  chiamato  dal 
Re  Francesco  , per  opera  del  Cardinale  di 
Ferrara,  Benvenuto  Cellini  Fiorentino , ce« 
lebre  sonatore  di  strumenti  di  fiato  , sin- 
golarissimo nell’  arte  dell’  orificeria  , eccel- 
lente intagliatore  di  medaglie  , e non  or- 
dinario scultore,  e gettatore  di  metalli  * 
discepolo  del  Buonarruoto  , uomo  forte 
animoso,  e robusto,  altrettanto  ardito  nel 
parlare  , quanto  per  natura  eloquente  , di 
parole  abbondante , e secondo  il  bisogno 
alla  difesa  e all’  offesa  sempre  preparato  e 
pronto:  il  quale  ancora  ebbe  per  costume* 
con  una  troppo  sregolata  sincerità,  di  di- 
re il  suo  parere  a chi  si  fosse,  anche  di 
ogni  più  sublime  grado  e condizione  , me- 
nando , come  noi  usiamo  dire  , la  mazza 
tonda  a tutti  : a cagione  di  che  , e di  al- 
cune sue  smoderate  bizzarrie  , aveva  soste- 
nuta in  Roma  sotto  Paolo  IV.  una  tormen- 
tosa e lunghissima  prigionia  , dalla  quale 
a cagione  di  altre  molle  virtù,  che  per 
altro  ei  possedeva,  era  stato  per  uficj  dello 
stesso  Cardinal  di  Ferrara  , e dello  stesso 
Re  poco  avanti  liberato.  A questi  dunque 


i 

j 

! 


i 


Apàte  Francesco  Primaticcio.  j55 
{ &veva  il  Re  Francesco  assegnata  eoa  pro'v- 
| visione  di  700.  scudi  Y anno  , quella  ap- 
1 punto  colla  quale  era  stato  in  quelle  par- 
ti  trattenuto  il  famosissimo  Lionardo  da 
j Vinci  , ed  eraogii  state  ordinate  dal  Re 
dodici  statue  d*  argento  , che  dovevano  ser- 
vire di  candeliere,  per  istare  attorno  al- 
la sua  mensa  : e altre  gran  figure  di  me» 

! tallo  , con  molti  altri  orrevoli  lavori.  Or 
qui  bisogna  prima  che  sappia  il  mio  letto- 
! re,  che  costui  dell’anno  i566.  quattro  an- 
j ni  avanti  alla  sua  morte,  che  seguì  poi  hi 
Ì Firenze  Fanno  1070.  aveva  scritto  in  gran 
| parte  di  proprio  pugno  un  grosso  e assai 
j curioso  volume  (1)  di  tutto  il  corso  della 
sua  vita  lino  a quel  tempo  , il  qual  volu- 
me oggi  si  trova  , fra  molte  degnissime  e 
singolari  memorie  , nella  Libreria  degli 
Eredi  di  Andrea  Cavalcanti  , che  fu  Gen- 
tiluomo eruditissimo , e delle  buone  arti 
amico.  Di  questo  manoscritto  , parlando 
pure  del  Cellino,  fecéne  menzione  il  Va- 
sari ; ma  il  detto  Vasari  , che  pure  seppe 
essere  al  mondo  quest’opera,  per  mio  av- 
viso , non  la  vide  e non  ìa  lesse  , perchè 
se  ciò  fosse  seguito  , egli  vi  avrebbe  trova- 
ta una  certa  maniera  di  parlare  della  pro- 
pria persona  sua  , che  io  non  so  poi  corno 


(?)  Questo  volume  vemie  poi  stampa » 
io  l anno  1780.  in  quarto  colla  falsa  da- 
ita  dì  Colonia  per  Pietro  Martello . 


iSj.  Dec.  ITI.  della  Par.  T.  del  Sec.  TV. 
gli  fosse  potuto  venir  fatto  il  d»re  del  Gel- 
lino,  anche  cosi  in  generale  , tanto  bene, 
quanto  ei  ne  disse  ; se  noi  non  volessimo 
credere  , che  ciò  egli  facesse  per  rendergli 
bene  per  male  , o veramente  pereh’  ei  n’a- 
vesse paura , perchè  egli  era  uomo  delle 
mani  , e di  tal  sorta  di  coloro  , come  noi 
sogliamo  dire  , che  sanno  egualmente  scuo- 
tere le  acerbe  e le  mature,  ma  ciò  sia  det- 
to per  passaggio.  Conclude  adunque  il  Cel- 
lino in  quell’  opera  , che  questa  sua  venu- 
ta in  Francia , e i gran  lavori  ne’  quali 
egli  fu  subito  impiegato , non  furono  di 
molto  gusto  del  Primaticcio  , che  già  ap- 
presso al  Re  si  era  guadagnato  credito  di 
primo  virtuoso  in  queste  arti  ; onde  al  Cel- 
lino toccò  poi  a cadere  in  molte  disgrazie: 
ed  ebbe  anche  a liberar  se  stesso  violen- 
temente da  non  poche  persecuzioni  , che 
del  continuo  gli  preparavano  coloro,  a cui 
premevano  gli  avvantaggi  e di  guadagno 
e di  gloria  del  Primaticcio.  Il  racconto  è 
curioso  e per  la  sincerità  e semplicità , 
onde  egli  è portato  , e per  altri  titoli  an- 
cora. Nè  io  saprei  meglio  esplicare  ciò  che 
ei  volle , se  non  col  portare  in  questo  luo- 
go le  stesse  parole  di  Benvenuto  ; e per 
ciò  fare  concedatnisi  l’ incominciare  che  io 
farò  alquanto  dalla  lontana , non  tanto 
perchè  meglio  s'  intenda  V origine  delle 
male  soddisfazioni  seguite  fra  questi  due  , 
quanto  per  dare  con  tale  ocoasioue  diver- 
se notizie  di  cose  seguite  in  que’  tempi , 


Abate  Francesco  Primaticcio.  i55 
legne  di  sapersi.  Dice  egli  adunque  così  : 

Avendo  fra  le  mani  le  suddette  ops - 
'e  , cioè  il  Giove  d' argento  già  comincia - 
a , la  detta  Saliera  d'  oro , il  gran  vaso 

V argento  , le  dette  due  teste  di  bronzo  y 
ollecitamente  in  esse  opere  si  lavorava . 
4ncora  detti  ordine  a gettare  la  base  del 
letto  Giove  , quale  feci  di  bronzo  , rie* 
hissimamente  piena  d' ornamenti , infra  qua» 
i ornamenti  scolpii  in  bassorilievo  il  rat - 
o di  Ganimede  : da  IT  altra  banda  poi 
^eda  e9 1 Cigno»  Questa  gettai  di  bronzo  9 
' venne  benissimo  : ancora  ne  feci  un  al- 
ra  simile  per  porvi  sopra  la  statua  di 
Giunone  aspettando  di  cominciare  questa 
incora  , se  il  Re  mi  dava  t argento  da  pò* 
er  fare  tal  cosa . Lavorando  sollecitamene 
* avevo  messo  di  già  insieme  il  Giove 

V argento  : ancora  avevo  messo  insieme 
a saliera  d'  oro  , il  vaso  era  molto  in - 
xanzi , le  due  teste  di  bronzo  erano  già 
mite » Ancora  avevo  fatto  parecchi  opere  t- 
e ai  Cardinale  di  Ferrara  : di  più  un 
asetto  d' argento  riccamente  lavorato  ave- 
o fatto  per  donare  a Madama  di  Tarn - 
res»  A molti  Signori  Italiani  9 cioè  il  Sig. 
Piero  Strozzi  3 il  Conte  d*  Anguillaia  , il 
Ionie  di  Pitiglmno , il  Conte  della  Mirali- 
loia  , e molti  altri , avevo  fatte  molte  ope* 
e:  e tornando  il  mio  gran  Re,  come  io 
ho  detto  , avendo  tirate  innanzi  benis si- 
no quelle  sue  j il  terzo  giorno  venne  a 


Dsc.  III.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
casa  mia  con  molta  quantità  della  mag- 
gior nobiltà  della  sua  Corte  , e molto  si 
maravigliò  delle  tante  opere , che  io  ave- 
vo innanzi , e a così  buon  porto  tirate  ; e 
perchè  era  seco  la  sua  Madama  di  Tarn - 
pes , cominciarono  a ragionare  di  F onta- 
nablò.  Madama  dì  Tampes  disse  a S.  M,9 
di  egli  avrebbe  dovuto  farmi  fare  qualco- 
sa di  bello  per  ornamento  della  sua  Fon- 
tanablò.  Subito  il  Re  disse  : egli  è ben 
fatto  quel  che  voi  dite  9 e adesso  adesso 
mi  voglio  risolvere  che  là  si  faccia  quah 
cosa  di  bello  : e voltatosi  a me  mi  comin- 
ciò a domandare  quello , che  mi  pareva 
di  fare  per  quella  bella  Fonte . A questo 
io  proposi  alcune  mie  fantasie , e ancora 
Sua  Maestà  disse  il  parer  suo  : dipoi  mi 
disse , che  voleva  andare  a spasso  per 
quindici  o venti  giornate  a San  Germano 
dell'  Aja , quale  era  dodici  leghe  discosto 
da  Parigi  : e che  in  questo  tempo  io  fa- 
cessi un  modello  per  questa  sua  bella  Fon- 
te , con  le  più  ricche  invenzioni  che  io 
sapessi  , perchè  quel  luogo  era  la  maggior 
ricreazione  eli  egli  avesse  nel  suo  Regno  5 
però  mi  comandava  e pregava  , eli  io  mi 
sforzassi  di  far  qualcosa  di  bello  : ed  io 
tanto  gli  promissi.  Vedute  che  ebbe  il 
He  tante  opere  sì  innanzi  , disse  a Muda «* 
ma  di  Tampes  : Io  non  ho  mai  avuto  uo- 
mo di  questa  professione  che  più  ini  piac- 
cia 9 nè  che  meriti  più  d' esser  premiato 
di  questo  ; però  bisogna  pensare  di  Jsr~ 


'Abate  Francesco  Primaticcio.  i5j 
marlo  , perdi  egli  spende  assai  , ed  è buon 
\ compagnone  , e lavora  assai  ; onde  è ne- 
I cessità  che  da  per  noi  ci  ricordiamo  di 
lui  : il  perchè  se  considerate  , Madama  5 
tante  volte , quante  egli  è venuto  da  me  , 
e quante  io  son  venuto  qui , non  ha  mai 
\ domandato  niente  ; il  cuor  suo  si  vede  es- 
ser tutto  intento  alt  opere  , e bisogna  far- 
gli qualche  bene  presto , acciocché  noi 
\ non  lo  perdiamo.  Disse  Madama  di  Tarn - 
pes  : Io  ve  lo  ricorderò  : e partironsu  lo 
mi  messi  in  gran  sollecitudine  intorno  al- 
V opere  mie  cominciate  : e di  più  messi 
mano  al  modello  della  Fonte , e con  sol- 
lecitudine lo  tiravo  innanzi . In  termine 
d'  un  mese  e mezzo  il  Re  tornò  a Parigi  % 
ed  io  che  avevo  lavorato  giorno  e notte , t an- 
dai a trovare , e portai  meco  il  mio  mo- 
dello. Erano  di  già  cominciate  a rinno- 
varsi le  diavolerie  della  guerra  infra  V Im * 
peradore  5 e lui , dimodoché  io  lo  trovai 
molto  confuso  : pure  parlai  col  Cardinale 
di  Ferrara , dicendogli  eli  io  avevo  meco 
certi  modelli , i quali  mi  aveva  commesso 
Sua  Maestà  : così  lo  pregai  che  se  e ve- 
deva tempo  di  dir  qualche  parola,  perchè 
si  potessero  mostrare  , credevo  che  il  Re 
rì  avrebbe  preso  molto  piacere . Il  Cardi- 
nale propose  i modelli  al  Re , il  quale 
venne  subito  dove  essi  erano . In  prima 
jo  aveva  fatto  la  porta  del  Palazzo  di  Fon- 
tanabelio  : e per  alterare  il  manco  eli  io 
p otevo  r ordine  della  porta  che  era  fatta 


'358  DSC.  III.  DELLA.  PàR.  I.  DEL  SeC.IV. 
a detto  palazzo , quale  era  grande  e na- 
na, di  quella  lor  mala  maniera  Franciosa  9 
la  quale  era  poco  più  d ’ un  quadro  9 e so - 
pra  esso  un  mezzo  tondo  stiacciato  a uso 
di  manico  di  canestro  : e perchè  in  questo 
mezzo  tondo  il  Re  desiderava  d' averci 
una  figura  che  figurasse  Fontanablò  ; io 
detti  bellissima  proporzione  al  vano  : di- 
poi posi  sopra  detto  vuno  un  mezzo  ton - 
do  giusto  , e dalle  bande  feci  certi  piace- 
voli risalti  y sotto  i quali 5 nella  parte  da 
basso9  che  veniva  a corrispondenza  di  quel- 
la di  sopra , posi  un  zocco9  e altrettanto  di 
sopra  : e in  cambio  di  due  colonne  che 
mostrava  che  si  richiedessero , secondo  le 
modinature  fatte  di  sotto  9 e di  sopra  9 
avevo  fatto  un  Satiro  in  ciascun  de  siti 
delle  colonne.  Questi  era  più  che  di  mezzo 
rilievo  9 e con  un  de  bracci  mostra  va  di 
regger  quella  parte  che  tocca  alle  colon- 
ne : nelì  altro  braccio  alleva  un  grosso 
bastone  con  la  sua  testa  ardito  e fiero  9 
qual  mostrava  spavento  d riguardanti . 
& altra  figura  era  simile  di  positura  9 ma 
era  diversa  e varia  di  testa , ed  alcune  al- 
tre tali  cose  aveva  in  mano  : una  sferza 
con  tre  palle  accomodate  con  certe  cate- 
ne. Sebbene  io  dico  Satiri  9 questi  non 
avevano  di  Satiro  alerò  che  certe  piccole 
cornetta  9 e la  testa  caprina  9 tutto  il  re- 
sto era  umana  forma.  Nel  mezzo  tondo 
avevo  fatta  una  femmina  in  bell'  attitudi- 
ne a diacere . Questa  teneva  il  braccio  man- 


Abate  Francesco  Primaticcio.  i5y 
co  sopra  il  collo  di  un  cervio  , quale  era 
una  dell'  imprese  del  Re  : da  una  banda 
avevo  fatto  di  mezzo  rilievo  certi  capi  io- 
le tti  e porci  cignali  , e altre  selvaggine  di 
piu  basso  rilievo  : dall ' altra  banda  cani  , 
bracchi , e levrieri  di  più  sorte  , che  prò - 
duce  quel  bellissimo  bosco , dove  nasce  la 
Fontana . Avevo  dipoi  tutta  questa  opera 
ris betta  in  un  quadro  oblungo  : e negli 
angoli  del  quadro  di  sopra  in  ciascuno 
avevo  fatta  una  Fitto  ria  in  basso  rilievo , 
con  quelle  facellinc  in  mano  , come  han- 
no usato  gli  antichi . Di  sopra  al  detto 
quadro  avevo  fatta  la  Salamandra , pro- 
pria impresa  del  Re , con  molti  ornamen- 
ti a proposito  della  detta  opera  , quale 
mostrava  d ’ essere  di  ordine  Jonico . ) V e- 
duto  il  Re  questo  modello  subito  lo  fece 
rallegrare  , e lo  divertì  da  que  ragiona- 
menti fastidiosi  , in  eli  egli  era  stato  più  di 
due  ore . Vedutolo  io  lieto  a mio  modo  9 
gli  scopersi  V altro  modello , quale  punto 
non  aspettava , parendogli  dì* aver  veduto  as- 
sai  opera  in  quello . Questo  modello  era  gran- 
de più  di  due  braccia 3 nel  quale  avevo  fatto 
una  fontana  in  forma  dì  un  quadro  perfetto , 
con  bellissime  scale  intorno , quali  s* in tr asse- 
gnavano runa  neW  altra , cosa  che  mai  più 
non  s'era  veduta  inquelle  parti,  e rarissima- 
mente s'era  veduta  in  queste . In  mezzo  a 
detta  fontana  avevo  fatto  un  sodo , il 
quale  si  dimostrava  un  poco  più  alto  del- 
la fontana  ; e sopra  questo  sodo  avevo 


x6o  Dee.  III.  della  Par.  t del  Sec.  IV, 

fatto  , a corrispondenza 3 una  figura  ignu- 
da di  molta  bella  grazia.  Questa  teneva 
una  lancia  rotta  nella  mano  destra  eleva- 
ta in  alto  : e la  sinistra  teneva  in  sul 

manico  una  storta  , fatta  di  bellissima 
forma  : posava  in  sul  piò  manco  , ed  il 
ritto  teneva  in  su  un  cimiere  riccamente 
lavoralo  : e in  su  i quattro  canti  della 
fontana  avevo  fatto  in  su  ciascuno  una 
figura  a sedere  elevata  con  molte  sue  va- 
ghe imprese  per  ciascuna . Cominciommi  a 
domandare  il  Re  , che  bella  fantasia  era  ; 
quella , dicendomi  , che  tutto  quello  che 
avevo  fatto  alla  porta  } senza  domandar - \ 

mi  di  nulla  egli  /’  aveva  inteso  ; ma  che 
questo  , sebbene  gli  pareva  bellissimo , nul- 
la non  intendeva  : e ben  sapeva  eli  io 
non  avevo  fatto  come  gli  altri  sciocchi , 
che  sebbene  facevan  cose  con  qualche  j 
poca  di  grazia  , le  facevano  senza  signi- 
ficato nessuno . A questo  , messimi  già  in 
in  ordine  , risposi , che  essendo  piaciuto 
il  mio  fare  , volevo  bene  , che  altrettanto 
piacesse  il  mio  dire . Sappiate  , dissi  Sa- 
cra Maestà  , che  tutta  quest ’ opera  picco- 
la è benissimo  misurata  a piedi  piccoli  , 
qual  mettendo  poi  in  opera  verrà  di  que- 
sta medesima  grazia , che  voi  vedete.  Quel-  ! 
in  figura  ài  mezzo  si  è 54,  piedi,  A que- 
sta parola  il  Re  fé'  grandissimo  segno  di 
maravigliarsi:  ed  io  soggiunsi : EU'  è fat- 
ta per  figurare  lo  Dio  Marte  : quest ’ altre 
quattro  figure  son  fatte  per  Virtù  , di  ch& 


Abate  Francesco  Primaticcio.  i6i 
si  diletta  e favorisce  tanto  Mostra  Mae- 
stà. Questa  a man  destra  è figurata  per 
la  Scienza  di  tutte  le  lettere  : vedete  che 
ella  ha  il  suo  contrassegno  9 qual  dimo- 
stra la  Filosofia  9 con  tutte  le  sue  virtù 
compagne  : quest 9 altra  dimostra  essere 
tutta  C arte  del  disegno , cioè  Scultura  9 
Pittura  , e Architettura  : quest:  altra  è fi- 
gurata per  la  Musica  , qual  si  conviene 
per  compagnia  a tutte  queste  scienze . Que- 
st’ altra  che  si  dimostra  tanto  grata  e be- 
nigna è figurata  per  la  Liberalità  , che 
senza  lei  non  si  può  dimostrare  nessuna 
di  queste  mirabili  virtù . Questa  statua  di 
mezzo  grande  è figurata  per  Vostra  Mae- 
stà istessa9  quale  è un  Dio  Marte  , essen- 
do Voi  solo  bravo  nel  mondo  : e questa 
bravura  Voi  V adoperate  giustamente  e 
santamente  , in  dif  emione  della  gloria 
Vostra » Appena  egli  ebbe  tanta  pazienza 9 
eli  e mi  lasciasse  finir  di  dire  9 che  leva- 
ta gran  voce  , disse  : V bramente  io  ho 

trovato  un  uomo  secondo  il  cuor  mio . E 
chiamò  i Tesaurìeri  ordinarj  , e gli  disse, 
che  mi  provvedessero  tutto  quel  che  mi 
faceva  di  bisogno , e fosse  grande  spe- 
sa quanto  si  volesse  : poi  a me  dette  in 
sulla  spalla  colla  mano  , dicendomi : Mori 
Arny  , che  vuol  dire  , Amico  mio:  Io  non 
so  qual  sia  maggior  piacere  , o quello  di 
un  Principe  A aver  trovato  un  uomo  se- 
condo il  suo  cuore , o quello  di  quel  vir- 
tuoso A aver  trovalo  un  Principe  9 che  gli 
Baldinucci  Voi . VIL  li 


ì6z  Dec.  IfT.  della  Par,!,  del  Sec,  IV. 
dia  tanta  comodità , eli  egli  possa  espri- 
mere i suoi  grandi  e virtuosi  concetti . Io 
risposi , che  se  era  quello , che  diceva  Sua 
Maestà , era  stata  maggior  ventura  la  mia . 
Rispose  ridendo  : Diciamo  che  ella  sia 
eguale  : e partimmi  con  grande  allegrezza , 
e tornai  alle  mie  opere . Volle  la  mia  ma- 
la  fortuna  , chi  io  non  fui  avvertito  di  fa- 
re altrettanta  commedia  con  Madama  di 
Tampes  , che  sapute  la  sera  tutte  queste 
cose , eli  eran  corse  , dalla  propria  bocca 
del  Re  , le  generò  tanta  rabbia  velenosa 
nel  petto  ? che  con  ìsdegno  ella  disse\  Se 
Benvenuto  mi  avesse  mostra  C opera  sua% 
in  avrebbe  dato  causa  di  ricordarmi  di 
lui  a suo  tempo , Il  Re  mi  volle  scusare  , 
ma  nulla  s'  appiccò.  Io  che  tal  cosa  inte- 
si , ivi  a quindici  giorni  , che  girato  per 
la  Normandia  a Rotano  e Diepa  , dipoi 
erano  ritornati  a San  Germano  dell' Àja9 
presi  quel  bel  vasetto  , eli  io  avevo  fatto 
a riquisizione  della  detta  Madama  di  Tarn - 
pes  # pensando  , che  donandogliele  , doves- 
si riguadagnare  la  sua  grazia.  Così  lo 
portai  meco  : e fattole  intender  per  una 
sua  nutrice , alla  quale  mostrai  il  vaso , 
cti  io  I'  avevo  fatto  per  la  sua  Signora  } e 
che  io  glielo  volevo  donare  ; la  detta  nu- 
trice mi  fece  carezze  smisurate  , e mi  dis- 
se 9 che  direbbe  una  parola  a Madama  , 
la  quale  non  era  ancor  vestita  : e che  su- 
bito detta , glielo  metterebbe  in  camera • 
Da  Nutrice  disse  il  tutto  a Madama , la 


Abate  Francesco  Primaticcio.  i63 
quale  rispose  sdegnatamente  : Ditegli 9 che 
aspetti  , io  ho  inteso  A questo  io  mi  ve « 
stii  di  pazienza  , la  qual  cosa  m è diffici- 
lissima ; pure  ebbi  pazienza  infino  dopo  il 
suo  desinare  : e venuta  poi  C ora  tarda  , 
la  fame  mi  cagionò  tanta  ira , che  non 
potendo  più  resistere  , mandatole  devota «• 
mente  il  canchero  nel  cuore , di  qui - 
vi  ini  partii , e me  n andai  a trovare 
il  Cardinal  di  Loreno  , e gli  feci  presenta 
del  detto  vaso , raccomandandomi  solo  * 
che  mi  tenesse  in  buona  grazia  del  Re0 
Disse  che  e*  non  bisognava  9 e quando 
fosse  bisogno  che  lo  farebbe  volentieri . 
Dipoi  chiamato  un  suo  Tesauriere , gli 
parlò  nell ’ orecchio . Il  detto  Tesauriere 
aspettò  eli  io  mi  partissi  dalla  presenza 
del  Cardinale  , dipoi  mi  disse  : Benvenuto 9 
venite  meco , eli  io  vi  darò  da  bere  un 
bicchier  di  vino  : al  quale  io  dissi  : non 
sapendo  quello  che  si  volesse  dire , di  gra- 
zia : Monsignor  Tesauriere , fatemi  dona « 
re  un  sol  bicchier  di  vino  , e un  hocco n 
di  pane , perchè  io  veramente  mi  vengo 
meno  ; perchè  sono  stato  da  questa  mat- 
tina a buona  ora  , fino  a quest ‘ ora  che 
voi  vedete , alla  porta  di  Madama  di 
Tampes  , per  donarle  quel  vasetto  A ar- 
gento dorato  9 e tutto  le  ho  fatto  intende- 
re f ed  ella  per  is  trazi  armi  sempre  9 mi  ha 
fatto  dire  9 che  io  aspettassi.  Ora  in  era 
sopraggiunta  la  fame  9 e mi  sentivo  man * 
care  » e siccome  Iddio  ha  voluto  , ho  do* 


164  DSC,  III.  BELLA  Par.I.  DEL  SeC.  IV. 
nato  la  roba  e le  fatiche  mie  a chi  mol- 
to meglio  le  meritava  : e non  vi  chieggo  \ 
altro , che  un  poco  da  mangiare , che  per 
essere  io  alquanto  colleroso  , irì  offende  il  j 
digiuno  di  sorte  , che  mi  faria  cadere  in 
terra  svenuto . In  tanto  tempo  , quanto  io 
penai  a dir  queste  parole  , era  comparso 
il  mirabil  vino  , ed  altre  delude  da  far 
colazione , tantoché  io  mi  ri  crini  molto  he-  j 
ne  , 0 riavuti  gli  spìriti  vitali , m’ am  «jcì-  | 
la  te  stizza . ii  buon  Tesauriere  mi  porse 
3 00.  scudi  di  oro 9 acquali  io  feci  resisten - ; 

££*  rZi  720/2  volere  in  modo  nessuno . 
bindello  a rif  erire  al  Cardinale , «7  quale 
dettogli  gran  villanie , g/t  comandò  che  | 
7?za  gZZ  facesse  pigliare  per  forza , a che 
non  gli  andasse  più  innanzi  altrimenti . Il 
Tesauriere  venne  a me  crucciato 9 dicendo 
che  mai  più  era  stato  gridato  per  V ad-  j 
dietro  dal*  Cardinale  : a volendomegli  da- 
re , perchè  gli  feci  altra  resistenza , mZ 
disse  , che  me  gli  avrebbe  fatti  pigliar  per 
forza . /o  presi  i danari , e volendo  anda- 
re a ringraziare  il  Cardinale , mi  fece  in- 
tendere per  un  suo  Segretario  , che 'sem- 
pre chi  egli  mi  poteva  far  piacere  , ale  ma 
na  farebbe  di  buon  cuore  : a Zo  77/a  7?a 

//  Ite  ì 
0 Ma- 
difar- 
la maggiormente  invelenire  a far  contro 
ài  me  , dove  io  portai  gran  pericolo  del- 
la vita  mia  „ come  si  dirà  a suo  luogo  ; 


tornai  a Parigi  la  medesima  sera, 
seppe  ogni  cosa e dettero  la  baja 
dama  di  Tampes  , il  che  fu  causa 


Abate  Francesco  Primaticcio.  i65 
Sebbene  molto  prima  io  mi  dovevo  ricor- 
dare della  guadagnata  amicizia  del  pià 
virtuoso , del  pià  amorevole 9 e del  pià 
domestico  uomo  dabbene , che  mai  io 
conoscessi  al  mondo  : questi  si  fu  Mess. 
Guido  Guidi , eccellente  Dottore  Medi • 
co , e nobd  cittadino  Fiorentino . Per 
gV  infiniti  travagli , postimi  innanzi  dal- 
la perversa  fortuna , V avevo  alquanto 
lasciato  indietro  , eh?  io  mi  pensavo  per 
averlo  di  continuo  nel  cuore  9 che  e ba- 
stasse ; ma  avvedutomi  poi,  che  la  mia 
vita  non  istava  bene  senza  lui  in  quei 
miei  maggior  travagli , perchè  mi  fosse 
d * ajuto  e conforto  9 lo  menai  al  mio  9 ca- 
stello , e quivi  gli  detti  una  stanza  Ubera 
da  per  se  : cosi  ci  godemmo  insieme  pa- 
recchi anni . Ancora  capitò  il  Vescovo  di 
Pavia  9 cioè  Monsignor  de  Rossi  0 f ratei» 
lo  del  Conte  di  San  Secondo . Questo  Si- 
gnore io  levai  di  sull ’ osteria  , e lo  messi 
nel  mio  Castello , dando  ancora  a lui  una 
stanza  libera  9 dove  benissimo  stette  acco- 
modato col  suoi  servitori  e cavalcature  9 
per  di  molti  mesi . Ancora  altra  volta  ac- 
comodai Mess , Luigi  Alamanni  co’ figli* 
noli  9 per  qualche  mese . Pur  mi  dette 
grazia  Iddio , eli  io  potessi  far  qualche 
piacere  agli  uomini  grandi  e virtuosi . Col 
soppraddetto  Mess . Guido  godemmo  V a* 
micizia  quanto  io  là  stetti , gloriandoci 
spesso  insieme  , che  noi  imparavamo  la 
virtù  alle  spese  di  così  grande  e muravi'* 


i66  Die  III.  bella  Par.  I.  del  Sec.  IT. 
glioso  Principe , ognun  di  noi  nella  sua 
professione . lo  posso  dir  veramente  , che 
quello  eh'  io  sia , e quanto  di  buono  e 
hello  io  m' abbia  ojyerato  , è stato  per 
causa  di  quel  Re.  Avevo  in  questo  mio 
castello  un  giuoco  di  palla  da  giuocare 
alla  corda  , del  quale  io  traevo  assai  uti- 
le 9 mentrechè  io  lo  facevo  esercitare . 

Erano  in  detto  luogo  alcune  piccole  stan- 
zette , dove  abitavano  diverse  sorte  d ' uo- 
mini , infra  quali  era  uno  Stampatore 
molto  valente  di  libri . Questi  teneva  qua- 
si tutta  la  sua  bottega  dentro  nel  mio 
castello  : ed  è quegli , che  stampò  quel 
primo  bel  libro  di  Medicina  a Mess» 
Guido . Volendomi  io  servire  di  quelle 
stanze , lo  mandai  via  , pur  con  qualche 
difficoltà  non  piccola.  Vi  stava  ancora 
un  maestro  di  Salnitri  : e percìi  io  vole- 
vo servirmi  di  queste  piccole  stanzette  per 
certi  miei  buoni  lavoranti  Tedeschi  , que- 
sto maestro  non  voleva  dileggiare  : ed  io 
piacevolmente  più  volte  gli  avevo  detto  t 
di  egli  ni  accomodasse  ddle  mie  stanze  , 
perchè  me  ne  volevo  servire  per  abitazio- 
ne de'  miei  lavoranti  per  servizio  del  Re» 
Quanto  più  umile  parlavo  , questa  bestia 
tanto  più  superbo  mi  rispondeva . Ali  ulti- 
mo poi  io  gli  detti  per  termine  tre  gior- 
ni , di  che  egli  si  rise . e mi  disse , che  in 
capo  di  tre  anni  comincierebbe  a pensar- 
vi.  Io  non  sapevo  , che  costui  era  dome- 
stico servitore  di  Madama  di  Tampes  , e 


j 


; 


■ 


Abate  Francesco  Primaticcio,  167 
se  e non  fosse  stato,  che  quella  causa  di  Ma- 
dama di  Tampes  mi  faceva  un  po'  più 
pensare  alle  cose , che  prima  io  non  faceva  , 
V avrei  subito  mandato  ina  : ma  volli  aver 
pazienza  que  tre  giorni , i quali  passati 
che  furono  , presi  Tedeschi , Italiani  , e 
Francesi , colle  anni  in  mano , e molti 
manovali , che  io  aveva , e in  breve  tem - 
po  sfasciai  tutta  la  casa  , e le  sue  robe 
gettai  fuori  del  mio  castello , E quest'atto, 
alquanto  rigoroso  , feci , perdi  egli  mi 
aveva  detto  , che  non  conosceva  persona 
d'  Italiano  tanto  ardita  , che  gli  avesse 
mosso  una  maglia  del  suo  luogo . Però 
dipoi  il  fatto  costui  arrivò  , e io  gli  dis- 
si: Io  sono  il  minimo  Italiano  dell'  Italia, 
e non  t'  ho  fatto  nulla  appetto  a quello  , 
che  mi  basterebbe  T animo  di  farti , e che 
io  ti  farò  se  tu  parli  un  motto  solo  : e 
dissigli  altre  parole  ingiuriose . Quest'  uo- 
mo attonito  0 spaventato , dette  ordine 
alle  sue  robe  il  meglio  che  potette  : dipoi 
corse  a Madama  di  Tampes , e dipinse 
un  Inferno  : e quella  mia  gran  nemica  M 
tanto  maggiore  quanto  eli'  era,  più  elo- 
quente e piu  d'  assai  lo  dipinse  al  Re,  il 
quale  due  volte  , mi  fu  detto , si  ebbe  a 
crucciar  meco , & dar  male  commissioni 
contro  di  me  ; ma  perchè  Arrigo  Delfino 
suo  figliuolo  , oggi  Re  di  Francia  aveva 
ricevuti  alcuni  dispiaceri  da  quella  troppo 
ardita  donna  , insieme  colla  Regina  di  Na° 
varrà  sorella  del  Re  Francesco , con  tanta 
virtù  mi  fa  vorirono , che  il  Re  convertì  in  riso 


s68  Dec.  III.  della  Pah.  I del  Sec.  IY. 
ogni  cosa  ; il  perchè  col  vero  ajulo  cT Id- 
dio , io  passai  una  gran  fortuna . Ancora 
ebbi  a fare  il  medesimo  ad  un  altro  si- 
mile a questo , ina  non  gli  rovinai  la  ca- 
sa\ ben  gli  gettai  tutte  le  rue  robe  fuora ; 
per  la  qual  cosa  Madama  di  Tampes  ar- 
dì dire  al  Re  : io  credo  , che  questo  dia- 
volo una  volta  vi  saccheggerà  Parigi.  A 
queste  parole  il  Re  adirato  rispose  a Ma- 
dama s che  facevo  molto  bene  a difender- 
mi da  quella  canaglia , che  mi  volevano 
impedire  il  suo  servìzio . Cresceva  ognora 
maggior  rabbia  a questa  crudel  donna  ; 
onde  chiamò  a se  un  pittore  H il  quale 
stava  per  istanza  a Fontanablò  , dove  il 
Re  stava  quasi  dì  continuo,  Questo  Pit- 
tore era  Italiano  e Bolognese  9 e pel  Bo- 
logna era  conosciuto . Pel  nome  suo  pro- 
prio si  chiamava  Francesco  Primaticcio . 
Madama  di  Tampes  gli  disse  , di  egli 
dovrebbe  domandare  al  Re  queir  opera 
della  Fonte  5 che  Sua  Maestà  aveva  riso- 
luta a me , e eli  ella  con  tutta  la  sua 
possanza  ne  V aj alerebbe  : e così  rimase- 
ro daccordo.  Ebbe  questo  Bologna,  la 
maggiore  allegrezza  dì  egli  avesse  mai  9 e 
tal  cosa  promesse  sicura , con  tuttodì  essa 
non  fosse  sua  professione  ; ma  perdi  egli 
aveva  assai  buon  disegno  , e s*  era  messo 
in  ordine  con  certi  lavoranti  , i quali  s' e- 
rano  fatti  sotto  la  disciplina  del  Bosso  9 
Pittore  nostro  Fiorentino  , veramente  ma - 
ra vig l i os issi m o valentuomo  ; ciò  che  co  - 


Abate  Francesco  Primaticcio.  169 
stui  faceva  di  buono  , V aveva  preso  dal- 
ia mirabil  maniera  del  detto  Rosso , il 
quale  era  di  già  morto . Potettero  tanto 
quelle  argute  cagioni , col  grande  ajuto 
di  Madama  di  Tampes 9 e col  continuo 
martellare  giorno  e notte  or  Madama  , 
ora  il  Bologna  agli  orecchi  di  quel  gran 
Me  , e quello  che  fu  potente  causa  a far- 
lo cedere  9 che  ella  ed  il  Bologna  dac - 
cordo  dissono  : Come  è egli  possibile , Sa- 
cra Maestà  9 che  volendo  s che  Benvenu- 
to faccia  dodici  statue  d' argento  , delle 
quali  non  ha  anche  finita  una , faccia  poi 
quest  altra  opera  ? O se  voi  V impiegate 
in  una  tanto  grande  impresa , è di  neces • 
sità  > che  di  quest1  altre , che  tanto  voi  de» 
siderate  9 per  certo  voi  ve  ne  priviate  ; per- 
chè cento  valentissimi  uomini  non  potreb- 
bon  finire  tante  grandi  opere  9 quante  que- 
sto valentuomo  ha  ordite , Si  vede  espres- 
so , eli  egli  ha  gran  volontà  di  fare  ? la 
qual  cosa  sarà  causa  9 che  a un  tratto  Vo- 
stra Maestà  perda  lui  e V opere  9 con  mol- 
te altre  simili  parole . A vendo  trovato  il 
Re  in  buona  tempera  , esso  gli  compiacque 
di  tutto  quell*;  che  domandavano  , e per 
ancora  non  s era  mai  mostrato  nè  dise- 
gni , nè  modelli  di  nulla  di  mano  del 
Bologna . 

Fin  qui  soo  parole  del  Celimi  9 il  quale 
dopo  aver  raccontato  diversi  altri  casi  oc- 
corsi alla  sua  propria  persona  in  Parigi* 
segue  a parlare  in  questa  forma. 


370  Dec*  IH.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 

Non  avendo  io  ancora  ripreso  il  fiatò 
da  quello  inestimabil  pericolo  , che  eia 
me  ne  messe  due  a un  tratto  innanzi . In 
termine  di  tre  giorni  mi  occorse  due  casi ; 
a ciascuno  de'  quali  Ju  la  vita  mia  sul 
bilico  della  bilancia.  Questo  si  Ju , che  an- 
dando io  a Fontanablò  a ragionar  col  Re , 
che  mi  aveva  fatto  scrivere  una  lettera  3 
per  la  quale  voleva , che  io  facessi  le  stam- 
pe delle  monete  di  tutto  il  suo  Regno  : e 
con  essa  lettera  mi  aveva  mandati  alcuni  ! 
disegnetti  , per  mostrarmi  parte  della  vo- 
glia sua  ; ma  ben  mi  dava  licenza , che  io 
facessi  tutto  quello  , che  a me  piaceva  ; 

10  aveva  fatti  nuovi  disegni  , secondo  il 
mio  parere  , e secondo  la  bellezza  dell'  ar- 
te* Così  giunto  a Fontanablò  , uno  di 
que ' Tesaurieri  che  avevano  commissione 
dal  Re  di  provvedermi , che  si  chiamava 
Mons.  della  Fa  , subito  mi  disse  : Benve- 
nuto , il  Bologna  Pittore  ha  avuto  dal  Re 
commissione  di  fare  il  vostro  gran  Colos- 
so : e tutte  le  comissioni  eh'  egli  ci  aveva 
dato  per  voi  , tutte  ce  le  ha  levate  , e da- 
tecele per  lui.  A noi  ha  saputo  grande- 
mente male  , e ci  è parso  , 3 he  questo  vo- 
stro Italiano  molto  temerariamente  si  sia 
portato  verso  di  voi , perchè  voi  già  ave- 
vi avuta  1'  opera  per  virtù  de  vostri  model 

11  e delle  vostre  fatiche.  Costui  ve  la  to- 
glie , solo  per  favore  di  Madama  di  Tarn - 
pesi  e sono  ormai  dimoiti  mesi , eli  egli 
ha  avuta  tal  commissione , e ancora  non 


Abate  Francesco  Primaticcio,  17  i 
'$*  è veduto  , che  e*  dia  ordine  a nulla . lo 
maravigliato  dissi  : Come  è egli  possibile  9 
che  io  non  abbia  mai  saputo  nulla  di  qua- 
sto  ? allora  mi  disse  , che  costui  C aveva  te- 
nuta segretissima  , e che  e 7 V aveva  avu- 
ta con  grandissima  difficoltà  9 perchè  il 
Re  non  gliene  voleva  dare  ; ma  la  solleci- 
tudine di  Madama  di  Tampes , solo  glie- 
ne aveva  fatta  avere . Io  sentitomi  a que- 
sto modo  offeso  , e a cosi  gran  torto  s e 
veduto  tonni  un  opera  , la  quale  io  mi  ave- 
vo guadagnata  colle  mie  gran  fatiche , di- 
spostomi di  far  qualche  gran  cosa  di  mo- 
mento colC  arme , difilato  andai  a trova- 
re il  Bologna  , che  era  in  camera  sua  e 
ne  suoi  studj , Fecemi  chiamare  dentro  , e 
con  certe  sue  Lombardesche  accoglienze , 
mi  domandò  qual  buona,  faccenda  ni  ave- 
va condotto  quivi . Io  dissi 9 una  faccenda 
buonissima  e grande.  Quest9  uomo  commi- 
se d suoi  servitori,  che  portassero  da  bere „ 
e disse  : Prima  che  noi  ragioniamo  di  nul- 
la 9 voglio  che  noi  beviamo  insieme 9 che 
così  è 7 costume  di  Francia • Allora  io 
dissi : Messer  Francesco  , sappiate  che 
qué*  ragionamenti , che  noi  a baiamo  da  fa- 
re insieme , non  richieggono  il  bere  in 
prima  9 forse  dopo  si  patria  bere • Comin- 
ciai a ragionar  seco  dicendo  : Tutti  gii 

uomini , che  fanno  professione  d’ uomo  da 
bene , fanno  L’  opere  loro  in  modo , che 
per  quelle  si  conosce  9 quelli  essere  uomi- 
ni da  bene  , e facendo  il  contrario  , non 


172  Dec.  III.  della  Par.  I.  del.  Sec.  IV. 
hanno  più  tal  nome . Io  so  , che  voi  sape- 
vi, che  il  Re  m aveva  dato  da  fare  quel 
gran  Colosso , del  quale  s'  era  ragionato 
diciotto  mesi  : e nè  voi , nè  altri  mai  s' e- 
ra  fatto  innanzi  a dir  nulla  sopra  ciò  ; 
per  la  qual  cosa , colle  mie  gran  fatiche , 
io  rn  ero  mostro  al  Re  , il  quale  piaciuti- 
gli i miei  modelli  , questa  grande  opera 
aveva  dato  a fare  a me , e son  Lauti  me- 
si, che  non  ho  sentito  altro  : solo  questa 
mattina  ho  inteso  , che  voi  C avete  avuta , 
e toltala  a me,  la  qual  opera  io  me  la  gua- 
dagnai co  miei  maravigliosi  fatti , e voi 
me  la  togliete  solo  colle  vane  vostre  pa- 
role. A questo  il  Bologna  rispose  e disse  : 
O Benvenuto  , ognun  cerca  di  fare  il  fat- 
to suo  in  tutti  i modi  che  si  può  : se  il 
Re  vuol  cosi  , che  volete  voi  replicare  al- 
tro ? gettate  via  il  tempo  , perchè  io  V ho 
avuta  spedita  , ed  è mia.  Or  dite  voi  ciò 
che  volete  , ed  io  v'  ascolterò.  Dissi  così  : 
Sappiate  Mess . Francesco , eli  io  avrei  da 
dirvi  molte  parole  , per  le  quali , con  ra- 
gion mirabile  e vera  , io  vi  farei  confes- 
sare , che  tali  modi  non  s’  usano  , quali 
son  cotesti , che  voi  avete  fatto  e detto  % 
infra  gli  animali  razionali  ; però  verrò  con 
brevi  parole  al  punto  della  conclusione  , 
ma  aprite  gli  orecchi , e intendetemi  bene, 
perdi  ella  importa . Costui  si  volle  rimuo- 
vere da  sedere  , perchè  mi  vide  tinto  in 
viso  e grandemente  cambiato . lo  dissi , che 
non  era  ancor  tempo  di  muoversi  , che 


Abate  Francesco  Primaticcio.  ij3 
stesse  a «sedere  , e che  ni  ascoltasse.  Al- 
lora io  cominciai  dicendo  così  : Messer 
Francesco  , voi  sapete  che  i opera  era  pri- 
ma mia  , e che  a ragion  di  mondo  egli 
era  passato  il  tempo  , che  nessuno  ne  do- 
veva piu  parlare . Ora  io  vi  dico,  che  mi 
contento , che  voi  facciate  un  modello,  ed 
io  oltre  a quello  che  ho  fatto,  ne  farò 
uri  altro  : dipoi  lo  porteremo  al  nostro  gran 
Fé  : e chi  guadagnerà  per  quella  via  il 
Vanto  d'  avere,  operalo  meglio  , quello  me- 
ritamente sarà  degno  del  Colosso  : e se 
a voi  toccherà  a farlo,  io  deporrò  tutta 
questa  grande  ingiuria  che  voi  m avete 
fatto,  e henedirovvi  le  mani,  come  piu 
degne  delle  mie , di  una  tanta  gloria.  Sic- 
ché rimanghiamo  così,  e saremo  amici , al- 
trimenti noi  saremo  nemici  : e Dio  , che 
ajuta  sempre  la  ragione  , ed  io  che  le  fo 
strada,  vi  mostrerei  in  quanto  grande  er- 
rore voi  foste . Disse  Messer  Francesco  : 
Doperà  è mia,  e dappoicfi  ella  m è sta- 
ta data,  io  non  voi  mettere  il  mio  in  com- 
promesso. A cotesto  io  rispondo  , Mess . 
Francesco  , che  dappoiché  voi  non  volete 
pigliare  il  buon  verso  , quale  è giusto  e 
ragionevole  , io  vi  mostrerò  questi  altro  , 
qual  sarà  come  il  vostro  , che  è brutto  e 
dispiacevole.  Fi  dico  così , che  se  io  sen- 
to mai  in  modo  nessuno  , che  voi  parlia- 
te di  questa  mia  opera  , io  subito  v*  ani - 
mazzero  come  un  cane  : e perché  noi  non 
siamo  nè  in  Roma  , nè  in  Bologna,  nè  in 


i 


174  della  Par.  I.  del  Se€.  IV. 

Firenze , qua  si  vive  in  un  altro  modo . 
Se  io  so  mai , che  voi  ne  parliate  al 
Re  o ad  altri , io  v ammazzerò  ad  ogni 
modo.  Pensate  qual  via  voi  volete  pi- 
gliare , quella  prima  buona  eli  io  dissi , 
o quell'  ultima  cattiva  di  io  dico . Que- 
st' uomo  non  sapeva  nè  che  si  dire , nè 
che  si  fare  : ed  io  ero  in  ordine  per  far 
più  volentieri  quell?  effetto  allora  , che 
mettere  altro  tempo  in  mezzo.  Il  detto  Bo- 
logna non  disse  altre  parole  che  que- 
ste ; Quando  io  farò  le  cose  9 che  dee 
f ate  un  uomo  da  bene  ^ io  non  avaro  una 
paura  al  mondo.  A questo  io  risposi : Bene 
avete  detto  ; ma  facendo  al  contrario  > ab- 
biate paura  5 perdi  ella  v'importa  : e su- 
bito mi  partii  da  lui  , e andamene  dal 
Re.  , e con  Sua  Maestà  disputai  un  gran 
pezzo  la  faccenda  delle  monde  , nella  qua- 
le noi  non  fummo  molto  dàccordo  ; per- 
di è essendo  quivi  il  suo  Consiglio  , lo 
persuadevano  che  le  monete  si  dovesser 
fare  in  quella  maniera  di  Francia  , sic- 
come elle  s*  e ran  fatte  sino  a quel  tempo', 
a'  quali  io  risposi  , che  Sua  Maestà  ni  a - 
veva  fatto  venir  di  Italia  , perchè  io  le 
facessi  opere  * che  stessero  bene  : e che 
se  Sua  Maestà  mi  comandasse  in  contra- 
rio , a me  non  comporteria  ì animo  mai 
di  farle.  A questo  si  dette  spazio  per  ra- 
gionare un  altra  volta  , e subito  io  me  ne 
tornai  a Parigi . 

Fin  qui  ii  Cellini , e piu  abbasso  se» 
gue  a dire. 


Abate  Francesco  Primaticcio.'  176 
L' altro  giorno  venne  a Parigi  il  Bo- 
logna apposta , e mi  fece  chiamare  da 
Mattio  del  N asaro  : andai , e trovai  il 
detto  Bologna , il  quale  con  lieta  faccia 
mi.  si  fece  incontro  , pregandomi , che  io 
lo  volessi  per  buon  fratello  , e che  mai 
; più  parlerebbe  di  tale  opera , perchè  ei 
conosceva  benissimo  , che  io  aveva  ragione* 
Di  poi  segue  a dire  : 

Mentre  che  quest*  opera  si  tirava  in - 
nunzi , io  compartivo  certe  ore  del  giorno , 
e lavoravo  in  sulla  Saliera , e quando  sul 
Giove , per  esser  la  Saliera  lavorata  da 
molte  e più  persone  9 che  io  non  avevo 
comodità  per  lavorare  sul  Giove  , di  già 
a questo  tempo  io  V avevo  fatta  di  tutto 
punto . Era  ritornato  il  Re  a Parigi , e io 
1* andai  a trovare  , portandogli  la  detta 
Saliera  finita  , la  quale  , siccome  ho  detto 
di  sopra  9 era  in  forma  ovata , ed  era  di 
grandezza  di  due  terzi  di  braccio  in  circa 9 
tutta  d'oro  lavorata  per  virtù  di  cesello  : 
e siccome  io  dissi , quando  avevo  ragio- 
nato del  modello 9 avevo  figurato  il  Mare 
e la  Terra  , a sedere  T uno  e C altro , che 
s*  intromettevano  fra  di  loro  le  gambe  a 
guisa  del  mare  , che  frammette  certi  rami 
fra  la  terra , e la  terra  fra  7 mare . Così 
propriamente  aveva  dato  loro  quella  gra- 
zia : al  Mare  aveva  posto  nella  mano  de- 
stra un  Tridente , e nella  sinistra  una 
Barca  sottilmente  lavorata  > nella  quale  si 
metteva  la  salina * Erano  sotto  a questa 


DEC,  III.  DELLA  Par,  I DEL  SeC.  IV. 
figura  quattro  cavalli  marini , che  sino  al 
petto  e le  zampe  dinanzi  erano  di  cavallo * 
e tutta  la  parte  dal  mezzo  indietro  era  di 
pesce.  Queste  code  di  pesce  con  piacevol 
modo  s intrecciavano  insieme  : in  sul  qual 
gruppo  sedeva  in  bella  attitudine  il  detto 
Mare , che  aveva  intorno  molte  sorti  di 
pesce  e altri  animali  marittimi  : V acqua 
era  figurata  colle  sue  onde  , dipoi  era  be- 
nissimo smaltata  del  suo  proprio  colore . 
Per  la  Terra  avevo  figurata  una  bellissi- 
ma donna , col  corno  della  sua  dovizia 
in  mano , tutta  ignuda  come  un  maschio . 
Nell  altra  sua  sinistra  mano  avevo  fatto 
mi  tempietto  cF  Ordine  Ionico  , sottilissima - 
mente  lavorato  9 e in  questo  avevo  acco- 
modato il  pepe.  Sotto  questa  femmina 
avevo  fatti  i più  belli  animali , che  pro- 
duca la  terra  : e i suoi  scogli  terrestri  a- 
vevo  parte  smaltati , e parte  lasciati  d'oro. 
Avevo  dipoi  posata  e investita  quest'  opera 
m una  base  d'ebano  nero  , d'una  certa 
accomodata  grossezza , con  un  poco  di 
goletta, , nella  quale  avevo  compartito  quat- 
tro figure  d'oro  y fatte  di  più  che  mezzo 
rilievo , e figuratovi  la  Notte  el  Giorno  , 

F Aurora  e la  Sera  : e quattro  altre  figure 
della  medesima  grandezza , fatte  pe  quat- 
tro venti  principali . In  questo  tempo  il 
Bologna  Pittore  sopraddetto , dette  ad  in ~ 
tendere  al  Re , eli  egli  era  bene , che  Sua 
Maestà  lo  lasciasse  andare  fino  a Roma  # 
e facesse  lettere  di  favore  , per  le  quali  j 


i 


Abate  Francesco  Primaticcio®  ijrj 
egli  potesse  formare  di  quelle  belle  prime 
anticaglie , cioè  il  Laocoonte  , la  Cleopatra 9 
la  Venere  > il  Comodo  , la  Zingana  , e 
V Apollo.  Queste  'veramente  sono  le  pìà 
belle  cose  5 che  sieno  in  Roma  , e diceva 
al  Re  ^ che  quando  Sua  Maestà  avesse  di 
poi  vedute  quelle  meravigliose  opere , al- 
lora  saprebbe  ragionare  dell ’ arte  del  Di- 
segno ; perchè  tutto  quello  eh ’ egli  aveva 
veduto  di  noi  moderni  , era  molto  discosto 
dal  ben  fare  di  quegli  antichi . Il  Re  fu 
contento  * £ fecegii  tutti  i favorì  che  egli 
dom  melò.  Cosi  andò  nella  sua  malora 
questa  bestia  , non  gli  essendo  bastato  la 
vista  di  far  colle  sue  mani  a gara  meco . 
Prese  quel  E mbar desco  tale  espediente  : 
e contuttoché  egli  benissimo  f avesse  fatte 
foimaie  , gliene  riuscì  tutto  conciarlo  ef- 
fetto, da  quello  che  sera  immaginato  : la 
qual  cosa  si  dirà  dipoi  a suo  luogo 
Altrove  poi  (lice  , cesi  parlando  dei  Re* 
Egli  ritornò  a Parigi , e C altro  gior- 
no , senza  che  io  F andassi  a incitare  da 
per  se  venne  a casa  mia  , dove  f atto  me- 
glì  incontro  , lo  menai  per  diverse  stanze „ 
dove  erano  diverse  sorte  d'opere  : e comin- 
ciando dalle  cose  più  basse , gli  mostrai 
moltq  quantità  d’opere  di  bronzo  : dipoi 
lo  trinai  a vedere  il  Giove  d a ■ gerito  t e 
gliene  mostrai  come  finito  , con  tutti  ì suoi 
ornamenti.  Dipoi  lo  menai  a vedere  altre 
opere  d’argento  e d’oro , e altri  modelli 
per  inventare  opere  nuove . Dipoi  alla  sua, 
Baldinucci  Voi,  VIL 


. / j 

178  Dec.  III.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
partita  , nel  mio  prato  del  ? castello  , sco - 
persi  quel  gran  Gigante . 

E più  appresso  : 

Intanto  con  gran  sollecitudine  io  finii 
il  Giove  d'argento  , colla  sua  base  dorata 9 
la  quale  io  avevo  posta  sopra  un  zocco  di 
legno  : e in  detto  zocco  di  legno  avevo 
commesso  quattro  pallottole  pure  di  legno , le 
quali  stavano  più  che  mezze  nascose  nelle 
loro  casse  , in  foggia  di  noce  di  balestra . 
Erano  queste  cose  tanto  gentilmente  or- 
dinate , che  un  piccai  fanciullo  , facilmente 
per  tutti  i versi  , senza  fatica  al  mondo  , 
mandava  innanzi  e indietro 9 e volgeva  la 
detta  statua . Avendola  assettata  a mio 
modo  9 andai  con  essa  a Fontanablò  Aove 
era  il  Re . In  questo  tempo  il  sopraddetto 
Bologna  aveva  portato  di  Roma  le  soprad- 
dette statue,  e C aveva  con  gran  sollecitu- 
dine fatte  gettar  di  bronzo . Io  che  non 
sapevo  nulla  di  questo  , sì  perchè  egli  a- 
veva  fatta  questa  faccenda  segretamente , 
e perchè  Fontanablò  è discosto  da  Parigi 
quaranta  miglia  9 però  non  avevo  potuto 
saper  niente . Facendo  intendere  al  Re  , 
dove  eì  voleva  chi  io  ponessi  il  Giove  , 
essendo  alla  presenza  Madama  di  Tarn- 
pes  , disse  al  Re  5 che  non  vi  era  luogo 
più  a proposito  per  metterlo  , che  nella 
sua  bella  Gallerìa . Questa  si  era  , come 
noi  diremmo  in  Toscana , una  loggia 4 o sì 
vero  androne  , più  presto  androne  si  po- 
ina  chiamare , perchè  loggie  noi  chiami  a- 


> 


I t 


Abate  Francesco  Primaticcio,  179 
mo  quelle  stanze  che  sono  aperte  da  una 
parte . Era  questa  stanza  lunga  molto  pià 
rii  cento  passi  andanti  , ed  era  ornata  e 
ricchissima  di  pitture  di  mano  di  quel  mi - 
rahil  Rosso  nostro  Fiorentino  : e fra  le 
pitture  erano  accomodate  moltissime  parti 
di  scultura  , alcune  tonde , altre  di  basso - 
rilievo . Era  di  larghezza  di  passi  andanti 
dodici  in  circa . Il  sopraddetto  Bologna 
aveva  condotto  in  questa  Galleria  tutte 
le  sopraddette  opere  antiche  fatte  di  bron~ 
zo , e benissimo  condotte  , e F avea  poste 
con  bellissimo  ordine  elevate  in  sulle  loro 
base , siccome  di  sopra  ho  detto . Queste 
erano  le  più  belle  cose  tratte  da  quelle 
antiche  di  Roma . In  questa  detta  stanza 
io  condussi  il  mio  Giove , e quando  io 
•vidi  quel  grande  apparecchio  , tutto  fatto 
a arie , io  da  per  me  dissi  : Questo  si  è co- 
ine  passare  infra  le  picche  , ora  Iddio  mi 
ajittì.  Messolo  al  suo  luogo , a quanto  io 
potetti  benissimo  acconcio , aspettai  quel 
gran  Re  che  venisse . Aveva  il  detto  Giove 
nella  sua  mano  destra  accomodato  il  suo 
folgore  in  attitudine  di  volerlo  tirare  , e 
nella  sinistra  gli  avevo  accomodato  il  mon- 
do. Infra  le  fiamme  avevo  con  molta  de- 
strezza commesso  un  pezzo  duna  torcia 
bianca  : e perchè  Madama  di  Tampes 
aveva  trattenuto  il  Re  fino  a notte  per 
fare  uno  de*  due  mali , o che  egli  non 
venisse  , o si  veramente , che  l'opera  mia 
a causa  della  notte  si  mostrasse  manco 


s8o  Dec.  III.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
bella  : e come  Iddio  promette  a quelle 
creature  , che  hanno  fede  in  lui , ne  av- 
venne tutto  il  contrario  ; perchè  fattosi  \ 
not  e , io  accesi  la  detta  torcia  che  era 
in  mano  al  Giove  , e per  essere  alquanto 
elevata  sopra  la  testa  di  detto  Giove , 
cadevano  ì lumi  di  sopra  , e facevano 
molto  pià  bel  vedere  , che  di  dì  non  a-  \ 
vi  ieri  fatto , Comparve  il  detto  he  colia 
sua  Madama  di  Tampes  , colla  Delfina 
sua  figliuola  ? e col  Delfino , oggi  lì  e , 
col  fie  di  Navarra  suo  Cognato  , con 
Madama  Margherita  sua  figliuola  , e pa- 
recchi altri  gran  Signori , i quali  erano  istrutti 
apposta  dei  Madama  di  Tampes , per  dir 
contro  di  me,  E veduto  entrare  il  Re  , 
feci  spingere  innanzi  da  quel  mio  garzone 
Ascanìo , già  detto , incontro  al  Re  il 
detto  Giove  ; e perchè  ancora  era  ciò  fatto 
con  un  poco  d arte  , quel  poco  di  moto 
che  si  dova  a detta  figura  , la  faceva  pa- 
rer viva  : e lasciatomi  alquanto  dette  fi - j 
gu re  antiche  indietro  , detti  prima  gran 
piacere  agli  occhi  dall*  opera  mia.  Subito 
disse  il  Re  , questa  è molto  piu  bella  co* 
sa  > che  mai  per  nessun  uomo  si  sia  ve* 
dui j : ed  io  , che  pure  me  ne  diletto  e 
intendo  3 non  avrei  immaginato  la  cen- 
tesima parte,  Que'  Signori  che  avevano 
a d re  conti  a di  me  . pareva  che  è 1 non 
$i  pc tesser  saziare  di  lodar  la  detta  ope- 
ra. Madama  di  Tampes  disse  arditamene 
4@\  Ho n vedete  voi  quante  belle  figura 


'Abate  Francesco  Primaticcio,  iftt 
m bronzo  antiche  son  poste  piu  là  , nelle 
quali  consiste  la  vera  'virtù  di  quest'  arte « 
e non  in  queste  bajale  moderne  ? Allora 
il  He  si  mosse  , e gli  altri  seco  , e data 
un  occhiata  alle  dette  figure  , a quelle  per 
esser  lor  pesto  d lume  inferiore  , non  si  mo * 
strabano  molto  bene . yf  Questo  il  Re  dis- 
se : e/zz  /zza  voluto  disfavorir  quest ’ uomo  $ 
gli  ha  fatto  un  gran  favore * 


i82 

GIOVANNI  SPAGNUOLO 

DETTO  LO  SPAGINA 

PITTORE 


Discepolo  di  Pietro  Perugino  9 
fioriva  fino  al  1024. 


K^eppe così  bone  quest’artefice  appro- 
fittarsi eie’  preretti  di  Pietro  suo  maestro  9 
che  fra’  discepoli  „ che  egli  lasciò  vivi  al- 
la sua  morte  , egli  riuscì  senza  fallo  il 
migliore  ,,  massimamente  in  ciò  , che  al 
colorito  appartiene.  Stette  in  Perugia  qual- 
che tempo  : e poi  viot*  dalle  persecuzioni 
de’ malevoli  ed  invidiosi  artefici,  che  a 


1 


Giovanni  Spagnuolo.  i83 
grand9  onta  si  recavano  la  virtù  d’  un  uo- 
mo forestiero  , come  egli  era , deliberò 
quindi  partirsi  , e portarsi  a Spoleto  : e 
aecasaiovtsi  oo  ora  la  mente  , fu  anche  ag- 
gregato alla  cittadinanza  di  quella  città: 
e non  tanto  in  essa  , quanto  in  molte  al- 
tre dell'  Umbria  , lasciò  memorie  della  vir- 
tù stia.  Per  la  Chiesa  di  sotto  di  San 
Francesco  in  Ascesi  , dipinse  la  tavola  di 
Santa  Caterina , ad  istanza  del  Cardinale 
Egidio  Spagnolo  : ed  una  pure  ne  colorì 
in  San  Damiano.  Nella  Chiesa  di  Santa 
Maria  degli  Angeli  , nella  Cappella  pic- 
cola , in  luogo  dove  segui  la  preziosa 
morte  del  Patriarca  San  Francesco,  dipin- 
se alcuni  compagni  di  esso  Santo , con 
altri  Santi  in  mezza  figura  attorno  ad  una 
immagine  di  rilievo  di  esso  San  Franca^ 
sco , i quali  colorì  con  buon  gusto. 


ì§4 


GIOVANNI  NANI 

DA  UDINE 

OTTA’  DEL  FRIULI 

■ ■■■■• ...  v ^ 

PITTORE 

Discepolo  di  Raffaello  da  Urbino  9 
nato  1^94.  + i5t>4. 


(jFiovanni  Nani  da  Udine  nella  sua 
puerizia  fu  portato  veementemente  da  due 
inclinazioni  : una  delie  quali  fu  i!  piace- 
re della  caccia  d’ ogni  sorta  d’  animali  vo- 
latili e terrestri;  e l’altra  deli’ arte  del 
disegno.  Laonde  accoppiando  insieme  Funo 
e F altro  genio  , fino  da  quella  tenera  età 
ritraeva  a maraviglia  i quadrupedi  e gli 


! 


j; 


sua  j 
due  |j 
ice  ■ | 
vo-  j 
de! 

UDO  j 

età  | 

5“  | 


Giovanni  Nanni.  ì85 

tltcelli,  La  qual  cosa  osservata  dal  padre* 
promettendosi , siccome  poi  seguì  , che  ! 
figliuolo  fosse  per  far  gran  profitto  nella 
pittura  , sentita  la  fama  , che  in  Venezia 
e fuori  correva  di  Giorgione , colà  rinviò, 
e trovo  modo  di  porlo  all’  arte  sotto  ìa 
sua  disciplina  : e statovi  per  breve  tempo* 
pe’  buoni  uficj  e protezione  deli’  eruditis- 
simo Baldassarri  Castiglione  , Segretario 
del  Duca  di  Mantova  , e stretto  amico  di 
Raffaello  da  Libino  , fu  levato  da  quella 
scuola,  e condotto  a Roma,  fu  messo  in 
quella  del  medesimo  Raffaello.  Quivi  in 
breve  tempo  acquistò  tanto  , che  fra  la 
gran  comitiva  d’  altri  giovani , che  vi  sta- 
vano apprendendo  l’arte,  ninno  ve  n era 
che  gli  fosse  superiore  : e fra  V altre  sue 
abilitadi  , seguitando  1’  antico  genio  , di- 
pigne va  sì  bene  ogni  sorta  d’  uccelli  , che 
in  poco  tempo  ne  condusse  un  libro  inte- 
ro così  belio,  e con  tal  varietà  d’animali, 
che  fu  poi  1’  unico  spasso  e trattenimento 
del  medesimo  Raffaello  suo  maestro.  Oc- 
corse in  questo  mentre,  che  nel  cavarsi  in 
Roma  fra  le  rovine  del  Palazzo  di  Tito  > 
furono  ritrovate  alcune  antichissime  abita- 
zioni rimase  sotto  terra  , tutte  dipinte  con 
diversi  capricci  di  figure,  animali,  storiel- 
le * e campi , framezzate  di  vaghi  orna- 
menti di  stucchi  bassi  : e furon  quelle 
che  da*  sotterranei  o grotte,  dove  si  ritro- 
varono , diedero  il  nome  a quelle , che 
furon  fatte  dipoi  a loro  imitazione , di 


2 86  Dec.  III.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
Grottesche.  Vìdei  e Giovanni  insieme  con  | 
Raffaello  , e tanto  se  ne  invaghì , che  di- 
segnatele molte  volte,  se  ne  fece  prabchis- 
simo  maestro , e dipoi  le  colorì  con  sì 
bella  e varia  invenzione  , che  non  ebbe  ! 
pari  : ed  in  oltre  tanto  $ adoperò  coll’  in- 
gegno , che  gli  venne  fatto  di  ritrovare  il 
modo  di  comporre  gli  stucchi  bianchi  per  : 
adornamento  delle  medesime , a similitu- 
dine degli  antichi  scopertisi  in  quelle  ro- 
vine , come  detto  aviamo.  Di  queste  cose 
si  servì  Giovanni  per  ordine  di  Raffaello 
nelle  volte  delle  Logge  al  Palazzo  Papale  2 
dove  anche  dipinse  le  stupetide  grottesche, 
con  ogni  sorta  di  animali  , frutte  , fiori, 
e d’  altre  bizzarrie  , che  vi  si  videro  eoa 
maraviglia  di  tutta  Roma.  Dalla  vaghezza 
e novità  di  quest’  opere , ebbe  principio  il 
dipignersi  a grottesche  , che  per  mezzo  di 
coloro  , che  Giovanni  allora  tenne  in  suo 
ajuto  , si  sparse  per  tutto  il  mondo.  Di- 
pinse ancora  in  molti  altri  luoghi  in  essa 
città  di  Roma,  e fece  molti  cartoni  per 
arazzi  , e grottesche  , tessuti  poi  in  Fian- 
dra , i quali  servirono  per  le  prime  stann 
ze  del  Concistoro.  Lavorò  di  stucchi  la 
facciata  di  Giovambatista  dall’  Àquila  da 
Piazza  San  Pietro,  e la  Loggia  della  vigna 
di  Giulio  Cardinal  de’  Medici  sotto  Monte 
Mario.  Mandato  da  Raffaello  a Firenze  ad 
istanza  dello  stesso  Giulio  , allora  Clemen- 
te VII.  fece  nella  Sagrestia  nuova  di  San 
Lorenzo  gli  ornamenti  della  Tribuna,  cioè 


con  ! 

4 j 
i i 

'he  , 
in-  j 
il 
>er 
ta- 
ro- 
)SC 
Ilo  | 
e:  ! 

ie’  ! 

I 

on  j 


)i- 

isa 

er 


n* 


uh 

la 


Giovanni  Nanni.  187 

alcuni  quadri  sfondati  , che  a poco  a po- 
to diminuiscono  verso  il  punto  di  mezzo? 
dove  si  veggono  maschere  , fogliami,  roso- 
ni , e altri  oroamenti  di  stucco  bellissimi» 
In  Firenze  abbiamo  di  sua  in  ano  io  sten- 
dardo f coll’  immagine  del  glorioso  Santo 
Antonino  Arcivescovo  , che  fino  al  presen- 
te si  conserva  nella  Chiesa  di  San  Marco 
de’Fraii  Predicatori,  mandatovi  per  ìa 
Canonizzazione  di  esso  Santo.  Fu  Giovanni 
uomo  di  singoiar  bontà  , e molto  timora- 
to di  Dio  Ebbe,  come  si  è detto  grande 
inclinazione  alla  caccia  de' volatili,  nella 
quale  riusciva  a maraviglia  , per  la  sicu- 
rezza eh’  egli  aveva  nel  tirar  colla  balestra, 
e coll’  archibuso.  Ed  è fama  ancora  , che 
egli  fosse  1’  inventore  del  bue  di  tela  di- 
pinto , che  serve  di  coperta  a’  tiratori,  per 
non  essere  nel  tirare  che  fanno  dalle  fie- 
re veduti.  Molte  altre  opere  fece  Giovan- 
ni , che  al  nostro  solito  si  tralasciano  per 
brevità  : e giunte  finalmente  all’età  di  set- 
tantanni? ranno  1664.  se  ne  passò  al 
cielo. 


in* 

ia 

oè 


*8S 


CIO.  MARIA  GHIODAROLO 


Francia  fa  menzione  il  Baldi.  Questi  fu 
Gio.  Maria  Ghiodarolo , il  quale,  secondo 
Il  Bum  al  do , fu  anche  Scultore,  e lavo*» 
ro  intorno  all*  Arca  di  San  Domenico 
nella  città  di  Bologna.  Ajutò  al  maestro 
al  Costa , ed  all’  Aspertini  nella  Chiesa 


PITTORE  BOLOGNESE 


Discepolo  di  Francesco  Francia  9 
fioriva  circa  al  iSoo. 


discepolo  di  Francesco 


Gio.  Maria  Chiodarolo.  189 
di  Santa  Cecilia  , nelle  storie  della  Vita  di 
quella  Santa  : e diconsi  ancora  , che  fes- 
selo di  sua  mano  le  pitture  nel  Palazzo 
della  Viola  sotto  le  Logge, 


GIROLAMO 


jrgo 

D A 

GODIGNUOLA 

PITTORE 

Discepolo  di  Pi  affa  elio  da  Urbino  , 
fioriva  nel  jò^o. 


o 

NT  nesto  Pittore  fece  moki  ritratti  al 
saturale  cT  uomini  singolari  de’  suoi  tem- 
pi io  Roma , in  Bologna , ed  in  altre 
città,  fra’qujli  quello  di  Giulio  III.  di 
Monsignor  di  Fois  (r),  morto  nella  città 


(i)  Morto  nel  i5 12.  nel  Sacco  di 
quella  Città  dato  dai  Francesi^ 


j 


) 


Iti  al 
tern- 
ato 

H| 

città 

o il 


Girolamo  da  Codignuola.  igx 
ài  Ravenna , e di  Massimi  Siano  Sforza, 
Dipinse  con  maestro  Biagio  Bolognese  fat- 
ta la  Chiesa  di  San  Michele  in  Bosco  , 
nella  quale  fece  esso  una  tavola  , che  fu 
posta  alla  Cappella  di  San  Benedetto.  Di- 
poi colorì  molte  cose  nella  Cappella  di 
mezzo  della  Chiesa  di  Santa  Maria  Mag- 
giore : e nella  Chiesa  di  San  Giuseppe  dei 
Servi  fuori  di  Bologna  dipinse  la  tavola 
dell"  Aliar  maggiore  , dove  figurò  lo  Spo- 
salizio di  esso  Santo , con  Maria  sempre 
Vergine.  In  Santa  Colomba  di  Rimini  a 
concorrenza  dì  Benedetto  da  Ferrara  , e 
di  Lattanzio , colorì  una  tavola  di  Santa 
Lucia  : e nella  tribuna  maggiore  dipinse 
la  Coronazione  della  Madonna  , i dodici 
Apostoli  , e i quattro  Evangelisti.  Portato- 
si a Napoli  fece  in  Monte  Oliveta  la  ta- 
vola de’  Magi  nella  Cappella  di  Monsignor 
Vescovo  Àniello  e in  Sant’ Amelio  un’al- 
tra simile  con  Maria  Vergine  , Sao  Paolo 
e San  Giovambatista  : e nella  medesima 
città  fece  molti  ritratti  ai  naturale.  Aveva 
questo  pittore,  già  pervenuto  all’età  di 
sessanta  nove  anni  , co’  suoi  lavori , e col- 
Vajuto  di  un  parco  e austero  vivere,  mes- 
sa insieme  buona  somma  di  danari , coi 
quali  tornatosi  a Roma,  fu  da  alcuni  suoi 
fiati  amici  , o voglia m dire  veri  nimici  , 
consigliato  per  custodia  di  quella  sua  ca- 
dente età  a pigliar  moglie.  Fecelo  l’ im- 
prudente vecchio  , ma  non  Y ebbe  appena 
condotta  a casa,  che  si  avvide,  come  ne 


192  Dec.  III.  della  Par.  T.  del  Sec.  IV. 

lasciò  scritto  il  Vasari  , esseigii  stata  posta 
accanto  per  isposa  fina  vituperosa  mere- 
trice, per  opera  e comodo  di  coloro 
die  avevano  manipolato  P impiastro:  di 
che  accortosi  il  povero  uomo  s’accorò  tan- 
to, che  in  brevi  giorni  di  dolore  si  mori. 


PULIDORO  CALCARA 

DA  CARAVAGGIO 

E MATURINO  FIORENTINO 

PITTORI 

Discepoli  di  Raffaello  da  Urbino  , 
fiorivano  nel  i5z5. 


N on  mandò  mai  la  Natura  al  mori» 
do  alcun  lume  di  prima  grandezza  iu 
qualsifosse  o arte , o scienza  , che  essa 
non  intendesse  per  mezzo  di  quello  parto- 
rire altri  splendori  in  gran  numero  , per 
isgombrare  da’  secoli  presenti,  e dai  futuri 
ancora  le  caligini  dell’  ignoranza  , e fargli 
godere  della  luce  , che  seco  portano  le 
Baldinucci  VoL  VII*  i3 


ig4  DeC.  III.  DELLA  PàR.  I.  DEL  $EC.  IV. 
operazioni  lodevoli  degli  uomini  virtuosi  ; 
onde  fron  è maraviglia  , chè  ài  risplénder 
che  fece  in  Roma,  io  tutta  Italia  e fuori 
il  valore  neri’  arte  della  Pittura  del  gran 
Raffaello  da  Urbino , ben  presto  si  vedes- 
sero sorgere  tanti  e còsi  eccellenti  arte- 
fici , che  ben  si  potea  dire  avventurato 
non  solo  quel  secolo  e questo  presente  , 
ma  altri  ancora  , a’  quali  per  1’  avvenire 
la  spietata  tirannia  del  tempo  non  toglierà 
cosi  presto  f esser  partecipi  delle  singola- 
rissime opere  loro.  Uno  di  questi  per  cer- 
to fu  il  celebratissimo  Pulidoro  da  Cara- 
vaggio di  Lombardia , che  si  può  dire 
che  fino  dal  ventre  della  madre  portasse 
col  genio  V abilità , e stetti  per  dire  in 
quest’  arte  la  maestria  medesima.  Questi 
nato  di  umilissimi  parenti,  astretto  da  po- 
vertà fu  necessitato  ad  esercitare  fino  ai- 
F età  di  diciotto  anni  il  mestiere  del  ma- 
novale in  quel  tempo  appunto , che  in 
Roma  la  sempre  gloriosa  memoria  di  Leon 
X.  faceva  fabbricare  le  Logge.  INel  comin- 
ciarsi poi  quelle  a dipignere  da  Giovanni 
da  Udine  e dagli  altri , sotto  la  scorta  di 
Raffaello , il  giovanetto  Forte  portato  da 
natura  non  potè  contenersi  di  non  dar 
fuori  il  gran  genio,  ch’egli  aveva  a quel- 
F arte  ; e fatta  amicizia  con  tutti  que’  pit- 
tori , e piti  che  ogni  altro  con  Maturino 
Fiorentino,  tanto  s’avanzò  nell’intelligenza 
degli  ottimi  precetti  di  quella,  che  in 
pochi  mesi  diede  di  se  stesso  non  ordina- 


Pultdor©  Calo,  e Maturino#  igS 
Ho  stupore,  e in  disegno  e in  invenzione 
avanzò  tutti  gli  altri  giovani  di  quella 
scuola.  Era  però  il  colorito  tanto  del  Ca- 
ravaggio , quanto  dell’  inseparabile  suo 
compagno  e imitatore  Maturino  , non  tan- 
to vivace  ed  allegro  , quanto  quello  degli 
altri  loro  condiscepoli:  alla  qual  cosa  aven- 
do l’uno  e l’altro  fatta  reflessione,  e osservato 
che  Baldassarri  da  Sieua  aveva  dipinte  alcune 
facciate  di  case  a chiaroscuro,  deliberare- 
no  ( pigliando  strada  più  corta  ) lasciar 
le  difficoltà  del  colorito,  e attenersi  con 
grande  studio  a tutte  1’  altre  parti  della 
pittura  , col  rappresentar  sempre  P opere 
loro  solamente  in  chiariscuri#  Fatta  questa 
deliberazione  fecero  questi  due  una  così 
stretta  comunione  e di  volontà,  e d’opere, 
e d’  avere  , che  se  non  fosse  stato  poi  il 
sacco  di  Roma  , non  avrebbe  avuto  forza 
per  dividerla  altri  che  la  stessa  morte.  La 
prima  opera  che  facessero  fu  una  facciata 
in  essa  città  di  Roma  a Monte  Cavallo 
rimpetto  a San  Silvestro  , nella  quale  fu- 
rono ajutati  da  Pellegrini  da  Modana  , che 
era  assai  avanzato  nella  pratica  , e diede 
loro  grande  animo.  Un’  altra  ne  fecero 
rimpetto  alla  porta  del  fianco  di  San  Sal- 
vadore  in  Lauro.  Dipinse  una  storia  dal- 
la porta  del  fianco  della  Minerva  , e una 
facciata  a Ripetta  sopra  Santo  Rocco  , do- 
ve feciono  vedere  una  quantità  di  mostri 
marini  , lavorati  con  grande  artificio.  Die- 
ronsi  poi  a studiare  V antichità  di  Roma  9 


iq6  Dec.  III.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IY. 
che  non  restò  cosa,  o sana  o rotta  eh’  essa 
si  fosse  , che  e’  non  disegnassero  ; donde 
cavarono  1’  ottima  maniera  ed  invenzione 
de’  chiariscuri  , che  fecero  poi,  come  può 
ciascuno  riconoscere  dall'  opere  medesime. 
Fecero  sulla  Piazza  di  Capranica  una  fac- 
ciata colle  Virtù  Teologali  , e un  bel  fre- 
gio sotto  le  finestre  ^ con  altri  vaghi  com- 
ponimenti. Ili  Borgo  nuovo  dipinsero  una 
facciata  a sgraffio  : un’  altra  sul  canto 

della  Pace:  una  nella  casa  degli  Spinoli 
verso  Parione  : una  del  trionfo  di  Cam- 
mino , con  un  antico  sacrificio  vicino  a 
Torre  di  Nona.  Verso  Sant’  Angelo  una 
bellissima  facciata  colla  storia  di  Penilo 
messo  nel  Toro  di  bronzo  da  se  inventa- 
to , fecero  in  una  casa  della  strada  , che 
va  all’ immagine  di  Ponte:  un’altra  alla 
Piazza  della  Dogana  allato  a Santo  Eusta- 
chio con  bellissime  battaglie  : e in 

somma  tante  e tante  ne  dipinsero,  che 
troppo  lungo  sarebbe  il  descriverle. 
Lavorarono  nel  giardino  di  Stefano  dei 
Bufolo  storie  del  Fonte  di  Parnaso:  ed  in 
altre  case  di  nobili  persone  fecero  infinite 
pittare  di  camere  e fregi  a fresco  e a tem- 
pera ; tantoché  si  può  dire  io  un  certo 
modo  , che  non  rimanesse  in  Roma  casa  , 
vigna,  o giardino,  dove  questi  due  gran 
maestri  non  facessero  opere.  Occorse  intan- 
to lo  strano  caso  del  Sacco  di  Roma  1’  an- 
no 1627.  onde  rifuggitosi  ognuno,  chi  qua, 
e chi  là , Maturino  ancor  egli  si  fuggì  3 e 


/ 


essi 
'ode 
ione 
può 
ime, 
fac- 
fre- 
:om- 
uoa 
auto 
inoli 
in- 
no a 
una 
rilio 
iota- 
elle 
alla 
ista* 
io 
clie 
erle, 
del 
d ìb 
ìnite 
tem- 
erlo 
:asa  j 

SraD 

itali' 

> 

qua, 

b1 


PtrtiDOR©  Calo,  e Maturino.  197 
poco  dopo,  a cagione,  come  si  crede, 
de9  gran  disagi  patiti  in  quelle  comuni  mi- 
serie, so  piaggi  noto  da  morbo  pestilenziale, 
nella  stessa  città  di  Roma  finì  i giorni  suoi, 
ed  in  Santo  Eustachio  fu  sepolto.  Polidoro 
si  portò  a (Napoli  , dove  pel  poco  gusto 
eh’ ei  trovò  in  quella  gente  delle  cose  di 
disegno  e di  pittura  , a principio  poco  ne 
mancò  che  non  si  morisse  di  fame  , essen- 
dosi fino  condotto  a lavorare  a giornate 
con  certi  pittori , pe’  quali  fece  di  sua  ma- 
no in  Santa  Maria  della  Grazia  nella  Cap- 
pella maggiore  un  San  Pietro  : e per  un 
Conte  dipinse  una  volta  a tempera,  uoa  fac- 
ciata , un  cortile  e logge,  che  tutte  riusci- 
rono opere  maravigliose.  In  Sant’Angelo, 
allato  alla  Pescheria  , fece  alcuni  quadri  , 
ed  una  tavola  a olio.  Ma  vedendo  final- 
mente non  esser  egli  e la  propria  virtù 
in  quella  città  più  che  tanto  ricevuta  e 
stimata , se  11’  andò  a Messina  , dove  gli 
fu  dato  molto  da  operare  a olio  , e fece 
gli  archi  trionfali  coll’  occasione  delia  pas- 
sata di  Carlo  V.  dall’impresa  di  Tunis,  e 
molte  altre  pitture.  Desiderava  egli  viva- 
mente di  tornarsene  a Roma  , ritenuto  da 
tal  resoluzione  solamente  da  una  donna  , 
che  egli  troppo  teneramente  amava.  Ma  in 
fine  prevalendo  in  lui  1’  amor  di  Roma  al- 
F amor  dell’  amata  , rotto  ogni  laccio , de- 
liberò di  colà  portarsi  ; ma  non  già  gli 
riuscì  il  vedere  Roma  , perchè  fu  soprag- 
|>iunto  da  una  morte  miserabiie  , se  ere- 


njS  Déc.  HI.  della  Pah.  L del  Sec  IY. 
diamo  a quanto  ne  scrisse  il  Vasari  col* 

3 e seguenti  parole  : 

Levò  dal  Banco  una  buona  quantità 
di  danari  eli  egli  aveva , e risoluto  al  tut* 
lo  si  partì . Aveva  Pulidoro  tenuto  molto 
tempo  un  garzone  di  quel  paese  , il  qua - 
le  portava  maggiore  amore  a'  denari  dì 
Pulidoro  , che  a luì  ; ma  per  avergli 
così  sul  Banco 9 non  potè  mai  porvi  su  le 
mani 9 e con  essi  partirsi  ; per  lo  che  ca- 
duto in  un  pensiero  malvagio  e crudele  % 
deliberò  la  notte  seguente , mentre  che  dor- 
miva , con  alcuni  suoi  congiurati  amici 
dargli  la  morte  , e poi  partire  i denari 
fra  loro.  E così  sul  primo  sonno  assalito- 
lo , mentre  dormiva  forte  f ajutato  da  co- 
loro , con  una  fascia  lo  strangolò  , e poi 
datogli  alcune  ferite  , lo  lasciarono  mor-  ‘ 
lo  : e per  mostrar  che  essi  non  T avessero 
fatto  , lo  portarono  su  la  porta  della  don- 
na da  Pulidoro  amata  9 fingendo  9 che  o 
i parenti  , o altri , in  casa  ì'  avessero  am- 
mazzato. Diede  dunque  il  garzone  buona 
parte  di  danari  a que  ribaldi,  che  si  brut- 
to eccesso  avevan  commesso  9 e quindi fat- 
tigli partire  , la  mattina  piangendo  andò 
a casa  un  Conte  9 amico  del  maestro  mor- 
to ; ma  per  diligenza  9 che  si  facesse  in 
cercar  molti  dì  9 chi  avesse  cotal  tradi- 
mento commesso  , non  venne  alcuna  cosa 
alla  luce.  Ma  pure  9 come  Dio  volle , aven- 
do la  natura  e la  virtù  a sdegno  d*  esser 


colf 


liti 

tuli 

filo 

afi- 

di 

$ 
ih 
co* 
le, 
or- 
i icì  i 
uri  | 
!o-  ! 
:o*  |j 
m 

irò  | 
0 

71*  ! 
II. 


f ' 
in  ■ 

I 

II 
5' 
il 


Pulidoro  Cal©.  e Maturino*  fg§ 

mano  della  fortuna  percosse  , fecero 
a uno  , che  interesso  non  ci  aveva  , dire 
che  impossibile  era  , che  altri , che  tal 
garzone  V avesse  assassinato.  Per  lo  che 
il  Conte  gli  fece  porre  le  mani  addosso  : 
e alla  tortura  messolo  , senza  che  altro  mar- 
tirio gli  dessero  , confessò  il  delitto  , e fu 
dalla  giustizia  condannalo  alle  forche , ma 
prima  con  tanaglie  infocate  per  la  strada 
tormentato  , e ultimamente  squartato . Ma 
non  per  questo  tornò  la  vita  a Pulidoro  , 
nè  alla  Pittura  sì  rese  quell'  ingegno  pel- 
le grin  o e veloce  , che  per  tanti  secoli  non 
era  più  stato  al  mondo  ; per  lo  che  , se 
allora  che  mori  , avesse  potuto  morire 
cori  lui , sarebbe  morta  V invenzione  , la 
grazia  , e la  bravura  nelle  figure  , dell  ar- 
te , felicità  della  natura  , e della  virtù  , 
nel  formare  in  un  corpo  così  nobile  spi- 
rito , e invidia  e odio  crudele  di  cosi 
strana  morte  nel  fato  , e nella  fortuna 
sua  : la  quale  , sebbene  gli  tolse  la  vìtaf 
non  gli  torrà  per  alcun  tempo  il  nome « 
Furono  fatte  l'  esequie  sue  solennissime  , e 
con  doglia  infinita  dì  tutta  Messina  , e nel- 
la Chiesa  Cattedrale  datogli  sepoltura  Van- 
no i543. 

Tale  dunque  fu  1’  infelice  fine  di  que- 
sti due  grandi  artefici  5 i quali  per  la  gran 
virtù  loro,  meritano  di  rimaner  per  sem- 
pre nella  memoria  degli  uomini.  Furono 
Pulidoro  , e Maturino  bravissimi  nell’  ope» 


200  BeC.  111.  DELLA.  PAR.  I.  DEL  SeC.  IV. 
rare , come  bea  mostrarlo  le  loro  pittili 
re  : e quantunque  Maturino  non  fosse  co- 
sì efficacemente  portato  dal  genio  e dalla 
natura  alle  cose  dell’  arte , quanto  Pulido- 
ro  ; eontuttociò , e colla  pazienza  , e col 
lungo  studio  , e coll’  imitazione  dell*  opere 
dei  compagno  si  portò  sì  bene  , che  l'uno 
e l’altro  insieme  condussero  sempre  le  co- 
se loro  , senzachè  apparisse  fra  esse  diffe- 
renza alcuna.  Furono  i primi  , che  pel 
grande  studio  fatto  sopra  tutto  1’  antico  , 
arrivassero  ad  esprimere  eccellentemente 
gli  abiti,  le  fisonomie  , i sacrificj  , i vasi  , 
F armi , ed  ogni  altro  strumento  sacro  o 
profano,  servendosi  di  essi  con  sì  esatta 
osservanza  degli  antichi  costumi , che  han- 
no dato  gran  gusto  , ed  anche  qualche  lu- 
me agl?  eruditi.  II  tutto  poi  sì  vede  accom- 
pagnato con  invenzione,  varietà,  nobiltà, 
e disegno  tanto  eccellente  , che  già  quasi 
in  due  secoli  trascorsi  non  si  sono  vedute 
pitture  in  Roma  , che  sieno  state  e sieno 
tuttavia  tanto  studiate  da  ogni  nazione , 
quanto  quelle  di  costoro,  che  veramente 
hanno  mostrato  agli  amatori  dell’  arte , il 
modo  di  farsi  universali  in  ogni  sorte  di 
lavoro  : e ne  vanno  attorno  infinite  copie 
in  istampa.  Questa  loro  eccellenza  però  fu 
intorno  a’  chiariscuri , bronzi  3 e terrelta  $ 
perchè  nel  colorito  valsero  tanto  poco  , 
che  quel  che  si  vede  in  Roma  di  loro  ma- 
no , che  sono  alcune  poche  cose,  non 
punto  gli  distingue  da  ogni  altro  pittore. 


Pulidoro  Cald.  e Maturino,  sor 
Ben  è vero,  che  Pulidor©  nei  tempo  eh’ ei 
visse  in  Messina  ebbe  tante  occasioni  di 
dipignere  a olio  figure  colorite  , che  nel* 
T ultimo  della  vita  sua , avendovi  già  acqui- 
stata buona  pratica  , vi  fece  opere  lodevo- 
li : e fra  1’  altre  fu  stimata  bellissima  e dì 
vago  colorito  una  tavola  di  un  Cristo  por- 
tante la  Croce , con  un  gran  numero  di 
figure  appropriate  alla  storia , che  fu  V ul- 
tima opera  che  vi  facesse  ; perchè  poco  do- 
po egli  per  giusto  e occulto  giudizio  d'id- 
dio fece  r infelice  morte , che  sopra  ab- 
biamo raccontato. 


iC'-L  : 


' 


' 


“ 


soS 


DELLE  NOTIZIE 

DE’ PROFESSORI 

DEL  DISEGNO 

DA  CIMA  BUE  IN  QUA 

DECENNALE  IV. 

DEL  SECOLO  IV. 

DAL  MDXXX.  Ah  MDXXXX . 

ZANOBI  DI  POGGINO 

PITTORE  FIORENTINO 

Discepolo  di  Gio.  Antonio  Sogliani , 
fioriva  circa  il  iS3o. 


uesto  Pittore  fece  molte  opere 
per  unta  la  città  di  Firenze,  e come  quel- 
lo che  copiava  Lene , anche  in  ciò  fu  ado- 
perato. Aveva  Andrea  del  Sarto  dipinta 
per  suo  diporto  una  bellissima  testa  del 
Salvatore  , simile  a quella  , e he  pur  di  sua 


2ò4  Bec.  IV.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
mmo  si  vede  sopra  1*  Altare  della  Santissi- 
ma Nunziata  , sebbene  non  tanto  finita. 
Questa  testa  venuta  in  mano  di  Don  An- 
tonio da  Pisa  , Monaco  degli  Angeli  , che 
fu  molto  amatore  de’  virtuosi , la  fidò  in 
mano  di  Zanobi,  acciocché  una  copia  ne 
facesse  per  Bartolo  carneo  Gondi , che  molto 
3a  desiderava  ; ma  o perchè  il  Poggino  ne 
copiasse  più  d’usa,  o come  si  fosse,  an- 
dò sì  foltamente  la  cosa , che  dopo  averne 
il  Poggino  fatta  la  copia,  subito  se  ne  vi- 
dero molte  altre  per  la  città  di  Firenze , 
le  quali  però  furono  , e son  tenute  in  mol- 
ta venerazione. 


/ 


2o5 

G I O,  CAROTI 

PITTORE  VERONESE 

Discepolo  di  Liberale  Veronese  $ fioriva 
circa  il  i53a. 


Seguitò  la  maniera  di  Gio.  France- 
sco Caroti  suo  fratello.  Dipinse  nella  Chie- 
sa di  San  Bartolommeo  di  Verona  alcune 
Sante  : in  San  Giovanni  presso  al  Duomo, 
io  una  tavola  piccola  un  San  Martino.  Fe- 
ce il  ritratto  di  Marc’  Antonio  della  Torre 
Pittore,  ed  altri  ritratti  di  naturale»  D se- 
gnò le  piante  dell’  anticaglie  di  Verona , 
gl1  Archi  trionfali  , e il  Colosseo  , che  fu- 
rori riposte  nel  libro  dell*  Antichità  di  Ve- 
rona , dato  alle  stampe  da  Torello  Sar&ina, 
e fu  uno  de’  maestri  del  famosissimo  Paul 
Veronese. 


ao6 


FRANCESCO  TORBIDO 

DETTO 

IL  MORO 

PITTORE  VERONESE 

Discepolo  di  Liberale  Veronese , fioriva 
nel  i536  . 


A questo  Pittore  nella  sua  fanciul- 
lezza fu  dato  qualche  principio  nell*  arte 
nella  città  di  Venezia  da  Giorgione  ; ma 
perche  fino  da  quell’  età  ebbe  egli  uno 
spirito  fiero  e molto  dedito  alle  risse  , 
avendo  contesa  in  Venezia  con  una  tal  per- 
sona malamente  la  percosse  ; onde  gli  bi- 
sognò , lasciati  gli  studj  del  disegno  , a 
Verona  tornarsene  , dove  per  la  pratica  che 
aveva  in  maneggiare  ogni  sorta  d’armi,  e 


Francisco  Torbido.  207 

per  le  sue  per  altro  avvenenti  maniere , 
fu  talmente  accarezzato  da  que’  Nobili  , 
che  facevano  a gara  per  chi  lo  potesse 
avere  in  conversazione,  che  dato  bando  ai 
disegno  ed  alla  pittura , in  breve  si  ridus- 
se in  istato  , come  se  mai  disegnato  non 
avesse.  Poi  a persuasione  de’  medesimi  ri- 
messosi all’  arte  sotto  gli  ammaestramenti 
di  Liberale  , in  breve  per  la  vivezza  del 
suo  ingegno  non  solo  risarcì  il  perduto , 
ma  divenne  valente  pittore.  Tenne  sempre 
la  maniera  del  suo  maestro  Liberale , non 
lasciando  però  nel  colorire  sfumato  che 
faceva , d’ accostarsi  al  modo  di  fare  di 
Giorgione.  Dipinse  a fresco  in  Verona  Ja 
Cappella  maggiore  del  Duomo  , e la  volta 
con  disegno  di  Giulio  Romano,  perchè 
così  volle  il  Vescovo  Gio.  Matteo  Giberti , 
che  tale  opera  fece  fare  , ed  in  essa  dipin- 
se storie  di  Maria  Vergine.  Operò  in  San- 
ta Maria  in  Organo,  in  Santa  Eufemia  ed 
altrove.  Colorì  la  facciata  della  casa  de’ Ma- 
Duelli  dal  Ponte  nuovo  , e di  Torello  Sa- 
raina  , che  fece  il  libro  dell’  Antichità  di 
Verona:  e similmente  in  Frioli  la  Cappel- 
la maggiore  della  Badia  di  Rotazzo:  e ope- 
rò in  Venezia.  Fu  ottimo  coloritore  e di- 
ligentissimo , e perciò  molto  lungo  nell’  o- 
perare.  Non  lasciò  mai  andar  lavoro  eh’ ei 
non  accettasse  ; onde  fra  il  molto  suo  pi- 
gliar caparre  per  far  opere  e tardi  finirle, 
e F essere  alquanto  manesco  , ebbe  che  di- 
re con  molti  di  mala  maniera  , e spessa 


aoB  Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
tro vessi  io  brighe,  sebbene  mai  non  gli 
mancarono  gli  amici  in  gran  copia  , e uo- 
xn  ni  di  tutta  stima  per  lettere  e per  no- 
biltà lino  alla  sua  morte  , che  gli  seguì  in 
età  molto  grave,  nella  città  di  Verona , 
nelle  case  de’  Conti  Giusti  ? che  fino  da 'pri- 
mi suoi  anni  avevanlo  amato  e favorito. 


ANDREA  FELTRINI 


209 


PITTORE  FIORENTINO 

DETTO  ANDREA  DI  COSIMO 

Discepolo  di  Cosimo  Rosselli  9 
fioriva  nel  i538. 


Dopo  clie  il  Morto  da  Feltro  Pit- 
tore ebbe  fatti  grandi  studj  per  V antica- 
glie e grotte  della  città  di  Roma  f per  se- 
gnalarsi , come  fece , nel  bel  modo  di  di- 
pignere  grottesche , vennesene  a Firenze, 
Ricevetteio  nella  propria  sua  casa  Andrea 
Feltrini , che  fino  allora  sotto  la  disciplina 
di  Cosimo  Rosselli  aveva  atteso  alla  pit- 

*4 


Baldinucci  Voi • V1L 


3i©  Dec.  III.  della  Par.  I.  del  Sec. IV, 
tura,  ed  a luogo  andar?  avendo  osserva- 
la la  bizzarra  e nuova  maniera  del  Mor- 
to , talmente  s’invoglio  di  quei!’ arie,  che 
a quella  in  tutto  e per  tutto  si  diede  j 
onde  in  breve  tempo  , non  solo  operò  ot- 
timamente di  grottesche  ; ma  quelle  arric- 
chì di  molte  e belle  invenzioni.  Incomin- 
ciò a far  le  fregiature  maggiori  più  co- 
piose e piene , di  maniera  al  tutto  diver- 
sa dall’  antica  , accompagnandole  con  figo* 
re.  Inventò  capriccioso  modo  di  dipignere 
le  facciate  delle  case  , che  oggi  si  dice  a 
Sgraffio  , quale  io  non  saprei  meglio  d?* 
scrivere , che  colle  proprie  parole  del  Va- 
sari ; dice  egli  dunque:  Costui  cominciò  a 
dar  principio  di  far  le  facciate  delle  ca- 
se e palazzi  nelt  intonacato  della  calcina 
mescolata  con  nero  di  carbon  pesto  , ov- 
vero paglia  abbruciata  , che  poi  sopra 
questo  intonacato  fresco  dandovi  di  bian- 
co , e disegnate  le  grottesche  con  quei 
partimenti  eh*  ei  voleva  , sopra  alcuni  car- 
toni * spolverandogli  sopra  C intonaco  9 
veniva  con  un  ferro  a graffiar  sopra 
quello  , talmentechè  quelle  facciate  veni- 
vano disegnate  tutte  da  quel  ferro , e 
poi  raschiato  il  bianco  de  campi  di 
queste  grottesche , che  rimaneva  scuro  f 
le  veniva  ombrando  , o col  ferro  medesimo 
tratteggiando  con  buon  disegno , tutta 
quelV  opera  con  acquerello  liquido , corner 
acqua  tinta  di  nero  andava  ombrando  y 
che  ciò  mostra  una  cosa  bella  » vaga , e 


Andre k Feltrine  zit 

ricca  da  vedere . Fin  qui  il  Vasari.  Di 
questo  modo  dipinse  egli  in  Firenze  la 
16  facciata  della  casa  de’  Gondi  in  Borgo 
Ognissanti  £ quella  de’  Lanfredini  lungar- 
no » tra  ’l  Ponte  a Santa  Trinità , e la 
Carraja  verso  Santo  Spinto , quella  dei 
Sertini  da  San  Michele  di  piazza  Padella  , 
oggi  detta  degli  Aotinori,  quella  già  di 
Bartolommeo  Panciatichi  sulla  piazza  de- 
gli Agli  , oggi  de’  Ricci,  e la  facciata  della 
« Chiesa  della  Santissima  Nunziata  sopra  il 
a primo  Chiostro.  Fu  Andrea  mollo  adope- 
rato in  occasione  di  nozze  e d’  esequie , e 
d’ ogni  altra  sorte  d’apparato,  e assai  o- 
a j però  per  la  Serenissima  Casa  de'  Medici. 

Sono  in  Firenze  per  le  case  de’  particola- 
3 ri  lavori  infiniti  di  sua  mano  di  fregiatu- 
re , soffitte,  cassoni,  forzieri , e simili 
tutti  bellissimi.  Fece  con  molta  grazia  , 
varietà  e bellezza  disegni  di  ogni  sorte 
di  drappi  e di  broccati  , che  aggiunti  al- 
la nobiltà  della  materia , ed  eccellente 
maestria , con  che  si  fabbricarono  sempre 
nella  città  di  Firenze  simili  cose  , riusci- 
rono desideratissimi  per  tutto  il  mondo* 
Fu  però  Andrea  uomo  tanto  timoroso ,, 
che  mai  non  volle  pigliar  lavoro  sopra  di 
se  # non  bastandogli  V animo  dopo  fatta 
l’opera  di  farsi  pagare  , al  contrario  di 
tanti  e poi  tanti,  che  dopo  essersi  fatti 
pagare , mai  non  lavorano  , e piuttosto 
velie  in  bottega  far  la  seconda  , che  1*  ul- 
tima figura,  benché  in  verità  nel  suo 


212  DEC.  IV.  DELLA  PàR.  I,  DEL  SEC.  IV. 
stiere  non  avesse  pari.  Dalla  medesima  ca» 
gione  derivò  il  conoscer  che  fece  così  po- 
co la  propria  virtù  , che  potendo  con  po- 
ca fatica  farsi  ricco , contuttoeiò  stando 
sempre  al  lavoro  come  un  giumento  , fe- 
cesi  pagare  scarsissimamente.  Fu  malinco- 
nico per  natura,  al  che  aggiunta  T inces- 
sante applicazione  alle  cose  dell’  arie  , fu 
più  volte  in  pericolo  di  esser  per  forza 
dell’ umor  malinconico  portato  a male  re- 
soluzioni  di  se  ; pur  tuttavia  volle  Id- 
dio ajutar  la  bontà  di  esso , perchè  fu 
sempre  dagli  amici  e compagni  assistito  ; 
finché  ridottosi  all’  età  di  sessantaqu attro 
anni  gravemente  infermatosi  se  ne  passò 
a vita  migliore. 


2(3 


GIULIO  CAPORALI 


Discepolo  di  Benedetto  Caporali 
suo  Padre  , fioriva  nel  i 540. 


Ija  prima  applicazione  di  Giulio  fu 
nell’  esercizio  della  pittura  ; ma  essendosi 
il  padre  suo  , che  nella  scuola  di  Pietro 
Perugino  si  era  molto  avanzato  in  quel-* 
P arte,  dato  in  tutto  e per  tutto  all’archi-4 
lettura , a segno  di  aver  dato  alle  stampe 
un  suo  Comeoto  di  Vitruvio,  o fosse 
volontà  del  padre , o particolare  inclina- 
zione del  figliuolo  p diedesi  anch’  esso  a 
simili  studj. 


PITTORE  PERUGINO 


2l4 


LORENZO  (i)  VECCHIETTI 

SCULTORE  SENESE 
Nato  1524.  + i582.  (2) 


Ehi»  la  città  di  Siena  in  questi 
tempi  un  Lorenzo  Vecchietti , che  fu 
scultore  , e getlator  di  metalli  assai  lo- 


(1)  Lorenzo  fu  figliuolo  di  Pietro 
Vecchietti , al  dire  dell ’ Ugurgierì. 

(2)  E jiori  1462.  come  per  errore  sì 
legge  nell * Ugurgieri  medesimo • 


Lorenzo  Vecchietti.  ±1% 

dato,  DI  marno  di  costui  è il  Tabernacolo 
di  bronzo,  con  ornamento  di  marmo  del* 
T aitar  maggiore  nel  Duomo  della  stessa 
città  : siccome  ancora  la  figura  del  Cristo 
ignudo  colla  Croce  in  mano , che  è in 
sull’  /Vltar  maggiore  dello  Spedai  grande* 
Diede  compimento  a!  Battisteri©  con  al- 
cune  figure  , eh’  e’  vi  lavorò  con  suo  scar- 
pello : ed  ancora  diade  fine  ad  una  storia 
di  metallo , che  vi  aveva  cominciato  il 
celebre  scultore  Donatello  , accomodando- 
vi alcune  figurette  state  gettate  dal  mede* 
simo  , ma  non  ripulite.  Le  figure  del  San 
Piero  e del  San  Paolo,  che  si  veggono 
alla  Loggia  degli  Ufiziali  in  Banchi,  gran- 
di quanto  il  naturale , son  pure  opera 
della  mano  di  questo  virtuoso  artefice  , il 
quale  Y anno  i582.  in  età  di  58,  anni 
diede  fine  al  mortai  corso  del  viver  suo  (i) 


(i)  Vuole' r Ugurgieri  stesso  che  alai 
fòsse  fatto  questo  Epitaffio  : 

Senensis  Laurens  vivos  de  marmore  vultUS 
duxit,  et  excussit  molli  us  aera  manu,. 


2i6 

FRANCESCO  D’  UBERTINO 


DETTO 

IL  BACCHIACCA 

PITTORE  FIORENTINO. 

Discepolo  di  Pietro  Perugino  $ 
mori  nel  iSSy. 


Dopo  l’ essersi  questo  Pittore  bene 
approfittato  nella  scuola  di  Pietro  Perù» 
gino  nell’  arte  della  pittura  , fu  in  Firen- 
ze molto  adoperato  in  ogni  sorte  di  lavo» 
ro , mercè  dell’  esser  egli  ubiversalissimo  9 
ed  oltre  ogni  credere  diligente  , e nelle 
figure  piccole,  fra  i migliori,  che  ne’ suoi 
tempi  operassero*  Fu  amicissimo  di  Ba- 


Francesco  d’ Ubertino.  217 
siiano  da  San  Gallo  , pittore  e architet- 
to , detto  Aristotile  : e ancora  di  Jacone  , 
eccellente  pittore  de’  suoi  tempi  , e con 
essi  molte  cose  dipi  ose.  La  conversazione 
di  questo  Jacone  , conciossiacosaché  fosse 
alquanto  scostumata  e plebea  , non  ebbe 
però  forza  tale  di  punto  sregolare  il  buo- 
no e costumato  vivere  di  Francesco,  il 
quale  tenne  sempre  vita  molto  lodevole., 
Conversò  con  Andrea  del  Sarto,  e ne 
riportò  ajuti  validissimi  nelle  cose  dell’ar- 
te. Opera  de  suoi  pannelli  sono  le  storiel- 
le , che  tuttavia  si  veggiono  nella  predel- 
la della  tavola  de’Martiri,  fatta  da  Giovanni 
Soglia  ni  già  per  la  Chiesa  di  Camaldoli  di 
Firenze  , che  oggi  è nella  Chiesa  di  San. 
Lorenzo  : e similmente  le  storiette  della 
predella  dell’  Altare  del  Crocifìsso  nella 
stessa  Chiesa.  Si  trovò  il  Baco  biacca  con 
gli  altri  eccellenti  pittori  del  suo  tempo  a 
dipignere  nella  bella  camera  di  Pier 
Francesco  Borgherini  , spalliere  e cassoni: 
e nella  casa  di  Gio.  Maria  Benintendi. 
Fece  anche  molti  quadri  di  piccole  figu- 
re a diversi  cittadini,  i quali  poi,  come 
cose  preziosissime,  gli  mandarono  in 
Francia , e in  Inghilterra.  Volle  la  glo- 

! riosa  memoria  del  Granduca  Cosimo  L 
che  molto  lo  stimava  , averlo  a’  suoi  ser- 
vizi , in  riguardo  massimamente  di  un 
singoiar  talento  , che  egli  aveva  di  ritrar- 
re al  vivo  ogni  sorte  di  animali.  Per 
questo  Principe  dipinse  egli  uno  Scrittoio* 


2i8DeC.  tv.  DELLA.  PàR.  I.  DEL  SeC.  IV. 
dove  fece  gran  quantità  di  uccelli  ed  er- 
be di  rara  qualità  , condotte  a olio  mara- 
vlgFosa mente.  Per  le  tappezzerie , che 
quell’ M Uzza  fece  fabbricare  di  seta  e d’o- 
ro, compose  P invenzione  di  tutti  i mesi 
dell’anno,  in  proporzione  di  piccole  figu- 
re , nelle  quali  si  portò  così  bene  , che 
fu  creduto  , che  in  quel  secolo  nessun  al- 
tro potesse  onerar  meglio.  Queste  furono 
messe  in  opera  dall’ eccellente  maestro  Gio- 
vanni Rosta  Fiammingo.  Dipinse  a grotte- 
sche una  grotta  di  una  fontana  d’ acqua 
nel  Palazzo  de*  Pitti,  Fece  i disegni  di  un 
Ietto  Reale , che  ordinò  quel  Signore  do* 
versi  condurre  di  ricamo  e perle , con  tut- 
te storie  di  piccole  figure  e d’animali , da 
Antonio  Bacchiacca  , fratello  del  nostro 
Francesco , uomo  insigne  in  simil  facoltà  : 
il  qual  letto  poi  servì  per  io  sposalizio  del 
Serenissimo  Granduca  Francesco  , e della 
Serenissima  Giovanna  d’  Austria.  Questo 
Antonio  fu  così  eccellente  in  quell’  arte 
del  ricamare , che  non  temè  la  dottissima 
penna  di  Messer  Benedetto  Varchi  compor- 
re in  lode  di  lui  un  bel  Sonetto,  cui  mi 
piace  recare  in  questo  luogo  , ed  è il  se-* 
guente: 

Antonio , i tanti,  tosi  bei  lavori , 

Che  vostra  dotta  mano  ordisce  e tesse 
fjodi  v arrecan  sì  chiare , e sì  spesse  » 
Che  piccoli  appo  voi  fieno  i maggiori  r 

Chi  è , non  dico , tra  i più  bassi  cori  « 


Francesco  d*  Ubertino. 

%la  fra  i piu  alti  ingegni , il  qual 
credesse  , 

Che  poca  seta  , e piccai  ferro  avesse 
Agguagliato  il  riiartef  vinto  ì colori  ? 
Onde  superbo , e pien  di  gioja  panni 
I?  Arno  veder  , che  se  felice  chiami  9 
E dica  : i figli  miei  rrì  han  fatto  hello* 
1 Bronzi  al  gran  Cellin  deano  : i marmi 
Al  Buonarruoto  : al  Bacchiacca  i ri- 
cami : 

Le  pietre  al  Tasso  : al  Bronzino  il 
pennello, 

1 i 

Vedesi  il  ritratto  al  naturale  del  Bacchiao 
ea  , insieme  con  quello  di  Jacopo  d*t  Pon» 
torme  celebre  pittore  , e di  Giova mbaiista 
j Cello  famoso  Accademico  Fiorentino,  fat- 
to per  mano  di  Agnol  Bronzino , nel» 
| ] la  bella  tavola  dell!  Zanchioi  (i),  dove  es- 
so Bronzino  rappresentò  la  scesa  di  Cristo 
3 al  Limbo.  Molte  altre  opere,  che  per  bre- 
e j vità  si  tralasciano , fece  il  Bacchiacca  sino 
alla  sua  morte,  che  occorse  V anno  i557* 

i j "" 


(i  ) IN  ella  Chiesa  di  S.  Croce  tra  t& 
porta  maggiore  , e V altra  dal  Campanile 
cominciato. 


220 


GIROLAMO  LOMBARDO 

O LOMBARDI 

DETTO  IL  FERRARESE 

SCULTORE  E GETTATORE  DI  METALLI 

Discepolo  cC  Andrea  Contuccì  dal  M,  a 
Sanso  Ano , fioriva  nel  i534» 


N on  manca  alcun  moderno  Autore, 
ehe  dica , che  fino  la  Santa  memoria  di 
Papa  Giulio  II.  della  Rovere  nutrisse  nel- 
la sua  mente  un  assai  nobil  pensiero  , il 
quale  fu  d’ornare  con  regia  magnificenza 
la  Santa  Casa  di  Loreto,  Noi  sappiamo  pe- 
rò , che  in  vita  di  quel  Pontefice  non  fu 
dato  a tal  pensiero  adempimento , forse 


'Girolamo  Lombardo  221 

perche  era  nserbata  dal  Cielo  uà  opera  sì 
degna  e di  tanto  onore  della  gran  Madre 
di  Dio  ad  uu  cuore  il  più  generoso  e ma- 
gnanimo, che  abbiano  veduto  i secoli  cri- 
stiani : e questi  fu  la  Santa  memoria  di 
Leon  X.  di  Casa  Medici.  Questo  gran  Pon- 
tefice , avendo  data  forma  al  nobile  con- 
cetto , con  disegni  e modelli  di  Bramante, 
architetto  singolarissimo , ordinò  a’  Mini- 
stri della  Santa  Casa  il  far  commissione 
di  bianchi  , neri  , e mischi  orarmi  d’ogni 
sorte  a Carrara  , Firenze , Orvieto  9 ed  al- 
trove. Dirozzate  le  pietre  , furono  quelle  , 
che  potevan  condursi  per  quella  parte , 
ben  presto  traghettate  in  Ancona:  e non 
era  ancor  passata  la  metà  del  mese  di  Mag- 
gio dell’anno  1614.  primo  del  Pontificato 
di  Leone,  che  a Loreto  n’era  stata  con- 
dotta una  gran  parte  ; onde  si  fece  luogo 
a sua  Santità  di  provvedere  a quella  gran 
fabbrica  le  necessarie  maestranze.  Di  Car- 
rara e di  Pisa  furono  fatti  comparire  trenta 
de’ più  pratici  scarpellini  , e fermati  più 
intagliatori  : ed  il  tanto  rinomato  Andrea 
Contucci  dal  Monte  a Sansovino  ne  fu  di- 
chiarato Capomaestro  e Scultore.  Diede  egli 
mano  ali’  opera  con  gran  premura  ; ma  non 
giunse  la  vita  di  Leone,  nò  tampoco  quel- 
la d’  Adriano  , che  gli  successe  nella  supre- 
ma dignità  j al  tempo  eh’  eli’  avesse  avuto 
compimento.  Morto  Adriano , ed  asceso  al 
Soglio  Clemente  VII.  s’  accrebbe  grande- 
mente questo  nobilissimo  lavoro  , concios- 


222  DEC.  IV.  BELLJL  PàR.  I.  DEL.  SEC.  I?. 
giacbè  egli  di  gran  proposito  vi  si  applicò* 
Già  atterrato  Y antico  muro  erettovi  da’Ri- 
canatesi , cavate  le  fosse  e ’l  terreno  per 
ottocento  sessantasei  canne  Romane , tra 
fondo  e d’  attorno  alla  Santa  Gasa  , aven- 
do prima  ben  fasciate  e ricinte  con  trava- 
te sospese  sopra  terra  le  Sacre  mura , 
erano  state  ben  ferme  e stabilite  le  fonda- 
menta , e già  s*  eran  condotti  a line  molti 
intagli  d’  architetture  e sculture  per  quei- 
rornato; quando  correndo  Tanno  i5zq.  il 
Contucci  venne  a morte , dopo  aver  con- 
dotte di  sua  mano  molte  nobilissime  ope- 
re di  scultura  , ed  altre  incominciate  e non 
Unite.  Stettesi  questo  grande  edilizio  sen-? 
z*  alcuno  o poco  avanzamento,  fino  a do- 
po T assedio  di  Firenze  : e finalmente  fu 
da  quei  Pontefice  eletto  in  luogo  d’  Andrea 
per  primo  Scultore  piccolo  de’  Pericoli  det- 
to il  Tribolo, Fiorentino  , al  quale  per  mez- 
zo d’ Anton  da  San  Gallo,  che  sopranten» 
deva  a quella  fabbrica , fu  ordinato  il  por- 
tarsi a Loreto  per  tirare  avanti  le  sculture, 
che  rimanevano  a farsi  , lasciate  imperfet- 
te dal  Sansovino*  Joviossi  egli  dunque  a 
quella  volta  con  tutta  la  sua  famiglia , e 
seco  condusse  molti  uomini  di  valore  nel- 
l’arte sua.  Tali  furono  Simone  di  France- 
sco detto  il  Mosca , ottimo  intagliatore  di 
marmi , Raffaello  Mi  ntelupo  , Francesco 
da  San  Gallo  il  giovane  , Sunone  Gioii  da 
Settignauo  , Ranieri  da  Pietrasama^  e Fran- 
cesco del  Falda:  e con  essi,  siccome  io 


Girolamo  Lombardo.  2s3 
'0|  trovo  M vi  si  condusse  ancora  ua  tal  Do» 

l1'  menico  Lamia  detto  il  Bologna , e final- 

j mente  il  nostro  Girolamo  Lombardi  ^ in» 
F*  sieme  con  Frate  Aurelio  suo  fratello.  Do- 

; po  che  il  Tribolo  vi  fu  stato  per  qualche 

tempo  , nel  quaie  aveva  con  maraviglioso 
artificio  dato  fine  alia  bella  storia  di  mar- 
al ì ino  dello  Sposalizio  di  Maria  sempre  Ver- 
ta gine  , incominciata  da  Andrea  Gontucei  : 
ed  aveva  anche  condotto  la  bellissima  sto- 
ria della  Traslazione  della  Santa  Casa  : e 
i"  [I  fatto  più  modelli  di  cera  per  dar  fine  ai 
Profeti  , che  dovevano  aver  luogo  nelle 
Q j nicchie  ; fu  dallo  stesso  Papa  Clemente  or- 
dinato a lui  , e quasi  a tutti  gli  altri  mae- 
stri, il  tornarsene  m fretta  a Firenze , per 
u quivi , sotto  la  scorta  del  gran  Michela» 
a guolo  Buouarruoti , dar  fine  a tutte  quelle 
figure  , che  mancavano  alla  Sagrestia  e Li- 
!'  | breria  di  San  Lorenzo  , per  poter  poi  an- 
che finire  col  disegno  dello  stesso  Miche- 
lagnolo  la  facciata  ; che  però  fu  da  Roma 
rimandalo  a Firenze  il  Buouarruoti , e Fra 
Gio.  Angiolo,  acciocché  gli  ajutasse  a la» 
a vorare  i marmi , e facesse  alcuna  statua  9 
secondo  Y ordine , che  ne  avesse  avuto  da 
lui  : ed  allora  fu , che  esso  Fra  Gio.  An- 
giolo fece  il  San  Cosimo  * che  insieme  col 
San  Damiano  del  Montelupo  tiene  in  mez- 
zo la  statua  di  Maria  Vergine  col  Bambi- 
no Gesù  , incominciata  da  Micbelagnolo  t 
che  oggi  vediamo  in  essa  Sagrestia  di  San 
Lorenzo  ; di  modo  tale  che  per  questa  mio- 


224  DEC.  IV.  DELLA.  PAR.  I.  DEL  SEC.  IV. 
va  risoluzione  dei  Papa  rimase  l’opera  del- 
ia Santa  Casa  con  poca  quantità  d’  uomi- 
ni eccellenti;  ma  non  per  questo  fu,  ch’e’non 
si  continuasse  tuttavìa  ad  operare  con  al- 
tri , che  vi  restarono  : e fi  a questi  fu  il 
nostro  Girolamo  Lombardo  stimato  un 
de’  migliori  artefici  , che  avesse  partorito  3a 
scuola  del  Sausovino.  Questi  adunque  pre- 
sa abitazione  in  Recanati,  ed  accasatovi , 
dalla  partenza  del  Tribolo  fino  al  i56o. 
attese  a condurre  opere  per  quel  Santua- 
rio. La  prima  eh’  e’  facesse  , fu  una  figura 
d’  un  Profeta  di  braccia  tre  e mezzo  5 in 
atto  di  sedere , che  essendo  riuscita  una 
bella  statua  fu  collocata  in  una  nicchia 
verso  Ponente,  e diedegli  tanto  credito, 
che  gli  furon  poi  date  a fare  cinque  figu- 
re di  Profeti  , e riuscirono  tutte  bellissime 
statue.  Finì  la  beila  storia  de’  Magi , che 
dal  Gontucci  suo  maestro  era  stata  comin- 
ciata per  collocarsi  sopra  quella  del  Pre- 
sepio e de’  Pastori , non  ostante  ciò  che 
ne  dica  il  Serragli,  che  l’attribuisce  al 
Montelupo-,  il  quale  forse  potè  essergli 
stato  in  ajuto  in  quest’ opera.  Fece  poi, 
secondo  ciò  che  afferma  lo  stesso  Serragli, 
ii  bel  Lampadario  , che  pende  dietro  alla 
Santa  Cappella  : V immagine  di  bronzo  di 
Maria  Vergine  di  Loreto  , che  si  vede  nel- 
la facciata  della  Chiesa  : e le  quattro  no- 
bilissime porte  della  Santa  Casa  , con  fi- 
gure e mister]  dd  nuovo  Testamento,  Get- 
tò ancora  i due  eoroucopj  per  sostenere 


Girolamo  Lombardo.  225 

le  lampane  avanti  all’  Altare  del  Sacramen- 
to, e la  tavola  o mensa  di  marmo  deiilstes- 
so  Altare  9 co’  candelieri  di  metallo  di  al- 
tezza di  circa  a tre  braccia  pel  medesimo 
Altare  , i quali  adornò  di  fogliami  e figu- 
Q re  tonde  con  tant’  artifizio  , cbe  fu  stima-? 
ta  cOvsa  dì  tutta  maraviglia.  Ebbe  questo 
Artefice  un  fratello  Religioso  chiamato  Fra- 
le Aurelio.  In  compagnia  di  questo  io  tro- 
V | vo  , che  Girolamo  fece  di  metallo  un  gran- 
dissimo e bellissimo  tabernacolo  per  Papa 
a Paolo  III.  che  doveva  esser  posto  nella 
n Cappella  del  Palazzo  Vaticano  , detta  la  Pao- 
la lina.  L’  Angelita  nell’  Origine  di  Recanati 
a dice,  eh’  e’  lo  fece  per  Papa  Pio  IV.  e che 
quest'  opera  fu  poi  mandata  nel  Duomo 
a-  di  Milano.  Carlo  Torre  nei  suo  Ritratto  di 
ie  Milano  fa  menzione  del  gran  Tabernacolo 
ie  I di  bronzo  della  Cattedral  Chiesa,  del  qua- 
> le  dice  fosse  fabbricatore  Francesco  Bram- 
e-  bilia  : e soggiunge  , che  nel  seno  di  esso 
« tabernacolo  è una  custodia  in  forma  di  tor- 
al  re,  sostenuta  in  alto  da  otto  Cherubini  in- 
t ginocchioni , e da  otto  Angioli  grandi  quan- 
to il  naturale  , il  tutto  di  bronzo , che  fu 
avuta  in  dono  da  Pio  IV.  Sommo  Pontefi- 
la  ce.  Ed  io  lascio  ora  ( se  pur  si  tratta  del- 
lo stesso  tabernacolo)  il  dar  giudizio  sopra 
ih  ta!  diversità  di  sentenze  , a chi  sarà  di  ciò 
a-  meglio  informato  di  quello  che  io  mi  sia9 
fr  Dice  anche  lo  stesso  Angelita  , che  un  si- 
il'  mil  tabernacolo  , benché  non  tanto  grande^ 
re  facesse  Girolamo  per  la  città  di  Fermo* 
BaldinuGGi  Koh  x5 


226  DEC.  IV.  DELLA  Par.  I.  DEL  SEC.  IV. 

Che  poi  fosse  di  suo  modello  e getto  la 
statua  del  Cardinale  Gaetano  , che  si  vede 
nèlla  Chiesa  della  Santa  Casa  , fu  dal  ci- 
tato Serragli  detto  con  errore  ; perchè  ta- 
le statua  fu  fatta  da  Anton  Calcagni  suo 
discepolo , e non  da  lui  , siccome  nelle 
notizie  della  vita  di  es$o  Antonio  abbiamo 
ad  evidenza  dimostrato.  Ebbe  il  Lombardi 
quattro  figlinoli  , Antonio , Pietro  , Paolo, 
e Jacopo  , i quali  tutti  attesero  alla  scul- 
tura , ed  al  getto  : e per  quanto  ne  scris- 
se il  nominato  Serragli  > condussero  di  bron- 
zo la  porta  di  mezzo  della  Chiesa  della 
Santa  Casa  con  figure  e storie  de’ fatti 
de’  nostri  primi  Padri  con  nobile  ornato. 
Corre  fino  a*  presenti  tempi  la  fama  che 
Girolamo  Lombardo  fosse  V unica  cagione, 
che  nella  città  di  Recanati  si  fondasse  un 
Collegio  de’  Padri  della  Compagnia  di  Ge- 
sù ; perchè  avendo  avuta  cognizione  o for- 
se pratica  col  Padre  Santo  Ignazio  loro 
Fondatore  , e con  molti  suoi  figliuoli  , ne 
parlava  sì  altamente,  che  mosse  i Recana- 
tesi a far  tale  risoluzione  a benefizio  della 
patria  loro. 


2 1J 


la 

(le 

ci- 

ta* 

uo 

Ile 

DO 

'di 

lo, 

i 

i* 

m* 


BERNARDINO  GATTI 

DETTO 

IL  SOJARO 

PITTORE  CREMONESE 

Discepolo  del  Coreggia  , morì  nel  iSyS, 


tti 


;o, 

be 


*, 
1 Q 

e* 

ir* 

ro: 

ae 

a* 

la 


{bernardino  Gatti  detto  il  Sojaro  , or- 
ii.a mento  della  città  di  Cremona  sua  patria 
( non  ostante  , che  altri  abbia  detto  , che 
e’  fosse  da  Vercelli  ) ebbe  i suoi  principi 
nell’  arte  dal  sovrano  pittore  Antonio  Al- 
legri da  Coreggio:  e come  quelli,  che  fu 
da  natura  provveduto  d’un  ottimo  giudizio 
per  conoscere  ed  eleggere  sempre  il  mi- 
gliore, e d'una  mano  attissima  a confor- 
marsi colle  più  difficili  maniere  de’  maestri 
eccellenti  , tanto  apprese  i precetti  di  quel 
gran  lume  dell’arte,  che  finalmente  riuscì 
uno  de'  migliori  artefici  della  terza  scuola 


% 2$  DEC.  IV.  DELLA  P.4R.  I.  DEL  SeC.  IY. 
di  Lombardia.  Tenne  una  maniera  di  grata 
gusto  , di  forza  e rilievo , e molto  finita  ; 
disegnò  così  bene  ad  imitazione  del  mae- 
stro , che  alcuni  suoi  disegni  si  son  talvolta 
cambiati  con  quelli  del  Coreggio.  Fece  ope- 
re insigni  a olio  e a fresco,  e in  gran 
quantità  * avendo  egli  avuta  vita  lunghis- 
sima. Sue  pitture  souo  state  portate  per 
tutta  Europa,  e particolarmeute  in  Ispagna 
e in  Francia  , oltre  alle  inuumerabili  che 
si  vedono  per  la  Lombardia  : e volendo  io 
ora  dar  notizia  di  alcune  , incomincerò  da 
quelle  che  egli  fece  nella  sua  patria  Cre- 
mona , le  quali  veramente  meritano  ogni 
lode.  In  San  Pietro  de  Canonici  Regolari 
Lateranensi  nel  Refettorio  è una  grande 
storia  a fresco  del  miracolo  di  Cristo  del 
saziare  le  turbe:  e nella  Chiesa  de’ mede- 
simi la  tavola  dell’  Aitar  maggiore,  lo  San 
Sigismondo  fuori  di  Cremona  , nella  vol- 
ta , è una  bella  storia  dell’  Ascensione  di 
Cristo.  Yedesi  anche  nel  Duomo  , fra  Y al- 
tre storie  della  Passione  fatte  da  diversi 
eccellenti  maestri  , una  pure  di  sua  mano, 
quantunque  di  maniera  alquanto  diversa 
dalla  sua  consueta.  Nella  Chiesa  di  San 
Pietro  dipinse  la  tavola  dell’  Aitar  maggio- 
re , colla  storia  della  Natività  di  Cristo, 
opera  che  risplende  fra  le  sue  migliori, 
in  San  Domenico  mandò  una  sua  tavola 
d*  un  Cristo  morto  fatto  di  gran  forza. 
Nella  Chiesa  de’  Monaci  di  San  Girolamo 
fuori  di  Cremona  nella  tavola  della  prà* 


Bernardino  Gatti. 

mvà  Cappella  a man  destra , rappresentò 
la  Vergine  Annunziata,  Nella  città  di  Pia- 
cenza, nella  Chiesa  della  Madonna  di  Cam- 
pagna , rimpetto  alla  Cappella  di  S.  Ago- 
stino ^ dipinta  dal  Pordenone  , è di  sua 
mano  un  San  Giorgio  armato  , che  dagl’in- 
tendenti si  stima  la  migliore  opera  che  egli 
facesse  mai:  siccome  ancora  sono  opera  del 
suo  pennello  F altre  pitture  de’  fatti  di  Ma- 
ria Vergine , state  lasciate  imperfette  dal 
Pordenone,  coi  dodici  Apostoli,  i quattro 
Evangelisti  , e diverse  figure  d’  Angeli.  È 
quest’  opera  onorata  da’  professori  dell’  ar- 
te con  questa  lode , d’  essersi  egli  nella 
medesima  saputo  così  bene  conformare  al 
modo  del  Pordenone , che  vi  lavorò  alcu- 
ni Profeti , e Sibille  con  certi  putti , che 
il  tutto  pare  essere  stato  fatto  da  una  so- 
la mano.  In  San  Francesco  della  stessa  cit- 
tà ammirasi  la  bell’opera  del  Cristo  flagel- 
lato alla  colonna  : e in  Sant’  Anna  due 
grandi  storie  della  vita  e fatti  di  Gesù 
Cristo.  In  Vigevano  furono  mandate  alcu- 
ne piccole  tavole  di  sua  mano  molto  bel- 
le. Dopo  che  il  Sojaro  ebbe  assai  operato 
nella  patria  e per  le  città  vicine  , se  n’ an- 
elò a Parma,  dove  fece  lavori  stupendi.  In 
Sant*  Agata  è una  sua  tavola.  Nella  Ma*  . 
donna  della  Steccata  finì  la  nicchia  e F ar- 
co restato  imperfetto  per  la  seguita  morte 
di  Michelagtiolo  Senese  : e poi  messe  ma- 
no alla  grand’opera  della  Tribuna  maggio4 
re  ? che  è in  mezzo  a detta  Chiesa,  doYt 


SBO  DEC.  IV.  DELLA  PàR.  I.  DEL  SEC.  IV, 
dipinse  a fresco  1’  Assunzione  di  Maria 
Vergine  , e fecevi  altre  opere  di  grande 
stima.  Morì  finalmente  Bernardino  fi  anno 
di  nostra  salute  i5y5.  lasciando  imperfet- 
ta una  delle  più  belle  pitture  che  uscisse- 
ro dal  suo  pennello.  Tale  fu  una  tavola  a 
olio  nel  Coro  del  Duomo  di  Cremona  , al- 
ta cinquanta  palmi,  dove  espresse  l’Assun- 
zione in  Cielo  di  Maria  Vergine  con  gli 
Apostoli , la  quale  , così  abbozzata  confiel- 
1’  è , è cosa  maravigliosissima  a vedere  Eb- 
be questo  pittore  molti  discepoli,  uno  degna- 
li fu  lo  Sprangher  Fiammingo , come  ab- 
bi am  detto  nelle  notizie  di  lui.  Ancora  fu 
suo  discepolo  un  suo  nipote  chiamato  Ger- 
vaso  Gatti , che  fece  molte  opere  assai  be- 
ne intese  ; ma  non  già  del  gusto  e perfe- 
zione di  quelle  del  zio.  Ebbe  genio  partico- 
lare ai  ritratti  , dei  quali  fece  moltissimi , 
e assai  somiglianti  : nè  fu  quasi  Principe , 
o altro  titolato  di  quelle  parti,  che  non 
fosse  da  lui  dipinto.  Di  mano  di  costui  è 
una  tavola  in  Sant’  Agata  di  Cremona  : e 
sua  ancora  è la  tavola  dell’  Aitar  maggio- 
re de  Gesuiti,  Un  suo  quadro  fu  posto  nel 
Coro  della  Chiesa  di  San  Niccolo , altri  nel 
Coro  della  Chiesa  di  Santa  Eiena  , e di 
quella  di  San  Lorenzo,  in  San  Francesco, 
in  San  Girolamo  fuor  di  Cremona  e altro- 
ve, Fioriva  quest'artefice  del  tòjo. 


GIULIO  CAMPI 

PITTORE  CREMONESE 

Discepolo  di  Giulio  Romano  , 
fioriva  nel  1540. 


ii 


VJiulio  Campi , ornamento  e splene 
dorè  della  terza  scuola  di  Lombardia  , fu 
figliuolo  di  Galeazzo  Campi , pittore  ne’suoi 
tempi  assai  lodato,  dal  quale  imparò  i prin- 
cipj  dell*  arte.  Accenna  il  Vasari  in  alcune 
poche  righe  , che  egli  scrisse  di  lui , che 
egli  si  attenesse  alla  maniera  del  Sojaro , 
come  migliore  di  quella  di  Galeazzo  : e 
studiasse  alcune  tele , state  dipinte  in  Ro- 


Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
ma  da  Francesco  Salviate  per  fare  arazzi  s 
che  dovevano  mandarsi  a Piacenza  al  Du- 
ca Pier  Luigi  Farnese.  Antonio  Campi  , 
fratello  di  Giulio  e suo  discepolo,  e per 
conseguenza  meglio  informato  del  Vasari, 
nella  sua  Cronaca  afferma,  ch’egli  impa- 
lasse l’arte  da  Giulio  Romano:  e questo 
dobbiamo  credere  esser  la  verità  , benché 
possa  essere  anche  molto  vero  , che  egli 
dal  padre  avesse  i principj.  Soggiugne  il 
Vasari  , che  egli  ajutasse  a Giulio  nelle 
grandi  opere  nella  città  di  Mantova,  il  che 
pure  è assai  probabile  , perchè  si  vedono 
alcune  pitture  del  Campi , fatte  col  gusto 
di  quel  maestro.  Dicesi  che  le  prime  ope- 
re , ohe  facesse  Giulio  sopra  di  se  , fosse- 
ro alcune  grand’  istorie  nel  Coro  della  Chie- 
sa di  Sant’  Agata  di  Cremona  sua  patria  , 
nelle  quali  rappresentò  il  martirio  di  quel- 
la Santa  , in  cui  si  vede  imitato  grande- 
mente il  buon  modo  di  dar  tondezza  alle 
figure  che  tenne  il  Pordenone  : è ancora 
in  questa  Chiesa  una  sua  tavola  a olio  ; e 
ancor  giovane  colorì  tutta  la  Chiesa  del 
Carmine  fuori  di  Sonzino  , terra  del  Cre- 
monese. Dipinse  in  Santa  Margherita  sto- 
rie a fresco  della  Vita  di  nostro  Signor 
Gesù  Cristo  , nelle  quali  , com’  io  diceva, 
si  scorge  un  non  so  che  della  maniera  di 
Giulio  Romano.  Colorì  poi  più  facciate  di 
case  insieme  con  Antonio  e Vincenzio  suoi 
fratelli  minori.  Fece  alcuni  quadri  a olio^ 
a’  quali , con  altri  di  Bernardino  Campi , 


Giulio  Campi.  ^33 

fu  dato  luogo  in  certi  spartimenti  di  stuc- 
chi messi  a oro  nel  Duomo  nella  Cappella 
del  Santissimo,  e una  tela  a tempera  colla  sto* 
ria  di  Assuero*  che  servì  per  coperta  dell’or- 
gano; siccome  ancora  fece  la  pittura  a olio  del- 
l’Altare  di  S.  Michele  Arcangelo.  Vedesi  una 
sua  tavola  in  San  Domenico  : altre  sue  opere 
in  Sant’  Agostino  , Chiesa  degli  Eremitani* 
ed  in  San  Francesco;  due  tavole  in  San  Laz* 
raro  , luogo  di  sua  sepoltura  , come  dire- 
mo: una  tavola  in  Sant’  Angelo  , e due 

bellissime  in  Sant’  Apollinari.  Fuori  della 
città  di  Cremona  circa  un  miglio  è un 
Monastero,  già  de’ Monaci  di  San  Giro- 
lamo , Religione  oggi  estinta  : la  Chiesa  è 
d*  una  sola  navata  , con  cappelle  sfondate, 
con  atrio,  cupola  e tribuna,  il  lutto  fu 
dipinto  per  mano  di  tre  artefici  , che  fu- 
rono stimati  i migliori  che  avesse  in  quei 
tempi  quella  città,  cioè  Cammillo  BoccaG- 
cino.  Bernardino,  e ’l  nostro  Giulio,  il 
quale  vi  fece  la  tavola  dell’  Aitar  maggio- 
re a olio  , opera  degnissima  , per  la  gran 
copia  di  figure  , e per  altre  sue  nobili 
qualità  : ed  al  parere  de’  periti  nell’  art© 
non  è inferiore  a molte  di  mano  degli 
ottimi  maestri  Veneti.  Furono  dipinti  an- 
che da  Giulio  Campi  nelle  mezze  lune 
con  quattro  sacre  istorie  i quattro  Dotto- 
ri della  Chiesa  , i fregi  e prospettive  ; e 
in  un  altro  partimenlo  dipinse  la  venu- 
ta dello  Spirito  Santo  sopra  gli  Apostoli  , 
ligure  bellissime , che  essendo  vedute  di 
sott®  in,  su  , fanno  conoscere  quanto  va- 


284  DlSC.  IV.  DELLA  Par.  I.  DEL  SEC.  IV. 
lesse  1’  arte  io  costui  : siccome  uaa  Ver- 
gine Annunziata  presso  al  finestrone , e 
alcuni  fregi  di  putti.  Luigi  Scaramuccia 
nel  suo  Libro  delle  Finezze  de’  Pennelli 
Italiani  , parlando  di  queste  pitture  , dice 
così:  Subito  si  diedero  a considerare  f o~ 
pere  famose  de  suddetti  Campi , ma  quel- 
le di  Giulio  piu  distintamente  riconobbe- 
ro esser  degne  di  maggiore  reputazione 
di  quelle  delli  altri  due • Su  le  prime  ri- 
fleterono sopra  il  volto  della  navata  di 
mezzo  , e videro  cose  assai  superbe  ; 
ma  ne  bracci  della  Croce  , o lati  che  vo- 
glia m dire , della  Cappella  maggiore , 
dime  Ito  ebbero  che  considerare  di  più  e- 
squisito  , e specialmente  ne  quattro  spazf, 
ove  rappresentati  stanno  i quattro  Dotto- 
ri della  Chiesa  dello  stesso  Giulio , nei 
quali  parve  avesse  fatto  ogni  sforzo  ; on- 
de Girupeno  molto  ammirato  se  ne  stava 
neW  esaminare  una  sì  facile  , ben  fonda- 
ta e maestrevole  maniera  : ed  ebbe  a di- 
re esser  tale , da  potersi  paragonare  a 
qualsivoglia  altra  de'  Pittori  Lombardi , 
da  esso  fino  allora  veduta  : e per  appuri - 
to  gli  fu  referto  da  un  di  que  Monaci , 
che  molti  forestieri  intendenti  e pratici 
osservano  lo  stesso  : ed  essere  stati  i 

Campi  in  molte  cose  de'  principali  Pitto- 
ri , che  s ’ imbevessero  da  senno  il  buon 
gusto  del  Co  leggio.  Fin  qui  Luigi. 

E anche  di  mano  del  Campi  in  quel- 
la Chiesa  la  tavola  de’  Santi  Apostoli  Fi- 


Giulio  Campi»  s35 

Jìppo  e Giacomo.  In  Mantova  nella  Chie- 
sa di  San  Pietro  , rimodernata  con  dise- 
gno di  Giulio  Romano  , dipinse  il  Campi 
Ja  tavola  della  Cappella  di  San  Girolamo. 
In  Milano  sono  molti  bellissimi  parti  del- 
l’ ingegno  suo  : nella  Chiesa  della  Passio- 
ne del  Convento  de’  Canonici  Regolari  è 
una  tavola  a olio  di  un  Cristo  Crocifìsso  y 
appresso  la  Vergine  con  altre  Marie,  San 
Giovanni  Evangelista  , e Angeli  attorno. 
In  quella  delle  Monache  di  San  Paolo  , 
quattro  storie  della  Conversione  e altri 
fatti , nella  quale  opera  fu  ajutato  da  An- 
tonio Campi  suo  fratello  e discepolo.  In 
Santa  Caterina  delle  Monache  Agostiniane 
in  una  Cappella  a man  destra  è una  ta- 
vola di  Santa  Elena.  In  quella  del  Mona- 
stero di  Sant’  Orsola  delle  Monache  Fran- 
cescane Scalze  , il  quadro  dell’  Aitar  mag- 
giore , dov'  è un  Cristo  morto.  Nella 
Chiesa  de1  Canonici  Lateranensi  nelFultima 
Cappella  una  tavola  a olio  con  Cristo  in 
Croce  , appresso  la  Vergine , e San  Gio- 
vanni : e negli  archi  son  pure  di  sua 
snano  fatte  a tempera  le  Marie  in  atto  di 
andare  al  Sepolcro.  Infinite  altre  opere 
fece  egli  per  diversi  luoghi  vicini  alia 
sua  patria  , oltre  a gran  numero  di  qua- 
dri, che  furon  portati  in  Ispagna , in 
Francia , ed  in  altre  parti  dell’  Europa. 
Ebbe  molti  discepoli  , e fra  questi  Vin^ 
cenzio  e Antonio  suoi  fratelli  , de’  quali 
parleremo  a suo  luogo.  Non  è già  vero , 


^36  Dec.  IV.  della  Par.  I del  Sec.  IV. 
ch’egli  Fosse  Maestro  di  Sofooisba  Àn^ 
gosciola,  e dell’ altre  sue  sorelle,  come 
accennò  il  Vasari  nella  vita  di  Benvenuto 
Garofalo  ; benché  ella  copiasse  molti  qua- 
dri di  Giulio,  come  mostreremo  nelle  no- 
tizie di  lei.  Pervenuto  finalmente  che  fu 
quest’  artefice  in  età  assai  matura  , con 
gran  dolore  degli  amatori  dell’  arte  , se 
ne  passò  da  questa  all’  altra  vita  nel  me- 
se di  Marzo  Tanno  1572.  Fu  il  suo  cor- 
po con  gran  pompa  accompagnato  , non 
solo  dà  tutta  la  nobiltà  di  Cremona  , ma 
ancora  da  Emanuel  di  Luna  , Governato- 
re di  quella  città,  che  l’aveva  grande- 
mente amato  : e afferma  T altre  volte  no- 
minato Antonio  Campi  suo  fratello  nella 
sua  storia  , che  questo  con  gli  altri  Cava- 
lieri in  quella  pia  azione,  non  potevano 
ritener  le  lagrime:  e finalmente  nella 
Chiesa  di  San  Nazzario  gli  fu  dato  onore- 
vole sepoltura.  Fu  questo  nobile  artefice 
valoroso  nel  dipignere  a fresco  , a olio  , 
e a tempera,  di  bonissimo  disegno,  miglior 
colorito  , e nelle  figure  grandi  , e nel  sot- 
tinsù conobbe  pochi  superiori  a se.  Fu 
ancora  buon  architetto  , e colorì  bene  ar- 
chitetture e prospettive  , e in  somma  fu 
universalissimo  in  tutte  le  facoltà  delle 
nostre  arti. 


23  7 


PIETER  AERSEN 

PITTORE  D’  AMSTERDAM 

discepolo  di  Jan  Mandin  9 
nato  i5ig.  + i563. 


ietro  d’ Arnoldo,  che  per  la  gran- 
de statura  del  suo  corpo,  tanto  in  Italia 
che  in  Fiandra,  fu  detto  Pietro  lungo* 
nacque  in  Amsterdam  Fanno  i5ig.  t suoi 
parenti  furono  del  paese  di  Purmer,  luo- 
go poco  distante  da  quella  gran  citta.  II 
padre  suo,  che  abitò  in  Amsterdam,  vo- 
leva tirarlo  avanti  pel  suo  mestiere  9 che 


238  DEC,  IV.  DELLA  PàR.  I.  DEL  SéC.  IV. 
era  di  far  le  calze  ; ma  la  madre  , che 

10  vedeva  inclinato  alla  pittura  , non  vol- 
le mai  acconsentire  : e diceva  al  marito  , 
che  quando  mai  ella  avesse  creduto  di 
condursi  a vivere  col  filare,  voleva  ad 
ogni  modo  seguitare  il  genio  del  fanciul- 
lo , che  era  di  fare  il  pittore;  tantoché 

11  marito  per  aver  pace  con  lei  si  risolvet- 
te a compiacerla.  Il  primo  maestro  di 
Pietro  fu  un  certo  Àlart  Ciaesser  , che 
in  quel  tempo  era  de’  migliori  pittori  di 
Amsterdam , il  quale  anche  ritraeva  al 
naturale.  Il  giovanetto  fin  dal  principio 
de’  suoi  studj  fu  assai  ardito  nell*  operare, 
e aveva  la  mano  molto  franca  , il  perchè 
presto  cominciò  ad  acquistar  credito.  Di- 
cesi che  di  diciassette  o diciotto  anni  egli 
se  u’  andasse  a Bossic  in  Annonia  per  ve- 
der pitture  di  varj  maestri,  accompagna- 
tovi con  lettere  del  Governatore  di  Am- 
sterdam. Di  lì  si  portò  ad  Anversa  , dove 
si  mise  a stare  con  un  certo  Jan  Mandin 
di  nazione  Vallone.  In  questa  città  prese 
moglie , e entrò  nella  Compagnia  de’  Pit- 
tori. Ebbe  un  genio  particolare  a dipigne- 
re  cucine  , e con  ogni  sorte  d’ arnesi  e 
robe  appartenenti  all’  imbandire  de’  ban- 
chetti : le  quali  cose  , per  la  grau  pratica 
eh’  egli  aveva  fatto  fin  da  fanciullo  nel 
maneggiare  i colori  , faceva  parer  vere. 
Ma  fu  anche  assai  valente  in  rappresenta- 
re in  pittura  ogni  altro  suo  concetto.  Per 
F Aitar  maggiore  nella  Chiesa  vecchia  , © 


le  I 
l.| 

'» 

i 

]'  1 

ìè 

il* 

ii 

ie'  I 
di 

al  ! 
io 

e. -I 

ic 
li.  ' 

ni 

-e*  jj 

a* 

n* 

ve  I 
in 
se 
ìt- 

i* 

e 

n* 

ca  1 
ìè! 

re,  j 

ti1 

er 

ol 


PlETER  AeRSM.  2%Q 

vogliam  dire  della  Madonna  d’Amsterdam, 
fece  una  tavola  ordinatagli  dal  Maestro 
de’  Cittadini  , che  era  allora  Jons  Buy xt  9 
uomo  assai  reputato , il  quale  per  la  par- 
te della  città  s’ era  trovato  a dare  il  giu- 
ramento al  Re  Filippo.  Nel  mezzo  di  que- 
sta  gran  tavola  aveva  figurato  il  Transito 
di  Maria  Vergine , e gii  sportelli  seguita- 
vano la  storia  ; nella  parte  di  fuori  dipin- 
se la  Visita  de’  Magi  , con  alcuni  putti 
ben  coloriti  : e fu  il  costo  di  tutta  questa 
opera  duemila  scudi.  Prese  poi  a far  la 
tavola  dell’  Aitar  maggiore  della  Chiesa 
nuova,  per  la  quale  era  stato  prima  chia- 
mato Michel  Gocxie  di  Maliues,  che  aven- 
do veduta  la  bella  tavola  di  Pietro , e 
sentito  il  prezzo  della  medesima  , che  a 
lui  pareva  poco , s’  era  licenziato  con  di- 
re , che  chi  aveva  fatta  quella , avrebbe 
fatta  anche  quest’  altra.  In  essa  dipinse  la 
Natività  del  Signore,  e ne’ quattro  sportel- 
li l’ Annunziazione  di  Maria  Vergine,  la 
Circoncisione , i tre  Magi  , ed  un’altra 
storia  , e nel  di  fuori  era  la  Decollazione 
di  Santa  Caterina.  Questo  bellissimo  qua- 
dro fu  poi  insieme  con  altri  rovinato  e 
guasto  , quando  distrutte  furono  le  Sacre 
Immagini  : e fino  del  1604,  si  vedeva  in 
Amsterdam  il  cartone  grande  quanto  V o- 
pera , maneggiato  con  tanta  franchezza  9 
che  ben  faceva  conoscere  di  qnal  perfe- 
zione fosse  stata  la  pittura.  Pei  Convento 
de  Certosini  a Delft  fece  un  Crocifisso,  e 


240  Dee.  IV.  della  Par.  I.  DEL  Sec.  IV. 

Degli  sportelli  la  Natività  del  Signore,  col-  ; 
3a  Visita  de*  Magi , e di  fuora  i quattro 
Evangelisti.  Un’altra  simii  tavola  fece  per 
Ja  Chiesa  nuova  di  Delft  , e sopra  gli 
sportelli  Ja  storia  de’  Magi , V Ecce  Homo, 
ed  altri  sacri  misteri.  Per  Lovanio , ed 
altri  luoghi  colorì  molte  belle  tavole,  del-» 
le  quali  in  detto  anno  1604.  come  attesta 
il  Va  n ma  lì  de  r , rimanevano  più  di  ven- 
ticinque  cartoni  in  casa  di  un  certo  Jac- 
ques Walraven.  In  Amsterdam  erano  an« 
che  più  pezzi  di  quadri  di  ligure  quanto 
il  naturale.  Nella  Corte  d’  Olanda  appres» 
so  un  certo  Claes  era  la  storia  de’Discepo- 
li  , che  vanno  in  Emaus.  in  casa  Jan 
Pietersz  Reael  erano  alcuni  quadri  di  sto- 
rie di  Gioseffo.  Cornelis  Cornelisz  pittore 
in  Haerlem  aveva  un  quadro  della  storia 
di  Marta.  Era  ancora  in  Noort  nella  par- 
te d’ Olanda  verso  Tramontana  a War- 
menhvysen  una  tavola  da  Altare  con  un 
Crocifisso , dove  fra  l’ altre  figure  era 
molto  lodata  quella  d’  un  Carnefice  , il 
quale  con  un  ferro  rompeva  le  gambe  ai 
Ladroni  , e negli  sportelli  eran  cose  ap- 
partenenti alla  storia.  Questa  bella  opera 
nel  tempo  della  sollevazione  del  i566,  con- 
tuttoché dalia  Donna  di  Sonneveldt  in  Al- 
ckmaer  ne  fossero  offerti  200.  scudi  , 
mentre  il  popolo  arrabbiato  la  cooduceva 
fuori  di  Chiesa  per  farla  in  pezzi , fu  dai 
contadini  calpestata  e infranta  co*  piedi  9 


Pieter  Aersen»  241 

coi»  finché  si  ridusse  in  minute  parti  : ed  in» 
j.to  ! vero  fu  una  gran  disgrazia  del  povero 
per  Pietro  il  condursi  a vedere  quasi  tutte 
«li  le  più  bell’  opere  sue  rovinate  da  quella 
imo,  gente.  Di  queste  egli  spesso  si  doleva 
,ed  amaramente,  vedendo  d'aver  quasi  per- 
dei. duto  insieme  con  esse  nel  mondo  la  inc- 
esta moria  del  proprio  nome  : e nei  trovarsi  , 
ien.  eh’  e’  faceva  spesso  con  quella  mala  bri- 
da, gala  , ne  fece  talora  cosi  gran  rammarico9 

ao.  che  si  vide  più  volte  in  pericolo  di  farsi 
ìDto  ammazzare.  Pervenuto  finalmente  questo 
ires*  valentuomo  all’  età  di  sessantasei  anni  , 
epo.  uel  giorno  de’ due  di  Giugno  del  1 563. 
Jan  pagò  il  comune  debito  della  natura.  Fu 
sio.  quest’ artefice  uomo  rozzo  di  tratto  e 
[0re  d’ aspetto  ; ond’  è , che  se  non  fosse  stata 
oria  sua  virtù  , sarebbe  egli  stato  poco  sti- 
par. malo.  Tenne  un  snodo  dì  vestire  tanto 
i;ar.  abietto , che  sì  trovò  alcune  volte  chi  , 
ull  coli’  occasione  dell’  ordinargli  alcun  lavoro 
era  andava  alla  sua  bottega , credendolo  un 
,[  macinatore  dì  colori  , o altra  vile  persona 
ai  gli  domandò  dove  fosse  il  maestro.  Per 

ap.  ordinario  si  fece  pagar  poco  le  sue  opere. 
iera  Non  ebbe  gran  pratica  in  far  figure  pic» 
;on.  cole,  ma  bensì  nelle  molto  grandi,  ove 
j[|.  consistono  le  maggiori  difficoltà  dell’  arte. 

Fu  buon  prospettivo,  ornò  benissimo  le 
eva  sue  figure  , fece  bene  i panni  e gii  ani- 
’jji  mali.  Gran  parte  de  suoi  quadri  furon 

comprati  da  Jacob  Baeuwaert  : ed  una 
Baldinucci  VoL  V'II \ 16 


242  OeC.  IV.  DELLA  PàR.  I.  DEL  SEC.  IV. 
bellissima  cucina  , dov’  egli  aveva  ritratto 
al  naturale  il  suo  secondo  figliuolo  in  età 
di  piccolo  bambino  , ebbe  un  tal  Ravert 
in  Amsterdam.  Di  Pietro  Lungo  trovo 
aver  fatta  una  breve  menzione  il  Vasari 
nella  seconda  e terza  parte  5 per  notizia 
avuta  di  lui  9 com’egli  scrisse,  da  Gio* 
Bologna  da  Dovai,  e da  Gio.  Strada,  con 
queste  precise  parole.  Pietro  Arsen , detto 
Pietro  Lungo  , fece  una  tavola  con  sue 
ale  nella  sua  patria  di  Amsterdam  , d en- 
travi la  nostra  Donna , ed  altri  Santi  9 
la  quale  tutù*  opera  costò  2000.  scudi . 
Di  questo  Pietro  ne  rimasero  tre  figliuoli: 
il  primo  de’  quali  fu  Pie  ter  Pieiersz  , il 
quale  fu  gran  pittore  , e imitò  assai  la 
maniera  di  suo  padre  e maestro , e fu 
solito  far  molto  dal  naturale  , come  que- 
gli  » a cui  poche  occasioni  si  presentarono 
di  far  quadri  grandi.  Mori  in  Amsterdam 
d’età  di  anni  sessautadue  Fanno  i6o3. 
lasciando  di  se  grati  fama  , non  tanto  pel 
valore  nell’  arte  della  pittura  , quanto  per 
F eloquenza  e dottrina  sua  , avendo  at- 
teso anche  alle  lettere,  li  secondo  fu 
Aeri  Pietersz  , uomo  che  fino  dalla  sua 
gioventù  operò  bene  m pittura  , e fu 
moko  pratico  in  far  ritratti  al  naturale  , 
sebbene  ebbe  ancora  buonissima  abilità 
nelle  storie.  Dirick  Pietersz  , più  giovane 
cito  anni  d’  Aeri  , -fu  aneli’  egli  discepo- 
lo del  padre,  e operò  a Fontanablò  fu 


PlETER  AERSEN.  243 

Francia.  Questi  nell’  ultima  guerra  avanti 
al  1610,  fu  ammazzato.  Pieter  il  primo 
lasciò  un  figliuolo  , che  fu  ancora  egli 
pittore,  e seguitò  la  maniera  del  padre. 


244 


MICHEL  COCXIE 

PITTORE  DI  MALINES 

Discepolo  di  Bernaert  di  Brusselles , 
nato  x497-  + i5g2. 


N 


nella 


acque  questo  rinomato  artefice 
città  di  Malines  1’  anno  1497*  Cre- 
sciuto io  età  fece  sotto  la  disciplina  di 
Bernaert  di  Brusselles  diligentissimi  stud) 
per  giugo  ere  alla  perfezione  dell’  arie  del 
dipigoere.  Se  ne  venne  poi  in  Italia  : e 
in  Roma  studiò  le  opere  di  Raffaello,  e 
nella  Chiesa  vecchia  di  San  Pietro  dipinse 


Michel  Cocxie»  245 

una  Resurrezione.  Operò  in  Santa  Maria, 
della  Pace  , ed  in  altri  luoghi  della  stessa 
città.  Tornossene  poi  alla  patria  accasato 
con  una  donna  di  tanto  suo  genio  , che 
godendo  con  essa  una  tranquillissima  vi- 
ta , potè  seoz’  alcun  disturbo  attendere  a 
tutto  suo  piacere  alle  cose  dell’arte.  Quel- 
la poi  mancatagli , prese  altra  moglie  * 
della  quale  non  ebbe  figliuoli.  Fra  le 
pere  principalissime  di  questo  artefice  , 
fu  una  tavola  da  Altare  nella  Chiesa  del- 
la Madonna  di  Halsembergh  , tre  leghe 
lontano  da  Brusselles  , in  cui  aveva  rap- 
presentato un  Crocifisso  con  tanto  artifizio 
e maestria , che  molti  amatori  dell’  arte 
concorrevano  bene  spesso  a quella  Chiesa 
per  vedere  tale  opera.  Questa  tavola  fu 
poi  a tempo  de’  tumulti  di  Fiandra  da. 
irn  tal  Thomas  Werzy  Mercante  di  Brus- 
seiles  portata  in  Ispagna  ( dove  anche 
aveva  portate  molte  altre  belle  cose  in 
tal  genere  ) e venduta  pel  Re  Filippo  ai 
Cardinal  Granvela.  Era  in  Brusselles  anco- 
ra di  mano  del  Cocxie  nella  Chiesa  Cat- 
tedrale di  Santa  Giulia  una  bellissima 
tavola  , in  cui  era  figurato  il  Transito  di 
Maria  Vergine , che  pure  fu  venduta  in 
Ispagna  a gran  prezzo.  Ad  un  Altare  di 
Santo  Luca  , attorno  ad  una  tavola  fatta 
da  Bernardo  suo  maestro,  aveva  egli  di- 
pinto due  sportelli  , i quali  nel  partir 
che  fece  di  Fiandra  il  Duca  Mattias,  vol- 
le portar  eoo  se  come  cose  rarissime.  Di- 


24$  DEC.  IV.  DELLA  PàR.  L DEL  SeC.  IV. 
piose  per  la  Chiesa  Cattedrale  d’  Anversa  ! 
la  tavola  di  San  Sebastiano.  Similmente 
per  la  nominata  Chiesa  di  S.  Giulia  in 
Bruxelles  una  stupenda  tavola  della  Cena  j 
di  Cristo  Signor  nostro  , e altre  moltissi- 
me opere  fece  nel  lungo  corso  di  sua  vi-  1 
ta”,  colle  quali  divenne  ricco  : e fra  gli 
altri  beni  eh’  egli  acquistò  nella  città  di 
Malines  sua  patria  , furono  tre  bellissime 
case  , anzi  piuttosto  tre  gran  palazzi. 
Ebbe  questo  artefice  una  bella  maniera  di 
colorire  , ed  alle  sue  figure  dava  gran 
naturalezza  , particolarmente  quando  era* 
no  immagini  di  Maria  Vergine  e de’  San*  ! 
ti.  Nell’ inventare  non  fu  molto  ricco. 
Erasi  egli  ajutato  assai  coli’  opere  Italiane, 
avendo  anche  posto  io  opera  molte  cose 
di  Raffaello  , sopra  le  pitture  del  quale 
egli  aveva  fatto  tutti  i suoi  grandi  studj. 
Gode  quando  GiroJanlo  Code  messe  alla 
stampa  le  stesse  opere  di  Raffaello  , il 
Coexie  si  trovò  in  grandi  angustie,  veden- 
dosi scoperte  per  non  sue  alcune  mara~ 
vigliose  figure»  delle  quali  egli  s’ era  servito 
nella  nominata  tavola  del  Transito  di  Ma- 
ria Vergine  in  Santa  Giulia  a Brusselles, 
Giunto  che  fu  M'cbeìe  al  novantesimo- 
quinto  a no  della  sua  età  , avendo  poco 
avanti  fatte  alcune  opere  nella  casa  o pa- 
lazzo della  città,  cadde  da  una  scala,  o 
da  un  ponte  di  tavole , dove  forse  egli 
s era  messo  a fare  alcuna  cosa  iu  pittura 
e di  tal  caduta  morì  1’  anno  i5y2. 


247 


HENDRICK , MARTEN, 

t 

E WILLEM 
DI  CLEEF  PITTORI 
Fiorivano  nel  i533. 


Nella  città  dì  Clevia  fu  In  questi 
tempi  un  certo  pittore  chiamato  Hendrick 
che  attese  a dipigoer  paesi.  Questi  viag- 
gio per  f italia  e altre  Provincie  , sempre 
ritraendo  aS  naturale  paesi  e lontananze  9 
rovine  , ed  ogni  altra  bella  cosa  fatta  dal® 
la  Natura  o dai  caso , secondo  quello  che 
egli  stimava  essere  a proposito  per  f arte 


.2|8  DeC.  IV.  DELLA  Par.  I.  DEL  $EC.  IV. 
sita  ; ma  assai  gii  giovò  per  farsi  valen- 
tuomo, oltre  allo  stadio  delle  cose  nata*, 
rali  , T essergli  data  alle  mani  gran  quan- 
tità di  disegni  di  simili  cose  , fatti  da  un 
tal  Melchior  Lorch  , che  era  stato  mol- 
to tempo  in  Costantinopoli , da’  quali  è 
fama , eh’  egli  cavasse  assaissimo  : e tan- 
to questi  che  gli  studj  suoi  proprj  furono 
fanno  1604.  dati  alle  stampe.  Fu  questo 
Hendrick  un  gran  coloritore  , e talmente 
imitò  la  maniera  di  far  paesi  di  France- 
sco Floris,  che  quelli  di  Francesco  si  scam- 
biavano co’  suoi  : e pare  che  tanto  egli  , 
quanto  Martino  suo  fratello  , fossero  di- 
scepoli dello  stesso  Floris.  Andò  poi  in 
Anversa,  dove  l’anno  i5d3.  si  trova  es- 
sere entrato  in  quella  Compagnia  de'  Pit- 
tori ; e a noi  non  è noto  il  tempo  , nel 
quale  seguì  la  sua  morte. 

MARTINO  suo  fratello  fu  discepolo  di 
Francesco  Floris,  e avvezzo  a operare  in 
cose  grandi  : poi  si  diede  a dipignere  fi- 
gure piccole  , facendo  molti  pezzi  di  qua- 
dri di  sua  invenzione  per  particolari  citta- 
dini , e finì  molte  opere  d’ Hendrick  suo 
fratello.  Dell’  abilità  di  costui  si  valsero 
molto  per  far  figure  ne’ìor  paesi  Gillis  di 
Coninsgloo,  ed  altri  pittori  di  paesi.  Fu 
assai  tormentato  dalla  podagra  , onde  no  a 
mai  potè  uscire  dalla  patria  9 come  il  fra- 
tello aveva  fatto.  E pervenuto  ali’  età  di 
cinquant’  armi  finì  di  vivere. 


Hendrick  , Martekt,  e Willem.  249 
WILLEM  DI  CLEEF  loro  fratello  fu 
gran  pittore  di  figure  grandi , e morì  molto 
tempo  avanti  al  1600.  I figliuoli  di  Mar- 
ten  furono  Giliis  » Marte»  , Joris , e Claes  „ 
quattro  fratelli , cbe  tutti  furono  buoni  pit- 
tori. Marte»  partì  di  Spagna  per  V Indie  ; 
Joris  , e Giliis  presto  morirono  : il  primo 
aveva  una  buona  inclinazione  a far  picco- 
le figure:  Claes  viveva  tuttavia  in  Anver- 
sa ranno  1604*  nè  altro  sappiamo  di  loro. 


LAMBERT  LOMBARDUS 

PITTORE  E ARCHITETTO 

I 

DI  LUYCH 

| 

Fioriva  nel  ì54o. 


F ra’  Pittori  più  degni  di  memoria  5 
che  partorì  circa  il  principio  del  passato  se» 
colo  la  Fiandra  , merita  il  suo  luogo  Lam- 
bert Lombardus  , nativo  di  Luycli  9 città 
non  molto  lontana  da  Mastrich  , perchè 
non  solamente  fu  pittore  assai  ingegnoso  , 
buono  architetto , intelligente  prospettivo, 
e buon  filosofo;  ma  perchè  fu  maestro  di 
molti  eccellenti  pittori  , fra’  quali  furono 


Lambert  Lombàrdtts*  %5i 
FRANCESCO  FLORIS  WILLENKCYC,  che 
in  nostra  lingua  -vuol  dire  Guglielmo  Sas- 
so , e HUBRÈCHT  G0LTX1US,  che  signi- 
fica Uberto  d’oro,  e molti  altri.  Pellegri- 
nò per  varie  Provincie  de’  paesi  Bassi  : scor- 
se l’ Alemagna  e la  Francia:  e ovunque 
trovava  antiche  sculture  , vi  faceva  sopra 
molto  studio;  anzi  scrivono,  che  egli  in 
simili  antichità  arrivasse  a tanta  pratica  , 
che  distingueva  in  qual  parte  del  mondo,, 
e in  qual  tempo  esse  sculture  erano  state 
fatte.  Di  che  sia  la  fede  appresso  Fautore, 
che  tal  cosa  scrisse,  che  fu  P altre  volte 
nominato  Vanmander  Pittore  Fiammingo, 
Venne  in  Italia,  e stette  in  Roma,  donde 
pel  grande  studiar  che  vi  fece  si  parti  as- 
sai migliorato  : e tornatosene  in  Fiandra  , 
levò  quasi  del  tutto  quella  barbara  manie- 
ra che  usavano  già  tino  dagli  antichi  tem- 
pi in  quelle  parti  gli  architetti.  Di  mano 
di  quest"  uomo  si  veggono  molte  cose  in 
istampa  , e fra  1"  altre  una  Cena  di  Cristo 
di  bella  invenzione  e componimento.  Fini 
il  suo  vivere  in  Liegi  Y anno  i56o.  La 
vita  di  questo  pittore  fu  latinamente  scrit- 
ta da  Dom  enico  L;  mpsooio , e data  alle 
stampe  in  Bruges  da  Uberto  Goltzio  del 
1 565.  ma  a me  non  é stato  possibile  il  rin- 
tracciarla ; onde  poche  notizie  potrò  dare 
di  lui.  Fu  poco  avanti  al  i6co.  dato  alla 
luce  il  suo  ritratto  , stampato  con  intaglio 
di  Tommaso  Galle  , sotto  il  quale  si  leg- 
gono i seguenti  versi. 


à5s  Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
Elogium  ex  merito  quod  te , Lombarde  9 
decebat , 

Non  libet  hic  paucis  texere  versiculis . 
Contine C hoc  ea  charta  ( legi  si  nostra 
merentur  ) 

De  te9  (juamfeciù  Lampsonìana  graphis . 


253 


FRANS  MINNERBROES 

E ALTRI  PITTORI  DI  MALINES 
CHE  FIORIVANO 
IN  QUESTI  TEMPI. 


A vendo  falla  menzione  di  alcuni 
buoni  Pittori  di  Goude , conviene  ancora 
far  memoria  di  altri,  che  furono  in  que- 
sti tempi  in  Malines , tra  Anversa  e B rus- 
se! les.  Uno  di  costoro  fu  Frans  Minner- 
broer , che  in  nostra  lingua  diremmo  Fran- 
cesco Frate  Minore.  Fiorì  egli  in  circa  il 
1540.  e fu  molto  pratico  nel  fare  a olio. 
Era  F anno  1604.  di  sua  mano  nella  Ghie- 


2 54  Dec.  IV.  della  Pah.  I.  del  Sec.  IV. 
sa  delia  Madonna  una  Vergine  che  va  in 
Egitto  : il  paese  rappresentava  un  orrido 
deserto , e tanto  questo  che  le  figure  era- 
no molto  belle.  Fuori  di  Malìnes,  presso 
alla  Madonna  d’  Hansrryche , era  una  ta-* 
vola  colla  stona  dì  Maria  Vergine  saluta- 
ta dall’  Angelo  y e una  Visitazione  di  San- 
ta Elisabetta.  Erano  iu  queste  storie  alberi 
bellissimi. 

Francesco  ebbe  un  discepolo  pare  di 
Malìnes,  che  si  chiamò  FilANS  VERBE- 
ECH  , che  fu  Pittore  pratico  nell’  a guaz- 
zo, e imitò  la  maniera  di  Jeronimo  Bos. 
Nella  medesima  città  era  di  sua  mano  ua 
San  Crislofaao  con  molte  figure  attorno. 
In  Santa  Caterina  era  espressa  nattiralissi- 
mamente  la  parabola  della  Vigna.  Fece 
molte  opere  , che  andarono  in  diverse  par- 
ti. Fra  i’  altre  un  paese  veduto  in  tempo 
d’ inverno  senza  neve  e diaccio  , ma  con 
gli  alberi  spogliati  dì  foglie , e le  lonta- 
nanze fece  vedere  senza  nebbia  o aria 
grossa  molto  ai  naturale.  La  maggior  par- 
te dell’  opere  di  costui  furono  di  feste , 
danze,  nozze,  e altre  azioni  che  si  fanno 
in  campagna  da’  contadini. 

Vi  fu  ancora  un  tal  VINCENT  GEL- 
DERSMAN  assai  bravo  Pittore,  di  mano 
del  quale  fu  una  Leda  , mezza  figura  , con 
due  uova:  una  Susanna,  e una  Cleopatra, 
delle  quali  si  veggiono  diverse  copie  pel 
mondo , le  quali  opere  aveva  lavorato  a 
olio.  Nella  Chiesa  Cattedrale  di  Sau  Rom- 


Fràns  Minnerbroes.  2Ì>5 

boat  nella  Cappella  de’  Cavalieri  era  1’  an- 
no 1604.  un  Cristo  deposto  di  Croce,  do* 
ve  aveva  figurata  Maria  Vergine  e la  Mad- 
} dalena  in  atto  di  piagnere  sopra  i piedi 
dei  Signore  , opere  molto  lodate  dagli  ar- 
tefici, Nella  stessa  Cappella  aveva  dipinte 
storie  del  Vecchio  Testamento,  che  erano 
1 appresso  ad  altre  simili  fatte  per  mano 
d’  un  pittore  Tedesco. 

Ancora  era  in  essa  città  un  certo 
HANS  H0GHENBERGH  , che  in  nostro 
idioma  vuol  dire  Gìo.  Montagna  alta  , che 
morì  E armo  1 544.  Di  sua  mano  si  vedeva 
1 |j  V entrata  di  Carlo  V.  in  Bologna  di  Pian- 
'•  ij  dra. 

Ancora  un  tal  FRANS  CREBBE  , che 
noi  diremmo  Francesco  Granchio  , di  ma- 
no del  quale  era  nella  Chiesa  de*  Padri 
5 Zoccolanti  , pur  di  Maiines  ali’  Aitar  mag- 
1 j gì  ore  , un  quadro  della  Passione  del  Sigoo» 
re  fatto  a tempera  eoo  suoi  sportelli  : nel 
a | mezzo  si  vedeva-  la  Croce  , e in  esso  aveva 
dipinti  bellissimi  ritratti  in  sulla  maniera 
» di  Quintin  de  Smets , che  è lo  stesso  che 

0 j Quintino  Manescalco  , de!  quale  abbia m 

parlato  a lungo , sotto  nome  di  Quietino 
r!ji  Messis.  Questo  Fraas  fa  persona  ricca  , e 

01  per  ordinario  seguitò  la  maniera  di  Luca 
q ! d*  Olanda.  Segui  la  sua  morte  Fanno  1648* 

CLAES  RQGIER,  o vogliamo  dire 
il  s Niccolò  Ruggieri  fu  gran  pittore  di  paesi, 
a | Poco  dopo  vi  fu  un  certo  HANS  KAYNOT, 
chiamato  il  Sordo,  perchè  tale  era  vera* 


2 56  DEC-  IV.  DELLA.  Par.  I.  DEL  SEC.  IV. 
mente.  Questi  fu  piu  eccellente  del  Rug- 
gieri j e operò  in  sulla  maniera  di  Joa- 
chim  Patanier , benché  avesse  imparata 
Farle  da  Matteo  Cuoco  d’ Anversa.  Vi  son 
poi  stati  altri  pittori , de’  quali  si  farà  men- 
zione sotto  i loro  tempi» 


i 


2§7 


JAN  MOSTART 

PITTORE  D’HAERLEM 

Fioriva  nel  1S40, 


Siccome  in  Italia  le  città  di  Firenze, 
di  Yenezia  , e di  Roma  furono  sempre  in 
gran  pregio  per  gli  eccellenti  uomini  , 
che  esse  diedero  alle  nostre  arti , così  in 
Olanda  fu  sempre  in  grande  stima  la  città 
di  Haerlem  pe’  molti , che  di  essa  riusci- 
rono eccellenti  in  tali  professioni.  Fra  que- 
sti fu  Jan  Mostart , nobile  di  quella  città, 
il  quale  fino  dalla  sua  fauciullezza  , tirato 
da  una  grande  inclinazione  al  disegno  , si 
pose  sotto  la  disciplina  di  Jacob  di  Haer- 
lem valente  pittore.  Aveva  Giovanni  avu- 
to un  suo  antenato  > di  cui  riteneva  il  ca- 
Baldinucci  VoL  VH*  iy 


258  Dec.  lY.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
gnome  di  Mosi  art , il  quale  egli  aveva 
acquistato  per  se  coll’  occasione  di  essersi 
trovato  coll’ lmperador  Federigo,  e il  Con- 
te di  Clovis  nel  tempo  eh’  egli  andò  in 
Terra  Santa  ; perchè  nella  presa  di  Dainia- 
ten  , da  altri  detta  Pelusia  in  Egitto,  mo- 
strò sì  gran  valore  nel  combatter  coll’  ar- 
me bianca  , che  la  plebe  ignorante  per  i- 
scherzo  gli  diede  il  nome  di  uomo  forte 
quanto  la  mostarda  , d’  onde  poi  Mostart. 
Checche  si  sia  di  questo , verissima  cosa 
è , che  egli  per  la  sua  bravura  fu  dall’  lm- 
peradore  dichiarato  nobile , e gli  furon  da- 
te per  arme  tre  spade  in  campo  rosso, che 
fu  poi  la  sua  ordinaria  insegna , e de’  suoi. 
Giovanni  dunque,  del  quale  parliamo, 
non  solamente  fu  un  gran  pittore , ma  fu 
uomo  discreto , benigno  e manieroso  : e 
perciò  fu  amato  assai  dalla  plebe  non  so- 
lo » ma  anche  dalla  nobiltà  : e finalmente 
fu  dichiarato  Pittore  di  Madama  Mar- 
gherita , la  Sorella  dell’  Arciduca  Filippo  , 
primo  di  questo  nome  Re  di  Spagna  , e 
Padre  di  Carlo  V.  Essendo  in  questo  ser- 
vizio studiò  tanto  in  farsi  ' ben  volere  da 
ognuno,  che  oltre  all’essere  stato  sempre 
da  tutti  ben  visto , giunse  a tal  segno  di 
grazia  colla  padrona  sua , che  ovunque 
eli’ andava,  doveva  esser  sempre  ancora 
egli»  in  diciolt’  anni  eh’  egli  stette  in  quel- 
la Corte,  fece  molte  opere  : e perchè  era 
singolarissimo  in  far  ritratti  ai  naturale  , 
i quali  faceva  parer  vivi , ritrasse  molte 


Jan  Mostàrt.  2Sg 

Dame  e Cavalieri.  Tornatosene  poi  in  Ha- 
erlem  fu  sempre  la  sua  stanza  frequentata 
da  personaggi  d’alto  affare.  In  questa  cit- 
tà in  casa  un  certo  Jacopynen  erano  Fan- 
no 1604.  alcune  tavole,  e fra  queste  una 
tavola  da  Altare  con  sua  predella  , dov’ era 
rappresentato  il  Natale  di  Cristo  , opera 
assai  celebrata  da’  professori.  In  casa  di  un 
suo  nipote , figliuolo  di  un  suo  figliuolo  , 
si  vedevano  molte  cose  di  sua  mano.  Ni- 
claes  Suycker  , che  è quanto  dire  in  no- 
stra lingua  Niccolò  Zucchero , aveva  un 
pezzo  di  quadro  d’  un  Ecce  Uomo  grande 
quanto  il  naturale , e più  che  mezza  figu- 
ra , dove  erano  alcuni  ritratti  fatti  al  vivo: 
e per  uno  di  que’  soldati  che  teneva  lega- 
to la  persona  di  Cristo , aveva  ritratto  un 
tal  Pier  Muys  , cioè  Pietro  Topo , birro 
di  quella  città  , che  per  esser  calvo  di  te- 
sta e di  brutto  aspetto , stimò  molto  appro- 
priato a rappresentare  tal  figura.  Eravi 
ancora  un  quadro  di  un  banchetto  degli 
Dei  : e un  paese , che  rappresentava  F In- 
die con  molte  figure  ignude  e abitazioni 
fatte  all’  uso  di  quelle  parti.  Questo  però 
non  era  interamente  finito.  Vi  era  ancora 
il  ritratto  della  Contessa  Jacoba , e del  Sig. 
di  Borsele  suo  marito  , con  abito  all’  usan- 
za antica.  Vi  era  pur  di  sua  mano  il  ri- 
tratto di  se  stesso,  che  fu  quasi  l’ultima 
opera  eh’  ei  facesse.  Erasi  egli  figurato  ignu- 
do in  atto  umile  , genuflesso , colle  mani 
giunte  , dalle  quali  pendeva  una  corona* 


Z60  DEC.  IV.  DELLA  Par.  I.  DEL  SEC.  IV. 

In  lontananza  era  un  paese  fatto  al  natu- 
rale , e nell’  aria  si  vedeva  Cristo  sedente 
in  atto  di  giudicare  : da  una  parte  aveva 
figurato  il  demonio  , che  l’accusava  avan- 
ti al  Tribunale  d’ Iddio  dair  altra  parte 
aveva  fatto  vedere  uo  Angelo  in  atto  di 
chieder  per  lui  misericordia.  In  casa  di 
Jacob  Ravart  in  Amsterdam  era  pur  di 
sua  mano  una  bella  figura  di  Sant’Anna. 
Appresso  di  Floris  Lehoterbosch , Consi- 
gliere nell’  Haja  , luogo  della  Corte  d’  fi- 
landa , era  un  Abramo  con  Sara  > Agar  , 
ed  Ismaele , di  grandezza  di  più  che  mez- 
za figura  con  belli  abiti , e acconciature 
al  modo  antico.  In  casa  di  Jan  Claesz , 
Pittore , discepolo  di  Cornelis  Cornelisz , 
tra  f altre  cose  era  uo  San  Cristofano  con 
un  paese  assai  grande.  Nella  Corte  del  Prin- 
cipe era  un  Santo  Uberto  fatto  con  gran- 
de osservazione  del  naturale.  Assai  grandi 
e beile  opere  di  Mostart  arsero  in  Haer- 
lem  insieme  colla  sua  casa  iu  un  gran- 
di incendio  * che  s’  appiccò  in  quella  città. 
Fu  questo  Pittore  uomo  di  giudizio  , spi- 
ritoso 9 e vaiente  neh’ operar  suo,  tanto- 
ché Marte»  Hemsckerck  , Pittore  celebre , 
era  solito  dire  asseverantemente  , che  Mo- 
start aveva  superato  tutti  gli  altri  maestri 
eh* egli  aveva  conosciuto:  e si  racconta, 
che  Jan  di  Mabuse,  pure  anch’ egli  ottimo 
Pittore  , il  pregasse  una  volta  cV  andare  ad 
aiutargli  nell’ opere  della  Badia  di  Midel- 
burgh  ; ma  il  Mostart  per  non  lasciare  il 


Jan  Mostart.  a6f 

a-  ! servizio  di  quella  gran  Dama  e Prìnei pes- 
te sa  , della  quale  egli  anche , secondo  alcune 
fa  scritture,  che  furon  trovate  in  essa  casa  * 
n»  era  stato  dichiarato  Gentiluomo  , recuso 
te  di  farlo.  Segui  la  morte  di  lui  fra  il  i555® 
dii  e il  i S56.  essendo  egli  d'assai  buona  età» 

dii 

di 

1.1  - 
ìi'|  ' 

)•  I 

'»  fi 
b I 
re  I 

:,1 

a : 

I*  I- 
l‘l 

s| 

r*  ! ! 

1«  ; j - 

1,1 

i i 

)•  j 

1 1 

i* , 1 

’i  ' j 

>! 


i 


2&2 


MICHEL5  ANGIOLO 

SCULTORE 

Fioriva  circa  al  i54o. 


ISfacque  questo  artefice  nelle  rparti 
della  Schiavonia,  dove  dimorò  gran  tem- 
po, e molto  operò.  Ven  utose  n e a Roma, 
vi  fece  alcune  cose.  Avendo  poi  Baldassar- 
re Pernii,  ad  instanza  del  Cardinale  Hinc- 
forth,  fatto  il  disegno  per  la  sepoltura  di 
Urbano  VI.  per  la  Chiesa  di  Santa  Maria 
dell’Anima  della  Nazione  Tedesca,  fecelo 
eseguire  ad  esso  Michel’  Angiolo , che  assai 
lodevolmente  la  condusse. 


a6$ 


ALBEGRAEF 

INTAGLIATORE  E PITTORE 
DI  SOEST 

Fioriva  intorno  al  i55  o 


■4- 


jAhldegraef  celebre  Pittore  e Intaglia* 
tore  si  dice  che  fosse  nativo  di  Vestfalia  : 
e se  pure  non  ebbe  origine  in  quel  luo- 
go, almeno  vi  si  trattenne  qualche  tempo, 
dimorando  nella  citta  di  Scesi,  otto  leghe 
lontana  da  Munster.  In  questa  fece  molte 
opere  in  pittura  per  quelle  Chiese  , e par- 
ticolarmente per  la  Chiesa  vecchia  , dove 
fino  all*  anno  1604.  era  una  bella  tavola 


%%4  ^EC*  della.  Par.  I.  del  Sec  IV. 
della  Natività  di  Cristo.  Molte  sue  pitture 
lodatissime  ebbe  la  città  di  Norenaburgh , 
e altre  di  quelle  Provincie.  Sarà  costui 
sempre  memorabile  pe’  bellissimi  intagli  , 
che  uscirono  di  sua  mano  : tali  sono  alcu- 
ne storie  di  Susanna , ed  altre  di  femmi- 
ne nude , ed  altre  d’ Ercole  , dodici  grandi 
carte  di  Baccanali  e simili,  dal  i53S.  al 
i55i.  Vedesi  nelle  sue  stampe  gran  varietà 
d’arie  di  teste,  e d’abiti  in  sulla  manie- 
ra di  Luca  d’ Olanda.  Seguì  la  morte  di 
questo  artefice  nella  nominata  città  di 
Soest,  dove  anche  fu  al  suo  corpo  data 
sepoltura.  Non  è a nostra  notizia  il  proprio 
luogo  di  essa;  ma  solamente  che  ( secondo 
quello,  che  lascio  scritto  in  suo  idioma  il 
Yanmander  Pittor  Fiammingo  ) sopra  esso 
luogo  fu  da  un  suo  compagno  di  Munster 
fatta  fare  una  lapida  colla  lesta  e arme 
appunto , che  Aldegraef  era  solito  impron- 
tare nelle  sue  opere® 


265 


WILLEM  KEY 

PITTORE  DI  BREDA 

Discepolo  di  Trans  Floris  s fioriva 
nel  i54©.  + i568. 


illem  Key , cbe  in  nostro  idio« 
ma  diremo  Guglielmo  Malto , fioriva  in 
Anversa  l’anno  i54©.  dei  qual  tempo  si 
trova , che  entrasse  in  quella  Compagnia 
de’  Pittori  : e aveva  sua  abitazione  vicino 
al  luogo  detto  la  Borsa,  che  è il  luogo 
de’ Mercanti,  Questi  nella  sua  gioventù  ap- 
prese l’arte  dal  celebre  Pittore  Francesco 
Floris , e poi  si  pose  appresso  Lamberto 
Lombardo  di  Liege,  Operò  bene  al  natu- 


2^6  DeC.  IV.  DELLA  PàR.  I.  DEL  §EC.  IV. 
rale,  ed  ebbe  lode  in  quelle  parti  di  di«ì 
pignere  con  più  dolcezza  di  qualunque  al- 
tro suo  coetaneo , benché  non  riuscisse 
cosi  spiritoso  , quanto  era  il  Floris.  Nel 
Palazzo  della  città  d’  Anversa  era  già  uq 
quadro  di  sua  mano  che  gli  fu  ordinato 
dal  Tesoriere  Christoffel  Pruina  , dove  ave- 
va fatti  i ritratti  grandi  quanto  il  natura- 
le de’  Signori  della  città  : e di  sopra  era 
un  Cristo  con  Angeli.  Questo  quadro  l’an- 
no 1576.  nel  tempo  che  la  soldatesca  Spa- 
gouola  diede  fuoco  al  Palazzo,  restò  preda 
di  quei  grande  incendio.  Nella  Cattedrale 
aveva  dipinta  una  storia,  dove  aveva  rap- 
presentato Gesù  Cristo  in  atto  di  chiama- 
re a se  le  sue  creature  , colle  parole  Ve- 
nite ad  me  omnes , qui  laboratis , etc. 
Vedevasi  appresso  al  Signore  gran  copia 
d’artefici  d’ogni  mestiere,  che  s’ingegna- 
vano d’  accostarsi  a lui  : e questo  quadro 
pure  ancor  esso  peri  nel  tempo  delle  Ri- 
bellioni : ciocché  mi  persuado  seguisse  an- 
cora ad  un’  altra  bella  tavola , che  era  pqr 
di  sua  mano  in  quella  Chiesa,  dov’era 
dipinto  il  trionfo  di  Cristo,  Fece  il  ritrat- 
to del  Cardinale  Granvela,  e quello  an- 
cora del  Duca  àJ  Aiva  : e occorse , che 
mentre  egh  alla  presenza  del  Duca  lo  sta- 
va lavorando.,  quantunque  e’  non  fosse 
benissimo  esperto  io  quella  lingua , egli 
intese  un  certo  discorso , che  concludeva 
esser  già  stato  determinato  eh’  e’  si  facesse 
morire  il  Conte  di  Egmondt,  e il  Conte 


Willem  Key  2G7 

di  Hoorne  eoa  altri  Signori , onde  Gugliel- 
mo , come  quegli  che  era  tenero  di  cuore*/ 
e molto  amava  la  nobiltà,  e anche  come 
vollero  alcuni  per  1’  orrore  in  che  egli  eb- 
be sempre  la  faccia  del  Duca  d’  Al  va  * 
§’ atterrì  di  tal  maniera,  e tanto  $’  accorò  * 
che  infermatosi  gravemente  appunto  lo  stes» 
so  giorno , che  furono  fatti  morire , eh© 
fu  il  dì  5 di  Giugno  del  i568.  ancor  esso 
si  morì , benché  altri  fosse  àJ  opinione  * 
che  ciò  seguisse  alcun  giorno  avanti.  Fu 
questo  artefice  dotato  di  ottime  qualità 
naturali , onestissimo  ne’  costumi  e nelle 
parole.  Tenne  sempre  l’arte  in  gran  ripu«* 
fazione  : e perchè  gli  furono  pagate  le  ope- 
re assai , fece  anche  buone  ricchezze.  Abi- 
tò un  magnifico  palazzo , e seppe  bene  ac- 
coppiare la  prudenza  con  un  discreto  ri- 
sparmio colla  magnanimità  di  un  molto 
nobile  trattamento  della  propria  persona  : 
e lasciò  di  se  in  ogni  conto  gioconda  ed 
onorata  memoria. 


268 


LUCA  G A S S E L 

PITTORE  D’HELMON 
Fioriva  circa  il  1540. 


'(  : 


O sserva  il  Vanmander  Plttor  Fiam- 
mingo, che  i pittori  de’  Paesi  Bassi  fino 
al  suo  tempo  si  guadagnarono  più  rinoman- 
za in  Italia  per  1’  mcliuazione , e pel  ge- 
li io  particolare  che  ebbero  non  tanto  in 
far  Paesi  , che  per  dipignere  figure  gran- 
di : il  che  non  si  può  negare , perchè 

molti  di  loro  furon  fatti  operar  in  Italia, 
e furon  ricevuti  con  lode  5 molto  più  lo- 


Luca  Gassel®  269 

ro  r paesi , che  loro  figure.  Un  di  coloro  * 
che  si  portarono  molto  tempo  bene  , fu 
Luca  Gassel  d’Helmon,  che  abitò  in  Bros- 
selles,  dove  anche  morì  : e lavorò  a olio 
e a guazzo , ma  poche  furono  le  opere 
sue.  Fu  particolare  amico  del  Lansonio  9 
dal  quale  meritò  di  esser  celebrato  con 
eruditi  versi*  Fu  il  ritratto  di  questo  ar- 
tefice intagliato  poco  avanti  al  1600.  e da- 
to alle  stampe  fra  quelli  degli  eccellenti 
Pittori  Fiamminghi , che  aveva  intagliato 
Tommaso  Galle, 


27© 


PIETRO  KOECK 

PITTORE  E ARCHITETTO  D’  ALEST 

CITTA.*  DI  FIANDRA 

Morto  nel  i55o. 


Fra  le  molte  città  della  Fiandra, 
che  si  vantano  di  aver  dato  al  mondo  se- 
gnalati Pittori  , ha  anche  il  suo  luogo  la 
città  di  Alest  per  avere  avuto  per  suo 
cittadino  il  celebre  uomo'  e ingegnoso 
Pietro  Koeck.  Questi  apprese  tal  professione 
da  Bernardo  di  Brossel , e riuscì  disegna- 
tore e pittore  molto  ardito  , tanto  a olio  5 


i 


Pietro  Koeck.  271 

che  a guazzo.  Si  portò  valorosamente  in 
dipigner  cartoni  per  tappezzerie.  Se  ne 
passò  poi  in  Italia  , e nella  scuola  di  Ro- 
ma spese  qualche  tempo  , facendo  grandi 
studj  in  disegnare  e misurare  architetture. 
Tornatosene  poi  alla  patria  , prese  moglie* 
che  presto  gli  mori.  Avvenne  che  essendo 
egli  riraaso  solo  ? un  tal  Vander  Mocien 
mercante  di  Brossel , che  mercantava  tap- 
pezzerie , lo  consigliò  a lasciarsi  condur- 
re in  Costantinopoli  , dove  sperava  di  far 
con  lui  in  quelle  parti  gran  guadagni  in 
simili  lavori  e mercanzie  ; onde  egli  pas- 
sò a quella  volta.  Quivi  il  mercante  gli 
fece  dipignere  alcune  cose  per  mostrare 
al  Gran  Signore;  ma  perchè  lo’mperadore 
de’  Turchi  non  volle  figure  umane , nè 
d’  animali  , gettò  via  la  spesa  , il  viaggio 
e’1  tempo  d’  un  anno  cbe  vi  si  trattenne  , 
altro  non  riportando  a casa  , che  alquan- 
to di  pratica  fatta  nella  lingua  Turchesca. 
Nel  tempo  eh’  ei  si  trovava  colà  sfaccen- 
dato , perchè  non  poteva  vìvere  senz’  alcu- 
na cosa  fare , si  pose  a disegnare  essa  cit- 
tà di  Costantinopoli  con  molli  luoghi  vi- 
cini che  si  videro  poi  in  istampa  intaglia- 
ti in  legno  in  sette  pezzi  , dove  apparisco- 
no rappresentate  molte  azioni  de’  Turchi® 
Nel  primo  , come  i)  Gran  Signore  caval- 
ca colla  sua  guardia  de*  Giannizzeri  ed 
altri  : nel  secondo  , una  festa  di  maritag- 
gio alla  Turchesca  , e’1  modo  di  condur- 
re e accompagnare  la  Sposa,  con  sonato* 


2J2>  DeC.  IV.  DELLA  PàR.  I.  DEL  SEC.  IY. 
ri  di  diversi  strumenti , e persone  , che 
alia  loro  maniera  vanno  ballando  : nel 
terzo , come  e’  fanno  a seppellire  i loro 
morti  fuori  della  città  : nel  quarto  , una 
festa  della  Luna  nuova  : nel  quinto , il 
modo  di  lor  mangiare  a sedere  alla  men- 
sa : nel  sesto  , il  modo  di  viaggiare  : nel 
settimo , il  loro  portamento  alla  guerra. 
In  questi  intagli  si  veggiono  bellissime 
azioni  , figure , femmine  molto  vaghe , be- 
ne abbigliate  di  panni  ed  acconciature  : 
e nell’  ultimo  pezzo  è il  ritratto  di  lui 
medesimo  in  abito  di  Turco  coll’ arco  in 
mano , e accenna  ad  uno  che  gli  sta  vi- 
cino con  una  lancia  lunga  a foggia  di 
bandiera-  Dopo  tutto  questo  tornò  Fietro 
al  suo  paese , dove  prese  la  seconda  mo- 
glie, che  si  chiamò  Mayken  Verhobst 
Berseners.  Di  questa  tale  ebbe  una  figli- 
uola , che  fu  poi  moglie  del  rinomato 
Pietro  Brughel  suo  discepolo.  In  questo 
tempo,  cioè  del  i54g.  compose  alcuni  li- 
bri d’architettura,  di  geometria,  e di 
prospettiva  : e comecché  egli  era  dotto  e 
bene  esperto  nella  lingua  Italiana,  tradus- 
se i libri  di  Sebastiano  Serlio  in  lingua 
Fiamminga  , la  qual  sua  bella  fatica  por- 
tò in  que’  paesi  grande  utilità  ; perchè 
coll’  ajuto  di  essa  restarono  corrette  poi  le 
opiaioni  e gli  errori  di  coloro , che  allo- 
ra vi  operavano  dell"  antica  e goffa  ma- 
niera Tedesca  : e rimase  anche  aperta  la 


Pietro  Koeck,  278 

strada  alla  migliore  intelligenza  de’ cin- 
que ordini  di  Vitrtivio:  e v'incominciò 
la  buona  maniera  , ponendosi  fine  ali’ al» 
tra  ; benché  tal  miglioramento  d*  operare 
fosse  poi  in  parte  corrotto  da  altre  manie- 
re , che  vi  furon  portate  di  Germania  » 
e da  que’  maestri  tanto  quanto  accettate. 
Dipinse  egli  molte  tavole  e ritraiti  : e fu 
pittore  della  Maestà  Cesarea  di  Carlo  V. 
nella  servitù  del  quale  mori  nella  città 
d’ Anversa  l’anno  i55o.  La  sua  vedova 
moglie  diede  alla  luce  i suoi  libri  d’  ari 
chirettura  Tanno  i583.  Ebbe  un  figlinolo 
naturale , che  si  chiamò  Paulo  Vanaeist  * 
che  fu  eccellente  nel  copiar  le  opere  di 
Gio.  Mabuse , e dipinse  con  gran  diligen- 
za caraffe  di  fiori.  Abitò  e morì  111  An- 
versa , e la  moglie  di  lui  si  rimaritò  a 
Gielis  Van  Coqìucxìoo  Pittor  celebre,  che 
operò  di  paesi  con  animali  fatti  molto  al 
vivo  e in  gran  copia.  Il  ritratto  di  Pietro 
Eoeek  fu  poco  avanti  al  1600.  dato  alle 
stampe  intagliato  da  Tommaso  Galle  , e 
sotto  ad  esso  si  leggono  i seguenti 
versi  : 

Piotar  eras  , nec  eras  tantum  , Petre  , 
Piotar,  Alostum 

Qui  facis  hao  Orbi , notius  arte 
Luum» 

Multa  sed  accessit  multo  ars  Uhi  parta 
labore  , 

Baldinuccu  Voi  VII * 18 


£74  ^ECc  DELLA  Par.  I.  del  Sec.  IV, 
Cujus  opus,  pulcras  aedificare  domos . 
Serlius  liane  Jtalos  : tu , Serii  de  in  de 
bilinguis 

InUnpres , Belgas  F rancigenasque  do - 
ces. 


27$ 

GIOVANNI 

DETTO 

L*  OLANDESE 

PITTOR  D’  AINVERSA 


mori  nel  i54o. 


j . 
1 


(j"io vanni  detto  V Olandese  nacque 
in  Anversa , e si  crede  che  F opere  di 
lui  cominciassero  ad  aver  nome  circa  ’1 
tòoo.  Ne*  Paesi  Bassi  fu  stimato  singoiar 
in  dipignere  a guazzo  e a olio  , e parti» 
colarmente  Paesi,  sopra  i quali  fece  gran® 
di  sludj  rilraendoli  al  naturale.  Era 
solito  starsene  presso  ad  una  finestra  di 


5276  Bec.  IV.  DELLA  Pah.  I.  DEL  SeC*  IV, 
casa  sua  , e quivi  coloriva  cielo  e cam-? 
pagne.  Fu  il  suo  dipignere  tanto  alla  pri- 
ma , che  bene  spesso  si  valeva  per  iscuro 
o mezza  tinta  della  mestica  delle  sue  tele: 
imitato  poi  dal  Brughel , che  in  alcuni 
luoghi  dava  il  colore  tanto  tenero  , che 
vi  appariva  bene  spesso  il  colore  della 
stessa  mestica.  Ebbe  moglie , la  quale 
continuamente  viaggiava  a1  mercati  di  Bra- 
danza  e di  Fiandra , incettando  quadri  | 
in  diverse  città , quelli  poi  rivendendo  j 
con  gran  guadagno  ; che  però  il  marito 
si  slava  a casa , e godendo  dell’  industria 
di  lei  non  solo  avea  gran  comodità  d’ap* 
plicare  alle  sue  pitture  , ma  anche  di  pi- 
gliarsi i suoi  riposi  , perchè  ebbe  pochis- 
sima  voglia  di  faligare  : e per  ordinario, 
dipigneva  poco.  1 suoi  paesi  però  non 
punto  cedono  in  bontà  a tutti  gli  altri 
de’  maestri  de'  suoi  tempi  : e si  trova  9 
che  fra  alcuni  ritratti  di  celebri  Pittori 
Fiamminghi  , che  furon  dati  alle  stampe 
con  intaglio  di  Tommaso  Galle , poco 
avanti  al  1600.  fu  dato  luogo  anche  a 
quello  dell’  Olandese , che  mori  in  Anver* 
sa  sua  patria  l’anno  i54o.  e Domenico 
Lainscnio  compose  sopra  di  lui  i seguen*? 
ti  versi: 

Propria  Eelgarum  ìaus  est  bene  pun- 
gere fura  : 

Ausonìorum  homines  piagare , sive 
Dea  Ss  ! 


Giovanni,  S77 

Nec  mirimi  : irt  capito  Ausonius  3 seti 
Belga  cerebrum 

Non  temere  ignava  fertur  habere 
marni . 

Maini t ergo  manus  Jani  bene  fingere 
rara 

Quam  caput  9 due  homines , auù  male 
scire  Deos, 

UT r .ii?' Z ' Ti  ' : ' " 


278 


MARCO  DA  SIENA 

PITTORE 

Discépolo  dì  Baldassarre  Per  uzzi  9 
fioriva  circa  al  1540. 


«Apprese  i principi  dell’  arte  questa 
buon  pittore  da  Mecherino  : poi  sotto  Bai» 
dassarre  Peruzzi  si  perfezionò  in  modo  9 
che  potè  molto  operare  , e con  gran  lode 
in  Siena  sua  patria  e fuori.  Esercitò  l’ar- 
te sua  in  Roma  appresso  Pierin  del  Vaga: 
e fra  1’  akre  cose  , che  egli  vi  condusse 
di  sua  n»auo , furono  alcune  pitture  cel- 
la Cappella  della  Rovere  alia  Trinità  dei 


Marco  di  Siena*  273 

Monti  ; io  compagnia  di  Pellegrino  da 
Bologna  vi  dipinse  la  volta  a fresco  p 
servendosi  de’  cartoni  di  Daniello  da  Vol- 
terra. Nella  Chiesa  de’ Santi  Apostoli  a 
mano  sinistra  dipinse  la  tavola  di  San 
Giovanni  Evangelista.  Nell’  Oratorio  del 
Gonfalone  fece  di  sua  mano  la  grande 
istoria  della  Resurrezione  del  Signore  a 
fresco,  e due  figure,  che  rappresentano 
due  Virtù.  Xn  Araceli  è la  tavola  di  Cri- 
sto morto  nel  grembo  della  Madre.  Gii 
fu  poi  dato  a dipignere  in  Sala  Regia  9 
dove  sopra  la  porta , che  va  alla  Loggia 
della  Benedizione,  fece  la  storia  d’ Ottone 
Imperadore , quando  restituì  alla  Chiesa 
le  proviacie  occupate:  e nella  Sala  di 
Castello  a Sant’  Angiolo  assai  cose  a fre- 
sco. Portatosi  a Napoli  vi  fece  alcune  o-* 
pere , fra  le  quali  una  bellissima  tavola 
per  la  Cappella  edificata  da  Guglielmo 
del  Riccio  in  San  Giovanni  de’  Fiorentini 
di  essa  città  di  Napoli  : e ciò  seguì  poco 
avanti  al  i566.  E perchè  egli  fu  anche 
buon  pratico  in  architettura,  della  quale 
scrisse  un  buon  volume  , vi  ebbe  a fare 
molte  piante  di  edificj , e nominatamente 
la  detta  Cappella  del  Riccio  , che  si  ero- 
de fabbricata  coti  suo  disegno» 


200 


GIOVANNI  HOOLBEEN 

PITTORE  DI  BASILEA 

Nato  1648,  4*  i554* 


L eccellentissimo  Pittore  HoclBeen 
nacque  nel  paese  degli  Svizzeri  nella  cit- 
tà di  Basilea  nel  1498.  ed  agli  anni  del  cono- 
scimento pervenuto  , datosi  allo  studio  del 
disegno  e della  pittura  , dopo  aver  fatto 
in  essa  buon  profitto  , dipinse  nel  palazzo 
del  Senato  di  quella  città  e in  diverse  ca- 
se di  cittadini  molte  belle  cose , e tra 


Giovanne  Hoolbeen9  2S1 
queste  una  di  bizzarra  invenzione  , e fa 
un  Bailo  della  Morte , dove  fece  vedere 
la  medesima  in  atto  di  far  preda  d’uomi- 
ni di  ogni  lignaggio  e condizione.  Avven- 
ne poi  , che  Giovanni  nella  stessa  città 
sua  patria  * strinse  grande  amicizia  con 
Erasmo  Roterodamo , il  quale  conciossia- 
cosaché la  virtù  sua  mollo  bene  conosce- 
va , si  mostrò  desideroso  di  sollevarlo  a 
miglior  fortuna  di  quella , che  egli  allora 
in  patria  si  godeva  , o poteva  sperare.  A 
questo  effetto  si  fece  fare  da  lui  il  pro- 
prio ritratto,  che  riuscì  tanto  bene,  quan- 
to egli  mai  avesse  potuto  volere  : dipoi 
scrisse  a Londra  al  suo  condiscepolo  Tom- 
maso Moro  , acciocché  quel  grand’  uomo 
allora  confidentissimo  di  Enrico  Vili.  Re 
d’ Inghilterra  desse  notizia  di  lui  e delle 
sue  virtù  allo  stesso  Re , che  molto  di 
queste  arti  si  dilettava  : poi  persuase  Gio- 
vanni a nortarsi  colà  , assicurandolo  che 
sotto  la  protezione  del  Moro  , egli  avreb- 
be fatto  gran  fortuna  : e perchè  ciò  più. 
facilmente  riuscisse  , volle  eh’  e’  portasse 
con  esso  seco  iì  nominato  ritratto  ( il  qua- 
le Erasmo  affermava  esser  più  belio  di 
quello,  che  di  lui  pure  aveva  fatto  poco 
avanti  Alberto  Duro  ) e che  a Tommaso 
Moro  per  sua  parte  ed  in  sua  memoria 
il  donasse.  Piacque  molto  a Giovanni  il 
consiglio  e P occasione  non  solo  in  riguar- 
do dello  sperato  avanzamento  sotto  gli  au* 


282  Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV* 
spicj  del  Moro  , ma  anche  per  levarsi  una 
volta  d’  attorno  alla  moglie  , la  quale  egli 
aveva  d*  umore  cosi  perverso  , che  tenen- 
dolo sempre  in  lite  , non  mai  lo  lasciava 
aver  bene  4 e gli  faceva  bene  spesso  ripe- 
tere ciò  , che  scherzando  dice  Euripide 
Greco  Poeta , avere  la  natura  dato  agli 
uomini  gran  rimedj  conira  le  bestie  ; ma 
niuno  però  onde  potessero  difendersi  da 
una  cattiva  consorte.  A cagione  di  questo 
adunque  pare  vagli  d’  avere  un  buon  mer- 
cato , ogni  qualvolta  perdendo  di  vista  la 
patria  , gli  fosse  venuto  fatto  lo  smarrire 
anche  la  dispettosa  sua  donna.  Quindi  è ? 
che  ben  presto  partitosi  da  Basilea  , prese 
la  via  per  alla  volta  d’Inghilterra.  Arri- 
vato a Londra  , e portatosi  alla  casa  dei 
Moro  gli  consegnò  le  lettere  di  Erasmo  y 
e con  esse  il  bel  ritratto  di  lui  in  testimo- 
nio della  propria  virtù.  Questo  ritratto 
piacque  tanto  a Tommaso  , che  aggiunto 
al  concetto  eh’  egli  aveva  formato  dei  pit- 
tore colla  sola  lettura  delle  lettere  d’  Era- 
smo, subito  raccolse  con  segni  di  gran 
cortesia,  e gli  diede  luogo  nella  propria 
casa  , dove  con  assai  carezze  lo  tenne 
quasi  tre  anni  , facendogli  fare  opere  di- 
verse. Questo  però  faceva  egli  con  gran 
cautela  e segretezza  , a fine  di  potersi  ar- 
ricchire di  sue  pitture  prima  che  di  lui 
arrivasse  notizia  al  Re,  il  quale  teneva 
per  certo , che  subito  l’  avria  tirato  ai 
proprio  servizio.  Fecesi  fare  il  proprio  ri- 


Giovanni  Hoolbeen.  283 

tratto  , e quello  ancora  di  ciascuno  de’suoi 
più  congiunti  con  molti  altri  quadri:  e final- 
mente trovatosi  soddisfatto  appieno,  fece  riso- 
luzione inuna  tal  giorno  di  banchettare  il  Re, 
e con  tale  occasione  dargli  notizia  del  pittore* 
Venuto  il  tempo  determinato  il  Re  si  por- 
tò alla  casa  del  Moro  , il  quale  per  pri- 
mo trattenimento  gli  fece  vedere  tutte  le 
belle  opere  di  Giovanni.  Il  Re  rimase  stu- 
pito vedendo  rappresentati  così  al  vivo 
tanti  personaggi  da  se  ben  conosciuti  ; 
tantoché  il  Moro  veduto  il  gran  piacere, 
che  quella  Maestà  s’ era  preso  di  quel!» 
vista  , subito  fecegli  di  tutti  i quadri  un 
bel  presente.  Domandò  allora  Enrigo  , se 
si  fosse  più  potuto  trovar  quello  , che  sì  bel- 
le cose  aveva  dipinte  : a cui  rispose  il 
Moro  y che  sì  ; anziché  quello  stesso  sa- 
rebbe pronto  a rimanere  al  servizio  della 
Maestà  Sua  , ogni  qualvolta  ella  avesse 
ciò  comandato  : e subito  lo  fece  quivi 
comparire.  Videlo  il  Re  con  gran  piacere: 
e voltatosi  al  Moro  gli  disse  : Ora  Tom- 
maso mio  , tenetevi  pure  le  vostre  pitture 
per  voi  , perchè  a me  basta  1*  aver  trova- 
to il  maestro:  e fatto  dare  al  pittore  o- 
norato  trattenimento  ; e vedendo  ogni  dì 
opere  più  belle  dei  suo  pennello,  fecene 
da  indi  innanzi  tanta  stima,  ch'era  solito 
gloriarsi  d’  aver  nella  sua  Corte  un  simile 
artefice  1/  Hoolbeen  fece  il  ritratto  di 
qufella  Maestà  9 e di  molti  altri , che  ve- 


4 DEC.  IV.  DELLA,  Par.  I.  DEL  SeC.  I?. 
dati  da’ Cavalieri  della  Corte,  fecero  sì  $ 
che  non  solo  ognuno  a gara  correva  a 
vedere  le  sue  pitture  ; ma  ornai  d’  altro 
non  si  parlava  * che  di  lui  : ed  égli  intan- 
to sbandava  tuttavia  avanzando  nella  gra- 
zia del  Re.  Ma  perchè  rare  volte  , o non 
mai  godono  gli  uomini  felicità  senza  me- 
scolanza d’ alcun  disturbo  ; occorse  in  qu^i 
giorni  cosa  alF  Hoolbeen  , che  lo  pose  in 
gran  pericolo  e inr^gran  cimento  : e fu 
questa.  Venne  un  dì  alta  sua  c^Sa  un  gran 
titolato  per  vedete  le  opere  ^ue  ; ma  per-» 
chè  egli  allora  si  trovava  occupato  in  fare 
alcun  ritratto  dal  naturale,  o altro  impe- 
dimento aveva  , che  gli  vietava  il  ricevere 
alcuno  in  quell’  ora  , fu  sforzato  a scusar- 
si , e licenziarlo.  Questo  però  fece  con 
parole  di  tutta  amorevolezza  e rispetto  , 
pregando  quel  Signore  a venire  in  altro 
tempo;  ma  per  molto  che  il  pittore  si  scu- 
sasse , il  Conte  non  si  partiva , anzi  voleva 
salir  la  scala  quasi  per  forza  , non  paren- 
dogli , che  a cagione  di  qualsifosse  impe- 
dimento , la  sua  persona  meritasse  tal  re- 
pulsa da  uu  pittore.  Seguitava  l’Hoolbeen 
3e  sue  scuse  , ed  il  Conte  le  sue  violenze: 
e andò  la  cosa  tant’  oltre  , che  parendo 
all’  Hoolbeen  d’  esser  troppo  sopraffatto , 
non  potendo  più  contener  se  stesso  gli 
diede  una  gran  pinta  , con  che  rovesciollo 
per  la  scala  con  tanta  forza  , che  il  Conte 
cadendo  indietro  , percosse  indietro  la  te- 
sta e 1’  altretf  parti  del  corpo , che  già  si 


Giovanni  Hoolbeen.  28S 

raccomandava  a Dio,  credendo  di  subito 
morire,  i suoi  gentiluomini  e servitori  a- 
vendo  pure  assai  da  far  col  Padrone  iu 
epe!  repentino  accidente  , non  si  voltaro- 
no così  presto  al  pittore  ; onde  egli  in- 
tanto serrata  bene  la  porta  della  sua  stan- 
za , e a quella  appoggiato  sedie  , sgabelli, 
e tavole  , tanto  sì  assicurò  per  un  poco  , 
che  ebbe  tempo  a fuggirsi  per  una  fine- 
stra dei  tetto  , e salvarsi  dalie  mani  di  lo- 
ro. Fu  la  prima  sua  faccenda  allora  allora 
portarsi  davanti  al  Re,  dal  quale  benigna- 
mente accolto  , genuflesso  a gran  voci  lo 
pregava  a perdonargli  , ma  non  però  al- 
cuna cosa  dtcea  di  ciò  che  avesse  fatto.  Il 
Re  più  volte  gli  domandò  perchè  e’  vo- 
lesse perdono  ; ma  il  pittore  altro  non  ri- 
spondeva , se  non  che  chiedeva  perdono. 
Allora  il  Re  compassionando  alla  forza  dei 
dolore,  che  quasi  il  rendea  forsennato, 
si  dichiarò  di  volergli  perdonare,  cqù  que- 
sto però , che  dovesse  il  suo  fallo  confes* 
sare.  L*  Hoolbeen  alquanto  sollevato  dal 
suo  timore  , con  gran  sincerità  e schiet- 
tezza gii  raccontò  il  tutto  : il  che  avendo 
Inteso  il  Re,  fu  preso  da  gran  dispiacere, 
come  quegli  , che  assai  compativa  la  di- 
sgrazia di  quel  Cavaliere  , che  egli  molto 
amava  : e quasi  si  pentiva  di  avere  così 
disubito  al  pittore  perdonato  : pur  tutta- 
via avvisatolo  di  non  dover  mai  pili  per 
1’  avvenire  cadere  in  simili  mancanze  , lo 
mandò  in  una  stanza  a parte  , fìnch’  egli 


286  Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
avesse  inteso  come  erano  passate  le  coso 
del  Conte  : il  quale  essendo  già  ritornato 
in  se  per  avvalorare  le  sue  querele  , su- 
bito comparve  in  Corte  portato  in  una 
sedia  , fasciato  in  più  parti  del  suo  corpo* 
e fallosi  avanti  al  Re  con  una  voce  lan- 
guida, come  di  chi  è vicino  a moiire  dis- 
se Je  sue  ragioni  : e nel  dire  cercava  tut- 
tavia d’aggrandire  la  cosa  più  di  quel 
eh’ essa  essa  era  in  verità,  come  quegli 
dio  nulla  sapeva  che  1’  Hooìbeen  si  fos- 
se fatto  prima  di  lui  sentire  dal  suo  Si- 
gnore. Finita  poi  la  sua  doglianza,  molto 
si  riscaldò  in  domandare , che  al  pittore 
fosse  data  la  pena  conveniente  al  suo  de- 
litto. Ma  il  Re,  che  già  aveva  inteso  il 
fatto  giusto  , avendo  conosciuto  F artitizio 
del  Conte , e qualmente  egli  parlava  con 
poca  sincerità  e a vendetta  : e come  que- 
gli , che  anche  molto  amava  1’  Hoolbeen  , 
con  cui  si  trovava  impegnato  al  perdono  „ 
andava  mitigando  la  passione  del  Conte 
al  più  che  e’  poteva  ; donde  avvenne,  che 
non  parendo  al  Cavaliere  d’ averne  il  suo 
conto , vinto  dallo  sdegno  ardì  di  dire  al 
Re  , che  avrebbe  egli  trovato  modo  di  ga- 
stigarlo  da  se  stesso.  Questa  fu  per  lui 
una  mala  parola  , perchè  il  Re  giustamen- 
te irato  gii  disse  : Orsù  , adesso  voi  non 
avete  a fare  più  col  pittore,  ma  colla  stes- 
sa persona  del  Re  , e minacciollo  forte  ; 
soggi ugnendogìi  , eh"  e’ non  dovesse  crede- 
re, che  quel  virtuoso  fosse  appresso  dei- 


Giovanni  Hoolbeen.  287 

la  persona  sua  io  quel  poco  conio  eh’  ei 
si  pensava  ; perchè  poteva  bene  il  Re  di 
sette  contadini  far  sette  Conti  , ma  non 
già  di  sette  Conti  fare  un  pittore  così  ec- 
cellente quale  era  l’ Hoolbeen.  Questa  ri- 
sposta fu  al  Conte  di  gran  confusione  e 
timore:  e perchè  temeva  fortemente  che 
il  Re  non  si  vendicasse  delle  parole  pro- 
nunziate in  sua  presenza  ^ lasciato  da  par- 
te il  iivor  e l’affetto  di  vendetta,  si  mi- 
se a chieder  per  se  la  grazia  della  vita  , 
promettendo  di  tutto  fare  che  gli  fosse 
stato  comandato.  Allora  il  Re  gli  coman- 
dò espressamente  , che  non  mai  per  al- 
eno tempo  dovesse  essere  ardito  di  fare 
ingiuria  al  pittore  , nè  da  se , nè  per 
mezzo  d’altri,  altramente  si  aspettasse 
quella  pena  che  egli  avrebbe  avuto , of- 
fendendo la  stessa  persona  sua  : e con 
torbida  faccia  se  lo  tolse  da vauti.  Tanto  è 
vero , che  non  si  debhon  le  proprie  cau- 
se ancorché  giuste  portar  davanti  a’  Gran- 
di senza  la  dovuta  lealtà,  nè  con  tanto 
calore,  che  scorra  oltre  a’ li  miti  di  un 
ossequioso  rispetto.  Seguitò  poi  1*  Hoolbeen 
a fare  bellissime  opere  per  Sua  Maestà  , 
tra  le  quali  fu  il  ritratto  della  medesima 
quanto  il  naturale  : il  qual  ritratto  del- 
F anno  1604.  si  conservava  nel  Reai  Pa- 
lazzo detto  Withaì.  Fecegli  ancora  i ri- 
tratti de’  tre  giovanetti  figliuoli  Edoardo  , 
Maria , ed  Elisabetta  , che  pure  nel  so- 
praccitato tempo  si  conservavano  in  quel 


s83  Dec.  IV.  della.  Par.  I,  del  Sec.  IV, 
Palazzo.  Àncora  colorì  ritratti  d’  uomini 
e donne  illustri  di  quella  città.  Per  la 
Compagnia , o vogliali!  dire  Arte  de’  Ce- 
rusici  , dipinse  un  be!  quadro  , in  cui  fi- 
gurò il  Superiore  di  queir  adunanza  in 
atto  di  ricevere  i Privilegi  del  Re  : Vede- 
vasi  Enrico  Vili,  iix  figura  maggiore  del 
naturale  assiso  in  trono  : e da’  lati  stava- 
no coloro  , pe’  quali  si  davano  i Privilegi 
in  atto  reverente  e genuflessi  , mentre  il 
Re  quelli  loro  porgeva  ; ben  è vero  che 
fu  opinione  , che  questo  quadro  alla  mor- 
te dell’  Hoolbeen  rimaso  imperfetto  , fosse 
stato  finito  da  altro  pittore  , ma  però  del- 
la stessa  maniera  appunto.  In  più  case  di 
cittadini  si  vedevano  ne’  medesimi  tempi 
maravigliosi  ritratti , e in  tanto  numero  , 
che  pareva  impossibile  che  un  solo  uomo 
in  così  breve  corso  di  vita  9 avesse  potuto 
operar  tanto  ; massimamente  perchè  egli 
ebbe  una  maniera  finita  al  possibile  , e 
con  imitazione  del  naturale  , essendo  sla^ 
to  solilo  di  condurre  le  sue  figure  con 
carnagioni  tanto  vere  e eoa  lai  rilievo  e 
spirito  , che  i suoi  ritratti  pajono  vivi  * 
benché  nel  panneggiare  fosse  alquanto  sec» 
co  , è tenesse  assai  della  maniera  d’Alber- 
to Duro.  In  oh  re  , perchè  Giovanni  aveva 
abilità  in  ogni  cosa  deli’  arte  , lece  molti 
disegni  per  altri  pittori,  intagliatori  in  ra- 
me e in  legno  , e per  gli  orefici.  Colorì  a 
guazzo,  e fece  anche  molte  miniature,  e 
tanto  in  queste  , quanto  nelle  pitture  e 


j 


! 


3ti  I 

e 

l,| 

ÌC- 

SI’* 

iva  ì 
liti  j! 
:a- 
i a 

e e 


Giovanni  HoolbeeN.  289 

ne*  disegni  fece  sempre  spiccare  una  ma- 
r^vigliosa  diligenza.  Aveva  egli  imparata 
F arte  dei  miniare  in  Londra  da  un  certo 
Luca  , maestro  molto  nominato  , che  sta- 
va appresso  al  Re  : il  qual  Luca  era  però 
in  disegno  assai  inferiore  all*  Hoolbeen. 
Dipinse  ancora  due  gran  quadri  a guaz- 
zo , che  purè  dei  iBo^  si  conservavano 
in  Londra  in  una  casa  chiamata  deìl’Orien- 
te.  Nel  primo  figurò  il  trionfo  delle  Ric- 
chezze , e nell’altro  lo  stato  della  Povertà.  La 
Ricchezza  figurata  a somiglianza  di  Fiuto- 
ne in  forma  d’  un  uomo  vecchio  calvo  # 
maestosamente  sedente  sopra  un  carro 
trionfale,  ricco  di  varj  ornamenti,  e tut- 
to coperto  d’ oro  : il  Vecchio  piegando  il 
dorso , pigliava  con  una  mano  monete 
d*  oro  e d’  argento  da  uno  scrigno  , e col- 
l’altra  mano  mostrava  gettarne  in  gran 
copia.  Dall’  uno  e dall’altro  lato  di  sua  per- 
sona ha  la  Fortuna  e la  Fama , e gran 
sacchi  di  moneta  ingombrano  gli  spazj 
del  carro  : dietro  al  quale  corrono  molte 
persone  , che  azzuffandosi  confusamente 
insieme  , cercano  di  far  preda  del  gettato 
denaro.  Dall’ una  e dalPaltra  parte  del 
carro  stanno  Mida  e Creso  , ed  altri  ric- 
chissimi Re  dell’  antichità  : ed  è tirato  da 
quattro  bianchi  cavalli  guidali  da  quattro 
femmine  ignudo,  significanti  quattro  Dei- 
tà appropriate  all’  invenzione.  I panni  del- 
le figure  son  tutti  arricchiti  con  oro* 
Baldinucci  Voi.  VII . 19 


2Q0  DéC.  IV.  DELLA  PàR.I.  DEL  SEC.  IV. 

Nell’  altro  quadro  della  Povertà  si  vede  la 
medesima  in  figura  d’  una  femmina  este- 
nuata e macilente,  in  atto  di  sedere  sopra 
un  monte  di  paglia  elevato  sopra  un  car- 
ro vecchio»  e sdrucito.  Fa  ombra  a questa 
^figura  una  capannuccia  pure  di  paglia , au-^ 
tica  , e in  più  luoghi  logora  e traforata. 
Siede  la  Povertà  malinconica  e pensosa  , 
con  veste  sdrucita  e rappezzata:  e titano 
il  suo  carro  un  cavai  magro  , ed  un  giu- 
mento , a ’ quali  camminano  avanti  un  uo- 
mo ed  una  donna , aneli*  essi  pallidi  e 
smunti  , e con  facce  meste  stringon  forte 
le  mani , come  chi  deplorando  le  proprie 
necessità,  chiede  misericordia  e soccorso. 
L*  uomo  ha  una  verga  ed  un  martello 
per  significare  ì gravi  e varj  colpi  con  che 
il  mendico  è percosso  dalla  povertà.  Da- 
vanti al  carro  siede  la  Speranza  , la  quale 
con  affetto  divoto  fissa  gli  occhi  nel  ciclo: 
ed  in  quest*  opera  fece  altre  belle  inven- 
zioni molto  espressive  del  concetto,  e ben  co- 
lorite; tantoché  trovandosi  in  Inghilterra  cir- 
ca fanno  1574.  Federigo  Zuccheri,  disegnò 
1*  uno  e 1*  altro  quadro  con  penna  ed  acque- 
relli , lodandogli  a gran  segno  : e poi  es- 
sendo lo  stesso  Federigo  in  Roma  a conver- 
sare col  Goltzio  nella  propria  casa  di  lui 
parlando  delle  cose  dell’  arte  , e di  questo 
pittore  , ebbe  a dire , che  le  pitture  di 
quest’  uomo  non  invidiavano  quelle  dello 
stesso  Raffaello:  e se  ciò  non  vogliamo 
credere  per  quello  che  ne  lasciò  scritto  il 


a 1 

a| 

i 

a 

li  ! 

a, 

■):| 

1° 

b 

> 

fiì 

te  || 
io.  j 

il 

la-  j 
ile 

lo:  I 
o*  | 
co- 
:ir* 

m 

uè- 
es-l 
ier- 
lui]  | 

ìsto  | 

4 

elio  | 
imo  jl 

»in 


Giovanni  Hoolbeen  ^gt 

Yanmander  nel  suo  idioma  Fiammingo  , 
possiamo  valerci  del  testimonio  di  molte 
pitture,  che  si  trovano  per  F Italia  di  $ua 
mano , ma  particolarmente  del  maravigiio- 
so  ritratto  , che  si  conserva  nella  Rea!  Gal- 
leria del  Serenissimo  Granduca,  nella  stan- 
za chiamata  la  Tribuna  , dove  in  un  qua- 
dro di  circa  uu  braccio  è una  figura  in 
tavola ,,  che  rappresenta  un  uomo  con  bar- 
ba rasa  , con  una  berretta  nera  in  capo,  in 
fronte  alla  quale  è una  borchia  d*  oro  , 
con  una  gemma  o cammeo,  il  tutto  in  cam- 
po verde  ; la  figura  guarda  verso  la  parte 
sinistra.  Ha  tra  la  gola  e la  guancia  de» 
stra  due  margini,  che  par  di  persona, che 
abbia  patito  di  scrofole  : è vestita  di  veste 
nera  alla  nobile  con  maniche  di  raso  nero: 
e le  mani  poste  sopra  F una  F altra  posa- 
no sopra  checchessia  o tavola  o altro  : ha 
in  un  dito  un  anello  , e al  cobo  una  cate- 
na d’ oro,  Nel  mezzo  al  verde  campo  , di 
qua  e di  là  dalla  testa  , si  leggono  le  se- 
guenti parole  : 

X.°  IVL1I  ANNO  ETAT1S  SVJE 

H YIII.  XXVIII.  ANN.  XXXIil 

L’ornamento  è intagliato  e dorato  , e dalle 
bande  sono  due  cartelline  d’ argento  sodo  ? 
nella  prima  a man  destra  sono  intagliate 
queste  parole  : 

Effìgie s Domini  Ricardi  Southvvelli  equi* 


292  Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 

tis  aurati  Consiliariì  privali  Hertrici  VllL 
Regìs  Angliae . 

Nella  seconda  a man  sinistra  : 

Opus  celeberrimi  artificis  Johannis  Holbieni 
Pictoris  Regis  Henrici  Vili , 

Nella  parte  di  sopra  è l’ arme  del  Grandu- 
ca Cosimo  li.  pure  d’  argento  sodo  , con 
iscrizione  Cosmus  IL  Magri.  Duco  Etruriae 
1111.  ed  in  quella  di  sotto  un’  altr’  arme 
coronata  , che  è quella  del  Regno  , che  ha 
d' intorno  secondo  il  costume  le  seguenti 
parole  (Motto  Francese  dell’Ordine  della 
Legaccia , ovvero  Giartiera) 

Homi  soit  qui  mal  y pense  1621. 

Nella  stessa  Galleria  ( a ) è un  ritratto  di 


(#)  Questo  Ritratto  ,,  compagno  ap- 
punto in  grandezza  all’  altro  del  Southv- 
vel , rappresenta  Martino  Lutero  , con  ber- 
retta Dottorale  in  testa  e vesta  da  Frate  Agosti- 
niano senza  Cocolla  , e sta  nella  medesima 
Tribuna.  Un  altro  di  donna  ve.  n’ è nella 
stessa  Camera  con  panno  bianco  in  testa 
alla  maniera  delle  donne  Olandesi , un  po- 
co minore  de’ suddetti , e in  questo  più  che 
negli  altri  due  si  osserva  verissimo  quanto 
il  Raldinuccì  avea  scritto  poco  innanzi  : 


i 


Ir 


Giovanni  Hoolbeen.  2g3 
mezza  figura  , di  grandezza  di  più  che  mez- 
zo naturale , che  rappresenta  un  uomo  gras- 
so , con  barba  rasa , e berretta  nera  in 
capo  , vestito  di  nero  con  mani  soprappo- 
ste > e nella  mano  di  sotto  tiene  un  foglio 
avvolto.  Questo  pure,  per  quanto  ne  mo- 
stra la  maniera  , si  riconosce  per  opera 
dell’  Hoolbeen.  Yide  ancora  lo  Zuccheri 
con  sua  molta  ammirazione  in  Londra  un 
ritratto  grande  quanto  il  naturale  d’  una 
Contessa  ( e questo  era  in  casa  di  Milord 
Penbroicth  ) del  quale  disse  per  testimonio 
del  Yanmander,  non  aver  veduto  altret- 
tanto in  Roma.  Era  in  que'  tempi  in  Lon- 
dra un  certo  uomo  chiamato  Andrea  , il 
quale  comprò  tante  deli’  opere  di  Giovan- 
ni , quante  mai  ne  potè  avere  : e fra’  mol- 
ti ritratti  uno  ne  aveva  quanto  il  natura- 
le fatto  al  vivo  dalla  persona  di  un  tal 
maestro  Niccolò  Tedesco  , che  per  trentan- 
ni era  stato  in  Inghilterra  Astronomo  del 
Re,  appresso  al  qual  ritratto  aveva  l’Ho- 
olbeen  rappresentati  tutti  gli  strumenti  d’  A- 


eli  egli  ebbe  una  maniera  finita  al  possi- 
bile , e condusse  le  carnagioni  tanto  ve- 
re , e con  tal  rilievo  e spirito  > che  i suoi 
ritratti  pajono  veri  , e vi  si  osserva  meno 
seccaggine  che  negli  altri ^ ma  più  di  tut*> 
ti  è maraviglioso  il  Ritratto  di  se  medesi- 
mo posto  nella  celebre  Raccolta  de’  Ritrai* 
ti  de’  Pittori  dipintisi  da  loro  medesimi  * 


sg4  Dec«  della  Par.  I del  Sec.  IV. 
stronomia*  Questo  Niccolò,  come  si  raccon- 
ta, fu  uomo  piacevole;  onde  era  sovente 
ammesso  a discorso  familiare  collo  stesso 
Re  : e una  volta  interrogato  dal  medesimo 
per  qual  cagione  essendo  stato  trentanni 
in  Inghilterra  , non  avesse  ancora  appena 
imparato  i principi  della  lingua  ; rispose  : 
E quanto  mai  pare  a Vostra  Maestà  , che 
si  possa  imparare  in  trentanni  in  una 
lingua  di  questa  so*  ta  ? a Lei  par  forse 
poco , a me  par  pure  assai.  Era  anche 
fra  gli  altri  ritratti  appresso  Àudrea  di 
Leo  , quello  del  vecchio  Milord  Crawel , 
di  grandezza  d’  un  piede  e mezzo,  quello 
d*  Erasmo  di  Roterdam  , e quello  del  Ve- 
scovo di  Contai  beri  : una  gran  tela  aguaz- 
zos  dove  io  bella  ordinanza  eran  ritratti  in 
atto  di  sedere , e grandi  quanto  il  natura- 
le , il  famosissimo  Tommaso  Moro  colla 
moglie  e figliuoli,  che  fu  la  prima  opera 
eh’  e’  facesse  in  Inghilterra  per  metter  se 
stesso  in  reputazione;  e quella  soleva  egli 
chiamare  i)  suo  pezzo  d’  onore  , cosa  per 
certo  degnissima  da  vedersi  , perchè  T Ho- 


fatto  di  matita  rossa  e nera,  con  vesta 
turchina  in  campo  giallo  , e tutto  acque- 
rellato , e inscrizione  JOANNES  HOLPE- 
mVS  BASIL/EENSIS  SVI  1PSIVS  EFFI- 
GlATOR  A.  XHV.  onde  non  saprebbesi 
indovinare  con  qual  motivo  V Autore  1» 
chiami  HOOLBEEN.* 


:! 

|J 

j 


Giovanni  Hoolbeen*  2q5 

olbeen  in  questo  quadro  dimostrò  Y ultimo 
del  valor  suo.  Pervenne  poi  questa  bell’ o- 
pera  > dopo  la  morte  d’  Andrea  di  Loo,  in 
mano  di  un  Cavaliere,  nipote  dello  stesso 
Tommaso  Moro.  Un  altro  stupendo  ritrat- 
to di  Tommaso  Moro  aveva  fatto  Giovan- 
ni Hoolbeen  , a cui  era  già  stato  dato  luo- 
go nella  Galleria  di  Enrigo  Vili,  nella  stan- 
za ove  si  conservavano  i ritratti  de’  più  ce- 
lebri uomini  antichi  e moderni.  Questa  sta* 
penda  pittura  adocchiata  dalla  scellerata  An- 
na Bolena  , lo  stesso  dì  che  era  seguita  la 
morte  di  Tommaso  la  fece  prorompere  in 
sì  fatte  parole  : Girne  , che  pare  , che  an- 
cor viva  costui  su  quella  tavola.  Quindi 
fattala  toglier  di  luogo  colle  proprie  mani 
la  gettò  dalle  alte  finestre  del  Palazzo  : e 
fu  attribuita  ad  opera  della  Divina  Prov- 
videnza , che  quella  degna  immagine  , tut- 
toché alquanto  maltrattata  dal  colpo  im- 
petuoso , si  conservasse  , finché  portata  a 
Roma  ebbe  luogo  nel  Palazzo  de’  Crescere 
zj  , ove  fino  al  presente  tempo  si  conser- 
va. Il  ritratto  del  Vescovo  di  Conturberì , 
il  più  bello  al  parere  degli  artefici , che 
mai  facesse  Giovanni,  ebbelo  un  Gentiluo- 
mo chiamato  maestro  Coop  , che  abitava 
fuori  di  Londra.  In  Amsterdam  era  1’  anno 
1604.  un  ritratto  d’  una  Regina  d’ Inghil- 
terra , con  un  bel  panno  d’  argento.  Ave- 
va anche  Giovanni  colorito  due  ritratti  di 
se  stesso  con  acquerello  in  piccoli  tondi  > 
i quali  aveva  finiti  maravigliosamente  ; fi 


zq6  Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Séc.  IV. 
primo  aveva  ua  tale  Jacopo  Razzet  : il  Se» 
conrio  ua  certo  Burtolommeo  Ferreris.  ¥a 
attorno  di  questo  maestro  una  bella  stam- 
pa di  venti  figure  , rappresentatovi  il  Bal- 
lo della  Morte  come  sopra  abbia m detto, 
dove  fanno  un  bellissimo  vedere  le  persone 
di  di  versi  Pontefici  , Cardinali»  e altri  gran 
personaggi  nel  cadere  che  fanno  finalmen- 
te in  potere  di  lei  È anche  un  libretto  di 
stampe  in  legno  con  istorie  della  Sacra  Bib- 
bia d’  assai  buoaa  invenzione.  Avendo  final- 
mente Giovanni  ornato  colla  sua  bell’arte 
quelle  provincie  e’1  mondo;  arrivato  all’e- 
tà di  cinquantasei  anni , tocco  da  male 
contagioso  se  ne  morì  Tanno  i554.  Fu 
l’Hoolbeen  pratìchissimo  nel  disegno»  gran- 
de imitatore  delle  cose  naturali , e come 
altra  volta  si  è detto  colorì  le  sue  figure 
a maraviglia  ; ma  quello  che  si  rende  più 
considerabile  si  è f eh’  egli  era  mancino  , 
è a far  V opere  sue  non  mai  si  servì  , se 
non  della  sinistra  mano  : cosa  » che  dopo 
gli  antichissimi  tempi  qualchedun’ altra  vol- 
ta ma  ben  di  rado  si  è veduta. 


297 


DOMENICO  RICCIO 

DETTO  IL 

BRUSASORCI 
PITTORE  VERONESE 
Discepolo  del  Carotto  9 nato  i4g4.+i56y. 


Cjirca  a questi  tempi  fiorì  Domeni- 
co Riccio  pittore  Veronese.  Fu  il  padre 
suo  professore  d’intaglio  in  legname:  e per- 
chè egli  fu  inventore  di  quell’  ordingo , 
che  noi  diciamo  Trappola  dì  legno  , con 
cui  vivi  si  prendono  i topi  , fu  cognomina» 
to  il  Brusasorci.  Volle  costui  , che  Dome» 
mico  ne'  primi  anni  suoi  attendesse  al  prò- 


298  Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
prio  mestiere  d’  intagliare  legname  ; ma 
scortolo  poi  molto  inclinato  alia  pittura  , 
lo  pose  ad  imparare  tal  arte  dal  Garotto, 
col  quale  essendosi  egli  molto  approfittato, 
si  risolvè  di  portarsi  a Venezia  , dove  stu- 
diò di  tal  proposito  1’  opere  de’  gran  mae- 
stri che  potè  far  rj torno  alla  patria  in 
istato  di  buon  pittore.  Quivi  ebbe  a dipi- 
guere  nel  Palazzo  der  Murari  una  storia 
delle  Nozze  dei  Beoaco  > detto  il  Lago  di 
Garda , con  Oaride  Ninfa * figurata  per 
Garda  * onde  trae  origine  il  Mincio  * de- 
scritta da  Catullo  , che  fu  di  quella  pa- 
tria : la  quale  opera  ( scherzando  sopra  i 
pensieri  del  Poeta  ) arricchì  ed  accompa- 
gnò con  vaghe  invenzioni.  Fece  dada  par- 
te della  pubblica  via  un  fregio  di  serpi  e 
d’altri  animali  avviticchiati  insieme  fra  di 
loro  in  atto  di  combattere  : e questa  par- 
te ancora  adornò  con  vaghe  rappresenta- 
zioni di  favole.  Dalle  parli  laterali  fece  ve- 
dere un  intreccio  d’uomini  e di  donne*  e 
i Centauri  in  atto  di  rapirle  ; cose  tutte  * 
che  aggiunte  alla  bell’  opera  del  trionfo  di 
Pompeo  , che  egli  colorì  nella  Sala  della 
stessa  casa  , partorirono  a Domenico  non 
ordinaria  fama  e credito.  Dice  il  Gavalier 
Ridolfi  , che  rimaneva  a dar  fine  alla  par- 
te del  fianco  della  casa  stessa  verso  la  stra- 
da ; ma  quella  fu  poi  dall’  India  vecchio 
dipìnta  ; perchè  avendo  Domenico  operato 
di  vantaggio  dell’ accordo,  nè  traendo  da 
quell’  avaro  mercante  piccolo  segno  di  gra- 


Domenico  Biccio.  399 

illudine,  ai)2Ì  durando  egli  non  poca  fati- 
ca a cavargli  di  mano  la  somma  pattuita 
di  quaranta  ducati,  non  volle  in  modo  al- 
cuno proseguire  il  lavoro  ? anzi  voleva  al 
tutto  cassar  ciò  che  già  aveva  operato  ; ma 
si  ritenne  poscia  , persuaso  dagli  amici  a 
non  privare  il  mondo  di  opera  sì  bella. 
Passatosene  a Mantova  dipinse  al  Cavaliere 
Ercole  Gouzaga  per  lo  Duomo  la  tavola  di 
Santa  Margherita  a concorrenza  d’ opere 
di  Paolo  Caliari  , del  Farinato  , e di  Batti- 
sta del  Moro:  ed  una  ne  fece  per  la  Chie- 
sa del  Castello  , ove  fece  vedere  la  Decol- 
lazione di  San  Giovambattista.  In  Verona 
poi  dipinse  nel  Palazzo  di  Pellegrino  Bidel- 
li nella  Sala  la  Cavalcata  di  Clemente  VIT» 
con  Carlo  V.  per  la  città  di  ^Bologna,  col- 
le naturali  effigie  di  questi , e d’  altri 
personaggi  di  quei  tempi.  Dipinse  più  fac- 
ciate di  case  , e più  tavole  e quadri  colori 
per  diverse  chiese  e private  persone  : e fi- 
nalmente all’  età  pervenuto  di  settantatrè 
anni  nel  1667.  finì  la  sua  vita. 


3o  Q 


JACOPO  BAROZZI 

DA  VIGNOLA  ARCHITETTO 
E PROSPETTIVO 

DETTO  IL 

VIGNUOLA 

Nato  1507.+  i5y3. 


In  questi  tempi  fu  pienissimo  , per 
così  dire,  il  mondo  tutto  dell*  ottima  fa- 
ma del  celebre  prospettivo  e architetto  Ja- 
copo Barozzi  da  Vignola  , terra  nobile  del 
Milanese.  Questi  non  solo  per  1’  opere  sue 
egregie  eh’  ei  condusse  iu  ciò  che  all’  ar- 
chitettura appartiene  ; ma  eziandio  per  li 
suoi  dottissimi  scritti  di  simili  facultadi  ; 
meritò  non  solo  che  il  tanto  celebre  Ma- 
tematico Egnazio  Danti , Religioso  dell’  Or- 
dine de’  Predicatori  , eletto  Vescovo  d’  Aia- 
tri , dopo  la  morte  di  lui  volgesse  ogni 
applicazione , non  pure  a pubblicare  colle 
stampe  e a proprie  spese  i suoi  Trattati,  con 


Jacopo  Tarozzi.  3or 

impiegare  il  proprio  intelletto  in  ridurgli 
aoche  più  godibili , coil’  aggiunta  di  chia- 
rissime dimostrazioni;  ma  eziandio  eh’ egli 
medesimo  obbligasse  la  propria  penna  a 
distendere  una  esattissima  Narrazione  della 
vita  , dell’  opere  , e deli’  altre  singolarissi- 
me qualitadi  o doti , che  1’  animo  di  lui 
adornarono.  Dovendo  io  adunque  in  que- 
sto luogo  far  menzione  d’  un  uomo  sì  ce- 
lebre sono  andato  fra  me  stesso  pensando 
s’ io  dovessi  contentarmi  di  compendiare 
quanto  dallo  stesso  Frat’Egnazio  fu  scritto, 
il  tutto  riducendo  al  mio  6olito  periodo 
qualunque  esso  si  sia  o oscuro , o melen- 
so. Ma  considerando  da  una  parte  non  es- 
ser giusta  cosa  il  privare  o punto  o poco 
la  posterità  della  notizia  di  tante  e assai 
nobili  doti  di  sì  gran  virtuoso  : e dall’  al- 
tra riflettendo  alla  dignità  del  soggetto  » 
che  esse  notizie  scrisse  e pubblicò  ; mi  son 
risoluto  a far  cosa  , che  io  non  mai , © 
rarissime  volte  feci  nel  descrivere  i fatti 
di  molti  celebri  uomini  : mi  son  risoluto  , 
dico,  di  copiare  distintamente  di  parola  in 
parola,  quanto  Io  stesso  Danti  nel  i58d. 
dieci  anni  appunto  dopo  ta  morte  dei  Ba- 
rozzi  scrìsse  e pubblicò  a principio  dell’o- 
pera , che  intitolò  Le  due  Regole  della 
Prospettiva  Pratica  di  Mess.  Jacomo  Ba- 
rozzi  da  tignola  con  i Commentar j del 
Pi.  P.  M.  Egnazio  Danti  dell’  Ordine 
de  Predicatori  , Matematico  dello  studio 
di  Bologna . 

Dice  egli  dunque  così* 


302  DeC.  IV»  DELLA  PàR.  I.  DEL  SEC.  IV. 

Coloro  che  sono  ascesi  a quei  gradi 
d' eccellenza , che  la  scala  degli  onori  di 
questo  mondo  s*  ha  in  ogni  maniera  di  vir- 
tù e di  scienza  prescritti  per  supremi , 
quasi  sempre  vi  sono  stati  guidati  dalla 
Natura  per  asprissime  e faticosissime  stra- 
de. E questo  fa  ella  per  avventura  9 per 
mostrare  a quegli  che  son  nati  negli  agi 
e narriti  nelle  delizie  , che  altri , che  la 
virtù  non  ha  parte  alcuna  di  sublimare 
altrui  a così  fatti  gradii  e che  difficilissimo 9 
e quasi  impossibile  sia  il  poterci  altramente 
arrivare » Di  che  se  ne  sono  in  ogni  tempo 
veduti  infiniti  esempi  9 tra  i quali  al  pre- 
sente è rarissimo  questo  del  Baro  zzi  ; im- 
perciocché avendosi  ella  proposto  di  su- 
blimarlo ne  primi  gradi  delV  eccellenza 
della  nobilissima  Arte  deit  Architettura  e 
delta  Prospettiva  » ridusse  Clemente  suo 
padre  a sì  estrema  necessità  9 che  gli  con- 
venne per  le  discordie  civili  abbandonare 
Milano  sua  patria , dove  egli  era  nato  di 
sì  nobile  famiglia , ed  eleggere  per  sua  stan- 
za V ignota , Terra  , che  per  essere  capo 
del  Marchesato  , è però  convenevolmente 
nobile  e di  civili  abitatori  ripiena . Dove 
nel  i5o7,  il  dì  primo  d‘  Ottobre  , gli  na- 
cque Jacomo  suo  primo  figliuolo  , di  ma- 
dre Tedesca , figliuola  di  un  principal 
condottiero  di  fanterie.  E perchè  in  quello 
esilio  della  patria  non  pareva  che  potesse 
aver  luogo  tanta  felicità , che  Clemente  lo 


Jacopo  Bàrozsi*  3o3 

vedesse  indirizzato  come  desiderava  ; ap- 
pena vide  gU  anni  delti  infanzia  di  luì , 
che  passò  di  questa  a miglior  vita*  Ri - 
maso  Jacomo  senza  padre , e fuor  delia 
patria , avendo  in  quella  tenera  età  l' àni- 
mo ardentissimo  alla  virtù , si  trasferì  su- 
bito a Bologna  , per  attendere  alla  pittura » 
Ma  accorgendosi  poi  di  non  fare  in  essa 
molto  profitto  , così  per  non  avere  quella 
buona  istituzione  , che  a così  difficile  arte 
fa  di  mestiere  : come  anco  per  aver  occu- 
pato quasi  tutto  il  tempo  nel  disegno  delle 
linee  9 dove  maggiormente  si  sentiva  incli- 
nato , si  voltò  quasi  del  tutto  agli  studj 
dell ’ Architettura  e della  Prospettiva  : nella 
quale  senza  veruno  indirizzo  riuscì  da  se 
stesso  di  tanta  eccellenza , che  con  la  vi- 
vacità de  II  ingegno  suo  ritrovò  queste  beh 
lissime  e facilissime  regole , che  ora  ven- 
gono in  luce  , colle  quali  si  può  con  mol- 
ta facilità  9 e con  usarvi  pochissima  o nien- 
te di  pratica  9 ridurre  in  disegno  qualsivo- 
glia diffidi  cosa  : invenzione  nel  vero  de- 
gna dell  ingegno  suo  9 ed  alla  quale  nes- 
suno arrivò  mai  nel  pensiero  prima  di  lui . 
Avendosi  dunque  in  quest ’ arte  acquistato 
nome  dì  valenti  uomo  9 ebbe  occasione  in 
Bologna  di  mostrare  il  valor  suo  , e di 
farvi  molte  cose  dì  pregio  : tra  le  quali 
furono  grandemente  stimati  i disegni , che 
fece  per  Mess . Francesco  Guicciardini  , il 
quale  essendo  allora  Governatore  di  quella 


3o4  Oec.  TV.  della  Par.1.  del  §ec.  IV. 

città 9 gli  mandò  a Firenze  per  fargli  la* 
V orare  di  tarsia  da  eccellenti  maestri . E 
sapendo  il  Barozzi  5 che  non  bastava  il 
leggere  solamente  quei  precetti  che  lasciò 
scritti  Vi  travio  Poliione  intorno  all'  Archi- 
tettura ; ma  che  oltre  a ciò , bisognava 
vederli  osservati  in  atto  nelle  vive  reliquie 
degli  antichi  edifici  ; si  trasferì  a Roma , 
come  in  luogo  particolarmente  per  quali • 
tà  e numero  di  essi  chiarissimo  e famosis- 
simo Ma  perchè  bisognava  pure  procura- 
re intanto  il  vivere  per  se  e per  la  fami- 
glia ; esercitava  talvolta  la  pittura  9 non 
levando  però  mai  1'  animo  dalli  osserva- 
zioni dell'  anticaglie.  In  quel  mentre  es- 
sendo stata  instituita  da  molti  nobili  spi- 
riti un  Accademia  d'  Architettura  % della 
quale  erano  principali  il  Signor  Marcello 
Cervini  9 che  poi  fu  Papa  y Monsignor 
Maffei  9 ed  il  Signor  Alessandro  Man - 
zvoli  ; lasciò  di  nuovo  la  pittura9  ed  ogni 
altra  cosa  : e rivolgendosi  in  tutto  a quel- 
la nobile  esercitazione  , misurò  e ritrasse 
per  servizio  di  quei  Signori  tutte  l*  anti- 
chità di  Roma  : donde  si  partì  T anno 
i537*  essendo  stato  condotto  in  Francia 
dall ' Abate  Primaticcio  , eccellentissimo 
Pittor  Bolognese  , ai  servizj  del  Re  Fran- 
cesco I,  il  qual  volendo  fare  un  palazzo 
e luogo  di  delizie  di  tal  eccellenza , che 
agguagliasse  la  grandezza  del  generoso 
animo  suo , e di  superare  con  quella  f àb- 
brica tutti  gli  altri  edificj  9 che  per  V ad- 


„ 

Jacopo  Barozzi»  &oS 

I "dietro  fossero  stati  fatti  da  qualsivoglia 
Principe  del  mondo . Volle  cìì  egli  gli  fa « 
cesse  i disegni  e modelli  di  essa  , i quali 
poi  non  furono  del  tutto  messi  in  esecu- 
zione per  cagione  delle  guerre  piu  che 
■ civili , che  furono  in  què ' tempi  nella  mi - 
sera  Cristianità.  Contuttociò  fece  a quel 
Re  molti  altri  disegni  di  fabbriche , che 
furono  messi  in  opera , e particolarmente 
i disegni  e cartoni  di  prospettiva  , dove 
{iridavano  istorie  del  Primaticcio  5 che  nel 
Palazzo  di  Fontanablò  furono  dipinti  ; 
facendo  nel  medesimo  tempo  gettare  di 
| metallo  molte  statue  antiche  , le  quali  eraf 
no  state  formate  in  Roma  5 la  pili  parte 
d'ordine  suo.  Ma  non  avendo  potuto  ef- 
fettuare il  tutto  compiutamente , per  es- 
sere stato  costretto  quel  Re  a rivolger 
f animo  a cose  maggiori  9 se  ne  ritornò 
a Bologna , chiamato  e pregato  strettamen- 
te dal  Conte  Filippo  de'  Peppoli  , Presiden- 
te di  San  Petronio  per  farlo  attendere  a 
quella  fabbrica , intorno  ai  disegni  della 
quale  si  occupò  fino  aV  anno  i55o.  non 
avendo  quasi  potuto  farvi  altro  per  le 
molte  competenze  che  si  trovò  di  persone , 
le  quali  non  sapevano  cercar  fama  9 se 
non  con  opporsi , affinchè  V opera  non 
camminasse  avanti  : vizio  naturale  di  al- 
cuni , che  conoscendo  l' imperfezione  loro , 
non  possono  vedere  > se  non  con  gli  occhi 
pregni  d' invìdia , arrivar  altri  dove  essi 
possono  solamente  col  temerario  ardir  lo- 
Baldinucci  Voi . VIL  20 


So 6 Dec.  1 Y.  della  Par.  I.  del  Sec.  1Y. 

to  avvicinarsi  ; ma  non  paté  però  operai* 
tanto  questa  sciocca  emulazione  , che  fi- 
nalmente non  si  conoscesse  il  valor  suo  „ 
e r altrui  malignità . Perciocché  essendo 
stati  chiamati  Giulio  Romano  nobilissimo 
Pittore  e Architetto , e Cristofano  Lom - 
bardi , Architetto  del  Duomo  di  Milano 
a dar  giudici o sopra  quei  disegni  : veda* 
Lìti  e consideratili  maturamente  , approva * 
rono  quei  del  V ignola  con  pubblica  scrit- 
tura , per  eccellentissimi  sopra  tutti  gli  ; 
altri . 7/2  quel  medesimo  tempo , oltre  a 
molò ' altre  cose  , fece  un  Palazzo  a Mi - 
nerbro  pel  Conte  Alamanno  Isolano  con 
ordine  e disegno  molto  notabile  e mora - j 
tiglioso.  Fece  la  casa  del  Boccino  , 
guitando  f umore  del  padrone  di  essa  : 
e condusse  con  in  c re  di  bil  fafi  ca  il  Canale 
del  Favillo  dentro  Bologna  , dove  prima 
non  arrivava  se  non  tre  miglia  appresso 3 
Creato  poi  Giulio  111 . se  ne  venne  a Ro- 
ma , dove  era  stato  chiamato  da  quel  Pori* 
tefice  , col  quale  aveva  tenuto  servitù  „ 
mentre  era  stato  Legato  in  Bologna  : e 
per  ordine  di  esso  tirò  avanti  , oltre  al- 
l'  altre  fabbriche  , quella  del  Palazzo  del- 
la sua  Vigna  fuor  della  Porta  del  Popo- 
lo ; la  quale  finita  poi  insieme  colla  Vita 
del  Pontefice , si  ritirò  a servigi  del  Car- 
dinale Farnese  , pel  quale  , sebbene  fece» 
malte  cose , la  principale  nondimeno  fu 
il  Palazzo  di  Copranola  , accomodato  co- 
bene  al  sito  s che  di  fuori  è di  ferma 


Jacopo  Bàrozzx.  Soy 

pentagono. , di  dentro  il  Cortile  e le  Log - 
gie  sono  circolari  , e le  stanze  riescono 
tutte  quadrate  con  bellissima  proporzione , 
e talmente  spartite  , che  per  le  comodità 
che  negli  angoli  sono  cavate  , non  dì  sia 
alcuna  particella  oziosa  : e quel  che  è mi « 
labile  , le  stanze  de  padroni  sono  talmen- 
te poste  , che  non  veggiono  officina  nes- 
suna , nè  esercizio  sordido  : il  che  ha  fat- 
to ammirarlo  da  chiunque  V ha  veduto 
pel  piu  artificioso  e più  compitamente  or- 
nato e comodo  Palazzo  dei  mondo  : ed 
ha  con  desiderio  tirato  a vedere  le  ma- 
raviglie sue  da  lontane  parti , uomini  mol- 
to giudiciosi  come  fu  per  esempio  Monsi- 
gnor Daniel  Barbaro  , persona  molto  e- 
squisita  nelle  cose  deir  architettura  5 il  qua- 
le mosso  dalla  gran  fama  di  questo  Pa- 
lazzo , per  non  se  ne  andare  preso  alle 
grida  , venne  apposta  a vederlo  : e aven- 
dolo considerato  a parte  a parte , e inteso 
minutamente  dallo  stesso  Pignola  t ordi- 
ne di  tutti  ì membri  di  sì  compita  mac- 
china , disse  queste  parole : Non  miuuit  , 
immo  magaopere  auxit  praesentia  famaca; 
e giudicò  in  quel  genere  e in  quei  sito 
non  potersi  fare  cosa  più  compita . E nel 
vero  questa  fabbrica  più  di  tutte  l*  altre 
opere  sue  s 11  ha  fatto  conoscere  per  quel 
raro  ingegno  , che  egli  era , avendo  in  es  • 
sa  sparsi  gli  antichissimi  capricci  , e mo- 
strando par  Ocularmente  la  grazia  del T ar- 
te in  una  scala  a lumaca  molto  grande  > 


2o8  Dec.  IV.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
la  quale  girandosi  sulle  colonne  Doriche, 
col  parapetto  e balaustri  colla  sua  cornice % 
che  gira  con  tanta  grazia  e tanto  unita- 
mente , che  par  di  getto  , e vìen  con  mol- 
ta grazia  condotta  fino  alla  sommità  : e 
in  simigliante  maniera  son  fiatti  anco  con 
grand ’ arte  e maestria  gli  archi  della  log- 
gia circolari « Nè  contentandosi  il  Baro  zzi 
cV  essersi  immortalato  colla  stupenda  ar- 
chitettura di  quella  fabbrica , colle  anco 
mostrare  in  essa  qualche  saggio  delle  sue 
fatiche  di  prospettiva  , tra  le  belle  pitture 
di  Taddeo  e Federigo  Zuccari  ; onde  a- 
vendo  fatto  i disegni  di  tutto  quello  , che 
in  simil  materia  occorrer  avi , colorì  molte 
cose  di  sua  mano  : tra  le  quali  se  ne  veg- 
gi cno  alcune  molto  difficili  , e di  lungo 
tempo  a farsi  assegnatamente  con  regola 5 
non  vi  mettendo  punto  di  pratica  , come 
sono  le  quattro  colonne  Corintie  de  can- 
toni d' una  sala , talmente  fatte,  che  in- 
gannano la  vista  di  chiunque  le  mira  : e 
il  maravigliato,  sfondato  della  camera  ton- 
deì.  Fece  oltre  a ciò  pel  detto  Cardinale 
la  pianta  e il  graziosissimo  disegno  della 
facciata  della  Chiesa  del  Gesù  alla  Piaz • 
za  degli  Altieri , che  oggi  si  vede  stam- 
pata, Egli  cominciò  a piantare  in  P iacea* 
za  un  Palazzo  tale  e di  sì  nobil  mole , 
che  io  che  ho  veduto  i disegni  e V opera 
cominciata  3 posso  affermare  di  non  aver 
veduto  mai  in  simil  genere,  cosa  di  mag- 
giore splendore , per  averla  in  guisa  or* 


Jacopo  Baro %tl  So q 

dìnata  , che  le  tre  Corti  t del  Duca  , di 
Madama , e del  Principe , ('i  potessero 
abitare  agiatamente  càn  ogni  sorte  di 
decoro  e d'  apparato  regio . Lasciò  per 
tion  so  che  anni  a guida  di  questa  Jab« 
hrica , Iacinto  Suo  figliuolo  , dandogli  i 
disegni  talmente  compiti  con  ogni  partico- 
lare , che  potevano  bastare  per  condurre 
sicuramente  l ’ opera  alt  ultima  perfezione • 
£ questo  fece  egli  per  /’  amore  eli  e'  por- 
tava air  arte  , zio/z  perchè  non  cono - 
scesse  Jacinto  suo  figliuolo  attissimo  a 
supplire  a molle  còse  da  per  se  stesso  ; 
che  egli  volle  porre  in  carta  , non  perdo* 
riandò  a fatica  alcuna  ih  modo , che  a- 
v ariti  che  si  partisse  non  operasse  di  sua 
mano  tutto  quello  che  era  possibile  di 
fare . Aveva  poco  prima  fatto  in  Perugia 
una  molto  degna  e ornata  Cappella  nella 
Chiesa  di  San  Francesco  : ed  alcuni  di * 
se  gru  di  altre  fabbriche  fatte  a Castiglion 
del  Lago  , e a Castel  della  Pieve  , ad 
istanza  del  Signore  Ascanìo  della  Cornici . 
J^eggiohsi  di  sua  invenzione  in  Pioma  la 
graziosa  Cappella  fatta  per  V Abate  Rie * 
ciò  in  Santa  Caterina  de ’ Palafrenieri  del 
Pontefice , in  Borgo  Pio , i disegni  della 
quale  ha  messo  poi  in  opera  Jacinto . Fu - 
rono  fatti  da  lui  in  diversi  luoghi  d ’ Ita- 
lia , molti  palazzetti  % molte  case  * molte 
Cappelle  , ed  altri  edificj  pubblici  e vri - 
vati  t tra  li  quali  sono  particolarmente  la 
Chiesa-  di  Marzano  9 quella  di  Sani’  O- 


io  Dec,  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV, 
reste , e quella  di  Santa  Maria  degli  An  j 
geli  d'  Ascesi  , che  pure  da  lui  fu  or  di 
nata  e fondata  , la  quale  poi  da  Galena 
zo  Alessio  e da  Giulio  Danti , mentre 
vìsse  , f u seguitata . Nel  Pontificato  di  Pio 
IV.  fece  in  Bologna  il  Portico  e la  fac- 
ciata de'  Banchi  , dove  si  scorge  con 
quanta  grazia  egli  seppe  accordare  la  par- 
te nuova  colla  vecchia . Ed  essendo  poi 
per  la  morte  del  Buonarruoti  eletto  Ar- 
chitetto ài  San  Pietro  , vi  attese  con  ogni 
maggiore  diligenza  fino  all’  estremo  di  sua 
vita . Frattanto  essendo  il  Barone  Bernar- 
dino Mariiniano  arrivato  alla  Corte  di 
Spagna  per  alcuni  suoi  negozj  , fu  favo- 
rito da  quel  pie  . che  lo  conobbe  per  uo- 
mo intendentissimo  nelle  Matematiche  e 
nelle  tre  parti  dell'  Architettura  , di 
conferir  seco  alcuni  suoi  pensieri  in  ma- 
teria di  fabbriche  , ed  in  particolare 
della  gran  Chiesa  e Convento  , che  face- 
va fare  all'  Esecuriale  in  onore  di  San 
Eorenzo  : dove  avendo  il  Barone  avvertito 
molte  cose  5 e scoperti  con  molta  chiarez- 
za diversi  mancamenti  ; ridusse  quel  Re  a 
soprasseder  a così  grand'  impresa ^finch'  e* 
gli  mandato  da  Sua  Maestà  per  tutta  Ita- 
lia a cercar  disegni  dai  primi  architetti  9 
fosse  capitato  a Roma  per  portargli  nelle 
mani  del  Vignala , per  cavar  poi  da  lui 
un  disegno  compitissimo  , del  quale  po- 
tesse appieno  soddisfarsi , cord  orme  a quel * 


Jacopo  Barozzf»  Sii 

lo  si  prometteva  dall eccellenza  di  esso  , e 
dalla  lealtà  e candidezza  d'  animo  che 
scorgeva  in  lui  : e così  tornando  poi  alla 
Corte , con  mostrare  di  avere,  usata  intor- 
no a sì  fatto  negozio  tutta  la  diligenza 
che  conveniva . Venuto  dunque  il  Barone 
in  Italia  , ebbe  in  Genova  disegni  da  Ga- 
leazzo Alessi , in  Milano  da  Pellegrino 
Tebaldi , in  Venezia  dal  Palladio , e in 
Fiorenza  un  disegno  pubblico  dall  Acca « 
demia  del  Disegno  , ed  un  particolare  di 
forma  ovale  fatto  da  Vincenzio  Danti , 
per  comandamento  del  Granduca  Cosimo ; 
la  coma  del  quale  S.  A.  S.  mandò  in 
I spugna  nelle  proprie  mani  del  Re%  tanto 
le  parve  bello  e capriccioso . N'  ebbe  anco 
in  diverse  città  tanti  altri , che  ut riv arano 
fino  al  numero  di  xxij.  de  quali  tutti  ( non 
altrimenti  che  si  facesse  Zeusi  , quando 
dipinse  Elena  Crotone  nel  Tempio  di 
Giunone , traendola  dalle  più  eccellenti 
parti  d'  un  eletto  numero  di  bellissime 
V argini  ) ne  formò  una  il  Vignala  di  tanta 
perfezione  e tanto  conforme  alla  volontà 
del  Re , che  ancorché  il  Barone  fosse  di 
difficile  contentatura , e d'ingegno  esquisi- 
tissimo  , se  ne  soddisfece  pienamente  , e 
indusse  il  Re  y che  non  meno  se  ne  com- 
piacque di  lui  a proporli  come  fece  , ono- 
ratissime condizioni  , perchè  andasse  a 
servirlo . Ma  egli , che  già  carico  di  anni , 
si  sentiva  molto  stanco  delle  continue  fa- 
tiche di  quest*  arte  difficilissima  , non  voi - 


3is  DE€.  IV.  BELLA  Far.  I.  DEL  SeC.  IV. 
le  accettare  V offerte  ; salendogli  anco  di 
non  si  poter  contentare  di  qualsivoglia 
gran  cosa , allontanandosi  da  Roma  , e 
dalla  magnificentissima  fabbrica  di  San 
Pietro , dove  con  tanto  amore  s*  affatica- 
va. Giunto  all*  anno  1S73  essendogli  sta- 
to comandato  da  Papa  Gregorio  XI IL 
che  andasse  a Città  di  Castello  per  ve- 
dere una  differenza  di  confini  tra  il  gran- 
duca di  Toscana , e la  Santa  Chiesa  ; 
sentendosi  indisposto , conobbe  manifesta- 
mente esser  giunto  alla  fine  del  vivere 
suo.  Ma  non  restando  però  di  andare  al- 
legramente a far  la  Santa  obbedienza  , 
s'  ammalò  , e appena  riavute  le  forze 9 se 
ne  tornò  a Roma  : dove  essendo  stato 
introdotto  da  Nostro  Signore,  fu  da  Sua 
Beatitudine  trattenuto  pai  d ’ un  ora  spas- 
seggiando , per  informarsi  di  quel  eli  egli 
riportava } e per  discorrer  seco  intorno  a 
diverse  fabbriche  che  aveva  in  animo  di 
fare  , e che  ha  dipoi  fatte  a memoria  e- 
terna  del  nome  suo . E finalmente  licen- 
ziatosi per  andarsene  la  mattina  a Capra- 
rola  , fu  la  notte  sopraggiunto  dalla  fèb- 
bre: e percìi  egli  s*  era  prima  predetta  la 
morte  9 si  pose  subito  nelle  mani  di  Dio  i 
e presi  divo  tornente  i Santissimi  Sagra- 
menti  con  molta  religione  passò  a miglior 
vita  il  settimo  giorno  dal  principio  del 
suo  male  , che  fu  agli  rj.  di  Luglio  i £7  3, 
essendo  in  quello  estremo  visitato  con 
molta  carità  ed  affetto  continuamente  da 


! 

I 

! 

! 


Jacopo  Barozzi*  3iS 

molti  Religiosi  suoi  amici  , e particolare 
mente  dal  Tamgi  y che  con  affettilo s issi- 
me  parole  V inanimì  sempre  fino  al?  ultimo 
sospiro . Ed  avendo  lasciato  molto  deside • 
rio  di  se  e delle  sue  virtù  , contuttoché 
Iacinto  suo  figliuolo  gli  ordinasse  esequie 
modeste  e convenevoli  al  grado  suo  , pas- 
sarono conluttociò  i termini  della  medio- 
crità per  cagione  del  concorso  degli  arte - 
fici  del  disegno  , che  lo  accompagnarono 
alla  Rotonda  con  onoratissima  pompa  ; 
quasiché  ordinasse  Iddio  , che  siccome 
egli  fu  il  primo  arda  tetto  di  quel  tempo  9 
Così  fosse  sepolto  nella  piu  eccellente  fab- 
brica del  mondo . Lasciò  Iacinto  suo  fi- 
gliuolo piu  erede  delle  'virtù  e dell * ano- 
r atissimo  nome  paterno  , che  delie  f acuità 
che  s'avesse  avanzate  ; non  avendo  mai 
voluto  nè  saputo  conservarsi  pure  una 
particella  di  denari , che  gli  venivano  in< 
buon  numero  alle  mani  : anzi  era  solito 
di  dire , che  aveva  sempre  domandato  a 
Iddio  questa  grazia , che  non  gli  avesse 
nè  da  avanzare  , nè  da  mancare  : e vive - 
re  e morire  o aeratamente come  fece  dopo 
d'avere  passato  il  corso  di  sua  vita  trava- 
gliatissimo con  molta  pazienza  e genero » 
sita  di  animo , agitato  a ciò  grandemente 
dalla  complessione  , e da  una  certa  natu- 
rale allegrezza  , accompagnata  da  una 
sincera  bontà  , con  le  quali  bellissime  par- 
ti si  legò  in  amore  chi  lo  conobbe.  Fu 
in  lui  maraviglio  sa  liberalità  ? e panico- 


Si 4 Bec.  IV.  della.  Pak.  ì.  del  Sec.  IV, 
larmente  delie  fatiche  sue  , servendo  chimi • 
que  gli  comandava  con  infinita  cortesia  9 
e con  tanta  sincerità  e schiettezza  , che 
per  quaìsivoglia  gran  cosa  non  averebbe 
mai  saputo  dire  una  minima  bugia  , di • 
mamerachh  la  verità , di  che  egli  faceva 
particolarissima  professione , risplendeva 
sempre  tra  f altre  rare  qualità  sue , come 
preziosissima  gemma  nel  piu  puro  e terso 
oro  legata.  Onde  resterà  sempre  nella 
memoria  degli  uomini  il  nome  suo  ; aven- 
do anco  lasciato  scritto  a*  posteri  le  due 
opere  non  mai  abbastanza  lodate  : quella 
deir  Architettura  , nella  quale  non  Ju  mai 
da  veruno  de'  suoi  tempi  avanzato : e que- 
sta della  prospettiva , colla  quale  ha  tra- 
passato di  gran  lunga  tutti  gli  altri , che 
alla  memoria  de'  nostri  tempi  siano  per-, 
venuti . Fin  qui  il  Danti. 

Ma  perchè  ninna  cosa  venga  a man- 
care io  quanto  appartiene  alla  notizia  del- 
la bella  Opera  delle  due  regole  di  Pro- 
spettiva lasciata  dal  Vignola  alla  sua  mor- 
te , ci  è paruto  bene  il  notare  in  questo 
luogo  pure  , copia  della  Lettera , che  a 
Frat*  Egnazio  dell1  anno  i58o.  fu  scritta 
da  iacinto  Barozzi,  figliuolo  di  Jacopo  s 
la  quale  aggiunta  all’ aito  concetto  eh’ egli 
ebbe  di  lui  , fu  al  Danti  impulso  bastante 
per  far  quanto  ei  fece  intorno  ali’  opera 
medesima  » e poi  di  consegnarla  per  co- 


Jacopo  Barozzi.  3*5 

tnun  Benefizio  alle  pubbliche  stampe  ; ed 
è cjueìla  elle  segue. 

Molto  Reverendo  Padre . 

Mess.  Ottaviano  Marchesini  , Ar* 
chitetto  di  Nostro  Signore , camp  atrio  Ito 
e et  amicizia  derivata  fin  da'  padri  nostri , 
e per  conseguenza  molto  informato  della 
maggior  parte  de  miei  affari , mi  scrive  t 
che  al  desiderio  eli  io  ho  » che  camminino 
in  luce  quelle  fatiche  già  fatte  da  mio 
padre  mentre  visse  , in  materia’  della, 
Prospettiva  pratica  , ora  s*  apparecchia 
comodissima  occasione  ; poiché  PS,  Mol- 
to Reverenda  per  servigio  publico  non  si 
sdegnerà  di  mettervi  quella  spesa  che  a 
me  di  presente  sarebbe  di  qualche  scomo- 
do : e di  pia  darle  quella  chiarezza  che 
a me  senza  dubbio  conosco  che  sarebbe 
impossibile  , per  trovarmi  occupatissimo 
nella  servitù  di  questi  miei  Signori  ? e 
m ha  accennato  tanto  oltre  della  cortesia 
di  PS.  Molto  Reverenda  , che  senza  peti* 
sarvl  piu  ( reputando  questa  per  vocazio- 
ne del  Sig?iore  Iddio  ) mi  risolvo  fra  po- 
che settimane  venire  a Roma  : e quivi 
le  dirò  tutto  il  parer  mio  con  ogni  chia- 
rezza , dandole  il  libro  di  mìo  padre  dì 
b,  m,  il  quale  vedrà  molto  differente  da 
quella  copia , che  il  Signor  C avallar  Cad- 
di Mette  a PS  . avendolo  io  trascritto  di 


\ 


3i6  Dec.  IV,  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
mia  mano  in  compagnia  di  mio  padre  9 
poco  avanti  di  e passasse  a miglior  vitai 
ed  in  somma  verrò  poi  risolutissimo  di 
fare  quanto  piacerà  a VS.  Molto  Reve- 
renda , alla  quale  reverentemente  bacio 
la  mano  , pregandole  sanità  e contento. 

Dì  Sermone ta  il  dì  ir.  Gennajo  i58o* 
Di  VS.  Molto  Reverenda 

Affezionatissimo  Servitore 
Iacinto  Baro  zzi. 


BARTOLOMMEO  RAMINGHI 

PITTORE  BOLOGNESE 

DETTO  IL 

BAGNACAYALLO 

Discepolo  di  Raffaello  da  Urbino  * 
fioriva  nel  i5d5. 


uesto  Pittore  , che  per  V antica 
origine  , cbe  ebbero  gli  avi  suoi  dal  Ca- 
stello di  Bagnacavallo , fu  comunemente 
detto  il  Bagnacavallo,  da  giovanetto  6otto 
la  disciplina  di  Francesco  Francia  fu  mol- 
to studioso  dell’  arte  del  disegno  , onde 
riuscì  assai  ragionevol  maestro  , anche  a- 


3 1 8 Dec.  IV.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
/vanii  al  tempo  eh’  egli  in  Roma  si  pones* 
se  a stare  con  Ptaffaello  da  Urbino.  Non 
è fra  gii  autori  * che  ne  scrivono  , chi 
non  lo  inetta  fra’  discepoli  di  Raffaello  ; 
conciossiacosaché  egli  sentendo  il  grido  che 
per  tutto  il  mondo  correva  di  quei  nuovo 
A pel  le  , desideroso  di  farsi  perfetto  nel- 
V arte , si  portò  a Roma  ^ e ad  esso  acco- 
standosi ne  riportò  una  maniera  molto 
dolce  , franca  , e di  buon  disegno  : e da 
indi  in  poi  tale  sempre  se  la  mantenne  9 
procurando  al  possibile  di  accostarsi  al 
modo  dello  stesso  Raffaello.  Tornatosene  a 
Bologna  dipinse  nella  Chiesa  di  San  Pe- 
tronio , a concorrenza  di  Girolamo  da  Co- 
tignola  5 d’ lunoceozio  da  Imola,,  e di  Mae- 
stro Amico,  alcune  storie  delia  Vita  di 
Cristo  e di  Maria  Vergine,  e a San  Mi- 
chele in  Bosco  dipinse  pure  la  Cappella 
di  Rammazzotto  , Capo  di  Parte.  In  Pto- 
magna  ne  colori  una  simile.  Nella  Chiesa 
di  S.  Jacopo  fece  una  tavola  per  Messe** 
Annibaie  del  Gorello,  nella  quale  figurò 
la  Crocifissione  di  Cristo  con  gran  nume- 
ro di  figure , e nel  mezzo  tondo  di  sopra 
rappresentò  il  Sagrifizio  d’  Àbramo.  Nella 
Chiesa  de"  Monaci  Camaldolesi  , che  V an- 
no di  nostra  salute  440.  fu  fondata  da  San 
Petronio , in  luogo  detto  Pontediferro  , 
dove  al  parer  d’ alcuni  storici,  ebbe  i suoi 
primi  fondamenti  la  città  di  Bologna,  di- 
pinse il  Bagnacavallo  la  tavola  de’  Santi 
Titolari  di  quella  Chiesa , che  si  vede  nel- 


Sarto  lommeo  Raminghi.  3ig 
Sa  prospettiva  del  Coro:  e uella  Coafra- 
Semita  di  Santa  Maria  del  Baracaoe  tre 
quadri  a fresco,  ne’ quali  rappresentò  tre 
Misterj  della  Passione  del  Signore , cioè  il 
portar  della  Croce,  la  Crocifissione,  e la 
Deposizione  del  medesimo.  Nella  mentova- 
ta Chiesa  di  San  Petronio  è il  luogo  della 
miracolosa  immagine  della  Madonna  della 
Pace , per  abbellimento  del  quale  molti 
de’  migliori  pittori  , che  fossero  in  Bolo- 
gna ne’  tempi  di  questo  artefice,  fecero 
opere  a fresco,  e furono  Amico  Aspertinis 
Biagio  Popini , Jacopo  Francia,  Girolamo 
da  Treviso  , e ’l  nostro  Bartolommeo  , il 
quale  vi  colorì  i’  Annunziazione  dì  Maria 
Vergine,  eia  Natività  di  Cristo.  Ed  è da 
sapersi  , come  questa  sacra  immagine  che 
e di  rilievo  , era  gl  è dalla  parte  dt  fuori 
del  muro  di  essa  Chiesa  verso  il  Palazzo 
de’  Notaj.  Occorse  Tanno  i4q5.  che  un  ta- 
le Scipione  degli  Eretimi , di  professione 
soldato  , avendo  un  giorno  fatta  gran  per- 
dita di  danaro  nel  giuoco,  mosso  da  gran- 
de ira  sfoderò  il  pugnale  , e si  lauciò  per 
tirare  un  colpo  a quella  immagine  , e due 
dita  d’  un  piede  dei  fanciullo  Gesù  , che 
essa  tiene  in  braccio  , fece  cadere  in  ter- 
ra. Appena  ebbe  egli  commesso  T enorme 
sacrilegio,  che  lo  colse  Tira  d’iddio,  e 
cadde  a terra  come  morto.  Intanto  so- 
pravvenendo la  Corte  fu  fatto  prigione  9 
e poco  dopa  condannato  alla  morte  ; ma 


320  Dec.  IV.  della.  Par.  L del  Sec.  IVj 
quella  Madre  di  Misericordia  , compaten- 
do  a quell’  infelice  , mentr’  egli  stava  in 
quel  frangente,  gii  ottenne  un  tal  conosci- 
mento congiunto  ad  un  intenso  dolore  e 
contrizione  del  fallo  suo , che  ricorrendo 
con  lagrime  di  cuore  , non  potendo  coi 
corpo  accostarsi  ali'  immagine  , e fatto  vo- 
to di  digiuno  in  continuo  cilizio  e orazio- 
ne , restò  non  meno  libero  allora  dall’  ac- 
cidente del  male  , che  poi  dalia  sentenza 
della  morte.  Fu  poco  dopo  1’  immagine 
stessa  trasferita  nel  luogo  dove  oggi  si 
trova  , facendo  tuttavia  innumerabili  gra- 
zie e miracoli.  Il  medesimo  Scipione  poi 
tutto  si  dedicò  al  servizio  della  sua  libe- 
ratrice appresso  a quel  santo  simulacro, 
a perpetua  testimonianza  del  miracolo,  e 
del  proprio  dolore , fecesi  ritrarre  in  i- 
scultura  in  queir  atto  appunto  , nel  quale 
cadde  in  terra  nel  commettere  il  gran 
delitto  : e tal  ritratto  fece  porre  dal  lato 
destro  di  quelf  altare.  Tornando  ora  ai 
nostro  proposito , moltissime  furono  V o- 
pere  che  fece  nella  città  di  Bologna  e suo 
territorio  il  Bagnaeavallo  , e per  molti 
Principi  e Signori  d’  Italia , che  lunga  co- 
sa sarebbe  il  far  di  tutte  particolar  men- 
zione, perchè  fra’  pittori  del  suo  tempo 
fu  egli  in  quella  città  riputato  eccellentis- 
simo , non  senza  invidia  degli  altri  , e 
particolarmente  di  maestro  Amico  Àsper- 
tini.  Merita  questo  pittore  molta  lode 
particolarmente  per  un  singoiar  talento^ 


Bartolommeo  Raminghi,  821 
eh’ egli  ebbe  in  dipignere  immagini  devo- 
te di  Maria  Vergine  : e per  la  vaga  ma- 
niera che  ebbe  nel  colorire  i putti,  forse 
molto  superiore  a quella  d’  altri  maestri 
de’ suoi  tempi  % avendo  dato  loro  gran  te- 
nerezza e grazia;  onde  tanto  quelle,  che 
questi , son  poi  state  copiate  per  istudio 
dagli  altri  singolarissimi  artefici  di  quella 
! città  : e Guido  Reni  era  solito  affermare 
! d’  aver  tolta  la  bella  morbidezza , colla 
quale  egli  coloriva  i bambini  dall’  opere 
di  lui*  Finalmente  essendo  egli  pervenuto 
all’  età  di  cinquantotto  anni , menati  con 
lode  di  valentuomo  , e di  persona  d’otti- 
ma vita  e costumi , fu  sopraggiunto  dalla 
morte.  Molti  autori  hanno  scritto  di  que- 
sto veramente  degno  professore,  e parti- 
colarmente il  Vasari  , il  Bumaldo  , lo 
Scannelli  , il  Masini , ed  in  ultimo  un 
altro  moderno  autore  , il  quale  dopo  aver 
copiato  nel  suo  libro  a verbo  a verbo  la 
vita  del  Bagnacavallo , senta  dal  nomina- 
to Vasari , volendo  pure  al  suo  solito  ( co- 
me dir  si  suole  ) appiccarla  con  esso  in 
qualche  cosa , si  rammarica  di  lui  aspra- 
mente , dicendo  eh"  egli  abbia  caricato 
troppo , e fatta  brutta  tìsonomia  al  ritrat- 
to , che  fra  gli  altri  per  abbellimento  del 
suo  libro  egli  pose  di  esso  a principio 
della  vita  di  lui:  cosa  in  vero  molto  gra- 
ziosa a chi  per  pratica  degli  scritti  di 
questo  autore  , conosce  il  poco  affetto , o 
molta  avversione  eh"  egli  ha  avuta  al  Vasari* 
Baldinucci  Voi  VII • 21 


Dec.  IV,  bela.  Par.  I.  bel  Sec.  IV, 

Ma  che  dirà  egli , quando  e’  saprà  che 
quasi  tutti  i bellissimi  ritratti  posti  nel 
suo  libro  delle  Vite  de*  Pittori  del  Vasari,  j 
fra’  quali  è quello  del  Bagnacavallo  , dal*  ! 
F autore  predetto  biasimato  3 non  furono 
nè  disegnati,  nè  intagliati  dal  Vasari,  ma  j 
da  altro  professore , come  noi  a suo  luogo  j 
mostreremo? 


ANSELMO  C ANNERI 

PITTORE  VERONESE 


3a3 


Discepolo  di  Gìo*  Caroti^  fioriva 
circa  il  i55o. 


a 


però  molto  a olio  e a fresco  alla 
Soranza  in  sul  Tesino  , e a Castel  Franco 
nel  Palazzo  de’  Sora  ozi , ed  anche  nella 
città  di  Venezia  : e ne’  tempi , che  ancor 
viveva  il  suo  maestro , fu  molto  stimato. 


' 


>►  - , k&pì 


» 


3n5 

DELLE  NOTIZIE 

DE’  PROFESSORI 
DEL  DISEGNO 
DA  CIMA  BUE  IN  QUA 

DECENNALE  V. 

DELLA.  PART.  I.  DEL  SEC.  IV. 

DAL  MDXL.  AL  MDL„ 

CESARE  SESTO 

PITTORE  MILANESE 

Discepolo  di  Lionardo  da  Vìnci , fioriva, 
circa  al  i56o« 


.A  ttesta  Gio.  Paolo  Lomazzo , che 
quest’  uomo  fosse  molto  avvertito  nell’  o- 
perare , e con  grande  accuratezza  espri- 
messe i suoi  concetti,  non  lasciando  va- 
gar l’invenzione  piu  là  del  verisimile:  e 


Dec.  V.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
stando  sempre  in  sul  proprio,  in  ogni 
cosa , ancorché  minima  : e non  solo  in 
ciò  che  apparteneva  alle  immagini  degli 
uomini , ma  degli  animali  ancora  , e (ino 
dell’ erbe  medesime:  e che  operasse  anche 
maravigliosamente  in  far  panni  cangianti 
che  però  P annovera  tra’  buoni  artefici. 
Ora  prima  di  venire  a dar  notizia  d’ al- 
cune delle  più  belle  opere  di  Cesare  , 
stimo  bene  i!  dire  , come  son  molti  secoli, 
che  la  nobilissima  città  di  Milano  ( per 
occulta  disposizione  della  Divina  Provviden- 
za ) è assai  frequentemente  tocca  dal  male 
della  pestilenza  : e per  ordinario  non  son 
passati  mai  cinquant’  anni  , che  ella  da 
tal  contagiosa  infezione  non  sia  stata  per- 
cossa, Dei  1254.  a tal  cagione  rimase  af- 
fatto sena’ abitatori  , del  i3i6.  patì  lo  stes- 
so infortunio  con  tutta  V Italia  insieme, 
per  otto  mesi  continui  : e quantunque  ( se 
prestiamo  fede  a Isterico  di  que’  tempi  ) 
fosse  ella  singolarmente  privilegiata  in 
quella  tanto  terribile  e spaventosa  morta- 
lità , che  dell’anno  1847.  e *348.  non 
pure  1’  Italia  tutta , ma  quasi  tutto  il 
mondo  allagò  e sommerse  ; contuttociò 
del  i383.  fu  oppressa  da  questo  male  a 
tal  segno , che  dieci  delle  cento  persone 
non  ne  camparono.  Del  140 5.  sessanta- 
nni uomini  perirono  dentro  alla  città. 
Nel  145 r.  fa  aggravata  similmente  , e vi 
seguì  la  morte  del  primo  Duca  Galeazzo 
Visconti.  Nel  i486,  fu  anche  flagellata 


! 


Cesare  Sesto  Szj 

molto:  e del  i5'25.  s’  infettò  V aria  di 
tal  maniera , che  marcivano  le  stesse  co- 
se commestibili  9 ogni  qualvolta  fossero 
state  fuori  la  notte  esposte.  Del  16760 
furono  le  miserie  della  pestilenza  tali  e 
tante  f quanto  bastarono  per  appagare 
F ardente  carità  di  Carlo  Borromeo  , il 
Santo  Arcivescovo  9 nel  sovvenire  a’  biso- 
gni de’ miseri.  E ultimamente  del  i63®. 
giunsero  per  ordinario  i morti  di  tal  ma- 
le al  numero  di  dugento  ogni  giorno  , a 
segno  5 che  in  ispazio  di  mesi  sei  sopra 
dugento  mila  persone  perirono»  Onde  ad 
effetto  di  tener  lontane  così  fatte  influen® 
ze  9 ha  procurato  quella  città  di  dimo» 
strarsi  in  ogni  tempo  molto  devota  di 
Santo  Rocco  , al  quale  ha  edificate  sei 
Chiese  dalle  sei  porte.  In  una  di  queste  9 
che  è la  Parrocchiale , vicina  al  Dazio 
della  Porta  Romana  , dipinse  Cesare  una 
tavola  , che  riuscì  delle  migliori  che  e* 
scissero  dal  suo  pennello  , nella  quale 
rappresentò  Maria  Tergine  con  Gesù  5 e 
di  fuori  della  serratura  i Santi  Rocco  9 
e Bastiano  che  fu  posta  sopra  f Aitar 
maggiore.  Dipinse  in  Santa  Corona  una 
Vergine  molto  bella  : e in  una  Cappella 
della  Chiesa  di  San  Giovanni  Decollato  9 
alle  case  rotte,  figurò  un’  Erodiade  , la 
quale  essendo  stata  Fanno  i63o.  da’  Si- 
gnori Conti  Àrdi  ini  ì donata  al  Cardinal 
Giulio  Ma  zza  ri  ni  , fu  da  Ambrogio  Fi« 


3a8  Dec.  V.  della  Par.  T.  del  Sec.  IY. 
cini  copiata  e 'posta  la  copia  io  luogo , 
dove  era  già  1*  originale  : e a mio  crede- 
re fu  essa  tavola  quella , che  dice  il  no- 
minato Gio.  Paolo  Lomazzo  , che  ne* 
suoi  tempi  si  trovava  appresso  un  tal  Ce- 
sare Negruola. 


PIETRO  RICCIO 

i iMilP  pp** 

MILANESE] 

Discepolo  di  Lìonardo  da  Vinci  j 
fioriva  circa  al  i56q9 


Il  Lemarzo  nella  stia  Idea  del  Tem- 
pio della  Pittura  asserisce  , che  questo 
Pietro  Riccio  fosse  stato  discepolo  di  Lio- 
nardo  da  Vinci , e non  se  n’  è fin  qui  a- 
Tuta  altra  notizia» 


13© 


MARCO  DEL  MORO 

PITTORE  VERONESE 

Discepolo  di  Battista  del  Moro  9 
fioriva  nel  i56o. 


.Fu  questo  Pittore  figliuolo  delio 
stesso  Battista  d’  Agnolo  Veronese  , detto 
il  Moro  , dal  quale  ancora  apprese  la 
buona  maniera  del  colorire  a olio  e a 
fresco  ; onde  fu  al  medesimo  di  non  or- 
dinario ajuto  nelle  molte  opere  , che  fece 
in  Verona,  in  Mantova,  e in  Venezia, 
ed  in  quelle  particolarmente  fatte  pel 
Signor  Cam  mi  Ilo  Trevisano  nel  suo  bel 
Palazzo  di  Murano.  Quando  mancasse  que- 
st* uomo  al  mondo  non  è a nostra  notizia; 
attesta  però  il  Vasari , che  esso  insieme 
col  padre  ancora  vivesse  ne’  tempi  che  egli 
scrisse  la  sua  storia^  che  fu  deìi’anno  i568. 


33 1 

VALERIO  ZUCCHERI 

trevigiano 

PITTORE  DI  MUSAICO 

Discepolo  dì  Tiziano  , fioriva  circa 
al  i55o„ 


uesto  Pittore  fece  insieme  con 
Vincenzio,  che  si  crede  fosse  suo  fratello* 
in  San  Marco  di  Venezia  diverse  storie  s 
e fra  queste  rappresentò  il  Trono  di  Dio* 
co’  quattro  Evangelisti  in  forma  d9  animali* 
co’  sette  Candelabri  , i quali  così  bene  la* 
■?orò  f che  non  parvero  fatti  di  Musaico  9 
ma  coloriti  a olio.  Fece  ancora  molti  ri- 
tratti di  Prìncipi* 


33s 


VINCENZIO  ZUCCHERI 

TREVIGIANO 

PITTORE  DI  MUSAICO 

Discepolo  di  Tiziano  , si  crede  fiorisse 
circa  al  i5Òo. 


O 

N^uesto  Pittore  fece  insieme  con  Va- 
lerio , che  si  crede  suo  fratello,  nella  Chie- 
sa di  San  Marco  dì  Venexia  diverse  sto- 
rie , in  una  delle  quali  figurò  una  storia 
dell’  Apocalisse , cioè  il  Trono  di  Dio  9 
co’ quattro  Evangelisti  , in  forma  d’anima» 
li  , co’  sette  Candelabri , e fu  lode  di  que- 
sti pittori,  T averli  così  ben  lavorati,  che 
parvero  condotti  piuttosto  a olio , che  di 
Musaico. 


333 


CIO.  BATISTA  MANTOVANO 

SCULTORE  E INTAGLIATORE 
IN  RAME 

Discepolo  di  Giulio  Romano » fioriva 
nel  i55o» 


fJ[  ra5  discepoli  di  Giulio  Roman© 
riuscì  d’  ottimo  talento  Gio.  Battista  Man- 
tovano , che  attese  alla  Scultura , e all’in- 
taglio  in  rame,  come  mostrano  le  carte 
uscite  dalle  stampe  , fra  le  quali  è una 
Vergine,  che  ha  la  Luna  sotto  i piedi, 
e il  figliuolo  in  braccio  : e similmente 
alcune  teste  armate  di  cimiero  alF  anti- 


334  Dec.  V.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
ca  : evvi  ancora  una  carta  di  un  Marte 
armato  che  siede  sopra  un  letto , e Ve- 
nere che  sta  allattando  un  Cupido,  il 
quale  graziosamente  rimira.  Veggonsi  an- 
cora alcune  carte  dove  è un  Capitano  di 
bandiera  a piede  , ed  uno  a cavallo  : e 
due  altri  grandi  f ove  è figurato  1*  in- 
cendio di  Troja  e altre  molte.  Usò  que- 
st’ artefice  seguar  le  sue  carte  colle  lettere 
I.  B.  M. 

Fiorì  anche  ne’  medesimi  tempi  ENEA 
VICO  da  Parma  , anch’  egli  valente  inta- 
gliatore , il  quale  intagliò  buona  quantità 
d’ opere  del  Rosso  , la  Leda  di  Michela- 
gnolo,  e la  storia  della  Juditta^  da  lui 
dipinta  nella  Cappella  , il  ritratto  dei  Ban- 
dinella , con  molte  invenzioni  e disegni 
dei  medesimo:  siccome  ancora  ad  istanza 
di  Cecchino  Salviati  la  bella  storia  della 
Conversione  di  San  Paolo  , con  gran  nu- 
mero di  figure  e cavalli  : similmente  i 
ritratti  del  Signor  Giovanni  de’  Medici , 
di  Cosimo  il  Granduca  suo  figliuolo  , 
dello  Imperador  Carlo  V. , d'  Arrigo  Re 
dì  Francia  , del  Bembo  , dell’  Ariosto , 
del  Gello  Fiorentino  , del  Domenichi  , 
e di  molti  altri  uomini  de’  suoi  tempi  , 
di  Laura  Terracìna , del  Doni  , dei  Mo- 
rosino  ed  altri.  Datosi  poi  agli  studj  del- 
F antichità , diede  alle  stampe  più  libri 
di  medaglie  d’  Imperadori  e loro  mogli  , 
co’  rovesci  dì  esse  medaglie.  Fece  un  al- 
bero di  tutti  gl’  imperadori , che  fu  mol- 


Gio.  Battista  Mantovano,  335 
to  lodato.  Portatosi  poi  a’  servigi  <F  Al- 
fonso IL  Duca  di  Ferrara  fece  a quel 
Principe  V albero  de*  Marchesi  e Duchi 
di  quella  casa  , appresso  la  quale  vìve- 
va del  i568.  in  grande  onore  e stima. 


336 


GIOVANNI  VAN  CALCKER 

PITTORE 

DETTO  DA  NOI 

GIOVANNI  FIAMMINGO 

Discepolo  di  Tiziano,  nato  .....+  1546. 


Il  Vanmander  Pittor  Fiammingo,  che 
alcuna  cosa  scrisse  dell’  eccellente  Pittore 
Gio.  Van  Calcker  , afferma  di  non  saper 
conoscere , fra  quanti  pittori  furono  ne’ 
Paesi  Bassi  nel  passato  secolo  , chi  più 
si  conformasse  all’  ottima  maniera  Italiana, 
di  quel  che  facesse  Gio.  Van  Calcker. 


/ 


Giovanni  Van  Calckeb,  337 
! Nacque  questo  artefice  net  paese  di  G*eef 
nella  città  di  Calcker  sotto  1’  Eiettore  di 
j Brandemburgh  , e non  è nolo  da  chi  e- 
! gli  imparasse  i prìncipi  deli'  arte.  Questo 
è certo,  che  quest’uomo  circa ’l  i5d6. 
fortemente  $’  io  vaghi  d’  una  fanciulla  , 
i figliuola  d’un  mal  uomo  sanguinario  e 
micidiale , di  professione  oste , che  ahi- 
I tava  in  Dordrecht  prima  città  d’  Olanda  , 
la  casa  del  quale  era  aperta  ad  ogni 
disonestà  : e di  questo  anche  ci  si  por- 
gerà congiuntura  di  parlare  nelle  noti- 
zie della  vita  di  Heoskert  Pittore  : ed 
avendola  rapita  ai  padre,  se  la  condusse 
a Venezia,  dove  fermatosi  d’  abitazione, 
si  fece  discepolo  del  gran  Tiziano  da 
Cader.  11  citato  Vanmander  dice  , che 
Gio.  si  trasformò  tanto  nella  maniera  di 
quel  sublime  artefice , che  molte  opere 
di  lui  non  punto  si  distinguevano  da  quel- 
le di  Tiziano;  anzi  egli  afferma,  che  il 
Goitzio  , dei  cui  giudizio,  dice  egli,  di 
far  gran  conto,  gli  raccontò  una  volta , 
che  trovandosi  io  Napoli  gli  furon  dati  a 
vedere  certi  ritratti  , i quali  egli  subito 
giudicò  di  mano  di  Tiziano  : e i pittori 
che  erano  presenti  bene  informati  del 
fatto  , tutti  ad  una  voce  gli  dissero  , 
ch’egli  aveva  ben  giudicato;  perchè  quel- 
la era  veramente  la  maniera  di  quel 
grand’  uomo  , benché  e’  non  gli  avesse 
dipinti  esso  Tiziano  , ma  Gio.  Van  Caì- 
eker  suo  degnissimo  discepolo.  Il  Vasari 
Bai  dinucci  Voi*  VU%  22 


338  Bec.  Y.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
ebbe  cognizione  di  quest’  artefice  in  Na- 
poli : e non  poteva  darsi  a credere,  come 
fosse  riuscito  ad  uno  Oltramontano  1*  a- 
vanzarsi  a tanta  eccellenza  nella  maniera 
d’  Italia  , e si  valse  di  lui  ia  quello  , che 
più  abbasso  siamo  per  dire.  Fu  in  oltre 
il  Van  Caìcker  maravigìioso  nel  disegnare 
di  gesso  e di  pastello  , e colla  penna  ope- 
rò egregiamente  con  bellissimi  e franchis- 
simi tratti.  Questi  fu,  e non  Tiziano,  che 
disegnò  gli  undici  pezzi  di  carte  grandi 
di  LNotomia  d’ Andrea  Versali©  , le  quali 
poi  furon  ritratte  in  minor  foglio  , e in- 
tagliate in  rame  dal  Valverdo  , che  scrisse 
pure  di  Notomia  dopo  il  Yersalio  : e 
questi  fu  finalmente  quegli  , che  disegnò 
quasi  tutti  ed  ì migliori  ritratti  di  Pittori, 
Scultori,  e Architetti  d’Italia,  che  messe 
nel  suo  libro  delle  Vite  de’  Pittori  Gior- 
gio Yasari  , tanto  belli  e con  mano  tanto 
ardita  e maestrevole  lavorati , che  è uni- 
versale opinione  , che  più  non  possa  farsi 
m quel  genere:  e per  conseguenza  que- 
sti è quello  , e non  il  Vasari  , del  quale 
doveva  rammaricarsi  il  Malvagia,  per  a- 
ver  , com’  e'  disse  , troppo  caricato  il 
ritratto,  che  veramente  è bellissimo,  del 
suo  Bagcacavallo  , come  abbiamo  nelle 
notizie  della  vita  di  lui  accennato.  Era 
ancora  quest’  ottimo  professore  in  giova- 
nile età  , e prometteva  dì  se  avanzameli 
maggiori  nell’  arte,  quando  trovandosi  egli 
nella  città  di  Napoli  Fanno  1646.  fu  colto 
dalla  morte. 


830 


PIETER  BRUEGHEL 

PITTORE  DI  BRUEGHEL 

Discepolo  di  Piacer  Kocck  9 
fioriva  nel  i55o. 


j 


In  questo  tempo  fiorì  nel  Bracante  9 
nella  città  di  Brueghel  vicino  a Breda  , i! 
famoso  Pittore  Pieler  Brueghel  * così  co- 
gnominato dal  nome  di  sua  patria.  Posesi 
a imparar  Y arte  col  pittor  Kocck  d’ Aelsts 
e poi  lasciato  il  maestro  s’ accomodò  con 
Heroon  Kocck  Pittore  di  Bolduc.  Aveva 
Pieter  Kocck  , primo  maestro  di  lui , una 
piccola  figliuolina , la  quale  il  giovanetto 


34°  Bec.  V.  della.  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
Brueghel  era  solito  , dopo  aver  dato  posa 
al  matitatojo  ed  a ' permeili  , pigliarsi  iu 
collo , vezzeggiandola  con  festose  carezze  , 
come  si  costuma  di  fare  a’  piccoli  bambi- 
ni. Questa  , come  a suo  luogo  diremo,  fu 
poi  la  sua  sposa.  Intanto  egli  dopo  aver 
fatto  grandi  studj  sopra  la  maniera  di  Je-  j 
ronimo  Kocck , se  ne  partì  per  alla  volta 
di  Francia  ; di  li  se  ne  passò  in  Italia  : 
e nel  viaggiar  che  fece,  non  s’imbattè 
mai  , per  così  dire  9 in  alcuna  cosa  fatta 
dalla  INatura  , o paese,  o veduta,  o rovi- 
na , o animale  che  gli  paresse  curiosa  e 
degna  di  rappresentarsi  in  pittura , che 
egli  non  la  disegnasse  ; onde  gii  verme 
fatto  un  così  gran  fascio  di  queste  sue 
belle  fatiche,  che  potè  poi  dei  continuo 
far  vedere  nell’  opere  sue  cose  bizzarre  e 
nuove  ; intantochè  i suoi  paesani,  che  poi 
le  videro , usavano  di  dire  , che  il  Brue- 
ghel nel  suo  viaggio  aveva  inghiottito  tut- 
te le  montagne , grotte  e caverne  del- 
l’aìpi,  per  cui  era  passato:  e tornato  a 
casa  sua , aveva  sputato  fuori  ogni  cosa 
sulle  tele.  Fatti  questi  viaggi , se  ne  passò 
in  Anversa  , dove  si  fermò  di  stanza  ; e 
si  trova  eh’  egli  entrasse  in  quella  Com- 
pagnia de’ Pittori  l’anno  i55i.  Ebbe  que- 
sto artefice  un  genio  tutto  allegrezza , 
col  quale  seppe  sì  bene  accompagnar  l’ar- 
te sua  , che  non  solo  1’  uno  non  fu  pun- 
to di  pregiudizio  ali’  altro  ; ma  1’  uno  e 
V altro  fecero  ia  lui  un  mirabil  composto; 


r. 

m 

in 

k 

fu 

’er 

Jc 


a: 

Stè 

sta 

pi- 

fi 

lie 

ae 

te 

io, 


Fietek  Brtjeghel.  341 

perchè  il  suo  dipignere  fu  sempre  di  co- 
se allegre  , però  modeste  , e grandemente 
ridicole  ; tantoché  da’ suoi  familiari  era 
per  ordinario  chiamato  Pietro  ridicoloso. 
Giostrò  questo  suo  particolar  talento  nei 
Baccanali  , de’  quali  fece  moltissimi.  Ave- 
va egli  non  ordinaria  amicizia  e familia- 
rità con  un  Gentiluomo  chiamato  Hans 
Frunckert , che  lo  veniva  a visitare  fre- 
quentemente alla  sua  stanza.  Stavasi  assai 
con  esso,  ed  insieme  con  lui  se  n’andava 
ora  in  questo,  ora  in  quel  contado,  dove 
sapeva  che  si  facevano  le  feste  per  le 
nozze  e maritaggi  di  contadini  : e quivi 
vestiti  l’uno  e 1’  altro  all’usanza  contadi- 
nesca , si  accompagnavano  ancor  essi  con 
loro  : e perchè  è in  quelle  parti  un’  usan- 
za , che  chiunque  si  trova  a que'loro  con- 
viti  dona  un  regalo  alla  sposa  , ancor  essi 
porgevano  il  lor  regalo.  Gustava  somma- 
mente il  Brueghel  dì  vedere  quelle  danze, 
que*  salti  sconci,  e que’ moti  sregolati  e 
goffi,  e gli  amoreggiamenti  di  que’ villani; 
e se  n’  empieva  di  tal  sorta  la  fantasia  , 
eh’  egli  con  questo  studio  e osservazione  , 
e col  suo  bel  genio  faceva  poi  cose  curio- 
sissime e naturalissime,  tanto  a tempera, 
che  a olio  ; perchè  nell’uno  e nell’altro  modo 
di  dipignere  fu  ben  pratico.  In  questo  tempo 
il  Brueghel  non  si  era  ancora  accasato  , 
ed  aveva  una  sua  serva  fanciulla,  che  per 
essere  di  bello  aspetto  e di  maniere  con- 


342  Dee.  V.  della  Par.  I,  del  Sec.  IV, 
faeevoli  alf  animo  suo,  più  volte  ebbe  | 
pensiero  di  farla  sua  sposa  : e già  le  ne  j 
aveva  fatta  una  condizionata  promessa  ; 
ma  comecché  egli  era  di  mente  schietta  e 
fotte,  gii  dispiacevano  le  bugie:  e questa^  j 
alio’ncontro  era  molto  bugiarda.  Pietro 
dopo  averla  assai  avvertita  di  tal  manca- 
mento, fece  una  taglia  di  legno  beu  luu- 
ga , e ad  ogni  bugia  ette  diceva  la  fanciul- 
la vi  faceva  sopra  una  tacca  , con  dire  a 
lei,  che  quando  la  taglia  fosse  piena,  non 
l’avrebbe  più  voluta  nè  per  moglie,  nè 
per  serva  : e così  veramente  seguì,  perchè 
continuando  la  serva  la  sua  mala  usanza 
di  dir  bugie,  arrivata  beu  presto  la  taglia 
al  segno  , svanì  del  tutto  la  cosa  del  pa- 
rentado : e il  Brueghel,  che  aveva  alquan- 
to amoreggiai*  colla  nominata  figliuola  di 
Pietro  Kocck , stato  suo  maestro,  la  quale 
dopo  la  morte  del  padre  colla  vedova  ma- 
dre se  ne  stava  in  Brusselles , risol  vette  di 
pigliarla  per  moglie , come  di  sopra  ab- 
biamo accennalo.  Voleva  la  madre  della 
novella  Sposa  5 che  il  Brueghel , lasciata 
Anversa  , se  ne  venisse  ad  abitare  a Brus- 
selles ; temendo  tuttavia  eh’  egli  non  si 
fosse  scordato  affatto  della  prima  fanciul- 
la : e fattane  grande  istanza  al  giovane, 
che  era  discreto  e modesto  , ne  fu  com- 
piaciuta, perch’  egli  subito  se  ne  venne  a 
stare  in  Brusselles,  Moltissime  furono  V c- 
pere  del  Brueghel  , ed  io  ne  noterò  in 
questo  luogo  alcune  delle  più  principali. 


Pie  ter.  Brtje€hrl.  84 3 

Ebbe  la  Maestà  delio  ’mperad ore  una  ta- 
vola , dov*  egli  aveva  di  piata  ìa  Torre  di 
Babilonia  , con  infinite  figure  di  propor- 
zioni diverse.  Similmente  due  quadri, 
l’uno  e l’altro  de’ quali  rappresentava  il 
Signore  portante  la  Croce  , con  varie  in- 
venzioni e concetti  bizzarrissimi  di  gruppi 
e azioni  di  figure.  E vaglia  la  verità,  que- 
sto artefice  fu  così  copioso  d’invenzione  , 
e tanto  vario  nel  rappresentare  diversi 
personaggi , che  per  lo  più  non  poteva  sa- 
ziare il  suo  genio,  se  non  toglieva  sempre 
a rappresentare  storie  , dove  esse  figure  si 
potesser  contare,  per  così  dire,  a miglia- 
ia. Ebbe  pure  di  sua  mano  lo  stesso  Ina- 
peradore  la  strage  degl'  Innocenti  , della 
quale  altrove  si  è parlato  : e una  Conver- 
sione di  San  Paolo  , eoo  belle  vedute  di 
rupi  e di  mari.  Fece  molti  quadri  d’ In- 
ferno , Stregherie  , scherzi  e giuochi  , che 
fanno  sulle  veglie  ne’ balli  ; contadini: 

kJ  m 

un  quadro  della  Tentazione  di  Cristo,  e 
sotto  la  montagna,  dove  il  Signore  fu  ten- 
tato, rappresentò  vedute  di  città  e campa- 
gne, e lontananze  sterminate.  Rappresen- 
tò con  vaga  e ridicolosa  invenzione  T ar- 
rabbiata Margherita  , che  fa  un  furto  a- 
vanti  all'  Inferno:  i quali  tutti  quadri  si 
crede  che  pervenissero  poi  in  mano  dello 
loaperadore.  In  Amsterdam  , appresso  i’a- 
maior  dell’ arte  Ser  Herman  Pilgrims,  era 
Fauno  1604.  una  festa  di  contadini  , figu- 
rati in  tempo  dì  notte  al  fresco  * dove  si 


344  Dec.  V,  della  Par.  I.  del.  Sec.  IV. 
vedevano  lumeggiali  in  ({nella  oscurità 
molto  bene  e graziosamente  i loro  ceffi 
arsi  dal  sole.  Fece  anche  il  Brueghel  uu 
pezzo  di  quadro,  dove  rappresentò  il  Car- 
novale, che  combatte  colla  Quaresima  : e 
un  altro,  nel  quale  volle  mostrare  tutti  i 
rimedj  , che  adoperano  gli  uomini  contra 
la  molte:  ed  in  uu  altro  tutti  i giuochi 
de’ ragazzi,  ed  altri  di  simili  nuove  e bel- 
le invenzioni.  Willem  Jacobsz  , che  abitava 
in  Amsterdam  Fanno  1604.  presso  alla 
nuova  Chiesa  , aveva  un  bel  quadro  d’una 
festa  di  contadini  in  occasione  di  nozze  , 
dov’  erano  rappresentate  infinite  azioni  ri- 
dicolose  e naturali,  e particolarmente 
Fatto  del  regalar  la  Sposa  con  que'  lor  re- 
gali contadineschi , mentre  una  vecchia 
contadina  con  una  gran  borsa  legata  al 
collo  sta  ricevendo  i quattrini.  Ha  il  Gran- 
duca di  Toscana  nella  sua!  Reai  Galleria 
un  quadro  di  mano  di  lui  , dove  si  legge 
anche  il  nome  di  Pietro  Brueghel.  In  que- 
sto quadro , che  è una  tavola  di  circa 
due  braccia  e tre  quarti,  egli  rappresen- 
tò il  portar  della  Croce  di  nostro  Signore 
con  figure,  la  maggior  delie  quali  è alta 
un  palmo.  Vedesi  ia  esso  una  spaziosa 
campagna  ben  digradata  , col  punto  alto  , 
dove  è la  gran  città  dì  Gerusalemme  : e 
appresso  a questa  il  Monte  Calvario  , ver- 
so il  quale  s’  invia  il  Signore  colla  sua 
Croce,  vestito  d’ una  veste  di  color  cene- 
rino , tirato  e spinto  da’  manigoldi , men- 


PlETER  BrUEGHEL.  3^5 

ire  la  Veronica  gli  porge  pietosamente  il 
velo  : dietro  è il  Cireneo  che  regge  il  fu- 
sto della  medesima  Croce  , e moltissime 
figure  s che  rappresentano  Ufiziali  della 
Corte  , ed  altre  d’  ogni  età  e sesso.  Pre- 
cede al  Signore  una  gran  Cavalleria  d’uo- 
mini armali,  coll’insegna,  in  cui  si  leg- 
ge S.  P.  Q.  B.  La  strada,  che  batte  que- 
sta gran  comitiva  , torcq  dolcemente  , se- 
condo il  taglio  , che  apparisce  in  un  gran 
masso  , di  che  mostra  esser  composto  il 
Monte  Calvario  fino  alla  sua  sommità,  do- 
ve si  riducono  le  figure  di  questa  nume- 
rosa e lagrìmevol  processione  piccolissime^ 
altre  in  atto  di  pigliar  posto  per  veder 
lo  spettacolo  , altre  per  operare  in  quella 
tragica  azione  , altre  forse  per  piagner  da 
vicino  il  gran  misfatto.  La  Beatissima  Ver- 
gine in  qualche  distanza  dal  figliuolo  9 
quasiché  lo  abbia  già  da  lontano  veduto 
sotto  quel  duro  peso  , si  vede  genuflessa 
sopra  la  nuda  terra  , colle  spalle  voltate 
a quella  dolorosa  comitiva  , e piagne  a- 
maramente  , mentre  la  Maddalena  la  sta 
confoi  landò.  Due  altre  divcte  donne  si 
veggiono  poco  da  lungi  , pure  anch’elleno 
genuflesse  , in  atti  dolentissimi  : e dietro 
a queste  è San  Giovanni  Evangelista.  Scor- 
gesi  in  tutta  quest’  opera  , la  quale  è fat- 
ta alla  solita  maniera  Fiamminga  , una 
gran  varietà  d’abiti,  d’arie  di  teste,  e 
d’azioni  , congiunte  ella  diligenza  ed  all’a- 
more  grandissimo  , col  quale  è condotta* 


34S  Dec.  V.  della  Pah.  I.  del  Sec.  TV. 

Per  ultimo  avevano  i Signori  di  Brusselles 
determinato  di  far  dipiguere  al  Brueghel 
alcuni  quadri  f che  rappresentassero  colo- 
ro , che  operavano  ne’ canali  che  conduco- 
no da  Brusselles  in  Anversa  ; quando  uel- 
F ordinarsi  questa  pratca  il  valoroso  ar- 
tefice venne  a morte  , e rimase  la  cosa 
senza  effetto.  Veggionsi  molte  carte  in  i- 
stampa  di  sua  invenzione  : ed  aveva  an- 
che fatti  alcuni  disegni  poco  onesti  , che 
pure  si  dovevano  intagliare  con  alcuni 
versi  sotto  ; ma  quando  si  vide  in  perico- 
lo di  morte,  forte  temendo  il  Divino  giu- 
di zio  , chiamò  la  moglie  , e volle  che  el- 
la tutti  in  sua  presenza  gli  abbruciasse. 
Alla  stessa  sua  moglie  lasciò  per  testamen- 
to un  pezzo  di  quadro  , che  al  parer  de- 
gl’intendenti  fu  stimato  il  migliore  che 
uscisse  mai  dalle  sue  mani  , dove  fra  le 
altre  cose  era  dipinta  una  gazzera  sopra 
una  forca.  Rimasero  due  suoi  figliuoli  , 
che  pure  sono  stati  eccellenti  Pittori:  uno 
chiamato  Pieter  , che  imparò  l’ arte  da 
Gillis  Yan  Conmcxloo  , che  dipigneva  di 
ritratti  al  naturale  : V altro  si  chiamò  Gio- 
vanni f che  stava  dalla  Donna  , che  fu  la 
moglie  di  Pietro  d’  Alost  : e da  questo 
Pietro  d’  Alost  imparò  a dipignere  a guaz- 
zo , e dipoi  a olio  da  un  certo  Pieter 
Goe  Kindt,  che  noi  diremmo  Pietro  buon 
bambino.  Andò  in  Colonia  , e dipoi  ven- 
ne io  Italia,  dove  si  guadagnò  grande  sti- 
ma ,,  dipìgnen^o  paesi  e piccole  figure  , 


PlETER  BrUEGHEL:  847 

nelle  quali  ebbe  veramente  una  beila 
maniera, 

Attribuisce  il  Baldinuccì  a questo 
Utrueghel,  dagli  Scrittori  detto  il  Vecchio 
e che  fu  padre  , come  T Autore  scrive  9 
dell'  altro  Pietro  , e di  Giovanni  , quasi 
tutto  ciò  che  si  vede  di  questi  tre  Pro - 
fessuri , a quali  gl’  Intendenti  più  moder- 
ni assegnano  caratteri  diversi , e pregi 
non  inferiori  a quelli  del  padre , veden- 
dosi chiaramente  nei  tre  JBrueghel  tre  di- 
verse maniere  sì  nel  disegno , sì  nel  co- 
lorito ; quindi  è che  al  padre  vien  dato 
il  nome  di  Pittore  delle  Processioni  e Fe- 
ste contadinesche  : cW  uno  de  figliuoli 

quello  del  Fittole  delle  Stregherie , e da 
taluno  della  casa  del  Diavolo  , perchè  in 
tutti  i sitai  quadri  vi  si  Uova  un  diavolinoz 
e all  altro  del  Paesista . Al  Vecchio  appar- 
tiene certamente  il  quadro  della  Prccessio « 
ne  al  Monte  Calvario , descritto  con  esat- 
tezza dal  nostro  Autore , per  della  Gal- 
leria Medicea  , in  cui  della  stessa  maniera 
se  ne  conserva  un  altro  piccolo  composto 
di  moltissime  figure  , quali  intere  , quali 
mezze  , e quali  colla  sola  testa , che  tutte 
insieme  rappresentano  una  festa  contadi- 
nesca. Un  altro  quadro  di  singoiar  curio- 
sità può  ancora  cedersi  in  questa  Galle- 
ria , preso  dal  Brueghel , di  cui  parliamo ? 
sopra  un  disegno  in  chiaroscuro  dt  Alber- 
to Duro  9 rappresentante  la  Passione  di 


IU8  Bec.  V»  della  Par.  I,  del  Sec.  IV. 
Nostro  Signor  Gesù  Cristo  , e colorito 
da  lui  colla  solita  diligenza  e amore*  Il 
disegno  è alto  circa  un  braccio  , e tanto 
è il  quadro  colorito , e in  ciascheduno  vi 
è la  cifra  del  nome  loro , nè  si  può  con- 
cepire senza  vedergli  la  vastità  del  pen- 
siero di  Alberto , e la  fedeltà  di  Brueghel , 
rendendosi  molto  facile  una  tale  osserva- 
zione , per  essere  ambedue  L’  opere  conge- 
gnate con  sì  fatta  maestria  , che  formano 
un  sol  quadro . Del  Brueghel  delle  Stre- 
gherie , o casa  del  Diavolo  in  detta  Gal- 
leria si  vede  un  graziosissimo  quadro  con 
Orfeo  tasteggiente  la  sua  Lira  davanti 
a Plutone  , e a Proserpina  coronati  di  rag- 
gi di  fuoco  , e essisi  sopra  trono  inferna- 
le , sostenuto  da  orrendi  mostri , e nel 
rimanente  del  quadro  non  saprebbero  ri- 
dirsi le  fantastiche  immaginazioni  rappre- 
sentatevi , m nelle  figure  diavolesche , co- 
me di  mostri  3 ove  pur  senza  sbaglio  po- 
trebbero contarsi  ; questo  bensì  } che  la 
maniera  è totalmente  differente  dalV  al  tra  % 
e i viaggiatori  o curiosi  , o dilettanti , o 
intendenti  dicono  di  averne  veduti  mol- 
ti in  Germania  , e ne ’ Paesi  Bassi  , e tut- 
ti d'  accordo  lo  chiamano  Brueghel  della 
casa  del  Diavolo . Del  Paesista  poi  , per 
distinguerlo  dal  padre  , basta  osservare  il 
paese  della  Processione  al  Monte  Calvario , 
e poi  guardare  alcuni  paesi  di  varia  pro- 
porzione , che  di  presente  stanno  nella  me- 
desima stanza  9 e subito  si  viene  in  cogni - 


PtETKR  BrTTEGHEL. 

ziortft , anche  da  occhi  meno  raffinati  „ 
che  non  sono  dello  stesso  pittore , ma 
d'altro  Brueghel  famosissimo  in  questa 
sorte  di  pittura  , siccome  le  figurine  , che 
per  entro  vi  sono  disposte  , mostrano  una 
molto  migliore  avvenenza 9 e un  altro  gu- 
sto d%  operare. 

Arnoldo  Houbraken  Olandese  , che 
ha  scritto  le  Vite  e le  Notizie  de  Pittori 
del  suo  paese , stampate  in  Amsterdam 
V anno  1718  assegna  a Giovanni  Brueghel 
il  carattere  di  Pittore  Paesista  e Fiorista^ 
e dice  che  ne  suoi  quadri  vi  adattava  fi- 
gure piccole  e in  sommo  graziose . E que~ 
sto  si  accorda  con  quanto  scrive  il  Baldi - 
nuoci. 


B5o 


GAREL  O CARLO  D’YPER 

PITTORE 
Fioriva  nel  i55o. 


In  questi  tempi  fiorì  Gare!  d’Yper  # 
il  quale  nella  stessa  città  operò  molto  in  ta- 
vole da  Altari,  soffitte  di  case,  e altre  co- 
se fece  pe’  Conventi  a fresco.  Era  di  ma- 
no di  costui  in  Tornay  un  quadro  a chia- 
roscuro d’ una  Conversione  di  San  Paolo  , 
e d’  una  Resurrezione  a olio  , che  per  te- 
stimonio di  Carlo  Vaumander  Pittor  Fiam- 
mingo era  de^na  di  molta  lode.  Sioailmen- 
te  in  un  villaggio  , chiamato  Hooglede,  vi- 
cino a Boesseiaer,  ia  una  Chiesa  era  un 


Carel  d’ Yper.  35  r 

Giudizio  universale  a olio,  fatto  col!’  a j il- 
io dì  Glaes  Suelìaert  suo  discepolo  , che  fu 
assai  valente  io  dipigoere  architetture  e 
spartimenti  , che  morì  a Tornay  V a imo 
i6oa.  in  età  di  sessa  nt’  anni.  Si  so  a veduti 
disegni  di  Carlo  in  sulla  maniera  del  Tin- 
to retto  : e fra  questi  il  citato  Vanmander 
fa  menzione  d’  uno  bellissimo  , fatto  colla 
penna  , dov’  era  nostro  Signore  in  gloria  , e 
abbasso  ì quattro  Evangelisti»  in  Ganfc  era 
di  sua  mano  una  Natività  del  Signore»  Fu 
questo  artefice  stimato  il  migliore  di  sua 
patria  , come  quegli  che  aveva  fatti  studj 
in  Italia  ed  altre  provinole;  ma  fu  di  na- 
tura cosi  iracondo,  che  pochi  potevan  trat- 
tare eoo  esso  lui  : ed  i suoi  discepoli  , 
de’  quali  uno  fu  Pieter  Ulerick  di  C>rtray9 
del  quale  abbiamo  parlato,  ancor  essi  erari 
forzati  tosto  a lasciarlo.  Deliberò  poi  di 
andarsene  a Tornay  , dove  fu  ricevuto  cosa 
grande  accoglienza  da’  Professori , i quali 
F invitavano  spesso  a desinare,  ed  altre 
dimostrazioni  di  cortesia  gii  facevano.  Oc- 
corse un  giorno  5 che  nell’  esser  egli  a de- 
sinare con  alcuni  di  loro,  fu  mosso  un  di- 
scorso sopra  ìe  loro  donne  e figliuoli.  Uno 
di  questi  s’impegnò  a dire,  che  Cario  ave- 
va una  bella  donna,  ma  che  non  oe  ave- 
va figliuoli  ; al  che  soggiunse  un  altro  : 
Cario  tu  non  meriti  di  vivere  fra  gli  uo- 
mini, per  avere  uoa  sì  bella  donna,  e 
non  saper  far  figliuoli.  Queste  forco  per 
Carlo  male  parole  , perchè  come  uomo  di 


SSs  Dec.  V.  della.  Par.  T.  del  Sec.  IV. 
forte  apprensione  e molto  fisso  comin- 
ciando a pensarvi  sopra,  diede  in  tal  ma- 
linconia , che  e non  fu  poi  più  modo , 
che  si  potesse  rallegrare.  Poco  appresso  , 
un  giorno  dopo  desinare,  nell’ andare  egli 
a spasso  fuori  di  Cortray  vicino  ad  un  fiu* 
me  , che  passa  per  la  medesima  città,  dis- 
se di  voler  toccare  il  fondo  di  quel  fiume. 
Credettero  i compagni , eh’  e'  si  volesse  an- 
dare a bagnare  , perchè  faceva  gran  caldo. 
Ma  ciò  che  seguì  di  poi  la  medesima  sera, 
fece  conoscere , che  Carlo  raggirava  pel 
suo  cervello  altri  pensieri,  che  di  fuggire 
il  caldo  della  stagione  ; perchè  nel  trovarsi 
eh’ ei  fece  co’  medesimi  a cena  all’ osteria 
( dove  si  trattenne  sempre  con  segni  d'una 
profonda  tristezza  ) essendogli  da  uno  dei 
compagni  fatto  un  brindisi  , domandogli 
se  e*  voleva  rispondergli  con  bianco  o ros- 
so , l’infelice  Carlo  con  un  coltello  che 
teneva  in  mano  sotto  la  tavola , si  diede 
una  ferita  nel  getto,  facendo  correre  il 
sangue  sopra  la  medesima  tavola  , e disse: 
Ecco  il  rosso.  Furongli  subito  attorno  tutti 
i compagni  per  soccorrerlo  ; ma  egli  non 
facendo  altro , che  ridir  le  parole  : Io  non 
son  degno  di  vivere,  con  esse  in  bocca  si 
venne  meno.  Allora  temendo  tutti  dei  ca- 
so della  sua  morte,  per  paura  di  non  ca- 
dere insieme  con  esso  nelle  mani  della 
Giustizia  , si  partirono  di  quel  luogo  , e 
lo  menarono  seco  in  un  Convento  , chia- 
mato Groenioge  : quivi  cercarono  di  risto- 


Carel  d’Yper.  353 

rarlo  e coasolarlo,  giacché  per  essere  il 
colpo  andato  a ferire  una  costola  , non 
dava  per  allora  la  ferita  segno  evidente 
d’esser  mortale  ; tanto  che  Carlo  si  rmven- 
De  alquanto,  e domandava  a ’ compagni  , 
che  cosa  avesse  fatto  : quindi  chiesta  carta 
da  disegnare  cominciò  a rappresentare  un 
Inferno,  e intanto  forte  gridava:  lo  san 
dannato.  Quelli  che  lo  custodivano  ( frai 
quali  era  Olivier  Bard  Pittore  di  Bruges  , 
con  altri  ) avevano  molto  da  fare  a tener- 
lo , finché  coll’  aprirsi  e serrarsi  ad  ogni 
poco  la  ferita  a cagione  della  sua  grande 
inquietudine  , egli  s’aggravò  di  tanto  male, 
che  in  brevi  giorni  miserabilmente  si  morì 
Fanno  i564»  Dissesi  allora  , che  costui  aves- 
se in  Roma  o in  altro  luogo  d’  Italia  , 
un’altra  moglie:  e che  ciò  gii  fosse  avve- 
nuto per  giusto  gastigo  de  Cielo,  per  aver 
egli  così  bruttamente  contra  le  umane  e 
divine  leggi  abusato  il  pruno  matrimonio. 
Nel  che  ci  rimettiamo  a ciò  che  fosse  ita 
verità.  Il  suo  cadavero  fu  sepolto  nello 
stesso  Convento  di  sopra  mentovato  di  Greo« 
niuge. 


Baldinuccì  Voi 9 V1L 


nS 


354 


JAQUES  GRIMMAER 

PITTORE  IN  ANVERSA 

Discepolo  di  Mathys  Kock , 
fioriva  nel  1546. 


f provasi , che  del  1546.  entrasse  nella 
Compagnia  de’  Pittori  di  Anversa  Jaques 
Grimmaer,il  quale  in  primo  luogo  aveva 
studiato  i precetti  dell’arte  nella  scuola  di 
Mathys  Rock  , e poi  in  quella  di  Cbri- 
stiaen  Queburgh  in  Anversa.  Questo  arte- 
fice col  molto  disegnare  eh’  ei  fece  , e poi 
colorir  dal  naturale  cielo  e vedute  intorno 
ad  Anversa  , si  fece  così  valente  nel  dipi— 
gner  paesi,  che  attesta  il  Vanmaoder  Pit- 
tor  Fiammingo  non  aver  mai  in  quelle 
parti  veduto  meglio.  In  figure  non  è molto 
noto  quanto  valesse:  fu  studioso  di  lettere 
umane,  e uomo  d'altre  buone  qualità. 
Me  ri  finalmente  nella  stessa  città  d’Anversa^ 
e Topere  sue  rimasero  appresso  d'ogni  per- 
sona in  molto  credito  e stima. 


355 


CORNEIJS  MOLEN  \ER 

PITTORE  D’AVVERSA 
Fioriva  nei  i55o. 


>^uesto  Pittore,  che  pel  difetto  degli 
i j occhi  fu  chiamato  Cornelio  guercio  f fu 
in  Anversa  bravissimo  in  fare  di  paesi  a 

! tempera  ^ e in  tutto  ciò  che  all’  inventargli 
apparteneva  , fu  dagl’  intendenti  dell*  arte 
molto  stimato.  Era  suo  costume  il  lavorar 
per  questo  e per  quello  a giornata  : ed 
era  tanto  franco  , che  in  un  giorno  con- 
duceva ogni  gran  quadro  ; che  però  era 
desideratissimo  da’  Pittori  in  lor  proprio 
ajuto  pel  grand’utile,  che  dal  suo  molto 
lavorare  in  poco  tempo  ad  essi  ne  veniva. 
Ben  è vero  , che  fu  così  dedito  al  bere , 
che  spesso  non  poteva  lavorare.  Visse  in 
gran  povertà  e stentatissimaimnte  , a ca® 


356  Dec.  V.  bella  Par.  T.  del  Sec.  IT. 
gione , come  dicevano  , della  mala  econo- 
mia della  donna  sua  , la  quale  non  sapen- 
do punto  usare  il  danaro  , era , come  noi 
sogliamo  dire  per  ordinario,  sempre  indie- 
tro due  ricolte  ; onde  per  lo  più  al  pove- 
ro uomo  conveniva  il  dipignere  per  gua- 
dagnare i già  molto  avanti  spesi  quattrini  ; 
che  però  alla  sua  morte  rimasero  molte 
opere  imperfette.  Seguì  la  morte  di  que- 
st’ uomo  nella  città  d’  Anversa.  Il  tempo 
non  è noto  : questo  sappiamo  , che  le  sue 
pitture  restarono  in  grande  stima  appresso 
d*  ognuno,  La  maniera  di  questo  artetice 
fu  alquanto  imitata  da  un  tale  Jan  INagel 
di  Haerlem  , o Alckmaer  , che  anche  lo 
superò  nelle  figure, e morì  all’Haya  l’anno 
1602. 


357 


FRANS  FLORIS 

PITTORE  D’  ANVERSA 

Nato  nel  i5ao.  + iSyo, 


F a nella  città  <T  Anversa  circa  P an- 
no i45o.  un  molto  onorato  cittadino,  chia- 
mato Giovanni  de  Uriendt  Floris  , che  in 
nostra  lingua  vuol  dire  Giovanni  amico 
del  fiore,  uomo  di  molto  ingegno,  che  atten- 
deva  alT  agricoltura.  Questi  alla  sua  morte, 
che  seguì  T anno  t5oo.  lasciò  due  figliuo- 
li Claudio,  e Cornelio.  Il  primo  riuscì  ec« 
celiente  Scultore  in  legno , e nella  città 
d’  Anversa  sua  patria  intagliò  molte  belle 
figure;  Cornelio,  che  poi  morì  nel  i54Q« 
fu  Scultore  in  pietra  , ed  ebbe  «juattr®  fi* 


/ 


358  Dec.  V.  della  Par.  I.  del  Sec.  TV. 
gliuoli  , che  tutti  furono  pratichi  nel  di- 
segno. Uno  fu  un  altro  Cornelio , eccellente 
Scultore  ed  Architetto  , che  fece  pure  iu 
Anversa  assai  belle  fabbriche  : tali  furono 
il  Palazzo  della  città  Pacale  , il  Palazzo  di 
Oosters che  in  nostra  lingua  vuol  dire 
Domus  Austrialis  , ed  altri  simili  edificj  , 
e morì  Panno  i575.  Jacopo  dipinse  bene 
in  vetri  e in  tele.  Giovanni , il  quarto  fi- 
gliuolo , fu  celebre  in  dipigoere  storie  in 
vasi  invetriati  a foggia  di  porcellana  , e fu 
il  primo  che  in  quelle  parti  usasse  tal  ma- 
estranza : per  quella  fu  ricevuto  in  lspa- 
gna  al  servizio  del  Re  Filippo  , e quivi  es- 
sendo ancora  assai  giovane  si  morì.  Fran- 
cesco che  è quello  , del  quale  ora  parlia^ 
mo,  attese  da  principio  alla  Scultura  , e 
fece  alcuna  di  quelle  figure  di  metallo  , 
con  cui  eran  solite  coprirsi  nelle  Chiese 
le  sepolture.  Ma  perchè  non  era  quello  il 
fine  per  cui  P aveva  destinato  la  Natura 
che  lo  voleva  pittore;  arrivato  eh’ e’ fu 
all’età  di  veni’  anni  9 abbandonata  la  scul- 
tura e la  patria  9 se  n’andò  alla  città  di 
Luyck  , vicino  a Mastrick,  e quivi  si  pose 
sotto  la  disciplina  di  Lamberto  Lombardo, 
che  era  allora  il  primo  pittore  di  quella 
città , e stettesi  con  esso  finch’  egli  ebbe 
appresa  del  tutto  quella  sua  maniera  , la 
quale  sempre  poi  procurò  di  seguitare. 
Partito  poi  di  Luyck  , se  ne  venne  a Ro- 
ma , dove , come  se  pure  allora  avesse  co- 
minciato a studiare , si  mise  a far  gran 


Fràns  Floris.  3Sg 

fatiche  , misurando  e disegnando  di  ma- 
tita rossa  quanto  d’antico  e di  moderno 
potè  venire  a sua  cognizione  , e particolar- 
mente i!  famoso  Giudizio  di  Michelagnolo: 
i quali  suoi  disegni  in  processo  di  tempo 
dati  alle  mani  de’  suoi  discepoli  , e da  essi 
furtivamente  calcati  , si  sparsero  in  molti 
luoghi  di  quelle  Provincie.  Tornatosene 
poi  alla  patria  vale  ni’  uomo  , fu  d’  ammi- 
razione a tutti  i professori  , desiderato  dai 
Grandi  , e talmente  amato  da’  suoi  citta- 
di  ni , che  iti  breve  tempo  abbondò  di  tante 
e di  così  orrevoli  occasioni  d’operare , che 
non  è possibile  a dirlo  : e a me  basterà 
notarne  in  questo  luogo  alcune  poche.  Per 
l’Altare  maggiore  della  Cappella  nella  Com- 
pagnia degli  Schermitori  nella  Chiesa  delia 
Madonoa  fece  una  gran  tavola  , dove  con 
maraviglioso  artifizio  e invenzione  espresse 
Sa  caduta  di  Lucifero,  con  gran  quantità 
d’ignudi  , e un  Drago  con  sette  teste,  che 
a vederle  mettevano  terrore  e spavento  ; © 
negli  sportelli  dipinse  con  altre  cose  il 
Superiore  di  quella  Compagnia.  Per  la  me- 
desima Chiesa  fece  la  tavola  dell’  Aitar 
maggiore  coll’Assunzione  di  Maria  Vergine, 
e bellissime  figure  panneggiate  a maravi- 
glia. Per  la  stessa  Chiesa  poi  fece  una  stu- 
penda tavola  della  Natività  del  Signore, 
rappresentata  nello  scuro  della  notte.  Ma 
queste  belle  opere  sortirono  ancora  esse 
la  stessa  fortuna  dell’ altre  molte  d’altri 
eccellenti  Maestri , di  cui  s’è  parlato  altro- 


S6o  Dec.  V.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
ve.  <Y esser  nel  reinpo  che  furon  distrutte 
le  immagini,  disfatte  dagli  Eretici,  quan- 
tunque non  sia  mancato  chi  abbia  detto  , 
che  la  tavola  dell'  Assunta  fosse  portata 
nell*  Escuriale  di  Spagna.  In  Ghent,  dietro 
alla  Chiesa  di  S.  Giovanni  , erano  di  sua 
mano  quattro  sportelli  doppj  nella  Cap- 
pella dell’  Abate  di  S.  Bavo  , fatte  fare  dal- 
V Abate  Luca.  Dentro  erano  storie  di  San 
Luca  , e di  fuori  una  Madonna  col  Bam- 
bino Gesù  , ed  altre  figure  : e fra  queste 
era  dipinto  l’Abate  Luca , genuflesso  con  mi- 
tra in  capo  e abito  Pontificale  : nella  qual  fi- 
gura fece  conoscer  prancesco  l’eccellenza  del 
suo  pennello  anche  in  ciò  che  apparteneva  ai 
ritratti.  Dipinsevi  ancora  un  cane  così  natu- 
rale, che  il  Vanmander  Pittor  Fiammingo, 
afferma  aver  veduto  un  giorno , che  quel- 
li sportelli  erano  in  bottega  di  Heere  suo 
maestro,  stativi  portati  per  liberargli,  nel 
tempo  di  quei  tumulti  , dalle  mani  degli 
Eretici  , servendo  intanto  per  istudio  dei 
gmvani  di  quella  scuola:  afferma,  dico, 
d’aver  veduto  , che  i cani  andavano  intor- 
no a quello  sportello  fiutando  quel  cane 
dipinto  , quasiché  rappresentasse  loro  esser 
vivo.  Le  storie  rappresentavano  quando 
San  Luca  scrisse  il  suo  Vangelo , dettatogli 
da  Maria  Vergine  : similmente  la  sua  Pre- 
dicazione : quando  ritrae  la  Madonna  al 
naturale  : e quando  è fatto  prigione  : e ia 
questa  si  vedeva  in  lontananza  il  Santo 
appeso  ad  un  albero  d’uliva.  In  tutte  que- 


Fràns  Floris.  36r 

Ste  storie  sono  ritratti  maravigliosi  d’uomi- 
ni  e donne  d’ogni  età,  e arie  di  teste  ma- 
ravigliose.  A Midelburgh  era  in  casa  Mel- 
chior Wintgis  un  quadro  delle  nove  mu- 
se , e nella  stessa  città  si  vedeva  una  gran 
tela  piena  d’ignudi  d’un  banchetto  di  Dei 
marini.  In  Amsterdam  in  casa  Gio.  Vau 
Endt  era  una  tavola,  dov’ egli  aveva  rap- 
presentato Cristo  in  atto  di  chiamare  e 
benedire  i fanciulli,  dov’ erano  ritratti  d’uo- 
mini e di  femmine  con  belli  adornamenti 
d’abiti  e acconciature  , ed  i fanciulli  mor- 
bidi e delicati.  Similmente  un  qnadro  di 
Adamo  ed  Èva  cacciati  dal  Paradiso  : ed 
una  storia  di  Caino , che  piagne  1’  uc- 
ciso fratello.  In  Anversa  appresso  Claes 
Jonglingh  in  una  stanza  , chiamala  la 
stanza  d’ Ercole , eran  dipinti  dieci  qua- 
dri de’  fatti  d'Èrcole , che  poi  furono  inta- 
gliati da  Cornelio  Curi  , cavandoli  da  al- 
cuni disegni , che  ne  aveva  fatto  Simon 
Janstz  Kies  d’Amsterdam,  discepolo  di  Kems- 
terck  , e dello  stesso  Francesco  Floris  , il 
quale  ebbe  una  bella  maniera  di  tratteg- 
giare colla  penna.  Nell’ occasione  della  ve- 
nuta di  Carlo  V.  in  Anversa  , dove  fu  ri- 
cevuto con  gran  pompa  , ebbe  il  Floris 
l’incumbenza  di  molti  lavori  per  l’appa- 
rato: e fra  le  altre  cose  gli  toccarono  a 
fare  alcune  grandissime  figure , e come 
quegli,  che  era  franco  e spedito  nell’ ope- 
rare quanto  mai  si  racconti  d’altro  pittore 
stato  fino  a*  suoi  tempi,  arrivò  a farne 


36^  Dec.  V.  della  Par.  I,  del  Sec.  IV® 
fino  a serte  il  giorno,  e per  io  più  in  un’ 
ora  per  ciascuna  se  ne  trovava  spedito  : e 
avendo  poi  finite  l’opere  che  egli  doveva 
fare , che  occuparono  il  tempo  di  sei  set- 
timane 5 si  mise  a seguitar  quelle  che  erari 
toccate  a’  suoi  giovani  , da’  quali  riceveva 
sei  scudi  al  giorno.  Nell5  arrivo  pure  in 
Anversa  del  Re  Filippo  , essendo  stret- 
to il  tempo  per  allestire  il  necessario 
ornalo  pel  di  lui  ricevimento  , dipinse  il 
Floris  io  un  giorno  una  gran  tela  , dove 
figurò  la  Vittoria  con  alcuni  schiavi  inca- 
tenati, e appresso  ricchissimi  trofei  d'armi 
antiche,  e questa  riuscì  tanto  bella,  che 
fu  data  subito  alle  stampe.  Dipinse  anche 
la  facciata  di  sua  casa,  della  quale  parle- 
remo appresso , dove  rappresentò»  di  chia- 
roscuro giallo  , la  pittura  con  tutte  Y altre 
Arti  liberali.  Ma  sarebbe  cosa  troppo  lun- 
ga se  volessimo  far  menzione  di  tutte  le 
opere  sue  5 le  quali  furono  tante  in  nu- 
mero , e così  belle , che  furon  mandate 
per  tutta  la  Fiandra  e fuori;  ond’  egli  a 
gran  ragione  in  quelle  parti  si  guadagnò 
il  nome  del  Raffaello  Fiammingo.  L 'ultime 
opere  eh’  ei  facesse , furono  un  Crocifisso 
e una  Resurrezione  pel  grau  Priore  di  Spa- 
gna : l’uno  e l’altro  alti  ventisette  piedi, 
e a maraviglia  finiti.  Sopra  gli  sportelli  di 
queste  tavole  dovevano  essere  alcune  sto- 
rie, le  quali  egli  lasciò  imperfette,  e poi 
furon  finite  da  Francesco  Purbus  , dai  Cri- 
spiano , e da  altri.  Per  tale  e tanto  suo 


Fràns  Floris,  363 

operare , non  solo  il  Floris  era  diventato 
ricco , ma  era  tuttavia  sopra  ogni  credere 
onorato  da’  gran  Signori  e Principi , che 
del  continuo  frequentavano  la  casa  sua,  e 
si  trattenevano  con  lui  con  gran  dimesti- 
chezza ; ma  Funa  e l’altra  di  queste  sue 
felicità  fecero  sì , che  la  sua  moglie  ch’era 
una  donna  ambiziosa  e piena  d’umore , 
tanto  s’invanì,  che  ogni  qualvolta  venivano 
alla  sua  casa  Principesse  o Dame  di  gran*» 
d’essere,  ella  si  metteva  a trattare  con 
esse  colla  stessa  familiarità  nè  più  nè  me- 
no di  quel  eh’  ella  avrebbe  fatto  , s’  elle 
fossero  state  sue  serve,  con  che  divenuta 
la  favola  de’  domestici  e di  que’  di  fuora, 
che  dietro  le  spalle  le  facevano  le  risaie  * 
andava  distruggendo  gran  parte  di  quella 
gloria  , che  meritamente  si  dava  al  marito 
per  la  virtù  di  esso.  Mossa  poi  dalla  stessa 
ambizione , cominciò  ad  attediarsi  della 
Sua  solita  casa  , parendole  piccola  e poco 
recipiente  per  una  sua  pari  ; onde  tanto 
disse , e tanto  importunò  il  povero  Fran- 
cesco, che  alla  fine  gli  fu  necessario  il 
comprare  un  posto  , e quivi  alzare  dalle 
fondamenta  per  abitazione  propria  un  gran 
palazzo  del  buon  ordine  antico,  del  quale 
fu  architetto  Cornelio  Floris  suo  fratello  „ 
che  anche  assistè  alla  fabbrica.  INon  si  fer- 
marono qui  gl'  inquieti  capricci  di  quella 
donna  , perchè  nel  venire  che  faceva  bene 
spesso  l’architetto  suo  cognato,  che  non 
viveva  col  fratello  , a veder  la  fabbrica  » 


3^4  ^ECf  delia  Par.  T.  del  Sec.  IY. 
e ordinare  il  bisognevole,  soleva  sempre 
trattenersi  con  lui  in  casa  sua  : ed  ella  , alla 
quale  pareva  questa  una  spesa  gettata  via  9 
non  solo  Io  guardava  con  mal  occhio,  ma 

10  trattava  villanamente  di  parole,  e poco 
meno  che  non  lo  cacciava  di  casa  ; ma  Cor- 
nei ine  che  era  un  bello  spirito,  conosciuto 
che  ebbe  l’umor  della  bestia , ripigliava 
tutte  le  parole  della  donna,  dicendo  ch’ella 
parlava  in  lingua  greca  molto  bene  , e che 
quel  suo  ragionare  in  lingua  greca  signifi- 
cava la  gran  premura  , e’1  desiderio  ch’ella 
aveva  di  vederlo  sempre  in  quella  casa, 
e che  molto  le  dolesse,  ch’egli  frammet- 
tesse tanto  tempo  da  una  volta  all*  altra  a 
comparirvi  ; in  somma  esser  sua  volontà 

11  compiacerla,  con  non  lasciarsi  per  l’av- 
venire tanto  desiderare.  E perchè  la  don- 
na vedendosi  burlata  , con  sempre  maggior 
collera  tornava  a dire  altre  parole  ; ed  egli 
pure  con  altri  simili  concetti  quelle  inter- 
pretando  al  contrario  , diceva  cose  tanto 
ridieolose  , che  bene  spesso  la  medesima 
donna  era  forzata  a ridere  per  la  rabbia  ; 
finché  conoscendo  essa  di  non  avervi  il  suo 
conto  , ebbe  per  buon  partito  lo  starsene 
cheta.  Così  il  nostro  Francesco  a cagione  di 
costei  viveva  una  vita  molto  infelice  nel  co- 
spetto di  se  stesso;  ma  assai  più  miserabile 
per  certo  nel  cospetto  degli  altri  , perchè  es- 
sendo egli  di  natura  allegra  e compagnone  , 
col  Toccasi o ne  del  gran  guadagnare  ch’egli 
aveva  fatto  in  gioventù , crasi  con  gran 
danno  dell’arte  sua  in  questi  tempi  dato 


Fràns  Floris  365 

così  disordinata  me  ute  in  preda  al  bere  9 
ebe  fa  costante  opinione,  cbe  nella  Fian- 
dra non  fosse  mai  stato  un  altro  simile  a 
lui:  e diceva  la  gente  esser  restato  in  dub- 
bio , se  il  Floris  fosse  riuscito  più  si  ago- 
lare  nel  dipigaere  , o nel  bere.  Aveva  tre 
© quattro  persoue  , cbe  lo  venivano  appo- 
sta a trovare  a casa , per  fare  a chi  più 
beveva:  e tino  di  Brusseìles  venivano  uo- 
mini ancora  per  tale  effetto  in  Anversa: 
nè  io  ardirei  di  dire  quello  , che  ora  son 
per  dire  , se  ciò  anche  non  avesse  lancia- 
to scritto  il  Vanmander:  Che  una  volta 
sei  di  queste  tali  persone , tutti  gran  be- 
vitori , cenando  con  lui  non  erano  anco- 
ra a mezza  cena  f eh'  e’  cascarono  dalla 
panca  per  non  poterne  piti  : due  altri  , 
dopo  essevsi  retti  alquanto  , fecero  lo  stes- 
so : F ultimo  ancora  andò  più  avanti , ma 
alla  perline  cedendo  , disse:  Che  si  pittore 
in  questa  cosa  del  bere  poteva  esser  suo 
maestro.  Soggiunge  ancora  Fautore  un’al- 
tra cosa , che  a me  pare  quasi  incredibile, 
ed  è : eh’  egli  una  volta  si  trovò  a tavola 
con  trenta  persone  di  campagna , tutte 
del  mestiero  di  far  paoni  , ciascheduno 
de’  quali  dava  a lui  un  bicchiere  di  vino: 
ed  egli  dopo  aver  bevuto  ne  dava  un  bic- 
chiere a tutti  loro  : e già  aveva  egli  be- 
vuto sessanta  volte  ? quando  gli  altri  sola- 
mente due  volle:  e che  di  questo  si  van- 
tò la  sera  tornando  a casa  co’  suoi  giovani 


366  Bec.  V.  della  Par.  I.  del  Sec.  XV. 
scolari.  Di  questa  sua  detestabile  inconti- 
nenza fu  il  Floris  non  poche  volte  av- 
vertito dagli  amici  , fra’  quali  uno  , che 
componeva  bene  in  rima  per  destramente 
correggerlo,  gT  invsò  un  Capitolo,  in  cui 
tìngeva  di  raccontare  un  sogno,  eh’  egli 
aveva  fatto,  nel  quale  diceva  essersegli  dato 
a vedere  Alberto  Duro,  che  dopo  aver  con 
lui  lungamente  e dottamente  discorso  del- 
le cose  deli’  arte  e degli  artefici , venendo 
a parlare  del  Floris  gli  aveva  dato  gran 
lode  per  quello  che  alla  sua  professione 
apparteneva  ; ma  poi  era  arrivato  a dire  , 
che  tutto  il  proprio  onore  andava  egli  da 
per  se  stesso  distruggendo  col  viver  eh’  ei 
faceva  così  sregolato:  e concludeva  il  Ca- 
pitolo in  questo  senso  : Se  voi  non  pre- 
state fede  a quanto  io  vi  dico  per  essere 
un  sogno , pigliatelo  per  una  cosa  detta 
a voi.  Ma  perseverando  egli  in  tal  manca- 
mento si  accorciò  molto  la  vita:  e Tesser 
sempre  su  i bagordi  , aggiunto  alle  grandi 
spese  , che  gli  convenne  fare  per  tirare  a 
fine  Tìncominciata  fabbrica  dei  Palazzo  , 
lo  ridusse  a segno,  che  dove  coll’arte  sua 
si  era  formata  un’  entrata  in  casa  di  tre- 
cento scudi  T anno , egli  si  ridusse  final- 
mente senza  entrata  , senza  capitale,  e con 
molti  debiti,  i quali  al  certo  egli  avrebbe 
potuto  pagar  facilmente,  e rimettersi  in 
posto  , s’ egli  avesse  voluto  , o per  così 
dire  ornai  potuto  lasciare  quello  sregolato 
modo  di  vivere , che  in  ultimo  lo  ridusse 


Frans  Floris.  S8y 

in  isfcafco  tale  di  mala  sanità , cbe  giunto 
ali’  età  di  cinquant’ anni  , tanto  più  pove- 
ro di  quel  eh’  egli  era  quando  si  mise 
all’  arte  , quanto  maggiori  erano  i debiti  9 
eh’  egli  aveva  contratti  vivendo  , fu  colto 
dalla  morte  l’anno  1570.  e fu  onorevol- 
mente sepolto  nel  giorno  appunto  della 
festa  del  Patriarca  San  Francesco.  Fu  il 
Floris  9 come  abbiam  detto , uomo  di  se- 
gnalato valore  nell’  arte  sua,  della  quale 
era  tanto  innamorato  , che  toltone  il  mol- 
to tempo  , eh’  egli  impiegava  ne*  mentovati 
bagordi , non  lasciava  mai  di  operare  , so 
ìito  dire  , che  non  gli  pareva  di  vivere  se 
non  quando  e’dipigneva:  e spesse  volte 
venendosene  a casa  mezzo  Briaco , subito 
metteva  mano  al  pennello.  Usò  di  far  le  sue 
figure  assai  muscolose  ; e furono  gran  parte 
delle  sue  opere  per  la  rara  bellezza  loro  inta- 
gliate in  rame , e date  alle  stampe  ; ma 
non  possono  queste  far  punto  conoscere , 
a chi  non  vide  i colpi  del  suo  pennello  * 
qual  uomo  fosse  il  Floris , perchè  gl'  in- 
tagli furon  tolti  da’  disegni  fatti  da’  suoi 
giovani,  e non  da  lui:  e quando  anche  gli 
avesse  egli  medesimo  disegnati;  contuttociò 
diremmo  lo  stesso  , perchè  ehi  intaglia,  sia- 
si pure  quanto  vuole  valenf  uomo  , non 
mai  arriva  a gran  pezzo  al  disegno  e alla 
maniera  di  chi  di  proprio  concetto  e di 
primo  colpo  dinigne.  Seguitò  la  maniera 
di  Lamberto  Lombardo  suo  maestro  : e si 
racconta  , che  una  volta  esso  Lamberto 
sentendo  la  fama  che  correva  ornai  da 


368  Dec.  Y.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV, 
per  tutto  di  questo  suo  discepolo  , venne 
apposta  in  Anversa  per  visitarlo.  Fu  ac- 
colto da  lui  cortesemente  ; ed  una  mattina 
nell’  essere  a tavola,  vinto  dall’ impazienza 
di  veder  f opere  sue,  lasciatolo  quivi,  sali* 
alla  stanza  del  lavoro:  e vedute  le  sue 
pitture  , alla  presenza  de  suoi  giovani  co- 
ni nei  ò a gridare  dicendo,  che  il  lor  mae- 
stro era  un  gran  ladro  , ed  era  stato  un 
gran  ladro  : e che  i giovani  sentendo  que- 
sto modo  di  parlare,  non  conoscendo  la 
persona,  alzarono  ancor  essi  la  voce  con- 
tro Lamberto  , e furon  quasi  in  su  V ado- 
perar le  mani,seuou  che  Lamberto  gli  quie- 
tò condir  loro,  che  non  si  maravigliassero 
di  quelle  parole , perchè  Francesco  Floris 
essendo  stato  suo  discepolo , si  poteva  eoa 
ragione  chiamar  ladro  , per  avergli  ruba- 
ta V arte  e tutta  la  sua  maniera.  Lasciò 
il  Floris  alcuni  figliuoli , che  furono  Pit- 
tori : Battista , che  poi  in  Brusselles  fu  di- 
sgraziatamente morto  da  uno  Spagnuolo  : e 
uno  che  pure  anch’egli  si  chiamò  Fran- 
cesco, che  stette  in  Roma,  e operò  poco 
lodevolmente.  Ma  dalla  sua  scuola  uscirono 
moltissimi  Pittori  , che  tutti  fecero  gran 
riuscita  , come  diremo  nelle  notizie  della 
vita  di  essi. 


36g 

IL  PASTORINO 


VA  SIENA 

PITTORE  IN  Y ETRO 

Discepolo  di  Girolamo  da  Mar  zitta 
fioriva  intorno  al\  i5xo. 


JNJon  debbo  tralasciar  di  fare  qual» 
che  memoria  del  Pastorino  da  Siena  , il 
quale  contuttoché  menasse  gran  tempo  di 
sua  vita  io  qualità  dì  garzone  di  Gugliel- 
mo da  Marzi!  la  , Pittore  Francese  , singo- 
larissimo nel  colorire  in  vetro;  pur  tutta- 
via apprese  tanto  da  quel  valentuomo  9 
che  tornato  in  Italia  potette  fare  onore 
Baldinucci  VoL  V1L  24 


3jo  Deg.  V.  della.  Par,  I.  del  Sec,  IV. 
aì  maestro,  cpn  introdurre  una  miglior 
maniera  di  far  lavori  di  quella  sorta  : per 
lo  che,  non  solo  fu  amato  in  vita  , ma 
anche  meritò  alla  morte  del  suo  maestro  9 
che  seguì  del  1537.  essere  lasciato  erede 
di  lui  ti  i vetri  > disegni  e arnesi,  che  egli 
possedeva  appartenenti  a quell’arte,  siccO’ 
me  rimaneva  anche  in  parte  erede  di  sua 
virtù.  Il  Pastorino  dunque  dopo  la  morte 
del  Mai  ziila  dipinse  in  vetro , compose 
e adattò  il  bellissimo  occhio  , che  fu  po- 
sto sopra  la  porta  principale  del  Duomo 
di  Siena,  al  quale  fece  vedere  molte  figu- 
re di  Santi , con  buona  diligenza  e dispo- 
sizione condotti,  ed  è fama  ancora  ( e lo 
lasciò  anche  scritto  il  Gavalier  Baglioni) 
che  fosse  opera  delle  sue  mani  1*  occhio 
della  Basilica  di  San  Pietro  in  Roma  : il 
che  ne  fa  credere^  che  egli  altre  molte 
opere  conducesse  in  quel  genere  , che  a 
nostra  notizia  non  son  pervenute.  Sappiamo 
bene , che  egli  fu  solito  di  operare  per  lo 
più  con  disegni  di  Peri  no  del  Vaga, 
valoroso  pittore  de’suoi  tempi. 

-IH 

In  questi  tempi  partorì  la  città  d’ Am- 
sterdam TEODORO  HQREiNHERT , che 
riuscì  eccellente  intagliatore:  e fu  quegli 
che  intagliò  molte  opere  di  Martino  fi  era- 
skerch  : diede  fine  al  viver  suo  il  sessan- 
tesimo dì  sua  età  P anno  i5go. 


CARLETTO  CALI  ARI 

PITTORE  VERONESE 
Figliuolo  di  Paolo  Ca  Ilari > nato  «««••  + i5§6. 


^^uesto  virtuosissimo  giovane  opero 
assai  insieme  con  Benedetto  Calieri  suo 
zio , e fratello  di  Paolo  9 e con  Gabriello 
Caliari  suo  proprio  fratello:  e tutti  e tre  furo- 
no  alio  stesso  Paolo  d’ajuto in  molte  opere, 
e diedero  fine  ad  alcune  delle  sue  pitture 
restate  imperfette  per  la  morte  di  esso  , 
che  seguì  i’  anno  1598®  e particolarmente 


37 2 Dec.  V.  bella  Par.  I.  del  Sec.  IV» 
al  bel  quadro  della  Manna  , che  è in  Ve- 
nezia nella  Cappella  dei  Sacramento  nella 
Chiesa  de’ Santi  Apostoli.  Fra  le  prime 
opere  che  facesse  Carlo,  essendo  ancora  in 
età  di  diciassetti  anni,  fu  un  Adone  morto, 
e Venere  in  atto  di  piangerlo:  e simil- 
mente un1  Angelica  e Medoro,  che  nei 
tronchi  degli  alberi  imprimono  i nomi  lo- 
ro : e questa  fu  poi  intagliata  in  rame  da 
Raffael  Sadeler.  E però  da  sapersi  che  a- 
vendo  Paci  Veronese  insegnata  1’  arte  a 
questo  giovanetto  , per  la  grande  stima 
che  e’  faceva  del  Bassano  vecchio , per 
quanto  alla  forza  ed  al  rilievo  appartiene, 
volle  eh’  egli  stesse  alcun  tempo  appresso 
del  medesimo  , affinchè  egli  quella  bella 
maniera  apprendesse.  Dipoi  dipinse  insieme 
con  Gabriello  suo  fratello  la  gran  tavola 
pel  Refettorio  del  Convento  di  S.  Jacopo 
della  Giudecca  : dove  figurò  Cristo  nostro 
Signore  sedente  alla  mensa  , con  Levi  ban- 
chiere, con  molti  degli  Scribi  e Farisei  : 
e nella  Sala  del  maggior  Consiglio  due  sto- 
rie d’  Alessandro  III.  In  quella  degli  Au- 
lì pregadi  fece  storie  d’Ambascerie  de’Persiani 
alla  Repubblica.  In  San  Niccolò  de  Frari  e in, 
altre  Chiese  e Conventi  fece  co’  medesimi 
altre  opere.  Per  la  Chiesa  di  Santa  Giu- 
stina di  Padova  dipinse  pure  insieme  con 
esso  alcune  istorie  de’  fatti  di  San  Paolo  e 
San  Matteo  Apostoli.  Veggionsi  lor  pitture 
iu  Venezia  per  molte  case  di  private  per- 


/ 


Galletto  Caluhi»  373 

sorte , in  Trevigi,  in  Vicenza*  e in  Brescia» 
Visse  Carlo  insieme  con  Gabriello  suo 
fratello  in  continua  pace*  e senz"'  alcuna 
emulazione:  e dipigneva  l’uno  sopra  l’o- 
pere  dell’  altro , con  che  accrescevano  a 
se  stessi  tuttavia  maggiore  onore  e ricchez- 
za; ma  perchè  non  è capace  l’umana  con- 
dizione di  goder  molto  a lungo  vera  fe- 
licità , appena  fu  Carlo  all’  età  pervenuto 
d'  anni  ventisei , che  soverchiamente  affa- 
ticato negli  studj  dell’arte  ^ sopraggiunto 
da  etica  febbre,  se  ne  morì , lasciando  di 
se  fama  immortale» 

Dì  questo  valente  giovane  nella  Gal- 
lerìa si  vede  un  quadro  da  Altare  alto 
cinque  braccia  in  circa  , rappresentante  il 
miracolo  di  San  Fridiano  escavo  di 
Lucca , quando  raffrena  il  fiume  Serchioj, 
che  avea  inondate  le  campagne  circon- 
vicine , e lo  fa  tornare  nel  suo  letto ; V'è 
il  Santo  Trescavo  in  abiti  Pontificali  con 
in  mano  il  Rastrello  da  muover  terra , 
col  quale  va  riunendo  le  rotture  degli  ar- 
gini per  cui  sgorgavano  impetuosamente 
£ acquei  e dietro  a lui  una  mezza  figura  * 
che  tiene  il  Pastorale  , le  quali  due  figu- 
re potrebbero  dirsi  di  Paolo  medesimo  3 
se  il  nome  di  Carlo  figliuolo  di  Paolo  Ca- 
liari  , non  sì  leggesse  in  un  angolo  del 
quadro . La  Maddalena  pure  grazio- 
samente vestita  col  suo  vaso  di  balsamo 
a'  piedi  , e posta  nel  mezzo  della  tavola , 


374  ^EC*  della  Par.  I.  del  Sec.  IV» 
sembra  totalmente  di  Paolo  , potendosi 
ragionevolmente  credere  essersi j introdotta 
nel  quadro  questa  gran  Santa , per  de- 
vozione di  chi  ne  fece  la  spesa . Nella 
parte  superiore  v è la  gran  V ergine  Ma - 
dre  sostenuta  da  nuvole  e Angeli  , quasi 
dir  si  voglia , che  per  la  di  lei  interces- 
sione seguisse  il  miracolo . Questo  bel 
quadro  , a cui  per  la  sua  mole  può  darsi 
il  nome  di  singolare  , stette  lungo  tempo 
come  nascoso  nella  Terra  di  Castelfranco 
di  sotto  , lontano  venti  miglia  in  circa 
da  Firenze  , di  dove , per  attenzione  del 
Serenissimo  Gran  Principe  Ferdinando 
di  gloriosa  memoria  , trasportato  nell 9 ap- 
partamento da  esso  abitato  , e adornato 
da  numerosa  e famosissima  Quadrerìa  , 
coni  è noto  , oggi  nella  Galleria  della 
Reai  Casa  si  consenta* 


S7S 


AERTGEN  DI  LEIDEN 

PITTORE 

Discepolo  di  Cornelis  Engeìkechis®  * 
fioriva  nel  1640» 


A.ertgen  di  Leiden,  cioè  Arnoldo  di 
Leida  venne  alla  luce  in  detta  città  di 
Leida  in  Fiandra  F anno  1498,  Il  padre 
suo  esercitò  P arte  della  Lana  , alla  quale 
tenne  il  figliuolo  fino  alP  età  di  diciotto 
anni , a cagion  di  che  acquistò  il  nome 
d’ Arnoldo  lanajuolo  ; ma  perchè  da  molti 
chiari  segni  si  conosceva , che  non  a quel- 
Parte,  ma  al  disegno  F aveva  la  natura 
destinato,  fu  Fanno  x5i6.  tolto  a quellV» 


/ 


6 Dec.V.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV. 
sercizio , e posto  ad  imparar  la  pittura 
appresso  di  Cornelis  Engelheehtsz , sotto 
la  disciplina  del  quale  , ajutato  dal  genio 
e dall’  essere  ornai  fuor  di  fanciullo  , in 
brevissimo  tempo  cominciò  a dipignere  a 
ob'o  e a tempera  assai  ragionevolmente  e a 
fare  opere  da  se  medesimo.  Da  principio 
prese  una  maniera  simile  a quella  di  Cor- 
neiisz  Engelbreehtsoon  , che  fu  maestro 
del  suo  maestro  ; ma  avendo  poi  veduto 
il  modo  di  fare  di  Schoorel  cercò  di  mu- 
tarla , e seguitare  la  sua , come  anche 
quella  d’Hemskercken  per  quello  che  appar- 
teneva all’ architettura.  Delle  migliori  ope- 
re eh’  ei  facesse , furon  tre  quadri  fatti 
in  Leida  per  Jan  Geritz  Buyiewega , i 
quali  colori  maravigliosamente.  la  uno  era 
figurato  un  Crocifisso  co’  due  ladroni  , ia 
Vergine  colf  altre  donne  e San  Giovanni , 
e sotto  la  Croce  la  Maddalena.  Nell’altro 
un  Cristo  portante  la  Croce  con  gran  quan- 
tità di  figure  in  atto  di  seguitare  quella  fu- 
nesta processione,  e Maria  Vergine  con  San 
Giovanni  e V altre  devote  donne.  Nel  ter- 
zo rappresentò  Abramo  quando  conduce 
fuori  il  figliuolo  col  fascio  delle  legne  per 
fare  a Dio  il  gran  Sacrificio.  Era  1’  anno 
1604.  in  casa  la  vedova  di  Gio.  Wasse- 
naer  , già  maestro  de"  Cittadini  , prima 
carica  del  Magistrato , e Tesoriere  dello 
Stato  di  Leida  , un  quadro  della  Natività 
del  Signore.  In  casa  un  tale  Jean  Adria- 
ensz  Kuotter  erano  alcune  tele  dipinte  a 


Aertgen  di  Leiden.  877 

guazzo,  dov’  egli  aveva  figurata  Maria  Ver- 
gine con  alcuni  Angeli  in  atto  di  cantare: 
e in  casa  di  Jan  Diricbsz  di  Monfort  ima 
tavola  del  Giudizio  universale  co’  portelli  , 
sopra  i quali  aveva  il  Goltzio  fatto  dipi  « 
gnere  un  quadro  a olio,  benché  assai  gua- 
sto dal  tempo,  in  cui  egli  aveva  dipinta 
la  sommersione  di  Faraone  nel  Mar  Rosso, 
ed  cranvi  molte  cose  degne  d’  esser  vedu- 
te ; ma  particolarmente  faceva  bella  mo- 
stra la  gran  varietà  d’  abiti  , berrette  e 
turbanti  di  quella  gente.  Disegnò  questo 
pittore  assai  per  un  certo  Scrittore  in  ve- 
tri , o vogliamo  dire  Pittore  in  vetri  , 
chiamato  Claes  Chryvers,  che  noi  diremmo 
io  nostra  lingua  piccolo  Scrittore,  e per 
altri  di  simiì  mestiere:  e per  varie  provinole, 
e per  varj  luoghi  di  quelle  parti  fece  mol- 
te opere.  Fu  suo  costume  lino  da*  primi 
anni  di  non  voler  mai  più  far  paesi , nè 
cose  morali  , nè  favole  , ma  solamente  qua- 
dri e tavole  di  devozione,  e storie  del 
vecchio  e nuovo  Testamento  : e in  questo 
suo  modo  di  fare  tirò  avanti  i suoi  allievi. 
Fu  stimatissimo  dagli  artefici  del  suo  tem- 
po particolarmente  pel  buon  modo  ch’e- 
gli aveva  d’  ordinar  le  figure  , e per  la 
grand’  invenzione  : a cagione  di  che  il 
celebre  Pittore  Francesco  Floris  , colf  oc- 
casione d’ esser  chiamalo  a Delft  a fare 
un  Crocifisso  , partendosi  d’  Anversa  si 
portò  a Leida  per  visitarlo  , e veder  1’ o- 
pere  sue»  Arrivato  in  Leida  domandò  deh 


3y8  Dec.  V.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV, 

1’  abitazione  di  lui  , che  era  una  piccola 
casuccia  in  luogo  abiettissimo,  vicino  alle 
mura  delia  città  , e mezza  rovinata.  Giuti* 
tovi  non  vel  trovò  ; onde  per  non  per- 
der la  gita  pregò  i suoi  giovani  scolari  , 
che  dappoiché  egli  per  veder  1’  opere  dei 
loro  maestro  era  venuto  tanto  dì  lontano, 
si  contentassero  d’  introdurlo  nella  stanza 
do v’ egli  lavorava.  Quegli  lo  condussero 
in  una  stanza  di  sopra  a tetto  molto  bassa 
e male  in  essere,  che  era  quella  appunto 
dove  Arnoldo  stava  a dipignere.  11  Floris 
vide  le  pitture:  e poi  preso  un  pezzo  di 
carbone  di  que’  giovani  , disegnò  sopra  il 
muro  per  quanto  teneva  la  grandezza  del 
medesimo  un  Santo  Luca  colla  testa  del 
bue  , e r arme  della  Compagnia  de’  Pitto- 
ri : e si  partì  andandosene  al  suo  albergo. 
Tornato  che  fu  Arnoldo , e sentito  quanto 
era  occorso  , senza  saper  chi  fosse  stato  il 
forestiero  salì  sopra  , e al  primo  vedere 
del  bel  disegno  disse:  colai  che  ha  fatto 
sì  bella  cosa  non  può  essere  altri  che  Fran- 
cesco Floris.  Sentito  poi  ch’egli  era  venuto 
apposta  per  visitarlo  , come  quello  eh’  era 
d’animo  assai  composto,  ed  aveva  se  stes- 
so in  poca  o niuna  stima,  restò  forte  con- 
fuso che  un  maestro  di  quell’  essere  fosse 
venuto  a trovarlo  per  vedere  1’  opere  sue. 
Per  la  medesima  cagione  non  aveva  nè 
meno  ardire  d’  andare  a cercar  del  Floris; 
onde  fu  necessario  eh’  egli  medesimo  lo 
mandasse  a chiamare:  ed  avutolo  a se  gli 


Aertgen  di  Leiden.  879 

fece  grande  istanza  ^ che  se  ne  venisse  con 
esso  lui  io  Anversa , promettendogli  gran» 
di  occasioni  , e che  non  gli  sarebbono  sta- 
te pagaie  le  belle  opere  sue  a prezzi  tanto 
miserabili  , quanto  egli  con  vergogna  del- 
l’arte  , e gran  danno  di  se  stesso  se  le  fa- 
ceva pagare  in  Leida.  E non  diceva  cosa 
lontana  dal  vero  ; perchè  oltre  al  non  es- 
sere Arnoldo  punto  avido  del  guadagno  , 
occorreva  per  lo  più  che  quando  alcuno 
gli  veniva  a ordinare  un  lavoro , prima 
di  cominciarne  il  trattato  lo  conduceva 
alla  taverna  : e nel  più  bello  della  tavola 
ne  moveva  il  discorso  , e si  stabiliva  uno 
scarso  prezzo  alla  pittura  da  farsi.  Non 
volle  Arnoldo  a verun  patto  lasciarsi  per- 
suadere dal  Floris  : e ringraziatolo  della 
cortese  offerta  , gli  diede  per  risposta  * 
che  più  stimava  egli  la  sua  povertà  che 
la  grandezza  d’ ogni  altro:  e cosi  il  Floris 
se  ne  tornò  in  Anversa  , e Arnoldo  se  ne 
rimase  in  Leida  con  gran  disgusto  dei 
Floris , che  avendo  adocchiato  io  quest’ar- 
tefice una  gran  facilità  nell’  inventare  con 
altre  buone  parti  , aveva  disegnato  valer- 
sene cou  utile  nelle  sue  grandi  occasioni. 
Fu  usanza  di  questo  pittore  , di  non  la- 
vorar giammai  il  giorno  di  Lunedì:  e in 
quel  cambio  andatasene  all’  osteria  con 
tutti  i suoi  giovani  * benché  per  altro  ei 
non  fosse  punto  disordinato  nel  bere. 
Vi  si  trovava  bene  spesso  anche  fi  a set- 


38o  Bec.  V.  della  Par.  I.  del  Sec.  IV, 
ti iwana  , e dopo  cena  con  un  certo  suo 
strufrfenlo  di  fiato  chiamato  la  traversa, 
che  egli  si  dilettava  di  sonare  fosse  pure 
qual  ora  si  volesse  , e l’aria  scura  quanto 
mai  potesse  essere , senza  punto  tornare 
a casa,  dove  anche  in  quell’ ore  era  cat- 
tiva tornata  , se  ne  andava  sonando  per 
la  città:  la  quale  usanza  gli  partorì  mol- 
te disgrazie  , ed  in  ultimo  gli  costò  la 
vita.  Due  volte  cadde  nell’  acqua  con 
pericolo  d’  annegarsi  : e una  notte  da 

un  briaco , che  era  anche  suo  amico  e 
pittore  , fu  sfregiato  nel  viso.  Occorse  fi- 
nalmente che  un  giorno  dopo  desinare 
Arnoldo  uscì  di  casa  con  un  ricco  cit- 
tadino di  Leida  chiamato  Quirinck  Cla- 
esz  per  andare  a riscuotere  certi  dana 
ri  di  un  bel  quadro  9 in  cui  egli  ave- 
va rappresentato  la  sentenza  di  Salomone: 
e fece  tanto  tardi  cbe  gli  convenne  tor- 
narsene assai  di  notte.  Nel  camminare 
a quel  grande  scuro  fu  sopraggiunte 
da  stimolo  di  corporali  necessità  ; onde 
egli  cavatasi  la  giubba  , la  posò  sopra 
un  muro  d’  un  fosso  chiamato  Vollers 
Graft  , e poco  da  lungi  soddisfece  al  bi 
sogno.  Volle  poi  , per  quanto  si  com- 
prese , andare  a ripigliar  la  sua  giubba  . 
ma  per  la  grande  oscurità  prese  la  stra- 
da verso  una  certa  apertura  di  un  xnu 
ro  che  faceva  sponda  al  fosso  : e volendo 
andar  più  avanti , cadde  nell’  acqua  dove 
miseramente  morì  affogato  : e ciò  fi 


-/ 


/ 


Aertgen  di  Leiden.  38r 

l’anno  1564.  della  sua  età  sessantesimo 
sesto.  Il  nominato  quadro  del  Giudizio 
di  Salomone  t per  quanto  ne  lasciò  scrìtto 
il  Vanmander  , ancora  si  ritrovava  in 
Delffc  r anno  1604. 


/ 


38  a 


FRANCESCO 

D I 

FRANCESCO  FLORIS 

PITTORE  D’ ANVERSA 

Discepolo  di  Francesco  Florisf  fioriva 
nel  i5joe 


INfacque  questo  Pittore  io  Anversa 
di  Francesco  Floris , Pittore  celebratissimo 
in  quelle  parti , il  quale  , come  abbiamo 
nelle  notizie  della  vita  di  lui  accennato  , 
operò  con  tanto  valore  , che  fu  chiamato 
il  Raffaello  della  Fiandra.  Quegli  però  , 
del  quale  ora  parliamo  3 che  è Francesco 
suo  figliuolo 2 che  stette  a Roma,  e poi 


Francesco  Floris.  383 

tornatosene  in  patria  operò  con  assai  mi- 
nor lode  di  quello , che  il  padre  fatto 
aveva  ; merita  contuttociò , che  sia  fat- 
ta alcuna  memoria  di  lui,  come  quegli, 
che  ebbe  questa  fortuna  forse  sopra  o« 
gni  altro  pittore  de’  suoi  tempi  , che 
dalla  sua  scuola  uscissero  moltissimi  pittori 
di  grau  nome  , che  si  sparsero  poi  per 
l’Europa , e fecero  grandi  opere.  Carlo 
Vaomauder  Pittor  Fiammingo,  che  scrisse 
in  suo  idioma  , racconta  avere  avuto  al- 
cune volte  discorso  con  un  discepolo  di 
questo  pittore  , che  si  chiamò  Francesco 
Menton  di  Alckmaer  : e gli  domandò  del- 
la cagione , perchè  un  maestro  di  non 
eccedente  abilità  avesse  potuto  fare  sì  gran* 
d’  uomini  nella  sua  scuola  ; ciocché  appe- 
na addiviene  a quelli  di  primo  grido  ; ai 
che  rispose  Francesco:  la  cagione,  dico, 
essere  stata  ^ perchè  il  Floris  avendo  da 
fare  continuamente  grandissimi  lavori  , di- 
segnato eh’  egli  aveva  il  suo  pensiero , la- 
sciava poi  fare  a loro  ; ordinando  ad  essi9 
che  si  valessero  delle  tali  e tali  arie  di 
teste,  con  che  i giovani  pigliavano  ardire, 
e tanto  s’industriavano,  che  cooducevano 
le  cose  bene  , e si  facevano  pratichi  nel- 
l’arte. Dice  ancora  lo  stesso  Vanmander  , 
che  discorrendo  col  medesimo  Menton , 
fecero  il  conto  di  quanti  scolari  erano 
usciti  dalla  sua  scuola,  e per  quello,  che. 
allora  sovvenne  loro,  ne  contarono  fino 


384  ®EC-  V.  della  Par,  I.  del  Sec.  IV. 
sì  numero  di  centoventi.  Uno  di  questi 
fu  un  vecchio  di  Ghaent , chiamato  BE« 
N1AMYN di  GHAEN  r, che  nacque  nel  iS^o. 
e ancor  viveva  dei  1604.  e fu  nel  suo 
tempo  un  gran  coloritore  , siccome  mo- 
strava una  storia  sopra  la  testata  dell’  Or- 
gano nella  Chiesa  di  San  Giovanni  di 
Gaent , la  quale  egli  dipinse  con  disegno 
di  Luca  de  Heere  : e quest’  artefice  fece 
ancora  molti  ritratti  dal  naturale.  Simil- 
mente fu  suo  discepolo  CR1SP1AEN  VAN- 
DEN  BROECKE  d’  Anversa , che  fu  an- 
cora egli  grande  inventore,  pratico  nell’i- 
gnudo , e buonissimo  architetto  , 1’  opere 
del  quale  si  vedevano  in  più  luoghi  ap- 
presso gli  amatori  dell’arte,  e morì  poi 
in  Olanda.  Fu  anche  suo  discepolo  un 
certo  JOORIS  DI  GAENT,  che  fu  Pitto- 
re del  Re  di  Spagna,  e dipoi  della  Regina 
dì  Francia:  MARTENET  HENDRlC&di 
Cleef , LUCAS  DE  HEERE  , ANTONIS 
BLOCKLANT  , THOMAS  DI  ZLRIEKZEE  , 
SI  MONE  d*  Amsterdam  , ISAAC  GLAE- 
STE3N  CLOECK , inventore  e pittore  di 
Leiden  , FRANSOYS  MEKTON  d’  Al- 
ckmaer  soprannominato,  che  fu  gran  mae- 
stro, buon  disegnatore  e intagliatore  in 
rame , e faceva  bene  i ritratti  al  naturale: 
€ questi  pure  fece  grandi  allievi.  JEORGE 
BOBA  buon  pittore  e inventore  : 1’  eccel- 
lentissimo FRANCESCO  PURBUS  di  Bru- 
ges: JERON  FRANGKE3N  di  Herentas  ; che 


Francesco  Floris.  385 

da!  i6o4*  abitava  ancora  io  Parigi  nei 
Borghi  di  San  Germano  , e fu  un  gran 
maestro,  e ritrasse  bene  al  naturale:  un 
fratello  del  medesimo,  cioè  FRANS  FRAN» 
CKEN , ancora  esso  gran  pittore , che  en- 
trò nell*  Accademia  d’  Anversa  l’anno  i56r0 
e morì  in  giovanile  età:  ÀMBROS1US 

FRANCKEN  , il  terzo  fratello,  che  in  An- 
versa nell’  ordinare  le  sue  figure  fu  eccel- 
lente : JOQS  DE  BEER  d’ Ùtrekt,  il  quale 
abitava  appresso  il  Provinciale  del  Ve- 
scovo di  Tornay  , e morì  in  Utreckt:  HANS 
DE  MAJER  di  Herentals:  APERT  FRAN- 
CEN  di  Delft , che  non  fece  gran  cose, 
ma  fu  buono  ordinatore  di  figure , dipinse 
Baccanali,  de’ quali  faceva  assai  copie,  e 
anche  colorì  al  naturale  : LO YS  di  Brussel- 
les  buon  pittore  e sonatore  di  Arpe  e di 
Chitarra  : THOMAS  di  Cocklen  : un  MU- 
TOLO di  Nirnega  : HANS  DAELMANS 
d’ Anversa:  EVERT  d’  Amerfoort:  HER- 
MAN VANDERMANS,  nato  in  Briel  , che 
1’  anno  1604.  abitava  in  Delft.  Questi  do- 
po la  morte  dei  Floris  andò  a stare  ap- 
presso trans  Francken  , dove  copiò  il  ri» 
tratto  d*  un  Cavaliere  di  Croce  bianca,  di 
mano  del  Floris , in  atto  di  tenere  una 
mano  sopra  essa  croce  : sopra  la  qual© 
Evert  dipinse  un  ragnatelo  colle  gambe 
lunghe , e col  suo  sbattimento  , e stava 
tuttavia  operando.  Arrivò  il  maestro  , e 
veduto  quell’  animale,  disse  al  giovane: 
Vedi  quanto  sono  stimate  le  tue  fatiche  , 
Baldinucci  Voi  VII . 


§86  Bec.  V«  bella  Far.  I.  del  Sec.  IV. 
che  infine  i regnateli  ti  vengono  a spor- 
care il  lavoro  : e col  cappello  fece  gesto 
di  cacciarlo  via  ; vedendo  poi  , eh’  egli 
era  dipinto*  si  vergognò,  e disse  al  giovi- 
ne , che  noti  lo  scancellasse,  ma  lo  lascias- 
se stare  così  : di  che  il  giovane  molto  si 
gloriava  , parendogli  d’  avere  ingannato  il 
proprio  maestro.  Fu  anche  scolare  del  Flo- 
ris HERMAN  VANDERMAST  , che  partì 
alla  volta  di  Parigi  , dove  stette  due  anni 
appresso  V Arcivescovo  di  Bourges  , e vi 
dipinse  no  Sao  Bastiano.  Nello  stesso  quadro 
ritrasse  una  mula  , e gran  quantità  di 
erbe  al  naturale  , delle  quali  alcune  si 
vedevano  essere  state  peste  co’  piedi , e 
molte  furon  conosciute  dal  Medico  del  Re 
pe’ nomi  loro:  a ragione  della  quale  opera 
Ermanno  fu  domandato  al  Vescovo  dallo 
stesso  Re.  Andò  poi  ad  abitare  da  Mon- 
sieur  de  la  Queste,  Cavaliere  dell’Ordine, 
Presidente  e Procuratore  Generale  di  quel- 
la Maestà  , dove  gh  furon  fatte  gran  ca. 
rezze.  Steltevi  sette  armi , quattro  de’  quali 
in  carica  di  Scudiere  della  moglie  del  suo 
padrone,  che  era  una  Dama  delia  Regina, 
di  quelle  che  là  chiamavano  F glie  delia 
Regina  : e andava  per  tutto  in  carrozza 
della  medesima.  Un  giorno  nell’ andar  egli 
alla  Corte  con  quella  Dama  in  tempo  di 
Carnovale  mascherato , la  Regina  Madre, 
che  molto  amava  la  Db ma  e la  virtù  del 
Pittore,  volendo  onorarlo  con  grado  di 
nobiltà , gii  donò  una  Spada,  la  qual© 


Francesco  Floris,  38^ 

volle , che  portasse  sempre.  Ciò  fece  la 
Regina  mentre  egli  era  mascherato:  per- 
chè essendole  stato  chiesto  da  altri  quel- 
Y onore  per  non  dare  ad  alcuno  gelosia  * 
volle  mostrare  di  aver  data  la  spada  al 
primo  Cavaliere  , che  se  le  fosse  presenta- 
to davanti  in  quell’  allegria.  Ma  questa 
nuova  onorevolezza  del  pittore  fece  sì, 
che  egli  affezionatosi  alla  Corte,  perdè 
F affetto  al  dipignere,  e non  tirò  più  a» 
vanti  , che  per  altro  sarebbe  riuscito  un 
gran  maestro.  DAMIAEN  YA^DERGAUDE 
fu  a neh’  egli  discepolo  del  Floris  , e fu 
fatto  Arderò  del  Re  , una  Guardia  nobi- 
lissima, che  guarda  la  persona  di  quella 
Maestà,  di  grandissima  rendita,  carica, 
che  per  lo  più  usavan  cavare  da’  Soldati 
riformati.  Uscirono  ancora  dalla  scuola  di 
Francesco,  HIEROON  VANYISSEN  ACK  , 
STEVEN  CRQONEMBORG  di  Hage,  e DIR» 
CKVANDERLAEN  d’Haerlem  , il  quale  fu 
bravo  nelle  cose  piccole  : per  avanti  aveva 
avuta  scuola  da  Marten  di  devia  : e an- 
datosene in  Ispagoa  molto  vi  crebbe  ita 
valore  e io  fama. 


388 


HANS  BOL 

PITTORE  DI  MA  LINES 
Fioriva  nel  1570 


D«i  mese  di  Dicembre  deir  anno 
j534»  di  molto  onorata  famiglia  nella  città 
di  Malines  nacque  Hans  Boi.  Appena  giun- 
to alla  età  di  quattordici  anni,  stimolato 
dal  genio  si  mise  ad  imparar  l’arte  del 
disegno  appresso  un  ordinario  maestro 
della  sua  patria.  Stette  con  esso  due  anni, 
dopo  i quali  volle  fare  un  viaggio  a Hey- 
ddbor&s  e consumati  altri  due  anni  fu  di 


Hans  Bol.  889 

ritorno  a Malines,  dove  non  prese  altri 
maestri  , ma  da  per  se  stesso  andava  di- 
segnando e rappresentando  belle  vedute 
di  paesi , con  che  s9  acquistò  una  bella  e 
molto  allegra  maniera.  In  Gbaertt , in  casa 
di  Gio.  Vanmander , cugino  di  Carlo  Van« 
mander  Pittor  Fiammingo  , che  queste 
cose  nel  suo  linguaggio  ci  lasciò  scritto, 
era  di  mano  d'  Hans  Boi  una  gran  tela 
a guazzo  , nella  quale  egli  aveva  rappre- 
sentato la  favola  di  Dedalo  e Icaro , vo- 
lanti per  aria  : dove  si  vedeva  sorgere  un 
masso  in  mezzo  ali’  acque , in  cui  era 
una  grotta  , e sopra  al  masso  figurato  un 
bel  castello  con  diversi  alberi  : e il  tutto 
faceva  riflesso  nell’  acqua  con  tanta  natu- 
ralezza e verità , che  più  non  si  poteva 
fare  : vedevansi  anche  galleggiare  sopra 

le  acque  le  penne , che  andavano  caden- 
do dall'  ali  disfatte  dall"  infelice  Icaro.  Nel- 

Ila  prima  veduta  di  questo  vaghissimo  pae- 
se era  un  pastore  co'  suoi  armenti , ed  un 
contadino , che  arava  un  campo , condotto 
molto  artihciosamente.  Altri  molti  e belli 
paesi  fece  egli  nella  sua  patria,  dove  1’  o- 
pere  sue  furono  assai  stimate  , e da’  mer- 
canti cercate  e pagate  a gran  prezzi.  Oc- 
corse poi  Panno  1672.  che  quella  città 
fu  saccheggiata  dagP  Imperiali  , e a lui 
toccò  a perdere  ogni  suo  avere;  onde  se 
ne  fuggì  ad  Anversa  quasi  ignudo  : ricco 
però  della  sua  virtù  , a cagione  delia  qua- 
le vi  fu  onoratamente  ricevuto  da  un  tal 


3go  Dec.  V.  bella  Par.  T.  del  Sec,  IV. 

Van  Belle  e Aotonis  Covureur  , che  lo 
rivestii ono  9 e gli  fecero  uh  ite  carezze-  In 
questa  citila  fece  egli  un  libro  di  diversi 
pesci  ed  altri- animali  al  naturale,  che  il 
Yatimander  afferma  fosse  cosa  mara  vogliosa: 
ma  gli  convenne  abbandonare  il  dìpigner 
paesi  in  tela  per  essersi  accorto  , che  i 
paesani  di  quella  città  gii  compravano  e 
copiavano  , e le  copie  vendevano  per  sue. 
lo  quel  cambio  si  mise  a fave  paesi  con 
istorie , nelle  quali  gli  parve  esser  più  si- 
curo da  simile  inganno.  Avvicinandosi  l’an- 
no 1 584-  per  levas  si  dall’ imminente  peri- 
colo de' tumulti  , lasciala  Anversa  se  n’ an- 
dò a Bergben-opsoom , e di  là  a Dort  , 
dove  due  anni  si  trattenne:  quindi  se  ne 
passò  a Delfi,  e di  lì  ad  Amsterdam, 
dove  dipinse  la  città  dalla  parte  di  mare 
colla  gran  Copia  delle  sue  navi , ed  anche 
dalla  parte  di  terra , con  bellissime  vedute 
di  vdlsggi  : e fecevi  molte  altre  opere  , 
colle  quali  guadagnò  gran  danari.  Appres- 
so di  Jaques  Razet  era  un  Crocifisso  gran- 
de , con  gran  copia  di  figure  e cavalli  in 
un  bellissimo  paese  , opera  di  ricca  in- 
venzione e diligentemente  firma.  E in  som- 
ma  le  piume  di  quest’  artefice  vi  furono 
in  tanto  credito,  che  del  continuo  si  ve- 
devano uscir  fuori  in  istampa.  Seguì  Ja  di 
lui  morte  nella  stessa  città  d’  Amsterdam 
Fanno  1 5c)3.  a’  20  di  Novembre.  Non 
lasciò  figliuoli.*  ma  ssbbene  restò  alla  mo- 
glie uà  figliuolo  , nato  del  suo  primo  ma- 


Hans  Bol*  3gi 

trimonio  f che  si  chiamò  Boels  9 che  fa 
discepolo  di  Bols.  Questi  ancora  fece  bel- 
lissimi paesi  : e morì  pochi  anni  dopo 
il  suo  patrigno  e maestro.  Ebbe  ancora 
Hans  Boi  un  altro  discepolo  , chiamato 
JACQUES  S AVERI!  di  Gortray,  che  fa 
il  migliore  , che  udisse  dalla  sua  scuola  : 
operò  bene  e con  diligenza.  Si  morì  di 
peste  F anno  i6o3.  in  Amsterdam  , lascian- 
do un  suo  fratello  e discepolo,  chiamato 
ROELANDT  SAVERII , che  non  fu  nel- 
l’opera r suo  punto  inferior  al  fratello.  Il 
ritratto  d’  Hans  Boi  si  vede  in  istampa  fat- 
to dal  Goltzio , il  quale  , come  attesta  il 
Vanmander,  riuscì  somigliantissimo. 


DELLE  NOTIZIE 


3§3 


DE'  PROFESSORI  DEL  DISEGNO 

DA  CI  MA  BUE  IN  QUA 

DECENNALE  I. 

della  Parte  li.  del  Secolo  IV* 
DAL  MDL.  AL  MDLX* 
BARTOLOMMEO  AMMANNAT1 
SCULTORE  E ARCHITETTO 
FIORENTINO 

Discepolo  ài  Jacopo  San s ovino ^ nato  i5ii* 
morto  i5g2. 


IP rotondissimo  , e del  tatto  impene- 
trabile segreto  della  sempre  desta  ed  ope- 
rante Provvidenza  del  grand’  Iddio  , scor- 
ge ogni  saggio  intelletto  , qualunque  volta 
egli  si  pone  a considerare  il  dispensare , 
eh’  ella  fa  con  diverso  peso  e misura  ad 
ogni  uomo  i talenti , con  cui  egli  possa  i 


$94  Oec.  I .della  Par.  IL  del  Sec.  IV. 
proprj  studj  , a seconda  dell’  intenzione  di 
lei  indirizzando,  incamminarsi  al  suo  fine. 
Conciossiacosaché  veggasi  bene  spesso  talu- 
no nei  primo  apparire  dell’  alba  cJegh  au- 
lii suoi  incominciare  a dare  aperti  segni 
di  possedere  in  se  slesso,  non  pure  una 
splendente  chiarezza  d’ intelletto  , accompa- 
gnata da  ben  maturo  giudizio  , per  adat- 
tarsi ali’  acquisto  d’  ogni  più  bella  facoltà, 
ma  un  genio  universale  eziandio  a tutte, 
ed  a ciascheduna  di  esse  in  particolare  , 
nato  in  lui  per  puro  instinto , non  da  vo- 
lubile curiosità,  o per  un  volere  inco- 
stante , siedi’  egli  ogni  fatica  sprezzando  , 
e ogni  timore  superando  per  tutte  quelle 
conseguire , facciasi  ardito  di  porre  il  te- 
oero piede  per  iscoseesi  e non  più  bat- 
tuti sentieri  , molte  e diverse  strade  ia 
un  tempo  stesso  calcando  , finch’  egli  là, 
dove  giungere  procacciava  , finalmente  sia 
pervenuto  , e faccia  ormai  ( stetti  per  dire) 
che  resti  ili  dubbio  quel  tanto  risaputo 
proverbio , che  non  ad  un  sol  puro  uomo 
diede  giammai  ogni  cosa  il  Cielo.  E vera- 
m nte  s9  io  volessi  ora  intorno  all’  amiche 
memorie  andar  ragionando  , molti  annove- 
rar ne  potrei  , ai  quali  ( a differenza  d’al- 
tri fuliniti,  che  non  giunsero  a tanto)  fu 
data  in  sorte  una  simile  prerogativa:  ma 
per  non  allungarmi  più  che  d’  uopo  mi 
sia  , e per  non  punto  discostarmi  dalle 
materie  , eh’  io  presi  a trattare,  che  han- 
no per  oggetto  solamente  le  azioni  di  co- 


Bàrtolommeo  Ammannàti. 
loro,  clie  più  si  segnalarmi  in  quelle  bei» 
Farti,  che  dal  disegno  hanno  comincia- 
rne» to  e vita  ; una  sola  testimonianza  ad- 
durrò nella  persona  del  gran  Michelagno- 
lo  , il  quale  sin  dalla  puerizia  dotato  del- 
le belle  qualità  , che  dette  abbiamo  , non 
ebbe  appena  per  lo  spazio  di  tre  lustri 
corsa  la  via  delle  nobili  fatiche  sue  , che 
all’ anno  ventesimo  dì  sua  età  pervenuto, 
già  potè  vantarsi  del  pregio  d’  eccellente 
Pittore,  d’  unico  Architettore,  di  Scultore 
impareggiabile,  e di  Disegnatore  divino  , e 
non  è fuori  del  mio  proposito  ( per  V an- 
tica amicizia,  ch’ebbero  sempre  colla  Poe- 
sia queste  nobilissime  arti  ) il  dite  anche 
ingegnoso  e molto  lodato  Poeta,  (i) 

Veggiamo  poi  per  lo  contrario  addi- 
venire , che  altri  dotati  a principio  d’  un 
sol  genio  5 o vogliamo  dire  ad  una  sola 
virtù  inclinati  , ogni  altro  line  dagli  animi 
loro  e da’  loro  pensieri  rimovendo  , al  con- 
seguimento di  quella  sola  con  forte  volon- 
tà ogni  loro  industria  e fatica  procurano 
d'adattare;  ma  perchè  nel  genere  delie 
varie  virtù  ninna  si  trovò  mai  o antipatia, 
o nemicìzia  , ma  bene  aggiunta  a Confor- 
mità d’intenzione  uria  vera  fratellanza,  a 
cagion  di  cui  facil  cosa  è a chi  del  più 
bello  d’ alcuna  s’innamorò,  tosto  di  quel 


(i)  Per  lo  che  alcuni  gli  hanno  at~ 
k ributto  per  la  Poesia  La  quarta  corona „ 


3g6  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IY, 
dell’ altr’ invaghirsi  : però  moki  ancora  so- 
no stati  coloro,  i quali  ( senz’  esservi  pun- 
to da  principio  dalla  natura  stali  chiama- 
ti) gli  studj  della  già  conseguita  ad  altra 
rivolgendo,  sonosi  finalmente  accorti  d’a- 
vere in  breve  giro  d’  anni  di  gran  lunga 
ecceduto  i prim»  voleri  nel  conseguimen- 
to d’  altre  molte.  Segreti  in  somma  son  que- 
sti , con’ io  dissi  a principio,  dell’alta 
Provvidenza  del  grand’  Iddio  , a cui  sola- 
mente intorno  al  dispensare  i talenti  per 
lo  governo  del  Mondo  , la  cognizione  del 
quando  , del  come  , e del  quanto  , appar- 
tiene ; ma  perchè  quegli  di  loro  natura 
per  essere  ugualmente  ammirabili  e pro- 
fondi , ogn’  investigazione  rimossa  , solo  una 
divota  maraviglia  richieggono  da’  nostri  in- 
telletti , lascio  di  più  parlarne.  Dico  però, 
che  uno  di  quegli  uomini , eh'  io  poc’  an- 
zi per  esemplo  nel  secondo  luogo  riposi  , 
pare  a me  che  fosse  quegli,  di  cui  ora 
son  per  parlare  , dico  si  nostro  Bartolom- 
sneo  Ammarinati,  il  quale  conciossiacosaché 
negli  anni  primi  non  dimostrasse  altra  in- 
clinazione , che  alla  Statuaria  , ed  alla  me- 
desima in  tutto  e per  tutto  sotto  la  disci- 
plina d’ottimi  maestri  si  de  ucasse,  e quel- 
la anche  per  lungo  tempo  esercitasse , in- 
vaghitosi poi  in  più  ferma  età  soprammo- 
do della  bell’  arte  dell’  Architettura  , die- 
desi  a tale  studio  con  tant’ amore,  ed  in 
esso  talmente  s’avanzò,  che  per  quella  so- 
lamente, quando  non  mai  per  altro  , si 


Bartolommeo  Awmannatt.  3 97 
meritò  quel  gran  nome  , cbe  tanto  ne’  se- 
coli futuri  lo  renderà  famoso,  quanto  du- 
reranno ad  essere  ammirati  i sontuosi  edi- 
ficj  e T egregie  fabbriche,  ch’egli  con 
proprio  modello  coltrasse  nella  Città  di 
Roma  , in  Firenze  sua  patria  , e altrove  , 
come  da  quel  poco , eh’  io  son  per  nota- 
re , eh’  è quanto  di  certo  è potuto  fin  qui 
venire  a mia  notizia,  potrà  vedersi;  ed 
eccoci  al  principio  dei  nostro  racconto 
Dico  dunque,  cbe  d’ Antonio  d’ un  al- 
tr’  A ntonio , che  si  crede  da  Settignano  , (i) 
villa  presso  a Firenze  circa  tre  miglia  , 
nacque  l’anno  di  nostra  salute  i5ii.  Bar- 
tolommeo Ammannati,  il  quale  per  rotti- 
ma  riuscita  , eh*  ei  fece  poi  ne’ buoni  co- 
stumi , dobbiamo  credere,  che  fosse  da’pa- 
renti  nella  sua  puerizia  bene  educato  5 fin- 
che all’  età  pervenuto  di  12.  anni  , sicco- 
me io  trovo  in  un  ricordo  di  propria  ma- 
no sua  , restò  senza  padre  ; il  quale  al  fi- 
gliuolo altra  eredità  non  lasciò  3 cbe  d’un 
piccolo  podere  , che  la  valuta  di  trecento 
ducati  non  eccedeva  , e una  casa  del  valo- 
re del  doppio  , o poco  più  ; onde  al  fan- 
ciullo fu  necessario  per  campar  sua  vita 
ad  alcuna  professione  applicarsi  , e fra  le 
molte  , a cui  avevaio  la  natura  ben  dispo- 
sto , piacendogli  quella  della  Scultura,  si 
acconciò  con  Baccio  Bandinelìi  celebre  Scul- 


(1)  Quasi  septinaiaaus  ager. 


3q8  Dec.  I.  della  Par.  IL  del  Sec.  IV. 
tore  Fio  reatino  , e da  lui  apprese  i pria- 
cipj  del  disegno.  Ma  o fusse  perchè  Bac- 
cio suo  Maestro  era  di  natura  alquanto 
fantastica  e tutta  contraria  a quella  dei 
giovanetto  , o per  altra  che  se  ne  fosse  la 
cagione  , stato  eh’  ei  fu  alquanto  col  Ban- 
dinelle , avendo  sentito  , che  Jacopo  del 
Tatta  Fiorentino  ( che  per  essere  stato  di- 
scepolo dell1  eccellentissimo  Scultore  e Ar- 
chitetto Andrea  Contucci  del  Monte  a San- 
sovino,  dicevasi  Jacopo  del  Sansovino  ) 
stavaseoe  operando  in  Venezia  con  fama 
di  gran  Maestro  » subito  lasciata  la  scuo- 
la del  Bandinelle,  e con  essa  anche  la 
Città  di  Firenze,  colà  sen’ andò  , accomo- 
dossi  eoo  lui  , e in  breve  tempo  nell’arte 
della  Scultura  molto  s’approfittò.  Torna- 
tosene poi  alla  Patria  , e datosi  con  ogni 
applicazione  a studiare  le  statue  di  Miche- 
lagnolo  Buonarroti  , che  sono  nella  Sagre- 
stia nuova,  di  S.  Lorenzo  , fece  maggiori 
progressi  , onde  cominciò  ad  essere  da  mol- 
ti adoperato.  Le  prime  figure  eh'  egli  fa- 
cesse in  Toscana  , furono  un  Dio  Padre 
eoo  alcuni  Angioli  di  mezzo  rilievo  , una 
Leda  , che  fu  poi  man  lata  al  Duca  cV  Or- 
bino , e tre  statue  quant’il  naturale,  che 
portate  a Napoli  servirono  per  ornare  il 
Sepolcro  del  Ssnnazzaro  celebre  Poeta.  Fu 
poi  chiamato  a Orbino  , dove  nella  Chiesa 
di  S.  C Li  ara  fece  con  molta  sua  lode  la 
Sepoltura  del  Duca  Francesco  Maria  , e 
in  essa  Città  pure  operò  molto  di  stucchi; 
ma  essendo  in  quel  tempo  seguita  la  mor- 


j 

i 


! 

! 


Bartolommeo  Ammainati.  893 
te  dei  Duca  , con ven negli  tornare  a Firen- 
ze , dove  col  suo  scarpello  fece  il  Sepolcro 
di  marmo  che  doveva  esser  pesto  nella 
Chiesa  della  Santissima  Nuotata  per  Ma» 
rio  Nari  Romano,  che  combattè  eoo  Fran- 
cesco Mufi.  Aveva  egli  figurata  la  Vittoria , 
che  sotto  di  se  teneva  un  prigione  , e an- 
cora aveva  scolpito  due  fanciulli , e la  sta- 
tua di  esso  Mario  sopra  la  cassa;  ma  fra  ’l 
non  sapersi  di  certo  da  qual  parte  fosse 
stata  la  vittoria  , e ’J  poco  servizio , che  il 
povero  Ammarinato  ricevè  dal  Bandinelle  , 
quell’  opera  non  si  scoperse  mai,  onde  es- 
sendone poi  stale  levate  le  statue,  fu  quel- 
la della  Vittoria  collocata  io  una  delle  te- 
state nel  secondo  cortile  di  quel  Conven- 
to , dalla  parte  della  Chiesa , presso  alla 
Cappella  degli  Accademici  del  Disegno.  I 
fanciulli  (t)  furono  posti  un  di  qua,  e 
un  di  là  d’  avanti  all*  Aitar  maggiore  ^ fa- 
cendo loro  fare  ufi  zio  d’  Angioli,  che  so- 
stengono candellieri  , e non  san  molti 
mesi , che  a cagione  di  non  so  qual  dise- 
gnato nuovo  acconcime  , sono  stati  tolti  di 
detto  luogo.  La  statua  di  Mario  fu  porta- 
ta altrove;  quest’accidente  di  non  essersi 
potuta  quell’  opera  scoprire  9 apportò  a 
Bartolommeo  tanto  disgusto , che  imman- 
tinente lasciò  la  Patria  ^ ed  a Venezia  di 
nuovo  se  n’  andò.  In  quella  nobilissima  cit- 


(s)  In  fatti  hanno  lo  aie  posticce* 


4©o  Deg.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
tà  scolpì  la  figura  d’  uu  Nettuno  in  pietra 
d’ Istria  , che  fu  posto  sopra  la  Piazza  di 
S.  Marco,  Quindi  andatosene  a Padova  , 
lavorò  per  Maestro  Marco  da  Mantova , 
celebre  Medico  , nella  propria  casa  di  lui 
un  grandissimo  Gigante  dì  pietra  ; fecegli 
ancora  una  bella  sepoltura  con  molte  sta- 
tue nella  Chiesa  degli  Eremitani  , e poi  si 
partì  da  quello  Stato  Era  1’  anno  i55o.  e 
deli’  età  del  nostro  Artefice  il  trentesimo- 
nono  , nel  qual  tempo  viveva  in  Urbino 
Gio.  Antonio  Battiferri  nativo  di  quella 
Città  , stato  Cherieo  residente  in  Curia  , ed 
aveva  una  sua  figliuola  naturale , di  poi 
legittimata,  alla  quale  per  esser  ella  dota- 
ta d’  ogni  virtù  , voleva  tutto  il  suo  bene, 
tanto  più,  che  avendo  ella  ad  una  nobile 
e spiritosa  vena  di  Poesia  , di  cui  le  era 
stato  liberale  il  Cielo  , saputo  congiugnere 

10  studio  delle  buone  lettere  , già  era  di- 
venut’ oggetto  d’aimnirazione  per  tutt*  Italia, 
e fuori  a’  più  dotti  di  quel  secolo  ; onde 
al  Padre  altro  da  desiderare  non  rimane- 
va  , che  il  veder  Laura  , (i)  che  tal  era 

11  nome  della  fanciulla  , fatta  consorte 
d*  alcuno  , che  pure  avesse  fama  di  virtuo- 
so ; qui  dunque  tendevano  i suoi  desi- 
deri , quando  riflettendo  alla  fama  , che 
non  solo  in  Urbino  sua  Patria  , ma  altro- 


(f)  Di  Laura  Battijerra  molti  hanno 
esaltate  io  sue  virtù. 


BARTOLOMMEO  AMMANNATr.  [4 Qt 
ancora  aveva  lasciata  di  se  F Amman- 
nati  , incominciò  con  esso  trattato  dell’ac- 
casamento  di  lei , il  quale  ebbe  suo  effet- 
to lo  stt$;o  anno  i55o.  agli  diciassette  del 
mese  d’  Aprile  nella  Santa  Casa  di  Lore- 
to , alla  presenza  di  Girolamo  Lombardo 
Scultore,  o vogliamo  dire  Girolamo  Fer- 
rarese discepolo  d’ Andrea  Contucci  dai 
Monte  a Sansovino  , eh*  allora  operava  in 
essa  Santa  Casa  , ed  un  certo  Don  Nicco- 
lò Casale , siccom’  io  ho  riconosciuto  dal- 
T antica  ed  autentica  Scrittura  celebrata 
in  quel  luogo.  Qui  mi  conceda  il  Lettore* 
che  trattando  dell’ Am  man  nati , e di  sua 
Moglie , io  divertisca  alquanto  , portando 
in  questo  luogo  alcune  delle  molte  lettere* 
che  scrisse  a questa  vaiente  donna  1’  eru- 
ditissimo Annibai  Caro  , non  solo  perchè 
da  esse  si  ha  alcuna  notizia  del  nostro 
Scultore  , ma  ancora  perchè  dalie  medesi- 
me conoscesi  la  grande  slima  , in  che  co- 
stei fu  appresso  i Letterati  di  quei  tempii 
con  cui  ella  tenne  virtuosa  corrisponden- 
za; cosa  che  siccome  ridonda  in  onore  del 
Consorte  suo , del  quale  noi  abbiamo  pre- 
so a trattare , così  non  sarà  anche  del  tut« 
to  lontana  dal  nostro  intento. 


Lettera  delli  6.  Agosto  i552. 

E da  vostro  Consorte  ,<$  da  Madore 
Baldinucci  Voi.  VII * 


4os  Dec.  I.  dell a Par.  II.  del  Sec.  IV. 
na  omelia  in  vostro  nome , e da  voi 
medesima  in  prosa  e in  rima  sono  stato 
salutato , e celebrato  per  modo  9 che  mi 
sento  molto  gravata  la  coscienza  d'aver 
Cani ' indugialo  a rendervene  il  cambio  , 
Pure  Messer  Bartolommeo  che  sa  la  ca- 
gione , e che  mi  ha  promesso  di  scusar- 
mene appresso  di  voi,  me  la  sgrava  al- 
quanto , assicurandomi  ch'io  non  ne  sarà 
tenuto  da  voi  per  disamorevole  , nè  per 
poc  officioso  ; benché  per  voi  medesima 
potete  esser  certa  che  ciò  non  può  venire 
da  tepidezza  di  ajfezione,  conoscendo  quan- 
to per  infiniti  vostri  meriti  dovete  essere 
amata  e riverita  da  tutti , e da  me  spe- 
zialmente. E potendo  anco  pensare , che 
per  ogni  rispetto  io  mi  debba  recare  a 
molto  favore  d' esservi  in  grazia  ; questo 
voglio  che  mi  basti  per  risposta  della  let- 
tera , non  dimenticandomi  però  di  ringra- 
ziarvi di  tant'  onore,  e di  tanta  cortesia 
che  vi  è piaciuta  di  farmi . Quanto  al 
Sonetto  fuor  delle  mie  laudi  non  ha  cosa 
che  si  possa  riprendere  , pure  il  vostro 
Mastro  tenendosi  buono  d'esercitare  con 
voi  la  sua  prerogativa  , l'ha  voluto  stor- 
piare in  ceiti  pochi  luoghi « V^endicatevene 
contr  alla  sua  risposta , la  qual  è tale  , 
che  si  sarebbe  vergognata  di  venirvi  in- 
nanzi 3 se  non  avesse  avuto  per  maggior 
vergogna  di  non  rispondervi . O pure  an- 
eli essa  merita  scusa  , che  in  questi  tempii 
e in  questi  strepiti  che  corrono  , non  ha 


Bartolommeo  Ammansati.  40$ 
potuto  aver  le  Muse , nè  molto  amiche  , nè 
molto  oziose . Se  le  vostre  in  tanta  quiete 
e sotto  il  nativo  cielo  vi  detteranno  al- 
cuni! altra  cosa , vi  prego  a farmene  parte  p 
ma  più  volentieri  le  sentirei  cantare  d’ap- 
presso.  Ed  ormai  che  7 tempo  vien  fresco 9 
mi  giova  credere  che  cominciate  a pensare 
di  dar  volta . Così  doverà  piacere  anche  a 
Messer  Bartolommeo  per  avere  alle  volte 
altre  donne  d! intorno,  che  di  marmo.  In 
tanto  io  desidero  , che  mi  conserviate  nel - 
la  vostra  memoria , e riverentemente  vi 
bacio  le  mani. 


Lettera  de’  i3.  Ottobre  i556. 


r osìgnoria  non  farà  mai  cosa , della 
quale  abbia  bisogno  di  scusa  appresso  di 
me,  perchè  vi  scuso  sempre  io  medesimo 9 
essendo  risoluto  che  non  possiate  errare  9 
e tanto  meno  in  essere  ingrata,  e disamo- 
revole come  dubitate  d'esser  tenuta  da 
me , quandi  io  v'ho  per  V amorevolezza  , e 
per  la  gratitudine  stessa  ; ben  mi  dolgo 
grandemente  della  vostra  malattia  , per 
avermi  privato  della  consolazione  delle 
vostre  lettere  , ma  molto  più  per  l'offesa 
eli  averà  fatta  alla  persona  vostra,  la 
qual  vorrei , che  preservasse  così  vigorosa 9 
e così  giovane  ed  anco  se  si  potesse  cos ì 
immortale , come  sarà  la  fama  delle  virtù 


4©4  1*  bblla  Far.  11.  del  Sec,  IY. 

m del  nome  'vostro ; ma  poiché  questi  privi - 
legj  si  concedono  meno  in  questa  vita  a 
quelli  che  più  cercano  di  vivere  nelf  altra% 
io  vi  prego  che  se  da  questo  procede  la 
vostra  indisposizione  , vi  risparmiate  il  più 
che  potete  e dagli  studj , e dalle  compo- 
sizioni , e dallo  scrivere  ancora  a me , se 
così  vi  pare  , che  per  dolcissime  che  mi 
sien  le  vostre  lettere  % mi  è però  più  dolce 
e più  caro  che  siate  , e che  vi  preserviate 
sana . La  lettera  che  mi  avete  scritta  , ha 
fatta  una  gran  giravolta  per  venirmi  a 
trovare , essendo  andata  a Roma  quando 
io  era  alla  mìa  Commenda , e alla  Com- 
menda quando  sono  partito  per  Parma « 
E questo  sarà  per  iscusa  ancora  a me 
d’aver  tanto  indugiato  a rispondervi . I So- 
netti che  mi  avete  mandati  sono  tali \ che 
hanno  bisogno  più  della  censura  del  Ca- 
stelvetro , che  della  mia ; cioè  di  esser  più 
tosto  guasti , che  conci , essendo  tanto  bel- 
li , che  nell'  uno  e nell?  altro  pare  che 
abbiate  superata  voi  stessa  ; e se  v*  ho  da 
dire  il  vero  ci  conosco  un  non  so  che  di - 
verso  dal  vostro  andare  , e vo  pensando 
se  r acqua  della  Porretba  avesse  corri- 
spondenza con  quella  d?  Ippocrene  : so  ben 
questo  che  s' io  P avessi  presa  con  voi  9 
come  nho  forse  più  bisogno  , farei per  av- 
ventura altri  versi  eh?  io  non  fo . E con- 
tuttocìb  per  questo  viaggio  h ho  fatti  al- 
cuni , i quali  non  ho  temp > ora  di  mandar- 
vi. Foì  continuate  a farmi  favore  de  vo- 


ti 

w 

lo 


Di 

IH 

k 

ì 

! 1 
5 c 

L 

1 a 
! É 
< 

[ i 

1 J 

| i 


I 


Bartolomeo  Ammannati.  4^5 
i stri  , purché  sia  senza  pregiudizio  della 
sanità  Raccomandatemi  a Mastro  Barbo* 
lomtneo  9 e vivete  lieta* 

ut 


Lettera  de*  i6.  Ottobre  1562. 


ilq  JL\.ispondo  tardi  alla  lettera  di  V,  S* 
ale  I perchè  tardi  t ho  ricevuta  , avendomi  tro- 
ia j vato  fuor  di  Roma  ^ e quas 9 in  continuo 
Q II  moto . Ora  per  risposta  vi  dico , eli  io  met~ 
j lo  ben  insieme  alcuni  miei  scartafacci  , 
in,  j perchè  così  son  persuaso  dagli  amici  di 
W|  | dover  fare , ma  non  già  risoluto  per  an- 
u \ cora  di  dar  fuori , se  non  quelle  poche 
rime  che  mi  trovo  aver  fatte  , che  pochis - 
\6  sime  sono , e tutte  di  già  divolga  te.  Rd 
2,  ancor  a questo  non  mi  risolvo  per  altro  9 
;j  jl  che  per  vergogna  e per  isdegno  di  veder - 
f andar  cosi  lacerate  % e mal  addotte  co - 
me  vanno , Ma  dall'  altro  canto  mi  ci  ad- 
duco mal  volentieri , perchè  son  certo  di 
non  poter  corrispondere  alt  aspettazione 
non  solo  della  qualità  d' esse , ma  nè  an- 
co della  quantità  ; veggendo  , che  le  gen- 
ti si  credono  di  dover  vedere  un  grand  ap- 
parecchio di  composizioni , e sarà  poi  un 
pialtellino  di  quei  medesimi  3 che  si  son 
veduti , e si  dirà  poi  , che  ha  fatC  assai  ; 
e fu  poi  un  sorcio  , e sìmili  cose . Ma  di- 
ca ognuno  che  vuole , che  io  non  posso  ve- 
dermele più  innanzi  così  storpiate  , e to - 


'4©6  Die.  T.  dell a Par.  IT,  del  Sec.  ìf. 
sto  che  la  piscina  si  muove,  il  Manuzi & 
darà  lor  la  pinta . V cg/io  dire , che  non 
aspetto  altro , che  la  licenza  di  poterlo 
fare , perchè  fin  a ora  ha  divieto  di  stam- 
pare altro  che  cose  sacre . Delle  lettere  io 
fo  ben  raccolta  di  quelle  che  posso 
ricuperare  dagli  amici , per  liberarle  dalle 
stampe  piu  che  per  altro : avendone  scritte 
molte  poche , che  sieno  degne  di  esser 
lette.  Ordino  ancor  alcuni  registri  di  quel - 
le  che  mi  trovo  delle  faccende  de ’ Padroni 9 
ma  queste  non  sì  posson  pubblicare . Di 
quelle  prime  nondimeno  il  Manuzio  me- 
desimo rrìha  persuaso , che  ne  li  dia  al- 
cune per  accompagnar  V altre  già  pubbli- 
cate , e con  quest ’ occasione  ricorreggere 
ancor  esse . Con  queste  si  metterà  quella , 
che  mi  avete  rimandata  voi , nella  forma 
che  desiderate  , con  alcun  altra  che  mi 
trovo  avervi  scritto  di  più . Dove  ( piacesse 
a Dio  ) che  vi  fosse  così  eterna  , come 
sarà  affezionata  la  menzione  eli  io  farà 
di  voi , e della  stima  eli  io  fo  della  vo- 
stra virtù  , la  qual  è ta  le , eli  ella  non  ha 
bisogno  d* ambizione  sì  magra , come  d'es 
ser  letta  ne  Ili  miei  scritti  , e direi  , che 
voi  mi  ricercaste  di  ciò  piuttosto  per  fare 
con  questo  favore  un  poco  di  vento  a me, 
che  per  acquistar  laude  a Voi  ; se  non 
che  mi  posso  dare  a credere , che  mi  adu- 
liate. V attribuirò  adunque  olii  affé  zi on  vo- 
stra verso  di  me,  ed  a quella  modestia  9 
che  vi  fa  desiderare  il  testimonio  del  la 


è 

oiA 


BàRTOLOT^IMEO  AMMANITATI*  4oJ 
fiècessaria  pubblicazione  delle  cose  vostre # 
siccome  lo  desidero  delle  mie . E qualun- 
que altra  se  ne  sid  la  cagione  , io  v' ob- 
bedirò da  vantaggio  di  quanto  mi  ricer- 
cote  , e non  accade  , che  ne  facciate  al- 
tra diligenza  per  Venezia , perchè  siete 
più  che  a tempo  di  qua . Di  voi  tengo  io 
quella  memoria  che  mi  detta  il  merito  vo- 
stro , e rumor  che  vi  porto  me  né  tira  Co* 
recckie  ad  ogn  ora . Così  mi  ricordaste 
voi  a voi  medesima  ed  a Messer  Inatto- 
lommeo  alcuna  volta  ; il  che  con  tutC  il 
cuore  vi  prego  a fare  , e alt  uno  e all*  aU 
tro  infinitamente  mi  raccomando . 


Lettera  sen?a  data  , si  crede  di 
Geanajo  i566. 

T m Lettera  di  V.  S*  de'  20.  t?  otto & 
bre  passato  è stata  tanto  a venirmi  nelle 
mani  y che  quasi  in  un  medesimo  tempo  è 
sopraggiunta  l altra  de*  20.  dicembre  col - 
V amara  novella  della  morte  del  nostro 
Varchi  t (r)  la  qual  avevo  inteso  però 
andar  attorno , senza  saper  chi  la  scrives- 
se. Dio  sa  di  quanto  dolore  mi  sia  stato 
a sentirla  , avend*  io  il  Varchi  non  pure 
per  amico  , ma  per  una  parte  di  me  stes- 
so , tanto  gli  sono  stato  intrinseco , e di 
tanto  tempo  , ed  in  tante  occorrenze  me 
lo  son  trovai?  amorevole  , sincero  , e offi- 


ci) Fu  Canno  i556. 


4oS  DEC.  t.  DILLA.  PàR.  II.  DEL  SeC.  IV# 
doso  amico  in  ogni  bisogno , ed  in  ogni 
fortuna . Lasciamo  stare  9 eh*  oltre  àlC  af- 
fetto dell  amicizia  9 la  rara  virtù,  sita  me  \ 
lo  faceva  stimare  9 e riverire  davvantag* 
gio , conoscendo  molti  pochi , che  lo  pa- 
reggiassero  di  dottrina  , e quasi  nullo  di 
prontezza  d*  ingegno  , è di  varietà  d'  eru- 
diziene. £ uz  prometto , Sig.  Laura  , c/ze  /a 
morte  sua  m ha  contaminata  tutta  quella 
contentezza  in  che  io  mi  vivea  in  questo 
tempo  ed  anco  gran  parte  della  vita  stes- 
sa. Io  rton  le  potrei  dire  còn  quanto  de- 
siderio 1 aspettav  a Viterbo  per  conferir  I 
seco  la  mìa  ultima  fatica  , e godermi  qual- 
che giorno  la  dolcezza  di  quelC  uomo.  Or 
è piaciuto  così  a Dio  , e così  bisogna  che 
sia . M ' è stato  di  molta  consolazione  in- 
tendere , che  V Eccellentissimo  Sig . Duca 
abbia  comandato  9 che  s9  onori  la  memoria 
sua , in  che  dà  saggio  di  quel  gran  Prin- 
cipe , eh9  egli  èi  io  averei  più  bisogno  d' es- 
ser consolato  della  sua  morte  > che  di  con- 
solarne altri  9 e più  tosto  la  posso  ajuta- 
re  a piangere  9 che  a celebrarlo  ; pure  fa- 
rò prova  in  questo  di  lasciare  qualche  te- 
stimonio deli ’ amore  9 che  gli  portavo  9 non 
rn  affidando  in  altro  corrispondere  al  de- 
siderio , che  mi  proponete  degli  altri  ami- 
ci. In  questo  tempo  massimamente  9 che  oh 
ir ' all'  essere  distratto  dal  comporre  9 son 
anc'  occupato  , e travagliato  assai , pur 
qualche  cosa  si  farà . Delle  vostre  com- 
posizioni non  ri  posso  per  ora  dir  altro 


BaETOLOMMEO  AMMÀNNÀf  ti  4°§ 
non  che  nella  prima  vista  mi  son  pia- 
ciute , avendo  di  quel  dolce  9 che  hanno 
tutte  r altre  vostre  cose  : ma  perchè  non 
ho  fin  ad  ora  avuto  tempo  di  vederle  a 
mìo  modo  , mi  riserbo  a scriverne  un  al - 
tra  volta  , quando  forse  vi  manderò  qual- 
che cosa  di  qualcun  altro  9 e se  mio  Ni- 
pote potrà , c impiegherò  ancor  lui , se 
bene  è anche  egli  occupatissimo  , e di  prò- 
fession  di  leggi  molto  diversa  dalla  poe- 
sia. Mi  sarà  poi  sommamente  caro 9 che 
mi  facciate  parte  di  luteo  ciò  che  si  farà  in 
onor  suo  9 e spezialmente  dell ' Orazione 
di  Messe r Lionardo  Salviati 9 il  quale  ho 
per  molti  riscontri , che  sia  quel  raro  in- 
telletto , che  voi  mi  dite  , e perdi  era  tan- 
to amico  di  queir  anima  benedetta  , e per 
li  meriti  suoi  io  me  gli  sento  affezionatis- 
simo. Se  vi  parrà  di  fargli  intendere  que- 
sta mia  affezione  9 mi  sarà  caro  che  lo 
facciate , ed  anco  che  glie  ne  presentiate 
da  mìa  parte , Della  vostra  verso  di  me  „ 
io  non  posso  se  non  tenermi  fortunato , 
perchè  mi  pare , che  sia  pur  assai  et  esser 
in  grazia  d una  sì  rara  donna  senz  alcun 
mio  merito.  Quanti  al  nome  di  Maestro  9 
io  conosco  , che  volete  la  burla  , ma  bat- 
tezzatemi come  vi  pare  # che  , parchi  io  sia 
tenuto  vostro  , di  questo  9 e doghi  altro  no- 
me 9 che  mi  date  9 mi  terrò  buono  9 e sia- 
te sicura  , chi  io  son  tale  , e che  sono  sta- 
to da  che  prima  vi  conobbi , sapendo  per 
quanti  rispetti  io  debbo  essere  : e non  so 


4to  Dec.  T.  della  Par.  ti.  del  Sé<5.  IV. 
■perchè  vi  debba  cader  questo  sospetto , di 
darmi  fastidio  a legger  le  cose  vostre , 
avendo  piutlosC  a credere  , che  la  vostra 
memoria , e lì  vostri  scritti  non  ini  possa- 
no essere  se  non  di  molto  diletto . Ma  poi- 
ché ne  volete  sicurezza  da  me,  io  vi  dico  $ 
che  mi  farete  somma  grazia  , e sommo  fa- 
vore a farmene  parte  , purché  vi  contentia- 
te , che  le  vegga  senza  carico  di  correzio- 
ne f della  quale  non  voglio  far  professio- 
ne. Ma  quel  che  sopra  tutto  desidero  da 
voi  è f che  non  vi  ritiriat'  indietro  dall'  of- 
ferta , che  mi  avete  fatta  di  venire  a Vi- 
terbo. Fatelo , Madonna  Laura , ve  ne  pre- 
go , e ve  ne  scongiuro  per  tutte  le  più 
care  cose  e più  disi  derate , che  vi  posso- 
no avvenire  > che  non  credo  sieno  mai 
tali  , né  tante , che  non  sieno  più  , e mag- 
giori le  satisfazioni , eli  io  trarrò  di  un 
tanto  vostro  favore  , tra  le  quali  sarà  , che 
mi  farete  in  parte  scemare  il  dispiacere  , 
eli  io  sento  di  non  poterv  avere  il  Var- 
chi : promettendovi  di  darvi  tutte  quelle 
comodità  e quegli  spassi,  che  potrò  mag- 
giori , senza  una  ceremonia  al  mondo , e 
con  quest * occasione  vedrò  tutte  le  compo- 
sizioni vostre  , e vi  mostrerò  tutte  le  mie*, 
e tanto  più  caro  mi  saria  , se  venisse  con 
voi  Messer  Bartolommeo  i al  quale  non 
mancheranno  anche  trattenimenti  y secondo 
che  gli  tornerà  bene.  Intanto  se  mi  man- 
derete F invenzioni  della  sua  opera , mi 
saranno  gratissime  9 e a V.  S.  e a lui  con 
tutù'  il  cuore  mi  raccomando . 


Bartoi.ommeo  Ammànnati.  411 
Fin  qui  il  Caro:  chi  poi  desiderasse 
d’aver  un  saggio  più  espressivo  del  valore 
di  questa  rara  Donna,  potrà  leggere,  ob 
tre  alle  molte  copie  manoscritte,  che  van® 
no  attorno  di  suoi  componimenti , il  libro 
intitolato , Primo  Libro  deli  Opere  To- 
scane di  Madonna  Laura  Battiferra  negli 
Ammannatì , stampato  in  Firenze  nel  i56o« 
e dedicato  alla  G.  M.  di  Leonora  Du- 
chessa di  Firenze  , e Siena . Tornando 
ora  alT  Ammannatì;  erano  in  questo  tem- 
po i suoi  pensieri  il  procurare  di  far  ri- 
splendere  sempre  più  la  nobiltà  dell’ani- 
mo suo  nell’  acquisto  di  nuove  e belle 
facoltadi,  onde  non  ebbe  appena  effettuato 
il  suo  matrimonio  , che  lo  stesso  armo 
i55o.  partì  da  Loreto,  e se  n'andò  a Ro« 
ma  , dove  di  gran  proposito  attese  a fare 
studj  dall’ antiche  Architetture  ; onde  po® 
tè  poi  , come  diremo , con  suo  modello 
condurre  molte  maravigìiose  fabbriche  ^ 
e lasciare  scrìtto  dì  sua  mano  un  hellissii 
fflo  Trattato  di  tale  Arte  , nel  quale  inte- 
se di  dare  il  modo  di  fabbricare  una  gran® 
de  e nobil  Città,  con  tutte  le  piante  del- 
le sue  parti  principali  , cioè  del  Reai  Pa- 
lazzo , de’ Tetnpj  ? de’ Tribunali  , delle  ca- 
se de’  Grandi , e mezzani  Cittadini , e del- 
la minuta  gente  , delle  botteghe  , delle 
piazze,  e delle  fonti,  le  quali  tutte  cose 
disegnò  , e descrisse  maravigliosamente® 
Questa  bella  e gran  fatica  , o per  meglio 
dire  questo  tesoro , nello  scorrer  degli  a&* 


Bec.  I.  della  Par.  II  bel  Sec  IV0 
sui  possiamo  dire  essersi  perduto , ma  purè  j 
non  son  molti  mesi  passati  , che  alcuni 
frammenti  del  medesimo  esposti  alla  pub- 
blica vendita  in  un  gran  fascio  di  carte 
diverse  dì  poco  valore , anzi  non  pure 
alla  pubblica  vendita  esposti , ma  dal  Pa- 
drone destinati  coll’ altre  carte  a farsene 
fante  roste  , e cartoni  , vennero  casual- 
mente sotto  P occhio  del  celebre  Matema- 
tico Vincenzio  Viviani  , (*)  il  quale  aven- 
do ben  conosciuta  la  preziosità  di  quelle 
dispregiate  gioje , fattane  scelta  , ne  volle  i 
esser  compratore,  e poi  per  desiderio  d’ap- 
pagare il  genio  di  Luigi  del  Riccio  suo 
amicissimo  (Gentiluomo  di  quell’ingegno , 
amore,  e intelligenza  di  quest’  arti,  eh’ è 
nota  ) a lui  le  donò  , e oggi  ad  onta  del 
tempo  rapportate  in  bella  carta  impe- 
riale, e legate  in  due  libri,  le  conserva 
fra  1’  altre  cose  a se  più  care. 

Nella  Città  di  Roma  dunque  il  no- 
str®  Artefice , e nel  Pontificato  di  Paolo 
III.  fece  alcune  statue  per  le  Scene  , e 
Commedia  di  Gio.  Andrea  dell’  Anguilla- 
ra,  (2)  che  doveva  recitarsi  nella  gran 


(f)  Di  Vincenzio  Viviani  maggior 
ìt  ogni  lode  tocco  io  alcuna  cosa  nel  si- 
gillo deW  Arme  gentilizia  di  Casa  sua . 

(2)  Questa , che  il  Baldinucci  chiama 
Commedia  , potrebb ’ essere  la  Tragedia 
dì  quello  intitolata  V Edipo  stampata  in 


> 

e 

i 


Bartolommeo  Ammainati.  4*3 
Sala  <lel  Palazzo  Colonnese  , e sotto  1 g 
'?erno  di  Giulio  111.  fece  quattro  statue 

di  quattro  braccia  1 una  per  A,* rie- 

grande  a S.  Pietro  a Montone  a man  de- 
lira deir  Aitar  maggiore , due  S*a<;  » 

cioè  la  figura  del  Cardinal  Antonio  de  Mon 
ii , e quella  del  Padre,  o come  altri  dicono. 
Avo  dello  stesso  Pontefice,  e due  » F^t 
in  alcune  nicchie»  cioè  la  Giustizia  , 
Religione  , le  quali  condro*  d .assal JT’ 

na  maniera.  Fecevi  ancora  alcuni  An0iol  , 

e nel  balaustro  certi  putti  tondi,  e ,u 
ovati  due  teste  di  basso  rilievo.  Per  que- 
st’ opera  era  stato  proposto  Battello  da 
Montelupo,  ma  il  Buonarroti,  al  qua 
da  sua  Santità  n*  era  stata  raccomandata 
la  cura  dell’  opera  , sapendo  come  er 
portato  esso  Montelupo  nella  Sepoltura 
Papa  Giulio  IL  velie  che  fosse  data  a 
fare  all’  Ammansati  , non  ostante  una 
certa  tal  grossezza  d’  animo , eh  aveva 
avuta  con  esso  per  lungo  tempo , a cagio- 
ne d’  una  fanciullesca  leggerezza  fatta  già 
in  Firenze  da  Bartolommeo , e da  munì 
di  Baccio  Bigio,  che  fu  poi  a neh  esso 
Architetto  e Scultore,  e fu  , che  per 
uno  smoderato  amore  all  arte , e senz  a 
tro  fine  che  d’ imparare  , erano  industrio- 
samente entrati  in  casa  d’ Anton  Mini  ai- 


Venezia , ed  in  Padova  ambedue  le  volte 
nel  i565. 


4*4  ^EC.  I.  DELLA  Par,  lì.  DEL  $EC.  IV* 
scepolo  di  Michelagnolo  , e gli  avevano 
levata  buona  quantità  di  disegui  dell’  istes- 
so  Michelagnolo  ; della  qual  novità  ( non 
sapendosene  V Autore)  era  corsa  la  do- 
glienza  fino  al  Tribunal  degli  Otto  di  Ba- 
lia , benché  tornati  i disegni  al  luogo  lo- 
ro , e riconosciutasi  la  leggerezza  de’ gio- 
vani , non  ne  fosse  fatta  causa.  Aveva 
però  Giorgio  Vasari  , a chi  toccò  a dipi  - 
goere  questa  Cappella  3 procurata  tra  loro 
la  reconciliazione  , con  mettere  la  cosa  in 
burla  , dicendo  a Michelagnolo  , sentire 
in  se  tanto  d’amore  all’  arte,  che  se  fosse 
stato  a lai,  non  pure  avrebh’  egli  voluto 
torre  quei  disegni  , ma  spogliarlo  d’  ogni 
cosa  senz’  altr’  interesse  che  di  rubargli 
un  poco  della  sua  gran  virtù.  Per  lo  me- 
desimo Pontefice  Giulio  Hi.  erasi  il  nostro 
Ammannati  affaticato  molto  sopra  gli  or- 
namenti , che  furon  fatti  in  Campidoglio 
in  onor  di  lui  dai  Popolo  Romano  ; le 
quali  tutte  opere  erano  tanto  piaciute  al 
Papa  , che  voile  , che  egli  medesimo  nella 
sua  Vigna  fuor  della  Porta  del  Popolo  fa- 
cesse la  fonte  ornata  di  varie  figure  anti- 
che e moderne  , nella  quale  anche  fece 
di  sua  mano  alcuni  fanciulli  , ed  altre 
molte  cose;  ma  conciossiacosaché  egli  fosse 
stato  da  quei  Pontefice  di  sue  fatiche  mal 
soddisfatte  , lasciò  Roma , ed  a questa  sua 
Patria  se  ne  tornò.  Qui  accolto  dalla  be- 
nignità del  Duca  Gosimo  I.  trovò  egli  le 
sue  fortune  , e spazioso  campo  eziandio  ? 


Bartolommeo  Ammansati  4r^ 
io  cui  potesse  fare  mostra  delle  virtù  sue, 
come  vedremo,  La  prim’  opera  * che  quel 
magna oimo  Principe  gli  dess’  a fare  , fu 
una  fonte  , che  doveva  stare  nella  gran 
Sala  del  Palazzo , rimpett’  alle  figure  del 
Bandinelle;  per  questa TAmmannato  scolpi 
sei  belle  statue  di  marmo  assai  maggiori 
del  naturale , significanti  il  generai  dell’a- 
cqua : tali  furono  una  Giunone  sopr’  un 
grand’  arco  di  marmo  , dimostrante  V aria, 
e sotto  1’  arco  Cerere  figurata  per  la  terra, 
che  premendosi  le  mammelle,  mandava  fuori 
quell’umido  elemento,  volendo  dare  ad 
intendere,  che  dalla  terra,  coll’ajuto  del- 
P aria  sgorgano  i fiumi  , alle  quali  figure 
perciò  una  ne  aggiunse  d’  un  secchio  fi- 
guralo per  lo  fiume  d’Arno,  ed  un’altra 
dJ  una  donna  , che  significava  la  fontana 
di  Parnaso;  similmente  un’  altra  statua 
fatta  per  la  Città  di  Firenze  , ed  una  che 
per  lo  Delfino,  e per  l’ Ancora,  che  tene- 
va in  mano  (impresa  del  medesimo  Duca) 
denotava  la  Temperanza  , e Maturità  dei 
Consiglio.  In  tempo  occorse  , che  il  Gran- 
duca Francesco  fu  sconsigliato  dal  dar  luo- 
go a tal  opera  in  quella  Sala  , onde  colle 
medesime  statue  fece  fare  nella  sua  Reai 
Villa  di  Pratolino  una  bellissima  fontana,* 
la  quale  sino  a’  dì  nostri  chiamasi  la  fon- 
tana dell’  Ammannato.  Fece  poi  per  la  Villa 
di  Castello  la  statua  di  bronzo  dell"  Erco- 
le, che  premendo  Anteo,  lo  fa  scoppiare, 
e fu  posta  sopra  la  fonte  di  mano  del 


416  Bec.  I.  dilli  Par.  II  del  Sec.  IV. 
Tribolo  , la  quale  statua  d’  Anteo  vomita 
dalia  bocca  gran  copia  d’  acqua , che  circa 
a otto  braccia  s’  innalza  Terso  il  Cielo, 
Fu  ancor  opera  del  suo  scarpello  la  statua 
gigantesca  figurata  per  !o  Morire  Appenni- 
3io  quasi  tremante  di  freddo  ,,  che  si  vede 
in  mezzo  ai  Vivajo  nella  sommità  del  Bo- 
sco di  essa  Villa  , e scaturisce  dal  suo  ca- 
po gran  vena  d'acqua.  Circa  a questi  tem- 
pi fece  ancora  di  bronzo  una  statua  di 
Marte  , una  Venere  , e due  fanciulli , che 
non  è venuto  a mia  notizia  il  luogo,  ove 
fossero  trasportati.  Venuto  V anno  i55y . 
occorse  cosa  in  Firenze  , che  fu  cagione  , 
che  ’l  nostr’  Artefice  desse  a conoscere  al 
mondo  i maravigiiosi  progressi,  che  in  Ve- 
nezia , e molto  piu  in  Roma  fatti  aveva 
negli  studj  d’  Architettura;  e furono  le 
terribili  rovine  seguite  per  la  vasta  innon- 
dazione  del  fiume  Arno , Sa  qual  occorse 
in  questo  modo.  Alli  iz.  di  Settembre 
venne  una  rovinosa  pioggia  , per  la  quale 
tanto  s’accrebbero  V acque  del  fiume  in 
breve  ora  , che  traboccando  per  ogni  lato, 
incominciarono  fino  dal  Casentino  a man- 
dare a terra  mulini , ed  ogni  sorta  d’  edi- 
ficj,  in  cui  urtavano,  fracassando  Ponti 
e Case,  e moli’ abitatori  di  quelle  campa- 
gne uccidendo.  Balla  parte  di  Dicomaoo 
a piò  dell’  Alpi , per  la  pienezza  de’  fiumi 
e fossati,  ae  venne  tanto  gran  copia,  che 
scaricandosi  nella  Sieve , inondò  tutta  la 
Valle  del  Mugello , noia  senza  simili  * t 


Bàrtolommeo  Ammansati.  4.1  f 

maggiori  rovine.  Un  tasi  poi  la  Sieve  col- 


F Arno  , accrebbesi  io  tal  modo  , che  por» 
tandosi  impetuosamente  alla  nostra  Città  9 
sulle  tre  ore  di  notte , di  primo  colpo 
messe  a terra  il  Ponte  a Santa  Trinità, 


quasi  per  tutt’  il  piano  della  Città.  Nello 
stesso  tempo  furono  rotti  e portati  dalia 
furia  della  corrente  due  arobi  del  Ponte 

Ialla  Carraja  dalla  parte  de'  Ricasoli.  Cadde 
similmente  tutta  la  sponda  tra  T Ponte 
Secchio,  e 1’ Ponte  a Rubaconte,  del  qua- 
le non  rimasero  se  non  gli  archi,  perchè 
le  sponde  altresì  rovinarono  , e similmente 
le  mura  di  quasi  tutti  gli  orti  allagati  del- 
la Città  , uno  de'  quali  fu  quello  , che  è 
fra  la  Zecca  vecchia  e T Convento  delle 
Fanciulle  del  Ceppo  , (i)  riedificato  poi 
dal  Duca  Cosimo  1’  anno  stesso , e dove 
fu  posta  intagliata  iu  pietra  F arme  sua 
con  questa  inscrizione , che  altrove  pari- 
mente si  vede  : Cosmus  Medices  Diruen- 
te  Arno  instauravit.  A.  D.  M D.  L.  VII. 
Nel  piano  della  Porta  alla  Croce  scorse 
F acqua  iu  sì  grand’  abbondanza  , che  ag- 
gravando verso  essa  Porta  gettò  a terra 
r imposte  di  legname,  e ferramenti,  che 
la  serravano  , e nella  sua  prima  violenza 


(0  &§&  io  Spedate  de  Pazzerelli* 
Buldinucci  VoU  KLh  27 


le  cui  rovine  fecero  in  quella  parte  di 
fiume  gonfiar  l’acqua  a segno,  che  supe* 
rate  le  sponde  per  ogni  banda,  allagò 


418  Dec.  I.  della  Par.  II.  delSec.  IV. 
abbattè  una  casa.  Quindi  fattasi  strada  per 
la  città,  non  rimase  quasi  parte  di  essa, 
che  non  fosse  inondata.  Alzò  in  più  luo- 
ghi nove  o dieci  braccia , con  quello  spa- 
vento de’  Popoli  , che  può  ciascheduno 
immaginarsi.  Era  seguito  appunto  questo 
accidente  in  tempo  , eh’  essendo  tutt’  i cam- 
pi lavorati  , potè  V acqua  portare  con  esso 
seco  si  gran  copia  di  terra  , che  non  solo 
riempì  grotte  e cantine,  ma  nelle  stanze 
terrene  delle  case  , e nelle  Chiese  molto 
s’  alzò  , a cagion  di  che  infinite  provvisio- 
ni di  viveri  del  tutto  perirono  , e molte 
di  esse  case  caddero  a terra;  il  perchè  nei 
luoghi  che  restarono  inondati,  che  furono 
per  gli  due  ttrzi  di  Firenze  , non  si  rico- 
noscevano poi  i siti,  e fu  opinione  d’ aP 
cuni,  che  questa  piena  fosse  non  punto 
inferiore  a quella  del  i333. , benché  altri 
credessero  il  contrario  per  essere,  commes- 
si dicevano  , da  quel  tempo  in  poi  , alza- 
to molto  il  terreno.  La  gran  quantità  di 
terra  , che  rimase  per  tutta  la  città  , per 
le  case  e Chiese,  fu  poi,  come  si  dice, 
con  disegno  dell’  Amtnannati , fatto  Inge- 
gnere del  Duca,  con  grande  spesa  levata, 
e servì  per  fare  i terrapieni , che  si  veg- 
gano intorno  alle  mura  deila  Città  dalla 
p.*rte  di  dentro  io  tale  altezza  , che  una 
di  quelle  inscrizioni  ( contenente  la  misu- 
ra legittima  delle  braccia  della  via  dei 
comune,  dell’altezza  del  getto,  e delle 
mura,  e dell’ampiezza  in  bocca  della  fos- 


IBartolommeo  A mm innati.  419 
sa,  eli’  è tra  Je  mura  e le  campora  , co- 
me ivi  si  dice  ) le  quali  in  altro  luogo  9 
come  io  testa  di  via  della  Scala  si  veggo- 
no  alte  molto:  ivi  venne  a restare  quasi 
al  pian  di  terra  5 ed  è quella  di  marmo 
bianco  col  Giglio  9 arme  della  Città  ^ e la 
Croce , arme  del  Popolo , e di  parte  Guel- 
fa , fatta  Panno  idio.  la  quale  è situata 
sotto  un  arco  nell’  angolo  delle  mura  fra 
la  Porta  alla  Croce  , e la  Porta  a Pinti. 
Per  essere  la  Città  di  Firenze  divisa  dal 
fiume  d’ Arno , P accidente  de"  Ponti  fu 
cagione,  che  per  molti  mesi,  per  passare 
dall'  una  all’  altra  parte  o bisognava  cam- 
minare gran  pezzo  di  strada  per  giugnere 
al  Ponte  vecchio  , che  era  rimasto  saldo  : 
o passare  il  fiume  per  barca  con  gran  di- 
sagio de’  Cittadini  ; che  però  , volendo  il 
Duca  Cosimo  in  parte  provvedere  a tali 
incomodità  , dell’  anno  i55g.  fece  rifare  i 
due  Archi  del  Ponte  alla  Carraja  , de'qua- 
li  nell  ottavo  giorno  d’  Agosto  incomincia- 
rotisi  a gettare  le  fondamenta.  Appresso  fu 
dal  medesimo  ordinato  fabbricarsi  di  nuo- 
vo quello  di  Santa  Trinità  , ed  al  nostro 
Am  man  nati  toccò  a por  mano  a così  nobii 
impresa.  Fecene  egli  un  maravigliosò  mo- 
dello , e messo  in  assetto  tutto  il  bisogne- 
vole per  quella  gran  fabbrica , dipoi  al 
primo  di  Marzo  i566.  ne  cominciò  il  fon- 
damento. Erasi  osservato  , che  non  meno 
la  rovina  dei  Ponti  del  i26g.  che  questa 
del  iòòy.  non  da  altro  era  proceduta  se 


420  DeC,  I.  DELLA  Par.  II.  DEL  SEC.  1Y. 
non  dalla  quantità  de’Jegnami  portati  dalle 
piene  , i quali  attraversandosi  alle  pile  dei 
ponti  , e col  tenere  iti  collo  facendo  l’a- 
eque  gonfiare  y non  solo  le  spandevano  per 
la  Città  , con  disfacimento  d’  edificj  , e 
morte  d’  uomini,  ma  atterravano  i me» 
desimi  ponti,  ed  ancora  dalla  forma  delle 
pile  e degli  archi  , che  per  avanti  erano 
talmente  costrutti  , che  1’  acque  percuoten- 
do impetuosamente  nelle  parti  principali 
di  esse  trovavano  gran  resistenza  , e si  fa- 
cevano più  valide  per  gettargli  a terra. 
Al  primo  inconveniente  rimediò  la  pru- 
denza del  Duca  con  una  legge  , che  a 
tante  braccia  lontano  dal  fiume  d’  Arno 
non  si  potessero  per  le  campagne  tener 
legnami  tagliati , sotto  gravissime  pene  ; al 
secondo  s*  oppose  il  gran  valore  dell’  Am- 
man nati  , il  quale  fece  le  pile  armate  di 
saldissimi  scogli,  con  angoli  molto  acuti 
di  pietra  forte  , nel  taglio  de’  quali  fen- 
dendosi la  corrente  seoz’alcun  urto  potesse 
liberamente  e prestamente  passare;  e quel 
eh’ è più  maravigli  oso  9 fece  gli  archi  di 
figura  ovata  , acciocché  anco  ne9  fianchi 
de’  medesimi  fosse  1’  apertura  capacissima  , 
e del  tutto  vota  ; e con  tale  bellissima  in- 
venzione non  solamente  fece  apparire  in 
quella  fabbrica  una  leggiadria  e sveltezza 
incomparabile  , ma  eziandio  un’  invin- 
cibile robustezza , colla  quale  ha  mostrata 
F esperienza  di  sopr’ a cent’ anni , non  solo 
essersi  il  ponte  retto  a grandissime  piene 


BaRTOLOMMEO  AmMÀNNÀTIo  42S 
saldo  ed  intero  , ma  possiamo  anco  affer- 
mare , che  e’  sia  stato  di  grand’  ajuto  al 
Ponte  vecchio  e Rubaconte  per  non  peri- 
colare 5 mercè  la  fuga  libera  e pronta  , che 
hanno  1’  acque  per  esso.  Dell’  altre  mara- 
vigliose  qualità  di  quest’  edificio  non  si 
può  dir  tanto,  che  non  ne  sia  di  gran 
lunga  maggiore  il  fatto.  È egli  tutto  com- 
posto di  pietra  forte  tanto  di  sopra,  quan- 
to di  sotto  , e per  non  parlare  del  saldis- 
I simo  fondamento  delle  pile  e dell’  impo- 
stature, dico  aver  ì’Àmmannati  nella  par- 
te superiore  distanti  tre  spazj  di  strada  , 
due,  cioè  da  destra  e sinistra,  e per  li 
quali  per  esser  più  alti  del  terzo  spazio  , 
possono  camminare  pulitamente  i passeg- 
gieri  senz’  intoppo  ; il  terzo  eh’  è nel  mez- 
zo molto  più  largo  degli  altri  due,  serve 
per  lo  passaggio  de’  cocchi , e degli  anima» 
li  Questo  ponte  ^ che  restò  del  tutto  fini- 
to l’anno  i56g.  non  solo  è stimato  fra  i 
quattro  che  ha  il  fiume  dentr’  alia  Città 
il  più  hello  j ma  è opinione  degl’  inten- 
denti , eh’  egli  in  ogni  sua  parte  si  possa 
chiamare  uno  de’  più  maravigliosi  dell’Eu» 
ropa.  Or  tornando  alla  serie  della  vita 
dell’  Ammarinati  donde  ci  eravamo  partiti; 
moli’  anni  avanti  al  soprannotato  anno 
1 55y.  era  stai’ a Carrara  cavato  un  pezzo 
di  marmo  di  straordinaria  grandezza , cioè 
alto  dieci  braccia  e mezzo,  e largo  cinque; 
il  che  venuto  all’  crecchie  di  Baccio  Ban- 
dinelli  celebre  Scultore  Fiorentino,  il  quale 


422  Dec.  I.  BELLA  Par.  IL  del  Sec,  IV. 
quand’  alcun’  occasione  si  scopriva  d’  ope- 
rare e far  guadagno  non  mai  Ja  perdeva 
per  corta  ; se  n’  andò  in  persona  a Carra- 
ra , e col  Padron  della  cava  ne  fermò  la 
compera  , dandogli  per  caparra  cinquanta 
ducati.  Venutosene  poi  a Firenze  , tanto 
importunò  il  Duca  , e con  proprj  officj, 
con  quelli  della  Duchessa  Leonora  sua 
consorte  , che  finalmente  il  condusse  ad 
approvare  un  suo  pensiero  , il  qual  era , 
che  di  quel  marmo  egli  se  ne  dovesse  ser- 
vire per  iscolpirvi  un  gran  Gigante  , per 
collocarlo  in  Piazza  , dove  prima  era  il 
Leone , con  farvi  anche  appresso  per  bel- 
lezza e pubblica  comodità  uaa  beila  fon- 
tana, e già  n’aveva  fatto  più  d’ un  mo- 
dello * e mostratolo  al  Duca:  ma  trattan- 
dosi di  cosa  grande  , andò  il  negozio  tan- 
t’ in  lunga,  che  l’anno  i55g,  non  se  n’era 
ancor  presa  resoluzione.  Intanto , o fosse 
una  finezza  del  Bandinelli  per  sollecitare 
il  Duca , o pure  così  portasse  il  caso , 
comparve  a Firenze  il  Padrone  del  marmo, 
il  quale  chiedeva  il  rimanente  del  valore 
dei  medesimo,  altrimenti  s’offeriva  a ren- 
der la  caparra  , per  venderlo  ad  altri.  Que- 
sti operò  , eh’  il  Duca  non  volle  perder 
F occasione  di  tal  compera  , e fecelo  paga- 
re interamente  , senza  però  destinare  il 
lavoro  a Baccio  , o ad  altri  ; laonde  ebbe- 
ro campo  molti  professori  di  concorrere 
coi  Bandinello  all’  impresa  deli’  opera.  Fra 
questi  farce  Benvenuto  Ceiliai  e '1  nostro 


l 


Bàrtolommeo  Ammann m9  42S 
Ammannati , i quali  d’  accordo  proposero 
al  Duca  * esser  bene , che  i Professori  , 
che  vi  pretendevano,  dovessero  fare  un 
modello  , ed  a quelli , che  meglio  operato 
avesse , si  dovesse  dare  quest’  occasione» 
3Non  dispiacque  interameme  al  Duca  la 
proposta , e contentossi , che  chi  voleva 
fare  il  modello , il  facesse , senza  però 
prometter  loro , circa  il  fare  o non  fare 
l’opera,  cosa  particolare,  portato  principal- 
mente dal  sapere  che  per  essere  il  Bandi- 
nelle il  migliore  di  quanti  a quel  tempo 
( toltone  Michelagnolo)  maneggiavano  scar- 
pello , purché  egli  avesse  voluto  affaticarsi 
per  far  bene , sarebbegli  stata  di  non  poco 
stimolo  tal  concorrenza.  Frattanto  fu  il 
marmo  per  opera  di  Baccio  , e di  volontà 
del  Duca  condotto  a Firenze  , essendosi  lo 
stesso  Baccio  ritrovato  a Carrara  per  tal 
effetto , ma  nell’  istesso  tempo  aveva  fatto 
scemare  il  marino  fin  a quel  segno  , che 
e’  credette  poter  servire  al  suo  modello  , 
con  che  lo  rese  così  estenuato  , che  fu. 
poi  impossibile  a chiunque  si  fosse  il  po« 
terne  cavare  statua  di  bel  concetto.  Tor*= 
nato  Baccio  a Firenze  fece  murare  una 
stanza  nella  Loggia  di  Piazza , per  quivi 
lavorare  a suo  comodo  il  marmo,  che  per 
li  buoni  officj,  che  faceva  la  Duchessa  per 
lui , teneva  già  per  suo,  ed  aveva  avut’or- 
dine  di  farne  il  modello  in  grande,  quan- 
do fu  sopraggiunto  dalla  morte  1’  armo 
stesso  i55g.  Fecesi  allora  più  yiva  che 


4H  ^ec*  1*  della  Par.  IL  del  Sèc.  IV. 
mai  la  concorrenza  tra’  Professori  per  chi 
dovesse  far  queir  opera  ; pretesela  Benve- 
nuto Cellini  j e ’l  nostro  Ammarinati  ; ma 
questi  più  avveduto  dell’  altro  fecene  un 
piccolo  modello  di  cera  secondo  quel  che 
credeva  di  potersi  cavar  la  statua  di  quel 
marmo  stato  tanto  assottigliato  , e con  esso 
fece  anoh’  un  legno,  che  a proporzione 
mostrava  la  lunghezza  larghezza  grossezza 
e lo  sbieco  dell’  istesso  marmo  , e F uno 
e l’altro  mandò  a Roma  a mostrare  al 
Buonarroti , acciocché  piacendogli,  Fajutas- 
se  appresso  al  Duca  , siccome  seguì , il 
perchè  lece  il  Duca  serrare  un  arco  della 
medesima  Loggia  di  Piazza  , e ordinò  al- 
F Ammannc t o il  far  della  sua  figura  un  mo- 
dello grande  quanto  dovev*  esser  V opera. 
Sentendo  questo  il  Cellini,  ch’era  uomo 
di  poca  levatura , fece  grande  schiamazzo 
e finalmente  ottenne  ancb’  esso  dal  Duca, 
che  si  chiudesse  l’altr’  areo  della  medesi- 
ma Loggia  , dov’  egli  dovesse  fare  un  si- 
mil  modello  Attendevano  questi  Maestri 
ad  operare  sopr*  i loro  modelli,  senza  che 
l’uno  potesse  mai  vedere  ciò  che  l’altro 
faceva  ; quando  Gio.  Bologna  da  Dovai 
Scultore  allora  assai  giovine,  volle  ancor 
egli  dar  mostra  dell’ ani  aio  e valor  suo, 
e con  lui  Vincenzio  Danti  Scultore  Peru- 
gino , altresì  giovanetto,  e con  licenza 
di  quel  Principe  fecero  ancor  essi  il  lor 
modello;  il  primo  nel  Convento  di  Santa 
Croce,  il  secondo  nelle  case  di  Messer 


Bartolommeo  Ammànnatx.  4s5  - 
Ovtaviano  de’  Medici  , e si  portarono  va» 
tomamente  , anzi  quello  di  Gio.  Bologna 
fu  stìmato’l  migliore  di  tutti  gli  altri  ; ma 
perchè  di  lui  non  s’ era  ancor  vedut’ ope- 
ra alcuna  di  marmo  , non  volle  il  Duca 
fidargli  lavoro  sì  grande  e pericoloso. 
Andato  poi  a vedere  i due  modelli  del- 
F Ammannato  , e del  Cellini , piacquegli 
molto  più  quello  dell’  Ammannato , e fra 
questo»  e Tesser  egli  Scultor  vecchio»  e 
pratichissimo  del  marmo , fu  a lui  que- 
sta grand’  opera  assegnata  con  tutte  le  fi- 
gure , e con  la  fonte.  S’ applicò  egli  adun- 
que di  gran  proposito  a questo  lavoro  5 
venuto  poi  F anno  iò63.  il  primo  del  me- 
se di  Marzo  fu  levato  ’1  Leone  » eh’  era 
sul  canto  della  ringhiera  del  Palazzo  » e 
murato  nel  mezzo  della  medesima,  dov’ è 
al  presente  » e quella  parte  di  essa  ringhie- 
ra  » che  avanzava  verso  la  Dogana  , fu 
spianata  , e gettato  il  fondamento  per  la 
fonte,  e per  la  base  del  INettuuo  (i)«  I 
marmi  misti , di  che  essa  fonte  è compo- 
sta , trovo,  che  s’ incominciassero  a mu- 
rare non  prima  , che  F anno  1671.  e poi 
s’  andarono  seguitando  gli  altri  lavori,  fin- 
ché fu  dal  medesimo  Ammannato  del  tut- 
to finita  , colla  seguente  invenzione.  Ap- 
parisce nel  mezzo  di  un  gran  vaso  pieno 


(1)  Si  scoperse  al  Pubblico  a . . G iug. 


426  Dec.  I.  bella  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
di  limpidissime  acque  sgorganti  da  molti 
zampilli  , il  qual  vaso  è figurato  per  lo 
mare , il  gran  colosso  del  Nettuno  alto 
dieci  braccia  , situato  sopr’  un  Carro  tirata 
da  quattro  Cavalli  marini,  due  di  marmo 
bianco,  e due  di  mistio  molto  belli,  e 
vivaci  , il  Nettuno  ha  tra  le  gambe  tre 
figure  di  Tritoni , che  insieme  con  esso 
posano  sovr’  una  gran  conca  marina  in 
luogo  di  Carro;  il  vaso  è di  otto  facce 
di  marmo  mistio , quattro  minori , e quat- 
tro maggiori.  Le  quattro  minori  sono  va- 
gamente arricchite  con  figure  di  fanciulli, 
e d*  altre  cose  di  bronzo , come  chiocciole 
marine  , cornucopie  , cartelle  , e simili. 
S*  innalzano  sul  piano  delle  medesime  cer- 
ti imbasamenti,  sopra  ciascheduu  de’quali 
posa  una  statua  di  metallo  maggior  del 
naturale  , e sono  in  tutto  quattro  ; due 
femmine  , che  rappresentano  Teti  e Dori, 
e due  maschi  figurati  per  due  Dei  mari- 
ni ; all’  un’  e all’  altra  parte  di  ciascuna 
di  queste  facce  minori  sono  due  Satiri  di 
metallo  in  varie  e bellissime  attitudini. 
Le  quattro  facce  maggiori  son  tanto  più 
basse,  quanto  basti  per  potersi  da  chicches- 
sia godere  la  limpidezza  dell’  acqua , la 
quale  traboccando  graziosamente  , è rice- 
vuta da  alcune  belle  nicchie  e nei  gran 
vaso;  ed  in  somma  il  tutto  è cosi  ben 
disposto  , e con  tanta  maestà  ordinato  , 
che  è proprio  una  maraviglia.  L*  acqua  di 
questa  fontana  fu  presa  dalla  fonte  alla 


f BàRTOLOMME-O  A MM  ANN  ATI.  427 

Ginevera  presso  di  Firenze  un  miglio  fuo- 
ri della  porta  a S,  Niccolo  , facendola  pas- 

Isare  per  il  Ponte  a Rubaconte  setto  Sa 
Loggia  de’Peruzzi,  per  il  Borgo  de’ Gre- 
ci , e poi  per  Piazza.  Ma  tornand’ alla  sto- 
ria , occorse  circa  al  i563.  che  fu  messa 
in  Firenze  una  bellissima  colonna  di  Gra- 
nito (1)  di  braccia  tre  di  diametro,  e d’or- 
dine Dorico  , che  mandava  a donare  al 
Granduca,  Papa  Pio  IV.  la  quale  poi  del 
mese  di  Marzo  1564.  fu  eretta  sopr’ uu 
bel  piedistallo  nella  Piazza  di  Santa  Tri- 
nità (2) , e per  dargli  alcun  finimento  ; 
fin  che  Romolo  di  Francesco  del  Tadda 
avesse  dato  fine  ad  una  grande  Statua  di 
Porfido  rappresentata  per  la  Giustizia,  che 
vi  si  doveva  posar  sopra  ; vi  fu  messo  un 
capitello  di  legname  , che  vi  stette  fin© 
al  i58i.  nel  qual  anno  agli  i3.  di  Maggio 
toltone  quello  di  legname,  vi  fu  adatta- 
to quel  di  pietra  colla  statua  del  Tadda  ; 
e perchè  all'  Ammansato  , che  a quell’o- 
pera soprintendeva  , parve  che  la  figura 
apparisse  alquanto  sottile  , fecevi  aggiugne- 


f (1)  Fu  r ultima  Colonna  , che  Josse 
levata  ùalle  Terme  Antoniane . 

(2)  Il  luogo  , ove  Ju  collocata  , è 
rjuello  appunto  |,  dove  il  Duca  Cosimo 
ricevè  la  nuova  della  Vittoria  avuta  con - 
Ito  r armi  Franzesi , e Piero  Strozzi  nello 
stato  di  Siena  * 


428  Dec.  I.  dell a Par.  IL  del  Sec.  IY. 
re  il  panno,  o svolazzo  di  metallo,  che 
se  le  vede  pendere  dalle  spalle venuto 
Fanno  i565.  essendo  già  per  avanti  segui- 
ta la  morte  del  gran  Miche!  agnolo  Bonarroti 
3’  Accademia  del  Disegno  deliberò  con  vo- 
lontà del  Supremo , cT  onerarne  la  memo- 
ria col  solennissimo  funerale  , ed  acciò 
riuscisse  il  far  cosa  degna  del  suggetto  , 
e dell’  Accademia  medesima  5 furono  all’as- 
sistenza di  quel  nobiì  lavoro  deputati  due 
Pittori  , e due  Scultori  ; il  Bronzin  vecchio, 
e ’l  Vasari  per  Pittori,  e fra  gli  Scultori 
il  Cellino,  e *1  nostro  Ammannato  , i qua- 
li in  pittura  ed  in  rilievo  fecero  a gran 
quantità  di  studenti  e maestri  dell’  arte 
condurre  a fine  le  pompose  Esequie  , che 
son  note  , le  quali  diedero  poi  occasione 
ad  altre  celebri  Accademie  di  Europa  di 
far  Io  stesso  in  morte  de  singolarissimi 
Artefici.  Aveva  , più  di  cent’  anni  avanti 
a quei  tempi  , Luca  Pitti  nobil  Cittadino 
fatto  dar  principio  in  Firenze  , non  molto 
lungi  dalla  Chiesa  di  S.  Spirito  con  mo- 
dello del  celebre  Filippo  Brunelleschi  , ad 
un  magnifico  Palazzo , che  poi  fu  detto 
per  eccellenza  , il  Palazzo  de’  Pitti  ; ma 
essendo  venuto  a morte  , e non  potendo 
forse  corrisponder  le  forze  degli  Eredi  a 
dar  compimento  ad  una  fabbrica  tanto 
suntuosa  , erasi  stato  in  quel  posto , che 
fu  lasciato  da  Luca,  tutto  quel  tempo,  e 
già  s’  era  perduto  ’l  modello  del  Brunelle- 
sco  ; quando  dalla  Duchessa  Leonora  di 
Toledo  fu  da  quei  della  famiglia  de’  Pitti 


Bartolommeo  Ammànnàtt.  429 
comperato , e perchè  ’1  genio  del  Duca 
suo  Consorte  sempre  fu  di  por  la  mano 
ad  opere  magnifiche,  determinò  egli,  che 
! a quel  gran  principio  di  fabbrica  fosse 
Il  dato  fine  corrispondente  , ed  all’  Ammari- 
nato ne  commesse  la  cura.  Questi  dun- 
que con  suo  modello  fece  il  maraviglioso 
Cortile,  e F abbellì  a segno  tale,  che  non 
è chi  dubiti  esser  questo  uno  de’  più  mae- 
stosi edifiej  , che  si  veggano  al  mondo  , 
nè  io  mi  estendo  qui  in  descriverne  le 
particolarità  più  minute,  perchè  ciò  da 
altri  è stato  fatto  ,f  e perchè  crederei  di 
far  torto  alla  fama  , che  già  per  tutto  il 
mondo  corre  di  quest’  insigne  fabbrica  , 
che  fu  poi  j ed  è abitazione  de’ Serenissimi 
di  Toscana  ; ma  giacché  parliamo  d’  archi- 
tetture e di  fabbriche , dico , che  molti 
furono  gli  edifiej  suntuosi  , che  oltre  ai 
soprannotati  fece  F Ammarinato  con  suo 
modello  ed  assistenza.  In  Roma  il  Palaz- 
zo de’  Rueelìai  , poi  de’  Gaetaui  nel  Corso, 
ed  un  altro  incontro  ad  esso  in  sul  eanto 
della  via  de’  Condotti.  Dovendosi  fare  la 
gran  fabbrica  del  Collegio  Romano  de’ Pa- 
dri della  Compagnia  di  Gesù,  fra  F altre 
piante,  che  n’inventarono  diversi  Artefici 
di  valore  , fu  giudicata  eccedere  in  bontà 
quella  dell’  Ammarinato  , benché  toltone 
il  cortile  e facciata  , il  rimanente  che 
serve  per  abitazione,  sia  stato  da  altri  as- 
sai variato.  In  Firenze  per  Don  Fabio  À- 
razzola  Aragona  Spagnolo  Marchese  di  ivlon- 


43o  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
dragone  , che  fa  maestro  di  Camera  della 
gl,  me  rei.  del  Granduca  Francesco , fece 
il  disegno  per  un  suo  Palazzo  in  sul  can- 
to detto  per  avanti' il  Canto  de’ Cini,  poi 
dal  padron  del  Palazzo  il  canto  a M ndra- 
gone  , la  qual  fabbrica  contiene  in  se  al- 
cune vestigia  deli’  antico  cerchio  della  (1  ) 
città  nostra.  Fece  anche  il  modello  del 
Palazzo,  che  fu  già  di  Simone  da  Firen- 
zuola, oggi  della  famiglia  de’ Giugni  rim» 
petto  al  Monasterio  degli  Angioli  de*  Padri 
Camaldolesi.  Poco  lungi  da  questo  palazzo 
•edificò  per  F Arte  della  Lana  le  tre  belle 
Case,  che  dopo  l’edificio  del  Tiratojo  in- 
cominciando , vanno  a formare  il  canto 
detto  alla  Catena  , voltando  per  la  via  , 
che  della  Pergola  è chiamata;  nella  strut- 
tura delle  quali  mostrò  egli , come  hi  o- 
gn’ altra  sha  fabbrica,  la  vivacità  dell’ in- 
gegno suo  nelle  belle  avvertenze  avute  in 
ciò  che  ad  un  comodo  abitare  appartiene, 
e nella  nobiltà  degli  ornamenti  d'  Archi- 
tettura , che  compongono  le  loro  facciate, 
ed  ancora  perchè  egli  seppe  adattarne  le 
piante  in  modo , che  con  esser  tre  case 
insieme  unite , due  delle  quali  formano 
cantonata  , e 1’  altra  resta  nel  mezzo  fra 
esse  due  , contuttociò  ognuna  non  solo  è 


(i)  V ale  a dire  quello  che  si  doman- 
da il  secondo  , di  che  ho  io  messo  insie~ 
me  molte  necessarie  notizie . 


Bautolommeo  Ammainati*  43  £ 

della  stessa  grandezza , ma  conlieoe  la  me» 
desi  ma  quantità  e qualità  di  servizj  e 
stanze,  a ciascheduna  delle  quali  dette  i 
suoi  lumi  in  quella  quantità,  che  ad  esse 
| abbisognavano , non  ostante  la  differenza  , 
cbe  net  dar  luce  alle  abitazioni  passa  fra 
quelle,  che  piglianla  per  di  fuori  , a quel» 
le 9 a cui  devonsi  provvedere  dalle  inte- 
riori parti  : la  qual  cosa  io  medesimo  ho 
riconosciuto  coir  occasione  della  vicinanza 
per  esser  una  di  esse  ( dico  quella  che 
volta,  e per  lungo  tratto  s’  estende  in  via 
della  Pergola  ) al  presente  mia  abitazione. 
Questa  casa  , di  cui  ora  ragiono  , restò 
finita  l’anno  i584  l’ altre  due  già  avevano 
avuto  loro  compimento  poco  avanti  al 
1677.  Ma  qual  contento  avrebbe  provato 
in  se  stesso  il  nostro  Architetto  , s’  egli 
avesse  potuto  prevedere , cbe  nell'  edifi- 
car Sa  prima , eh'  è quella  appunto , che 
fa  canto  verso  il  Tiratojo  » egli  veniva  a 
preparar  1'  abitazione , che  doveva  avere 
in  Firenze  una  delle  più  grandi  anime  9 
che  sino  a quel  tempo  avesse  prodotto  9 
e da  lì  in  poi  fosse  stata  per  partorire  la 
di  lui  tanto  amata  Compagnia  di  Gesù  , e 
pur  fu  vero.  Questi  fu  Luigi  Primogenito 
di  Don  Ferrante  Gonzaga  Marchese  di 
Castiglione  in  Lombardia , poi  Religioso 
S di  essa  Compagnia,  dico  il  Beato  Luigi 
Gonzaga,  e questo  senza  punto  cercarlo f 
e credo  con  particolar  provvidenza  del 


! 


432  DEC*  I.  DELLA  PàR.  II.  DEL  SeC.  IV. 
Cielo,  ho  io  ritrovato  in  tempo  appunto 
di  dover  dare  questi  scritti  a’  Revisori  per 
la  stampa  , forse  a fine  , che  facendosi  a 
tutti  noto  il  luogo  ove  posarono  i piedi 
di  quel  gran  Santo , facciasi  altresì  fra 
noi  più  viva  la  memoria  , ed  accrescasi  la 
devozione  verso  di  lui  nella  nostra  città, 
che  si  vanta , se  non  d’essere  stata  a quel- 
l’Angelo  da  natività  prima  madre  nello 
spirito,  almeno  d’avere  nella  sua  ancor  j 
tenerissima  età  a quello  altamente  contri- 
b aito  ; mentre  eh’  egli  , datosi  in  essa  più  j 
che  mai  ali’  esercizio  dell’  orazione , fece  ! 
d'avanti  ali’ Immagine  della  Nunziata  di  Fi- 
renze il  gran  voto  di  perpetua  Verginità,  [ 
la  quale  egli  poi  fino  allo  spirare  deli’ani- 
sma  seppe  mantenere  tanto  illibata. 

Sappiasi  adunque , come  essendo  ri- 
mase finite  con  disegno  dell’  Ammannato 
( come  dicemmo  ) poco  avanti  al  1577. 
delle  tre  case  le  due  prime  dalla  parte  del  1 
Tiratojo  , occorse  che  D.  Ferrante  Gonza- 
ga Principe  deli’ Imperio , e Marchese  di  ! 
Castiglione  in  Lombardia  , stretto  parente 
del  Duca  di  Mantova , a cagion  di  sua  in- 
disposizione si  portasse  in  Toscana  per  i 
Bagni  di  Lucca»  couducendo  con  seco  Lui- 
gi suo  Primogenito  , e Ridolfo , eh’  era  il 
secondo*  avendo  prese  quell’ acque,  sene 
venne  a Firenze  , non  pure  per  visitare  il 
Granduca  Francesco  , con  cui  teoea  quel- 
la Casa  non  ordinaria  amicizia,  ma  a fi- 
ne di  lasciare  l’ uno  e l’altro  figliuolo  rac- 


Bartolommeo  ?Ammànnàti.  433 
comaodati  alla  protezione  di  quel  Grande, 
siccome  fece  Corre  lino  a’  dì  nostri  que- 
sta fama  , che  '1  Granduca  a cagion  d’amo- 
re e di  stima  offerisse  al  Marchese  per 
i figliuoli  stanze  in  Palazzo  , ma  quegli , il 
cui  fine  era  , che  i giovanetti , oltre  alla 
pratica  de’  modi  di  quella  Corte  , appren- 
dessero ancora  i principj  dell’ arti,  ebbe 
per  meglio  , provvedergli  di  casa  particola- 
re» INon  permesse  già  la  magnificenza  di 
quel  Sovrano  , che  ciò  si  facesse  per  altre 
mani , che  di  se  medesimo  , nè  con  altro 
danaro , che  del  proprio  erario , e così 
condusse  a pigione  dall’  Arte  la  prima  del- 
le soprannominate  case  ; quella  dico , che 
ha  cantonata  dalla  parte  del  Tiratojo,per 
incominciare  il  tempo  il  primo  giorno  di 
Novembre  del  1577.  in  cui  Luigi  il  Primo- 
genito , nato  il  dì  9.  di  Marzo  iò68.  era  in 
età  di  anni  9.  mesi  7.  e giorni  21.  e noi 
abbiamo  cogli  occhi  nostri  proprj  ricono- 
sciuto da’  pubblici  Libri , e della  Decima 
del  Serenissimo  Granduca  (1) , e della 
stessa  Arte  della  Lana  ( e tenghiamone  an- 
che appresso  di  noi  autentico  attestato) 


(1)  Decima  di  S,  A . S . per  armato 
3767.  num , 168.  Carro  Lib.  grande  del - 
r Arte  della  Dana  di  Firenze  segnata  B. 
dal  1570.  al  1578.  a 248.  Lib . grande 
segnato  C.  di  d . Arte  dal  1678.  al  1587. 
0.  47  * 

Baldinuccu  VoL  VIL 


28 


484  Dec.  L della.  Par.  II,  del  Sec.  ÌY. 
che  i due  figliuoli  veramente  incomincia- 
rono ad  abitare  in  quella  casa  il  sopran- 
nominato giorno  primo  di  Novembre  1677. 
e che  terminò  la  locazione  dopo  due  anni 
e mezzo , cioè  finito  il  mese  d’  Aprile  del 
i58o.  dell’età  di  Luigi  anni  12.  un  mese , j 
c giorni  21. 

Ma  perchè  non  si  possa  mai  dubita- 
re se  questa , o altra  delle  tre  case  fabbri- 
cate per  r Arte  dall’  Ammarinato  , fosse 
veramente  quella , eh’  abitò  il  Beato  , fa 
di  mestieri , che  ci  dichiariamo  alquanto 
piu. 

Diremo  dunque  , che  la  casa  che  vol- 
ta in  via  della  Pergola  , al  presente  come 
dicemmo  abitazione  dello  Scrivente,  non 
è quella,  che  fu  assegnata  ai  due  fratelli 
Gonzaga  , perchè  questa  restò  finita  l’an- 
no 1084.  e appigionata  per  la  prima  vol- 
ta di  INovembre  delio  stesso  anno  i584.  e 
ve  n’  è contratto  pubblico  ; e Luigi , eli 
fratello  incominciarono  ad  abitare  la  loro  il 
dì  primo  di  Novembre  1577.  Quella  che 
segue  dopo  questa  andando  verso  il  Tira- 
to] o , non  è ; perchè  nello  stesso  giorno  , 
che  incominciarono  ad  abitare  i Gonzaga, 
ella  con  nome  e titolo  della  casa  di  mezzo 
(che  tale  è veramente)  fu  appigionata  ad 
un  Cherico  Franzese , che  pure  si  tratte- 
neva alla  Corte  del  Granduca;  resta  dun- 
que V ultima  casa  delle  tre  , la  quale  è 
dal  Tiralojo , e questa  con  tal  particolare 
espressione  di  sito  , cioè  della  casa  dal  Ti- 


Bàrtolommeo  Ammanitati.  4^5 
ratojo  f fu  appigionata  al  Granduca  con  ac- 
cendersi il  debito  ne’  libri  sotto  nome  de’ fi- 
gliuoli dell’  Illustrissimo  Signor  Ferrante 
Gonzaga  Marchese  di  Castiglione  di  Lom- 
bardia con  espressa  dichiarazione  però , 
che  per  ordine  dato  da  S.  A.  S.  per  mez- 
zo di  Majordomo,  doveasi  il  lutto  pagare 
dallo  Scrittoio  della  dispensa,  siccome  seguì; 
iì  che  ne  fa  tenere  per  indubitato,  chela 
dispensa  medesima  per  lo  tempo,  che  qua 
si  trattennero,  somministrasse  anche  lutto  il 
rimanente  per  servizio  della  tavola  di  quei 
due  Principi.  Questa  casa  dunque  è quel- 
la , nella  quale  per  due  anni  e mezzo, 
cioè  dal  primo  di  Novembre  del  1677.  a 
tutto  il  mese  d’  Aprile  del  i58o.  il  Santo 
Giovane  con  Ridolfo  suo  fratello  , provvi- 
sto dal  Padre  di  nobil  Corte  , e sotto  il 
governo  di  Pier  Francesco  del  Turco  Gen- 
tiluomo Fiorentino  (1)  che  faceva  la  par- 
te di  loro  Àjo , ebbe  sua  abitazione  nella 
nostra  città  di  Firenze. 

Non  lascerò  di  dire  per  ultimo  , che 
essendomi  venuto  fatto  il  trovare  questa  a 
xne  cara  notizia  appunto  in  quest’  anno 
1687.,  nel  quale  il  molto  Rcv.  Padre  Anni- 
baie Marchetti  della  Compagnia  di  Gesù 


(1)  Questo  Pier  Francesco  del  Turco 
fu  poi  Majordomo  del  Sig.  Don  Già,  de 
Medici,  e poi  di  Don  Antonio. 


436  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  ÌY. 
intende  dare  alie  stampe  la  Vita  di  esso 
B.  Luigi  da  se  in  Latino  idioma  eloqueu» 
tissimamente  sòritta  , bo  voluto  a lui  par* 
ticolarmente  dare  di  tutto  chiara  contezza, 
per  farne  quella  memoria , che  ad  esso 
parrà  convenirsi.  Tornando  ora  all’  opere 
dell’  Ammannati.  ] 

Fu  anche  suo  disegno  quello  della  , 
Bella  Chiesa  di  San  Giovannino  de’  PP.  j 
della  Compagnia  di  Gesù , dì  che  a suo  , 
luogo  faremo  menzione  , e ordinò  altri  e-  j 
dificj  , che  per  brevità  si  tralasciano.  Oltre  ; 
all’ altre  opere  di  scultura,  delle  quali  so-  { 
pra  abbiam  parlato,  fece  ad  instanza  della  ■ 
Santità  di  Papa  Gregorio  XIII.  in  Campo  5 
Santo  di  Pisa  la  Sepoltura  per  un  suo  ( 
cugino  stato  celebre  Lettore  di  Legge  iu 
quell’  Università.  Figurò  egli  in  quell’  ope-  ; 
ra  la  Giustizia.,  come  fine  ultimo  della  , 
Legge,  e la  Pace  degnissimo  frutto  della  ; 
Giustizia  ; fra  queste  due  figurò  la  persona  , 
del  Salvatore  in  atto  di  mostrare  le  Sacra-  ì 
tissime  Piaghe,  deila  quale  opera  ( come 
egli  medesimo  lasciò  scritto  ) riportò  da 
quel  Pontefice  remunerazioni  onoratissime;  j 
questa  però  fra  l’ altre  sue  opere  di  scul-  ( 
tura  non  riuscì  delle  migliori.  Correva  , 
l’anno  s585.  quando  per  morte  di  Grego- 
rio fu  innalzato  alla  Pontificia  Dignità  Fe- 
lice Peretti  da  Mont’Àlto  dell’  Ordine  dei 
Minori , che  fu  Sisto  Y.  Questi  per  essere 
uomo  di  cuore  non  meno  magnanimo  che 
intrepido  e risoluto  3 fino  dallo  stato  Gar- 


Bartolommeo  àmmannàti, 
dinalizié;  raggirava  per  Ja  sua  mente  aiti 
pensieri  , per  quando  mai  egli  fosse  a 
quella  Sovranissima  dignità  pervenuto  ; uno 
di  essi  fu  ii  voltar  la  Cupola  di  S.  Pietro, 
e l’altro  il  condurre  sulla  Piazza  di  quella 
Basilica  il  maraviglioso  Obelisco  di  granito 
rosso  detto  altrimenti  marmo  Tebaico , per 
essere  stato  cavato  da’  Monti  di  Tebe  in 
Egitto  , cbe  essendo  di  smisurata  grandez- 
za , cioè  a dire , alto  palmi  cento  sette  , 
toltane  la  punta  , che  pure  è alta  sei  pal- 
mi, largo  in  fondo  sopra  palmi  dodici, 
s più  d’otto  in  sommità,  aveva  fatto  cre- 
dere a’  passati  Pontefici  essere  impossibile, 
senza  cbe  seguisse  alcun  disordine  di  rot- 
tura o d’altro,  che  fosse  mosso  dal  suo 
luogo  non  molto  lontano  da  detta  piazza  ^ 
iov’  egli  era  stato  fino  a quel  tempo  piut- 
tosto nascoso,  cbe  esposto  al  godimento 
delie  genti.  Deliberando  adunque  quel  Pon- 
tefice di  volerlo  quindi  per  ogni  modo  le- 
vare , ordinò  cbe  da  tutte  le  parti  d’Eu- 
ropa fossero  chiamati  Matematici  e inge- 
gneri » oltr’  a quanti  di  tal  mestiere  se  ne 
trovavano  allora  in  Roma  ; sicché  non  an- 
dò molto,  che  se  ne  radunarono  in  quella 
Città  sino  al  numero  di  cinquecento  , i 
quali , benché  in  gran  parte  s’accordas- 
sero nel  dire,  che  quella  gran  pietra  do- 
vesse  trasportarsi  in  piedi  , considerando 
esser  cosa  presso  chg  impossibile  il  disten- 
derla , furono  però  nell’ ordinare  i loro 
disegni  e modelli , per  venirne  all’  effetto  f 


438  Bec.  I.  della  Par.  IL  del  Sec.  IV. 
sletti  per  dire,  di  cinquecento  paréri.  Uno 
degli  architetti  , che  si  portarono  colà,  fu 
il  nostro  Ammarinati  , mandatovi  apposta 
dal  Granduca  Ferdinando  l.  per  la  grande 
stima  , eh’  ei  faceva  di  lui , il  quale  pre- 
sentatosi davanti  al  Papa  > che  già  aveva 
veduti  molti  disegni  e modelli , domandò 
un  anno  di  tempo  per  fare  egli  il  suo  ; 
ma  il  Papa  che  già  era  vecchio  assai  , e 
non  vedeva  l’ora  di  dar  principio  ad  ope- 
ra , che  doveva  rendersi  così  memorabile  f 
per  vederne  in  sua  vita  il  fine  , ridendosi 
della  proposta  non  ne  fece  per  allora  coi- 
P \m  man  nato  altro  discorso.  Intanto  fu 
approvato  fra  tutti  gli  altri  il  maravigìioso 
modo  proposto  da  Domenico  Fontana  da 
Mili  celebre  Architetto , che  poi  ne  fu 
l’erettore,  e per  maggior  sicurezza  prima  ne 
fu  fatta  la  prova  con  fargli  muovere  i 
pezzi  della  Guglia  piccola  del  Mausoleo 
d’ Augusto.  Rimaneva  però  un  non  so  qual 
timore  nella  Congregazione  de’  Deputati  a 
tal  affare  sopra  ’l  maneggio  degli  strumen- 
ti e delle  macchina  inventate  dal  Fontana, 
onde  risolverono  d’eleggere  perciò  due  dei 
più  vecchi  ed  accreditati  Architetti  fra 
quanti  ne  eran  comparsi  aì  cimento , e 
questi  furono  il  nostro  Ammarinati  3 e Ja- 
copo della  Porta  ; costoro  dunque , per 
segno  del  posto  dove  la  Guglia  doveva 
trasportarsi  , subito  fecero  piantare  una 
gran  trave,  ma  il  Fontana  di  tal  resolu- 
zione forte  sì  turbò  , e trovata  buona  con- 


Ba&tolomme©  Ammànnati.  489 
giuntura  coi  Papa  , fecegli  apprendere  '1 
torto  , che  se  gii  faceva  coll’  ordinare  ad 
altri  l’esecuzione  del  suo  proprio  modello, 
con  pericolo  , che  a questo , e non  a qual- 
che mancanza  degli  esecutori , la  mala  riu- 
scita poi  attribuir  si  dovesse  , non  sapendo 
egli  ali’  incontro  ( come  e’  diceva  ) chi  la 
propria  invenzione  avesse  a saper  maneg- 
giar meglio  , e con  più  sicurezza  , che  esso 
medesimo  ; e tanto  disse  , e tanto  s’adoperò, 
che  finalmente  a’  due  Architetti  fu  levata 
ogni  commissione  sopra  tal  affare.  É però 
da  credere  , che  l’ Ammannati , che  non 
mai  si  cimentò  ad  opera  d’Architettura  , 
per  grande  e difficile  eh’  ella  fosse  , senza 
uscirne  a grand’  onore  , e che  tanto  nella 
Città  di  Pioma  che  di  Firenze  n'aveva  con- 
dotte di  smisurata  grandezza  e bellezza  , 
superando  le  più  ardue  difficoltà  dell’  arte, 
se  a lui  toccato  fosse  ad  operare , avrebbe 
ancora  trovato  il  modo  adeguato  per  l’ef- 
fettuazione di  sì  alto  e nobile  pensiero  di 
quel  gran  Pontefice  , al  quale  poi  così  ac- 
conciamente soddisfece  il  Fontana  , che 
perciò  sarà  sempre  glorioso.  Aveva  fino 
dell’ anno  i56i.  Gio.  Antonio  Battiferri 
d’Urbino  colla  facoltà  concessa  da’  Ponte- 
fici a’  C beri  ci  residenti  in  Curia  , fatto 
suo  Testamento  (è)  j,  per  cui  lasciava  sua 


(1)  Rogò  Set  Andrea  di  Gherardo  t 
3,  Agosto . * 


44o  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
erede  universale  Laura  Battiferra  sua  fi- 
gliuola , e moglie  di  Bartolommeo  Ammari- 
nati , commettendo  l’esecuzione  di  tale  sua 
volontà  al  Cardinal  Morone  Vescovo  di 
Santa  Sabina  , a Zanobi  da 
Tentino  , e a Mariano  An 
guita  poi  la  morte  di  Gio 
in  casa  l’Ammaouato  non  poco  capitale, 
con  che  , e eo’  gran  guadagni  di  sua  pro- 
fessione , era  divenuto  ricco.  Questa  buona 
ventura  dell’  Ammannato , che  a lui  nou 
partorì  alcuna  disapplicazione  dalì’arte, 
perchè  ne  conservò  sempre  l’amore , e 
l’attuale  applicazione , introduce  ora  me  a 
parlare  di  quello,  che  nel  nostro  artefice 
risplendè  oh  ernodo  , che  fu  la  Cristiana 
pietà , la  quale  tanto  più  rilusse  , quanto 
che  a privarsi  delle  proprie  sostanze  , per 
renderne  provveduti  i poveri  , e promuo- 
vere opere  d’onor  di  Dio  , sempre  lo  per- 
suase. lo  ho  veduto  quel  poco  numero  di 
sue  scritture , alle  quali  sin  qui  ha  per- 
donato il  tempo  5 e da  queste  raccolgo  non 
solo  la  quantità  delle  limosine , ch’egli  era 
solito  di  fare , ma  il  continuo  sovvenire 
eh’  ei  faceva  di  suo  danaro  senza  alcuno 
interesse  ogni  sorta  d’artefici  e poveri  pa- 
dri di  famiglia  , ogni  qualvolta  per  loro 
urgenti  necessitadi  il  ricercavano  ; anziché 
negli  ultimi  tempi  erasi  dato  tanto  all’  o- 
pere  di  pietà , che  poco  ormai  ad  altro 
attendeva.  Simile  appunto  era  il  vivere  di 
Laura  Battiferra  sua  consorte , la  quale  in 


Montagli to  Fio- 
gelini  ; onde  se- 
. Antonio,  venne 


Bartclciwmeo  Ammainati.  441 
una  villa  vicina  alle  porle  di  Firenze  luo- 
go detto  Camerata > che  Bartolommeo  ave- 
va l’anno  1676.  presa  a vita  da’  Padri  di 
Camaldoli,  se  ne  stava  ’l  più  del  tempo  deli- 
ziandosi in  una  Cappella  fattavi  dal  mede- 
simo fabbricare  di  nuovo  , insieme  colla 
casa  del  lavoratore  a tutte  sue  spese  , tol- 
tone il  legname  , ebe  le  fu  da  quei  Padri 
somministrato.  Inoltre  avendo  tanto  egli  , 
quanto  la  moglie  sua  conosciuto  il  frutto 
grande,  che  facevano  in  Firenze  , non 
tanto  per  quello  che  all’  anima  appartene- 
va , che  èli’  ammaestramento  de’  giovani 
nell’  umane  lettere,  i Padri  della  Compa- 
gnia di  C?esò  , che  se  ne  stavano  in  luogo 
molto  angusto  e di  casa  e di  Chiesa  , e 
forse  ancora  abbietto  assai , cominciarono 
a venire  in  pensiero  dì  ridurre  loro  il  tutto 
a piò  bella  e più  comoda  forma , senza 
però  allargare  J’angusto  sito  , in  che  si  ri- 
stringevano e la  Chiesa  9 e la  casa  ; ed  io 
trovo,  che  già  Bartolommeo  del  mese  di 
Dicembre  1676.  con  sua  lettera  ne  cominciò 
i primi  trattati  col  Padre  Generale  della 
Compagnia  , ch'era  allora  il  Padre  Everar- 
do  Mercuriaoo  ; ma  ciò  non  parve  per 
allora  a bastanza  , perchè  il  bel  concetto 
deH’Ammsnnato  avrebbe  a lui  causata  gran- 
de spesa  , ed  alla  fabbrica  angustia  , in 
vece  del  necessario  allargamento;  mentre 
tutto  ciò  che  si  fosse  dato  alia  Chiesa  , si 
sarebbe  tolto  alla  casa  , e però  il  negoziato 
non  ebbe  allora  effetto  alcuno  ; onde  poi 


7 


442  DEC.  I.  DELLA  PàR.  IT.  DEL  SEC.  IV, 
l’Ammannato  si  risolvè  d’aggrandire  ogni 
cosa  ; e perchè  tutto  apparisca  nelle  sue 
minute  circostanze  , registreremo  in  fine 
una  lettera  del  Servo  di  Dio , il  Padre 
Lodovico  Corbinelli  Fiorentino  Sacerdote 
della  Compagnia  « quegli  stesso  , del  quale 
ebbe  le  belle  illumiuazioni , che  son  note, 
il  Beato  Luigi  Gonzaga  Religioso  della  me- 
desima , come  si  legge  nella  Vita  di  lui 
scritta  in  compendio  ; e similmente  si  por- 
teranno le  copie  d’altre  lettere  degne  di 
memoria  , state  scritte  di  poi  in  tal  pro- 
posito all’  Ammannato  , ed  alla  Batti  ferra 
da  varj  celebri  uomini  della  stessa  Com- 
pagnia. Determinarono  inoltre  Bartoiorn- 
meo  e la  sua  Consorte  non  solo  di  far 
parte  in  vita  di  loro  facoltà  a’  medesimi 
Padri  per  aggrandimento  di  quelle  fabbri- 
che , ma  vollero  ancora  con  Testamento  (i) 
dopo  una  reciproca  vocazione  di  loro  stessi 
alla  propria  eredità  , fare  erede  il  Collegio 
per  lo  medesimo  fine  ; il  che  tutti  due 
effettuarono  il  dì  25.  di  Marzo  i5 87.  fa- 
cendo ancora  molti  caritativi  legati.  Ma 
giacche  il  dar  notizia  della  pia  liberalità 
di  questo  Virtuoso  ne  ha  portato  a par- 
lare del  Collegio  della  Compagnia  di  Gesù, 
edificatosi  in  Firenze  fino  dai  fondamenti 
ne' tempi  dell’  Ammannato  , e della  Chiesa 


(1)  Rogò  Ser  Francesco  d' Àlbizzo  * 


BìKTOLOMMEO  AmMANNàTI.  443 
rifabbricatasi  in  grande  e nobilissima  for- 
ila , ne’  quali  edifizj  egli  a pubblico  be- 
nefizio ebbe  tanta  parte  non  solo  per  lo 
disegno  e continua  assistenza  di  sua  per» 
;ona  in  tutto  il  tempo  che  e’  visse,  ma 
incora  per  le  copiose  limosine  eh9  egli 
somministrò  , e per  lo  ricco  patrimonio 
:he  tanto  esso  , che  la  Donna  sua  gli  la- 
sciarono , mi  conceda  il  Lettore,  ch’io 
Avertendo  non  già  interamente  dalla  ma- 
eria  , affine  di  rendere  alcun  tributo  di 
;ratitudine  a’ Padri  della  Compagnia,  verso 
quali  molte  obbligazioni  mi  stringono , e 
>er  consolazione  degli  amatori  di  lor  vir- 
ù , ed  ancora  perchè  molto  di  tempo  m 
(i  fatica  mi  è costato  il  ritrovamento  dei 
ninuti  particolari  appartenenti  alla  fonda- 
ione  di  questo  Collegio , e della  fabbrica 
li  questa  Chiesa  fatta  dall’  Amman  nato  , 
Iella  quale  non  è a mia  cognizione  che 
diri  abbia  scritto , io  dia  qui  del  tutto 
m’  esatta  e puntuali  notìzia , fio  da  quei 
empo  incominciando  , nel  qual  fu  fondata 
antica  Chiesetta  , che  poi  venuta  in  po- 
ere  di  quei  Religiosi  , fu  dal  nostro  arie- 
ice  tam’  accresciuta , c con  sì  bel  disegno 
rnata  ; il  che  siccome  io  dissi , non  riu- 
cirà  anche  del  tutto  lontano  dal  proposito 
ostro, 

È dunque  da  sapersi  , come  Tanno 
ella  terribile  mortalità  del  1^48.  Giovan- 
i di  Landò  Gori  lenendo  a morte,  or- 
inò per  testamento  a’  suoi  eredi  il  fab- 


444  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  I?. 
bricare  con  ispesa  di  quattromila  fiorini 
d’oro  una  Chiesa  , sotto  l’invocazione  e ti- 
tolo dei  glorioso  S.  Giovanni  Evangelista. 
Gli  esecutori  di  quel  testamento  Cambio 
Nuoci  e Domenico  Ciampelli , insieme  con 
Francesca  , Lucrezia  e Margherita  figliuole 
di  Berlino  Goti  instituite  eredi,  incontra- 
rono per  ciò  fare  varie  difficoltà  col  Prio- 
re e Capitolo  di  S.  Lorenzo  , Chiesa  det- 
ta altrimenti  l’Ambrosiana  Basilica.  On- 
de non  mi  cagiona  maraviglia  quel  eh’  io 
trovo  notato  nel  proprio  antichissimo  libro 
tenuto  da’  medesimi  esecutori  per  gli  af- 
fari di  tal  fondazione  5 cioè  , ch’eglino  te- 
nessero negozio  di  fondarla  per  gli  Monaci 
di  Mont’Oliveto,  poi  colle  donne  del  Con- 
vento di  Monte  Domini  in  Via  San  Gallo 
di  fuori , e finalmente  co’  Frati  di  S.  Ma- 
ria Novella  ; il  che  , acciocché  meglio  ap- 
parisca , registreremo  in  fine  di  questa 
narrazione  alcune  partite  estratte  a verbo 
a verbo  dal  medesimo  libro  , il  quale  si 
conserva  oggi  appresso  Benedetto  della 
stessa  nohil  famiglia  de’  Gori  , Avvocato 
del  Collegio  de’ Nobili , Gentiluomo,  che 
per  la  molta  sua  dottrina  , bontà  e singo- 
iar affabilità,  è da  ogni  persona  desidera- 
tissimo. Dopo  varie  controversie,  rimasero 
compromesse  le  differenze  fra  ’l  Capitolo 
e gli  Esecutori  in  quattro  comuni  amici  , 
tali  furono  : il  Reverendo  Lapo  Abate  del 
Monastero  di  S.  Miniato  a Monte  Dottor 
di  Legge  Canonica  , Gregorio  di  Messer 


lene 

IF 
J Jiiial 
. pò 


sul 

pai, 

pie 


lesso 
re  ii 
funi 

. Sitai 

.tran 

lesse 


lio/< 
irà 
M ) 

(ore 

Sini 

1 1 


j 

mi 

kit 

rà'eoi 


BarTOLOMMEO  ÀTVIMANNATI.  445 
Benci  venni  Dottor  dell’  una  e dell’  altra 
Legge,  Francesco  (i)* *  Priore  di  S.  A postolo 
di  Firenze  , e Francesco  di  Berti , i quali 
finalmente  lodarono  doversi  avere  per  con- 
gruo  sito  e luogo  della  fondazione  alcune 
case  e terreno  di  Francesco  Medici  poste 
sul  canto  della  Via  degli  Spadai  e Spro« 
nai , e di  Via  Larga  , con  che  dovesse  la 
Chiesa  da  fabbricarsi  essere  sempre  jus- 
padronato  de’  fondatori  ; che  il  Rettore 
presentato  dovesse  rendere  obbedienza  ad 
esso  Priore  di  S.  Lorenzo  9 nè  potesse  da- 
re in  sua  Chiesa  sepoltura,  se  non  ai  de- 
funti della  propria  casa  de'  fondatori  ; il 
simile  s’intendesse  dell’ amministrarvi  i Sa- 
cramenti , e che  per  alcune  solennità  do- 
vesse il  Rettore  avere  celebrata  la  Messa  , 


(1)  lo  non  dubito  punto  che  questo 
non  sia  quel  Francesco  Priore  di  S . Apo» 
sto  lo  al  quale  il  nostro  Gio . Boccaccio 
scrisse  una  assai  lunga  lettera  , che  non 
Da  per  le  stampe , intitolandolo  Spendi - 
tore  di  Messer  Niccola  Acciainoli  Gran 
Siniscalco  del  Regno  di  Napoli  e di  Siti» 
lia.  * 

(*)  Certo  è 9 che  fu  Francesco  di  Nic- 
cola di  Nello  del  popolo  di  San  Lorenzo 
della  famiglia  Rinucci  Vicario  del  V e- 
scovo  nostro  Angiolo  Acciajuoli » V*  il 
Tomo  5.  de'  miei  Sigilli  , e r illustrazione 
del  Boccaccio  Par . 1.  a car • 77. 


44^  DeC.  I.  DELLA  Par.  II.  DEL  SfiC.  IV. 
prima  della  Cantata  di  San  Lorenzo  , alla 
quale  dovesse  egli  intervenire  , insieme  coi 
Canonici  e Cappellani  della  medesima;  che 
per  la  Festa  di  S,  Gio*  Evangelista  fosse 
obbligato  a chiamare  a’  Divini  (Jfficj  esso 
Priore  e Capitolo  , e loro  tenere  a desi- 
nare ; ed  air  incontro  per  la  Festa  di  San 
Lorenzo  dovesse  il  Capitolo  far  lo  stesso 
al  Rettore  , il  quale  in  tal  congiuntura 
fosse  obbligato  presentare  un  annuo  tribu- 
to d’una  candela;  che  dovesse  il  Rettore 
esser  Prete  Secolare  ( e noti  questo  il  mio 
Lettore  ) e che  non  mai  per  alcun  tempo 
si  potesse  quella  Chiesa  unire  a Religione 
alcuna , ciò  che  poi  ebbe  effetto  del  tutto 
contrario  , perchè  in  somma  egli  è veris- 
simo, che  l’Alto  Governatore  del  Mondo 
Iddio  rare  volte  si  sottoscrive  all’  ordina- 
zioni di  quella  provvidenza,  che  sopra 
rumane  vicende  vorrebbero  gli  uomini  ave- 
re per  quando  poi  più  vivi  non  sono.  Data 
dunque  tal  sentenza  , fu  dal  Capitolo  con- 
cesso il  potersi  ediheare  con  gii  obblighi 
sopranuotati  , per  roghi  di  Prete  Pagno 
Rettore  di  S.  Miniato  ( i) , di  Niccolò  Cor- 


(i)  11  Rettore  di  S.  Miniato  tra  le 
Torri  , che  qui  si  nomina  , era  Pr . Pagno 
Petrigno  ni , che  fu  Canonico  della  Pieve 
deir  Impruneta , e Spedalingo  dello  Spe- 
dale di  S,  Miniato  al  Monte, 


lini 

in 

pii 

m 

aita 


ìiotì 


fam 

firn 


tei 


lato 
Ite  e 
ìsettfi 

Ita 


ji* 


non 

p 

Me 

| fine  ; 

! ^ato 

! [fosse 

| ;tann 

'lore, 

torni 


poni 
io  i 


m 

M e 


Bartolommeo  Ammannàtx.  447 
sini  , e di  M.  Guelfo  Rettor  di  S,  Donato 
in  Yal  di  Botte,  i3.  Gennajo  1849.  ^e- 
guiti  tali  aggiustamenti , furon  compre  le 
case  , e fabbricata  la  Chiesa  , che  restò  fi- 
nita poco  dopo  al  i352.  la  qua!  a distin- 
zione della  vicina  di  S.  Gio.  Battista , e per 
essere  di  quella  assai  minore , fu  poi  vol- 
garmente chiamata  San  Giovannino.  Don 
Vincenzio  Borghinì  dottissimo  investigatore 
delle  Fiorentine  antichità  , al  quale  non 
toccò  la  sorte  di  vedere  Tantichissimo  libro 
sopraccennalo  di  Casa  Gori  , nel  suo  trat- 
tato  della  Chiesa  e Vescovi  Fiorentini  stet- 
te e ci  lasciò  in  dubbio , se  questa  Chie- 
setta fosse  negli  antichi  tempi  Io  Spedale 
detto  di  S.  Giovanni  , e quantunque  egli 
si  mostrasse  inclinato  alla  parte  negativa  , 
non  perciò  ardì  dar  sentenza.  Onde  da 
quanto  si  è detto  sin  qui  , e dalle  nomi» 
nate  partite  di  tal  libro  da  registrarsi  nel 
fine  , verrà  chiarita  tal  dubitanza  , e pro- 
vato , che  questa  Chiesa  di  S.  Giovannino 
fosse  tutt’ altro  che  lo  Spedale  di  S.  Gio- 
vanni ; ma  per  maggior  chiarezza  del  Lei- 
, tore , e perchè  le  parole  del  Borghi  no  in- 
torno a ciò  contengono  altre  belle  erudi- 
zioni , le  registreremo  appresso  tolte  a ver- 
bo a verbo. 

Or  tutto  questo  m è giovalo  r accori* 
lar  qui , non  perchè  solamente  si  vegga  , 
come  questa  ospitalità  fosse  in  uso  , ma 
quant ’ ancora  stimata  , e quanto  buon  no- 
me ella  desse  in  quei  tempi  d nostri  j e 


448  Dec.  t.  della  Par.  II.  del.  Sec.  IV. 
di  quest?  antichissimo  costume  sia  fin  qui 
detto  a bastanza . V eggonsi  ancora  accan- 
to a certi  antichi  Monasteri , massimamen- 
te fuor  della  Città  , conservati  alcuni  di 
questi  Spedali  , ma  dentro  alla * Città , 
se adone  per  altra  via  moltiplicati  assai 
non  se  ne  veggono  più  allato  alle  Chiese ; 
ma  i Monasteri  ritenendo  ancor  gli  anti- 
chi instituti , gli  hanno  ritirati  in  Casa  , 
assegnando  a quest ’ zz£Zo  zz/z  luogo  appar- 
tato con  nome  cC  Ospizio , o di  Foresteria . 
ii  qui  fra  noi  si  trova  9 che  fin  l ’ zz/z/zo 
li 6©.  /cz  Chiesa  di  S.  Pier  Maggiore  ave- 
va il  suo , quello  del  Vescovado  nostro  s 
o vogliam  dire  della  maggior  Chiesa  , ew 
per  quel  che  si  può  conjetturare  , fra  San- 
ta Reparata  e il  Duomo  di  S.  Giovan- 
ni , il  quale  per  ordine  della  Signoria  , e 
co/2  licenza  del  Vescovo  per  farvi  di  nuo- 
vo , o pur  per  allargare  la  Piazza  , che 
vi  era  , ma  piccola  , di  San  Giovanni , fu 
levato  via  l?  anno  1296.  con  ordine , e 
stanziamento  di  rifarlo  accanto , e fuor 
della  Porta  9 di  era  in  capo  della  Via 
degli  Spadari , oggi  de  Martelli ; e se  que -» 
ó'£o  a/  eseguì  ( che  non  sempre  riesce  quel- 
lo , che  si  disegna  ) sarebbe  questo  nuovo 
Spedale  la  Chiesa , c/ze  tz’è  oggi  di  S.  Gio- 
vannino 5 c lo  confermerebbe  il  titolo  del 
vecchio , c/z’  cm  6a/z  Giovanni , corae  che 
talvolta  si  chiami  in  quelle  scritture  del 
Battista , e talotta  del  Vangelista . Mia 
c’  pare  in  alcuni  contratti , che  l anno 


k 

ite 

tip 
Ir  1 

11, 

lir 

: fe 

m, 

m 
\ [lèi 

ili 

fi  c 

iti 

1 pi 

|j(b' 

‘P 

j 

nei 

i:  SllIC 

I poi) 


! CUI 

; i; 


7 

qui 


Qn- 


!tfg> 

mi  r 

m, 
W“  I 
ma, 
mi)' 


m-  « 


Irò,:}» 


era , 

anM 

ari'  ! 

,<| 

WO-'jì 

che 

.4 


Bartolommeo  Ammannati.  449 
1876.  fosse  questo  Spedale  nella  via  del 
Cocomero  , che  risponde  assai  bene  a uri  al- 
tra deliberazione  pubblica  dell ' anno  1298. 
per  la  quale  si  ordina , che  si  faccia  fra 
la  porta  di  Balla  , e quella  degli  Spada- 
ri  , e allato  alla  via  de  Frenai , o vogliam 
dir  E figliai , che  si  facev  allora  per  Ca- 
f aggio  , e rispondeva  alla  Chiesa  maggio- 
re , che  considerato  bene  5 e misurai ? * gai 
cosa , non  può  esser  altra , che  quella  , 
che  oggi  si  dice  del  Cocomero  , che  va 
dalla  Chiesa  maggiore  in  Cafaggìo  , che 
si  chiamava  quella  pendice , dov  è oggi 
la  Chiesa , e Piazza  di  S.  Marco  , lo  Spe- 
dale di  Lemma  , e servi , e Cafaggiuolo 
gli  seguiva  allato  , e conteneva  il  grande 
a pietoso  Spedale  degl'  Innocenti . 

Così  il  Borghi  ni.  Ma  se  abbiamo  fatta 
menzione  del  dubbio  del  Borghi 00  , è bea 
anche  giusta  cosa  , che  appresso  a questo 
pongiamo  ancora  ima  notizia  antichissima 
ultimamente  ritrovata  fra  le  scritture  del- 
le Reverende  Monache  di  Santa  Felicita 
di  Firenze,  che  è questa.  Redolendo  (1) 
Canonico  della  Chiesa  Fiorentina  donò  ai- 
cimi  beni  alla  Cappella  di  S.  Gio.  Evan- 
gelista posta  nella  Chiesa  di  S Reparata 
di  Firenze,  con  condizione , che  Fusufrut- 


(1)  Rodelandus  , altrove  Roland us  Cle- 
ricus  , et  Canonicus  S.  Fior.  Ecclesiae  no- 
mina nel  1060.  Campum  Grassi  in  alcune 
Baldinucci  Voi . VII.  29 


111! 

(ìli 

le 


45©  DeC.  I.  DELLA  PàR.  II.  DEL  $EC.  IY. 

lo  sia  dello  Spedale  de’  poveri  Pellegrini  , 
poslo  preAso  alla  Chiesa  di  S.  Giovanni  , 
fra’ quali  beni  vi  nomina  parte  dell’ entra- 
te della  Chiesa  di  S.  Pumigio  presso  alla 
Città,  ed  un  campo,  detto  campo  grasso 
vicino  alla  medesima  Chiesa.  Fin  qui  la 
notizia.  Lascio  io  ora  ali’ arbitrio  del  Let- 
tore il  fare  quelle  riflessioni  , che  intorno 
al  vero  luogo  , ove  fosse  questo  Spedale  , 
gli  pai  ranno  più  appropriate  , giacche  la 
dubitanza  , elisegli  fosse  potili’  essere  l’an- 
tica Chiesa  di  S.  Giovannino  , per  quello 
che  dicemmo  di  sopra  del  terreno  , e case 
de’  Medici  , che  ivi  erano  avanti  la  fabbri- 
ca della  piccola  Chiesa,  par  che  rimanga 
interamente  esclusa.  Tornando  al  nostro 
proposito,  fabbricata  che  fu  la  Chiesa  di 
S.  Gio*  Evangelista  , detta  poi  S.  Giovan- 
nino, furonle  assegnate  per  dote  alcune 
casette  , ed  un  podere  vicino  ai  beni  dei 
Ciam pelli  , eredi  delia  famiglia  de’ Gori, 
chiamati  de’ Ciam pelli  da  CiampeSlo  di  Coro 
de’  Gori  ; le  voci  del  padronato  giunsero 
0!  numero  di  otto,  e più  due  delia  fami- 
glia de’  Rondinelli , come  da  più  presenta- 
zioni si  riconosce.  Seguitarono  le  presenta- 
zioni de’  Rettori  per  degente  anni  conti- 


lo nazioni.  V.  i miei  Principi  della  Reli- 
gione in  Firenze  Lib . 1.  pag.  19.  a car . 
s5.  c,  6.  Nel  i58o.  si  cominciò  a murare 
hi  fàbbrica , 


III 
I DO 

coir 

}.i  [odi 
rapo 
, ili 
1 ca  v 

»j  k$ 

• min 
irsi 

10  S| 

ìli 
j ale’ 
j teli 

1 Ri 

Vsì  qi 
5 «sii 
’le 

j ti 
Ma 

m 

ila 

lif] 

11 
lei 

p 


n il 

oro» 

!,le 

è I 
fan 
utili 
casi 

,L! 


Bartolom^eo  Ammansati,  45 e 
bui,  fin  che  1’  anno  i55t.  vennero  i Pa- 
dri Gesuiti  a fondare  il  Collegio  , e andò 
ìa  cosa  nel  seguente  modo.  Fra  i Religiosi 
della  Compagnia  di  Gesù,  che  hn  dalf an- 
no 1546.  erano  stati  mandati  da  Paolo  IH* 
come  suoi  Teologi  al  Sacro  Concilio  di 
Trento  , vivente  ancora  in  Roma  il  Sor 
Fondatore  S.  Ignazio,  uno  fu  il  Padre  Ja- 
copo Laioez  nativo  della  Città  di  A ima  za  n 
nel  Regno  di  Gastiglia , uomo  di  c >sì  eroi- 
ca virtù  e di  sì  alto  sapere che  in  quel- 
la Sacrosanta  adunanza  fu  oggetto  d’am- 
mirazione , e sì  caro  riuscì  il  suo  modo  di 
1111  trattar  le  materie  di  fede  , che  laddove 
concede  va  si  a pochi  il  parlare  per  quant’è 
lo  spazio  d’  un’  ora  ; tre  ore  , e forse  più 
dal  Cardinal  Presidente  del  Goncilio  si  con- 
cedevano a lui  : uomo  in  somma,  che  es- 
sendo stato  eletto  da  Dio  per  dare  i primi 
saggi  della  pietà  e dottrina  , che  profes- 
sa  quella  Religione  , soddisfece  così  bene  al- 
G°R  le  sue  partì*  che  è parere  molto  costante, 
che  per  la  fama,  che  io  mi  subito  si  spar- 
se di  lui , fosse  la  medesima  desiderata 
ed  ammessa  in  molte  Provi  ode  e Città 
d’  Europa,  una  delle  quali  fu  poi  la  no- 
stra Città  di  Firenze.  L’anno  1647.  *nco" 
miccio  la  Città  di  Trento  ad  esser  offesa 
da  una  tale  infezione  d’arti,  che  gra vissi* 
me  infermità  e morti  negli  abitanti  ca- 
gionò , il  che  forse  fu  una  delle  cagioni  , 
per  le  quali  il  Sacro  Concilio  fu  trasferi- 
to a Bologna  , dove  ancora  il  Padre  Jaco- 


m 

iCUBf 

i di 
Gori 


li 


cu 


452  DEC.  I.  DELLA  PAR.  IL  DEL  SeC,  IV. 
po  si  tra  ferì . Giunto  in  quella  Città,  men- 
tre le  cose  s’  andavano  ordinando  , diedesi 
egli , secondo  il  costume  de’  PP.  della  Com- 
pagnia, ali’ aj uto  dell’ anime  , e nella  Chie- 
sa principale  di  S.  Petronio  predicò  con 
tanto  spirito,  eh’ oltre  all"  altre  iuuumera- 
bil?  conversioni  che  fece  , ridusse  a peni- 
tenza molte  meretrici  ; ed  affinchè  le  me- 
desime costrette  da  necessità  non  ritornas- 
sero all'  antico  modo  di  vivere  , operò  che 
fossero  racchiuse  in  una  casa  comprata  a 
posta  con  limosine  date  da  quei  Cittadini, 
dove  potessero  essere  decentemente  alimen- 
tate* Mentre  il  Padre  in  somiglianti  occu- 
pazioni si  tratteneva,  ecco  che  all’improv- 
viso fu  sospeso  il  Concilio,  onde  gli  fa 
necessario  il  partirsi  alla  volta  di  Firenze, 
costretto  a ciò  non  pure  dall’  ubbidienza 
av  utane  da  S.  Ignazio  , ma  dallo  stesso  Som- 
mo Pontefice  , a cagione  delle  molte  istan- 
ze all’ uno  e all’ altro  state  fatte  fare  dal- 
la sempre  gl.  mem.  di  Leonora  di  Toledo, 
moglie  del  Gran  Cosimo  allora  Duca  di 
Firenze,  che  per  Io  grido  , che  già  corre- 
va per  luti’  Italia  e fuori  , dell'  infocato 
spirito  della  predicazione  di  quel  Padre  , 
ardeva  di  desiderio  d’ ascoltarlo.  Giunto  a 
Firenze  F uomo  Apostolico  prese  per  suo 
alloggio  lo  Spedale  di  S.  Paolo  , umilissimo 
Ospizio  di  pellegrini  e viandanti  misera- 
bili, posto  in  via  detta  Pinti,  ogn’ altro 
piu  comodo  scansando  che  gli  era  stato 
preparato.  Il  giorno  dipoi  andossene  all’  au- 


lii- 

II: 

ila, 


è, 

(los 


I, 

I 

sita 

, Iosa 
na 
k, 

: fc 
| feri 
do 
I DÒ 

! lice 

; b 
| !l|’( 
k 


i 


!> 


ccaf 
rof  i ! 
f«t 
airi 
eoi 

501 
,sla«  : 

à \ 

-ledi- 
a 

ioli 
'.0 
adì? 

Dtofl 

f 0 


slai  *! 


Babtolommeo  Ammannati,  4S3 
clìenza  delia  Duchessa  , e le  presentò  le 
lettere  credenziali  del  S.  Fondatore»  Quel- 
la, al  vedére  che  fece  un  uomo  di  non 
molta  presenza*  mal  in  ordine  di  vestito  * 
e peggio  di  persona , a cagione  non  meno 
delle  gravi  fatiche  del  Concilio  , che  delia 
stanchezza  per  li  luoghi  viaggi  fatti  a pie» 
de,  stette  alquanto  sopra  di  se,  immaginan- 
dosi, eh"  ei  non  fosse  quegli  che  s9  aspetta- 
va , mentre  non  poteva  darsi  a credere  , 
che  un  uomo  , di  cui  sì  altamente  per 
tutto  ragionatasi , e che  da’Sommi  Pontefi- 
ci era  impiegato  in  cose  di  così  alto  affare, 
gli  comparisse  davanti  così  mal  in  arnese. 
Onde  credutolo  qualche  suo  mandato  o 
compagno,  gli  dimandò,  che  cosa  fosse  de! 
Predicatore,  e quando  fosse  per  giungere 
a Firenze.  11  Padre  con  voce  umile  rispo- 
se, che  credeva  esser  egli  quello  , del  qua- 
le e’ veniva  interrogato,  perchè  non  era  a 
sua  cognizione  ,,  che  dal  Padre  Generale 
fosse  stata  mandata  a Firenze  altra  perso- 
na per  quell’  ufficio.  Sentite  queste  paro- 
le, stupì  la  Principessa , e con  poco  dire 
diede  alcun  segno  di  rallegrarsi  con  lui  d'a- 
verle conosciuto  : ben  è vero  , che  secon- 
do quello  che  ella  medesima  dipoi  affer- 
mò , feeene  per  allora  poco  concetto  , e 
licenziatolo  ordinò  che  e"  fosse  ricevuto  , e 
ben  trattato  in  Palazzo  , ma  non  fu  modo 
ch’egli  ciò  volesse  accettare,  e rito  mosse- 
ne al  solito  Spedale  di  San  Paolo , per  qui- 
vi attendere  gli  ordini.  Partito  il  Lainez, 


45 4 Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV*. 
la  Duchessa  ebbe  a se  un  Religioso  di  Sa 
Agostino,  stato  celebre  Predicatore,  e gli  ! 
raccontò  il  seguito  , quasi  dolendosi  di  se 
stessa,  d’aver  adoperata  l’ autorità  del  Pa- 
pa per  aver  qua  un  Prete,  di  cui  la  gen- 
te diceva  si  gran  cose , che  pur  a lei  pa- 
reva un  nomo  da  uulla.  Il  Religioso,,  co- 
rre ben  pratico  di  spirito  guardava  con 
occhio  mollo  diverso  ciò,  che  alla  per  al- 
tro religiosissima  Principessa  sembrava  co- 
sì vile  ; onde  rispose  con  molta  franchez- 
za , che  fra’ Servi  di  Dio,  quegli  sono  i 
più  perfetti  , ohe  più  e meglio  sanno  na- 
scondere i proprj  talenti  alla  vista  degli 
nomini:  dovesse  ella  però  per  suo  consi- 
glio in  ogni  maniera  farlo  predicare , mo-  j 
girandole  con  esempj  della  Sacra  Scrittura, 
quanto  sia  stato  proprio  degli  uomini  Apo- 
stolici il  coprire  con  si  fatte  apparenze  gii 
interni  tesori  dell’  anime  loro.  Tanto  ba- 
stò , perchè  quella  piissima  Principessa  , 
fatto  levare  per  ogni  modo  dallo  Spedale 
il  Lainez  nel  giorno  di  S.  Gio.  Battista, 
Festa  principale  della  Città  , il  facesse  nel- 
la Chiesa  Cattedrale  di  S.  Maria  del  Fiore 
per  la  prima  volta  salire  in  pulpito.  Vi 
predicò  tutta  1’  ottava  del  Santo  con  sì 
irffupcato  spirilo  e con  dottrina  così  pro- 
iWda , che  commosse  tutta  la  Citià  , con 
non  poca  maraviglia  de’ Sovrani  , e tale 
fu  il  contento;  che  n’ebbero  i Canonici, 
che  ad  instanza  loro  fu  forza  al  Padre  di 
proseguir  la  predicazione  , contr’  il  costa- 


i'i 


l|! 


I'  ! 


BaRTOLOMMEO  ÀMlYlANNÀTI.  4^5 
me  di  quella  Cattedrale  , per  un’altr’ otta- 
va , e dipoi  ne’  giorni  festiv»  , nel  tempo 
che  in  Firenze  si  trattenne  % lo  spiegar  al- 
cun libro  della  Sacra  Scrittura.  Trattò 
ne’ ragionamenti  delia  mattina  del  Regno 
di  Dìo  , ed  il  giorno  dichiarò  1’  Epistola 
Canonica  di  S.  Giovanni  con  tal’ attenzio- 
ne degli  ascoltanti  , che  fra  un  popolo  in-* 
numerabile  che  V ascoltava  , non  era  in 
certo  modo  chi  ardisse  di  respirare  ; ed  è 
cosa  degna  di  memoria  quella , che  raccon- 
tava il  Pad.  Andrea  Frusco  della  stessa 
Compagnia  , che  vi  si  trovò  presente  , 
cioè  a dire  , che  lo  stesso  Latnez  confes- 
sava d’  aver  provata  nel  predicare  in  que- 
sta Città  una  molto  straordinaria  assistenza 
dello  spinto  Divino  5 dal  quale  sentiva  iia« 
fondersi  un’ energia,  un’abbondanza,  e 
un  modo  di  dire  sopr’ ogni  sua  espeltazione 
e desiderio.  Finite  le  Prediche  , gli  offeriro- 
no la  limosina  solita  darsi  a’  Predicatori  9 
la  quale  egli  costantemente  remigando  , vol- 
le che  fosse  data  a’ poveri , siccome  segui* 
Questi  saggi  di  sublime  virtù  gli  accreb- 
bero tanto  di  concetto  in  Firenze  , che 
beato  si  chiamava  colui  , eh’  avesse  potuto 
con  esso  trattare  le  cose  deli’  anima  sua. 
Oltre  ali’  occupazioni  delle  Prediche,  die- 
desi  egli  a confessare  , e sermoneggiare  in 
varie  Chiese,  e visitar  Mouasterj  di  Mo- 
nache , alle  quali  ogni  dì  faceva  ragiona- 
menti spirituali  , esortandole  all’  acquisto 
dì  quella  perfezione  , a cui  lo  stato  Reli- 
gioso le  obbligava.  Or  qui  è da  sapersi  ,, 


456  DEC.  I.  DELLA  PàK.  II.  DEL  SeC.  I?. 
che  quantunque  egli  in  ogni  luogo  egual- 
mente procurasse  dì  far  gran  frutto  , con- 
tuttociò  nel  Convento  della  Madonna  de- 
gli Angeli  in  Borgo  S.  Friano,  o perchè 
ne  tenesse  ordiue  particolare  dalla  Duches* 
sa  , o perchè  in  alcune  di  quelle  Madri  tro- 
vasse straordinaria  disposizione  al  Divino 
servizio  , s’  applicò  di  tutto  proposito.  lntro- 
dussevi  r uso  quotidiano  dell’  esame  della 
coscienza  , il  modo  d’  unirsi  con  Dio  per 
mezzo  deli’  orazione  mentale  , la  maggior 
frequenza  de’  Sacramenti , e la  maniera  di 
far  con  frutto  F annua  rinnovazione  del- 
lo Spirito  , co"  quali  mezzi  praticati  poi 
sempre  da  quelle  Religiose , non  è pos- 
sibile a dire  , quant’  elleno  s’  avvantag- 
giassero nelle  sode  virtù  e nel  buon  no- 
me di  tutta  la  Città  , donde  poi  avven- 
ne , che  la  Serafica  Vergine  S.  Maria 
Maddalena  de’  Pazzi  , eleggesse  fra  molti 
quel  Monasterio  per  effettuare  gli  altissimi 
desiderj  di  santità,  ch’ella  fin  dall’ infan- 
zia nutrì  nel  suo  cuore.  Mentre  egli  stava 
nel  meglio  di  questi  esercìzj  , gli  comparve 
F ubbidienza  di  partirsi  di  Firenze  , e an- 
darsene a Perugia  , dove  lo  desiderava  il 
Cardinal  Legato  , ed  il  Senato  di  quella 
Città.  Non  si  può  dire  quanto  dolesse  uni- 
versalmente tal  sua  improvvisa  partenza  , 
e particolarmente  alla  Duchessa  , per  aver 
già  acquistata  con  esso  gran  confidenza 
e famigliarità,  e trattine  per  F anima  sua 
ajuti  grandi  ; ma  quella  slessa  altissima 


ì 

! 


S; 

si 

, 

si 

Ila 

|. 

p 

il 

Si 

In 

! Ji 
ii 

1 

I !a 


c 


i 


Bartolommeo  Ammànnàti.  45 7 

ai  Provvidenza  , e quel  medesimo  altissimo 
su«  1 Spirito  , eh’  aveva  mosso  il  cuore  delia 
grande  e divota  Principessa  a desiderare  la 
j venuta  dell'  uomo  di  Dio  per  la  rinnova» 
zione  de'  buoni  costumi  ne’ nostri  Cittadini, 
e perchè  s’  accendesse  serafico  fervore  ia 
fino  quel  Monasterio  , in  cui  doveva  la  nostra 
: Santa  gettare  sì  profonde  radici  di  sua 
iella  I sublime  perfezione  , mosse  altresì  la  mede- 
per  si  ma  a desiderare  d'  aver  in  questi  Stati 
glori  la  Compagnia,  a fine  di  non  privarsi  d^un 
odi  tanto  Padre  , il  quale  credeva  poter  poi 
iel«  avervi  del  continuo  a suo  talento  ; onde 
poii  I nel  partir  eh’  e’  fece  , il  pregò  , che  coi 
m j Santo  Fondatore  di  ciò  passasse  per  lette- 
li re  in  suo  nome  efficacissimi  uffici.  Ella 
ao-  ancor  al  medesimo  ne  scrisse  , e ne  fece 
ed  scrivere  dal  Duca  suo  consorte.  Tendeva» 
no  1’  istanze  del  Lainez  a nome  della  Dm 
olii  chessa,  e quelle  del  Duca  ad  impetrar 
ini!  ; da  Ignazio  dodici  Padri  , pe’  quali  Leone» 
ani  ra  aveva  offerto  luti’ il  bisognevole  per  lo 
avi  necessario  mantenimento  ; giacché  ormai 
rvr  doveva  il  Lainez  far  ritorno  al  Concilio  , 
an-  j proponeva  egli  , che  in  suo  luogo  il  P. 

Elpidio  Ugoletti  , da  richiamarsi  per  tal 
M effetto  dal  Collegio  di  Padova  , si  man- 
mi-  dasse  a Firenze.  Avute  le  lettere  il  Santo 
subito  ordinò  al  P.  Elpidio  il  portarsi  a 
Pisa,  dove  allora  eran  quei  Principi  per 
negoziare  tal  fondazione,  il  che  subito  e- 
seguì , ed  intanto  egli  andava  instruendo 
i Padri  , che  destinava  mandare  9 a9  quali 


458  Dec.  I.  della.  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
aggiunse  il  Padre  Lodovico  Cudreto  , che 
gii  dovesse  reggere.  Intanto  F Ugoletti  da  ! ! 
Pisa  avvisò  Ignazio  , come  il  negozio  della  I 
fondazione  si  raffreddava  , a cagione  del-  ! ( 
P essersi  sentilo  a quella  Corte  il  non  po-  j J 
tei  visi  avere  il  Padre  Jacopo  Lainez,  eh’  e*  [ 
ra  stato  il  principale  intento  di  Leonora  , e ' ? 
del  Duca  ; e quando  mai  avesse  dovuto  ! 
aver  effetto  , pareva  che  piuttosto  in  Pisa,  i 
che  in  Firenze  inclinassero  quei  Principi  , j li 
che  il  Collegio  si  fondasse.  Il  Santo,  che  j a 
già  § era  del  tutto  al  suo  solito  consigliato  j i 
con  Dio  , nulla  stimò  questa  novità,  anzi  j a 
la  disprezzo  come  diabolico  artificio  , e 
messi  insieme  i dodici  soggetti  , a Firenze  < 
gl’ inviò.  Facevano  i buoni  Religiosi  il  lor  I 
viaggio  mendicando  quanto  gli  abbisogna-  i 
va  per  vivere  , e provvisti  d’  un  sol  caval- 
lo, per  riparare  a qualche  soverchia  stan- 
chezza d’  alcun  di  loro  , e per  servizio 
delle  poche  robe , che  portavano  con  se. 
Giunti  agli  alloggi,  prima  che ’l  proprio 
riposo  , cercava n luogo  per  seminar  la  Di- 
vina parola  , finche  finalmente  del  mese 
di  Novembre  del  detto  anno  i55i.  a Fi- 
renze si  condussero.  Quivi  furono  raccolti 
cella  propria  casa  di  Gio.  de’  Rosi  di  na- 
zione Germano , Medico  di  professione , e 
grand'  amico  della  Compagnia.  Era  fra  di 
loro  il  Padre  Cristofano  Lainez  fratello 
carnale  del  Padre  Jacopo,  iì  quale  insie- 
me con  un  altro  Padre  chiamato  Pietro 
Aiioo  ? dopo  brevi  giorni  se  n'  andò  a Pi* 


y 

eia . 
la  e 

;14 

?1 


utc' 

'm 

tpii 

dui 


IM 

[orti 
fai'  > 

.mi] 
iì  5 

*1 
111  1 1 

*1 

« * 

rJ 

*1 

Hi' 


Bartolommeo  Am^annàti.  4% 
sa  ; espose  a que’  Principi  le  ragioni  dei 
Santo  Padre  , per  le  quali  desiderava  pini* 
tosto  il  Collegio  in  Firenze  , che  in  Pisa  5 
e rimanendo  i!  tutto  approvato,  furono 
e^si  con  limosina  condecente  per  lo  viag- 
gio , a Firenze  rimandati  „ e presero  qui- 
vi a pigione  da  Giovanni  di  Già  tinozza» 
Ma  netti  di  nobilissima  famiglia  Fiorentina 
una  sua  casetta  nel  Fondaccio  di  S.  Spiri- 
to , popolo  di  S»  Friano.  Intanto  i Padri 
attendevano  a’  3or  soliti  esercìzi  io  ajuto 
dell’  anime  ; quando  tornati  la  Corte 
a Firenze  il  Duca  e sua  Consorte  appli- 
carono di  proposito  alla  disposizione  delle 
cose  , per  dar  loro  Chiesa  e Casa  propria» 
Onde  venuto  l’anno  r 554»  a contempla- 
zione de’  medesimi  Principi  , Prete  Loren- 
zo di  Francesco  Paoli  Canonico  di  3.  Lo- 
renzo , ed  ultimo  Rettor  Secolare  della 
soprannominata  Chiesa  di  3.  Giovannino  9 
concessela  per  uso  a*  Padri  della  Compa- 
gnia , e non  molto  dopo  lìberamente  la 
renuoziò  in  mano  deli’  Arcivescovo  di  Fi- 
renze Avevanla  già  i Padri  «fidata  per  tre 
anni,  quando  Cristofano  di  Francesco  di 
Cristofaoo  Ciampelli  in  suo  nome , e di 
Lionardo  di  Girolamo  di  Leonardo  Ciani* 
pelli,  ne’ quali  era  ridotto  il  Juspad fonato, 
avanti  1’  Ordinario  presentò  per  Piettor 
perpetuo  della  stessa  Chiesa  il  Padre  Lo- 
dovico Cudreto  Rettor  del  Collegio , e suoi 
successori,  e fece  instanza,  eh’ ella  $’  unis- 
se in  perpetuo  al  Collegio  della  Compa- 


460  Beo.  I.  DELLA  Par*  II,  DEL  SeC.  IV. 
gnia  di  Gesù  ; il  che  ebbe  suo  effetto 
mediante  il  possesso  dato  al  medesimo  a’  12. 
Giugno  i55y.  e fu  confermata  tal  presenta- 
zione e unione  con  lettera  della  Peniten- 
zieria  de’  28.  Ottobre  del  i55g,  INon  fermò 
qui  il  favore  e la  protezione  della  piissi- 
ma Duchessa  Leonora  verso  questo  Colle- 
gio ; perchè  avendogli  quella  piccola  Chie- 
setta , così  come  si  potè  il  meglio  fatta 
accomodare  agli  esercizj  della  Compagnia, 
ed  arricchitala  di  molte  insigni  Reliquie, 
continovò  per  lo  poco  tempo , che  visse 
poi,  di  somministrare  a*  Padri  una  limo- 
sina di  35.  ducati  per  ciasebedun  mese,  e 
venendo  a morte  Tanno  1 562.  lasciò  a’me- 
desimi  un’  annua  entrata  nel  Monte  Co- 
mune di  Firenze  di  200.  scudi.  Morta  la 
Duchessa  , cresceva  tuttavia  , a cagione 
delle  buone  opere,  che  a comun  benefizio 
deila  gioventù  e d’  ogni  condizion  di  per- 
sone facevano  que’  Religiosi  , T odore  di 
lor  virtù  , a misura  del  quale  crescendo 
la  devozione  e frequenza  de’ Popoli,  s’in- 
vogliarono molti  de’  più  ricchi  Cittadini  di 
dare  loro  ajuti  validi  per  accrescere  la 
Chiesa  e la  Casa  , acciocché  F una  mag- 
gior concorso  di  gente  alle  sacre  funzioni, 
e F altra  maggior  copia  di  Padri  a’  servigj 
di  quella  potesse  contenere  ; ed  eccoci  ri- 
tornati, onde  partimmo.  Fra  i più  zelanti 
promotori  dì  quest’  opera  fu  il  nostro  Bar- 
tclommeo  Amman  nati  con  Laura  Battifer- 
ra  sua  Consorte,  anzi  furono  questi  i pri- 


17, 

retiti 


falli 

S»»i 
quie. 
vis 
limi 
se,e 
m 
Co‘j 
a lai 

lODiii 

fiziff 

per 

el 

té 

v 

udì 


I 

if 

)Q!(, 

$ 

fi- 

gli 


Bàrtolommeo  Ammannati.  46i 
mi , che  incominciarono  a somministrar 
danaro  in  abbondanza  per  tale  effetto.  Il 
primo  giorno  di  Maggio  adunque  dell’an» 
no  1579.  diedesi  principio  a provvedere  il 
materiale  per  la  fabbrica  con  t reo  taci  nque 
scudi  dati  da  Laura,  e seguitossi  con  altre 
maggiori  somme , cbe  la  ni’  ella  , quanfc’  il 
marito  silo  andavano  alla  giornata  sommi- 
nistrando; e perchè  egli  dopo  aver  fatto 
piu  d’  un  disegno  di  quella  fabbrica,  s’era 
ancor  presa  la  cura  d’  assistervi  in  per- 
sona interamente  , spendeva  del  suo  pro- 
prio , e tenevane  conto  ad  un  suo  libro  , 
il  quale  col  tempo  si  è perduto  , e a noi 
è pervenuta  tal  notizia  da  quanto  abbiami 
trovato  scritto  in  conti  di  spese  d’  alcune 
Cappelle  di  quella  Chiesa  , cbe  per  quanto 
da’  medesimi  si  raccoglie  , furono  da  esso 
libro  estratti.  Per  cagion  di  tal  perdita 
non  è stato  a noi  possibile  l’ annoverare 
le  gran  somme  de’  danari  da  esso  impie- 
gati nel  rifare  interamente  ed  io  ampia 
forma  quella  Chiesa,  di  cui  parlando  Fran- 
cesco Bocchi  nel  Libro  delle  Bellezze  di 
Firenze  > eh’ egli  scrisse  del  iSqi.  vivente 
ancora  1’  Ammannati  , dice  queste  parole: 
Questa  Chiesa  coi  Disegno  , e co*  Danari 
altresì  di  Bàrtolommeo  Ammannati  raro 
Scultore  e Architetto  , e con  assidua 
industria  nobilmente  è stata  fatta  , ador- 
na, e condotta  a somma  bell  azza,  come  si 
mede.  Fin  qui  il  Bocchi,  che  cbe  se  ne  dica 
chi  ultimamente  ha  sci  ilio  , il  quale  pare 


46 a.  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
che  mostri  non  avervi  avuta  tanta  gran 
parte  1’  Amman  nati  , quanta  veramente 
disse  il  Bocchi  , che  ve  oe  avesse  ; è però 
vero  , che  o fosse  per  servizio  della  mura- 
glia delia  Chiesa  , o per  accrescimento  del 
Collegio  , o per  comprare  siti  per  dilatar* 
lo  , io  trovo  , che  quattro  Gentiluomini  sì 
presero  la  cura  di  raccoglier  lì  mossile  dal- 
la Nobiltà  ‘Fiorentina  per  fabbricare , e 
furono  Pier  Francesco  Riuuccini , Antonio 
Suares  , Giovanni  Mannelli  , ed  Hermes 
Astudi  Ilo.  Ma  da  una  lettera  scritta  al  no- 
stro Ammanitati  dal  Generale  Claudio  A- 
equa  vi  va  agii  2.  d’  \ gusto  i58i.  ( copia 
della  quale  , con  altre  sarà,  posta  in  fine 
di  questa  narrazione  ) si  vede  che  1’  Am- 
man nati  ripugnava  al  ricever  danari  dì 
limosiae  da  chi  si  fosse,  come  quegli  che 
volesse  tutto  spender  del  proprio  , onde 
fu  necessario  , che  ’l  Generala  1’  inani- 
misse a riceverne  alcune , e quasi  gli  met- 
tesse il  non  farlo  a scrupolo  di  coscienza. 
Era  in  quel  tempo  lauto  angusto  il  Col- 
legio, che  non  fu  possibile  alF  Ammannato, 
per  F effetto  di  render  quest"  opera  della 
Chiesa  del  tutto  compita , 1’  atterrare  al- 
cune abitazioni  de’  Padri  > che  sportando 
in  fuori  sulla  piazzetta  dalia  parte  dinan- 
zi ,,  coprivano  gran  parte  del  luogo  della 
facciata  ; il  perchè  gli  abbisognò  gdornare 
essa  facciata  per  poco  più  della  metà  , e 
cosi  ella  Don  più  ornata  che  fin  a quel 


I 


ente 


però 

UN*-1  ' I 
toèd  I 

ilatar- 1 1 
naif  i 
ie  dal  4 

re  , * I 1 

(toni 

fi 

ili 

io  y j 

copi}®! 

kA 

In. 

i di  r , 

A A 1 1 

onde  ■ 
iaoi'  -i 
met*  J 
eoa 
Col.  ! 
iato, 
lek  | 
e al- 
ando V 

oan-  | 
iella  i 
wre  j 

,e| 
[nel  ì 


Bartolommeo  Ammannati.  468 
segno  stettesi  fin  all’  anno  1 656,  nel  qua- 
le furono  da’  Padri  , che  da  molto  tempo 
avanti  già  s’  ciao  competentemente  allar- 
gati , rovinate  quelle  abitazioni  , dilatata 
la  piazza  , e fatti  aggiungere  gli  ornamen- 
ti di  pietre,  secondo  l’antico  modello  del 
medesimo  rendendola  finita  nei  modo  , 
che  oggi  si  vede. 

Si  raccoglie  dal  testamento  delio  stes- 
so Amman  nati , aver  egli  eretta  a titolo  di 
propria  io  essa  Chiesa  una  Cappella  sotto 
F invocazione  di  S.  Bartolommeo  che  è 
quella  appunto,  che  entrando  si  trova  a 
man  sinistra  , la  seconda  di  qua  dal  pul» 
pilo. 

Di  questo  abbiadi  trovato  scritto  nei 
soprannominati  conti  , che  importasse  la 
sola  spesa  delle  dorature  e pitture  con 
parte  degli  stucchi  , la  somma  di  scudi 
dugenio  venti  , cento  de’  quali  ebbe  Ales- 
sandro Allori  per  dipintura  della  tavola  , 
in  cui  figurò  la  storia  della  Cananea  , e 
nella  persona  d’  un  vecchio  eoo  barba 
lunga  appoggiato  ad  un  bastone,  che  si 
dice  esser  fatto  per  Y Apostolo  S.  Barto- 
lommeo , fece  il  litratto  al  naturale  del- 
V A in  man  nato  , e per  una  donna  attempa- 
ta con  velo  bianco  in  capo  ed  un  libro 
in  mano  , la  quale  resta  dietro  alla  figura 
della  Cananea,  e quivi  si  vede  in  ginoc* 
cbioni  : ritrasse  pure  al  naturale  la  molto 
virtuosa  Laura  Balliferra  moglie  del  me* 
desioso  Ammannati.  Moli’ altri  particolari 


464  Dec.  I.  DELLA  Par.  il.  del  Sec.  IV. 
potrei  porre  in  questo  luogo  appartenenti 
ad  essa  fondazione , i quali  io  tralascio 
per  fuggir  lunghezza.  Datasi  poi  col  tempo 
forma  al  Collegio , e crescendo  i Padri  \ 
in  numero  , nè  avendo  luogo  ove  far  la 
virtuosa  recreazione  del  giovedì,  il  Sere-  j 
riissimo  Granduca  Cosimo,  siccome  io  irò-  ! 
vo  in  autentico  Contratto  , concesse  loro 
a suo  proprio  beneplacito  la  Chiesa  , Beai, 
e Convento  detto  volgarmente  i Fratini 
fuori  della  porta  a S.  Gallo  , luogo  chia- 
mato Moni’  Ughi  , dove  già  risedevano  i 
Frali  Francescani  detti  A madori  , e dipoi 
i Frati  del  medesimo  Ordine  detti  delPOs- 
servanza  , del  qual  luogo  final  mente  a’  . . 

* . . del  mese  di  . . . . fu  dato  il  possesso 
a"  Padri  Cappuccini.  Contmuava  il  nostro 
Artefice  io  quest’  ultimo  tempo  a vivere 
una  vita  molto  esemplare  con  tali  senti- 
menti, e pratica  di  Cristiane  Virtù,  che 
meritò  , che  il  dottissimo  Possevino  nella 
sua  Biblioteca  scelta  (1)  parlasse  di  lui  , 
come  d*  tino  speccho  ed  esempio  di  bon- 
tà a’  professori  di  quell’  arte.  Aveva  egli 
uà  estremo  dolore  nato  in  lui  , non  già 
da  scrupolosa  malinconia,  ma  da  un  chia- 
ro lume  donatogli  dall’  Alto  eT  aver  im-  ! 
piegata  ìa  gioventù  sua  in  fare  le  molte  ! 
figure  9 che  si  veggono  di  sua  mano  di  ! 

_____  I 


(1)  Possev.  Lib.  in»  Cap . z5,  a car. 

3iB*  . 


lenii  i 
iscio  fe 
Iflpo  3 
illl’i  0 

ai  \al 

ioll'H 
ì lori 


Bartolommeo  A mmànnàti.  4^5 
Bronzo  , e marmo  soverchiamente  scoper- 
te  , anzi  dei  tutto  igmide  , ma  perchè  egli 
non  era  ormai  più  in  tempo,  nè  era  in  suo 
potere  il  far  per  modo  , che  ciò  che  fatto 
fu  , come  fatto  non  fosse  , che  è quanto 
dire  distruggere  ed  annullare  il  fatto  9 
volendo  correggere  quanto  poteva  il  me- 
glio le  proprie  mancanze  , diede  alle  stam- 
pe con  hello  stile  composta  una  lunga  e- 
■ralin  |j  pistola  scritta  a suoi  amici  e professori 
del  disegno  , tutta  piena  di  vivissimi  sen- 
timenti di  dolore  de’ suoi  passati  , e quivi 
detestati  errori  ; e non  contento  di  ciò,  a 
fine  , come  egli  diceva  ^ di  soddisfare  in 
parte  alla  divina  Giustizia  , sforzossi  al 
possibile  d’  impiegare  tutto  quel  tempo 
delia  sua  ormai  cadente  età  in  abbellire 
fivere  con  sue  fatiche  e spese  la  Casa  di  Dio  , 
ed  oltre  a quanto  abbiamo  detto  della 
Chiesa  di  S.  Giovannino  , volle  ancora 
spendere  non  poco  danaro  in  abbellimen- 
to deli’  antico  e nobilissimo  Tempio  di 
S.  Gio.  Battista  della  nostra  Città , nel 


seotw 
, eli 


li  lui, 
i boa* 


egli  quale  fece  di  stucchi  le  grandi  statue  dei 
oa già  Santi  Apostoli,  ed  altre,  che  se  gli  veggo- 
no attorno  nell’ interior  parte;  del  qual 
fatto  scrive  lo  stesso  (i)  Fossevino  nel  ci- 
tato luogo.  Desidero  adesso,  che  sappia  il 
1Q0  mio  Lettore , che  nel  distendere , eh"  io 
faceva  .queste  poche  notizie,  vedendomi 


(i)  Ibià . 

Batditu&cci  VoL  VII , 


So 


466  Dec.  I.  della  Far*  IL  del  Sec.  IV* 
portato  dall"  ordì oe  della  storia  a far  men- 
zione della  molta  pietà  di  questo  Virtuo- 
so , aveva  fra  me  stesso  pensato  per  cornuta 
benefizio  de’ Professori  di  quest’ arti  d’e- 
strarre dalla  già  nominata  lettera  alcuni 
de’  più  efficaci  dettami , con  cui  egli  loro 
persuadere  procacciò  1’  osservanza  delle 
riverende  leggi  dell’  onestà  nell’  esercizio 
dell’  arti  loro  ; e tali  sentimenti  disegnava 
frapporre  nel  mio  racconto  ; ma  poi  la 
medesima  lettera  rileggendo  , ed  ogni  par- 
ticulare  di  essa  esattamente  considerando, 
me  la  veddi  tanto  crescere  fra  mano , 
non  già  per  quello  , eh’  alla  bontà  dello 
stile  * ma  alla  saldezza  della  dottrina  , ed 
efficacia  delle  ragioni  appartiene , eh’  io 
credetti  essere  non  pure  cosa  lodevole , 
ma  dovuta  ii  non  tralasciare  così  bell’  oc- 
casione di  farla  nota  ai  nostri  Artefici , 
dandola  di  nuovo  tutt’  intera  alle  stampe, 
giacche  dopo  che  ella  comparve  alla  luce, 
eìT  ebbe  nell’ universale  tant’ approvazione, 
anzi  tanto  grido  ^ e da  tanti  Scrittori  fu 
celebrata  e citata  , che  dissipatesi  in  un 
momento  le  copie , oggi  , dopo  il  corso  di 
piu  di  cent’  anni , ella  quasi  più  non  si 
trova.  Saia  dunque  mia  cura  il  metterla 
Uri  fine  della  presente  narrazione  esatta- 
mente Copiata  da  uno  degli  antichi  esem- 
plari , che  nella  Libreria  del  Collegio  di 
S«  Giovannino  de’  Padri  della  Compagnia 
di  Gesù  , del  quale  sopra  parlammo  , si 


!?, 

m 

ino- 

urna 

le- 

'km 


delJ 
ercizio 
egna^s 
poi 
li  pai' 
rande, 
mano, 
dà 

a,  fi- 
dine 
itole, 


Bartolommeo  Ammansati.  4^7 
conserva.  1 ornando  ora  all’ istoria  » della 
quale  già  siamo  alla  fine. 

Venuto  Fauno  i58g.  del  mese  di  No- 
vembre seguì  la  morte  della  virtuosa  Lau- 
ra Baitiferra  cara  consorte  dell’  Amman» 
nato  , e restò  egli  , in  ordine  alle  disposi- 
zioni di  lei , suo  erede  usufruttuario.  Que- 
sta perdita  fu  per  lui  molto  sensibile , e 
per  la  sua  grave  età  di  78,  anni,  e per 
le  varie  infermità  sue  particularmente  del 
mal  degli  occhi , che  siccome  bene  spesso 
lo  travagliò  uelFetà  m^/iore  , cosi  in  que- 
st’ ultimo  molto  se  gli  accrebbe.  Viverse- 
ne coniuttociò  conformalo  nel  Div«no  vo- 
lere , non  lasciando  mai  d’operare  in  ser- 
vizio dì  Dio  e della  casa  di  lui,  finché 
finalmente  venne  1’  ultim*  ora  sua,  che  fu 
H oc  | del  mese  d’  Aprile  delF  anno  1692.  l’otta n« 
tefici  tesimo  secondo  della  sua  età.  Piansero  i 
lainpcij suoi  amici  la  perdita  d’un  caro  amico,  i 
a luce,  | meschini  d’  un  gran  soccorritore  ai  lor 
ziooe  ] bisogni  , i Religiosi  d’ un  efficace  promo- 
iri fi  loie  del  culto  Divino  , gli  artefici  d’ un 
10 uh  gran  Maestro,  e tutta  la  Città  di  Firenze 
jrsol  d’ un  insigne  ampìiatore , e restauratore 
ion 1 io  ciò  , eh’  al  comodo  ed  all’  utile  delle 
etlerl  fabbriche  appartiene,  mentre  (come  dob- 
esatta  | biamo  credere  ) fece  il  Cielo  acquisto  d’u» 
estDi  |na  grand’ Anima  ; al  corpo  suo  fu  data 
ffjodi  j onorevolissima  sepoltura  nella  stessa  Chie- 
di sa  di  S.  Giovannino  , tanto  da  se  amplia- 
ci ta  ed  abbellita  , davanti  alla  sua  Cappella 
dedicata  a San  Bartolommeo  , nel  luogo 


4§8  Dee.  I.  della.  Par.  lì.  del  Sec.  I?. 
appunto  , dove  ancor  era  stato  collocato  il 
cadavere  della  sua  consorte,  sopra  i quali 
in  una  gran  tavola  di  marmo  postavi  fin 
da  quei  tempi  si  legge  la  seguente  inscri- 
zione. 

D.  O.  M- 

Bartolommeo  Ammannati 
Eilsque  Uxori 
Laurae  Battiferrae 
ColLEGIDM  SoClETATIS 

Iesu 

Magnis  Eorum  Beneficiis 
Auctum  Suae  Erga 

Religiosissimo^  Comuges 
Voluntatis  Et  Grati 
ànimi  Monumentum 
Pos. 

Obierunt  Alter.  A.  Sal. 

MDLXXXXII.  AET.  LXXXII. 

Altera  Sal.  mdlxxxix. 

AET.  LXYI. 

La  sua  eredità  consistente  principal- 
mente in  una  casa  in  via  della  Stufa  di 
calore  di  due  mila  quattro  cento  scudi , 
che  fu  sua  propria  abitazione , la  quale 
egli  aveva  comperata  da  Niccolò  di  Filip- 
po Ginori , in  altre  case  in  Firenze,  ed  in 
altri  effetti  per  lo  valore  di  molte  migliaja 
di  scudi , fu  secondo  sua  ultima  volontà 
il  dì  2Q>  dello  stesso  mese  d’ Aprile  dal 
Padre  Niccolò  Fabbrini  Fiorentino  Rettore 
del  Collegio  di  S.  Giovanuino  della  Com- 
pagnia di  Gesù  accettata. 


no  il  ! 

juali  J 

nhj 
m*  1 


f Baktolommeo  Ammansati  463 
Perchè  nelle  molte  partite  contenute 
nel  libro , del  quale  sopra  si  è parlato  9 
dove  si  è data  notizia  della  fondazione 
della  Chiesa  piccola  di  S.  Giovannino  se- 
guita Tanno  id52.  si  veggono  più  minuti 
particolari  appartenenti  a essa  fondazione^ 
il  racconto  de'  quali  averebbe  reso  troppo 
prolisso  il  discorso  , ed  inoltre  veggonvisi 
alcuni  modi  di  parlare  e di  scrivere,  e 
idiotismi  di  quei  , eh’  io  penso , che  al 
Lettore  non  sieno  io  tutto  per  dispiacere* 
ho  stimato  bene  copiarne  in  questo  luogo 
alcune  poche  per  saggio  cavate  a verbo  a 
verbo , e sono  le  seguenti. 


Adì  io  di  "Luglio  18490 


ocipal  I 
afa  (I 
scudi  I 

quali  I 
i Filf  I 
, edit 

4nì 

volontà 
ile  di 
lettori 
Gom' 


A Ser  Nerlo  di  Ser  Do- 
nato per  lo  testamen- 
to che  fece  Giovanni 

di  Landò  — fior • 

A M,  Ricovero  da  S\  Mi- 
niato savio  decretali - 
sta  per  consiglio  per 
fatti  del  dì  — — fior» 
A Ser  Ghirigoro  savio 
decretalista  per  con- 
siglio per  fatti  della 
Chiesa  — — ™—  fior , 
Alla  Gabella  de ’ Con- 
tratti per  Gabella  di 


svh  XXXX9 


47®  T)m»  I*  della.  Par.  IL  del  Sec.  IV» 

una  casa  che  noi  ven- 
demmo di  quelle  del 
Testat.  adì  . . di  . . 

„ . . fior*  iiij*  sol . xv» 

A Cantino  Ri  riditeci  Ri- 
gattiere de  moli  di 
prode  della  detta  ca- 
sa 9 la  quale  noi  ri- 
comprammo concre- 
dendoci , che  gV  Al - 
hitri  della  Chiesa  da 
noi  al  Capitolo  di  S» 

Lorenzo  vi  senten- 
ziassono  suso  la  detta 
Chiesa  — — — fior » xxv»  sol . 

Alla  Gabella  de  Contrat- 
ti per  la  compra  di 
d*  Casa  — — — fior » vij,  ■— — d. 

Adi  7.  Ottobre  1349. 

A un  corriere  che  noi 
mandammo  all'  Aba- 
te di  Monte  Uliveto 
nel  Contado  di  Siena 
per  trattato  , che  a* 
vergamo  con  lui  per 
fare  la  detta  Chiesa 
a i suoi  Frati  di  quel - 
T Ordine  in  Firenze 

— — — fior , i.  — d» 

Adì  23  Ottobre . 

A M»  Ghirigoro , e Ser 
Francescano  Berti 
demmo  loro  per  iscrit- 


Bartolommeo  Ammansati® 
to , e per  patti  , che 
ricominciar o 9 e do- 
nneano acconciare  da 
noi  alle  donne  di  mon- 
te Domini  eran  per 
patto  9 che  noi  face- 
vamo con  loro9  e con 
Frati  Minori  , che  do- 
vevamo far  loro  in 
via  di  $.  Gallo  di 
fuori  la  detta  Chie- 
sa 9 e il  Convento  <vi 
si  promettea  co  i Fra- 
ti fermi  la  , demmo 
loro  fior.  io.  , den. 
poi  non  andò  innan- 
zi   — — — fior . — 

Adì  29  Ottobre 
A M esser  F Abate  di 
S.  Miniato  a Monte 
savio  decretalista  per 
consiglio  de  fatti  del- 
la detta  Chiesa  — fior . ij.  — 
A Messer  ghirigoro  9 e 
a Messer  F Abate , e 
a Ser  Francescana 
Berti , e a Messer  lo 
Priore  donammo  com 


adì  ociìi j . di  Novera* 
bre  demmo  loro  per- 
chè erano  , e furono 
fatti  albitri  per  U al* 


DeC.  I.  DELLA  Par.  II.  DEL  SeC.  IV, 
tri  assecutori  , e per 
lo  capitolo  di  S.  Lo- 
remo  a porre  nel  po- 
polo di  S,  Lorenzo 
la  detta  Chiesa  , con 
que  patti  , e condi - 
zione  , che  ai  detti 

Savi  paresse  — 

- fior . xij.  d, 

rA  Set  Niccolino  da  S. 

Miniato  Notaio  della 
Corte  di  Messer  lo 
Vescovo  , per  carte 
che  fecero  della  Cor- 
te agli  assecutori  fior . xv.  — — d> 
Ai  sopraddetti  Albitri 
per  gt  Assecutori , e 
Capitolo  di  S.  Loren- 
zo   — fior,  xxxx*  » d* 

Ai  sopraddetti  Alòidi 
vollono  anzi  che  sen* 
tenza  dessono  — fior . xxxij . — d* 
A Ser  Santi  di  Ser  Can° 
te  Notaio  f il  quale 
fece  il  compromesso 
degC  Assecutori  al  Ca- 
pitolo di  S.  Lorenzo 
per  dar  ordini  a la 
dificazione  della  Chie- 
sa di  Messer  S.  Gio- 
vanni V angelista  * e 
fece  il  Lodo , che  die - 
dono  i detti  Albi - 


Bartolommeo  Àmmànnàti. 

4^3  Dec.  IV.  della  Par.  1.  del  Sec.  IV. 
tri  , e protestagioni 

— — — fior,  iìij%  — — »—  d6 

A Ser  Lumo  di  Ser  Bari- 
duccino  Notaio  della 
Corte  di  Messer  lo  V e* 

€ODO  per  una  carta  9 
che  fece  dagV  Esecuto- 
ri alla  Corte  quando 
Mes . lo  Vicario  rimi- 
se Fazio  9 e Cambio 
rinunzi  la  d.  a ss  edizio- 
ne j — - //or.  ij\  'àt 

A Mess,  lo  Vicario , e 
alla  Corte  di  Mess . lo 
Vescovo ...... 

la  Corte  da  gì  Àsseculcrì 
per  fatti  della  Chiesa  di 
S.  Gio . V angeli sta , fior . 'ds 

Ad  Andrea  di  Feo  Mae- 
stro, e a Stefano  Mae- 
stro 5 i quali  furono  per 
le  rede  e per  gli  Asse * 
culori , a vedere  il  va- 
lore e la  stima  delle  Case 
e Podere  quando  . . . * 

» . . . segnarono . . fior,  iij»  d9 

Adì  g.  Settembre  j35o. 

A Mess,  Francesco  di'  A r- 
dingo , ed  Ardìngo  di 
Messer  Gio . de  Aledici 
pagammo  loro  contanti 
per  lo  Terreno^  e luogo 


474  I.  dilla.  Par.  II.  del  Sec.  IV* 

case  vecchie  e casolari  , 
che  comprammo  da  loro 
per  sen  tenza  de  Ili  Al- 
bi tri  da  noi  al  Capitolo 
di  San  Lorenzo  in  sul 
canto  della  via  delti 
Spadai  e t spronai , e 
dalla  via  Larga  a pri- 
mo , e a secondo  , e a 
terzo  via  , al  quarto  , . 

fiorini  seicento 

trenta  d'oro  carta  fatta 
per  mano  di  Ser  Caute 
di  Ser  Guido . Le  dette 
carte  compiute  si  ha  in 
casa  Fagno  Dolfi , e si 
ha  le  carte  delle  com- 
pere antiche  di  Mes- 
cer Francesco  , e del  di 
lui  Nipote  da  cui  com- 
pera — fior.  DCXXX.  - «é 

A Cecco  dipintore  di  d, 
per  la  carta  per  far  se- 
gnare il  detto  terreno  e 
case  come  beni  comprati 
per  li  Assecutori  del 

Testatore  — fior,  — — sol,  XXX, 

Adì  9.  Ottobre  i3òo. 

A Frate  Iacopo  Possa- 
vanti  per  far  rimurare 
il  muro  de'  Prati  di 
S.  Maria  Nocella  , il 
qual  muro  si  ruppe  quan* 


Bartolommeo  Ammainati. 
do  fu  il  trattato  de  Fra- 
ti f atti  Assecutori  di 
fare  la  detta  Chiesa , e 
sul  canto  della  porcel- 
lana ........  fior . *-*«*»*«#=*=» 

Adì  9 Ottobre  i35o. 

Alla  Gabella  de*  Contratti 
per  la  detta  compera  del 
terreno  della  Chiesa  fior . xxxL  soL  6. 
A Ser  Caute  di  Ser  Gui- 
do che  ci  desse  le  car- 
te compiute  della  com- 
pera   fior»  %'L 

Adì  s5.  Febbraio  i35o. 

A Ser  Capo  di  Ser  Credi 
Notaio  ebbe  per  prov- 
vedere , e per  acconciare 
le  scritture  del  lodo  che 
si  diede  fra  detto  An- 
drea e V erede , sicché 
egli  non  potesse  noiar 

Ile  vendite  delle  case  fior , xxx» 

Adì  14.  Maggio  »35i. 

Per  cinque  ( apponi  y e per 
vitella , che  si  mandò  a 
JMesser  lo  Vescovo 9 e a 
Ser  Franchino  quando  si 
fece  la  ](  nd azione  fior » iiijt  «**««==8=  d9 
A Messer  lo  Vescovo  di 
Firenze , e alla  sua  Cor- 
te ebbe  per  fare  la  fon - 
[ dazione  della  prima  pie- 


I 


476  DSC.  I.  DELLA.  P AR.  II.  DEL  ?EC.  IV. 
tra , portò  Ser  Fran- 
cesco   fior . xxv.  — — — d. 


Segue  la  copia  delle  lettere,  che  ideila 
narrazione  si  sono  accennate  scritte  aiFAia- 
man  nati , e sua  Moglie. 

Lettera  del  Padre  Lodovico  Corhiuelli 

Fiorentino  della  Compagnia  di  Gesù. 

Magnìfico  , e molto  mio  onorando  in  Cristo , 

1-Ja  vostra  lettera , che  alli  giorni 
passati  ricevei,  è stata  gratissima  a tutti , 
poiché  in  essa  così  ben  si  conosce  quanto 
zelo  avete  del  servizio  d'iddìo  , e salute 
deli 9 Anime  , ed  insieme  la  grande  affe- 
zione , che  portate  alla  Compagnia , del 
che  nostro  Padre  Generale  , e tutti  noi 
nitri  conosciamo  esservi  moli? obbligati , e 
non  si  manca  , nè  mancherà  di  pregare 
la  sua  Divina  liberalità  che  ve  ne  renda 
larga  rimunerazione  , come  siamo  certi 
di  ella  farà  sempre  con  voi , e con  tutti . 
Ma  essendo  stato  considerato  il  modo  , 
che  di  costà  proponevi  per  acconciare  la 
Chiesa  , e C abitazione  nello  stesso  sito  9 
che  adesso  abbiamo  senz  accrescere  il  si- 
to , a N.  P.  par  cosa  manifesta , che 
questo  non  sarebbe  a bastanza  , e che  poco 
sarebbe  il  miglioramento  , ma  non  poca 


Bàrtolommeo  Ammànnati.  477 
la  spesa  , e quello  che  si  desse  alla  Chiesa 9 
non  la  farebbe  però  capace  , e restrìgne - 
rebbe  F abitazione  , la  quale  quanto  s al- 
j zasse  , tanto  più  stretto  9 e affogato  sa - 
reblì  il  Cortile , E benché  sia  verissimo 
quello  dite  delle  molte  diffìcultà  , e poche 
speranze  , che  vi  sono  di  trovare  altro 
luogo  buono  , ed  il  poco  assegnamento  di 
limosine  per  comperarlo , ed  accomodarlo 
quando  pure  si  trovasse  , e da  altro  cari* 
to  le  grandissime  incomodità  , che  pati - 
scono  i nostri , stando  in  questo  modo  co - 
372g  stanno  , nondimeno  a ZV.  Z3»  pare  che 
sia  più  conveniente  sopportare  con  pazìen - 
« Iddio  piacerà  di  far  luo- 
go capace , e conveniente  più  tosco  9 0/20 
con  sì  piccolo  miglioramento  restasse  così 
per  sempre  con  sì  poca  comodità  di  po- 
ter far  frutto  con  i Ministri  della  Com- 
pagnia , e perchè  altro  non  si  pretende  , 
che  il  servizio  di  S.  D.  M.  abbiamo  a spera- 
re j che  quandi  a lei  piacerà  9 saprà  far 
nascere  le  occasioni , e muovere  i cuori  di 
tutti  quelli  9 de 9 quali  ella  si  vorrà  degna- 
re di  servirsene  per  istrumenti  di  sì  buon 
\ opera  , che  se  bene  ella  potrebbe  far  que- 
sto s ed  ogn  altra  cosa  per  se  stessa  9 
nondimeno  sappiamo  9 che  ordinariamente 
ella  usa  servirsi  delli  uomini  per  istromentì 
di  queste  simili  cose  non  per  bisogno , 
di  ella  ne  abbia  come  è detto  , ma  per 
'farli  meritare  più 7 e manco  secondo  la 
dignità  delF  opera  e della  carità , colla 


4^8  Dec.  I.  della.  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
quale  si  fa , e mentre  che  la  sua  sapienza 
infinita  non  concede  alle  divote  persone 
il  poter  adempir  quelle  buone  opere  9 co- 
me desidererebbe  no  t non  però  gli  toghe 
il  merito , anzi  spesse  volte  Ì accresce  , 
facendo  loro  esercitar  la  pazienza  , e la 
longanimità  , purché  eglino  stieno  sempre 
saldi  nel  buon  desiderio , e solleciti , e 
ferventi  in  aiutarlo  continuamente  colino- 
razioni  , e con  la  diligenza  , e industria , 
e mezzo  umano  , quanto  sé  può  senza  strac- 
carsi nè  perdersi  mai  d ’ animo  , ma  tener 
fermo  9 che  V Onnipotenza , e Bontà  sua 
potrà  , e vorrà  a suo  tempo  adempire  ì 
santi  desiderj  di  quelli  che  non  vogliono 
altro  , che  'l  servizio  suo.  Però , Messer  Ba - 
tolommeo  carissimo y ancorché  io  sappia  la 
molta  virtù , e carità  ^ che  è così  ben  ra- 
dicata in  voi  , ed  in  alcun  altri  , nondi- 
meno non  ho  potuto  mancar  di  ricordarvi 
tutto  questo  per  consolazione  vostra , e 
mia , e se  fusse  vero  quello  ho  inteso , 
che  Monsig.  Arcivescovo  presto  se  ne  tor- 
nasse costà  per  fermarvisi  , potrebbe  forse 
essere  che  quand ' il  Pastore  fusse  presente 
conoscesse  ancora  meglio  quel  che  fosse 
utile  al  suo  gregge , e si  movesse  a pro- 
curarlo più  caldamente , e trovare  i mez- 
zi , e superar  le  difficultà . In  tanto  si  at- 
tenderà a fare  quel  poco , che  si  potrà 
secondo  eli  il  luogo  , e /’  altre  possibilità 
ci  concederanno  , e quando  più  si  potrà 
piu  si  fard , perchè  tale  è il  desiderio  di 


Bartolommko  Ammannàti.  479 
^ nostro  P.  Generale , il  qual  adesso  , co - 
e ni  avrete  inteso  , è stato  forzato  di  pre • 
°m  tentare  il  Padre  Cristofano  per  breve 
18  \empo  per  predicare  questa  Quaresima  a 
Vicenza , il  che  a S . A,  sarà  utile  , per - 
ohe  s'  eserciterà  molto  più , e cesi  supplì- 
W rà  in  suo  cambio  per  questo  tempo  il  Pa- 
dre Pietro  Reggio  * il  quale  altre  volte  è 
stato  costì , e seconcY  ho  inteso  s sodisfece 
in  ogni  cosa  assai  bene.  Così  prego  Dìo  , 
he  adesso  sia  con  molto  frutto  , e per - 
hè  pur  troppo  lungo  sono  stato  fo  fine  , 
elidendovi  molti  saluti  in  Domino  per 
arte  di  nostro  Padre  Generale  t del  Fa - 
re  Possevino  , e dì  tutti , ed  io  quanto 
iù  posso  mi  raccomunò'  alle  vostre  divote 
luì  orazioni , le  quali  non  dubito  , che  Dio 
w p audir à a suo  tempo  , e se  pur  tardasse , 
pagherà  con  usura  , perchè  così  suol  fare 
ini  à chi  confida  fermamente  in  lui . 


Di  Roma  alli  17.  di  Gennajo  i5y6. 

V ostò  Affezionatiss . Servo  in  Cristo 
Lo  do  vico  Corbine  Ili • 


480  Déc.  I.  della.  Par,  IL  bel  Sec.  IV, 

I 

Lettera  del  Padre  Antonio  Possevino 
della  medesima  Compagnia 

Signor  mio  in  Cristo  onorando , 

IL  la  gratissima  vostra , e veggo 
i vostri  buon  desiderj , i quali  piaccia  a 
Dio  Sig.  nostro  d ’ accrescere  , e compire 
in  sua  gloria . Pare  a mio  Padre  Genera - 
ie  , che  qui  circ  alla  cosa  di  S.  Michele 
non  si  possa  far  cosa  di  momento  , se  di 
nuovo  costì  non  si  muove  dagli  amici . 
Però  S.  potrà  esser  insieme  col  Padre 
Rettore  + e veder  quali  mezzi  sarebbono 
al  presente  migliori , parendoci , che  es- 
sendo mossa  questa  cosa  da  persone  di 
costì  divote  9 la  cosa  piglierà  qualche  cam- 
mino , e conformi àgli  avvisi  9 che  di  costì 
ci  saranno  dati  ci  sforzeremo  e di  racco - 
mandare  il  negozio  a Dio  nostro  Signore , 
e di  promoverlo  al  possibile . Pigli  essa  a- 
nìmo  in  virtù  dì  chi  sa  far  di  niente  il  tutto ? 
e raccomandici  alla  divina  bontà  9 la  quale 
prego  le  accresca  le  sue  santìssime  grazie , 

Di  Roma  il  dì  4.  di  Maggio  1577. 

Della  Signoria  vostra  servo  in  Cristo 
Antonio  Possevinu 


Barto^ombieo  àmmannati»  481 

Del  Padre  Everardo  Mercuriano  IV.  Gene- 
rale della  detta  Compagnia. 

Molto  Magnìfico  Signor  mio  in  Cristo 
onorando . 


A: 


M 


1 ' vendami  il  Padre  Rettore  di  cote- 
sto nostro  Collegio  scritto  certo  nuovo 
disegno  , che  VS*  va  facendo  per  acco- 
modare il  detto  Collegio  , non  ho  potuto 
are , che  con  la  presente  non  la  ringra- 
zi quanto  posso  del  continuo  desiderio  9 
che  ha  avuto  c£  ajutarci  in  questo  nego- 
zio , e di  questa  nuova  dimostrazione  9 
che  ci  dà  della  sua  buona  volontà  , per - 
che  come  ricono  schianto  il  molto  obbligo 
che  le  dobbiamo  , così  V S . sia  sicura  , 
che  non  manchiamo  di  pregare  la  Divina 
bontà  a rimunerarla  pienamente  a V ogni 
beneficio  } che  procura  farci  ; abbiamo  fiat* 
lo  matura  considerazione  , che  sopr  il  Di « 
segno , che  detto  Padre  ci  rappresenta  9 
ancorché  ci  piaccia  assai  y nondimeno  ol- 
tre ad  altre  difficoltà , che  vi  troviamo 
in  trattarlo  adesso  , quella  ci  pare  molC im- 
portante degli  assegnamenti , co  quali  pen- 
savo metter  mano  all ’ opera , che  son  mol- 
to deboli , e quello  degli  Eoo.  scudi  del 
Padre  Corbinelli  codesto  Collegio  non  può 
godere  sino  all ’ anno  del  85.  Sicché  cre- 
diamo , che  o in  conto  alcuno  non  riusci » 
rebbe  al  presente  , o almeno  con  grandis - 
Baidinucci  VqU  V1L  ài 


4B2  Dec.  L della  Par.  I,  del  Sec.  IY. 
sima  fatica , e travaglio  di  tutti  si  potreb • 
li  ottener  quanto  fosse  bisogno  per  porlo 
in  esecuzione  , però  teniamo  per  certo  3 
che  sia  molto  meglio  d /ferirlo  ad  altro 
piu  opportuno  tempo  , qual  è da  sperare  9 
che  nostro  Signore  ci  manderà  molto  pre- 
sto , se  sarà  conforme  al  suo  Divin  K ole - 
re , che  s eseguisca , e assicurandomi  del- 
la benevolenza  di  VS.  che  aneli  essa  con- 
correrà in  questo  nostro  parere , ed  in- 
sieme che  conserve  à i buoni  desiderj  suoi 
d'  ajutarci , per  quando  ci  s*  offerirà  mi- 
glior occasione  di  potercene  valere  con 
maggior  comodità  di  tutu . lo  fa  fine , con 
desiderale  , e pregarle  da  Dio  Signor  no - 
stro  continuo  augumento  della  sua  Santìs- 
sima Grazia. 

Di  Roma  il  dì  20.  Marzo  1578. 

DÌ  VS. 

Servo  in  Iesu  Cristo 
Everardo  Mer cariano  » 


Bartolommeo  Ammànnàti.  483 
^ Bel  Padre  Claudio  Acquaviva  Quinto  Ge- 
'orlo  aerale  della  Compagnia  di  Gesù  , a Lau- 
ra  Batuferra. 

èol  >. . 


Molto  Magnifica  Sig.  in  Cristo  Osservar b 
disstma . 


) pre- 

VoìL 
ì iél 

<2  CO;  Y 

JL  l contento  che  VS.  mostrava  aver  seri» 
'/'  M 1 tito  insieme  con  M,  Bartolommeo  suo 
1 m consorte  come  lo  veggo  9 e riconosco  per 

1 coi 


?,  con 

r BOI 

intk 


frutto  della  lor  carità  , che  gli  spinge  9 
e desta  sempre  per  gloria  del  Sig  a nuo  » 
vi  e santi  desiderj  , ed  in  particolare  aU 
Vaj  uto  di  questa  minima  Compagnia  di 
Gesù , mi  fu  ancora  a me  cagione  di  mol- 
ta consolazione  nel  Sig.  e di  ringraziarne 
insieme  V S.  ed  esso  Messer  Bartolom - 
meo  „ come  fo  di  tutto  cuore . Quando  PS» 
pregava  pel  Generale  della  Compagnia  9 
che  si  doveva  creare , chiedendo  me  9 chie™ 
deva  e pregava  insieme  tacitamente , che 
fusse  data  una  perpetua  materia  alla  sua 
idDA  carità  di  pregare  per  me , e ajutare  la 
debolezza  mia  , e ora  che  il  Signore  le  ha 
fatta  la  grazia  non  si  sottragga  dall'  obbli- 
go , ma  per  amor  del  comun  Signore  mi 
ajuti  con  mold  altri  per  mezzo  delie  sue 
calde  orazioni  a portar  fedelmente  questa 
Croce  , facendo  a mio  nome  la  medesima 
domanda  a Messer  Bartolommeo  suo  , 
d quali  prego  dalla  Divina  Bontà  in  moU 


Irisli 


484  Dee.  I.  t>ELLA  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
te  consolazioni  5 ed  opere  di  giustizia  t af- 
ra dell’  eterna  corona • 

) 

Di  Roma  il  17.  Marzo  i58rP  j 
Poi  soggiunse  di  suo  proprio  pugno 

Veggo  bene  , che  ’l  peso  avanza  trop - 
po  le  forze , e mi  rendo  sicuro  che  s * el- 
la ni  avesse  più.  pienamente  conosciuto  , 
non  aver  ebbe  fatta  simile  orazione  aman- 
do la  Compagnia  nostra.  Ma  7 concetto 
chi  ella  ri  uvea  ne  fu  cagione  Desidero  | 
che  il  Signore  ni  ajuti  ad  esser  tate , che 
almeno  si  corrisponda . Intendo  che  la  buo - | 
na  Mad,  Contessa  ci  ha  lasciati  in  terra , 
ritirandosi  a migliore  stanza . Non  man- 
cheremo di  pregare  per  lei . 

Di  VS, 

Servo  in  Cristo 
Claudio  Acquaviva . 


>1 

v I 

lvl 

91  ’ j 

k ti 
0 


t 


Baktolommeo  Ammansati*  48S 

Del  medesimo  a Bartolomnieo  Ammannati» 

Molto  Magnifico  Signore  in 
Cristo  onorando . 

opo  d'  avere  scritto  a P S.  la  setti** 
mana  passata  si  è ricevuta  la  sua  de ’ 24* 
di  Giugno  con  il  disegno  , essendo  stato 
tutto  questo  tempo  in  Dogana , a noi  tan- 
to più  grato  , quanto  più  viene  desiderato  : 
V abbiamo  visto  con  molta  soddisfazione , e 
ci  pare  che  il  tutto  sia  molto  bene  inteso  e or~ 
dinato , e che  riuscirà  opera  degna  della 
fatica  sua.  Quant'  al  provvedere  che  le 
limo  sino  corrano , acciò  si  possa  ajutar 
la  fabbrica  , se  quegli  che  le  vogliono  da - 
re  sapessero  , che  senza  peccato  non  si 
possono  applicare  ad  altro  , eli  a quello 
stesso  uso  , a che  furon  date  , potrebbono 
restar  assai  sicuri , che  non  sarebbono  im~ 
piegate  in  altro  ; con  tutto  ciò  io  farò  che 
gli  Confessori  nostri  di  costì  sieno  avvisa - 
ti , che  veggano  con  buona  soddisfazione 
de'  limosinieri , di  far  che  le  limosine  , che 
vorrebbono  dare  per  alèr  uso  dì  Chiesa  no- 
stra , si  contentino  sieno  spese  in  questo- 
pera  tanto  degna.  A VS.  poi  non  dirò 
altro  intorno  a non  voler  più  ricever  li* 
mosine  per  la  fabbrica  , perchè  mi  persua- 
do eli  ella  si  farebbe  maggiore  scrupolo 
d'  esser  Cagione  d'  impedir  quel  bene , non 
ammettendo  la  limosina , che  pregiudica ~ 


486  Dec,  T.  della  Par.  II.  del  Sec.  I?. 
re  all'  anima  sua  col  riceverla , perchè  co- 
operando  alla  buon  opera  verrà  più  tosto 
a meritare  % che  farsi  danno . Intorri  alle 
storie  che  si  potrebbon  dipìgnere  in  queLli 
spazzi , piaccia  al  Signore  , che  si  spedi • 
sca  così  presto  il  restante  della  Chiesa  y 
come  queste  si  troveranno  senza  difficoltà . 
tCià  VS,  avrà  inteso  dal  Padre  Rettore 
il  caldi*  uficio  fatto  qui  da  noi  per  poter 
alzarla  Chiesa  S tur  erri  aspettando  di  in- 
tendere quella  buona  risoluzione  , che  tut- 
ti desideriamo . Con  la  morte  del  nostro 
buon  Maestro  Domenico , non  solamente 
siamo  restati  privC  detìr^juto  suo  , ma  in- 
sieme intricati  , che  non  sappiamo  ove 
metter  le  mani  per  aver  ri  un  altro , perchè 
quelli  pochi  Maestri  che  abbiamo  stanno 
ora  occupati  netta  cupola  della  Chiesa  no- 
stra qui  di  Roma  , nella  quale  non  si 
perde  tempo . Che  V Illustrissimo  Cardinale 
Farnese  desidera  vederne  quanto  più  pre- 
sto il  fine . Della  divozione , ed  affezione9 
che  PS . insieme  con  Madonna  Laura  sua 
consorte  ci  dimostrano  s terremo  grata  me- 
moria , e pregheremo  il  Signore  doni  lo- 
ro in  questa  vita  e nell ’ altra  larga  ri* 
compensa. 

Di  Roma  alti  12.  df  Agosto  i58i> 

Di  FS. 

Servò  Amorevolissimo  in  Cristo 
Claudio  Acquavitai 


Bautolomi^eo  Ammànnati  487 


Del  medesimo  all’  Ammarinato. 

Molto  magnìfico  Signore. 

t Vrò  caro  che  J^S,  resti  pienamente 
soddisfatta  in  quello  che  pretende  dal  Pa- 
dre Giulio  Mazzarrini , nè  perciò  è neces- 
sario con  esso  me  altro  compimento.  Il 
Disegno  della  facciata  del  Collegio  verso 
S.  Lorenzo  ci  è piaciuto  molto  , nè  perciò 
occorre  altro  , se  non  di  rimetterci  alla 
molta  prudenza  di  VS.  che  ben  sa  quello 
che  conviene  alla  Compagnia . Il  P>  Iìet~ 
tore  ancora  , se  avrà  alcuna  cosa  da  rap- 
presentarle , lo  farà  con  molta  confiden- 
za. Non  credo  che  V*S.  avrà  potuto  man • 
dare  il  resto  del  disegno  del  Collegio , 
poiché  ho  inteso  dipoi  che  si  è malata , il 
che  mi.  è dispiaciuto  molto  , sì  per  gli  tem- 
pi caldi  e pericolosi  , sì  anco  per  la  mol- 
ta età  sua  ; per  quel  che  tocca  a lei  ab- 
biasi cura  9 e si  serva  pure  liberamente 
del  Collegio  in  ogni  cosa  , e noi  di  qua 
la  terremo  raccomandata  al  Signore  nelle 
nostre  orazioni  , acciò  che  la  renda  sana 9 
e le  dia  quella  pienezza  di  grazia , che  io 
le  desidero . 


Di  Roma*  a 4.  et  Agosto 


488  Dec.  I.  della  Par.  IL  del  Sec.  IV. 
Soggiunse  di  proprio  pugno. 

Non  lascerò  di  dire  a PS.  con  confi- 
denza f che  quanto  a me  ( rimettendo  il 
fatto  al  suo  prudente  giudizio)  giudicherei  più 
conforme  alla  decenza  della  nostra  Religio- 
ne , che  si  togliessero  i Balaustri , e si 
moderasse  assai  quel  Gesù  , che  è troppo 
sontuoso . 

Di  VS. 

Servo  Amorevolissimo  In  Cristo . 

Claudio  Acquaviva , 


489 


LETTERA 

DI  M.  BARTOLOMMEO  AMMANSATI 

ARCHITETTO  E SCULTOR  FIORENTINO. 

AGLI  ONORATI  ACCADEMICI 
DEL  DISEGNO 
In  Firenze  nella  Stamperia  di 
Bartolommeo  Sermartellì  1582, 

r 

Onoratissimi  Accademici» 

JEssendoci  raimati  più  volte  insieme 
molti  della  nostra  Accademia  del  Disegno  9 
e avendo  avuto  fra  noi  assai  utili  e buo- 
ni ragionamenti  , massimamente  nel  tem- 
po che  io  fui  Consolo  , non  mancai  di 
pregare  (ed  alcuni  in  sino  a oggi  ne  pos* 
far  fede)  ehe  si  dovesse  fare  ogn’ope» 


4go  Dec.  I.  della  Par  II.  del  Sec.  IY. 
ra  dt  mettere  io  uso , ch'ai  meno  una  vol- 
tai d mese  (che  sarebbe  stato  il  giorno 
della  nostra  raunata  , la  quale  è U secon- 
da Domenica  di  ciascun  mese  dell’Anno) 
or  uno  , e quando  un  altro  mettesse  in 
campo  alcuna  cosa  bella  e giovevole  del- 
la sua  professione  ed  arte,  o di  Pittura  » 
o fi  Scultura  , o d’  Architettura  ; e quel 
tanto  ne  dicesse,  che  egli  sentisse.  Essen- 
do che  in  ciascuna  di  queste  tre  Arti 
sono  molti  particolari , sopra  i quali  si 
può  ragionare  e discorere  ampiamente, 
ancorché  delle  due  prime  Pittura  e Scul- 
tura tutti  si  abbiano  a ridurre  a questo  fin 
solo , che  elle  dilettino  e piacciano  : e 
E architettura  abbia  bellezza  e comodità. 
Se  il  Pittore  adunque  avesse  parlato  del 
colorire,  arebbe  scoperto  mille  belle  e va- 
ghe discrezioni , anzi  pur  tante  che  appe- 
na F età  d’un  uomo  basta  per  apprenderle 
in  parte  , laonde  un  giovane  veniva  con 
molta  agevolezza  , ed  in  picciolo  spazio 
di  tempo  ad  imparare  e comprendere 
assai  , e poteva  a buon’  ora  acquistar  o- 
nore  e fama.  Similmente  se  un  altro 
avesse  trattato  , e discorso  dintorno  alla 
composizione  delle  Storie  , veggasi  di 
grazia  , che  utilità  si  faceva  a’  giovani , 
per  esser  questa  una  di  quelle  parti  di 
tanta  importanza  , che  rare  volte  se  ne 
veggono  ben  composte  , e nelle  quali  noa 
si  scorgono  assai  capi,  ed  altre  membra, 
che  non  si  ritrovano  se  non  fitte  f una 


I 


Bartolommeo  Ammannàti.  49® 
figura  coli’ altra  , e mal  accozzate,  e di- 
visato fra  loro.  Chi  si  fusse  a oche  posto 
a ragionare  quanto  sia  utile  la  prospetti- 
va , ed  il  sapersene  con  grazia  servire  , e 
non  come  alcuni  hanno  fatto  , dando  non 
poca  disgrazia  e sconvenevolezza  alle  lor8 
figure  , grande  per  certo  sarebbe  stato  il 
frutto,  che  se  ne  poteva  ritrarre,  ed  ol- 
tre ciò  sapete  tutti  , eccellenti  Accade- 
mici, quant’ io  pregassi,  che  delle  pro- 
porzioni , distribuzioni  , discrezioni  e 
comodità  dell9 Architettura , si  ragionasse 
e discoresse , le  quali  cose  apportano  va- 
ghezza e comodità  , ed  alle  quali  il  tem- 
po non  basta  per  arrivare  a qualche  per- 
t j fez  io  ne  Agli  Scultori  poi  , quanti  buo- 
ni consigli  e giovevoli  documenti  si  po- 
teva egli  porgere  ? E prima  per  dar  gra- 
zia ad  una  statua  di  marmo  , quant’  arte 
e giudizio  ci  voglia , acciò  che  i grandi 
e fini  marmi  , che  con  gran  fatica  , tem- 
po , e spesa  non  picchila  si  son  cavati  , e 
condotti  , per  poca  pratica  e mancamen- 
to d’  arte  non  si  guastino  f e non  si  stor- 
pino. Ed  appresso  come  si  debba  svolge- 
re dolcemente  una  figura , acciò  che  boa 
paja  di  molti  pezzi , e mal  divisata  , Co- 
me pur  troppo  spesso  addiviene  a chi 
non  è da  qualche  maestro  fedelmente  av- 
vertito e corretto.  Il  che  sapere  molto 
giova  a’ giovani  5 perciò  che  noa  basta  il 
vedere  le  ben  fatte  e belle  figure , ma 
$9nyiensi  anche  saper  ben  l’arte,  e per- 


4qZ  DEC.  I.  DELLA  Par.  II.  DEL  SEC,  IV. 
che  elle  così  son  fatte  , imperocché  se 
ciò  bastasse,  il  Moìsè  bellissimo  di  Mi- 
chel Agnolo  Buonarruoti  , con  1’  altre 
sue  figure  , ed  in  Fiorenza  la  Sagrestia  di 
S.  Lorenzo,  potrebbono  insegnare  * a tutti 
senz’  altro.  Ben  è vero  , che  con  mol- 
ta lunghezza  di  tempo  farebbono  in  vgni 
modo  : ma  F intendimento  mio  era  di 
scorciarlo  e f rio  più  breve , che  fusse 
stato  possibile  essendo  sì  caro  coni’ è,  pe- 
rò che  fra  i’  imparare  , ed  aver  comodità 
d’operare  , F uop  divien  vecchio  , e 
con  le  forze  gli  manca  il  lume  degli  oc- 
chi , e tal  ora  anche  quello  della  men- 
te, Questa  usanza  dunque  del  leggere , 
e discorrere  sopra  gli  avvertimenti  delti 
ed  altri  piu  assai , che  dir  si  potrebbono 
con  grand’  utile  e profitto  de’  giovani  , 
non  essendo  per  ancora  introdotta,  quello 
che  ne  sia  stato  cagione , non  so.  Quel 
tanto  adunque  , eh’  io  allora  con  viva 
voce  avrei  desiderato  di  dire  sopra  un 
particolare  solo  per  iscarico  della  mia 
coscienza  , adesso  a tutti  quelli  il  dirò  , 
i quali  questa  mia  lettera  si  degneranno 
di  leggere;  ed  è questo,  che  sieno  avvertiti, 
e si  guardino  per  F amor  di  Dìo  e per 
quanto  hanno  cara  la  ìor  salute,  di  non 
incorrere  , e cader  nell’errore  e difetto, 
nel  quale  io  nei  mio  operare  son  incorso 
e caduto  facendo  molte  mie  figure  del  tut- 
to ignudo  e scoperte  , per  aver  seguitato 
m ciò  più  Fuso,  anzi  abuso,  che  la  ra* 


i 


BÀRTOLOMMEO  AMMANNÀTI®  4g3 

gione  di  coloro  , i quali  innanzi  a me  m 
tal  modo  hanno  fatto  le  loro,  e non  han- 
no considerato  , che  molto  maggiore  onore 
è dimostrarsi  onesto  e costumato  uomo , 
che  vano  e lascivo  , ancorché  bene  ed 
eccellentemente  operando.  Il  quale  mio  in 
vero  non  piccolo  errore  e difetto , non 
potendolo  in  altra  guisa  ammendare,  e 
correggere  , essendo  che  è impossibile  di 
stornare  le  mie  figure,  o vero  dire  a chi- 
unque le  vede  o vedrà,  ch’io  mi  dolgo 
d’  averle  così  fatte;  lo  voglio  pubblicamen- 
te scrivere , confessare  , e far  giusta  mia 
possa  , noto  ad  ognuno  quant’  io  facessi 
male , e quanto  io  me  ne  dolga  , e me 
ne  penta,  e a questo  fine  eziandio,  che 
gli  altri  sieno  avvertiti  di  non  incorrere 
in  colai  dannoso  vizio  Perocché  prima 
che  offender  la  vita  Politica  e maggior- 
mente Dio  benedetto,  con  dar  cattivo  esem- 
pio ad  alcuna  persona  , si  dovrebbe  de- 
siderar la  morte  e del  corpo , e della  fa- 
ma insieme.  11  far  dunque  statue  ignude. 
Satiri , Fauni  e cose  simili , scoprendo  quelle 
parti,  che  si  deono  ricoprire,  e che  veder  non 
si  possono,  se  non  con  vergogna  ; e che  ra- 
gione ed  arte  ricoprir  c’  insegna,  è gran- 
dissimo e gravissimo  errore.  Perciò  che , 
quando  mai  altro  male  ed  altro  danno 
non  ne  avvenisse  , questo  certo  n’  avvie- 
ne , che  altri  comprende  pure  il  disone- 
sto animo  e l’ingorda  voglia  di  dilettare 
dell’  operante®  Da  che  nasce  poi , che  tali 


! 


4g4  Bec.  I.  ©élla  Par*  II.  del  8ec.  TY* 
opere  suo  testimoni  centra  la  vita  di  chi 
le  ha  fai  te.  Confesso  adunque  (quanto  a 
me  appartiene  ) di  avete  in  ciò  molto 
offeso  la  grandissima  Maestà  di  Dio,  quan-  i 
tuuque  io  non  m*  movessi  già  a così  fare 
per  offenderla.  Ma  per  questo  non  mi 
scuso  n poscia  che  cattivo  effetto  veggio 
pur  che  ne  riesce  , senza  eh’  io  so  , che 
V ignoranza  di  ciò,  V uso  , ed  altre  cose 
non  mi  scusano  in  parte  alcuna.  Perciò 
che  1’  uomo  ha  da  sapere  quello  che  fa, 
e che  effetto  alla  fine  possa  , o debba 
nascere  da  questo  suo  fare  , ed  operare* 
Però  , Fratelli  Accademici  miei  carissimi , 
siavi  grato  questo  avvertimento  , oh’  io 
con  tutto  1’  affetto  dell’ animo  mio  vi  por- 
go di  non  far  mai  opera  vostra  in  alcun 
luogo  disonesta  o lasciva , parlo  figure 
ignuda  del  tutto  nè  cosa  altra , che  pos- 
sa muovere  uomo  o donna,  di  che  età 
si  voglia,  a cattivi  pensieri,  essendo  che 
pur  troppo  questa  nostra  corrotta  natura 
sia  pronta  per  se  stessa  a!  movimento, 
senza  eh’  altr  i l’ inviti  ; ond’  io  consiglio 
tutti  , che  ve  ne  guardiate  con  ogni  stu- 
dio , a fine  che  non  abbiate  nella  pru- 
dente e matura  vostra  età,  siccome  ora 
fo  io,  a vergognarvi,  e dolervi  d'aver 
ciò  fatto:  e maggiormente  d’aver  offeso 
Dio  , non  sapendo  certamente  ninno  se 
arà  tempo  di  chiederne  perdono  , uè  se 
ci  converrà  reoder  conto  eternamente  del 
mal  esempio  dato  , il  quale  vive  e vive- 


a 


e j 

,10  1 
he  ! 
iSt  'ij 
:ii  fi 
fa,  | 

h 1 

Hi 

I, 

IO 

p.  j 

n 
re 
is- 
ti 
se 
ra 

>, 
io 

i- 
j- 

n 

jf  ; 


!i 


>0  | 

e 

J f 


Bartolommeo  Ammanitati»  495 
rà  puf  troppo  ad  onta  e scherno  nostro 
lungo  tempo,  e il  quale  con  tanta  solle* 
ci  indine  e con  tante  vigilie  s*  è cercato 
che  viva  E so  bene,  che  molti  di  Voi 
sanno  , che  non  è minor  diffìcuJtà  , uè 
minor  arte  punto , il  saper  fare  un  bel 
panno  dintorno  ad  una  statua  che  con 
grazia  sia  accomodato  e posto , che  si 
sia  farla  tutta  ignuda  e scoperta  : e che 
sia  ciò  vero,  l’esempio  de*  valent’  uomini 
e saputi  dell’  arte  ve  lo  dimostra.  Quante 
lodi  , quanti  favori  ha  riportato  Messer 
Jacopo  Sacsovino  del  suo  Santo  Jacopo 
tutto  vestito  fuor  che  mezzo  le  braccia? 
tanti  , che  io  non  so  se  forse  altri  ne  ab- 
bia mai  tanto  delle  sue  nude  riportato. 
11  Moisè  di  S.  Pietro  in  vmcula  di  Ruma, 
non  è egli  lodato  per  la  più  bella  figura, 
eh’  abbia  fatto  Miehelaguolo  Buonarruoti  ? 
e pure  è vestita  del  tutto.  Però  vano  , e 
sempre  errante  pensiero  degli  uomini , e 
massimamente  de’ giovani,  che  per  lo  più 
si  dilettano  di  far  cose  , che  solo  possano 
allettare  il  senso,  e ad  altro  non  si  studia , 
che  impudicamente  piacere.  Il  qual  mal- 
vagio pensiero  , se  non  si  cerca  di  sverre 
e di  sbarbare  da’  cuori  , prima  eh'  altri 
s’invecchi,  troppo  cattivi  ed  amari  frutti 
n’  arreca  e produce  : ed  or  crediamo  noi, 
che  quegli  antichi  e moderni  Scrittori  , 
i qu  li  con  tante  continue  fatiche  di  gior- 
no e di  notte  si  sono  studiati  in  compor- 
re prose , rime , e versi  altissimi  e leg* 


Dec.  I.  della.  Pa.r.  IL  del  Sec.  IV« 
giadrissimi , nondimeno  osceni , e disone- 
sti , si  eh’  hanno  guasto  e corrotto  ormai 
tutto  il  Mondo,  se  potessero  di  nuovo  ri- 
tornare in  vita  , che  volentieri  non  le 
stracciassero , e non  gli  ardessero  tutti , 
e non  odiassero , e non  fuggissero  la  tan- 
ta amata  e cercata  fama  mortale?  Miseri 
loro  , che  bene  ( ma  forse  tardi  ) s*  av- 
wggono  , quant'  ogni  cosa  sia  vanitade 
espressa , e che  tutte  le  lodi  e gli  onori, 
che  può  dare  il  Mondo  , niuno  conforto  , 
nè  àjuto  porgono  all’ anime  loro  già  mai, 
massimamente  di  quelle  opere  , di  cui 
parlo  , le  quali  di  tanti  mali  esempi  son 
piene.  Or  se  diesiamo,  e crediamo  que- 
sto degli  scritti  profani  ; che  dire  e cre- 
dere dobbiamo  delle  statue  e deile  figu- 
re, che  in  una  occhiata  sola  possono  muo- 
vere ogn’  animo , ancorché  temperato  e 
ben  composto  , a disordinato  e sconcio 
pensiero , e sono  poste  ne’  luoghi  pubbli- 
chi, e da  ogni  gente  e vedute  * e consi- 
derate , il  che  tanto  non  avviene  de' libri 
e degli  scritti , i quali  da  tutti  letti  esser 
non  possono.  Per  lo  che  dire  potremo  , 
che  non  solo  ne’  Tempj , nelle  Chiese  Sa- 
cre non  si  debbano  porre  tali  incitamenti 
malvagi , dove  non  si  dee  , se  non  cose 
oneste  e sante  vedere  o dipinte  , o 
scolpite;  ma  nè  anche  iu  luogo  alcuno 
privato,  ed  eziandio  profano,  poscia  che 
in  tutti  i luoghi  ed  in  ogni  tempo,  come 


BàRTOLOMMEO  A MM  ANN  ATT,  4 97 

dì  sopra  d s scarno  obbligati  a dimostrar» 
ci  a tutti  gli  uomini , onesti  e casti  5 ar- 
matori e conservatori  de’  buoni  costumi  9 
| e non  d estrattori  ed  odiatori  di  essi, 
Nè  si  vadìa  di  grazia  ninno  escusando 
con  dire  : quel  Signore  , quel  Principe 
volle , e mi  comandò , che  io  così  far 
dovessi  , nè  io  poteva  o doveva  disdirgli  ; 
perchè  s’ egli  sarà  eccellente  maestro  in 
ciò  9 saprà  benissimo  col  giudizio  e col- 
P arte  sua  far  cosa , cbe  insieme  porgerà 
diletto  e vaghezza,  senza  mostrar  di  fuo- 
ri qual  è di  drente  il  cuor  suo  sozzo,  e 
carnale,  E pur  sappiamo  che  il  più  de- 
gli uomini , che  ci  fa  operare , non  dà 
invenzione  alcuna  , ma  si  rimette  al  no- 
stro giudizio,  dicendone  : qui  vorrei  un 
giardino,  una  fonte,  un  vivajo , e simili; 
e quando  pure  si  trovassero  tali,  che  cose 
disoneste  e laide  ci  comandassero  , non 
dobbiamo  obbedirli , e siamo  tenuti  ad 
aver  più  riguardo  di  non  nuocere  alPa- 
nima  nostra  , che  venir  secondando  il 
piacere  altrui  f e piu  guardarci  dall’ offen- 
dere la  Divina  Maestà,  con  dar  cattivo 
esempio  a gli  uomini  5 contra  la  sua  San- 
tissima Volontà , che  operare  in  prò  di 
qualsivoglia  persona.  Ed  in  questo  propo- 
sito ( a mia  confusione  ) non  voglio  tace- 
re , che  mai  nessuno  padrone  e Signore 
che  io  servissi , non  mi  disse , che  in  tali 
figure , nè  in  colai  modo  fatte  io  far  do- 
vessi , ma  la  cattiva  usanza  , e più  la  mia 
Baldinucci  Voi . V LI,  3z 


498  Dec.  I.  belli  Far.  IL  del  Seg.  IV. 
vana  mente  in  tale  e cosi  fatto  errore 
ni’ hanno  fatto  cadere.  Ora  adunque  che 
alla  bontà  di  Dio  è piaciuto  aprirmi  pur 
un  poco  gli  occhi  dell’  intelletto , che  fal- 
lace piacer  d’  aggradir  troppo  alla  più 
gente  m’  aveva  tenuti  serrati  e chiusi  , 
conosco  apertamente  d’aver  errato  gran- 
demente, e ciò  è la  cagione,  che  io  mi 
son  così  mosso  a pregar  voi  tutti , che  ve 
ne  guardiate  almen  più  per  tempo,  di 
quel  eh’  ho  saputo  far  io.  E soggiungerò 
ancora,  con  buona  grazia  vostra,  a mag- 
gior testimonianza  di  quanto  vi  bo  pur 
testé  detto  y quello  che  m’ è occorso  in 
questi  ultimi  anni  dì  mia  vecchiaia.  Futn- 
mi  imposto  dalla  Santità  di  N.  S.  Papa 
Gregorio  XIII.  eh’  io  dovessi  fare  una  se- 
poltura tutta  di  marmi , per  un  suo  Cu- 
gino in  Campo  Santo  di  Pisa  , il  quale 
per  essere  stato  eccellentissimo  Legista , 
mi  parve  di  fare  una  Giustizia  ; e perchè 
le  buone  leggi  partoriscono  la  Pace  , feci 
anco  la  statua  di  lei;  e perchè  dove  di- 
mora la  Giustizia  e la  Pace  , v’  è nel 
mezzo  il  Signore  Salvator  nostro  , però  ; 
posi  nel  mezzo  la  figura  di  Gesù’  Cristo, 
che  mostra  le  Santissime  e salutari  sue 
Piaghe.  Della  qual  sepoltura  ne  trassi  più 
onore  e giovamento  , che  di  altre  statue 
ch’io  abbia  fatto  giammai;  perciò  che  : 
avendone  buona  relazione  il  Beatissimo 
Pontefice,  mi  fece  donativo  di  molta  som- 
ma di  danari  oltre  ad  ogni  buono  e lar-  | 


Bartolommeo  Ammannàtx.  499 
! go  pagamento.  E se  bene  io  feci  il  Colos- 
so che  è in  Padova,  e ’l  Gigante,  col  re» 
sto  della  Fonte  che  è in  su  la  Piazza  di 
Firenze  con  tanti  ignudi  , manco  onore 
assai  ne  ritrassi  e quel  eh’  è peggio  , me 
ne  trovo  la  coscienza  fuor  di  modo  gra- 
vaia  , come  dirittamente  mi  si  conviene  ; 
onde  del  continuo  acerbissimo  dolore  e 
pentimento  ne  sento  ali’  animo.  Prendete 
adunque  amorevolmente  questi  miei  ri* 
cordi  e consigli  come  da  Padre,  che  ne- 
gli anni  essere  vi  posso,  e dal  più  mini- 
mo, che  in  valore  di  tutti  mi  reputo  } e 
tengo.  Discorrete  con  prudenza  l’operar 
mostro,  ed  in  ispezialità  nelle  Chiese  (co» 
me  già  dissi)  ancor  ch’io  spero,  che  sot- 
to sì  prudente  Pontefice  qual  noi  siamo 
tal  abuso  vizioso  si  torrà  via  del  tutto  ; 
raffrenando  il  lic^naioso  modo  di  fare  de- 
gli Scultori  e Pittori , e che  non  si  por- 
j cosa  alcuna  io  luogo  sacro,  senz’ esser 
bene  esaminala  e veduta  prima  da  per- 
sone di  buona  vita  e d’  ottimo  giudìzio  ; 
e facendo  qui  fine  a questo  mio  ragiona- 
mento , pregherò  il  Signor  Dio,  che  vi 
conservi  sempre  nella  santissima  grazia 
sua  , e vi  feliciti  in  tutte  V opere  vostre  , 
sovvenendomi  d’  una  parola  , che  già  mi 
disse  Michelagnolo  Buonarruoti  , ed  è 
che  i buoni  Cristiani  sempre  facevano  le 
buone  , e belle  figure. 

Di  Firenze  il  di  22.  A Agosto  i582. 

Bartolommeo  Ammarinali. 


il 


' ' 


’ 


rir.asztiì  :,:ì 

. 


■ 

j.  ' . "V  • 'li'  •••*  ;•.  ■• 

9 

% 


f 


DESCRIZIONE  DEL  MODELLO 

DEL  PALAZZO  DE’  PITTI 

Fatto  da  Paolo  Falconieri  Nobile  Fioreo^ 
tino,  Primo  Gentiluomo  della  Camera 
del  Sereniss.  Granduca  di  Toscana 

COSIMO  Ili 


Il  Palazzo  del  Serenissimo  Granduca  ai 
Pitti  , che  volgarmente  il  Palazzo  de’  Pitti 
s’appella*  cor. tuttoché  possa  nominarsi  per 
uno  de'  più  maestosi  e nobili  edifizj  che 
si  veggano  in  tutta  Italia  e fuori , non 
tanto  per  quella  parte  d’  antica  struttura 
fatta  a seconda  del  ^modello  del  celebre 
Brunellesco  9 quanto  per  lo  Cortile  mura- 


5oS  Dec.  I.  della  Pah.  II.  del  Sec.  TY, 
voglioso  , che  vi  adornò  con  proprio  dise- 
gno il  nostro  .Amman nati  , e per  le  bellis- 
sime aggiunte  statevi  buie  dipoi  colla  scor- 
ta d’  al  tri  celebri  Archi  tetti  ; conta!  tociò 
è oggi  ancor  esso  a quello  stato  pervenu- 
to in  cui  il  poco  durevole  affetto,  e la 
sempre  mutabile  volontà  e gusto  degli  uo- 
mini hanno  per  uso  di  ridurre  col  tem- 
po tutte  le  cose , che  a proprio  como- 
do o diletto  seppe  mai  1’  umano  ingegno 
investigare.  Voglio  dire  , che  coll’  inoltrar- 
si dell’età  sonosi  eziandio  in  ciò  , che  al- 
le abitazioni  appartiene,  mutate  le  costu- 
manze , le  quali  tirando  a se  stesse  varie 
necessitadi , hanno  fatto  per  modo  # che 
quello,  che  già  ed  al  comodo,  ed  all’u- 
tile , ed  anche  all’  ammirazione  potè 
servire , oggi  col  ritener  che  fa  tutto  T 
suo  hello  antico  non  per  questo  soddis- 
faccia così  bene  all’  altre  parti  , che  non 
abbia  bisogno  di  qualche  accrescimento 
e mutazione. 

Tutto  avendo  ben  conosciuto  il  no- 
bilissimo e virtuosissimo  Paolo  Falconieri  j 
primo  Gentiluomo  della  Camera  del  Se- 
renis.  Granduca  Cosimo  III.  esperto  non 
pure  in  tutto  ciò  che  a disegno  appartie- 
ne, ma  eziandio  nell’ architettoniche  disci» 
piine  , e molto  piu  riflettendo  all’  alta  ge- 
nerosità e magnificenza  di  tanto  Princi- 
pe , si  pose  non  ha  molto  per  suo  virtuo- 
so trattenimento  a formare  un  grande  e 
bellissimo  modello  àello  stesso  Palazzo  dei  ! 


Bartolommeo  Ammannati.  5o3 
Fitti  , accrescendo  , e mutando  in  esso  tuE 
to  ciò  , die  per  ridurlo  ( anche  in  consi- 
derazione de’ presenti  tempi)  è piu  vago 
e più  maestoso  e più  comodo  , e che  se- 
condo le  proprie  idee  , pensò  potersi  ac- 
crescere o mutare  ; ed  avendo  tale  sua 
faticosissima  operazione  fatta  vedere  la 
state  passata  del  1681.  ad  esso  Serenissimo, 
con  rappresentare  all’Altezza  Sua  il  modo, 
come  senza  guastare  del  fatto  nulla  più 
di  quello  , che  alcuna  dura  necessità  ri- 
chiegga  , e con  quanto  risparmio  possa 
mettersi  ad  esecuzione,  fu  da  S,  A»  comari- 
I dato  , che  al  modello  fosse  costituito  de» 
gno  luogo  nello  stesso  Palazzo:  ond’ è che 
il  poterlo  comodamente  vedere  non  è co» 
j sì  facile  ad  ognuno.  Questo  modello  però 
mi  pongo  ora  io  a descrivere:  ma  prima 
voglio  che  sappia  il  mio  Lettore,  che  io 
non  ebbi  mai  dubbio  alcuno , che  una 
colai  descrizione,  a chi  non  vedde,  e non 
fu  pratico  de!  Palazzo  , e non  ebbe  sotto 
Focchio  lo  stesso  modello , poco  o niun 
ajuto  porger  dovesse  per  formare  oggi  e 
deli’  uno  e dell’altro  un  chiaro  e bea 
adequato  concetto  ; conciossiacosaché  a gran 
pena  si  potesse  satisfare  al  bisogno  con 
esporre  alle  pupille  le  piante  , i profili  5 
le  alzate  , ì disegni  spaccati,  ed  in  somma 
le  parti  tanto  esteriori  che  interiori  , e 
queste  di  più  accompagnando  con  prolisse 

Ì annotazioni  e dichiarazioni  : ma  non  per- 
ciò volli  desistere  dall5  incaricare  la  mia 

■Kf  / fw 


i>©4  Beo.  I.  BELLA  Pkn.  II.  DEL  SEC.  IV. 
penna  di  tal  fatica  , faUo  in  *ò  avvedu- 
to  da  quel  poco,  che  nel  diletto,  ch’io 
mai  sempre  mi  presi  di  veder  cose  appar- 
tenenti a quest’  arti  , mi  diede  alle  mani  ; 
ond’  io  potei  per  esperienza  trarre  que- 
st* indubitato  fondamento  di  verità  : che 
ove  di  fabbriche  per  abitazione  si  tratta  , 
anche  gli  stessi  modelli , tutto  che  accu- 
ratissimi , tutto  che  in  ogni  lor  parte  ter- 
minati e puliti  , non  giungono  mai  ( per 
dir  così  ) a parlar  tanto  da  se  stessi , che 
senza  alcuna  spiegazione  in  iscritto  delle 
varie  e precise  intenzioni  d eli’  Archi  tetto, 
basti  a chi  deve  eseguire  per  compitamen- 
te metter  in  opera.  Amzi  io  vidi  occorrere 
talvolta,  che  col  mutarsi  dell’ etadi  , mu- 
tandosi eziandio  i pareri,  1*  inclinazioni  9 
e gli  affetti  9 tutto  ciò  che  dall’  antico  ar- 
tefice con  piena  cognizione  di  causa  fu 
giudicato  oltre  ogni  credere  necessario  in 
tutto  e per  tutto  ; a chi  bene  non  intese 
i suoi  fini  , superliuo  , ed  impertinen- 
te apparisse.  Mirabili  senza  fallo  sono  i 
modelli  di  macchine , di  ponti , e d' al- 
tre architettoniche  operazioni  , che  fra 
i moltissimi  che  divorò  il  tempo  , soa 
rimasi  nelle  stanze  degli  Operai  di  S. 
Maria  del  Fiore  Cattedrale  di  Firen- 
ze, lasciati  dal  gran  Briiaeliesco  per  ser- 
vizio già  della  maravigliosa  fàbbrica  della 
Cupola , e pure  ( non  dico  per  testimo- 
nianza dell’occhio  mio , e del  mio  poco 


I I 

-dii1 1| 

l’io 

>ar. 

■ j 

è» 

Ita, 
eco-  l 
ter- 1 

i»r 

elei 

eliti 

-E 

iea'J 

m .ji 
tu  1 
li 
ar 
fi 
it 
ese 
!» 

al 

b 


3' 
f' 

I i, 


Bartolommeo  Àmmannati.  Eo5 
intendere  ) ma  per  attestato  dì  grand’  uo- 
mini , o sia  perchè  manchi  loro  qualche 
minima  particella , o pure  per  non  esserci 
restata  notizia  deli’  intenzione  di  quel  gran- 
di uomo , non  s’  ha  memoria  , che  alcuno 
gli  ufficj  di  tali  instrumenti  abbia  giam- 
mai saputo  investigare  ; sì  che  oggi  altro 
non  resta  a chi  gli  considera,  se  non  d’am- 
mirare il  loro  stupendo  artificio , la  va- 
rietà , la  multi  pi icità  delle  membra  opera- 
trici , T esattezza  e diligenza  del  lavorio  , 
senza  però  nè  poco  nè  punto  penetrare 
l’azione  o ’l  fine,  a cui  essi  furono  da 
quel  sublimissimo  ingegno  destinati.  Ma 
a che  ragionare  di  modelli?  mentre  abbia- 
mo in  questi  ultimi  secoli  veduto  che  le 
materie  stesse  condotte  , e poco  meno  che 
poste  a’  luoghi  loro  , hanno  sortita  la 
medesima  infelicità  di  non  lasciarsi  cono- 
scere in  modo  che  al  buono  esecutore  pos- 
sa bastare  per  situarle  a’  loro  posti  negli 
ordinati  edìhcj. 

Ciò  chiaramente  apparisce , quando 
non  mai  da  altro,  dalia  tanto  rinomata 
Scala  de)  Buotiarructo  , architettata  per 
lo  vestibolo  della  Libreria  di  S.  Lorenzo  , 
le  cui  parti  alla  sua  partenza  di  qua  era- 
no state  bei,  lavorate  e condotte;  e pure 
non  potè  1’  accuratezza  del  Vasari  ( che 
n’ebbe  1’  incoio  Lenza  ) situarle  a’  luoghi 
loro  , onde  facesse  ricorso  per  lettera  al 
grand’  Artefice  , e ciò  non  ostante  e uni- 


So5  Dec.  I.  della  Par.  il  del  Sec.  IV. 
versale  opinione  degl’  intendenti  , eh’  egli 
non  così  appunto  ne  seguitasse  la  prima 
bellissima  idea,  anzi  non  poco  se  ne  te- 
nesse lontano  ; e ciò  fa  credere  la  lettera 
stessa  responsiva  dì  Michelagnolo  in  data 
de’ 28,  Settembre  i555.  nella  quale,  o per- 
chè si  trovasse  oppresso  dal  peso  dell’  ul- 
tima vecchiaia  o perchè  poco  si  curasse, 
che  tal  opera  fosse  effettuata  per  altre  ma- 
ni , dopo  aver  più  cose  scritte  oscurate  , 
anzi  che  no,  seguita  a dire:  E detta  par « 
te  dì  Scala  aovata  abbia  come  due  ale , 
una  dì  qua  e una  di  là  che  vi  seguitino 
i medesimi  gradi  , e non  aovati.  Fin  qui 
ìa  lettera  ; e non  ha  dubbio  che  per  la 
relazione  che  hanno  le  parole  della  me- 
desima , ove  dice  : una  di  qua  , e una  di 
là  colla  scala^,  pare  che  le  laterali  scale 
dovessero  , siccome  oggi  si  vedono  , essere 
state  intese  e messe  in  opera  dal  Vasari 
allato  appunto,  e per  lo  diritto  della  scala 
di  mezzo  ; ma  gran  fatto  non  sarebbe  già, 
che  il  Ruoriarruoto  avesse  inteso  di  dire, 
non  di  qua  , e di  là  alla  scala  , ma  alla 
porta  per  cui  entrasi  in  Libreria  , concios- 
siacosaché nella  testata  del  Ricetto  da  due 
lati  della  porta  vedesi  iu  una  cornice  po- 
sante sul  pavimento  un  taglio  egualmente 
lontano  dagli  angoli  più  vicini  , con  cui 
si  rappresenta  Y incavo  della  testata  d’uno 
scalino  da  incastrarsi  quivi  con  bastone 
ed  altri  suoi  membri  , corrispondenti  ap- 
punto a quei  degii  scalini  ^ che  sono  ia 


Bartglommeo  àmmannati.  5c>7 
opera  Bella  scala.  E sopra  questo  taglio  , 
fatto  per  lo  primo  scalilo , veggo  osi  se- 
guitare alcune  riseghe  nel  muro  per  lo 
posare  degli  scalini  superiori,  le  quali  si 
sollevano  vicino  ai  comiociamento  de’roen- 
solini  , e con  duco  osi  ad  un  tal  piano,  die 
vengono  ad  impedire  le  mensolette  die 
gli  sostengono  , alcune  delle  quali  veggo  ti- 
si essere  stale  a bello  studio  tagliate  nel- 
F antico  tempo  , e prima  che  la  scala  fos- 
se posta  ai  luogo  ; ed  inoltre  essere  state 
subbiate,  comecché  occupate  dalle  laterali 
scale  , non  avessero  dovuto  servire  a quel 
posto  come  F altre  del  Ricetto;  onde  è 
forza  il  dire,  che  dalia  parte  del  muro, 
che  essa  porta  della  Libreria  contiene, 
dovessero  sorgere  le  due  ali  e non  lateral- 
mente alla  scala  di  mezzo.  Sonovi  eziandio 
altri  segnali  che  mostrano,  che  ’l  Ya sari 
( tutto  che  meriti  lode  per  aver  condotta 
a sua  fine  una  meravigliosa  scala)  a ca- 
gione dell’  oscurità  , con  che  procedè  Mi- 
chelagnoìo  nella  sua  lettera  , non  intera- 
mente si  conformo  al  di  lui  pensiero  , ed 
i segnali  son  questi:  che  nel  salire  per  lo 
mezzo  vedesi  il  terzo  scalino  non  esser  co- 
perto dai  quarto  fino  a segno  , che  in  es- 
so terzo  si  , ede;  ma  rimanerne  una  certa 
porzione  verso  il  suo  còngiugnimento  col 
quarto,  non  ridetta  al  pulimento  del  re- 
stante della  sua  superficie , segno  chiaro 
d’essere  stato  tirate  alquanto  più  in  fuori 
di  quello  , che  inventò  il  Buonarroti,  che 


5©8  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
forse  non  volle  che  la  scala  avesse  tanta 
distesa  , quanta  uè  ha.  Osservatisi  di  più 
in  diversi  luoghi  della  scala  incastrati  al- 
cuni tasselli  che  nulla  operano,  e questi 
pure  fanno  conoscere  qualche  diversità 
di  pensiero  nel  primo  Architetto.  Final- 
mente pare  non  piccolo  indizio  di  qualche 
varietà  il  vedersi  essere  avanzati  alcuni 
scalini  quasi  in  forma  ovale  , e non  posti 
in  opera  dal  Vasari.  E finalmente  per 
quanto  io  medesimo  sappia  giudicare,  sti- 
mo non  piccol  segno  , che  ’J  Vasari  stesso 
si  trovasse  in  gran  dubbio  dell'  aver  fatto 
bene , la  riverenza  e rispetto , eh’  egli 
volle  portare  a’  concetti  di  quel  grande 
artefice  con  lasciare  in  quelle  parti  , che 
sopra  dicemmo,  le  rotture,  riseghe,  e 
subbiature  antiche,  quasi  che  fosse  sua 
volontà  il  farne  vedere  tutto  ciò,  che  in 
simile  contingenza  seppe  egli  operare , e 
tener  viva  eziandio  ad  eterna  memoria,  1 
qual  si  fossé  stata  la  prima  idea  del  gran 
Michelagnolo. 

Avendo  considerato  tutto  ciò  anche 
Gio.  Battista  Nelli  gentiluomo  di  mia  Pa- 
tria, giovane  che  alla  nobiltà  dell’ animo 
e bontà  de’  costumi  ha  congiunta  straor- 
dinaria cognizione  e pratica  d’ogni  cosa 
che  all’architettura  appartiene;  mosso  an- 
ch'  egli  da  desiderio  , che  coll’  inno!  trarsi 
de*  tempi , non  restino  ( a gran  danno 
della  posterità  ) offuscate  eziandio  le  me- 
morie degli  alti  pensieri  avutisi  dallo  stesso 


Bartolommeo  Ammansati.  5og 
Micheìagnolo,  non  pure  intorno  al  ma  ra- 
pili Tiglioso  modello  della  facciata  della  Chiesa 
al.  medesima  , ma  d'altri  ornati  e fabbriche 
che  debbono  accompagnarla , si  pose  a 
disegnare  in  pianta  , faccia  e profilo  non, 
ia  solamente  tutto  il  modellato  da  Michela- 
alclf  gnolo  , e posto  in  opera  da  lui , e da  altri 
le®  dopo  lui,  appartenente  al  grande  edificio 
posi  e di  chiesa  , e di  cappella  , e di  libreria , 
pD  ma  eziandio  quanto  egli  disegnò  e model- 
. sii  lo  , e che  ancora  non  ha  sortilo  suo  fine, 
tesi  misurando  fino  ad  ogni  minutissimo  mena- 
la!) bretto  di  tutto  ciò  che  apparisce  eseguito, 
e»|i  e ricavando  con  giustissima  simetria  , e 
lodr  da’  modelli  che  si  conservano  in  S.  Loren- 
àj  zo  ed  altrove , e da’  disegni  che  di  mano 
del  Buonai  ruoto  stesso  son  tuttavia  appres- 
sili so  agli  eredi , tutto  quello  che  rimane  da 
; in  eseguirsi  ; ed  io  ad  effetto  di  far  conoscere 
di  qual  pregio  sieno  riuscite  queste  sue 
ria,  nobili  fatiche , delle  quali  egli  ha  pieno 
rr  un  volume,  non  addurrò  altra  testimonian- 
za che  quella  deli’ ottimo  gradimento,  con 
A che  l’ha  ricevute  il  Serenissimo  Ferdinando 
Principe  di  Toscana  , al  quale  egli  volle 
offerirle  in  dono  , e dell’  amore  e stima 
con  che  quell’  Altezza  si  degna  tuttavia  di 
conservarle. 

Non  dee  dunque  alcuna  maraviglia 
recare,  se  io,  come  dissi  a principio,  tut- 
toché ben  consapevole  di  non  potere  con 
semplice  descrizione  e con  parole,  se  non 
jgoca  luce  dare  a chi  legge , onde  possa  # 


5 io  Dec.  I.  della  Par.  IL  del  Sec.  IV. 
bene  intendere  e ravvisare  tutte  le  qualità 
della  nobiì  fabbrica  disegnata  nel  modello 
da  descriversi  da  me  del  Palazzo  de’  Pitti, 
abbia  tal  fatica  intrapresa  , perchè  mia 
principale  intenzione  fu  ed  è il  farsi  ; che 
restando  sempre  il  modello , siccome  pro- 
mette che  resterà  la  sollecita  provvidenza, 
con  che  dal  Serenissimo  Granduca  ne  fu 
comandata  la  conservazione , e rimanendo 
altresì  questa  mia  povera  e semplice  fati- 
ca , assai  più  facile  e più  sicuro  si  renda 
quando  che  sia  il  venirne  in  tutto  o in  ■ 
parte  all’  esecuzione. 

E incominciando  dalle  variazioni  ap- 
partenenti ai  di  fuori  , dico,  che  vuole  il  j 
nobile  Archi  tetto , che  nella  superior  parte  j 
della  piazza  adiacente  al  prospetto,  ella  si 
riduca  in  piano  , lasciando  in  mezzo  un 
gran  padiglione  , che  Fattraversi  dalia  fac- 
cia sino  allo  sdrucciolo  , per  lo  quale  pa- 
diglione salgano  le  carrozze  al  piano  della 
porta  3 e quivi  per  due  alie  e terrazzi , 
per  le  quali  si  dirama  esso  padiglione  dal-,  i 
1*  una  e Fai  tra  parte  lungo  la  facciata  , 
entrino  le  medesime  carrozze  io  un  vesti-  ! 
buio  ovato  ornato  di  colonne , quindi  per 
un  gran  portico  si  portino  nel  gran  giar- 
dino di  Boboli  ; e fa  conoscere  , come  dal- 
la destra  parte  possa  comodamente  aver 
passaggio  tutto  il  più,  che  per  via  di  so- 
me , o altrimenti  deve  portarsi  per  lo  ri- 
manente del  servizio  basso  dei  palazzo. 

Da  quest’  altezza  tornasi  a scendere  nel 


h 

ila 

% 

«a 

k 

irOfj 

w. 

'ft< 

Oli} 

afe 

di 


Jf 

:] 

rii 

» I 

» i 

s 

I 

i,  ) 

) 

il 


i 


■ Bartolommeo  Ammannati.  Sii 
piano  della  piazza  per  Ire  ordini  di  cinque 
gradi  per  ciascuno.  Sotto  a questi  ha  egli 
cavato  come  due  falsebrache  5 le  quali  e 
difesa  e maestà  posson  recare  al  palazzo  , 
avendovi  posto  sotto  per  ogni  parte  cinque 
pezzi  di  cannone. 

In  ciascheduna  delie  due  parti  piane 
della  piazza  , che  mettono  in  mezzo  il  pa- 
diglione , ha  egli  collocata  una  fonte , la 
quale  coll’  acqua  che  torna  dalla  fontana 
dei  cortile  fa  vaga  mostra  di  se  stessa  , e 
potrebbe  anche  Tua’  e l’altra  servire  per 
basa  a due  statue  di  Granduchi  di  Tosca- 
na. Con  queste  due  linee , cioè  del  piano 
della  piazza  , e deli’ altezza  de’  terrazzi  o 
ringhiere , ha  disegnato  uno  zoccolo  ru- 
stico sotto  le  due  braccia  9 che  si  aggiun- 
gono a questo  gran  corpo  „ le  quali  ter- 
minano la  lunghezza  della  piazza  per  te» 
ner  con  esso  zoccolo  io  piano  tutta  la  fab- 
brica, e ne  ha  insiememente  cavato  il  co- 
modo per  lo  stare  al  coperto  le  carrozze 
con  una  gran  loggia  dall’  una  parte  e dal» 
F altra,  allato  alla  quale  (dalla  parte  però 
di  via  de’  Guicciardini  ) ha  fatte  quattro 
grandi  stanze  per  restituire  al  palazzo  quel 
comodo  dell’  arti  , che  a continuo  servizio 
dello  stesso  fin  da  gran  tempo  in  qua  si 
esercitano  nello  stanzone,  che  delle  Legne 
volgarmente  è chiamato.  Coli'  abbassamento 
della  piazza  pretende  ancora  d’avere  aju- 
tata  la  bassezza  della  facciata  in  propor- 
zione di  sua  vasta  lunghezza , alzando  alla 


5l2  DEC.  I.  DELLA.  PàR.  IIf  DEL  SEC.  IV* 

■vista  quelle  otto  braccia,  che  spianandola 
piazza,  se  le  aggiunsero,  e questo  senza 
carico  di  spesa,  intende  anche  in  un  tem- 
po stesso  per  togliere  ad  essa  facciata  l’an- 
tica dirittura  , ed  aggiugner  le  varietà  di 
fare  nel  suo  mezzo  uno  sporto  per  quanto 
occupano  di  spazio  sette  finestre,  ornan- 
dolo di  colonne  doppie  della  foggia  me- 
desima di  quelle  del  cortile  , secondo  l’or- 
dine del  quale  le  varia  ad  ogni  piano. 
Questo  sporto  vien  terminato  con  un  or* 
nato  nel  mezzo  da  potervi  collocare  un 
oriuolo , dal  quale  si  parie  verso  tutte  due 
le  cantonate  un  balaustro,  sopra  di  cui 
diversi  trofei  a piombo  delle  colonne  leg- 
giadramente posano. 

Questo  medesimo  sporto  fa  nella  par- 
te dì  sotto  un  portico,  che  torna  mirabil- 
mente in  acconcio  per  lo  smontare  de’  Ca- 
valieri, e comodo  delle  Guardie,  e piglia 
il  rincontro  dì  quello,  che  s’  è detto  ser- 
vir d' ingresso  nei  giardino  di  Boboli  dal- 
la banda  di  S.  Felicita  , dalla  qual  veduta 
chi  entrasse  nel  palazzo  di  più  eccellente 
grandezza  lo  concepirebbe. 

Le  variazioni  ed  accrescimenti  accen- 
nati fin  qui  nel  nuovo  modello,  pare  che 
già  incomincino  a far  credere  a chi  legge, 
che  nell’antica  invenzione  del  celebre  Bru- 
nellesco  fosse  qualche  difetto.  Prima  di  ciò 
affermare , dee  però  ciascheduno  in  primo 
luogo  avvertire  che  l’antico  disegno  fu  per 
formare  un  palazzo  nobilissimo  si  e mara- 


Bàrtglommeo  Ammannati.  5i3 
Tiglioso  al  pari  di  quanti  ne  contasse  al- 
lora l’Italia  ; ma  però  per  privato  Cavalie- 
re : onde  per  ogni  titolo  convenivasegli  il 
grande  e maestoso  accrescimento  , che  se 
gli  è fatto  di  poi , il  quale  avendo  mutato 
alquanto  qualche  proporzione  nel  tutto  , 
pare  che  porti  anche  qualche  necessità  di 
^ alcuna  mutazione  nelle  parti.  Inoltre  non 
'Qf  erano  in  quel  tempo  i bisogni  dell’ abitare 
deJ  Sovrani , quali  son  poi  divenuti  col- 
l’ avanzarsi  deli’  età  , nè  l’eccedente  nu- 
li; mero  delle  carrozze,  che  ad  ogni  ora  in- 
dili torno  ai  regj  palazzi  si  raggirano,  forza- 
ci! vano  a gran  provvedimenti  fare  a loro 
leg'  cagione. 

L’Ammannato  non  ebbe  il  sito  per 
m dilatarsi,  quale  si  ba  oggi  per  la  demoli- 
toli azione  seguita  poi  di  molti  edificj  , ond’egli 
Cai  nella  cortezza  della  linea  avuta  allora  , 
gfe  fece  il  più  di  quello  che  far  si  poteva. 

Serva  quest’avviso  a chi  legge  per  tutto 
dal*  ciò  che  nel  proseguimento  di  questa  de- 
biti scrizione  di  nuovo  modello  gli  potesse  pa- 
;ol(  rere  o troppo  accresciuto  , ò troppo  mu- 
tato , ed  eccoci  già  pervenuti  alle  varia- 
zioni appartenenti  alle  parti  interiori. 

Accrescesi  il  nobilissimo  cortile  descri- 
vendo nella  parte  di  testa  un  semicircolo  , 
ira*]  togliendone  la  fonte  > la  grotta  , e la 
ciò  ringhiera. 

Ha  questo  semicircolo  per  diametro 
ìer  la  larghezza,  ed  ò del  medesimo  ornato 
ra*  del  cortile  con  tre  archi  per  parte , eguali 
Baldinucci  VqÌ%  V*IL 


5i4  Dec.  [.della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
per  F appunto  agli  altri  e di  luce , e di 
proporzione  , ma  dove  quegli  hanno  nel 
pilastro  la  mezza  colonna  , questi  haunola 
isolata , ed  intera.  Una  tal  variazione  , 
e maggiore  ornamento  ha  pensato  quel 
Cavaliere  convenirsi  a questa  parte  , che 
rende  la  figura  del  Teatro  arricchita  di 
sculture  e d’ acque  , parendogli  anche 
ciò  richiedere  la  necessità  di  dar  sostegno 
al  pilastro,  che  nel  piano  nobile  fa  can- 
tonata verso  il  giardino  annesso  all*  ulti- 
ma colonna , che  ora  è fondato  sopra  il 
muro  , che  serra  il  cortile.  Ma  dovendosi 
levare  necessariamente  per  farvi  il  Teatro, 
ed  aggiugnere  agli  archi  , che  già  vi  sono, 
i tre  soprannotati  , se  s’appoggiasse  l’im- 
postatura dell’arco  nuovo  al  pilastro  vecchio, 
la  cantonata  suddetta  premerebbe  in  falso 
il  fianco  dell’  arco  nuovo.  Ha  egli  perciò 
replicata  la  voltata  che  fa  il  cortile  del-  i 
Y ingresso  , e la  mezza  colonna  di  laggiù 
lia  ridotta  quassù  intera  con  che  ha  occu-  i 
pato  tanto  luogo  , quant’  è quello  del  pi-  ! 
lastre  di  sopra  , e datogli  il  suo  pieno.  E ( 
perchè  dietro  a questi  tre  archi  ricorrono  j 
le  logge,  che  vanno  salendo  per  portar  | 
le  carrozze  al  pian  di  sopra  , perchè  non  s 
vi  sia  più  P incomodo  di  riuscir  fuori  del  o 
palazzo , quando  vi  si  voglia  salire  , ha  ; c 
quegli  serrati  e ricoperti  di  sculture  , che  j j 
danno  luogo  ad  un  vago  scherzare  del-  | 
Tacque  lasciando  nel  mezzo  alcuni  ovati  , j 
che  fanno  ufizio  di  finestre  alle  logge,  A j 


Bartolommeo  àmmannati.  5iS 
queste  però  il  dare  un  intera  e beila  pro- 
porzione fu  cosa  assai  difficile  , perchè  fu 
necessario  crescere  il  pavimento  con  tener 
ferma  la  volta  per  salvare  il  piano  di  so® 
pra , dove  si  fanno  le  logge  scoperte  , del- 
le quali  a’ior  luoghi  si  parlerà;  nè  altro 
rimedio  vi  fu , se  non  il  descriverle  con 
due  circoli  eccentrici,  e scemare  la  lun- 
ghezza a pari  che  scema  l’altezza.  Mostra- 
si qui  chiaro  il  guadagno  , che  si  fa  nel 
risparmio  di  spesa  e d’impaccio,  mentre 
qui  hanno  F acque  tutte  il  lor  gioco  al* 
V ingiù  , senza  punto  perdere  di  lor  gra- 
ziosa dimostranza.  In  mezzo  di  questo  cir* 
colo  fra  i tre  e tre  archi  già  nomina® 
ti , toltane  la  fonte  , che  oggi  si  vede  , è 
un*  apertura  di  più  di  3o.  braccia  , che 
dà  il  passaggio  alla  vista  dal  principio  del- 
la piazza  fino  alla  statua , che  nella  fine 
del  giardino  è collocata  a canto  alle  mu- 
ra della  Città.  Per  questa  apertura  pas- 
sando si  sale  dal  piano  del  cortile  a quel- 
lo dell’  Anfiteatro , il  quale  però  fa  mostra 
di  se , come  parte  del  palazzo  , laddove  al 
presente  pare , che  egualmente  parte  del 
palazzo  e del  giardino  possa  dirsi.  Que- 
sta salita  dal  Teatro  all’  Anfiteatro  ha  egli 
ornata  di  tre  fonti  : tra  la  prima  ( inco- 
minciando dal  Teatro)  eia  seconda  termi** 
nano  le  logge  del  palazzo  già  dette  , dal- 
le quali  uscendo  le  carrozze , che  debbono 
andar  di  sopra , imboccano  nella  parte  op- 
posta una  loggia  , che  le  conduce  a quel 


5i6  Dec.  I.  della.  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
piano.  L’  Anfiteatro  ha  egli  disegnato  ia 
forma  ovata  per  dargli  una  figura  più  pro- 
pria di  quella  ? che  al  presente  si  vede, 
dando  ai  gradì , ove  la  genie  ha  da  sede- 
re tal  proporzione,  che  nulla  tolgano  del- 
la veduta  della  piazza  agli  spettatori  , ai 
quali  anche  ha  provvisto  d’  una  rifuggita 
ai  coperto  in  caso  di  piogge  3 giusta  l’ an- 
tico costume  de  Romani  ; nel  secondo  or- 
dine delle  volte  cavate  sotto  i sedili  , e 
nello  stesso  luogo  ha  dato  lo  spazio  per 
imbandire  le  bottiglierie  ne’ tempi  delle 
feste  in  modo , che  non  occupino  il  pas- 
sar delle  genti.  Tra  la  curvatura  del  Tea- 
tro e dell’  Anfiteatro  ha  situaie  due  gran 
logge  scoperte,  le  quali  occupano  ancora 
lo  spazio  delle  logge  di  sotto , e restano  al 
pari  degli  appartamenti  de’  Principi , e do- 
minando il  Teatro  e P Anfiteatro , servo- 
no non  meno  di  delizioso  passaggio  , che 
di  luogo  opportunissimo  per  goder  le  fe- 
ste , che  si  rappresentassero  nell’  uno  o 
nell’altro  di  essi;  atteso  che  per  vederle 
nulla  più  abbisognasse  , che  voltarsi  colla 
persona  verso  quella  parte  ove  V azione 
s’  esercita.  Da  queste  per  due  scale  , che 
assai  larghe  e spaziose  sono  , scendesi  nel- 
V Anfiteatro  , e conseguentemente  nel  giar- 
dino , ciò  che  ora  non  può  farsi  : sotto 

queste  medesime  logge  dall’ una  e dall’al- 
tra parte  ha  dato  luogo  a tre  cucine  , e 
tre  pasticcerie.  Servono  quelle  verso  la 
scala  grande  , per  le  foresterie;  quelle 


lo 


se 


Sei' 


teai 

li 


k 


Bartolommeo  Ammainati.  617 
verso  la  scala,  che  porta  agli  appartamen- 
ti della  Serenissima , son  destinate  al  ser- 
vizio degli  stessi  appartamenti  con  eguale 
comodità  degli  uni  e degli  altri  ; e quel- 
lo che  torna  meglio  in  acconcio  si  è , che 
per  giungere  al  luogo , ove  sono  state  mes- 
se , cioè  in  testa  al  cortile , posson  portar- 
si quei  di  servizio  basso  colle  necessarie 
provvisioni , mediante  una  porta , eh*  è in 
testa  alla  falsabraea  destra  della  piazza  , 
passando  sotto  la  seconda  branca  della  sca- 
la principale  , che  mette  nel  cortiletto  , che 
del  Diaccio  è chiamato,  e di  lì  incammi- 
nandosi per  la  strada  , per  cui  oggi  passa- 
no le  carrozze  per  salir  di  sopra.  Trovasi 
subito  finito  il  fianco  del  palazzo  un  cor- 
ridore sotterraneo  , ma  non  oscuro , me- 
diante il  quale,  passando  sotto  la  salita, 
che  dal  cortile  porta  all’  Anfiteatro  , si  co- 
municano da  una  parte  e dall’  altra  , e 
restano  libere  tutte  le  cucine.  Da  questo 
medesimo  corridore  , entrandosi  nelle  Log- 
ge grandi  può  per  brevissima  via  e co- 
perta camminare  la  vivanda  , che  trovan- 
do da  una  parte  la  scala  già  detta  della 
Serenissima  , e dall'  altra  la  grande  del  pa- 
lazzo, può  salire  a |queir  appartamento  , 
ove  dee  portarsi.  La  testa  opposta  dello 
Stesso  corridore  ha  una  scala  , che  condu- 
ce al  primo  ordine  delle  volte  dell’  Anfi- 
teatro , dalle  quali  può  riceversi  il  como- 
do di  ripor  legne  , carbone  , ed  ogni  altro, 
che  all*  uso  della  cucina  richieggasi , oon 


5i8  Ose,  I.  della  Par.  TI.  del  Sec.  IV. 
che  vien  liberato  il  palazzo  da’  pericoli 
dell’  incendio  , essendo  quelle  non  solo  fuo- 
ri di  esso , ma  staccate  e lontane  molte 
braccia.  Per  quelle  potere  con  facilità  riem- 
pire  ne  ha  situate  le  porte  nel  piano  del- 
r Anfiteatro  atte  all’  ingresso  delle  carrette, 
p Tornando  ora  ai  piano  terreno , e cam- 
minando a man  sinistra  per  1’  appartamen- 
to del  Serenissimo  Granduca,  vedesi  ag- 
giunto nel  fine  di  esso  un  salone,  o stan- 
zone fiancheggiato  a man  destra  nell’ anda- 
re io  giù  da  due  grandi  stanze,  che  ser- 
vono per  lo  discarico  nel  tempo  , che  1’  Al- 
tezza Serenissima  abita  agli  appartamenti 
terreni , alle  quali  si  può  pervenire  al  di- 
fuori genz’  apportare  a’  medesimi  apparta- 
menti la  suggezione , che  al  presente  pati- 
scono. Dalla  camera  vecchia , che  unisce 
colla  prima  di  queste  due,  che  viene  ad 
essere  sotto  quella  chiamata  la  Stufa  ^ en- 
trasi nella  pallaccorda  segreta , passando 
per  un  sito  angusto , e che  nou  ha  lume 
se  non  da  una  sola  parte , avendo  all’  al- 
tra il  Bagno  e la  Stufa , che  glie  lo  tol- 
gono ; qui  ha  cavato  un  bel  comodo  di 
passaggio,  un  luogo  per  stare  a vedere  per 
S.  A.  ed  una  stanza  per  ispogliarsi  i Ca- 
valieri , che  hanno  a giuncare  , il  tutto 
senz’  alcuna  suggezione  apportare , o rice- 
vere. Nella  testa  opposta  della  pallaccorda 
è 1’  ingresso  delle  carrozze  nel  cortiletto 
non  finito  delle  colonne,  o che  più  pro- 
priamente chiamasi  di  Pietro  da  Cortona 


i 

i 

i 


Bartolommio  Ammainati.  519 
ha  di  sopra  una  stanza  fatta  a posta  per 
altri  Principi , che  volessero  essere  spetta- 
tori, alla  quale  si  perviene  per  lo  corri» 
dorè,  di  cui  parleremo  nella  descrizione 
del  pian  di  sopra.  Uscito  che  si  è del  no- 
minato salone , vedesi  in  fondo  un  porti- 
co , che  raddoppiando  quello  , che  già  si 
disse  entrare  in  Boboìi  dalla  piazza , fa 
prospettiva  all’  ingresso  delle  stanze,  e ne 
allunga  il  riscontro  fino  alla  Grotta  detta 
di  Michelagoolo  9 servendo  anco  d’  un  pas« 
saggio  coperto  ad  un  giardinetto  segreto 
dell’  appartamento  terreno , che  potrebbe 
farsi  nel  pian  , che  resta  tra  esso , e 1 
monte  del  giardino  di  Boboli.  Dall’  altro 
fianco  dello  stesso  salone , o stanzone  » si 
scende  in  mezzo  del  vestibolo  ovato  , che 
abbellito  di  colonne  s’è  già  descritto,  ove 
si  disse  entrerebbe  in  carrozza  il  Serenissi- 
mo Granduca  quando  stesse  a terreno  , e 
sarebbe  questa  V uscita  , eh’  averebbe  S.  A. 
da  quell’ appartamento  senza  esporsi,  ben- 

Ichè  per  brevissimo  spazio,  ad  alcuua  in» 
discretezza  di  temporale  ; comodità , che 
non  m gode  al  presente.  Tra  le  scantona» 
ture  della  sala  , che  ha  fatta  della  figura, 
che  si  vede  nel  modello , perchè  regga 
quella  del  piano  nobile  , e gli  angoli  9 che 
lascia  1’  ovato  del  vestibolo , ha  ingegnosa- 
mente ritrovati  diversi  stanziolini  per  il 
Maestro  di  Camera,  Ajutaati  , e Mozzi, 
necessarissimi  aSFintero  buon  servizio  d’ana 
Regia  Camera, 


Ss©  Die.  I,  della  Par.  II.  del.  Sec.  IV. 

li  vestibolo  ha  diviso  in  cinque  spa- 
zj  p‘-r  parte  colle  colonne  che  V adorna- 
no , disegnando  di  valersi  di  quelle  stesse 
cbe  ora  si  veggono  inutilmente  erette  nel 
pocanzi  nominato  rort detto  , detto  di  Pietro 
da  Cortona  , e perche  queste  non  avrebber 
potuto  giunger  all’  altezza  che  sarebbesi 
richiesta  , v’  ha  aggiunto  sopra  un  attico  , 

0 un  mezz’  ordine  per  condursi  colla  vol- 
ta alla  misura  delle  stanze  nobili  , con 
che  ha  dato  al  vestibolo  ornamento  e va- 
ghezza. 

La  prima  porta  che  si  vede  entrando 
a man  manca  , va  allo  stanzino  del  Tra- 
bante , che  fa  la  sentinella,  che  ha  la  sua 
feritoja  nella  piazza.  La  seconda  alla  Libre* 
ria.  La  terza  è finta.  La  quarta  mette  in 
una  scala  secreta , per  cui  si  può  dal  ter- 
reno salire  al  piano  del  corridore  , che 
va  al  Palazzo  vecchio  , con  che  toglie  il 
disagio  al  Granduca  di  salire  e scendere 
per  più  scalini,  ed  altri  incomodi,  che  vi 
si  provano  al  presente,  quando  s’abita  il 
terreno  , e nell’  occasione  ancora  di  doversi 

1 personaggi  che  avessero  a venire  inco- 
gniti , e del  portarsi  all’  appartamento  re- 
gio. La  quinta  porta  finalmente  dà  l’in- 
gresso del  pian  di  sotto  , dove  stanno  le 
carrozze  al  coperto,  alle  genti  che  vengono 
a piedi  , e questo  ba  fatto  l’ingegnoso  Ca- 
valiere per  non  toglier  la  comodità  che 
v’  è al  presente  di  fuggire  il  sole  della 
piazza. 


BartolomMeo  Ammannati.  521 
Nel  resto  del  landrone  che  sbocca  nel 
portico , ba  poi  cavati  altri  piccoli  stanzini 
per  servizio  de’  pubblici  scopatori.  Entran- 
do per  la  seconda  di  queste  porte  nella 
disegnata  nuova  libreria  fa  passare  per  un 
vestiboletto  ovato  a man  dritta  , del  quale 
vedesi  la  scala  che  conduce  al  second’  or- 
dine delle  scansie  in  due  piani  di  stanzini 
ordinati  per  comodo  della  medesima , si- 
tuati appunto  sopra  la  stanza  del  traban- 
te , e si  comunica  colla  scala  della  quarta 
porta  , perchè  dalle  stanze  di  sopra  possa 
S.  A.  segretamente  calare  a quel  piano  di 
essa  libreria,  che  più  le  aggrada.  Questa 
libreria  ba  per  larghezza  la  metà  del  brac- 
cio, che  riesce  in  via  de’ Guicciardini,  e per 
lunghezza  lo  stesso  sino  all'  ultimo  suo  ar- 
co , il  quale  viene  ad  essere  la  testa  della 
pallaccorda  pubblica  , che  si  fa  per  servi- 
zio de'  Cortigiani  ; e raddoppiata  da  quat- 
tro grandi  stanze  per  manoscritti  , e come 
per  arsenale  della  medesima.  A questi  si 
viene  e dal  loggione  dove  stanno  al  coper- 
to le  carrozze,  e dalla  via  de*  Guicciardini 
per  una  scala  assai  comoda  , perchè  chi 
vuole  studiare  v’abbia  l’accesso  senza  ne- 
cessità d’andare  a trovare  la  porta  princi- 
pale del  vestibolo  ovato  dalle  colonne, 
siccome  ancora  possa  portarsi  alle  quattro 
altre  stanze  sopr’  a quelle  de’  manoscritti  9 
fatte  per  abitazione  del  Bibliotecario,  Da 
queste  ha  con  bell’  avvertenza  tagliato  un 
corridore , m mi  entrasi  dalla  scala  della 


S22  DEC,  I»  DELLA.  PàR.  lì.  DEL  SEC.  IT. 
porta  quarta.  Per  questo  corridore  da  ma- 
no manca  si  va  alla  scaletta  della  libreria, 
ed  a mau  dritta  conduce  il  medesimo  alla 
stanza  , che  ha  la  finestra  nella  pallaccor- 
da  pubblica  ; e così  viene  al  Serenissimo 
data  comodità  di  portarvisi , quando  voles- 
se a suo  diletto  ; potendo  anco  calare  nella 
medesima  per  la  scala  che  riesce  in  via 
de’  Guicciardini. 

Dal  notato  fin  qui  intorno  alle  belle 
comunicazioni  di  scalette  e di  stanze  9 e 
dall’  intreceiamento  che  hanno  fra  di  loro, 
e molto  più  dall’ oculare  osservazione  del- 
T accuratissimo  modello  può  chi  che  sia 
ben  ravvisare  quanta  facilità  s’aggiunge  al 
Serenissimo  di  portarsi  ad  ognuno  de’  no- 
minati luoghi  a sua  delizia  , che  però  nui- 
1’  altro  in  tal  particolare  rimarrà  a dirsi  , 
se  non  che  avendo  Tinventore  stimata  pro- 
babil  cosa  , che  possa  quando  che  sia  esso 
Serenissimo  usare  tutte  le  salite  anzidette, 
ba  però  avuta  la  bell’  avvertenza  di  farle 
tutte  d’una  stessa  pedata  ed  altezza  di  sca- 
lino , perchè  assuefacendosi  il  piede  alla 
misura  d’una,  non  isvarii  passando  per  l’al- 
tra ; cosa  che  a chi  bene  intende  di  tal 
magistero  , non  potrà  parere  che  fatta  sia 
senza  straordinaria  attenzione  e fatica.  E 
qui  resta  finita  la  descrizione  del  modello 
in  ciò  che  appartiene  alla  parte  sinistra. 

Venendo  ora  alla  destra  parte  , saria 
tornato  molto  in  acconcio  il  divertir  la 
scala  dal  luogo  ove  ella  è al  presente  ; ma 


i50 

lei 

ne 

la 

ii 


HI! 

[il 

fiSS 


[il 

I le 
! ni 
le 
h 

i\ 

ha 
re 
! pi 

| fc 

i sa' 
| ti! 
J si 
i to 
! ti 

I 

it 

! a 


! 

Cl 


BàrTOLOMMEO  Ammanitati.  523 
perchè  ciò  avria  portato  non  ordinario 
sconcerto  , col  disfacimento  di  gran  parte 
dell’ antica  struttura  , ha  egli  giudicato  be- 
ne lasciarla  al  luogo  suo , accrescendo  però 
la  sua  larghezza  per  la  metà , e così  ri- 
durla più  larga  d’otto  braccia.  Questa  con- 
duce al  pian  di  sopra  in  due  branche  ; 
ina  perchè  volendola  tenere  in  tal  sito  » 
fu  inevitabile  l’inconveniente  del  muro  che 
essa  scala  divide , che  per  essere  a dirit- 
tura del  portico  , vien  a tagliare  in  mezzo 
Tingresso  che  da  queste  conduce  alla  me- 
desima , l’ha  egli  alzato  sopra  l’orizzonte 
naturale  dell’  occhio  con  i primi  scalini 
dell’  invito  , e i secondi  del  vestibolo  che 
ha  fatto  tra  l’ingresso  predetto  ed  il  prin- 
cipio della  scala.  Questo  vestibulo  è pa- 
ralellogrammo  largo  quanto  lo  spazio  che 
resta  fra  li  due  muri  maestri,  che  ne! 
pian  di  sopra  terminano  l’appartamento 
del  Serenissimo  Principe  di  Toscana  5 e ’i 
salone  de’  forestieri  è lungo  sino  al  cor- 
tile detto  dei  ghiaccio , in  testa  del  quale 
si  salvano  gli  scalini  già  detti,  lungo  quan- 
to tutta  la  larghezza  del  medesimo  vesti* 
buio.  Dopo  questi  si  trova  il  piano , o vo- 
gliamo dire  il  principio  della  scala.  Le 
ragioni  di  far  ciò  sono  sfate  due  : la  pri- 
ma per  condursi  a pigliare  il  lume  vivo 
nel  cortile  del  ghiaccio  per  rinforzo  e sup~ 
plimeoto  di  quel  principale  che  vien  dal 
cortile,  eh’ è in  testa  alia  scala,  e l’altro 
che  $’  insinua  per  V aperture  delle  logge  ; 


52 4 De g.  I.  della  Par.  TI.  del  Séc.  IV. 
la  seconda  per  acquistar  il  sito  cTuo  certo 
corridoretto  , eh’  è in  quel  luogo  , per  slar- 
garsi col  primo  ripiano  della  scala  , e co- 
minciar questo  come  a chiocciola  , segui- 
tando la  figura  dell’  ovato , che  fa  il  sud- 
detto slargamento  , e lasciar  nel  mezzo  tra 
la  branca  che  sale  e quella  che  scende, 
spazio  da  farvi  un  ornato  di  figure,  che 
occupando  tanto  luogo,  quanto  è il  vaoo 
della  gran  porta  che  entra  nel  vestibolo , 
ricuopra  il  muro  divisorio  della  scala  , e 
faccia  Pufficio  d’una  nicchia  senza  esserla: 
cosa  che  molto  ben  si  conforma  con  tutte 
le  buone  regole  di  quest’arte.  L’ornato 
conterrebbe  la  figura  d’Èrcole  nel  bivio, 
il  quale  ritto  ricoprirebbe  il  muro  dell’  a- 
nima  della  scala  ; e le  due  Donne  simbo- 
leggiate per  le  due  vie  della  Virtù  e del 
Vizio  sedente  sopra  gli  scalini  della  mede-  ' 
sima  scala,  le  quali  figure  con  quel  di  più 
che  si  richiede  alla  spiegazione  della  favola, 
empierebbero  il  rincontro  delP  apertura  del- 
P arco , come  farebbe  la  nicchia,  e non 
apparirebbe  quando  si  scende , la  bruttez- 
za della  medesima  nicchia  , la  quale  mo- 
strerebbe tanto  del  suo  dorso,  quant*  è la 
sua  larghezza  maggiore  della  grossezza  del  ; 
muro  che  divide  la  scala.  Questo  rimedio 
suggerito  alla  mente  del  Cavaliere  inven- 
tore da  una  somma  necessità,  s’accorda 
intanto  molto  bene  coll’ allegoria  delle  pit- 
ture fatte  dal  celebratissimo  Pietro  da  Cor- 
tona nelle  regie  Camere  del  Palazzo , nelle 


Bartolommeo  Ammànnàti.  5s5 
quali  sotto  la  distinzione  de’  Pianeti  si  di- 
mostra l'instruzione  del  Principe  datagli  da 
Ercole.  Cominciasi  dal  bivio , come  s’  è 
detto , e nel  salire  si  vien  vedendo  tutte 
l’altre  prove  , che  s’esprimerebbero  in  Scul- 
tura , collocate  ne’  ripiani  fatti  ad  ogni 
venti  scalini  , e ne’  principj  e fine  delle 
branche*  Questi  riposi  non  ha  egli  fatti 
tonto  per  dar  luogo  agli  ornati  y quanto 
per  iscemar  la  fatica  a ibi  sale,  richie- 
dendosi per  gì  ugnare  all’  altezza  del  piati 
dei  Palazzo  quasi  cento  scalini , non  ostante 
le  moite  e grandissime  difficnitadi  ad  ogni 
passo  incontrate  nel  volere  stabilire  le  ac- 
cennate comodità  a questo  grand’ edificio , 
ed  ha  saputo  cavare  uua  scala  9 che  si  cre- 
de la  maggiore  di  quante  altre  ne  sieno 
di  quelle  che  non  terminano  in  un  piano 
solo,  ma  si  conducono  fino  al  tetto,  come 
questa  è anche  comodissima  , non  avendo 
lo  scalino  nella  sua  radice  più  che  ott’on- 
ce  d’altezza  , delle  quali  andandone  una 
in  pendenza  , non  viene  a salirsi  che  solo 
sei  once  di  passetto  architettonico  romano. 

Al  terminar  che  fa  questa  scala  nel 
piano  nobile,  vedasi  aggiunto  un  ripiano 
di  proporzion  doppia  a quello  che  lasciò 
tra  le  due  branche,  il  quale  aggiugne  co- 
modo nel  caso  dell’  abbondar  la  gente.  Da 
questo  s’entra  nella  prima  sala  de’ Traban- 
ti ordinata  d’ uua  nuova  figura,  avendo 
nel  mezzo  una  maggior  larghezza  di  figu- 
ra citandola  di  lati  disuguali , fatta  in  ap- 


5b6  Dec.  l.  della  Par.  II.  del  Seo.  IV, 
parenza  per  dar  maggior  luogo  dove  sodo  I 
gl’ingressi  degli  appartamenti  dei  Grand  u-  ! 
ca  , e de’  Principi  forestieri  ; ma  in  effet-  9 1 
to  per  fuggir  la  bruttezza  delibandolo,  che  I 
fa  il  muro  della  testa  del  cortile  coli’  altro  j fi 
della  facciata  dell’  appartamento  de’  Princi*  fi 
pi.  Osservò  F inventore  , che  quest’  angolo  P 
aveva  rimpetto  un  corridoretto  che  non  ! « 
serviva  a nulla,  il  quale  profondava  in  alo 
dentro  verso  le  camere  tanto , quanto  il  | ti 
muro  della  facciata  del  cortile  entra  nello  p 
spazio  della  nominata  sala,  il  quale  tolto  f 
via , operava  sì  che  veniva  il  sito  della  sa-  ri 
la  a restare  in  mezzo  a due  risalti  uguali,  j 
che  sbiecati  nello  stesso  modo,  e fattegli  | il 
due  altre  parti  simili  dai  lati  opposti,  vie-  ì f 
ne  ad  aver  costituita  la  suddetta  figura , | 

colia  quale  ha  levato  alquanto  df  defor-  | il 
mità  che  sarebbe  apparita  nel  salir  la  sca-  ti 
la , e dentro  la  sala  medesima  a cagioue  1 
di  tale  irregolarità  del  sito.  Per  le  mede-  I 
sime  ragioni  ha  fatte  due  porte  all’  ingres*  t 

so  dì  questa  sala  , perchè  ognuna  di  esse  i 

pigli  il  mezzo  delle  due  scale,  e non  si 
conosca  fa  necessità  dì  tal  rimedio.  Entra 
la  prima  a man  dritta  nella  saia  che  oggi 
serve  all’ appartamento  de’  forestieri,  del-  j 
la  quale  ha  tagliata  in  testa  un’  anticame- 
ra per  aggiunger  comodo  a tale  apparta- 
mento,  che  scarso  anzi  che  altrimenti 
può  direi.  Alla  sala  contigua  , che  dicesi 
la  sala  di  Bona  dalie  pitture  che  l’ ador- 
nano s fatte  per  mano  del  celebre  Pittore 


OQg 

iu4 
ilie  ; 


‘irod 


laciJ 

5»Ì| 

Qoj| 

« 

m 

olir 

safi 

laliJj 

$1 

Ì8'Ì 

m 

3r-tj 
C3-  ••  ! 
«I 

le. 


m 

I 

a 

: 


Bartolommeo  Ammànnàti.  5%j 
Bernardino  Poccetti  » esprimenti  la  con  qui- 
sta»  che  l’anno  1607.  fecero  l’armi  del 
Granduca  di  quella  Città,  e Fortezza  in 
Barberia  , ha  aggiunta  una  camera  per  unir 
così  queste  due  sale  a cinque  camere  di 
raddoppio  all’appartamento  del  Serenissimo 
Principe  Ferdinando  , da  farsi  di  nuovo 
nel  luogo  ove  sono  ora  le  cucine  » col  so- 
lo aggiungervi  un  tramezzo  ; e perchè  eoa 
tale  nuovo  lavoro  torrebbesi  alla  nominata 
sala  il  lume  d’  una  finestra  , glie  n’  ha  ag- 
giunti due  di  fianco  , levando  due  came- 
rini della  chiocciola  che  rispondono  nel 
ghiaccio.  Questa  unione  di  stanze  opera 
inoltre  un  alte*  effetto  » ed  è,  che  puossi 
passare  tutt’  il  piano  del  Palazzo  in  un 
giro , e altresì  che  il  Figlio  primogenito 
in  caso  di  matrimonio  , abbia  eguale  trat- 
tamento e stanza  adequata  al  numero  del- 
le sue  guardie  , abitando  ancora  sulla  me- 
desima sala.  E perchè  potrebbe  occorrere 
talvolta  » ^che  la  Serenissima  Principessa 
non  volesse  passare  per  la  sala  de’  Princi- 
pi forestieri  , o pure  che  tali  stanze  non 
si  volessero  adoperare  a tal  uso , perciò  ha 
fatto  loro  un  ingresso  a capo  alla  scala  che 
mette  nella  prima  delle  cinque  camere  in 
testa  a quella  che  viene  aggiunta  alla  sala 
di  Bona,  ed  una  scaletta  che  mette  a’  mez- 
zanini per  le  Dame  che  sono  sopra  le  me- 
desime stanze  ^ ed  in  quegli  ancora  che 
sono  sopra  le  stanze  de’  forestieri  » delle 
quali  per  la  scaletta  che  v’  e al  presente  9 


Sa 8 Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 

s’entra  nell’ appartamento  ch’era  del  Se- 
reniss.  Principe  Vlattias  , con  che  viensi  a 
comunicare  di  sopra  ancora  I’  appartamen- 
to nuovo  da  farsi  nel  sito  delle  cucine , 
coi  restante  del  palazzo  , per  avere  il  co- 
modo che  si  richiederebbe  per  i figliuoli 
del  Sereniss.  Principe.  La  medesima  con- 
duce dal  piano  delia  Spezieria  all’ apparta- 
mento di  sopra , che  conteneva  la  gran 
quantità  de’  Quadri  preziosi  che  è nota  , 
in  luogo  di  quella  che  v’è  adesso  scoperta. 

Vien  disposto  anche  nel  modello,  che 
dalla  mano  manca  delia  sala  de’  Lanzi  , 
dalla  quale  entrammo  già  a mano  dritta 
in  quella  de’  Principi  forestieri  , s’ entri 
nella  sala  degli  Staffieri  del  Granduca  che 
forma  un  dado  di  quaranta  braccia  per  ogni 
verso.  A mano  manca  di  questa  resta  1’  ap- 
partamento del  Sereniss.  Principe  , in  fon- 
do al  quale  ha  aggiunta  uua  Galleria  , che 
l’ unisce  a quello  delie  cucine  , destinato 
per  la  Sereniss.  Principessa  con  una  scalet- 
ta , alla  quale  si  può  venire  quando  si  vo- 
glia dalla  saia  grande , fatta  con  intenzio- 
ne che  si  possa  in  ogni  caso  dividere  il 
predetto  nuovo  appartamento,  e stanze  di 
sopra  per  comodo  de’  Cortigiani.  Questi 
appartamenti  dei  Principe  e Principessa 
sboccano  in  un  giardino  , per  lo  quale  si 
può  uscire  in  Boboli  , e con  tal  delizia  al 
pari  delle  stanze  si  leva  la  suggezione  di 
non  potersi  andare  in  Boboli  da  quell’  ap- 
partamento, quando  vi  sieuo  forestieri.  In 


l 

i 


ì 


I 


5fr 

a*  à 


41 

4 

fe  il 

’au  ; 

;a'  1 
la,  j 

k i 
B|;  ! 
Ita  | 
Eri 
le 

ai  ;j| 

p ! 

n- 

he 

10  ] 

* |j 

0-  { 

0-  I 

ili 

11  ri- 
ti j 
a j 
si  i 

il 


Bàrtolommeo  AmWÀNNATI.  529 
dirittura  delle  porte  dell'  appartamento  del 
Sereniss.  Principe  ha  gettato  un  pomicino 
per  arrivare  sopra  ’l  terreno  , che  gli  è qua- 
si contiguo , al  quale  succede  un  viale , 
che  unendosi  quasi  per  fianco  al  Giardino, 
si  distende  poi  per  lunghissimo  tratto  , 
cioè  fino  alla  casa  de’  Bini  nella  costa  del 
monte  tra  gli  orti  delle  case  di  sotto,  e 
del  muro  della  Spezieria. 

Or  qui  è da  notarsi  che  non  disdice 
in  modo  alcuno , che  la  sala  in  sì  fatta 
guisa  ordinata  e disposta  non  torni  nel 
mezzo  del  Palazzo,  non  solo  per  ragione 
della  necessità  che  a tanto  costrinse  V in- 
ventore , quanto  per  gli  esempi  che  avia- 
rio di  ciò  in  altre  nobilissime  fabbriche 
in  Roma , cioè  a dire  nel  Palazzo  della 
Cancelleria  fatto  da  Bramante , in  quello 
di  Farnese  del  Sangallo , in  quello  di  S. 
Pietro , ed  in  altri  molti.  Ho  detto  essere 
stata  forza  di  necessità  il  dare  un  simil 
posto  alla  sala  , perchè  se  si  fosse  fatto  al- 
trimenti 5 sarebbesi  perduto  1’  unico  luogo 
che  rimaneva  per  fare  una  Regia  Cappel- 
la al  piano  nobile  , la  quale  fino  al  pre- 
sente non  è di  tal  fatta,  quale  si  conver- 
rebbe a un  tal  Palazzo , che  quando  si 
fosse  voluto  situar  la  9ala  in  mezzo  saria 
bisognato  per  portarvisi  il  valersi  di  quel- 
lo spazio. 

Dalla  sala  degli  Staffieri  fa  entrare  a 
man  dritta  nella  sala  delle  Carrozze  , che 

Baldimcci  Voi  V1L 


34 


53o  Dec.  I.  della.  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
iioq  è punto  minore  di  quella  che  ora  serva 
per  gli  Staffieri  , (e  da  questa  io  quella  di 
Venere  delle  Lance  Spezzate,  raddoppiata 
da  un’  altra  eguale  che  viene  nello  sporto 
della  facciata  divisa  da  un  sol  pilastro,  ne  ha 
voluto  aprire  a fine  che  la  volta  della  ma- 
ravigìiosa  pittura  del  Cortona  non  venga 
danneggiata,  e non  solo  a quella  il  lume 
non  si  tolga  , ma  s*  accresca  ogni  qualvol- 
ta esso  dalla  parte  opposta  alla  facciata,  j 
ha  aperto  un  arco,  che  incontrandosi  con 
un  di  quegli  del  cortile , nel  tempo  della 
mattina  dà  luogo  ai  raggi  del  sole  , il  cui 
favore  a tal  otta  essa  al  presente  non  gode. 

Da  questa  camera  di  Venere  , lascian-  i 
do  per  ora  di  seguitare  il  regio  apparta- 
meuto  delle  stanze  dipinte,  entrasi  in  quel- 
lo della  Serenissima  Granduchessa  Regnan- 
te , al  quale  mediante  la  comunicazione 
che  se  gli  dà  per  questa  parte  , si  aggiu- 
gne  decoro  a latte  quelle  sale  , e guardie, 
olir’  all*  accrescimento  delle  stanze , e la 
vaghezza  del  riscontro  di  tutte  quelle  del 
braccio  della  loggia  scoperta  sopra  le  cucine, 
e del  fianco  dell’  Anfiteatro. 

In  mezzo  ad  esse  sale  ed  anticame- 
re del  Granduca  nella  loggia  , ove  era 
stanno  i Trabanti  , ha  destinata  la  gran 
Cappella  comodissima  a tutti  gli  altri  ap- 
partamenti di  questo  piano  , unendosi  ad 
essa  tutti  i ballatoi. 


Bàrtolommeo  Ammanititi.  53i 
Dalla  parte  del  principale  ingresso  ha 
fatto  il  Coro  pe’ musici,  e dietro  all’Alta- 
re una  spaziosa  Sagrestia  , sopra  queste  i 
luoghi  per  i Serenissimi  per  quando  non 
vogliono  stare  in  pubblico,  e con  questa 
nuova  Cappella  rendesi  non  più  necessar 
ria  la  vecchia  Cappella  , ond’  è che  resta 
quel  luogo  proporzionatissimo  per  un  mol- 
to comodo  Gabinetto. 

Nell’appartamento  del  Granduca  nul- 
la ha  mutato , e solo  ha  aggiunto  dopo 
la  camera  detta  del  Trucco  un  salone  che 
torna  appunto  sopra  quello  che  resta  nel 
fondo  dell’  appartamento  terreno  , e potrà 
servire  per  solenni  audienze  ; lo  ha  scan- 
tonato negli  angoli,  ed  allargato  nel  mez- 
zo con  due  porzioni  di  circolo  per  ren- 
derlo più  vago  di  figura , e i’  ha  ornato 
di  marmi,  e mezze  colonne.  Dalla  maa 
destra  del  medesimo  dentro  alla  porzione 
del  cerchio , ha  destinata  una  Residenza 
fissa  con  i suoi  gradi , e dalla  parte  oppo- 
sta ha  disegnate  due  grandi  Gallerie,  che 
vengono  sopra  la  nuova  Libreria  e stanze 
di  cui  sopra  si  fece  menzione  ; ed  è da 
notarsi  che  nella  seconda  Galleria  ne  por- 
ta la  scaletta  segreta  , che  ha  suo  cornisi- 
ciamento  nel  vestibulo  delle  colonne  alla 
quarta  porta , per  la  quale  può  il  Serenìs- 
simo portarsi  ovunque  gli  piace.  In  testa 
a questa  medesima  sala  è una  loggia  sco- 
perta , che  torna  sopra  quella  che  si  de- 
scrisse a terreno  , portante  alla  grotta  di 


532  De<$,  I.  DELLA.  PàR.  li.  DEL  SeC.  IV. 
Micbelagnolo  ov’è  anche  Y altra  che  la 
fiancheggia  , che  viene  ad  essere  sopra  il 
p<  rtico  , dove  entrano  le  carrozze  si  con- 
duce, Per  questa  scendesi  nel  corridore,  t 
che  andando  verso  S.  Felicita  si  porta  a !i 
Palazzo  vecchio  con  passaggio  nobile,  e co-  i 
medissimo.  * 

La  Loggia  fece  poi  a fine  che  ogni  ap-  li 
parlamento  godesse  la  bella  delìzia  dello  is 
spasseggio  scoperto  , come  fin  qui  s’  è mo-  ; 
strato , avendo  i due  del  cortile  il  termine 
delle  loggie  sopra  le  cucine  , e quelli  del-  li 
la  facciala  da  una  parte,  il  Giardino,  e ’l  li 
viale  che  fino  alle  case  de’ Bini  s’estende,  j 
e dall’ altra  la  descritta  loggia  , ed  in  oltre  a 
il  Pieal  Gabinetto , ha  V altro  della  Pallac-  j 
corda  segreta.  Di  modo  tale  , che  inco-  « 
xninciandosi  a vedere  questo  piano  nobile  j 
dall’  appartamento  de’  Forestieri , dopo  es-  il 
sersi  questo  passato  , e quello  della  Sere-  j 
riissima  Principessa  , che  vuol  dire  il  giro  ;; 
d’  una  sala  con  tredici  stanze  e la  Galle-  j 
ria  , che  comunica  coll’  appartamento  dei  j | 
Serenissimo  Principe  , si  sbocca  nei  riscon-  j 
tro  delle  stanze  delia  facciata  , il  quale 
tra  '1  coperto  delle  stanze,  e lo  scoperto  l 
della  loggia  va  fino  alla  Grotta  di  Miche-  5 
lagnolo , e comunicando  per  questa  lun- 
ghezza colla  prima  anticamera  di  esso  . 
Principe  farebbe  vedere  sulla  mano  destra  $ 
una  dirittura  , che  per  la  sala  de’  Traban-  • 
ti  passando,  e per  l’ appartamento  altresi  j 
de’  Principi  forestieri  per  la  loggia  scoper*  ; 5 


Bartolommeo  Ammannati.  533 
ta  sopra  le  cucine  , e per  1’  Anfiteatro 
terminerebbe  in  un  bel  salvatico  di  lecci, 
che  ad  esso  Anfiteatro  fa  molto  graziosa 
corona;  giunto  che  si  fosse  nella  sala  del* 
le  carrozze  offerirebbesi  all’  occhio  la  bella 
prospettiva  del  Teatro  colla  sua  apertura 
ornata  di  fonti,  1’  Anfiteatro,  e tutta  la 
lunghezza  del  Giardino  fino  alle  mura  del- 
ia Città.  Nella  camera  di  Venere,  la  coni- 
11  pagna  a quella  delia  prima  anticamera  del 
Sereniss.  Principe  , e nel  salone  dell’  sa- 
pienza vedrebbesi  a mano  manca  la  prima 
Ielle  due  grandi  Gallerie,  ed  avanzando- 
ci più  oltre  scoprirebbesi  l’ altra  che  la 
Raddoppia,  e sempre  avrebbesi  avanti  per 
retta  linea  la  lunghezza  della  loggia  sco- 
,cc  perta  , che  va  fino  alla  loggia  di  IVIichela- 
gnol©  , dal  qual  termine  volgendosi  in 
lietro  si  vedrebbe  prolungato  lo  stesso 
m riscontro  fino  alla  casa  de’ Bini,  venendo 
della  dirittura  il  ponte,  e ’l  viale  che  già 
si  descrisse  nel  fine  dell*  appartamento  del 
Sereniss.  Principe,  rimaso  dietro  alle  spalle 
® nel  venire  in  giù. 

Segue  ora  il  raddoppiamento  che  si 
vede  ordinato  a questo  appartamento  in 
gota!  forma.  Ravvisasi  lungo  il  fiacco  del 
salone  dell’  audienza  opposto  a quello  del- 
le due  Gallerie  , il  disegno  dì  due  grandi 
stanze  per  il  carico,  o vogliamo  dire  ri- 
3t  torno  della  Corte  a Palazzo , nelle  quali 
potrebbesi  entrare  mediante  un  ponte  che 
mettesse  nel  viale  del  Giardino  di  Boboli 


534  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
dove  ora  passano  le  carrozze  , e ciò  per 
liberarne  I’  altre  stanze,  e per  dare  all’  Al- 
tezza Sereniss.  altre  comodità , alle  quali  ser- 
vir possano  pure  1’  altre  due  stanze , che 
a queste  seguono  appresso. 

Da  quella  che  ora  si  chiama  la  stufa 
s*  esce  in  un  passeggio  scoperto  sopra  la 
pallaccorda  segreta  volendo  ; e da  questo 
levasi  la  suggezione  col  corridore  , e ri- 
mati libero  il  passarsene  a Palazzo  vecchio 
senza  alcuna  minima  servitù  apportare  al 
regio  appartamento , per  lo  quale  è forza 
ora  il  passare.  Questo  corridore  comincia  j. 
dalla  scala  che  ora  porta  all’  appartamen-  ; 
to  della  Serenissima,  dalla  quale  scala  si  j 
conduce  lungo  il  muro  che  serra  il  cor- 
tiletto delle  colonne  , finche  giunge  a toc- 
car il  muro  del  Piegio  appartamento  , ed 
in  questo  tratto  circonda  la  loggia  suddet- 
ta, e le  fa  riparo,  essendo  alto  sopra’l  piano  del 
Dominato  passaggio  più  di  quattro  braccia. 

Nell’ estremità  dello  stesso  muro  per 
grossezza  ha  cavata  una  scala  perchè  non 
se  ne  vegga  il  tamburo  col  far  bruttezza 
al  di  fuori  , la  quale  portando  sotto  ’l  pia- 
no dell’  appartamento  del  Serenissimo  Gran- 
duca , acciò  non  abbia  la  soggezione  di 
questo  passaggio  , trova  nel  pian  de’  mez- 
zanini un  corridore  eguale  all’  altro  lascia- 
to di  sopra  paralello  alla  facciata  verso  il 
Giardino  , il  quale  corridore  ba  suo  lume 
da  una  finestra  fattagli  in  testa  nel  fianco 
del  Palazzo  che  guarda  verso  S.  Felicita  9 
e va  ad  insinuarsi  nella  testa  de’  due  por- 


Bàrtolommeo  Ammannatt.  535 
tici  già  a terreno  descritti  deli’  apparta- 
mento del  Granduca  e dell’ingresso  nel 
vestibulo  , e scende  nei  corridoi’  vecchio  , 
con  che  resta  fatto  il  comodo  , che  cia- 
scheduno possane  aver  l’uso  per  via  libe- 
ra , avendo  i Cortigiani  quella  della  no- 
minata scala  della  Serenissima,  ed  i Sere- 
nissimi Principi  delle  stanze  nuove  9 nel- 
le quali  attesta  ; restando  sempre  al  Se« 
reniss.  Granduca  il  corridor  grande  , che 
raddoppia  la  loggia  scoperta  del  suo  ap- 
partamento, 

E questo  è quanto  di  principale  , e 
di  più  conspicuo  e singolare  ho  pensato 
descrivere  deli’  ingegnoso  modello  del  no- 
bile , e virtuosissimo  Cavalier  Paolo  Fal- 
conieri , lasciando  a hello  studio  altro 
che  potrei  dirne , per  non  abusarmi  con 
eccedente  lunghezza  della  benignità  del  mio 
Lettore. 

Non  son  mancati  ancora  altri  studiosi 
che  per  lor  virtuoso  trattenimento  si  sono 
applicati  a condurre  diversi  altri  model- 
li • ed  in  quello  fatto  da  se,  che  oggi 
pure  si  ritrova  nelle  stanze  del  Beai  Pa- 
lazzo , ha  Jacinto  Maria  Marmi  (i)  nostro 
Cittadino,  e Guardaroba  del  medesimo,  fatto 
conoscere  quanta  sia  la  vivezza  del  suo  spi- 
rito , ed  il  suo  ottimo  gusto  nelle  Archi- 
tettoniche discipline. 


(i)  Padre  del  fu  Anton  Francesco  poi 
Cavaliere  di  S*  Stefano  Papa  e Munire . 


i 


536 


ALONSO  BERRUGUETTE 

PITTORE  SCULTORE  E ARCHITETTO 
SPAGNUOLG 


GIUNTA 


D I 

GIUSEPPE  PIACENZA. 

/ 


Ebbe  i natali  questo  artefice  in  Pa- 
redes  de  Nava  , terra  vicina  a Yagliadolid 
capitale  della  Castiglia.  Portatosi  egli  a Fi- 
renze, fece  sotto  la  disciplina  del  gran 
Buonarroti  rapidissimi  progressi  nella  pittu- 
ra , scultura  , ed  architettura.  Andato  quin- 
di a Roma  per  istudiar  sull’  antico,  si 
rese  cotanto  valente , che  potè  al  suo  ri- 


Alonso  Berrruguette.  53f 
torno  5n  (spaglia  distinguersi  nelle  tre  ar- 
ti del  disegno , ed  ebbe  la  rara  gloria  di 
essere  il  primo  , che  colà  ne  introducesse 
la  cultura , sterpando , per  quanto  a lui 
fu  possibile  , la  Visigotica  barbarie  * che 
in  que’  regni  gettate  avea  profondissime 
radici.  Or  per  venircene  aile  principali 
sue  opere  , si  vede  nella  suddetta  città  di 
Vagliadolid  la  reai  chiesa  di  san  Benedet- 
to ornata  in  gran  parte  di  belle  dipinture, 
sculture  , e architetture  sue  , fra  le  quali 
sono  assai  pregiate  la  statua  di  san  Bene- 
detto posta  in  mezzo  alla  chiesa  , e le  sei 
altre  statue  di  alabastro  ripartite  ne’  due 
piccoli  altari  presso  al  coro.  In  un  mo- 
nastero  assai  rinomato  de’  monaci  Girola® 
mini,  mezza  lega  distante  dalla  città,  in 
sagrestia  trovasi  un  bellissimo  altare , la 
cui  architettura  , V intaglio , e le  pitture 
sono  opere  insigni  del  nostro  artefice.  In 
Toledo  poi  alla  cattedrale  i seggi  del  coro 
collocati  allato  all’  epistola,  rappresentanti 
la  storia  del  testamento  , sono  con  mae- 
stria intagliati  dal  Berruguette  , il  quale 
scolpi  anche  al  naturale  in  un  sol  pezzo 
di  marmo  il  mistero  del  Taborre,  che  ivi 
vagheggiasi  dietro  il  medesimo  coro.  Non 
sono  però  le  fatture  dello  scarpello  le  sole 
opere,  che  in  Toledo  rimangano  per  atte- 
stare il  valore  del  nostro  artefice;  poiché 
ne  lasciò  parecchie  anche  di  suo  pennello, 
che  sono  assai  stimate.  Fra  le  altre  bea 
meritansi  particolar  menzione  il  sant’  Eu* 


538  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV» 
genio  fuori  della  porta  di  Visagro  , e la 
santa  Leucadia  vicino  alla  porta  del  Cam- 
bron.  A Sillas  nel  coro  della  chiesa  dalla 
parte  dell’ epistola  fece  altresì  alcuni  bassi 
rilievi  con  soggetti  presi  dalla  Sacra  Scrittura. 
Fu  il  Berruguette  pel  raro  suo  merito  in 
grande  onore  presso  Carlo  V , che  lo  no- 
bilitò , e dichiarollo  suo  pittore,  primo 
artefice , e direttore  delle  opere  reali.  Mo- 
rì finalmente  in  Madrid  Tanno  1645. 


5% 


MARCO  BASAITI 

PITTORE  VENEZIANO 


l 


GIUNTA 

D I 

GIUSEPPE  PIACENZA. 


D.i  Friuli  trasse  la  sua  origine  il  pre- 
sente pittore,  che  dal  Vasari  fu  per  mero  sba- 
glio diviso  in  due  diversi  personaggi,  l’u- 
no  de’  quali  si  chiamasse  Marco  Basarmi  9 
e T altro  Marco  Bassiti.  Egli  è certo  5 che 
questo  artefice  dipinse  con  istile  più  rad» 
dolcito  , dando  alle  immagini  de’Santi  una 
certa  purità  d’arte,  che  muove  gli  animi 
a divozione.  Nella  chiesa  di  san  Giobbe  in 


54®  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  17. 
Yenezia  conservasi  di  sua  mano  ali’  aliare 
di  casa  Foscara  il  Cristo  , che  fa  orazione 
nell’  orto  co’  tre  discepoli  dormienti  sopra 
un  colle  ; e nella  parte  vicina  sotto  ad  un 
volto  sono  dipinti  san  Francesco , san  Lui- 
gi , san  Domenico  , ^ san  Marco  ; nelle 
quali  opere,  che  furono  fatte  dal  Basalti 
Tanno  i5io  , in  concorrenza  di  Giovanni 
Bellino,  e del  Carpaccio,  si  vede  regnare 
una  rara  delicatezza  , e bella  unione  di 
colori.  In  san  Francesco  della  vigna  vi  è 
della  stessa  mano  una  tavola  di  un  Cristo 
deposto  di  croce  con  le  Marie.  La  pittura 
più  singolare  di  questo  artefice  non  si  ha 
dubbio  , che  non  sia  quella  , che  nella 
Certosa  pur  di  Yenezia  vagheggiasi  all*  ai- 
tar maggiore.  Rappresenta  essa  Cristo,  che 
chiama  a se  i due  apostoli  Pietro,  ed  An- 
drea ; T effigie  del  Salvatore  è dipinta  con 
un  decoro  grandissimo,  e con  azioni  pron* 
tissime  sono  figurati  gli  apostoli  ; oltre 
di  che  il  diligente  pittore  vi  formò  alcuni 
scogli,  che  pajon  veri  , e uua  spiaggia  di 
mare  naturalissima.  Altro  non  si  sa , che 
in  pubblico  vi  sia  a Yenezia , od  altrove 
di  mano  di  questo  bravo  artefice. 


54* 

FRA  FRANCESCO  COLONNA 

DELL’ORDINE  DI  SAN  DOMENICO 


GIUNTA 

D 1 

GIUSEPPE  PIACENZA, 

Sembra  cosa  approvata  , cbe  affin- 
chè taluno  possa  giustamente  essere  ascrit- 
to fra  gii  artefici  degni  di  memoria , deb- 
ba egli  aver  condotto  alcuna  opera  rag- 
guardevole , od  abbia  per  lo  meno  scritto 
ex  professo  in  una  delle  tre  arti , da  se 
studiata  daddovero , e in  maniera  tale, 
cbe  presentandosegli  qualche  occasione 
gii  sarebbe  stato  agevole  il  porsi  all’  eser- 
cizio di  quella.  Ninno  pero  di  simili  van« 
taggi  potè  ado  noi  a buona  equità  suppor- 
re in  frate  Francesco  Colonna  dell’  ordine 
di  san  Domenico,  soggetto  solamente  noto 


542  Dec.  I.  della  Par.  IL  del  Sec.  IV. 

©gli  eruditi,  per  aver  egli  incidentemente 
ragionato  di  architettura  nello  stravagante 
suo  libro  intitolato  il  Sogno  di  Polifilo  , 
io  non  ardirei  certamente  di  ragionarne 
in  questi  fogli  , ove  non  mi  autorizzasse 
1’  esempio  di  chi  modernamente  scrisse  le 
vite  de’  più  celebri  architetti.  Il  qual  dot- 
tissimo autore , il  cui  nome  finora  è sfug- 
gito alle  diligenti  mie  ricerche;,  aven- 
do tessuta , ad  una  con  le  altre , anche  la 
vita  di  questo  frate  Colonna , io  mi  farò 
gloria  di  ricopiarne  qui  le  parole,  in  at- 
testato della  particolare  mia  stima  verso 
la  sua  opera  s ripiena  di  eleganza  , e di 
erudizione.  Die’  egli  adunque  così  : » Se 
» non  fu  architetto  di  professione  , con- 
» tribuì  almeno  a ristabilire  , ed  a prò- 
» movere  la  giusta  architettura  con  quella 
» sua  opera  intitolata  il  Sogno  di  Polifilo. 
» Questo  autore,  ch’era  un  frate  Dome- 
» nicano  Veneziano , rappresenta  F archi- 
>>  tettura  nel  suo  maggior  apparato  di 
» grandezza  > e maestà  , considerandola 
» come  la  sola  scienza , che  dà  norma  a 
» tutte  le  altre , e che  abbraccia  le  più 
» sublimi  nozioni.  Egli  riferisce  a questa 
» non  solamente  F ordine  , e la  costruzìo- 
» ne  d’ogni  sorta  d’  edificio  , ma  inoltre 
» F intelligenza  perfetta  di  tutto  ciò  , che 
» deve  accompagnare  , e decorare  queste 
» grandi  opere.  Descrive  con  una  vivacità 
» maravigliosa  ogni  sorta  di  fabbriche.  E 
» quali  fabbriche?  Ua  mausoleo  compara- 


Fra  Francesco  Colonna  IJ4S 
» bile  in  altezza  alle  piramidi  d’ Egitto,  e 
» più  riccamente  ornato.  Colossi  rappre- 
» sentanti  cavalli  alati  ; elefanti  carichi  di 
» obelischi  ; statue  gigantesche  d’  uomini 
» e di  donne;  terme,  circhi,  ippodromi* 
» giardini,  fontane,  palazzi,  archi  trion-» 
» fali , tempj  , anfiteatri,  ponti,  strade  „ 
» acquedotti  , porti , navi  , fortificazioni» 
» Quanto  in  somma  di  grandioso,  e di 
» mirabile  han  saputo  fare  gli  antichi 
» nell’  auge  del  loro  buon  gusto  , e della 
» lor  potenza , tutto  è raccolto  in  questo 
» libro.  Ma  il  maggior  pregio  di  quest’o- 
» pera  consiste  nelle  giudiziose  riflessioni, 
» che  il  buon  frate  fa  sopra  ogni  edificio 
» da  lui  descritto.  E giustamente  sdegnato 
» contra  la  grossolana  ignoranza  degli  ar- 
» chitetti  suoi  contemporanei  si  slancia  lo- 
» ro  addosso  ad  aprir  1’  intelletto , per 
» isbandirne  la  balordaggine  , e sostituir- 
» vi  la  ragione.  Fa  toccar  eoa  mano,  che 
» le  regole  dell’  architettura  esigono  non 
» doversi  far  cosa  seuza  poterne  rendere 
» vera  , e convincente  ragione.  Onde  non 
» basta  , che  un  edificio  sia  solidamente 
» fondato;  conviea  , che  la  solidità  sia 
» confacente  alla  natura  stessa  dell*  edili- 
» ciò.  Nè  basta  , che  una  fabbrica  sia  or- 
» nata  con  parti  belle  ; bisogna,  che  questi 
» ornamenti  sieno  impiegati  come  richiesti 
» dalla  necessità,  e sieno  tali,  quali  si  conven- 
» gono  al  carattere,  all’  uso,  ed  alla  di- 
» giiità  della  fabbrica.  Su  questi  principj 
» egli  fa  vedere  esser  fondati  i tre  ordini 


&4i  BeC.  I.  BELLA  Par.  II.  DEL  SEC.  IV. 

» dell’ architettura  , la  differenza  de’ quali 
» era  allora  presso  che  ignota. 

» Allorché  comparve  alla  luce  questo 
» Sogno  di  Politilo,  dovette  scuoter  senza 
» dubbio  lo  spirito  degli  architetti  di  quel 
» tempo,  ed  animargli  al  miglioramento 
» della  loro  arte.  Tanto  più  che  Vitruvio 
» era  allora  ignoto , e quando  anche  ta~ 
» luno  ne  avesse  avuto  qualche  tintura  ,■ 
» Vitruvio  dà  bensì  le  giuste  regole , ma 
» Colonna  ne  ravviva  lo  spirito,  ed  eccita 
M ad  amarle  , e seguirle.  Come  questa  o- 
» pera  fu  utile  allora  , potrebbe  esserlo 
» ancor  adesso  , specialmente  ai  giovinetti 
» per  accendersi  di  nobil  ardore  a studiar 
» Vitruvio,  e la  buona  architettura.  Ma 
» lo  stile,  in  cui  è scritta,  l’ha  rinculata 
» in  qualche  scansia  alla  polvere  , ed  ai- 
» le  tignuole.  Si  ristampano  pure  tanti 
» libri , e Dio  sa  con  qual  frutto  ; con 
» poca  fatica  si  potrebbe  rifar  questo,  e 
» rivestitolo,  per  così  dire,  alF  ultima 
» moda  , si  renderebbe  giovevole  al  pub- 
» blico.  Fra  Francesco  Colonna  morì  in 
» Venezia  nel  i52o  nel  convento  di  san 
»>  Giovan  Polo  (i). 


(i)  Non  morì  frate  Colonna  nel  i52o. 
come  qui  viene  asserito  , ma  bensì  nel 
1527,  e precisamente  nel  mese  di  luglio  ; 
ciò  constando  da  libri  di  memorie  del 
convento  de  santi  Giovanni  e Paolo  di 


ili 

: 

t#  I 

Ili  I 

ti 

»,  « 

HI  , 

cìli 
1 0> 
erlo 

teli  j| 
iiat  i| 
Mal 
lata  ;j 
al- ? 
aiuti 
eoa  | 
i , e| 
lima  l 
pulì'  *| 
.ì  il  : 
gao 


fa\ 

Udì 

foil 
) di  f 


fra  Francesco  Colonna,  545 
Venezia , né  quali  libri  si  trova  piti  volte 
mentovato  il  padre  Francesco  Colonna 
Veneziano . JSelC  anno  1481.  addì  11,  di 
novembre  vien  qualificato  del  titolo  di 
maestro  , e così  pure  negli  anni  j 5oo  , 
i5ì2,  i5i8,  i523,  nel  quale  ultimo  an- 
no al  dì  ió  di  ottobre  se  ne  fa  ricordan- 
za 9 come  di  persona  decrepita . E final- 
mente legge  si  né  suddetti  registri , che  in 
età  di  ottanta  , e piti  anni  M. , cioè  ina- 
gister  Franciscus  Columna  Y. , cioè  Vene- 
tus  9 obiit  1527  mense  juìio  ; e nel  chio- 
stro primo  dalla  parte  della  Chiesa  ebbe 
sepoltura  con  epitaffio , cancellato  poi  dal 
tempo  y giusta  ! asserzione  del  padre  fra 
Marcantonio  Luciani  nel  registro  delle 
iscrizioni  sepolcrali  dì  quel  convento . lo 
non  voglio  nè  pure  ammettere  di  qui  rap- 
portare una  nota  originale  a mano  , che 
in  fine  del  libro  1 . di  Polifilo  leggesi  in 
un  esemplare  della  prima  edizione , esi* 
stente  nella  libreria  de * padri  Domenicani 
osservanti  di  Venezia  , della  qual  nota  , 
scritta  vivente  ancora  il  Colonna  9 io  ne 
trascriverò  solo  la  seguente  parte  3*  giac- 
ché la  medesima  già  fu  per  disteso  divul- 
gata nel  tom . XXXV  del  giornale  de* let- 
terati di  Italia  alla  pag.  3oo.  IViDXìl.  XX 
junii  MDXXi.  Nomea  vera m auctoris  est 
Franciscus  Columna  Yenetus , qui  fuii  or- 
dinis  pra  ed  icat  orimi  Adhuc  vivit  ( cioè  nel 
i5i2,  e nel  i5si  ) Yenetus  in  ss.  Job  a a™ 
ne  3 et  Paulo. 

Baldinucci  Voi . VII* 


35 


546 


BATTISTA  D’AGNOLO 

VERONESE 

DETTO 

BATTISTA  DEL  MORO 

PITTOR  VERONESE. 

Discepolo  di  Francesco  Torbido  detto  il 
Moro  • fioriva  circa  al  i54o. 


v^iostui  imparò  l’arte  da  Francesco 
Torbido  d tto  il  Moro,  del  quale  prese 
una  figliuola  per  moglie  , onde  fu  ancor 
esso  cognominato  il  Moro.  Dipinse  in  Ve- 
rona nella  Chiesa  delle  Monache  di  S. 
G ìs*  ppe  un  San  Giovanni  Battista,  in  S. 
Eufemia  la  storia  della  conversion  di  S. 
Paolo  * ia  S.  Fermo  una  tavola  d’ un  S. 
Niccolo  sopra  le  nuvole  , e da  piede  due 


Battista  d’àgnolo  Veronese.  547 
Santi  per  Tal  tare  delia  cappella  della  Tri- 
nità di  M.  Torello  Saraino  scrittore  della 
storia  feronese  ; accanto  alla  Sagrestia  co- 
lorì mia  Vergine  col  Bambino  , l’Àngelo 
Raffaello  e Tobia,  ed  alcuni  Aogeletti  da’ìati, 
e sopra  figurò  la  Santissima  Trinità  ; di- 
pinsevi  ancora  la  facciata  della  casa  dei 
Pedemonti.  Per  il  Duomo  di  Mantova  fece 
la  tavola  della  Maddalena.  Passatosene  a 
Venezia  nel  tempo  che  Alessandro  Vitto- 
ria eccellentissimo  Stuccatore  , Paci  Vero- 
nese , e Battista  Zelolti  abbellivano  il  bel 
palazzo  di  Murano  del  Sig.  Gammi  Ilo  Tre- 
visano , toccò  a Battista  a dipigoere  il  cor- 
tile, Fece  anche  molti  cartoni  per  gli  araz- 
zi della  Chiesa  di  S.  Marco  ; colorì  una 
facciata  d’ una  casa  del  Carmine;  e fece 
molte  altre  opere  in  quella,  ed  in  altre 
Città.  Fu  eccellentissimo  nel  lavorare  di 
minio  in  ogni  sorta  di  figure  , animali  , e 
paesi.  Ebbe  un  figliuolo  chiamato  Marco, 
che  attese  alla  pittura , dal  quale  fu  molto 
ajutato  nell’ opere.  Vivevano  costoro  nei 
tempi,  che  il  Vasari  scrisse  la  sua  Storia, 
cioè  del  i56B, 


548 

JACOPO  FRANCIA 


P1TT0R  BOLOGNESE. 

Figlinolo , e discepolo  di  Francesco 
Francia , fioriva  del  ióoo. 


D i questo  Pittore  fecero  menzione 
il  Bumaldo,  il  Cavazzone,  ed  ultimamente 
uè  ha  parlato  il  Co.  Carlo  Cesare  Malva- 
gia, Ebbe  egli  i precetti  dal  padre  ; poi 
molto  s’occupò  in  fare  devote  Immagini  di 
Maria  Vergine  per  diversi  cittadini.  Per 
la  Chiesa  di  San  Petronio  nella  cappella 
della  Madonna  della  Pace  fece  una  tavola 
che  cinge  la  sacra  Immagine,  ed  in  essa 


Jacopo  Francia.  549 

figurò  alcuni  Angeli  in  atto  di  sonare.  A 
concorrenza  del  Cotignola,  Maestro  Amico, 
e Bagnacavallo  dipinse  una  delle  storie  che 
sono  da’  lati  , nella  quale  rappresentò  la 
salita  al  Cielo  di  N.  Signor  Gesù  Cristo  ; 
ed  in  S.  Giovanni  in  Monte  vedesi  di  sua 
mano  un  Cristo  , che  apparisce  alla  Mad- 
dalena in  forma  di  Ortolano  , opera  molto 
lodata.  Fece  molti  ritratti  di  Sommi  Pon» 
telici  e di  Prelati  della  Religione  de’  Cano- 
nici Regolari  , i quali  egli  dipinse  a fresco 
nea  pilastri  della  medesima  lor  Chiesa;  ma 
poi  a cagione  del  doversi  essa  ridurre  a 
forma  più  moderna  sono  stati  guasti.  Fu 
opera  del  suo  pennello  una  Immagine  di 
Maria  Vergine  vicino  alla  casa  de’  Ratta 
sotto  un  portico  , la  quale  si  vede  in  ista ra- 
pa intagliata  da  Agostino  Caracci.  Condus- 
se altre  opere  per  diverse  Chiese  e Ora» 
torj  , cioè  per  S.  Barbaziano  , per  S.  Do- 
menico , per  S.  Rocco , per  quella  degli 
Zoccolanti  detti  della  Nunziata  , di  S.  Pao- 
lo in  monte,  e anche  dipinse  molte  storie 
a fresco  nella  Chiesa  di  S.  Cecilia  neir  O- 
ratorio  della  Morte. 


55© 


PAOLO  CALIARI 

PITTOR  VERONESE 
Discepolo  di  Giovanni  Caboti , 
nato  i532.  4-  i588. 


Di  Gabbriello  Cai  lari  » scultore  e citta- 
dino Veronese  * nacque  il  singolarissimo 
pittore  Paolo  Galiari , il  quale  negli  anni 
della  sua  fanciullezza  imparò  dal  padre  i 
principj  dell’  arte  sua  mediante  l’ esercizio 
del  modellar  di  terra.  Dice  il  Cavalier  Car- 
lo Rìdolfi , e lo  cava  a mio  credere  da 
Raffael  Borghini(j),  che  levatasi  dall’ arte 
della  scultura  fosse  posto  sotto  la  discipli- 
na del  pittore  Antonio  Badile  suo  zio,  che 
con  buon  credito  in  quei  tempi  operava 
in  Verona  , il  quale  in  San  Nazzaro  fece 


(i)  Vale  a dire  nel  Riposo . 


Paolo  Caliari  55  i 

una  tavola  di  Maria  Vergine  col  Bambino 
sopra  alcune  nuvole,  e sotto  alcuni  Santi 
Vescovi,  ed  altre  figure;  ed  in  S.  Bernar- 
do un  Lazzaro  resuscitato.  Il  Vasari  però 
che  scrisse  la  sua  storia  circa  di  80.  anni 
innanzi  al  Cavalier  Ridolfi  , e che  a fine 
di  ritrovar  notizie  a quella  appartenenti 
peregrinò  molto  per  l’Italia  , e particolar- 
mente in  Lombardia  in  tempo  che  era 
giovane  esso  Paolo  Veronese  , e fu  ancora 
amico,  e tenne  corrispondenza  di  lettere 
con  Gio.  Caroti  pittor  Veronese,  afferma, 
che  Paol  Caliari  fosse  veramente  discepolo 
di  esso  Gio.  Caroti  ; aita  quale  opinione  io 
mi  appiglio  , come  che  per  le  ragioni  an- 
tedette la  reputi  più  certa.  Questo  fu  quel 
grandissimo  pittore  , che  veramente  può 
chiamarsi  miracolo  dell’ arte  ? e che  la 
altissimo  grado  ebbe  unite  insieme  tutte  le 
sue  perfezioni,  tal  che  Fopere  sue  , siccome 
non  hanno  occhio  che  censurar  le  possa  , 
così  non  han  prezzo  che  le  possa  aggua- 
gliare. Le  sue  invenzioni  furono  così  no- 
bili , che  non  è possibile  a dirlo,  concios- 
siacosaché veggonsi  arricchite  di  personag- 
gi , d’attitudini,  di  scorci,  di  prospettive 
d’ogni  sorta  d’adornamento  desiderabile  ; le 
sue  figure  altresì  si  riconoscono  arricchite 
di  tutte  quelle  qualità  più  degne  che  pos- 
sano mai  desiderarsi,  ed  aversi  per  più 
accomodate  e proprie  all’  azioni  che  egli 
volle  rappresentare.  Sarebbe  troppo  lunga 
cosa  il  torre  a descrivere  tutte  l’opera  più 


552  DEC.  I,  DELLA  Par.  IT.  DEL  SEC.  IV, 
stupende  che  egli  fece , delle  quali  molte 
arricchiscono  le  Gallerie  della  Maestà  di 


Cristina  Regina  di  Svezia  , e del  Serenis- 
simo di  Toscana , attesoché  fra  i doni  sin- 
golarissimi , de*  quali  gli  fu  prodigo  il  Cie- 
lo, uno  fu  d'uua  così  gran  facilità  e feli- 
cità nell’ inventare  e nel  colorire,  che  in- 
finite opere  gli  uscirono  delle  mani  , e quel 
eh’ è più  senza  che  la  grandezza  del  nu- 
mero di  quelle  punto  scemasse  la  perfe- 
zione di  ciascuna.  Ed  io  crederei  ancora 
tempo  affatto  perduto  il  tornare  a descri- 
vere quello  che  già  tanti  Scrittori  , e la 
fama  medesima  ha  fatto  sì  noto,  che  (ino 
a che  durerà  il  mondo  a gloria  di  questo 
grande  artefice  se  ne  conserverà  viva  la 
memoria.  Ma  per  non  discostarmì  dal  mio 
assunto,  che  è di  rappresentare  almeno  al 
Lettore  alcune  deli’  opere  principali  d’ogni 
Maestro  : dirò  solo  degli  quattro  famosi 
quadri  fatti  per  la  Città  di  Venezia  , nei 
quali  Paolo  figurò  quattro  Conviti  , de’ 
quali  niuno  si  persuada  di  poter  mai  ve- 
dere in  pittura  nè  più  nè  meglio.  Il  primo 
fece  egli  nel  Refettorio  di  S.  Giorgio  Mag- 
giore, dove  in  un  quadro  di  braccia  venti 
rappresentò  le  Nozze  di  Gana  di  Galilea  , 
con  circa  a 120.  figure;  nel  secondo,  il 
quale  egli  dipinse  fanno  1670.  in  S.  Se-» 
bastiano  * figurò  il  Convito  narrato  da  S. 
Matteo  di  Simone , e della  Maddalena  ; il 
terzo  io  S.  Gin,  e Paolo  , e di  pi  ose  vi  l’an- 
no i5y3.  quello  che  racconta  San  Luca 


1 1 
molli 
«a  di , 

'ffliiis. , 
^UlQ. 

0 ilW 

1 e feL 
che  io. 

* e quel 
lei  mi* 
perle- 
aucora 
(tauri- 
i,  eia 
uè  fino 
questo 
in  la 
il  mio 
eoo  al  i 
dogai 
famosi  I 
i,  nei 
i,  de’ 
lai  ve- 
primo 
lìlag* 
i venti 
lilea, 
lo,  il 
^ 
è S. 
r,  il 
Fan- 
Luca 


Paolo  Caliam.  553 

fattosi  nella  Casa  di  Levi  Usurario  , e 
questo  fu  posto  in  quel  luogo  in  cambio 
del  bellissimo  Cenacolo,  che  vi  era  per 
avanti  fatto  per  mano  di  Tiziano , che  per 
il  caso  dell’  incendio  fu  consumato  dal  fuo- 
co. Il  quarto  colorì  per  il  Convento  dei 
Padri  Serviti  dove  di  nuovo  espresse  il 
Convito  di  Simon  Lebbroso  , e la  Madda- 
lena col  Signore  , con  invenzione  e dispo- 
sizione di  ligure  al  tutto  diverse  da  quello 
che  prima  per  S.  Sebastiano  fatte  aveva.  In 
queste  quattro  grandi  opere  fece  conoscere 
il  Veronese  quanto  possa  la  natura  nell’arte, 
e l’arte  nella  natura.  Fu  usanza  di  questo  ar- 
tefice il  fare  nelle  sue  pitture  un  campo  mol- 
to spazioso  , e quello  adornare  con  mirabili 
prospettive.  Si  dilettò  molto  degli  abiti  fore- 
stieri , ed  in  particolare  degli  Armeni  , e 
degli  abbigliamenti  di  femmine,  e di  ma- 
schi , i quali  attentamente  osservava  , e 
poi  se  ne  valeva  nell’ opere,  adattandogli 
mirabilmente  al  suo  bisogno  con  tanto 
giudizio  e nobiltà , che  a torto  avrebbe 
potuto  il  grande  Àpelle  , a cui  piaceva 
la  bellezza  sincera  senz’  ornamenti  , mot- 
teggiar  lui  , come  già  fece  un  proprio  di- 
scepolo, eh’  aveva  dipinta  Eleua  carica  d'oro 
e di  gioje,  dicendo,  che  ricca,  e non 
l3ella  1’ avea  faUa.  Dicesi,  che  nel  suo  boz- 
zare  fu  così  pulito  , che  nulla  più.  Nel  co- 
lorir panni,  e altro  servivasi  di  mezze 
tinte  , e dopo  aver  così  disposti  i colori  9 
é* a j alava  far  restar  indietro,  e venire  in» 


554  Dec.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
Danzi  ciò  che  a suo  bisogno  faceva  , e per 
lo  più  poneva  gli  azzurri  a guazzo,  donde 
è poi  avvenuto,  che  alcuni  male  esperti 
volendo  rilavare  i suoi  quadri , abbiano 
annullati  alcuni  de’  migliori  colpi , e delle 
più  stupende  pieghe  de’  suoi  panni.  Om- 
brava per  lo  più  i colori  de’  panni  rossi, 
gialli,  e verdi,  e anco  gli  azzurri  di  lac- 
ca ; con  che  diede  grande  accordamento 
alle  sue  storie  , e quasi  non  mai  volle 
usare  quello  che  i pittori  dicono  velare. 
In  ogni  pittura  adoperò  lacca  e minio,  e 
fece  molti  cangianti:  nel  lumeggiar  pan- 
ni per  ordinario  valevasi  del  giallorino , 
e dell’  orpimento;  nel  tocco  delle  carni  era 
spiritoso  e vivace , il  che  fu  in  lui  cosa 
maravigliosa.  Fu  il  Veronese  uomo  reli- 
giosissimo , e fra  V infinite  pitture  eh’  ei 
fece  , toltane  una  Venere  , che  rimase  ap- 
presso i suoi  eredi  , niuna  altra  pittura  si 
vede  mancante  della  debita  modestia  e 
onestà;  anziché  quella  ancora  rapisce  gli 
occhi  degli  uomini  più  per  gravità  e mae- 
stà, che  per  qualunque  altro  motivo.  Mol- 
tissimi furono  i suoi  discepoli , e fra  quelli 
Benedetto  Caliari  suo  fratello  , e Garletto 
Caliari  suo  figliuolo  , che  seguitarono  in 
tutto  e per  tutto  la  maniera  di  lui.  Ebbe 
in  grandissima  stima  il  Bassano  vecchio  , e 
tenne  per  fermo  , che  per  quello  che  spet- 
ta alla  forza  del  rilievo  egli  non  avesse 
eguale;  onde  avendo  esso  Paolo  insegnata 
l’arte  al  nominato  Garletto  suo  figliuolo  , 


Paolo  Càliarx.  555 

sperandone  gran  progressi  , l’appoggiò  al 
medesimo  Bass&no.  Fu  ancora  d’acuto  e 
vivace  ingegno,  ed  ebbe  familiari  alcuni 
detti , eh'  io  stimo  degnissimi  di  memoria» 
Cbe  non  poteva  dar  giudizio  della  pittura 
se  non  chi  operava  bene.  Che  questo  ge- 
nio era  dono  dei  Cielo , e che  l’affaticarsi 
in  essa  senza  talento , era  un  seminar  nel- 
F onde.  Cbe  la  più  degna  parte  del  pittore 
era  l’ingenuità  e la  modestia,  e che  P im- 
magini degli  Angeli  e de’  Santi  dovevano 
esser  dipinte  da  eccellenti  maestri  , come 
quelle  cbe  debbono  indurre  ammirazione 
ed  affetto.  Finalmente  siccome  egli  visse 
costumato  uomo  e religioso,  così  morì  ; ed 
ebbe  la  sua  morte  cagione  dall’  intervenir 
che  fece  ad  una  prccession  solenne  , che 
si  faceva  per  una  perdooanza  concessa  da 
Sisto  Y.  Sommo  Pontefice  , perchè  riscal- 
datosi dal  viaggio  , assalito  da  acuta  feb- 
bre in  età  d’anni  58.  nella  seconda  festa 
di  Pasqua  di  Resurrezione , il  giorno  2©s 
di  Maggio  dell’  anno  x588.  lasciò  la  pre- 
sente vita. 


556 


G10VÀNN  ANTONIO 

FASYOLO 

PITTOR  VERONESE 

Discepolo  di  Paol  Veronese  ; fioriva 
circa  V anno  i565. 


^Benché  Gio.  Antonio  desideroso  d’ap. 
prender  l’arte  della  Pittura  * dopo  aver 
coll’  ottimo  gusto  suo  osservate  1’  opere  del 
Zelotti  , e di  Paolo  , procurasse  di  far  la 
pratica  coll’  una  e coll’  altra  maniera  ; ve- 
desi  però  essersi  egli  molto  più  accostato 
a quella  d»  Paolo.  Sono  in  Vicenza  di  sua 
mano  nella  Chiesa  de*  Servi  la  tavola  de' Ma- 
gi, e in  S.  Fiocco  il  miracolo  della  Pisci- 
na , nel  quale  imitò  tanto  la  maniera  del  Ve- 
ronese che  da  molli  che  di  quest’  uomo 


GlOVANNÀNTONIO  FàSYOLO.  557 
non  ebbero  cognizione  , è stata  creduta  di 
mano  dello  stesse  Paolo.  Nel  palco  della 
Sala  di  quella  città  sodo  tre  storie  de’  fat* 
ti  di  Muzio  Scevola  avanti  a Porsene  , di 
quegli  , che  solo  contro  a Toscana  tutta 
difende  il  Ponte  , e di  Curzio  che  si  get- 
ta nella  voragine.  Operò  benissimo  a fre- 
sco , e sopra  la  casa  de’ Cogoli  pure  in  Vi- 
cenza dipinse  una  storia  morale  , figuran- 
do con  bel  componimento  i mondani  di- 
letti , e la  fugacità  del  tempo  , e dipinse 
sopra  la  casa  de’  Cìvena  la  Virtù  in  atto 
di  scacciare  il  Vizio  . In  Villa  dì  Caldogao 
nella  sala  del  palazzo  de’  Conti  Caldogni 
colorì  alcuni  gran  giganti  a chiaro  scuro 
che  divìdono  alcune  storie,  ed  altre  mol- 
te cose  fece  per  lo  territorio  Vicentino. 
In  ultimo  prese  a fare  nella  sala  deìT  au- 
dienza  del  Podestà  alcune  Virtù  molali, 
ed  altri  capricci,  e quando  ne  fu  quasi 
alla  fine , dicesi  che  per  invidia  gii  fu  rot- 
ta P armadura  del  palco  , onde  il  poveruo- 
mo cadendo , e rompendosi  una  coscia , 
essendo  egli  allora  in  età  di  44.  anni , se 
ne  morì;  fu  persona  molto  gentile,  parco 
nel  vivere  , e molto  amorevole  nell’  inse- 
gnar F arte  sua  , e fra  gli  altri  discepoli  , 
eh’  egli  ebbe  per  alcun  tempo  in  sua  scuo- 
la fu  Alessandro  Maganza,  che  poi  sot- 
to la  disciplina  del  Zelotti  riuscì  molto 
buon  Maestro. 


558 

ANTONI S MORO 


PITTORE  D’ UTRECHT 


Discepolo  di  Jan  Sckoorel;  fioriva 
del  i552. 


F ra  i discepoli  del  celebre  Jan  Sebo- 
orel  pittore  d’  Olanda  , fu  un  certo  giova- 
ne chiamato  Antoois  Moro,  il  quale  aven- 
do osservati  gli  onori , che  del  continuo 
riceveva  il  Maestro  dai  Re  , e da’  privati 
Gentsluomini,  prese  tanto  animo,  che  postosi 
a gran  fatiche  nell’  arte  del  Disegno , e 
della  Pittura  , e avendo  viaggiato  in  Italia 
per  studiar  le  bell’ opere  de’ valentuomi- 
ni , in  breve  divenne  aneli’  egli  buon  pit- 
tore , tanto  che  1’ anno  i552.  fu  per  ope- 
ra del  Cardinale  Granvela  fatto  andare  in 


Antoni»  Moro  55 g 

Is  paglia , e messo  a!  servizio  della  Mae- 
stà del  Re  Filippo  , del  quale  fece  il  ritrat- 
to, come  anche  quello  dello  stesso  Cardi- 
nale , e di  molti  Grandi  di  Spagna  0 e fu 
dall’ Imperadore  Carlo  V.  mandalo  a ritrar- 
re Giovanni  Re  di  Portogallo  , la  Regina 
sua  moglie  sorella  minore  dell’  1 m per  a do- 
rè 5 e la  lor  figlia  Sposa  del  Re  Filippo; 
pe’  quali  ritratti , oltre  ad  un  nobil  tratta- 
mento ricevuto  nel  viaggio  , e in  tutto  il 
tempo  , che  e’  dimorò  in  quelle  parti  , eb- 
be 600.  ducati  , ed  il  Regno  di  Portogal- 
lo gli  fece  un  dono  d’  una  collana  di  va- 
lore di  mille  fiorini.  Con  tale  occasione  ri- 
trasse molte  Dame  e Cavaglieri  di  quel- 
la Corte;  per  ciaschedun  de’ quali  gli  eran 
dati  100.  ducati  , ed  un  regalo  d’  alcun 
nobile  arredo,  secondo  la  condizione  di 
coloro,  pe’ quali  operava.  Molte  ancora  fu- 
rono 1’ opere , che  e’ fece  alla  Corte  del- 
l’ Imperadore,  finché  dal  medesimo  fu  man- 
dato in  Inghilterra  , dove  ritrasse  la  Regi- 
na Maria  seconda  moglie  del  Re  Filippo  , 
dalla  quale  ebbe  in  una  volta,  oltre  ad 
tina  collana  d’oro,  cento  lire  sterline,  e 
di  più  un’annua  entrata  d’altre  cento.  E 
perchè  la  Regina  era  d’ impareggiabil  bel- 
lezza , fece  del  ritratto  di  lei  molte  copie, 
che  donò  a diversi  Signori  dell’  Ordine  , 
a)  Cardinal  Granvela  , ed  allo  stesso  impe- 
ra do  re  , da’quali  lutti  fu  riccamente  ricom- 
pensato. Occorse  questo  due  anni  dopo  la 
sua  andata  in  Ispagna  in  tempo  , che  fra 


l 


56o  Dec.  I.  ©ella  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
le  due  Corone  fu  pubblicata  la  pa.ee.  Qui- 
vi giunse  a gran  segno  di  famigliarità  col- 
lo stesso  Re,  il  quale  provveddegli  i suoi 
figli  di  Canonicati , e ricche  prebende;  ma 
perchè  allora  è P uomo  piu  vicino  al  ca- 
dere , quand’egli  è più  aho  salito,  occor- 
se  questo  caso  : discorreva  un  giorno  con 
lui  quella  Maestà  assai  alla  domestica  , e 
nel  fervor  del  discorso  gli  veuue  fatto  il 
porgli  la  mano  sopra  la  spalla.  A questa 
benignissima  dimostrazione  il  Pittore,  for-  i 
se  poco  ricordevole  dell’  esser  suo  , e della 
propria  coudizioue  , corrispose  con  un  si- 
mile atto  verso  la  persona  del  Re;  ciò  es- 
sendo stato  osservato  da’  Grandi  della  Cor- 
te , subito  fu  il  Pittore  prima  con  occhia* 
te  e con  gesti  acerbamente  ripreso  , poi 
dissegli  un  di  loro  , che  gli  voleva  bene  , 
che  non  si  dee  scherzare  col  Leone  Ma 
perchè  in  quelle  parti  i’  inquisizione  di  Sta- 
to è rigorosa , questo  successo  messe  lauta 
gelosia  in  que’  Ministri  entrati  in  sospetto, 
che  egli  con  tal  sua  famigliarità  col  Re 
non  proponesse  alcuna  cosa  intorno  al  Go- 
verno de"  Paesi  Bassi  f che  Antonio  ebbe 
per  ben  fatto  il  partirsi  tosto  di  Spagna  , 
e tornarsene  in  Fiandra  , e per  occultare 
al  Re  la  cagione  della  sua  fuga  , promesse 
di  volere  in  breve  far  ritorno.  Passato  as- 
sai tempo  senza  che  Antonio  si  rivedesse 
alla  Corte  5 il  Re  gli  fece  più  volte  scrive- 
re , ma  egli  quando  con  una  , quando  con 
un  altra  scusa  cercò  sempre  di  liberarsi 


Antonis  Moro.  56i 

da  quelle  mstanze  : stettesi  io  Brusselles  al 
servizio  del  Duca  di  Alva  , al  quale  esseri, 
do  noto  tal  solìicitamenlo  del  Re  per  lo 
ritorno  di  lui  in  Ispagna  , facevagli  rite- 
ner le  lettere  , e in  tanto  avendogli  fatto 
fare  il  proprio  ritratto  , se  ne  valeva  per 
fare  anche  quelli  delle  sue  concubine  , e 
ricompensava  lo  alla  grande.  Occorse  un 
giorno , che  il  Duca  gli  domandò , che 
cosa  fosse  de’ suoi  figliuoli  ; al  che  rispose 
il  Moro  , avere  una  figliuola  maritata  ad 
un  uomo  di  gran  letteratura  ; onde  il  Du- 
ca non  vedendo  luogo  di  far  benefizio  a’fi- 
gliuoli , donò  a lui  un’  entrata  sopra  un 
tributo  della  Provincia  di  West  di  gran- 
dissima rendita  , colla  quale  egli  poi  si 
trattava  da  Cavaliere  , tenendo  molti  caval- 
li e gente  di  servizio.  In  somma  questi  fu 
uno  di  quei  pittori  , a’  quali  la  pittura 
fruttò  onori  e ricchezze;  e ciò  a gran  ra- 
gione , perchè  veramente  egli  ebbe  congiun- 
to al  suo  valore  nell’ arte  un  genio  altret- 
tanto spiritoso,  quanto  cortese,  continen- 
te, e onorato,  col  quale  si  faceva  da  tut- 
ti amare.  Altre  opere  fece  Antonio  , oltre 
a’ ritratti,  che  furono  lodatissimi , massima- 
mente per  quello  che  apparteneva  all*  ar  ie 
ideile  teste,  e dell’ attitudini.  Fra  queste  ve- 
devansi  due  quadri  dell’  Ascensione  del 
Signore  con  due  Angeli , e due  Apostoli , 
una  Danae  copiata  pel  Re  da  una  di  Tizia- 
no , e per  la  Chiesa  Cattedrale  d’  Anversa 
aveva  condotta  a buon  segno  una  tavola 
Baldirmcci  VoU  VII . 36 


562  Due.  I.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
della  Circoncisione  del  Signore , che  sareb- 
be riuscita  una  bella  cosa,  se  non  eh’ e’ fu 
sopraggiuuto  dalla  morte  , e quella  rimase 
imperfetta.  Restarono  appresso  i suoi  figli- 
uoli opere  assai  lodate , che  di  poi  le  ten- 
nero in  gran  pregio  più  per  la  rarità  di 
esse , che  per  eccedente  bontà , perchè 
quantunque  si  veda  in  quelle  buon  colo- 
rilo e buon  disegno  , mancano  però  d’ li- 
na celta  squisitezza  d’invenzione  e com- 
ponimento , e piuttosto  tirano  al  tagliente 
e secco.  Filibien  Franzese  afferma , che  agii 
anni  addietro  vedevasi  in  Parigi  un  qua- 
dro di  sua  mano  stimato  la  miglior  opera 
eh'  e’  facesse , composto  di  cinque  figure, 
cioè  un  Cristo  resuscitato,  ed  appresso  S. 
Pietro  e S.  Paolo , e due  Angeli  sopra. 
Un  ritratto  a)  naturale  di  quest’  artefice 
di  più  che  mezza  figura , veramente  bel- 
lissimo e di  sua  propria  mano  , perven- 
ne ultimamente  in  potere  del  Serenissimo 
Granduca  Cosimo  111.  di  Toscana , che 
gli  ha  fatto  dar  luogo  nella  tanto  celebre 
stanza  di  Ritratti  delle  proprie  persone  di 
singolarissimi  pittori,  e di  mano  de’ mede- 
simi , nella  Reale  Galleria , e per  entro  il 
quadro  è una  cartella  con  alcuni  versi 
Anacreontici  in  Greco  Idioma,  ridotti  poi 
in  lingua  Latina  , e nostra  Toscana  di 
commissione  dello  stesso  Serenissimo , dal 
dottissimo  Antonio  Maria  Salvini  Lettore 
Pubblico  di  Lettere  Greche  nello  Studio 
di  Firenze,  di  cui  altrove  ci  conviene  par- 
lare , e sono  i seguenti  : 


& teftvÌTov.  JSam  Pseudo-morus  iste  O eccellerne  fabro! 

O 'ipevdóuQpog  ovrot;  Fors  , More  » Del  loquetur • Poiché  questo  fiuto  Moro 

Mópe,  HmÀaÀri&SL  Forse,  o Moro,  parlerà» 


Antonis  Moro. 

w X W > H £J 

<S  ^ >NÌ  53 

2 « *•* 

5't-l-  §* 

« p»  t»5  ^ n 


§ M 

cj 

e § 


rn 

7&  lo 

^ ^ e? 

«S*  *ì 

o*  c,  $ 

2 ^ 

^ ir  5* 

• *v 
o 
'n 


W H 

Oì.  <2i 

§ > 
- a : 

e*  ^ 

on 

ori. 

^ " 
S4*. 
* % 
l N 

I S- 
£•  ^ 
^ o 


563 


-&■  £ *0 
a S>  "5 

R 

£ R O 

R 

£ 

? c-^ 

S~  é fi- 

co 

e»j  *>* 

o 

et  <>  R 

& 

*ȣ 

0> 

R R 

•s-  5:  5 

^ a ^ 

S 

c£ 


2 crq- 
R R 

r~.  ^ 

$?*  a 


R Cfc 
§ » 


•5  £. 


8 £ 
§ - 


a ’ 


5* 

e*  • N 

1 I 

O R 
R 0) 

* ^ 
C R 
R O 
C *> 

* > 
R § 

è 8 


© 

•“5 

cr 


o 

o 

r> 

D- 


? 2 

W 

a 

W 

ai- 

*L 

P *73 

M-. 

•» 

c ^ 

p 

c 

?--§ 

P 

r* 

◄ 

5. 

o 

a 

et 

'-*  P 

cr 

co 

Sri 

Q-  w 

et 

C 

sT  B 
O 95 

cr 

p 

*73 

rt 

c 

o p 

p 

O- 

e* 

qui 

aro 

CTi 

CJQ 

P 

•-3 

• 

& 

P 

P 

« 

'”“  n 

-»  2. 

n>  - 


g,  « 

S sr 

p-  ► 
e b ^5 


a 

p “ 
p » 

S’  6S 
£L  <*' 
ET!  c 

*“  CO 


Enfiai*  xivos  yap  elxòv  \ Papael  est  ima°o  cujusl  Gnaffe!  dì  chi  il  ritratto? 
Top  ZavpàrpQV  purrv,  Qui  Zeuxin  atque  Apellen,  Dell*  ottimo  Pittore; 


564 


BERNARDINO  CAMPI 

FITTOR  CREMONESE 

Discepolo  di  Polito  Costa 
l522«  “j”  • • • 


Oe  io  quella  guisa  appunto , che  sem- 
pre si  loda  la  fama  di  veloce  e sollecita 
Bel  portar  ch’ella  fa  in  un  momento  dall’uno 
all’altro  polo  l’opere  egregie  degli  Eroi  , e 
le  triste  de’  malvagi  uomini  > si  potesse  ella 
sempre  lodare  di  fedele  e di  veritiera , 
troppo  felice  sarebbe  il  mondo  : ma  non  è 
altrimenti  così;  anzi  non  ha  ella  in  se,  a 
mio  parere , più  apparente  cagione  d’  esser 
chiamata  falsa  e mentitrice  , che  Tesser 
troppo  sollecita  , mercè  che  riconoscendo 
ella  bene  spesso  i proprj  principi  da  vani 


Beena&dtn  Campi.  §65 

®!ealecci  d’uomini  di  poca  levatura,  non 
solo  a quegli  non  contraddice , ma  facendo 
d’  ogni  erba  fascio  , il  tutto  riceve  , il  tut- 
to accetta  , e per  conseguenza  il  tutto  por- 
ta » tanto  che  è forzata  la  meschina  , do- 
po aver  talvolta  pieno  il  mondo  di  sue 
menzogne  5 ricreder  se  stessa,  ed  esser  da 
se  medesima  in  ogni  parte  apportatrice  di 
quelle  verità  , che  la  dichiara»  poi  appres- 
so tutti  ingaunatrice  e bugiarda.  Non  è 
in  somma  sempre  vero  , che  ciò  che  pre- 
sto s’ intende , si  sappia  per  certo  e indù® 
bitato  ; anzi  verissimo  è quel  nostro  pro- 
verbio , che  chi  desidera  sapere  i fatti  ve- 
ri e le  nuove  certe  deve  aspettare  il  zop- 
po , eh* è quanto  dire,  non  dovetegli  cre- 
dere al  primo  avviso , ma  aspettare  , che 
il  tempo  le  chiarisca.  Quindi  è , che  gran- 
de dee  dirsi  il  cimento  di  chi  toglie  a scri- 
ver molto  , e di  fatti  seguiti  di  tresco , e 
ne’ suoi  tempi  , mercè  che  non  potendo  un 
solo  saper  tutte  le  cose , gli  è forza  il  far 
capitale  dell’ altrui  notizia,  la  quale  per 
lo  più  appoggiata  a ciò  che  in  breve  gi« 
rar  di  lustri  ha  portato  , e riportato  la  fa- 
ma , è sempre  soggetta  ad  errori.  Merita 
dunque  qualche  compassione  il  per  altro 
celebre  scrittore  delle  Vile  de’  nostri  Arte- 
fici , Giorgio  Vasari  , se  nello  scriver  ch’e’fe- 
ce  d’  alcuni  de’  tempi  suoi , e di  paesi  lon- 
tani dalla  sua  patria  , egli  in  alcune  cose 
s’  ingannò  , e non  dette  nel  segno  3 anzi 
&on  pure  merita  egli  sGusa , ma  lode , 


§66  Dec.  I,  della  Par,  TI.  del  Seg.  I?. 
mercè  che  tale  suo  cimento  non  ebbe  al- 
tro per  fine  , che  di  far  note  al  mondo , 
giusta  sua  possa,  le  azioni  de’ Virtuosi  di 
quell' età,  e di  dare  al  merito  della  virtù 
il  dover  suo  ; e dee  considerare  ogni  di* 
scretc  , non  esser  egli  stato  il  primo  Scrit- 
tore , che  dalla  fama  , di  cui  il  Poeta  : 
Tarn  fiati  pravique  tenaoc  quam  nuncia 
veri , e dai  detti  degli  uomini  di  senno 
sia  talvolta  rimasto  ingannato.  Questo  ve- 
diamo essergli  occorso  quanto  mai  in  al- 
tra occasione  nel  parlar  eh*  e’ fece  delit- 
tori Cremonesi  ; perchè  volendo  egli  far 
menzione  de’  più  sublimi , non  solo  ne  la- 
scio molti,  che  pure  allora  vivevano  con 
qualche  grido,  parlando  d’altri  non  tanto 
rinomati  , ma  nel  parlar  di  quegli  cambiò 
molte  cose.  Lasciò  di  parlare  d’  un  Gio. 
Battista  Cambi , detto  dei  Bombarda , e di 
Sinodoro  suo  figliuolo  , scultori , e ne’  bas- 
sirilievi  molto  lodati  ; d’ un  Brunorio  Cara- 
bi nipote  di  Gio.  Battista , detto  pure  dei 
Bombarda  , ancor  egli  buono  scultore  ; 
d’  un  Francesco  Bembo  detto  il  Vetraro  , 
del  quale  altro  non  disse  , che  quattro  go- 
le parole  nella  vita  di  Pulidoro  sotto  no- 
me di  Gio.  Francesco  Vetrajo  ; siccome 
ancora  lasciò  di  far  menzione  o poco  dis- 
se d’ altri  stali  avanti  a costoro;  di  quel- 
T Andrea  Cremonese  celebre  in  far  meda- 
glie , del  quale  parla  Raffaello  Volterra- 
no ; d’  Antouio  della  Corna  ; d’  Alessandro 
Pampuj’ino  ; di  Tommaso  Fadiui  ; di  Cri- 


Bernardino  campi.  56f 

slofano  Moreto  e d’  altri  ; e finalmente  di 
Bernardin  Campi  , del  quale  ora  siamo 
per  dare  notizia  , pittore  molto  celebre  , 
non  disse  neppure  una  parola  , anzi  alcu- 
ne sue  rinomate  pitture  attribuì  egli  a 
Giulio  Campi,  eh’ e’ chiamò  figliuolo  di 
Galeazzo  Campi , siccome  ancora  volle  , 
che  esso  Giulio  fosse  maestro  di  Sofonisba 
Angusciola  , e sue  sorelle  celebri  pittri- 
ci ; quando  in  vero  aviamo  per  lettere  di 
mano  della  stessa  Sofonisba  , ch’ella  rico- 
nobbe per  maestro  il  nostro  Bernardino, 
e lo  stesso  afferma  Alessandro  Lamo  nel 
suo  discorso  ; siccome  anche  ne  fa  fede 
una  lettera  scritta  dal  pittore  Francesco 
Salviati  Fiorentino,  come  più  chiaramente 
dimostreremo  nelle  notizie  delle  medesime 
Donne.  Ma  per  venire  ormai  a parlare  del 
Campi , è da  sapersi , come  in  quei  tempi 
appunto  , che  gli  tre  insigni  pittori  Ber- 
nardo Gatti , detto  il  Sojaro , degno  di- 
scepolo del  Coreggio , il  nominato  Giulio 
Campi,  e Cammillo  Boccacciuo  davan gran 
saggi  di  lor  vii  tu  nella  città  di  Cremona 
lor  patria,  dico  dell’anno  IÒ22.  nacque 
ideila  stessa  città  d’ un  tale  Pietro  Campi 
Orefice  dì  buono  ’ngegno  e d’  onorati  co- 
stumi questo  Bernardino  , il  quale  ne’  suoi 
primi  anni  attese  al  mestiere  del  padre. 
Occorse  un  giorno  , eh’  e’  s’  abbattè  a ve- 
deve  una  gran  tela  dipinta  da  Giulio  Cam- 
pi , che  doveva  servire  per  un  panno  d’a- 
razzo * da  farsi  per  i Canonici  di  S.  Maria 


568  Dec.  I.  dilla  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
della  Scala  di  Milano  , dove  il  Campi  ave- 
va dipinta  una  Vergine  Annunziata , ed 
un’  Adorazione  de’  Magi , invenzione  di  R.af- 
faello  da  Urbino  ; il  perchè  preso  da  gran, 
gusto  di  quell'  opera , sentì  in  un  subito 
accendersi  di  tanta  voglia  di  divenire  an- 
eli’ egli  pittore , che  fu  necessitato  il  pa- 
dre per  compiacersi  d’ applicarlo  a quel- 
T arte  , e messelo  nella  scuola  del  medesi- 
mo Giulio  Campi  : ma  perchè  costui,  tut- 
todì’e"  fosse  in  credito  di  buonissimo  pit- 
tore, non  si  teneva  in  posto  di  molta  ono- 
revolezza  , mercè  l’attender  eh’ e’ faceva 
ad  ogni  occasione  che  veniva.  Non  piacen- 
do a lungo  andare  a Bernardino  questo 
suo  modo  , ed  avendo  anche  inteso , che 
nella  Città  di  Mantova  il  celebre  Giulio 
Romano  faceva  con  proprio  disegno  e car- 
toni dipingere  a Rinaldo  Mantovano , e 
Fermo  Guiso  io  quel  Castello  le  Storie  Tra- 
jane , e ohe  anche  colà  si  trovava  Ippolito 
Costa  di  lui  discepolo  , col  quale  potè  for- 
se essere  , che  il  padre  suo  avesse  amici- 
zia , ottenne  daini  d’ esser  tolto  da  quella 
scuola  , ed  a Mantova  esser  incammina- 
to per  trattenersi  appresso  dello  stesso  Ippo- 
lito Costa,  e nella  propria  casa  di  lui.  Qui- 
vi Bernardino  sotto  l’ indirizzo  di  tal  mae- 
stro apprese  la  maniera  di  Giulio  Romano,  e 
fecesi  pratico  io  breve  tempo  nel  colorire  a 
olio,  e nel  ritrarre  al  naturale;  tanto  che  ve- 
nuto l’anno  1.541.  tornatosene  alla  patria  in- 
cominciò a farsi  conoscere  per  buon  pittore 


Bernardin  Campi.  56§ 

Le  prime  opere  eh’ e’ vi  facesse  furono  le 
pitture  della  casa  di  Formegusa  di  Rena- 
to Trivuìzio  , in  cui  rappresentò  storie  di 
Minerva,  ed  altre;  fece  poi  alcune  tavole 
per  le  Chiese  di  S.  Giacomo,  e S.  Agata* 
ed  operò  in  S,  Sigismondo  fuori  della  Cit- 
tà. Fece  i ritratti  di  Bartolommeo  della 
Torre  , di  Galeazzo  Cambi  * detto  dei 
Bombarda  Cremonese,  uomo  molto  re- 
putato ne’  suoi  tempi  , e da  Francesco 
Secondo  Sforza  assai  favorito  , e eoa 
molti  titoli  , e privilegi  onorato.  Del  i564. 
desiderando  D.  Ippolita  Gonzaga  alcuni 
astratti  di  Uomini  Illustri  , che  erano 
nel  Museo  di  Monsignor  Giovio  a Como, 
mandò  per  il  Campi  ed  accompagnato  con 
un  suo  Segretario  V inviò  a quella  Città. 
Trovavasi  appunto  ( per  lo  stesso  effetto 
di  ricopiare  ritratti  d’ Uomini  Illustri  per 
il  Museo  della  Reai  Galleria  di  Palazzo 
Vecchio  , mandatovi  dal  Granduca  Cosimo) 
Cristolano  dell’  Altissimo  (i)  , Pittore  Fio- 


(i)  Di  Cristofano  cìeW  Altissimo  9 
come  pittore  , parlano  quelli , che  de' Pit- 
tori hanno  trattato . E di  Cristofano  del - 
V Altìssimo  Scrittore  Fiorentino  parlano 
quelli , che  degli  scrittori  ragionano  con 
piccolo  intervallo  di  tempo  , di  modo  che 
due  Professori  di  merito  non  possono  es* 
ser  creduti  uno  scio . 


I 


S70  Dec.  I,  della  Par.  II.  delSec.  IY. 
reatino  , il  quale  cosi  volendo  quella  Prin- 
cipessa , finito  che  ebbe  il  Campi  i suoi 
ritratti , insieme  con  lui  , e col  Segretario 
se  n’andò  a Milano , dov’  ebbe  anch*  egli, 
a concorrenza  di  Bernardino  a far  due 
ritratti  di  quella  Signora , la  quale  sti- 
mando più  quello  del  Campi  , fece  un 
dono  al  medesimo  degli  due  fatti  dall’Al- 
tissimo , con  aggiunta  d’  altri  onerati  re- 
gali, e dichiarollo  per  scrittura  fermata 
di  sua  mauo,  famigliare  di  quella  sua  Ca- 
sa ; i due  ritratti  dell'  Altissimo  furo»  poi 
donati  da  Bernardino  , uno  a Giuliano 
Goselino  (1) , e 1*  altro  ad  un  Cavaliere 
di  Cigoarca.  In  questo  anno  essendosi  già 
sparsa  la  fama  del  suo  valore , trovasi  ès- 
sergli alata  scritta  una  lettera  di  molta 
lode  da  Francesco  Salviati  pittar  celebre 
in  data  de’  28.  d'  Aprile  , nella  quale  , fra 
l’ altre  cose  vien  fatta  menzione  di  Sofo- 
uisba  Angusciola  di  lui  discepola.  Io  essa 
Città  di  Milano  t dov’  egli  s’  era  portato 
ancora  insieme  col  nominato  Gio.  Battista 
Cambi  ne’  tempi  di  Calisto  da  Lodi  , fece 
egli  pure  molt’  altri  ritratti , e fra  questi 
quello  d’  Alessandro  Sesto  Cavaliere  Mi- 
lanese , di  Niccolò  Secco  ( 2 ) Capitano  Ge- 


(1)  Fu  segretario  di  Ferrante  Gon- 
zaga , di  cui  scrisse  la  vita . 

(2)  Gentiluomo  Bresciano  fu  uomo 
dì  spada , e di  toga  5 di  cui  sono  alle 


Bernardin  Campi.  £71 

aerale  di  Giustizia  di  quello  Slato,  di  Pol- 
lila figlia  di  Don  Ferrando  Gonzaga  Go- 
vernatore di  Milano  , il  quale  fece  ad  in- 
stanza  di  Carlo  Quinto,  e quello  della 
Principessa  di  Mansfelt  ; di  Faustina  Mar- 
chesa di  Caravaggio  , di  Violante  Sforza, 
di  Jacopo  da  Trezzo  celebre  gettalor  di 
metalli,  e bassirilievi  , il  quale  Tanno 
1584.  servì  la  Maestà  del  Re  Cattolico 
in  israfo  di  molta  grazia  , per  cui  scolpì 
in  un  diamante  T Arme  Reale  di  Spagna, 
e ritrasse  ancora  Gio.  Fidarola  Governa- 
tore di  Milano.  Per  lo  Marchese  di  Pe- 
scara fece  ritratti  di  Prospero  Colonna, 
del  Cardinale,  di  Vittoria  Colonna  , del 
Marchese  di  Pescara  suo  zio , di  Andrea 
d’ Oria  il  vecchio,  e d’  altri  di  lui  con- 
giunti. In  un  giardino  di  Stefano  di  Rho 
dipinse  bellissime  storie , e fra  queste  il 
Convito  degli  Dei.  Con  proprio  disegno 
fece  dipignere  a Giuseppe  da  Meda  nella 
casa  de’lNegroli  all’  intorno  d’ una  salagli 
amatori  di  Cupido,  e Psiche,  ed  egli 
medesimo  dipinse  sopra  M cammino  lo 
Sposalizio.  Colorì  insieme  con  Anton  Por- 
denone nella  casa  dei  Pecchi  la  favola 
d’  Olimpia  , e fecevi  varie  invenzioni  che 
furono  poi  colorite  dal  Pordenone.  Ven- 
itegli desiderio  di  vedere  le  insigni  pitture 


stampe  alcune  poesie  latine  %ton  tutte  li* 
guati. 


572  Dec.  T.  della  Pàb.  IL  del  Sec.  ÌV. 
del  Coreggio,  di  Gio.  Antonio  Pordenone, 
di  Francesco  Mazzuoli , e di  Michelagnolo 
Sanese  ; che  però  volle  portarsi  a Piacen- 
za , Parma  , Leggio  , e Modena  , onde 
trasse  non  minore  utilità  che  piacere,  e 
tornato  a Milano  dipinse  insieme  con  An- 
tonio da  Udine,  detto  il  Moretto,  alcune 
Storie  della  Passione  in  S.  Vittore,  e nel- 
la Casa  d’  Alessandro  Castiglione  diverse 
favole.  Al  soprannominato  Giuseppe  da 
Meda  fece  con  suo  disegno  dipingere  un 
fregio  di  pattini  nella  facciata  della  casa 
del  Castino.  E a Daniel  Cunio  fece  pure 
con  proprj  disegni  e cartoni  colorire  una 
tavola  di  Nostro  Signore  per  la  Chiesa 
di  San  Bernardino.  Venuto  il  tempo  delle 
nozze  del  Duca  Guglielmo,  se  n’andò  a 
Mantova , dove  copiò  gli  undici  Cesari  di 
Tiziano  , e v’  aggiunse  il  dodicesimo  , che 
fu  Domiziano  ; nella  qual  figura  egli  imi- 
tò così  bene  la  maniera  , il  colorito  , e la 
resoluzione  di  quel  grande  artefice,  che 
dicesi  , che  da’professori  stessi  non  era  poi 
riconosciuto  questo  suo  fra  gli  altri  di 
quella  mano.  Di  questi  ritratti  fece  quat- 
tro copie,  che  douò  a diversi  Principi 
d’Europa.  A Girolamo  Malagavazzo  , gio- 
vane allora  di  gran  vivacità,  fece  dipi- 
gnere , forse  con  suo  disegno  , uua  tavola, 
eh’  era  stata  data  a fare  a lui  per  la  Chie- 
sa di  S.  Silvestro  di  Cremona  coll’  Imma- 
gine di  Maria  Veraine,  e ’l  Bambino,  S. 
Francesco  , e S.  Ignazio  Martire  : furono 


Bernardin  Campi.  BnS 

anche  fatte  con  sua  invenzione  e disegno 
le  Storie  de’ fatti  di  Carlo  V.  Nella  casa 
<le’  Ss.  Trivulzi  da  Girolamo  di  Lione  Da- 
nese, e Cuoio  Milanese,  che  fece  bene  1 
Paesi  , e sotto  ’i  tavolato  della  loggia  di- 
ci tto  puttini  quanto  il  naturale  in  di- 
versi partimeuti  con  imprese  de’  Trivulzi , 
e un’  infinità  d animali.  Dipinse  Bernardi- 
no la  bella  tavola  dell"  Assunzione  di  Ma- 
ria Vergine  con  gli  Apostoli,  S.  Alessandro 
e S.  Gìo,  Battista  , che  fu  posta  nella  cap- 
pella maggiore  di  S.  Alessandro  in  Mila- 
no, nella  quale  si  fece  ajutare  a Carlo  Ur- 
bino Cremasco  : essendosi  finalmente  il 

Campi  trattenuto  in  Milano  per  lo  spazio 
di  più  anni  , venuto  1’  anno  i56i.  volle 
far  ritorno  alla  patria,  dove  in  compagnia 
del  Coriolano  , e del  Malagavazzo  fece  la 
tavola  del  Battesimo  del  Signore  , che  fu 
mandata  a Caravaggio.  Per  Ermes  Stampa 
Marchese  di  Soncino  dipinse  un  Cristo  in 
Croce,  la  Madonna,  e S.  Giovanni  per 
F Oratorio  della  Rocca  di  quella  Terra , 
nella  qual  opera  fecesi  ajutare  a Vincenzio 
Campi  minor  fratello  di  Giulio  , e d’  An- 
tonio,, che  operarono  molto  in  Milano , e 
dipinse  assai  nella  Chiesa  principale  di 
Pizzighittone  Fortezza  del  Cremonese.  L’an- 
no 1670.  incominciò  a colorire  la  Tribuna 
di  S.  Sigismondo  di  Cremona  , opera  di 
56.  braccia  di  circuito,  e d’altezza  tale, 
che  le  figure , che  da  terra  appariscono 
grandi  quanto  il  vero  5 in  opera  sono  di 


5?4  Dec.  I.  della.  Par.  li.  del  Sec.  IV. 
sette  braccia.  Vedonvisi  rappresentate  (la 
basso  infinite  figure  del  Testamento  Vec- 
chio , e Nuovo , e nella  più  alta  parte 
gran  numero  di  Serafini  compresi  da  un 
chiaro  splendore.  Per  la  stessa  Chiesa  fece 
due  tavole , e altre  pitture  a fresco  ; co- 
lorì la  tavola  delia  cappella  de*  Celderoli 
per  la  Chiesa  di  S.  Francesco  : ed  è di 
sua  mano  la  facciata  della  Chiesa  del  già 
Bernardino  Cretto  dalle  Beccherie  Vecchie, 
e in  Caravaggio  la  cappella  del  Corpo  li 
Cristo.  Sarebbe  impossibile  il  dar  notizia 
di  tutte  le  pitture  , che  egli  fece  a parti- 
colari persone.  Dicesi  , che  egli  dipignesse 
per  Marcantonio  Aresio  Potestà  di  Cremo- 
na sotto  la  loggia  del  giardino  di  Palazzo 
il  ritratto  di  lui  così  al  vivo  , e in  atti- 
tudine sì  pronta  , che  un  cane  di  quella 
casa  fu  più  volte  veduto  correre  verso 
quella  figura  per  fargli  festa  , e che  mol- 
ti nell’ entrar  d’improvviso  in  quella  log- 
gia presi  da  subito  timore  si  ritiravano  , 
cosa  che  non  solo  accadde  ai  forestieri  f 
ma  ancora  ad  alcuno  de’  figliuoli  di  quel 
Signore,  in  somma  fu  il  Campi  uu  valo- 
roso artefice,  e quanto  ahri  mai  spedito 
nell’  operare.  Compose  un  trattato  della 
Pittura  , che  va  per  le  stampe  insieme  col 
Discorso  d’  Alessandro  Lamò.  Ebbe  molti 
discepoli  , e impararono  i’  arte  da  lui  la 
valorosa  pittrice  Sofonisba  Anguseiola  , 

© le  sue  sorelle  , come  mostreremo  nelle 

notizie  loro.  Fu  anche  suo  discepolo  Cri- 


Bernardin  Campi.  5^5 

Stefano  Magnano  da  Przzigheftone  , Gio. 
Battista  Trotto  Cremonese  , e Francesco 
Somenzio.  Ebbe  un  altro  discepolo  chia- 
mato Andr  ea  Mai  nardo  § che  seguitò  la 
maniera  del  maestro  , ma  riuscì  debole  ; 
fece  però  in  Cremona  molte  opere  in  di- 
versi luoghi  in  rompa  gii  la  d’  un  tale  Mar- 
cantonio suo  nipote,  e questo  Andrea  fu 
maestro  di  Carlo  Natali  architetto  , e pit* 
fore  , che  mentre  io  queste  cose  vo  scri- 
vendo , dico  nel  1680  vive  in  età  dì  68. 
anni , del  quale  parleremo  a luogo  suo„ 
1/  anno  1578.  andò  a stare  appresso  il 
Campi  Andrea  da  Viadana  ; del  1679.  Giu- 
liano di  Capitani  da  Lodi;  e dei  i58i. 
Andrea  Marliano  Pavese.  Quando  seguisse 
la  morte  di  questo  artefice  non  è a no- 
stra notizia.  Sappiamo  però  che  egli  del 
i584*  viveva  in  età  d’anni  55. 

Non  voglio  lasciar  di  dire  in  questo 
luogo  , come  ne'  tempi  di  Bernardino  ope- 
rò in  Cremona  un  Architetto  di  quella 
patria,  chiamato  Francesco  Datlaro  Picei» 
fuoco  , il  quale  dell’  anno  1569.  fece  il 
disegno  dell’  Altare  del  Santissimo  Sacra- 
mento nella  Chiesa  maggiore,  dove  poi  di- 
pinse esso  Bernardino  , e Giulio  Campi , 
c raccomodò  il  Palazzo  pubblico  , che  si 
trovava  in  pessimo  stato  , rendendolo  bel- 
lo, e comodo  all’esercìzio  di  tutti  gli  Ufi- 
zj,  e Magistrati. 


676 


MARINLJS  DE  SEGU 

PITTORE  DI  ROMERSIOLA.EN 


iorì  questo  pittore  ne9  tempi  di 
Fra os  Floris  5 tenne  una  maniera  bella  non 
molto  finita.  In  Middelborgh  in  casa  deì 
Vintgis  era  di  sua  mano  un  quadro  , do- 
v*  egli  aveva  rappresentato  un  Gabelliere 
sedente  al  suo  telonio  ; opera , che  per 
attestazione , che  ne  fa  Carlo  Vanmander 
pi  iter  Fiammingo  9 era  stimata  cosa  mara- 
vigliosa  ; nè  altra  notizia  abbiamo  di  quo- 
to artefice# 


5 77 

AUGUSTYN  JORISZ 


PITTORE  DI  DELFT 

Discepolo  di  Jacob  Mondi;  ; 
nato  i5s5.  + i55a„ 


T ia  città  di  Belft  si  gloria  d*  aver 
dato  al  mondo  assai  celebri  pittori , e fra 
questi  il  buon  pittore  Agostino  di  Giorgio* 
il  quale  nacque  Fanno  1626.  il  cui  padre 
faceva  la  birra.  Questi  lo  messe  ad  impa- 
rar P arte  della  Pittura  appresso  un  tale 
Jacob  Mondt  pittore  ordinario  , col  quale 
tre  anni  si  trattenne  ; partitosi  dipoi  se 
ir  andò  a Maiines  nel  Brabanie  , città 
Baldinucct  KoL  KM*  3y 


SyB  Dec.  I,  de  llà  Pah.  TI.  d^l  Sec.  IV. 
tra  Brusselles  e Anversa  , dalla  qual  città 
di  Alali nes  abbiamo  noi  le  bellissime  Tri- 
ne dette  di  Malines  , che  si  haano  per  le 
più  pregiate  , che  ci  mandi  la  Fiandra. 
Quivi  dimorò  alquanto  appresso  un  altro 
maestro  * e di  lì  se  n’andò  a Parigi  , do- 
ve si  mise  a stare  con  maestro  Pierre  de 
la  Gufile  intagliatore  in  rame , di  cui  in- 
taglio si  veggono  fra  F altre  cose  le  tre 
Parche  di  Rous,  e un  Paradiso  in  un  qua- 
dro visto  di  sotto  in  su.  Questi  non  era 
pittore  , e viveva  qui  con  un  suo  fratello, 
il  quale  teneva  alle  proprie  spese  appresso 
di  se  tre  professori  eli  quest"  arti , un  o- 
refice , un  pittore,  e tya  intagliatore  di 
figure  di  rilievo;  sicché  Agostino  s aggiun- 
se per  quarto  ad  operar  con  loro  : stese- 
vi cinque  anni  , dopo  i quali  si  tornò  a 
Delft  portando  seco  molte  cose  fatte  di 
sua  mano,  che  in  quella  città  gli  avevan 
dato  gran  nome.  Ebbe  lode  negl’  intagli 
di  figure  grandi,  e fu  molto  approvato  il 
suo  modo  di  dipigoere,  perchè  era  ben 
ordinato  , e di  buona  invenzione.  Ln  casa  ! 
un  suo  fratello  in  Oeìft,  eh’  esercitava  il 
mestiere  dell’  orefice  , vede 'ansi  V anno 
3604,  alcune  sue  pitture  , e particolarmen- 
te una  S.  Anna  assai  beba,  Non  si  sa  ch’e- 
gli facesse  mai  paesi  , ma  seppe  bene  gua- 
dagnarsi buon  nome  rebe  figure;  e certo 
che  egli  sarebbe  di  queste  belle  arti  giun- 
to agli  ultimi  segni,  se  morte  crudele  trop- 
po per  tempo  , e miseramente  quanto  mai 


ÀUGTJSTIN  ÌORISZ.  579 

dir  si  possa  , non  avesse  troncato  il  fi- 
lo a' suoi  giorni  , il  che  occorse  nel  se- 
guente modo.  E costume  in  quelle  parti 
dell’ Olanda  1’  aversi  certi  pozzi  , o fossi 
d'  acqua  sorgente  , e ancora  alcune  eter- 
ne per  cavar  l’acqua  piovana,  che  più 
dell’  altra  serve  loro  a purgare  i panni. 
Che  però  bene  spesso  appresso  una  casa 
ne  sono  più  d’  una,  e da  queste  ne  cava- 
no per  via  di  tromba  quella  quantità,  che 
a lor  bisogno  ad  ognora  è necessaria.  Oc- 
corse , dopo  che  Agostino  fa  appena  di- 
morato cinque  mesi  nella  propria  casa  coi 
suoi  parenti  , che  volendo  egli  un  giorno 
arrivar  colla  mano  una  corda  per  cavar 
acqua  da  una  sua  eiterna  , eh’  era  vicina 
ad  una  gran  fossa  d’acqua  sorgente,  tro- 
vandosi , come  fu  creduto , assai  riscaldato 
dal  bere  , non  si  sa  come  cadde  nella  fos- 
sa , e non  essendosi  per  verna  modo  potu- 
to ajutare , fu  poco  dopo  per  entro  ìa 
medesima  trovato  affogato  , con  quel  do- 
lore de’  suoi  e de'  professor?  dell'  arte  , 
che  altri  si  puote immaginare,  giacché  dalle 
poche  ma  beile  opere  , eh’  egli  aveva  fat- 
te fino  allora  , argomentavano  , eh’  e’  fosse 
per  fare,  come  dicemmo,  non  ordinaria 
riuscita  , e ciò  seguì  Fanno  i552.  venzet- 
iesimo  dell’  età  sua. 


58o 


ANDRIAEN  DE  WERDT 

PITTORE  DI  BRUSSELLES 

Discepolo  di  Cristiano  Quecborni  : 
fioriva  del  i56o. 


o 

u e sto  pittore  chiamato  Andriaen 
de  Werdt , che  in  nostra  lingua  significa 
Andrea  dell’Oste,  ebbe  i principj  dell’ar- 
te nella  città  d’  Anversa  da  un  tal  Cristia- 
no di  Quecborni  , che  dipigneva  bene  i 
paesi  , ed  aveva  sua  abitazione  vicino  al 
Mercato  , che  in  quella  città  si  chiama  la 
Borsa  ; e fu  padre  di  maestro  Dallo  pitto- 
re del  Principe  all’  Haya  : fatto  eh’  egli 
ebbe  qualche  profitto  se  ne  tornò  a Brus- 


Andriaen  de  Werdt.  58i 

selìes  9 ove  in  una  casa  de’  suoi  parenti 
presso  alle  mura  delia  città  io  luogo  lon- 
tano dall’  altre  , stavasene  ritiratissimo  f 
facendo  grandi  studj  senza  ponto  conver- 
sare con  giovani  di  sua  età  anche  stati 
suoi  familiari.  E s’ applicò  di  proposito  al- 
la maniera  di  far  paesi  che  aveva  tenuto 
Francesco  Moslart.  Yen u tesene  in  Italia 
studiò  forte  l’ opere  di  Francesco  Mazzuo- 
li , detto  il  Parmigiano  , e quelle  poi  sem- 
pre imitò  ; sicché  al  suo  ritorno  alia  patria 
aveva  mutato  interamente  modo  di  dipi- 
goere.  Occorse  il  caso  della  ribellione  del 
i566.  onde  ad  Andrea  convenne  parure 
insieme  colla  madre  , e andarsene  alla  vol- 
ta di  Colonia  , dove  diede  fuori  alcuni 
suoi  intagli,  e fra  questi  due  storie,  una 
della  Resurrezione  di  Lazzaro  , e P altra 
di  Ruth  , nella  quale  molte  belle  cose  ve- 
deansi  : in  oltre  fece  vedere  di  suo  inta- 
glio la  Vita  di  Maria  sempre  Vergine  , la 
INati vita,  del  Signore  , ed  altre  storie  : si- 
milmente intagliò  alcune  invenzioni  di 
Coornhest,  ed  alcune  invenzioni  morati  a 
simigliaoza  di  cacce;  cioè  taluno  clic  va 
io  caccia  deli'  Avarizia , altri  deli9  Impudi- 
cizia , e tale  dello  stesso  Dio  ; cose  tutte 
che  si  vedono  fatte  in  sui  gusto  e ma- 
niera del  Parmigiano;  eh’ è quanto  abbia- 
mo di  notizia  di  questo  pittore.  Ne’  tempi 
di  tale  artefice  fiori  ancora  Wiììemps  J -tìs, 
che  fu  pratico  in  dipignere  a guazzo  , e far 
invenzioni , e capricci  con  ogni  sorte  d'erbe. 


582  Dec.  I.  della  Par.  IL  delSec.  IV. 
alberi  , animali  quadrupedi  , uccelli  , e 
simili  ; e questi  era  pure  ancor  esso  di 
Brusselles.  Ebbe  un  figliuolo,  che  si  chia- 
mò Hans  Foens  , il  quale  lavorava  a olio , 
e faceva  alcune  piccole  immagini  di  Santi  ; 
dipigneva  baccanali  , ed  altre  a queste  si- 
migliami cose  , e viveva  in  Italia  F anno 
1604.  Ebbe  ancora  essa  città  nel  passato 
secolo,  e circa  questi  tempi,  un  altro  ec- 
cellente giovane  pittore  figliuolo  d’  un  mae- 
stro di  ricami  chiamato  Hans  Speeckaest , 
il  quale  disegnava  e dipigneva  per  eccel- 
lenza. Questi  venne  di  Fiandra  a Firenze  , 
poi  tornò  di  nuovo  a Roma  Fanno  1677, 
€ quivi  mori. 


583 


CORNELIS  ENGHELTAMS 

PITTORE  DI  MALINES 

Discepolo  di  • • fioriva 

del  i56o. 


D i questo  artefice  si  vedevano  nel- 
la Chiesa  di  S.  Rombouts  nella  città  di 
Malines  sua  patria  l’ opere,  che  appresso 
diremo.  Aveva  essa  Chiesa  alcune  persone 
deputate  in  forma  d’  Operaj  , i quali  ogni 
tanti  giorni  distribuivano  pane,  danari , o 
abiti  a ' poveri  per  amor  d’  Iddio.  Per  que- 
sti tali  fece  egli  un  quadro  3 dove  dipinse 
quella  carità  di  distribuir  limosino  , e fa- 
re opere  di  misericordia.  la  questo  aveva 


584  Dec.  T.  della  Par,  II.  del  Sec.  IV. 
dipinti  alcuni  poveri , altri  poi  vagabondi, 
e bianti  con  viole,  ghironde,  ed  altri  stru- 
menti co’  quali  sogliono  tali  persone  andar 
vagando  per  lo  mondo  ; ed  il  tutto  rap- 
presentò a tempera  sopra  una  tela  con 
gran  naturalezza.  Altre  ©pere  di  costui  fu- 
rono trasportate  in  Amburgo.  Per  la  Chie- 
sa di  S.  Caterina  di  Malines  dipinse  in 
una  gran  tela  la  Conversione  di  S.  Paolo  , 
che  fu  molto  stimata  ; ma  fu  poi  guasta 
dal  tempo.  In  una  stanza  del  Castello  del- 
la città  d’  Anversa  ad  instanza  del  Prin- 
cipe d’ Ora.nges  dipinse  in  sulla  maniera 
di  Luca  d’  Olanda  la  storia  di  David  con 
molte  figure  d’uomini  armati , ed  altre. 
Venuto  finalmente  l’anno  i583.  e dell’  età 
di  quest’  artefice  il  cinquantesimosesto  , 
ebbe  fine  il  corso  di  sua  vita. 


585 


MARCUS  WILLEMP8 

PITTORE  DI  MALINES 

Discepolo  di  Michele  Cocxic  : 
fioriva  del  i55o. 


J 

! 

- 


1 


eddesi  di  mano  di  questo  artefice 
in  sua  patria  nella  Chiesa  di  S«  Rombouts 
mia  tavola  della  Decollazione  di  S.  Gio» 
Battista  , nella  quale  j come  scrive  il  Tasi» 
ma nder , vi  era  la  testa  » che  tiene  in  ma« 
no  il  carnefice  , fatta  con  tanto  rilievo  3 
che  dava  maraviglia  ad  ogni  persona  „ 
perchè  pareva  veramente  che  uscisse  fuo- 
ri del  quadro.  Dipinse  costui  molti  cario* 
ni  per  tappezzerie  9 e fece  disegni  per 


586  Dec.  I.  della  Par.  TI.  del  Sec.  IV. 
pittori.  L’auao  15+9.  per  l’entrata  del  Re 
Filippo  in  quella  città  dipinse  1’  arco  trion- 
fale colla  storia  di  Didoue,  che  tagliò  la 
pelle  del  Toro.  E come  quegli,  eh’  era 
d’ottimo  naturale,  e verso  d’ognuno  cor- 
tese , non  osò  mai  negare  suoi  disegni  a 
chi  si  fosse,  che  per  suo  studio,  o per  fare 
opere  glie  le  chiedesse.  Mori  finalmente 
t anno  i56i. 


/ 


587 

JACQUES  DE  POINDRE 

P1TTOR  DI  MALINES 

Discepolo  di  Marco  Willemps  : 
fioriva  del  i56o. 


o 

\ uesto  pittore  imparò  F arte  da 
Marco  Willemps  di  Malines  , di  cui  ebbe 
per  moglie  UDa  sorelle  ; riuscì  buon  pit- 
tore, ma  soprattutto  fu  valoroso  ne’  ri- 
tratti. Di  sua  mano  era  in  quella  città  una 
tavola  d*  un  Crocifisso  con  molte  figure 
fatte  al  naturale  Fu  uomo  spiritoso , e 
risoluto  nel  governo  di  se  stesso  , onde 
non  ebbe  mai  timor  di  persona.  Geco* se 


588  Dec.  I.  della  Par,  IL  del  Sec.  IV. 
una  volta  , che  avendo  egli  fatto  ad  un 
Capitano  Inglese  , chiamato  Pieter  Àndries, 
H suo  ritratto , e quello  condotto  con  mol- 
ta diligenza  e fatica  , senza  dimandare  al 
Capitano  o tutto  o parte  del  pagamento, 
aspettava  che  egli  da  se  medesimo  venisse 
a far  le  sue  parti.  Ma  il  Capitano  non 
solo  non  gli  dava  danaro  , ma  nè  meno 
veniva  più  per  P opera.  Il  pittore  dopo 
aver  qualche  tempo  vanamente  aspettato, 
anaoj  itosi  di  tanto  indugio,  dipinse  a tem- 
pera sopra  ’ì  medesimo  quadro  eh’  era 
fatto  a olio , una  finestra  serrata  a somi- 
glianza di  quelle  delie  prigioni.  Il  che  fatto 
espone  la  pittura  fuori  della  sua  stanza  a 
vista  del  popolo.  Non  andò  molto  che  tal 
cosa  venne  alle  orecchie  del  Capitano  , il 
quale  infuriato  andò  a trovare  il  pittore  , 
e male  parole  usò  con  esso  , ma  egli  sen- 
za punto  perdersi  d’animo,  e colla  mag- 
gior flemma  del  mondo  rispose  ai  Soldato, 
eh’  e’  dicesse  pure  quanto  volesse  , che  l’a- 
vrebbe lasciato  dire;  ma  frattanto  si  desse 
a credere  che  ’i  mondo  V aveva  a vedere 
in  prigione  , sin  che  egli  non  si  risolveva 
a pagarlo  : tanto  che  il  povero  Capitano 
accorgendosi  d’  aver  trovato  più  duro  il 
terreno  di  quello  eh’  ei  credeva,  e d’  aver 
fatta  una  sparata  a voto  , a poco  a po- 
co se  ne  venne  alle  buone , e contò  al 
pittore  il  danaro.  Allora  Jacopo  presa  una 
spugna , lavò  il  quadro  , e la  prigione 
mou  si  vide  mai  più  eoa  grande  amai» 


Jacques  de  Poindre.  589 

razione  de)  Capitano  , al  quale  , come 
poco  pratico  dell’  arte , parve  ciò  un  mi- 
racolo. Fece  questo  pittore  gran  quan- 
tità di  ritratti  ; poi  viaggiò  in  Danimar- 
ca , dove  finalmente  finì  il  corso  di  sua 
vita  circa  Fanno  i5yo. 


I 


Sgo 


GREGORIUS 

BEERINGSINDESCHAER 

Che  in  nostra  lingua  vuol  dire 
GREGORIO  NELLE  FORBICE 

PITTORE  DI  MAL1NES 

Discepolo  di 

fioriva,  del  i56o. 


o 

Ns^uesto  Gregario  che  melto  valse 
nel  dipignere  a fresco  , essendosi  portato 
a Roma  s’  avanzò  molto  nell'  arte  , e fece- 
vi  gran  pratica  nel  dipigner  paesi.  Questi 
una  volta  trovandosi  in  essa  città  di  Roma 
senza  danari  , nè  avendo  , come  forestiero 
ch’egli  era,  alcuno  a chi  ricorrere  perchè 
glie  raccomodasse,  fatto  ingegnoso  dalla 
propria  necessità,  dipinse  una  gran  tela, 
in  cui  rappresentò  con  gran  naturalezza 
mi  aria  piovosa  e scura  , e nei  restante 


Gregorius.  5gi 

«iella  medesima  tela  altro  non  fece  vedere, 
i che  un’  acqua  ondeggiante  , nel  mezzo  al- 
la quale  vedeasi  f Arca  di  INoè  senz’ alcuna 
j figura  , poi  alla  pubblica  vista  1’  espose. 

| S’  abbattè  a passare  da  quel  luogo  ud  Ca- 
valiere molto  amico  dell’  Arte  , al  quale 
| sopì  ammodo  piacque  quel  modo  di  tocca- 
re; ma  vedendo  nel  quadro  poco  più  che 
aria  e acqua  sta  vasi  sospeso;  onde  acco- 
statosi al  Pittore,  domandogli  che  cosa 
| egli  avesse  voluto  in  essa  rappresentare; 
i al  quale  rispose  il  Pittore  , che  quello  era 
fatto  per  lo  diluvio  Universale  ; allora  il 
| Gentiluomo  gli  tornò  a demandare  dov’era 
la  gente;  rispose  Gregorio  che  tutte  erano 
affogate  io  quell’  acqua  , e che  quando 
questa  fosse  rincasa  asciutta  , avrebbe  egli 
veduto  non  solo  i corpi  degli  affogati , 
ma  anche  coloro  , eh’  erano  nell’  Arca. 
Parve  al  Gentiluomo  il  concetto  del  pitto- 
re sì  curioso  e piacevole  , che  non  solo 
comperò  il  quadro  , ma  avendolo  mostra- 
to a diversi  suoi  amici  ^ usando  con  essi 
la  stessa  piacevolezza  , toccò  poi  a Grego- 
rio a farne  per  altri  molte  copie;  e tra 
questo,  e per  la  gran  pratica,  ch’egli  a- 
veva  nel  lavorare,  in  poco  tempo  entrò 
in  molti  danari.  Mori  costui  Y anno  iSyo, 
nella  propria  patria  di  Malines, 


JACQUES  DE  BACKER 

PITTORE  D’  ANVERSA 
Discepolo  di  • . • . fioriva  del  i56o. 


VJirca  a questo  tempo  fioriva  nella 
città  d’  Anversa  Jacques  de  Backer , che 
in  nostra  bogua  è quanto  dire  Jacopo 
del  Fornajo  , e fu  nativo  della  stessa  città. 
11  Padre  suo  fu  ancor  esso  pittore , ed 
avrebbe  ancb’  egli  acquistato  gran  nome 
in  quelle  parti  , se  a cagione  d’  alcuni 
processi  d’  ingiuria  statigli  formati  in  pa- 
tria , che  modo  lo  tennero  in  briga  , non 
gli  fosse  convenuto  l’ andare  in  Francia  ; 
dove  poi  finì  la  vita.  Jacopo  dunque  nella 


, eli 


!,  el 

nomi 
alcuni 
in  pa- 
* 

inda 


Jacques  de  Bàc&eh.  SgS 

stessa  città  sua  patria  se  ne  viveva  in  casa 
d’ un  certo  Ai  tooio  Palermo  pittore,  che 
facendo  mercanzia  di  quadri , lo  taceva 
del  continuo  lavorar  per  se,  e 'poi  man* 
dava  a vender  l’ opere  in  Francia  cavana 
done  gran  danari.  Dal  convivere  , che  ta- 
ceva Jacopo  con  Antonio  Palermo,  tu  an- 
ch’  egli  per  alcun  tempo  chiamato  in  cam- 
bio di  Jacopo  del  Fornajo  , Jacopo  Paler- 
mo. Il  buon  Jacopo  attendeva  a lavorare 
con  grand’  amore  e fatica  , ma  con  poca 
mercede , mentre  il  Palermo  per  occultar- 
gli il  gran  guadagno  , che  a se  medesimo 
fruttavano  tuttavia  le  di  lui  pitture  , non 
restava  mai  di  dirgli  eh’  e’  cercasse  d’  im- 
parare , e far  meglio  , perchè  i suoi  qua- 
dri non  avevan  vendita.  Cosi  facevaio  tnt? 
to  '1  giorno  dalla  mattina  alla  sera  come 
un  giumento  faticare  tanto  , che  appena 
i giorni  festivi  gli  rimaneva  alquanto  di 
tempo  per  alzare  un  tantino  il  capo  dal 
lavoro»  perchè  l’indiscreto  mercatante  in. 
quel  tempo  o gli  faceva  bezzare , o inven- 
tare , tanto  che  annojatosi  il  pcveio  gio- 
vane di  quel  modo  di  vivere , si  partì  da 
lui,  e andò  a stare  appresso  un  gtntiluo- 
suo  per  nome  Dendrick , dove  godendosi 
la  sua  pace  , sempre  migliorò  la  maniera» 
Ma  come  quegli  che  era  avvezzo  a opera- 
re , poco  risparmiandosi,  finalmente  a ca- 
gione del  troppo  sedere  e star  chinato  d 
perse  la  sanità  , e forse  come  fu  detto  si 
guastò  le  viscere  a segno  che  arrivato  al« 
Baldinucci  Voi*  ¥11*  S8 


Sq4  I.  della  Par.  lì.  del  Se g.  IV. 

F età  di  io  armi  , con  dispiacere  degli 
amatori  di  quest*  arte,  e con  dimostrazio* 
ni  sue  di  gran  pascione  per  dovere  ( co- 
ni' ei  diceva)  morire  in  così  florida  età, 
nelle  braccia  d’una  figliuola  del  suo  pa- 
drotte fece  da  questa  all*  altra  vita  passag- 
gio. Furono  poi  V opere  di  quest’  artefice 
assai  desiderate.  In  Middelburg  aveva  i’anuo 
1604.  Melcbior  Wintagis  tre  pezzi  di  qua- 
dri , dov*  egli  aveva  rappresentato  Adamo 
ed  Èva  , uoa  Canta,  e uq  Crocifisso.  (Ju 
certo  Oppetnbergh  aveva  tre  quadri  di  tre 
mezze  figure  grandi,  cioè  una  Venere, 
Giunone  , e Falla  le.  Finalmente  scrive  di 
costui  Carlo  Vaumander  pittor  Fiammingo, 
che  egli  nella  sua  breve  vita  arrivò  ad 
esser  uno  de’ miglior  coloritori,  che  mai 
fino  a quel  tempo  avesse  avuti  Anversa  , 
perchè  ( per  usar  le  proprie  parole  del- 
F Autore  ) egli  aveva  una  certa  maniera 
di  colorir  la  carne,  e sapeva  così  bene 
temperar  quei  rosso,  che  la  faceva  parere 
■veramente  naturale  e viva  ; onde  son  poi 
V opere  sue  state  sempre  in  grande  stima 
appresso  i Professori. 


1 


5 95 

MATIIIS  ed  JEROON  KAOK 

PITTORI  D’ANVERSA 
Fiorirono  circa  il  i555. 


F ra'  buoni  pittori , che  fino  a questi 
tempi  avesse  avuto  la  città  d’inversa  , par- 
ticolarmente in  ciò  che  a far  paesi  appar- 
tiene , uno  fu  Matteo  Cuoco,  il  quale  fu 
i primo  che  colà  introducesse  qualche  mi- 
glioramento del  modo  di  far  paesi , con 
alquanto  di  varietà  in  sulla  maniera  dlta- 
lia.  Dispose  anche  bene  le  figure  , ebbe 
buona  invenzione,  e tanto  a olio,  quanto 
a fresco  finì  a gran  segno  le  opere  sue. 
Ebbe  un  fratello  che  si  chiamò  Girolamo  ^ 
del  quale  poche  cose  possono  dirsi , per- 
chè abbandonando  l’arte  del  dipignere  e 
dell’ intagliare  che  era  la  sua  propria,  co- 
me anche  il  far  paesi,  ne’  quali  ebbe  assai 
buona  invenzione,  si  diede  alla  mercatura, 
comperando  e vendendo  quadri , sopra  i 
quali  fece  roba  assai.  Ebbe  per  moglie 
ima  certa  Volck , ovvero  Volckgen  Olan- 

Idese  j,  della  quale  non  lasciò  figliuoli  ; e 
finalmente  finì  di  vivere  circa  l’anno  1Ò70 
molti  anni  dopo  la  morte  di  Matteo  suo 
fratello. 


HANS  FREDEMA.N 

PITTORE  DI  FRISIA 
Mella  Città  di  Leuvvanden , discepolo  di 
nato  i5zj.  + 160& 

Abitò  già  nella  città  di  Leuvrandeu 
nella  Frisia  un  Tedesco  di  professione  sol- 
dato , che  militava  sotto  il  Generale  Jerrich 
Schenck.  Costui  ebbe  un  figliuolo,  che  fu 
il  nostro  Hans  Fredeman  , e avendo  in  esso 
per  avventura  conosciuto  alcuna  buona 
disposizione  al  disegno  mandollo  ad  impa- 
rar quest’arte  da  un  tale  Reyer  Geeritsen 
nativo  d’Amsterdam  , che  operava  in  quella 
sua  patria  ; ciò  fece  con  animo  di  farlo 
diventare  valente  Scrittore  in  vetro , che 
con  tal  nome  chiamano  là  ( come  altrove 
dicemmo  ) coloro  che  dipingon  figure  nelle 
vetriate , quasi  a somiglianza  de’  Greci  f 
appresso  i quali  ypd<peiv  Graphein  9 va* 


Hans  Fredeman*  Sg*f 

l-e  tanto  scrivere  , che  dipingere  ; e da 
questa  stessa  voce  viene  il  nostro  sgraffito 
© sgraffio,  quasi  scrittura  in  muro.  Stette 
il  giovanetto  appresso  a quel  maestro  per 
lo  spazio  di  cinque  anni,  e poi  si  parti 
di  Leuvvanden  alla  volta  di  Campen.  Quivi 
s’accomodò  con  un  pittore  ordinario  , ap- 
presso al  quale  stette  due  anni,  alla  fine 
de’  quali  conoscendo  chiaramente  di  poter 
poco  con  esso  profittare  , il  lasciò  , e se 
n’andò  in  Bracante , e nella  città  di  Ma- 
lines  dopo  essere  stato  qualche  tempo  mal- 
trattato da  infermità , si  fece  pratico  nel 
Colorire  a guazzo,  tanto  che  portatosi  in 
Anversa  vi  fece  alcune  opere.  Tali  furono 
Ja  trionfale  entrata  che  vi  fecero  Carlo  V. 
e Filippo  il  figliuolo  * e di  queste  ed  altre 
sue  pitture  fu  così  ben  ricompensato  , che 
gli  riuscì  mettere  insieme  alquanti  danari , 
con  i quali  tornò  in  Frisia , e nella  Città 
di  Collum  fece  una  tavola  a olio.  Ebbe 
egli  occasione  frattanto  di  trattare  con  un 
uomo  di  professione  legnajuolo,  che  gli 
diede  in  prestanza  più  libri  d’architettura 
e prospettiva  , cioè  Vitruvio  > il  Serbo,  ed 
altri  simili  i quali  tanto  gli  diedero  nel- 
T umore , cbe  subito  s’applicò  a far  sópra 
di  essi  grandi  studj  , e togliendo  agli  oc- 
chi il  sonno  per  copiarne  ogni  figura  , e 
trascriverne  ogni  precetto,  venne  in  breve 
ad  apprender  qualcosa  intorno  al  porre  in 
©pera  le  materie  , onde  tornatosene  a Ma** 
lines  gli  furono  da  un  pittore  chiamata 


5p8  De c.  T.  della  Par.  II.  del.  Sec.  !?• 
Claude  Dorici  date  a dipingere  alcune 
prospettive,  ed  anche  a finire  una  tavola 
pure  di  prospettive , che  da  un  tal  Come- 
lis  di  Vianen  era  stata  lasciata  imperfetta. 
Fecesi  egli  poi  in  tal  facoltà  sì  valoroso , 
che  gli  furouo  ordinati  assai  lavori  in  di- 
verse città  e luoghi  dove  egli  si  trovò* 
In  Anversa  in  un  giardino  di  Willem  Ckey 
dipinse  una  bella  prospettiva.  In  casa  Gii* 
lis  Hosman  rimpetto  ad  una  gran  porta 
colorì  una  veduta  d’un  giardino  così  bene, 
che  è fama  che  il  Principe  d’Oranges  con 
alcuni  Signori  Tedeschi  ne  restassero  in- 
gannati credendola  vera.  Moltissimi  disegni 
di  architetture  e prospettive  fece  per  in- 
tagliatori in  rame:  per  Geronimo.  Cock 
quattordici  pezzi  di  templi  , giardini , pa- 
lazzi e sale  ; ventisei  pezzi  di  palazzi  con 
vedute  interiori  ed  esteriori  ; e circa  ven- 
tiquattro pezzi  di  sepolcri;  per  Geeraert 
de  Jode  un  libro  di  fontane  , e uno  di 
architetture  diverse  ; per  Filippo  Galle  più 
pezzi  di  giardini  , viali  e simili  ; per  mae- 
stri di  legname  bei  disegni  d’armadj,  car- 
rozze, ed  altre  cose;  per  Pietro  Baltea 
fece  un  libro  intitolato  Thecitrum  de  Vita 
humana , dividendo  le  varie  sue  rappre- 
sentazioni in  sei  parti , o tempi  del  viver 
nostro.  L’anno  1 670.  per  la  venuta  in  An- 
versa della  figliuola  dell’  Imperatore  che 
se  o’  andava  in  Ispagna  , ebbe  egli  dalla 
Nazione  Alemanna  Pincumbenza  di  dipi- 
guere  un  arco  trionfale,  che  doveva  esser 


Hans  Predeman.  5gg 

finito  in  tempo  di  cinque  giorni  , ne9  quali 
egl»  il  compì  felicemente.  Passatosene  poi 
con  sua  moglie  in  Aqui  sgrana  ste  Itevi  due 
anni  ; quindi  prese  suo  cammino  alla  volta 
di  Liege,doveun  anno  e mezzo  si  tratten- 
ne , finche  essendosi  ripresi  i negoziati  di 
pace,  se  ne  tornò  in  Anversa,  poi  se  ne 
andò  a Brusselles , dove  gli  furon  date  a 
dipigoere  prospettive  dal  Tesoriero  Aert 
Molckeman  in  una  sua  villa , dove  fece 
vedere  cose  ingegnose;  poco  dipoi  esseudo 
già  stato  preso  dagli  Spago  noli  il  Castello 
d’Aoversa,e  dato  alla  cittadinanza  , fu  egli 
posto  a’  servigi  della  città  sopra  quelle 
fortificazioni , carica  eh’  egli  esercitò  fino 
all’  assedio  del  Duca  di  Parma  Governatore 
di  Fiandra  , e resa  seguita  del  i586.  Quin- 
di partitosi  con  lettere  di  raccomandazione 
al  Duca  Giulio  di  Bruynsuuyck  con  esso 
si  rimase  fino  al  i58g  che  seguì  la  morte 
del  medesimo  Duca.  Fece  in  quella  Città 
una  tavola  per  un  sepolcro  , e poi  si  parti 
alia  volta  d’Amborgb , dove  per  la  Chiesa 
di  S.  Pietro  ad  instaoza  di  Jacob  Mooc 
dipinse  una  cappella  con  alcune  prospet- 
tive attorno  ad  un  sepolcro,  fra  le  quali 
fece  vedere  la  figura  del  N.  S.  Gesù  Cristo 
in  atto  di  conculcare  il  Demonio  e la 
Morte.  In  Danzica  in  un  luogo  di  Corte  , 
dove  usavano  gli  sfaccendati  andare  a 
bere  , dipinse  ogni  sorta  di  feroci  animali 
in  atti  mansueti  , ed  in  ninna  contesa  fra 
di  loro  9 con  intenzione  di  mostrare , che 


6oo  Dec.  L della  Par.  IL  del  Seg.  IT« 
ne’ luoghi  ove  si  beve  e si  sguazza,  nom 
debbono  aver  che  fare  le  questioni  an«?h© 
tra  nemici  ; noi  però  in  pratica  vediamo 
tutto  ’1  contrario  accadere.  Fu  poi  posto 
al  servizio  della  città,  e nella  nuova  ca- 
mera del  Consiglio  fece  otto  prospettive 
con  figure  di  diverse  virtù  , necessarie  a 
chi  vuol  ben  governare , e de’  vizj  loro 
contrarj.  Tali  furono  la  Giustìzia,  il  Con- 
siglio , la  Pietà  , la  Concor  da  , la  Libera- 
lità , la  Costanza,  il  Giudizio,  la  Ragione 
e la  Feleìtà  , e tutte  queste  tenevano  co- 
me prigioni  e schiavi  i lor  contrarj  , la 
Discordia,  la  Sedizione,  il  Tradimento, 
la  Calunnia  , la  Falsità  , rinvidia  , e altri 
a questi  simigliami.  Partì  poi  di  Daazica, 
e portatosi  in  Amborgh  dipinse  ad  un 
certo  Hans  Lomel  in  un  suo  giardino  u- 
na  galleria  , ed  in  quella  parte  di  esso , 
che  a quella  corrispondeva  , fece  vedere 
una  bella  prospettiva  d’  albori  e piante 
molto  naturali , ed  altre  prospettive  fece 
in  casa  dello  stesso  Lomel . Andossene 
poi  a Praga,  dove  Paolo  Fredeman  suo 
figliuolo  assai  pratico  nell’  arte  operava 
per  l’Imperadore , e l in  una  galleria  di 
quella  Maestà  colorì  diverse  prospettive  ed 
altre  cose  , e diede  il  disegno  per  far  ne! 
palazzo  più  stanze  e fontane,  per  più  pit- 
ture , ed  anche  fece  il  modello  di  certi 
andirivieni  da  fabbricarsi  in  esso  palazzo, 
per  i quali  potesse  lo  lmperadore  andar 
per  tutta  la  corte  senza  essere  da  niuno 


Hans  Fredema#.  Gof 

veduto*  Da  Praga  tornò  in  Amborgh , e 
per  la  Chiesa  di  San  Pietro  fece  due 
tavole  , in  una  il  Signore  che  si  parte  dal 
Tempio  , ed  i Farisei  ; nell’altra  quando 
il  medesimo  Signore  caccia  dal  Tempio  i 
negozianti.  Av^va  questo  artefice  contratta 
amicizia  con  Gillis  Coignet , ed  un  giorno 
con  buona  occasione  fu  da  lui  consiglialo 
d’andare  a far  mostra  di  sue  virtù  in  Am- 
sterdam ; ood’  egli  si  mosse  a quella  volta 
portando  seco  un  bel  quadro  di  sua  ma- 
no , nel  quale  egli  con  grande  studio  * e 
non  senza  qualche  scapito  del  lume  degli 
occhi  * aveva  dipinta  la  Torre  di  Babilo- 
nia con  gran  numero  di  piccole  figure. 
Questa  pittura  venne  poi  in  potere  di  Pie- 
tro Ovelander.  Si  partì  d’Amsterdam,  e se 
n’andò  colla  moglie  in  Haya  , poi  in  Am- 
burgh.  Finalmente  venuto  Fanno  1604  do- 
po aver  dati  alle  stampe  cinquanta  pezzi 
di  carte  di  vedute  in  prospettive  con  fi- 
gure , cominciando  dall’  assedio  d’Anversa; 
opera  nella  quale  fu  ajutato  da  Paolo  e 
Salomone  suoi  figliuoli  ; assalito  da  infer- 
mità , diede  fine  al  viver  suo.  Fu  vera- 
mente quest’  artefice  nell’  inventare  e di- 
pingere a olio  prospettive  , templi  antichi 
e moderni,  degno  di  grandissima  lode.  Pao- 
lo suo  figliuolo  dipinse  in  Praga  per  la 
Maestà  dell’  Imperatore  una  tela  per  una 
soffitta  di  dugento  jiiedi  di  lunghezza  , ed 
un’altra  pure  per  un’altra  stanza,  dove 
espresse  i dodici  mesi  dell’ anno,  e nello 


6o2  DeC.  I.  DELLA  FàR.  IL  DEL  $EC.  IV. 
spazio  di  mezzo  la  figura  di  Giove  col 
fulmine,  ed  una  bella  prospettiva,  in  cui 
fece  vedere  uua  galleria  con  un  giardino 
ed  una  fonte,  che  si  dice  fosse  fatta  così 
naturale  , che  nel  passeggiare  alcuni  per 
quella  stanza  , credendola  vera  tentassero 
di  passar  più  avanti.  L’altro  figliuolo  di 
Fredeman,  che  fu  S demone , anch’egli 
riuscì  valente  in  quest'  artei 


6o3 

FRANCESCO  PAGANI 


PITTORE 

CREDESI  FIORENTINO 

Della  Scuola  di  Maturino , e del 
Caravaggio  , nato  circa  i53i,  + i56i* 


Lo  strano  accidente  occorso  a Ro» 
ma  l’anno  1627.  dico  il  crudele  saccheg- 
giajnento  dato  dalla  gente  di  Borbone  a 
quella  gloriosa  città,  oltre  agl’ innumera- 
bili disordini  , sconvolgimenti,  dispersioni 
e rovine , eli’  egli  cagionò  a persone  d’  o« 
gni  più  alto  affare,  fu  di  non  poco  detri- 
mento a molti  e grandi  ingegni  ; eh’  in 
ogni  genere  di  virtù,  e nelle  nostre  arti  3 
eziandio  in  quel  tempo  appunto  9 vi  face- 


6o4  Deg.  I.  della.  Par.  IL  del  Sec.  I?. 
van  gran  prova  di  lor  valore.  Uno  di  CÓ* 
loro  * cb’  in  sul  più  bello  dell’  operar  suo  , 
e mentre  già  attendeva  di  cogliere  il  frut- 
to di  sue  fatiche  duratevi  nell’  arte  della 
pittura  a comune  benefizio  , fu  il  celebre 
Pulidoro  da  Caravaggio  , ed  il  fino  insepa- 
rabile compagno  Maturino.  Il  primo  a ca- 
gione di  tale  infortunio  credette  avere  avu- 
to dalla  sorte  un  buon  mercato  in  avergli 
lasciato  , come  noi  sogliamo  dire  , trovar 
la  gretola  per  lo  sfratto  per  non  mai  più 
farvi  ritorno  ; il  secondo  coll’  abbandona- 
re ogni  sua  sostanza  , e darsi  ancor  esso 
alla  fuga;  ma  questo  dopo  la  gran  tempe- 
sta vi  ritornò.  Qualche  tempo  adunque  do- 
po il  ritorno  di  costui  trovavasi  nella  cit- 
tà di  Roma  un  giovanetto  di  buon  indole, 
di  nazione,  credo  Fiorentino,  all’arte  del- 
la pittura  molto  inclinato  , detto  France- 
sco Pagani  ; ed  io  non  dubito  punto  d’  af- 
fermare per  vero,  o almeno  per  assai  pro- 
babile , che  questi  per  desio  d’approfittarsi 
in  tale  facoltà,  s*  accostasse  al  nominato 
Maturino  per  ricavarne  i primi  precetti  * 
giacché  mi  è noto  , eh’  egli  fin  dagli  anni 
più  verdi , assente  già  il  Caravaggio,  se  ne 
venisse  a Roma  , e quivi  in  tutto  e per 
tutto  la  maniera  prendesse  dello  stesso  Ca- 
ravaggio, e del  suo  compagno  Maturino, 
e con  quella  poi  a Firenze  si  portasse  ad 
operare.  Comunque  si  fosse  la  cosa  , egli 
è certo,  che  Francesco  Pagani  ancor  gio- 
vanetto alcune  opere  fece  in  essa  città  di 


Francesco  Pagani:  6o5 

Soma  , e di  quella  maniera  degne  di  lode; 
poi  al  ventunesimo  di  sua  età  pervenuto, 
si  portò  a Firenze , dove  s’  accasò  eoa  Eie- 
na  figliuola  di  quel  Crociai  valentissimo 
intagliatore  di  legname  , che  fu  Genero 
del  Tasso,  eche  insieme  con  lui  con  ordine  di 
Michelagnolo  fece  i maravigliosi  intagli  del- 
la Libreria  di  S.  Lorenzo,  Appena  dunque 
fu  il  nostro  Francesco  giunto  in  Firenze, 
che  gli  furou  date  a dipignere  le  due  fac- 
ciate del  gran  palazzo  di  Giuliano  della 
nobilissima  famiglia  de’  Ricasoli  , stato  già 
fabbricato  con  disegno  di  IVlichelozzo  Mi- 
cbelozzi , che  riuscì  uno  de’  più  nobili  edi- 
fizj  , che  in  quella  parte  adornino  la  spalla 
d’  Arno,  Non  aveva  questo  artefice  appena 
compiti  ventidue  anni  di  sua  età , eh’  egli 
fece  ammirare  a questa  patria  il  valore 
del  suo  pennello  in  quella  grande  opera 
finita.  Dipinsevì  egli  a fresco  in  chiaro 
scuro  storie  degli  antichi  Romani  ; fra 
queste  espresse  in  color  giallo  la  figura 
di  Giove  , e d'  una  Giunone  , che  furono 
stimate  sì  belle  , che  lo  stesso  Jacopo  da 
Pontormo  rarissimo  pittore  fra  quanti  mai 
ne  avesse  la  nostra  città  di  Firenze,  pas- 
sando un  giorno  di  quel  luogo  , alla  pre- 
senza d*  altri  molti  disse  , che  s’  e*  non  aves- 
se saputo  esser  quelle  figure  di  mano  di 
Francesco , le  avrebbe  credute  del  Buonar- 
ruoto.  Ma  quanta  fu  la  gloria,  che  segui- 
lo quest’ eccellente  pittore  ne’ pochi  anni 
e’  sopravvisse  a sì  nobile  lavoro , tanta 


6o6  Dec.  1. della  Par.  IT.  del  Sec.  IV. 
fu  la  disgrazia  , colla  quale  la  trista  fortu- 
na perseguitò  la  bella  pittura  ; perchè  que- 
sta in  breve  giro  d’  anui , forse  a cagiooe 
dell’  essere  quivi  tanto  stata  esposta  ad  ogni 
qualità  e di  tempeste  , e di  venti  , massi- 
mamente in  quella  parte , che  guarda  ver- 
so ’i  mare  , rimase  così  disfatta  , che  attem- 
pi nostri  pochissima  se  ne  gode.  Fra  quel- 
lo , a cui  non  è stato  così  crudele  il  tem- 
po , veggonsi  dalla  parte  verso  Arno  alcu- 
ni Imperadori  Romani  con  medaglioni  di 
loro  imprese , ed  alcuni  termini  bellissi- 
mi , tutti  di  color  giallo  , con  qualche  sto- 
ria di  chiaro  scuro,  e parte  d’  un  fregio; 
il  resto  quasi  tutto  è perduto.  Dipinse  an- 
cora molti  quadri  a olio  per  particolari 
cittadini , e ne’  ritratti  ebbe  buonissima 
maniera.  Colorì  due  gran  quadri  pure  a 
olio,  ne’quali  mostrò  gran  risoluzione  , spi- 
rito % e bravura  di  pennello  ; uno  di  que- 
sti fu  mandato  in  Francia  , 1’  altro  restò  a 
Gregorio  suo  figliuolo  ; dopo  la  morte  di 
cui  passò  in  mano  di  diversi.  Finalmente 
dopo  aver  Francesco  fatte  queste  ed  al- 
tre opere  , avvenne  , che  egli  fosse  chia- 
mato a dipignere  alcune  cose  a Castelfio- 
rentino  , terra  in  sull’Elsa  , lontana  sedi- 
ci miglia  dalla  città  di  Firenze,  dove  si 
portò  prestamente  , ma  quivi  fu  soprag- 
giunto da  grave  infermità  ; e perchè  era 
già  venula  per  lui  l’ora  fatale,  da  chi  il 
governò  fu  avuto  per  bene,  ciò  che  in 
fatto  male  riuscì  , cioè  a dire , il  farlo  por- 
tare così  infermo  alla  città  3 dove  subito 


Francesco  pagani,  607 

aggirando  la  malattia,  fra  *\  i56o.  e’1 
i56i.  e della  sua  età  il  trentesimo,  re- 
se V anima  al  suo  Creatore,  lasciando  di 
se,  e d’ Elena  sua  moglie  un  figliuolo  di 
due  anni  , chiamato  Gregorio  , che  fu  poi 
celebre  pittore  , come  noi  mostreremo  nel- 
le notizie  della  Vita  di  lui  , ed  una  barn® 
bina  d’  un  anno  * che  si  morì. 


\ 


6o8 

BARTOLOMMEO  NERONI 

P1TTOR  SANESE 

! Detto  Maestro  Riccio  ; 
Discepolo  di  G,  Antonio  Soddoma  ; 

ED  ALTRI  PITTORI  SENESI 


N on  lasciò  di  far  mostra  di  sue  vir- 
tù in  questi  medesimi  tempi  Bartolommeo 
peroni  pittore  Sanese  , detto  per  sopran- 
nome Maestro  Riccio  , il  quale  avendo 
imparata  l’ arte  da  Gio.  Antonio  , detto 
il  Soddoma  , del  quale  ebbe  anche  una 
figliuola  per  consorte,  fu  grande  imitato- 
re della  maniera  di  lui;  son  sue  pitture  iu 
ragionevole  quantità,  e fra  l’ altre  è di 
sua  mano  la  Sacra  Immagine  della  Madon- 


Bartolomeo  neroni.  609 
ma  della  delia  Staila  , ed  un  Cristo  nella 
Chiesa  delle  Monache  della  Concezione® 
Dipinse  nella  Chiesa  della  Compagnia  da 
Santa  Croce  a fresco  1’  Aliar  Maggiore , 
e iu  quella  delle  Monache  d’ Ognissanti 
diede  principio  a dipignere  più  Santi*  Por- 
tatosi a Lucca  , fu  da  quella  Repubblica 
fallo  operare  # e trattenuto  con  provvisio- 
ne. Attese  ancora  all’  architettura  , e eoa 
suo  ingegno  ordinò  le  macchie  per  la  Sce- 
na , che  fu  fatta  nella  sua  patria  per  la, 
commedia  detta  V Ortensio  , che  fu  recita- 
ta dagli  Accademici  Intronati  alla  presen- 
za di  Cosimo  I.  Granduca  di  Toscana , le 
quali  riuscirono  di  tal  bellezza  , che  furo- 
no poi  da  Andrea  Andreasi  Mantovano 
intagliate  in  rame  , e date  alle  stampe* 
Più  quadri  dipinse , che  furon  mandati 
su  diverse  Provincie.  Operarono  anche 
ne*  tempi  di  quest’  artefice  in  essa  città 
il  Bigio,  ed  il  Tozzo , ehe  furono  famiglia- 
ri  dello  stesso  Riccio  , 1’  opere  de’  quali 
non  lasciano  dJ  essere  da’  buoni  Professori 
assai  iodate  . Fu  discepolo  del  Riccio  Mi- 
cbelaguolo  Anseimi  cittadino  Sanese,  il 
quale  fece  la  pittura  dell' Aitar  Maggiore 
di  Fonte  Giusta,  ed  in  Roma  della  Madon- 
na della  Steccata  co’ cartoni  di  Giulio  Ro- 
mano , colorì  la  storia  della  coronazione 
di  essa  Vergine  , ed  in  una  nicchia  F a- 
doiazione  de’  Magi  , siccome  anche  dipin- 
se nella  Chiesa  di  S.  Pier  Martire  nella 
cappella  della  Croce. 

Sai  dinucci  Voi.  VII . 3g 


6io 

GIOVACHIM  BUCCIO.  A ER 

PITTORE  D’ ANVERSA 

f * 

Discepolo  di  Pieter  Aertemen$ 
fioriva  del  1S60. 


A questo  artefice  , oltre  al  dono  rice- 
vuto dalla  natura  di  nascer,  per  così  dire* 
pittore,  giovò  anche  non  poco  l’avere 
avuta  ancora  una  sua  zia , che  fu  moglie 
del  celebre  Pieter  Arsen,  che  noi  direm- 
mo Pietro  Lungo,  il  quale  anche  gli  fu 
maestro  nell’ arte  della  pittura.  Aveva  il 
giovane  co’  precetti  di  Pietro  acquistato 
assai  nel  disegno  , ed  in  breve  tempo  5 ma 
quando  volle  cominciare  a dipingere  incon- 
trò quasi  insuperabili  di£fico!tadi  nel  ma» 
neggiare  i colori  ; a queste  però  seppe  il 
pratico  maestro  ben  presto  porger  rimedio, 
ordinando  a Giovacchino  l’esercitarsi  molto 


Giovàchim  Buccklaer*  Gii: 
iti  far  dal  naturale  fiori , frutti , carne  da 
macello,  uccelli,  ed  altre  simili  cose,  col 
quale  esercizio  egli  bea  presto  non  pure 
diventò  un  pratico  coloritore , ma  eziandio 
si  guadagnò  un  inclinazione  ed  un’  abilità 
particolare  nel  dipigner  cucine  con  ogni 
sorta  d’arnesi  a quelle  appropriati , sicco- 
me ogni  materia  solita  prepararsi  in  esse 
per  servizio  de’ conviti.  Una  di  queste  cu- 
cine fece  Giovacchìno  pel  Maestro  della 
Posta  d'Anversa , il  quale  dopo  averne 
pattuito  un  prezzo  molto  vile,  non  lascia- 
va mai  passar  giorno,  che  non  andasse  a 
sollecitarne  la  line,  e eome  che  il  quadro 
era  grande  assai  , sempre  ordinava  al  mae- 
stro il  dipignervi  alcuna  cosa  di  piu  , ed 
egli  ch’era  pusillanime,  e non  punto  sapea 
stimar  se  stesso,  operava  e taceva,  tanto 
che  quando  l’opera  restò  finita  , il  povero 
artefice  fatto  suo  conto  , trovò  di  non  a- 
vervi  guadagnatone  ineoo  il  pane,  ch’egli 
aveva  logoralo  nel  tempo  di  quel  lavoro® 
Era  nel  quadro  quasi  ogni  sorta  d'uccelli, 
pesci  e vivande  , frutte , ed  ogo’  altra  cosa 
appartenente  all’  apparecchio  d'una  son- 
tuosa mensa  , oltre  agli  arnesi  della  òucina 
e figure  , il  tutto  tanto  ben  disposto  e co- 
lori  lo,  ch’era  una  cosa  degnissima  da  ve- 
dersi. in  Anversa  per  la  cattedrale  della 
Madonna  fece  una  bella  tavola,  dove  rap- 
presentò la  Pasqua  de’  Fiori  , che  ia 
quelle  parti  chiamano  quella  , che  noi  di- 
ciamo la  Domenica  delle  Palme,  nella  qual 


( 


Qì2  Dec.  I.  della.  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
tavola  era  espressa  la  solenne  entrata  di 
Cristo  Signor  Nostro  in  Gerusalemme  Que- 
sto quadro  nella  seconda  venuta  m An- 
versa degli  Olandesi  3 che  distrussero  rim- 
iri agi  ni  , fu  disfatto.  Zion  Lirz  in  Amster- 
dam aveva  Palino  1604.  di  mano  di  costui 
due  cucine,  una  preparata  di  pesce,  e 
Falera  di  frutte , e d’ogoi  altra  sorte  di 
vivande  a!  naturale  con  alcune  fantesche 
c*d  altre  figure.  In  casa  Melchior  Wùntgis 
Maestro  della  Zecca  di  Middelbuig  erajina 
cucina  con  figure  grandi  quanto  il  natu- 
rale , ed  un’  altra  Storia  delle  Palme  . 
Aveva  Jacob  Raeuvraert  in  Amsterdam  un 
pipcol  qnadro,che  rappresentava  un  Mer- 
cato, avanti  al  quale  ad  un  verone  d’uu 
palazzo  fatto  per  quello  di  Pilato  era  espo- 
sto Gesù  Cristo  nel  Misterio  dell’ Ecce  Ho- 
mo. In  Haerlem  in  casa  di  Hars  Yerlaen 
mercante  , erano  pure  di  stia  mano  due 
glandi  e bellissimi  quadri  , con  figure 
quanto  il  naturale  ; in  uno  si  vedevano  i 
quattro  Evangelisti  , e nell*  altro  S.  Anna 
con  Maria  Vergine  e Gesù.  Sarebbe  quasi 
impossibile  il  raccontare  la  gran  quantità 
deli’  opere  che  fece  Giovacchiuo  , e i molti 
paesi  dove  furop  mandate  sue  pitture.  E 
veramente  fu  cosa  degna  di  gran  compas- 
sione il  vedere,  che  la  natura  che  gli  era 
stata  tanto  liberale  nel  bel  genio  e dispo- 
sizione alle  buone  arti , gli  avesse  dato  un 
animo  sì  fiacco,  timoroso  e vile,  che  dagli 
stessi  parti  del  suo  ingegno  e del  suo  pen- 


Gioyachim  Bcjcck.lae&.  &z3 
Sìeìlo , che  rendevano  altri  abbondanti  e 
ricchi , perchè  vendeaogli  dodici  volte  più 
del  costo , a lui  non  ne  venisse  altro  frut- 
to , che  fatica  e povertà.  Po  aevàsi  egli 
talvolta  a lavorare  a salario  con  questo  e 
quello  per  un  fiorino  di  quella  moneta  di 
Fiandra  il  giorno , che  è quanto  dir  m^no 
di  quattro  de’  nostri  giulj,  prezzo  solito 
darsi  colà  agli  Scrittori  in  vetro;  e perchè 
egli  aveva  gran  pratica  celi’ inventare  e nel 
colorire  f si  trovo  talvolta  lavorando  a gior- 
nata a far  gran  pezzi  di  quadri  per  assai 
meno  d’uno  scudo,  t medesimi  quadri  fatti 
da  Giovacchino  quasi  per  nulla  , erano  di 
poi  stimati  superiori  ad  ogni  prezzo^  Il 
soprannominato  Ecce  Homo  fu  da  Jacob 
Raeurraert  venduto  al  Conte  di  Lip  insie- 
me con  un  Mercato  di  frutte  pure  di  ma- 
no di  lui  , ed  un  Giudizio  universale,  la 
Pioggia  del  fuoco  di  mano  d^Hemskerch  , 
con  un  combattimento  di  Perseo  con  la 
testa  di  Medusa  di  aia  no  di  Diriek  Bareni- 
sen  per  prezzo  di  6000.  fiorini  5 stimati 
però  da’  pittori  molto  più.  Tanfo  è vero 
che  poco  giovano  i grandissimi  doni  della 
natura  a coloro  , a’  quali  ella  fu  scarsa  in 
somministrare  i necessarj  talenti  per  po- 
tersi di  quelli  servire  a propria  utilità  ; il 
quadro  dell’  Ecce  Homo  venne  poi  in  poter 
dell’ Imperadore  , a cui  si  crede  che  fosse 
donato  dal  Conte.  Morì  Giovacchiuo  in 
Anversa  in  t^nspo  che  il  Duca  d’Alva  era 


6l4  DEC.  DELLA  Par.  II.  DEL  SEC.  IY. 
in  Fiandra  , mentre  slava  optrando  pel' 
Generale  Vitelli , e dicesi  che  egli  alla  sua 
morte  molto  si  dolesse  d’avere  speso  40, 
anni  in  fatigare  senza  alcun  profitto  ritrar- 
re dalla  sua  fatica , che  gravezza  d’animo 
e necessità. 


6é5 


ÌJRERT  GOLTZ 

PITTORE  , INTAGLIATORE 
E ISTORILO  Dì  VENLO* 
Discepolo  di  Lamberto  Lombardo  * 
fioriva  del  iS6q>. 


/ 


discepoli  di  Lamberto  Lombardo 
eccellente  pittore  di  Luiick,  di  cui  latina* 
mente  scrisse  l’erudito  Domenico  Lamp« 
gonio , e de!  quale  si  è da  noi  alcuna  cosa 
detta  a suo  luogo,  uno  fu  Uberto  Goltz  9 
che  oltre  alle  fatiche  durate  intorno  agli 
studj  del  disegno , si  fece  tanto  pratico  in 
altre  belle  facuUadi , e tale  odor  di  virtù 
sparse  in  quel  suo  tempo  , mediante  Pope- 
re  della  sua  penna  , che  sarà  sempre  vivo 
nella  memoria  degli  uomini,  e noi  ora  sia* 
mo  per  accennare  qualche  particolare  di 


6*6  T)ec.L  della  Par.  il,  del  Sec,  IV. 
sua  persona  e qualità  per  arrivare  al  fide 
propostoci  di  parlar  di  tutti  coloro,  i quali 
co)  buon  uso  delle  nostre  arti  hanno  reso 
al  Mordo  diletto  e utilità  t e rimettiamo 
il  Lettore  , per  quel  più  che  non  si  dirà 
in  questo  luogo,  alla  vista  dell’ opere  di 
questo  virtuoso,  le  quali  da  per  loro  stesse 
parlano  abbastanza  di  lui  , e fanno  cono- 
scere il  merito  delle  sue  lodevolissime  fa- 
tiche. Costui  dunque  fu  pittore  v intaglia- 
tore , ed  isterico  di  Venlò  , i cui  antenati  ! 
discesero  da  Wirtzburgh.  TSella  sua  gio- 
ventù si  trattenne  appresso  al  Maestro, 
copiando  per  ordinario  ogni  sorta  d’antica- 
glie , e particolarmente  di  quelle,  i dise- 
gni delle  quali  dalla  città  di  Roma  anda- 
vano di  tempo  in  tempo  portando  in  Fian- 
dra gli  artefici  che  venivano  a studiar  le 
cose  d’Italia.  Con  tale  occasione  prese  egli 
un  affetto  inesplicabile  alle  materie  spet- 
tanti all’  antichità  , e come  quegli  che  ave- 
va vivacità  d’ingegno  e anche  era  bene 
instruito  in  lettere  umane , e particolar- 
mente pratico  di  storie,  diedesi  di  lutto 
proposito  ad  una  profonda  investigazione 
delle  cose  degli  antichi  tempi,  onde  è , che 
appoggiandosi  alla  protezione  del  Signore 
di  Wateruliet  , condusse  cose  maravigìiose. 
Primieramente  diede  alle  stampe  un  libro, 
nel  quale  espresse  l’antlche  medaglie  degli 
Jmperadori  Romani , che  gli  costò  studio  e 
fatica  di  dodici  anni , olire  all’ inesplicabili 
spese , e furono  stampate  in  legno  per  one* 


Ubért  Óoltz.  Glf 

tk  di  Joos  Gier  Leugen  ( che  io  nostra 
lingua  vuol  dire  Seminatore  di  bugie  ) 
pittore  di  Cortrai  , uomo  valente  ed  inge- 
gnoso , e di  costumi  assai  lontani  da  quel 
che  sonava  suo  cognome.  L’effigie  degk 
Imperadori  sono  alquanto  grandi , assai  ben 
fatte,  e somigliantissime;  da  Giulio  Cesare 
arrivano  fino  a Carlo  V.  e Ferdinando.  Vi 
aggiunse  le  notizie  appartenenti  alla  storia; 
ed  anche  diede  giudizio  di  molte  cose  dette 
da  altri , e ragione  di  loro  errori , il  qual 
libro  è stato  in  molte  lingue  tradotto.  Nel 
1 563  diede  fuori  un  libro  latino  intitolato: 
Ciìjus  Julius  Caesar , ovvero  la  Vita  di 
Giulio  Cesare,  dedicato  a Ferdinando  Ina- 
peradore,  Nel  *566  un  altro  libro  pure  in 
latino  idioma  intitolato  Fasti  , dove  tratto 
delle  feste  pubbliche,  e altre  de’ Romani^ 
dal  tempo  deli’ edificazione  di  Roma,  fino 
alla  morte  di  Augusto  colle  medaglie  , le 
quali  fnrono  dalle  proprie  mani  di  lui  in- 
tagliate , eoo  loro  spiegazione.  Un  altro 
libro,  ch’egli  nel  1667  dedicò  al  Senato 
Romano,  il  quale  per  gratitudine,  fattolo 
chiamare  in  Campidoglio,  gli  fece  dono 
d*  una  lettera  sigillata  , nella  quale  era 
il  Decreto  , che  lo  dichiarava  nobil  citta-* 
dina  di  quella  patria  con  gran  privilegi» 
Nel  1574.  uscì  un  altro  suo  libro  intitolato 
Cesare  Augusto  colie  medaglie,  e rovesci 
intagliati  pure  da  lui,  e loro  descrizione 
latina , in  due  Tomi.  Nel  1576.  mando 


0i $ Dec,  T.  della  Par.  II.  del  Sec.  IV. 
fuori  un  altro  volume  intitolato,  Sicilia * 
et  Magna  Grecia  , ovvero  la  Storia  delle 
città  , e popoli  di  quelle  due  regioni  colle 
medaglie  Greche  , e loro  descrizione  in  lin- 
gua latina  , ed  in  principio  di  esso  libro 
si  scorge  il  suo  ritratto  col  nome  attorno  i 
e titolo  d’Istorico,  e di  Pittore  di  Filippo 
II.  Di  pochi  altri  intagli  di  sua  mano  dia- 
mo noi  qui  notizia,  perchè  pochi  ne  son 
venuti  sotto  rocchio  nostro , bastandoci  l’a- 
ver detto  « ch’attese  all’intaglio , con  che 
diede  fuòri  opere  utili  al  mondo  fino  a 
quel  segno  , che  sarà  noto  a chi  vedrà  le 
poche , di  che  abbiamo  sopra  fatta  men- 
zione. Soleva  questo  virtuoso  abitare  in 
Bruges  città  di  Fiandra , dove  aveva  in 
casa  una  Stamperia  con  bel  carattere , del- 
la quale  si  valeva  , non  già  a modo  di 
bottega  di  stampatore  , ma  per  impri- 
mere con  più  decoro  e reputazione  le 
proprie  opere  sue.  Poco  possiam  raccontare 
di  sue  pitture  , solamente  sappiamo  , che 
«Ila  città  d’Anversa  dipinse  diverse  cose 
nel  tempo  della  festa  del  Toson  d’ oro 
degli  Austriaci , e che  siccome  egli  era  ani- 
moso , e ardito  nell’ intraprendere  opere 
grandi  , così  anche  era  veloce , e franco 
nel  dar  loro  compimento.  Trovandosi  in 
Bruges  in  tempo  che  vi  predicava  un 
certo  fra  Cornelio  Minor  Conventuale  9 
celebre  predicatore,  ch’egli  andava  sem- 
pre a sentire  con  gran  gusto,  fece  alla  mao 


Ubért  Golt£, 

'dhia  il  di  lui  ritratto  a olio  , somiglianti^» 
simo  , il  quale  da  Carlo  Vanmander  pitto? 
Fiammingo  ( che  attesta  averlo  veduto  ) è 
molto  lodato.  Ebbe  questo  artefice  due  mo- 
gli , la  prima  fu  sorella  deli’  ultima  di  Pie- 
ter  Kok  eccellente  pittore  di  Aelst  * e di 
questa  ebbe  alcuni  figliuoli,  a*  quali  co*  ne 
Cittadino  Romano  , diede  tutti  nomi  Ro- 
mani antichi , cioè  a dire  Marcello  , Giu» 
lio  , e simili  : la  seconda  prese  egli  eoo 
estremo  dolore  de’  proprj  figliuoli , parenti  9 
e amici  , e sua  eterna  inquietudine  * danno  * 
e vergogna  , perchè  o forse  egli  ingannato 
da  coloro,  ch’ebbero  parte  nel  trattato,  ©■ 
pure  perchè  questi  medesimi  s’ingannas- 
sero , ella  era  donna  di  non  buona  lama  * 
come  abbiamo  per  quanto  ne  lasciò  scritte* 
Il  nominato  Vanmander.  Cosi  avviene , che 
F uomo  , o male  accorto  o mal  consigliato, 
Bene  spesso  pone  a cimento  in  un  punto 
tutta  quella  gloria,  l’acquisto  della  quale 
gli  è costata  la  fatica  e ’i  sudore  d*  una 
età  intera.  Venuta  finalmente  per  lo  nostro 
Artefice  l’ora  fatale,  circa  Tanno  1 583* 
fece  da  questa  aìF  altra  vita  passaggio  nella 
città  di  Bruges.  Fu  il  Golzio  uomo  di  sin» 
gelare  erudizione  , da  tutti  i virtuosi  del 
suo  tempo  grandemente  amato  , e Antonio 
Moro  celebre  pittore  d’ Utrecht,  al  quale 
egli  aveva  fatto  dono  d’  un  suo  libro  dell® 
medaglie  assai  ben  legato,  volle  io  ricom- 
pensa colorirne  il  ritratto  facendolo  venir© 


1)20  DeC.  I.  DELLA  Par.  II.  DEL  SeC.  IV. 
per  due  o tre  mattine  a stare  al  naturale 
per  Io  spazio  d*un’  ora  , il  qual  ritratto 
riuscì  somigliantissimo , e Tanno  1604.  era 
ancora  in  Bruges  in  casa  la  vedova  già 
sua  moglie,  e fu  poi  intagliato  in  uno  dei 
libri  dello  stesso  Golzio  ; ch'è  quello  ap- 
punto, di  cui  sopra  facemmo  menzione. 


ANDREA  SCHIAVONE 


Discepolo  di  Tiziano  : nato  i5 22»  +1S8 2« 


.Andrea  Schiavone. ,,  così  dello  pe£ 
aver  avuta  per  pania  Sebeqicp  di  Schia- 
venia  , nacque  d’ assai  umili  parenti  1’  an- 
no di  nostra  salute  1 522,  Portatosi  a Ve- 
nezia fino  da  piccolo  fanciullino , diede 
segno  della  singulare  inclinazione  , che  e- 
gli  aveva  alla  Pittura  , mentre  procurando 
di  campare  la  vita  coll'  impiegare  sua  ope- 
ra ne’  bassi  servigi  de’  pittori  cercava  in 
un  tempo  stesso  di  procacciarsi  lor  disegni* 


PITTORE 


èz%  Ofx.  I.  della  Par.  II.  del  Sec,  IV. 
e quegli  poi  diligentemente  copiaudo  , fo* 
mentava  in  se  stesso  il  desiderio  di  pia 
sapere  di  tale  arte,  e migliorava  il  proprio 
gusto  , finché  diedesi  ad  imitar  collo  stile  * 
e colla  penna  le  carte  stampate  del  Par- 
migianino,  delle  quali  gridava  quell’età  , 
e dalle  medesime  riportò  un  modo  d’  at- 
teggiare, e sveltire  di  figure  assai  leggia- 
dro , e grazioso.  Invaghitosi  del  colorito 
di  Giorgione  , ed  accostatosi  a Tiziano, 
ne  imparò  un  modo  di  tignere  sì  bello 
e si  franco , che  potè  essere  a tutti  d*  am- 
mirazione anche  in  quei  secolo  , nel  quale 
in  quella  patria  fiorivano  uomini  di  quel 
gran  valore,  che  a tutti  è noto  ; tanto  che 
il  Tintoretto  medesimo  , quantunque  non 
tanto  lodasse  il  suo  disegnare  , fu  solilo 
dire  che  ogni  pittore  averia  dovuto  ave- 
re in  sua  casa  un  quadro  di  mano  di  lui, 
anzi  egli  stesso  usò  tenerne  sempre  uno 
d’ avanti  agli  occhi  mentre  operava  per 
imitare,  diceva  egli,  quella  gran  fierezza 
di  colorito  , ed  il  medesimo  costume  è fa- 
ma , che  tenesse  il  tanto  celebre  Federigo 
Barocci  ; ma  non  fu  già  io  Schiavone  il 
primo  suggello  , in  cui  facesse  Ja  natura 
quelle  maraviglie  in  ciò , che  a colorito 
appartiene,  che  non  potò  fare  in  lui  per 
l’acquisto  dell'  ottimo  disegno  un  lungo 
studio , mercè  che  egli , siccome  in  sua 
gioventù  , così  in  ogni  altro  tempo  di  sua 
vita  fu  sì  stretto  da  povertà  , che  ni  uno 
più,  onde  a cagiona  di  questa  convenne- 


Andrea  Schiàyone»  a 
gli  poco  disegnando  adoperare  ii  pennello 
quasi  a forza  [di  genio  per  supplire  aiie 
lìecessitadi  d’  uno  stentato  vivere  $ ma  quei 
che  fu  il  peggiore , la  stessa  povertà  , ad 
pota  delle  belle  doti  sue , volle  esserle  poi 
quanto  crudele  , tanto  inseparabil^  compa- 
gna fino  all’  ultimo  spirare  dell’  anima* 
Furono  le  sue  prime  pitture  in  pubblico 
Varie  facciate  di  case  , le  quali  condusse 
salariato  da  altri  pittori  , e talvolta  sopra 
di  se  ; e bene  spesso  dipinse  ancora  con 
tenue  ricompensa  casse  panche,  o sgabelli  9 
i quali  adornava  di  storielle  ",  grottesche* 
ed  altre  sì  fatte  invenzioni  con  si  bei  mo-i 
do  9 che  ben  potea  dirsi , che  i’  opera  di 
gran  lunga  la  materia  avanzasse,  e sono® 
si  poi  in  tempo  vendute  a gran  prezzi  ; 
egli  però  altro  guadagno  non  traeva  per 
Io  più  di  suo  lavoro  , che  il  misero  sala- 
rio solito  darsi  ad  un  povero  manovale 
condotto  a giornata  , tantoché  gh  in  for- 
ila il  gettarsi  al  dipignere  di  pratica  tanto* 
che  vedendosi  le  sue  pitture  ogni  dì  sce- 
mare della  prima  bontà  , andavanle  anche 
proporzionatamente  scemando  le  occasioni* 
Ma  Tiziano  , che  bene  aveva  posto  i oc« 
chio  al  suo  modo  di  colorire  , cioè  eoa 
una  bravura  di  pennello  da  mettere  spa- 
vento in  ognuno  , che  maneggiasse  colori , 
fecegli  aver  luogo  ira  gli  altri  pittori  d al- 
to grido,  che  dovean  dipigoer  la  Libreria 
di  S.  Marco,  nella  quale  lo  Stbiavone  fet- 
to  nuovamente  animoso  * colori  i tre  pri- 


824  Bec.  I.  della  Par.  IL  del  Sec.  IV* 
mi  tondi  verso  il  campanile.  Moltissime 
furono  T opere  , eh’  egli  dipoi  condusse 
per  le  Chiese  di  quella  città  , e per  le  ca- 
se di  quei  Nobili  tanto  a fresco  , quanto 
a olio , d’ alcune  delle  quali  faremo  noi 
breve  menzione.  Nel  Cannine  sotto  U Coro 
è una  Vergine  in  un  gran  tondo  con  An- 
gioli, e sotto  son  figure  di  S.  Pietro,  S* 
Paolo,  ed  Elia,  e negli  angoli  i quattro 
Evangelisti  ; in  S.  Apollinare  per  la  fami* 
glia  de’  Tagliapietra  dipinse  la  tavola  dei 
Santi  Coronati  , e ne’  pilastri  la  Santissima 
Vergine  Annunziata.  Fece  vedere  sue  pit- 
ture a fresco  nella  casa  de’  Signori  Zanni 
sopra  ’i  Canai  ©rande  , ove  rappresentò 
Gaiatea  , ed  un  Tritone  con  altre  ligure, 
la  S.  Sebastiano  per  la  famiglia  Pellegri- 
na fece  la  storia  del  Signore  con  Cleofas, 
e Luca  ; il  lavarsi  le  mani  di  Pilato  avan- 
ti al  Signor  Nostro  quivi  legato  da’  soldati, 
e una  Vergine  col  fanciullo  Gesù,  e per 
quegli  della  stessa  casa  anche  dipinse  più 
tavole.  Nella  Chiesa  de’  Crociferi  colori  a 
concorrenza  del  Tintoretto  una  Vergine, 
e Santa  Elisabetta  ; quest’  opera  però  non 
giunse  in  bontà  più  oltre,  che  tanto  : eh- 
fiero  moltissimi  suoi  quadri  e sacri  , e 
profani  quei  della  famiglia  Gussoni  , e 
Ruzzini,  che  li  tennero  in  grande  stima, 
siccome  sempre  sono  stati  tenuti  poi  dagli 
intendenti.  Due  ne  fece  per  Alessandro 
Vittoria  Scultor  celebre  , che  dopo  la 
morte  di  lui  furon  mandati  in  Inghilterra* 


Andrei  Schiàyone.  62S 

Avendo  Andrea  avuta  amicizia  con  Pietro 
Aretino  , ne  riportò  varj  concetti  , ed  in- 
venzioni per  sue  pitture , che  esposte  al 
pubblico  guadagnarci!  gran  lode  al  suo 
pennello,  tu  casa  i Bozza  a S.  Alai  ino  co- 
lorì in  una  soffitta  i’  Aurora  e Ti  tono  9 
ed  in  un’altra  Bacco,  e più  altre  favo- 
lose rappresentazioni.  In  casa  Priola  fece 
ristori»  della  vita  di  S.  Gio.  e per  i Fo- 
seherini  la  venuta  dello  Spirito  Santo;  ed 
altre  opere  fece  in  Venezia  in  pubblico  , 
ed  in  privato , che  io  per  brevità  non 
racconto.  À S.  Salvadore  per  i Conti  Col- 
labo dipinse  parte  della  facciata  di  lor 
casa  , e per  entro  la  medesima  alcune  sof- 
fitte. In  una  delle  Regie  Camere  del  Sere- 
nissimo Principe  di  Toscana  è un  gran 
quadro  d’  un  Sansone  , che  colla  mascella 
uccide  un  Filisteo , opera  tanto  bella  , e 
di  così  terribile  colorito , che  fa  stupire. 
Giunse  lo  Schiavane  al  sessantesimo  di  sua 
età , e dopo  aver  vita  menata  tormentosis- 
sima, dopo  aver  dati  gran  segni  di  suo 
valore  , e nello  stesso  tempo  di  sua  sven- 
tura, dopo  aver  a molti  data  occasione  di 
farsi  ricchi  col  vendere  a gran  prezzi  quel- 
le pitture , colle  quali  egli  appena  avea 
potuto  mantenersi  vivo,  avendo  data  fine 
a’ giorni  suoi,  fu  nella  Chiesa  di  Luca 
più  colTajuto  de’  pietosi  e caritativi  ami- 
ci, che  col  prezzo  delle  lasciate  sostanze  9 
poveramente  sepolto. 

A questo  Pittore  da’  professori  dell’ara 
Baldinucei  Voi . VII « 40 


020  DEC.  1.  BELLA  PàR.  II.  DEL  SeC.  IV, 
te  è dato  luogo  fra  gli  ottimi  coloritori 
della  Veneta  scuola;  e non  è forse  a no- 
tizia d’  alcuno  , che  altri  avanti  , o dopo 
FaBbia  avanzato  nella  felicità,  facilità  , e bra- 
vura , con  che  maneggiò  il  pennello.  Nel-  j 
Farie  delle  teste  tanto  di  femmine , che  j 
di  maschi  fa  vezzoso,  e di  gran  maniera; 
ne’  vecchi  fu  mirabile , diede  buona  gra- 
zia all’  attitudini  ; negl’ ignudi  fu  grande- 
mente risoluto  , e diede  loro  gran  rilievo, 
e robustezza  di  muscoli , caricandogli  per 
Io  più  d’alcune  tinte  rosseggianti.  Non  po- 
se grande  studio  ne’  panni  ; volle  però  , 
che  quegli  seguitassero  l’ignudo;  nel  co- 
lorir suo  per  ordinario  non  adoperò  altro, 
che  terre  , benché  talvolta  , ma  però  di 
rado , usasse  qualche  poco  di  cinabro , e 
di  lacca.  La  diligenza  di  questo  artefice 
fu  sempre  in  procurar  di  fuggire  la  dili- 
genza , ed  in  quella  vece  servirsi  d’  un 
maraviglioso , e non  più  da  altri  usato  ar- 
dire ; qualiiadi , che  tutte  insieme , sicco- 
me avevangli  guadagnato  fra  gl*  intendenti 
concetto  di  gran  pittore , così  avrebbero 
dovqto  renderlo  abbondante  d’  avere,  e 
comodità  , se  il  Cielo , forse  per  serbare 
altre  ricompense  alla  bontà  sua , non  si 
fosse  mostrato  altrettanto  restìo  in  arricchir- 
lo di  beni  di  fortuna  , quanto  costante  in 
provvederlo  sempre  d’  avversitadi  ; e di 
sventure;  sicché  gli  fu  d’  uopo  il  menar 
sua  vita  fra  tutti  quei  patimenti  e disa- 
gi, con  che  viene  sempre  accompagnata 
V estrema  povertà  ^ obbligato  per  lo  piu 


Andrea  Sciiiàvgne.  627 

operar  |da Ila  mattina  alia  sera  per  lo 
misero  glia  lagno  di  24.  soldi  somministra- 
tigli da  un  tale  Rocco  della  Carità  , che 
lenea  sua  bottega  , dalle  Procuratie  vec- 
chie , dove  facevagli  dipigner  casse  , delle 
quali  , come  era  solito  raccontare  Marco 
Bocchini  Veneziano  per  notizia  avutane  da 
Marco  figliuolo  di  esso  Rocco  , per  ordi- 
nario dava  per  finite  fino  a due  il  giorno 
con  istorie,  favole  (come  sopra  accennam- 
mo, ) rabeschi,  ed  altro.  Quale  fu  il  trat- 
tare , che  a cagione  di  povertà  egli  fece 
se  stesso , tale  fu  anche  1’  apparenza  di 
sua  persona,  mercè  il  vestir  tanto  abietto, 
onde  chi  il  ve  deva  senza  conoscerlo,  reputa- 
va lo  un  qualche  manovale , o altro  vide 
manifattore;  perchè  in  somma  egli  è ve» 
rissimo  , che  in  questa  nostra  misera  vita, 
anche  gli  stessi  naturali  doni  datici  a prin- 
cipio dal  Cielo , tutto  che  alti,  tutto  che 
rari  , poco  ci  giovano  , ogni  qualvolta  e- 
gìkìo  non  vengano  in  noi  dal  medesimo 
guidati,  governati  , ed  accresciuti  di  nuovi 
doni  , co’  quali  possano  i primi  a quel  fine 
portarci  , che  per  renderci  tanto  o quanto 
lèdei  abbisogna. 


< 1 


6a8 

MARTIN  DE  VOS 

PITTORE  D’  ANVERSA 

Discepolo  del  Tintore  tto  % 
licito  • • • • -j-  I 


D™  tal  Pietro  de  Vos  pittore  d’Àn- 
versa  , che  entrò  nella  Compagnia  de’  pit- 
tori di  quella  città  l’anno  x55g.  nacque 
Martino  de  Vos.  Questi  cominciò  da  bam- 
bino a d *rsi  alla  pittura  , e non  prima  fu 
uscito  della  puerizia  , che  per  veder  1’  o- 
pere  de’ gran  Maestri  scorse  diversi  Stati, 
finalmente  se  ne  venne  in  Italia.  Stette  a 
Roma,  e fermassi  in  'Venezia,  dove  si 
accomodò  col  celebre  pittore  Jacopo  Ro« 


Martin  De  Vos.  Qzg 

busti,  detto  il  Tintoretto;  onde  e per  la 
buona  inclinazione  sua , e per  lo  valore 
del  maestro  , fece  io  poco  tempo  io  quel- 
la scuola  gran  profitto  , massimamente  nei 
componimenti  delle  storie  , e ne’  ritratti. 
Dicesi  ancora , eli’  ei  facesse  tanto  bene  i 
paesi  ( che  fa  sempre  un  genio  particola- 
rissimo de’  Fiamminghi , ) che  il  medesimo 
Tintoretto  si  servisse  di  lui  per  dipignere 
essi  paesi  ne' suoi  proprj  quadri,  e pittu- 
re. Divenuto  poi  valoroso  nell’  arte  del  di® 
pigoere  , se  ne  tornò  in  Anversa  f anno 
iSÒq.  nel  qual  armo  entrò  m 11  « nominata 
Compagnia  de’  pittori  ; e per  notizia  avuta 
dal  nostro  celebre  pittore  Moosù  Giusto 
Suttermans  nativo  della  città  d’ Anversa 
dico  che  egli  colà  in  Fiandra  fu  maesiro 
del  proprio  fratello  Pietro  de  Y^>s , il  qua- 
le pure  riuscì  valentuomo,  e fu  maestro 
di  Guglielmo  de  Vos  figlinolo  di  dello  suo 
fratello  , dal  quale  imparò  Y arte  lo  stesso 
Suttermans.  Di  Martino  veggons?  poche 
pitture  in  Italia,  ma  arrivato  eh’ e’ fu  in 
Anversa  , vi  fece  moltissime  opere  , delle 
quali  Carlo  Vanmander  pilior  Fiammingo 
che  io  suo  idioma  scrisse  alcune  poche 
cose  di  lui  , non  ce  ne  diede  notizie  par- 
ticolari ; disse  bene  , eh’  egli  ebbe  un  buon 
colorito,  ed  in  vero  non  pottv:  della  Scuola 
del  Tintoretto  uscir  pittore  t che  non  co- 
lorisse bene.  Fece  Martino  bellissimi  ntrat* 
ti  , ne’ quali  pure  aveva  trovato  nell’ ope- 
re del  maestro  molto  da  imitare  per  farsi 


63o  Dec.  I.  della  Par.  TI.  del  Sec.  IYa 
perfetto.  De!  suo  modo  d’  indentare  vari® 
e copioso  , è venuta  a noi  chiara  cognizio- 
ne per  le  molte  stampe,  eh’ ei  diede  fuori 
intagliate  da  Gio.  Sadaler  ; che  sono  le 
giornate  della  Creazione  del  Mondo,  $ del- 
l’Uomo., ed  altre  storie  de!  Genesi*  tre 
libri  de’  Romiti  , ed  uno  di  Romite  inta- 
gliati da  Raffaello  Sadalaer;  la  vita  di  Cri- 
sto, il  Credo,  e tante  altre  invenzioni,  che 
ancora  vegliamo  andare  attorno  ; ed  afferà 
ma  il  Yamnander  , che  Mattino  in  questo 
particolare  se  non  superò,  almeno  non  fu 
inferiore  all’  altro  Martino , che  fu  Mar- 
tino Hemskerck  , perchè  nel  disegnare 
fu  valentissimo  con  una  mano  brava , e 
franca  , come  mostrano  veramente  i di- 
segni di  questo  artefice  , che  si  conservano 
ne’  bellissimi  libri  della  raccolta  fattane  dalla 
g.  ni.  del  Serenissimo  Cardinal  Leopodo 
di  Toscana.  Fu  Martin  de  Vos  uomol  di 
grande  statura  , visse  moltissimi  anni  ia 
patria,  e finalmente  di  grave  età  nell’  anno 
1604.  se  ne  passò  da  questa  all’  altra  vita* 


G3i 


PIETER,  E FRANS 

PUURBUS 

PITTORE  DI  BRUGES 

Discepoli  di ...  .fiorivano 
del  i56o 


IN^acque  Pietro  Puurbus  in  Olanda 
nella  città  di  Goude  , ed  ancor  giovanet- 
to si  portò  a Bruges , dove  si  fermò  , e 
prese  per  moglie  una  figliuola  di  Landtslo- 
ot  3 come  s*  è altrove  raccontato.  Fu  que* 
sii  un  grand’  artefice  in  disegno  , in  in- 
venzione ? e nel  far  ritratti  al  naturale. 
Molte  tavole  , ed  altre  pitture  fece  egli  di 
sua  mano  in  Bruges.  La  miglior  opera  f 

\ 


632  DEC*  I.  DELLA  PàB.  II.  DEL  SeC.  IV. 
eh’  ei  facesse  , fu  una  tavola  colla  storia 
di  S.  Uberto  nella  Chiesa  grande  della  cit- 
tà di  Goude  ; iì  didentro  della  tavola  rap- 
presentava due  persone  in  atto  d’  esser  bat- 
tezzate da  un  Vescovo  dentro  ad  un  bellis- 
simo Tempio  ^ con  due  che  tengono  due 
torce  in  mano  ; in  uno  degli  sportelli  era 
rappresentata  una  tentazione  d’  un  Santo  , 
cioè  alcuni  spiriti  maligni , che  gli  mostra- 
no gran  tesori  , ed  esso  che  gli  discaccia; 
nell’  altro  fece  apparire  una  visione  im- 
pudica fatta  per.  opera  del  maligno  spirito 
per  indurre  io  stesso  Santo  a peccato.  Nel- 
la parte  di  fuori  dipiose  a chiaro  scuro  la 
Visitazione  : e quest’opera  fanno  1604. 
conservava  in  Delft.  Fu  Pietro  anche  buon 
Cosmografo  , ed  Agrimensore  , e per  gli 
Sigg,  d’  Ili-yen  dipinse  io  Bruges  una  gran 
tela  a oliò  , dove  si  vedevano  tutte  le  loro 
possessioni  % co’  villaggi  , luoghi  e case  in 
quelle  comprese.  Quest'  opera  per  essere 
tanto  coperta  di  colore  9 nell’  avvoltarla  si 
venne  a scrostale.  Fece  io  Anversa  il  ri- 
tratto del  Duca  d’  Àlenzon  , che  fu  mol- 
to stimato  da’  Professori.  Si  dilettò  del  de- 
coro e della  politezza;  ohe  però  racconta- 
no * che  non  fosse  mai  veduta  nè  più  co- 
moda nè  più  bella  stanza  della  sua.  Seguì 
ìa  morte  di  quest’ artefice  circa  -l’anno 
i583.  Francesco  Punì  bus  di  lui  figliuolo, 
e discepolo  , che  studiò  anche  sotto  ìa  di- 
sciplina di  Francesco  Floris,  superò  di  gran 
lunga  il  padre  , e riuscì  iì  miglior  mae* 


PiETER  , E FrANS.  633 

gtro  , che  partorisse  mai  la  scuola  del  Flo- 
ris , e tale  in  somma  , che  lo  stesso  era 
solito  dire  , parlando  di  lui  : questi  è il 
mio  maestro.  Fu  cosi  amorevole  , e di  sì 
bel  tratto  con  ciascuno,  che  pareva  la 
bontà  stessa.  Entrò  nella  Compagnia  de’  pit- 
tori d’  Anversa  Fanno  1564  Bellissimi  fu- 
rono i ritratti  di  sua  mano,  ed  alcuni  se 
ne  veggono  nel  palazzo  del  Serenissimo 
Granduca  , insieme  coi  ritratto  di  esso  Fran- 
cesco , e da  lui  medesimo  colorito.  Non 
uscì  mai  della  patria  , e quantunque  circa 
l’anno  i566.  fosse  di  pensiero  di  far  viag- 
gio alla  volta  d’Italia,  e già  avesse  presa 
licenza  dagli  amici,  tra’ quali  era  Lucas 
de  licere  , e già  fosse  in  atto  di  partire , 
fu  arrestato  per  causa  d’amore,  ed  in  quel 
cambio  fece  matrimonio  con  una  figliuola 
di  Coi  nel is  Floris  fratello  di  Francesco  suo 
maestro.  Fu  costui  grandemente  pratico , 
ed  ingegnoso  nel  dipignere  alberi  e ani- 
mali al  naturale  ; e fino  del  tempo  della 
sua  gioventù  aveva  condotto  un  bel  qua- 
dro d’  un  Paradiso  Terrestre  con  gran  co- 
pia d’animali  e frutti  , dove  benissimo  di- 
sti ngueansi  dalla  qualità  delie  frondi  gli 
uni  dagli  altri  con  bella  varietà  d’ invenzio- 
ne 5 e naturalissimi.  Diverse  tavole  d'  alta- 
ri erano  io  Gbaent  nella  Chiesa  di  S.  Gio- 
vanni. Per  un  tal  Presidente  Tiglio s fece 
una  tavola  , che  rappresentava  un  Battesi- 
mo , e dipinse  anche  gli  sportelli,  dove 
rappresentò  la  Circoncisione  con  molti  bel» 


63 4 D EC.  T.  DELLA  Par.  IT.  bel  Sec.  IV. 
lissimi  ritratti  al  naturale.  la  uu  Con- 
vento d’  Andenaer  era  di  sua  mano  una 
tavola  de"  tre  Re  Magi,  una  Natività  del 
Signore  , ed  altre  cose  belle.  In  Bruges  ia 
casa  di  suo  padre  era  una  tavola  da  altare 
con  suoi  sportelli  , dove  si  vedevauo  storie 
di  S„  Giorgio,  L’anno  1604  era  nella  Chie- 
sa di  Duyr  una  tavola  colla  Decollazione 
dello  stesso  Santo,  ed  in  lontananza  il  dra- 
go ferito  colla  lancia  del  Santo , ed  un  bel- 
lissimo paese  ; negli  sportelli  erano  storie 
appartenenti  alla  vita  dello  stesso  ; il  tut- 
to tanto  ben  fatto , che  attesta  il  Vanrnan- 
der  pittar  Fiammingo,  che  quando  non  si 
fossero  vedute  altre  opere  di  sua  mano  , 
questa  sola  bastava  per  far  conoscere  quan- 
to egli  si  fosse  segnalato  nell’arte.  Aveva 
questo  pittore  la  carica  d’ Alfiere  fra’ cit- 
tadini d’ Anversa  , ed  occorse  un  giorno;, 
che  egli  nei  maneggiar  l’ insegna  molto  si 
riscaldò , e poi  per  istanchezza  posesi  in 
luogo , intorno  al  quale  scorreva  un’a- 
cqua puzzolente,  e quivi  trattennesi  per 
buono  spazio  : ma  non  prima  partasene 
per  tornare  a casa  , che  fu  sopraggiunto 
da  gagliardissima  febbre  , la  quale  in  po- 
chi giorni  lo  privò  di  vita  , e ciò  fu  Fan- 
no i58o.  Lasciò  la  sua  seconda  moglie, 
che  si  rimaritò  ad  Hans  Jordaens  pittore  p 
discepolo  di  Martino  Vanclef,  il  quale 
riuscì  valentuomo  in  figure  e paesi  , e 
buon  componitore  di  storie  di  varia  in- 
venzione nel  rappresentare  cose  contadine- 


Pieter  , e Frans.  6S5 

©he,  pescatori,  marinari,  incendj , e si- 
mili altri  capperi.  Costui  entrò  nella  Com- 
pagnia de’ pittori  d’ Anversa  l’anno  1679. 
e viveva  apeora  in  Delft  in  Olanda  nei 
1604,  Ebjse  Francesco  Puurbus  un  fig  iuo- 
3o  chiamato  pur  anch’  esso  Francesco  , il 
quale  viveva  del  1600.  e dipingeva  molto 
bene  al  naturale. 


636 


ANTON  CAMPI 

P1TTOR  CREMONESE 
Discepolo  di  Giulio  Campi » 


u 


jAlntonio  figliuolo  di  Galeazzo  Cam- 
pi, e fratello  del  celebre  pittóre  Giulio 
Campi  , e di  Vincenzio , imparò  V arte  dal- 
lo stesso  Giulio,  e coll’ imitazione  di  lui 
fecesi  una  molto  buooa  e soda  maniera  , 
benché  nell’  arie  delle  teste  , senza  punto 
discostarsi  dalla  buona  intelligenza  del  di- 
segno , mostrasse  qualche  rozzezza.  Fece 
in  Cremona  opere  insigni  , in  Sonzino,  in 


I 


Anton  Campi.  63y 

Lodi,  in  Milano,  ed  iti  altre  molte  città, 
e luoghi.  Fu  buon  letterato,  e ned’ anno 
1576.  compose  uo  Libro  intitolato  Le  Cro* 
nache  dì  Cremona  , che  dedicò  alla  Maestà 
del  Re  Filippo  II.  delle  Spagne , da  cui  fa 
m?  Ito  onorato,  siccome  anche  da  Gregorio 
XI il.  che  lo  fece  Cavaliere  di  Cristo.  Fa 
buono  architetto,  e non  solo  ordinò  bene 
1’  opere  d’  architettura  , ma  seppele  anche 
contraffare  col  pennello.  Sarebbe  lunga 
cosa  il  raccontare  in  questo  luogo  tutte  le 
pitture  fatte  da  lui  , che  però  se  de  note- 
ranno alcune  delle  molte.  Primieramente 
ajutò  egli  al  fratello  a dipigner  nella  Chie- 
sa delle  Monache  di  8.  Paolo  in  Milano 
le  storie  della  Conversione,  ed  altri  fatti 
di  quei  Santo  ; ed  in  S.  Caterina  alla  Por- 
ta Ticinese  , nuova  Chiesa  architettata  dal 
Lombardino  , fece  una  tavola  a olio  di  S. 
Elena  quando  fa  cercare  la  Croce.  Nella 
Chiesa  delle  Monache  di  S.  Antonio , edi- 
ficata già  fino  a tempo  de’  Principi  Viscon- 
ti , sono  di  sua  mano  due  belle  tavole  , 
una  d’ un  S.  Francesco,  e l’altra  d’  «io  S. 
Bastiano.  In  S.  Antonio,  Chiesa  de’ Padri 
Teatini,  in  una  bella  cappella  ornata  di 
marmi  e bronzi  , una  tavola  di  Maria 
Vergine  col  Figliuolo  in  colio,  ed  appres- 
so S.  Caterina  , e S.  Paolo.  Nella  Madon- 
na di  S.  Celso  è una  sua  tavola  delia  Re- 
surrezione di  Cristo.  Sn  S.  Àngiolo  nella 
cappella  dove  Gaudenzio  Milanese  fece  la 
bellissima  tavola , dipinse  Antonio  le  Sten 


638  Dec.  I.  ©ella  Far.  II.  del  Sic.  IV. 
rie,  che  vi  si  veggono;  ed  io  S.  Marc© 
de’ Padri  Agostiniani  dell’  anno  i586.  il 
quadro  delia  Presentazione  al  Tempio  di 
Cristo  Signor  jNostro.  in  una  cappellata 
in  Sacrestia  è di  sua  mano  una  tavola  , 
dov’  egli  rappresentò  la  Beatissima  Vergine 
con  S.  Agostino.  INelU  Chiesa  de’  Padri 
della  Pace  (Ordine  ìostiturto  Panno  1460. 
dal  B.  Amadeo  Cavaliere  Portoghese)  fu 
collocata  una  tavola  di  sua  mano  d’  un 
S.  Lorenzo  in  sulla  graticola.  In  S.  Bar- 
naba , Convento  de’  Padri  Gesuali,  è una 
sua  tavola  con  Gesti,  e S.  Caterina  Mar- 
tire ; nel  palagio  de’  Governatori  , detto 
anticamente  dell’Arena  o Arenario,  nel- 
la stanza  ove  ascoltano  i Senatori  la  San- 
ta Messa  , fu  posta  di  mano  d’ Antonio 
una  bella  tavola  della  Venuta  dello  Spiri- 
to Santo,  ed  aitr’ opere  veggonsi  di  sua 
mano  in  quella  nobilissima  città,  e suo 
stato.  In  Piacenza  nella  Chiesa  della  Ma- 
donna di  Campagna  fu  dipinta  daini  una 
cupoletta;  ed  in  Cremona  veggonsi  infinite 
sue  pitture  „ fra  le  quali  veramente  bellis- 
sime soa  quelle  della  Chiesa  di  S.  Pietro, 
S.  Domenico,  e nel  coro  di  S.  Vittorio, 
biella  Chiesa  de’  Monaci  di  S.  Girolamo 
fuori  della  città  un  miglio  , nella  seconda 
cappella  a man  destra  sono  sue  norie  a 
fresco  delia  vita  di  S.  Gio.  Battista  con  al- 
cuni bassi  rilievi  di  stucco  fatti  pure  da 
lui  medesimo , il  quale  ancora  vi  fece  la 
tavola  dell’  Aitare  a olio  , e vi  dipinse  quat- 


Anton  Campi.  63g 

tro  pilastrate  di  scherzi  di  putti  bellissimi, 
la  somma  sarei  troppo  luogo  , se  io  volessi 
raccontare  tutte  F opere  di  sua  mano  , e 
però  tanto  basti  aver  detto.  Ebbe  Anton 
Campi  moki  discepoli , e fra  questi  Lat- 
tanzio Gambara  pittor  Cremonese , dei 
quale  si  parlerà  a luogo  suo. 


VINCENZIO  ANTONIO 
CAMPI 

PITTOR  CREMONESE 
Discepolo  di  Giulio  Campi . 


Fioriva  circa  q iresti  medesimi  tempi 
Vincenzio  Antonio  Campi , il  minore  dei 
tre  fratelli  pittori  figliuoli  di  Galeazzo  Cam- 
pi. Costui  fu  buon  naturalista , tenendosi 
sempre  all’  imitazione  del  vero.  Veggonsi 
di  sua  mano  moltissime  pitture  fatte  con 
gran  facilità  tanto  figure , che  frutte  , ed 
altre  cose.  Ajutò  molto  ad  Antonio  suo 


Vincenzo  Antonio  Campi.  641 
fratello,  e colorì  gran  numero  di  quadri  , 
che  furon  mandati  in  Francia  > ed  alla 
Corte  d»  Spagna  , dove  fu  ed  è sta to  sem- 
pre celebrato  il  suo  nome.  Nel  Ouomo  di 
Cremona  sua  patria  è una  sua  bella  tavola 
d’un  deposto  di  croce  , con  un  S>  Antonio, 
e Raimondo;  un'altra  nella  Chiesa  di  S.  Frao- 
cesco/una  in  S Lorenzo,  ed  in  Giroldo  quella 
di  S.  Orscla  colle  Vergini  compagne.  Man- 
dò molte  opere  a Milano,  e per  usar  le 
proprie  parole  d’ Anton  Campi  suo  fratello 
che  incidentemente  fa  di  lui  nella  sua  Cro- 
naca una  breve  menzione  , dico , eh’  egli 
lavorò  per  infiniti  altri  luoghi  d'  Italia. 
Fu  buon  architetto  , e dipinse  bene  archi- 
tetture ; si  dilettò  assai  di  Geografia  , e 
descrisse  tutto  il  Cremonese  , che  per  avan- 
ti era  stato  pure  descritto  da  Bernardin. 
Campi  in  una  gran  tavola,  che  fu  posta 
nella  Sala  del  Consiglio  dì  quella  città,  la 
quale  egli  ridusse  in  piccola  tavola 
con  tale  accuratezza  ed  arte  , che  per  gra- 
titudine fu  dalla  sua  patria  esenzionato. 
S’applicò  ancora  ad  intagliare  in  rame  una 
bella  ed  aggiustata  pianta  della  medesima 
città,  e già  dell’ anno  1584.  come  si  rac- 
coglie dal  discorso  d’Alessandro  Lamo,  era 
in  procinto  di  darla  fuori  , siccome  dovet- 
te seguire  , ma  ciò  non  è per  ora  venuto 
a nostra  notizia.  Ebbe  \incenzio  fra  gli 
altri  suoi  discepoli  Luca  Catapane , del 
quale  si  vede  nella  Chiesa  di  S.  Pietro  di 
Cremona  una  giunta  ad  un  quadro  d’  uh 
Buidinuccì  VoU  44 


642  DeC.  I.  DELLA  PàR.  TI.  DEL  $EC.  IV. 
Cristo  portato  alla  sepoltura  , dipinto  da 
Lattanzio  Gamba ra  , iì  quale  vollero  ridur- 
re iu  tavola  maggiorale  nel  dipinto  dai 
Catapsne  vedasi  buon  accompagnamento 
alla  maniera  del  Gambara.  Nella  stessa 
Chiesa  son  pure  di  sua  mano  due  Cupole 
a fresco.  In  S.  Domenico  sono  sue  le  pit» 
Iure  deli’  arco  della  cappella  del  Rosario  , 
essendo  la  cupola  di  mano  del  Molosso. 
Nel  Carmine  la  cappella  della  B.  Vergine^ 
e tutte  s’accostano  alla  maniera  del  Piz- 
zighittone  , e dell’Asola  , benché  con  al- 
quanto più  di  morbidezza  e rotondità. 
Ebbe  facilità  neìfinveotare  , ed  i suoi  di- 
segni sono  in  sulla  maniera  del  Cangiasi. 
Le  sue  pitture  però  , generalmente  parlan- 
do 9 non  passarono  piu  là  d’  un  mediocre 
segno» 


64B 


INDICE 

BELLE  COSE  PIU ' NOTABILI, 


A 


ertegen  dì  Leiden  pittore^ 5.  Ope- 
re sue  , e quasi  sempre  fece  qua- 
dri di  devozione . 

Aldegraef  intagliatore , e pittore . 

Alessandro  Pampurino  Cremonese . 

Alonso  Berruguette  piti,  scult . e «rc^. 
Spagnuolo. 

Andrea  Coninoci  Scultore  dal  Monte 
a S.  Sovino  assiste  alla  restau- 
razione della  Santa  Casa  222,  ope- 
ra in  V e ne  zia. 

Andrea  Pel  trini. 


377 

a63 

566 

536 


3g8 

2 Og 


644 

Anseimo  Cantieri . 323 

Antonio  del  Cerajolo.  1^4.0 

Andrea  Cremonese  celebre  in  far  me- 
daglie. 566, 

Andrea  da  Viadana  pittore . 5y5 

Andriaen  de  Werdt  pitt . di  Brussel- 
lese 58o 

Andrea  Mainar  do  pittor  Cremonese . 575 
Andrea  Marinino  pittar  Pavese . òj5 

Andrea  Schiavone,  sua  vita . 621 

Comraend.  Annibai  Carolai,  sue  let- 
tere all' Ammarinato  , ed  alla  sua 
moglie  402.  fino  a 4 1 1 

Antonio  Moro  pittor  a Utrecht  558. 

suo  ritratto.  562 

Antonio  della  Corna  Cremonese  566 
Anton  Pordenone  pitt.  671 . 572 

Anton  Campi  pitt.  Cremonese.  636 

Aristotile  Alberti  architetto  Bolognese.  72 
Aite  dtlla  Lana  al  canto  alla  Catena.  4^0 
Angustia  F Loris  z pittore  di  Deljt  577. 

sua  morte  infelice.  579 

B 

Baccio  dt  Agnolo  arch . Fiorentino.  48 
Baccio  Bandinelli  scultor  Fioren- 
tino. 897 

Il  Bagnacavatlo  3i8.  819.  Autori 

che  hanno  scritto  di  questo  pittore  3zi 
Baldassar  Peruzzi  90,  suoi  infortuni  e 


64 5 

disgrazie  95.  Fece  il  ritrailo  di 
B orbone  % saccheggiatore  di  Ro- 
ma q5.  Sua  morte  , e sepoltura,  96 
Fra  Bartolommeo  detto  Fra  Carneva- 
le 147.  Fu  maestro  di  Braman- 
te architetto . 2 48 

Bartolommeo  Raminghi  detto  il  Ba° 

gna  cavallo.  3 1 7 

Bartolommeo  Nero  ni  Pittore  , e ar- 
chitettoy sua  vita.  608 

Bartolommeo  Ammarinati  % sua  vita 

3g3v  suo  ritratto  468,  sua  sepoltura  467 
Battista  di' Agnolo  Veronese  detto  Bat 
tista  del  Moro  pittore . 5 

Benedetto  V archi  muore.  4° 7 

Benedetto  della  nobil  famìglia  de  Gori 
Fiorentino , Avvocato  del  Colle- 
gio de  Nobili.  444 

Benedetto  del  Ghirlanda]  o pittor  Fio- 
rentino. 80 

Benvenuto  Celimi  > e sue  lodi  2.  sue 
opere  fatte  in  Francia  1 54*  suo 
vago  racconto  di  dette  opere.  i55  e 
segg.  A rchhe tto . 4 2 % 

Bernardino  Gatti  , detto  il  Sojaro  227. 

Fu  allievo  del  Coreggia.  56  j 

Bernardino  Campì  pittor  Cremonese  , 

sua  vita.  564 

Bizzarria  di  pittore  nel  dìpignere  il  Di- 
luvio Universale.  5go.  591 

Brunorio  Cambi  Nipote  di  Gio « Battista 

dei  Bombarda  5 66 

Il  Brusasorci*  297 


@4^ 

Burla  fatta  da  Jacques  de  Poindre 
pittar  di  Malines  ad  un  capita- 
no , che  non  lo  voleva  pagare 
cT  un  ritratto  fattogli . 588 

C 

Calisto  da  Lodi  Pittore  5ho 

Cammillo  Boccaccino  pittor  Cremo - 

nese  5 67 

Cane  corre  al  ritratto  del  Padrone 
dipinto  in  una  loggia  di  sua  casa 
per  fargli  festa  , credendolo  vero9 
ed  uomini  pure  ne  rimangono  in • 
gannati . 57  4 

Carcl  d'Yper  pittore  35o.  Fu  molto 
iracondo . Prende  molta  malinco- 
nia per  alcune  parole  dettegli  per 
ischerzo  35 1.  352.  Si  J tris  ce  nel 
petto  da  se  352.  E in  pochi  gior- 


ni se  ne  muore.  353 

Cadetto  Celiar  i pittore.  3qi 

Carlo  Natali  architetto  , e pittore . 5y5 

Cesari  in  num  di  1 1.  dipinti  da  Tiziano.  Òjz 
Cesare  Sesto  pittore . 325 

Chiesa  della  Santa  Casa  di  Loreto 

restaurata  , e come.  22 r.  222 


Chiesa , Beni , e Convento  de  Fratini 

a Montusjii , oggi  i Cappuccini.  4^4 
Chiesa  di  S.  Giovannino  de' Padri  Ge- 
suiti rifatta  con  suo  disegno  436. 
Antica  Chiesa  perchè  detta  di  S. 
Giovannino  44?.  Viene  in  potere 
de  Padri  Gesuiti  ^3.  fino  a 44? • 


64-7 

Ed  errore  del  Targhino  intorno 
a detta  antichità , 447.  448,449.  45o 
Cìaes  Rogier,  255 

Colonna  di  Granito  sulla  Piazza  di 

S.  Trinità  , e statua  sopra , 427 

Collegio  Romano . 429 

Commedia  di  Gio.  Andrea  deir  An~ 
guillara  recitatasi  in  Roma  nel 
Pontificato  di  Paolo  111 , 412 

Commedia  detta  V Ortensio  recitatasi 
in  Siena  dagli  Accademici  Intro- 
nati alla  presenza  del  Granduca 
Cosimo  I.  609 

Concetto  bizzarro  di  un  pittore  rappre- 
sentato in  un  osteria , 699 

Coriolano  Pittore  5^3 

Cornelis  Molenaer  pittore , 355. 

Cornelis  Engheltams  Pittore  di  Mali - 

nes.  583 

Cris  tafano  dell  Altissimo  pittor  Pio . 
ventino  mandato  dal  Granduca 
Cosimo  L a copiar  ritratti  del 
Museo  di  Monsig.  Giovio  a Como  56g 
Cristofano  Magnano  da  Pizzighittone 

pittore . 574.  575 

IL  Crocino  valente  intagliator  Fioren- 
tino, 6o5 

Cronache  dì  Cremona  , Autore  An- 
tonio Campi  pittor  Cremonese,  687 
Cunio  Milanese  pittore,  57 3 


648 


D 

David  del  Ghirlandaio  pitt . Fioren- 
tino. 7® 

Delitto  gratissimo  commesso  da  un 

empio  giocatore.  319  320 

Descrizione  del  modello  del  Palazzo 
de  Pitti  fatto  da  Paolo  Falconie- 
ri Nobrl  Fiorentino  , Gentiluomo 
delta  Camera  del  Serenissimo  Pri- 
mo Granduca  Cosimo  Ut.  Sol 

Dissertazione  di  Giuseppe  Piacenza 

sopra  C are  hit  te  tur  a.  5 

Domenico  Riccio  , detto  il  Brusasorci.  297 
Domenico  Fontana  da  Mili  celebre  ar- 
chitetto. 438 

E 

Edificj  fattisi  con  modello , e disegno 

deir  Amman  nato  449.  48© 

F 

Don  Fabio  Arazzuola  Aragona  Mar- 
chese di  Mondragone , suo  palazzo . 429» 


649 

Fabbriche  fallasi  col  disegno  dell'  Am- 
marinato . 4^9'  480 

Facciata  della  Chiesa  del  Gesù , 

gno  del  Fignuo la . 3o8 

1/  Fattore . 3cf 

Fermo  Guisoni  pittore  dipigne  nel 

Castello  di  Mantova.  568 

Figura  di  un  Nettuno  nella  Piazza  di 

S.  Marco  di  Venezia . 400 

Figure  grandi  di  stucco  in  S.  Giovan- 
ni. 465 

Fonte  di  piazza  del  Granduca.  426 

Francesco  Taccone  pittor  Cremonese.  74 

Francesco  di  Francesco  Floris  pit- 
tore 882.  I suoi  scolari  furono 
sopra  cento.  884 

Abate  Francesco  Primaticcio  149.  Fu 
mandato  in  Francia  a Francesco 
11.  i5o,  i5e 

Francesco  Torbido  , detto  il  Moro.  206 

Francesco  Morone  pittore  V eronese  5j 

Francesco  di  Ubertino  , detto  il  Bac- 
chia cca.  216 

Francesco  Bembo  detto  il  Vetraro.  566 

Francesco  Colonna  del F Ordine  di  S. 

Domenico.  841 

Francesco  Sentenzio  Pittor  Cremonese.  5^5 

Francesco  Dottare  Piccifuoco  archi- 
tetto in  Cremona.  5y5 

Francesco  Pagani  pittore , c redesi  Fio 

Tentino , sua  vita.  6o3 

Francesco  Salviati  celebri  pittore . 570 

Frans  Crebbe » 2ò5 


65© 

Frans  Floris  Pittore  35 7,  Sue  ope- 
re 35g.  36o.  Fu  velocissimo  nel- 
F operare  36 1.  Qualità  detestabili 
della  sua  moglie  363.  Come  sia 
burlata  dal  cognato  364-  Si  diede 
a bere  esorbitatamente  , e quello 
che  diceva  si  pubblicamente  di  lui 
a questo  conto  365.  Bevute  stra- 
ordinarie e incredibili  ivi.  Morte 
del  medesimo.  367 

Frans  Minnerbroes . 203 

Frans  Verbeech . 254 

Cx 

Galeazzo  Campi  Pittor  Cremonese  56j 

Galleria  della  Beai  Maestà  della 
Regina  di  Svezia  55  2 del  Serenis- 
simo Granduca.  ivi 

Gesuiti  vedi  Padri  della  Compagnia 
di  Gesù . 

Gio.  Battista  Mantovano.  333 

Gio.  Francesco  Venni , detto  il  Fat- 
tore. 33 

Gio.  Maria  Chiodarolo . 188 

Gio.  Fan  Calker  y detto  Gio . Fiam- 
mingo 336 

Fra  Gio . da  Verona  maestro  di  tarsie 

e d'intagli.  60 

Gio.  Battista  da  V erona  scultore.  68 

Gio . Buonconsigli  pittore  Vicentino . 70 


65r 

Gio.  Cambiaso . 14 1 

CP/o.  Caroti . 20  5 

Giovanili  Hooìben  pitt  280  fu  manda- 
to da  Erasmo  Roterodamo  in  In- 
ghilterra appresso  a Tommaso 
Moro . 28 1 282.  molte  ope » 

re  y e ritratti  283.  Gran  di- 
sgrazia seguitagli  nella  Città  di 
Londra  284  Fu  grande  amico , e 
confidente  del  Re  Enrico  V 111.  e 
fece  il  suo  ritratto  288.  Qua- 
dri di  sua  mano  nella  Tribuna 
della  Galleria  del  Granduca  di  To- 
scana , bellissimi  , e sua  descri- 
zione 291  Altre  opere , e ritratti  in 
varj  luoghi  294»  298  Ritratto  suo , 
e di  sua  mano  ve  desi  nella  stanza 
de  Ritratti  de  pittori  nella  detta 


Gallerìa . 2g5 

Gio.  Nani  da  Udine,  184 

Gio.  Spegnitoio  detto  lo  Spagna • 1 82 

Gio . detto  r Olandese,  276 

Giovacchino  Buccklaer  Pittor  d?  An- 
versa , sua  vita,  6 1 o 

Gio.  Antonio  Battiferri  di  Urbino  Pa- 
dre naturale  di  Laura  Battijer - 
ra.  400 

Gio.  Antonio  F asvolo  pittor  Veronese . 556 
Gio.  Battista  Cambi  detto  dei  Bom- 
barda , Cremonese.  566 

Giovambattista  Trotto , detto  il  Mo- 
losso pittor  Cremonese.  5j5 

Girolamo  da  Codigliela,  190 


652 

Girolamo  da  Lione  Danese  pittore . 5^3 

Girolamo  Lombardo , o Girolamo  Fer- 
rarese Scultore  , sue  opere  220. 

224.  4©r 

Girolamo  Mala  gavazzo  pittore . 572 

Giulio  Caporali,  2 1 3 

Giulio  Homano , e opere . 29,  e segg. 
Giuliano  della  Nobilissima  Famiglia 
de  Rìcasoli , $«0  Palazzo  in  F i- 
renze. 6g5 

Giuliano  de  Capitani  da  Lodi  pittore.  5j5 
Giulio  Campi  pittor  Cremonese , Jwe 

opere.  23 1.  567 

Giulio  Romano  in  Mantova . 568 

Giegorius  Beeringsindescher  pittar  di 
Malìnes.  5c)0 

H 

Hans  Boi  pittore . 388 

i/tów  Hoghenbergh.  255 

Hans  Kaynot . 255 

i&raj  Forrens  pittor  di  Brusseìles.  5 82 

Hans  Sveckaest  pittor  di  Brusseìles.  582 

Hans  Fredeman  pittor  di  Frisia . 5 96 

Hubert  Goltz  pittore  , intagliatore  ed 
istorino  di  Venlò  61 5.  opere 
date  alle  stampe.  616 

Kendrick  di  Cleef.  24 7 


653 


I 


Iacinto  Maria  Marmi  guardaroba  dei 

Reai  Palazzo  de * Pitti.  535 

Jacomone  da  Faenza.  82 

Jacopo  del  Tatta  sculto r Fiorentino.  398 
Padre  Jacopo  Loinez  della  Compa- 
gnia di  Gesù  ai  Concilio  di  Tren- 
to 45 1.  In  Bologna  ivi.  In  Fi- 
renze fa  gran  fatto  con  sua  pre- 
dicazione 454.  E pe*  Monasteri 9 
particolarmente  in.  quello  di  S. 
Maria  Maddalena  degli  Angeli 
da  S.  Fria.no.  4^6 

Jacopo  Francia  pittar  Bolognese.  648 
Jacopo  da  Prezzo  celebre  gettatore  di 

metalli  e bassirilievi,  5ji 

Jacques  de  Poindre  pittor  di  Malines , ò8j 
Jacques  de  Bacher  pittor  d?  Anversa  , 

altrimenti  detto  Jacopo  Palermo.  Ò92 
Jacopo  Beirozzi  da  E ignito  la  , detto  il 
Einguola  3oo.  E asce  nel  Mila- 
nese nella  Terra  chiamata  Fi- 
gliuola ivi.  Suoi  viaggi  in  Fr an- 
cia 804.  Sue  opere  a Bologna  e 
altrove  3io.  Sua  morte  3x2.  La- 
sciò un  figliuolo  chiamato  Gia- 
cinto 9 aneli  esso  grand*  architetto 
3x3.  Lettera  scritta  dal  figliuolo 
Giacinto  al  Padre  Ignazio  Danti  3i5 


654 

J: corno  Bazze  t.  89 

Jacopo  Vagì  idearne.  143 

Jacques  Grimmaer  pittore . 354 

Jan  Cornei  isz  Verrnein  pittore.  io 2. 

Jan  di  -T ab  use  piuore  iot.  Fu  uomo 
stravagante  nel  suo  trattamento  , 
e accidente  seguito  ad  esso  no 

Jan  Mo start  pittore  267.  Fu  valoroso 
ritrattista  258.  Sue  buone  qualità 
e opere * 260 


Jan  Scoorel  pittore  117,  Viaggi  suoi 
curiosi , e opere  e disegni  fatti 
nelf  istesso  tempo  120.  Dipinse 
in  Gerusalemme  molti  luoghi  San- 
ti , e lasciò  ivi  molti  quadri  suoi 
122,  izó.  di  tre  sue  opere  124. 
12.5.  Fu  regalato  da  Gustavo  Re 
di  Svezia  , a cui  aveva  mandato 
un  bel  quadro  izq.  Ebbe  molte 
doti  e ornamenti  virtuosi  % e fu 


letterato . 128 

Jan  Swart  pittore  di  Frisia  11 3.  Suoi 

discepoli  114.  1 1 5 

Jerommo  Bos  e Compagni.  86 

Inondazione  del  Fiume  Arno  in  Fi- 
renze Vanno  i557.  4.16 

Inscrizioni  antiche  per  le  mura  di  Fi* 

renze  nell  interior  parte . 4*9 

Intagli  in  legno  nella  Libreria  di  S. 


Lorenzo  fatti  dal  Crocino  e dal 
Tasso  con  ordine  del  Tuonar - 
ruoti.  60  5 

Ippolito  Costa  pittar  in  Mantova,  568 


655 


L 

Lambert  lombardus.  25  o 

Laura  Battiferra  celebre  Poetessa  4oo. 

Sue  opere  Toscane  4**«  Suo  ri- 
tratto. 465 

Lattanzio  Gambara  pittore • 5 1 z 

Lazzaro  Calvi.  99 

Leonora  di  Toledo  Duchessa  di  Fi- 
renze* 452.  453 

Lettera  deir  Ammannato  agli  Acca- 
demici del  Disegno.  489 

Lettere  di  più  Generali  della  Compa- 
gnia di  Gesù  alC  Ammannato  ed 
a Laura  Battiferro  , e d'altri  di 
essa  Compagnia  476  fino  a 488 

Lodovico  Jans  V andembus.  89 

Lorenzo  Vecchietti.  314 

Luca  Gassel  pittore . 268 

Luigi  del  Riccio  Nobile  Fiorentino . 412 

Beato  Luigi  Gonzaga , sua  abitazione 
in  Firenze  in  tempo  della  sua 
fanciullezza  482.  488.  484 

M 

M acri  no  di  Alba  pittore . 36 

Maestro  Marco  da  Mantova  Medico 

celebre  4oo • Sua  sepoltura.  400 


656 

Marco  Basalti  pittar  Veneziano , 

Marco  del  Moro . 

Marco  do  Siena* 

Marcus  Wìllems  pittar  di  Malines. 

Marinus  de  Seca  pittore . 

Martino  de  Vos  pittore  d' Anversa , 
sua  Vita 

Mathis  ed  Jerron  Kaok  pittori  d' An* 
versa 

Marten  di  Cleef  \ 

Marten  Hetnskerck  pittore  i2g.  Fu 
vile  di  nascita  , e per  non  segui- 
tare Carte  vile  del  padre  3 trovato 
un  pretesto  ingegnoso  , se  la  battè 
per  attendere  al  disegno  i3o  i3i. 
Sue  opere  in  v nj  luoghi  i j5.  Fu 
intagliatore  in  rame  1 36.  1 37-  Fu 
gran  litnosiniere  1 38,  Descrizione 
dei  sepolcro  ordinato  da  lui  i38. 
i3g  Fu  uomo  di  grandissimo  ti 
more 

Michel  Angiolo  scultore  Schiavone. 

Michel  (ioc scìe. 

Miche  legnalo  Buonarruoti  muore  428. 
Sue  esequie  in  S.  Lorenzo. 

Modello  del  Falazzo  de'  Pitti  di  Paolo 
Falconieri 

Modt  Ilo  di  detto  Palazzo  di  Jacinto 
Maria  Marmi . 


539 

ó’O 

278 

585 

576 

1 

628 

5q5 

2*9 


i3g 
21  2 
244 

428 

5oi 

535 


\ 


65  7 


H 


Nettuno  sopra  la  Fonte  di  Piaz- 
za del  Granduca  , oggi  detto  il 
Gigante  di  Piazza . 4^6 

Niccolò  de'  Pericoli , detto  il  Tri- 
bolo o 222 


0 


Obelisco  di  Sisto , condotto  sulla  Piaz- 
za di  S*  Pietro  in  Roma . 487 

1/  Olandese . 276 


P 


Padri  della  Compagnia  dì  Gesù  dì 
Firenze , /or  Collegio  di  S»  Gio- 
vannino 486.  ^5i.  Chiesti  a S, 
Ignazio  lor  Fondatore  dalla  Du- 
chessa Leonora  di  Toledo  Mo- 
glie di  Cosimo  L 457.  affieni- 
tati incontrate  per  effettuare  tal 
loro  venuta  468.  Loro  prima  abi- 
tazione 459,  E fatta  loro  la  Chie- 
sa di  S.  Giovannino*  46® 

Baldinucci  Voi.  VII, 


43 


658 

Palazzo  de  Rucellai  in  Roma  nel  Cor- 
so 9 poi  de 9 Gaetani.  429.  ed  al- 
tri. Di  Simone  da  Firenzuola  in 
Firenze  , oggi  de*  Giugni . 4*9.  Ar- 
te della  Lana  al  canto  alla  Ca- 


tena. 43o 

Palazzo  de*  Pitti  edificato  da  Luca 
Pitti , viene  nella  Serenissima  Ca- 
sa , suo  Cortile  fatto  dalC  Am- 
manitalo. 429 

Palazzo  di  Caprarola  di  Casa  Far- 
nese , opera  del  Vignuola , Ò06.  3c>7 

Pantasileo  Calvi . 100 

Paolo  Caliari  Veronese  55o.  Sue  ce- 
lebratissime pitture . 55 1.  e segg. 

Paolo  Fre deman  pitto r di  Frisia.  600 
li  Pastorino  da  Siena  pittore  in  vetro.  3 69 
Pestilenze  varie  di  Milano.  3 26.  'òzy 

Pie  ter  e Prans  Puurbus  pittori  di  Bru- 
ges , lor  vita.  63i 


Pìeter  Aersen  , detto  Pietro  Lungo 
237.  Ebbe  molto  genio  e abilità 
nel  dipignere  cucine  con  tutti  i 
loro  arnesi  238.  Sue  opere  spez- 
zate e rotte , e perchè  241.  Ebbe 
tre  figliuoli , che  furori  aneli  essi 
pittori.  242 

Pieter  Brueghel  pittore  33g.  Disegna- 
va tutte  le  vedute  , che  in  viag- 
giando se  gli  presentavano  da- 
vanti ^ donde  ne  derivò  un  pro- 
verbio sopra  di  lui  3^o.  Si  dilet- 
tava di  cose  allegre , e paiticolar- 


mente  de  baili  e feste  contadi • 
nesche  34  r 342.  Lasciò  di  pigliar 
per  moglie  una  serva  sua  non  o- 
stante  averglielo  promesso , e per - 
chè  842.  opere  dì! innumet abili 

figure  842,  848 

dietro  Riccio  Milanese « 829 

Pietro  Koeck  pittore . 270 

Pittori  che  operarono  nella  gran  Chie- 
sa di  San  Petronio  di  Bologna 
nella  cappella  della  Madonna 
della  Pace.  3 19 

Pìzzighittone 9 Fortezza  nel  Cremonese . 5 78 
Ponti  rifatti  in  Firenze  daW  Amman- 


nati. 

419 

Prete  da  Urbino • 

85 

Il  Primaticcio . 

*49 

Pulidoro  da  Caravaggio. 

193 

R 

Rinaldo  Mantovano  dipinge  nel 

Ca- 

stello  di  Mantova. 

568 

Ringhiera  di  Palazzo  V'ecchio  in  par- 
te levata  per  causa  della  nuova 
fonte.  4o5 

Ritratti  del  Museo  di  Monsignor  Glo 
vio  a Como  669.  Della  Galleria 
del  Granduca . 56g 

Ritratto  di  Tommaso  Moro  di  mano 

di  Gio • Hoobeen  in  Roma . 394 


66o 


Scrittori  in  Vetro , quali  si  dicano  in 
Frisia , onde  venga  tal  modo  di 
dire , 5g6 

Scultori  concorsi  coll' dmmannato  per 
fare  la  Fonte  di  Piazza  del  Gran- 
duca 422.  428 

Sepolcro  di  Sannazzaro  celebre  Poeta . 898 

Sepoltura  di  Francesco  Maria  Duca 

d' Urbino*  298.  299 

Sepoltura  in  Campo  Santo  di  Pisa 
per  un  Cugino  di  Papa  Gregorio 
Xlìl.  celebre  Legista . 4-86 

Sepoltura  di  Mario  Nari , c/za  dove  a 
porsi  nella  Chiesa  della  SS.  Nun- 
ziata di  Firenze . 3gg 

S graffito  , o Sgraffio  dalla  voce  Gre- 
ca Graphein  vale  scrivere  e di- 
pingere 596.  £97 

Sinidoro  dei  Bombarda  scultor  Cre • 


monese. 

Sofà  nisba  dngosciola  pittrice  567. 

Statue  dell ' Ammannato  a S.  Pietro 
a Montano  4*8.  Nella  Vigna  di 
Papa  Giulio  III.  414,  Per  la 
gran  Fonte  , che  dovea  farsi  nella 
gran  sala  di  Palazzo  V ecchio  di 
Firenze  416.  Poi  portate  a Pra- 
toimo per  la  Fonte  detta  dell'Am- 


566 

574 


66  f 


mannato  4JS.  Ercole  di  bronzo 
a Castello  , Villa  del  Serenissimo 
Granduca , e quella  figurata  per 
lo  Monte  Appennino, 

Statue  del  Buonarruoti  nella  Sagre- 
stia nuova  di  S.  Lorenzo . 

Studj  bellissimi  d! Architettura  delV  Am- 
marinato appresso  al  JSohile  Luigi 
del  Riccio  Fiorentino . 

Lo  Spagna . 


416 

s98 

412 

182 


T 


Terrapieni  nella  parte  interiore  delle 
mura  di  Firenze , come  ed  in 
che  occasione  fatti . 4 

Ton  maso  Fa  dirt  i Cremonese «.  566 

l' rat  tato  de  IF Arte  Architettonica  del- 

r Ammanante*  41 1 


Valerio  Zuccheri  pittore  di  Musaico • 33 1 
Il  Vignala,  3oo 

Vincent  Getdersman . 264 

Vincenzio  P iviaii  celebre  Matematico*  413 
Pincenzio  Antonio  Campi  pittar  Cre- 
monese, 5 1 2 

Vincenzio  Zuccheri c 


6Gs 

Willem  Key  pittore * 205 

Willem  di  C le  e fi  240 

Undici  Cesari  dipinti  da  Tiziano  9 e/ze 

già  furono  in  Mantova,  572 

Z 

Zanobì  di  Poggino 20S 


del  Settimo  Volume. 


\ 


663 


Pag. 

ERRORI 

li  n. 

CORREZIONI 

3o 

5 pi  li  e rinomate 

più  rinomate 

87 

27  igumento 

giumento 

95 

14  x5  d’tina 

ed  una 

96 

26  all’ aitar 

alf  altra 

i*4 

3i  all’ebreità 

all*  ebrietà 

124 

3o  diidgneva 

dipigoeva 

168 

5 rue 

sue 

36o 

14  pran  cesco 
io  aifa- 

Francesco 

87  3 

affa- 

425 

22  Nettuuo 

Nettuno 

482 

i5  desiderale 

desiderarle 

49° 

12  disco  rere 

discorrere 

491 

i3  discoresse 

discorresse 

So3 

3 è più 

e più 

5io 

5 il  farsi  ; che 

iì  far  sì  , che 

571 

23  amatori 

amori 

609 

10  le  macchie 

le  macchine 

5 2 2 2 7